Their eyes declare their love. di vivereneilibri (/viewuser.php?uid=475727)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Segretamente. ***
Capitolo 2: *** Scommesse e favori. ***
Capitolo 3: *** Il mare, che forse ‘mare’ non era proprio. ***
Capitolo 4: *** Aiutami, ti prego ***
Capitolo 5: *** Battito cardiaco. ***
Capitolo 1 *** Segretamente. ***
1.
Segretamente
uke
Hemmings sospirava, intento ad osservare tutti gli studenti che
circondavano la scuola. Le vacanze di Natale erano ormai finite e
quella mattina si era dovuto svegliare presto per arrivare puntale,
data la sua lentezza che lo accompagnava specialmente quando aveva
sonno. Si dice sempre che il tempo è denaro e che bisogna
vivere fino agli ultimi secondi rimanenti, ma il problema è
che il tempo si prende gioco di noi, specialmente di Luke. Quel giorno
si trovava appoggiato al solito muretto della scuola, concentrato a
catturare ogni minimo dettaglio che lo circondava. C’erano i
ragazzini del primo che correvano a destra e a sinistra e sembravano
quasi felici del ritorno a scuola, i professori che entravano a testa
alta, le Cheerleaders che tentavano in tutti i modi di acquistare
attenzione, i giocatori di basket con dei sorrisi spavaldi e poi
c’erano i comuni studenti. Niente medaglie, niente pon-pon
rosa o sguardi particolari, semplici ragazzi obbligati a studiare. E
Luke faceva parte di quella categoria.
Mentre salutava uno dei suoi compagni di classe, la sua attenzione fu
catturata da una ragazza che camminava goffamente verso una cascata di
capelli biondi, ondeggianti. Si chiama Cassie Heavenly, ma lui non
poteva saperlo. La ragazza aveva una corporatura esile e delicata come
un petalo di rose. Luke osservava i suoi capelli neri che le arrivavano
alle spalle, i suoi occhi un po’ nascosti dagli occhiali, i
morbidi movimenti delle sue labbra e la pelle chiara decorata con una
spruzzatina di lentiggini sopra il naso, qualcosa che poteva sembrare
buffo agli occhi altrui. Camminava per il viale della scuola con un
libro posato sul petto, come se avesse qualcosa da nascondere o
qualcosa di cui vergognarsi. Cassie Heavenly non veniva mai notata,
eppure Luke Hemmings stava guardando proprio lei.
«Luke?»
qualcuno lo chiamò. «Chi diavolo stai
guardando?» commentò il ragazzo dietro di lui
dando un veloce sguardo a Cassie che parlava beatamente con la sua
amica «Oh, si tratta di una ragazza! Che aspetti ad
avvicinarti?». Luke si voltò dando spazio a un
viso a lui molto familiare: Calum Hood, terzo anno, suo amico da quando
incrociò il suo sguardo durante una manifestazione
artistica. Il ragazzo gradiva la presenza dell'amico,
perché, come nessuno, riusciva a farlo sentire a proprio
agio, sembrava chiaramente capire ogni suo pensiero e, malgrado fossero
diversi, si sentiva legato a lui poiché lo vedeva come una
persona di gran lunga importante.
«E chi ti ha detto che io voglio avvicinarmi?»
domandò Luke. In realtà, il motivo di tanto
interesse era semplice: come aveva fatto a non accorgersi di
Cassie Heavenly se ogni mattina ripeteva ciò che aveva fatto
due minuti fa? Ovvero, osservare stando in silenzio. Calum
roteò gli occhi verso l'alto e si lasciò sfuggire
una risata che Luke riteneva insensata.
«Okay, hai vinto ancora prima di cominciare.» disse
il moro facendo spallucce. «Vedo che non è
giornata, eh?» Ormai i due ragazzi sapevano tutto
l’uno dell’altro e anche con un piccolo sguardo
riuscivano a capirsi, perché non c’era Luke senza
Calum. Perché lui era l’unico che riusciva ad
attraversare i suoi occhi cerulei e trarre fine ad un umore che
cambiava giornalmente. Molte volte il biondino ringraziava
l’amico perché sapeva di risultare, tante di
quelle volte, un po’ scontroso. Ma nulla avrebbe diviso i due
ragazzi. Litigi, parolacce e sbagli erano presenti come in tutte le
amicizie, ma la loro era diversa, una diversità che la si
poteva notare anche a venti metri di distanza.
«Non è poi così male.» disse
il biondo mentre sorrideva. Due fossette si formarono ai lati delle sue
guance e l’amico si trattene dalla voglia di toccargliele, ma
Luke le odiava, motivo per cui Calum rimase immobile.
«Come sarebbe a dire “non è poi
così male”? Non starai diventando bipolare,
spero.» disse sistemandosi più comodamente lo
zaino sulle spalle. Il biondo scoppiò in una sonora risata
che solo Calum era in grado di provocare.
«Non sono bipolare. Non è poi così male
perché ci sei tu.» L’amico
improvvisamente girò il capo verso Luke , scontrandosi
contro gli occhi azzurri del ragazzo. E poi il silenzio. In
realtà, nessuno degli studenti presenti in quel momento
aveva smesso di parlare, ma il silenzio c’era e scorreva tra
loro due. Nel volto di Calum si formò un grande sorriso.
«Luke Hemmings ha detto qualcosa di dolce. E NON AD UNA
RAGAZZA. Oh, santo cielo. Questa me la devo scrivere
assolutamente!» quasi urlò. «Sicuro di
stare bene? Oh, Lukey, ti voglio bene!» la sua voce
diventò stridula e il biondo era sicuro che lo stava
prendendo in giro. Calum gli si avvicinò e quasi lo soffoco
abbracciandolo.
«Sarebbe stato meglio d-dirtelo in un posto meno
affollato.» disse cercando di scrollarsi l’amico di
dosso.
Rimase in quella posizione, succube della stretta di Calum
finché la campanella della scuola non suonò,
segno che i due dovevano sbrigarsi per non arrivare in ritardo.
Lezione di
scienze. Terza ora.
«Ragazzi?! Per favore, un po’ di
attenzione!» la Sign. Kimbely cercò invano di
richiamare l’attenzione dei suoi alunni con scarsi, anzi,
scarsissimi risultati. La donna sospirò e portò
una mano sul capo, ormai stanca di dover sopportare una classe per la
maggior parte composta da incompetenti. Si lasciò scivolare
con leggerezza sulla sedia posizionata dietro la cattedra e scosse il
capo.
«Dovrebbero dare un paio di ferie a questa donna. Io non
resisterei neanche un minuto di più.»
commentò Calum. Il ragazzo si trovava quasi sdraiato sul
banco, con il capo poggiato sul quaderno e una matita fra le dita.
Tracciava con non noncuranza dei segni sulle pagine a quadretti e di
tanto in tanto chiudeva gli occhi, come se da un momento
all’altro potesse addormentarsi nel bel mezzo di una lezione.
Luke, invece, poggiava i gomiti sul banco e le mani sulle guance,
intento a capire qualcosa, data la confusione. E le lezioni di scienze
erano tutte così, dopo una buona mezz’ora, la
Sign. Kimberly si ritrovava quotidianamente con una tazza di
caffè in mano.
«Ne uscirà pazza, ci scommetto.» disse
Luke mentre si sistemava i capelli con un gesto veloce.
«Luke, questa è già pazza.» E
i due scoppiarono in una risata.
Improvvisamente qualcuno aprì la porta dell’aula
ed entrò. Quasi nessuno si accorse della ragazza che a passo
veloce si dirigeva verso la cattedra della Sign. Kimberly che, con
grande sorpresa di Calum e Luke, sorrise, come se si fosse sollevata.
Il biondo iniziò ad osservare la ragazza che parlava con la
professoressa di scienze e che, contemporaneamente, gli dava le spalle.
Si soffermò sui suoi capelli neri, successivamente sulla sua
corporatura e non appena la ragazza si mise di profilo, Luke la
riconobbe. Girò il capo verso di Calum che, senza essersene
accorto, lo stava già fissando con un sorrisino divertito
sul volto.
«Hey, guarda un po’ chi abbiamo qui. »
disse il moro poggiando una mano sotto al mento, come un bambino che
fantastica sul suo futuro. «La ragazza che ti
piace.»
Luke spalancò gli occhi e le sue guance si colorarono
velocemente di rosso, ma sembrò non farci caso. «E
quand’è che ho detto che mi piace? Illuminami,
Hood.» lo istigò.
Il voltò di Calum cambiò radicalmente, segno
– secondo Luke – che stava per sparare
un’assurdità. «Non l’hai
detto, ma l’hai scritto sul tuo diario segreto. Sai, quello
che tieni in camera con i cuoricini e gli unicorni rosa.»
disse stupidamente.
«Unicorni rosa? Sei serio? Ti stai confondendo con
Ashton.» disse facendo scoppiare Calum in una sonora risata.
Luke diede un altro sguardo alla ragazza, Cassie, che proprio in quel
momento si stava dirigendo verso l’uscita della classe.
Cassie allungò la mano verso la maniglia della porta, ma
questa rimase a mezz’aria più del necessario. Il
suo sguardo venne catturato da due occhi cerulei che proprio in quel
momento la stavano osservando. Nessuno dei due esitò a
battere ciglio, ignari di ciò che stava accadendo,
perché i loro occhi, in quel momento, si stavano segretamente
dichiarando il loro amore.
SPAZIO
AUTRICE:
Ma
buonasera! Visto che oggi non avevo seriamente nulla da fare, mi sono
messa a scrivere una nuova Fanfiction. Purtroppo è uscito
terribilmente corto ed è per questo che lo considero una
specie di prologo. Ho in serba un sacco di idee divertenti, ma per ora
ho voluto spiegare un po’ l’amicizia tra Calum e
Luke (durante lo svolgimento della storia prenderanno parte anche
Ashton e Michael) e l’incontro tra il biondo e Cassie
Heavenly. Okay, il cognome è un po’ strano, ma
visto che Heavenly significa “celeste” ho pensato
che fosse una cosa carina. Boh. Nel prossimo capitolo ci saranno
più descrizioni per capire meglio i personaggi e spero di
riuscire a scriverlo preso. Ovviamente, mi farebbe molto piacere
ricevere qualche recensione, anche negativa, perché abbiamo
sempre qualcosa da imparare, nel mio caso direi che ho molto, anzi
moltissimo da imparare. Vi ringrazio in anticipo ;)
Un
abbraccio, Giulia.
P.s:
Non fate caso al banner che ho creato, è la prima volta che
faccio una cosa del genere e non è venuto come speravo cwc.
.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Scommesse e favori. ***
2.
Scommesse e favori
Piccolo
tema di riflessione: Come vorresti essere?
el
corso della giornata ho riflettuto molto sulla domanda che il titolo
del tema mi pone, ma questo non ha fatto altro che rendermi sempre
più confusa. Sono totalmente sicura che la maggior parte dei
miei compagni inizierà a scrivere senza pensare realmente. E
se le dicessi che sono ben due ore che cerco di scrivere qualcosa che
mi soddisfi, Signorina Longstreet? La mia camera è quasi
completamente sommersa da palline di carta, e chissà,
può darsi che anche questo foglio finirà accanto
al cesto dei rifiuti. Beh, staremo a vedere. L’argomento che
tratta questo tema non va sottovalutato, ed è per questo che
cercherò di non cadere nel banale. Come vorrei essere? Nella
vita non voglio essere considerata una persona, ma la persona. Vorrei
fare qualcosa di importante nella vita, importante almeno per me. Da
bambini si sogna di diventare dei supereroi, di travestirsi la notte e
di combattere il pericolo, ma un supereroe sa essere un eroe anche
senza dei costumi. E da bambina anche io desideravo questo, ma la cosa
col tempo si è tramutata, forse migliorata. Non
c’è più il divertimento dei costumi,
ora mi concentro sulle azioni. E continuerò.
