Experiment Pain

di Ladyloki96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** La detenzione ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Tutti voi credete che sia bella e proficua la vita degli scienziati. Che essi creano per il gusto di creare. Che essi non siano costretti a creare anche cose che non vogliono. In realtà, vi sono oscuri segreti dietro a tali figure. Per esempio, nei Lager nazisti, venivano effettuati degli esperimenti di presunto carattere “scientifico”, effettuati da mediciscienziati, sui deportati. Gli esperimenti furono diversi e implicarono i migliori mediciscienziati tedeschi, comunque, mentre alcuni di essi accettarono di buon grado, accecati dal fanatismo nazista e dalla sadicità, molti altri furono costretti. Tra gli esperimenti più atroci vi furono: le tecniche di  castrazione  nell’uomo e nella donna, esperimenti sui gemelli e i nani o… il più cruento e poco riportato, il trapianto di arti animali nell’uomo. Un esempio che si può vedere a  Dachau, cercavano di mettere ai deportati le zampe dei maiali. È giusto - quantomeno in certi momenti storici - mettere le proprie conoscenze al servizio del potere militare? Ha ancora senso rinchiudersi nel proprio laboratorio come in una torre d'avorio nel nome della "ricerca pura" se così forti sono gli interessi in gioco e così profonde le implicazioni morali? Secondo Marton uno scienziato deve rispettare l’ethos della scienza, ovvero dei valori e una moralità ferra. Secondo Marton tutti quei scienziati che seguono il capitalismo e quindi il potere, disubbidiscono all’ethos scientifico e quindi devono essere radiati dalla comunità scientifica.  Oggi, non è diverso da allora. Questa storia è ambientata in Russia. I migliori scienziati della nazione erano riuniti per creare, sotto l’ordine di Putin, un arma molto più forte e devastante dell’atomica. Peccato che non tutti i migliori scienziati fossero in grado di creare ciò, solo due, moglie e marito. Avevano una figlia di due anni ed erano soliti portarsela con se nel laboratorio. Si chiamava Rachel, Rachel Maximov e fortunatamente per lei, quel triste giorno di Novembre, non era con loro, ma, insieme con la tata. Durante un esperimento il loro laboratorio scoppiò, facendo rimanere quella bambina senza genitori,  senza nessuno. Il caso fu subito archiviato come incidente, manco ipotizzarono che fosse doloso. Forse qualcuno preferiva che il caso fosse chiuso velocemente e senza indagini. La tata, sapendo tale notizia, lasciò la bambina all’orfanotrofio. Era per lei troppo gravoso il compito di badare ad una bimba sola e piccola, senza trarre profitto. Marcì 16 anni in quell’orfanotrofio. Uscì al suo 18esimo compleanno, senza soldi per vivere, casa o qualsiasi impiego. Venne sbalzata alla vita oltre quelle mura in maniera brusca. Sola e senza soldi in un mondo capitalista. Molti altri bambini non adottati, come lei, non sapendo come o cosa fare, si diedero al crimine, dopotutto, ti ritrovi a crescere tutto ad un tratto e se non sai come sopravvivere in tale mondo, devi usare altri mezzi. Questo non fu il caso di Rachel, anche perché si trovò diversa gente ad aspettarla fuori, persone che lei non conosceva. Uomini inviati al governo. Gli stessi “datori di lavoro” dei suoi genitori.

-Ehi… sei tu Rachel Maximov?

Eran tutti vestiti di scuro, con tanto di occhiali da sole scuri, anche se il sole non c’era. La ragazza li guardò, li studiò per poi rispondere.

-Si… sono io e voi? Voi chi siete?

Alzò un sopracciglio, lei non conosceva quei uomini, ne sapeva chi li inviava. 
                  
-Siamo inviati del Governo. L’abbiamo studiata molto Miss Maximov. È sorprendente che qualcuno prenda la laura in scienze e fisica a soli 18 anni. Quindi … vogliamo che lei entri nel nostro centro di ricerca. In cambio le offriremo vitto, alloggio e un lauto salario.

