Their eyes declare their love.

di vivereneilibri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Segretamente. ***
Capitolo 2: *** Scommesse e favori. ***
Capitolo 3: *** Il mare, che forse ‘mare’ non era proprio. ***
Capitolo 4: *** Aiutami, ti prego ***
Capitolo 5: *** Battito cardiaco. ***



Capitolo 1
*** Segretamente. ***



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1.

Segretamente

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L


uke Hemmings sospirava, intento ad osservare tutti gli studenti che circondavano la scuola. Le vacanze di Natale erano ormai finite e quella mattina si era dovuto svegliare presto per arrivare puntale, data la sua lentezza che lo accompagnava specialmente quando aveva sonno. Si dice sempre che il tempo è denaro e che bisogna vivere fino agli ultimi secondi rimanenti, ma il problema è che il tempo si prende gioco di noi, specialmente di Luke. Quel giorno si trovava appoggiato al solito muretto della scuola, concentrato a catturare ogni minimo dettaglio che lo circondava. C’erano i ragazzini del primo che correvano a destra e a sinistra e sembravano quasi felici del ritorno a scuola, i professori che entravano a testa alta, le Cheerleaders che tentavano in tutti i modi di acquistare attenzione, i giocatori di basket con dei sorrisi spavaldi e poi c’erano i comuni studenti. Niente medaglie, niente pon-pon rosa o sguardi particolari, semplici ragazzi obbligati a studiare. E Luke faceva parte di quella categoria.
Mentre salutava uno dei suoi compagni di classe, la sua attenzione fu catturata da una ragazza che camminava goffamente verso una cascata di capelli biondi, ondeggianti. Si chiama Cassie Heavenly, ma lui non poteva saperlo. La ragazza aveva una corporatura esile e delicata come un petalo di rose. Luke osservava i suoi capelli neri che le arrivavano alle spalle, i suoi occhi un po’ nascosti dagli occhiali, i morbidi movimenti delle sue labbra e la pelle chiara decorata con una spruzzatina di lentiggini sopra il naso, qualcosa che poteva sembrare buffo agli occhi altrui. Camminava per il viale della scuola con un libro posato sul petto, come se avesse qualcosa da nascondere o qualcosa di cui vergognarsi. Cassie Heavenly non veniva mai notata, eppure Luke Hemmings stava guardando proprio lei.

«Luke?» qualcuno lo chiamò. «Chi diavolo stai guardando?» commentò il ragazzo dietro di lui dando un veloce sguardo a Cassie che parlava beatamente con la sua amica «Oh, si tratta di una ragazza! Che aspetti ad avvicinarti?». Luke si voltò dando spazio a un viso a lui molto familiare: Calum Hood, terzo anno, suo amico da quando incrociò il suo sguardo durante una manifestazione artistica. Il ragazzo gradiva la presenza dell'amico, perché, come nessuno, riusciva a farlo sentire a proprio agio, sembrava chiaramente capire ogni suo pensiero e, malgrado fossero diversi, si sentiva legato a lui poiché lo vedeva come una persona di gran lunga importante.
«E chi ti ha detto che io voglio avvicinarmi?» domandò Luke. In realtà, il motivo di tanto interesse era semplice: come aveva fatto a non accorgersi di Cassie Heavenly se ogni mattina ripeteva ciò che aveva fatto due minuti fa? Ovvero, osservare stando in silenzio. Calum roteò gli occhi verso l'alto e si lasciò sfuggire una risata che Luke riteneva insensata.
«Okay, hai vinto ancora prima di cominciare.» disse il moro facendo spallucce. «Vedo che non è giornata, eh?» Ormai i due ragazzi sapevano tutto l’uno dell’altro e anche con un piccolo sguardo riuscivano a capirsi, perché non c’era Luke senza Calum. Perché lui era l’unico che riusciva ad attraversare i suoi occhi cerulei e trarre fine ad un umore che cambiava giornalmente. Molte volte il biondino ringraziava l’amico perché sapeva di risultare, tante di quelle volte, un po’ scontroso. Ma nulla avrebbe diviso i due ragazzi. Litigi, parolacce e sbagli erano presenti come in tutte le amicizie, ma la loro era diversa, una diversità che la si poteva notare anche a venti metri di distanza.
«Non è poi così male.» disse il biondo mentre sorrideva. Due fossette si formarono ai lati delle sue guance e l’amico si trattene dalla voglia di toccargliele, ma Luke le odiava, motivo per cui Calum rimase immobile.
«Come sarebbe a dire “non è poi così male”? Non starai diventando bipolare, spero.» disse sistemandosi più comodamente lo zaino sulle spalle. Il biondo scoppiò in una sonora risata che solo Calum era in grado di provocare.
«Non sono bipolare. Non è poi così male perché ci sei tu.» L’amico improvvisamente girò il capo verso Luke , scontrandosi contro gli occhi azzurri del ragazzo. E poi il silenzio. In realtà, nessuno degli studenti presenti in quel momento aveva smesso di parlare, ma il silenzio c’era e scorreva tra loro due. Nel volto di Calum si formò un grande sorriso.
«Luke Hemmings ha detto qualcosa di dolce. E NON AD UNA RAGAZZA. Oh, santo cielo. Questa me la devo scrivere assolutamente!» quasi urlò. «Sicuro di stare bene? Oh, Lukey, ti voglio bene!» la sua voce diventò stridula e il biondo era sicuro che lo stava prendendo in giro. Calum gli si avvicinò e quasi lo soffoco abbracciandolo.
«Sarebbe stato meglio d-dirtelo in un posto meno affollato.» disse cercando di scrollarsi l’amico di dosso.
Rimase in quella posizione, succube della stretta di Calum finché la campanella della scuola non suonò, segno che i due dovevano sbrigarsi per non arrivare in ritardo.


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Lezione di scienze. Terza ora.
«Ragazzi?! Per favore, un po’ di attenzione!» la Sign. Kimbely cercò invano di richiamare l’attenzione dei suoi alunni con scarsi, anzi, scarsissimi risultati. La donna sospirò e portò una mano sul capo, ormai stanca di dover sopportare una classe per la maggior parte composta da incompetenti. Si lasciò scivolare con leggerezza sulla sedia posizionata dietro la cattedra e scosse il capo.
«Dovrebbero dare un paio di ferie a questa donna. Io non resisterei neanche un minuto di più.» commentò Calum. Il ragazzo si trovava quasi sdraiato sul banco, con il capo poggiato sul quaderno e una matita fra le dita. Tracciava con non noncuranza dei segni sulle pagine a quadretti e di tanto in tanto chiudeva gli occhi, come se da un momento all’altro potesse addormentarsi nel bel mezzo di una lezione. Luke, invece, poggiava i gomiti sul banco e le mani sulle guance, intento a capire qualcosa, data la confusione. E le lezioni di scienze erano tutte così, dopo una buona mezz’ora, la Sign. Kimberly si ritrovava quotidianamente con una tazza di caffè in mano.
«Ne uscirà pazza, ci scommetto.» disse Luke mentre si sistemava i capelli con un gesto veloce.
«Luke, questa è già pazza.» E i due scoppiarono in una risata.
Improvvisamente qualcuno aprì la porta dell’aula ed entrò. Quasi nessuno si accorse della ragazza che a passo veloce si dirigeva verso la cattedra della Sign. Kimberly che, con grande sorpresa di Calum e Luke, sorrise, come se si fosse sollevata. Il biondo iniziò ad osservare la ragazza che parlava con la professoressa di scienze e che, contemporaneamente, gli dava le spalle. Si soffermò sui suoi capelli neri, successivamente sulla sua corporatura e non appena la ragazza si mise di profilo, Luke la riconobbe. Girò il capo verso di Calum che, senza essersene accorto, lo stava già fissando con un sorrisino divertito sul volto.
«Hey, guarda un po’ chi abbiamo qui. » disse il moro poggiando una mano sotto al mento, come un bambino che fantastica sul suo futuro. «La ragazza che ti piace.»
Luke spalancò gli occhi e le sue guance si colorarono velocemente di rosso, ma sembrò non farci caso. «E quand’è che ho detto che mi piace? Illuminami, Hood.» lo istigò.
Il voltò di Calum cambiò radicalmente, segno – secondo Luke – che stava per sparare un’assurdità. «Non l’hai detto, ma l’hai scritto sul tuo diario segreto. Sai, quello che tieni in camera con i cuoricini e gli unicorni rosa.» disse stupidamente.
«Unicorni rosa? Sei serio? Ti stai confondendo con Ashton.» disse facendo scoppiare Calum in una sonora risata. Luke diede un altro sguardo alla ragazza, Cassie, che proprio in quel momento si stava dirigendo verso l’uscita della classe. Cassie allungò la mano verso la maniglia della porta, ma questa rimase a mezz’aria più del necessario. Il suo sguardo venne catturato da due occhi cerulei che proprio in quel momento la stavano osservando. Nessuno dei due esitò a battere ciglio, ignari di ciò che stava accadendo, perché i loro occhi, in quel momento, si stavano segretamente dichiarando il loro amore.

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SPAZIO AUTRICE:

Ma buonasera! Visto che oggi non avevo seriamente nulla da fare, mi sono messa a scrivere una nuova Fanfiction. Purtroppo è uscito terribilmente corto ed è per questo che lo considero una specie di prologo. Ho in serba un sacco di idee divertenti, ma per ora ho voluto spiegare un po’ l’amicizia tra Calum e Luke (durante lo svolgimento della storia prenderanno parte anche Ashton e Michael) e l’incontro tra il biondo e Cassie Heavenly. Okay, il cognome è un po’ strano, ma visto che Heavenly significa “celeste” ho pensato che fosse una cosa carina. Boh. Nel prossimo capitolo ci saranno più descrizioni per capire meglio i personaggi e spero di riuscire a scriverlo preso. Ovviamente, mi farebbe molto piacere ricevere qualche recensione, anche negativa, perché abbiamo sempre qualcosa da imparare, nel mio caso direi che ho molto, anzi moltissimo da imparare. Vi ringrazio in anticipo ;)

Un abbraccio, Giulia.

P.s: Non fate caso al banner che ho creato, è la prima volta che faccio una cosa del genere e non è venuto come speravo cwc.

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Capitolo 2
*** Scommesse e favori. ***


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2.



Scommesse e favori

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Piccolo tema di riflessione: Come vorresti essere?

