Alone in the dark

di angelofdeath94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** halloween's party ***
Capitolo 2: *** Amici o nemici? ***
Capitolo 3: *** Tuffo nel passato ***
Capitolo 4: *** Luna piena ***
Capitolo 5: *** Segreti e bugie ***
Capitolo 6: *** Primo appuntamento ***
Capitolo 7: *** Patto di sangue ***
Capitolo 8: *** Nel buio ***
Capitolo 9: *** L'alba di un nuovo giorno ***



Capitolo 1
*** halloween's party ***


"ALONE IN THE DARK”
CAPITOLO 1: Halloween’s party
DANIEL
Come ogni anno le popolarissime e ricchissime gemelle Mazzanti tenevano una gigantesca festa in costume  in occasione del giorno di Ognissanti. Era un evento a cui nessun ragazzo della scuola poteva mancare, me compreso. Le gemelle avevano uno spiccato talento nell’organizzare eventi mondani, probabilmente ereditato dalla madre, la più potente donna della città. Quando si parlava di divertimento e feste le Mazzanti erano certamente le migliori in circolazione. Per l’occasione le ragazze avevano ingaggiato un dj amato dalla maggior parte degli invitati. Si preannunciava un successo assoluto. Mi godetti la musica e mi misi a ballare in compagnia di Melissa, la mia migliore amica. Sorseggiai il mio drink, mentre chiacchieravo con i miei compagni di classe ed alcuni ragazzi più grandi, amici delle Mazzanti. Tutt’un tratto qualcosa, o meglio qualcuno, attirò la mia attenzione. Due occhi verdi si posarono sui miei per una frazione di secondo. Si trattava di una ragazza di straordinaria bellezza travestita da Cappuccetto Rosso, portava i lunghi capelli corvini legati in due trecce e indossava un abito che arrivava sopra al ginocchio ed  un mantello rosso con il cappuccio, pure le labbra erano rosse come il sangue. Ero sicuro di non averla mai vista in precedenza. La giovane non si accorse minimamente di me, sembrava impegnata a conoscere i partecipanti alla festa, uno in particolare l’aveva notata: Martin Urbano. Non era di certo un mio amico, anzi nel corso degli anni ci era spesso capitato di arrivare alle mani. Non ne capivo il motivo, ma in lui c’era qualcosa che non mi convinceva affatto. Era quasi una sensazione, che mi prendeva quando nelle vicinanze c’era lui. La ragazza incappucciata evidentemente la pensava diversamente da me, visto che si allontanò dall’enorme villa delle gemelle assieme a Martin. Ancora una volta quella feccia la faceva franca, ma io conoscevo il suo segreto. Stavolta decisi di intervenire, perciò mi avviai fuori.
SOPHIE
Ero da poco arrivata in una nuova città e il mio numero di amici era pari a zero, perciò decisi di andare alla festa di Halloween tenuta dalle ragazze più popolari della mia nuova scuola. In realtà non era stata una mia idea, ma di mamma. Diceva che così avrei potuto inserirmi più facilmente. Balle. Tuttavia avvertivo qualcosa nell’aria, non sapevo ancora bene di cosa si trattasse. Eppure ero certa che nelle vicinanze ci fosse una creatura delle tenebre. All’inizio avevo molta difficoltà a percepire le presenze malvagie, però ora impiegavo sempre meno tempo ad individuare il Male. Come previsto ero riuscita ad attirare molti ragazzi, il mio travestimento era stato efficace. Sembravo una ragazzina impaurita e indifesa. Era proprio ciò che volevo che credessero. Si sbagliavano di grosso. Se c’era un aggettivo che potesse descrivermi non era certo indifesa. Uno dei ragazzi che mi si presentò era molto affascinante e dalla bellezza disarmante. Aveva capelli castani e come gli occhi ed era molto alto e atletico.
«Ciao, io sono Martin. Sei nuova?», esordì sicuro di sé.
«Piacere, Sophie. Si, sono arrivata alcuni giorni fa ed ho pensato che qui avrei potuto conoscere qualcuno di… interessante.», replicai con un sorriso stampato in faccia.
«Senza dubbio hai scelto bene. Le gemelle Mazzanti sanno come far divertire la gente e conoscono tutti. Sono sicuro che qui ti troverai bene. Ti va di bere qualcosa?», mi domandò sapendo già la risposta.
Annuii. Nel frattempo mi ero accorta degli occhi indagatori che mi osservavano già dal mio arrivo alla festa. Un ragazzo mi sorrise dall’altro lato della stanza, ricambiai il sorriso. Poco dopo Martin fece ritorno accompagnato da due drink. Chiacchierammo per un po’, mentre mi scambiavo delle occhiate con il tipo misterioso e solitario che mi teneva d’occhio.
«Qui c’è troppa confusione. Potremmo andare fuori a parlare, se vuoi.», proposi, certa che avrebbe accettato. Non si sarebbe lasciato scappare un’occasione del genere.
Il ragazzo mi prese per mano e mi condusse ad una casetta poco distante dalla villa.
«Qui mi sembra perfetto.», disse Martin facendomi l’occhiolino e spingendomi sul letto. Cominciò a baciarmi con ardore e decisi che l’avrei lasciato continuare fino a quando la sua vera natura non fosse venuta allo scoperto. Lui infilò le mani sotto il mio mantello per sfilarmelo, quando ce la fece passò al reggiseno e poi tornò a baciarmi il collo. Iniziai a pensare di essermi sbagliata. All’improvviso sentì qualcosa di diverso sul mio collo, i denti del ragazzo avevano lasciato il posto a degli affilati canini. È qui che ti volevo bello, pensai tra me e me. Estrassi il paletto di legno dalla tracolla che mi ero portata pronta a colpire il nemico. C’ero quasi, ma in una frazione di secondo la situazione cambiò radicalmente. Un ragazzo apparso dal nulla saltò addosso a Martin facendolo scappare poco prima che lo trafiggessi. Maledizione.
«Daniel, vattene immediatamente. Non vedi che ho da fare?», domandò Martin al suo assalitore. Quest’ultimo cominciò a prenderlo a pugni, ma la rissa durò ben poco visto che il vampiro se l’era filata a gambe levate non appena aveva visto il paletto che tenevo in mano.
«Ti ha fatto del male?», mi chiese il nuovo arrivato con aria accigliata.
«Sto benissimo. L’hai fatto scappare. È pericoloso e libero. Non hai idea di cosa hai combinato. Era da tutta la sera che aspettavo questo momento e me lo lavoravo. Poi sei arrivato tu e hai rovinato tutto.», dissi su tutte le furie allontanandomi da quella festa assurda e dal ragazzo dagli occhi azzurri, che mi osservava dispiaciuto.
Alla mia famiglia non avrebbe fatto piacere sapere che la missione era fallita. Questa città pullulava, era giusto dirlo, di creature soprannaturali di ogni sorta. Il problema era che, diversamente dal passato, ora loro sapevano della nostra esistenza e si erano evoluti tecnologicamente. Non avevo idea di cosa sapesse quel ragazzo, Daniel, dei vampiri e di tutto il resto, ma non avevo voglia che qualcuno conoscesse la mia reale identità e cosa ci facevo in quella  cittadina dimenticata da Dio.
 

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Capitolo 2
*** Amici o nemici? ***


