The Mirror of Soul

di _Lollipop_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One: ***
Capitolo 2: *** Chapter Two ***
Capitolo 3: *** Chapter 3: Oh yes, It's a Problem ***
Capitolo 4: *** Chapter Four: Inside the Elevator ***
Capitolo 5: *** Chapter five: What's happen? ***
Capitolo 6: *** Chapter six: Ready for shopping! ***
Capitolo 7: *** Chapter seven: Happy birthday! ***
Capitolo 8: *** Capitolo eight: Kleine Prinzessin ***
Capitolo 9: *** Chapter nine: Amici mai ***
Capitolo 10: *** Chapter Ten: Revelations! ***



Capitolo 1
*** Chapter One: ***


  

Ciao a tutte! Sono tornata con il sequel di "Io sono Tom! Io sono Bill!" e spero vivamente che vi piaccia! Mi piacerebbe ritrovare le vecchie lettrici e magari anche qualcuna di nuova *-*! Fatemi sapere se il primo capitolo vi piace, ci tengo molto. Un grande bacio e ancora grazie mille! :)

The mirror of soul

Chapter one:

 

L'orologio segnava le undici nello studio di registrazione di Amburgo.

-No! No! No! Ragazzi non ci siamo!- aveva esclamato David Jost nel microfono della sala prove. I quattro ragazzi si erano passati, rassegnati, una mano sul viso. -Fate una pausa! Prendete un caffè, fumate una sigaretta, quello che vi pare! Ma vi rivoglio qui, tra dieci minuti, freschi e pronti per le prove!- aveva dato una pacca sulla spalla a Saki, appostato all'entrata, ed aveva svoltato nel corridoio. La band aveva seguito i suoi passi e poi aveva svoltato a destra, nell'altro corridoio bianco.

-Io vado a fumarmi una sigaretta- aveva annunciato Tom svogliatamente per poi dirigersi in giardino.

-Ma che ha?- aveva domandato Gustav a Bill, indicando con il pollice il ragazzo che si allontanava. Bill si era limitato ad alzare le spalle.

-Dopo indagherò, ora ho bisogno di un caffè-

-Ti appoggio- aveva concordato Georg, dirigendosi verso il bar, seguito dagli altri due.

 

Tornando, invece, a una mezz'oretta prima, in una villetta in centro Amburgo, due ragazze parlavano animatamente tra loro.

-Sei perfetta! Ora, scollati da quello specchio e sali in macchina!- aveva esclamato la biondina con aria da: “Me ne sbatto altamente di quel che pensi”, esasperata.

-Devo essere più che perfetta! È il primo giorno di lavoro, devo dare una buona impressione!- aveva risposto l'amica, inforcando un ultimo ciuffo di capelli neri con una forcina.

-Sì ma la buona impressione non la fai di certo arrivando in ritardo!- aveva ribattuto Helen osservando interessata una ciocca dei suoi capelli biondi rigirata intorno al dito.

-Ok, ok ho finito!- aveva sentenziato infine infilandosi un paio di stivaletti neri con tacco di almeno dieci centimetri. Si era guardata un ultima volta allo specchio prima di sorridere. Erano cambiate molte cose in cinque anni. Era diventata alta e, le frequenti sedute di palestra le avevano permesso un fisico asciutto e invidiabile. Quella mattina, un paio di jeans scuri le fasciavano le gambe lunghe e snelle, il busto armonioso era coperto da una stretta magliettina bianca a maniche lunghe e una cintura, anch'essa nera, era legata in vita rendendola a dir poco incantevole. Aveva legato i lunghi capelli lisci in una coda di cavallo così che il suo visino raggiante fosse completamente ammirabile. E il poco trucco adoperato consisteva in un po' di fard chiaro sulle guance, tanto mascara per volumizzare il verde profondo dell'iride e una passata di lucidalabbra trasparente sulle labbra, il tutto le conferiva un'aria di professionalità.

Sì, era pronta. Aveva udito due prolungati colpi di clacson e, alzando gli occhi al cielo con un docile sorriso, era uscita di casa dirigendosi in strada.

-Arrivo, arrivo!- aveva strillato affiancando la bionda sul sedile del passeggero.

-Di certo non ti daranno un premio per la puntualità!-

 

Venti minuti dopo erano davanti allo studio, poco prima delle undici. La mora aveva fatto una veloce linguaccia all'amica facendole presente la puntualità dell'appuntamento e poi era scesa dall'auto salutandola.

-Ti aspetto al solito bar per l'una. Buona fortuna Nana!- le aveva augurata chiamandola con il solito soprannome senza senso. Lei le aveva schioccato un bacio in aria ed era poi entrata nello studio con aria sicura, dirigendosi all'ufficio del signor Jost per l'appuntamento. Aveva battuto un pugno contro il legno scuro della porta ed era entrata all'udire della parola avanti.

-Buongiorno signor Jost- aveva salutato, sorridendo cordialmente, l'uomo seduto dietro la scrivania che riordinava dei fogli. David aveva alzato lo sguardo da quella pila di carta e le aveva altrettanto sorriso.

-Buongiorno signorina Lena- aveva risposto lui incrociando le mani sui fogli e invitandola a sedersi con lo sguardo. Sara aveva immediatamente obbedito, accomodandosi sulla sedia di fronte all'uomo e osservandolo in attesa che parlasse.

-Signorina Lena, ci tengo a farle presente, che mi è stata raccomandata come una delle migliori, e più giovani, tecniche e arredatrici di tutta la Germania. Ripongo molta fiducia in lei. Il palcoscenico per il nuovo tour dev'essere sorprendente. Per questo l'abbiamo contattata. Crede di riuscire ad accontentarci?-

-Certamente signor Jost, non ci saranno problemi. Potrei sapere per chi dovrò lavorare?-

-Conoscerà i ragazzi tra poco. Le faccio fare un giro dello studio. Mi segua- il manager si era alzato, sistemando gli ultimi fogli al loro posto, e aveva poi aperto la porta, lasciando uscire per prima la giovane.

 

Il rapido giro che le aveva fatto fare non le era bastato più di tanto a memorizzare le trecentoventicinquemila stanze di quello studio. David la stava accompagnando fino alla sala relax per farle conoscere i ragazzi e tentava di mostrarle le ultime stanze. Erano appena entrati e si stavano dirigendo al bar.

-Eccoli lì. Facciamo le presentazioni- aveva esclamato indicando i tre ragazzi seduti a bere un caffè. Sara aveva lentamente spalancato gli occhi facendoli arrivare a una grandezza anormale. L'unica parola che riusciva a produrre il suo cervello era: merda, merda, merda, merda, merda, merda, merda, merda...

Bill si era voltato, sentendosi osservato, e la sua espressione non era tanto diversa da quella della ragazza. La parte razionale di lei, quella che non guardava il Bill che aveva davanti ma quella che valutava i pro e i contro, le suggeriva di girare i tacchi e andarsene da quella stanza il prima possibile; la parte di lei che agiva d'istinto, invece, le suggeriva solo di correre verso quella specie di porcospino e stringerlo anche fino a quando non lo avrebbe soffocato. E la seconda aveva vinto sulla prima opzione nel momento in cui aveva visto il moro alzarsi senza smettere di fissarla. Aveva fatto una piccola corsa verso di lui e gli era praticamente saltata in braccio. Aveva stretto le braccia intorno al suo collo e si era beata della ferrea stretta che subito l'aveva avvolta. Si era concentrata per trattenere le lacrime che, per l'emozione, minacciavano di scendere.

-Sara! Che diamine che fai qui?- aveva esclamato sorridendo sornione e rimettendo la ragazza atterra.

-Oddio Bill!- era riuscita semplicemente a dire, abbracciandolo di nuovo.

-Che hai fatto hai denti? Sono perfetti!-

-La stessa cosa che ci hai fatto tu, castoro!- aveva affermato ridendo felice, per alleggerire l'aria.

-Georg! Gustav!- aveva agitato la mano salutandoli entrambi che poi, amichevolmente, l'avevano abbracciata.

-Allora? Vuoi spiegarmi cosa ci fai qui?- le aveva di nuovo domandato Bill.

-Sarà l'arredatrice che metterà insieme il palco- aveva risposto Jost affiancandoli -Vedo che già vi conoscete, quindi non c'è bisogno di fare le presentazioni. Dov'è il moccio vileda di tuo fratello?- aveva infine domandato a Bill.

-Primo: EX moccio vileda; secondo: dovrebbe essere fuori a fumare una sigaretta- Sara si era improvvisamente raggelata sul posto. L'idea di rivedere Tom non l'allettava affatto. 

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Capitolo 2
*** Chapter Two ***


 

 

Chapter Two:

 

I ragazzi se ne erano appena andati per continuare le prove, abbandonandola nel corridoio. Infami! Ci saranno state almeno cento porte in quel passaggio. “Le avevano lasciato un mappa loro!”. Ah bhe, allora cambiava tutto! Il loro lavoro lo avevano fatto!

-Ma poi, come si può fare una mappa per uno studio di registrazione?- borbottava tra sé e sé. Si stava trattenendo dall'insultarli quando, camminando a testa china sul pezzo di carta, era andata a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno, e ovviamente i suoi tacchi somiglianti a stuzzicadenti non avevano retto la collisione. Prima ancora di accorgersene, si era ritrovata a culo a terra con la schiena appoggiata al muro.

-Scusa, non ti avevo vista- aveva bofonchiato l'urtatore, allungandole una mano svogliatamente e con poca enfasi. Lei l'aveva afferrata, sollevandosi e decisa a scaricare le parolacce che si stava tenendo per i ragazzi, contro di lui.

-Brutto...- si era fermata di colpo, sentendo il suo cuore galopparle letteralmente nel petto, e osservando il volto del ragazzo che aveva davanti. Sembrava che il suo cervello avesse optato per l'opzione “Standby”, bloccandosi a quella semplice imprecazione: merda, merda, merda, merda, merda...

-Sara?!?! Sara Lena?!?!- aveva esclamato il ragazzo con le treccine, con un tono di voce simile a un urlo sorpreso, allargando le orbite al massimo.

-Tom! Tom Kaulitz!- aveva fatto lei, apparentemente tranquilla, picchiando la mano sui pantaloni per ripulirli. Nonostante i suoi tentativi di rimanere impassibile e disinteressata davanti alla sua presenza, stava lottando per non sorridergli e saltargli addosso. E l'accelerato battito del suo cuore tradiva i suoi principi. Poi, Tom, fece una cosa che la lasciò sbigottita. L'abbracciò.

-Oh Cristo Santo, non posso crederci sei tu! Che piacere rivederti!- aveva urlato stringendola più stretta.

-Il piacere è tutto tuo- aveva risposto, acida, cercando di scrollarselo di dosso, pur quella mossa fosse contro la sua volontà di stringerlo e baciarlo fino a farlo soffocare.

-Cosa ci fai qui?- aveva domandato non considerando il suo commento.

-Costruirò il vostro palcoscenico- aveva risposto apatica, prima di chinarsi a raccogliere la mappa lasciata sul pavimento e osservandola con la fronte corrucciata mentre cercava di capire dove si trovasse.

-Quanto tempo... Stai... Benissimo... Sei cambiata molto- e mentre la guardava da capo a piedi con un sorriso da ebete stampato in faccia, lei continuava a fissare la mappa concentrata al massimo per non saltargli addosso e stuprarselo all'istante lì davanti a tutti. No, lei doveva mantenere un certo contegno. Lui se n'era andato senza dirle niente, perciò... ciao ciao Tom!

-Grazie- aveva semplicemente risposto.

-Beh ma cosa hai fatto in tutti questi anni? Raccontami qualcosa dai...- aveva fatto cercando di intraprendere un minimo di conversazione per distrarsi dalla voglia di saltarle addosso.

-Che sei in ritardo per le prove ti basta?- aveva continuato con lo stesso tono.

-Perchè hai in mano una mappa?-

-Vedi tu, è un labirinto sto posto!-

-Dove devi andare?-

-Devo vedere il palco-

-Bastava chiedere! Seguimi- lei aveva alzato gli occhi al cielo e si era morsa il labbro inferiore nervosamente. Tom l'accompagnò fin sotto il palco e lei aveva notato che, ogni tanto, il suo sguardo si posava furtivamente sulla sua figura.

-Che c'è, Tom?- era sbottata poi, fissandolo truce. Lui aveva abbassato lo sguardo. Miseria, Tom Kaulitz era intimidito da una ragazza! Ma lei non era una semplice ragazza. Era quella ragazza che gli aveva fatto conoscere l'amore, quella ragazza che gli aveva rubato il cuore e che, anche in quel momento, lo teneva con sé. Sentir pronunciare il suo nome da quelle belle labbra lo aveva scombussolato. Mazza, quanto tempo era passato. E quanta era forte la voglia di prenderla, sbatterla contro il muro e baciarla come non aveva mai fatto.

-Niente, pensavo solo che ora ci vedremo spesso... visto che... lavori qui... ora...- aveva balbettato agitatamente.

-Già...- aveva risposto con voce flebile e rassegnata.

-Fai... emm... Fai qualcosa sta sera?- lei distolse lo sguardo dal palco per fissarlo dritto negli occhi. Era stato decisamente diretto. Dieci minuti che si erano ritrovati e lui già tentava di ricominciare con lei. Ma col cavolo, con tutte le volte che si era messa a piangere venuta a conoscenza della sua fama da playboy e delle nottate in bianco. Aveva alzato lo sguardo, preparandosi a far uscire dalle sue labbra rosee un finissimo: “Ma vaffanculo!”, ma, quando i suoi occhi avevano incontrato quelli di lui, l'unica cosa che era uscita dalle sue labbra era aria fresca. Quell'improvviso contatto che si era creato tra i loro occhi aveva provocato in Tom una scarica elettrica alla spina dorsale tanto quanto in lei. Tutto quel tempo speso per dimenticarla... - No, perchè... se eri libera potevamo farci un giro... magari anche con la band...-

-Non lo so...- aveva risposto, poi, vaga, improvvisamente rassegnata.

-Dai... ci divertiamo... e ci riconciliamo un po'... pensando ai vecchi tempi...- aveva riprovato lui rigirandosi le dita nervosamente.

-Ci penso e poi ti dico...-

-Cosa devo fare per convincerti?- aveva insistito, sorridendo al suo modo di fare da preziosa rimasto inalterato. Come se lei, poi, stesse facendo la preziosa! Stava solo cercando un modo di rifiutarsi non esageratamente sgarbato. Lei si era praticamente persa nelle iridi nocciola-cioccolato di lui, ricordando quante volte quella sera, mentre facevano l'amore, si erano persi l'uno negli occhi dell'altra, comunicando con quei semplici sguardi. E le mancava quel contatto. Dio, se le mancava.

-Per prima cosa, devi tornare in sala prove- aveva farfugliato cominciando a perdere la sua sicurezza.

-Vieni a vederci?- aveva domandato visibilmente emozionato. Voleva passare più tempo possibile con lei, per recuperare i momenti persi. Pendeva decisamente dalle sue labbra. E per Tom Kaulitz non era certo cosa da tutti i giorni, e sicuramente non da tutte le ragazze.

-Dovrei cominciare a pensare al vostro palco...-

-Puoi farlo domani, vieni- l'aveva afferrata per il polso sorridendo come un bambino e l'aveva condotta per il corridoio fino alla sala prove.

