Thunderstorm

di ChiaKairi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kara No Kyoukai – Il confine del vuoto ***
Capitolo 2: *** Fukan fuukei – Vista dall’alto ***
Capitolo 3: *** Tzuukaku Zanryuu – Sensazione residua di dolore ***
Capitolo 4: *** Mujun Razen - Spirale di paradosso ***
Capitolo 5: *** Boukyaku Rokuon – Registrazione dell’Oblio ***



Capitolo 1
*** Kara No Kyoukai – Il confine del vuoto ***






In basso.
Ecco dove sono.
Non voglio scoprire cosa c’è più su,
ma il cielo mi trascina in alto con insistenza convincente.
È più luminoso, intenso ma tiepido.
Immagino che tutto sia più bello lassù, dovrei andarci.
Attraverso i suoi occhi posso vedere com’è,
e sentire il rumore dei suoi passi.
Ma sono poi così diversi dai miei,
dai miei passi quaggiù?
No, non credo,
anche se io devo ascoltare il rumore della pioggia e tu no.
Perché nei posti così alti,
le gocce si formano
e poi arrivano a schiantarsi quaggiù.
Sconsiderate. Arroganti.
Intanto continuo a camminare,
e nel vorticare leggero delle cose,
scorgo uno sprazzo di Paradiso.
Sempre sopra di me.
 
 
1. Kara No Kyoukai – Il confine del vuoto
 
|Jonghyun|
 
Dove iniziano, i confini del vuoto?
Da dove si parte, per ricominciare.
A volte me lo sono chiesto… quanto in là mi dovrò spingere?
C’è bianco ovunque, ai margini del suo sguardo. Respira piano, tranquillo, sdraiato in un letto asettico, in una camera asettica. Non sente più niente e se non sta attento, la cosa potrebbe sopraffarlo. È meglio se non si muove, ha paura di se stesso. Ancora non si fida.
È meglio se continua a respirare, perché quando è solo non si sa mai quali pensieri potrebbero afferrargli la mente e portare il suo corpo a muoversi verso i pericoli più torbidi. Ha fatto delle promesse e per la prima volta in vita sua le vuole mantenere. Deve solo stringere i denti, stringere i pugni un po’ di più e non lasciarsi sopraffare dal vuoto.
È lì, il confine. È proprio sotto il suo letto, lo sente, vibrante, invitante. Non può muoversi o il vuoto lo inghiottirà.
Ricorda benissimo le prime sensazioni. Ricorda gli odori, ricorda il buio prima di aprire le palpebre. Ricorda i rumori che ha sentito, ricorda come si erano miscelati nella sua mente rivelandogli che no, non era a casa. Non l’aveva più una casa.
Fissa il soffitto, bianco e innaturale. Ci sono quelle tre pale che girano, in alto al centro della stanza. Le guarda e conta un po’ i giri, poi si distrae perché non riesce a cancellare i ricordi.
Il sapore di sale nelle radici, che brucia. È un’aria diversa, a cui non era abituato. Le labbra secche, la smorfia che aveva fatto prima di aprire gli occhi.
Ricorda tutto così bene…
Aveva sentito un fruscio, un soffio di vento fresco alla sua sinistra.
La brezza.
Aveva imparato ad amarlo quel vento, proprio quando credeva che non sarebbe più riuscito ad amare niente e nessuno.
Ricorda anche la prima volta che l’aveva visto.
Un camicie bianco, non ci aveva fatto nemmeno caso, sembrava così anonimo. L’aveva cacciato via, infastidito.
E poi era arrivato il suo sorriso…
E occhi. Occhi ingannevoli, nelle profondità dell’oceano. Così rassicuranti, se solo riusciva a lasciarsi andare…
C’era stato il sangue, e poi il calore del sole, non solo del sole.
Oh, se lo ricorda bene.
Il momento in cui aveva aperto gli occhi e si era reso conto di essere in un altro mondo.
 
.
 
|Minho|
 
Li rincorre da qualche minuto, quei due monelli. Spera davvero di non urtare nessuno, li ha già visti scivolare un paio di volte, lungo gli infiniti corridoi. I pavimenti sono puliti e lisci, è normale che con quelle loro ciabattine morbide ci scivolino sopra come su di una pista di pattinaggio. Spera di raggiungerli presto o davvero si ficcheranno nei guai… o peggio, qualcuno si farà male.
Chiede scusa all’ennesima infermiera prima di scavalcare con un saltello una pila di cuscini appena lavati. Si stringe contro il muro, passa tra due carrellini carichi di siringhe e garze.
Eccoli lì che ridono, a pochi metri da lui. Lo aspettano perché se fuggono troppo veloci e lo lasciando indietro poi non è più divertente.
“Sembri un gabbiano!” ridono di gusto, si tengono la pancia e lo indicano. “Cra cra!”
Tsk, quello non è il verso del gabbiano. Un giorno li deve portare alla spiaggia. Un giorno come quello, in cui stanno bene, quando c’è il sole fuori e non fa freddo.
“Fermi lì!”
Il camicie aperto sventola dietro di lui come le piume del gabbiano, mentre i bambini agitano le braccia e volano via, facendo il verso del corvo però.
Un altro corridoio, impreca silenziosamente perché vede arrivare il primario.
“Bambini!”
Si fermano e lo vedono anche loro, poi si guardano attorno perché non si sono nemmeno resi conto di essere finiti in chissà quale reparto. Spalancano gli occhi che sembrano enormi, dato che non ci sono più capelli a nasconderli, e si buttano di lato, nella prima stanza che trovano.
“Di qua!”
Sono dei piccoli Indiana Jones che fuggono dalla tribù nemica, in un’isola sperduta nell’oceano. Peccato che lui si ritrovi sempre ad essere la tribù nemica, e via all’inseguimento. Forse perché si divertono a farlo scorrazzare per i corridoi, lui che è così alto e così giovane, forse lo vedono più vicino a loro, nonostante il camicie bianco e le mani guantate che gli mettono le spine paurose nelle braccia secche.
Quando li prende, rimarrà un po’ nella parte. Già pregusta il momento in cui li acciufferà per le spalle magre, gridando come un vero Capitan Uncino.
Frena la corsa perché i bambini sono spariti oltre la porta – spera davvero che non ci sia nessun paziente ricoverato lì – e il Primario si avvicina, attorniato da due infermieri. Il giovane si inchina al suo passaggio, trattenendo il fiato mozzo. Appena il dottore lo supera senza degnarlo di uno sguardo, lascia andare gli addominali e riprende a respirare pesantemente. Afferra la maniglia della porta con decisione e si butta nella stanza, già pronto a trasformarsi in Capitan Uncino.
Ha mezzo sfoderato la sua risata profonda e malefica, quando si volta e nota che non ci sono più schiamazzi né piccoli Indiana Jones che saltano sui letti.
I bambini sono fermi, le labbra appena aperte e gli occhi enormi fissi davanti a loro.
Si avvicina, posa una mano sulla spalla di entrambi, per rassicurarli.
“Avete visto cosa avete combinato? Chiedete subito scusa.”
“Ci scusi!” i bambini si inchinano e lo dicono in coro, un po’ turbati.
La stanza non è vuota, c’è qualcuno disteso nel letto. La finestra è leggermente aperta, le tende bianche si muovono in onde aggraziate, seguendo il volere del vento.
Sente un bambino rabbrividire sotto le sue dita, allora si inchina e poi oltrepassa il letto a grandi passi, chiudendo la finestra.
“Perdoni i bambini, ho tentato di acciuffarli prima che si intrufolassero in posti non adatti a loro ma quando finiscono le terapie sono un’esplosione di energia, non si riesce a fermarli.” Sorride. Torna dai piccoli pazienti e accarezza i berretti colorati che ricoprono le loro teste tonde.
“La abbiamo svegliata?”
La persona sdraiata nel letto gira il capo e per la prima volta il giovane dottore può vederla in viso. Ha gli occhi castani ancora un po’ spenti, come qualcuno che si è appena svegliato da un incubo.
I bambini lo fissano, guardano la flebo che sparisce sotto le coperte e esaminano il viso smagrito, le braccia fasciate con bende strette.
È un ragazzo dai capelli castani e sul suo viso aleggia una tristezza profonda, uno spaesamento che permea tutta l’aria nella stanza e la rende quasi irrespirabile.
Il dottore ci è abituato, respira sicuro, ma i bambini rimangono pur sempre bambini e non devono assorbire il dolore degli altri. Ne sopportano già abbastanza.
Il ragazzo intanto non ha risposto, si tira a sedere e si sistema con fatica, una smorfia sul viso.
“Mi avevano detto di essere in un ospedale… non in un asilo nido.”
Il dottore sorride senza farsi vedere.
Prende in braccio la bambina – senza sforzo perché non pesa nulla – e per mano il bambino che gli tira un lembo del camicie aperto.
“Minho-hyung… ma è un fantasma?”
Lascia che i bambini lo chiamino col suo nome, perché tanto ci ha provato all’inizio a dirgli che lo devono chiamare ‘dottore’ ma proprio non ce la fanno. Allora va bene così, ormai è uno hyung, un fratello, per quei Bambini Sperduti. È il loro Peter Pan che a volte deve mettergli gli aghi pungenti nelle braccia per aiutarli a stare bene e diventare forti come lui.
“Pabo…” sussurra il dottore al bambino, sperando che il paziente non lo abbia sentito. Invece ha sentito eccome, i suoi occhi sono guizzati.
“Yah… vivi in un ospedale, non hai mai visto un malato?” borbotta il paziente nel letto.
“Sì che l’ho visto! Ma la tua faccia…”
“Shh, Jino chiudi la bocca adesso.”
“Non volevamo svegliarti…” esordisce piano la bambina, stringendo le braccia al collo del dottore. Minho dondola un po’, ormai ha quell’istinto quando li prende in braccio. Non importa quanti anni abbiano, ai bambini fa sempre piacere.
Il paziente incrocia le braccia fasciate, seccato. Si guarda intorno, poi aguzza la vista e scruta il cartellino appeso alla tasca del camicie del dottore.
“M… H… Choi?”
Minho si inchina un po’, velocemente.
“Speravo che fossi il tizio venuto a portarmi le sigarette.”
“Non si può fumare qui, temo.” Risponde Minho, stupito.
Il paziente fa schioccare la lingua, seccato.
“Allora levati di torno.”
“Che maleducato…” gli sussurra la bambina all’orecchio. Minho non può fare a meno di reprimere un altro sorriso.
“Yah. Non glielo insegni che non si dicono le cose all’orecchio?”
“Sì che ce lo insegna!” esclama il bambino, stringendo la mano di Minho. Il dottore sorride tranquillo. È incredibile, sono totalmente indifesi ed in balìa del destino, eppure si battono sempre come leoni.
“Come ti chiami hyung?” passando per chiudere la finestra ha dato un’occhiata al foglio appeso al suo letto. Il paziente ha ventiquattro anni, due in più di lui, ma per qualche strana ragione non c’era scritto il suo nome.
Il ragazzo lo guarda per qualche minuto, sempre con le braccia incrociate sul petto. Le bende le ricoprono da metà bicipite fino ai polsi. Minho subito inizia a pensare a varie ipotesi per capire cosa potrebbe avere, è una deformazione professionale.
“Portami un pacchetto di sigarette e te lo dirò.”
“Non c’è scritto nemmeno sulla tua cartelletta hyung… è strano.”
Il paziente sospira, distoglie lo sguardo.
“Minho-hyung, forse è stanco…”
“Forse non ha voglia di parlare.” Ipotizzano i bambini. I loro occhi non si sono mai staccati dal letto, stanno ancora respirando l’aria negativa che emana quel ragazzo.
“Sì… avete ragione.” I suoi pazienti prima di tutto.
I suoi piccoli Indiana Jones, prima di tutto.
Si inchina di nuovo al ragazzo ricoverato, la bambina si sorregge al suo collo.
“Scusaci ancora per l’intrusione, hyung. Ora ti lasciamo riposare.”
“Ehi.”
Minho si è già voltato con i bambini al seguito. Si ferma.
“Sì?”
“Dove… dove siamo? Che città, intendo.”
“Siamo a Samcheok!” esclama il bambino, pronto come sempre.
“Ecco perché sento il mare.” Commenta il ragazzo nel letto, a voce bassa. “Ho sentito l’odore del sale e di notte mi sembrava di… sai, la marea… lascia stare.”
Minho esita, gli pare di capire che lui vorrebbe parlare ancora ma è confuso. Guarda la finestra chiusa.
“Hyung… fumare fa male. Ma se ti fa piacere, quando starai meglio, ti porto nel terrazzino e ti offro una sigaretta. Va bene?”
“No! Fa male ai polmoni!” la bambina si accarezza il petto. Minho sorride, le afferra la manina lasciando per un attimo il bambino.
“Sì, è vero, ma tu non devi fumare mai, arasso? Nemmeno da grande.”
“Allora non fumare neanche tu Minho-hyung… e neanche lui.” indica il letto, con decisione.
“Hai sentito? Minhye non vuole.” Sorride Minho al ragazzo.
È allora che nota il suo sguardo. Lo sta osservando da capo a piedi, e chissà cosa sta pensando… si stringe la bambina al collo perché gli dà sicurezza.
Ora se ne accorge, ora sì che quel paziente somiglia ad un fantasma. E ha solo due anni più di lui.
Il ragazzo non risponde più, lo guarda e basta.
 
.
 
La curiosità l’ha sentita arrivare non appena ha rimesso a letto i bambini.
L’hanno trovato sul ciglio della strada, una coppia di villeggianti. Hanno chiamato subito l’ambulanza, sono stati bravi. Nonostante la paura e il tempaccio si sono fermati e l’hanno assistito, non è da tutti. Il ragazzo è senza documenti, i medici del suo reparto hanno detto che non ha aperto bocca da quando si è svegliato, pochi giorni prima. Non sanno ancora il suo nome, solo che ha ventiquattro anni ed è Coreano, nient’altro. Minho ha preferito evitare di menzionare il fatto che in realtà il paziente con lui ha parlato, gli dispiace un po’, gli sembra come di tradire la sua fiducia. In fondo non è del suo reparto, non è compito suo. E che i bambini la smettessero di giocare agli indiani fuori dalla sala giochi, insomma, prima o poi si faranno male sul serio e sarà il dottor Choi a doverne pagare le conseguenze.
Ogni tanto gli hanno chiesto ancora del fantasma, così lo chiamano ormai, il ragazzo della cameretta solitaria. Minho non ha saputo dirgli molto, ha detto che andrà in missione e farà rapporto al capitano Jino il prima possibile.
I bambini sanno che quello è un ospedale, ma è giusto che facciano finta che sia una nave pirata o un’isola misteriosa. È più facile essere coraggiosi, se si è dentro una fiaba.
“Insomma hyung, tu non sei più un bambino però. È inutile che continui a nasconderti qui.”
“Non mi sto nascondendo, e tu dovresti smetterla di venirmi ad importunare. Forse sei tu che ti stai confondendo, il tuo reparto è dall’altra…”
“Lo so che non dovrei essere qui. È solo che mi fai innervosire. Insomma, siamo adulti no? Perché non vuoi dire come ti chiami?”
“Privacy. Appena mi toglierete queste stupide bende me ne andrò e fine della storia.”
“Non è così semplice hyung…”
“Vi sto pagando, no? Quindi qual è il vostro problema?”
“So che non è affar nostro, tanto meno affar mio… ma è brutto non riuscire ad avere un dialogo con i propri pazienti.”
Il ragazzo sbuffa e sorride con arroganza.
“Pazienti…”
“Che tu ci creda o no hyung, devi fartene una ragione. Sei un paziente di questo ospedale. So che ti senti grande e forte ma non lo sei. Ti hanno trovato sul ciglio della strada sotto la…”
So, dove mi hanno trovato. Adesso chiudi la bocca.”
Minho scuote il capo e sospira. Si massaggia una tempia, è stata una lunga giornata.
“Senti hyung, i miei colleghi sono preoccupati. Per quanto la cosa non mi riguardi, le voci corrono. Se continui a non spiccicare parola con loro, ti terranno qui più a lungo e chiameranno lo psicologo.”
“Come se me ne fregasse qualcosa…”
“Qui c’è solo gente che vuole aiutarti, hyung, per quanto tu sia convinto di essere circondato da stronzi.”
“Ancora nessuno mi ha portato nemmeno una sigaretta. Questo per me è essere stronzi.”
“Vorremmo solo capire cosa ti è successo. Sai, non è normale che…”
“Dio, vuoi andartene o no? Giuro che lo dirò al Primario se non la finisci.”
Minho chiude la bocca e lo guarda con stanchezza.
“Hai ragione. È solo che…” si alza dalla seggiola nell’angolo, pronto ad andarsene ma i suoi piedi non si vogliono muovere, non ancora. “Abbiamo solo due anni di differenza hyung. È la… la prima volta che mi capita di assistere ad un caso del genere. Sono abituato coi bambini invece con te… con te è diverso.” Non vorrebbe, non vorrebbe davvero farlo. Si sa controllare, ma lascia che il suo sguardo cada di proposito sulle braccia fasciate dell’altro.
Il ragazzo senza nome sospira e si morde un labbro. Non sono più secche, sta riprendendo un po’ di colorito. Ora può alzarsi dal letto, riesce a mangiare da solo, nonostante le bende.
“Voi medici e il vostro stupido tentativo di entrare in empatia con gli altri… rilassatevi, tanto non capirete mai. Non sapete un cazzo di niente.”
Ed è qui che Minho riconosce i segni del suo vacillare, nella fatica con cui manda giù la saliva e con cui il suo pomo d’Adamo si muove.
“No, è vero che non capiamo. Però tu parli con me e con nessun altro. Non c’è niente da capire in questo.”
Minho sorride senza guardarlo dritto negli occhi perché sa che lui lo sta osservando, rabbioso.
“Perché… non sembri un medico, tutto qui.”
“Sì infatti… Per i bambini sono Capitan Uncino.”
“Bwo?”
“Niente.” Minho si mette le mani nelle tasche del camicie.
Il ragazzo scosta le coperte, si alza dal letto lentamente. Minho corre ad aiutarlo, d’istinto. Gli appoggia le mani in vita perché preferisce non toccargli le braccia. Il ragazzo è più basso di lui, dannatamente magro. Dalla sua corporatura capisce che doveva avere dei bei muscoli, e forse anche la sua carnagione non era così cadaverica un tempo, ma tutto il sangue che ha perso, il trauma, lo hanno reso il mezzo fantasma che è in quei giorni.
Appena lo sfiora, il ragazzo sfodera la sua occhiata torva e Minho per la prima volta scruta dentro i suoi occhi da vicino.
Lo porta fino alla finestra socchiusa, lo lascia guardare in lontananza. Il mare è una striscia azzurra sottile sottile, oltre il giardino dell’ospedale, oltre le case.
“Hyung… la vuoi ancora quella sigaretta?” si morde un labbro. Questo non è professionale e se ne rende conto fin troppo bene. Però ha capito che non è l’aria ad essere strana nella stanza, è proprio la presenza di quel ragazzo, l’aura che emana. Gli fa pensare a qualcosa che non appartiene a quel luogo, al temporale sopra il mare e a quell’estate che proprio non vuole arrivare.
Il ragazzo lo guarda per un istante, lo valuta.
“Torna dai tuoi bambini, Choi.”
“Minho. Soltanto Minho.”
Il ragazzo non risponde, tamburella le dita sul davanzale.
“La voglio la sigaretta.” Un sospiro che si perde oltre la finestra, ma Minho è abituato ai sospiri, non se lo lascia sfuggire.
“Allora dimmi il tuo nome.”
“Non dirlo a nessuno. Non voglio che si sappia che sono qui.”
“Va bene.” È strana, è davvero strana quella richiesta, ma il paziente sta pagando la sua permanenza e niente lo obbliga a lasciare un nominativo a chi non è un suo medico curante. Minho non fa domande, rispetta la cosa.
“Kim Jonghyun.”
“Jonghyun-hyung?”
“Neh.”
Finalmente ha un nome da collegare a quel viso. Per lui non è mai stato un fantasma, ma ora dirà ai bambini che il fantasma non c’è più, è diventato una persona.
“Come… come sei finito sulla strada? Te li sei fatti tu?” gli accarezza una avambraccio avvolto nelle bende spesse con un dito, velocemente, di sicuro nemmeno lo sente attraverso la fasciatura, però abbassa lo sguardo e osserva a labbra semiaperte il movimento impercettibile. Ha delle labbra piene, tratti particolari. A Minho viene voglia di ravviargli i capelli sulla fronte, come fa coi bambini. Si trattiene.
“Minho.” Alza lo sguardo e i suoi occhi sono enormi, proprio come quelli dei suoi piccoli Indiana Jones. Però sono più  scuri, più misteriosi.
A Minho viene in mente quando un bambino gli ha rivelato che il novantacinque percento degli oceani in realtà è ancora tutto da scoprire, quindi non c’è niente al mondo che ci assicuri che le Sirene non esistono.
Segreti da piccoli Indiana Jones.
“Minho, tu riesci a sentirla la terra che si muove?”
 