N


el corso della giornata ho riflettuto molto sulla domanda che il titolo del tema mi pone, ma questo non ha fatto altro che rendermi sempre più confusa. Sono totalmente sicura che la maggior parte dei miei compagni inizierà a scrivere senza pensare realmente. E se le dicessi che sono ben due ore che cerco di scrivere qualcosa che mi soddisfi, Signorina Longstreet? La mia camera è quasi completamente sommersa da palline di carta, e chissà, può darsi che anche questo foglio finirà accanto al cesto dei rifiuti. Beh, staremo a vedere. L’argomento che tratta questo tema non va sottovalutato, ed è per questo che cercherò di non cadere nel banale. Come vorrei essere? Nella vita non voglio essere considerata una persona, ma la persona. Vorrei fare qualcosa di importante nella vita, importante almeno per me. Da bambini si sogna di diventare dei supereroi, di travestirsi la notte e di combattere il pericolo, ma un supereroe sa essere un eroe anche senza dei costumi. E da bambina anche io desideravo questo, ma la cosa col tempo si è tramutata, forse migliorata. Non c’è più il divertimento dei costumi, ora mi concentro sulle azioni. E continuerò.
Mi piacerebbe essere come Kaitlyn Wrong: sicura di sé, insomma, una ragazza che sta sulle sue e non molla. Mi piacerebbe essere come il signor Lightwold che, malgrado i suoi ottant’anni, continua a sorridere e a comportarsi come un ventenne. Anche come il figlio dei miei vicini: un ragazzo che pensa sempre in grande e la sua positività si riconosce da lontano un miglio. Eppure, fermiamoci un attimo, sarei ancora me stessa con tutte queste caratteristiche, Signorina Longstreet? Sarei ancora la Cassie Heavenly che-


«Oh, al diavolo!» urlò Cassie mentre accartocciava l’ennesimo foglio di carta. «Non è per niente convincente.» disse, e con un gesto veloce lo lanciò alle sue spalle.
Il novantanovesimo foglio? Il centesimo? Cassie non ne era sicura, ma sapeva perfettamente che la sua mente, in quel momento, la stava supplicando di fermarsi. Aveva cercato di rendere quella riflessione sua, di sentirsi più a suo agio scrivendo, ma il titolo-traccia che la Signorina Longstreet le aveva assegnato non faceva altro che mandarla completamente in tilt. E il problema era proprio la domanda che le era posta all’inizio del foglio. Come non poteva riuscire ad esprimere una cosa talmente semplice?
Cassie si infilò le mani fra i capelli e sbuffò. Solitamente riusciva a creare un tema che sapeva mettere in difficoltà chi la leggeva, ma quella volta stava cadendo nel banale. E lei odiava il banale.
Mentre rileggeva nuovamente quelle righe – sperando che potessero tramutarsi in qualcosa di straordinario – sentì dei forti passi che si avviavano verso la sua camera. E, come sperava che non succedesse, qualcuno aprì la porta e sulla soglia apparve la figura scocciata di suo fratello. Si chiamava Alex – ovviamente – Heavenly e, nonostante i suoi sedici anni, era più o meno alto quanto la sorella di quasi due anni più grande. Alex aveva i capelli marroni, scalati, e con la frangia decisamente troppo lunga. Cassie pensò che, magari, qualche ragazza l’avrebbe trovato ‘carino’ se li avesse tagliati un po’. I suoi occhi erano verdi e la sorella ne era sempre più infastidita poiché a lei erano capitati di uno dei colori più e semplici banali: marroni. Genetica, giusto? Ma a Cassie non importava, d'altronde, il verde erano uno dei suoi colori preferiti. Ma almeno anche ad Alex era capitata la ‘sventura’ delle lentiggini – come la chiamava Cassie, che odiava quei piccoli puntini. Il ragazzo sorrise con strafottenza e chiuse la porta.
«Tu! Femmina!» disse indicando la sorella. Cassie roteò gli occhi e poggiò la testa sulla scrivania, in preda ad una crisi isterica.
«Una domanda: ti è così difficile ricordarti di bussare?» chiese come sempre al fratello. Alex si avvicinò a Cassie e le mise una mano sul capo, costringendo a farle alzare la testa dalla scrivania.
«Sì, mi è difficile, okay? Ora ascoltami.» disse per poi continuare subito dopo, senza dar tempo alla sorella di rispondere o di opporsi. Alex esercitò il suo peso su una mano, poggiandola sulla sedia di Cassie e spiegò. «Ricordi che sono in punizione, giusto?» chiese per conferma. La sorella annuì sorridendo, come se quella cosa la facesse stare bene, e proprio per questo Alex fece una smorfia, ma continuò comunque il suo discorso.
«Ecco e ricordi anche che posso uscire solamente se sono accompagnato da qualcuno?» disse proponendo una nuova domanda. Cassie, in quel momento, ebbe come un’illuminazione e capì dove il fratello voleva arrivare a centrare e sorrise mentre un sonoro “No” le uscì dalla labbra.
«Scordatelo, io non ti accompagno da nessuna parte.» scosse il capo, come per chiarire ancora di più. Alex scoppiò a ridere e Cassie divenne confusa.
«E invece sì. Dai sorellina cara, ti supplico.» si abbassò, come se stesse per fare un richiesta di matrimonio, ma era chiaramente impossibile: quale ragazzo vorrebbe sposare sua sorella? «Ma lo sai che sei bellissima? Guarda che bella maglietta! Ti dona sai?»
Adulatore professionista
, pensò che Cassie. La sua specialità.
«Alex, apprezzo il tuo sforzo.» disse scoppiando a ridere.
«E.. questo sarebbe un ‘si’?» chiese Alex.
Ma Cassie aveva imparato le tattiche del fratello e da esse aveva imparato. Questa volta non l’avrebbe avuto vinta facilmente. «Umh, forse.» disse passandosi la mano sotto il mento, fingendo di pensarci su.
«Come sarebbe a dire ‘forse’?! Oh, dai, cazzo!» Alex tirò il braccio della sorella, ormai stanco di questi rompicapi.
E Cassie entrò in azione. «Cosa ci ricavo io?» chiese voltandosi in segno di sfida verso il fratello.
«Mi sembra che la situazione si sia capovolta. Oh.» aggrottò le sopracciglia. «Hey! Ma sono io che chiedo ‘cosa ci ricavo?’, non tu. Sei una stronza che usa le mie tattiche di commercio.»
«Di commercio?» Cassie inclinò il capo.
«Okay, okay!» urlò il fratello. Alex si mise le mani fra i capelli e chiuse gli occhi per pochi secondi. Forse Cassie stava sbagliando? Forse doveva aiutare il fratello senza tanti problemi? Infondo, lei non era così, eppure non le sembra così ingiusto. Perché Alex poteva farlo quando voleva e invece lei doveva rimanere in silenzio ed annuire? Non era per caso lei la più grande fra i due?
«Ci sono! Puoi invitare Sarah quando vuoi e ti lascerò il soggiorno libero per un mese, quando sei in sua compagnia.» Il fratello allungò la mano, aspettando che Cassie accettasse la scommessa. Ma non fu così.
«Mh, ti conosco troppo bene. Questa cosa cade a tuo vantaggio, visto che hai una cotta per Sarah.» Alex sbiancò. «Si, lo so ormai da ben due anni.»
«Umh, okay, questo è imbarazzante.» e le sue guance si colorarono di rosso. Cassie si trattene dalla voglia di pizzicargli le guance, proprio come faceva quando era più piccolo. Ma ora, a sedici anni, il ragazzo non la trovava più una cosa divertente.
«Insegnami ad andare sullo skateboard.» disse infine.
«Cosa?! Ma se non sono bravo neanche io!» ma Alex aveva già trovato una soluzione. «Forse conosco una persona che può aiutarti. Allora, ci stai?» chiese alzando un sopracciglio.
Cassie rivide la situazione e decise di accettare e strinse la mano al fratello. E quindi avrebbe finalmente imparato ad andare perfettamente sullo skateboard, o almeno si spera.
La ragazza prese il giubotto e, seguita dal moro, scese le scale per accompagnarlo. Alex si sistemò i capelli e dopo essersi guardato una trentina di volte allo specchio, si convinse del suo aspetto e si affettò ad abbottonarsi la camicia.
«Dov’è che ti devo accompagnare?» chiese la sorella mentre apriva la porta di casa e salutava la madre rinchiusa in cucina.
«Al Jordan’s bowling e, ovviamente, devi anche riaccompagnarmi a casa.» puntualizzò sorridendo.


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Luke Hemming si sedette, nell'attesa di tirare nuovamente quella palla e di sperare di fare strike. La schermata al di sopra del suo capo segnava i punti e lui si trovava al secondo posto. Quella era la solita partita che Luke e i suoi tre amici facevano almeno due volte alla settimana e, ovviamente, Ashton era in testa come di norma.
Il biondino, mentre aspettava il suo turno, si divertiva a stuzzicare il piercing che aveva sul labbro e a osservare ciò che lo circondava. L’anellino dondolava a destra e a sinistra spinto dal dito di Luke e ogni tanto si fermava per via del rallentamento che si faceva sentire non appena il ragazzo entrava completamente nel suo mondo circondato da pensieri.
E Luke pensava a quella ragazza che tanto l’aveva colpito. Pensava alle sue lentiggini, alle sue labbra, al modo con cui si nascondeva, allo sguardo che gli aveva riservato una settimana prima e alle sua guance rosse. E non gli era mai capitato di pensare costantemente ad una persona, eppure durante la settimana l’unica cosa che desiderava era quella di rincrociare nuovamente il suo sguardo e di sorriderle.
«Strike!» urlò Ashton, facendolo tornare in sé. «Fottetevi tutti, sono un mito!» disse girandosi verso i suoi amici e indicandoli. Calum scoppiò in una sonora risata e Michael, invece, si limitò a sorridere facendo notare chiaramente il suo dito medio puntato verso l’alto. Luke inclinò un lato della bocca e un sorriso sghembo ne fuoriuscì vittorioso. Sorriso che, la stessa ragazza che faceva parte dei pensieri di Luke – la ragazza dai capelli neri e corti fino alle spalle – notò. Ma il biondino non ci fece caso, preso dai suoi amici.
«Bene, ora dovrei sedermi su quella sedia e aspettare finché non finisci di giocare a bowling?» chiese Cassie indicando davanti a sé e riferendosi a suo fratello. Alex annuì, corse verso i suoi amici e uno di loro lanciò la sua prima palla, ma fece cadere solamente tre birilli. Cassie vide suo fratello ridere e un sorriso gli si formò sul volto. Infondo gli voleva bene. Molto infondo.
Il suo sguardo, poi, si posò nuovamente su di Luke. Iniziò ad osservare i suoi capelli, la sua maglietta, il suo piercing e poi si soffermò sul viso. Gli sembrò vivamente di averlo già visto. Spostò la sua visuale e inclinò il capo davanti ad un ragazzo dai colori scuri. Anche lui gli sembrava di averlo già visto. Cassie aggrottò le sopracciglia e spalancò gli occhi al ricordo dell’episodio che era capitato la settimana prima. Le sue guance si colorarono di rosso e si coprì il viso con il capuccio della felpa.
Spero che non si ricordi di me. Dio, fa che non si ricordi di me.
Pensò Cassie.
In realtà, non aveva commesso nessun crimine, ma quel lunedì della settimana scorsa si era soffermata un po’ troppo ad osservare il ragazzo – a scuola – e tutto ciò la faceva vergognare. Era rimasta con la mano a mezz’aria più del dovuto e i suoi occhi non erano riusciti a scollarsi da quelli del ragazzo, come se quel giorno c’era un filo che li collegava e gli impediva di distogliere lo sguardo.
Non deve girarsi, no. Non deve guardarmi.
E proprio in quel momento il ragazzo dai capelli biondi si girò verso di lei e Cassie fece la cosa più stupida che gli venisse in mente. Si coprì meglio con il capuccio e abbassò il capo sul pavimento, facendo finta di cercare qualcosa. Continuava a mormorare ‘Dove diavolo l’ho messo? Dov’è?’, per rendere la scena più credibile.
Oh, potrei ricevere l’oscar per migliore attrice
, pensò Cassie.
Luke aggrottò le sopracciglia osservandola. Inutile dire che gli sembrava una persona buffa, perciò sorrise.
Cassie continuò la sua ‘scenata da oscar’ e dopodiché, si ricompose non appena lo sguardo di Luke si rivolse nuovamente sui suoi amici. La ragazza tirò un sospirò di sollievo e si tolse il cappuccio.
«Hey, rincoglionita! – urlò suo fratello – Ho fatto strike al terzo tentativo!» si vantò facendole le linguaccia. Cassie rise e si alzò dalla sedia, con fare di sfida.
«E con questo?» poggiò le mani sui fianchi e si sentì un tantino osservata dai suoi amici, ma fece finta di nulla.
Alex rise e intimò qualcosa ai suoi compagni che, in contemporanea, si girano verso di lei sorridendo.
Cos’è? Una specie di complotto contro di me? Si si, ride bene chi ride ultimo.
«Hey Heavenly, facci vedere cosa sai fare tu, allora.» urlò uno degli amici di suo fratello. Era piuttosto bassino, cicciotello e biondo, con la frangia che gli copriva le sopracciglia.
«Ci sto, ciccio bello!» disse ironica. Il biondo spalancò la bocca e rimase in quella posizione per circa un minuto. Ops.
«Come mi ha chiamato tuo sorella?!» chiese quasi isterico. Alex scoppiò a ridere e non finì finche Cassie gli venne incontro dandogli una pacca sulle spalle e il ragazzo per poco non si strozzò.
«Preparati a perdere, fratellino. Scommettiamo che riesco a far cadere tutti e dieci i birilli in un solo tentativo?» chiese la mora mentre infilava tre dita dentro la palla da bowling.
Il fratello sorrise, come se avesse la vittoria in pugno. «Ci sto. Cosa scommettiamo?»
«Se vinco io, mi lasci la PlayStation per due intere settimane e se vinci tu, cosa scontatissima…» puntualizzò Cassie. «… Se vinci tu, farò una parola buona su di te a Sarah. Beh, ci stai?» chiese mentre uno degli amici di suo fratello sussurrava all’orecchio di quest’ultimo qualcosa del tipo “Tua sorella gioca alla PlayStation?!”.
«Certo! Forza, tira quella palla, voglio proprio farmi una bella risata.» disse e si sedette, in attesa della sua vittoria.
Cassie rigirò la palla e si avvicinò al centro della corsia.
Non devo perdere,
pensò.
La ragazza sorrise, si abbassò e lanciò la palla che iniziò a rotolare.
Un po’ più a destra, un po’ più a destra.
E la palla andò a sbattere sui birilli e in due secondi erano tutti – nessuno escluso – caduti per terra. Cassie si girò – con fare vittorioso – verso suo fratello che aveva la bocca coperta dalle mani. I suoi amici sorridevano e mostravano il segno dell’ “ok”. Aveva vinto, ma la ragazza si sentì un po’ a disagio.
Troppi occhi puntati su di lei, troppi. Ma Cassie non si accorse di due occhi cerulei in più, che anche loro la stavano osservando.
Luke Hemmings.
Il biondino la stava osservando mentre sorrideva. Se l’aveva riconosciuta? Questo era sicuramente certo.