Sarà una lunga giornata”.

 

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Ciao a tutte. Mi ha fatto tanto piacere ritrovare due delle mie tesorine. Spero questo capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso :)

 

fefe94: Ciao! :) Che piacere ritrovarti anche qua! Spero davvero ti sia piaciuto anche questo e abbia rispettato le tue aspettative! Un grande bacio e spero mi farai sapere anche qui il tuo parere! :)

 

jacobina lupetta: Ciao tesoro! Hai fatto appena in tempo a recensire xD stavo per postare! Mi ha fatto piacere trovarti anche qui! *-* Spero che ti sia piaciuto anche questo e che non ti abbia deluso! Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi anche di questo! Un grande bacio! :)

 

Grazie a tutte coloro che hanno letto :). Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate! :) Un bacio e grazie comunque. 

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Capitolo 3
*** Chapter 3: Oh yes, It's a Problem ***


 

 

 

Chapter 3: Oh yes, It's a Problem

 

 

Aveva accettato! Era completamente uscita di senno! Era seduta nella sua macchina, con ancora le mani strette al volante, indecisa se scendere o tornare indietro finchè era in tempo.

-Allora? Hai intenzione di rimanere qui ad attendere un illuminazione che ti consigli che fare o scendi e lo affronti a testa alta?- domandò la bionda in una perfetta imitazione teatrale. La mora aveva lentamente alzato la testa, posata sulle mani, guardandola con occhi socchiusi.

-Sto valutando le due opzioni- rispose prima di far ricadere il viso. Helen alzò gli occhi al cielo.

-Finiscila, non è mica la fine del mondo! Poi, se non ti piace più non hai ragione di essere preoccupata!- la provocò sorridendo sghemba.

-Infatti non mi piace più!- esordì un po' troppo di fretta.

-Allora alza le chiappe ed entra in quel pub!- esclamò scendendo dall'auto e- arrivata alla sua portiera- trascinandola fuori.

-Ok, ok ci sono, calmati!- cercò di riacquistare un po' di equilibrio sulle scarpe a tacco dodici e sistemandosi il vestito spiegazzato. Mentre si incamminava con l'amica all'entrata riuscì a riacquisire la sua sicurezza. C'è, parliamone. Quel pub era decisamente fuori misura, esagerato. Più che un pub sembrava una reggia. L'esterno dell'edificio era di colore bianco panna. Era strutturato su due piani e decine di finestrelle rotonde, da cui uscivano lampi di luce colorata, spezzavano uniformità delle pareti. Al posto del tetto, c'era un grande terrazzo che dava apertamente sul cielo nero stellato. Entrarono senza difficoltà e con disinvoltura, loro solita qualità. Notarono gli sguardi dei presenti posarsi su di loro, ma c'erano abituate. Helen diceva sempre: se siamo belle non è colpa nostra! Anche l'interno del locale era molto carino. Le pareti variavano dal blu notte al bianco panna dell'esterno, poi c'erano alcuni divanetti sempre bianchi con i cuscini blu, poltroncine dei medesimi colori, un tavolino tra le poltrone e i divani con una candelina sopra che lasciava un aroma di vaniglia e lavanda. Al centro c'era la pista di vetro da cui filtrava la luce colorata e il fumo e un ascensore, che portava al terrazzo, -già, decisamente esagerato- era posto in una colonna infondo alla sala. Per essere le dieci c'era già abbastanza gente. Soprattutto ragazzi. Si diressero alla sala vip, senza degnare nessuno di uno sguardo.

 

Era la ventesima volta che la cameriera passava di lì, lanciandogli occhiate maliziose, nonostante le avessero chiesto di tornare solo all'arrivo delle ragazze. Tom si voltò a osservare i suoi amici: Gustav si scambiava effusioni smielati, da far venire la carie ai denti, con Tiffany, la sua ragazza; Bill parlava con Georg e Anette di quanto volesse una relazione seria con la ragazza giusta e, supponeva, Georg era lì lì per mandarlo a quel paese. Sbuffò scocciato e annoiato, e voltò la testa verso l'entrata della sala. E la vide. Bella come la Luna, come mai aveva visto una ragazza in vita sua. In quel vestitino blu/indaco con i brillantini sul seno e le decolletè nere. I capelli neri lisci e sciolti e il poco trucco. Dio, sembrava una fata. Non notò nient'altro. Solo lei e la sua bellezza. Il suo sguardo si posò su si lui per un secondo ma le scosse che gli percorsero la schiena sembrarono durare un eternità. Ma lei invece andò sparata verso Bill, abbracciandolo stretto per una manciata di secondi. Abbastanza secondi da far diventare Tom rosso di gelosia. Sì perchè all'inizio puoi pensare: “massì è andata prima da Bill perchè è più vicino ora verrà da me” e quando invece vedi che ti sorpassa per abbracciare i tuoi amici e stringere la mano alle loro ragazze, beh a quel punto si che puoi diventare di tutti i colori dell'arcobaleno.

-Come siamo eleganti oggi!- esclamò Bill guardandola da capo a piedi. Ma Tom si calmò un attimo quando lo vide posare lo sguardo su una ragazza bionda dietro di lei, che nemmeno aveva notato prima. Avrebbe voluto allungarsi verso di Bill e tirargli su la mascella e già che c'era asciugargli la bava che stava per perdere.

-Ragazzi, lei è Helen- la presentò indicando la ragazza.

-Helen?- domandò Bill ripresosi dal suo stato di trans momentaneo.

-Ciao Bill- salutò lei prendendo un leggero colorito rossiccio. Sara la guardò accigliata. Da quando la sua amica arrossiva?

-Quindi tu sei la Helen di cui ho tanto sentito parlare hai tempi di scuola! Piacere, sono Tom- Bill gli lanciò un'occhiata decisamente espressiva.

-Allora? Come vi è sembrato il locale?- domandò Gustav staccandosi dalla ragazza bionda.

-Un po' esagerato, azzarderei- rispose la mora guardandosi in giro. Tom si guardò in giro. Beh di certo non era semplice, ma era abituato ormai. C'erano parecchi ragazzi in giro, ma non era questo che gli dava fastidio. Quello che lo faceva incazzare e che tutti stavano guardando lei. Alcuni della sala comune si erano persino avvicinati all'entrata per osservarla. Prese a sorseggiare il suo Cuba Libre fresco per cercare di calmarsi.

-Sedetevi ragazze, abbiamo tutta la sera per festeggiare- le incitò Georg. Tom pensò che quella fosse la prima frase intelligente che avesse detto il bassista nella giornata. Almeno non potevano spogliarsela con gli occhi così.

La sera parlarono molto. Bill e Tiffany specialmente. Sara pensò più volte che Gustav doveva essere particolarmente innamorato per stare con una chiacchierona simile. Ma erano entrambe simpatiche le ragazze. Bill e Helen parlottavano tra loro come se si conoscevano da sempre, Gustav e Tiffany, come Georg e Anette, si stavano amorevolmente sbaciucchiando e facendo coccole. Sara sorseggiò un po' di vodka dal bicchierino cercando di ignorare lo sguardo del chitarrista e soprattutto lui stesso. Quando una voce alle sue spalle la fece voltare sconvolta.

-Pulcina!- esclamò un ragazzo biondo che veniva verso di loro. Tom lo osservò accigliato credendolo un ubriacone, gli altri nemmeno se ne accorsero. Quando arrivò dietro di lei, e le appoggiò le mani sulle spalle, Tom fece per alzarsi volenteroso di spaccargli il muso ma si rimise comodo quando capì che la ragazza lo conosceva.

-Che diavolo ci fai qui?- trillò stupita. Poi voltò lo sguardo verso Helen che si strinse nelle spalle, stupita quanto l'amica.

-Non guardare me, io non ho detto niente- si difese.

-Sono venuto a farti compagnia- rispose quello prendendo una sedia dal tavolo vicino e sedendosi tra lei e Tom, che già gli stava altamente sulle palle quel ragazzo.

-Emh... Lui è... Lukas- Sara lo presentò, decisamente imbarazzata. Lukas, Lukas... quel nome gli suonava famigliare.

-Il rospo!- trillò infine, involontariamente.

-Ciao anche a te, Kaulitz- fece quello in tono duro. Tom alzò un sopracciglio, in un modo molto simile a Bill. Gli altri lo ignorarono categoricamente, continuando a fare quello che stavano facendo. Lukas continuava a parlare, peggio di Bill, e Tom non ci mise molto a capire che quei due avevano una storia. Quando ci arrivò, sentì il sangue ribollirgli nelle vene. Se lui non se ne fosse andato ora lei, forse, sarebbe sua. Ma lei non gli sembrava molto contenta di averlo lì. Continuava a guardarsi in giro nervosamente, oppure fissava il suo bicchiere vuoto imbarazzata. Quando, ad un certo punto, il ragazzo biondo si alzò in piedi prendendo la mano della ragazza sentì una voglia assurda di prenderlo a pugni.

-Pulcina- Tom si lasciò sfuggire una risatina- Probabilmente non è un buon momento per chiedertelo, ma non ce la faccio più ad aspettare. Io ti amo, vuoi sposarmi?- si inginocchiò. Sara, Helen e Tom spalancarono la bocca tanto che a momenti gli si slogava la mascella. Lo sguardo di Tom slittò subito verso la ragazza mentre dentro di lui la pregava di rispondere no. Sara invece fissava il vuoto. Lo avrebbe voluto prendere a pugni quasi quanto voleva Tom. Lo aveva fatto apposta. Glielo aveva chiesto già un'altra volta a casa e lei aveva detto no e ora glielo aveva richiesto, lì. In mezzo a un mucchio di gente dove sapeva lei non avrebbe detto no.

-Emh...- guardò Helen che con lo sguardo la stava minacciando di spaccargli la faccia al solo accenno di un sì, poi guardò Tom. E la rabbia ribollì dentro di lei. Se lui non se ne fosse andato non si sarebbe trovati in quella situazione- Ok- riuscì soltanto a dire. La mascella di Tom cadde più di quanto era caduta poco prima. Gli occhi di Helen presero un colore decisamente minaccioso. Bill e gli altri sorriso applaudendo leggermente. Oh sì, quello era un problema.

 

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Scusate ragazze sono mega di fretta. Non sono nemmeno riuscita a rileggere perciò scusate gli errori. Vi ringrazio infinitamente delle belle recensioni un grande bacio a tutte e grazie ancora!!

Sara. 

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Capitolo 4
*** Chapter Four: Inside the Elevator ***


 

 

Chapter Fuor:                                                                                        Inside the Elevator

 

Lukas si alzò ed estrasse un anello d'oro dal taschino del giubbotto, porgendolo alla ragazza. Sara storse il naso, mentre Tom osservava ogni suo singolo movimento- sbigottito. La ragazza prese l'anello dalle mani del biondo e se lo infilò velocemente. Non ne era sicura, ma forse fece così per rendere più veloce il tutto. Il chitarrista fissava Lukas schifato. Uno: perchè era il promesso sposo della sua, purtroppo, ex ragazza; due: perchè, le aveva chiesto di sposarlo, lui non era certo un esperto di romanticismo ma almeno l'anello lo avrebbe infilato lui al suo dito. Probabilmente fu l'unico, ma sentì, con sicurezza, Sara lasciarsi sfuggire un singhiozzo soffocato.

-Congratulazioni!- trillarono Tiffany e Annette all'unisono, entusiaste.

-Grazie- rispose lei apatica. Poi, mosse leggermente la mano in su e in giù per avere la completa attenzione degli altri.

-Ho bisogno di prendere un po' d'aria- continuò. Si girò lentamente, cercando di riacquisire la sensibilità dei suoi sensi, e si incamminò verso l'ascensore.

-Certo. Arrivo subito, pulcina- Lukas posò sul tavolo l'involucro nero dell'anello con l'intenzione di seguirla. Ma lei si voltò rapidamente, liquidandolo con un occhiata.

-Da sola!- ringhiò assottigliando gli occhi. Lukas non ebbe il coraggio di obbiettare e si mise seduto, osservandola mentre spariva tra le porte dell'ascensore.

 

Uscì dall'ascensore e si catapultò al muretto del terrazzino. La testa le girava e aveva una gran voglia di piangere. Appoggiò i gomiti su di esso e alzò il volto al cielo stellato. Una lacrima rigò silenziosa ed inesorabile la sua guancia. “Che schifo” continuava a ripetersi. L'aria fresca le picchiava sul viso e la Luna la illuminava. La musica proveniente dall'interno del locale le dava un fastidio atroce. La testa le pulsava. Le sembrava che stesse smaltendo una sbornia che ancora non aveva preso. Poco dopo, avvertì un leggero spostamento d'aria al suo fianco. Non voleva girarsi e non voleva sapere chi aveva di fianco. Avvertì il rumore di un accendino che veniva acceso e poi un pacchetto di sigarette si allungò davanti ai suoi occhi. Voltò lentamente il viso trovandosi quello di Tom accanto mentre osservava il paesaggio. Scosse energicamente la testa tornando ad ammirare il cielo. Il ragazzo riprese il pacchetto e se lo infilò nella tasca dei jeans. Lasciò fuoriuscire una nuvoletta di fumo grigio dalle labbra e poi parlò spezzando quel silenzio.

-Che c'è che non va?- le domandò calmo senza guardarla.

-Niente- rispose secca.

-Non direi...-

-Che diavolo vuoi, Tom?- fece, acida, posando il suo sguardo su di lui.

-Sapere perchè hai accettato di sposarti a soli vent'anni con un ragazzo che nemmeno ami- questa volta si voltò a guardarla e lei si impegnò per non sussultare.

-Non è vero che non lo amo- continuò incrociando le braccia al petto. “Bugiarda”. Tom si lasciò andare ad una risata.

-Hai sempre avuto il vizio di prendere in giro te stessa- fece di nuovo tornando a guardare il cielo. Sara strinse i pugni.

-Chi sei tu per dire certe cose? Non sei nessuno, non più. Ho diritto anche io ad essere felice!- urlò. Alcuni si voltarono versi lei, ma non le diedero troppa attenzione. Anche Tom si girò a guardarla, di nuovo.

-Sappiamo entrambi che non lo ami- quel tono di voce così calmo la stava facendo così arrabbiare. Scosse la testa con un sorriso amaro dipinto in volto.

-Sei solo invidioso- Tom rise.

-E, sentiamo, di cosa?-

-Della mia relazione. Ammettilo, ti aspettavi di tornare e trovarmi rintanata a letto, in pigiama, a guardare un film strappalacrime, con il trucco colato per il troppo pianto e i capelli scompigliati, con una vaschetta di gelato al cioccolato in mano e le vene tagliate. Non è vero?-

-Se la pensi così allora non mi conosci abbastanza- esordì in fine guardandola tristemente.

-Forse. O forse è difficile ricordare com'è una persona che credevi di conoscere e che poi sparisce per cinque anni- rispose scorbutica.

-Ok, sapevo che sarebbe arrivato il momento di parlarne. Senti... Mi dispiace di essermene andato, ma credimi. Avevo le mie buone ragioni-

-Le tue buone ragioni- ripeté sporgendo le labbra, fingendo di pensare, e annuendo leggermente con la testa.

