From the bottom of the heart

di Starishadow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Something's wrong ***
Capitolo 2: *** Something's strange ***
Capitolo 3: *** Sharp words ***
Capitolo 4: *** I will find you ***
Capitolo 5: *** I found you ***
Capitolo 6: *** Welcome back ***
Capitolo 7: *** Fighting ***
Capitolo 8: *** Plotting ***
Capitolo 9: *** First kiss ***
Capitolo 10: *** When everything started to fall apart ***
Capitolo 11: *** Heartache ***
Capitolo 12: *** Pain ***
Capitolo 13: *** You are one of us! - part 1 ***
Capitolo 14: *** You are one of us! - part 2 ***
Capitolo 15: *** I'm sorry ***
Capitolo 16: *** They'll always be here ***
Capitolo 17: *** Fangirls, fanboys and fanidols ***
Capitolo 18: *** Bleeding out ***
Capitolo 19: *** Phone call ***
Capitolo 20: *** I won't let you go ***
Capitolo 21: *** Understanding and forgiveness ***
Capitolo 22: *** I am so not giving up! ***
Capitolo 23: *** Masks are hard to keep ***
Capitolo 24: *** Shadows ***
Capitolo 25: *** Inside ***
Capitolo 26: *** Move on but don't let go ***
Capitolo 27: *** Prove it! - part 1 ***
Capitolo 28: *** Prove it! - part 2 ***
Capitolo 29: *** Prove it! - part 3 ***
Capitolo 30: *** Pictures ***
Capitolo 31: *** Moment ***
Capitolo 32: *** Air ***
Capitolo 33: *** ... you ... ***
Capitolo 34: *** Hate ***
Capitolo 35: *** You want me to be the uke?! ***
Capitolo 36: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Something's wrong ***


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Ed ecco finalmente la famigerata (?) AiSyo! :D confesso che ci sono ancora delle cose che non mi convincono, quindi potrebbe essere modificata se mi dovessero venire idee migliori ;)
Un paio di cosucce che mi sento in dovere di dire prima che iniziate a leggere sono che:
1- ho ignorato per i fini della storia i dettagli che si trovano su Ai sulla wiki
2- il personaggio di Aine (che verrà nominato) esiste, ma l’ho un po’ revisionato facendolo diventare il fratello maggiore di Ai (10 anni più grande di lui, quindi coetaneo di Reiji - che era il suo migliore amico e si sente in colpa per non averlo aiutato). Ho cercato di dare i dettagli necessari senza però fare grandi spoiler, quindi se per caso vi venissero dubbi, e non temete gli spoiler, chiedete pure ;)
3- ovviamente Utapri non appartiene a me, perché se così fosse Haruka non esisterebbe xD
Detto questo evaporo e vi lascio alla lettura, che spero vi risulti piacevole! A presto!
- Starishadow
 
Capitolo 1. Something's wrong

Syo si lasciò cadere a peso morto sul letto, ansimando e fumando di rabbia.
«Quel… quel… io… lui… brutto…» sbuffò, tentando di contenere la rabbia e prendere aria allo stesso tempo, serrando gli occhi e digrignando i denti.
Natsuki lo guardò preoccupato dal suo letto, aggrottando le sopracciglia.
“Perché Ai-senpai con Syo-chan non ha nessuna pietà?” si chiese, pensando a tutto l’allenamento fisico e vocale che quel giorno l’idol dai capelli ciano aveva fatto fare al biondino.
«Lo odio» ringhiò Syo, stringendo i pugni, quando riuscì a riprendere un po’ di fiato. Come accidenti ci si poteva aspettare che stesse attento alla sua salute, se aveva un senpai che attentava costantemente alla sua vita e non accettava che si prendesse almeno mezzo minuto per riprendere fiato?!
Natsuki si sedette accanto a lui sul letto, sfiorandogli affettuosamente i capelli e togliendoglieli dalla faccia, gesto che avrebbe fatto sbottare e sbraitare Syo in altre condizioni, ma che ora lo fece solo sbuffare.
«Che diamine gli ho fatto? Perché fa così?» chiese lui, raggomitolandosi e portandosi una mano al petto, sperando che Natsuki non lo notasse «A volte vorrei cambiare senpai» sospirò.
Natsuki spalancò gli occhi, non era da Syo dire una cosa simile! Lo Syo che conosceva si sarebbe messo a pianificare modi per dimostrare ad Ai che sarebbe riuscito in qualsiasi cosa lo avesse costretto a fare, o avrebbe iniziato a dare in escandescenze davanti a lui (beccandosi altre punizioni) o chissà cosa… di sicuro non avrebbe detto di voler cambiare senpai che sarebbe stato come dire “mi arrendo”… doveva esserci qualcosa… lo osservò, e spalancò gli occhi quando la risposta balenò davanti ad essi nella forma di una piccola mano aggrappata alla maglietta, all’altezza del cuore.
Syo aveva cercato di non farsi vedere, ma a Natsuki non era sfuggito quel gesto.
«Syo-chan, ti fa male…?» chiese gentilmente, e l’altro ragazzo strinse di più gli occhi e la bocca, irritato dal fatto che l’amico avesse capito tanto in fretta qual’era il suo problema. Quel giorno non aveva nemmeno avuto il tempo di prendere…
Natsuki inspirò bruscamente quando realizzò qualcosa, e fissò preoccupato il compagno raggomitolato sul letto, che lottava per riprendere il controllo del respiro:
«Syo-chan, hai preso le tue medicine oggi??»
Syo sospirò, anche se l’aria uscì tremante dalle sue labbra, e poi riuscì a ringhiare:
«Quando avrei potuto secondo te?» “Quell’idiota di Mikaze non mi ha dato nemmeno un secondo per andare in bagno!” aggiunse mentalmente.
Natsuki scattò in piedi e corse verso l’armadio, da cui recuperò una trousse dove sapeva che Syo teneva le sue medicine, anche se con gli altri fingeva che contenesse solo cose come lo smalto nero e le forcine per i capelli.
Tirò fuori diverse boccette e scatoline piene di pillole, tornando a sedersi accanto all’amico, aiutandolo a tirarsi su, anche se la mano di Syo non aveva mai abbandonato il suo petto, che ora sembrava contrarsi di dolore ad ogni battito cardiaco.
«Quali sono?» gli chiese Natsuki, aggrottando preoccupato le sopracciglia, lui gliene indicò alcune, e l’amico tirò fuori le pillole necessarie rapidamente e gli passò la bottiglietta d’acqua che stava sul suo comodino.
Rimasero in silenzio aspettando che il dolore diminuisse e il respiro di Syo si stabilizzasse, e solo quando finalmente il ragazzo riuscì a fare dei respiri profondi senza fare smorfie di dolore Natsuki si decise a parlare:
«Devi parlarne con Ai-chan»
Syo lo fissò come se gli avesse appena detto che doveva chiedere ad Ai di fargli lo spogliarello davanti e scosse la testa risoluto, non l’avrebbe mai fatto! Dire ad Ai della sua condizione sarebbe stato come chiedergli pietà, dirgli di andarci piano… sarebbe stato come ammettere di aver bisogno di essere trattato diversamente…
Poteva dire di odiare Ai quanto voleva, ma in fondo di una cosa gli era grato: quando lo costringeva a quegli allenamenti micidiali, Syo riusciva a credere di potercela fare, di non doversi preoccupare ogni volta che il respiro gli veniva a mancare, o che il petto gli faceva male.
Era ironico, visto che quello che gli faceva scordare i suoi attacchi era anche quello che glieli scatenava, ma quando riusciva ad arrivare in fondo ad uno di quegli allenamenti, Syo riusciva ad avere l’illusione di poter fare tutto senza che il suo corpo si vendicasse.
Ecco, illusione appunto.
«Syo-chan?» lo richiamò Natsuki gentilmente, lui lo guardò e strinse le labbra:
«Non voglio» ammise.
Se anche Ai avesse iniziato a trattarlo come se fosse fatto di porcellana, come se fosse debole, allora sarebbe decisamente crollato.
«Ma, Syo-chan… di questo passo…» provò a protestare Natsuki, lui gli tappò la bocca con una mano e lo fissò determinato:
«Sono affari miei, e se glielo devo dire decido io come e quando, fine della storia!»
Natsuki sospirò, annuendo, mentre dentro di sé decideva che se avesse visto che la situazione peggiorava, avrebbe parlato lui stesso con il loro senpai.
Che poi non era nemmeno improbabile che Ai lo sapesse già, quel ragazzo sembrava avere un computer in testa.


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Nota dell'autrice: sì, lo so che ho fatto una specie di nota all'inizio ma... sopportatemi ^^
Come al solito spero che vi sia piaciuta e non vi abbia fatto venire l'orticaria sin dalla prima riga >.<
Questo è il primo capitolo, e ne ho altri già pronti che quindi posterò in fretta, ma non è ancora del tutto finita, dovrei riuscirci nel giro di qualche giorno :)
Che dire, era un sacco che volevo scrivere di Ai e Syo, praticamente la mia OTP, e quindi sono un po' paranoica sul farli andare OOC o non rendere giustizia alla coppia.
Comunque sia, fatemi sapere che ne pensate, ogni opinione è la benvenuta!! ^^

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Capitolo 2
*** Something's strange ***


Capitolo 2. Something's strange
 
«Ai-ai, non credi di aver esagerato con Syo-kun oggi?» chiese pigramente Reiji, abbandonato sul divano mentre i piedi penzolavano a terra, poco distanti dalla testa di Ranmaru che stava strimpellando qualche nota sul suo preziosissimo basso, o sulla “sua ragazza” come lui preferiva chiamare lo strumento.
Ai alzò gli occhi dal suo computer su cui stava scrivendo chissà cosa e lo fissò apatico come al solito:
«Se vuole diventare un idol deve farlo» disse semplicemente, alzando le spalle «anche Camus fa lo stesso con Cecil» aggiunse come se questo lo giustificasse.
Reiji sospirò:
«Infatti credo che anche Myu-chan debba andarci piano… sono solo ragazzi!» esclamò, Camus lo fissò con aria glaciale dalla sua poltrona su cui leggeva un libro che teneva in una mano e sorseggiava vino da un calice che teneva nell’altra:
«Non chiamarmi Myu-chan, Kotobuki»
Reiji alzò gli occhi al cielo e giocherellò con i capelli di Ranmaru con i suoi piedi, l’altro idol li scansò disgustato.
«Tu che ne pensi Ran-ran?» chiese allora il più estroverso fra i Quartet Night, rigirandosi sul divano fino ad avere la testa dove prima aveva avuto i piedi e fissando Ranmaru incuriosito, l’idol sbuffò e smise di suonare:
«Ognuno fa quello che vuole con i suoi  kohai. Io a quello scansafatiche di Jinguji faccio fare il doppio delle cose che faccio fare a Hijirikawa»
Reiji sospirò:
«Otoyan e Toki sono perfetti, quindi devo fargli fare poche cose… e soprattutto so che se mi chiedono una pausa hanno un motivo» enfatizzò l’ultima frase e lanciò uno sguardo di biasimo ad Ai, che non sembrò notarlo, continuando a digitare sul computer «Syo-kun sembrava avere una pessima cera prima» notò innocentemente, e stavolta ci fu un rumore secco che sorprese anche Camus e Ranmaru, tutti si voltarono verso Ai che aveva chiuso di scatto il suo portatile e ora si fissava le mani con aria indecifrabile.
«Mikaze?» lo chiamò Camus, che sembrava avere un certo debole per il più piccolo del gruppo, l’unico che sembrava considerare suo pari.
Reiji si accigliò e rimase interdetto a fissare Ai che, senza dire una parola, si alzava e, con il computer sotto un braccio e il pugno dell’altra mano serrato, si allontanava dalla sala con postura rigida.
I tre idols rimasti indietro si fissarono sconcertati, facendo spallucce.
Qualcosa non tornava con Ai, non era da lui andarsene in quel modo…
 
«Kurusu»
Ai entrò nella camera, chiamando il cognome del kohai duramente e freddamente, ma fu accolto da Natsuki che gli faceva cenno di parlare piano con un dito sulle labbra:
«Si è addormentato» sussurrò.
«Non è ancora ora di dormire» notò gelidamente il senpai, lasciando il computer sulla scrivania e incrociando le braccia sul petto «non ha ancora finito il testo che gli avevo assegnato, e lo voglio entro domani mattina»
Natsuki parve essere sul punto di dirgli qualcosa, come se morisse dalla voglia di farlo, ma poi lanciò uno sguardo a Syo collassato sul letto, chinò le spalle e sospirò:
«Non potrebbe lasciarlo riposare solo per stasera, Mikaze-senpai? Non si sentiva molto bene» non era da Natsuki rivolgersi a lui in quella maniera cortese e  supplichevole, senza il suo solito allegro modo di chiamarlo “Ai-chan” e blaterare qualcosa su come anche lui, in fondo, fosse piccolo e carino.
«Cos’ha?» sospirò alla fine il senpai, lasciandosi cadere sul suo divano.
«Ehm… l-lui… ecco… mal di testa! Sì, ecco, un fortissimo mal di testa…»
“Perché sta mentendo?” si chiese Ai, aggrottando le sopracciglia e fissandolo come se cercasse di leggergli dentro. Natsuki deglutì, a disagio, e dopo una risatina nervosa bofonchiò qualcosa sul doversi fare una doccia dopo l’allenamento di quel giorno e si chiuse di fretta in bagno.
Lasciando Ai da solo con Syo.
L’idol più piccolo dei due si alzò silenziosamente e si accucciò davanti al letto del ragazzo biondo, osservandolo curiosamente.
Aveva la fronte imperlata di sudore e le sopracciglia leggermente aggrottate, sembrava non stesse dormendo bene.
“C-che cosa…?” Ai si allontanò quasi bruscamente, per i suoi standard, quando realizzò che il suo corpo stava reagendo alla vicinanza in maniera non regolare. Era già stato così vicino ad altri ragazzi - vivere con Reiji e Natsuki ed evitare il contatto fisico era pura fantascienza dopo tutto - e mai, mai, gli era successo qualcosa del genere.
Tentò di calmare il respiro e il battito cardiaco, mentre guardava ovunque tranne che verso il letto di Syo, e solo dopo diversi minuti passati a fissare gli occhietti inespressivi di Piyo-chan riuscì ad ottenere i risultati sperati.
“Maledetto Kurusu” si disse, mentre prendeva il suo portatile e lo accendeva, sprofondando nella sua beneamata sedia girevole.

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Capitolo 3
*** Sharp words ***


Capitolo 3. Sharp words
 
«Syoooo-chaaaaan alzati! È ora di alzaaaarsi!» trillò Natsuki, saltellando davanti al letto di Syo, che era nascosto sotto le coperte «Syoooo-chaaan» lo chiamò ancora, fallendo. A quel punto optò per la voce più dolce che aveva e iniziò a canticchiare:
«Tu non vuoi che mi metta a cantare Piyo-chan finché non ti svegli, vero, Syo-chan?»
«Oh santo cielo, Natsuki, quello non voglio nemmeno io» intervenne Ai, uscendo dal bagno con solo un asciugamano attorno alla vita, i capelli ancora umidi e bagnati che gli scivolavano vicino al collo.
«Ehi! Ai-chan è carino con i capelli sciolti!!» esclamò allora il più grande, Ai lo fissò come se non l’avesse nemmeno sentito, poi i suoi occhi scivolarono su Syo sotto le coperte:
«Ancora a dormire, Kurusu? Alzati sfaticato» disse gelidamente, le coperte sussultarono, e poco dopo Syo scattò fuori, furioso, che afferrò Ai dalle spalle e lo sbatté violentemente contro il muro, il più giovane non batté ciglio.
«Stammi a sentire, razza di moccioso spietato che si diverte a fare il capo a spese degli altri, non so quale sia il tuo problema, ma io sono stanco di essere trattato a pesci in faccia da te, stanco di sentirmi dare ordini con quella tua vocetta insopportabile e soprattutto sono stufo dei tuoi allenamenti micidiali! Possibile che tu non riesca a capire che è per questo che nessuno ti sopporta?! Datti una calmata o inizierò a farti capire chi è il più grande qui dentro, ok??»
Natsuki era inorridito mentre fissava Syo che aggrediva in quel modo Ai, e anche se per urlargli contro doveva alzarsi sulle punte e piegare il viso verso l’alto, in quel momento il biondo sembrava sovrastare l’altro ragazzo, che continuava a tenere su la sua solita faccia apatica.
Quando Syo smise di urlare, il più piccolo spostò lo sguardo sulle mani che lo tenevano puntato alla parete, poi lo puntò nuovamente sul ragazzo:
«Puoi lasciarmi andare, adesso?» chiese, atono.
Syo, che sembrava aver finito la sua carica di adrenalina, si allontanò, come confuso dalle proprie azioni.
Ai si diresse verso il suo armadio e si vestì in un silenzio che dava i brividi a Natsuki… come si sarebbe vendicato, adesso? Perché era sicuro che si sarebbe vendicato… era Ai Mikaze, dopo tutto. Una cosa del genere non gli scivolava addosso così…
Ai finì di prepararsi e andò verso la porta, solo allora lanciò uno sguardo da sopra la sua spalla ai due kohai, e senza scomporsi dichiarò che entrambi avevano il giorno libero, e avrebbero fatto meglio a non sprecare il loro tempo.
 
Syo e Natsuki rimasero immobili a fissare la porta, sbalorditi.
«M-Mikaze…?» balbettò Syo, sbalordito.
Si era aspettato qualunque reazione, ma non quella.
«Sono certo che Ai-chan starà bene, Syo-chan» lo rassicurò Natsuki, ancora sorpreso per quello che aveva fatto l’amico d’infanzia «andiamo a parlare con gli altri, ok?»
Syo lo seguì, ancora confuso, fuori dalla stanza, mentre qualcosa dentro di lui si sentiva profondamente in colpa per quello che aveva fatto al ragazzo più piccolo. Non aveva previsto di dire quelle cose, si era svegliato in preda al mal di testa e aveva un dolore al petto tanto antipatico quanto familiare, e aveva agito più in preda all’irritazione che altro…
Erano nella sala prove con il resto degli STARISH e Natsuki aveva appena finito di raccontare l’episodio di quella mattina quando la porta si spalancò, e tre dei Quartet Night irruppero trafelati.
«Avete visto Ai-ai?» chiese Reiji, preoccupato, con gli occhi lucidi e pieni di panico.
«No, da quando stamattina ci ha mollati in camera n…» Natsuki non fece in tempo a finire che Reiji era già corso di fuori. Camus sospirò e si sistemò i capelli, tentando di non far notare che anche lui aveva corso fin lì.
«Che cosa è successo stamattina?» chiese Ranmaru, guardando Syo e Natsuki «Reiji ha detto che l’ha visto comportarsi in maniera strana»
E fu così che Syo e Natsuki dovettero raccontare per la seconda volta cosa era successo fra Syo ed Ai.
E man mano che il tempo scorreva, e di Ai non c’era traccia, Syo sprofondava sempre di più nel panico e nel rimorso… forse era stato troppo duro con lui… forse… dopotutto aveva solo 15 anni, anche se era facile dimenticarsene.
E lui l’aveva chiamato moccioso spietato. Gli aveva detto che nessuno lo sopportava.

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Capitolo 4
*** I will find you ***


Capitolo 4. I will find you

Reiji rientrò in sala, sconsolato, zuppo di pioggia a tal punto che era impossibile dire se quella sul suo viso era pioggia o se erano lacrime.
Ranmaru lo raggiunse di corsa, accogliendolo fra le sue braccia. C’era un momento per comportarsi in maniera brusca e fredda con Reiji, ma c’erano anche volte in cui bisognava stare attenti a non mandarlo in pezzi con una parola o un gesto, e quella era una di quelle volte.
«Non l’ho trovato» gemette Reiji, soffocando un singhiozzo «ho fallito di nuovo» singhiozzo dopo singhiozzo, l’idol si stava sgretolando fra le braccia del suo compagno di band «come con Aine»
Ranmaru lo strinse, accompagnandolo verso il divano dove Camus gli aveva fatto spazio, e ora li fissava preoccupato. Non l’avrebbe mai ammesso, ma gli importava dei suoi compagni.
«Sono sicuro che Ai starà bene, deve solo… calmarsi» mormorò Ranmaru, tentando di confortare l’amico.
«Ai-ai è un bambino» singhiozzò Reiji «ha bisogno di qualcuno che lo tenga stretto e gli dica che le cose che l’hanno ferito non sono vere… solo che nemmeno lui lo sa! E quindi si comporta come uno stronzo. Ed è tutta colpa mia! Perché se ci fosse Aine, lui…»
Ranmaru serrò gli occhi:
«Nemmeno quello che è successo ad Aine è stata colpa tua, Rei-chan» aveva sperato che sentirlo usare il suo soprannome avrebbe potuto aiutarlo, ma non ebbe nessun effetto.
«Un momento… Aine è il fratello di Ai» li interruppe Camus, con tono di chi sta calcolando qualcosa, Ranmaru annuì confuso «e sono simili?»
«Ai è stato con Aine fino ai 10 anni, era un bambino quando… quando è successo quello che è successo»
«E ritenete possibile che abbiano lo stesso posto dove rifugiarsi?»
Reiji, che era semiaccasciato sul divano fra le braccia di Ranmaru, parve rianimarsi e scattò di nuovo in piedi:
«La spiaggia!!» urlò, correndo di nuovo fuori, seguito dagli altri due.
“Ai-ai… ti troverò, non ti deluderò come ho fatto con tuo fratello” pensò Reiji mentre saliva sulla sua auto e metteva in moto, dando a malapena tempo agli altri di salire.
 
«Tokiya? Posso parlarti?» chiese Syo tristemente, sulla soglia della stanza di quelli che erano diventati, in un modo o nell’altro, i punti di riferimento del gruppo.
«Vieni pure, Syo-kun» sorrise Otoya, facendogli spazio sul suo letto «se serve esco» aggiunse, arrossendo un po’ e sorridendo gentilmente, Syo gli fece cenno di restare con una scrollata di spalle, e Otoya si appropriò del suo posto preferito sulle gambe di Tokiya, che alzò gli occhi al cielo ma non si ribellò, nascondendo un sorrisino nella zazzera color fuoco dei capelli del ragazzo.
«I-io… non riesco a…»
«Ti senti in colpa per Mikaze?» chiese Tokiya, senza troppi giri di parole, Syo chinò il capo e mormorò “sì”.
«L-le cose che gli ho detto… non avrei dovuto…»
«Non dovresti dirlo a noi, questo, lo sai?» intervenne di nuovo il più taciturno dei ragazzi lì presenti, mentre quello che di solito era il più rumoroso ora stava seduto in silenzio a fissare Syo con aria triste.
«Nel caso non l’avessi notato, Ai non è qui»
«E tu sei preoccupato» intervenne Otoya, con gli occhi che brillavano di interesse.
«Non proprio. Non vorrei che gli fosse successo qualcosa. Odio sentirmi in colpa»
«Sì sei preoccupato» concluse il rosso «ed è normale. Anche io lo sono… e lo sarei anche di più se fossi in te»
Syo lo guardò male, spingendo Tokiya a stringere il ragazzino con fare protettivo.
Qualcosa si agitò nello stomaco del biondo, che rimase confuso a fissarli… che cosa era stato? Perché ora si sentiva… così?
«Il fatto è che… non so… non voglio stare qui con le mani in mano mentre i senpai lo cercano, voglio fare qualcosa anch’io!» ammise alla fine, fissando la coppia con aria quasi disperata, e qualcosa si accese negli occhi di Otoya, come se avesse appena realizzato qualcosa.
Però rimase di nuovo in silenzio… Ma che stavano facendo lui e Tokiya, un gioco di ruolo?!
«Hai provato la cosa più banale di tutte?» chiese il moro, aggrottando le sopracciglia.
«Urlargli dalla finestra di tornare indietro? Mi sembrava un tantino troppo» replicò Syo sarcastico.
Otoya soffocò una risatina, e Tokiya alzò gli occhi al cielo.
«Intendevo chiamarlo…» spiegò, con aria scettica, Syo sospirò e chinò il capo:
«I-io non… non ho avuto il co-coragg…» non fece in tempo a finire di parlare che un cellulare rosso gli finì sotto il naso.
«Chiamalo. Ora. In teoria vedrà il mio numero, quindi potrebbe anche rispondere» sorrise Otoya, infondendogli un po’ di speranza.
Con mani tremanti, Syo prese il cellulare e cercò Ai nella rubrica. Quando lo trovò lanciò un ultimo sguardo a Otoya e Tokiya, che lo incitarono a gesti a proseguire, e premette il tasto di invio chiamata.
Sperando di sentire la voce ancora leggermente infantile e solitamente distaccata di Ai.

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Capitolo 5
*** I found you ***


Capitolo 5. I found you

Il telefono iniziò a squillare, unendosi al rumore delle onde che si infrangevano sulla costa, il vento che urlava e i singhiozzi a malapena soffocati del ragazzo che lo ignorava.
Non voleva rispondere, rispondere significava far sentire agli altri la propria voce, far sentire che stava piangendo. Voleva dire rinunciare alla facciata che lo teneva nascosto da anni.
Il telefono alla fine parve arrendersi di fronte al suo rifiuto, e quasi si fosse offeso decise anche di spegnersi, avendo esaurito anche quell’ultimo goccio di batteria che gli aveva consentito di ricevere la chiamata.
Perfetto, ora Ai era veramente solo.
O forse no?
«AI-AI!!!!»
«MIKAZE!!»
«AI!!»
Tre voci lo raggiunsero lontane, sovrastando il rumore del mare e delle onde.
Non si voltò, rimase a fissare il mare davanti a lui, pensando a suo fratello, a come doveva essersi sentito quando si era lasciato cadere fra i flutti… chissà se l’acqua che lo soffocava era stata una liberazione da tutto il resto del mondo che lo stava asfissiando…
«Aine» sussurrò, sentendo gli occhi che bruciavano.
Non si ricordava quasi niente del fratello, qualche lampo di occhi azzurri come i suoi, l’eco di una risata, una voce dolce e qualche pezzo di canzone qua e là, ma sapeva per certo che gli mancava.
E soprattutto ora avrebbe voluto che fosse lì con lui a rassicurarlo.
“…Che nessuno sopporta?!?!…” il suo cuore si contrasse quando quelle parole gli riecheggiarono nella mente. Forse anche Aine non l’avrebbe sopportato, se fosse stato lì…
Tentò di inspirare, ma l’aria entrò a scatti nei suoi polmoni, mentre i singhiozzi continuavano a soffocarlo.
La voce di Syo rimbombava sempre più forte nelle sue orecchie, al punto da spingerlo a tapparsele e serrare gli occhi, sussurrando un “basta” distrutto ed esausto. Non ce la faceva più.
 
«AI-AI!!!» urlò Reiji con tutto il fiato che aveva quando vide il ragazzino ancora lontano da lui prendersi la testa fra le mani e stringersi in se stesso.
Aveva già visto una scena simile, aveva già visto qualcuno in quello stato.
Iniziò a correre più veloce che poteva e, dopo quelli che gli sembrarono anni, si lasciò cadere accanto al più giovane, stringendolo fra le sue braccia come se da lui dipendesse la sua vita.
Sentì Ai irrigidirsi nella sua presa, ma tenne gli occhi chiusi, mentre le lacrime scorrevano dagli angoli.
Camus e Ranmaru li raggiunsero, piegati in due per l’affanno e il dolore alla milza dovuti alla corsa.
«Maledetto» sibilò Ranmaru «andartene così…»
Ai alzò gli occhi verso di loro, senza tentare più di nascondere le lacrime, avendo capito che sarebbe stato inutile.
Ranmaru era coperto di sudore e aveva le guance quasi viola dallo sforzo, gli occhi agitati che lentamente sembravano riprendere il controllo.
Camus, invece, aveva i capelli in disordine, stravolti dal vento e dalle gocce di pioggia che avevano iniziato a cadere, e nonostante cercasse di mantenere un’aria distaccata, il modo in cui scrutava Ai dalla testa ai piedi lasciava notare una certa frenesia dovuta alla preoccupazione.
Ma era Reiji quello più stravolto di tutti: la sua stretta su Ai iniziava a creare problemi al più piccolo, che tentò inutilmente di allentare la morsa che lo avvolgeva, i suoi occhi non trattenevano più le lacrime, e farneticava qualcosa che gli altri non riuscivano a cogliere.
Solo Ai si era accorto che diceva “ti ho trovato finalmente, ora sei al sicuro”.
«Ci hai fatto prendere un colpo» aggiunse Camus, controvoglia, chinandosi fino a raggiungere gli occhi del più piccolo «non azzardarti a farlo mai più» sussurrò, minaccioso.
Ai spalancò gli occhi, mentre Reiji lo stringeva anche più forte:
«V-voi eravate… preoccupati per… me?» chiese, battendo le palpebre sorpreso.
«Certo che sì, che credi?» sbottò Ranmaru, riprendendo fiato.
«Ai-ai pensi che ti lasceremmo andare così facilmente?» singhiozzò Reiji, guardandolo disperato.
Ai abbassò lo sguardo.
I suoi compagni erano preoccupati per lui… erano arrivati fin lì per cercarlo.
Reiji stava piangendo, Ranmaru si era scordato di mettere la lente a contatto viola, Camus aveva lasciato a casa il suo inseparabile scettro… tutto per correre da lui.
Forse non era vero che non lo sopportavano…?
«Voi non… non è vero che non mi sopportate?» sussurrò, con voce molto più sottile del solito.
Reiji smise di stritolarlo fino alla morte e lo abbracciò più gentilmente:
«Ai-ai che idiozie dici?! Ti vogliamo…» lanciò un’occhiata agli altri due, le cui espressioni erano diventate illeggibili «per lo meno, io ti voglio bene, e se ti azzardi a farmi spaventare di nuovo così ti assicuro che ti legherò in camera mia e ti nutrirò con il cibo di Natsuki per un anno intero» fece una risatina nervosa, prima di tornare serio «e in più ho promesso di prendermi cura di te, quindi non puoi pensare che non ti sopporti»
Ai fece un piccolo cenno con la testa, mostrandogli di aver capito, ma non ebbe il coraggio di incontrare lo sguardo degli altri due.
«Quando ho accettato di formare definitivamente i QUARTET NIGHT» iniziò Ranmaru, in difficoltà ora che non poteva usare il suo solito modo di fare brusco «non l’ho fatto semplicemente perché volevo cantare in un gruppo o chissà cosa. Non avrei accettato se avessi trovato insopportabile uno dei miei compagni di band»
Reiji sogghignò, Ai apprezzò quantomeno lo sforzo di Ranmaru.
Camus fu lapidario:
«Sei l’unico che sopporto fra questi»
A quel punto Reiji scoppiò direttamente a ridere, sentendo il baratro che aveva iniziato ad aprirsi sotto i suoi piedi che si richiudeva, Ranmaru scoccò un’occhiataccia al cantante, e Ai continuò a tenere lo sguardo basso, anche se, forse, aveva un sorrisino sulle labbra.
«Kotobuki, credo che ora tu possa lasciarlo andare, prima che gli si incrini qualche costola» intervenne Camus, fulminando Reiji che parve realizzare in quel momento che stava ancora aggrappato ad Ai. Arrossì e, con una risatina imbarazzata, lo lasciò andare.
«Grazie» sussurrò Ai.
Sentirsi dire dagli altri Quartet Night che gli volevano bene - ognuno a modo suo - gli aveva fatto piacere e aveva migliorato un po’ il suo umore, ma c’era ancora qualcosa che non andava e lo avvolgeva in una nube di malinconia.
Quel qualcosa, molto probabilmente, lo aspettava in casa, nella camera che dividevano.
E molto più probabilmente si sarebbero ignorati a vicenda.
 
***********************
Mininota dell'autrice: scusate l'interruzione ^^ volevo solo scusarmi per il fatto che Camus qui è completamente OOC, ma... mi è sempre piaciuto considerarlo come una di quelle persone che si mostra in un modo e pensa in un altro, e che in fondo in fondo si preoccupa per quelli che gli sono cari.
Detto questo, mi dileguo di nuovo e vi lascio alla storia! :D
Grazie per aver retto fino a qui, intanto!!
Baci!
Starishadow

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Capitolo 6
*** Welcome back ***


Capitolo 6. Welcome back

«Siamo a casa!!» esclamò Reiji appena entrò nel dormitorio, e subito si sentì il rumore di passi concitati dal piano di sopra. In un attimo, Otoya e Cecil erano praticamente volati giù dalle scale, dove si bloccarono a fissare sbalorditi Ai (che aveva fatto di tutto per nascondere il fatto che aveva pianto ma probabilmente aveva fallito a giudicare dai loro sguardi), Masato e Tokiya erano affacciati dalla cima delle scale, Ren era emerso dalla sala prove e Natsuki si era precipitato verso il suo senpai, che ora si trovava in una morsa ancora più micidiale di quella di Reiji.
«AI-CHAAAAN MI HAI FATTO PREOCCUPARE!!» esclamò il biondo, stritolandolo tanto che Masato si chiese se Ai non fosse già collassato.
«N-nat-s-u-ki» ansimò Ai, con serie difficoltà a respirare.
«Shinomiya, credo che possa bastare» intervenne freddamente Camus, con aria abbastanza noncurante da non far notare alcuna traccia della sua precedente preoccupazione per Ai.
«Nacchan, sul serio» ghignò Ren, osservando la scena con moderato divertimento.
Alla fine Natsuki lasciò andare Ai, che prese fiato come se fosse stato ore sott’acqua e si lasciò cadere contro Reiji, che lo sorresse delicatamente, sorridendo impercettibilmente.
«Credevo che tu fossi il peggiore» bisbigliò a stento il ragazzino, facendo ridere l’idol più grande:
«Al peggio non c’è mai fine, Ai-ai!» rise.
«D-dov’è…» Ai esitò un momento prima di pronunciare il nome che gli bruciava sulla punta della lingua, che aveva il potere di arpionare a terra il suo umore, facendogli tornare le lacrime agli occhi «K-Kurusu» la sua voce si incrinò, ma gli altri furono abbastanza sensibili da fingere di non notarlo.
«Qui»
Si voltarono tutti verso la porta sul retro, contro cui si stagliava la figura di Syo, che sembrava farsi anche più piccolo del solito mentre osservava il ragazzo a cui aveva detto quelle cose.
“Forza, scusati… è il momento di scusarsi!” si disse, cercando le parole.
Ma i suoi occhi avevano già incrociato quelli di Ai, e si erano già persi in essi, leggendovi tutto quello che l’altro idol non voleva mostrare.
La tristezza per quello che gli aveva detto, il dubbio di poter essere diverso, la paura che tutte quelle cose fossero vere.
E tutto quello che gli doveva dire andò a farsi benedire.
«Potevi almeno rispondere al cellulare» commentò freddamente, incamminandosi verso le scale, dove ignorò nell’ordine lo sguardo scioccato di Cecil e quello inorridito di Otoya, per poi sottrarsi vigliaccamente a quelli di biasimo di Tokiya e Masato.
Chiudersi nella sua stanza non sarebbe stata propriamente una buona idea, dato che la divideva con Ai, quindi deviò verso la stanza della musica, dove si chiuse la porta alle spalle e scivolò lungo essa fino a raggiungere il pavimento.
“Sei un idiota” si disse, portandosi le ginocchia al petto.
 
«Sono contento che tu sia tornato, comunque» mormorò Cecil, tentando di cacciare via il silenzio gelido che era sceso nella stanza dopo l’uscita di Syo. Per lo meno ci riuscì, perché si accese un coro di “Anch’io” subito dopo di lui.
Anche Haruka, uscita in quel momento dalla sua stanza con i capelli ancora bagnati a testimoniare che era stata sotto la doccia fino a quel momento, salutò calorosamente Ai, dicendo di essere felice di rivederlo e che si era preoccupata (il che fece arrossire un po’ lo stoico idol teen-ager).
«Ok, dato che ormai è quasi ora di cena… che ne dite di tornare a fare quello che stavate facendo mentre io, Masa e Ren cuciniamo?» propose Reiji, battendo le mani per attirare l’attenzione degli altri.
Non fecero in tempo ad accettare che una risata ambigua riecheggiò nella sala.
“Oddio, non di nuovo” sospirarono praticamente tutti i presenti, Ai si avvicinò involontariamente a Ranmaru, sapendo cosa lo aspettava.
Il loro assurdo presidente si calò nella stanza da una liana di cui Tarzan sarebbe stato invidioso roteando su se stesso con la grazia di un fenicottero appena sveglio, fino ad atterrare davanti al diretto interessato.
«Miiiisterr Mikazeee» iniziò, facendo venire i brividi al ragazzino «ho saputo che ha fatto preoccupare i suoi colleghi… that’s bad, reeeeally bad!! Come le è venuto in mente di andarsene così??»
Ai ricambiò il suo sguardo, inespressivo, riprendendo il proprio autocontrollo. Si era aspettato qualcosa di molto peggio in effetti.
«Avevo bisogno di allontanarmi» replicò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Beh, certo che è più bravo di me a rimettere su la solita facciata” notò quasi distrattamente Tokiya, ricordando con quanta difficoltà si era stampato in faccia il ghigno ebete di Hayato nelle sue ultime apparizioni sotto falso nome.
«Senza avvisare nessuno?» incalzò il presidente, avvicinando il viso al suo tanto che, se Ai avesse avuto un’idea tanto malsana, avrebbe potuto baciarlo solo sporgendo le labbra.
«Non ne vedevo il bisogno. Era la mia giornata libera, idem per i miei kohai»
Shining si ritirò, con le sue solite esclamazioni assurde:
«E va bene, Mr. Mikaze, per stavolta la perrrrrrdono, maaaa… non mi dia motivo di riprenderla per motivi simili un’altra volta» con quello balzò fuori dalla finestra, per il disappunto di Ren che, per evitare di essere colpito, si era dovuto buttare a terra come se qualcuno avesse appena urlato “bomba!”
«Quell’uomo ha bisogno di uno psichiatra» bofonchiò Cecil, con gli occhi sbarrati.
«E bravo anche» confermò Ren, rialzandosi e spolverandosi le ginocchia dei jeans.
«Ok, comunque tornando a noi… Ai, vai a farti una doccia, voi fate quello che volete, Ren e Masa con me in cucina. Toki, so che sai cucinare pure tu, ma stasera sei libero di non farlo. Marsh!» esclamò Reiji, prendendo in mano la situazione e spingendo Ai verso le scale.
Gli altri obbedirono, ma il più piccolo dei Quartet Night salì le scale molto lentamente, impiegando probabilmente più tempo di quanto ce ne avesse mai messo, come se stesse temporeggiando, cercando di ritardare qualcosa.
Ed effettivamente era quello che cercava di fare: cercava di ritardare il suo incontro faccia a faccia con Syo.

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Capitolo 7
*** Fighting ***


Capitolo 7. Fighting

Ai entrò di soppiatto in camera, guardandosi attorno circospetto, per poi sospirare di sollievo quando si accorse che la stanza era vuota, così come il bagno la cui porta era aperta e la luce spenta. Syo non c’era.
Chiudendosi la porta alle spalle, si diresse verso l’armadio e recuperò qualche vestito, si sciolse i capelli che gli scivolarono ai lati del collo, come se fossero felici di non essere più oppressi dall’elastico, e si diresse in bagno, dove cominciò a spogliarsi dopo aver chiuso la porta con un calcio.
Quando non c’era nessuno intorno, poteva anche permettersi un po’ di malagrazia dopotutto.
Quando l’acqua gli si rovesciò addosso, Ai smise di controllare la sua espressione facciale, lasciando che i muscoli si rilassassero, le labbra si piegarono leggermente verso il basso agli angoli, e i suoi occhi si presero il lusso di versare qualche altra piccola lacrima di cui non erano riusciti a liberarsi prima.
Aveva appena realizzato qual’era la cosa che gli faceva più male di tutte.
Non era il fatto che i Quartet Night, o gli Starish, o gli altri suoi colleghi potessero trovarlo insopportabile che gli creava problema.
Era il fatto che era stato Syo a dirglielo, a parlargli in quel modo.
Era quello che gli faceva male.
 
“Smettila di fare l’imbecille in una stanza vuota e esci” si disse Syo, tentando di convincersi per l’ennesima volta a lasciare il suo rifugio, lontano dagli occhi ciano di Ai che trasudavano tristezza e vulnerabilità. Si alzò, mordendosi brevemente il labbro, poi si raddrizzò e uscì dalla stanza.
Doveva scusarsi sul serio con Ai, non c’erano scuse.
Poteva essere insopportabile, poteva essere freddo, poteva sembrare spietato, ma era pur sempre un ragazzino, ed era pur sempre il suo senpai. Sebbene non facessero che litigare, alla fine Ai a modo suo l’aveva aiutato più di una volta, lasciando cadere commenti con tono indifferente che contenevano suggerimenti ben nascosti.
«Oh, Syo-kun» si voltò verso Haruka, che lo raggiunse «ehm… Kotobuki-san, Jinguji-san e Hijirikawa-san mi hanno mandata a dirti che la cena sarà pronta fra dieci minuti…» la ragazza avvampò, come ogni volta in cui rivolgeva la parola ad uno di loro.
Un tempo tutti l’avevano trovata una cosa adorabile, poi normale, e ora completamente indifferente.
«Ah, ok grazie Nanami» le sorrise, lei ricambiò e si allontanò verso la camera di Tokiya e Otoya, lui si diresse verso la sua.
Entrò e lanciò il cappello sull’attaccapanni vicino al letto, dove si infilò perfettamente su uno dei bracci.
Scompigliandosi i capelli, si lasciò scappare un sospiro esasperato. Sapeva di dovere delle scuse ad Ai, eppure qualcosa sembrava impedirglielo.
E a proposito di Ai…
Notò che il bagno era vuoto, ma i vetri del box doccia ancora leggermente appannati, e la abat-jour del lato della stanza del senpai era ancora accesa.
Si voltò verso il letto del ragazzo e si trattenne a stento dall’urlare di sorpresa. Ai sembrava profondamente addormentato sopra le coperte, con indosso solo i pantaloni.
Controllando che il suo cuore riuscisse a calmarsi da solo, Syo si avvicinò lentamente, incuriosito.
Non aveva mai notato che Ai, nonostante fosse abbastanza mingherlino, era decisamente muscoloso per la sua età.
E non aveva nemmeno mai notato che, con i capelli ciano sparsi attorno al viso, con alcune ciocchie che lo coprivano, sembrava molto più innocente di quando era sveglio.
I suoi occhi indugiarono sul suo viso, sulle palpebre pallide che tremavano ogni tanto mentre gli occhi sotto di esse si muovevano in sogno, sul naso sottile e dritto, le labbra morbide, leggermente dischiuse… la sua espressione non era tranquilla, c’era qualcosa di triste nel modo in cui le sue sopracciglia erano corrucciate, e gli angoli della bocca sembravano tendere verso il basso.
Si accorse con un certo disagio di aver iniziato a respirare più rapidamente, e che il suo cuore si stava prendendo delle libertà nel suo petto.
“Sta’calmo tu” si trovò a pensare, farsi venire un attacco per via di Ai era proprio l’ultima delle cose che avrebbe voluto anche solo immaginare.
Però, accidenti, Ai era decisamente…
«Ti piace quello che stai vedendo?» la voce atona e leggermente roca dal sonno del ragazzo gli strappò un mezzo urlo, facendolo balzare indietro.
… decisamente un gran bastardo.
Un paio di occhi cerulei si aprì e lo fissò beffardo, lui indurì il suo sguardo:
«A dire il vero mi chiedevo come potessi nascondere tutta la tua cattiveria mentre dormi» replicò duramente, e lo sguardo di Ai si rabbuiò per un momento:
«E tu come fai a nasconderne tanta in un corpo così piccolo?» chiese tranquillamente.
L’orgoglio di Syo si ribellò, ogni buon sentimento di scusarsi andato ancora una volta a ramengo.
«Almeno non me ne vado a piangere in un angolino se qualcuno mi insulta» disse freddamente.
“Accidenti Syo, sai esattamente cosa dire per passare per mostro senza cuore” notò distaccatamente.
«Non ne sarei così sicuro, Kurusu. Ricordati che dividiamo la camera, ti sento piagnucolare qualche notte»
Il più grande si irrigidì. Che cosa?!
Se Ai l’aveva sentito “piagnucolare” voleva dire che aveva sentito quando stava male di notte. E quindi sapeva…
«A dire il vero volevo scusarmi con te» disse di punto in bianco il ragazzo dai capelli azzurri, cogliendolo di sorpresa «per aver esagerato con gli allenamenti. Ma a quanto pare io sono solo un insopportabile moccioso spietato, quindi non mi crederesti nemmeno se lo facessi» la voce fredda e apatica rese le sue parole anche più affilate, anche più dolorose quando affondarono una ad una nel petto di Syo. Il più giovane si alzò, recuperò una maglia dalla sedia vicino al letto, e superò l’altro ragazzo «Con permesso» scandì con tono cattivo, vicino al suo orecchio, prima di uscire.
Syo rimase immobile, troppo stravolto dalla sorpresa e dall’incredulità per fare altro.
“Complimenti, davvero, sei proprio un cretino” gli disse una vocina nella sua testa. E aveva terribilmente ragione.

A cena, né Syo né Ai si guardarono, rimasero concentrati sul cibo e, occasionalmente, su qualche compagno di band che rivolgeva loro la parola.
Natsuki, che li aveva osservati, immaginava già cosa li aspettava una volta tornati in camera.
Sperava solo che quei due non si saltassero alla gola appena si fosse distratto un attimo.
Le previsioni di Natsuki non si rivelarono né troppo giuste né troppo sbagliate, alla fine, perché appena arrivarono in camera, Ai consegnò loro i loro nuovi orari di allenamento, e Syo, leggendo il suo, iniziò a dare in escandescenze, ma i suoi insulti parvero andare a finire contro una parete di gomma, Ai sembrava non averlo nemmeno sentito:
«Se uno di voi due arriverà in ritardo, ne pagherete entrambi le conseguenze» fu l’ultima cosa che disse prima di chiudersi in un silenzio che sarebbe durato fino al mattino dopo.
Syo fissò l’orario che aveva fra le mani, accartocciando i bordi; il suo incubo si era avverato.
Il suo nuovo allenamento era per la maggior parte vocale e sulle norme di comportamento degli idols e cose simili, la parte fisica era stata ridotta al minimo.
Anche Ai aveva cominciato a trattarlo come se fosse debole.
Non sapeva se l’aveva fatto per qualche forma contorta di bontà o per pura cattiveria, ma il dubbio bastava a farlo sentire al tempo stesso irritato e grato verso il senpai.
«Syo-chan, perché il tuo fascicolo ha una pagina in più del mio?» chiese Natsuki, notando il dettaglio.
Syo prese la pagina in questione, e quasi cadde sul letto per il capogiro che gli venne leggendola.
Era una copia della sua cartella clinica, dove veniva riportata la sua condizione.
C’era un’aggiunta a mano, in basso, con la grafia di Ai:
Perché non me l’hai detto?
La cosa peggiore era che la data e l’ora di stampa del foglio, in basso a destra, tanto piccole da poter sembrare inutili, era la data di quel giorno, a malapena un’ora prima che lui iniziasse ad urlargli contro.
Ai aveva preparato quel nuovo programma perché sapeva della sua condizione, e aveva scritto quella domanda solo per lui, prima che lui lo definisse spietato.
«Adesso mi sento davvero una merda» sussurrò, nascondendo la faccia nel foglio.
Natsuki non disse nulla, si limitò a dargli qualche pacca leggera sulla schiena, e di tanto in tanto lanciava uno sguardo triste ad Ai, raggomitolato sotto le coperte.
Quanto poteva essere difficile per quei due andare d’accordo?

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Capitolo 8
*** Plotting ***


Capitolo 8. Plotting

Fra Ai e Syo le cose rimasero praticamente uguali per almeno un mese: Ai evitava di parlare con Syo, e Syo evitava di parlare con Ai, ma quando succedeva che dovessero farlo volavano scintille e una terza persona doveva essere pronta a intervenire; la situazione stava diventando intollerabile sia per gli Starish che per i Quartet Night.
Fu così che Reiji, Ranmaru, Tokiya, Ren e Natsuki decisero che bisognava fare qualcosa al più presto.
«Ok, allora tutto chiaro?» chiese Reiji quando ebbe finito di spiegare il suo piano.
«Sì, in pratica è un po’ come 7 minuti in Paradiso» commentò pigramente Ren, che come Ranmaru era più stato offerto come volontario dagli altri membri del gruppo che altro.
«Solo che più che in Paradiso saranno 7 minuti di guerra» rispose Tokiya, che dentro di sé aveva come il sospetto che non fosse proprio una buona idea.
«Funzionerà?» chiese Natsuki preoccupato, che di sentire i continui battibecchi dei suoi compagni di stanza iniziava a non poterne più, tanto da andare a chiedere asilo politico a Camus e Cecil sempre più spesso.
«Deve funzionare, perché non se ne può più» borbottò Tokiya.
«Ok, quindi io attiro Syo-chan in sala della musica…»
«No, Natsuki, lì c’è il pianoforte e se quei due iniziano a picchiarsi e lo rovinano, Masa e l’agnellino ci appendono per gli alluci fuori dall’ufficio di Shining» intervenne Ren di fretta, impallidendo al pensiero, Tokiya gli scoccò un’occhiata divertita «devi portarli nella sala prove, ok?»
«No aspetta! Lì c’è la chitarra di Otoya» protestò Tokiya, beccandosi uno sguardo assassino da tutti gli altri.
«Tokiya, riprenditi. È una chitarra! Vai dentro, la prendi e la porti fuori. Non si può fare lo stesso con un pianoforte!!» esclamò Ren, prima che entrambi iniziassero a ridere.
Reiji alzò gli occhi al cielo:
«Oddio, Otoya aveva ragione quando ha detto che le situazioni di stress ti fanno diventare Hayato 2 la vendetta» sospirò.
«Ok, Syo e Ai mi stanno esasperando, va bene?» sibilò Tokiya, poi parve realizzare quello che aveva detto Reiji «che ha detto Otoya??»
«Posso chiedere perché stiamo parlando a bassa voce se a casa ci siamo solo noi dato che Ai-chan è fuori con Camus, come da piano, e Syo-chan è con Otoyan?» chiese Natsuki di punto in bianco.
«È quello che mi sto chiedendo anch’io da circa mezzora» commento Ranmaru, decidendosi a parlare per la prima volta.
«Oddio senpai! E tu da quando sei qui?? Sei peggio di Kuroko…» esclamò Ren, fingendo di essere sul punto di svenire, Ranmaru alzò un sopracciglio e lo ignorò.
«Torniamo seri, per favore?» chiese Tokiya, abbandonando la “formazione da complotto” «io vado a recuperare la chitarra di Otoya, poi gli mando il messaggio di tornare con Syo»
Gli altri annuirono, e Reiji aggiunse che lui avrebbe fatto lo stesso con Camus.
«Io mi preparo a chiamare l’ambulanza, non si sa mai» concluse Ranmaru avviandosi tranquillamente verso la sua stanza «tanto non ho capito nemmeno che c’entro io…»
«Tu e Ren dovete chiudere la porta quando entrano!!!»
«Reiji sei più esaltato di una fangirl» sospirò Ranmaru fra sé e sé.
 
Tornate e facciamo finire questo supplizio, per favore
Otoya lesse il messaggio e sogghignò, rispondendo in fretta e di nascosto da Syo:
Va bene, hai tolto la chitarra?
«Syo-kun che ne diresti di tornare a casa? Non abbiamo trovato niente che ci ispiri, no?» chiese, mentre aspettava la risposta. Syo si voltò verso di lui e annuì, assente.
Ami più quella chitarra di me -.-
“Tokiya…” pensò il ragazzo, leggendo divertito il messaggio. Se avesse raccontato in giro come era Tokiya con lui, la gente non gli avrebbe creduto, probabilmente.
Non preoccuparti, Toki… rimani sempre tu il mio strumento musicale preferito ;P
Sapeva che si sarebbe beccato un insulto, ma ne valeva la pensa per stuzzicare il suo ragazzo.
Appena torni a casa ti faccio vedere io… e muovetevi!
Ci volle tutta la volontà di Otoya per non scoppiare a ridere, ma si beccò comunque uno sguardo confuso di Syo mentre salivano sull’auto che li aspettava.
«Ehm… T-Tokiya che ogni tanto… ehm…»
«Non preoccuparti, non sono così sicuro di volermi togliere ogni possibilità di raggiungere il metro e sessantacinque» replicò Syo, avvampando. Otoya lo osservò con aria divertita:
«Oh non temere, credo che quello ormai sia impossibile»
«Tu invece non vuoi arrivare ai diciott’anni, vero Ittoki??»
Otoya continuò a ridere praticamente per tutto il tragitto, per l’irritazione di Syo.
 
Tutto pronto! Porta l’uccellino in gabbia!
Camus sbuffò al messaggio e rispose controvoglia:
Sei un pervertito di prima classe, Kotobuki
Lanciò uno sguardo ad Ai, che sembrava assorto più nel fissare fuori dalla finestra che nel leggere il libro che aveva sulle ginocchia.
«Mikaze, che ne dici di tornare a casa?» chiese, il ragazzo si voltò verso di lui e fece spallucce:
«Va bene» si limitò a dire, rimettendo a posto il libro e avviandosi verso l’uscita della biblioteca.
Sei tu che hai pensato male, Myu-chan! Io stavo solo parlando in codice!!! ^w^
L’idol non si degnò nemmeno di rispondere mentre seguiva Ai, ripromettendosi di non avere più nulla a che fare con i piani di Reiji.
 
Otoya spinse Syo nella sala prove più o meno mentre Camus ci lanciava - letteralmente - Ai, e Ren e Ranmaru chiusero di fretta le porte, bloccandole.
«CHE DIAMINE… OTOYA FAMMI USCIRE!! CHE ACCIDENTI STATE FACENDO? RAGAZZI!!» la voce infuriata di Syo seguì i cospiratori fino a quando non raggiunsero la sala, dove li aspettava una tazza di tè fumante ciascuno.
«Ora non rimane che aspettare» constatò innocentemente Masato, prendendo la sua tazza.
«Io per sicurezza ho il numero dell’ambulanza pronto sul telefonino» sospirò Ranmaru, portandosi le mani dietro la testa e accomodandosi meglio sul divano.
Reiji e Natsuki erano soddisfatti di come il loro piano stava procedendo.
«Sono sicuro che si chiariran…» un tonfo non meglio identificato arrivò dalla sala prove interrompendo il discorso ottimista di Cecil, e tutti rimasero a fissarsi a metà fra il sorpreso, il confuso e il divertito.
«Tieni pronto quel numero, Kurosaki» concluse Camus, sorseggiando il suo tè con aria indifferente.

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Capitolo 9
*** First kiss ***


Capitolo 9. First Kiss

Ai e Syo rimasero dalle due parti opposte della stanza, a braccia conserte, dandosi le spalle.
Se era questo che volevano i loro compagni, chiuderli insieme nella stessa stanza come a delle ragazzine innamorate che si facevano rinchiudere negli armadi con la loro cotta, potevano stare tranquilli che non si sarebbero nemmeno guardati.
Anche se erano entrambi fin troppo consapevoli della presenza l’uno dell’altro, e questo non aiutava affatto.
Alla fine fu Syo a rompere il silenzio:
«Comunque quella volta anch’io mi sarei voluto scusare, se tu non ti fossi messo a dormire per poi svegliarti con quell’uscita del tutto fuori luogo» disse.
Ai alzò un sopracciglio, continuando a dargli le spalle:
«Ah adesso è colpa mia perché mi sono addormentato»
«È colpa tua aver detto quell’idiozia!»
Ai alzò a malapena gli occhi al cielo, prima di rispondere, sempre più atono:
«Sei tu il pervertito che mi stava fissando»
«Non stavo fissando te!!» Syo si voltò verso Ai, anche se quello continuava risoluto a voltargli la schiena.
“Certo, stavi fissando il copriletto” pensò il ragazzo, seccato.
«Non ci penserei nemmeno a fissare te» aggiunse il biondo, anche se una piccola ed insignificante parte di sé si ribellò a quelle parole.
«Meglio, adesso potrò smettere di dormire a pancia in su» fu la secca risposta.
«Sei così vigliacco che non ti fai nemmeno vedere in faccia quando parli?»
Ai si voltò come una furia, raggiungendolo in una manciata di secondi e sbattendolo contro la parete, producendo un sonoro “THUD” all’impatto, ma Syo non batté ciglio.
“C-che cosa sto facendo?” si chiese il più piccolo, sorpreso dalle proprie azioni. Syo era lì, con il viso a pochi centimetri dal suo, gli occhi sbarrati dalla sorpresa e le labbra dischiuse.
«Ripetilo» sussurrò Ai, avvicinando ancora di più il volto a quello del più grande, che ora iniziava ad agitarsi.
«C-che cosa?»
«Ripeti che non ci penseresti nemmeno a fissarmi» disse, accorciando con deliberata lentezza la distanza fra le loro labbra, fino a farla diventare di pochi millimetri.
Ormai era inutile mentirsi, era quello ciò che voleva, ciò che aveva iniziato a volere qualche mese prima, e che aveva sempre cercato di nascondere dietro odio e rabbia.
Syo era sempre più atterrito, mentre tentava di allontanarsi. Non aveva mai visto Ai in quello stato, ma la cosa peggiore era che… non aveva tutta quell’intenzione di scappare.
«Forza dillo» ripetè Ai, fissandolo negli occhi, per poi tornare a guardare le sue labbra.
«I-io n-non…»
Non poté finire la frase, perché Ai si appropriò prepotentemente della sua bocca, premendo le labbra contro le sue e facendo scivolare la lingua fra esse.
Nonostante la sorpresa iniziale, Syo si ritrovò a rispondere al bacio, mentre le sue mani correvano frenetiche ad allacciarsi dietro il collo dell’altro ragazzo, che intanto gli aveva infilato le sue sotto la maglietta, attirandolo verso di sé.
“Che diamine stai facendo, Syo?? È di Ai che stiamo parlando, merda!”
“S-Syo? Di tutti… lui?”
Mentre i loro corpi si toccavano e si cercavano, le loro menti andavano in tilt, impazzivano… cosa stavano facendo? Perché lo stavano facendo??
Che diamine stava succedendo?!
E soprattutto… come accidenti c’era finito Syo a terra sotto di Ai?!
Riconquistando una piccola dose di lucidità, Syo si trovò a mordere la lingua di Ai, che si allontanò di scatto, affannato e sbalordito.
«Che caz…» chiese, fissandolo come se avesse appena compiuto un reato, Syo si portò una mano davanti alla bocca e si strofinò la manica contro di essa:
«Non so cosa ci sia preso, ma finiamola qui» disse finalmente, scattando in piedi e facendo cadere Ai all’indietro, il più piccolo lo fissava con aria illeggibile. Le sue labbra erano arricciate in un sorrisino malizioso, i suoi occhi erano feriti e le sue sopracciglia erano corrucciate in un’espressione di rabbia.
Nel complesso, Syo si scoprì ad avere quasi paura.
«Certo, finiamola qui» disse alla fine il ragazzo più piccolo, tirandosi su e sistemandosi i vestiti stropicciati.
Syo corse verso la porta, iniziando a strattonarla, e quasi precipitò a terra quando Ren la spalancò da fuori:
«Che avete combinato voi due? Non abbiamo sentito mezzo urlo…» commentò, sollevando elegantemente un sopracciglio.
«Levati dalle scatole, Jinguji» ringhiò Syo, spingendolo via e correndo verso la sua camera, sperando che Ai non decidesse di fare altrettanto. Per fortuna lo sentì chiedere in lontananza a Ren se gli dispiaceva prestargli la sua doccia.
Syo si assicurò di sbattere la porta abbastanza forte appena riuscì ad entrare, poi si lanciò sul suo letto, coprendosi il viso con le mani.
“Che accidenti è successo? Perché Ai si comportava in quel modo? E perché io ho ricambiato il bacio?? Cosa sta succedendo???” le domande gli vorticavano in testa, dandogli la nausea… Ai… Mikaze Ai… il suo senpai… il ragazzo con cui non faceva altro che litigare…
Perché proprio con lui doveva iniziare a baciarsi?!
Abbassò lo sguardo verso il suo bacino, e a quel punto il suo sguardo si indurì, per poi fargli emettere un verso esasperato:
«Oh, ma per favore! Dimmi che stai scherzando!!» sbottò, schiacciandosi il cuscino sulla faccia.
“Dannato Mikaze!!”
 