CAPITOLO 2: Amici o nemici?
SOPHIE
Aprii la porta di casa con aria triste. Era la prima volta che mandavo tutto a monte e, come se non bastasse, c’era un testimone che aveva assistito alla scena. Il vampiro era libero di uccidere e mamma e papà se la sarebbero presa con me. Non mi sarebbe capitata un’occasione simile di nuovo, ne ero certa. I miei genitori erano ancora svegli, quando entrai in salotto.
«Sophie, come stai? Come è andata la missione?», domandò mio padre accigliato.
«Sto bene, è solo che sono un po’ stanca. Devo dirvi una cosa… Ne avevo trovato uno ed ero quasi riuscita a ucciderlo, ma era troppo forte ed è riuscito a scappare.», mentii, sicura che fosse meglio così.
«Ora lui sa di noi. Dovrai essere molto più attenta, lo sai vero? Qualcuno ti ha vista? Non devi commettere altri passi falsi, altrimenti sarà stato tutto inutile.», mi disse mia madre in tono severo.
«Mi dispiace. Non accadrà mai più, ve lo prometto.», risposi diretta in camera da letto.
Era meglio non dire nulla di quel ragazzo, Daniel. Forse era innocuo, ma non era sconvolto dopo aver saputo che Martin era un vampiro. Probabilmente nascondeva qualcosa. Quando avevo visto Daniel alla festa avevo avvertito una strana sensazione, mi era parso familiare e non ne conoscevo la ragione. Non avrei dovuto stargli troppo vicina, potevo metterlo in pericolo e non volevo che la storia si ripetesse. Dovevo stare più attenta, altrimenti mi avrebbero scoperta. Mi spogliai e mi infilai nel letto, mentre delle lacrime silenziose mi rigavano il viso. Ripensai a quando conducevo una vita normale e spensierata, agli amici che avevo lasciato quando tutta la mia esistenza era cambiata radicalmente in una qualsiasi giornata estiva.
DANIEL
Dalla sera di Halloween un dubbio mi tormentava: “Chi era realmente quella ragazza vestita da Cappuccetto Rosso? E, soprattutto, cosa ci faceva in città?”. La risposta arrivò alcuni giorni dopo, quando tornai a scuola. Fu allora che la rividi. Entrò in classe senza salutare nessuno e si accomodò nell’unico posto libero accanto a me. La ragazza indossava dei jeans  stinti e una T-shirt dei Nirvana, ai piedi portava un paio di All Star nere. Nonostante il suo atteggiamento freddo e insensibile, sapevo che in realtà era tutta apparenza. Il suo arrivo attirò le attenzioni di parecchi compagni di classe, che rimasero stupefatti. Non sapevo come interpretare il suo comportamento, cosa abbastanza strana visto che con le altre persone ci riuscivo sempre.
«Ciao, sono Daniel. Ti ricordi di me?», le chiesi per rompere il ghiaccio.
«Sono Sophie. Certo che mi ricordo. Hai rovinato tutto.», rispose acida.
«Mi dispiace, credevo fossi in pericolo. Martin è un ragazzo affascinante, ma anche molto problematico. Approfitta del suo fascino per attirare le sue vittime e tu, sinceramente, sembravi essere una di quelle.», dissi in mia difesa.
«Come hai potuto vedere non sono indifesa. Se non fossi arrivato tu avrei potuto benissimo farlo fuori e ora sarebbero tutti al sicuro.», fu la sua risposta.
«Non ti conviene attirare troppo l’attenzione in città. Martin è pericoloso, ma c’è gente peggiore che si aggira indisturbata e può attaccarti quando meno te lo aspetti.», la avvertì.
«Siete tutti pronti a fare gli eroi, vero? Stammi alla larga.», tagliò corto voltandosi dall’altra parte.
Non ne sapevo il motivo, ma in quella misteriosa ragazza c’era qualcosa che mi incuriosiva. Aveva senza dubbio un bel caratterino, eppure ero certo che primo o poi sarei riuscito a rompere quella corazza. Poco dopo l’insegnante di biologia presentò Sophie alla classe e iniziò a illustrare il lavoro a coppie, che avremmo dovuto svolgere di lì a breve.
«Per evitare che si formino le solite coppie, ho deciso di estrarre i nomi degli studenti da quest’urna. Non voglio sentire nessuna lamentela.», dichiarò risoluto il professor Marconi.
«La prima coppia sarà formata da Bosco e Flynn.», annunciò Marconi e poi proseguì ad comunicare le altre coppie.
Alzai la mano alla ricerca del compagno di lavoro, ma all’improvviso mi ricordai che l’unica persona a poter avere quel cognome era Sophie, la quale aveva a sua volta sollevato la mano.
« Spero sia uno scherzo.», bofonchiò la ragazza.
Non capivo cosa avesse contro di me. È vero, le avevo impedito di uccidere Martin. Tuttavia l’avevo salvata da problemi ben più grandi, anche se lei non lo sapeva. La famiglia di Martin era molto influente e non avrebbe lasciato passare liscia la morte di uno di loro. Inoltre la ragazza non ce l’avrebbe mai fatta contro di lui, era troppo forte.
«Prima o poi mi ringrazierai.», mi limitai a replicare. Poi tornai a seguire la lezione di malavoglia.
SOPHIE
Ogni mio tentativo di stare alla larga da Daniel andava in fumo e, peggio ancora, avrei dovuto fare delle ricerche di biologia con lui. Ero sovrappensiero, quando udì una voce suadente chiamarmi alle mie spalle.
«Ecco la bella Sophie. Il nostro ultimo incontro si è concluso diversamente da come mi ero immaginato.», disse in un ghigno.
«Martin! Sì, anche secondo me. Cosa ci fai qui?», gli domandai all’erta.
«Volevo sapere come stai e dirti che so tutto di te, come tu di me d’altronde. Avresti potuto uccidermi, eppure eccoti qui con me. Ammettilo che non ce la fai a resistermi.», iniziò a provocarmi.
«Ti sbagli, Martin. Se sei ancora vivo devi solo ringraziare Daniel. Non avrei avuto nessun problema a eliminarti, se lui non fosse arrivato.», replicai in tono di sfida.
«D’ora in poi guardati le spalle. Non fidarti del lupo cattivo, Cappuccetto…», mi salutò Martin seguito da un gruppetto di amici.
Il solito bello e dannato, pensai tra me e me, mentre mi dirigevo al cortile scolastico. Mi sedetti su una panchina accesi l’iPod e chiusi gli occhi, fingendo di essere da un’altra parte. Finalmente riuscii a ritrovare quella pace e serenità che avevo perso ormai da tempo. La calma fu interrotta dall’arrivo improvviso di una ragazza dai capelli castani e qualche ciocca rossa qua e là.
«Ciao, mi chiamo Valentina e tu devi essere quella nuova. Bella maglietta.», esordì facendomi un sorriso a trentadue denti.
«Piacere, Sophie. Grazie. Bei capelli.», restituì il complimento.
«Amo il rosso, in tutte le sue tonalità. Comunque che ci fai tutta sola qui?», mi chiese.
«Ascolto un po’ di musica e poi non sapevo con chi stare. Non conosco molta gente qui e…», feci una lunga pausa incerta se proseguire o meno.
«Il primo giorno è difficile per tutti, ma vedrai migliorerà. Se vuoi posso presentarti qualcuno. Sono sicura che ti potrà aiutare.», mi rassicurò la ragazza.
Mi limitai ad annuire e seguii Valentina verso il cancello d’entrata. Non mi andava di fare nuove conoscenze, avevo già abbastanza problemi a gestire i due ragazzi che avevo conosciuto alla festa delle gemelle Mazzanti.
«Ehi, fratellino. Guarda chi ti ho portato.», disse Valentina al ragazzo voltato di spalle.
«Vale, non c’è bisogno che tu ci presenti. Conosco già Sophie, per mia sfortuna.», replicò lui leggermente turbato.
«Oh, no! Ancora tu. Non è possibile.», feci stizzita.
Valentina aveva un’aria confusa e si sentiva in colpa, ma dopotutto le sue erano buone intenzioni.
«Non avevo idea vi conosceste già. Scusate, ma non capisco come mai non vi sopportiate.», furono le parole amareggiate di Valentina, che  se ne tornò all’interno della scuola.
«Non l’hai fatto apposta per tormentarmi, vero? Non ho intenzione di diventare tua amica ne altro, quindi sparisci.», urlai a Daniel, che stava andando su tutte le furie.
Avevo rovinato tutto con Valentina. Era la prima persona con cui avvertivo una strana intesa e per via di Daniel me l’ero presa con lei. Senza dubbio la ragazza non sapeva cosa era successo tra me e suo fratello alla festa e tantomeno di come l’avevo trattato in precedenza. Andai alla ricerca di Valentina e la trovai nel bagno delle ragazze.
«Scusa. Ero di cattivo umore ed ho sbagliato. Tu non centri affatto, è solo che con tuo fratello la faccenda è piuttosto complicata. Ci siamo conosciuti alla festa delle Mazzanti e non abbiamo cominciato con il piede giusto. A dire la verità non è che il mio comportamento sia stato di grande aiuto. È più forte di me, non riesco a controllarlo. In classe l’ho trattato malissimo, ma non è colpa sua. Non riesco a fidarmi facilmente degli altri. Ti ho ferita, anche se sei stata l’unica a cercare di far amicizia e io, per tutta risposta, mi sono comportata da vera idiota. Mi dispiace.», le dissi in preda alla vergogna per quella reazione ingiustificabile.
«Va bene, ti perdono, però dovrai fare qualcosa in cambio.», rispose soddisfatta.
«Del tipo?»
«Dato che non sei stata gentile con Daniel e devi farti perdonare anche da lui, che ne dici di un appuntamento? Niente di importante.», mi propose.
Ci pensai un po’, valutando la sua idea fino a quando non dissi: «Va bene, ci sto. Glielo dico io.»
In fondo cosa sarebbe potuto accadere? Avremmo comunque dovuto trascorrere del tempo assieme per svolgere quella stupida ricerca, perciò non sarebbe cambiato nulla, o almeno così mi dissi.
 

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Capitolo 3
*** Tuffo nel passato ***


CAPITOLO 3: Tuffo nel passato
SOPHIE
Mi svegliai al suono della sveglia e vidi l’antico libro  lasciatomi in eredità dalla nonna. Da quando era morta l’avevo sempre tenuto con me, certa che mi avrebbe protetta e aiutata a capire chi fossi veramente. Ricordavo bene la prima volta che la nonna mi aveva svelato il segreto sulla mia vera natura.
Ero solo una bambina terrorizzata da terribili incubi, quando lei mi aveva presa per mano e portata nel bosco. La nonna era l’unica in grado di tranquillizzarmi dopo quei sogni spaventosi.
«Non devi avere paura, mia piccola Sophie. La magia fa parte di te, non devi combatterla.», mi aveva detto accarezzandomi dolcemente il viso. 
Poco dopo mi aveva mostrato quel grosso libro e promesso che alla sua morte sarebbe stato mio, come accadeva da generazioni a tutte le donne di famiglia. La nonna apparteneva ad un’antica tribù indiana ed era una sciamana. Quando mi condusse nel bosco arrivammo nel bel mezzo di una grande radura. Non avevo idea di cosa mi sarebbe successo. L’anziana donna prese una ciotola e vi frantumo alcune erbe profumate e vi unì l’acqua di un ruscello, poi mi fece bere quel composto leggermente amaro. La nonna disegnò un cerchio sul terreno umido e m i invitò ad accomodarmi al centro di esso, in seguito accese alcune candele e si sedette a gambe incrociate ripetendo una strana formula nella lingua degli Spiriti. Chiusi gli occhi e poco dopo avvertii il verso di alcuni corvi che si erano disposti intorno al mio corpo. Restai immobile per non spaventarli, sapevo che non si trattava di semplici animali, ma di Spiriti guida giunti per aiutarmi. Nel frattempo la nonna continuava a invocare gli Spiriti dei nostri antenati, senza preoccuparsi di ciò che mi stava accadendo. Ad un tratto avvertii il mio corpo farsi più leggero, come se non facessi più parte di esso. In effetti riuscivo ad osservare me stessa dall’esterno e notai che i corvi avevano formato un pentacolo all’interno del cerchio. Mi sentivo come in un sogno e temevo di essere in preda a delle allucinazioni. Mi allontanai dalla radura, seguendo una voce misteriosa. Non sapevo come mai, ma qualcosa dentro di me mi diceva che era la cosa giusta da fare. Mi arrampicai in cima ad una rupe e fu lì che lo vidi, il ragazzo che mi chiamava. Il giovane aveva dei lunghi capelli neri legati in una coda e aveva molti tatuaggi. Quello che però attirò maggiormente la mia attenzione fu quello che aveva sulla schiena, dove era raffigurata una grossa aquila.
«Ciao, Sophie! Non immagini quanto ho aspettato questo momento. Sapevo che prima o poi saresti venuta a cercarmi. Sono Aquila Bianca, il tuo Spirito guida, e ti aiuterò a non avere più quei brutti sogni, ma sappi che questo non risolverà il problema per sempre. Un giorno dovrai realizzare il tuo Destino e non potrai più opporti. Per bloccare i tuoi poteri dovrai indossare questo amuleto.», fece il ragazzo indiano porgendomi un totem a forma d’aquila, «La grande aquila ti proteggerà dagli Spiriti maligni. Non dovrai fare altro che invocarmi e, mi raccomando, non dovrai dire a nessuno della mia esistenza.»
Aquila Bianca fece una breve pausa, mentre mi legava al collo il totem. La sua presenza era rassicurante e accanto a lui non avevo paura. Era come se lo conoscessi da sempre.
«Non ricorderai niente di questo incontro ne di chi sei veramente fino a quando non sarà il momento giusto, ma in fondo al cuore saprai che un grande Destino ti attende e non sarai mai sola.». Con quelle parole lo Spirito si congedò, lasciandomi in mezzo alla radura. La nonna aveva smesso di pregare e stava riprendendo le forze accanto ad una quercia. Ripresi possesso del mio corpo inconsapevolmente e appena aprii gli occhi scordai il motivo della mia presenza nella foresta. Avevo dei ricordi confusi di quel giorno, quasi si fosse trattato di un sogno.
Improvvisamente tornai al presente e istintivamente toccai l’amuleto indiano, che mi aveva dato la forza di andare avanti per tutti quegli anni e mi aveva permesso di crescere come una bambina normale, anche se di normale non avevo proprio nulla. Aquila Bianca aveva detto la verità, era arrivato il giorno in cui tutto sarebbe cambiato e avrei realizzato il mio Destino. Non sapevo bene quando sarebbe successo, ma esattamente dieci anni dopo quell’incontro avevo ricordato chi ero e cosa fossi in grado di fare. Se solo avessi saputo prima avrei potuto evitare di mettere in pericolo la mia famiglia e le persone che amavo, era quello il mio più grande rimpianto. Ero arrivata troppo tardi e non me lo perdonerò mai.
*i passi in corsivo sono dei flashback.
 