-È la verità- provò a convincerla.

-Io mi fidavo di te. Mi avevi promesso che saresti rimasto con me- fece alzando la voce.

-Lo so, ma... Le cose cambiano- lei rise.

-Ah, allora parla chiaro. Quindi ti eri stancato. Ero una delle tue tante bambole. Mi hai fatto credere il contrario, tutte le belle parole, erano tutte una balla. È sempre stato tutto una balla- lui inarcò le sopracciglia e portò una mano avanti.

-No, frena frena. Io non ho detto questo-

-Andiamo Tom! Sono stanca di essere presa in giro. Mi hai mentito abbastanza. Puoi ammetterlo ormai. Ero una delle tante. La solita botta e via. La solita bambola- continuò lei con fare disinvolto girando la mano destra su sé stessa come per far capire che c'erano altri modi di dire che poteva usare.

-No, cazzo. Io non ho detto questo!- urlò lui infastidito.

-Te ne sei andato senza neanche salutarmi!- strillò.

-Era per non soffrire!- si difese lui, alzando il tono di voce e avvicinandosi a lei.

-Non mi hai neanche detto che te ne andavi!-

-Io ti amavo, per l'amor del cielo! Credevo di aver trovato la ragazza giusta a sedici anni!- sbraitò quasi senza accorgersi. Si fermò, portandosi le mani alle tempie. Lei lo osservava in silenzio, stupita. Lui l'amava? Rimase immobile ad osservare i suoi occhi che la fissavano a sua volta. Sentiva i brividi scuoterla. No, non doveva piangere. Non doveva farsi vedere debole. Si girò e corse verso l'ascensore. Si rintanò al suo interno premendo il tasto per il piano terra. Poco prima che le porte si chiudessero Tom entrò. Lei chiuse gli occhi appoggiandosi con la nuca alle pareti dell'ascensore.

-Non puoi continuare a fare l'arrabbiata con me- esordì senza osservarla.

-Eccome se posso, mi viene naturale!- rispose. Lui prese un grande respiro, spazientito. Poi si voltò verso i tasti e batté il pugno contro uno di loro. L'ascensore si fermò di colpo con un rumore sordo e la luce si spense, lasciando posto solo a quella fioca luce d'emergenza. Sara aprì gli occhi spaventata.

-Ma sei scemo? Che cazzo fai?-

-Ti ricordi, cinque anni fa?- domandò abbassando la voce e avvicinandosi a lei che, istintivamente, indietreggiò.

-Ricordo molte cose di cinque anni fa, soprattutto la vostra partenza. Spiegati meglio- tentennò con la voce, leggermente intimidita. Arretrò ancora finendo con le spalle alla parete. Lui fece un ultimo passo e il suo viso le fu ad un palmo dal naso.

-Vediamo se questo ti schiarisce le idee- inclinò il volto facendo si che le sue labbra le sfiorarono delicatamente il collo provocandole leggeri brividi. Le sue braccia la strinsero al suo petto, protettive. Adorava il suo profumo.

-Tom! Staccati!- cercò di divincolarsi ma inutilmente poiché, come cinque anni prima, lui la teneva stretta a sé.

-Ora ricordi?- le sue labbra percorrevano il suo collo, la sua voce calda la stava mandando decisamente in tilt proprio come quella volta.

-Tom...- il suo tono, prima sicuro, ora si stava lentamente sfaldando, diventando affannato.

-Alla fine non riuscimmo a concludere. Il tuo fidanzato ci interruppe- una mano scese ad accarezzare la pelle calda della sua schiena e le labbra accarezzarono il lobo dirigendosi al mento.

-Te lo ricordi ancora- esclamò sorridendo ad occhi chiusi.

-Non potrei dimenticare nessun momento passato insieme-

-Credevo ne avremmo passati di più insieme. Ma mi avete abbandonata. TU mi hai abbandonata- esordì tristemente.

-Ti ho già chiesto scusa per questo. Non ti lasceremo più. IO non ti lascerò più- le loro labbra di nuovo vicine, i loro respiri che si infrangevano di nuovo.

-Tom- affannò lei con tono implorante.

-Potremmo continuare quello che il rospo aveva interrotto cinque anni fa- tra le loro bocche la distanza di un centimetro. Stava cedendo, sentiva che stava cedendo.

-No...- gli occhi chiusi, la voce spezzata, il fiato corto.

-No cosa? Vuoi che mi fermi?- un altro bacio sotto il lobo. Avrebbe ceduto da un momento all'altro, ma si fece forza.

-No... Cioè... S-sì-

-Sì?-

-...Sì...- esitò. Le sue labbra si avvicinarono ulteriormente. Il suo cuore sembrava volerle uscire dal petto. Poi uno schiocco. Già, le lasciò un tenero bacio sulla guancia.

-Potremmo tornare amici, almeno...- azzardò lui trafiggendola con lo sguardo e facendo ripartire l'ascensore. Lei non rispose. Si sistemò i capelli leggermente fuori posto, si asciugò la fronte ed uscì dall'ascensore sorridente come Lukas non l'aveva mai vista da lì a cinque anni. Vide anche Tom uscire dall'ascensore. Alzò un sopracciglio. Osservò la ragazza. Il vestito spiegazzato, le guance colorate di rosso, il sorriso sul suo volto. Si voltò a guardare truce il ragazzo che veniva verso di loro, sorridente quanto lei. Ma Tom non lo degnò nemmeno di uno sguardo. E lui cominciò ad avere paura. Sì, perchè sapeva che ora che era tornato lui avrebbe perso, e Tom aveva una gran percentuale di vittoria a suo favore.

 

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Ciao a tutte. Allora, comincio con lo scusarmi per il ritardo. Poi volevo solo dire che ci sono rimasta un po' male nel non trovare recensioni. Non per questioni di principio o cosa, solo perchè se non le trovo suppongo che vogliate farmi capire che il capitolo non vi è piaciuto e quindi è questo che mi fa rimanere male: che non mi lasciate recensioni per farmi capire COSA non vi è piaciuto, cosa è sbagliato, cosa non vi piace insomma. Mi serve appunto per migliorare. Ma ringrazio comunque tutte le ragazze che hanno letto. Mi fa piacere che comunque qualcuno legga ancora questa storia :). E poi volevo ringraziare Stellina_Batuffolo per i complimenti e mi ha resa molto felice sapere che ti sono piaciuti questi capitoli anche se non hai letto la prima storia. Grazie ancora a tutte e spero di ricevere i vostri pareri questa volta. Positivi o negativi :) Mi farebbero molto piacere. Un bacio a tutte!

Sara. 

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Capitolo 5
*** Chapter five: What's happen? ***


Chapter five:                                              What’s happen?

 
Stava seduta su quella dannatissima scrivania da almeno due ore. Il cestino, posto sul pavimento  qualche metro lontano da lei, brulicava di fogli appallottolati e gettati al suo interno. Con la matita scarabocchiò l’ennesimo palco che le veniva in mente. Pensò alla loro canzone che preferiva e si immaginò nei panni di una loro fan. Se fosse stata una di loro, come avrebbe voluto vedere il palco? Immaginò un grosso schermo, posto dietro di loro, che trasmetteva mini clip di pioggerellina leggera, rilassante, e che, man mano che la canzone continuava, diventava un vero e proprio acquazzone. Immaginò un vento improvvisato che colpiva i quattro ragazzi. Le luci che si facevano soffuse, salvo un riflettore che illuminava ognuno di loro. Poi immaginò il momento in cui, Bill, pronunciava quel: “Ehi!” e una luce improvvisa, che squarciava l’atmosfera, imitando un tuono, mentre lo schermo dietro di loro mostrava una clip di un lampo che colpiva il terreno.

-Ehi- quella voce la destò dai suoi amati pensieri, catapultandola nuovamente tra i suoi fogli. Aprì gli occhi e alzò di poco il volto, notando quello di Tom a pochi metri di distanza.

-Ciao!- esclamò sorridendo. Sì, si potrebbe dire che dopo i tre giorni passati, dall’episodio in ascensore, il loro rapporto aveva raggiunto un buon punto. Anche se si basava esclusivamente, o quasi, sull’amicizia.

-Avete finito le prove?- domandò spostando di poco la sedia per voltarsi verso di lui.

-Sì. Tu che fai?- si sporse di poco verso i fogli sparsi di fronte alla ragazza, cercando di capire cosa rappresentassero. Lei emanò un profondo verso gutturale, mostrando al ragazzo la sua già evidente frustrazione.

-Sto cercando di realizzare il vostro palco!-
Dopo aver accartocciato l’ennesimo foglio,  lo lanciò verso il cestino. Tom alzò prontamente la mano prendendolo al volo. Lo aprì interessato e lo osservò.

-Perché lo butti? È bello!- affermò osservandola in viso. Lei gli puntò un dito contro.

-Non. Contraddirmi!- fece riducendo gli occhi a due fessure- Se io dico che fa schifo, fa schifo!- Tom alzò gli occhi al cielo, riposò il foglio sulla scrivania e poi parlò.

-Forza, sei lì seduta da tutta la mattina. Che ne dici di andare a mangiare qualcosa, chessò… A un bar?- chiese, osservando l’orologio che segnava le dodici e dieci.

-Mi dispiace, ho da fare- rispose realmente dispiaciuta.

-Ah, cosa?- continuò curioso.

-Vado a trovare Fabio e Dana, devo darli la notizia del matrimonio- alla fine della frase abbassò la voce di qualche ottava, quasi soffiando le ultime parole.

-Davvero? Dai, e come stanno?- domandò sorridendo sornione. Anche Sara, vedendo quel sorriso, si fece contagiare.

-Stanno bene, ora abitano qui ad Amburgo-

-E Daniele?-

-Anche lui sta bene, a quest’ora sarà a scuola- rispose sorridendo. Tom sorrise dolcemente e un’ idea prese il sopravvento sui suoi pensieri.

-Senti, non vorrei sembrare sfacciato… O, autoinvitarmi, ma… Dispiacerebbe se venissi con te?- domandò in imbarazzo, grattandosi la nuca e osservandosi le scarpe. Sara fece un sorriso enorme, intenerendosi davanti a quella visione. Saltò verso di lui, appoggiandogli le mani sul petto e facendogli venire, tra l’altro, un colpo al cuore. Ma almeno lui la guardò, anche se come si guarda una psicopatica.

-Certo che non dispiacerebbe! Mando un messaggio a Dana e le dico di preparare per un’altra persona. Vedrai saranno felicissimi di vederti!- esclamò con un sorriso più grande ancora e poi rise alla vista della sua faccia sconvolta –A te va bene…? Aaaah, ma che dico! Tu mangi di tutto!- Tom la guardò storto.

-Bene, andiamo?- voltò la mano verso l’entrata e la ragazza annuì.

-Andiamo!- rispose. Prese il braccio di Tom e si avviarono verso l’uscita a braccetto.

-Tu sei tutta pazza, mi sembri la stessa ragazzina di cinque anni fa!- sorrise divertito. Lei alzò il volto verso il suo facendogli una linguaccia e poi si fermò davanti alla sua macchina.

-Adoro la tua macchina!- esclamò con gli occhi luccicanti, osservando l’Audi bianca davanti a lei.

-Non avevo dubbi!-

-Posso guidare io?- domandò con la stessa espressione. Mancava solo la bava alla bocca. Tom rise. Una risata decisamente divertita. Solo dopo, la ragazza si accorse che la strava prendendo per il culo.

-Cos’è, una battuta?- continuò senza smettere di ridere. Sara incrociò le braccia al petto, mettendo il broncio –Dai, muoviti. Sali!- le intimò. Sara giurò di pulire il vetro di quell’auto spaziale con la sua faccia se non avrebbe smesso di ridere.

-Ma tu non sai la strada!- si lamentò. Tom la guardò con un sopracciglio alzato, aspettando che continuasse il suo tentativo di convinzione –Dovrei indicarti dove andare e ci metteremmo un’ora in più!-

-Nessun fondoschiena che non sia il mio toccherà questo sedile, men che meno un fondoschiena femminile!- esclamò, indicando il posto del guidatore.

-Daiiiiiiiiii ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti prego ti preeeeego!- Tom si portò le mani alle tempie, massaggiandosele stancamente. Sbuffò.

-Va bene, va bene!- urlò esasperato. Sara sorrise soddisfatta –Tieni- borbottò Tom lanciandogli le chiavi. Sara le prese e le rigirò tra le mani come fossero un oggetto prezioso. Lui camminò fino ad arrivare al lato del passeggero dove stava lei e le scompigliò i capelli affettuosamente. Lei  si  riprese dal momentaneo stato di trans e lo fulminò con lo sguardo. Corse dal lato del conduttore, aprì la portiera e si fiondò dentro, sorridendo sorniona. Accese l’auto e Tom ebbe appena il tempo di dire: “Sta attenta” che lei aveva già premuto sull’acceleratore.

-Vai piano! Sei fuori?- esclamò Tom guardando l’indicatore della velocità. Sara rise.

-Eddai! Sono affidabile io! Cos’è, hai paura?- lo sfotté sorridendo.

-Ho paura per l’incolumità della mia piccola!- ribatté accarezzando il cruscotto della macchina. Sara alzò gli occhi al cielo.
Venti minuti dopo erano arrivati davanti ad una villetta a schiera. Tom scese velocemente dall’auto e si attaccò con entrambe le mani al tettuccio dell’auto.

-Andiamo, che stomaco delicato!- lo canzonò lei ridacchiando. Tom alzò di poco la testa.

-Tu. Non sei. Normale- lei rise.

-Forza Kaulitz, io ho fame!- lui le fece il verso, cercando di non farsi sentire, e la seguì all’interno del vialetto. Sara suonò il campanello e Dana le aprì la porta.

-Tesoro!- esclamò abbracciandola. Dopo essersi salutate, Sara invitò Tom a farsi avanti con un gesto del capo. Questo, avanzò timidamente verso la donna che lo osservava accigliata.

-E questo bel ragazzo chi sarebbe?- domandò sorridendo.

-Dana, questo è Tom!- esclamò sorridente.

-Ciao Dana- salutò lui con un timido sorriso.

-Tom Kaulitz?- lui annuì.

-Oh cielo! Ciao! Ma quanto tempo! Vieni caro, entra! Mamma mia come sei cambiato! Tu sei fatto proprio bello!- continuò lei eccitata –Non è vero, tesoro?-
Sara grugnì. Un lieve rossore si accentuò sulle guance del ragazzo che sorrise e ringraziò. Sara era intenerita da quella scena, vederlo imbarazzato era così raro eppure così gradevole.

-Forza, sediamoci, avrete fame-

-Eccome!- esclamarono insieme. Dana sorrise e, dopo averli invitati a sedersi, li mise davanti due piatti di lasagne.

-Fabio! Scendi, c’è pronto!- urlò rivolta alle scale. Un uomo sulla quarantina apparve d’improvviso in cucina.

-Oh, salve- esclamò sorpreso, notando il ragazzo seduto di fianco a Sara. Tom si alzò porgendo la mano all’uomo.

-Ciao Fabio- salutò sorridendo, aspettando il benvenuto anche da lui. Fabio lo guardò accigliato, cercando di riconoscere il suo viso. Tom se ne accorse e rimediò.