Mi piacerebbe essere come Kaitlyn Wrong: sicura di sé,
insomma, una ragazza che sta sulle sue e non molla. Mi piacerebbe
essere come il signor Lightwold che, malgrado i suoi
ottant’anni, continua a sorridere e a comportarsi come un
ventenne. Anche come il figlio dei miei vicini: un ragazzo che pensa
sempre in grande e la sua positività si riconosce da lontano
un miglio. Eppure, fermiamoci un attimo, sarei ancora me stessa con
tutte queste caratteristiche, Signorina Longstreet? Sarei ancora la
Cassie Heavenly che-
«Oh,
al diavolo!» urlò Cassie mentre accartocciava
l’ennesimo foglio di carta. «Non è per
niente convincente.» disse, e con un gesto veloce lo
lanciò alle sue spalle.
Il novantanovesimo foglio? Il centesimo? Cassie non ne era sicura, ma
sapeva perfettamente che la sua mente, in quel momento, la stava
supplicando di fermarsi. Aveva cercato di rendere quella riflessione sua,
di sentirsi più a suo agio scrivendo, ma il titolo-traccia
che la Signorina Longstreet le aveva assegnato non faceva altro che
mandarla completamente in tilt. E il problema era proprio la domanda
che le era posta all’inizio del foglio. Come non poteva
riuscire ad esprimere una cosa talmente semplice?
Cassie si infilò le mani fra i capelli e sbuffò.
Solitamente riusciva a creare un tema che sapeva mettere in
difficoltà chi la leggeva, ma quella volta stava cadendo nel
banale. E lei odiava il banale.
Mentre rileggeva nuovamente quelle righe – sperando che
potessero tramutarsi in qualcosa di straordinario –
sentì dei forti passi che si avviavano verso la sua camera.
E, come sperava che non succedesse, qualcuno aprì la porta e
sulla soglia apparve la figura scocciata di suo fratello. Si chiamava
Alex – ovviamente – Heavenly e, nonostante i suoi
sedici anni, era più o meno alto quanto la sorella di quasi
due anni più grande. Alex aveva i capelli marroni, scalati,
e con la frangia decisamente troppo lunga. Cassie pensò che,
magari, qualche ragazza l’avrebbe trovato
‘carino’ se li avesse tagliati un po’. I
suoi occhi erano verdi e la sorella ne era sempre più
infastidita poiché a lei erano capitati di uno dei colori
più e semplici banali: marroni. Genetica, giusto? Ma a
Cassie non importava, d'altronde, il verde erano uno dei suoi colori
preferiti. Ma almeno anche ad Alex era capitata la
‘sventura’ delle lentiggini – come la
chiamava Cassie, che odiava quei piccoli puntini. Il ragazzo sorrise
con strafottenza e chiuse la porta.
«Tu! Femmina!» disse indicando la sorella. Cassie
roteò gli occhi e poggiò la testa sulla
scrivania, in preda ad una crisi isterica.
«Una domanda: ti è così difficile
ricordarti di bussare?» chiese come sempre al fratello. Alex
si avvicinò a Cassie e le mise una mano sul capo,
costringendo a farle alzare la testa dalla scrivania.
«Sì, mi è difficile, okay? Ora
ascoltami.» disse per poi continuare subito dopo, senza dar
tempo alla sorella di rispondere o di opporsi. Alex esercitò
il suo peso su una mano, poggiandola sulla sedia di Cassie e
spiegò. «Ricordi che sono in punizione,
giusto?» chiese per conferma. La sorella annuì
sorridendo, come se quella cosa la facesse stare bene, e proprio per
questo Alex fece una smorfia, ma continuò comunque il suo
discorso.
«Ecco e ricordi anche che posso uscire solamente se sono
accompagnato da qualcuno?» disse proponendo una nuova
domanda. Cassie, in quel momento, ebbe come un’illuminazione
e capì dove il fratello voleva arrivare a centrare e sorrise
mentre un sonoro “No” le uscì dalla
labbra.
«Scordatelo, io non ti accompagno da nessuna
parte.» scosse il capo, come per chiarire ancora di
più. Alex scoppiò a ridere e Cassie divenne
confusa.
«E invece sì. Dai sorellina cara, ti
supplico.» si abbassò, come se stesse per fare un
richiesta di matrimonio, ma era chiaramente impossibile: quale ragazzo
vorrebbe sposare sua sorella? «Ma lo sai che sei bellissima?
Guarda che bella maglietta! Ti dona sai?»
Adulatore professionista, pensò che Cassie. La sua specialità.
«Alex, apprezzo il tuo sforzo.» disse scoppiando a
ridere.
«E.. questo sarebbe un ‘si’?»
chiese Alex.
Ma Cassie aveva imparato le tattiche del fratello e da esse aveva
imparato. Questa volta non l’avrebbe avuto vinta facilmente.
«Umh, forse.» disse passandosi la mano sotto il
mento, fingendo di pensarci su.
«Come sarebbe a dire ‘forse’?! Oh, dai,
cazzo!» Alex tirò il braccio della sorella, ormai
stanco di questi rompicapi.
E Cassie entrò in azione. «Cosa ci ricavo
io?» chiese voltandosi in segno di sfida verso il fratello.
«Mi sembra che la situazione si sia capovolta. Oh.»
aggrottò le sopracciglia. «Hey! Ma sono io che
chiedo ‘cosa ci ricavo?’, non tu. Sei una stronza
che usa le mie tattiche di commercio.»
«Di commercio?» Cassie inclinò il capo.
«Okay, okay!» urlò il fratello. Alex si
mise le mani fra i capelli e chiuse gli occhi per pochi secondi. Forse
Cassie stava sbagliando? Forse doveva aiutare il fratello senza tanti
problemi? Infondo, lei non era così, eppure non le sembra
così ingiusto. Perché Alex poteva farlo quando
voleva e invece lei doveva rimanere in silenzio ed annuire? Non era per
caso lei la più grande fra i due?
«Ci sono! Puoi invitare Sarah quando vuoi e ti
lascerò il soggiorno libero per un mese, quando sei in sua
compagnia.» Il fratello allungò la mano,
aspettando che Cassie accettasse la scommessa. Ma non fu
così.
«Mh, ti conosco troppo bene. Questa cosa cade a tuo
vantaggio, visto che hai una cotta per Sarah.» Alex
sbiancò. «Si, lo so ormai da ben due
anni.»
«Umh, okay, questo è imbarazzante.» e le
sue guance si colorarono di rosso. Cassie si trattene dalla voglia di
pizzicargli le guance, proprio come faceva quando era più
piccolo. Ma ora, a sedici anni, il ragazzo non la trovava
più una cosa divertente.
«Insegnami ad andare sullo skateboard.» disse
infine.
«Cosa?! Ma se non sono bravo neanche io!» ma Alex
aveva già trovato una soluzione. «Forse conosco
una persona che può aiutarti. Allora, ci stai?»
chiese alzando un sopracciglio.
Cassie rivide la situazione e decise di accettare e strinse la mano al
fratello. E quindi avrebbe finalmente imparato ad andare perfettamente
sullo skateboard, o almeno si spera.
La ragazza prese il giubotto e, seguita dal moro, scese le scale per
accompagnarlo. Alex si sistemò i capelli e dopo essersi
guardato una trentina di volte allo specchio, si convinse del suo
aspetto e si affettò ad abbottonarsi la camicia.
«Dov’è che ti devo
accompagnare?» chiese la sorella mentre apriva la porta di
casa e salutava la madre rinchiusa in cucina.
«Al Jordan’s bowling e, ovviamente, devi anche
riaccompagnarmi a casa.» puntualizzò sorridendo.
Luke
Hemming si sedette, nell'attesa di tirare nuovamente quella palla e di
sperare di fare strike. La schermata al di sopra del suo capo segnava i
punti e lui si trovava al secondo posto. Quella era la solita partita
che Luke e i suoi tre amici facevano almeno due volte alla settimana e,
ovviamente, Ashton era in testa come di norma.
Il biondino, mentre aspettava il suo turno, si divertiva a stuzzicare
il piercing che aveva sul labbro e a osservare ciò che lo
circondava. L’anellino dondolava a destra e a sinistra spinto
dal dito di Luke e ogni tanto si fermava per via del rallentamento che
si faceva sentire non appena il ragazzo entrava completamente nel suo
mondo circondato da pensieri.
E Luke pensava a quella ragazza che tanto l’aveva colpito.
Pensava alle sue lentiggini, alle sue labbra, al modo con cui si
nascondeva, allo sguardo che gli aveva riservato una settimana prima e
alle sua guance rosse. E non gli era mai capitato di pensare
costantemente ad una persona, eppure durante la settimana
l’unica cosa che desiderava era quella di rincrociare
nuovamente il suo sguardo e di sorriderle.
«Strike!» urlò Ashton, facendolo tornare
in sé. «Fottetevi tutti, sono un mito!»
disse girandosi verso i suoi amici e indicandoli. Calum
scoppiò in una sonora risata e Michael, invece, si
limitò a sorridere facendo notare chiaramente il suo dito
medio puntato verso l’alto. Luke inclinò un lato
della bocca e un sorriso sghembo ne fuoriuscì vittorioso.
Sorriso che, la stessa ragazza che faceva parte dei pensieri di Luke
– la ragazza dai capelli neri e corti fino alle spalle
– notò. Ma il biondino non ci fece caso, preso dai
suoi amici.
«Bene, ora dovrei sedermi su quella sedia e aspettare
finché non finisci di giocare a bowling?» chiese
Cassie indicando davanti a sé e riferendosi a suo fratello.
Alex annuì, corse verso i suoi amici e uno di loro
lanciò la sua prima palla, ma fece cadere solamente tre
birilli. Cassie vide suo fratello ridere e un sorriso gli si
formò sul volto. Infondo gli voleva bene. Molto
infondo.
Il suo sguardo, poi, si posò nuovamente su di Luke.
Iniziò ad osservare i suoi capelli, la sua maglietta, il suo
piercing e poi si soffermò sul viso. Gli sembrò
vivamente di averlo già visto. Spostò la sua
visuale e inclinò il capo davanti ad un ragazzo dai colori
scuri. Anche lui gli sembrava di averlo già visto. Cassie
aggrottò le sopracciglia e spalancò gli occhi al
ricordo dell’episodio che era capitato la settimana prima. Le
sue guance si colorarono di rosso e si coprì il viso con il
capuccio della felpa.
Spero che non si ricordi di me. Dio, fa che non si ricordi di
me. Pensò
Cassie.
In realtà, non aveva commesso nessun crimine, ma quel
lunedì della settimana scorsa si era soffermata un
po’ troppo ad osservare il ragazzo – a scuola
– e tutto ciò la faceva vergognare. Era rimasta
con la mano a mezz’aria più del dovuto e i suoi
occhi non erano riusciti a scollarsi da quelli del ragazzo, come se
quel giorno c’era un filo che li collegava e gli impediva di
distogliere lo sguardo.
Non deve girarsi, no. Non deve guardarmi.
E proprio in quel momento il ragazzo dai capelli biondi si
girò verso di lei e Cassie fece la cosa più
stupida che gli venisse in mente. Si coprì meglio con il
capuccio e abbassò il capo sul pavimento, facendo finta di
cercare qualcosa. Continuava a mormorare ‘Dove diavolo
l’ho messo? Dov’è?’, per
rendere la scena più credibile.
Oh, potrei ricevere l’oscar per migliore attrice, pensò Cassie.
Luke aggrottò le sopracciglia osservandola. Inutile dire che
gli sembrava una persona buffa, perciò sorrise.
Cassie continuò la sua ‘scenata da
oscar’ e dopodiché, si ricompose non appena lo
sguardo di Luke si rivolse nuovamente sui suoi amici. La ragazza
tirò un sospirò di sollievo e si tolse il
cappuccio.
«Hey, rincoglionita! – urlò suo fratello
– Ho fatto strike al terzo tentativo!» si
vantò facendole le linguaccia. Cassie rise e si
alzò dalla sedia, con fare di sfida.
«E con questo?» poggiò le mani sui
fianchi e si sentì un tantino osservata dai suoi amici, ma
fece finta di nulla.
Alex rise e intimò qualcosa ai suoi compagni che, in
contemporanea, si girano verso di lei sorridendo.
Cos’è? Una specie di complotto contro di
me? Si si, ride bene chi ride ultimo.
