un quarto d'ora dopo

di Bukurae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** come tutto è finito, e come tutto è cominciato ***
Capitolo 2: *** Il diploma ***



Capitolo 1
*** come tutto è finito, e come tutto è cominciato ***


-Georgia, 26 Giugno 2038

 

E' l'ultima volta.

Sì, decisamente l'ultima volta.

L'ultima volta che vedo queste persone, questo scenario, l'ultima volta che percorro questo corridoio e l'ultima volta che vedrò il mondo, prima dell'eterna oscurità.

Sono stato quel che sono stato, è inutile rimuginare su ciò che ormai non può essere cambiato.

-Sei pronto, Michael?- annuisco lentamente a Christian, l'unica persona che in tutti questi mesi ha mostrato un po' di umanità con me.

Mi scortano all'interno della stanza, mi sdraio. Ora che ho chiuso gli occhi vedo il buio, lo stesso buio che mi aspetterà dopo l'iniezione, lo stesso buio che ho visto esattamente quindici minuti fa, quando ero ancora nella mia cella. Riapro gli occhi, mi iniettano la sostanza che fra pochissimo mi ucciderà; richiudo gli occhi.

E' proprio vero che al momento della morte ripercorriamo automaticamente tutta la nostra vita; la mia mi sta tornando in mente, proprio adesso. Una vita così sbagliata, così incompresa, così speciale.

 

* * * * * * * * * *

 

-Illinois, 4 Agosto 2007

 

-Michael! Michael! Michael per l'amor del cielo! Se non vieni immediatamente a casa stasera ti lascio senza cena!-

 

Il mio primo ricordo è quello di mia madre che mi sgridava, urlando che sarei dovuto tornare a casa. Non era una donna di molte parole, si innervosiva facilmente e a volte pretendeva troppo dalle persone, però era saggia, devo dirlo, e in poco tempo mi trasmise alcune conoscenze che furono per me essenziali nel corso della mia vita. Una parte della mia cultura la devo a lei.

 

-Eccomi mamma, sono tornato tardi perchè David e John si erano fatti male giocando a pallone, li stavo solo aiutando!-

 

-Non mi interessa Michael, sai bene che io e tuo padre ceniamo a quest'ora, ci penseranno i loro genitori a curarli, non certo tu che hai solo sei anni! Ora corri, fila a tavola!-

 

Ricordo che mio padre sedeva a tavola tranquillo, l'espressione dolce e pacata come suo solito.

Lui era un grande uomo, con una grande intelligenza e furbizia (non a caso era il titolare di un'importante azienda), il suo unico cruccio era quello di essere troppo accondiscendente con tutti, anche con quelli che volevano fregarlo. Era attratto dalle persone che provocavano litigate e guai. Forse è per questo che sposò mia madre.

 

-Ti sei divertito Michael?- mi chiese sorseggiando del vino rosso.

-Sì papà, ma quando stavo per rientrare John e David sono inciampati l'uno sull'altro e si sono fatti male, volevo dargli i miei cerotti che ho in tasca ma la mamma mi ha urlato di tornare subito a casa..-

Mio padre mi fissò dritto negli occhi, poi prese un secondo di silenzio.

-Vedi Michael- mi disse con voce serena -tu devi fare sempre quello che è giusto secondo te. Se per te era giusto dar loro i cerotti, avresti dovuto darglieli anche se saresti rimasto senza cena. E' così che va la vita tesoro, a volte perdiamo delle cose per seguire i nostri ideali, ma è giusto così.-

Lo fissai in silenzio. Lui mi parlava sempre come un adulto, come se avessi potuto apprendere appieno quello che lui mi diceva ogni volta. Ma ero solo un bambino e così, non compresi.

-Ma papà, cosa sono gli ideali? E perchè succedono le cose brutte se li seguiamo?-

Papà sorrise.

-Lo capirai quando sarai più grande. Per ora, fai tesoro delle mie parole, e non te ne pentirai.-

Dopodichè mia madre entrò in cucina e cominciammo a mangiare. Nella mia testa di bambino ancora pensavo alle parole del mio papà, e le vedevo come un qualcosa di importante, qualcosa di unico e raro che solo io, dopo di lui, avevo il privilegio di sapere.

 

Dopocena salii in camera mia e mi misi a leggere un libro. Il piccolo principe, per la precisione.

Me l'aveva regalato mia madre per il mio sesto compleanno, mi mancavano poche pagine per finirlo.

Ero quasi giunto alla fine, quando per la prima volta in vita mia ebbi il mio primo balzo nel futuro.

Ricordo che tutto intorno a me si oscurò, sentii la testa cedere, le gambe e le mani mi formicolavano dolorosamente. Davanti a me si proiettò una scena: vidi i miei genitori seduti in cucina, mia madre stava piangendo disperatamente e mio padre sembrava essere sull'orlo del pianto.