-Sono Tom- continuò ridacchiando. Il volto di Fabio si piegò in un espressione sorpresa.

-Tom! Quanto tempo, ragazzo! Come stai?- domandò sedendosi al tavolo. Tom lo imitò e poi rispose.

-Sto bene, grazie!- rispose cordiale.

-E tuo fratello? Tua madre? Tutti bene?-

-Sì, stiamo tutti bene!-

-Come procede il lavoro?- gli domandò Dana. Lui si portò un pezzo di lasagna alla bocca e mandò giù.

-Per ora molto bene. L’album è quasi finito e il nostro manager sta già fissando le date dei concerti europei- rispose portando di nuovo la forchetta alla bocca. Sara bevve un sorso d’acqua e poi interruppe il loro discorso.

-Devo dirvi una cosa…- cominciò. Gli sguardi dei due si posò su di lei, in attesa che continuasse.

-Mi sposo- esclamò tutto d’un fiato. Anche se già lo sapeva, a Tom fece un certo effetto quell’affermazione. Le posate caddero di mano ai due, lasciandoli con la bocca aperta. Il loro sguardo si posò su Tom che fissava il piatto, improvvisamente, incupito.

-Congratulazioni!- trillò la donna –Sono molto felice per voi!- gli occhi di Tom si spalancarono in contemporanea a quelli di Sara.

-Sapevo che avreste concluso in questo modo- sorrise l’uomo amorevolmente.

-Cosa?!?!- urlò Sara. tom quasi si strozzò con l'acqua. –No,no avete capito male! Non è con lui che mi sposo-

-Oh- esclamò la donna delusa. Le guance dei due ragazzi si colorarono vistosamente.

-Mi sposo con Lukas-

-Oh-

-Dana, mi dici qualcos’altro per favore?- domandò la ragazza esasperata.

-Beh, congratulazioni- esclamò meno convinta. Sara sospirò. Non li era mai andato giù Lukas.

-Potreste indicarmi il bagno?- Tom attirò l’attenzione degli altri e Fabio annuì per poi voltarsi dietro di sé.

-Prendi le scale, percorri il corridoio ed entra nella seconda porta a destra- Tom annuì e dopo aver ringraziato si diresse dove gli aveva indicato l’uomo. Entrato in bagno si lavò il viso con l’acqua fredda e si
guardò allo specchio. Non riusciva a mandare giù questa cosa del matrimonio. Quando tornò dagli altri, li trovò seduti sul divano. Avevano ormai finito di discutere le varie informazioni sul giorno previsto.

-Ah Tom, stavo giusto dicendo a Sara che se ti andava potevate passare a prendere Daniele a scuola- propose la donna allegra. Tom sorrise.

-Mi farebbe molto piacere. Andiamo?- domandò rivolto alla ragazza. Questa annuì e si alzò dal divano, prendendo la giacca dall’appendino.  Entrati in macchina nessuno dei due diceva nulla, ancora troppo imbarazzati dalle esclamazioni di Fabio e Dana. Nemmeno cinque minuti che erano in viaggio quando il cellulare della ragazza prese a vibrare nella sua tasca.

-Pronto?-

-Oh dio- esclamò portandosi la mano alla bocca.

-Arriviamo subito- mise in tasca il cellulare e si voltò preoccupata verso Tom che la guardava accigliato.

-Che succede?-
 
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Ciao ragazze, sono in ritardo lo so benissimo. Lo ammetto, zero ispirazione e zero voglia di scrivere. In più la scuola comincia a rompere già adesso. Devo ammettere che leggere i vostri commenti mi ha riempita di gioia. Questo capitolo lo trovo leggermente vomitevole -.-, spero comunque che a voi non faccia schifo quanto a me. Ringrazio chi ha recensito cioè:

Layla: Ciao :) ricevere la tua recensione mi ha fatto molto piacere. Se devo essere sincera a me Lukas sta sulle palle ahah. Beh, visto che, come ho già detto, questo capitolo fa schifo spero proprio di riceverne un’altra delle tue belle recensioni xD grazie ancora per il commento. Alla prossima. :)

Chicca_483: Ciao :) Tu non immagini la felicità nel leggere la tua recensione. Mi sono commossa xD Ahah s’, anche io la vedo bene con Tom, anche perché Lukas mi sta sulle balle xD ti ringrazio infinitamente per le belle recensioni *O* Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, anche se fa schifo xD Alla prossima :)

EhMaco: Ahahahah la tua recensione mi ha fatta ridere xD Grazie per i complimenti, spero anche questo ti sia piaciuto. Per il resto… dovrai aspettare ancora un po’ xD alla prossima! Grazie ancora per la recensione :)

jacobina lupetta: Ciao patata *O* Non ti preoccupare per non aver recensito, ti trovo sempre da per tutto e per questo ti ringrazio. Adoro davvero le tue recensioni *O* Spero anche questo ti sia piaciuto, anche se a me fa schifo xD Un bacio grande grande. :)

Phantom Rider: Ciao :) Non ti preoccupare, ti capisco benissimo, anche io non riesco a postare con regolarità perciò figurati xD Ti ringrazio. Mi fa piacere che ti sia piaciuto e anche questo spero che non ti abbia deluso, pur facendo un po’ schifo xD Alla prossima :) Baci.

Ringrazio tutte le lettrici :). Alla prossima.

Sara.
  

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Capitolo 6
*** Chapter six: Ready for shopping! ***


Chapter six:                                        Ready for shopping!

 
Seduta sullo sgabello di quell’ospedale, continuava a fissare la porta chiusa di fronte a lei, in attesa che venisse aperta. Preoccupata, rigirava continuamente le mani tra di loro e batteva con insistenza il piede sulle piastrelle bianche.

-Oddio, e se l’operazione fosse andata male- chiese, portando improvvisamente il volto tra le mani. Tom, seduto vicino a lei, la osservava con la coda dell’occhio.

-No, no. Ehi- le disse prendendole il volto tra le mani e poi le intimò: -Guardami-

Sara alzò lo sguardo, incontrando i bellissimi occhi del ragazzo che la guardavano comprensivi.

-Vedrai che andrà tutto bene- continuò, facendole un dolce sorriso. –Dai, vieni qui- concluse, allargando le braccia. Sara cinse la vita di Tom con le braccia e lui la circondò con le proprie, in modo protettivo. Lei si sporse verso di lui, rannicchiandosi poi contro il suo petto. I suoi occhi si inumidirono e si sentì una gran stronza perché sapeva che quelle emozioni non erano dovute alla situazione che stava vivendo Lukas, ma alla mancanza che provava verso quel contatto.

-Andrà tutto bene, piccola- le lasciò un dolce bacio sulla fronte e poi posò lo sguardo sul suo. Osservò le sue labbra, poi i suoi occhi che lo fissavano a loro volta e di nuovo le sue labbra. Ci si avvicinò lentamente, senza smettere di fissarla. Sara si sporse verso di lui. Quel piccolo movimento bastò per farle ricollegare il cervello e, capito quello che stava per fare, allontanarla dal ragazzo con il viso basso. Tom sospirò e appoggiò il capo su quello della ragazza.

-Scusami- sussurrò. La mora recepì quelle scuse come conseguenza a quello che stavano per fare. Ma Tom intendeva più chiederle nuovamente scusa per averla abbandonata, per essersela fatta sfuggire e per aver permesso che finisse tra le braccia di qualcuno che non fosse lui. E, probabilmente, per essere ancora così totalmente preso da lei. Ad un tratto, si chiese: se fosse stato lui al suo posto, lei sarebbe stata così male? Non ebbe il tempo né di preoccuparsene, né di pensarci su, poiché la porta che davanti a loro, si aprì. Un uomo sulla cinquantina ne uscì con delle carte tra le mani, guardandosi intorno. Sara si alzò con uno scatto e si parò davanti all’uomo che posò il suo sguardo su di lei.

-Lei è una parente del signor Greber?- domandò, togliendosi con un gesto i grossi occhiali da vista.

-Sono la sua fidanzata- rispose lei, stringendo le mani tra loro. A quel punto Tom si alzò, per assicurare la ragazza durante la conversazione.

-Molto piacere, sono il dottor Madlen. Ho eseguito io l’operazione del signor Greber- esordì inizialmente. –L’operazione è andata bene. Fortunatamente, si trattava di un attacco d’appendicite preso appena in tempo. Il paziente è ancora sotto l’effetto dei sedativi ma potrà andare a fargli visita tra un’oretta. Resterà in ospedale per tre giorni, se tutto va bene, dopo di che potrà uscire tranquillamente. A casa…- si fermò un secondo per infilare la mano nella tasca ed estrarne una scatolina arancione contenente delle pillole e poi riprese –Dovrà prendere queste compresse per una settimana, poi dovrà tornare qui per accertarsi che la terapia sta funzionando- Sara annuì cercando di non perdersi nulla di ciò che il dottore stava dicendo. Questo, le porse la scatolina e, dopo aver cordialmente salutato entrambi i ragazzi, riprese a camminare per il corridoio.
 

Bill, ancora assonnato, lasciò cadere il bicchiere di plastica, che poco prima conteneva del caffè, nella pattumiera e svogliatamente ripercorse il corridoio. Quella mattina, David li aveva tirati su dal letto alle sette. In quel momento erano le otto e mezza ed era solo mezz’ora che facevano prove, eppure a lui sembrava di aver appena tenuto un concerto serio. Camminava con gli occhi mezzi chiusi per il bianco corridoio quando qualcuno lo afferrò per un braccio, trascinandolo dentro un’altra stanza. Troppo stanco per urlare e troppo addormentato per mettere insieme cos’era appena successo, si ritrovò ad emettere strani versi, simili a quelli delle anatre. Quando alzò lo sguardo, incontrando due profondi occhi verdi, tirò un sospiro di sollievo e si rilassò sulla poltrona.

-Ma ti sei rincoglionita?- Sara rise sommessamente, portandosi le mani alla bocca per non farsi sentire.

-In questa stanza c’è solo un rincoglionito, e non sono io- lo schernì ghignando. Bill ripeté quello che la ragazza gli disse camuffando la voce e poi si ricompose, aspettando che questa le dicesse qualcosa.

-Okay, ti ho trascinato qui dentro perché devo parlarti di Helen- Bill si rizzò meglio a sedere a quel nome e i suoi occhi si illuminarono. Il primo pensiero fu: dai che adesso mi dice che è cotta di me! Sara sapeva bene dell’attrazione che provavano l’uno per l’altra e
per quel motivo stava per esporgli la sua idea.

- Sai che domani è il suo compleanno, giusto?- lui annuì, pensieroso. –Ecco. Pensavo di organizzargli una festa a sorpresa e vorrei che tu mi aiutassi-

-E me lo chiedi anche?  Muoviti, alza il fondoschiena, usciamo di qui e andiamo a fare shopping!- si alzò di colpo, afferrando il polso della ragazza e tentando di trascinarla fuori.

-Ma ti sei rimbambito del tutto?- esclamò impuntando i piedi atterra e costringendo il ragazzo a fermarsi. Bill posò le mani sui fianchi e la guardò torvo. –Tu hai delle prove da finire e io un palco da crescere! Non possiamo abbandonare tutto così! Tralasciando che David ci ammazzerebbe o meglio, mi ammazzerebbe visto che tu sei la sua miniera di soldi e, pur essendo un gran rompipalle e scatenando molto spesso la voglia di farti fuori in chiunque ti sia vicino, vali molto più da vivo che da morto perciò evi…- Bill la prese per il braccio e la trascinò fuori dalla stanza impedendole di proseguire il suo discorso. Arrivarono davanti all’ufficio di David e, mentre lei cercava di ribattere con un: non ti azzardare!, lui entrò portandosela dietro, senza neanche bussare.

-David!- esclamò. Il manager alzò gli occhi, lasciando le carte che stava riordinando sulla scrivania, e appoggiando le braccia su di essa.

-Cos’hai combinato ‘sta volta?- domandò, portandosi le mani alla tempie.

-Niente! Ma io e Sara andiamo a fare shopping!- Sara fece un passo avanti rivolgendosi al manager.

-David, non devi dire niente! So che sta dado i numeri, non preoccuparti. Torniamo subito al lavoro!-

-No! Andate pure! Portatelo via, non lo sopporto più ‘sta mattina! Non fa altro che lamentarsi! Avete il giorno libero, e ora fuori!- rispose rosso in viso dallo stress. Bill non se lo fece ripetere due volte e, sorridente, trascinò di nuovo la ragazza fuori dalla camera mentre questa si preparava a una mattinata sfiancante.

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Buonasera a tutte ragazze! Sono tornata –dopo quasi cinque mesi di ritardo- con un capitolo che non è il massimo, me ne rendo conto! Ma il prossimo vi piacerà di più, vedrete! :) Spero comunque che un po’ vi sia piaciuto e anche di ricevere i vostri commenti! :)
Ringrazio infinitamente chi legge.
Sara. 

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Capitolo 7
*** Chapter seven: Happy birthday! ***


 
Chapter seven:                                                                                                                Happy Birthday!

Tutto doveva essere perfetto. Assolutamente perfetto. E con Bill ad aiutarla era ovvio che lo fosse. La casa era piena di addobbi, la torta e i salatini sul tavolo, i regali in cucina, l’acqua della piscina calda, la musica perfetta, le illuminazioni anche, gli invitati sarebbero arrivati a momenti. Tutto in perfetto ordine. Ora mancava il vestito. Non aveva idea di cosa mettersi e, avendo dovuto occuparsi tutto il tempo della festa, non aveva pensato a cosa avrebbe indossato. Andò decisa verso l’armadio, ne aprì le ante e cominciò a buttare gli abiti alla rinfusa per la stanza. C’erano vari abiti troppo eleganti, varie magliette e pantaloni troppo casual. Si fermò, sedendosi sul letto coperto di vestiti, e si portò le mani al volto. Frustrazione totale. Ma un certo essere rompipalle non era sempre e solo una spina nel fianco, e questo, Sara, poté constatarlo subito dopo. Infatti, l’appena citato rompipalle, fece capolino nella stanza della mora –senza neanche bussare, stranamente!- fermandosi davanti a questa.

-Che vuoi ora, razza di folletto logorroico alto quanto un palo della luce?- chiese rigandosi le guance con le mani. Bill incrociò le braccia al petto, assumendo un broncio contrariato.

-Buonasera anche a te, simpaticona! Siamo molto allegre oggi, vedo!- la schernì, portandosi il sacchetto che teneva in mano, stretto al petto.

-Non ho idea di cosa indossare! Ma tu, dico, ieri mi hai trascinata tutta mattina per negozi… Non potevi adocchiare anche qualcosa da farmi indossare per dopo! Sei inutile!- esclamò, assottigliando gli occhi.

-Ah sarei inutile? Bene, visto che qui non sono apprezzato, posso anche tornarmene da dove sono venuto- rispose, fintamente offeso.

-Bene!- fece lei, continuando a guardarlo ad occhi stretti.

-E porterò con me questo bel vestito…- tirò fuori da una busta un corto vestito bianco, senza spalline e con un grosso fiocco nero legato in vita. A Sara si illuminarono gli occhi e si alzò saltando addosso al cantante.

-Lo sai che io ti amo vero, porcospino rompipalle?- continuò, baciandogli una guancia. Lui rise, rimettendola in piedi.