«Hey Heavenly, facci vedere cosa sai fare tu,
allora.» urlò uno degli amici di suo fratello. Era
piuttosto bassino, cicciotello e biondo, con la frangia che gli copriva
le sopracciglia.
«Ci sto, ciccio bello!» disse ironica. Il biondo
spalancò la bocca e rimase in quella posizione per circa un
minuto. Ops.
«Come mi ha chiamato tuo sorella?!» chiese quasi
isterico. Alex scoppiò a ridere e non finì finche
Cassie gli venne incontro dandogli una pacca sulle spalle e il ragazzo
per poco non si strozzò.
«Preparati a perdere, fratellino. Scommettiamo che riesco a
far cadere tutti e dieci i birilli in un solo tentativo?»
chiese la mora mentre infilava tre dita dentro la palla da bowling.
Il fratello sorrise, come se avesse la vittoria in pugno. «Ci
sto. Cosa scommettiamo?»
«Se vinco io, mi lasci la PlayStation per due intere
settimane e se vinci tu, cosa scontatissima…»
puntualizzò Cassie. «… Se vinci tu,
farò una parola buona su di te a Sarah. Beh, ci
stai?» chiese mentre uno degli amici di suo fratello
sussurrava all’orecchio di quest’ultimo qualcosa
del tipo “Tua sorella gioca alla PlayStation?!”.
«Certo! Forza, tira quella palla, voglio proprio farmi una
bella risata.» disse e si sedette, in attesa della sua
vittoria.
Cassie rigirò la palla e si avvicinò al centro
della corsia.
Non devo perdere, pensò.
La ragazza sorrise, si abbassò e lanciò la palla
che iniziò a rotolare.
Un po’ più a destra, un po’
più a destra.
E la palla andò a sbattere sui birilli e in due secondi
erano tutti – nessuno escluso – caduti per terra.
Cassie si girò – con fare vittorioso –
verso suo fratello che aveva la bocca coperta dalle mani. I suoi amici
sorridevano e mostravano il segno dell’
“ok”. Aveva vinto, ma la ragazza si
sentì un po’ a disagio.
Troppi occhi puntati su di lei, troppi. Ma Cassie non si accorse di due
occhi cerulei in più, che anche loro la stavano osservando.
Luke Hemmings.
Il biondino la stava osservando mentre sorrideva. Se l’aveva
riconosciuta? Questo era sicuramente certo.
Spazio autrice!
Buonasera! Okay, sono in ritardo. Grosso ritardo,
direi. Purtroppo non ho avuto molto tempo da dedicare alla Fanfiction,
e mi è dispiaciuto molto. Poi, questo capitolo è
uscito anche malissimo e non mi convince per niente. Mi dispiace per
quelle persone che si aspettavano di più, ma questo
è ciò che mi è venuto in mente. In
realtà, è un capitolo di passaggio,
perché nel prossimo ci sarò l’incontro
vero e proprio tra i due, visto che fino ad ora si sono osservati a
vicenda solamente a distanza. Comunque, spero che il capitolo sia
piaciuto ugualmente a qualcuno. Ovviamente, a me piace molto leggere le
vostre recensioni, perciò se avete un po’ di tempo
da dedicarmi mi farebbe piacere leggerne altre su questo capitolo.
Grazie a tutti!
Un abbraccio, Giulia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Il mare, che forse ‘mare’ non era proprio. ***
3.
Il
mare, che forse ‘mare’ non era proprio
vete
presente l’ansia, la tensione e la curiosità che
si ha alla fine
di un libro? Quando si sta per concludere una storia che si ama e che
non si vuole lasciare? Ecco. Quel sentimento, quella sensazione la
stava provando Cassie, quel giorno, sdraiata a pancia in giù
con il
libro sotto agli occhi. Leggeva lentamente, leggeva anche
più volte
la stessa frase, come per farla rimanere impressa nella sua mente,
per non scordarla mai. La curiosità c’era
– come giusto che sia
– ma a Cassie importava di più il legame che
c’era con quelle
righe. ‘Svitata’ le avrebbero detto le sue amiche,
come se fosse
una cosa da squilibrati. Era forse da stupidi leggere e vivere un
altro mondo, un’altra vita nei panni di un protagonista? Ma
non è
questo che cercano di dare, di regalare gli scrittori ai lettori? Un
insegnamento, un messaggio e anche l’ebbrezza di vivere
almeno per
un po’ – con la mente – una vita
stravagante e diversa da
quella che si ha, ovviamente, senza disprezzare l’altra. E a
Cassie
piaceva, e non poco.
La
ragazza girò pagina e si accorse che quella era
l’ultima.
Velocemente si sfilò gli occhiali da vista e li
ripulì con una
pezzetta adatta per le lenti. Li allontanò un po’
e cercò di
vedere se le ditate, che prima la infastidivano durante la lettura,
erano state ripulite adeguatamente e, infine, poggiò gli
occhiali
sul naso, decisa a continuare la sua lettura. Continuò a
leggere
l’ultima pagina che le restava di quello splendido racconto e
non
appena i suoi occhi sfiorarono l’ultima parola seguita dal
punto,
sospirò. Si inumidì le labbra e rilesse
nuovamente l’ultima
frase, come una bambina che non vuole staccarsi dalla sua migliore
amica e che vorrebbe giocare ancora con lei.
Improvvisamente
qualcuno aprì la porta, interrompendo Cassie dalla sua
lettura
ripetitiva. La figura di suo fratello, Alex, comparve sulla porta e
la ragazza non poté fare a meno di mormorare
un’imprecazione.
«Si,
okay, anche io sono felice di vederti.» disse il moro
roteando gli
occhi. Probabilmente l’aveva sentita, pensò
Cassie. Alex indossava
una maglietta bianca a maniche corte e un pantalone nero che portava
troppo in basso, per i gusti di Cassie. Il fratello si passò
una
mano fra i capelli per cercare di sistemarsi il ciuffo, ormai troppo
lungo, che gli copriva quasi gli occhi.
Cassie
lo osservò con un punto interrogativo sulla fronte e
«Alzati i
pantaloni.» disse quasi trattenendo una risata.
«No,
alle ragazze piace.» il ragazzo scosse il capo e fece un
passo
avanti, nella direzione della sorella.
«Ne
sei sicuro?» le chiese Cassie, ma Alex fece finta di non
ascoltarla
e, con passo veloce, si avvicinò ancora di più.
Il fratello la
osservò, alternando lo sguardo da lei al libro che teneva
aperto
davanti a sé e, senza pensarci troppo, lo chiuse con
strafottenza.
Cassie, di conseguenza, si trattenne dal tirargli una pizza. Se gli
voleva bene? Oh, si, ma molti dei suoi atteggiamenti gli urtavano il
sistema nervoso come nessuno riusciva a fare.
«Che
dovevo dirti?» il ragazzo si portò una mano sotto
il mento,
pensieroso. «Ah, si! Ho trovato qualcuno che può
aiutarti con lo
skateboard. È il cugino di un mio compagno di classe.
Dovrebbe
essere qui esattamente tra – diede uno sguardo
all’orologio –
…due ore, penso.» e detto questo non diede neanche
il tempo alla
sorella di chiedere dell’altro, poiché
uscì sbattendo la porta
della sua camera.
Cassie
rimase un po’ perplessa e, non appena riformulò
ciò che gli aveva
detto il fratello, spalancò gli occhi. Forse, sarebbe stato
meglio
saperlo prima, pensò, ma niente gli avrebbe impedito di
imparare al
meglio. La ragazza prese il suo skateboard e uscì in
giardino, in
attesa della sua prima lezione.
Knock,
knock, knockin' on heaven's door
Knock,
knock, knockin' on heaven's door
Knock,
knock, knockin' on heaven's door
Knock,
knock, knockin' on heaven's door
‘Bussando
alla porta del Paradiso’ diceva la canzone che Cassie stava
ascoltando tramite le cuffie. La ragazza si trovava sdraiata sul
prato con lo sguardo rivoltò verso il cielo. Posizione
insolita,
forse, ma le piaceva.
La
musica sparata nelle orecchie, i capelli scompigliati e le scarpe
consumate gli davano un’aria stravagante priva di
normalità. Il
braccio destro si trovava dietro il suo capo, usato come cuscino, e
con la mano sinistra si dava dei colpetti sulla coscia a tempo di
musica, fingendo in qualche modo di suonare la batteria o
chissà
cos’altro. Cassie chiuse gli occhi, godendosi quel momento di
tranquillità e, forse senza neanche accorgersene,
cominciò a
canticchiare sotto le note e le parole della canzone, fino ad
addormentarsi nel bel mezzo del pomeriggio.
That
long black cloud is coming' down
I
feel like I'm knockin' on heaven's door.
Quel
giorno sognò il mare, sognò un’immensa
distesa che la circondava,
e Cassie non riusciva a stancarsi di guardarla, era felice. Sotto i
suoi piedi c’era una piattaforma nera e rotonda e poi il
nulla,
c’era soltanto quest’ultima, lei e il mare. Cassie
girava su se
stessa sorridendo e ammirando ciò che gli stava davanti: il
blu
chiaro, e lei adorava il blu. Ma poi,
improvvisamente, il
sogno cambio prospettiva e Cassie si ritrovo a guardare se stessa, se
stessa circondata dal mare. La prospettiva inizio a rimpicciolirsi e
Cassie capì: ciò che stava guardando non era il
mare. La
piattaforma nera non era semplicemente qualcosa che serviva a
sorreggerla, ma era una pupilla, il mare non era una distesa di acqua
salata, era un’iride, e ciò che stava osservando
non era qualcosa
di nuovo.
Cassie
si svegliò con il profumo dell’erba sotto il naso,
ma non si alzò
e rimase con gli occhi chiusi. Sorrise e proprio in quel momento si
accorse di sentire una voce, un ragazzo che imprecava sotto voce.
Cassie decise di alzarsi e una volta in piedi fece fatica a prendere
equilibro e cadde a terra.
«Oh,
vaffanculo!» disse ad alta voce mentre si ricomponeva.
Guardò verso
il cancello e vide un ciuffo di capelli biondi che si muoveva, come
impaziente. Forse era un amico di suo fratello, pensò,
quindi, senza
pensarci troppo, aprì il cancello che la divideva da quel
ragazzo.
Non fece neanche in tempo a guardarlo per intero che il biondino
aveva già commentato l’esclamazione di Cassie.
«Non
penso che sia un linguaggio appropriato per una ragaz-» Il
ragazzo
si bloccò di colpo.
E
a Cassie tremavano le mani, ancora appoggiate sul cancello, tremavano
perché gli occhi del ragazzo, gli stessi occhi, li aveva
sognati ed
era i suoi, proprio i suoi. La ragazza si sentì stupida per
non
averci pensato prima: quegli occhi cerulei erano gli stessi che aveva
incrociato quel lunedì a scuola, gli stessi che aveva
osservato in
lontananza al bowling.
Due
occhi così pieni e scintillanti. E Cassie ci
annegò dentro, ci si
immerse a fondo, felice di poter contemplare qualcosa di
così
meraviglioso. E a lei sembravano quasi un miraggio, qualcosa frutto
della sua immaginazione, eppure Luke si trovava proprio lì,
davanti
a lei. In quel momento Cassie capì che quegli occhi
l’avrebbero
tormentata ancora e ancora, invadendo i suoi sogni, bussando ogni
volta che crollava fra le braccia di Morfeo, perché mai
aveva visto
qualcosa di così bello. Quasi si vergognò degli
occhi marroni che
possedeva, perché in confronto a quelli che stava guardando,
erano
il nulla più totale. E anche Luke la guardò, e
come la guardò. Se
in quel momento l’avessero visto i suoi amici, probabilmente
l’avrebbero preso in giro a non finire, perché
Luke era rosso. Era
proprio rosso.
Cassie
fu costretta a distogliere lo sguardo e subito dopo si sentì
come se
mancasse qualcosa, come se quegli occhi gli avessero rubato un pezzo
di cuore. Era sicura che una parte di lei sarebbe rimasta per sempre
intrappolata lì dentro.