************************
Nota dell'autrice: penso che dovrei smetterla di scrivere a mezzanotte o.o ma... cosa fare quando non riesci a dormire? Scrivi una scena fra Syo ed Ai!! Mi scuso profondamente se risulta una schifezza, non sono mai stata brava a descrivere questo genere di scene, per cui sto ancora facendo pratica ehehe detto questo penso che mi ritirerò finalmente a dormire, lasciate una recensione se volete!! :D
Buonanotte a tutti (o giorno o pomeriggio, come al solito ;D)
Baci!
Starishadow

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Capitolo 10
*** When everything started to fall apart ***


Capitolo 10. When everything started to fall apart

«Ripetimi quello che avevi detto…» sibilò Tokiya fissando Reiji irritato «“deve funzionare”, “funzionerà alla grande”… oh sì lo vedo»
Erano seduti a tavola per il pranzo del giorno dopo, e Syo ed Ai non avevano fatto che lanciarsi battute e frecciatine velenose. Per non contare che Natsuki era piombato in camera loro la notte prima implorando asilo politico perché quei due non si reggevano.
«Ok, ammetto che forse il piano non è riuscito come volevo…»
«Oh, tu dici?» commentò sarcasticamente Ren, seduto dall’altro lato di Reiji, interrompendo la sua discussione a mezzavoce con Masato.
Reiji si rifiutò di rispondere, almeno lui ci aveva provato!
«Dobbiamo fare in modo che si chiariscano in qualche altra maniera…»
Otoya si voltò verso il suo senpai:
«Sì, ma stavolta il piano lo facciamo noi» disse, lanciando uno sguardo d’intesa a Tokiya e Camus, che annuirono.
«Non ce n’è bisogno» intervenne Ai, facendoli sussultare «credevate che non vi sentissimo?» aggiunse, di fronte alla loro sorpresa.
«Ehm…» bofonchiarono Otoya e Reiji, viola dalla vergogna, mentre gli altri sembravano indifferenti alla situazione.
«Vi saremmo grati se smetteste di riempire ogni nostro incontro di insulti velati e odio cortese» tagliò corto Camus, fissando Ai.
Il ragazzino abbassò lo sguardo e fece spallucce:
«Come volete» sussurrò.
Syo alzò le spalle a sua volta:
«Va bene, posso anche ignorarlo»
«Ma chiarirvi no?»
Tutti si voltarono verso Masato, che sull’intera faccenda non aveva ancora espresso un parere, impegnato fra prove, registrazioni e telefilm vari com’era.
Syo alzò un sopracciglio:
«E cosa dovremmo chiarire? Che lui sia un bastardo è evidente»
Reiji si irrigidì, guardando preoccupato Ai, che però stavolta non aveva intenzione di star zitto e sopportare, come l’altra volta.
«E che tu sia tanto stupido da non voler nemmeno ammettere ai tuoi amici che stai male non lo è?»
Syo spalancò gli occhi, atterrito, e anche Natsuki scattò in piedi, preoccupato.
Gli altri si voltarono verso Syo, confusi.
«S-sei un grandissimo figlio di…» balbettò il biondo, balzando in piedi, mentre il cuore gli martellava in petto e il respiro irregolare.
Ai lo fissò con odio:
«Mai quanto te»
Il viso del ragazzo più basso si contorse dalla rabbia, i pugni serrati.
«S-Syo-chan… andiamo in camera…» implorò Natsuki, afferrando l’amico prima che si avventasse sul senpai.
Gli Starish intanto si guardavano l’un l’altro, confusi e preoccupati… che cosa intendeva Ai?
«Ti odio» sputò fuori alla fine Syo, attraverso i denti serrati dall’ira, Ai inclinò il capo da una parte:
«Attento, Kurusu, fra odio e amore non c’è troppa distanza»
«Come se fosse possibile innamorarsi di te» con quelle parole, in cui il biondo si assicurò di infilare abbastanza veleno, Syo si voltò e si incamminò verso la porta.
«Giusto. Per innamorarsi bisogna avere un cuore»
Natsuki parve soffocare a quelle parole, mentre correva dietro Syo che si era pietrificato.
Ai stesso era sorpreso di quello che aveva appena detto, non aveva veramente voluto farlo… voleva solo che per una volta fosse Syo quello ferito. Ma ora aveva fatto anche di peggio…
«Perché non prendi esempio da tuo fratello e ti togli di mezzo, Mikaze?» chiese gelidamente Syo, fissandolo da sopra una spalla, e a quel punto anche Reiji e Ranmaru si alzarono.
«SYO!!» urlò Reiji, sbalordito.
Ma il biondino era già uscito, seguito da un Natsuki boccheggiante.
Ranmaru si voltò lentamente verso Ai, sussultando nel vederlo impallidire e scivolare a terra, attonito.
«Ai» lo chiamò, piano, e con tutta la delicatezza che era riuscito a concentrare nella sua voce.
Reiji fece il giro del tavolo e raggiunse il compagno, poi gli si inginocchiò accanto:
«Ai-ai?» chiamò, incerto, mentre gli posava una mano su una spalla.
Quando qualcuno tirava in mezzo Aine, le reazioni di Ai erano imprevedibili: poteva restare indifferente così come poteva scagliarsi contro chi l’aveva nominato, oppure poteva chiudersi in se stesso e non aprire bocca per giorni…
Ma stavolta, il ragazzino non fece altro che battere gli occhi un paio di volte finchè non fu sicuro di averli completamente asciutti e alzare il viso con aria indifferente:
«Non ha niente di meglio nel repertorio?» chiese con calma.
«Ai, basta, finitela di comportarvi così!» esclamò Otoya, fissandolo spaventato.
Tokiya si scambiò uno sguardo con Masato, che capì al volo cosa stava pensando: era ora di parlare seriamente con Syo.
 
*************
Nota dell'autrice: Saaaaalve a tutti!! Eccomi con dei nuovi capitoli freschi freschi di scrittura! ;D prima di ritirarmi nei meandri della mia camera (?) vorrei solo ringraziare tutti coloro che hanno letto, o recensito, o inserito fra le preferite/seguite ecc, grazie davvero di cuore!!! Siete fantastici!! :DD
Baci,
Starishadow! 
 
P.S. Forse questo capitolo non è proprio riuscito, ma posso dire che nel prossimo la situazione potrebbe fare un passo avanti... e di sicuro Syo subirà le conseguenze di tutti i "colpi" che il suo cuore ha preso. Chi vuol intendere intenda... ;) 
*si ritira cercando di passare inosservata ma inciampa sulla coda del cane*

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Capitolo 11
*** Heartache ***


Capitolo 11. Heartache

«Syo-chan ti prego, calmati!!» implorò Natsuki disperato dopo l’ennesimo urlo straziante di Syo.
«IO LO AMMAZZO!» sbraitò l’altro, scagliando il suo nuovo copione di “Principe dei combattimenti” contro la parete, il volto paonazzo dalla rabbia e solcato da lacrime che non facevano altro che farlo irritare di più, e nonostante continuasse ad asciugarle furiosamente, quelle tornavano imperterrite ad impossessarsi dei suoi occhi e delle sue guance, sprezzanti del suo orgoglio già abbastanza ferito.
«S-Syo-chan, agitarti così n-non ti fa…»
«NON MI FA BENE? NEMMENO AVERE A CHE FARE CON QUELL’IMBECILLE TUTTI I GIORNI MI FA BENE!»
Natsuki rimase impotente ad osservare Syo che sfogava tutta la sua rabbia e la sua frustrazione distruggendo ogni oggetto gli capitasse sotto tiro.
«Syo, per favore» mormorò.
«E SAI QUAL È LA COSA PEGGIORE???» il viso del ragazzo ormai era livido, tanto da far venire meno le parole a Natsuki, capace solo di fissarlo preoccupato «CHE CI SIAMO PURE BACIATI!!»
Stavolta la bocca del più alto si spalancò in una “O” di sorpresa, così come i suoi occhi che parvero diventare più grandi della montatura dei suoi occhiali per quanto erano aperti.
«Eh?! Cosa avete fatto??» balbettò Natsuki, stralunando.
«Ci siamo baciati, lui mi ha infilato la lingua in bocca, le nostre labbra si sono incontrate… come voi che te la metta?!» sospirò Syo crollando sul letto.
“E a me non è nemmeno dispiaciuto così tanto” pensò contro la sua stessa volontà, per poi opporsi con tutto se stesso a quei pensieri.
Non importava quanto fossero morbide le labbra di Ai contro le sue, non importava quanto potesse essergli piaciuto sentire le sue mani sotto la maglia e sul bordo dei pantaloni.
Lui odiava Ai Mikaze, e questo non sarebbe mai cambiato.
Grazie a lui ora anche gli altri Starish avrebbero saputo della sua malattia e l’avrebbero trattato diversamente, e non ci pensava minimamente.
«Tu e Ai-chan vi siete baciati» ripetè Natsuki, ancora sconvolto, ma prima che potesse rispondergli, Syo sentì il suo petto come andare a fuoco, strappandogli un mezzo grido mentre inarcava la schiena e si portava una mano all’altezza del cuore.
Natsuki tornò subito in sé, nonostante fosse spaventato, e gli si avvicinò, tentando di calmarlo, senza alcun successo.
Syo era pallido in viso e si stringeva convulsamente la maglietta, mentre tentava di soffocare le grida di dolore che tentavano di uscire dalle sue labbra.
«Oddio, che devo fare, Syo-chan!» singhiozzò Natsuki, che mai l’aveva visto in uno stato simile.
«S-s-ir-in-ga» ansimò Syo, prima di venire soffocato da violenti colpi di tosse che lo fecero piegare in due dal dolore al petto che pareva esplodergli.
Natsuki aprì convulsamente la trousse con le medicine, cercando la siringa che aveva detto l’amico.
«Qui non c’è!!» esclamò terrorizzato, fissando Syo con le lacrime agli occhi.
Sapeva di dover restare calmo per poterlo aiutare, ma mai si era trovato in una simile condizione. Di solito quando succedeva c’erano sempre Karou o i genitori di Syo a prendersi cura di lui.
«Letto… sotto» riuscì a rantolare l’altro ragazzo, fra un accesso di tosse e l’altro, mentre anche respirare diventava impossibile.
Il suo petto era ancora in fiamme, il cuore gli batteva all’impazzata, e ogni contrazione era una fitta di dolore atroce che lo attraversava, le orecchie fischiavano e i suoi occhi vedevano tutto sfocato e confuso.
“Dov’è Natsuki?” si chiese, mentre cercava di distinguere la sagoma dell’amico fra le ombre senza senso che vedeva davanti a sé… Dio, i suoi occhi erano così lenti a muoversi…
Natsuki vide lo sguardo di Syo farsi assente, e capì che stava lentamente perdendo conoscenza; in preda al panico, si tuffò sotto il letto, recuperando un’altra trousse con altre medicine, più potenti di quelle che aveva già visto finora, e tirò fuori una siringa già pronta.
«Dove devo farla, Syo?» chiese, mentre lo strumento gli tremava fra le mani, ma l’altro ragazzo non sembrava in grado di rispondergli.
Sempre più agitato, alla fine Natsuki optò per la vena del braccio dell’amico, che sembrava minuscolo e troppo pallido fra le sue mani quando vi affondò l’ago e iniettò il liquido.
Il grido che Syo non riuscì più a trattenere fu straziante, così come le lacrime che uscivano senza più controllo, e Natsuki non sapeva più che fare.
Fu così che, quando la porta si spalancò rivelando il resto degli Starish, attoniti di fronte alla scena che si erano trovati davanti, non seppe far altro che singhiozzare “aiutatelo” prima di stringere Syo fra le braccia e non riuscire più a controllare la paura.
Sentì a malapena Ren che diceva a Cecil di chiamare un’ambulanza, o Otoya che chiedeva cosa fosse successo al loro amico. Tutto quello su cui riusciva a concentrarsi era il modo spaventoso in cui il suo amico d’infanzia diventava sempre più immobile fra le sue braccia.
 
Tutti gli Starish erano riuniti nella sala d’attesa dell’ospedale, chi in preda all’agitazione più totale, chi con lo sguardo perso nel vuoto per via dello shock e chi, come nel caso di Tokiya, più lontano dagli altri era impegnato a spiegare la situazione al presidente dell’agenzia.
Quando tornò al suo posto accanto ad Otoya, quello gli si rannicchiò addosso, nascondendo il viso nel suo braccio, un po’ per celare al mondo il suo viso, un po’ per chiudere fuori il mondo stesso.
Tokiya aveva avuto modo di scoprire quanto era terrorizzato il suo ragazzo all’idea di perdere le persone a cui era più affezionato al mondo, e sapeva che in quel momento Otoya si trovava in uno stato di orrore profondo, da cui sarebbe uscito solo quando avesse saputo che Syo stava meglio.
Cecil stava cercando in ogni modo di rassicurare Natsuki, che aveva ancora gli occhi rossi e gonfi di lacrime, le lenti tanto appannate da far temere agli altri che potesse togliersi gli occhiali da un momento all’altro - un incontro con Satsuki era l’ultima cosa di cui avevano bisogno in quell’istante - e Ren aveva praticamente scavato un solco lungo il corridoio della sala d’attesa, ignorando i continui richiami sommessi di Masato che, dal canto suo, se ne stava fermo in piedi accanto alla sedia di Cecil, dopo aver rinunciato a consolare Natsuki.
Anche i Quartet Night erano presenti, in silenzio e attesa, con Reiji che ogni tanto cercava di confortare il più piccolo dei suoi kohai e ogni tanto mormorava qualche parola rassicurante per gli altri, ma fra di loro uno si faceva notare significativamente per una cosa: la sua assenza.
Ai non era lì, non era voluto andare all’ospedale con il resto del gruppo, appena aveva saputo cosa era successo a Syo era rimasto imperturbato e si era diretto verso il salone, sordo e muto nei confronti degli altri.

Potevano essere passati tanto giorni quanto ore o minuti quando la porta che dava sulla sala si spalancò, e un ragazzo fece irruzione.
Reiji inspirò bruscamente, non pronto a quella visione, così come Cecil che rimase pietrificato. Ren smise per un momento di consumare le suole delle scarpe, per poi ricominciare nella sua marcia imperterrita.
Otoya continuò a nascondersi contro Tokiya, che fu l’unico a rivolgere la parola al gemello omozigote di Syo:
«Kaoru-san…» a dire il vero non aveva molto da dirgli, lo sguardo di puro panico e dolore che il ragazzo aveva negli occhi toglieva le parole di bocca.
«Che cosa è successo?» chiese con un filo di voce «Ha di nuovo esagerato, non è vero? Se n’è di nuovo fregato di prendere le medicine e stare attento a non stancarsi, giusto?» la sua voce tremava ed era carica di rabbia, ma quella rabbia che si usa quando ci si vuole difendere, quando si preferisce attaccare piuttosto che essere colpiti… fissò disperato Tokiya, che finora era l’unico ad aver incontrato il suo sguardo «È per questo??»
“Perché devo farlo io?” si chiese il ragazzo interpellato, non più in grado di sostenere lo sguardo del gemello del suo amico. Come poteva dirgli che in realtà stavolta lo sforzo fisico non c’entrava niente…?
«No» sussurrò Natsuki, ritrovando finalmente la voce e alzandosi in piedi, avvicinandosi a Kaoru; il modo in cui torreggiava su di lui era quasi struggente, Kaoru sembrava indifeso e vulnerabile mentre alzava il viso verso di lui, le mani abbandonate lungo i fianchi, ormai nemmeno capaci di chiudersi in pugni.
«Cosa?» chiese, tremante.
«Non è stato per quello» sospirò Natsuki, posando gentilmente le mani sulle spalle di Kaoru e spingendolo su una sedia accanto ad Otoya, che si strinse di più a Tokiya.
L’idol amante delle cose piccole e carine cominciò a raccontare tutto quello che era successo fino all’attacco di Syo, dove la sua voce sembrò non reggere lo stress e tutto il suo corpo sembrava voler rifiutare il ricordo.
Tokiya ricordava quando il suo vecchio presidente aveva avuto un attacco cardiaco a causa della sua decisione di buttare via Hayato, non aveva dimenticato come si era sentito tremendamente in colpa, anche se una parte razionale di lui aveva precisato che il presidente non avrebbe dovuto esagerare a quel modo con l’alcool e il fumo, aveva ben impressa nella mente la sensazione di paura e impotenza che lo avevano travolto quando l’unica cosa che aveva potuto fare era stata chiamare un’ambulanza e pregare che arrivassero presto.
E la cosa peggiore era che lui si era sentito così per un adulto consumato dal vizio e dall’età, Natsuki aveva visto un suo coetaneo, il suo migliore amico da sempre, il ragazzo più determinato e forte che lui e gli altri avessero mai conosciuto, costretto a cedere sotto le reazioni del suo stesso corpo…
Forse sapeva come doveva essersi sentito Natsuki, ma allo stesso tempo si sentiva lontano anni luce dal poter capire come si era sentito veramente.

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Capitolo 12
*** Pain ***


Capitolo 12. Pain

Ren era collassato - esausto dal camminare - su una delle sedie quando finalmente la porta si aprì, e tutti si voltarono verso il medico appena uscito con aria di aspettativa.
«Chi di voi è un familiare del paziente?» chiese l’uomo con tono grave, che fece balzare il cuore in gola a tutti.
Kaoru ebbe serie difficoltà ad alzare la mano per indicare se stesso, temendo le parole del medico e allo stesso tempo anelandole.
«Posso parlare solo con lei?»
«Qualsiasi cosa riguardi mio fratello riguarda anche loro, quindi lo dica e basta» replicò Kaoru duramente, divorato dall’impazienza, Natsuki lo strinse a sé, un po’ per rassicurarlo e un po’ per avere un po’ di conforto lui stesso.
L’uomo sospirò e, dopo una pausa che fece venire i nervi a fior di pelle a tutti, si decise a dire:
«C’è mancato davvero poco che non potessimo più fare nulla per lui. Non fatelo ridurre mai più in uno stato simile. Per il resto, lo terremo sotto osservazione per questa settimana, poi dovrà stare un mese a riposo… anche quando potrà tornare alle sue solite attività, comunque, cercate di fare in modo che non sovraccarichi il cuore, va bene? E non intendo solo fisicamente, anche forti stress come paura, rabbia o dolore potrebbero scatenare un attacco»
I ragazzi annuirono lentamente, prima che l’uomo aggiungesse che erano consentiti tre visitatori per volta, e Natsuki e Karoru si precipitarono per primi, gli altri decisero di lasciar loro del tempo prima di presentarsi a loro volta.
 
«Aiyan, che cosa hai fatto?»
Ai si voltò nel buio, cercando l’origine della voce. La conosceva, l’aveva già sentita in passato… e poi c’era solo una persona al mondo che lo chiamava “Aiyan”.
«Aine-nii, dove sei?» chiamò, tentando di scorgere la sagoma del fratello.
«Non è da te parlare in quel modo, Aiyan»
La voce di Aine conteneva una sottile vena di biasimo e rimprovero che fece sprofondare Ai.
«Che cosa vuoi dire? Dove sei, onii-san?» chiese, guardandosi attorno disperato.
«Le cose che hai detto a Syo, Ai. Non dovevi ferirlo così»
Ai si rannicchiò, stringendosi le ginocchia al petto e poggiandovi sopra il mento:
«Non volevo farlo» mormorò «un po’ sì»
«Otouto-chan, perché non sei andato all’ospedale con gli altri?»
Ai non rispose per un po’.
«Odio gli ospedali»
«Ma così non potrai andare a parlare con Syo»
Che cosa stava facendo Aine? Che cosa voleva dirgli? Perché dopo tutti quegli anni gli stava parlando ora… e dov’erano, oltretutto??
In quel momento la verità calò davanti ad Ai come un sipario. Stava sognando.
Nel momento stesso in cui lo realizzò, il ragazzo si svegliò, trovandosi sdraiato sul divano del salone, ancora solo in casa.
Si morse il labbro, pensando a Syo.
Sì, era un idiota bastardo, ma non avrebbe mai voluto che gli succedesse qualcosa.
Anzi.
La verità era che Ai in quel momento era preoccupato da morire, non era andato all’ospedale con gli altri perché aveva paura, paura di rivivere quei momenti di attesa, di silenzio, di lacrime. L’ultima volta che era stato in un ospedale, suo fratello era entrato in un coma da cui non si era ancora svegliato.
Ma non poteva restare lì… odiava non sapere nulla di Syo.
C’era qualcosa in lui che urlava di raggiungerlo, che non desiderava altro che rivederlo, anche per solo pochi secondi…
“Per favore, fa’ che stia bene” si disse, mentre recuperava il suo cellulare e chiamava l’unica persona che poteva accompagnarlo.
«Ai-kun?»
«Zio, ho bisogno di un favore»
 
*********************************************
Nota dell'autrice: è notte, sto morendo di caldo, ho dovuto cedere il mio letto perchè in questo momento siamo troppi in casa, e sono appollaiata su un letto a soppalco... io, che soffro di vertigini peggio di Syo!! >.< ok, ignorando le mie lamentele inutili, sto cercando di scusarmi per il capitolo cortissimo e incasinato... prometto che il 13 (che dovrei riuscire a postare fra poco, con un po' di fortuna) sarà un po' più decente! ;D
Dormite bene, voi che ci riuscite!
Alla prossima!!
Baci,
Starishadow!!

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Capitolo 13
*** You are one of us! - part 1 ***


 
Capitolo 13. You are one of us! - part 1

«Syo-chaaan!» esclamò Natsuki correndo nella stanza dell’amico, tentando di balzare sul letto prima che Kaoru lo afferrasse per il bordo della maglia e lo fulminasse con un’occhiataccia degna del gemello.
«Non pensarci nemmeno, Natsuki» gli intimò, prima di raggiungere in punta di piedi il letto.
Ormai doveva essersi abituato alla vista di Syo pallido e debole su un lettino d’ospedale, le braccia piene di aghi che lo collegavano a diverse flebo e il petto collegato da mille tubicini ai macchinari ronzanti attorno a lui.
La verità era che non ci si era abituato proprio per niente, e ogni volta che lo vedeva, si sentiva sempre sul punto di svenire.
Era entrato a medicina per lui, per aiutare Syo, per smettere di vederlo in quelle condizioni, ma continuava a sentirsi inutile, piccolo, davanti alla malattia del fratello; aveva sempre la sensazione di non essere abbastanza veloce, che il gemello gli scivolasse via prima lui riuscisse ad afferrarlo.
Appena fu seduto nella seggiola accanto al lettino, Syo aprì lentamente gli occhi, trovando immediatamente quelli del gemello. Rimorso dipinto negli occhi del primo, preoccupazione in quelli del secondo.
«Hey» mormorò il ragazzo sul letto, con voce bassa e roca, insonnolita dagli antidolorifici che gli venivano iniettati nel sangue dalle flebo. Kaoru accumulò tutto il coraggio che aveva per sorridergli mentre gli prendeva una mano:
«Mi hai fatto spaventare» ammise, a voce bassa.
«Scusa»
Natsuki si fece avanti piano, sedendosi anche lui vicino al letto:
«Syo-chan» lo chiamò con voce tremula, gli occhi azzurri dell’altro ragazzo si posarono stancamente su di lui «m-mi dispiace di averti fatto male con quell’iniezione» bisbigliò il biondo, torturandosi le mani.
«Mi hai salvato» Syo stava risparmiando il fiato, e comunque in quel momento la sua voce non avrebbe retto lo sforzo di dire altre parole, ma furono sufficienti per far capire a Natsuki quello che voleva.
L’idol dalle tendenze coccolose ad alto tasso di pericolosità gli sorrise, sollevato e triste di vederlo in quelle condizioni.
Syo sospirò, fissando le mani sue e del fratello, collegate.
«Lo sanno tutti?» chiese, sconsolato.
«Syo-chan non c’è nulla di cui vergognarsi!» protestò Natsuki, notando l’espressione sul viso pallido dell’amico.
Syo non disse nulla, e Kaoru, dopo avergli stretto gentilmente la mano per dargli un po’ di conforto, gli chiese se avesse voglia di parlare con gli altri. Il più grande dei due gemelli esitò, prima di sospirare e bofonchiare un “glielo devo”.
Fu così che poco dopo Otoya, Cecil e Masato entrarono nella stanza, intimiditi dai macchinari che sembravano incombere su Syo.
«Può parlare poco» li avvisò Kaoru prima di uscire, Masato gli assicurò che avrebbero parlato loro.
«Ragazzi, io…»
«Non dire una parola, Syo-kun» Cecil interruppe l’amico con un gesto, e tutti e tre presero posto accanto al letto, Otoya con gli occhi ancora rossi e lucidi, gli altri due con un contegno decisamente migliore, ma i segni della preoccupazione evidenti sul viso.
«Volevamo dirti» iniziò Masato, prima che il biondo potesse ribattere «che sei un idiota» Syo parve confuso da quelle parole, ma il compagno proseguì «un idiota per aver pensato di poter tenere nascosta una cosa del genere al resto del gruppo…»
«E un imbecille per averlo fatto per paura del nostro giudizio» intervenne Cecil, incrociando le braccia sul petto.
«Non ti considereremmo mai debole, o un deficit per il gruppo o chissà quale altra scemenza puoi aver pensato!» esclamò Otoya a mezza voce, fissandolo negli occhi, in cui Syo lesse la più completa sincerità e iniziò a sentirsi in colpa per aver dubitato dei suoi amici.
«La nostra unica preoccupazione è che tu ti rimetta presto…» la parola tornò a Masato, con una naturalezza tale da spingere Syo a chiedersi se avessero provato in precedenza quel discorso.
«… e che non ci faccia più prendere spaventi simili, quindi cercando di riguardarti e fermarti se devi»
Stavolta Syo non riuscì a stare zitto, e si infilò nel discorso fra Cecil e Otoya:
«Ma vi rallenterò»
Tutti e tre alzarono gli occhi al cielo, con un sincronismo quasi perfetto e comico:
«Rallenteremo, una pausa fa bene a tutti in fondo» replicò Masato, imperturbabile.
«Non sei mai stato, né sarai mai né potrai essere un peso per gli Starish, ok, Syo? Tu sei uno degli Starish, uno di noi, e… e non ci pensiamo nemmeno a giudicarti per qualcosa che non puoi controllare - e che comunque hai gestito perfettamente fino ad ora - vogliamo solo che tu stia bene, e che stia con noi!» gli occhi cremisi di Otoya si incatenarono di nuovo con quelli di Syo, che lentamente sentì le sue preoccupazioni sciogliersi, lasciando il sollievo di poter contare sui suoi amici da quel momento in poi.
«Ragazzi, vi sbrigate?? Vogliamo parlare anche noi con il Chibi!!» disse la voce di Ren da dietro la porta, e Cecil e Otoya ridacchiarono, Masato lanciò uno sguardo truce al povero oggetto che divideva lui e il vero bersaglio della sua occhiataccia.
«Ren ha ragione, anche lui e Tokiya vogliono parlarti… comunque sia, Syo, ora avrai solo una cosa di cui preoccuparti…» sogghignò Cecil, e tutti e tre assunsero un’espressione abbastanza inquietante, Syo deglutì, a disagio.
«D’ora in avanti scordati di dimenticarti di prendere le tue medicine quando devi, anche a costo di venirti a prendere durante uno show in diretta e cacciartele in bocca in mondovisione. Sono stato chiaro?» chiese Masato, fissando Syo seriamente. Il più piccolo spalancò gli occhi, intimorito dalla minaccia, e annuì freneticamente, facendo ridacchiare gli altri tre.
«Perfetto! Ora facciamo entrare gli altri due, dai» sorrise Otoya, prima di voltarsi verso Syo «Guarisci presto, Syo-kun! Ti aspettiamo» gli fece l’occhiolino e uscì dalla porta, seguito dagli altri due che gli fecero lo stesso augurio e la stessa promessa prima di andarsene.
 
***********************
Nota dell'autrice: ed ecco il 13!! :DD come promesso, è sicuramente più lungo dell'altro xD se è meglio, peggio o uguale, sta a voi decidere... così come sta a voi decidere se vi è piaciuto o meno ^^
Spero di non essere andata OOC, confesso che pensavo sarebbe stato più facile scrivere delle reazioni degli Starish, ma non avevo  messo in conto delle cose che sono emerse poi mentre scrivevo :D
Ovviamente ogni opinione è sempre la benvenuta, quindi fatemi sapere!
Domani sera/notte potrebbe esserci la parte 2 con Ren e Tokiya, nella peggiore delle ipotesi la metterò dopodomani mattina! :D
Ora mi intimano di spegnere il computer o staccano il wifi (o.o no, per favore no, non prima che io abbia postato!!)... a presto!!
Grazie mille, millemila volte, infinitamente, per aver letto la mia storia fin qui! Spero che vi stia piacendo!!
Baci!
Starishadow

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Capitolo 14
*** You are one of us! - part 2 ***


Capitolo 14. You are one of us! - Part 2
 
Poco dopo che i tre furono usciti, Ren e Tokiya apparvero sulla porta, insolitamente intimiditi ed esitanti.
«Ochibi-chan?» chiamò piano Ren, con le sopracciglia aggrottate mentre si chiudeva la porta alle spalle e seguiva Tokiya verso il letto dell’amico.
Syo gli scoccò un’occhiataccia, che fece sollevare di sollievo il più grande degli Starish: se non avesse nemmeno reagito al suo tanto odiato soprannome, non era sicuro di poter rispondere delle proprie azioni.
«Come stai?» chiese Tokiya, impossessandosi di una delle sedie.
Syo fece spallucce:
«Una merda?» provò, scoccandogli un sorrisino poco convinto.
«Ti odio, Ochibi-san» dichiarò Ren di punto in bianco, qualcosa di strano nella voce… e nei capelli.
Syo lo osservò, sbalordito, notando che forse era la primissima volta che vedeva il compagno in uno stato simile, con i capelli in disordine e la sua solita sicurezza ben lontana da lui.
E non poteva dire che gli piacesse quello spettacolo, non se Ren era in quello stato per colpa sua.
«Ren» lo riprese Tokiya, lanciando un’occhiata di avvertimento all’amico, che però lo ignorò:
«Mi… mi hai fatto…»
«Non mi starai dicendo che eri preoccupato per me, Ren» Syo finalmente era riuscito a controllare la sua voce abbastanza da poterci concentrare il sarcasmo necessario, trovandosi un paio di occhi color cielo d’estate puntati addosso che lo fissavano con aria truce.
Quello era decisamente più da Ren.
«Certo che ero preoccupato per te, razza di cretino! Dovevi vederti quando siamo entrati in camera vostra! E Natsuki che piangeva tenendoti in braccio… e… e… ti rendi conto che hai tossito sangue??»
Syo spalancò gli occhi. Che cosa??
«Ren» disse di nuovo Tokiya, ancora più minaccioso, quando l’elettrocardiogramma iniziò ad aumentare la velocità dei battiti. Syo imprecò nella sua mente e tentò di calmarsi, Ren chinò il capo:
«Scusa, io… odio quando i miei amici stanno male» le sue parole furono a malapena udibili, ma sia Syo che Tokiya non riuscirono a trattenere un sorrisino sentendole.
E così anche Ren aveva un punto debole, dopo tutto.
«Mi dispiace»
«Non è colpa tua» intervenne Tokiya, guardando il ragazzo «solo… avresti potuto dircelo»
Syo si morse il labbro inferiore, a disagio.
«Giusto… ma forse posso capirti»
Questo catturò l’interesse del biondino, che osservò Ren confuso, anche Tokiya a dire il vero aveva inclinato il capo da una parte, incuriosito.
«Avevi paura che ti avremmo trattato diversamente, che nelle prove ti avremmo tenuto d’occhio, ti avremmo costretto a fare delle pause anche quando non ti servivano… come se fossimo noi a sapere quello che ti succede dentro»
Aveva colto esattamente nel segno! Il più piccolo spalancò gli occhi, sbalordito, e Ren gli regalò il suo sorriso furbo che lo caratterizzava:
«Quindi sei un idiota»
Tokiya ridacchiò, Syo sorrise:
«Me l’ha detto anche Masato» ammise, e stavolta Ren si unì alla risata di Tokiya.
«Prometto che non lo faremo» dichiarò il ragazzo dai capelli scuri, fissandolo seriamente «non ti costringeremo a fermarti quando non ne hai bisogno… però per favore, ti prego… diccelo se ti senti male, è l’unica cosa che ti chiediamo!» la voce di Tokiya era tranquilla, e determinata, e Syo in quel momento non poté più ignorare la sensazione che lo stava avvolgendo. Aveva sottovalutato i suoi amici, e l’affetto che provavano per lui.
Aveva temuto che lo abbandonassero appena saputo il suo segreto, aveva temuto che non l’avrebbero ritenuto alla loro altezza, che per loro sarebbe stato solo un peso…
Era stato un idiota.
«Dopo tutto quello che abbiamo passato, non l’hai ancora capito, Ochibi-chan?» chiese Ren, ammiccando prima di tornare serio «Siamo una famiglia… e le famiglie non lasciano indietro nessuno»
Gli occhi del più piccolo si riempirono di sorpresa, e qualcos’altro… che fosse commozione?
«Grazie» sussurrò, fregandosene della voce carica di emozione mentre lo diceva. Da Ren non si sarebbe mai aspettato qualcosa di simile, e a dire il vero nemmeno Tokiya: il musicista rubacuori era sempre sembrato quello più indipendente del gruppo, il più distaccato; fin dall’inizio non si era mai sbilanciato, eppure finalmente qualcosa prendeva senso davanti ai due ragazzi.
Tutte le volte che Ren li aveva incoraggiati prima di un concerto, tutte le volte che aveva fatto loro i complimenti a fine performance, gli sguardi eloquenti mentre si esibivano, i sorrisi rassicuranti se per caso uno di loro sbagliava, le migliaia di volte in cui aveva risollevato le sorti di un’intervista su cui era calato un silenzio imbarazzante iniziando a flirtare con l’intervistatrice (o con Masato, se chi li intervistava era un uomo)...
«O-ok… ho detto di nuovo qualcosa non da me, non fate quelle facce adesso!» esclamò il maggiore, avvampando, Tokiya soffocò una risata e si voltò di nuovo verso Syo:
«Inutile dire che concordo con lui, nonostante abbia detto qualcosa di assolutamente OOC» ghignò.
«Ichi, devi smettere di guardare anime con Otoya invece di dormire»
«Fidati, facciamo altro quando non dormiamo»
«ICHINOSE!!» esclamarono in coro Ren e Syo, ottenendo in risposta un ghigno quasi sadico, che poi venne sostituito da un sorriso più naturale:
«Allora, Syo… inizierai a fidarti di noi?» chiese, fissandolo negli occhi.
«Assolutamente»
Ren e Tokiya annuirono, e il secondo si alzò, dirigendosi verso la porta.
«Lasciamo entrare i senpai e l’agnellino, se è arrivato, poi potrai riposarti… saranno rapidi, promesso» disse Ren, Syo si accigliò:
«I… senpai?» chiese, con un filo di voce, e Ren e Tokiya si scambiarono uno sguardo, prima che il minore dei due parlasse:
«Lui non è venuto, Syo» disse, tristemente, Syo fece spallucce:
«Meglio così» si limitò a dire, mentre faceva del suo meglio per ignorare la delusione che gli stava crescendo in petto.
Forse, e solo forse, molto in fondo, aveva sperato che Ai fosse lì, che in fondo gli importasse qualcosa di lui… ma si era sbagliato… forse si era illuso.
“Ma che diamine stai pensando? A te di quel bastardo non importa niente!” sbottò nella sua mente, scuotendo il capo.
«Beh, allora ciao, Ochibi-chan»
«Rimettiti presto, ti aspettiamo»
Sorrise ai due compagni di band, che poi uscirono, e prima che Reiji facesse irruzione nella stanza si concesse la più piccola delle espressioni di dolore.
 


******************************
Nota dell'autrice: eccomi finalmente con il nuovo capitolo! :D mi dispiace avervi dato buca ieri, ma non sono mai stata a casa >.<
Forse Ren mi è venuto un po' sdolcinato in questo capitolo, ma è stato più forte di me... sembra sempre uno che si fa i fatti suoi, ma a modo suo anche a lui interessa del gruppo (tipo nell'episodio dell'audizione di Masa... tecnicamente anche lui è lì a supportarlo, anche se non in versione fanboy accanito come gli altri xD - sì Ren, sappiamo tutti che volevi essere tu al posto di Tokiya, ma fattene una ragione tesorino ;P).
Detto questo, scompaio e corro a sistemare il 15... Finalmente Ai riuscirà a parlare con Syo senza che si azzannino a vicenda? O rovineranno di nuovo tutto? xD vedremo ahahah
Buona giornata, grazie a tutti per il sostegno!
Al prossimo capitolo!!
Baci,
Starishadow

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Capitolo 15
*** I'm sorry ***


Capitolo 15. I'm sorry
 
«Allora, come mai mi hai chiesto di accompagnarti?»
«Sei l’unico con una macchina a cui potevo chiedere»
L’uomo seduto al posto del conducente sospirò di fronte all’atteggiamento freddo e disinteressato del nipote, che in quel momento osservava distrattamente il paesaggio che correva fuori dal finestrino.
«Sai, sei stato piuttosto vago sul perché devo accompagnarti all’ospedale, se non avessi avuto la decenza di dirmi che era perché dovevi far visita a qualcuno mi sarei preoccupato» tentò di nuovo l’uomo, lanciando una brevissima occhiata al ragazzo, sperando di poter scorgere almeno l’ombra di un’espressione su quel viso che, in presenza sua e di molti altri, restava impassibile e freddo da almeno 5 anni.
Ai, dopo altri minuti di ostinato silenzio, si decise a parlare, con voce vagamente esitante rispetto ai suoi standard:
«Novità su Aine?» chiese.
«Perché non vai a trovarlo tu stesso ogni tanto?»
Il ragazzino fece una smorfia: c’era stato un tempo, cinque anni prima, quando nella sua infantile speranza da bambino di 10 anni aveva creduto che, se fosse andato ogni giorno a parlare con il fratello, a tenergli compagnia e chiedergli di svegliarsi, quello l’avrebbe sentito e infine l’avrebbe accontentato, ma quando due anni di sforzi non bastarono, Ai rinunciò ad andare da lui, non più in grado di sopportare di vederlo immobile su un lettino, collegato a mille macchinari che sembravano vivere al posto suo.
«Come non detto» chiuse seccamente la conversazione, appoggiando la testa al finestrino, e poté sentire distintamente l’uomo accanto a lui sospirare.
«A volte mi sembri davvero un robot, Ai-kun»
Un sorriso amaro attraversò il viso etereo del ragazzo.
“Se fosse davvero così, zio, allora credo che avrei qualcosa di rotto in questo momento…”
«Comunque nessun miglioramento e nessun peggioramento, le sue condizioni sono sempre le solite» lo zio si chiese se fosse il caso di dire al nipote quello su cui aveva iniziato a rimuginare qualche tempo prima «Ai, devo chiederti una cosa»
Il ragazzo emise a malapena un piccolo verso per fargli capire che aveva la sua - seppur minima - attenzione.
L’uomo deglutì, prima di parlare:
«Forse… forse è inutile continuare a torturarlo così. Forse sarebbe ora di accettare il fatto che Aine…»
Ai spalancò gli occhi e inspirò bruscamente, voltandosi verso di lui e fissandolo prima sconvolto, poi infuriato:
«VORRESTI STACCARE LA SPINA CHE LO TIENE IN VITA?!!?» urlò con tutto il fiato che aveva, e l’uomo si sorprese a contrarre i muscoli dall’inquietudine.
«Ai, sono passati 5 anni…»
«Non mi hai appena detto di andare a trovarlo?»
«Tanto non lo farai. Ai-kun, tu sei il primo a credere che non si sveglierà»
Il ragazzo era immobile, mentre il cuore iniziava a battergli forsennato nel petto, come se volesse  uscire fuori e colpire ripetutamente l’uomo che stava parlando.
«Io… io…» balbettò, impegnato a lottare contro le lacrime, sforzarsi di mantenere la sua voce sotto controllo e cercare risposte razionali tutto contemporaneamente «non azzardarti a toccare Aine» riuscì a ringhiare, serrando i denti e fissando i fari delle macchine che venivano nell’altro senso per far passare il formicolio agli occhi.
«Ai-kun»
«Perché?» chiese alla fine, con voce spezzata «Non puoi più permetterti la clinica?» al silenzio dello zio, i suoi occhi tornarono verso di lui «Davvero è per questo??»
«Ai, le cose non sono andate molto bene ultimamente e…»
«Te li do io!» l’esclamazione di Ai colse di sorpresa lo zio, che gli lanciò un’altra occhiata prima di tornare a concentrarsi sulla strada «Ho guadagnato abbastanza da poter coprire le spese per un po’, almeno finchè tu non riesci a riavere i soldi… e se non ci riesci farò in modo di continuare a pagare io. Ti prego, zio, ti prego! Non far male ad Aine» da determinata e sicura, la sua voce calò fino ad essere a malapena un gemito disperato, ma fu abbastanza a convincere l’uomo:
«Non vorrei che dovessi spendere così i tuoi soldi, Ai-kun»
«E in cosa li dovrei spendere? In auto supercostose da sfasciare appena le guido e in appartamenti in riva al mare che non userei nemmeno perché devo stare al Master Course?» chiese amaramente Ai, osservandosi le mani.
L’uomo capì che non avrebbe cambiato facilmente idea, e sospirando per l’ennesima volta accettò.
Per lo meno Ai aveva finalmente mostrato un briciolo di emozione.
«Siamo arrivati, devo aspettarti?» chiese fermandosi nel parcheggio dell’ospedale. Ai osservò per un secondo l’edificio, deglutendo mentre iniziava a sentire le mani tremare. Un flash di una versione più piccola di sè aggrappata alla mano di suo zio mentre lo fissava spaventato gli balenò davanti, pietrificandolo per un secondo.
«No» gli uscì una vocetta incerta e gracchiante, così si schiarì la voce e riprovò «no, dovrebbe esserci Reiji, o comunque qualcuno con la macchina. Grazie» scese dall’auto di fretta, ma prima che potesse avviarsi all’ingresso lo zio lo richiamò, costringendolo a chinarsi verso il finestrino abbassato.
«Sì?» chiese indifferentemente.
«Lo sai che sei l’unico che mi resta, vero?» chiese l’uomo, facendogli stringere di nuovo lo stomaco.
Si era comportato come un bastardo con lui, rifiutandosi di incontrarlo ogni volta che poteva e fingendo di non vederlo quando era costretto a stare insieme, però aveva ragione: era l’unica famiglia che era rimasta.
«Lo so» ammise, controvoglia.
«E sai che ti voglio bene» anche se non voleva essere una domanda, il tono era incerto.
«So anche questo. Ti farò avere l’assegno che ti serve» con quello di ritirò e si affrettò verso l’ingresso, anche se la paura continuava a rallentarlo.
Mordendosi le labbra e affondandosi le unghie nei palmi delle mani entrò e riuscì a chiedere alla donna alla reception dove fosse la camera di Syo.
“Ora non puoi più tornare indietro” si disse, mentre raggiungeva l’ascensore e premeva il tasto per chiamarlo.
Non era nemmeno sicuro che Syo volesse vederlo, o che più in generale tutti gli altri volessero vederlo. Dopo tutto era colpa sua se era successo tutto quello, lui stesso era arrabbiato per le cose che aveva detto.
Appena entrò nella sala d’attesa si trovò gli occhi di tutti puntati addosso, e sebbene volesse farsi piccolo piccolo sotto i loro sguardi, si limitò a ricambiare le loro occhiate con la sua solita maschera ben infilata in viso.
La sua salvezza però arrivò, nella forma di Ittoki Otoya.
«Mikaze-senpai!» esclamò il ragazzo, andandogli incontro, Ai lo guardò, con una domanda negli occhi.
«Sta bene… devono tenerlo qui per una settimana e poi dovrà stare un mese a riposo, ma… starà bene» spiegò timidamente il ragazzo, consapevole del fatto che alcuni dei suoi compagni non erano così felici all’idea che stesse riferendo tutto a quello che ritenevano il maggior responsabile di tutta la situazione, ma incapace di comportarsi in maniera ostile con un ragazzo che aveva scritto in faccia quanto stava male per quello che era successo, anche se tentava di nasconderlo.
«Oh, meno male!» squittì una voce alle loro spalle, appartenente all’ultima persona - dopo Ai - che la metà dei presenti avrebbe voluto vedere lì.
«N-Nanami» balbettò Otoya «c-che ci fai qui??» chiese, con gli occhi spalancati.
«Credevamo fossi ad una riunione a Kyoto, agnellino» aggiunse Ren, anche lui a disagio.
Ora Haruka sarebbe andata nel panico, e a qualcuno di loro sarebbe toccato consolarla… e nessuno era nelle condizioni migliori per farlo.
«L’hanno rinviata, ero andata da mia nonna, ma poi Shining-san mi ha mandato un messaggio e…»
“Fantastico” pensò Ai, trattenendosi dall’alzare gli occhi al cielo. Ora gli toccava aspettare che lei parlasse con Syo, e poi  forse sarebbe riuscito ad entrare da lui… un momento, perché l’idea di Haruka che parlava con Syo gli dava tanto fastidio??
E perché era impaziente di rivedere gli occhi azzurro mare del ragazzo?? E il suo viso ancora da ragazzino? E perché cavolo stava…
«Tutto bene, Mikaze-san?» chiese Masato, osservandolo con le sopracciglia aggrottate, e per la prima volta, gli Starish videro lo stoico idol avvampare.
«Ai-ai, sei venuto alla fine!!» esclamò Reiji uscendo in quel momento dalla stanza e correndogli incontro, seguito da Camus e Ranmaru.
Ai non disse nulla, liberandosi dalla sua presa in fretta.
«Le infermiere hanno detto che può ricevere solo un’altra persona, poi dovremo lasciarlo riposare» comunicò Camus, guardando Haruka e Ai che si lanciarono uno sguardo.
«Vai tu, Mikaze-san» sorrise la ragazza, sicura che l’altro avrebbe rifiutato.
“Spiacente Haruka… ma oggi non ho nessuna voglia di fare il gentiluomo” pensò Ai, prima di dire “ok” e avviarsi verso la porta.
Sentì Reiji soffocare una risatina, ma poi fu bloccato da Ren e Masato, che torreggiavano su di lui con aria minacciosa.
«Se gli fai di nuovo male…» iniziò Ren, fissandolo con rabbia.
«… dovrai pagarne le conseguenze» concluse Masato, con espressione meno minacciosa di Ren ma in qualche modo più spaventosa.
Ai, comunque, li guardò imperturbabile, senza fiatare.
«Ren, Masa, fatelo passare» disse Tokiya seccato «sa benissimo cosa non deve fare»
“Già… non devo guardarlo negli occhi, per esempio, o non saprò più che cosa dire… oddio non posso averlo davvero appena pensato”
I due ragazzi si fecero da parte, e lui finalmente ebbe libero accesso alla camera, anche se d’un tratto le sue gambe non sembravano volersi muovere. Una spintarella gentile gli corse in aiuto, e l’ultima cosa che sentì fu la voce gentile di Reiji che gli sussurrava “buona fortuna” all’orecchio.
Poi rimasero solo lui e Syo, che aveva il viso voltato dall’altra parte.
Che si fosse addormentato, non aspettandosi più altri visitatori?
Timidamente, raggiunse il lettino, dove appurò che l’altro ragazzo era effettivamente addormentato.
Sospirò e si fece cadere sulla sedia più vicina a lui.
Aprì più volte la bocca, tentando di dire qualcosa, ma ogni volta nessun suono riuscì ad uscirne; solo dopo molti tentativi riuscì a cacciar fuori un “mi dispiace, Syo”.
L’altro ragazzo non reagì, e il fatto che a sentirlo ci fossero solo il continuo “bip” dell’elettrocardiogramma e le gocce della flebo che scivolavano lungo il tubo servì a dargli coraggio.
Forse era da vigliacchi parlare con una persona addormentata, ma Ai ormai doveva dirlo, doveva buttar fuori quelle parole, non voleva più averle dentro a bruciargli nel petto, nella gola e sulle labbra.
«Non volevo dire quelle cose. Non volevo tradirti così con gli altri… io…» chiuse gli occhi e aspettò che il labbro inferiore smettesse di tremare «sono stato un bastardo. Certo, tu non sei stato da meno, e in realtà sei stato tu che hai iniziato, però… per quanto preferirei dare la colpa solo a te… nemmeno io mi sono comportato proprio bene nei tuoi confronti» rimase in silenzio, riaprendo gli occhi e controllando intimidito Syo, che non sembrava dar cenni di averlo sentito «lo so che… che non dovrei chiederti scusa così e adesso, mentre dormi e non puoi nemmeno sentirmi, però… non…» sospirò di frustrazione, perché diamine era così difficile?!!? «non credo che avrei il coraggio di parlarti, se fossi sveglio. Non di questo, almeno… il fatto è che… anche se sei un bastardo, hai la sensibilità di una scatola da scarpe e sei terribilmente orgoglioso, io… ehm… ah, e per non contare il fatto che sei impaziente, petulante e hai un pessimo carattere… comunque, in qualche modo che non so nemmeno io, forse… tu… io… Oddio ma perché è così difficile?!?» si prese la testa fra le mani; sebbene stesse sussurrando, nel silenzio della stanza le parole gli sembravano riecheggiare, facendolo avvampare per quanto si stava rendendo ridicolo. Non aveva pensato minimamente a cosa dire; in realtà, quando si era immaginato la scena, Syo era sveglio e cominciava ad insultarlo prima che potesse dire qualcosa di veramente stupido.
Alla fine si limitò a sfiorare con una delle sue mani tremanti quella inerme di Syo, che sembrava minuscola abbandonata sul lettino e attraversata da un grosso ago sottopelle attaccato con un cerotto bianco, poco più chiaro della pelle del ragazzo. Strinse delicatamente le dita della mano, per paura di far male a Syo se avesse toccato il palmo su cui si trovava l’ago, nonostante la sua non accennasse a smettere di tremare.
«Non avrei mai voluto che ti succedesse questo per colpa mia» disse, osservando le loro mani unite, tentando di controllare il proprio respiro «… se potessi farlo prenderei il tuo posto… preferirei che… che fosse successo a me, piuttosto che a te…» sussurrò.
In quel momento si accorse di qualcosa, che in altre condizioni avrebbe notato più in fretta: la frequenza dei “bip” che segnavano i battiti del cuore di Syo era aumentata notevolmente, e quando finalmente si decise a spostare lo sguardo sul viso del ragazzo cacciò un mezzo urlo e schizzò in piedi, ritirando la mano come se avesse appena preso la scossa.
«Non male come discorso… un tantino banale verso la fine, forse…» sogghignò Syo osservandolo divertito, mentre il sangue affluiva alle guance di Ai e tutti i suoi muscoli iniziavano a tremare, soprattutto le gambe, costringendolo a rimettersi seduto.
«T-tu!» esclamò alla fine, sbalordito «Eri sveglio?!?»
«Dal primo minuto» confermò Syo, sempre più divertito, mentre Ai diventava sempre più irritato.
«Grandissimo idiota!» ringhiò.
Syo sospirò drammaticamente:
«E con questa siamo a tre volte che qualcuno mi chiama così nell’arco di una giornata»
«Beh perché te lo meriti!» balbettò Ai con voce più acuta del solito, ancora sotto shock.
Syo si limitò a continuare a ghignare, facendo aumentare la stizza del ragazzo più giovane.
«Ok, se le cose stanno così me ne vado, felice di averti visto ancora vivo» commentò quello, alzandosi in piedi e facendo per allontanarsi.
«Aspetta… Ai-senpai, per favore… devo dirti una cosa» la voce di Syo adesso era più bassa e seria, senza più traccia del sarcasmo di prima, e il ragazzino si trovò ad essere incapace di dirgli di no, sospirò e si sedette di nuovo, sollevando le gambe sulla sedia in modo da poter avere le ginocchia sotto il mento.
«Sentiamo» bofonchiò imbronciato.
Syo ora sembrava a disagio, ma Ai non riusciva a godere di quel fatto, era ancora concentrato sul fatto che il ragazzo aveva sentito veramente quello che gli stava dicendo, e l’aveva quasi beccato a dire che… che…
«Per favore, non trattarmi come se potessi andare in pezzi alla prima folata di vento»
Le parole del maggiore lo colsero di sorpresa, spingendolo a fissarlo con genuina confusione scritta in viso.
Syo abbassò gli occhi, sentendosi in dovere di spiegargli:
«È da quando sono piccolo che tutti mi trattano come se fossi fatto di porcellana, mi hanno sempre tenuto sotto una campana di vetro, costantemente sotto controllo all’erta per ogni piccolo sintomo che potesse far capire che stavo male. Persino mio fratello gemello, anche se è il minore, ha iniziato ad essere iperprotettivo ed impedirmi di fare metà delle cose che volevo. So che l’hanno sempre fatto per il mio bene e in fondo gliene sono grato, ma…» gli occhi di Syo raggiunsero quelli di Ai «… da quando sono venuto all’Accademia, dopo tutto quello che è successo con gli Starish, il debutto e il Master Course… nessuno sapeva quello che avevo, a parte Natsuki, e fingere che tutto quello che avevo passato non fosse mai esistito è stato più facile. Certo, mi sono schiantato spesso contro la realtà, ma… ma mi andava bene. Anche i tuoi allenamenti assassini mi andavano bene»
Ai lo osservò in silenzio, mentre dentro di sé un nuovo sentimento si faceva strada.
Aveva odiato Syo e l’aveva trovato attraente, l’aveva ritenuto insopportabile e allo stesso tempo aveva invidiato la sua tenacia, ma in quel momento sentì nascere un’ammirazione crescente per lui, ogni sentimento di astio e rabbia dimenticati… per il momento.
«Quindi… non andarci piano con me, okay senpai?» Syo fece del suo meglio per rivolgergli un sorriso abbastanza convincente, nonostante gli antidolorifici fossero ormai completamente in circolo nelle sue vene e la vista cominciasse a sfocarsi dalla stanchezza.
Ai parve notarlo, e le sue labbra si tesero in un ghigno malizioso. Quando le palpebre di Syo scivolarono sui suoi occhi, il senpai si chinò su di lui, con le labbra vicino al suo orecchio:
«Okay, non ci andrò affatto piano con te» sussurrò, sfiorandogli poi le labbra con le sue. Syo riaprì lentamente gli occhi, anche se era ormai troppo debole per fare alcun che, Ai ricambiò pigramente il suo sguardo, prima di premere di nuovo le labbra contro le sue, più prepotentemente di prima.
Quando si allontanò sogghignò:
«Riprenderemo questo discorso quando starai meglio, Kurusu»
Con quello uscì dalla stanza, ignorando gli sguardi curiosi di Reiji, Otoya e Natsuki e quelli assassini di Ren, Masato e Kaoru.
Ormai era inutile cercare di opporsi all’evidenza, o anche di mentire a se stesso… quel dannato biondino, con i suoi modi bruschi e le sue rispostacce, aveva decisamente strani effetti su di lui.

 
****************************
Nota dell'autrice: eccolo finalmente, il confronto tanto atteso!!! Confesso che ho come la sensazione che la situazione mi sia sfuggita di mano nell'ultima parte... >.< per la prima parte mi sono data allegramente alla pura invenzione ... devo smetterla e fare qualcosa per questa mia fissazione con Aine, davvero!! Ma poi vado a scoprire cose su lui e Reiji... basta qualcuno mi tiri via dalle recensioni del gioco per favoreeee!!! XDXD
Ora vado, per domani dovrei avere il prossimo capitolo per augurare un buon ferragosto a tutti! ;D
Fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo, alla prossima!!
Baci!
Starishadow

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Capitolo 16
*** They'll always be here ***


Capitolo 16. They'll always be here

«Chi di noi rimane stanotte?» chiese Cecil appena Ai fu uscito, seguito a ruota da Camus e Ranmaru.
«Posso restare io» propose Kaoru, scattando immediatamente in allerta.
«Non penso sia una buona idea, Kaoru-san, domani hai lezione» fece notare gentilmente Tokiya.
«M-ma… Syo…»
«Sarà in ottime mani con uno di noi, te lo prometto» intervenne Ren, per poi rivolgersi agli altri «posso restare io se volete»
Natsuki cominciò a protestare, ma fu Masato a ricordare a Ren che la mattina dopo aveva un’intervista programmata presto e quindi scartare l’idol.
«Non possiamo annullare gli impegni?» chiese Otoya «Non riesco a lavorare se sono preoccupato per Syo-kun!» protestò «Comunque posso restare io stanotte, domani ho solo uno spettacolo la sera»
«Otoyan, non è decisamente il caso che tu dorma qui stanotte, sei un uragano quando dormi, finiresti per cadere dalla sedia e rompere qualcosa» sogghignò Reiji, Tokiya annuì d’accordo con il senpai. Aveva un’infinità di lividi che poteva essere spiegata semplicemente con il nome del ragazzo.
«Masa, se restassi tu?» chiese d’un tratto Natsuki «Volevo restare io, ma mi sono ricordato che domani devo andare a fare quello spettacolo con Piyo-chan»
«Ohayapuu!» esclamò Tokiya in semifalsetto, ottenendo sguardi preoccupati da tutti gli altri «Che c’è?! Ho dovuto farlo io per anni, ora tocca a qualcun altro soffrire» spiegò, tornando alla sua solita voce.
«Tu stai male, Ichi… prenditi qualche giorno di ferie e mettiti a letto. Possibilmente da solo» mormorò Ren, scandalizzato, facendo ridere gli altri.
«Per me va bene, posso restare io con Kurusu-kun, domani tanto ho il giorno libero» disse Masato, tornando serio.
«Perfetto… invece domani sera c’è già qualcuno che sa di essere libero?»
«Ci sarei io» intervenne Nanami, facendo fare un balzo a quasi tutti quanti.
«Nanami! Da dove sbuchi?!» balbettò Otoya, arrampicato addosso ad un Tokiya piuttosto seccato.
Ren, nascosto dietro Masato, stava bisbigliando qualcosa su come tutti stessero imparando la misdirection da Kuroko per usarla contro di lui, e il minore fra i due iniziò a mettere in serio dubbio la sanità mentale dell’amico.
«Comunque, scusa Haru-chan, ma mi sentirei più tranquillo se restasse un ragazzo con lui… sai in caso avesse esigenze… mmm… maschili…» balbettò Natsuki, avvampando.
«Tu ti rendi conto di aver appena detto la cosa più equivoca della giornata, vero Nacchan?» sogghignò Reiji, beccandosi un colpo dietro la testa da Tokiya.
«Rimango io» sospirò il ragazzo, togliendosi Otoya di dosso «dopodomani ho solo impegni nel tardo pomeriggio, quindi domani notte posso stare qui…»
«Okay, perfetto, per le prossime ci organizzeremo. Kotobuki-senpai, posso chiederti una cosa?»
«Certamente, Ren-Ren!»
Ren alzò un sopracciglio al suo nuovo soprannome, mentre Masato vicino a lui nascondeva un sorrisino, poi scosse la testa e proseguì:
«Che cos’è successo esattamente quando avete fatto visita a Syo? Ho sentito un grido non molto… ecco, sì.. virile»
«Oh quello!» esclamò allegramente il senpai, ridendo «Nulla di grave, è stato solo Myu-chan!»
Tutti gli Starish lo fissarono sconcertati… Camus?
Reiji ridacchiò, ripensando alla scena.
 
