Life is a Roller Coaster

di katvil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** *** Tutto quello che ho sempre voluto sei tu, amore mio *** ***
Capitolo 2: *** *** Sono crollato, ma mi sono rialzato di nuovo *** ***
Capitolo 3: *** *** Da qualche parte oltre l'arcobaleno *** ***
Capitolo 4: *** *** La prima volta che ho visto il tuo viso *** ***
Capitolo 5: *** *** Buon compleanno Principessa! *** ***
Capitolo 6: *** *** Svanita dentro te *** ***
Capitolo 7: *** *** Perchè ci innamoriamo così facilmente? *** ***
Capitolo 8: *** *** Attraverso il fantasma *** ***
Capitolo 9: *** *** Il sentiero *** ***
Capitolo 10: *** *** L'unico Paradiso che mi è concesso è quando sono da solo con te *** ***
Capitolo 11: *** *** Dimmi come un mio bacio può cambiare il tuo mondo *** ***
Capitolo 12: *** *** Siamo l'anima che brucia in un mondo che si perde *** ***
Capitolo 13: *** *** Partire e tornare è facile come respirare *** ***
Capitolo 14: *** *** La Città degli Angeli *** ***
Capitolo 15: *** *** Il Segreto è Svelato *** ***
Capitolo 16: *** *** Chris *** ***
Capitolo 17: *** *** Ricordati di me come fossimo stati amanti, come avessimo avuto tanto e invece è solo stato un momento *** ***
Capitolo 18: *** *** C'è una luce, non farla spegnere *** ***
Capitolo 19: *** *** È ora di scordarsi del passato, di lavare via quello che è successo ultimamente *** ***
Capitolo 20: *** *** Hai ucciso il sogno, proprio davanti a me, tu e lei e lui *** ***
Capitolo 21: *** *** Tentare di non amarti *** ***
Capitolo 22: *** *** Cosa avrebbe potuto essere l'amore *** ***



Capitolo 1
*** *** Tutto quello che ho sempre voluto sei tu, amore mio *** ***


E dopo lunga e penosa malattia, eccomi qua con una nuova storia. Vi sono mancata? Mah... Allora... questa storia è il continuo di "A photograph of you and I"(che trovate qua http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2568757&i=1). Avevamo lasciato Shannon ed April che stavano "lavorando" per dare un fratellino o una sorellina a Janis. Li ritroviamo 4 anni dopo con Janis e Joshua. Allegro quadretto famigliare, almeno finche non ci mette lo zampino l'autrice :) Buona lettura!




«Picchia lì, poi fai così e poi così. Hai capito?»
Il bambino lo guarda e annuisce poco convinto.
«Josh, sei sicuro di avere capito?»
«Ehm… sì…»
«Allora provaci, dai.»
«O-ok…»
L’uomo guarda il bambino muoversi impacciato. Le manine incerte stringono le bacchette, forse troppo grandi per lui, mentre due cuffie enormi gli sovrastano le orecchie. 
«Aspetta» dice, mentre si china su di lui per spostargli la frangetta dagli occhi guardandolo sorridendo «Ti aiuto io.» e prende le mani del piccolo, aiutandolo a stringere le bacchette e picchiare sui piatti. «Vedi Josh, con Christine devi essere delicato, non come quando picchi tua sorella, e allo stesso tempo deciso, perché devi farle capire che sei tu che comandi. Devi accarezzarla con un colpo sui piatti, ma poi picchiarla forte sul rullante.»
Così dicendo dirige il braccio del piccolo verso la batteria che hanno davanti e, appena esce un suono, vede il volto di Joshua illuminarsi.
«Papà, ci sono ruscito!» il piccolo sorride, i suoi grandi occhi azzurri luminosi come due fari nella notte.
«Certo, cosa credevi? Sei il figlio di Shannon Leto, hai i geni del più grande batterista al mondo nel tuo dna.»
Joshua lo guarda pieno di ammirazione poi si volta e inizia a picchiare con le bacchette sui piatti della batteria: più che un suono, esce un gran frastuono, ma il bambino è felice e questo gli basta, anche se vedere la sua Christine massacrata così gli fa male al cuore.
Guarda il piccolo e un sorriso gli spunta sulle labbra: vedendo un caschetto biondo che picchia con le bacchette come un forsennato, non può fare a meno di pensare a quando lui aveva l’età di Joshua e faceva ammattire mamma Constance con i mestoli di legno. Li sbatteva su qualsiasi cosa gli passasse a tiro, persino la testa di suo fratello. Sarà forse per colpa di queste botte che adesso Jared è completamente pazzo? Chiude gli occhi e scuote la testa per tornare alla realtà e puntare ancora una volta lo sguardo sul piccolo, che sta suonando la batteria seduto sulle sue ginocchia, sentendosi in pace con se stesso: nemmeno nei suoi sogni migliori avrebbe sperato in una vita così appagante.
«Papà! Josh!»
La porta si spalanca, all’improvviso, e un vero e proprio tornado irrompe nella stanza adibita ad una sorta di ‘sala prove’.
Shannon volta la testa di scatto, quasi si fosse svegliato di colpo da un sogno «
Janis, che succede?» chiede con una leggera apprensione.
«Mamma ha detto che è pronta la cena.»
L’uomo guarda il diavoletto moro che gli sta davanti con gli occhi fintamente arrabbiati. Sistema Joshua sul seggiolino, si alza e si avvicina alla bambina, dandole un buffetto sulla guancia destra «E c’era bisogno di entrare qua con tutta quella foga?»
«Ma io… è che mamma… insomma… sai com’è… se non ci mettiamo tutti a tavola appena è pronto poi si arrabbia…» Janis abbassa lo sguardo, iniziando a giocherellare nervosamente con le dita.
Shannon la guarda pensando che è proprio la copia di sua madre: stessi occhi grandi, anche se quelli della bambina sono verdi e non neri come quelli della madre, stessi capelli scuri, stesse labbra carnose e stesso modo di abbassare lo sguardo quando si sente in imbarazzo. Si avvicina alla bambina, sposta una lunga ciocca di capelli sfuggita alla coda di cavallo poi le passa una mano sulla spalla destra, abbassandosi per avvicinarsi all’orecchio della bambina. «
Allora mi sa che dobbiamo sbrigarci prima che mandi la polizia a cercarci.» le sussurra strizzando l’occhio.
La bambina scoppia in una risata cristallina mentre toglie le cuffie al fratellino, lo prende per mano e si dirige verso la porta per uscire dalla stanza.
«Jan, porta tuo fratello a lavarsi le mani che io vado da mamma: meglio se controllo cosa sta combinando, non vorrei bruciasse la cucina.»
«Papà, stai parlando di mamma, non dello zio Jay!»
I tre si guardano e scoppiano a ridere poi Janis si allontana verso il bagno con Joshua mentre Shannon si dirige verso la cucina.

April si sistema i capelli che sono fuggiti dal laccetto nero che ha usato per legarli poi torna ai fornelli. Immerge un mestolo nel sugo e se lo porta alla bocca: ok, per essere la prima volta che si cimenta in un ragù non è venuto male. Spegne il fuoco, scola la pasta, la condisce e mette la ciotola sul tavolo.
«Chissà cosa staranno combinando quei tre... ci toccherà mangiare tutto freddo come il solito…»
Mentre è intenta a fissare la tovaglia, quasi avesse paura che il tavolo prendesse il volo da un momento all’altro, sente due braccia possenti che la avvolgono da dietro e un bacio posarsi sul collo.
Che profumino.» sussurra l’uomo avvicinandosi al suo orecchio «Ero pronto con l’estintore per salvare la cucina, ma vedo che non ce n’è bisogno… almeno per questa volta.»
April si gira e molla un pugno leggero sul bicipite di Shannon «Quanto sei scemo! Ti ricordo che è tuo fratello quello che brucia le cucine, non io.»
«Anche Jan mi ha detto la stessa cosa, chissà perché.» e scoppia a ridere, portando la testa all’indietro.
«A proposito di Jan… dove sono i bambini?»
«In bagno a lavarsi le mani, almeno spero.»
«Spero che non stiano allagando tutto…»
I due si siedono a tavola e, tempo pochi minuti, vedono arrivare Janis di corsa con Joshua che la segue.
«Quante volte vi ho detto di non correre in casa?» li ammonisce April.
«Lasciali fare, hanno tanta energia da smaltire loro.» replica Shannon.
«Shan» la donna si volta verso l’uomo e lo guarda severa «Quante volte ti ho detto di non contraddirmi con i bambini?»
L’uomo abbassa lo sguardo e fa il broncio, mentre guarda i bambini cercando di trattenere una risata.
«E non ridere che ti vedo!» così dicendo molla un calcio sotto il tavolo allo stinco del marito.
«Ahi!» dice lui, chinandosi a massaggiarsi la gamba.
«Così impari a prendermi in giro. Forza… mangiamo prima che si raffreddi tutto.»
L’uomo rivolge un’occhiata alla figlia e al figlio, cercando di non farsi notare dalla moglie, e i bimbi cercano di nascondere i sorrisi dietro le forchettate di pasta.
«Allora Josh, ti sei divertito oggi con il papà?»
«Sì, tantissimo!» risponde il bimbo, mentre biascica un boccone di pasta.
«Sei riuscito a suonare Christine?»
Il bimbo annuisce mentre si porta alla bocca un altro boccone. Shannon allunga un braccio verso la testa del piccolo e gli spettina il caschetto biondo. «Certo che ha suonato ed è stato bravissimo! Diventerà un ottimo batterista.»
«Ma se quando sono arrivata io faceva solo un gran rumore?» protesta Janis.
Il padre si volta a guardarla, strizzandole l’occhio «Era un ‘rumore’ ben fatto.» e fa un sorriso alla bambina.
«Sì sì… benissimo…» risponde lei poco convinta.
Shannon capisce al volo qual è il problema e mette una mano dietro la testa della bambina, accarezzando i suoi lunghi capelli corvini «Jan… domani ti va di provare a suonare Christine? Voglio proprio sentire se sarai tanto più brava di tuo fratello.»
Il volto della bambina s’illumina mentre getta le braccia al collo del padre con entusiasmo «Si! Si! Si! Non vedo l’ora!»
«Perfetto, allora domani sarete tutti miei e di Christine e guai alla mamma se ci disturba! Però adesso staccami le braccia dal collo altrimenti rischi di soffocarmi.»
«Forza bambini, finite di mangiare da bravi.»
«Mamma, dopo posso vedere un po’ di cartoni?»
«Adesso pensa a mangiare Josh. Se fai il bravo, dopo ti lascio vedere i cartoni animati.»
«Ok.» dice il bimbo con un sorriso che si allarga da un orecchio all’altro.
I piccoli riprendono la loro cena, mentre Shannon non può fare altro che sorridere, chiedendosi che senso avrebbe la sua vita senza April e i bambini: non avrebbe potuto chiedere di meglio, loro sono tutto quello che ha sempre desiderato.
 
******
 
Allunga le braccia per stiracchiarsi e si strofina gli occhi poi si passa una mano dietro la nuca, muovendo la testa a destra e sinistra per risvegliare i muscoli del collo: il divano è comodo, ma non se ti addormenti con la testa penzoloni giù dal bracciolo. La cena, fin troppo abbondante, ha fatto effetto: è crollato come un sasso non appena April e i bambini sono saliti al piano di sopra. Si siede cercando di ricomporsi, prende il telecomando dal tavolino rotondo in vetro che ha davanti e inizia a fare zapping annoiato. Allunga lo sguardo verso l’orologio appeso alla parete, sopra il camino: sono quasi le dieci e dal piano di sopra non arrivano rumori, forse sarà ora salga anche lui per raggiungere la moglie. Si sta per alzare quando vede April scendere le scale e buttarsi letteralmente sul divano, sedendosi al suo fianco sbuffando: come fa a essere così sexy anche con i capelli arruffati e un paio di pantaloni della tuta?
«Stasera i bambini erano davvero indiavolati! Josh si era fissato che voleva dormire a tutti i costi con Lulù e quella strega di Janis non voleva dargliela. Mi era venuta voglia di lanciarli dalla finestra.»
«Lo sai che è affezionata a quella bambola: è la prima che le ha regalato mio fratello.»
«Appunto, la prima di una lunga serie! Ha un’infinità di bambole…»
«Ma non sono Lulù.» replica lui con un sorriso.
«Shan… va bene… non saranno Lulù, ma ormai Janis ha sei anni e dovrebbe iniziare a capire che Joshua è piccolo. Non dovrebbe impuntarsi così.»
«Cerca di capirla: ha sei anni, è grandicella, ma non è un’adulta. Già Joshua ha invaso il suo spazio quando l’abbiamo messo a dormire nella cameretta con lei, adesso non possiamo pretendere che accetti di buon grado di lasciarlo giocare anche con Lulù. Cerchiamo di fare in modo che Josh impari a rispettare Jan: è gelosa del fratellino, se poi lui inizia ad appropriarsi di tutti i suoi giochi è finita.»
La donna si volta a guardarlo con uno sguardo sospettoso, fa un sorriso poi gli si avvicina sollevandogli un lembo della maglietta. «Ehi, chi c’è qui sotto? Tu, uomo saggio e moderato, dove hai messo quello scapestrato di mio marito?» poi alza lo sguardo, si avvicina alle labbra dell’uomo e gli schiocca un bacio a stampo. Scioglie i capelli e si accoccola a lui, appoggiando la testa sulle sue gambe mentre con la mano destra gli accarezza la schiena chiudendo gli occhi.
Shannon le sfiora i capelli fermandosi a giocare con una ciocca «Com’è finita con Lulù?»
«È finita che Josh ha preso Lulù, ha fatto piangere Jan per dieci minuti buoni poi l’ha gettata a terra dicendo che voleva il pupazzo di Spiderman che gli ha regalato Vicki.»
«Che diavoletto.»
«Non so da chi abbia preso questo carattere così… anche se un’idea l’avrei… un tizio dal quale non deve avere ereditato solo gli occhi azzurri, ma anche i geni della pazzia…»
«Dai… mio fratello non è così terribile!» aggiunge Shannon scoppiando a ridere.
«Ah no? Stai parlando della stessa persona che il giorno del tuo matrimonio ha discusso per dieci minuti con una mia zia perché voleva a tutti i costi l’ultima ciotola di gelato, salvo poi lasciarla lì, quasi schifato, per addentare una fetta di torta.»
«Forse hai ragione: è davvero terribile.» Shannon scoppia a ridere.
I due si guardano e sorridono: l’uomo continua ad accarezzare la testa di April e lei chiude gli occhi rilassandosi.
«Sei stanca? I piccoli ti hanno stremata anche oggi?»
April apre nuovamente gli occhi, rivolgendo lo sguardo al marito «Non più di tanto. Oggi sono stati praticamente tutto il giorno con te.»
«Josh era con me, Jan era in giro per casa libera di far danni.» aggiunge lui sorridendo.
«Naaaaaa... con Janis sai che me la cavo sempre. Mi lamento di lei, ma alla fine siamo fortunati: è davvero una bambina d’oro. Mi ha persino aiutata con la cena e a sistemare la tavola perché voleva fare bella figura con te, ma poi mi ha detto di non dirti niente perché si vergognava. È Joshua quello che non si tiene, a meno che tu non sia a casa.»
«Josh è ancora piccolo, ha solo tre anni, non pretendiamo che sia un ometto già a questa età.»
«Sarà anche piccolo, ma Jan alla sua età non era così scatenata: potevo lasciarla anche un quarto d’ora in casa da sola che ero sicura che non si sarebbe mossa. Josh non posso perderlo di vista un secondo che nel momento in cui sta combinando un danno sta già pensando al successivo.»
Shannon si passa una mano sul mento, arriccia il naso e guarda verso l’alto «Mmmm… caschetto biondo… iperattivo… fissato con la batteria… Mi ricorda qualcuno.» porta la testa indietro e scoppia in una fragorosa risata.
«Se non avesse gli stessi occhi di tuo fratello, sarebbe la tua copia sputata.»
«E Jan, invece, se non avesse gli occhi di tua mamma, sarebbe la tua copia sputata.» le dice, mentre le lascia un bacio leggero sulle labbra.
April si allontana di qualche centimetro e guarda Shannon negli occhi «Quando sei a casa, i bimbi sono più tranquilli.» Si alza un po’ per passare le braccia dietro il collo di Shannon e avvicinarsi alla sua bocca «Quando sei a casa, è tutto più facile.» aggiunge, quasi sussurrando.
Le loro labbra si sfiorano. Shannon stringe le braccia intorno alla schiena di April, la tira a sè poi la bacia. Si stacca e guarda la donna negli occhi, le sfiora una guancia con un dito poi passa a seguire il contorno delle sue labbra.
«Quando devi ripartire?»
«Fra tre settimane: questa volta abbiamo una pausa lunga.»
April strabuzza gli occhi e le sue labbra disegnano un sorriso enorme «Davvero? Tre settimane? Non ci posso credere!» e bacia l’uomo con l’entusiasmo di una bambina alla quale abbiano appena dato il permesso di infilare il dito nel vasetto di Nutella.
Shannon improvvisamente si rabbuia e abbassa lo sguardo per poi puntarlo ancora una volta verso la donna dopo qualche minuto «April, sei un’ottima madre e ti ringrazio per come stai crescendo i due diavoletti. Mi dispiace non riuscire ad esserti d’aiuto come dovrei.» un velo di malinconia cala sui suoi occhi.
Lei gli posa l’indice sulla bocca per zittirlo «Shhhh! Non dire stupidaggini. Quando ti ho conosciuto, sapevo benissimo chi eri, che lavoro facevi, ma questo non mi ha impedito di innamorarmi perdutamente di te e decidere di formare una famiglia con te. Sei un uomo meraviglioso e, dopo otto anni, tutte le mattine quando mi sveglio ringrazio ancora il destino per averti portato in quel ristorante quella sera.»
«Ma non tutte le mattine quando ti svegli sono lì con te e questo boh… questo… mi fa sentire inutile. Ogni volta che torno a casa trovo Janis e Joshua cresciuti e sento come se mi stessi perdendo i momenti più belli della loro vita. Quando Jan ha detto la sua prima parola non c’ero, i primi passi di Josh li ho visti tramite un video che mi hai inviato.» Si ferma un attimo e abbassa lo sguardo, senza smettere di accarezzare la schiena della donna «Sai… a volte… a volte mi pesa la vita che faccio. Cioè… la musica è sempre stata la cosa più importante della mia vita, l’unica cosa per cui valesse la pena svegliarsi la mattina, ma da quando sei arrivata tu, qualcosa è cambiato. L’arrivo dei bambini poi… hanno stravolto tutto e quando sono in tour mi mancate tremendamente. Il solo pensiero di saperti a casa, sola a crescere i nostri bambini, occupandoti anche di quello che dovrei fare io, mi fa star male. April… io sono cresciuto senza un padre e non avrei mai voluto lo stesso destino per i miei figli.»
«Ma loro ce l’hanno un padre! Hanno un padre meraviglioso che si cura di loro, che non perde occasione per tornare a casa anche quando potrebbe stare in albergo a riposarsi.»
«Non lo so April… a volte sento di non fare abbastanza per te, per loro.»
La donna si alza per sedersi e accarezza il viso del marito «Shannon, tu fai tutto per noi, non avrei potuto desiderare padre migliore per i nostri bambini. Janis ti ama, credo che sia addirittura gelosa di me, mentre Joshua… beh… per lui sei il migliore, il suo idolo e vorrebbe essere esattamente come te.»
Shannon ride e si sposta indietro il ciuffo che gli è ricaduto sugli occhi «Uddio… proprio come me?»
«Sì, esattamente come te.» aggiunge April, avvicinandosi alle labbra del marito.
«Mi sa che devo fare un discorsino al piccolo… domani… ma adesso… visto che sei stata così brava a mettere a letto i bimbi, potresti mettere a letto anche me?» dice con voce sensuale, quasi roca.
«E vediamo… vuoi che ti rimbocchi le coperte e che ti metta il pigiamino o preferisci che ti spogli?»
«Fammi pensare… meglio se mi spogli…»
«Molto meglio direi…»
April fa scorrere le mani sotto la canottiera di Shannon, lungo la spina dorsale fino a raggiungere il tatuaggio che rappresenta l’emisfero occidentale, mentre le loro bocche si uniscono in un bacio che ha ben poco di casto. La schiena di Shannon preme contro il divano mentre stringe April, facendo aderire perfettamente i loro toraci. Le sue labbra cercano quelle della moglie con foga, mentre le sue mani tentano di sfilarle la maglietta.
«Leto, non dovevo metterti a nanna?» April lo ferma e lo guarda maliziosa.
«Direi che mi è passato tutto il sonno.» risponde lui con la voce bassa e graffiante.
«Mmmm… me ne sono accorta: non c’è ombra di dubbio che da queste parti sia tutto sveglio.» dice mentre gli passa una mano sotto la cinta.
«Questo è un colpo basso Signora Leto Moore, molto basso oserei dire.»
«Ah si? Allora chiedo scusa.» e ritrae la mano sorridendo.
«Non le basterà chiedere scusa. Adesso l’aspetta una bella punizione per un tale affronto.»
«Tremo tutta dalla paura al solo pensiero.»
«E fai bene.» risponde lui con la voce resa sensuale dall’eccitazione.
Senza perdere altro tempo, Shannon sfila la maglietta di April mentre lei fa lo stesso con la sua canottiera. La donna si ferma a guardarlo, mentre fa scorrere le mani sui suoi pettorali, accarezzandoli e fermandosi a giocherellare con la leggera peluria che li ricopre. Nonostante siano già otto anni che condivide la sua vita con quella di Shannon, ogni volta che fanno l’amore, non può fare a meno di guardarlo e chiedersi cosa abbia fatto per meritarsi un premio così grande. Sente le mani dell’uomo scorrere lungo i suoi fianchi leggere, come se avesse paura di romperla toccandola.  Chiude gli occhi e ricomincia a baciarlo.
Le mani di Shannon risalgono lungo i fianchi di April sfiorandola e arrivano fino alla schiena, dove si fermano per slacciare il gancetto del reggiseno, che finisce sul pavimento a far compagnia alle loro magliette. Fa sdraiare la donna sul divano e comincia a baciarle il collo per poi scendere giù, verso i seni, mentre le sue mani le accarezzano i fianchi.
April rabbrividisce al tocco delle sue labbra e delle sue dita. Sente la sua bocca scorrere sul suo corpo, lasciando una scia rovente di baci dal collo fino all’ombelico. Lo aiuta a sfilarle i pantaloni della tuta e per un attimo il tempo sembra fermarsi, con i loro sguardi puntati uno in quello dell’altro.
Per qualche minuto rimangono immobili a fissarsi: nella stanza solo il rumore dei loro respiri che iniziano ad accelerare il ritmo. Quando riprendono a toccarsi, lo fanno senza parlare, lentamente, come se fosse la prima volta.
April aiuta Shannon a liberarsi dei pantaloni poi con le mani cerca il suo collo, sfiorando la triad che ha tatuata dietro l’orecchio: lo sente sospirare mentre fa risalire le dita fino ai suoi capelli.
L’uomo ricomincia a baciarla, scendendo ancora una volta dal collo sui seni per poi proseguire verso il ventre. La sua bocca si posa sul suo ombelico, baciandolo mentre le mani scendono a sfilarle la biancheria intima e iniziano a dedicarsi a pieno al piacere di April.
Nella stanza si fa spazio la luce dei faretti del giardino che entra attraverso la porta a vetri e è filtrata dalle tende in lino. Nell’aria regna un silenzio quasi irreale per quella casa dove due diavoleti non fanno altro che rincorrersi dal mattino alla sera, un silenzio spezzato solo dai sospiri di due persone che si stanno amando.
Sul divano grigio che capeggia al centro della sala, Shannon guarda April come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Le accarezza i capelli e si ferma a giocare con il lobo del suo orecchio sinistro mentre April sfiora con l’indice il tatuaggio che l’uomo ha sul collo e che rappresenta quella canzone per lui così importante2. Sembrano due ragazzini che si studiano durante la loro prima volta, non una coppia dove ormai uno conosce il corpo dell’altro meglio del suo.
«Ti amo April, non sai quanto.»
«Ti amo pure io.»
April fa scivolare una mano verso l'inguine del marito intrufolandola oltre l’elastico dei boxer. Shannon le stringe i glutei e si avvicina al suo orecchio.
«Sei davvero una cattiva ragazza April Moore Leto, molto cattiva.» le sussurra.
«E questa cosa ti dispiace?» risponde lei languidamente.
«No, neanche un po’.» e la bacia con passione.
April fa scivolare via anche l’ultimo indumento che si frappone fra lei e l’uomo che le ha sconvolto la vita otto anni prima e i due rimangono per qualche minuto fermi a guardarsi, come se stessero stringendo fra le braccia qualcosa di raro, qualcosa dal valore inestimabile. Restano così per un tempo che sembra interminabile poi ognuno capisce cosa vuole l’altro e i loro corpi si uniscono in una danza che sprigiona tutto il loro amore.
 
******
 
Si sveglia e, senza aprire gli occhi, allunga un braccio verso la sua destra trovando il letto vuoto. Dal piano di sotto sente arrivare dei gridolini che l’avvertono che i bambini sono già svegli e che April sarà sicuramente in cucina a dar loro la colazione. Si tira su fino ad appoggiare la schiena al muro poi prende un cuscino e lo posiziona tra lui e la parete. Si sfrega gli occhi con entrambe le mani passandole sul viso poi decide di alzarsi.
Scende appoggiando i piedi sul tappeto nero alla destra del letto, s’infila un paio di pantaloni della tuta e si dirige verso la porta. Esce nel corridoio e va verso il bagno. Sbadiglia, si gratta un orecchio poi si guarda allo specchio sistemandosi i capelli. Apre il rubinetto dell’acqua, si risciacqua la faccia cercando di rendersi un po’ più presentabile poi esce dal bagno e si dirige verso le scale per scendere al piano di sotto.

«Jan, tieni d’occhio tuo fratello mentre vado a svegliare vostro padre.»
La bambina annuisce mentre si porta alla bocca una cucchiaiata generosa di latte e cereali.
April esce dalla cucina e vede Shannon scendere le scale scalzo, i capelli spettinati, indossando solo i pantaloni della tuta: come fa a farle sempre lo stesso effetto anche dopo tutti questi anni? È convinta che non si abituerà mai ad avere accanto un uomo così perfetto e un po’ si preoccupa perché è sicura che tra una trentina d’anni lei sarà una sessantenne rugosa e cadente mentre lui sarà ancora bello come il sole. Il tempo sembra essersi fermato per i fratelli Leto.
Mentre April è ancora ferma ad ammirare il marito incantata, Shannon le si avvicina lasciandole un lieve bacio sulle labbra. «Buongiorno.» la sua voce bassa e sensuale le provoca un brivido.
«Buongiorno dormiglione.»
«Che ore sono?»
«Quasi le nove: i bambini sono appena scesi e stanno facendo colazione.»
«Papà!» Joshua sfugge al controllo della sorella e corre in sala, gettandosi al collo di Shannon baciandolo sulla guancia.
«Buongiorno Diavoletto. Hai dormito bene stanotte?»
«Sì sì.» il piccolo annuisce sorridendo.
Shannon gli pulisce delicatamente con l'indice un angolo della bocca sporco di latte. «Mi ha detto mamma che ieri sera hai fatto un po’ di capricci…»
Il bambino abbassa lo sguardo e inizia a dondolarsi, passando il peso da un piede all’altro «Non è colpa mia… è Jan che mi fa i dispetti…»
«Non è vero! Sei tu che mi rubi sempre Lulù!» la bimba irrompe nella sala puntando l’indice contro il petto del fratellino, aggrottando le sopracciglia.
«Janis! Cosa sono questi modi? Lascia stare tuo fratello!»
«Certo… tanto tu mamma difendi sempre lui…» e mette il broncio.
April sospira e guarda il marito spazientita. Lui le fa un sorriso poi va verso la bambina e si abbassa, sollevandole il mento per fare in modo che lo guardi «Jan, devi portare un po’ di pazienza. Sai che Josh è ancora piccolo…»
«Sì, ma non per questo deve prendere le mie cose e averla sempre vinta. Ogni volta mamma sgrida solo me.»
«Lo sai che non è vero Streghetta.»
«E invece si! Da sempre ragione a lui!»
«Janis… non dire bugie…»
La bimba sbuffa «Va bene… non è vero… qualche volta da ragione anche a me…»
«Mamma è bravissima e sono certo che quando hai ragione ti difende. Josh ha tre anni, è un bimbo piccolo…»
«Non sono piccolo!» protesta il bambino.
«Va bene, non sei piccolo. Contento adesso?» si volta verso il figlio spettinandogli la frangetta e Joshua sorride.
«Janis, porta pazienza per un po’ poi anche lui crescerà e vedrai che non ti farà più i dispetti, ma tu sei una signorina e devi imparare a lasciarlo perdere ok?»
La bambina lo guarda poco convinta, ma annuisce. Shannon le passa una mano tra i capelli spettinandola «Brava, ma adesso devi fare una cosa importantissima. Cosa ti sei scordata di fare?»
Janis lo guarda aggrottando le sopracciglia e grattandosi una tempia «Mmmmmm…. Non lo so…»
«Come non lo sai! Guarda il papà: cosa hai dimenticato di fare?» e con l’indice batte contro la sua guancia.
La bimba scoppia a ridere e abbraccia il padre, schioccandogli un bacio sulla guancia.
«Ecco, adesso si che sono contento. Andiamo a fare colazione.» Prende Joshua in braccio, Janis per mano e si dirigono verso la cucina.
 
******
 
«Buongiorno!»
La porta di casa si spalanca e Jared entra come uno tzumani, stupendosi di trovare la sala vuota.
«Zio Jay!» Janis esce di corsa dalla cucina e salta al collo dell’uomo, che l’abbraccia dandole un bacio sulla guancia.
«Eccola la mia Diva. Fatti vedere: quanto sei cresciuta! Ormai sei una signorina, chissà quanti bambini ti faranno la corte.»
Janis arrossisce abbassando lo sguardo.
«Non mi dire che non hai il fidanzatino che non ci credo.»
«Zio Jay… beh… si… c’è un bimbo che mi piace… si chiama Alex e abita vicino alla nonna.»
«E lui cosa dice?»
«Dice… beh… dice che sono bella e vuole essere il mio fidanzato.»
«Fidanzato? Devi farmi conoscere questo Alex che nessuno può avvicinarsi alla mia nipotina senza prima passare l’esame.»
«ZIO!» Janis arrossisce e molla un pugno sul braccio dell’uomo.
«Ehi!» protesta lui massaggiandosi «Direi che hai preso l’irruenza da tuo padre.»
«Così impari a prendermi in giro!» e scappa facendo la linguaccia.
«Zio Jay! Zio Jay! Sei arrivato!» Joshua scende le scale e corre ad abbracciare l’uomo attaccandosi alle sue gambe.
«Ciao Campione! Cosa mi racconti?»
«Ho imparato a sonare la batteria!»
«Davvero? Papà ti ha fatto suonare Christine?»
«Sì, ieri domani. Siamo stati là e io avevo le cuffe grandi così! Poi ho preso i bastoni così e ho fatto pum! pum!» gli dice il piccolo, descrivendo il tutto con movimenti delle braccia e facce buffe.
Jared si gratta la testa, cercando d’interpretare quello che gli sta raccontando il nipotino «Josh, dov’è papà?»
«Boh..» il bimbo allarga le braccia con una smorfia. Jared lo guarda sorridendo. Ogni volta si stupisce di quanto Joshua sia la copia sputata di suo fratello, persino nei gesti e nelle espressioni, fatta eccezione per gli occhi: quelli sono uguali ai suoi e a quelli di nonna Constance.

Shannon sente un gran trambusto e non capisce cosa abbiano da urlare tanto Joshua e Janis. Pensa che solo una cosa possa agitarli così: l’arrivo di Jared. Contemporaneamente, la voce di suo fratello gli arriva dal piano di sotto, a conferma che non si sbagliava così si affretta a scendere.
«Jay!» lo saluta con un abbraccio.
«Shan lasciami, mi stai soffocando, manco fossero sei mesi che non ci vediamo.» gli dice mentre cerca di allontanarlo.
«Sei sempre il solito, mai una volta che riesci ad apprezzare le mie manifestazioni d’affetto.»
«Le tue non sono manifestazione d’affetto, ma veri e propri attentati alla mia incolumità!»
I due si guardano poi scoppiano a ridere. Dopo qualche minuto, Shannon si va a sedere sul divano, invitando il fratello a fare la stessa cosa.
«Cosa ti porta da queste parti?»
«Niente di che, volevo semplicemente vedere i bambini. Mi mancavano: dall’ultima volta che sono stato qui sono passati due mesi.»
«Due mesi e mezzo per l’esattezza, era il compleanno di Josh.»
«Già… come sono cresciuti. Jan diventa sempre più bella, è la copia esatta di April mentre Josh sembra te quando eri piccolo. Spero sia un po’ più tranquillo.» e scoppia a ridere.
«Non direi: April dice che è un vero diavoletto! Dice anche che ha preso i geni della pazzia da te.» e gli molla una leggera pacca sul braccio ridendo.
«Sono contento…. Vedo che godo di un’ottima reputazione presso tua moglie…» Jared mette il broncio.
«Bro, lo sai che ti adora e quando dice così scherza. Ti vuole bene altrimenti non paragonerebbe mai nostro figlio a te.» gli passa una mano dietro la testa e gli tira leggermente lo chignon improvvisato che tiene su i suoi lunghi capelli.
«Lo so, stavo solo facendo il cretino.» lo guarda con un sorriso. Poi diventa serio «Ma tu non toccarmi i capelli o ti strangolo!» e scoppiano entrambi in una fragorosa risata.
I due fratelli si guardano per qualche minuto poi Jared si guarda intorno e torna a rivolgersi a Shannon «A proposito di April… Dove hai spedito mia cognata? Non dirmi che dopo una giornata passata insieme l’hai già fatta scappare.»
«Ti ricordo che è sposata con me, non con un cagacazzo come te. Comunque è uscita un attimo per fare la spesa, tra poco dovrebbe rientrare. Hai tempo di aspettarla o hai un qualche impegno?»
«Tutto il tempo che voglio: stamattina sono libero, ma nel primo pomeriggio Emma ha organizzato un’intervista con dei tizi di un webmagazine che vogliono chiedermi del disco, del tour, del mio prossimo film… insomma… le solite stronzate…» sbuffa pesantemente.
«Vuoi che venga con te?»
Jared alza la mano sinistra e la sventola in aria, in segno di diniego «Per carità! Basto già io a rompermi le palle con certe cose, tu e Tomo godetevi le vostre famiglie. A proposito, l’hai sentito?»
«No, ma direi che si starà godendo pure lui Vicki e i bambini. Quando dovrebbe nascere il terzo Miličević?»
«Penso la settima prossima.»
«Bene, così riesce a godersi il momento prima di ripartire per il tour.»
«Già… tu e April…»
Shannon strabuzza gli occhi, intuendo cosa vuole chiedergli il fratello, e mette avanti le mani «No no, per carità! Janis e Joshua bastano e avanzano!»
«Diceva così anche Tomo, parlando di Alicia e Sharon, e vedi com’è andata a finire.»
«Lui aveva due femmine, hanno cercato il maschietto. Io sono già a posto così, non voglio fare impazzire April. Tre Leto bastano e avanzano in famiglia.»
«Lo credo anch’io.»
Si guardano e ridono, mentre i bambini entrano di corsa in sala, gettandosi sul divano con lo zio e il padre.
«Zio Jay, resti a mangiare con noi?» Janis guarda Jared con gli occhi pieni di speranza.
«Se mi volete…»
«Certo che ti vogliamo!» Joshua getta le braccia al collo dello zio, pieno di entusiasmo, mentre Janis inizia a saltellare per la stanza tutta felice.
«Se me lo dite così resto sicuramente!»
 
******
 
«Papà che ore sono? Io inizio ad aver fame. Dov’è la mamma?»
«Sono quasi le undici Jan, strano che mamma non sia ancora tornata. È uscita un paio di ore fa per andare al supermercato.»
Jared si stiracchia allungando le braccia oltre lo schienale del divano «Avrà trovato qualcuno con cui chiacchierare, sai come sono le donne. Tra poco arriverà.»
«Certo… sarà sicuramente così…» risponde Shannon poco convinto.
«Bro, stai tranquillo.» Jared gli si avvicina passandogli una mano sulla spalla «Tra poco entrerà dalla porta carica di borse.»
Shannon scuote la testa per cacciare ogni pensiero «Al Diavolo… hai ragione tu. Non posso certo andare in paranoia ogni volta che April ritarda.» e fa un sorriso.
«Se ti fa sentire più tranquillo, prova a chiamarla così magari le chiedi di comprare un po’ di tofu.»
Shannon scuote la testa e guarda il fratello sorridendo «Adesso la chiamo, tu intanto cerca di tenere occupati i bambini, che almeno non facciano danni.»
«Agli ordini! Jan, Josh venite in cucina con lo zio che apparecchiamo e prepariamo qualcosa da mangiare.»
«Papà prepara l’estintore! Lo zio vuole cucinare!» Janis si porta le mani alle guance e finge preoccupazione, mentre Joshua scoppia a ridere.
Jared si dirige correndo verso la nipote, che scappa ridendo diretta in cucina «Piccola streghetta, fermati! Se ti prendo, t’insegno io a prendere in giro lo zio!»
«Aiuto! Josh salvami tu!» e sparisce ridendo.
«Tranquilla Jan, tanto lo sai che lo zio cucina solo insalatine insipide.»
«Potrebbero fare bene anche a te, almeno caleresti un po’ quella pancia.»
«La mia non è pancia, è muscolo rilassato
«Un po’ troppo rilassato Bro!»
Shannon si alza per sferrare un calcio a Jared, che scappa in cucina ridendo.

Shannon prende il telefono e digita il numero della moglie.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
Al quarto squillo senza ottenere risposta riattacca.
«Sarà in macchina che sta tornando a casa.»
Si siede sul divano e inizia a picchiettare con il piede destro a terra nervoso. Una strana sensazione l’assale: si sente come un animale in procinto di un temporale.
Lo squillo del telefono lo fa sobbalzare. Si alza, risponde e dopo pochi minuti riattacca.

Jared torna in sala e vede il fratello seduto sul divano: ha gli occhi sbarrati, persi nel vuoto, il volto sconvolto. Gli si avvicina e si china davanti a lui.
«Bro… tutto a posto?»
Shannon non risponde: sembra perso su un altro pianeta.
«Shan che succede?» lo incalza con la voce piena di preoccupazione.
«April…»
«Che è successo ad April?»
«April… ha avuto un incidente… devo andare all’ospedale da lei.»
 
1 Il titolo del capitolo è una frase del brano "Bury me deep inside (your heart)" degli HIM: ascoltatalo mentre leggete la parte centrale del racconto :)https://www.youtube.com/watch?v=P7TNW7iz6MM

 2 Il tatuaggio che ha sul collo Shannon rappresenta in codice Morse per L490, titolo del pezzo che lui ha scritto ed incluso nell’album “This is war” dei 30 Seconds to Mars. Jared Leto ha scritto "End of all days" nel Febbraio 2011, quando era gravemente malato. Nel 2007 dopo il film “Chapter 27” si ammalò di gotta. Il dolore era costante, lo tormentava giorno e notte. Così cominciò a prendere le compresse Naproxen o L490. A Shannon faceva male vederlo stare così e preso dalla disperazione e tormento ha scritto una canzone con il titolo originale "Equinox", che significa equinozio. "Da quanti anni io e il mio fratello minore condividiamo il dolore, da quanto tempo soffro con lui. Sappiamo che noi vinceremo, risorgeremo come due fenici dalle ceneri, saremo felici e sani. Basta avere pazienza."

Volete vedere qualche foto che mi ha ispirato durante la scrittura? Andate qua https://www.facebook.com/media/set/?set=a.324329027742910.1073741831.100004974456579&type=1&l=16a6aff2c2

 

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Capitolo 2
*** *** Sono crollato, ma mi sono rialzato di nuovo *** ***


Eccoci qua con un nuovo episodio delle (dis)avventure di Shan e April. Intanto ringrazio chi è passato a leggere, chi ha messo la storia tra le preferite e anche chi l'ha aperta e chiusa scappando via XD Invito chi passa a leggere a lasciare anche un commentino che non fanno mai male, almeno capisco cosa ne pensate :) Dopo questa premessa, vi lascio al nuovo capitolo sperando di ritrovarvi anche per il prossimo :)
 

 

«April… ha avuto un incidente… devo andare all’ospedale da lei.»
Shannon resta seduto sul divano, con lo sguardo perso nel vuoto. Jared lo guarda, incapace di pronunciare una sola parola o muovere un muscolo. Non vuole credere alle parole che ha appena sentito e ha paura di chiedere ulteriori spiegazioni perché teme quello che potrebbe sentire.
Dopo pochi, interminabili minuti in cui il tempo sembra essersi fermato, i secondi diventati ore, Shannon si alza e rompe il silenzio «Devo… devo andare da April.»
Sente che potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Chiude gli occhi e prende un respiro cercando di riordinare le idee.
Janis e Joshua entrano in sala e la bambina, vedendo il padre così, rimane pietrificata «Papà… dov’è la mamma? È successo qualcosa?» si avvicina a Shannon e lo guarda con gli occhi pieni di apprensione.
La guarda e abbozza un sorriso accarezzandole la testa per cercare di tranquillizzarla «Tesoro, stai tranquilla. Adesso il papà deve uscire un attimo, voi state con lo zio Jay va bene?» cerca di trattenere le lacrime: non vuole crollare davanti ai bambini.
«Non se ne parla nemmeno: io vengo con te.» lo interrompe il fratello, con uno sguardo risoluto.
«Jared… non posso portare i bambini con me e non posso aspettare che arrivi mamma, devo andare. Poi tu non avevi un’intervista questo pomeriggio?»
«Al Diavolo l’intervista, che si fottano!»
«Jared!» Shannon lo ammonisce facendogli notare la presenza dei bambini.
«Ok… però appena arriva mamma ti raggiungo. Ho già chiamato Emma e le ho fatto annullare tutti gli impegni che avevo oggi.» Jared guarda il fratello deciso poi si volta verso la nipote e le da una carezza sulla guancia «Jan, tu e Josh andate di sopra a sistemarvi che tra poco arriva nonna Connie. Sei capace di badare a tuo fratello?»
«Certo, ma perché viene la nonna? Non aspettiamo la mamma?»
Jared guarda il fratello in cerca di supporto. Shannon si alza dal divano e si dirige verso la figlia. «Jan, la mamma oggi non verrà. Ha avuto un piccolo incidente. Adesso, da bravi, tu e Josh vi mettete tranquilli, aspettate la nonna con lo zio Jay mentre il papà va a vedere come sta la mamma ok?»
La bambina fissa il padre in silenzio: Joshua è piccolo, con lui può anche fingere, ma con Janis no. Con lei ha sempre avuto un feeling particolare, fin da quando era ancora in fasce e la voce del papà era l’unica cosa che riusciva a calmarla. Ricorda come fosse ieri le interminabili chiamate tra lui ed April durante i tour, con la donna disperata e la bambina che urlava come se la stessero sgozzando che improvvisamente si zittiva appena sentiva la voce del padre.
Shannon sfiora una guancia della figlia poi l’abbraccia accarezzandole la schiena «Stai tranquilla, Jan. Vedrai che andrà tutto bene.» le dice cercando forse di tranquillizzare più se stesso che lei.
«Papà, cos’è un incidente?» Joshua guarda il padre aggrottando le sopracciglia.
Shannon si avvicina al piccolo, si china e lo fa sedere sulle sue ginocchia, cercando di parlargli mantenendo la voce il più calmo possibile «Ti ricordi quando sei caduto dalla bicicletta e ti sei sbucciato un ginocchio?»
Il bimbo annuisce.
«Ecco… quello è stato un incidente. Quando qualcuno ha un incidente vuol dire che è successo qualcosa e che si è fatto male, come te quel giorno.»
«Anche la mamma è caduta dalla bicicletta?»
Shannon fa un sorriso e accarezza il caschetto biondo di Joshua «No amore mio, la mamma non è caduta dalla bicicletta. Ha avuto un incidente con la macchina.»
Il bambino guarda il papà per qualche minuto poi si alza e corre verso la cucina «Aspettami qua va bene?»
«Ok…» risponde, senza capire cosa abbia in testa il piccolo.
Lo sente che sta cercando qualcosa e, nel momento in cui sta per mandare Janis a controllare, Joshua ritorna in sala con un cerotto in mano.
«Ecco, papà portalo alla mamma così può metterlo sul ginocchio e passa tutta la bua.»
Gli occhi di Shannon si velano mentre abbraccia Joshua «Va bene Josh, vedrai che con questo cerotto la mamma guarirà in fretta. Adesso però vai di sopra con Jan che papà deve andare. Voi fate i bravi e non fate diventare matto lo zio Jay, va bene?»
Il piccolo annuisce mentre la sorella è ancora ferma, immobile a fissare il padre.
«Va… va tutto bene Jan?» Shannon allunga un braccio per tirarla a sè.
La bimba annuisce poco convinta. Il padre avvolge i piccoli in un abbraccio.
«State tranquilli bambini, la mamma sarà presto a casa però adesso dovete lasciarmi andare altrimenti si arrabbierà molto se la lasciamo da sola in ospedale e voi non volete che la mamma si arrabbi giusto?»
I bambini scuotono la testa in segno di negazione. Lui scioglie l’abbraccio e da una leggera pacca sul sedere ad entrambi cercando di ritrovare un sorriso rassicurante «Andate al piano di sopra, forza. Lo zio è qua che aspetta la nonna, voi cercate di fare i bravi che papà torna presto ok?»
I bambini danno un bacio sulla guancia a Shannon poi salgono al piano di sopra. L’uomo si passa le mani sul volto, nel suo sguardo si può vedere tutta l’apprensione che ha cercato di nascondere fino a quel momento.
«Jay io… io vado…»
Jared gli da una pacca sulla spalla «Ci vediamo tra poco. Stai tranquillo, vedrai che non è niente di grave.» cerca di tranquillizzarlo senza far trasparire la sua ansia.
«Ok… a dopo…»

Shannon esce dalla porta e Jared, rimasto solo, si lascia cadere sul divano togliendosi dal viso quel sorriso forzato. Si passa le mani sul volto facendole scorrere lungo i capelli. Getta a terra con rabbia il laccio che serviva per tenerli su e tira un calcio al tavolino in vetro che sta sul tappeto, liberando tutta la frustrazione che ha tenuto dentro fino a quel momento. Si lascia andare con la testa all’indietro contro lo schienale del divano e rimane con lo sguardo fisso sul soffitto, come se guardare quella parete bianca potesse aiutarlo a dissipare il groviglio di pensieri e sensazioni che gli si sono accavallati dentro.
Sente una macchina fermarsi nel cortile, la porta si apre e Constance entra nella sala. Jared si alza andando verso la madre.
«Jared… ma cosa è successo? Quando mi hai telefonato dicendomi di venire a casa di tuo fratello sembravi così agitato… Sono corsa subito qua.»
«April ha avuto un incidente.»
«Un incidente? E come sta? Dov’è adesso? E tuo fratello?» Constance inizia a sparare domande a raffica.
«Calmati mamma… Hanno chiamato dall’ospedale, ma non so cosa sia successo e come sta… Shannon è uscito mezz’ora fa per andare da lei e io… io sono rimasto con i bambini, ma adesso che ci sei tu… beh… adesso andrei da lui… era agitato… molto agitato… Ho provato a chiamarlo al cellulare, ma non risponde… non so…»
La donna gli accarezza una guancia «Sarà in ospedale e non può rispondere, stai tranquillo. Tuo fratello sta bene.»
«Non lo so mamma, davvero non lo so. Non l’ho mai visto così. Finche c’erano i bambini sembrava tranquillo, ma prima di uscire da casa aveva uno sguardo… Poi mi sento pure un cretino: mia cognata ha avuto un incidente, non so se sia viva o…. viva, April è viva. Non so come sta e sono qua a preoccuparmi per Shan...»
La donna lo abbraccia e gli accarezza la schiena «Vai da tuo fratello, ma prima di metterti al volante cerca di darti una calmata.»
«Ehm… ci proverò… Janis e Joshua sono al piano di sopra. Non hanno ancora mangiato. Shan ha detto che nel frigorifero dovresti trovare qualcosa, ma non ricordo cosa…» aggrotta le sopracciglia e si gratta una tempia.
«Ci penso io ai bambini, staranno bene. Tu preoccupati solo di April e di tuo fratello. Chiamami appena sai qualcosa.»
«Ok... ai... ai bambini Shan ha detto che la mamma ha avuto un piccolo incidente, ma… ecco… se dovesse… se fosse successo qualcosa… ecco…» e si passa una mano sul viso incapace di nascondere il turbinio di emozioni che si muove dentro la sua anima.
«Vedrai che non è successo niente di grave e magari non stasera, ma tra qualche giorno April sarà ancora a casa con Shan e i bambini.»
Jared si volta verso le scale, sentendo Janis e Joshua scendere. Si affretta a cercare un sorriso che, anche se forzato, rassicura i piccoli.
«Nonna Connie!» Janis arriva in sala e si getta al collo della donna.
«Eccola la mia principessa! Mamma mia come sei diventata pesante!»
«Nonna! Nonna!» Joshua arriva subito dopo la sorella e abbraccia la donna.
«Mamma io… io vado…»
La donna da un bacio sulla guancia al figlio «A dopo Jay e cerca di stare tranquillo. Mi raccomando, chiamami appena sai qualcosa.»
«Lo farò… Bambini, fate i bravi con la nonna.»
Jared ricambia il bacio della madre, accarezza sulla testa i bambini poi esce dalla porta e si dirige di corsa verso l’auto.
Constance fa un sospiro poi si volta verso i bambini, cercando di trovare un sorriso «Forza diavoletti, andiamo in cucina a vedere di preparare il pranzo.»

******

«Quanto cazzo dista l’ospedale da casa?»
Shannon picchia le mani sul volante nervoso. Guida con lo sguardo fisso sulla strada: sposta un ciuffo di capelli dagli occhi e si passa una mano sul mento nervoso. Guarda la pioggia che scorre sui finestrini e non può fare a meno di chiedersi cosa accadrebbe se April… No… scuote la testa per ricacciare quel pensiero indietro: April starà bene e appena arriverà all’ospedale si faranno una grassa risata ripensando a tutta l’ansia che lo sta sconvolgendo.
Finalmente arriva nel parcheggio. Scende dall’auto e si dirige velocemente verso l’entrata, andando dritto dall’addetta alle informazioni «Mi avete appena telefonato per dirmi che mia moglie è stata ricoverata.»
«Come si chiama sua moglie?»
«April… Moore… April Leto Moore.»
Mentre la donna guarda il monitor del pc cercando il nome di sua moglie, per Shannon il tempo sembra fermarsi. Sente il respiro chiudersi mentre i battiti accelerano e i secondi gli sembrano giorni.
«Eccola, l’hanno portata qua un’ora fa. È nel reparto rianimazione, al terzo piano, dal dottor Smith.»
La donna non fa in tempo a finire di parlare che Shannon si sta già dirigendo verso l’ascensore. Dopo esservi entrato, resta in silenzio, lo sguardo basso. Muove il peso da un piede all’altro nervoso e, quando le porte si aprono, lui rimane immobile per qualche secondo poi prende un respiro ed esce, dirigendosi verso il reparto.
Si avvicina al primo medico che vede passare «Lei è il dottor Smith? Sto cercando April Leto Moore.»
«Sì, sono io. Lei chi è?»
«Sono il marito.»
«Signor Leto, venga con me.»
Shannon segue il medico lento, come se stesse andando al patibolo. L’odore dei medicinali gli entra nelle narici e lo fa rabbrividire: ha sempre odiato gli ospedali, ha fatto fatica ad entrarci, persino quando sono nati Janis e Joshua. Non ci può fare niente, è più forte di lui: vedere un camice bianco gli fa venire l’orticaria. Eppure dovrebbe esserci abituato, visto che per anni ha diviso la casa con un medico, anche se andare ogni tanto allo studio oculistico di Carl[ii] non è decisamente la stessa cosa che entrare in un ospedale.
«Signor Leto, sua moglie è in questa stanza.» la voce del medico lo distoglie dai suoi pensieri «Può entrare, ma solo per qualche minuto.»
Annuisce senza dire una parola, mentre il medico apre la porta e i due entrano nella stanza.
April giace inerme nel letto, con una flebo nel braccio e la mascherina per l’ossigeno sul naso. Sul volto qualche abrasione dovuta all’incidente e un’evidente fasciatura sulla testa.
«Cosa… come sta? Cosa è successo?»
«Per le dinamiche dell’incidente deve chiedere agli agenti che hanno fatto le rilevazioni sul luogo. Io posso solo dirle che sua moglie è arrivata qua in coma, con un trauma cranico e diverse contusioni. Siamo dovuti intervenire subito per arginare un ematoma.»
Shannon fatica a seguire quello che gli sta dicendo il medico, non riesce a staccare gli occhi dalla moglie. Si passa una mano sul viso, prende un respiro poi si rivolge nuovamente al medico «In… in coma? E si riprenderà? Si sveglierà?»
«Non lo sappiamo ancora. Con l’intervento abbiamo ridotto l’ematoma cerebrale, adesso dobbiamo solo aspettare per vedere come si evolverà la situazione. Ci potrebbero volere giorni come mesi, se non anni.» fa una pausa poi guarda dritto Shannon negli occhi «Signor Leto, voglio essere chiaro con lei e non darle false speranze. Il quadro clinico di sua moglie è molto compromesso. Potrebbe anche non svegliarsi più e comunque, nel caso in cui si svegliasse, non possiamo garantire sul suo stato. Il tutto dipende da come passerà le prossime quarantotto ore.» fa una pausa poi torna a rivolgersi all’uomo che ha davanti «Adesso la lascio solo con lei per qualche minuto poi deve uscire, mi raccomando.»
Shannon annuisce poi guarda il medico uscire.
Si avvicina al letto, si siede e prende la mano della moglie.
«Ehi, che bello scherzo mi hai fatto eh? Adesso apri gli occhi e mi dici che quello che mi ha appena raccontato il medico sono tutte balle, che stavi solo schiacciando un pisolino.»
La mano di April, fredda e immobile, lo fa rabbrividire. Ripensa alle parole del medico: quarantotto ore, solo quarantotto ore per decidere il suo destino, quello di sua moglie, dei suoi figli. Quarantotto ore per decidere della sua vita.
«April, lo senti che sono qua vero? Janis e Joshua ti aspettano, sai quanto vogliono bene alla loro mamma e quanto sono pasticcione io, non ce la farei mai da solo con loro perciò ti devi svegliare ok?» si passa una mano sugli occhi tirando su col naso.
Fruga nella tasca della giacca ed estrae il cerotto che gli ha dato Joshua. Lo guarda con un sorriso e lo mette sotto il cuscino della moglie «Quello è un regalo di Josh, così ha detto che guarisci prima. Capisci vero che devi sbrigarti ad uscire da qua? I bambini hanno bisogno di te…» fa una pausa poi aggiunge, quasi sussurrando «Io… io ho bisogno di te.» serra gli occhi per impedire alle lacrime di scendere.
La porta si apre alle sue spalle e il dottor Smith entra nella stanza «Adesso deve uscire, signor Leto. Ci dobbiamo occupare di sua moglie.»
Shannon prende la mano di April e la bacia poi le si avvicina all’orecchio sussurrando «April, io adesso vado, ti lascio nelle mani dei medici. Torno presto, non aver paura, e quando tornerò tu sarai sveglia e ci faremo una bella chiacchierata ok?» da un ultimo bacio alla moglie poi esce dalla stanza.
Si dirige verso la sala d’attesa, cerca qualche spicciolo in tasca e si avvicina al distributore automatico: ha assolutamente bisogno di un caffè.  Inserisce le monetine, seleziona il numero e si appoggia alla macchinetta. Si passa una mano sul viso mentre fissa un punto indefinito sul pavimento bianco dell’ospedale. Ancora non si capacita di quello che è successo, di come sia potuto accadere. Perché è successo proprio a loro?

Jared esce dall’ascensore ed entra di corsa nel reparto rianimazione. Vede il fratello in piedi, di fianco al distributore automatico di caffè: ha il volto sconvolto. Gli si avvicina, ma non riesce a dire una parola: proprio lui che ha sempre la battuta pronta, lui che nessuno riesce a zittire, in questo caso non sa cosa dire e si trova a fissarlo. Come tutti i fratelli minori, ha sempre visto Shannon come il suo punto di riferimento, la sua roccia. Non che sia un uomo perfetto, ha fatto i suoi sbagli e spesso è dovuto intervenire in prima persona per tirarlo fuori dai casini dove si era cacciato, ma non ha mai smesso di essere la parte più importante della sua vita. Per lui c’è sempre stato, ha sempre cercato di proteggerlo dal mondo e l’ha sempre fatto sentire sicuro. Ne hanno fatte tante insieme, si sono anche messi in situazioni pericolose, ma lui è sempre stato certo che finche ci fosse stato Shannon al suo fianco non gli sarebbe potuto accadere niente. È suo fratello, il suo miglior amico, tutto il suo mondo e vederlo così gli fa male, ma la cosa che lo fa stare peggio è il non poter far niente per aiutarlo. Vorrebbe poter avere la soluzione pronta anche questa volta, poterlo tirar fuori dai guai ancora una volta. Vorrebbe poterlo abbracciare e dirgli che andrà veramente tutto bene, ma non può e questa cosa lo logora dentro. Così se ne sta lì a fissarlo, come se stesse cercando un segno, un’illuminazione che lo potesse aiutare a risolvere tutto nel migliore dei modi.
S
hannon è appoggiato al muro, immerso nei suoi pensieri, fissando il bicchiere di caffè che stringe tra le mani. Ad un tratto sente una presenza alle sue spalle: alza gli occhi e vede Jared, in piedi che lo fissa. Ha uno sguardo così diverso dal solito. Quegli occhi azzurri, così grandi da poter raccogliere tutto il mondo, sono sempre stati il suo punto di riferimento. Guardando negli occhi suo fratello è sempre riuscito a ritrovare quelle certezze che tante volte gli sono mancate. In quegli occhi ha sempre trovato la forza per andare avanti, cercando di proteggere la parte più importante della sua vita: suo fratello, il suo miglior amico, il suo mondo. Lo fissa cercando un segno, anche piccolo, che lo possa rassicurare come sempre, ma questa volta non trova niente e si sente totalmente perso.
Per alcuni minuti rimangono così, in piedi uno di fronte all’altro, poi Jared muove un passo e si avvicina a Shannon abbracciandolo: un abbraccio che dice tutto quello che le parole non riescono ad esprimere. Shannon sente come se la stretta del fratello abbia rotto qualcosa dentro di lui, come se un nodo che tratteneva tutta la rabbia e la frustrazione si sia sciolto. Si rifugia in quell’abbraccio cercando di raccogliere tutto il calore che sprigiona e appoggiato alla spalla di Jared piange tutte le lacrime che non era ancora riuscito a buttar fuori.

******

Constance guarda la pioggia scendere nel giardino, in piedi davanti alla porta a vetri del salone. Adesso che i bambini sono al piano di sopra per il pisolino pomeridiano e nella casa regna il silenzio, i pensieri sono liberi di correre e i suoi stanno viaggiando alla velocità di una vettura da Formula 1. Dopo la telefonata di Jared, durante la quale le ha raccontato cosa è successo ad April, non fa altro che pensare a Shannon, a come si deve sentire. Pensa ai bambini, a cosa accadrebbe se la madre non uscisse più da quell’ospedale e le si stringe il cuore. Si passa le mani sul viso, come a cercare di cacciare indietro tutta la negativa e abbozza un sorriso: April presto starà bene e tutto tornerà alla normalità. Se ne deve convincere, deve esserne certa almeno lei.
Prende una rivista dal ripiano della libreria e si va a sedere sul divano grigio al centro della sala sfogliandola, anche se in realtà non ha per niente voglia di leggere. Dopo pochi minuti, ripone il giornale sul tavolo e getta la testa sullo schienale sospirando e chiudendo gli occhi, lasciando correre i pensieri altrove.
«Nonna…» la voce di Janis la riporta alla realtà.
«Piccola, ti sei svegliata. Vieni qua, siediti vicino a me.» le dice mentre batte una mano sul cuscino del sofà.
La bambina si guarda intorno perplessa poi va a sedersi vicino alla donna con lo sguardo serio. Constance le passa una mano dietro la testa accarezzandole i capelli «Che c’è Janis?»
«Papà… papà non c’è?» la bimba guarda la donna con i suoi grandi occhi verdi.
«No, papà non è ancora tornato.»
«E… e mamma?»
«Anche mamma non c’è…» prende un respiro profondo «Janis… ti ricordi che il papà ti ha detto che la mamma ha avuto un incidente?»
La bambina annuisce.
«La mamma ha avuto un incidente e si è fatta male, per questo deve stare in ospedale, dove ci sono dei dottori che la cureranno così tra qualche giorno potrà tornare a casa.»
«La cureranno come hanno fatto con il papà quando aveva male alla schiena?»
«Sì tesoro, la cureranno e la faranno guarire come hanno fatto con il tuo papà.»
Janis resta in silenzio. Per alcuni minuti rimane immobile a fissare la parete di fronte poi si volta verso la donna seduta al suo fianco «Nonna, mi abbracci?»
Constance allarga le braccia per accogliere la nipote, che si accoccola in silenzio appoggiando la testa su un suo braccio mentre la donna le accarezza la schiena.
«La mamma starà bene vero?»
La donna chiude gli occhi e sospira, cercando di trattenere le lacrime «Certo piccola mia, la mamma starà benissimo e presto tornerà a casa da te e Josh.»
Sente Joshua arrivare: il bambino si ferma a guardare la nonna e la sorella poi si siede anche lui sul divano, dall’altro lato rispetto a Janis, e si accoccola alla donna senza dire niente.

******

È già pomeriggio inoltrato quando Jared esce dall’ospedale: mentre Shannon sistema le ultime incombenze per il ricovero della moglie, lui deve prendere un po’ d’aria. Si ferma sotto la tettoia davanti all’ingresso e guarda il cielo: finalmente ha smesso di piovere. Si appoggia al muro e sente come se tutto il peso della giornata gli fosse crollato addosso, come se tutte le emozioni che ha cercato di trattenere fossero arrivate, chiedendo prepotentemente di essere liberate. Piega le gambe e fa scorrere la schiena lungo il muro, restando a fissare un punto nel vuoto. Si chiede cosa può fare, come può aiutare suo fratello, come può farlo stare meglio, ma non riesce a trovare una risposta. Sente la rabbia crescergli dentro, come un’onda anomala pronta ad investirlo in pieno. Si alza allontanandosi dall’edificio e tira un pugno ad un albero, che ha l’unica colpa di trovarsi sulla sua strada. Urla. Urla con tutta la voce che ha poi chiude gli occhi, prende un respiro, li riapre e torna verso l’ingresso dell’ospedale, massaggiandosi la mano. Vede il fratello che sta uscendo e gli va incontro.
«Tutto a posto?»
Shannon annuisce con un gesto della testa. «E tu? Cosa ti sei fatto?» gli chiede indicando la mano.
«Come? Ah questo… niente, tranquillo. Volevo verificare se era più forte la mia mano o il tronco di quell’albero la giù e… e ha vinto l’albero.» conclude aggrottando le sopracciglia e massaggiandosi ancora una volta l’arto.
Shannon sorride e guarda il fratello «Sei tutto matto.» poi gli passa una mano sulla testa scuotendogli i capelli.
Jared lo guarda corrucciando le sopracciglia «Shan… ti ho detto di non toccarmi i capelli!»
Shannon scoppia a ridere, guardando Jared esibirsi in smorfie fintamente arrabbiate poi si volta verso l’ospedale e torna serio abbassando lo sguardo. Il fratello gli posa una mano sulla spalla facendolo voltare.
«Shan… stai tranquillo… andrà tutto bene e tra qualche giorno tutto questo vi sembrerà solo un brutto sogno.»
Shannon accenna un sorriso, guardando gli occhi del fratello: per un attimo sembra leggerci quella luce, quella sicurezza che gli erano mancate poche ore prima. Lo tira a sè e lo stringe in un abbraccio «Grazie Jay, grazie di tutto.»
«Ok Bro, ma adesso non strozzarmi.» gli dice tirando fuori la lingua mimando un soffocamento.
«Sei sempre il solito stronzo!» sorride dandogli un pugno leggero sulla spalla «Andiamo a casa?»
«Tu vai, io devo passare da Emma che dobbiamo sistemare un paio di cose per spostare avanti il tour.»
«Spostare il tour? Jared… non è necessario… davvero…»
«Shan ho già deciso. Per almeno due mesi annulliamo tutti gli impegni poi si vedrà. Adesso hai cose più importanti di cui occuparti che uno stupido tour. Appena April starà meglio penseremo a tutto il resto.»
«Ok… grazie Jay.»
«Non devi ringraziarmi.» fa una pausa poi riprende a parlare «Ah… prima che mi scordi… Ho detto ad Emma di cercare una baby-sitter per i bambini.»
«Una baby-sitter? Non se ne parla nemmeno! Non voglio che un’estranea si occupi di Janis e Joshua. Me la posso cavare benissimo da solo!»
«Shan… lo sai che da solo non puoi farcela. Dovrai venire spesso in ospedale e anche a casa ti servirà aiuto.»
«Ho te e mamma per quello...»
«Shan, guardami.»
L’uomo alza lo sguardo verso il volto del fratello.
«Hai bisogno di aiuto, da solo non puoi riuscirci. Io, mamma e sicuramente anche Tomo e Vicki ti staremo vicino, non ti lasceremo solo in questo momento, ma devi farti aiutare. Selezionerò io stesso la baby-sitter per Jan e Josh e sai quanto sia puntiglioso…»
«Cagacazzo direi…» aggiunge Shannon con un sorriso.
Jared aggrotta le sopracciglia «Fingerò d’ignorare questo tuo commento…»
«Puoi far finta di non sentire, ma la sostanza non cambia. Rimani sempre un cagacazzo e non vorrei essere nei panni delle poverette che passeranno sotto le tue grinfie.»
«Continua pure ad offendere, forza.»
Shannon guarda il fratello e non può fare a meno di sorridere, pensando che sia davvero il regalo più bello che la vita potesse fargli.
«Che ne dici di levare le tende da qua?»
«Dico che sarebbe anche ora. Ci vediamo domani Shan.»
«A domani e… grazie ancora di tutto…»
«Ti voglio bene.»
«Anch’io.»
Si abbracciano poi si dirigono insieme verso il parcheggio.

******

Shannon apre la porta di casa ed entra. Si guarda intorno, chiedendosi dove siano finiti tutti poi guarda l’ora: le dieci di sera. Che stupido… i bambini saranno già a letto… Dopo aver salutato Jared davanti all’ospedale, ha preso la macchina e ha fatto un giro: aveva assolutamente bisogno di staccare la spina, di stare solo. Ha guidato fino alla spiaggia in cerca di un po’ di tranquillità: il mare è l’unica cosa che riesca a calmarlo. È come se le onde portassero via i suoi pensieri e ogni volta è lì che fugge quando vuole scappare. Si è seduto sulla spiaggia guardando i gabbiani, respirando l’aria, chiudendosi nel suo mondo e ha perso totalmente la cognizione del tempo rimanendo lì per ore.
Constance sente la porta d’ingresso chiudersi e scende al piano di sotto trovando Shannon in sala. Va verso di lui e lo abbraccia «Come sta April? Jared mi ha chiamato e mi ha spiegato la situazione…»
«Come vuoi che stia? È lì, immobile in un letto d’ospedale…»
«Tu come stai?»
L’uomo sospira e aspetta qualche minuto prima di rispondere. «Come sto… non lo so come sto… ci.. ci sono momenti in cui penso che ce la farà, che tra qualche giorno tornerà tutto alla normalità, che starà bene… che staremo tutti bene… ma poi… poi arrivano quegli attimi in cui la rivedo inerme nel letto dell’ospedale e mi chiedo come sarebbe la mia vita se lei… se… se non ce la dovesse fare.» guarda la madre con gli occhi che trattengono a stento le lacrime.
«Non è facile, lo capisco, ma cerca di essere positivo. April non lascerebbe mai te e i bambini. Vedrai che si sveglierà presto.» cerca di rassicurarlo, anche se forse dovrebbe prima tranquillizzare se stessa.
«I bambini come stanno?»
«Josh è tranquillo: ogni tanto ha chiesto dov’eravate, ma poi è tornato ai suoi giochi. Stasera ha mangiato, ha voluto vedere un po’ di cartoni animati e si è addormentato come sempre.»
«E Jan?»
«Jan… beh… lei lo sai com’è… a lei non puoi nascondere niente… Ha capito che April non sta bene, che le è successo qualcosa di grave…»
«Ha chiesto qualcosa?»
«No, niente in particolare… Lei è un po’ come te, tende a tenersi tutto dentro, ma se la guardi negli occhi puoi leggere i suoi pensieri. È preoccupata. Stasera quasi non ha parlato a tavola poi ha fatto fatica ad addormentarsi, ma sono riuscita in un qualche modo a rassicurarla.»
Shannon si passa le mani sulla faccia, si sposta davanti alla porta a vetri e guarda le luci del giardino. Constance gli si avvicina, appoggiandogli le mani sulle spalle.
«Vedrai che ce la farete. Sei un padre meraviglioso e riuscirai a far passare questo momento ai tuoi figli nel modo migliore.»
«Lo spero mamma, lo spero davvero…» le risponde senza distogliere lo sguardo dal giardino.
«Shan» la donna lo fa girare «Presto April sarà a casa. Devi crederci altrimenti trasmetterai tutte le tue incertezze ai bambini.»
«Lo so, ma non è facile… tu non l’hai vista… le ho preso la mano ed era fredda, immobile, non c’era niente della April che amo… niente…»
«April è lì, devi solo avere pazienza.»
«Ci proverò…»
La donna gli da una carezza sulla guancia «Adesso devo andare prima che James[iii] mandi l’esercito a cercarmi.»
Shannon sorride «Vai pure, sia mai che lo facciamo agitare troppo.»
«Ci vediamo domani.»
«Ok… a domani… ah… sai dell’idea di Jared di trovare una baby-sitter?»
«Sì… me ne ha parlato… sapeva che non saresti stato del tutto d’accordo…»
«Infatti… ma come il solito si deve fare come dice lui. Forse però questa volta ha ragione... è davvero la soluzione più semplice: non puoi certo trasferirti a casa mia, dal momento che non sappiamo per quanto tempo April resterà in ospedale... non che l’idea di lasciare Josh e Jan nelle mani di una perfetta estranea mi piaccia molto…»
«Shan, si occuperà tuo fratello di selezionare la persona più adatta perciò puoi stare tranquillo.»
«Sicuro! Quel rompi co… ehm… rompi scatole farà vedere i sorci verdi alle candidate!» e scoppia a ridere. «Ok… adesso ti lascio andare a casa davvero.» si avvicina alla donna dandole un bacio sulla guancia «Grazie di tutto.»
«Non devi ringraziarmi, sono tua madre no? Le mamme servono anche per questo.»

Shannon accompagna la madre poi sale al piano di sopra.
Si avvicina alla porta, sulla quale svettano due targhette: la nuvoletta rosa di Janis e quella blu di Joshua. La luce fioca che esce dalla lampada accesa sul comodino gli permette di muoversi senza sbattere contro ogni cosa. Si avvicina al lettino di Joshua e lo guarda dormire sereno. Gli rimbocca le coperte e gli da un bacio leggero sulla fronte. Poi si sposta verso Janis: come il solito, dorme tutta scoperta e storta. Cerca di coprirla senza svegliarla, rimbocca le coperte anche lei, le bacia la fronte ed esce dalla stanza, fermandosi per un attimo a guardare i bambini.
«Andrà tutto bene.» ripete tra sè e sè, come se fosse un mantra, un qualche rito che servisse davvero a far sì che tutto vada per il verso giusto.
Socchiude la porta e si dirige verso il bagno: ha bisogno di una doccia.
Entra e vede l’accappatoio di April, appeso di fianco al suo. Lo prende e se lo passa sul volto annusandolo, abbassando le palpebre e stringendolo a sè, come se fosse il corpo della moglie quello che ha tra le braccia. Ad un tratto apre gli occhi, quasi si fosse svegliato all’improvviso da un sogno. Sul volto gli si disegna un’espressione dura. Getta a terra l’accappatoio e si guarda allo specchio.
«Sei proprio un uomo di merda. Avevi promesso che l’avresti protetta, che avresti protetto i vostri bambini e invece guarda in che situazione vi trovate.»
Si spoglia e s’infila sotto la doccia: chiude gli occhi e getta la testa indietro, cogliendo il getto dell’acqua sulla faccia. Prende il bagnoschiuma e inizia a frizionarsi, cercando di lavar via tutta la frustrazione della giornata. La schiuma scivola via, ma i pensieri rimangono sempre lì, a tormentarlo, a riportarlo in quell’ospedale, davanti a quel letto. Porta le mani dietro la nuca e appoggia la fronte al muro, lasciando che l’acqua scorra giù per la schiena, lungo la spina dorsale, mentre le lacrime scendono a rigargli il volto. Piange prendendo a pugni la parete della doccia.
«Perché? Perché è successo a noi? Perché?»
Chiude l’acqua, prende una salvietta, se la passa addosso e se la lega in vita, dirigendosi verso la stanza da letto.
Entra nella stanza e si ferma sulla soglia senza poter fare a meno di immaginare April che lo aspetta dormendo: quante volte ha visto quella scena tornando da un qualche concerto. Ogni volta l’ha sempre trovata lì ad aspettarlo, ma questa volta il letto è vuoto, lo stesso vuoto che si sta facendo largo nella sua anima. Scuote la testa e si passa le mani sul volto prendendo un respiro profondo.
«Ok Shannon, è ora di rimboccarsi le maniche. Ce la farai, ce la faremo tutti e tra qualche giorno April sarà a casa con noi.»
S’infila un paio di boxer poi si sdrai sotto le coperte, mentre la stanchezza inizia a farsi sentire. Abbraccia il cuscino di April respirando il suo profumo e immaginando di averla accanto.
Ad un tratto sente la porta aprirsi: solleva la testa e vede Janis e Joshua in piedi, davanti al letto.
Si stropiccia gli occhi e si tira su, appoggiandosi al muro «Bambini… cosa fate qua?»
Janis abbassa lo sguardo «Papà… non riusciamo a dormire… possiamo venire nel lettone con te?»
«Sì… lettone… per piacere…» aggiunge Joshua, facendo il broncio.
Shannon sorride poi si sistema un po’ e batte una mano sul materasso «Venite qua diavoletti.»
I bimbi si gettano sotto le coperte ridendo, Janis a destra e Joshua a sinistra. L’uomo li abbraccia e si sistemano tutti e tre in modo da dormire il più comodo possibile: un abbraccio pieno di calore, che li convince che andrà davvero tutto bene.
«Siamo caduti, ma ci rialzeremo presto e saremo più forti di prima, statene certi piccoli miei.»

 


[i] Il titolo è preso dal brano “Alibi” dei 30 Seconds to Mars https://www.youtube.com/watch?v=MYr1YXnIKPk

[ii] Carl Leto, padre adottivo di Jared e Shannon. Lavora in uno studio oculistico

[iii] Non ho la men che minima idea di come si chiami il compagno di Constance o se ne abbia uno perciò l’ho inventato di peso :)

Volete vedere qualche foto che mi ha ispirato durante la scrittura? Andate qua https://www.facebook.com/media/set/?set=a.324329027742910.1073741831.100004974456579&type=1&l=16a6aff2c2

 

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Capitolo 3
*** *** Da qualche parte oltre l'arcobaleno *** ***


Eccoci qua con un nuovo aggiornamento. Grazie a chi continua a seguire i miei deliri, a chi ha commentato, a chi ha messo questa storia tra le preferite/serguite/ricordate e a chi passa, legge e non si palesa: siete davvero tanti, spero non vi annoierete con il proseguo della storia. In questo nuovo capitolo conoscerete un nuovo personaggio del quale non vi dico niente, sbizzarritevi come meglio credete :)
Bando alle ciance e via ai miei deliri!

 
«Papà, sveglia!» la voce di Janis gli arriva dritta nell’orecchio, come se la bambina fosse accovacciata direttamente nel suo padiglione auricolare.
Per qualche minuto fatica a capire in quale parte del mondo si sia svegliato: sente qualcosa premergli sullo stomaco mentre la voce della figlia continua a torturargli i timpani. Ancora a occhi chiusi, allunga le mani verso il ventre incontrando una gamba di Joshua, il quale, sentendo il tocco del padre, si muove di scatto tirandogli un calcio dritto nel costato. A questo punto decide che è ora di aprire gli occhi.
Lo spettacolo che gli si para davanti è meraviglioso: quattro occhietti lo guardano sorridendo.
Joshua e i suoi laghi azzurri, così puri come pezzi di cielo. Occhi che sono ancora così innocenti e curiosi, pronti ad accogliere ogni dettaglio del mondo.
Janis e i suoi prati verdi, così grandi da poterti perdere nel suo sguardo. Occhi che ti sanno scrutare, che sanno leggerti dentro nonostante sia ancora così piccola.
«Buongiorno papà!» Janis si getta al collo di Shannon e lo bacia.
«Buongiorno papino!» Joshua la segue a ruota.
«I miei diavoletti!» Shannon abbraccia i bambini, chiude gli occhi sorridendo mentre non può fare a meno di pensare che quello sia il più bel buongiorno del mondo. A un tratto però sente una sensazione di vuoto partirgli da dentro e si rende conto che manca qualcosa per far diventare questo risveglio perfetto: April.
«Che c’è papà?» Janis lo guarda aggrottando le sopracciglia.
«Niente Streghetta, stai tranquilla.» le risponde cercando di abbozzare un sorriso, ma senza convincerla.
«Stai pensando alla mamma, vero? Anch’io ci sto pensando e vorrei fosse qui con noi…» poi abbassa lo sguardo «Dopo… dopo andiamo a prenderla?»
Shannon sospira e accarezza la figlia sulla testa «No piccolina, la mamma deve restare in ospedale per qualche giorno.»
«Quanti giorni?»
«Non lo so tesoro… deve curarsi… quando guarirà, tornerà a casa con noi…»
«Papà, le hai dato il mio cerotto?»
«Certo Josh, è la prima cosa che ho fatto ieri quando l’ho vista.»
«Bene… allora con quello guarisce subitissimo!» e gli regala un sorriso capace di illuminare tutta la stanza.
Shannon abbraccia il bambino «Certo Josh, con quello guarirà subito.» poi lo bacia sulla testa.
«Andiamo a fare colazione che tra poco arriva lo zio Jay.»
«Lo zio Jay, evviva!» Joshua salta giù dal letto entusiasta mentre Janis si ferma un po’ a guardare il padre. Shannon scende dal letto, le sorride e le allunga una mano facendole un inchino.
«Principessa, il suo cavaliere è pronto per accompagnarla al piano di sotto.»
«Grazie cavaliere.» la bimba ride, prende la mano del padre e salta giù dal letto.
«Papà.»
«Dimmi Jan.»
«Ho il cavaliere più bello del mondo.» e l’abbraccia forte.
«Andiamo prima che Josh distrugga la cucina.»
«Andiamo!» e si precipita di corsa giù per le scale.
 
******
 
Emma sbadiglia e si siede alla scrivania appoggiandovi la tazza del caffè. Si stropiccia gli occhi e apre il portatile.
«Forza, iniziamo a lavorare.»
Pochi minuti e squilla il cellulare. Risponde senza neanche guardare chi sia, tanto lo sa che solo una persona può chiamarla alle otto del mattino.
«Buongiorno Jared.»
«Buongiorno, sei in ufficio?»
«Sì, mi sono appena seduta…»
«Ottimo. Prendi appunti che ti devo dire un paio di cose.»
La donna rivolge lo sguardo verso l’alto poi prende un foglio e una penna.
«Dimmi…»
«Stamattina non ci sono, nemmeno se arriva il Padre Eterno. Tu telefona alle varie agenzie e fai in modo di trovare qualche ragazza per il lavoro di cui ti ho parlato ieri.»
«Avrei già un paio di candidate e oggi dovrebbero pubblicare pure l’annuncio sul giornale.»
«Cercane altre: dobbiamo selezionare la baby-sitter per i miei nipoti, non una portaborse qualunque. Prendi il giornale e se non hanno pubblicato l’annuncio chiamali e fallo fare immediatamente.»
«Ok.» sorride: sapeva che avrebbe detto così.
«Oggi pomeriggio vengo lì verso le quindici: per quell’ora fammi trovare le ragazze che ci penso io a fare i colloqui.»
«Viene anche tuo fratello?»
«No, lui ha altro cui pensare. Di questa cosa me ne occuperò io.»
«Va bene. Devo fare altro?»
«Controlla se abbiamo sistemato tutte le date tour, le interviste e tutte le varie cazzate che da qui a due mesi non voglio sentire parlare d’impegni di lavoro. Per almeno due mesi non ci muoviamo da Los Angeles.»
«Già fatto, è tutto a posto tranquillo.»
«Ok... quando arrivo ci guardiamo insieme.»
«Jared, possibile che dopo tutti questi anni non ti fidi ancora del mio lavoro?»
«Non è che non mi fido, ma se le cose le faccio da solo sono più sicuro.»
«A volte mi chiedo cosa mi paghi a fare…»
«Ti pago per sopportarmi.»
«Allora dovrò chiederti l’aumento visto che il lavoro, con l’età che avanza, diventerà sempre più pesante.»
«Ti senti già così vecchia?»
«No, non sono io quella vecchia, ma tu.»
«Sai che potrei licenziarti dopo questa cosa?»
«Lo so, ma so anche che poi non troveresti più nessuno che ti sopporta bene come lo faccio io.»
Jared ci pensa su un attimo poi ride.
«Mi sa che hai ragione. Ok, adesso riattacco che devo andare dai bambini, tu sistema tutto che ci vediamo più tardi.»
«Ok, a dopo.»
 
******
 
«Papà, sei davvero un nano!» Janis ride mentre vede il padre allungarsi per cercare di prendere la scatola dei cereali.
«E tu sei una strega!»
«No, io sono una principessa!» la bimba risponde stizzita.
Shannon prende la scatola e l’appoggia sul tavolo guardano la figlia aggrottando le sopracciglia.
«Se non la smetti di prendermi in giro la tua colazione me la mangio io.”
«Così ti cresce ancora di più la pancia!» gli dice picchiando una mano sul suo ventre ridendo.
«Sei proprio uguale a tuo zio!»
«E tu sei cicciottello!» e continua a ridere coinvolgendo anche Joshua.
«Cicciottello! Papà cicciottello!»
«Adesso ve la faccio vedere io a voi due!»
Si dirige verso i bambini che si alzano iniziando a correre intorno al tavolo. I tre ridono a crepa pelle.
In quel momento sentono aprire la porta.
«Buongiorno! Siete svegli o state ancora poltrendo? Vi ho portato la colazione!» la voce di Jared irrompe nella casa.
«Ringraziate lo zio che vi ha salvato dalla mia punizione.»
I bambini si guardano ridendo mentre Shannon va nella sala ad accogliere il fratello.
«Jay» lo abbraccia e gli da una pacca sulla spalla «Che hai portato?» gli chiede guardando curioso il sacchetto di carta che ha in mano. «Non mi dire che lì ci sono le tue solite schifezze insapore...»
«Meglio le mie ‘schifezze insapore’ che le tue porcherie: guarda che pancia che ti è venuta!» e gli picchia una mano sul ventre.
«Ancora con questa storia della pancia? Ma che è? È la giornata del ‘Alzati e insulta Shannon’?»
«Mica è colpa nostra se sei cicciottello!» Janis irrompe nella stanza e va ad abbracciare lo zio.
«Vedi? Lo dice anche la mia Diva che sei cicciottello perciò vedi di metterti a dieta!»
«Papà, hai pure il fiatone. Sei vecchio.»
«Oh sì! Sei proprio vecchio Bro!»
«Vi odio!» aggiunge Shannon con un ghigno.
«Zio Jay!» Joshua raggiunge i tre nella sala.
«Piccola peste! Josh, dillo anche tu al papà che deve mettersi a dieta.» e strizza l’occhio al nipote che ride guardando il padre.
«Sì, papà cicciottello! Papà cicciottello!» e ride.
Shannon scoppia a ridere e con lui anche Jared: la casa si riempie di risate. Shannon prende un respiro, come se questo risveglio avesse, almeno in parte, cancellato le sue incertezze e le sue paure e si rende conto che alla fine sono proprio le piccole cose quelle che ti danno la forza per andare avanti, per superare anche i momenti più difficili e sperare che da qualche parte ci sia un arcobaleno, di là dal quale tutto sia più facile.
 
******
 
Si sdraia sul letto e sbuffa: cercare un lavoro a Los Angeles è davvero snervante.
«Kai! Guarda qua!»
Si tira su e si volta verso la sua amica.
«Che c’è Zoe? Che hai trovato?»
«Leggi qua.» dice mentre le sventola sotto il naso il giornale.
«Baby-sitter? Davvero vuoi mandarmi a fare la baby-sitter?»
«Ottima paga: solo queste parole dovrebbero convincerti che quello è il lavoro per te. Adesso li chiamo.»
«Zoe, te sei pazza! Dammi quel telefono.»
Kai strappa il telefono di mano all’amica, digita il numero e aspetta che le rispondano. Si sposta nell’altra stanza per parlare e dopo pochi minuti riattacca tornando nella stanza da letto.
Zoe la guarda spalancando i suoi occhi verdi.
«Allora? Cosa ti hanno detto?»
«Mi hanno detto che…» abbassa lo sguardo con un’espressione delusa.
«Hanno già trovato?»
«Ecco… no!» Kai sorride «Oggi pomeriggio alle quindici mi devo trovare a questo indirizzo.» e mostra un foglietto all’amica.
Zoe strabuzza gli occhi, se li sfrega e torna a guardare il foglio che le ha dato la sua amica.
«Kai… sei sicura che sia questo l’indirizzo?»
«Si… me lo sono fatta ripetere per essere sicura…»
«Ma chi ti ha risposto al telefono? Cosa ti ha detto?»
«Era una ragazza… e mi ha detto che oggi pomeriggio parlerò con il suo capo… mi sembra un po’ strano per un lavoro come baby-sitter, ma a Los Angeles ormai ho imparato ad aspettarmi di tutto… ma cos’è tutta questa agitazione?»
«Una ragazza? Allora sarà stata sicuramente Emma…»
«Si… mi pare abbia detto di chiamarsi così… la conosci?»
«Kai… davvero non hai capito con chi stavi parlando? Non ci credo! Devi farti assolutamente assumere!» Zoe guarda l’amica con gli occhi luminosi: sembra una bambina al Luna Park «Ed io verrò con te al colloquio!»
«Zoe, sei impazzita? Si può sapere che ti succede? È una tua amica questa Emma?»
«Kai… hai appena parlato al telefono con l’assistente di Jared Leto e questo è il suo indirizzo. Cioè… oggi pomeriggio hai un appuntamento con Jared Leto! Ti rendi conto? Jared Leto!» la ragazza fa una pausa e aggrotta le sopracciglia inseguendo un pensiero «Solo che… mi è venuto in mente che Jared non ha figli… che se ne fa di una baby-sitter?» poi si da una botta con la mano sulla fronte «Che scema! Suo fratello ha due bambini! Cioè… Kai… andrai a lavorare per Shannon Leto! Solo a nominarlo mi vengono le caldane!»
«Calma Zoe, non è detto che mi assumano... non ho manco fatto il colloquio… Ma poi chi cavolo sarebbe questo Jared Leto? Mi spieghi perché sei così agitata?»
«Davvero non sai chi siano i fratelli Leto? Sono i fratelli più sexy di Los Angeles e dintorni! Come fai a non conoscerli, a non conoscere i Thirty Seconds to Mars? Che ti facevano ascoltare alle Hawaii? Mi sa che ti devo insegnare un paio di cose prima che tu vada al colloquio…» e si mette a trafficare al pc mostrando foto e vari video all’amica.
 
******
 
Shannon esce dall’ospedale e si accende una sigaretta: l’aspira e getta fuori il fumo sperando che con esso se ne vadano tutte le sensazioni, le preoccupazioni che la visita ad April gli ha trasmesso. Gli fa male vederla così e non riesce a trovare un senso a tutto quello che sta accadendo a loro. Prende il telefono e digita il numero del fratello.
«Pronto?» sente la voce di Jared dall’altro capo emergere tra grida e pianti vari.
«Ehm… Jay… tutto a posto?»
«Ehm… diciamo di si… Josh non tirare i capelli a tua sorella!»
«Che è successo? Sento che i bambini stanno facendo un caos infernale…»
«Niente di che… Josh ha deciso che vuole fare le extension ai capelli di Janis attaccandosi direttamente a lei… niente che non si possa risolvere. Josh staccati da tua sorella!»
«Mamma… è arrivata mamma?»
«Sì, è di la in cucina che sta preparando non so cosa per il pranzo… Jan non prendere a pugni tuo fratello!»
«Ok… sento che sei parecchio impegnato… ti lascio andare… io… io arrivo dopo pranzo… tu cerca di fare in modo che quei due non si ammazzino nel frattempo.»
«Ma che gli hai dato a colazione? Stamattina sono ingestibili! Fortuna che tra poche ore me ne vado!»
«Sarà colpa dei tuoi pancake vegani: ti ho detto di non dare da mangiare quella roba ai miei figli.» ride.
«Ridi, ridi… secondo me hai messo qualcosa nel latte… sei sicuro di non averlo corretto? Josh non si è ancora seduto un secondo da quando sei uscito…»
«Josh è un diavoletto iperattivo, non sta mai fermo un secondo… ormai dovresti conoscerlo…»
«In questo momento ti giuro che ho tanta ammirazione per mamma: mi chiedo come ha fatto a crescerci senza affogarci nel Missisipi[ii]
Shannon ride al pensiero del fratello alle prese con le piccole pesti.
«Coraggio Jay, puoi resistere ancora qualche ora?»
«Ci proverò… Janis scendi da quella sedia! Mamma! Vieni ad aiutarmi con questi diavoli!»
«Ti lascio andare, ci vediamo più tardi.» ride ancora.
«Shan, me la pagherai cara! Ci vediamo dopo.» e riattacca.
 