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Spazio autrice!


Buonasera! Okay, sono in ritardo. Grosso ritardo, direi. Purtroppo non ho avuto molto tempo da dedicare alla Fanfiction, e mi è dispiaciuto molto. Poi, questo capitolo è uscito anche malissimo e non mi convince per niente. Mi dispiace per quelle persone che si aspettavano di più, ma questo è ciò che mi è venuto in mente. In realtà, è un capitolo di passaggio, perché nel prossimo ci sarò l’incontro vero e proprio tra i due, visto che fino ad ora si sono osservati a vicenda solamente a distanza. Comunque, spero che il capitolo sia piaciuto ugualmente a qualcuno. Ovviamente, a me piace molto leggere le vostre recensioni, perciò se avete un po’ di tempo da dedicarmi mi farebbe piacere leggerne altre su questo capitolo. Grazie a tutti!

Un abbraccio, Giulia.


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Capitolo 3
*** Il mare, che forse ‘mare’ non era proprio. ***


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3.



Il mare, che forse ‘mare’ non era proprio

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A



vete presente l’ansia, la tensione e la curiosità che si ha alla fine di un libro? Quando si sta per concludere una storia che si ama e che non si vuole lasciare? Ecco. Quel sentimento, quella sensazione la stava provando Cassie, quel giorno, sdraiata a pancia in giù con il libro sotto agli occhi. Leggeva lentamente, leggeva anche più volte la stessa frase, come per farla rimanere impressa nella sua mente, per non scordarla mai. La curiosità c’era – come giusto che sia – ma a Cassie importava di più il legame che c’era con quelle righe. ‘Svitata’ le avrebbero detto le sue amiche, come se fosse una cosa da squilibrati. Era forse da stupidi leggere e vivere un altro mondo, un’altra vita nei panni di un protagonista? Ma non è questo che cercano di dare, di regalare gli scrittori ai lettori? Un insegnamento, un messaggio e anche l’ebbrezza di vivere almeno per un po’ – con la mente – una vita stravagante e diversa da quella che si ha, ovviamente, senza disprezzare l’altra. E a Cassie piaceva, e non poco.
La ragazza girò pagina e si accorse che quella era l’ultima. Velocemente si sfilò gli occhiali da vista e li ripulì con una pezzetta adatta per le lenti. Li allontanò un po’ e cercò di vedere se le ditate, che prima la infastidivano durante la lettura, erano state ripulite adeguatamente e, infine, poggiò gli occhiali sul naso, decisa a continuare la sua lettura. Continuò a leggere l’ultima pagina che le restava di quello splendido racconto e non appena i suoi occhi sfiorarono l’ultima parola seguita dal punto, sospirò. Si inumidì le labbra e rilesse nuovamente l’ultima frase, come una bambina che non vuole staccarsi dalla sua migliore amica e che vorrebbe giocare ancora con lei.
Improvvisamente qualcuno aprì la porta, interrompendo Cassie dalla sua lettura ripetitiva. La figura di suo fratello, Alex, comparve sulla porta e la ragazza non poté fare a meno di mormorare un’imprecazione.
«Si, okay, anche io sono felice di vederti.» disse il moro roteando gli occhi. Probabilmente l’aveva sentita, pensò Cassie. Alex indossava una maglietta bianca a maniche corte e un pantalone nero che portava troppo in basso, per i gusti di Cassie. Il fratello si passò una mano fra i capelli per cercare di sistemarsi il ciuffo, ormai troppo lungo, che gli copriva quasi gli occhi.
Cassie lo osservò con un punto interrogativo sulla fronte e «Alzati i pantaloni.» disse quasi trattenendo una risata.
«No, alle ragazze piace.» il ragazzo scosse il capo e fece un passo avanti, nella direzione della sorella.
«Ne sei sicuro?» le chiese Cassie, ma Alex fece finta di non ascoltarla e, con passo veloce, si avvicinò ancora di più. Il fratello la osservò, alternando lo sguardo da lei al libro che teneva aperto davanti a sé e, senza pensarci troppo, lo chiuse con strafottenza. Cassie, di conseguenza, si trattenne dal tirargli una pizza. Se gli voleva bene? Oh, si, ma molti dei suoi atteggiamenti gli urtavano il sistema nervoso come nessuno riusciva a fare.
«Che dovevo dirti?» il ragazzo si portò una mano sotto il mento, pensieroso. «Ah, si! Ho trovato qualcuno che può aiutarti con lo skateboard. È il cugino di un mio compagno di classe. Dovrebbe essere qui esattamente tra – diede uno sguardo all’orologio – …due ore, penso.» e detto questo non diede neanche il tempo alla sorella di chiedere dell’altro, poiché uscì sbattendo la porta della sua camera.
Cassie rimase un po’ perplessa e, non appena riformulò ciò che gli aveva detto il fratello, spalancò gli occhi. Forse, sarebbe stato meglio saperlo prima, pensò, ma niente gli avrebbe impedito di imparare al meglio. La ragazza prese il suo skateboard e uscì in giardino, in attesa della sua prima lezione.


Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door
Knock, knock, knockin' on heaven's door


Bussando alla porta del Paradiso’ diceva la canzone che Cassie stava ascoltando tramite le cuffie. La ragazza si trovava sdraiata sul prato con lo sguardo rivoltò verso il cielo. Posizione insolita, forse, ma le piaceva.
La musica sparata nelle orecchie, i capelli scompigliati e le scarpe consumate gli davano un’aria stravagante priva di normalità. Il braccio destro si trovava dietro il suo capo, usato come cuscino, e con la mano sinistra si dava dei colpetti sulla coscia a tempo di musica, fingendo in qualche modo di suonare la batteria o chissà cos’altro. Cassie chiuse gli occhi, godendosi quel momento di tranquillità e, forse senza neanche accorgersene, cominciò a canticchiare sotto le note e le parole della canzone, fino ad addormentarsi nel bel mezzo del pomeriggio.

That long black cloud is coming' down
I feel like I'm knockin' on heaven's door.

Quel giorno sognò il mare, sognò un’immensa distesa che la circondava, e Cassie non riusciva a stancarsi di guardarla, era felice. Sotto i suoi piedi c’era una piattaforma nera e rotonda e poi il nulla, c’era soltanto quest’ultima, lei e il mare. Cassie girava su se stessa sorridendo e ammirando ciò che gli stava davanti: il blu chiaro, e lei adorava il blu. Ma poi, improvvisamente, il sogno cambio prospettiva e Cassie si ritrovo a guardare se stessa, se stessa circondata dal mare. La prospettiva inizio a rimpicciolirsi e Cassie capì: ciò che stava guardando non era il mare. La piattaforma nera non era semplicemente qualcosa che serviva a sorreggerla, ma era una pupilla, il mare non era una distesa di acqua salata, era un’iride, e ciò che stava osservando non era qualcosa di nuovo.