Circa mezzora prima
«Syoooo-chaaaaan!» esclamò Reiji fiondandosi in camera, seguito da Camus e Ranmaru che sembravano essere capitati lì per sbaglio.
Syo fissò inorridito il senpai, chiedendosi intimamente che male avesse fatto per meritarsi di incontrare il gemello separato alla nascita di Natsuki, forse anche più squilibrato di lui.
«Come stai, Syo-chan??» chiese il maggiore, preoccupato, e riacquistando un briciolo di serietà.
«Dopo il tuo ingresso come pensi che stia?» chiese Ranmaru, seccato, Syo sorrise leggermente:
«Non male come prima» ammise, anche se odiava la sensazione di torpore che gli davano le medicine che entravano in circolo, e continuava ad avere una sorta di dolore sordo al petto, eco dell’attacco precedente.
«Bene, sono contento di sentirtelo dire… che cavolo stai combinando, Syo-chan?? Perché non hai detto a nessuno del tuo problema? Soprattutto ad Ai-ai, lui…»
Ranmaru gli diede una gomitata e Camus un calcio alla caviglia, entrambi con sguardi eloquenti che gli dicevano di non nominare il più giovane del loro gruppo al ragazzo.
«Non volevo che mi trattaste diversamente» rispose semplicemente Syo, ignorando diplomaticamente il nome dell’odioso ragazzino.
«Non l’avremmo mai fatto!» esclamò Reiji spalancando gli occhi.
«Invece sì, e lo sai» lo stroncò Camus, prima di rivolgersi a Syo «se non sei sicuro di poter stare al passo con i tuoi compagni, allora dovresti…» fu interrotto dal battito frenetico del cuore di Syo che veniva riportato dall’elettrocardiogramma, e il senpai parve pentirsi delle sue parole mentre osservava il ragazzo più giovane che andava nel panico:
«Per favore, Camus-senpai!! Non farmi restare fuori dagli Starish, ti prego!!!» implorò il biondino, sbiancando in viso.
Ranmaru e Reiji fissarono l’uomo di ghiaccio con due espressioni di rimprovero identiche.
«Sei un cretino» dichiarò Ranmaru.
«Portami rispetto, plebeo!» ribatté piccato Camus.
«Ma per favore!» sbuffò il bassista, incrociando le braccia sul petto.
«Syo-kun, ignora Camus, lo dice solo per metterti alla prova» intervenne Reiji conciliante, dando delle pacche leggere alla mano del kohai, stando attento a non fargli male. Syo sembrava disperato, all’inizio, ora era…
… imbestialito? Era difficile capirlo, visto che aveva il viso basso coperto dalla frangia priva delle solite forcine che la trattenevano, ma dal modo in cui i suoi muscoli erano testi e dalla voce fredda con cui iniziò a parlare sembrava che fosse proprio quello il suo stato d’animo.
«Non mi importa di quello che potete pensare tu o quell’altro deficiente del mio senpai» disse, con voce più ferma di prima, guadagnando l’attenzione di Camus e Ranmaru che avevano cominciato a litigare fra di loro.
«So quali sono i miei limiti, e li odio con tutto me stesso. Ma non permetterò ad un megalomane con i capelli che sembrano la parrucca di Legolas di farmi sentire inferiore. Finchè agli altri Starish starà bene avermi con loro, io resterò con loro, dovessi anche collassare sul palco per non essere un peso!» alzò il viso di scatto, gli occhi carichi di determinazione e sicurezza, che fecero sentire Reiji orgoglioso di lui, sebbene non fosse il suo senpai e non ne avesse nessun motivo particolare; persino Camus e Ranmaru sembravano impressionati.
E fu in quel momento che una risata riecheggiò nella stanza, facendo fare facepalm a Ranmaru e Syo, Reiji sospirò alzando gli occhi al cielo e Camus tentò di mantenere il suo atteggiamento impassibile.
Fino a quando non avvertì qualcosa appoggiato alla sua schiena, piuttosto in basso. Fu in quel momento che lanciò un acuto che nemmeno Ai, Syo, Mika e Mariah Carey messi insieme sarebbero riusciti a raggiungere e schizzò dietro Ranmaru, che rimase immobile, prima di piegarsi in due e piangere dalle risate.
Syo e Reiji lo seguirono poco dopo.
«Oh, state zitti plebei» ringhiò Camus, tentando di riprendere controllo della propria dignità.
Troppo tardi ormai, e solo quando tutti smisero di ridere Shining si degnò di parlare, dopo aver spaventato il più imperturbabile dei senpai.
«Misssster Kuruuuuusu…» iniziò, chinandosi fino ad incontrare gli occhi celesti di Syo, che ricambiò il suo sguardo senza paura. Un tempo aveva temuto quel momento, immaginandosi che il presidente l’avrebbe cacciato via dagli Starish senza che nessuno di loro obbiettasse, ma ora si sentiva al sicuro, sapendo che i suoi amici non gli avrebbero voltato le spalle, che l’avrebbero difeso ad ogni costo «… mi auguro che lei sia in grado di esibirsi al concerto del mese prossimo… you will, won’t you??»
Syo spalancò gli occhi, mentre un sorriso gli si formava sulle labbra:
«Signorsì!» esclamò, sorridendo sempre di più.
«Quanto a voi, Quarteeeet Niiiight» aggiunse l’uomo rivolgendosi verso i senpai «mi aspetto che facciate del vostro meglio per aiutare gli Starish a gestire la nuova situazione al meglio… aaalriiight??»
I tre senpai annuirono, chi più e chi meno convinto.
«Veeeeery well» dichiarò l’uomo, iniziando a piroettare e saltando fuori dalla finestra, sotto lo sguardo atterrito di tutti.
 
Reiji sorrise ancora al ricordo, prima di accorgersi di avere gli occhi dei più giovani puntati addosso.
«T-tu stai cercando di dirci…» cominciò Ren sconcertato.
«… che quell’urlo che nemmeno Nanami impegnandocisi… senza offesa, Nanami-san» continuò Tokiya.
«… era Camus…» bofonchiò Cecil.
«Che aveva paura di essere sodomizzato da Shining?!?!!?» esclamò Otoya infine, gli occhi sbarrati.
Fra le risate generali, tutti i ragazzi uscirono, lasciando solo Masato che rientrò nella camera di Syo, con ancora in mente l’immagine estremamente disturbante di Camus e Shining impegnati nel più antico dei passatempi.


 
***************************************
Nota dell'autrice: devo scusarmi con tutti voi per il mio pazzesco ritardo, ma sono stata presa sotto assedio dai miei cugini: prima il più grande mi ha portata a guidare, e questo mi è anche piaciuto un sacco (*O*), poi appena tornata speravo di avere un momento, e invece il più piccolo ha iniziato a implorarmi di giocare e uscire con lui, poi mia zia ha cominciato a chiedermi di farle vedere delle foto... insomma, un macello @_@ non contenti ora vogliono andare al mare, quini era un "o posti ora o mai più"... ho optato per l'ora xD
Di conseguenz non sono nemmeno riuscita a concentrarmi come volevo sul capitolo, l'ho riletto almeno 30 volte, ma non riesco a sistemarlo... se per caso vi viene qualche idea che può salvarmi la vita, dite pure! ;D
Prometto che per scrivere il 17 - dove avremo intanto Masa che passa la notte al capezzale di Syo (con un cellulare in mano, potete immaginare cosa succederà? XD), ma soprattutto il continuo del discorso di Ai e Syo - mi chiuderò in una stanza da sola e in silenzio, anche a costo di dover scrivere appollaiata sul water con il computer sulle ginocchia e farmi odiare da tutti quelli che avranno bisogno del bagno v.v
Detto questo... spero che nonostante tutto questo capitolo vi sia piaciuto ahahhaha ci vediamo al prossimo!!
Grazie per la pazienza e... BUON FERRAGOSTO, NYAAAAAN!!
Baci,
Starishadow

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Capitolo 17
*** Fangirls, fanboys and fanidols ***


Capitolo 17. Fangirs, fanboys and fanidols

Syo aprì lentamente gli occhi, battendo le palpebre per mettere a fuoco i contorni della stanza scarsamente illuminata.
Grazie al bagliore di un telefonino, riuscì a scorgere il viso di Masato vicino al suo letto, che sembrava concentrato nella lettura.
«Alla fine hanno lasciato te a farmi da infermiere?» chiese ironicamente, nonostante avesse la voce roca e la gola secca.
Masato, senza distogliere gli occhi dal telefono, gli passò un bicchiere d’acqua e aspettò che Syo finisse di bere e gli ridesse il bicchiere, per rimetterlo dove l’aveva preso.
«Che stai leggendo?»
«Fanfiction a rating rosso su me e Ren» rispose tranquillamente il ragazzo che tutti conoscevano come quello dai sani principi morali, e Syo spalancò gli occhi, iperventilando:
«C-che cosa?!?!?!?!» esclamò, schiacciandosi contro il materasso «M-Masa…»
Il ragazzo ridacchiò e abbassò il telefono, voltandosi verso di lui:
«Non ci avrai creduto, spero»
Syo tirò un sospiro di sollievo:
«I-insomma… io… beh comunque non ci sarebbe stato nulla di male, solo che… non sarebbe meglio… viverle certe cose, piuttosto che leggerle?» chiese, ancora agitato.
«Mmm non so quanto mi piacerebbe avere Ren che tenta di soffocarmi con il reggiseno di Ringo-sensei» notò innocentemente Masato, Syo strillò di orrore:
«Ma allora le hai lette sul serio!!!» squittì, per l’ilarità di Masato:
«Tecnicamente anche questo è fare ricerche sulle fan. E comunque è stato Shining a chiedermi di farl- E NON CHIEDERMI PERCHÉ!!» avvampò furiosamente e Syo gli rivolse un sorrisetto malizioso «E-E poi pure Otoya si legge quelle su sé e Tokiya, e sappiamo benissimo che a quei due non serve certo leggere le loro avventure»
Syo non sapeva più se scoppiare a ridere o nascondersi sotto le coperte e mettersi a piangere come un bambino spaventato, alla fine optò per la prima opzione, anche se si avvicinò un po’ di più le coperte al viso, per buona misura:
«Ma che Otoya fosse un caso disperato lo sapevamo già… e pensare che era un ragazzo tanto tranquillo prima che Tokiya lo portasse sulla cattiva strada» ridacchiò, per poi tornare serio «a-aspetta… ce ne sono anche su di me?!» chiese, preoccupato, e il ghigno di Masato lo mise in allarme.
«Oh sì. Ma non mi sembra il caso di dirtelo adesso… ne riparleremo quando starai meglio» rispose, tornando serio.
«Eddai Masa! Sono già in un ospedale, con medicine che mi finiscono nelle vene ogni secondo, un elettrocardiogramma che se sente qualcosa di strano fa scattare un allarme nella stanza del medico e c’è un defibrillatore a pochi metri da noi… cosa può capitarmi?» chiese, tentando di tenere un tono leggero mentre descriveva una situazione che purtroppo gli era fin troppo familiare.
«Mmm… beh… c-ci sarebbero… ehm… insomma, molte ragazze… ti… ecco… qual’era il verbo?»
«Shippare?» suggerì Syo, che grazie alle nottate passate sveglio con Otoya (prima che il più piccolo si lasciasse deviare da Tokiya) si era fatto una cultura in ambito di fangirl (quando sei un idol non sai mai cosa puoi trovarti davanti in una sessione di autografi, meglio essere preparati a tutto!).
«Esatto… beh insomma, ti shippano con Shinomiya-kun… e con Satsuki pure. A volte tutti e tre. Insieme» ammise Masato, a fatica, mentre teneva d’occhio l’elettrocardiogramma di Syo, che stava accelerando; quando il ragazzino urlò traumatizzato sospirò:
«L’avevo detto io che era una cattiva idea» bofonchiò a bassa voce, ignorato dal biondo che continuava ad urlare «Kurusu-kun potresti per favore calmarti, prima che arrivi qualche infermiera e mi cacci fuori a calci?» chiese seriamente, fulminandolo con un’occhiataccia. Syo smise di urlare e lo fissò altrettanto male:
«Come pretendi che io stia calmo se mi hai appena messo in testa un’immagine di me, Natsuki e Satsuki che facciamo una specie di trenino dell’amore tutti nudi in camera nostra?!?» sbottò terrorizzato “magari mentre Mikaze fa un filmino” aggiunse, anche se pensare ad Ai in quel momento non fu esattamente una buona idea, perché un’altra immagine - stranamente meno disturbante - si fece strada nella sua mente. Si affrettò a cacciarla via con una scrollata di capo.
Masato non riuscì a trattenere una risata, prima di dire con calma:
«Io ho solo detto con chi ti shippano, la parte del trenino dell’amore te la sei immaginata tu»
Syo emise un verso disperato, portandosi la mano che non aveva un ago infilato dentro davanti agli occhi, fingendo di piangere disperato.
«M-Masa, anche tu eri un bravo ragazzo, una volta!» singhiozzò disperato «E smettila di ridere!!» aggiunse, con la sua voce normale, sollevando la mano per fissarlo in cagnesco.
«Non è colpa mia, sei tu che sei troppo esilarante!» si difese il ragazzo, tentando di bloccare le risate premendosi le mani contro la bocca, Syo sospirò e alzò gli occhi al cielo:
«Piuttosto, che ore sono?» chiese.
«A malapena l’una di notte, perché?»
Il biondo fece spallucce, prima di guardare di nuovo il telefono di Masa e ricordarsi qualcosa.
«Come vanno le cose fra te e Ren?»
Di sicuro quello riuscì a far smettere di ridere l’amico, che impallidì e lo osservò:
«Come, scusa?»
Syo sorrise, poi spiegò:
«Sì, sai… siete alla fase Tokiya e Otoya, o ancora siete in stile Ranmaru e Reiji?» fu pienamente soddisfatto da come Masato cominciò a balbettare qualcosa di incomprensibile e diventò di nuovo simile al se stesso di sempre.
«N-non sono affari che ti riguardano» balbettò alla fine.
«Daaai io ti ho svelato la mia fantasia erotica più ricorrente di un triangolo con Natsuki e Satsuki!» insistette beffardo il più basso.
Masato alzò gli occhi al cielo, e dopo diversi minuti sussurrò:
«Siamo più verso Tokiya e Otoya, temo» alzò lo sguardo verso di lui, furente «non farmelo dire mai più!!»
«Ren è seme, immagino» infierì Syo, ormai troppo sveglio per lasciarsi sfuggire l’occasione di torturare il più timido e riservato del gruppo… prima che anche lui subisse l’influenza malefica del suo compagno di stanza e non solo.
«Perché diavolo date tutti per scontato che io sia l’uke?!» sbottò il moro, incrociando le braccia sul petto, Syo ridacchiò:
«Beh, insomma… diciamo che… cioè non che tu non potresti essere seme con qualcuno come Natsuki, Otoya o forse anche Tokiya - che non dimentichiamoci ha in sé una parte da Hayato - ma con Ren…» spiegò, facendo piegare entrambi dalle risate con il commento su Tokiya.
«Ci ammazzerebbe se ci sentisse» disse Masato.
«Tanto prima o poi glielo diremo» rispose Syo, con le lacrime agli occhi.
«E comunque Ren è sopravvalutato… anche nelle fan fiction e nei doujinshi»
«No, pure i doujinshi no, Masa!!!» implorò Syo, affondandosi il viso nelle mani e ridendo come un matto, Masato fece spallucce:
«Sempre Shining…» disse a mo’ di spiegazione.
Syo lentamente ricominciò a tornare in sé, così come Masato. Appena i loro sguardi si incontrarono, ricominciarono di nuovo a ridere come pazzi.
«Ok, ok Kurusu… ora non esagerare, se no davvero domani passo un brutto quarto d’ora con gli altri Starish» ordinò Masato, prendendo in mano la situazione.
«Con gli Stari, quindi» rise Syo, causando un sonoro “facepalm” a Masato:
«Torna a dormire!!» esclamò, spingendo delicatamente il biondo indietro sul cuscino, Syo impiegò qualche minuto a tornare serio:
«Ehy Masa» chiamò dopo un po’.
«Se devi di nuovo dirmi che non sono in grado di essere seme, stai zitto. E comunque pure tu sei sempre l’uke» la voce di Masato era tanto seria da risultare ridicola.
«C-che cosa?!?! Io sarei l’uke con Natsuki??!?! Posso accettare al massimo con Satsuki, ma… ma con… con Natsuki! No, mi rifiuto!!» strillò Syo, scattando di nuovo a sedere.
«Syo porca miseria piano!!!» esclamò Masato, spalancando gli occhi preoccupato, mentre lo respingeva giù, Syo lo fissò male:
«Stai iniziando a fare come mio fratello» disse, irritato.
Masato sospirò:
«Scusa… però non posso fare altrimenti stavolta. Primo, il dottore ha detto di farti stare attento questa settimana, secondo, Ren ha minacciato di farmi dormire nel letto di Ranmaru per un mese se ti succedesse qualcosa mentre sono tuo responsabile. E tu non vuoi sapere che succede nel letto di Ranmaru»
Syo lo fissò con aria insospettita, anche se lui stesso era sorpreso del fatto che, nonostante avesse riso praticamente fino allo sfinimento, il suo cuore non accennava a far male.
«Posso immaginare… già mi vedo gli spostamenti. Toki e Otoyan cacciano via Reiji, Reiji viene a piagnucolare da Ranmaru, Ranmaru dice “non con i miei kohai in camera”, tu e Ren siete ben felici di chiudervi in bagno» disse con calma, Masato avvampò di nuovo:
«N-non proprio» e non ci fu verso di cavargli altro. Era tornato completamente serio.
«E così… con Natsuki e Satsuki, eh? Nessun altro?» chiese Syo, tentando di suonare assolutamente indifferente, mentre cercava di capire cosa l’avesse spinto a fare quella malsana domanda di cui sapeva si sarebbe pentito appena sentita la risposta,
Masato alzò le sopracciglia:
«Vorresti fartelo tu Ren? Dato che sembri ammirarlo così tanto?»
«Geloso, Masa?» chiese Syo con una linguaccia.
«Comunque… ehm… n-non mi pare. Un paio di volte con Nanami..» “e tutte le altre volte con Ai, ma non c’è verso che io te lo venga a dire, o ti prende un altro attacco e vengo picchiato a turno da tutti gli Starish, più i Quartet Night - Ai incluso perché è stato nominato - e pure tuo fratello e Satsuki. Ergo, no grazie”.
«No, Nanami no!!» gemette Syo, premendosi le mani sulla faccia «Piuttosto Ringo-sensei!!»
Masa rise, prima di scoppiare a ridere:
«Ah giusto! Qualcuno anche con Hyuuga-sensei!!»
Syo lo fissò con gli occhi spalancati:
«Davvero???!»
Masato annuì, Syo finse di pensarci un po’ su. Sì certo, ammirava il professore, ma… da qualche tempo aveva iniziato a notare che c’era qualche altro “insegnante” che stava catturando la sua attenz…
“No Syo, tu lo odi” si disse, tentando di convincersi.
«E te? Solo con Ren? Sei fedele pure nel mondo delle fan fiction, complimenti» disse, sorridendo, Masato alzò un sopracciglio:
«No tesoro, mi shippano anche con Tokiya» disse, fingendo di essere estremamente lusingato dalla cosa, Syo emise una specie di grugnito per soffocare una risata:
«La tua occasione di essere seme» bisbigliò, ricevendo un altro sguardo assassino:
«Kurusu, smetti di insinuare certe cose!» sibilò il moro, voltandosi poi dall’altra parte, fingendosi offeso.
«Va bene, va bene, scusa» ridacchiò Syo «ehy, ma… perché lasci che tutti gli altri ti chiamino Masa ma ti rivolgi a tutti con il cognome?» chiese, ricordandosi che era da un po’ che quella domanda gli frullava per la mente.
L’altro ragazzo tornò a guardarlo, stavolta un po’ imbarazzato:
«Temo che sia per via di come sono stato cresciuto… ehm… l’utilizzo del nome mi è stato passato come… qualcosa di estremamente intimo… sai, per i familiari o…»
«O per i Ren» aggiunse Syo, gentilmente stavolta, facendogli l’occhiolino. Masato fece una risatina nervosa e si strofinò inconsciamente la base del collo «però, scusa… questa è la prova che con noi dovresti usare il nome!» esclamò il biondino a quel punto, illuminandosi, e l’altro aggrottò le sopracciglia, inclinando leggermente la testa da una parte «Come ha detto Ren stesso - non svenire dalla sorpresa, perché l’abbiamo già fatto io e Toki - noi siamo una famiglia!»
Masato alzò le sopracciglia, sorpreso, prima di aprirsi in un sorriso carico d’affetto che ingentilì il suo sguardo e i suoi lineamenti.
«E prima mi hai chiamato per nome, quando eri preoccupato per me» aggiunse il biondo, soddisfatto della reazione ottenuta.
Il ragazzo più alto fra i due abbassò lo sguardo, intimidito:
«Già… immagino di averlo fatto» ammise, sorridendo.
Restarono in silenzio fino a quando il cellulare di Masato non vibrò, segnando l’arrivo di un messaggio che il ragazzo lesse e poi cambiò diverse sfumature di rosso in viso, fino ad approdare ad un vivido color bordeaux, scatenando la curiosità di Syo.
Non provare a giocare a infermiere e paziente con il Chibi, Masa. Puoi usare quel completino solo con me! Buonanotte!! :*
Purtroppo per il biondo, Masato non riacquisì subito l’uso della parola, e quando lo fece, l’altro si era già addormentato profondamente, anche se con un leggero broncio sulle labbra.
Masato fissò il telefono come se attraverso quello la sua ira potesse raggiungere il suo ragazzo pervertito. Un ghigno malefico gli si aprì in viso mentre iniziava a rispondere. Non molto tempo dopo la risposta di Ren arrivò:
O.o m-ma i-io scherzavo, Masayan!!!
Qualcosa gli diceva che la notte dopo Ren sarebbe andato a dormire in camera con Natsuki e Ai.
Soddisfatto, si accomodò meglio sulla sedia e lentamente si addormentò a sua volta; nonostante ciò, in qualche modo, una parte di sé rimase sempre fin troppo cosciente di dove si trovava ed era all’erta nel caso qualcosa fosse successo a Syo.

 
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Nota dell'autrice: e dopo tutto questo sclero a cui non ho saputo resistere, nei prossimi avremo seriamente Ai e Syo... mi dispiace, so che avevo promesso che sarebbe stato tutto insieme, ma non avevo idea che il 17 sarebbe venuto fuori così... pazzo xD mi scuso per il masa OOC ma... diciamo che anche lui sta venendo portato sulla cattiva strada da Ren ahahah e poi è tutto lo stress, poverino... c'è chi regredisce allo stadio Hayato *coff coff* e chi invece... eheheh ;D
La risposta di Masa a Ren è lasciata alla vostra libera immaginazione ahahah sono curiosa a dire il vero, quindi se vi va di dirmi cosa pensate gli abbia scritto, fatemi sapere ;D
Ora vado a finire il 18!! ;D
Come sempre grazie a chi recensisce, chi segue, chi mette fra i preferiti eccetera, vi sono infinitamente grata!!!
A presto!!
Baci,
Starishadow

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Capitolo 18
*** Bleeding out ***


Capitolo 18. Bleeding out

Ai si rigirò per l’ennesima volta nel letto, le sopracciglia corrucciate e la mascella serrata come i suoi pugni, la fronte imperlata di sudore freddo.
Non stava affatto facendo sogni tranquilli.

Era sulla spiaggia, su quella spiaggia… quella maledetta spiaggia che tuttora odiava e amava al tempo stesso.
Il vento urlava e le onde si stagliavano all’orizzonte, sempre più alte e sempre più forti nell’infrangersi sulla riva a pochi metri da lui.
In mezzo all’acqua riusciva a scorgere la sagoma di un ragazzo che si abbandonava ai flutti, lasciando che le onde lo sommergessero senza opporre la minima resistenza.
«AINE!!! AINE!! ONII-SAN!!!» le sue grida erano inutili, il suo dolore non sovrastava la rabbia del vento e l’ira del mare.
Crollò in ginocchio, singhiozzando, mentre la voce di suo fratello gli risuonava nelle orecchie.
«Lasciami andare, Aiyan»
Scosse la testa, singhiozzando disperato, chiudendo gli occhi per non vedere quello che sapeva che avrebbe visto se li avesse tenuti aperti.
Aveva fatto quel sogno abbastanza volte da conoscerlo a memoria.
Nonostante ciò, qualcosa lo costrinse come sempre a riaprirli, facendolo pentire subito di ciò che aveva fatto.
Ora era sulla riva, il corpo di Aine steso accanto a lui, in preda a colpi di tosse simili a convulsioni mentre il ragazzo cercava di prendere aria ma non ci riusciva, come se fosse ancora sott’acqua, e nulla di quello che fece gli permise di salvarlo.
«Onii-san» disse, con tono esausto.
Ormai non poteva fare più niente.
Normalmente, a quel punto del sogno, Ai fissava il mare davanti a lui e, lentamente, si lasciava avvolgere a sua volta dai flutti, ma stavolta, mentre si alzava in piedi, qualcosa gli si strinse attorno al polso e lo trattenne con forza.
Si voltò sorpreso e spalancò gli occhi. La spiaggia, il vento e il mare scomparvero, lasciando posto ad una luce bianca accecante, in cui si trovavano solo lui e la persona che gli stringeva il polso.
Syo.
Ancora preda dello stupore, Ai non si oppose quando il ragazzo più grande lo strattonò e lo attirò a sé, abbracciandolo forte.
D’un tratto sentì Syo sussultare come spaventato, e solo in quel momento che Ai si accorse della chiazza di sangue che si allargava sotto di loro; si allontanò bruscamente dal ragazzo biondo, i cuoi occhi di un azzurro più accecante che mai ora erano pieni di terrore mentre fissavano qualcosa dietro di lui, e abbassò lo sguardo sulla propria maglia, vedendo una macchia rossa che si allargava rapidamente all’altezza del petto.
Riuscì solo a lanciare uno sguardo spaventato a Syo prima di crollargli fra le braccia, esausto.

Fu allora che Ai si svegliò urlando, scattando a sedere sul letto e controllandosi convulsamente il petto, alla ricerca frenetica della ferita, calmandosi man mano che realizzava che si era trattato solo di un sogno.
Rimase seduto ancora un po’, con la testa fra le ginocchia, aspettando che il suo respiro e il suo battito cardiaco tornassero regolari.
Cosa diamine era stato quel sogno?
 
 
********************************
Nota dell'autrice: ehm, sì... questo minicapitolo cosa sarà mai? Ehehehe lo scoprirete abbastanza presto... diciamo che contiene qualche indizio... all'incirca.
Volevo provare a vedere come me la cavo con la descrizione di questo genere di sogni, quindi scusatemi per avervi usato come cavie ahaha spero che vi piaccia, e fra poco avremo le conseguenze di questo sogno ;D
Al prossimo capitolo!!
Grazie della pazienza,
Starishadow

P.s. fatto inutile che però mi ha sorpresa: mentre controllavo di aver scritto bene il titolo, ho scoperto che esiste una canzone con questo titolo degli Imagine Dragons, che io adoro... e... beh ecco, incredibile ma vero, in alcuni punti si collega abbastanza bene alla storia O.o ... ok ignorate le mie follie xD

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Capitolo 19
*** Phone call ***


Capitolo 19. Phone call

Una settimana dopo
 
Syo era sdraiato pigramente sul suo letto a leggere una nuova sceneggiatura che gli era arrivata, indeciso se accettare o meno il ruolo che gli proponevano.
Gli altri Starish erano impegnati chi nelle prove e chi nell’incisione di nuovi brani, lui aveva ricevuto l’obbligo di starsene fermo e buono per almeno un’oretta dopo aver provato per tutta la mattina.
E per assicurarsi che non tentasse di barare come tutti si aspettavano, e con cognizione di causa, ad Ai era stato lasciato il compito di tenerlo d’occhio.
La faccenda puzzava di Reiji e i suoi piani, ma nessuno dei due si era opposto, e ora il senpai era impegnato a lavorare al suo fido portatile dalle mille password che Syo e Natsuki, pur avendoci provato più di  una volta, non erano mai riusciti ad aggirare.
Le cose fra loro due avevano preso una piega leggermente imbarazzante. Non si scannavano più a vicenda e talvolta riuscivano persino ad essere gentili l’uno con l’altro (la prima volta che Ai aveva bofonchiato un “grazie” dopo che Syo l’aveva aiutato a mettere a posto la sua tastiera, Otoya si era praticamente buttato a terra dichiarando di essere sotto effetto di allucinogeni e aveva accusato Masato di avergli manomesso il pranzo), ma Ai ultimamente aveva cominciato ad avvampare più spesso in presenza di Syo, e tendeva a evitarlo quando poteva.
Era iniziato tutto quando Syo era ancora in ospedale, all’incirca la quarta notte, quando era stato proprio Ai a restare con lui.
 
Tre giorni prima
 
La porta si aprì, rivelando la quarta persona che sarebbe dovuta restare con Syo quella notte, e il biondino sperava vivamente non si trattasse di Natsuki o Reiji, non era sicuro di poterli reggere.
Forse Ren non sarebbe stato male, o Tokiya, se risparmiava ad Otoya il suo “lato oscuro”.
Di sicuro, Syo non si sarebbe mai aspettato di vedere un ragazzo dagli occhi e i capelli ciano andare a sedersi accanto a lui.
«Mikaze?!» esclamò sorpreso, mentre l’elettrocardiogramma lo tradiva un’altra volta, con suo sommo disappunto.
Ai gli regalò un sorriso beffardo:
«Wow, sei così eccitato all’idea di passare la notte con me?» chiese.
Il biondo avvampò, tentando di balbettare qualcosa di incomprensibile, per poi rinunciare e sospirò:
«Gli altri erano tutti impegnati?»
«A dire il vero no» replicò tranquillamente e freddamente il minore «o almeno fino a quando non ho rivisto i loro impegni» aggiunse angelicamente.
Syo spalancò gli occhi:
«Hai manovrato gli orari degli altri per… per passare tu la notte qui??» chiese, confuso «Ma… perché?»
Ai ridacchiò:
«Avevamo un discorso in sospeso, se non sbaglio» spiegò, come se fosse la cosa più ovvia.
Il ricordo sbiadito di Ai che gli si avvicinava rapidamente al viso, e la sensazione confusa di qualcosa di morbido e tiepido sulle labbra si rovesciò su Syo, che fissò Ai sbalordito.
«M-mi hai baciato di nuovo?» chiese, battendo le palpebre, incredulo.
Ai annuì:
«Ma eri troppo sotto sedativi perché la cosa potesse essere considerata decente» aggiunse, in maniera casuale.
Syo era sempre più sbalordito, mentre l’elettrocardiogramma sembrava deciso a battere ogni record.
«Ai-senpai» disse, con le sopracciglia aggrottate «perché?» chiese, seriamente.
«Perché cosa?»
«Perché hai cercato di nuovo di baciarmi. Credevo che avessimo deciso di chiuderla lì» spiegò Syo, osservando lo sguardo impenetrabile del ragazzo più giovane.
Ai per un po’ non rispose, e il maggiore cominciò a chiedersi se fare quella domanda non fosse stata una cattiva idea: dopotutto nemmeno a lui era chiara l’intera faccenda.
Odiava Ai, eppure quando erano insieme, qualcosa dentro di lui faceva meno male; tentava in tutti i modi di rimuovere il ricordo dei baci del ragazzo dalla sua mente, eppure ogni sera continuava a vederseli davanti agli occhi come se stessero accadendo in quel momento…
«Non lo so»
La risposta del più piccolo strappò Syo dai suoi pensieri, guidato dalla voce sottile ed armoniosa di Ai.
«Come sarebbe che non lo sai?!» esclamò il biondo, irritato «Non puoi non sapere perché baci due volte una persona, Ai!!» sbottò, frustrato.
Per qualche motivo, si era aspettato una risposta diversa.
«So solo che quando ti vedo, mi viene voglia di farlo, e se non ti vedo mi viene voglia di vederti» spiegò a quel punto il ragazzo dai capelli celesti, con aria confusa anche lui, come se mentre spiegava i suoi sentimenti a Syo tentasse al contempo di spiegarli a se stesso.
Il maggiore lo osservò quasi intenerito: gli occhioni azzurri spalancati dalla confusione fissi sulle mani che si torturavano a vicenda, posate sul suo grembo, le sopracciglia aggrottate per la concentrazione, le labbra che si sfioravano mentre parlava…
Era la seconda volta che si trovava ad ammirare Ai, e per la seconda volta fu colto con le mani nel sacco… o gli occhi in questo caso.
Ai alzò un sopracciglio, riconquistando l’aria antipatica di sempre:
«Allora è un vizio» disse semplicemente, mentre le guance di Syo andavano in fiamme.
“Eh no, però… stavolta no” si disse, mentre incatenava il suo sguardo con quello del senpai:
«Vorresti baciarmi adesso, Ai-senpai?» chiese a voce bassa, mentre alzava leggermente il viso.
Ai si accigliò, sorpreso, e parve dibattere con se stesso. Alla fine sembrò mandare tutto a quel paese e, alzandosi dalla sedia, si mise sul lettino di Syo, abbastanza vicino a lui da poter iniziare a giocare con le sue labbra, deciso e inesperto come un cucciolo.
Syo, di nuovo, si arrese al bacio e dischiuse le labbra, incontrando la lingua dell’altro ragazzo e iniziando a sfiorarla con la sua. Iniziò a stuzzicare il labbro inferiore di Ai, soddisfatto dal sentirlo mugolare ad un certo punto, ma fu questione di pochi secondi, perché poi il minore si prese la sua rivincita allontanando la bocca dalla sua e riavvicinandola al suo collo, baciando tutti i punti più sensibili che strapparono al biondo dei gemiti di cui si vergognava.
Ai lo osservò con un sorriso soddisfatto, che Syo si affrettò a far sparire fra le sue labbra. Il maggiore impiegò diverse manciate di secondi per accorgersi di un fatto che lo riempì di sorpresa, stupore, piacere e un senso inaspettato di affetto per quella specie di gattino che ora lo stava provocando con ogni mezzo: Ai stava tremando come una foglia. Tremava il suo respiro, tremavano le sue mani poggiate sul materasso, tremava il suo torso proteso verso Syo, e tremavano le sue labbra.
Syo sorrise leggermente e sollevò la mano libera da aghi e tubicini vari fino a quando non riuscì a posarla sulla schiena sottile ma muscolosa di Ai, che iniziò a massaggiare con fare rassicurante.
Ormai non si chiedeva più perché lo stesse facendo, perché volesse farlo. Era ancora sorpreso che di tutte le persone, fosse proprio Mikaze Ai quello che voleva baciare e sentire così vicino, eppure una parte di sé, in fondo al suo cuore malfunzionante, sentiva che avrebbe anche potuto abituarcisi.
Fu solo dopo quelli che sembrarono diversi minuti che il minore parve ricordarsi dove erano e cosa rischiavano, e lanciò uno sguardo allarmato all’elettrocardiogramma, che sembrava impazzito. Spostò lo sguardo su Syo, inorridito, ma il più grande gli sorrise, rassicurante:
«Hey… sto bene, non preoccuparti» disse, tentando di avvicinarlo di nuovo, ma Ai fu irremovibile.
«Non possiamo… io… non so cosa mi sia preso, non avrei dovuto… mi dispiace» bofonchiò.
A nulla erano servite le parole rassicuranti di Syo e le sue promesse che tutto sarebbe andato per il meglio, Ai da quel momento in poi si era persino rifiutato di incrociare il suo sguardo, e quando succedeva per sbaglio, era rapidissimo a riabbassare gli occhi. Alla fine si erano addormentati entrambi, ben lontani l’uno dall’altro, e la mattina dopo portò per entrambi il ricordo di un bacio incerto, incontrollato e bruscamente interrotto.
 
Una suoneria interruppe il flusso di ricordi di Syo, che si guardò attorno confuso. Non era la sua, che aveva la base strumentale di Maji love 1000%, non era quella di Natsuki, che era un’odiosissima versione di Piyo-chan, e non era nemmeno quella di Ai, che l’ultima volta che l’aveva sentita (mezzora prima) era Poison Kiss. Eppure, la mano del senpai scattò di corsa al telefonino, gli occhi un po’ più spalancati del normale nel fissare lo schermo, quasi fosse indeciso se rispondere o meno.
Syo non era riuscito ad identificare la canzone; non sembrava una di quelle di Ai, sebbene la voce fosse molto simile, forse appena più grave, come se fosse qualcuno un po’ più grande di lui a cantare, eppure il biondino aveva l’impressione di averla già sentita da qualche parte.
Alla fine Ai rispose, alzandosi dalla sedia:
«Che cosa c’è?» chiese, allarmato, mentre si dirigeva verso il bagno e chiudeva la porta dietro di sé.
Syo era troppo curioso per lasciar perdere, così mollò la sceneggiatura sul letto e si avvicinò in silenzio alla porta, origliando.
«N-no… non è… non è possibile…» la voce di Ai era spezzata, soffocata… non l’aveva mai sentito così, nemmeno quando era andato a visitarlo la prima volta in ospedale…
«Dimmi che stai mentendo» quello fu a malapena uno squittio strozzato, ma nessun tentativo fu fatto per migliorare la voce.
A quel punto Syo distinse il rumore che mai avrebbe pensato di poter sentire da Ai: singhiozzi, prima trattenuti, poi sempre più forti, fino a diventare nuovamente soffocati.
«M-mikaze senpai?» chiamò, esitante, i singhiozzi cessarono bruscamente.
«Vai via» ordinò il ragazzo chiuso dentro il bagno, ma Syo non ci pensava minimamente.
«Aprimi, per favore»
«Ti ho detto di andartene!» la voce di Ai conteneva un dolore e una rabbia tali che Syo di rado aveva sentito in qualcuno, tantomeno nel talvolta robotico ragazzino.
Fu quello che lo spinse a continuare a provare.
Dall’interno ad un certo punto giunse il rumore di vetri infranti, e Syo iniziò a preoccuparsi seriamente.
Chiamò ancora il nome del senpai, e quando non ottenne risposta iniziò a prendere a calci la porta fino a quando non riuscì a sfondarla.
La vista che gli si parò davanti era devastante.
Il telefonino di Ai era dall’altra parte della stanza, in pezzi come se fosse stato scagliato violentemente contro il pavimento o la parete, una delle ante del box doccia era infranta e, in mezzo ai vetri, Ai era rannicchiato su un fianco, scosso da singhiozzi silenziosi, mentre alcuni dei vetri accanto a lui si tingevano lentamente di liquido cremisi.
Syo emise un verso strozzato prima di dirigersi lentamente verso di lui.
«Ai-ai, che hai fatto?» chiese, raggiungendolo e accorgendosi che gli occhi del più piccolo erano chiusi, le mani strette attorno ad una grossa scheggia di vetro piene di sangue.
Posò le sue mani su quelle del più piccolo e iniziò delicatamente, ma con decisione, ad aprirgli le dita, fino a quando la scheggia non fu a terra. A quel punto prese in braccio il ragazzo e lo portò di nuovo nella camera, dove lo fece sdraiare sul suo letto perfettamente rifatto, sapendo che prima o poi Ai si sarebbe lamentato del fatto che il suo copriletto fosse sporco di sangue, ma non era quello il momento di pensarci.
Andò a prendere di fretta il kit del pronto soccorso, poi iniziò dolcemente a curare i tagli sulla pelle di Ai, tutti fortunatamente abbastanza superficiali a parte quelli delle mani, che dovette sciacquare più e più volte con l’acqua di una bottiglietta prima di poter finalmente iniziare a fasciarle.
Ai era rimasto incosciente per tutto il tempo, ma quando l’ultima benda fu stretta, le sue labbra soffiarono una parola, carica di tristezza e affetto allo stesso tempo.
«Onii-chan»
Syo rimase immobile a fissarlo, sorpreso.
Ai aveva un fratello? Ed era quello il motivo per cui si trovava in quello stato? Sapeva di Aine, l'ex idol che si era suicidato all'apice della sua carriera, ma... Ai non poteva essersi ridotto così per una persona già morta da 5 anni, no?
Stava per dirigersi verso la porta e chiamare qualcuno dei Quartet Night quando delle dita quasi gelate sfiorarono le sue e si strinsero debolmente attorno al suo indice. Si voltò verso il più giovane del Master Course, che ora aveva gli occhi aperti e lo osservava tristemente, senza parlare. Una richiesta muta scritta negli occhi.
Resta con me.
Sospirando, Syo si decise ad accontentarlo, si tolse le scarpe e si rannicchiò accanto a lui sul letto, e dopo molti dibattiti interiori optò per lo stringerlo a sé. Ai si rigirò nell’abbraccio, fino a rannicchiarsi contro il suo petto, dove nascose il viso e rimase stretto.
«Ai» sussurrò Syo, accarezzandogli i capelli, preoccupato. Il ragazzino non disse più nulla, e poco dopo Syo capì che si era addormentato.
L’indomani gli avrebbe chiesto spiegazioni, per ora - decise - si sarebbe limitato a tenerlo al sicuro fra le sue braccia.
Era sorprendente quanto, nonostante tutto, fosse a suo agio in quella posizione.
“Accidenti… non… non posso… non per Ai!!” pensò allarmato, mentre però stringeva involontariamente la presa sul compagno di stanza.
Dannazione!

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Nota dell'autrice: zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz buonanotte a tutti xD spero vi sia piaciuto! ^^ lo rileggerò meglio domani da sveglia ahahah se notate qualcosa da puntualizzare, fate pure.... sarete sicuramente più lucidi di me ahahah )
Una cosa che mi ha fatto notare pinky_neko (che ringrazio) è che Syo sa di Aine, invece all'inizio avevo scritto che non lo sapeva, ora ho modificato, e vi do delle spiegazioni ahahah tutti tranne Ai e lo zio sanno che Aine è morto.... Ma forse ora Ai dovrà delle spiegazioni all' "amico"... ehhehehhe
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Finalmente ho sistemato il layout xD scusate l'attesa ahaha
I miei cugini sono partiti, e ora sono sola soletta in casa... il che significa solo una cosa... Capitolo 20!!!! ;D Appena sarà pronto lo posterò! :DD
Baciiiiiiiiiiiii!

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Capitolo 20
*** I won't let you go ***


Capitolo 20. I won't let you go
 
Natsuki rientrò nella sua camera, aspettandosi di trovare Ai e Syo impegnati in una guerra di sguardi, oppure ad ignorarsi a vicenda, ma di sicuro non era preparato alla vista che si trovò davanti.
Syo ed Ai erano abbracciati sul letto di quest’ultimo, il più piccolo con il viso affondato nel petto del più grande, addormentato, mentre l’altro sembrava sveglio, con le braccia portate attorno alla figura di Ai in maniera protettiva, gli occhi bassi su di lui, l’espressione preoccupata.
Natsuki si premette le mani alla bocca per non esclamare “kawaii” e disturbare i due, ignari della sua presenza, ma ormai era tardi: lo sguardo di Syo l’aveva trovato.
Si sarebbe aspettato che il ragazzo cacciasse un urlo, magari spingendo Ai giù dal letto, e sbraitasse qualcosa sul come non stessero facendo niente di quello che la sua piccola mentolina malata avesse potuto immaginare, invece il biondo non fece nulla di tutto questo, anzi strinse più forte Ai contro di sé, senza interrompere il contatto visivo con l’amico d’infanzia.
Ci siamo baciati” il ricordo di quelle parole - una settimana prima - era ancora vivido nella mente di Natsuki, ma non aveva immaginato che a Syo potesse piacere… non sembrava affatto…
Lui ed Ai? Insieme??
Deciso ad indagare più tardi, Natsuki sorrise deliziato a Syo (erano così carini!!!) e si avviò verso il bagno, dove rimase fermo sulla porta vedendo la scena di distruzione davanti a sé.
Si voltò senza parole verso Syo, chiedendosi che cosa avessero combinato quei due, ma lo sguardo irritato e offeso del biondo gli lasciò capire che stava sbagliando tutto.
Con un gesto piccolissimo, Syo gli indicò le macchie di sangue sul copriletto di Ai, e Natsuki spalancò gli occhi, indicando il ragazzo più giovane e assumendo un’espressione preoccupata.
Syo fece spallucce e scosse la testa, attento a non disturbare l’idol che dormiva fra le sue braccia, di tanto in tanto scosso da un tremito.
Natsuki parve rimuginare per un po’, poi prese il telefono e scrisse qualcosa sulle note.
Vado a chiamare Rei-chan?
Syo parve pensarci per un attimo, poi pensò che il maggiore conosceva il loro senpai meglio di tutti e due messi insieme - e qualcosa in questo fatto gli provocò un senso di fastidio che non riuscì ad identificare… invidia? Perché Reiji ne sapeva più di lui su Ai? Che cavolo stava succedendo?! -  e annuì, aspettando che Natsuki uscisse dalla camera per muoversi attentamente e fare in modo che potesse vedere il viso di Ai.
La vista gli strinse il cuore: il visino di Ai era contratto in una smorfia di dolore, gli occhi tremavano come se stessero per lacrimare, lo stesso le sue mani che si aggrappavano alla maglietta del più grande.
“Che cosa posso fare??” si chiese il biondo, preoccupato, mentre sfiorava gentilmente la schiena del ragazzo dai capelli color ciano.
Poco dopo la porta si spalancò violentemente e Reiji fece irruzione in maniera troppo rumorosa, Ai sussultò fra le braccia di Syo e scattò a sedere, fissandosi attorno spaventato.
«Aine» mormorò, prima di spalancare gli occhi e emettere un gemito angosciato, prima di portarsi le ginocchia a petto e affondare il viso lì. Syo si sollevò a sedere a sua volta, posando una mano sulla spalla del senpai, agitato.
«Ai-ai» disse Reiji, raggiungendo il minore e stringendolo «shh… Aine ora sta bene, calmati…»
Ai iniziò a scuotere la testa, mentre biascicava un “non è vero” stentato. Reiji tentò di insistere, e calmarlo, ma quando disse “Ai-ai, Aine è morto cinque anni fa, lascialo andare!!”, la testa del più giovane scattò su, gli occhi inondati di lacrime e disperati:
«AINE NON È MORTO!» urlò, facendo spaventare sia Syo che Reiji «Non è mai morto! Ve l’abbiamo solo fatto credere!!» singhiozzò sempre più agitato Ai, prendendo a pugni il petto di Reiji «Ma forse morirà ora e io… io… non…» un urlo strozzato gli abbandonò le labbra, prima che si portasse le mani ai capelli e chinasse nuovamente il capo.
Reiji si allontanò da lui incespicando, come se il quindicenne l’avesse appena accoltellato:
«C-che cosa stai dicendo, Ai-ai?» balbettò, spalancando gli occhi, ma l’altro ragazzo non aprì bocca per diversi minuti.
Quando lentamente recuperò la calma necessaria, si voltò verso Syo come un bambino che cerca il proprio adulto di riferimento, e nel trovarlo ancora lì vicino a lui parve rilassarsi un po’:
«V-verresti con me in un posto?» chiese con un filo di voce, così che solo Syo lo sentì.
Il biondo annuì, un po’ per la curiosità e un po’ (molto di più, anche se non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura) perché di fronte ad Ai che lo fissava con quello sguardo smarrito, spaventato e carico di fiducia verso di lui non avrebbe saputo assolutamente dire di no.
«Reiji» l’idol più grande alzò gli occhi verso Ai che lo chiamava con voce sottile «potresti preparare la macchina?»
Probabilmente anche Reiji era in uno stato tale da non essere in grado di negare qualcosa ad Ai, perché uscì senza fiatare e si diresse verso la porta.
Syo osservò Ai in silenzio, il più piccolo alzò lentamente gli occhi verso di lui, intimidito:
«Scusa» sussurrò alla fine, facendo per voltare il viso, Syo gli prese il mento fra due dita e lo costrinse a restare fermo, gli occhi del più piccolo tradirono una certa sorpresa.
«Non scusarti… vorrei solo sapere cosa posso fare per aiutarti» mormorò il maggiore, avvicinando lentamente il viso a quello di Ai, mentre il suo cuore sembrava voler correre verso di lui, trascinando tutto il resto del corpo.
Ai si morse per un momento le labbra, prima che ci pensasse Syo a tenergliele occupate e restasse sorpreso di sentire il sapore di qualche lacrima che era riuscita ad intrufolarsi fra di loro.
Stavolta non ci fu niente di impulsivo o passionale in quel bacio: stavolta Ai si strinse quanto più poteva all’altro, mentre seguiva esitante i suoi movimenti, e stavolta nessuno dei due si tirò via bruscamente per un motivo o per l’altro.
Alla fine, avevano finito entrambi per non vederci più nulla di strano, e le loro labbra sembravano aver memorizzato immediatamente la sensazione di essere premute insieme. Ed erano state ben rapide a trovarla molto piacevole.
«N-non puoi fare molto… però…» il minore sembrava a disagio nel mostrare la sua vulnerabilità, che aveva coperto con tanta fatica nel corso degli anni «…rimani con me?» chiese, lanciandogli uno sguardo timido e speranzoso.
Syo gli rivolse un sorrisino a metà:
«Ci puoi scommettere» ghignò, baciandogli la base del collo ed emettendo una risatina soddisfatta nel sentirlo sussultare, poi si alzò dal letto.
Dietro di lui il più piccolo era sorpreso da se stesso… perché diamine aveva lasciato che tutto quello accadesse?! Si era addormentato abbracciato a Syo, si era lasciato baciare, l’aveva letteralmente implorato di restare con lui… e mentre faceva tutte quelle cose, la paura e il rimorso che gli bruciavano dentro si erano affievoliti.
Però appena Syo fu lontano da lui, intento a mettersi le scarpe, tutto gli si rovesciò nuovamente addosso, dandogli le vertigini e facendolo tremare.
… Aine … Aine … Aine …
Scattò in piedi, appoggiandosi al comodino appena il mondo cominciò di nuovo a girargli intorno, e chiuse momentaneamente gli occhi.
«Hey, stai bene??» chiese Syo allarmato, andandogli vicino, il più piccolo si affrettò ad annuire, sebbene vedesse il viso del biondo ondeggiargli davanti ancora un pochino.
«M-mi puoi prestare il cellulare?» chiese, battendo le palpebre tentando di cacciare il capogiro.
Aveva appena finito di chiederlo che un telefono nero con il bordo fucsia gli fu premuto in mano.
 
Reiji non aveva più detto una parola da quando Ai aveva esclamato quelle cose su Aine, e dentro di sé c’era il caos più completo.
Aine non era morto? Che cosa voleva dire??
Ricordava perfettamente il giorno in cui Shining aveva chiamato nel suo studio lui, Kei e Hibiki* e aveva dato loro la notizia, c’era quando lo zio di Aine ed Ai era andato a prendere il minore da scuola e aveva tentato di spiegargli cos’era successo…
Che cosa significava adesso “ve l’abbiamo fatto credere”??
Serrò il pugno sul volante mentre Ai e Syo uscivano dal portone e si infilavano in auto, il primo sul sedile del passeggero e il secondo dietro di lui.
«Ai-ai» sussurrò, in cerca di spiegazioni, mentre metteva in moto, ma tutto quello che ottenne fu un indirizzo dato con una voce fredda, che per l’ennesima volta notò essere quasi identica a quella di Aine, eppure completamente diversa.
Pensava che il suo cuore si fosse spezzato definitivamente dopo le parole di Shining, cinque anni prima, ma si sbagliava. Adesso faceva anche più male.
 
Raggiunsero una clinica privata il cui unico aggettivo per descriverla poteva essere “bianco”, poiché non c’era altro colore al suo intento.
Reiji e Syo seguirono intimiditi Ai lungo i corridoi tutti uguali, mentre la loro stessa guida si stupiva della facilità con cui ritrovava una strada che non percorreva da anni, quasi ci fosse qualcosa a tirarlo nella giusta direzione.
Si fermò davanti ad una porta anche troppo familiare, ed espirò profondamente mentre posava la mano sulla maniglia.
Non riuscì ad aprirla.
Rimase bloccato lì, spaventato da quello che lo aspettava dentro. Lentamente ritirò la mano e la lasciò scivolare inerme lungo il fianco.
Non poteva farcela.
Syo fece un passo esitante verso il quindicenne, incerto sul da farsi. Non si era mai trovato in una situazione simile, e adesso non aveva la benché minima idea di come doveva procedere.
A quanto pare, però, qualcuno parve decidere per loro, perché la porta fu aperta dall’interno da un dottore che rimase sorpreso nel trovarsi i tre idols davanti.
«Voi cosa ci fate qui?» chiese bruscamente, spingendo Ai ad alzare il viso verso di lui, ogni traccia di paura ed incertezza ben camuffati.
«Devo vedere mio fratello» disse, freddamente, e il medico annuì, un’espressione di compassione in viso che non fece altro che alimentare l’irritazione del ragazzino.
«Sai già delle sue condizioni?» chiese, Ai scosse la testa mentre Reiji raggiungeva a malapena una sedia lì vicino e ci crollava sopra.
Allora era vero. Aine era ancora vivo.
Syo gli si avvicinò a malapena, restando comunque in ascolto di quello che aveva da dire l’uomo.
«Sono rimaste stabili per 5 anni, mai un miglioramento e mai un peggioramento, eppure… oggi sembra essere collassato su se stesso, quasi si fosse…» il medico rimase in silenzio
«… arreso» completò Ai per lui, abbassando lo sguardo.
Arreso, come si era arreso cinque anni prima, quando aveva smesso di provare a riemergere dagli eventi che lo coprivano, arreso come si era arreso lui quando aveva smesso di andarlo a trovare, arreso come aveva quasi fatto suo zio nel pensare si staccare la spina… forse la sua famiglia ce l’aveva nel sangue questa cosa dell’arrendersi.
«Posso vederlo?» chiese, assicurandosi che la sua voce suonasse ben calma. Il medico lo osservò tristemente per un momento, poi si fece da parte e gli fece cenno di entrare.
Ai esitò sulla porta, voltandosi di nuovo verso Syo e Reiji, incatenando lo sguardo a quello del primo.
Non sapeva nemmeno quando aveva iniziato a farlo, ma c’era qualcosa in quello sguardo azzurro che gli immetteva il coraggio e la determinazione che gli mancavano.
Il biondo annuì, rassicurante, e lui entrò nella stanza, dimenticandosi come si faceva a respirare e camminare.
Raggiunse la poltroncina vicino al letto e ci si sedette, tenendo sempre gli occhi puntati a terra. Sapeva che se li avesse alzati avrebbe visto suo fratello, identico a com’era cinque anni prima grazie a suo zio che passava ogni sua giornata ad accudirlo in ogni modo possibile… in quella stanza il tempo sembrava essersi fermato, era tutto uguale, il ronzio dei macchinari, lo sbuffo del respiratore che spingeva ossigeno nella maschera che copriva il volto del fratello e da lì nei suoi polmoni, il rumore dell’elettrocardiogramma e dell’encefalogramma…
“Ai, non essere vigliacco. Ormai sei qui” si disse, alzando gli occhi, deciso, per poi sentire come se qualcuno gli avesse stretto un pugno attorno al cuore e gli avesse dato uno strattone.
«Onii-chan» sussurrò, inspirando bruscamente subito dopo ed espirando tremante.
Aine era esattamente uguale a lui, solo con i lineamenti più maturi e i capelli un po’ più lunghi, senza che nemmeno una ciocca gli coprisse il viso, segno che una mano glieli aveva spostati gentilmente più di una volta.
Ai aveva sempre più difficoltà a respirare nel vederlo, le labbra dischiuse e il resto del corpo pietrificato, la voce come sparita.
Ricordi che nemmeno credeva di avere lo travolsero con la forza di una valanga appena rivide il viso del fratello, ricordi che avrebbero dovuto essere felici, ma che ora avevano un gusto schifosamente amaro.
 
«Onii-chan cosa stai facendo??» chiese Ai, a sette anni, a due di distanza dal debutto del fratello che ora se ne stava seduto sul davanzale della finestra e strimpellava pigramente alla chitarra, gli occhi persi a guardare fuori. Come sentì la voce del fratellino si girò verso di lui e gli sorrise, lo sguardo illuminato da una luce che brillava solo quando cantava o suonava o parlava di musica.
«Niente, stavo provando una canzone che mi ha dato oggi Kei, ma non riesco a trovare un testo» spiegò, mettendo giù la chitarra ed invitandolo a prendere il posto dello strumento, cosa che Ai fu ben felice di fare, e quando fu ben accomodato in braccio al fratello gli sorrise:
«Posso sentirla?» chiese, e Aine iniziò a canticchiare, senza riuscire a trattenere un sorriso che gli si formava sulle labbra. Quando finì, Ai era impressionato, poi si fece pensieroso:
«Per me questa è una canzone che parla di fratelli» dichiarò, sicuro di sé, Aine ridacchiò:
«In che senso, Aiyan?» chiese gentilmente.
Ai fece spallucce:
«Non lo so… me l’ha solo detto la musica»
Ormai Aine non si stupiva più di quel genere di affermazioni dal fratellino, aveva già avuto modo di notare quanto gli fosse istintivo collegare una musica ad un’emozione o viceversa. Iniziò a pensare a quello che aveva detto… sui fratelli, eh?
Lentamente, un testo prese forma nella sua mente, e tentò di cantare le prime strofe, controllando nello sguardo del fratellino le reazioni. Quando lo vide sorridere entusiasta, ricambiò il sorriso con altrettanto entusiasmo e recuperò il block notes e la penna che aveva lasciato accanto a sé, appoggiati alla finestra chiusa, e buttò giù le righe che aveva appena cantato.
«Di chi parla, nii-tan?» chiese il più piccolo, sbirciando il testo al contrario e poi alzando il visino verso il fratello, Aine scoppiò a ridere:
«Di noi due, di chi se no?» chiese, conquistando un abbraccio che fece cadere il block notes a terra e lo costrinse a poggiare a terra un piede per mantenere l’equilibrio, scoppiò a ridere mentre lo ricambiava.
«Rimarrai sempre con me, Aine-nii-chan?» chiese Ai, con il visino nascosto nel suo petto, Aine lo allontanò e gli sorrise:
«Certo che sì, Aiyan!»
 
