In the Name of Freedom di Halley Silver Comet (/viewuser.php?uid=90221)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L come Legge ***
Capitolo 2: *** I come Indipendenza ***
Capitolo 3: *** B come Bandiera ***
Capitolo 4: *** E come Euguaglianza ***
Capitolo 5: *** R come Ribellione ***
Capitolo 6: *** T come Temperanza ***
Capitolo 7: *** A come Ardore ***
Capitolo 8: *** S come Sacrificio ***
Capitolo 1 *** L come Legge ***
L come Legge
L
come Legge
“Tale
è stata la paziente sofferenza di queste colonie e tale
è
ora la necessità che le costringe ad alterare le precedenti
forme di governo. La storia dell’attuale Re
d’Inghilterra
è una storia di offese ed usurpazioni ripetute, aventi tutte
l’obiettivo diretto di stabilire una tirannia assoluta su
questi
Stati. Per provare questo, siano i fatti sottoposti
all’onestà del mondo.
Egli
ha rifiutato il suo consenso alle leggi più sane e
necessarie per il bene pubblico.”
[Dichiarazione d’Indipendenza,
Crimini del Re d’Inghilterra]
Come
d’abitudine il porto di New Orleans era in preda al suo frenetico
e delirante via vai. Solo una figura alta e snella sembrava estranea a
quel delirio, in piedi ed immobile sul molo.
Una leggera brezza le agitò il lembo della veste verde e Aveline rabbrividì.
La nave per il Messico era ormeggiata a poca distanza da lei, pronta
per salpare... A Chichen Itza si trovava Jeanne, l’ultimo membro
della sua famiglia d’origine rimasto in vita.
Chissà come sarebbe stato se suo padre avesse sposato legalmente
sua madre; Aveline se lo chiedeva da quando aveva scoperto tutta la verità.
Certamente sarebbe stato diverso, Madeline non avrebbe avuto occasione di
insinuarsi nella loro armonia familiare.
Nel delirio causatogli dalla digitale, somministratagli a tradimento da
Madame de l’Isle, ovvero l’Uomo della Compagnia, Philippe
aveva rivisto Jeanne in sua figlia, la sua
placée, forse moglie non ufficiale, ma suo vero amore e madre
della sua bambina.
Non si erano potuti sposare perché la legge lo vietava: un cittadino libero e una schiava non avrebbero mai potuto contrarre un regolare matrimonio.
Una legge, la quale rende infelici due esseri umani che non hanno altra
colpa se non quella di amarsi, è una buona legge?
Aveline aveva appreso sin da bambina che le leggi erano state fatte per garantire
il bene pubblico e stabilire una giusta convivenza tra gli uomini...
Eppure spesso non riusciva ad associare tale significato alla sua
realtà.
Davvero la legge è al di
sopra di tutti i cittadini? Davvero la legge garantisce il bene di tutti? O solo di una cerchia ristretta?
Un sospiro si levò forte dalle labbra della ragazza: a quelle
domande, per quanto la cercasse, non riusciva davvero a trovare una risposta soddisfacente.
«Aveline, sei pronta?
È ora di partire...» la richiamò delicatamente
Gérald, toccandole appena una mano.
«La Santa Cruz sta per salpare.»
«Sì, sono pronta.» gli rispose Aveline, sorridendogli. Il giovane assentì timidamente.
«Gérald?» lo richiamò la ragazza.
«Adesso che siamo sposati possiamo anche camminare sottobraccio, sai?»
Gérald arrossì appena, ma attese con pazienza porgendole
un braccio. E Aveline lo prese prontamente, una volta che gli si fu
avvicinata.
“Non
importa quello che dice la legge.” aveva detto un giorno lontano
Gérald Blanc, il giovane contabile dei de Grandpré.
Aveline incurvò le labbra.
Effettivamente, non gli era importato.
[383 parole]
***
Aveline de Grandpré, Connor Kenway e tutti gli altri personaggi di Assassin’s Creed III/Liberation appartengono alla Ubisoft e alle sue varie divisioni, io li ho presi in
prestito senza pretesa alcuna; solamente gli OC e la grafica del
titolo appartengono a me.
Ringrazio la mia Anto per aver letto ancora una volta in anteprima.
***
Salve!
Orbene, dato che questa volta pubblico un qualcosa di totalmente nuovo
per me, ho deciso di perseverare con il filone innovativo proponendovi
Aveline come prima protagonista. Non so quanti di voi abbiano giocato a
Liberation, a me è piaciuto molto, l’ho trovato davvero ben fatto sotto ogni punto di vista.
Riguardo queste flash-fic, vi avviso che non avranno ordine cronologico e saranno dei missing
moments pre, infra e post le vicende narrate nel corso delle due trame
dei videogiochi.
Ripeto, questo è il mio primo esperimento di raccolta e, soprattutto, la
prima volta che cerco di scrivere basandomi su qualcosa che assomigli
ad una serie di prompt. Spero che comunque ne sia uscito un
risultato apprezzabile quanto meno per l’impegno messo.
Come annotazioni storiche non ho da farne molte, se non che fino al
1865, a Lincoln e al Tredicesimo Emendamento sulla Costituzione degli Stati Uniti
d’America, c’era ancora la schiavitù e la completa parità
dei diritti tra “bianchi e neri”
era solo un miraggio lontano. Anche se Aveline era stata liberata da
suo padre, e quindi fa parte dell’alta
società, ho voluto sottolineare il fatto che Gérald abbia
sempre provato per lei un sentimento che non teneva conto di alcuna
differenza.
In ultimo, so che Liberation
si svolge in Louisiana (che entrà a far parte della
Confederazione solo nel 1812), ma ho comunque voluto dare alla raccolta un
senso di unità -almeno considerando le cose in un’ottica
più ampia e generale-, ecco perché ci saranno riferimenti
alla Dichiarazione anche quando si parlerà di Aveline.
Ringrazio chiunque sia arrivato fin qui, sorbendosi anche le mie lunghissime note personali.
Spero che questa mia idea possa piacere e che qualcuno mi lasci un suo
sincero parere obiettivo (quindi anche critico, purché motivato).
Saluti e alla prossima!
Halley S.C.
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Capitolo 2 *** I come Indipendenza ***
I come Indipendenza
I come Indipendenza
“Pertanto,
noi, rappresentanti degli Stati Uniti d’America, in Congresso
Generale riuniti, facendo appello al Supremo Giudice del mondo per la
giustezza delle nostre intenzioni, nel nome e per
l’autorità della buona gente di queste colonie,
solennemente e pubblicamente dichiariamo che queste colonie unite sono
e per diritto devono essere Stati indipendenti e liberi; che sono
sciolti da qualsiasi obbligo di fedeltà alla Corona inglese e
che tutti i legami politici tra esse e lo Stato di Gran Bretagna
è e deve essere del tutto dissolto e che, come Stati
indipendenti, esse hanno pieni poteri di muover guerra, concludere
pace, trattare alleanze, stabilire commerci e fare tutte le altre
azioni e cose che gli Stati indipendenti possono fare per diritto.”