«C-ciao.»
riuscì a dire con un filo di voce.
Luke
si morse il labbro, stranamente imbarazzato e ricambiò il
saluto.
«Non penso che tu sia Alex Heavenly.» disse
sarcastico.
Cassie
sorrise e scosse il capo. «No, è mio fratello.
Puoi entrare.»
Il
biondino fece due passi avanti e la ragazza chiuse lentamente il
cancello. Il suo sguardo cadde su ciò che Luke teneva in
mano: uno
skateboard nero. Cassie ‘perse un polmone’ al solo
sguardo.
«Sei
qui per dare una lezione di skateboard?» chiese indicando
l’oggetto
che aveva in mano. Il biondino annuì e fece dondolare il
piercing
che aveva sul labbro.
«L’allieva
sono io.» disse mentre si torturava le mani cercando di
calmarsi.
Come avrebbe fatto a trascorrere due ore con quel ragazzo se non
riusciva neanche a guardarlo senza arrossire così
evidentemente? Era
chiaro che Cassie avrebbe decisamente preferito qualcun’altro
al
suo posto, ma c’erano alcuni aspetti che le facevano credere
l’esatto contrario. E Luke era così bello da
metterla in imbarazzo
solamente con un sorriso o con uno sguardo.
Il
ragazzo alzò un sopracciglio, probabilmente confuso e le
sorrise
dolcemente. «Ma sei una ragazza.» disse mantenendo
quel lato di se
stesso.
«Beh,
si, – guardò i suoi vestiti – forse
questi fanno pensare il
contrario, ma lo sono.» Cassie indossava dei vestiti
decisamente non
adatti per una ragazza: una maglietta dei AC/DC rubata a suo fratello
che, anche se aveva quasi due anni in più di lui, le stava
grande
sulle spalle, i jeans strappati sulla rotula e una cintura che cadeva
di lato. Se l’avesse vista sua madre, probabilmente si
sarebbe
strappata i capelli, ma fortunatamente la donna non era in casa.
Luke
scoppiò a ridere. «No, intendevo che sei una
ragazza ed io mi
aspettavo un ragazzo.»
«Oh,
sicuramente mio fratello si è spiegato male. –
roteò gli occhi –
comunque, sono Cassie Heavenly.» disse porgendogli la sua
mano. Il
ragazzo spostò il suo sguardo dal viso della ragazza fino a
quest’ultima e l’afferrò in una stretta.
Non appena la mano di
Cassie e quella di Luke si toccarono, lei sentì come se una
scossa
avesse attraversato tutti il suo corpo, così da renderla
quasi
completamente bollente e sapeva anche di mostrarlo molto facilmente.
Bastava semplicemente alzare lo sguardo per notare cosa giaceva sulle
sue guance e tutto ciò la rendeva ancora più
nervosa di quando non
lo era già di suo.
«Luke
Hemmings, frequentiamo lo stesso istituto scolastico.» disse
sfoggiando uno dei suoi splendidi sorrisi.
Luke
la osservava mentre saliva lentamente sopra lo skateboard, intenta a
cercare di trovare l’equilibrio giusto e non poteva non
pensare che
fosse terribilmente imbarazzata. Era forse la sua presenza a renderla
così? Questo non lo sapeva, ma non appena Cassie
dondolò in avanti,
per paura che cadesse, Luke scatto verso di lei e le cinse la vita
con le braccia, impedendo di farle toccare il pavimento con tutto il
corpo.
«Dio,
stai bene?» chiese il biondino mentre l’aiutava a
ricomporsi.
Cassie sentì le sue guance andare a fuoco e
biascicò un “si”,
in preda al totale disagio. Luke le prese la mano, senza pensarci su,
e la ragazza sobbalzò.
«Ti
tengo, stai tranquilla.» e l’aiutò a
risalire sopra lo
skateboard. Il problema di Cassie era che non riusciva a trovare il
perfetto equilibro che gli impediva di cadere, poiché per il
resto
sapeva come ci doveva muovere.
Il
ragazzo salì sullo skateboard di Cassie e le si
avvicinò, così la
schiena di quest’ultima combaciò con il petto di
Luke. La sua mano
si andò a posizionare sull’addome di Cassie e
spinse lentamente
indietro.
«Rimani
un po’ piegata, forse ti aiuta per trovare
l’equilibrio.» le
sussurrò nell’orecchio il biondino. Luke scese
dallo skateboard e
la osservò mentre si spingeva con il piede destro. Cassie
prese
confidenza e iniziò correre sempre più lontana
dal ragazzo. I suoi
capelli, tenuti stretti da un elastico, dondolavano a destra e a
sinistra e il suo sguardo spensierato regalava un misto tra
felicità
e dolcezza. E a Luke piaceva il suo modo di fare. Forse Cassie era
diversa dalle ragazze che in precedenza aveva conosciuto, ma
‘diversa’ non era sinonimo di
‘strana’.
Cassie,
improvvisamente, barcollò, perse l’equilibrio e
cadde a terra.
«Oh,
cazzo.» Luke corse verso di lei e si abbassò alla
sua altezza per
vedere se stava bene.
«Tutto
bene?» chiese preoccupato. Cassie teneva i capelli proprio
sopra il
viso e il ragazzo riuscì a scorgere solamente una piccola
lacrima
che scivolò dalla sua guancia per poi cadere sopra i suoi
jeans.
Luke spalancò la bocca. «Ti fa male
qualcosa?» chiese nuovamente
preoccupato.
Cassie
alzò lo sguardo e il ragazzo divenne confuso non appena vide
che
stava ridendo. «Sono caduta come una povera cretina. La vedi
quella
signora, laggiù?» indicò una donna di
mezza età seduta su una
panchina che fingeva di guardare altrove mentre rideva. Luke
annuì.
«Sta ridendo a causa mia.» e scoppiò a
ridere anche lei.
Luke
sorrise e rimase a guardarla finché non smise e
continuò la sua
buffa lezione.
Finita
la lezione, Cassie aveva invitato Luke a sedersi dopo essersi scusata
più di dieci volte a causa del suo mancato equilibrio.
«Vuoi
qualcosa da bere anche tu?» chiese mentre si versava un
bicchiere
d’acqua. Luke era seduto su una delle sedie della cucina con
un
gomito poggiato sul tavolo, intento a contemplare i movimenti della
ragazza. Continuava a stuzzicarsi il piercing al labbro, facendolo
dondolare a destra e sinistra con il dito, gesto che metteva ancora
più in imbarazzo Cassie.
«No,
grazie.» scosse il capo.
«Come
vuoi» e ripose la bottiglia d’acqua in frigorifero.
Non
appena Cassie si voltò, trovò davanti a
sé il viso del ragazzo e
il suo cuore prese a battere più velocemente. Luke le si
avvicinò
ancora di più e si inumidì le labbra. Tolse una
mano dalla tasca e
la appoggiò sulla guancia sinistra della ragazza. Cassie
poteva
sentire il suo respiro sulle sue labbra, e rimase impietrita, non
riusciva a formulare neanche una frase di senso compiuto.
Le
loro fronti erano così così vicine.
I
loro nasi erano così vicini.
Le
loro labbra erano così vicine.
Le
loro…
«Sei
sporca di terra.» disse infine. «Aspetta, un
secondo.» strofinò
il pollice della mano sulla pelle della ragazza, strizzò un
occhio e
per finire si allontanò dalla ragazza sorridendo.
«Fatto.»
Cassie
tirò un sospiro di sollievo, per un momento pensò
che l’intenzione
di Luke fosse quella di posare le labbra sopra le sue, ma
evidentemente si sbagliava. Eppure, da un lato forse lei non avrebbe
rifiutato.
«U-uh,
grazie.» poggiò la mano sopra la sua guancia, ma
non appena il
ragazzo si voltò verso di lei, la nascose dietro la schiena.
Luke
si passò una mano fra i capelli per riavviarli e
posò la mano sopra
la maniglia della porta. «Devo andare. Oh –
tirò fuori un
biglietto dalla tasca dei suoi pantaloni – questo
è il mio numero,
così possiamo organizzarci per quanto riguarda la prossima
lezione.»
disse porgendole il foglietto di carta.
Cassie
lo afferrò, diede uno sguardo al numero e annuì,
ripiegandolo.
«Grazie e scusami ancora, sono una frana.»
«Scherzi,
vero? Come prima volta sei andata molto bene, te lo assicuro. Sei
caduta meno volte rispetto a tutte le altre persone che
conosco.»
disse sorridendo.
«Oh,
grazie. Allora… beh, ecco… ci
sentiamo!» cercò di formulare una
frase che non la facesse sembrare stupida, ma forse con questo
bisognava lavorare molto di più.
«Okay,
ciao Cassie!» la salutò facendo dondolare la mano
a destra e a
sinistra, dopodiché uscì e chiuse la porta
sfoggiando uno dei
sorrisi ruba cuore. E Cassie, infatti, una cosa l’aveva
capita: il
sorriso di Luke Hemmings era pure magia, riusciva a stregarti e a
renderti quasi dipendente da esso, perché quando il ragazzo
chiuse
la porta, Cassie ebbe nostalgia di quello stesso sorriso.
Spazio
autrice!
Salve!
Ho finalmente deciso di aggiornare, forse quelle poche persone che
seguono la mia Fanfiction si staranno chiedendo perché ho
tardato
così tanto, ecco il perché: nel periodo
scolastico faccio fatica a
scrivere perché le mie giornate sono piene e diciamo che mi
impegno
molto nello studio, non sono una secchiona, ma ci tengo molto.
Perciò, lo spazio che ritaglio per svagarmi e tagliare un
po’ la
corta è veramente poco e molto spesso lo spreco facendo
dell’altro,
anche perché non ho sempre a disposizione
l’utilizzo del computer.
Quindi ho deciso di rimandare la scrittura a questa estate che
fortunatamente è arrivata preso ed eccomi qui J.
Ovviamente, come tutti, d’estate si ha moolto più
tempo libero!
Non sono stata rimandata, quindi non ho debiti (non interessa a
nessuno ma okay) e spero di poter prestare un po’ di tempo
nella
scrittura, che amo molto. BEENE, ora passiamo al capitolo: ho buttato
giù tutto quello che mi passava dalla mente ed è
uscita questa cosa
qui, al quando strana. Non chiedetemi come me ne sono uscita con il
sogno di Cassie, perché, sinceramente, non lo so neanche io,
AHAHAH.
Ho preferito dedicare il capitolo ai Lussie (o Cuke? No, okay, ahah)
perché negli scorsi capitoli non si sono mai parlati di
persona ma
solamente osservati da lontano. Ovviamente la storia non
parlerà
solamente dei soliti Romeo e Giulietta, ma coinvolgerà anche
il
fratello di Cassie, la migliore amica di Cassie (Sarah, ma voi non la
conoscete, lol, forse è stata accennata nel primo capitolo
da Luke,
la ragazza bionda con cui parlava Cassie) e ovviamente anche Michael,
Ashton e Calum. Heey, gli amici sono importanti eh. Direi che lo
‘spazio autrice’ è più grande
del capitolo, ma okay, lasciamo
stare. Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto molto di
più
che a me, visto che non sono soddisfatta di ciò che ho
scritto.
Vi
ringrazio e, ovviamente, se qualcuno ha tempo e voglia io sono sempre
felice di leggere le vostre recensioni, grazie di cuore.<3
Un
abbraccio, Giulia.
P.s.:
Ho trollato qualcuno con ‘sei sporca di terra?’
RIDO.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Aiutami, ti prego ***
4.
Aiutami,
ti prego
arah
Winslet non se ne accorgeva, o forse non rientrava nei suoi interessi
sapere che ogni volta che passava davanti ad un gruppo di ragazzi,
essi si giravano e non distoglievano lo sguardo finché
qualcuno o
qualcosa li interrompesse. Questo perché? Perché
Sarah era bella,
tremendamente bella. Possedeva dei bellissimi occhi verdi e dei
lunghissimi capelli biondi che la facevano sembrare quasi una
bambolina. Sarah non era certamente una poco di buono, ma riceveva
molte richieste di appuntamento che, puntualmente, non erano mai
accettate. Fino ad allora, infatti, la ragazza non si era mai
concessa a nessuno, fatta eccezione per due o tre ragazzi. Si dice
che l’apparenza inganna e Sarah ne era la prova stessa. Le
due si
conoscevano da tre anni e, anche se la figura di Sarah veniva sempre
messa in risalto accanto a quella di Cassie, lei le voleva bene.