Ai strinse i pugni, sconvolto dal ricordo.
«Quindi è così che mantieni le promesse, bastardo?» sussurrò, provando per la terza volta una rabbia crescente verso il fratello.
La prima e la seconda volta erano state a dodici anni, una quando suo zio gli aveva rivelato che Aine era in quelle condizioni perché aveva tentato di suicidarsi e non per un incidente come gli aveva fatto credere, la seconda era stata quando, nonostante l’avesse implorato mille volte di svegliarsi, lui non l’aveva fatto, e alla fine Ai aveva scelto di smettere di andare a trovarlo.
Come era successo anche quelle volte, però, non poté permettersi di essere arrabbiato a lungo, e la sua mano raggiunse esitante quella del fratello, abbandonata sul materasso, immobile come lui. La strinse.
«Scusa» mormorò, facendo dei respiri rapidi e superficiali, opposti al ritmo lento con cui andava il respiratore «onii-san, io… mi… mi dispiace. Non sono mai venuto a trovarti… ti… ti ho… ti ho abbandonato» nel momento stesso in cui disse quelle parole, un’onda di odio verso sé stesso lo colpì. Come aveva potuto?! Come aveva potuto essere così egoista da lasciare Aine in quel modo? Da non presentarsi mai da lui??
Non era lui che aveva il diritto di essere arrabbiato con il fratello maggiore, era Aine che doveva avercela a morte con lui.
Osservò le bende che gli coprivano le mani, qualcuno doveva avergliele curate - Syo magari? - e, tenendo una mano sempre stretta a quella di Aine, sciolse con i denti il bendaggio dell’altra, rivelando la pelle ancora sporca di sangue e la ferita ancora dolorante.
Senza pensarci due volte strinse forte il pugno, affondando le unghie nella pelle ancora tenera e vulnerabile, ignorando il dolore che si era meritato.
“Preferisco stare male io, se questo può farti tornare, onii-san” pensò, mentre la sua vista si offuscava per le lacrime.
Non era la prima volta che si faceva male pensando ad Aine, e non era nemmeno la ferita peggiore a voler essere sinceri, ma per la prima volta quel gesto lo fece sentire in colpa. Aveva giudicato suo fratello perché era stato debole davanti alle difficoltà in cui era incappato, ma lui non stava facendo lo stesso?
Lentamente rilassò la mano, senza bloccare e gocce di sangue che uscivano dalla ferita ora riaperta, e tornò a guardare il fratello.
«Non so nemmeno cosa dire… io… continuo a sperarci, sai? Continuo a sperare che un giorno tu ti svegli… ricordati quella promessa, Aine. Mi hai promesso di restare sempre con me… sei stato lontano abbastanza a lungo, onii-san. Torna da me ora…» allentò gradualmente la presa sulla mano di Aine, fino a lasciarla andare, e si alzò, asciugandosi l’unica lacrima che aveva osato sfuggire dai suoi occhi. Prima di uscire si chinò sul fratello e sussurrò:
«Non ho nessuna intenzione di lasciarti andare, Aine-nii. Non provarci»
Uscì dalla stanza senza guardarsi indietro, e raggiunse Reiji e Syo.
«Vuoi entrare?» chiese piano a Reiji, ancora visibilmente sotto shock. L’altro scosse la testa, alzandosi:
«Per me possiamo andare» disse con voce incolore, avviandosi verso l’uscita.
Ai lo seguì a testa bassa, rimuginando, e d’un tratto sentì qualcuno prendergli la mano ferita, che ancora sanguinava nonostante se ne fosse quasi dimenticato. Alzò gli occhi per incontrare quelli di Syo, concentrati sulla ferita mentre vi premeva un fazzoletto sopra senza fiatare, solo quando ebbe fatto richiudere le dita del ragazzo su quello, in modo da tenerlo fermo alzò lo sguardo e lo fissò seriamente:
«Non rifarlo, per favore, va bene?» chiese, aspettando che annuisse prima di sorridergli in maniera confortante.
Non c’erano più bugie da raccontarsi, era inutile anche solo tentare: Ai aveva bisogno di Syo, e Syo non riusciva a lasciarlo andare per la sua strada.
Forse non era poi così vero che si odiavano a vicenda.


* Onpa Kei è il compositore di Aine, stando alla Wikia, e Hibiki non ho capito se era il compositore di Reiji o un altro idol, fatto sta che era uno del gruppo dove stavano Aine e Reiji, quindi l'ho inserto ahaha
 
*********************************************
Nota dell'autrice: sono pronta a ricevere i pomodori in faccia :S possibilmente non troppo duri... ^^ sto scrivendo con la febbre, ma ormai il capitolo era quasi fatto, dovevo finirlo xD (chi è che si prende la febbre in pieno Agosto? La sottoscritta naturalmente! -.-") ... ho paura che le cose mi siano sfuggite di mano ...  >.< ho fatto del mio meglio, ma... xD fatemi sapere cosa ne pensate, ogni recensione è la benvenuta!!! :D

P.S. non ho resistito a fare un piccolo tributo alla mia seconda OTP... ReijixAine, anche se... mi rivolgo a voi ahahah preferireste una scena in cui Reiji va a trovare Aine, o lo lasciamo a cuocere nel suo brodo? Dopotutto ora sta con RanRan, la faccenda è piuttosto complicata ^.^

Al prossimo capitolo!!!
*recupera una tachipirina e la fissa come se fosse una foto di Shining a torso nudo* ugh cosa mi tocca fare...
Baciiiiiiiiiiii
Starishadow
 
 

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Capitolo 21
*** Understanding and forgiveness ***


Capitolo 21. Understanding and forgiveness
 
Reiji rientrò in casa sbattendosi la porta alle spalle.
Aveva lasciato Ai e Syo al Master Course, poi si era diretto verso il suo appartamento in cui non tornava da un po’; sapeva che i suoi kohai e gli altri senpai si sarebbero chiesti dov’era finito, ma in quel momento proprio non ce la faceva a fingersi il Reiji infantile e superficiale che tutti conoscevano.
E men che meno ce la faceva a guardare Ranmaru in faccia.
Si buttò sul divano e recuperò una sigaretta, accendendola mentre come sempre la sua mente tornava al passato, a quando aveva appena iniziato a fumare, e Aine ed Hibiki lo fissavano scioccati e iniziavano a strillare che quella roba gli avrebbe rovinato la voce, i polmoni e la vita, mentre Kei borbottava qualcosa sul lasciargli fare quello che voleva, con Aine che gli faceva il verso stizzito ed Hibiki che si piegava in due dalle risate, fregando la sigaretta a Reiji e spegnendogliela.
Aine.
Scosse la testa tentando di togliersi da davanti agli occhi il viso del ragazzo che una volta aveva amato e forse, da qualche parte, continuava ad amare.
Crederlo morto era stato più facile… certo, si sentiva in colpa per quello che gli era successo, aveva avuto crisi isteriche per mesi se non anni, non era mai tornato ad essere completamente se stesso e aveva perso anche Kei e Hibiki, ma… in 5 anni aveva imparato a sopportare tutto questo, e solo perché pensava che Aine fosse ormai in un luogo dove non poteva raggiungerlo si era azzardato a pensare di ricominciare con Ranmaru, che comunque doveva tuttora convivere con il fantasma del vecchio amante del suo ragazzo.
E adesso?
Adesso veniva fuori che la morte del suo migliore amico era tutta una farsa, che Aine era ancora lì con lui e lui non lo sapeva… se quel ragazzo si fosse svegliato, non avrebbe più avuto nemmeno il coraggio di trovarsi nella sua stessa stanza, e se invece non l’avesse fatto, sarebbe stato come averlo ritrovato solo per perderlo di nuovo.
Perché??
Non riusciva a smettere di pensare che Ai fosse stato un grandissimo bastardo in tutti quegli anni a non dirgli niente. Accidenti, era stato bravo a fare la parte del fratellino disperato… e lui che l’aveva pure consolato!!
Tirò un pugno al tavolinetto vicino al divano per la rabbia, mentre una nuvola di fumo gli usciva dalle labbra.
Ce l’aveva con Ai che non gliel’aveva detto, ce l’aveva con Shining per non aver aiutato Aine quando poteva farlo e… ce l’aveva anche con Aine, per non essere stato abbastanza forte da rialzarsi.
“Dovevi proprio farlo, vero Aine? Non potevi parlarne con qualcuno, non potevi farti aiutare, no?!!” pensò irritato, mentre la stanza attorno a lui sembrava iniziare a tremare.
Era più facile arrabbiarsi con l’amico ed accusarlo di non aver chiesto abbastanza aiuto, piuttosto che pensare a quello che avrebbe potuto fare per lui quando ancora era in tempo… era sempre con lui che il ragazzo dagli occhi turchini e l’espressione seria crollava ogni volta, era a lui che diceva con voce angosciata che non sopportava più tutto quello, che odiava il mondo dello spettacolo, che le grida delle fan lo spaventavano, che cantare lo soffocava… e lui che cosa aveva fatto? Gli aveva detto di farci l’abitudine che tanto sarebbe passato.
E quel giorno gli aveva urlato di smetterla di piagnucolare come una bambinetta, era andato a quella dannata audizione senza di lui e aveva spento il cellulare.
Ricordava l’irritazione quando, nel riaccenderlo, aveva trovato messaggi su messaggi, avvisi di chiamate e mille registrazioni sulla segreteria… Perché Aine doveva comportarsi così? Aveva voluto fare l’idol, e ora che ci era riuscito di che si lamentava?
Era stato tentato di non aprire nemmeno un messaggio o sentire quello che c’era nella segreteria telefonica, ma alla fine l’aveva fatto: Aine era pur sempre il suo migliore amico, l’aveva aiutato quando lui aveva avuto bisogno di lui, si era cacciato in ogni genere di guaio per lui… così aveva ascoltato uno ad uno i messaggi lasciati in segreteria, gli occhi sempre più spalancati dalla sorpresa.
L’ultimo gli aveva fatto precipitare il cuore fin sotto i piedi, mentre il suo corpo sembrava essere stato immerso nell’azoto liquido mentre sentiva la voce di Aine che non tremava più, ma sembrava solo un involucro di disperata determinazione avvolto attorno al nulla.
“Reiji-san… avevi ragione. Piagnucolare non serve a niente. Mi dispiace averti disturbato per tutto questo tempo, farò in modo di non essere più un peso per te o per nessun altro. Grazie per avermi sopportato fino ad ora, io… ti a… no, niente. Addio, Reiji” si sentiva del vento in sottofondo, e il rumore di quelle che sembravano onde.
Ma Aine non avrebbe mai fatto una cosa simile, no? Era il più fragile fra i quattro del gruppo di amici, ok, ma… non sarebbe mai arrivato a…
Non aveva ancora finito di formulare il pensiero che già stava correndo fuori dallo studio, chiamando un taxi freneticamente.
 
Il rumore della porta che veniva aperta riportò Reiji al presente, la sigaretta ormai ridotta ad un mezzo cumulo di cenere. Sospirò e la spense definitivamente.
Non aveva bisogno di voltarsi verso l’ingresso per sapere chi era:  solo una persona aveva la chiave del suo appartamento, ma quella era l’unica persona che non voleva vedere.
«Kotobuki, che cos’è successo? Ai sembra un fantasma e Kurusu è peggio del suo bodyguard, tu non torni nemmeno a casa… stai bene?» il tono seccato di Ranmaru nascondeva affetto e preoccupazione, che solo Reiji era in grado di cogliere, e questo fece sentire anche più in colpa il più grande fra i due.
Alzò gli occhi sul ragazzo, esitante, ma fermò lo sguardo all’altezza delle labbra del compagno, sapendo di non poter sopportare di incontrare il suo sguardo.
«Ran-ran» sussurrò, tremante «mi dispiace» disse infine.
«Di cosa?!» chiese confuso l’altro, avanzando verso di lui.
Una sola cosa univa Ai e Reiji, o meglio, una sola persona, ma il rockettaro proprio non riusciva a capire cosa poteva essere successo. Aine era morto, no? Non poteva essergli accaduto altro…
Reiji a quel punto lo abbracciò, piangendo disperato:
«Ran-ran, mi dispiace! P-per tutto questo tempo è come se ti avessi usato solo perché volevo dimenticarmi di Aine, e non è giusto!!! Non è giusto che dopo tutti questi anni lui ricompaia così e mi incasini la testa, io… io… io non voglio!!!!»
Ranmaru si irrigidì, sempre più sconcertato: di che diamine stava parlando Reiji?!
«Reiji, calmati…» lottò un po’ per riuscire a mettere le mani sulle spalle del compagno e allontanarlo per costringerlo ad incontrare il suo sguardo «di che cosa stai parlando?»
Reiji scosse la testa, chiudendo gli occhi:
«Aine è ancora vivo. In coma, in pessime condizioni, ma… è ancora vivo e io… io non dovrei sentirmi così adesso! Dovrei essere indifferente… al massimo contento come lo sarebbe un amico… io dovrei amare solo te, no??»
Ranmaru sembrò prendere la notizia relativamente bene, si limitò ad alzare gli occhi al cielo e sospirare:
«Reiji, so benissimo che Aine è sempre stato un chiodo fisso nella tua mente» disse con calma, sfiorando una guancia umida del maggiore e riuscendo a regalargli un mezzo sorriso «non ti ho mai chiesto di dimenticarti di lui»
«Ma non è giusto» ripeté Reiji, sentendosi ancora più in colpa di fronte alla comprensione di Ranmaru.
Forse avrebbe preferito che lo odiasse.
Sì, era quello che si meritava: che Aine fosse morto, o che non si ricordasse di lui, e che Ranmaru lo detestasse con tutto se stesso.
Si meritava di restare solo.
Ranmaru non disse una parola, lo strinse a sé e rimasero così per qualche minuto, prima che il più giovane – ignorando la fitta al petto che gli davano quelle parole – dicesse con tono rassicurante:
«Rei… so che non lo hai mai veramente dimenticato. Se Aine dovesse svegliarsi, e tu vorrai stare con lui… non pensare a me, nemmeno per un momento. Starò bene… insomma, non è che io sia poi così tanto innamorato di te» dirlo fu doloroso, ma Ranmaru sapeva che era necessario. Amava Reiji abbastanza da essere pronto a rinunciare a lui, se fosse arrivato il momento.
L’ultima parte del suo discorso fece scappare una risatina stanca e nervosa a Reiji, che si strinse più forte a lui.
Non si meritava qualcuno come Ranmaru, e Ranmaru si meritava qualcuno molto migliore di lui… eppure in quel momento erano lì, stretti l’uno all’altro nonostante tutto.
… Forse era arrivato il momento di dire veramente addio ad Aine …
 
«Spero solo che Kotobuki-senpai stia bene» mormorò Otoya quasi sovrappensiero, guardando preoccupato fuori dalla finestra mentre un violento temporale iniziava a rovesciarsi fuori dall’edificio.
Tokiya alzò gli occhi dal suo libro, lanciando uno sguardo carico di affetto al compagno appollaiato sul davanzale con uno dei suoi soliti manga sulle ginocchia, e gli sorrise gentilmente prima di rispondergli con voce dolce e rassicurante:
«Sono sicuro che lui e Kurosaki-senpai se la caveranno»
Erano nella sala comune, dove erano concentrati diversi divani, un caminetto, una console per i videogiochi e quant’altro sarebbe potuto servire agli idols per rilassarsi.
«Oh eccome» sogghignò Ren scagliando una freccetta verso il bersaglio, facendo centro come suo solito, Masato sospirò e continuò a leggere:
«Sei sempre il solito, Jinguji» commentò con voce seria, ma più per abitudine che per altro.
Il maggiore si imbronciò e si mise a sedere per terra accanto all’amico di infanzia, che gli diede una breve occhiata per poi tornare al suo libro, ignorando il fatto che l’altro gli avesse poggiato il capo sulla spalla, facendogli il solletico con le lunghe ciglia che gli sfioravano la gola.
Natsuki, seduto davanti alla console con Cecil, tentava di far vincere Piyo-chan ad una gara di velocità contro un’altra mascotte,  di tanto in tanto voltava lo sguardo verso Syo ed Ai, seduti un po’ in disparte, che schiena contro schiena erano apparentemente impegnati a scrivere dei testi su delle nuove canzoni, ma a nessuno erano sfuggite le loro mani che non reggevano la penna che di tanto in tanto scivolavano una verso l’altra.
I due avevano raccontato a tutti gli Starish e a Camus che cosa era successo nonappena Ranmaru era uscito di corsa per andare da Reiji, e sebbene tutti fossero rimasti scioccati dalla notizia su Aine, nessuno aveva fatto alcun genere di commenti sul fatto che nessuno dei due sembrava più essere sul piede di guerra verso l’altro.
Solo Ren aveva avuto il coraggio di fare l’occhiolino a Syo, ricevendo un’occhiataccia in cambio, ma nessun altro genere di protesta.
Le cose fra loro sembravano finalmente aver iniziato a prendere la piega giusta, sebbene a tutti dispiacesse vedere che il prezzo per quella loro tregua stava venendo pagato interamente da Ai, ancora più taciturno del solito.
«Oh, Syo-chan» intervenne Natsuki, distrattamente «dato che Kurosaki-senpai non passerà qui la notte, ho chiesto a Ren e Masa se posso passare la notte in camera loro»
Syo alzò gli occhi, confuso:
«Come mai?» chiese, inclinando la testa, e anche Ai fece capolino da dietro la sua spalla per osservare il suo kohai.
Natsuki sorrise e fece spallucce:
«Io e Masa abbiamo una cosa di cui parlare, e Ren… beh è camera sua, non potevo sfrattarlo» ridacchiò quasi nervosamente, e Syo parve anche più scettico mentre si voltava verso Masato, in quel momento leggermente impegnato con un certo rubacuori che finalmente aveva distolto la sua attenzione dal libro.
Sospirò, rinunciando a capire cosa aveva in mente Natsuki:
«Va bene, come vuoi… se devi rientrare però non fare casino come al solito» disse infine, e Ai annuì, d’accordo con il maggiore.
Tokiya parve ricordarsi in quel momento di una cosa:
«Oh, giusto, domani pomeriggio dovrebbero venire a sistemare la vostra doccia» disse, guardando i due che annuirono nuovamente, ringraziandolo.
La scusa ufficiale per quell’incidente era stata che Syo aveva lasciato il pavimento bagnato, e Ai era scivolato atterrando pesantemente sul vetro, ferendosi le mani. Gli altri non erano sembrati poi così convinti, ma li avevano lasciati in pace.
C’era un tempo per stuzzicarsi l’un l’altro e uno per stare tutti insieme in silenzio, godendosi semplicemente la presenza dei propri compagni e la sensazione che chiunque, in quella stanza, poteva contare su tutti gli altri, sapendo che ognuno avrebbe fatto del suo meglio per dargli ciò di cui aveva bisogno.
 
Ai fu il primo a rifugiarsi in camera, seguito poco dopo da Syo che ancora non si fidava a lasciarlo solo, l’incidente con il vetro della doccia era ancora troppo recente.
Il minore però non parve troppo entusiasta di essere seguito:
«Non devi farmi da babysitter, adesso» disse freddamente, cogliendo alla sprovvista il biondo a cui dava le spalle «se lo stai facendo solo perché ti faccio pena, o hai paura che io possa fare una sciocchezza…» aveva mantenuto un tono neutro, ma in realtà era un pensiero che lo torturava dal viaggio di ritorno in auto, quando la sua mente era riuscita a pensare in maniera minimamente lucida.
Syo non aprì bocca, spingendo Ai a voltarsi per vedere se se n’era andato, ma quando lo fece il maggiore gli posò le mani sulle spalle e alzò lo sguardo verso di lui:
«Non dire idiozie, Mikaze» disse, seriamente «sono il primo che odia essere trattato diversamente solo per compassione, ricordi?»
Il minore non disse nulla, ma un leggero rossore si diffuse sulle sue guance pallide e lisce, sorprendendo Syo:
«Scusami» sussurrò, a malapena udibile. Poi parve prendere coraggio, e incrociò di nuovo il suo sguardo:
«Senti, non iniziare a farti strane idee adesso» gli rivolse un sorriso tirato, segno che il suo morale era ancora a terra ma almeno ci stava provando «ma potrei… insomma… ti dispiacerebbe… ecco…» le sue guance si tinsero ulteriormente di rosso «potreidormirecontestanotte?» chiese alla fine, avvampando furiosamente, stringendo i pugni e chinando il capo.
Syo fu colpito duramente dal senso di tenerezza che lo colpì di fronte a quella visione, e prima ancora che potesse realizzarlo, le sue labbra pronunciarono la risposta da sole:
«Va bene… ma cerca di non allargarti troppo»
Il minore lo guardò con un piccolissimo sorriso di gratitudine, prima di recuperare il pigiama e dirigersi verso il bagno, da cui qualcuno aveva fatto sparire tutto il vetro mentre loro erano fuori.
Syo si sedette sul suo letto mentre aspettava, e si accorse con una certa sorpresa che l’idea di dividere il letto con Ai, avendo la possibilità di sentirlo abbandonarsi fra le sue braccia di nuovo, non gli dispiaceva proprio per niente.
Sospirò.
«Tu guarda che effetti mi fai, ragazzino» bofonchiò, posando il mento sulle mani.
Ripensò alla scena che si era trovato davanti quando Ai aveva appena ricevuto la chiamata, al modo in cui gli era sembrato essere in frantumi come il vetro sotto di lui, al suo sguardo smarrito mentre gli chiedeva di restare, alla sua esitazione davanti alla porta del fratello…
Era un Ai che non aveva mai visto prima, indifeso e vulnerabile, che in tutto quel tempo era rimasto ben nascosto, soffrendo in silenzio e costruendosi una corazza; in quel momento decise che non avrebbe mai più lasciato che gli succedesse qualcosa, a qualsiasi costo.
Quando il minore uscì dal bagno, con i capelli sciolti e il pigiama leggermente troppo lungo per lui che gli copriva mani e piedi che gli dava un’aria ancora più giovane del solito, Syo si alzò e, a tradimento, premette le labbra contro le sue, scappando in bagno prima che l’altro avesse il tempo di reagire.
Ai non potè trattenere una risatina a quel gesto, poi si infilò nel letto del maggiore e si raggomitolò in un angolino, in attesa.
Si era quasi addormentato quando un corpo caldo si premette vicino al suo, e lui si rannicchiò contro quel calore, nascondendo di nuovo il viso nel petto del biondo, che lo circondò ancora una volta con le braccia e gli sfiorò la testa con le labbra.
Ai sorrise ad occhi chiusi.
«Buonanotte, Ai-senp…» Syo si interruppe e rimase pensieroso per un momento «… Ai-kun»
«Buonanotte, Syo-kun. Ti…» Syo potè giurare di aver sentito il ragazzo sussultare per un secondo «no, niente» bisbigliò Ai più a se stesso che altro «… forse… non ti odio… più» disse, con la voce soffocata dal pigiama del più grande, che sorrise e lo strinse più forte.
Ai aveva ragione: era ancora presto per dire altre due parole in particolare, quindi…
«Nemmeno io ti odio così tanto, Ai-kun. Dormi bene» bisbigilò, raggomitolandosi a sua volta in modo da stare il più vicino ad Ai, e lentamente si addormentarono.

 
*************************
Nota dell'autrice: approfittando di una giornata con meno febbre *coff* l'ho altamente ignorata quindi come se non ci fosse stata *coff*, mi sono dedicata al ventunesimo capitolo!!! :D
Come sempre, qualsiasi commento è il benvenuto, quindi fatemi sapere cosa ne pensate!! ^^
Non ho resistito al richiamo del ReiRan... scusate eheheh forse la reazione di Ranmaru è un po' OOC o assurda, ma... mi piaceva l'idea che lui sia pronto a farsi da parte, in silenzio, per lasciar vivere Reiji quello che vuole... spero che non sia stata un'idea tanto pessima >///< 
... E non ho resistitonemmeno a questa scena fra Syo ed Ai, che sono tipo 21 capitoli che aspetto di mettere xD finalmente mi si è presentata l'occasione!! 

Un grazie di cuore alle mie recensitrici (ho seri problemi con questa parola impronunciabile O.o) fedeli, che mi ispirano e mi fanno venire voglia di scrivere sempre di più!! :D ci vediamo al prossimo capitolo!!! ^^
Grazie per essere arrivati fin qui!!
A presto!

Baci,
Starishadow

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Capitolo 22
*** I am so not giving up! ***


Capitolo 22. I am so not giving up!

 
La mattina dopo, Ranmaru aprì gli occhi e allungò un braccio verso la parte del letto dove di solito era Reiji, scattando a sedere, fin troppo lucido, quando la sentì vuota.
Dopo un breve sospiro, scese dal letto e corse di sotto, dove trovò Reiji impegnato a fumare nella terrazza, lo sguardo perso davanti a sé, e la colazione ancora fumante sul tavolo della cucina.
Con un certo disappunto nel dover ritardare il suo incontro con il suo cibo preferito, uscì anche lui e raggiunse l’altro idol.
«Ne hai un’altra?» gli chiese, appoggiandosi anche lui al parapetto, osservando Reiji.
«Non dovresti fumare» replicò distrattamente quello, continuando a guardare lontano e facendo un altro tiro, Ranmaru alzò le sopracciglia, a metà fra lo scettico e il seccato.
«Ipocrita» borbottò, scoccandogli un’occhiataccia.
«Io sono più vecchio» quando Reiji era laconico, non portava mai a nulla di buono.
Ranmaru alzò gli occhi al cielo e sfilò la sigaretta dalle dita del ragazzo, facendo un tiro e osservandolo negli occhi quando finalmente quello distolse lo sguardo dal nulla e lo fissò su di lui.
«Smettila» disse freddamente, per poi trovarsi una nuvola di fumo soffiata in faccia.  A quello si voltò stizzito e rientrò dentro, lasciandosi alle spalle un Ranmaru decisamente insoddisfatto. Aveva sperato che Reiji si fosse calmato dopo aver dormito, ma… probabilmente il più grande non aveva mai chiuso occhio.
Rientrò a sua volta, finalmente in grado di raggiungere la cucina e la colazione, e mentre si abbuffava ricevette finalmente il primo sorriso di Reiji:
«Almeno qualcuno qui ha fame» constatò, anche se il tono leggero che usava di solito non stava funzionando.
«Hai mangiato?» si informò il ragazzo dai capelli argentati, mentre lo scrutava da capo a piedi, tentando di individuare segni di stanchezza o fame o altro su di lui, anche se sapeva che Reiji era diventato fin troppo bravo a nascondersi dietro un altro se stesso.
E fu per questo che, quando il maggiore annuì energicamente, gli ficcò in bocca una parte di colazione.
 
«Ehm…. Dove stiamo andando, di preciso?» chiese Ranmaru, stringendo preoccupato il bracciolo del suo sedile mentre Reiji sfrecciava fra il traffico di Tokyo.
«Al Master Course, ovviamente»
«Non è esattamente questa la strada» notò sempre più allarmato.
«Lo so, facciamo una piccolissima deviazione….» spiegò con leggerezza inquietante Reiji mentre sorpassava senza preavviso un’auto che suonò il clacson.
Ranmaru non sapeva più se iniziare a pregare o urlare a Reiji di darsi una calmata. Optò per lo stare in silenzio ma intanto valutò quanta era la distanza fra lui e il volante, in caso si fosse presentata la necessità di gettarsi sopra di esso e sterzare.
Poco tempo dopo, raggiunsero quella che sembrava una clinica privata, e Ranmaru si accigliò:
«Cosa sarebbe questo posto?»
Reiji rimase fermo ad osservare l’edificio, mentre probabilmente dentro di sé c’era un dialogo in corso… dopo lunghi minuti, girò la macchina e tornò a immettersi nella via trafficata.
Ranmaru stavolta non fece domande, si limitò a sospirare e stringere la sua presa sul sedile.
 
La porta del Master Course si aprì bruscamente, facendo fare un balzo ad Otoya e Ren che passavano di lì.
Il rosso si aprì in un sorriso sollevato:
«Kotobuki-senpai! Sei tornato!» esclamò, mentre Ren osservava l’idol più grande con aria indecifrabile.
«Dov’è Ai?» chiese quello senza nemmeno curarsi di Otoya, che parve sorpreso e anche un po’ ferito da ciò.
Ren incrociò le braccia, iniziando a fiutare qualcosa di strano nell’aria:
«Perché ti interessa?»
«Non posso più nemmeno parlare con uno dei miei compagni di band, Jinguji?» chiese freddamente Reiji, imitando il suo atteggiamento di sfida mentre Ranmaru entrava a sua volta, leggermente affannato come se gli fosse corso dietro.
«Reiji» chiamò, riprendendo fiato «lascialo stare»
Capendo che di questo passo non avrebbe ottenuto nulla, Reiji alzò la voce:
«AI-AI DOVE SEI?!»
Aveva usato il suo solito soprannome per il ragazzino, ma tutto, dal suo tono alla sua espressione, dava i brividi, tanto che Otoya fece istintivamente un passo verso Ren, alla ricerca di un po’ di sicurezza accanto al maggiore.
«K-Kotobuki-s-senpai?» balbettò una volta in salvo dietro all’amico che ora sembrava seriamente deciso a fermare Reiji qualsiasi cosa facesse.
Ranmaru si avvicinò a sua volta a Reiji, tentando di posargli una mano sulla spalla, ma quello lo allontanò bruscamente e fissò un punto in cima alle scale, da dove erano emerse le teste di Ai, Camus e Natsuki.
«Io e te dobbiamo parlare, ragazzino» dichiarò il più grande fra i presenti, scoccando uno sguardo ammonitore ad Ai, e immediatamente anche gli occhi di quello si fecero più freddi, mentre si dirigeva verso le scale.
La tensione nella stanza iniziava a crescere, quasi fino a diventare solida.
Camus seguì Ai, mantenendo un’espressione neutra, e intanto anche Masato, Tokiya e Haruka comparvero da tre porte diverse.
Quando Ai raggiunse Reiji, tutti i presenti si irrigidirono, notando l’atteggiamento ostile di entrambi.
Reiji sembrava furioso, Ai indecifrabile, e tutti sapevano che qualcosa stava per succedere fra quei due, qualcosa che non erano sicuri di riuscire a gestire…
«Reiji…» iniziò Ranmaru, venendo zittito da un gesto imperioso, poi il maggiore iniziò a parlare:
«Quando avevi intenzione di dirmelo, Ai?»
Il ragazzino lo osservò indifferente, e con voce piatta rispose:
«Mai»
Il viso di Reiji si contrasse in una smorfia per un secondo:
«E perché?»
«A cosa ti sarebbe servito?» chiese quello, con calma «A restare per sempre attaccato a lui? Ad essere incapace di andare avanti fino al suo risveglio? E se non si svegliasse? Butteresti la tua vita per niente?» la voce di Ai era calma e distaccata, ma ad un orecchio attento non sfuggiva il leggero fremito in essa.
Un’altra porta si aprì al piano di sopra, e dei passi rapidi e allarmati per le scale segnalarono l’arrivo di un altre persone, ma né Reiji né Ai se ne curarono.
«Mi hai fatto credere che fosse morto!»
«E non è stato meglio così?»
La mano di Reiji si strinse a pugno, i muscoli irrigiditi:
«Hai visto come stavo, Ai… mi hai visto! Potevi dirmelo!!»
«Non ti avrebbe aiutato»
Reiji iniziava a non poterne più di tenere la calma, e quando pronunciò le parole successive, la sua voce era più alta di prima:
«E tu che ne sai!»
Il minore soffocò una risata amara, osservandolo come se fosse un bambino a cui era particolarmente difficile spiegare qualcosa:
«Che ne so io? Prova ad indovinare, razza di imbecille» chiese, con una rabbia mal celata.
«E se si sveglia come la mettiamo, eh? Qual’era il piano tuo e di quell’altro pazzo di tuo zio se Aine si fosse svegliato senza che io lo sapessi?? Che gli avreste detto? O sareste venuti da me urlando al miracolo??»
Ai fece spallucce:
«Forse non te l’avremmo detto, potrebbe essersi scordato di te… o di tutti»
Reiji non fiatò, ma a quel punto scattò contro il ragazzino.
«Hey!» esclamò Ren avanzando, tentando di bloccare Reiji, ma quello riuscì ad evitarlo rapidamente e mollare il pugno.
Che però non raggiunse Ai, il suo braccio fu bloccato da Syo, che lo fissava con qualcosa che poteva essere definito odio bruciante negli occhi.
«Non azzardarti a toccarlo» ringhiò, spingendo via il braccio del ragazzo e dando così la possibilità a Ren e Ranmaru di tirarlo via «sei un cretino e un egoista. Pensi di star male solo tu?»
Nel frattempo anche gli altri Starish si erano avvicinati, irrequieti, e Haruka stava frignando in sottofondo, tenendosi ben lontana dal centro degli eventi, naturalmente.
«Syo» lo chiamò a bassa voce Ai, con uno sguardo che non riusciva a nascondere una certa dose di gratitudine e affetto «non serve»
Il biondo si accigliò:
«Hai intenzione di lasciarti picchiare da lui?» chiese, sorpreso, Ai gli rivolse un mezzo sorriso arrogante:
«Anche se ha dieci anni più di me, finirebbe col prenderle, fidati»
Reiji finse di non sentire, mentre lentamente sembrava prendere coscienza delle proprie azioni, e più questo succedeva più sentiva l’impulso di scavarsi una buca da qualche parte e sparirvi dentro.
Come aveva potuto perdere il controllo a quel modo, arrivando addirittura a pensare di colpire Ai?!
«Reiji» la voce del ragazzo in questione lo costrinse ad incontrare il suo sguardo serio e triste «mi dispiace che tu l’abbia scoperto così… non volevamo dirti nulla proprio per evitare tutto questo… a te e a tutti gli altri. Vivere ogni giorno pensando a lui, chiedendoti se magari prima o poi si sveglierà… non sapere cosa può e non può succedere… sono cinque anni che ci convivo, e…» il minore distolse lo sguardo «non volevo far passare tutto questo anche a te… mio fratello mi avrebbe odiato se ti avessi fatto stare così…»
Tutta la rabbia scomparve da Reiji, che parve incassare un colpo mentre chinava il capo. Ranmaru lo lasciò andare a quel punto, ma Ren - come il resto degli Starish - ancora non si fidava, così mantenne ancora un po’ la presa su di lui.
«Mi dispiace, Ai-ai, io… non so cosa mi sia preso… è solo che… dopo 5 anni scopro che Aine… è come… come se…»
«Come se fosse ricominciato tutto daccapo» concluse per lui Ai, comprensivo.
Non gli era risultato difficile calarsi nei panni di Reiji per capire come doveva essersi sentito… di sicuro era stato più facile per lui piuttosto che per il più grande, che ancora stava venendo trafitto dallo sguardo omicida di Syo. Il ragazzo dai capelli ciano sorrise fra sé e sé, poi abbracciò da dietro il biondo, che sussultò dalla sorpresa, ma poi portò le mani alle sue braccia e le strinse.
«Calmati» sussurrò il minore dei due, senza che gli altri lo sentissero, e intanto Ren aveva lasciato Reiji, anche se lui e Masato continuavano a fissarlo male, e Tokiya sembrava pronto ad intervenire al minimo gesto sospetto.
Syo sbuffò:
«Sono calmo» bofonchiò, abbassando lo sguardo.
Ai soffocò una risatina:
«Oh sì, lo vedo…»
A quel punto una sonora risata familiare riecheggiò nella stanza, e Haruka strillò dalla sorpresa, Camus si avvicinò tentando di sembrare casuale alla prima parete che trovò e vi si poggiò contro, appoggiando per bene la parte posteriore ad essa, e tutti gli altri sospirarono.
«Grande» grugnì Ranmaru «avevo già mal di testa» borbottò.
«Beeene beeeene beeene… my princeeeees!» esclamò Shining, con un’apparizione relativamente normale quando si lanciò dal lampadario e atterrò a terra accanto ad Otoya, che sussultò bruscamente, a disagio nello stare così vicino al suo bizzarro presidente «Vedo che ci sono state delle… tensioni… fra di voooi»
«Tensioni? Non mi pare, quali tensioni?» chiese ironicamente Ren, appoggiandosi ad una credenza, Tokiya nascose un sorrisino, Ai intanto aveva lasciato andare Syo come se fosse infuocato e fingeva di non vederlo nemmeno.
No love rule.
Non l’aveva dimenticata.
«Abbiamo risolto tutto, signor presidente, non si preoccupi!» intervenne Reiji più allegro e spensierato che mai, conquistando uno sguardo sbalordito anche da Syo, che fu rapido a riprendersi.
«Veeery well, my boys… quindi sarete prooonti per l’intervista di stasera!!»
Tutti rimasero immobili.
«Inter…» cominciò Tokiya.
«…vista?» concluse Natsuki, sconcertato. Shining scoppiò a ridere:
«For sure!! È un’intervista doppia, o tripla, fra senpai e kohai… le fan saranno deliziate di saperne di più su tuuutti voi… Quindi, preparatevi, su, su!»
«Ehm… Shining-san, è mattina» fece notare Cecil, incerto, da vicino a Camus. Nessuno era certo di dove fosse stato fino ad allora.
«Iniziar presto non fa mai male… a bientot!» esclamò, svanendo in una nube di fumo che minacciò di soffocarli tutti.
«Intervista kohai-senpai… perché adesso?» si chiese Tokiya appena riuscì a riprendere fiato.
 Syo ed Ai si lanciarono uno sguardo allarmato: che Shining fosse al corrente della verità?
Eppure… non erano l’unica coppia, ed erano stati bravi a nasconderlo, e…
«Ehm… ha fatto cadere questo» notò Otoya, raccogliendo un biglietto caduto a terra, per poi impallidire.
«Che cos’è?» chiese Tokiya raggiungendolo di fretta, seguito da tutti gli altri.
Scritto con una grafia stravagante ed estesa, su quel foglietto torreggiava l’incubo di quasi tutti i presenti.
 
NO LOVE RULE
-Vale per tutti-
 
Otoya trattenne il fiato mentre la sua mano cercava istintivamente quella di Tokiya, trovandola immediatamente, e la strinse, mentre il più grande si mordeva le labbra.
Ren scagliò un pugno alla parete, imprecando, e Masato tentò di calmarlo, anche se lui stesso sembrava sull’orlo di colpire qualcosa.
Reiji si strinse fra le braccia, lanciando uno sguardo a Ranmaru, che aveva gli occhi fissi a terra.
Syo urlò di rabbia, maledicendo il loro presidente, Ai invece indossava un’espressione di perfetta apatia.
«Io non ho intenzione di rispettarla» dichiarò freddamente, ottenendo l’attenzione di tutti gli altri, soprattutto di Syo «non ho intenzione di rispettare una regola così ridicola. L’hanno infranta praticamente tutti fino ad ora… non sarò io a rinunciare. Piuttosto…» si interruppe, la sua determinazione vacillò per un secondo sapendo cosa stava per dire «… piuttosto rinuncio a fare l’idol»
Syo alzò lo sguardo su di lui, sbalordito, mentre il suo cuore iniziava a battere freneticamente e un nodo di commozione gli si serrava in gola.
«A-Ai» riuscì a dire, prima di abbracciarlo con tutte le sue forze e baciarlo, sostituendo con un bacio le parole che gli erano rimaste bloccate in gola. Ai ricambiò la stretta, anche se fu più delicato di lui, e rispose al bacio, dando il via così ad una conversazione silenziosa che solo le loro labbra conoscevano.
«Anche io sono d’accordo con Ai-senpai» dichiarò Otoya, stringendo i pugni, Tokiya gli sorrise intenerito e annuì, tirandolo a sé.
«Oh, sicuro che sono d’accordo anche io!» esclamò Ren, prima di finire contro la parete con Masato schiacciato addosso e le sue labbra che cercavano le sue.
Reiji si scambiò uno sguardo con Ranmaru, ed entrambi annuirono, sorridenti.
Qualcuno, fuori dall’edificio, in una stanza piena di schermi che proiettavano la stessa scena, tese le labbra in un sorriso sardonico, mentre un lampo attraversava i suoi occhiali scuri.
«Veeeery well…»
 
********************************************
Nota dell'autrice: e rieccomi qui!! Mi scuso per avervi fatto aspettare :S ma per una serie di motivi, i miei mi hanno sequestrato il computer e quindi non ho avuto modo di scrivere... ho approfittato adesso visto che sono andati a lavoro xD
Mmm.... ok qui finalmente c'è il confronto ReijixAi... e spero che sia stato all'altezza delle aspettative... ^////^ mi auguro che vi sia piaciuto xD e penso - spero - di riuscire a fare altri aggiornamenti abbastanza in fretta ahahah la mattina dopo tutto posso usare tranquillamente il PC ;D

Come sempre, fatemi sapere quello che pensate della storia, se avete anche qualche idea o qualche consiglio, sono pronta ad accoglierli!!! :D
Grazie mille a chi legge, chi ha messo la storia fra le seguite o le preferite o le ricordate, e grazie mille a chi legge!!! Sono infinitamente grata a tutti!!!
Al prossimo capitolo!!!! :D

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Capitolo 23
*** Masks are hard to keep ***


Capitolo 23. Masks are hard to keep
 
«Ok, allora, ripassiamo… Masa, se ti chiedono cosa trovi di affascinante in Ren, cosa devi rispondere?» chiese Reiji con fare cospiratorio.
«La sua assenza quando siamo in stanze separate» replicò tranquillamente il ragazzo interpellato, mentre Ren gli scoccava un’occhiataccia.
«Otoya, il vizio più insopportabile di Tokiya?»
Il rosso ci dovette pensare un attimo, mentre dentro di sé urlava “ma non ha difetti!!” e Syo “tossiva” risposte in stile “pervertito”:
«Ehm… è… un ma-maniaco dell’ordine e sta in fi-fissa con la dieta…» balbettò infine chiudendo gli occhi e poi afferrando il braccio di Tokiya «scusa Toki!!»
Il più grande ridacchiò e gli baciò una guancia:
«Finche sono questi i difetti più grand… che avete da ridere voi?!» si interruppe nel notare Ren e Cecil che sghignazzavano.
«Ai-ai cosa pensi di Syo?» chiese allora Reiji a bruciapelo.
«Che sia perfetto…»
Tutti si zittirono e fissarono il minore dei presenti, a braccia conserte e con aria di rimprovero.
Syo era diventato viola e non sapeva se abbracciare il ragazzo o fissarlo male come gli altri.
Questo prima che quello andasse avanti:
«… per essere usato come bersaglio a tiro con l’arco. Forse è un po’ troppo basso» aggiunse con voce incolore, strappando una risata a Reiji e Otoya, Syo incrociò le braccia sul petto e lo guardò irritato:
«Bastava fermarti ad “arco”, sai?» chiese stizzito, Ai sorrise con aria provocatoria:
«Oh andiamo, a me non dispiace se sei basso…» gli stuzzicò un orecchio «… per niente a dire il vero…»
Un sonorissimo facepalm attirò la sua attenzione e quella degli altri, e Tokiya, coperto dalla mano che si era schiaffato in viso, bofonchiò:
«Non ti starai riferendo alla regola della…»
«Fra 5 secondi siamo in onda, pronti??» un tecnico salvò l’idol dalle molte facce dal dover dire qualcosa di imbarazzante, anche se Ai sembrava pienamente soddisfatto della sfumatura violetta che aveva preso Syo.
«Ti odio» grugnì il ragazzo in questione mentre fuori le fan iniziavano ad urlare e applaudire mentre li presentavano.
«Io no» dichiarò tranquillamente il più giovane, baciandogli rapidamente le labbra prima di seguire i Quartet Night sul palco.
Per fortuna dietro le quinte c’erano solo loro.
«Beh, pronti allora» sorrise Otoya, facendo l’occhiolino ai suoi compagni, gli altri annuirono sorridenti, poi si avviarono sul palco, accolti come al solito dalle urla delle fan.
«TOKIYA-SAMA VOGLIO BALLARE INDIPENDENCE CON TE!!» strillò una dalla voce particolarmente potente.
Tokiya si fermò e si voltò verso il pubblico, individuando la ragazza che aveva urlato. Le regalò il suo miglior sorriso a metà fra il sexy e il gentile e rispose:
«Beh, niente è impossibile…»
La folla andò in delirio, mentre tutti gli altri Starish ridevano divertiti.
Anche se forse uno di loro non era poi così entusiasta all’idea… Otoya si affrettò a togliersi certi pensieri dalla mente - anche perché pensare ad Indipendence in quel momento era probabilmente la cosa peggiore che potesse fare - e si sedette al suo posto, fra Reiji e Tokiya.
L’intervista iniziò e sembrò essere relativamente normale, gli idols iniziavano quasi a sentirsi a loro agio quando…
«Ok, che ne dite ora di fare una cosa un po’ simile ad obbligo o verità, ma senza gli obblighi?» chiese l’intervistatrice con fare cospiratorio, come se si aspettasse che loro iniziassero a battere le mani ed esclamare “Sììì che bello!!”.
Tutto ciò che ottenne furono degli sguardi alquanto scettici.
«Non è un gioco che fanno le quattordicenni ad un pigiama party?» chiese Ren divertito.
Lei emise una risatina:
«E non ti senti una quattordicenne ad un pigiama party, Ren-sama?» chiese.
Masato si piegò in due dalle risate, che tentò di coprire con dei colpi di tosse, mentre le fan si sbellicavano senza troppi problemi.
Ren sospirò:
«Oh sì, non mi vedi? Sono praticamente identico ad una quattordicenne…»
La donna parve pensare un attimo, poi si rivolse a Masato, che sembrava aver ripreso controllo di sé:
«Com’era Jinguji-san a quattordici anni, Hijirikawa-san?» chiese, gli occhietti porcini e luccicanti, l’idol si trattenne a stento dall’alzare gli occhi al cielo:
«Uguale ad ora… ma più basso. E con la voce tre ottave più alta» rispose, mentre dentro di sé tentava disperatamente di non pensare al fatto che, la prima volta che aveva guardato Ren come in teoria un ragazzo non dovrebbe guardare un altro ragazzo, era stato esattamente quando lui aveva tredici anni e l’amico quattordici.
«Mmm, un bel bocconcino, quindi» ghignò la donna, facendo rabbrividire Ren per come lo fissava.
“Potresti essere mia madre!!” pensò inquieto.
«Allora, comunque… vediamo un po’… Otoya-kun!»
«Sì?» il rosso sussultò nella sua sedia, aveva quasi sperato che si fossero dimenticati di lui, a dire il vero.
«Oh, tesoro, rilassati… non ti mangio mica!»
“A giudicare dalla stazza non ci giurerei” pensò ironicamente Cecil scambiandosi un’occhiata con Tokiya che sembrava pensare lo stesso mentre posava il gomito su un ginocchio e appoggiava il mento su di esso.
Otoya si sforzò di sorridere alla donna, ma gli tremavano le mani… e se gli avesse fatto una domanda intima su Tokiya? Qualcosa che magari in teoria non doveva sapere ma che lui sapeva? E se…
«Chi trovi sia più attraente fra il tuo senpai ed Ichinose-san?» chiese quella, emozionata come una ragazzina che sta per svelare i segreti delle sue compagne di classe. Tokiya sospirò impercettibilmente, mentre Otoya sprofondava nel panico.
“Oh no, oh no!! Che faccio adesso?! Che dico??? Se dico Reiji-senpai, sembrerebbe strano, ma se dico Tokiya… aaaah accidenti! Aiutatemi!!!”
«Ehm… io… non… a dire il vero non avevo mai pensato a…»
«Dai, dividete la camera! Avrai visto entrambi a torso nudo!»
Un lampo di un Tokiya nudo e arruffato non aiutò affatto il povero Otoya, che ora stava decisamente sudando freddo…
Tokiya spostò lo sguardo su di lui, tentando di nascondere la preoccupazione, e anche Reiji sembrava cercare qualcosa da dire.
«Su, via tesorino, non è una domanda poi così difficile» ghignò la donna «il tuo compagno di band o Kotobuki-san?»
“Fatela smettere, è terrificante!!” pensò Otoya, serrando gli occhi.
«K-Kotobuki-senpai è… un po’ troppo gr-grande… direi» balbettò alla fine, con il cuore che martellava in petto.
Le fan strillarono di gioia davanti alla sua scelta, e anche un certo “viola” degli Starish dovette fare del suo meglio per nascondere una certa punta di soddisfazione.
«Oooh che cosa scopriamo qui… e tu, Ichinose-san? Fra il dolcissimo Otoya e il vostro incontenibile senpai?» chiese allora l’intervistatrice, cambiando vittima.
“Io ammazzo Shining, questo è certo” si disse, prima di sbuffare seccato:
«Sono una rottura di scatole tutti e due, se proprio dovessi scegliere una persona fra le presenti, probabilmente sarebbe Hijirikawa… almeno sta zitto»
Una parte delle fan esplose in un boato di gioia a quelle parole, altre erano imbronciate.
La donna si voltò trionfante verso Masato, che era quantomeno sconcertato:
«Bene bene, Hijirikawa-san fa conquiste!!»
“Sta bluffando, razza di idiota… è inutile restarci male” Otoya stava iperventilando, nonostante tentasse disperatamente di calmarsi “solo che lui è più bravo di te a farlo… ma se invece lo pensasse davvero??” strinse i denti e si costrinse a restare concentrato sull’intervista, ma non ebbe il coraggio di voltarsi verso Tokiya.
Se l’avesse fatto, avrebbe visto che gli occhi del più grande erano fissi su di lui, con un messaggio che tentava disperatamente di mandargli.
«E a proposito, Hijirikawa-san, tu? Compagno di band o senpai?»
«Ha intenzione di chiedere a tutti la stessa cosa? Perché allora doveva chiedere a me quale kohai preferisco!!» intervenne Reiji vivacemente, fingendosi offeso.
In realtà stava tentando disperatamente di distogliere l’attenzione dagli Starish, decisamente meno abituati di lui e i suoi compagni a quel genere di interviste.
«Ok, Kotobuki-san! Quale kohai preferiresti?»
«Otoyan, perché è più dolce e coccoloso! Tokiya finirebbe con il tirarmi addosso un libro in edizione cartonata!!» esclamò lui abbracciando il più piccolo fra i suoi kohai, che rimase a bocca aperta e gli occhi spalancati, fra le risate generali.
“Una piccola vendetta ti sta bene, Tokiya” si disse, mentre lo lasciava andare e sorrideva all’altro studente assegnatogli, che indossava una perfetta poker-face quando disse:
«Che sollievo… comunque ti tirerei un dizionario, non un libro»
Dopo altre risate, la donna ripetè la sua domanda a Masato, che intanto aveva pensato ad una risposta:
«Non vorrei mai fare un torto alle nostre fan, che sono quasi tutte cotte di Ren… quindi, sebbene finirei con lo spezzare il cuore di Ichinose-san, sceglierei Kurosaki-senpai» dichiarò, e per l’ilarità generale Tokiya si buttò in ginocchio singhiozzando:
«Ma cooome?! Io mi dichiaro così e tu… tu…»
Tutti scoppiarono a ridere, e Masato resse il gioco:
«Perdonami, Ichinose-san… ma… Kurosaki-senpai è troppo… ehm… ok, Ren, ora mi serve una di quelle tue frasi assurde…»
E fra le risate più sguaiate, l’intervista proseguì con Ren che sceglieva tutte le sue fan invece di uno dei due, e si beccava i peggio insulti dai compagni di band, Ranmaru che dichiarava che piuttosto si metteva con un gatto, Cecil che dichiarava eterno amore a Camus, promettendogli fra l’altro di vivere per sempre separati da almeno un continente, e Camus che optava per il fingere di essere d’un tratto sordo e muto, e alla fine dichiarava che avrebbe preferito frequentare se stesso.
Sebbene la scena fosse esilarante, in fondo, Ai non riusciva a stare tranquillo.
C’erano troppe cose che gli occupavano la mente: la prima, era cosa avrebbe risposto Syo e cosa avrebbe dovuto rispondere lui, la seconda era… lui era lì, a fare quell’intervista assurda, e intanto ad Aine poteva succedere qualsiasi cosa… forse avrebbe dovuto dire a Shining che si prendeva qualche giorno…
 
«Onii-chan da grande voglio fare l’idol come te!»
«Aiyan, io… non so se… se vorrei vederti diventare come me»
«Perché, Aine-nii?»
«Beh… quel mondo è pieno di bugie… è un mondo fatto per chi sa indossare le maschere, e io… non voglio vederti nascondere quello che provi»
«In che senso, onii-chan?»
 
«Syo-kun! Tu chi scegli??»
La voce insopportabile di quella donna lo richiamò alla realtà, strappandolo all’ultimo ricordo che aveva di Aine. All’epoca non ci aveva capito praticamente nulla, e non si era nemmeno accorto dell’aria triste del fratello… ora capiva perfettamente cosa intendeva.
Il mondo dello spettacolo era pieno di maschere, e ogni volta che ne indossavi una dovevi tenertela stretta, perché perderla significava esporsi… ed esporsi voleva dire mostrarsi a nudo davanti al mondo.
Era qualcosa che tutti loro temevano.
Inoltre, dovevi tenere sempre una maschera di tranquillità… gli idols sono sempre felici, non soffrono per amore, non si ammalano, non hanno fratelli in pericolo di vita… devono sempre dire che va tutto bene, essere sempre sorridenti, sempre disponibili… e pronti a qualsiasi domanda venga loro rivolta.
«Partendo dal presupposto che non sopporto nessuno dei due… forse… e dico forse… Mikaze-senpai, almeno non mi soffocherebbe in un abbraccio»
La notizia fece urlare diverse fan, e Ai nascose un sorrisino mentre la stessa domanda veniva fatta a Natsuki, che urlava a squarciagola “Syo-chaaaan” e poi sembrava pensarci su:
«Beh, anche se anche Ai-chan è molto carino… però Syo-chan è più piccolo!!»
«LASCIAMI ANDARE BRUTTO MANIACO!» sbottò Syo, per l’ilarità generale, e intimamente anche Ai sperò che il più grande lo lasciasse andare presto.
«Mikaze-san? Tu chi sceglieresti?»
«Non saprei… come ha detto Tokiya sono insopportabili tutti e due. Ma Natsuki è troppo rumoroso…»
Altro giubilo dalle fan.
«Quindi scegli Syo-kun?» chiese la donna, elettrizzata.
«Non ho mai detto questo. Kurusu è troppo irritante… posso scegliere di essere single?»
Gli altri ragazzi iniziarono ad urlare che non valeva e non era giusto, loro avevano comunque scelto qualcuno.
Ai sospirò e spostò lo sguardo su Camus, anche se nel farlo riuscì ad incrociare per un momento quello di Syo e rassicurarlo del fatto che stava mentendo.
«Ok allora Camus… almeno è come essere single»
 
L’intervista si concluse senza troppi drammi, fortunatamente per loro, ma quando si diressero ai loro camerini, tutti notarono che Otoya sembrava essere giù di morale.
Solo quando furono al sicuro nella loro limousine Tokiya riuscì a parlare con lui.
«Otoya… tutto bene?» chiese, accigliato, tentando di prendergli la mano, ma il più piccolo la spostò appena. Poteva essere un gesto casuale, ma il dubbio che Otoya lo stesse evitando sorse comunque in Tokiya «Hey?»
«Sto bene, va tutto bene, Toki… è solo che quella donna era odiosa» rispose lui, continuando a guardare fuori dal finestrino, incrociando di tanto in tanto lo sguardo del suo riflesso.
«No, non va tutto bene, lo vedo… tu…» qualcosa parve venirgli in mente «è per quello che ho detto nell’intervista?»
Una piccolissima smorfia di dolore attraversò il volto del rosso, e fu più che sufficiente. Tokiya sorrise e lo abbracciò, ignorando le sue deboli proteste.
«Otoya, mi stai a sentire per un secondo?» chiese, quando si accorse che l’altro sembrava tentare di ignorarlo. Il rosso lo guardò, tristemente:
«S-sono una rottura di scatole, Toki?» sussurrò, abbassando lo sguardo.
«Ma sei scemo!» l’esclamazione di Tokiya spinse Cecil e Syo a fissarlo, mentre Ren e Masato erano ormai addormentati, con il secondo semisdraiato sul primo, e gli altri erano impegnati in discussioni insensate o addormentati per i fatti loro.
«Lo so che lo dicevi perché non dobbiamo farlo capire, ma… ma se fosse vero? Se in realtà io fossi…»
Tokiya si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo solo stringendo la presa sul ragazzo e scrollandolo un pochino:
«Otoya, per favore, riprenditi… ho detto un sacco di balle stasera, nel caso non l’avessi notato. Io non preferirei mai, mai e poi mai Masa -  o chiunque altro - a te. Quindi, per favore, ti dai una calmata?»
Il più piccolo riuscì a sorridergli:
«Sc-scusa… sono… non lo so perché, io…»
«Non ti preoccupare, va bene? Anche io ero agitato, ma… l’abbiamo nascosto fino ad ora, dobbiamo solo continuare così» il sorriso del ragazzo parve rassicurare anche il minore, che si sistemò meglio addosso a lui e lentamente si lasciò scivolare nel sonno, rassicurato.
Lui e Tokiya erano riusciti a stare insieme per almeno un anno, senza che nessuno li avesse mai scoperti, dovevano solo andare avanti in quel modo.
 
Tornati a casa, dopo pochissimo tempo si ritirarono tutti nelle loro camere, esausti, facendo a malapena in tempo ad augurarsi la buonanotte a vicenda.
Syo, che era stato eletto ultimo ad usare il bagno, si lanciò sul suo letto, aspettando che Natsuki e Ai finissero, sperando anche che si dessero una mossa.
Era all’ennesimo sbadiglio quando Ai emerse dal bagno e gli fece cenno di entrare, cosa che fece di corsa.
Quando uscì, si bloccò davanti al suo letto.
«Umm… Ai?» chiese, notando che il minore era di nuovo sotto le sue coperte. L’altro rispose con un sorrisino angelico e innocente, Syo non riuscì a trattenere un sorriso a sua volta, mentre alzava gli occhi al cielo e si fingeva esasperato.
«Fammi spazio» ghignò divertito, Ai rotolò soddisfatto su un fianco, e il biondo si rannicchiò contro la sua schiena.
«Buonanotte Natsuki» dissero entrambi, e dal letto di sopra giunse il rumore di un russare ormai profondo. Ridacchiarono e, dopo essersi sfiorati le labbra a mo’di buonanotte, lentamente si addormentarono a loro volta.
Ed entrambi avevano come la vaga impressione che quella sarebbe diventata la routine.
Nel cuore della notte, il telefono di Ai prese a squillare, con quella suoneria che Syo non aveva riconosciuto l’altra volta, ma che ora sapeva identificare come la canzone con cui Aine aveva debuttato, e il più piccolo si alzò di scatto, recuperando il telefono.
«Zio? Che succede??» chiese, la voce ancora impastata dal sonno ma gli occhi bene aperti.
«Ai, ho mandato un taxi a prenderti, vieni il prima possibile… io… temo che sia peggiorato ancora!!»
Il mondo divenne di nuovo di ghiaccio per Ai, mentre meccanicamente si alzava, si scusava con Syo e Natsuki per averli svegliati, e si dirigeva in bagno.
Mentre si vestiva, non poté fare a meno di pensare che, forse, quella era la sua punizione per essere stato felice con Syo mentre Aine era in quelle condizioni…
E poi c’era ancora quel sogno, che faceva all’incirca ogni notte, e che si interrompeva sempre allo stesso punto più o meno…
«Ai, che cosa è successo?» sussurrò Syo, recuperando una felpa troppo larga per lui e dei pantaloni che infilò in pochi secondi. Il ragazzino lo osservò sorpreso:
«Stai… uscendo?»
«Vengo con te, ovviamente»
Ai non ribattè, si limitò ad annuire, e mentre si allacciava le scarpe disse:
«È peggiorato… ancora»
Quando si rialzò fu circondato da un paio di braccia esili ma forti, e lui appoggiò il capo sulla spalla di Syo. Tutto quello che avrebbe voluto fare era mettersi di nuovo sotto le coperte con lui e dormire stando abbracciati come avevano fatto fino ad allora… e invece, pochi minuti dopo, erano entrambi fuori nell’aria fredda ad aspettare il taxi che li doveva raggiungere.
La mano inaspettatamente calda di Syo raggiunse la sua, e lui si avvicinò istintivamente al suo corpo caldo, ben felice di rifugiarsi per l’ennesima volta in uno dei suoi abbracci, e non si fece sfuggire l’occasione di appropriarsi delle sue labbra, in un bacio in cui sembrava volersi perdere.
E forse era proprio così… non sarebbe stato male, dopotutto, poter restare per sempre così, senza altri pensieri al mondo.
Specie perché, in quel momento, sentiva che c’era qualcosa che sembrava sfuggirgli in quella situazione, anche se non riusciva a capire cosa fosse, di preciso. Sapeva solo che era una sensazione che non gli piaceva avere addosso.
Il taxi arrivò, e appena i suoi fari apparvero in lontananza, Syo si allontanò bruscamente, fissandolo negli occhi come per chiedergli scusa, Ai annuì, e poco dopo erano entrambi nel piccolo abitacolo, assorti nei loro pensieri, ma con le punte delle mani che si toccavano discretamente.
Ancora una volta, Ai rimase sorpreso di come anche solo la vicinanza del ragazzo biondo servisse ad impedirgli di andare in pezzi, e rendesse la situazione più tollerabile.
Forse… forse iniziava a fare un discreto affidamento su di lui.