Cassie si svegliò con il profumo dell’erba sotto il naso, ma non si alzò e rimase con gli occhi chiusi. Sorrise e proprio in quel momento si accorse di sentire una voce, un ragazzo che imprecava sotto voce. Cassie decise di alzarsi e una volta in piedi fece fatica a prendere equilibro e cadde a terra.
«Oh, vaffanculo!» disse ad alta voce mentre si ricomponeva. Guardò verso il cancello e vide un ciuffo di capelli biondi che si muoveva, come impaziente. Forse era un amico di suo fratello, pensò, quindi, senza pensarci troppo, aprì il cancello che la divideva da quel ragazzo. Non fece neanche in tempo a guardarlo per intero che il biondino aveva già commentato l’esclamazione di Cassie.
«Non penso che sia un linguaggio appropriato per una ragaz-» Il ragazzo si bloccò di colpo.
E a Cassie tremavano le mani, ancora appoggiate sul cancello, tremavano perché gli occhi del ragazzo, gli stessi occhi, li aveva sognati ed era i suoi, proprio i suoi. La ragazza si sentì stupida per non averci pensato prima: quegli occhi cerulei erano gli stessi che aveva incrociato quel lunedì a scuola, gli stessi che aveva osservato in lontananza al bowling.
Due occhi così pieni e scintillanti. E Cassie ci annegò dentro, ci si immerse a fondo, felice di poter contemplare qualcosa di così meraviglioso. E a lei sembravano quasi un miraggio, qualcosa frutto della sua immaginazione, eppure Luke si trovava proprio lì, davanti a lei. In quel momento Cassie capì che quegli occhi l’avrebbero tormentata ancora e ancora, invadendo i suoi sogni, bussando ogni volta che crollava fra le braccia di Morfeo, perché mai aveva visto qualcosa di così bello. Quasi si vergognò degli occhi marroni che possedeva, perché in confronto a quelli che stava guardando, erano il nulla più totale. E anche Luke la guardò, e come la guardò. Se in quel momento l’avessero visto i suoi amici, probabilmente l’avrebbero preso in giro a non finire, perché Luke era rosso. Era proprio rosso.
Cassie fu costretta a distogliere lo sguardo e subito dopo si sentì come se mancasse qualcosa, come se quegli occhi gli avessero rubato un pezzo di cuore. Era sicura che una parte di lei sarebbe rimasta per sempre intrappolata lì dentro.
«C-ciao.» riuscì a dire con un filo di voce.
Luke si morse il labbro, stranamente imbarazzato e ricambiò il saluto. «Non penso che tu sia Alex Heavenly.» disse sarcastico.
Cassie sorrise e scosse il capo. «No, è mio fratello. Puoi entrare.»
Il biondino fece due passi avanti e la ragazza chiuse lentamente il cancello. Il suo sguardo cadde su ciò che Luke teneva in mano: uno skateboard nero. Cassie ‘perse un polmone’ al solo sguardo.
«Sei qui per dare una lezione di skateboard?» chiese indicando l’oggetto che aveva in mano. Il biondino annuì e fece dondolare il piercing che aveva sul labbro.
«L’allieva sono io.» disse mentre si torturava le mani cercando di calmarsi. Come avrebbe fatto a trascorrere due ore con quel ragazzo se non riusciva neanche a guardarlo senza arrossire così evidentemente? Era chiaro che Cassie avrebbe decisamente preferito qualcun’altro al suo posto, ma c’erano alcuni aspetti che le facevano credere l’esatto contrario. E Luke era così bello da metterla in imbarazzo solamente con un sorriso o con uno sguardo.
Il ragazzo alzò un sopracciglio, probabilmente confuso e le sorrise dolcemente. «Ma sei una ragazza.» disse mantenendo quel lato di se stesso.
«Beh, si, – guardò i suoi vestiti – forse questi fanno pensare il contrario, ma lo sono.» Cassie indossava dei vestiti decisamente non adatti per una ragazza: una maglietta dei AC/DC rubata a suo fratello che, anche se aveva quasi due anni in più di lui, le stava grande sulle spalle, i jeans strappati sulla rotula e una cintura che cadeva di lato. Se l’avesse vista sua madre, probabilmente si sarebbe strappata i capelli, ma fortunatamente la donna non era in casa.
Luke scoppiò a ridere. «No, intendevo che sei una ragazza ed io mi aspettavo un ragazzo.»
«Oh, sicuramente mio fratello si è spiegato male. – roteò gli occhi – comunque, sono Cassie Heavenly.» disse porgendogli la sua mano. Il ragazzo spostò il suo sguardo dal viso della ragazza fino a quest’ultima e l’afferrò in una stretta. Non appena la mano di Cassie e quella di Luke si toccarono, lei sentì come se una scossa avesse attraversato tutti il suo corpo, così da renderla quasi completamente bollente e sapeva anche di mostrarlo molto facilmente. Bastava semplicemente alzare lo sguardo per notare cosa giaceva sulle sue guance e tutto ciò la rendeva ancora più nervosa di quando non lo era già di suo.
«Luke Hemmings, frequentiamo lo stesso istituto scolastico.» disse sfoggiando uno dei suoi splendidi sorrisi.

Luke la osservava mentre saliva lentamente sopra lo skateboard, intenta a cercare di trovare l’equilibrio giusto e non poteva non pensare che fosse terribilmente imbarazzata. Era forse la sua presenza a renderla così? Questo non lo sapeva, ma non appena Cassie dondolò in avanti, per paura che cadesse, Luke scatto verso di lei e le cinse la vita con le braccia, impedendo di farle toccare il pavimento con tutto il corpo.
«Dio, stai bene?» chiese il biondino mentre l’aiutava a ricomporsi. Cassie sentì le sue guance andare a fuoco e biascicò un “si”, in preda al totale disagio. Luke le prese la mano, senza pensarci su, e la ragazza sobbalzò.
«Ti tengo, stai tranquilla.» e l’aiutò a risalire sopra lo skateboard. Il problema di Cassie era che non riusciva a trovare il perfetto equilibro che gli impediva di cadere, poiché per il resto sapeva come ci doveva muovere.
Il ragazzo salì sullo skateboard di Cassie e le si avvicinò, così la schiena di quest’ultima combaciò con il petto di Luke. La sua mano si andò a posizionare sull’addome di Cassie e spinse lentamente indietro.
«Rimani un po’ piegata, forse ti aiuta per trovare l’equilibrio.» le sussurrò nell’orecchio il biondino. Luke scese dallo skateboard e la osservò mentre si spingeva con il piede destro. Cassie prese confidenza e iniziò correre sempre più lontana dal ragazzo. I suoi capelli, tenuti stretti da un elastico, dondolavano a destra e a sinistra e il suo sguardo spensierato regalava un misto tra felicità e dolcezza. E a Luke piaceva il suo modo di fare. Forse Cassie era diversa dalle ragazze che in precedenza aveva conosciuto, ma ‘diversa’ non era sinonimo di ‘strana’.
Cassie, improvvisamente, barcollò, perse l’equilibrio e cadde a terra.
«Oh, cazzo.» Luke corse verso di lei e si abbassò alla sua altezza per vedere se stava bene.
«Tutto bene?» chiese preoccupato. Cassie teneva i capelli proprio sopra il viso e il ragazzo riuscì a scorgere solamente una piccola lacrima che scivolò dalla sua guancia per poi cadere sopra i suoi jeans. Luke spalancò la bocca. «Ti fa male qualcosa?» chiese nuovamente preoccupato.
Cassie alzò lo sguardo e il ragazzo divenne confuso non appena vide che stava ridendo. «Sono caduta come una povera cretina. La vedi quella signora, laggiù?» indicò una donna di mezza età seduta su una panchina che fingeva di guardare altrove mentre rideva. Luke annuì. «Sta ridendo a causa mia.» e scoppiò a ridere anche lei.
Luke sorrise e rimase a guardarla finché non smise e continuò la sua buffa lezione.

Finita la lezione, Cassie aveva invitato Luke a sedersi dopo essersi scusata più di dieci volte a causa del suo mancato equilibrio.
«Vuoi qualcosa da bere anche tu?» chiese mentre si versava un bicchiere d’acqua. Luke era seduto su una delle sedie della cucina con un gomito poggiato sul tavolo, intento a contemplare i movimenti della ragazza. Continuava a stuzzicarsi il piercing al labbro, facendolo dondolare a destra e sinistra con il dito, gesto che metteva ancora più in imbarazzo Cassie.
«No, grazie.» scosse il capo.
«Come vuoi» e ripose la bottiglia d’acqua in frigorifero.
Non appena Cassie si voltò, trovò davanti a sé il viso del ragazzo e il suo cuore prese a battere più velocemente. Luke le si avvicinò ancora di più e si inumidì le labbra. Tolse una mano dalla tasca e la appoggiò sulla guancia sinistra della ragazza. Cassie poteva sentire il suo respiro sulle sue labbra, e rimase impietrita, non riusciva a formulare neanche una frase di senso compiuto.
Le loro fronti erano così così vicine.
I loro nasi erano così vicini.
Le loro labbra erano così vicine.
Le loro…
«Sei sporca di terra.» disse infine. «Aspetta, un secondo.» strofinò il pollice della mano sulla pelle della ragazza, strizzò un occhio e per finire si allontanò dalla ragazza sorridendo. «Fatto.»
Cassie tirò un sospiro di sollievo, per un momento pensò che l’intenzione di Luke fosse quella di posare le labbra sopra le sue, ma evidentemente si sbagliava. Eppure, da un lato forse lei non avrebbe rifiutato.
«U-uh, grazie.» poggiò la mano sopra la sua guancia, ma non appena il ragazzo si voltò verso di lei, la nascose dietro la schiena.
Luke si passò una mano fra i capelli per riavviarli e posò la mano sopra la maniglia della porta. «Devo andare. Oh – tirò fuori un biglietto dalla tasca dei suoi pantaloni – questo è il mio numero, così possiamo organizzarci per quanto riguarda la prossima lezione.» disse porgendole il foglietto di carta.
Cassie lo afferrò, diede uno sguardo al numero e annuì, ripiegandolo. «Grazie e scusami ancora, sono una frana.»
«Scherzi, vero? Come prima volta sei andata molto bene, te lo assicuro. Sei caduta meno volte rispetto a tutte le altre persone che conosco.» disse sorridendo.
«Oh, grazie. Allora… beh, ecco… ci sentiamo!» cercò di formulare una frase che non la facesse sembrare stupida, ma forse con questo bisognava lavorare molto di più.
«Okay, ciao Cassie!» la salutò facendo dondolare la mano a destra e a sinistra, dopodiché uscì e chiuse la porta sfoggiando uno dei sorrisi ruba cuore. E Cassie, infatti, una cosa l’aveva capita: il sorriso di Luke Hemmings era pure magia, riusciva a stregarti e a renderti quasi dipendente da esso, perché quando il ragazzo chiuse la porta, Cassie ebbe nostalgia di quello stesso sorriso.


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Spazio autrice!

Salve! Ho finalmente deciso di aggiornare, forse quelle poche persone che seguono la mia Fanfiction si staranno chiedendo perché ho tardato così tanto, ecco il perché: nel periodo scolastico faccio fatica a scrivere perché le mie giornate sono piene e diciamo che mi impegno molto nello studio, non sono una secchiona, ma ci tengo molto. Perciò, lo spazio che ritaglio per svagarmi e tagliare un po’ la corta è veramente poco e molto spesso lo spreco facendo dell’altro, anche perché non ho sempre a disposizione l’utilizzo del computer. Quindi ho deciso di rimandare la scrittura a questa estate che fortunatamente è arrivata preso ed eccomi qui J. Ovviamente, come tutti, d’estate si ha moolto più tempo libero! Non sono stata rimandata, quindi non ho debiti (non interessa a nessuno ma okay) e spero di poter prestare un po’ di tempo nella scrittura, che amo molto. BEENE, ora passiamo al capitolo: ho buttato giù tutto quello che mi passava dalla mente ed è uscita questa cosa qui, al quando strana. Non chiedetemi come me ne sono uscita con il sogno di Cassie, perché, sinceramente, non lo so neanche io, AHAHAH. Ho preferito dedicare il capitolo ai Lussie (o Cuke? No, okay, ahah) perché negli scorsi capitoli non si sono mai parlati di persona ma solamente osservati da lontano. Ovviamente la storia non parlerà solamente dei soliti Romeo e Giulietta, ma coinvolgerà anche il fratello di Cassie, la migliore amica di Cassie (Sarah, ma voi non la conoscete, lol, forse è stata accennata nel primo capitolo da Luke, la ragazza bionda con cui parlava Cassie) e ovviamente anche Michael, Ashton e Calum. Heey, gli amici sono importanti eh. Direi che lo ‘spazio autrice’ è più grande del capitolo, ma okay, lasciamo stare. Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto molto di più che a me, visto che non sono soddisfatta di ciò che ho scritto.
Vi ringrazio e, ovviamente, se qualcuno ha tempo e voglia io sono sempre felice di leggere le vostre recensioni, grazie di cuore.<3
Un abbraccio, Giulia.

P.s.: Ho trollato qualcuno con ‘sei sporca di terra?’ RIDO.


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Capitolo 4
*** Aiutami, ti prego ***


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4.