-Però per stasera ti trucco io!- esclamò.

-Tutto quello che vuoi!- rispose con gli occhi luccicanti, mentre si chiudeva la porta del bagno alle spalle. Si lavò velocemente e si infilò il vestito. Le stava decisamente benissimo. Il porcospino ci aveva azzeccato, ancora una volta. Si asciugò i capelli e li lisciò accuratamente con la piastra. Uscì dal bagno scalza, arrivando in camera sua e fermandosi davanti al cantante che aveva già portato una sedia di fronte allo specchio e sparpagliato tutti i trucchi sul letto dell’amica.

-Forza, siediti che non abbiamo molto tempo- questa si sedette in corsa mettendosi completamente nelle mani del ragazzo.

Quando riaprì gli occhi, avrebbe voluto prendere il cantante e abbracciarlo fino a soffocarlo. Le aveva messo del bellissimo ombretto nero divinamente. Era perfetta.

-Prendi qua, Nana- le intimò, porgendole delle bellissime scarpe a tacco alto, un cerchietto nero con un fiocco e dei braccialetti argentati.

-Te l’ho già detto che ti amo?- prese tutti gli oggetti che Bill le aveva allungato, sotto il suo sguardo divertito. Era pronta e perfetta. Si mise un goccio di profumo, gli orecchini e, preso per mano il cantante, scese le scale fermandosi nel salotto. Salutarono gli invitati già presenti e poi Sara prese le chiavi della macchina, uscendo in strada. Si fermò sotto la casa dei genitori di Helen e, dopo averla salutata e riempita di baci e auguri, si diresse con l’auto verso una discoteca lì vicino.

-Oh merda!- esclamò, portandosi una mano in volto.

-Che c’è?- le domandò la bionda, guardandola accigliata.

-Ho dimenticato il cellulare a casa! Ti dispiace se facciamo un salto a prenderlo?- la bionda scrollò le spalle.

-No, no. Andiamo- Sara tornò indietro e in poco tempo arrivarono davanti al giardino.

-Io ti aspetto qui- le disse questa.

-No!- esclamò lei. Helen la guardò stranita –Cioè… Dai vieni dentro un attimo, mi aiuti a cercarlo e poi devo chiederti un consiglio sui capelli-

La bionda non sembrò molto convinta ma scese ugualmente e la precedette. Tirò fuori le chiavi ed aprì la porta.

-Sorpresa!- un improvviso urlo la fece sobbalzare. Le luci si accesero e mostrarono un salotto pieno di invitati e addobbi. La bionda si portò la mano alla bocca guardando tutti con le lacrime agli occhi. Sara, in quel momento, entrò sorridendo sorniona.

-Sei una brutta nana bastarda!- le disse ridendo felice.

-Ti voglio bene anche io, bionda- le due si abbracciarono scatenando gli applausi degli altri e facendo scendere una lacrima alla festeggiata.
 

Appena l’aveva vista entrare aveva creduto in un miraggio. Quell’abitino bianco le stava benissimo e la faceva sembrare quasi angelica. La festa era ormai iniziata e, dopo aver assistito allo scarto dei regali, tutti andarono in piscina, ballando a ritmo della musica che metteva il DJ. Si era appoggiato al bancone con un bicchiere di vodka tra le mani. Lei era lì, vicino al bordo della piscina, che ballava davanti a Lukas con in mano anche lei un bicchiere di vodka. Poco dopo si allontanò, dirigendosi all’interno della casa, e lui la seguì.

-Ehi- le disse, appena finite le scale. Sara si girò, mostrando un felice sorriso.

-Ciao! Dov’eri? Non ti ho visto per tutta la sera-

-Mi stavo godendo gli alcolici- le rispose, sorridendo anch’egli. Lei annuì, facendo intendere che aveva capito. Tom percorse tutto il suo corpo con lo sguardo, cosa che a lei non sfuggì.

-Sei bellissima- esordì infine, facendola arrossire vistosamente.

-Grazie, anche tu stai bene- continuò con un timido sorriso in volto.

-E quando arrossisci sei ancora più bella- proseguì, abbassando il tono di voce e avvicinandosi. Sara fece un passo indietro, automaticamente, finendo con la schiena al muro.

-G…Grazie- rispose di nuovo, con un piccolo sorriso imbarazzato e spaventato allo stesso tempo. Tom appoggiò una mano sul suo fianco, delicato. La osservò negli occhi e ci lesse che un posto, per lui, c’era ancora nel suo cuore. Abbassò il viso, con una lentezza che alla ragazza sembrò disarmante, sfiorò le labbra della mora con dolcezza e poi ci appoggiò le sue, morbide. Sara chiuse gli occhi mentre per quella volta decise di non pensare. Non le sembrava vero. Dopo cinque lunghi anni aveva il piacere di riprovare la bellezza delle labbra di Tom sulle proprie. A entrambi sembrava un sogno da cui non volevano svegliarsi. Per una volta, decisero di non pensare alle conseguenze e dedicarsi completamente a quel bacio che da molto entrambi attendevano. E la miriade di sensazioni che stavano attanagliando lo stomaco dei ragazzi e facendo loro galoppare il cuore, sapevano non le avrebbero provate in nessun’altra occasione.

L’altra mano del ragazzo salì sul suo viso. Aprì piano le labbra approfondendo quel bacio da molto bramato. Si avvicinò ulteriormente fino a sentire il corpo della ragazza aderire al proprio. Si staccarono solo in assenza di ossigeno. Sara rimase ancora qualche secondo ad occhi chiusi continuando a ricordare il momento appena passato. Tom la trovava bellissima con le guance leggermente arrossate. La guardò ancora qualche secondo e poi le prese la mano, conducendola ai piano superiori, dove c’erano le camere.

-Tom- si fermò, costringendo il ragazzo a fare lo stesso. Lui si girò, osservandola impaziente.

-Cosa stiamo facendo? Io sono fidanzata…- esclamò abbassando il viso. Tom le si avvicinò ulteriormente.

-Mi manchi, voglio sentirti di nuovo mia- sussurrò sensualmente al suo orecchio, baciandole la pelle sotto il lobo. Sara sospirò ad occhi chiusi. Forse fu quel gesto, forse le sue parole, forse la vodka che aveva bevuto, fatto sta che lo seguì all’interno della sua camera. Tom spalancò la porta della sua camera, tenendo stretta la mano della ragazza con la propria. Entrò con lei al seguito e lasciò la presa solo per chiudere la porta a chiave. Voltatosi verso di lei, avanzò fino a stringerla nuovamente tra il muro e il suo corpo. Vide comparire sul suo volto chiaro, un accenno di sorriso. Lentamente, posò di nuovo le labbra sulle sue muovendole delicatamente e ardentemente allo stesso tempo. Spostò le mani sulla sua schiena, slacciando con lentezza la zip del vestito. Abbandonò le sue labbra per dedicarsi al suo collo. Baciandolo vogliosamente e mordicchiandoglielo ogni tanto. Risalì, mordendole il labbro inferiore con delicatezza per poi riprendere il bacio. Spinse il bacino contro il suo, facendole avvertire la sua erezione, e infilò una gamba tra quelle della ragazza che ansimò sulle sue labbra. L’afferrò per le natiche, portandosela in braccio. Sara strinse le gambe intorno alla sua vita e Tom, senza staccare le labbra dalle sue, la fece scivolare sul letto. Si portò sopra di lei, che sorrideva maliziosamente, con le braccia tese e i pugni stretti a sorreggere il suo corpo. La mora si slacciò rapidamente il reggiseno e capovolse la situazione. Salì sul suo corpo, sedendosi sul suo bacino, e si allungò verso di lui cercando di togliergli la maglietta con impazienza. Tom sorrise, aiutandola a levarla. La prese per i fianchi, spingendola al suo bacino. Sara, continuando a sorridere maliziosamente, leccandosi le labbra cominciò a muovere il suo di bacino, guardando il ragazzo con aria di sfida. Tom abbandonò la testa sul cuscino, dedicandosi completamente al piacere che i suoi movimenti gli provocavano. Sara si abbassò, percorrendo con le labbra gli addominali del ragazzo, il suo petto, il suo collo. Si allungò maggiormente verso di lui, impossessandosi delle sue dolci labbra.

-E questi muscoli da dove vengono?- sorrise, sexy, mentre accarezzava con leggerezza le braccia forti e i pettorali.

-Da ore passate in palestra, invece che a scuola- sorrise, leccandosi il piercing e soffermandosi con lo sguardo sulle sue curve. Sara notò la direzione delle sue occhiate. Sorrise. Si allungò su di lui, poggiando il proprio seno sui
suoi pettorali e, passando la lingua sul piercing del chitarrista e le sue labbra, portò una mano alla sua cintura, tentando di slacciarla, e la gettò atterra insieme ai jeans. Tom capovolse nuovamente la sensazione, portandosi sopra di lei. Le tolse gli slip con rapidità e fece lo stesso con i suoi boxer. La ragazza si abbandonò sotto il suo peso, con gli occhi chiusi, aspettando quel divino e tanto atteso momento. Tom la guardò e poi gli vennero in mente le sue parole. Sorrise, bastardo. Lei non voleva starci. Avvicinò il suo membro alla sua femminilità, attento a sfiorarla appena, senza penetrarla. Sara ansimò. Lui si allungò su di lei, facendo aderire i lori sessi il più possibile. La baciò sotto il lobo e con voce sexy le sussurrò:

-Chiedimelo- Sara ansimò, emettendo versi di disapprovazione a quell’attesa. Tom spinse ancora di più verso di lei, facendole inarcare la schiena.

-Chiedimelo!- ripeté di nuovo al suo orecchio, leccandole poi il collo all’altezza della giugulare.

-Tom…- affannò, lei, mordendosi il labbro.

-Chiedimelo, ho detto…- la ragazza aprì gli occhi, puntandoli nei suoi.

-Fammi tua, ti prego- Tom sorrise e, mentre si impossessava delle sue labbra, entrò dentro di lei con dolcezza. Sara si staccò dalle sue labbra per far uscire un mezzo urlo di piacere dalle proprie. Inarcò la schiena e Tom sorrise, chiudendo gli occhi. “Dio…” fu l’estasiato pensiero di entrambi.
 
http://imageshack.us/photo/my-images/841/gshl.gif/

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Ciao a tutte! :) Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto! Già ce l’hanno fatto finalmente xD spero di ricevere qualche commentino :D arrivederci e grazie a tutte!

Sara. 

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Capitolo 8
*** Capitolo eight: Kleine Prinzessin ***


Chapter eight:                                                              Kleine prinzessin

Il giardino era pieno di gente che ballava intorno ai bordi della piscina. Helen si guardò intorno. Non vedeva l’amica da nessuna parte. Un paio di amici le si avvicinarono per farle gli auguri e lei ricambiò frettolosamente, dirigendosi all’interno della casa nel tentativo di notare la figura dell’amica. A parte qualche ragazzo che si sbaciucchiava con la propria fidanzata o una appena conosciuta, non c’era nessuno. Adocchiò Lukas seduto su una panchina in giardino, ma della ragazza nessuna traccia. Notò che anche lui si guardava intorno, probabilmente nel tentativo di avvistare Sara, e si girò velocemente, cercando di non farsi notare. Strizzò forte gli occhi con un grugnito quando avvertì la voce del ragazzo, dietro di lei, che la chiamava. Si voltò lentamente, assumendo uno dei suoi più finti sorrisi, e, cercando di mantenere un tono di voce poco seccato –quale invece era-, rispose:

<< Dimmi >>

<< Sai dove si è cacciata la mia pulcina? È mezz’ora che la cerco ma non l’ho trovata >> Helen trattené un verso di ribrezzo al suono del soprannome orribile che lui aveva affibbiato alla sua migliore amica.

<< Sarà andata a farsi una passeggiata, sai com’è fatta. >> Lukas annuì pensieroso. Lo liquidò con un “devo andare”, senza riuscire a trattenere il tono scocciato, e si diresse all’uscita della villetta. Aprì la porta, uscì sbuffando pesantemente e la richiuse con un tonfo sordo. Poi si prese la testa tra le mani e sospirò, respirando l’aria fresca della sera.

<< Non ti piace la festa? >> sobbalzò, voltandosi verso la voce che aveva udito e portandosi una mano al petto, con occhi sbarrati. Sospirò nuovamente, rassicurata alla vista di Bill, appoggiato con una spalla al tronco di un albero, che fumava una sigaretta.

Il suo cuore cominciò a battere velocemente e si sedette sul gradino d’entrata, temendo che le sue gambe non la reggessero più. Stava appunto cercando la mora perché la rassicurasse e l’ascoltasse mentre parlava del ragazzo che in quel momento aveva di fronte. Lo osservò qualche attimo e poté constatare con certezza quanto potesse essere raggiante. Indossava un paio di jeans neri, stretti e strappati, e una camicetta anch’essa nera con qualche disegno astratto. I suoi occhi brillarono per qualche secondo alla sua vista.

<< No, la festa è fantastica. A proposito, grazie. Mi hanno detto che hai aiutato Sara ad organizzarla >> rispose, prendendo un colorito rosso alle gote.

<< È stato un piacere. Come mai hai quell’aria amareggiata? >>

<< Oh, stavo cercando Sara ma non la trovavo. Tu l’hai vista? >> domandò alzando lo sguardo verso di lui. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, pensieroso, e scosse la testa.

<< No. E tu hai visto Tom? >> la bionda aggrottò anch’essa le sopracciglia pensandoci qualche secondo e poi scrollò il capo. Bill annuì, sedendosi al suo fianco. Entrambi rimasero pochi attimi a guardare nel vuoto, di fronte a loro, persi ognuno nei propri
pensieri. Poi, entrambi sbarrarono gli occhi nel medesimo istante e si voltarono a guardarsi.

<< Oh oh >> esclamarono contemporaneamente, poi scoppiarono a ridere. Bill si alzò dal gradino e le fece cenno con la mano di seguirlo. Aprì la porta di casa e percorsero il corridoio, salirono le scale e svoltarono nel corridoio superiore. Di loro nemmeno l’ombra. Helen tirò verso di lei la maglietta di Bill, attirando la sua attenzione, e gli indicò la camera della ragazza. Lui annuì, poi la prese per mano e, facendole segno di stare zitta, la trascinò fino alla camera della ragazza. Si accucciarono davanti alla porta, tendendo le orecchie, cercando di udire le loro voci attraverso la musica che ancora scorreva al piano inferiore. Ma l’unica cosa che udirono furono dei gemiti sommessi. Entrambi si guardarono in volto nuovamente con gli occhi sbarrati. Helen si portò la mano alla bocca, tentando di trattenere la risata che stava per scoppiare dalle sue labbra, mentre le guance le si gonfiarono per trattenere l’aria. Anche Bill cercava di non scoppiare a ridere serrando le labbra tra loro. Prese la ragazza per il polso e si allontanarono, correndo giù per le scale fino a ritrovarsi fuori dall’abitazione come in precedenza. A quel punto, non riuscirono più a resistere e una rumorosa risata rimbombò nell’aria. La bionda si sdraiò sul prato, continuando a ridere con le lacrime agli occhi. Bill si sdraiò al suo fianco e la osservò in viso, senza smettere di sghignazzare. Era bellissima. E mentre rideva lo era ancora di più. La vide voltarsi verso di lui, probabilmente sentendosi osservata, e, con ancora un sorriso divertito in volto e gli occhi lucidi, sussurrò:

<< Che c’è? >> finì appena in tempo la frase, poiché si ritrovò il corpo del vocalist sopra e le sue labbra a baciare le sue, bramosamente. E il fuoco si accese dentro di lei. Bel regalo di compleanno.
 