 
**********************************
Nota dell'autrice: mmm... mi prenderei a schiaffi per questo capitolo >.<
Spero che a voi non faccia poi così tanto schifo... *offre biscottini tentando di farsi perdonare per l'obbrobio*
Dal prossimo le cose dovrebbero farsi interessanti, se riesco a farlo decentemente ahahah ora mi ritiro a nanna... buonanotte a tutti!!!

Come sempre grazie a chi segue, recensisce, legge ecc.... domani mi impegnerò a darvi un capitolo migliore U.U

A prestooo!!
Baci, 
Starishadow

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Capitolo 24
*** Shadows ***


Capitolo 24. Shadows
 
Syo rimase in disparte mentre Ai si avvicinava lentamente allo zio che camminava avanti e dietro davanti alla porta della stanza del nipote.
«Che cosa è successo?» chiese raggiungendolo e posandogli una mano sul braccio, l’uomo si fermò e lo abbracciò, chiamandolo per nome con tono disperato.
«Non lo sanno» disse, con voce angosciata «sta peggiorando ogni giorno di più e loro sanno solo dire che non lo sanno
Syo, sempre in disparte per lasciar loro un po’ di spazio, si strofinò la base del collo, a disagio… sapeva che Ai era rincuorato dall’averlo vicino, ma non riusciva a non sentirsi di troppo in quella situazione.
La porta si aprì, e due medici uscirono, con espressione grave e vagamente confusa, lo zio di Ai si rivolse subito a loro, pieno di domande, Ai invece scivolò dentro la stanza, passando inosservato.
«Allora? Avete capito che cosa è successo?» chiese l’uomo, irritato, i due medici si guardarono, prima di rispondere scuotendo il capo tristemente.
«Come diamine è possibile?!»
«Noi non… abbiamo fatto dei test e dai risultati non riusciamo a trovare nulla che possa spiegare il peggioramento di suo nipote, signore»
Rimasero a parlare ancora un po’, poi si allontanarono e lo zio dei due idols si lasciò cadere su una sedia, prendendosi il viso fra le mani.
Syo optò per l’allontanarsi, tentando di passare inosservato, e fu così che, poco dopo, si imbatté nuovamente nei due medici.
«L’hai visto anche tu?» chiedeva uno dei due, e Syo - incuriosito - optò per il non farsi notare.
«Sì… sembrava quasi che fosse stato…»
«Ma non rimane mai un momento solo, è impossibile che qualcuno entri e…»
Fra i due calò un silenzio pensoso, mentre continuavano ad avanzare con Syo che li seguiva silenziosamente.
«Lo so che è impossibile, ma sai bene quanto me che è impossibile che tutto questo sia successo da solo»
Con quello, i due scomparvero dietro una porta, e Syo rimase immobile. Di cosa stavano parlando?
Cosa non poteva essere successo da solo??
 
Ai uscì dalla stanza con un senso di angoscia crescente man mano che si allontanava da Aine. Era veramente peggiorato. La prima volta non aveva notato nulla di strano, ma stavolta sì: il numero di macchinari e tubicini era raddoppiato, la pelle del fratello era bianca come carta, e il respiratore pompava aria più rapidamente e più a fondo.
Anche il rumore dell’elettrocardiogramma sembrava essere diverso, ma quello forse se l’era immaginato.
Fatto sta che aveva paura, paura di andarsene e di non essere più in grado di vedere il fratello un’altra volta.
Si sedette accanto allo zio, in silenzio, mentre un pensiero gli attraversava la mente e lui cominciava a sudare freddo.
«Che cosa gli è successo, di preciso?» chiese ad un certo punto, con voce incolore.
Sentì l’uomo accanto a lui irrigidirsi, prima di alzare il viso verso di lui e rispondere:
«A quanto sono riusciti a capire, per qualche minuto il suo cuore è stato sull’orlo del collasso, come se stesse per fermarsi… e poi è tornato a battere normalmente, prima di ricominciare a “traballare” come prima e poi tornare normale… questo diverse volte nel corso della serata, prima che riuscissero a stabilizzarlo di nuovo, ma tutto questo non ha certo migliorato la sua situazione»
Ai si sentì come se anche il suo cuore fosse sul punto di fermarsi, prima che accelerasse come impazzito, mentre i suoi occhi cercavano freneticamente quelli dello zio.
«Non lo so, Ai-kun… non so più cosa possiamo fare per lui» sospirò l’uomo «posso chiederti un favore?» chiese poi, timidamente «non lo farei se non fosse importante, a dire il vero»
«Certo, dimmi»
«Rimarresti qui stanotte? Ho visto che hai portato anche quel ragazzo biondo… uno degli Starish?» l’uomo aveva smesso da tempo di seguire il mondo dello spettacolo, sopportando a malapena di poter vedere qualche stralcio dei concerti di Ai una volta ogni tanto, ma aveva sentito parlare del gruppo a cui avevano insegnato i Quartet Night.
Ai rimase impassibile:
«Sì, Syo… l’ho svegliato alzandomi e tanto valeva dargli delle spiegazioni»
«Posso riaccompagnarlo a casa, se vuoi» propose l’uomo, mentre Syo ricompariva timidamente da uno dei corridoi.
«No, se a lui va bene può restare» replicò candidamente Ai, con voce bassa e demoralizzata, facendo cenno all’altro ragazzo di avvicinarsi «sei stanco?» gli chiese freddamente, alzando gli occhi verso di lui.
Syo scosse la testa, non tollerando di vedere il minore in quelle condizioni, ma ben consapevole di non poterlo sfiorare in quel momento, sebbene tutto nel suo corpo urlasse per poterlo toccare, abbracciare, baciare…
«Vuoi tornare al dormitorio?»
«Tu vieni?»
Ai scosse la testa, con aria triste, e Syo si sforzò di mantenere il tono più neutro possibile mentre diceva che allora, se non era un problema, sarebbe rimasto anche lui… per lo meno gli altri non si sarebbero preoccupati sapendo che non era in giro da solo.
Lo zio del più piccolo lo osservò in silenzio per qualche secondo, e una strana luce brillò nei suoi occhi per qualche secondo, poi annuì e li salutò, dicendo ad Ai di chiamarlo per qualsiasi cosa.
«Aspetta, ti lascia qui così?» chiese Syo confuso appena lui e l’altro idol furono soli, Ai si prese la testa fra le mani:
«Passa qui quasi ogni notte da cinque anni, perché io mi sono sempre rifiutato di venire. Adesso sa che può contare anche su di me» spiegò cupamente, prima di alzarsi:
«C’è un divano, dentro, oltre alle sedie vicino al letto… se vuoi…»
Syo si sentì invadere da una sensazione spiacevole al pensiero di entrare dentro con lui, come se invadesse un’intimità a cui non aveva diritto di accesso.
«Posso anche stare qui, tu stai con tuo fratello e controlla che vada tutto bene… per qualsiasi cosa sai dove trovarmi» gli fece l’occhiolino, incoraggiante, e Ai si chinò su di lui, abbracciandolo:
«Grazie» sussurrò, prima di sfiorargli le labbra, allontanandosi in fretta, preoccupato che qualcuno potesse vederli.
Syo lo trattenne e lo tirò nuovamente a sé:
«Non c’è nessuno, Ai-kun» lo rassicurò, cercando nuovamente le sue labbra ad occhi chiusi, sorridendo quando Ai cedette e le raggiunse, lasciandosi andare man mano che approfondivano il bacio.
Quando si separarono, il minore appoggiò la fronte su quella del più grande, sorridendo leggermente:
«Se iniziassi a stare scomodo, entra pure, ti lascio il divano»
Syo sorrise e scosse la testa:
«Non ti preoccupare, vai»
Dopo che Ai fu entrato nella stanza, Syo rimase sulle sedie fuori, cercando una posizione relativamente comoda, e quando finalmente la trovò, lasciò che gli occhi gli si chiudessero.
Nella sua mente continuavano a suonare le parole dei medici… qualcosa non tornava. Si ripromise di parlarne con Ai, se si fosse presentata l’occasione, ma poi una parte di sé gli fece presente che non serviva allarmare il ragazzo per qualcosa che aveva origliato e forse era totalmente non correlata alla faccenda, forse era meglio aspettare di avere altri dettagli, prima di parlare con lui.
 
L’ennesima unghia si staccò dopo che Ai finì di mordicchiarsela, raggiungendo le altre nel cestino lì vicino.
Aveva sempre odiato mangiarsi le unghie, lo riteneva fastidioso e anche snervante per gli altri, per non contare l’orrore che provava nel vedere la punta delle dita ridotte in uno stato penoso, ma c’erano delle situazioni che richiedevano uno sfogo, qualsiasi tipo di sfogo, e mangiarsi le unghie era il meno “nocivo” che era riuscito a trovare.
Tese esitante la mano che non era impegnato a torturare verso il viso del fratello, da cui spostò una ciocca di capelli appena più mossi dei suoi.
«Aine, io… per favore… t-torna da me» mormorò, incapace di dire altro, per poi riprovare «i-io… ho bisogno di te… non so a chi chiedere consigili… non so con chi parlare…» arrossì un po’ «e poi… onii-chan, come faccio a… Avevi detto che mi avresti aiutato con la mia prima relazione! V-Vuoi perderti le mie facce quando penso a l-lui? Ehm, sì perché è un lui… e credo che non andreste d’accordo nemmeno un po’, ma non mi importa... te lo dovrai far piacere… e… oh insomma Aine ti prego!! Non ce la faccio più» iniziò a singhiozzare incontrollabilmente, più tentava di calmarsi e peggio era.
Voleva suo fratello, voleva sentirlo mentre lo prendeva in giro ogni volta che si avvicinava a Syo, voleva vederlo litigare con il ragazzo perché avevano caratteri opposti, voleva sentirlo ancora cantare, voleva scrivere musiche e testi con lui…
Perché non poteva averlo? Perché glielo avevano dovuto portare via??
Lentamente, i singhiozzi diminuirono, e un torpore confortante lo avvolse, mentre lentamente si addormentava, con il viso ancora umido di lacrime appoggiato accanto al fianco del fratello. Si addormentò, e il sogno tornò di nuovo a torturarlo quella notte, ma quando si svegliò sussultando, non c’era Syo accanto a lui, profondamente addormentato e rassicurante come al solito.
Certo, sapeva che era appena dall’altra parte della porta, ma la paura lo avvolse comunque. La paura e la solitudine.
Si strinse fra le braccia, irrequieto per il silenzio che c’era nella stanza, interrotto solo dal rumore dei macchinari, e sussultò nel vedere un’ombra fugace sulla parete.
Tentò di calmarsi, pensando che molto probabilmente era solo un medico o un infermiere, ma non ci riuscì.
Alla fine, scattò in piedi e si diresse verso alla porta, sobbalzando di sorpresa quando vide Syo in piedi accanto ad essa, allarmato:
«Ai, è successo qualcosa?» chiese il biondo, guardandosi attorno preoccupato.
«N-no, io… ho solo avuto un incubo» ammise il minore.
Questo non parve rassicurare Syo, che continuò a guardarsi attorno irrequieto, quando l’altro gli chiese spiegazioni, disse:
«Sono sicuro di aver visto qualcuno che entrava, ma quando mi ha sentito è corso via…»
Un brivido corse lungo la schiena dell’idol dai capelli ciano, mentre i suoi occhi passavano in rassegna il corridoio dalle luci offuscate.
«In effetti ho visto un’ombra, prima» ammise, a voce bassa «ho pensato potesse essere uno dei medici o cose simili, ma….»
Syo scosse la testa, cupo in viso:
«Da quel po’ che ho visto non mi è sembrato uno di loro… Ai, pensi che volesse…?»
Il più piccolo fece spallucce:
«Non lo so… fatto sta che da adesso terrò gli occhi aperti» dichiarò “tanto se mi addormento c’è sempre un incubo di mezzo” aggiunse per se stesso. Syo annuì:
«E se dovessi addormentarti, ci sono sempre io fuori dalla porta» aggiunse con un sorriso rassicurante «ah, Ai» lo richiamò quando quello gli voltò le spalle, attirando di nuovo la sua attenzione «ho notato che… ogni notte ti sei svegliato… ehm… di soprassalto»
“Accidenti” si disse Ai, arrossendo e ringraziando la scarsa illuminazione che lo nascondeva:
«Oh, ehm…. Sì io… a volte… faccio un incubo» ammise, con un sorrisino imbarazzato «ma niente di preoccupante! Ok… mmm… beh, a dopo!» con quello corse di nuovo alla sua postazione, lasciandosi dietro uno Syo confuso e preoccupato.
Alla fine il più grande sospirò e tornò alla sua sedia.
Tirò fuori il cellulare e, sorprendentemente, vi trovò due messaggi da Kaoru.
Onii-chan! Natsuki mi ha detto che tu e quel vostro senpai siete usciti nel cuore della notte… che stai facendo?! Un attacco non ti è bastato?? TORNA SUBITO A CASA!!
Alzò gli occhi al cielo… Kaoru non poteva dargli un po’ di fiducia??
SYO KURUSU! Dove sei?? Perché non mi rispondi?!
“Oh cielo” pensò, digitando pigramente una risposta:
Kaoru, devi seriamente prendere in considerazione l’idea di prendere dei calmanti… sto bene, sto aiutando Mikaze-senpai con una situazione complicata. Non ti preoccupare e torna a dormire!!
Con quello spense il cellulare.
Stava effettivamente facendo cose che non erano decisamente da lui per Ai, ma dopotutto non era solo lui che dava qualcosa al minore.
Anche se quello non se ne rendeva conto, ogni minuto che passavano insieme riempiva Syo di una strana determinazione e forza che non aveva mai avuto prima… era qualcosa che non riusciva esattamente a spiegare, ma la sentiva ogni volta che i suoi occhi incrociavano Ai e si accertavano della sua presenza.
“Bah, stai diventando sdolcinato!” si disse, con una smorfia di divertito disgusto, mentre si accomodava meglio.
I suoi occhi si mossero lungo il corridoio, alla ricerca della sagoma che aveva visto prima, ma ormai era sparita. Poteva essere stata una coincidenza, ma ci credeva ben poco.


**************************
Nota dell'autrice: *si butta a terra e implora pietà* probabilmente è il capitolo peggiore! TT.TT perdonooo!! *offre altri biscotti preparati da Masato*
Non sapevo bene come metterlo, ho fatto del mio meglio ma... c'è ancora qualcosa che non mi torna *fissa male il capitolo*, prima o poi lo revisionerò V_V
Per ora mi auguro solo che magari non vi abbia fatto proprio tanto tanto schifo... ? *ci spera* ... mi impegnerò al 2000% per il 25 e mi farò perdonare!! ;D detto questo mi ritiro... grazie per avermi sopportata fino a qui! Ahahahah

A presto!
Baci,
Starishadow

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Capitolo 25
*** Inside ***


Capitolo 25. Inside
 
Quando l’auto che era andata a prenderli si fermò davanti al Master Course, Syo realizzò di avere un problema… Serio:
Ai si era addormentato raggomitolato sul sedile dell’auto, la testa sulle sue gambe e i capelli che non erano raccolti sparsi davanti al viso, e non sembrava avere la minima intenzione di svegliarsi.
«Ehm… m-mi scusi» balbettò all’autista, che non disse nulla in risposta, aspettando pazientemente mentre il biondo tirava fuori il cellulare e chiamava l’unica persona sveglia alle 7 di mattina di domenica.
«Kurusu-kun?»
«Non ti avevo detto di chiamarmi per nome, Masa?»
«Ok, scusa Syo… dove sei?»
Syo arrossì mentre balbettava qualcosa come “in un’auto qui fuori con Ai addormentato addosso”.
«… e quindi non riesco a svegliarlo. Puoi mandarmi Ren e lo porta in braccio? Io non ce la faccio…» era una seccatura ammetterlo, ma Ai era comunque decisamente più alto di lui… e se lo avesse svegliato nel trasportarlo, non era del tutto sicuro della propria incolumità: aveva notato che il più piccolo poteva diventare violento se disturbato mentre dormiva, e non era sicuro che il fatto di essere il suo ragazzo lo potesse tenere al sicuro.
“Il suo ragazzo? È questo che sono?” si chiese distrattamente mentre Masato bofonchiava qualcosa su come lui non aveva la minima intenzione di prendersi un pugno in faccia da Ren mentre lo svegliava.
«Boh, allora Tokiya, o Ranmaru… chi ti pare… vieni tu!» rispose, distrattamente, chiedendosi intanto se Ai pensava a lui in quel modo.
Certo, si comportavano da “amanti” e tutto, ma… non avevano mai veramente chiarito che cosa c’era fra di loro; a dire il vero non ne avevano nemmeno sentito il bisogno, gli bastava stare insieme…
«Ok, aspetta, vedo chi riesco a trovare» replicò l’altro Starish, riattaccando.
Syo sospirò… erano tutti così intrattabili di prima mattina?
Ai aveva istinti omicidi, Otoya non riusciva a pronunciare frasi di senso compiuto, Cecil si scordava come si parlava in giapponese e Ren era isterico… in fondo c’era un motivo se tutti i loro impegni pubblici erano dopo le 10.
E a proposito di Ai, il minore si strinse di più a lui, con un piccolissimo sorriso sulle labbra che causò al biondo di sorridere a sua volta, mentre gli spostava i capelli dal viso.
La verità era che, anche senza temere le sue reazioni, non avrebbe avuto il cuore di svegliarlo. L’aveva sentito piangere al capezzale del fratello, poco dopo essere rimasto solo con lui, e dopo che avevano visto quell’ombra, sapeva che non aveva chiuso occhio per il resto della nottata. E considerando anche che non aveva mai dormito bene ultimamente, il maggiore non era sorpreso che adesso il ragazzo fosse esausto: svegliarlo dopo che finalmente aveva preso sonno gli sembrava una bastardata.
Fu così che, pochi minuti dopo, quando un Masato e un Tokiya piuttosto assonnati uscirono dal dormitorio, intimò ad entrambi di stare attenti a non svegliarlo con uno sguardo truce e una chiara minaccia negli occhi.
 
Tokiya appoggiò il più delicatamente possibile Ai sul suo letto, per poi sparire dopo un brevissimo cenno, e Masato, sulla porta, sussurrò a Syo “ci dovete delle spiegazioni”, poi se ne andò anche lui, soffocando uno sbadiglio mentre Syo chiudeva la porta.
Stava per sdraiarsi accanto ad Ai quando venne afferrato da dietro e stretto in una morsa micidiale. Si trattenne a stento dall’urlare, ma appena fu libero si voltò infuriato verso Natsuki.
«Ero preoccupato, Syo-chan!» si lamentò il più alto, a voce tropo alta per i gusti di Syo che gli tappò la bocca, lanciando poi uno sguardo ad Ai, che non sembrava aver sentito.
«Ti spiego tutto più tardi, ora torna a dormire… o vai a fare colazione, quello che ti pare» sussurrò bruscamente, mentre si toglieva le scarpe e la felpa che aveva infilato sopra il pigiama.
«Quella era la mia?» chiese a bassa voce Natsuki, stranamente deliziato dal fatto, Syo sospirò:
«Sì… non ho trovato altro e andavo di fretta… ora… buonanotte» ringhiò, buttandosi sul suo letto.
Natsuki sorrise:
«Più buongiorno direi… comunque, se vuoi dormire con Ai-chan fai pure» disse, uscendo dalla porta.
Come fu fuori, Syo sgattaiolò nel letto dall’altra parte della stanza, dove fu ben felice di raggomitolarsi accanto al suo Ai, ancora profondamente addormentato.
 
«Uhm, non avete delle belle facce» notò Ranmaru da sopra la sua tazza di caffè, quando Syo ed Ai emersero dalla loro camera, il primo con i capelli in disordine e il secondo con gli occhi stranamente gonfi e arrossati, e delle ombre scure sotto gli occhi.
Reiji scattò subito sul chi vive, mentre cercava di trovare delle risposte nel suo sguardo, che continuava ad evitarlo.
«Ai-ai, è successo qualcosa a…»
«È peggiorato stanotte» la schiettezza era l’unico modo che Ai conosceva per non essere ferito o per non ferire gli altri. Un giro di parole non diminuiva la gravità di una situazione, non la migliorava, aumentava solo la tortura di chi parlava e chi ascoltava.
Riteneva inutile spargere di zucchero il bordo del bicchiere, se poi la medicina da bere era comunque schifosamente amara.
Reiji incassò il colpo, alzandosi e dirigendosi verso la porta che dava al giardino, gli occhi di Ranmaru fissi sulla schiena mentre usciva. Il più giovane si stava chiedendo se seguirlo o meno, ma alla fine decise di lasciargli il suo spazio.
Syo continuava a pensare a quello che aveva sentito dire ai due medici, ed era ancora indeciso se dirlo o meno ad Ai… alla fine ebbe un’altra idea.
Senza dire nulla a nessuno, uscì dalla porta e seguì Reiji.
 
«Reiji-senpai?»
L’idol più grande si voltò, sorpreso, verso Syo, chiedendosi come mai l’avesse seguito.
«S-sì, Syo-chan?» chiese, sforzandosi di non far tremare la voce, anche se non sperava certo di poter sembrare il solito.
«I-io… mi chiedevo se… se potevo chiederti - più parlarti a dire il vero - di una cosa» mormorò il biondo, iniziando a chiedersi se quella fosse stata una buona idea in fin dei conti.
«Certo che puoi!»
 
Ai rimase a guardare Syo che usciva dietro Reiji, chiedendosi che cosa avesse in mente, poi si trovò una tazza di caffè fra le mani, e fu sorpreso di vedere che era stato Camus a dargliela. L’idol ovviamente tornò subito a farsi gli affari suoi, e Ai non era certo il tipo da ringraziarlo palesemente.
Fra loro due le cose erano sempre funzionate così, in fin dei conti: si supportavano silenziosamente, sopportando ogni follia che poteva sorgere dietro le quinte, e si lanciavano sguardi solidali, aspettando che la faccenda si calmasse.
Ai sogghignò leggermente, coprendo il sorriso con la tazzina.
Otoya mugugnò qualcosa, la testa poggiata al braccio di Tokiya e gli occhi ancora chiusi, e tutti lo osservarono interrogativi.
«Oh, ehm… ha chiesto se per caso ti serve aiuto con qualcosa, Mikaze-senpai» tradusse Tokiya per il compagno, nascondendo un sorrisino mentre lo diceva.
«Tu lo capisci quando parla?» chiese Ren alzando un sopracciglio.
«Dopo anni che bofonchia a stento ogni mattina ci fai l’abitudine» spiegò tranquillamente l’altro, come se fosse la cosa più ovvia del mondo «anche Kotobuki-senpai sta imparando. Per lo meno ora riesce ad identificare “buongiorno” e “esci dal bagno”» aggiunse ridacchiando leggermente. Otoya si imbronciò e le sue guance parvero entrare in competizione con i suoi occhi e i suoi capelli per chi era più rosso acceso.
«Non riuscite proprio mai a stare seri voi, vero?» sospirò Masato, abbassando lo sguardo, e poi alzandolo verso Ai, a mo’ di scusa. Il più piccolo scosse la testa:
«Non importa, davvero» disse, prima di lanciare uno sguardo alla finestra da cui vide la bizzarra scena di Reiji che sembrava strillare qualcosa mentre camminava freneticamente in circolo e Syo tentava di calmarlo.
“Che cosa sta succedendo?” si chiese.
 
Intanto, nella clinica, una persona si mosse lungo i corridoi bianchi.
Ormai raggiungere quella stanza era diventato facile, non doveva più vagare alla ricerca frenetica del posto giusto.
Entrò, trovandola vuota se non per il ragazzo che giaceva indifeso sul letto: il viso rilassato, la pelle pallida, i capelli attorno al volto… nulla sembrava essere cambiato.
Nessuno si sarebbe accorto di nulla, lo sapeva, ed era quello a rendere i suoi movimenti più veloci mentre, con mosse decise ed esperte, scambiava i sacchetti delle flebo, cambiando la sostanza che veniva iniettata nelle sue vene.
Uscì a passo lento, da non destare sospetti, e non trattenne un sorriso soddisfatto quando, da quella stanza, giunse il rumore dei macchinari impazziti.
Chissà se stavolta sarebbero arrivati in tempo.
 
«Syo, io… io credo che quei medici intendessero che il peggioramento non è dovuto a cause naturali» disse Reiji, con gli occhi spalancati dal panico, Syo annuì:
«È quello che ho pensato io» disse «il fatto è che… non riesco a capire come…»
«Hai detto che tu e Ai-ai avete visto un’ombra questa notte?»
Syo annuì di nuovo:
«Non ho voluto dirlo direttamente a lui perché, metti che mi stavo immaginando io qualcosa…»
Reiji gli sorrise, comprensivo:
«Non volevi allarmarlo per niente. Però, Syo, io credo che… forse questo non è “niente”. O forse sono io che ho visto troppi film ma… ho l’impressione che Aine non sia al sicuro» disse, con una smorfia di preoccupazione «chi c’è con lui, adesso?»
«Lo zio, credo»
Stranamente, Reiji fece un’altra smorfia, ma stavolta c’era qualcosa come… disprezzo?
«Reiji?» chiese, confuso, troppo preso dalla faccenda per pensare ai suffissi.
«No, niente è che… io e lo zio di Ne-ne e Ai non siamo mai andati troppo d’accordo. O meglio, prima che sapesse che suo nipote usciva con me non avevamo poi così tanti problemi»
Ne-ne… certo, avrei dovuto immaginare che avrebbe dato un soprannome del genere anche ad Aine” si disse Syo, mentre dentro di sé iniziava ad avvertire una fitta di simpatia per il più grande, non osando immaginare come avrebbe potuto sentirsi se fosse stato Ai quello in coma da cinque anni e che lui aveva creduto morto fino a poco tempo prima…
«Comunque, anche se io e il signor Kisaragi* non andiamo poi così d’accordo, non credo lascerebbe succedere qualcosa ad Aine, è troppo iperprotettivo» sospirò Reiji, sfiorandosi sovrappensiero una cicatrice vecchia di cinque anni che aveva sul sopracciglio.
 
I medici si precipitarono nella stanza, controllando freneticamente tutti i macchinari e tentando di capire cosa potesse essere andato storto.
Intanto il ragazzo sotto di loro sembrava soffocare, mentre non c’era modo che l’aria che il respiratore continuava a soffiare gli entrasse nei polmoni.
L’elettrocardiogramma era ormai quasi illeggibile, e qualsiasi tentativo di farlo tornare a respirare sembrava vano…
Fu allora che una delle infermiere indicò preoccupata il braccio del ragazzo, in cui la vena dove finiva l’ago della flebo era notevolmente più scura e gonfia.
I medici intervennero subito e sfilarono l’ago, facendosi porgere una siringa.
Lavorarono in fretta e quasi in silenzio, salvo degli ordini dati di tanto in tanto, e dopo diversi minuti, finalmente la situazione parve tornare normale.
C’era solo un fatto che intristiva alcuni di loro: ad ogni attacco, quel ragazzo era un passo più lontano dallo svegliarsi.
 
Syo e Reiji rientrarono, e subito entrambi vennero avvolti dall’angoscia nel vedere Ai al telefono, l’espressione cupa e proeoccupata.
Reiji rabbrividì, mentre dentro di sé implorava che non fosse quello.
Ai riattaccò, e sembrava relativamente tranquillo - o meglio rassegnato - mentre sussurrava “c’è stato un altro peggioramento”. Syo tentò di fare un passo verso di lui, ma Ai scosse la testa e si diresse verso le scale.
“Merda” pensò il biondo, mentre restava immobile ad osservarlo.
Perché le cose non potevano andare per il verso giusto, per una volta?? Perché Ai doveva sopportare tutto quello? Perché Reiji doveva passare quello che stava passando?
I suoi occhi incrociarono quelli di Ranmaru, che aveva appena distolto lo sguardo da Reiji, e per la prima volta ebbe l’impressione di trovarsi davanti ad uno specchio mentre guardava un’altra persona.
Voleva fare qualcosa per Ai, voleva disperatamente aiutarlo, ma al tempo stesso sapeva che non c’era niente che potesse fare… o almeno, niente di significativo.
Pensò al ragazzino che si addormentava tremando fra le sue braccia, a quello che tratteneva le lacrime fino a che quelle non esplodevano, a quello che la notte si svegliava di soprassalto e non riusciva a riprendere sonno… e finalmente gli venne in mente cosa poteva fare. Era una cosa piccola -  e stupida forse - ma in fondo era quello che gli riusciva meglio.
Intanto però doveva andare a controllare come stava Ai… non gli era piaciuto affatto il modo in cui aveva reagito alla notizia: avrebbe quasi preferito che iniziasse ad urlare o fare qualche scenata, piuttosto che lasciasse che tutto gli implodesse dentro.
 


* il vero cognome di Aine è Kisaragi... diciamo che qui facciamo finta che sia il cognome della madre e lui aveva debuttato con quello ;)

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Nota dell'autrice: Heilà! Come va?? State bene?? - sì sto cercando di fare l'innocente per farvi passare eventuali istinti omicidi nei miei confronti per la lunga attesa e per il capitolo che forse fa venire più domande che altro - ... *speranzosa* volete ancora uccidermi? ^u^ il fatto è che credevo di poter aggiornare prima, ma poi... *coff* un po' di cose, impegni... Step up al cinema... cose così mi hanno trattenuta ehehe! xD
Comunque ora eccomi qui!! :D:D e ho anche una comunicazione, ok che forse l'ho detto altre millemila volte, ma dal prossimo ho intenzione di cambiare un po' la faccenda... credo che ormai i capitoli di questo genere siano abbastanza ;) quindi... se le mie capacità me lo consentiranno, credo che dal prossimo ci sarà un po' più azione! :) (o se non il prossimo quello dopo xD) E quindi... sì, diciamo che vi imploro di avere pazienza e pietà, perchè non mi sono mai cimentata con il genere "misterioso" prima d'ora e quindi mi auguro di non fare disastri ahahaha!
Intanto grazie per la pazienza fin qui, per chi ha recensito, letto, messo fra le seguite e così via! :D:D *offre dolcetti a tutti*
Ci vediamo al prossimo capitolo!!
Au revoir (non mi ricordo più il francese o.o)...
Baciiiiiiiiiiiiiii!
Starishadow

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Capitolo 26
*** Move on but don't let go ***


Capitolo 26. Move on but don't let go
 
Syo entrò nella stanza che divideva con Ai e Natsuki e cercò il ragazzo, accigliandosi quando non lo vide. Cercò anche in bagno, ma nemmeno lì.
“Dove si è cacciato?” si chiese, mentre si spostava lungo i corridoi.
Finchè, passando davanti ad una stanza che non veniva mai usata, fu sorpreso di vedere che era aperta. Entrò, e il suo cuore perse un battito.
«Ai» sussurrò, anche se parve di più un rantolo.
La stanza era piena di polvere, anonima come tutte le altre, con un vecchissimo pianoforte scassato in un angolo.
L’aria che entrava dalla finestra spalancata aveva fatto volare a terra dei fogli vecchi e ingialliti che erano stati sulla scrivania vuota e polverosa…
E Ai era seduto sul bordo della finestra, i piedi che penzolavano fuori, sul vuoto, gli occhi chiusi e il viso contratto in una smorfia di dolore. Il modo in cui respirava lasciava capire che era agitato, quasi spaventato, e le sue mani erano strette attorno al bordo del davanzale tanto da stringere le nocche.
«Ai» ripetè il biondo, facendo un passo avanti, spaventato.
«Non ti muovere» la voce di Ai tremava, come tutto il resto del corpo a dire il vero, ma bastò a fermare Syo, che iniziava a sudare freddo.
Erano al secondo piano, Ai non sarebbe stato tanto stupido da fare una cosa simile, vero??
Però sentirlo tremare, sentirlo cacciare indietro i singhiozzi che tentavano di uscirgli dalle labbra, vederlo in quello stato… gli spezzava il cuore più di ogni altra cosa.
Tutto quello che voleva fare era correre e afferrarlo e tenerlo stretto mentre lo riportava al sicuro, una volta per tutte, eppure era troppo lontano per farlo, e se Ai avesse scelto di lasciarsi cadere per colpa sua, non se lo sarebbe mai perdonato.
Intanto il suo cuore non sembrava apprezzare tutto quello stress, ma ignorò il dolore.
«Perché l’ha fatto?» chiese il più piccolo con voce sottile, mentre dischiudeva appena gli occhi e osservava il terreno lontano sotto di sé. Deglutì «Come ha fatto?» aggiunse «Aine è sempre stato così… non credevo avrebbe avuto il coraggio di buttarsi…» mormorò, più a se stesso che a Syo.
“Ai ti prego, torna qui” pensò il biondo, tentando di fare un passo silenzioso dopo l’altro fino a raggiungerlo, il pavimento scricchiolante non aiutava, e come mise il piede su un’asse particolarmente crudele verso di lui, Ai si voltò di nuovo, il terrore negli occhi:
«Non avvicinarti!» esclamò con voce strozzata. Syo si pietrificò, il suo sguardo specchio di quello del più piccolo.
Non aveva mai visto quello che era il suo senpai perdere il controllo a quel modo, non l’aveva mai visto con gli occhi arrossati e i capelli stravolti, l’espressione atterrita e le guance solcate da qualche sporadica lacrima. Non l’aveva mai visto in preda al panico, o all’irrazionalità… era una vista che non era sicuro di poter reggere.
Ai si voltò di nuovo, spingendosi leggermente in avanti, Syo sentì il fiato che gli si bloccava in gola, prima che l’altro si fermasse, ancora tremante. Gli sarebbe bastato fare un po’ di forza sulle braccia e saltare come se dovesse scendere da un muretto… e poi… non voleva nemmeno pensare a quello che sarebbe potuto succedere.
«P-per favore» balbettò.
«Non ce la faccio» mormorò sconsolato Ai «ho provato… in mille modi… ho cercato di… di non essere un fallimento per Aine e per mio zio… ma…» soffocò un altro singhiozzo mentre una lacrima gli rotolava giù dalla guancia sinistra «… sono un idiota… sono scappato da tutto come se… se non vedendolo non succedesse… e adesso…» c’era un miscuglio fra maturità ed infantilità nelle sue parole, e nella sua voce, il modo in cui tentava di non piangere e quello in cui la sua voce era spezzata e a volte usciva a malapena come un sibilo.
Syo sentì i suoi stessi occhi iniziare a bruciare mentre sentiva quelle parole, e la consapevolezza di non poter fare nulla per aiutarlo lo distruggeva… tentò di fare altri passi, ma ad un certo punto si fermò… sembrava quasi di giocare ad una macabra e drammatica versione di “uno due tre - stella”.
«F-forse se-senza di me, A-Aine…» finalmente Ai rinunciò al trattenere le lacrime, e la sua voce venne ancora più soffocata di prima. I pochi singhiozzi che sfuggirono al suo controllo, diedero a Syo la possibilità di continuare ad avvicinarsi, fino a quasi raggiungerlo.
Era ancora troppo lontano perché potesse afferrarlo, ma una parte di sé continuava a credere che, se le cose fossero peggiorate, avrebbe comunque potuto scattare in avanti e prenderlo.
«Non risolveresti niente, Ai» disse, vedendolo sussultare quando avvertì la sua voce più vicina, ma con suo enorme sollievo non fece nessun movimento «tuo zio rimarrebbe solo con Aine, Aine non avrebbe più il suo fratellino da cui tornare e… e… io perderei te!! Non conto proprio niente per te?!» sbottò alla fine, avanzando decisamente verso di lui.
Ai curvò le spalle:
«Conti anche troppo» sussurrò «Finiamola con un sorriso... per favore non piangere| perché non mi dimenticherò assolutamente mai di questi giorni | sono dentro di te... sempre vivo | e riguardo all’amore... uh… grazie, addio amore mio*» Syo sentì a malapena quelle parole cantate con un filo di voce, tutti I suoi sensi erano concentrate nel cogliere I movimenti del minore; inorridì quando lo vide tendere i muscoli e a quel punto si lanciò in avanti e afferrò il minore dalla vita, tirandolo con tutte le forze verso di sé, finchè non finirono entrambi a terra, con Ai che urlava e tentava di colpirlo e lui che ricambiava allo stesso modo.
Un paio di lacrime gli piovvero sul viso, così come le sue bagnarono le mani del minore, ma nessuno dei due se ne curò; Ai sfogava il suo dolore, Syo la sua paura, ed entrambi sembravano non curarsi dei colpi che raggiungevano l’altro.
Solo quando il maggiore si trovò con il più piccolo che nascondeva il viso nel suo petto e singhiozzava disperato smise di muoversi e urlare, rimase lì, ansante, mentre dentro di sé realizzava tutto quello che era successo, tutto quello che aveva rischiato di perdere…
«Ai» la sua voce in quel momento non rispondeva a nessuno dei suoi comandi, tremava come quella di un bambino mentre si tirava a sedere e raccoglieva fra le sue braccia Ai, cullandolo quasi inconsciamente e accarezzandogli i capelli «perché non riesci a capire che non… non sono niente senza di te? Perché non… perché sei così maledettamente stupido, cazzo! Perché??» prima che se ne fosse accorto, calde lacrime avevano già bagnato il capo e la fronte del ragazzino, e una mano gelida e tremante corse alla sua guancia, catturando quelle gocce di dolore che stavano rovinando quel viso che Ai non sopportava di vedere senza un sorriso o un’espressione serena.
«Mi dispiace» sussurrò, battendo le palpebre finchè i suoi occhi non tornarono asciutti.
«Non farlo mai più» chiese Syo, mordendosi il labbro inferiore, Ai si tirò su, circondandogli il collo con le braccia:
«Mai più» promise, mentre raggiungeva le labbra che il biondo si stava torturando, e le reclamava con le sue, sentendo il sapore salato delle lacrime e leccandolo via con tutta la determinazione che riusciva a trovare.
Gli girava la testa dopo tutto quello che era successo… Aine, la finestra, la rabbia, la paura… e poi Syo… si strinse di più a lui, e per un po’ si permise di smettere di pensare.
Voleva bene a suo fratello, e aveva paura di cosa sarebbe potuto succedere se avesse continuato a peggiorare, ma adesso sentiva anche qualcos’altro… non avrebbe mai fatto qualcosa di avventato, o stupido… non era più solo lui adesso.
Sentì delle risatine dalla porta, ma non se ne curò abbastanza da rinunciare a quel bacio, e nemmeno Syo parve farlo. Sapevano entrambi di chi si trattava.
E Ai, in quel momento, realizzò che in realtà non era mai stato da solo.
 
Reiji sorrise quando, assieme agli Starish e gli altri Quartet Night, raggiunse la stanza sul cui pavimento Syo e Ai stavano avvinghiati.
Aveva una vaga idea di cosa poteva essere successo, le urla che aveva sentito erano incredibilmente simili ad una scena già vissuta in passato…
 
«Perché non vuoi dirlo a tuo zio, Ne-ne??» sbottò Reiji, esasperato, voltandosi verso Aine che sembrava troppo concentrato sul suo testo per curarsi di lui, e altra rabbia gli montò in petto.
«Non capirebbe» fu la fredda risposta.
«Che ne sai, non gliel’hai mai detto!!» protestò, puntando un piede per terra e incrociando le braccia «Ne-ne! Per favore!!» implorò, tentando di corromperlo con un paio di baci sul collo e uno sulla guancia, l’altro aspirante idol si scansò «Sei proprio bastardo!» sbuffò alla fine Reiji «Va bene, se proprio ti vergogni di me…» disse, avviandosi verso la porta, e fu allora che sentì un tonfo, voltandosi vide il quaderno di Aine a terra, e il ragazzo lo guardava atterrito:
«Vergognarmi di te??»
«Sì! Perché è questo il motivo, no?? Magari se dovessi presentare a tuo zio qualcuno come Kei non avresti tutti questi problemi!»
«Reiji, ma… hai bevuto??!» Aine era sempre più sorpreso, ferito e arrabbiato, e lentamente il suo viso si stava trasfigurando sotto una smorfia di irritazione.
Reiji alzò un sopracciglio.
«Non sai niente, brutto imbecille» sibilò alla fine Aine, voltando il viso.
«Non so niente perché tu non vuoi che io sappia niente! Non mi dici nulla della tua famiglia, ma sai tutto della mia, io non conosco tuo zio né tuo fratello, ma mia sorella ti chiama “otouto-chan”. Che cosa sono io per te, Aine?» le parole di Reiji uscirono con rabbia, scandite una ad una, ma era solo tristezza quella che provava.
Il viso dell’altro ragazzo si addolcì per un momento:
«Cosa sei per me?» chiese con voce morbida, più simile al solito se stesso «Se ancora non l’hai capito, Rei-chan… allora è inutile» gli diede le spalle, e Reiji non riuscì più a controllarsi: gli si scagliò contro e poco dopo erano entrambi a terra a riempirsi di pugni, fino a quando Aine non riuscì a bloccargli le mani afferrandogli i polsi e costringendolo a tenerle ai lati della sua testa.
«Cosa sei per me?» ripetè affannato «L’unica dannata cosa che funzioni al mondo» disse, alzando il viso e baciandolo «e se non ti presento a mio zio è solo perché non voglio che rovini tutto»
 
«Tutto bene?»
La voce di Ranmaru lo riportò alla realtà, e si trovò a regalargli un sorrisino tirato:
«Sì, scusa… mi ero perso dietro a qualche pensiero»
Ranmaru non sembrava credergli, ma un salvataggio inaspettato venne da Camus:
«Tu sei in grado non solo di pensare, ma addirittura di perderti dietro ai pensieri?!» chiese con voce volutamente sarcastica. Reiji gli sorrise con gratitudine:
«A volte mi capita»
Ranmaru sospirò, rinunciando ad ulteriori indagini per il momento. Non gli sfuggì però come Reiji si portò una mano alla vecchia cicatrice con fare distratto, e aveva imparato che lo faceva quando pensava ad Aine.
Non era sicuro di sapere cosa provava verso quell’idol. Di sicuro non lo odiava, né quando lo credeva morto né tantomeno ora… gli faceva pena? Non proprio, odiava provar pena per qualcuno perché sapeva quanto era insopportabile essere compatiti.
Era una sensazione strana… era incuriosito da lui, forse, e… una parte di sé si chiedeva come avesse fatto a conquistare e mantenere una parte così importante del cuore di Reiji, tanto che a distanza di anni quello continuava ancora ad essere innamorato di lui, nonostante cercasse sempre di negarlo.
Lanciò un altro sguardo a Syo e Ai, che non sembravano minimamente intenzionati a separarsi.
«Mmm… ehm… ragazzi… non vorrei interrompere la scenetta e tutto» iniziò timidamente Cecil «ma ci sono degli Otoya innocenti, qui» balbettò.
«Otoya ha smesso di essere innocente più o meno mentre tu iniziavi a studiare lo scettro di Camus» sbuffò il ragazzo in questione, sospirando, mentre Tokiya tossiva per coprire una risata e Masato nascondeva il viso nella spalla di un divertitissimo Ren.
«Ok, delle Nanami innocenti!!» si corresse Cecil, incrociando le braccia «E poi che intendi con “scettro di Camus”?? Io sto ben lontano da quel coso!»
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, Syo si staccò da Ai ed entrambi scoppiarono a ridere come il resto dei presenti, tranne Cecil che non capiva cosa ci fosse di divertente e Camus che sembrava pronto ad ammazzare il suo kohai.
«F-f-forse do-dovresti in-insegna-a-rgli l’a-arte dell’am-ambiguità, Myu-chan!!» rise Reiji con le lacrime agli occhi.
Camus lo fissò malissimo.
Ai, ancora stretto a Syo mentre rideva, in quel momento sentì qualcosa di strano… una parte di lui diceva che quello era sbagliato, che suo fratello stava male, e lui non poteva star lì a ridere con i suoi amici come se nulla fosse, eppure c’era una vocina in fondo alla sua testa, che ricordava quella bassa e dolce di Aine:
È giusto così, Aiyan. Andare avanti non vuol dire dimenticare.
Si strinse di più a Syo, che fu felice di ricambiare la stretta e baciarlo delicatamente sulla tempia, e chiuse gli occhi.
Non avrebbe abbandonato Aine, ma non avrebbe nemmeno rinunciato a tutto il resto. Forse, se fosse riuscito a provare a suo fratello che il mondo non era poi quel brutto posto da cui aveva tentato di scappare, Aine si sarebbe svegliato…

* la citazione viene da Winter Blossom, di Ai Mikaze/Aoi Shouta (come preferite ahaha) e... beh sì insomma, ci stava bene e quindi... la mia traduzione è dal testo in inglese, perchè finora so ben poco del giapponese, ma spero che comunque sia piuttosto fedele all'originale :D
 
******************************************
Nota dell'autrice: mmm... non sono del tutto sicura di essere cosciente di cosa ho scritto... xD mi è venuto in mente e... eccolo qui ahaha! Spero che vi sia piaciuto! ^^ Ho provato a farlo un tantino diverso dagli altri *speranzosa* si vede? Devo ancora migliorare, quindi ogni consiglio è sempre benvenuto a braccia aperte!! ^^
L'ultima parte... ogni riferimento a ciò che so di Ai dalla wiki è puramente casuale! xD
Piccola richiesta ^^: per chi non l'avesse già fatto... mi è stato chiesto di ricordare che i cari senpai aspettano i vostri voti nella sezione "aggiungi un personaggio" per poter essere inseriti anche loro fra i personaggi... quindi, se vi va... lasciate un voto? :DD
Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto, grazie ancora a tutti e per tutto, davvero!
Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
Baci,
Starishadow
 
 

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Capitolo 27
*** Prove it! - part 1 ***


Capitolo 27. Prove it - part 1
 

Circa un mese dopo
 
Era passato quasi un mese da quel giorno, e la situazione al Master Course non era cambiata molto. L’unico avvenimento degno di nota fu la volta in cui Shining, venuto a sapere delle diverse relazioni fra i ragazzi dei vari gruppi,  aveva accettato ma ad una condizione: le coppie avrebbero dovuto guadagnarsi il permesso… con uno dei suoi beneamati giochi.
Otoya aveva sospirato sonoramente, Tokiya e Masato si erano schiaffati una mano sul viso, Ren aveva sogghignato, Ai e Syo erano impegnati in una muta conversazione fra di loro. Reiji era elettrizzato e Ranmaru irritato.
Per questo motivo quel giorno erano tutti radunati in giardino, davanti a quello che sembrava una specie di campo di addestramento militare mischiato ad un percorso avventura degno di Indiana Jones.
«Seriamente?» chiese Ren alzando un sopracciglio.
Shining seguì il suo sguardo, distratto, poi scoppiò a ridere nel suo solito modo, causando ad Otoya di fare un balzo e atterrare fra le braccia di Tokiya.
«Oh no, no, no, Mr Jinguji… quella è la prova per gli altri, voi dovrete entrare… là» e con questo indicò quella che sembrava una casa diroccata che Masato avrebbe potuto giurare che fino al giorno prima non c’era «entrerete togheter, coppia dopo coppia… e dovrete riuscire ad uscirne… insieme» ghignò il presidente, divertito come al solito.
I ragazzi sembravano chiedersi come cavolo ci erano finiti lì.
«Che succede se usciamo separati?» chiese Otoya, vagamente intimorito, e Tokiya strinse la sua presa su di lui. Non c’era pericolo che uscisse senza di lui.
«Oh beh… avrete fallito la prova, naturalmente!»
“Naturalmente” pensò sarcastico Syo, sbuffando. Ai accanto a lui sembrava altrettanto scocciato.
«Ok, ok… finiamola con questa storia» borbottò Ren afferrando Masato dal polso e trascinandolo verso la casa, Shining gli urlò dietro di stare attenti poichè lì dentro avrebbero trovato le loro più grandi difficoltà, poi la porta si chiuse dietro ai due ragazzi.
Otoya strinse nervosamente il braccio di Tokiya, cercando il suo sguardo rassicurante, ma senza successo, il maggiore era impegnato ad osservare la casa e vedere cosa succedeva. Si voltò allora verso Reiji, che sogghignava divertito.
«Mi chiedo come cavolo trovi certe idee… e da dove faccia apparire certe cose» sospirò Ranmaru, con le braccia dietro la testa e un’aria disinteressata in viso.
Ai fece spallucce:
«Probabilmente gliele fornisce sempre il suo pusher» disse candidamente «promozione speciale» aggiunse, per l’ilarità degli altri.
Shining era troppo impegnato a ridere per starli a sentire.
 
Ren e Masato avanzarono nella casa, che seppure era sembrata piccola e dimessa fuori, dentro era molto più grande e molto più cadente. E fredda.
E buia.
«Ren» sussurrò Masato, avvicinandosi al più grande e cercando la sua mano, nonostante prima fosse stato proprio lui ad allontanarsi irritato dal contatto. L’altro ricambiò la stretta, regalandogli un sorriso beffardo:
«Hai paura?» chiese, l’altro sbuffò, facendo sollevare una ciocca di capelli che gli era finita davanti al viso:
«Ti piacerebbe» replicò tentando di lasciare la presa e avviarsi, ma Ren lo trattenne, quando si voltò per protestare, le mani dell’altro ragazzo gli catturarono il viso, e due labbra furono premute fermamente ma con una certa delicatezza sulle sue. Lentamente il suo corpo si rilassò al contatto, come sempre.
«Non possiamo uscire separati, ricordi?» chiese il flirt, ammiccando, e l’altro annuì, mentre si guardava intorno.
«Che cos’è questo posto?» chiese.
«Non ne sono sicuro» ammise Ren «ma ha l’aria familiare, sembra quasi… quel posto»
Masato annuì, anche lui l’aveva pensato. Ma “quel posto” non poteva essere lì… era in un’isola lontana migliaia di chilometri da Tokiyo!
Beh insomma, conoscendo Shining non era da escludere che quello fosse un portale che portava fin lì a dire il vero, ma…
«Masa» Ren lo tirò gentilmente verso un vecchio divano coperto da un telo, e lo spostò con un gesto deciso. Il minore sussultò e aumentò la stretta sulla mano del ragazzo, mentre chiudeva gli occhi.
Ren fece una smorfia:
«È decisamente quel posto… da nessuna altra parte ci sarebbero dei gatti imbalsamati sul divano» disse.
L’altro fu costretto ad annuire, suo malgrado.
Erano finiti, in qualche modo, nella vecchia villa in cui si erano rifugiati una notte, quando quattro anni prima, in una notte particolarmente tempestosa, lui e Ren erano rimasti fuori casa e non erano riusciti a tornare.
«Che cosa dovremmo fare?» chiese a mezza voce il più giovane dei due ragazzi, e il suo sguardo fu attirato da una parte di pavimento dove la polvere era di meno, come se qualcuno vi avesse segnato un percorso.
Esitanti, lo seguirono, fino ad una porticina dove solo un bambino sarebbe potuto entrare.
«Oh no» bisbigliò Ren, fissando con orrore la porta «no per favore, no» implorò.
Masato lo guardò comprensivo:
«Ren… Ren ascoltami» l’altro era troppo spaventato, e cercava con tutto se stesso di sfuggire alla sua presa, alla fine lo scosse bruscamente «Ren!» gli occhi celesti del sassofonista si puntarono sui suoi, carichi di terrore irrazionale «Siamo già stati qui, e sappiamo entrambi cosa succederà appena aperta la porta» disse con calma Masato «e sai quello che non devi fare»
Quattro anni prima, in quella stessa esatta situazione, Ren aveva aperto quella porta, e subito dopo era scappato via urlando, gettandosi nella tempesta e raggiungendo - ancora non sapeva come - casa sua, lasciando indietro l’amico, che aveva passato la notte raggomitolato in un angolo, in preda ai singhiozzi di terrore e rabbia. La mattina dopo suo padre l’aveva ritrovato e rimproverato, oltre che punito, e Ren non aveva avuto il coraggio di guardarlo negli occhi per mesi dopo quel fatto.
«Sei pronto?»
Ren annuì lentamente, mentre con una mano stringeva quella del ragazzo e l’altra la allungava verso la maniglia, assieme a Masato. Contarono fino a tre, poi insieme aprirono la porta.
«È vuota» sussurrò Masato, sorpreso, girandosi verso Ren, che lo guardò sconcertato. Appena voltarono nuovamente lo sguardo verso la porticina, urlarono entrambi di sorpresa, mentre quello che sembrava un vecchio pupazzo di legno cadeva a terra da chissà dove.
Ren si raddrizzò per primo, stavolta tirando Masato con sé, e corse a perdifiato verso la parte opposta della casa, trascinando il minore verso di loro.
Shining era forse impazzito?! Voleva fargli prendere un colpo??
Il pavimento sembrava essere diventato scivoloso, e gli oggetti sembravano continuare a tentare di far inciampare a turno uno dei due, come se cercasse di far perdere la presa che avevano l’uno sulla mano dell’altro.
Ma stavolta Ren non staccò rapidamente la mano da quella del più piccolo, la strinse più forte e continuò a correre, sorreggendo l’altro quando inciampava, e lo stesso faceva Masato.
Finalmente videro la porta.
«Ricordami di ammazzare Shining appena usciamo di qui!» ansimò irritato il minore mentre entrambi acceleravano, in preda alla sensazione che qualcosa li stesse seguendo.
Finalmente le loro mani colpirono la porta violentemente, facendola cedere, ed entrambi ruzzolarono fuori.
La porta si chiuse, come prima, alle loro spalle.
Restarono a terra, ansanti e con il cuore che batteva a mille in gola.
«Lo odio» ringhiò Ren, serrando a pugno la mano che non era ancora allacciata con quella di Masato.
Poco dopo, un viso incorniciato da una cascata di capelli rosei fece la sua comparsa nel loro campo visivo:
«Complimenti, ragazzi!» esclamò allegramente Ringo, aiutandoli a tirarsi su mentre Hyuuga porgeva ad entrambi un bicchiere d’acqua, seccato.
«Che diamine era quella roba??» sbottò Ren afferrando il bicchiere con entrambe le mani e tracannandolo d’un fiato «Potevate anche darmi qualcosa di più forte dell’acqua» protestò poi.
Masato tentava di nascondere il tremore delle mani mentre prendeva il suo bicchiere, ma dentro di sé provava un enorme sollievo al pensiero di essere fuori di lì.
«Beh, tecnicamente non poteva succedervi niente, quindi…» spiegò conciliante Ringo, dando delle piccole pacche sulla testa di Masato che lo fulminò con uno sguardo.
«No, poteva solo venirmi un infarto» sbottò Ren, digrignando i denti «quell’uomo è pazzo!!»
«Ormai è finita» tagliò corto Masato, guardandolo, e Ren rimase interdetto per qualche minuto. Alla fine sospirò e, lentamente, sussurrò:
«Mi dispiace averti lasciato lì da solo, quella volta»
Masato sorrise fra sé e sé, abbassando lo sguardo sulle sue mani.
Gli sembrò troppo ammettere che però, quella notte, almeno nei suoi sogni Ren era tornato indietro per tenerlo al sicuro.
 
«Benissimo, Mr Jinguji e Mr Hijirikawa hanno superato la prova…» dichiarò Shining ridendo, gli Starish tirarono un sospiro di sollievo collettivo.
«I prossimi saranno… mmm… Mr Ichinose e Mr Ittoki… buona fortuna»
Otoya ringraziò il presidente mentre avanzava verso la casa tenendo per mano Tokiya, l’altro borbottò qualcosa come “la fortuna servirà a te appena uscirò fuori di lì”.
«Ehy Toki» sussurrò il rosso mentre raggiungevano la porta, alzando il viso verso di lui, implorante come un bambino spaventato «non lasciarmi, ok?» chiese, sforzandosi di sorridere nonostante il nervosismo.
Tokiya emise una piccola risatina, prima di baciarlo mentre lo abbracciava sollevandolo da terra:
«Piuttosto rimango lì dentro» disse.
Con quello entrarono.
 
