More Than Human

di disasterology
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.Forza o follia? ***
Capitolo 2: *** 2. Lampi di colore. ***
Capitolo 3: *** 3. Proprio come me. ***
Capitolo 4: *** 4. Difendi ciò in cui credi. ***



Capitolo 1
*** 1.Forza o follia? ***


1. Forza o follia?




E' forza, o follia? Scribacchiai nella mia illeggibile grafia. Buttai giù le parole velocemente per paura che potessi dimenticarle prima che fossero impresse sulla carta. Ho l'abitudine di pensare troppo in fretta perchè le mie dita riescano a scrivere, per questo la mia scrittura è sempre terribile.

Molte persone sceglierebbero la prima opzione. Ora, non gliene faccio una colpa; avrei detto la stessa cosa se non fosse stato per alcuni sfortunati eventi. Sono le persone che realmente guardano nella storia quelle sceglierebbero la seconda delle due, prestando attenzione ai dettagli e guardando in profondità ad ogni cambio di scena. Ma hanno ragione? Non posso esserne sicuro.

Forse vorresti l'opportunità di guardare la storia, vedere quale posizione prendere a riguardo. Puoi soppesare le parole che ti do e poi formulare le tue conclusioni riguardo al racconto. Ricorda però la domanda, forza o follia?

Mi sedetti ingobbito sul mio banco, concentrato nel mio mondo. Un paio di persone mi fissavano, fissavano sempre, ma mi ci ero abituato. Niente di ciò che mi stava attorno riusciva a rompere la mia concentrazione. Né i cretini chiamati compagni di classe, né la donna che cerca di insegnarmi cose che conoscevo da anni, neanche il nuovo studente che si stava sedendo nel mio stesso banco. No, non ero in classe. Fisicamente forse, ma mentalmente.. Ero lontano galassie, bloccato nel mio regno immaginario.

Per capire questo racconto, devi vedere le cose dal punto di vista del protagonista. Da ora vedrai le cose attraverso i suoi occhi. Prova a visualizzare cosa avviene tramite un punto di vista diverso dal tuo. Non essere di parte e ovviamente presta attenzione ai dettagli. Ma non concentrarti troppo sulle piccole cose o perderai di vista il quadro generale. Ce la puoi fare? Eccellente. Iniziamo..

Stavo per iniziare una nuova frase, ma il quaderno e la penna mi vennero strappati dalle mani all'improvviso. Alzai lo sguardo e vidi il volto irritato della mia professoressa di storia. Probabilmente era arrabbiata perché non stavo lavorando al tema che aveva assegnato e semplicemente perché mi odiava. Ora, non avevo problemi con lo scrivere temi, ma disprezzavo totalmente questa donna. Era estremamente nervosa, voleva che tutto fosse formale e come da manuale mentre io preferivo essere creativo e usare la mia immaginazione di tanto in tanto.

"Quante volte te lo devo dire," sospirò lei come se fosse stufa della mia esistenza "di lavorare prima su ciò che è assegnato, Mr. Iero?"

"L'ho già finito." Feci spallucce e strappai il mio quaderno e la mia penna via dalle sue mani.

"In venti minuti."

"Sì, vorrebbe vedere?"

"Sì."

Tirai fuori dal mio quaderno un foglio e glielo porsi. Lo analizzò rapidamente, il suo sguardo sempre più marcato man mano che andava avanti. Dovetti trattenere un ghigno. Non ci avrebbe trovato nulla di sbagliato. Non un errore, nulla. Non per vantarmi ma.. beep beep motherfucker. Sapevo che inglese è ciò che mi riesce meglio, l'unica cosa per cui andavo fiero di me stesso.

"Cosa ne pensa?" Le chiesi, trattenendo a malapena un sorrisetto sulla mia faccia.

"Lavora sulla tua grafia." sputò lei prima di ritornare alla sua cattedra. Alzai gli occhi al cielo, questo è il peggio che sa fare?

Riaprii il mio quaderno alla pagina di prima e rilessi quello che avevo scritto, aggrottando la fronte. Non era decisamente il mio lavoro migliore. Stavo pensando di accartocciarlo e buttarlo via, ma mi fermai. Potrei finirlo dopo.

"Cosa stavi scrivendo?" chiese improvvisamente una voce, facendomi sobbalzare. Non mi ero accorto ci fosse una persona a due passi alla mia destra.

"Umh.. nulla." Dissi, ritirando velocemente il mio quaderno nero nel mio zaino. Non volevo che nessuno vedesse quello a cui stavo lavorando.

"Era qualcosa, ovviamente. Se così non fosse, non staresti cercando di nasconderlo da me". Potevo sentire dalla sua voce che stava sorridendo. Con la coda dell'occhio, riuscii a lanciare uno sguardo al ragazzo misterioso. Aveva nerissimi capelli untuosi che arrivavano appena sopra le sue spalle e occhi castani. Era completamente vestito di nero e aveva addirittura lo smalto sulle unghie. Sembrava il tipo di persona con la quale uscirei.

Lo guardai diffidente. "Cosa te ne importa?" Non mi piace mostrare alle persone i miei lavori privati. Ci sono parecchie cose che non voglio che il mondo sappia di me. Sembrava sempre che stessero invadendo la mia privacy. Cosa che facevano, in un certo senso.

"Semplice curiosità." Mi rivolse un mezzo sorriso. "Mi blocco anche io nel mio mondo quando disegno, non è nulla di male. Quindi, mr. Iero-"

"Frank" Lo interruppi. "Il mio nome è Frank."

"Frank. Mmh." Non sapevo se fosse sarcastico o fosse solo se stesso. "Frank."

"Sì, è il mio nome.." Dissi quasi goffamente. "Non serve consumarlo."

"Scusa." Il ragazzo misterioso rise. Notai che la sua voce si fa più acuta mentre ride. Non in un modo negativo però, ha quel tipo di risata contagiosa che ti fa venire voglia di ridere con lui anche se non c'era niente di divertente. Mi ritrovai quindi a sorridere lievemente, solo un piccolo sorrisino.

Aprii la bocca per dire qualcosa, ma lui fu più veloce di me.

"E' un nome molto forte, Frank." disse ammiccando.

"..cosa?" Inarcai un sopracciglio.

"Il tuo nome ti si addice, sai." disse, poggiando un gomito sul banco e successivamente poggiando la testa sulla sua mano. Sembrava.. divertito? Non potevo saperlo. Era abbastanza strano, solitamente ero a capire le espressioni delle persone.

"Davvero?

"Sì, davvero." mi fece la linguaccia.

"Tu chi sei?" chiesi cautamente. Questo ragazzo era strano, e non ero sicuro se in modo positivo.

La campanella suonò non appena le parole lasciarono la mia bocca, segnalando che la lezione era finita e che dovevamo trascinarci ad un atra odiosa lezione dove avremmo imparato cose che non ci avrebbero portato da nessuna parte nella vita. Il ragazzo al mio fianco si alzò e si diresse alla porta, ma prima di uscire si voltò verso di me e mi lanciò uno sguardo ambiguo.

"Questo è quanto ti basta sapere su di me, il resto devi scoprirlo." Mi mandò un bacio, per poi andarsene.

...cosa?

Fissai il punto in cui prima c'era lui per vari secondi, davvero confuso. Chi diavolo era quello? E perché cazzo mi ammiccava e mi mandava baci? Era tutto molto strano. Non ho mai interessato nessuno nei dintorni. Non c'era nessuno nella mia vita che potesse essere considerato un amico, solo una manciata di conoscenti.

Cominciai ad iper-analizzare la situazione, i miei pensieri estremamente confusi. Chi era? Da dove veniva? Non lo sapevo. Perché aveva preferito parlarmi invece che stare in silenzio? Stava forse cercando di fare amicizia con me? Dannazione, se lo avessi saputo ci avrei provato. Scommetto di essere sembrato un idiota! Ma di nuovo, metà di quello che aveva detto non aveva senso, quello che aveva detto sul mio "nome forte".

Magari mi stava prendendo in giro...

Mi ha ammiccato tutto il tempo con un espressione divertita. Si è preso gioco di me. Ero il suo divertimento. Non gli importava nulla di me. Non ero nulla per lui.