I primi raggi del sole entrarono piano dalla finestra ancora aperta e colpirono pienamente il viso del ragazzo. Tom avvertì la luce colpirgli gli occhi e li aprì leggermente, richiudendoli subito dopo. Con una mano se li stropicciò e poi li aprì nuovamente. Voltò lo sguardo nella stanza dove si trovava ma, poi, un leggero movimento accanto a lui attirò la sua attenzione. Osservò la ragazza che, stretta tra le sue braccia e con il viso contro il suo petto, ancora dormiva respirando profondamente. Sorrise, accarezzandole con i polpastrelli la schiena nuda. Voltò lo sguardo alla sveglia; erano le otto. Dormiva si e no da tre ore. Il resto della nottata l’avevano passata a fare altro. Gli tornò in mente la loro conversazione, dopo che ebbero finito il rapporto.

<< Come mai hai detto bye bye ai tuoi rasta? Mi mancano. >> esordì dopo svariati secondi di silenzio la ragazza, con ancora l’affanno.

<< Potrei dirtelo, ma poi dovrei ucciderti >> Sara scoppiò a ridere, tirandogli una pacca sul braccio e contagiando anche lui. Ci fu qualche altro secondo di silenzio e poi Tom, dopo aver fatto un sospiro e aver preso coraggio, gli fece una piccola domanda che da un po’ di tempo gli vagava per la testa.

<< Senti ma… Tu e Lukas… Avete già… Ecco…? >> lei gli andò incontro, vedendo che era in imbarazzo, rispondendogli direttamente.

<< Sì >>

<< Oh >> fu tutto ciò che rispose lui. Dovevo aspettarmelo, continuava a ripetersi. << Capisco >>.

<< No, non credo tu abbia capito. Probabilmente ora pensi che invece di essere triste per la tua partenza io mi sia consolata andando tra le braccia di un altro. Non è così. Prima di riuscire a parlare con qualcuno che non fosse Helen ho impiegato tre mesi.

Poi, prima di fidarmi nuovamente di un uomo ho impiegato due anni. Ed è stato a quel punto che io e Lukas ci siamo messi insieme. Ma prima di concedermi a lui siamo stati insieme altri due anni. Avevo paura… >> spiegò con il viso basso, giocherellando con le dita del ragazzo, incrociate tra le sue.


<< Paura di cosa? >> domandò curioso, scrutandola negli occhi che continuava a tenere bassi.

<< Di farmi toccare da un uomo che non fossi tu. Paura che mi facesse del male. Che non mi toccasse nel modo che usavi tu. E che non mi capisse >> si ritrovò commosso dalle parole appena pronunciate da quella ragazza a prima vista così forte ma in realtà così fragile e indifesa. La strinse forte al suo petto, baciandole dolcemente la fronte.

<< Sai, sei diventata molto più brava >> esclamò sghignazzando. Sara sorrise divertita, alzando lo sguardo verso di lui.

<< Dovevo testare la tua fama di SexGott >> lo provocò, leccandosi leggermente il labbro inferiore e notando come il ragazzo osservò attento il suo gesto.

<< E il titolo ti è sembrato azzeccato? >> continuò, inarcando un sopracciglio con fare vanitoso.

<< Eeeeeh, mi aspettavo di meglio >> concluse, riparandosi, ridendo, contro il suo petto sapendo già la reazione che avrebbe avuto. Tom spalancò gli occhi con fare indignato.

<< Assi? >> fece, sorridendo diagonalmente. La ragazza rise in risposta.

<< Allora stavolta ti farò urlare >> sussurrò sensualmente portandosi sopra di lei. Sara sogghignò e capovolse la situazione, portandosi invece sopra di lui, che sorrideva.

<< Questo lo vedremo >> soffiò sulle sua labbra, mantenendo un sorriso malizioso, per poi impossessarsene gelosamente.

Sorrise, notando le palpebre della ragazza sbattere con leggerezza. Questa aprì piano gli occhi, guardandosi attorno per un paio di secondi, e poi li richiuse infastidita dalla luce.

<< Ma porco… >> esclamò, spingendo il viso contro il petto di Tom cercando di trattenersi dal bestemmiare. Tom ridacchiò e le baciò la fronte.

<< Buongiorno >> le disse ironicamente, ammiccando alla bella esclamazione che stava per uscirle dalle labbra. Sara alzò lentamente il volto verso di lui, poi verso il suo petto. Mise insieme le cose e sembrò riprendersi un poco. Si allontanò piano dal suo
petto e rispose con un:

<< Oh… Ciao >> Tom aggrottò le sopracciglia. Il tono che aveva usato non gli era piaciuto neanche un pò. Sembrava scocciata o arrabbiata. Forse si è pentita, pensò tristemente.

<< Qualcosa non va? >> domandò intimorito.

<< No, no. Tutto apposto >> continuò a guardarla non convinto e quindi ci riprovò.

<< Allora che hai? >> Sara chiuse gli occhi e sospirò, strisciando un poco con il fianco all’altro lato del letto.

<< Niente, è che… >> si sdraiò di nuovo, voltando le spalle al chitarrista. << Credo sia meglio che tu vada >>

Tom restò un attimo interdetto, fissando le sue spalle; gli occhi e la bocca spalancati. Lei non si voltava, non gli saltava in braccio urlandogli che stava scherzando e che avrebbe annullato il matrimonio a momenti per tornare insieme a lui. Matrimonio che, ora che ci pensava, non sarebbe avvenuto molto più tardi. Scese dal letto con passo pesante e si rivestì lentamente. La guardò ancora con la coda dell’occhio, ma lei non accennava a voltarsi. Le scese una lacrima a dirgli quelle cose. Aveva sbagliato fin dal principio quando aveva deciso che gli sarebbe tornata amica. Non avrebbe dovuto farlo. Doveva saperlo che sarebbe finita in quel modo, proprio come la prima volta che si erano conosciuti. E lei era fidanzata. Ma invece era già finita a letto con lui, poco tempo prima del matrimonio. Probabilmente se loro si fossero lasciati come una coppia comune, anni prima, e ora avessero fatto quello che fecero quella sera, lei avrebbe annullato il matrimonio e sarebbe tornata tra le sue braccia più che volentieri. Ma lui l’aveva abbandonata. E lei viveva nel terrore che questo potesse riaccadere. Sentì la porta chiudersi lentamente e un singhiozzo uscì dalle sue labbra.

Scese le scale lentamente e poi percorse il corridoio. Si fermò nel centro di questo e guardò sopra la sua testa, dove c’era la ringhiera del secondo corridoio –quello delle camere. Rimase qualche secondo a fissare la sua porta, ma lei non usciva. Abbassò lo sguardo, sospirando, e uscì dalla villetta. L’Audi di Bill era ancora parcheggiata nel vialetto. Quindi lui, fortunatamente, non se n’era andato abbandonandolo lì come un deficiente; e di certo non se l’era fatta a piedi, pigro com’era. Doveva essere ancora in casa, per forza.

Bill si svegliò presto quella mattina, voltò lo sguardo sulla ragazza sdraiata accanto a lui -che gli dava le spalle- e sorrise. Non avevano fatto nulla quella notte, solo dormito abbracciati. Ma a lui era bastato. Sfilò il braccio destro da sotto il suo corpo, le baciò la fronte e uscì dalla camera. Scese le scale e si fermò nel corridoio. Sentì dei piccoli singhiozzi soffocati provenire dalla cucina. Scossa la testa, prevedendone già il motivo. Si diresse convinto verso la ragazza, che sedeva al tavolino di spalle a lui. Sospirò e le strinse la vita da dietro. Sara sapeva già chi era e, pur non aspettandosi di trovarlo in casa sua a quell’ora, si voltò verso di lui senza nemmeno guardarlo in faccia e si buttò tra le sue braccia, piangendo più forte. Non sapeva perché piangeva ma era certo che centrasse suo fratello. Il suo cellulare prese a vibrare nella tasca dei suoi jeans. Era andato a dormire vestito, bravo scemo; si ritrovò a pensare. Rispose, sapendo già chi fosse.

<< We >>

<< Oh ma dove cazzo sei? >>

<< Dentro casa, ora esco >>

<< Ok, hai tu le chiavi della macchina? >> Sara stava ascoltando la conversazione, con ancora il braccio dell’amico che le circondava la vita. Le lacrime scesero più velocemente al suono della sua voce. Tirò la manica al cantante per attirare la sua attenzione e costringerlo a guardarla.

<< Aspetta un secondo >> il gemello rispose con un grugnito infastidito. La sua voce triste e cupa confermò ulteriormente a Bill che quanto faceva stare male la mora dovesse riguardare Tom e rattristasse entrambi.

<< Ehi, che c’è? >> le domandò. Sara singhiozzò e tirò su con il naso.

<< Non andare, per favore >> Bill la guardò commosso dalla sua dolcezza e rattristito al tempo stesso dalla sua agonia. Quei due avrebbero dovuto stare insieme. Solo così sarebbero stati davvero felici.

<< Tomi? >>

<< Ci sono >>

<< Ascolta ti do le chiavi e vai tu a casa ok? Io rimango qua. >> Tom sospirò dall’altra parte e Bill poté giurare di averlo sentito borbottare qualcosa come “beato te”.

<< Ok, sono fuori >> senza neanche dargli il tempo di rispondere attaccò. Bill fece una faccia sconsolata e guardò la ragazza che gli stava stringendo fortemente la vita, come sentendo il bisogno di calore accanto a lei. Lo guardava con gli occhi sgorganti di lacrime, speranzosa.

<< Ehi, ascolta. Vado a portare le chiavi a Tom e torno subito da te, ok? >> le parlò in modo dolce, cercando di rassicurarla. Lei rimase qualche attimo immobile, poi assimilò la sua frase e annuì vistosamente. Bill le sorrise, prese le chiavi dalla tasca e uscì per darle al fratello. Lo trovò appoggiato con la schiena alla sua macchina, con il cellulare tra le mani. Era immobile. Gli si avvicinò e sospirò.

<< Ancora quella foto… >> esordì. Il fratello non si scompose. Piano, alzò il volto verso il suo. Bill rimase un attimo interdetto. Suo fratello aveva gli occhi lucidi. Fece un passo verso di lui e lo abbracciò stretto. Quasi poté sentire tutta la sua tristezza che lo schiacciava come un masso. Tom aveva una fissa per quella foto. Ritraeva lui e Sara all’uscita del bar dove fecero la prima esibizione. Gliel’aveva fatta Bill. Lo salutò e gli disse che sarebbe tornato per pranzo, probabilmente. Tom annuì sovrappensiero. Il suo sguardo cadde alla finestra. Lei era appoggiata con la spalla che li osservava. Quando incrociò gli occhi del ragazzo, abbassò lo sguardo. Prese la tenda e la tirò, impedendogli di vedere ancora. Ti amo, sussurrò la sua mente. Ma chiuse gli occhi e, salutato il fratello, salì in macchina, guidando verso casa.

Bill rimase sul marciapiede, finché non vide la macchina sparire. Rientrò in casa dalla ragazza e si fece spiegare la situazione. Quando lei, alla fine del racconto, sussurrò quel “tanto non mi ama”, Bill ebbe un’illuminazione. Sussultò, ricordandosi di quel che lui non le aveva mostrato cinque anni prima, per vergogna.

<< Vieni con me >> esclamò solamente. Prese le chiavi della Mercedes della ragazza e la fece infilare al suo interno. Guidò per almeno venti minuti, ignorando le domande della ragazza che alla fine ci rinunciò e si mise comoda sul sedile, cercando di riconoscere la strada. Quando arrivarono, vide un parco davanti a sé. Lo riconobbe subito ed ebbe un sussulto spaventoso. Bill le strinse la mano cercando di rassicurarla. Sapeva i ricordi orribili che quel parco suscitava in lei e sapeva che dopo quella sera lei non c’era più tornata. Continuò a rassicurarla e l’accompagnò attraverso gli alberi. Rivide il muro su cui cinque anni prima aveva fatto il suo capolavoro. Era ancora lì, che rievocava la libertà. Bello come se lo ricordava, solo con i colori un po’ più sbiaditi. Lo superarono e camminarono ancora un po’. Ogni tanto stringeva convulsamente la mano di Bill e gli si avvicinava di più, terrorizzata ancora dai ricordi. Finalmente arrivarono a destinazione. Davanti a lei c’era un muro. Un muro con un graffito. Un graffito splendido a dirla tutta. I colori sfumavano dall’azzurro al blu e dal bianco al nero. Poco dopo si concentrò sulla scritta. Bill la osservava con un mezzo sorriso. Lei invece teneva gli occhi mezzi chiusi nel tentativo di capire che ci fosse scritto. Ci riuscì. Il suo cuore fece una capovolta. Credette di sentirlo in gola e poi riscendere fino a terra. I suoi occhi, già arrossati, si riempirono nuovamente di lacrime. Le gambe le tremavano. Si lasciò cadere sull’erba, stringendola tra le dita. I capelli le coprivano il viso rigato di lacrime e la sua bocca continuava a fare uscire singhiozzi. Alzò di nuovo lo sguardo verso quel muro. Non si era sbagliata. C’era davvero scritto quel che credeva.

Irgendwann laufen wir zusamm
Weil uns einfach nichts mehr halten kann
Durch den Monsun
Dann wird alles gut
 

Ich liebe dich meine kleine prinzessin.
Tom.

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Ciao a tutte :) allora, per chi non lo sapesse la scritta finale vuole dire: “prima o poi correremo insieme perchè semplicemente nessuno ci può più trattenere attraverso il monsone e dopo tutto sarà ok. Ti amo mia piccola principessa. Tom.” Beh ringrazio tutte le mie adorabili lettrici :) Spero vi sia piaciuto. Sara. 