.
 
Hanno trovato Kim Jonghyun sul ciglio della strada, alle due e trenta della notte del dieci luglio duemilaquattordici. È un anno strano, perché l’estate sembra essere in ritardo e piove, piove. Pioveva anche su di lui quella notte, ma il sangue che sgorgava copioso dalle sue braccia la pioggia non riusciva a lavarlo via. Sembrava che qualcuno avesse scavato con intenso fervore nei suoi avambracci tonici, quasi seguendo il corso delle vene, naturalmente visibili sotto la pelle.
Nessuno sa come il ragazzo sia finito lì, né come si sia procurato quelle ferite. Ha ripreso a parlare, poche parole, il minimo necessario. Minho continua a venirlo a trovare perché ancora non ha capito bene cosa intendesse col ‘sentire la terra muoversi’.
Il giorno prima che gli togliessero le bende spesse, si sono distesi sul terrazzino, a fumare. Guardano il cielo nuvoloso ed esaminano le scaglie di luce tra una nuvola e l’altra. Per qualche secondo, un raggio prepotentemente si fa strada e allora sembra quasi che riesca a separare il cielo e liberare finalmente il sereno, ma è solo un’illusione.
Minho tira una boccata di fumo, sente che Jonghyun invece espira e si gira la sigaretta tra le mani.
“Cosa farai domani?” chiede il dottore, sovrappensiero.
“Non hai da fare? Sei ancora in servizio?”
“Finito da… tre minuti.” Controlla l’orologio da polso. Sì, Jonghyun ancora non ha smesso di cacciarlo via. Sembra che abbia sviluppato una strana repellenza per le persone, proprio non ce la fa a stare con qualcuno per più di un tot di minuti.
Jonghyun tira dalla sigaretta, Minho attende.
“Non lo so, Minho.”
“Ti hanno affidato allo psicologo, vero?”
“Un tale Lee Jinki.”
“Sai, gli ho chiesto io di proporsi per te. È… è il mio migliore amico.”
Jonghyun si gira a guardarlo, spalancando gli occhi.
“Sarai in buone mani con lui, vedrai.”
Jonghyun sorride, i suoi soliti sorrisi amari.
“Ovviamente non ci andrò. Non so nemmeno dove andrò. Di certo fuori da qui, finalmente.”
“Tornerai a casa?”
“Non ho una casa.”
“Hyung. Che genere di vita stai facendo?” Minho si mette a sedere. Si è tolto il camice, ce l’ha appoggiato lì vicino.
Jonghyun non lo guarda.
“Non ho una vita.”
Hyung…
Jonghyun si alza di scatto. Getta via la sigaretta, giù dal terrazzino. Appoggia i gomiti sul bordo e affonda le mani nei capelli castani.
Minho si spaventa, corre al suo fianco. Gli appoggia una mano sulla schiena ampia, non sa che fare.
“Senti hyung, davvero, se c’è qualcosa che…”
“La mia testa…” si stringe i capelli con le mani, le nocche gli diventano bianche. “Non dovrei essere qui. È… tutto sbagliato.”
Minho non dice niente. Lo lascia ad occhi chiusi. Tiene la mano sulla sua schiena, con le dita bene aperte. Va su e giù lentamente, mentre finisce la sua sigaretta. L’ultima boccata però la dà a lui e Jonghyun la accetta, ha gli occhi rossi.
Non è come consolare un bambino, eppure sembra esattamente la stessa cosa, sotto le dita lunghe percepisce la stessa fragilità, la stessa sensazione di qualcosa che potrebbe crollare da un momento all’altro.
“Minho-ssi… perché sono ancora qui?” si guarda le braccia fasciate. Minho crede di aver capito e sente lo stomaco stretto in una morsa familiare. Ha imparato a riconoscere la paura della morte, anche se vista così da vicino, in occhi troppo consapevoli, è più intensa.
“Non era ancora il tuo momento, Kim Jonghyun.”
Il ragazzo scuote il capo.
“Lo scelgo io, quando è il mio momento.” e guarda oltre il parapetto, giù, per i piani dell’ospedale, fino a terra. Minho gli mette una mano sotto al mento, lo costringe ad alzare lo sguardo.
Jonghyun si volta lentamente.
“Non preoccuparti Jonghyun, Jinki ti aiuterà. Non sei più solo adesso.”
“Sono… sono questi, i confini del vuoto?”
Minho sospira. Non si abituerà tanto facilmente alle sue strane domande. Jonghyun stesso è un precipizio che Minho ancora non si sa spiegare, non ha mai incontrato nessuno così. Lo conosce da qualche giorno, eppure ogni momento è come se lo vedesse per la prima volta.
 
.
 
In basso.
Ecco dove sono.
 
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Ciao ragazzi!!!! Prima che l'estate finisca del tutto (sigh), ho pensato di iniziare a postare la mini che ho scritto durante le mie vacanze al mare ^^ 
Grazie mille a Yuki395 per avermi confezionato il bellissimo banner iniziale, as always!! <3
Non voglio commentare troppo, lascio più che altro a voi il compito di esprimere le vostre prime impressioni. Per chi mi segue già da un po', conoscerete ormai le mie tipiche atmosfere legate al mare, però anche quest'anno diciamo che mi sono impegnata per creare qualcosa di nuovo. Mi sono concentrata soprattutto sullo stile, usando il presente nel modo più fluido e naturale possibile. Mi raccomando, ditemi cosa ve ne pare.
Un'ultima nota, per ora. I titoli sono tutti tratti dall'anime Kara no Kyoukai. La mini avrà cinque capitoli. Non sto a dirvi che mi ci sono già affezionata scrivendola (insomma, l'ho scritta mentre ero al mio amato mare, sigh), quindi spero che entrerà anche nei vostri cuoricini :3
Ah, come al solito chi fosse interessato a ricevere il mio messaggio quando uppo, me lo comunichi tranquillamente o qui o su FB o twitter e io provvederò ad avvertirvi ad ogni aggiornamento ^^
A presto allora ^^

Please give us a lot of love OKKE??


< - Chiara

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Capitolo 2
*** Fukan fuukei – Vista dall’alto ***


 
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2. Fukan fuukei – Vista dall’alto
 
 
Ti ho incontrato lì dove la terra incontra il mare,
e da allora sono esploso in mille scintille,
mi sono diviso come la sabbia spazzata via dalle onde
per poi ricompattarmi e tornare me stesso,
anche se quello non ero più io,
non eravamo più noi.
È la salsedine che si attacca alla pelle,
o forse è stato solo il sapore del mare.
Così dolcemente bruciante.
Lo ricordo, lo ricordo perfettamente.
 
.
 
|Jinki|
 
La cartella clinica di Kim Jonghyun è poggiata sul tavolo di fronte a loro, chiusa. Minho non ha osato toccarla, la osserva e basta, pensieroso. Seduto sul divanetto dell’amico, si accarezza il mento e pensa.
“C’è qualcosa di dannatamente sbagliato nella sua testa.”
“Oh sì, puoi dirlo forte!” Jinki ride, si scosta una ciocca di capelli chiari dalla fronte. Si sistema sulla sua poltrona, dondola un po’. “D’altra parte, c’è qualcosa di sbagliato anche nella tua testa Minho, e nella mia, e in quella di chiunque altro.”
“Lo so, ma la sua è un tale casino…”
“Concordo.” Jinki accavalla le gambe. Si sono sempre trovati bene loro due, perché molte cose li accomunano. Una di queste è il fatto che entrambi hanno bisogno del loro tempo, per pensare, per elaborare le cose. Sanno attendere, si attendono a vicenda.
“Hyung, ti ha detto poi cosa gli è successo?”
“Vedi Minho… come te lo spiego…” si stringe le mani in grembo, riflette. “Nella sua testa c’è un blocco, un tremendo macigno che gli impedisce di andare avanti. Il blocco è lì, ben visibile. Il difficile però è capire il perché si trovi lì.”
“Se non parla non si aiuta, questo è certo.”
“Vero. Ma Minho, lui non può parlare.”
“Perché mai?”
“Il macigno.”
“Oh sì, certo…”
“Ma se non parla, il macigno non va via.”
“E se non va via, non può parlare.”
“Precisamente.”
Minho sospira.
“È un cane che si morde la coda.”
“È detto in parole molto povere ma… è la mente umana, Minho.” Jinki sorride, dolcemente. “Mi ha detto che gli sembri innocuo, per questo con te si sente meno in soggezione. Chiunque altro lo rende nervoso.”
“Sì, l’ho notato.”
“Non è una cattiva persona, non ha inclinazioni criminali, fa dei ragionamenti anche piuttosto puliti a volte. Non ricerca il male degli altri… sta solo disperatamente tentando di…”
“Sparire.”
Jinki annuisce.
“È ossessionato dall’idea del vuoto. Non si riesce a carpirgli una parola su se stesso. Ho provato a chiedergli se avesse una famiglia, dei parenti, amici, qualsiasi cosa… il masso blocca tutto. Fatica addirittura a pronunciare il suo nome.” Jinki conta sulle dita, riassume i pensieri e li spiega in modo che anche Minho possa capire.
“Hyung, cosa può essergli successo?”
Lo psicologo lo guarda, si passa la lingua sulle labbra prima di rispondere.
“Sai Minho, a volte la mente si blocca da sola. Non c’è un motivo preciso, è… nel nostro DNA. Il problema è così radicato in noi che proviene dal nostro background culturale, dall’insieme delle nostre esperienze passate… molte altre volte però, un disagio così profondo è causato da un avvenimento scatenante. Un trauma.”
Minho annuisce, appoggia le mani sulle ginocchia.
“Ma Minho-ssi, perché sei così interessato a questa persona?”
L’aveva sentita arrivare, quella domanda.
“Vedi hyung… l’ho conosciuto per caso. I bambini correvano per i corridoi come al solito e si sono intrufolati nella sua stanza. È stato… strano.”
“Mh.” Jinki non commenta, lo fa parlare.
“Fatico a lasciarlo andare. Insomma, una persona così, da sola, in balìa di se stesso… con che coraggio, posso lasciarla andare?”
“Ma le persone vanno e vengono Minho, tu lo sai meglio di me. Se non vogliono farsi aiutare, con che diritto tentiamo di intrufolarci nella loro vita?”
“Ma è venuto da te stamattina, no? Ha detto che non l’avrebbe fatto, eppure è venuto.”
Jinki sorride.
“Ha paura del vuoto, te l’ho detto.”
“Hyung, oggi gli tolgono le bende e poi potrà andarsene.”
“Così sembra.”
“È per questo che… volevo chiederti una cosa. Il permesso.”
Jinki si raddrizza sullo schienale, unisce le mani sotto al mento.
“Pensavo di chiedergli se vuole venire a stare da me, per qualche tempo. Sai, la casa è enorme e abbiamo due stanze degli ospiti che non ci servono e…”
“Minho…”
“Lo so hyung, è folle, però continuo a pensarci da qualche giorno. Le persone se ne vanno, ma Jonghyun non è ancora morto hyung. Lui è qui adesso.”
Jinki lo guarda con tenerezza, si schiarisce la voce.
“Sei sempre stato portato ad aiutare gli altri, qualsiasi cosa abbiano bisogno. Non mi stupisco che tu ci abbia pensato. Ma vedi Minho, forse Jonghyun è al di fuori della tua portata. La sua situazione è davvero complessa e, lascia che sia del tutto franco… non sono ancora sicuro, ma potrebbe essere pericoloso, Minho-ssi.”
“Jonghyun? Pericoloso?”
“Sì. Non so ancora di che natura precisa sia il suo problema, e penso che quelle ferite se le sia procurato da solo. È… altamente probabile.”
“Ma non è certo.”
“No, ma comunque… Minho, una persona in grado di fare una cosa del genere a se stessa, è certamente da tenere in osservazione.”
“Sento che non farebbe mai del male a…”
“Sei un dottore, Minho. So che capisci cosa intendo. È un soggetto instabile, dannatamente instabile. Se gli venisse un raptus?”
Si guardano negli occhi.
“Voglio correre il rischio.”
“Aish, Minho…”
“Voglio offrirgli una mano, Jinki, non ha una casa, non ha nessuno, me l’ha detto lui. Per qualche strano motivo si è fidato di me e forse… forse potrei essere davvero l’unico in questo momento, in grado di aiutarlo. Sarebbe solo per un breve periodo, fino a quando non riesce a ritrovare un po’ di stabilità. Continuerebbe le sedute con te qui all’ospedale. Ce lo porterei io.”
“No Minho, non sono tranquillo.”
“So perché sei così scettico. Non preoccuparti per lui hyung…” Minho si alza, gli va a mettere una mano su di un ginocchio e gli si accovaccia davanti.
Jinki lo osserva per bene, riflettendo.
“Sa badare a se stesso. Sai com’è fatto… non si incroceranno nemmeno.”
Jinki ride e Minho lo segue a ruota.
“Sì… è il mio solito istinto protettivo. Ce l’ho anche verso di te, Minho.”
“Terrò gli occhi aperti.”
Jinki gli mette una mano su di una spalla, si alzano.
“Mi raccomando.”
 
.
 
|Jonghyun|
 
Del viaggio in auto, seduto di fianco a Minho, non ricorda molto. Il perché gli abbia detto di sì, non lo saprà mai. Non era nemmeno lui in quei giorni, era un’entità indistinta che si aggrappa alla vita con poca convinzione.
 
.
 
“Non pensavo che la tua casa fosse… sì beh, così.”
“So che potresti sentirti disorientato all’inizio. È molto grande e…”
“È a due passi dal mare.” Jonghyun lascia cadere il borsone – non ha molto con sé, pochi vestiti che si è comprato i giorni precedenti e nient’altro – e va alle finestre. C’è una distesa azzurra davanti ai suoi occhi, poco oltre le palme. Minho arriva al suo fianco, incrocia le braccia.
“Quanto sarà che non vado in spiaggia?”
“Bwo?” Jonghyun si volta per guardarlo, stupito.
“Con il tirocinio, poi il lavoro… i bambini mi prosciugano di ogni energia.” Il giovane dottore fa spallucce.
Jonghyun scuote il capo e ci rinuncia. Continua a guardare fuori per un po’, poi si mette a gironzolare per l’ampio salotto.
“È tutto così… ordinato.” Passa un dito sulla libreria, ricolma di manuali di medicina e altri argomenti totalmente sconnessi. Un libro di cucina… uno di botanica…
“È ordinato perché qui non ci sta quasi mai nessuno. Le camere sono più incasinate.” Minho si butta sul divano e indica il piano di sopra con un indice.
Jonghyun non risponde, continua a gironzolare. Si è messo gli occhiali da sole e si è dimenticato di toglierli. Ha le mani nelle tasche dei pantaloncini e indossa una camicia leggera. Nonostante il cielo plumbeo, non fa più così freddo.
“Che palle, sono stufo della pioggia. Voglio portare i bambini al mare.” Si lamenta il dottore.
“Possono uscire?” chiede Jonghyun, stupito.
“Se è il giorno giusto… alcuni sì, perché no.”
Jonghyun ricorda le testine rotonde e senza capelli che Minho si porta in giro per tutto l’ospedale, allegramente. Quando arriva lui, arriva anche uno sciame di testoline imbronciate.
Jonghyun lo guarda, è sera tardi. Vede la stanchezza sotto i suoi occhi e si rende conto che è la prima volta che si trova così con lui, fuori dall’ospedale. Non ha il camicie, è solo…
Solo Minho.
Allora prova a chiamarlo, per vedere se gli risponde.
“Minho?”
“Mh?”
“Sei stanco?”
Il ragazzo nota la sua apprensione mista a curiosità, si raddrizza sul divano e sorride.
“Non ce n’è bisogno.” Borbotta subito Jonghyun, agitando una mano.
“Bwo?”
“Non c’è bisogno di mostrarsi sempre allegri con me. Non me ne frega niente. Non sono uno dei tuoi marmocchi.”
Minho sorride, nonostante tutto.
“Tranquillo hyung, non ti tratterò coi guanti, se è questo che intendi. Non ne ho il tempo né la voglia.”
Jonghyun annuisce, il suo sguardo vaga lungo le sue braccia mentre flette un po’ i muscoli, aprendo e chiudendo i pugni. Gli hanno lasciato delle garze lungo i tagli più profondi, ma non ha più le bende. Ha dei bicipiti pronunciati, doveva davvero aver un bel colorito prima… sì beh, prima.
“Hai fame?” chiede Minho.
Si alza dal divano, lo porta un po’ in giro per la casa.
 
.
 
La prima settimana va a gonfie vele. Minho lavora ogni giorno, per parecchie ore, ma nelle pause torna a casa o gli telefona per sentire se è tutto a posto. Jonghyun se l’è comprato con i suoi soldi il telefono. Il denaro è l’unica cosa che non gli manca.
Gliel’ha consigliato Jinki.
Gli ha detto di non chiudersi con Minho, è una brava persona.
Oh sì, Jonghyun non ne dubita. Ma la verità è che non gliene importa un bel niente.
Quando è solo, non ha molto da fare. Gironzola per le vicinanze ma non si avvicina mai al mare. Tutta quella vastità non fa per lui.
Più che altro guarda le cose dalle varie finestre della casa. Non è abituato alla tranquillità, al tempo. Guarda gli orologi ticchettare, guarda lo schermo del telefono accendersi.
Quando Minho lo chiama, è imbarazzante. Si sente un bambino.
Poi arriva l’ora di andare da Jinki, e lo psicologo gli scava dentro. Tanto non troverà mai nulla, è tutto inutile. Ormai hanno parlato per tante ore, ma Jonghyun racconta tutto e niente.
La sua missione è una sola, gli serve solo tempo per organizzarsi e raccogliere le energie che ha perso, quelle che sono fluite fuori dalle sue vene, sull’asfalto.
Una mattina si alza, non c’è il sole ma nemmeno piove. Fa colazione, esce con Minho per fare il suo solito giro mattutino. Saluta il proprietario di casa, tranquillo. Si infila gli occhiali da sole, poi però torna dentro.
Minho, per precauzione, ha tolto tutto ciò che è appuntito da casa. Coltelli, forbici. Le lamette per la barba non servono, gliela fa lui anche a Jonghyun e poi le getta subito via e tutto nel bidone vicino a casa, in strada.
“Hyung, smettila di lagnarti.”
“È fottutamente imbarazzante, Dio. Non sono un cazzo di emo tagliavene, lo vuoi capire o no?”
“Neh...”
“E tu non sei la mia badante. Porca troia, giuro che se mi tocchi ancora…”
“Sta zitto.”
“Fottiti.”
“Vaaa bene.”
E Jonghyun impreca, mentre Minho gli taglia la sottile peluria che gli cresce sul mento, con cura.
 
.
 