Aiutami, ti prego


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S


arah Winslet non se ne accorgeva, o forse non rientrava nei suoi interessi sapere che ogni volta che passava davanti ad un gruppo di ragazzi, essi si giravano e non distoglievano lo sguardo finché qualcuno o qualcosa li interrompesse. Questo perché? Perché Sarah era bella, tremendamente bella. Possedeva dei bellissimi occhi verdi e dei lunghissimi capelli biondi che la facevano sembrare quasi una bambolina. Sarah non era certamente una poco di buono, ma riceveva molte richieste di appuntamento che, puntualmente, non erano mai accettate. Fino ad allora, infatti, la ragazza non si era mai concessa a nessuno, fatta eccezione per due o tre ragazzi. Si dice che l’apparenza inganna e Sarah ne era la prova stessa. Le due si conoscevano da tre anni e, anche se la figura di Sarah veniva sempre messa in risalto accanto a quella di Cassie, lei le voleva bene. Cassie non badava più agli sguardi che i ragazzi concedevano alla sua migliore amica, ormai era un’abitudine che aveva accantonato in un angolo e aveva imparato a non dare importanza o a non farci neanche caso. La ragazza, ogni tanto, veniva considerata quasi ‘snob’, ma la realtà era che lei, proprio come Cassie, stava aspettando qualcuno che la faceva sentire speciale, come nessuno aveva mai fatto.
In quel momento le due si trovavano al Sydney Park, un posto tranquillo e cosparso di verde. Entrambe amavano quel posto, specialmente Cassie che passava il settanta per cento del suo tempo lì. Solitamente portava un libro con sé, ma quel giorno era in compagnia di Sarah e per giunta avevano dei compiti-ripasso da completare, perciò decisero di completarli in tranquillità. Le due tenevano sopra le gambe il loro quaderni di matematica, Cassie scriveva velocemente, facendo dondolare la sua penna avanti ed indietro, Sarah invece non faceva neanche in tempo a scrivere un numero, che subito dopo lo cancellava, sbuffando.
«Non ho voglia di fare nulla.» si lamentò poggiando il capo sopra il quaderno a quadretti. Quel giorno portava i capelli legati in un perfetto chignon, senza un capello fuori posto, i suoi occhi verdi erano contornati da un filo di eyeliner nero e dal mascara che li rendevano più grandi, dando risalto al colore, inoltre portava una maglietta a maniche lunghe bianca e dei pantaloncini grigi con fantasie alquanto bizzarre.
Cassie si fermo un momento. «Sono semplicissime, non concepisco il perché di questo inutile ripasso, ma ce ne mancano due.» disse infine, riprendendo la penna e continuando a scrivere. Sarah, invece, non toccò la sua matita.
«Come è andata sabato?» chiese portando una mano sullo chignon, per controllare il tutto. La mora alzò lo sguardo e aggrottò le sopracciglia.
«Sabato?» Cassie era confusa e, forse, la memoria in quel momento non le funzionava normalmente. La biondina sorrise, come se in qualche modo lei stessa aspettava la reazione che aveva appena avuto l’amica.
«Sai, sabato, sesto giorno della settimana, puoi fare tardi la sera, puoi uscire e puoi fare lezioni di skateboard con un tizio super sexy.» disse alzando ed abbassando le sopracciglia. Le mani della ragazza stavano invitando l’altra a parlare, con gesti e facce abbastanza insensati e stolti. Cassie spalancò gli occhi e per sbaglio fece cadere il quaderno e la penna che teneva sulle gambe. Imbarazzo, goffaggine e timidezza.
«Come f-fai a saperlo?» La ragazza raccolse tutto ciò che aveva fatto cadere, ma un pallone le colpì le braccia e gli oggetti toccarono nuovamente terra. Borbottò un’imprecazione e alzò lo sguardo verso il fratello, evidentemente sudato. E Cassie si era quasi scordata di aver portato con se Alex che, fortunatamente, aveva incontrato i suoi compagni di classe con cui stava giocando a calcio proprio in quel momento. Il ragazzo scoppiò a ridere, accompagnato dai suoi amici.
«Sei un coglione!» urlò Cassie mentre raccoglieva per la seconda volta ciò che aveva fatto cadere in precedenza. Alex spostò gli occhi da sua sorella a Sarah e si grattò la nuca con imbarazzo.
«Umh, scusami sorellona.» le sorrise, portando gli occhi per una frazione di secondo verso Sarah. E si, stava proprio cercando di fare bella figura davanti all’amica della sua sorella. Cassie aggrottò le sopracciglia, ma subito dopo capì a cosa stava puntando il fratello. Un sorriso malizioso si formò sul volto della mora e mimò con le labbra le parole ‘ti’ e ‘piace’.
«Come scusa? Non ho sentito.» disse Cassie posando una mano dietro l’orecchio per aspettare la ripetizione delle frase.
«Oh, non lo ripeterò ancora!» assottigliò gli occhi, ma poi si fece più gentile, sempre ricordando il suo obbiettivo iniziale. «Hai sentito bene, sorellona. »
I due si scambiarono un’occhiataccia ed entrambi tornarono a fare ciò che in precedenza stavano facendo. Cassie si sedette nuovamente sulla panchina e poggiò il quaderno a quadretti sulle gambe, scrisse un numero, ma subito alzò lo sguardo verso l’amica, che la stava osservando. Sarah alternò lo sguardo dal quaderno al viso di Cassie e le chiuse il quaderno sotto gli occhi, così d’istinto.
«Stavamo parlando di sabato scorso, di te, e del ragazzo sexy che ti fa lezioni di skateboard.» disse poggiando le mani sulle guance e i gomiti sulle ginocchia. Cassie sobbalzò e le sue guance diventarono nuovamente rosse. Strinse le mani sui pantaloni e cercò di non balbettare, molto difficile per lei, perché era proprio in quei momenti che il suo lato goffo riusciva ad impossessarla e non era decisamente un bello spettacolo, o almeno così pensava Cassie.
«Ah, si.» annuì mentre si toccava la treccia che si era fatta quella mattina. «Come fai a saperlo?» chiese sforzandosi.
Sarah sorrise, come se quella domanda la stava aspettando con ansia. «Beh, sabato ti ho chiamato ma mi ha risposto tuo fratello – portò lo sguardo verso Alex, poi si concentrò nuovamente sul viso dell’amica – e mi ha detto che non potevi venire al telefono perché stavi facendo una lezione di skateboard con un ragazzo.» disse quasi come elettrizzata all’idea della sua migliore amica in compagnia di quest’ultimo.
Cassie annuì e cercò di scacciare via un sorriso che cercava la padronanza sul suo viso, ma con scarsi risultati. «E il ‘ragazzo sexy’ da dove l’hai preso? Illuminami.»
«Ho una mia teoria personale!» disse incrociando le braccia. La mora alzò un sopracciglio e la spinse a spiegare la sua ‘teoria personale’, proprio come la chiamava lei. «In pratica, no aspetta, stiamo parlando di ‘teorie’, quindi… In teoria, i ragazzi che sanno andare sullo skateboard sono tutti molto fighi, perciò anche il tizio che ti ha fatto una lezione deve essere figo e, se non è figo, allora non sa andare sullo skateboard, ma se hai ti ha dato una lezione di skateboard, allora sa andare sullo skateboard e quindi, di conseguenza, è un figo.» non appena finì, Cassie scoppiò a ridere e Sarah la osservava sorridendo, perché amava quando l’amica rideva in sua compagnia.
«Non ha un fottuto senso.» disse la mora mentre rideva ancora.
Sarah gli mise una mano sulla bocca. «Si invece! Ora descrivi questo ragazzo, così vediamo se la mia teoria funziona realmente.»
E Cassie sapeva che la stupida teoria dell’amica sarebbe risultata giusta, conosceva fin troppo i suoi gusti e Luke Hemmings rientrava nei suoi canoni di bellezza, anzi, ci stava proprio a pennello. La ragazza si torturò le mani al solo pensiero di doverlo descrivere. Ebbe un colpo al cuore quando provò ad immaginarlo e di questo passo sarebbe risultata più che imbarazzata, decisamente di più. Ma non ci poteva fare assolutamente nulla.
«Ha gli occhi azzurri.» disse, e quella fu la prima cosa che immaginò. «I capelli biondi alzati verso l’alto.» e li aggiunse all’immagine che si era creata nella mente. «E il piercing.» aggiunse anche questo, aggiunse tutto i particolari di Luke che disse a Sarah e una volta completata l’immagine nella sua testa, avvampò ancora di più.
Imprecazioni, imprecazioni e imprecazioni, tutte nella sua mente.
«Ma allora sì che è un figo! Vedi, avevo ragione. Sono un genio!» disse baciandosi la punta delle dita e poggiandole sulla sua fronte, come per ringraziare in qualche modo la sua materia grigia.
«H-hai solo avuto fortuna.» le smontò ‘il castello di sabbia’.
«Heey, però non hai detto nulla per quanto riguarda il ragazzo figo, eh. Non hai negato.» gli occhi di Sarah brillarono e punzecchiò l’amica con un dito. «Come si chiama?» Se l’obbiettivo della biondina era quello di metterla il più possibile in imbarazzo, rendendola goffa, beh, ci era riuscita alla grande.
«Luke Hemmings… Eh?Cos- vaffanculo.» si coprì il viso con le mani, ma Sarah le strinse le mani, in modo tale da poterla guardare bene. La biondina guardò dentro gli occhi dell’amica e ci vide un trambusto di emozioni e quello le bastò per capire quanto doveva essere spiazzante quel ragazzo.
«Perché sorridi?» le chiese Cassie.
«Perché le tue lentiggini si vedono di più quando diventi rossa.» disse ancora con le mani strette a quelle dell’amica. «Ti voglio bene Cassie, ti voglio bene veramente.»