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Capitolo 9
*** Chapter nine: Amici mai ***


Chapter nine:  Amici mai

 
Si guardò allo specchio che aveva davanti mentre Helen, dietro di lei, le squadrava il volto e le toccava i capelli.
<< Sicura che posso fidarmi? >> domandò la mora, sorridendo sfacciata all’amica. Questa le fece una linguaccia.
<< Conosci una truccatrice migliore di me? >> rispose altezzosamente. L’amica alzò gli occhi al cielo e sorrise. << Quindi dovrai accontentarti! >> La bionda prese tra le mani una ciocca di capelli scuri e la avvolse intorno  alla piastra per boccoli. Continuò la medesima operazione con tutte le altre ciocche, poi prese le superiori unendole tra loro con delle spille adornate da fiorellini di mirto, fiori simboli di Afrodite.
<< Posso vedermi adesso? >> sbuffò Sara.
<< Col cavolo! Devo ancora truccarti! >> la bionda prese tutto ciò che le serviva e lo posò sul mobiletto davanti all’amica.
<< Helen, non riesco ancora a realizzare… >> le mise dell’ombretto rosa sulla palpebra e lo sfumò con il marrone.
<< A chi lo dici… La mia migliore amica si sposa. E io con chi mi divertirò adesso? >> fece la medesima operazione sull’altro occhio e poi le mise la matita nera sulla palpebra.
<< Beh, c’è sempre Bill… >> ammiccò la mora. La bionda sussultò ma non si scompose e continuò a stendere il fard rosa sulle guance di Sara. << Vi siete più visti dopo il bacio del tuo compleanno? >> Helen abbassò lo sguardo sui pennelli che aveva di fronte. Non rispose. Girò la sedia dell’amica, mostrando la sua immagine riflessa nello specchio. Sara spalancò gli occhi portandosi le mani alla bocca.
<< O mio Dio, Helen, hai fatto un lavoro perfetto! >> la bionda sorrise ma non smise di pensare alla domanda precedente. Non si erano più rivisti. Lei era troppo codarda. Sara si accorse della sua espressione.
<< Lo vedrai tra poco. Perché non parli con lui? >> le propose. Helen scosse la testa.
<< Meglio di no >> Sara sbuffò.
<< Dammi una buona motivazione >>
<< La stessa per cui tu non molli Lukas per Tom… Paura. >> quelle parole la trafissero. Abbassò lo sguardo sentendo la tristezza crescere in lei insieme ai ricordi.
<< Io non ho paura. Tu di cosa ce l’hai, invece? >>
<< Sai quel che penso dell’amore… Esattamente quello che pensavi tu prima di rammollirti… Che non esiste e che ti imbroglia. T’illude, ti fa credere che tutto sia perfetto e poi ti porta via ogni cosa, lasciandoti una ferita che non si rimargina >> le parole dell’amica la colpivano più del solito quel giorno. Proprio quello dove aveva più bisogno di certezze.
<< Devi vestirti. Tra un po’ devi sposarti >> Helen le sorrise, come se niente fosse successo. Sara cominciava ad avere paura. Doveva legarsi a quella persona per sempre. Ci sarebbe riuscita?
Si guardò all’enorme specchio della stanza. Quel vestito era bellissimo. Il corpetto a cuore bianco le fasciava il busto. Era senza spalline e costellato di Swarovski. Poi scendeva e lateralmente si allargavano delle balze mentre la gonna diventava sempre più ampia. Era meraviglioso e le stava a pennello. Helen arrivò dietro di lei, coperta dal suo vestitino color lavanda, e le fissò il velo trasparente ai capelli.
<< Sei bellissima >> le disse, sorridendo. Sara la osservò dallo specchio: aveva gli occhi lucidi. Si voltò verso di lei e la strinse come meglio poteva con quel vestito.
<< Sai che ti voglio un bene assurdo, vero Bionda? >> Helen annuì e alzò lo sguardo tentando di fermare le lacrime ed evitare che il trucco si sbavasse.
<< Sei pronta, splendore? >> “no, neanche un po’” avrebbe voluto risponderle. Ma, questo, Helen già lo sapeva.
 
<< Tom? Sei pronto? >> dal piano superiore non ci fu nessuna risposta. Bill sbuffò e salì le scale di corsa. Spalancò la porta della camera del fratello, trovandolo seduto con le cuffie in testa. Gli diede uno scossone per attirare la sua attenzione.
<< Tom, cazzo, muoviti o arriveremo in ritardo! Che diavolo ci fai ancora in tuta? >> urlò indispettito.
<< Io non ci vengo, Bill >> la sua voce era flebile, tanto che Bill si acquietò leggermente.

Certi amori non finiscono
fanno dei giri immensi e poi ritornano
amori indivisibili, indissolubili, inseparabili.
Ma amici mai
per chi si cerca come noi
non è possibile
odiarsi mai per chi si ama come noi
basta sorridere…


<< Non puoi non venire, ci tiene che noi andiamo >> Bill prese posto sul letto, di fianco al fratello. Sapeva che sarebbe stata dura convincerlo. Quanto Tom avesse sofferto in quei giorni solo lui lo sapeva.
<< Non posso venire, non ce la faccio >> Bill sospirò. Per farlo uscire di casa e portarlo a quel dannato matrimonio avrebbe dovuto usare le maniere forti.
<< Adesso basta, Tom! >> si alzò di colpo, sotto lo sguardo sconcertato del fratello. << Smettila di piangerti addosso! Alza quelle chiappe, infilati uno smoking e vieni a riprenderti la donna che ami, per l’amor del cielo! >> Tom lo guardò allibito.
<< Ma che cazzo stai dicendo? >> Bill aprì le ante dell’armadio, estrasse l’abito e lo appoggiò sul letto.
<< Vuoi indossarlo o devo fartici entrare io? >> lo minacciò. Tom era esterrefatto.
<< Vorresti che andassi al suo matrimonio e le impedissi di sposarsi? >> Bill annuì animatamente.
<< Ti sei bevuto il cervello? >>
<< Muoviti Tom, cavolo, è la tua ultima occasione! Per una volta, una cazzo di volta, vuoi fare quello che ti dico? >> il gemello corrugò la fronte.
<< Dammi cinque minuti >>
<< Te ne do due >> Bill uscì dalla stanza sospirando, sollevato. Sorrise mentre afferrava le chiavi della macchina.
 
La marcia nuziale era partita. Non riusciva a crederci. Stava andando all’altare. Aveva tra le mani un bouquet. Il velo le copriva il viso. Suo padre le teneva il braccio e, con una leggera spinta, le intimò di avanzare. Sara prese fiato. Fece un passo tentando di sorridere. Nei suoi occhi cominciarono ad accumularsi lacrime brucianti. Helen sapeva bene come l’amica si sentiva. Scosse la testa.
<< Siamo arrivati in tempo? >> ansimò Bill, fermatosi dietro di lei. Alla ragazza si fermò il cuore. Annuì piano senza distogliere lo sguardo dall’amica.
<< Tom, puoi ancora farcela >> gli disse il gemello. Ma Tom non lo sentì. Il suo sguardo era puntato su di lei. Con quel vestito pareva un angelo. Un sorriso si fece spazio sul suo volto. Era meravigliosa. Per un attimo, desiderò di essere lui l’uomo che l’attendeva all’altare per pronunciare quel fatidico “sì” e accompagnarla per il resto della vita.
<< Ti prego, fermala prima che faccia la cazzata più grande della sua vita. >> gli sussurrò Helen, speranzosa.
<< Non posso… >> rispose con lo sguardo ancora fisso su di lei.
<< Come sarebbe a dire che non puoi? >> squittì il gemello.
<< Se lei è felice con lui, è giusto che salga su quell’altare e faccia la sua scelta. >>
<< Ma lei non è felice!  >> strillò Helen, tentando di mantenere il tono abbastanza basso.
<< Tu non la ami… >> sussurrò Bill. Tom si voltò verso di lui, gli occhi spalancati.
<< Certo che l’amo, Bill! >>
<< No, tu non sei innamorato. La rivolevi solo perché non è più tua… >>
<< Ma non è vero! >> urlò il gemello.
<< Ah no? E allora come mai sei ancora qui a discutere con me invece che cercare di riprendertela? >> sentenziò il ragazzo, guardandolo in modo provocatorio. Tom la osservò di nuovo. << Non lasciartela scappare di nuovo, Tom… >> il ragazzo aveva lo sguardo vacuo, perso su di lei. Non poteva perderla di nuovo.
 
Sara osservò il ragazzo all’altare. “Tom?” pensò, sconvolta. Un enorme sorriso si aprì sul suo volto. Sbatté le palpebre e riposò lo sguardo nel medesimo punto. Tom non c’era. Ma Lukas era là in piedi ad attenderla. Il suo sorriso scomparve. Stava per sposarsi. Stava per sposarsi con un ragazzo che non amava. Che diavolo stava combinando? Una lacrima scivolò giù sulla sua guancia. Le sue gambe tremarono sotto all’enorme gonna del vestito nuziale. I suoi piedi si piantarono a terra. Si immobilizzò a pochi passi dall’altare. Le persone sedute cominciarono a parlare tra loro mentre un brusio di sottofondo si innalzava. Lukas si toccò il colletto della camicia, nervosamente. La marcia nuziale si fermò. Sara osservò suo padre. Scosse piano il capo. Lui le sorrise. Lo sapeva già, aspettava solo che anche lei lo capisse. La ragazza si voltò verso l’uscita e si mise a correre in quella direzione, strappandosi il velo e lasciandolo al vento. Le lacrime scesero sul suo viso, marcando la sua pelle con strisce di mascara. Si fermò davanti al laghetto, non lontano dalla chiesa. Era circondata dai cespugli e anatroccoli che nuotavano sul filo dell’acqua. Si accasciò sull’erba e si lasciò andare ai singhiozzi.
 
<< Muoviti Tom! Va da lei! >> gli suggerì Helen. Bill lo spinse fuori dalla chiesa mentre il gemello si voltava a guardarlo, ancora tramortito. Bill gli lanciò uno sguardo complice, sorridendo incoraggiante. “Forza fratello” Pensò mentre Tom si allontanava di fretta.
La trovò velocemente. Era seduta davanti ad un laghetto, piangeva.

No no non piangere
ma come faccio io a non piangere
Tu per me sei sempre l'unica
straordinaria, normalissima
vicina e irraggiungibile, inafferrabile, incomprensibile.

 
Lui sorrise. L’amava, ne era certo. Stava per avanzare verso di lei quando una voce lo fece immobilizzare.
<< Kaulitz! >> Tom grugnì, infastidito dalla sua sola voce. Lukas lo affiancò mentre entrambi la osservavano.
<< Già… Fa male vederla così… >> Tom lo osservava sconcertato, non capendo dove volesse parare.
<< Va da lei… >>
<< Cosa? >> esclamò sbigottito.
<< Lo sappiamo entrambi che non è questo ciò che vuole… >> continuò indicando la chiesa. << Perciò… va da lei. È te che vuole >> Tom sorrise. I ragazzi si strinsero la mano. << Grazie >> gli sussurrò prima di dirigersi verso di lei.
Più si avvicinava più avvertiva la sua sofferenza. Si sedette al suo fianco. La ragazza alzò lo sguardo lucido verso di lui.
<< Non pensavo saresti venuto >> gli disse asciugandosi le lacrime.
<< Come avrei potuto perdermi il tuo matrimonio?!?! >>
<< Credevo mi odiassi. E poi… non ti saresti perso niente. >> Sara puntò lo sguardo su due anatroccoli che nuotavano al filo dell’acqua.
<< Ma sono felice che tu sia venuto… >> continuò, posando lo sguardo su di lui. Tom sorrise dolcemente e lei perse un battito.

Ma amici mai
per chi si cerca come noi
non e' possibile
odiarsi mai per chi si ama come noi
sarebbe inutile.


<< E io sono felice che tu non ti sia sposata… >> stavolta fu lei a sorridere. Tom si avvicinò un po’ di più a lei, posando la mano sulla sua, appoggiata sull’erba.
<< E come mai? >> rispose lei, ammiccante.

Mai mai il tempo passerà
Mai mai il tempo vincerà


<< Non avrei mai potuto vederti tra le mani di un altro uomo… >> Tom si avvicinò ancora al suo viso.
<< E come mai? >> continuò a punzecchiarlo con medesimo tono.
Il nostro non conoscersi
per poi riprendersi
e' una tortura da vivere

<< Perché ti amo >> Sara spalancò gli occhi. Non si aspettava una confessione simile. Ma, anche se lui continuava a fissarla impassibile, lei riuscì a notare una scintilla di verità nel suo sguardo. << Sei davvero bellissima... >>

Il nostro amore e' unico, insuperabile, indivisibile
ma amici mai.


<< Non mi lascerai mai più, vero? >> domandò lei speranzosa, con la voce tremolante tanto che Tom si fece prendere maggiormente dalla compassione e dall’amore per quella ragazza bellissima.
<< Non ci riuscirei mai >>
<< Allora ti amo anche io >> Tom fece un sorriso enorme.
<< Dio, quanto ti amo… >> riuscì a dire prima che lei gli si lanciò sopra buttandolo a terra e premendo le proprie labbra sulle sue.

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Ciao ragazze! Cavolo ce l’abbiamo fatta finalmente xD purtroppo non posso ringraziarvi singolarmente poiché sono stanchissima e probabilmente per questo troverete anche degli errori, chiedo venia D: spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto :) La storia è quasi giunta al termine! :) Non sono sicura di quanti saranno ancora, probabilmente il prossimo sarà l’ultimo ma non è detto! :) Fatemi sapere se vi è piaciuto o meno! Un enorme bacio e grazie a tutte quante!
Sara.
 
 
 

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Capitolo 10
*** Chapter Ten: Revelations! ***


Sono tornata!! Ciao a tutte. Sì, finalmente sono tornata. Ho riletto questa a storia e non sono riuscita a contenermi. Dovevo andare avanti. Anche se sono passati alcuni anni ormai. Spero vivamente che le mie lettrici ci siano ancora e, soprattutto, che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate!

Ciao a tutte e grazie! Sara.

Chapter Ten: Revelations!

Erano passati cinque anni da quel giorno, erano cinque anni che stavano di nuovo insieme. Molte cose erano cambiate. La loro vita era diversa, a volte faticosa, ma niente li avrebbe fatti tornare indietro. Non rimpiangevano nulla. Avevano ovviamente avuto alti e bassi, tutti quanti. C’erano stati problemi, urli, minacce ma con un solo sguardo capivano quanto erano indispensabili l’uno per l’altra.

Sara ripensava alla sua vita prima di quel giorno mentre fissava il ragazzo che tanto amava da dietro le quinte. Di tanto in tanto guardava verso le file di ragazze di fronte al gruppo, che urlavano, piangevano, sporgevano le mani verso i loro idoli. E lei non poteva far altro che chiedersi: “che ho fatto io, per meritarmi un amore come questo? Un amore che tante vogliono. Perché io posso averlo?”. Era così felice. Si sentiva fortunata. Osservava il piccolo anellino d’oro bianco che aveva al dito da ormai tre anni. Sorrise e si voltò verso Helen che sedeva accanto a lei. I suoi occhi erano rivolti amorevolmente a Bill. Stavano insieme da ormai tre anni e mezzo loro. Sara si voltò nuovamente verso i ragazzi e per un momento incontrò lo sguardo di Tom che sorrise, tornando a fissare la sua chitarra. Non riusciva a credere di essere finalmente così felice. Erano cinque anni che passavano ogni giorno assieme, e nessuno dei due si era stanco. E, credevano, non lo sarebbero mai stati.

Sara avvertì la voce di Bill interrompere i suoi pensieri e annunciare una vecchia canzone: Ready set go! Le due ragazze sorrisero flebilmente mentre le giovani fan urlavano ancora più forte. Ascoltavano in silenzio la canzone fino all’arrivo di alcune parole a loro familiari. Bill abbassò il tono di voce mentre la musica diventava più flebile e si avvicinò al gemello, il quale alzò lo sguardo. I due si guardarono sorridendosi. Sara sapeva il significato che aveva per loro quella frase. E ogni volta che lo pronunciavano si guardavano negli occhi, come una vera promessa. Ma sta volta fu diverso.