Cassie non badava più agli sguardi che i ragazzi concedevano
alla
sua migliore amica, ormai era un’abitudine che aveva
accantonato in
un angolo e aveva imparato a non dare importanza o a non farci
neanche caso. La ragazza, ogni tanto, veniva considerata quasi
‘snob’, ma la realtà era che lei,
proprio come Cassie, stava
aspettando qualcuno che la faceva sentire speciale, come nessuno
aveva mai fatto.
In
quel momento le due si trovavano al Sydney Park, un posto tranquillo
e cosparso di verde. Entrambe amavano quel posto, specialmente Cassie
che passava il settanta per cento del suo tempo lì.
Solitamente
portava un libro con sé, ma quel giorno era in compagnia di
Sarah e
per giunta avevano dei compiti-ripasso da completare, perciò
decisero di completarli in tranquillità. Le due tenevano
sopra le
gambe il loro quaderni di matematica, Cassie scriveva velocemente,
facendo dondolare la sua penna avanti ed indietro, Sarah invece non
faceva neanche in tempo a scrivere un numero, che subito dopo lo
cancellava, sbuffando.
«Non
ho voglia di fare nulla.» si lamentò poggiando il
capo sopra il
quaderno a quadretti. Quel giorno portava i capelli legati in un
perfetto chignon, senza un capello fuori posto, i suoi occhi verdi
erano contornati da un filo di eyeliner nero e dal mascara che li
rendevano più grandi, dando risalto al colore, inoltre
portava una
maglietta a maniche lunghe bianca e dei pantaloncini grigi con
fantasie alquanto bizzarre.
Cassie
si fermo un momento. «Sono semplicissime, non concepisco il
perché
di questo inutile ripasso, ma ce ne mancano due.» disse
infine,
riprendendo la penna e continuando a scrivere. Sarah, invece, non
toccò la sua matita.
«Come
è andata sabato?» chiese portando una mano sullo
chignon, per
controllare il tutto. La mora alzò lo sguardo e
aggrottò le
sopracciglia.
«Sabato?»
Cassie era confusa e, forse, la memoria in quel momento non le
funzionava normalmente. La biondina sorrise, come se in qualche modo
lei stessa aspettava la reazione che aveva appena avuto
l’amica.
«Sai,
sabato, sesto giorno della settimana, puoi fare tardi la sera, puoi
uscire e puoi fare lezioni di skateboard con un tizio super
sexy.»
disse alzando ed abbassando le sopracciglia. Le mani della ragazza
stavano invitando l’altra a parlare, con gesti e facce
abbastanza
insensati e stolti. Cassie spalancò gli occhi e per sbaglio
fece
cadere il quaderno e la penna che teneva sulle gambe. Imbarazzo,
goffaggine e timidezza.
«Come
f-fai a saperlo?» La ragazza raccolse tutto ciò
che aveva fatto
cadere, ma un pallone le colpì le braccia e gli oggetti
toccarono
nuovamente terra. Borbottò un’imprecazione e
alzò lo sguardo
verso il fratello, evidentemente sudato. E Cassie si era quasi
scordata di aver portato con se Alex che, fortunatamente, aveva
incontrato i suoi compagni di classe con cui stava giocando a calcio
proprio in quel momento. Il ragazzo scoppiò a ridere,
accompagnato
dai suoi amici.
«Sei
un coglione!» urlò Cassie mentre raccoglieva per
la seconda volta
ciò che aveva fatto cadere in precedenza. Alex
spostò gli occhi da
sua sorella a Sarah e si grattò la nuca con imbarazzo.
«Umh,
scusami sorellona.» le sorrise, portando gli occhi per una
frazione
di secondo verso Sarah. E si, stava proprio cercando di fare bella
figura davanti all’amica della sua sorella. Cassie
aggrottò le
sopracciglia, ma subito dopo capì a cosa stava puntando il
fratello.
Un sorriso malizioso si formò sul volto della mora e
mimò con le
labbra le parole ‘ti’ e ‘piace’.
«Come
scusa? Non ho sentito.» disse Cassie posando una mano dietro
l’orecchio per aspettare la ripetizione delle frase.
«Oh,
non lo ripeterò ancora!» assottigliò
gli occhi, ma poi si fece più
gentile, sempre ricordando il suo obbiettivo iniziale. «Hai
sentito
bene, sorellona. »
I
due si scambiarono un’occhiataccia ed entrambi tornarono a
fare ciò
che in precedenza stavano facendo. Cassie si sedette nuovamente sulla
panchina e poggiò il quaderno a quadretti sulle gambe,
scrisse un
numero, ma subito alzò lo sguardo verso l’amica,
che la stava
osservando. Sarah alternò lo sguardo dal quaderno al viso di
Cassie
e le chiuse il quaderno sotto gli occhi, così
d’istinto.
«Stavamo
parlando di sabato scorso, di te, e del ragazzo sexy che ti fa
lezioni di skateboard.» disse poggiando le mani sulle guance
e i
gomiti sulle ginocchia. Cassie sobbalzò e le sue guance
diventarono
nuovamente rosse. Strinse le mani sui pantaloni e cercò di
non
balbettare, molto difficile per lei, perché era proprio in
quei
momenti che il suo lato goffo riusciva ad impossessarla e non era
decisamente un bello spettacolo, o almeno così pensava
Cassie.
«Ah,
si.» annuì mentre si toccava la treccia che si era
fatta quella
mattina. «Come fai a saperlo?» chiese sforzandosi.
Sarah
sorrise, come se quella domanda la stava aspettando con ansia.
«Beh,
sabato ti ho chiamato ma mi ha risposto tuo fratello –
portò lo
sguardo verso Alex, poi si concentrò nuovamente sul viso
dell’amica
– e mi ha detto che non potevi venire al telefono
perché stavi
facendo una lezione di skateboard con un ragazzo.» disse
quasi come
elettrizzata all’idea della sua migliore amica in compagnia
di
quest’ultimo.
Cassie
annuì e cercò di scacciare via un sorriso che
cercava la padronanza
sul suo viso, ma con scarsi risultati. «E il
‘ragazzo sexy’ da
dove l’hai preso? Illuminami.»
«Ho
una mia teoria personale!» disse incrociando le braccia. La
mora
alzò un sopracciglio e la spinse a spiegare la sua
‘teoria
personale’, proprio come la chiamava lei. «In
pratica, no aspetta,
stiamo parlando di ‘teorie’, quindi… In
teoria, i ragazzi che
sanno andare sullo skateboard sono tutti molto fighi, perciò
anche
il tizio che ti ha fatto una lezione deve essere figo e, se non
è
figo, allora non sa andare sullo skateboard, ma se hai ti ha dato una
lezione di skateboard, allora sa andare sullo skateboard e quindi, di
conseguenza, è un figo.» non appena
finì, Cassie scoppiò a ridere
e Sarah la osservava sorridendo, perché amava quando
l’amica
rideva in sua compagnia.
«Non
ha un fottuto senso.» disse la mora mentre rideva ancora.
Sarah
gli mise una mano sulla bocca. «Si invece! Ora descrivi
questo
ragazzo, così vediamo se la mia teoria funziona
realmente.»
E
Cassie sapeva che la stupida teoria dell’amica sarebbe
risultata
giusta, conosceva fin troppo i suoi gusti e Luke Hemmings rientrava
nei suoi canoni di bellezza, anzi, ci stava proprio a pennello. La
ragazza si torturò le mani al solo pensiero di doverlo
descrivere.
Ebbe un colpo al cuore quando provò ad immaginarlo e di
questo passo
sarebbe risultata più che imbarazzata, decisamente di
più. Ma non
ci poteva fare assolutamente nulla.
«Ha
gli occhi azzurri.» disse, e quella fu la prima cosa che
immaginò.
«I capelli biondi alzati verso l’alto.» e
li aggiunse
all’immagine che si era creata nella mente. «E il
piercing.»
aggiunse anche questo, aggiunse tutto i particolari di Luke che disse
a Sarah e una volta completata l’immagine nella sua testa,
avvampò
ancora di più.
Imprecazioni,
imprecazioni e imprecazioni, tutte nella sua mente.
«Ma
allora sì che è un figo! Vedi, avevo ragione.
Sono un genio!»
disse baciandosi la punta delle dita e poggiandole sulla sua fronte,
come per ringraziare in qualche modo la sua materia grigia.
«H-hai
solo avuto fortuna.» le smontò ‘il
castello di sabbia’.
«Heey,
però non hai detto nulla per quanto riguarda il ragazzo
figo, eh.
Non hai negato.» gli occhi di Sarah brillarono e
punzecchiò l’amica
con un dito. «Come si chiama?» Se
l’obbiettivo della biondina era
quello di metterla il più possibile in imbarazzo, rendendola
goffa,
beh, ci era riuscita alla grande.
«Luke
Hemmings… Eh?Cos- vaffanculo.» si coprì
il viso con le mani, ma
Sarah le strinse le mani, in modo tale da poterla guardare bene. La
biondina guardò dentro gli occhi dell’amica e ci
vide un trambusto
di emozioni e quello le bastò per capire quanto doveva
essere
spiazzante quel ragazzo.
«Perché
sorridi?» le chiese Cassie.
«Perché
le tue lentiggini si vedono di più quando diventi
rossa.» disse
ancora con le mani strette a quelle dell’amica. «Ti
voglio bene
Cassie, ti voglio bene veramente.»
Luke
Hemmings li osservava, osservava i suoi migliori amici e poteva dire
che la cosa gli piaceva. Quel giorno si trovava insieme ad Ashton,
Calum e Michael in un McDonald’s nelle vicinanze di
casa
Irwin, solitamente i quattro ragazzi preferivano mangiare
qualcos’altro, ma in dieci minuti avevano deciso il da farsi
durante la giornata e, per velocizzare le cose, scelsero la
‘via’
più vicina.
Lo
sguardo di Luke cadde sul viso di Ashton e il ragazzo
catturò due
dettagli che lo caratterizzavano in quel momento: sorriso e ketchup
sparso sul viso. Un ventenne con il cervello di un sedicenne,
pensò ridendo tra sé e sé. Poi, la sua
attenzione venne rubata
dagli occhi di Michael che viaggiavano nella direzione di Ashton, e
anche lui sorrideva. Michael indicò il viso
dell’amico e scoppiò
a ridere ancora di più, ma l’altro non riusciva a
capire il perché
di questa ironia improvvisa. E, infine, il suo sguardo cambio
prospettiva andando a concentrare tutta la sua attenzione verso
Calum. Quest’ultimo rideva più di Michael e teneva
una mano sulla
pancia. Forse Luke non se ne era neanche accorto, ma anche lui,
proprio in quel momento, stava ridendo.
«Pefchè
ridete? Cofa c’è?» chiese Ashton con il
boccone in bocca. Le
risate non fecero altro che aumentare di più. Calum
provò a
spiegare all’amico la causa di tutte quelle risate, ma non
fece
altro che peggiorare la situazione, continuando a ridere di gusto
ogni volta che pronunciava una parola. Anche Luke aveva provato e
dopo due tentativi, era riuscito a scaricare tutto in un sorriso e a
spiegare ad Ashton, la causa di tutto ciò.
«Oh
– sorrise – da quanto precisamente?»
chiese mentre si puliva il
viso con un fazzoletto. La risposta non gli sarebbe certamente
piaciuta, pensò Luke. Nessuno si azzardò a
rispondere, ma alla fine
si fece avanti Michael, che, probabilmente, aveva ancora vivida nella
mente l’immagine di Ashton con il ketchup sul guance.
«Beh…
Da quando hai iniziato a mangiare il panino, praticamente dal primo
morso.» rispose e allungò una bustina di maionese
a Calum, che
stava quasi rivoltando tutti i vassoi che trovava per prenderne uno.