Doveva essere così. Era la risposta più lociga, comunque. Abbassai la testa sul tavolo emettendo dei lamenti. Ecco che se ne va un'altra opportunità di un'amicizia. Perché mai ho pensato di potuto avere una possibilità? Porto solo delusioni. Nessuno voleva a vere a che fare con le mie stronzate.

Non gliene facevo una colpa.

"Fuori dalla mia classe." ringhiò la mia professoressa di storia. Mi guardai attorno notando che ero l'unico alunno rimasto in classe. Sospirai, prendendo il mio zaino uscendo dalla classe.

"Piccolo gay." riuscii a malapena a sentire la voce della professoressa alle mie spalle. Uh, ironia, stavo pensando esattamente la stessa cosa. Mi voltai e la guardai in volto.

"Stronza, potrei esserlo." la guardai con rabbia. Poi corsi. Non volevo finire in punizione, faceva davvero schifo.

 

***

 

"Frank, cosa non va?" mi chiese la professoressa di scrittura creativa, poggiando una mano sulla mia spalla. Era di gran lunga la mia professoressa preferita. Era giovane e davvero, davvero carina. Em, noi la chiamavamo così. Lei insisteva perché la chiamassimo così. Ogni giorno, quando entravamo, lei ci diceva di scrivere qualsiasi cosa ci passasse per la mente, cosa che adoravo. Era libertà per me.

"Ho solo troppe cose per la mente, tutto qui." Sbadigliai, strofinandomi gli occhi. La mancanza di sonno cominciava a farsi sentire seriamente.

"Non hai scritto niente." Em aggrottò la fronte, indicando il mio foglio bianco. Aveva ragione, non c'è mai stata una volta in cui fossi venuto qui e non avessi scritto niente. Avevo sempre qualcosa da mettere giù.

"Mi spiace, però può prendere qualcos'altro che ho scritto.." Cominciai a strappare un foglio dal mio quaderno, ma lei scosse la testa.

"Perchè non scrivi cosa ti passa per la testa? Mi piacerebbe davvero leggerlo!" mi sorrise. Cercai di ricambiare il sorriso, ma probabilmente il risultato sembrava una smorfia.

"Ne è sicura? Non è qualcosa che solitamente alla gente piace."

"Finché è appropriato alla scuola.. Beh, sai cosa? Dimentica se è opportuno o no. Puoi dirmi qualsiasi cosa tu voglia. Sai che non ti giudicherò, vero Frank?"

"Sì, ma-"

"-ma nulla. Voglio qualcosa da te entro la fine dell'ora. Okay, Frank?"

"Perfetto." concordai. Adoravo Em, cercava sempre di farmi "esprimere i miei sentimenti." Era qualcosa che non facevo mai a scuola, quelle cose erano unicamente per il mio quadernino nero.

"Bene!" esultò lei -dio, deve passare al decaffeinato-, andando poi in fondo alla classe per urlare alle persone che in quest'ora non facevano nulla. Non so però perchè loro non volessero fare nulla, scrivere è fottutamente fantastico.

Ora, pensai mentre prendevo una matita e fissavo il foglio davanti a me, come fa una persona a scrivere che pensa di essere gay senza essere imbarazzante?

 

***

 

Venti minuti dopo, porsi le due pagine ad Em. Sembrò un attimo spaventata quando vide quanto erano pieni -avevo scritto piccolissimo, cercando di far stare tutto in un foglio solo- ma li prese comunque. Dopo neanche due secondi la campanella squillò, quindi presi il mio zaino e lasciai l'inferno. Volevo dire prigione. Volevo dire scuola.

Sulla via di casa, pensavo a cosa avesse pensato Em quando avesse letto il mio tema. Sarebbe stata shockata, inquietata o disgustata? O l'avrebbe accettato, proprio come avrebbe detto che avrebbe fatto?

Dopo tutto, "L'omofobia è gay" non è un titolo che molte persone che conosco adorerebbero.. O almeno così pensavo.

Il giorno dopo lo avrei scoperto, suppongo.










Non sono brava a scrivere questo tipo di cose, damn.
Parto col ricordare che nulla di ciò che è scritto o verrà scritto nei porssimi capitoli è stato ideato da me, bensì è tutta opera di YoungMistress su Wattpad, io col suo permesso la sto solo traducendo, principalmente perchè
anche chi non è in grado di leggere una storia in inglese possa avere il piacere di leggere questa storia che personalmente adoro (mi son coricata alle cinque e mezza di mattina per finirla ok).
Nulla, fatemi sapere se devo continuare la traduzione e grazie se siete arrivati a leggere fino a qui *sends virtual hugs to everyone*

-Eve.

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Capitolo 2
*** 2. Lampi di colore. ***


2. Lampi di colore.




Sono solamente stanco. Molto, molto stanco. Quando è iniziato tutto ciò? Non ne sono sicuro. Tutti i miei pensieri sono scuri ed annebbiati. Ho difficoltà a mantenere traccia di qualsiasi cosa ultimamente. Mi ritrovo a dimenticarmi le cose tutto il tempo, come mangiare per esempio. L'ultima volta che ho mangiato è stato un paio di giorni fa, ed è stato solo grazie a KJ che me lo ha ricordato. Non mi importa più mangiare ormai. Non è così importante per me.

Non esco. Non suono la mia chitarra. Non esco neanche più dal letto. L'unica volta in cui mi muovo è per andare a scuola perché KJ mi obbliga. Ho perso ogni motivazione per qualsiasi cosa. Se potessi scegliere, starei così per l'eternità. O meglio ancora, forse potrei semplicemente cessare di esistere. Sì, sarebbe molto più facile che essere qui adesso.. Non dovrei neanche venir ucciso.

Sbuffai quando rilessi le mie parole. Patetiche. Se Shakespeare fosse vivo, probabilmente mi picchierebbe. Ma me lo meriterei, sono un pessimo scrittore. Quello che scrissi era una completa ed assoluta stronzata. Suonava proprio come se qualsiasi altra persona si stesse lamentando. "Oh, boo hoo. I miei genitori sono morti. Dovrei suicidarmi.". Roteai gli occhi. Sembravo davvero così?

"Probabilmente" mormorai a me stesso, ficcando il mio quadernino nero sotto al mio materasso. Quello che era solito essere il mio quaderno di scrittura stava diventando il mio diario. Sospirando, mi girai sulla mia schiena.

"Ragazzi, è ora di cena!" Urlò KJ dal piano di sotto. Con "ragazzi" intendeva i suoi figli. Non mangiavo con loro. Non gli piacevo, quindi rimanevo chiuso nella mia stanza giorno e notte, uscendo solo se assolutamente necessario.

Un paio di minuti dopo, proprio quando mi stavo per alzare e prendermi qualcosa, sentii bussare alla porta. Mormorai qualcosa che la persona prese come un invito ad entrare. La porta si spalancò ed entrò la mia tutrice, KJ.

"Vorresti qualcosa da mangiare?" mi chiese, esaminando la stanza con lo sguardo. Nulla era stato mosso dall'ultima volta che vi era stata. La cosa triste era che non ha messo piede nella mia stanza per una settimana.

"No." risposi distrattamente.

"Sei sicuro?"

"Sì."

"Frank..." mi guardò aggrottando la fronte "Sai, puoi sempre uscire con Jay e i suoi amici..."

Io. E Jay. Ha. Quel coglione di suo figlio era l'ultima persona alla quale volevo star vicino, quel fottuto traditore. Preferirei essere calpestato da un miliardo di bambini che stargli accanto di nuovo. Preferirei toccare un ragno, piuttosto che dirgli "ciao". E io odio davvero i ragni.

"Starò qui" risposi, sperando che se ne andasse. Non ero esattamente dell'umore adatto per socializzare. Lo ero molto raramente. Non trovo il motivo di mescolarmi con persone nelle quali non mi importa un cazzo. E' inutile e uno spreco di tempo.

"Sean potrebbe voler vederti?" suggerì. "Non ti vede da settimane."

"Sto bene qui." Insistei.

"Perfetto." disse, incerta, prima di chiudere la porta. Saltai giù dal letto e andai a chiudere la porta a chiave nel caso qualcuno volesse controllarmi. Ero sicuro al 110% che nessuno sarebbe entrato, ma ero paranoico.