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Capitolo 4
*** Luna piena ***


CAPITOLO 4: Luna piena
SOPHIE
Era un lunedì mattina come molti altri. Mi guardai allo specchio con aria non troppo soddisfatta continuando a ripetermi di essere una ragazza normale. In realtà di normale non avevo un bel niente. Non mi ero ancora ambientata del tutto nella nuova città, tuttavia ero felice di aver trovato un’amica. Valentina era una ragazza divertente e con lei mi sentivo bene. Non faceva troppe domande ne insisteva quando non volevo fare qualcosa. Non fosse stato per suo fratello, che volevo evitare ad ogni costo. Purtroppo avrei dovuto fare con lui quella stupida ricerca. Entrai a scuola dove Vale mi aspettava carica di entusiasmo.
«Sophie!», mi salutò la ragazza non appena mi vide, «Non prendere impegni per venerdì.»
«Ehi, Vale! Perché? A cosa stavi pensando?», le chiesi, mentre entravamo a scuola.
«Ti ricordo che mi hai fatto una promessa. Devi un appuntamento a Daniel.», disse risoluta.
Avevo dimenticato quella promessa. Non potevo di certo deludere la mia amica, ma nemmeno uscire con Daniel. Era troppo rischioso. Non risposi a Vale e ci salutammo dirette in aule differenti. Non sarei riuscita ad evitare il discorso a lungo. Mi sedetti in classe con quel pensiero in testa e tornai alla realtà non appena sentii una voce che mi chiamava.
«Ciao, Sophie.», disse il ragazzo accanto a me.
«Daniel.», replicai distaccata.
«Oggi pomeriggio potremmo vederci a casa mia per lavorare alla ricerca. Cosa ne pensi?», mi chiese ottimista.
«Mmm ok.», bofonchiai, ritornando al mio libro.
«15 e 30?»
Annuii e tornai ad ignorarlo. Il resto della giornata trascorse serenamente. Nessuno mi tormentava e non incontravo Martin da parecchio tempo. Tornata a casa mi sistemai e arrivai a casa di Daniel e Valentina prima del previsto. Suonai il citofono sperando di trovare la mia amica, ma invece incontrai gli occhi di Daniel.
«Sophie! Sei in anticipo. Entra.», disse sorpreso.
«Valentina non c’è?», domandai speranzosa.
«No, mi dispiace. Ha avuto un impegno improvviso.», rispose sistemando la mia giacca su un attacca panni e facendomi cenno di seguirlo, «Vuoi bere qualcosa?», continuò.
«No, grazie.», mi limitai a dire, mentre osservavo la bellissima casa.
«Ok, allora possiamo andare di sopra a lavorare. In casa non c’è nessuno.», fece salendo le scale.
La camera di Daniel non era ordinata, ma nemmeno disordinata. Al centro della stanza si trovava un enorme letto matrimoniale e accanto alla finestra una grande scrivania con due sedie.
«Accomodati.», mi invitò con una gentilezza a dir poco esagerata, visto il nostro strano rapporto.
«Avevi già pensato a come cominciare?», gli domandai per evitare altri discorsi.
«Certo. Ho trovato un libro molto interessante in biblioteca da cui potremmo prendere spunto per l’introduzione.», affermò diretto alla libreria.
Diedi un’occhiata e fui d’accordo con lui. Il pomeriggio fu tutto sommato piacevole, anche se evitavo il suo sguardo e lui se ne era sicuramente reso conto. Avevamo deciso di fare una pausa quando lui andò in cucina a prendere la merenda. Ne approfittai per osservare la sua stanza. Possedeva molti libri di mitologia e sul soprannaturale. Per il resto sembrava la normale stanza di un adolescente, piena di poster di band musicali e fotografie in compagnia degli amici. In un angolino notai la custodia di una chitarra classica, quasi sepolta dai vestiti.
«Davvero non riesco a capire perché mi odi così tanto, insomma non ci conosciamo affatto.», mi disse al suo ritorno.
«Non ti odio, è solo che è… complicato. Insomma ad Halloween mi hai vista mentre stavo per uccidere Martin. Non deve saperlo nessuno. E poi…», mi interruppi incerta se continuare o meno.
«Poi cosa?», chiese avvicinandosi a me.
«Non voglio mettere nessuno in pericolo. Il fatto che tu sappia chi sono realmente è un bel problema per la tua incolumità.»
«Anche che lo sappia Urbano. Non dirò a nessuno di te se è questo che vuoi, ma non credo che questo sia l’unico motivo della tua ostilità nei miei confronti, o sbaglio?», replicò.
Scossi la testa e mi voltai verso la finestra.
«Tutte le persone che mi si sono avvicinate troppo prima o poi se ne sono andate.», lo avvertii.
«Voglio solo essere tuo amico.», fece lasciandomi senza parole.
Rimasi in silenzio per un po’, incerta su cosa rispondere. Valutai i pro e i contro di una possibile amicizia tra noi due. Improvvisamente mi feci coraggio e dissi: «Va bene. Amici?»
Il ragazzo acconsentì.
«La sera di Halloween come facevi a sapere che ero in pericolo? E come mai sai che Martin Urbano è un vampiro?», gli domandai fissandolo dritto negli occhi.
«È  una lunga storia. Martin è sempre stato un ragazzo poco raccomandabile, ma alcuni mesi fa l’ho visto uccidere una ragazza. Tutte cascano ai suoi piedi e non sanno in che guai si stanno cacciando. Alla festa credevo che tu fossi la prossima vittima. Comunque sulla famiglia Urbano girano molte storie strane che parlano di vampiri. Non credo alle coincidenze.».
«D’ora in poi non farà più male a nessuno.», dissi risoluta.
Continuammo a lavorare al progetto per alcune ore. Dopo un primo momento di diffidenza ero riuscita a sentirmi a mio agio. Si era ormai fatto tardi quando il mio cellulare iniziò a squillare. Era mamma.
«Sophie, cattive notizie. Pare che al parco sia successo qualcosa di soprannaturale. Alcuni ragazzini hanno subito un aggressione da parte di una creatura.», disse mia madre con aria accigliata.
«Ok, ci andrò il prima possibile.»
Chiusi la telefonata e guardai Daniel.
«Mi dispiace, ma si è fatto molto tardi. Devo andare a casa.», mentii.
«Se vuoi ti accompagno, non dovresti andare in giro da sola a quest’ora.»
«Non preoccuparti. So badare a me stessa.», feci estraendo il paletto di legno dallo stivaletto, «Comunque grazie di tutto. A presto, Daniel.», proseguii uscendo da casa Bosco.
Mi allontanai guardando il cellulare dove avevo ricevuto un messaggio da mia madre: “Papà ti aspetta al parco. Ci vorranno parecchie armi.” Come al solito non si preoccupava di come stessi, diversamente da qualsiasi altro genitore. Per fortuna non dimenticavo mai di portare con me qualche paletto. Ero quasi arrivata a destinazione quando lo vidi. Martin era in mezzo al marciapiede e alle sue spalle si trovavano alcuni vampiri. Presi il paletto e mi scagliai contro di loro. Il primo fu una passeggiata. Poi iniziai a prendere a calci un'altra di quelle creature maledette. Non era come il primo. Stavolta il mostro riuscì a scaraventarmi contro un cassonetto. Ero nei guai. Cercai all’interno della tracolla qualsiasi cosa potesse farli allontanare, eppure i loro occhi assetati di sangue erano sempre più vicini.
«Andatevene.», gridai pronta al peggio.
Non sapevo come mai, ma aveva funzionato. I vampiri stavano fuggendo ed ero salva. Ne mancavano solo due. Uno di loro mi prese e mi lanciò addosso al loro capo. Martin Urbano cominciò a ridere a crepapelle. «Ancora tu! Dovremmo smetterla di incontrarci così, non credi?», mi domandò, rotolando in modo che finissi sotto di lui.
«Lasciami andare, Martin!», urlai, mentre mi dibattevo sotto il suo corpo.
«L’ultima volta non mi pare volessi cacciarmi tanto in fretta. Ah, dimenticavo. Salutami il tuo amico Bosco.», affermò, mentre se ne andava con l’altro vampiro.
Come faceva a sapere dove ero stata? Mi aveva seguita? Dovevo correre al parco, prima che succedesse qualcosa di brutto. Giunsi sul luogo dell’attacco trafelata e vi trovai papà, intento a decapitare un vampiro.
«Scusa il ritardo, ma sono stata attaccata mentre venivo qui.»
Fortunatamente non c’era nessun ferito. I ragazzi erano terrorizzati, ma almeno non erano stati morsi o peggio. Guardai il cielo e vidi la luna piena, era una notte molto significativa per le creature delle tenebre. Una notte di sacrifici, di sangue e, per alcuni, di metamorfosi. Poco lontano da me, qualcuno si stava trasformando, assumendo un aspetto irriconoscibile e mostruoso. Un ululato mi costrinse ad alzare nuovamente gli occhi al cielo, facendomi trasalire. A quel lamento ne seguirono molti altri. Poco dopo un urlo agghiacciante mi fece rabbrividire.
 