Nota dell’autrice: la seguente scena contiene accenni alla violenza e ci saranno degli insulti omofobi, se pensate che possa infastidirvi non leggete oltre, comunque farò del mio meglio per tenermi sul vago in modo da non disturbare nessuno. Non intendo offendere nessuno, è una scena che mi serve unicamente a scopi narrativi, spero possiate perdonarmi. E se per caso sto infrangendo qualche regola di EFP avvisatemi, e toglierò immediatamente la scena! Potete saltare questa parte e ricominciare dalla prossima nota che troverete, che metterò alla fine della scena. Scusate l’intrusione… :)
 
La casa dentro sembrava pulita, e in uno stato relativamente buono… sembrava…
«C-come mai è uguale alla palestra della mia scuola media?» chiese Otoya, spalancando gli occhi. Non gli piaceva quel posto, proprio per niente.
«Non lo so… andiamo avanti, va bene?» chiese Tokiya, tentando di avanzare, ma il più piccolo era paralizzato. Ricordava cos’era successo in quel luogo… e voleva solo correre via, indietro, non avanti verso gli spogliatoi.
«Otoya, andiamo?» lo chiamò dolcemente Tokiya, lui scosse la testa, spaventato, e il più grande lo abbracciò:
«Ehy, ci sono io… non può succederti nulla» mormorò, preoccupato.
Cosa era successo in quella stanza da bloccare a quel modo Otoya?
«Ho paura» ammise il più piccolo.
Una palla iniziò a rimbalzare, apparsa dal nulla. Il più piccolo emise un gemito irrequieto.
«Eccolo, arriva» sussurrò, chiudendo gli occhi e stringendosi a Tokiya, sperando di sparire.
«Hey frocio! Ti fai nascondere dal tuo amichetto, adesso??» chiese una voce sgradevole, e Otoya parve incassare il colpo come una coltellata. Dei passi rivelarono la presenza di un gruppo di ragazzi che si avvicinava  a loro. Tokiya si voltò a fissarli in cagnesco, mentre spingeva delicatamente il compagno dietro di sé.
«Pff come se ci facessi paura, mostro» sorrise un altro.
Otoya tremava come una foglia, la vista offuscata dalle lacrime. Presto sarebbero iniziati i colpi, e la presenza di Tokiya non avrebbe cambiato nulla…
«Lasciatelo in pace» disse il maggiore, con voce incredibilmente ferma, ma gli altri non si fecero scoraggiare, mentre continuavano ad avanzare:
«Siamo in dieci, tu sei uno, che cosa credi di fare?» chiese il più grosso del gruppo, che superava Tokiya in altezza e larghezza… e soprattutto in cattiveria.
Nella realtà non erano così grossi, dovevano essere solo studenti delle medie, ma la paura di Otoya sembrava nutrirli, gonfiarli.
Il rosso chiuse gli occhi, e presto iniziò a sentire dei colpi, non osava guardare.
Sapeva cosa avrebbe visto. Quei ragazzi avrebbero afferrato Tokiya per i capelli, gli avrebbero bloccato le braccia dietro la schiena e lo avrebbero spinto a terra, carponi… e a quel punto… a quel punto…
“Fai qualcosa” si disse, spaventato “fai qualcosa!!”
Ma cosa??
Suoni di colpi raggiunsero le sue orecchie, insieme a dei piccolissimi gemiti di dolore che Tokiya non riusciva a trattenere.
Otoya aprì gli occhi di scatto, d’un tratto la paura era sparita. Non poteva sopportare che le sue paure facessero del male a Tokiya, non l’avrebbe permesso.
«Lasciatelo stare» dichiarò, con una voce ben lontana dal suo solito timbro giovanile e allegro. Questo era un tono basso. Freddo. E minaccioso.
Il gruppo di ragazzi si voltò, e questo diede il tempo a Tokiya di liberarsi e rialzarsi.
Se era spaventato, o sorpreso dal cambiamento di Otoya, non lo dava a vedere.
«Adesso giochi a fare l’eroe, checca?» rise uno del gruppo.
Otoya lo fulminò con un’occhiataccia:
«No, faccio solo quello che avrei dovuto fare parecchio tempo fa» con quello sferrò una ginocchiata nel basso ventre del ragazzo, e come quello si piegò a terra dal dolore, colpì gli altri più vicini, mentre Tokiya si occupava di mettere fuori combattimento gli altri.
Nonostante ciò, il numero di ragazzi parve aumentare, e i due idols presto si trovarono a non riuscire più a gestirli. A quel punto Otoya cercò la mano di Tokiya e cominciò a correre lontano.
Avevano quasi raggiunto la porta quando ci fu uno strattone, e Otoya sentì la mano del più grande che si staccava dalla sua.
«TOKIYA!» esclamò, voltandosi.
Vide il ragazzo che amava circondato da energumeni tanto grossi da coprirlo quasi del tutto, i vide iniziare a pestarlo. Eppure la porta, l’uscita e la sicurezza erano così vicini…
No, non poteva fare una cosa simile…
… però a Tokiya lui non sarebbe stato affatto utile.
Tokiya, intanto, nonostante tentasse con tutto se stesso di difendersi, sapeva di non avere molte chances di riuscire a liberarsi di quella massa di ragazzi, e quando finì a terra vide Otoya, vicino alla porta, che lo fissava in preda al panico.
«Vattene» disse, mentre incassava un colpo all’altezza dell’addome «Va’via!»
 
Nota dell’autrice: la scena è finita, da qui c’è solo quando escono. Per chi non avesse letto, in poche parole un branco di ragazzi molto più grossi di Tokiya ha iniziato a pestarlo, e Otoya ha tentato di tirarlo via, ma ora Tokiya è bloccato da quelli, Otoya vicino alla porta, e il più grande gli ha detto di andare via senza pensare a lui. Mi scuso ancora per il disagio! :)
 
Otoya lo sentì, e quelle parole parvero scuoterlo.
«No che non me ne vado» disse, aggrottando le sopracciglia e correndo di nuovo verso il ragazzo.
Si aspettava di essere bloccato, colpito, invece poté raggiungere tranquillamente Tokiya e trascinarlo verso la porta.
Quando riuscì ad aprirla e crollò fuori di essa insieme ad un Tokiya livido e sanguinante, era in preda alle lacrime.
«M-mi disp-p-iace T-Toki» singhiozzò, stringendo a sé il maggiore, che ricambiò l’abbraccio.
Furono raggiunti da un Masato preoccupato e un Ren imbestialito che inveiva contro Shining, poi Ringo intervenne e si prese cura di Tokiya, rassicurando Otoya che non erano ferite gravi, e sarebbe stato meglio entro poco.
«Quell’uomo è pazzo» sospirò Masato, e Ren annuì, scuro in viso.
Il presidente l’avrebbe sentito, eccome se l’avrebbe sentito!!
 
*********************************
Nota dell'autrice: questo capitolo è più un tentativo... se non dovesse piacervi, posso toglierlo senza problemi.
Mi scuso ancora per la scena di Tokiya e Otoya, ma mi serviva ai fini della storia, più o meno, per spiegare poi un paio di cose su Otoya, spero di non aver infastidito nessuno. Se così fosse, ripeto, sono disponibile a cancellare il capitolo. Se invece fosse piaciuto, sarò felice di mettere domani la parte 2 :) fatemi sapere come preferite!
Per ora, grazie di aver retto fin qui!
Buonanotte/giorno/ecc a tutti!!

Baci,
Starishadow

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Capitolo 28
*** Prove it! - part 2 ***


Capitolo 28. Prove it! - part 2

«E anche Mr Ittoki e Ichinose hanno superato la prova… chi saranno i prossimi a…»
«Noi, facciamola finita con questa pazzia» sbottò Syo, avviandosi insieme ad Ai verso la casa.
Aprirono la porta e si lanciarono uno sguardo, annuendo determinati. Ne sarebbero usciti insieme, come sempre.
L’interno della casa era assolutamente vuoto, e i due ragazzi si guardarono, confusi… che cosa doveva voler dire quello?
Syo fece un passo avanti, sorpreso quando la mano di Ai si attaccò alla sua e la strinse. Non fece in tempo a dire nulla che l’altro, tentando di fare il sostenuto, disse:
«G-giusto in caso pensassi di svignartela senza di me»
Syo sogghignò:
«Se è solo per questo, perché stai balbettando?»
«N-non sto balbettando!»
Syo soffocò una risata e scompigliò i capelli al minore, anche se in fondo anche le sue mani stavano tremando, sebbene la cosa lo seccasse da morire.
«Ok, andiamo» sbuffò Ai trascinandolo verso la porta.
Quando raggiunsero il mezzo della stanza, il terreno iniziò a tremare, e presto i due si trovarono separati dalla forza delle scosse che li fece cadere a terra e rotolare uno da una parte e uno dall’altra della stanza.
Quando il tremore finì, entrambi balzarono in piedi, chiamando l’uno il nome dell’altro, ma non i loro occhi non scorsero altro che nebbia, fitta e densa come un muro.
«Ai!!» urlò Syo, tentando di avanzare nella nebbia, senza alcun successo.
Alla fine un’ombra emerse, ancora scura e incerta nella nebbia, ma prima che Syo potesse tirare un sospiro di sollievo, riuscì a notare che non era Ai, quella sagoma era troppo alta e troppo grande per essere lui. I suoi muscoli si irrigidirono immediatamente, mentre lui si preparava a reagire.
L’ombra sembrava avere due figure più piccole in braccio, e presto gli fu abbastanza vicina da poter distinguere qualcos’altro, come dei colori… come dei capelli biondi identici ai suoi, e altri color ciano.
Il suo cuore parve stringersi dolorosamente.
La nebbia si diradò, e davanti a lui un uomo senza volto teneva in braccio le sagome incoscienti e immobili di Kaoru e Ai. Prima che l’idol potesse fare altro oltre a guardare, la sagoma li aveva afferrati entrambi dal collo e glieli sventolava davanti come fossero pupazzetti.
«Lasciali» ringhiò il ragazzo, pallido di paura e rabbia.
La figura non si mosse.
«Scegline uno» disse, con voce profonda e fredda, che fece correre brividi lungo la schiena del ragazzo.
«Non posso scegliere!» esclamò, nel panico, mentre quello continuava a sballottare suo fratello e il suo ragazzo davanti ai suoi occhi. Tentò di afferrare entrambi, ma quello li sollevò oltre la portata della sua mano.
«Uno sarà salvo, l’altro…»
Syo si accigliò.
Un momento…
Shining non poteva essere così bastardo! Non avrebbe davvero fatto del male a Kaoru o Ai… e comunque, Kaoru in quel momento era al sicuro nella sua scuola… no?
Con un sorrisino sicuro di sé, tese le braccia verso Ai e l’altro lo lasciò cadere malamente fra esse, per poi sparire insieme al suo gemello.
Una parte di Syo continuava a sperare che avesse fatto la cosa giusta, e che Shining avesse ancora un po’ di sale in zucca.
Fu in quel momento che si accorse che Ai sanguinava, e anche copiosamente.
Spalancando gli occhi, Syo si chinò a terra, fino a quando non fu seduto con Ai poggiato al petto. Che diamine stava succedendo?? Shining non poteva essere impazzito così tanto, no?
«Ai-ai?» chiamò, esitante, mentre sfiorava il viso del minore, contratto in una smorfia di dolore, il suo cuore che martellava dolorosamente contro le costole.
Gli occhi ciano dell’altro ragazzo si aprirono faticosamente.
«S-Syo?» balbettò a stento, la voce raschiante e stentata, e un rivolo di sangue uscì anche dalle sue labbra, strappando un gemito angosciato all’idol più grande.
«Che cosa è successo?» chiese il biondo, per poi ripensarci «Anzi no, non dirlo… che cosa posso fare?! Merda, io…» fece scivolare Ai a terra, e poi premette le mani sulla ferita, tentando di bloccare il liquido vermiglio, ma quello parve prendersi gioco della barriera che formavano le sue dita e passò dalle fessure fra esse, sporcandole.
Gli occhi di Syo bruciavano in maniera insopportabile. Come era potuto succedere? Cosa doveva fare? Che diamine voleva fare Shining??
Le mani di Ai spostarono le sue e il ragazzino gli rivolse un sorriso tremolante per il dolore e la paura.
«Vai» sussurrò, indicando con un piccolissimo cenno la porta, Syo scosse la testa:
«Non senza di te… non voglio mica essere picchiato dagli altri Quartet Night» disse, tentando di mantenere un minimo di controllo, ma senza molto successo.
«Sei in pericolo» rantolò l’altro, chiudendo gli occhi, mentre altro sangue usciva dalle sue labbra, e Syo sentiva anche il suo viso bagnarsi lungo le guance.
«Ai»
«Vai via, Syo… ti amo»
Con quello, Ai divenne sempre più immobile, e i tentativi di Syo di chiamarlo, scuoterlo o urlare il suo nome furono inutili.
Osservò la porta, ormai visibile man mano che la nebbia spariva sempre di più, e dopo altri minuti passati a fissare inorridito il corpo dell’altro ragazzo, si avviò esitante verso di essa, ma ben presto fu assalito da capogiri terribili, e la sua vista divenne sempre più scura. Quando tutto divenne nero, era certo che avrebbe urtato il terreno, ma non sentì mai l’impatto.
 
«SHINING SEI IMPAZZITO??»
«IO LO AMMAZZO, QUESTA È LA VOLTA BUONA CHE LO AMMAZZO!»
«CALMATI REN! NON RIESCO A PARLARE AL TELEFONO!»
«MI SENTI BRUTTO STR***O? APPENA TI METTO LE MANI ADDOSSO SEI UN PAZZO MORTO!!»
«REN BASTA!!!»
Syo aprì lentamente gli occhi, per poi chiuderli subito come la luce del sole li ferì, mentre lentamente riconosceva le diverse voci. Le prime due erano quella di Ringo Tsukumiya e di Ren, sebbene la seconda fosse resa irriconoscibile dalla rabbia, l’ultima infine era quella di Otoya.
Il biondino si tirò su a sedere lentamente, mentre le sue orecchie coglievano anche il rumore di colpi di tosse violenti, misti a brevi momenti in cui la persona sembrava riuscire a prendere aria.
Si guardò intorno.
Otoya era accovacciato vicino a lui, ma in quel momento gli dava le spalle, Ringo era poco lontano e parlava concitato al telefono, con Ren di fianco che sbraitava e Masato che tentava in tutti i modi di tenerlo zitto e fermo, senza molti risultati, quando Syo si voltò verso il punto da cui venivano i colpi di tosse, il mondo si pietrificò.
Ai.
Ai che doveva essere morto, che aveva sanguinato, che era diventato immobile e freddo davanti ai suoi occhi
… era lì.
Seduto con le ginocchia al petto e il viso poggiato su di esse, con Tokiya che gli massaggiava la schiena con piccoli movimenti circolari e gli sussurrava piccole parole rassicuranti, mentre Hyuuga tentava di assisterlo come meglio poteva.
«Ai» esclamò, attirando l’attenzione di tutti.
«Syo-kun! Sei vivo!!» fece Otoya, sorridendo, Ren smise di urlare minacce al presidente al telefono per voltarsi verso di lui, e i suoi occhi si illuminarono in un modo che Syo non gli aveva mai visto fare. Anche Masato sembrava essere infinitamente sollevato.
Ringo, ancora al telefono, sorrise e lo salutò con la mano, Hyuuga gli fece un cenno così come Tokiya.
Ai alzò il viso e incontrò i suoi occhi; il suo sguardo era uno di assoluta incredulità, mentre lentamente il sollievo prendeva il sopravvento sul terrore, e si aprì in un sorriso che avrebbe potuto far concorrenza a tutti gli astri più luminosi e farli vergognare di non brillare abbastanza.
«Syo» sussurrò.
Entrambi scattarono in piedi, e incuranti degli sguardi che avevano addosso, si corsero incontro, raggiungendosi a metà strada.
Syo si sentì sollevare da terra quando Ai lo afferrò, ma per quella volta decise di non protestare, mentre le sue labbra cercavano avidamente quelle del ragazzo più piccolo, come se anche loro volessero la prova che tutto quello fosse reale. Quando esse furono abbastanza soddisfatte e sicure che non si trattasse di un sogno,  i due ragazzi si allontanarono, Ai con le braccia attorno alla vita di Syo e Syo con le mani sul viso di Ai.
«Credevo che fossi morto!» ansimarono entrambi, con il panico negli occhi al ricordo di ciò che avevano visto.
«M-ma tu mi sei morto d-davanti a-agli oc-cchi!» balbettò Syo, ancora incapace di prendere atto di ciò che aveva visto.
«E-e tu mi sei crollato fra le braccia!» replicò Ai, preoccupato.
Entrambi erano confusi, ma Tokiya si schiarì la voce e reclamò la loro attenzione. I due si voltarono, ma si rifiutarono di sciogliere il contatto fra di loro.
«Questo forse possiamo spiegarvelo» sorrise tristemente Ringo, infilandosi il cellulare in tasca «vedete… l’Ai-chan che Syo-chan ha visto morire, era solo un ologramma, una proiezione… come tutto in quella stanza. Ai-chan ha intanto dovuto vedersela con le sue visioni, e poi, quando è riuscito a superarle, ha afferrato Syo-chan, sull’orlo del collasso, e siete usciti entrambi… Shining non aveva previsto che tu potessi… ecco… sentirti tanto male» Ringo arrossì e abbassò lo sguardo, mentre Syo avvampava di frustrazione. Perfetto, ora non poteva nemmeno tenere il passo delle follie del presidente?!
«NON L’AVEVA PREVISTO PERCHÉ È UN PAZZO! VA CHIUSO IN UN MANICOMIO E BUTTARE VIA LA CHIAVE! LASCIARLO LÌ FINCHÈ NON MARCISCE!!!» sbraitò Ren, paonazzo in viso, cacciando via malamente Masato che tentava di trattenerlo.
«Ren, fare così non aiuta» sospirò Tokiya, mentre Otoya si nascondeva dietro di lui, preoccupato per l’amico ma anche intimidito dal suo atteggiamento.
«ICHI MA TI SEI VISTO LA FACCIA??»
La mano di Tokiya volò al suo zigomo destro e poi al labbro inferiore, entrambi i punti gonfi e lividi, Syo spalancò gli occhi, notandolo solo in quel momento.
«Che cosa…?» chiese, ma notando lo sguardo depresso di Otoya decise di non indagare per il momento.
«Rei-chan e Ran-Ran stanno per entrare» comunicò Ringo osservando un monitor lì vicino, Ren ringhiò qualcosa e si sedette per terra, ancora stizzito, Masato sospirò e gli diede un piccolo bacio sulla fronte, prima di raggiungere Hyuuga dall’altra parte.
Per lo meno adesso Ren sembrava più tranquillo.
Ai e Syo si guardarono, mentre lentamente i loro cuori tornavano ad un ritmo regolare.
«Non credevo che… sarebbe stato…» iniziò Syo.
«… così. Ormai mi aspetto qualsiasi cosa da Shining» concordò Ai.
«Oh e fai bene, Ai-chan… guardate un po’» chiamò Ringo, e i due si avvicinarono allo schermo assieme a Tokiya e Otoya.
Otto paia di occhi e quattro bocche si spalancarono dalla sorpresa nel vedere cosa aspettava i due senpai una volta aperta la porta.
Ai in particolare rabbrividì.
 

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Capitolo 29
*** Prove it! - part 3 ***


Capitolo 29. Prove it! - part 3


«Mmm… Ran-Ran?» iniziò Reiji, esitante, mentre Ranmaru iniziava ad aprire la porta, l’altro lo guardò senza parlare «sai che, qualsiasi cosa succeda dentro questa casa… ti amo… vero?»
Lo sguardo dell’idol tsundere era illeggibile, e per un lungo momento non disse nulla.
Avrebbe dovuto dire, probabilmente, qualcosa come “certo che lo so, ne usciremo insieme” o altre cose simili, ma in realtà non ne era poi così sicuro.
Da tempo ormai Reiji con lui era come assente; faceva del suo meglio per non farlo notare, tentava di essere il solito e soprattutto di non comportarsi diversamente con lui, ma il più giovane ormai non poteva più fare a meno di chiedersi cosa potesse vedere Reiji mentre lo guardava… vedeva i suoi occhi bicolore, o quelli acquamarina di Aine?
Aveva detto di essere pronto a farsi da parte, se Reiji avesse voluto, ma era questo il problema: non riusciva a capire che cosa voleva il compagno, l’altro lo abbracciava, lo baciava e lo stuzzicava come sempre, ma poi si perdeva dietro a qualche fantasma che ricompariva, e Ranmaru era lì a tenerlo intero… eppure… possibile che Reiji non si fosse ancora accorto che anche lui stava crollando? Che vederlo così era la peggiore delle torture? E non capiva che aveva bisogno di una risposta??
«Lo so» disse infine, bruscamente, e poi aprì la porta.
Come fecero un passo verso l’interno, si sentirono precipitare. Reiji inspirò bruscamente, e subito dopo fu avvolto dall’acqua, che gli entrò nel naso e iniziò a bruciare...
Aqua. Sale.
Acqua salata.
Mare.
“Non ci posso credere, Shining sei un brutto pezzo di…” pensò, mentre nuotava forsennato fuori, verso la superficie.
Riemerse e prese fiato, iniziando a guardarsi attorno alla ricerca di Ranmaru, sollevato di vederlo riemergere a sua volta poco lontano. Nuotarono uno verso l’altro, l’espressione sorpresa e allarmata.
«Acqua?» chiese Ranmaru, incredulo «Che ha nel cervello quell’uomo?!»
Reiji scosse la testa, mentre dentro di sé correggeva la domanda del ragazzo con “dove ha il cuore quell’uomo”.
L’acqua, se ne accorgeva ora, non era ferma, era agitata, come se ci fosse il mare mosso, e le onde iniziavano a sollevarli al loro passaggio.
Qualcosa stava arrivando, poteva sentirlo.
«Ranmaru» disse, troppo serio per usare il suo solito soprannome «dobbiamo nuotare verso quella porta!» indicò la via d’uscita con una mano, prima che entrambi iniziassero a nuotare in quella direzione.
«Aspetta» disse il rockettaro dei Quartet Night, notando che qualcosa lo appesantiva nel nuotare - si stava quasi scordando quello che gli avevano sempre insegnato sull’acqua -  Reiji si voltò a guardarlo, una certa urgenza negli occhi «togliti le scarpe, e la giacca… tutto quello che può rendere difficile nuotare» spiegò poi, iniziando a slacciarsi le scarpe,  imitato subito da Reiji.
Poco dopo ricominciarono a nuotare, le onde che li spazzavano da una parte e dall’altra sempre più alte e frequenti.
Reiji nuotava tenendo d’occhio Ranmaru, mentre il rimorso lo divorava. Era per lui che si era formata quella location, era colpa sua se ora erano in acqua… aveva temuto potesse succedere una cosa simile…
D’un tratto, Ranmaru emise un verso di sorpresa e parve venire tirato sott’acqua.
«Ranmaru!» esclamò il maggiore, mentre lottava con la sua paura per immergersi e salvarlo.
Il suo corpo, però, non rispondeva ai comandi, era pietrificato, l’unico movimento che era disposto a fare era nuotare verso la salvezza.
Ma non poteva lasciare Ranmaru lì… anche se una parte di sé diceva che Shining l’avrebbe tirato fuori prima che affogasse (o se non Shining, almeno qualcun altro), un’altra parte temeva che non avrebbe fatto in tempo.
“Andiamo razza di idiota, non puoi perdere anche lui!” si disse, imponendosi di inspirare profondamente, poi trattenne il fiato e si immerse nell’acqua gelida e costrinse i suoi occhi a restare aperti mentre bruciavano da impazzire.
Vide Ranmaru che si agitava, bolle d’aria che iniziavano a uscire dalle sue labbra.
“No! Ran-ran resisti” implorò, nuotando di più verso di lui.
Vide che cosa stava trattenendo il ragazzo, e per poco non buttò fuori tutta l’aria per la sorpresa: una mano era attaccata alla caviglia di Ranmaru, e una persona sembrava cercare di tenerlo sotto nonostante lui si ribellasse.
Non vedeva chiaramente, con la poca luce che in qualche modo era arrivata fin lì e il sale negli occhi, ma non aveva bisogno della vista per riconoscere quei capelli color ciano e quei vestiti.
“Non è possibile, non è possibile!!” pensò, afferrando Ranmaru e tentando di strapparlo alla presa dell’altro.
Non era possibile e non era reale, specie ora che sapeva che quel ragazzo non era da qualche parte nel fondo del mare ma in un lettino d’ospedale, ma questo non cambiava il fatto che ora stava trattenendo il suo Ranmaru sott’acqua, e quello stava iniziando ad affogare.
Tentò con tutte le sue forze di tirarlo fuori, ma la presa non si affievoliva. R anmaru si muoveva sempre di meno, mentre i suoi polmoni imploravano di ricevere aria.
Reiji fissò in viso l’altro ragazzo… erano anni che non vedeva Aine, ma non aveva dimenticato nemmeno un dettaglio.
“Lascialo andare” lo implorò con uno sguardo, che l’altro ricambiò senza una vera espressione in viso “resto io con te” aggiunse, ed ebbe la folle impressione che quello lo capisse. E scosse la testa, con un sorriso cattivo sulle labbra. Quel sorriso, quell’espressione… Aine non li avrebbe mai avuti. Aine non avrebbe mai fatto una cosa simile!
Reiji chiuse gli occhi e sferrò il calcio più potente che riuscì a dare, e approfittando della sorpresa di quello che sembrava Aine ma non era lui, liberò Ranmaru e cominciò a nuotare con tutte le sue forze verso la superficie, mentre l’altro ragazzo cominciava ad espirare. “Ancora un po’ Ran-ran, ancora un po’” implorò, finalmente emersero, e Ranmaru prese aria, disperato, tossendo e inspirando subito dopo.
Reiji si sentiva male, gli bruciavano gli occhi, tremava, una sensazione di angoscia gli attanagliava lo stomaco…
…e qualcosa l’aveva afferrato alla caviglia.
Vide che Ranmaru ora era al sicuro, avrebbe potuto nuotare verso la salvezza… e con un po’ di fortuna avrebbe potuto chiedere aiuto agli altri ragazzi, magari Ai… nemmeno quella versione distorta di Aine avrebbe potuto far male al suo fratellino, no?
Con quei pensieri in mente, smise di resistere e, trattenendo nuovamente il fiato, si lasciò tirare di nuovo sotto, senza opporre resistenza.
Vide di nuovo quel viso davanti a sé, e allungò una mano per sfiorarlo, quello sorrise, stavolta nel modo in cui avrebbe fatto Aine. Reiji fece a sua volta un sorriso triste, chiudendo gli occhi che ora bruciavano troppo per poterlo sopportare.
Il petto cominciava a fargli male.
“Non può essere reale, eppure…” si disse “se ora smettessi di trattenere il fiato annegherei di sicuro…”
Il sorriso dell’altro sembrava incitarlo a farlo.
Pensò a Ranmaru, alla sua espressione perennemente imbronciata, al suo rarissimo sorriso che di tanto in tanto riusciva a strappargli, all’espressione appassionata che gli compariva in viso ogni volta che cantava e suonava…
“Ti amo, Ran-ran, ti amo!” pensò disperato, stringendo gli occhi mentre i suoi polmoni sembravano esplodere, e l’altra figura lo teneva sempre più avvinghiato.
Qualcosa gli passò vicino, velocemente, e poco dopo la presa su di lui scomparve, riaprì gli occhi, sorpreso, e sebbene la sua vista fosse seriamente danneggiata dal sale in quel momento, riuscì a distinguere Ranmaru e l’altro ragazzo impegnati in quella che sembrava una lotta furibonda sottacqua.
Avrebbe voluto aiutare uno dei due, anzi entrambi, sia Ranmaru che gli dava le spalle, sia Aine che aveva un’espressione di infinita tristezza, simile a quella che aveva avuto l’ultima volta che l'aveva visto, ma l’istinto di sopravvivenza ebbe la meglio su di lui, e si trovò a nuotare ancora una volta in superficie, inspirando come se volesse riempirsi di tutta l’aria disponibile appena la sua testa affiorò.
Tossì un paio di volte, poi prese di nuovo aria.
Era pronto ad immergersi di nuovo per aiutare Ranmaru, ma l’idol dai capelli argentati apparve vicino a lui, e gli prese il viso fra le mani, ansimante e preoccupato:
«Sei pazzo, Reiji?» gli chiese, lui aggrottò le sopracciglia, gli occhi ancora feriti dall’acqua, e sentì la fronte dell’altro premuta sulla sua «Perché non hai fatto nulla?» la voce di Ranmaru era irritata, ma ormai Reiji era diventato bravo a capirne le sfumature, e c’era disperazione nascosta in quelle parole.
Gli rivolse un sorriso triste, la vista appannata:
«Meglio io che tu» sussurrò, catturando le sue labbra e lasciando che i suoi occhi lacrimassero mentre baciava Ranmaru e sembrava tornare a respirare come prima.
Si era sbagliato quando, sott’acqua, aveva pensato che come fosse riuscito a prendere aria sarebbe stato bene… era Ranmaru quello di cui aveva bisogno, era sempre stato lui… era Ranmaru la sua aria, la sua terra, il suo sole… e anche se sapeva che, se gliel’avesse detto, il minore gli avrebbe tirato in testa la tastiera di Ai (se non Ai stesso), aveva bisogno che l’altro lo sapesse. Era stato un bastardo con lui negli ultimi tempi, arrivando a dubitare entrambi del loro amore…
«Se usciamo vivi di qui» ansimò «e dopo che avrò ammazzato Shining nel modo più violento possibile» aggiunse, baciando una guancia bagnata di Ranmaru «ricordami di dirti che ti amo ogni minuto che passa, okay?»
Ranmaru lo guardò con aria dolce e vagamente triste, prima di indurire di nuovo il suo sguardo e assumere un’espressione irritata:
«Tsk, pensa piuttosto a farci uscire di qui, idiota… e a prepararmi la cena ogni giorno»
Reiji scoppiò a ridere, mentre attorno a loro le onde - che prima avevano iniziato a diminuire - si fermavano completamente, e la luce sembrava aumentare all’interno della stanza, l’acqua resa trasparente.
«Ti amo, Ran-ran» sorrise.
L’altro non poté trattenere un sorrisino, e dopo avergli sfiorato di nuovo le labbra, iniziò a nuotare:
«Muoviti, Kotobuki, ho fame!»
Ancora ridendo, Reiji lo seguì, e spalancarono insieme la porta, uscendo fuori e trovandosi davanti lo sguardo terrorizzato di Ai, Syo e Hyuuga, mentre poco lontano Ren - dall’espressione decisamente infuriata - tentava di aiutare Tokiya e Masato a calmare un Otoya in preda ai singhiozzi più violenti.
Ringo si fiondò su di loro e li abbracciò:
«Pensavo che sareste morti lì dentro!!» esclamò con voce rotta.
«Tsk, ci vuole più di un po’ d’acqua per farmi fuori!» sbottò Ranmaru, liberandosi della presa dell’amico dai capelli rosa «Ma Shining sarà più che morto appena avrò finito con lui» aggiunse.
Ren, Ai, Syo e Tokiya lo fissarono:
«Appena avremo  finito con lui» disse Syo, irritato.
«Gli conviene non farsi vedere» concordò Ren, facendo scrocchiare le nocche, per poi trovarsi Otoya attaccato addosso e ancora in lacrime
«Otoya… stanno bene, vedi?? Ora siamo tutti al sicuro, tutti tranne Shining» disse, imbarazzato, mentre tentava di rassicurare il secondo membro più giovane del gruppo, che però sembrava inconsolabile, guardò Tokiya «Ichi…?» chiese, in cerca di aiuto.
«Otoya» sussurrò dolcemente quello, sorridendo «ehy cucciolo…»
Tutti alzarono le sopracciglia a quelle parole… Tokiya era capace di usare soprannomi del genere? Certo, probabilmente “cucciolo” era la prima cosa che veniva in mente vedendo Otoya, ma nessuno avrebbe mai pensato che il ragazzo più serio e freddo del gruppo potesse arrivare a tanto.
Otoya si staccò da Ren e si asciugò gli occhi, guardando il suo ragazzo, con il labbro inferiore che tremava:
«V-voglio Shining» mormorò, Tokiya si accigliò, confuso «e appena lo vedrò, io…»
Le sue successive parole fecero correre un brivido lungo la schiena a tutti, Ren, Ranmaru e Syo inclusi… se i loro piani comportavano morti atroci e dolorose, quello di Otoya era quasi… diabolico.
Masato fece un passo indietro, allontanandosi dal ragazzo dai capelli rossi, così, giusto per sicurezza.
Reiji, che finalmente era stato liberato dalla presa di Ringo grazie all’intervento di Hyuuga, raggiunse Ranmaru e lo strinse da dietro, alzandosi sulle punte per posare il viso sulla spalla del ragazzo. «Grazie, Ran-ran» sussurrò, l’altro sorrise fra sé e sé.
Non c’erano speranze che si mostrasse dolce o premuroso verso il suo compagno davanti a tutti come facevano Tokiya o Ai… che diamine, lui aveva una reputazione!!  


******************
Nota dell’autrice: saaaalve a tutti!! Buona domenica! ^^
E con questo di concludono le sfide… eheheh ora… cosa faranno i nostri amati idols a Shining? E non solo loro, perché, ricordiamoci che…
Natsuki è mooolto attaccato al suo Syo-chan, Camus in fondo - molto in fondo- si preoccupa per i suoi compagni (o almeno nella mia FF, dove come si è notato ignoro bellamente quasi tutte le notizie della wikia xD), e… no, Haruka era ed è e sempre sarà inutile ahahah!
Oh, nel caso non l’avessi fatto notare bene mentre scrivevo (cosa possibilissima, dato che per il mio povero cervellino è ancora presto xD) l’Aine descritto in questo capitolo non ha nulla a che vedere con il “vero” Aine che viene descritto nei flashback in questa fic ^^ lo dico solo per evitare equivoci ahaha
Detto questo… mi metto a dormire ascoltando “You’re my life” dei Quartet Night *O* quanti di voi l’hanno sentita?? ^^ *curiosa*
Ah giusto!! Domanda abbastanza importante: quanti di voi hanno letto la parte di Otoya sulla Wiki? Mi serve per farmi un’idea e decidere per una futura FF se mettere o meno una cosa… chi sa dovrebbe avere una mezza idea di cosa intendo ahaha ^^
Con ciò… Buona giornata a tutti!! E come sempre un GRAZIE grande quanto il Master Course e anche di più a chi recensisce, legge, segue eccetera! ^^
Baci,
Starishadow!  

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Capitolo 30
*** Pictures ***


Capitolo 30. Pictures
 
«Forse abbiamo esagerato…»
«Dite che è ancora vivo?»
«Mmm… non saprei… a voi pare che respiri?»
«OH MIO DIO ABBIAMO APPENA UCCISO IL PRESIDENTE DELLA SHINING AGENCY!!»
«Otoya, datti una calmata! Ma sei sicuro di non avere disturbi della personalità, tu??»
Masato, Tokiya, Ren e Otoya osservavano la sagoma incosciente del loro presidente con quattro espressioni diverse: il primo sembrava vagamente pentito, il secondo era allarmato, il terzo non riusciva a nascondere un piccolissimo sorrisino e il quarto… era in preda al panico, correva da una parte all’altra e si strappava i capelli, almeno fino a quando Ren non lo acciuffò dal colletto della maglia e lo lanciò - letteralmente - fra le braccia di Tokiya.
Intanto, poco lontano, Ai era tornato accanto Syo, con i capelli ormai sciolti e una guancia arrossata per qualche colpo ricevuto, e sembrava intento a discutere con un Kaoru sconvolto.
“Quand’è che le cose hanno iniziato a degenerare?” si chiese Hyuuga, osservando la situazione, mentre Ringo raccoglieva la sua parrucca da terra e la puliva ossessivamente.
 
Più o meno dieci minuti prima
 
Shining fece la sua gloriosa comparsa, seguito da Natsuki, Cecil, Camus e Haruka, ma non fece in tempo a smettere di ridere che un pugno gli fu ben piazzato in viso.
«Ren!!» esclamò Masato, correndo verso il ragazzo e tentando di trattenerlo per impedirgli di infierire sull’uomo. Certo, era infuriato anche lui, specie visto che Syo era uscito da quella casa pallido come un cencio e ora si teneva una mano sul petto, nonostante prima sembrasse stare bene, ma non voleva che Ren si cacciasse in qualche guaio per aver colpito quello che, seppur stravagante e non completamente stabile di mente, era comunque il loro presidente.
Shining, in ogni caso, non sembrò essere turbato dal colpo, quasi non l’avesse sentito, il che non fece che irritare anche di più il flirt della band, che ben volentieri si sarebbe scagliato nuovamente addosso a lui, se non fosse stato per il ragazzo che amava che gli si era attaccato al busto e lo tratteneva con tutte le sue forze.
«CHE DIAMINE HA AL POSTO DEL CERVELLO, UN CAVOLFIORE?!» sbraitò a quel punto Reiji, avanzando a sua volta, spalleggiato da Otoya, che sebbene non emanasse più l’aura omicida di prima, conservava un cipiglio abbastanza inquietante.
«POTEVAMO MORIRE!» aggiunse Ranmaru, furioso.
«E TOKI ADESSO HA IL VISO SFIGURATO!» sbottò Otoya, superando il suo senpai e trovandosi faccia a faccia con il presidente.
«Ora non esageriamo» sussurrò Tokiya, tenendosi in disparte come al solito. Sarebbe intervenuto solo in una certa circostanza…
Shining rimase in silenzio, stranamente serio mentre dietro di lui Natsuki strillava “Syo-chan” e si precipitava verso il biondino, attirando l’attenzione di tutti.
Ai afferrò al volo Syo che lentamente stava crollando a terra, con gli occhi color ciano spalancati dallo spavento:
«Syo?!» esclamò, inginocchiandosi a terra assieme all’altro, che respirava male e si stringeva la maglia sopra il petto.
Teneva gli occhi chiusi e aveva una smorfia in viso, ma stavolta non sembrava essere grave come la precedente… se questo poteva essere di aiuto.
Tutti gli Starish impallidirono, così come i vari insegnanti o senpai, e persino Shining riuscì ad assumere un’espressione di preoccupazione.
Nanami sgranò gli occhi e si coprì la bocca.
«Syo-chan, cosa… che cosa dobbiamo fare?!» balbettò Ringo, mentre si sentiva tirare via da qualcuno. Pochi secondi dopo, Masato era inginocchiato davanti a Syo, con un’ espressione calma che riuscì a rassicurare in parte sia Syo che Ai, una boccetta di pillole in mano e una bottiglietta d’acqua nell’altra, il biondo lo osservò, confuso e sollevato nel riconoscere le medicine.
«T-tre» balbettò, tendendo una mano tremante, e Masato lentamente vi fece cadere tre pillole, che Syo fu rapido a deglutire senza battere ciglio.
Lentamente, la stretta sul suo petto parve diminuire, così come i tremiti che lo scuotevano. Lentamente il suo respiro tornò normale, e il suo cuore parve decidere che era ora di tornare a fare normalmente il proprio lavoro. Sentì Ai tirare un sospiro di sollievo, mentre la sua presa su di lui diventava più rilassata.
Masato gli rivolse un piccolo sorriso prima di rialzarsi, e beccarsi un’occhiata sbalordita da tutti gli altri.
«C-che c’è? Dopo quella volta ho chiesto a K-Kaoru san che cosa dovevamo fare s-se…» arrossì, non apprezzando tutta quell’attenzione.
«Grazie» sussurrò Syo alle sue spalle, mentre si alzava aiutato da Ai, che però ora aveva uno sguardo seriamente preoccupante.
Ren nascose un moto di orgoglio per il suo amico d’infanzia, che era da sempre la persona dalla mente più calma nelle situazioni di panico, e tornò a rivolgersi a Shining:
«Visto cosa ha fatto?» chiese, minaccioso, mentre serrava le mani a pugno, e Shining fece un piccolissimo passo indietro.
«Non le importa davvero nulla di noi?! Potevamo morire sul serio!» aggiunse Reiji, incrociando le braccia.
«E… che bisogno c’era di tirar fuori certi ricordi?!!» aggiunse Otoya, sull’orlo di un’altra crisi di pianto… o di identità?
«Io non avevo idea di cosa vi sarebbe apparso davanti a quella casa… lo sciamano del deserto che mi ha dato la casa non mi ha detto a cosa sarebbe servita»
«Sciamano?» ripetè Tokiya, scettico.
“E come avrebbe fatto arrivare la casa fin qui?” si chiese.
«LEI NON AVEVA IDEA DI COSA SAREBBE SUCCESSO DENTRO QUELLA CASA?!»
Tutti si girarono verso Masato, increduli… quindi quel ragazzo era capace di perdere la calma!
Shining emise una risata come se non fosse successo niente. Ren sospirò:
“Povero Shining… non sa che quando Masa inizia a perdere la calma, la cosa migliore da fare è salire sul primo aereo e fuggire” pensò, anche se una parte di sé era soddisfatta di come stavano andando le cose, e confidava nella parte più oscura e ben nascosta del carattere del suo Masa.
E inoltre sperava anche che, una volta partito lui, anche Tokiya si sarebbe accodato… aveva avuto modo di vedere di cosa era capace, se stuzzicato abbastanza.
Shining si affrettò a dare un paio di spiegazioni, dicendo che sì, non sapeva cosa ci fosse dentro, ma era sempre pronto ad intervenire in caso le cose fossero andate male, e aggiunse che non aveva idea che sarebbe potuto essere pericoloso per Syo, prima che un colpo in pieno addome lo zittisse.
“Wow, pensavo che sarebbe rimbalzato” pensò Otoya, sventolando la mano con cui aveva colpito il presidente.
«Per colpa sua» una voce fredda, piatta e spaventosa giunse dal fondo del gruppo, insieme al rumore di passi «Syo ha rischiato di avere un attacco di cuore»
«Ehi, Ai-ai…» tentò Reiji, con una voce sottile ed esitante, ma rinunciò subito nel notare l’atteggiamento del quindicenne, e optò per la fuga.
Syo osservò sorpreso il ragazzo che si piazzava a pochi centimetri da Shining, e sebbene dovesse alzare il viso per poterlo fissare negli occhi, in quel momento sembrava sovrastare l’uomo.
Se credeva di aver mai visto Ai infuriato, si era decisamente sbagliato... Questo era mille volte peggio.
I due si sfidarono un una lotta di sguardi, all’inizio, prima che il ragazzo cominciasse ad urlare insulti di ogni genere e iniziasse a colpirlo con tutte le sue forze. Ren fu ben felice di gettarsi nella mischia, e Otoya - che ancora era piuttosto vicino alla vittima -  fu trascinato dentro a sua volta.
In pochi minuti, tutti gli Starish tranne Syo erano addosso al presidente, e dei Quartet Night solo Reiji rimase a far compagnia al ragazzo.
Persino Hyuuga e Ringo si erano lanciati, e poco dopo una parrucca rosa atterrò ai piedi dei due idols. Haruka piangeva e implorava di smetterla, senza risultato.
«Wow» mormorò Reiji, impressionato «non credevo fossero tanto seri… ouch, quello doveva far male»
«CONTINUATE COSÌ RAGAZZI! COLPITELO ANCHE DA PARTE MIA!» urlò Syo, frustrato dal non poter intervenire, a meno che non avesse voluto collassare di nuovo.
Reiji lo osservò, prima di scoppiare a ridere.
Avrebbe dovuto dirgli di non incitarli ma… in fondo la scena era esilarante.
«Onii-chan!»
Syo si voltò, sbalordito, vedendo Kaoru che correva verso di lui.
«E tu che ci fai qui?!»
«Mi è arrivato un messaggio dicendomi di venire qui…» spiegò Kaoru mostrandogli il telefonino, Syo lesse il messaggio e cercò il mittente, che era un numero sconosciuto sul cellulare del fratello, ma che sul suo era memorizzato come “Flirtatore Compulsivo”.
«Ren?» sussurrò, sorpreso.
«Che sta succedendo?» chiese Kaoru.
Reiji gli spiegò tutto ma, purtroppo per il presidente, non omise la parte dove Syo stava male.
Il viso di Kaoru si trasfigurò, e poco dopo marciò anche lui verso la massa, dove si fece strada staccando ragazzo dopo ragazzo fino a quando non furono solo lui, Ai e Shining.
Diciamo solo che, quando ebbero finito con lui, il presidente era un ammasso immobile di lividi, tumefazioni e graffi.
«Forse abbiamo esagerato…» mormorò Masato, tornando alla sua solita versione.
 
«Come ha fatto a ridursi così?» chiese il medico che si prendeva cura di Shining.
Gli Starish arrossirono e iniziarono a parlare contemporaneamente:
«Si è lanciato da un aereo senza paracadute» disse subito Natsuki, allarmato.
«È stato investito da un autobus» spiegò Tokiya con una perfetta poker face.
«Una mandria di lama l’ha travolto!» piagnucolò Cecil, sperando di risultare credibile.
«Una delle sue spettacolari entrate in scena è fallita» sospirò drammaticamente Ren.
«Non lo sappiamo! L’abbiamo trovato così!» esclamò terrorizzato Otoya, che già si vedeva arrestato.
«È arrivata una figura incappucciata e ha urlato “sectumsempra”!» Syo fissò il medico con convinzione.
«Pensi a curarlo» si limitò a dire Masato.
Come finirono di parlare, il medico sembrava tentato di chiamare un istituto di igiene mentale per ameno tre o quattro di loro, e i Quartet Night, Camus escluso, erano a terra in un mare di lacrime, insieme a Ringo e Kaoru.
In ogni caso, alla fine l’opzione di Otoya fu la più accreditata, e i dottori smisero di fare domande per curare il povero direttore, a cui infine furono diagnosticate tre costole rotte, una gamba inutilizzabile per almeno due settimane e altre piccole concussioni.
«Sectumsempra, Syo?» chiese Ai, asciugandosi una lacrima dal bordo degli occhi mentre ancora tentava di trattenersi.
«Beh gli è andata decisamente bene» si difese Syo, a labbra strette e imbronciato «poteva anche dire avada kedavra
Ai perse nuovamente il controllo e crollò di nuovo a terra dalle risate, per la delizia di Syo che decise che il suono della sua risata sarebbe stato, da quel momento in poi, il suo preferito.
Era qualcosa che non aveva sentito spesso, o almeno non una così spontanea e non controllata; aveva sentito la sua risata sprezzante e quella assolutamente falsa riservata ad intervistatori che tentavano di far ridere, ma questa era chiara, cristallina e… conservava tracce di un’innocente infantilità, il che era semplicemente adorabile.
Dovette mettercela tutta per non afferrare il più piccolo e baciarlo lì davanti a tutti… Kaoru incluso.
«Un autobus nel giardino del nostro Master Course, Toki?» chiese Natsuki, stranito e sorridente.
«Perché lanciarsi da un aereo senza paracadute è normale» replicò piccato l’altro ragazzo, alzando in aria il naso.
«Per uno come Shining sì!» rise Natsuki, seguito da Otoya che poi si affrettò a consolare Tokiya dicendo che la sua non era poi una scusa tanto malvagia… sicuramente meglio di lama e sectumsempra.
«Voi non apprezzate l’arte» borbottò Cecil, imbronciato, lanciando uno sguardo complice a Syo che annuì.

Il telefonino di Ai vibrò, e il ragazzo smise di ridere per leggere il messaggio appena ricevuto.
Veniva da un mittente anonimo…
 
Se vuoi che il tuo prezioso onii-chan superi la nottata senza intoppi, lascia un assegno pari ai prossimi tre mesi sotto il cuscino del divano.
E non una parola con tuo zio, o la prossima volta nelle vene di tuo fratello potrebbe entrare aria.

 
La sua espressione atterrita mise in allarme Syo e Reiji, che lessero il messaggio e spalancarono gli occhi.
Ai iniziò a tremare, prima di correre verso il dormitorio, seguito a ruota dagli altri due.
“Chi potrebbe voler fare male ad Aine per un motivo del genere?!” pensò il più piccolo facendo irruzione nel Master Course, per sua fortuna lì vicino, e correndo fino alla sua camera.
Volò alla scrivania e, mentre apriva freneticamente i cassetti, vide delle foto sparse sul suo portatile, ne sollevò una e impallidì.
Erano tutte foto di Aine sulla scogliera da cui si era buttato, gli occhi chiusi e le lacrime lungo il viso, ma una in particolare gli fece balzare il cuore in gola e gelare il sangue nelle vene.
Una mano sbucava dal bordo della foto e spingeva suo fratello fra le onde.

 
**************************
Nota dell'autrice: buonsalve a tutti voi! ^^
Dopo la parentesi più comica torniamo alla trama, perchè... Ai-ai e Syo hanno ancora un paio di cosette da risolvere ahahah
Il prossimo capitolo arriverà presto, spero ahaha grazie come sempre a chiunque abbia sopportato la mia storia fino ad ora, siete fantastici!

A prestissimo!
Baci,
Starishadow

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Capitolo 31
*** Moment ***


Capitolo 31. Moment
 
«Sei sicuro, Ai-kun? Posso restare io stanotte» lo zio osservò insospettito il nipote, che da che per anni non aveva voluto saperne nulla di Aine, ora sembrava intenzionato a recuperare il tempo perduto.
Ai annuì seriamente, con la solita espressione indifferente che dedicava a suo zio, e la sua mano si strinse inconsciamente attorno all’assegno che aveva in tasca. Perché non se ne andava?? Se quella persona l’avesse visto lì…
Un brivido gli corse lungo la schiena, ma fece del suo meglio per nasconderlo.
Alla fine l’uomo cedette e accettò di andarsene; si avvicinò al letto di Aine e, dopo avergli sfiorato appena la fronte con le labbra e sussurrato qualcosa, tornò da Ai, che lo osservava cupamente, quasi a dirgli “prova a fare lo stesso con me e vedi”, quindi optò solo per una pacca sula spalla, poi finalmente uscì, e Ai smise di trattenere il respiro.
Corse verso il divano e tirò fuori l’assegno, nascondendolo sotto il cuscino come da istruzioni, poi rimase esitante a guardare il letto del fratello, da lontano, senza osare avvicinarsi.
Era per quello che stava sempre peggio? Qualcuno aveva cercato di fargli di nuovo del male?
Tirò fuori la foto che aveva trovato, quella dove si vedeva che qualcuno l’aveva spinto.
Aine quindi non… non aveva voluto lasciarlo?
Non si era arreso?
Non si stava arrendendo??
Si ritrovò in ginocchio senza sapere nemmeno come, a fissare quella foto con la mente come svuotata, non era più capace di pensare a qualcosa, qualunque cosa in quel momento… erano solo le emozioni che lo riempivano. Sorpresa, dolore, paura, ma soprattutto rabbia.
E per una volta quella rabbia non era né verso di sé né verso suo fratello, era tutta verso la persona a cui apparteneva quella mano… se l’avesse trovata…
Al pensiero che mentre Aine era in quello stato, lui era in quello stato, Reiji stava passando quello che stava passando, e intanto il vero colpevole era tranquillo a vivere la sua vita, una scarica di ira lo attraversò tanto violentemente da fargli girare la testa.
Strinse i bordi della foto, affondando le unghie nella carta, serrando gli occhi.
Gli servì qualche secondo per riprendere il controllo, poi si rialzò e, dopo un altro sguardo ad Aine, uscì dalla stanza, era negli accordi… avrebbe dovuto lasciar passare almeno 5 minuti prima di rientrare.
Certo, non che gli sarebbe dispiaciuto rientrare prima e beccare chiunque fosse il bastardo che stava facendo tutto quello, ma la verità era che aveva paura. Paura che qualcosa potesse succedere a suo fratello per colpa sua; Aine era totalmente indifeso, in quel momento, e la sua vita era nelle mani di chiunque entrasse nella sua stanza, sarebbe bastato togliere una spina, o cambiare il contenuto delle flebo...
Scosse la testa. Non sarebbe successo, aveva fatto quello che gli avevano chiesto, e non aveva nemmeno provato ad imbrogliare. Aveva solo lasciato un piccolo biglietto oltre all’assegno, ma era sicuro che non avrebbe causato poi tanti problemi all’altra persona, che sembrava sotto sotto compiacersi di quello che stava causando.
 
Buio.
Freddo.
Rumore di onde sempre più vicine.
«Non voglio farlo»
Il vento urla, il mare urla…
Tutto sta urlando.
“Ho paura”
«Andrà tutto bene, lasciati andare»
“Ma non voglio”
«Ho paura»
«Stai tranquillo»
“Aspetta!!”
Acqua.
Buio.
Freddo.
“Non riesco a…”
Qualcuno mi aiuti
Qualcuno faccia qualcosa
Qualc…
 
L’ombra sgattaiolò di nuovo nella camera di Aine, sorridendo fra sé e sé nel vederla vuota.
Bene, quindi Mikaze non era uno scemo, dopo tutto.
Alzò il cuscino e prese l’assegno, ma c’era anche un biglietto, non che non se lo fosse aspettato, dopotutto.
C’era solo una parola scritta, perché, e con una sola parola rispose.
Rimise il foglietto dov’era e si diresse verso la porta, non prima di aver rivolto uno sguardo d’indifferenza ad Aine.
 
Ai rientrò, esitante, e a malincuore tirò un sospiro di sollievo nel trovare la stanza vuota.
Si avvicinò ad Aine, sembrava non avere nulla di strano, i macchinari funzionavano ancora come prima, la sua espressione non sembrava dolorante o in alcun modo turbata…
Si avvicinò lentamente al divano, ed esitante alzò il cuscino.
L’assegno era sparito, e sul biglietto era apparsa una nuova scritta.
Bravo.
Emise un verso esasperato e strinse la mano a pugno, accartocciando il foglietto. Ovviamente non era servito a niente! Era troppo sperare in una minima spiegazione…
Lanciò un calcio al divano, prima di lasciarcisi crollare sopra e prendersi la testa fra le mani, sospirando.
Che cosa doveva fare?
Che cosa poteva fare??
 
«Parlarne con la polizia?» chiese Reiji, camminando avanti e dietro mentre tirava fuori un’ipotesi dopo l’altra.
«A parte il fatto che in teoria Aine risulta morto a tutti tranne che a noi e l’ombra,  quello ha detto di non parlarne con mio zio, e la polizia parlerebbe solo con mio zio» spiegò Ai, smontando l’ennesima idea del maggiore, chinando il capo fino a raggiungere lo schienale del divano e chiudendo gli occhi.
Syo gli strinse la mano, osservandolo preoccupato.
Non gli piacevano il colorito pallido della sua pelle e l’aria stanca che aveva, e se avesse potuto avrebbe afferrato chi stava facendo tutto quello e l’avrebbe ridotto in una poltiglia informe, peggio di Shining in quel momento… anzi, avrebbe…
Un piccolissimo gemito di dolore gli fece realizzare che stava stringendo troppo forte la mano del povero Ai, che adesso lo guardava confuso ma anche, in qualche modo, sembrava sapere cosa stava pensando.
«Scusa» borbottò, allentando la presa ma senza lasciarlo.
Ranmaru, finalmente, afferrò Reiji e lo spinse a sedere sull’altro divano, poi cominciò a fare quello che aveva fatto lui fino a quel momento:
«Ok… c’è una cosa che non mi torna» dichiarò di botto.
«Beato te che ne hai solo una» sospirò Ai massaggiandosi una tempia con la mano libera.
«Una più delle altre, va bene?» sbuffò Ranmaru «Chi ha scattato quelle foto?» aggiunse, tornando al problema principale.
Reiji si strinse le braccia attorno al corpo: scoprire che Aine non si era suicidato non gli aveva fatto per niente bene, e i suoi occhi rossi, assieme ai lividi scuri sulle braccia di Ranmaru, testimoniavano una notte passata a sfogarsi.
Ai e Syo fecero spallucce.
In quel momento, tutti gli altri erano da qualche parte a provare o prendere parte a trasmissioni televisive, ed erano rimasti solo loro quattro a ragionare nel salone.
Il giorno prima, dopo la notte passata alla clinica, Ai aveva fatto vedere - riluttante - le foto a Reiji, Ranmaru e Syo, e quella mattina, più o meno dalle 7, erano tutti e quattro riuniti lì, più a farsi domande che altro, e quando anche gli altri erano usciti dalle loro camere, gli unici in grado di formulare pensieri coerenti a quell’ora (Masato e Tokiya) avevano offerto un po’ del loro aiuto, per poi essere costretti ad abbandonarli per correre dietro alle loro routine.
«Potrebbe essere stato lui stesso? Quello che l’ha spinto?» azzardò Syo, esitante.
Ai fece una smorfia di disgusto all’idea.
«Non credo, alcune sembrano lontane… però non hanno mai ripreso quello che l’ha fatto, solo Aine… perché?» chiese Ranmaru, accigliandosi, e a questo punto anche Ai si rannicchiò su se stesso.
Chi diamine poteva essere così disgustoso?
«Per non contare che ha fatto arrivare le foto dentro il Master Course nella nostra stanza senza che nessuno notasse nulla» aggiunse Syo, pensieroso, e preoccupato.
L’idea che qualcuno potesse avvicinarsi ad Ai anche lì dentro, dove in teoria era al sicuro…
Ai inspirò di nuovo bruscamente, e il biondo lasciò di nuovo andare la sua mano, per poi sfiorarla delicatamente.
“So che in realtà è Aine quello che è in pericolo, ma… Ai è davvero al sicuro?” si chiese, mordicchiandosi un’unghia per poi smettere come sentì dello smalto che iniziava a venire via.
«Non è poi così difficile… grazie a Shining eravamo tutti fuori e dall’altra parte del giardino» commentò cupamente Reiji, portandosi le ginocchia al petto.
Syo dovette ammettere che aveva ragione in quel punto, ma non era sicuro che la cosa lo rassicurasse. Certo, era raro che il dormitorio restasse completamente vuoto, di solito almeno due persone restavano lì ad ogni ora del giorno, però…
«Odio non sapere che fare» sussurrò Reiji, con un piccolo broncio sulle labbra, Ranmaru posò una mano sul suo ginocchio, guardandolo con espressione ferma e calma, che rassicurò in parte il maggiore.
Ai intanto aveva tirato fuori il cellulare, un’abitudine che era diventata più ossessiva negli ultimi tempi, e faceva venire voglia a Syo di afferrare l’aggeggio maledetto e scagliarlo lontano da lì, assieme a tutte le altre cose che preoccupavano il suo Ai, ma sapeva di non poterlo fare, non sarebbe cambiato nulla con o senza cellulare, anzi sarebbe stato peggio.
«Reiji… qualcuno… ti viene in mente qualcuno che… che potesse..» iniziò a chiedere, spostando lo sguardo da Ai al senpai più grande, che spostò gli occhi verso di lui:
«Qualcuno che ce l’avesse con Aine?» chiese, tristemente, quando Syo annuì, Ai si irrigidì e Ranmaru osservò il compagno con aria accigliata «No, nessuno, lui… insomma… no» chinò il capo e si mordicchiò il labbro inferiore.
«Ne sei sicuro, Reiji?» chiese Syo, sapendo che stava torturando il più grande, ma quello poteva essere importante.
Non poter chiedere aiuto a nessuno era snervante, ma comunque avevano capito che quello era il primo punto da cui iniziare.
«Ne-n… Aine me ne avrebbe parlato!» sbottò Reiji, irritato, Ranmaru gli strinse una spalla, Syo lo guardò con aria di scuse, Ai strinse il cellulare fra le mani, fissandolo come se fosse l’unica cosa reale al momento.
«Mi dispiace, Reiji-senpai, ma… non poteva nasconderti qualcosa? Per proteggerti o…?» il biondo si sentiva in colpa a fare quelle domande, gli dispiaceva vedere quello che di solito sembrava una versione più grande e più insensata di Otoya ridotto in quello stato, però…
Reiji prese fiato e sbuffò, seccato:
«Aine era il mio ragazzo, Syo! Tu non dici tutto ad Ai??»
Ai alzò lo sguardo e lo rivolse verso Syo, illeggibile, e il biondo arrossì, per poi tornare serio:
«Forse… se ci fosse qualcosa che mi spaventa ma che potrebbe essere una minaccia per lui…» mormorò, sentendosi ancora lo sguardo di Ai che gli bruciava addosso.
«… non glielo direi» dichiarò una voce apatica e apparentemente disinteressata.
Syo si voltò verso il più piccolo, spalancando gli occhi, e Ai gli rivolse un sorrisino incerto:
«Se pensassi che qualcosa potrebbe essere una minaccia per Syo» spiegò, guardando Reiji «preferirei vedermela da solo, e fare il possibile per tenere lui al sicuro»
Sentì Syo sussultare alle sue spalle, ma non vide i suoi occhi che diventavano un po’ più lucidi.
Ranmaru sbuffò qualcosa su come quei due gli facessero salire la glicemia, ma Reiji osservò Ai negli occhi, per la prima volta accorgendosi che non solo erano simili, erano anche identici a quelli di Aine.
Certo, spessissimo aveva uno sguardo completamente diverso, ma ora… aveva visto mille volte quell’espressione determinata e quasi ferocemente protettiva.
Abbassò lo sguardo:
«Se non con me, avrebbe parlato con Kei» bofonchiò, e a tutti parve di cogliere una certa sfumatura seccata in quelle parole.
«Dobbiamo parlare con Kei, quindi?» chiese Ranmaru, cercando una conferma in Syo e Ai.
Ai sospirò:
«E meno male che nessuno doveva sapere di Aine» borbottò, alzandosi e stiracchiandosi «hai ancora il suo numero, Reiji?»
Reiji si morse le labbra, gli occhi anche più tristi di prima.
“Perché tutto questo non può solo essere un incubo?” si chiese, tristemente, prima di rispondere:
«Se non l’ha cambiato sì… ma se lo chiamo io non risponderà»
Ai fece spallucce e prese di nuovo il suo telefono:
«Perfetto, a me risponderà» dichiarò, tendendo una mano verso Reiji, aspettando che quello vi posasse il suo cellulare.
Reiji emise una specie di gemito angosciato mentre tirava fuori il suo cellulare e cercava il vecchio amico in rubrica.
Buffo come ormai non si ricordasse più nemmeno il suono della sua voce.
 