Ashton
diede uno sguardo ad una ragazza seduta sul tavolo accanto.
«Ah, ora
capisco.» roteò gli occhi.
«Capisci
cosa?» chiese Calum che cercava freneticamente di aprire la
bustina.
«Capisco
perché quella ragazza – buttò
nuovamente l’occhio sul tavolo
accanto – mi ha praticamente riso in faccia quando ho provato
a
fare il… figo, insomma.» non badò al
suo tono di voce
notevolmente alto, ma Luke notò che la ragazza non se ne
accorse. Il
biondino posò la sua attenzioni sul volto di Ashton, ma
quello della
mora al tavolo accanto gli balenò nella mente. Luke si
voltò
nuovamente verso quella ragazza e la osservo, forse un po’
troppo,
ma lo fece. Portava dei bellissimi capelli marroni lunghi fino alla
vita, una frangetta simpatica gli nascondeva le sopracciglia e ogni
tanto se la spostava. Probabilmente le dava fastidio, pensò
Luke. Si
soffermò, poi, sugli occhi della medesima e vide il buio. Il
ragazzo
spalancò gli occhi.
«Ash
– richiamò l’attenzione
dell’amico, che nel frattempo stava
tranquillamente chiacchierando con Michael e Calum – quella
ragazza
assomiglia a Nora.» disse infine, ma il nome finale lo
capì solo
Ashton. Gli occhi degli altri due si andarono velocemente a
posizionare dove quelli di Luke erano andati precedentemente.
Quest’ultimo invece puntava lo sguardo fisso negli occhi di
Ashton
e vide la tensione, la paura, come se Luke lo avesse scoperto mentre
faceva chissà cosa. Il ragazzo gli mimò con le
labbra una frase:
non l’hai ancora dimenticata. Ashton
sorrise e si posò la
mano sul cuore. Lato nascosto di un buffo ventenne.
«Assomiglia
a chi?» chiesero Calum e Michael contemporaneamente.
«Oh,
a nessuno, pensavo fosse… Nicole, quella che vende i cd
dietro casa
di Mike.» mentì per Ashton, perché da
quel gesto aveva capito
praticamente tutto, perché Luke capiva tante cose da
semplici cose,
perché Luke non si soffermava sull’apparenza, Luke
andava affondo
e riusciva a trovare sempre qualcosa che gli altri non riuscivano ad
intravedere, e lui era andato affondo con Ashton, fin troppe volte.
L’argomento li portò a parlare di un altro, ma
decisamente più
divertente ed esilarante, finché Calum decise di entrare in
ballo
con qualcosa che li altri due, ancora non sapevano.
«Si,
quella ragazza mi ha praticamente lanciato il suo numero in
faccia.»
«Oh,
a proposito di ragazze! Qualcuno ha fatto breccia nel cuore di questo
ragazzo.» disse Calum e si affrettò a indicare
Luke, che fino a
dieci secondi prima stava tranquillamente bevendo un sorso di
coca-cola. Il biondino spalancò la bocca e tirò
una pizza dietro il
collo all’amico. Quest’ultimo per poco non si
strozzo con il
panino, ma continuo tranquillamente il discorso che tanto lo faceva
esaltare.
«Luke.»
Ashton sorrise malignosamente. «Devi dirci qualcosa,
eh?»
«Luke.»
chiamò questa volta Michael. «Racconta.»
«Avanti
Luke, racconta di Cassie.» lo incoraggiò Calum, ma
Luke si sentì
completamente immobile. Il ragazzo provò a dire qualcosa, ma
quello
che ne uscì fuori assomigliava di più a un
lamento che a una frase.
«Oddio,
Luke senza parole, rosso e in imbarazzo.» Ashton
allungò la mano
verso il capo di Luke e gli sfiorò un capello biondo.
«Che carino.»
Il
ragazzo si sentì come un bambino circondato da tre uomini,
si sentì
piccolo, molto piccolo. Oh, no, quello non gli stava bene per niente.
«Si
chiama Cassie Heavenly, l’ho vista si e no tre volte
–
giocherellò con la cannuccia del bicchiere pieno di
coca-cola –
gli faccio lezioni di skateboard perché me l’ha
chiesto mio cugino
che è amico di suo fratello, non perché nutro un
interesse per lei.
È brava, questo non lo metto in dubbio, ma… non
è decisamente il
mio tipo.» Indifferenza, indifferenza
nella sua voce. Ma
stava dicendo la verità? Questo non lo sapeva neanche lui,
l’unica
cosa di cui era certo, era che non sopportava essere guardato come
stavano facendo i suoi amici, proprio in quel momento.
Calum
tirò un sospiro di delusione. «Oh, pensavo di aver
adocchiato la
tua futura sposa, peccato.» disse ironico.
Luke
scoppiò a ridere e Michael, Ashton e Calum lo seguirono.
Quasi tutto
il locale si girò verso il tavolo vicino alla finestra,
proprio
quello dei quattro, ma a loro quello non importava. Certo, essere
osservati con occhi così discreti non faceva piacere a
nessuno, ma a
loro importava stare insieme, perché quando stavano insieme,
nessuno
li avrebbe fermati.
“Devi
sparecchiare la tavola, spazzare per terra e ripulire gli scaffali da
l’eventuale polvere residua, ci siamo capite? Al mio ritorno
voglio
tutto pulito.” Gli aveva detto la madre tramite telefono, ma
Cassie
se ne ricordò solamente dopo l’undicesima partita
a Kik Boxing
sulla playstation. Lanciò un’urlò di
vittoria una volta finita la
partita, ma sbiancò di colpo non appena si voltò
e notò la figura
del padre che la osservava con le braccia incrociate. Non era
decisamente un buon segno, pensò Cassie.
«Cassie
Skylynn Heavenly, che cosa stai facendo di preciso?» le
chiese
mentre assottigliava gli occhi. Il padre di Cassie si chiama John
Heavenly ed era un tipo piuttosto severo, ma che, ovviamente, nutriva
un grande affetto per i suoi figli. Tutti gli dicevano che era la
copia di suo figlio più piccolo, fatta eccezione per la
barba e gli
anni in più. C’era una certa somiglianza anche con
Cassie, ma
quella precedente era decisamente spiazzante. Quel pomeriggio John si
era concesso un giorno di tranquillità e lo si poteva notare
dagli
abiti che indossava in quel momento: abiti bizzarri e larghi, troppo
larghi. Sembrava quasi che indossasse il pigiama, ma non era
esattamente così.
«Cosa
sto facendo? – adocchiò una scopa poggiata
nell’angolo della
stanza, corse verso di essa e la prese – Beh, sto spazzando,
non si
vede?» e la fece dondolare. Per sbaglio la tirò
troppo indietro e
la scopia colpì la caviglia della ragazza che, subito dopo,
emise un
lamento. Cassie la mandò a quel paese mentalmente, e
poggiò la mano
dove la scopa aveva colpito dieci secondi prima. Il padre
scoppiò a
ridere e le si avvicinò mentre la sua risata aumentava a
dismisura.
«Brava
la mia piccola, ora oltre a spazzare devi anche mettere del ghiaccio
dove ti ha colpita.» disse ironico e le accarezzo il capo,
burlandosi di lei. Cassie annuì e osservò il
padre che a passo
lento andava a rintanarsi in camera, probabilmente stanco a causa del
doppio lavoro che aveva fatto il giorno prima. Non appena il padre
girò l’angolo, la ragazza andò in
cucina, aprì lo sportello del
frigorifero ed estrasse un cubetto di ghiaccio.
«Dove
diavolo... Oh, eccolo.» prese un fazzoletto e avvolse il
cubetto in
esso. Infine, si sedette su una sedia della cucina e poggiò
il
ghiaccio sopra la caviglia. Probabilmente il giorno dopo avrebbe
trovato un livido al suo posto, pensò mentre ripremeva
l’istinto
di toglierselo di dosso a causa del freddo fastidioso che le
provocava. Restò in quella posizione, finché il
telefono, nella
tasca dei suoi pantaloni, iniziò a vibrare così
bruscamente che
quasi non cadde dalla sedia. Sfilò il cellulare e rispose
senza fare
caso al nome sovrascritto. Mossa sbagliata.
«Pronto?»
disse quasi in un sussurro.
«Pronto
Cassie, sono Luke.» disse il ragazzo dall’altro
capo del telefono.
Colpo al cuore, Cassie ebbe un colpo al cuore,
qualcosa che le
fece scivolare il ghiaccio dalla mano che cadde per terra, rompendosi
a metà. E quasi si era dimenticata di avere il numero del
medesimo,
quasi si era scordata che pochi giorni prima avevano messaggiato
quasi tutto il giorno. Balbetto qualcosa di stupido.
«Umh,
emh, si, e, oh, ciao.» si maledisse mentalmente.
«Ti
dispiace se sposto la lezione di questa settimana? Sabato non posso
venire, ti va se facciamo domenica?» chiese con
tranquillità. Luke,
ovviamente, non sapeva che, dall’altro capo del telefono, la
ragazza stava completamente andando a fuoco.
«No,
non c’è nessun problema. Va benissimo anche
domenica.» scosse il
capo e poggiò le mani sulle guance.
«Perfetto!
Allora ci vediamo domenica, salutami Alex, ciao!»
«Si,
ciao…» e Luke riattaccò.
Cassie
rimase ad osservare lo schermo del cellulare per cinque minuti,
dopodiché si diresse nella stanza di suo fratello. La
ragazza, al
contrario di altre persone, sapeva esattamente cos’era la
privacy,
così decise di bussare prima di entrare. Ricevette una
risposta non
appena allontanò la mano dalla porta. Alex Heavenly
esattamente chi
si nascondeva al di fuori della sua camera, così non
esitò e urlò
un “avanti”. Cassie sorrise e aprì
lentamente la porta. Il
fratello si trovava sdraiato sul letto, con le gambe piegate; le mani
reggevano il cellulare che si trovava davanti al suo viso e il suo
sguardo era quasi ipnotizzato sullo schermo del medesimo. Alex non
badò alla figura della sorella che chiudeva la porta,
così Cassie
si sdraiò sul letto, proprio accanto a lui, ma non appena la
ragazza
buttò l’occhio sul cellulare, il fratello
sobbalzò e lo nascose.
«Prima
mi ha chiamata Luke, volevo dirti che ti salut-» non
riuscì a
finire neanche a finire la frase, poiché Alex le
parlò sopra.
«Aiutami
a conquistare Sarah, ti prego.»
Spazio
autrice!
Buongiorno!
Ovviamente sono in ritardo, YEEY, no, okay. Mi scuso con quelle poche
ma importanti persone che leggono questa storia, scusatemi.
Ora vi
spiego cosa mi è successo: due settimane fa, se non di
più avevo
finalmente finito il capitolo e per sbaglio quella merda del mio
computer ha cancellato tutto quello che avevo scritto (le
imprecazioni da parte mia si sono fatte sentire).Perciò mi
è
toccato riscrivere DA CAPO tutto il capitolo che avevo scritto e non
è stato per niente facile. Oltretutto, in queste due
settimane non
ho avuto molto tempo da dedicare al capitolo, poiché mio
padre si è
preso dei giorni di ferie, quindi sono stata costretta a scrivere
mentre stavo al mare, poiché lì potevo
ritagliarmi del tempo,
infatti, suppongo che la scrittura sia venuta veramente male e che,
probabilmente, avete trovato mille errori di battitura durante la
lettura. Mi dispiace veramente moltissimo. Ora
passiamo al capitolo! Sicuramente avete notato che è un
capitolo
piuttosto noioso, ma ci sono delle cose che probabilmente avete
tralasciato, ma sono molto importanti per la storia. (Spero non star
entrando nel banale, perché lo odio) Ho concentrato il
capitolo
sugli amici che nei capitoli precedenti venivano solamente accennati,
nel caso di Sarah, invece, nominati solamente una volta, precisamente
nel primo capitolo. Spero che, a differenza mia, il capitolo vi
piaccia. Grazie a tutti e, come al solito, se volete recensire mi
fate molto felice, anche non positivamente, mi basta sapere cosa ne
pensate, un’opinione sincera. Sono sicura che con i vostri
consigli
migliorerò, o almeno spero. Grazie ancora!