 

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Capitolo 5
*** Segreti e bugie ***


 CAPITOLO 5: Segreti e bugie
SOPHIE
Papà ed io iniziammo a correre in direzione del grido straziante che avevamo udito. Avvertivo la presenza del Male farsi sempre più vicina. La zona da cui provenivano le urla non era illuminata. L’unica cosa visibile erano degli occhi gialli. Appena la creatura si accorse della mia presenza si allontanò dal corpo che giaceva ai suoi piedi. Non potevo far scappare quel mostro, così decisi di combattere. Mi lanciai contro di esso, anche se avevo solamente alcuni paletti di legno, che senza dubbio, non gli avrebbero fatto nemmeno un graffio.
«Sophie!», era la voce di mio padre, «Prendi questo.»
Afferrai il pugnale d’argento che mio padre mi aveva lanciato e ferii la creatura, che iniziò a sanguinare e a contorcersi per  il dolore. Nel frattempo mi avvicinai alla vittima, che si trovava in una pozza di sangue ed era ormai priva di vita. Alzai lo sguardo e della creatura non c’era più traccia. Era scomparsa nel nulla. Papà era a terra svenuto. Cosa poteva aver messo al tappeto un cacciatore esperto come lui?  Almeno lo avevo ferito, mi dissi tra me e me. Qualche istante dopo, mio padre riprese conoscenza e mi guardò preoccupato.
«Dov’è andato?», mi chiese, guardandosi intorno.
«Non ne ho idea, ma ha ucciso quella ragazza.», dissi indicando il cadavere.
«Era quello che temevo. Stanotte c’è la luna piena ed è in notti come questa il Male è più forte.»
Andammo a casa, ma ero certa che da qualche parte quella creatura ci stesse osservando. Mi lavai ed entrai nel letto senza riuscire a prendere sonno. Continuavo a vedere quegli occhi gialli che mi fissavano nell’oscurità come se mi leggessero nel profondo dell’anima. Quando finalmente riuscii ad addormentarmi l’enorme lupo che avevo visto quella notte mi apparve in sogno. Ero certa che quello era solo l’inizio.
DANIEL
Mi svegliai di soprassalto. Erano le 6 e 45. Non riuscivo a chiudere occhio, perciò decisi di andare a prepararmi la colazione. Quando finii di prepararmi, vidi mia sorella scendere le scale e guardarmi con aria sorpresa.
«Fratellino, come mai sei già pronto?», mi domandò prendendo il latte dal frigorifero.
«Non riuscivo a dormire. Ti aspetto se vuoi.», dissi sedendomi di fronte a lei.
La ragazza fece un cenno di assenso. Chiacchierammo per un po’ mentre andavamo a scuola. Davanti al cancello un gruppo di ragazzi, intento a fumare una sigaretta, stava parlando in maniera animata. Tra di loro notai la mia amica Melissa e alcuni suoi compagni di classe. Melissa era una ragazza semplice e spiritosa, con cui condividevo una grande amicizia sin dai tempi dell’asilo. Eravamo inseparabili e con lei mi divertivo un mondo. Era come una sorella per me.
«Ciao, Meli.», le dissi appena mi vide.
La ragazza sgranò i suoi occhioni marroni e mi fece un sorriso splendido.
«Chi si vede. Daniel  Bosco, credevo fossi scomparso.», scherzò dandomi una gomitata amichevole.
«Di cosa stavate parlando?», le chiesi con aria seria.
«Non hai letto il giornale stamattina? Ieri sera una ragazza è stata uccisa poco lontano dal parco. Non c’è nessun testimone, ma gli inquirenti sospettano che il colpevole sia lo stesso che ha commesso gli omicidi dei mesi scorsi. Pare che il filo conduttore tra gli omicidi sia la luna piena.», raccontò Melissa accigliata.
«Credevo che quel pazzo avesse smesso di uccidere.», fu il mio unico commento.
Immediatamente il mio pensiero si spostò su Sophie. Sicuramente anche lei aveva letto il giornale e scoperto dell’assassino che colpiva nelle notti di luna piena. Entrai in classe dove vidi la ragazza seduta accanto a me farmi un saluto veloce. Continuammo a fissarci intensamente per tutta la durata della lezione. Per quel giorno non me la sentivo di lavorare al progetto con Sophie perciò la fermai in mezzo al corridoio.
«Ciao, più tardi ti va di vederci per continuare la ricerca?», mi propose lei.
«Scusa, ma oggi non me la sento. È da tutta la mattina che mi sento la testa esplodere. Non sarei molto produttivo.», mormorai spegnendo il suo entusiasmo.
«Va bene. Sarà per un’altra volta. Guarisci presto.», mi salutò girando l’angolo.
Dovevo starle lontano per un po’, non c’erano altre soluzioni. Era meglio così per entrambi. Come se non bastasse, mentre stavo per uscire da scuola apparve Martin con la sua solita arroganza. Mi colpì volontariamente la spalla e cominciò a ridere.
«Non ti avevo visto. Altrimenti ti avrei colpito più forte.», mi derise.
«Come va con la ragazza nuova? Andate d’amore e d’accordo mi pare. Due guastafeste innamorati. È un vero peccato che tu sia un bugiardo e lei non conosca la verità, ma posso sempre rimediare.», continuò a provocare seguito dai suoi stupidi amici.
Per fortuna Sophie era già lontana e non aveva visto la scena. La rabbia nei confronti di quella feccia era incontrollabile. Dovevo andarmene il prima possibile, altrimenti mi sarei cacciato nei guai, un’altra volta. Mi infilai gli auricolari e mi abbandonai al ritmo della musica. Poco dopo fui raggiunto da Melissa, che non appena mi guardò negli occhi comprese il mio stato d’animo.
«Fammi indovinare. Martin? Cosa ha fatto stavolta?», mi chiese la mia migliore amica. Mi conosceva meglio di tutti.
«Esatto. Non lo reggo. Comunque non sopporta che tra me e Sophie possa esserci un’amicizia o altro. La sera di Halloween ho rovinato i suoi piani con lei e quindi sono diventato il suo nuovo passatempo da tormentare.»
«Lascialo perdere. È un idiota.», fece Melissa con la sua solita saggezza.
La verità era che, idiota o no, ero un bugiardo. Prima o poi Sophie avrebbe scoperto tutto e niente sarebbe stato come prima. Mi avrebbe odiato, ne ero certo.
 

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Capitolo 6
*** Primo appuntamento ***