Mi girai di schiena ed emisi un pesante sospiro. Volevo uscire, volevo fare qualcosa, ma c'erano un paio di cose che me lo impedivano. Uno: Non avevo nessuno che volesse unirsi a me in qualsiasi cosa decidessimo di fare. E due: richiederebbe uscire dal letto, qualcosa che non potevo fare. Anche solo sostenere una conversazione a casa portava via tutte le mie energie. Beh, "casa", per me non era la mia vera casa. Mi sentivo così fuori posto qui, persino dopo due anni.

Io e il figlio maggiore di KJ eravamo stati amici. Migliori amici in realtà. Finivamo l'uno le frasi dell'altro, sapevamo cosa stessimo pensando la maggior parte del tempo. La gente diceva che eravamo praticamente attaccato da un fianco e quasi inseparabili. Se vedevi uno dei due, l'altro era subito dietro. Comunque.. Un giorno stavo tornando a casa con Jay. Ci stavamo spintonando e ridendo, non notando il fumo attorno a noi. Pochi minuti dopo girammo l'angolo e la mia vista fu catturata dalla mia casa- o di quello che ne rimaneva. Ci bloccammo a bocca aperta e con gli occhi spalancati. La mia bellissima casa ridotta ad un cumulo di macerie. Quasi nulla era rimasto; non riuscivo a riconoscere quali erano le parti della casa e quali no.

Caddi in ginocchio, guardando con orrore la scena davanti a me. Tutto andava così veloce. Era come se il mio cervello fosse in sovraccarico. C'erano vigili del fuoco che provavano a spegnere le ultime fiamme, poliziotti che mettevano il nastro d'attenzione.. e un'ambulanza. I paramedici stavano caricando qualcuno nel retro della vettura, uno sguardo angosciato sui loro volti. Non avevo bisogno che qualcuno mi dicesse cosa stessero facendo o stesse succedendo, lo sapevo già

I miei genitori erano morti

Non li avrei rivisti mai più.

Bruciati vivi, assieme alla mia casa.

Mia mamma e mio papà.. andati, portati via dalle crudeli fiamme che divorarono la nostra casa.

"I miei genitori sono morti." dichiarai assente. Non credo che fossi in stato di shock al momento. Capivo tutto perfettamente. Ma non sentivo nulla. Tutto il mio corpo e la mia mente erano freddi ed intorpiditi. Gelati. Il respiro era bloccato in gola e non riuscivo a respirare. Qualcuno mi stava dicendo qualcosa, ma non riuscivo a sentire niente, ero troppo concentrato su quello che stavo guardando.

Volevo sapere perchè. Perchè a me? Cosa avevo fatto per meritare ciò? Avevo fatto arrabbiare la persona sbagliata e questa era la mia ricompensa?

"P-Perchè..." balbettai. Qualcuno mi chiese cosa avessi detto.

"Perchè." Ripetei fra me e me. La mia voce era tranquilla, non tremava.

"Cosa stai dic-"

"PERCHE'?" Urlai con tutta l'aria che avevo nei polmoni. "PERCHE'!?"

Ancora ed ancora. Urlai a ciò che rimaneva della mia casa. Gridai e strillai così forte che la gola iniziò subito a farmi male. Sapevo di star spaventando alcune persone e sapevo che Jay stava tentando di calmarmi, ma non mi interessava. Dovevo vedere- ne avevo bisogno.

Alla fine Jay mi ritirò in piedi e mi trascinò lontano da casa mia, zittendomi. Mi zittii, ma non me ne volevo andare. Volevo rimanere per vedere i danni. Volevo vedere tutte le cose insostituibili che non sarebbero mai state sostituite. Volevo vederle. Ne avevo bisogno affinchè tutto penetrasse.

Mi liberai dalla presa di Jay per voltarmi verso casa mia, proprio nel momento sbagliato. Due altri paramedici stavano portando qualcosa dai resti della mia casa. Sembrava stessero lottando con esso, soprattutto quando dovettero alzarlo per posarlo su una barella.

Strinsi gli occhi nella speranza di vedere meglio prima che un lenzuolo vi venisse steso sopra. Quando realizzai cosa fosse, avvertii i miei occhi ruotare all'indietro e svenni immediatamente.

Sulla barella, guardandomi direttamente, c'era mia madre morta. Il sangue ricopriva il suo corpo e i suoi occhi erano spalancati. Fu sorprendentemente facile dire che fosse lei, la maggior parte della sua faccia non era bruciata. Il resto della sua pelle era carbonizzato e annerito però, e quasi tutti i capelli erano bruciacchiati. La parte peggiore però, era che aveva solo metà del corpo. Sembrava che le gambe le fossero state amputate.

Jay pregò sua madre per farmi stare da loro dopo ciò che era successo, argomentò dicendo che non sarebbe stato strano se avessi vissuto con loro visto che già stavo a casa loro un sacco di tempo. Quindi, KJ mi prese con sè. Ho vissuto con loro da allora. Sono passati quasi due anni dall'incendio. Però è da circa un anno e mezzo che Jay mi ha abbandonato per i suoi nuovi amici, quindi sono costretto a vivere a casa sua, emarginato mentre lui era fuori a divertirsi. Ho cercato di non odiarlo per avermi abbandonato, ma delle volte era difficile. Come la volta in cui mi disse, nel giorno della festa della Mamma, che dovevo passare oltre alla morte dei miei perchè era stufo della mia depressione. O quando mi ha chiamato 'patetico orfano' davanti a tutta la scuola. Già, era in mometni come questi che la mia pazienza veniva messa a dura prova e volevo davvero accoltellare qualcuno.

"Coglionazzo." sputai. Diressi le me parole a Jay anche se non poteva sentrmi. "Ingoia una motosega."

Vidi qualcosa muoversi fuori dalla mia finestra, quindi guardai fuori. Lì, nel vialetto, c'era Jay coi suoi amici che giocava a basket. Li guardai male, esattamente come loro fecero con me, ma mi dovetti fermare quando mi cominciarono a prudere gli occhi. Li grattai, ma cominciai a sentirli strani. Li sentivo formicolare e vedevo sfocato. Li serrai per qualche secondo ma quando li riaprii le cose peggiorarono.

Flash.

Luminose luci bianche lampeggiarono come se avessero fatto una foto esattamente davanti a me. Poi del blu cominciò a colorare la mia vista. Sembrava che il colore si fosse infiltrato davanti a miei occhi per poi espandersi. Mi guardai attorno disperato, cercando un modo per fermare tutto ciò.

Flash.

Quel blu scuro occupava ora un quarto della mia vista, si scuriva di secondo in secondo. Comincia ad entrare nel panico. Cosa stava succedendo? Ero abbastanza sicuro che non fosse normale che del blu offuscasse la vista. Sfregai gli occhi finchè non cominciarono a lacrimare, ma non servì a nulla. Anzi, peggiorarono le cose.

Flash.

Un altro lampo. Questo mi lasciò cieco per un paio di secondi, ma poi solo metà della mia vista tornò. Il resto era oscurato da quello che ora era color zaffiro. Lentamente, avvertii il panico allontanarsi da me. Era come se qualcuno avesse preso lo stress e lo avesse strappato dal mio corpo. Rimasi con un senso di pace, non mi sentivo in quel modo da ormai molto tempo.. Le mie palpebre cominciarono a farmi pesanti mentre sbadigliavo.

Flash.

Questa volta neanche mi spaventai. La luce accecante venne subito rimpiazzata dal quel adorabile blu che mi faceva sentire così bene e a mio agio. le palpebre cominciarono ad abbassarsi non appena mi stesi sul letto, sbadigliando ulteriormente. Ero così stanco.. Avevo bisogno di dormire..

Flash.

Riuscivo a malapena a vedere qualcosa ormai. Ma ad esser sinceri, non mi importava per niente. Tutto quello che avevo in mente era la piacevole sensazione espansa in tutto il mio corpo. Non volevo finisse mai.

Flash.

La mia vista era andata, vedevo solo blu.

Flash.

"Sto per..." mormorai pigramente. "addormentarmi.."

Flash.

Era bello essere portati via se ci si sente sempre così beati. Niente più stress, niente più problemi, niente più nulla. Il blu mi stava aiutando...

Ci fu un ultimo flash finale prima che io venissi risucchiato via da quel colore blu.