Shannon getta la sigaretta a terra poi si volta per dirigersi verso l’ingresso dell’ospedale quando sente una mano che gli si posa sulla spalla. Si gira e incrocia due occhi scuri che conosce benissimo.
«Tomo!»
“Shan!”
I due si abbracciano.
«Che fai qua in ospedale? Qualche problema con Vicki?»
«Beh… diciamo di sì, anche se in realtà non è un vero e proprio problema… il piccolo Branko ha deciso di nascere con una settimana d’anticipo così ieri siamo corsi in ospedale. A proposito… volevo chiederti scusa se non mi sono fatto vedere… Jared mi ha chiamato per dirmi di April, ma con tutto il trambusto non sono riuscito a trovare due minuti per chiamarti. Scusami…» abbassa gli occhi.
«Non devi proprio scusarti di niente, anzi… congratulazioni!» e gli da una pacca sulla spalla.
«April… come sta?» chiede guardando l’amico.
«Come sta… è… è in coma… sta lì, sdraiata in un letto con dei tubicini che le escono da tutte le parti…» abbassa lo sguardo.
«Ma si sa quando potrà svegliarsi?»
«No, non si sa niente… il medico mi ha detto che potrebbe accadere oggi come tra un mese o…» prende un respiro e fa una pausa poi alza il volto guardando l’amico dritto negli occhi «o mai. Tomo… April potrebbe non alzarsi più da quel letto.»
Shannon si passa le mani sul volto mentre il croato lo abbraccia accarezzandogli la schiena.
«Stai tranquillo Shan, vedrai che presto si riprenderà. April tiene troppo a te e ai bambini per lasciarvi.»
« È quello che cerco di ripetermi ogni giorno, ma non è facile.»
«Immagino…» abbassa lo sguardo poi torna a guardare l’amico «E i bambini? Come hanno reagito?»
«Loro stanno bene… cioè… Josh sta bene: è piccolo e ancora non si rende conto del tutto di quello che lo circonda. A lui basta avere i suoi giochi ed è a posto…»
«E Janis?»
«Jan… beh… lei lo sai com’è. Ha sei anni, ma ha una sensibilità particolare. A lei non posso nascondere niente perché mi legge dentro solo guardandomi negli occhi. Sa che la mamma sta male, che non sarà una cosa di pochi giorni ed è preoccupata, però è anche difficile capire cosa prova veramente perché si chiude in se stessa e non dice niente.»
«In questo è proprio uguale a te.» Tomo sorride all’amico.
«Già… almeno qualcosa l’ha preso da me… per il resto è un mix perfetto tra April e Jared, come se non ne bastasse uno così in famiglia.»
I due amici ridono.
«Vicki come sta? Il bambino?»
«Vicki sta bene e il bambino è un vitellino.»
«Alicia e Sharon come l’hanno presa?»
«Alicia è felicissima: ormai è una donnina. Ha detto che a sei anni è una ragazza grande perciò aiuterà la mamma con il fratellino. Vedremo tra un paio di giorni se manterrà fede ai suoi propositi. Sharon invece è gelosissima: fino a ieri era lei la piccolina di casa…»
«Ha tre anni… è ancora piccola…»
«Ma infatti… non mi preoccupo più di tanto: anche Alicia quando è nata la sorellina per un po’ è stata intrattabile, ma adesso la adora. Finirà così anche con Sharon e Branko.» fa una pausa «Shan… vuoi… vuoi vederlo?»
Shannon regala all’amico uno dei suoi sorrisi migliori. «Certo, non aspettavo altro che tu me lo chiedessi.»
Rientrano in ospedale con il braccio stretto uno alla vita dell’altro.
 
******
 
«Kai, non vorrei uscire con quell’affare addosso?»
«Perché? Cos’ha questa gonna che non va?» la ragazza si guarda allo specchio senza trovare niente di strano.
«Stai per incontrare Jared Leto, non il tuo vicino di casa sfigato. Quella gonna a fiori sembra la tovaglia che usa mia nonna per la colazione.»
Zoe si mette a rovistare nell’armadio dell’amica trovando un mini abito nero a tubino.
«Ecco, questo è perfetto.»
«Sì perfetto per una serata all’insegna dell’acchiappo, mica per un colloquio di lavoro… Figurati se mi prendono come baby-sitter se mi presento vestita così!»
«Magari non come baby-sitter per i bambini…» Zoe alza le sopracciglia ammiccando e arrotolandosi una lunga ciocca dei suoi ricci biondi intorno a un dito con fare malizioso.
«Quanto sei scema!» Kai ride dandole una leggera botta sulla spalla «Comunque hai ragione: questa taccata fa schifo.»
S’infila un paio di jeans, una maglietta nera, si sistema i lunghi ricci scuri poi si rivolge soddisfatta all’amica.
«Ecco, adesso si che vado bene.»
«Secondo me era meglio il tubino nero, almeno mettevi in mostra un po’ di mercanzia.» protesta Zoe mentre con le mani solleva entrambi i seni.
«Sei proprio una cretina!» Kai ride mentre s’infila la giacca di jeans per uscire.
«E tu dove vorresti andare senza di me?» Zoe si alza in fretta e apre la porta all’amica.
«Zoe… lo sai che a volte sei davvero insopportabile?»
«Lo so, ma tu portami a casa Leto e poi ti prometto che farò la brava, almeno per un po’.»
Kai alza gli occhi al cielo esasperata poi guarda l’amica sorridendo.
«Andiamo altrimenti mi farai arrivare in ritardo.»
L’amica le salta al collo baciandola poi esce da casa saltellando come una bambina in un negozio di caramelle.
 
«Sei nervosa?»
«Chi? Io? No no, me la sto solo facendo sotto!» Kai è ferma davanti a un cancello da dieci minuti, controllando e ricontrollando l’indirizzo.
« È la decima volta che guardi quel foglietto, credo che ormai anche i muri sappiano cosa c’è scritto… Sei all’indirizzo giusto perciò premi il pulsante di quel campanello.»
Kai si volta verso Zoe: i suoi occhi verdi se potessero lancerebbero fulmini in direzione dell’amica. In quel momento si ricorda del perché non voleva portarsela dietro…
«Zoe la vuoi finire? Guarda che ti lascio qua fuori!» poi, finalmente, si decide a suonare il campanello.
Il cancello si apre e le due ragazze si dirigono verso l’ingresso. Zoe si guarda intorno come se fosse Alice nel Paese delle Meraviglie.
«Kai… ti rendi conto? Siamo a casa di Jared Leto. Dammi un pizzicotto, ancora non ci credo.»
«Ti darò un calcio nel sedere se non la finisci. Mi farai fare una figura di merda allucinante se ti presenti con la faccia da ebete…»
Arrivano davanti alla porta d’ingresso e una ragazza bionda le accoglie.
«Siamo qui per un colloquio di lavoro.»
Emma le fa accomodare all’interno.
«I vostri nomi?»
«In realtà solo io sono qui per il colloquio, lei è una mia amica… mi ha solo accompagnato.»
Emma alza un sopracciglio e guarda la ragazza da capo a piedi con un’espressione che Kai non riesce ben a decifrare: è indecisa tra “Ma guarda che sfigata mi doveva capitare” e “Speriamo si levi dalle scatole presto”. Forse è un mix tra entrambe.
«Allora? Ce l’hai un nome o me lo devo inventare?» la voce della donna la distrae dai suoi pensieri.
Complimenti Kai, sei partita proprio con il piede giusto…
«Ehm... sì... sono Kai, Kai Lavoie.»
«Bene, Signorina Lavoie. Accomodati pure lì che tra qualche minuto il Signor Leto sarà pronto per accoglierti.»
Nel sentire quel nome, Zoe sobbalza e strabozza i suoi grandi occhi verdi.
«Zoe, stai calma. Ho già fatto abbastanza figuracce per oggi.» Kai le si avvicina sussurrando.
Le ragazze si accomodano su un divano bianco. Mentre Zoe rimane quasi paralizzata, Kai si guarda intorno: le pareti sono piene di foto di due bambini e non può fare a meno di chiedersi se saranno loro i piccoli ai quali dovrà fare da baby-sitter, sempre se la prenderanno. Però, guardando bene le foto, le sembrano un po’ vecchiotte, soprattutto considerando come sono vestiti i bambini.
«Kai, guarda com’era carino Shan da piccolo.» Zoe si avvicina all’orecchio della ragazza sussurrando e indicando una foto di un bambino biondo che dorme indossando una camicia a righe «Chissà se i suoi figli gli assomigliano: ci sono pochissime foto di lui e la moglie, soprattutto con i bambini.»
«Signorina Lavoie.» la voce di Emma interrompe le chiacchiere delle due amiche.
Le ragazze si voltano di scatto in direzione della donna poi Kai si alza, da un’ultima occhiata all’amica e prende un bel respiro.
«In bocca al lupo.» Zoe le da una pacca sul sedere. Kai strabuzza gli occhi poi si dirige verso Emma che l’accompagna in un ufficio.
 
«Accomodati pure su quella sedia nera.»
Sente una voce, ma per qualche secondo non capisce bene da dove arrivi poi un uomo con una chioma fluente e una folta barba le si para davanti spuntando da dietro una porta. L’uomo si siede davanti a lei fissandola con i suoi grandi occhi azzurri. Il suo sguardo ha qualcosa di inquietante.
«Dunque… tu sei…»
«Kai Lavoie.» la ragazza risponde cercando di non guardare l’uomo negli occhi.
«Bene Kai, io sono Jared, ma credo che tu lo sappia già.» sorride «Kai… un nome hawaiano o sbaglio?»
«No, non sbaglia, è hawaiano.»
«Ma tu non sei hawaiana giusto? Anche perchè il tuo cognome non è proprio di quelle parti…»
«Mio padre è canadese, del Quebec. Mia mamma è italiana. Si sono conosciuti durante una vacanza in Irlanda, si sono sposati e poi sono andati a vivere alle Hawaii dove sono nata io, anche se sono cresciuta in Canada per poi tornare a vivere ad Honolulu dopo il liceo.»
«Potresti definirti una cittadina del mondo.»
«Più o meno.» Kai abbassa gli occhi sorridendo. Si sente stranamente rilassata: nonostante Jared non gli abbia tolto gli occhi di dosso per un solo secondo, il sorriso col quale le parla ha sortito l’effetto di metterla a proprio agio.
«E quanti anni hai?»
«Venticinque.»
«Sei giovane.» sorride.
L’uomo a un tratto diventa serio, i suoi occhi cambiano espressione e diventano due lame pronte a sezionarla.
«Veniamo al dunque. Sto cercando una baby-sitter per i miei nipoti, Joshua che ha tre anni e Janis che ne ha sei. Il lavoro sarà temporaneo, ma non so dirti ancora per quanto tempo avremo bisogno di te: mia cognata ha qualche problema e appena li risolverà tu tornerai alla tua vita e lei ad occuparsi dei suoi figli. Per i dettagli di orari dovrai parlare con mio fratello mentre per un eventuale contratto e lo stipendio dovrai fare riferimento a me. Hai esperienza nel campo?»
«Ehm… no…» brava Kai, potevi almeno fingere…
Jared fa una pausa, senza però toglierle gli occhi di dosso «Ok… Abiti a Los Angeles?»
«Sì e ho l’auto perciò non è un problema spostarmi.»
«Per gli orari avresti esigenze particolari? Potremmo avere bisogno di te anche di notte.»
«Nessun problema.» Kai deglutisce: a differenza di pochi minuti prima, adesso lo sguardo di Jared la sta mettendo davvero a disagio. Sente come se l’uomo stia cercando di leggerle dentro.
Jared scruta Kai cercando di cogliere ogni minimo movimento, anche quelli inconsci.
«Bene, abbiamo finito. Adesso devo vedere altre ragazze, più tardi la mia assistente ti chiamerà per dirti com’è andata.»
«Ok... grazie…» la ragazza si alza e fa per uscire dalla stanza.
«Mi piacciono le Hawaii, ci ho passato delle belle vacanze qualche anno fa.» Jared sorride a Kai mentre si alza per aprirle la porta. «Emma, accompagna la signorina al cancello e fatti lasciare il suo numero di telefono.» poi allunga una mano verso Kai invitandola a stringerla.
Kai si allunga timidamente e rimane sorpresa dalla stretta poderosa dell’uomo.
«Arrivederci Signorina Lavoie.» Jared le sorride.
«Arrivederci…. Signor… Leto…» Kai abbassa gli occhi e accenna un sorriso.
Jared volge lo sguardo verso Zoe notando la catenina con la triad[iii] che la ragazza porta al collo.
«Bella collana, complimenti.» le dice strizzandole l'occhio.
«Gra-grazie.» la ragazza risponde abbassando lo sguardo e arrossendo.
Jared rientra nel suo ufficio chiudendosi la porta alle spalle mentre Kai e Zoe escono accompagnate da Emma.
 
Uscite dal cancello, Zoe inizia a saltellare.
«Kai, com’è stato? È stato gentile?»
«Sì, gentilissimo.»
«Kai, ti rendi conto? Abbiamo appena parlato con Jared Leto! Jared Leto, uno degli uomini più sexy di Los Angeles. Jared Leto, uddio! Eravamo a casa sua… ti rendi conto vero? Mi devi raccontare cosa vi siete detti, dalla prima all’ultima parola!»
«Zoe, calmati! Prendi un respiro e saliamo in macchina che ti racconto tutto.»
 
******
 
«Mamma sono tornato!»
Shannon entra in casa che è già pomeriggio inoltrato. Si butta sul divano sedendosi, porta la testa all’indietro contro lo schienale e si passa le mani sulla faccia.
Constance entra in sala e va a dare un bacio al figlio.
«Tesoro, sembri stravolto.»
«Sono solo un po’ stanco, adesso mi riprendo.» abbozza un sorriso.
«Tutto a posto in ospedale? April come sta? Ci sono novità?»
«Nessuna, siamo allo stesso punto di ieri.» abbassa lo sguardo poi torna a guardare la madre con gli occhi che cambiano espressione diventando più luminosi «Ho incontrato Tomo in ospedale.»
«Vicki ha avuto problemi?»
«Nessun problema: ieri è nato Branko.»
«Ma che bella notizia!» la donna sorride «Più tardi lo chiamerò per fargli le mie congratulazioni. L’hai visto?»
«Sì, è bellissimo.  È un bambino enorme, molto più grande di Josh quando è nato.»
«Beh… Joshua era uno scriciolino di due chili e mezzo…»
«Branko è un vitello! Credo pesi quasi quattro chili e ha i capelli neri come Tomo.  È la sua copia.» ride.
«Immagino che sarà felicissimo. C’erano anche le bambine?»
«No, non c’erano. Credo aspetti che torni a casa per presentare loro il fratellino.»
«Papà! Finalmente sei tornato!» Janis entra in sala e corre ad abbracciare il padre.
«Principessa.» Shannon la prende e la fa sedere sulle sue ginocchia «Allora? Che cosa hai combinato oggi? Stamattina ho sentito che facevate un po’ di confusione con lo zio Jay.»
La bambina abbassa lo sguardo poi risponde timidamente «Non è colpa mia… è Josh che non mi lascia mai in pace…»
Shannon le bacia una guancia e le sorride «Porta pazienza Streghetta, crescerà anche Josh.»
La bimba fa il broncio «Spero cresca presto…» poi guarda il padre seria «La mamma come sta?»
L’uomo prende un respiro «La mamma… si sta curando…»
«Quando torna a casa?»
Accarezza la testa della bambina e la porta più vicino baciandole i capelli «Presto, piccola mia. La mamma tornerà presto a casa.»
Janis abbraccia il padre accarezzandogli la schiena e chiude gli occhi «Papà, ti voglio bene.»
«Anch’io cucciola.» e i due si guardano sorridendo.
 
«Mi ha chiamato Jared: ha detto che ha trovato una baby-sitter per Jan e Josh. Le ha detto di venire qua domani mattina. Hai bisogno che venga anch’io?»
«Sono ancora in grado di cavarmela con una donna.» aggiunge Shannon sorridendo e ammiccando con le sopracciglia.
«Non avevo dubbi a riguardo… Ad ogni modo, se hai bisogno sai dove trovarmi.»
«Tranquilla mamma, andrà tutto bene. Se la ragazza l’ha selezionata Jay sarà perfetta.»
«Se è sopravvissuta al colloquio di tuo fratello direi che siamo a posto.»
I due si guardano e ridono. L’uomo da un bacio sulla guancia alla madre.
«Grazie di tutto mamma. Ci sentiamo domani ok?»
«A domani.» e ricambia il bacio dirigendosi poi verso l’auto.
L’uomo, restato solo, si dirige verso la cucina, dove l’attendo i bambini.
«Jan, Josh che ne dite di uscire a mangiarci un bell’hamburger?»
«Si!» i bimbi rispondono in coro entusiasti.
«Allora andiamo di corsa al piano di sopra a prepararci che stasera si esce.»
I piccoli salgono le scale ridendo. Shannon si attarda un po’ mentre l’occhio gli cade sulle foto appoggiate sulla mensola del camino. Ne prende una che ritrae lui, April e i bambini al battesimo di Joshua. Passa l’indice sul volto della moglie carezzandolo delicatamente poi ripone la foto al suo posto e si volta verso le scale.
«Papà, vieni a vedere cosa sta combinando Josh!» Janis lo chiama ridendo.
«Arrivo Streghetta!» fa un sorriso e si dirige di corsa al piano di sopra.
 
******
 
Kai guarda il soffitto sorridendo, sdraiata immobile sul letto da almeno dieci minuti, da quando ha riattaccato dopo la telefonata di Emma.
«Pianeta Terra chiama Kai, ci sei? Sei connessa?» Zoe le passa una mano davanti agli occhi e la ragazza sussulta, come se si fosse svegliata dallo stato di trance in cui era caduta.
«Che c’è Zoe?» chiede all’amica mentre si mette seduta.
«Lo chiedo a te che c’è: saranno dieci minuti che fissi il soffitto. Sembra che ti abbiano appena chiamato per regalarti il biglietto vincente alla lotteria nazionale invece di confermarti un lavoro!»
« È che non ci speravo, davvero. Credevo che non mi avrebbero mai richiamato e invece…»
«E invece domani mattina alle otto devi essere a casa di quel gran bel pezzo di manzo di nome Shannon Leto.»
«Quanto sei scema Zoe... vado a fare da baby-sitter ai suoi figli, mica a propormi per chissà quali prestazioni sessuali.»
«Non si sa mai… sai… passerete del tempo insieme…» aggiunge Zoe maliziosa.
«Dubito, visto che se ha cercato una baby-sitter per i bambini vuol dire che lui non può occuparsene direttamente…»
«Non starà in giro per casa tutto il giorno, ma bene o male vi vedrete no?»
«Suppongo di sì, dal momento che sarà il mio datore di lavoro.»
«Appunto: lui sarà il tuo datore di lavoro, starai sempre a casa sua… Sai com’è… una cosa tira l’altra…»
«Ti ricordo che stai parlando di un uomo sposato.»
«Un uomo sposato, ma con un concentrato di testosterone al di sopra della media!»
«Sei proprio scema!» Kai ride e da un pugno sulla spalla all’amica.
«Pensa se un giorno dovessi incontrartelo mentre esce dalla doccia!» la bionda si porta una mano alla bocca.
«Zoe, sei davvero allucinante!» la mora si lascia cadere sul letto ridendo.
«Stasera andiamo a festeggiare: vestiti che usciamo.»
«E dove vorresti andare?»
Zoe si gratta una tempia e aggrotta le sopracciglia «Viste le mie finanze, il massimo che posso offrirti sono un hamburger e una Coca-Cola, ma ci rifaremo quando percepirai il primo stipendio.»
«Vada per hamburger e Coca-Cola.» Kai ride guardando l’espressione dell’amica. «Zoe, ti ho mai detto quanto ti adoro? Sei la migliore amica e coinquilina del mondo. Ti voglio bene, anche se sei tutta matta.» e così dicendo si alza dal letto andando ad abbracciare l’amica.
«Anch’io ti voglio bene Kai, ma adesso muoviti prima che il mio stomaco inizi a scioperare.»
«Andiamo scemetta.»
Le due amiche escono da casa ridendo. Una sensazione strana cresce dentro Kai, come se questo fosse un nuovo inizio e si sente davvero serena.
 

[i] Titolo preso dal brano del cantante hawaiano Israel “IZ” Kamakawiwo’ole https://www.youtube.com/watch?v=w_DKWlrA24k (lo so che non è la versione originale, ma a me piace questa)
[ii] I Leto hanno passato parte dell’infanzia in Louisiana, dove sono nati
[iii] La triad è uno dei simboli dei Thirty Seconds to Mars
Volete vedere qualche foto che mi ha ispirato durante la scrittura? Andate qua https://www.facebook.com/media/set/?set=a.324329027742910.1073741831.100004974456579&type=1&l=16a6aff2c2

 

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Capitolo 4
*** *** La prima volta che ho visto il tuo viso *** ***


Ecco ci qua. Questa volta ci ho messo un po' più del previsto per aggiornare, ma la Musa in questi giorni è un po' distratta. L'importante è che siamo arrivati al nuovo capitolo :) Grazie a tutti quelli che hanno recensito, che hanno messo la storia tra le seguite/preferite e anche a chi passa semplicemente a leggere: la storia vi sta appassionando, spero non vi annoierà il proseguo :) In questo capitolo entra in gioco definitivamente Kai: porterà sconvolgimenti? Chi lo sà... bando alle ciance, vi lascio ai miei deliri. Buona lettura :)
 
“E tu cosa gli hai risposto?” Kai ride mentre addenta il suo hamburger e ascolta una delle innumerevoli avventure che le sta raccontando Zoe.
“Secondo te? Ti pare che dovevo uscire con uno scemo del genere? Poi almeno fosse stato bello, ci poteva stare una botta di vita, ma era pure un cesso! Dovevi vedere la faccia che ha fatto quando gli ho risposto che piuttosto che uscire con lui me la sarei cucita!” Zoe ride portando la testa all’indietro e facendo ricadere i suoi lunghi ricci biondi lungo la schiena.
“Sei tutta matta.” Kai sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorride.
Le due ragazze amano le serate in cui possono stare assieme e scelgono sempre dei posti molto alla mano. Il Nickel Diner[ii] è uno dei loro preferiti, i dolci che si mangiano lì sono davvero strepitosi. Zoe sprofonda letteralmente nel lungo divano bordeaux che segue tutta la parete mentre Kai la guarda divertita seduta su una sedia di fronte a lei.
Dopo qualche minuto, Zoe punta i suoi occhi verdi sull’amica.
“Kai, sai che non mi hai mai detto perché te ne sei andata da Honolulu. Cioè… se io vivessi in un Paradiso del genere non ci penserei nemmeno per un secondo ad andarmene.”  Zoe parla biascicando un boccone della sua cena.
Kai abbassa lo sguardo e si fa seria “A volte anche il migliore dei Paradisi può diventare un Inferno…”
Vedendo l’amica rabbuiarsi, Zoe le si avvicina carezzandole la testa “Se non hai voglia di parlarne lasciamo perdere, fai come se non ti avessi chiesto niente.”
La ragazza alza lo sguardo puntando i suoi occhi verdi in quelli dell’amica “Zoe, sei la mia migliore amica, praticamente sei come una sorella per me perciò è giusto che ti racconti tutto.” prende un respiro e inizia a parlare.
“Ti ho raccontato che mio padre fa il medico a Honolulu?”
“Sì, me ne avevi parlato.”
Kai sorride mentre muove gli occhi verso l’alto cercando di afferrare un ricordo.
“Io lo aiutavo, anche se, a dirla tutta, più che altro cercavo di imparare da lui. Con noi lavorava un ragazzo, Rhiver.” si morde il labbro inferiore e sbatte velocemente le palpebre per ricacciare indietro le lacrime. “Rihver… Riv aveva la mia età ed era bellissimo: occhi verdi, un viso perfetto incorniciato da un po’ di barba e da lunghi dreadlocks. Tutte le mattine, quando lo vedevo arrivare in ambulatorio, perdevo un battito e lui se n’era accorto perciò si divertiva a lanciarmi occhiatine e fare battute stupide approfittando del fatto che eravamo da soli, dal momento che mio padre era spesso fuori per le visite a domicilio. Così, tra una cosa e l’altra, abbiamo incominciato a frequentarci anche fuori dagli orari di lavoro. Diciamo che il nostro rapporto non era decisamente quello che possono avere due colleghi.” Kai prende un respiro profondo poi ricomincia a raccontare all’amica che l’ascolta in silenzio.
“Riv era un surfista, come tutti alle Hawaii, tranne la sottoscritta naturalmente. Si era messo in testa che doveva insegnarmi a tutti i costi a cavalcare le onde, ma non c’era verso: ogni volta che salivo sulla tavola finivo regolarmente in acqua con mezzo Oceano che entrava nei miei polmoni. Alla fine abbiamo deciso che mi sarei limitata a seguire le sue evoluzioni dalla spiaggia.” Kai sorride.
Poi ad un tratto il suo volto si fa serio, gli occhi lucidi.
“Con Rhiver ho passato un anno splendido, l’anno più bello di tutta la mia vita. Come hai detto tu, vivevamo in un vero Paradiso, ma con lui sarebbe stato lo stesso se fossimo stati in uno dei quartieri più malfamati di New York. Aveva un sorriso capace di illuminare qualsiasi stanza dove entrasse...”
Si ferma e guarda Zoe che la fissa senza dire una parola e senza muovere un muscolo. Poi riprende il suo racconto.
“Riv era una vera forza della natura, sempre pronto a gettarsi a capo fitto in tutte le situazioni e ad accettare qualsiasi sfida, soprattutto se si parlava di surf. Solo nel sentire nominare la tavola e le onde gli si illuminavano gli occhi ed era impossibile tenerlo lontano dal mare. Così un giorno, con i suoi amici, ha deciso di andare a surfare allo spot di Pipeline[iii], uno dei più difficili delle Hawaii.” Kai abbassa lo sguardo “Quel giorno… beh… quel giorno, usciti dallo studio di mio padre, Riv è andato al Pipe e io l’ho accompagnato. Mi sono seduta sulla spiaggia, come facevo ogni volta. Era bellissimo vedere lui e i suoi amici cavalcare le onde. Nei suoi occhi potevi vedere l’amore che aveva per il mare. Mi diceva sempre che io ero destinata a stare con lui: il mio nome, in hawaiano, vuol dire mare e questa cosa per Riv era un chiaro segno del destino. Era legato all’Oceano, viveva per lui, per prendere l’onda giusta…” si ferma, prende un respiro e asciuga una lacrima che è scesa a rigarle il viso “E il mare alla fine se l’è portato via. L’ho visto aspettare l’onda, alzarsi in piedi e sparire, inghiottito da quello che era sempre stato il suo amore, la sua vita. E’ stato trascinato sulla spiaggia dalle onde, ma ormai non c’era niente da fare.”
“Kai… mi dispiace tantissimo… non so che altro dire…” Zoe si avvicina all’amica e l’abbraccia carezzandole la schiena. Kai inizia a piangere col volto nascosto nella piega tra il collo e la spalla dell’amica. Poi solleva il viso e si asciuga le lacrime ritrovando un sorriso.
“Alle Hawaii i funerali tradizionali sono molto suggestivi: sulla spiaggia vengono adagiate delle piroghe ricoperte da composizioni floreali e le ceneri vengono portate al largo per essere sparse nell’Oceano per l’eternità. Quello di Rihver è stato bellissimo e sono sicura che adesso sia felice, unito al suo mare per sempre.”
Le due ragazze si abbracciano.
“Adesso capisco perché te ne sei andata… credo fosse impossibile vivere lì…”
“Ho provato a restare, ma non riuscivo neanche ad andare allo studio medico di mio padre: ogni cosa mi ricordava Riv. Lo vedevo in ogni angolo, sentivo la sua voce e la sua risata ovunque. Così due mesi fa sono partita per venire a Los Angeles e la prima persona che ho incontrato appena scesa dall’aereo sei stata tu.”
“Bell’affare!” Zoe scoppia a ridere.
Kai ride “Sei stato sicuramente il più bell’affare della mia vita. Non so come avrei fatto senza di te, davvero.”
“Hai ragione: di hostess di terra brave come me non ce ne sono. Se t’imbattevi in quella stronza della mia collega prendevi il primo aereo per scappare da Los Angeles.”
Le due ragazze si guardano e ridono mentre cercano di riprendere la loro cena.
 
******
Andare al Nickel Diner ormai è una piacevole abitudine: Shannon ha iniziato ad andarci con Jared quando si è trasferito a Los Angeles a vivere con il fratellino e ha continuato negli anni portandoci poi tutta la famiglia. Non riesce a resistere alla torta al cioccolato di quel ristorante! I bambini poi si divertono guardando le teste dei manichini con i cappelli fatti di pane e dolci che adornano la vetrina. Anche April adora in dolci di Nickel perciò va da se che la famiglia Leto Moore sia un’abituè del posto, tanto che Monica, la cuoca, ogni volta che sa che stanno per arrivare mette da parte una bella fetta di dolce per Shannon. Come vede l’uomo entrare con i bambini, la donna va loro incontro con un regalino per i piccoli.
“Shannon, che piacere vedervi!” dice allargando le braccia per abbracciarlo.
Monica è una donna sui cinquantacinque/sessant’anni, che ha sempre lavorato come cuoca. In un certo senso, è stata una sorta di mamma per Jared e Shannon: quando hanno iniziato a venire a mangiare al Nickel, erano due aspiranti attori poco più che ventenni che cercavano di guadagnarsi la pagnotta recitando in una serie tv. A dire il vero, era Jared quello che stava provando a fare l’attore, mentre Shannon doveva rimettere ordine nella sua vita cercando di capire quale fosse la sua strada. Monica si è presa subito a cuore i due fratelli, tanto che spesso passava loro qualcosa da mangiare sottobanco.
“Monica!” Janis e Joshua abbracciano la donna poi il bambino inizia a sbirciare dietro di lei cercando qualcosa.
“Cosa sta cercando il mio cucciolino?” Monica si china davanti a Joshua passando una mano sui suoi capelli spettinandogli il caschetto biondo. I grandi occhi chiari della donna, che solitamente regalano uno sguardo duro a chi li incrocia, si addolciscono guardando il bambino.
Joshua la guarda e, vedendola infilare la mano nella tasca del grembiule bianco che indossa, le regala un enorme sorriso.
“Grazie zia Moni!” il bambino guarda la piccola motocicletta che la donna gli ha appena messo tra le mani e le salta al collo baciandole una guancia. E’ talmente irruento che fa scivolare via il foulard rosso che Monica usa per coprirsi i lunghi capelli neri quando cucina.
“Josh, chiedi scusa alla zia Monica.” Shannon ammonisce il figlio.
“Tranquillo Shan.” la donna si alza in piedi ridendo “Mi piace l’irruenza di questo diavoletto.” poi rivolge lo sguardo a Janis. “Ma c’è anche una principessa qua. Shannon, non mi avevi detto che ti saresti portato una bella signorina. Chi è che non la conosco?” dice sorridendo e strizzando l’occhio all’uomo.
“Sono Janis.” la bimba risponde con una sonora risata.
“Janis? Ma davvero sei tu? Sei davvero cresciuta tantissimo!” fruga nella tasca del grembiule e estrae un piccolo diadema di plastica con sopra un cuore rosa luccicante sistemandolo sulla testa della bambina “Ecco, adesso sì che sei perfetta.”
Janis spalanca i suoi grandi occhi verdi e abbraccia la donna ringraziandola.
“Forza, lasciamo lavorare Monica.” Shannon posa le mani sulle schiene dei bambini spingendoli verso un tavolino. “Monica, ci porti il solito?”
“Certo, lo preparo subito.” risponde con un sorriso.
“E non ti scordare...”
“La torta al cioccolato.” la donna interrompe Shannon e i due ridono.
 
******

“Josh, ma che hai combinato? L’hamburger devi mangiarlo con la bocca, non con la maglietta!”
Shannon ride mentre con un tovagliolo cerca di togliere un po’ di ketchup dalla maglia del figlio.
“Sei proprio un disastro.” Janis ammonisce il fratellino.
“Jan, guarda quello che stai combinando: stai spargendo maionese ovunque.” l’uomo pulisce delicatamente un angolo della bocca della figlia.
Janis allunga una mano e prende le patatine del padre. Lui le da una leggera pacca sulle nocche.
“Giù le mani Streghetta!”
“Papà, io lo faccio per te, per farti calare la pancetta.” la bimba parla mentre si riempie la bocca.
“Ancora con questa storia? Se non la smetti di dirmi che ho la pancia, da domani vi metto tutti e due a pane e acqua.”
“Io e Josh dobbiamo crescere, sei tu che devi fare la dieta e…” si gratta una tempia aggrottando le sopracciglia come per cercare di ricordare qualcosa “Devi fare la dieta e mangiare sano. Lo dice sempre anche lo zio Jay.” aggiunge con la bocca piena.
“Mannaggia a te e a tuo zio! Se fosse per lui dovrei smettere di mangiare.” Shannon addenta il suo panino.
“Papà guarda! Brum! Brum! Questa è la moto come la tua!” Joshua mostra entusiasta il gioco che Monica gli ha regalato “Quando sono grande ci monto sopra e porto via la mamma.”
“Non vuoi portarci la fidanzata?”
“No! Le fidanzate sono brutte! Io voglio solo la mamma!” il piccolo risponde deciso mentre Shannon sorride.
“Papà mi pendi la torta?”
“Josh non ti sembra di aver mangiato abbastanza? Il panino, le crocchette, le patatine… adesso vuoi anche la torta? Ma che hai al posto dello stomaco?”
“Senti chi parla! Ti sei mangiato due panini e pure le mie crocchette!” Janis ride guardando il padre “Ci credo che poi sei cicciottello.”
“Il papà è cicciottello!” Joshua fa eco alla sorella.
“Lo sapete che vi odio? Quasi quasi vi lascio qua…” i bambini scoppiano a ridere “Jan, controlla che tuo fratello non distrugga il locale mentre vado a prendergli la torta. La vuoi anche tu?”
“No: io mangerò la tua così ti metti a dieta.” lo guarda sorridendo mentre si avvicina il piatto con la torta al cioccolato del padre.
“Strega!” si volta e si dirige verso il bancone.
 
******
 
“Zoe, questa non te la passo. E’ impossibile che ti sia successa pure questa cosa!” Kai sposta una ciocca di ricci neri dietro l’orecchio e guarda l’amica poco convinta.
“Ma ti pare che m’inventerei una cosa del genere? Dovrei avere molta fantasia!” Zoe la guarda facendo l’offesa poi improvvisamente spalanca gli occhi e si ferma a fissare un punto all’interno del diner.
Kai si volta seguendo la direzione dello sguardo dell’amica “Che hai visto?” non nota niente di strano, a parte un uomo di spalle al bancone che sta prendendo due pezzi di torta al cioccolato. Indossa un cappellino da baseball verde scuro, un paio di pantaloni neri e una t-shirt arancione che mette in evidenza un tatuaggio che ha sulla spalla sinistra. Non è tanto alto e neanche dal fisico particolarmente asciutto, ma deve ammettere che ha dei bei bicipiti. La cosa che la colpisce di più però sono gli stivali che ha ai piedi: chi girerebbe con degli stivali del genere a Los Angeles? Sicuramente non è un poveraccio, almeno a giudicare dall’orologio d’oro che ha al polso.
“Kai, hai visto quell’uomo al bancone? Quello con la maglietta arancione?”
“Sì… lo conosci?”
“Sì… cioè… no… oh insomma… quello è Shannon Leto.”
“Shannon Leto? Quel Shannon Leto? Quello che da domani sarà il mio datore di lavoro?”
“Sì, proprio lui!”
Kai guarda l’uomo prendere i piattini con la torta e voltarsi per dirigersi verso un tavolino dove l’attendono due bambini. Gli sembra molto diverso dall’uomo con cui ha parlato nel pomeriggio. “Sei sicura Zoe? Cioè… quello sarebbe il fratello del tizio con cui ho parlato oggi?”
“Certo, è il fratello maggiore di Jared. E quelli saranno i suoi figli.”
“Credo di sì… Jared mi ha detto che dovrò badare ad un maschietto e una femminuccia.”
“Guarda che amore il bimbo! La bimba poi… è davvero bellissima.”
Kai guarda i bambini poi punta lo sguardo su Shannon: c’è qualcosa nei suoi occhi che la ipnotizza.
 
******
 
“Bambini, sono quasi le dieci e dovete andare a nanna. In piedi che andiamo a casa.” Shannon si alza, si libera di qualche briciola caduta sui pantaloni e inizia a raccogliere i residui della cena per gettarli nell’apposito cestino.
“Joshua finiscila!”
“Jan, per piacere, non urlare…” l’ammonisce il padre.
“Ma è lui che non mi lascia stare! Mi tira i capelli!”
“E tu mi hai dato un pugno!” aggiunge Joshua mettendo il broncio.
“Non ho fatto apposta: è colpa tua che mi stai sempre addosso.”
“Stop!” Shannon si mette in mezzo tra i due bambini appoggiando le mani sugli sterni dei figli. “Adesso la finite. Josh, lascia stare i capelli di tua sorella e tu Jan fai vedere che sei più grande e smettila di fare la lagna.”
Janis sbuffa mentre Shannon le passa l’indice sotto il mento sollevandole il volto e guardandola sorridendo: la bimba sorride e prende la mano del padre. Joshua si alza e inizia a correre verso l’uscita.
“Josh fermati!” Shannon si stacca dalla figlia per cercare di acchiappare il diavoletto biondo prima che esca in strada da solo.

Kai si riempie la bocca con l’ultimo pezzo del panino che ha davanti e guarda Zoe strabuzzare gli occhi. Non capisce cosa sia successo finche non sente qualcosa che va a sbattere contro la sua sedia. Si volta e vede un bambino biondo seduto a terra che piange massaggiandosi una gamba. Si alza e si china per aiutarlo.
“Piccolino, che è successo?”
“Ho picchiato la seda.” dice il bambino tra le lacrime.
Kai estrae un fazzoletto dalla borsa e asciuga le lacrime al piccolo “Come ti chiami? Dove ti sei fatto male?”
“Josh, che hai combinato? Quante volte ti devo dire di non correre?” in quel momento un uomo si avvicina alla ragazza. Lei alza il volto e riconosce quello che prima era al bancone alle prese con la torta. Si volta a dare una rapida occhiata a Zoe che guarda la scena inebetita.
“Papà, fa male il ginocchio.” il bambino tira su col naso mentre allunga le braccia verso l’uomo che lo prende in braccio.
“Adesso il papà ti da un bacino e passa tutto.” l’uomo asciuga le lacrime del figlio, gli massaggia il ginocchio e gli da un bacetto. Il bimbo sorride e il padre si volta verso Kai “Ti chiedo scusa: questo diavoletto non sta mai fermo.” Sbuffa passandosi una mano tra i capelli.
Kai sorride mentre guarda il bambino: non può fare a meno di notare la somiglianza del piccolo con le foto di Shannon che ha visto nel pomeriggio a casa del fratello. Gli occhi però sono identici a quelli di Jared. “Non ti preoccupare, è tutto a posto.” dice guardando Shannon in piedi davanti a lei con il piccolo in braccio “L’importante è che non si sia fatto male.”
“Ti fa ancora male il ginocchio?” il bambino nega muovendo la testa “Ecco, è tutto a posto.” dice Shannon regalando alla ragazza un largo sorriso “Joshua, adesso chiedi scusa alla signorina per esserle andato addosso.”
Il bambino abbassa lo sguardo poi solleva appena la testa guardando Kai “Scusa…”
“Tranquillo, Joshua, non è successo niente.” la ragazza sorride al bambino poi torna a guardare l’uomo che lo tiene in braccio.
“Ti chiedo ancora scusa... questo diavoletto è davvero ingestibile!” passa una mano sul caschetto biondo del figlio spettinandolo poi guarda la figlia che ha assistito alla scena senza muoversi dal tavolo dove l’aveva lasciata “Jan, vieni che andiamo.”
“Arrivo papà!” la bambina arriva di corsa e afferra la mano di Shannon.
Kai rimane letteralmente folgorata dagli occhi della piccola: così grandi e di un verde intenso.
“Janis, non correre pure tu altrimenti qua ci ribaltiamo tutti e tre.” padre e figlia scoppiano a ridere e i loro sorrisi illuminano tutto il locale.
“Bene… noi togliamo il disturbo, ti lasciamo tornare alla tua cena. Scusaci ancora.”
“Non ci sono problemi, davvero.” Kai sorride mentre Zoe continua a fissare Shannon con la tipica espressione di chi ha appena visto un ufo.
Il batterista si volta verso la ragazza bionda, la guarda poi si avvia verso l’uscita con i bambini. “Bella collana, complimenti.” prima di uscire, Shannon si ferma un attimo davanti a Zoe notando la catenina con la triad che ha al collo. Le strizza l’occhio, va verso il bancone per salutare Monica poi si dirige rapidamente all’uscita.
Zoe rimane per qualche minuto interdetta a fissare la porta del locale poi si volta verso Kai “Sono proprio fratelli quei due…” dice con un’espressione perplessa “Mi ha detto la stessa identica cosa pure Jared oggi. Credo che non mi toglierò mai più questa catenina.” e si porta alle labbra il ciondolo baciandolo. Le ragazze scoppiano a ridere.

“Non capisco perché non hai detto a Shannon che sei la nuova baby-sitter.”
“Non lo so… Forse ero troppo concentrata sul bambino, a controllare che non si fosse fatto male…”
“Sì… sì… il bambino… o forse eri troppo concentrata sul padre e ti si è annebbiato il cervello?” Zoe ammicca maliziosa.
“Ma figurati! Stiamo parlando di un uomo sposato e, soprattutto, del mio datore di lavoro. Ferma subito quella testa matta che ti ritrovi e non partire con i tuoi mille film.” Kai scuote la testa sorridendo.
“Staremo a vedere…”
“Zoe piantala! Tra me e Shannon Leto non ci sarà un bel niente. E’ il mio datore di lavoro, ha una moglie e in più ha quasi vent’anni in più di me.” e tira un leggero pugno sulla spalla dell’amica.
“Beh… su questo punto potremmo tranquillamente sorvolare visto che lui e il fratello dimostrano almeno dieci anni in meno.”
“Sei allucinante… sono venuta a Los Angeles per trovare un mio equilibrio, non per gettarmi nel letto del primo miliardario che incontravo.” Kai guarda l’amica e sbuffa. “Va beh… Che ne dici se andiamo a casa? Non vorrei fare la figura di arrivare in ritardo perché non riesco a svegliarmi proprio il primo giorno di lavoro.”
“Andiamo!”
Le due amiche si alzano e si dirigono verso l’uscita.
 
******
 
“Janis! Joshua! Cosa state combinando?” Shannon sale le scale per dirigersi verso la camera dei figli. “E’ da mezz’ora che vi aspetto. Forza, vestitevi che tra poco arriva la vostra nuova baby-sitter.”
“Io non la voglio la baby-sitter!” Janis protesta mettendo il broncio.
“Jan, fai la brava. Non potete stare a casa da soli…”
“Non voglio la baby-sitter, voglio la mamma.” gli occhi della bambina si riempiono di lacrime.
Shannon le si avvicina abbracciandola “Anche la mamma vorrebbe poter stare qua con voi e presto lo farà, ma devi portare un po’ di pazienza.”
“Voglio vederla.” la bimba tira su col naso asciugandosi le lacrime nella maglia del padre.
L’uomo chiude gli occhi per un attimo e sospira “Appena sarà possibile ti porterò da lei va bene?”
“Anch’io voglio la mamma!” Joshua si side sul letto con gli occhi lucidi.
“Vieni qua Josh.” Shannon lo chiama a se con un gesto della mano. Il bambino si avvicina al padre che abbraccia lui e la sorella. “Tra poco la mamma starà meglio e tornerà a casa con noi, ve lo prometto.” e bacia la testa dei piccoli. “Adesso però dovete fare i bravi e scendere al piano di sotto. Tra poco conoscerete la vostra baby-sitter: se non vi piacerà, quando torno dall’ospedale me lo direte e ne cercheremo subito un’altra, va bene?” I bambini annuiscono poco convinti. Shannon si alza in piedi e sorride spettinandogli leggermente i capelli. “Forza, andiamo in sala.” i tre scendono le scale che conducono al piano di sotto.
 
******
 
Kai è in piedi, davanti al cancello, con le gambe che tremano come se fossero in preda ad una sorta di delirio. Si guarda intorno notando come il muro di recinzione, tutto di mattoni faccia a vista, sia stranamente basso per essere quello della casa di un vip: non che sia facile da scavalcare, ma, volendo, chiunque, allungandosi un po’, potrebbe vedere cosa succede nel giardino. La cosa le sembra strana, soprattutto perché immagina che quello sarà uno dei luoghi più frequentati dai bambini. Il cancello è rettangolare, non tanto alto, con le sbarre di ferro. Negli spazi tra una sbarra e l’altra ci sono delle stampe floreali.
Si tocca nervosa i capelli poi punta gli occhi sul campanello non trovando nessuna etichetta con il nome, ma la cosa non la stupisce: sicuramente Shannon vorrà far rispettare la propria privacy. Allunga l’indice per suonare il campanello, ma viene fermata da una voce alle sue spalle.
“Kai, sei già arrivata. Ottimo, amo le persone puntuali.” Jared le si avvicina con un ampio sorriso. Ha gli occhi coperti da un paio di Ray Ban, i lunghi capelli che gli ricadono sulle spalle. Indossa una camicia a scacchi blu, rossa, nera e bianca e Kai non può far altro che pensare che come boscaiolo sarebbe davvero sexy. E’ molto più rilassato rispetto al giorno prima.
"Buongiorno… Signor Leto…”
“Jared, chiamami pure Jared che quel Signor Leto mi fa sentire così vecchio.” ride gettando la testa leggermente indietro.
Kai sorride imbarazzata “Ok… Jared…”
Jared apre il cancello e passa un braccio dietro la schiena di Kai invitandola ad entrare. La ragazza entra richiudendosi la cancellata alle spalle. Si guarda un po’ intorno notando una piccola altalena, uno scivolo di plastica e una casetta per bambini in un angolo del giardino: sorride immaginando i due diavoletti, incontrati la sera prima al diner, correre in mezzo a quei giochi.
“Vieni, entriamo in casa così conoscerai mio fratello e i bambini.” Jared guida Kai verso la porta d’ingresso: infila le chiavi nella toppa, la gira per aprire la serratura poi spinge la maniglia e entra in casa.

“Buongiorno!”
Sentendo la voce di Jared, Shannon si affretta a scendere le scale.
“Ciao Jay.” saluta il fratello poi si blocca guardando la ragazza che sta sulla porta d’ingresso, qualche passo dietro Jared. L’uomo nota l’espressione perplessa del fratello.
“Shannon, lei è Kai, la nuova baby-sitter.” annuncia con un ampio sorriso.
Shannon scende gli ultimi gradini, si avvicina alla ragazza e porge la mano. Kai si allunga timidamente e stringe l’arto dell’uomo.
“Shannon.”
“Kai…”
Shannon aggrotta le sopracciglia “Mi pare di averti già visto da qualche parte… fammi pensare…” si gratta una tempia poi si da una botta sulla fronte con la mano aperta “Ma che scemo! Ieri sera, da Nickel. Sei la ragazza contro la quale si è andato a schiantare quel diavolo di Joshua! Credo che dopo aver visto i miei figli all’opera adesso vorrai solo scappare.” porta la testa indietro e ride.
“Allora vi conoscete già, meglio così.” Jared sorride guardando il fratello e la ragazza.
“Cioè… non è che ci conosciamo…” abbozza Kai “Ci siamo scambiati giusto due battute…”
"Ho visto come guardavi Josh, come hai provato a prenderti cura di lui quando l’hai visto a terra che piangeva e questo mi basta.” Shannon le sorride.
Kai rimane incantata dal sorriso dell'uomo: ci trova un qualcosa che non riesce a decifrare.
“Vieni, sediamoci qua che ti spiego un paio di cose prima di presentarti le piccole pesti.” Shannon invita Kai a sedersi al suo fianco sul divano grigio. “Jay, puoi salire un attimo al piano di sopra a controllare i bimbi? Dacci dieci minuti poi portali giù. Se è necessario usa la forza: oggi sono intrattabili.”
“E li vuoi rifilare a me? Grazie…” Jared sbuffa poi sale le scale “Janis… Joshua… dove siete?”
Kai si accomoda vicino a Shannon.
“Allora… non so cosa ti abbia detto Jared, perciò partirò dall’inizio. Mia moglie… al solito si occupa lei dei bambini, non ha mai voluto una baby-sitter perché lo trova un privilegio da vip inutile dal momento che non lavorando può gestirli lei… però… “aggiunge sospirando e passandosi una mano sul mento “però qualche giorno fa ha avuto un incidente d’auto. E’… è in coma e… e non sappiamo quando la situazione si risolverà…” Shannon abbassa lo sguardo.
Sentendo quello che gli sta raccontando l’uomo, vedendo l’ansia e la preoccupazione che traspaiono dai suoi occhi Kai sente il cuore stringersi: anche se non vorrebbe, la mente torna indietro, ad un paio di mesi prima, a Rivher. Chiude gli occhi per qualche secondo per ricacciare indietro tutti i pensieri.
Shannon torna a guardare la ragazza “Allora… io dovrò andare spesso all’ospedale, ma capisci che i bimbi sono piccoli perciò non posso portarmeli dietro e qui entri in gioco tu. Dovrai tenere a bada le due pesti dalle nove del mattino circa fino alle diciassette. Io non starò via tutto il tempo: a pranzo sarò qua, salvo imprevisti. Nel pomeriggio, inoltre, credo che mia mamma passerà quasi tutti i giorni a controllare la situazione perciò non dovresti avere troppi problemi.”
Kai annuisce.
“Come hai detto che ti chiami?”
“Kai…”
“Quanti anni hai?”
“Venticinque.”
Sente Jared scendere dalle scale con i bambini e si volta a guardarli: entrambi hanno un’espressione che di allegro non ha proprio niente. Poi Joshua si stacca dallo zio e corre verso Kai.
“La signora del ginocchio!” sorride divertito.
“Josh! Vieni qua!” Jared cerca di recuperare il diavoletto biondo.
“Tranquillo, io e Joshua ci conosciamo già vero?” Kai si alza e sorride al piccolo che annuisce con la testa.
Anche Shannon si alza e va verso la figlia mettendole una mano dietro la schiena e spingendola verso Kai.
“Lui è Joshua, ma già avete fatto amicizia ieri sera. Ha tre anni e non ti dico altro perché credo tu abbia già capito da sola con che elemento avrai a che fare. Lei, invece, è la mia Principessa Janis. Ha sei anni, anche se in questo momento si sta comportando come una bimba di due.”
Janis scruta Kai con i suoi grandi occhi verdi: sembra volerle trovare un difetto in modo da dare una buona scusa al padre per rimandarla da dove è venuta. La ragazza va verso di lei e le sorride.
“Sai che ieri sera, con quella coroncina in testa, sembravi proprio una principessa? Chi te l’ha regalata? Il tuo papà?”
“No… è stata la zia Monica…” Janis risponde secca.
“E chi è la zia Monica? Ti va di raccontarmi di lei?”
La bambina guarda la ragazza in tralice per qualche secondo poi le sorride “La zia Monica è la cuoca che ci prepara tante cose buone da Nickel e fa crescere la pancetta di papà.” si volta verso Shannon e ride.
“Sei una strega!” il padre l’ammonisce sorridendo. Poi si volta verso Kai “Beh… le presentazioni direi che sono andate. Pensi che ti possa lasciare sola con queste due pesti?”
Kai annuisce “Certo che sì, ci divertiremo insieme vero?” chiede guardando i bambini.
Janis e Joshua sorridono acconsentendo.
“Allora… noi andiamo…” Shannon guarda il fratello poi si torna a rivolgere a Kai “Ci vediamo verso l’ora di pranzo. Se i bambini vogliono qualcosa, in cucina trovi di tutto di più. Credo non avrai problemi.” Apre il cassetto del mobiletto di legno sistemato nell’angolo della sala tra il camino e la libreria e estrae un foglietto “Questo è il mio numero: se dovesse servire non esitare a chiamarmi, so quanto possono essere pestiferi questi due.”
“Vada pure tranquillo Signor Leto, noi staremo bene.”
“Shannon, sono solo Shannon. Signor Leto mi fa sentire così vecchio.” porta la testa all’indietro ridendo.
“Ok… Shannon…” Kai risponde un po’ imbarazzata, ma sorridente.
“Bene… Jay, andiamo?”
“Andiamo. A dopo Kai.” Jared apre la porta poi si volta verso la ragazza facendole l’occhiolino. Kai avvampa, l’uomo se ne accorge ed esce da casa ridendo.

I due fratelli si dirigono verso l’auto di Jared.
“Che fai Jay? Ci provi con la baby-sitter?” Shannon guarda il fratello ridendo.
“Ma va! Stavo solo facendo il cretino.”
“Ti posso chiedere una cosa? Da quello che ho capito non ha nessuna esperienza… perché hai scelto lei?”
Jared si passa una mano sul mento poi guarda il fratello “Non lo so… è stato come… come boh… hai presente quando incontri una persona e a pelle senti che potrebbe piacerti, che è quella che stavi cercando? Beh… con Kai è stato così: come l’ho vista entrare nel mio ufficio ho sentito che era la persona perfetta per badare ai tuoi figli e dal primo impatto mi sembra ci sappia fare. Tu che dici?”
“E’ piaciuta anche a me. Spero solo non decida di scappare dopo mezza giornata con le piccole pesti!” Shannon ride.
“Dopo la mattinata di ieri, non la invidio di certo!” Jared strabuzza gli occhi passandosi le mani fra i capelli.
“Sei tu che non sai prenderli.”
“So io come li prenderei… a calci nel sedere!” ride poi si torna a rivolgere al fratello “Forza Shan, andiamo da April?”
Shannon sospira mentre apre la portiera della macchina. “Andiamo.”

Non appena i due fratelli escono da casa, Kai prende un sospiro. “Forza, è ora di iniziare a lavorare.”
Si volta verso i bambini notando che sono entrambi fermi che la fissano. Dalle loro espressioni, non riesce a capire cosa stiano pensando e dopo alcuni minuti di silenzio prova a rianimare la situazione.
“Allora… cosa volete fare?”
 
******
 
“Zoe, sono tornata!” Kai entra in casa, appoggia le chiavi sul tavolo e si getta sul divano.
Zoe arriva zompettando e si side di fianco all’amica guardandola con un sorriso stampato sulle labbra. Per alcuni minuti restano così, poi Kai rompe il silenzio.
“Che hai da guardarmi con quella faccia?”
“Come che ho? Non mi dici niente?”
Kai sbuffa “Cosa vuoi che ti dica? Che sono stravolta! Josh non è un bambino, ma un diavolo in miniatura! Stamattina è stato abbastanza tranquillo: ha preso le macchinine e si è messo a giocare, ma nel pomeriggio… ha fatto un pisolino e quando si è svegliato sembrava indemoniato! Non ha fatto altro che correre, saltare e urlare dalle tre del pomeriggio fino alle cinque, quando finalmente è arrivata sua nonna. Se Constance avesse tardato altri cinque minuti credo l’avrei affogato nella piscina che hanno in giardino!”
Gli occhi di Zoe s’illuminano “Constance… hai conosciuto anche lei?”
“Sì. E’ venuta a trovare i bambini. Abbiamo chiacchierato un po’ poi è rientrato Shannon e sono venuta a casa.”
“Com’è Constance? E Shannon? La bimba invece com’è?” la ragazza bionda inizia a sparare domande a raffica.
“Calmati Zoe, adesso ti racconto. Janis è un angelo: stamattina abbiamo giocato un po’ a fare le signore, visto che Joshua era tranquillo. Poi mi ha aiutato a sistemare la tavola per il pranzo…”
“Hai anche cucinato?”
“No… non è stato necessario: nel frigorifero c’erano un paio di piatti già cotti. Credo che Constance li avesse preparati la sera prima, io ho dovuto solo accendere il microonde. Dicevo… Jan è una bimba dolcissima. Non che Josh non lo sia, è un vero amore pure lui, ma la bimba è sicuramente più tranquilla. Con Constance non ho parlato molto, ma mi è sembrata una donna molto alla mano.”
“Shannon invece?”
“Shan è… simpatico. E’ un uomo molto alla mano, non ha cercato per niente di mettermi in soggezione o far pesare che lui sia ricco e famoso mentre io sono solo una povera baby-sitter. A metà mattina mi ha telefonato per assicurarsi che non fossi ancora scappata, a pranzo ha mangiato con me e i bambini mentre nel pomeriggio è tornato all’ospedale dalla moglie.”
“All’ospedale? Che è successo alla moglie?”
“Ha avuto un incidente un paio di giorni fa… è in coma…”
Zoe si porta una mano alla bocca “Oh mamma mia! Chissà come staranno i bambini…”
“I bambini sono piccoli: Jan ha sei anni e Josh tre. A quell’età reagiscono bene, non si rendono ben conto di quello che li circonda, anche se credo che Janis sia più consapevole del fratellino. Shannon invece… cioè… stamattina, quando mi ha raccontato della moglie, aveva gli occhi lucidi. Credevo si sarebbe messo a piangere da un momento all’altro. Fortunatamente c’era anche Jared: credo che tragga molta forza dalla vicinanza del fratello.”
“Sicuramente. Quei due sono cresciuti in simbiosi, hanno un rapporto molto stretto.”
“L’ho notato dagli sguardi che si scambiavano, da come sono andati via insieme.”
“Beh… allora alla fine è andato tutto bene.”
“Sì… a parte quel diavolo di Joshua! Devo chiedere a Shan dov’è il pulsante per spegnerlo.” ride. “Zoe, vado a farmi una doccia, vediamo se mi riprendo un po’. Per cena cosa dice il frigorifero?”
“Il frigorifero dice… vuoto cosmico… mi sa che domani dobbiamo fare un po’ di spesa.” Zoe si gratta una tempia aggrottando le sopracciglia.
“Facciamo pizza e birra?”
“Vada per pizza e birra. Chiamo il nostro amico Fred per farcela portare.”
“Ottimo: la pizza di Fred è quello che ci vuole dopo questa giornata.”
Kai si dirige verso la doccia stanca, ma soddisfatta: la sua nuova vita sta davvero prendendo forma.

[i] Titolo tratto da un brano folk del 1957 scritto da Ewan MacColl per Peggy Seeger, che poi diventò sua moglie. Io amo la versione di Johnny Cash https://www.youtube.com/watch?v=EdSIlVZhsDw
 
[ii] Nickel Diner è un diner reale di Los Angeles e se volete farvi del male andate nel loro sito a vedere che razza di dolci cucinano: mamma mia *_* http://nickeldiner.com/
 
[iii] Il Banzai Pipeline, o più semplicemente "Pipeline", o "Pipe," è uno spot per la pratica del surf che si trova sull'isola di Oahu, nelle Hawaii. Il fondale di tale spot è caratterizzato da una barriera corallina. Il Pipeline è noto per le sue enormi onde che si frangono su acque basse, che formano grossi tube. Vi sono tre differenti punti in cui le mareggiate oceaniche formano le onde, e si differenziano per altezza e intensità in base alla profondità del fondale. Lo spot è caratterizzato da un fondale corallino pressoché piatto, con alcuni punti in cui si sono formate delle caverne scavate all'interno della formazione, che creano grosse sacche d'aria in corrispondenza del punto in cui frangono le onde. Ci sono inoltre molti punti frastagliati in cui si sono formate delle guglie di roccia magmatica, molto pericolose nel caso in caso di caduta del surfista. La sfida estrema a cui il Banzai Pipeline sottopone anche gli atleti più esperti non deve essere sottovalutata. Sono numerosi i surfisti e i fotografi rimasti uccisi tra le onde
 
Volete vedere qualche foto che mi ha ispirato durante la scrittura? Andate qua https://www.facebook.com/media/set/?set=a.324329027742910.1073741831.100004974456579&type=1&l=16a6aff2c2

 

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Capitolo 5
*** *** Buon compleanno Principessa! *** ***


Finalmente è arrivato il nuovo capitolo: lo stavate aspettando? Spero che alla fine non vogliate fuggire :)
Parto con il ringraziare chi sta seguendo e/o commentando la storia: fa piacere vedere che il mio piccolo mondo vi sta appassionando. La storia sta prendendo forma: ormai avete conosciuto un po' tutti i personaggi che popolano il mio Fantamondo e anche i rapporti tra di loro iniziano a delinearsi. Siete curiosi di leggere cosa hanno combinato questa volta? Bene, allora bando alle ciance e buona lettura :)
Qua potete trovare il gruppo dedicato alla storia: se volete sapere un po' di curiosità sui miei deliri iscrivetevi https://www.facebook.com/groups/293315350858379/
 
 
Shannon spalanca le palpebre all’improvviso, come se il mattino gli fosse arrivato addosso con la stessa intensità di un gancio ben assestato. Si stropiccia gli occhi, allunga braccia e gambe per risvegliare i muscoli poi prende un cuscino e lo appoggia al muro. Si siede e muove il sedere indietro fino a far aderire la schiena al guanciale. Per qualche minuto rimane mezzo intontito a fissare lo specchio appeso alla parete che ha davanti: l’immagine che gli restituisce non è proprio la sua faccia migliore. Ha delle occhiaie paurose, come uno che non si concede un sonno davvero ristorate da almeno… quanto? Un mese? E’ almeno un mese che le sue notti non sono esattamente tranquille, da quando un maledetto incidente ha cambiato tutte le carte in gioco. Pochi minuti: un incrocio, una frenata mancata e un’auto maledetta che s’infila proprio nella portiera di quella di April. Pochi, maledetti istanti che hanno sconvolto la sua vita, quella di sua moglie, quella dei suoi bambini.
Chiude gli occhi e inspira pesantemente dal naso. Si passa le mani sul viso, tra i capelli poi riapre gli occhi e sul suo volto si disegna un sorriso leggero: per oggi basta pensare. Oggi è un giorno speciale, niente e nessuno riuscirà a rovinarlo: l’ha promesso ad April e a se stesso.

La sera prima, per l’ennesima volta stava seduto di fianco a quel dannato letto d’ospedale, per l’ennesima volta le stringeva la mano sperando di percepire un movimento, anche piccolo, ma per l’ennesima volta non era successo niente. I medici gli avevano detto qualche giorno prima che la moglie rispondeva agli stimoli, che qualcosa si muoveva, ma poi… poi non è successo niente: April è ancora immobile nel suo letto. L’unica cosa positiva è che almeno adesso non ha più bisogno di un respiratore, ma per il resto… Ha continuato a fissare la moglie, ferma in quel letto mentre il senso di vuoto tornava ad opprimerlo, come un peso piazzato sullo sterno, pronto a schiacciarlo da un momento all’altro.
Si è alzato per tornare a casa e prima di uscire si è avvicinato al volto della moglie lasciandole un bacio leggero sulla guancia.
“April… adesso vado a casa a vedere che combinano le due pesti: staranno facendo dannare Kai!” le ha detto con un sorriso “Domani non verrò… sai che è una giornata speciale: la nostra Principessa compie sei anni e Jay ha deciso che dobbiamo festeggiare andando al Knott’s Berry Farm[i]: i bambini se lo meritano… Ci mancherai… ma tranquilla: ci torneremo appena uscirai da qua… presto... prestissimo e domani farò in modo che Janis viva una giornata meravigliosa, tutta per lei.” Poi l’ha guardata, le ha dato un altro bacio sulla guancia e si è avviato verso la porta.
“Ci… ci vediamo presto… tu aspettami qua…” ha sorriso ed è uscito dalla stanza.

“Bene… è ora di alzarsi…” scende dal letto, indossa un paio di pantaloni della tuta, una maglietta e si dirige verso la camera dei bambini. Spinge la porta che è leggermente socchiusa, entra e si dirige verso il letto di Janis. Si abbassa, sposta una ciocca di capelli dal volto della bambina poi le da un bacio sulla guancia.
“Principessa, è ora di svegliarsi.” le sussurra.
Janis si muove appena nel letto poi si volta verso Shannon e spalanca i suoi occhi verdi sentendo la presenza del padre.
“Papà!” regala all’uomo un sorriso luminoso.
“Buongiorno Principessa.” lui le rimanda il sorriso. “Sai che giorno è oggi?”
“Mmmm…” la bimba finge di pensare e sorride. “Non lo so che giorno è…”
“Allora se non lo sai, vorrà dire che non è un giorno importante.” Shannon sorride alla figlia strizzandole l’occhio.
“Papà! E’ il mio compleanno!” Janis scoppia a ridere.
Joshua, sentendo la confusione che sta facendo la sorella, si sveglia: sbadiglia, si stropiccia gli occhi poi si alza e vola al collo di Shannon “Buongiorno papà!”
L’uomo da un bacio sulla guancia al figlio “Buongiorno Diavoletto.” Poi si volta verso Janis “Buon compleanno Principessa.” e l’abbraccia dandole un bacio sulla guancia.
“Forza piccolini, alzatevi che tra poco arrivano lo zio Jay, nonna Connie e Kai: oggi andiamo in un posto bellissimo per festeggiare il compleanno di Janis.”
“Dove andiamo?” la bimba strabuzza gli occhi.
“Non te lo dico, lo zio vuole farti una sorpresa.” Shannon sorride e da un buffetto sul naso alla bimba che sbuffa.
“Scendiamo a fare colazione che tra poco si parte!”
I bimbi escono di corsa dai loro letti e si precipitano per le scale.
 
******
 
“Zoe, ti vuoi muovere ad uscire da quel dannato bagno? E’ più di mezz’ora che sei chiusa lì dentro! Dobbiamo andare ad un parco divertimenti, non ad una serata di gala.”
Kai si passa una mano tra i capelli e sbuffa: se l’amica non si muove, tra cinque minuti butterà giù la porta!
Zoe esce dal bagno “Eccomi, quanta fretta!” guarda l’amica con aria scocciata.
“Zoe muoviti: ci farai arrivare in ritardo!”
“Che pacco che sei Kai! Non siamo in ritardo: dobbiamo essere da Shannon tra un’ora.” le risponde mentre cerca d’infilarsi un orecchino.
Kai è agitata: oggi è il compleanno di Janis e Jared ha voluto organizzare una gita con tutta la famiglia al Knott’s Berry Farm per far divertire i bambini. L’uomo ha insistito tanto perché lei e Zoe andassero con loro e a Kai l’idea di passare una giornata con la famiglia Leto non dispiace per nulla: ormai Janis e Joshua non possono fare a meno della loro baby-sitter e anche lei si è molto affezionata ai bambini, nonostante debba lottare ogni giorno con l’idea di affogare Josh in piscina.
“Devo ancora capire perché Jared abbia insistito tanto per far sì che tu mi portassi con te: non che la cosa mi dispiaccia, ma dubitavo persino si ricordasse di me.” Zoe prende la giacca di pelle nera dall’attaccapanni.
“Sinceramente non ne ho idea, ma da quando frequento quella famiglia, ho smesso di chiedermi il perché di certi comportamenti di Jared: a volte credo che persino Shannon fatichi a capirlo!” Kai scoppia a ridere mentre cerca di sistemarsi i capelli “Però se ti presenti così credo che ne troverà molti di motivi.” aggiunge indicando l’amica che ha indossato un top beige con fiorellini bianchi e marroncini che lascia scoperta la pancia.
“Sto per passare una giornata intera con Jared e Shannon Leto: quando mai mi ricapiterà? Devo mettere in mostra la mercanzia, si sa mai che qualcuno gradisca e voglia acquistare.” ammicca con un sorrisetto malizioso “Piuttosto, guarda come ti sei vestita tu…”
“Perché? Che cos’ha questa camicia che non va?” chiede Kai guardando la camicia a quadrettoni rossi, blu e bianchi che indossa.
“Niente… non avrebbe niente che non va… se non fosse che stai per passare una giornata intera con due degli uomini più sexy di Los Angeles e hai deciso di andare in giro sembrando una contadina!”
“Ti ricordo per l’ennesima volta che stai parlando del mio datore di lavoro e di suo fratello…”
“E allora? Per caso sono impotenti?”
“Zoe!” Kai strabuzza gli occhi.
“Ma che ho detto?” la bionda fa un’espressione stupita, come se avesse pronunciato una frase del tutto normale, e scoppia a ridere.
“Prevedo che oggi sarà una giornata molto lunga: non solo dovrò correr dietro a quella peste di Joshua, ma mi toccherà tener a bada pure te…” Kai si passa una mano sul viso, abbassa la testa e la scuote sconsolata mentre Zoe le fa la linguaccia.
 
******
 
“Papà, guarda!” Joshua si stacca dalla mano di Shannon e inizia a correre in direzione di una giostra formata da una serie di mongolfiere che girano in tondo una dietro l’altra.
“Josh fermati, mannaggia a te!” l’uomo corre e allunga un braccio acchiappando il diavoletto biondo al volo. Si abbassa per costringere il piccolo a guardarlo negli occhi “Quante volte te lo devo ripetere? Non ti devi assolutamente allontanare da noi. Vuoi che arrivi l’uomo cattivo e ti porti via?” lo ammonisce severo.
Joshua nega con un movimento del capo.
“Allora non scappare più ok?” aggiunge il padre, questa volta con voce più calma e passando una mano tra i capelli del piccolo spettinando il suo caschetto biondo.
“Papà, voglio fare la foto con Snoopy!” Janis si attacca alla canottiera grigia di Shannon tirandola.
“Certo Jan: appena lo incontriamo gli chiediamo la foto ok?”
“Ma io la voglio fare adesso!” la bimba batte i piedi a terra e mette il muso.
“Jan… per piacere… non ti mettere a fare i capricci… porta pazienza. Tra poco faremo questa foto.”
“Ma uffa!” la bimba fa il broncio, per niente convinta dalle parole del padre.
“Jan… smettila!” Shannon sente che da un momento all’altro potrebbe gettare la figlia in una delle fontane che adornano il parco.
“Jan, vieni con me che andiamo sul camion?” Constance arriva in suo soccorso.
“Sì!” Janis regala alla donna un sorriso luminoso. “Papà, posso andare con la nonna? Ti prego! Ti prego! Ti prego!” guarda Shannon con i suoi grandi occhi verdi, che hanno assunto l’espressione da cucciolo abbandonato, congiungendo le mani.
“Va bene Streghetta, vai pure con la nonna.” sorride alla bimba. “Noi portiamo Terminator sulle mongolfiere poi ci becchiamo qua ok?” aggiunge rivolgendosi alla madre.
“Perfetto. Andiamo Principessa.” Constance prende per mano la bambina e si allontana.
“Nonna, guido io il camion ok?”
“Benissimo: per oggi avrò un’autista d’eccezione.” la donna sorride alla piccola.
Shannon si passa le mani sul viso poi torna a guardare il figlio “Terminator, vuoi andare sulla mongolfiera?”
“Sì, voglio andare con Kai.” Joshua prende per mano la ragazza.
“E allora andiamo!” Kai sorride e si dirige a passo veloce verso la giostra con Joshua che saltella allegro.
Jared guarda Zoe che sorride ammirando le attrazioni colorate che li circondano: i suoi occhi verdi sembrano quelli di una bambina e i raggi del sole riverberano sui suoi ricci biondi donando loro dei riflessi dorati. Le si avvicina passandole un braccio intorno alla vita. La ragazza, sentendo il tocco inaspettato dell’uomo, sobbalza e si volta verso di lui.
“Scusa, non volevo spaventarti.” l’uomo ritrae il braccio sorridendo.
“Tranquillo… non… non ti preoccupare…” Zoe prende una ciocca di capelli e inizia ad arrotolarsela intorno ad un dito imbarazzata.
“Ti stai divertendo? Immagino che passare la giornata a correr dietro a due pesti come i miei nipoti non sia proprio il tuo ideale…”
“Beh… quando mi avete invitato a venire con voi era prevedibile sarebbe andata così. Se non avessi voluto farlo, avrei rifiutato e invece sono qui.” sorride e abbassa leggermente lo sguardo: le risulta difficile guardare Jared negli occhi. Quei due laghi azzurri sembrano fatti apposta per far si che chi li incrocia ci anneghi dentro. Poi prende coraggio e alza il viso in direzione dell’uomo “Comunque mi sto divertendo: ho sempre adorato i Luna Park.”
“Lo sai che questo è uno dei primi che hanno costruito in America?”
“Non lo sapevo.”
“E’ del… 1940, se non sbaglio. Prima era una fattoria, ecco il perché del nome. Poi la famiglia Knott ha iniziato a costruirci intorno prima un ristorante, poi negozi e cose del genere finche non è diventato un vero e proprio parco divertimenti.”
Zoe guarda Jared ammirata: vederlo parlare, muoversi mentre cerca di descrivere anche con i gesti quello che le sta spiegando la incanta.
“Dopo potremmo andare nell’area old-west, che è quella più vecchia del parco, se vi va. Che ne dici Shan?” Jared si volta verso il fratello.
“Come? Scusa Jay, ma stavo cercando di vedere dove fossero Kai e Josh.”
“Se lo perdi di vista per qualche minuto, non succede il finimondo, stai tranquillo.” Jared sorride guardando il fratello.
Shannon si gratta la nuca e abbassa leggermente la testa sorridendo “Hai ragione… poi è con Kai perciò posso stare tranquillo. Cosa mi avevi chiesto?”
“Dicevo con Zoe che, quando tonano i bambini, potremmo andare nell’area old-west.”
“Ok, però prima cerchiamo qualcosa da mettere sotto i denti.” aggiunge sfregandosi la pancia.
“Ma pensi sempre a mangiare tu? Ci credo che hai la ciccia!”
“La finite con questa storia della pancia? Sono un batterista e devo nutrirmi come si deve.”
“Nutrirti non vuol dire che ti devi rimpinzare di schifezze.”
“Papà!” Janis arriva di corsa e abbraccia le gambe di Shannon.
“Streghetta! Ti sei divertita? La nonna ha fatto la brava?” sorride guardando la madre.
“Mmm…” la bambina arriccia il naso “Non lo so… fammi pensare… direi di sì, è stata bravissima!” e scoppia a ridere.
“Bene, allora dopo le prendiamo un lecca-lecca.” Shannon ride portando la testa all’indietro.
“Meglio di no altrimenti le si stacca la dentiera!” Jared interviene.
“Ma quanto sei scemo!” Constance si avvicina al minore dei suoi figli dandogli una botta su una spalla “Comunque non porto la dentiera, non sono ancora così vecchia.” aggiunge voltandosi con un’espressione di finto sdegno.
“Eccoci qua!” Kai arriva con Joshua per mano “Josh è stato davvero bravissimo.” Kai strizza l’occhio al bimbo che le sorride felice.
“Davvero? Allora mi toccherà farti un super regalone! Cosa vorresti?”
“Il cappello da cowboy! Lo voglio grande così!” allarga le braccia per indicare la misura del cappello.
“Papà, ma è il mio compleanno, non quello di Josh! Il regalo è per me, non per lui!” Janis protesta e mette il broncio.
“Stai tranquilla che prima di sera riceverai una bella sorpresa.” Jared si avvicina alla nipote sussurrandole all’orecchio e strizzandole l’occhio. Poi si volta verso la sua destra allungando un braccio. “Jan, guarda chi arriva: Snoopy! Andiamo a fare la foto?”
La bambina si volta in direzione del braccio dello zio poi strabuzza gli occhi e scappa nascondendosi dietro le gambe del padre “No, non voglio! Mandalo via!”
“Jan, che succede? Hai rotto tanto le scatole per fare ‘sta foto con Snoopy e adesso che sta arrivando ti nascondi?” Shannon la guarda corrucciando le sopracciglia.
“Ho paura, non lo voglio!” Janis continua a nascondersi.
“Sei proprio una sciocchina.” l’uomo ride.
“Andiamo dai cowboy? Andiamo? Andiamo? Andiamo?” Joshua si attacca alla mano del padre tirandolo.
“Andiamo da questi cavolo di cowboy! Mannaggia a te Jay e a quando hai avuto la brillante idea di portarli al Knott’s Berry!” Shannon sbuffa mentre il fratello gli da una pacca sulla spalla.
“Coraggio Shan, abbiamo ancora tutto il pomeriggio davanti!” ride portando indietro la testa.
 
******

Jared prende Zoe per mano e inizia a correre ridendo. “Ti porto sul Silver Bullet[ii], non voglio sentire storie!”
Zoe rimane per un attimo stranita dal gesto di Jared: si volta verso Kai che le fa l’occhiolino sorridendo poi segue l’uomo pensando che questa giornata sta davvero prendendo una piega inaspettata. Quando però si rende conto di dove stanno andando, strabuzza gli occhi e cerca di trascinare l’uomo indietro “Tu sei pazzo se credi che salirò lì sopra!”
“Tu ci salirai, che lo voglia o meno.” Jared guarda Zoe con un ghigno mefistofelico.
“Ma non puoi andarci con tuo fratello? Cosa vuoi da me?” la ragazza cerca di protestare, ma nel mentre si lascia trascinare dall’uomo.
“Lascia perdere mio fratello: è un cagasotto! L’ultima volta che siamo saliti sulle montagne russe mi ha perforato un timpano a furia di urlarmi nelle orecchie. Poi…” si ferma, si volta e punta i suoi occhi in quelli della ragazza “Poi voglio andarci con te.” aggiunge avvicinando il volto a quello di Zoe e abbassando la voce.
“Se me lo dici con la voce da telefono erotico vengo di sicuro.” Zoe riserva a Jared uno sguardo malizioso.
“Non avevo dubbi.” risponde lui con lo stesso tono che userebbe per invitarla in stanza da letto invece che su una giostra.
Zoe avvampa e si ferma un attimo a guardare Jared non potendo fare a meno di chiedersi come faccia ad essere così sexy persino con i capelli raccolti alla bell’e meglio e una camicia a quadrettini rossi e neri infilata sopra una semplicissima t-shirt bianca.

“Nonna Connie, voglio andare sul treno. Mi porti sul treno? Per piacere!” Joshua si attacca ai pantaloni di Constance tirandoli per attirare l’attenzione della donna.
“Oh mamma mia… ma non ti stanchi mai tu? Andiamo su questo benedetto treno. Jan, vieni anche tu?”
“Sì! Papà possiamo andare con la nonna sul treno?”
“Certo che sì! Mi raccomando: controllate che la nonna faccia la brava.”
“Altrimenti la sculacciamo!” Janis scoppia a ridere.
“Brutta monella, te le do io le sculacciate!” Constance da una leggera pacca sul sedere alla nipote poi prende per mano i bambini e si dirige verso la giostra.
“Sembra che tutti abbiano deciso di abbandonarci.” Shannon guarda Kai sorridendole.
“Già…” la ragazza abbassa lo sguardo sentendosi improvvisamente in imbarazzo: in un mese non le era ancora capitato di restare sola con Shannon, fatta eccezione per quei pochi minuti il primo giorno di lavoro. Lo vede sorriderle poi allontanarsi entrando in un negozio di souvenirs. Dopo pochi minuti esce e le si avvicina dandole un cappello di paglia da cowboy e una bandana rossa. “Mettiti questi.”
Kai lo guarda un po’ stranita, ma decide di assecondarlo. “Vado bene così?” gli dice sorridendo.
“Sì, adesso sei perfetta.” le dice aggiustandole il cappello.
“Kai, posso dirti una cosa?” Shannon guarda la ragazza togliendosi gli occhiali da sole.
“Ehm… certo…” la ragazza abbassa lo sguardo imbarazzata.
“Ehm... ecco…” Shannon si gratta la nuca “Non sono tanto bravo con le parole… il chiacchierone di famiglia è Jared… ma… ecco…” punta i suoi occhi nocciola in quelli di Kai “Ecco… volevo ringraziarti… Volevo ringraziarti per come ti occupi dei bambini… So che non è facile, soprattutto con Josh, ma tu sei riuscita a conquistarli e a non fuggire.” aggiunge ridendo.
“Beh… la paga è buona… è un ottimo deterrente per la fuga.” Kai sorride “Comunque, a parte gli scherzi, i bambini sono dei tesori: forse Josh è un po’ troppo vivace, ma non è difficile occuparsi di loro.”
Lo sguardo di Shannon si fa malinconico “April non ha mai voluto una baby-sitter per i piccoli, l’idea di lasciarli con una sconosciuta non le è mai andata a genio. Pensa che fa fatica persino a lasciarli con mia mamma o con mio fratello!” fa una pausa poi si avvicina a Kai “Però… però sono convinto che tu le piaceresti. Vedo come guardi i bambini, come loro ti cercano. Sento i loro racconti quando rientro a casa… Quando ti ho conosciuto, il fatto che non avessi esperienza mi aveva messo qualche dubbio, ma poi ho ripensato alla sera prima, a come ti eri occupata di Josh da Nickel e ho deciso che potevo darti una possibilità.” appoggia le mani sulle spalle di Kai e la guarda fisso negli occhi “Penso di aver preso la decisione più giusta. Sono davvero contento che sia tu ad occuparti dei miei figli.” poi si ritrae tornando ad infilarsi gli occhiali da sole e voltandosi verso la giostra sulla quale sono saliti i bambini e Constance.
Non appena Shannon stacca le mani dalle sue spalle, una sensazione strana avvolge Kai: sente quasi freddo, come se l’avessero improvvisamente spogliata di tutti i vestiti che indossa. Lo guarda, in piedi davanti a lei di spalle chiudendo gli occhi per scacciare tutti i pensieri. Per qualche minuto scende il silenzio tra i due.
“Ecco che arrivano i diavoletti.” Shannon rompe il silenzio e si dirige verso i figli che stanno arrivando di corsa. “Adesso andiamo a cercare mio fratello e Zoe poi andiamo a mangiare altrimenti potrei svenire da un momento all’altro!”
“E se li lasciassimo qua?” Kai sorride.
“Mmmm… non sarebbe una cattiva idea!” Shannon ride portando la testa indietro.
 
******

Monica guarda l’orologio appeso al muro sopra la porta d’ingresso del Nickel Dinner che segna quasi le ventuno. “Ormai dovrebbero essere qui.” fa un sorriso poi si dirige verso il frigorifero e lo apre per controllare che sia tutto a posto.
“Kristen! Jodie! Dove cavolo siete? E’ mai possibile che quelle due spariscano sempre quando c’è bisogno di loro?” la donna inizia a spazientirsi.
“Monica, datti una calmata: stiamo sistemando la sala, dove vuoi che siamo?” Kristen entra in cucina per prendere dei piatti.
“Cosa stai facendo?”
“Prendo i piatti da mettere in tavola.”
“Non sono quelli i piatti da prendere, ma quelli rosa la sopra. Devo venire a fare tutto io o credi che tu e Jodie riuscirete a combinare qualcosa di decente?”
“E io che m’illudevo che il compleanno di Janis ti avesse reso meno acida! Tranquilla Monica, ce la possiamo fare.”
Kristen e Jodie lavorano da Nickel da una vita sopportando Monica e il suo caratteraccio: Kristen è alta, col viso scavato e i capelli neri che le arrivano sotto le orecchie mentre Jodie, al contrario, è più bassina e cicciottella con dei lunghi capelli castani. Monica le chiama Stanlio e Ollio, come i due comici.
“Kristen chiedi alla tua amica Ollio se ha chiuso la porta: non vorrei trovarmi qualche rompiscatole nel bel mezzo della festa di compleanno.”
“Tranquilla Monica, ho chiuso tutto.” Jodie entra in cucina e prendere le posate.
“Allora muovetevi a sistemare che mi ha chiamato Jared: tra pochi minuti saranno qui.”

******

Shannon accosta l’auto lungo il marciapiede, davanti all’ingresso di Nickel Diner, e spegne il motore. Scende dall’auto e va ad aprire la portiera posteriore per far scendere i bambini.
“Scendete piccole pesti che Monica ci aspetta.”
“Che bello! Andiamo dalla zia Moni!” Janis spalanca gli occhi entusiasta.
“Lo zio Jay ti aveva promesso una cena speciale no?” Shannon abbraccia la piccola mentre l’aiuta a scendere.
Kai scende dall’auto e aiuta Joshua che le prende la mano trascinandola verso la porta d’ingresso. Il bambino spinge la maniglia ed entrano. Constance parcheggia l’auto dietro quella di Shannon e lei, Zoe e Jared raggiungono il resto della compagnia all’interno del locale.
“Zia Moni!” Joshua corre verso il bancone dove Monica è arrivata appena ha sentito entrare i bambini.
“Josh, ma che bel cappello da cowboy che hai!”
“Me l’ha regalato lo zio Jay.”
“Jared, da quanto tempo non ti vedevo da queste parti.” Monica si dirige verso il più giovane dei Leto e lo abbraccia.
“Monica, la mia zia Monica. E’ sempre bello tornare qua, sembra di essere a casa.”
“Zia Moni!” Janis va ad abbracciare la donna.
“E chi abbiamo qua? Una bellissima Principessa. Mi hanno detto che compi gli anni…”
“Sì! Guarda cosa mi ha regalato lo zio Jay.” mostra orgogliosa un computer tutto rosa della Barbie.
“Che regalo meraviglioso, proprio adatto ad una bimba grande.”
“Certo, ho sei anni io! Tra un po’ andrò nella scuola dei grandi.”
“Si vede proprio che ormai sei una signorina.” Monica sorride alla bambina e le accarezza la testa. “Sedetevi pure che arrivo subito con la vostra cena.”

******

Kai entra in casa, lancia le scarpe in un angolo, si butta sul divano e Zoe la imita: finalmente la giornata è finita.
“Kai, giuro che non ti prenderò più in giro dandoti della vecchia se la sera non vuoi uscire, ma ti abbiocchi sul divano: stare dietro a quel diavolo biondo di Joshua è allucinante!”
“E considera che oggi c’eravate pure tu, Shan, Jay e Constance… io devo combatterci tutti i giorni da sola con quell’indemoniato.”
“Non t’invidio neanche un po’! Da Nickel non è stato fermo un secondo… e dire che dopo la giornata al Knott’s doveva essere stanco…”
“Quel bambino è una fonte inesauribile di energia.” Kai sorride mentre appoggia la testa allo schienale del divano rilassandosi.
“Comunque sono stati carini a portarci con loro pure per la cena.” Zoe si sfila i vestiti e indossa la sua t-shirt di almeno due taglie in più, quella che usa come pigiama.
“Sì, è stato bellissimo. Hai visto la faccia di Janis quando ha visto la torta? Monica si è davvero superata con quel dolce tutto rosa e pieno di fiocchi.”
“E la coroncina di zucchero? Quella è stata davvero la classica ciliegina sulla torta.” Zoe si siede vicino a Kai.
“Che meraviglia! Janis è rimasta senza parole: continua a fissare la torta.”
“E’ stata davvero una bellissima giornata, i bambini si sono divertiti. Per noi è stata un po’ più dura…” aggiunge la ragazza bionda massaggiandosi i piedi.
“Però mi sembra che la tua giornata non sia andata poi così male…” Kai si siede in modo da riuscire a guardare l’amica in faccia “Ad un certo punto tu e Jared siete spariti. Che avete combinato?” tira su le gambe e le incrocia davanti a se.
“Niente, siamo solo andati sulle montagne russe.” prende una ciocca di capelli e inizia ad arrotolarsela intorno ad un dito sorridendo. “Però è stato… boh… strano... Il modo in cui mi ha preso per mano… boh… ci siamo divertiti.” Zoe arrossisce.
“Lo vedo dalla tua espressione. Ti piace molto Jared vero?”
“A chi non piacerebbe uno così? Kai… siamo obiettive: è bello come il sole, intelligente, pieno di talento, simpatico… poi aggiungi che sono echelon da quattro anni perciò sai che film mi son fatta su Jared e Shannon?” ride piegandosi in avanti. Poi torna a guardare l’amica “Sicuramente la giornata di oggi ha preso una piega che non mi sarei mai aspettata, ma non è ancora ora di prenotare la chiesa e i confetti.” strizza l’occhio all’amica “Tu e Shannon invece? Che avete fatto quando siete rimasti soli?” le da una gomitata leggera sul fianco.
“Niente, proprio niente! Mi ha detto che è contento che sia io a badare ai bambini.” sorride arrossendo.
“Aiha!” Zoe guarda Kai con l’espressione di chi ha già capito tutto.
“Cosa? Ferma subito la testa Zoe.”
“Mmmm… io posso anche fermare la testa, ma i tuoi occhi mi dicono una cosa…”
“E sentiamo: cosa ti direbbero i miei occhi?”
“Mi dicono che ti stai innamorando di lui.”
“No, lo escludo categoricamente.” Kai si mette subito sulla difensiva.
“Ok, fingerò di crederti.” Zoe si alza dal divano e si dirige verso la cucina “Vado a preparare una tisana, la vuoi anche tu?”
“Ok…” Kai risponde distratta. Ripensa a quello che è successo con Shannon, alla sensazione che ha provato quando le ha appoggiato le mani sulle spalle. Prende il cappello di paglia che le ha comprato nel pomeriggio e se lo passa tra le mani poi porta la testa indietro appoggiandola allo schienale del divano sospirando. “Kai, è il tuo datore di lavoro, è un uomo sposato perciò ferma tutto e riavvolgi il nastro: sei in quella casa solo per occuparti dei bambini.”
All’improvviso, un rumore proveniente dalla cucina la distrae dai suoi pensieri. Si alza di scatto e si dirige verso la stanza.
“Zoe, che hai combinato?” trova l’amica piegata a terra che cerca di raccogliere i cocci di una tazza sparsi su tutto il pavimento. Vedendola così non può fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata.
“Brava… ridi pure… guarda che disastro ho combinato…” Zoe mette il broncio mentre Kai le si avvicina per aiutarla.
“Che facevi? Stavi pensando al tuo cavaliere dagli occhi blu?” sorride prendendo in giro l’amica.
“Mmmm… forse…”
Le due amiche scoppiano a ridere mentre cercano di sistemare la cucina.
“Che ne dici se passiamo direttamente al letto saltando la tisana?” Kai guarda l’amica mentre raccoglie gli ultimi cocci.
“Dico che sarebbe un’ottima idea: per stasera ho fatto già abbastanza danni.”