Vede Jinki quasi ogni giorno.
Ora che ci pensa, lo vede più di Minho, tutto sommato. Tra le sedute e le visite a casa, lo psicologo bazzica sempre nelle vicinanze. Lo ignora semplicemente. Si sente osservato, più di quanto si sarebbe aspettato. La cosa lo infastidisce, ma è meglio così, meglio non rimanere soli a sentire il mondo girare.
Quando era sull’asfalto e la pioggia gli cadeva addosso, prima di svenire, ha notato che il mondo vortica di continuo e nessuno se ne accorge. La cosa l’ha spaventato a morte. Da allora lo sente sempre, il mondo che gira.
“Hyung… quanti anni ha Minho?”
“Bwo? Ci vivi insieme da due settimane e ancora non gliel’hai chiesto?”
Jonghyun scuote il capo. Stanno facendo una passeggiata vicino alla casa. Jinki si è fatto un giro in salotto mentre Jonghyun guardava la tv, poi è andato una mezz’ora ai piani di sopra, a fare chissà che. Dopo ha proposto a Jonghyun di fare due passi e il ragazzo non ha rifiutato.
Perché no, in fondo cosa cambia.
“Non mi è venuto in mente.” Fa spallucce e guarda verso la spiaggia.
“Ne ha ventidue.”
“Mh.”
“Non sei curioso di sapere di più su di lui? Chiedi pure, lo conosco da quando era bambino.”
“No, non sono curioso.”
Jinki ride.
“Immaginavo. E di me, sei curioso?”
Jonghyun lo guarda per un attimo. Lo psicologo non indossa gli occhiali che usa a volte per leggere. Ha un viso sereno, il fisico snello e una voce rassicurante. Jonghyun l’ha pensato subito, non ha mai sentito una voce così rassicurante prima. Gli piacerebbe sentirlo cantare.
“So già quanti anni hai, hyung.”
Jinki ha venticinque anni e una carriera tutta da coltivare.
“Non ti interessa sapere da dove vengo, cosa mi piace… cose così.”
“Io sono un tuo paziente. Possiamo uscire insieme come due amici?”
Jinki sorride e si scosta i capelli lisci dal viso con un gesto del capo. Gli appoggia una mano su di una spalla.
“Sai distinguere bene il Jinki psicologo dal Jinki fuori dall’ospedale, così come non hai problemi a separare il Minho dottore dal Minho che ti prepara la cena di sera.”
“Yah, non mi prepara la cena ogni sera…”
“Sei bravo a distinguere le cose e i ruoli. Non capisco perché tu non riesca più a separare te stesso dal male che hai dentro. Cosa ti è successo Jonghyun, mh?”
Jonghyun si ferma. Lo guarda in viso e allontana la sua mano dalla spalla.
“Forse faccio male a distinguere le persone. In questo momento non siamo nel tuo studio, ma mi stai psicanalizzando, non è così?”
“Scusa, Jonghyun-ssi. Ti direi che è una deformazione professionale, ma è solo che vivi in casa del mio migliore amico e lui si è preso così a cuore la tua vicenda che un po’ mi ci sto affezionando anche io.”
Jonghyun si nasconde negli occhiali da sole e ficca le mani nelle tasche dei pantaloncini.
“Affezionando? Mi trattate come una fottuta cavia da laboratorio.”
“Vedi Jonghyun, non è facile per noi.  Non sappiamo niente di te, eppure vogliamo aiutarti. Lo vuoi il nostro aiuto, vero? O te ne saresti già andato.”
“Ho tanta voglia di andarmene. Ma non so come…”
“Jonghyun.” Jinki gli posa una mano su di un avambraccio. “Minho ci crede in te, ed anche io. Ne verremo fuori, ok? Non ci deludere.”
Gli occhi a mandorla di Jinki sono sottili e sornioni, ma a volte diventano penetranti come lame. Sono occhi da cui non si può sfuggire.
Allora Jonghyun abbassa lo sguardo.
 
.
 
|Minho|
 
Una sera Minho torna a casa, posa le chiavi rumorosamente sul mobile in anticamera. Lo chiama.
“Jonghyun? C’è nessuno?”
C’è un silenzio strano, nessuna televisione accesa. È un po’ tardi ma non ci sono profumi in casa, come se nessuno vi mangiasse da quella mattina. Non ci sono avanzi sparsi in giro, né qualche nuovo vestito che si è comprato Jonghyun appoggiato in salotto.
C’è solo tanto silenzio, ed è da un po’ che Minho non lo sente. Da quando è arrivato Jonghyun, il ragazzo ha preso possesso dei piani inferiori. Minho ha intuito che gli piace la musica, infatti spesso trova la radio accesa o qualche cd nello stereo, a tutto volume.
“Hyung?” lo cerca anche al piano di sopra, magari sta dormendo. Non lo trova.
È la prima volta che gli succede, una strana morsa gelata gli accarezza lo stomaco. È così stanco, dopo quella giornata passata in ospedale… Jino è stato male e a Minho mancano i suoi occhi grandi e nocciola, i suoi commenti vispi.
Ha bisogno di abbracciare qualcuno, non di trovare la casa vuota.
Soffoca un’imprecazione mentre esce di casa, si dimentica addirittura di chiudere la porta, nella fretta.
Jinki gliel’aveva detto, di stare attento. Forse l’ha lasciato troppe ore da solo, forse il mostro che c’è in Jonghyun è uscito allo scoperto dopo essere rimasto sopito nelle ultime settimane.
Corre in giro e lo chiama, ma nessuno gli risponde.
Chiama Jinki che ha avuto una seduta con lui quel mattino ma no, sembrava tutto normale e nel pomeriggio non ha avuto il tempo di passare da casa. Minho tenta anche di ricordare l’ultima volta che gli ha telefonato, ma è difficile, è da tanto che non prova quella morsa di ferro attorno allo stomaco, i pensieri sono un po’ annebbiati.
Non può fare a meno di immaginarsi la scena che ha tentato disperatamente di relegare nell’angolo più buio della sua mente.
Guarda il ciglio della strada, trema.
Non sta piovendo no, quella non è la stessa sera, non può esserlo. Nel pomeriggio è anche uscito uno spiraglio di sole, non può essere la stessa sera.
Lo trova che si è bloccato, l’ingranaggio sbagliato nella sua testa è scattato davanti a dei cocci di bottiglia fermi all’inizio di una spiaggia libera.
Lo sguardo di Jonghyun è fisso sui bordi appuntiti e Minho capisce subito che non è più lui. Ha il fiatone, è sudato sulla fronte. Fa un respiro profondo, prima di avvicinarsi con cautela.
“Hyung?”
Nessuna reazione.
“Jonghyun-hyung?” il ragazzo si volta lentamente, lo vede. La brezza della sera gli scompiglia un po’ i capelli, gli apre il colletto della camicia.
Jonghyun guarda Minho e con lentezza si accovaccia a terra. Raccoglie il collo spezzato di una bottiglia.
Minho scatta in avanti, spalanca gli occhi, poi si ferma a pochi passi, una mano tesa.
“Hyung… no…”
Il ragazzo stringe i denti, osserva prima il vetro rotto che ha tra le mani, poi Minho. Trema.
“N-non so perché non ci riesco. Non ci riesco proprio.”
“Hyung ti prego, vieni con me. Dammela, ok?” si avvicina lentamente. È troppo spaventato, non lo sta ascoltando.
“Sarei dovuto morire quella notte. Era perfetta, sai? Non so perché sono ancora qui. Le altezze mi fanno troppa paura, il sangue… il sangue è più invitante. Ma pungeva.”
“Jonghyun, ti prego. Lo risolveremo insieme, ok?”
La bottiglia si alza, sfiora le braccia ferite e sale ancora più su.
“Non te lo lascerò fare, fosse l’ultima cosa che faccio.” Minho scatta in avanti e Jonghyun gli punta il coccio tagliente al petto, facendo un passo indietro.
“Choi Minho, non sei niente. Non costringermi a farti del male. Per che cosa poi?”
“Merda Jonghyun!” grida Minho frustrato. Non ci sono passanti nelle vicinanze in quel momento, sono tutti nei ristoranti, negli hotel, a cenare.
Il mare è così vicino… gli occhi di Minho guizzano, lo incontrano.
So che è tanto che io e te non ci parliamo… ma ti prego, aiutami.
“Perché non mi lasci decidere, mh? Cosa c’è di male nel volersene andare? Non ci hai mai pensato, Minho? Avanti… tutti nella vita ci pensano almeno una volta.”
Il dottore esita. Abbassa le mani, respira profondamente stringendo i pugni.
“No, non ci penso. Vedo persone che nascono e muoiono, quasi nello stesso istante. La vita, anche la vita più di merda, è troppo preziosa. La mia vita la darei via a quegli angeli che vedo svanire ogni giorno, un pezzo di vita a ciascuno, così che possano diventare grandi. Tu sei come loro Jonghyun, solo che non lo capisci. Non lo sai, quanto sei fortunato a vivere, mentre loro sì. Lo sanno.”
Jonghyun chiude la bocca.
Si sente uno schifo. Ancora più schifo, se possibile. La mano gli trema così tanto che lascia cadere la bottiglia, con un sonoro tintinnio.
Minho corre, quasi non ci crede.
Se lo stringe al petto e ringrazia qualsiasi cosa, il mare, il cielo, Dio, non gli sembra vero che Jonghyun è ancora lì, tutto intero.
Il ragazzo si lascia abbracciare, è freddo come il ghiaccio. Minho affonda le labbra nei suoi capelli e per la prima volta sente il suo sapore, il contatto con la sua pelle. È abituato a toccare, ha imparato che ogni persona ha un proprio profumo, un sapore del tutto particolare.
Si imprime quello di Jonghyun nelle narici e sotto i polpastrelli come si impone di ricordare quello dei suoi piccoli pazienti. Perché il profumo delle persone più fragili è più prezioso, come quello del primo, vero sole d’estate, che non torna più.
 
.
 
Fa fresco ma almeno non piove. Il cielo è striato da nubi sottili e il mare è agitato per il forte vento che ha soffiato tutto il giorno. I cavalloni si formano sulla spiaggia, spuma bianca arriva quasi a sfiorare i loro piedi, anche se sono seduti lontani dal bagnasciuga.
Vorrebbe davvero avere con sé un asciugamano, qualcosa da mettergli sulle spalle, ma non ha niente allora usa il suo braccio.
Gli appoggia una tempia sui capelli e sospira, sentendo la salsedine nel naso e le goccioline dell’ultima onda sulle braccia e sul viso. Chiude gli occhi.
C’è la luna quasi piena nel cielo, illumina le nubi circostanti e le rende trasparenti. Come fantasmi.
“Quanto in là mi dovrò spingere, Minho?”
“Mh?”
“A volte me lo chiedo. Quanto in là mi dovrò spingere.”
Minho stringe di più il braccio attorno alle sue spalle, sospira. Jonghyun parla ancora.
“Hai avuto una giornata pesante. Mi dispiace essere un peso. Io con te non c’entro niente.”
“I miei bambini chiedono ancora del fantasma, voglio potergli dire che va tutto bene e glielo dirò, prima o poi.”
“Non sei tenuto a farlo. Davvero, Choi Minho. Chi te lo fa fare?” Jonghyun alza il capo dalla sua spalla e spinge in avanti le labbra, alzando gli occhi grandi e borbottando.
Minho gli tira uno schiaffetto leggero, su di una guancia, ma Jonghyun lo evita rapidamente.
“Smettila di fare il coglione, hyung. Punto e basta. Smetti di fare domande e smetti di guardare le cose taglienti.”
“Il coglione?” Jonghyun ride, scuote il capo e si riappoggia a lui.
“Tu sei un coglione, Choi Minho. A complicarti la vita con gente che non se lo merita. E non sto parlando dei tuoi bambini.”
“Non mi complico la vita, è un piacere.”
Jonghyun fissa il mare e Minho fissa Jonghyun.
“Ti ho minacciato con una bottiglia rotta. Cristo, sono fuori di testa…” si passa una mano sul viso.
“Non ci pensare, non l’avresti mai fatto.”
“Chi te lo assicura, mh?”
“Istinto. Per fare il dottore ce ne vuole parecchio.”
“Bah, fanculo.” Jonghyun non è convinto ma non ha le forze di ribattere e lascia fare.
Minho, soddisfatto, gli sistema una ciocca di capelli sulla fronte.
“Aish, mostrami le tue cicatrici, Kim Jonghyun… mostramele tutte, così posso capire per quanto tempo hai avuto bisogno di me e io non c’ero.”
Jonghyun alza lo sguardo, Minho prontamente si è già concentrato sul cavallone in arrivo. C’è un gran chiasso, è difficile sentirsi. Magari è solo un rigurgito della marea, magari non sono parole vere.
La mano destra di Jonghyun afferra una manciata di sabbia asciutta. Rovescia tutti i granelli sul braccio sinistro, fino all’ultimo, stringendo i denti.
C’è solo qualche cerotto, gli altri segni sono ben visibili. Scorrono in verticale, seguendo le vene. Minho gli afferra il polso, sorpreso.
“Yah… che fai, non si sono infettate fino ad ora…” gli ripulisce il braccio dalla sabbia, delicatamente, col dorso di una mano.
“Ti prendi cura di me come se fossi un bambino.”
“Bwo?”
“Ti prendi cura di me come se fossi un bambino!” Jonghyun grida, perché davvero quei cavalloni fanno un gran casino.
Minho gli appoggia una mano sulla fronte e gli tira la testa indietro, con uno strattone, così può guardarlo.
“Perché ti comporti da bambino.”
“Fai sempre così? Ti porti a casa sfigati random che incontri in ospedale?”
“Prima volta.”
“I don’t believe you ~” Jonghyun cantilena in un inglese stentato.
“Credi quello che vuoi hyung.”
Ci sono certi momenti in cui Jonghyun sembra quasi normale, e Minho si dimentica che quel ragazzo ha quasi tentato di suicidarsi pochi minuti prima.
Per la seconda volta, probabilmente.
“Senti, Minho… per favore… la prossima volta… lasciami stare, ok?” Jonghyun non lo sta guardando.
“Ti vergogni hyung? Ti vergogni di quello che stai dicendo, vero? Fai bene.”
“Minho, ascoltami.”
Jonghyun si alza dalla sua spalla e Minho si innervosisce. Gli prudono le mani, allora le affonda nella sabbia.
“Per me è finita! Non è importante, ok? È finita e basta e…”
“Hyung, ascolta tu me per una volta.” Gli afferra i polsi, Jonghyun sbuffa. “Pensavo… quest’anno non mi sono preso nemmeno un giorno di vacanza ancora. Che… che ne dici se me le prendo ora, mh? Due settimane.” Alza indice e medio, sorride.
“Minho…”
“Eddai hyung, sono stanco anche io! E poi non ho più voglia di lasciarti solo.”
“Cosa diranno i bambini? Loro hanno bisogno più di me.”
“I bambini staranno bene. Li andrò a trovare, tanto rimarrò qui no? Capiranno.”
Jonghyun lo guarda torvo, in ginocchio sulla sabbia.
“L’hai detto anche tu! Vivo qui e il mare non lo vedo mai manco col binocolo. Ho voglia di farmi un giro in barca e…”
Minho lo prende per un polso e lo strattona un po’, sfoderando tutto il suo aegyo.
“Davvero, Choi Minho… che ti importa?”
Minho abbassa lo sguardo e smette di sorridere.
“Non lo so hyung, mi importa e basta.”
Si guardano per un istante, ognuno fermo sulle sue convinzioni.
Poi gli occhi di Minho si spalancano, indica qualcosa alle spalle di Jonghyun.
“Hyung, l’onda…!” non fa in tempo a dire niente.
Si ritrovano fradici.
Minho si sdraia sulla spiaggia e ride tenendosi lo stomaco, incurante dei capelli che si immergono tra la sabbia bagnata. Jonghyun ringhia, mostrando i denti bianchi. Poi si scrolla come un cane.
Lo guarda.
 
.
 
Ti ho incontrato lì dove la terra incontra il mare.
 
.
 
“Hyung… come si fa a guarire qualcuno che vuole morire?”
Minho abbassa la voce, stringe il cellulare all’orecchio. Si sente il rumore delle onde, il richiamo dei gabbiani. È seduto sotto la finestra della camera degli ospiti. Jonghyun dorme tranquillo, in pantaloncini, il viso affondato nel cuscino.
“Potrei rimanere qui ore ad elencarti tutte le teorie che ho studiato nei libri, ma te la farò semplice, Minho.”
“Come sempre.”
Sorridono.
“Dagli una ragione per vivere.”
Minho abbassa lo sguardo. In cuor suo già la sapeva quella risposta.
 
.
 
|Taemin|
 
È l’ultimo giorno di lavoro per Minho, poi inizieranno le sue vacanze. Sapere che sarà sempre a casa, mette in Jonghyun una strana inquietudine. Non è più bravo con le persone.
Almeno non sarà solo però, almeno i suoi occhi la smetteranno di vedere spettri che non ci sono. Quando è con qualcuno è così preso dallo sforzo di relazionarsi che non ha tempo di pensare, e per lui è sicuramente un bene.
Gironzola per casa, è un po’ annoiato. È metà pomeriggio e stranamente c’è il sole. Non si è mai preso del tempo per osservare per bene l’enorme casa, in fondo non gli interessa.
È sovrappensiero, mentre sale le scale per andare in cucina. Nemmeno guarda davanti a sé, osserva i gradini. Entra nella cucina e si lascia andare ad un sonoro sbadiglio. Chiude gli occhi per stiracchiarsi un po’, e quando li riapre, proiettate sul muro dietro al frigorifero, ci sono due ombre.
La sua e…
Caccia un urletto sorpreso, di cui si vergogna subito dopo, ma proprio non è riuscito a trattenersi. Punta un indice, spalancando gli occhi.
“E tu chi cazzo sei?”
Gli risponde un battito di ciglia sorpreso, un mugugno perché ha la bocca piena di ramen appena scaldato. Ora nota anche il profumo, ma prima era così sovrappensiero che non ci aveva fatto caso.
C’è un bambinetto biondo seduto in cucina, indossa una canottiera mezza slabbrata e dei pantaloncini da mare. Ha delle braccette sottili sottili, e due guance piene così.
Ingoia velocemente, poi tira fuori la lingua e agita una mano davanti alla bocca perché si è scottato.
“Ops.”
“Bwo?” Jonghyun è esterrefatto.
“Sapevo che prima o poi sarebbe successo.”
“Successo cosa?”
“Viviamo nella stessa casa da tre settimane. Prima o poi dovevi accorgertene, no?”
Jonghyun spalanca bocca, occhi e tutto il resto.
“T-tu vivi qui?”
“Yep.”
“Com’è che non ti ho mai visto né sentito?”
“Sono piuttosto discreto, e tu hai altro a cui pensare. Giusto?”
Il ragazzino mastica un po’ e poi lo guarda, allegro.
Jonghyun si siede su una sedia e lo fissa, esterrefatto. Il biondino ricomincia a mangiare, si scosta una ciocca di capelli biondi dalla fronte sudata.
“Perché mangi ramen? Oggi fa caldo.”
“Mi andava. E tu perché te ne vai in giro a curiosare? Non l’hai mai fatto prima.”
Scusa se credevo di essere solo in casa! Dio… quindi per tutto questo tempo…”
“Tranquillo, non ti ho guardato nella doccia o roba simile. In genere me ne sto in camera mia. Oppure in giro.”
“Mi spieghi chi diavolo sei?”
Il ragazzino sorride, ha una guancia un po’ sporca e una faccia che non promette nulla di buono. Somiglia a quei bambinetti di Minho, solo che ha una massa di capelli incredibile ed è dannatamente più pericoloso, glielo legge negli occhietti castani, che scintillano.
“Lee Taemin.” Gli offre una mano dopo essersela passata sul pantaloncino. Jonghyun la osserva, non la stringe. Il ragazzino la ritira, per niente turbato.
“Tranquillo, non ho paura delle tue braccia.” Afferma tranquillamente, come se stesse parlando del tempo. Jonghyun avvampa e nasconde gli avambracci sotto al tavolo. Ormai ha preso l’abitudine di accarezzarli sovrappensiero, sentendo le sottili cicatrici sotto le dita.
“Yah… mio fratello domani tira fuori la barca. Lo fa per te, vero?”
“Aspetta… fratello?” chiede Jonghyun. Il ragazzino va troppo veloce per i suoi gusti. Ci metterà già un bel po’ ad assimilare il fatto che ha vissuto tre settimane in casa con uno sconosciuto senza mai nemmeno accorgersene.
Taemin annuisce, lascia le bacchette nella scodella con un sonoro tintinnio e si stiracchia, ha finito.
“Minho? Ma… non avete lo stesso cogno…”
“Padri diversi, stessa madre. Allora, la tira fuori per te la barca?”
Jonghyun sbatte le palpebre, intontito.
“Aish… cosa vuoi che ne sappia?”
“Anche la vacanza se l’è presa per te. Sai, ti devo ringraziare. È parecchio che lo vedo stanco, stressato. Ne ha bisogno. Un tempo andava sempre a nuotare.”
Jonghyun annuisce, ci sta davvero provando a seguire il discorso di Taemin ma sta ancora pensando al ‘padri diversi, stessa madre’.
“Yah… ce l’hai il costume da bagno, vero?” Taemin ha appoggiato i gomiti al tavolo e l’ha squadrato da capo a piedi.
“Mh… veramente non ho molti vestiti con me…”
“Niente costume? E come pensi di andare in giro i prossimi giorni, eh?”
Il ragazzino si alza e Jonghyun nota il suo corpo asciutto e slanciato, quasi più di quello del fratello. La carnagione di Taemin è rosea e piena, come le sue guance.
“Su, in piedi. Ti porto a comprare un costume come il mio, ti piace?”
Jonghyun guarda i pantaloncini da mare del ragazzino, non risponde.
“Avanti!”
“Ehi ma…”
“Te l’ho detto, non mi fai paura!” lo prende per un polso e corre via, Jonghyun quasi non gli sta dietro.
Quando arriva Minho, dovrà spiegargli un po’ di cosette.
 