Ehilà!
Grazie per le recensioni al capitolo precedente, mi han fatto davvero molto piacere. Un grazie va anche a coloro che hanno semplicemente letto senza esprimere un parere.
Nulla, spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento.
Ci "vediamo" tra un paio di giorni!

-Eve.

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Capitolo 3
*** 3. Proprio come me. ***


3. Proprio come me.




Mi fissavano tutti. Tutti quanti. Riuscivo a sentire i loro sguardi bruciare, scavando buchi attraverso la mia pelle. Tenni la testa abbassata anche quando entrai in classe. Sarebbe troppo forte la tentazione di scatenare il mio sguardo torvo su di loro.
Sì, me lo aspettavo che tutti si sarebbero voltati a guardami quando entrai in classe con trenta minuti di ritardo, coi vestiti zuppi che colavano acqua sul pavimento, senza una scarpa, i jeans strappati e il trucco spalmato in giro per la faccia. Dovevo sembrare parecchio incazzato perchè la professoressa non mi ha rivolto parola dopo avermi guardato. L'unica cosa che fece fu distogliere velocemente lo sguardo.
Dopo la mattinata che ebbi, essere in ritardo in classe non era nulla. Erano solo le 8:30 ed ero pronto ad andarmene. Oggi non era decisamente la mia giornata. Poggiai la testa sul banco, gli occhi serrati. Presi un paio di respiri profondi, cercando di calmarmi perchè non volevo assalire nessuno. Ci volle un momento per realizzare che qualcuno stava cercando di attirare la mia attenzione.
"Cosa?" sbottai, prima di bloccarmi. La mia professoressa stava stando di fronte a me, guardandomi preoccupata. O almeno, fingendo di esserlo. Ai professori non importa realmente dei loro alunni-  stanno con loro solo per i soldi.
Si morse il labbro. "Penso tu abbia bisogno di cambiarti i vestiti."
"Sarebbe utile, già." dissi sarcasticamente. Sapevo che non avrei dovuto rispondere ad una professoressa, me ne sarei pentito dopo, probabilmente quando sarei stato in punizione.
"Vai allora."
Borbottando fra me e me, mi alzai e lasciai l'aula. Lanciai uno sguardo pieno d'odio a quella stronza che aveva avuto il coraggio di ridermi dietro. Ridacchiai quando indietreggio nella sua sedia.
Lasciai l'aula, lasciando una scia d'acqua dietro di me, arrivando al mio armadietto, ancora furioso. Avevo voglia di tirar su un putiferio e di spaccare roba, ma finii semplicemente col dare un calcio al mio armadietto. Pensavo di avere vestiti di scorta lì dentro, se così non fosse stato, ero fregato.
Fortunatamente, trovai la mia sacca di ginnastica nel casino che era il mio armadietto. Era sotto tre libri di testo, la mia unica giacca e alcune dozzine di fogli che spuntavano fuori ogni volta che aprivo quella dannata cosa. La tirai fuori, riuscendo in qualche modo ad evitare una valanga di cancelleria, avviandomi poi verso gli spogliatoi. Non appena entrai in palestra, qualcuno mi gridò.
"Hey, piccolo perdente." disse con voce infantile.
Mi guardai alle spalle con nonchalance. "Potresti non farmi incazzare oggi? Sto finendo i posti dove nascondere i corpi." e dopo di ciò entrai negli spogliatoi per cambiarmi, lasciando senza dubbio l'idiota confuso. Solitamente non rispondevo a nessuno.
Quando entrai nello spogliatoio, mi guardai in giro per assicurarmi che non ci fosse nessun altro. Non ero timido nè nulla di simile, controllavo semplicemente perchè ho avuto esperienze di gente che mi ruba i vestiti mentre non guardo. Non vedendo nessuno, aprii la sacca, mormorando a bassa voce quanto questa giornata sia di merda.
"Dannazione." mi lamentai. Ovvio, per migliorare la giornata, i miei vestiti erano spariti. Non mi arrabbiai però, sospirai e mi sedetti sul pavimento, poggiandomi ad un muro guardando il soffitto. "Mi arrendo."
"Non dovresti mai arrenderti." qualcuno disse, spaventandomi. Mi guardai attorno, senza vedere nessuno.
"Perchè no?" protestai.
"Non sai mai cosa può succedere. Non vivrai mai. Rimarrai bloccato nello stesso miserabile stato per sempre se ti arrendi."
"Sei il nuovo ragazzo della mia classe di storia?" chiesi. Sembrava lui.
"Sei Frank Iero?" ribattè.
"Sì," risposi, notando che non aveva risposto alla mia domanda. "Perchè sei qui? Non dovresti essere in classe o qualcosa di simile?"
"Potrei chiederti la stessa cosa." ridacchiò il ragazzo misterioso. "Ma sì. Ginnastica non mi appassiona particolarmente, quindi ho pensato di stare qui tutta l'ora."
"Oh.. Beh, io stavo per cambiarmi questi vestiti bagnati, ma gli altri sono spariti quindi sono praticamente fottuto."
"Tragico" ironizzò.
Dei passi rimbombarono nell'intera stanza. Producevano un rumore secco e costante che diventava sempre più forte. Guardai alla mia sinistra per vedere il ragazzo camminare nella mia direzione, con un finto sguardo drammatico. Era vestito completamente di nero, cosa che non mi sorprese. Ero curioso però di sapere perchè indossasse un paio di pantaloni di un abito ed una cravatta.
"Oh, il tuo eyeliner si è rovinato. Che peccato. Ti stava bene."
"Emh, okay..." Cominciai a provare un po' di timidezza. Stava lì, sembrava stesse arrivando da un funerale mentre io indossavo degli stracci cuciti assieme. Abbassai la testa, cercando un modo per evadere da quel suo sguardo intenso e divertito.
"Comunque, perchè sei inzuppato?"
"Dei cretini mi hanno lanciato in piscina prima."
"E' terribile." Di nuovo, non sapevo dire se fosse sarcastico o meno.
"Perchè non vai a lavarti via il trucco dalla faccia?"
"Sì, buona idea.." saltai in piedi e andai verso il lavandino. Il ragazzo mi seguii, saltando su un bancone, dondolando le gambe giù da questo.
"Chi sei?" Chiesi mentre cominciavo a rimuovere il trucco dalla faccia.
"Sono simile a te, un'altra forma di vita in questo pianeta-"
"-non era quello che intendevo, intelligentone." ruotai gli occhi. "Come ti chiami?"
"Non lo so." fece spallucce.
"Cosa significa che non lo sai?" inarcai un sopracciglio.
"Sto scherzando, Frankie." mi lanciò un ghigno sornione, facendomi arrossire lievemente.
"Frankie?"
"Penso tu possa chiamarmi Gerard." rispose con un espressione pensierosa. "Magari qualcos'altro se ci..avvicineremo."
Gerard. Gerard. Allungai il suo nome nella mia testa, sottolineando la 'r'. Quel nome aveva un fascino antico, non molto comune... Unico, decisi. Proprio come lui.
"Cosa intendi?" chiesi cautamente, chiudendo il rubinetto e asciugandomi poi gli occhi. Avevo tolto la maggior parte del trucco dalla mia faccia. Non sembravo un procione, e questo mi bastava.
"Oh, sai.." agitò le mani in aria come se io dovessi capire in qualche modo cosa intendesse.
"Veramente, no. A meno che tu non mi stia per illuminare, sparisci dalla mia vista."
"Ooh, permaloso. Dimmi, ti sto dando sui nervi?" Gerard rise, la sua voce si faceva sempre più acuta mentre lo faceva. Mi sarei unito, se non fossi stato così furioso.
"Sì. Non puoi, non so, andare a fanculo?"
"No grazie. Penso che starò qui."
"Come vuoi." sospirai.
"Grigio.." tamburellò le dita sul suo mento inclinando la testa di lato. "Oh, lo so!"
"Sai cosa?"
"Ho degli abiti in più che puoi indossare. Lascia che te li vada a prendere."
"Okay?"
Guardai il ragazzo -Gerard- mentre scendeva dal bancone e correva fuori dallo spogliatoio. Tornò neanche un minuto dopo, portando quelli che dovevano essere i suoi vestiti.
"Ecco." me li lanciò. Li afferrai e li controllai. Un semplice paio di jeans ed una maglietta. Sembrava mi stessero.
"Grazie..." mormorai, rimanendo in piedi goffamente.
"Nessun problema." mi guardò raggiante. Vedendomi rimanere fermo lì inclinò la testa confuso. "Non indosserai i jeans blu?"
Blu, pensai seccamente. Ne avevo abbastanza del colore blu. quando mi svegliai questa mattina mi convinsi di essermi immaginato tutto quel casino con le visioni blu. Non era possibile che avessi perso la vista temporaneamente. Ero solo stanco, tutto qui.
"Emh, ti dispiace?"
"No, non mi dispiace. Puoi vestirti davanti a me."
"Non era quello che intendevo..." riuscivo a sentirmi arrossire.
"E cosa int-oh." sogghignò improvvisamente. "Capisco cosa intendi."
"E' semplicemente che-" dissi di fretta, ma Gerard mi bloccò.
"Frankie," mormorò mentre cominciò a camminare verso di me. Beh, camminare non era il termine corretto, era più un avanzata sofisticata. Sembrava malizioso e sicuro di sè stesso, ed il suo ghigno di certo non aiutava.
"Cosa stai..?" non finii la frase. Gerard era letteralmente ad un passo da me. Lo fissai con gli occhi spalancati, indietreggiando di poco. Non sapevo perchè, ma mi sentivo spaventato e decisamente intimidito.
"Non dovresti essere così imbarazzato a mostrare il tuo corpo." sussurrò, guardando in basso. Guardai come le sue iridi nocciola salirono, finalmente arrivando alla mia faccia. Il suo sorriso si allargò quando mi vide arrossire. Mi stava controllando?
"Niente di cui vergognarsi, davvero." disse direttamente al mio orecchio, mandando brividi lungo la mia colonna vertebrale. Cercai di indietreggiare, ma lui mi seguì. Finii col trovarmi spalle al muro e cominciai ad entrare nel panico.
Sto per essere ucciso... Sto per essere violentato.. Sto per venire ucciso e violentato...
"Lascia che guardi qualcosa." Gerard mi prese una mano e socchiude gli occhi. La esaminò a lungo, cogliendone ogni dettaglio. Non so per quanto tempo rimanemmo così, ero troppo occupato a
fissarlo per mantenere traccia del tempo che passava.
"Dovresti vestirti in fretta." disse finalmente Gerard. "
Magari mi sbagliavo, ma sembrava avesse sbuffato prima di tornare a guardarmi. Sembrava divertito, come sempre. Non riuscivo però a dirgli nulla. Rimasi lì come un idiota mentre probabilmente lui stava pensando a quanto stupido sembravo.
"Dovresti vestirti in fretta" disse finalmente Gerard. "La campanella sta per suonare."
"I-io..tu, emh..." inciampai nel pronunciare le parole. Non riuscivo a pensare lucidamente con lui davanti alla mia faccia. Era come se qualcuno avesse fatto svanire tutti i pensieri dalla mia mente. Poof. Andati.
"Ci vediamo dopo Frank." ridacchiò, allontanandosi finalmente da me per poi uscire dallo spogliatoio.
Neanche cinque secondi dopo la campanella suonò.
Cosa.
Diavolo?