CAPITOLO 6: Primo appuntamento
SOPHIE
Venerdì era arrivato in un batter d’occhio. Non mi sentivo così emozionata da parecchio. Al ricordo una lacrima scese silenziosa lungo il mio viso. Ultimamente Daniel era diventato sfuggente e diceva spesso di non sentirsi bene, perciò eravamo rimasti indietro con la ricerca. Avevo notato che cercava di nascondere il braccio. Tuttavia non avendo disdetto l’appuntamento saremmo usciti comunque. Da quando i media della zona avevano iniziato a parlare dei misteriosi omicidi, che avvenivano nei pressi del bosco, Daniel era diventato molto strano e riservato. Le ricerche da parte mia e dei miei proseguivano a rilento. L’unica cosa che avevamo scoperto, sfogliando il bestiario di famiglia, era che si trattava di un licantropo o qualcosa di simile. Questo significava che durante il giorno quella creatura aveva un aspetto normale e si nascondeva tra di noi. Poteva essere chiunque. Un fratello, un amico o persino il nostro compagno di banco. Ciò che distingueva l’ultimo omicidio dai precedenti era il fatto che la vittima non era stata sottoposta al medesimo rituale. Probabilmente l’assassino non aveva avuto il tempo necessario per farlo. Se solo fossimo arrivati qualche secondo prima, quella ragazza sarebbe ancora viva, continuavo a ripetermi da quella notte. Mi vestii di corsa e uscii di casa cercando di pensare all’appuntamento. Giunta davanti al cancello vidi Daniel appoggiato alla ringhiera, impegnato a parlare con una ragazza molto carina. Non si era accorto di me, perciò salii le scale facendo finta di niente. La prof di storia ci stava illustrando la caccia alle streghe nel corso del Medioevo. Finalmente qualcosa di interessante.
Ad un tratto udii un colpetto alla spalla e vidi che Daniel mi aveva lanciato un bigliettino: “A che ora passo a prenderti stasera?”
Allora se ne era ricordato, sorrisi tra me e me.
“Alle 19:30.”, scrissi sul foglietto. Poi aggiunsi: “Dove mi porti?”
La sua risposta fu immediata. Daniel sussurrò un flebile “Mistero” e tornò a seguire la lezione di storia. Conoscendo la sua passione per l’occulto doveva essere felice dell’argomento scelto dall’insegnante. Il resto della giornata trascorse  velocemente e doposcuola andai a casa in compagnia di Vale, la quale si era offerta di aiutarmi a prepararmi per l’appuntamento.
«Davvero non  puoi dirmi niente di stasera? Nemmeno un piccolo indizio?», cercai di persuaderla a svelarmi almeno qualcosa.
«Non so niente, mi dispiace.»
«Cosa mi metto?», domandai alla mia amica aprendo l’armadio a muro con espressione abbattuta.
Valentina mi si avvicinò e prese un top nero non troppo scollato e lo appoggiò sul letto. Poco dopo trovò una delle mie gonne preferite e un paio di ballerine nere con il fiocco.
«Così sarai perfetta!», esclamò entusiasta, facendomi accomodare sulla sedia.
«Manca solo il trucco. Ci penso io. Chiudi gli occhi.», fece nuovamente con in mano il mio beauty case.
Appena aprii gli occhi rimasi a bocca aperta. Ero irriconoscibile. Wow, pensai osservando il mio riflesso allo specchio.
«Come hai fatto? Sembro un’altra.», dissi abbracciandola.
Passammo il resto del tempo a chiacchierare e fummo riportate alla realtà dal suono del campanello. Ci salutammo e quando aprii vidi Daniel, in tutto il suo splendore. Il ragazzo indossava un paio di jeans scuri e una camicia celeste né troppo elegante, ma nemmeno troppo informale. 
«Sei bellissima!», mi disse stupefatto.
«Tutto merito di Vale.»
Indossai la giacca di pelle e vidi una moto parcheggiata accanto all’auto dei miei.
«Quella», indicai la moto, «è tua?», gli domandai sorpresa.
Il ragazzo annuii e mi invitò ad accomodarmi sul veicolo. Il tragitto fu breve e gradevole. Mi strinsi al petto di Daniel e dimenticai tutti i miei problemi. Arrivammo ad un ristorante dall’aspetto elegante.
«Vedrai, ti piacerà.»
Al nostro ingresso fummo accolti gentilmente e accompagnati ad un tavolino in una zona riservata. I tavoli erano decorati con candele e rose rosse. Ordinammo entrambi la specialità della casa, gli spaghetti allo scoglio e una tagliata di manzo. Il cibo era ottimo e la compagnia pure. Ero felice di essere uscita con Daniel. Ne era valsa la pena.
«Grazie.», gli dissi durante la cena.
«Perché?»
«Di tutto. Di avermi portata qui. Di essere mio amico anche se sai chi sono.», risposi abbassando lo sguardo.
«Per me è difficile fidarmi degli altri, come avrai ben capito, ma sono felice di essermi fidata di te.», ammisi un po’ imbarazzata.
Era passato troppo tempo da quando mi ero sentita così. Prima che cambiasse tutto e scoprissi la verità ero una persona diversa, seguivo i miei sentimenti. Ora, invece, non riuscivo a lasciarmi andare alle emozioni e cercavo in ogni modo di tenerle a freno. Avevo un compito più importante di qualsiasi altra cosa. Dopo la cena scegliemmo di andare sulla spiaggia, che doveva essere deserta visto il periodo dell’anno. Nessuno avrebbe mai pensato di fare il bagno. La spiaggia era splendida e, come previsto, non c’era anima viva. Perciò mi accomodai sulla sabbia fredda e Daniel mi seguì a ruota.
«È un posto stupendo.», esordii, alzando gli occhi alla luna.
«Perdonami se ti ho trattato in quel modo. Non avrei dovuto. È solo che sono diffidente di natura e visto che in questa città nulla è come sembra, non volevo essere imprudente.», feci rabbuiandomi.
«C’è solo questo?», mi domandò il giovane.
«No… Prima di sapere chi, che cosa, sono, ero spensierata ed avevo molti amici. Una sera mentre mi trovavo con il mio ragazzo subimmo un attacco. Non avevo idea di cosa stesse succedendo né chi fossero quelle strane creature o del perché ci avessero assalito. Avevano uno sguardo che non scorderò mai. Non sapevo cosa fare, ma qualcosa, dentro di me, prese il sopravvento e mi portò a reagire. Purtroppo per James fu troppo tardi. Non sono riuscita a salvarlo da quei mostri e non voglio che accada lo stesso a nessun altro.», raccontai, trattenendo le lacrime a stento.
«Non me lo perdonerò mai. Tornata a casa i miei genitori mi hanno detto la verità e, da quel giorno, ho deciso che avrei vendicato la morte di James. È anche per questo che ci siamo trasferiti qui.»
«Non immaginavo ci fosse questo dietro al tuo comportamento nei miei confronti.», si scusò lui, abbracciandomi dolcemente.
Restammo in quell’abbraccio a lungo. Non volevo staccarmi da lui e ora mi sentivo un po’ meglio, non fosse stato per il vento che soffiava sempre più forte. Iniziai a tremare. Daniel se ne accorse e si sfilò la giacca, appoggiandola sulle mie spalle. Daniel rimase in maniche corte e non riuscii a non notare una lieve cicatrice sul suo braccio destro. Lo ringraziai e lui mi si avvicinò. L’atmosfera era perfetta. Le sue labbra si posarono lentamente sulle mie e, a poco a poco, dischiusi la bocca. La sensazione delle sue labbra sulle mie era fantastica. Non volevo che finisse. Poi ci fissammo intensamente. Dopo tanta tristezza finalmente ero contenta. Il ragazzo mi accompagnò a casa a bordo della moto e ci scambiammo un altro bacio. Il suo profumo mi inondò le narici, sapeva di buono, qualcosa di selvaggio e muschiato. Mi diede la buonanotte e partì a tutta velocità. Mi sfiorai le labbra al ricordo dei suoi baci, del tutto ignara della figura che mi osservava nascosta dall’oscurità.
Note: Ciao :) Per Sophie e Daniel tutto sembra andare per il verso giusto, ma per quanto tempo potranno essere felici? La faccenda si complicherà sempre di più. Ditemi cosa ne pensate. Ciao :)
 

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Capitolo 7
*** Patto di sangue ***