[Dichiarazione d’Indipendenza,
Conclusioni]
Nel gelo dell’inverno, il
paesaggio si mostrava tutto uguale: una fitta trama di tronchi legnosi
che spuntavano dalla neve bianca e compatta, come aghi infilzati in un
puntaspilli non troppo morbido. Gli alberi che sorgevano
dalle acque scure e melmose del bayou erano molto più suggestivi e
affascinanti, forse anche perché risentivano degli echi dei
rituali vudù che si svolgevano nella palude. O forse, semplicemente,
Aveline aveva nostalgia dell’ultimo luogo che l’aveva vista in buoni rapporti con Agaté.
Si rialzò, dopo aver sentito le ultime parole
dell’ufficiale lealista, una volta schiavo vendutosi ai Templari: l’Uomo della Compagnia le era più
vicino di quanto credesse. George Davidson era morto e la ragazza
sentì che costui le aveva
lasciato più dubbi che certezze.
Era partita alla volta di New York sperando di far luce sui troppi misteri che l’avevano circondata, nonché di capire se la sua disobbedienza nei confronti del suo Maestro fosse stata giusta.
Al Nord, il neo-popolo americano aveva
cercato e ottenuto l’Indipendenza dall’Inghilterra.
Al Sud, la gente era ancora sotto il dominio spagnolo, ma Aveline non cercava
l’indipendenza solo dal dominatore straniero, sfruttatore della
schiavitù per i propri scopi. La giovane cercava anche risposte
più solide sulla propria identità. Era giusto ottenere
l’Indipendenza anche dal suo Maestro? Era giusto avere una individuale e propria autonomia di pensiero rispetto alla Confraternita?
Agaté l’aveva sempre rimproverata per la sua eccessiva
capacità di iniziativa, poiché la disciplina veniva prima di tutto per
essere una buona Assassina. Eppure Aveline non aveva mai pensato di agire nel torto.
«Hai trovato ciò che cercavi?» le chiese Connor, sopraggiungendo in quel mentre.
Aveline tentennò nella risposta: se era certa di una cosa era
proprio quella di non disporre di certezze assolute e questo l’aveva capito anche il fratello di Boston.
«Sì, ma ho ancora tanti dubbi.»
Da
sotto al cappuccio, il ragazzo non aveva tradito alcuna particolare
reazione. Aveva solo contratto lievemente le labbra. Che avesse
anch’egli le sue perplessità? Era un Assassino più
giovane di lei ma, dopotutto, si trovavano entrambi a dibattersi
all’interno di un’Organizzazione più che secolare,
la quale si stava cercando di -anzi, doveva- adattarsi ai tempi che
correvano. Aveline necessitava di un confronto con un fratello
Assassino. Ne aveva bisogno.
«Connor, tu sei sempre sicuro dei metodi della Confraternita?» domandò, soppesando accuratamente le parole.
«Io... Mi fido di me stesso.» replicò immediatamente e con sicurezza l’Assassino, stringendo forte il pugno alzato davanti al volto.
Aveline sorrise debolmente.
«Ma certo.»
[408 parole]
***
Aveline de Grandpré,
Connor Kenway e tutti gli altri personaggi di Assassin’s Creed
III/Liberation appartengono alla Ubisoft e alle sue varie
divisioni, io li ho presi in
prestito senza pretesa alcuna; solamente gli OC e la grafica del
titolo appartengono a me.
Ringrazio la mia Anto
per aver letto ancora una volta in anteprima.
***
Sebbene con un ritardo mostruoso... Eccomi qui.
Chiedo scusa per questi aggiornamenti così diluiti nel tempo,
nonostante abbia la scaletta delle flash pronta da mesi, ma gli impegni
sono quello che sono. E gli imprevisti sono all’ordine del giorno.
Dunque, anche questa volta abbiamo Aveline come protagonista, con la partecipazione straordinaria di Connor!
Scherzi a parte, la flash è ambientata nel corso della Sequenza 8 di Liberation,
dove appunto Aveline incontra Connor. Le battute che si scambiano i due sono
quelle originali (sono più che altro quelle tra le più
significative perché non avrebbe avuto senso ricopiare punto per
punto tutta la loro conversazione).
Il tema dell’Indipendenza è molto sentito nell’ambito dei due Assassin’s Creed III.
Non a caso molte delle critiche che sono state mosse contro Connor
riguardavano proprio il suo agire in maniera troppo individualistica
poco legata alla Confraternita, rispetto magari a come facessero Ezio o
Altair. Ma io penso che sono i tempi ad essere cambiati: l’epoca delle grandi rivoluzioni non è che appena iniziata.
Ah, dimenticavo, bayou è il nome originale della palude di New Orleans (se avete visto La Principessa e il Ranocchio della Disney dovreste ricordarvi qualcosa).
However... Detto tutto questo posso annunciare che dalla prossima flash
cominceremo a vedere (finalmente) il punto di vista di
Ratonhnhaké:ton.
Come avranno pensato in molti: sarebbe anche ora!
Ringrazio chi ha messo questa raccolta nei propri elenchi; chi mi ha
fatto sapere cosa ne ha pensato lasciandomi il suo gentilissimo parere,
recensendo la scorsa flash-fic; chi si esprimerà in merito in
futuro.
Grazie anche ai lettori silenziosi che vengono a dare un’occhiata.
Saluti e alla prossima!
Halley
S.C.
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Capitolo 3 *** B come Bandiera ***
B come Bandiera
B come
Bandiera
“La prudenza, in
verità, detta che governi in vigore da molto
tempo non siano cambiati per motivi futili e passeggeri; e
conformemente l’esperienza ha mostrato che il genere umano
è più disposto a soffrire, finché i
mali siano
sopportabili, piuttosto che raddrizzarsi abolendo le forme alle quali
si è abituato; ma quando una lunga serie di abusi e di
usurpazioni, mirate invariabilmente allo stesso scopo mostra il
progetto di ridurlo sotto un dispotismo assoluto, è suo
diritto,
è suo dovere rovesciare tale governo e procurare nuove
salvaguardie per la sua futura sicurezza.”
[Dichiarazione d’Indipendenza,
Preambolo]
Le
strade di Boston, di primo acchito, apparivano esattamente come qualche
mese prima. Ad una seconda occhiata, però, si notava la mancanza
delle odiate macchie scarlatte delle giubbe rosse, che avevano
spadroneggiato, molestando gli abitanti della città per troppo
tempo. Ora il colore maggiormente presente era dato dalla fusione del
bianco, del rosso e del blu, tinte di purezza, coraggio e giustizia che
caratterizzavano la bandiera degli Stati Uniti.
L’odore di polvere da sparo saturava ancora l’aria ma ora
l’America, finalmente libera, poteva far sventolare il proprio
vessillo, simbolo di libertà ottenuta grazie allo spirito
indomito dei patrioti. Connor aveva vissuto in prima persona gli eventi
che avevano portato a quell’epilogo, anche se non aveva
dimenticato il costo di tale vittoria: morti e macerie, distruzione e
paura. Ma quanto era stato caro il prezzo da pagare in nome della
libertà?