Era tutto buio, con voci e suoni che sembravano correre vicino a lui, come trasportati da auto veloci che passavano nei dintorni… c’erano anche dei piccoli lampi di luce, alcuni più vicini e altri più lontani… sembravano scene, ricordi… se solo fosse riuscito a concentrarsi su uno di essi…
Provò e riprovò, ma la sua mente continuava a scivolare attorno ad essi. Quanto tempo era passato? Da quanto tempo era in quella specie di oblio?
Tentò ancora e ancora, e alla fine…
Luce diffusa, dei passi, un campanello, una porta che si apriva e uno spiraglio di luce…
«Onii-chan! Che ci fai a casa? E chi è lui?»
«Ciao Aiyan… devo parlare con lo zio… è in casa?» la sua voce suonava triste e tesa alle sue stesse orecchie, e sapeva che Reiji, dietro di lui, era sempre più scocciato.
Non era che si vergognava di far conoscere Reiji a suo zio era… più il contrario.
«Sì, è a casa»
Cos’era quel broncio sul visino di suo fratello?? Si chinò e si lasciò abbracciare, anche se una parte di lui si sentiva in colpa per aver in qualche modo lasciato solo Ai.
«Rimani per un po’, onii-chan?» sussurrò il bambino, nascondendo il viso nel suo collo, per poi spostare la testa e puntare i suoi occhioni su Reiji da dietro la spalla del fratelllo «Ciao»
Reiji ridacchiò:
«Ciao, tu devi essere Ai!»
Ai si allontanò da Aine e lasciò che entrassero, prima di fissare Reiji con le braccia incrociate e il viso alzato verso di lui:
«Chi sei?»
Aine nascose una risatina dietro la mano, mentre guardava Reiji con una divertita aria di scuse.
«Sono Reiji, un… amico di tuo fratello»
Il buio tornò di nuovo, tutto ricominciò a vorticare nella sua testa, e poi…
«ASSOLUTAMENTE NO, AINE! FUORI DI QUI!»
«MA ZIO…»
«SE VUOI CONTINUARE AD ESSERE UN MOSTRO FALLO, MA FUORI DI QUI… E LONTANO DA AI!!»
Qualcosa gli aveva bagnato le guance mentre urlava contro suo zio, mentre Ai si nascondeva dietro un divano, e Reiji rimaneva immobile a guardare, gli occhi spalancati dalla sorpresa e dallo spavento.
«NON PUOI FARMI QUESTO!»
«SEI TU CHE TE LO STAI FACENDO DA SOLO, AINE! TU NON SEI COSÌ!»
Una sensazione spiacevole, una stretta allo stomaco, qualcosa che faceva male e si muoveva velocemente…
«ANDATEVENE! NON VOGLIO PIÙ VEDERVI!»
Un colpo, Reiji che tratteneva un’esclamazione di dolore, Ai che urlava, lui che urlava…
Il buio tornò, girava, lo stordiva…
“voglio dormire”
«Rei… Rei mi dispiace, mi dispiace amore…»
«N-no, è a m-me che dispiace… non av-avrei dovuto co-costringerti…»
«Non piangere…»
Perché tutto quel buio?
“Dove sono? Voglio uscire… Rei? Reiji dove sei??”
 
«Onpa… Kei?» chiese Ai appena l’altra persona rispose, con voce fredda e misurata, distaccata.
Aveva visto poche volte gli amici di suo fratello, e fra tutti Kei era quello che gli era piaciuto di meno, per qualche motivo.
«Sì, sono io, chi parla?»
Un respiro profondo per calmarsi, poi:
«Ai… Ai Mikaze»
Silenzio, l’altro aveva appena realizzato con chi stava parlando.
«Ai» ripetè, in un sussurro.
«Ehm… sì, sono io… huh… ti dispiacerebbe… potremmo… ecco, vederci?» bene, aveva appena fatto la richiesta più idiota e assurda ed equivoca dell’ultimo secolo, non lo sorprendeva che, alle sue spalle, Syo avesse emesso uno sbuffo di disappunto.
«Oh… certo, potremmo farlo, ma… perché mi cerchi adesso, Ai? Stai bene?»
Ai fece un sorrisino amaro:
«Il fatto è che… ecco… riguarda Aine, io…»
Un sospiro giunse dall’altra parte del telefono:
«Se ti va bene io sono libero oggi pomeriggio, dove vuoi che ci vediamo?»
 
«Che cosa sta succedendo?»
«Di nuovo??»
«Guarda l’encefalogramma, guarda le onde!»
«Che diamine…?»
«Sta… sta iniziando a…»
Le infermiere e i medici si fissarono, sbalorditi. Dopo cinque anni in cui le onde su quel grafico erano sempre state minime, quel po’ che bastava per provare che il cervello non si era “spento”, ora quelle onde sembravano impazzire, si alzavano, si abbassavano e poi tornavano ad alzarsi…
Sebbene questo potesse essere un buon segno, c’erano altri grafici che però continuavano a preoccuparli.
La situazione era tutto fuorché sistemata.
 
A telefonata conclusa, Ai si voltò verso gli altri, i suoi compagni di band annuirono soddisfatti, Syo aveva l’aria truce.
Ai sogghignò:
«Oh andiamo, sembrava così tanto che volessi un appuntamento?» chiese, ironico, il biondo emise un brontolio di protesta, poi si alzò:
«Io torno in camera, devo sistemare una canzone»
Ai ridacchiò nonostante tutto e gli afferrò una mano:
«Va bene se ti aiuto?» chiese, ammiccando, Syo non riuscì più a nascondere un sorrisino e lo tirò a sé, reclamando le sue labbra.
Ranmaru si lasciò cadere sul divano accanto a Reiji, che immediatamente gli si raggomitolò addosso.
I due più piccoli erano impegnati, non si sarebbero accorti…
Ranmaru si decise ad accarezzare dolcemente i capelli di Reiji, che sorrise ad occhi chiusi.
«Mi dispiace che tutto questo stia succedendo» mormorò lo tsundere, esitante, Reiji si strinse di più a lui:
«Va bene… finchè ci sei tu posso sopportarlo» sussurrò, a malapena udibile.
Ai e Syo salirono in camera, e i due ne approfittarono per approfondire la loro discussione.
 
Syo recuperò il foglio lasciato a metà sul letto, Ai però era pietrificato davanti alla sua scrivania.
“Oh no” si disse il biondo, raggiungendolo e vedendo cos’era che lo preoccupava. Imprecò.
Sulla scrivania solitamente sgombra ora era in bella vista un foglietto accartocciato su cui erano scritte tre parole in tre grafie diverse.
La prima era perché, la seconda bravo, ma era stata sbarrata, e la terza infine diceva:
odio.
Ai inspirò, tremante, e afferrò il biglietto, lo accartocciò nuovamente e lo lanciò nel cestino, serrando gli occhi. Syo lo strinse, allarmato e anche lui spaventato.
Come avevano fatto? Come erano riusciti ad entrare di nuovo??
Il cuore di Ai batteva furiosamente contro il suo petto, e anche il suo aveva accelerato dolorosamente, ma non troppo… fece del suo meglio per tranquillizzare il più piccolo, baciandolo, accarezzandogli i capelli, sussurrandogli “andrà tutto bene” e cose simili, ma niente funzionava.
Alla fine, le mani gelate di Ai si infilarono sotto la sua maglietta, e iniziarono ad esplorare il suo petto, mentre le sue labbra sembravano chiedere disperatamente aiuto a quelle del suo kohai.
Syo lo lasciò fare fino a quando le mani di Ai non scivolarono fino ai pantaloni, e le dita tremanti cominciarono a litigare con il bottone e la lampo, le sue labbra sempre più veloci ma insicure, gli occhi serrati, il respiro frenetico e spezzato.
Syo si tirò indietro e gli bloccò le mani:
«Che stai facendo, Ai?» sussurrò, sforzandosi di tenere una voce dolce, l’altro lo fissò disperato:
«T-ti prego! Non ne posso più… ti prego non voglio pensare, non voglio… io…» le lacrime si affacciarono ai suoi occhi, prepotenti, una addosso all’altra, e Ai non era mai stato così disperato eppure terribilmente irresistibile.
“Syo basta! Non è in sé ora!” si impose di pensare il biondo, mentre baciava gli occhi del più piccolo, e portava via un po’ di quelle lacrime.
«Ai, non è così che…»
Ai emise un singhiozzo disperato:
«P-per favore»
«No… non è quello che vuoi»
Il minore lo fissò con quella che in teoria doveva essere rabbia, ma ora era più simile alla paura:
«Sì che è quello che voglio! Che ne sai tu?!» esclamò, con voce ancora bassa nonostante tutto.
Anche gli occhi di Syo iniziavano a pizzicare, vedendolo in quello stato, e il suo cuore faceva male in un modo che non aveva niente a che fare con la sua malattia.
Voleva aiutare Ai, ma non era quello il modo, e nemmeno il momento.
«Ai…» mormorò, baciandolo ancora ma continuando a tenere le sue mani ferme nelle sue.
Lentamente il minore smise di tremare e piangere, fino a riprendere un minimo di controllo. Syo gli liberò le mani, e lui le usò per aggrapparsi alle sue spalle, stringendosi a lui.
Rimasero immobili fino a quando Ai non riuscì a prendere un respiro profondo e calmarsi, gli occhi profondamente asciutti.
Si morse le labbra e lo guardò, incapace di dire quello che voleva dire, ma non ne aveva bisogno.
«Non ti devi scusare, Ai-kun» sorrise Syo «e… e non è che io non volessi… cioè io… insomma… tu… beh» oh cielo, ma perché le cose dovevano sempre finire in quel modo fra di loro?! «ho pur sempre 17 anni anche io»  balbettò alla fine, in un sussurro «è solo che… non è questo il momento, okay?»
Ai lo osservò, con un sorrisino timido e tremante, prima di baciarlo a stampo sulle labbra:
«Lo so» si limitò a dire.
Si vergognava un po’ di quello che era appena successo, e se non fosse stato in quello stato non l’avrebbe mai fatto… eppure… in fondo era grato a Syo, sia per averlo fermato sia per aver detto quello che aveva detto.
Effettivamente, quello non era ancora il momento giusto.

*******************************
Nota dell'autrice: salve a tutti!!
Scusate il ritardo nell'aggiornamento, mi rifarò con i prossimi aggiornamenti! ^^
Allooora... intanto notizia per voi!! Se la faccenda non mi sfugge di nuovo di mano, altri 5 o 6 capitoli e arriviamo alla fine!! :D Non avevo mai scritto una FF così lunga ahaha e quando avevo iniziato pensavo di finire tutto in 6 capitoli... *tossisce* ehhhm sì... siamo al 31°... spero che la storia vi sia piaciuta/stia piacendo/piacerà fino alla fine!!
Ho già qualche altra idea in mente, ma probabilmente la prossima cosa che pubblicherò sarà una one-shot o cose del genere, dipende da come verrà fuori l'idea che ho in mente ahaha ^.^
Tornando al capitolo... *sorriso intimidito* vi è piaciuto? ^.^
Le parti in corsivo ormai avrete capito chi è che "parla", quindi non sto  a dirlo ahaha ovviamente per scopi puramente letterari ho, diciamo, ignorato tutto quello che si sa scientificamente su coma e cose varie, spero possiate perdonarmi *china il capo* ^^
E imploro pietà anche per la scena fra Ai e Syo, non... non sono proprio sicura che fosse così la prima volta che l'avevo immaginata ahaha comunque sia... beh fatemi sapere quello che pensate della storia!!! ^^
Come sempre grazie a tutte quelle sante/ quei santi che hanno letto fin qui, a chi continua a supportarmi con le sue fantastiche recensioni, a coloro che mi hanno messa fra le seguite/ricordate/preferite... veramente, la storia non credo sarebbe arrivata fin qui senza tutti voi!! :D
Ora mi ritiro, ci rivedremo presto con il capitolo 32!!
(Fra 9 giorni mi ricomincia la scuola... e non ho ancora finito i compiti, e devo dare l'esame di scuola guida, ma COMUNQUE pubblicherò quei 5 o 6 capitoli prima che inizi tutto il putiferio di compiti-interrogazioni-verifiche V_V)
Un bacione!!
Starishadow

P.S. Ieri ho visto Colpa delle stelle... qualcuno può tirarmi un pacchetto di fazzoletti? Ahahaha!
 

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Capitolo 32
*** Air ***


Capitolo 32. Air
 
«Aspetta, qualcuno è entrato due volte nel Mater Course senza che nessuno di noi lo notasse?» chiese Otoya spaventato, mentre alzava lo sguardo verso Ren, che sembrava fumare d’indignazione.
Masato incrociò le braccia sul petto:
«Non ci sono delle telecamere qua intorno?» chiese, accigliato.
«Sì ma… non hanno ripreso niente» sospirò Syo, strofinandosi la fronte.
«Come diamine è possibile?» sbottò Tokiya «Insomma… è così facile entrare?!»
«Shining ha delle telecamere ovunque, ma chiunque sia entrato per mettere prima le foto e poi il biglietto ha evitato ognuna di quelle… fino a raggiungere la nostra camera» notò Natsuki, preoccupato. Non aveva esattamente paura per se stesso, anche se divideva la stanza con quello che sembrava essere il bersaglio dell’intruso, era più preoccupato per il suo senpai… e per Syo.
Cecil e Otoya sembravano quelli più spaventati, e il primo sussurrò a bassa voce qualcosa come “io stanotte dormo con Camus-senpai, non mi importa dello scettro”.
Otoya, che l’aveva sentito, annuì e guardò Tokiya, implorante.
“Come se avessi bisogno di chiedermi di poter dormire con me, cretino” pensò quello, sospirando.
«Dite che dovremmo fare cose come… turni di guardia?» chiese allora Haruka, rivelando la sua presenza, e trovandosi sette paia di occhi sbarrati puntati addosso.
«L-Lady» balbettò Ren, e Masato per un attimo temette che stesse per delirare ancora su Kuroko no Basket, ma il biondo si riprese «wow, da te non me l’aspettavo… potremmo farli, effettivamente»
Masato alzò un sopracciglio:
«Tu faresti la guardia? Ti addormenteresti»
«Non sono così irresponsabile, Masa! Devo ricordarti che quando avevi paura del buio, io restavo sveglio finchè non ti addormentavi?!»
“Non iniziare questo gioco con me, Ren, perché perdi” pensò ironicamente il più tradizionalista del gruppo, mentre tossiva qualcosa che suonava come “casa abbandonata” e Ren avvampava, mettendo il broncio.
«I-io n-non so s-se voglio fare la g-guardia» balbettò Otoya, la pelle un tutt’uno con i capelli ora.
«Il nostro eroe senza macchia e senza paura» ghignò ironicamente il più grande degli Starish, ma fu messo nuovamente a tacere da un altro “casa abbandonata” tossicchiato che lo spinse ad alzare gli occhi al cielo.
«Potremmo chiedere ai body-guard?» suggerì innocentemente Natsuki, mentre Syo valutava le possibilità.
Certo, la sua principale priorità era Ai, ma ad essere sinceri anche l’idea di un Otoya che doveva fronteggiare da solo chiunque fosse che stava facendo tutto quello lo metteva in agitazione, così come il pensiero di tutti gli altri… certo, Ren l’avrebbe messo al tappeto (o sfinito a suon di flirt) e Tokiya avrebbe saputo difendersi, ma questo comunque non voleva dire che li volesse vedere vicino a quella persona.
«Oppure… chiudiamo a chiave le porte?» propose Cecil, guardandoli speranzoso, per poi schizzare dietro ad Otoya quando si voltarono tutti verso di lui «Non picchiatemi» implorò con una vocina sottile.
Ma nessuno ne aveva intenzione.
 
«Ok io vado»
«Ne sei proprio sicuro, Ai?» Syo non era poi così entusiasta all’idea che Ai incontrasse quel Kei, e non sapeva nemmeno spiegare il perché… c’era stato qualcosa in quella telefonata…
Il sorrisino del ragazzo davanti a lui, però, gli diede la risposta che cercava. Quello e la sua voce:
«Non sarai mica geloso, Syo-chan» ridacchiò.
«Chiamami ancora Syo-chan e ti faccio dormire con Camus» ringhiò il biondo, mentre l’altro e Reiji soffocavano una risata «e io dormo con Cecil» aggiunse.
«NON CI SPERARE!» giunse da lontano la risposta del diretto interessato.
Ai tentò di smettere di ridere, e ci riuscì… dopotutto, anche se quando Syo era nei dintorni tutto sembrava un po’ meno spaventoso, era ancora agitato, come testimoniavano le sue mani gelate che però sudavano freddo.
«Tranquillo Syo, non mi sono mai preso una cotta per gli amici di mio fratello» sorrise, tentando di nascondere il nervosismo.
Reiji ridacchiò di nuovo, anche se anche la sua risata risultava stridula e irrequieta:
«E meno male direi»
«Di te poi non ci sono speranze» lo interruppe subito il più piccolo, fissandolo gelidamente «ti ho sempre reputato un idiota» chi  lo conosceva bene avrebbe notato subito una sfumatura d’ironia in quelle parole, ma Reiji finse comunque di sciogliersi in lacrime:
«Ai-chan è sempre così freddo con me» singhiozzò. Ai alzò gli occhi al cielo:
«Dov’è Ranmaru quando serve?» sospirò a mezza voce, poi guardò di nuovo Syo «Ti ho lasciato il cellulare, io porto quello di Reiji… se per caso qualcuno chiamasse dalla clinica…» il suo sguardo si fece più cupo, e Syo gli sfiorò una guancia, sorridendo rassicurante:
«Stai tranquillo, andrà tutto bene»
Ai lo fissò negli occhi, e lentamente la sua espressione diventò più sicura, annuì con un piccolissimo sorriso sulle labbra, poi uscì insieme a Reiji, che doveva solo accompagnarlo e comparire unicamente se fosse stato strettamente necessario.
Solo a quel punto Syo si concesse di buttarsi sul divano in sala e sospirare. Era preoccupato  non solo per tutto quello che stava succedendo, ma anche per il fatto che - con tutti quegli avvenimenti - era rimasto decisamente indietro con le prove e gli eventi pubblici.
Se Ai non fosse stato troppo preoccupato con l’incubo che stava vivendo, l’avrebbe scannato vivo… nella migliore delle ipotesi.
«Syo-chaaaan!!» Natsuki lo richiamò alla realtà correndo giù dalle scale e raggiungendolo, sorridendo come suo solito «Otoya-kun mi ha chiesto di chiederti se ti va di provare con lui la vostra canzone!»
Due cose attraversarono la mente di Syo: la prima era perché cavolo Otoya aveva mandato Natsuki a parlargli al posto suo (e probabilmente la risposta poteva riassumersi con “Tokiya”) la seconda era…
“Io e Otoya abbiamo una canzone isieme????”
Scattò come un fulmine su dal divano e volò in camera sua, cercando i vari spartiti finchè non ne trovò uno su cui solo metà testo era scritto, con la grafia incasinata di Otoya, intitolato Fantastic Melody.
“Oh caz…” pensò, spalancando gli occhi.
«Te ne eri completamente scordato, vero?» chiese una voce allegra e gentile alle sue spalle, e Syo si voltò verso il suo compagno di spericolatezze sul palco con gli occhi sbarrato:
«O-Otoya, io…»
L’altro rise:
«Non ti preoccupare, capisco quello che stai passando e tutto il resto…  Volevo solo ricordartela, ehm… diciamo che Ringo-sensei potrebbe aver insistito perché ci muovessimo, ma… era rivolto soprattutto a me, perché… huh… diciamo che è da Smile magic che non butto giù un nuovo testo» ammetterlo lo fece avvampare furiosamente, mentre si strofinava la base del collo e gli regalava il suo sorrisino imbarazzato che aveva conquistato quella metà di fan che non era stata conquistata da altre sue doti.
«Mmm beh siamo sulla stessa barca… aspetta, tu e Tokiya non state lavorando a Roulette?»
Otoya avvampò:
«Oh, ehm… q-quella, ecco…» sospirò e chinò il capo «continuo a distrarmi, e Toki finisce con l’urlarmi contro» bofonchiò «e poi…» la sua espressione non prometteva nulla si casto.
«E poi te l’ho detto, non voglio non raggiungere il metro e 65… e non provare a dire ancora che tanto non lo raggiungo!!»
La presenza di Otoya sembrava rendere tutto meno inquietante, notò con una certa dose di piacere Syo, mentre il più piccolo gli rivolgeva un sorrisino malizioso e lui gli tirava contro il suo raccoglitore con le varie canzoni, spingendolo a scappare via ridendo.
Avrebbe solo voluto che quella potesse tornare ad essere la normalità, scherzare con i suoi compagni di band, far arrabbiare Ai facendo il pigro (perché, finalmente poteva ammetterlo, la sua espressione irritata era decisamente attraente), litigare con Ren e Natsuki… quella avrebbe dovuto essere la loro vita! Una dove Reiji era un insopportabile immaturo che fa scherzi a tutti, dove Ai non aveva costantemente l’espressione spaventata, una dove…
In quel momento una delle donne delle pulizie passò davanti alla stanza e si affacciò, quando lo vide arrossì e si scusò:
«Passo più tardi a ripulire la camera, Kurusu-san!» esclamò, imbarazzata.
Syo non avrebbe mai smesso di chiedersi perché Shining si divertisse a mettere come donne di servizio ragazze non molto più grandi di loro che non facevano che impazzire e svenire grazie a Ren (anche se poi il flirt la pagava cara, passando la notte fuori dalla porta della sua camera come un cucciolo abbandonato).
«Oh, no… mmm… non ti preoccupare, esco io!» esclamò lui, correndo fuori e afferrando il raccoglitore da terra.
Appena la donna entrò, Syo si fermò e tornò lentamente indietro, restando nascosto vicino alla porta, con il raccoglitore stretto al petto, lanciando di tanto in tanto sguardi furtivi dentro la stanza, seguendo i suoi movimenti.
Se era sorpresa del fatto che negli ultimi tempi o il letto di Ai o il suo era perfettamente rifatto, non lo mostrava, ma comunque decise che avrebbero fatto meglio a rovinare le coperte anche nel letto  non usato… un sorrisino gli attraversò il viso al pensiero di saltarci sopra.
 
«Nervoso?» chiese Reiji, con un sorrisino, Ai fece spallucce, concentrato sul suo cellulare, il maggiore si sentiva a disagio… sapeva che cosa stava vedendo il ragazzo.
«Li hai tenuti tutti, Reiji» non era una domanda e non era un rimprovero, era una pura constatazione fatta con tono triste.
Molto triste.
«Lo so… non dovrei ma… non riesco a cancellarli, io… Aine è ancora… insomma, quei messaggi…» balbettò il venticinquenne, mordendosi le labbra.
Ai sospirò:
«Anche mio zio ha ancora tutti i suoi messaggi, anche i più stupidi come “faccio tardi”, è una cosa…» fece una smorfia «… sembra che il tempo lì non sia passato» sussurrò.
Reiji annuì:
«Già» mormorò.
«Mi piacerebbe avere anche io dei suoi messaggi»
Reiji sussultò, sorpreso. Non era da Ai dirlo… per anni aveva finto di essere praticamente figlio unico…
«Ai-ai…»
«Non ho nessun ricordo… materiale di lui. Sì, a volte trovo dei biglietti, o cose simili, ma…»
«Aspetta, che ne è stato del DVD del debutto, e del CD, e…?» chiese Reiji, accigliandosi mentre si fermava ad un semaforo rosso.
Ai chinò il capo, imbronciandosi.
«La verità? Subito dopo quel fatto… lo zio li ha buttati via. Ha detto…» inspirò «… che quello era il mondo che aveva ferito Aine, che gli aveva fatto male, e non voleva più avere nulla a che fare con esso. Ha buttato via tutto. I DVD, il CD, le cassette dove aveva registrato le interviste… e ha chiuso a chiave il pianoforte»
«A-Anche il pianoforte?» sussurrò Reiji, sorpreso.
«Secondo te perché ho imparato a suonare la tastiera? Quella potevo usarla di notte con le cuffie… non voleva che anche io diventassi un idol. A dire il vero, negli ultimi tempi, nemmeno Aine voleva»
“Beh, con tutto quello che stava passando…” pensò Reiji. La reazione di Aine aveva senso, in fondo, ma quella dello zio… era possibile arrivare ad odiare tanto il mondo dello spettacolo?
Probabilmente se quel mondo ti porta via quelle ultime parti di famiglia che ti sono rimaste… sì, forse l’avrebbe fatto anche lui.
«Com’è Kei?» chiese Ai di punto in bianco, cambiando argomento, Reiji fu preso alla sprovvista:
«Non lo so di preciso… ehm… lui con me non parlava moltissimo. Diciamo che è un po’ come Myu-chan» ridacchiò, per poi tornare serio «ma non con Aine, nessuno riusciva a fare lo tsundere con lui» un sorrisino pieno di affetto e nostalgia gli si dipinse sulle labbra «comunque non è una “cattiva persona” o chissà cosa, è solo un po’ chiuso… ah e mi odia da quando Ne-ne è scomparso» lo disse con leggerezza, come se dirlo non fosse come prendere una lama e rigirarla nella ferita ancora aperta, magari aggiungendoci anche una bella manciata di sale «oh, e Hibiki la pensa come lui… dici che dovresti parlare anche con lui?»
Ai si accigliò. Al contrario di Kei, con Hibiki aveva avuto più rapporti, visto che un paio di volte era andato a casa loro e così via… di tutto il gruppo, era quello che gli stava meno antipatico, dopo Reiji (che comunque aveva iniziato ad apprezzare dopo qualche mese: all’inizio non gli era piaciuto molto, per l’ilarità di Aine che non faceva il minimo sforzo per intervenire quando dimostrava il suo disprezzo).
«Prima vediamo che cos’ha da dirci Kei» concluse.
Reiji annuì e parcheggiò la macchina:
«Siamo arrivati… buona fortuna»
Ai annuì e scese, tentando di sembrare tranquillo mentre raggiungeva il punto dove si sarebbero dovuti incontrare. Era il vecchio studio di registrazione della Shining Agency, e c’era un motivo se aveva scelto quel posto.
 
Kei camminava avanti e indietro da cinque minuti buoni, torturandosi i capelli castani mentre i suoi occhi dorati saettavano da una parte all’altra dello studio.
Era arrivato in anticipo, e se all’inizio non aveva saputo dire bene perché, alla fine aveva capito: era stato quel posto a chiamarlo.
Era uno studio che non si usava praticamente più da quando la Saotome Academy se ne era costruiti un paio all’interno e da quando uno molto più attrezzato era stato aperto, con vecchi poster appesi e varie foto di alcuni degli idols più brillanti che avevano debuttato… guardò oltre il vetro - ora sporco -  che divideva solitamente il cantante che registrava da tutti gli altri, e si affondò i denti nelle labbra mentre quel posto sembrava cambiare davanti ai suoi occhi, riempiendosi di luce, di musica, colori… e di persone.
 
«Hey Kei! Avete già iniziato?» chiese Hibiki, arrivando di corsa seguito a ruota da Reiji. Kei scosse la testa, accigliato, mentre osservava Aine che dava l’ok per far partire la base.
«Ora, ma perché ci avete messo tanto?»
«Qualcuno ha fatto fatica ad alzarsi» sogghignò Hibiki, lanciando un’occhiata a Reiji che stava tentando di soffocare uno sbadiglio. Quando notò che gli altri due lo fissavano si affrettò a sorridere e congedare i loro sguardi:
«Su, su… siamo qui per Ne-ne, giusto? Non importa che io abbia dormito fino a venti minuti fa!» blaterò, arrossendo, e i due compositori alzarono gli occhi al cielo.
Aine cominciò a cantare, conquistando subito tutti gli ascoltatori presenti, tecnici o professori che fossero, e Kei non poté trattenere un sorriso orgoglioso e sollevato; aveva avuto non pochi dubbi su quella canzone, ma Aine - che a sua insaputa aveva sbirciato da sopra la sua spalla mentre scriveva - sembrava essersene innamorato e l’aveva implorato fino allo sfinimento di usare quella come canzone per la laurea.
«Guardate Shining» ghignò Hibiki, dandogli una leggera gomitata nelle costole, e lui distolse l’attenzione da Aine, che come sempre era ormai nel suo mondo, per osservare lo spettacolo. Soffocò una risata.
«Sembra essere sotto effetti di ecstasy» ridacchiò, Hibiki e Reiji annuirono, per poi tornare ad osservare Aine.
Ogni idol trasmetteva qualcosa mentre cantava, non solo con la sua voce o con le parole del testo, anche dai gesti e dal linguaggio del corpo, e quello che traspariva sempre da Aine era una sorta di tranquillità mista ad allegria, con una coinvolgente naturalezza che spingeva chiunque a canticchiare o accennare mosse a tempo: i suoi gesti erano fluidi, i suoi occhi chiusi e il suo viso raramente sembravano mostrare alcuno sforzo; anche quando raggiungeva note apparentemente impossibili le sue labbra restavano tese in un piccolissimo sorriso. Era come se per lui cantare fosse facile come respirare, e forse era così.
Raggiunta più o meno la metà del terzo minuto della canzone, Kei sorrise entusiasta, orgoglioso di aver scelto di inserire quella parte in cui la voce di Aine era semplicemente accompagnata da qualche nota acuta di pianoforte, senza doversi di nuovo mischiare con la musica, mostrando così tutto il suo potenziale.
La canzone finì, e Aine riaprì gli occhi, luccicanti di entusiasmo mentre Incrociava lo sguardo dei suoi amici che gli fecero vari cenni di vittoria, dalle due dita alzate al pugno sventolato in aria.
Shining - di ritorno dal suo trip personale - iniziò ad esclamare che adorava quella canzone e a lodare la voce di Aine, oltre che le doti di compositore di Kei, e dichiarò che erano pronti per il debutto.
Kei spalancò gli occhi, e Aine si precipitò fuori dalla porta che separava lui e tutti gli altri per fiondarglisi addosso, ridendo e tremando dall’emozione. Reiji ed Hibiki, che avevano già ottenuto il loro debutto, si unirono all’abbraccio e, di comune accordo, tutti e tre lanciarono in aria Aine, che fra tutti era il più mingherlino… e quello che odiava più di tutti l’altezza e la mancanza di stabilità sotto i piedi.
 
Kei chiuse gli occhi, in una smorfia di dolore. Tutto quello era passato, quella stanza ora era vuota, sporca e fredda, e momenti come quello non ce ne sarebbero più stati.
Avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo, avrebbe voluto mettere in guardia Aine, dirgli cosa sarebbe successo in futuro, implorarlo di pensarci prima di entrare in quel mondo…
«Kei?»
La voce gli fece fermare il cuore per un attimo, sebbene sapesse che era solo il fratello del ragazzo che avrebbe voluto rivedere. Esitò prima di girarsi.
L’ultima volta che l’aveva visto, Ai era un bambino di dieci anni dagli occhi lucidi e l’aria spaventata e triste, ma era già molto simile a suo fratello, quindi ora che era cresciuto… si preparò a quello che avrebbe visto, e si voltò.
Come aveva pensato, Ai era diventato incredibilmente simile ad Aine, quasi identico se non per il fatto che teneva i capelli raccolti e non sciolti ad incorniciargli il viso, e aveva i lineamenti ancora quasi infantili.
«Ai» disse, cercando di impedire alla sua voce di tremare «c-che cosa c’è? Perché mi hai chiesto…?»
L’altro sembrava a disagio mentre si guardava intorno, poi alla fine gli piantò gli occhi addosso e si decise a parlare:
«Sai se qualcuno voleva fare male a mio fratello?»
La domanda, buttata lì di punto in bianco, fece sussultare l’ex compositore che sentì le sue mani congelarsi.
«Q-qualcuno voleva fa-fare male ad Aine? Cosa?» chiese, spalancando gli occhi «Ai, di cosa stai parlando?» chiese, accigliato.
Ai scosse la testa, e parve essere combattuto fra il dire o meno qualcosa.
«Puoi rispondermi? Aine ti ha mai parlato di qualcuno, o qualcosa che lo spaventava? Qualcosa che avrebbe tenuto nascosto anche a Reiji, ma magari non a te?»
“Dannazione, quell’espressione…” Ai gli ricordava troppo Aine, era troppo doloroso guardarlo!
Spostò lo sguardo alla sua destra:
«C’erano diverse cose che Aine teneva nascoste a quell’idiota di Reiji» sbuffò alla fine, riempiendo il nome di disprezzo «ma non che aveva bisogno di aiuto. E quello cosa ha fatto?! Ha spento il cellulare! E Aine… avrebbe potuto chiamare me, dannazione!» non era il caso di crollare a quel modo davanti al fratellino del suo migliore amico, ma erano cinque anni che se lo teneva dentro, e faceva di tutto per non pensarci… ora però… «Aine avrebbe dovuto chiamare me» ringhiò, serrando gli occhi.
«Non stai rispondendo alla mia domanda» commentò freddamente Ai, come se non gli importasse nulla di tutto il resto. In questo era diverso dal fratello, e sebbene fosse irritante, Kei gliene fu quasi grato.
Strinse i pugni e lo guardò:
«Non mi ha mai detto di essere spaventato. Ma non mi ha nemmeno mai detto di volerla fare finita seriamente. Mi diceva solo che era stanco di essere un idol, e che cantare iniziava  a fargli male… non riuscivo a capire che cosa intendesse, ma ogni volta che gli portavo una nuova canzone, lui aveva sempre più difficoltà ad accettarla. Ai, perché mi chiedi se…. Tu credi…» deglutì «che Aine non si sia suicidato?» chiese con un filo di voce, cominciando a sudare freddo.
Fare del male ad Aine?
«Sì, è quello che credo da qualche tempo» rispose Ai senza troppe mezze misure.
«Ma… f-far male ad Aine sarebbe stato come… come voler far male a…» a qualcosa di completamente piccolo ed indifeso, capace di offrire un sorriso ed un aiuto anche al peggiore dei mostri «perché qualcuno avrebbe dovuto farlo?» chiese, spalancando gli occhi.
«È quello che mi piacerebbe sapere» sospirò Ai «beh, se non sai dirmi altro…»
Kei, in quel momento, capì che se avesse lasciato andare Ai, sarebbe stato come perdere ogni contatto con Aine, anche la possibilità di rivederlo nel fratello…
«Aspetta in effetti qualcosa c’era» qualcosa a cui lui tecnicamente non aveva mai dato peso.
Ai lo guardò con minimo interesse.
«Q-qualche sera prima… lui e Hibiki avevano litigato… furiosamente. Non so nemmeno peché, so solo che Aine è tornato in camera furioso e non mi ha voluto dire perché… non ci avevo dato conto, perché conoscendo Aine ed Hibiki già il giorno dopo avrebbero fatto pace, però…» fece spallucce.
Ai alzò le sopracciglia:
«Hibiki?»
«È l’unica cosa strana che sia successa…» spiegò Kei «…per il resto…»
Ai annuì.
L’uomo davanti a lui sembrava distrutto, troppo orgoglioso per essere sull’orlo delle lacrime, ma comunque era come se stesse piangendo… Aine sembrava mancargli terribilmente.
Si morse il labbro inferiore, pensieroso, poi alla fine sospirò:
«C’è una cosa che non… ecco… che forse dovresti sapere su Aine» disse infine, infilandosi le mani in tasca.
 
«Allora? Che ti ha detto? Ha parlato anche di me? Mi odia ancora, vero?»
Ai sospirò mentre chiudeva la portiera e si allacciava la cintura:
«Hibiki ti risponde se lo chiami?» chiese.
Reiji smise di fare domande a raffica e lo fissò stranito:
«Hibiki? Pensavo che volessi sapere cosa aveva da dire Kei»
«Appunto, e ora che lo so voglio sentire quello che sa Hibiki, che c’è di strano?»
Reiji lo osservò, sembrava strano…
«Che cosa è successo con Kei, Ai? Ha forse detto qualcosa…?»
«A parte che sono così uguale a mio fratello che fa quasi male guardarmi? Naah… però ha detto che Aine aveva litigato furiosamente con Hibiki qualche sera prima di….»
Gli occhi di Reiji si illuminarono di comprensione:
«Ah! Quello! No, Ai-ai… lascia stare quella cosa, ti posso dire io che non c’entra niente con tutta la faccenda… Hibiki non avrebbe mai fatto del male ad Aine»
Ai lo fissò scettico. Perché ora sembrava essere scattato sulla difensiva?
«C'è qualcosa che vorresti dirmi, Reiji-chan?» chiese con voce dolce, che risultava abbastanza minacciosa.
Reiji balbettò qualcosa, poi sospirò e posò le braccia sul volante, nascondendovi il viso.
«Non era niente» mormorò «davvero, Ai-ai. Puoi fidarti di me?» gli chiese, guardandolo tristemente.
Ai sospirò:
«Andiamo a casa» mormorò, chinando il capo.
Ne aveva avuto abbastanza per quel giorno, tutto quello che voleva in quel momento era potersi rannicchiare fra le braccia di Syo e scollegare i pensieri almeno per cinque minuti.
Chiuse gli occhi, ma l’immagine del viso di Kei dopo che gli aveva detto che Aine era ancora vivo, e del modo in cui era crollato a terra, continuò a seguirlo, costringendolo a riaprirli.
Non era completamente sicuro del perché avesse deciso di dirglielo, ma una parte di sé aveva sperato che forse, se Reiji, Kei ed Hibiki fossero andati a parlargli… forse Aine si sarebbe svegliato.
 
«Come è andata?» chiesero in coro Ranmaru e Syo come i due entrarono in casa, Ai nascose uno sbadiglio, e Reiji si lanciò fra le braccia di Ranmaru, che lo evitò prontamente, facendolo finire a terra e beccandosi il solito “sei cattivo, Ran-Ran!”
«Niente di utile» dichiarò Ai, con una buona dose di irritazione nella voce. Syo rimase sorpreso per un attimo, prima di avvicinarsi a lui e abbracciarlo:
«Ai… possiamo trovare un’altra via, magari… senti, ok, forse è una follia, ma non potrebbe aver… chiesto a qualcuno di aiutarlo perché sapeva che non avrebbe avuto il coraggio necessario per andare fino in fondo?» chiese esitante, era un’ipotesi che aveva fatto Tokiya poco prima, e che Syo aveva aborrito fin dall’inizio, però, forse
«Non credo, ma potrebbe anche essere andata così. Solo che… Cosa può avergli fatto odiare così tanto la sua vita? Perché aveva iniziato ad odiarsi così tanto?» erano le domande che più torturavano Ai, che gli graffiavano il petto da dentro per uscire, anche se Syo non era il giusto destinatario, le voleva da qualcun altro le risposte, da qualcuno che in quel momento era steso sul lettino di una clinica, con un’ombra scura chinata davanti, che con un ghigno sulla faccia gli sfilò lentamente la mascherina dell’ossigeno e si allontanò lentamente, ascoltando con crudele delizia il suono dei macchinari che urlavano.
Era diventato il suo suono preferito, ormai.
 
Aria… aria… ARIA!
L’acqua l’aveva avvolto, e non riusciva a tornare a galla.
I suoi vestiti pesavano, tutto lo tirava sotto… era buio…
Tentò di nuotare, ma non ci riusciva, era immobile, l’acqua troppo forte per lui… c’era corrente
Venne spinto contro qualcosa di duro…
Buttò fuori la poca aria che aveva trattenuto, e subito fu sostituita da acqua.
Dolore alla testa… poi altro buio, ma questo era meno spaventoso…
Credette che qualcuno lo stesse toccando, stringendogli il braccio, ma forse se l’era solo immaginato…
Poi altra aria fu spinta nei suoi polmoni, e l’acqua corse fuori dalla sua gola.
Aria.
 
I macchinari smisero di urlare nel momento in cui gli infermieri fecero la loro comparsa, seguiti dallo zio, tutti fissarono atterriti lo spettacolo che avevano davanti.
Il viso del ragazzo non era più coperto dalla maschera, il respiratore continuava a buttare aria in essa, ma quella andava sprecata, spostando solo i capelli accanto al collo del ragazzo.
“Aine” pensò l’uomo, mentre la sua vista si sfocava dietro una cortina di lacrime.
La mascherina non era più sul viso del ragazzo, eppure

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Nota dell'autrice: salve! *cerca di fare l'innocente*
Ecco qui il capitolo 32... okok, perdonatemi il cliffhanger xD è che... ora capisco perchè un sacco di autori scrivono "odio quando i cliffhanger li fanno a me, ma amo scriverli". In effetti è divertente... *risatina crudele*
Prometto che non sarò così crudele, sul serio... non dovrete aspettare molto per il prossimo capitolo!! ^.^
Per ora... che ne pensate di questo? Dite che è troppo confusionario? C'è qualcosa che potrei sistemare? Fatemi sapere, ogni consiglio è il benvenuto!! :D
Vado già a lavorare al 33 (ve l'ho detto che non vi farò aspettare molto ahaha), buonanotte/giorno/pomeriggio/sera a tutti voi e grazie come sempre a chi recensisce, legge, segue, eccetera eccetera!!!
Un bacione!!
Starishadow

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Capitolo 33
*** ... you ... ***


Capitolo 33. ...you...

Il viso del ragazzo non era più coperto dalla maschera, il respiratore continuava a buttare aria in essa, ma quella andava sprecata, spostando solo i capelli accanto al collo del ragazzo.
“Aine” pensò l’uomo, mentre la sua vista si sfocava dietro una cortina di lacrime.
La mascherina non era più sul viso del ragazzo, eppure…


… eppure l’elettrocardiogramma continuava ad avanzare imperterrito.
… eppure l’encefalogramma continuava ad avere onde vivaci in esso.
Eppure il petto di quel ragazzo si stava alzando e abbassando lentamente.
 
«Aiyan»
Ai spalancò gli occhi. Era di nuovo su quella spiaggia, i cielo era ancora scuro e il mare ancora agitato, eppure…
Aine era in piedi davanti a lui.
«Onii-san» mormorò, facendo qualche passo esitante verso di lui.
«Stai attento, otouto-chan» la voce e l’espressione di Aine erano tristi, mentre faceva un passo indietro e scuoteva la testa.
«Che cosa vuol dire, Aine-nii? Che cosa succede?»
Il viso di suo fratello si contrasse in una smorfia di sorpresa e paura, mentre guardava qualcosa alle spalle di Ai:
«Attento, Aiyan!» ripetè, prima di sparire nuovamente fra le onde.
«ONII-SAN!!»
Qualcosa lo afferrò alle spalle, e poco dopo davanti ai suoi occhi vide la terra ai suoi piedi tingersi di rosso, mentre una risata riecheggiava nella sua mente, seguita da un grido disperato.
 
Ai si svegliò di soprassalto, madido di sudore e con il respiro affannato.
La luce si accese, e si accorse che Syo era seduto accanto a lui, che gli sfiorava i capelli e il viso, tentando di calmarlo, Natsuki, l’espressione preoccupata dietro gli occhiali, era seduto anche lui sul bordo del letto e gli muoveva le mani sulla schiena.
Il resto degli Starish e i Quartet Night era affollato nella stanza o sulla porta, e lo osservavano preoccupati.
«C-cosa…?» chiese, guardando confuso Syo. Il biondo gli baciò una guancia prima di rispondere:
«Hai urlato» spiegò «piuttosto forte…» aggiunse, e Ai avvampò.
«Diciamo che sembrava che avessi beccato Hannibal Lecter, Zodiac e  Psyco che facevano un pigiama party in camera tua» spiegò Ren incrociando le braccia, l’aria assonnata.
Tokiya alzò un sopracciglio nella sua direzione, prima di afferrare un Otoya completamente addormentato che stava cadendo a terra.
«M-mi dispiace» mormorò Ai, portandosi le ginocchia al petto, mentre cercava di calmarsi. Non sapeva perché, ma un’ondata di terrore l’aveva avvolto nel sogno appena Aine era sparito, lasciandolo solo con qualsiasi cosa ci fosse alle sue spalle.
«Non ti preoccupare, Ai-ai… Vuoi che restiamo un po’ svegli?» chiese Reiji, accovacciandosi davanti al suo letto con un sorriso gentile «Magari solo io e Syo-chan, se preferisci»
Ai si vergognava incredibilmente di quello che era appena successo, svegliarsi da un incubo strillando come Haruka che trova un insetto sul suo comodino…
Scosse la testa:
«N-no, non ce n’è bisogno… tornate pure a dormire, scusate se vi ho svegliato» sussurrò, rabbrividendo.
Sebbene poco convinti, ad uno ad uno gli altri ragazzi uscirono dalla stanza, fino a quando non rimasero solo i tre occupanti che lentamente tornarono a coricarsi.
Ai si rannicchiò contro Syo senza dire una parola, le guance ancora scarlatte per l’imbarazzo.
«Non c’è niente di male nell’avere un incubo, Ai» sussurrò il biondo, notando il suo disagio.
Ai si imbronciò e si strinse di più a lui, affondando il viso nel suo addome. Syo sorrise dolcemente, stabilendo che quell’irritante ragazzino aveva l’irritante capacità di renderlo sdolcinato peggio di Tokiya e Ren messi insieme.
«Ci sono io, Ai, puoi stare tranquillo… gli incubi non ti faranno niente stavolta»
Ai voleva crederci, disperatamente, però… anche nei suoi incubi c’era Syo, questo non gli impediva mai di finire a sanguinargli fra le braccia, e la cosa peggiore era l’espressione che vedeva negli occhi del ragazzo tutte le volte.
“Sono solo sogni” si disse “solo sogni”
 
La mattina dopo, Ai si svegliò con Syo che gli sventolava il telefono davanti al naso, lo afferrò di scatto, allarmato, ma non fece in tempo a rispondere, si accorse che però erano rimasti messaggi in segreteria.
Con il cuore in gola, fece partire il primo, e i suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre cominciava a ridere incredulo, mentre Syo lo guardava incerto, preoccupato dalle sue lacrime ma rassicurato dalla sua risata.
«Ai, Ai, AI!!! PERCHÉ NON RISPONDI MAI AL TELEFONO?! AINE… STA MIGLIORANDO! I-IERI… Riesce a respirare da solo, senza più bisogno dell’ossigeno, e… a quanto pare reagisce in minima parte agli stimoli esterni! Riesci a venire? Passo a prenderti?? Fammi sapere!!»
La voce di suo zio era euforica, più viva di quanto l’avesse sentita fino ad allora… scattò a sedere e fissò Syo, gli occhi illuminati e un sorriso incredulo in viso. L’altro ragazzo aveva ormai iniziato ad intuire che cosa poteva essere successo, gli portò le mani al viso e lo tirò verso di sé, baciandolo e sorridendo contemporaneamente.
Forse alla fine le cose potevano cominciare ad andare per il verso giusto.
 
Ai entrò di corsa nella stanza, gli occhi spalancati e il petto più leggero nel vedere lui stesso il viso di Aine libero da quella maschera, sebbene vi fossero ancora dei segni rossi lì dove era stata premuta, e anche gli aghi infilzati nella sua pelle sembravano essere di meno.
«Onii-san» sussurrò, stringendogli una mano. Era una sua impressione o era meno fredda del solito?
Suo zio lo raggiunse, posandogli una mano sulla schiena e sorridendogli, gli occhi ancora lucidi.
Ai non ricambiò, il sorriso, tornò a concentrarsi sul viso di Aine… se stava migliorando in quel modo… era possibile che… che Aine si svegliasse? Non osava sperarlo, ma una parte di sé non riusciva a non rigirarsi in preda all’emozione.
«Vuoi passare tu la notte qui?» chiese lo zio, e il ragazzo annuì. Poi l’uomo si voltò verso la porta e il suo viso si incupì:
«Che ci fa lui qui, Ai?» chiese, duramente, il ragazzo sospirò, sapendo benissimo di chi parlava:
«Ha diritto tanto quanto me e te di stare qui, zio… Aine lo ama» finalmente incrociò lo sguardo dell’uomo, che scrutava Reiji e sembrava disprezzarne ogni centimetro che vedeva.
Reiji, dal canto suo, ricambiava lo sguardo con altrettanta altezzosità e impassibilità, mentre dentro di lui tutto quello che voleva era avvicinarsi ad Aine e accertarsi che quello che Ai aveva detto.
Le palpebre di Aine sembravano muoversi debolissimamente mentre i suoi occhi si muovevano lentamente, dietro di esse, e Ai si chiese se li  stesse sentendo, e se in quel momento non volesse intervenire…
Molto probabilmente era quello che avrebbe fatto: le uniche volte in cui aveva alzato la voce erano state quando suo zio si comportava male con Reiji…
«Zio» chiamò, attirando l’attenzione dell’uomo «se Aine ci può davvero sentire… non credi che la presenza di Reiji potrebbe…»
«Come ti pare, Ai» ringhiò l’uomo, avvicinandosi all’uscita «ricordati solo che è colpa sua se siamo qui adesso» concluse, uscendo dalla spalla e assicurandosi di dare una spallata a Reiji nel passargli accanto, poi si accorse della presenza di Syo, e sebbene l’occhiata che gli rivolse non fosse particolarmente ostile, il biondo aveva comunque l’impressione di non stargli molto simpatico.
Reiji lentamente si avvicinò al letto, osservando Aine con aria illeggibile. Lentamente un sorrisino tremante si aprì sulle sue labbra, mentre gli sfiorava una guancia:
«Ne-ne» sussurrò.
Al suono della sua voce, le palpebre di Aine sembrarono muoversi più decise di prima, Ai emise un piccolissimo verso di sorpresa, il sorriso di Reiji si allargò anche di più, mentre iniziava a giocare delicatamente con i capelli del ragazzo.
“Torna da noi, onii-san”.
 
Quella notte, nessuno dei tre riusciva a stare tranquillo: né Ai che non faceva che fare la spola fra il divano e la sedia accanto al letto, né Reiji e Syo fuori dalla porta, seduti sulle sedie.
«N-non so… a quanto ha detto lo zio di Ai, la mascherina non può essersi tolta da sola» mormorò Reiji, accigliato, Syo annuì «forse… forse era un altro tentativo di fargli male. Chi l’ha fatto non si aspettava che Aine sarebbe riuscito a respirare anche senza»
Il biondo annuì di nuovo, gli occhi fissi sulla porta chiusa. C’era qualcosa, una sensazione che gli stringeva lo stomaco… qualcosa ancora non tornava.
«E quel messaggio diceva che avrebbe fatto qualcosa ad Aine, se Ai non avesse portato i soldi, giusto?» chiese Reiji.
«Sì… quindi qualcuno sta cercando di impedire ad Aine di svegliarsi… ora rimane solo chi e perché… e come entra nella stanza. Oh e anche come entra nella nostra stanza»
Reiji si tamburellò il mento, pensieroso, poi alla fine si voltò verso di lui:
«Medici ed infermieri! E sanno anche tutto quello che c’è da sapere sui macchinari, e su… insomma, su tutto!» esclamò a mezza voce, guardandosi intorno per vedere se c’era qualcuno oltre a loro nel corridoio a malapena illuminato.
Syo annuì:
«E possono anche entrare di notte con la scusa di controlli e cose varie senza che nessuno sospetti nulla, ecco perché gli attacchi sono avvenuti sia quando Aine era da solo sia quando c’erano o Ai o suo zio!»
Reiji si alzò:
«Dobbiamo avvisare Ai» dichiarò.
«Avvisarlo di cosa?» una voce fece sobbalzare entrambi i ragazzi, che si voltarono verso l’uomo che era appena entrato.
«Od-dio si-signor K-Kisaragi m-mi ha fatto prendere un colpo» balbettò Syo, portandosi una mano al petto e controllando che la sua frase non scendesse nel letterale. Con suo enorme sollievo il suo cuore aveva già iniziato a calmarsi.
«Mi dispiace… Kurusu-san. È il tuo cognome, giusto?» suo malgrado, l’uomo aveva fatto delle ricerche sugli Starish, oltre che sui Quartet Night, ormai quello era probabilmente l’unico modo per fingere una certa vicinanza con Ai…
Syo annuì, prima che Reiji intervenisse:
«Che cosa ci fa qui?» chiese.
«Di cosa dovete avvisare Ai?» replicò con calma lo zio, fissando Reiji con antipatia che non si curava di celare. Non gli era stato simpatico quando usciva con suo nipote, e non gli stava simpatico ora che lo riteneva colpevole di tutto ciò.
Reiji alzò gli occhi al cielo:
«Che domani sera abbiamo un mini concerto, contento?» sbuffò, e Syo dentro di sé dovette ricordarsi che Reiji, oltre ad essere un cantante dalle dubbie tendenze fra il deredere e l’emo, era anche un ottimo attore, migliore di quanto avesse mai potuto immaginare.
«Mi sono dimenticato il portafogli nella stanza di Aine» rispose allora l’uomo, provocando Reiji nell’usare il suo stesso tono.
Syo, in mezzo ai due, si sentiva leggermente schiacciato dalla tensione che si era creata.
«Uhm… i-io credo che andrò in bagno» balbettò, schizzando via.
Cielo, ma che diamine poteva aver fatto Reiji per farsi odiare così tanto dallo zio di Ai?!
 
«Senta, lo so che…» iniziò Reiji, ma l’uomo lo zittì immediatamente:
«No, aspetta. So che sono sempre stato un bastardo con te e con Aine» ammise, a fatica, mentre abbassava lo sguardo. Reiji alzò le sopracciglia:
«Su, via… non usi così tanti eufemismi. È stato un mostro!» il ragazzo provò una piccolissima dose di sadico piacere nel vederlo sussultare a quella parola, poi quello andò avanti:
«Mi piacerebbe… ecco… ricominciamo daccapo?» chiese, guardandolo negli occhi e tendendogli la mano, ferma e piena di cicatrici come era stata la prima volta che l’aveva stretta «per Aine. Se dovesse svegliarsi avrà sia bisogno di me che di te… non possiamo permetterci di non collaborare»
Reiji lo osservò con sospetto, misto a disgusto, ma alla fine annuì e accettò la stretta di mano.
“Per Aine” si disse.
Quando provò a ritirare la mano, però, si accorse che l’altro uomo non aveva intenzione di lasciarlo andare. Spalancò gli occhi e quello lo tirò a sé, tirando fuori l’altra mano dalla tasca, con un fazzoletto ripiegato posato su di essa:
«Ecco, iniziamo a collaborare… tu ora dormi e mi lasci fare» sussurrò nell’orecchio del ragazzo mentre gli premeva il fazzoletto sul naso e la bocca, sentendo che si dibatteva sempre di meno, fino a quando non fu immobile. A quel punto lo fece cadere a terra ed entrò nella stanza.
Si sarebbe occupato del biondino più tardi.
 
La porta si aprì, e Ai si voltò di scatto, tremante, rilassandosi man mano che riconosceva la perona.
«Zio» mormorò.
L’uomo sorrise:
«Scusa, Ai-kun, non volevo spaventarti, solo che mi sono scordato il portafoglio qui» disse, iniziando a spostarsi verso il divano.
«Davvero? Ne sei sicuro? Perché non l’ho visto» notò il ragazzo, accigliandosi.
«Forse è caduto fra i cuscini del divano, sai mentre dormivo. Qualche novità da Aine?»
Ai fece spallucce e si voltò nuovamente verso il fratello, mentre sentiva lo zio che frugava fra i cuscini. Non era tranquillo, nemmeno un po’, eppure non riusciva a capire per quale motivo.
Strinse leggermente la mano di Aine, cercandovi un minimo di conforto.
«A meno che non sia finito fra lo schienale e la base» mormorò fra sé e sé l’uomo, chinandosi. Le sue dita toccarono il materiale che cercava, e sorridendo avvolse le mani attorno ad esso «ah, eccolo!» esclamò, sollevato, guardando Ai che si era voltato verso di lui con aria illeggibile:
«L’hai trovato?» chiese.
«Penso proprio di sì… ehi, ma… che succede? Aine!» l’uomo finse di essere spaventato mentre guardava Aine, e come il nipote gli diede nuovamente le spalle, tirò fuori il coltello che aveva nascosto nel divano qualche tempo prima e si avventò su di lui.
Sarebbe riuscito a colpirlo in pieno petto se Ai non l’avesse visto muoversi dal riflesso della finestra e non si fosse spostato, invece la lama si conficcò più o meno all’altezza della spalla sinistra, abbastanza vicino al collo.
“Oh beh, comunque…”
Il ragazzo emise un verso strozzato per il dolore, mentre fissava atterrito la lama che usciva dalla sua carne e il sangue che macchiava le coperte bianche e la mano di Aine.
Lo zio estrasse il coltello e lo spinse a terra, mentre la sua visione iniziava a sfocarsi per il dolore.
«Vuoi sapere perché, Ai-kun?» chiese con un sorriso cattivo, mentre gli schiacciava la ferita col piede e lui urlava di dolore «Perché avrei dovuto fare tutto questo?» aumentò la pressione sulla ferita, e il nipote si lamentò ancora, iperventilando, le lacrime che gli uscivano dagli occhi così come il sangue usciva copiosamente dalla ferita «Perché la tua dolce mammina quando si è messa con tuo padre ha finito tutti i miei soldi… e quando è morta non ha lasciato nemmeno un centesimo! Speravo che Aine, quel buono a nulla, almeno potesse portare qualche soldo facendo il cantante da quattro soldi, ma no, lui è sempre stato troppo debole! Così non solo ha tentato di suicidarsi, ma non ci è nemmeno riuscito! E mi toccava pagare questi stupidi macchinari per tenerlo in vita!!» emise una risata isterica, mentre Ai lo fissava con occhi annebbiati dal dolore ma una chiara espressione d’odio in viso «Stavo per mandare tutto a quel paese, staccare quella spina e liberarmi finalmente… e poi sei arrivato tu. Anche tu volevi fare l’idol. Oh, tu sì che sei stato utile. È bastato dirti che non avevo soldi per tenere in vita il tuo fratellone e subito mi hai offerto praticamente tutto il tuo stipendio! Nobile da parte tua, forse… ma sciocco» girò il piede con decisione, soddisfatto nel notare che il nipote era troppo esausto anche solo per reagire ormai «ora che ho quell’assegno, tu e Aine non mi servite più. Oh, come sarà facile fingere di essere lo zio disperato che vi ha trovati entrambi uccisi… Dopotutto, da qualcuno devi aver preso le tue doti di attore... e magari darò la colpa a quel biondino, è il tuo amichetto, ci scommetto. Sei un mostro anche tu, non è vero? Anche tu sei come Aine!» la rabbia gli fece affondare nuovamente il coltello, stavolta nel fianco del ragazzo, e lo colpì con un calcio.
«S-Syo» rantolò Ai, serrando i denti.
Poteva fare quello che voleva, ma non… non a Syo… non a lui!
L’uomo si abbassò al suo livello, prendendogli il viso fra le mani:
«Fra poco collasserai per il dolore, ma non abbastanza in fretta da non vedermi uccidere il tuo fratellone» ghignò.
Ai tentò ti colpirlo, in qualsiasi modo, ma riuscì solo ad afferrargli una caviglia, e lo zio si liberò in fretta della sua presa.
Lo vide avvicinarsi lentamente ad Aine, il coltello ancora sporco del suo sangue stretto in una mano.
«-ne… Ai… ii-sa…» il buio stava già occupando il campo visivo di Ai, che non sentiva più buona parte del suo corpo, affogato in un dolore acuto e continuo.
“No ti prego”
La porta si spalancò, e l’attimo di sorpresa dello zio servì alla persona che era entrata di avanzare verso di lui e colpirlo, strappandogli il coltello dalle mani e affondandoglielo in una gamba.
Il dolore era diventato insopportabile, e Ai non riusciva più a tenere gli occhi aperti. Vide altre persone entrare e trattenere suo zio, solo a quel punto si lasciò cadere supino a terra, ansimando. Il buio occupava sempre di più la sua vista.
«Ai!!»
L’ultima cosa che riuscì a vedere prima che tutto diventasse nero fu il viso terrorizzato di Syo che lo chiamava.
L'ultima cosa che riuscì a sentire prima che tutto diventasse muto fu la voce del ragazzo che lo implorava di restare con lui:
«Ai per favore… ti prego resta con me, io… oh andiamo brutto idiota! Non ti ho ancora detto che ti.. t-ti amo!»