***

Mi sedetti nella mia classe di storia, mantenendo gli occhi su Gerard. Volevo sapere perchè stava facendo il pervertito con me prima, ma mi evitò tutto il giorno. Aspettai per la perfetta opportunità per alzarmi e chiederglielo, ma questa non arrivò. Alla fine dell'ora, quella strega della professoressa lo fece alzare e presentare davanti alla classe.
"Ciao." Gerard sorride come se sapesse qualcosa che noi non sapevamo. Come un bambino a cui è stato appena detto un segreto ma è stato avvertito di non dirlo. "Il mio nome è Gerard." Gettò  un'occhiata nella mia direzione, allargando il sorriso quando mi vide. Continuò a parlare, ma senza smettere di fissarmi.
"Mi piace disegnare e dipingere, più disegnare però. Sono cresciuto in una casa famiglia, non ho mai conosciuto i miei veri genitori. E.. mi piace il caffè." Torno a sedersi, sembrando completamente normale.
Tutti quanti in classe guardarono me e Gerard, chi girandosi all'indietro, chi semplicemente guardando avanti. Tenevano le mani davanti alla bocca, bisbigliando cose fra di loro. Volevo alzarli e prenderli tutti a sberle. Nessuno gli ha mai detto che indicare -qualcuno che è a meno di un paio di passi da te- è maleducazione?
"E' proprio come Frank!" sentii qualcuno sussurrare, così forte che praticamente stava parlando. "Sono entrambi orfani!"
Proprio come me..
Mi ritrovai a fissare Gerard. Ero sicuro che anche lui avesse notato gli odiosi sguardi attorno a noi, ma li ignorò. Feci del mio meglio per copiarlo, ma era difficile. Trovavo difficile fissare la lavagna quando dei ragazzini popolari non cercavano neanche di nascondere il fatto che stessero parlando di me. Mi davano sui nervi. Non perchè si stavano prendendo gioco di me, ma perchè qualcuno di loro era dispiaciuto per me. Non volevo la loro compassione.
L'ora fu pesante, ma finì. Gerard scattò fuori dalla classe, probabilmente cercando di ignorarmi.
Sospirai, scuotendo la testa.
"Non puoi correre per sempre." mormorai.
"Smettila di parlare da solo ed esci dalla mia classe." sputò la professoressa di storia.











Salve a tutti! Ci ho messo meno del previsto a tradurre questo capitolo, principalmente perchè non riuscivo a staccarmi dalla storia, la adoro a livelli inimmaginabili.
Okay non prendetemi per una spostata giuro sono sana (quanto basta).
Ringrazio le persone che hanno letto la storia, l'hanno messa nei preferiti o tra i seguiti ed anche chi ha speso parte del suo tempo per recensire, ho apprezzato davvero tanto!
Ci vediamo al prossimo capitolo!

-Eve.

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Capitolo 4
*** 4. Difendi ciò in cui credi. ***


4. Difendi ciò in cui credi.





Quando tornai a casa, andai diritto in camera mia. Non appena misi il piede sul primo gradino, però, una mano mi prese il polso e mi fece girare.

"Cosa..-" Cominciai a gridare, ma mi fermai quando vidi chi stava dietro di me. Era alto, coi capelli biondi a spazzola, la faccia ricoperta di acne e il suo solito abbigliamento da coglione: una maglia con scritto 'swag', dei pantaloni di tuta ed un paio di scarpe da tennis che erano popolari sono perchè erano di marca.

"Iero." sputò.

"Jay." trattenni un'altra risposta.

"Farai meglio a non far cazzate stasera." mi avvertì, avvicinandosi a me.

"Non so di cosa tu stia parlando." strappai il mio braccio dalla sua presa. Ovviamente, sapevo a cosa si stesse riferendo, ma non lo avrei mai ammesso.

KJ aveva una di quelle cene d'affari stasera. Una di quelle importanti col capo ed il presidente della società. Tutta la famiglia era stata invitata, me incluso. Normalmente, sarei stato a casa, considerando che non facevo parte della famiglia per loro, ma un assistente sociale disse a KJ che io non sarei rimasto a casa perchè mi sarei sentito come se non fossi parte della famiglia, quindi avrei dovuto partecipare.

Non avevo bisogno di un assistente sociale che lo dicesse. Mi sentivo già così, ogni giorno.

"Controllati. Hai ancora due anni da passare qui."

"Ne parli come se fosse una sentenza di prigionia."

"Lo è finchè stai in casa mia." accennò una risata amara, sputacchiandomi. Pulii disgustato la mia faccia dai suoi sputacchi, cercando in ogni modo di stare calmo. Sapevo che ruolo avevo in questa casa, sapevo che non era il mio posto. Non avevo alcun diritto di disprezzare nessuno, anche se erano i più grandi bastardi del mondo. Potevo essere buttati fuori di casa senza problemi e spedito in affidamento.

"Devi solo controllarti e non ti ucciderò." Jay mi spinse ed io caddi all'indietro sulle scale. Uno degli scalini sbattè esattamente contro la mia schiena, facendomi sussultare e lasciandomi per un attimo senza fiato. Il dolore partiva dalla colonna vertebrale e da lì si espandeva. Si sarebbe formato un livido, lo sapevo.