L’Assassino si muoveva furtivo tra la gente, con tutta
l’intenzione di arrivare alla Old North Church prima possibile.
Duncan Little gli aveva riferito che un Assassino proveniente da
oltreoceano aveva urgenza di parlare con lui. I soprusi da parte dei
potenti stavano mettendo in ginocchio anche le popolazioni del Vecchio
Continente e i Templari ne stavano approfittando: bisognava intervenire
subito.
Il giovane arrivò di fronte alla chiesa e adocchiò un
tipo con uno strano cappello rattoppato. Se ne stava in disparte,
appoggiato a delle casse. Proprio in quel momento anch’egli
alzò lo sguardo ed incrociò quello di Connor. Come se si
fossero capiti al volo, i due uomini si vennero incontro.
«Pierre Renaud» si presentò il tipo col cappellaccio, non appena fu abbastanza vicino.
«Connor Kenway» rispose il giovane, guardandosi intorno.
«Non c’è tempo per le cerimonie. Perciò vi
dirò subito perché sono qui» continuò Renaud
senza prendere fiato, «LaFayette si è espresso molto bene
su di voi, Kenway, ed è certo che il vostro aiuto ci sarà
prezioso: adesso il nostro generale è stato fatto prigioniero e
ha bisogno di voi per indirizzare in maniera opportuna la Rivoluzione.
I Templari fomentano il popolo contro i reali... Per ingabbiarlo
nuovamente sotto il segno della croce del tempio».
«La situazione è così grave da dover chiedere aiuto qui?» domandò Connor, accigliato.
«Noi francesi abbiamo portato aiuto all’America. Uomini.
Armi. Un modello di strategia. Eppure ora gli Stati
Uniti non soccorrono la Francia, non vogliono immischiarsi negli affari
del Vecchio Mondo. Ma siamo certi che almeno la Confraternita non
tradirà, anche noi vogliamo la nostra bandiera»
disse Renaud, inasprendo tutte le nasali con quel suo accento francese,
per giunta infervorato dall’argomento di discussione.
Ratonhnhaké:ton lo fissò, vedendo negli occhi del
suo interlocutore la foga di chi vuole rivendicare i suoi diritti. Un
fratello Assassino era venuto da lui a chiedere aiuto. Non poteva
negarglielo.
«Giovedì mattina vi presenterò alcuni Assassini pronti a seguirvi oltreoceano».
«Il generale desidererebbe che veniste anche voi. A detta sua...
Siete una delle poche speranze che abbiamo contro i giacobini, vi
prego, Kenway».
Connor si prese un istante prima di rispondere.
«A giovedì mattina, Renaud».
[498 parole]
***
Aveline de Grandpré,
Connor Kenway e tutti gli altri personaggi di Assassin’s Creed
III/Liberation appartengono alla Ubisoft e alle sue varie
divisioni, io li ho presi in
prestito senza pretesa alcuna; solamente gli OC e la grafica del
titolo appartengono a me.
Ringrazio la mia Anto
per aver letto ancora una volta in anteprima.
***
Salve!
Dopo molto, molto tempo sono tornata, in tempo per farvi gli auguri di
buon inizio 2014!
Ho scritto questa flash a più riprese e non so cosa ne sia
venuto fuori. Nella mia testa c’è stato
effettivamente un sequel della storia di Ratohnhaké:ton
(anziché Black
Flag): l’input è
stato l’invito ad andare a vedere la Francia che La
Fayette ha rivolto a Connor. Poi si sa che in Francia
all’epoca c’erano gli albori della Rivoluzione... E
quindi ho stilato una trama sommaria che ho deciso di sviluppare in
questa mini raccolta.
A tal proposito, volevo precisare che i giacobini erano
un partito molto riconducibile ai Templari per ideologia e linee guida,
tuttavia approfondirò meglio questa mia visione nel corso delle
prossime volte.
Anyway, vorrei spendere
due parole sulla flash-fic. Innanzi tutto, la bandiera degli Stati
Uniti ha una storia particolare: risale al 1776 e fu cucita a mano da
Betsy Ross. Se volete
saperne di più vi lascio il link a questa pagina.
Per quanto riguarda invece l’aiuto che gli Assassini francesi
chiedono ai Confratelli americani, ho voluto
lasciar intendere che nella Confraternita ancora vigono le leggi della
Fratellanza, un po’ per introdurre Connor in un ambito
più di collettività,
che ben si accorda con l’ideale della rivoluzione popolare,
come è appunto quella francese.
Aggiungo a tal proposito una piccola postilla: come mi ha fatto notare cartacciabianca,
la Statua della Libertà è stata donata solo nel 1884 agli
Stati Uniti dalla Francia (qui invece siamo approssimativamente tra il
1784 e 1785), ergo ho modificato sottolineando il fatto che i francesi
fossero un esercito molto meglio organizzato e disciplinato, tale da
costituire un modello per i patrioti. Chiedo scusa per l’imprecisione storica della precedente versione.
E tanto che mi trovo, volevo precisare che la prigionia di La Fayette
non è quella del 1792-1797, bensì una manovra templare
della quale si parlerà più avanti.
Ed ora, come sempre, ringrazio chi ha messo la storia in uno dei suoi elenchi,
chi legge, chi mi fa sapere la sua e chi passa anche a dare solamente un’occhiatina.
Mi auguro di riuscire a terminare presto la prossima flash e mi scuso
se ci ho messo così tanto ad aggiornare ma lo studio mi ha
impegnata e mi sta impegnando davvero tanto.
Alla prossima, per chi ci sarà!
Halley
S.C.
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Capitolo 4 *** E come Euguaglianza ***
E come Euguaglianza
E come Euguaglianza
“Noi
consideriamo le seguenti Verità evidenti di per sé: che
tutti gli uomini sono creati eguali, che essi sono stati dotati di
alcuni diritti inalienabili dal loro Creatore, che tra questi diritti
ci sono la vita, la libertà e il perseguimento della
felicità. ”
[Dichiarazione d’Indipendenza, Preambolo]
La
notte si stava rivelando piuttosto umida e Connor, di riflesso, si
sistemò il bavero della giacca. Avevano rubato quelle uniformi
ad alcune guardie di ronda per riuscire ad introdursi nella Bastiglia
con
più facilità sebbene, dopo il 14 luglio, i saccheggi
fossero ormai all’ordine del giorno.
«Dopo mesi non
so cosa riusciremo a trovare... Auguriamoci che qualche fucile sia
rimasto!» commentò Richard dalle retrovie, tetro.
«Robespierre
sta mettendo alla ghigliottina tutti gli oppositori. Con l’occasione vendicheranno anche Jacques De Molay, i cari Templari» intervenne
Pierre, lapidario.
«Chi è Jacques De Molay?» chiese Connor.
«Il
Gran Maestro dell’Ordine Templare che venne ucciso per ordine di
Filippo IV di Francia... E loro non hanno dimenticato» rispose
Mathieu.
«Faranno pagare anche questo a Luigi XVI. Finirà sulla ghigliottina pure lui» sentenziò Richard.