.
 
|Jonghyun|
 
Si è alzato. Guarda giù dalla finestra d’ospedale. Ci sono i palazzi e le luci brillanti della città. Il fruscio del vento non è lo stesso, ma nelle orecchie ha ancora il rumore della risacca. Ha le labbra un po’ aperte, la testa leggermente inclinata. Non sbatte le palpebre perché in quello strano stato di dormiveglia in cui si trova, è facile credere di essere in un altro posto. Sotto di lui le case diventano palme, e il riverbero dorato delle luci notturne si trasforma nella linea drittissima dell’oceano, che divide l’orizzonte dal cielo.
La vista dall’alto, non è mai stata più bella di com’è nei suoi ricordi.

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Ragazzi, qui a Milano in questo momento c'è una tempesta di fulmini che fa paura... Qualcosa mi dice che devo aggiornare! XD
E con questo secondo capitolo ho introdotto tutti i personaggi di questa mini ^^ Che ve ne pare?
Prima di tutto abbiamo un Minho abbastanza fierce (so sexy OMG DX)


>Ma anche cute, no? Awww
>Meno male che c'è lui sigh


E infine ha fatto la sua porca figura (come al solito) anche un Taeminnie bello carico, non vi sembra?
 
Ok ok me ne vado >,< 
Concludo dicendo che le foto che vedrete negli sfondi dei banner d'ora in poi sono fatte da me ;) 
A presto!! Commenti commenti!
Byeee
-Chiara
 

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Capitolo 3
*** Tzuukaku Zanryuu – Sensazione residua di dolore ***


In alto.
Ecco dove sono.
Dovrei essere qui?
Dovrebbero essere qui?
Così fuori portata,
così in alto.
Cosa posso fare?
Ecco cosa posso fare.
Lascia che si dissolva.
Rompi i confini.
Il gabbiano vola più in alto del suo riflesso sul mare.
Il sangue corre veloce sul pavimento.
[Quanto vola in alto?]
Per la Luna, la maggior parte delle cose sono abbastanza basse.
Allora fermati. Vai. Ripeti.
Ovunque è in basso,
ovunque può essere in alto.
 

3. Tzuukaku Zanryuu – Sensazione residua di dolore
 
|Taemin|
 
È imbarazzante, dannatamente imbarazzante. Il dannato ragazzino non gli toglie gli occhi di dosso, ed ha pure insistito perché si provasse il costume. Jonghyun si spoglia nel camerino e lo sente che sbircia e poi ridacchia.
“Yah!”
“Pensavo che te lo fossi già messo hyung!” cinguetta il fratellastro di Minho. Jonghyun si infila il pantaloncino a velocità supersonica, bestemmiando a bassa voce. Si volta di scatto e vede le dita sottili del ragazzino che sbucano dalle tende. Lo prende per un polso, in un impeto d’ira, e lo tira dentro. Le tende nere si richiudono dietro di loro.
Jonghyun incrocia le braccia, lo fa spesso perché così le cicatrici sull’interno non si vedono. Alza un sopracciglio e guarda seccato il fratello di Minho.
Il ragazzino è più alto di lui e nello spazio ristretto del camerino Jonghyun lo nota ancora di più.
“Wow hyung… ti stanno bene!” gli alza la canottiera nera con una mano per ammirare il costume. Gli dà un colpetto sullo stomaco e Jonghyun contrae gli addominali, sorpreso.
“Ti stai abbronzando eh? Quando sei arrivato sembravi uno spettro!”
Jonghyun ha preso un po’ di sole, non lo può negare. Inoltre ha ricominciato a mangiare, e dici niente.
“Mi hai detto che non mi hai guardato a mia insaputa, ma più andiamo avanti più ti tradisci da solo.” Borbotta.
“Oh avanti, ero curioso no? È la prima volta che mio fratello si porta a casa qualcuno. Non ha mai nemmeno avuto una fidanzata o robe simili. Troppo preso col lavoro!”
Un altro colpetto alla sua pancia, prima di uscire dallo stretto camerino.
“Yah, e la vuoi smettere?”
“Prendili!”
Jonghyun scuote il capo e si sbriga ad abbassarsi il costume e cambiarsi. È con quel ragazzino da solo qualche ora e già si sente stremato, è più di quanto possa sopportare.
 
.
 
|Minho|
 
Ha urlato con Minho per una mezz’ora buona, poi si sono calmati. Ora siedono schiena contro schiena, in riva al mare. Jonghyun indossa il costume che gli ha fatto comprare Taemin.
Minho ha detto che suo fratello è un tipo un po’ strano, non si stupisce che Jonghyun non l’abbia beccato per tutto quel tempo. Quando non è in giro chissà dove o a scuola, rimane sempre barricato in camera sua. È sempre stato così, fin da piccolo. Chi non lo conosce potrebbe scambiarlo per un nerd asociale, che se ne sta sempre in camera al PC e non vede mai la luce del sole. In realtà Taemin è tutto il contrario, insomma, nonostante le ore passate in camera a dormire è un totale casino.
“Fa un rumore assurdo… e non sta fermo con le mani.” commenta Jonghyun. Riempie il pugno di sabbia bagnata e la tira un po’ oltre i suoi piedi.
“Lo so… io stesso ci ho messo un po’ ad abituarmi a lui, ma una volta che lo capisci la convivenza non è male. Insomma, guarda noi due. È il mio fratellastro eppure viviamo insieme. Tengo a lui più di quanto tenga a qualsiasi altra cosa. Con i nostri padri abbiamo entrambi un rapporto che non è un rapporto, e nostra madre… bah.”
“Vostra madre?”
“Ha sempre fatto di testa sua e chi se ne frega dei figli.”
“Capito.”
“E tu Jonghyun? Dove sono i tuoi genitori?”
Minho ha voltato leggermente la testa e abbassato un po’ il tono, per renderlo più delicato. Jonghyun sospira. Lascia stare la sabbia bagnata e appoggia la nuca a quella di Minho. Dà un’occhiata al cielo, leggermente nuvoloso, poi chiude gli occhi.
Minho non insiste più.
“Mi ha detto che vuoi andare in barca.” Sussurra Jonghyun, sforzandosi di parlare.
“Oh sì, non vedo l’ora. È già pronta, è la barca di mio padre. Quant’è che non la uso, sarà… un anno?”
“Incredibile…”
“Te l’ho detto, non ho avuto molto tempo.”
“Minho, non so se è una bella idea…” Jonghyun si gira per guardarlo e il viso ormai familiare di Minho è lì, a pochi passi. Un secondo e sta sorridendo, lo stesso sorriso abbagliante di Taemin. Jonghyun chiude gli occhi perché davvero, è troppo sereno e sembra così sincero… non lo vuole vedere.
“Tranquillo hyung, non andremo lontano. Giusto mezza giornata, ok? Ci facciamo un giretto, prendiamo un po’ di sole.”
“Mh.” Jonghyun osserva il mare. È quasi sera, guarda il cielo.
“Tranquillo, dicono che domani non piove. Poi il mare è calmo.”
Jonghyun non è preoccupato, non gli importa niente. Se dovesse cadere in acqua, beh, si lascerebbe andare.
 
.
 
|Taemin|
 
Cammina con le mani in tasca. Si è tolto la camicia perché nonostante le nuvole c’è una cappa soffocante. Il mare sembra una grande piscina da tanto è calmo. La brezza c’è, ma è così lieve rispetto al vento che si è abituato a sopportare, che quasi non si sente.
Cammina da solo, Minho l’ha lasciato più indietro, disteso sulla sabbia ad occhi chiusi. Forse si è addormentato, Jonghyun non lo sa, fatto sta che gli andava di rimanere un po’ da solo.
Non gli manca niente della sua vita passata, eppure gli sembra di non riuscire a scrollarsi di dosso quello che è stato, quello che vuole così ardentemente dimenticare. Sa già che non lo può cancellare, e questo lo fa andare in tilt. Se solo ci pensa, gli manca il fiato e torna la voglia di scomparire.
Guarda in lontananza, fissa un punto quasi indistinguibile tra le onde: una boa rossa che segna il limite del mare aperto, da lì in poi navigano le imbarcazioni ed è meglio non avventurarsi a nuoto.
Torna a guardare i suoi passi e la sabbia sotto ai piedi, arriva un’onda e quasi lo raggiunge. C’è qualcuno che sta facendo il bagno, poco più avanti. Le spiagge sono quasi deserte perché poche ore prima sono cadute due o tre gocce di pioggia, la gente preferisce passeggiare in città.
Si avvicina all’insolito bagnante. È seduto con le onde che gli lambiscono la vita e giocherella con l’acqua. All’inizio crede che sia un bambino e si sta già preoccupando a vederlo lì da solo, poi riconosce la chioma bionda. Si ferma, lo osserva per un attimo a mani in tasca.
Sembra tutto contento lì da solo, seduto in acqua. Un’onda più forte lo spinge un po’ all’indietro, lo fa dondolare. Il ragazzino continua imperterrito a tracciare cerchi ondulati nel mare davanti a sé, ci guarda attraverso e scruta i sassi perché l’acqua è limpida.
“Vuoi sederti anche tu?” chiede all’improvviso e Jonghyun è stupito perché Taemin non l’ha nemmeno guardato, come fa a sapere che è lì? Si avvicina, ormai è stato scoperto. Si accovaccia dietro di lui, con l’acqua che gli lambisce le caviglie.
“Che stai facendo?”
“Il bagno.”
“Strano modo di fare il bagno.”
Minho gli ha detto che è strano, ma Taemin è davvero strano forte.
Il ragazzino si gira e si sdraia a pancia in giù nell’acqua, per guardarlo. Nasconde le labbra in un’onda leggera, che non fa nemmeno schiuma quando tocca la riva. Lo guarda con gli occhi castani bene aperti e la frangia bionda gocciolante.
“Mio fratello mi ha raccontato di te.”
“Avrebbe fatto meglio a raccontarmi di te, mi avrebbe risparmiato l’infarto di ieri mattina.”
Taemin scoppia a ridere e i suoi occhi a mandorla si chiudono. Striscia nell’acqua, raggiunge Jonghyun e gli appoggia le mani sulle ginocchia, per non lasciarsi trascinare dalla leggera corrente.
“Mi ha detto che stai meglio ora. È così?”
Jonghyun osserva il suo viso pulito, non risponde.
“Stai meglio solo quando c’è lui?”
“Lui chi?”
“Mio fratello.”
“Sto meglio quando la gente mi lascia in pace.” Jonghyun avvicina il suo viso a quello del ragazzino ma lui non si ritrae, anzi. Si aggrappa alle sue spalle e si tira su, ridendo. Jonghyun quasi perde l’equilibrio, afferra la vita sottile di Taemin e sente la pelle liscia e bagnata sotto le dita.
“Non fare lo scorbutico con me, Kim Jonghyun.”
“Yah… quanti anni hai, mh? Non dovresti chiamarmi hyung?”
Taemin sbuffa, ma non gli ha ancora tolto le braccia dal collo ed è decisamente troppo vicino.
“Non ti preoccupare, hyung. Siamo tutti nella stessa barca qui.”
“Non credo proprio.”
“Guarda, da come la vedo io, non c’è niente che non va in te. Devi solo riabituarti un po’ a vivere, neh?”
Jonghyun chiude la bocca e rimane immobile mentre lo sguardo di Taemin si abbassa sulle braccia ben tornite di Jonghyun. Ci appoggia il mento e soffia via qualche goccia bagnata, anche se i suoi capelli biondi stanno sgocciolando ovunque e Jonghyun è praticamente fradicio.
“Di cosa hai tanta paura hyung, mh?” sta ancora soffiando, il più grande rabbrividisce. Se si muove, cadrà col sedere in acqua e proprio non ne ha voglia.
“Yah… alzati dai, sei tutto bagnato.”
“Davvero, di cosa hai paura? Non della morte, vero? O forse sì?”
Dov’è finito il ragazzino di quel pomeriggio? Jonghyun a tratti lo riconosce, a tratti no. Il suo lato pericoloso si vede più che mai e adesso sì che lo sta mettendo a disagio.
“Cosa credi di saperne tu? Non dovresti tornare a… giocare con le formine?”
“Non tentare di difenderti prendendomi in giro.” Taemin gli punta contro un indice e storce il naso. Si tira su appeso alle sue spalle e Jonghyun inarca indietro il collo per allontanarsi dal suo viso, ha il naso di Taemin praticamente contro il suo.
“Ma che…” tenta di sillabare, quando il ragazzino gli appoggia il mento ad una spalla. I loro petti aderiscono e ora sì che Jonghyun è bagnato fradicio.
“Con me puoi parlare, sul serio. A chi lo potrò rivelare, tanto? Al mare?”
Jonghyun si è stufato ora. Sente il respiro fresco di Taemin nell’orecchio e perde le staffe. Afferra la sua vita con più decisione e se lo stacca di dosso, lo spinge e gli fa fare un bel tuffo all’indietro, nell’acqua bassa. Si alza rapidamente e si guarda, per vedere fino a che punto si è bagnato.
“Aish…”
“Yah!”
“Non affogherai in due centimetri d’acqua, non fare tante storie.”
“Ehi, ma che combinate?” Minho sopraggiunge di corsa. Si sarà svegliato e non trovando più Jonghyun, deve essersi preoccupato.
“Puoi tenermi lontano il tuo simpatico fratellino, per favore?” gli ringhia il più grande. Minho è dispiaciuto, lancia un’occhiataccia a Taemin.
“Che ho fatto?”
“Domani porto Jonghyun in barca… solo Jonghyun.”
“Eddai hyung!” Taemin esce di corsa dall’acqua, si appende ad un braccio del fratello. “Mi lasci a casa da solo?”
Minho spalanca gli occhi.
“Da quando non vuoi stare a casa da solo?”
“Io e Jonghyun siamo amici adesso! Me l’ha chiesto lui di venire.”
“No.”
“Sentite, perché non ve ne andate voi due domani, mh? Io vi aspetto qui e…” Jonghyun ci ha provato. Si ferma subito perché i due gli stanno rivolgendo la stessa, identica faccia lugubre.
 
.
 
|Minho|
 
“Non è poi così male. Non è vero?”
Con chi sta parlando? Minho non ne è molto sicuro. Al vento, sta parlando al cielo, all’orizzonte dritto molto più che un righello. È un orizzonte perfetto, dell’azzurro più intenso, era proprio l’orizzonte che cercava, quello che inconsapevolmente gli è mancato nei mesi precedenti.
La barca va tranquilla, i suoi fianchi bianchi si godono il dolce cullare delle onde. È sospinta solo dal vento, i motori sono spenti. Non è una barca grande, ma Minho ha dei bei ricordi legati alle sue corde spesse, al timone levigato.
È primo pomeriggio e il sole è alto sopra di loro. Sono in costume, Jonghyun non ha voluto fare il bagno perché ha detto di non essere un gran nuotatore e Minho non ha insistito. Ora il più grande è sdraiato al sole, il corpo scintillante e scuro, ben spalmato di crema abbronzante. Ha le braccia sugli occhi e un ginocchio piegato.
Minho lo osserva con bruciante soddisfazione. È convinto che il mare gli stia facendo davvero bene, in cuor suo spera che sia la sua stessa presenza ad averlo reso un po’ più sereno. A vederlo così, da fuori, sembra quasi un ragazzo normale ora.
Jonghyun ha un bel colorito, non è più pallido e smagrito e Minho aveva ragione, la sua pelle si abbronza facilmente e il suo fisico asciutto è invitante come un bel bagno in mare nella torrida estate. Minho prova la stessa soddisfazione di quando un bambino a cui si è affezionato lascia l’ospedale, una volta per tutte.
Sa che Jonghyun è tutt’altro che in salvo, ma vederlo così, finalmente senza l’incombenza di dover correre al lavoro, potergli stare vicino, lo rende davvero di buon umore.
Jonghyun non gli ha risposto, ma va bene lo stesso. Averlo lì, lontano dai pericoli, essere riuscito a convincerlo a fare quel giro in barca con lui, è già un regalo.
Lascia il timone, la barca è quasi ferma, il vento è leggero. Gli si siede al fianco, vede gli occhi di Jonghyun aprirsi da sotto i suoi avambracci.
“Dove siamo?”
Minho gli fa un gesto col capo, gli indica la riva lontana. Sono ben oltre la famosa boa rossa. Jonghyun si alza a sedere, Minho non può fare a meno di osservare i muscoli della sua schiena che si flettono, e una gocciolina di sudore che cade giù, giù…
“Cazzo.” esala Jonghyun.
“Hai paura?”
Il più grande sbuffa, appoggia il gomito al ginocchio piegato e continua a guardare la riva, dove gli ombrelloni sono piccoli come quadrifogli e le persone come formiche.
“E guarda di là, invece.” Gli appoggia due dita sotto al mento e lo fa voltare, per mostrargli l’oceano sterminato. Un gabbiano passa sopra le loro teste, un’ombra scura che si staglia contro il sole.
“Minho…” il pomo d’Adamo di Jonghyun va su e giù, dolorosamente.
“Dimmi hyung.”
C’è così tanto silenzio intorno a loro. Sono in un altro mondo.
“Vorrei poterti dire grazie, ma non ci credo più. Nelle persone intendo… io non ci credo.”
“Non fa niente.”
Jonghyun si gratta una cicatrice nervosamente. A Minho batte forte il cuore quando gli afferra la mano e lo costringe a fermarsi e poi si guardano negli occhi.
“Ehi…”
Gli occhi di Jonghyun sono pieni di rabbia e tristezza.
“A te piacciono le persone rotte, vero? Quelle difettose.”
Minho rimane turbato, si scosta un po’.
“Non è come credi, hyung.”
“Cos’è… ti piace guardare le cose deboli e insignificanti perché così la tua grandezza viene esaltata? Perchè a questo mondo la perfezione non esiste, Choi Minho, ma tu gli sei molto vicino, ed io non posso credere che fai quello che fai solo perché sei… buono. Ci deve essere qualche secondo fine, no? Ci deve essere del marcio sotto.”
Minho si morde un labbro, a disagio. Guarda l’orizzonte sconfinato perché in quel momento gli sembra più sicuro. Parlare con Jonghyun non è come spiegare le cose ai bambini ammalati. Loro domandano e Minho sa sempre cosa rispondere. Con Jonghyun invece è diverso perchè non riesce a prevederlo, il non sapere cosa gli è accaduto lo manda in cortocircuito e per quanto si impegni, non riesce a togliersi dalla testa il ricordo di lui nel letto, e poi di lui con in mano la bottiglia, e poi l’immagine del sangue sull’asfalto, che di notte a volte gli appare nei sogni.
“Non mi vanto di essere un eroe o niente del genere, hyung. Però ho sempre saputo che mi sarei innamorato di uno dei miei pazienti.” Minho sente le guance infiammarsi e si maledice, spera che il rossore del sole non lo tradisca e faccia da copertura. Prende un bel respiro e si volta a guardarlo.
“È una roba malata, lo so…”
“Minho scusa… ma in che senso?”
“Tutti abbiamo delle fragilità hyung. Avere sotto gli occhi la sofferenza delle persone ogni giorno, mi porta ad amarle di più. Non so perché, forse è colpa della mia famiglia che si è sgretolata sotto i miei occhi, forse è colpa di mio fratello, che ha avuto bisogno di me in passato. Non lo so, ma io e le persone più sfortunate siamo sempre stati sulla stessa lunghezza d’onda. Come si dice… anime affini, giusto?”
Minho si sforza di sorridere. Non si è mai aperto così con nessuno, anche se i bambini ti mettono a nudo, con un adulto è diverso. Si sdraia e sente il dondolio leggero della nave, chiude gli occhi.
Riesci a sentirla, la terra che si muove?
“Cosa avresti fatto, Minho?”
Il giovane dottore apre gli occhi e se li scherma dal sole con le mani, per guardarlo.
“Se fossi stato in cerca di una speranza e ti avessero offerto tutto quello che hai sempre desiderato. Se avessi avuto bisogno di una mano, e ti fossi ritrovato ad avere la sicurezza che non hai mai nemmeno osato chiedere. Cosa avresti fatto, Minho?”
“Beh… probabilmente avrei accettato.”
Jonghyun sorride, amaro. È un sorriso diverso dal solito, è privo dell’arroganza dietro cui il più grande si nasconde.
“Grazie. Non sai quanto questo mi consoli. Ah e… Minho-ssi… non ti innamorare di me, ok? L’amore non esiste. Non se ci sono io di mezzo.”
Minho esita un secondo, è in imbarazzo.
All’inizio credeva che il suo fosse solo affetto sincero, come dottore di un reparto ospedaliero per bambini è abituato a provare questo genere di sentimenti, ma ora, mentre non riesce a staccare gli occhi dalle labbra ben disegnate di Jonghyun, non lo sa più.
“E tu amati di più, Jonghyun. Smettila di farti del male. Fallo… fallo per me.”
Minho gli appoggia una mano su di una spalla, lascia scorrere il pollice lungo il braccio, per un istante. Jonghyun non risponde, guarda il mare.
 