Un
abbraccio, Giulia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Battito cardiaco. ***
5.
Battito
cardiaco
ra
sabato sera e Cassie si trovava davanti all’armadio, indecisa
su
ciò che avrebbe dovuto indossare un’ora dopo.
Aveva passato i
giorni precedenti a cercare di convincere i suoi genitori a darle il
permesso per partecipare ad una festa di compleanno, che forse
‘di
compleanno’ non era proprio. In effetti, una festeggiata
c’era:
Taylor Whitethorn, ma la ragazza si sarebbe presentata come una
semplicissima invitata, perciò Cassie non fu completamente
sincera
con i suoi genitori. Tutto era organizzato da alcuni suoi compagni di
studi, ma ovviamente il tema centrale della festa non era esattamente
‘lo studio’. Con
sua grande sorpresa, ottenne una risposta positiva, accompagnata,
ovviamente, da cento regole di educazione, concentrate soprattutto su
quelle che prevedevano la compagnia di Alex. Oh, si, perché
lui
sarebbe andando con lei. Improvvisamente si ricordò di
quello che il
fratello le disse quel lunedì.
·Flashback·
«Aiutami
a conquistare Sarah, ti prego.» le disse il fratello senza
neanche
farla finire di parlare. Cassie puntò velocemente lo sguardo
verso
il viso di Alex: le guance di quest’ultimo erano
completamente
arrossate e i suoi occhi guardavano altrove, stava cercando di non
scontrare lo sguardo della sorella, come se, in qualche modo, aveva
paura di potere facilmente lasciare trapelare la debolezza dalle sue
iridi. Cassie lo fissò a lungo, fissò il suo
atteggiamento, finché
il fratello si voltò di spalle, affondando la faccia sul
cuscino.
Imbarazzante,
penso lui. La ragazza appoggiò, anche lei, la faccia su
quell’oggetto morbido e richiamò Alex
stuzzicandolo con un dito.
«Alex.»
gli tirò leggermente la maglietta. «Girati, per
favore.»
Alex
mugolò. «Sembro una femminuccia.» disse
e tirò il cuscino più a
sé, la testa di Cassie, di conseguenza, scivolò
sul lenzuolo
bianco. «Mi vergogno.»
«Non
fare lo stupido, Alex, girati!» e il fratello si
girò con il busto
verso la sorella. I due si trovavano faccia a faccia e Cassie non
riuscì a trattenersi, perciò sorrise. Era
adorabile.
Alex
stava per aprire bocca, probabilmente per commentare ciò che
era
spuntato sul volto della sorella, ma quest’ultima
parlò per prima.
«Fai sul serio.» e lo guardò
attentamente negli occhi. «Oddio, tu
fai veramente sul serio!»
Alex
spalancò gli occhi. «Puoi smetterla di prendermi
in giro? È
imbarazzante per me.»
Cassie
scosse il capo, ancora con il sorriso sulle labbra. «Non ti
sto
prendendo in giro, sono semplicemente sorpresa. Pensavo che la tua
fosse solamente una cotta che passa velocemente, tipo…
Un’attrazione sessuale. Ma mi sbagliavo di grosso, tu non sei
cotto
della mia migliore amica, tu sei innamorato
della mia
migliore amica.» e con un gesto veloce, sfilò il
telefono di suo
fratello dalle sue mani. Lo sbloccò e il suo sorriso si
allargò
ancora di più. «E porti una sua foto come blocca
schermo!»
Alex
fece una smorfia per cercare di nascondere ancora di più il
rosso
sulle sue guance. «Dammi qua!» disse con la voce
quasi stridula, e
afferrò il cellulare dalle mani della sorella.
«Sono cose private,
queste.»
Cassie
scoppiò a ridere, mentre continuava ad osservarlo. Oh si,
suo
fratello era proprio tenero in quel momento.
«Sì.»
«‘Si’
cosa?» chiese confuso.
«Si,
ti aiuterò a conquistare Sarah, te lo prometto.» e
Cassie vide
qualcosa negli occhi di Alex, un brillio, qualcosa che si era acceso
dentro di lui, forse la speranza.
·Fine
flashback·
E
in quel momento, Cassie si rese conto che ciò che aveva
promesso al
fratello era qualcosa di estremamente difficile, ma ci avrebbe messo
tutta se stessa. Mai aveva visto tanto sentimento negli occhi di Alex
e sicuramente non si sarebbe rassegnata facilmente, anche dopo la
festa. A dire il vero, Cassie non era una tipa da festeggiamenti
così
affollati e pieni di gente non decisamente ‘casa e
chiesa’
come avrebbero preferito i suoi genitori, ma tre giorni prima
Sarah l’aveva praticamente pregata di farle compagnia e fu
allora
che gli venne un lampo di genio e decise che Alex sarebbe venuto con
lei. Il fratello accetto quasi a stento, e la cosa le sembrò
molto
strana, ma fu felice. A Cassie scappò un sorriso
ripensandoci e non
appena smise di fantasticare e a pensare a come sarebbe stata
d’aiuto
per il fratello, si accorse che era quasi completamente vestita. La
ragazza si sedette sul letto, aprì la scatola delle
ballerine, ma
non appena tentò di infilarsene una al piede, qualcuno fece
irruzione nella sua stanza. La porta si spalancò sbattendo
la
maniglia contro il muro e Alex entrò sorridendo, ma qualcosa
cambiò
dopo aver guardato la sorella dalla testa ai piedi.
«Cosa
sono quelle?» disse il fratello indicando ciò che
Cassie aveva in
mano. La ragazza abbassò lo sguardo, perplessa.
«Oh,
queste? – le alzò più in alto
– Sono ballerine, che domande
fai.» e se ne infilò una sul piede destro. Alex
fece una smorfia e
scosse il capo.
«E
tu vorresti mettere queste – le indicò nuovamente
– a una festa
dove tutte le ragazze andranno in giro con i tacchi?» le
chiese
quasi esasperato. La sorella annuì e infilò la
seconda nel piede
sinistro. Cassie non ci trovava nulla di male
nell’indossarle, non
c’era nessuna regola che vietava agli inviati di presentarsi
con
quel tipo di scarpe, perciò non capiva quale era il
problema.
Ovviamente, le scarpe con il tacco facevano più scalpore, ma
lei non
era decisamente una ragazza che amava mettersi in mostra e lo si
poteva notare con gran facilità.
«Cassie
– fece non appena la sorella si alzò –
pensavo che… nulla,
lasciamo perdere.» e si coprì il viso con le mani.
Cassie indossava
dei pantaloni di jeans strappati che le arrivavano poco più
sopra
della rotula del ginocchio. Dall’estremità di
quest’ultimi, dove
solitamente si posizionava la cintura, erano agganciate delle
bretelle che risalivano e andavano a poggiarsi sulle spalle della
ragazza, scoperte a casa della camicia senza maniche che indossava.
«So
a cosa stai pensando, ma puoi scordartelo.» disse con tono
scocciato
«Pensavo
che per una volta avessi deciso di indossare una cazzo di gonna, ma
evidentemente mi sbagliavo. Sembra quasi di avere un fratello.
» e
si passò una mano fra i capelli per ravviarli. Il giorno
prima,
Cassie era stranamente riuscita a convincerlo a tagliarsi i capelli e
ora teneva il ciuffo tirato all’insù, e poteva
dire che ci stava
decisamente meglio. I suoi occhi verdi erano messi più
inevidenza e
la ragazza era sicura che non sarebbe passato inosservato.
«Non
fare l’esagerato e ora fatti vedere.» disse
sorridendo e cominciò
a girare attorno al fratello, osservandolo nei minimi dettagli. Aveva
deciso di indossare una camicia a quadri blu, che teneva un tantino
sbottonata e dei jeans quantomeno decenti, rispetto a quelli che
portava di solito. Cassie annuì, si sporse di più
verso il sul viso
e sorrise indietreggiando. «Stai molto bene.» e
fece il segno
dell’okay.
«Cassie?»
la chiamò. La ragazza chiuse la scatola della scarpe, la
ripose, e
si girò verso di lui, in attesa. «Forse non lo
dimostro sempre,
forse non lo dimostro e basta, ma ti voglio bene.»
«Vado
a prendere da bere, voi intanto divertitevi.» ed era
così che si
era allontanata lasciando suo fratello e la sua migliore amica da
soli nel bel mezzo della festa, utilizzando una stupida scusa. In
quel momento si trovava accanto ad un tavolino su cui erano poggiate
piccole porzioni di cibo, per quelli che volevano riposarsi dopo aver
ballato fino allo sfinimento. Oh, almeno avrebbe sfogato la sua ansia
con il cibo, pensò. Sì, perché Cassie
era in ansia, una terribile
ansia causata dalla vicinanza di Sarah e suo fratello, sperava che
niente andasse storto. Mentre dava un morso a un tramezzino che aveva
preso alla sua sinistra, osservava la pista da ballo: corpi sudati e
appiccicati gli uno fra gli altri, capelli che si muovevano tra la
folla, sguardi seducenti che volevano da una parte all’altra
e
vestitini troppo stretti e corti per concedere il libero movimento.
Lo sguardo di Cassie andò a soffermarsi su un paio di scarpe
con il
tacco color rosa confetto, decorate da un fiocco fucsia con gli
strass. Solo una persona poteva indossarle: Christine
Evangersen,
la sua compagna di banco nel corso di letteratura. Cassie
alzò gli
occhi dalle scarpe al volto della ragazza e scoprì che aveva
esattamente ragione. Christine si girò con il busto avvolto
in un
vestitino - anch’esso rosa – , attillato, verso di
lei. La
ragazza socchiuse gli occhi mentre ballava e, una volta riconosciuta,
sorrise allegramente ondeggiando la mano. Cassie ricambiò il
saluto
e sorrise a sua volta. Accanto alla sua compagnia, si muoveva un
ragazzo dai capelli… Viola? Lilla? Non riuscì a
capirlo. Non
appena quest’ultimo si accorse che Christine aveva smesso di
ballare, si girò verso di lei e cercò tra la
folla la persona che
stava salutando con tanto entusiasmo. Christine si girò
verso di
lui, gli parlò, e indicò Cassie.
Quest’ultima riuscì a capire
una parola - tramite labiale - di quello che la mora aveva riferito
al ragazzo: amica. Entrambi si avviarono verso di
lei e,
durante il tragitto, il ragazzo dai capelli viola afferrò
una
bottiglia di birra e se ne versò un po’ in un
bicchiere.
«Cassie!»
le urlò Christine per farsi sentire a causa della musica
troppo
alta. I capelli marroni gli si erano arruffati in un modo
terribilmente buffo, che Cassie glieli sistemò come se fosse
una
bambina troppo entusiasta di giocare.
«Oh,
grazie, non me ne ero accorta.» la ringraziò con
un sorriso a
trentadue denti, dopodiché si girò verso il
ragazzo che pochi
secondi prima era in sua compagnia, e lo chiamò.
«Arrivo!»
rispose lui, posò il bicchiere su un tavolo a casaccio e gli
si
posizionò accanto. Cassie poté osservarlo da
vicino e notò con
grande sorpresa che teneva un piercing sul sopracciglio, esattamente
come piaceva a lei. I suoi capelli erano scompigliati in maniera
simpatica e il suo sorriso la faceva sentire stranamente a suo agio,
stranamente, perché Cassie non si sentiva
mai così con un
ragazzo che non fosse Alex.
«Michael,
ti presento Cassie, una mia compagna di scuola. Cassie, ti presento
Michael Clifford, un mio amico coglione.» Cassie rise e
afferrò la
mano che Michael le aveva offerto a mezz’aria.
«Cognome?»
chiese Michael tenendo la mano ancora stretta in quella della
ragazza.
«Heavenly.»
Michael spalancò gli occhi per un lasso di tempo minimo e
subito
dopo accentuò ancora di più il suo sorriso.
Christine aggrottò le
sopracciglia, ma poi scosse il capo, come se fosse tipico di quel
ragazzo.