"Bene." mormorai guardando in basso. Non avevo scelta, dovevo ascoltarlo. Se mandavo all'aria la cena, KJ avrebbe perso il lavoro. E voleva anche dire che non avrebbe comprato la macchina a Jay per il suo compleanno, motivo principale per cui mi aveva detto di comportarmi al meglio.

"Jay? Frank?" chiamò KJ dalla cucina. Jay lasciò in fretta la stanza, e io mi mossi per alzarmi, ma non riuscii prima del suo arrivo.

"Frank, che è successo?" mi chiese, avvicinandosi. Voleva controllare che non mi fossi fatto male, ma con un gesto della mano la allontanai.

"Sto bene, sono solo caduto." la rassicurai, aggrappandomi al corrimano per sollevarmi. Tolsi lo sporco dai pantaloni e mi voltai per andare in camera, ma lei mi fermò con una domanda.

"Erano questi i vestivi che indossavi stamattina?"

"Uh..." mi guardai. Avevo ancora i jeans e la maglia che Gerard mi aveva prestato. "No..."

"Almeno sono tuoi?"

"Emh, non esattamente-"

"-hai rubato i vestiti di qualcuno?" domandò, guardandomi confusa.

"No, umh, ho strappato i miei pantaloni quindi questo ragazzo, uh...mi ha dato questi." balbettai, sentendomi in imbarazzo solo a ricordare cosa successe. Non sapevo se Gerard fosse strano o solo perverso. Non ne avevo idea.

"Oh. Beh," si fermò, insicura su cosa dire dopo. "Dovresti andare a vestirti per cena in fretta, Assicurati di essere presentabile, se la cena va bene potrei ottenere una promozione!"

"Davvero?"

"Sì," sorrise. "Sto cercando di ottenere questo lavoro da due anni, questa sera avrò la mia possibilità. Se tutto va bene e piaccio al presidente potrei anche ottenere un aumento."

"Spero tu piaccia a chiunque lui sia. Te lo meriti." dissi, non perchè lo pensavo realmente, ma perchè volevo andarmene.

"Grazie Frank. Ora, vai a vestirti. I vecchi vestiti di Jay dovrebbero andarti bene quindi prendi qualcosa di carino dal suo armadio, ok? Devi essere pronto per le 5:30."

"Okay." annuii, lamentandomi mentalmente. Non volevo mettere piede nella camera di Jay. Mi sentivo che neanche lui mi voleva lì. Ma lo dovevo a KJ. Mi aveva lasciato vivere in casa sua, a gratis. Dovevo ripagarla in qualche modo. Andare in camera di suo figlio non avrebbe ucciso, cosa che però non mi sarebbe dispiaciuta.

 

***

 

Le cinque e mezza arrivarono e passarono, ed eravamo ancora a casa. Jay aveva dovuto rispondere ad un'"importante" chiamata dalla sua ragazza, quindi stavamo facendo tardi. KJ, Sean ed io eravamo seduto al tavolo ad aspettarlo. Mentre aspettavo, trovai un pennarello nero. lo presi e lo stappai, pensando a cosa scarabocchiare.

Decisi di disegnarmi sulla mano. Era una vecchia abitudine che non son mai riuscito ad eliminare. Ogni volta che avevo pennarelli, mi scarabocchiavo sulle mani o sulle braccia. Non so perchè, e neanche mi importava.

Cominciai a disegnare una ragnatela, anche se odiavo i ragni. Ma se dobbiamo fare comunque le cose che ci spaventano, che senso ha averne paura?

"-cosa? Oh, sì," Sentii Jay dire al telefono. "lui viene con noi."

La stretta sul mio pennarello si fece più salda, ma non dimostravo altri segni di star ascoltando ciò che diceva. Era quello che voleva, una mia reazione, un mio attacco. Era per questo che continuava a minacciarmi. Voleva che esplodessi e cercassi di ucciderlo o qualcosa di simile. Se lo avessi fatto, non mi sarebbe più stato permesso di vivere con loro. Il fatto che mi sarei ritrovato in orfanotrofio o per strada era l'unica cosa che mi tratteneva dal prenderlo a calci in culo.

"Lo so, ma deve. Praticamente, il suo assistente sociale non vuole che lo lasciamo qui," rise. "Lo so, patetico, vero?"

Strinsi i denti per evitare di dire qualsiasi cosa. Presi dei respiri profondi dal naso. Stringevo così forte il pennarello da farlo tremare. Continuavo a ripetermi nella mente "Non ne vale la pena... non ne vale la pena..."

"Lo so! Non ha i genitori quindi deve scroccare i miei. E' un cazzo di parassita."

Guardai KJ. So che lo aveva sentito. Lo sapevo. Ma mi guardò semplicemente con dispiacere. Potevo vedere la compassione nuotare nei suoi occhi. Non avrebbe rimproverato Jay. Non gli avrebbe detto di smetterla. Me lo avrebbe fatto sopportare...

Sei migliore di lui Frank... non fare nulla di stupido...

"Sai, a volte mi dispiace per lui-"

"Ecco, cazzo!" urlai alzandomi di scatto dalla sedia. Feci saltare tutti nella stanza. La rabbia ribolliva in me. Scorreva nelle mie vene, rossa ed incandescente. Non riuscivo più a controllarla. Ero stufo. Fottutamente stufo. Ero stufo di fare il bravo, di fingere che mi importasse un cazzo di qualcosa. Non mi prendevo più in giro. Non me ne fregava più di nessuno, neanche di me. Mi odiavo.

E poi, tutto all'improvviso.. la rabbia svanì. Come se fosse semplicemente evaporata. Per un paio di secondi mi sentii privo di emozioni, quasi morto. Ma fu sono per un paio di secondi.

Un dolore acuto mi colpì dritto al petto. Boccheggiai e guardai in basso, ma niente mi aveva colpito. Mi aveva afferrato il cuore e continuava a peggiorare. Mi guardai attorno, principalmente per guardare se Jay mi avesse tirato qualcosa, ma non vidi nulla di strano, se non le espressioni di KJ, Sean e Jay. Mi ci volle un minuto per realizzare che nulla mi aveva toccato. Nulla di fisico, almeno.

Un altra fotte fitta distruttiva mi colpì di nuovo. Urlai, faceva davvero male, cazzo. Era di sicuro il dolore peggiore che avessi mai provato. Era come se Wolverine mi avesse strappato violentemente il cuore dal petto e nello stesso tempo un fulmine lo avesse colpito. Collassai sul pavimento senza alcun preavviso, cominciando a piangere come una cascata. Come una fontana rotta, non riuscivo a fermarmi.

Tutto quello che riuscivo a provare era un senso di tragedia straziante. No- tragedia trascendentale. Ancora peggio di una tragedia. Era.. una tortura.

Quasi soffocai nei miei stessi singhiozzi, disteso tremante sul pavimento. KJ stava urlando qualcosa, non so cosa, non riuscivo a sentirla. Riuscivo solo a vedere la sua bocca che si muoveva. Si agitava in giro, probabilmente chiedendo ai suoi figli di fare qualcosa. Ecco, lei è il tipo di persona che entra nel panico in brutte situazioni.

"Fatelo smettere!" dissi a fatica, stringendomi il petto. Stava diventando insopportabile. Piansi ancora più forte, le lacrime calde mi rigavano le guance e cadevano sul pavimento. Questo era un tipo completamente nuovo di tristezza. Non sentivo solamente il cuore spezzato per chissà quale ragione, ma anche inutile e patetico. Disperazione, solitudine, miseria...presero possesso di ogni fibra, ogni molecola del mio corpo.

Emisi un altro strillo mentre una convulsione scosse il mio corpo. Non ce la facevo più. Continuando ad perdere e riacquistare conoscenza. Puntini neri danzarono davanti ai miei occhi. Non vedevo più niente, era tutto scuro.

Poi, qualcosa di familiare avvenne. Qualcosa per cui avemo impegato ore al fine di convincermi che non fosse vero, che non fosse mai successo, che fosse tutto nella mia mente.

Un lampo. Vidi un lampo.