******

“Ti sei divertita oggi Streghetta?” Shannon accarezza la fronte di Janis mentre le rimbocca le coperte.
“Sì, è stato un compleanno bellissimo! La zia Moni mi ha fatto una torta bellissima, sembrava quella di una principessa. Andare sulle giostre con la nonna e Kai è stato divertentissimo e il computer che mi ha regalato lo zio Jay è super. Non vedo l’ora di farlo vedere ad Alicia. Domani andiamo a trovarla?” la bimba spalanca i suoi grandi occhi verdi e regala un sorriso luminoso al padre.
“Sai che non è una brutta idea? E’ un po’ che non vediamo lo zio Tomo e la zia Vicki, magari domani potremmo davvero andarli a trovare così tu e Josh conoscerete Branko, il fratellino di Alicia e Sharon.” e le da un bacio sulla guancia.
La bimba ad un tratto si rabbuia. Shannon capisce al volo cosa gira nella testa della figlia e l’abbraccia.
“Anche a me è mancata la mamma, ma vedrai che presto tornerà a casa e festeggeremo tutti insieme.” chiude gli occhi cercando di fermare le lacrime.
“Mi farete un’altra festa di compleanno?”
“E se invece facessimo una festa per la mamma?” Shannon guarda Janis e sorride.
“Ci sto! Una bellissima festa per la mamma con i palloncini, i fiori che le piacciono… all’ospedale la danno la torta alla mamma?”
“Non credo… mi sa che le fanno fare la dieta.”
“Allora le faremo una torta grande come il tavolo della cucina di nonna Connie.”
“Proprio così grande?”
“Sì e se la mangerà tutta lei che tu non puoi, devi metterti a dieta.” Janis ride guardando l’espressione offesa del padre.
“Adesso mettiti a dormire prima che ti prenda a sculacciate monellaccia.” spettina i capelli della piccola, le sistema ancora il lenzuolo poi le da un bacio sulla fronte “Buona notte Streghetta.”
“Buona notte papà.” Janis da un bacio sulla guancia a Shannon che si alza per uscire dalla stanza dei bambini.
Si ferma vicino al letto di Joshua che sta dormendo, rimbocca le coperte anche a lui poi si dirige verso la porta ed esce.
Entra in stanza da letto, si spoglia, s’infila sotto le coperte e incrocia le dita dietro la nuca rimanendo per qualche minuto a fissare il soffitto: ripensa alla giornata, all’espressione di Janis quando ha visto la torta, a Joshua che guardava incantato le attrazioni del Knott’s… è stata davvero una giornata perfetta.
Mancava solo April.
“Andrà tutto bene. Andrà tutto bene.” Shannon se lo ripete chiudendo gli occhi. Si volta a pancia bassa, abbraccia il cuscino di April e si lascia andare tra le braccia di Morfeo: un’altra giornata è passata, tutto si sistemerà.
[i] Il Knott’s Berry Farm è uno dei parchi più antichi d’America. Datato 1940, anche se all’inizio non si parlava certo di attrazioni meccaniche, ma della riproduzione di un villaggio western, negli ultimi anni ha avuto una spinta decisamente importante. Alla classica area “old west” si sono aggiunte attrazioni di alto livello: rollercoaster, percorsi acquatici, spettacoli, un’area dedicata a Snoopy e compagni, tante giostre per grandi e bambini. https://www.knotts.com/
[ii] Silver Bullet è uno dei roller coaster del Knott’s Berry Farm
Volete vedere qualche foto che mi ha ispirato durante la scrittura? Andate qua https://www.facebook.com/media/set/?set=a.324329027742910.1073741831.100004974456579&type=1&l=16a6aff2c2

 

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Capitolo 6
*** *** Svanita dentro te *** ***


Mi ero ripromessa di fare un aggiornamento a settimana con questa storia, ma non avevo calcolato che qualche volta mi devo dedicare pure alla mia scrittura "seria" e in autunno sembra che siano tutti impazziti e fanno uscire dischi a gogo... Poi non avevo messo in conto il fatto di avere problemi seri con Jared: pg anarchico che si fa i fatti suoi e entra in scena quando vuole e la mia Musa fatica a gestirlo... Ma alla fine ci sono riuscita ed ecco qua un bel capitoletto (spero...)
Grazie a chi legge/segue/preferisce/ricorda questa storia e, soprattutto, chi perde qualche minutino per recensirla: il vostro entusiasmo mi da la spinta per continuare a scrivere.
Qua trovate un gruppo dedicato alla storia dove potrete scoprire curiosità e seguire i miei deliri https://www.facebook.com/groups/293315350858379/ Se vi va, iscrivetevi :)


 
 
Zoe si allunga per prendere la confezione dei cereali dallo scaffale: non capisce perché debbano sempre sistemarle nel ripiano più alto…
“Kai, vieni ad aiutarmi?”

“Certo… come se io fossi più alta di te!” le due ragazze scoppiano a ridere mentre, in punta di piedi, si allungano per agguantare la scatola di fiocchi d’avena.
“Presa!” Zoe solleva il braccio in aria e saltella mentre stringe il cartone come se fosse un trofeo. “Dobbiamo munirci di trampoli per la spesa.” sentenzia mentre deposita i cereali nel carrello.
“Oppure trovare un cavaliere dalle gambe lunghe che venga al supermercato con noi.” Kai spinge il carrello “Muoviamoci che devo andare al lavoro.”
“Tranquilla Kai: non ti faccio arrivare in ritardo dal tuo bel moraccione muscoloso.”
“Cretina.” ride mentre si muove verso il reparto dei surgelati.
“Magari potremmo chiedere a lui di venire a fare la spesa con noi… mmmm… no… mi sa che non ci tornerebbe utile… forse però suo fratello…” Zoe sorride mentre Kai si allontana con un’espressione sconsolata.
La ragazza bionda è intenta a scegliere quali pomodori infilare nel sacchetto, quando, all’improvviso, un carrello la colpisce dritta nel sedere. Si volta di scatto, come per fulminare con lo sguardo la persona che lo sta spingendo. “Ma che cazzo! Potresti stare più…” poi si blocca vedendo l’uomo che le sta sorridendo: i capelli lunghi che gli ricadono sulle spalle, un paio di occhiali da sole infilati sulla testa, gli occhi così azzurri che sembrano aver rubato due pezzi di cielo e una tuta grigia che gli dona un’aria maledettamente sexy. “Jared…” arrossisce mentre la bocca di lui si allarga in un sorriso.
“Buongiorno Zoe.” Jared molla la sua spesa da una parte e si avvicina alla ragazza “Che stai facendo?”
“Ehm… stavo cercando di prendere dei pomodori prima che qualcuno decidesse di tirarmi il carrello dritto nelle chiappe.” si massaggia il sedere guardando l’uomo.
“Ah si? Chissà chi sarà mai stato questo essere così maldestro.” strizza l’occhio alla ragazza.
”Direi anche piuttosto maleducato, visto che non mi ha ancora chiesto scusa.” Zoe guarda Jared con un’espressione di finto sdegno mentre si appresta a prendere un pomodoro e infilarlo nella busta trasparente.
“Molto maleducato, aggiungerei.” Jared guarda Zoe, le parla con la voce bassa e roca stringendo leggermente gli occhi “Dovrà farsi perdonare con un invito a cena.” aggiunge avvicinandosi alla ragazza, quasi sfiorandole il viso con le labbra.
Zoe sente un brivido correrle lungo la spina dorsale: sente gli occhi di Jared puntati addosso, come due fiammelle che la stanno bruciando a fuoco lento. Si passa una mano tra i capelli spostandone nervosa una ciocca dietro l’orecchio poi abbassa lo sguardo e sorride imbarazzata. “Ehm… direi che potrebbe essere un buon modo per farsi perdonare.”
Lo sguardo di Jared s’illumina “Perfetto! Allora passo stasera verso le otto a casa tua e ti carico sul mio carrello a reazione.”
“Spero almeno che ci metterai un cuscino per farmi stare più comoda.”
“Mmmmm… ci devo pensare…” Jared arriccia il naso, si gratta il mento poi strizza l’occhio a Zoe. “Ci vediamo stasera Donna dei Pomodori.”
“Ci vediamo stasera Uomo dal Carrello Maldestro.”
Zoe torna a dedicarsi alla ricerca dei pomodori, ma appena sente che Jared si è allontanato si volta a guardarlo e non può fare a meno di pensare che abbia un sedere davvero perfetto.
“Zoe, era Jared quello con cui stavi parlando?” Kai si avvicina all’amica.
“Eh?” Zoe la guarda stranita.
“Ti ho chiesto se stavi parlando con Jared. Ma che hai? Ti sei fumata qualcosa?”
“Uh… sì… era Jared…” Zoe arrossisce.
“Zoe… che mi combini? Sei diventata più rossa dei pomodori.” Kai ride prendendo in giro l’amica. “Che vi siete detti?”
“Niente di che… mi ha solo invitato a cena per stasera.” Zoe sorride.
“Mi sa che qualcuno qua si sta prendendo una bella sbandata: stai attenta, ok?”
“Tranquilla Kai, conosco la reputazione di Jared meglio di te. Te l’ho già detto: non corro a prenotare fedi e confetti. Per ora mi godo questa cena poi si vedrà.” sorride e strizza l’occhio all’amica. “Che ne dici se ci dirigiamo alla cassa prima che l’altro Leto ti dia per dispersa e ti licenzi?”
“Sarà meglio.”
Zoe sente squillare il suo smartphone e lo estrae per leggere un sms in entrata.

Carissima Donna dei Pomodori, volevo dirti che il mio carrello a reazione sarà anche maldestro, ma sicuramente è molto fortunato ad aver toccato uno dei più bei fondoschiena che abbia mai visto. Chissà se avrò pure io questa fortuna… a stasera!
Jay, l’Uomo dal Carrello Maldestro.

Sul viso di Zoe si disegna un enorme sorriso.
“Che c’è? Di chi è il messaggio?” Kai la guarda curiosa spalancando gli occhi.
“E’ di… Jared…” Zoe sorride imbarazzata.
“E che ti ha scritto? Fammi vedere!” Kai prende il telefono dell’amica e legge “…‘uno dei più bei fondoschiena che abbia mai visto…’ direi che hai fatto certamente colpo!” ride mentre restituisce il cellulare all’amica.
“Ma hai letto cosa ha scritto dopo? Che spera di toccarmi il sedere stasera… prevedo che sarà una serata molto interessante.” Zoe sorride maliziosa passandosi la lingua sulle labbra e benedicendo il fatto di aver deciso di indossare un paio di jeans skinny che fasciano alla perfezione le sue curve. “Devo andare a casa a farmi la ceretta completa, anche lì che non voglio farlo soffocare seppellito dalla foresta amazzonica.”
“Cosa mi tocca sentire…” Kai si passa una mano sulla fronte chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.
“Devo fare scorta di preservativi!” la ragazza bionda urla facendo voltare tutti i vecchietti in fila alla cassa.
“ZOE!” Kai arrossisce: vorrebbe sparire, mimetizzarsi tra gli scaffali di caramelle che stanno vicino alla cassa.
“Che c’è? Tutti dovrebbero fare del buon sesso, ne avrebbero bisogno. Vero signor Palumbo?” Zoe strizza l’occhio al loro vicino, un ottantenne dal viso scavato, segnato da profonde rughe e incorniciato da due baffoni bianchi, mentre gli tocca il pon pon del berrettino di lana che indossa praticamente ogni secondo della giornata.
“Eh… se avessi la tua età, vedresti come ti sistemerei ragazzina!” l’uomo sorride a Zoe strizzandole l’occhio.
Le due amiche si dirigono alla cassa cercando di passare indenni sotto gli sguardi degli altri avventori del supermercato. Kai si passa una mano tra i capelli: se il buongiorno si vede dal mattino, quella che l’aspetta sarà una lunghissima giornata…
 
******
 
“Josh, puoi stare fermo due secondi? Non chiedo tanto… giusto il tempo di insaponarti i capelli…”
“Non voglio lavare i capelli!” protesta il piccolo.
“Se non ti fossi versato la tazza dei cereali in testa, non dovremmo lavarli. Piantala di fare i capricci.” Shannon prende lo shampoo e inizia a versarlo sulla testa di Joshua.
“No!” il bambino, con un gesto secco della mano, da un colpo a quella di Shannon facendo cadere la bottiglia dello shampoo nell’acqua. Questa schizza fuori dalla vasca bagnando il pavimento e la maglia del padre.
“Papà sei un imbranato!” Janis, che sta osservando tutta la scena, inizia a ridere.
“Strega, esci subito da qua prima che affoghi te e tuo fratello! Vai a vestirti almeno tu che tra poco arriva Kai.” l’uomo si volta e guarda la figlia aggrottando le sopracciglia. La bambina corre fuori dal bagno ridendo. “Papà imbranato! Papà imbranato!”
“Janis, se non la smetti te la faccio vedere io! E adesso a noi due piccolo diavolo!” recupera la bottiglia dello shampoo e lo versa sulla testa di Joshua frizionandogli i capelli ignorando le sue proteste.

“Finito! Adesso vedi di non farti il bagno nel succo d’arancia.” Shannon ripone il phone nell’armadietto bianco di fianco al lavandino e spettina la frangetta ancora calda di Joshua sorridendogli. Il bimbo scoppia a ridere. “Adesso fila fuori da qua! Io provo ad asciugare il lago che hai fatto sul pavimento poi scendo al piano di sotto. Tu stai con Janis ok?”
Il bimbo annuisce ed esce dal bagno chiamando la sorella. “Jani dove sei?”
Shannon si guarda intorno e si passa una mano tra i capelli grattandosi la nuca “Vediamo da che parte iniziare per sistemare questo disastro…”. Inizia a raccogliere i vestiti di Joshua sparsi un po’ ovunque e li ripone nel cesto della biancheria sporca. Con una salvietta cerca di asciugare il pavimento poi si mette sulla soglia e guarda la stanza con l’aria soddisfatta “Alla fine ho fatto anche in fretta, forse non sono così imbranato: il bagno è quasi in ordine, il pavimento è più o meno asciutto, ma in compenso se strizzassi la mia maglia ci si potrebbe dissetare tutta l’Africa…” Si sfila la t-shirt e la ripone nel lavandino con la salvietta bagnata poi scende al piano di sotto per controllare che le pesti non stiano distruggendo il salotto.
“Jan… Josh… che state combinando?” Shannon scende le scale che portano alla sala.
“Tranquillo, sono con… me.” Kai esce dalla cucina e si trova davanti al suo datore di lavoro con addosso solo un paio di pantaloncini neri con degli enormi fiori rossi. Nel vederlo mezzo nudo, Kai rimane come sospesa tra la Terra e un pianeta sconosciuto. Non che Shannon abbia un fisico particolarmente scolpito, anzi ha anche un po’ di pancetta, ma ha delle spalle e dei bicipiti davvero notevoli, da bravo batterista. Kai si perde a guardare i tatuaggi che ha su entrambi i costati, curiosa di scoprirne il significato e pensando che dovrebbe essere illegale avere datori di lavoro così sexy.
“Kai, sei qua. Non ti ho sentito entrare…” Shannon si gratta la testa imbarazzato “Scusami, ma abbiamo avuto una piccola emergenza bagnetto per Josh che aveva deciso di usare il latte con i cereali come shampoo… stavo cercando di sistemare il bagno…”
“Ehm… non… non ci sono problemi, sono entrata con la mia chiave.” la ragazza arrossisce e cerca di distogliere lo sguardo dall’uomo che le sta davanti.
“Non sapevo avessi le chiavi di casa mia…”
“Ehm… me le ha date… Jared…”
“Non avevo dubbi che fosse stato lui.” Shannon ride “Beh… visto che sei qua… vado a vestirmi per andare in ospedale…”
“Sì… vai pure… io… io vado in cucina con i bambini… sistemiamo un po’….” risponde Kai e si dirige velocemente verso l’altra stanza. Appena entrata in cucina, sicura di essere lontana dagli occhi di Shannon, si appoggia alla porta e prende un lungo respiro: è sempre più convinta che quella che sta vivendo sarà una lunghissima giornata…
 
******

Kai finisce di raccogliere le macchinine che Joshua ha sparso su tutto il tappeto della sala e le ripone nella loro scatola.
“Josh, porta le tue macchinine al piano di sopra visto che non ci giochi più.”
“Kai, quando arriva papà?” Janis si avvicina alla ragazza con un’espressione malinconica: Shannon non è tornato a pranzo. Ha telefonato dicendo che si sarebbe trattenuto in ospedale qualche ora in più.
“Vedrai che tra poco arriva.” Kai sorride alla bimba accarezzandole la testa. Guardandola capisce che ha qualcosa che le frulla per la testa. “Jan, che succede? Me ne vuoi parlare?”
La bambina abbassa lo sguardo e si rabbuia. Per un po’ rimane in silenzio, lo sguardo rivolto verso la parete a vetri. “Sta diventando buio.”
“Sei preoccupata Jan?”
“Perché papà non è venuto a mangiare con noi?”
“Perché doveva stare con la mamma.”
“Allora ha mangiato con lei? Se la mamma ha mangiato vuol dire che sta meglio, vero Kai?” la bimba guarda la sua baby-sitter in attesa di una rassicurazione.
Kai non sa cosa dirle: al telefono Shannon era strano, ma non le ha detto niente, solo che non sarebbe tornato per il pranzo. Mentre è ancora persa nei suoi pensieri, cercando una risposta plausibile da dare a Janis, si apre la porta di casa.
“Papà!” Janis corre incontro al padre e l’abbraccia.
“Ciao Principessa.” Shannon prende in braccio la bimba e la stringe forte, come a volersi perdere in quell’abbraccio. Respira l’odore dei capelli della figlia come se per lui fosse ossigeno: ne aveva maledettamente bisogno.
“Come sta la mamma?”
“Sta… bene…”
“E quando torna a casa? Mi manca tanto.” Janis guarda il padre con gli occhi lucidi.
Shannon prende un respiro “Lo so che ti manca e tu manchi a lei. Presto sarà a casa.” accarezza la testa della bambina. “Dov’è tuo fratello?”
“E’ salito a sistemare le sue macchinine.”
“Vai a chiamarlo che prepariamo la cena.” Carezza la testa della piccola e la mette a terra. Janis corre al piano di sopra chiamando il fratellino.
Non si è ancora tolto gli occhiali da sole, ma Kai percepisce che c’è qualcosa di strano, come se fosse preoccupato, ma non ha il coraggio di chiedere nulla.
“Visto che sei rientrato, io vado… ci vediamo domani mattina…” Kai fa per prendere la giacca e uscire da casa, ma Shannon l’afferra per un braccio.
“Kai… puoi restare a cena con noi? Per piacere…” Shannon si toglie gli occhiali e la ragazza nota che il suo sguardo è diverso dal solito: è come perso. Gli occhi sono arrossati, come se avesse pianto, e segnati da occhiaie profonde.
“Ok… tanto Zoe esce con tuo fratello… dovrei restare a casa da sola e proprio non ne ho voglia.” abbozza un sorriso e l’uomo sembra rasserenarsi un po’.
“Grazie… stasera nemmeno io ho voglia di restare solo…” abbassa lo sguardo poi si passa le mani sulla faccia.
“E’… è successo qualcosa?” Kai chiede un po’ timorosa.
L’uomo scuote la testa “No… non è successo niente… è un mese e mezzo che non succede niente.” serra gli occhi e si passa le mani fra i capelli. Poi torna a guardare la ragazza “Sono stanco. Stanco di andare ogni giorno in ospedale e vedere April inerme in un letto. Stanco di non sapere cosa dire ai miei bambini quando mi chiedono della mamma. Stanco di dover portare pazienza. Stanco di dover essere forte per Jan e Josh.” si passa le mani sugli occhi e prende un respiro profondo “Oggi non sono venuto a casa per stare con April: ho pensato che magari se fossi restato con lei, se le avessi stretto la mano più a lungo… forse sentendomi lì vicino sarebbe successo qualcosa… ma non è successo niente.” serra la mascella e tira un calcio al tavolino di vetro che sta al centro della sala. Poi si avvicina a Kai “Non ce la faccio più. Sento che sto crollando, ma non posso. Non posso permettermelo perché Jan e Josh hanno bisogno di me.” Shannon ha gli occhi lucidi, le lacrime premono per scendere. Con uno scatto improvviso si avvicina a Kai e l’abbraccia appoggiando il viso sulla sua spalla.
La ragazza rimane bloccata, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fisso sulla parete di fronte: sente il cuore fermarsi, i muscoli paralizzarsi. Per qualche minuto resta ferma, come se fosse un pezzo di legno, incapace persino di pensare. Poi alza timidamente un braccio e inizia ad accarezzare la schiena dell’uomo.
Shannon sente la mano di Kai scorrergli lungo la schiena e questo ha un effetto calmante per lui. Solleva il viso e la guarda “Scusa…” si gratta il collo imbarazzato mentre si allontana.
“Non… non ti preocuppare… credo sia normale nella tua situazione avere dei momenti così… Non dev’essere facile…”
“No… non lo è per niente… Poi April è una di quelle donne che fanno tutto loro, anche perché io non ci sono mai con il mio lavoro…” abbassa lo sguardo poi fa un sorriso passandosi la mano tra i capelli “Con i bambini sono un mezzo disastro.”
“Non è vero.” Kai lo guarda sorridendo e convincendolo a guardarla “Sei meraviglioso con Josh e Jan. Nonostante la situazione che stanno vivendo, sono due bambini sereni e questo è solo per merito tuo.”
“Anche tuo: sei bravissima con loro. Sei riuscita a tenerli a bada per un mese e mezzo senza gettare Joshua in piscina.” Shannon sorride e Kai rimane incantata: il suo sorriso è una delle cose più destabilizzanti al mondo.
“In effetti… qualche volta ci ho pensato seriamente.” Kai sorride di rimando.
Shannon scoppia in una fragorosa risata mentre i bambini scendono le scale e raggiungono la sala.
“Papà, sei tornato!” Joshua corre verso Shannon gettandosi contro le sue gambe e facendo sbilanciare l’uomo che quasi cade sul divano.
“Josh, cerca di essere un po’ meno irruento!”
“Sei tu che sei imbranato!” Janis ride prendendo in giro il padre.
“E tu sei una strega!”
“No, io sono una principessa, quante volte te lo devo dire?” Janis si porta le mani sui fianchi e guarda il padre stizzita.
Kai non può fare a meno di sorridere vedendo la scena: Shannon è davvero un padre meraviglioso.
“Kai, rimani a mangiare con noi?” Janis si volta verso la baby-sitter.
“Dipende… tu e Josh mi volete?”
“Sìììì!” i bambini rispondono all’unisono.
“Allora devo proprio restare.” la ragazza sorride strizzando l’occhio ai bambini. “Andiamo in cucina e vediamo cosa c’è di buono in frigorifero.”
“Che bello! Ti aiuto io a cucinare. Sono una cuoca bravissima!”
“Non avevo dubbi Jan e tu Josh aiuterai il papà a sistemare la tavola ok?” Kai accarezza la testa del piccolo e Joshua annuisce mentre si recano tutti e quattro verso la cucina.
 
******
 
“Questo? No, troppo osè… Questo? No… sembro mia nonna!” Zoe è in mutande e reggiseno, in piedi davanti l’armadio intenta a scegliere cosa indossare per la serata. “Mannaggia a Kai che quando mi serve non c’è mai!” sbuffa mentre getta l’ennesima maglia sul letto.
Ad un tratto i suoi occhi s’illuminano “Trovato!” estrae dall’armadio un abito smanicato a righe orizzontali larghe nere e verde pistacchio. Non è troppo scollato, però lascia scoperte le gambe arrivando a metà coscia. Zoe lo indossa poi infila degli stivali marroni, prende una borsa verde con la tracolla nera e si guarda allo specchio soddisfatta “Niente male!”.
Cerca il telefono che ha seppellito da qualche parte sotto il mare di vestiti che ha sul letto “Kai… devo chiamare Kai!” digita il numero dell’amica “E se fosse impegnata? In fondo è a casa di Shannon…” si chiede dubbiosa “Naaah… è con Shannon e i suoi figli… cosa potranno mai fare? Ok… chiamo Kai.”
“Ciao Zoe, che succede? Sei pronta per uscire con Jared?”
“Sì… più o meno… lo sto aspettando… mi serve un tuo consiglio… aspetta… ti mando una foto: guardala e poi mi richiami per dirmi se va bene ok?”
“Ok…” la ragazza non fa in tempo a rispondere che l’amica ha già riattaccato. Arriva l’sms, Kai apre la foto poi richiama Zoe.
“Allora? Va bene?”
“Sì, sei perfetta.”
“Sei sicura?”
“Sì, sono sicura.” Kai sorride: ormai sa bene cosa l’aspetta ogni volta che Zoe deve uscire. Se fosse stata a casa, si sarebbe dovuta subire una vera e propria sfilata! Si stupisce non le abbia mandato una serie di foto con i probabili outfits.
“Allora se dici che sei sicura… Non sarebbe meglio se mettessi le scarpe nere?”
“Quali? Quelle con la catena dorata dietro? Hanno un tacco rotto.”
“Mannaggia… e quelle dorate?”
“No, sono orribili! Gli stivali sono perfetti.”
“Ok… aggiudicato. Tu… come va? Che stai facendo?”
“Sto cercando di non far bruciare la cena, se solo qualcuno non mi tenesse al telefono mezz’ora…”
“E con Shannon? Perché ti ha chiesto di restare a cena? Non è che dopo che avete messo a letto i bimbi…. cioè… a saperlo t’infilavo qualche preservativo in borsa…”
“Quanto sei scema! Mi ha chiesto di rimanere perché aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno…”
“Sfogarsi… certo che si sfogherà per bene!” Zoe scoppia a ridere.
“Zoe piantala! Te lo ripeto per l’ennesima volta: tra me e Shan non succederà mai niente!”
“Shan… sentila… lo chiama già Shan…”
“Smettila di prendermi in giro e piuttosto pensa alla tua di serata.”
“Stai pur tranquilla che ci penso sì! Adesso ti saluto che tra poco arriva Jared e devo finire di sistemare i capelli. Se quando torni… perché torni a dormire vero?”
“Certo che torno.”
“Mmmmm…. Vedremo…”
“Zoe, la vuoi finire?”
“Ma come sei permalosa! Alla fine mica ti auguro chissà quale sfiga… ti sto augurando una nottata di sesso selvaggio con Shannon Leto! Va beh… ho capito… sarà meglio ci pensi io a togliere le ragnatele da queste parti… Stavo dicendo che se quando torni non ci sono stai pure tranquilla che vorrà dire che avrò qualcosa di meglio da fare che dormire con una coinquilina che russa.”
“Io non russo!” ribatte Kai stizzita.
“Ok… non russi, ma parli nel sonno.”
“Senti chi parla! Una di queste notti ti registro.”
“Adesso ti saluto davvero, ti lascio al tuo batterista sexy.”
“Stai attenta Zoe, ok?”
“Tranquilla mamma.” e riattacca.
Cerca di sistemare il caos che ha fatto sul letto, si sistema i capelli poi sente squillare il telefono: Jared.
“Ehi, Uomo dal Carrello Maldestro.”
“Buona sera Donna dei Pomodori. Sei pronta?”
“Prontissima.”
“Allora scendi che il mio carrello a reazione ti aspetta.”
Zoe scende le scale veloce, apre il portone di casa e quella che le si para davanti è una vera e propria visione: Jared la sta aspettando appoggiato con entrambe le mani al muretto di fronte. Ha lo sguardo perso altrove e Zoe ne approfitta per godersi lo spettacolo: i capelli sciolti che gli ricadono sulle spalle, la barba di qualche giorno, la giacca nera che copre una t-shirt anch’essa scura con una stampa bianca sul davanti e i pantaloni in completo con la giacca. Praticamente perfetto.
Dopo alcuni minuti, l’uomo si volta e punta i suoi occhi chiari su Zoe con un sorriso: la ragazza sente il cuore fermarsi per un attimo. Non può fare a meno di chiedersi come farà a sostenere quello sguardo tutta la sera.
“Eccola qua la Donna dei Pomodori.” Jared fa qualche passo in direzione di Zoe.
“Eccolo qua l’Uomo dal Carrello Maldestro.” Zoe sorride. Non capisce perché, ma Jared riesce a metterla in imbarazzo anche solo con uno sguardo. Quando poi le si avvicina dandole un bacio sulla guancia sente il viso avvampare: fortunatamente è sera altrimenti l’effetto semaforo non sarebbe passato inosservato.
“Ehm… allora… dove… dove hai parcheggiato il tuo carrello a reazione?” la ragazza si passa una mano tra i capelli cercando di ritrovare un po’ della sua solita faccia tosta.
“So di darti un enorme dispiacere, ma stasera ho optato per una bella passeggiata a piedi. Il carrello a reazione mi sembrava un mezzo di trasporto un po’ troppo sagerato per il primo appuntamento.” aggiunge Jared strizzando l’occhio a Zoe.
Il primo appuntamento? Ma non doveva essere semplicemente un modo per farsi perdonare? Zoe rimane un attimo stranita sentendo le parole di Jared. “E… e dove vorresti portarmi?”
“Sorpresa!” L’uomo allarga i suoi occhi azzurri regalando a Zoe un enorme sorriso che lo fa sembrare un bambino in un negozio di giocattoli. Poi passa un braccio dietro la schiena della ragazza prendendole il fianco con una mano “Vieni, andiamo da questa parte.”
Il contatto con la mano di Jared, anche se attraverso il tessuto del vestito, fa venire la pelle d’oca a Zoe. Il cuore accelera i battiti e per un attimo viene assalita da una sensazione come se avesse le vertigini: se il tocco attraverso il vestito le fa questo effetto, non osa immaginare come sarà se la sera prenderà la piega che lei spera.
 
******

“Bimbi, andate a lavarvi le mani poi venite a tavola che si mangia.” Kai si affaccia alla porta della cucina annunciando che la cena è pronta.
“Che buon profumino.” Shannon entra nella stanza e va verso i fornelli per curiosare “Che hai cucinato?”
“Spaghetti all’hawaiana[ii]. Ci vorrebbero anche i pinoli, ma per stasera vorrà dire che faremo senza.”
“Il profumo è buono.” l’uomo si avvicina alla padella e prende una forchetta per assaggiare. “Anche il sapore direi: dovevi dirmelo che sei anche un’ottima cuoca.” aggiunge portandosi alla bocca un’altra forchettata di pasta.
“Li cucinavo spesso quando vivevo ad Honolulu.” Kai ad un tratto diventa malinconica.
“Ti… ti manca molto? Voglio dire… ti manca la vita che facevi là?” Shannon si gratta la nuca poi prende la padella della pasta e la posa sul tavolo.
Kai sospira “Sì… mi manca… mi mancano i miei genitori…”
“Posso chiederti perché te ne sei andata? Puoi anche rispondermi di farmi i fatti miei.” aggiunge l’uomo con un sorriso.
“E’… è una storia un po’ complicata…” Kai abbassa lo sguardo.
“Se non vuoi parlarne non importa… cioè… m’importa, ma non è necessario… se ti da fastidio parlarne…” Shannon si passa una mano sul mento.
Kai rivolge lo sguardo all’uomo “Diciamo che sono successe cose che praticamente mi hanno reso impossibile restare…”
“Ho capito: c’è di mezzo un uomo.” il batterista strizza l’occhio alla ragazza.
“Diciamo di sì…” Kai chiude gli occhi cercando di trattenere le lacrime.
Shannon si gratta la testa imbarazzato “Scusami… non… non volevo… ecco… mannaggia a me che sono un casinista nato…”.
Kai lo guarda sorridendo. Appoggia le mani sul ripiano della cucina puntando lo sguardo verso il pensile che ha di fronte. Si volta verso Shannon e inizia a raccontare “Mio padre fa il medico a Honolulu ed io lo aiutavo allo studio. Con noi lavorava un ragazzo, Rihver.” La ragazza si ferma un attimo e prende un respiro profondo. “Io e Riv abbiamo iniziato a frequentarci e per un anno è andato tutto a meraviglia. Poi un giorno, mentre faceva surf, ha avuto un incidente e…” gli occhi di Kai si velano, punta lo sguardo verso l’alto e si morde il labro inferiore.
“E’… è… morto?” la ragazza annuisce. Shannon le si avvicina appoggiandole le mani sulle spalle “Scusami Kai… non volevo…”
“Tranquillo, non hai fatto niente di male…” la ragazza cerca di sorridergli, ma una lacrima sfugge al suo controllo rigandole una guancia. L’uomo la ferma con il pollice e rimangono uno di fronte all’altra guardandosi negli occhi. Kai sente una strana sensazione partirle dallo stomaco: non riesce a staccarsi da quegli occhi dal taglio così particolare. Per la prima volta li guarda bene notando le pagliuzze dorate nell’iride nocciola: quegli occhi sono come due calamite che attraggono il suo sguardo obbligandola a fissarli.
Shannon ritrae in fretta la mano, come se avesse toccato una superficie calda e si fosse scottato. Per un attimo rimane bloccato a guardare Kai poi si allontana “Ehm… vado… vado a vedere che combinano i bambini…”
“Ehm… sì... spero non stiano allagando il bagno…” Kai si dirige verso il tavolo cercando qualcosa da sistemare. Quando è sicura che Shannon sia uscito dalla stanza, si accarezza la guancia, nel punto dove sente ancora il tocco della mano dell’uomo “Kai, smettila. E’ il tuo datore di lavoro, nient’altro.” cerca di ripetersi sempre meno convinta.
 
******
 
Jared e Zoe sono seduti a un tavolo del ristorante asiatico Wokano[iii], a pochi isolati dall’appartamento dove vive la ragazza. L’ambiente non è eccessivamente formale o romantico, anche se le luci basse danno un senso d’intimità.
“Allora… mi stavi dicendo che hai ventisei anni e sei una hostess di terra...” Jared punta i suoi occhi azzurri sul viso di Zoe mentre si porta alla bocca una forchettata di cibo.
“Sì…” la ragazza giocherella con la forchetta con un pezzo di carne che ha nel piatto.
“E lavori all’aeroporto di Los Angeles?”
“Già… da circa sei mesi…” Zoe si decide finalmente a guardare Jared negli occhi.
“Un lavoro fresco fresco… forse è per questo che non ti ho mai incontrato.” l’uomo smette di mangiare e si concentra sulla ragazza che ha di fronte. “E’ un lavoro faticoso?”
“Diciamo di sì: lavorare in un aeroporto grande non è facile… ci passa un sacco di gente e tutti hanno dei problemi diversi. Ci sono giorni che vorresti prendere e mandare tutti a quel paese.”
“Allora abbiamo qualcosa in comune.” Jared ride “Pure io alcuni giorni vorrei mandare tutti a quel paese.” sorride portandosi l’ultima forchettata di cibo alla bocca.
“Immagino!” Zoe finge di guardare quello che ha nel piatto mentre osserva di sottecchi l’uomo che ha di fronte. Si è imposta di trovargli almeno un difetto nel corso della serata, ma l’impresa si è rivelata una missione degna di Ethan Hunt[iv]. Alla fine si arrende all’evidenza: Jared Leto è perfettamente perfetto.

Finita la cena, Jared chiede il conto al cameriere, paga per entrambi e lui e Zoe escono dal locale dirigendosi verso l’appartamento della ragazza.
“Se non ricordo male, quando ti ho visto a casa mia, avevi una catenina con la triad perciò sei una echelon.”
“Ehm… sì… da quattro anni circa…”
“Allora saprai tutto di me.” Jared guarda Zoe sorridendo malizioso.
I due sono arrivati davanti al portone di casa della ragazza. Zoe è in piedi davanti a Jared dando le spalle al muro.
“Beh… diciamo che conosco la tua facciata pubblica.”
Con uno scatto veloce, l’uomo si avvicina alla ragazza e la intrappola con le spalle al muro mettendo le mani ai lati delle sue spalle. “E vorresti conoscere un po’ di più anche quella privata?” le dice con la voce bassa e roca, la bocca talmente vicina al suo orecchio che Zoe rabbrividisce e per qualche secondo rimane stranita. Poi ritrova la sua solita faccia tosta per rispondere “Non sarebbe una cattiva idea.” puntando gli occhi in quelli dell’uomo: Dio quanto sono… belli! Il cervello è talmente imbambolato che non riesce a trovare un altro aggettivo per descrivere quelle iridi color cielo che la stanno fissando.
Jared si avvicina ulteriormente a Zoe, tanto che le loro labbra si sfiorano. La ragazza allunga le braccia e con le mani preme contro la schiena dell’uomo per portarselo ancora più vicino. Per qualche minuto restano così, occhi negli occhi a fissarsi. Poi Jared, con uno scatto, incolla le labbra a quelle di Zoe. La ragazza sente la sua lingua premerle contro le labbra per cercarsi un varco e la asseconda, lasciandosi andare in un bacio che ha ben poco di casto. Sente le mani di Jared risalire i suoi fianchi mentre la lingua cerca la sua trovandola e iniziando una danza che le fa accelerare il battito cardiaco, quasi il cuore volesse uscirle dal petto.
Sentendo l’eccitazione salire, Jared si stacca da Zoe e la guarda: le labbra arrossate e gli occhi lucidi la rendono ancora più bella. “Che ne dici se ci spostiamo in un posto un po’ più… intimo?” l’uomo rimarca l’ultima parola sottolineandola con uno sguardo malizioso e un ghigno quasi mefistofelico.
“Ehm… potremmo andare da te… sai… non vorrei che Kai rientrasse…” Zoe ci mette qualche minuto per riprendersi e inizia a giocherellare con le dita.
“Andiamo da me: ho in mente un programmino che non accetta interruzioni.” Jared si avvicina all’orecchio di Zoe parlandole con un tono basso e roco.
La ragazza sente un brivido correrle lungo la spina dorsale e una sensazione di calore concentrarsi nel suo addome “O-ok…” cerca di ritrovare un po’ di stabilità, giusto quella che le serve per non stramazzare a terra appena si stacca dal muro, e si muove verso un punto che le indica Jared, dove l’uomo ha parcheggiato l’auto.
Il cantante guarda Zoe camminare verso il parcheggio e ripensa all’incontro che hanno avuto durante la mattinata al supermercato. A un tratto inizia a ridere e con uno scatto si porta di fianco alla ragazza toccandole il sedere. Zoe strabuzza gli occhi e guarda l’uomo come a volergli chiedere cosa gli sia saltato in mente.
“Ero geloso del mio carrello maldestro e avevo ragione: siamo stati davvero fortunati.” poi scoppia a ridere guardando l’espressione di Zoe sempre più perplessa mentre l’uomo le apre la portiera dell’auto.
 
*****

Shannon sta seduto sul divano guardando lo schermo della tv spento: ripensa a quello che è successo qualche ora prima con Kai, alla sensazione che ha provato sfiorandole la guancia poi si lascia andare contro lo schienale grattandosi la testa. Sente Kai scendere le scale e si volta verso di lei sorridendo. “Tutto a posto? Si sono addormentati?”
La ragazza sbuffa “Finalmente sì! Josh ha toccato il letto e si è addormentato subito, ma Jan ha deciso che doveva raccontarmi tutta la sua vita: non la finiva più di parlare!”
L’uomo ride “Tipico di Jan: ogni volta che deve andare a letto diventa una chiacchierona.”
Nella sala scende il silenzio e i due restano per un attimo a guardarsi.
“Beh… io… io andrei a casa…” Kai recupera la giacca.
“Certo… vai... vai pure…” Shannon si alza dal divano e si dirige verso la porta “Grazie ancora per stasera e… e scusami per… insomma… per quello che è successo in cucina…” si gratta la nuca “Non… non volevo essere indiscreto…”
“Stai tranquillo, non è successo niente.” Kai gli sorride.
“Ok… allora… ci vediamo domani…”
“A domani… ciao…”
Kai esce dalla porta e prende un respiro chiudendo gli occhi “E’ il tuo datore di lavoro, nient’altro.” se lo ripete per l’ennesima volta poi si dirige verso l’auto. Sente il cellulare squillare e lo estrae per leggere un sms in entrata.

Non mi aspettare che stanotte si levano le ragnatele! Oleeeeeeeeeeee!
Zoe
 
 
[i] Il titolo prende spunto da un brano dei Mazzy Star https://www.youtube.com/watch?v=V2d6Yv5x6HE&app=desktop
[ii] Volete cucinare gli spaghetti all’hawaiana? Ecco la ricetta http://www.cookaround.com/le-vostre-ricette/primi-piatti/spaghetti-all-hawaiana
[iii] Curiosi di visitare il Wokano? Eccolo qua http://www.wokcanorestaurant.com/
[iv] Protagonista del film “Mission Impossible”
 
Volete vedere qualche foto che mi ha ispirato durante la scrittura? Andate qua https://www.facebook.com/media/set/?set=a.324329027742910.1073741831.100004974456579&type=1&l=16a6aff2c2

 

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Capitolo 7
*** *** Perchè ci innamoriamo così facilmente? *** ***


E finalmente arrivò anche questo aggiornamento. Vi avverto subito: se siete deboli di cuore, fate attenzione alla prima parte :) La mia Musa era particolarmente ispirata (anche grazie ad una piccola spintarella da parte della mia (rimbam)beta )
Come il solito, ringrazio chi segue/preferisce/ricorda la mia storiella e chi recensisce con passione: vi lovvo <3
Bando alle ciance e andiamo subito al sodo!

Qua trovate un gruppo dedicato alla storia dove potrete scoprire curiosità e seguire i miei deliri
https://www.facebook.com/groups/293315350858379/
 

 

 
In macchina, Zoe e Jared restano in silenzio: la ragazza guarda fuori dal finestrino le luci di Los Angeles rincorrersi. Ripensa al bacio che si sono scambiati e sul viso si disegna un sorriso mentre sente ancora le mani di Jared scorrerle lungo la schiena e i brividi crescerle come se stesse ancora incollata a quel muro. Si volta verso l’uomo al volante fermandosi a guardare le luci che si riflettono nei suoi occhi e il profilo del naso che disegna una linea perfetta con quello della bocca, di quelle labbra che pochi minuti prima erano incollate alle sue. Lo vede tenere lo sguardo fisso sulla strada, quasi si fosse dimenticato di lei. Poi, improvvisamente, l’uomo si volta nella sua direzione e la guarda sorridendole. “Tutto bene? Sei così silenziosa.”
“Mi stavo godendo le luci di Los Angeles.” Vorrebbe aggiungere ‘soprattutto, stavo ammirando il tuo profilo perfetto’, ma qualcosa le impedisce di dire altro: Jared sposta la mano dal volante e l’appoggia sulla sua coscia risalendo oltre il bordo del vestito e iniziando ad accarezzarla. Muove le dita lentamente, facendole scorrere leggere sulla pelle di Zoe, che sente una sensazione di calore partirle dal basso ventre e irrorarsi lungo tutto il corpo.
Jared ritrae velocemente l’arto appena arrivati a destinazione. Ferma la macchina davanti al cancello, lo apre con il telecomando poi riparte percorrendo il vialetto che porta sul retro. Spegne il motore, scende e si dirige verso la portiera di Zoe per aprirla. “Benvenuta nella mia dimora.” le dice guardandola con un sorriso e facendole un inchino.
Zoe scende dall’auto continuando il gioco di Jared e gli regala un’espressione altezzosa. Poi gli sorride vedendolo allungarle una mano invitandola a stringerla. Si avvicina a Jared, incrocia le sue dita con quelle del cantante e si lascia guidare verso l’ingresso. Si guarda intorno e, anche se è buio, riconosce quegli spazi che ha ammirato spesso riprodotti in immagini nel web. Quante volte ha immaginato di essere in quel giardino? Quante volte si è vista scendere quei gradini che portano alla piscina ed entrare in quella casa? E ogni volta si è figurata dialoghi, una miriade di cose che avrebbe detto o fatto con Jared. Ora che i suoi sogni sono diventati reali, se ne sta incantata a osservare quello che la circonda, incapace di pronunciare anche solo una parola. Anzi, è quasi sicura di aver smesso persino di respirare.
Jared guarda Zoe mentre si avvicinano all’ingresso: Dio quanto è sexy! Ripensa alle sensazioni che ha provato pochi minuti prima, quando la stringeva appoggiati a quel muro, e dentro di lui cresce il desiderio di riprovarle. Al Diavolo i tentennamenti! Attira a se la ragazza e la bacia con ardore cercando le chiavi per aprire la porta, senza mai staccare le sue labbra da quelle di lei, che  gli risponde assecondandolo e questo suona come l’invito a diventare ancora più intimi che Jared stava aspettando. Entrano in casa e la incolla al muro accarezzandole la nuca e facendo scivolare lentamente le mani fino ad arrivare alla cerniera del vestito. I respiri si fanno più profondi e l’eccitazione comincia a salire.
Zoe rimane stupita da questo assalto di Jared: non che non lo volesse, ma non se l’aspettava così improvviso. Però la cosa le piace perciò decide di assecondarlo. Alza il braccio verso di lui, gli passa una mano tra i capelli accarezzandoli per poi scendere sul collo, le labbra sempre incollate a quelle dell’uomo. Si staccano per riprendere fiato, ma le mani non si fermano: è come se i loro corpi funzionassero come calamite l’uno per quello dell’altra.
Jared si sfila la giacca, buttandola a terra senza troppa grazia. Zoe lo guarda, alza un sopracciglio poi, con un ghigno malizioso, gli toglie la maglietta gettandola da qualche parte sul pavimento. La ragazza strabuzza gli occhi: ammazza che pettorali, da rimanere senza fiato.
Jared la guarda aggrottando le sopracciglia “C’è qualcosa che non va?”
“No, no! Va tutto a meraviglia!” aggiunge lei continuando ad ammirare lo spettacolo che ha davanti.
Zoe incomincia ad accarezzare i pettorali di Jared, scende verso gli addominali e sente che l’uomo non rimane indifferente al suo tocco.
Il cantante si avvicina all’orecchio della ragazza sussurrandole quasi in un ringhio “Sei ancora troppo vestita.” mentre muove una mano verso la cerniera del suo vestito sfilandoglielo e facendolo cadere sul pavimento lasciandola con solo le mutandine addosso. Si ferma e fa correre il suo sguardo lungo il corpo di Zoe poi inizia ad accarezzarla soffermandosi sui seni.
Zoe sussulta mentre Jared inizia a percorrere il suo corpo con le mani, con la bocca. L’uomo la guarda ancora una volta, la prende in bracco e la porta verso il divano. Ricomincia con i baci, con le carezze con passione, ma senza fretta: vuole godersi il momento e farlo godere anche a lei. Risale fino a puntare gli occhi in quelli di Zoe, che rimane incantata a fissare quelle iridi così blu e intense da potersi perdere.
“E’ tutto a posto… Zoe?”
Sentendo il suo nome pronunciato in modo sensuale da Jared, la ragazza prova una forte sensazione di calore che le parte dal basso ventre. Non riesce a fare altro che guardarlo e rispondergli con un cenno affermativo della testa. Quando l’uomo inizia a far scorrere le mani lungo i suoi fianchi fermandosi sul bordo delle mutandine, Zoe sente come se il suo corpo stesse prendendo fuoco. Nel momento in cui Jared, con un movimento rapido, le sfila l’indumento intimo e con le dita inizia a giocare con la sua intimità, la ragazza ha un sussulto e getta la testa all’indietro chiudendo gli occhi.
L’uomo sente che l’eccitazione della donna sta crescendo e anche la sua. All’improvviso ritrae la mano e guarda Zoe con un ghigno. Si alza lasciandola nuda sul divano. “Aspettami qua, ho una sorpresa per te.” le dice sensuale poi sparisce verso la cucina strizzandole l’occhio.
Zoe guarda, perplessa e anche un po’ stizzita, Jared che, a petto nudo, si muove per casa. Lo sguardo si perde seguendo la curva formata dalla schiena dell’uomo e dal suo sedere: non servono parole per dare una definizione di perfezione quando si ha davanti uno spettacolo del genere. Lo sente aprire il frigorifero e armeggiare con non sa cosa nell’altra stanza per poi tornare in sala con una ciotola piena di frutta. Lo guarda e lo riguarda cercando qualcosa d’intelligente da dirgli, ma la sua mente non riesce a pensare ad altro se non a quanto sia perfetto lo spettacolo che ha davanti.
“Giochiamo?” Jared s’inginocchia di fianco al divano, la bocca a pochi millimetri dall’orecchio di Zoe, mentre con una fragola disegna il contorno delle labbra della ragazza.
“Giochiamo.” risponde lei voltandosi un po’ per guardarlo e mordendo il frutto con fare malizioso.
“Sei una bambina molto ingorda, non me ne hai lasciato neanche un pezzetto.” Jared le ringhia nell’orecchio.
Zoe si allunga verso la ciotola che l’uomo ha appoggiato a terra, prende un’altra fragola premendogliela sulla bocca “Allora mi devo far perdonare.” dice sensuale spingendo la punta del frutto nella bocca dell’uomo e mordendone l’altra estremità. Le loro labbra si sfiorano, si cercano. Sente la lingua dell’uomo premere per aprirsi un varco nella sua bocca così dischiude le labbra lasciandolo fare. Sente le mani di Jared scorrerle sulla pelle provocandole un fremito. Il suo corpo inizia a dirle che tutto questo non gli basta più, che vuole altro. Così allunga le mani verso il ventre dell’uomo per slacciare il bottone dei pantaloni.
“No!” dice lui secco fermandole le mani “Il gioco lo conduco io.” aggiunge stringendo gli occhi con un sorriso mefistofelico. Prende un foulard nero che aveva sotto il divano, porta le mani di Zoe sopra la sua testa legandole. La ragazza sussulta: si chiede cosa abbia in mente Jared, ma decide ancora una volta di assecondarlo perché il gioco le piace e anche tanto! L’uomo le si sdraia sopra: sente la sua eccitazione attraverso i pantaloni che preme contro la sua intimità e la cosa la eccita parecchio. Jared inizia a baciarle il collo per poi scendere lento verso i seni, il ventre e fermarsi all’ombelico per risalire mentre con la mano destra inizia ad esplorare il suo punto più intimo.
Zoe sente l’eccitazione crescere e inarca la schiena per avvicinarsi ulteriormente a Jared: l’uomo usa movimenti lenti ma decisi e lei sente che sta per raggiungere il culmine del piacere.
“Jared…” sussurra il suo nome tra gli ansimi mentre prende il suo volto tra le mani e lo bacia raggiungendo l’orgasmo. Ancora ansimante, guarda l’uomo che si alza, la solleva dal divano occupando il suo posto. Allarga le braccia guardandola e parlandole con voce roca “Eccomi, adesso tocca a te.”
Zoe, ancora sconvolta da quello che è appena successo, guarda l’uomo e, per un attimo, rimane smarrita: non si aspettava questo cambio di posizioni. Stringe gli occhi e guarda Jared con un sorriso arricciando il naso. Si sdraia su di lui passandogli le mani tra i capelli, lo sguardo fisso nel suo. Fa scorrere le dita giù, verso il collo, dove si ferma lasciando una scia di baci che arrivano fino alla spalla, a quella scritta Provehito in altum che tante volte ha ammirato attraverso foto o video. Non può fare a meno di guardarlo, di notare quanta perfezione possa esserci racchiusa in un solo uomo, mentre le sue mani esplorano quel corpo, quelle vene così evidenti sulle spalle, quei muscoli così ben definiti da far rabbia a una statua greca. Arriva fino al ventre, alla cerniera dei pantaloni che slaccia facendo scorrere l’indumento lungo le sue gambe e lanciandolo sul pavimento a far compagnia al resto dei vestiti sparsi qua e là. Ancora una volta, s’incanta a guardarlo. Ancora non riesce a rendersi conto che tutto questo sta accadendo davvero a lei. Non che non ci sperasse… Sono quattro anni che sogna di trovarsi nuda a casa di Jared Leto, ma la realtà sta superando di gran lunga anche le sue più rosee aspettative. Mai avrebbe sognato di trovarsi davanti al suo idolo, sdraiato su un divano in boxer che aspetta solo che lei si decida a fare qualcosa. L’occhio le cade inevitabilmente sull’eccitazione dell’uomo: adesso è davvero sicura che tutto quello che si dice sulle doti artistiche di Leto Junior è vero!
“Allora? Devi guardarmi ancora per molto o hai deciso di farmi divertire? Mi starei annoiando un po’…” Jared ride mentre guarda Zoe con un’aria di sfida.
“Non avevi detto che il gioco volevi condurlo tu?” lei si siede cavalcioni dell’uomo e lo guarda in tralice.
Jared le stringe le braccia intorno alla schiena, facendo aderire i loro toraci, poi alza leggermente la testa avvicinando la bocca all’orecchio di Zoe “E’ quello che sto facendo: basta parlare, datti da fare… Zoe.” e torna ad appoggiare la testa al bracciolo del divano.
La ragazza ha un sussulto: non si abituerà mai al mondo in cui Jared pronuncia il suo nome. Non dice niente, ma lo guarda maliziosa mentre si china per prendere un’altra fragola dalla ciotola. Inizia a farla roteare, partendo dalla bocca dell’uomo per poi scendere giù, sul collo, sui pettorali. Gioca con i capezzoli di Jared poi continua a far roteare il frutto per fermarlo nel suo ombelico. Lo guarda per pochi secondi poi si abbassa e mangia la fragola sfiorando la pancia del cantante con le labbra provocandogli la pelle d’oca. Con le mani e la bocca risale il corpo dell’uomo avvicinandosi al suo orecchio “Allora? Mi sto dando da fare per bene?”
“Benissimo.” risponde lui in un sussurro.
La ragazza, compiaciuta dalla reazione di Jared, porta le mani all’elastico dei boxer del cantante, ci gioca un po’ poi, puntando gli occhi in quelli dell’uomo, sfila l’indumento intimo con un gesto veloce e secco: Jared è sicuramente dotato! Rimane per un attimo imbambolata, quasi shockata dalla visione che le si è parata davanti. Dopo pochi minuti, si riprende e inizia a scorrere una mano lungo l’erezione dell’uomo. Lui ansima, ormai arreso ai giochi di Zoe che capisce che è il momento di andare oltre: estrae dalla borsetta un preservativo infilandoglielo e lui ha un sussulto.
“Zoe… hai decisamente preso in mano la situazione… e non solo quella…” Jared, con il fiato corto, sposta le mani sotto i glutei della ragazza facendo aderire i loro bacini. Con un movimento rapido, ribalta la situazione trovandosi con il corpo della ragazza sotto il suo. Con un gesto secco entra dentro di lei e Zoe sente il fiato mancarle. L’uomo si muove lento, con spinte sempre più intense, senza mai staccare lo sguardo da lei. Le mani scorrono lungo la schiena della ragazza che la inarca e stringe le gambe intorno ai fianchi di Jared: vuole sentirsi completamente piena di lui. Lo sente accelerare il ritmo delle spinte, del respiro e capisce che è vicino al punto di non ritorno, così come lo è lei.
“Oh Jared…” Zoe non riesce a trattenersi e arriva all’orgasmo quasi urlando il nome dell’uomo, il quale le risponde con una specie di ringhio, poi crolla su di lei. Restano in silenzio, abbracciandosi. Nella stanza si sentono solo i loro respiri che cercano di tornare regolari. Jared alza il viso per guardare la ragazza “Zoe… è tutto a posto?”
“Ehm… sì…” risponde ancora ansimante. E come potrebbe essere diversamente? La stanza non è molto illuminata, c’è solo la luce tenue dei lampioncini che filtra attraverso la parete in vetro che da sul giardino. Guarda l’uomo che ha davanti, ancora sdraiato sopra di lei, che la fissa con i suoi occhi resi ancora più intensi dall’amplesso appena consumato. I capelli che gli ricadono disordinati sulle spalle, la pelle imperlata dal sudore, l’addome che si alza e si abbassa ritmicamente mentre cerca di riprendere a respirare regolarmente: è perfetto, perfettamente perfetto.
All’improvviso, Jared si alza dal divano. Zoe sente una sensazione di abbandono partirle dallo stomaco: perché si è alzato? Poi l’uomo le allunga una mano “Che ne dici di una doccia?” e le strizza l’occhio.
Zoe strabuzza gli occhi stupita dalla proposta: deve ancora riprendersi mentre Jared sembra quasi pronto per una maratona. Uddio… se uscisse a fare una maratona vestito com’è in questo momento, non crede arriverebbe molto lontano… Siamo sicuri che abbia quarantadue anni? Non si stanca mai? Lui è pronto per ripartire mentre lei fatica ad alzarsi dal divano.
Jared non accenna a muovere un muscolo e la guarda come a dirle “ti vuoi sbrigare?” così Zoe decide di accettare l’invito “Ok, vada per una doccia.” gli risponde mentre gli allunga una mano per farsi aiutare ad alzarsi. Jared l’attira a se, ma ci mette un po’ troppa forza, visto l’equilibrio precario della ragazza, e i due finiscono sdraiati a terra, una sopra l’altro.
Jared avvicina la bocca all’orecchio della ragazza “Pensavo avresti almeno aspettato di arrivare dentro la doccia prima di saltarmi addosso… Zoe.”
La ragazza si tocca i capelli imbarazzata “Ehm… veramente… io…” Non ha neanche il tempo di abbozzare una scusa che Jared incolla le sue labbra a quelle della ragazza mentre con le mani ricomincia a esplorare il suo corpo. “Sei pronta per un altro giro in giostra… Zoe?”
Lei non risponde, ma il suo corpo lo fa benissimo, anche senza usare le parole.
 
******

Le tre.
Kai si gira e si rigira nel letto senza riuscire a prender sonno. Decide di alzarsi e andare verso la cucina. Accende la luce schiacciando l’interruttore a destra della porta e si dirige verso il pensile marrone che ha di fronte. Apre lo sportello, estrae la sua tazza gigante, quella blu con Tigro sopra comprata con un Dollaro al supermercato sotto casa scatenando l’ilarità di Zoe, che ancora la prende in giro a distanza di settimane. Prende il vasetto del miele e due bustine di tisana all’arancia poi riempie d’acqua la teiera e accende il fornello. Aspetta pochi minuti che il liquido si scaldi poi lo versa nella tazza lasciando le bustine in fusione per un po’: nella stanza si diffonde un leggero profumo di agrumi che le ricorda le estati passate in Italia, in campagna dai nonni materni. Adora proprio per quello la tisana all’arancia: riesce sempre a rilassarla riportandola alla sua infanzia, a quando tutto era più facile. Chiude gli occhi e si rivede in Sicilia, nelle campagne di Siracusa. Ha cinque anni, i suoi genitori la osservano sereni mentre, cavalcioni sulle spalle del nonno, raccoglie le arance e le deposita nel cestino di vimini. Pace, tranquillità, nessun pensiero. Nella sua vita non c’è traccia di tristezza e ride felice. Apre gli occhi ritornando a Los Angeles, in quell’appartamento in affitto che ancora non riesce a chiamare casa, soprattutto stanotte che non c’è Zoe.
Si siede al tavolo di legno scuro che sta al centro della stanza stringendo tra le mani la tazza. Respira a fondo il profumo che emana la tisana, sperando che il calore che arriva dalla tazza unito all’aroma nell’aria l’aiuti a ritrovare un po’ di serenità. Ripensa a Shannon, a quello che è successo la sera prima a casa sua. Si porta una mano sulla guancia, nel punto dove l’uomo ha posato il dito per asciugarle le lacrime e un sorriso le si disegna sulle labbra.
“No!” spalanca gli occhi appoggiando le mani sul tavolo “Kai piantala. E’ il tuo datore di lavoro, è sposato, ha due figli…” poi punta i gomiti sul tavolo portandosi le mani sul volto “ma è anche sexy da morire.” Solleva la tazza portandosela alla bocca facendo scendere il liquido caldo lungo la gola. Prende un respiro profondo “Kai cerca di tranquillizzarti e togliti certi pensieri dalla testa: domani sarai ancora in quella casa per lavorare perciò smettila.” Guarda la tazza che ha davanti con aria sconsolata “Tigro, me lo dici tu come devo fare?”  Finisce la tisana, ripone la tazza nel lavandino e si dirige verso la stanza da letto “Proviamo a dormire ancora un po’.”
A un tratto sorride “Chissà cosa starà combinando Zoe con Jared: ho quasi paura a pensare a quei due da soli stanotte.” S’infila sotto le coperte e per qualche minuto fissa il soffitto come se sperasse in un’improvvisa illuminazione finche Morfeo non ha il sopravvento sui suoi pensieri.
 
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Il lenzuolo scivola via leggero lasciando il corpo di Zoe scoperto. L’aria fresca del mattino, che entra dalla finestra leggermente aperta posandosi sulla sua pelle nuda, provoca un brivido alla ragazza che si sveglia. Stropiccia gli occhi, ancora mezza addormentata, e per qualche minuto fatica a mettere a fuoco dove si trovi. A occhi chiusi, allunga un braccio in avanti, lungo il materasso, incontrando la pelle calda dell’uomo che le dorme accanto. Come se avesse toccato un rovo, ritrae la mano velocemente spalancando gli occhi: adesso è decisamente sveglia e si sta rendendo conto di essere a casa di Jared Leto, nel suo letto. Le immagini della sera prima iniziano a scorrerle velocemente davanti agli occhi, come se le stesse guardando proiettate in un film a doppia velocità. “Devo uscire da questa casa e devo farlo in fretta.”
Zoe si alza dal letto muovendosi lentamente, in modo da non svegliare Jared. I muscoli si muovono a fatica, indolenziti dalla nottata passata: sala, doccia, stanza da letto… Adesso può dire di conoscere perfettamente ogni angolo della casa di Jared! I vestiti… Dove sono i vestiti? Si ricorda di averli lasciati al piano di sotto. Mentre si appresta a lasciare la stanza per recarsi in sala, lo sguardo cade sul letto dove Jared dorme a pancia bassa. Il volto sereno sembra quello di un bambino, anche se incorniciato da una folta barba. I capelli, sparsi sul cuscino, disegnano morbide linee lungo le quali lo sguardo di Zoe si perde. Poi gli occhi si spostano più in basso, verso le spalle larghe, la schiena. Il tatuaggio scoperto per metà, le lenzuola che ricadono morbide disegnando la curva del suo sedere muovendosi leggere al ritmo del suo respiro. Rimane incantata pensando che sia lo spettacolo più bello del mondo. A un tratto lo vede muovere un braccio verso il materasso al suo fianco cercando qualcosa: la testa le dice che dovrebbe scappare, uscire in fretta da quella stanza, ma il resto del suo corpo non ne vuole sapere di negarsi la visione che ha davanti.
Jared apre gli occhi, guarda al suo fianco trovando il letto vuoto. Di scatto, si mette seduto corrucciando le sopracciglia guardandosi intorno. Il suo sguardo incontra la figura di Zoe in piedi, nuda davanti al letto e subito la sua espressione muta in un sorriso. “Buongiorno Donna dei Pomodori.”
“Ehm… buon… buongiorno…” la ragazza risponde imbarazzata, cercando di coprirsi con le braccia.
“Che fai? Dopo che abbiamo passato la notte a fare sesso in qualsiasi angolo della casa, diventi timida? Mi pare che sia un po’ tardi per cercare di nascondermi le tue grazie.” si alza completamente nudo dirigendosi verso la ragazza e spostandole le braccia lungo i fianchi “Ecco, adesso andiamo decisamente meglio.” dice con voce sensuale appoggiando la bocca nell’incavo del collo di Zoe. “Devo andare da mio fratello.” aggiunge posando piccoli baci sulla spalla della ragazza “Ma abbiamo ancora un po’ di tempo per… la colazione.” ringhia mentre le da un morso leggero su un seno e con le mani le agguanta i glutei.
Zoe usa tutto il suo autocontrollo, o almeno quel poco che le è rimasto, per non svenire tra le braccia di Jared. Sente che il suo corpo sta reagendo ai baci, al tocco dell’uomo e non può fare a meno di assecondarlo prendendo il suo viso tra le mani e baciandolo: ok Zoe, sei fregata!
 
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“Buongiorno…” Kai entra in casa di Shannon dove, stranamente, regna il silenzio. Nell’aria aleggiano l’odore del caffè e delle brioches calde, sintomo che qualcuno ha appena consumato la colazione: dove saranno finiti i bambini?
“Shan… Jan… Josh… Dove siete?” si dirige verso la cucina guardandosi intorno. Sente dei rumori provenire dall’esterno così si avvicina alla parete di vetro che da sulla piscina e vede che Shannon e i bambini sono in giardino. Joshua, come il solito, corre ridendo come un pazzo mentre Janis cerca di acchiapparlo gridando frasi che la ragazza non capisce: le avrà fatto un qualche dispetto, come sempre. Il padre è seduto su uno sdraio e guarda i bambini sorridendo: i capelli spettinati, le braccia penzoloni in mezzo alle gambe. Indossa una canottiera grigia aperta ai lati che lascia intravedere il tatuaggio con i tre teschi che ha sul fianco destro. Lo guarda alzarsi e ridere mentre solleva il figlio sulle spalle ignorando le proteste della bimba. Inizia a correre intorno alla piscina poi si sbilancia quasi ribaltandosi: è proprio un imbranato! Sexy come pochi, ma pur sempre imbranato. Lo vede ridere seduto a terra, mentre i bambini gli saltano addosso e non può fare a meno di chiedersi come faccia a risvegliare in lei la voglia di abbracciarlo e coccolarlo, ma anche quella di ruzzolarsi con lui su quel pratino e non certo per giocare… Scuote la testa per cacciare questi ultimi pensieri e si avvicina alla porta in vetro che conduce al giardino.
Shannon alza lo sguardo notando Kai “Buon… buongiorno…” le dice mentre cerca di alzarsi in piedi.
“Ciao…” la ragazza gli risponde imbarazzata.
“Kai!” Janis e Joshua le corrono incontro abbracciandole le gambe.
“Piccole pesti, cosa stavate combinando?” Kai accarezza loro la testa.
“Josh mi ha tirato i capelli, io volevo picchiarlo, papà l’ha preso in braccio e sono caduti perché il papino è imbranato!” Janis scoppia ridere.
“Te lo do io l’imbranato! Se non la smetti, ti butto in piscina!” l’uomo da un buffetto sul naso alla figlia avvicinandosi a Kai “Ehm… Jared non è ancora arrivato?”
“No… non penso…” Kai prende una ciocca di capelli iniziando ad arrotolarla intorno all’indice e si gira verso l’interno della casa per evitare lo sguardo dell’uomo: si sente agitata vedendolo così vicino, ma non può permettersi di fargli capire i suoi sentimenti. Fortunatamente, la porta d’ingresso si apre proprio in quel momento annunciando l’arrivo di Jared.
“Buongiorno a tutti…” il cantante entra in casa regalando ai presenti un sonoro sbadiglio.
“Buongiorno. Dormito poco Bro?” Shannon gli si avvicina sorridendo per sfotterlo dandogli un leggero pugno sulla spalla. “Sei in ritardo: hai avuto una mattina… movimentata?” aggiunge alzando le sopracciglia con fare malizioso.
Jared risponde sbadigliando “Sì… scusami… la… colazione mi ha portato via più tempo del previsto.” strizza l’occhio al fratello “Poi ho accompagnato a casa Zoe e…”
“Sì, sì… ho capito… non mi servono i dettagli.” Shannon sventola la mano destra davanti al viso del fratello voltandosi con una faccia schifata. “Andiamo in ospedale?”
“Sì… andiamo…” il più giovane dei Leto sbadiglia un’altra volta grattandosi un occhio col palmo della mano.
“Kai! Io vado!” Shannon si volta verso il giardino, dove la ragazza si è trattenuta con i bambini.
La ragazza rientra in sala con i piccoli. “Va bene… ci… ci vediamo più tardi…”
“Ehm… sì… a pranzo non ci saremo: mi ha chiamato Tomo e mi ha invitato da loro con i bambini. Oggi hai il pomeriggio libero.” le sorride poi si volta verso Janis e Joshua “Avete voglia di vedere lo zio Tomo e la zia Vicki?”
“Sì, tantissimo! Ci sarà anche Alicia?” la bambina risponde entusiasta, i suoi grandi occhi verdi pieni di luce.
“Certo che sì! Ci saranno anche Sharon e Branko.”
“Io voglio Sharon, la mia fidanzata!” Joshua sorride arrossendo.
“La tua fidanzata? E da quando sareste fidanzati?” Shannon lo guarda aggrottando le sopracciglia.
“Da ieri domani!” risponde lui sicuro.
“E lei lo sa?” il padre ride.
“Ehm… boh..” il bambino abbassa lo sguardo e inizia a giocare con le dita.
“Allora vorrà dire che a pranzo le farai la dichiarazione.” il batterista sorride spettinando la frangetta del piccolo. “Adesso io e lo zio andiamo, voi fate i bravi con Kai, ok?”
I bimbi annuiscono con un cenno della testa.
“Ciao piccole pesti.” Jared saluta i nipoti dando loro un bacio sulla guancia. “Ci vediamo dopo, Kai. Se Zoe riesce a svegliarsi e ti chiama, dille che la saluto.” strizza l’occhio alla baby-sitter poi prende sotto braccio il fratello uscendo dalla stanza.
 
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“Jared, devi dirmi qualcosa?” i due fratelli camminano fianco a fianco lungo il viale che porta verso l’ingresso dell’ospedale. Shannon guarda Jared che procede in silenzio, gli occhiali da sole a coprire lo sguardo rivolto a terra. Stringe il cellulare tra le mani e ogni tanto lo controlla, come se stesse aspettando una chiamata. “Jay? Ci sei?” Shannon tocca una spalla del fratello.
“Eh? Hai detto qualcosa?” il cantante si volta verso il batterista.
“Ti ho chiesto se hai qualcosa da dirmi. E’ da quando siamo usciti da casa che non apri bocca e inizio a preoccuparmi.”
Jared sbuffa “Non lo so Shan… cioè… boh…”
“Hai un qualche problema? E’ successo qualcosa?”
“No… cioè… ieri sera sono uscito con Zoe…”
“Lo so e dall’espressione che hai stamattina, direi che è andata anche piuttosto bene.” Shannon ride guardando il fratello.
“Sì… benissimo… anzi… è andata anche fin troppo bene!” aggiunge grattandosi la nuca.
“Mmmm…” Shannon guarda il fratello con un’espressione poco convinta. “Mi sa che qua qualcuno si è fregato con le sue stesse mani…”
“Ma che dici?”
“E allora perché è tutta mattina che guardi il cellulare?”
Jared si gratta un’altra volta la nuca “Ehm… sto… sto aspettando una chiamata di… di lavoro…”
“Sarà… ma tu non me la racconti giusta.” Shannon ride mentre guarda il fratello scuotendo la testa.
“Entriamo in ospedale che è meglio va.” Jared chiude il discorso con un gesto secco della mano.
 
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“Tomo! Vuoi deciderti a scendere? E’ la decima volta che ti chiamo!” Vicki è in cucina che controlla che il pranzo non si bruci.
“Eccomi… ero con Sharon che non si decideva a scendere…” Tomo entra nella stanza.
“E adesso dov’è? Prendi Branko e portalo di là per piacere.” gli dice indicando il seggiolino con il bambino che sta sul tavolo.
“Agli ordini Capo!” Tomo fa il saluto militare e prende il figlio dirigendosi verso la sala.
Tempo pochi minuti e la moglie torna a chiamarlo “Tomo! Vieni a prendere i piatti!”
“Eccomi!” il croato arriva con una corsetta in cucina, apre il pensile bianco che sta sopra il lavandino, prende i piatti e torna verso la sala.
“Tomo! I bicchieri!” Vicki chiama ancora il marito che torna in cucina, prende i bicchieri e li porta in sala.
“Tomo! I bambini che stanno facendo?” la donna si volta verso l’uomo mentre apre il forno per controllare che sia tutto a posto.
“Sharon sta guardando i cartoni animati, Alicia sta facendo un disegno per Janis e Branko dorme.” da un bacio sulla guancia alla moglie mentre prende le posate per portarle in sala.
“Tomo! Il pane è in tavola?”
“Sì” da un altro bacio alla moglie “Stai tranquilla che è tutto a posto. Stiamo aspettando Shannon, non Obama.” ride con quella sua risata così particolare.
“Mi aiuti a finire?”
“Va bene. Devo tagliarli tutti e due?” l’uomo guarda la moglie con due peperoni in mano.
“No… taglia solo quello…” la donna alza per un attimo lo sguardo dalla padella e indica al marito la verdura che stringe nella mano destra. “Non avrai intenzione di presentarti a pranzo vestito così?”
“Perché? Cosa c’è che non va?” le chiede l’uomo che indossa un cappellino di lana nero e una t-shirt anch’essa scura con una stampa bianca davanti “Ti ricordo un’altra volta che stiamo aspettando Shannon e non credo che si tirerà a lucido per venire a mangiare da noi.”
“Almeno spero che si presenterà con i vestiti puliti! Tu hai una macchia di latte enorme sulla spalla.” la donna ride.
“Mannaggia a Branko!” il croato si guarda la spalla destra schifato.
“Così impari a non darmi mai retta: te l’ho detto di mettergli il bavaglino sotto il mento quando gli fai fare il ruttino. E dire che dovresti aver imparato con Alicia e Sharon…”
“Uff... vado a cambiarmi…” l’uomo sbuffa mentre esce dalla cucina.
 
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“Vicki, come il solito era tutto buonissimo, grazie.” Shannon si pulisce la bocca con il tovagliolo mentre si passa una mano sulla pancia soddisfatto. “Adesso mi ci vuole una sigaretta.” e si volta verso Tomo che capisce la sua richiesta guardandolo negli occhi.
“Ti… ti accompagno in giardino.” il croato si volta verso la moglie strizzandole l’occhio in un modo quasi impercettibile. La donna ormai conosce fin troppo bene le dinamiche tra il marito e il suo miglior amico così non dice niente lasciandoli andare.
“Papà, posso andare a giocare con Alicia nella sua cameretta?” Janis tira un lembo della canottiera di Shannon.
“Certo, se la zia Vicki è d’accordo.”
“Zia Vicki… possiamo?” la bambina guarda la donna con un’espressione alla quale è impossibile dire di no.
“Andate pure, ma non buttate per aria tutto!”
“Vengo anch’io!” Joshua si alza per seguire la sorella.
“No!” Vicki lo ferma quasi terrorizzata all’idea che il bambino possa salire al piano di sopra. “Josh… tu… tu stai in sala con Sharon, ok?”
Il bambino annuisce mentre si reca nell’altra stanza con l’amica.
“Mamma… possiamo giocare con Branko?” la piccola di casa Miličević indica il seggiolino sul quale è adagiato il fratellino.
“Ehm… Branko adesso deve mangiare e poi va a fare la nanna.” Vicki prende il piccolo in braccio scampandolo dalle grinfie delle due pesti.
“Ma dorme sempe quello? Che noia!” Sharon protesta aggrottando le sopracciglia.
“Anche tu e Alicia quando avevate un mese e mezzo dormivate e mangiavate tutto il giorno. Deve ancora crescere.” Vicki sorride dolcemente alla bimba mentre le spettina le codine ricciolute.
“Mamma, possiamo giocare alle parrucchiere?” Alicia si avvicina a Vicki mentre con una mano si liscia una ciocca dei suoi lunghi capelli neri.
“Basta che non buttiate per aria il bagno, mi raccomando!”
“La mamma ha detto di sì!” la bambina corre su per le scale senza manco aspettare che la madre finisca di parlare “Jan vieni che ti metto le mollette di Violetta! Poi ci diamo pure il profumo della mamma.” e sparisce al piano di sopra.
Vicki porta Branko in cucina mentre Sharon e Joshua si siedono a guardare i cartoni animati stando stranamente tranquilli. “Andiamo cucciolo, mi aiuti tu a sistemare tutto questo caos?”

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Shannon sta in piedi, a pochi metri dalla porta di casa di Tomo. Prende un tiro dalla sigaretta e butta fuori il fumo che si dissolve in una nuvoletta leggera. Guarda a terra muovendo i piedi nervoso. Tomo sa benissimo che l’amico vuole dirgli qualcosa, ma negli anni ha imparato ad aspettare i suoi tempi. Sa che il batterista non è un gran chiacchierone, soprattutto quando si tratta di se stesso, ma ha imparato come prenderlo. A differenza di Jared, che ogni volta lo bersaglia di domande a raffica non ottenendo altro che un qualche grugnito, sa che con Shannon deve andare con calma, aspettare che sia lui a parlare per primo.
“Allora… come va con Branko?” il batterista si passa una mano sulla nuca mentre si volta verso l’amico.
“Bene: mangia, dorme, caga, piange… direi che è tutto nella norma.” il croato scoppia a ridere mentre guarda l’amico ben conscio che non l’ha trascinato in giardino solo per chiedergli del figlio. “E tu? Come va con i bambini?”
“Bene…” il batterista abbassa lo sguardo muovendo un piede in modo da formare una specie di semicerchio.
“Bene… allora è tutto a posto?” Tomo cerca di incalzare Shannon.
“Sì… cioè… no… boh…” alza gli occhi puntandoli in quelli dell’amico “Vuoi la verità? La verità è che non ti so rispondere.” si passa le mani sul viso. “Non so come va. Tutti i giorni continuo ad andare in ospedale da April sperando che cambi qualcosa, ma non succede mai niente. Ormai è passato un mese e mezzo dall’incidente e mi sembra di impazzire ogni volta che entro nella sua stanza. Poi, quando torno a casa e devo affrontare i bambini, mi sento un padre di merda perché ogni giorno racconto loro la stessa storia, la stessa bugia alla quale fingo di credere…”
“Non sei un padre di merda: sei semplicemente un padre che cerca di rassicurare i propri figli. Jan e Josh sono piccoli, non è facile fargli capire quello che sta accadendo senza traumatizzarli. Tu sei bravissimo: sono sereni nonostante la situazione che stanno vivendo e questo non sarebbe possibile se avessero davvero un padre di merda.”
Shannon prende un altro tiro dalla sigaretta e si allontana di qualche passo dall’amico “Forse è davvero come dici tu… mi ha detto la stessa cosa anche Kai ieri sera…”
“Ecco… vedi? Se te l’abbiamo detto in due, allora devi iniziare a crederci pure tu.” Tomo si porta davanti all’amico appoggiandogli le mani sulle spalle e costringendolo a sollevare il volto per guardarlo. Gli sorride, ma capisce che c’è qualcos’altro che turba il batterista. “Shannon… che altro c’è?”
L’uomo sbuffa allontanandosi di qualche passo dal chitarrista “C’è che… insomma… ieri sono tornato dall’ospedale che ero distrutto così ho chiesto a Kai di fermarsi a cenare con me e i bambini… mi ha raccontato un po’ la sua storia…”
“Che storia?”
“Le ho chiesto perché se ne fosse andata dalle Hawaii e mi ha detto che è partita in seguito alla morte del suo ragazzo.”
“Che brutta storia…” Tomo aggrotta le sopracciglia.
“Già…” Shannon sospira “E’ successo che… che… uff... ecco…”
“Vi siete baciati???” Tomo strabuzza gli occhi mentre guarda l’amico.
“No… che cazzo vai a pensare? Però… ecco... non lo so Tomo. Non è successo niente, ma in un qualche modo ci siamo avvicinati e oggi lei era strana.”
“Strana in che senso?”
“Nel senso che non era la solita Kai. Era agitata, imbarazzata.” prende un ultimo tiro dalla sigaretta buttando fuori il fumo e gettando il mozzicone lontano. Si volta a guardare l’amico “Non vorrei aver combinato uno dei miei soliti casini.” si gratta il collo dietro l’orecchio, dove ha tatuata la triad.
“Se hai detto che non vi siete baciati e non è successo niente… perché non è successo niente vero?” Tomo guarda Shannon inarcando le sopracciglia.
“No, come te lo devo dire? Non è successo niente. Però… stamattina era strana… non vorrei perderla… i... i bambini… i bambini le sono molto affezionati…” abbassa lo sguardo.
“Già… i bambini…” il croato guarda il batterista in tralice.
“Tomo, ferma subito quella testa bacata che ti ritrovi.” Shannon alza il volto e guarda l’amico dritto negli occhi “Ti ricordo che ho una moglie, due figli… ti pare che vado a correr dietro alla baby-sitter? Togliti subito qualsiasi idea bacata da quella zucca vuota.” e da un colpetto con le nocche sulla testa dell’amico.
“Va bene…. Va bene… ho capito… non c’è bisogno di usare la violenza…” il chitarrista protesta mentre si massaggia la testa. I due amici scoppiano a ridere mentre si prendono sotto braccio e rientrano in casa.
 
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Non c’è niente di meglio che affogare i propri dispiaceri in un vasetto di Nutella, soprattutto se la consumi sdraiata a letto sotto le coperte e Kai lo sa bene. Prende un altro grissino e lo infila nella crema alle nocciole per poi portarselo alla bocca.
“Non vorrai finire tutto il vasetto da un chilo da sola vero?” Zoe entra in camera, si siede sul letto di fianco all’amica infilando un grissino nel vasetto.
“Fai pure…” Kai fa un’espressione sconsolata.
“Allora? Mi vuoi dire che è successo? Sei rientrata dal lavoro prima del solito… è successo qualcosa?”
“No… Shan è andato con i bambini a pranzo da Tomo…”
“E questa cosa ti ha mandato in depressione tanto da doverti strafogare di Nutella? Non mi sembra sia così grave…” Zoe affonda un altro grissino nella crema.
Kai sbuffa. “No… non è grave…”
“E allora cosa è successo? Me lo vuoi dire?” Zoe incalza l’amica sapendo bene che quello è l’unico modo per farle sputare il rospo. Se dovesse aspettare che fosse lei a fare la prima mossa ci vorrebbero anni, forse secoli!
“E’ successo… che non lo so cosa sia successo! Ieri sera… ieri Shan è tornato dall’ospedale che era distrutto così sono rimasta a cena a casa sua. Abbiamo parlato: lui si è sfogato ed io gli ho raccontato di Riv… ci siamo avvicinati… non così vicini come te e Jared… ma… insomma… è successo che mi sono messa a piangere, lui mi ha sfiorato una guancia per asciugarmi le lacrime e sono rimasta imbambolata. Non riesco a levarmi dalla testa la sensazione che ho provato quando mi ha sfiorato la guancia.” lascia perdere i grissini infilando direttamente il dito nel vasetto della Nutella.
“Se sei passata dal grissino al dito, vuol dire che la situazione è davvero preoccupante…” Zoe guarda l’amica ridendo.
“Non c’è proprio niente da ridere!” Kai la guarda stizzita.
“Oh certo! Questo lo dici tu che non ti sei ancora guardata allo specchio!” si sdraia sul letto ridendo lasciando i suoi riccioli biondi cadere fin quasi a toccare il pavimento.
Kai si mette seduta e raddrizza la schiena per guardarsi nello specchio appeso alla parete di fronte al letto e scoppia a ridere vedendo la sua bocca circondata da due enormi baffi di Nutella. Si sdraia sul letto di fianco all’amica ridendo poi si volta verso di lei “Zoe… cosa devo fare? Stamattina ero imbarazzata davanti a Shan, non sapevo come muovermi.”
“Mmmm… lui cosa ha fatto?”
“Niente… si è comportato come il solito…”
“Allora cerca anche tu di non dar peso alla cosa.”
“Ci proverò… e tu? Non ti ho ancora chiesto com’è andata con Jared…” si siede per guardare meglio l’amica.
Anche Zoe si alza “Non mi ci far pensare! Hai presente un Dio del sesso? Penso di non aver mai avuto così tanti orgasmi nella stessa nottata!” spalanca i suoi occhi verdi mentre si porta le mani al volto. “Abbiamo iniziato con un bacio… poi siamo passati alle fragole in sala… sul divano…”
Kai si tappa le orecchie “Ti prego… risparmiami i particolari!”
“Fatti dire solo una cosa: Jared non è dotato solo artisticamente! In mezzo alle gambe ha una bella artiglieria, ce n’è veramente in abbondanza!”
“Zoe, sei proprio una cretina!” Kai ride.
“Io sarò cretina, ma almeno non ho la faccia piena di Nutella!” abbraccia l’amica facendola sdraiare sul letto ridendo.

[i] Frase tratta dalla canzone “Try” di Pink https://www.youtube.com/watch?v=yTCDVfMz15M
 
Volete vedere qualche foto che mi ha ispirato durante la scrittura? Andate qua https://www.facebook.com/media/set/?set=a.324329027742910.1073741831.100004974456579&type=1&l=16a6aff2c2

 

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Capitolo 8
*** *** Attraverso il fantasma *** ***


Come vedete, non sono morta! Ci ho messo una vita ad aggiornare perchè in questo periodo devo concentrarmi sulla scrittura "seria" e non ho tantissimo tempo per il mio cicciottino e tutto il suo cucuzzaro, ma alla fine ce l'ho fatta. Capitolo dove i vari protagonisti affrontano un po' i fantasmi del loro passato, spero vi piaccia.
Vedo che siete in tantissimi ad aver messo la storia tra le preferite/seguite: grazie <3 Se vorrete lasciarmi anche un segno del vostro passaggio ve ne sarò grata: fa sempre piacere sapere cosa pensa chi legge una storia.
Vi lascio il link al gruppo dedicato alla storia dove potrete scoprire curiosità e seguire i miei deliri
https://www.facebook.com/groups/293315350858379/

Buona lettura!
 


 
 
Jared stropiccia gli occhi e sbadiglia sonoramente, si siede nel letto e inizia a muovere la testa per risvegliare i muscoli del collo. Si volta alla sua sinistra e la vede lì, ancora persa tra le braccia di Morfeo. Con lo sguardo segue le linee disegnate dai suoi riccioli biondi sul cuscino per poi scendere giù, lungo il collo, fino alla piega che segna la spalla. Un sorriso gli si apre sulle labbra mentre ripensa al profumo della sua pelle, a quelle braccia che poche ore prima lo stringevano e si scopre geloso di chiunque possa toccarla adesso, che si muove nel mondo dei sogni. Aggrotta le sopracciglia folte e d’istinto si sdraia cingendo la ragazza, come a volerla riportare lì, in quella stanza, in quel letto, al suo fianco.
Zoe si sveglia sentendo le braccia possenti di Jared stringerla. Sorride, ma non apre gli occhi: sente che se lo facesse romperebbe il guscio che li sta avvolgendo imprigionandoli in un uovo magico, dove esistono solo loro e nient’altro. Inizia ad accarezzargli gli avambracci, disegnando a memoria i contorni delle triad che vi sono tatuate e sente l’uomo stringerla ancora di più, come a farle capire che gradisce il gesto.
“Buongiorno.” Jared si avvicina all’orecchio di Zoe sussurrando e posandole piccoli baci lungo il collo.
La ragazza ride sentendo la pelle solleticata dalla barba dell’uomo, apre gli occhi e si volta trovandosi di fronte due pezzi di cielo che la fissano “Buongiorno.” alza la testa e posa un leggero bacio a stampo sulle labbra di Jared.
“Ha dormito bene signorina Forrest?”
“Benissimo signor Leto, anche se…” guarda l’uomo in tralice sorridendo mentre si mordicchia il labbro inferiore.
“Anche se… cosa… Zoe?” si avvicina alla bocca della ragazza mentre i lunghi capelli ricadono a solleticarle le guance.
La ragazza rabbrividisce: dopo un mese e mezzo non si è ancora abituata al modo in cui Jared pronuncia il suo nome. Rimane incantata a guardarlo, a fissare quegli occhi azzurri, intensi, anche se ancora assonnati, i capelli disordinati che gli incorniciano il viso, ricadendo morbidi sulle sue guance, il sorriso, che con quei denti da castorino che spiccano gli dona un’aria quasi innocente. Quasi... perché poi se lo sguardo prosegue più in basso, trova il collo, le spalle larghe con quelle vene in evidenza, il tatuaggio appena sopra i pettorali così ben definiti da sembrare scolpiti. Scuote la testa e, dopo alcuni secondi, ritrova la lucidità per rispondere al cantante “Anche se ero un po’ infastidita da un certo ronzio che mi arrivava alle orecchie. Qualcuno qua russa.” si mette seduta tirando il lenzuolo per coprirsi il seno e punta l’indice contro il petto di Jared ridendo.
“Io non russo!” le risponde stizzito mettendo il broncio.
“Ah no? Allora avrai un orso nascosto sotto il letto.” Zoe ride portando indietro la testa. Adora il modo repentino che ha Jared di cambiare espressione: un attimo la guarda come se volesse mangiarsela con gli occhi, dopo pochi minuti assume un’espressione da bambino capriccioso per poi tornare malizioso e sensuale nel giro di un battito di ciglia.
“Vuoi verificare?” Jared si muove rapido verso la ragazza, la prende per i fianchi e cerca di farla girare per spingerla giù dal letto.
Zoe inizia a ridere cercando di allontanarsi “Jared smettila!”
“Non ci penso nemmeno!”
“Ti prego! Mi stai facendo il solletico!” Zoe continua a ridere.
“Ti lascio solo se ritiri quello che hai detto!” anche l’uomo ride.
“Manco morta!” cerca di scalciare per liberarsi dalla presa.
“Ah sì?” Jared gira Zoe facendola appoggiare con la schiena sul materasso e le si sdraia sopra portandole le braccia sulla testa “Ritira quello che hai detto.” le dice con un ringhio appoggiando le labbra a quelle della ragazza.
“No…” risponde Zoe con un filo di voce baciandolo. Sente l’eccitazione di Jared premerle sul basso ventre e una sensazione di calore partire irrorandosi lungo tutto il corpo.
L’uomo stacca le labbra da quelle della ragazza puntando con le mani sul materasso per guardarla “Allora dovrò punirti per quest’affronto.” aggrotta le sopracciglia stringendo gli occhi in due fessure.
“Sto tremando tutta al solo pensiero.” Zoe risponde maliziosa poi porta le braccia intorno alla schiena di Jared tirandolo a se e facendo aderire i loro toraci. “Che ne dici di fare… colazione?” sussurra all’orecchio dell’uomo mordendogli il lobo.
“Colazione sia.” risponde lui in un ringhio entrando lentamente dentro di lei. “Va bene questo menù o preferivi cornetto e cappuccino?”
Zoe ha un sussulto poi risponde ansimando “Direi che questo menù è perfetto.” Bacia Jared con passione lasciandosi andare tra le sue braccia.