.
 
|Taemin|
 
“Mi piacciono le tue braccia hyung. Sul serio.”
Minho è andato a prendersi cura della barca. Taemin li ha assaliti non appena hanno toccato terra, curioso. Probabilmente li aspettava. Ha preso possesso di Jonghyun e si è fatto raccontare della gita in mare, che alla fine è durata un giorno intero.
A Jonghyun è sembrato di fluttuare in un altro pianeta. Si è dimenticato di se stesso e anche della terra che vortica e del vuoto e del dolore e del pungere nel cuore e nelle braccia.
Adesso che è di nuovo a riva però, sente la pelle calda come un fuoco, che sa di crema e di sale. È lo stesso sapore del collo di Taemin, anche se i suoi capelli biondi e morbidi sanno di shampoo, deve averli lavati da poco.
Il ragazzino gli è seduto vicino, sulla sabbia. Gli ha afferrato un braccio e se l’è portato in grembo, ora fa scorrere le dita lungo le vene sporgenti, ignorando le cicatrici. Punzecchia con indice e pollice mentre passa, tasta la pelle spessa, giocherella col braccio di Jonghyun tutto concentrato.
Il più grande si sente improvvisamente stanco. Sarà tutto il sole che ha preso o i pensieri.
Chiude gli occhi e non se lo può impedire, appoggia la fronte alla nuca di Taemin che è così dannatamente vicina. Il ragazzino ci fa caso, smette un attimo pizzicargli la pelle, poi riprende come se niente fosse.
“Tuo fratello è pazzo.” Dice Jonghyun, ripensando a tutti i discorsi che Minho gli ha fatto durante la giornata. Davvero, c’è qualcosa che non va in quel tizio.
Taemin ride.
“Oh, sicuro.”
“E ha detto che sa che si innamorerà di uno dei suoi pazienti.”
“Tipico di Minho.”
“Ma io non sono un suo paziente. Giusto?”
Taemin si gira per guardarlo e gli sorride, arguto.
“Tecnicamente… no.”
“Praticamente?”
“Ti ha conosciuto in ospedale. Ha detto a Jinki di prendersi carico del tuo caso.”
“Merda.” Jonghyun si mette una mano sul viso.
“Hyung.” Taemin gliel’ha soffiato sulle labbra. Il più grande scosta la mano, lentamente. “Smettila di pensare. Qualsiasi cosa brutta ti sia successa… è passata, ok? Ci siamo noi adesso. Ci sono io.”
“Non è così semplice Taemin.”
Il ragazzino gli prende la mano, se la porta al petto coperto da una maglietta leggera.
“So di cosa hai bisogno.” Si alza, Taemin è leggero e aggraziato come una ragazza, ma ha lo sguardo deciso e i gesti sicuri di un uomo. Jonghyun si ritrova spaesato, si lascia condurre. Piano piano, si avvicinano al mare.
Jonghyun guarda le onde scure della sera e l’acqua gli arriva alle ginocchia, ancora un po’ e si bagneranno i vestiti.
“Di cosa hai paura, hyung.”
“Ancora questa domanda?”
“Del mare?”
“No…”
“Vorresti scomparire tra le onde, vero? Ci ho pensato tante volte anche io. Addormentarsi sul fondale… li hai mai visti i fondali hyung? Sono stupendi. E l’acqua è così limpida, se ti immergi e nuoti al largo.”
Jonghyun scosta lo sguardo dalle onde tranquille. Taemin afferra il suo polso con entrambe le mani.
Si guardano negli occhi, mentre sprofondano. Ormai le camicie sono bagnate, l’acqua arriva al petto. Taemin si abbassa un po’, si bagna le labbra di sale, poi si aggrappa al collo di Jonghyun e il più grande gli stringe la vita, d’istinto.
Sente le mani di Taemin che gli accarezzano la nuca, gli bagnano i capelli castani.
“Jonghyun-hyung, sei così bello…”
“Anche tu, Taemin-ah.” e Jonghyun è sincero, quel ragazzo è fatto di sole e di mare, ha i capelli morbidi e profumati, la pelle sempre calda, è come una sirena, è intenso. Jonghyun chiude gli occhi, abbagliato dalla sua vicinanza.
“Non avere paura hyung, ti terremo al sicuro qui.”
“Taemin.” Riapre gli occhi ma davanti a sé vede solo il mare, perché il ragazzino si è piegato per lasciargli un bacio sotto l’orecchio, mentre le sue mani esplorano capelli castani e pelle sudata.
“Non pensare più, Jonghyun.”
Tornano a guardarsi.
“Non… non posso. L’unico modo per non pensare più è…”
“Lo so che provi dolore. Residui di dolore continui, non è così?”
Jonghyun annuisce. Stanno girando lentamente in circolo, Taemin ha allacciato le gambe attorno alla vita stretta di Jonghyun e si regge a lui, mentre questo si fa cullare dalle onde e così culla anche il più giovane. Taemin gli bagna i capelli con le mani, gli accarezza il viso con cura e lo pulisce dalla calura della giornata.
Poi socchiude le palpebre. In un primo momento Jonghyun pensa che voglia abbracciarlo o appoggiare il mento su di una sua spalla, ma poi vede le sue labbra avvicinarsi pericolosamente, allora lo ferma, deve farlo. Si ritrae.
“Taemin-ah, no, non possiamo.”
“Shh… Non è necessario che gli altri lo sappiano. Potrebbe non essere mai accaduto, ok? Vedi Jonghyun… quello che succede nel mare, rimane nel mare. Lui mantiene il segreto.”
Non sa più nemmeno di cosa stia parlando, è solo stanco e solo e distrutto e le labbra di Taemin catturano ogni fottuto riflesso che viene dalla città dietro di loro, e già profumano e ancora non le ha nemmeno sfiorate.
Chiude gli occhi.
Sente che Taemin lo trascina in avanti, sotto all’acqua fresca, con la testa giù, dove è più buio e dove non li vede nessuno.
Questo segreto il mare se lo porterà con sé, insieme a chissà quanti altri.
È il fratellino di Minho, non sa nemmeno quanti anni ha, e Minho forse è innamorato, ma Jonghyun sta vivendo in un mondo parallelo fatto di vuoti e pieni che si alternano vertiginosamente e si immerge, con le braccia secche di Taemin saldamente allacciate al suo collo.
È il più giovane a fare incontrare le loro labbra, mentre rimangono completamente avvolti nel ventre del mare, e la sera li sorveglia, da sopra le onde.
Jonghyun e Taemin si baciano a piene labbra, passandosi quei pochi respiri che hanno preso prima di immergersi.
 
.
 
Taemin ha mentito, il mare non si tiene un bel niente e Jonghyun non riesce a farsene una ragione. Non è proprio il caso, non lo è davvero.
Non sa come comportarsi con quel ragazzino, non lo conosce abbastanza e forse non lo capirà mai, fatto sta che quello che è successo gli provoca un’ansia immotivata e fastidiosa, lo distrae. Approfitta di qualche ora libera, dato che Minho è andato a fare la spesa. Vuole dirgli di dimenticare tutto, che davvero non ce la fa a stare con nessuno, tanto meno con uno strano ragazzino. Jonghyun ha difficoltà a stare con se stesso, questo lo devono capire.
Quello è stato il primo bacio dopo… sì, dopo, ma non può significare assolutamente niente. Non vuole essere crudo, in fondo Taemin sta solo cercando di aiutarlo, forse si sente solo e si sta aggrappando a lui, non lo biasima per questo. Ma Jonghyun non è proprio quello giusto, no.
Corre velocemente sulle scale, pensa di chiamarlo ma appena giunto al piano di sopra vede una luce accesa ed è strano, Taemin in camera non sta mai con le luci accese.
Rallenta il passo, tenta di fare silenzio. Oltrepassa piano il corridoio e si affaccia alla camera in cui non ha mai sbirciato prima. È la luce di una abat-jour che ha visto, il resto della stanza è in penombra, ma riesce a distinguere delle sagome.
Riconosce i capelli ondulati di Taemin, ha la testa che ciondola all’indietro, oltre lo schienale della sedia che sta davanti alla sua scrivania. Il computer è spento. La finestra è leggermente aperta, arriva una calma brezza.
Jonghyun aguzza la vista, mette a fuoco.
C’è un’altra figura dietro Taemin, sta massaggiando lentamente le spalle del ragazzino. Il proprietario della sagoma si inchina leggermente, gli sussurra all’orecchio. Taemin volta il capo e alza le braccia, affonda le mani nei capelli dello sconosciuto e se lo tira sulle labbra, un bacio lungo e profondo, Jonghyun distingue le loro bocche che si aprono mentre si accarezzano.
È diventato una statua, vorrebbe scappare via ma non può fare rumore.
Ricorda il modo di baciare di Taemin, deciso, dai movimenti ondulati come le onde del mare, e non può fare a meno di sentire sorgere un velo di eccitazione, col cuore che aumenta i battiti. È tanto che non tocca nessuno, provava disgusto al solo pensiero prima di incontrare Taemin e Minho. Ora vede le mani dello sconosciuto che dalle spalle del ragazzino scorrono sul davanti, sotto la canottiera leggera, per accarezzare il suo petto, e Jonghyun diventa un fuoco.
Il bacio si interrompe e Taemin appoggia la nuca sulla spalla dello sconosciuto, esalando un sospiro sofferto perche le mani dell’ombra stanno sfregando i suoi capezzoli chiari che Jonghyun ha bene in mente e lo fanno rabbrividire.
Lo sconosciuto si piega ad assaggiargli il collo e Taemin lo lascia fare, tasta dolcemente i suoi capelli lisci e le braccia leggermente muscolose, respira sempre più velocemente e se non fosse per il corpo dietro di lui, di certo cadrebbe dalla sedia, da quanto si sta sporgendo all’indietro.
“Shh…” gli sussurra la figura in piedi.
“Prendimi, prendimi e basta.”
“Wae, wae… ti sono mancato? Pensavo che ti fossi stufato di me.”
“Mi sei mancato da morire.”
Jonghyun ignora i sussurri stentati di Taemin e si concentra sulla voce dello sconosciuto, sulla sua risata silenziosa.
È inconfondibile.
Spalanca gli occhi, si stacca dalla parete e indietreggia, senza fare il minimo rumore. Un altro passo indietro, un altro.

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Buonsalve a tutti! ^^ Pensavate che mi fossi dimenticata di aggiornare oggi eeehhh (in realtà sì mi ero dimenticata, me l'hanno ricordato lol).
Allora, per questo capitolo vorrei aprire un bel sondaggio!!! GUESS WHO???
Chi pensate che sia la misteriosa figura con Taemin alla fine del capitolo?
"Eheheheeee, ma è ovvio! .... o no?"

 
Forza forza, vediamo in quanti indovinano *___*

Intanto la Jongtae sguazza nel mare bleu bleu bleuuuu (quanto li amo sigh sob, va beh li amo tutti).
A proposito, spero che la fotina che ho scattato al mare e che ho messo in questo banner vi piaccia ;;3

Un saluto anche dal nostro bellisssssimo dottore! >.< Lasciate tanti commentini per Minhooooo
>
Buona serata a tutti! ;)
-Chiara 

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Capitolo 4
*** Mujun Razen - Spirale di paradosso ***



4. Mujun Razen – Spirale di paradosso
 
|Jinki|
 
“Vi ho visti.”
Jonghyun è sdraiato sulla solita poltroncina, fuma una sigaretta perché ormai lo psicologo ha smesso di insistere e glielo lascia fare. Sente che raddrizza la schiena, posa la cartellina con gli appunti.
“Hyung, vi ho visti, l’altra sera.”
Silenzio per un secondo.
“Oh.”
Sapeva che Jinki non avrebbe mentito, e nemmeno fatto finta di non capire. Ormai lo conosce bene, forse è quello che Jonghyun comprende con più facilità.
“Non l’ho fatto apposta.”
“Non fa niente Jonghyun. Sarei dovuto stare più attento.”
“Sono rimasto piuttosto… stupito, in realtà.”
“Non ne dubito.”
“Insomma, tu e…”
“Se vuoi oggi facciamo una pausa e… si beh, ti racconto un po’ io di me.”
Jonghyun spegne la sigaretta nel posacenere, si alza allegramente e va a fare alzare Jinki.
“Su, su…”
“Ma…”
“Avanti, inversione di ruoli.”
Prende possesso della sua poltroncina mentre lo psicologo si siede sul divanetto, ridendo.
“Spara tutto.” Lo incoraggia Jonghyun, imitando il suo modo di sedere a gambe accavallate. Jinki scuote la testa divertito, poi inizia.
“Vedi, io e Minho abbiamo studiato insieme. Ci conosciamo da quando andavamo alle elementari.”
“Wow, è un bel po’ di tempo.”
“Sì, lo è. Beh, ormai lo saprai, non ha avuto proprio un’infanzia felice. Parliamoci francamente, la sua famiglia è sempre stata un gran casino.”
“Un puttanaio.”
Jinki tace e acconsente.
“Taemin, beh… so che questo non aiuta molto la mia reputazione di psicologo integerrimo ma… mi sono innamorato di lui che era ancora un bambino. Gli sono stato vicino, ecco.”
“Te lo sei scopato prima che diventasse legale?” Jonghyun sfodera il suo famoso ghigno di perfetto combina guai e Jinki agita subito le mani.
“No, certo che no! Non l’ho toccato.”
“Tsk, fino ai diciotto anni immagino. Quanti anni ha ora?”
“…diciannove.”
Jonghyun scoppia a ridere.
“Merda… speravo ne avesse di più.”
“Perché?”
“Lascia stare, vai avanti.”
Meglio sorvolare riguardo ai pensieri impuri che gli sono venuti mentre si baciavano sott’acqua, ovviamente.
“Beh, gli sono stato vicino, un po’ come un secondo fratello.”
“Ma tu non sei suo fratello.”
“Esatto. Senti Jonghyun, cosa ti devo dire?”
“I particolari torbidi, avanti. Tu scavi nella mia vita rivoltandola come un calzino, suvvia.”
“Sì beh, con scarsi risultati fino ad ora…”
Jonghyun fa finta di niente.
“Gli ho dato il primo bacio a sedici anni. Poi però ho aspettato, non mi fraintendere. Non siamo mai arrivati a quel punto prima che Taemin fosse maggiorenne e responsabile di se stesso.”
“Se ho capito un po’ com’è fatto, quel ragazzino sarà impazzito nell’attesa.”
“Credo che il primo tutto di Taemin sia stato con me. Penso di essere ossessionato da lui, dalla prima volta che Minho me l’ha presentato.”
“Davvero, non riesco a capire come mai.”
“Noto del sarcasmo.”
Jonghyun sorride.
“Guarda hyung, da te una cosa del genere non me lo sarei mai aspettato.”
“Lo so, aish, nemmeno io da me stesso.”
“Voi strizzacervelli siete tutti fuori.”
“Come balconi.”
Jonghyun ci pensa su, poi guarda Jinki con diffidenza.
“Senti hyung… anche se siamo amici, no… questa è comunque una seduta di psicoterapia.”
“Sì.”
“Quindi quello che ci diciamo non esce da qui, vero?”
Un altro dei tipici silenzi assensi di Jinki.
“Beh, vedi… non so cosa gli sia preso ma… Taemin mi ha baciato, qualche giorno fa.”
“Oh sì, me lo ha detto.”
“Bwo?”
“Me lo ha detto la sera stessa temo.”
Piccolo bugiardo…”
“Non ti arrabbiare Jonghyun-ssi, Taemin non ha molti amici, generalmente parla solo con me o con Minho. No, fermo, non l’ha detto a Minho.”
Jonghyun si risiede sulla poltroncina.
“E come mai sei così tranquillo? Insomma, il tuo amore storico ha appena baciato un altro.”
“È un po’ che Taemin mi parla di te. E da ancora prima, mi ha detto che voleva provare a baciare qualcun altro, per vedere cosa si prova. Te l’ho detto, nella sua vita ci sono sempre stato solo io. È normale che sia curioso. È ancora tanto giovane, non mi permetterei mai di soffocarlo.”
“Anche tu sei giovane hyung.”
“Sì, ma è solo un bacio Jonghyun ed io mi fido di lui. Ti ha infastidito?”
“No… non me l’aspettavo ma… no.”
“Qual è l’ultima volta che sei stato in rapporti simili con qualcuno, Jonghyun-ssi?”
Il ragazzo alza gli occhi al cielo e sospira. Torna a sedersi sul suo divanetto mentre Jinki ride, perché i ruoli ormai sono tornati quelli di sempre e lui l’ha già capito.
“Non c’è mai stato nessuno, ok?”
“Non ti va di parlarne o davvero non c’è mai stato?”
“Non c’è stato.”
Jinki non è convinto, Jonghyun lo sa già senza nemmeno guardare.
“Scusami hyung.”
“E di cosa?”
“Proprio non ce la faccio. Non è testardaggine, è che… non voglio parlare di me, della mia famiglia… non voglio parlare di niente.”
“Non ti aiuterai così, lo sai vero?”
Jonghyun fissa il soffitto.
“Va bene, se non vuoi parlare… posso dirti due cose io?”
“Mh?”
“Vedi Jonghyun-ssi…” posa la cartelletta, unisce le dita delle mani. “Un’idea su di te me la sono fatta ormai, anche se non conosco i particolari del tuo passato. Hai dei sintomi ben evidenti, che mi hanno portato ad una conclusione di cui sono certo al… novanta percento.”
“È una statistica abbastanza alta.”
“Abbastanza. Hai mai sentito parlare di Tantofobia?”
“Bwo?”
“È la paura di perdere qualcuno che amiamo. A volte può diventare così forte, così intensa, da condizionare la nostra intera vita. Può diventare un’ossessione.”
Jonghyun inghiotte un groppo di saliva.
“Io non ho più niente da perdere, Jinki. Ho già perso tutto.”
 
.
 
|Jonghyun|
 
Jinki aveva ragione, Jonghyun adesso ripensa alle sue parole mentre conta le goccioline di siero che cadono lungo la flebo e si infiltrano nel suo braccio. Aveva ragione quando ha notato che Jonghyun non riesce più a piangere, e aveva ragione anche riguardo alle cose che non sapeva, che non poteva sapere. Intuiva il giusto guardandolo negli occhi, aggrappandosi alle parole smozzicate che Jonghyun non gli aveva detto.
Anche se non ha più niente, anche se più di così il fondo del barile non lo può raschiare, la paura rimane perché, malgrado tutto, non si può fare a meno delle persone. Non ci si può costringere a rimanere soli, nemmeno quando si è caduti così in basso da non poter più tornare a galla.
Solo in un letto di ospedale si capiscono certe cose.
Che non si torna indietro, e il mondo gira come vuole lui, che lo vogliamo o no.
 