Successe come l'altra volta, un accecante colore bianco mi lasciò cieco per un paio di secondi. E poi, proprio come mi aspettavo, del blu colorò la mia vista quando fui di nuovo capace di vedere. Lentamente, il dolore si ne andò dal mio petto. Fu come se qualcuno lo avesse letteralmente portato via. Però, mi ci vollero un paio di momenti prima che se ne andasse completamente, lasciando un colore blu zaffiro davanti ai miei occhi. Questa volta però non mi rimase una bella sensazione, non sentivo nulla.

"Frank! Frank, cosa non va?" Sentii KJ urlare.

"Nulla." risposi distante. Smisi di tremare, di piangere e mi sedetti. Non riuscivo a vedere nulla, ma mi alzai e spolverai i miei vestiti. Le gambe erano un po' molli e mi sentivo confuso.

"S-sei sicuro? Sei appena.. appena.."

"Giuro, KJ, sto bene," dissi senza alcuna espressione facciale verso la direzione da cui proveniva la sua voce. "dobbiamo andare. Arriverai in ritardo alla tua cena, ricordi?"

"Oh, sì.." disse come se si fosse ricordata di quanto fosse importante solo ora. "Hai ragione. Tu dovresti stare qui però, non sembri stare bene."

"Sto bene, KJ."

"Sicuro? Puoi stare qui se non ti senti bene." suggerì. Sembrava davvero volesse che io stessi a casa.

"Sto bene." enfatizzai. "B-E-N-E, bene."

"Okay.." disse calmandosi. "Andiamo allora. Tutti, forza. In macchina. Siamo in ritardo.

Camminai verso da direzione dove credevo ci fosse la porta, ma mi sbagliavo del tutto e finii con lo sbattere contro un muro. Sentii Jay ridacchiare, così lo guardai male voltandomi verso di lui.

"Amico," disse, cambiando il tono di voce da assillante a sotto shock. "cosa non va ai tuoi occhi?"

"Cosa?" chiesi, realizzando solo poi cosa stesse succedendo. I miei occhi- forse non era tutto nella mia testa? Forse davvero i miei occhi erano diventati blu? "Niente!" serrai gli occhi e lo sorpassai. Questa volta, riuscendo a passare la porta senza sbattere al muro. In qualche modo, riuscii ad arrivare alla macchina senza ammazzarmi.

Nel tempo che impiegai ad uscir dal vialetto, il blu se ne andò.

 

***

 

Rimasi a bocca aperta vedendo il ristorante. Era di sicuro il posto più caro ed elegante nel quale fossi mai stato. Mi sentivo fuori luogo solo a guardarlo da fuori, figuriamoci a starci dentro. Sembrava un cazzo di palazzo, non un piccolo ristorante per ricchi.

"Per favore, non mi mandate tutto all'aria." sussurrò KJ mentre ci avvicinavamo al tavolo al quale due anziani signori erano seduti.

"Già Frank, non rovinare tutto." Jay fece da eco a sua madre. Alzai semplicemente gli occhi. Pensavano che non fossi capace di comportarmi bene in pubblico o cosa?

"Certo." mormorai in modo che nessuno i sentisse. Arrivammo al tavolo e i due uomini alzarono lo sguardo.

Katrina!" esclamarono assieme. Ero sorpreso, nessuno chiamava mai KJ col suo vero nome.

"E' un piacere finalmente conoscerla," disse l'uomo sulla sinistra. Era il presidente della compagnia, supposi. Non sapevo molto di lui, solo che il suo cognome era difficile da pronunciare. "Ho sentito belle cose su di lei, Katrina."

"La ringrazio, Signor Giacalone," lo ringraziò KJ -o Katrina- . "E salve, Signor Vegas." si voltò verso il capo e sorrise.

"'Sera, KJ. E' bello vederti di nuovo fuori dall'ufficio." salutò il Signor Vegas. "Prego, sedetevi.

Decisi di sedermi di fianco a Sean, sapendo che non parla molto avrei evitato la conversazione con gli anziani. Mi stavo per sedere, quando Jay mi rubò la sedia, costringendomi a sedermi vicino a KJ e al presidente.

"Prego, mi presenti i suoi figli." disse il Signor Giacalone.

"Questo è il mio figlio maggiore, Jay, e quello laggiù è il minore, Sean."

"Salve!" dissero Jay e Sean in contemporanea, proprio come avevano provato in macchina.

"E questo qui?" chiese, guardandomi.

"E' Frank. Tecnicamente non è mio figlio, ma lo vedo come tale. Ha vissuto con noi da quando i suoi genitori morirono, tre anni fa."

"E' terribile." si accigliò. "Dev'essere stato davvero difficile per te."

Uno, pensai, sono due anni, non tre. E due- non mi vedi come tuo figlio. Non mentire cazzo. Davvero, cosa stava facendo?

"Lo è, a volte." ammisi, guardandomi le gambe. Mi senti a disagio tutto ad un tratto. Non volevo stare lì, tutti mi fissavano, lo odiavo.

"E' così generoso da parte sua Katrina," disse il Signor Giacalone. "Ha davvero un gran cuore."

"La ringrazio, Signore."

"Spero non vi dispiaccia se abbiamo ordinato per voi. La cameriera è arrivata quindi abbiamo pensato di prendere qualcosa per tutti voi."

"Va benissimo! Mi dispiace tanto per il ritardo, comunque. Il traffico è stato terribile."

"Sì, traffico." rise Jay sotto i baffi. Gli diedi un calcio da sotto al tavolo.

"Owh!" saltò il Signor Giacalone, guardandomi. "Ti dev'essere partita la gamba, ragazzo."

"Mi-mi dispiace tanto Signore." balbettai immediatamente, ad occhi spalancati. "Le giuro, non volevo farlo." Lanciai un occhiata a Jay, il quale continuava a ridacchiare.

"Mi spiace, Frank ha dei tick ogni tanto..." si scusò KJ.

La guardai confuso. Un tick, davvero?

"E' tutto a posto Katrina," rise. "quindi, Frank, pratichi qualche sport?"

"Io sì!" intervenne Jay. Sospirai, questa sera sarebbe andata come le altre.

"Davvero?" Chiese curioso l'uomo.

"Sì, pratico tutto ciò che la scuola ha da offrire!"

"Ma è fantastico! Tuo fratello o Frank praticano qualcosa?

"Sean non è ancora a scuola, quindi no. Frank neanche. Lui non esce quasi neanche di casa, proprio per niente.

"Perchè mai no? Quando avevo la tua età," Oh mio dio no, non le stronzate del 'quando avevo la tua età' "adoravo stare all'aperto!"

"Non mi interessano molto gli sport Signore. Preferisco la musica e la scrittura."

"Musica! Io ero eccellente col violino tempo fa! Cosa suoni?"

"Chitarra, basso, batteria, e canto, risposi. "Mio padre amava la musica e mi ha insegnato tutto quello che sapeva prima di morire."

L'uomo sembrò shockato. "Quelli non sono veri strumenti! Devi imparare a suonare il violino, ragazzo. E' da lì che viene la musica."

"Umh.. no grazie?" non volevo esagerare dicendo 'No vecchio. Io suonerò quello che cazzo voglio."

"Come puoi dire ciò?!"

"So suonare il pianoforte." cambiai l'argomento così da poter mantenere la pace. KJ sembrava se la stesse per fare addosso.

"Ecco che ci siamo! Questa è la vera musica." sorride, facendo così corrugare ulteriormente la sua pelle ormai datata. "Quindi, scrivi?"

"Sì, Signore." annuii.

"Di cosa?"

"Tutto e tutti."

"Scommetto che vai veramente bene a scuola. Io sì, quando avevo la tua età."

"Veramente è insufficiente in quasi tutte le materie," disse Jay prima che potessi rispondere. "Sta andando particolarmente male in storia."

"Non ti impegni?" chiese il Signor Giacalone, inarcando un sopracciglio. Dio, era la serata interroghiamo-a-morte-Frank o cosa? Perchè non interrogava il ragazzo d'oro invece che me?

"No." rispose Jay per me.

Prima che Jay potesse dire qualcos'altro riguardo ai miei mancati compiti di storia, un uomo con un vassoio da cibo arrivò al tavolo. Poggiò sul tavolo le bevande e rapidamente se ne andò. Presi un sorso di quello che avevo davanti a me, cercando poi di non sputare ovunque. Quella bevanda sapeva di grasso e liquame. A tutti gli altri però sembrava piacere, cosa che mi lasciò perplesso.