******

Jared accarezza la schiena di Zoe, lentamente, posando piccoli baci tra i suoi capelli mentre cerca di ritrovare il ritmo regolare del respiro.
Lei sta accoccolata tra le sue braccia, la testa appoggiata sul suo petto. Con le dita della mano sinistra segue lentamente le linee del tatuaggio Provehito in Altum. Solleva lo sguardo verso il viso di Jared che la guarda sorridendo, i capelli che gli ricadono sul cuscino spettinati e gli occhi luminosi. Starebbe ore a guardarlo dopo che hanno fatto… l’amore? Sesso? Non sa darsi una riposta.
“Che c’è Zoe?” le chiede appoggiandole un bacio leggero sulla fronte.
“Niente… cioè… mi stavo chiedendo… ormai è un mese e mezzo che ci frequentiamo, ma non ho ancora capito cosa siamo, o meglio…” prende una pausa e un respiro “Che cosa sono io per te?”
Jared s’irrigidisce immediatamente: non si aspettava questa domanda, non così all’improvviso. Non ha mai pensato a cosa fossero lui e Zoe e, sinceramente, non sa cosa rispondere. O forse lo sa benissimo, ma non vuole ammetterlo neanche a se stesso. All’inizio era solo sesso: due persone che si divertono insieme e finiva lì, ma adesso… Adesso sente che c’è qualcosa di più, qualcosa che gli piace, che forse stava anche aspettando, ma che lo spaventa perché conosce fin troppo bene quella sensazione e si era ripromesso di non provarla più. Amore? No… o forse è proprio così? Si mette seduto appoggiando la schiena alla sponda del letto e sbuffa passandosi le mani sul viso: questa volta si è fregato da solo, ma ammetterlo non l’aiuta per niente. Aveva giurato a se stesso che non si sarebbe mai più sentito così perché l’amore alla fine porta solo guai, porta a farsi del male, a soffrire e lui ha già dato da quel punto di vista. Così si era detto che non ci sarebbe più cascato e la cosa aveva funzionato, almeno finche non ha incontrato Zoe.
Vedendo la reazione dell’uomo, la ragazza si mette seduta e lo guarda fisso negli occhi “Allora? Che cosa siamo noi due?”
Jared si volta verso la ragazza che lo fissa in attesa di una risposta. Pochi secondi poi distoglie lo sguardo: non riesce a guardarla negli occhi. Sente una sensazione di panico salirgli dentro e, per la prima volta in vita sua, non sa cosa dire. Poi la bocca si apre e le parole escono quasi da sole “Che cosa siamo…” si passa una mano sulla barba, fissando la parete che ha di fronte “Hai presente quando due persone si trovano bene a letto insieme? Ecco, noi siamo questo: una bella serie di splendide scopate.” Nel momento in cui pronuncia la frase, se n’è già pentito, ma ormai la frittata è fatta.
Zoe sente come se qualcuno le avesse sferrato un pugno in pieno stomaco. Sente il respiro chiudersi e le lacrime premerle ai lati degli occhi per scendere, ma le trattiene perché non vuole piangere davanti a Jared. Si alza rapidamente dal letto per dirigersi verso il bagno e, una volta sulla porta, si volta verso l’uomo “Jared, sai cosa sei tu?” il cantante rivolge lo sguardo alla ragazza “Hai presente quando un uomo si comporta come una merda? Ecco, tu sei questo: un benemerito stronzo!” recupera i vestiti ed entra in bagno sbattendo la porta. Dopo essersi rivestita, rapidamente esce, guarda Jared con gli occhi velati dalle lacrime, poi lascia la camera per dirigersi al piano di sotto.
“Cazzo!” Jared si passa le mani tra i capelli e sferra un pugno al materasso. Si alza guardando la sua immagine riflessa nello specchio dell’anta dell’armadio “Sei proprio un cretino Jared, il re dei cretini. Se esistesse il nobel per l’imbecillità, tu lo vinceresti senza ombra di dubbio!” Raccoglie gli slip infilandoseli ed esce di corsa dalla stanza inseguendo la ragazza “Zoe, dove stai andando?”
“A casa!” risponde secca senza voltarsi.
“Fermati che ti accompagno.”
“No, prendo l’autobus.” la ragazza si dirige velocemente verso il giardino, sale le scale che portano dal piano seminterrato al cancello, lo apre ed esce chiudendoselo rapidamente alle spalle.
Jared corre per raggiungerla, ma arriva al cancello solo per vederla salire sull’autobus e sparire. Sferra un pugno all’inferriata poi si passa le mani sul viso “Jared sei un cretino, un grande e grosso cretino.”
 
******
 
“Buongiorno!” Kai entra in casa di Shannon per iniziare la sua giornata lavorativa.
“Ciao Kai.” l’uomo esce dalla cucina salutando la ragazza con un sorriso. “I bambini sono al piano di sopra con mia mamma, tra poco dovrebbero scendere.”
“Ok…” la ragazza inizia a guardarsi intorno giocando con una ciocca di capelli: sono tre mesi che lavora per Shannon, tre mesi che passa del tempo con lui, ma non riesce ancora a stare sola in una stanza con il batterista senza sentirsi in imbarazzo. L’uomo, dal canto suo, continua tranquillamente le sue operazioni per prepararsi a uscire.
“Kai!” Joshua scende di corsa le scale e si dirige verso la ragazza.
“Buongiorno piccola peste.” sorride mentre prende in braccio il bambino.
“Finamente sei arrivata.” il bimbo sorride poi si guarda intorno sospettoso. “Mi devi salvare dalla nonna.” aggiunge sussurrando all’orecchio di Kai.
“Cosa ti ha fatto la nonna?” gli chiede continuando il suo gioco del sussurro.
“Mi vuole picchiare.” Joshua aggrotta le sopracciglia mentre si volta verso le scale sentendo la nonna scendere. Si aggrappa alle spalle della ragazza “Aiutami Kai. Non voglio che mi picchi!”
“Brutto monellaccio! Lascia stare Kai e vieni con me!” Constance guarda Joshua corrucciando le sopracciglia.
“Non voglio.” il bambino nasconde la faccia nella piega del collo della baby-sitter.
Lei strizza l’occhio alla nonna poi tira su il mento del bambino in modo da guardarlo in faccia. “Che hai combinato Josh?”
“Ha rotto la mia bambola Lulù, ha tirato una macchinina in testa alla nonna e ha sparso tutti i giochi per la camera. Quando la nonna gli ha detto di riordinare lui è scappato.” Janis si mette di fronte alla ragazza con le mani sui fianchi e uno sguardo severo.
“Stamattina ti sei svegliato proprio bene eh?” Kai guarda Joshua sorridendo.
“Aggiungi che la mia sveglia è stata Josh che mi saltava sulla pancia.” Shannon aggrotta le sopracciglia massaggiandosi il ventre. “Penso che oggi avrai il tuo bel da fare con questo diavolo!” ride fragorosamente mentre spettina la frangetta del bambino.
“Con me sarà bravissimo, vero Josh?” Il bambino annuisce mentre la baby-sitter lo mette a terra. “Oggi non viene Jared?” aggiunge rivolgendosi a Shannon.
“No… ha detto che doveva lavorare con Emma.” l’uomo s’infila gli occhiali da sole “Mamma, sei pronta?”
“Eccomi, possiamo andare.” Constance esce dalla cucina “Kai, ho messo un paio di cose in frigorifero per il pranzo.” si avvicina alla ragazza sorridendo poi le appoggia una mano sulla spalla “Spero per te che Josh si dia una calmata altrimenti sei autorizzata a gettarlo in piscina.”
“Non credo ce ne sarà bisogno, vero Josh?” la ragazza sorride mentre si rivolge al bambino che annuisce, intento a giocare con le macchinine.
“Ok… allora… noi andiamo…” Shannon si gratta la nuca “Jan, Josh ci vediamo dopo.”
“Ciao papà!” i bambini rispondono in coro.
“Papà!”
“Dimmi Jan.”
“Dai un bacio grande alla mamma da parte mia e dille che le voglio bene.” la bimba guarda il padre con gli occhi lucidi.
Shannon si toglie gli occhiali da sole e si avvicina alla figlia abbracciandola posandole un bacio sulla testa “Lo farò sicuramente principessa. Anche la mamma ti vuole tanto bene.”
“Lo so.” la bimba abbraccia forte il papà.
L’uomo si stacca dalla figlia, gli occhi lucidi “Ok… adesso… adesso dobbiamo proprio andare. Ci… ci vediamo dopo.” si volta verso la baby-sitter.
“A… a dopo…” Kai arrossisce guardando l’uomo.
“Ciao…” il batterista esce da casa con la madre infilandosi gli occhiali scuri.
Appena usciti dalla porta, Constance guarda Shannon aggrottando le sopracciglia “Shan, che stai combinando con Kai?”
“Niente… non sto combinando proprio niente.” risponde stizzito.
La donna si ferma incrociando le braccia sotto il seno. Guarda il figlio piegando la testa leggermente a destra “Shannon… l’ho vista. Da alcune settimane è strana, come se si sentisse in imbarazzo davanti a te.” poggia le mani sulle spalle dell’uomo e lo guarda dritto negli occhi “Sei sicuro che non sia successo niente tra voi?”
“Mamma… April è in ospedale, in coma. Non so come ne uscirà, se ne uscirà e devo pensare ai bambini. Farmi la baby-sitter è l’ultimo dei miei problemi, se è questo che ti preoccupa.” si volta e riprende a camminare veloce verso la macchina “Andiamo da mia moglie e smettila di farti dei film.” apre la portiera e sale sulla vettura.
“Va bene… sarà come dici tu…” la donna entra nell’auto, ma non è del tutto convinta.
 
******

Zoe sta seduta sull’autobus, la testa appoggiata al finestrino. Non ha mai amato particolarmente i mezzi pubblici: sarà che le ricordano i viaggi che faceva da piccola, quando doveva spostarsi da casa di mamma a quella di papà, e lei odiava farlo.
Vedere i suoi genitori litigare di continuo non era proprio il massimo, ma il giorno che si sono separati lo ricorda come il più brutto della sua vita. Aveva dieci anni: discutevano sempre, ma averli lì, sotto lo stesso tetto, con lei, le dava comunque sicurezza. Dopo la separazione era stata affidata alla mamma, ma nei week-end andava dal padre. Ricorda come fosse ieri il sabato mattina, quando verso le nove sentiva suonare il campanello. Correva ad aprire la porta ed era investita dal profumo alla lavanda di nonna Annabelle. Per qualche anno ha sperato che a suonare quel campanello fosse il padre, tornato per restare, e quando vedeva che al posto suo c’era la nonna sentiva crescere una sensazione di vuoto dentro. Poi, verso i quindici anni, ha finito le scorte di speranza, ma quella sensazione di vuoto non l’ha mai abbandonata. La investiva ogni volta che usciva dalla casa della mamma e saliva sull’autobus con la nonna per andare dal padre.
La stessa sensazione di vuoto che sente anche adesso. Nella testa le rimbombano le parole di Jared “noi siamo questo: una bella serie di splendide scopate”, parole che si scagliano contro come fendenti. Eppure lo sapeva: sapeva benissimo a cosa andava incontro quando ha iniziato a uscire con Jared, sapeva di non doversi aspettare la storia d’amore, era preparata. Era preparata a tutto, tranne che al fatto di potersi innamorare.
“Perché sono così stupida? Perché?” si batte una mano sulla fronte mentre serra gli occhi. Poi li riapre guardando il suo volto riflesso nel finestrino, le lacrime che premono per uscire “Sei una scema Zoe, la regina delle sceme. Come cavolo ti è venuto in mente che Jared Leto potesse innamorarsi di te? Che cosa credevi? Di essere tanto speciale? E invece no: sei solo una stupida hostess di terra. Per lui non sei abbastanza. Vai bene per fare una bella scopata, ma poi finisce lì.”
Si passa le mani sul volto e asciuga le lacrime che hanno iniziato a rigarle le guance. Estrae il cellulare dalla borsa: tre chiamate perse, di Jared. Non ha voglia di sentirlo, di ascoltare chissà quali balle vorrà rifilarle. Piuttosto adesso avrebbe bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarsi: Kai. Guarda l’ora: le nove, dovrebbe essere a casa di Shannon, sola con i bambini. Perfetto. Digita il numero dell’amica che dopo un paio di squilli risponde.
“Ciao Zoe, che succede?”
“Sei… sei sola in casa?”
“Sì, ci siamo solo io e i bambini… ma tu… tu non sei con Jared?”
“No… Posso… posso venire lì? Ho bisogno di parlarti…”
“Beh… certo… vieni pure… è successo qualcosa?” le domanda l’amica con la voce che non nasconde la sua apprensione.
“Ti spiego tutto quando arrivo ok?”
“Ok…”
“A dopo.”
“A dopo…”
 
******

“Ci sono quelli del Los Angeles Times Magazine che vorrebbero un’intervista, che gli rispondo?” Emma stacca un attimo gli occhi dallo schermo del suo portatile e rivolge lo sguardo verso Jared.
L’uomo continua a guardare l’Iphone che gira e rigira tra le mani. Preme i tasti e ricompone per l’ennesima volta lo stesso numero senza ottenere risposta.
“Jared, cosa devo rispondere?”
“A chi?” l’uomo finalmente rivolge l’attenzione alla sua assistente.
“Come a chi!” Emma si toglie gli occhiali appoggiandoli sulla scrivania “A quelli del Los Angeles Times Magazine. La vuoi rilasciare o no questa intervista?”
Jared aggrotta le sopracciglia guardando la donna “Intervista?” si gratta la fronte “Emma… di che cavolo stai parlando?”
La donna sbuffa, chiude il portatile e volta la sedia girevole in modo da guardare l’uomo in faccia. “Ne vogliamo parlare?”
“Di cosa?”
“Della tua faccia.” aggiunge alzando il mento mentre con una mano indica il cantante.
“Non eri qui per lavorare? E allora pensa al lavoro invece di farti gli affari miei.”
“E’ tutta mattina che cerco di lavorare, ma mi è impossibile dal momento che il mio lavoro prevede che tu sia presente.”
“Io sono qui.” l’uomo risponde stizzito.
“Lo vedo che ci sei, almeno fisicamente, perché con la testa non so proprio dove tu sia. Ti parlo e non mi rispondi, non fai altro che fissare il telefono, sbuffi. Non che voglia farmi gli affari tuoi, ma così mi è impossibile lavorare e ci terrei a non perdere tutta la giornata, visto che ormai la mattinata è andata a farsi benedire. Mi vuoi dire che cosa ti è successo?”
Jared guarda verso l’alto e sbuffa. Emma inizia a picchiettare con le dita sulla scrivania guardando l’uomo.
“Che c’è?” gli chiede lui, quasi con un ringhio.
“Niente” risponde lei serafica continuando a muovere le dita “Sto aspettando.” Socchiude appena gli occhi e accenna un sorriso.
“Oh… al Diavolo Emma!” Jared sbotta “Ho litigato con Zoe.”
“E...?”
“E cosa? Vuoi anche sapere tutti i particolari?” Jared inizia a spazientirsi.
“Semplicemente mi sembra strano vederti così per una ragazza, tutto qua.” si gira verso la scrivania, infila gli occhiali e riapre il portatile.
“Zoe… Zoe non è solo una ragazza…” aggiunge l’uomo abbassando il tono della voce e il capo.
Emma porta gli occhi al cielo, torna a togliersi gli occhiali e si volta ancora verso Jared. Lo guarda per un attimo “Ahia. Qua mi sa che qualcuno si è inguaiato per davvero. Vado a prendere due tazze di the e ci mettiamo comodi a fare una bella chiacchierata.”

******

“Davvero Zoe… non riesco a capire perché Jared ti abbia detto una cosa del genere.” Kai guarda l’amica seduta al suo fianco sul divano, al centro della sala della casa di Shannon.
“Non lo so Kai… cioè… un minuto prima eravamo abbracciati, sembrava che non esistesse nessuno al mondo al di fuori di noi due, e, nel giro di pochi istanti, boom! Mi ha detto che sono solo una bella serie di splendide scopate. Mi chiedo come ho fatto a essere così stupida dal crederci davvero.” appoggia la testa sulla spalla dell’amica e non riesce a trattenere le lacrime. Kai l’abbraccia accarezzandole la testa.
“Kai, perché Zoe piange?” Janis entra in sala e si va a sedere sul divano, vicino alle due ragazze. “E’ colpa dello zio Jay? Se è colpa sua, ci penso io a sistemarlo!”
Zoe solleva il viso, si asciuga le lacrime poi guarda l’amica: le ragazze non possono far altro che sorridere vedendo la faccia imbronciata di Janis.
“A volte i grandi litigano.” Kai accarezza i capelli della bambina.
“Come me e Josh?”
“Sì… un po’ come fate tu e Josh.”
“Allora basta che vi vediate e facciate pace.” guarda Zoe allargando le braccia con un sorriso luminoso.
“Non proprio…” cerca di spiegarle Kai “Per i grandi le cose sono un po’ più complicate.” Strizza l’occhio alla piccola.
Janis arriccia il naso e storce la bocca. Per qualche minuto rimane in silenzio a pensare poi si lascia andare appoggiando la schiena al divano sbuffando. “Kai, è proprio obbligatorio diventare grandi?”
“Beh… sì… non puoi rimanere piccola per sempre.” la ragazza sorride guardando la bambina.
Janis si alza dal divano, guarda le due amiche con una smorfia schifata “Che bella fregatura crescere.” poi scuote la testa e si dirige verso il piano di sopra sconsolata.
“Mi sa che Janis ha proprio ragione: crescere è una bella fregatura.” Zoe fa il broncio e si lascia andare tra le braccia dell’amica.
Kai ripensa alla sua situazione, a Shannon, al caos che le cresce dentro ogni volta che se lo trova di fronte e al fatto che lui, in questo momento, sia all’ospedale dalla moglie e che, molto probabilmente, manco si accorge dello sconvolgimento ormonale che le causa. Poi le torna in mente Riv, tutto quello che sta provando a lasciarsi alle spalle… “Già… mi sa che ha proprio ragione lei.”
Le due amiche si accasciano sul divano.
 
******
 
“Kai, sono tornato!” Shannon apre la porta e si guarda intorno trovando la sala deserta. Si toglie gli occhiali da sole, appoggiandoli sul tavolino rotondo in vetro al centro della stanza, e si dirige verso la porta a vetro che da sul giardino aprendola. “Josh? Jan? Siete qua?”
“Papà!” Janis corre incontro al padre “Sei tornato finalmente! Dov’è nonna Connie?”
“E’ andata a casa da James. E tuo fratello dov’è?”
"E’ andato a cambiarsi perché si è fatto la pipì addosso.” scoppia a ridere.
“Kai ti ha lasciato in giardino da sola?”
“No, c’è Zoe.”
Shannon si guarda intorno notando la ragazza seduta su uno sdraio. “Ciao… allora… va… va un po’ meglio?” si gratta la testa imbarazzato: a pranzo gli ha raccontato a grandi linee cos’è successo con suo fratello.
“Più o meno…” si gira una ciocca di capelli intorno a un dito e incomincia a muovere un piede nervosa. Dopo qualche minuto, finalmente, arriva Kai con Joshua.
“Papino!” Joshua corre verso il padre.
“Ciao…” Kai guarda Shannon.
“Finito di sistemare questo piscione?” l’uomo ride.
“Non sono piscione io.” Joshua mette il broncio.
“E’ che non si da il tempo di andare in bagno quando gioca.” Kai spettina il caschetto del piccolo sorridendo. Dopo qualche minuto, guarda Zoe facendole un cenno con la testa. “Allora… noi andiamo…”
In quel momento, squilla il cellulare di Shannon: lui lo estrae dalla tasca, risponde e, mentre si allontana, fa cenno con la mano alle ragazze di aspettarlo.
“Ciao Jay.”
“Shan… è lì Zoe? Sono stato a casa sua, ma non c’è o forse fa finta di non essere in casa…”
“E’ qui… ma lei e Kai stanno per andare via. Che hai combinato?”
“Un casino… senti… riesci a trattenerle lì per qualche minuto? Giusto il tempo per farmi arrivare a casa tua…”
“Mmmm…” Shannon mugugna indeciso se accettare la richiesta del fratello.
“Ti prego Shan… ho bisogno di parlare con Zoe, ma lei non mi risponde al telefono...”
“Ci credo: devi averla fatta incazzare parecchio visto la faccia che aveva oggi a pranzo.”
“Ehm… sì… uff… ne ho fatta un’altra delle mie… Allora… riesci a trattenerle lì per un po’? Io arrivo subito. Ti prego fratellone!”
“E va bene! Lo sai che non riesco a resisterti quando mi fai quella vocina da bambino indifeso.” Shannon sbuffa.
“Grazie Bro!” Jared risponde entusiasta “Un paio di minuti e sono lì da te. Grazie! Grazie! Grazie!” e riattacca.
Il batterista si gratta la fronte poi torna verso il giardino, dove le ragazze sono pronte per andare via.
“Ehm… Kai… potete… potete fermarvi un attimo? Ehm… avrei bisogno di una mano per…” si guarda in torno cercando un appiglio “Mi servirebbe una mano per… sistemare questi sdrai.” indica una delle sedie che adornano il bordo della piscina.
Le due ragazze si guardano perplesse “Ok…” Kai guarda il suo datore di lavoro “Che… che dobbiamo fare?”
“Ecco… prendete quelli e... chiudeteli. Poi li mettete lì, vicino al capanno degli attrezzi.” Shannon si gratta un sopracciglio sperando che suo fratello arrivi il prima possibile.

“Abbiamo finito, direi che adesso possiamo andare.” Zoe si passa il dorso della mano destra sulla fronte spostando una ciocca di capelli dal viso. Sente due braccia possenti cingerle i fianchi e bloccarla da dietro.
“No, tu adesso non vai da nessuna parte.” Jared si avvicina all’orecchio di Zoe.
La ragazza si muove per liberarsi dalla presa “Jared, lasciami andare!”
“Non ci penso nemmeno.” fa girare la bionda in modo da guardarla negli occhi “Adesso noi due parliamo.” le dice con un tono secco, lo sguardo risoluto.
“Non abbiamo proprio niente da dirci.” la ragazza si volta sfuggendo alla presa del cantante.
“No!” l’uomo l’afferra per un braccio fermandola “Adesso ti siedi e mi ascolti.” Lo sguardo si addolcisce e così anche il tono della voce “Ti prego, Zoe. Lo so che sono stato uno stronzo, ma… ma dammi la possibilità di spiegarmi. Non ti chiedo tanto, solo pochi minuti. Ascolta quello che ho da dirti e, se poi vorrai ancora andartene, ti lascerò tornare a casa.”
Zoe si volta verso Kai che le fa un cenno affermativo con la testa. “Ok… ti ascolto, ma poi me ne vado e tu mi lasci in pace va bene?”
“Va bene.” Jared sorride “Sediamoci… ma dove sono finiti tutti gli sdrai Shan?”
“Ehm… dovevo trovare un modo per tenerle occupate mentre ti aspettavo…” i due fratelli si guardano e ridono.

Zoe sta seduta sullo sdraio bianco con le braccia conserte. Guarda Jared: una maglia bianca semplice, i capelli raccolti in una crocchia improvvisata con un mollettone. Ha indossato gli occhiali da sole e si guarda attorno, come ad aspettare un suo cenno per iniziare a parlare. Cerca di concentrarsi sulla sua rabbia per ignorare che sia così sexy. “Allora? Che cosa volevi dirmi di così importante?” gli parla cercando di usare un tono il più asettico possibile.
L’uomo si sfila gli occhiali appoggiandoli su un tavolino bianco in plastica, in mezzo ai giochi che Joshua ha abbandonato. Si gratta la nuca abbassando lo sguardo poi si avvicina a Zoe. “Posso?” la ragazza annuisce e lui le si siede accanto.
“Zoe… non so da dove cominciare…”
“Per esempio da un Zoe sono un imbecille? Credo che come inizio non sarebbe male.” la ragazza gli parla quasi stizzita.
L’uomo sospira “Hai ragione, sono un imbecille. Anzi, sono il capo degli imbecilli.” chiude gli occhi e si passa le mani sul viso. Torna a guardare la ragazza “Lo so, ti ho detto una cosa orribile e non so neanche da dove mi sia uscita.”
“Forse dalla tua bocca?” Zoe aggiunge sarcastica.
“Ok… me lo merito…” guarda la ragazza negli occhi “Stamattina, quando ti guardavo dormire, quando abbiamo fatto… colazione, quando ti abbracciavo, l’unica cosa che pensavo era che avevo tra le braccia qualcosa di prezioso. Sentivo… sento che sei importante, che c’è qualcosa d’importante tra noi. Ammetto che all’inizio mi sono avvicinato a te con il solo scopo di divertirci un po’, ma frequentandoti ho capito che sei una ragazza speciale. Sei… sei riuscita a far cadere le mie barriere, quelle che mi sono costruito da tempo, e… e questa cosa mi ha spaventato, ecco perché ti ho detto quelle cose.” prende un respiro e appoggia le mani sulle spalle della ragazza “Ho avuto paura, Zoe. Paura di te, di quello che mi fai provare. Paura di me stesso, di come mi sento quando sto con te.” si alza dallo sdraio e inizia a camminare avanti e indietro, le mani in tasca.
“Cos’è che ti spaventa così Jared? Non è la prima volta che stai con una ragazza…” Zoe addolcisce il tono della voce.
“E’ proprio questo a farmi paura. Sono già stato innamorato una volta e, quando è finita, sono stato malissimo. Credo non ci sia bisogno che ti dica di chi sto parlando, visto che sei una echelon. Ero davvero a pezzi quando Cameron mi ha lasciato, devastato e mi sono ripromesso che non avrei mai provato per nessuno quelle sensazioni che ho provato per lei e la cosa ha funzionato, almeno finche non sei arrivata tu.”
Zoe prende un sospiro cercando di mantenere l’espressione incazzata, anche se la trova un’impresa particolarmente ardua: Jared le riserva uno sguardo degno del più coccoloso dei cuccioli e lei avrebbe solo voglia di saltargli addosso. Serra gli occhi per staccarsi un attimo da quella visione e ritrovare almeno un po’ del suo bel caratterino da stronza “Ok… ho capito, ma… ma il fatto che tu sia stato male nel passato non ti autorizza a far star male me adesso.”
“Lo so e ti chiedo scusa.” si avvicina inginocchiandosi davanti a lei. Le prende le mani e posa piccoli baci sulle nocche “Sono uno stronzo, il capo degli stronzi. Meriterei che tu mi affogassi in piscina.” aggiunge continuando a baciare le mani di Zoe “Ma potremmo ripartire da capo? Cancelliamo tutto quello che è successo e ripartiamo da adesso, da questo giardino.”
Zoe prova a mantenere un’espressione sostenuta, ma poi fa l’errore più grande della sua vita: guarda Jared negli occhi. Sbuffa “Vaffanculo Leto! Vaffanculo tu e questi cavolo di occhi ai quali non riesco a resistere.” e lo bacia.
“Devo considerarlo un sì?” Jared sorride.
“Sì... maledetto…” l’abbraccia e torna a baciarlo.

******

Kai sta seduta a bordo piscina, guardandosi intorno e controllando che i bambini non facciano danni.
Shannon si avvicina, sedendosi accanto a lei. “Chissà cosa avranno da raccontarsi quei due: è da mezz’ora che parlano.” sorride.
La ragazza sobbalza: non si aspettava di trovarselo così vicino. “Ehm… mah… però credo che ne avranno ancora per un po’…”
“Lo penso anch’io… che ne dici se ordiniamo delle pizze? Temo che i bambini tra poco inizieranno a lamentarsi.”
“Josh mi ha già chiesto per tre volte quando si mangia: credo anch’io che abbiano fame.”
“Allora rientriamo così lasciamo un po’ di privacy a quei due.” strizza l’occhio alla ragazza che avvampa. Shannon chiama i bambini “Jan! Josh! Venite che entriamo. Vi va se ci mangiamo una bella pizza con Kai?”
“Sì! Sì! Sì!” i bambini rispondono all’unisono entusiasti.
 
******

Shannon guarda i bambini che giocano in sala, poi va in cucina ad aiutare Kai ad apparecchiare. “Stranamente i bambini si son messi tranquilli.”
“Oggi si sono stancati: è tutto il giorno che corrono in giardino.” la ragazza prende i tovaglioli e li posa sul tavolo.
“Dici che quei due la fuori verranno a mangiare o passeranno tutta la notte nel mio giardino ad amoreggiare?” Shannon ride mentre mette le posate.
“Mmmm… nel dubbio, io non uscirei in giardino.” anche Kai ride mentre prende i bicchieri.
“Kai… posso chiederti una cosa?”
“Ehm… dimmi…”
“Com’è stata la tua infanzia? Eri una bambina serena?” il batterista sposta una sedia e si accomoda appoggiando gli avambracci sul tavolo.
Kai si siede accanto a lui “Sì, ero una bambina serena. Sono cresciuta in Canada, dove mio padre aveva uno studio medico abbastanza grande. Figlia unica, padre medico, mamma insegnante d’italiano all’università, appartamento in un attico in centro a Toronto: non potevo chiedere di meglio. In estate, poi, andavo sempre da mio nonno, in Italia, e passavo tre mesi al mare.”
“In Italia? Sei di origini italiane?”
“Sì, mia mamma è italiana.”
“E com’è che sei finita alle Hawaii?”
“Ci sono nata alle Hawaii. I miei genitori poi hanno deciso di tornare in Canada per potermi dare un'istruzione migliore poi papà è voluto tornare ad Honolulu: voleva andare là e dedicarsi a chi aveva davvero bisogno di un buon medico. ”
“Eri piccola quando vi siete trasferiti?”
“No, avevo già finito il college, però non è stato facile. Anzi… credo che se ci fossimo trasferiti quando ero piccola forse avrei avuto meno difficoltà.”
“Non lo so sai… io… io ho avuto un’infanzia da nomade.” Sposta la schiena all’indietro appoggiandosi allo schienale della sedia e allungando le gambe “Mamma era giovane, molto giovane quando siamo nati io e Jared. Aveva diciannove anni, mio padre era sparito chissà dove e lei si è ritrovata con un bambino di due anni e uno di un anno da crescere da sola. Ha preso me, mio fratello e si è messa a girare in lungo e in largo per l’America seguendo un gruppo di hippie. Sia ben chiaro che non la sto colpevolizzando, anzi… era giovane e doveva crescere anche lei, ma credo che il fatto di non aver avuto un posto da poter chiamare casa, almeno nei primi anni, mi abbia un po’ destabilizzato.” prende un sospiro mentre butta un occhio verso la sala, dove Joshua e Janis guardano la tv. “Ti confesso che quando con April abbiamo deciso di avere un bambino ero terrorizzato.” ride e si passa una mano sul volto “Mia mamma è stata fantastica con me è Jared. Ha fatto i suoi errori, ma è stata ed è ancora la madre migliore del mondo però… Però mi è mancato qualcosa.”
“Ti è mancata una casa?”
“Anche, ma soprattutto mi è mancato un padre. Mi ricordo a malapena del mio padre biologico, anche se ci ho vissuto insieme per un paio di anni. Jared credo l’abbia visto sì e no due volte in tutta la sua vita.”
“Che fine ha fatto?”
“Si è suicidato quando avevo circa dieci anni.”
“Ehm… mi dispiace…” Kai arrossisce imbarazzata.
Shannon fa un gesto con la mano destra “Tranquilla, alla fine non è mai stato niente per me e Jay. Anche se… anche se la sua morte non mi ha lasciato del tutto indifferente. All’epoca mamma usciva con Carl, l’uomo che ci ha fatto da padre adottandoci. Finalmente avevamo una famiglia, una casa vera. Vivevamo come due bambini normali, ma… ma c’era sempre qualcosa che mi mancava.”
“Non avete avuto una vita facile.”
“Decisamente no, ecco perché tante volte ho paura di non essere abbastanza per i miei bambini. Non so cosa sia un padre, come si comporti. Voglio dire… Carl è stato eccezionale con noi, considerando poi che Jay ed io eravamo davvero due pesti, ma non era nostro padre. Poi si è separato da mia mamma che noi eravamo adolescenti, anche se ha continuato a seguirci, almeno per i primi anni. Non ho avuto una famiglia tradizionale e, spesso, mi chiedo se mi sto comportando bene con Jan e Josh, se li sto crescendo nel modo migliore.”
“Credo sia un pensiero comune a tutti i genitori. Non sono mamma, ma credo sia difficile… penso non esista la ricetta per essere dei bravi genitori.”
Shannon sorride “Vorrei solo essere il padre migliore per i miei piccolini.”
Kai gli si avvicina prendendogli le mani “E lo sei. Sei un padre splendido, i bambini ti adorano e sono sereni, nonostante la situazione difficile che state vivendo.”
L’uomo sospira “Mah… forse hai ragione… almeno lo spero…” abbassa lo sguardo e per qualche minuto, nella cucina cala il silenzio.
Kai guarda Shannon perso nei suoi pensieri: è meraviglioso, è davvero un uomo meraviglioso e lei è sempre più incasinata. 
 
[i] Titolo di un brano degli Shinedown http://youtu.be/CNfYcPpgzgw

 
Volete vedere qualche foto che mi ha ispirato durante la scrittura? Andate qua https://www.facebook.com/media/set/?set=a.324329027742910.1073741831.100004974456579&type=1&l=16a6aff2c2

 

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Capitolo 9
*** *** Il sentiero *** ***


Finalmente sono tornata! Chiedo venia per la lunga attesa, ma in questo periodo sono sommersa da dischi da recensire e purtroppo devo trascurare la mia ff... poi la Musa si è messa a fare un po' di capricci, ma va beh... l'importante è essere arrivata :) Spero sia valsa la pena di aspettare e non vogliate fuggire alla fine del capitolo... Grazie ancora a chi mi legge/segue/preferisce e soprattutto a chi commenta dandomi anche spunti su come proseguire la storia :)
Vi lascio il link al gruppo dedicato alla storia dove potrete scoprire curiosità e seguire i miei deliri
https://www.facebook.com/groups/293315350858379/


 
Se ne sta sdraiato, al buio, gli occhi fissi sul cono disegnato sul soffitto dalla luce che filtra dalla porta leggermente aperta. Saranno ore che sta così, tanto che le braccia, incrociate dietro la nuca, iniziano a fargli male. Volta la testa leggermente a destra, allunga un braccio verso il comodino, prende il cellulare, accende il display e guarda l’ora: le cinque. Torna a rivolgere lo sguardo al soffitto e sbuffa: sono giorni, mesi, che le notti le passa così, lo sguardo fisso sul soffitto e i pensieri che corrono nella testa.
Chiude gli occhi, si gira su un fianco, si rigira dall’altra parte, ma niente: è come se il materasso fosse all’improvviso diventato talmente duro da non dare conforto ai suoi muscoli e le lenzuola fossero tentacoli pronti a soffocarlo. Si siede appoggiando la schiena al muro dietro al letto, si passa le mani sul viso poi lo sguardo cade sullo specchio che lo fissa impietoso dal muro di fronte. “Qualche ora di sonno non ti farebbe male.” si dice aggiungendo uno sbadiglio alla riflessione.
Si gratta la testa con entrambe le mani spettinando ulteriormente i capelli che gli stanno sparati: dovrebbe tagliarli almeno un po’.
Si gira su un lato e mette i piedi giù dal letto: il contatto della pelle con la peluria del tappetino scendiletto nero gli provoca il solletico facendolo sorridere. Si alza, esce dalla stanza e si dirige verso quella di fronte. Apre la porta leggermente socchiusa: dormono tranquilli, almeno loro. Richiude la porta e si dirige verso il bagno grattandosi gli occhi e trascinando leggermente i piedi. Si assicura di aver chiuso bene la porta, accende la luce della specchiera appesa sopra il lavandino e apre l’acqua. Per qualche minuto la guarda scorrere poi si abbassa e butta la testa sotto il getto, lasciando che il liquido corra lungo i suoi capelli per poi finire veloce giù, nelle tubature. Si appoggia al lavandino e serra gli occhi: vorrebbe che anche i pensieri fuggissero via, finendo nelle fognature come l’acqua. Vorrebbe far tacere il rumore che da quattro mesi gli ronza nella testa, quella voce che gli dice che doveva proteggerla, che doveva fare di più per lei, per i bambini. Chiude l’acqua, con la salvietta friziona i capelli e si guarda nello specchio “Mi dici cosa avrei potuto fare di più?” si passa le mani sul viso “Me lo dici? Cosa devo fare?” Si gratta la testa, serra la mascella e batte violentemente le mani sul lavandino, lo sguardo duro “Mi dici cosa cazzo devo fare?”
Serra gli occhi mentre le lacrime iniziano a scendere copiose. Abbassa il capo, mette le mani sulla fronte stringendo i capelli e si lascia cadere, portando le ginocchia al petto rannicchiandosi, la testa nascosta dalle braccia. Sente come se il peso dei quattro mesi passati gli fosse crollato addosso tutto in un botto. Le lacrime continuano scendere, a bagnargli le braccia e lui non cerca di fermarle, come se con esse lavasse via anche la tensione.
Rimane così per un tempo che non riesce a quantificare. Minuti? Ore? Sente lo scricchiolio della porta che si apre e alza la testa trovandosi davanti Janis: i capelli arruffati, gli occhi semichiusi. Con una mano si gratta la testa mentre con l’altra tortura il bordo in pizzo della camicia da notte bianca.
“Jan… che… che ci fai qua? E’ presto per alzarsi…” Shannon si passa le mani sul volto cercando di asciugare le lacrime.
“Papà…” la bimba risponde con la voce ancora impastata dal sonno “Ho sentito dei rumori in bagno e mi sono svegliata.”
L’uomo percorre carponi i pochi metri che lo separano dalla figlia e si siede vicino ai suoi piedi “Scusami Principessa, non volevo svegliarti.”
“Non… non fa niente.” risponde lei sbadigliando “Perché… perché hai gli occhi rossi? Stai piangendo per la mamma?” si siede a terra, vicino al padre guardando il pavimento “Anch’io a volte piango per lei perché mi manca tanto. Mi manca sentire la sua voce, anche se urla sempre per sgridare me e Josh.” prende un respiro poi si volta verso il padre e gli accarezza la testa sorridendo “Tu però non ti devi preoccupare: la mamma tornerà presto a casa e starà benissimo. Nel frattempo ci penso io a te va bene? Se hai voglia di coccole, vieni da me che ti abbraccio forte forte.” così dicendo cinge le braccia intorno alle spalle di Shannon.
L’uomo rimane per qualche minuto immobile, stupito da un gesto che non si aspettava. Cerca le parole giuste da dire alla figlia, ma poi si rende conto che non ha bisogno di dire niente. Abbraccia la piccola appoggiandole un bacio sui capelli. Chiude gli occhi e respira il profumo di lamponi dello shampoo di Janis. “La mia Principessa.” accarezza la testa della bambina poi si alza in piedi prendendola in braccio “Che ne dici se torniamo a dormire ancora un po’?”
La bimba guarda il padre e annuisce, con i suoi grandi occhi verdi che diventano a un tratto luminosi.
“Papino…”
“Dimmi cucciola.”
“Posso dormire nel lettone con te?”
Shannon sorride e aggrotta le sopracciglia “Mmmm… ci devo pensare…”
La bambina mette il broncio.
“Ma certo sciocchina!” ride mentre le scompiglia i capelli “Però facciamo piano così non svegliamo Josh.”
Con un braccio regge Janis mentre con la mano libera apre la porta del bagno. I due si guardano con l’indice sulla bocca, uno indicando all’altra di far silenzio. Vanno verso la porta della stanza dei bambini, dove Joshua dorme tranquillo. Shannon accosta l’infisso e si volta per dirigersi verso l’altra camera. Entra e appoggia Janis sul letto. La bimba s’infila velocemente sotto le coperte ridendo mentre il padre la segue.
“Papà, posso dirti una cosa?” Janis si accoccola a Shannon.
“Certo Principessa.” la guarda accarezzandole un braccio.
“Non piangere più. Non devi essere triste perché se tu sei triste, sono triste anch’io.” e gli schiocca un bacio sulla guancia.
“Affare fatto Principessa: vedrai che il tuo papà non piangerà più.” le posa un bacio sulla fronte.
“Bene.” la bimba sorride “Ho il papà più bello del mondo.” e lo abbraccia forte chiudendo gli occhi.

******
 
“Buongiorno! Che fate? Dormite tutti?” Jared entra in casa del fratello. “Jan! Josh! Vi ho portato la colazione!” si guarda in torno non trovando nessuno.
“Ehi!” Shannon esce dalla cucina avvicinandosi al fratello e dandogli una pacca sulla spalla.
“Che ti è successo? Hai una faccia…” Jared guarda Shannon senza nascondere la sua apprensione.
“Niente… ho dormito poco…” si gratta la testa “Vieni, andiamo dai bambini.” si gratta gli occhi e si trascina verso l’altra stanza mettendo una mano sul fianco del fratello per invitarlo a seguirlo.
Jared si ferma. Appoggia il sacchetto con le brioches sul tavolo e afferra il polso del fratello facendolo voltare “Shan… che succede? Non sono scemo e ti conosco troppo bene perciò non cercare di minimizzare con me. Sai che potrei tenerti fermo in questo salotto per giorni pur di farti sputare il rospo.”
“Ti ho detto che non ho niente, sono solo un po’ stanco… tutto qua…” abbassa lo sguardo e si passa una mano tra i capelli strattonando l’altro braccio per liberarsi dalla presa del fratello.
“Shan… non mi dire cazzate. Dimmi come stai, ma davvero.” Jared aggrotta le sopracciglia e guarda il fratello con un’espressione seria.
Shannon si passa le mani sul volto poi si lascia andare sul divano togliendo la maschera di sicurezza che aveva cercato d’indossare “Come sto… Non lo so come sto… Sono stanco, spaventato, incazzato.” Alza il volto e punta i suoi occhi nocciola in quelli del fratello “Davvero… Jared… Sono giorni che non dormo. Ho mille pensieri che mi passano nella testa… Penso ad April, ai bambini, a cosa potrebbe accadere. Poi ci sei tu, c’è la band…”
“La band è l’ultimo dei tuoi problemi, fregatene.”
“Lo so Jay, ma è il mio lavoro, il tuo lavoro…” si passa una mano sulla fronte “Ho una confusione nella testa… Sto percorrendo un sentiero che non so dove mi porterà… dove ci porterà. Cerco un appiglio, un segnale che possa indicarmi la strada giusta, ma intorno vedo solo buio e non so davvero cosa fare. So solo che vorrei potermi addormentare e risvegliarmi quando sarà tutto finito.” si passa le mani sugli occhi e lascia andare la testa all’indietro appoggiandola allo schienale del divano. “Poi… poi non lo so… Ho cose in testa che non dovrebbero esserci… o forse sì… Sento che sto per impazzire.”
Jared sta in piedi, immobile a guardare Shannon: vorrebbe potergli dire che ci penserà lui, che aggiusterà tutto lui, come sempre, ma sa che questa volta non può fare niente perciò si sente impotente. Può solo star lì a guardare suo fratello senza avere risposte da dargli.
Shannon alza lo sguardo verso Jared trovandolo smarrito: sa benissimo cosa sta pensando, riesce a leggerglielo negli occhi. Gli abbozza un sorriso. “Jay, vieni qua.” gli indica il posto vicino a lui sul divano.
“Shannon…” Jared si siede vicino al fratello “Non so… non ho le risposte da darti… In realtà non so cosa dirti, non so cosa potrei fare per farti stare meglio.” appoggia la testa sulla spalla del fratello maggiore. Il batterista accarezza la testa del cantante. A un tratto, Jared fa uno scatto, solleva il viso per guardare il fratello e sorride “Ti ricordi cosa mi dicevi quando eravamo piccoli, quando mi svegliavo di notte e ti chiedevo dove fosse papà?”
Il maggiore dei Leto aggrotta le sopracciglia e si gratta la nuca “Non… non mi ricordo Jay…”
Jared prende una mano del fratello tra le sue “Mi prendevi le mani e mi raccontavi che papà era un cavaliere. Mi dicevi che lui doveva proteggere una principessa in un regno lontano e che se si fosse allontanato anche per poche ore, questa sarebbe morta, ecco perché non poteva vivere con noi. Poi aggiungevi che aveva incaricato te di fare la guardia alla nostra casa mentre lui non c’era.”
Shannon sorride arrossendo “Era solo una stupida storiella di un bambino piccolo che cercava di rassicurare il fratellino.”
“Sarà stata anche una stupida storiella, ma a me bastava. A me bastava per far sì che, svegliandomi di notte, il solo fatto di vederti lì mi rendesse sicuro. Sapevo che non mi sarebbe successo niente perché avevo il mio cavaliere che russava nel lettino vicino al mio.” i due fratelli si guardano sorridendo.
“Io non russo.” protesta il maggiore dei Leto.
“Oh sì che russi! Non so come faccia April a dormire con te!” ride poi fa una pausa prima di riprendere a parlare “Vedi Shan… io mi ero creato proprio un bel regno nella testa, con tanto di castello incantato, draghi, unicorni alati ed è ancora lì, da qualche parte che aspetta. Adesso è April a essere in quel regno, a proteggere la sua principessa. Per ora non può tornare, sta aspettando che arrivi il suo collega a darle il cambio, ma presto tornerà a casa. Nel frattempo, io sono qui. Lo so che non sono proprio carino come April… magari… se mi radessi la barba… però… ecco… io ci sono.”
“Lo so che ci sei Jay, ci sei sempre stato.”
“E allora impara a contare su di me, non solo per le stronzate, ma anche quando stai così. Lo so che sei un capoccione, che certe cose preferisci cercare di risolverle da solo, ma so anche come va a finire spesso in certi casi…”
“Stai tranquillo: ho i bambini da accudire. Sicuramente attaccarmi alla bottiglia o peggio è l’ultimo dei miei pensieri.”
“Lo so… so che sei cambiato molto in questi anni però… ecco… non ti scordare che io ci sono, che sono qui con la mia bella armatura, pronto per combattere tutti i draghi che vorranno attaccare il tuo castello.”
Shannon non dice niente, guarda il fratello per qualche secondo poi lo abbraccia “Grazie Jay, lo so che ci sarai sempre per me.”
“Se non mi strozzi!” Jared tira fuori la lingua.
“Stronzo, per una volta potresti goderti un abbraccio senza fare i tuoi soliti versi.”
“Se tu non cercassi ogni volta di soffocarmi me li godrei anche meglio!”
I due fratelli si guardano e scoppiano a ridere.
 
******
 
Sente squillare il telefono e inizia, come il solito, a rovistare nella borsa che sembra quella di Mary Poppins. “Eccolo! Ah no… è la trousse per il trucco. Forse è qui? No, lì ci sono i fazzoletti…” Chiavi, occhiali da sole, portafogli… Il contenuto della borsa di Zoe è ormai riverso sul bancone del box informazioni dell’aeroporto di Los Angeles. “Maledetto di un telefono!” finalmente la ragazza trova l’oggetto delle sue ricerche e risponde.
“Jared, dimmi!”
“Buongiorno Signorina Forrest.”
“Buongiorno Signor Leto.” Zoe sorride “Avevi bisogno di qualcosa?”
“Perché? Devo per forza avere bisogno di qualcosa per telefonare alla mia ra…” fa una pausa e abbassa la voce “la mia… ragazza…”
“Pronto? Jared? Ci deve essere un’interferenza, non ho capito l’ultima parola che hai detto.” la ragazza ride.
“Eh? Io non ho detto proprio niente.” anche Jared ride.
“Ah sì? Allora è stata sicuramente un’interferenza. Mi sembrava di aver sentito qualcuno dire che sono la sua ragazza…”
“Sicuramente sarà stata un’interferenza.” Jared sorride “Che stai facendo?”
“Secondo te cosa potrei mai fare alle dieci di mattina di martedì?” Zoe risponde sarcastica e un po’ stizzita dalla risposta precedente del cantante.
“Mmmm… fammi pensare…”
“Forza, non è così difficile. Ce la puoi fare.”
“Se non la smetti di prendermi in giro, vengo lì e ti sculaccio.”
“Potrebbe essere una cosa interessante” risponde Zoe con voce maliziosa “Ma credo che la signora che ho davanti in questo momento non gradirebbe molto la scena.”
“Sai che l’idea di fare sesso con te, direttamente sul bancone del box informazioni, con tutta la gente che ci guarda, potrebbe anche eccitarmi parecchio?” aggiunge Jared con la voce roca.
“Leto, sai che sei un bambino molto indisciplinato? Certe proposte, vai a farle alla tua ragazza.”
“Forrest, non mi provocare.”
“Io non sto provocando proprio nessuno. Al massimo potrei provocare il mio ragazzo, ma…”
“Basta giocare.” Jared si fa improvvisamente serio “Veniamo al sodo. Stasera vorrei uscire con la mia ragazza, sai se per caso ha impegni?”
“Prova a chiederglielo.”
Jared fa una pausa “Zoe… hai impegni per stasera? Ho… ho voglia di vederti.”
“Allora sarei io la tua ragazza?”
Jared inizia a spazientirsi “Sì! Sì! Sì! Sei la mia ragazza, contenta adesso?” sbuffa.
“Avrei preferito una dichiarazione un po’ più aggraziata, ma se volevo una storia normale, non sarei mai uscita con un pazzo come te.” Zoe ride.
“Allora? Non mi hai ancora risposto. Hai impegni per stasera o no?”
“No, stasera sono tutta tua.” risponde con voce maliziosa “Ma adesso sarà meglio mi rimetta a lavorare se non voglio che la mia collega mi uccida prima ancora di arrivare alla pausa pranzo.”
“Allora ti lascio andare. A stasera… Zoe.” Jared sa benissimo cosa provoca nella ragazza quando pronuncia il suo nome con la voce sensuale.
Zoe sente un brivido poi scuote la testa per riprendersi “A… a stasera Jared…” e riattacca. Resta a guardare il telefono con un sorriso da ebete finche non sente una voce che la chiama.
“Zoe, sveglia. Sei qui per lavorare, non per guardare per aria!” Layla, la sua collega, la sta fissando. Si porta gli occhiali sul naso appuntito che sta al centro del suo viso scarno e dalla forma allungata. “Allora? Ti vuoi dare una mossa?” si volta con la sua solita aria altezzosa e si rivolge con un sorriso che più finto non si può alla cliente che attende al box informazioni.
Zoe aspetta che la collega si volti poi le rifila una bella linguaccia, prende un respiro profondo, sfodera il migliore dei sorrisi e torna al lavoro.

******
 
Shannon si allunga verso terra, raccoglie la salvietta e si asciuga il sudore. Muove la testa per sgranchire i muscoli del collo: tornato dall’ospedale, aveva davvero bisogno di passare un po’ di tempo con la sua Christine. Si massaggia i bicipiti doloranti “Ti sei voluta vendicare per bene ragazzaccia? Hai fatto bene, così imparo a trascurarti.” sorride. Prende le bacchette e ricomincia a picchiare delicatamente sul ride creando un tintinnio leggero. Continua a suonare così per qualche minuto, come se il movimento della mano fosse un gesto automatico mentre la sua mente vaga.
“Shannon…” Kai apre appena la porta e si affaccia allo studio. “Allora è questo il tuo covo.“
Il batterista sorride mentre la ragazza entra nella stanza “Già... qua avvengono i miei incontri con Christine.”
“Christine?” Kai aggrotta le sopracciglia.
“Non conosci ancora Christine? Mi sembra sia giunto il momento di presentarvi.” Ride indicando la batteria “Christine, questa è Kai. Kai, questa è la mia Christine.”
Kai ride dandosi una botta sulla fronte “La batteria! Che sciocca…”
“Che pensavi? Che avessi una donna nascosta sotto il seggiolino?” Shannon ride portando la testa indietro mentre la ragazza arrossisce.
“Posso chiederti perché l’hai chiamata Christine?”
“Christine… ecco…” Shannon si gratta la nuca “Christine era una morettina compagna di liceo di mio fratello. Io avevo circa… boh… sedici anni? Più o meno… beh… mi ero preso una sbandata allucinante per lei che, naturalmente, non mi degnava di uno sguardo. Poi un giorno me la sono trovata sotto casa e… va beh… insomma… ti devo spiegare tutto?” ride leggermente imbarazzato.
“No, no… credo di aver capito benissimo!” anche Kai ride. “Poi com’è andata a finire? Vi siete fidanzati?”
“No… A lei interessava mio fratello ed era venuta con me solo per ingelosirlo, ma l’ho capito dopo. Va beh… diciamo che Christine è stata la prima grande stronza che ho incontrato nella mia vita, la prima che mi ha usato e gettato via.”
“E perché hai deciso di dare il suo nome alla batteria?”
“Per vendicarmi: ogni volta che do una botta alla batteria, m’immagino il suo bel faccino sul rullante.”
“Ecco perché ci metti così tanta foga quando suoni.”
“Esatto!” i due scoppiano a ridere.
“Papà…” Janis entra nello studio.
Shannon sobbalza sorpreso “Jan… che c’è?”
“Niente… Volevo vedere cosa stavate facendo tu e Kai…” abbassa la testa e inizia a giocare trascinando un piede sul pavimento.
“Vieni qua.” Shannon sorride e fa segno alla figlia di andarsi a sedere in braccio a lui. La bambina gli risponde correndogli incontro con un largo sorriso. “Tuo fratello che sta facendo?”
“E’ in sala con lo zio Jay.”
Shannon alza le sopracciglia sgranando gli occhi “Dici che dobbiamo fidarci a lasciarli soli?”
La bambina fa una smorfia arricciando il naso guardando verso l’alto, fingendo di pensare “Mmmm… lo zio Jay dovrebbe essere grande…” guarda il padre ridendo.
“Dovrebbe…” il batterista ride.
“Secondo me possiamo fidarci, ma solo per qualche minuto.” Kai guarda Shannon e Janis strizzando l’occhio. I tre scoppiano a ridere. “Papà, posso suonare con te? Anzi no! Possiamo fare che tu suoni ed io canto come lo zio Jay?”
“Direi che si può fare. Che cosa vorresti cantare?”
Janis strabuzza gli occhi urlando entusiasta “The Kill!”
“Aggiudicato!” Shannon fa scrocchiare le dita delle mani e prende le bacchette “Forza Principessa, iniziamo il nostro show per Kai.”
La baby-sitter si siede a terra, Janis imbraccia una chitarra e inizia a muovere la mano sulle corde facendo uscire suoni a caso mentre il padre segna il ritmo.
“Ehi! Cos’è questo casino?” Jared irrompe nella stanza “Jan, che stai facendo a quella povera chitarra?” aggiunge aggrottando le sopracciglia e portandosi una mano alla tempia.
La bambina guarda lo zio stizzita “Sto suonando!”
“E quello lo chiami suonare? Jan… hai ancora molto da imparare. Dammi qua.” il cantante prende la chitarra iniziando a suonarla “Ecco, questo è suonare, non quello che stavi facendo tu.”
Janis mette il broncio. Jared la guarda sorridendo “Vieni qua.” la bimba si avvicina allo zio “Facciamo così: adesso lo zio suona la chitarra, tu canti e Josh e Kai ci fanno da pubblico ok?”
“Va bene!” la piccola sorride entusiasta “Suona anche il papà!”
“Certo che sì! Che canzone facciamo?”
“Prima che tu arrivassi a rompere le scatole, noi stavamo iniziando The Kill” Shannon interviene.
“E vada per The Kill!” Jared riprende a suonare e i tre regalano un mini-concerto a Joshua e Kai che li seguono entusiasti.
 
******
 
Shannon sta sdraiato sul divano in sala, la stanza illuminata solo dalla luce bluastra della tv e da quella dei faretti del giardino che filtra dalla parete di vetro. Con una mano regge il telecomando col quale sta facendo zapping piuttosto annoiato. Gli occhi gli si chiudono e la bocca non la smette di sbadigliare.
“Kai e i bambini sono saliti da più di mezz’ora… Mi sa che sarà meglio vada a controllare cosa stanno combinando quelle due pesti…”
Si alza barcollando, mezzo stordito dal sonno che lo stava per accogliere tra le braccia. Si stira poi si dirige a piedi nudi verso le scale, i pantaloni neri della tuta che lasciano intravedere l’elastico dei boxer e la canottiera con i buchi per le braccia troppo larghi, tanto da mostrare entrambi i tatuaggi che ha sul costato.
Si dirige verso la camera dei bambini, apre la porta e si ferma di scatto trovandola vuota. Scuote la testa e, sorridendo, si muove verso la sua camera. Come previsto, i piccoli si sono appropriati del lettone e Kai si è addormentata con loro. Si gratta la nuca, indeciso sul da farsi: dovrebbe svegliarla o lasciarla dormire? Rimane in piedi davanti al letto per diversi minuti: guarda Janis e Joshua, che dormono abbracciati sotto le coperte. Sul viso del bambino, a un tratto, si disegna un sorriso: chissà cosa starà sognando. Li osserva mentre stanno lì, sereni nonostante tutto: forse è vero che non è poi quel disastro che crede come padre. Poi lo sguardo cade su Kai: i ricci neri che ricadono sul cuscino, quella mano appoggiata alla testa di Joshua. Dorme tranquilla e lui non ha proprio il coraggio di svegliarla.
Sfila i pantaloni della tuta e cerca d’infilarsi nel letto muovendosi il più lentamente possibile, per non svegliare Kai e i bambini, ma prima si preoccupa di togliere le scarpe alla ragazza e coprirla alla bene e meglio. Si accuccia nell’angolo di letto rimasto libero e chiude gli occhi chiedendosi se riuscirà a dormire o si ritroverà sdraiato sul tappetino scendiletto nel giro di pochi minuti.
 
******
 
Kai viene svegliata da una strana vibrazione e un trillo proveniente da un punto non ben definito sotto la sua testa. Sbatte le ciglia più volte non capendo bene dove si trova. Appena il cervello inizia a mettere a fuoco, si accorge che il rumore che sente proviene dal suo telefono: la sera prima si dev’essere addormentata con il cellulare in mano. Lo trova e risponde, cercando di parlare a bassa voce.
“Kai, dove cazzo sei?” dall’altro capo Zoe non nasconde la sua preoccupazione.
“Zoe… buongiorno.” risponde Kai con la voce ancora impastata dal sonno.
“Dove sei? Sono tornata adesso che Jared mi ha accompagnato a casa prima di andare da suo fratello e non ti ho trovato. Mi dici dove cavolo sei finita?”
Kai si guarda intorno iniziando a focalizzare meglio la situazione vedendo Joshua e Janis che dormono al suo fianco: si dev’essere addormentata a casa di Shannon.
“Ehm… sono a casa di Shannon… mi devo essere addormentata ieri sera mentre mettevo a letto i bambini…”
“A casa di Shannon?” Zoe urla “Non mi dire che…”
“No! Fermati subito! Ho detto che mi sono addormentata qua e…” si ferma accorgendosi che un braccio le cinge la vita. Si volta lentamente dall’altra parte e il respiro si ferma: Shannon sta dormendo al suo fianco abbracciandola.
“E cosa? Kai? Ci sei?”
“Sì… ehm… ci… ci sono…”
“Kai? Che è successo?”
“Niente… adesso… adesso vado… ti richiamo dopo…” riattacca.
Continua a guardare l’uomo che dorme al suo fianco e il cervello si annebbia: non riesce a pensare ad altro se non al fatto che sia davvero splendido.
A un tratto, Shannon inizia a svegliarsi. Apre gli occhi e si trova davanti quelli verdi di Kai che lo fissano. Si accorge di avere un braccio avvolto attorno alla vita della ragazza. Lo ritrae subito mettendosi seduto e grattandosi la nuca imbarazzato. Dopo alcuni secondi, torna a puntare gli occhi in quelli di Kai che continua a guardarlo senza pronunciare una parola. Rimane per qualche minuto immobile, a fissare quelle iridi verdi che ha davanti, poi sente come una forza che gli parte da dentro e lo attira. Si china e posa le labbra su quelle di Kai. Per pochi secondi preme la sua bocca contro quella della ragazza poi si ritrae velocemente, come se avesse baciato qualcosa di appuntito.
Kai strabuzza gli occhi e fissa Shannon come se avesse davanti un fantasma. Sente il cuore battere talmente forte che crede possa uscirle dalla cassa toracica. Avrebbe mille domande da fare, ma la mente è totalmente annebbiata. L’unica cosa che sente in questo momento è un forte impulso che la fa alzare dal letto, recuperare le scarpe e uscire di corsa dalla stanza. Scende velocemente le scale che la portano al piano di sotto ed esce in giardino per poi dirigersi verso il cancello: deve assolutamente allontanarsi da quella casa, da Shannon.
Arrivata in strada, si ferma appoggiando la schiena al muretto chiudendo gli occhi e prendendo un lungo respiro: adesso cosa deve fare?

Janis e Joshua si svegliano. “Papà, che succede? Perché Kai è scappata?” chiede la bambina.
Shannon rimane stranito per qualche minuto poi si volta verso la figlia carezzandole la testa “Ehm… Janis…” si gratta la nuca “Vado da lei. Tu… tu alzati, aiuta tuo fratello a lavarsi i denti poi scendete al piano di sotto che tra poco arriva lo zio Jay, ok?”
La bambina annuisce, ancora mezza addormentata.
Shannon scende dal letto ed esce dalla stanza, correndo giù per le scale indossando solo i boxer e la canottiera. Arrivato in sala, nota che non c’è traccia di Kai, ma la porta si apre annunciando l’ingresso di Jared.
Il cantante guarda il fratello aggrottando le sopracciglia “Shan… che è successo? Ho visto Kai uscire di corsa dal cancello e volare su un autobus… mi sono perso qualcosa?”
Shannon si gratta la nuca poi si passa le mani sul volto “Jay… ho fatto un casino… un maledetto cavolo di casino…” sbuffa e si accascia sul divano.
Jared si passa una mano sul mento poi si muove verso il fratello sedendosi al suo fianco “Ok… mi sa che ci aspetta una lunga chiacchierata…”
Volete vedere qualche foto che mi ha ispirato durante la scrittura? Andate qua https://www.facebook.com/media/set/?set=a.324329027742910.1073741831.100004974456579&type=1&l=16a6aff2c2

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Capitolo 10
*** *** L'unico Paradiso che mi è concesso è quando sono da solo con te *** ***


Rieccomi! Vi sono mancata? Mi avevate dato per dispersa? E invece no, sono ancora qua con i miei deliri. Vi avevo lasciato in sospeso nell'ultimo capitolo, siete curiosi di vedere cosa hanno combinato i nostri eroi? Allora vi lascio leggere subitissimo! Come al solito, ringrazio chi segue questa ff e chi la recensisce: vi lovvo <3

Vi lascio il link al gruppo dedicato alla storia dove potrete scoprire curiosità e seguire i miei deliri https://www.facebook.com/groups/293315350858379/
 
 
L’orologio appeso alla parete, sopra il camino, segna lo scorrere dei secondi, dei minuti con il ticchettio delle sue lancette. Jared è seduto sul divano da un tempo che gli pare infinito, tanto che quasi ci si è sprofondato. Ogni tanto butta l’occhio su suo fratello, che continua a fissare il tavolino in vetro che ha davanti torturandosi le dita.
Sbuffa, ma non dice e non chiede niente: conosce troppo bene Shannon e sa che, in certi casi, non può fare altro che aspettare. Si stiracchia, sgranchisce il collo poi si alza, dirigendosi verso la cucina. Prende il telefono e digita il numero della sua assistente.
“Buongiorno Jared.” risponde lei, con la voce asettica.
“Emma, buongiorno. Dovresti venire da Shannon a guardare i bambini mentre noi siamo in ospedale.”
“Io? Ma sei impazzito? Non c’è la tizia… come cavolo si chiama… la baby-sitter?”
Jared si gratta una tempia “No…”
“Allora chiama tua madre, cosa c’entro io con quei due marmocchi?”
“Mia mamma è fuori città. Vieni qua e non discutere.”
“Ma mi vedi badare a quei due bambini? Secondo te? Sei impazzito?” la donna alza la voce.
“Emma, la mia non è una richiesta. E’ un ordine e non accetto repliche. Te lo dico per l’ultima volta: alza immediatamente il culo e vieni a casa di mio fratello.” riattacca senza lasciare alla donna il tempo di rispondere.
Torna in sala, sperando in un segnale di vita da parte del fratello, ma niente: Shannon continua a fissare il tavolino senza aprire bocca. Sposta una ciocca dei lunghi capelli dietro l’orecchio, si passa una mano sulla barba mentre si dirige verso la parete in vetro che da sul giardino. “Uff!” sbuffa sonoramente e con la coda dell’occhio sbircia il fratello che continua a ignorarlo.
“Zio Jay!” Janis scende di corsa le scale e gli va incontro abbracciandolo poi si volta verso il padre con un’espressione seria “Papà, dov’è Kai?”
Shannon finalmente si decide ad alzare lo sguardo per rivolgerlo alla figlia. Guarda i suoi occhi verdi dallo sguardo severo, le sopracciglia corrucciate e le labbra serrate: gli fa quasi paura. “Ehm…” si gratta la testa “Kai… non c’è…”
“Ho visto che non c’è. Dov’è?” la bambina risponde secca.
“E’… è andata via…” Shannon torna ad abbassare lo sguardo, rivolgendolo al tavolino in vetro.
“Ma torna vero?” Janis continua a incalzarlo.
“Ehm… Jan, va in cucina a fare colazione che tra un po’ arriva Emma.” Jared interviene cercando di sviare l’argomento.
“Emma?”
“Sì... per qualche giorno si occuperà lei di te e Josh.”
“Zio Jay… ma sei serio?” Janis strabuzza gli occhi “Non ci voglio stare con Emma! Quella non ride mai, sta sempre al telefono con te. Non la voglio! Io voglio Kai!”
Jared trattiene a stento una risata, mentre si china passando una mano dietro la nuca della nipote “Jan, non possiamo fare altrimenti. Nonna Connie è andata per qualche giorno a Parigi con James, Kai… Kai per un po’ non potrà venire…”
“Sta male? Stamattina l’ho vista scappare via dalla camera.”
“La camera?” Jared guarda torvo il fratello.
“Sì. Ieri sera si è addormentata con me e Josh nel lettone di papà e mamma.”
Jared tira un mezzo sospiro: la situazione non è grave come gli era sembrato per qualche secondo. “Ehm… sì… credo che Kai sia ammalata.”
La bambina guarda lo zio, si volta verso il padre poi torna a rivolgere lo sguardo verso Jared. “Zio… ma perché dobbiamo stare con Emma? Quella è una strega!”
“Janis, smettila!” Shannon improvvisamente si alza dal divano, l’espressione seria. “Lo zio ha detto che tu e Josh dovete stare con Emma e starete con Emma.”
“Ma papà…”
“Ma niente!” picchia le mani sul tavolino “Starete con Emma, fine della discussione. Adesso va in cucina con tuo fratello che io e lo zio dobbiamo parlare.”
La bambina guarda per qualche minuto il padre con gli occhi lucidi poi si dirige verso la cucina a testa bassa.
Jared segue con lo sguardo la nipote che si allontana poi guarda il fratello aggrottando le sopracciglia “Shannon, si può sapere che diavolo ti è preso?”
Il batterista si passa le mani sul viso “Merda! Merda! Merda! Che cretino che sono!” fa per dirigersi verso la cucina “Devo andare da Jan.”
Jared si porta vicino al fratello e lo afferra per un braccio fermandolo “Aspetta. Prima spiegami cosa è successo. Non hai mai avuto certe reazioni con i bambini perciò adesso ti siedi e mi spieghi tutto.”
Shannon si volta verso il fratello, che lo sta fissando con gli occhi duri, diventati quasi due fessure. Sa benissimo che quello sguardo non ammette repliche, non gli resta altro da fare che sedersi. Jared si accomoda a fianco del fratello, che nel frattempo ha ripreso a fissare il tavolino torturandosi le dita.
I minuti passano, ma Shannon non da segno di vita. Jared sbadiglia, tira indietro la schiena appoggiandola allo schienale del divano, stira le braccia allargandole: cerca di fare di tutto per farsi notare dal fratello, ma niente sembra sortire l’effetto sperato. Dopo alcuni minuti si scoccia e decide di prendere in mano la situazione. “Ci sei andato a letto?” gli domanda voltandosi verso di lui.
“Eh?” Shannon sembra quasi riprendersi da un lungo coma e rivolge lo sguardo al fratello aggrottando le sopracciglia.
“Insomma Shan… ci hai scopato?”
“Con chi?”
Jared sospira scuotendo la testa “Con tua sorella…”
Shannon si gratta la nuca “Non abbiamo sorelle…”
Il cantante strabuzza gli occhi “Shannon, a volte mi chiedo se ci fai o se sei davvero così tonto!”
Il batterista continua a guardarlo stranito allora Jared si alza, lo prende per le spalle scuotendolo “Con Kai! Cristo Santo, Shannon! Hai scopato con Kai? Ci sei stato a letto?”
"Jay, datti una calmata! Non urlare che i bambini potrebbero sentirti. Comunque no… non ci sono stato a letto…”
“E allora che è successo? Perché è scappata via e, soprattutto, perché tu sei così nervoso?”
“Te l’ho detto: ho fatto un casino…”
“E che casino? Si potrebbe sapere o è un segreto di stato?” Jared ha decisamente perso la pazienza.
“Ehm… io… ecco…” Shannon si gratta la nuca, abbassa lo sguardo “Io… io l’ho baciata.”
“L’hai baciata? E tu stai facendo tutto questo casino per un bacio?” Jared chiude gli occhi e prende un respiro “E com’è che l’hai baciata?” cerca di calmarsi.
“Stamattina… mi sono svegliato e l’ho trovata lì, al mio fianco… a questo punto boh… non lo so cosa sia successo… ho avvicinato le mie labbra alle sue e le ho dato un bacio.”
“Cioè… fammi capire… quella scappa, tu dai di matto con Janis per cosa? Per un bacio a stampo?” Jared guarda il fratello incredulo.
“Sì…” Shannon abbassa lo sguardo.
“E per quale arcano motivo l’avresti baciata? Cerca di farmi capire, perché ti giuro che non riesco a trovare una motivazione valida. A meno che… non ti sarai innamorato di lei, vero?”
“No… non credo… boh… non lo so Jay!” il batterista si passa le mani tra i capelli “Non lo so. In questo periodo non so più cosa mi passa per la testa. So solo che, svegliarmi e trovarla lì, mi ha dato una sensazione di pace. Per la prima volta dopo mesi, mi sono sentito tranquillo, sereno.”
“Non mi sembra un motivo giusto per baciare una persona…”
“Non lo so Jay! Non so se fosse giusto farlo o se non lo fosse, fatto sta che in quel momento mi sembrava l’unica cosa da fare.”
Jared prende un lungo respiro chiudendo gli occhi. Poi li riapre puntandoli ancora una volta in direzione del fratello “E poi cosa hai fatto?”
“Cosa ho fatto? Niente… Lei è scappata… Sei arrivato tu e… niente.” si gratta la nuca.
“Buongiorno a tutti.” la porta si apre annunciando l’ingresso di Emma piuttosto scocciata.
“Ciao Emma.” Jared saluta la donna poi si volta dirigendosi verso la parete in vetro. Si gratta la fronte cercando di respirare lentamente in modo da ritrovare la calma, ma non ce la fa e si volta di scatto verso il fratello “Fanculo Shannon! A volte mi chiedo se tu abbia davvero quasi quarantacinque anni: mi sembra di avere a che fare con un bambino dell’asilo! E’ mai possibile che ti debba dire tutto io? Smettila di fare il coglione! Alza quel cazzo di culo, vai in cucina e abbraccia tua figlia poi branca quel cazzo di telefono e chiama Kai. Io intanto cerco di convincere Emma a non uccidere i tuoi figli prima di pranzo.”
Shannon guarda il fratello poi si alza e va verso la cucina senza replicare: sa già che qualsiasi cosa direbbe non farebbe altro che peggiorare la sua situazione. Entra nella stanza e vede Janis seduta al tavolo, i capelli spettinati e la testa china a fissare la tazza di latte che ha davanti.
“Papino!” Joshua gli riserva un enorme sorriso mentre la sorella non alza nemmeno lo sguardo.
Si avvicina alla bimba carezzandole la nuca “Jan… è tutto a posto?”
La bambina risponde alzando le spalle.
Shannon si gratta la nuca “Senti… io… volevo chiederti scusa… non… non volevo urlare prima…”
Janis alza lo sguardo rivolgendolo al padre “Sei arrabbiato con me?”
“No tesoro, tu non c’entri niente.”
“Allora sei nervoso perché sei preoccupato per la mamma?”
“Sì… diciamo di sì…”
“Ok… Mi prometti che non lo fai più?”
“Promesso!” il padre fa una X sulle labbra a sigillare la promessa.
“Mmmm…” la piccola finge di pensarci su poi sorride e abbraccia il padre “Allora ti perdono.”
“Pace fatta?”
“Pace fatta!”
Padre e figlia si abbracciano ridendo.
 
******
 
“Allora? Mi dici cosa è successo? Sarà da mezz’ora che sei rientrata e non hai fatto altro che startene lì, sdraiata a fissare il soffitto.” Zoe si siede sul letto di Kai cercando di capire se l’amica sia presente o se sia caduta in uno stato di trance.
Kai si volta verso l’amica e sospira.
“Allora sei viva.”
“Sì Zoe, sono viva.”
“E…?”
“E cosa?”
“Ti ho chiamato ed eri a casa di Shannon, dove hai passato tutta la notte. Dopo mezz’ora torni a casa con la stessa faccia di chi ha appena visto un fantasma, ti sdrai sul letto e rimani a fissare il soffitto senza spiccicare una parola. Adesso prova a dirmi che è tutto normale se ne hai il coraggio!”
Kai sbuffa poi si tira su, sedendosi con la schiena appoggiata al muro. “Zoe… è successa una cosa…”
“Una cosa… tra te e Shannon?”
“Sì…”
“E cosa sarebbe successo?”
“Mi ha baciato… cioè… non è stato proprio un bacio, piuttosto uno sfioramento di labbra… ma… ecco… è successo ed io sono scappata via.”
Zoe si passa una mano sul viso poi guarda l’amica sconsolata “Sei proprio un’imbranata. Possibile che tu non abbia imparato niente da tanti mesi di convivenza con me?”
“Secondo te cosa avrei dovuto fare?” Kai guarda l’espressione dell’amica “No… aspetta. Non rispondermi!”
“Kai… a volte mi chiedo se tu non abbia cinque anni invece di venticinque… Sono mesi che praticamente vivi con Shannon Leto. Sono mesi che gli sbavi dietro e quando lui ti da un bacio a stampo tu che fai? Invece di saltargli addosso scappi?”
“Ti ricordo che avevo i bambini che dormivano di fianco a me.”
“Sì… certo… perché se non ci fossero stati i bambini gli saresti saltata addosso… Ma va Kai! Sei una piattola!”
“E tu una scema!” e così dicendo tira un cuscino all’amica. “Comunque… Zoe, adesso che faccio? Già prima riuscivo a malapena a stare nella stessa stanza con Shannon…”
“Devi fare l’unica cosa possibile.”
“E cioè?”
“Brancare il telefono e chiamarlo per chiarire la situazione.” le dice mentre le porge il telefono con un’espressione che non ammette repliche.
Nello stesso momento, il telefono squilla: Shannon.
“Zoe… è lui… che faccio?”
“Come che fai? Rispondi!”
“Ehm… ciao… Shannon…”
“Kai… ciao…” fa una pausa “Io… ecco… insomma… volevo chiederti scusa per stamattina… non so perché ho fatto quello che ho fatto. Cioè… ecco… spero di non aver combinato un gran casino.”
La ragazza non sa cosa rispondere e per qualche minuto rimane in silenzio.
“Kai? Sei ancora lì?”
“Ehm… sì… ci sono... ”
“Senti… mi sa che tu ed io… beh… insomma… dobbiamo parlare… Oggi pomeriggio porto i bambini a Venice Beach con Jared, almeno non li facciamo stare tutto il giorno con Emma. Beh… se… se tu e Zoe voleste venire… ecco… ci farebbe piacere.”
“O-ok… oggi Zoe non lavora…”
"Bene… allora venite a pranzo da me?”
“Ok…”
“Allora… a dopo…”
“A dopo.” Riattacca.
“Allora? Che vi siete detti?”
“Niente… oggi andiamo a pranzo da lui con Jared poi andiamo a Venice Beach con i bambini, se sopravvivono alla mattinata con Emma. Mi ha detto che dobbiamo parlare…”
“Ok… comunque se fossi in te, mi sentirei tremendamente in colpa.”
“E perché?”
“Pensa a Jan e Josh che dovranno passare tutta la mattina con Emma: li troveremo traumatizzati, poveri bimbi!”
 
******
 
“Perché stamattina non mi sono data per malata?” Emma sbuffa mentre, per l’ennesima volta, prende in braccio Joshua che piange seduto a terra. “Che cosa hai combinato adesso?” gli chiede con un tono secco, quasi scocciato.
“Sono caduto.” piagnucola il bimbo.
“Ho visto che sei caduto, ma cosa ti sei fatto?”
“Ho picchiato il ginocchio lì.” e indica un piede del tavolino in vetro.
La donna volge lo sguardo verso l’alto e sospira “Va meglio così?” dice accarezzando il ginocchio del bambino.
Joshua nega muovendo la testa mentre continua a piangere.
“Joe… John… come cavolo ti chiami… vedi di darti una calmata o ti affogo in piscina!”
“Joshua! Si chiama Joshua!” Janis guarda la donna con le sopracciglia aggrottate e le mani sui fianchi.
“Va bene... Jo-shu-a, contenta adesso… Jacky?”
“Janis! Io sono Janis!”
Emma inizia a spazientirsi “Jacky… Janis… cosa vuoi che cambi? Riesci a far star zitto questo frignone?”
“Mio fratello non è un frignone!” la bambina alza il tono della voce e guarda la donna minacciosa.
In quel momento, Jared e Shannon entrano dalla porta.
“Josh, che succede?” il batterista si dirige verso Emma, guardandola aggrottando le sopracciglia e quasi strappandole il figlio dalle braccia.
“Papà!” Janis fa un enorme sorriso all’uomo e lo abbraccia “Josh è caduto e ha picchiato il ginocchio.”
“Principessa.” Shannon accarezza la piccola sulla testa “Adesso andiamo in cucina, bagniamo il ginocchio con un po’ d’acqua e passa tutto, vero Josh?”
Il bambino tira su col naso e annuisce.
Janis si avvicina a Jared guardandolo torva “Zio Jay, non provare mai più a lasciarci con Emma!” poi si volta dirigendosi verso la cucina.
Il cantante rimane per qualche minuto stranito poi la voce di Emma lo riporta alla realtà.
“Bene, adesso che sei arrivato io me ne vado. Tua nipote ha ragione: non provare mai più a smollarmi quei due marmocchi!” prende la borsa ed esce dalla porta senza neanche lasciare il tempo all’uomo di risponderle.
Jared si passa le mani tra i capelli mentre si guarda intorno “Bene, c’è ancora qualcuno che vuole cazziarmi stamattina?”
“Potrei farlo io.” Zoe abbraccia da dietro l’uomo lasciandogli un bacio sul collo.
Jared si volta di scatto e il suo sguardo si addolcisce di colpo vedendo la ragazza alle sue spalle “Zoe.” abbraccia la ragazza stringendola, come se fosse una sorta di ancora di salvezza.
“Ehi, che succede? Non che mi dispiaccia ricevere un abbraccio così, ma tu non sei proprio così avvezzo a questi slanci d’affetto.” la ragazza guarda l’uomo sorridendo.
“E’ stata una mattinata allucinante, avevo proprio bisogno del tuo abbraccio.” l’uomo lascia un bacio a stampo sulle labbra della ragazza.
“Ehm…” Kai si schiarisce la voce.
“Ciao Kai… ci sei anche tu…” Jared si gratta una tempia.
“Sì… tuo fratello ci ha invitato a venire a Venice Beach con voi e i bambini…”
“Ehm… cosa ha fatto mio fratello?” Jared guarda le ragazze perplesso “Ah… Venice Beach… ok… ehm… vado in cucina a chiamare Shannon.” sorride e sparisce velocemente nell’altra stanza.
“Shannon, si può sapere cosa cavolo stai combinando?”
L’uomo distoglie per un attimo l’attenzione dal figlio, che sta davanti a lui, seduto sul ripiano della cucina. “Eh? Sto mettendo un cerotto a Josh, non mi sembra sia una cosa così grave.”
Jared si da una botta sulla fronte chiudendo gli occhi “Certo, sta mettendo un cerotto a Josh… Porca miseria, ma che hai stamattina? Hai usato la miscela sbagliata di caffè? Intendevo con Kai! E’ arrivata adesso, con Zoe, e ha detto che le hai invitate a venire con noi e i bambini a Venice Beach. E quando avresti deciso che noi saremmo andati a Venice Beach? E quando avevi pensato di dirmelo?”
“E che ti devo dire? Prima le ho telefonato per dirle che dovevamo parlare e… uff… che dovevo fare? Andare a casa sua? Visto che oggi avevo deciso di portare i bambini al mare ho pensato di invitare le ragazze, tanto sapevo già che saresti venuto pure tu.” e sfodera al fratello uno dei suoi sorrisi migliori.
“Oggi andiamo al mare?” Joshua guarda il padre con gli occhi luminosi.
“Certo Josh. Sei contento? Andiamo con Kai, Zoe e lo zio Jay.”
“Non vedo l’ora! Grazie zio!” e regala a Jared un sorriso enorme.
L’espressione di Jared si addolcisce immediatamente, mentre carezza il caschetto biondo del nipote “Ci divertiremo, non è vero?”
“Sì, tantissimo!” il bambino ride “Papà… mangiamo? Ho fame.” mette il broncio mentre guarda il padre.
“E cosa vorresti mangiare?” Shannon lo guarda strizzandogli l’occhio.
“Hamburger e patatine!” il piccolo batte le mani entusiasta.
“Hamburger e patatine sia!” il batterista sorride mentre prende in braccio il figlio e lo fa scendere dal mobile.
“Io mi preparo un’insalata. Shan dovresti insegnare ai tuoi figli a mangiare un po’ più sano.” Jared si rivolge al fratello con un’espressione quasi schifata.
“Certo, così poi mi diventano come te.” e scoppia a ridere. “Jan, va in sala a chiamare Kai e Zoe così vengono qua ad aiutarci prima che la cucina vada a fuoco.”
“Se cucini tu, stiamo tranquilli, ma non far toccare le padelle allo zio Jay!” Janis ride mentre scappa verso la sala con Jared che finge di darle un calcio nel sedere.
 
******
 
Kai fissa il pensile bianco della cucina, come se avesse davanti una delle meraviglie del mondo. In realtà solo lo sguardo è fisso sul mobile: la mente vaga, persa tra i mille pensieri che l’affollano. L’acqua sgorga dal rubinetto, aperto per lavare i piatti, continuando a finire nello scarico senza che lei quasi se accorga. Una domanda le continua a frullare nella testa, la stessa che l’ha accompagnata per tutta la durata del pranzo: ha fatto davvero bene a tornare in quella casa? Shannon le aveva detto che dovevano parlare, ma a tavola non l’ha praticamente degnata di uno sguardo, limitandosi ad abbassare gli occhi quando incrociavano i suoi.
“Ehi... che stai facendo?” Zoe le si avvicina porgendole le posate.
“Eh?” Kai sembra quasi risvegliarsi da un lungo sonno.
“E’ da mezz’ora che sei qui e non hai ancora lavato neanche un piatto…”
“Uff…” la mora sbuffa “Lo so Zoe… stavo pensando… Secondo te ho fatto bene a venire? Cioè… hai visto Shan? Manco riesce a guardarmi in faccia…”
Zoe butta lo sguardo verso l’alto poi scuote la testa “Secondo me siete due imbranati cronici. Alla fine cosa è successo tra di voi? Niente! Ecco cosa è successo: un bel niente! Vi state comportando come due bambini dell’asilo.”
Kai guarda l’amica mettendo il broncio “Zoe… non so cosa fare…”
“Intanto smettila di piagnucolare. Poi muoviti a lavare i piatti che i bambini sono già pronti.”
“E con Shannon?”
“Avrete tutto il pomeriggio per parlare, ammesso che ci sia qualcosa di cui parlare. Adesso datti una mossa o rischi di non trovare più Josh quando torni di là.”
“Ok, adesso mi muovo. Ma tu lascia stare il mio angioletto!” Kai sorride rivolgendosi all’amica.
“Angioletto? A quel bambino mancano solo le corna! Ti do cinque minuti per finire con quei piatti poi lo getto in piscina.” sbuffa e si dirige verso la sala.
Kai torna a occuparsi dei piatti. Dopo pochi minuti, Janis entra in cucina “Kai, hai finito?”
La ragazza si asciuga le mani poi si volta verso la bambina “Sì, finito tutto!”
“Allora andiamo al mare!” la piccola le regala un enorme sorriso abbracciandola “Mi sei mancata tanto stamattina, sono contenta che sei tornata.” si tira leggermente indietro per guardare la ragazza negli occhi “Perché sei tornata vero? Non voglio passare un’altra mattinata con quella strega di Emma!”
Kai cerca a stento di trattenere una risata “Non dire queste cose Jan.”
“Ma è vero!” la bambina punta i piedi “E’ una strega malefica! Voleva affogare Josh! Poi non sa neanche i nostri nomi: continuava a chiamarmi Jacky! Io non mi chiamo Jacky, mi chiamo Janis!” sentenzia mettendo il broncio.
La ragazza non può fare a meno di sorridere accarezzando i capelli della piccola “Tranquilla Jan, domani vengo io ok?”
“Ti voglio tanto bene Kai!” Janis abbraccia la ragazza sorridendo.
“Anch’io te ne voglio piccolina. Voglio bene a te e anche a quella peste di tuo fratello. Adesso che ne dici di andare?”
“Sì, andiamo al mare così ti faccio vedere il mio super costume delle Winx. Me l’ha comprato lo zio Jay.”
“Allora sarà sicuramente bellissimo.”
“Certo! Bellissimo come me!” Janis si volta e si dirige verso la sala sculettando e imitando la camminata delle modelle mentre Kai la segue ridendo.
 
******
 
“Ti piace Venice?” Jared si volta rivolgendo lo sguardo al seggiolino posteriore dell’auto.
“Sì, è molto particolare.” gli risponde Zoe.
“Questa parte di Los Angeles ha vissuto fasi alterne nella storia. E’ stata fondata nel 1905 e, fino agli anni 20, era una delle zone turistiche più ambite della città. Poi hanno iniziato a chiudere i canali, anche a causa dell’inquinamento da petrolio, e un incendio ha distrutto gran parte del quartiere, che è stato per un po’ lasciato allo sbando. Poi, negli anni ’80, hanno deciso di recuperare la zona e da allora ha avuto una sorta di rinascita.”
Zoe rimarrebbe per ore ad ascoltare Jared parlare: riesce a incantarla. Ricorda che era successa la stessa cosa anche la prima volta che si sono parlati, quando al Knott’s Berry Farm le ha raccontato tutta la storia del parco: era rimasta totalmente affascinata dall’uomo, dalla sua cultura, dal suo modo di raccontare le cose, anche se ricorda benissimo di aver fatto molta fatica a resistere alla tentazione di ammutolirlo con un bacio.
“Kai, sei di origini italiane se non ricordo male. Giusto?”
“Non sbagli Jared, hai un’ottima memoria.” Kai distoglie per un attimo lo sguardo dal panorama per sorridere al cantante. “Mia mamma è italiana.”
“Sei mai stata a Venezia?” chiede lui curioso.
“Sì, da piccola. Mi ci ha portato mio nonno.”
“Noi ci abbiamo suonato nel 2009 e sono stato pure al festival del cinema. Non mi sembra però assomigli molto alla nostra Venice, anche se non ho visto molto della città in quei giorni.”
Kai guarda i canali che costeggiano la strada, circondati da splendide ville residenziali, quasi tutte in stile bohemien. “Venice mi piace, ma, a parte un qualche canale, non ha niente a che fare con Venezia.”
“Una volta c’erano le gondole, ma poi sono state sostituite da normalissime barche, anche perché credo che ormai non esistano più i gondolieri in questo quartiere. E’ il progresso, che ci vogliamo fare.” il cantate allarga le braccia con un’espressione quasi sconsolata.
Progresso, se tieni a posto quelle tue manacce ed eviti di ficcarmele in un occhio magari riesco a parcheggiare senza far danni.” Shannon ferma la macchina a un lato della strada, cercando il modo migliore per fare manovra.
“Oh! Allora sei vivo! Ero convinto ti fosse caduta la lingua.” Jared lancia un sorriso ironico al fratello.
“Ero concentrato sulla guida.” aggiunge il batterista mentre spegne il motore dell’auto.
“Papà, ma non siamo al mare!” Joshua si lamenta mettendo il broncio.
“Come no! Guarda lì!” l’uomo risponde al bambino indicando la spiaggia alla sua sinistra “Forza, scendete che andiamo ad abbronzarci un po’.”
 
******
 
Il cielo della California confonde i suoi colori con quelli della linea dell’orizzonte, disegnata dall’Oceano. Le onde s’infrangono sul bagnasciuga ritmicamente, quasi seguissero una melodia che conoscono solo loro. Kai getta uno sguardo a Janis: la osserva correre felice e giocare col fratellino. Aveva proprio ragione quando diceva che il costume delle Winx le stava benissimo. Il fuxia della stoffa del bikini s’intona alla perfezione con il nero dei suoi lunghi capelli. La guarda aiutare Joshua a rialzarsi quando inciampa, spostargli delicatamente la sabbia dalle ginocchia per controllare cosa si è fatto: sembra una donna in miniatura.
Poi il suo sguardo si sposta verso il mare, verso la danza che le onde fanno con la sabbia. Chiude gli occhi e respira a pieni polmoni l’odore di salsedine, quello che da sei mesi le manca così tanto. La mente viaggia, si muove velocemente cavalcando le onde dell’Oceano e in pochi secondi si trova lì, a Honolulu, su quelle spiagge dalla sabbia bianca e dal mare cristallino. Rivede Waikiki Beach, Makapuu Beach, sente le risate dei surfisti… la risata di Riv... Apre gli occhi e sospira: non può fare a meno di pensare a come sarebbe la sua vita se quel giorno il mare, il suo amato mare, non si fosse portato via Rihver. Lo sguardo è attratto da qualcosa alla sua destra: si volta e vede Shannon che se ne sta seduto in disparte, le gambe lasciate andare sulla sabbia. Indossa gli stessi boxer a fiori rossi e neri che aveva quella mattina, quando le ha fatto perdere dieci anni di vita scendendo in sala mezzo nudo dopo aver fatto il bagno a Josh, e, ancora una volta, avvampa al solo pensiero. Poi il ricordo si sposta alla mattinata, a quello che è successo quando si è svegliata e non può fare a meno di chiedersi che significato possa aver avuto quel bacio per Shan. Porta le ginocchia al petto stringendole con le braccia mentre torna a puntare lo sguardo sui bambini che giocano felici: sarebbe bello avere tutta la loro serenità.