.
 
|Minho|
 
Il telefono fisso non squilla praticamente mai in casa, quindi quando entra in salotto e sente la suoneria intermittente, si stupisce. Appoggia la borsa della spesa e inizia a salire le scale, verso la cucina.
“Jonghyun-hyung?” è scalzo, si è tolto le scarpe all’ingresso e non riesce a trovare le ciabatte.
“Hyung?” chiama ancora. Vede dal corridoio che Jonghyun ha risposto al telefono a muro, ora ha le labbra aperte e ascolta, la cornetta ben premuta contro l’orecchio.
“C-come fai a sapere che sono qui?”
Minho si ferma, la voce di Jonghyun è piena di terrore. Il cuore del giovane dottore manca un battito.
“Cazzo…” Jonghyun l’ha visto. Per qualche assurdo motivo, si tiene ben stretto il ricevitore senza fili e corre a chiudere la porta della cucina in faccia a Minho, lo scatto del più giovane non è bastato. Strattona con forza la maniglia, ma il ragazzo l’ha chiusa a chiave.
“Hyung! Che succede?” sbatte un pugno sulla porta vetri, riesce a vedere l’interno della cucina, anche se un po’ sfocato a causa della finestrella opaca.
“N-non credere che io… no! Sei un figlio di puttana!”
“Jonghyun!” Minho vede con orrore il più grande che getta con violenza il telefono a terra, sente il rumore della batteria che esce dal ricevitore e dei pezzi che si sparpagliano in giro.
Jonghyun si appoggia al tavolo al centro della stanza, trema come una foglia e ha lo sguardo spiritato.
“Hyung ti prego, apri questa fottuta porta!” la strattona, sta pensando di rompere il vetro con un calcio, sta valutando quanto è spesso.
“No, no… io non ce la faccio così…”
“Merda hyung APRI!”
“Hyung!” dietro a Minho corre Taemin, deve aver sentito i rumori ed è uscito dalla sua stanza.
Incredibile, Taemin è uscito dalla sua stanza mentre c’è altra gente in casa.
Il cervello di Minho lo realizza in un istante, poi lo afferra per le spalle.
“Tae, vai a prendere le chiavi di scorta!”
“Dove…”
“Giù, nel ripostiglio, vai!”
Il ragazzino sta già caracollando per le scale. Minho si mette le mani nei capelli.
La paura gli attanaglia il cuore, entra nelle sue vene e si diffonde come un virus letale, quando vede Jonghyun che afferra un bicchiere e poi sente il tintinnio metallico del vetro che va in mille frantumi.
“No, Jonghyun! Kim Jonghyun, giuro che butto giù la porta!”
Taemin fai presto, perché questa cazzo di inutile casa è così grande!
“Jonghyun ti prego!” dà un calcio alla porta vetri, la sente vibrare. “Entro a spallate, lo giuro su Dio! Cazzo…”
Jonghyun lo sta guardando, gli occhi rossi e le mani tremanti proprio come quando è fuori di sé.
Quando lo spettro si impossessa di lui.
Ha raccolto da terra il pezzo di vetro più grande.
“Jonghyun… non lo fare. Io ti amo.”
Il ragazzo nella stanza sembra rinsavire per un momento, sbatte le palpebre più volte, si passa il dorso di una mano sudata sugli occhi.
“Te l’avevo detto di non innamorarti di me, Minho.”
“Ti amo. Ti prego, ne usciremo insieme. Fammi entrare Jonghyun, fammi entrare e si risolverà tutto.”
“Non cambierà niente.”
“Merda… Jonghyun, NO!”
Quasi la rompe davvero la porta, dalla violenza con cui strattona la maniglia quando vede Jonghyun che appoggia il polso della mano libera sul tavolo, rivolto verso l’alto, e poi ci conficca la punta scheggiata del bicchiere rotto.
Arriva Taemin ma al ragazzino tremano le mani, allora Minho lo aiuta e in un secondo sono dentro. Un secondo di troppo però.
 
.
 
È come nei suoi incubi. Fuori ha iniziato a piovere e sulle mani ha il sangue di Jonghyun che scorre copioso. Il rosso gli riempie gli occhi, il cuore di Minho martella nelle sue orecchie, mentre tampona con decisione il polso martoriato del più grande. Non riesce a parlare.
Taemin gli allunga dello scottex pulito, ma non serve a niente. Jonghyun ha mirato per bene e ha premuto in profondità, come un vero esperto. Ha anche tirato un po’ verso l’alto, in quella scintilla di follia che lo porta a farsi del male, non si sa per chi o per cosa.
Minho una cosa del genere non la concepisce, davvero non ci riesce.
Lo trova stupido e odioso e dannatamente inutile.
“Non è così che ti libererai di me hyung. Non è così che ti lascerò risolvere i tuoi problemi.” Sono seduti a terra, Jonghyun ha la nuca appoggiata al frigorifero e guarda con occhi vacui le mani di Minho che lavorano con foga.
“Hyung, il sangue…” non ha mai sentito la voce di Taemin così incerta, così spaventata.
“Tae, la ferita va suturata, chiama il numero del dottor Park, ok? È nella mia rubrica, il cellulare è di sotto.”
“Ma io…”
“Tae, per favore.”
“Ok.”
“Aish…” Minho ha la vista annebbiata, combatte contro le lacrime e contro la voglia di gridare. Il sangue scorre copioso, sta gocciolando sul pavimento. Ne ha visto tanto di sangue, ma questo gli fa troppo senso.
“Ti macchi i pantaloni…” sussurra Jonghyun, con voce roca.
Minho alza la mano, ha davvero l’istinto di colpirlo con un pugno. Si trattiene per miracolo.
“Porca troia hyung, perché cazzo l’hai fatto.” Gli trema la voce. “Fanculo.”
Jonghyun sospira e chiude gli occhi.
“Ho un conto in sospeso.”
“Non ho più voglia di stare a sentire le tue stronzate. Chi cazzo era al telefono?”
“Il mio passato che mi cerca.”
Si guardano negli occhi e si sfidano.
“Non ti lascerò vincere hyung. Passerai le pene dell’inferno con me, davvero.”
Jonghyun sorride mesto.
“Come se non le stessi già passando.”
Minho deglutisce a fatica, si sente di merda.
“Non è per colpa tua Minho, davvero.” La mano sana di Jonghyun si alza, gli dà due carezze tra i capelli e Minho smette un attimo di tamponare il sangue, è la prima volta che il più grande fa un gesto carino nei suoi confronti.
Le lacrime si liberano dai suoi occhi prima che riesca a trattenerle, le scaccia via subito.
“H-hyung… dico sul serio…”
“Lo so Minho, ma non c’è niente che tu possa fare. Te l’ho detto, l’amore non esiste se ci sono di mezzo io.”
“E chi te lo dice, eh?” Minho vorrebbe risultare minaccioso, avvicina il viso a quello di Jonghyun, così vicino non si è mai spinto, ma ormai non ha più freni, è lui contro tutti.
La mano di Jonghyun sale ancora e gli accarezza uno zigomo, mentre i suoi occhi vacui si riempiono di tristezza.
“Mi ero innamorato, Minho. Era l’amore della mia vita e avevo tutto. Guardami ora. Questa non ti sembra una prova sufficiente?”
Minho si allontana, sconfitto.
Arriva Taemin e dice che ha chiamato, saranno lì in una mezz’ora.
Per lavare via il sangue di Jonghyun e richiudere quella cazzo di ferita, ancora una volta.
 
.
 
|Taemin|
 
La pioggia ticchetta fuori dalla finestra. Non fa freddo, ma è tutto buio anche se è ancora metà pomeriggio. Che estate strana, ne parlano tutti.
Eppure è bella lo stesso, c’è il mare che accoglie allegramente le gocce di pioggia e si gonfia, salgono i cavalloni alzati dal vento.
Taemin si è seduto sul letto, non dice niente. Jonghyun è sveglio e non apre bocca, è perso nel suo mondo. Taemin gli accarezza l’avambraccio con un dito e vede che si riempie di pelle d’oca.
È preso da un moto di nervosismo quando vorrebbe seguire le belle vene di Jonghyun fino alla mano ma incontra la fasciatura stretta all’altezza del polso.
“Hyung… mio fratello sta cercando di rintracciare la chiamata. Ma Jinki dice che è un casino, sai, per la privacy.”
Jonghyun non risponde, manda giù un groppo di saliva.
Taemin si china su di lui, lo costringe a guardarlo in viso. Si appoggia al suo petto e sente il silenzio, si lascia penetrare dalla profonda inquietudine che permea la stanza. Suo fratello gli ha detto che le persone emanano una precisa aura, e che l’atmosfera è importante per guarire. L’atmosfera che emana Jonghyun non va affatto bene.
“Hyung, perché non vuoi l’amore di mio fratello? Non ti sembra crudele, da parte tua, comportarti così?”
“Non è che non lo voglio… è che non c’è speranza.”
“Per Minho c’è sempre speranza, lui non si arrende mai. E poi, se fossi così sicuro… ti saresti già affogato, no? O ti saresti buttato da un palazzo. Tu invece hai paura di morire, non è vero? Non puoi fare a meno di avere paura, allora ti fai del male e basta. Ma così fai del male anche a mio fratello, e questo non lo sopporto. Mi fai incazzare, hyung.”
Jonghyun ride sommessamente. Accarezza i capelli morbidi di Taemin con la mano fasciata.
“Ah, Tae… siete proprio gente strana voi.”
“Senti chi parla.”
Taemin ha abbassato la voce. Chiude gli occhi e si china su Jonghyun, gli lascia un bacio lento sulle labbra, un bacio che diventa più profondo quando le mani del più piccolo afferrano i lati del suo viso, e che poi sale di quota quando Jonghyun si mette a sedere, come il volo di un gabbiano.
“Taemin, tu ami Jinki, non è così?” chiede Jonghyun, una volta che si separano. I baci di Taemin non lo inquietano più, lo rendono più leggero.
“Sì, lo amo.”
“Allora perché non vai da lui? È di sotto, no?”
“Jinki non ha bisogno di me, tu sì.”
“Dovresti stare con lui e basta, per come la vedo io.”
“L’amore ha tante forme hyung. Amo anche l’oceano, ma non è che sto con lui sempre.”
“Anche io amavo qualcuno, e non volevo mai separarmene. Ancora adesso, mi sembra che mi manchi l’aria.”
“È per questo che ti fai del male, hyung?”
“Taemin-ssi… se te lo dico, mi prometti che manterrai il segreto questa volta?”
“Quando mai non ho mantenuto un segreto?”
Jonghyun alza gli occhi al cielo.
“Fidati di me, hyung.”
Jonghyun scuote il capo e decide di lasciarsi andare. Se non lo dice esploderà, sente le parole che si accumulano in modo inaspettato all’imboccatura dello stomaco e premono per uscire.
“Me l’ha detto lui. L’ultima volta che ci siamo visti.”
“Prima del tuo incidente?”
“Non è stato un incidente quello…”
“No, infatti. Volevi sparire, non è così?”
“Me l’ha chiesto lui di sparire.”
“La persona che amavi?”
“Sì.”
“È questo il tuo conto in sospeso, hyung?”
“Non voglio dargli la soddisfazione di poter dire che sono un codardo.”
“Perché morire così hyung, ti sembra una cosa coraggiosa?”
Jonghyun si morde un labbro, sente uno strano pizzicore agli occhi, è punto sul vivo.
“Non è solo una questione di orgoglio e di testardaggine, Taemin. Io lo amavo davvero. E senza di lui non sono niente.”
“Sei tu. Quando ti ho conosciuto, eri già solo no? Non mi sembri poi una persona così terribile, anzi. Tu sei tu Jonghyun, e non ti facevo un tale rammollito. Alzati da questa merda di letto e vai a bruciargli la macchina, disegnagli un pene sulla porta di casa, no?”
Jonghyun suo malgrado ride, scuote il capo.
“Cazzo ragazzino, ma chi ti ha cresciuto così?”
“Vado a letto con uno strizzacervelli da quasi due anni, di che ti stupisci.” Non è nemmeno una domanda.
“Sparisci…” sorride Jonghyun, e lo caccia via sul serio, se lo scrolla di dosso con decisione. Taemin si alza dal letto, ma non ha ancora finito.
“Hyung, è l’ultima cosa che ti chiedo, davvero… era il tuo primo amore? Il figlio di puttana che ti ha rovinato la vita.”
Il sorriso di Jonghyun si spegne. Si stringe il polso ferito e lotta per ritrovare la voce.
“Sì. Era quello, e molto altro.”
Taemin unisce le mani dietro la schiena, abbassa lo sguardo.
“Beh hyung… sappi che il primo amore di mio fratello sei tu.”
Si guardano per l’ultima volta e Taemin sfodera il suo sorriso che non promette niente di buono, poi esce dalla stanza.
 
.
 
A volte me lo sono chiesto, quanto in là mi dovrò spingere?
[Sento una voce che mi dice ‘non mollare’,
la tua voce.]
‘La tua felicità è anche la mia’.
Quelle parole,
me le ricorderò per sempre.
In questa sporca città,
tu sei la persona che
si unisce alle stelle,
e mi mostra qualcosa di bello.
Ti proteggerò per sempre,
così che tu non perda mai
ciò che hai di più prezioso
vicino al tuo cuore.
 
.
 
|Jinki|
 
Jinki lo osserva ed è sinceramente preoccupato. È tanti anni che non lo vede così, con le sopracciglia corrucciate e lo sguardo tetro. Si è fatto schioccare tutte le dita e ora continua a massaggiarsele, stringendo i pugni e la mascella.
“Minho-ssi, mi stai facendo venire il mal di testa.”
“Scusa hyung, è che lui è là sopra con un braccio tagliato, di nuovo, e io mi sto chiedendo che cosa cazzo io sia stato qui a fare in questo ultimo mese.”
“Non è colpa tua.”
“Avrei dovuto spaccare la porta.”
“Così portavamo te all’ospedale poi.”
“Anzi no, avrei dovuto spaccargli la testa, così rinsavisce.”
“So che ti dispiace. Ti sei innamorato di lui, vero?”
“Fanculo.”
“Penso che sia venuto il momento che tu e lui parliate chiaramente.”
“Gli ho detto che lo amo, più chiaro di così…”
“E lui?”
“Lui si è conficcato un pezzo di vetro nel polso.”
“So che è dura Minho, ma questo non c’entra niente con te. È colpa di quello che gli è successo prima di conoscerti.”
“Sì ma ora mi conosce, eppure non mi parla. Ho tentato in tutti modi di farlo parlare, ma è come…”
“Ha paura.”
“Parla più con Taemin che con me.”
“Proprio perché sente che tu sei serio riguardo a ciò che provi, ha paura di accettarti per come sei. La tua sincerità lo spiazza Minho, non ci è abituato.”
“Ma che gli hanno fatto per ridurlo così?”
Jinki sospira.
“Non dovrei dirtelo Minho, sono riflessioni riservate che non dovrebbero uscire dal mio studio.”
Gli occhi del giovane medico si spalancano.
“Ti ha detto qualcosa?”
“Quanto basta.”
“Parla, avanti!”
Jinki si sporge verso l’amico, abbassa la voce e Minho trattiene il fiato.
“Lo stanno inducendo a farlo, Minho. Qualcuno di molto vicino, qualcuno a cui lui teneva più di ogni altra cosa. Doveva fidarsi ciecamente di questa persona, tanto da fare tutto quello che gli diceva. Per qualche strana ragione, questo tizio ad un certo punto l’ha abbandonato al suo destino. Prima diceva di amarlo e gli dava tutto ciò di cui aveva bisogno, poi invece, di punto in bianco, l’ha lasciato solo. Questo può causare un trauma devastante, in una mente già predisposta. Ti crolla il mondo addosso.”
Minho non riesce ad aprire bocca, sente che gli gira la testa.
“E poi…”
“Poi cosa?”
“Come se non bastasse, credo che questa persona lo stia inducendo al suicidio. Jonghyun è testardo, è orgoglioso… ci sta cascando sul serio, Minho. Dobbiamo fare qualcosa. Ma il vero problema, sai qual è?”
“Quale?”
“Che è un reato. L’induzione al suicidio è un reato bello e buono.”
“Lo ammazzerò con queste mie stesse mani Jinki, lo giuro.”
“Shh, non dire sciocchezze. Adesso devi occuparti di Jonghyun e basta. Lo aiuteremo Minho, fosse l’ultima cosa che faccio.”
Jinki gli prende le mani, lo fa smettere di tentare di conficcarsi le unghie nella pelle.
“Ti prego Jinki, dobbiamo capire chi è. E poi gli voglio spaccare la faccia, per quello che ha fatto a Jonghyun.”
“Te lo concedo.”
“E adesso voglio andare ad abbracciarlo.”
“Sì Minho, però sii gentile con lui. Davvero, secondo me ci tiene a te, ma non può permettersi di ricaderci un'altra volta, capisci? Ha paura di perderti, di essere tradito di nuovo.”
“Non lo tradirò…”
“Io e te lo sappiamo, ma Jonghyun? Mettiti nei suoi panni.”
Minho stringe i denti e annuisce, abbassando lo sguardo.
È in quel momento che i loro sussurri malcelati si interrompono e Jonghyun entra nel salotto, camminando piano. Si sta infilando la camicia, va verso la porta di casa senza guardare nessuno. Minho scatta in piedi.
“Hyung, dove…?”
“Devo prendere una boccata d’aria. Non farò niente di stupido, puoi rilassarti.” Il suo tono è burbero come sempre, ma Minho nota gli occhi rossi e le labbra morsicate.
Chiede aiuto a Jinki con lo sguardo, mentre Jonghyun esce di casa e la porta si richiude con un tonfo.
“Vagli dietro, ma da lontano. Giusto per precauzione, arasso? Se hai bisogno chiamami.”
Minho annuisce.
Usa tutta la sua forza di volontà per non mettersi a correre. Vorrebbe solo riacciuffarlo, dargli una bella scrollata e stringerselo addosso per il resto dei suoi giorni.
 
.
 
|Minho|
 
Decide di uscire allo scoperto quando Jonghyun arriva al mare, stringe i pugni e fissa i cavalloni prepotenti. Il vento è così forte che solleva la sabbia, mozza il fiato e fa bruciare gli occhi. Lo chiama, non sa nemmeno se l’ha sentito perché un’onda bianca si è schiantata a riva. Piove forte ora, fa freddo e Jonghyun indossa solo la canottiera e i pantaloncini.
Lo prende per le spalle, non ha più parole da dirgli. Jonghyun lo guarda, non sa se sono gli schizzi della marea, la pioggia o il vento, ma ha le guance bagnate. Minho gliele bacia entrambe e il più grande lo guarda con occhi inequivocabili.
Aiutami.
Abbassano lo sguardo perché fissarsi in viso è imbarazzante, ora che tutte le difese sono crollate, ora che sono entrambi allo scoperto.
“Vieni qui…” dice Minho contro al vento, e lo abbraccia stretto. Jonghyun ricambia e per la prima volta Minho sente la forza delle sue braccia attorno alla vita, le dita che si aggrappano alla maglietta, stropicciandola sulla schiena.
“Hyung.” Gli bacia una spalla, poi volta il viso e le labbra di Jonghyun sono lì.
Se le è immaginate mille volte, nel dormiveglia prima di addormentarsi, quando la mente purtroppo lavora da sola e non c’è verso di fermarla.
Le incontra e il vento ulula nelle sue orecchie, nel suo cuore, la testa diventa leggera, non fa freddo perché Jonghyun è ovunque e la sua bocca è morbida e calda e lo invade così piacevolmente da togliergli il fiato. Gli affonda le mani nei capelli castani e si rifiuta di aprire gli occhi, ne vuole di più, si spinge contro di lui con tutto quello che ha e capisce che è la fine, è un sogno.
Sobbalzano entrambi e si separano quando un suono così intenso da rompere i timpani li sovrasta, poi un altro, e un altro dopo pochi secondi. Sono fulmini che scoppiano sul mare, così vicini che non c’è praticamente distanza di tempo tra la luce e il tuono.
Minho se lo stringe ancora, Jonghyun è più basso e la sua guancia ci sta alla perfezione appoggiata al suo petto. Guardano i lampi che si ramificano, l’istante in cui esplodono sembrano sottilissimi alberi giganti dalle mille braccia, luminosi, così tanto da mettere in luce uno spicchio di mare e uno spicchio di nuvole, facendo risaltare la pioggia che cade a scrosci, copiosa.
“Hyung sei fradicio.” Gli bacia il capo, non può smettere di baciarlo.
“Mh?”
“Sei fradicio!”
Un’onda si schianta ai loro piedi, era alta e scura mentre arrivava.
“Non ho mai visto una tempesta sul mare così da vicino.” Lo sente sussurrare, non sa nemmeno come ha fatto a sentirlo.
“Andiamo via, neh?”
“Minho…”
“Dimmi.”
“Sono contento che tu ti sia innamorato di me.”
Il cuore di Minho è esploso ed è diventato quel fulmine terrificante e bellissimo che si è scaricato al largo tra le onde, poi si è sciolto e adesso piove su di loro e si confonde con il sale e il vento.
Ride di gioia e lo bacia ancora, velocemente. Jonghyun gli regala il primo, vero sorriso che Minho gli abbia mai viso in viso, ed è così bello che si sente morire.
 