Ratonhnhaké:ton
si fermò all’improvviso: un impercettibile rumore aveva
catturato la sua attenzione. Lanciò un rapida occhiata ai suoi
compagni e si rese conto che anche loro avevano sentito. Bastò
solo un cenno di intesa e subito Mathieu e Richard si gettarono a
capofitto nei bui vicoli di Parigi, tanto odiati da Connor. Troppo
stretti per chi, come lui, era cresciuto tra i boschi della Frontiera.
«Guardate cosa abbiamo qui!» esclamò derisorio il più giovane.
Qualcuno venne buttato a terra e Connor, quando questi sì
rialzò, alla luce delle fiaccole di strada vide che si trattava
di una ragazza dall’aria piuttosto arrabbiata.
«Abbiamo
trovato questa mocciosa: ci stava seguendo. Scommetto che è una
piccola spia templare!» fece Mathieu puntandole il dito contro.
Ella si scagliò con un ringhio contro l’Assassino e gli sferrò un calcio, facendolo capitolare a terra: «Non osare darmi della templare, chien! I Templari siete voi!»
Pierre immediatamente l’afferrò per i capelli e le puntò un coltello alla gola.
«Credo che la nostra puledra vada domata».
Per quanto il paragone fosse poco gentile, Ratonhnhaké:ton
convenne che quella fanciulla aveva lo stesso temperamento dei cavalli
selvaggi del Nord America.
Le si avvicinò e le chiese gentilmente: «Vi sbagliate,
mademoiselle, non siamo Templari. Piuttosto... Chi siete voi?»
«Giselle Moreau. Ma altro non mi carpirete, a costo di pagare con la vita! I Templari non vinceranno mai finché esisterà l’Ordine degli Assassini!» e gli sputò in faccia.
Richard aveva già alzato il braccio per colpirla con
l’elsa della spada, ma l’Assassino americano lo
fermò mentre si puliva la guancia con la stoffa della manica.
«Credete
di potermi sopraffare solo perché sono una donna? Io posso
tenervi testa anche se siete in quattro! Uomini e donne... Sono uguali,
creati tutti nello stesso modo! Libertè, fraternitè... Egalitè!»
Connor fece scattare la sua lama celata e la fece passare sotto al naso di Giselle.
La ragazza spalancò gli occhi e boccheggiò: «Voi... Siete Assassini!»
«Siete molto acuta, mademoiselle Moreau» commentò Connor, sarcasticamente infastidito.
Gli altri tre ridacchiarono mentre la fanciulla deglutiva, squadrandolo, senza tuttavia arrossire. Forse aveva notato i suoi tratti somatici da nativo americano.
«Non mi sottovalutate, Assassino».
«Non commetto mai lo stesso errore due volte» scandì Ratonhnhaké:ton socchiudendo gli occhi.
[498 parole]
***
Il rituale del mercato di schiavi di New Orleans, come ogni settimana, si stava svolgendo in Place d’Amien.
Dalla sua
posizione, Aveline riusciva a vedere perfettamente tutto ciò che
stava succedendo e a controllare esattamente le postazioni delle
guardie e dei carcerieri di tutti quegli innocenti. Donne e bambini,
esortati con strattoni, percosse e minacce, scendevano per primi dai
carri, seguiti dagli uomini trattati ancor peggio.
L’Assassina si guardò
intorno, inquieta, ma Gérald ancora non aveva dato alcun
segnale. Una convulsa agitazione si era impadronita di lei: se fosse
continuata sapeva che non sarebbe riuscita a sopportare quello scempio
ancora per molto.
E pensare che anche sua madre ed il suo mentore, una volta, erano stati
venduti come schiavi. Ella stessa, se non fosse stata liberata dal
padre, sarebbe stata una schiava.
Quando si confondeva tra di loro, per qualche missione
dell’Ordine, non faticava ad immedesimarsi nel ruolo o a sentirsi
partecipe della loro condizione, provando un improvviso impeto
di frustrazione nel non poter aiutarli tutti e subito a
riconquistare la libertà perduta.
«Muovetevi, bestie!» stava gridando un uomo, facendo
schioccare per terra una frusta. Quel suono ritmico e sinistro
risvegliò nella mente della ragazza un ricordo che credeva
sopito e dimenticato.
In Place d’Amien, i pianti
sommessi e malinconici degli schiavi messi in vendita rendevano il
cielo cupo anche se c’era un bellissimo sole. Aveline era solo
una bambina e non riusciva a capire perché quelle persone
fossero imprigionate con pesanti catene e fossero terribilmente
infelici. Non riusciva a capire perché dovessero essere trattati
con più violenza e disprezzo degli animali che venivano venduti
allo stesso mercato.
Erano persone con due braccia e due
gambe, un viso, due occhi e sicuramente un cuore, come ne avevano lei e
tante altre persone, che però erano libere: potevano andare dove
volevano, parlare con chiunque volessero, mangiare, ridere e giocare.
Non erano forse tutti uguali
gli uomini? In cosa erano diversi? Solo per il colore della pelle? Solo
un colore poteva determinare una così grande differenza come
quella tra la libertà e la schiavitù?
Anche lei aveva la pelle scura, eppure era libera. Perché non potevano essere davvero tutti uguali?
Un riflesso accecante proveniente da una terrazza sulla
sinistra catturò la sua attenzione: con uno specchietto,
Gérald le stava segnalando che gli altri Assassini reclutati
dovevano essere arrivati e che la missione avrebbe potuto avere inizio.
Molto bene.
L’attesa per la libertà era finita.
[402 parole]
***
I personaggi qui figuranti
appartengono alla Ubisoft e alle sue varie divisioni, io li ho presi in
prestito senza pretesa alcuna; solamente i miei OC e la grafica del
titolo appartengono a me.
Ringrazio come sempre la mia Anto per aver letto tutto questo in anteprima.
***
Salve!
Oggi si va al raddoppio, ovvero due flash-fic al posto di una. Spero
che possa compensare un po’ il fatto che stia pubblicando questa
raccolta in maniera molto diluita nel tempo. Questa volta non ho molto
da dire, se non che ho cercato di bilanciare abbastanza i toni,
riservando a Connor la flash più movimentata per poi
riequilibrare con le riflessioni di Aveline.
Come sempre ringrazio chi legge, recensisce e ha messo questa raccolta
in uno dei suoi elenchi; ringrazio in anticipo anche chiunque mi
farà sapere la sua in seguito e mi dedicherà un pochino
del suo tempo.
Per ora vi saluto e vi do appuntamento spero non troppo in là nel tempo!
Saluti,
Halley S. C.
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Capitolo 5 *** R come Ribellione ***
R come Ribellione
R come
Ribellione
“In
ogni momento di queste oppressioni abbiamo fatto petizioni nei termini
più umili per ristabilire l’equilibrio. Le nostre ripetute
richieste hanno ottenuto in risposta soltanto ripetute offese.
Un Principe, il cui carattere è così contrassegnato da
azioni tipiche di un tiranno, è inadatto a governare un Popolo
libero.”