Improvvisamente quella visione si fece sempre più fioca fino a scomparire del tutto, e ogni cosa piano piano tornò alla normalità: intorno a me c'era di nuovo la mia camera, le mie gambe non mi formicolavano più e nemmeno le mani.

Mi alzai dal letto di soprassalto e la prima cosa che feci fu guardare l'orologio; erano esattamente le 10.30 di sera. Andai alla svelta in bagno e mi lavai mani e faccia con l'acqua gelida. Quando ebbi finito decisi di andare giù in cucina per raccontare ai miei dello strano fatto appena accaduto, ma mentre scendevo le scale mi parve di sentire dei singhiozzi soffocati.

Avanzai in punta di piedi e mi fermai proprio dietro la porta; mi sporsi leggermente per vedere chi stesse piangendo. Era mia madre.

Mio padre era lì, davanti a lei, la mano sulla bocca e gli occhi rossi pronti per piangere. Volevo sapere cosa stava succedendo, perciò restai lì in silenzio.

-Perciò quanto tempo ti rimane?- bisbigliò mio padre con la voce rotta dalle lacrime.

-Non lo so George, non me l'hanno ancora detto, ma sono sicuri che ormai non mi possono più curare...la vita mi ha preso per il culo George, ho sempre sofferto di emicrania, lo sai, non potevo sapere che da mesi la mia emicrania si fosse trasformata in cancro al cervello, non potevo saperlo!-

 

Mia madre si mise a piangere fragorosamente, mio padre si mise accanto a lei e l'abbracciò mentre piangeva insieme a lei. Guardai l'orologio: le 10.46.

 

Esattamente un quarto d'ora dopo.

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Capitolo 2
*** Il diploma ***


Mia madre morì pochi mesi più tardi.

Ricordo che io e mio padre ci dirigemmo verso la sua stanza d'ospedale con la lentezza di chi non vuole proseguire, di chi già sa che sta andando verso il dolore. Entrammo e vidi che lei era lì, distesa sul candido letto, con le braccia vicino al corpo e il viso sbiancato. Non aveva più quei bellissimi riccioli biondi che le incorniciavano il viso, non aveva più le gote rosee e le labbra morbide, non aveva più i bellissimi occhi azzurri aperti che scrutavano tutto il mondo nei minimi dettagli. Non vi era più niente di tutto questo in lei. La fissai per un po', dopodiché alzai la testa e guardai fuori dalla finestra; dei piccoli fiocchi di neve stavano cadendo piano piano, in quella giornata tanto terribile quando gelida. Ebbi un improvviso brivido e strofinai le mie mani tra di loro nella speranza di darmi un po' di tepore.

Mio padre se ne stava seduto, immobile come una statua, e la fissava. Ad un tratto le prese la mano, la strinse e le sussurrò qualcosa che non compresi.

Il pomeriggio tornammo a casa; il giorno seguente ci fu il funerale.

 

* * * * * * * * * * * * * * * *

 

Dopo quel terribile fatto, il mio cervello rimosse quasi tutti i ricordi dei miei anni dell'infanzia e della prima adolescenza.

Ricordo solo vagamente alcune cose; mio padre cadde in un'assurda depressione che sfociò nell'alcool e nella droga, ma per fortuna nessuno oltre me se ne accorse, non aveva molti amici.

Io fui vittima di bullismo alle medie e non avevo voti molto alti.

 

Il solo ricordo più nitido dopo la morte di mia madre, è di quando mi diplomai. Ricordo ogni minimo dettaglio di quel giorno.

 

* * * * * * * * * * * * * * * *

 

-Illinois, 16 Giugno 2019

 

-E per concludere, cari figlioli, vi auguro di trovare tutta la felicità che avete sempre desiderato. Buoni festeggiamenti, ragazzi!-

 

Il preside finì di parlare e subito dopo seguì un fragoroso applauso da parte dei neo-diplomati e dai loro genitori, compreso mio padre; aveva gli occhi lucidi e le mani tremanti, intuivo che fremeva dalla gioia.

Ci alzammo tutti in piedi e andammo via con le nostre famiglie. Ricordo che io e mio padre, prima di entrare in macchina, ci guardammo negli occhi qualche secondo, dopodiché lui mi abbracciò fortissimo, e mi sussurrò all'orecchio le parole che non dimenticai mai nella mia vita.