Luke Hemmings li osservava, osservava i suoi migliori amici e poteva dire che la cosa gli piaceva. Quel giorno si trovava insieme ad Ashton, Calum e Michael in un McDonald’s  nelle vicinanze di casa Irwin, solitamente i quattro ragazzi preferivano mangiare qualcos’altro, ma in dieci minuti avevano deciso il da farsi durante la giornata e, per velocizzare le cose, scelsero la ‘via’ più vicina.
Lo sguardo di Luke cadde sul viso di Ashton e il ragazzo catturò due dettagli che lo caratterizzavano in quel momento: sorriso e ketchup sparso sul viso. Un ventenne con il cervello di un sedicenne, pensò ridendo tra sé e sé. Poi, la sua attenzione venne rubata dagli occhi di Michael che viaggiavano nella direzione di Ashton, e anche lui sorrideva. Michael indicò il viso dell’amico e scoppiò a ridere ancora di più, ma l’altro non riusciva a capire il perché di questa ironia improvvisa. E, infine, il suo sguardo cambio prospettiva andando a concentrare tutta la sua attenzione verso Calum. Quest’ultimo rideva più di Michael e teneva una mano sulla pancia. Forse Luke non se ne era neanche accorto, ma anche lui, proprio in quel momento, stava ridendo.
«Pefchè ridete? Cofa c’è?» chiese Ashton con il boccone in bocca. Le risate non fecero altro che aumentare di più. Calum provò a spiegare all’amico la causa di tutte quelle risate, ma non fece altro che peggiorare la situazione, continuando a ridere di gusto ogni volta che pronunciava una parola. Anche Luke aveva provato e dopo due tentativi, era riuscito a scaricare tutto in un sorriso e a spiegare ad Ashton, la causa di tutto ciò.
«Oh – sorrise – da quanto precisamente?» chiese mentre si puliva il viso con un fazzoletto. La risposta non gli sarebbe certamente piaciuta, pensò Luke. Nessuno si azzardò a rispondere, ma alla fine si fece avanti Michael, che, probabilmente, aveva ancora vivida nella mente l’immagine di Ashton con il ketchup sul guance.
«Beh… Da quando hai iniziato a mangiare il panino, praticamente dal primo morso.» rispose e allungò una bustina di maionese a Calum, che stava quasi rivoltando tutti i vassoi che trovava per prenderne uno.
Ashton diede uno sguardo ad una ragazza seduta sul tavolo accanto. «Ah, ora capisco.» roteò gli occhi.
«Capisci cosa?» chiese Calum che cercava freneticamente di aprire la bustina.
«Capisco perché quella ragazza – buttò nuovamente l’occhio sul tavolo accanto – mi ha praticamente riso in faccia quando ho provato a fare il… figo, insomma.» non badò al suo tono di voce notevolmente alto, ma Luke notò che la ragazza non se ne accorse. Il biondino posò la sua attenzioni sul volto di Ashton, ma quello della mora al tavolo accanto gli balenò nella mente. Luke si voltò nuovamente verso quella ragazza e la osservo, forse un po’ troppo, ma lo fece. Portava dei bellissimi capelli marroni lunghi fino alla vita, una frangetta simpatica gli nascondeva le sopracciglia e ogni tanto se la spostava. Probabilmente le dava fastidio, pensò Luke. Si soffermò, poi, sugli occhi della medesima e vide il buio. Il ragazzo spalancò gli occhi.
«Ash – richiamò l’attenzione dell’amico, che nel frattempo stava tranquillamente chiacchierando con Michael e Calum – quella ragazza assomiglia a Nora.» disse infine, ma il nome finale lo capì solo Ashton. Gli occhi degli altri due si andarono velocemente a posizionare dove quelli di Luke erano andati precedentemente. Quest’ultimo invece puntava lo sguardo fisso negli occhi di Ashton e vide la tensione, la paura, come se Luke lo avesse scoperto mentre faceva chissà cosa. Il ragazzo gli mimò con le labbra una frase: non l’hai ancora dimenticata. Ashton sorrise e si posò la mano sul cuore. Lato nascosto di un buffo ventenne.
«Assomiglia a chi?» chiesero Calum e Michael contemporaneamente.
«Oh, a nessuno, pensavo fosse… Nicole, quella che vende i cd dietro casa di Mike.» mentì per Ashton, perché da quel gesto aveva capito praticamente tutto, perché Luke capiva tante cose da semplici cose, perché Luke non si soffermava sull’apparenza, Luke andava affondo e riusciva a trovare sempre qualcosa che gli altri non riuscivano ad intravedere, e lui era andato affondo con Ashton, fin troppe volte. L’argomento li portò a parlare di un altro, ma decisamente più divertente ed esilarante, finché Calum decise di entrare in ballo con qualcosa che li altri due, ancora non sapevano.
«Si, quella ragazza mi ha praticamente lanciato il suo numero in faccia.»
«Oh, a proposito di ragazze! Qualcuno ha fatto breccia nel cuore di questo ragazzo.» disse Calum e si affrettò a indicare Luke, che fino a dieci secondi prima stava tranquillamente bevendo un sorso di coca-cola. Il biondino spalancò la bocca e tirò una pizza dietro il collo all’amico. Quest’ultimo per poco non si strozzo con il panino, ma continuo tranquillamente il discorso che tanto lo faceva esaltare.
«Luke.» Ashton sorrise malignosamente. «Devi dirci qualcosa, eh?»
«Luke.» chiamò questa volta Michael. «Racconta.»
«Avanti Luke, racconta di Cassie.» lo incoraggiò Calum, ma Luke si sentì completamente immobile. Il ragazzo provò a dire qualcosa, ma quello che ne uscì fuori assomigliava di più a un lamento che a una frase.
«Oddio, Luke senza parole, rosso e in imbarazzo.» Ashton allungò la mano verso il capo di Luke e gli sfiorò un capello biondo. «Che carino.»
Il ragazzo si sentì come un bambino circondato da tre uomini, si sentì piccolo, molto piccolo. Oh, no, quello non gli stava bene per niente.
«Si chiama Cassie Heavenly, l’ho vista si e no tre volte – giocherellò con la cannuccia del bicchiere pieno di coca-cola – gli faccio lezioni di skateboard perché me l’ha chiesto mio cugino che è amico di suo fratello, non perché nutro un interesse per lei. È brava, questo non lo metto in dubbio, ma… non è decisamente il mio tipo.» Indifferenza, indifferenza nella sua voce. Ma stava dicendo la verità? Questo non lo sapeva neanche lui, l’unica cosa di cui era certo, era che non sopportava essere guardato come stavano facendo i suoi amici, proprio in quel momento.
Calum tirò un sospiro di delusione. «Oh, pensavo di aver adocchiato la tua futura sposa, peccato.» disse ironico.
Luke scoppiò a ridere e Michael, Ashton e Calum lo seguirono. Quasi tutto il locale si girò verso il tavolo vicino alla finestra, proprio quello dei quattro, ma a loro quello non importava. Certo, essere osservati con occhi così discreti non faceva piacere a nessuno, ma a loro importava stare insieme, perché quando stavano insieme, nessuno li avrebbe fermati.

Devi sparecchiare la tavola, spazzare per terra e ripulire gli scaffali da l’eventuale polvere residua, ci siamo capite? Al mio ritorno voglio tutto pulito.” Gli aveva detto la madre tramite telefono, ma Cassie se ne ricordò solamente dopo l’undicesima partita a Kik Boxing sulla playstation. Lanciò un’urlò di vittoria una volta finita la partita, ma sbiancò di colpo non appena si voltò e notò la figura del padre che la osservava con le braccia incrociate. Non era decisamente un buon segno, pensò Cassie.
«Cassie Skylynn Heavenly, che cosa stai facendo di preciso?» le chiese mentre assottigliava gli occhi. Il padre di Cassie si chiama John Heavenly ed era un tipo piuttosto severo, ma che, ovviamente, nutriva un grande affetto per i suoi figli. Tutti gli dicevano che era la copia di suo figlio più piccolo, fatta eccezione per la barba e gli anni in più. C’era una certa somiglianza anche con Cassie, ma quella precedente era decisamente spiazzante. Quel pomeriggio John si era concesso un giorno di tranquillità e lo si poteva notare dagli abiti che indossava in quel momento: abiti bizzarri e larghi, troppo larghi. Sembrava quasi che indossasse il pigiama, ma non era esattamente così.
«Cosa sto facendo? – adocchiò una scopa poggiata nell’angolo della stanza, corse verso di essa e la prese – Beh, sto spazzando, non si vede?» e la fece dondolare. Per sbaglio la tirò troppo indietro e la scopia colpì la caviglia della ragazza che, subito dopo, emise un lamento. Cassie la mandò a quel paese mentalmente, e poggiò la mano dove la scopa aveva colpito dieci secondi prima. Il padre scoppiò a ridere e le si avvicinò mentre la sua risata aumentava a dismisura.
«Brava la mia piccola, ora oltre a spazzare devi anche mettere del ghiaccio dove ti ha colpita.» disse ironico e le accarezzo il capo, burlandosi di lei. Cassie annuì e osservò il padre che a passo lento andava a rintanarsi in camera, probabilmente stanco a causa del doppio lavoro che aveva fatto il giorno prima. Non appena il padre girò l’angolo, la ragazza andò in cucina, aprì lo sportello del frigorifero ed estrasse un cubetto di ghiaccio.
«Dove diavolo... Oh, eccolo.» prese un fazzoletto e avvolse il cubetto in esso. Infine, si sedette su una sedia della cucina e poggiò il ghiaccio sopra la caviglia. Probabilmente il giorno dopo avrebbe trovato un livido al suo posto, pensò mentre ripremeva l’istinto di toglierselo di dosso a causa del freddo fastidioso che le provocava. Restò in quella posizione, finché il telefono, nella tasca dei suoi pantaloni, iniziò a vibrare così bruscamente che quasi non cadde dalla sedia. Sfilò il cellulare e rispose senza fare caso al nome sovrascritto. Mossa sbagliata.
«Pronto?» disse quasi in un sussurro.
«Pronto Cassie, sono Luke.» disse il ragazzo dall’altro capo del telefono. Colpo al cuore, Cassie ebbe un colpo al cuore, qualcosa che le fece scivolare il ghiaccio dalla mano che cadde per terra, rompendosi a metà. E quasi si era dimenticata di avere il numero del medesimo, quasi si era scordata che pochi giorni prima avevano messaggiato quasi tutto il giorno. Balbetto qualcosa di stupido.
«Umh, emh, si, e, oh, ciao.» si maledisse mentalmente.
«Ti dispiace se sposto la lezione di questa settimana? Sabato non posso venire, ti va se facciamo domenica?» chiese con tranquillità. Luke, ovviamente, non sapeva che, dall’altro capo del telefono, la ragazza stava completamente andando a fuoco.
«No, non c’è nessun problema. Va benissimo anche domenica.» scosse il capo e poggiò le mani sulle guance.
«Perfetto! Allora ci vediamo domenica, salutami Alex, ciao!»
«Si, ciao…» e Luke riattaccò.
Cassie rimase ad osservare lo schermo del cellulare per cinque minuti, dopodiché si diresse nella stanza di suo fratello. La ragazza, al contrario di altre persone, sapeva esattamente cos’era la privacy, così decise di bussare prima di entrare. Ricevette una risposta non appena allontanò la mano dalla porta. Alex Heavenly esattamente chi si nascondeva al di fuori della sua camera, così non esitò e urlò un “avanti”. Cassie sorrise e aprì lentamente la porta. Il fratello si trovava sdraiato sul letto, con le gambe piegate; le mani reggevano il cellulare che si trovava davanti al suo viso e il suo sguardo era quasi ipnotizzato sullo schermo del medesimo. Alex non badò alla figura della sorella che chiudeva la porta, così Cassie si sdraiò sul letto, proprio accanto a lui, ma non appena la ragazza buttò l’occhio sul cellulare, il fratello sobbalzò e lo nascose.
«Prima mi ha chiamata Luke, volevo dirti che ti salut-» non riuscì a finire neanche a finire la frase, poiché Alex le parlò sopra.
«Aiutami a conquistare Sarah, ti prego



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Spazio autrice!


Buongiorno! Ovviamente sono in ritardo, YEEY, no, okay. Mi scuso con quelle poche ma importanti persone che leggono questa storia, scusatemi. 
Ora vi spiego cosa mi è successo: due settimane fa, se non di più avevo finalmente finito il capitolo e per sbaglio quella merda del mio computer ha cancellato tutto quello che avevo scritto (le imprecazioni da parte mia si sono fatte sentire).Perciò mi è toccato riscrivere DA CAPO tutto il capitolo che avevo scritto e non è stato per niente facile. Oltretutto, in queste due settimane non ho avuto molto tempo da dedicare al capitolo, poiché mio padre si è preso dei giorni di ferie, quindi sono stata costretta a scrivere mentre stavo al mare, poiché lì potevo ritagliarmi del tempo, infatti, suppongo che la scrittura sia venuta veramente male e che, probabilmente, avete trovato mille errori di battitura durante la lettura. Mi dispiace veramente moltissimo. Ora passiamo al capitolo! Sicuramente avete notato che è un capitolo piuttosto noioso, ma ci sono delle cose che probabilmente avete tralasciato, ma sono molto importanti per la storia. (Spero non star entrando nel banale, perché lo odio) Ho concentrato il capitolo sugli amici che nei capitoli precedenti venivano solamente accennati, nel caso di Sarah, invece, nominati solamente una volta, precisamente nel primo capitolo. Spero che, a differenza mia, il capitolo vi piaccia. Grazie a tutti e, come al solito, se volete recensire mi fate molto felice, anche non positivamente, mi basta sapere cosa ne pensate, un’opinione sincera. Sono sicura che con i vostri consigli migliorerò, o almeno spero. Grazie ancora!
Un abbraccio, Giulia.