CAPITOLO 7:  Patto di sangue
SOPHIE
Non potevo permettere che un serial killer agisse indisturbato in città. Tutte le vittime erano accomunate dalle stesse ferite e da alcuni simboli che l’assassino aveva lasciato sul loro corpo o accanto ad esso. Non avevo idea di cosa significassero quelli strani emblemi. Tuttavia mi ricordavano qualcosa di familiare, ma cosa? Apparentemente le vittime non avevano nulla in comune e non si conoscevano. Allora qual era il collegamento? Presi una mappa e tracciai una x con il pennarello rosso nei punti in cui erano stati trovati i corpi. Unii con delle linee le varie x, sembrava quasi un pentacolo, ma mancava ancora una punta. Perlomeno sapevamo dove avremmo trovato il prossimo cadavere. Attaccai le foto delle vittime al tabellone, dove avevo appuntato un breve identikit di ognuno. Erano in quattro e mi augurai che si potesse porre fine a tutte quelle morti. Papà e mamma entrarono nello studio.
«Non hai trovato niente?», mi domandò mamma, osservando la mappa.
Scossi la testa scoraggiata e indicai il tabellone.
«Non so da dove partire. Insomma non trovo nessun collegamento tra le vittime. Hanno età diverse e probabilmente non si conoscevano affatto. Però collegando i punti ho notato che formano una stella a cinque punte, perciò ora sappiamo dove lascerà la prossima vittima.»
«Noi crediamo che possano essere dei sacrifici.», annunciò mio padre con aria solenne.
«Sacrifici? Cosa ve lo fa pensare?», chiesi scettica.
«I simboli trovati accanto ai cadaveri rimandano alla cultura celtica.», proseguì papà.
Doveva esserci un legame, continuavo a ripetermi. La prima vittima, era una specie di veggente, una sensitiva e lavorava a stretto contatto con il soprannaturale. Alcuni la consideravano una strega o qualcosa di simile. La cosa strana era che la donna era stata trovata con la gola tagliata e aveva ricevuto tre colpi alla testa, ma nei dintorni non c’era traccia di sangue. Sembrava che le fosse stato estratto fino all’ultima goccia. Il corpo era legato ad una quercia secolare poco lontano dalla banca più importante della città. La seconda vittima, invece, era un soldato tornato da poco a casa ed era morto per asfissia e riportava le stesse ferite della donna, mentre la terza vittima era un medico della zona a cui era stata spaccata la testa. Infine la ragazza che avevamo trovato nei pressi del parco non sembrava avere nulla a che vedere con gli altri cadaveri. Aveva sedici anni, proprio come me, e non c’era nessuno che volesse farle del male, o almeno apparentemente. La sera della sua morte stava tenendo una festa in occasione del suo compleanno e improvvisamente era scomparsa nel nulla. Dovevo parlare con i suoi amici e il suo ragazzo per scoprire se sapevano qualcosa.
«Dovresti dare un’occhiata a queste.», mi fece la mamma porgendomi una cartellina.
Era la cartella del medico legale. La aprii e, appena appresi quella notizia, mi portai la mano alla bocca. Tutte e quattro le vittime avevano ingerito del vischio, una sostanza velenosa di cui l’assassino poteva essersi servito per ucciderli. Qualcosa mi diceva che le vittime sarebbero aumentate, era una sensazione troppo forte.
«Ma perché qualcuno dovrebbe compiere dei sacrifici rituali?», chiesi rivolta a entrambi.
«Per prepararsi ad una battaglia.», fecero in coro.
«Oppure come offerta a  qualche divinità in cambio della vendetta.», continuò mia madre.
Il vischio e i sacrifici umani rimandavano sicuramente ai Celti, ma cosa centravano un licantropo e la luna piena con quegli omicidi? Senza dubbio la luna piena era utile per incanalare l’energia mistica ottenuta attraverso i sacrifici, eppure ero certa che ci fosse dell’altro. Gli antichi Celti erano ossessionati dalla triplicità, che veniva rappresentata anche attraverso dei simboli come il triscele, ma non solo. La triplicità ritornava anche nella morte, come nel caso dell’uomo di Lindow, il quale riportava tre colpi alla testa, aveva la gola tagliata ed era stato sepolto a testa in giù. I particolari di quel decesso erano molto simili a quello della prima vittima, la sensitiva. Almeno era un inizio.
Mi preparai per uscire, dovevo fare qualche domanda ad una persona che sapeva molto sul soprannaturale, perciò mi diressi verso il locale che lui e i suoi amici amavano frequentare, il Bloody Sunday. Nome perfetto per un covo di succhiasangue, pensai entrando. Come previsto lo trovai al bancone in compagnia di una biondina, infatti non si accorse della mia presenza. Era troppo impegnato con la ragazza. Quando finalmente uscì dal locale lo seguii da lontano. Per fortuna era da solo, altrimenti sarebbe stata dura. Mi avvicinai sempre di più e con un calcio riuscii ad atterrarlo.
«Sophie! Non credevo fossi ossessionata da me fino a questo punto.», esordì cercando di rialzarsi senza successo.
«Certo come no.», bofonchiai con una smorfia di disgusto.
«Cosa vuoi da me stavolta? Vuoi tornare alla casetta in piscina delle Mazzanti e riprendere da dove siamo stati interrotti?», mi schernì il vampiro ridendo.
«Non credo proprio.», feci dandogli uno schiaffo, «Dimmi cosa sai degli omicidi della luna piena o ti pentirai di avermi conosciuta.», lo minacciai impugnando il paletto di legno.
Martin scoppiò in una risata fragorosa.
«Tu credi che dietro a quegli omicidi ci sia io? Davvero pensi che noi vampiri siamo i colpevoli di ogni assassinio che avviene in città? Ti sbagli. Perché non chiedi al tuo amichetto Daniel cosa ne sa? Come ti ho già detto devi stare attenta al lupo, Cappuccetto Rosso.», mi disse e approfittando di quel momento di distrazione mi spinse a terra e scappò nel bel mezzo della notte.
Ero di nuovo sola nel buio e piena di domande, pronte a farmi esplodere la testa e nessuna risposta.
DANIEL
La ferita al braccio continuava a bruciare intensamente. Avevo provato di tutto, ma senza risultato. Non riuscivo a guarire del tutto. Per fortuna mi era rimasta solo una cicatrice di quella notte. Eppure i miei ricordi erano confusi. L’unica cosa di cui avevo memoria erano quegli occhi azzurri. I suoi occhi che mi guardavano con disgusto. Ero un mostro, non potevo negarlo, ma non potevo permettere che lei sapesse la verità. Non ora che neanche io sapevo cosa fossi diventato. Non ora che finalmente ero felice. Non riuscivo più a controllarmi, però non ne capivo il motivo. Cosa era cambiato ultimamente? Dovevo parlare con qualcuno il prima possibile. Mi vestii di corsa incerto sul da farsi, salutai mia sorella e andai a scuola a passo spedito. Davanti al cancello incontrai gli occhi del mio peggior nemico, che si lasciò scoppiare una risata sarcastica non appena mi vide.
«Cerchi la tua ragazza Daniel? O la mia?», iniziò a sfottermi, «Perché passa più tempo con me che con te.»
Stavolta non l’avrebbe passata liscia.
«Sta’ zitto, bastardo!», urlai dandogli un pugno in pieno volto.
«Se è la guerra che vuoi l’avrai.», proseguì Urbano con un sorrisetto arrogante.
Poco dopo mi diede un colpo allo stomaco che mi fece sputare sangue. Lo colpì a mia volta al naso. La rissa durò ancora molto, prima che qualcuno intervenisse per dividerci.
«Fermi! Siete impazziti?», era la voce di Sophie, che nel frattempo aveva allontanato tutti gli spettatori e si era messa in mezzo tra Martin e me.
«Cosa credevate di fare, eh? Ammazzarvi, forse?», ci gridò contro infuriata.
La seguii, ignorando il vampiro che intanto se la rideva.
«Sophie, aspetta!», le gridai varie volte prima che la ragazza si fermasse.
«Non credevo ti saresti abbassato al suo livello. Comunque dobbiamo parlare.», fece lei indicandomi un’aula vuota.
Annuii con la testa e la seguii in quella stanza con aria preoccupata. Immaginavo cosa mi avrebbe detto e mi stavo preparando al peggio.
«Senti, Daniel l’altra sera Martin mi ha detto che tu sai qualcosa di questi strani omicidi. Vista la fonte non dovrei dargli ascolto, ma se tu sai qualcosa mi saresti di grande aiuto. Devo porre fine a tutto questo. Non so perché Martin abbia detto di chiedere a te, forse per via del tuo interesse per l’occulto. Non ne ho idea.», mi disse Sophie, sedendosi su un banco di fronte a me.
Ci fu un momento di silenzio, in cui valutai il da farsi.
«Cosa dovrei saperne? Sono un ragazzo qualsiasi.», mentii, sperando che lasciasse perdere.
«Magari nei tuoi libri possiamo trovare qualcosa di utile.», propose lei.
«Può darsi. Cosa stai cercando di preciso?», le domandai serio.
«Qualcosa sugli antichi Celti, sacrifici umani e un possibile collegamento con lupi mannari e luna piena, pensi di riuscirci?», fece interrogativa.
«Credo di si. Insomma internet potrebbe aiutarci parecchio e a casa ho qualche libro sull’argomento. Come mai ti stai interessando ai lupi mannari?», chiesi fingendo indifferenza.
«La sera in cui è morta quella ragazza ero lì. Ho visto cosa l’ha uccisa ed era senza dubbio un licantropo. Sono riuscita a ferirlo, ma è ancora a piede libero.», raccontò, «I lupi mannari sono assassini feroci, questo è vero, eppure non credo utilizzino rituali simili.», mi confidò con tono mesto.
«Potrebbe trattarsi di un druido, visto che si tratta di Celti, oppure di qualcuno che utilizza il sapere dei druidi a favore dell’oscurità.», suggerii.
Sophie ci pensò su un attimo e parve convinta dalla mia ipotesi.
«Ci vediamo a casa tua alle 15 e 30, ok? Grazie per l’aiuto.», mi disse la giovane, dandomi un bacio sulle labbra.