.
 
Fanno l’amore in silenzio e i fulmini che scoppiano vicino al mare illuminano i loro contorni, mentre ogni altra luce è spenta. Tengono gli occhi aperti, è Minho a dettare il ritmo e va piano, si vuole godere quel momento perché è qualcosa di insperato. Sta sopra Jonghyun e continua a baciarlo, sorridono bocca contro bocca ed è sicuro, nemmeno lui sta provando dolore. I bicipiti di Jonghyun sono tesi e le sue dita vanno su e giù per la schiena di Minho. Il più giovane preferisce aggrapparsi saldamente alle sue cosce per tirarlo più vicino, per manovrarlo con più facilità, anche se non c’è molto da manovrare, Jonghyun è perfetto così com’è.
“Ti piace?” chiede Jonghyun, inaspettatamente. Minho lo bacia prima di rispondere, si gode un suo respiro spezzato perché ha appena spinto dentro di lui, dove sa che è più piacevole.
“Vale per tutte le volte che me lo sono immaginato.”
Jonghyun ride.
“Bwo? Te lo immaginavi?”
“Di continuo…”
“Porco.” Ridono e tornano a baciarsi, mentre Minho si muove deciso e poi deve stringere i denti perché sta diventando troppo. Jonghyun flette gli addominali e lo asseconda, piegando le ginocchia dietro la sua schiena.
“Minho… è solo perché sei tu.” Ora è serio.
“Lo so.”
“Questo non significa che riuscirò ad amarti.”
“Lo so Jonghyun, potresti chiudere quella cazzo di bocca adesso?”
“Yah…” ma sta sorridendo, lo prende per la nuca e se lo tira addosso per baciarlo.
“Jonghyun, Taemin mi ha detto…”
“Dio, ora chi è che parla troppo?”
“Scusa, è che…” proprio non ce la fa a stare zitto. “Mi ha detto che il bastardo che ti ha fatto questo…” gli accarezza i polsi, glieli afferra e li porta sopra la sua testa. Jonghyun gli mostra i denti, poi Minho riprende a spingere e il più grande si distrae. “Il bastardo che ti ha fatto questo… ne eri innamorato, vero?”
“Minho…” un ringhio.
“Ti amo.” Gli bacia il collo, poi scende. Sente Jonghyun che tira, tenta di liberarsi dalla sua presa, ma le mani di Minho tengono le sue braccia ancorate al cuscino.
“Non ti deluderò, non io.”
Jonghyun non risponde, apre la bocca e il suo respiro si fa affannoso. Minho si rende conto che anche lui sta per raggiungere il limite, non riesce più a pensare, va più veloce.
Gli lascia liberi i polsi, gli afferra un braccio e glielo divora con le labbra, bacia lungo ogni cicatrice, con foga. Poi drizza la schiena e posa le mani sugli addominali di Jonghyun, li accarezza e li sente irrigidirsi.
“M-Minho, io…”
Il più grande gli afferra gli avambracci con forza.
Un ultimo bacio sulle labbra, poi i loro occhi si chiudono e l’ennesimo fulmine esplode sul mare.
 
.
 
Abbiamo fatto l’amore solo una volta, io e te,
ma è bastata per tutte quelle che invece ci siamo solo immaginati.
Non è così?
 
.
 
|Jonghyun|
 
Jonghyun passeggia per la sua stanza d’ospedale.
Paradosso.
Tutta la sua vita è stata solo un grande, enorme paradosso. L’amore per Minho, ad esempio, che non potrà mai nemmeno essere amore perché lui non ne è più capace. Eppure è intenso, è un desiderio che non lo abbandona mai nemmeno adesso che è circondato dal bianco ed è in alto e vede la città e non sa nemmeno a che piano è, non se lo ricorda. Trovarsi lì è un paradosso, dopo tutto quello che gli è capitato. Aver fatto l’amore con Minho come quella sera, durante la tempesta di fulmini, è un paradosso. Tutto ciò che è successo dopo, è un paradosso.
È un vortice che Jonghyun non vorrebbe rivivere più, vorrebbe poter tornare sull’altro pianeta, quello in cui è con Minho e fuori piove, oppure quello in cui bacia Taemin sott’acqua. Vorrebbe tornare indietro e non svegliarsi più.

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[La citazione in corsivo circa a metà capitolo è tratta dalle lyrics della canzone di Ayumi Hamasaki 'Free & Easy' che adoro.]
Ed eccoci al penultimo capitolooo >.< Mi dispiace già che questa mini stia per volgere al termine <3 Ci sono così affezionata ;; I miei bimbi *coff* 
Col Guess Who della settimana scorsa siete stati bravissssssimi!! In realtà volevo vedere quante testoline perverse mi seguono hehehe (vi ho beccati, voi che avete pensato all'incesto!!! kkkk).
Per questa volta vi lascio un'altra domanda, forse più semplice. Se avete colto con che criterio sto creando i banner, mi saprete sicuramente dire chi troveremo nel prossimo ed ultimo capitolo! ;)
Detto questo..... madonna i feels che ho per la OnTae D:

E sul nostro Min, come la vedete? Secondo voi ha conquistato la preda?

Questo capitolo è davvero quello centrale, considero il prossimo una sorta di epilogo infatti. Spero che vi sia piaciuta la 'Tempesta di Fulmini' ;) Sono davvero curiosissima di sapere le vostre osservazioni sul capitolo!
Come si comporterà ora il nostro bellissimo triste puppy? ;;;33 *Chiara controlla il fangirleggiamento* 

Grazie a chi mi ha seguita soprattutto a chi mi ha recensita fino a qui!!
- Chiara

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Capitolo 5
*** Boukyaku Rokuon – Registrazione dell’Oblio ***


5. Boukyaku Rokuon – Registrazione dell’Oblio
 
 
|Minho|
 
Jonghyun ha allargato il braccio e sulla sua spalla si è comodamente appoggiato Minho, mezzo addormentato. Non si sono nemmeno coperti, sembra che la pioggia stia lentamente scemando. È anche ora, sono gli inizi di agosto, il sole prima o poi deve arrivare.
“Hyung…”
Jonghyun gli risponde con un grugnito. Sta così bene, ha la mente così annebbiata che ogni minimo cambiamento lo infastidisce. La posizione è perfetta, il fisico asciutto di Minho contro al suo è perfetto, il materasso è perfetto.
“Io sono sinceramente innamorato di te. Sul serio.”
“Sei ubriaco?” Jonghyun trova quella frase così assurdamente sdolcinata che si mette a ridere, gli scosta una ciocca di capelli scuri dalla fronte e osserva la guancia del più piccolo che si gonfia contro al suo petto.
“No che non lo sono…” Minho sbatte le lunghe ciglia e si tira su, per riprendere un po’ di lucidità. Jonghyun incrocia le braccia al petto e aspetta. “Una volta mio padre mi ha detto, ‘nessuno ti amerà mai come tu ami lui.’ All’inizio mi è sembrata una stronzata…” Minho sorride un secondo, poi prosegue. Prende la mano di Jonghyun tra le sue e giocherella con le dita. “Adesso ho capito hyung. Quando ho visto i tuoi occhi che hanno smesso di brillare… l’ho capito.”
“Vedi, Minho, io vorrei davvero…”
“Hyung, parlami di te. Dove sono i tuoi parenti? Hai un lavoro?”
Jonghyun gli accarezza una guancia. Quel ragazzo è così tenero che…
Gli viene in mente quando l’ha visto la prima volta, con in braccio i bambini.
“Mia mamma e mia sorella mi mancano, ma non posso tornare da loro, non così. Sì, l’avevo un lavoro. Ed era quello che ho sempre sognato.”
“E poi hyung?” parlano a bassa voce, Minho tenta disperatamente di non rompere la magia.
“La persona che amavo… è stata lui ad offrirmi quel lavoro. Ha detto che credeva in me… che idiota, e io lo sono pure stato a sentire.”
“Che cosa è successo?”
“Per un po’ è stato tutto perfetto. Ho guadagnato parecchio, e lui era tutto quello che non avevo mai osato chiedere. Gli ho dato tutto e… mi sono ritrovato con niente.”
Jonghyun sorride, gli trema un po’ la mano. Minho si china e lo bacia con lentezza, senza trovare modo più immediato per confortarlo.
“Jinki dice che è per colpa sua che hai tentato di... Dice che ti sta obbligando a farlo.”
“È colpa mia, sono testardo.”
“Hyung… ti ha lasciato solo sul ciglio di una strada… ancora lo difendi?” non è un rimprovero, Minho è solo turbato.
“Non lo sto difendendo. Mi voglio vendicare. Quando… quando capirà quello che mi ha fatto, si ritroverà con le mani sporche del mio sangue e forse solo a quel punto, sarà davvero consapevole di essere una merda.”
“Non ne vale la pena Jonghyun.” Minho scuote il capo, gli accarezza la clavicola. Jonghyun distoglie lo sguardo.
“Me ne devo andare, Minho.”
“Bwo?”
“Non posso rimanere per sempre, lo sai.”
“Per me puoi eccome.”
“Grazie.” Jonghyun gli dà un bacio, velocissimo. “L’altro giorno, al telefono, prima che arrivassi… ormai sa dove sono. Mi ha proposto di tornare a lavorare. Penso che… penso che accetterò, Minho.”
“Cosa? Tornare da lui?”
“Sì.”
“Jonghyun… forse non ti rendi conto di quello che ti ha fatto.” Minho adesso alza la voce, è incredulo. Il più grande gli mette una mano sulle labbra.
Ascoltami per un momento. Non mi va che venga qui, ok? Non mi va che ti veda, o niente di simile. Non sparirò, lo prometto. Ti… ti verrò a trovare appena posso.”
“M-ma…”
“Minho, il mio lavoro lo rivoglio indietro. Scrivo canzoni, capisci? Non so se ne sarò ancora capace ma… ci devo provare.”
“Non con lui.”
“Lo so, ma abbiamo un conto in sospeso. Non sono ancora morto, Minho.” Jonghyun gli stringe i capelli sulla nuca, Minho è disgustato solo all’idea.
“Jonghyun, ti ha abbandonato su una strada a morire. Ti ha indotto lui a farti del male. Tutto questo è perseguibile per legge, te ne rendi conto? Quell’essere è un assassino.”
“Come fai a dirlo, se nemmeno lo conosci?”
“Conosco te e questo è più che abbastanza.”
“E se io fossi malato? Se fossi fuori di testa?”
Minho è stanco di parlare, è stanco di provare a farlo ragionare. Lo bacia con foga e lo getta tra le lenzuola, gli si butta addosso e inizia a farsi spazio tra le sue ginocchia.
“Minho, so che devo sembrarti impazzito… ma lasciami fare, ok? Continuerò ad andare da Jinki e… cazzo, Minho!”
È dentro di lui e ora sì, che è tutto come dovrebbe essere. Lo mette a tacere con un bacio e la discussione si perde tra i gemiti.
 
.
 
|Minho, Jinki, Taemin|
 
Stanno seduti davanti al mare.
Ci sono – nell’ordine – Jinki, Taemin, Jonghyun e Minho. C’è tanta gente in spiaggia anche se è sera. Finalmente c’è bel tempo, nonostante i danni provocati dalla tempesta del giorno prima. Sono cadute delle palme, qualche cartello stradale è stato divelto e le spiagge sono da sistemare.
Il maltempo non ha fermato i fuochi d’artificio però, e quella sera i villeggianti li vogliono vedere. C’è stato il sole, sembra quasi estate. L’acqua del mare che gli lambisce i piedi è ancora calda. Le figure si distinguono a malapena, c’è musica sul bagnasciuga. A mezzanotte inizia lo spettacolo pirotecnico. Non c’è nessuna festività particolare, forse c’è solo tanta voglia di dare inizio all’estate, quella vera, senza più nuvoloni.
“Allora te ne vai. Torni alla tua vita precedente?” Taemin si stringe le ginocchia ossute al petto. Minho e Jonghyun hanno tra le labbra una sigaretta, hanno deciso di fumarne una insieme, come la prima volta sul terrazzino dell’ospedale. Anche le ferie del giovane dottore sono giunte al termine, i suoi bambini lo aspettano.
Si sente diverso, lo deve ammettere. Prima quei bambini erano tutto il suo mondo, ora gli dispiace, si sente un verme, ma Jonghyun si è fatto spazio tra loro con inaudita prepotenza.
“Così sembra.” Risponde Jonghyun, godendosi la sua sigaretta.
“Non se ne andrà molto lontano, puoi starne certo.” Minho gli mette un braccio attorno alle spalle e se lo tira più vicino, continuando ad osservare il mare.
“Confermo.” Sorride Jinki, guardandoli con aria paterna.
“Jonghyun… ci conto.”
“Proteggi tuo fratello Taemin, ok? È un tale casinaro…”
“Non lo farò, hyung.” Jonghyun e Minho lo guardano sorpresi. Jinki invece lo conosce troppo bene e ride. “Lo affido a te, adesso. Mi raccomando.” Taemin gli riserva uno sguardo arguto, poi gli ruba la sigaretta dalle labbra.
“Yah!”
Jinki gliela toglie di mano e la spegne subito nella sabbia.
“Yah!” si lamentano in coro, Taemin e Jonghyun.
“Ehi tu, giraffa… dammene un po’.” chiede subito Jonghyun a Minho, avvicinando le labbra alle sue. Il giovane dottore non riesce a resistergli, gli fa tirare una boccata.
Taemin gonfia le guance, imbronciato.
Iniziano i fuochi d’artificio, per un attimo tutti esprimono il loro stupore, tra le grida estasiate dei bambini e gli applausi. Le scintille sibilano, scoppiano e poi cadono sul mare. Minho e Taemin, i due fratelli, si alzano per ammirarle. Minho inizia a scompigliare i capelli del più piccolo, si sfidano in una dolce battaglia di pizzicotti e carezze.
Jonghyun rimane seduto con Jinki, a godersi lo spettacolo.
“Jonghyun-ssi, mi dispiace dirtelo ora, ma temo che sia la mia ultima occasione.”
Il ragazzo si volta stupito a guardare lo psicologo.
“Sai, per la tua malattia… per quella del corpo, intendo. Si può curare. Dovresti davvero farlo, Jonghyun-ssi. Per Minho. Per te.”
“Hai giurato di mantenere il segreto, Lee Jinki. Me l’hai giurato.” Sibila Jonghyun, improvvisamente teso.
Il più grande annuisce, con un velo di tristezza negli occhi.
“Prendi in mano la tua vita Jonghyun. Puoi fare qualsiasi cosa, se solo vuoi. Metti te stesso prima di ogni altra cosa. Prima del lavoro, prima di quello stronzo che odi così tanto… pensa a chi ti ama davvero.”
Jinki gli stringe una spalla, e Jonghyun si tranquillizza. Percepisce la sua voglia di trasmettergli forza.
“Grazie hyung.”
“Non ringraziarmi… obbedisci e basta, arasso?”
Tornano Minho e Taemin, si buttano ognuno tra le braccia del compagno e la serata finisce con uno scoppio di risa e dei baci a stampo.
 
.
 
|Minho|
 
Jonghyun alla fine se ne è andato.
Si è portato con sé ogni cosa, però ha fatto la valigia ed ha preso un treno. Si è lasciato il mare alle spalle, senza salutare nessuno perché i saluti sono qualcosa che non concepisce. Uno c’è e poi non c’è più e basta, non serve star male inutilmente.
Minho l’ha tempestato di telefonate, e anche Jinki. Taemin ha preferito i messaggi, è quello che si è fatto sentire di meno, ma comunque a Jonghyun è bastato.
È sopravvissuto.
Una settimana intera.
Una settimana che è durata millenni.
È stato con i suoi spartiti, ha scoperto di avere ancora un cuore, è incredibile. Senza cuore la musica non ti tocca, se ne sta ben lontana, e invece l’ha riaccolto come un vecchio amico. Non smetterà mai di sorprenderlo.
Ha rivisto anche lui.
È in quei momenti, che ha la voglia di conficcarsi qualsiasi cosa sia a portata di mano in tutte le vene delle sue braccia. Poi però pensa a Minho, a Jinki, a Taemin, e alla vendetta che è un piatto che va gustato freddo.
Ora sta tornando, come aveva promesso, perché per quanto odi la vita, ancora non è diventato un completo figlio di puttana.
Sta tornando e lo vuole fare in grande stile.
 
.
 
Gli aveva scritto un solo messaggio.
‘Passo stasera. Preparati, arasso?’
Poi non aveva più risposto alle chiamate.
Di certo però Minho non si aspettava di doversi ‘preparare’ per vedere arrivare una limousine bianca coi finestrini oscurati davanti alla sua casa.
La mandibola di Taemin è quasi caduta per terra, quando sono andati alla porta per assistere alla scena.
“Porca… troia!” solitamente gli tappa la bocca, quando il fratellino è così volgare, ma questa volta proprio non ce l’ha fatta.
Jonghyun è arrivato con una fottuta limousine fino a Samcheok con tanto di guidatore. Anche lui sembra diverso, è vestito alla moda, coi capelli ben pettinati.
Li ha fatti salire entrambi e gli ha offerto dei cocktail. Gli interni sono da spavento, con i divanetti bianchi e le luci e lo stereo e…
“Ma tu lo sapevi?” chiede Taemin ancora super eccitato mentre accarezza i sedili.
“S-sì ma…”
“Quando ti ho detto che scrivo canzoni, non ti aspettavi che fossi così famoso, mh? È anche per questo che in ospedale non volevo che si sapesse il mio nome… sai, le voci corrono.” Borbotta Jonghyun.
Minho lo fissa e ancora non ha bevuto nemmeno un sorso del suo cocktail. È preoccupato per lui, non gliene importa niente della limousine e dei soldi di Jonghyun.
 
.
 