“Come fa a stare in spiaggia con quell’orrendo cappello di paglia sulla testa?” Zoe sta seduta sulla sabbia guardando Jared che continua a camminare su e giù, con le ciabatte in mano, come se fosse in cerca di qualcosa. Osserva la sua t-shirt bianca, i suoi boxer azzurri che avranno almeno dieci anni, quello schifosissimo cappello di paglia mezzo sgualcito che indossa a coprire i capelli raccolti alla bell’e meglio e stenta a credere che quello che ha davanti sia davvero uno che ha ricevuto un premio Oscar. Nonostante le gambine secche, nonostante la barba che lo fa sembrare un clochard, quando lo vede voltarsi e, finalmente, dirigersi verso di lei non può fare a meno di pensare che sia l’uomo più sexy sulla faccia della terra e che quell’uomo sia tutto suo.
Si alza, togliendo la sabbia dalla camicia in stile hawaiano che ha indossato come copricostume, e si dirige verso il cantante, avvolgendolo in un abbraccio “Che c’è Jay? Mi sembri preoccupato.”
L’uomo sbuffa grattandosi una tempia poi rivolge lo sguardo verso un punto alla sua destra. Zoe si volta, seguendo gli occhi di Jared, e vede Shannon che se ne sta in disparte “Che ha tuo fratello?”
“E’ tutto il giorno che fa così: se ne sta per i fatti suoi, non parla. Stamattina sono arrivato a casa sua e ci ho messo quasi un’ora prima di fargli raccontare cos’era successo con Kai.”
“Ancora con questa storia? Non posso credere che quei due si stiano facendo tutti questi problemi per un cavolo di bacio a stampo. Almeno ci avessero messo un pezzettino di lingua, si fossero stoccazzati un po’, ma niente!” Zoe si tappa la bocca rendendosi conto di aver detto una delle sue solite scemenze.
“Zoe… fammi capire: mia cognata è in ospedale, in coma, e tu vorresti che mio fratello si facesse la tua amica, nonché baby-sitter dei miei nipoti? Non ti sembra di esagerare un po’? Senza contare poi che, da com’è scappata stamattina, non so quanto mio fratello possa interessare a Kai.”
“Sei cieco? Jared svegliati! Ma come fai a non essertene accorto? Kai è persa di Shan dal primo momento che l’ha visto, da quando l’abbiamo incontrato per caso da Nickel la sera prima che iniziasse a lavorare per lui, anche se l’ha sempre negato.”
“Ah…” Jared rivolge lo sguardo al mare e per qualche minuto, tra lui e Zoe, cala il silenzio.
Dopo un po’ la ragazza gli si avvicina, appoggiandogli le mani sulle spalle “Ehi.”
L’uomo si volta regalandole un sorriso.
“E’ tutto a posto Jay?”
“Sì… cioè… più o meno…” punta i suoi occhi blu in quelli azzurri della ragazza appoggiando la fronte alla sua “Zoe, mi sa che ci aspetta un gran bel casino.”
“Credo anch’io.” la ragazza sorride “Dici che ne usciremo vivi?”
“Mah… forse.” Jared avvicina la bocca a quella di Zoe lasciandole un bacio. “Cosa possiamo fare?”
“Noi niente, credo.”
Jared si stacca dalla ragazza grattandosi la testa sotto il cappello “Lo so… vorrei solo che mio fratello stesse bene.”
La ragazza gli si avvicina, guardandolo in faccia “Scusa la franchezza Jared, ma credo che in questa storia chi rischia di più sia Kai, non di certo tuo fratello. Non so cosa provi lui per la mia amica, ma lei è innamorata persa. Qualsiasi cosa accadrà tra loro, quella che si farà più male sarà sicuramente lei. Shannon ha i bambini, ha una moglie che si risveglierà dal coma, speriamo il prima possibile, e quando questo accadrà, lui tornerà alla sua vita e Kai alla propria.”
“Hai ragione, ma io… ecco… Non riesco a non preoccuparmi per lui. Shannon sembra quello forte, quello capace di farsi scivolare tutto addosso senza farci una piega, ma non è affatto così. Negli anni ho dovuto aiutarlo più di una volta a rialzarsi, ecco perché sono preoccupato. Già la situazione con April non è facile: in questi giorni l’ho visto crollare diverse volte. Vorrei solo che non andasse a crearsi altri casini, tutto qua.” Abbassa lo sguardo iniziando, con i piedi, a muovere la sabbia.
“Ti capisco Jay: è tuo fratello ed è normale che ti voglia assicurare che stia bene, ma penso che possiamo farci davvero poco. E’ una situazione che non dipende da noi. Sono loro che devono darsi una mossa, parlarne e cercare di risolvere tutto.”
“Già… ma se aspettiamo che si muova mio fratello stiamo freschi.”
“Aspettiamo Kai… sì… se diamo retta a quell’imbranata, ci passiamo la vita su questa spiaggia aspettando che quei due si avvicinino. Senti, mi è venuta un’idea. E’ quasi ora di cena perciò sai cosa facciamo? Tu ed io recuperiamo i bambini e andiamo in quella trattoria dalla tenda verde che abbiamo visto prima. Troviamo una scusa per far restare qua un attimo Kai e Shan da soli e vediamo se si decidono a chiarire questa situazione perché non credo potranno andare avanti per molto.”
Il viso di Jared s’illumina “Ok, affare fatto! Io vado da mio fratello e gli dico che andiamo con i bambini alla trattoria, tu va da Kai. Raccontiamo loro che andiamo a vedere se c’è posto e che intanto ci aspettino qua perché… boh… perché è inutile che andiamo tutti. Boh… lo so che è una cretinata e che mangeranno la foglia, ma non m’interessa. L’importante è che quei due si chiariscano.”
“Ok, proviamoci.” Zoe sorride, lascia un bacio sulle labbra di Jared e si dirige verso il bagnasciuga per recuperare i bambini.

Il sole sta tramontando, regalando al cielo quel colore caldo che va dal giallo al rosso, con venature arancio, mentre le palme stagliano le loro forme verso il cielo. Shannon guarda Jared attraversare la strada tenendo Joshua per mano, mentre Janis è accompagnata da Zoe. Sorride pensando a quanto quei due si siano impegnati per far rimanere soli lui e Kai: magari dovrebbe decidersi a sfruttare la situazione. E’ tutto il giorno che cerca il momento giusto per avvicinarla, per parlarle, ma poi ha finito col chiudersi in se stesso.
Kai guarda il mare, i colori del tramonto che si riflettono sulla superficie dell’acqua.
“Posso?” Shannon le si avvicina chiedendo il permesso per sederle accanto e lei acconsente con un cenno del capo. Si siede e la osserva, gli occhi verdi che si perdono chissà dove, assorta com’è nei suoi pensieri. Stranamente, per la prima volta in tutta la giornata, si sente tranquillo, come se avesse ritrovato un po’ di pace. La stessa sensazione che aveva provato al mattino, quando se l’era trovata di fianco svegliandosi.
“A cosa stai pensando?”
La ragazza ha un sussulto sentendo la voce del batterista “Ehm… a... a niente in particolare…”
“Stavi pensando a casa tua? Cioè… intendo casa tua alle Hawaii…”
“Sì… anche…” Kai inizia a torturarsi le dita rivolgendo lo sguardo alla sabbia.
“Kai, guardami.” Shannon le parla prendendole le mani “Perché sei così agitata quando sei con me? E’ per quello che è successo stamattina?”
La ragazza arrossisce “Anche… cioè… in parte sì, ma… ma credo ci sia anche altro…”
Shannon sorride.
“Perché ridi? Sono così buffa? Immagino… non riesco manco a mettere insieme una frase sensata quando sono con te…”
“L’hai appena fatto.”
“Cosa?”
“Mettere insieme una frase sensata.” l’uomo ride di gusto. “Sono proprio uno scemo!”
“E perché?”
“E’ da stamattina che sto lì a scervellarmi, a farmi dei problemi, ad agitarmi quando invece sarebbe bastato venirti accanto per sentirmi immediatamente meglio.”
Kai abbassa lo sguardo arrossendo.
“Possibile che ti metta così in imbarazzo? Alla fine sono quattro mesi che lavori per me, che ci vediamo tutti i giorni. Dovresti aver passato da un po’ questa fase.” il batterista sorride, portando l’indice sotto il mento di Kai per farle alzare lo sguardo “Perché fai così?”
Kai deglutisce cercando di ricordarsi come si respira: guarda gli occhi di Shannon, quel colore indefinito con quelle pagliuzze dorate che li rendono così particolari. Poi lo sguardo si sposta sulla sua bocca, su quelle labbra carnose e le ritornano alla mente le sensazioni provate al mattino, quando quelle labbra si sono posate sulle sue, anche se solo per pochi secondi. La testa è piena di domande, di cose che le frullano in testa da quando è scappata dalla casa del batterista, ma, adesso che ce l’ha davanti, fatica a trovare le parole. Poi, finalmente, la bocca sembra far pace col cervello e si decide ad affrontare l’uomo “Shannon… posso chiederti una cosa?”
“Sì… certo…”
“Perché mi hai baciata stamattina?”
Shannon prende un lungo respiro e si gratta la nuca. Per qualche minuto rimane in silenzio, non sapendo che risposta dare alla ragazza. Si mette a fissare il mare, come se il movimento delle onde potesse suggergli le parole esatte da usare. Ma forse il problema è che non ci sono parole adatte perché neanche lui sa che risposta dare alla ragazza. Poi si volta verso Kai “Il tuo nome è hawaiano giusto?”
La ragazza annuisce. “Sì… vuol dire mare…”
“Davvero?” Shannon strabuzza gli occhi sorridendo “Allora adesso ho capito tutto.” si avvicina ancora a Kai, prendendole le mani. La ragazza lo guarda perplessa, non capendo cosa c’entri questa cosa col discorso che stavano facendo.
“Ti starai chiedendo cosa c’entri questa cosa con il discorso di prima. In un primo momento non c’entrava proprio niente, non so perché mi sia uscito, ma quando mi hai detto il significato del tuo nome ho capito tutto.”
“Shan… non riesco a seguirti…”
“Hai ragione… faccio fatica a seguirmi pure io… quello che volevo dire è che… ecco… ho sempre detto che il mio elemento è il mare. Quando devo pensare, prendo la moto e vengo qua. Guardare le onde, sentire i gabbiani, respirare l’odore della salsedine sono le uniche cose che mi calmano. Ecco… quella calma interiore… è la stessa sensazione che ho provato stamattina e che sto provando in questo istante, vicino a te.”
Lo sguardo di Shannon si perde in quello di Kai, nei suoi occhi azzurri. Con una mano le sposta i lunghi ricci neri dietro le spalle e rimane a guardarla.
Kai sente il cuore battere come se volesse scoppiare da un momento all’altro: cerca di respirare il più lentamente possibile, in modo da mantenere un minimo di lucidità. Poi sente le braccia di Shannon premere sulla sua schiena, in modo da spingerla verso di lui e far sì che i loro toraci aderiscano l’uno all’altro.
“Kai… ecco… non sono molto bravo con le parole, il chiacchierone di famiglia è Jared… Spero di riuscire a dire tutto… Non so cosa sia questa sensazione che provo quando sono con te. So solo che sto bene, che ne ho bisogno. Ho bisogno di vederti per casa. Ho bisogno di sentirti ridere con i miei figli. Ho bisogno di vedere il tuo sguardo imbarazzato quando siamo nella stessa stanza, sguardo che mi ricorda quello di una bambina. Ho bisogno di questa calma, di questa serenità che sento in questo momento. Kai… ho bisogno di te.”
Shannon guarda Kai poi, lentamente, avvicina le sue labbra a quelle della ragazza facendole aderire in un bacio. Stringe le braccia intorno alla sua schiena mentre la lingua preme per crearsi un varco.
Kai rimane spiazzata, tanto che per qualche secondo non riesce neanche a reagire. Poi decide di lasciarsi andare: chi se ne frega, per una volta vuole mettere da parte la razionalità. Porta le braccia dietro la schiena di Shannon e dischiude la bocca lasciando che le loro lingue si cerchino, iniziando una danza che la porta altrove. Sente le mani dell’uomo scorrere lungo la sua schiena, spostarsi sui fianchi e poi, all’improvviso, sente che si stacca da lei allontanandosi.
Shannon si alza di scatto voltandosi e dando le spalle a Kai. Si passa le mani sul volto e tra i capelli mentre inizia a camminare avanti e indietro nervoso. Dopo qualche minuto si ferma guardando Kai, che sta con lo sguardo fisso a terra “E’ tutto a posto?”
La ragazza alza gli occhi puntando lo sguardo verso il batterista annuendo poi si alza togliendosi la sabbia dai pantaloni. Per un attimo guarda Shannon poi cerca di ritrovare un minimo di lucidità e si volta dirigendosi verso la strada.
Shannon si muove velocemente afferrandole un braccio e facendola girare “Kai…” per un attimo i due si guardano negli occhi, finche lo squillo del telefono di Shannon non interrompe quella sorta di magia che si era creata. “Jay, stiamo arrivando.” riattacca poi si rivolge alla ragazza “Ehm… forse… forse è meglio se andiamo…”
“Emh… sì… penso anch’io che sia meglio se andiamo…”
 
[i] Frase tratta dal brano “Take my to Church” di Hozier http://youtu.be/MYSVMgRr6pw

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Capitolo 11
*** *** Dimmi come un mio bacio può cambiare il tuo mondo *** ***


Eccoci qua! Pensavate mi fossi dimenticata di voi? E invece no! Chiedo venia per i tempi d'attesa tra un capitolo e l'altro che doventano sempre più lunghi, ma ho la Musa che si fa i fatti suoi :( Va beh... spero che ne sia valsa la pena di aspettare un po'. Capitolo di passaggio, dove non succede praticamente niente. Fatemi sapere che ne pensate :)
Vi lascio il link al gruppo dedicato alla storia dove potrete scoprire curiosità e seguire i miei deliri https://www.facebook.com/groups/293315350858379/
 
 
Il sole sta tramontando e nel cielo inizia a spuntare qualche stella qua e là. Jared gira e rigira tra le mani il menù della C. & O Trattoria[ii] in cerca di qualcosa di commestibile, ma in realtà non sta leggendo. Si guarda intorno nervoso: se potesse, farebbe sparire le pareti verdi e gialle che gli impediscono di vedere la strada. La testa è altrove, oltre quegli ombrelloni blu che riparano i tavolini, oltre la strada trafficata che sta davanti alla tenda verde con l’insegna del ristorante, oltre quelle palme che delineano la fine dell’asfalto e l’inizio della spiaggia.
“Stai tranquillo, tra poco arriveranno.” Zoe posa una mano su quella del cantante cercando di calmarlo con un sorriso.
“Sì… certo…” lui si gratta la nuca poco convinto “Secondo te abbiamo fatto bene a lasciarli soli? Cioè… non è che adesso quel coglione di mio fratello ne ha combinata un’altra delle sue?”
“Stai tranquillo, cosa vuoi che abbia combinato? Tra poco arriveranno.” Zoe strizza l’occhio a Jared, facendogli notare, con un cenno della testa, la presenza dei bambini.
Janis prende il tovagliolo di carta rosso che ha davanti e inizia a srotolarlo, disponendo le posate vicino al piatto. Fa la stessa cosa con quelle di suo fratello, preoccupandosi di allontanargli il coltello, poi resta con lo sguardo serio e fisso sul piatto vuoto.
“Jan, che succede?” Jared le posa una mano sulla spalla per attirarne l’attenzione.
“Niente…” la bimba scuote la testa.
“Jan…” il cantante cerca d’incalzarla per farla parlare, ma l’unico risultato che ottiene è che la piccola incrocia le braccia sul petto, chiudendosi ancora di più.
“Zio Jay, possiamo mangiare? Ho fame!” Joshua protesta richiamando l’attenzione dello zio.
“Ehm... sì… Zoe, ordina per i bambini che io vado a fare una telefonata.” si alza senza lasciare alla ragazza il tempo di rispondere e si dirige verso l’esterno del locale.
“Ok… a quanto pare, bambini dovrò pensare io a voi.” Zoe guarda i piccoli sorridendo “Josh cosa vuoi da mangiare? Va bene un piatto di spaghetti con il pomodoro?”
“Sì!” il bimbo risponde con un enorme sorriso.
“E tu Jan?”
La bambina si volta verso Zoe con un’espressione scura. “Dov’è papà?”
“Papà sta arrivando. Si è fermato un attimo sulla spiaggia con Kai.” la ragazza cerca di mantenere un tono tranquillo, ma in realtà la domanda di Janis l’ha totalmente spiazzata.
“Perché si è fermato con Kai?” la bambina incrocia le braccia sul petto e guarda seria Zoe inclinando la testa da una parte.
“Ehm… dovevano parlare...”
“E di cosa?”
Zoe si gratta la nuca e si volta sperando di vedere Jared rientrare nel locale.
“Zoe, ti ho chiesto di cosa dovevano parlare Kai e il mio papà!” Janis si rivolge alla ragazza con un tono stizzito.
“Di cose da grandi, tesoro. Stai tranquilla che il papà sta arrivando.” Jared arriva in quel momento e si avvicina alla nipote con un sorriso. “Dovevano parlare di come Kai si occupa di voi due.”
Zoe prende un ampio sospiro: si sente come un naufrago al quale hanno finalmente lanciato un salvagente.
“E non potevano farlo qua?” Janis continua a incalzare lo zio con le sue domande: ha capito che c’è qualcosa che le nasconde.
Jared si gratta la nuca “No… perché… perché… perché sono cose da grandi. Adesso basta chiacchierare: ordiniamo qualcosa così quando arrivano il papà e Kai mangiamo. Scusa!” Jared alza un braccio per attirare l’attenzione di un cameriere, un ragazzino biondo che avrà sì e no vent’anni. Mentre il ragazzo si avvicina al tavolo, Janis mette il broncio e guarda lo zio in tralice, tenendo le braccia incrociate sul petto.
“Jan, cosa vuoi mangiare?”
La bambina non risponde, si limita a guardare lo zio dritto negli occhi aggrottando le sopracciglia. Dopo pochi minuti, però, Jared vede il volto della nipote illuminarsi. Si volta notando Shannon e Kai che si dirigono verso il loro tavolo. Guarda il fratello procedere a testa bassa, le mani in tasca. Arriva vicino al tavolo, rivolge lo sguardo per pochi secondi ai figli poi si siede.
Kai si dirige verso Zoe, le prende una mano facendola alzare e le due ragazze si allontanano.
“E’ successo qualcosa?” Jared si rivolge al fratello.
Shannon si gratta la nuca mentre guarda le ragazze parlare in disparte. Si volta verso Jared “Eh? Mi hai chiesto qualcosa?”
“Ti ho chiesto cosa è successo.”
“Niente…”
“Niente… ok… fingerò di crederci.”
Le ragazze tornano al tavolo e ordinano la cena. L’aria è tesa, Shannon e Kai quasi non si guardano in faccia.
Alla fine della serata, quando tutti si stanno alzando per lasciare il locale, Janis, che non ha aperto bocca durante tutta la cena, si avvicina al padre prendendogli la mano. “La nonna è tornata da Parigi?”
Shannon la guarda un po’ stupito “No… torna tra un paio di giorni.”
“Ah…” la bambina rimane in silenzio, lo sguardo basso. Poi si rivolge a Jared, senza staccare la mano da quella del padre “Zio Jay, domani fai venire Shayla a casa nostra?”
Jared strabuzza gli occhi “Ehm… ok… ma che deve fare Shayla con te e Josh?”
“Deve farci da baby-sitter.” Janis si volta verso Kai con uno sguardo duro, le sopracciglia aggrottate “Non voglio che Kai venga a casa nostra.”
Nel locale scende il gelo. Shannon guarda il fratello poi volge lo sguardo verso le ragazze, incapace di avere una qualsiasi reazione all’affermazione della figlia.
“Ok… allora... io vado a casa… prendo l’autobus…” Kai fa per allontanarsi, ma Shannon la afferra per un braccio fermandola.
“No, tu vieni in macchina con noi.” la guarda dritta negli occhi non ammettendo repliche.
In macchina nessuno parla, neanche i bambini. Joshua si appisola appoggiato al braccio di Zoe mentre Janis continua a guardare fuori dal finestrino. Jared e Shannon si guardano tra loro, ma non dicono una parola, così come fanno anche Kai e Zoe.
Arrivati da Shannon, Zoe e Kai vanno a casa loro mentre Jared si reca al piano di sopra con Joshua in braccio per metterlo a letto.
Rimasto nella sala solo con la figlia, il batterista l’affronta. “Jan, mi dici perché hai detto che non vuoi più Kai a casa nostra?”
La bambina si volta verso il padre, le lacrime che premono per scendere “Non la voglio perché non è la mamma.”
Shannon si passa una mano sul volto e si avvicina alla bambina, piegando le ginocchia per guardarla dritta in faccia e posandole le mani sulle spalle “Ti manca la mamma?”
“Sì…” la bambina inizia a piangere.
“Anche a me manca.”
“Non è vero!” la piccola si allontana dal padre, guardandolo stringendo gli occhi mentre le lacrime continuano a rigarle le guance “Ti ho visto.”
Shannon prende un lungo respiro “Cosa… cosa hai visto, Jan?” chiede temendo la risposta della piccola.
“Ti ho visto. Ho visto come guardi Kai.”
“E… e come la guardo?”
La bambina tira su col naso e alza le spalle “La guardi in un modo che non mi piace.” poi si volta dirigendosi verso le scale “Adesso vado a letto.” e corre verso il piano superiore.
Jared incrocia la bambina lungo le scale “Principessa che succede?”
“Niente.” Janis si rifugia in camera e lo zio non prova nemmeno a seguirla: gli è bastato guardarla in faccia per capire che sarebbe stato inutile, tanto non gli avrebbe risposto. Scende al piano inferiore, preparandosi psicologicamente ad affrontare il fratello: con lui non ha nessuna intenzione di essere clemente come con la nipote.
“Shan, adesso mi dici che cazzo stai combinando. E non provare a rispondermi niente altrimenti giuro che ti tiro un pugno su quel naso a patata che ti ritrovi!” si piazza davanti al fratello e lo guarda fisso negli occhi.
“Jared, non ti ci mettere anche tu per piacere. Ho già abbastanza casini di mio.” Shannon sbuffa mentre si passa una mano tra i capelli. Si gira e fa per allontanarsi dal fratello.
“Eh no caro! Questa volta non la scampi!” Jared si muove rapidamente in direzione del batterista afferrandolo per un braccio e facendolo girare “Dimmi che cazzo hai fatto con Kai sulla spiaggia. Dovevate chiarire la situazione e invece adesso mi sembra sia peggiorata. Persino Janis si è accorta che c’è qualcosa che non va.”
“E’ quello che volevo fare… cioè… volevo chiarire la situazione, parlare di quello che è successo stamattina, ma poi ne ho combinata un’altra delle mie.”
“Shan, te lo ripeto per l’ultima volta poi il cazzotto non te lo leva nessuno: dimmi cosa è successo su quella cazzo di spiaggia!”
Shannon si siede sul divano, si passa le mani sul volto poi le incrocia dietro la nuca tenendo la testa bassa “Non lo so cosa è successo… cioè… so cosa è successo, ma non so darmi una spiegazione logica. Kai era seduta sulla spiaggia e mi sono avvicinato a lei e… e l’ho baciata. Questa volta però è stato qualcosa di diverso, di più intenso rispetto a stamattina.”
Jared chiude gli occhi e prende un lungo respiro. Dopo una pausa di qualche minuto, torna a guardare il fratello “Che cosa hai fatto? Hai baciato Kai? Un’altra volta?”
“Sì…”
“Ok…” Jared inizia a camminare nervoso, facendo la spola tra la parete a finestra e il divano. Poi si ferma davanti al vetro che lo separa dal giardino e si volta in direzione del fratello “Io mi chiedo se tu sia imbecille o cosa! Che cazzo ti passa per la testa? Ti ricordo che hai una moglie, che in questo momento giace in un letto d’ospedale. Hai due figli, due bambini che oggi pomeriggio erano con noi e che sarebbero potuti arrivare su quella spiaggia da un momento all’altro e vederti mentre baciavi la loro baby-sitter.” si ferma un attimo per prendere un altro respiro. Si passa le mani tra i capelli poi si muove rapido verso il divano, sedendosi accanto a Shannon “Mi dici che cosa ti sa succedendo?”
“Jared… non lo so… Sarà stato l’effetto del tramonto o forse il fatto che in questo periodo ho la testa incasinata… non lo so davvero…” alza il volto, puntando gli occhi in quelli del fratello “In questi giorni ho un estremo bisogno di appoggiarmi a qualcuno, di trovare almeno una sicurezza nella mia vita e Kai c’è sempre. Non sto cercando una giustificazione per quello che è successo. Anzi… più ci penso e più mi accorgo che non voglio giustificazioni, che quello che è successo doveva accadere perché era esattamente quello che volevo.”
Jared sembra essersi calmato: è più forte di lui. Suo fratello potrà fare le cose peggiori al mondo, ma non riuscirà mai a essere arrabbiato con lui per più di dieci minuti. Ogni volta che lo guarda, rivede quel bambino che lo abbracciava e gli diceva che sarebbe andato tutto bene. “Shan… ti devo chiedere una cosa… ho quasi paura a farlo, ma devo. Ti… ti sei innamorato di Kai?”
Shannon appoggia i gomiti sulle cosce e si prende il volto tra le mani. Si volta verso il fratello “No… o almeno… credo di no… Jared, io ho April, sono innamorato di lei. E’ solo che… è solo che sento di avere bisogno di Kai nella mia vita. Non è amore, è altro. Mi è capitato più volte con lei di stare bene, di sentirmi sereno. E’ come se la sua presenza mi spegnesse il cervello e facesse tacere tutto il caos che ho dentro.”
“Me ne sono accorto che ti ha spento il cervello…” Jared parla a voce bassa, ma il fratello lo sente ugualmente.
Con uno scatto, Shannon si alza dal divano “Fanculo Jared! Le tue ramanzine sono l’ultima cosa di cui ho bisogno! Adesso salgo al piano di sopra, vado a controllare i bambini e me ne vado a letto. Tu puoi stare sul quel cazzo di divano tutta notte, tornare a casa tua o fare quel cavolo che ti pare.” si dirige verso le scale poi si volta “Buona notte Jared.” e sale al piano di sopra senza neanche dare il tempo al fratello di rispondere.
Lo scatto di Shannon ha come pietrificato il minore dei Leto: non è abituato a vedere suo fratello così. Solitamente è lui quello che s’infervora, che parte in quarta senza guardare in faccia a nessuno. Suo fratello è più accomodante, cerca sempre di mediare. Si passa le mani tra i capelli e si lascia andare, appoggiandosi allo schienale del divano. Lascia correre lo sguardo in giro per la sala: la mensola della libreria con le foto di April e dei bambini, il camino con i teschi tutti in fila, l’orologio che segna lo scorrere dei minuti. Si alza dirigendosi verso la parete a finestra che si affaccia sul giardino, la fa scorrere ed esce. Osserva la piscina, la luce dei faretti che si riflette sull’acqua: sicuramente è più pulita della sua, che ha quasi l’aspetto di una fogna. Inizia a camminare avanti e indietro nervoso, le mani dietro la schiena. Non sopporta discutere con suo fratello, è una cosa che gli ha sempre dato sui nervi. Il fatto poi che Shannon abbia chiuso la discussione in quel modo lo fa davvero imbestialire. “Fanculo Shannon…” mormora a denti stretti, mentre rientra per prendere le chiavi dell’auto. Si ferma un attimo a guardare le scale, come se sperasse di vedere il fratello scenderle, ma non succede niente così decide di tornare a casa.
Sale in auto e sferra un pugno al volante “Fanculo Shannon! Fanculo! Fanculo! Fanculo!” poi si passa le mani sul volto, mette in moto e si allontana da casa del fratello.
 
******
 
Il soffitto non le è mai sembrato così interessante: quella crepa quasi impercettibile nell’intonaco, vicino al lampadario, quella macchia di umidità nell’angolo a destra della parete, dove c’è la finestra. In realtà non c’è niente da vedere in una parete bianca ingiallita dal tempo, ma, al momento, starsene sdraiata e immobile le sembra l’unica soluzione. Sente che se muovesse anche solo un muscolo potrebbe causare chissà quale cataclisma.
“Sei una scema. Una grande e grossa scema. Anzi, sai cosa ti dico? Sei la capa delle sceme!” dopo qualche minuto, Kai sbuffa mentre si tira su, sedendosi sul letto. Lei e Zoe sono rientrate da mezzora, ma la sua amica non le ha ancora chiesto niente perciò si aspetta di vederla arrivare da un momento all’altro e iniziare il suo interrogatorio, sedendosi sul letto a gambe e braccia incrociate.
Non riesce a togliersi dalla testa lo sguardo di Janis, il modo in cui l’ha guardata dicendo che non la voleva più a casa sua: come ha potuto essere così stupida da non pensare ai bambini? Lei era in quella casa per occuparsi di loro, per far sì che loro stessero bene, ma ha finito col creare solo ulteriori problemi. E poi c’è Shannon. Anche se continua a ripetersi che quello che è successo tra loro è solo un errore, che la cosa non dovrà più ripetersi, non può fare a meno di ripensare a quel bacio, alle sensazioni che le ha lasciato. Sente ancora il suo sapore sulle labbra, quel brivido mentre le mani del batterista le scorrevano lungo la schiena. “Basta Kai! E’ sbagliato! E’ tutto sbagliato!” scuote la testa mentre si batte le mani sulla fronte, ma anche ripeterselo non serve a niente: non può cancellare quella sensazione che la fa sorridere.
“Bene, adesso mi dici cosa avete combinato tu e Shan. Ti avverto che non ho la ben che minima intenzione di alzarmi da qua finche non otterrò una risposta più che esauriente!” come previsto, Zoe entra nella camera di Kai sedendosi sul letto, le gambe e le braccia incrociate, fissandola negli occhi.
“Ci siamo baciati…” Kai abbassa la testa, cercando quasi di sparire nella maglietta che indossa.
“Ma… baciati per davvero o una toccata e fuga come stamattina?”
“No… questa volta è stato un bacio vero, intenso. Eravamo sulla spiaggia, si è avvicinato e abbiamo parlato un po’. Mi ha detto che ha bisogno di me, che sono l’unica che riesce a calmarlo, a fargli dimenticare per un po’ i problemi. Poi… mi ha baciata. Ti giuro che per qualche minuto il cervello mi è andato in tilt: non riuscivo a muovere neanche un muscolo. Nel momento in cui mi sono resa conto di quello che stava accadendo e ho deciso di lasciare da parte le mie paranoie, almeno per qualche secondo, lui si è come risvegliato e si è alzato. Mentre stavamo andando via, mi ha afferrato per un braccio fermandomi, come se dovesse dirmi qualcosa, ma poi è arrivata la telefonata di Jared e niente… Siamo venuti al ristorante e il resto lo sai.”
Zoe rimane per qualche minuto in silenzio poi si rivolge nuovamente all’amica “Adesso cosa hai intenzione di fare?”
Kai si sdraia sul letto e per qualche minuto torna a fissare il soffitto. “Che cosa ho intenzione di fare… Non lo so Zoe. Sicuramente non tornerò a casa di Shan a fare da baby-sitter ai bambini, visto quello che ha detto Janis. Comunque non sarei tornata: già prima riuscivo a malapena a stare nella stessa stanza con Shannon, figurati adesso. Mi sarebbe impossibile stare in quella casa, incontrarlo come niente fosse.”
Le ragazze rimangono in silenzio per qualche minuto poi Zoe si volta verso l’amica “Kai, ti posso chiedere una cosa?”
“Dimmi…”
“Sei innamorata di lui?”
“Io… ecco… Zoe ormai credo sia inutile che ti racconti delle frottole o che cerchi di raccontarle a me stessa. Shannon mi è piaciuto dal primo momento in cui l’ho visto, quella sera al Nickel. Per quattro mesi mi sono raccontata la storiella cercando di convincermi che fosse solo il mio datore di lavoro, ma adesso non posso più farlo. Non posso più negare i sentimenti che provo per lui, ma questo non vuol dire che debba viverli. Shannon rimane un uomo sposato con due figli. Non posso e non voglio mettermi in mezzo.”
“Scusa la franchezza, ma ci sei già in mezzo. Persino Janis si è accorta che c’è qualcosa tra te e suo padre.”
Kai si passa le mani sul volto “Janis… non mi scorderò mai lo sguardo che aveva stasera.” si mette seduta “Zoe, non so davvero cosa fare.”
Le due amiche si guardano per qualche minuto poi Zoe sorride “Vieni qua Kai, dammi un abbraccio.”
“Grazie, è quello che mi ci voleva.”
“Lo so.” aggiunge la ragazza bionda mentre accarezza la schiena dell’amica “Adesso sai cosa facciamo? Vado in cucina e preparo due belle tisane all’arancia, le beviamo e andiamo a nanna. Vedrai che dopo una bella dormita ti sarà tutto più chiaro.”
“Non so come farei senza di te.”
“Pure io non so come faresti senza di me!” Zoe strizza l’occhio all’amica.
“Sei la solita scema!” Kai ride mentre tira un cuscino alla bionda, che si abbassa evitandolo.
“E tu la solita imbranata! Andiamo a berci questa tisana.”
 
******
 
Jared entra in casa e si fionda direttamente sul divano, cercando di non finire in uno degli innumerevoli scatoloni che ha sparso sul pavimento di quello che dovrebbe essere un salotto, ma in realtà sembra più una discarica.  Dovrebbe decidersi a sistemare o, per lo meno, ad accendere la luce quando entra in casa. Si lascia andare sul sofà mentre cerca il cellulare nel marsupio. Digita il numero del fratello, ma dall’altra parte risponde la segreteria. “Stronzo.”
Lo sguardo cade sulla foto appesa alla parete che ha davanti, sopra al televisore. La scorge appena, leggermente illuminata dalla luce dei faretti che arriva dal giardino, ma non ha bisogno di vederla perché la conosce benissimo: ritrae suo fratello. Avrà sì e no l’età di Joshua, indossa una camicia a righe e sta dormendo. Guarda la foto e ripensa alla serata, al litigio che hanno avuto, a come si sono lasciati. Pensa ai bambini, alla reazione di Janis. “Shannon sei proprio un coglione.”
Si alza dal divano e con una mano si tira indietro i capelli grattandosi la testa “Ok… proviamo ad andare a dormire.”
Sale le scale che lo portano al piano di sopra, si spoglia e s’infila sotto le coperte. Inizia a girarsi e rigirarsi senza riuscire a prender sonno. Si alza e cerca il telefono, provando per l’ennesima volta a chiamare il fratello e sentendo ancora la voce della segreteria. Digita il numero di Zoe, sperando non gli tiri chissà quali improperi.
“Pronto?” dopo qualche squillo, la voce della ragazza gli arriva impastata dal sonno.
“Stavi dormendo?”
“Jared… sono le due di notte… secondo te cosa stavo facendo? Una corsetta intorno a casa?”
Prima cosa da ricordare: non svegliare Zoe nel cuore della notte. Jared si gratta il mento “Se ti ho scocciato, chiedo scusa… ci sentiamo domani…” Seconda cosa da ricordare: fare la vittima con la vocina da cane bastonato funziona sempre, o quasi…
“No, non riattaccare.”
Ha funzionato! Sul volto di Jared si allarga un sorriso quasi mefistofelico.
“Cosa… perché mi hai chiamato a quest’ora?”
“Non riuscivo a dormire…”
“E perché non riuscivi a dormire?” Zoe sposta i capelli da un lato e si sdraia.
“Sono agitato. Ieri sera ho parlato con mio fratello di quello che è successo con Kai e abbiamo litigato.”
“Non penso che in quarantatré anni tu non abbia mai litigato con Shannon.”
“No… non è quello… praticamente battibecchiamo tutti i giorni… ma questa volta è stato diverso. Al solito sono io quello che sbatte la porta e se ne va, salvo poi tornare indietro dopo dieci minuti, ma stasera, a un certo punto, Shan mi ha mandato al diavolo ed è andato a letto.”
“Si vede che sei riuscito a farlo arrabbiare dicendo qualcosa di sbagliato. Strano… con i tuoi modi così delicati…” il tono ironico di Zoe indispettisce Jared.
“Non mi sembra che i miei modi delicati ti diano così fastidio…”
“Non stiamo parlando di me e neanche di te, ma di tuo fratello.”
“Già…” Jared rimane in silenzio per un po’ “Zoe… sei ancora lì?”
La ragazza sbadiglia mentre prende una ciocca di capelli e inizia ad arrotolarsela intorno ad un dito “Sì, ci sono.”
“Domani che fai? Lavori?”
“Solo il mattino.”
“Allora ti vengo a prendere dopo pranzo e fuggiamo insieme. Ho bisogno di staccare, di dimenticarmi per qualche ora di April, di mio fratello, dei bambini, di tutto. Dimmi di sì, ti prego.”
“Va bene, ma non hai bisogno di pregarmi per convincermi a scappare con te.” Zoe sorride.
“Lo so. So benissimo di essere irresistibile, Zoe.” Jared abbassa il tono della voce rendendolo sensuale.
“Leto, sai che sei un bastardo?”
“Sì, sono un insensibile, egocentrico bastardo, ma sono anche adorabile.” Jared ride. “Adesso ti lascio dormire. Buona notte Zoe, ci vediamo domani.”
“Buona notte Jared. Cerca di stare tranquillo e domani mattina ricordati di mandare Shayla da tuo fratello: non credo che Kai vorrà ancora lavorare per lui.”
“Nemmeno io penso che lo farà. Zoe, ricordi cosa ti ho detto oggi sulla spiaggia?”
“Che ci aspettava un bel casino?”
“Esatto…”
“Già… dormiamoci su.”
“Proviamoci… magari domani ci verrà qualche idea brillante. Buona notte Zoe.”
“Notte Jared, a domani.”
 
******
 
Shannon si allunga verso il comodino, prende l’orologio e controlla l’ora: le quattro. Chissà se suo fratello si è levato dai piedi o ha deciso di passare tutta la notte sul divano. Potrebbe scendere al piano di sotto e verificarlo da solo, ma questo vorrebbe dire alzarsi da letto e non ne ha nessuna voglia. Non che stare sdraiato gli stia portando chissà quale beneficio: da quando ha lasciato Jared in salotto, non è riuscito a chiudere occhio. Non sopporta litigare con suo fratello e ancor meno sopporta quando Jared vuole dare giudizi sulla sua vita.
Si siede appoggiando la schiena al muro e si guarda allo specchio “Shannon sei un coglione.” si passa le mani sul volto mentre la mente inizia a correre. Ripensa a Kai, a quel bacio e si sente uno schifo perché in qualunque modo cerchi di vedere le cose non riesce a pentirsene. “Che cazzo ti sta succedendo? Che combini?”
Chiude gli occhi e inizia a darsi dei pugni sulla fronte, come se servisse ad aprirgli il cervello. Poi gli torna in mente Janis, la sua reazione: domani dovrà parlarle.
Si sdraia, sperando di poter dormire almeno un po’. Dopo qualche minuto, sente la porta aprirsi.
“Papà… sei sveglio?”
"Jan… che è successo?”
“Niente…” la bambina rimane in piedi sulla soglia della porta, la testa bassa e le mani che torturano il bordo della camicia da notte.
Shannon sorride “Jan, guardami.”
La bimba alza il volto rivolgendo lo sguardo al padre.
“Vieni qua.” Shannon appoggia una mano sul materasso e la bambina sale sul lettone. “Mi dici che succede?”
“Non riesco a dormire.”
“Hai fatto un brutto sogno?”
La bimba nega scuotendo la testa.
“E allora che succede?”
Janis non risponde. Per qualche minuto rimane a testa bassa a torturare il bordo del lenzuolo poi rivolge lo sguardo al padre “Papà, tu vuoi bene alla mamma?”
Shannon strabuzza gli occhi “Certo che le voglio bene.”
“Bene.” la piccola sorride. “Mi abbracci?”
“Vieni qua Principessa.” l’uomo avvolge la figlia con le braccia.
“Posso dormire con te?”
“Va bene, ma non iniziare a russare come fai sempre!” Shannon ride mentre la piccola lo guarda stizzita.
“Io non russo! Sei tu che sembri un trattore!” anche la bambina ride e inizia a fare il solletico al padre “E hai pure la pancia!” Janis si sdraia sul letto.
“Te la faccio vedere io la pancia!”
“Che cosa state facendo?” Joshua si presenta sulla porta, i capelli arruffati e gli occhi assonnati.
“Facciamo la guerra del solletico!” Janis risponde al fratellino.
“Vengo anch’io!” il bambino fa uno scatto e si butta sul letto, iniziando a torturare il padre.
“Piccole pesti! Adesso basta che potrei soffocare dal ridere!”
“Non hai più fiato papà, sei vecchio!” Janis continua a infierire.
“E tu sei una strega! Adesso che ne dite di dormire?”
“Qua? Nel lettone?” Joshua guarda il padre con gli occhi speranzosi.
“Certo diavoletto” Shannon sorride al figlio spettinandogli il caschetto biondo “Tutti qua nel lettone.”
I tre si sdraiano abbracciandosi, in attesa di incontrare Morfeo ed essere portati nel mondo dei sogni.
 

[i] Frase tratta da “Disarm me (with your loneliness)” degli HIM http://www.youtube.com/watch?v=cJDM9H5GxYc
 
[ii] Volete fare un giro alla C. & O. Trattoria? Andate a Venice Beach oppure andate qua http://www.cotrattoria.com/

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Capitolo 12
*** *** Siamo l'anima che brucia in un mondo che si perde *** ***


Lo so! Lo so! Lo so! Sono una scrittrice pessima e vi ho fatto aspettare una vita per questo capitolo, ma sono stata presa da altro e la Musa si era dispersa. Comunque non sono stata a girarmi le dita tutto il tempo: non so se ve ne siete accorti, ma ho pubblicato una os riguardante Shan e April: un missing moment che ci mostra come si sono conosciuti e che trovate qua  Thinking Out Loud
Veniamo all'aggiornamento. Questo capitolo è un punto di svolta: qua finisce la prima parte di questa ff, dal prossimo capitolo entreremo in una nuova fase, sperando continuerete a seguirmi nei miei deliri.
Vi lascio il link al gruppo dedicato alla ff, dove potrete trovare un po' di cosette carine 
This is the Story of my Life
Qua, invece, trovate il trailer della ff (abbiate pietà: è il primo che faccio...) Life is a Roller Coaster
Bene, la smetto di stressarvi con le mie scemenze e vi lascio al capitolo. Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate.

Buona lettura :)
 
 
 
“Papà, ho fame.” Joshua sbuffa, il gomito appoggiato sul tavolo mentre con la mano regge la testa.
“Cinque minuti ed è pronto.” Shannon cerca di girare i pancakes senza rovesciarli a terra.
“Papà, sento puzza di bruciato!” Janis si lamenta “Il tostapane fuma!” e scoppia a ridere.
“Oh porc…” l’uomo si appresta velocemente a estrarre le fette di pane, che ormai si sono carbonizzate.
“Papà sei un pasticcione!” anche Joshua inizia a ridere “Anche la padella fuma!”
Il batterista toglie la padella dal fornello e guarda sconsolato quello che rimane dei suoi pancakes. Si gratta la fronte poi si volta in direzione dei bambini “Ehm… mi sa che la colazione stamattina la facciamo al bar…”
Janis e Joshua si guardano ridendo.
“Dove cavolo ho la testa…” Shannon mormora fra sé e sé. In realtà sa benissimo che i suoi pensieri sono concentrati sulla giornata precedente, su quello che è successo con Kai, ma, soprattutto, con suo fratello. Sbollita la rabbia del momento, è stato tutta notte a rimuginare, a farsi domande senza trovare risposte.
Non sa come reagirà tra pochi minuti, vedendo entrare Kai dalla porta. Ammesso che decida di venire al lavoro. E se invece la ragazza davvero non tornasse più? Forse sarebbe la soluzione migliore, l’unica soluzione sensata a dire il vero.
Poi c’è suo fratello. È vero, Jared è un rompiballe, è iperprotettivo e cerca sempre di controllare tutto, persino la sua vita, ma questa volta non ha tutti i torti.
Forse.
Sbuffa mentre si passa una mano sul volto cercando di salvare il salvabile di quella che doveva essere la colazione sua e dei figli.
“Buongiorno dormiglioni!” in quel momento, Jared entra dalla porta. “Cos’è questa puzza? Meno male che ho portato le brioches.” Appoggia sul tavolo un sacchetto di carta e ride, avvicinandosi ai fornelli mentre i bambini si avventano sui dolci “E poi sarei io quello che manda a fuoco la cucina…” sentenzia prendendo la padella in mano “Shan, credo che questa possa finire direttamente nel pattume: è completamente bruciata! Ma come hai fatto?” guarda il fratello sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori, anche se non così sicuro come il solito.
Si è fermato qualche minuto davanti alla porta prima di decidersi a entrare, memore della discussione avuta la sera prima. Si è chiesto diverse volte se avesse sbagliato qualcosa, se magari non avesse esagerato e la risposta che si è dato è stata sempre la stessa: no. Se c’è qualcuno che deve rimproverarsi qualcosa quello è Shannon, non di certo lui. O forse è vero che ha esagerato. Sicuramente non può pretendere di controllare la vita di suo fratello, ma neanche lasciarlo sbagliare senza intervenire. È sempre andata così tra loro: si sono sempre protetti a vicenda, anche a costo di scontrarsi, tanto poi sa che suo fratello è incapace di tenergli il muso per più di cinque minuti.
“Dai qua…” Shannon si volta stizzito, strappando la pentola dalle mani di Jared “Per una volta che ho bruciato due pancake fate tutte queste storie…” fa un sorriso al fratello: tra loro non servono troppe parole, basta che si guardino negli occhi per dirsi tutto.
“I pancake e anche i toast! Papà sei un imbranato!” Janis ride prendendo in giro il padre poi si volta verso la porta, spalanca gli occhi e sul volto si disegna un enorme sorriso “Shayla!”
“Buongiorno principessa!” la ragazza si avvicina alla bambina e l’abbraccia.
“Zio Jay, perché c’è Shayla?”
“Josh, oggi Shayla starà con voi.” Jared si avvicina al nipote spettinandogli la frangetta.
“Perché? Non viene Kai?”
“No! Kai non c’è!” Janis si volta, l’espressione seria, puntando i suoi grandi occhi verdi sul padre.
Shannon sente come se la figlia gli stesse facendo una radiografia. Guarda la bambina sentendosi a disagio, come se la piccola riuscisse a leggere nei suoi pensieri. Non si aspettava di certo che Kai sarebbe tornata a casa sua come se niente fosse, soprattutto dopo quello che era successo con Janis, ma non vederla entrare dalla porta come ogni mattina l’ha messo di fronte al fatto che probabilmente non la vedrà più.
Non la vedrà più.
Resta immobile a fissare il pensile della cucina, come se servisse a trovare le risposte al caos che sente dentro. Poi, la voce del fratello lo riporta alla realtà “Shan, sei pronto?”
“Ehm… dammi cinque minuti che mi vesto e arrivo.” Esce dalla cucina e si dirige svelto al piano di sopra. Entra in bagno, apre il rubinetto e si risciacqua il volto sperando che l’acqua fredda serva a schiarirgli le idee. Va in camera, si veste poi torna in cucina. “Andiamo?” guarda il fratello, intento a levarsi dalla barba lo zucchero caduto dalla brioches che ha appena addentato, e scoppia in una grassa risata.
“Se hai finito di prendermi in giro, possiamo andare?” Jared lo guarda stizzito.
“Ok, andiamo.” gli risponde, cercando di soffocare l’ennesima risata.

Il tragitto che porta da casa sua all’ospedale non gli è mai sembrato così lungo. Shannon si sente gli occhi di Jared puntati addosso, come fossero su un ring e suo fratello aspettasse una mossa sbagliata per sferrargli il colpo del ko. Anche se non lo vede in faccia, sa benissimo che il cantante lo sta fissando. Stranamente non gli ha ancora fatto domande, ma meglio così: non muore dalla voglia di dare spiegazioni al fratellino, di cercare motivazioni al perché di certi suoi sentimenti. Anche perché in fin dei conti neanche saprebbe cosa rispondergli. E poi vorrebbe davvero rispondergli? No. Se ci pensa bene, non ha nessuna voglia di provare a spiegare, a giustificarsi e, soprattutto, non ha nessuna voglia di tornare a discutere con lui.
Jared guarda Shannon guidare, lo sguardo fisso sulla strada: picchietta le dita sul volante cercando di seguire il ritmo del brano che esce dall’autoradio, ma in realtà sa benissimo che non sta ascoltando la musica. Il gesto del fratello è più dettato dal nervosismo che dall’effettivo interesse per il ritmo. Evita in tutti i modi di voltarsi nella sua direzione e lui continua a fissarlo, sperando d’incrociare il suo sguardo anche solo per un secondo e avere così la scusa per sferrare il suo attacco. In realtà spererebbe fosse il fratello a parlare per primo, ma sa anche che aspettare che Shannon prenda un’iniziativa potrebbe voler dire attendere per secoli.
Così decide di prendere in mano la situazione “Allora?”
“Allora cosa? Jared non iniziare con i tuoi giochetti di parole e vai subito al sodo. Che cosa vuoi chiedermi?” Shannon accosta l’auto nel parcheggio dell’ospedale e spegne il motore voltandosi verso il fratello, che abbassa lo sguardo e inizia a giocare con le dita.
Al maggiore dei Leto scappa un sorriso.
“Che hai da ridere?” Jared aggrotta le sopracciglia.
“Rido perché sei buffo.”
“E perché mai sarei buffo?” il cantante mette il broncio.
“Perché hai la stessa espressione di quando eravamo piccoli. Ogni volta che litigavamo e volevi chiedermi qualcosa, abbassavi lo sguardo, mettevi il broncio e iniziavi a torturarti le dita.” Shannon allunga un braccio e accarezza i capelli del fratello.
“Già… non mi è mai piaciuto discutere con te.” Jared punta gli occhi in quelli del batterista.
“Neanche a me.” il maggiore dei Leto sorride “Jay… scusa per ieri sera. Tu avevi tutte le ragioni del mondo ed io… io sono sbottato così… boh… penso che il problema fosse che mi dava fastidio sentirti dire certe cose. Cioè… forse mi ha dato così fastidio perché mi hai messo davanti agli occhi la realtà dei fatti.”
“Shan, lasciamo perdere ok? È andata com’è andata. Possiamo considerare tutta questa storia un capitolo chiuso? Adesso entriamo in quell’ospedale, andiamo a trovare tua moglie poi tornerai a casa dai tuoi bambini. Kai non la rivedrai più, me l’ha detto Zoe che non lavorerà più per te.”
Shannon abbassa lo sguardo “Già… credo abbia preso la decisione più giusta… l’unica che poteva prendere…” poi torna a puntare gli occhi in quelli del fratello “Jay, chiudiamo qua l’argomento, ok? Kai è una storia chiusa e adesso andiamo da April.”
“Ok, andiamo.”
 
******
 
Kai fissa la tazza di latte che ha davanti rigirando il cucchiaino. Durante la notte non ha chiuso occhio: nella testa le giravano troppi pensieri. Non è riuscita a togliersi dalla mente lo sguardo di Janis, il modo in cui le ha parlato. Perché è stata così stupida da non pensare alle conseguenze delle sue azioni? Quei bambini ne stanno passando già abbastanza per via della situazione della madre e lei cosa ha fatto? Invece di occuparsi di loro si è andata a incasinare con Shannon.
Shannon… Già… Shannon. Anche se sa che è stato un errore, che non sarebbe mai dovuto accadere niente tra loro, non può fare a meno di ripensare a quel bacio, al modo in cui si è sentita su quella spiaggia e il mattino precedente a casa del batterista.
Chiude gli occhi e si porta le mani sul volto “È sbagliato Kai. È tutto sbagliato perciò smettila!”
“Che fai? Parli da sola?” Zoe entra in cucina dirigendosi verso il frigorifero per versarsi un bicchiere di succo d’arancia. Si siede vicino all’amica. “Come va?”
Kai sbuffa “Non so come va… ho la testa che è più rumorosa della piazza del mercato. Conosci un modo per far tacere i pensieri?”
“Immagino ti ci vorrà un po’ di tempo, ma passerà. Intanto hai preso la decisione più giusta, quella di non lavorare più per Shan.”
“Non ho avuto molta scelta dopo quello che ha detto ieri Janis.”
“Già… comunque è meglio che tu non lo riveda più. Non sarà così facile, soprattutto perché io esco con Jared, ma almeno per qualche giorno evita d’incontrarlo.”
“Tranquilla: non ho la ben che minima intenzione di rivederlo. Ho già combinato troppi casini.”
Zoe si avvicina all’amica, appoggiandole una mano sulla spalla “Kai cerca di non colpevolizzarti troppo ok? In fondo cosa è successo? Niente! Tu e Shannon vi siete baciati, ma è finita lì. Non eri da sola su quella spiaggia perciò la colpa non è tutta tua. Fino a prova contraria, quello che ha moglie e figli è lui, non tu.”
“Ma io ero in quella casa per occuparmi dei bambini e innamorarmi del loro papà non rientrava certo nei miei compiti…”
“Ok, ma non l’hai fatto apposta…”
“E che c’entra? Rimane il fatto che avrei dovuto prestare più attenzione ai bambini e meno al padre.”
“Il fatto che il padre sia bello da togliere il fiato puoi considerarlo un’attenuante o vuoi continuare a colpevolizzarti fino all’ultimo dei tuoi giorni?” Zoe sorride all’amica cercando di stemprare la tensione.
“Sei proprio una scema!” Kai scoppia a ridere.
“Visto che finalmente sono riuscita a farti ridere, scappo al lavoro che sono già in ritardo. Oggi pomeriggio esco con Jared: ha detto che vuole portarmi in un posto perché ha bisogno di staccare. Vedremo che combina.” Zoe sorride mentre saluta l’amica. “Tu cerca di star bene, ok? Ti chiamo più tardi.” le da un bacio sulla testa ed esce da casa.
Kai, rimasta sola, cerca di far tacere i suoi pensieri accendendo la tv, ma con scarsi risultati. “Quasi quasi me ne torno a letto…” dice fra sé e sé sconsolata.
 
******
 
“Tomislav Miličević mi spieghi che cavolo stai facendo?”
Tomo trasale nel sentire la voce della moglie: se lo chiama Tomislav deve averne combinata una davvero grossa, ma cosa? Si guarda intorno cercando un qualche indizio, ma niente. Allora prova ad abbozzare una risposta. “Ehm… cerco di uscire dall’ospedale?”
“Certo… cerchi di uscire dall’ospedale… non stai dimenticando qualcosa?”
Il croato si gratta la testa, si guarda intorno, ma non vede niente di strano.
Vicki guarda il marito spazientita “Tomo… dov’è Branko?”
“Ehm… Branko…” si guarda intorno e individua il passeggino con il figlio in un angolo “Eccolo! Piccolo monellaccio, ti nascondevi da papà eh?”
“Fai poco lo spiritoso! Ci mancava solo che lasciassi tuo figlio in ospedale.”
“Pensavo lo prendessi tu…” l’uomo guarda la moglie mettendo il broncio sperando così di rabbonirla.
“Se io fossi la dea Kalì, forse ci sarei riuscita!” Vicki gli risponde, guardandolo con un’espressione decisamente scocciata e mostrandogli le mani occupate a reggere la borsa per il cambio del bambino e documenti vari.
Vedendo il viso della moglie, Tomo spinge il passeggino fuori dall’ospedale restando in silenzio: non vorrebbe dire anche solo una parola sbagliata e ritrovarsi la testa infilata nella borsa dei pannolini.
“Guarda, ci sono Shannon e Jared.” il chitarrista sorride pensando allo scampato pericolo e gira il passeggino dirigendosi verso i due fratelli.
“Tomo, Vicki che fate qua? È tutto a posto?” Jared si avvicina all’amico, chinandosi per dare un buffetto al piccolo Branko.
“Sì, tutto a posto. Siamo venuti a fare le vaccinazioni al piccolo. Voi? Tutto a posto?”
Shannon si passa una mano tra i capelli “Diciamo di sì…”
Tomo guarda l’amico aggrottando le sopracciglia “È successo qualcosa ad April?”
“No.” Shannon sospira “Non è successo niente, comunque niente di così eclatante. I medici dicono che ci sono miglioramenti ed io voglio crederci, ma poi entro in quella stanza e la vedo sdraiata in quel letto… Vorrei solo che si svegliasse, ma, a quanto pare, devo ancora portare pazienza.”
Il croato si avvicina al batterista poggiandogli una mano sulla spalla “Ne uscirete, ne sono certo. Devi avere fiducia nei medici: se ti dicono che ci sono miglioramenti devi crederci. Vedrai che tra qualche giorno April tornerà a casa con te e i bambini.”
“Ma sì… deve essere così.” Shannon guarda l’amico mentre escono dall’ospedale. “Avete tempo di mangiare un boccone con noi?”
“Veramente dovremmo andare a prendere le bambine…” vedendo l’espressione di Shannon, Tomo capisce subito che dietro alla sua richiesta c’è dell’altro “Ma se vuoi, ci possiamo vedere dopo. Nel pomeriggio porto Branko e Sharon al parco dietro casa nostra, così Vicki può passare un po’ di tempo con Alicia che in questi giorni è intrattabile. Se ti va, puoi raggiungerci lì.”
“Ok, ci vediamo più tardi. Adesso vado prima che Jay decida di lasciarmi a piedi: deve scappare che ha un appuntamento con Zoe.”
“Allora quei due fanno davvero sul serio!” Vicki fa un ampio sorriso “Dici che è la volta buona che si sistema pure lui?”
“Non correre troppo! Stiamo sempre parlando di mio fratello.” Shannon strizza l’occhio alla moglie dell’amico, poi s’incammina verso il parcheggio “Ok… vado prima che Jared inizi a imprecare. Ci vediamo più tardi.”
“Ok, a dopo Shan.”

******
 
Jared sbuffa mentre guarda per l’ennesima volta l’orologio. Inizia a camminare lungo il marciapiede, facendo la spola dalla macchina al cancello della casa di Zoe e Kai. Se c’è una cosa che lo scoccia, è attendere: non riesce a capire perché se da un appuntamento a Zoe a un certo orario debba regolarmente aspettare dai dieci ai quindici minuti che lei scenda.
“Eccomi!” la ragazza esce dal cancello e si avvicina all’uomo.
“Finalmente, pensavo di dover fare il solco su questo marciapiede.” Jared le risponde, con un tono che esce più acido di quello che avrebbe voluto.
“Esagerato! Cosa vuoi che sia aspettare dieci minuti? Credo ne valga la pena no?” e gli strizza l’occhio.
“Mmmm…” l’uomo la guarda poco convinto “Saliamo in macchina che ti porto in un posto.”
“Dove andiamo?”
“Tu sali in auto e non ti preoccupare.” l’uomo le sorride, mentre le apre la portiera.
Zoe guarda il paesaggio cambiare oltre il vetro del finestrino. Vede le case di Los Angeles lasciare piano piano spazio agli alberi, mentre le ruote dell’auto di Jared percorrono veloci la strada che risale la collina di Hollywood.
“Dove mi stai portando?”
“Non essere troppo curiosa, Zoe.” l’uomo si volta, rivolgendo per un attimo lo sguardo alla ragazza, poi torna a guardare la strada, attento.
Zoe sbuffa “Ma quanto ci mettiamo?”
“Non essere impaziente, Zoe.” Jared trattiene una risatina.
“Ho fame.”
“Tra poco si mangia, Zoe.” il cantante si passa una mano sulla bocca, mentre gli scappa da ridere.
“Ti diverti proprio così tanto a prendermi in giro vero?” la ragazza lo guarda, leggermente stizzita.
“È che a volte mi sembra di avere a che fare con una bimba di cinque anni. Ti fidi di me?”
“Sì…”
“Allora smettila di fare domande inutili e goditi il panorama. Quando saremo arrivati te ne accorgerai.” strizza l’occhio alla ragazza e torna a puntare lo sguardo sulla strada.

Jared parcheggia l’auto, si volta a guardare Zoe, assorta nel sonno, e gli scappa un sorriso.
È bella, bellissima, persa chissà dove, con quell’espressione sognante e un po’ infantile. Ripensa a quattro mesi prima, alla prima volta che l’ha vista a casa sua. Non si erano detti molto, lei era lì solo per accompagnare Kai al colloquio di lavoro, ma c’era qualcosa che l’aveva colpito, tanto che ha voluto rivederla qualche settimana dopo, il giorno del compleanno di Janis. Poi è arrivato quell’incontro al supermercato, la cena al Wokano e… e tutto il resto.
Ancora si chiede come hanno fatto ad arrivare a questo punto. Quando le ha chiesto di uscire non l’aveva certo fatto con l’intento di iniziare una storia importante ed è sicuro che anche Zoe fosse ben lontana dal vederlo qualcosa di più di qualcuno con cui passare qualche ora piacevole, ma poi è cambiato tutto. Il giorno che hanno litigato, quando si è reso conto che avrebbe potuto perderla, ha capito che non era più una questione solo di sesso. Sicuramente non pensa a metter su famiglia come suo fratello, ma sente che Zoe è importante, che per lei prova qualcosa di forte.

Zoe apre gli occhi e nuove il collo indolenzito: dormire in macchina non è proprio il massimo, anche perché ogni volta si sveglia con dolori da tutte le parti e ci mette almeno dieci minuti per rendersi conto di essere al mondo. Però è più forte di lei, è un vizio che si porta dietro da quando era piccola quello di addormentarsi appena la macchina si mette in moto. Non c’è niente che la culli come il rumore del motore, soprattutto se ha passato una mattina allucinante al lavoro.
“Buongiorno.”
Sente una voce arrivare dalla sua sinistra e si volta, incrociando gli occhi di Jared. Ogni volta rimane imbambolata davanti a quei pezzi di cielo, a quel sorriso. Se pensa a come si sono evolute le cose da quel primo incontro, quattro mesi prima, ancora stenta a crederci. Non riesce ancora a capacitarsi del fatto che Jared Leto, l’uomo che ha popolato i suoi sogni erotici per anni, sia diventato una realtà. Non che siano tutte rose e fiori con lui, ha un carattere che non è facile da sopportare ed è ancor più difficile stargli dietro, però non potrebbe chiedere di meglio.
“Dove mi hai portato?” chiede, stropicciandosi gli occhi mentre cerca di guardare fuori dal finestrino.
“Ti volevo far vedere un posto.” Jared le sorride aprendo la portiera.
Zoe scende dall’auto e guarda la casa enorme che ha davanti: le pareti basse, il tetto piatto e quell’enorme portone di legno marrone che le mette un po’ soggezione. Si volta verso l’uomo che ha al suo fianco.
Jared le passa un braccio dietro la schiena, cingendole i fianchi e attirandola a se. Le sorride mentre estrae le chiavi e apre la porta “Benvenuta nella mia dimora.”
La ragazza aggrotta le sopracciglia “La tua dimora?” gli chiede mentre varca la soglia.
“Esatto: questa è la mia nuova casa. L’ho appena comprata. Ti piace?”
Zoe si guarda intorno, ritrovandosi in un corridoio alle cui pareti capeggiano due quadri molto colorati, a differenza delle pareti che sono tutte rigorosamente bianche. La casa è molto luminosa, anche grazie alle enormi finestre rettangolari.
“Allora? Non mi dici niente? Ti piace o no?” Jared la guarda con gli occhi luminosi: sembra un bambino che mostra orgoglioso la sua pagella alla mamma e la osserva trepidante, in attesa del premio per essere stato bravo.
“Mmmm… ci devo pensare.” la ragazza strizza l’occhio al cantante, prendendolo un po’ in giro.
“Ok, vediamo che mi dirai dopo che ti avrò mostrato il mio pezzo forte.” Jared la prende per mano e la conduce in una stanza adibita a una sorta di galleria d’arte “Ecco la mia pinacoteca personale. Ci sono quadri che ho comprato un po’ in tutto il mondo, la maggior parte da artisti semisconosciuti.”
La ragazza rimane sbalordita “Jared… è… è bellissima.” gli dice, strabuzzando gli occhi.
“Vieni, ti mostro un altro posto.” l’uomo la guida verso una portafinestra che da sull’esterno. La apre e la coppia si ritrova in un giardino.
Zoe rimane incantata ad ammirare la piscina, le rocce che la circondano, le piante. Sembra di trovarsi in un angolo di Paradiso e l’uomo al suo fianco sembra un angelo. Un angelo con un sorriso e un corpo che le stimola pensieri tutt’altro che celesti, ma pur sempre un angelo.
“Allora che ne dici? Non ti ho ancora mostrato tutto, ma che idea ti sei fatta?”
“È bellissima, Jared, ed è anche enorme!” Zoe sorride mentre si avvicina all’uomo lasciandogli un bacio sulle labbra “È perfetta.”
“Davvero ti piace?”
“Sì, tantissimo.”
“Sono felice.” Jared sorride soddisfatto “Sei la prima persona cui la mostro. Non ho ancora portato qua nemmeno mia madre e mio fratello.” si passa una mano tra i capelli, leggermente imbarazzato “Volevo fossi tu la prima a vedere il mio nuovo nido.”
Zoe arrossisce, mentre Jared le prende le mani “Zoe, non nego che quando ti ho conosciuto, quando ti ho chiesto di uscire con me la prima volta, non stavo sicuramente cercando una persona di cui innamorarmi. Le mie intenzioni erano di divertirmi e devo dire che quella sera, dopo la cena al Wokano, mi sono divertito e anche parecchio!” ride malizioso.
“Quanto sei scemo!” la ragazza gli da un leggero pugno sul bicipite destro “Comunque anch’io mi sono divertita quella sera.”
“Me ne sono accorto: sembravi una ninfomane!” Jared ride portando la testa all’indietro.
“Senti chi parla! Prima le fragole, poi la doccia, poi la stanza da letto. A un certo punto mi ero quasi convinta che tu fossi un robot progettato per uccidere a colpi di sesso sfrenato.” Zoe ride mentre prende in giro l’uomo.
“Esagerata! Comunque non era di questo che volevo parlarti. Adesso vedi di non interrompermi o ti getto in piscina.”
“Ecco qua il mio Jared, pensavo stessi diventando un po’ troppo sdolcinato.”
“Ti ho detto di non interrompermi.”
“Ok, sto zitta. Parla pure.”
“Brava bambina. Stavo dicendo che quando ti ho conosciuto cercavo una persona con cui divertirmi, niente di più. Tu però sei stata capace di tirar fuori una parte di me che credevo di aver seppellito per sempre. Mi hai travolto, sconvolto, tanto dal convincermi che non posso più fare a meno di te. Non ti sto chiedendo di sposarmi, tranquilla. Mi hai fatto uscire di testa, ma non fino a questo punto. Però… ecco…” si gratta la nuca, abbassando leggermente lo sguardo “Ecco… questa casa è enorme per una persona sola… magari… ecco… magari potresti considera un po’ tua.”
“Jared, cosa vorresti dire?”
“Vorrei chiederti, se ti va, di provare a trasferirti qua.”
“Vorresti che venissi a vivere con te?” Zoe strabuzza gli occhi incredula.
“Sì… Cioè… no… niente d’impegnativo o complicato. Porti qua un po’ di roba tua e, quando hai voglia, ti fermi per un po’.” Jared abbassa lo sguardo e inizia a giocherellare con le dita.
Per qualche minuto, i due rimangono in silenzio, ma, dopo un po’, l’uomo sbuffa “Al Diavolo! Zoe, ti andrebbe di venire a vivere con me?”
La ragazza lo guarda in tralice, sorridendo e fingendo di pensarci su.
Il cantante si avvicina, appoggiando la fronte alla sua “Non aspettare troppo a darmi una risposta, potrei anche cambiare idea.”
“Sì, non vedo l’ora di divedere questa casa con te.” Zoe lo guarda negli occhi e avvicina le labbra alle sue “Non aspettavo altro.”
“Mi sa che mi sono fregato da solo.”
“Già, ti sei proprio fregato Leto.” aggiunge la ragazza, mentre si avvicina a Jared baciandolo.
 
******
 
Il sole alto del primo pomeriggio gli batte sulla faccia, mentre, seduto sull’erba, respira a pieni polmoni, godendosi la giornata all’aperto. Tomo guarda Shannon, che l’ha raggiunto con i bambini da una mezz’ora circa, ma non ha ancora aperto bocca, fatta eccezione per un “Ciao” veloce. È impegnato a rincorrere Joshua, ma ha come l’impressione che il bambino sia una scusa per tenersi occupato e non dover per forza parlare. Si chiede se mai si deciderà a sputare il rospo.
Quando ha incrociato lui e Jared all’ospedale, ha capito subito che l’amico aveva qualcosa di strano, qualcosa che non aveva niente a che fare con April e la situazione che stanno vivendo lui e i bambini dal giorno dell’incidente. La richiesta di pranzare insieme, poi, gli ha dato la conferma del fatto che Shannon avesse bisogno di parlargli. Nonostante questo, conosce abbastanza bene il maggiore dei Leto, tanto da sapere per certo che non si deciderà mai a iniziare un discorso.
Ormai sono anni che Tomo lavora con Jared e Shannon, sono anni che condivide tutto con loro, tanto che per lui non sono più solo colleghi di lavoro, ma fanno parte della sua famiglia. Spesso si sente come il fratellino minore, tanta è la complicità che ha sviluppato con i Leto. Non è stato facile, soprattutto con Jared. Ha faticato parecchio per riuscire a conquistare la sua fiducia, mentre con Shan si è sentito a casa fin dal primo secondo. Forse è stata proprio questa cosa a metterlo sulle difensive: anche se non l’ammetterebbe mai, nemmeno sotto tortura, è quasi certo che fosse geloso di questa amicizia speciale che lega lui e Shannon.
“Josh fermati!” Shannon si lascia andare sull’erba, ansimando per via del fiatone “Jane! Dai un’occhiata tu a tuo fratello, io non ce la faccio più!”
“Papà sei vecchio!” la bambina ride, prendendo in giro il padre “Josh vieni!” si avvicina al fratellino, afferrandolo per un braccio e fermandolo “Andiamo sull’altalena con Sharon.”
“E tu piccolino che combini?” il batterista prende in braccio Branko, sorridendogli “Sei proprio un bel bambino sai? E sei anche bravo, non come quel rompiscatole di tuo padre.” porta la schiena indietro, sdraiandosi e attirando il piccolo a sé per dargli un bacio.
Dopo qualche minuto di coccole con il piccolo Miličević, Shannon si mette a sedere e si rivolge a Tomo “Più cresce e più ti assomiglia.”
“I geni della famiglia Miličević sono potenti sai? Guardando i tuoi figli, però, direi che anche quelli dei Leto non scherzano: Joshua è uguale a te da piccolo.”
“Ma ha gli occhi da pazzo di mio fratello!” Shannon scoppia a ridere. “Mamma, ogni volta che lo vede, mi dice che ha come un déjà vu: le sembra di esser tornata indietro di quarant’anni, quando ero io a correre come un matto per tutta la casa.” sorride, mentre Branko gli stringe un dito.
“Janis invece è già una signorina: guardala com’è brava con Josh e quella peste di Sharon. È riuscita a farli star buoni entrambi.”
“Già…” Shannon abbassa lo sguardo “In questi mesi è cresciuta molto…” prende un sospiro e torna a guardare i bambini “... anche troppo. Da quando April… sì... insomma… dopo l’incidente Jane ha iniziato a prendersi cura del fratellino, senza che nessuno glielo chiedesse. È sempre stata una bambina responsabile, ha sempre aiutato April con Josh, per quanto le è stato possibile, visto che anche lei è piccola. In questi mesi però si è proprio presa a carico Josh. Sai che è lei che lo prepara per andare a letto? Salgono al piano di sopra, lo porta in bagno a lavarsi i denti, gli mette il pigiama e a me non resta altro da fare che rimboccare loro le coperte.”
“Anche Alicia è diventata bravissima da quando è nato Branko: anche se è piccola, aiuta tantissimo Vicki. In questo periodo però ha iniziato a fare i dispetti, a trattare male la sorellina. Temo si senta un po’ trascurata: Branko assorbe tutte le energie di Vicki ed io devo correre dietro di continuo a quella peste di Sharon, che ne combina una al secondo. A volte temo che ci scordiamo che Alicia ha solo sei anni. Oggi Vicki mi ha chiesto di portar fuori i piccolini così poteva passare un po’ di tempo con lei: speriamo serva a qualcosa.”
I due amici restano per qualche minuto a guardare i bambini che giocano felici. A un tratto, Tomo rompe il silenzio “Shannon, stamattina, quando ti ho incontrato in ospedale, ho avuto l’impressione che fossi preoccupato per qualcosa, non solo per April.”
“Non posso proprio nasconderti niente, vero?” Shannon fa un sorriso, mentre guarda l’amico.
“Direi che dovresti anche smettere di provarci, tanto ogni volta ti scopro subito.” aggiunge Tomo ridendo. Poi torna serio, vedendo l’espressione dell’amico, che si è rabbuiato “Mi dici cosa ti sta succedendo?”
Shannon si alza, estrae una sigaretta e l’accende aspirandola. Si volta in direzione dei bambini, prende un lungo respiro poi torna a guardare l’amico “Ieri… ieri ho fatto un casino con Kai…” si passa una mano tra i capelli.
“Kai? La baby-sitter?”
“Sì, lei.”
“Che è successo?”
“L’ho baciata.”
Tomo strabuzza gli occhi e si alza in piedi, portandosi vicino all’amico “Che cosa vuol dire che l’hai baciata?”
“Tomo, non dirmi che non sai più come si bacia una donna!” Shannon gli risponde, usando un tono tra il sarcastico e lo stizzito.
“Certo che me lo ricordo, ma mi chiedevo come sia possibile che tu abbia baciato Kai.”
“Com’è possibile… è successo e basta. Non credo ci sia bisogno che ti dia chissà quale spiegazione.”
Tomo prende un lungo respiro, giusto per non tirare un cazzotto dritto nei denti all’amico: questa conversazione si sta rivelando più complicata del previsto. “Visto come stai reagendo, credo che ci sia dell’altro, correggimi se sbaglio.”
Shannon prende un ultimo tiro dalla sigaretta e la getta lontano buttando fuori il fumo “Non lo so… ho la testa che sembra un frullatore impazzito. L’altra sera, Kai si è addormentata a casa mia mentre metteva a letto i bambini e, quando mi sono svegliato trovandomela davanti, ho sentito un impulso irrefrenabile e le ho dato un bacio, ma la cosa è finita lì perché poi lei è scappata via, almeno fino a ieri pomeriggio.”
“E cosa è successo ieri pomeriggio?” domanda Tomo, pensando che spesso parlare con il suo miglior amico è snervante: deve tirargli fuori le parole con le pinze.
“Sono andato a Venice Beach con Jared, i bambini, Zoe e Kai e… ed è successo un’altra volta: eravamo soli sulla spiaggia e… e non lo so… ecco… l’ho baciata un’altra volta, ma questa volta è stato qualcosa di più intenso.”
“Shannon, lo sai che non ti ho mai giudicato e non ti ho mai fatto una predica perché penso che tu sia abbastanza grande per capire da solo come gestire la tua vita, ma questa volta permettimi di dirti una cosa: che cavolo ti è passato per la testa?”
Shannon si passa le mani sul volto “Tomo sai che sto passando un periodo difficile, con April in ospedale. Non so come andrà a finire questa cosa, se uscirà mai da quell’ospedale… come ne uscirà…”
“Appunto! Dovresti pensare a tua moglie, ai bambini, non cercare di farti la baby-sitter! Cazzo Shan, non sei un ragazzino con gli ormoni impazziti, sei un uomo. Hai quasi quarantacinque anni.”
“Lo so! Lo so! Non ho bisogno che tu o Jared mi ricordiate che ho una famiglia, ma…” serra gli occhi, che si stanno inumidendo, poi li riapre, puntandoli in quelli dell’amico “April era… è la mia vita, il mio supporto. Lo so che ci siete anche tu, Jared, mamma, ma lei… lei è quella che mi prende a calci nel sedere quando ho i miei momenti no, e tu sai bene che ne ho spesso. È quella che sa sempre com’è andata la mia giornata senza chiederlo, le basta guardarmi negli occhi per capire cosa sto pensando. Entrare in casa e trovarla lì, intenta a cucinare o a giocare con i bambini, mi da sicurezza. Io non sono come mio fratello, che sa bastarsi anche da solo, io ho bisogno di avere punti di riferimento fissi nella mia vita e April lo è… lo era… Dal giorno dell’incidente mi sento perso, come se mi avessero gettato su una zattera e lasciato andare alla deriva, in balia delle onde.”
“Ti capisco Shan, non credere. Se ci fosse Vicki in quel letto al posto di April io starei esattamente come te, ma non capisco in tutto questo cosa c’entri quello che è successo con Kai.”
“Kai… ecco… Kai c’è. Entro in casa e la trovo lì. Se ho bisogno di qualcuno con cui parlare, lei è lì. Ho bisogno di lei.”
“Ti farò una domanda diretta, che tanto è inutile girarci intorno, ma tu cerca di essere sincero con me. Ti sei innamorato di lei?”
Shannon non risponde, limitandosi a guardare i bambini.
“Ci stai mettendo un po’ troppo a darmi la risposta…”
“No… credo di no… so solo che oggi, che non è venuta al lavoro, mi mancava.”
I due amici si guardano per qualche minuto, senza dire una parola, poi Tomo prende un respiro e rompe il silenzio “Adesso cosa hai intenzione di fare?”
“Non ne ho idea Tomo. So solo che ho una gran confusione in testa. Spero che passare la serata da solo, con i miei figli, mi aiuti a schiarire un po’ le idee.”
Il croato si avvicina all’amico, sorridendogli e dandogli una pacca sulla spalla “Certo che tu, quando c’è da mettersi nei casini, sei sempre in prima fila eh?”
“Già… sono un inguaribile casinista.” i due amici ridono, mentre cercano di recuperare i figli e si preparano a tornare a casa.

******

“Josh, guarda quello che fai. Stai mettendo la manica nel piatto.” Janis ammonisce il fratellino, che fa spallucce e continua a mangiare il suo hamburger.
“Sei sempre più uguale a tuo padre!” Monica sorride, spettinando la frangetta di Joshua mentre posa una fetta di torta al cioccolato sul tavolo. “Era ora ti facessi rivedere. Sono almeno tre mesi che non metti piede al Nickel, dal compleanno di Janis.”
“Lo so Monica, perdonami, ma è stato un periodo non così facile.” Shannon si gratta la nuca mentre mangia un boccone di torta “Comunque stai tranquilla: la tua torta al cioccolato rimane sempre la migliore di tutta Los Angeles.”
“Ho il mio ingrediente segreto, cosa credi? E non lo rivelerò a nessuno, nemmeno sotto tortura!” la donna strizza l’occhio a Shannon poi si fa seria “E April come sta?”
“È sempre in ospedale. I medici hanno detto che c’è qualche miglioramento, che non escludono che tra qualche giorno potrebbe svegliarsi, ma dobbiamo attendere.” il batterista abbassa lo sguardo, iniziando a giocare con la forchetta e l’ultimo pezzo di torta rimasto.
Monica appoggia una mano sulla spalla dell’uomo “Shan, devi stare tranquillo. Sono sicura che andrà tutto bene. I medici sono sempre restii a dare speranze perciò, se ti hanno parlato di miglioramenti, vedrai che tra qualche giorno April si sveglierà e tutto questo vi sembrerà solo un bruttissimo incubo.”
Shannon alza lo sguardo in direzione della donna, puntando i suoi occhi in quelli azzurri di lei e trovandoci quella luce che l’ha sempre rassicurato negli anni. Quando lui e suo fratello non sapevano ancora cosa avrebbero fatto nella loro vita andavano al Nickel Diner trovandola lì, pronta a confortarli e a spronarli ad andare sempre avanti. “Forse hai ragione. Devo crederci, devo farlo per me e per i bambini.” Shannon accenna un sorriso.
“Bravo, è così che voglio vederti.” Monica lo abbraccia.

******

Shannon rientra a casa, mette a letto i bambini poi scende in salotto e si sdraia sul divano. Accende la tv, sperando che lo aiuti a non pensare, ma non serve a niente: ha una sensazione che si porta dentro dal mattino e non accenna ad andarsene, soprattutto da quando si è reso conto che non rivedrà più Kai. Sente che gli manca, che ha assolutamente bisogno di vederla.
Si alza e prende il telefono, digitando il numero di Shayla.
“Shannon cosa c’è? È successo qualcosa?”
“No, non è successo niente. Scusami per l’ora, ma avrei bisogno che venissi qua da me adesso. Devo uscire un attimo e non voglio lasciare i bambini da soli, anche se stanno già dormendo.”
La ragazza prende un lungo sospiro “Ok… arrivo subito...”
“Grazie, sei un angelo.”
“Metterò tutto in conto a tuo fratello.” Shayla ride “Cinque minuti e sono lì.” e riattacca.
Nel momento in cui depone il telefono, inizia a pensare che molto probabilmente sta facendo la più grande stupidaggine della sua vita, ma sente anche che è l’unica cosa da fare, l’unico modo per mettere davvero un punto a tutta questa storia.

Spegne il motore dell’auto, apre la portiera e scende. Suona il campanello e dall’altra parte gli risponde una voce mezza assonnata.
“Chi è?”
“Kai, sono io.”
La ragazza apre la porta, facendolo entrare “Shannon… che ci fai qui?”
“Ho bisogno di parlarti, solo per pochi minuti, poi me ne andrò.”
Ci pensa per qualche minuto, poi decide di assecondarlo. “Vieni, andiamo in camera mia: non penso che Zoe rientrerà, è fuori con tuo fratello, ma non vorrei cambiasse idea e c’interrompesse.”
I due si siedono sul letto “Kai… ecco…” l’uomo si gratta la nuca “Lo so che non dovrei essere qui, ma avevo bisogno di vederti.” alza lo sguardo, puntandolo negli occhi della ragazza “Oggi… oggi mi sei mancata.” aggiunge, mentre le si avvicina, annullando la distanza tra loro.
“Shannon…”
L’uomo le prende i fianchi tirandola a sé. Pochi attimi e l’istinto prende il sopravvento, guidando le loro labbra che si uniscono in un bacio.
Kai sente il fiato mancarle, mentre Shannon inizia a far scorrere le mani lungo il suo corpo, facendole capire chiaramente le sue intenzioni. È consapevole del fatto che si sta infilando in un guaio dal quale ne uscirà devastata, ma decide di lasciar andare le cose come andranno. Per una volta vuole far tacere la sua parte razionale, quella che le suggerirebbe di scappare il più lontano possibile dall’uomo che ha davanti.
Dopo un po’, si stacca da Shannon e abbassa lo sguardo sorridendo.
“Che hai da ridere?” lui le accarezza i capelli.
“Stavo pensando a un film, un film che ho visto un po’ di tempo fa.” alza lo sguardo e punta i suoi occhi verdi in quelli dell’uomo, che in questo momento hanno un colore indefinito, tra il marrone e l’ambra “In questo film il protagonista è in punto di morte e fa una riflessione. Dice che, quando moriamo, perdiamo ventun grammi e che quello dev’essere il peso dell’anima che lascia il corpo.” prende una mano del batterista e lo guarda, sorridendo “Beh... ecco… a questo punto so che domani, quando mi sveglierò, peserò ventun grammi in meno, ma ne sarà valsa la pena. So che, quando ti sveglierai, non sarò la tua priorità. Tornerai a casa, dai tuoi bambini, dovrai pensare a tua moglie, è giusto così, e so anche che mi sentirò morire vedendo tutto questo, ma se c’è una cosa di cui sono certa è che se devo giocarmi l’anima lo voglio fare con te, qui, stanotte.”
Shannon guarda la ragazza negli occhi: vorrebbe dirle tante cose, cercare di rassicurarla, prometterle che ci sarà sempre per lei, ma sa che sarebbe una promessa alla quale non è certo di poter tener fede. Le prende il volto tra le mani attirandola a sé. Le loro labbra si uniscono in un bacio appassionato. La stringe, come a voler unire i loro corpi in uno unico, sentendo il suo profumo invadergli le narici, le sue mani scorrergli lungo la schiena, mentre cerca di sfilargli la maglietta.
Kai guarda Shannon e, per un attimo, il respiro si ferma. È certa che domani, al risveglio, si pentirà di quello che sta per fare, ma ha deciso di andare fino in fondo, di lasciare, per una volta, la razionalità fuori dalla porta e godersi al massimo questo momento, senza pensare.
“Kai…” l’uomo le sussurra sulle labbra poi la stringe a sé.
La ragazza sente la pelle dell’uomo sotto le mani, i muscoli tesi. Lo guarda negli occhi, occhi che si sono riempiti di pagliuzze dorate, che brillano più del solito. Sente le gambe tremare, il cuore battere talmente forte che sembra voglia uscirle dalla cassa toracica.
Shannon si sdraia, il viso di fronte a quello di Kai. Con la mano inizia a scorrere il profilo del suo corpo, fino ad arrivare alla vita dei pantaloni, senza mai staccare lo sguardo da quello della ragazza. Lentamente le sfila il pigiama, facendo scorrere i pantaloni lungo le gambe per poi lanciarli sul pavimento. Ricomincia a baciarla: le labbra, il collo e poi più giù, sulle spalle. Le mani scorrono lungo la schiena, provocandole un sussulto a ogni tocco.
Kai gli prende il volto tra le mani, baciandolo ancora una volta con passione, per poi scendere lungo il collo, il petto. Vuole respirare il suo odore, riempirsi la bocca del suo sapore. Le mani vanno a cercare la cintura dei jeans per slacciarla. Sente il respiro di Shannon farsi sempre più irregolare e rapido, mentre lentamente torna sul suo petto e gli posa la testa sul cuore, sentendolo battere frenetico.
L’uomo solleva il mento di Kai e la guarda, senza dire una parola, poi l’avvolge nel suo abbraccio e per qualche minuto rimangono così, fermi uno tra le braccia dell’altra. Entrambi si muovono con calma, senza forzare mai la mano. Vogliono godersi a pieno questo momento perché sanno che domani sarà tutto diverso. Per tutto il tempo si guardano negli occhi, come a cercare di catturare ogni minima espressione, come se servisse a dilatare i minuti, le ore.
I jeans di Shannon volano sul pavimento a far compagnia al resto dei vestiti. Mentre l’uomo si stende sopra di lei, Kai sente il respiro fermarsi, soprattutto quando con un dito le sfiora il bordo degli slip sfilandoli. Si stende di lato, accanto a lei, sfiorandole il viso e poi giù, lungo la linea dei fianchi. Lei lo guarda negli occhi mentre lo imita, lasciando scorrere le mani sulla pelle del batterista. Con la mano scende più giù, fino all’elastico dei boxer, che sposta lentamente fino a farli scendere e glieli sfila.
Poi ancora baci, sospiri, brividi, sensazioni che travolgono Kai e Shannon, fino a trovarli completamente uniti in un unico corpo che si muove all’unisono.

La luce del mattino, che filtra dalla finestra, lo raggiunge, trovandolo ancora addormentato abbracciato a Kai. Shannon apre gli occhi, scioglie i muscoli poi guarda l’ora. “Cazzo!” si alza velocemente, cercando di recuperare i vestiti sparsi sul pavimento.
Kai si sveglia e guarda l’uomo, intento a vestirsi rapidamente, come se dovesse scappare da un incendio.
“Shan…”
“Kai io… ecco… devo andare… ho i bambini… poi non vorrei arrivasse Jared e mi trovasse qua…” l’uomo si gratta la nuca, imbarazzato.
La ragazza abbassa lo sguardo “Non ti preoccupare: sapevo che sarebbe andata così.” sente gli occhi inumidirsi.
“Kai…” l’uomo le si avvicina abbracciandola, ma lei lo respinge.
“Shannon vattene, esci da questa casa il più in fretta possibile. Torna dai tuoi figli, da tua moglie e dimenticati di me.” asciuga una lacrima, fuggita al suo controllo.
“Io… non volevo che le cose andassero così…”
“Ti prego, non rendere il tutto ancora più difficile. Vai via.” lo guarda, mentre le lacrime iniziano a rigarle le guance.
Shannon si ferma un attimo poi si volta ed esce dalla stanza. Abbandona l’appartamento di Kai e sale in macchina, dirigendosi veloce verso casa.

Appena apre la porta, gli viene incontro Shayla con un’espressione tutt’altro che rassicurante “Shannon, dove cavolo sei stato tutta notte? Ho provato a chiamarti, ma avevi sempre il telefono spento, pensavo ti fosse successo qualcosa. Ho chiamato pure tuo fratello, ma anche lui non sapeva dove ti trovassi.”
“Hai chiamato Jared? Quindi sa che stanotte non ho dormito a casa?”
“Sì…”
Shannon sospira e si passa una mano sul volto “Cazzo…”
“Ne riparleremo più tardi che adesso non c’è tempo per le spiegazioni. Hanno chiamato dall’ospedale, devi recarti subito là.”
“Dall’ospedale? Per April? Ti hanno detto cosa è successo?”
“No, non hanno detto niente. Solo che devi andare.”
 

[i] Frase tratta dal brano Esisti solo tu - Dear Jack

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Capitolo 13
*** *** Partire e tornare è facile come respirare *** ***


Questa volta non potete lamentarvi: ho aggiornato in tempi record! Merito della Musa che voleva scrivere questo capitolo già mentre scrivevo il precedente perciò... eccolo qua. E' un po' più cortino del solito, ma non volevo metterci troppe cose. Come vi avevo accennato, qua entriamo in una nuova fase della ff, spero continuerà a piacervi.
Come sempre, ringrazio chi segue/preferisce e, soprattutto, commenta questa storia: sapere cosa ne pensate, mi da gli stimoli per andare avanti. Grazie <3

Vi lascio i soliti link, magari vi interessano

Os dalla quale è partito tutto il delirio: il prequel di questa ff A Photograph of You and I
Os riguardante Shan e April: un missing moment che ci mostra come si sono conosciuti e che trovate qua  Thinking Out Loud
Link al gruppo dedicato alla ff, dove potrete trovare un po' di cosette carine This is the Story of my Life
Trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 
«Finalmente ho finito!» si mette le mani sui fianchi e fa qualche passo indietro per guardare meglio «Adesso devo solo aspettare per vedere quanto ci metterà Josh a far tornare questa stanza un campo di battaglia.» sospira rassegnata mentre si gratta la nuca.
Si sistema i lunghi capelli neri, sfuggiti dal laccetto che aveva usato per legarli, ed esce dalla camera del bambino per recarsi nella stanza accanto. Apre la porta e sorride «Non avevo dubbi: come il solito, la camera di Janis è perfetta.» sentenzia soddisfatta, mentre si appresta a sistemare il letto. Lo sguardo cade sul comodino, dove capeggia una foto della ragazzina con il padre: sono abbracciati, in riva al mare, e ridono come due pazzi. Ricorda benissimo il giorno che l’hanno scattata: era il compleanno di Shannon ed erano andati tutti e quattro a quel baretto a Venice Beach… come si chiama? Adesso le sfugge, o forse non l’ha mai saputo, tanto non era importante il posto, ma il fatto che, per una volta, fossero tutti insieme, cosa rarissima con il lavoro di Shan.
Esce dalla camera e scende le scale per andare al piano di sotto: tra poco Janis e Joshua torneranno da scuola. Guarda l’orologio per verificare l’ora, mentre lo sguardo le cade sul calendario, appeso alla parete della cucina. Strabuzza gli occhi «Mannaggia! È martedì!» poi un ampio sorriso le si disegna sul volto «Finalmente Shan torna a casa.»
È da un mese che Shannon è lontano, in giro per l’Europa con il fratello e Tomo per il tour. Ormai dovrebbe averci fatto il callo, ma ogni volta le manca e conta i giorni, le ore che la separano dal suo ritorno. Lei, Vicki e Zoe cercano di consolarsi a vicenda, quando i loro uomini sono lontani, e i bambini la tengono talmente occupata che non ha molto tempo per piangersi addosso, ma la sera, quando finalmente riesce a mettersi a letto, trovare l’altro lato vuoto la rende malinconica.
Apre il frigorifero e inizia a preparare il pranzo: tra poco più di mezz’ora i ragazzi saranno a casa e, come sempre quando rientrano da scuola, saranno affamati, peggio di una mandria di bufali. Se c’è una cosa che Janis e Joshua hanno preso dal padre, quella è sicuramente l’appetito. A volte si chiede come facciano in due a mangiare così tanto!
Guarda sconsolata il frigorifero quasi vuoto poi fa spallucce «Mi sa che per oggi dovranno accontentarsi di quello che passa il convento.»
 