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Capitolo 5
*** Battito cardiaco. ***


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5.



Battito cardiaco

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E


ra sabato sera e Cassie si trovava davanti all’armadio, indecisa su ciò che avrebbe dovuto indossare un’ora dopo. Aveva passato i giorni precedenti a cercare di convincere i suoi genitori a darle il permesso per partecipare ad una festa di compleanno, che forse ‘di compleanno’ non era proprio. In effetti, una festeggiata c’era: Taylor Whitethorn, ma la ragazza si sarebbe presentata come una semplicissima invitata, perciò Cassie non fu completamente sincera con i suoi genitori. Tutto era organizzato da alcuni suoi compagni di studi, ma ovviamente il tema centrale della festa non era esattamente ‘lo studio’. Con sua grande sorpresa, ottenne una risposta positiva, accompagnata, ovviamente, da cento regole di educazione, concentrate soprattutto su quelle che prevedevano la compagnia di Alex. Oh, si, perché lui sarebbe andando con lei. Improvvisamente si ricordò di quello che il fratello le disse quel lunedì.

·Flashback·

«Aiutami a conquistare Sarah, ti prego.» le disse il fratello senza neanche farla finire di parlare. Cassie puntò velocemente lo sguardo verso il viso di Alex: le guance di quest’ultimo erano completamente arrossate e i suoi occhi guardavano altrove, stava cercando di non scontrare lo sguardo della sorella, come se, in qualche modo, aveva paura di potere facilmente lasciare trapelare la debolezza dalle sue iridi. Cassie lo fissò a lungo, fissò il suo atteggiamento, finché il fratello si voltò di spalle, affondando la faccia sul cuscino. Imbarazzante, penso lui. La ragazza appoggiò, anche lei, la faccia su quell’oggetto morbido e richiamò Alex stuzzicandolo con un dito.
«Alex.» gli tirò leggermente la maglietta. «Girati, per favore.»
Alex mugolò. «Sembro una femminuccia.» disse e tirò il cuscino più a sé, la testa di Cassie, di conseguenza, scivolò sul lenzuolo bianco. «Mi vergogno.»
«Non fare lo stupido, Alex, girati!» e il fratello si girò con il busto verso la sorella. I due si trovavano faccia a faccia e Cassie non riuscì a trattenersi, perciò sorrise. Era adorabile.
Alex stava per aprire bocca, probabilmente per commentare ciò che era spuntato sul volto della sorella, ma quest’ultima parlò per prima. «Fai sul serio.» e lo guardò attentamente negli occhi. «Oddio, tu fai veramente sul serio!»
Alex spalancò gli occhi. «Puoi smetterla di prendermi in giro? È imbarazzante per me.»
Cassie scosse il capo, ancora con il sorriso sulle labbra. «Non ti sto prendendo in giro, sono semplicemente sorpresa. Pensavo che la tua fosse solamente una cotta che passa velocemente, tipo… Un’attrazione sessuale. Ma mi sbagliavo di grosso, tu non sei cotto della mia migliore amica, tu sei
innamorato della mia migliore amica.» e con un gesto veloce, sfilò il telefono di suo fratello dalle sue mani. Lo sbloccò e il suo sorriso si allargò ancora di più. «E porti una sua foto come blocca schermo!»
Alex fece una smorfia per cercare di nascondere ancora di più il rosso sulle sue guance. «Dammi qua!» disse con la voce quasi stridula, e afferrò il cellulare dalle mani della sorella. «Sono cose private, queste.»
Cassie scoppiò a ridere, mentre continuava ad osservarlo. Oh si, suo fratello era proprio tenero in quel momento. «Sì.»
«‘Si’ cosa?» chiese confuso.
«Si, ti aiuterò a conquistare Sarah, te lo prometto.» e Cassie vide qualcosa negli occhi di Alex, un brillio, qualcosa che si era acceso dentro di lui, forse la speranza.

·Fine flashback·

E in quel momento, Cassie si rese conto che ciò che aveva promesso al fratello era qualcosa di estremamente difficile, ma ci avrebbe messo tutta se stessa. Mai aveva visto tanto sentimento negli occhi di Alex e sicuramente non si sarebbe rassegnata facilmente, anche dopo la festa. A dire il vero, Cassie non era una tipa da festeggiamenti così affollati e pieni di gente non decisamente ‘casa e chiesa’ come avrebbero preferito i suoi genitori, ma tre giorni prima Sarah l’aveva praticamente pregata di farle compagnia e fu allora che gli venne un lampo di genio e decise che Alex sarebbe venuto con lei. Il fratello accetto quasi a stento, e la cosa le sembrò molto strana, ma fu felice. A Cassie scappò un sorriso ripensandoci e non appena smise di fantasticare e a pensare a come sarebbe stata d’aiuto per il fratello, si accorse che era quasi completamente vestita. La ragazza si sedette sul letto, aprì la scatola delle ballerine, ma non appena tentò di infilarsene una al piede, qualcuno fece irruzione nella sua stanza. La porta si spalancò sbattendo la maniglia contro il muro e Alex entrò sorridendo, ma qualcosa cambiò dopo aver guardato la sorella dalla testa ai piedi.
«Cosa sono quelle?» disse il fratello indicando ciò che Cassie aveva in mano. La ragazza abbassò lo sguardo, perplessa.
«Oh, queste? – le alzò più in alto – Sono ballerine, che domande fai.» e se ne infilò una sul piede destro. Alex fece una smorfia e scosse il capo.
«E tu vorresti mettere queste – le indicò nuovamente – a una festa dove tutte le ragazze andranno in giro con i tacchi?» le chiese quasi esasperato. La sorella annuì e infilò la seconda nel piede sinistro. Cassie non ci trovava nulla di male nell’indossarle, non c’era nessuna regola che vietava agli inviati di presentarsi con quel tipo di scarpe, perciò non capiva quale era il problema. Ovviamente, le scarpe con il tacco facevano più scalpore, ma lei non era decisamente una ragazza che amava mettersi in mostra e lo si poteva notare con gran facilità.
«Cassie – fece non appena la sorella si alzò – pensavo che… nulla, lasciamo perdere.» e si coprì il viso con le mani. Cassie indossava dei pantaloni di jeans strappati che le arrivavano poco più sopra della rotula del ginocchio. Dall’estremità di quest’ultimi, dove solitamente si posizionava la cintura, erano agganciate delle bretelle che risalivano e andavano a poggiarsi sulle spalle della ragazza, scoperte a casa della camicia senza maniche che indossava.
«So a cosa stai pensando, ma puoi scordartelo.» disse con tono scocciato
«Pensavo che per una volta avessi deciso di indossare una cazzo di gonna, ma evidentemente mi sbagliavo. Sembra quasi di avere un fratello. » e si passò una mano fra i capelli per ravviarli. Il giorno prima, Cassie era stranamente riuscita a convincerlo a tagliarsi i capelli e ora teneva il ciuffo tirato all’insù, e poteva dire che ci stava decisamente meglio. I suoi occhi verdi erano messi più inevidenza e la ragazza era sicura che non sarebbe passato inosservato.
«Non fare l’esagerato e ora fatti vedere.» disse sorridendo e cominciò a girare attorno al fratello, osservandolo nei minimi dettagli. Aveva deciso di indossare una camicia a quadri blu, che teneva un tantino sbottonata e dei jeans quantomeno decenti, rispetto a quelli che portava di solito. Cassie annuì, si sporse di più verso il sul viso e sorrise indietreggiando. «Stai molto bene.» e fece il segno dell’okay.
«Cassie?» la chiamò. La ragazza chiuse la scatola della scarpe, la ripose, e si girò verso di lui, in attesa. «Forse non lo dimostro sempre, forse non lo dimostro e basta, ma ti voglio bene.»

«Vado a prendere da bere, voi intanto divertitevi.» ed era così che si era allontanata lasciando suo fratello e la sua migliore amica da soli nel bel mezzo della festa, utilizzando una stupida scusa. In quel momento si trovava accanto ad un tavolino su cui erano poggiate piccole porzioni di cibo, per quelli che volevano riposarsi dopo aver ballato fino allo sfinimento. Oh, almeno avrebbe sfogato la sua ansia con il cibo, pensò. Sì, perché Cassie era in ansia, una terribile ansia causata dalla vicinanza di Sarah e suo fratello, sperava che niente andasse storto. Mentre dava un morso a un tramezzino che aveva preso alla sua sinistra, osservava la pista da ballo: corpi sudati e appiccicati gli uno fra gli altri, capelli che si muovevano tra la folla, sguardi seducenti che volevano da una parte all’altra e vestitini troppo stretti e corti per concedere il libero movimento. Lo sguardo di Cassie andò a soffermarsi su un paio di scarpe con il tacco color rosa confetto, decorate da un fiocco fucsia con gli strass. Solo una persona poteva indossarle: Christine Evangersen, la sua compagna di banco nel corso di letteratura. Cassie alzò gli occhi dalle scarpe al volto della ragazza e scoprì che aveva esattamente ragione. Christine si girò con il busto avvolto in un vestitino - anch’esso rosa – , attillato, verso di lei. La ragazza socchiuse gli occhi mentre ballava e, una volta riconosciuta, sorrise allegramente ondeggiando la mano. Cassie ricambiò il saluto e sorrise a sua volta. Accanto alla sua compagnia, si muoveva un ragazzo dai capelli… Viola? Lilla? Non riuscì a capirlo. Non appena quest’ultimo si accorse che Christine aveva smesso di ballare, si girò verso di lei e cercò tra la folla la persona che stava salutando con tanto entusiasmo. Christine si girò verso di lui, gli parlò, e indicò Cassie. Quest’ultima riuscì a capire una parola - tramite labiale - di quello che la mora aveva riferito al ragazzo: amica. Entrambi si avviarono verso di lei e, durante il tragitto, il ragazzo dai capelli viola afferrò una bottiglia di birra e se ne versò un po’ in un bicchiere.
«Cassie!» le urlò Christine per farsi sentire a causa della musica troppo alta. I capelli marroni gli si erano arruffati in un modo terribilmente buffo, che Cassie glieli sistemò come se fosse una bambina troppo entusiasta di giocare.
«Oh, grazie, non me ne ero accorta.» la ringraziò con un sorriso a trentadue denti, dopodiché si girò verso il ragazzo che pochi secondi prima era in sua compagnia, e lo chiamò.
«Arrivo!» rispose lui, posò il bicchiere su un tavolo a casaccio e gli si posizionò accanto. Cassie poté osservarlo da vicino e notò con grande sorpresa che teneva un piercing sul sopracciglio, esattamente come piaceva a lei. I suoi capelli erano scompigliati in maniera simpatica e il suo sorriso la faceva sentire stranamente a suo agio, stranamente, perché Cassie non si sentiva mai così con un ragazzo che non fosse Alex.
«Michael, ti presento Cassie, una mia compagna di scuola. Cassie, ti presento Michael Clifford, un mio amico coglione.» Cassie rise e afferrò la mano che Michael le aveva offerto a mezz’aria.
«Cognome?» chiese Michael tenendo la mano ancora stretta in quella della ragazza.
«Heavenly.» Michael spalancò gli occhi per un lasso di tempo minimo e subito dopo accentuò ancora di più il suo sorriso. Christine aggrottò le sopracciglia, ma poi scosse il capo, come se fosse tipico di quel ragazzo.
«Mi piacciono i tuoi capelli.» disse Cassie così di punto in bianco mentre le loro mani si staccavano. «Mi piacerebbe tingere i miei di blu, ma i miei genitori non me lo permetterebbero mai.» forse era risultata come una ragazza troppo seria, ma in quel momento gli importava ben poco, perché Michael gli ispirava simpatia. Sembrava quasi che i suoi pensieri venissero espressi vocalmente senza il suo consenso. Il ragazzo la ringraziò subito e instaurarono una conversazione sull’argomento ‘capelli e tinte’, che durò si o no una decina di minuti. Anche Christine si unì alla conversazione, parlando di quando alle medie aveva provato a tingersi i capelli di biondo, ottenendo come risultato il bianco a causa della boccetta sbagliata comprata dalla nonna. La loro chiacchierata si interruppe non appena Michael ricevette un messaggio da un suo amico e si allontanò, accompagnato da Christine, per andare a riceverlo all’entrata della festa. Ed ora Cassie si trovava nuovamente sola, accanto al tavolo riservato al cibo. Sarebbe tornata da suo fratello e dalla sua migliora amica dopo trenta minuti, se non di più, per lasciare loro un po’ di spazio. Osservò la pista da ballo e una smorfia comparve sul suo viso: alcuni movimenti, sguardi e segni erano totalmente indecenti, ma tralasciò quel particolare e alzò il viso verso un piccolo palco, proprio lì davanti, dove Jordan Lower si improvvisava DJ e si muoveva a tempo di musica, quasi come se avesse delle convulsioni. A Cassie scappò un sorriso, ma non appena quest’ultimo cambiò canzone, capì che era ora di mettersi le cuffie e ascoltare qualcosa che contenesse anche le parole, oltre alle note. Così aprì la borsa, tirò fuori il cellulare e infilò gli auricolari. Stranamente scelse la riproduzione casuale e la prima canzone che uscì fu Heartbeat dei The Fray. Mentre cantava muovendo le labbra, senza produrre alcun suono, si accorse di avere la gola secca, perciò si alzò e camminò – urlando di tanto in tanto uno ‘scusa’ per attirare l’attenzione e riuscire a passare – verso la fine del tavolo che aveva accanto, proprio dove erano poggiate delle bottiglie. Si accorse che quest’ultime contenevano solamente alcolici, ma proprio mentre stava per tornare indietro, intravide dietro una bottiglia di vino rosa, della coca-cola. Grazie a Dio. Sempre meglio di niente, pensò. Allungò la mano verso una ‘piramide’ di bicchieri, ne afferrò uno e cominciò a versarla dentro di esso. Mentre il bicchiere si riempiva, notò – con la coda dell’occhio – una figura che la osservava, non molto distante da lei. Cassie alzò lo sguardo verso di essa, proprio mentre il ritornello della canzone iniziava per la seconda volta.