[Dichiarazione d’Indipendenza, Crimini del Re d’Inghilterra]
L
a giornata volgeva ormai al termine: all’orizzonte si poteva
vedere il sole tramontare, come se si stesse tuffando in mare. Aveline
si aggrappò con tutte le sue forze al capo di banda della nave:
non voleva vedere il porto di New Orleans divenire sempre più
piccolo, non voleva vedere la sagoma di Gérald stagliata contro
le ingombranti casse di legno poggiate sul molo. Il timido e impacciato
commercialista doveva aver fatto uno sforzo immane per dichiararle i
suoi sentimenti, non era mai stato un ragazzo spigliato ed estroverso,
eppure la ragazza aveva dovuto chiudere occhi e cuore di fronte a
parole così sentite.
In quel momento di assoluta confusione, non c’era spazio per i
sentimenti romantici. Agaté l’aveva rimproverata per aver
risparmiato la vita di Ulloa sebbene Aveline fosse più che
sicura di aver fatto la scelta giusta.
Essere Assassini non significava dover uccidere necessariamente, se non
vi erano presupposti per farlo. Ed il debole governatore spagnolo non
era certo una minaccia.
La giovane alzò la testa e fissò ciò che rimaneva
del bagliore rossastro del sole. Stava disubbidendo ancora. Il suo
maestro non era d’accordo con lei sul fatto che fosse necessario
recarsi a Chichen Itza, per indagare sul traffico di schiavi che
convogliava laggiù.
Aveline aveva assistito e preso parte alle numerose ribellioni dei
creoli francesi contro l’autorità ingiusta del governatore
spagnolo; le pesanti tasse imposte erano state la goccia che aveva
fatto traboccare il vaso.
La gente era stanca dei soprusi, verbali, pecuniari e fisici che
minacciavano la loro libertà. Ed ora Aveline avvertiva come lo
stesso Agaté le stesse precludendo la libertà
d’azione. Era forse sbagliato voler scoprire? Essere a conoscenza
della verità? Davvero il suo atteggiamento poteva essere
considerato espressione di ribellione?
D’altra parte il Credo
era basato sul dubitare di tutto e sul dovere di agire da parte di chi
aveva la responsabilità di farlo, qualora l’occasione lo
richiedesse: la minaccia templare era un valido motivo.
Di
una sola cosa Aveline era certa, ossia che l’utilità del
suo allontanamento da New Orleans sarebbe stata chiara solo a
completamento della missione. E magari il suo Maestro si sarebbe
ricreduto, seppur ormai aveva imparato quanto fermo fosse nella sue
convinzioni.
«Impiegheremo diversi giorni per raggiungere le coste del
Messico, mademoiselle» irruppe ruvidamente il comandante della
nave, riscuotendola dai suoi pensieri. «E non aspettatevi una traversata facile».
«Credo
di aver dimenticato il concetto di facilità»
commentò la ragazza con una nota d’amara ironia.
L’uomo fece una smorfia e si allontanò senza aggiungere
altro.
Mentre
le stelle cominciavano a drappeggiare il cielo scuro, il freddo della
sera spirante da nord convinse l’Assassina a ritirarsi nella sua
cabina sotto coperta.
Sarebbe tornata a casa, lo sapeva, ma per il momento aveva bisogno di percorrere la sua strada alternativa.
In futuro, il suo destino si sarebbe di nuovo incrociato con quello di
Gérald e, forse allora, sarebbe stato più benevolo con
entrambi.
[482 parole]
***
Aveline de Grandpré,
Connor Kenway e tutti gli altri personaggi di Assassin’s Creed
III/Liberation appartengono alla Ubisoft e alle sue varie
divisioni, io li ho presi in
prestito senza pretesa alcuna; solamente gli OC e la grafica del
titolo appartengono a me.
Ringrazio la mia Anto
per aver letto in anteprima. Come sempre.
***
Ed eccoci qui di nuovo.
Nonostante mi fossi ripromessa di aggiornare prima, non sono riuscita a
terminare la scrittura della flash per il mese scorso, così mi
sono ridotta ad aggiornare ora.
Spero vivamente di terminare questa raccolta entro i prossimi due mesi, senza tirarla ulteriormente per le lunghe.
Anyway, questa volta il tema portante è la ribellione, la quale
viene intesa non solo come rivolta del popolo ma anche come scontro con
il mentore. Inoltre Aveline è una donna che ha il
coraggio di rifiutare la corte del caro e buon Gérald
perché ha ancora
diverse missioni da compiere, quindi in un certo senso si ribella allo
status delle donne della sua epoca, cercando di mettere i suoi ideali
davanti ad altri aspetti della sua vita personale.
Probabilmente non è la flash-fic migliore, tuttavia mi auguro di poter scrivere qualcosa di meglio le prossime volte.
Detto questo vi saluto e vi do appuntamento alla prossima volta (la
quale, se tutto va bene, non dovrebbe essere poi tanto lontana nel
tempo).
Halley
S.C.
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Capitolo 6 *** T come Temperanza ***
T come Temperanza
T come
Temperanza
“Tale è
stata la paziente sofferenza di queste colonie e tale è ora
la necessità che le costringe ad alterare le precedenti
forme di governo. La storia dell’attuale Re
d’Inghilterra è una storia di offese ed
usurpazioni ripetute, aventi tutte l’obiettivo diretto di
stabilire una tirannia assoluta su questi Stati. Per provare questo,
siano i fatti sottoposti all’onestà del mondo.”
[Dichiarazione d’Indipendenza, Crimini del Re d’Inghilterra]
Robespierre
si era messo in trappola con le sue mani. I suoi uomini erano
già morti, era disarmato, in una stanza senza uscita al secondo
piano, e Connor si stava avvicinando a lui con fare minaccioso.
«Siete in trappola come un topo, Robespierre».
Egli ghignò:
«Voi
credete, Kenway? Gli Assassini amano immaginarsi le cose a loro
piacimento, infarcendole di svenevoli ornamenti fiabeschi. Smettetela
di vivere in un mondo idealistico e di osteggiare la ricerca della
libertà!»
Ratonhnhaké:ton lo fissò sprezzante: «Libertà? Promettete alla gente di liberarli dal giogo dei tiranni per imbrigliarli nel vostro!»
«La
moltitudine non è fatta per governarsi da sola! Noi i
abbiamo il compito di soprassedere l’ordine e di farlo
rispettare».
«Avete metodi poco ortodossi per fare rispettare quest’ordine. A cominciare dal lavaggio del cervello che subiscono i vostri adepti».
Il Templare scoppiò in una risata di scherno: «Perché, forse, gli Assassini non indottrinano le reclute con stupide fandonie?»
«Non sono affatto fandonie».
«Siete davvero
ingenuo, Kenway. Laggiù in America siete tutti così?
Invasati dalla vittoria che avete avuto contro la vecchia Inghilterra? Avete agito come sconsiderati senza pensare, e vi è andata bene».
«Dunque pensate questo, Robespierre? Io invece vi dico che dietro la nostra Rivoluzione c’è stata più temperanza di quella che sto vedendo qui. Avete versato senza pietà il sangue di troppi innocenti».