«Mi
piacciono i tuoi capelli.» disse Cassie così di
punto in bianco
mentre le loro mani si staccavano. «Mi piacerebbe tingere i
miei di
blu, ma i miei genitori non me lo permetterebbero mai.» forse
era
risultata come una ragazza troppo seria, ma in quel momento gli
importava ben poco, perché Michael gli ispirava simpatia.
Sembrava
quasi che i suoi pensieri venissero espressi vocalmente senza il suo
consenso. Il ragazzo la ringraziò subito e instaurarono una
conversazione sull’argomento ‘capelli e
tinte’, che durò si o
no una decina di minuti. Anche Christine si unì alla
conversazione,
parlando di quando alle medie aveva provato a tingersi i capelli di
biondo, ottenendo come risultato il bianco a causa della boccetta
sbagliata comprata dalla nonna. La loro chiacchierata si interruppe
non appena Michael ricevette un messaggio da un suo amico e si
allontanò, accompagnato da Christine, per andare a riceverlo
all’entrata della festa. Ed ora Cassie si trovava nuovamente
sola,
accanto al tavolo riservato al cibo. Sarebbe tornata da suo fratello
e dalla sua migliora amica dopo trenta minuti, se non di
più, per
lasciare loro un po’ di spazio. Osservò la pista
da ballo e una
smorfia comparve sul suo viso: alcuni movimenti, sguardi e segni
erano totalmente indecenti, ma tralasciò quel particolare e
alzò il
viso verso un piccolo palco, proprio lì davanti, dove Jordan
Lower
si improvvisava DJ e si muoveva a tempo di musica, quasi come se
avesse delle convulsioni. A Cassie scappò un sorriso, ma non
appena
quest’ultimo cambiò canzone, capì che
era ora di mettersi le
cuffie e ascoltare qualcosa che contenesse anche le parole, oltre
alle note. Così aprì la borsa, tirò
fuori il cellulare e infilò
gli auricolari. Stranamente scelse la riproduzione casuale e la prima
canzone che uscì fu Heartbeat dei The
Fray. Mentre
cantava muovendo le labbra, senza produrre alcun suono, si accorse di
avere la gola secca, perciò si alzò e
camminò – urlando di tanto
in tanto uno ‘scusa’ per attirare
l’attenzione e riuscire a
passare – verso la fine del tavolo che aveva accanto, proprio
dove
erano poggiate delle bottiglie. Si accorse che quest’ultime
contenevano solamente alcolici, ma proprio mentre stava per tornare
indietro, intravide dietro una bottiglia di vino rosa, della
coca-cola. Grazie a Dio. Sempre meglio di niente,
pensò.
Allungò la mano verso una ‘piramide’ di
bicchieri, ne afferrò
uno e cominciò a versarla dentro di esso. Mentre il
bicchiere si
riempiva, notò – con la coda dell’occhio
– una figura che la
osservava, non molto distante da lei. Cassie alzò lo sguardo
verso
di essa, proprio mentre il ritornello della canzone iniziava per la
seconda volta.
Oh,
I feel your heartbeat
And
oh, you’re coming around, coming around, coming around
If
you can love somebody, you love them all the same.
You
gotta love somebody, you love them all the same.
I’m
singing, oh, I feel your heartbeat
E
Cassie poteva sentire il suo battito cardiaco
aumentare
drasticamente, quasi come se le scoppiasse. Quegli occhi cerulei li
avrebbe riconosciuti ovunque. Ovunque.
Quel
giorno indossava degli skinny jeans neri strappati, una maglietta dei
nirvana, senza maniche, che lasciava libero spazio alle sue braccia e
delle vans. I capelli, come al solito, erano tirati verso
l’alto e
il suo sorriso dava risalto al piercing che teneva sul labbro. Se era
bello? Oh, si. Luke le si avvicinò e, senza staccare gli
occhi dai
suoi, le tolse la bottiglia di coca-cola dalle mani. Sembrava quasi
che… Oh, merda, pensò Cassie.
La ragazza guardò verso le
sue mani e si accorse che il bicchiere era pieno di coca-cola che
fuoriusciva da esso, rovesciandosi sul pavimento. Le sue mani erano
completamente bagnate e appiccicose e… Si, aveva appena
fatto una
figuraccia con il suo amore platonico. Luke le sorrise, quasi come se
respingesse l’impulso di scoppiare a ridere e le tolse anche
il
bicchiere dalla mani.
«Prendi.»
disse porgendogli un fazzoletto. L’aveva per caso scambiata
per una
bambina? Sapeva badare a se stessa, anche se non aveva dimostrato
molta intelligenza e maturità pochi secondi prima. Cassie lo
afferrò
e si pulì le mani. Vide le labbra del biondino muoversi per
poi
fermarsi e osservarla, quasi confuso. Non capì cosa volesse
sapere
da lei, non riusciva a sentire nulla, perché il ritornello
di
Invisible degli U2 era
già partito. Senza
che se ne accorgesse mimò il ritornello con le labbra,
involontariamente “I'm more than you know,
I’m more than you
see, more than you let me be”, ma cosa le era
preso?
Fortunatamente Luke sembrò non capire. Il ragazzo
inclinò il capo e
scorse delle cuffie fra i capelli di Cassie, così le si
avvicinò
ancora di più e gliele sfilò timidamente dalle
orecchie. Le loro
guance si sfiorarono e la ragazza avvampò. Improvvisamente
la voce
di Paul
David Hewson non
risuonò più nelle sue orecchie e fu avvolta dalla
musica che Jordan
Lower sceglieva come sottofondo della festa.
«Uno:
non mi uccidere, ti prego. Due: non ti sembra un po’ strano
ascoltare la musica dalle cuffie ad una festa con la musica?»
le
chiese Luke divertito. Nella mente di Cassie giravano tre parole:
‘quanto’, ‘sei’ e
‘bello’, tutte in ripetizione. Quanto
sei bello, quanto sei bello, quanto sei bello, quanto sei bello,
quant-
«Cassie?»
chiamò la sua attenzione.
«Sei…»
disse bisbigliando, mentre lo osservava dal suo mondo dei sogni.
«Cassie?
Uhuh? Ci sei?» e passò la sua mano davanti al viso
di Cassie,
ridacchiando.
«…
Bello! Eh? Si, emh, comunque, no, cioè, si, cioè
a me non sembra
strano.» balbettò qualcosa che sembro detto da una
bambina di sei
anni. Imbarazzante, decisamente imbarazzante. Cassie pregò
che Luke
non avesse capito ciò a cui si riferiva, ma ne dubitava
fortemente.
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli e sorrise
divertito.
«Come
mai sei qui? Non mi sembri una da festa.» le chiese mentre si
fermavano, appoggiandosi al muro. E Luke aveva capito al volo,
perché
Cassie non era decisamente una tipa da feste, anzi, tutto
ciò le
creava il doppio dell’imbarazzo che di solito riusciva a
crearsi da
sola, troppa gente, troppa per i suoi gusti. Forse adesso
l’avrebbe
presa per una nerd o qualcosa di simile, ma Cassie decise di essere
sincera.
«Ho
deciso di venire solamente per un’amica e per mio fratello.
Tu,
invece?» Luke si girò verso di lei e le sorrise.
Questo era
decisamente un colpo basso, perché ci mancò poco
che Cassie
scivolò, ma fortunatamente aveva la schiena appoggiata al
muro,
perciò riuscì a non cadere a terra.
«Anche
io l’ho fatto per un amico, in realtà. »
rispose mentre salutava
un ragazzo che dall’altra parte della stanza era impegnato a
prendere qualcosa da mangiare e, contemporaneamente, a scuotere un
braccio per farsi notare dal medesimo.
Luke
si grattò la nuca, quasi come se fosse imbarazzato.
«Senti Cassie,
ti andrebbe uno di questi giorn-» il ragazzo non
riuscì a finire la –
probabilmente – domanda, poiché il telefono di
Cassie iniziò a
squillare e a vibrare fra la confusione. La ragazza lo tirò
fuori
dalla tasca e osservò lo schermo che si illuminava:
‘Alex
fratello coglione’ , c’era scritto su di
esso.
«Oh,
scusami, è mio fratello. Vado a cercarlo.» disse
mentre infilava
nuovamente il cellulare nei pantaloni.
Luke
annuì. «Non c’è problema,
noi… ci vediamo domani per la
lezione, allora.» e le sorrise dolcemente. Cassie
biascicò un ‘si’
e subito dopo si girò per andare a cercare il fratello. Fece
più o
meno quattro passi e si bloccò quando senti il suo nome
pronunciato
nuovamente da Luke. La ragazza si voltò.
«Ah,
e grazie del complimento!» le fece l’occhiolino e
con aria
divertita si incamminò nella direzione opposta. Cassie
rimase lì,
in piedi, con la bocca semiaperta e lo sguardo fermo sulla figura che
si allontanava.
«Ma
cos- Oh. » bisbigliò per poi coprirsi il viso con
le mani. Si
poteva dire che Luke, invece, aveva capito esattamente ciò
che aveva
detto e che, probabilmente, quella era una delle tante figure di
merda che doveva aggiungere nella sua vasta collezione.
«Alex.»
disse Cassie mentre si guardava intorno. «Dove diavolo
è Sarah?»
Alex
dondolò quasi come fosse un bambino e indicò un
punto tra la pista.
«Sta ballando con un ragazzo con le labbra a
canotto.» e imitò le
labbra del medesimo.
Cassie
si trattenne del ridere e tirò una pizza al fratello.
«Ma sei
scemo? Perché l’hai lasciata andare da
quello?» urlò isterica.
«Umh,
beh, io… Non lo so! Non sapevo cosa fare!» gli
rispose quasi
infastidito dalla domanda e subito dopo cominciò a
scompigliarsi i
capelli dal nervoso. I suoi occhi verdi erano diventati più
scuri,
quasi come se fosse in ombra e le mani erano serrate in due pugni.
Cassie
si sentì quasi in colpa per avergli tirato uno schiaffo,
così gli
si avvicinò e gli accarezzò la spalla, per
cercare di confortarlo.
«Cosa gli hai detto quando eravate soli?» chiese
quasi con paura.
«Nulla
di importante, io non sono riuscito a… Cioè, io
non so, non sono
capace di flir, di flir…» balbettò e le
nocche delle sue mani si
fecero bianche.
«Alex,
lo sai che la parola ‘flirtare’ non è
una parolaccia e puoi
dirla senza che nessuno ti guardi male?» si trattenne dal
ridere.
«Ma
la smetti di prendermi in giro?» urlò mentre le
sue guance si
facevano sempre più rosse e le lentiggini venivano messe
sempre più
in evidenzia. Alex Heavenly era buffo, terribilmente buffo e forse ci
sarebbe voluto più tempo e più pazienza per
aiutarlo, ma Cassie era
pronta a diventare anche pazza, perché lei non era
decisamente una
che si arrende.
Spazio
autrice!
Heey!
Si si, sono in ritardo, ormai hanno imparato anche i muri a
conoscermi, sono un vero disastro, i’m sorry. Vi giuro che mi
è
dispiaciuto molto metterci così tanto, ma non era mia
intenzione
ritardare. Purtroppo non sapevo cosa scrivere, in pratica, il blocco
dello ‘scrittore’ tra le virgolette
perché non penso di potermi
considerale tale, comunque del dannato blocco del cazzo mi ha
perseguitata per tutto questo mese, avevo pensato anche di non
continuare più la fanfiction, proprio per questo motivo, ma
alla
fine è uscito qualcosa dalla mia testolina, non proprio
bello, ma è
uscito. Forse quelle poche persone che seguono la mia storia si
aspettavano già un bacio, ma sono una tipa molto…
emh, lenta,
diciamo che ve ne siete anche accorte, AHAHA, no okay, dicevo,
solitamente i protagonista si incontrano BUM si piacciono e BUM si
baciano subito, ma io non ho intenzione di fare così. Non so
di
preciso quando Cassie e Luke si baceranno ma lo faranno
(Ma dai?). Spero che questo capitolo vi piaccia e scusate ancora!
Aspetto
le vostre recensioni, ci conto eh ;), grazie in anticipo.
Un
abbraccio, Giulia.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2522243
|