Come poteva rifiutare tale proposta? Era una possibilità unica, la possibilità non di ricominciare, ma di incominciare a vivere. La ragazza pensava di essere sotto una buona stella, quanto si sbagliava.

- Accetto!

Disse euforica. Uno degli uomini in nero gli aprì la portiera della porta e lei vi salì senza esitazione.

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Capitolo 2
*** La detenzione ***


Il viaggio non fu molto lungo. La portarono in un luogo molto vicino al suo vecchio orfanotrofio, luogo di tortura e detenzione. Vide innanzi a se ergersi in tutta la sua maestosità un enorme industria. Il suo nome, scritto in un rosso catarifrangente, un rosso ben visibile, il suo nome “ Shadow’s Industies”. Gli uomini in nero la portarono dentro questa struttura, quasi scortandola. Camminarono in un lungo corridoio grigio, dal quale si affacciavano molte porte numerate. La fecero entrare in una. La camera 666. Sembrava grande laboratorio, ma era sola in esso, nessun altro oltre a lei… non riusciva a capire. Dove erano i suoi colleghi? Come notò in seguito non era solo un laboratorio, ma pure un dormitorio, un luogo dove vivere e creare. La tipica struttura industriale di un sistema capitalista. Una struttura di lavoro\detenzione come vi erano nel 1800 e come vi sono ancora per esempio in Cina. Sentì lo scatto della porta. Lei si voltò immediatamente. L’avevano chiusa li dentro.

-Ehi! Ehi! Fatemi uscire di qui!

Urlò la ragazza a gran voce. Cosa stava succedendo? Perché l’avevano rinchiusa? Cosa volevano veramente da lei? Era tutto molto strano, non riusciva a capire.

-Ci dispiace del disagio signorina, ma chi lavora per noi non esce finchè non crea armi o strumenti a noi utili. Il cibo le verrà portato ogni giorno alle 13 in punto, se collaborerà avrà diritto pure alla cena.