-Sono fiero di te, Michael. Sei la mia benedizione, la mia forza, sei tutto ciò che mi ha tenuto in vita dopo la morte della mamma. Non cambiare mai figliolo, non cambiare mai neanche se in centomila ti dicono di cambiare; fai sempre quello che per te è giusto e ragiona con la tua testa. Ascolta i consigli, ma non esserne schiavo; informati, leggi, studia, fai tutto ciò che ti apra di più la mente. Fai tutto questo perchè ne sei in grado Michael, sei il migliore!-

Quando ci sciogliemmo dall'abbraccio, io non sapevo cosa dire, perciò sorrisi soltanto.

Mio padre ricambiò il sorriso e salimmo in macchina per festeggiare insieme ai nostri parenti.

 

Rimembro che il ristorante dove andammo era stato addobbato per me, con nastri verdi ovunque, che subito apprezzai visto il mio amore per il colore verde.

Mano a mano che i miei parenti arrivavano, notai sempre più frequentemente che non mi ricordavo quasi di nessuno di loro, e speravo non venissero a salutarmi così da evitare qualche brutta figura.

Quando finalmente tutti furono arrivati e potemmo incominciare il pranzo, non parlai con nessuno; ero troppo assorto nei miei pensieri.

Quei pensieri riguardanti Amanda, la creatura più dolce e bella che avessi mai incontrato.

Quella sera stessa, infatti, avremmo dovuto incontrarci per festeggiare il nostro primo mese insieme, che guardacaso coincideva anche con il giorno del mio diploma.

Pensavo a quanto fosse bella nella sua semplicità, in quei capelli scuri che spesso teneva raccolti in una coda di cavallo, in quegli grandi occhi color miele che si emozionavano per le più piccole cose, in quella morbida boccuccia a forma di cuore che spiccava sul suo bel viso. Ero davvero infatuato di lei, di ogni suo più piccolo particolare, di ogni minima parola che diceva.

 

Finito il pranzo salutai tutti molto timidamente, e, tornato a casa, iniziai a prepararmi per la serata: sarei andato a casa sua per cena, visto che i suoi genitori sarebbero stati fuori città per due giorni.

Ricordo che indossai la sua camicia preferita, un paio di jeans e un paio di scarpe nere e bianche.

Misi il profumo che le piaceva tanto, poi uscii di casa e le comprai un mazzo di fiori, i suoi preferiti: orchidee bianche e rose rosse.

Uscito dal fioraio guardai l'ora: erano le sei e mezza e dovevo sbrigarmi. Mi avviai verso casa sua con la mia macchina, che papà mi aveva regalato qualche mese prima.

Ci eravamo dati appuntamento per le sette, ed io alle sette in punto suonai il campanello.

Mi aprì all'istante.

Era meravigliosa: aveva un vestitino celeste che le arrivava fino al ginocchio, una collana di perle e diamanti e gli orecchini abbinati.

-Amore mio!- Mi saltò in braccio. -Mi sei mancato tantissimo! Dai portami dentro!-

La baciai ed entrammo.

Ricordo che ci mettemmo subito a sedere sul suo grandissimo divano blu, e mi chiese se avessi avuto fame. -A dire la verità per niente!- le dissi ridendo. -Nemmeno io amore...però ho preparato una cenetta buonissima, quando hai fame me lo dici così ti faccio sentire quanto sono brava a cucinare!- Mi prese per un braccio e mi baciò; fu un lungo bacio, al termine del quale tutto attorno a me si oscurò. Stavo avendo l'ennesimo balzo nel futuro, quel fatto tanto strano quanto inquietante che mi tormentava ormai da dodici anni. Stavo pensando ''cazzo no, non qui, non ora!'' ma quel fatto era più forte della mia ragione. La scena si proiettò nitida davanti a me: c'era Amanda stesa sul letto, io sopra di lei e la stavo baciando. Eravamo completamente nudi.

La visione pian piano svanì e tutto tornò normale. Non potevo crederci: avevo visto la scena della mia prima volta, che sarebbe avvenuta quindici minuti dopo. La sorpresa era stata rovinata da quella visione. Ero troppo incazzato, e Amanda se ne accorse.

-Amore, cosa c'è?- mi chiese preoccupata.

-Nulla amore, sono solo un po' stanco per i festeggiamenti di oggi, tutto qua..-

-Ah si?- mi disse lei alzandosi dal divano -Allora saliamo di sopra in camera mia, così ti sdrai e ti riposi-

La guardai un secondo e le sorrisi. Mi alzai svelto dal divano, salimmo in camera sua; ci stendemmo sul suo enorme letto, ci guardammo e cominciammo a baciarci. Io avevo un po' paura, lo ammetto, ero agitato, quasi in confusione. Non lo avevo mai fatto e avevo paura di sbagliare qualcosa e di fare una figuraccia. Prima che potessi pensare ad altro, lei cominciò a sbottonarmi la camicia.

Il mio cuore stava battendo sempre più veloce.

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