"Come sono i tuoi voti, Jay?" domandò il Signor Giacalone.

"Tutte A, Signore."

"Buon per te! Devi esserne molto fiera, Katrina."

"Sono fiera di entrambi i miei figli."

Oh, figo. Io allora sarò del fegato tritato...

L'intera conversazione andò avanti così. Il Signor Giacalone faceva domande, Jay si impicciava e diceva che ero terribile, il Signor Giacalone chiedeva perchè e Jay rispondeva dicendo quanto lui invece fosse perfetto, così a ripetizione. Non dissi nulla. Rimanevo seduto lì, cercando di non mugugnare qualcosa sottovoce. Nel frattempo, del vero cibo cominciò ad avvicinarsi a noi. Entrambi i capi di KJ continuavano a congratularsi per quanto fossero spettacolari i suoi figli. Volevo vomitare.

Guardai disgustato il piatto di aragosta -era davvero una cazzo di aragosta, il Signor Giacalone cercava di mostrarci quanto fosse ricco- che venne poggiato davanti a me ed agli altri. Cercai di dire qualcosa al cameriere, magari di portarmi qualcosa di diverso, ma non ne ebbi l'opportunità. Se ne andò prima che riuscissi anche solo ad iniziare la frase.

"Scaviamo tutti!" esultò il Signor Vegas. "Ci trattano bene qui dal vecchio Walter! esultò nuovamente, affondando la faccia nella coda dell'aragosta. Mi stavo sentendo male a guardare tutti mangiarla. Volevo semplicemente star seduto lì senza mangiare niente per poi andarmene, ma qualcuno se ne sarebbe accorto. Non sarebbe normale andarsene in quel modo, dopo tutto.

"Perchè non stai mangiando figliolo?" mi rimproverò il Signor Giacalone. "Non hai fame?"

"Figliolo?" chiesi. Seriamente?

"Probabilmente non ha fame." intervenne KJ. "In realtà non mangia molto-"

"-mo, veramente fame ne ho." la interruppi. Ero stufo delle sue bugie.

"Perchè non mangi allora? L'ho pagata un sacco."

"Ha un po' di mal di stomaco-" cominciò KJ, ma la interruppi.

"Non ho problemi di stomaco. Sono vegetariano. Non mangio carne."

"Non mangi-? Andiamo, non è male!" il Signor Giacalone rimase senza fiato.

"Mi rifiuto di mangiare carne. E' uccidere animali, ed è sbagliato. Mi dispiace, ma non può obbligarmi a mangiarla."

"Come assumi proteine?!"

"Probabilmente è per quello che è così basso." rise Jay.

"Chiudi quella cazzo di bocca." gli ringhiai. Ero stufo di farmi sminuire da lui. Ne avevo avuto abbastanza per quella sera.

"E hai problemi di linguaggio!" disse incredulo il Signor Giacalone. "Che tipo di ragazzo hanno cresciuto i tuoi veri genitori?"

"Hanno cresciuto un ragazzo perfetto, la ringrazio." lo fissai. Ero stufo di fingere di esser carino; insulta i miei genitori e non mi importa chi tu sia, mi sentirai.

"Ovviamente no se usi un linguaggio così volgare! KJ, come gli permetti di parlare così?"

"Le assicuro che non ne avevo idea!" Kj finse di essere shockata, proprio come Jay.

"Ma cosa diavolo? Lo sai che dico parolacce! Me lo lasci fare. Perchè tutto ad un tratto ti comporti come se ti importasse?"

Il Signor Giacalone ed il Signor Vegas si voltarono guardandola con un espressione da davvero-ma-che-cazzo. Lei si bloccò per qualche secondo, ma si riprese subito.

"Sta mentendo. Non gli lascerei mai fare una cosa simile. Frank, scusati per il tuo linguaggio."

"Cosa?!" chiesi, non credendo a quello che aveva appena detto.

"Mi hai sentita."

"Io non mi-"

"Adesso, Frank." chiese lei. La fissai per un minuto, prima di cedere.

"Chiedo scusa." dissi cercando di usare meno veleno possibile nel tono di voce.

"Scuse accettate." disse il Signor Giacalone con un tono severo. "Ora, torniamo al pasto. Frank, tu puoi bere il the se non hai fame."

"Le ho detto-" cominciai, ma non finii. Lo sguardo che Kj mi lanciò mi trattenne dal dire qualsiasi cosa sull'omicidio di una pietanza. "Sto bene così, la ringrazio. Starò qui seduto."

"Non ti piace il the?" mi chiese il Signor Vegas.

"No, a quanto pare."

"Posso chiamare la cameriera per farti portare altro. Cosa vorresti?"

"Limonata rosa" risposi automaticamente. Era la bevanda migliore mai esistita.

"Limonata rosa? E' solo per donne e froci, ragazzo." rise il Signor Giacalone.

"Allora farebbe meglio a prendermi tutta la brocca." dissi con un ghigno sfacciato, lasciando tutti quanti senza parole. Non so perchè, ma un senso di soddisfazione mi travolse. Come se mi fossi tolto un peso dalle spalle.

"E'-è disgustoso." sbottarono entrambi i capi di KJ.

"L'amore è amore." scrollai le spalle con aria di indifferenza.

"Quindi se uno dichiara amore ad un cavallo o ad un oggetto inanimato va bene perchè l'amore è amore, giusto?!" urlò il Signor Vegas, attirando l'attenzione di tutta la stanza.

"L'amore. E'. Amore." ripetei. "Se mi piace un ragazzo non sono una persona terribile."

"Non terribile-? Sì che lo sei!" il Signor Giacalone allontanò la sua sedia dalla mia.

"Non puoi dare la caccia ai gay." Alzai gli occhi al cielo. Idiota.

"Katrina, ti prego dimmi che sta scherzando!"

"Non lo sto facendo." risposi per lei. Non mi servivano le sue menzogne.

"Questa è la cosa più schifosa che io abbia mai sentito" dichiarò il boss di KJ.

"Quel the è la cosa più schifosa che io abbia mai bevuto."

"Come permetti ad una persona così di stare in casa tua?

"Non avevo idea che fosse.. in quel modo." disse KJ sentendosi a disagio. Mi guardò, ma non negli occhi.

"Bisogna che impari la lezione prima che vada all'inferno."

"Sa, gli omofobi mi danno veramente sui nervi. E' davvero così difficile accettare le persone per quello che sono?

"Non siete considerate 'persone'."

"Non potrei essere più d'accordo." lo assecondò il Signor Vegas.

"Non potrei essere meno d'accordo." dissi allegramente.

"Frank, smettila." disse Kj, sembrava disperata.

"No. Non prenderò più merda da nessuno stasera. Ne ho abbastanza. Quindi, voi due potreste gentilmente fottervi?"

"C-come ti permetti?"

"Come ti permetti tu, faccia da cazzo."

"Probabilmente è quello che vuoi tu, no?"

Che diavolo, pensai. Non ho nulla da perdere. Tirai il mio drink addosso ad entrambi i coglioni, ridendo a crepapelle tutto il tempo. Mi farfugliarono qualcosa, ma mi fecero solo ridere di più.

"Puoi salutare la tua promozione." urlò il Signor Giacalone, alzandosi improvvisamente. Smisi di ridere.

"Puoi anche considerarti licenziata." strillò il Signor Vegas.

E dopo ciò, se ne andarono. Senza pagare.

"KJ, io-" cominciai a scusarmi. Un'onda di colpevolezza mi colpì come una tempesta. L'avevo appena fatta licenziare.

"No."

"Ma-"

"Stai zitto. Stai zitto, cazzo, Frank." Sospirò, prendendosi la testa fra le mani.

"Ti ucciderò" mi minacciò Jay. Sapevo che era serio.

Beh, fanculo alla mia vita.










Ebbene sì, ce l'ho fatta, non ci credevo neanche io, ho i tendini delle mani che chiedono pietà in russo(?).
Ma ne è valsa la pena, il nostro Frankie ha deciso di ribellarsi! Lo so, in questo capitolo Gerard non appare manco per sbaglio, dovrete aspettare il prossimo, mi spiace..
Grazie di nuovo per le recensioni e anche a chi semplicemente legge, vi voglio bene, davvero.
Nulla, ci si sente al prossimo capitolo.
xx

-Eve.

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