Oh, I feel your heartbeat
And oh, you’re coming around, coming around, coming around
If you can love somebody, you love them all the same.
You gotta love somebody, you love them all the same.
I’m singing, oh, I feel your heartbeat


E Cassie poteva sentire il suo battito cardiaco aumentare drasticamente, quasi come se le scoppiasse. Quegli occhi cerulei li avrebbe riconosciuti ovunque. Ovunque.
Quel giorno indossava degli skinny jeans neri strappati, una maglietta dei nirvana, senza maniche, che lasciava libero spazio alle sue braccia e delle vans. I capelli, come al solito, erano tirati verso l’alto e il suo sorriso dava risalto al piercing che teneva sul labbro. Se era bello? Oh, si. Luke le si avvicinò e, senza staccare gli occhi dai suoi, le tolse la bottiglia di coca-cola dalle mani. Sembrava quasi che… Oh, merda, pensò Cassie. La ragazza guardò verso le sue mani e si accorse che il bicchiere era pieno di coca-cola che fuoriusciva da esso, rovesciandosi sul pavimento. Le sue mani erano completamente bagnate e appiccicose e… Si, aveva appena fatto una figuraccia con il suo amore platonico. Luke le sorrise, quasi come se respingesse l’impulso di scoppiare a ridere e le tolse anche il bicchiere dalla mani.
«Prendi.» disse porgendogli un fazzoletto. L’aveva per caso scambiata per una bambina? Sapeva badare a se stessa, anche se non aveva dimostrato molta intelligenza e maturità pochi secondi prima. Cassie lo afferrò e si pulì le mani. Vide le labbra del biondino muoversi per poi fermarsi e osservarla, quasi confuso. Non capì cosa volesse sapere da lei, non riusciva a sentire nulla, perché il ritornello di Invisible degli U2 era già partito. Senza che se ne accorgesse mimò il ritornello con le labbra, involontariamente “I'm more than you know, I’m more than you see, more than you let me be”, ma cosa le era preso? Fortunatamente Luke sembrò non capire. Il ragazzo inclinò il capo e scorse delle cuffie fra i capelli di Cassie, così le si avvicinò ancora di più e gliele sfilò timidamente dalle orecchie. Le loro guance si sfiorarono e la ragazza avvampò. Improvvisamente la voce di Paul David Hewson
non risuonò più nelle sue orecchie e fu avvolta dalla musica che Jordan Lower sceglieva come sottofondo della festa.
«Uno: non mi uccidere, ti prego. Due: non ti sembra un po’ strano ascoltare la musica dalle cuffie ad una festa con la musica?» le chiese Luke divertito. Nella mente di Cassie giravano tre parole: ‘quanto’, ‘sei’ e ‘bello’, tutte in ripetizione. Quanto sei bello, quanto sei bello, quanto sei bello, quanto sei bello, quant-
«Cassie?» chiamò la sua attenzione.
«Sei…» disse bisbigliando, mentre lo osservava dal suo mondo dei sogni.
«Cassie? Uhuh? Ci sei?» e passò la sua mano davanti al viso di Cassie, ridacchiando.
«… Bello! Eh? Si, emh, comunque, no, cioè, si, cioè a me non sembra strano.» balbettò qualcosa che sembro detto da una bambina di sei anni. Imbarazzante, decisamente imbarazzante. Cassie pregò che Luke non avesse capito ciò a cui si riferiva, ma ne dubitava fortemente. Il ragazzo si passò una mano fra i capelli e sorrise divertito.
«Come mai sei qui? Non mi sembri una da festa.» le chiese mentre si fermavano, appoggiandosi al muro. E Luke aveva capito al volo, perché Cassie non era decisamente una tipa da feste, anzi, tutto ciò le creava il doppio dell’imbarazzo che di solito riusciva a crearsi da sola, troppa gente, troppa per i suoi gusti. Forse adesso l’avrebbe presa per una nerd o qualcosa di simile, ma Cassie decise di essere sincera.
«Ho deciso di venire solamente per un’amica e per mio fratello. Tu, invece?» Luke si girò verso di lei e le sorrise. Questo era decisamente un colpo basso, perché ci mancò poco che Cassie scivolò, ma fortunatamente aveva la schiena appoggiata al muro, perciò riuscì a non cadere a terra.
«Anche io l’ho fatto per un amico, in realtà. » rispose mentre salutava un ragazzo che dall’altra parte della stanza era impegnato a prendere qualcosa da mangiare e, contemporaneamente, a scuotere un braccio per farsi notare dal medesimo.
Luke si grattò la nuca, quasi come se fosse imbarazzato. «Senti Cassie, ti andrebbe uno di questi giorn-» il ragazzo non riuscì a finire la – probabilmente – domanda, poiché il telefono di Cassie iniziò a squillare e a vibrare fra la confusione. La ragazza lo tirò fuori dalla tasca e osservò lo schermo che si illuminava: ‘Alex fratello coglione’ , c’era scritto su di esso.
«Oh, scusami, è mio fratello. Vado a cercarlo.» disse mentre infilava nuovamente il cellulare nei pantaloni.
Luke annuì. «Non c’è problema, noi… ci vediamo domani per la lezione, allora.» e le sorrise dolcemente. Cassie biascicò un ‘si’ e subito dopo si girò per andare a cercare il fratello. Fece più o meno quattro passi e si bloccò quando senti il suo nome pronunciato nuovamente da Luke. La ragazza si voltò.
«Ah, e grazie del complimento!» le fece l’occhiolino e con aria divertita si incamminò nella direzione opposta. Cassie rimase lì, in piedi, con la bocca semiaperta e lo sguardo fermo sulla figura che si allontanava.
«Ma cos- Oh. » bisbigliò per poi coprirsi il viso con le mani. Si poteva dire che Luke, invece, aveva capito esattamente ciò che aveva detto e che, probabilmente, quella era una delle tante figure di merda che doveva aggiungere nella sua vasta collezione.

«Alex.» disse Cassie mentre si guardava intorno. «Dove diavolo è Sarah?»
Alex dondolò quasi come fosse un bambino e indicò un punto tra la pista. «Sta ballando con un ragazzo con le labbra a canotto.» e imitò le labbra del medesimo.
Cassie si trattenne del ridere e tirò una pizza al fratello. «Ma sei scemo? Perché l’hai lasciata andare da quello?» urlò isterica.
«Umh, beh, io… Non lo so! Non sapevo cosa fare!» gli rispose quasi infastidito dalla domanda e subito dopo cominciò a scompigliarsi i capelli dal nervoso. I suoi occhi verdi erano diventati più scuri, quasi come se fosse in ombra e le mani erano serrate in due pugni.
Cassie si sentì quasi in colpa per avergli tirato uno schiaffo, così gli si avvicinò e gli accarezzò la spalla, per cercare di confortarlo. «Cosa gli hai detto quando eravate soli?» chiese quasi con paura.
«Nulla di importante, io non sono riuscito a… Cioè, io non so, non sono capace di flir, di flir…» balbettò e le nocche delle sue mani si fecero bianche.
«Alex, lo sai che la parola ‘flirtare’ non è una parolaccia e puoi dirla senza che nessuno ti guardi male?» si trattenne dal ridere.
«Ma la smetti di prendermi in giro?» urlò mentre le sue guance si facevano sempre più rosse e le lentiggini venivano messe sempre più in evidenzia. Alex Heavenly era buffo, terribilmente buffo e forse ci sarebbe voluto più tempo e più pazienza per aiutarlo, ma Cassie era pronta a diventare anche pazza, perché lei non era decisamente una che si arrende.


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Spazio autrice!

 Heey! Si si, sono in ritardo, ormai hanno imparato anche i muri a conoscermi, sono un vero disastro, i’m sorry. Vi giuro che mi è dispiaciuto molto metterci così tanto, ma non era mia intenzione ritardare. Purtroppo non sapevo cosa scrivere, in pratica, il blocco dello ‘scrittore’ tra le virgolette perché non penso di potermi considerale tale, comunque del dannato blocco del cazzo mi ha perseguitata per tutto questo mese, avevo pensato anche di non continuare più la fanfiction, proprio per questo motivo, ma alla fine è uscito qualcosa dalla mia testolina, non proprio bello, ma è uscito. Forse quelle poche persone che seguono la mia storia si aspettavano già un bacio, ma sono una tipa molto… emh, lenta, diciamo che ve ne siete anche accorte, AHAHA, no okay, dicevo, solitamente i protagonista si incontrano BUM si piacciono e BUM si baciano subito, ma io non ho intenzione di fare così. Non so di preciso quando Cassie e Luke si baceranno ma  lo faranno (Ma dai?). Spero che questo capitolo vi piaccia e scusate ancora!
Aspetto le vostre recensioni, ci conto eh ;), grazie in anticipo.
Un abbraccio, Giulia.



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