La attirai a me tenendole dolcemente il mento alzato mentre la baciavo con passione. Avevo paura.  Sentivo che presto sarebbe tutto cambiato tra di noi. Dopo il nostro bacio Sophie uscì di corsa dall’aula, prima che l’insegnante di matematica si accorgesse della nostra assenza. Non le avevo ancora detto niente e non avevo intenzione di farlo. Ci tenevo a lei e non volevo distruggere tutto. La osservai mentre si concentrava sull’equazione che stava svolgendo alla lavagna e mi lasciai scappare un sorriso mesto. Dovevo aiutarla a risolvere il mistero, almeno così non mi avrebbe ucciso immediatamente. La giornata trascorse lentamente, tutta la scuola parlava della prossima festa organizzata dalle gemelle Mazzanti. In altre parole tutto andava avanti come sempre. Tutti avevano dimenticato che un assassino si aggirava indisturbato  nella città e che sarebbero potuti essere i prossimi.
«Ciao, come va?», udii una voce alle mie spalle.
«Bene, tu?», chiesi alla mia migliore amica.
«Anche io. Non credi che la gente si sia dimenticata un po’ presto di tutte quelle persone? Non esistono solo le feste e il divertimento. Sono tutti così superficiali. Nina, l’ultima vittima, aveva la nostra età. Nessuno ha idea di cosa sia il rispetto in questa scuola.», fece la mia amica fulminando con lo sguardo Martin e compagnia bella, che non perdevano un occasione per attirare l’attenzione.
«Sono d’accordo, insomma poteva esserci qualcuno di noi al posto di quella ragazza.»
Come al solito mi trovavo in affinità con Melissa. Lei mi aveva sempre capito e sostenuto, mi aveva sempre dato la forza di andare avanti anche dopo che la mamma era morta in quel terribile incidente stradale di nove anni fa. La strinsi tra le mie braccia e qualche istante dopo la vidi tornare a sorridermi come faceva sempre. Doposcuola iniziai a cercare i libri che potevano servirci e li disposi sul mio letto in attesa dell’arrivo di Sophie, che suonò il campanello puntualissima.
«Sophie.», la salutai e le feci cenno di accomodarsi.
«Ciao Daniel.», ricambiò il saluto ed iniziò a salire le scale.
«Quanti libri? Hai derubato la biblioteca?», mi chiese per sdrammatizzare.
«In realtà sono tutti miei. Comunque uno in particolare ha attirato la mia attenzione. Dovresti dargli un’occhiata.», suggerii prendendo in mano un grosso volume rilegato e dall’aspetto usurato.
Lei lo aprii e il libro trattava soprattutto di Celti e druidi.
«”La parola “druido” significa letteralmente esperto della quercia ed egli era un sacerdote con il diritto a compiere sacrifici sia di animali che di esseri umani… Un aspetto del sacrificio è quello che gli dà la valenza di omaggio, o meglio, di scambio. Tale significato nasceva dalla convinzione che gli dei, per salvare una vita, guarire un moribondo o far tornare una persona scomparsa, richiedessero in cambio un'altra vita umana.
I Druidi erano sempre i mediatori di questi riti. Esistono anche dei druidi dediti all’oscurità, che mediante sanguinosi riti sacrificali mirano a ottenere un favore dagli dei. Tra gli dei a cui questi oscuri druidi amavano fare dei sacrifici troviamo Arawn, il re dell’oltretomba, il quale si ciba delle anime dei morti e di coloro che vengono sacrificati. Esistevano diversi tipi di sacrifici rituali presso i Celti: incruento, senza l’uso di armi; cruento e liquido o vegetale…”», lesse la ragazza lanciandomi di tanto in tanto qualche occhiata.
«Potrebbe essere quello che sta accadendo qui. Insomma non sarebbe insolito che qualcuno compia rituali simili in cambio di immortalità o altro.», spiegai sempre più convinto.
«Ti spiace se lo prendo in prestito?», mi domandò indicando il libro.
«Figurati. Se ti è utile.»
«Ora dobbiamo parlare con Marco Manfredi, il fidanzato della ragazza che ho trovato. Sicuramente saprà qualcosa.», disse prendendo la sua giacca e invitandomi a seguirla.
Salimmo sulla mia moto e dieci minuti dopo ci trovammo davanti a casa Manfredi. Un ragazzo della nostra età era intento a fumarsi una sigaretta sulle scale d’entrata, sembrava avesse la testa da un'altra parte e ci ignorò. Scendemmo dalla moto diretti verso il ragazzo che ci lanciava delle occhiate di curiosità mista a diffidenza.
«Cosa volete? Chi siete?», mormorò sulla difensiva.
«Sono Sophie e lui è Daniel. Vogliamo solo parlare con te di Nina.», confessò la giovane sedendosi accanto a lui.
Marco scoppiò in lacrime appena udì il nome della sua ragazza defunta.
«Mi dispiace. Non volevo farti stare peggio, ma…», disse Sophie.
«Peggio di così? Come potrei?», replicò facendo un tiro, «Dovevo proteggerla e non ci sono riuscito.».
«Vorremmo sapere se c’era qualcuno che minacciava Nina o se ultimamente era strana.», feci diretto al giovane.
«Tutti le volevano bene. Quella sera noi avevamo dei progetti…»
Marco si interruppe per fare un altro tiro, incerto se proseguire o meno. Sophie ed io lo guardammo curiosi di sapere cosa stesse per dire.
«Avevamo aspettato quella sera. Nina era vergine e aveva scelto di farlo per la prima volta la notte del suo compleanno. Mi sono allontanato un attimo e al mio ritorno non c’era più. Pensai avesse cambiato idea e fosse tornata giù alla festa, ma nemmeno lì l’avevano vista.», raccontò sempre più triste.
«Chi le ha fatto questo pagherà, te lo prometto.», assicurò Sophie, «Grazie, ci sei stato molto utile.»
Lo salutammo in coro diretti alla mia moto. Giunti a casa mia iniziammo a fare mente locale.
«Abbiamo quattro vittime: Strega, Soldato, Medico e Vergine. Ti dice qualcosa?»
«A dire la verità no, a te?», le domandai a mia volta.
Lei scosse la testa e cominciò a picchiettare con le dita sulla mia scrivania.
«Potrebbe essere un rito specifico. Dovremmo controllare in qualche negozio, che si occupi di occulto o roba simile.», consigliai a braccia conserte.
Poi prese il libro, che le avevo prestato, e lo aprì in una pagina dedicata ai simboli celtici. Indicò uno strano simbolo.
«Cos’è?», chiesi.
«Un nodo a cinque giri.», rispose continuando a sfogliare le pagine.
«È lo stesso simbolo che abbiamo trovato sui cadaveri e nelle vicinanze.», aggiunse poi, guardandomi di sottecchi.
«Potrebbe indicare che a questo druido servono cinque sacrifici e non sappiamo chi potrebbe essere il prossimo. Una persona per ogni giro.», spiegai preoccupato.
«Devo parlare con una persona e stavolta mi ascolterà o assaggerà questo.», proseguì lei mostrando il paletto che portava sempre con sé.
La salutai domandandomi con chi dovesse parlare tanto urgentemente. Al solo pensiero di lei e Martin di nuovo avvinghiati sentii il mio corpo cambiare. Le zanne stavano per spuntare e gli artigli pure. Uscii di casa senza farmi notare da Sophie e andai al Bloody Sunday, dove certamente avrei trovato quel bastardo.
SOPHIE
Martin non era esattamente qualcuno su cui poter contare, ma era pur sempre un vampiro e doveva sapere qualcosa sul sangue sacrificale. Quando arrivai al locale lo trovai occupato a fumare in solitudine. Strano che non fosse in compagnia, pensai. Mi avvicinai con cautela. Non ero mai riuscita a parlare con lui seriamente, a dire la verità non ci avevo mai provato. Mi dava sui nervi con il suo atteggiamento di superiorità. Appena mi vide scoppiò a ridere, divertito.
«Ormai non riesci più a resistermi, ammettilo.»
Lo ignorai e mi sedetti lì vicino.
«Smettila. Sono qui per parlare sul serio e non ho intenzione di ascoltare le tue provocazioni. Dimmi cosa sai di quello che sta succedendo.», gli ordinai con aria intimidatoria.
«D’accordo. Qualcuno vuole vendicarsi di me e delle creature che si trovano in questa città ed ha pensato di farlo in grande stile. Uccidendo Madame Camille le ha sottratto i poteri e tutti gli altri omicidi le sono serviti per incanalare un’energia soprannaturale, che non immagini. Manca solo un tassello e poi otterrà ciò che vuole. Deve solamente trovare l’individuo adatto, che gli doni la forza di cui ha bisogno. Non si accontenterà di un semplice umano stavolta.», mi confidò con sguardo assente.
«Di cosa ha bisogno?», gli domandai.
«Della stessa creatura di cui il druido si è servito per tutto questo tempo. Di chi ha ucciso quelle persone e che porrà fine a questa scia di sangue.»
«Martin, devi dirmi di chi stai parlando!», gli urlai contro.
«Sei una cacciatrice o solo una ragazzina impaurita che crede di poter salvare il mondo, Sophie? Sono in questo mondo da molto più tempo di te e so che non puoi fermare tutto questo. Non hai ancora capito chi è il licantropo a cui dai la caccia, eppure la verità era sotto i tuoi occhi per tutto questo tempo, ma tu non hai voluto vedere.», si fermò e mi guardò dritto negli occhi.
Avevo voglia di scappare da quella città e non tornarci mai più. Cosa intendeva Martin?
«Cosa stai dicendo?»
«Lasciala stare.», udii una voce poco distante.
Mi voltai e vidi Daniel, ma non era più lui. Un licantropo aveva preso il suo posto. Quella creatura stava venendo verso di me e Martin con aria minacciosa.
«Daniel, tu sei un lupo mannaro.», sussurrai portandomi una mano alla bocca.
Il ragazzo annuì. «Stammi lontano. Hai ucciso tutte quelle persone.», gridavo a quello che credevo il mio ragazzo.
«Non ho ucciso nessuno.», negò continuando a camminare verso di me.
«Ti ho visto mentre uccidevi quella ragazza. E ho visto la cicatrice sul tuo braccio. Sono stata una stupida.», dissi guardando i suoi occhi giallo brillante.
«Non puoi credere a Martin. Vuole solo allontanarti da me. Non lo capisci?»
«Mi hai mentito per tutto questo tempo e io sono stata così stupida a fidarmi di te.», ripetei pronta a scappare da un momento all’altro.
«Non ricordo nulla di quella sera, te lo giuro. Ricordo solo di averti vista e di essermene andato.»
Nel frattempo Martin ci guardava soddisfatto e Daniel si era fermato poco lontano da me.
«Dammi una spiegazione valida.», lo pregai, ma lui non disse nulla. Mi fissava come aveva fatto al nostro primo incontro, quando mi ero illusa che fosse un bravo ragazzo anziché un assassino psicopatico.
«La verità è che mi sono innamorato di te appena ti ho vista. Non potrei mai farti del male.», dichiarò cercando di sfiorarmi.
«Non posso crederti. Sei un bugiardo.», gridai correndo via nel bel mezzo della notte.
 