Indi.. se voleva mangiare adeguatamente, se voleva vivere o meglio sopravvivere doveva creare armi di distruzione. Quella era una detenzione. Chissà quanti scienziati oltre a lei erano detenuti in quella struttura? Tutte quelle porte che aveva visto non erano altro che celle di altri come lei. Si era ritrovata  in un mondo a lei ignoto e per lo più in un industria\prigione. Alla ragazza non gli piaceva questa cosa. Doveva creare armi e strumenti utili… utili per distruggere, uccidere, annientare. Non gli piaceva creare qualcosa che potesse danneggiare la comunità, perché per lei la specie umana è una comunità e non un insieme di nazioni e di persone diverse, no, per lei la specie umana è una grande comunità formata da persone uguali, ma diverse, persone con esperienze, lingua, cultura differente. Ma non così diverse da motivare l’odio raziale o cretinate del genere. Tutti siamo umani, tutti siamo persone. Uccidere una persona, anche se ha cultura differente o lingua è come uccidere se stessi o il proprio parente. Siamo tutti uguali… ma diversi. La stanza era grigia, senza colore, o forse lei la vedeva così per via della sua tristezza. Non era mai riuscita ad essere felice. È sempre stata ritenuta come un oggetto sia adesso sia quando era nell’orfanotrofio. I bambini vengono visti come alimenti, finché sono piccoli vengono presi senza problemi, ma se sono grandi vengono scartati a prescindere come gli alimenti vicino data di scadenza.  Era sola, come nell'orfanotrofio, non avrebbe mangiato, come all'orfanotrofio. Non che all'orfanotrofio non gli dessero da mangiare. Ma i pasti non bastavano per tutti, le razioni erano troppo piccole, così i bambini che mangiavano poco o nulla, erano costretti a ripescare il cibo nella spazzatura.  Li vigeva la legge del più forte. Chi arrivava prima, spostando brutalmente i corpi dei compagni ammassati a prendere il cibo nella mensa, mangiava, chi arrivava ultimo o non ce la faceva nella estenuante battaglia per la conquista del cibo, non mangiava e doveva rovistare nel cassonetto. Rachel era una di quelle che non ce la faceva, infatti, rovistava  più e più volte nella pattumiera della cucina, mangiando bucce di patata o di arance, frutta che stava andando a male o troppo matura e a volte persino la carta. Infatti la ragazza era scheletrica e lo è pure adesso e cagionevole di salute. Sembrava malata per via della pelle bianchissima. Capitava nell'orfanotrofio pure epidemie di pellagra, malattia che si manifesta con spaccature sulla pelle che avvengono se l’adulto o il bambino è molto carente di vitamine. La ragazza iniziò a girare per la stanza e si stupì, ringraziò il cielo quasi quando vide una doccia. Il problema dell’orfanotrofio in cui era stata ospitata per cos’ tanti anni era la carenza di igiene. Infatti molte volte vi erano le infestazioni di pidocchi, che venivano curate non con gli appositi prodotti, ma tagliando tutti i capelli dei fanciulli, come si usava nell’età dei romani. Questo perché gli orfanotrofi non vengono finanziati dai privati ma dovrebbero essere finanziati dallo stato. Ma per gestire tali strutture ci vogliono molti soldi indi… devono ridurre le spese e quindi viene ridotto le spese per l’igiene e il cibo per i marmocchi.  Vedendo quella doccia la ragazza quasi si mise a piangere e una volta spogliata delle sue vesti che sembravano per lo più degli stracci, gioì sentendo l’acqua calda scendere sulla sua pelle. Purificandola corpo e spirito. Quell'appartamento le evocava brutti ricordi passati e solo dopo capì che in questo stabilimento erano morti i suoi genitori. Dopo tutto si ricordava nitidamente le parole crudeli che  la gestrice dell’orfanotrofio le diceva.

-Lo sai? I tuoi genitori non ti verranno mai a prendere, lo sai perché? Sono morti? Hai capito mocciosa? MORTI! Sei sola bastardella e dubito che qualcuno ti adotterà frignona come sei! Sono morti nel laboratorio di Shadow’s industries. Un industria di armi qui vicino. Sai visto che vuoi fare la scienziata sarebbe davvero divertente se morissi come loro.

La ragazzina non capiva perché quella donna ce l’avesse così tanto con lei e non lo comprendeva nemmeno adesso che era cresciuta. Era stata una bambina solitaria per via del suo trauma, non faceva amicizia, stava sempre sola in un angolino e piangeva sempre. Quando aveva tre anni molte persone la volevano adottare perhè era pure una bella bambina ma la piccola piangeva sempre come se non volesse essere adottata. Però, più che la piccola cresceva, più che le richieste diminuivano, per poi diventare rare… per poi smettere al decimo anno di vita. Ormai era troppo grande nel mercato dei bambini. Era l’alimento che stava andando verso la scadenza, l’alimento che doveva essere tolto dal mercato. Infatti, la tolsero dalle prime pagine della lista degli adottabili, andando a finire nelle ultime pagine, quelle che le persona non guardano mai.

-E cosi… è qui che i miei sono deceduti… forse… forse queste persone sanno qualcosa. Forse.. forse queste persone mi nascondono qualcosa. Io devo scoprire.

Borbottò piano fra se e se mentre l’acqua scendeva lentamente lungo il suo viso scarno. Le parole non erano molto udibili. Chiuse il rubinetto dell’acqua calda. Alzò la testa. Guardò a destra. Guardò a sinistra. Una telecamera la osservava. Lei si asciugò lentamente la faccia con uno asciugamano. Fece un sorriso astuto con gli occhi puntati verso la telecamera.

-So già cosa fare…

Pensò la donna prima di togliersi dall’obbiettivo della telecamera per andare a vestirsi.

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