******
 
Apre e chiude le palpebre un paio di volte per far sì che gli occhi si abituino alla luce e si volta verso destra, guardando fuori dal finestrino: sono quasi arrivati a Los Angeles. Muove il collo per risvegliare i muscoli e porta le braccia sulla testa, sbadigliando sonoramente.
«Buongiorno dormiglione.»
«Jared…» Shannon si volta appena in direzione del fratello, seduto dietro di lui, poi torna a puntare lo sguardo verso l’oceano che sta sotto di loro.
È stanco, molto stanco: per un mese hanno suonato praticamente tutte le sere e i giorni liberi da concerti li hanno passati viaggiando da un paese all’altro. Ama il suo lavoro, ama stare su un palco con la sua Christine, ama condividere le giornate con Jared e Tomo, ma, soprattutto, ama tornare a casa, dai suoi figli e da lei. Il pensiero che tra poche ore la riabbraccerà, che tornerà a sentire il suo profumo, gli fa spuntare un sorriso.
«Finalmente ti sei svegliato: credevo che ti avremmo dovuto portare in braccio fino a casa.» Tomo si mette seduto vicino a lui, sorridendogli.
Shannon si volta a guardarlo, regalandogli un enorme sbadiglio «Sono distrutto: passare praticamente dal palco all’aereo mi ha destabilizzato.»
«Avevamo tutti fretta di tornare a casa.»
«Già.» sorride all’amico poi torna a fissare l’oceano.

Ripensa a un paio di sere prima, a quando si trovava in un albergo vicino a Parigi e ha ricevuto la videochiamata di Janis. Aveva appena finito di festeggiare il suo undicesimo compleanno, l’ennesimo compleanno che lui ha passato lontano da casa, ed era raggiante, nonostante il suo papà non fosse con lei. Vedendola, non ha potuto fare a meno di pensare che più cresce e più assomiglia a sua madre.
«Papà, tranquillo che ti ho messo da parte un pezzo di torta. Quando torni a casa, tra due giorni, festeggiamo tu ed io, da soli. Sarà la festa più bella per me.» gli ha detto, cercando di rassicurarlo quando l’ha visto rabbuiarsi per essersi perso l’ennesimo compleanno. Lui le ha sorriso: nonostante sia quasi una signorina, rimane sempre quella bambina che, gelosa del padre, metteva il broncio ogni volta che lo vedeva abbracciare la mamma.

Sospira, mentre continua a guardare fuori dal finestrino.
«Che succede Shannon?» gli chiede Tomo.
«Stavo pensando alla chiamata di Janis di due sere fa.» gli risponde, senza distogliere lo sguardo dal panorama alla sua destra «Non ti pesa stare lontano da Vicki, dai ragazzi?»
L’amico resta in silenzio per qualche minuto poi si passa una mano tra i capelli «Certo che mi pesa. Ogni volta che torno a casa mi rendo conto di essermi perso momenti importanti dei bambini. Un mese fa, quando Branko ha compiuto cinque anni, io ero su un palco a Londra con te e Jared.» abbassa lo sguardo sospirando «Mi sono sentito uno schifo quando Vicki mi ha chiamato mentre i bambini mangiavano la torta. Avrei voluto essere là, abbracciare il mio piccolino e tirargli le orecchie, ma questa è la vita che ho scelto. Non è sempre facile, ma ormai ho imparato a pagarne le conseguenze.»
«E non ti viene mai voglia di mollare tutto?» Shannon si volta, puntando lo sguardo in quello dell’amico «Non hai mai pensato che il prezzo da pagare per il nostro lavoro sia troppo alto? Voglio dire… tra qualche mese Branko inizierà ad andare a scuola. Non vorresti essere con lui, accompagnarlo quel giorno?»
«Non è detto che non ci riesca: da qua a un anno, chi può dire dove saremo.» sorride.
Shannon torna a guardare fuori dal finestrino «A volte mi piacerebbe essere un padre e un compagno normale, come tutti gli altri. Vorrei poter uscire a prendere un gelato con mio figlio senza trovarmi orde di ragazzine dall’ormone impazzito che ci assalgono. Vorrei fare gli auguri di buon compleanno a mia figlia dal vivo e non solo attraverso uno schermo. Vorrei sedermi sul divano con lei tutte le sere, sentirla parlare della sua giornata, sapere se c’è qualche ragazzino che le ronza intorno. Vorrei essere a casa con loro, vederli crescere come un padre normale.» si passa una mano tra i capelli «Non mi abituerò mai a questa cosa e inizia davvero a pesarmi.»
Il croato si passa una mano sul volto e inizia a ridere.
«Che hai da ridere adesso? Non mi sembra di aver detto una cosa tanto buffa.» il batterista si volta a guardarlo, aggrottando le sopracciglia.
«Rido perché ogni volta, quando torniamo da un tour, fai sempre lo stesso discorso. Ho perso il conto delle volte che ti ho sentito dire che sei stanco di questa vita, salvo poi vederti salire sull’aereo qualche mese dopo, pronto a ripartire carico come una molla. È la nostra vita, Shan. Abbiamo scelto la musica tanti anni fa e non possiamo farci niente. Pensa a dove saresti adesso senza la musica.»
Shannon si gratta la nuca «Molto probabilmente sarei qualche metro sotto terra…»
«Io probabilmente sarei lo chef in un qualche ristorante di lusso.» Tomo cerca di darsi un tono.
«Sì… e cucineresti ottime torte di mele senza mele!» Shannon scoppia in una fragorosa risata.
«E avrei ingaggiato tuo fratello per cucinare ottimi pancake vegani carbonizzati: sarebbero stati la nostra specialità!»
I due amici si guardano e ridono, tanto da attirare l’attenzione di Jared «Che avete da ridere? Prendete pure in giro, tanto i miei pancake vegani carbonizzati sono famosi in tutto il mondo.»
I tre si guardano per qualche minuto poi scoppiano a ridere, mentre l’hostess invita ad allacciarsi le cinture di sicurezza: sono arrivati a Los Angeles. Finalmente sono a casa.
 
******
 
«Siamo a casa!» Janis entra in salotto, annunciando l’arrivo suo e del fratello. Joshua prende lo zaino e lo lancia a terra.
«Josh, raccogli lo zaino e portalo in camera tua.» la sorella lo ammonisce.
«Dacci un taglio Jan, non sei mica la mamma!»
«Fa come ti pare.» la ragazzina fa spallucce, recandosi al piano di sopra «Lo facevo per te, per evitarti una sgridata.»
Il bambino sbuffa «Maestrina, visto che vai al piano di sopra, potresti portare su anche il mio zaino?»
«Non ci penso nemmeno!» Janis si volta ridendo e fa una linguaccia al fratellino.
«Sei proprio una stronza!» Joshua sbuffa, mentre raccoglie lo zaino.
«Josh, quante volte ti ho detto di non dire parolacce?» una voce, proveniente dalla cucina, fa trasalire il più piccolo dei Leto.
«Ehm… mamma!» il bambino si volta, con un enorme sorriso stampato sulle labbra.
«Joshua Leto, è inutile che ci provi. Ormai ho imparato bene a conoscere quei sorrisini ammaliatori. Non funzionano per tuo padre e non funzionano neanche per te.» sorride, mentre si avvicina al figlio spettinandogli il ciuffo biondo «Forza, andatevi a lavare le mani che è pronto il pranzo. Vi ricordate che giorno è oggi?»
Janis scende dalle scale, piena di entusiasmo «Oggi è martedì! Oggi pomeriggio torna papà!»
«Sì… per un paio di giorni poi ripartirà, come il solito...» Joshua abbassa lo sguardo.
«E invece ti sbagli!» Janis sorride, dando una leggera manata alla nuca del fratello «Questa volta si ferma per un mese.» aggiunge, puntando lo sguardo, reso luminoso dalla gioia, in quello di Joshua.
«Un mese?» il bambino strabuzza gli occhi «Sei sicura?»
«Questa volta hanno una pausa lunga.» April si avvicina al figlio, passandogli un braccio intorno alla vita e attirandolo a sé «Muovetevi a mangiare. Tra poco arrivano Vicki e Zoe per andare all’aeroporto.»
La donna si siede a tavola con i figli: i tre sorridono, felici all’idea che tra poco potranno riabbracciare Shannon. April ripensa a tutti gli anni che ha passato con lui, a tutte le volte che si è trovata ad aspettare che rientrasse da un tour, magari nel cuore della notte perché lui è così: appena può, stacca la spina e corre dalla sua famiglia. Non è facile vivere così, passare settimane senza vederlo, senza poterlo abbracciare. Non ci farà mai l’abitudine, ma è la vita di suo marito e lei sapeva bene a cosa sarebbe andata incontro tredici anni prima, quando ha deciso di sposarlo. Sapeva che avrebbe dovuto dividerlo per tutta la vita con Christine, con la sua musica e l’ha accettato, perché, alla fine dei conti, amare una persona vuole anche dire gioire della sua felicità no? Almeno così dicono… e Shannon è felice quando è sul palco, quando suona.
«Mamma, domani pomeriggio posso fare i compiti con Alicia?» la voce di Janis interrompe i pensieri della madre «Abbiamo una ricerca da fare, una di quelle robe pallose della professoressa Knight… almeno se la facciamo insieme ci passa un po’ di più. Queste ricerche sono una vera rottura di palle!» aggiunge portandosi alla bocca una forchettata abbondante di pasta.
April guarda la figlia «Cerca di moderare il linguaggio signorinella! Per Alicia va bene. Dopo ne parliamo con Vicki.»
La ragazzina annuisce sbuffando.
«Ehm… mamma…» Joshua abbassa lo sguardo, mentre April lo fissa aggrottando le sopracciglia «La signorina Smith mi ha detto che devi firmare una roba sul diario...»
April sbuffa, passandosi le mani sul viso «Che cosa hai combinato questa volta?» guarda il figlio rassegnata.
«Niente.»
«Certo. La tua maestra è una psicopatica che ti scrive note sul diario per niente.» gli risponde sarcastica.
«Esatto!» il bambino alza lo sguardo, spalancando gli occhi e accennando a un sorriso, come se avesse finalmente trovato una sorta di ancora di salvezza.
April appoggia lentamente la forchetta, alza gli occhi in direzione del figlio e incrocia le braccia. Joshua, vedendo l’espressione della madre, deglutisce rumorosamente con un atteggiamento preoccupato, mentre Janis cerca di trattenere una risata.
«Joshua Leto, hai otto anni e una serie di note che farebbero invidia ai peggiori teppisti di Los Angeles. Davvero non riesco a capire cosa ti costi comportarti bene a scuola. Non ti chiedo molto, solo di fare il tuo dovere.» April si rivolge al figlio, esasperata.
«Ma non è colpa mia! È la scuola che è una palla! Tutte quelle regole…» Joshua inizia a spiegare, accompagnando le parole con ampi gesti delle braccia «Non fare questo… Non fare quello… Stai fermo lì… Muoviti… Tutti stanno lì a dare ordini. Ma i maestri non hanno nient’altro di meglio da fare che rompere?»
April si passa le mani sul volto: Joshua è in tutto e per tutto un Leto. Appoggia le mani sul tavolo, chiude gli occhi poi li riapre sospirando «Ok… non voglio arrabbiarmi… Tra poco arriveranno Vicki e Zoe... Se avete finito di mangiare, andate al piano di sopra a cambiarvi per andare all’aeroporto. Con te faremo i conti più tardi.» aggiunge, aggrottando le sopracciglia mentre guarda il figlio.
 
******
 
Sente il campanello suonare e trasale «Arrivo!» urla, mentre corre verso il bagno, sperando che chi la sta aspettando fuori dalla porta la senta.
Ancora un trillo.
«Sto arrivando!» si affaccia alla porta del bagno, urlando un’altra volta.
Un altro squillo.
«Camila!» esce dal bagno, andando verso la stanza da letto «Camila! Dove cavolo ti sei cacciata?»
La donna, una portoricana sulla sessantina, esce dalla cucina, sistemando i suoi capelli corvini sfuggiti allo chignon «Di cosa ha bisogno signorina?»
«Vai ad aprire la porta, per favore, prima che Vicki sfondi il campanello. L’avrei fatto io stessa, ma devo vestirmi al volo.»
La donna sorride, mentre guarda Zoe in mutande, intenta a cercare qualcosa da indossare nel mucchio di vestiti sparsi sul letto. Annuisce e si dirige verso la porta d’ingresso.
«Buongiorno Camila.»
«Buongiorno signora Miličević. La signorina Forrest arriverà tra pochi minuti.»
«Me lo puoi dire che è ancora in mutande.» Vicki strizza l’occhio alla donna «Non capisco perché, ogni volta che Jared torna, debba essere così agitata. In cinque anni avrebbe dovuto farci l’abitudine.»
Camila sorride «I bambini non sono con Lei?»
«Alicia sì, mi aspetta in macchina, ma, fortunatamente, oggi è arrivata la nonna così le ho lasciato Sharon e Branko. Me li tiene a bada per un po’ altrimenti avrei rischiato di lasciarli all’aeroporto.» Vicki scoppia a ridere e si ferma quando vede arrivare Zoe «Alla buonora! Pensavo fossi stata risucchiata da un qualche buco nero.»
«Spiritosa! È che ancora non riesco a orientarmi in questa casa: è enorme.» sorride a Vicki, che la guarda poco convinta, poi si volta, rivolgendosi alla cameriera «Grazie Camila, adesso puoi tornare in cucina. Noi andiamo all’aeroporto a prendere il signor Leto e, salvo imprevisti, tra un paio d’ore saremo di ritorno.»
«Vi farò trovare tutto pronto per la cena e darò una sistemata in giro.» la donna sorride guardando la ragazza.
«Ti ringrazio, sei sempre molto efficiente.»
La donna accenna un sorriso, prima di congedarsi.
«Dove hai lasciato i bambini?» Zoe si rivolge all’amica, mentre si muove cercando non si capisce cosa e sbuffando, dal momento che la sua ricerca non ha esito positivo.
«Alicia è in macchina mentre le due pesti sono a casa con mia suocera.» sospira guardando l’amica «Si può sapere cosa cavolo stai cercando? Muoviti che April ci sta aspettando.»
«Cercavo la giacca.» la bionda sbuffa «In questa casa non trovo mai niente.»
«Andiamo, prima che Alicia decida di andarsene a piedi.»
Le due donne escono, con Vicki che trascina Zoe, impegnata a fare l’inventario della borsetta per controllare di non aver dimenticato niente.
«Zoe, sei impossibile! Stiamo andando a prendere i ragazzi in aeroporto, non hai bisogno di portarti dietro tutta la casa.»
«Non si sa mai. Alla fine mi sono portata dietro lo stretto necessario.»
«Sì, certo… Poi mi spiegherai cosa ci devi fare con lo spazzolino!»
La bionda fa spallucce e le due amiche salgono in auto. Zoe saluta Alicia, che risponde con un cenno della mano, alzando per un attimo lo sguardo dal suo cellulare.
«Mamma, mi ha chiesto Jan se domani pomeriggio posso andare da lei per quella ricerca del cavolo della professoressa Knight.»
«Va bene, dopo ne parliamo con sua mamma.»
«Ok.» la ragazzina torna a fissare lo sguardo sul telefono, mentre fa correre velocemente le dita digitando un messaggio.
«Alicia potresti mettere via il telefono per un po’? Almeno finche non arriviamo dalla zia April!»
La ragazzina sbuffa «Va bene… quanto rompi mamma…»
«Vedi di moderare i toni altrimenti ti lascio qua, in mezzo alle colline!» Vicki lancia un’occhiataccia alla figlia attraverso lo specchietto retrovisore «Che bello avere una figlia undicenne…» aggiunge sarcastica, mentre torna a puntare lo sguardo sulla strada «Tu e Jared… non è che volete uno dei miei figli? Non dico per sempre… ve lo presto per qualche giorno… magari un paio di settimane, un mese… perché no, un anno?» si volta speranzosa a guardare Zoe.
«Non ci penso nemmeno!» la ragazza alza i palmi delle mani «Anzi… non ci penso proprio ad avere bambini! Ho già Jared che fa capricci per dieci.»
Le due amiche scoppiano a ridere, mentre le ruote dell’auto corrono veloci verso casa Leto-Moore.
 
******
 
La voce che esce dall’altoparlante, annunciando l’imminente arrivo all’aeroporto internazionale di Los Angeles, la fa trasalire: nonostante abbia cercato di resistere, il sonno ha avuto la meglio su di lei. Sposta una ciocca dei suoi lunghi ricci scuri dietro l’orecchio e si volta verso destra, osservando il panorama dell’oceano sotto di lei. Kai sospira: non avrebbe mai pensato di trovarsi su quell’aereo, di tornare a Los Angeles, in quella città dalla quale era scappata cinque anni prima.
Quando suo padre le ha detto che sarebbe dovuta andare nella città degli angeli per un convegno medico, è stata seriamente tentata di dirgli di no e ancora non riesce a capire che cosa l’abbia trattenuta dal farlo. Si è detta che, in fin dei conti, sono passati tanti anni, che non può continuare a stare lontana da Los Angeles in eterno e che potrebbe essere l’occasione giusta per rivedere Zoe. L’ultima volta che ha visto la sua amica non è stata proprio la migliore delle sue giornate.

Erano all’aeroporto di Los Angeles, davanti al gate d’imbarco per Honolulu.
«Kai, sei sicura di quello che stai facendo?» Zoe aveva cercato di convincerla, per l’ennesima volta, a tornare sui suoi passi, a ripensarci.
Lei le aveva sorriso «Zoe, è l’unica cosa che posso fare. Non posso restare a Los Angeles, lo sai bene.»
«Ma non sei obbligata a vederlo!»
«Siamo realiste: con te che esci con Jared, pensi davvero che non vedrò mai Shannon?»
«Appunto: ci esco io con Jared, non tu, e ormai è abbastanza grande da poter andare in giro senza essere accompagnato dal fratello.» Zoe l’aveva guardata, mettendo il broncio.
«Ne abbiamo parlato tanto in questi giorni e sai benissimo anche tu che questa è l’unica soluzione. Non posso restare a Los Angeles e rischiare di trovarmelo davanti mentre, che ne so, faccio la spesa. Pensa se mi trovassi lui e la moglie al banco dei surgelati: credi davvero che riuscirei a stargli vicino facendo finta di niente?»
L’amica ha abbassato gli occhi prima di risponderle «In effetti… credo che sarebbe difficile… dopo quello che è successo tra voi…»
«Vedi Zoe? Allora lo capisci anche tu che andarmene da Los Angeles è l’unica soluzione. Qui ho troppi ricordi e devo assolutamente mettere una distanza tra me e Shannon. Forse avrei dovuto farlo prima che… insomma… prima che le cose tra noi andassero troppo oltre.»
«L’hai chiamato?»
«Per dirgli cosa? Che sto partendo? A cosa sarebbe servito?»
«Non lo so… magari sapere che te ne stai andando da Los Angeles avrebbe cambiato le cose…»
«Davvero credi che sarebbe stato capace di abbandonare la moglie proprio adesso che ha più bisogno di lui? Per cosa poi? Per la storia di una notte? Non credo proprio e, se anche l’avesse fatto, non avrei mai potuto vivere la mia storia con lui affrontando Janis e Joshua. Prova a pensare ai bambini, a come saranno felici adesso che la loro mamma si sta riprendendo, che finalmente possono vedere la loro famiglia riunita. Non voglio essere io quella che porta via loro il papà, che distrugge tutto il loro mondo.» ha sospirato stringendo le labbra, cercando di non piangere «Poi non è detto che un giorno non ritorni, o magari potrai venire tu a Honolulu: non è così male sai?» ha aggiunto, sorridendo tra le lacrime.
«Promettimi che ci sentiremo tutti i giorni, che ci vedremo via chat. Non voglio perderti.»
«Nemmeno io voglio perderti.»
Si sono abbracciate e, dopo pochi minuti, si è imbarcata sull’aereo che l’avrebbe portata lontano da Los Angeles, lontano da Shannon.

Si passa le mani sul volto, cercando di cacciare indietro i ricordi: dopo cinque anni, Los Angeles è ancora capace di farle male. Sospira poi sorride pensando a Zoe, a come reagirà quando saprà che è tornata, anche se solo per pochi giorni. Appena si sarà sistemata in albergo, la chiamerà: deve assolutamente vederla!
Prende la brochure del Convention Center di Los Angeles, il luogo dove si dovrà rinchiudere almeno un paio di giorni per sentire medici e rappresentati di prodotti farmaceutici parlare di cose di cui lei capirà a malapena la metà. Comincia a chiedersi perché suo padre l’abbia mandata, ma forse un motivo c’è. Sorride al pensiero di quanto quel uomo sappia essere furbo a volte, o forse è lei quella tonta.
Punta un’altra volta lo sguardo al panorama fuori dal finestrino e i ricordi tornano a farsi spazio nella sua mente, riportandola ancora a cinque anni prima, a quando ha fatto lo stesso viaggio, ma in direzione contraria. Ripensa a come si sentiva persa: sapeva che ad Honolulu avrebbe ritrovato la sua famiglia, che non sarebbe stata sola, ma era altrettanto consapevole di quello che si stava lasciando alle spalle.
Sente una sensazione di disagio partirle dallo stomaco: possibile che, nonostante gli anni e chilometri che ha messo tra loro, il pensiero di tornare a Los Angeles, nella stessa città dove vive anche Shannon, le faccia questo effetto? In realtà non l’ha mai dimenticato, le sarebbe stato impossibile farlo.
Allaccia la cintura mentre l’aereo si appresta ad atterrare. Si volta verso la sua sinistra e tocca delicatamente la testa riccioluta che le sta accanto «Chris, sveglia. Siamo arrivati.»
 

[i] Frase di Fernando Pessoa

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Capitolo 14
*** *** La Città degli Angeli *** ***


E arrivò l'aggiornamento: chissà cosa vi avrò combinato questa volta :)
Vi ringrazio perchè siete in tanti a leggere e le recensioni sono sempre appassionate, pure quelle dove minacciate di morte Kai e Zoe :D Questa è la prima ff che scrivo in un fandom e vedere che continuate a seguirla mi da tanti stimoli per andare avanti: grazie di cuore.
Siamo entrati in una fase dove la mia Musa cambia lo storyboard ogni due minuti perciò spero di uscirne viva prima o poi :P


Come sempre, vi lascio il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio This is the Story of my Life
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 
Si avvicina al nastro trasportatore, recupera la valigia poi si volta verso il fratello che scalpita «Forza anima in pena, possiamo andare.» ride, prendendolo in giro.
«Senti chi parla, quello che continuava a guardare dal finestrino e, appena ha visto che stavamo sorvolando Los Angeles, si è spiaccicato un sorriso sulla faccia ed è rimasto così fino all’atterraggio. Pensavo ti fosse venuta una paresi alla mascella!» Shannon ride, dando una pacca sulla spalla a Jared.
«Che c’è? Sono contento di tornare a casa.» il cantante cerca di assumere un’aria indifferente «La convivenza con te e Tomo iniziava a diventare pesante.»
«Soprattutto sei contento di tornare da chi ti sta aspettando a casa.» Tomo si avvicina ai due fratelli, mettendo una mano sulla spalla di Jared e strizzandogli l’occhio.
«Certo perché a voi due non frega niente vero?» il più giovane dei Leto s’irrigidisce, accompagnando le parole puntando l’indice verso il fratello e l’amico «Andiamo verso l’uscita, prima che le ragazze ci diano per dispersi.»
Shannon e Tomo si guardando sorridendo tra loro, recuperano i bagagli e raggiungono Jared.

Kai prende la valigia guardandosi intorno: chiude gli occhi e prende un ampio respiro «Coraggio Kai, ce la puoi fare.»
Non pensava che questo viaggio le avrebbe fatto questo effetto. In questi cinque anni si era illusa che Shannon fosse rimasto un piccolo tassello, di aver sepolto i sentimenti che aveva provato per lui nella memoria, ma si è resa conto che, in realtà, li aveva solo ricoperti con uno strato di polvere volata via al primo soffio di vento non appena ha rimesso i piedi sul suolo della città degli angeli. Era consapevole di non aver mai dimenticato il batterista, le sarebbe stato impossibile, ma si era convinta che quello che era successo tra loro fosse stato il frutto di una serie di coincidenze, che non avesse niente a che fare con l’amore. Infatuazione? Attrazione fisica? Aveva cercato tutti i nomi possibili e immaginabili per descrivere quei quattro mesi sfociati in quell’unica notte ed era stata bravissima a dirsi che ormai era passato tutto, che Shannon era un capitolo chiuso. La stretta allo stomaco che sta sentendo in questo momento le dice esattamente il contrario.
Si appresta a uscire dall’aeroporto di Los Angeles tenendo per mano Christopher e si ferma ad aspettare un taxi che la riporterà a Downtown, il quartiere dove ha passato i mesi più intensi della sua vita.

Shannon si guarda intorno a caccia di due occhi scuri che è certo lo stiano aspettando trepidanti. Non vede l’ora di riabbracciare April, di passare un mese intero con lei e i bambini. Ne ha bisogno, come si ha bisogno dell’aria per respirare. I momenti che può trascorrere a casa, con la sua famiglia, sono rigeneranti, ecco perché spesso percorre dei chilometri, anche nel cuore della notte, solo per poter stare con loro.
«Papà!» Janis travolge letteralmente il padre, che per un momento vacilla, quasi cadendo a terra «Sei il solito imbranato!» la ragazzina ride.
«E tu hai sempre la grazia di una camionista.»
«Avrò preso tutto da te!» Janis rifila al padre una linguaccia.
L’uomo ride mentre abbraccia la figlia e Joshua, che nel frattempo li ha raggiunti.
«Papà, quanto ti fermi questa volta?» il bambino aggrotta le sopracciglia e guarda il batterista in tralice.
«Per un mese sono tutto vostro.» Shannon risponde, spettinando il caschetto del figlio.
«Zio Jay è vero che vi fermate per un mese?» Joshua non è ancora del tutto convinto.
«Sì Terminator: per un mese ci avrai fra i piedi.» Jared strizza l’occhio al nipote che sbuffa.
«Zio… ho otto anni… sarebbe anche ora che la smettessi con questo nomignolo stupido.»
«La smetterò quando tu smetterai di far danni.»
«Allora temo che Josh resterà Terminator a vita!» April si avvicina ai ragazzi «Bentornato a casa.» abbraccia Shannon e gli lascia un bacio leggero sulle labbra. Il batterista fa in tempo a sorridere alla moglie prima di essere travolto da un vero e proprio tzunami: Zoe.
«Signorina Forrest che combini? Guarda che hai sbagliato fratello.» Jared scoppia a ridere, mentre si avvicina alla ragazza aiutandola a rialzarsi.
Zoe si allunga per stringere con una mano quella di Jared mentre con l’altra si massaggia il sedere «Se tuo fratello non avesse lasciato la sua valigia in mezzo alla strada, non sarei caduta.» aggrotta le sopracciglia e guarda Shannon, che a stento trattiene una risata «Grazie per la bella figura.» mette il broncio, rifugiandosi tra le braccia del più giovane dei Leto.
«Sarà meglio che andiamo prima che Zoe distrugga mezzo aeroporto.» sentenzia Vicki raccogliendo la valigia del marito «Ma che ci hai messo qua dentro? Un cadavere? Tomislav scordati che porti in macchina quest’affare!»
«Mamma, stai diventando vecchia.» Alicia ride mentre prende i bagagli del padre.
«Siamo una bella compagnia: un imbranato, una camionista, un tornado in gonnella e una vecchietta. È sempre bello tornare a casa.» Tomo scoppia a ridere.
«Leviamo le tende da qua prima che qualcuno decida di farci rinchiudere.» Jared sorride, prende per mano Zoe e inizia a dirigersi verso l’uscita.

Kai è ferma sul marciapiede, in attesa che un taxista si degni di prestarle attenzione. Si guarda intorno e osserva il via vai di persone che entrano ed escono dall’aeroporto. Ha una strana sensazione, come se dovesse accadere qualcosa. È nervosa, ma non capisce il perché «Sarà colpa del jet lag.»
A un tratto, sente un profumo invaderle le narici, un profumo che la porta indietro di cinque anni, in un posto dove non vorrebbe essere, non adesso.
«Chris, muoviti!» si volta verso il riccioluto che la segue, alza un braccio per fermare un taxi e vi sale velocemente: sente che deve allontanarsi da quell’aeroporto, o forse sta solo scappando dalle sensazioni che le sono piovute addosso all’improvviso.

Shannon esce dall’aeroporto e si dirige verso il parcheggio, passando tra le persone che sono in attesa di un taxi. Mentre cerca di non inciampare in una delle valige appoggiate sul marciapiede, il suo sguardo è attirato da un’auto che gli sfreccia davanti. Più che l’auto, è chi occupa il seggiolino posteriore del mezzo ad attirare la sua attenzione.
«Non può essere lei.» si ripete fra sé e sé mentre la mente inizia a vagare, a riportarlo indietro di cinque anni. Rimane fermo a fissare la strada, anche se in realtà non la sta guardando.
«Shan che stai facendo? Muoviti!»
La voce di April lo riporta al presente. Scuote la testa per cacciar via tutti i pensieri e attraversa la strada raggiungendo la moglie, lasciandosi alle spalle un passato col quale non vuole più avere a che fare.
 
******

«Papà guarda come ti sei conciato!» Janis ride osservando Shannon con la bocca sporca di crema.
«Perché tu credi di essere tanto meglio?» ride, mentre con un tovagliolo pulisce gli angoli della bocca della figlia «Allora? Cosa mi racconti? Va tutto bene con… come si chiama… quel tuo compagno di scuola…» il batterista fa schioccare le dita aggrottando le sopracciglia.
«Rod… si chiama Rod…» la ragazzina abbassa lo sguardo, rigirando nel piatto l’ultimo pezzo di torta con la forchetta.
«Sì, lui. Che succede? Dalla tua espressione non sembra vada troppo bene. Devo fare una chiamata ai suoi genitori?» Shannon si porta alla bocca una forchettata di dolce.
«Papà!» Janis strabuzza gli occhi «Non ci provare o ti uccido!»
Il batterista scoppia a ridere «Tranquilla, non avevo intenzione di chiamarli per davvero. Mica sono lo zio Jay.»
«E per fortuna aggiungerei...» Janis distoglie gli occhi dal piatto per puntarli in quelli del padre «Papà… non voglio offendere lo zio, ma credo che Zoe si meriti un monumento solo per il fatto di riuscire a sopportarlo! Cioè… amo lo zio Jay, sai che gli voglio un bene infinito, ma mi ritengo fortunata ad avere te come padre e non lui. Farebbe il terzo grado a ogni ragazzo che osasse passare a un miglio da casa.»
«Penso tu abbia ragione.» Shannon scoppia in una fragorosa risata «Comunque non mi hai risposto…»
La ragazzina sbuffa «È che… ecco… boh… non so bene come vada. In realtà mi sono un po’ stufata di Rod… Sai… c’è un ragazzo nuovo… sta all’ottavo anno…»
«All’ottavo? Non ti sembra sia un po’ troppo grande? Non sarebbe meglio un tuo coetaneo?»
«A parte il fatto che non è detto che mi ci fidanzi, in fondo ancora non lo conosco, ma… Papà… parliamoci chiaro. Frequenti i ragazzi di undici anni? Hai presente cosa voglia dire parlare con un maschio di undici anni?» Janis guarda Shannon con un’espressione quasi da donna vissuta, come se alla sua età avesse già imparato come girano le cose.
Shannon cerca di trattenere una risata, sicuro che la figlia lo prenderebbe a calci, e scuote la testa negando.
«Allora te lo spiego io. I maschi, a undici anni, non capiscono un tubo! Pensano solo alla play-station, allo skate. Sono così infantili. Vuoi mettere la differenza con un ragazzo di tredici anni? Loro sì che sanno come si tratta una donna.»
Shannon pensa ai suoi tredici anni, ai casini che combinava col fratello e non riesce a evitare di scoppiare a ridere.
Janis lo guarda stizzita «Sei proprio un uomo: non si possono fare discorsi seri con voi.»
Shannon serra le labbra nell’intento di trattenere il riso «Hai ragione… scusami… E come hai detto che si chiama questo tredicenne che sa trattare con le donne?» si passa una mano davanti alla bocca per nascondere la risata.
«Non l’ho detto. Comunque si chiama Robert.»
«Robert… e poi?»
«Papà, fai troppe domande! Si chiama Robert e basta!» Janis risponde stizzita, tornando a occuparsi del pezzo di torta che ha davanti. Dopo alcuni minuti torna ad alzare lo sguardo in direzione del padre sorridendo «Se vuoi, domani mi accompagni a scuola così te lo faccio vedere.»
«Va bene principessa.» si allunga per accarezzare i capelli della figlia «Sarà un onore accompagnarti a scuola.» le lascia un bacio sulla guancia.
«Sono contenta che tu sia a casa e sono felice di aver conservato un pezzo di torta per festeggiare il compleanno sola con te.»
«Anch’io sono contento.» abbraccia Janis sorridendo: è davvero felice di essere a casa, non potrebbe chiedere di meglio.
 
******
 
Jared si lascia cadere sul divano sprofondandovi mentre Zoe gli si siede accanto.
«Non mi dire che anche Jared Leto inizia a sentire la stanchezza.»
«Non proprio. Più che altro iniziavo a sentire il peso della convivenza con mio fratello e Tomo.» sorride mentre passa un braccio intorno alla vita della ragazza e la tira a sé «Poi avevo voglia di vederti.» lascia un bacio sulle sue labbra.
«Anch’io avevo voglia di vederti, non mi abituerò mai a starti lontana.» Zoe mette il broncio.
«La prossima volta, se vuoi, ti porto con me.»
«Per carità! E cosa verrei a fare? Stare tutto il giorno in albergo oppure rintanata in un qualche camerino? No grazie!»
«Potrebbe sempre venire anche Vicki o April così avresti compagnia.»
«Lo sai che non possono: hanno i bambini.»
«E allora vieni tu…» Jared la guarda mettendo il broncio.
«Leto, a volte sei peggio di un bambino.» Zoe sorride dando un buffetto sul naso all’uomo «Comunque ne riparleremo tra un mese, adesso godiamoci questi giorni insieme.» aggiunge mentre si volta per dare un bacio al cantante «Che ne dici se cenassimo?»
«Penso che potremmo saltare la cena e passare direttamente al dessert.» risponde Jared lasciando scorrere le mani sotto la maglietta della ragazza.
«Cosa dirà la povera Camila? È tutto il pomeriggio che cucina per noi?» aggiunge Zoe con fare malizioso.
«E tu lasciala brontolare, tanto non fa altro dal mattino alla sera.»
«Brontola perché tu sei un bambino molto cattivo.» la ragazza sorride mentre passa le braccia dietro la testa di Jared, mettendosi davanti all’uomo.
«Allora mi sa che dovrai punirmi.» il cantante le risponde con la voce roca e un sorriso quasi mefistofelico.
«Andiamo verso la stanza delle torture.» Zoe si alza prendendo la mano di Jared e conducendolo in direzione della stanza da letto.
 
******

«April muoviti, non vedi che ci stanno facendo fuori? Sei un disastro!»
«Adesso sarebbe colpa mia? Guarda tu cosa stai facendo: quello cui stai sparando, sono io!»
«Ecco, guarda cosa hai combinato: per colpa tua ci hanno sterminato. Sei troppo lenta! La prossima volta gioco da solo.» Shannon sbuffa mettendo il broncio.
«Leto, datti una calmata! Manco ci stessero sparando per davvero! Sai cosa ti dico? Che mi hai stufato, tu e questa cavolo di play-station!» April si alza, lanciando la consolle sul divano «Chiedo un time-out.» aggiunge, mentre si avvicina al marito lasciandogli un bacio leggero sulle labbra. Gli infila le mani sotto la maglietta, iniziando ad accarezzargli la schiena «Poi potremmo partire con il secondo round.» aggiunge sensuale, avvicinando la bocca all’orecchio del batterista.
«April Leto Moore, questo si chiama giocare sporco, molto sporco sai?» l’uomo avvicina le labbra a quelle della moglie.
«E non hai ancora visto cosa ho intenzione di proporti.» si morde il labro inferiore, mentre sfiora i pettorali del batterista.
«Sembra interessante, molto più della play-station.»
April si stacca dal marito e lo guarda, aggrottando le sopracciglia e mettendo le mani sui fianchi «Leto, non mi starai mica paragonando a un joystick?» torna ad avvicinarsi a Shannon, con un sorriso malizioso e sfiorandogli un braccio «Salgo un attimo a controllare i ragazzi, tu mettiti comodo. Vediamo se ti divertirai di più con il mio programma o con Call of Duty.» strizza l’occhio al batterista e si dirige al piano di sopra.
«Aspettami» Shannon sbadiglia, mentre si alza dal tappeto per raggiungere la moglie «Temo che il jet lag inizi a fare effetto.» torna a sbadigliare «Mi sa che m’infilo sotto le coperte.»
«Ok, ma vedi di non addormentarti: mi devi ancora un secondo round, ricordatelo.» April punta l’indice contro i pettorali del marito poi si volta, dirigendosi verso la stanza di Janis «Jan, spegni la luce che è tardi.»

Shannon lascia la moglie alle prese con i figli ed entra in camera. Si sfila la maglia, i pantaloni e si butta sul letto: la stanchezza dell’ultimo mese inizia a fargli effetto. Sente le palpebre pesanti, mentre si passa una mano sul volto, sbadigliando un’altra volta «Se continuo così, mi verrà una paresi alla mascella.» pensa.
Dopo pochi minuti, April entra in camera e lo vede sdraiato sotto le lenzuola, le palpebre che combattono con la stanchezza per rimanere sollevate. Sorride, felice di riaverlo finalmente a casa. Sfila i pantaloni della tuta, sale carponi sul letto e si avvicina «Ehi…» gli sussurra all’orecchio.
«Ehi…» risponde l’uomo, lasciandole un bacio leggero sulle labbra.
«Stanco?» April solleva le coperte e si sdraia vicino al marito.
«Un po’… più che altro è il fuso orario che inizia a farsi sentire.»
La donna appoggia la testa alla schiena di Shannon abbracciandolo. Inizia a far scorrere una mano lentamente sul suo braccio, accarezzandolo.
«Ti amo.» il batterista si volta, mettendosi di fronte alla moglie e appoggia le labbra sulle sue, delicatamente.
April lo guarda negli occhi, quegli occhi che le sono mancati tanto nell’ultimo mese «Anch’io ti amo.» e gli appoggia una mano sul viso, carezzandolo. Vede gli occhi del marito cambiare luce repentinamente, mentre la fa sdraiare e si avvicina. Shannon si tiene sui gomiti per non schiacciarla e la bacia. Questa volta però è un bacio lungo, colmo di passione, di desiderio, quello che hanno trattenuto nell’ultimo mese.
La voglia di essere finalmente insieme rende i loro gesti carichi di urgenza. Shannon sposta la coperta, percorrendo il corpo di April con lo sguardo. Le sfila la maglietta e le da un altro bacio, mentre le mani iniziano a correre sulla pelle della donna.
April sente i muscoli della schiena di Shannon tesi, la pelle dell’uomo rabbrividire sotto il suo tocco. Accarezza lenta il corpo del marito, godendosi ogni centimetro di pelle.
Si guardano senza dire una parola e, come guidati da un tacito accordo, si spogliano, eliminando quei pochi indumenti che ancora separavano i loro corpi. Baci, carezze, sospiri: Shannon e April fanno l’amore così, in silenzio, come se parlare servisse solo a perder tempo, ad aggiungere minuti ai giorni che hanno visto loro separati. Si guardano, si toccano, esplorano uno il corpo dell’altra. Hanno bisogno di sentirsi, di respirarsi, di ritrovare finalmente il contatto tra loro.
April si sfila da sotto Shannon, lo fa sdraiare sulla schiena e si accovaccia sopra di lui: con lo sguardo inizia a percorrere il corpo del marito, chinandosi a baciargli il collo, il petto, mentre le mani vagano sui tatuaggi, seguendone le linee a memoria.
Shannon si gode le sue attenzioni, la guarda e lei ricambia i suoi sguardi, senza parlare. Le solleva il mento delicatamente, avvicinando le labbra alle sue e la bacia, godendosi il suo sapore. Sente i sospiri della moglie farsi sempre più ravvicinati, aumentando la sua voglia di amarla. Lascia scorrere le mani lungo i fianchi di April, mentre i loro corpi si uniscono. La sente avere un piccolo sussulto per poi lasciarsi andare completamente. I baci aumentano d’intensità, mentre i loro sapori, i loro umori si mescolano in una danza che porta loro altrove. Shannon e April continuano a guardarsi negli occhi, come a non voler perdere neanche una minima espressione dell’altro.
«Ti amo.» il batterista sussurra all’orecchio della moglie.
La voce roca del marito, provoca ad April un brivido che fa accelerare il battito cardiaco, aumentando l’adrenalina. Entrambi arrivano al culmine del piacere, ma nessuno dei due ha voglia di lasciare andare l’altro. Continuano a restare uniti, uno tra le braccia dell’altra, mentre nella stanza, all’improvviso, cala il silenzio. L’aria si riempie solo dei loro respiri che cercano di ritrovare il ritmo regolare.
«Non sai quanto mi sei mancato.» April alza leggermente la testa per guardare Shannon negli occhi.
«Anche tu.» l’uomo risponde spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Allora che mi dici? È stato meglio il secondo round o la play station?» dopo qualche minuto, April guarda Shannon con un sorriso malizioso.
«Decisamente meglio il secondo round.» l’uomo risponde, sorridendo a sua volta.
April appoggia la testa sul petto di Shannon, fermandosi ad ascoltarne il battito cardiaco che cerca di riprendere il suo ritmo naturale. Chiude gli occhi e sorride, sentendo la mano dell’uomo scorrerle la schiena delicatamente.
Shannon guarda il soffitto accarezzando la pelle della moglie e, di tanto in tanto, le lascia un bacio tra i capelli. Sulle labbra gli si disegna un sorriso mentre respira a fondo, riempiendosi le narici del profumo di shampoo ai lamponi. In questo momento, mentre la stringe tra le braccia, si sente l’uomo più fortunato al mondo. Le dita scorrono leggere lungo le braccia della donna, fino a raggiungere l’interno del polso destro. Percorre a memoria le linee del tatuaggio della moglie, di quella data che rappresenta una sorta di rinascita per lei, per loro. Chiude gli occhi e la mente torna a cinque anni prima, al giorno in cui era convinto di averla persa.

Il rientro a casa, Shayla che gli dice di andare in ospedale, l’ansia che cresce man mano che i chilometri che lo separano dalla sua meta diminuiscono.
Ricorda di essere entrato al policlinico come un automa, di aver cercato il dottor Smith e di aver ricominciato a respirare solo quando l’ha visto sorridergli.
«Sua moglie si è svegliata.»
Cinque parole che hanno messo la parola fine a un incubo durato quattro mesi. Quando è entrato nella stanza di April e, finalmente, l’ha vista voltarsi e sorridergli, tutto il resto del mondo è sparito: non esisteva più niente, solo la voglia di riabbracciarla e riportarla a casa.
Un paio di giorni dopo ha portato anche i bambini con sé e non dimenticherà mai il momento in cui April ha riabbracciato Janis e Joshua. Josh si è gettato subito tra le braccia della mamma, ma Jan… ricorda la bambina in piedi, immobile che fissa il letto della madre.
«Jan… va tutto bene?» April le ha sorriso e la bambina si è avvicinata a lei lentamente, senza dire una parola. Poi l’ha guardata per qualche minuto ed è scoppiata a piangere abbracciandola.
Non è stato un percorso facile: ci sono volute parecchie settimane prima che potesse lasciare l’ospedale, poi sono arrivati i mesi della riabilitazione. Hanno passato giorni duri, durante i quali lo sconforto prendeva il sopravvento e sembrava impossibile riprendersi la loro vita, ma alla fine ci sono riusciti e tutto grazie ad April, alla sua forza, alla sua voglia di tornare a vivere.
Ancora non si spiegano come sia successo, come sia stato possibile che si sia risvegliata da un giorno all’altro, ma hanno anche smesso di porsi domande: l’importante è che adesso siano finalmente insieme.

«Shan, dove sei?» la voce di April lo distoglie dai ricordi.
«Cosa?» sorride, mentre guarda gli occhi della moglie.
«Sei così silenzioso. Ci sono problemi?» la donna solleva leggermente la testa per osservare meglio il marito e allunga il braccio destro, accarezzandogli una guancia.
«No, nessun problema.» sorride, mentre lascia un bacio leggero sul polso della donna «Ero solo immerso nei miei pensieri.» lo sguardo che si ferma sul tatuaggio.
April si sposta, ponendosi di fronte a Shannon sorridendo «Shan, sono qui e non ho intenzione di andarmene.»
L’uomo sospira «Lo so.» con il pollice continua a sfiorare il tatuaggio della moglie «Solo che a volte la mente corre e va dove non dovrebbe andare.» sorride accarezzando i capelli di April.
«Quello è stato il giorno in cui sono rinata, in cui tutto è ripartito da zero. Sono tornata perché non potevo fare a meno di te. Niente avrebbe potuto impedirmi di tornare da mio marito e dai miei figli e, adesso che sono qui, niente potrà separarci un’altra volta. Cerca di non scordarlo mai.»
«Ok, cercherò di non scordarlo.» Shannon accarezza il volto della moglie poi avvicina le labbra alle sue, unendole con un bacio.

******
 
Il taxi si ferma a Downtown, davanti al Luxe City Center Hotel[ii]. Kai scende e sospira guardando il palazzo che le si staglia davanti. Lascia che lo sguardo si perda, percorrendo quella parete fatta di finestre tutte uguali illuminate da una luce blu «Certo che questi medici non badano a spese.» le scappa un sorriso, pensando che quello sarà il suo rifugio per la prossima settimana.
Si guarda intorno riconoscendo strade che credeva di aver lasciato in un’altra vita. Ripensa a cinque anni prima, a quando era arrivata a Downtown scappando da Honolulu, dal ricordo di Riv, da quella vita che voleva solo lasciarsi alle spalle.

Non sa bene come si sia trovata ad accettare la proposta di Zoe di andare a vivere da lei: la conosceva solo da un paio di giorni, ma deve aver pensato che era sicuramente meglio condividere l’appartamento con una ragazza pratica della città, anche se completamente pazza, piuttosto che andarsene in giro allo sbaraglio. I primi giorni si sentiva spaesata: ha perso il conto delle volte che ha rifatto la valigia intenzionata a salire sul primo aereo per Honolulu, salvo poi tornare sui suoi passi.
«Los Angeles ha una sorta di magia: è la città dove i sogni diventano realtà.»
Zoe glielo ripeteva almeno un paio di volte al giorno, quando la vedeva guardare fuori dalla finestra e perdersi nei suoi pensieri, tanto che ha finito per crederle. Credeva davvero che Los Angeles le avrebbe regalato una nuova vita.
E, in un certo senso, l’ha fatto: la sua vita è davvero cambiata dopo che ha messo piede nella città degli angeli, anche se non pensava che sarebbe andata così. Non pensava che dopo quattro mesi si sarebbe trovata ancora una volta su un aereo, ancora una volta in fuga, ancora una volta a combattere per lasciarsi alle spalle qualcosa. Qualcuno.
Kai, la donna in fuga perenne.
Potrebbe tranquillamente essere il titolo di uno di quei romanzetti rosa, il più patetico in commercio.

Entra nella hall dell’albergo, va alla reception, ritira le chiavi e prende l’ascensore per salire al quarto piano, dove sta la sua stanza. Entra nella camera, sdraiandosi sul letto «Sono stravolta!».
Ripensa all’aeroporto, a quel profumo che l’ha assalita all’improvviso.
«Kai finiscila. Una settimana, solo una settimana poi te ne tornerai a Honolulu, dimenticherai Los Angeles, dimenticherai Shannon e tornerai alla tua vita.»
Stramaledice suo padre e la sua bella idea di mandarla a quello stupido convegno.
Prende la valigia e la apre, iniziando a sistemare le sue cose nella stanza «Vediamo se riesco a spegnere il cervello per un po’.» si dice fra sé e sé.

Kai finisce di riporre le ultime cose poi guada l’orologio «Devo assolutamente chiamare Zoe!»
Si volta, cercando nella stanza una testa riccioluta «Chris aspettami qua: vado un attimo sul terrazzo a fare una telefonata.»
«Ok.» le risponde, distratto dalla tv.
Apre la portafinestra ed esce sul terrazzo digitando il numero di Zoe. Nella testa si affollano mille pensieri: sono cinque anni che non si vedono se non attraverso uno schermo. Si era ripromessa che sarebbe tornata a Los Angeles prima o poi, ma alla fine non l’ha mai fatto e, adesso che si trova a fissare le luci dello skyline della città degli angeli, capisce benissimo il perché se n’è tenuta lontana per tutto questo tempo.
«Kai!» la voce allegra dell’amica all’altro capo del telefono la distoglie dai suoi pensieri.
«Ciao Zoe. Come stai?»
«Bene… Un po’ frastornata, ma bene: Jared è tornato oggi pomeriggio dopo un mese di tour.» la sente sorridere.
«Immagino come sarete impegnati.» la prende in giro «Se vuoi, ti chiamo più tardi.»
«Adesso sta riposando perciò posso stare al telefono tranquillamente.»
La voce di Zoe ha subito un effetto calmante per Kai: l’allegria della sua amica è contagiosa ed è sempre stata un toccasana per lei. Prende un respiro poi torna a parlare «Sai dove sono adesso?»
«Fammi pensare… qua sono le dieci di sera circa… da te dovrebbero essere le otto perciò sarai sotto un gazebo, con davanti l’oceano, e ti starai gustando un bel loco moco[iii]
«Sai che non mi piace l’uovo perciò niente loco moco e… niente oceano. In realtà sono su un terrazzo e sto ammirando uno skyline da togliere il fiato.»
Zoe resta per un attimo in silenzio poi torna a rivolgersi all’amica «Kai… non mi dire che…»
«Sì: sono a Los Angeles!»
Nemmeno il tempo di finire la frase che deve allontanare il telefono dall’orecchio perché le urla di della bionda la stanno assordando «Zoe calmati o ti verrà un infarto.» ride, sentendo l’entusiasmo incontenibile dell’amica «Ci dobbiamo assolutamente vedere! Quanto starai a Los Angeles?»
«Starò qua una settimana. Devo andare ad un congresso medico al Convention Center. Una roba pallosissima, ma mi tocca. Facciamo così: domani sera sei libera?»
«Sì e se Jared fa storie lo lascio qua. Dove ci vediamo?»
«Ehm… va bene al Nickel Diner? Faremo una bella serata all’insegna dei vecchi tempi.»
«Sì! È da tanto che non torno a Downtown e ho proprio voglia di una bella fetta di torta al cioccolato di Monica.»
Kai sospira «Ehm… ti posso chiedere una cosa?»
«Dimmi.»
«Domani… potresti venire da sola? Per ora vorrei evitare di far sapere a Jared che sono a Los Angeles.»
«Se hai paura che possa dirti qualcosa per quella storia di cinque anni fa stai tranquilla: credo che neanche se la ricordi.»
«No… non è quello… oddio… un po’… però… ecco… ti devo presentare una persona e preferirei che fossimo sole.»
«Uh… hai una nuova fiamma e non mi hai detto niente? Come si chiama il fortunato?»
«Christopher e… non è proprio la mia nuova fiamma.» sorride.
«Adesso sono proprio curiosa di conoscerlo. Com’è? Quanti anni ha? Raccontami!»
«Quante domande… Domani lo conoscerai, non ti basta?»
«Dimmi almeno come ha i capelli…»
«Mori e ricci.» Kai sorride.
«E gli occhi?»
«Verdi.»
«E quanti anni ha?»
«Zoe sei troppo curiosa! Ti ho detto che ci vediamo domani sera, così avrai tutto il tempo di fargli il terzo grado.»
«Kai ti odio!»
La ragazza sorride, immaginando l’espressione corrucciata dell’amica «A domani Zoe.»
«A domani… però sei cattiva… adesso non riuscirò a dormire per la curiosità…»
«Mi sa che ci pensa Jared a tenerti sveglia, altro che la curiosità.» Kai scoppia in una risata.
«Quello, tra l’effetto tour e il jet lag, è già lì che russa da un po’… Tra l’altro devo trovare un modo per liberarmene domani sera. Devo inventare una scusa plausibile, che non ammetta repliche. Lo sai che quasi non mi lascia uscire da sola? Ha paura che mi perda, che mi accada qualcosa… È allucinante!»
«Sei tu che ti sei messa con un maniaco del controllo, adesso ne paghi le conseguenze, anche se non credo ti dispiaccia…»
«Diciamo che è un sacrificio che faccio più che volentieri.»
Le due ragazze scoppiano a ridere.
«Ti lascio andare a dormire che immagino sarai stanca anche tu dopo il viaggio. Ci vediamo domani.»
«A domani Zoe. Ricordati: alle otto. Puntuale, altrimenti mi mangio tutta la torta al cioccolato di Monica.»
«Quanto sei pesante Kai! Non ti preoccupare, sarò puntualissima.»
«Ok, fingerò di crederti. A domani Zoe.»
«A domani.»
Kai riattacca e rientra in camera «Chris, vieni che mettiamo il pigiama e andiamo a nanna.»
«Posso finire di guardare questo cartone? Ti prego!»
«Ma non sei stanco del viaggio?»
Il bambino scuote la testa in segno di diniego.
«Vediamo un po’ cosa stai guardando di così interessante.» la ragazza si sdraia a fianco del bambino.
«Mamma fai piano che sfondi il letto!» il piccolo scoppia a ridere.
Kai si mette in ginocchio, portandosi le mani sui fianchi e guardando il figlio con aria minacciosa «Cosa vorresti dire? Che sono grassa?»
«Sì!» il bambino ride di gusto.
«Piccola peste! Te la faccio passare io la voglia di prendermi in giro!» Kai inizia a fare il solletico a Christopher, che non riesce a smettere di ridere mentre si dimena per liberarsi dalla presa della madre.
 
[i] Titolo preso dal brano dei Thirty Seconds To Mars City of Angels
[iii] Se volete cucinare un Loco Moco, piatto tipico hawaiano, andate qua http://it.wikipedia.org/wiki/Loco_Moco

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Capitolo 15
*** *** Il Segreto è Svelato *** ***


Per vostra sfortuna, non sono stata risucchiata da un buco nero e sono riuscita a produrre questo capitolo. Ci ho messo un po' più del solito, ma la mia Musa aveva litigato con Jared e Shan e aveva seri problemi a scrivere a di loro :D (avete a che fare con una scrittrice psicopatica oltre che sadica...)
Come sempre, ringrazio chi legge e, soprattutto, chi si ferma a commentare i miei deliri: grazie a voi spesso riesco a trovare quello spunto per sbloccare certe situazioni.
La foinisco con tutte le mie pieppe e vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio This is the Story of my Life
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 

 
La luce che filtra dalla persiana leggermente aperta si posa sulla sua schiena, colpendo il tatuaggio che ha tra le scapole, quello che rappresenta le americhe. Shannon solleva lentamente le palpebre, lasciando che le pupille si abituino a poco a poco alla luce. Allunga un braccio trovando l’altro lato del letto vuoto. I sensi iniziano a svegliarsi e si accorge delle voci che arrivano dal piano di sotto, voci che sanno di casa. Il fatto che i ragazzi non siano ancora a scuola vuole anche dire che è presto, troppo presto per iniziare la sua giornata. Si gira sulla schiena e resta a guardare il soffitto, indeciso se uscire dal letto o tornare a dormire.
Mette le mani dietro la nuca e sospira. I pensieri fanno un salto indietro, al giorno prima, a quell’attimo che l’ha colpito come un destro ben assestato: possibile che fosse davvero lei?
Da quel giorno di cinque anni prima non aveva più rivisto o sentito Kai. Aveva voluto mettere una distanza tra loro, pensando che sarebbe stato meglio per entrambi, che sarebbe stato più facile lasciarsi tutto alle spalle. Era convinto di esserci riuscito, ma è bastato che una sorta di fantasma gli passasse davanti per ricredersi.
Sul volto gli si disegna un sorriso amaro: in un certo senso, è quasi comico che il giorno più importante nella vita di sua moglie corrisponda con quello in cui l’ha tradita. Una notte, una sola, stupida notte che avrebbe potuto rimettere tutta la sua vita in discussione. Se ripensa a quella mattina, è travolto da un sacco di emozioni: il risveglio con Kai al suo fianco, la sensazione di pace che ha sentito mentre la ragazza lo stringeva fra le sue braccia e il panico che gli è salito un secondo dopo, quando ha compreso che quello non poteva essere il suo posto.
Rivede gli occhi di Kai che lo guardano uscire dalla porta, se li sente puntati addosso, come se fosse ancora in quella stanza, intento a varcare quella soglia che l’avrebbe riportato alla sua vita reale. Lo sa che ha fatto la scelta più giusta, l’unica che avrebbe dovuto fare, ma la sensazione di essersi lasciato alle spalle qualcosa d’importante non l’ha mai abbandonato, nonostante abbia cercato di negarlo.
Non può dire che fosse innamorato di lei, ma sicuramente c’era qualcosa che li univa. La telefonata che le ha fatto la sera stessa, quella dove le diceva che April si era ripresa, o quasi, la ricorda bene. Le ha spiegato che la moglie era uscita dal coma e lei, come se fosse una vecchia amica, gli ha fatto le congratulazioni, gli ha detto che era felice per i bambini che avrebbero potuto riabbracciare la mamma. Il tono della sua voce però aveva tradito una malcelata inquietudine, esplosa nel momento in cui lui ha accennato alla notte appena trascorsa.
«Kai… io… volevo parlare di ieri sera… ecco…»
«No Shannon, non dirmi niente. Hai tua moglie, i bambini… occupati di loro e basta, tutto il resto adesso non conta.» l’ha sentita deglutire più volte e prendere un ampio respiro «Io… adesso devo andare… ciao.» e ha riattaccato.
Quel ciao è l’ultima cosa che si sono detti. Il giorno dopo Zoe gli ha raccontato che la sua amica aveva lasciato Los Angeles per tornare a Honolulu. Lei non l’ha più cercato e lui ha fatto altrettanto, chiudendo tutta questa storia in uno dei cassetti della memoria.
 
«Allora sei sveglio.»
Alza leggermente la testa per guardare April che gli sorride dalla soglia, poi torna ad appoggiare il capo al cuscino.
La donna sale carponi sul letto e gli si avvicina «Buongiorno.» gli lascia un bacio sulle labbra e sorride «Ha dormito bene il mio bel batterista?»
Shannon la guarda un attimo e le risponde con un cenno affermativo della testa per poi tornare a rivolgere lo sguardo al soffitto.
«Dalla tua espressione non si direbbe.» April si siede sul letto, incrociando le gambe e guardando il marito seria.
L’uomo si volta verso la moglie cercando di abbozzare un sorriso «Va tutto bene… Sono solo un po’ scombussolato dal viaggio…»
«Sei sicuro che sia solo questo? È da quando siamo tornati a casa che sei strano, come se avessi qualcosa che ti frulla in testa… Sei certo che non sia successo niente? Hai discusso con Jared?»
Sì April, c’è qualcosa: un fantasma che mi tormenta da ieri.
Si passa le mani sul volto poi si siede, mettendosi di fronte alla donna «Stai tranquilla» le sorride mentre appoggia le mani sulle sue spalle «È tutto a posto. Un bel caffè e passa tutto.» strizza l’occhio ad April, si libera del lenzuolo che gli ricopriva le gambe e scende dal letto, seguito dalla donna.
«Vado a controllare che Josh si sia vestito decentemente poi accompagno lui e Jan alla fermata dell’autobus. Il caffè ti aspetta in cucina.» April esce dalla stanza dirigendosi verso quella del figlio.
«Agli ordini!» Shannon le risponde facendole il saluto militare «Ah, quasi dimenticavo: più tardi devo andare a Santa Monica, alla Black Fuel. Vuoi venire con me?»
«Solo se, mentre tu stai lì a parlare di lavoro, posso prendere la tua carta di credito e andare da Barneys.» April si affaccia alla porta con un sorriso e uno sguardo da cucciolotta al quale è impossibile resistere.
Shannon si avvicina abbracciandola «Non ti facevo così venale. Pensavo che avere la possibilità di passare un’intera mattinata con il tuo bellissimo e affascinante marito ti bastasse come motivazione.»
«Potrebbe essere un’ottima alternativa allo shopping compulsivo, se il mio bellissimo e affascinante marito non dovesse passare tutta la mattina in un ufficio a parlare di cose delle quali non capisco niente e che manco m’interessano. Poi, dopo un mese passato tutta sola in questa casa a cercare di domare quelle pesti dei tuoi figli, direi che mi merito un paio d’ore tutte per me.» April gli sorride arricciando il naso e passandogli le braccia intorno alla vita «Perciò, Leto, se vuoi che ti delizi della mia compagnia per il viaggio fino a Santa Monica devi sganciare la Visa.» strizza l’occhio al marito «A che ora devi andare?»
«Tra un'ora circa.»
«Perfetto: porto i ragazzi all’autobus e arrivo.» gli lascia un bacio sulle labbra e torna a sparire, diretta verso la stanza di Joshua.
A Shannon non resta altro da fare che scendere in cucina per la colazione e rassegnarsi a tornare da Santa Monica con la macchina piena di borse di Barneys.

******

«Chris sta attento a non versarti il succo di frutta addosso.» Kai cerca di fare colazione con il figlio. «E muoviti che siamo qui da mezz’ora. Tra poco la mamma deve andare.»
«Posso venire con te?»
«Ti ho già spiegato che la mamma deve lavorare e tu non puoi venire. Starai qui con la signora che hai conosciuto ieri e a pranzo ti vengo a prendere va bene?»
«No. Sandra non mi piace. È brutta, antipatica e le puzza l’alito!» il bambino mette il broncio.
«Come fai a sapere che è antipatica? Non le hai neanche parlato.» la donna si allunga e con un tovagliolo pulisce la bocca del bambino.
«Ha un naso come quello della strega di Biancaneve. Non ci voglio stare con quella lì!» Christopher incrocia le braccia sul petto e mette il broncio.
Kai sospira «Chris… è solo per qualche ora… porta un po’ di pazienza. Magari poi ti diverti pure. Ci saranno anche altri bambini… poi se fai il bravo, stasera ti porto a mangiare in un posto speciale.» sorride e accarezza la testa del figlio.
Chris le regala un sorriso «Davvero? Allora ti prometto che farò il bravo.»
«Giurin giuretta?»
«Sì! Giurin giuretta!» Madre e figlio suggellano il patto stringendosi i mignoli.
«Adesso andiamo a finire di vestirci altrimenti la mamma arriverà in ritardo.»
«Va bene.» il piccolo si alza e i due si dirigono verso l’ascensore per salire al piano della camera.

******

Cenare al Nickel Diner è sempre una festa, una sorta di rito al quale la famiglia Leto Moore non si sottrae ogni volta che il batterista torna da un tour. Shannon sorride mentre apre la porta del locale, incrociando lo sguardo di Monica da dietro il bancone.
«Shan, che bellezza vederti!» la donna si pulisce le mani con uno strofinaccio e si sposta dalla sua postazione di lavoro andando ad abbracciare l’uomo «April, ci sei anche tu. Come stai?» sorride, appoggiando una mano sulla spalla della donna.
«Sto benissimo Monica, grazie.» le risponde abbracciandola.
«Sono davvero contenta che ti sia ripresa così bene, non sai quanto mi faccia piacere.»
«Lo so.» April le sorride.
«Zia Mony, hai la torta al cioccolato?» Joshua interrompe le due donne.
«Certo che ce l’ho. Lo sai che ne conservo sempre una bella scorta per te, Janis e il tuo papà.» spettina il caschetto del bambino.
«Ciao zia Mony.» Janis si avvicina alla donna dandole un bacio sulla guancia.
«Ciao signorina. Cosa mi racconti? Hai trovato il fidanzato?»
«Monica… Janis ha undici anni...» Shannon ammonisce la donna.
«E allora? È ora che inizi a guardarsi intorno e tu non fare il padre geloso.» punta l’indice contro i pettorali dell’uomo, che scoppia in una fragorosa risata «Andatevi pure a sedere a quel tavolo laggiù. Vi mando Kristen o Jodie a prendere le ordinazioni, ammesso che riesca a trovarle. Più passano i giorni e più diventano rimbambite.» si guarda intorno aggrottando le sopracciglia «Stanlio! Ollio! Dove cavolo siete finite? Scusatemi, vado in cucina a vedere dove si sono rintanate quelle due.»
April sorride mentre si siede al tavolo con il marito e i figli «Monica non cambierà mai.»
«La adoro proprio perché è così.» Shannon si siede e prende il menù iniziando a sfogliarlo.
Dopo un paio di minuti, April guarda il marito e inizia a ridere.
«Che hai da ridere?»
«Niente.» serra le labbra per trattenere un’altra risata «Che cosa prendi?»
«Un…»
«Un Bacon Avo Burger con patatine.» la donna precede il marito.
Shannon abbassa lo sguardo, scuote la testa portandosi una mano alla tempia e sorride, tornando a guardare April «Un Bacon Avo Burger con patatine.» appoggia il menù sul tavolo «Sono così prevedibile?»
«Più che prevedibile, direi abitudinario» April arriccia il naso e sorride «Come i bambini.» da un buffetto su una guancia al marito.
«Vediamo se riesco a indovinare cosa prendi tu…»
«Prova, vediamo un po’!»
«Mmmm… un sandwich con verdure grigliate?»
«Le verdurine lasciale a tuo fratello. Io mi prendo un bel Chili Burger e ci aggiungo pure gli anelli di cipolla fritti.»
«Mamma, io prendo gli spaghetti con le polpette.»
«Ok Josh. E tu Jan?»
«Un sandwich con verdure grigliate.»
«Vuoi anche le patatine?»
«No, mi ha detto Alicia che fanno ingrassare.»
April sospira «Jan, avete undici anni…»
«E allora?» risponde la ragazzina stizzita «Non vorrai che mi venga un sedere largo come quello della zia Monica?» Janis ride vedendo la cuoca avvicinarsi al tavolo con aria minacciosa.
«Te lo do io il sedere largo ragazzina! Attenta al tuo panino, si sa mai che la cuoca con il sederone ti combini qualche scherzetto.» sorride spettinando Janis.
«Zia Mony! Non toccarmi i capelli!»
«Sei proprio isterica come tuo zio!» la donna prende i menù, le ordinazioni e si dirige verso la cucina.
«Monica!»
«Dimmi Shan…» la donna alza gli occhi al cielo voltandosi verso il tavolo della famiglia Leto Moore.
«Non dimenticarti…» il batterista la guarda ammiccando.
«La torta al cioccolato!» la donna si volta dirigendosi velocemente dietro il bancone «Stanlio! Ollio! Venite ad aiutarmi, non vi pago per stare nel retro a far chiacchiere!» redarguisce le due dipendenti, che, come il solito, annuiscono ignorando le urla di Monica.

******

«Christopher Lavoie, si può sapere cosa stai combinando?» Kai sbuffa con le mani sui fianchi.
«Niente.» il bambino si volta in direzione della madre con un largo sorriso.
«Puoi smettere di saltare per almeno cinque minuti? Per piacere…» chiede con voce quasi implorante, mentre prende la mano del bambino «Stai buono per un po’. Adesso arriva un’amica della mamma poi mangiamo, ok?» il bambino annuisce, mentre Kai guarda per l’ennesima volta l’orologio «Ti va di fare una cosa? Entriamo così ti faccio conoscere Monica e, mentre aspettiamo, decidi cosa vuoi mangiare ok?»
«Chi è Molica?»
«Monica, tesoro.» Kai cerca di trattenere una risata «È una signora che lavora in questo ristorante e prepara tante cose buone da mangiare.» aggiunge, mentre accarezza la testa riccioluta del bambino.
Christopher aggrotta le sopracciglia e guarda in tralice la madre «Ce l’ha la torta al cioccolato?»
«Certo! La torta al cioccolato di Monica è la più buona del mondo!»
Sul volto del bambino si allarga un sorriso luminoso «Allora entriamo subito che ne voglio un pezzo grande così!» accompagna le sue parole con un gesto delle braccia.
«Prima mangi la cena poi, se fai il bravo, ti prendo la torta.»
Il bambino sbuffa mettendo il broncio.
«Avanti piccola peste» Kai appoggia una mano sulla schiena del piccolo, spingendolo leggermente verso l’interno del locale «Andiamo da Monica.»
 
Shannon si alza e si dirige verso il bancone «Grazie Monica. Come il solito, abbiamo mangiato benissimo e in abbondanza.»
«Andate già via?»
«Domani queste due pesti avranno la scuola e, se non li metto a letto presto, devo usare le bombe per svegliarli.» April si avvicina ai figli sorridendo «Grazie di tutto Monica: è sempre un piacere venire a mangiare da Nickel. Ci fai sentire come se fossimo a casa.»
«Shannon lo sa che per lui e suo fratello ci sarà sempre un posto al Nickel. Aspettatemi un minuto che ho una cosa per voi.» sparisce entrando in cucina per poi tornare, dopo pochi secondi, con una scatola per dolci di cartone tra le mani «Ecco, questa è per voi. Vediamo se indovinate cosa c’è dentro.»
«La torta al cioccolato della super zia Mony!» Joshua salta entusiasta attaccandosi al bancone.
«Bravo il mio ometto!» la donna spettina il caschetto del bambino «Un bel pezzo di torta al cioccolato tutto per voi. Mi raccomando: non fatela mangiare al papà.» aggiunge strizzando l’occhio.
«No di certo!» sentenzia Janis ridendo «Il papà è già abbastanza grasso. La torta ce la mangiamo tutta io e Josh.» prende la scatola dalle mani della cuoca «E un pezzettino pure per la mamma, se si comporta bene.»
«Ma guarda questa strega! Pensate a comportarti bene voi due altrimenti la torta me la mangio tutta io! Per quanto riguarda papà però avete ragione: niente torta che ha la pancetta.» April prende in giro il marito toccandogli il ventre.
«Non ho una famiglia, ma un covo di vipere. Andiamo a casa prima che mi demoliate del tutto.» Shannon si dirige verso il retro del locale «Usciamo dal retro, almeno evitiamo scocciature. È un problema?»
«No, andate pure e, visto che ci siete, mandatemi dentro Kristen e ditele che è ora che smetta di fumare.» Monica saluta Shannon, April e i ragazzi poi torna a rintanarsi in cucina.
 
«Finalmente sei arrivata! Stavamo per iniziare a mangiare senza di te.» Kai guarda Zoe fingendosi arrabbiata poi si avvicina e la abbraccia «Non vedevo l’ora di riabbracciarti.»
«Anch’io non vedevo l’ora. È vero che non ci siamo mai perse in questi cinque anni, ma averti qua, a Los Angeles, è splendido. Dove alloggi?» le chiede l’amica.
«Al Luxe City Center.»
«Wow! Ti sei trattata bene!» Zoe strabuzza gli occhi.
«Tutto spesato dagli organizzatori del convegno perciò me lo godo ancora meglio.» Kai scoppia a ridere.
Zoe inizia a guardarsi intorno poi torna a rivolgere lo sguardo all’amica «Non dovevi presentarmi una persona? Dove l’hai nascosto? Sono curiosa di conoscere questo bel ricciolone che ti ha fatto innamorare.»
Kai sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e abbassa lo sguardo imbarazzata, mordendosi un labbro «Zoe… forse non sarà proprio come te lo aspetti…»
«È così brutto?»
«No! Assolutamente no!» Kai sorride, voltandosi verso il bambino, che, poco lontano da loro, sta guardando le teste dei manichini piene di dolci che adornano la vetrina del Nickel Diner «Chris, vieni che adesso ci sediamo.»
Il bambino si volta e si dirige verso la madre correndo. Kai sposta lo sguardo incrociando quello di Zoe, che guarda Christopher strabuzzando gli occhi.
«Quello… quello è Christopher?»
«Sì. Zoe Forrest, ti presento Christopher Lavoie.»
«Lavoie? È… è… è tuo fratello?»
«Ehm…» Kai si gratta la nuca imbarazzata «No… non è mio fratello…»
Zoe rimane per qualche minuto in silenzio a guardare il bambino, a osservarne i capelli neri e ricci, gli occhi verdi. «Christopher è tuo…»
«Figlio. Chris è il mio bambino.» Kai stringe a sé il piccolo, spettinandogli i capelli.
Zoe si ammutolisce ancora una volta. Continua a far viaggiare lo sguardo da Kai al bambino, chiedendosi come sia stato possibile non accorgersi di niente. È vero che in questi cinque anni non si sono mai viste dal vivo, per vari motivi il suo viaggio alle Hawaii è stato sempre rimandato, però si erano sempre tenute in contatto. Prende un lungo respiro poi torna a rivolgersi all’amica «Perché non mi hai mai parlato di Chris?» poi un lampo le attraversa lo sguardo, come se le fosse venuta un’idea improvvisa «Aspetta… Chris, quanti anni hai?»
«Quattro, così. Ma tra poco ne farò cinque!» alza una mano, mostrando il palmo alla ragazza con un ampio sorriso.
«Non dire bugie: hai compiuto quattro anni la settimana scorsa.» Kai redarguisce il piccolo.
«Appunto! Tra poco ne avrò cinque!» il bambino insiste mettendo il broncio.
«Quattro… sei proprio un bellissimo ometto sai?» Zoe accarezza la testa del bambino poi torna a rivolgersi all’amica «Quando te ne sei accorta?» riserva per Kai uno sguardo duro.
«Di cosa?»
«Kai, non cercare di prendermi in giro. Chris ha quattro anni. Basta fare un paio di conti... sembra palese chi sia il padre.»
Kai deglutisce guardando gli occhi gelidi dell’amica «Vuoi sapere se ero consapevole di essere incinta quando ho lasciato Los Angeles? No, non lo sapevo. L’ho scoperto un paio di settimane dopo.» la ragazza abbassa lo sguardo.
«E perché non mi hai detto niente? Credevo fossimo amiche…»
Kai prende un lungo respiro «Zoe… possiamo sederci e parlarne con calma?»
La bionda annuisce e le due ragazze si dirigono verso il bancone.
«Ciao Zoe, è un sacco che non ti si vede da queste parti.» Monica saluta la ragazza con un ampio sorriso «Se fossi arrivata cinque minuti prima, avresti incontrato Shan, April e i bambini.»
La ragazza guarda la cuoca sorridendo incerta «Ah… ehm… Monica hai visto chi c’è? C’è Kai.»
«Kai?» la donna guarda la ragazza mora aggrottando le sopracciglia «Ah Kai, la ragazza che lavorava per Shan dopo che April ha avuto l’incidente. Come stai?»
«Ehm... bene… direi.»
«E questo giovanotto chi è?»
«Chris, mi chiamo Chris.» il bambino risponde sorridendo.
«Monica, noi andiamo a sederci. Passi tu per le ordinazioni?» Zoe cerca di cambiare discorso.
«Sì, sedetevi pure là in fondo che arrivo tra un paio di minuti.»
Le ragazze e il bambino si siedono. Kai inizia a rigirarsi il menù tra le mani.
«Allora? Mi dici perché non mi hai mai parlato di Christopher?»
«Chris, va un attimo da Monica a farti dare… dei tovaglioli?» Kai cerca una scusa per far allontanare il piccolo. Il bambino annuisce e si dirige verso il bancone.
«Zoe… non ti ho detto niente perché… perché non volevo crearti problemi. Cioè… tu hai una storia con Jared… non… non volevo caricarti di questo peso. Come avresti potuto tenergli nascosto il fatto di avere un nipote?»
«Forse hai ragione… però non posso fare a meno di chiedermi come hai fatto a nascondermi questa cosa per tutto questo tempo.»
«Sono stata brava?» Kai accenna un sorriso.
Zoe sorride di rimando «Sei stata brava. A Chris cosa hai detto?»
«È piccolo… Gli ho raccontato che il suo papà è partito per lavoro quando è nato e che presto tornerà a casa. Per ora gli basta.»
«Per ora… e quando non gli basterà più?»
Kai prende una pausa e si volta a guardare il bambino, intento a stordire Monica a furia di chiacchiere «Non lo so Zoe… Non so cosa farò quando Chris inizierà a chiedermi davvero di suo padre.»
«Scusa la franchezza, ma non credi che Shannon abbia il diritto di sapere che avete un bambino?»
«No.» Kai risponde risoluta «Shannon non ha diritto a niente.»

******

«Ciao Monica!» Jared apre la porta del Nickel Diner e si avvicina al bancone «Non mi dire che hai finito tutta la torta al cioccolato.»
«Jared! Che ci fai da queste parti?» la donna regala un largo sorriso al cantante.
«Mi hanno trascinato allo Staples Center per una partita di basket solo che, prima della fine del primo periodo, mi ero già scocciato. Sono uscito, ho preso un taxi e sono andato al Broadway Bar, ma non c'era niente di interessante. Allora, siccome ero a Downtown, mi son detto Perché non andare a prendere una bella fetta di torta da Monica? Così eccomi qua.»
«Hai avuto una bellissima idea, lo sai che ti vedo sempre con piacere.» la donna accarezza una guancia all’uomo «Prima è passato tuo fratello con la sua famiglia, saranno andati via un’ora fa. Hai visto che c’è anche Zoe?»
L’uomo si guarda in torno, individuando il tavolo dove è seduta la ragazza «Non sapevo fosse venuta qua. Vado a sedermi al tavolo da lei se non ti dispiace, tu intanto preparami una bella fetta di torta.» strizza l’occhio alla cuoca e si dirige verso la ragazza.
 
«Uddio…» Zoe quasi s’ingozza con il boccone che sta masticando «Kai non voltarti.»
«Che succede?»
«C’è Jared.»
«Oh cazzo!»
«Mamma non si dicono le parolacce!»
«Chris pensa a mangiare tu.» Kai si passa le mani sul volto «Che sta facendo?»
«Secondo te? Viene verso di noi.» Zoe accenna un sorriso e un saluto in direzione del cantante.
«Lo sapevo! Perché sono stata così scema? Tra tanti locali che ci sono a Los Angeles, proprio qui dovevamo venire?»
«Zoe, perché non mi hai detto che saresti venuta da Nickel? Potevamo fare il viaggio insieme.» Jared si avvicina alla ragazza, le da un bacio sulla guancia e le sorride. Poi nota l’altra donna seduta al tavolo. Il suo sguardo cambia repentinamente, mentre si siede senza distogliere gli occhi dalla ragazza mora «Kai, quanto tempo.» stringe gli occhi e continua a fissarla.
«Ciao Jared.» la ragazza si sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e deglutisce imbarazzata. Non si era mai sentita così con Jared, nemmeno la prima volta che si sono visti, il giorno del colloquio. Si sente sotto osservazione, come se l’uomo la stesse sezionando con lo sguardo, e in quel momento vorrebbe sparire, potersi volatilizzare.
«Mamma, posso prendere altre patatine?» la voce di Christopher la distrae per un attimo.
«Certo Chris, vai a dirlo a Monica.» accarezza la testa del bambino che si alza, dirigendosi verso il bancone.
Jared guarda il bambino sorridergli. Muove lo sguardo dal piccolo a Kai, come a cercare tratti di una somiglianza che è assolutamente evidente. Appena il bambino si allontana, torna a rivolgersi a Kai «E così hai un figlio.»
«Già…» la ragazza cerca di nascondere l’imbarazzo nel rispondergli. Ha già capito dove vuole andare a parare il cantante, spera solo di riuscire a uscirne viva.
«Christopher. Quanti anni ha? Anzi no, aspetta. Te lo dico io quanti anni ha. Quattro, giusto?»
La ragazza annuisce «Jared, non ti fare strane idee. Chris non è… è… è figlio mio e basta.»
Jared fa una risatina sarcastica e torna a guardare il bambino, che sorride mentre Monica gli mostra un modellino di una motocicletta. Torna a guardare Kai «Davvero mi credi così stupido? A parte il fatto che non ci vuole un genio a fare uno più uno: so cosa è successo tra te e quel coglione di mio fratello cinque anni fa e, casualmente, Christopher ha quattro anni. Poi mi è bastata un’occhiata per capire tutto: ha una camminata che conosco fin troppo bene.» sorride guardando il piccolo e, nel giro di pochi secondi, torna a voltarsi in direzione di Kai aggrottando le sopracciglia e fulminandola con lo sguardo «Perciò smettila di prendermi per il culo e dimmi cosa vuoi. Perché sei tornata a Los Angeles? Cerchi soldi?»
Kai scuote la testa poi guarda l’uomo «Non voglio niente da te e tanto meno da tuo fratello. Se avessi voluto qualcosa, credi davvero che avrei aspettato cinque anni per farmi viva? Stai tranquillo: non ho nessuna intenzione di rompere l’idillio famigliare di Shannon, tanto più che non ci volevo neanche tornare a Los Angeles, ma mio padre ha deciso di mandarmi a un cavolo di convegno medico. Sperava che l’aria della città degli angeli mi avrebbe fatto cambiare idea.» si volta un attimo a controllare cosa sta combinando Christopher poi torna a guardare Jared «Stai tranquillo Jared: tra una settimana me ne tornerò alle Hawaii e non dovrai più avere a che fare con me e con Chris.»
Jared rimane in silenzio per qualche minuto poi guarda Zoe «Tu lo sapevi?»
«No, Zoe non sapeva niente.»
«L’ho chiesto a lei.» si volta di scatto verso Kai, fulminandola con lo sguardo, poi torna a rivolgersi alla sua fidanzata «Allora? Zoe, sapevi del bambino?»
«No, non sapevo niente. Ho conosciuto Chris mezz’ora fa.»
Lo sguardo di Jared viene catturato dal bambino, che torna a sedersi al tavolo, vicino alla madre «Mamma, guarda cosa mi ha regalato Molica.» mostra orgoglioso una piccola motocicletta di plastica.
«Monica, tesoro. La signora si chiama Monica.» Kai sorride.
Il bambino aggrotta le sopracciglia «E io cosa ho detto? Molica!» poi scoppia in una sonora risata.
Jared guarda il piccolo. Cerca di scoprire tratti in comune con Shannon, ma non può fare altro che costatare che Christopher è la copia di Kai, almeno fisicamente. Lo osserva mentre ride, mentre mangia le patatine. Vorrebbe dirgli qualcosa, ma, per la prima volta in vita sua, non sa come comportarsi. Sicuramente non può esordire con un “Ehi Chris, vieni ad abbracciare lo zio”, ma non riesce neanche a restare indifferente: è il figlio di suo fratello, una parte di lui.
A un tratto il bambino sembra quasi leggergli nel pensiero, sembra quasi capire che sta cercando una scusa per rompere la tensione e gli si avvicina «Tu come ti chiami? Sei un amico della mia mamma?»
Jared accarezza la testa del piccolo e gli sorride «Io mi chiamo Jared e… sì… sono un amico della tua mamma… più o meno…»
Christopher gli fa un largo sorriso «Allora, se sei amico della mamma, sei anche amico mio.» allunga una mano verso l’uomo, mostrandogli il suo giocattolo «Ti va di giocare con la mia moto?»
Jared prendere il modellino e inizia a girarselo tra le mani.
«Non devi fare così. Guarda» Christopher riprende possesso del giocattolo e inizia a farlo muovere sul tavolo «Si gioca così con le moto.» con la bocca imita il rumore del motore.
«Chris, ti piacciono le moto?» Il bambino annuisce «Non avevo dubbi fosse così.» Jared sorride, pensando che almeno una cosa in comune tra Chris e Shannon l’ha trovata.
«A te piacciono le moto?» il bambino guarda il cantante, distogliendo per qualche minuto l’attenzione dal giocattolo.
«Un po’.» Jared strizza l’occhio al piccolo.
«Sai cosa faccio io da grande?»
«Dimmi.»
«Prendo una moto grande, non piccolina come questa… Una di quelle che fanno tanto rumore. Poi ci salgo sopra e vado via con la mamma.» il bambino torna a giocare con la motocicletta.
«E dove vuoi portare la mamma?»
«Dal mio papà!»
Sentendo quelle parole, Jared trasale per un attimo poi torna a rivolgersi al bambino «E… e… dov’è il tuo papà?»
«Jared…» Kai cerca d’inserirsi nel discorso tra il cantante e il bambino, ma Jared si volta di scatto.
«Zitta, sto parlando con Chris.» la ammonisce, gelido. Torna a guardare il bambino «Allora Chris? Il tuo papà dov’è?»
Il bambino fa spallucce allargando le braccia «Boh… è a lavorare.»
«E… e che lavoro fa?»
«Suona!» al bambino s’illuminano gli occhi «Il mio papà suona la musica. La mamma ha detto che è bravissimo, ma io non lo so.» il piccolo abbassa lo sguardo mettendo il broncio.
«Perché non lo sai? Non l’hai mai visto suonare?»
Christopher nega scuotendo la testa «No. Però la mamma mi ha detto che tra un po’ torna a casa così mi fa sentire come suona bene. Tu che lavoro fai?»
«Faccio… che lavoro faccio? L’artista.»
«Suoni anche tu?»
«Sì, faccio anche il musicista.»
Il piccolo prende una pausa. Si gratta la testa, come se stesse pensando, e guarda Jared «Jared, tu conosci il mio papà?»
Kai sbianca e si volta a guardare Zoe, che sta assistendo alla scena ammutolita. Rivolge lo sguardo a Jared, che si passa una mano sul volto restando in silenzio.
«Allora? Conosci il mio papà?» il piccolo lo incalza.
Il cantante guarda Kai, se potesse le darebbe fuoco seduta stante. Prende un lungo respiro poi torna a volgersi verso Christopher «No… non conosco il tuo papà…»
«Peccato…» il piccolo torna a dedicarsi alla piccola moto di plastica.
«Ehm… Chris è tardi… dobbiamo tornare in albergo.» Kai cerca una scusa per far finire la serata.
Il bambino sbuffa «Jared vieni anche tu?»
«No!» Kai si affretta a rispondere «Jared deve andare a casa con la zia Zoe.»
«Già… adesso devo andare a dormire pure io che sono molto stanco.» Jared si alza e guarda Zoe, invitandola a seguirlo.
«Mamma, domani posso stare con la zia Zoe? Quella signora dell’albergo è antipatica!»
«Chris… non puoi decidere per gli altri. La zia avrà le sue cose da fare…»
«Io sono libero.» Jared interviene «Ti andrebbe di stare un po’ con me?»
Kai guarda Zoe che le fa un’espressione delle più eloquenti: neanche lei ha idea di cosa abbia in mente il cantante.
«Mamma posso stare con Jared? Ti prego!» Chris guarda la madre con gli occhi imploranti.
«Ci sarò pure io con voi, ok?» Zoe passa una mano sulla testa del bambino e guarda l’amica per rassicurarla.
Kai guarda la scena, ancora stordita dalla reazione di Jared «Va… va bene…»
«Allora ci vediamo domani diavoletto.» Jared spettina i ricci di Christopher «Puoi andare da Monica a chiederle se mi prepara un pezzo di torta al cioccolato da portare a casa?» il bambino annuisce «Bravo ometto.» Jared sorride guardando il piccolo allontanarsi. Poi si volta verso Kai «Quando hai intenzione di parlare con Shannon?»
Kai prende un lungo respiro: non aveva messo in conto l’ipotesi di incontrare Shannon, ma adesso che Jared sa di Chris la situazione è totalmente cambiata. Non può pretendere che non dica niente al fratello.
Jared fissa Kai, in attesa di una risposta. Se deve essere sincero, non sa neanche lui come affrontare la situazione. Ci sono i bambini, c’è April… Però è anche convinto che Shannon debba sapere di Christopher. «Ti lascio la notte per rifletterci, ma domani mattina voglio delle risposte e se non sarai tu a cercare Shan lo farò io, di questo puoi esserne certa.»
«Ok… lo farò… lasciami solo il tempo per pensare a come farlo.»
«Come lo farai non è un problema mio. Zoe, andiamo.» Jared si volta verso l’uscita del locale, fermandosi un attimo per salutare Chris e prendere la torta preparatagli da Monica.
Kai si avvicina al figlio e insieme escono, aspettando un taxi per tornare all’albergo. La ragazza sospira.
«Mamma che c’è?» il bambino la guarda preoccupato.
«Niente tesoro.» Kai gli sorride, cercando di rassicurarlo, mentre tra sé e sé pensa Brava Kai, ti sei messa proprio in un bel casino.
 
 

[i] Frase tratta dal brano dei 30 Seconds to Mars Modern myth


 

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Capitolo 16
*** *** Chris *** ***


Rieccomi! Chiedo venia per averci messo un secolo ad aggiornare, ma la mia Musa fa un po' i capricci... spero solo che l'attesa non sia stata vana e che il capitolo vi piaccia. Avviso subito che, in questa fase, Shan si vedrà pochino, ma, da come avevo chiudo il cpaitolo precedente, potevate intuire l'argomento di questo nuovo. Tranquille: cicciottino tornerà a riprendersi il suo ruolo di protagonista nei prossimi aggiornamenti :)
Grazie Grazie Grazie a chi continua a seguire e commentare i miei deliri, a chi li ha messi tra i preferiti/seguiti: siete dei tesori <3
Come sempre, vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio This is the Story of my Life
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Vi ho detto tutto perciò non mi resta che augurarvi buona lettura :)
 

Zoe guarda fuori dal finestrino le luci di Los Angeles. Sbuffa, cercando di non farsi sentire da Jared: non sopporta che lui abbia voluto guidare a tutti i costi la sua macchina, come se lei non fosse in grado di riportarli a casa sani e salvi, ma ha evitato accuratamente di discuterne con il cantante, certa che, se solo si fosse azzardata a contraddirlo, se la sarebbe mangiata viva.
Ripensa all’incontro con Kai, al fatto che non le avesse detto di avere un bambino. Al Nickel non aveva avuto il tempo di metabolizzare per bene la cosa, visto che lo tzumani-Leto si è abbattuto su di loro, ma adesso può ripensare alla scena, a come si sono svolte le cose. Si sente combattuta: da un lato avrebbe voluto più sincerità da parte dell’amica, ma dall’altro la capisce, anche se non comprende del tutto questo suo voler tener nascosto Chris a Shannon.
Cerca di guardare Jared con la coda dell’occhio, quasi timorosa d’incrociare il suo sguardo. Da quando hanno lasciato il Nickel Diner, il cantante non le ha ancora rivolto la parola. Sorride ripensando all’incontro tra Jared e Christopher, alla dolcezza di quel momento, agli occhi di Jay che guardavano il bambino cercando di trovare somiglianze con Shannon. Aveva una luce particolare, la stessa che gli vede solo quando è con suo fratello. Ci sono stati attimi in cui ha temuto che ne combinasse una delle sue, conoscendo il caratterino del suo fidanzato, ma quando l’ha visto giocare con il bambino si è quasi commossa. Non si aspettava che decidesse di passare il giorno seguente con il nipote, ma è rimasta piacevolmente stupita da questa richiesta, anche se non può fare a meno di chiedersi se avrà qualcosa in mente.