Il Templare lo guardò commiserevole: «Non
avete ancora capito che l’ordine superiore è l’unica
vera causa che deve essere perseguita. Ed è per questo motivo
che stasera perirete!»
Estrasse dalla giacca una seconda pistola e sparò un colpo verso Connor, il quale, colpito alla coscia, cadde carponi.
L’Assassino
si rialzò ricacciando indietro il dolore e si lanciò in
un goffo inseguimento del Giacobino: non avrebbe dovuto starlo a
sentire, la mossa giusta da fare era tagliargli la gola immediatamente!
La ferita ritardò il giovane quel poco che bastò,
permettendo a Robespierre di salire al volo su una carrozza, uscita
chissà da dove: allora vi erano degli alleati nascosti!
Il
Templare gli
lanciò un ultimo sguardo beffardo, poco prima che ordinasse al
cocchiere di partire a tutta velocità, lasciando dietro di
sé il rumore degli zoccoli dei cavalli, che poco dopo si disperse nel silenzio della notte.
Ratonhnhaké:ton imprecò sottovoce e si premette la
ferita: stava perdendo molto sangue e si augurò che nessuna
arteria vitale fosse stata recisa. Il dolore che provò quando
salì in groppa al suo destriero gli fece immaginare il peggio.
Robespierre gli era sfuggito, ma non era da escludere che fosse salvo:
secondo le voci che giravano, anche molti dei suoi erano contro di lui.
Mentre Connor si avviava verso il punto di ritrovo con Mathieu,
pensò che sarebbe stato davvero un tiro mancino del destino, se
il capo dei Giacobini avesse trovato morte per mano della ghigliottina
che egli stesso aveva commissionato.
[468 parole]
***
Aveline de Grandpré,
Connor Kenway e tutti gli altri personaggi di Assassin’s Creed
III/Liberation appartengono alla Ubisoft e alle sue varie
divisioni, io li ho presi in
prestito senza pretesa alcuna; solamente gli OC e la grafica del
titolo appartengono a me.
Ringrazio la mia Anto
per aver letto ancora una volta in anteprima.
***
Salve a tutti!
Dopo molte comparse/scomparse, questa volta posso annunciare di aver
finito di scrivere le restanti flash della raccolta: saranno pubblicate
nelle prossime settimane con cadenza regolare. Mi scuso per aver
pubblicato in maniera così discontinua, non prendetelo come un
segno di poca serietà da parte mia.
Ed ora spendiamo due parole su questa flash: nonostante ormai si sappia che l’Assassino
della Rivoluzione Francese è tale Arno Dorian, la mia
insoddisfazione per non aver visto la conclusione della storia di
Connor non trova pace. Quindi continuo imperterrita a dare la mia
versione dei fatti (per fortuna che esistono le fan-fiction). Come ho
già detto precedentemente, a mio parere la fazione Giacobina,
quella più violenta e senza scrupoli della Rivoluzione, ricalca
molto bene gli ideali Templari, ecco perché ho deciso di fare di
Robespierre il Gran Maestro francese; la considerazione sulla sua morte è un po’ un commento a posteriori (Connor non lo sa ma le cose andranno proprio così).
Ringrazio chi legge, chi sta seguendo la mia raccolta e chi ha nutrito
qualche piccola speranza di vederla completa. Cercherò di non
deludere questa minoranza, che per me è come se fosse una
moltitudine.
Detto questo, vi do appuntamento ai primi di agosto.
Alla prossima,
Halley
S.C.
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Capitolo 7 *** A come Ardore ***
A come Ardore
A come
Ardore
“Pertanto,
noi, rappresentanti degli Stati Uniti d’America, in Congresso
Generale riuniti, facendo appello al Supremo Giudice del mondo per la
giustezza delle nostre intenzioni, nel nome e per
l’autorità della buona gente di queste colonie,
solennemente e pubblicamente dichiariamo che queste colonie unite sono
e per diritto devono essere Stati indipendenti e liberi; che sono
sciolti da qualsiasi obbligo di fedeltà alla Corona inglese e
che tutti i legami politici tra esse e lo Stato di Gran Bretagna
è e deve essere del tutto dissolto e che, come Stati
indipendenti, esse hanno pieni poteri di muover guerra, concludere
pace, trattare alleanze, stabilire commerci e fare tutte le altre
azioni e cose che gli Stati indipendenti possono fare per diritto.”
[Dichiarazione d’Indipendenza,
Conclusioni]
Quando Connor
rinvenne, avvertì un tremendo dolore pulsante. Ricordava di
essere svenuto a pochi metri dal quartier generale della Confraternita,
dopo che Robespierre gli aveva ficcato una pallottola nella coscia, poi
più nulla. Con somma difficoltà si mise a sedere e una
pezzuola umida gli scivolò dalla fronte finendogli in grembo. La
porta della sua stanza si aprì, scricchiolando, facendo entrare
Giselle.
«Ti sei svegliato, finalmente» esordì, poggiando sul tavolo un vassoio con cibo e acqua.
«Quanto tempo ho dormito?»
«Tre giorni. Hai avuto la febbre alta».
Il giovane si sistemò meglio, cercando di ignorare fitte lancinanti e trafittive.
«È successo qualcosa di rilevante?»
«Assolutamente
nulla. Pierre ha detto che sarebbe passato a trovarti in serata, nel
caso ti fossi ripreso» spiegò Giselle, versando un
bicchiere d’acqua e porgendoglielo. Egli sorseggiò piano,
avvertendo il sollievo della mucosa della bocca che si reidratava.
Inconsciamente, si portò la mano al collo, non trovando
più la collana di sua madre.
«Dov’è la mia collana?» fece, allarmato.
«Oh, si è rotta, impigliandosi mentre ti trasportavano. È lì, l’ho sistemata».
Giselle andò a prenderla e la tese al ragazzo.
«Eccola qui. Uguale a...»
«Ridammela!» ringhiò, strappandogliela dalle mani.
Sorpresa e intimorita, la ragazza si ritrasse: lo guardò confusa e si voltò, pronta ad andarsene.
«Aspetta, Giselle... Io...».
In effetti, Ratonhnhaké:ton non sapeva bene come continuare: le
scuse e, soprattutto, parlare alle ragazze non erano mai stati il suo
forte.
«... Non volevo spaventarti. Anzi, dovrei ringraziarti per...»
«Non importa, Connor. Se ti do fastidio, vado via».
Egli sentì qualcosa di molto simile alla mortificazione farsi
strada dentro di lui, così disse quelle poche parole
disarticolate che riuscì a mettere insieme: «Era di mia madre. Il suo ultimo ricordo».
Nel sentire ciò, Giselle si fermò, tornando sui suoi
passi. Ci furono degli istanti di silenzio imbarazzato, infine la
giovane parlò: «I
Templari hanno bruciato casa nostra. Hanno ucciso la mia famiglia,
rubato i miei averi. Non mi è rimasto niente... Be’, se avessi un
ricordo, anch’io sarei molto gelosa».
Seguì un’altra pausa, questa volta interrotta da Connor: «Come ti sei salvata?»