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Capitolo 8
*** Nel buio ***


CAPITOLO 8: Nel buio
DANIEL
L’avevo persa per sempre. Ero stato uno stupido. Non mi avrebbe mai perdonato, ero quello che lei odiava di più, ciò che combatteva. Martin era ancora nel vicolo davanti al locale e mi osservava attento.
«Sarai felice adesso.», dissi allontanandomi da quel posto.
Non potevo tornare a casa, non in una notte come quella. Entrai nel bosco e corsi fino a quando le mie energie non furono esaurite. Ero giunto in una zona da cui si poteva ammirare tutta la città con le sue luci. Non ero solo, avvertivo una presenza nei dintorni.
«Chi sei?», gridai guardandomi intorno.
Non rispose nessuno. Passarono dei minuti prima che chiunque si nascondesse nell’oscurità uscisse allo scoperto. Una figura incappucciata mise piede fuori dalla boscaglia e allungò una mano verso di me.
«Chi sei?», ripetei ancora una volta.
«Sono la ragazza che hai ucciso poco tempo fa.», rispose la giovane uscendo dal buio.
«Come ho potuto toglierti la vita? Eri così giovane.», feci prendendomi la testa tra le mani.
 «Perché tu sei un assassino e ora anche la cacciatrice lo sa.»
Nina mi si avvicinò. Aveva il viso imbrattato dal sangue rappreso e gli occhi chiusi in due fessure. C’era qualcosa che non quadrava in quella faccenda.
«Non volevo ucciderti. Non ricordo niente di quella notte.», dissi rivolto a quella strana creatura.
«Davvero non ricordi di avermi ammazzata senza pietà?», mi chiese con voce rotta.
La testa mi scoppiava. Provavo senso di colpa misto a rabbia. Stavo lentamente perdendo il controllo delle mie azioni.
«Nella tua vita non hai fatto nulla di giusto, solo un mucchio di errori. Sei un lurido assassino. Ora anche Sophie ti odia come tutti gli altri.», continuava a ripetere una voce nella mia testa.
«Sarebbe meglio se morissi, prima di porre fine ad un'altra vita.», mormorò la ragazza morta, porgendomi un accendino e della benzina.
«Dovrei farla finita.», dissi varie volte ad alta voce, mentre Nina annuiva.
Presi l’accendino e aprii la tanica versandola intorno a me e su me stesso. Stavo per dare fuoco quando il telefono iniziò a squillare insistentemente. Lo ignorai come ipnotizzato dalla creatura che avevo di fronte, ma il cellulare continuava a suonare. Mi arresi.
«Pronto?». La mia voce appariva rotta.
«Daniel, sono Melissa. Ho parlato con tua sorella e ha detto che non sei tornato. So che hai discusso con Sophie e non sei tornato a casa. Ti prego dimmi dove sei.»
Rimasi in silenzio alcuni minuti, durante i quali la ragazza morta si spazientì. Azionò l’accendino e lo gettò a terra accanto ai miei piedi. Era troppo tardi per scappare. Sarei morto bruciato vivo…
All’improvviso udii uno schianto e qualcuno mi spinse a terra, salvandomi la vita. All’inizio non riconobbi la figura, ma quando mi ci soffermai meglio mi accorsi di chi dovessi ringraziare. Restammo entrambi in silenzio.
SOPHIE
Ritornai a casa talmente delusa da non salutare nessuno. Mi gettai sul letto e guardai il soffitto, certa che da un momento all’altro sarei scoppiata a piangere. Ad un tratto avvertii che non ero sola nella stanza.
«Aquila Bianca.», salutai il ragazzo indiano che mi aveva sempre protetta.
«Ciao, Sophie. Cos’è successo?», mi chiese accomodandosi sul letto.
L’indiano non era cambiato un granché dal nostro ultimo incontro, valutai osservando i suoi lunghi capelli neri sciolti e il suo fisico asciutto.
«Sono stata una stupida. Mi sono fidata della persona sbagliata e ora ne sto pagando le conseguenze. Non so come fermare questo druido. Sento di avere sbagliato tutto.», confessai allo Spirito in preda allo sconforto.
«Non hai sbagliato nulla, Sophie. Hai solo seguito il tuo cuore. Daniel non ha ucciso quelle persone per sua scelta, è stato obbligato.»
«Obbligato? Da chi?», sbottai, « È un lupo mannaro, un assassino, prova piacere nel togliere la vita a delle persone innocenti.»
«Lui è stato maledetto a vivere questa vita, è vero. Però i sacrifici li ha compiuti qualcun altro. Daniel è stato solo lo strumento di cui il Druido oscuro si è servito. Voleva distrarti e ce l’ha fatta.», commentò il ragazzo.
«Non ho rispettato il codice, capisci? Se la mia famiglia sapesse che per tutto questo tempo ho frequentato un licantropo, cosa accadrebbe? Lo ucciderebbero!»
«Ti ha ferita, lo capisco. Tuttavia non puoi odiarlo, soprattutto ora che ha bisogno di te.», cercava di convincermi a  perdonare quel bugiardo.
«Cosa?», gli chiesi cercando di mascherare la mia preoccupazione.
«Si sta mettendo nei guai, in guai molto seri a dire la verità.», raccontò sempre più accigliato.
«Non posso salvarlo. Lui mi ha mentito. Non voglio più avere a che fare con lui.», dissi tutto d’un fiato.
Aquila Bianca rimase in silenzio e mise la sua mano sulla mia fronte. Non era mai successo prima e non sapevo cosa sarebbe accaduto. Chiusi gli occhi e mi sembrò di trovarmi in un sogno. Ero nella foresta, da quel posto si vedeva tutta la città con le sue luci. Mi voltai e vidi Daniel. Lui non si accorse della mia presenza, stava parlando con una ragazza, identica a Nina. No, era proprio lei in carne ed ossa. Mi avvicinai per sentire meglio. Nina, o chiunque fosse in realtà, stava provando a convincere il lupo a suicidarsi. Non volevo vedere quella scena per nessuna ragione. Mi coprii gli occhi e poco dopo mi ritrovai di nuovo nel mio corpo.
«Mi credi adesso?», mi domandò il giovane.
Annuii. Cercai il cellulare nella borsa. Iniziai a comporre il numero, mentre mi mordevo il labbro inferiore trattenendo a stento le lacrime. Il cellulare squillava, ma non rispondeva nessuno. Ti prego rispondi, mi ripetevo. Uno, due, tre… ancora niente.
«Pronto?»
Rispose qualcuno al quarto squillo.
«Sono Sophie, ho bisogno di te.», ammisi guardando lo Spirito Guida.
Raccontai ciò che avevo visto, certa che il tempo di Daniel stesse per scadere.
«Lo farò»
Poi buttò giù. Sussurrai un flebile “Grazie” e tornai a sedermi sul letto. Aquila Bianca mi abbracciò come aveva fatto un’infinità di volte nel corso degli anni. Una lacrima mi scese silenziosa lungo il viso.
«Andrà tutto bene, Sophie. Te lo assicuro.», furono le parole del ragazzo, prima che chiudessi gli occhi.
 

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Capitolo 9
*** L'alba di un nuovo giorno ***


CAPITOLO 9: L’alba di un nuovo giorno
MARTIN
Era stata una notte difficile, anche per un vampiro centenario come me. Qualcuno stava suonando il citofono. Mi guardai intorno e vidi solamente la schiena nuda di una ragazza che dormiva profondamente nel mio letto. Presi in mano l’orologio che tenevo sul comodino, segnava le quattro di mattina. Indossai un paio di pantaloni della tuta e andai ad aprire.
«Chi è?», domandai stizzito, aprendo la porta. Due grandi occhi azzurri e lucidi mi osservavano. La ragazza dai capelli corvini sembrava aver perso tutta la sua sicurezza. Era cambiato molto dal nostro primo incontro, da quando aveva cercato di piantarmi un paletto nel cuore. Il fatto che avessi impedito a Daniel di darsi fuoco, ne era senza alcun dubbio una prova.
«Sophie, cosa ci fai qui?»
«Volevo ringraziarti per quello che hai fatto.», mormorò lei, mordendosi il labbro inferiore.
Per la prima volta in tanti secoli non sapevo come comportarmi. «Per quanto lo odi, non volevo che la sua vita finisse così.», commentai con la solita arroganza.
«Sei sempre il solito, Martin.», fece la ragazza, voltandomi le spalle e sparendo giù per le scale.
Non avevo cercato di fermarla, perché tanto era inutile. Lei era una cacciatrice ed io un vampiro. Non poteva esserci niente tra noi. La osservai dalla finestra della cucina, quando la sua figura scomparve dalla mia vista me ne tornai in camera. La ragazza con cui avevo passato la notte dormiva ancora beata. Non aveva idea di cosa sarebbe accaduto al suo risveglio. Non potevo cambiare la mia natura, a dire la verità non ci provavo nemmeno. La fame era tanta e non riuscivo più a resistere. Presi la giovane tra le mie braccia e appoggiai le labbra sul suo collo morbido. Improvvisamente la giovane spalancò gli occhi. Lessi il terrore nel suo sguardo. I canini si fecero sempre più affilati. La sua pelle candida era soffice e invitante. Le morsi il collo e, in quel momento, sentii il sangue caldo inondarmi la bocca. La mia vittima provava a liberarsi, ma senza alcuna possibilità. La vita la stava ormai abbandonando. Lasciai il cadavere sul letto e rimasi a godermi quella sensazione di puro piacere, che provavo ogni volta nel togliere la vita a qualcuno. Involontariamente ripensai a Sophie e, per la prima volta, nella mia esistenza di immortale provai senso di colpa. Durò solo un istante, poi la mia parte demoniaca prevalse su quella umana.
SOPHIE
Non riuscivo a crederci. Avevo ringraziato Martin Urbano. Incredibile. La sua gentilezza, però, era durata meno del previsto. Se n’era uscito con una battutaccia contro Daniel. Non potevo far altro che andarmene il prima possibile. Non volevo tornare a casa. Non volevo che la mia famiglia sapesse la verità su Daniel, altrimenti lo avrebbero ucciso. Mi aggirai nei dintorni del parco, senza sapere cosa fare. All’improvviso mi accorsi che non ero sola. C’erano dei vampiri, tanti vampiri intorno a me. Non avevo portato granché con me. Non mi aspettavo di dover combattere anche quella notte. Per fortuna tenevo sempre il paletto di legno nello stivale.
«Chi abbiamo qui? Una ragazzina indifesa.», disse uno di loro con un ghigno.
Il vampiro aveva una lunga cicatrice che ricopriva tutta la parte destra del viso. Fece un sorriso malvagio e mi si avvicinò con aria minacciosa. Quello che doveva essere il loro capo cercò di strangolarmi, ma riuscì a rotolare di lato. Un altro di loro si fece avanti e mi ferì con un coltello. Alla vista del sangue i cinque vampiri si gettarono su di me senza pietà. Invocai Aquila Bianca, ma non rispondeva. Il paletto mi era caduto a terra, quando quei succhiasangue mi avevano aggredita. Non avevo più speranza. Continuavo a prendergli a calci e pugni, ma era tutto inutile. Le creature non sembravano avvertire dolore.
«Fermi.», udii una voce in lontananza. Poteva essere solo lui.
Il ragazzo si gettò sugli avversari, stupendo chiunque. Al suo arrivo avevo creduto di essere spacciata, che volesse partecipare alla mia morte. Mi ero sbagliata. Mi sentii sollevare con forza e corsi verso il paletto. La mia salvezza. L’uomo con la cicatrice mi colpì, ma non avevo intenzione di fargliela passare liscia. Presi il paletto e glielo conficcai con forza nel petto. Poco dopo del vampiro non c’era più traccia. Erano tutti morti e non era merito mio. Posai lo sguardo sul mio salvatore.
«A quanto pare ti sono debitrice.», dissi rivolta al ragazzo, che mi aveva salvato la vita.
«Come mai eri da queste parti tutta sola e senza armi? Sai che non è sicuro.», rispose lui inarcando le sopracciglia.
«Ero sovrappensiero. Come facevi a sapere che ero qui?», gli domandai curiosa.
«Ti ho seguita.»
«Grazie.»
Ero sincera. Martin abbozzò un sorriso, mettendo in evidenza i suoi denti bianchi e aguzzi. Mi lasciai scappare un lieve brivido.
«Non avere paura, Sophie. Non voglio farti del male. È difficile anche per me, ma è la verità.», confessò il vampiro.
Ero troppo scossa, avevo visto la morte in faccia ed ero stata salvata da qualcuno di inaspettato. Ricambiai il sorriso che il giovane mi aveva rivolto e insieme assistemmo all’alba di un nuovo giorno.
 

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