Jared tiene lo sguardo fisso sulla strada mentre respira lentamente, cercando di ritrovare la calma. Che la serata che stava passando non sarebbe stata delle migliori l’aveva capito subito, quando è scappato dallo Staples Center per non soccombere alla noia, ma non si aspettava un finale del genere. Non è un amante dei colpi di scena, preferisce arrivare preparato alle cose in modo da avere sempre tutto sotto controllo. In questo caso, poi, la sorpresa che l’ha accolto l’ha totalmente destabilizzato.
Un nipote.
Ancora non riesce a credere che per quattro anni ci sia stato un bambino che è nato e cresciuto senza che lui ne sapesse niente. Un bambino che è una parte di lui. Sorride ripensando a Christopher, alla luce che aveva negli occhi quando giocava con la motocicletta, a quella camminata buffa, a quel modo di ridire che gli hanno fatto capire subito che è il figlio di suo fratello. Si chiede se avrà altro in comune con Shannon o magari con lui, sperando di poterlo scoprire il giorno dopo, quando passerà un’intera mattinata con il bambino.
Con la coda dell’occhio guarda Zoe: vorrebbe coglierne uno sguardo e avere così una scusa per parlarle. Saranno almeno dieci minuti che sono usciti dal Nickel Diner e si sono messi in macchina e, da allora, la ragazza non ha ancora spiccicato una parola. Inizia a picchiettare le dita sul volante nella speranza di attirare l’attenzione della fidanzata, ma niente: Zoe continua imperterrita a guardare fuori dal finestrino. Allora prova a emettere un suono gutturale, come per schiarirsi la voce.
Zoe sorride per un secondo poi torna seria e si volta verso Jared «Allora sei vivo.»
«Potrei dire lo stesso di te.» il cantante rivolge lo sguardo alla ragazza per un secondo poi torna a guardare la strada.
«Pensavo volessi uccidermi, visto come mi hai guardata quando siamo usciti dal Nickel.»
Jared aspetta qualche secondo poi si gratta il mento, nervoso. «Non ce l’avevo con te.» serra le labbra, gli occhi puntati davanti a sé «O meglio… non ce l’avevo solo con te.»
Per alcuni minuti torna a calare il silenzio all’interno dell’abitacolo dell’auto. Zoe guarda Jared, in attesa che scoppi la bomba che il cantante cerca di detonare da quando sono partiti dal ristorante. Lo sente inspirare dal naso lentamente, con la mascella serrata. Può vedere la vena sotto l’occhio sinistro pulsargli, segno che è parecchio nervoso.
«Cazzo!» Jared batte un palmo sul volante, facendo trasalire la ragazza. Accosta l’auto poi si volta verso di lei «Guardami negli occhi e dimmi che non sapevi niente del bambino.»
Zoe rimane per qualche secondo a fissare il cantante: ammette di avere quasi paura di rispondergli. Ha uno sguardo talmente gelido e duro che è convinta che, se si azzardasse a dire anche solo una mezza parola sbagliata, sarebbe capace di scaricarla seduta stante e ripartire, lasciandola in mezzo alla strada.
«No, Jared. Non sapevo niente di Chris. Mi sto ancora chiedendo come abbia fatto Kai a tenermelo nascosto, visto che in questi anni ci siamo sempre sentite… Ha detto che non mi ha mai detto niente per non crearmi problemi con te.»
Jared distoglie lo sguardo da Zoe e lo punta davanti a sé. Sembra fissare qualcosa oltre il parabrezza dell’auto, ma in realtà non sta guardando niente. È totalmente perso nei suoi pensieri.
All’improvviso torna a puntare gli occhi in quelli di Zoe «Se io non fossi arrivato per caso al Nickel Diner, mi avresti mia parlato di mio nipote?»
La ragazza resta in silenzio, pietrificata dallo sguardo di Jared.
Se io non fossi arrivato per caso al Nickel Diner, mi avresti mai parlato di mio nipote?
Abbassa lo sguardo, imbarazzata, non sapendo cosa rispondergli. Da un lato vorrebbe dirgli che sì, gli avrebbe detto tutto perché non gli potrebbe mai mentire su una cosa così importante, ma dall’altro è certa che sarebbe stata sicuramente combattuta, sapendo di non poter tradire la sua amica. Si rende conto di quanto sia grata a Kai per averle risparmiato tutto questo per quattro anni.
Jared aggrotta le sopracciglia «Ci stai mettendo troppo a rispondere.»
Zoe deglutisce «Jared… io… non lo so. Non so se te lo avrei detto.»
L’uomo sposta lo sguardo, rivolgendolo al finestrino alla sua sinistra. Si aspettava una risposta del genere, essendo ben conscio del rapporto che c’è tra Zoe e Kai. Non può dire di essere arrabbiato con lei, però non può fare a meno di sentirsi, almeno in parte, deluso. Resta per qualche minuto in silenzio, a fissare non sa bene cosa di là dal vetro e ripensando a quello che è successo al Nickel Diner. Ripensa a Kai, a come l’ha trattata. Forse è stato un po’ troppo duro con lei, ma arrivare lì, trovarsela davanti e scoprire in quel modo che aveva avuto un figlio da suo fratello l’ha totalmente destabilizzato. Come il solito, ha agito d’impulso, preoccupandosi di proteggere suo fratello e ignorando che avrebbe potuto ferirla.
«Zoe… secondo te ho sbagliato con Kai?»
La ragazza prende un respiro «Vuoi che ti dica cosa penso davvero o quello che vorresti sentirmi dire?» gli accenna un sorriso.
«Un mix dei due?» il cantante la guarda facendo gli occhi da cucciolo bastonato.
«Penso che tu abbia avuto il tatto di un bulldozer e che potevi evitare di imporre a Kai la scelta di parlare a tuo fratello, ma… penso anche che non avresti potuto comportarti in un altro modo, non saresti stato il Jared che conosco.» gli si avvicina, lasciandogli un bacio leggero sulle labbra «Che cosa hai intenzione di fare domani mattina?»
«Intendi con Kai o con Chris?»
«Con entrambi.»
«Non lo so…» si passa una mano sul volto «Cioè… so che voglio passare una mattinata con mio nipote, che voglio conoscerlo. Se ti stai chiedendo se ho in mente di dirgli robe del tipo ‘ciao Chris, sono tuo zio e quella stronza di tua madre ci ha tenuti separati per quattro anni’ ti rispondo subito che no, non ne ho la benché minima intenzione. So che devo aspettare. Con Kai… con lei non so come mi comporterò. Ammetto che provo ancora molta rabbia nei suoi confronti. Mi ha preso per i fondelli per quattro anni però… Non lo so Zoe… davvero non so cosa pensare, come mi comporterò domani con lei…» Sferra un pugno al volante «Come cazzo ha fatto Shannon a essere così imbecille? Già il fatto di essere andato a letto con quella che era la baby-sitter dei suoi figli e in un momento così critico per la sua famiglia l’ha messo in testa alla classifica del premio ‘Coglione dell’anno’. Però… cioè… non è un ragazzino che non sa come funzionano le cose!» si passa le mani tra i capelli «Credi che Kai gli dirà di Christopher?»
«Non lo so Jay… In questa storia non ci sto capendo niente, forse perché sono ancora frastornata da quello che è successo stasera.»
I due rimangono in silenzio per qualche minuto poi Jared scoppia a ridere.
«Che hai da ridere?» Zoe lo guarda aggrottando le sopracciglia, incredula.
«Mi è venuto in mente quello che ti ho detto cinque anni fa, il famoso giorno in cui mio fratello e Kai si sono baciati a Venice Beach.»
«Non mi ricordo…»
«Ti dissi che ci aspettava un bel casino e tu mi chiedesti se ne saremmo usciti vivi.» Jared sorride.
«Direi che sei stato profetico.»
«Già…» Jared prende un respiro profondo «Che ne dici se andiamo a dormire?»
«Andiamo.» Zoe sorride al fidanzato.
Jared mette in moto l’auto e inizia a mettersi in viaggio, affrontando i pochi chilometri che lo separano dalla meta. Tempo di percorrere alcuni metri e Zoe crolla, addormentandosi. Il cantante la guarda, sorride poi torna a puntare gli occhi sulla strada «Forza Jared, ancora poche miglia e sarai a casa.»
 
******

«Buona notte ometto.» Kai da un bacio sulla fronte a Christopher, che risponde con un sonoro sbadiglio.
«Sei stanco?»
Il bambino muove la testa in segno di assenso e si gratta gli occhi.
La ragazza sorride e gli accarezza i ricci «È stata una giornata impegnativa.»
Il bambino chiude un attimo le palpebre poi le riapre, puntando le iridi in quelle della madre «Mamma, mi è piaciuto conoscere la zia Zoe e quel signore… come si chiama?» aggrotta le sopracciglia e si gratta una tempia «Jared! Mi è piaciuto Jared, giocare con lui e la moto.»
«Sono contenta che ti sia divertito.» Kai sorride mentre accarezza la testa del figlio.
«Voglio andare in giro con lui.»
«Allora chiudi gli occhietti e dormi così domani arriverà in fretta.» la donna inizia a scorrere con un dito il profilo del bambino.
«Mamma mi fai il solletico al naso.» Christopher scoppia a ridere.
Kai lo guarda, perdendosi in quella risata. Fortunatamente per lei, Chris le assomiglia molto: stessi ricci scuri, stessi occhi verdi, ma quel sorriso… ha lo stesso sorriso di Shannon, lo stesso modo di ridere.
«Piccola peste, adesso è ora di dormire.»
«Va bene.» il bambino da un bacio sulla guancia alla mamma poi chiude gli occhi.
Kai si sdraia vicino al figlio, appoggiando il ventre alla sua schiena e accarezzandogli lentamente la testa. Resta a guardarlo per qualche minuto poi si avvicina al suo orecchio «Sei la cosa più bella che potesse capitarmi.» gli dice prima di alzarsi lentamente dal letto.
«Ti voglio bene mamma.» il bambino le sussurra, senza aprire gli occhi.
Kai continua ad accarezzargli la schiena. Sente il respiro del piccolo farsi sempre più pesante, finche viene avvolto definitivamente dal sonno.
Spegne la luce e accende l’abat-jour poi si dirige verso la scrivania appoggiata al muro alla destra dei letti. Punta lo sguardo sui grattacieli, sulle luci di Los Angeles che vede attraverso la finestra e sospira, ripensando alla serata appena trascorsa. Tira la tenda poi torna a sdraiarsi sul letto, rivolgendo lo sguardo al soffitto. Come ha potuto essere così stupida? Scegliere di andare al Nickel Diner non è stata sicuramente l’idea più brillante della sua vita. Un bell’auto-goal resisi concreto con l’arrivo di Jared.
Jared…
Chiude gli occhi e inspira: non è ancora convinta del fatto che lasciargli passare mezza giornata con Chris sia stata una buona idea, ma è certa che le sarebbe stato impossibile negarglielo. Conosce troppo bene Jared, tanto da sapere che se si mette in testa qualcosa va fino in fondo pur di raggiungere i propri obiettivi. Il cantante ha deciso che vuole conoscere Chris nel preciso istante in cui ha capito che è il figlio di Shannon e impedirgli di passare mezza giornata con lui non sarebbe servito a niente. Il fatto che Zoe sarà con loro un po’ la rassicura: almeno spera che servirà a trattenerlo se mai gli venisse voglia di agire seguendo uno dei suoi soliti colpi di testa.
Apre gli occhi puntandoli sul soffitto poi si volta a destra, in direzione del bambino. Non può fare a meno di chiedersi se sia giusto quello che sta facendo, se sia giusto che abbia deciso di negargli un padre. Forse ha ragione Zoe e Shannon ha diritto a sapere dell’esistenza di Christopher, però è anche vero che il batterista, in questi cinque anni, non si è minimamente preoccupato per lei. Non una chiamata, un’e-mail. Niente. E non può dire che non sapeva come rintracciarla perché, se avesse voluto, gli sarebbe bastato chiedere a Zoe. E invece no, ha preferito ignorarla, comportarsi come se quella notte non fosse mai esistita. È vero che anche lei non l’ha mai cercato, ma cosa poteva fare? Lui aveva scelto sua moglie, la sua famiglia. Lei aveva dovuto accettare la situazione, senza avere nessuna possibilità di scelta se non quella di prendere un aereo e tornarsene a Honolulu.
Quando ha scoperto di aspettare un bambino non sapeva cosa fare. Ammette che aveva pensato di non portare a termine la gravidanza, ma poi, per fortuna, ci ha ripensato e non si è pentita neanche per un secondo di questa scelta. Non può dire che Christopher sia il frutto di una notte d’amore, sicuramente non per Shannon, ma vedendolo sa che, da tutta questa storia, almeno è nato qualcosa di buono.
È contenta della scelta che ha fatto, di com’è riuscita a crescere il bambino da sola, però non può fare a me di pensare a come sarebbe andata se non avesse deciso di tagliare fuori Shannon da tutto. Se gli avesse detto di Christopher, forse le cose sarebbero cambiate. Sicuramente adesso cambierà tutto, poiché Jared sa di Chris e dubita che la lascerà tornare a casa senza che prima abbia parlato con Shannon.
Non sa come affrontare la cosa. Come potrà dire al batterista che ha un figlio di quattro anni del quale non sapeva niente? E con Chris? Come farà a presentargli suo padre?
Nella testa si affollano mille domande, mille problemi, ma l’unica cosa che la preoccupa veramente è Chris, il pensiero di come potrebbe reagire a tutta questa situazione.
«Non permetterò a nessuno di farti del male piccolo mio.» sussurra appoggiando un bacio tra i capelli del bambino, mentre lo stringe a sé e chiude gli occhi: domani l’aspetta una giornata faticosa, meglio cercare di dormire un po’.

******

«Papà oggi mi porti a scuola?» Janis sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio mentre, pigramente, fa girare il cucchiaino nella tazza di latte e cereali.
Shannon prende il caffè dal ripiano della macchinetta per l’espresso riposta sul pensile della cucina e si volta in direzione della figlia, sorseggiandolo «Perché vuoi che ti accompagni? Non passa l’autobus stamattina?» sposta la sedia per accomodarsi a tavola e, intanto, guarda April con uno sguardo interrogativo.
«No… avevo solo voglia di farmi accompagnare a scuola da te…» la ragazzina abbassa lo sguardo «Ma se non vuoi, non fa niente…»
April guarda il marito severa, mentre l’uomo si passa una mano sul mento.
«Va bene.» Shannon appoggia una mano sulla spalla della figlia e le sorride, cercando di rimediare alla gaffe «Se vuoi che ti accompagni a scuola lo farò.» Vede il viso della ragazzina illuminarsi in un enorme sorriso «Così mi farai vedere questo… come si chiama… Roger… Roland…» aggiunge, mentre finisce di sorseggiare il caffè.
«Robert! Si chiama Robert.» Janis sorride imbarazzata arrossendo, cercando di nascondersi dietro la tazza della colazione.
«Va bene… Robert.» Shannon sorride alla figlia strizzandole l’occhio «Sono proprio curioso di vedere che faccia ha.»
«Finite di far colazione vuoi due o arriverete tardi.» April si alza e ripone la sua tazza vuota nel lavandino «Josh tu che fai? Vai con papà e Janis o ti porto all’autobus?»
«Vado con papà!» il viso del bambino s’illumina «Sai che figata arrivare davanti alla scuola con il mega suv?» inizia a gongolarsi.
«Vai a finire di vestirti altrimenti altro che figata di arrivare in suv… farai la bella figura di andare a scuola in ciabatte!» April ride mentre da una leggere pacca sulla nuca del figlio.
Il bambino si guarda i piedi poi scoppia a ridere a sua volta mentre i quattro salgono al piano di sopra per sistemarsi e iniziare la giornata.

******

Zoe apre gli occhi lentamente poi li richiude, nel tentativo di convincere tutto il resto del suo corpo a svegliarsi. Solleva un’altra volta le palpebre e la sua attenzione è catturata da un’ombra alla sinistra. Si volta e vede Jared in mutande che fissa l’interno dell’armadio.
La ragazza si passa una mano sul viso e si mette seduta sul letto «Jared, cosa stai facendo?»
L’uomo si volta «Buongiorno Zoe» poi torna a rivolgere l’attenzione all’armadio «Sto cercando qualcosa da mettermi.»
Zoe sbadiglia «Ma che ore sono?»
«Le sette e mezzo.»
La ragazza si sdraia a pancia bassa, infilando la testa sotto il cuscino «Che cavolo ci fai già in piedi alle sette e mezzo? È prestissimo!»
Jared la ignora, continuando la sua ricerca. In realtà la sua attenzione non è proprio rivolta agli abiti. La testa è già altrove, al Luxe City Center, a quando rivedrà Christopher.
È agitato, troppo agitato. Si sente come se stesse per affrontare un esame e dal giudizio della commissione dipendesse l’esito del resto della sua vita. La testa continua a frullargli, a portarlo col pensiero alla sera prima, all’incontro con il nipote. Sorride se ripensa al bambino, a quel modo di camminare così buffo, a quel sorriso. Il sorriso... È lo stesso di suo fratello, anche se è innegabile la somiglianza tra Chris e Kai.
«Zoe esci da quel letto da sola o ci devo pensare io?»
«È bello notare come ti sia alzato di buon umore…» la ragazza si stropiccia gli occhi «Comunque è presto, posso dormire ancora un po’.»
«No. Ci vuole almeno mezz’ora per arrivare da qua a Downtown, ammesso che non troviamo troppo traffico. Sono le sette e mezzo e prima delle nove dobbiamo essere al Luxe City Center perciò esci da quel letto e muoviti. La colazione la farai quando arriveremo a Downtown.» Jared le parla senza voltarsi in sua direzione, ma continuando a vestirsi.
Zoe si rassegna a uscire dalle coperte «Stamattina sei più intrattabile del solito.» sentenzia mentre si dirige verso il bagno.
Jared si siede sul letto e si passa le mani sul volto «Scusa.»
«Come? Non ho capito bene.» Zoe si affaccia alla porta del bagno prendendo in giro il cantante.
Jared sbuffa, si alza e raggiunge la ragazza «Scusami, è che sono nervoso.» le posa un bacio sulla spalla.
Zoe si volta, puntando gli occhi in quelli del cantante. Sorride, pensando che certe volte Jared sembra proprio un bambino «Devi solo passare qualche ora con un bambino di quattro anni. Non stai per andare in guerra.»
L’uomo si passa le mani tra i capelli poi si allontana, tornandosi a sedere sul letto.
Come la sera precedente, Zoe percepisce che Jared sta per scoppiare, ma non osa chiedergli niente. Si limita a uscire dal bagno e vestirsi in silenzio, aspettando che sia lui a parlarle.
L’uomo si sistema per l’ennesima volta i pantaloni poi guarda la ragazza «E se non dovessi piacergli?»
La ragazza sorride, mentre s’infila una t-shirt azzurra a maniche corte e si sistema i jeans «Quel bambino ti ama già. Hai visto come ti sorrideva ieri sera? L’espressione che aveva quando gli hai detto che fai il musicista? Non ti avrebbe mai permesso di giocare con la sua moto se non gli fossi piaciuto.»
«Ma siamo stati insieme pochi minuti. Se dopo mezz’ora capisse che gli sto antipatico? Se si annoiasse?»
«Jared smettila di fare il paranoico: passeremo una bellissima mattinata e Christopher sarà pazzo di te.» Zoe si avvicina, sedendosi vicino al cantante «È impossibile non innamorarsi di te.» gli posa un bacio leggero sulle labbra.
L’uomo si alza e finisce di vestirsi. Dopo qualche minuto di silenzio si volta in direzione della ragazza «Andiamo altrimenti faremo tardi.» sospira «Spero solo di non combinare qualche casino…»
Zoe si alza e lo raggiunge «Stai tranquillo: non combinerai nessun casino, ci sarò io a controllarti.»
«È proprio questo che mi preoccupa!» Jared ride mentre corre per raggiungere la porta e uscire dalla stanza da letto.
«Leto… sei davvero insopportabile!» Zoe mette un finto broncio poi scoppia a ridere mentre raggiunge l’uomo.

******

«Mamma, ma quando arriva la zia Zoe?» Christopher passeggia impaziente all’interno della hall del Luxe City Center. Si avvicina al bancone, allungandosi e appoggiando le mani sul piano di granito. Si solleva in punta di piedi e sorride alla ragazza della reception «Ciao.»
«Buongiorno.» gli risponde lei sorridendo.
«Chris, lascia stare la signorina che sta lavorando.» Kai si avvicina al figlio, allontanandolo.
«Lo lasci fare, non da fastidio.» l’impiegata la rassicura poi si sporge leggermente dalla sua postazione di lavoro per guardare meglio il bambino «Lo sai che sei proprio un bel bambino?»
Christopher abbassa lo sguardo arrossendo e inizia a dondolarsi, spostando il peso da un piede all’altro.
«Cosa si risponde quando ti fanno un complimento?»
«Grazie…» il bambino alza leggermente gli occhi in direzione della receptionist, sorride poi torna ai suoi giochi.
«Ciao Kai.»
La voce di Zoe la fa trasalire «Ehm… ciao… Zoe…»
«Ciao.» Jared la guarda per pochi secondi poi la sua attenzione è attirata da Christopher.
«Jared!» il bimbo regala al cantante un ampio sorriso, correndogli incontro e abbracciandolo.
«Fai piano tesoro.» Kai cerca di trattenere l’entusiasmo del figlio.
«Lascia stare, tanto sono abituato agli assalti.» il cantante le sorride, il primo sorriso da quando è entrato al Luxe City Center «Però gli abbracci di Chris sono i più belli.» strizza l’occhio al bambino spettinandogli i ricci. Poi si avvicina a Kai «Ho bisogno di parlarti, da solo.» le sussurra quasi.
«Ehm… Zoe, puoi portare Chris al bagno così siete sicuri che non si farà la pipì addosso quando sarete al parco?»
«Io non mi faccio la pipì addosso» il piccolo protesta, incrociando le braccia e mettendo il broncio.
«Lo so che sei grande.» Zoe cerca di rasserenarlo «Ma se andrai adesso in bagno dopo avrai più tempo per giocare, senza doverti fermare per fare la pipì.»
Il bambino si convince e prende la mano della ragazza, facendosi guidare verso i bagni.
Jared si gratta la nuca e inizia a camminare su e giù per la hall dell’hotel. Poi si ferma davanti a Kai, guardandola.
La ragazza deglutisce: non sa cosa aspettarsi, ma è quasi sicura che da questa chiacchierata non uscirà niente di buono.
Il cantante si schiarisce la voce e inspira dal naso «Kai… io… ecco… volevo chiederti scusa per ieri sera… Cioè… non volevo chiederti scusa, nel senso che non penso di aver sbagliato a dirti certe cose. Ecco… forse ho sbagliato i modi. Sono stato un po’ brusco, ma scoprire così di avere un nipote di quattro anni... Con mio fratello sono iperprotettivo, tendo sempre a proteggerlo anche quando non dovrei. Ieri sera ho pensato a lui, a tutelare quel coglione, senza pensare che magari avrei potuto ferirti.» prende una pausa poi guarda Kai negli occhi «Scusami.»
La ragazza rimane impietrita: si sarebbe aspettata di tutto, ma non una sorta di dietrofront da parte di Jared. Non sa cosa rispondergli così si limita a guardarlo.
«Hai pensato a quello che ti ho detto? Che cosa hai intenzione di fare con mio fratello?»
«Non lo so… Non ho mai pensato all’eventualità di tornare a Los Angeles, di rincontrare Shannon. In questi cinque anni ho cercato di far finta che non fosse mai passato nella mia vita, visto che, a quanto pare, a lui non è mai interessato niente di me.» Prende una pausa e un lungo respiro «Sai come mi sono sentita? Per qualche mese ho sperato che squillasse il telefono, ho sperato che Shan arrivasse e mi dicesse che contavo qualcosa. Ho sperato che quella notte significasse qualcosa anche per lui, ma poi ho smesso, concentrandomi su Chris. Non credere che non abbia mai pensato di chiamare tuo fratello e dirgli del bambino, ma a cosa sarebbe servito? Sicuramente a niente. Mi ha ignorata per cinque anni, non credo che le cose sarebbero cambiate se avesse saputo di Chris.»
Jared si passa le mani sul volto poi torna a guardare Kai, serio «Secondo me ti sbagli. Non credo proprio che mio fratello avrebbe permesso che suo figlio crescesse lontano da lui. L’hai visto com’è con Jan e Josh. Davvero pensi che se avesse saputo di Christopher se ne sarebbe fregato?»
«E secondo te cosa avrebbe fatto? Avrebbe lasciato la sua mogliettina perfetta, i suoi figli perfetti e sarebbe corso a Honolulu?» Kai sorride sarcastica «No, Jared. Te lo dico io come sarebbero andate le cose: nello stesso modo in cui sono andate. Io avrei cresciuto Chris da sola mentre lui continuava a godersi la sua bella famiglia. A questo punto non so se si meriti neanche di sapere dell’esistenza di Christopher.»
«Adesso sei ingiusta. Cosa credevi? Che, dopo essere venuto a letto con te, mio fratello avrebbe sconvolto tutta la sua vita? Per lui sei stata una bella scopata, niente di più.»
Kai si morde il labbro inferiore, nel tentativo di trattenere le lacrime «Adesso quello ingiusto sei tu.»
Jared si passa una mano tra i capelli e si gratta la nuca «Ok… hai ragione… Ho esagerato, scusami.» Prende una pausa poi si rivolge ancora una volta a Kai «Il fatto è che non sopporto l’idea che tra una settimana te ne tornerai a Honolulu e non potrò più vedere Christopher. Non sopporto l’idea che quel bambino crescerà senza sapere niente di suo padre, senza poterlo abbracciare. So cosa vuol dire sentirsi abbandonati da chi ti ha messo al mondo e non penso sia giusto che tu faccia provare la stessa sensazione a mio nipote, senza neanche dare la possibilità a Shannon di decidere. Comunque stai tranquilla: se è questo che ti preoccupa, non ho intenzione di andare da Chris e presentarmi come lo zio ritrovato o di chiamare Shan e raccontargli tutto, almeno per ora. Però Shannon è mio fratello e non posso tenergli nascosta questa cosa per molto. Non ti sto dicendo di chiamarlo adesso, ma prima di tornare a Honolulu credo che tu gli debba dire di Chris.»
L’arrivo di Zoe e Christopher interrompe la discussione.
«Jared andiamo? Io voglio andare al parco!» Chris prende la mano di Jared e inizia a tirarlo verso l’uscita dell’albergo.
Sentendo il tocco del piccolo, Jared si addolcisce immediatamente «Se la zia Zoe si muove, io sono pronto.»
«Zia Zoe andiamo! Dai!» Chris inizia a saltare impaziente.
«Va bene, andiamo piccola peste.» Zoe spettina i ricci del bambino poi si rivolge a Kai, notando la sua espressione «Kai… tutto a posto?»
«Sì… tranquilla…» accenna un sorriso.
«Lo portiamo al Grand Hope Park, a cinque minuti da qua. Se ti va bene, ci vediamo a pranzo al Panini Cafe, sulla Nona Strada, di fronte all’entrata del parco.» Jared spiega a Kai come ha intenzione di passare la mattinata.
«Ok… allora…. Ci vediamo a pranzo. Fai il bravo, mi raccomando.» la ragazza si china, posando un bacio sulla fronte del figlio.
«Sarà bravissimo, vero?» Jared si china a sua volta, sorridendo al piccolo che annuisce «Allora andiamo.» prende per mano il bambino e i quattro si dirigono verso l’uscita dell’hotel.

******

Il Los Angeles Convention Center[i] è uno dei più grandi centri degli Stati Uniti, avendo più di sessantasettemila metri quadri di spazio espositivo e duecentonovantanove sale per incontri, ma a Kai non è mai sembrato così piccolo. Si sente come chiusa in trappola, con la voglia di alzarsi e fuggire. Mentre l’ascensore saliva al secondo piano, quello dove è situata la sala dove si svolge la conferenza alla quale sta assistendo, più di una volta ha avuto la tentazione di premere il pulsante che l’avrebbe riportata al piano terra, uscire e correre al Grand Hope Park, ma non l’ha fatto. Ha deciso di fidarsi di Jared, sperando di non doversene pentire.
Sta seduta sulla sedia di plastica blu della sala conferenze, sedia che le sembra più scomoda rispetto al giorno prima. Gira e rigira tra le mani il programma della mattinata, mentre un relatore parla di un ritrovato medico innovativo che dovrebbe aiutare a combattere non sa quale malattia. In realtà non sta ascoltando. La mente è altrove, in quel parco. Si chiede cosa starà facendo Chris, se starà bene e, soprattutto, come si starà comportando Jared.
Guarda l’ora: le dieci. Ancora due ore poi potrà uscire da quella prigione e andare dal suo bambino. Prende la penna e prova a scrivere un qualche appunto, ma niente. La testa non ne vuole sapere di staccarsi dal pensiero fisso di Jared con Christopher. Chissà cosa staranno facendo… Il fatto che Zoe sia con loro la rassicura almeno un po’: spera che riesca a impedire all’uomo di agire seguendo uno dei suoi soliti colpi di testa.
Ripensa alle parole del cantante e non può dargli torto: non è giusto che Chris cresca senza un padre e non è giusto che Shannon non sappia di avere un figlio. Questo, probabilmente, l’ha sempre saputo, ma ha preferito lasciare spazio al suo orgoglio ferito e adesso non ha più tempo per pensare a cosa fare. Deve parlare a Shannon, raccontargli di Chris, ma come?
Si passa le mani sul volto poi guarda ancora una volta l’orologio: le dieci e mezzo. Possibile che il tempo non passi mai?
“La prossima volta che a mio padre viene la brillante idea di mandarmi a uno di questi stupidi convegni lo uccido.” pensa tra sé e sé mentre sbuffa, rassegnata a subirsi per altri novanta minuti la voce fastidiosa di quel tizio che le sta davanti decantare le lodi di un farmaco del quale a lei non importa niente.

******

«Wow!» Christopher spalanca i suoi grandi occhi verdi mentre guarda la torre dell’orologio posta all’ingresso del Grand Hope Park.
«Ti piace?» Zoe gli sorride.
«Sì, tantissimo!»
Il bambino stringe la mano di Zoe mentre, a testa in su, passa sotto la torre. Il suo sguardo si perde, osservando ammirato le varie sfumature di giallo, l’arancione e il mosaico azzurro, blu e bianco che sta alla base dell’edificio.
Jared li segue, stando qualche passo più indietro. Non vuole perdersi neanche un’espressione del nipote. Lo guarda ridere felice, staccarsi da Zoe e correre verso le giostre rosse e blu. Osserva il suo modo di camminare sicuro ma buffo, con quel ciondolare che lo fa sembrare tanto simile a suo fratello. Lo vede inciampare mentre cerca di arrampicarsi su una coccinella a molla, rialzarsi, mettere il broncio per qualche secondo e scoppiare a ridere mentre si massaggia il sedere.
«Ho picchiato qui!» Chris grida ridendo mentre punta i suoi occhi luminosi in direzione di Jared.
La coppia si siede su una panchina poco distante, sotto un gazebo adornato da una splendida bougainvillae fuxia.
«Che pensi?» dopo diversi minuti, Zoe rompe il silenzio.
«Cosa?» Jared sembra risvegliarsi da un sogno.
«Sarà da almeno mezz’ora che non parli e questo può solo voler dire che stai pensando a qualcosa.» la ragazza gli sorride.
Il cantante ride poi si volta in direzione della fidanzata «Hai visto quanto è bello?»
«Sì, è un bambino bellissimo.»
«Già…» Jared abbassa lo sguardo, iniziando a torturarsi le dita. Si passa una mano tra i capelli e torna a guardare il nipote «Guarda come ride: è identico a Shan.»
«Ha lo stesso sorriso di tuo fratello.»
«Non solo quello!» Jared si volta in direzione di Zoe «Guardalo!» con un braccio indica Christopher, intento a correre da una giostra all’altra «Guarda come cammina, come si muove. E poi quell’espressione buffa che fa quando è intento a osservare qualcosa, come ha fatto prima con quella formica...» prende una pausa e sospira «Assomiglia tantissimo a mio fratello.»
La ragazza sorride e allunga una mano, prendendo quella di Jared «Però devi ammettere che fisicamente è uguale a Kai.»
«E che c’entra?» Jared aggrotta le sopracciglia «È sua madre, per forza le assomiglia.» il cantante cerca di minimizzare.
«Sei incredibile.» la ragazza scoppia a ridere.
I due restano in silenzio per parecchi minuti, a osservare Christopher intento nei suoi giochi. A un tratto, il bambino inizia a correre in direzione della panchina dove la coppia è seduta. Si ferma, appoggia le mani sulle gambe di Jared poi lo guarda sorridendo, puntando i suoi occhi verdi in quelli azzurri del cantante.
«Vieni a giocare con me zio Jared?» Christopher afferra l’indice dell’uomo e inizia a tirarlo a sé per farlo alzare dalla panchina.
Zio Jared.
Per qualche secondo, l’uomo rimane quasi paralizzato.
Zio Jared.
Le parole del nipote continuano a risuonargli nella testa: come vorrebbe poter chiamare Shannon, dirgli di correre subito al Grand Hope Park. Vorrebbe vederlo giocare con suo figlio, abbracciarlo, ridere con lui. Non riesce a pensare a come potrà non dirgli niente, almeno finché non lo farà Kai.
Serra i pugni e chiude gli occhi inspirando: non sopporta che la sua vita, quella di suo fratello debbano essere regolate dalle scelte di altri, soprattutto se questa persona ha deliberatamente deciso di nascondere loro una cosa così importante come un bambino.
La voce di Christopher lo distoglie dai suoi pensieri «Zio Jared, vieni?»
Sorride mentre si alza, assecondando il piccolo «Che cosa vuoi fare?»
«Corriamo! Io scappo là e tu mi prendi.» il bambino ride, mentre inizia a correre.
«Vai piano Chris che lo zio è vecchio.» Zoe si alza, raggiungendo i due.
«Forrest… quando saremo a casa, ricordami che devo farti vedere quanto sono vecchio.» Jared si avvicina alla ragazza, guardandola in tralice, poi torna a dedicarsi al nipote «Chris attento che sto arrivando!»

******

Kai arriva davanti al Panini Cafe[ii] che mezzogiorno è passato già da un po’. Si guarda intorno, scrutando i tavolini sistemati sotto il tendone verde a righe gialle del ristorante.
«Mamma!»
Si volta, trovando finalmente la testa riccioluta di Christopher.
«Siamo qui, vieni!» il bambino si mette in piedi su una sedia, cercando di attirare l’attenzione della madre.
«Mettiti seduto che cadi.»
«Mi tiene lo zio Jay.» il piccolo sorride, mentre Kai si siede al tavolo, notando Jared che stringe le gambe di Christopher.
«Adesso siediti e finisci il tuo piatto di linguine.» la ragazza abbraccia il figlio, dandogli un bacio su una guancia e facendolo sedere «Ti sei divertito con Zoe e Jared?»
Il bimbo annuisce portandosi alla bocca una forchettata di pasta.
«E hai fatto il bravo?»
«È stato bravissimo.» Jared accarezza la testa del piccolo sorridendo.
Kai rimane a guardarlo mentre, con un tovagliolo, pulisce la bocca del bambino: non credeva che il cantante fosse capace di tanta dolcezza. Vedendolo così, un po’ si pente di non avergli mai parlato di Christopher.
«Chris, sembri un maiale. Vedi di mangiare composto.» la donna sorride, vedendo il figlio col viso tutto imbrattato di sugo.
«Lascialo fare: gli uomini mangiano così vero?» Jared strizza l’occhio a Christopher, portandosi alla bocca una forchettata di cibo e masticandolo senza preoccuparsi minimamente di metterci un po’ di grazia.

Finito il pranzo, i quattro tornano all’albergo.
«Non pensavo fossi così pesante.» Jared si lamenta mentre, con il bambino appollaiato sulle spalle, percorre il marciapiede di Figueroa Street dirigendosi verso il Luxe City Center.
«Sono grande io!» Christopher risponde piccato.
«Se sei grande, dovresti camminare con le tue gambe.» Kai lo redarguisce.
«Ma io sono stanco.» il piccolo mette il broncio «Poi lo zio Jay è forte. Vero che sei forte zio?» cerca di attirare l’attenzione dell’uomo tirandogli i capelli.
«Certo… sono fortissimo…» Jared risponde cercando di trattenersi dal gettare il bambino a terra.
Arrivati nella hall dell’albergo, l’uomo fa scendere il nipote dalle spalle e poi guarda un attimo Zoe, che capisce al volo cosa deve fare.
«Ehm… Chris, vieni un attimo con me. Andiamo… lo vuoi un gelato?»
Il bimbo annuisce sorridendo.
«Allora andiamo al bar che te ne prendo uno gigante.»
Rimasto solo con la ragazza, Jared affronta Kai.
«Kai…» Jared si passa una mano sul mento «Sono stato molto bene con Chris… è un bambino favoloso… lo stai crescendo davvero bene…»
«Grazie…» Kai abbassa lo sguardo timorosa, in attesa che l’uomo sferri il suo attacco, ma lui riprende a parlare pacatamente.
«Non ti nascondo che ci sono stati momenti in cui ti ho odiata.» prende una pausa poi si avvicina alla ragazza, costringendola a guardarlo in faccia «Non ho fatto altro che pensare a come poteva essere Chris appena nato, quando aveva un anno. Ho pensato a tutti quei momenti della vita di mio nipote che non ho potuto godermi e ho deciso che non voglio perderlo di vista. Voglio sapere come crescerà, quando cambierà il primo dentino, quando inizierà ad andare a scuola e vorrei che tu rendessi partecipe anche Shannon di questa cosa.»
«Avevo già deciso di parlargli.»
«Quando?»
«Non lo so Jared…»
L’uomo prende una pausa. Respira profondamente, cercando di mantenere la calma «Ok… però fallo in fretta perché non so per quanto riuscirò a non dirgli niente.»

******

Shannon sbadiglia mentre si siede sul divano: questi giorni di riposo gli stanno facendo male, si sta impigrendo troppo.
April arriva, sedendosi accanto al marito «Non mi dire che avevi intenzione di addormentarti.»
«Ero quasi tentato dal farmi una bella pennichella pomeridiana.» il batterista sorride e torna a sbadigliare.
«Scordatelo! Oggi mi devi aiutare con i ragazzi. Tra poco devo portare Jan da Tomo che deve finire una ricerca con Alicia perciò tu devi stare con Josh. Devi aiutarlo a fare i compiti.»
«E se io andassi da Tomo e tu aiutassi Josh con i compiti?» il batterista cerca di salvarsi dalla sicura litigata con il figlio.
«No, devo andare io. Sono d’accordo con Vicki che l’accompagno al Beverly Center a comprare un regalo per una nostra amica che compie gli anni. Quasi dimenticavo: domani sera non ci sono. Vado a cena con Vicki e le altre ragazze.»
«Dove andate?»
«Da Ivy, a Beverly Hills, e tu dovrai fare da baby-sitter.» April ride soddisfatta
Shannon sbuffa rassegnato, mentre la moglie si dirige al piano di sopra.
«Vado a vedere che combina Jan poi usciamo. Tu ricordati di far fare i compiti a Josh.»
«Non può farli da solo? Ormai ha otto anni… dovrebbe essere autonomo.»
«Dovrebbe… ma è tuo figlio perciò, se non gli stai col fiato sul collo, non conclude niente.» la donna torna al piano di sotto, sedendosi vicino al batterista.
«Vedo che hai un’ottima considerazione di me.» l’uomo mette il broncio.
«Lo sai che ti amo quando mi guardi con quel musetto da cane bastonato.» April sorride, lasciando un bacio sulle labbra del marito «Vado a finire di sistemare la cucina, tu vedi di non addormentarti o ti sveglio prendendoti a calci.»
«Agli ordini capo!» Shannon ride, facendo il saluto militare alla moglie, che si allontana ridendo a sua volta.
Rimasto solo, l’uomo inizia, senza un vero interesse, a sfogliare una rivista che trova sul tavolino in vetro, finché lo squillo del telefono lo fa trasalire.
«Pronto?»
«Shannon?»
«Sì, sono io.»
«Ciao… sono Kai.»
 

[i] Sito internet del Los Angeles Convention Center http://www.lacclink.com/
[ii] Ecco il Panini Cafe di Downtown http://mypaninicafe.com/
 

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Capitolo 17
*** *** Ricordati di me come fossimo stati amanti, come avessimo avuto tanto e invece è solo stato un momento *** ***


Vi sono mancata? Scusate, ma tra malattie varie, dischi da recensire, articoli da scrivere ho dovuto abbandonare per un po' cicciottino nostro al suo destino. Alla fine ce l'ho fatta e ho prodotto l'aggiornamento: spero vi piaccia.
Come sempre, vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio This is the Story of my Life
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 

«Pronto?»
«Shannon?»
«Sì, sono io.»
«Ciao… sono Kai.»
Per qualche minuto l’uomo rimane immobile, come paralizzato.
Sono Kai
Queste sono le ultime parole che si aspettava di sentire alzando quel telefono. Si siede sul divano e prende un lungo respiro. Resta con il telefono attaccato all’orecchio, incapace di pronunciare anche solo una parola.
Kai. Tre lettere, solo tre lettere che però pesano come macigni appesi al collo e lo stanno trascinando giù, in fondo al mare dei ricordi.

Il silenzio di Shannon la sta rendendo ancora più nervosa di quanto non fosse mentre digitava il numero di telefono del batterista. Kai si muove avanti e indietro, percorrendo i pochi metri che delimitano lo spazio che divide il letto dalla finestra della stanza d’albergo. Getta lo sguardo alla sua sinistra, controllando che Christopher continui a dormire, poi torna a concentrarsi sulla telefonata.
«Shan… ci sei?» sente il respiro dell’uomo all’altra parte della cornetta.
L’uomo tentenna poi risponde «Sì… ci sono… Kai… come… come stai?»
«Bene… sì… bene… e… e tu?»
«Anch’io…»
Tra i due torna a scendere il silenzio.
Dopo alcuni minuti, Shannon si passa una mano sul volto poi riprende a parlare «Kai… perché mi hai cercato?»
La ragazza deglutisce poi inspira dal naso «Io… ecco… sono a Los Angeles, ci resterò per altri cinque giorni e… ecco… ho bisogno di vederti… devo parlarti.»
«Kai...» Shannon si alza dal divano, dirigendosi verso la portafinestra che da sul giardino «Kai non credo che tu ed io… ecco… non credo che ci sia qualcosa di cui parlare tra noi. Se così fosse, non avresti fatto passare cinque anni prima di cercarmi.»
Kai chiude gli occhi e prende un altro respiro. Cerca di trattenersi dallo sputare in faccia al batterista tutta la sua frustrazione, dal rinfacciargli che sia stato lui a non cercarla per tutto questo tempo «Shannon… devo vederti… ti prego…» la voce le esce più supplichevole di quello che vorrebbe.
L’uomo sbuffa, passandosi una mano sul volto «Va bene… vediamoci domani a pranzo ok?»
«Va bene.»
«Riesci a venire a Sunset Strip? Anzi… meglio di no… Dove alloggi?»
«Sono al Luxe City Center, a Downtown.»
«Ok… allora… ci possiamo vedere da Tom’s Urban[ii], in Figueroa Street, quasi di fronte al Luxe. Non dovresti perderti, hai abitato a Downtown per quattro mesi.»
«Tranquillo, non finirò col vagare a vuoto per il quartiere. Ci vediamo domani.»
«Ok… a domani.»
«A domani.» e riattacca.
Shannon rimane in piedi, davanti alla portafinestra, fissando il telefono che stringe nella mano destra. Chissà cosa vorrà Kai, perché è tornata a Los Angeles? Si passa una mano sul volto nervoso: al telefono è riuscito a fare la parte dell’indifferente, ma non può negare che la telefonata della ragazza l’abbia colpito.
«Che cosa devi fare domani?» la voce di April lo riporta alla realtà.
«Ehm…» si gratta la nuca voltandosi in direzione della moglie «Niente… devo andare a pranzo con… Tomo. Vuole passare… da Sam Ash[iii] per comprare delle corde nuove. Vado con lui così ne approfitto per dare un occhio ad alcuni pezzi che mi servirebbero per Christine.» cerca di sorridere passando le braccia intorno alla vita di April.
La donna aggrotta le sopracciglia guardandolo negli occhi «E il fatto di dover andare con Tomo in giro per negozi ti rende così nervoso?» addolcisce lo sguardo mentre con l’indice sfiora il braccio del marito.
Shannon s’irrigidisce «Non sono nervoso.» risponde staccandosi dalla moglie e voltandosi verso la portafinestra.
«Non si direbbe…»
«Ti ho detto che non sono nervoso!» l’uomo si volta di scatto.
«E allora perché mi stai urlando contro?» April serra gli occhi, prende un respiro poi torna a guardare il marito, cercando di ritrovare la calma «Shannon non so cosa ti stia accadendo, ma da quando sei tornato dal tour, hai qualcosa che non va. Continui a dirmi che va tutto bene, che sei solo stanco, ma ti conosco e percepisco che non è così.» si passa le mani sul volto «Dimmi la verità: è successo qualcosa quando eravate in tour? Tu… ecco… tu… mi hai tradita?»
Per un attimo Shannon tentenna, come se avesse paura a risponderle, mentre April continua a fissarlo.
«April io…» il batterista si avvicina alla donna prendendole una mano, gli occhi bassi, rivolti a terra «No…» alza lo sguardo in direzione della moglie «Non ti ho tradita, non potrei mai farlo.» le sorride «Sono solo un po’ stressato, tutto qua.»
«Sicuro?» April appoggia la fronte a quella del marito.
«Sì… sono sicuro.» Shannon le sorride ancora, cercando di sembrare il più convincente possibile «Passerà anche questo momento, stai tranquilla. Un altro paio di giorni di riposto poi tornerò in forma.» le lascia un bacio leggero sulle labbra «Tu non dovevi portare Janis da Tomo?»
«Hai fretta di mandarmi via?» April guarda il marito ammiccando.
«No, per niente.» il batterista la stringe a sé.
«Leto… temo dovrai calmare i bollenti spiriti se non vuoi che Jan arrivi mentre ci stiamo rotolando sul pavimento.»
«Magari potrebbe imparare qualcosa.»
April tira un pugno sul braccio al marito «Ti ricordo che Jan ha ancora undici anni!» ride «E non fare tanto il padre emancipato. So che hai già affilato le armi per tenere alla larga qualsiasi pretendente.»
Shannon si rilassa e scoppia a ridere poi lascia un bacio sulle labbra della moglie.
«Non potete aspettare che io esca per le vostre effusioni?» Janis scende le scale, avvicinandosi ai genitori «Mamma muoviti che dobbiamo andare: farete sesso quando torni.» la ragazzina ride.
April strabuzza gli occhi.
«Ho undici anni, non due! Ormai è da un po’ che so cosa fate quando chiudete la porta della camera.» Janis sorride ad April maliziosamente.
Shannon guarda la moglie poi la figlia.
La ragazzina si avvicina al padre mettendogli una mano sul braccio «Papà, tranquillo. Non sono ancora passata alla pratica e non ne ho la ben che minima intenzione, almeno per ora.» ride poi si dirige verso il divano, prendendo la borsa a tracolla dei libri «Comunque, giusto per la cronaca, lo zio Jay mi ha raccontato la storia delle api e del miele quando avevo otto anni e ha aggiunto che l’unica cosa importante che devo sapere è di tener chiuse le gambe.» ride rumorosamente guardando le espressioni dei genitori.
«Ricordami che devo uccidere tuo fratello.» April guarda Shannon aggrottando le sopracciglia.
«Se prima non gli arrivo vicino io! Ho quasi paura al pensiero di cosa possa aver detto a Josh!»
«Meglio non indagare.» April sorride poi si dirige verso il tavolino e prende le chiavi della macchina «Vado a portare Jan da Tomo, sarà meglio. Ci vediamo stasera e non scordarti di far fare i compiti a Josh.»
Rimasto solo, Shannon si lascia cadere sul divano. I pensieri tornano alla telefonata di Kai: allora era davvero lei quella che ha visto all’aeroporto. Non può fare a meno di chiedersi cosa vorrà, perché è tornata a Los Angeles, perché dopo cinque anni ha questa fretta improvvisa di vederlo.
Prende il telefono e digita il numero di Tomo.
«Ciao Shan, dimmi.»
«Tomo… come va?»
«Diciamo bene: ho appena finito di litigare con Branko e Sharon. Niente che vada oltre l’ordinaria amministrazione.» ride «Tu? Tutto a posto»
«Ehm… diciamo di sì… Ti devo chiedere un piacere.»
«Dimmi.»
«April sta venendo lì con Jan…. Ecco… se dovesse chiederti qualcosa di domani pomeriggio… tu… tu dille che vieni con me da Sam Ash. Ci troviamo a pranzo lì in zona poi andiamo da Sam.»
«Ok… potevi anche dirmelo prima, ma va bene. Devi comprare qualche pezzo nuovo per Christine?»
«No… sei tu che devi comprare delle corde nuove.»
«Veramente no.»
«E invece sì! Tomo… domani andrai da solo dove cavolo ti pare, l’importante è che April sappia che sono con te e se ti chiede qualcosa tu devi confermare ok?»
«Shannon che cazzo stai combinando?»
«Niente.»
«Niente… certo. Allora non hai bisogno di raccontare balle a tua moglie.»
Shannon prende una pausa, si alza dal divano e si dirige verso la portafinestra «Kai è a Los Angeles.»
«Kai? Quella Kai?»
«Quale altra Kai conosci? Certo che è quella Kai!»
«E questo cosa ha a che fare col fatto che dovrò raccontare una bugia a mia moglie, fare lo stesso con la tua e passare mezza giornata in giro per Los Angeles da solo sperando che non mi becchino?»
Shannon non può fare a meno di sorridere: a volte, il suo amico sa essere davvero disarmante. Torna serio «Mi ha chiamato… Ha chiesto se possiamo vederci, ha bisogno di parlarmi.»
«E cosa potrebbe mai avere da dirti? Non mi sembra che in questi cinque anni si sia mai fatta sentire.»
«Le ho detto la stessa cosa anch’io, ma ha insistito per vedermi.»
Dopo qualche minuto di silenzio, il croato riprende a parlare «Non so cosa abbia in testa Kai e, tanto meno, so cosa tu abbia in testa. Non so manco perché mi faccio sempre coinvolgere da te, ma va bene: ti reggerò il gioco con April. Tu però vedi di non fare cazzate.»
«Tranquillo, niente cazzate. Grazie.»
«Prego…» Tomo sbuffa «Vado che Vicki mi sta chiamando da dieci minuti e non vorrei venisse qua per staccarmi la testa. A presto Shan.»
«A presto.»
Shannon posa il telefono sul tavolino di vetro poi prende un respiro e si dirige al piano di sopra «Andiamo a far fare i compiti a Josh.» pensa tra sé e sé mentre sale le scale.

******

Kai guarda i grattacieli di Downtown che si stagliano fuori dalla finestra della sua stanza d’albergo. Stringe ancora il telefono tra le mani, mentre fa scorrere lo sguardo lungo la strada che brulica di macchine.
Non si era resa conto di quanto le fosse mancato Shannon finché non ha sentito la sua voce e questa cosa la fa arrabbiare. Com’è possibile che questi cinque anni non siano serviti a niente? Com’è possibile che anche la consapevolezza che quello che c’è stato tra loro per lui non ha contato niente non abbia cambiato di una virgola quello che lei prova? Non pretendeva di averlo dimenticato, dal momento che Christopher è lì, a ricordarle ogni giorno quella notte, ma s’illudeva di essere andata oltre, di non provare più certi sentimenti e invece no. Le è bastato sentire la voce del batterista perché il cuore iniziasse a fare le capriole.
Chiude gli occhi e una lacrima scende a rigarle la guancia sinistra.
«Mamma…»
La voce di Christopher la distoglie dai suoi pensieri. Si asciuga il volto e cerca di ritrovare un sorriso, prima di voltarsi in direzione del figlio «Ti sei svegliato dormiglione.»
Il piccolo annuisce mentre si gratta gli occhi. Kai si siede sul letto, di fianco al bambino «Hai dormito bene?»
«Ho sognato che ero con lo zio Jay.» il bimbo sorride.
«E cosa facevate?»
Il bambino fa spallucce «Niente. Andavamo in giro. Poi è arrivato un signore cattivo che voleva portarmi via, ma lo zio Jay e le Tartarughe Ninja mi hanno salvato.»
«È stato un sogno parecchio movimentato!» Kai ride, lasciandosi cadere sul letto e sdraiandosi accanto al piccolo.
«Mamma, c’è poco da ridere!» Christopher si mette seduto sul letto aggrottando le sopracciglia. Per qualche secondo fissa la madre poi un sorriso gli illumina il viso «Dopo vedo ancora lo zio Jay?»
«No tesoro, oggi no…» Kai accarezza la testa del bambino, che mette il broncio.
«Peccato… domani?» Chris torna a sorridere.
«Non lo so…» in realtà Kai non ha nessuna intenzione di vedere Jared il giorno dopo, le basta il pensiero dell’incontro con l’altro Leto. Vedendo però l’espressione del figlio, cerca di rasserenarlo poi, se ci pensa bene, le farebbe comodo lasciare il bambino con Zoe e il cantante mentre lei sarà con Shannon «Magari dopo chiamiamo la zia Zoe e sentiamo se possono venire, va bene?»
Il bambino annuisce sorridendo.
«Sai cosa facciamo tu ed io adesso?»
«Cosa?» il bambino spalanca gli occhi.
«Andiamo al parco a mangiarci un enorme gelato e stasera ci andiamo a mangiare una bella pizza al Next Door.» Kai sorride dando un buffetto sul naso al figlio.
«Sì! Gelato gelato gelato! Gelato e piazza!» Christopher inizia a saltare per tutta la stanza.
«Adesso però datti una calmata altrimenti ci portano al manicomio.» la ragazza ride mentre prende per mano il bambino ed escono dalla stanza.

******

Jared butta le chiavi dell’auto sul tavolo e si siede sul divano. Zoe lo segue, osservandolo. Da quando sono partiti da Downtown, il cantante ha il sorriso stampato sulle labbra. Durante il tragitto non ha detto una parola, si è limitato a sorridere tutto il tempo, e lei non ha avuto il coraggio di chiedergli niente: non voleva distrarlo da quel momento sereno. Adesso, però, sta morendo di curiosità e vorrebbe tanto sapere cosa lo rende così, anche se un’idea l’avrebbe.
«Zoe, vieni qua.» l’uomo sembra leggerle nel pensiero, invitandola a sedergli accanto. La attira a sé, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla e inizia a giocare con i suoi ricci biondi. Sul volto ha sempre quell’espressione serena.
«È bello vederti così.» Zoe si mette davanti a Jared, lasciandogli un bacio leggero sulle labbra.
«Così come?»
«Così sereno, tranquillo. Christopher ti ha fatto proprio bene.» la ragazza sorride.
«Già… non pensavo che passare mezza giornata con mio nipote mi avrebbe fatto questo effetto. È un bambino meraviglioso. Hai visto come si è affezionato subito a me? Abbiamo preso confidenza dal primo momento che mi ha visto.»
«Te l’avevo detto che sarebbe andato tutto bene.»
«Come sempre, devo ammettere che avevi ragione tu, ma scordati che ti abbia mai detto una frase del genere!» Jared cerca di rivolgere uno sguardo minaccioso alla fidanzata, ma il sorriso non accenna a lasciare le sue labbra.
«Non sei convincente Leto!» Zoe ride prendendolo in giro.
«Quando mi ha chiamato zio, ho sentito il cuore fermarsi.» Jared, a un tratto, si fa serio. Si passa le mani sul volto poi si alza, iniziando a camminare avanti e indietro nel salotto. Si ferma e si volta verso la ragazza «Zoe ti rendi conto in che situazione di merda mi ha messo Kai? Stamattina ero con il figlio di mio fratello, ho passato mezza giornata con lui e non posso dirgli niente. Con che faccia parlerò a Shan? Con che coraggio potrò ancora guardarlo sapendo che gli nascondo una cosa del genere? Tra me e lui non c’è mai stato nessun segreto, ci siamo sempre detti tutto. Come posso tacere il fatto di aver conosciuto suo figlio, un figlio del quale non sa neanche l’esistenza?» Jared prende un respiro poi rivolge ancora lo sguardo in direzione di Zoe «Stamattina ho scattato un sacco di foto a Chris, le ho tutte qua, nel cellulare. Sai quante volte ho aperto i messaggi, composto il numero di mio fratello per mandargli una di quelle fotografie? Credo di aver perso il conto. Lo volevo lì, con noi. Lo volevo vedere con Chris, vederli sorridere insieme, guardarli e scoprire tutte le somiglianze, tutte le cose che li uniscono, ma non l’ho fatto.» abbassa lo sguardo e si passa una mano tra i capelli «Spero che Kai si decida in fretta a parlare con Shan perché questa situazione non la reggerò a lungo.»
Zoe si alza e si avvicina all’uomo passandogli le braccia intorno alla vita «Vedrai che presto si risolverà tutto.»
«Tu dici? Non lo so Zoe. Non credo che sarà una cosa così facile. Se Kai decidesse di andarsene senza parlare con Shan perderei ogni possibilità di avere un rapporto con Chris e se invece gli parlerà a pagarne le conseguenze saranno April, Josh e Jan. Qualsiasi cosa accadrà, a rimetterci sarà qualcuno della mia famiglia e sai qual è la cosa che mi urta di più in tutto questo? È che io non posso farci niente.»
«Jared non puoi sempre fare da balia a tuo fratello. È stato lui a mettersi in questa situazione cinque anni fa. Fino ad oggi è andato avanti con la sua vita, come se Kai non fosse mai esistita, ma adesso si deve assumere le sue responsabilità. Spero che Kai faccia la cosa giusta e parli a Shannon di Chris. Quel bambino non ha chiesto di venire al mondo, ce l’hanno messo loro due, ed è giusto che conosca suo padre. Per quanto possa provare fastidio nei confronti di tuo fratello, per come si è comportato con la mia amica in tutti questi anni, credo che non sarebbe giusto neanche per lui non sapere di avere un figlio. Lo so che questa cosa finirà con lo sconvolgere tutta la sua vita, ma poteva pensarci cinque anni fa, prima di andare a letto con Kai.»
Jared si allontana dalla ragazza, andandosi a sedere sul divano. Si passa le mani tra i capelli, portando la testa indietro e appoggiandola allo schienale, restando in silenzio a fissare un punto non ben definito davanti a sé.
Dopo qualche minuto, il cantante sembra risvegliarsi da uno stato di trance «E se chiamassi Kai e le chiedessi di rivedere Chris questo pomeriggio?»
Zoe gli si avvicina, chinandosi davanti a lui e prendendogli le mani «Lo so che hai voglia di vedere Christopher, di passare del tempo con lui, ma non puoi pretendere di recuperare quattro anni in un giorno solo. Devi andare con calma, in fondo il bambino non sa neanche che sei suo zio e, ad ogni modo, non puoi imporre la tua presenza a Kai.»
«Forse hai ragione… è che questa situazione mi fa imbestialire! Non so come comportarmi con Kai, con Chris, con mio fratello…»
Il telefono di entrambi squilla.
Zoe guarda il display «È Kai..»
Jared fa lo stesso «Mio fratello… tempismo perfetto direi.»
«Dici che gli ha parlato?»
«Rispondiamo e lo sapremo subito.»
«Già…»
La ragazza si allontana e risponde alla chiamata, così come Jared.
«Ciao Shan.»
«Jared…»
«Che è successo?»
«Mi ha chiamato Kai… è a Los Angeles…»
Jared prende una pausa e un respiro «Lo so…»
«Come lo sai? Da quanto tempo?»
«Da ieri sera. Ho incontrato lei e Zoe al Nickel Diner.»
«Al Nickel? C’ero anch’io con April e i ragazzi, ma non vi ho visti.»
«Credo siano arrivate quando tu sei uscito…»
«Ah…»
Per qualche minuto tra i due fratelli cala il silenzio poi Shannon ricomincia a parlare «Mi ha chiesto di vederla domani a pranzo.»
«E… e ti ha detto cosa vuole?» Jared cerca di celare l’imbarazzo e di far tacere la vocina dentro che vorrebbe fargli dire tutto di Christopher.
«No. Ha detto che deve parlarmi… Non so cosa possa volermi dire di così importante, visto che negli ultimi cinque anni non mi ha mai cercato.»
«Beh… non è che tu ti sia sforzato molto per sapere dove fosse o cosa stesse facendo.» il cantante si accorge di aver usato un tono fin troppo acido col fratello.
«Jared e cosa avrei dovuto dirle? Grazie per la bella serata. È stato un piacere, ma adesso ho la mia vita da vivere? Credo sia stato meglio così, solo non capisco questo suo ritorno a Los Angeles e questa sua urgenza di vedermi.»
«Magari è tornata per motivi che non riguardano te e vuole vederti solo per salutarti. In fondo per lei sei stato importante.» Jared inizia a camminare nervoso per la stanza: non sopporta dover mentire a suo fratello. Dall’altro capo del telefono arriva una risata che lo spiazza «Che hai da ridere?»
«Mi ha fatto ridere la tua ultima frase. Per lei sei stato importante. Certo, talmente importante da sparire per cinque anni! Dai… non raccontiamoci barzellette: avevamo entrambi bisogno di farci una bella scopata e ci siamo trovati. Fine della storia.»
«E secondo te perché sarebbe scappata da Los Angeles? Se fosse stato davvero così non avrebbe avuto problemi a incontrarti.» Jared si ritrova, senza volerlo, a prendere le difese di Kai: che cavolo gli sta succedendo?
«Che cazzo ne so Jay! Vai a capire come funziona la testa delle donne. Non capisco April e viviamo insieme da più di dieci anni, figurati se mi sforzo per entrare nei pensieri di una che mi son fatto una volta e poi non ho visto più. Comunque non ti ho chiamato per parlarti delle paranoie di Kai, ma per chiederti un piacere.»
«Dimmi.»
«Ho detto ad April che domani a pranzo mi vedrò con Tomo per poi andare da Sam Ash. Se ti chiede qualcosa reggimi il gioco.»
«Ok, ma tu non fare cazzate.»
«Tranquillo. Grazie fratellino.»
«Ciao Shan.»
«Ciao.»
Jared riattacca e si accorge di provare un certo fastidio ripensando alle parole di Shannon. Se la stessa conversazione fosse avvenuta il giorno prima, è certo che non avrebbe esitato a dare ragione al fratello, ma oggi no, non dopo aver parlato con Kai, non dopo aver visto i suoi occhi mentre parlava di quello che è successo cinque anni prima.
«Che cosa voleva tuo fratello?» l’arrivo di Zoe lo distoglie dai suoi pensieri.
«Voleva chiedermi di reggergli il gioco con April: domani a pranzo si vedrà con Kai. Ha raccontato alla moglie che andrà con Tomo non mi ricordo dove. Voleva assicurarsi che sapessi cosa dire, nel caso April mi chiedesse qualcosa.»
«Ecco perché Kai mi ha chiesto se potevo stare con Chris domani a pranzo.»
Sentendo le parole della ragazza, l’espressione di Jared si rasserena in un secondo «Domani allora pranziamo con Chris?»
«No. Io pranzerò con Chris, tu non so se te lo meriti.» Zoe gli si avvicina, sorridendo e prendendolo in giro.
«Ah sì?» Jared la stringe a sé «E cosa dovrei fare per meritarmelo?» lascia un bacio sul collo della ragazza.
«Vediamo un po’ Leto, dai sfogo alla tua fantasia.» Zoe abbraccia Jared, sensuale.
«Poi non dire che non ti avevo avvertita.» l’uomo la bacia, iniziando a spostarsi verso la stanza da letto.
 
******

Kai siede nervosa al tavolo del Tom’s Urban. Guarda le palle bianche che pendono dal soffitto della veranda del ristorante, la gente che passa sul marciapiede di Figueroa Street affrettandosi per andare chissà dove. Vorrebbe alzarsi pure lei e scappare il più lontano possibile da quel tavolino, da Shannon. Da quando, il giorno prima, ha risentito la voce del batterista, non fa altro che pensare a come sarà rivederlo, a come farà a dirgli di Christopher.

Shannon sistema gli occhiali da sole, abbassa la visiera del cappello da baseball e attraversa la strada, cercando di farsi spazio tra il traffico di mezzogiorno di Figueroa Street. Ha passato tutta la mattina a chiedersi cosa vorrà mai Kai da lui dopo cinque anni, tanto che è convinto che anche April si sia accorta che c’era qualcosa che non andava. Prima che uscisse, l’ha guardato come se sapesse che non stava affatto andando da Tomo. Da un’occhiata ai tavolini di Tom’s Urban e gli bastano pochi secondi per trovare Kai, intenta a guardare il menù: cinque anni non l’hanno cambiata per niente. Si avvicina al piccolo pannello di vetro che separa la veranda del ristorante dalla strada appoggiandovi le mani e sporgendosi leggermente in avanti. «Ciao Kai.» esordisce togliendosi gli occhiali da sole.

Kai trasale, voltandosi di scatto in direzione dell’uomo. Lo vede sorriderle e, tutt’a un tratto, le sembra come se questi cinque anni non fossero mai passati. Sente il viso avvampare e si maledice mentalmente per questo. Si era ripromessa di star calma, di affrontare Shannon nel migliore dei modi, ma, come sempre quando si tratta del batterista, il suo cuore ha deciso di fregarsene altamente di quello che gli dice la testa. Lo guarda sedersi di fronte a lei, appoggiare gli occhiali e il telefono sul tavolo per poi tornare a rivolgerle lo sguardo.
«Allora… come… come stai?» dopo alcuni minuti di silenzio, Shannon si gratta la nuca e cerca di rompere la tensione che c’è tra lui e Kai.
La ragazza deglutisce nervosa «Bene... sì… insomma… sto bene.» cerca di sorridere, ma il risultato è tutt’altro che soddisfacente «E… e tu?»
«Anch’io.»
Tra i due torna a calare il silenzio, interrotto da un cameriere che passa a chiedere loro le ordinazioni. Anche durante il pranzo Shannon e Kai non parlano, limitandosi a guardarsi a vicenda. Ancora una volta, è l’uomo il primo a cercare d’iniziare una conversazione.
«Kai… hai detto che avevi bisogno di vedermi… di parlarmi, ma siamo qui da più di mezz’ora e non hai spiccicato una parola.» distoglie lo sguardo dal piatto per puntare i suoi occhi in quelli della ragazza «Perché sei tornata a Los Angeles?»
Kai prende un lungo respiro, sentendo che è arrivato il momento, quello che ha cercato di evitare in tutti questi anni. Sente che la gola si sta seccando e non è sicura di riuscire a dire tutto a Shannon «Sono tornata… insomma… sono a Los Angeles per un motivo che non riguarda te… noi… Mio padre mi ha mandata qui per un convegno medico al Convention Center.» abbassa lo sguardo.
«Ok… non capisco però cosa c’entro io in tutto questo. Ieri, al telefono, hai detto che dovevi vedermi, che dovevamo parlare. Sinceramente continuo a pensarla allo stesso modo: non vedo cosa tu possa avere di così importante da dirmi, visto che per cinque anni sei sparita.»
«Beh… non è che tu ti sia sforzato per cercarmi…»
«Kai, cosa avresti voluto che facessi? Che ti chiamassi tutti i giorni? Per cosa? Parliamoci chiaro: quello che è successo tra noi è stato… un errore? Vogliamo chiamarlo così? Io avevo bisogno di qualcuno cui appoggiarmi, tu c’eri. Fine della storia.»
«Non è andata esattamente così.» Kai non si aspettava che Shannon le dicesse parole d’amore, ma almeno sperava che quello che c’è stato tra loro avesse contato qualcosa anche per lui. A quanto pare aveva ragione Jared: per il batterista, lei è stata la donna di un momento, quella con cui passare una notte per poi dimenticarla il giorno dopo.
A Shannon scappa una risata sarcastica «Cosa vorresti dirmi? Che eri innamorata? Non farmi ridere! Avevi voglia di farti un giro in giostra, te lo sei fatta e poi sei tornata a casa tua e, se abbiamo finito, pure io me ne tornerei a casa, dalla mia famiglia.»
L’uomo infila gli occhiali da sole, fa per alzarsi e andarsene, ma Kai lo ferma, afferrandolo per un braccio «Shannon… io… tu… noi abbiamo un bambino.»
Il batterista si volta verso la ragazza. Per qualche secondo la fissa poi scoppia in una risata fragorosa «Se volevi cercare un modo per attirare la mia attenzione direi che ti sei scelta il più stupido! Kai, stammi bene. Salutami la spiaggia di Honolulu.» fa per voltarsi e allontanarsi dal locale.
Kai cerca di trattenere le lacrime: non si aspettava i salti di gioia da parte di Shannon, ma neanche questa freddezza. Possibile che in lui non sia rimasto niente di quello che li ha fatti avvicinare cinque anni prima? Fa un ultimo tentativo per cercare di salvare almeno quello che di buono è uscito da tutta questa storia.
«Si chiama Christopher e ha compiuto quattro anni all’inizio del mese.»
Shannon si ferma, voltandosi in direzione della ragazza.
«Ha i capelli ricci, neri e gli occhi verdi, come me. A dire il vero mi assomiglia tantissimo, ad eccezione del sorriso. Quello è uguale al tuo.» Kai sorride all’uomo che addolcisce la sua espressione, tornando a sedersi.
«Non mi stai prendendo per il culo vero?»
«No. Ti pare che potrei inventarmi una cosa del genere? A che scopo poi?»
«Soldi?» Shannon risponde con un tono sarcastico.
«Non sono qui per chiederti soldi. Se avessi voluto, mi sarei mossa molto prima non credi?»
«E allora perché? Perché mi hai tenuto nascosto il fatto di avere un bambino per tutto questo tempo e adesso hai deciso di raccontarmi tutto?»
Kai vorrebbe rispondergli Perché mi ha obbligata tuo fratello, ma è certa che non sarebbe il modo migliore per affrontare la situazione. «Non lo so Shan… Per tutti questi anni ho pensato a tutelare me stessa, a cercare di dimenticarti, però non era giusto per Chris. Non era giusto farlo crescere senza un padre.»
Shannon ci pensa un po’ su, ancora indeciso se credere o no alla versione della ragazza «Cosa gli hai raccontato? Cosa… cosa sa di suo padre?»
Kai sorride «Sa che è un bravissimo musicista, che è in giro per lavoro e presto tornerà a Honolulu.»
«Almeno su una parte non hai mentito.» Shannon sorride a sua volta poi torna serio. Guarda Kai negli occhi «Se questa storia è una cazzata…»
«Non è una cazzata.»
«Ok…» Shannon prende un respiro profondo «Adesso dov’è?»
«È al Grand Hope Park, con tuo fratello e Zoe.»
«Con mio fratello?» il batterista aggrotta le sopracciglia «Quindi Jay…»
«Sì… Jared sa di Christopher… sa che è tuo figlio.»
Shannon si passa una mano sul volto «E da quando saprebbe questa cosa?»
«Due sere fa l’ho incontrato per caso al Nickel Diner e ha capito chi fosse Chris appena l’ha visto.»
Shannon resta in silenzio, lo sguardo rivolto al tavolino. Dopo qualche minuto torna a guardare Kai «Perciò mi hai detto di Christopher perché ti ha obbligata mio fratello.» gli scappa una risata amara.
«Diciamo che… insomma… pensavo di dirti di Chris… prima o poi… Il fatto di aver incontrato tuo fratello ha solo accelerato le cose…» Kai si sposta i capelli dietro l’orecchio nervosamente.
Tra i due torna a scendere il silenzio poi Shannon, all’improvviso, si alza «Andiamo.» dice, rivolgendosi alla ragazza.
Kai strabuzza gli occhi «Dove?»
«Al Grand Hope Park, voglio vedere Christopher.»
 
******

Jared si siede sull’erba e sbuffa «Ma che c’era nell’hamburger di Chris? Non riesco a stargli dietro!»
Zoe lo guarda ridendo «Non dare la colpa all’hamburger: sei tu che sei vecchio Leto.»
L’uomo la guarda in tralice poi si avvicina «Se vuoi, ti faccio vedere quanto sono vecchio
«Trattieniti, tuo nipote ci sta guardando.» la ragazza sorride, mentre lascia un bacio a fior di labbra al cantante.
«Zio Jay vieni! Voglio andare sull’altalena!» Christopher arriva di corsa, prendendo Jared per una mano e cercando di convincerlo ad alzarsi.
«Chris viene la zia con te va bene? Lo zio si riposa un attimo.» il cantante sorride al bambino, sperando di convincerlo.
Il piccolo mette il broncio poi scoppia a ridere «Lo zio Jay è vecchio!»
L’uomo si alza e inizia a rincorrerlo, mentre Chris scappa correndo verso le altalene «Prima o poi ti devi fermare piccola peste!»
«Attento al fiatone Leto!» Zoe ride, seguendo i due e pensando a quanto Jared riesca a essere più bambino del nipote.

Shannon e Kai varcano il cancello d’ingresso del Grand Hope Park. Dopo aver lasciato il Tom’s Urban non si sono rivolti la parola, troppo presi ognuno dai suoi pensieri.
Kai si domanda come farà a raccontare a Chris che Shannon è suo padre, l’uomo che spera di vedere da quattro anni.
Il batterista, dal canto suo, non può fare a meno d’immaginarsi Christopher, di chiedersi come sarà e come farà a spiegargli che è suo padre.
«Eccoli.» Kai interrompe i pensieri dell’uomo, indicandogli Zoe e Jared intenti a spingere un bambino riccioluto che si dondola sull’altalena.
Shannon resta immobile a guardare il piccolo da lontano. Lo vede che cerca di dondolarsi sull’altalena e si arrabbia quando si accorge che Jared lo spinge. Aggrotta le sopracciglia facendo un’espressione buffissima che gli ricorda tanto Kai. Gli occhi, i ricci scuri non lasciano alcun dubbio: Christopher è la copia esatta della madre.
Poi il bambino scende dalla giostra e dice qualcosa a Zoe per poi scoppiare a ridere. Shannon rimane incantato: il sorriso del piccolo è uguale a quello di Josh.
«Kai… il bambino… lui è…» il batterista si volta in direzione della ragazza.
«Sì, lui è Christopher, nostro figlio.» Kai gli sorride.
L’uomo torna a rivolgere il suo sguardo in direzione del bambino, stupendosi del feeling che ha con suo fratello. Sembra si conoscano da una vita. Sorride notando la camminata buffa di Christopher, quel suo ciondolarsi che gli ricorda se stesso.
«È bellissimo.» Shannon si rivolge a Kai «Ti assomiglia tantissimo.»
«Già…» la ragazza sorride abbassando lo sguardo.
«Però assomiglia anche a Josh. Hanno lo stesso modo di ridere. Poi quella camminata… anche Jan si ciondolava così da piccola.» Shannon torna a rivolgere lo sguardo in direzione del bambino.
«Il sorriso è come il tuo.»
«Già... Quando è il suo compleanno?»
«Il nove aprile.»
«Due giorni prima di Jan.» Shannon sorride «Chissà quante altre cose avranno in comune.» abbassa la nuca, iniziando a muovere un piede a destra e sinistra.
I due restano in silenzio, lontani da Zoe e Jared, come a voler tardare il più possibile il momento in cui dovranno affrontare il bambino.
«Mamma!» Christopher si accorge della presenza di Kai e Shannon e inizia a correre per raggiungerli.
Il batterista si ritrova a sorridergli e, senza neanche accorgersene, prende la mano di Kai.
La ragazza lo guarda stupita, prima di essere travolta dal figlio.
«Mamma sei arrivata!» il bimbo le sorride poi si volta a guardare il batterista «Chi è questo signore?”
 
 

[i] Frase tratta da “La favola del pasticciere” di Frankie Magellano  https://www.youtube.com/watch?v=5NwF1EtSGa4

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Capitolo 18
*** *** C'è una luce, non farla spegnere *** ***


Eccomi di ritorno. Questa volta non vi ho fatto aspettare troppo (scusate, ma non riesco ad essere costante con gli aggiornamenti... la mia Musa va e viene...)
Ringrazio chi continua a mettere questa storia tra le preferite/seguite: aumentate ad ogni aggiornamento <3 Ringrazio anche chi dedica due minuti del proprio tempo per lasciarmi una recensione: siete dei tesori <3 Sapete che ci tengo alla vostra opinione, anche perchè è l'unico modo che ho per capire se la storia vi piace o meno, perciò... COMMENTATE PLEASE!!!
Come sempre, vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio This is the Story of my Life
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 
«Chi è questo signore?» Christopher guarda Kai, in attesa di una risposta.
La ragazza si volta in direzione di Shannon. Abbassa lo sguardo, puntandolo sulle loro mani intrecciate, poi torna nuovamente a guardare il batterista, che sembra più confuso di lei. Prende un lungo respiro poi, anche se riluttante, si stacca dall’uomo per chinarsi davanti al figlio e prenderlo per mano. Deglutisce, spostando lo sguardo su Zoe e Jared, fermi poco lontano da loro.
«Allora? Mamma chi è questo signore?» Chris sorride guardando Shannon.
Kai sorride al piccolo «Chris… ti ricordi cosa ti ha raccontato la mamma quando ti ha parlato del tuo papà?»
Il bambino annuisce «Sì… mi hai detto che suona, che è bravissimo e che gira sempre.»
A Shannon scappa un sorriso.
«Esatto… ti ho detto che è sempre in giro per lavoro.» la donna allunga un braccio, accarezzando i ricci del bambino «Ecco…» prende un respiro profondo «Ecco… Chris… questo signore si chiama Shannon e… lui è il tuo papà.»
Christopher si fa serio e rimane immobile a fissare Shannon. Fa scorrere i suoi grandi occhi verdi lungo tutta la figura dell’uomo, come a volerne scrutare ogni millimetro. A un tratto inizia a girargli intorno, lentamente, continuando a guardarlo.
Il batterista guarda Kai, cercando un appiglio che la donna però non può lanciargli perché neanche lei capisce cosa stia facendo il figlio.
Il bambino si ferma, in piedi davanti al batterista. Alza gli occhi per guardarlo bene in faccia «Tu sei davvero il mio papà?»
Shannon guarda Kai, suo fratello poi si china, prendendo le mani di Christopher «Sì, io sono il tuo papà.»
Il bambino lo guarda serio per un paio di minuti poi scoppia in una fragorosa risata e lo abbraccia «Che bello che sei venuto!»
Shannon rimane fermo, le braccia lungo i fianchi e quasi si sbilancia all’indietro a causa dello slancio del bambino. Sente le mani del piccolo stringergli la schiena, i suoi ricci che gli solleticano il naso. Dopo qualche secondo, le braccia si alzano quasi automaticamente e abbraccia Chris, come se stesse stringendo a sé la cosa più preziosa al mondo «Anch’io sono contento di essere qui.»
Christopher si fa indietro per guardare Shannon in faccia sorridendogli «Il mio papà.» ride arricciando il naso poi rivolge lo sguardo a Kai «Mamma perché non mi hai detto che andavi a prendere il papà?»
«Perché… perchè volevo farti una sorpresa.» la ragazza sorride, sperando che il bambino si accontenti della sua spiegazione.
Christopher la guarda per un attimo poi si alza, prendendo una mano di Shannon «Papà vieni che ti faccio conoscere lo zio Jay e la zia Zoe.»
A Shannon scappa una risata mentre si alza per seguire il bambino.
«Zio Jay, guarda chi c’è! È arrivato il mio papà! Non lo vedevo da tanto, ma oggi la mamma è andata a prenderlo!»
Jared si fa serio e guarda Zoe. Entrambi poi rivolgono lo sguardo in direzione di Kai, che sorride loro. Il cantante si rilassa e china le ginocchia per mettersi alla stessa altezza del nipote «Se ti dico una cosa, mi prometti che non ti arrabbi?»
Christopher aggrotta le sopracciglia e increspa le labbra «Ok.» risponde poco convinto.
L’uomo sorride e accarezza la testa del nipote «Io conosco molto bene il tuo papà perché è mio fratello.»
Il bambino rimane per qualche minuto in silenzio poi si gratta la nuca e torna a rivolgersi a Jared «Perché mi hai detto che non lo conoscevi?» aggiunge, riservando al cantante uno sguardo severo.
Jared si gratta una tempia poi si passa una mano sul volto: si era totalmente scordato della conversazione avuta con il nipote qualche sera prima da Nickel. Alza lo sguardo in direzione di Kai, come per chiederle aiuto.
La donna si avvicina al figlio, gli sorride e gli spettina i riccioli «Lo zio Jay non ti ha detto niente perché, come ti ho spiegato prima, volevamo farti una sorpresa. Sei contento?»
L’espressione di Christopher cambia repentinamente e il suo volto s’illumina con un enorme sorriso «Sì! Sono felicissimo!» scoppia in una risata cristallina, mentre Jared tira un sospiro di sollievo e ringrazia Kai con lo sguardo.

Kai si siede su una panchina, sotto la bougainvillae fuxia, poco lontano dalle giostre rosse e blu del Grand Hope Park. Sorride ripensando all’incontro tra Shannon e Christopher: è andata decisamente meglio di quello che si sarebbe aspettata. È vero che Chris è ancora piccolo e che i bambini di quattro anni tendono a prendere per buona qualsiasi cosa gli racconti la mamma, ma la situazione era talmente assurda che non era molto sicura di una reazione positiva da parte del figlio. Chiude gli occhi e porta la schiena indietro, appoggiandola allo schienale della panchina e tirando un sospiro di sollievo.
Dopo qualche minuto, sente che qualcuno le si siede accanto. Apre gli occhi e trova Zoe che la fissa «Che hai da guardare?» Kai sorride all’amica.
Zoe fa spallucce «Niente. È solo che è la prima volta che ti vedo davvero serena da quando sei tornata a Los Angeles.»
Kai rivolge lo sguardo in direzione di Chris, che poco lontano sta cercando di salire su un animale a molla, mentre Shannon lo osserva. Il batterista cerca di aiutarlo, ma poi ride prendendolo in giro quando il piccolo mette il broncio e si arrabbia perché vuole fare tutto da solo. Nota che Jared si è allontanato, come a voler lasciare il loro spazio a Chris e Shannon, e si sta avvicinando a lei e Zoe. Ha notato che i due fratelli quasi si sono ignorati, o meglio è Shan che quasi ha ignorato Jared, ma decide di non preoccuparsene: vuole concentrare la sua attenzione sul figlio e vederlo così felice la fa stare bene.
«Allora? Non mi dici niente?» la voce dell’amica la fa trasalire.
«Cosa ti devo dire?» sorride.
«Beh… alla fine non è andata così male con Shannon, o sbaglio?»
«No, almeno per ora.» Kai si rabbuia «Non dimenticare che Shannon ha una moglie, ha altri due figli e credo che adesso arriverà la parte più difficile per lui, almeno che non decida di continuare a fingere che Christopher ed io non esistiamo.»
Zoe sospira «Già… credi che parlerà ad April?»
«Non lo so. Alla fine non conosco per niente Shannon. L’uomo che mi sono trovata davanti oggi a pranzo non ha nulla a che fare con quello che ho conosciuto cinque anni fa. Mi ha parlato in un modo così squallido… praticamente ha ridotto quello che c’è stato tra noi a una bella lezione di ginnastica da camera.» prende un respiro «Cioè… In questi cinque anni non mi ero di certo illusa che anche lui avesse provato qualcosa quella notte. Sapevo che si era avvicinato a me spinto dal bisogno di avere qualcuno su cui appoggiarsi, che quella che aveva messo in gioco i sentimenti ero io, ma… ecco… sentirmi dire in faccia che sono stata solo un giro in giostra mi ha fatto male.» Kai si morde il labbro inferiore e abbassa lo sguardo.
Zoe le passa un braccio intorno alle spalle, avvicinandola a sé e abbracciandola, senza dire niente perché spesso i gesti dicono più di mille parole.
Dopo qualche minuto, Kai scioglie l’abbraccio e torna a guardare Christopher, che sta giocando con Shannon.
«Sembra che vadano d’accordo.» Jared, che nel frattempo ha raggiunto le ragazze, sorride e si siede di fianco a Zoe «Cosa ne pensi?»
«Ehm… sì… penso che tu abbia ragione.» Kai abbassa lo sguardo.
Zoe ci pensa un paio di secondi «Penso anch’io che vadano d’accordo, ecco perché dubito che Shannon riuscirà a tornare dalla sua famiglia ignorandolo.»
Kai si passa le mani tra i capelli «Ci attende un bel casino.»
«Già…» Jared si alza allontanandosi «Zoe vado a prendere una bottiglia d’acqua al chiosco la giù, torno subito.»
«Ok.» la ragazza sorride al fidanzato. Appena è certa che si sia allontanato a sufficienza, torna a rivolgersi all’amica «Kai, posso essere sincera con te?»
«Certo.»
«Però giura che queste mie parole non arriveranno mai all’orecchio di Jared, potrebbe uccidermi!»
«Lo giuro!» la ragazza ride.
«Sai cosa ti dico? Che alla fine della fiera Shannon se lo merita. Se non voleva casini, poteva pensarci meglio cinque anni fa. Si è divertito e poi ti ha cancellata. Adesso è ora che cacci fuori gli attributi e dimostri di essere un uomo, non solo sotto le coperte.»
Kai guarda l’amica e sorride: come il solito, riesce sempre a essere diretta e concisa.

Shannon si siede sul prato e guarda Christopher che si arrampica su una struttura di metallo: capisce di essere troppo piccolo per salirci perché vede che ci arriva a malapena, ma non molla. Ha deciso che conquisterà la cima e sta facendo di tutto per riuscirci. Se c’è una cosa certa, è che suo figlio ha preso la caparbietà dello zio.
Suo figlio.
Ancora fatica a credere che per quattro anni ci sia stato un piccolino a Honolulu che cresceva senza che lui ne sapesse niente. Lo guarda ridere, correre. Non può fare a meno di notare quanto sia iperattivo. Dev’essere un vizio di famiglia: anche Joshua da piccolo non stava fermo un secondo. Non che adesso che ha otto anni la situazione sia migliorata di molto, ma almeno riesce a stare seduto per cinque minuti.
Joshua. Janis.
April.
Ancora non sa come farà ad affrontarli, a raccontare loro di Christopher, di quello che c’è stato tra lui e Kai. Come farà a spiegare tutto a sua moglie? Si passa le mani sul volto poi si alza, dirigendosi verso il bambino.
«Papà mi aiuti a scendere?»
«Come hai fatto ad arrampicarti fino a lì?» sorride, mentre prende in braccio il piccolo.
«Hai visto come sono stato bravo?»
«Sei una scimmietta!» Shannon spettina i ricci del bambino e si dirige verso la panchina, dove sono sedute Kai e Zoe.
Christopher scoppia a ridere poi lo guarda «Stasera dormi con me?».
Shannon accarezza una guancia del piccolo «No… purtroppo non posso…»
«Devi lavorare?» il bambino mette il broncio.
Shannon per un attimo rimane spiazzato «Ehm… sì… devo… devo lavorare…»
«Allora ci vediamo domani?» Chris sorride.
«Adesso ne parlo con la mamma ok?»
Il bambino annuisce.
«Finalmente ti sei accorto di me.» Kai sorride al figlio, mentre Shannon lo mette a terra e lui si va a sedere in braccio alla madre.
«Stavo giocando con il papà.» Chris cerca di giustificarsi.
«Ti ho visto e ho visto anche che sei diventato bravissimo ad arrampicarti.» la ragazza accarezza la testa del figlio.
«Il papà mi ha detto che sembro una scimmia.» il bambino ride rumorosamente.
«Ha ragione!» anche Kai ride.
«Mamma il papà può venire anche domani?»
Kai deglutisce e si volta in direzione di Shannon, che le fa un sorriso e un segno d’assenso.
«Ok… vediamo… adesso… adesso però è tardi e dobbiamo tornare in albergo.»
«Peccato che il papà non può venire con noi.»
«Ehm… sì… peccato…» la ragazza sorride incerta al bambino.
«Anche noi andiamo verso casa.» Jared si alza dalla panchina e fa per allontanarsi con Zoe, ma Shannon lo afferra per un braccio «Jared, ho bisogno di parlarti.»
Il cantante guarda stupito il fratello: da quando è arrivato, non gli aveva ancora rivolto la parola «Ehm… ok… Zoe pensi di riuscire ad arrivare a casa senza perderti per Los Angeles?»
La ragazza alza gli occhi al cielo mentre prende le chiavi dell’auto che le sta porgendo Jared «Sì papà.»
«Ok, ti chiamo tra mezz’ora.» Jared la guarda poco convinto.
«Leto sei impossibile!» Zoe si allontana con Kai e Christopher.
«Ciao papà, ci vediamo domani.» il piccolo va a dare un bacio sulla guancia a Shannon e a Jared «Ciao zio Jay.» sorride felice.
«A domani scimmietta.» il batterista sorride.