-I promise you right now…- I due ragazzi, dopo essersi guardati come appunto a prometterselo tra loro, si voltarono verso le due ragazze. Bill avvicinò il microfono alla sua bocca e a quella del fratello –I’ll never let you down- cantarono insieme. Poi sorrisero alle compagne e pochi secondi dopo erano già girati verso il palco continuando la canzone. Le due ragazze si guardarono con la bocca spalancata e gli occhi luccicanti di gioia e amore. Poi, proprio come due fan innamorate, cominciarono a urlare saltellando e tenendosi le mani. Il manager del gruppo le osservava in disparte, poi scosse la testa sorridendo e tornò a guardare i suoi ragazzi.

Finito il concerto il gruppo sparì dietro le quinte. Bill e Tom si fermarono dalle loro ragazze, prendendole tra le braccia e donando loro un dolce bacio.

-Ci vediamo tra poco- mormorò Tom sorridendole. Sara annuì, ricambiandogli il sorriso, e lui andò a sistemarsi nel loro camerino. Le due amiche si sedettero l’una accanto all’altra sulle poltroncine di pelle nera dietro a un tendone e la bionda si rivolse alla mora.

-Allora? Quando glielo vuoi dire?- domandò sorridendo sorniona. L’amica alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Glielo aveva chiesto già numerose volte prima di quella. Da una settimana, glielo domandava almeno due volte al giorno.

-Hely, quante volte te l’ho detto!? Non me la sento di dirglielo. Magari poi non è nemmeno vero-

-Bugiarda. Hai già fatto cinque test in una settimana, tutti positivi. E ancora non ne sei sicura?- Sara alzò ancora gli occhi al cielo.

-Aspetto il momento giusto- rispose lei, seccata.

-E quale sarebbe? Quando sarà evidente e non potrai più nasconderlo?- incrociò le braccia al petto guardandola di sbieco. Sara socchiuse gli occhi e sospirò.

-Lo sai che ho paura…- soffiò lei.

-Ma di cosa?- chiese la bionda allargando le braccia.

-Lo sai. Che magari lui non ne sia felice. Magari non vorrà… Ne ho una paura pazzesca- Helen sospirò e posò la mano su quelle dell’amica, che muoveva nervosamente. La guardò negli occhi e le sorrise.

-Tom è un ragazzo fantastico. E sono sicura, ne sarà felice. Non hai nulla da temere- il suo sorriso e le sue parole riuscirono a rassicurarla. Fece appena in tempo a sussurrare un flebile “grazie” poiché, pochi secondi dopo, Bill arrivò, abbracciando da dietro la sua ragazza seduta, accompagnato da Tom che era rimasto leggermente indietro.

-Di che parlate voi due, chiaccherone?- domandò Bill, stampando un bacio sulla guancia della bionda, la quale si voltò a guardare l’amica. Sara la implorò di non dire nulla attraverso lo sguardo intanto che Tom l’aveva raggiunta, chinandosi di fronte a lei e dandole un leggero bacio a fior di labbra.

-Nulla, parlavamo di come siete stati bravi- rispose Helen, salvando l’amica che tirò un sospiro di sollievo.

-Vi siamo piaciuti?- chiese Tom, scrutando il viso della sua amata e cogliendoci una leggera preoccupazione.

-Sì, e siete stati anche dolcissimi- sorrise lei dandogli un altro bacio. Tutti e quattro si alzarono, dirigendosi verso il parcheggio e cercando la loro macchina. Trovarono Gustav e Georg ad aspettarli, con accanto le loro donne.

-Ragazzi cosa facciamo ora? Siete carichi o volete riposarvi?- si guardarono tra di loro.

-Che dite di andare a berci qualcosa in un bar tranquillo e poi tutti in albergo?- propose Tiffany, la ragazza di Gustav. Helen annuì.

-Per me va bene- rispose guardando verso l’altra coppia. Tom e Sara si guardarono negli occhi facendo spallucce.

-Quanto sei stanco?- domandò lei. Tom scosse la testa.

-Non sono stanco, se per te va bene possiamo andare- rispose, rivolgendosi a lei. Sara annuì e rispose: -Allora andiamo-. Bill e Helen salirono in macchina con Sara e Tom, mentre Gustav e Georg andavano insieme. Mentre guidava, Tom scrutava curioso e preoccupato la sua ragazza, la quale osservava il cielo stellato dal finestrino. Spostò la mano dal cambio e strinse quella della mora, appoggiata sul proprio ginocchio. Lei posò lo sguardo sul ragazzo, facendogli un debole sorriso. Osservò la mano che la stringeva e appoggiò anche l’altra su quella di Tom, accarezzandogliela dolcemente. Quel gesto era sempre riuscito a dare un senso di conforto in lui.

-Piccola, qualcosa non va?- le chiese con tono preoccupato. Lei abbassò nuovamente lo sguardo sulle loro mani intrecciate e gli regalò un altro sorriso.

-No, amore. Va tutto bene- Tom non sembrò convinto.

-Sei sicura? Mi sembra che qualcosa ti preoccupi. A che pensi?- Sara maledì la sua capacità di capire quello che lei provava e se qualcosa la preoccupava.

-Sono sicura. Sono solo un po’ stanca, tutto qua. Dev’essere il jet lag- ma lui continuò.

-Perché non me lo hai detto? Se sei stanca chiamo Georg e torniamo subito in albergo- lei scosse la testa vigorosamente.

-No, no. Stai tranquillo- lui annuì ma ancora non era convinto. Sapeva benissimo quando la sua ragazza aveva qualcosa che la preoccupava. Più tardi glielo avrebbe richiesto.

Arrivarono al bar. Parcheggiarono ed entrarono subito. Molta gente si voltò a guardarli. Si sedettero a un grosso tavolo e una cameriera venne a prendere loro le ordinazioni. Il gruppo scherzava e rideva rumorosamente ma Tom, sebbene non si risparmiasse le sue solite battute, guardava la sua dolce ragazza di sottecchi. Le teneva un braccio intorno alla vita e la stringeva a sé, assaporando il fresco profumo dei suoi capelli di tanto in tanto e dandoci sopra qualche lieve bacio. La guardò di nuovo in volto. Sorrideva ma non aveva una bella cera. Era pallida, più del solito, e la sua espressione sembrava quasi disturbata. Come se non stesse bene. Le loro ordinazioni arrivarono al tavolo. Tom bevve un sorso del suo drink e si girò verso la mora, volendole chiedere se stesse bene. Ma lei lo precedette poiché, dopo aver bevuto anch’ella un sorso dal proprio bicchere, si alzò e si diresse in corsa verso il bagno. Tom la guardò sparire dietro la porta che si richiuse da sola alle sue spalle e subito si alzò, volendola seguire per accertarsi che stesse bene. Ma Helen si alzò insieme a lui e gli fece cenno di risedersi.

-Vado io, tranquillo- disse. Tom si rimise lentamente seduto, fissando l’amica. Non sapeva come comportarsi. Guardò il fratello e poi gli amici che lo osservavano.

-Ah non guardatemi così, non ne ho idea- mormorò lui. Georg e Gustav continuarono allora a parlare insieme alle loro ragazze. Bill posò una mano sulla spalla di Tom e gli sorrise, tentando di rassicurarlo. Poco dopo le due amiche riapparvero dalla porta del bagno. Sara era ancora più pallida e si era bagnata leggermente il viso. Tom si alzò, andando in contro alla sua ragazza, e Helen li lasciò soli proseguendo verso il tavolo. Lui le strinse le mani intorno al volto e la costrinse a guardarlo.

-Piccola, ma che hai? Non stai bene? Se non stai bene ti riporto subito a casa- disse lui premuroso. Gli occhi di lei erano lucidi a causa del vomito. Abbassò lo sguardo.

-Non so… Forse dovrei riposarmi un po’…- a Tom bastarono quelle parole. Diede un dolce bacio sulla sua fronte e poi le prese la mano, accompagnandola al tavolo.

-Ragazzi, noi andiamo in albergo- pronunciò, osservando la mora che teneva lo sguardo basso sulle sue ballerine. –Bill, Helen, voi venite con noi o aspettate un taxi?- i ragazzi si guardarono in volto.

-Ma no, allora andiamo tutti a questo punto- disse Georg. Gli altri annuirono e così salirono tutti alle macchine, dirigendosi all’albergo. Salirono tutti alle rispettive camere da due, dopo essersi augurati la buonanotte. Tom tenne la mano di Sara per tutto il tempo, come se con quel gesto avesse potuto scacciare le sue preoccupazioni. Aprì la porta e l’accompagnò all’interno tenendole una mano sulla schiena, in modo affettuoso. Lei andò subito verso il bagno e si sciacquò il volto con l’acqua fredda, di nuovo. Si asciugò e si guardò allo specchio. Era davvero pallida. Sembrava malata. Tom aspettava che lei finisse, appoggiato allo stipite del bagno con la spalla.

-Ehi…- le sussurrò, stringendola poi da dietro. Lei chiuse gli occhi, beandosi di quel contatto.

-Vuoi dirmi cos’hai?- continuò. Lei si irrigidì leggermente. Aprì gli occhi e li puntò in quelli del ragazzo, dallo specchio. Poi sospirò. È il momento… Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto rivelarglielo. Ma continuava ad aver paura e a pensare che non si sentiva pronta a pronunciare quelle parole, ciò significava ammettere che stava accadendo veramente.

Tom continuava a scrutarla preoccupato. Lei afferrò la sua mano e lo condusse sul letto.

-Siediti- gli disse flebilmente. Lui la fissò accigliato ma obbedì senza fare altre domande. Cominciò ad agitarsi, si vedeva da come stringeva le mani, unite sulle sue gambe, convulsamente. Lei sospirò ancora mentre si sedeva accanto a lui, sulle coperte color cremisi. Prese un profondo respiro.

-Io…- cominciò. –Devo dirti una cosa…- Tom continuava a osservarla preoccupato. La mano della mora si allungò verso le sue, stringendole in un debole tentativo di rassicurarlo. Lui deglutì.

-Io… - continuava a guardarsi in giro cercando le parole giuste. Ma lui le prese piano il viso tra le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi. Vedeva la preoccupazione nello sguardo del ragazzo. Lui la incitò con lo sguardo. Allora capì. Non c’erano parole giuste o sbagliate. Girarci intorno era inutile, poiché in queste situazioni le parole giuste non esistono. L’importante, pensava, è che lui lo sappia.

-Aspetto un bambino- pronunciò quelle parole con voluta decisione. Ma la sua voce tremolante tradiva le sue vere emozioni. Scrutava l’espressione di Tom. Ma lui non faceva né diceva nulla. Sara cercava una minima reazione nel suo ragazzo. Ma lui non si muoveva. Il suo sguardo aveva smesso di fissarla. Era vacuo, perso nel vuoto. Lei prese a fissarsi la mano, appoggiata ancora su quelle di Tom, mentre gli occhi cominciavano a diventarle lucidi. Poi li alzò di nuovo su quelli del ragazzo e notò che anche i suoi erano lucidi. Il cuore le si strinse. Ora mi odierà…

-Ti prego, dì qualcosa- mormorò lei, con la voce spezzata dal pianto. Gli occhi di Tom si posarono con disarmante lentezza nei suoi. Non riusciva a contenere le miriadi di emozioni che si stavano formando in lui. Non riusciva a pensare. Il suo cervello sembrava bloccato e non riusciva a credere alle parole che aveva appena udito, credeva di aver capito male. Quella frase gli rimbombava nel cervello. Ma il volto affranto della sua amata lo risvegliò.

-Sei… Sicura?- una lacrima rigò il viso della mora, che annuì vistosamente.

-Ho fatto cinque test, tutti positivi…- rispose. Tom sbatté gli occhi più volte. Il suo cuore galoppava e sentiva le lacrime formarsi. Ma non voleva piangere.

-Da quanto lo sai?-

-Una settimana…- una lacrima scese dall’occhio destro di Tom e la ragazza si lasciò sfuggire un singhiozzo, sempre più preoccupata. Temeva che lui si sarebbe arrabbiato. Temeva tante cose.

-Mio dio…- sussurrò. A quelle parole lei strinse forte gli occhi mentre calde lacrime continuavano a scendere. Lui la scrutò attentamente ma lei continuava a piangere. Tom ebbe un sussulto. Capì solo allora il verso significato di quelle parole. E non voleva che lei continuasse a piangere. Sentiva il suo dolore, pesare su di lui come un macigno. Non voleva vederla soffrire. Portò una mano sul suo viso, asciugandosi una lacrima. Poi lentamente allungò le braccia verso Sara, le prese la vita e la portò accanto al suo corpo, stringendola forte. Posò una mano sulla sua schiena e una sui suoi capelli neri. La ragazza lo abbracciò forte, posando il viso sul suo petto, e strinse la sua maglietta tra le dita, piangendo sempre più forte. Alcune lacrime scendeva solitarie anche sul volto di Tom. Continuava a ripetersi che doveva smetterla, ma si accorse che non riusciva a controllare ciò che stava accadendo in lui. La strinse ancora di più mentre il suo cuore batteva più forte al crescere della sua consapevolezza. Poi alzò dolcemente il viso della ragazza e la guardò negli occhi. Lei sussultò vedendo le sue lacrime. Poi lui asciugò con l’indice il volto della fidanzata e le baciò delicatamente le labbra. Sara strinse gli occhi con forza, mentre sentiva in quel bacio tutto ciò che provava il suo uomo.

-Amore, è fantastico- disse lui, in un sussurro. La ragazza strabuzzò gli occhi, fissandolo come se da un momento all’altro lui dovesse dire che scherzava. Credeva di non aver capito bene. Non credeva alle sue orecchie. Invece era tutto vero. Lui si alzò, costringendola a fare lo stesso e la abbracciò forte, ridendo. Era felice.

-Oddio, sono felicissimo! Ci pensi? Avremo un bambino!- continuò lui ridendo. Saltellava per la stanza, contento, tenendole le mani. E lei lo guardava con gli occhi strabuzzati. Non si aspettava quella reazione. Ma le risa di Tom continuavano e riuscirono poi a contagiare anche lei che piano piano si sciolse. Le sue lacrime smisero di rigare un suo volto e lentamente, un largo e sincero sorriso si faceva spazio, contagiato da quello del ragazzo. Lui era felice di avere quel bambino, finalmente si era tolta quel segreto e così anche lei era felice. Lui si abbassò sul suo ventre ancora piatto. Lo accarezzò e ci diede un bacio.

-Benvenuto nella nostra famiglia, piccolino- Sara sorrise mentre stavolta, una lacrima di gioia rigava il suo volto. Lui si alzò e aprì la porta, correndo e bussando insistentemente alle camere dei tre amici. Loro uscirono preoccupati ma Tom non ci badò e cominciò a urlare: “Ragazzi, sarò padre! Sarò padre!”. Sara non riusciva a credere alla sua felicità. I ragazzi lo osservarono con espressione stupita e poi risero insieme a lui, abbracciandolo con gioia e facendogli le congratulazioni. Bill non riuscì a trattenersi e cominciò a versare alcune lacrime di gioia mentre, incredulo della situazione, abbracciava il fratello. Sara non poté fare a meno di imitarlo. Poi abbassò lo sguardo sulla sua pancia e sorrise. Si accarezzò.

-Già. Benvenuto in questa famiglia, piccolo mio-

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