Dopo ben un’ora, riescono finalmente a staccare Taemin dalla super macchina che si è portato Jonghyun. Rimangono soli, finalmente grazie a Dio, e lo stereo si spegne.
Si guardano, Jonghyun ha le gambe accavallate e si passa una mano nei capelli.
“Stai bene?” chiede Minho, con cautela.
Jonghyun alza lo sguardo e improvvisamente Minho ci vede una fame che non si aspettava. I suoi occhi stanno bruciando di desiderio e di sollievo, mentre Jonghyun gli si getta addosso in modo febbrile. Gli toglie la maglietta con una rapida mossa, poi si avventa sulle sue labbra.
Minho non può rifiutare. Si stringono e le unghie graffiano nella pelle, le labbra marchiano. C’è qualcosa di strano però nel modo in cui le labbra di Minho si muovono, un retrogusto amaro. Jonghyun si stacca e un altro pezzetto del suo cuore va in frantumi.
“…Minho?”
“Hai baciato mio fratello?”
Jonghyun sorride di sollievo.
“Sì ma... Sai com’è fatto Taemin…”
Minho non è convinto, si è intristito.
“Tieni più a lui che a me, vero?”
“Cazzo Minho…” Jonghyun gli si avventa di nuovo addosso, lo inchioda al sedile e lo bacia con tutta la forza che ha. Gli apre le labbra a forza, fa scontrare le loro lingue e gli tira i capelli da tanto glieli stringe tra le dita. Gli è salito in grembo e le mani di Minho sono subito corse ad aggrapparsi al suo fondoschiena.
Gli piace quella parte di Minho, quando è la perfetta rappresentazione del concetto di uomo.
“Questo ti basta a convincerti?” chiede il più grande al giovane medico, mentre riprendono fiato e fanno incontrare le loro fronti. “Ho fatto l’amore con te per la prima volta dopo tutto quello che è successo… come puoi dubitare ancora?”
“E lui, Jonghyun? L’hai rivisto, non è così?”
La gelosia di Minho lo rende inquieto, ma la comprende. Si sforza di non agitarsi troppo.
“Sì. Minho.” Gli afferra i capelli con entrambe le mani, lo tiene inchiodato a sé. “Ascoltami adesso. Quando mi sono quasi staccato le braccia, quella notte, lui era lì a guardarmi. E sai cosa ha fatto?”
Minho si morde un labbro.
Niente. Mi ha guardato con soddisfazione. Credevo che fosse innamorato di me, io lo amavo davvero, invece per lui ero solo un fottutissimo giocattolo rotto ormai. Per lui sarebbe stato più conveniente, no? Ero troppo famoso, avevo firmato i contratti, c’erano interessi, aspettative su di me… se fossi morto suicida, sul ciglio della strada, tutti si sarebbero commossi, non ci sarebbero stati contratti da mandare al vento, clausole da pagare… capisci Minho?” glielo soffia sulle labbra, poi un altro bacio, rumoroso. “ Non farmi ripetere, ok? Ci ho fatto sesso la prima volta con lui, ed è stato l’errore più grande della mia vita. Ti prego, non farmelo ripetere.”
C’è un particolare che non torna nella testa di Minho, e lui è troppo intelligente per farselo scappare. Ma in quel momento ha Jonghyun seduto sul bacino, il suo corpo solido che preme e anche quello di Minho diventa subito più rigido, si riscalda, il sangue inizia a pompare e scioglie ogni altro pensiero. Allunga il collo e Jonghyun sorride sulle sue labbra mentre il più giovane le cattura con foga.
In un secondo si ritrova disteso sul divanetto della limousine e Jonghyun si toglie la maglietta, gli addominali che si contraggono magnificamente.
Non perde tempo e si posiziona tra le lunghe gambe di Minho, il più giovane è un po’ stupito, lo guarda con aria interrogativa.
“Che c’è… ne voglio un assaggio anche io, che ti aspettavi?” Jonghyun sorride malizioso.
“Solo un assaggio?” si baciano, Minho sente due dita del più grande accarezzarlo, si irrigidisce.
“Shh… sono un uomo anch’io, Minho-ssi.” Jonghyun è divertito dalla sua insicurezza, ma sa quello che fa. Lo sente anche Minho, esala un sospiro e stringe le palpebre, lasciandogli spazio.
“N-non ci sentirà?”
“Chi? L’autista si è andato a fare un giro, e comunque questa parte della limousine è insonorizzata. Rilassati…”
Le dita di Jonghyun sono entrate fino in fondo, Minho osserva il suo bicipite che si ingrossa.
“Piccolo… non ti fidi di me?” Jonghyun gli bacia un orecchio, fa scorrere la lingua sullo zigomo.
“Sta zitto e muoviti.”
Si guardano negli occhi. Il più grande sfila le dita e si posiziona, afferrando Minho da dietro le ginocchia.
“Sii pure rumoroso quanto vuoi, neh? Ci siamo solo noi.”
“…ti piacerebbe.”
Solo l’idea del suo hyung che se lo prende senza troppe cerimonie potrebbe portarlo al limite, ma Minho preferisce fingere e tentare almeno di mantenere una parvenza di orgoglio.
Jonghyun però non controbatte, spinge e basta e Minho si lascia andare ad un gemito sconclusionato, gettando il capo all’indietro.
Perché cazzo quei sedili sono così fottutamente comodi…
 
.
 
“E allora… morirai.”
“Sì, morirò.”
Sono nudi e sudati, sembra che sia calata la sera. I contorni dell’interno della macchina sono sfumati. Minho si sposta una ciocca di capelli dal viso e si sdraia sopra Jonghyun, per guardarlo bene in viso.
“Ma non stai per morire sul serio, non è vero?” gli lascia un bacio sulle labbra e la lingua di Jonghyun gliele accarezza, mentre alza le braccia e le allaccia sulle spalle di Minho. “Voglio dire… starai bene, giusto?”
“È inevitabile, Minho. Morirò, alla fine.”
Minho è stranamente calmo. Ha ancora nelle orecchie il rimbombo dei suoi stessi sospiri e sul corpo le mani sicure di Jonghyun.
“Allora… guardami bene in faccia.”
Jonghyun sorride.
“Perché?”
“Voglio essere la cosa più bella, nei tuoi ricordi.” Non se ne è nemmeno accorto, ma sta piangendo. Sente le lacrime che scorrono giù dalle palpebre. Jonghyun continua a sorridere, gli passa il pollice sulle guance.
Jonghyun gli dice che “il mare… è proprio qui, nei tuoi occhi.”
Minho sente la forza scemare, sente le spalle che gli tremano e non contiene un singhiozzo.
“Senti, Minho… quando sarò morto, chi si occuperà del funerale?”
“Smettila, chi cazzo vorrebbe parlare del proprio funerale…”
Jonghyun ride.
“È vero…”
“Non scherzare.” Minho vede le lacrime che cadono dai suoi occhi sul petto di Jonghyun, grandi come gocce di pioggia d’estate.
“Minho, soltanto una cosa… mi aspetterai?”
“Bwo?” Minho tira sul col naso.
“Quando non ci sarò, aspettami. Aspettami per mille anni, ok?”
“Sì, certo che ti aspetterò…”
“E quando tornerò, ti verrò a cercare. Verrò per incontrarti, arasso?” Jonghyun continua a sorridere, gli mette un indice davanti alle labbra.
Minho batte un pugno serrato sul sedile, vicino alla testa di Jonghyun. Stringe il divanetto in pelle tra le dita e si piega, gli appoggia la fronte ad una spalla.
“J-Jonghyun…”
“Minho.”
 
.
 
Minho.”
Minho apre gli occhi e si ritrova sdraiato a pancia in su, con Jonghyun seduto al suo fianco. Ha indossato la canottiera, per il resto è ancora nudo. Minho si passa il dorso di una mano sugli occhi e li trova bagnati, è spaesato. Ci sono i loro vestiti sparsi a terra, sul pavimento lucido della limousine, e dei bicchieri vuoti.
“Cosa c’è? Perché piangi?”
Sono passati in fretta questi mille anni, pensa Minho, ancora disorientato.
Jonghyun ha la testa leggermente inclinata, gli passa una mano sotto agli occhi per asciugarglieli.
“Allora? Hai fatto un brutto sogno?” sussurra il più grande, nella penombra della limousine.
“Ho visto… ho fatto un sogno… dove tu morivi.” Minho alza una mano dalle lunghe dita sottili e la appoggia sul viso di Jonghyun, sentendo la guancia calda contro al palmo e i capelli della sua frangia.
Negli occhi di Jonghyun c’è lo stesso velo opaco che riempie quelli di Minho. Il piacere è stato potente, distruttivo, hanno ancora le orecchie che fischiano.
“Ok… ma era solo un sogno, no?”
Minho annuisce. Si mette a sedere e lo bacia ad occhi chiusi, respirando profondamente.
 
.
 
Piangere così davanti a lui l’ha riempito di vergogna, ma poi se n’è fatto una ragione. Jonghyun adesso è pensieroso ma sembra tranquillo, guarda il mare.
“Vieni a farti una doccia su da me?” aveva chiesto Minho, mordendogli un orecchio.
“No… andiamo al mare.” Aveva risposto il più grande.
Ed eccoli lì, in piedi con la brezza e il sale nei capelli.
Minho vorrebbe prenderlo per mano ma non ne ha il coraggio, c’è un’atmosfera strana tra loro e Minho di atmosfere se ne intende. Non si guardano, c’è ancora quel piccolo punto irrisolto nella testa del giovane dottore, quel particolare che non gli è sfuggito ma di cui non osa domandare.
Ha paura, forse è lo strascico amaro del sogno, forse è solo troppo apprensivo. Non lo vuole lasciare andare via ancora, Seoul non è dall’altra parte del mondo ma comunque non è lì, al suo fianco.
“Aish…” la frustrazione lo sta uccidendo e quando è così è meglio darci un taglio subito. Si morde la lingua, si mette a correre e sente lo sguardo di Jonghyun che lo segue. Corre verso le onde e non gliene frega niente se l’acqua è fredda. Si toglie la maglietta senza nemmeno rallentare, se la alza sopra la testa e la getta fra la sabbia.
Si butta in mare, con Jonghyun che rimane immobile e zitto ma lo osserva.
 
.
 
|Jinki|
 
Jonghyun ha appena spento l’ultima sigaretta prima di andarsene, è solo. Sta per salire sulla limousine, l’autista è pronto. Gli dispiace averlo lasciato così, nel buio della sera. Avrebbe voluto anche salutare Taemin, ma indugiare non fa mai bene e non è nel suo stile.
 Si sente chiamare da una voce familiare e si gira.
Jinki corre verso di lui, sventolando una mano. Quando lo raggiunge, si piega un attimo per respirare e i capelli lisci gli ricoprono il volto. La limousine non la degna di uno sguardo.
“Per fortuna ti ho beccato.”
“Ciao hyung.” Borbotta Jonghyun.
“Come stai, Jonghyun-ssi? È un po’ che non ci si vede.”
“Lo so hyung, ma fare avanti e indietro da Seoul col lavoro di mezzo è un casino.”
“Lo immagino… Jonghyun-ssi.” Lo psicologo gli afferra un polso, sa che Jonghyun ha fretta di andare. “Cos’hai deciso poi?”
Il più giovane distoglie lo sguardo, non riesce a rispondere.
“Aish, cosa devo fare con te…” Jinki gli mette le mani sulle spalle, si fa guardare. I suoi occhi rassicuranti sciolgono il cuore di Jonghyun che si sente vacillare.
“Sai Jonghyun, ci sono persone che si incontrano nel corso della vita, persone che distruggono completamente ciò che eri prima e ti portano a domandarti chi sei, ti portano a mettere in discussione tutto ciò che sei stato fino a quel momento, tutto ciò che credevi di sapere per certo. Quello che eri prima poi non esiste più, ad eccezione di un sottile ricordo sul fondo della tua testa… Non avere paura di queste persone, accoglile a braccia aperte perché sono quelle che ti fanno i regali più belli, sono quelle che ti rendono vivo, che siano dei completi bastardi o che ti trattino come un principe. Lascia che cambino per sempre le costellazioni nel tuo cielo e… vivi.”
Jonghyun ascolta quelle parole e le sue orecchie, il suo cuore, le assorbono come linfa vitale. Sono esattamente ciò di cui ha bisogno, sono l’ultima goccia di pioggia nell’oceano, quella che fa traboccare il vaso. Ci si aggiunge anche il sorriso sincero di Jinki, e la speranza che non si è mai voluta spegnere del tutto nell’animo di Jonghyun si risveglia, brucia come il sole e scava nelle fenditure.
Il blocco di pietra si rompe, il tappo esplode e le lacrime cadono come un fiume in piena lungo gli zigomi di Jonghyun, sulla camicia di Jinki che lo abbraccia e lo lascia sfogare, finalmente, finalmente.
 
.
 
“Tu lo sapevi… vero? L’hai saputo per tutto questo tempo e non mi hai detto niente.”
Jinki è dispiaciuto, sul serio, ma non poteva fare altrimenti. Spera che Minho capisca la sua buona fede. Sa quanto il suo migliore amico abbia una memoria di ferro, sa quanto non sopporti le ingiustizie più di ogni altra cosa. Spera davvero che Minho non consideri il suo silenzio un tradimento nei suoi confronti.
“Non è solo per il segreto professionale. È una questione di coscienza, capisci? Lui si è fidato di me e io non potevo deluderlo, né come amico, né come terapista.”
Minho si mangia le mani e tenta di calmarsi. Ha la cartella clinica di Jonghyun aperta sulle ginocchia. L’ha fissata per venti minuti buoni, Jinki ha visto l’orrore e l’incredulità nei suoi occhi.
“Avrei preferito che te l’avesse detto lui, ma Jonghyun è… beh, è Jonghyun. Scommetto che non se l’è sentita di farti preoccupare.”
Preoccupare? Hyung, io…!”
“Ti vuole bene Minho! È testardo e ha sbagliato a non dirtelo… ma ci tiene a te.”
Minho si copre gli occhi con una mano, sente la testa pulsare.
“Dov’è adesso…”
“Non so se…”
Cazzo hyung, sono due settimane che non lo vedo e non lo sento, dimmi dov’è e basta!”
“È dove dovrebbe essere. In ospedale.”
“Oh, merda… a Seoul?”
“Sì.”
“Io vado.” Si è già alzato, Jinki lo rincorre.
“Forse non serve dirtelo, sei un medico e sei sempre stato bravo con le persone, ma questa volta mi sembri troppo coinvolto, quindi meglio non rischiare. Sii comprensivo con lui, ok? E comunque vengo con te.”
“Vengo anche io!”
“Taemin!” esclamano insieme, Jinki e Minho. Ha origliato di nascosto sulle scale, ha occhi e orecchie ovunque quel piccolo…
“Voglio venire anche io.” È risoluto. Scende le scale e si pianta le mani sui fianchi stretti.
“Va bene piccolo. Andiamo tutti, ok?”
Taemin si illumina e getta le braccia al collo di Jinki, baciandolo con trasporto. Lo psicologo si gira di schiena per coprire il bacio alla vista di Minho, che distoglie lo sguardo ma sorride.
Stringe il più piccolo in un abbraccio sicuro, volta il capo e guarda Minho con dispiacere.
Mi perdoni? Sillaba senza parlare.
“Non hai niente da farti perdonare.”
Minho sospira.
Capitolo chiuso, si guarda avanti.
 
.
 
|Jonghyun|
 
In quattro giorni, Jonghyun ha ricostruito tutto il mese e mezzo passato a casa di Minho, nella cittadina vicino al mare. I suoi ricordi si intrecciano, si uniscono e poi si disciolgono, si riordinano. Sono scene separate l’una dall’altra, sensazioni che non si può scordare.
È incredibile quant’è cambiata la visuale dalla sua finestra. Ed è incredibile quanto sia cambiato anche lui, come le persone diventano solo ricordi, reminescenze, quando sono lontane. È esistito davvero, quel pomeriggio d’estate? E quella barca, con i gabbiani che sfrecciano veloci sopra le vele? Il sapore della salsedine sulle labbra di Taemin, il battere del cuore di Minho.
 
.
 
“Jonghyun-ssi, hai delle visite.” Annuncia l’infermiera, poi apre la porta. Jonghyun si mette a sedere sul letto e spalanca gli occhi.
“T-Taemin?”
“Hyung!” il ragazzino corre ad abbracciarlo, gli stampa un bel bacio sulle labbra. Ormai Jonghyun ha capito che quello è il suo modo per comunicare, è un gesto di affetto tutto suo.
“Come stai hyung?”
“B-bene?” dietro di lui entra Jinki, gli va a dare uno scappellotto sul capo.
“Aigoo, mi hai fatto preoccupare.”
“Scusami hyung.” Borbotta Jonghyun, sorridendo. Ha la flebo attaccata al braccio, gli occhi dei due amici guizzano subito a guardarla.
“Sto bene, sul serio. Ma voi che ci fate qui?”
“L’ho torturato.” Taemin si siede sul letto e si aggrappa al collo di Jinki come una scimmietta.
“Non ho potuto resistergli.” Ammette lo psicologo.
“Allora uhm…” Jonghyun è convinto che Minho non ci sia, probabilmente Jinki ha mantenuto il segreto almeno con lui. Poi però si sente un bussare leggero alla porta e Jinki e Taemin si aprono in sorrisi allusivi.
“Che c’è?” chiede Jonghyun, gli occhi che guizzano da loro alla porta.
“Vieni Tae…” lo psicologo gli lascia un bacio sulla fronte, poi lo fa alzare.
“Divertiti hyung~” canticchia Taemin, salutando con la mano.
Jonghyun stringe un secondo le lenzuola, si chiede se deve alzarsi in piedi o è meglio che…
La porta si apre, Jinki e Taemin spariscono ed entra Minho, con cautela. È vestito sportivo, si ravvia i capelli un secondo.
Jonghyun si morde un labbro.
Allora Jinki la bocca chiusa proprio non la sa tenere, è come Taemin.
“Aish, che ci fai tu qui…”
Minho si chiude la porta alle spalle e si massaggia la nuca. Si siede al fianco di Jonghyun, gli accarezza subito una mano. Chiude gli occhi e lo bacia, solo per un secondo, a fior di labbra.
“Jonghyun… perché non me l’hai detto?” lo chiede con dolcezza ma si vede che gli brucia.
“Non mi andava.” Jonghyun si stringe nelle spalle.
“Quando ti hanno operato?”
Jonghyun conta sulle dita.
“Mh… quattro giorni fa.”
Minho segue con un indice il contorno del braccio di Jonghyun, dalla spalla fino al polso, saltando l’ago della flebo quando lo incontra e la garza che lo tiene fermo.
“Sarei dovuto esserci… sono un medico, dopotutto. Saresti potuto venire al mio ospedale, ti sarei stato vicino.” sussurra, quasi solo a se stesso.
“Saresti morto di paura. Non ne valeva la pena.”
“E tu? Non hai avuto paura, da solo?”
“Sapevo che sarebbe andato tutto bene. Adesso ho un motivo per restare, non trovi?” Jonghyun sorride.
“E quale sarebbe il motivo?” Minho sorride sotto ai baffi.
“Beh, l’ho promesso a Jinki. E poi Taemin ha bisogno di qualcuno che lo tenga in riga, lo strizzacervelli è cotto marcio e non lo aiuta.”
“Mh mh…” Minho annuisce e intanto si avvicina. Si baciano di nuovo, più in profondità.
Jonghyun assapora quella sensazione familiare, si sente rinvigorito nonostante la stanchezza.
“Quando eri stanco… quando ti addormentavi su di me, era la malattia, vero? Ed io che pensavo che lo facessi perché ti piacevo, perché ero il tuo porto sicuro… mi hai fatto innamorare di te in un modo davvero subdolo, Kim Jonghyun.”
Il più grande ride.
“Mi dispiace~”
“Jonghyun sul serio, perché non mi hai detto della malattia?”
“L’ho detto a lui Minho, e sappiamo come è andata a finire.”
“Il giocattolo rotto…” e finalmente ogni pezzo va al suo posto. Quando Jonghyun aveva scoperto di doversi operare e di non poter continuare col lavoro per qualche tempo, probabilmente il suo datore aveva preferito sbarazzarsi crudelmente di lui, piuttosto che rivedere i contratti e perdere un sacco di soldi.
“Quel bastardo… sono ancora deciso ad ammazzarlo con queste stesse mani hyung.” Minho è serio.
“Ti darei via libera, ma ormai ci tengo troppo a te.”
Jonghyun appoggia la fronte a quella di Minho e respirano per un attimo ad occhi chiusi. Devono riprendersi dalle paure, dalle due settimane passate senza vedersi, da tante cose.
“Ho lasciato il lavoro, Minho. Non… non lo voglio più vedere. Mi vendicherò, troverò qualcun altro che mi lascerà scrivere canzoni. Ce la farò, non è vero?”
“Certo che ce la farai.”
Il più grande sorride, rincuorato.
“Adesso starai bene, Jonghyun?”
“Mi hanno detto che l’operazione è riuscita quindi… penso di… sì?”
“E starai con me?”
Aprono gli occhi.
Jonghyun annuisce, si aspetta un altro bacio che arriva puntuale.
Minho ha le lacrime agli occhi, allora si separa e lo prende per mano, intrecciando le loro dita sul letto. Guarda fuori dalla finestra.
“Allora? Quando ti porto in barca?”
Jonghyun sorride.
“Appena esce il sole. Arasso?”
 
.
 
Qui.
Ecco dove sono.
Forse è solo il cielo
che fluisce nella stanza,
ma oggi il mio letto
sembra un po’ più in alto.
 
 
THUNDERSTORM.


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Oddio non sono pronta non sono prontaaaa gnnnnnnnnnnnn *piange*
E' finitaaaaaaa TT__TT (yo yeah Party hard*)

Spero vi sia piaciuta tanto quanto mi sono divertita io a scriverla!!!!
Come li vedete i due romanticoni, mh?

Aspetto i vostri commenti ^^ Riguardo a questo, invito chi magari ha letto senza commentare a lasciare una recensioncina anche piccola, così da farmi sapere che avete seguito la storia!! Accetto critiche di ogni genere as always, parliamone, neh? 
Grazie a tutti ragazzi!! 
*hugs*


...ci vediamo presto con una nuova mini (e con la long, per chi la sta seguendo #IlPrincipeelaVolpe)!!
Adiosss


/a>
- Chiara

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