 
*******************************
Nota dell'autrice: tadaaaaan!!!
Ed eccoci ad uno degli ultimi capitoli!! Sìì!! ^^ ehm, bene, ecco quindi risolto il mistero ahaha ve l'aspettavate? xD (probabilmente c'eravate arrivati da un pezzo, ma fatemi illudere ahahhaah!!)
Ora il sogno sembra avere tutto un altro senso, vero? ;) *ci spera*
E quindi, sì, era lo zio il cattivone di turno!
Come avrete notato, la FF non è ancora finita ahaha non potrei mai essere così sadica e crudele da lasciarvi così xD
Quindi... prima di andarmente in un angolino a sperare che il capitolo non sia stato orribile (e in ogni caso imploro la vostra pietà, è la prima volta che mi cimento con misteri e cose varie ahaha - cioè, che mi cimento a RISOLVERE i vari misteri che ho messo xD), vi lascio un piccolo snippett del prossimo capitolo ahaha! ^^

UNA SETTIMANA DOPO
Ranmaru entrò di corsa nella stanza, seguito a ruota da Camus, e si avventò su Reiji, seduto al capezzale di Ai, sollevandolo dal colletto della maglia.
«Io ti ammazzo, Kotobuki, ti butto fuori da una finestra, ti faccio atterrare sopra l’elicottero di Shining, ti…»
Reiji non disse nulla, si limitò a voltare lo sguardo verso Ai.
Il ragazzino osservava la scena con aria vagamente divertita, una mano ancora stretta fra quelle di Syo e l’altra impegnata a giocherellare con i fili del lenzuolo.
«Come stai, Mikaze?» chiese Camus, ignorando la coppietta di amanti bisbetici, per concentrarsi sul quindicenne.
Ai fece spallucce, muovendo solo la spalla destra, visto che la sinistra ancora protestava di dolore ad ogni piccolo movimento.
«Oh, e non credere che non ammazzi anche te, Mikaze!» intervenne Ranmaru, marciando fino ai piedi del letto e chinandosi, raggiungendo l’altezza del viso di Ai «Mi hai fatto prendere un colpo… di nuovo
Ai arrossì:
«Scusa, Ranmaru» mormorò, come un bimbo che viene rimproverato.
C'era qualcosa, però, nello sguardo di Camus che mise Syo in allarme... ormai avevano risolto tutto, lo zio di Ai e Aine era stato rinchiuso, Ai era stato salvato in extremis, Aine continuava a migliorare... ma allora cos'era quel bigliettino stropicciato che il senpai gli aveva appena passato di nascosto?

Ed ecco fatto! Così forse risparmio ad un paio di persone il colpo su "cosa succederà ad Ai" xD ve l'ho detto... scrivere cliffhanger sarà pure divertente ma... so bene quanto siano odiosi ahaha
Detto questo, al prossimo capitolo!!!
*commossa* la storia è quasi finita T_T un GRAZIE di cuore a tutti quelli che hanno sopportato la storia fino a qui!! Non ci sarei mai arrivata senza di voi!!
Un grandissimo bacio,
Starishadow



 

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Capitolo 34
*** Hate ***


Capitolo 34. Hate
 
Il buio non era più confuso, i lampi di luce erano fermi, e volendo riusciva a concentrarsi abbastanza a lungo su uno di essi.
I rumori attorno a lui erano più distinti, e sebbene non riuscisse sempre a cogliere tutto quello che avveniva, una cosa era chiara.
Quel bastardo aveva fatto male al suo fratellino.
E lui non aveva potuto difenderlo.
Una mano coperta di gocce di sangue si strinse debolmente in un pugno.
 
UNA SETTIMANA DOPO

«Buongiorno bell’addormentato!» esclamò Reiji sorridendo come un ebete davanti ad Ai, che lentamente riuscì a mettere a fuoco i contorni della stanza.
«D-dove…» bastò un’occhiata per capire dov’era, e sospirò, optando per un’altra domanda «Dov’è Syo?» chiese preoccupato.
Reiji sorrise con aria di comprensione, prima di togliergli un ciuffo di capelli da davanti agli occhi.
«Gli Starish l’hanno trascinato a casa a dormire e mangiare prima che si riducesse peggio di te»
Lo sguardo di Ai si indurì, e la scritta “quell’idiota” parve lampeggiare a caratteri cubitali con tanto di insegne al neon sulla sua fronte a mo’ di sottotitolo. Reiji sorrise affettuosamente:
«Era preoccupato per te» spiegò tranquillamente.
«Non ce n’era motivo»
«Tu sai che stavi per morire dissanguato, vero?»
Ai rimase sbalordito e smise di ribattere. Reiji non gli disse altro, si limitò a fare spallucce e dire “ma non è successo, quindi non pensarci”.
«Aine?» chiese subito dopo, tornando ad allarmarsi, ma lo sguardo severo di Reiji lo costrinse a mettersi di nuovo buono buono in ascolto.
«Tuo zio non è riuscito a fargli niente, Syo è arrivato in tempo… e pare che stia sempre meglio, al punto di riuscire a muovere le dita di una mano e le palpebre…»
Ai tirò un sospiro di sollievo che fu quasi doloroso e che fece alzare gli occhi al cielo al ragazzo più grande:
«Santo cielo, Ai! Stai.Fermo. Non è complicato porca miseria!! Sei più cocciuto di tuo fratello» sbuffò, e Ai gli rivolse un sorrisino dispettoso «qualsiasi cosa tu stia complottando di fare, finiresti col farti male, ragazzino» lo sguardo di Reiji si fece minaccioso, anche se un bagliore di divertimento era ancora visibile in fondo ai suoi occhi.
Ai alzò gli occhi al cielo e si rilassò fra i cuscini, continuando a fissarlo male.
«Non guardarmi così, non le ho fatte io le regole!»
«Tu come stai?»
Reiji sembrò colto di sorpresa:
«Eh?»
«B-beh, non sei entrato nella stanza insieme a Syo e quindi ho pensato che…»
Reiji arrossì e i suoi lineamenti si indurirono in una smorfia di rabbia:
«Non ho potuto fare niente, e se non fosse stato per Syo…» mormorò, digrignando i denti e stringendo i pugni «finire in carcere è la sua fortuna, come gli metto le mani addosso…»
Ai sospirò:
«Non ne vale la pena» i suoi occhi si spostarono verso la finestra, mentre qualcosa gli affondava nella mente e gli stringeva il petto.
Adesso erano veramente solo lui e Aine.
E mai come in quel momento avrebbe voluto che suo fratello fosse lì con lui ad incoraggiarlo e promettergli che tutto sarebbe andato per il meglio.
«Ai-ai» rivolse lentamente la sua attenzione al compagno di band «andrà tutto bene, ok?»
Un sorrisino amaro gli si dipinse sulle labbra, ma si astenne dal rispondere.
 
«Ai?»
Gli occhi del ragazzo si aprirono al suono di quella voce, e come i suoi occhi ciano incontrarono quelli celesti di Syo, una buona metà delle sue preoccupazioni e della sua paura svanirono, sciogliendosi come neve al sole.
A parte un po’ di occhiaie sotto gli occhi, Syo sembrava stare bene, notò mentre lo scrutava da cima a fondo. Il biondo arrossì e abbassò lo sguardo, prima di rivolgergli un’occhiata maliziosa e ripetergli la stessa cosa che gli aveva detto lui quelli che ora sembravano anni prima:
«Ti piace quello che stai vedendo?»
Solo che era con Ai Mikaze che parlava, e la sua reazione fu decisamente diversa dalla sua in simili circostanze.
Dopo aver indugiato altri secondi sul suo corpo, il ragazzino incrociò il suo sguardo e dichiarò, con la più assoluta tranquillità:
«Decisamente»
Al che Syo avvampò furiosamente, e sul viso dell’altro si dipinse un’espressione di palese soddisfazione: il biondo era sicuro che, se non avesse avuto una spalla fuori uso, si sarebbe portato le braccia dietro la testa e l’avrebbe osservato con un’aria da fare invidia a Ren.
Sospirò:
«Sei terribile, Ai» scosse la testa, fingendosi esasperato, e poi si lasciò cadere sulla sedia accanto al lettino e si appropriò di una delle sue mani.
«Sei tu che sei un caso perso, Syo» ridacchiò il più piccolo, sempre più soddisfatto di se.
Syo sospirò e borbottò qualcosa, e Ai - che pure aveva sentito benissimo - lo costrinse a ripetere più forte.
«Ho detto “come cavolo ho fatto ad innamorarmi di un disastro come te?”!» replicò l’altro «E non fingere di non aver sentito!» aggiunse lanciandogli un’occhiataccia, Ai rise di nuovo:
«Oh dai, Syo… e poi, anche io mi sono innamorato di un disastro» aveva pensato che ammetterlo sarebbe stato più imbarazzante, invece le parole gli uscirono dalle labbra con naturalezza, come se fosse la cosa più normale del mondo… e poi era così, in realtà.
Syo sorrise e avvicinò il viso al suo, gli sfiorò delicatamente le labbra, con la paura di potergli far male in qualche modo, e poi si allontanò, intenerito dal broncio che era comparso sulle labbra del ragazzo, chiaramente non soddisfatto da quel bacio.
«Appena starai meglio» promise Syo, e il più piccolo si imbronciò anche di più:
«Ma io sto meglio!» protestò.
«Sei ancora mezzo sotto la morfina, ti fa ancora male la spalle, e probabilmente sei anche un po’ sotto shock»
Ai lo fissò male:
«Hai parlato con Kaoru-san prima di entrare qui e ti sei fatto dire cosa potevo avere, vero?» chiese, Syo ridacchiò:
«Più o meno»
Il minore alzò per l’ennesima volta gli occhi al cielo:
«Ti odio» borbottò.
«Ti amo. L’hai detto tu, fra odio e amore c’è una linea sottile» ghignò Syo divertito, gli occhi del minore si spalancarono, e stavolta il biondo non riuscì a baciarlo brevemente, in quanto Ai fece il possibile per trattenerlo con le labbra sulle sue il più a lungo possibile.
Almeno fino all’arrivo di un medico che dovette chiarirsi la voce per attirare la loro attenzione e dichiarare che doveva sistemare le bende di Ai e Syo schizzò fuori dalla stanza, mentre ancora sentiva la voce di Ai che, fra un bacio e l’altro, gli sussurrava nelle orecchie “Ti amo anch’io, comunque”.
Probabilmente la caratteristica della loro coppia sarebbe diventata cogliere l’altro di sorpresa…
 
QUALCHE ORA DOPO

Ranmaru entrò di corsa nella stanza, seguito a ruota da Camus, e si avventò su Reiji, seduto al capezzale di Ai, sollevandolo dal colletto della maglia.
«Io ti ammazzo, Kotobuki, ti butto fuori da una finestra, ti faccio atterrare sopra l’elicottero di Shining, ti…»
Reiji non disse nulla, si limitò a voltare lo sguardo verso Ai.
Il ragazzino osservava la scena con aria vagamente divertita, una mano nuovamente stretta fra quelle di Syo e l’altra impegnata a giocherellare con i fili del lenzuolo.
«Come stai, Mikaze?» chiese Camus, ignorando la coppietta di amanti bisbetici, per concentrarsi sul quindicenne.
Ai fece spallucce, muovendo solo la spalla destra, visto che la sinistra ancora protestava di dolore ad ogni piccolo movimento.
«Oh, e non credere che non ammazzi anche te, Mikaze!» intervenne Ranmaru, marciando fino ai piedi del letto e chinandosi raggiungendo l’altezza del viso di Ai «Mi hai fatto prendere un colpo… di nuovo
Ai arrossì:
«Scusa, Ranmaru» mormorò, come un bimbo che viene rimproverato.
C'era qualcosa, però, nello sguardo di Camus che mise Syo in allarme... ormai avevano risolto tutto, lo zio di Ai e Aine era stato rinchiuso, Ai era stato salvato in extremis, Aine continuava a migliorare... ma allora cos'era quel bigliettino stropicciato che il senpai gli aveva appena passato di nascosto?
Lo aprì quando fu sicuro che Ai non guardava e riconobbe lo stesso biglietto che avevano trovato sulla scrivania di Ai qualche tempo prima, ma ora sotto la scritta “odio” erano comparsi un indirizzo e un orario.
“Che cosa vuol dire?!” si disse, spalancando gli occhi e incrociando lo sguardo di Camus, che scosse impercettibilmente la testa.
L’appuntamento era per quel giorno, circa un’ora dopo. E anche se in teoria il biglietto era per Ai, era impensabile che ci potesse andare lui, e fu così che Syo decise di presentarsi al posto del ragazzo.
 
«Vengo con te» dichiarò Reiji quando Syo uscì dalla stanza, lasciando Ai alle abili cure di Ringo, Camus e Hyuuga.
«Cosa?»
«Ho visto che cosa c’era in quel biglietto, e qualunque cosa sia, non voglio che tu ci vada da solo»
Syo tentò di protestare, ma alla fine cedette quando Reiji toccò il tasto “Ai-non-vorrebbe-che-tu-ci-andassi-da-solo-perché-potrebbe-essere-pericoloso”.
E fu così che i due si ritrovarono soli in auto.
«Reiji, Ai mi ha parlato di quello che gli ha detto Kei su un litigio fra Aine e Hibiki… e mi ha detto che tu hai reagito un po’… insomma…»
Reiji sospirò:
«Non demorde proprio quel ragazzino, eh? Non era niente di importante! Hanno risolto tutto il giorno dopo»
«Sì ma, a quanto ho capito da quello che dicevate tu e Ai, Aine non mi sembra il tipo che perde la pazienza per nulla»
Reiji emise una risatina nervosa e scosse la testa:
«Aine è il tipo che perde spesso la pazienza, solo che la recupera in brevissimo tempo o comunque sa trattenere la rabbia» forse quella volta era stata l’unica eccezione… oltre al litigio con suo zio.
E dopo quello fu impossibile cavargli altro dalla bocca, con sommo disappunto di Syo.

Aine era rannicchiato sul bordo della scogliera, le gambe strette al petto e il viso nascosto nelle ginocchia, scosso dai singhiozzi.
Faceva male vederlo così.
«Aine»
Il ragazzo sussultò nel sentire la sua voce e si voltò lentamente verso di lui, alzandosi:
«Che cosa ci fai qui?» chiese, con aria nervosa.
«Forse lo stesso che ci fai tu» la sua voce calma contrastava con quella disperata di Aine, con le grida del mare e l’ululato del vento. Osservò il ragazzo, i capelli agitati dall’aria che gli coprivano il viso, l’espressione carica di dolore e paura…
Perché doveva conservare quella sua aria intoccabile anche in quel momento? Perché continuava ad essere così distante?
Perché aveva scelto lui?
«N-Non voglio p-più sopportare tutto questo… i-io lo odio! Odio il palco, odio le fan che urlano, odio cantare!» singhiozzò l’altro «M-mi soffoca… mi fa schifo»
E vederlo in quello stato era un incubo… dov’era l’Aine di sempre? Dov’erano il suo sorriso, la sua vitalità, la timidezza… perché era diventato questo? Chi aveva portato via tutta la luce dal suo mondo?
«Hai intenzione di saltare?»
Aine si voltò verso il mare alle sue spalle, gli occhi tristi e le labbra tese in una linea sottile:
«Non lo so… forse… Non voglio farlo» la sua voce era a malapena udibile sopra le grida del vento e del mare, che sembravano condividere il suo dolore.
E in quel momento decise. Se non poteva essere suo, non sarebbe stato di nessun altro.
E se nel suo mondo non c’era più spazio per la luce, allora era inutile che continuasse a brancolare nel buio.
«Andrà tutto bene, lasciati andare»
«Ho paura»
«Stai tranquillo»
 
“Dio mio, che cosa ho fatto?!” pensò, passandosi le mani fra i capelli, annaspando.
Erano cinque anni che conviveva con quel rimorso… cinque anni in cui si pentiva di quello che aveva fatto, eppure non aveva mai trovato il coraggio di confessare, di dire a qualcuno che cosa era successo…
Sentì dei passi alle sue spalle, e capì che ormai il momento era arrivato. Non riusciva più a tenersi dentro quel segreto, la paura, il rimorso, il rimpianto… Aveva ucciso Aine, e aveva distrutto Reiji facendogli credere che la colpa fosse sua…
Quando gli erano arrivate le foto che facevano vedere lui che spingeva l’amico, si era sentito quasi sollevato: forse aveva trovato il modo di espiare le sue colpe.
Aveva fatto arrivare le foto ad Ai attraverso una delle donne che lavoravano al Master Course, era rimasto nascosto aspettando che lui le trovasse… ma all’inizio non aveva avuto il coraggio di mostrargli le foto intere, quelle dove si vedeva il suo viso… ecco perché alla fine gli aveva dato quell’appuntamento.
E una parte di sé sperava che Reiji fosse con lui.
«Kei»
Si voltò lentamente, lo sguardo distrutto, verso Reiji, che era in piedi, poco lontano da lui, lo sguardo carico di sorpresa e domande, ma accanto a lui non c’era Ai.
Era un altro ragazzo, uno degli Starish…
«D-dov’è Ai?» chiese, confuso, e il ragazzo più basso incrociò le braccia e gli rivolse uno sguardo omicida:
«Lontano da qui… sei tu che hai messo le foto nella nostra camera?»
Reiji era incredulo mentre lo osservava.
Kei sospirò e chinò il capo:
«Sì»
«Sei stato tu a spingerlo?» la voce di Reiji era esile e tremante, quasi temesse le risposte, ma non gli servì parlare: il ragazzo gli lesse la risposta negli occhi.
«Perché? Che cosa ti aveva fatto?»
Syo pensò alla scritta sul biglietto.
Odio.
Cos’era che Ai gli diceva di continuo?
“Fra odio e amore c’è una linea sottile”
«Eri innamorato di lui?» le parole gli sfilarono attraverso le labbra prima che lui potesse decidere di parlare, e Kei lo fissò sorpreso.
Poi, lentamente, abbassò gli occhi lucidi e annuì.
Reiji si portò una mano davanti alla bocca:
«Kei» mormorò, stavolta tristemente.
«Q-quando ha litigato con Iki…» balbettò Kei «Quel giorno, io…»
«Iki mi ha detto perché avevano litigato, ma… non gli avevo creduto. Pensavo che… credevo che Aine non l’avrebbe mai fatto»
Syo osservò i due parlare, mentre dentro di lui ricollegava i fili della vicenda.
Era davvero possibile che il motivo per cui tutto quello era successo fosse qualcosa come l’amore? Poteva davvero portare a tanto?
«Kei… spiegaci tutto quello che è successo» mormorò «dirò tutto ad Ai, se è questo che vuoi…»
Kei li osservò, mentre iniziava a tremare, poi concentrò il suo sguardo su Reiji:
«Sapevo che tu e Aine stavate insieme… sapevo che lui era innamorato di te e tutto il resto» cominciò, fissandolo negli occhi «ma… in qualche modo speravo che potesse cambiare idea. E così, quel giorno…» Kei chiuse gli occhi e continuò «ho cercato di convincerlo a scegliere me… non so nemmeno perché l’ho fatto, o… non lo so, il fatto è che… conosci Aine. Non è riuscito a… si è opposto, mi ha detto di smettere, e di lasciarlo in pace… ma non gli ho dato retta. U-un giorno l’ho trovato da solo in sala prove e… l’ho costretto a baciarmi… Piangeva, mi diceva di lasciarlo andare…» un brivido attraversò Kei, mentre altro rimorso iniziava a divorargli il petto.
Reiji si morse il labbro, mentre immaginava il ragazzo che sopportava in silenzio, gli occhi pieni di lacrime e il suo nome nella mente.
E lui era stato un verme.
«Quando è riuscito a liberarsi è corso via… verso la tua camera, dove c’era solo Iki. Non so cosa si siano detti, ma credo che…»
Reiji intervenne:
«Aine ha raccontato ad Hibiki quello che è successo, dicendo che si sentiva in colpa e non sapeva che cosa fare. Iki si è arrabbiato e gli ha dato dell’idiota, oltre a dire che era stato lui uno stupido eccetera… e poi mi ha raccontato tutto, e anche se non gli volevo credere… per un po’ sono stato uno stronzo con Aine perché avevo mille dubbi, mi chiedevo se magari non l’avesse fatto davvero, o se addirittura l’avesse voluto fare…» Reiji scosse la testa.
«Mi dispiace» sussurrò Kei.
«Perché l’hai spinto?» chiese Syo a quel punto, e gli occhi dell’ex compositore si riempirono di tristezza:
«Non lo so… ero lì con lui… lui era disperato e… ed è come se in quel momento fossi sicuro che quella era la cosa migliore per lui, che se non poteva più nemmeno essere felice… Oddio, Rei»
Reiji non aveva mai visto Kei in quello stato; l’aveva visto arrabbiato, freddo, felice… ma mai così disperato, lo fissava come un uomo che sta affogando osserva chi può lanciargli un salvagente o lasciarlo lì a morire. Implorava il suo perdono, e con il suo quello di Aine…
Inspirò ed espirò profondamente prima di parlare:
«Sai che non è morto, vero?»
Kei annuì, mordendosi le labbra.
«Puoi chiedere a lui di perdonarti»
Sia Syo che Kei lo fissarono sbalorditi, Reiji però sembrava ben deciso su quello che stava per dire:
«Non che io abbia intenzione di tacere su quanto è successo, e personalmente voglio vederti dietro le sbarre tanto quanto voglio vederci quell’altro bastardo di suo zio…» Kei parve sorpreso da quelle parole, ma non disse nulla «… ma credo che Aine meriti delle scuse, e hai la fortuna di potergliele fare, anche se lui non ti risponderà. Quindi, ora, vieni con noi, parli con Ne-ne e poi decideremo se farti parlare con Ai-ai, e alla fine sarà lui a decidere definitivamente cosa fare»
Kei spalancò gli occhi, prima di inchinarsi e ringraziarlo, Syo incrociò le braccia:
«Io vicino ad Ai non ce lo voglio» bofonchiò.
Reiji gli sorrise:
«Tranquillo, Syo-chan… ci saremo noi. E poi non è pericoloso… non più» aggiunse a voce bassa, lanciando uno sguardo all’uomo che si era rialzato e fissava il terreno davanti a sé «si è punito già da solo» disse, tristemente.
 
Kei fissò Aine, le parole bloccate in gola, il corpo pietrificato… che cosa aveva fatto? Come aveva potuto??
«Aine» disse alla fine, non osando sfiorarlo «mi dispiace. Ti prego, perdonami… se solo potessi sistemare tutto, se potessi tornare indietro e prendere un’altra decisione, o potessi fermarmi… non avrei mai voluto farti del male. Mi dispiace, mi dispiace davvero»
Serrò gli occhi, ma quando li riaprì boccheggiò.
La mano destra di Aine aveva sfiorato debolmente la sua, posata sul materasso, e soprattutto…
… un paio di occhi acquamarina lo fissavano con la stessa intensità di cinque anni prima.
 
*******************************************************************
Nota dell'autrice: e Aine si è svegliato!!!!! :D
Amo troppo questo personaggio per poterlo veramente uccidere! Ahahaha ^^
Allooora... ehm... la faccenda di Kei sembra troppo sconclusionata? Mi sto tormentando al riguardo, ho paura di aver un po' esagerato e... e ecco, sì insomma... io spero che comunque vi sia piaciuto e... sì... questo è o il penultimo o il prima del penultimo (??) capitolo! ^-^
Come sempre vi ringrazio di cuore per le recensioni (non mi sarei mai aspettata di riceverne 50!! O.o *o*), per aver letto, seguito eccetera... veramente GRAZIE!!!
Ah, e con questo... dichiaro ufficialmente chiuso l'angst... pronti ad un po' di fluff? ;D
Ok sto sclerando... allora... intanto scusate il ritardo, e mi auguro davvero davvero davvero che il capitolo non sia così orribile, e che non mi odierete, e di non aver rovinato tutta la FF!!!! *implora pietà*
Al prossimo capitolo!!! 
Un'anteprima? xD

"Non ti aspetterai mica che io sia l'uke!!!"

A prestissimoooo!!
Baci,
Starishadow

P.S. Visto che io non so decidere, chiedo aiuto a voi... preferite che Ai faccia punire Kei eccetera, o che magari lo perdoni...? ^^ Fatemi sapere! A prestoo!!! :D

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Capitolo 35
*** You want me to be the uke?! ***


Capitolo 35. You want me to be the uke?!
 
Micronota dell’autrice: so che dopo un lungo periodo di coma occorre fare riabilitazione eccetera, solo che nella mia somma ignoranza in questo campo, non ho idea di quanto duri tale periodo, così ho messo all’incirca 7 mesi – per tenermi larga eheh. Se qualcuno ne sapesse di più al riguardo, e volesse essere così gentile da illuminarmi, gliene sarei infinitamente grata!!! ;D – buona lettura!!!
P.S. Perdonate l’ignobile ritardo!!! >.<
 
**************************************
SETTE MESI DOPO
 
Ai sospirò sentendo l’ennesimo grido di battaglia e il rumore di vittime innocenti del calibro di vasi, microfoni, cuscini e chitarre vari, che venivano lanciati giungere dalla sala prove.
Seduto sul divano accanto a lui, Reiji guardava preoccupato verso la scena del crimine, rivolgendo di tanto in tanto occhiate interrogative al più piccolo, imperturbabile come al solito.
«Ai-ai, sei sicuro che non dovremmo intervenire?»
Ai schioccò la lingua, sfogliando con calma la rivista che aveva in mano (su cui era riportato l’ultimo film girato da Syo, e conteneva foto… interessanti).
Il miagolio di un gatto indignato arrivò dalla stanza incriminata.
«… Ai-ai?» Reiji era sempre più allarmato.
«Lasciali fare» commentò lui svogliatamente e completamente rilassato, mentre Tokiya e Masato li raggiungevano, scettici.
«Ma… è normale?» chiese Tokiya, lanciando occhiate nervose alla porta.
«Sì» replicò seraficamente Ai, mentre Reiji faceva spallucce, preoccupato quanto il suo kohai (anche se forse la più grande preoccupazione di quest’ultimo era “oddio no, lì c’era la chitarra di Otoya!! NYAAAN!!”)
«Non è la quarta volta che litigano questa settimana?» si informò Masato, accigliandosi. Quei due stavano battendo anche il record suo e di Ren!
«Sì Masa… e oggi siamo solo a mercoledì» rispose Tokiya, sospirando.
Ren fece a quel punto la sua comparsa degna di un nosebleed – che Masato si affrettò a coprire con la scusa di controllare il cellulare – indossando solo i pantaloni della tuta e asciugandosi i capelli con un asciugamano blu; rivolse un sorrisino ironico ad Ai:
«Almeno quando litigavate tu e il chibi facevate meno danni» commentò, Ai nascose un sorriso divertito:
«Non chiamarlo chibi» lo riprese, anche se non con così tanta convinzione come ci si sarebbe aspettati dal ragazzo della vittima di simili offese.
«Va bene, va bene… tanto c’è già Aine-san che lo chiama microbo» sogghignò il ragazzo, divertito, mentre si avvicinava a Masato che, stranamente colorito in viso, sembrava lottare con i suoi occhi per tenerli lontani dal torso nudo del ragazzo.
«Tu e mio fratello iniziate ad andare troppo d’accordo» mormorò Ai, guardandolo con sospetto.
Reiji si voltò preoccupato verso la sala prove, ora stranamente silenziosa:
«Hanno… smesso?» chiese, guardando gli altri preoccupato.
«No» Tokiya alzò una mano, fece un cenno, ed un boato finale seguì il suo gesto «adesso sì» sospirò, proprio mentre la porta si apriva e ne emergeva un Aine leggermente arruffato, con qualche livido qua e là, ma palesemente soddisfatto.
Ai non si disturbò a togliere gli occhi dalla rivista mentre diceva:
«Onii-san, se hai ucciso il mio ragazzo non ti rivolgo più la parola»
Aine fece una smorfia prima di sorridere amabilmente:
«Oh no, otouto-chan, è ancora vivo…» si guardò alle spalle, dentro la sala prove «… più o meno» aggiunse, prima di cercare di sgattaiolare su per le scale.
Ai mise giù la rivista e corse verso di lui, afferrandolo dal bordo della maglia, e lo guardò in cagnesco.
«Ehm… o-otouto-chan s-sai che ti voglio ta-tanto bene, vero??» balbettò Aine, tentando di usare un tono innocente e intanto di sfilarsi dalla presa del fratello.
«Tsè, Aine-nii, e io ho i capelli rosa»
«Ti starebbero bene, sai??» la vocina che aveva tirato fuori Aine, degna di una Nanami spaventata e in pieno panico, mise fine alla minaccia di Ai, che cominciò a ridere e lo lasciò andare, tirandogli un calcio giocoso sul didietro prima di girare i tacchi e correre nella sala prove, dove uno Syo fumante di rabbia era in piedi vicino a…
… una chitarra rotta.
«Otoya vi uccide» dichiarò Ai, abbracciando il ragazzo e cercando le sue labbra, anche se quelle del maggiore ci misero un po’ a sciogliersi e modellarsi intorno alle sue.
«Tuo fratello mi odia» disse dopo un po’, Ai ridacchiò:
«Naah, è solo che non sopporta che il suo fratellino sia cresciuto» replicò tranquillamente, Syo inarcò un sopracciglio «che c’è? Insomma, l’ultima volta che mi ha visto avevo dieci anni, si è svegliato e non solo mi ha ritrovato quindicenne, ma pure fidanzato con te… cerca di capirlo» Ai nascose con grande maestria un’espressione dispettosa.
«Scusi lei, che è quel “con te” detto con quel tono??» chiese Syo incrociando le braccia sul petto e fissandolo scuro in viso.
Ai non disse nulla, lasciò che il suo silenzio parlasse per lui, prima di iniziare a ridere e correre via.
«Piccolo bastardo… TORNA QUI!!» esclamò Syo lanciandosi all’inseguimento.
 
Quando i due sfrecciarono davanti al gruppo in sala, Ren ridacchiò:
«E pensare che una volta era Syo quello che scappava da Natsuki»
Otoya e Cecil, comparsi poco prima, si unirono alla sua risata, e il rosso commentò:
«Oh, ma lo fa tuttora… solo che all’occorrenza adesso può rifugiarsi dietro Ai-senpai» più o meno come lui tendeva a nascondersi dietro Tokiya quando l’idol dalla sindrome della doppia personalità sembrava stabilire che anche lui in fondo era piccolo e carino e poteva momentaneamente sostituire il suo Syo-chan, anche se poi Tokiya non era dolce e comprensivo come Ai – che lasciava che Syo si nascondesse dietro di lui – al contrario, lo consegnava tranquillamente al nemico e osservava divertito la scena.
Aveva smesso quando Otoya, ormai sul punto di svenire per asfissia, aveva rantolato:
«T-ti prego Natsuki, il bondage mi piace solo con Toki»
Da allora il maggiore sembrava aver stabilito che era meglio tenere Otoya sotto un raggio visivo di sicurezza ed essere pronto a tappargli la bocca.
Masato osservò Ai che fuggiva da Syo ed entrambi che sparivano sulle scale, prima di rivolgersi con calma a Tokiya:
«Voglio i miei soldi»
L’altro idol lo fissò scandalizzato:
«Hey hey, un momento! Prima devono consumare, poi puoi dire di aver vinto la scommessa!» esclamò, tenendosi ben stretto il portafoglio.
Ren alzò un sopracciglio:
«Voi due vi siete dati alle scommesse?» chiese, fissando incredulo il suo ragazzo. Tokiya rise:
«Solo su certe situazioni… e io ho scommesso che avrebbero… mmm… raggiunto i vostri livelli intorno ai nove mesi – conoscendo quell’idiota di Syo avrebbe fatto infuriare Ai e quindi avrebbe ritardato la cosa – Masa invece ha scommesso dai cinque ai sette»
Ren probabilmente aveva ascoltato molto poco del suo discorso, perché la sua mente si era fermata ad un dettaglio:
«Che accidenti significa “vostri livelli”, Ichi???» chiese, incenerendolo con uno sguardo.
Tokiya gli rivolse un sorriso di sufficienza:
«Beh, mi pare ovvio che io e Otoya siamo a livelli completamente più alti dei vostri… andiamo, siete mai arrivati a…»
«ADESSO BASTA ICHINOSE-SAN!!!!» sbottò Masato, diventando viola in faccia e scattando in piedi, mentre Ren si piegava in due dalle risate. Prima che Tokiya potesse infierire ancora sulla povera coppietta, una voce a lui anche troppo conosciuta urlò disperata, dalla sala prove:
«LA MIA CHITARRA!!!!!»
 
Fra un Otoya che piangeva disperato, un Tokiya che gli prometteva di accompagnarlo a procurarsi una nuova chitarra il giorno dopo e un Ren che rendeva altamente equivoca una simile frase, la sera arrivò, e Natsuki dichiarò che avrebbe passato la nottata fuori, rifiutando di rispondere a qualsiasi domanda gli venisse posta al riguardo.
E fu così che Ai e Syo si ritrovarono soli nella loro camera, con la porta chiusa a chiave, sdraiati sul letto del senpai a baciarsi e toccarsi avidamente.
Ai fu il primo a sfilare la maglia a Syo, che resse il suo sguardo nonostante le sue guance si stessero tingendo di rosso, ed ebbe qualche problema con la felpa del minore.
«Non è difficile» sussurrò Ai stuzzicandogli il lobo dell’orecchio e strappandogli un gemito che era un misto fra desiderio e frustrazione, prima di slacciarsi la felpa «c’è la lampo» aggiunse, rifiutandosi di perdere un’occasione d’oro per sfottere il biondino «per tua fortuna non porto il reggiseno» ridacchiò.
«Smettila di parlare» lo zittì Syo impegnandogli le labbra con le sue, ed iniziò a sbottonargli i pantaloni, imprecando dentro di sé contro le sue dita che tremavano e rendevano la situazione ancora più imbarazzante per lui.
Ai dal canto suo sembrava divertirsi un mondo mentre sbottonava i suoi jeans con deliberata lentezza, lanciandogli di tanto in tanto occhiate illeggibili, che contenevano desiderio, amore e… preoccupazione?
Syo lo notò e si bloccò, allontanandosi di scatto dal ragazzo, mettendosi in ginocchio e fissandolo ferito:
«No, Ai ti prego dimmi che non ci stai pensando» implorò, affannato, mentre dentro di sé si accumulava un enorme senso di rabbia.
Ai gli rivolse un’espressione di strana dolcezza mentre gli sfiorava una guancia, ignorando Syo quando si scostò bruscamente dal suo tocco.
«Syo, è normale che mi preoccupi per te» mormorò «non voglio che tu stia male» la sua voce era a malapena udibile, ma bastò ad irritare ancora di più l’altro:
«Non rischio di morire per aver fatto sesso, Ai!» sbottò.
Il più piccolo sembrava dispiaciuto, ma non per questo smetteva di far scorrere lo sguardo su ogni centimetro di pelle esposta del ragazzo.
Syo si pentì delle sue azioni: dopotutto, se i ruoli fossero stati invertiti, anche lui ci avrebbe pensato.
Si avvicinò di nuovo e gli sfilò la maglietta che aveva sotto la felpa, prima di baciagli la fronte, il naso, ed infine le labbra:
«Scusa» sussurrò, prima di sorridere e giocherellare con il bordo dei suoi pantaloni «ma te l’ho detto… non andarci piano con me, senpai» gli rivolse il sorrisino più provocante che riuscì a fare, il che risultò in Ai che lo spingeva giù sul letto e gli toglieva definitivamente i pantaloni, prima di ricominciare a baciarlo.
«Se qualcosa non andasse…» mormorò Ai contro le sue labbra, e lui annuì, spostandogli i capelli dalla faccia, sorridendo rassicurante:
«Te lo dico» promise.
Solo quando rimasero entrambi in mutande Syo, che aveva tenuto gli occhi chiusi fino ad allora, li riaprì e lanciò un’occhiataccia ad Ai, sopra di lui.
«Un momento» a quelle parole, il minore si allontanò, sconcertato «che ci faccio io sotto di te??»
Ai sembrava non voler credere alle proprie orecchie:
«Beh, dato che io sono il tuo senpai…» iniziò a dire, prima che Syo si puntellasse sui gomiti e si tirasse un po’ su, costringendolo ad indietreggiare, mentre una parte del suo corpo in particolare protestava veementemente contro quel ritardo.
«Io sono più grande di te!» protestò il biondo, Ai alzò gli occhi al cielo:
«E io sono più alto» replicò candidamente.
Touchè.
«NON VUOL DIRE NULLA!» sbottò Syo, paonazzo dall’irritazione, mentre Ai non sapeva se mettersi a ridere, sbuffare o iniziare a piangere implorando di non farlo più aspettare.
Probabilmente avrebbe fatto tutte e tre le cose.
«Syo ti prego, non possiamo metterci a discutere di…»
«Oh si che possiamo! Non ti aspetterai mica che io sia l’uke!!!» strillò Syo.
“Ok, vada per lo scoppiare a piangere… e possibilmente prendere a testate il muro” pensò Ai, disperato:
«Ti prego!!» sbottò «Non ci credo»
«Sei tu che stai facendo il difficile!»
«Io?!!?!» a quel punto sarebbe stato molto tentato di alzarsi ed andarsene, se non ci fosse stato qualcosa in lui che glielo impediva (e no, non era solo una sensazione fastidiosa al basso ventre, a quella avrebbe comunque trovato un rimedio).
Emise una specie di ringhio esasperato, poi afferrò i polsi di Syo e si mosse in maniera che lui si trovasse sotto il biondo.
«Contento adesso?» sbuffò, stringendosi all’altro, che fece sparire il sorriso soddisfatto che gli si era dipinto sulle labbra quando le usò per baciargli il petto, e da lì scendere sempre di più.
«Non farci l’abitudine» ansimò Ai, anche se non gli sarebbe dispiaciuto avere un tono leggermente più credibile e convincente.
Syo gli rivolse brevemente un sorriso malizioso e divertito, poi entrambi smisero di parlare.
 
La mattina dopo, quando si presentarono entrambi a colazione con l’aria di chi non ha speso la notte per dormire, e Ai – suo malgrado – non riuscì a fingere di camminare in maniera del tutto normale e disinvolta, Tokiya dovette allungare un paio di banconote ad un soddisfattissimo Masato, mentre Cecil ne passava altre ad un Otoya altrettanto compiaciuto (in seguito si scoprì che loro avevano scommesso su questioni più... logistiche ), e Syo dovette darsi alla fuga, inseguito da una bestia feroce che, in altre occasioni, aveva risposto al nome di Aine.
Natsuki, che era rientrato quella mattina, si rilassò al suo posto e osservò la scena sorridendo:
«Beh, sembra che Syo-chan abbia altre persone da cui scappare, se non ci sono io» commentò seraficamente, per l’ilarità generale.
Da lontano giunsero un urlo furioso e un “ma lui era d’accordo!!” urlato barra piagnucolato da Syo.
Ai rise soddisfatto.
Dopotutto, sapeva che suo fratello l’avrebbe vendicato, se qualcuno l’avesse costretto ad essere l’uke della situazione.
Per questo fece scivolare sotto il piatto di Syo un bigliettino.
Che dici, la prossima volta io seme? ;P
E fu così che la giornata ebbe inizio.
 
***********************************
Nota dell'autrice: *si schiarisce la voce* ehmmm... che ne pensate? ^w^
Non sono abituata a descrivere certe scene, quindi spero mi perdonerete se è venuta un po' male o... sì insomma ahaha
Ah giusto, visto che ora sono arrivata qui... all'inizio della storia non ero sicura del rating o degli avvertimenti ecc., per voi devo cambiare qualcosa? ^^ Spero che vi sia piaciuto, personalmente mi sono divertita abbastanza con i dialoghi ahaha e con Aine *sogghigna sognante*.
Imploro perdono per il ritardo con l'aggiornamento, mi sono imbattuta in un antipaticissimo blocco dello scrittore subito dopo il 34, avevo solo una scena pronta, ma oggi, grazie al mio prof pazzamente assurdo di scienze, ho riavuto l'ispirazione (leggasi "lui spiegava cose che non capivo, io mi sono messa allegramente a scrivere") ;D
E questo era il penultimo capitolo!!! Oddio non ci posso credere, sono davvero arrivata alla fine di una mia storia per la prima volta!!! *piange commossa* scusate... ^.^
Deeeetto queeeesto! Farò i ringraziamenti ufficiali nell'ultimo capitolo, ma per ora vi dico sinceramente 

GRAZIE MILLE
 
per essere arrivati a leggere fin qui, per le recensioni, per aver seguito/messo fra i preferiti o le ricordate, per tutto il supporto che mi avete dato, non sarei mai arrivata fin qui senza di voi V_V
Quindi, ancora, GRAZIE... dal più profondo del mio cuore!!!

 
Al prossimo capitolo e - spero - alle prossime fanfiction!!
Baci,
Starishadow
 
 

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Capitolo 36
*** Epilogue ***


EPILOGUE
 
«Reiji, davvero, non credo che…»
«Ne-ne, Ai-ai ormai è in quell’età in cui devi parlargliene!»
«M-ma ormai ha già…»
«Beh, metti che è stato fortunato la prima volta ma non lo è la seconda?»
«Ma di che diamine stai parlando, Reiji!?» Aine era più che rosso in viso, stava per sfociare in qualcosa come un magenta fosforescente, o comunque qualcosa di inumano, mentre l’imbarazzo cominciava a divorarselo.
Reiji incrociò le braccia:
«Ne-ne» cominciò, trascinando le vocali in una maniera che non prometteva nulla di buono «ricordati che sei tu l’adulto responsabile a cui Ai-ai è affidato, adesso… vedi di essere all’altezza del compito!»
«Tu ti sei bevuto il cervello» stabilì il ragazzo dai capelli celesti prima di voltargli le spalle – assicurandosi che i suoi capelli lo colpissero in faccia mentre lo faceva –e dirigersi verso la camera del fratellino.
“Perché lo sto facendo?” si chiese, mentre con una mano si copriva il viso e con l’altra bussava leggermente alla porta. Aspettò la voce di Ai che gli dava il via libera per entrare, poi fece capolino.
Il fratello era da solo, seduto sul suo letto con la tastiera in bilico sulle ginocchia, l’abat-jour accesa alle sue spalle e degli spartiti sparsi disordinatamente accanto a lui. Si era sciolto i capelli, e Aine notò per la prima volta che effettivamente era diventato notevolmente simile a lui.
«Onii-san» lo salutò distrattamente il più piccolo, mentre – mettendosi una matita fra le labbra – strimpellava qualche nota e poi afferrava un foglio e ci scriveva qualcosa.
«Mmm… s-sei impegnato?» “io ti ammazzo, Reiji, ti lego, ti strangolo, ti fru…” un brivido attraversò la schiena di Aine quando si accorse che i suoi pensieri stavano scivolando su pratiche decisamente ambigue, e il fuoco sulle sue guance bruciò anche di più «P-posso tornare in un altro momento» aggiunse.
Ai scosse la testa e si mise la matita dietro un orecchio, osservandolo incuriosito: con il capo leggermente inclinato di lato e i capelli che gli cadevano davanti agli occhi era il ritratto dell’innocenza.
«No, stavo solo buttando giù qualcosa, ma non mi piace» lo rassicurò il ragazzino, accennando una scala di Do sulla tastiera, in un movimento distratto ed abituale che Aine era stato sorpreso di trovare naturale la prima volta che aveva rimesso le mani su un pianoforte, prima di piantargli gli occhi in viso:
«Dovevi parlarmi di qualcosa, Aine-nii?»
E il rossore furioso tornò trionfante sulle guance del povero idol, che tossicchiò nervosamente, allentandosi il cordone della collana che portava al collo e guardando ovunque tranne che verso il fratello mentre si schiariva la gola:
«Ehm, vedi… huh… R-Reiji e io… ehm… sì e anche Ranmaru-san a dire il vero… comunque… ecco, sai, dopo quello che è successo con Syo e…»
Ai scoppiò a ridere, piegandosi in due sulla tastiera e facendo finire la matita e qualche foglio per terra.
«O-Onii-chan non starai cercando di farmi… il discorso, vero?!» esclamò, sempre più divertito mentre Aine diventava sempre più imbarazzato, al punto di chiedersi se fosse possibile esplodere dalla vergogna.
«I-io non volevo fartelo, ma…» Ai non accennava a voler smettere di ridere, e sebbene fosse un suono gradevole, c’era una parte orgogliosa di Aine che aveva raggiunto il limite «oh ma insomma otouto-chan! Sono pur sempre tuo fratello maggiore, vedi di rispettarmi!» sbottò, incrociando le braccia sul petto e tentando di fissarlo torvo, anche se nel frattempo si chiedeva se qualcuno l’avrebbe ospitato sotto il suo letto per il resto della sua vita. Che cosa gli toccava fare!!
Ai si trattenne, si morse le labbra e gonfiò le guance, per poi crollare di nuovo, il maggiore aspettò che la ridarella gli passasse, con un sopracciglio inarcato in un’espressione che lo rendeva il degno gemello perduto di Ren.
Quando finalmente il più piccolo riprese fiato, gli chiese freddamente se avesse finito.
«Scusa onii-san» ghignò Ai «ma la situazione era ridicola» si giustificò.
«Lo so che era ridicola, ma lo è anche per me, sai??» avvampò Aine, nascondendosi il viso fra le mani «Ok facciamola breve, ti prego. Aveteusatolevarieprecauzioni?Nontihafattomalevero?» iniziò a parlare a macchinetta, specie nella seconda parte, come aveva sempre fatto se era costretto a dire qualcosa che non voleva. Ai soffocò un’altra risata:
«No, Aine-nii, a Syo piace di più au naturel… ma per chi mi hai preso?! Comunque mi astengo dal rispondere alla seconda domanda» indossò la sua migliore espressione indignata, e Aine alzò gli occhi al cielo:
«Hey non era scontato» bofonchiò.
«Altro che desideri sapere? Non credo debba specificarti chi faceva cosa» commentò tranquillamente Ai, con il suo solito cinismo.
«No che non ce n’è bisogno! E a dire il vero non voglio nemmeno sapere altro… ok, bene, se tu sai già tutto quello che devi sapere…» Aine si era alzato ed era indietreggiato fino alla porta, inciampando su uno dei cappelli di Syo nel frattempo e raggiungendo a tastoni la porta «io vado. Rimane fra noi, ok otouto-chan?»
Ai rise di nuovo, dopo anni che non lo faceva, ricominciare gli aveva fatto notare quanto gli fosse mancato.
«Onii-san, sei ridicolo» commentò, e il cappello attentatore gli arrivò in faccia.
«Guarda che è una cosa imbarazzantissima!»
«Non ti ho chiesto io di farlo» sospirò Ai, indossando il cappello con fare rilassato e recuperando la matita e i fogli.
Aine si imbronciò, con una smorfia da fare invidia ad Otoya:
«Ma dovevo fare l’adulto responsabile» bofonchiò.
«Non ci riesci» fu la lapidaria risposta, che lo spedì fuori dalla porta ancora più imbronciato di prima.
Appena furono entrambi fuori dal campo visivo l’uno dell’altro, si aprirono in due sorrisi carichi di affetto identici. Recuperare il rapporto che avevano avuto prima dell’incidente era stato difficile, specie per Aine che in pratica aveva dovuto imparare a conoscere il suo fratellino, ma lentamente stavano recuperando le fila, ricucendo lo strappo che si era creato, e se quelle situazioni imbarazzanti potevano servire allo scopo, le avrebbero accettate entrambi di buon grado.
E poi, Aine era più che soddisfatto di aver fatto ridere Ai. Anche se ora Reiji poteva iniziare a scappare.
 
«Ma perché devo farlo io?» sbottò Ren a mezza voce.
«Perché sei il più grande» rispose tranquillamente Tokiya, apparentemente annoiato dalla faccenda, mentre nella sua mente rivolgeva sguardi di puro desiderio al libro che aveva lasciato in camera sua, pentendosi di non essere rimasto lì.
«Perché sei il più esperto» fu il commento di Cecil con tono che non ammetteva repliche.
Masato si strozzò con il tè:
«Esperto lui?» ghignò.
Tutti lo fissarono straniti:
«Uhm… Masa, mi stai dicendo che voi due non…» iniziò Tokiya, un po’ preoccupato, Masato lo guardò male.
«…Mai…» aggiunse Otoya, spalancando gli occhi e la bocca.
Ren sembrava sul punto di svenire, una vena sul collo e una sulla tempia pulsavano pericolosamente.
Masato ricominciò a sorseggiare indifferentemente il suo tè, mentre un ghigno malefico – abilmente nascosto dalla tazza - gli si dipingeva sul viso.
«Davvero?» chiese Natsuki, voltandosi verso Ren, che ora aveva gli occhi quasi lucidi.
«N-non  proprio mai» tentò di giustificarsi  «e comunque è colpa sua!» riuscì a biascicare, in imbarazzo come non mai.
Tokiya era incredulo:
«Vuoi dire che Masa fa il prezioso?» chiese, e Ren annuì, abbassando gli occhi.
Un sonoro “facepalm” giunse da Otoya. Cecil gli si avvicinò e, a labbra strette, sussurrò:
«Scommettiamo che stasera rimediano?»
Otoya gli strinse segretamente una mano.
«Ma da quant’è che state insieme voi?» intervenne Natsuki, realizzando che, mentre Otoya si era precipitato in camera di tutti sventolando il fatto che Tokiya si era finalmente dichiarato (e il giorno dopo Tokiya sembrava essere di pessimo umore), di Ren e Masato nessuno si era accorto fino a quando non era stato palese, eppure per tutti era quasi scontato…
Ren si schiarì la voce:
«Ufficialmente da… più o meno da poco prima di quando il Chibi è finito all’ospedale» ammise.
«Davvero?»
Ren e Masato annuirono.
«In che senso “ufficialmente”?» chiese Cecil, inclinando il capo, ma il colore sulle guance dei due gli suggerì di non indagare oltre.
«Ok, torniamo a noi… quindi direi che deve parlarci Tokiya, che insieme a Otoya è il più esperto qui dentro»
Otoya andò nel panico a quell’affermazione, fino a quando Natsuki non gli mise le mani sulle tempie e lo rassicurò del fatto che, qualsiasi cosa combinasse con “quel brutto farabutto pervertito”, lui rimaneva comunque il più innocente del gruppo.
Cosa che poi era sorprendentemente vera.
Tokiya prese con filosofia l’insulto, si limitò a sorridere amabilmente a Natsuki e borbottare fra i denti, tanto piano che nemmeno Ren, il più vicino a lui, lo sentì:
«Disse quello il cui alter-ego voleva farsi Nanami al concerto di Hayato»
«Hai detto qualcosa, Tokiya-kun?»
«Assolutamente niente! Nyaaan!!» Otoya alzò le sopracciglia, gli altri erano scettici «Beh, io vado!»
Dopo un po’, l’idol dalle molte facce raggiunse Syo nella palestra dove il piccoletto si stava allenando furiosamente, se per migliorare prestazioni pubbliche o private era un dubbio che Tokiya si concesse il lusso di tenersi.
Gli si avvicinò e iniziò a tastare il terreno per quel discorso, ma la loro chiacchierata andò a finire con Tokiya che scappava da uno Syo rosso di imbarazzo e furia e un manubrio in mano.
«Beh direi che è andata bene» commentò Cecil osservandoli, mentre gli altri sospiravano.
«Io e te dobbiamo parlare» sussurrò Ren all’orecchio di Masato, approfittando per morderlo con le labbra ed osservare soddisfatto la reazione del più piccolo «camera. Adesso» aggiunse, tirandolo per un braccio.
Masato, leggermente sorpreso ma non troppo, lo seguì sogghignando.
«Quanta fretta» ridacchiò.
 
QUALCHE SETTIMANA DOPO
 
«Mmm sono io, o Aine e il chibi hanno smesso di litigare?» chiese Ren una sera dopo cena, mentre lui e Masato lavavano i piatti.
«Beh dai… dopotutto non è così male» commentò innocentemente Aine. Syo gli sorrise, anche se ancora era un po’ diffidente nei suoi confronti. Aveva il sospetto che Ai gli avesse detto qualcosa al riguardo, e Aine lo sopportasse solo per farlo contento.
Che era un po’ quello che faceva Kaoru ogni volta che capitava nei dintorni di Ai, non sembrava aver preso molto bene la notizia.
«Ma… abbiamo più avuto notizie di Shining?» chiese innocentemente Natsuki, e il silenzio cadde sulla stanza.
«Ops» commentò Masato, passando un piatto da asciugare a Ren.
Una risata riecheggiò per la stanza, e lentamente una specie di mummia coperta di bende calò dal soffitto, con meno capriole del solito.
«Oh andiamo, Shining, ormai deve essersi ripreso da mesi!» sbuffò Syo, scuotendo la testa.
«Infaaaatti, Mr Kurusu! Ma il mummia style mi è piaciuto tanto che l’ho scelto per me! E il mio amico sciamano mi ha procurato queste bende originali di una mummia egizia!!»
Otoya si tappò il naso e si allontanò dall’uomo, Aine fece una smorfia:
«Questo spiega l’odore» commentò.
«Mi dica che non è lo stesso sciamano di quella casa» sospirò Tokiya, rassegnato alla verità.
«Proooooprio lui, exactly Mr Ichinose!!»
A quel punto Otoya afferrò una scopa e, puntandola contro Shining, lo costrinse a balzare fuori dalla finestra:
«Stia lontano da qui finchè non si toglie quelle robe, non vogliamo altri incontri con i suoi gadget da Doraemon sotto sostanze psicotrope!!» esclamò, con voce stranamente minacciosa, per poi lanciare anche la scopa fuori dalla finestra, per eliminare ogni contaminazione.
Compiuta quell’operazione tornò ad essere il solito se stesso.
 
Qualche tempo dopo, erano tutti approdati in sala, tranne Ren e Masato, scomparsi da qualche parte in giardino, e Camus e Aine, che avevano dichiarato di dover “chiarire alcune cose” prima di filarsela al piano di sopra, lasciandosi alle spalle degli sguardi sbalorditi.
«Ehm…» balbettò Cecil «che cosa è appena successo, di preciso?» chiese.
«Non ne sono del tutto sicuro…» iniziò Otoya.
«… ma credo che il nostro conticino di ghiaccio stia iniziando a sciogliersi…» concluse Ranmaru.
«A volte vale la pena sciogliersi per qualcuno» dichiarò Ren, rientrando dalla porta.
Masato lo colpì dietro la nuca:
«Finche citavi Kuroko no Basket va bene, ma pure Frozen no!» sbottò.
Ren lo fissò ferito:
«Perché sei così… freddo, freddo, freddo, freddo!!»
Masato emise un verso disperato e si nascose dietro Tokiya:
«Ichinose-san… Tokiya, aiutami» implorò.
Tokiya fece l’occhiolino a Ren, che iniziò a cantare in un falsetto spietato:
«… vorrei capire perché proprio tu non vuoi avermi più… insieme a te…»
Masato finse di scoppiare a piangere, e mentre implorava Otoya di farli smettere, Ai prese la mano di Syo e lo tirò via di lì, fino ad uno dei balconcini che nessuno usava mai.
«Perché mi hai portato qui?» chiese Syo tranquillamente, osservando l’altro incuriosito, Ai si appoggiò alla balaustra, e fece spallucce:
«La faccenda stava degenerando, volevo andarmene prima che iniziassero a cantare Let it go» rispose, e Syo ridacchiò mentre si metteva dietro di lui e lo circondava con le braccia, stringendolo a sé.
«O magari love is an open door» aggiunse ridacchiando, mentre strofinava il naso sul collo dell’altro.
Ai aveva lo sguardo perso davanti a sé, e sembrava stranamente serio, Syo lo strinse di nuovo, per attirare la sua attenzione, e allora il più piccolo si decise a parlare:
«Mi sono mai scusato decentemente con te?» chiese.
«Uh?»
Ai si rigirò fra le sue braccia, fino a trovarsi faccia a faccia con lui:
«Mi sono mai scusato per essere stato un bastardo di proporzioni colossali con te? Per tutte le cose che ti ho detto fin da quando ci siamo conosciuti, o…»
Syo lo zittì baciandogli le labbra, poi rise:
«Non proprio, ma se non ti fossi comportato in quel modo, non avrei fatto metà delle cose che ho fatto… se non avessi avuto un senpai irascibile e incontentabile da impressionare, non mi sarei impegnato tanto nel mio lavoro» disse sorridendo, prima di baciarlo di nuovo, brevemente, con le labbra a malapena dischiuse.
Poi tornò serio:
«Piuttosto io ho l’impressione di non essermi scusato abbastanza per averti detto quelle cose… prima di tutto questo…»
«Me le ero meritate»
«No, non è vero» replicò Syo duramente «sono stato uno stronzo, e devo farmi perdonare» iniziò ad avvicinarsi ad Ai, facendo aderire ogni millimetro del proprio corpo a quello del più giovane, che ora stava tremando, se per il freddo o altro era impossibile a dirsi.
Quando si allontanarono, Ai fece un sorrisino piccolo e in qualche modo intimidito che Syo gli aveva visto raramente in viso, poi lo abbracciò:
«Ti amo…» mormorò, a voce bassissima «… dal profondo del mio cuore»
E Syo sapeva esattamente come rispondere.


******************************************************
Nota dell'autrice: ed eccoci qui. Stavolta la FF è finita davvero!!! Mi fa veramente strano, non ero mai arrivata a finire nulla, a parte un racconto di due pagine che dubito possa contare ^.^
E se sono riuscita a dare un finale, è solo grazie a voi!!!
Dunque... lasciate che vi ringrazi per bene!!!

GRAZIE DI CUORE A:
Asanolight, Pinky_Neko, Lyel, Momoe12, Tuttopepe per le loro bellissime e commoventi recensioni!!! :D davvero, grazie!!! ;*
Grazie infinite anche a tutti coloro che hanno messo la storia fra le seguite o ricordate o preferite, e anche a tutti quelli che si sono soffermati a leggere questa FF, per me significa davvero tanto che l'abbiate anche solo aperta!!! E se siete addirittura arrivati fin qui... beh, veramente non so come ringraziarvi!!! :D

Alla prossima FF, che spero sarà di vostro gusto!
Bacioni,
Starishadow



P.S. Oh giusto, prima che dimentichi... qualche dubbio che vi è rimasto e che vorreste risolvere? Chiedete pure naturalmente!!! ;*

 

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