Senza chiedere il permesso, la ragazza si accomodò all’angolo del letto.
«Grazie al Mentore di prima, Philippe. È stato un caso che, quella sera, gli Assassini avessero pianificato un’imboscata in Place de la Rivolution. I Templari mi stavano portando in un postribolo, per divertirsi».
Ratonhnhaké:ton serrò la mascella fino a farsi male.
«Finiranno di schiavizzare le persone».
«Per
liberarci di loro, dobbiamo liberare il popolo dalle loro false
promesse di libertà, dobbiamo costruire la libertà
vera» esclamò la ragazza, con voce ferma.
L’Assassino non avrebbe mai più dimenticato l’ardore che
bruciava negli occhi della giovane, quella forza d’animo che aveva
sempre dimostrato. Un’autentica fiamma di speranza per un futuro
migliore.
«Vado a prendere le bende pulite» annunciò Giselle, alzandosi.
«Sì...
Grazie» disse egli. Non sapeva fare grandi discorsi di
conforto, perciò cercò almeno di assumere un tono pacato.
La fanciulla alzò le spalle ed uscì, lasciando Connor con la collana stretta in pugno.
[498 parole]
***
Aveline de Grandpré,
Connor Kenway e tutti gli altri personaggi di Assassin’s Creed
III/Liberation appartengono alla Ubisoft e alle sue varie
divisioni, io li ho presi in
prestito senza pretesa alcuna; solamente gli OC e la grafica del
titolo appartengono a me.
Ringrazio la mia Anto
per aver letto ancora una volta in anteprima.
***
Come promesso, eccomi qui con la penultima flash. Teoricamente avrei anche potuto finirla qui, tuttavia a mio parere c’è
un altro aspetto della lotta per la libertà che merita di essere
messo in evidenza: con l’ultimo aggiornamento spero che anche voi
possiate avere un quadro completo.
Le ultime battute di questa raccolta sono tutte dedicate a Connor e mi pare sia anche
giusto così. Spero di averlo mantenuto IC e di non aver preso
sfondoni vari; se così fosse confido nel fatto che qualcuno me
lo faccia notare: i commenti, anche negativi, sono sempre un’occasione per migliorare.
Ringrazio come sempre chi legge, chi ha messo la raccolta in uno dei suoi elenchi e chi ha pazientato tanto a lungo.
In attesa dell’ultimo aggiornamento, previsto per metà mese, saluto tutti voi, nella speranza
che questo esperimento non si sia rivelato eccessivamente stonato.
Halley S. C.
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Capitolo 8 *** S come Sacrificio ***
S come Sacrificio
S come
Sacrificio
“Egli
ha saccheggiato i nostri mari, razziato le nostre coste, bruciato le
nostre città e distrutto le vite della nostra gente. Egli sta in
questo momento trasportando grandi eserciti di mercenari stranieri per
completare il suo lavoro di morte, desolazione e tirannia, già
cominciato in circostanze di una crudeltà e perfidia che
difficilmente trovano paralleli nelle età più barbare e
del tutto indegno del capo di una nazione civile. Egli ha costretto i
nostri concittadini presi prigionieri in alto mare a prendere le armi
contro il loro paese, a diventare i boia dei loro fratelli ed amici,
oppure cadere essi stessi per mano loro.”
[Dichiarazione d’Indipendenza,
Crimini del Re d’Inghilterra]
La
porta cedette solo dopo la terza spallata. Il fuoco aveva inghiottito
ogni cosa e il fumo gli rendeva difficile respirare: i polmoni
sembravano bruciare come il legno della cascina. Connor non vi
badò, spinto ad andare avanti da un unico pensiero: salvare
Giselle. Dove l’avevano rinchiusa i Templari? Da qualche minuto
non si sentivano nemmeno più le sue grida d’aiuto. Il
giovane si immobilizzò, attanagliato da un’improvvisa
paura: aveva quattro anni quando aveva visto morire tra le fiamme la donna
più importante della sua vita, sua madre, ed in quel momento gli
sembrò di star rivivendo lo stesso inferno di fuoco; era
stato incapace di salvare Ziio, ma allora era stato solo un bambino. Ora era
un uomo, un Assassino, un combattente e non poteva
perdere, per la seconda volta, la persona amata per colpa delle fiamme.
Evitò appena in tempo una trave infuocata, staccatasi dal
soffitto ardente, gettandosi bocconi sul pavimento; rotolò sulla
sinistra, scartando una pioggia di scintille, e poi la vide:
c’era una porta chiusa, l’unica non aperta di tutto il
corridoio.
Con un calcio sfondò il battente, bruciacchiato e fatiscente,
lanciandosi all’interno della stanza: Giselle era lì per
terra, priva di sensi, accasciata su se stessa.
Con la vista annebbiata, Connor si precipitò accanto alla
ragazza e si accorse che respirava ancora, seppur debolmente.
Sollevandola senza sforzo, si preparò a fare a ritroso il
percorso accidentato che l’aveva portato fin lì.
Non poteva finire così, quel maledetto Robespierre
l’avrebbe pagata cara. Aveva inseguito Charles Lee in capo al
mondo, anche in mezzo al fuoco -come ora- e, di certo, a quel francese
non avrebbe applicato alcuno sconto.
Arrivato davanti alla rampa, si rese conto che non c’erano
più le scale, distrutte dall’incendio. Imprecò
sottovoce e cominciò a guardarsi intorno, cercando
disperatamente un modo per lasciare quella bolgia di calore.
Notò una finestra e decise di tentare il tutto per tutto.
Dopo aver rotto i rimasugli del vetro e dell’intelaiatura di
legno, guardò giù e scorse, felice, un covone di paglia:
l’unica cosa da fare era un duplice Salto della Fede. Non
l’aveva mai fatto con una persona incosciente al seguito, ma
doveva provare.
Si issò Giselle in spalla e si tuffò, pregando che
nell’impatto nessuno dei due si rompesse qualche osso o peggio.
Con sua grande sorpresa, l’atterraggio fu perfetto.
«Richard!» chiamò Connor, sputando pagliuzze di fieno, con voce arrocchita dal fumo.
La squadra degli Assassini sopravvissuti allo scontro con i Templari arrivò di gran carriera.
«Connor! Abbiamo perso Mathieu... Ma abbiamo fatto dei prigionieri...»
«Dannazione, Mathieu! Interrogheremo i prigionieri appena possibile, ora aiutami a mettere Giselle a terra!»
Entrambi i giovani poggiarono, con somma cura, la ragazza sul prato.
«Portate dell’acqua, presto!»
Due reclute si allontanarono per tornare subito dopo con una borraccia di pelle.
Connor prese il pugnale e tagliò di netto i lacci del corsetto
della fanciulla, così da agevolarla a respirare: accidenti a lui
e quando le aveva imposto di spacciarsi per la viscontessa Marie-Jeanne Roland per
ingannare i Templari!
Nel frattempo, Richard e Pierre chiamavano a gran voce la ragazza,
cercando di farle riprendere i sensi; Connor non riusciva a parlare, tramortito dal pensiero di essere arrivato tardi un’altra volta. Fu allora che
Ratonhnhaké:ton ebbe paura che Giselle se ne fosse andata per
sempre, come sua madre, e, per la prima volta, si rese conto di tenere
a quell’irriverente ragazzina molto più di quanto pensasse.
In quel momento la fanciulla tossì e schiuse lentamente gli occhi: «Connor...»
Il
ragazzo, ansimante per lo sforzo, per il terrore e per il fumo che
ancora gli saturava i polmoni, si avvicinò trascinandosi
sull’erba secca.
«Mi... Mi hai salvata» mormorò ella, tossendo ancora.
«A
quanto pare» disse Connor, pensando che forse non c’era
più tanto motivo di essere austero con quella ragazza.
Giselle trovò il modo di mettersi seduta, nonostante le proteste
di Pierre; guardò Ratonhnhaké:ton solo per un secondo,
prima di saltargli al collo e mettersi a singhiozzare. Si era sempre
fatta vedere forte e combattiva e un pianto liberatorio, dopo tutto
quello che era successo, era più che legittimo.
Con un certo imbarazzo, il nativo ricambiò l’abbraccio e
constatò che certi gesti semplici potevano essere molto
più difficili che centrare il bersaglio nelle
condizioni più avverse.
«Direi
che si è svegliata. E che ha trovato anche ciò di cui ha
bisogno per riprendersi del tutto» commentò Pierre,
lanciando un’occhiata divertita a Connor e suscitando
l’ilarità degli astanti. Egli rispose inarcando un
sopracciglio.
Il gruppo di Assassini si sparpagliò intorno al rudere, cercando
di soffocare le ultime fiamme e il ragazzo rimase solo con Giselle, la
quale si era finalmente calmata, seppur fosse rimasta tra le sue
braccia.
«Non
so se è peggio aver rischiato di morire per colpa di quei
bastardi Templari, l’essere stata presa in giro da mezza
Confraternita oppure averti mostrato la mia debolezza»
commentò la giovane.
«Non c’è debolezza nell’essere stata quasi seviziata da dieci uomini armati...»
«Connor, hai capito di quale debolezza parlavo!» esclamò Giselle, stizzita e discretamente imbarazzata. Fece per allontanarlo ma Ratonhnhaké:ton,
deciso, la trattenne ed ella cedette, stringendosi di nuovo a
lui. Il sole, eclissandosi all’orizzonte, pareva voler dire una
cosa sola: questa volta, la lotta per la libertà non aveva preteso nessun sacrificio.
[869 parole]
***
Gérald
passeggiava avanti ed indietro sul portico della villa dei de
Grandpré, sperando che il piccolo Louis smettesse di piangere e
finalmente si addormentasse.
«Questo
bambino è esattamente come la madre, di riposare non ne vuole
proprio sapere» commentò il ragazzo con un sospiro.
Aveline rise di cuore.
«Magari soffre solo il caldo. L’umidità della Louisiana d’estate metterebbe a dura prova chiunque».
La giovane si alzò, avvicinandosi a marito e figlio.
«Me ne occupo io, tu vai a sederti, è un’ora che passeggi senza fermarti!»
Gérald consegnò con cautela il fagotto nelle mani di
Aveline e prese posto sulla panchina bianca, sistemata vicino alla
porta d’ingresso.
Dopo qualche minuto Louis smise di piangere, lasciandosi cullare dalla
ninna-nanna di Aveline, ricavata da uno dei pochi ricordi nitidi da
bambina, quando sua madre Jeanne la cantava per lei.
A quell’ora tarda, nessuno era più in strada e le voci che provenivano dalle case circostanti giungevano ovattate.
La ragazza si sedette accanto a Gérald, continuando a cullare il bambino.
«Finalmente si è addormentato» sussurrò il giovane uomo, guardando con apprensione il figlio.
«Basta saperci fare» rispose Aveline sottovoce.
«È
incredibile come appena cali il buio si animi così.
Probabilmente non vede l’ora di assumere anche lui la sua
identità notturna di Assassino» ipotizzò il
ragazzo, carezzando una guancia paffuta di Louis.
«Non è detto che scelga questa strada. Anzi, se non lo facesse sarebbe meglio. Credo che sia troppo rischiosa» ribatté l’Assassina, inquieta.
Ella
sapeva bene quali rischi comportava abbracciare la causa della
Fratellanza. Lei stessa, prima di poter pensare a farsi una famiglia,
aveva dovuto servire per anni la Confraternita. E se suo figlio fosse
morto in una delle missioni? Se lo sarebbe mai perdonato? Oltre a
sacrificare parte della sua vita, in nome della libertà che
perseguivano gli Assassini, avrebbe potuto anche sacrificare suo figlio?
«Forse
dovremmo solo aspettare che cresca e che decida lui cosa fare della sua
vita. La scelta di seguire il Credo della Confraternita deve essere
presa in libera autonomia» obiettò il giovane.
«Sì, è la cosa migliore» mormorò la donna.
Di certo, qualunque cosa fosse stata, Aveline ci sarebbe sempre
stata per il suo Louis. E, qualunque cosa avrebbe scelto, non
l’avrebbe mai lasciato solo.
[370 parole]
***
Aveline de Grandpré,
Connor Kenway e tutti gli altri personaggi di Assassin’s Creed
III/Liberation appartengono alla Ubisoft e alle sue varie
divisioni, io li ho presi in
prestito senza pretesa alcuna; solamente gli OC e la grafica del
titolo appartengono a me.
Ringrazio la mia Anto
per aver letto ancora una volta in anteprima.
***
Salve!
Ed eccoci qui, giunti alla fine di questa raccolta: come promesso, a metà mese (circa) è arrivato l’aggiornamento.
So perfettamente che la prima non è una flash-fic, avendo
abbondantemente superato il limite della cinquecento parole, tuttavia
ho
deciso di lasciarla così, senza tagliare: non avrebbe altrimenti
reso
ciò che volevo.
Prima di passare ai saluti e ai ringraziamenti, volevo darvi una nota
su Marie-Jeanne Roland, la musa ispiratrice dei Girondini (ovvero la
fazione più moderata della Rivoluzione): a quanto pare, mentre
veniva condotta alla ghigliottina, pronunciò la frase O Libertà, quanti delitti si commettono in tuo nome!
Quindi ho potuto collegare questo personaggio (seppur citandolo
solamente) alla mia raccolta sia per il riferimento alla tematica
portante, sia perché credo che sarebbe stata bene tra le file
degli Assassini (o comunque come simpatizzante della Confraternita).
Chissà cosa ci riserverà Assassin’s Creed Unity con la sua Rivoluzione Francese canon; prossimamente lo sapremo.
Detto questo posso salutarvi, augurandomi che questo mio esperimento possa essere piaciuto almeno un po’.
Ringrazio
chi ha letto, chi ha avuto pazienza, chi ha messo la storia in uno dei
suoi elenchi, chi mi ha fatto sapere la sua, chi me la farà
sapere in seguito.
Grazie, grazie a tutti.
Halley S. C.
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