Rimasti soli, i due fratelli si siedono su una panchina, uno accanto all’altro, ma abbastanza distanti, in modo da non toccarsi.
Shannon guarda dritto davanti a sé, gli occhi diretti verso un punto non ben definito. Ogni tanto si volta in direzione del fratello, come a voler controllare che sia ancora lì.
Jared guarda dei bambini che giocano poco lontano, ma in realtà la sua attenzione è rivolta altrove. Con la coda dell’occhio controlla Shannon, in attesa che il fratello si decida a parlargli.
Dopo alcuni minuti, visto il silenzio prolungato, il cantante prende l’iniziativa. Si alza in piedi, ponendosi davanti al batterista «Shannon o ti decidi a dirmi cosa c’è che non va o mi riporti a casa.»
L’uomo alza lo sguardo «Cosa c’è che non va… me lo chiedi pure?» sorride sarcastico.
«È per via di Chris?»
Shannon si alza e si posiziona di fronte al fratello «Perché non mi hai detto di aver incontrato Kai e, soprattutto, non mi hai detto niente di Christopher?»
«Shannon… come facevo a parlartene? Cioè… non era una cosa che spettava a me. Se Kai non aveva voluto farti sapere niente di Chris per quattro anni, come potevo farlo io? Non sarebbe stato giusto.»
«Non sarebbe stato giusto per chi? Per me? Per Chris? O per quella stronza?» il batterista riserva al fratello uno sguardo duro, gelido.
Jared sente che quasi gli manca il fiato: non ricorda di aver mai visto Shannon così «Per nessuno.» gli risponde con un filo di voce, abbassando lo sguardo.
«Ah sì? E secondo te cosa sarebbe stato giusto? Che Christopher e Kai fossero tornati a Honolulu senza che io sapessi niente di lui? Senza che lui sapesse niente di me?» prende un respiro «Cazzo Jay, sai cosa vuol dire crescere senza un padre. Davvero avresti voluto che anche mio figlio crescesse così?»
«Non ho detto questo. Ho semplicemente detto che non sarebbe stato giusto che fossi io a parlarti di Chris, era una cosa che doveva fare Kai. Sai qual è la prima cosa che le ho detto quando ho capito che Christopher era tuo figlio? Le ho chiesto quando te ne avrebbe parlato. Diciamo che l’ho praticamente obbligata a farlo, ma non me ne pento. Quando ti ho visto giocare con tuo figlio ho capito che avevo fatto la cosa giusta pretendendo che ti parlasse.»
Shannon addolcisce l’espressione, ripensando ai momenti passati con il bambino. Poi torna a rivolgersi al fratello «Non avevo dubbi sul fatto che fossi stato tu a obbligarla a parlarmi.» ride, avvicinandosi a Jared.
«Non potevo farla tornare a Honolulu senza dirti niente: sarei scoppiato da un momento all’altro.» il cantante sorride.
Per alcuni minuti, i due fratelli rimangono in silenzio, a passeggiare attraverso il Grand Hope Park, ognuno perso nei propri pensieri.
A un tratto, Jared si ferma e si volta verso il fratello «Adesso cosa hai intenzione di fare? Intendo… con April… con Jan e Josh…»
Shannon sospira passandosi una mano dietro la nuca «Non lo so Jared. Non so davvero come potrò affrontare questa situazione con la mia famiglia.»
«Se vuoi che ci provi io…»
«No. È una cosa che devo fare da solo. Con April avrei dovuto parlare cinque anni fa, ma vigliaccamente non le ho detto nulla. Adesso è ora che mi assuma le mie responsabilità, poiché non si tratta più solo di me e Kai, ma c’è anche un bambino di mezzo.» prende una pausa e rivolge lo sguardo altrove «Non so ancora come farò, ma devo trovare il modo per spiegare tutto ad April, Jan e Josh.»
«Sai che questa cosa avrà delle conseguenze, vero?»
«Sì, ma non posso andare avanti ancora ignorando Kai e, soprattutto, Chris, non credo ce la farei.»
Jared ci pensa su un attimo poi si avvicina al fratello, appoggiandogli una mano sulla spalla «Ok… Però ricordati che se hai bisogno io ci sono.»
Shannon sorride «Come sempre.» aggiunge abbracciando il fratello.
 
******
 
April guarda per l’ennesima volta l’orologio. Sono le cinque del pomeriggio e Shannon non è ancora rientrato dal pranzo con Tomo «Si saranno persi da Sam Ash, come il solito.» sorride, anche se poco convinta.
Quando suo marito è uscito, poco prima dell’ora di pranzo, ha avuto una strana sensazione, come se le stesse nascondendo qualcosa. Sono diversi giorni che è nervoso, distratto. Si continua a ripetere che sarà colpa del fatto che è appena tornato dal tour, che deve riprendere il suo ritmo, ma ogni giorno che passa ne è sempre meno convinta.
Sale al piano di sopra e bussa alla camera di Janis «Posso?» chiede, affacciandosi appena alla porta.
La ragazzina alza gli occhi dai libri e la guarda sorridendo «Certo mamma.»
«Che stai facendo?»
«Sto cercando di risolvere questo stupido problema di matematica, ma non ci salto fuori.» Janis sbuffa mostrando il libro alla madre.
«Fammi vedere. Ecco… metti un più in questa operazione e un meno qua ed è fatta.»
«Mamma, sei un genio!» Janis lascia un bacio sulla guancia di April.
«Esagerata! Ci saresti arrivata benissimo da sola, ma una mano ogni tanto non fa male.» la donna strizza l’occhio alla figlia «Hai finito i compiti?»
«Per oggi sì.» la ragazza guarda la madre «Che c’è mamma? Non credo che tu sia venuta qua solo per chiedermi dei compiti.»
«Non ti si può proprio nascondere niente…»
«Mamma, ormai dovresti anche smettere di provarci.» Janis scoppia a ridere.
«Jan… ecco… tu hai sempre avuto un rapporto speciale con tuo padre. Ti volevo chiedere una cosa…»
«Dimmi.» la ragazza si fa seria vedendo l’espressione di April.
«Ecco… non ti sembra che sia un po’… strano da quando è tornato dal tour?»
«Strano in che senso?»
April si passa una mano tra i capelli «Non lo so. Lo vedo distratto, nervoso…» scuote la testa e sorride alla figlia «Lascia stare Jan, saranno paranoie mie.» sorride.
«Può essere.» la ragazzina fa spallucce ridendo.
April si dirige verso la porta «Vado a controllare che combina tuo fratello: è troppo silenzioso e quando fa così, mi spaventa.» ride «Tu che farai? Scendi di sotto e ci guardiamo un film aspettando papà?»
La ragazzina ci pensa un po’ su «Solo se il film lo scelgo io e se prepari una ciotola di pop-corn formato famiglia!» ride «Un’altra cosa: tieni lontano Josh dal salotto! L’ultima volta è finita con i pop-corn sparsi sul pavimento e non siamo riuscite a vedere nessun film perché dopo due scene quel cretino di mio fratello andava a cambiare dvd.»
«Ok, ma tu non dire le parolacce.» April strizza l’occhio alla figlia «Vado da Josh poi scendo. Tu vai a scegliere il film.»
 
******
 
Shannon accarezza la schiena di April e le bacia i capelli. Respira l’odore della sua pelle, mentre la donna si muove lentamente sul suo corpo. Sente le mani della moglie scorrergli lungo i fianchi, il suo respiro carezzargli la pelle, ma a un tratto la vede che si ferma e punta gli occhi nei suoi.
«Shannon mi vuoi dire dove sei?»
«A casa, nel nostro letto e sto facendo l’amore con la donna più bella del mondo.» sorride lasciando un bacio leggero sulle labbra della moglie.
«Risposta sbagliata.» April si scosta, sdraiandosi di fianco al marito e dandogli la schiena.
Il batterista si passa le mani sul volto poi appoggia il ventre alla schiena della moglie, passandole un braccio intorno alla vita e posandole un bacio sulla spalla «April che succede?»
La donna si volta di scatto e guarda il marito «Che succede? Tu chiedi a me che succede? Shannon, sono quattro giorni che sei tornato dal tour e sono altrettanti giorni che non ti riconosco. Sei nervoso, distratto. Anche adesso: fisicamente eri qui con me, ma con la testa eri altrove. E non mi dire che non è vero perché ti conosco troppo bene.»
«April… te l’ho già detto: non ho niente. Sono… sono solo un po’ stressato, tutto qua.» Shannon si volta dall’altra parte, dando le spalle alla moglie.
April ha ragione: i suoi pensieri sono lontani, fuori da quella stanza. Non può fare a meno di pensare a Christopher, a cosa starà facendo. Quando è rientrato, non è riuscito a parlare con la moglie, a raccontarle di avere un altro figlio. Un figlio nato da una notte che lui avrebbe dovuto passare in ospedale, al suo fianco invece era con un’altra donna. Poi ci sono Janis e Joshua. Dovrà spiegare tutto anche a loro, che sicuramente non si accontenteranno di poche balle ben raccontate com’è successo con Christopher.
April appoggia una mano sulla spalla del marito, facendolo voltare in sua direzione «Shannon… mi vuoi dire cosa ti sta accadendo?» chiude gli occhi e prende un respiro, poi torna a guardare il marito «Te lo torno a chiedere: hai un’altra donna? Se c’è un’altra…»
«No.» Shannon si affretta a rispondere «Non c’è nessun’altra donna.»
«E allora cosa c’è che non va? Parlami, raccontami cosa ti sta accadendo. Magari, se ne parliamo, posso aiutarti a trovare una soluzione.»
Shannon accarezza il volto di April «Stai tranquilla.» le lascia un bacio leggero sulle labbra «Presto si sistemerà tutto.»
«Sicuro?»
L’uomo annuisce e abbraccia la moglie, facendola aderire al suo torace «Andrà tutto a posto.» le ripete accarezzandole la schiena mentre fissa il soffitto: deve trovare una soluzione.

******
 
«Chris, ti prego, smettila di saltare!» Kai cerca di mettere a letto il figlio, che proprio non ne ha la ben che minima intenzione.
«Sono troppo contento per dormire.» il bambino ride, senza smettere di saltare.
«Ok, sei contento, ma se continui così finirai per sfondare il letto.»
Il piccolo mette il broncio e si ferma, sedendosi. Kai gli si sistema accanto «Finalmente ti sei fermato.» gli accarezza la testa.
«Mamma, il papà viene anche domani? È stato bellissimo giocare con lui.»
«Non lo so… sai… il papà… ecco… è impegnato con il lavoro… non so se riesce a venire anche domani…» la ragazza si tocca i capelli nervosamente.
«Chiamalo così glielo chiedi!»
«Ok… dopo lo chiamo.» Kai sorride al piccolo «Però adesso mettiti a dormire che è tardissimo.»
Il bambino chiude gli occhi per poi riaprirli dopo pochi secondi «Quando torniamo a casa?»
«Tra quattro giorni.»
«Papà viene con noi vero?» il bambino guarda la mamma con gli occhi luminosi.
Kai si morde il labbro inferiore poi accarezza una guancia del figlio «No tesoro. Papà non può venire con noi.»
Christopher si rabbuia e Kai cerca di rassicurarlo «Ti prometto che torniamo presto a trovarlo, va bene?»
Vede il viso del bambino illuminarsi mentre annuisce.
«Adesso però dormi piccola peste.»
«Buona notte mamma.»
«Buona notte tesoro.»

Kai aspetta che il piccolo si addormenti poi si alza dal letto dirigendosi verso la finestra della stanza. Lo sguardo si perde attraverso lo skyline di Los Angeles, mentre la mente torna al pranzo con Shannon, al pomeriggio al parco. Ripensa alle parole del batterista, a quando le ha ricordato che per lui è stata solo un bel giro in giostra. Chiude gli occhi e sospira: è dura ammetterlo, ma c’era ancora una parte del suo cuore che sperava di aver contato qualcosa per lui. Si era attaccata a qualche sguardo, a gesti che il tempo e i ricordi avevano reso più importanti di quello che in realtà sono stati. Dov’è finito lo Shannon che ha conosciuto cinque anni prima? Dove sono finiti quei gesti, quelle piccole attenzioni che l’hanno portata a innamorarsi di lui?
Si volta e lo sguardo incontra Christopher che dorme sereno. Non può fare a meno di sorridere nel ripensare a lui e Shannon che giocavano insieme al Grand Hope Park. Vederli ridere, osservarne le espressioni. La somiglianza è innegabile. Se per un momento, quando si è trovata davanti ad un uomo cinico e arrogante, si era quasi pentita di aver deciso di parlargli del bambino, quando sono arrivati al parco, ha capito che quella era l’unica scelta da fare. La luce negli occhi di Christopher, la sua gioia le hanno fatto sparire ogni dubbio.
Si sdraia sul letto, lo sguardo al soffitto: chissà cosa deciderà di fare Shannon, come affronterà la sua famiglia. Janis e Joshua come reagiranno a questa situazione? Fa spallucce e decide di provare a dormire, in fin dei conti non sono problemi suoi. Spera solo che non ne debba pagare le conseguenze suo figlio.
 
******

Tomo tende l’orecchio per sentire se dal piano di sopra provengano ancora rumori o se la situazione si è calmata: i bambini stasera erano insopportabili! Sembra sia tutto calmo e il fatto che anche Vicki abbia smesso di parlare da almeno dieci minuti forse vuol dire che si sono addormentati tutti.
Si alza dal divano per raggiungere la moglie, ma è fermato dallo squillo del telefono.
«Chi cavolo può essere a quest’ora?» guarda il display «Shannon?» si stupisce della telefonata dell’amico poi risponde «Ciao Shan, dimmi.»
«Ciao Tomo. Stavi dormendo?»
«No, stavo per salire a controllare se Vicki è ancora viva o se se la sono mangiata quelle tre pesti dei nostri figli.» ride.
Anche Shannon sorride «Siamo sempre alle solite. Se ti disturbo richiamo domani.»
«Figurati, dimmi pure.»
«Ehm… com’è andata oggi?»
«Intendi quando mi sono dovuto avventurare su e giù per Sunset Boulevard solo e abbandonato? Direi bene.» ride ancora «E a te com’è andata con Kai?»
«Ehm… bene… diciamo bene.»
«Shannon… che è successo? Ne hai combinata un’altra delle tue?»
«No, non oggi.»
«E allora cosa è successo? Che cosa voleva dirti Kai di così importante?»
Il batterista prende una pausa di qualche minuto.
«Shan? Sei ancora lì?» l’amico lo incalza.
«Sì, sono qui. Ecco… Kai… Kai voleva presentarmi una persona.»
«E chi voleva presentarti?» il croato inizia a spazientirsi: dovrebbe essere abituato a dover tirar fuori le parole di bocca all’amico, ma non alle undici di sera e, soprattutto, non dopo aver passato una serata allucinante con i figli.
«Ecco… noi… io e lei… insomma… Sai cosa è successo tra me e Kai cinque anni fa giusto?»
«Ehm… ti riferisci al fatto che siete andati a letto insieme?»
«Sì… ecco… quella notte… io… Kai… io e Kai… abbiamo un figlio.»
Tomo si zittisce, incapace di trovare una qualsiasi parola da dire.
«Tomo, sei ancora lì?» dopo alcuni minuti, Shannon riprende a parlare.
«Ehm… sì… ci sono. Cioè… tu e Kai avete un figlio?»
«Sì… si chiama Christopher e ha quattro anni. Pensa che compie gli anni due giorni prima di Janis.» sorride.
«E l’hai conosciuto? Era a pranzo con voi?»
«No. Non era con noi. Era al parco con Jared e Zoe.»
«Con Jared?»
«Mio fratello ha incontrato Kai un paio di giorni fa da Nickel e lì ha conosciuto Christopher.»
«E perché non ti ha detto niente?»
«Dice che non spettava a lui, ma a Kai e non ha tutti i torti.»
«Allora oggi non hai conosciuto il bambino?»
«L’ho visto dopo pranzo. L’abbiamo raggiunto al Grand Hope Park.»
«E… com’è andata?»
«Benissimo. È un bambino dolcissimo. Ha i capelli ricci, scuri e gli occhi verdi come Kai, ma il sorriso è lo stesso di Josh. È testardo come mio fratello, ha la stessa camminata che aveva Janis alla sua età. Tomo, devi vederlo. È davvero un bambino bellissimo.»
«Come ha reagito quando ti ha visto? Cosa gli aveva raccontato Kai di te? Non penso sia stato facile spiegargli perché non aveva visto il papà per quattro anni.»
«Diciamo che da un certo punto di vista Kai è stata bravissima con lui. Gli aveva raccontato che il padre faceva il musicista ed era sempre in giro per il mondo. Così, quando mi ha visto, è stato più facile spiegargli che ero venuto a trovarlo. Poi sai… ha quattro anni… alla fine ha creduto a quello che gli ha raccontato la mamma e non si è posto troppe domande.»
«E tu? Tu come hai reagito quando hai rivisto Kai?»
Shannon sospira «Male, anzi, malissimo. L’ho trattata davvero da schifo, dicendole cose che mi pento di aver detto, ma, quando me la sono trovata davanti, mi sono sentito spiazzato. Pensavo fosse tornata a Los Angeles per campare chissà quale diritto su di me, ma poi mi ha parlato di Christopher, l’ho conosciuto ed è cambiato tutto.»
«E adesso cosa farai?»
«Tra quattro giorni Kai e Chris torneranno a Honolulu ed io vorrei approfittarne per passare più tempo possibile con mio figlio. Vorrei conoscerlo.»
«E con April? Le hai parlato?»
«Non ancora…»
«Shannon, devi pensare a come affrontare lei, Janis e Joshua. Non puoi tenere loro nascosta l’esistenza di Christopher, anche perché dubito che tu riusciresti ad andare avanti come se niente fosse.»
«Già… domani dovrò trovare un modo per affrontare questa cosa. Intanto voglio telefonare a Kai e rivedere mio figlio.»
«Non mi dire che ti devo coprire un’altra volta perché ho come il sospetto che Vicki abbia capito benissimo che oggi non ero con te.»
«No, tranquillo. Dirò ad April che devo andare a Santa Monica, alla Black Fuel.»
«Ok. Se ti serve qualcosa, sai dove trovarmi.»
«Grazie… Buona notte Tomo.»
«Notte Shan.»

Tomo sale al piano di sopra e raggiunge la moglie in camera «Sei riuscita a calmare le tre pesti?» le sorride, mentre s’infila sotto le coperte.
«Finalmente sì! Stasera erano insopportabili. Tu con chi eri al telefono?»
«Con Shan.»
«Shan? A quest’ora? Cosa voleva?»
Il chitarrista si gratta la testa «Se ti dico una cosa, mi prometti che non la racconterai a nessuno, soprattutto non ad April?»
La donna lo guarda aggrottando le sopracciglia «Cosa ha combinato Shan? Comunque… va bene… non dirò niente ad April, ma tu raccontami cosa ha combinato quel coglione del tuo amico.»
«Ti ricordi che oggi ti ho detto che andavo da Sam Ash con Shannon? Ecco… non sono andato da Sam… o meglio… sono andato da Sam Ash, ma da solo. Poi ho fatto un giro in Sunset Boulevard.»
«Avevo capito che non me l’avevi raccontata giusta, non riesci a mentirmi nemmeno se ci provi.» sorride «Mentre tu eri a spasso da solo, dov’era Shannon?»
«Shannon era a Downtown… con Kai.»
La donna strabuzza gli occhi «Kai? La ragazza che ha lavorato per lui cinque anni fa?»
«Sì, proprio lei.»
«E cosa ci fa a Los Angeles? Mi ha detto Zoe che è tornata a vivere a Honolulu. Soprattutto, cosa voleva da Shannon?»
«Sì, è tornata a Honolulu, ma ti sei mai chiesta il perché?»
«E che ne so! So che è partita quando April è uscita dal coma… boh… non avranno avuto più bisogno di lei così è andata via, anche se mi era sembrato strano all’epoca. Però ho pensato che avessero preferito affidare i bambini a Constance e non avere estranei per casa durante la riabilitazione.»
«In parte è andata così, ma è successo anche dell’altro.»
«Tomislav smetti di fare il misterioso! Non hanno fatto tutta questa manfrina manco per il terzo segreto di Fatima!»
«Allora… Kai… Kai è andata via da Los Angeles perché, la sera prima che April si svegliasse, lei e Shannon… ecco… insomma... loro due… sì beh…» Tomo si gratta la nuca.
«Sono andati a letto insieme?»
«Sì…»
«Che gran pezzo di merda!» la donna scatta, sedendosi sul letto «Sua moglie era in coma e lui che ha fatto? Si è scopato la babysitter! Non ci posso credere!» poi prende un respiro e torna a rivolgersi al marito «E tu da quanto lo sai?»
«Da cinque anni?»
«E perché non me ne hai parlato prima? E adesso cosa c’entra tutta questa storia?»
«Vicki… non te ne ho parlato perché non lo ritenevo importante. Quando April era in ospedale, Shannon ha passato un periodo molto duro. Doveva pensare alla moglie, ai bambini e ha avuto uno scivolone, tutto qua. Non pensavo fosse una cosa di cui parlarti, visto che Shan è stato il primo a voler dimenticare tutta questa storia. Però… però adesso le cose sono cambiate. Kai è tornata a Los Angeles, ma non è da sola.»
«In che senso?»
«Nel senso che ha un figlio. Un bambino di quattro anni.»
Vicki resta in silenzio per un po’ poi si porta le mani alla bocca «Non mi dire che…»
«Sì, è il figlio di Shannon.»
La donna si passa le mani sul volto «Che coglione! Che emerito coglione! Non solo ha messo le corna a sua moglie mentre lei era in coma, ma ha pure concepito un bambino. Permettimi di dire una cosa: il tuo amico è davvero imbecille! Ma come si fa?»
«Credo sia abbastanza semplice capire come si faccia…»
«Non sei per niente spiritoso. Adesso cosa ha intenzione di fare? E Kai? Pensa di tornare a vivere a Los Angeles?»
«No, Kai e il bambino torneranno a Honolulu tra qualche giorno. Shannon… lui non so cosa voglia fare. Dice che vuole conoscere suo figlio, passarci del tempo insieme.»
«E con April, Jan e Josh?»
«Non ne ho idea. Già è difficile prevedere le mosse di Shannon in una situazione normale, figurati in questa.»
Vicki ci pensa un po’ su poi torna a rivolgersi al marito «E Jared che dice? È al corrente di tutta questa storia?»
«Sì, sa del bambino e l’ha pure conosciuto, ma non so cosa ne pensi.»
Vicki si sdraia, lo sguardo fisso al soffitto, e il marito le si stende accanto.
«A cosa stai pensando?» Tomo accarezza il braccio della moglie.
Lei si volta a guardarlo «Mi hai mai tradita?»
Lui le sorride «Non di recente.» e le lascia un bacio sulle labbra, ricevendo in cambio un pugno sul braccio.
«Ti odio Miličević.» la donna sorride, lasciandogli, a sua volta, un bacio leggero «Proviamo a dormire?»
«Proviamoci.»
 
******

Kai dorme profondamente da un po’ quando lo squillo del telefono la fa trasalire «Chi diavolo può essere a quest’ora?»
Si alza cercando di raggiungere il telefono senza inciampare e senza svegliare Chris. Guarda il display.
Shannon
«Che cavolo vorrà Shannon?» risponde alla chiamata «Pronto?»
«Ciao Kai, stavi dormendo?»
«Ehm… sì… Cosa vuoi Shan?»
«Scusami… volevo solo chiederti se domani ci possiamo vedere. Cioè… insomma… per Christopher…» l’uomo risponde imbarazzato.
La ragazza si stropiccia gli occhi e si gratta la nuca assonnata «Ok… vuoi che ci vediamo nel pomeriggio al Grand Hope Park?»
«Verso le tre?»
«Verso le tre. A domani Shannon.»
«A domani.»

Kai rimane sdraiata a pensare, il telefono ancora stretto tra le mani. Non sa cosa pensare: al telefono, Shannon le è sembrato diverso dall’uomo che le ha parlato a pranzo. Per un momento, è stato quasi come tornare a cinque anni prima, o forse è solo lei che si sta illudendo che sia così.
Guarda suo figlio che dorme sereno e l’abbraccia, posandogli un bacio sulla testa «Qualsiasi cosa, purché tu sia felice.» poi chiude gli occhi e torna tra le braccia di Morfeo.
 

[1] Frase tratta dal brano “Song for someone” degli U2

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Capitolo 19
*** *** È ora di scordarsi del passato, di lavare via quello che è successo ultimamente *** ***


E tra un articolo e l'altro, purtroppo per voi ho trovato pure il tempo per aggiornare. Siamo in una fase cruciale della ff: da questo capitolo in poi potrebbe seccedere qualsiasi cosa, persino che i pg escano dalla ff per venire a menare l'autrice :P
Scherzi a parte, spero continuiate a seguire i miei deliri e ringrazio ancora una volta chi dedica due minuti del proprio tempo per lasciarmi una recensione (siete troppo carine: grazieee <3 )
Come sempre, vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio This is the Story of my Life
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 

«Con questo abbiamo finito.» Janis ripone l’ultimo piatto nel ripiano e sistema l’asciugapiatti attaccandolo all’apposito gancio «Adesso posso salire in camera mia?»
«Vai pure.» April le sorride «Grazie.» aggiunge, lasciando un bacio sulla guancia della figlia.
«E di che?» la ragazzina sorride e fa per uscire dalla cucina. Poi si ferma, voltandosi verso la madre «Mamma… posso chiederti una cosa?»
«Dimmi tesoro.»
Janis da un’occhiata fuori dalla porta della cucina, come a voler controllare che non stia arrivando nessuno «È successo qualcosa con papà?»
April la guarda stupita «Perché me lo chiedi?»
«Non lo so… Ieri mi hai fatto quel discorso strano in camera mia e oggi papà era così silenzioso.»
«Beh… non è che tuo padre solitamente sia un chiacchierone.»
Janis si siede al tavolo «Lo so, ma oggi non ha praticamente aperto bocca. È come se fosse da un’altra parte.»
April sospira e si siede con la figlia. Non può darle torto. È dalla sera precedente che Shannon si comporta in modo strano «Non lo so Jan. Non so cosa stia succedendo a tuo padre. Lui dice che è stressato, che passerà.»
La ragazzina resta in silenzio a guardare la madre. April le si avvicina sorridendo e carezzandole i capelli «A cosa stai pensando?»
«Mamma… ecco… non è che… ecco… insomma… non è che papà ha un’altra?»
«Ma cosa vai a pensare sciocchina?» April sorride alla figlia, cercando di cacciare i dubbi che l’affliggono da giorni «Vedrai che tra qualche giorno passerà tutto.»
«Ok.» Janis risponde poco convinta «Salgo al piano di sopra a fare i compiti. Se hai bisogno, sono lì.» sorride e da un bacio sulla guancia alla madre.
«Sei un tesoro.» April accarezza i capelli della figlia «Tra un po’ salgo a vedere se ti serve una mano.»

Shannon sta seduto su uno sdraio a bordo piscina. Guarda l’acqua incresparsi leggermente in piccole onde che corrono via, infrangendosi sul bordo della vasca. Come le onde, anche i suoi pensieri corrono altrove, fermandosi a Downtown, tra gli alberi e le panchine del Grand Hope Park. Ripensa a Chris, al suo sorriso, a quel suo essere così sereno nonostante tutto. Sente d’invidiare un po’ questa sua spontaneità, il modo che ha di farsi scivolare addosso le cose, la sua sincerità.
La sincerità. Ecco cosa gli manca davvero: non riuscire a essere completamente sincero con la sua famiglia.
Si sdraia passandosi le mani sul volto. Che cosa resterà della sua famiglia alla fine di questa storia? Come potrà spiegare ad April quello che è successo? Sicuramente non può pretendere che sua moglie rimanga indifferente o forse capirà il suo momento di debolezza.
Sorride sarcastico: no, non capirà. Non la sua April. Non potrà mai accettare che lui sia andato a letto con un’altra donna.
Si alza e rientra in casa: deve andare a Downtown, Chris l’aspetta e ha davvero bisogno di passare qualche ora con lui.
Prende le chiavi dell’auto e indossa gli occhiali da sole.
«April, io… io esco.»
La donna esce dalla cucina «Dove stai andando?»
«Sto andando… ecco… vado a Santa Monica, alla Black Fuel. Devo… devo sistemare delle cose burocratiche.»
«Torni presto?»
«Non lo so… Dipende… boh…» inizia a toccarsi la nuca nervoso.
April lo guarda, come se sapesse già che il marito le sta mentendo, ma ormai si è rassegnata e ha rinunciato a fargli domande, a cercare una spiegazione «Ok… allora ci vediamo più tardi…»
«Sì… a dopo.» Shannon apre la porta ed esce.

April ripensa al comportamento del marito, al discorso fatto con Janis: non sa più cosa pensare. A un tratto si alza e prende il telefono, come se avesse afferrato l’idea più geniale del mondo.
«Ciao April, come stai?» la voce di Vicki le arriva dall’altro capo dopo un paio di squilli.
«Bene… sì… insomma… diciamo bene…»
«Mmmm… che c’è che non va?»
«Ti volevo chiedere una cosa… Tomo… per caso ti ha detto che sia successo qualcosa di particolare quando erano in tour?»
«Ehm… no… direi di no…»
«Ok… e… per caso ti ha detto qualcosa di Shannon?»
Vicki prende un respiro «No. Non mi ha detto niente.» chiude gli occhi sperando di essere risultata convincente «Perché… perché me lo hai chiesto?»
«Boh… da quando sono tornati dal tour, Shan è strano. È sfuggente, silenzioso. Sembra sempre con la testa altrove. Magari aveva raccontato qualcosa a Tomo… boh… non so più cosa pensare.»
Vicki ripensa alla conversazione avuta la sera prima con il marito e la tentazione di dire ad April che Shan è un imbecille è tanta, ma si trattiene, convinta che non spetti a lei parlare all’amica del tradimento «Sarà… sarà un momento così… passerà…»
April resta in silenzio per qualche minuto.
«April… sei ancora lì?»
«Sì, ci sono. Hai da fare oggi pomeriggio?»
«No, sono a casa da sola con i bambini.»
«Allora vestili che tra mezz’ora sono da te.»
«E dove andiamo?»
«A Santa Monica, a fare un giro in giostra.»
«Ok… ci vediamo tra un po’…»
«A dopo.»
April riattacca e sale al piano di sopra «Jan, Josh preparatevi che si va a Santa Monica a fare un giro in giostra.» “e a controllare che combina vostro padre”, ma quest’ultima parte si limita a pensarla tra sé e sé.
 
******
 
«Mamma, chi sono?» Christopher guarda Kai aggrottando le sopracciglia e mostrando i denti.
«Vediamo…»
«Dai! È facile! Chi sono?» il bambino insiste, assumendo la stessa espressione di pochi secondi prima.
«Sei un cane rabbioso!»
«No!» il piccolo scoppia a ridere «Ti arrendi? Tanto non indovini perciò arrenditi. Ti arrendi mamma? Ti arrendi?»
«Sì, mi arrendo!» Kai risponde al figlio, quasi in procinto di strozzarlo.
«Il Diavolo! Non vedi? Ho i dentoni grossi!» il bambino ripropone la stessa smorfia, aggiungendo pure dei versi gutturali.
«È vero, sei proprio un Diavolo spaventoso! Chissà come ho fatto a non riconoscerti.»
«Perché sei imbranata.» Christopher ride rumorosamente. Si ferma e inizia a guardarsi intorno. Punta lo sguardo in direzione della torre dell’orologio che sta all’ingresso del Grand Hope Park, stringendo gli occhi in due fessure e mettendo una mano sulla fronte, imitando i gesti dei pirati che scrutano il mare. Non vedendo all’orizzonte l’oggetto delle sue ricerche, torna a rivolgersi alla madre «Quando arriva papà?»
«Tra un po’, non essere impaziente.»
«E stasera dorme con noi?»
«No, ti ho detto che non è possibile. Non insistere.»
Il bambino mette il broncio.
«Chris vieni qua.» Kai invita il bambino ad avvicinarsi e lo abbraccia «Lo so che vorresti stare sempre con il papà, ma per ora non è possibile. Quando avrà meno problemi, forse riuscirà a stare un po’ di più con noi, ma adesso devi accontentarti. Ci sono cose che i grandi devono fare e non sono facili da capire. Tu… tu devi solo avere un po’ di pazienza.» accarezza la testa del bambino e, a un tratto, vede il suo volto illuminarsi.
Christopher si stacca dalla madre e inizia a correre verso l’ingresso del parco «Papà! Finalmente sei arrivato!»
Shannon si toglie gli occhiali da sole e si china per abbracciare il bambino che gli corre incontro «Ciao scimmietta.» sorride prendendo in braccio il piccolo e dirigendosi verso Kai «Ciao Kai.»
«Ciao… Chris non vedeva l’ora che arrivassi.» arrossisce mentre guarda gli occhi dell’uomo: non è possibile che dopo tutti questi anni riesca ancora a farle questo effetto.
«Anch’io non vedevo l’ora di essere qui con lui… con voi.» per un attimo guarda Kai, ma poi torna a rivolgere l’attenzione al bambino «Che cosa stavi facendo?»
«Stavo facendo il gioco delle facce buffe.» Christopher ride.
Shannon aggrotta le sopracciglia «Il gioco delle facce buffe?»
«Sì! Io faccio una faccia e tu devi indovinare chi sono.»
«Sembra divertente.» il batterista sorride.
«Vuoi farlo? Tanto lo so che non indovinerai mai!» il piccolo ride arricciando il naso.
Padre e figlio si siedono sull’erba.
«Papà, chi sono?» Chris inizia a fare smorfie strane accompagnate da versi degni del protagonista di un film sugli zombie.
Shannon si gratta la testa mentre finge di pensare «Secondo me… sei un maialino.»
«Sbagliato.» Christopher scoppia a ridere sdraiandosi sull’erba. Poi torna a sedersi «Papà ti arrendi? Tanto non indovini perciò arrenditi. Te lo dico io?»
«Va bene! Va bene, mi arrendo!» Shannon alza le mani in segno di resa ridendo.
«Sono il mostro delle caverne!»
«Che stupido! Come ho fatto a non riconoscerti?»
Il bambino fa spallucce e continua a ridere.
«Posso andare a giocare là?» Christopher si rivolge alla madre, indicando uno scivolo poco lontano.
«Vai pure, ma stai attento e non allontanarti troppo.» Kai gli risponde.
Il bambino annuisce e si dirige verso lo scivolo.
Shannon si alza e va a sedersi sulla panchina, di fianco a Kai.
La ragazza inizia a battere un piede a terra, nervosa. Punta lo sguardo in direzione del figlio, ma, in realtà, con la coda dell’occhio guarda Shannon.
Il batterista ha tornato a indossare gli occhiali scuri e sta seduto con le ginocchia allargate e le mani penzoloni tra esse. Guarda a terra, alzando ogni tanto gli occhi per controllare Christopher. Dopo alcuni minuti di silenzio, si volta in direzione di Kai. Si passa una mano tra i capelli e toglie gli occhiali «Kai… io… ecco… volevo chiederti scusa…»
La ragazza si volta a guardare il batterista.
«Sì… insomma…» continua lui grattandosi la nuca «Volevo chiederti scusa per ieri. Ti ho detto delle cose… cioè… È vero che tra noi non c’è stato quello che si definisce un grande amore, ma questo non mi da il diritto di trattarti come ho fatto ieri.» prende una pausa e un lungo respiro «La verità è che… ecco… ti ho trattata così perché ero spaventato da te, da me, da quello che avrei potuto provare rivedendoti.» punta gli occhi in quelli di Kai.
La ragazza resta in silenzio a guardare il batterista. Sente il cuore batterle come se volesse uscire dalla cassa toracica. Per quanto ci abbia provato e ci stia provando ancora, non può nascondere quello che prova per Shannon.  In questi anni si era solo illusa di essersi lasciata alle spalle tutto. Rivederlo, riaverlo ancora così vicino, condividere con lui le giornate con Christopher… È come se questi cinque anni non fossero mai passati. Prende un respiro e prova a rompere il silenzio che è sceso tra loro «Shannon… che cosa ti spaventa?»
L’uomo la guarda restando in silenzio. Dopo alcuni minuti, torna a indossare gli occhiali da sole e si alza «Andiamo a vedere cosa combina Chris.» e sorride muovendosi in direzione del figlio.
I due si siedono sull’erba osservando Christopher, intento a giocare con un modellino di motocicletta.
«Vedo che gli piacciono le moto.» il batterista sorride.
«Sì, ne va pazzo! Dice sempre che da grande ne compra una e mi porta in giro per tutto il mondo.» la ragazza sorride.
«Anche Josh da piccolo diceva sempre che voleva una moto per portare a spasso April. Ne aveva una simile a quella di Chris, gliel’aveva regalata Monica, la padrona del Nickel Diner.»
«Anche quella di Chris è un regalo di Monica.» Kai sorride.
Shannon scoppia a ridere poi torna serio «Posso… posso chiederti delle cose? Sai… vorrei sapere di più… vorrei conoscere un po’ mio… mio figlio.» si gratta la nuca imbarazzato.
«Certo, puoi chiedermi quello che vuoi.» la ragazza lo guarda, gli occhi luminosi. Anche se all’inizio non voleva ammetterlo, è davvero contenta di aver fatto conoscere Shannon a Christopher. Adesso è certa che sia stata la scelta migliore per suo figlio.
«Ok… da dove posso cominciare?» il batterista si gratta la testa e torna a guardare il bambino «Ecco… a che età ha iniziato a camminare?»
«Aveva un anno e mezzo. A otto mesi ha iniziato a gattonare e dopo un paio di mesi si è alzato in piedi appoggiandosi a quello che trovava a portata di mano, tanto che più volte ha rischiato di tirarsi in testa pezzi dello studio medico.» Kai ride.
«Lo immagino! Una volta Josh, quando aveva undici mesi, ha smontato mezzo salotto cercando di alzarsi in piedi appoggiandosi a una mensola! Fortunatamente April è stata svelta e ha preso al volo la libreria prima che gli finisse in testa.»
«Josh è il solito terremoto.» la ragazza sorride, ricordando i quattro mesi in cui era lei a occuparsi dei bambini.
«Non credere che Janis fosse tanto meglio! Tu l’hai conosciuta quando aveva sei anni circa e iniziava già a calmarsi, ma ricordo che a un anno, quando ha iniziato ad alzarsi in piedi, April doveva quasi metterla al guinzaglio altrimenti rischiavamo di perderla ogni volta che uscivamo da casa.»
«So bene cosa voglia dire… Una volta Chris, avrà avuto un anno e mezzo, è scappato quando eravamo in spiaggia. Fortuna che ha trovato un gruppo di surfisti che mi conoscevano e l’hanno brancato al volo altrimenti chissà dove sarebbe andato a finire.»
Shannon guarda il piccolo, intento a saltare da un gioco all’altro. Ogni tanto alza lo sguardo per salutarlo e sorridergli.
Kai non può fare a meno di sentirsi gelosa di April. Non perché sia sposata con Shannon e abbia il suo amore, ma per i momenti che ha potuto condividere con lui. Quando Jan e Josh erano piccoli, quando iniziavano a camminare, a parlare, loro erano insieme mentre lei e Chris sono sempre stati soli. Inizia a rendersi conto del fatto che probabilmente le sue scelte non sono sempre state le migliori per il figlio negli ultimi cinque anni.
«Non dev’essere stato facile occuparsi di lui da sola…»
La voce di Shannon, che sembra leggerle nei pensieri, la riporta al presente «In realtà non sono mai stata sola. I miei genitori mi hanno aiutata da subito, anche se io tendevo comunque a cavarmela con le mie forze. Ho deciso io di avere Chris, non sarebbe stato giusto scaricarlo a loro.»
«Già… Eri con i tuoi genitori, ma non con il padre di tuo figlio.» Shannon sospira. Dopo alcuni minuti riprende a parlare «Quando ti sei accorta che… insomma… sapevi già di Chris quando sei partita da Los Angeles?»
Kai abbassa lo sguardo «No… l’ho scoperto un paio di settimane dopo essere tornata a Honolulu.»
«E… e come hai reagito? Insomma… dev’essere stato un bel trauma, a meno che…»
«A meno che cosa? Non mi dire che hai pensato che l’abbia fatto apposta.» Kai aggrotta le sopracciglia e riserva a Shannon uno sguardo duro.
«No… hai ragione… scusami…» l’uomo abbassa lo sguardo.
«Non è stato facile. Ero appena scappata da Los Angeles per non avere più niente a che fare con te e invece mi ritrovavo con un figlio tuo in grembo.» Kai sospira: le fa male ricordare quel periodo «Non sapevo davvero cosa fare. Confesso che per un momento ho anche pensato di non portare avanti la gravidanza, ma poi mi sono detta che non potevo rinunciare al mio bambino e adesso sono sicura che quella sia stata la scelta migliore che abbia mai preso in tutta la mia vita.» guarda il piccolino e sorride.
«Non hai mai pensato di tornare a Los Angeles? Voglio dire… avevi un figlio, un figlio mio. Non ti è mai venuto in mente che avrei voluto conoscerlo?»
«Sì… ci ho pensato tante volte.» Kai abbassa lo sguardo poi punta i suoi occhi verdi in quelli del batterista «A ogni compleanno di Christopher pensavo come sarebbe stato averti lì con noi. Ogni volta che Chris mi chiedeva di te, ogni volta che vedevo famiglie in spiaggia o al supermercato, ogni volta pensavo a come sarebbe stato se tu avessi saputo di Christopher.»
«E allora perché non mi hai detto niente?»
Kai si passa una mano tra i capelli «Te l’ho detto Shan. Sono stata egoista, pensando più a me stessa che a Chris.» distoglie lo sguardo con la scusa di controllare il figlio «Avevo bisogno di lasciarmi tutto alle spalle, di dimenticarti, poiché tu non avevi dimostrato il minimo interesse per quello che c’era stato tra noi.»
«Kai… Non credere che questi cinque anni siano stati facili per me.» Shannon si passa una mano sul volto «Quando… quando April è uscita dal coma… era stata per quattro mesi ferma in un letto. Ci sono volute diverse settimane prima di poterla portare a casa e anche lì non è stata una passeggiata. Mia mamma si è praticamente trasferita da noi, che con la riabilitazione e tutto il resto ci serviva una mano con i bambini. È stato un periodo difficile, durato un paio di anni, ma fortunatamente ne siamo usciti, anche grazie alla forza di volontà di April.»
«Immagino…»
Kai e Shannon restano in silenzio a guardare Christopher che gioca sereno.
La ragazza ripensa alle parole che le ha detto il batterista pochi minuti prima.
Ti ho trattata così perché ero spaventato da te, da me, da quello che avrei potuto provare rivedendoti.
Allora, forse, non si era sbagliata. In questi anni non si era solo illusa, c’era stato davvero qualcosa tra lei e Shannon. O forse si sta illudendo un’altra volta. Non sa come interpretare il silenzio dell’uomo, quando lei gli ha chiesto cosa lo spaventasse.
Si volta e lo vede sorridere mentre guarda Christopher. Il suo sorriso. Quel maledetto sorriso. Ricorda che è stata la cosa che l’ha colpita di lui, la prima volta che l’ha visto al Nickel Diner.
«Shannon… Adesso cosa hai intenzione di fare?» Kai interrompe il silenzio che è sceso tra loro da qualche minuto.
L’uomo si volta e guarda la ragazza aggrottando le sopracciglia «A cosa ti riferisci?»
«Mi riferisco a Chris. Che cosa hai intenzione di fare con lui?»
Il batterista torna a rivolgere lo sguardo al figlio, che continua a giocare tranquillo. Si passa una mano tra i capelli «Ho voglia di conoscerlo, di sfruttare al massimo questi tre giorni che restano prima che torniate a Honolulu.»
«Questo lo so, me l’hai già detto, ma dopo? Dopo cosa farai?»
Shannon guarda Kai restando in silenzio.
Dopo alcuni secondi, la ragazza riprende a parlare «Shan, Chris non è un giocattolo, ma questo dovresti saperlo bene, visto che hai altri due figli. Non puoi pretendere di esaurire i tuoi doveri di padre passando quattro giorni con lui. Adesso siamo qui, hai voglia di vederlo, ma una volta che torneremo a Honolulu cosa accadrà? Se hai intenzione di comportarti come negli ultimi cinque anni, ti chiedo di smettere di vedere Chris già da domani, senza aspettare la nostra partenza.»
«Secondo te sarei io quello che ha sbagliato comportamento negli ultimi cinque anni, non tu?» il batterista domanda sarcastico «Tu, invece, ti sei comportata benissimo vero? Tu hai fatto tutte le scelte più giuste, soprattutto per Christopher vero?»
«Sì, ho fatto di tutto per lui.»
Shannon sbotta «Ah sì? Il fatto di non avermi detto niente della gravidanza l’hai fatto per lui o per te? Il fatto di non avermi reso partecipe dei suoi primi anni di vita l’hai fatto per lui o per te? Il fatto di non volermi far conoscere mio figlio l’hai fatto per lui o per te?»
«Che cosa avrei dovuto fare secondo te? Te l’ho già spiegato prima… Tu ed io siamo stati insieme, ma tu hai finto per cinque anni che non fosse successo niente. Dovevo mettere una distanza fra noi.»
«Tu dovevi farlo, non Chris. Non credi che lui avrebbe avuto tutti i diritti di conoscere suo padre?»
«Ma tu avevi e hai ancora la tua famiglia, noi non c’entriamo niente.»
«La mia famiglia è un problema che riguarda me, non te, così come riguarda sempre me la decisione di rendervi o no parte di essa. E riguardava me anche il decidere se avere a che fare o no con Christopher.»
«Adesso hai la possibilità di recuperare se vuoi.»
«Certo, adesso posso decidere di seguire mio figlio. Non sarà facile, ma voglio far parte della vita di Chris. Non so ancora come, ma un modo lo troverò. Se tu decidessi di tornare a vivere a Los Angeles sarebbe tutto più facile.»
«Shannon… non puoi chiedermi una cosa del genere.»
«Infatti non te lo sto chiedendo. Era solo un’ipotesi. Se tu e Chris viveste a Los Angeles, sarebbe più facile, ma anche così un modo per vederlo lo troverò. In fondo cosa sono… sei ore d’aereo? Sono abituato a viaggi anche più lunghi.»
«Poi hai il jet privato perciò risparmi.» Kai sorride al batterista.
«Già.» l’uomo ride a sua volta, allentando la tensione che era cresciuta tra loro «Andiamo a recuperare la scimmietta e lo portiamo a prendere un gelato?»
«Lo vuoi comprare a lui il gelato o lo vuoi per te?» la ragazza si avvicina al batterista dandogli una pacca leggera sulla pancia «Vedo che la pancetta non è calata in questi cinque anni.» Kai ride.
«Tu, invece, una volta eri tutta dolce e carina mentre adesso sei proprio stronza.» Shannon si finge offeso.
«Si cresce Leto. Si cresce e si matura.» la ragazza fa spallucce «Andiamo a recuperare Chris, sarà meglio.»
«Andiamo.» Shannon sorride e i due si avviano in direzione del figlio.
 
******
 
April ha sempre amato andare a Santa Monica. Perdersi tra i negozi e gli artisti di strada che affollano la Third Street Promenade, sentire la brezza che arriva dall’oceano passarle tra i capelli mentre percorre il Pier, sono gesti che per lei sono rigeneranti, tanto che, appena i ragazzi la lasciano libera, cerca spesso di ritagliarsi mezza giornata per fuggire verso la baia.
Oggi però c’è qualcosa che non va. Santa Monica non le sta facendo lo stesso effetto, ma, al contrario, sente l’ansia crescerle dentro. Lei e Vicki passeggiano lungo il molo godendosi la brezza che arriva dal mare mentre i bambini sono impazienti di percorrere i pochi metri che li separano dal Pacific Park. I ragazzi camminano lungo il Pier[ii] velocemente, chiacchierando fra loro. Alicia e Janis cercano di decidere su quale attrazione vogliono salire, sperando di levarsi dai piedi Joshua e Sharon, mentre Branko procede tenendo stretta la mano di Vicki, attirato quasi più dalle bancarelle con dolciumi che dalle giostre.
«Mamma, posso andare con Jan sulle montagne russe?» Alicia cerca di attirare l’attenzione di Vicki tirandole un lembo della maglietta.
«Ok, ma state attente.» la donna accarezza la testa della figlia.
«Abbiamo undici anni, non due!» la ragazzina risponde stizzita «Poi cosa potrà mai accadere? Facciamo solo un giro in giostra! Più diventi vecchia e più diventi apprensiva.» aggiunge sbuffando.
«E tu più diventi grande e più diventi indisponente.» Vicki redarguisce la figlia «Vai a farti un giro prima che mi venga voglia di affogarti nell’oceano.»
«Mamma posso andare anch’io con Jan?» Joshua si rivolge ad April, la quale sembra totalmente persa nei suoi pensieri «Mamma! Allora? Posso andare?»
«Come? Che c’è Josh?»
«Ti ho chiesto se posso andare con Jan.»
«Ma io non ti voglio! Josh… non puoi stare con Sharon? Devi per forza venirmi dietro come un cagnolino?»
«Ragazzi basta!» April si passa le mani tra i capelli, prende un respiro e si rivolge ai figli «Josh… lascia in pace tua sorella e tu Jan… tu vai con Alicia e sparisci per un po’.»
«Ma mamma!» Joshua cerca di protestare.
«Josh ti ho detto di smetterla!» April sbotta. Vicki e i bambini la guardano stupiti mentre si allontana di qualche passo da loro.
«Alicia… Jan… portate i bambini sulla ruota panoramica per piacere… Io... io e April arriviamo tra un attimo.»
Le ragazzine annuiscono, prendendo per mano i bambini e dirigendosi verso il luna park.
Vicki si avvicina ad April, appoggiandole una mano su una spalla «April… che succede?»
La donna si volta in direzione dell’amica «Scusami…» si passa una mano sul volto «Non so che mi è preso… Sono diversi giorni che sono nervosa, che sbotto per niente con i ragazzi…»
Vicki rimane in silenzio a guardare l’amica. Si sente tremendamente in colpa perché vorrebbe raccontarle della conversazione avuta la sera prima con il marito, ma non può. Non spetta a lei parlarle di Shannon, di quello che è successo con quella baby-sitter, ma le fa comunque male vederla così «È per quello che mi hai detto stamattina? Insomma… per via di Shan?»
April rivolge lo sguardo all’oceano, seguendo il volo di un gabbiano. Si siede su una panchina, appoggia la schiena portando indietro la testa e chiudendo gli occhi. Respira a pieni polmoni l’aria salmastra, sperando che serva a calmarle un po’ i nervi.
Vicki si siede accanto all’amica appoggiandole una mano sulla gamba «Ehi… è tutto a posto?»
«No, non c’è niente che sia a posto.» April sospira, voltandosi in direzione dell’amica «Ho una strana sensazione, un presentimento. Anzi… posso dire di essere certa che Shan mi stia nascondendo qualcosa, lo conosco da troppo tempo per non accorgermene.» prende una pausa e torna a guardare l’oceano davanti a lei «Vorrei solo capire cosa gli sta succedendo.»
Vicki resta in silenzio, guardando anche lei le onde del Pacifico. Vorrebbe dire tante cose ad April, dirle che non si sbaglia, che Shannon le sta nascondendo tante, troppe cose. Apre la bocca, ma poi si ferma, limitandosi ad appoggiare una mano sulla spalla dell’amica.
April si volta e sorride «Scusami ancora… Ti ho trascinata fino a Santa Monica con la scusa di divertirci e invece ti sto ammorbando con i miei problemi.»
«Tranquilla, le amiche servono anche per questo no?»
«Ti posso chiedere un piacere? Se non ti va è lo stesso, non voglio obbligarti.»
«Dimmi tutto.» Vicki sorride di rimando.
«Ecco…» April si passa una mano tra i capelli «Insomma… Mi sento così stupida, ma al momento è l’unica cosa che mi è venuta in mente.» ride mentre abbassa la testa per nascondere un leggero imbarazzo. Torna a guardare l’amica «Ecco… Shannon… mi ha detto che sarebbe venuto a Santa Monica, alla sede della Black Fuel per sistemare non so bene quali questioni burocratiche, ma… ecco… mi sento così stupida a chiederti una cosa del genere…»
«Vuoi passare da là per vedere se è davvero alla Black Fuel?» Vicki le sorride complice.
April annuisce sorridendo a sua volta.
«Allora cosa stiamo aspettando?» Vicki si alza dalla panchina «Recuperiamo i ragazzi e andiamo in missione.»
«Andiamo!» April si alza prendendo la mano che l’amica le sta porgendo.
«E sarà meglio per Shan se si farà trovare davvero alla fabbrica altrimenti se la dovrà vedere con me!»
«A sentirti parlare così fai quasi paura.»
«Quasi? Prova chiedere a Tomo cosa è capace di fare Vicki Bosanko quando si arrabbia!»
Le due amiche scoppiano a ridere mentre si dirigono verso il Pacific Park.
«Vicki…»
«Sì?»
«Grazie, sei davvero un tesoro.»
Le due amiche si abbracciano.
 
******
 
«Mamma, sono stanco. Quando andiamo a casa?»
«Branko stai buono. Tra poco andiamo, ok?» Vicki si volta a guardare il figlio sorridendogli.
«Non capisco perché hai voluto fare questa strada. Se avessimo preso l’altra, avremmo fatto molto più in fretta!» Janis sbuffa guardando fuori dal finestrino.
«Eccola!» April indica qualcosa di là dal finestrino.
«Perché siamo alla Black Fuel? Andiamo a trovare papà?» Joshua si appoggia al sedile del guidatore sporgendosi leggermente in avanti.
«Josh torna a sederti al tuo posto. Non andiamo da papà.» April redarguisce il figlio, continuando a guidare e puntando lo sguardo verso il parcheggio della fabbrica.
Rallenta per guardare meglio. Passa oltre la cancellata della ditta e si volta verso Vicki «Hai visto la macchina di Shan?»
«Ehm… non… non lo so… forse…» la donna risponde imbarazzata.
Trova uno spiazzo, gira la macchina e torna a passare ancora di fianco al parcheggio.
«Mamma perché stiamo tornando indietro?»
«Zitto Josh, adesso andiamo a casa.» rallenta per guardare meglio «Come immaginavo…» accosta e torna a far manovra per cambiare senso di marcia «Andiamo a casa.»
 
******

Shannon parcheggia l’auto nel vialetto di casa, spegne il motore e si appoggia allo schienale del seggiolino, portandosi le mani dietro la nuca. Sorride pensando a Christopher, stupendosi ancora una volta di quante cose abbia in comune con Janis e Joshua. O forse è lui che vuole vederlo così, che vuole trovare somiglianze tra i suoi figli.
Poi il pensiero si sposta su Kai, sulle sensazioni che ha provato rivedendola. Non ha esagerato quando le ha confessato che aveva paura di questo incontro. Cinque anni fa, quando Kai è entrata nella sua vita, aveva bisogno di qualcuno che lo sostenesse e lei era lì. La loro non è stata sicuramente una storia d’amore, ma non può negare che ha provato qualcosa per lei, tanto che ha sentito la necessità di tagliarla completamente fuori dalla sua vita e il pensiero di rivederla l’aveva spaventato, ecco perché per cinque anni non l’ha più né vista né risentita. Adesso, però, è cambiato tutto. Il ritorno di Kai a Los Angeles ha rimescolato le carte in tavola.
In tutto questo c’è la sua famiglia. Deve trovare un modo per parlare a sua moglie, ai loro figli. Ormai non può più rimandare.
L’auto di April è nel vialetto, segno che la donna è a casa. Prende un lungo respiro ed esce dalla macchina dirigendosi verso l’ingresso. Apre la porta e si trova davanti la moglie, seduta sul divano grigio al centro del salotto, che guarda il giardino oltre la portafinestra.
«Sei tornato.» la donna si volta in direzione del marito.
Shannon non può fare a meno di notare che ha gli occhi arrossati, come se avesse pianto. Si avvicina al divano, mettendo una mano sulla spalla della donna, la quale lo allontana.
«April… che succede?» Shannon domanda incerto.
«Tu chiedi a me che succede?» risponde lei sarcastica, ma calma «Spiegami tu che succede.»
«Cosa… cosa intendi?»
«Dimmi dove sei stato oggi pomeriggio e non rifilarmi balle. So benissimo che non eri alla Black Fuel.» si alza e si pone in piedi davanti al marito «Dimmi dove sei stato.»
 
[ii] Volete vedere il Santa Monica Pier? Andate qua http://santamonicapier.org/

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Capitolo 20
*** *** Hai ucciso il sogno, proprio davanti a me, tu e lei e lui *** ***


Eccomi qua con l'aggiornamento. I tempi si sono un po' allungati, ma è estate... fa clado e sto meglio in piscina che al pc :P Però, alla fine, sono riuscita a portare avanti questa storia.
Come sempre, vi invito a commentare (o qua o nel gruppo dedicato alla ff o in privato... basta che mi facciate sapere cosa ne pensate) e ringrazio chi continua a seguirmi <3
Vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio Life is a Roller Coaster
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 

 
«Dimmi dove sei stato oggi pomeriggio e non rifilarmi balle. So benissimo che non eri alla Black Fuel.» si alza e si pone in piedi davanti al marito «Dimmi dove sei stato.»
Shannon si blocca. Lo sguardo duro della moglie l’ha paralizzato. Non l’ha mai vista così. Si passa le mani sul volto, cercando un modo per iniziare un discorso che ormai è inevitabile «April… ci possiamo sedere?» si avvicina alla donna posandole una mano sul fianco.
«No.» April scosta la mano del marito «Non voglio sedermi.»
«Ok… stiamo in piedi… ma calmati… per favore.»
«Non voglio nemmeno calmarmi. Sono stata fin troppo calma negli ultimi giorni. Adesso basta.» serra gli occhi passandosi una mano tra i capelli. Torna a guardare Shannon «Oggi sono stata a Santa Monica con Vicki e i bambini. Visto che eravamo lì, siamo passati davanti alla Black Fuel e non ho visto la tua macchina perciò so benissimo che non c’eri. Te lo torno a chiedere: dove sei stato oggi pomeriggio?»
Shannon prende un respiro poi inizia a parlare «Hai ragione, non ero alla Black Fuel. In realtà non ero proprio a Santa Monica, ma a Downtown.» abbassa lo sguardo.
«Ok, eri a Downtown. E si può sapere cosa sei andato a fare a Downtown? Perché mi hai mentito?» April cerca di mantenere la calma, anche se avrebbe solo voglia di prendere a cazzotti il marito.
Shannon guarda la moglie, cercando di trovare le parole giuste per raccontarle tutto. Non può più tergiversare, anche perché è certo che se rifilasse altre bugie ad April, lei se ne accorgerebbe subito.
«Shannon ti vuoi decidere a raccontarmi cosa cavolo sei andato a fare a Downtown?» la donna inizia a spazientirsi.
«Ero a Downtown per vedermi con una persona… Ci… ci possiamo sedere?»
La donna asserisce con la testa e la coppia si siede sul divano.
«Quando… quando hai avuto l’incidente, cinque anni fa… ecco… Josh e Jan ti hanno parlato di Kai?»
April scuote la testa «Non lo so Shan… può essere… ti riferisci alla baby-sitter, quella amica di Zoe?»
«Esatto… Kai faceva la baby-sitter da noi quando tu… insomma… quando eri in ospedale.»
«Ok, ma che c’entra adesso? Da quello che mi ha detto Zoe, è tornata a vivere a Honolulu.»
«Sì, ma adesso è a Los Angeles e… ecco… è con lei che mi sono visto oggi pomeriggio.»
«Eri con lei anche ieri?»
L’uomo annuisce.
April prende un lungo respiro e si morde il labro inferiore. Ormai ha capito benissimo cosa è successo, ma non vuole rendere il compito facile al marito. Vuole sentire tutta la storia da lui, capire se, finalmente, riuscirà a essere sincero fino in fondo «Ok… eri con questa ragazza. Perché non me l’hai detto?»
«April… lo sia che ti amo, vero? Sai che tu e i ragazzi siete la cosa più preziosa che ho, vero?»
La donna non risponde, continua a guardare il marito negli occhi.
«Quando tu… ecco… tu sai che sei sempre stata la mia forza, il mio punto di riferimento. Tu e i ragazzi siete la ragione per cui ho cambiato la mia vita. Quando hai avuto l’incidente… in quel momento parte del mio mondo stava crollando. Avevo perso il mio pilastro. C’erano i bambini da accudire, c’eri tu stesa in un letto d’ospedale e… e c’era Kai. Tornavo a casa e lei era qui così… così ho finito per appoggiarmi totalmente a lei. È vero che avevo anche mio fratello, mia madre, Tomo, ma stavo male. Jan e Josh erano piccoli e non potevo far capire a loro quello che provavo veramente. Ero spaventato, disorientato e Kai… Kai era qui.»
April deglutisce e si passa le mani sul volto prendendo un lungo respiro. Dopo alcuni minuti torna a rivolgere lo sguardo al marito, sperando di ricevere delle risposte diverse da quello che la sua mente sta immaginando «Tutto questo cosa c’entra col fatto che mi hai mentito? Perché ha voluto rivederti?»
Shannon abbassa lo sguardo, tenendolo fisso sul pavimento «Quando Kai lavorava per noi, ci siamo molto avvicinati. Lei stava cercando di uscire da un brutto momento ed io… io te l’ho già detto… Avevo bisogno di qualcuno al mio fianco e lei c’era. Così… così siamo finiti a letto insieme. È successo solo una volta, la sera prima che tu uscissi dal coma, ma… ecco… Kai è rimasta incinta, ecco perché è tornata a Los Angeles. Voleva farmi conoscere Christopher… nostro figlio.»
April si alza, allontanandosi dal marito. Resta in piedi, ferma a guardarlo per alcuni minuti poi prende un respiro «Fammi capire… Io ero in coma da quattro mesi. Stavo lottando con tutte le mie forze per tornare a vivere, per tornare da te e dai nostri bambini e tu… tu…» serra gli occhi e si passa le mani sul volto poi riprende a parlare, trattenendo a stento le lacrime «Tu sei andato a letto con la baby-sitter?»
Shannon annuisce.
«Io potevo morire, non risvegliarmi più dal coma e tu sei andato a letto con la baby-sitter?» la donna alza il tono della voce, che aveva cercato di mantenere pacato fino a quel momento «E… e dove è successo?» chiude gli occhi «Siete stai nel nostro letto?»
«No, eravamo nel suo appartamento, quello che divideva con Zoe…»
«Ok… allora Zoe lo sapeva…»
L’uomo annuisce.
«Visto che è la fidanzata di tuo fratello, deduco che anche lui lo sapesse, o sbaglio?»
«No… non sbagli…» l’uomo risponde con un filo di voce, tendo la testa bassa.
La donna sorride sarcastica «Sicuramente anche il tuo amichetto Tomo lo sapeva e anche Vicki.»
«No, Vicki non sapeva niente.»
«Uh… c’era un’altra persona oltre a me a non sapere di questo schifo? Questa cosa sì che mi solleva!» aggiunge April usando un tono sarcastico.
«April… io…» l’uomo si alza, appoggiando una mano sul braccio della donna.
«Non mi toccare!» lei lo allontana bruscamente. Guarda il tatuaggio all’interno del suo polso destro «Sai cosa vuol dire questa data per me? Sai quanto fosse importante?» si allontana, dirigendosi verso la portafinestra. Chiude gli occhi e si passa le mani dietro la nuca per poi tornare a guardare il marito «Questa data, per me, simboleggiava il nostro amore. Un amore che credevo andasse oltre, che credevo fosse in grado di sopravvivere a qualsiasi cosa, un amore talmente forte da essere stato in grado di ridarmi la vita, ma adesso… Adesso vorrei solo strapparmi la pelle dal braccio per cancellare tutto.» si morde il labro inferiore mentre con la mano destra ferma una lacrima sfuggita al suo controllo «Come hai potuto fare una cosa del genere? Hai rovinato tutto… hai distrutto tutto…» si volta, dando le spalle all’uomo per nascondere le lacrime che iniziano a scendere rigandole le guance.
Shannon resta pietrificato a guardare la moglie. Non prova nemmeno a giustificarsi, ben conscio che sarebbe del tutto inutile. Non c’è niente da giustificare, niente di giustificabile. Prova ad avvicinarsi alla donna «April…»
«Zitto.» prende un respiro e si volta a guardarlo «Hai avuto cinque anni per dirmi tutto, per darmi spiegazioni, ma non l’hai fatto. Se tu me ne avessi parlato subito, forse avrei anche potuto capirti, ma adesso no, non dopo cinque anni di bugie. Sali al piano di sopra, prendi le tue cose ed esci da questa casa.»
«April…»
«Vattene.» la donna si volta, dando le spalle al marito e negandogli così ogni possibilità di replica.

******
 
Jared sta seduto a bordo piscina, i piedi che penzolano nell’acqua e lo sguardo fisso sulle sue ginocchia.
«A cosa stai pensando?» Zoe gli si siede accanto.
«A niente.» l’uomo risponde spostando lo sguardo su un punto non ben definito alla sua destra.
«Leto…» la ragazza lo incalza lei sorridendogli.
«Uff…» il cantante si volta in direzione della fidanzata «Stavo pensando a Chris. Oggi non l’ho visto, ho preferito lasciarlo solo con Kai e Shannon, ma mi manca. È incredibile il modo in cui quel bambino è riuscito a farsi voler bene in così poco tempo.» sorride.
«Già… è bellissimo vedervi insieme e quel bambino ha conquistato pure me.»
«È meraviglioso…» sospira «E fra tre giorni se ne andrà. Tornerà a Honolulu e non potrò più vederlo.»
Zoe gli mette una mano intorno ai fianchi e lo attira a sé, facendogli appoggiare la testa sulla sua spalla «Potremmo sempre andare a fare una vacanzina alle Hawaii. In fondo cosa sono? Cinque ore d’aereo?»
«Sei.» solleva la testa e guarda la ragazza sorridendole «Ho già controllato.»
«Non avevo dubbi.» Zoe scoppia a ridere.
«Forest, smettila.»
«Di fare cosa?» la ragazza continua a ridere.
«Di fare qualsiasi cosa tu stia facendo.» Jared le risponde, fingendosi risentito.
«E se non la smetto che fai?» lei si alza continuando a prenderlo in giro.
L’uomo si alza a sua volta, si passa una mano sul collo e guarda la donna «Vuoi farti un bagnetto serale?»
«Solo se non è previsto l’uso dei vestiti e se il mio fidanzato sexy mi fa compagnia.» stringe le braccia intorno alla vita del cantante.
«Sai che sei proprio stronza?»
«Sì e so anche che mi ami proprio per questo.»
La coppia è interrotta dallo squillo del telefono di Jared.
L’uomo guarda il display scocciato «Chi è che rompe a quest’ora? Lo sapevo: solo mio fratello può avere un tempismo così perfetto.» sbuffa poi risponde «Ciao Shan.»
«Jay…»
Sentendo il tono di voce del fratello, Jared si fa subito serio «Che succede?»
«Gliel’ho detto.»
«Che cosa hai detto e a chi?»
«Ad April… Le ho detto tutto… di Kai, di Chris.»
«E… e com’è andata?»
«È andata nell’unico modo in cui poteva andare con lei.»
«Dove sei adesso? Sei a casa?»
«No, April mi ha cacciato. Sono al Griffith Park, avevo bisogno di pensare.»
«E c’era bisogno di andare fino a lì?» sospira «Aspettami che ti raggiungo. Dammi mezz’ora e arrivo.» riattacca senza dare il tempo al fratello di replicare.
«Che succede?» Zoe gli si avvicina.
«Era mio fratello… Ha parlato con April.»
«E com’è andata?»
«Come vuoi che sia andata? L’ha cacciato da casa.»
«Se devo essere sincera, avrei fatto lo stesso pure io.»
«Già…» Jared abbassa lo sguardo, fissandolo sul cellulare che tiene ancora in mano.
Dopo qualche minuto di silenzio, Zoe gli appoggia una mano sulla spalla «Sei preoccupato?»
«Conosco mio fratello e posso intuire come stia adesso. Devo andare da lui.»
«Vuoi che venga con te?»
«Meglio di no. Fai preparare a Camila la stanza degli ospiti. Mi sa che avremo un coinquilino, almeno per un po’.»

******

Christopher sbadiglia mentre Kai gli rimbocca le coperte, dandogli un bacio sulla fronte.
«Mamma, quando torniamo a casa?»
«Fra tre giorni perché? Hai nostalgia dei nonni?»
«Un po’.» il bambino si siede sul letto e inizia a torturarsi le dita abbassando lo sguardo.
«Che succede?» Kai gli accarezza la testa.
«Domani vediamo il papà e lo zio Jay?»
«Non lo so… dopo li chiamo, ok?»
«Ok.» il bambino risponde, poco convinto. Dopo qualche secondo torna a rivolgersi alla mamma «Ma davvero non possiamo portarli a casa con noi? Li mettiamo sull’aereo come faccio con Pilù e poi vengono a dormire nella mia cameretta.»
A Kai scappa un sorriso «Pilù è una scimmietta di peluches, lo zio e il papà sono persone vere. Non puoi pretendere che le persone facciano tutto quello che vuoi tu. Con Pilù puoi farlo, ma non con le persone.»
Il bambino increspa le labbra e aggrotta le sopracciglia contrariato.
«Però possiamo sempre chiedergli di venirci a trovare.» Kai accarezza la testa del piccolo spettinandogli i ricci.
Chris le regala un enorme sorriso «Sì! Così andiamo al mare tutti insieme e faccio vedere al papà come sono bravo a nuotare. Gliel’ho detto che sono bravissimo, ma non mi crede.» il piccolo mette il broncio.
«Sembri un pesciolino, nuoti meglio della mamma.»
«Sì, è vero.» il bambino scoppia a ridere sdraiandosi sul letto «Tu sei troppo imbranata!» la risata fragorosa di Christopher si espande nella stanza.
«E tu sei una piccola scimmietta dispettosa.» Kai ride mentre inizia a fare il solletico al bambino, che prende un cuscino e lo lancia sulla testa della madre.
Kai s’inginocchia sul letto fingendosi indispettita «Che cosa vorresti fare?» guarda il bambino in tralice.
«La guerra dei cuscini!» il piccolo continua a ridere mentre si sdraia sul letto sgambettando.
«E guerra dei cuscini sia!» la ragazza gli risponde dandogli una cuscinata leggera sul naso.

******

April sta con lo sguardo fisso davanti a sé, rivolto alla portafinestra che da sul giardino. Sarà passata almeno mezz’ora da quando Shannon ha lasciato la casa, la loro casa, ma lei non si è mossa da lì. Ancora non si rende del tutto conto di quello che è successo. Solo poche ore prima si è svegliata e il suo mondo era lì, a darle il buongiorno, mentre adesso… Adesso è tutto finito.
Si alza dirigendosi verso la libreria. Prende una foto e fa scorrere l’indice sui volti che vi sono impressi: risale a qualche mese prima dell’incidente. Jan e Josh erano così piccoli mentre lei e Shannon sorridevano, felici di quello che avevano costruito. Sente la rabbia salirle dentro così scaglia la cornice contro il camino, mandando in frantumi il vetro che proteggeva l’immagine.
Resta seduta a terra, le ginocchia raccolte a coprirle il viso e sfoga tutta la frustrazione che ha cercato di trattenere di fronte al marito.
Si chiede perché, come sia possibile che tutto questo stia accadendo proprio a loro. Ha sempre pensato di aver costruito qualcosa d’importante con Shannon, è sempre stata così orgogliosa della sua famiglia. Adesso si rende conto che negli ultimi cinque anni ha vissuto una vita che non era sua, una vita sorretta da una menzogna.
Si alza e, con le lacrime che iniziano a scendere, va a raccogliere i cocci della cornice. Vorrebbe che fosse così facile raccogliere anche i pezzi della sua vita, rimettere tutto insieme con un po’ di colla.
Come ha fatto Shannon a farle una cosa del genere? Com’è stato possibile che per cinque anni le abbia mentito?
Si asciuga il viso e sale le scale, dirigendosi al piano di sopra. Entra in camera e sente la nausea salirle. Con rabbia strappa via le lenzuola dal letto, prendendo a pugni il cuscino che ha l’odore di Shannon
«Sei un bastardo! Uno schifoso bastardo!» urla mentre si siede a terra, lasciando che il pianto prenda il sopravvento.
«Mamma, che succede?» Janis, allarmata, entra nella stanza, accompagnata da Joshua «Perché piangi?» si avvicina alla madre mettendole le mani sulle spalle.
April cerca di ricomporsi, ma finisce con l’abbracciare i figli restando in silenzio.
«Mamma, mi vuoi dire cosa è successo? Dov’è papà? Vi abbiamo sentito discutere.» Joshua l’incalza.
La donna si asciuga il viso e prende un respiro «Tuo padre… vostro padre non c’è… è andato via.»
«E quando torna? Stai male? Vuoi che lo chiami?» Janis la guarda preoccupata.
«No, non devi chiamarlo. L’ho mandato via io.» April cerca di darsi un minimo di contegno, sapendo che adesso deve spiegare tutto ai figli «Dubito che tornerà presto. Anzi, spero proprio che non torni.»
«Che è successo?» Joshua aggrotta le sopracciglia.
La donna prende un respiro profondo, cercando di trattenere la rabbia e trovare le parole giuste per parlare con i figli «Vostro padre… ecco… Vi ricordate oggi pomeriggio, quando siamo andati a Santa Monica?»
I ragazzi annuiscono.
«Non è stata una scelta casuale. Sono voluta andare lì perché vostro padre aveva detto che sarebbe andato alla Black Fuel e volevo controllare fosse davvero lì.»
Janis aggrotta le sopracciglia «E perché?»
«Jan, ne avevamo parlato anche stamattina… Erano giorni che era strano… sentivo che nascondeva qualcosa, ma non avrei mai pensato…» si passa una mano sul volto «Vostro padre mi ha tradita, cinque anni fa. È andato con la ragazza che vi faceva da baby-sitter e… e lei è rimasta incinta. Adesso è tornata a Los Angeles per fargli conoscere il bambino. Oggi pomeriggio era a Downtown con lei.»
Janis la guarda in silenzio, scrutandola con i suoi grandi occhi verdi. Si siede vicino alla madre, fissando un punto non ben definito sulla parete di fronte. Si guarda intorno: le lenzuola sparse sul pavimento, i cuscini scomposti sul materasso. Torna a guardare la madre, senza dire una parola.
«Jan… cosa stai pensando?»
La ragazzina si alza «Vado in camera mia.» e si dirige verso la porta.
April scatta in piedi e l’afferra per un braccio «Jan, dimmi cosa stai pensando, non tenerti tutto dentro.» poi si rivolge al figlio, che è rimasto immobile, in piedi davanti a lei «Anche tu Josh, dimmi come ti senti.»
«Mamma, mi puoi lasciare il braccio?» Janis protesta. April allenta la presa e la ragazzina riprende a parlare «Mi serve un po’ di tempo… da sola. Posso andare in camera mia?»
«Ok… vai pure. Tu Josh? Vuoi che parliamo un po’?» April si avvicina al figlio, accarezzandogli il caschetto biondo. La sta scrutando con i suoi grandi occhi azzurri, identici a quelli di suo zio. Non riesce a capire cosa stia pensando.
Il bambino, a un certo punto, le prende una mano «Mamma, come stai?»
Come sta? Si sente a pezzi, come se le avessero strappato un arto. Si sente svuotata, delusa, tradita. Si sente un peso sulle spalle, come se tutta la sua vita le fosse crollata addosso.
«Sto… sto bene.» cerca di sorridere al figlio.
«Non mi raccontare balle. Lo vedo che non stai bene.»
«Tu come stai?»
«Sono arrabbiato. Arrabbiato con papà perché ti fa stare male, arrabbiato con Kai perché le volevo bene e lei invece si è portata via il mio papà, arrabbiato con te perché stai qua a piangere invece di cercarlo per prenderlo a calci.»
April guarda il bambino e le scappa un sorriso «Ti va di abbracciarmi o sei troppo arrabbiato anche per questo?»
Joshua sorride a sua volta «Non sono mai troppo arrabbiato per abbracciarti.» e si avvicina alla madre, stringendola.

******

L’Osservatorio Griffith[ii] è sempre stato uno dei suoi posti preferiti, una sorta di rifugio, un posto dove scappare. Ha sempre amato lasciar correre lo sguardo lontano, vedere Los Angeles stagliarsi sotto i suoi occhi, ammirare lo spettacolare panorama che si gode dai giardini che circondano l'edificio. Dal pendio meridionale del monte Hollywood, la vista sul bacino di Los Angeles è straordinaria e di notte le luci della città rendono lo spettacolo unico. Gli ha sempre donato una sensazione di pace e tranquillità, ma non stasera. Stasera nemmeno la città degli angeli placa il turbinio di emozioni che ha dentro.
Shannon si appoggia al muretto che delimita la terrazza dell’osservatorio, quella dove è stato girato Gioventù Bruciata nel 1955, e respira profondamente chiudendo gli occhi.
Riesce ancora a vedere l’espressione di April, gli occhi della moglie che lo guardano, esprimendo tutto il rancore che lei non è in grado di buttar fuori con le parole. La guardava e non riusciva ad aprir bocca. Sentiva solo che la sua vita si stava sgretolando senza che lui potesse fare o dire qualcosa per rimetterla in piedi.
Una notte. Una sola stupida notte e tutto è andato in fumo. È riuscito a distruggere l’unica cosa davvero buona che ha costruito in tutta la sua vita, se si esclude la band. Ha ferito la donna che ama più di ogni altra cosa al mondo e l’ha fatto nel peggiore dei modi, da vigliacco e se ne rende conto solo ora, che probabilmente è troppo tardi per rimediare.
Se tu me ne avessi parlato subito, forse avrei anche potuto capirti, ma adesso no, non dopo cinque anni di bugie
Si passa una mano tra i capelli mentre gli tornano in mente le parole di April.
Se le avesse parlato subito, se non si fosse comportato come al suo solito, cercando di evitare le sue responsabilità, se non avesse pensato solo a se stesso forse a quest’ora avrebbe ancora la sua famiglia.
La sua famiglia. Janis, Joshua. Chissà come reagiranno. Chissà se vorranno ancora avere a che fare con lui.
Lo squillo del cellulare lo distoglie dai suoi pensieri. Guarda il display prima di rispondere.
«Ciao Tomo.»
«Che cazzo hai combinato?» la voce dell’amico gli arriva diretta come un gancio in pieno viso «Vicki ha passato tutto il pomeriggio con April a Santa Monica ed è tornata poco fa incazzata nera. Alicia si è chiusa in camera sua a messaggiare con Janis, non senza avermi prima lanciato un’occhiata di fuoco. Mi dici che cazzo hai fatto?»
«Tomo… te l’avevo detto ieri sera che oggi mi sarei visto con Kai e Chris e che avrei detto ad April che andavo a Santa Monica…»
«E ti sei fatto beccare come un coglione.»
«Già…»
«Com’è andata?» la voce del croato si addolcisce, capendo la difficoltà del batterista.
«Come vuoi che sia andata? Ho dovuto raccontare tutto ad April… dirle di Kai… di Chris…»
«E lei?»
«Mi ha detto di prendere le mie cose e andarmene.»
«Ti ha cacciato da casa?»
«Sì…»
«Ah… se ti serve un posto dove dormire…»
«Tranquillo, sta per arrivare mio fratello. Chiederò a lui. Mal che vada mi rifugerò da mia madre.» gli scappa una risata.
«Tu e Constance che convivete… Dopo che ti sei fatto cacciare da casa da April perché l’hai tradita quando era in coma e, oltretutto, sei stato pure così coglione da mettere incinta la tua amante… Non vorrei essere lì manco nei miei peggiori incubi!» Tomo scoppia a ridere, trascinando con sé anche il batterista. Dopo pochi secondi torna serio «Shannon, a parte gli scherzi, se hai bisogno sai dove trovarmi. Dovrò proteggerti da Vicki, che in questo momento potrebbe attaccarsi alla tua giugulare con i denti, ma credo di potercela fare.»
Shannon scoppia ancora a ridere «Meglio dormire sotto un ponte che con Vicki-il-mastino in casa! Credo che sarebbe capace di rendermi la vita più difficile che mia mamma e mio fratello messi insieme.» Dopo qualche secondo torna serio «Tomo…»
«Mmmm…»
«Grazie.»
«E di cosa? Tu vedi di non peggiorare ulteriormente la situazione, ok?»
«Ci proverò…»
«Ok… Adesso devo lasciarti che il mastino si aggira per casa e temo che se scoprisse che sono al telefono con te mi ucciderebbe e darebbe il mio cadavere in pasto a Dink, Kasha e Ramsey[iii]
«Allora ti lascio andare, sia mai che ti abbia sulla coscienza.» il batterista sorride.
«Vuoi che ci vediamo domani?»
«Ok... ti chiamo e ti faccio sapere…»
«Va bene… Buona notte Shan.»
«Notte.»
Shannon chiude gli occhi e muove il collo, cercando di rilassare i muscoli. Sente una mano posarsi sulla sua spalla sinistra e si volta, incrociando due occhi azzurri che lo guardano severi.
Jared fissa il fratello, indeciso sul da farsi. L’istinto gli suggerirebbe di prenderlo e gettarlo dalla balaustra, standolo a guardare mentre rotola giù per la collina di Hollywood, o, in alternativa, prenderlo a cazzotti, dirgli quanto sia stato imbecille. Però rimane sempre suo fratello, sa che sta male perciò sente anche una gran voglia di abbracciarlo. Chiude gli occhi e scuote la testa poi torna a guardare Shannon «Ciao.»
«Ciao.» il batterista risponde, abbassando lo sguardo.
«Come… come stai?» domanda Jared, anche se può benissimo vedere la risposta scritta in faccia al fratello.
«Non lo so.» Shannon si passa una mano tra i capelli «Mi sento a pezzi. Sento come se mi fosse caduto sulle spalle un enorme macigno che mi sta schiacciando con tutto il suo peso.»
Jared lo guarda, restando per una volta in silenzio.
Il batterista si appoggia al muretto, dando le spalle al panorama di Los Angeles per rivolgere lo sguardo al fratello «Sono stato un imbecille. Prima di tutto perché ho lasciato che gli eventi mi sfuggissero di mano cinque anni fa, tradendo mia moglie nel momento in cui lei aveva più bisogno di me. Poi perché le ho tenuto nascosto tutto. Se le avessi parlato, se le avessi detto tutto, allora forse oggi non saremmo arrivati a questo punto.» abbassa lo sguardo «Ho perso la cosa più preziosa che avevo al mondo e non posso incolpare nessuno per questo se non me stesso e la mia stupidità.» Alza gli occhi guardando il fratello «Se devi dirmi quello che pensi fallo adesso, che tanto non potrò andare più in basso di così.»
Jared si appoggia al muretto, di fianco a Shannon, guardando le luci di Los Angeles e restando in silenzio per qualche minuto. Il batterista si volta ripetendo i gesti del fratello. Non parlano, non si sfiorano nemmeno, ma riescono ugualmente a dirsi tutto.
«Shan, ti ricordi la prima volta che siamo venuti qua?» dopo alcuni minuti, Jared rompe il silenzio.
«Certo.» il batterista sorride «Mi ero trasferito a Los Angeles da poco. Mi hai portato qua una sera in cui avevo assolutamente bisogno di staccare la spina dal mondo e mi hai detto che avevi adottato l’osservatorio come rifugio. Da allora, è diventato anche il mio di rifugi.» Shannon guarda l’orizzonte «Prima ci venivamo spesso, insieme.»
«Già… è tanto che non salgo fino a quassù.» anche Jared guarda lo skyline di Los Angeles.
I due fratelli restano in silenzio, entrambi impegnati a fissare le luci della città e a cercare di districare i propri pensieri. Dopo alcuni minuti, è ancora una volta Jared a parlare.
«Shan…» si volta in direzione del fratello, chiamandolo per attirare la sua attenzione.
Anche Shannon rivolge lo sguardo al minore dei Leto «Che c’è?»
«Non sono venuto qua per giudicarti. Credo di averti abbondantemente espresso cosa penso di tutta questa storia, visto che in questi cinque anni ne abbiamo discusso più di una volta.» abbassa lo sguardo e inizia a muovere un piede, come se stesse seguendo semicerchi invisibili «Ecco… io volevo solo dirti che ci sono.»
Il batterista si avvicina al fratello «Lo so Jay.» i due si abbracciano.
«Andiamo a casa?» Jared scioglie l’abbraccio e sorride.
«Andiamo.»
«Spero che Camila non mi uccida: l’ho lasciata sola con Zoe a sistemare la stanza degli ospiti.»
«Dici che dovremo pulire il sangue dalle pareti?» Shannon sorride.
«Di chi? Di Camila o Zoe?»
I due fratelli si allontanano insieme ridendo.

******

«Jan, posso entrare?» April apre appena la porta della camera della figlia.
«Ok.» la ragazzina risponde, con un tono quasi asettico.
La donna entra nella stanza e osserva Janis, sdraiata sul letto con il cellulare in mano, intenta a scrivere messaggi «Ti disturbo?»
Janis appoggia il telefono sul comodino e si mette seduta, appoggiando la schiena alla testiera del letto «No, stavo massaggiando con Alicia.»
«Ti va di parlare?»
La ragazzina si sposta, facendo spazio alla madre che le si siede accanto. Entrambe rimangono per qualche minuto a fissare l’armadio che occupa la parete di fronte.
«Ho visto che hai tolto la foto di te e papà dal comodino.» April cerca di rompere il silenzio della figlia.
Janis fa spallucce «Mi dava fastidio guardarla.» poi abbassa lo sguardo, concentrandosi sulle dita e iniziando a giocare nervosamente con le unghie.
«Jan.» la donna mette una mano sulla spalla della figlia, facendola voltare e costringendola a guardarla «Come stai? Dimmi a cosa stai pensando.»
Janis prende un cuscino e se lo porta sulle gambe «Mi sento una stupida.»
«E perché?»
«Perché non avevo capito niente di papà. Credevo fosse l’uomo migliore del mondo, credevo ci volesse bene e invece non è così.» aggiunge Janis tutto d’un fiato, mentre cerca di trattenere le lacrime.
«Jan, quello che è successo tra me e lui non ha niente a che fare con il bene che vuole a te, a Josh. Voi siete i suoi figli e vi vorrà sempre bene.»
«Già… e intanto è andato a fare un figlio con un’altra donna…»
April respira profondamente per cercare di mantenere la calma e non sbottare davanti alla figlia: la scena cui ha assistito qualche ora prima nella sua stanza basta e avanza.
«Questo non cambia le cose: tu e Josh siete i suoi figli e vi ama.»
«E allora perché si è comportato così? Perché ha rovinato tutto?» la ragazzina si asciuga le lacrime.
«Perché è un uomo?» April sorride, cercando di alleggerire l’atmosfera «Sei ancora piccola Jan, ma ti accorgerai presto che gli uomini fanno sempre cose stupide. A volte si limitano a piccole scemenze e altre volte, invece, ne combinano di quelle più grandi di loro.»
La ragazzina rimane in silenzio, guardando la madre. April si chiede cosa stia frullando nella testa della figlia. Poi Janis prende un lungo respiro e torna a rivolgersi alla donna «Mamma, sono una brutta persona se voglio ancora bene a papà?»
«No, tesoro mio. Non sei una brutta persona.» April sorride, accarezzando la testa della figlia.
«Però sono arrabbiata con lui, non so se vorrò vederlo nei prossimi giorni.» guarda la madre come a chiederle il permesso per non incontrare il padre.
«Non sei obbligata a farlo. Non lo dovete per forza vedere, né tu né Joshua. Prendetevi il tempo che vi serve.» la donna le sorride.
Janis sorride a sua volta, si avvicina ad April e l’abbraccia «Mamma, ti va di dormire qua stanotte?»
«Speravo me l’avessi chiesto, almeno non devo rifare il letto nella mia stanza.» la donna e la figlia scoppiano a ridere.
Janis si alza a si dirige verso l’armadio «Ti prendo il sacco a pelo.»
«Che succede qua?» Joshua entra nella stanza della sorella, grattandosi la testa mezzo addormentato.
«Io e mamma facciamo un pigiama party, vuoi unirti a noi?» Janis sorride trionfante al fratello, mentre stende il sacco a pelo sul pavimento.
Il volto del bambino s’illumina «Un pigiama party con mia mamma e mia sorella… Non è proprio il mio ideale di notte da sballo, ma potrebbe andare.» Josh si gratta il mento, fingendo di pensarci su «Però giuro che se vi mettete a parlare di robe da donne tipo ragazzi, trucchi e vestiti, vomito la cena sul pavimento!» sentenzia mentre esce dalla stanza per tornare dopo pochi secondi con un sacco a pelo in mano.
«Ma quanto è dolce il mio fratellino.» Janis si avvicina al bambino, spettinandogli il caschetto biondo.
«Mamma, posso uccidere Jan nel sonno?»
«Fai come vuoi, basta che non imbratti tutto con il sangue che poi mi tocca pulire.» April ride delle scaramucce dei figli.
«Mamma!» Janis la guarda, fingendosi scioccata.
I tre scoppiano a ridere prima di spegnere la luce e provare a dormire.

******

Shannon si gira e rigira nel letto senza riuscire a prender sonno. Troppi pensieri nella testa, troppe emozioni che si sono accavallate negli ultimi giorni.
Pensa ad April, a Janis e Joshua e a tutto quello che è riuscito a distruggere.
Poi il pensiero corre a Kai, a Christopher. Si rende conto che rimangono solo tre giorni per passare del tempo con il figlio. Probabilmente dovrebbe anche provare a instaurare un rapporto tra lui e i suoi fratelli.
O forse è troppo presto.
Sente la testa che gli sta scoppiando così si alza dal letto, si avvicina alla finestra e la apre, sperando che l’aria fresca l’aiuti a tranquillizzarsi un po’.
Prende il telefono e digita il numero di Kai.
«Pronto?» la ragazza risponde con la voce assonnata.
«Ciao…»
«Ciao Shannon… cosa vuoi a quest’ora?»
«Niente… Ho parlato con April…»
Dall’altra parte solo silenzio.
«Kai… ho bisogno di vederti.»
 

[iii] Dink, Kasha e Ramsey sono i 3 cani di Tomo e Vicki.

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Capitolo 21
*** *** Tentare di non amarti *** ***


Finalmente sono tornata! Chiedo venia, ma la mia Musa ha avuto un calo incredibile... avevo perso totalmente l'ispirazione non solo per questa ff, ma per la scrittura in generale. Comunque adesso sembra che la Musa si sia ripigliata e così eccovi l'aggiornamento. Spero sia uscita una cosa leggibile....
Come sempre, vi invito a commentare (o qua o nel gruppo dedicato alla ff o in privato... basta che mi facciate sapere cosa ne pensate) e ringrazio chi continua a seguirmi <3
Vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio Life is a Roller Coaster
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 

«Ciao Shannon… cosa vuoi a quest’ora?»
«Niente… Ho parlato con April…»
Dall’altra parte solo silenzio.
«Kai… ho bisogno di vederti.»
«Shannon… io…» Kai tentenna qualche secondo di troppo poi riprende a parlare «Non so cosa tu stia pensando, ma questa cosa non cambia quello che c’è tra di noi.» prende un lungo respiro.
«Non l’ho fatto per te, ma perché dovevo farlo. Lo dovevo ad April e ai ragazzi. Non potevo andare avanti con delle bugie come ho fatto in questi cinque anni.» Shannon sembra percepire la titubanza della ragazza «Adesso però mi sento distrutto, come se mi si fosse aperta una voragine sotto i piedi ed io stia lottando per non caderci dentro. Spero che passare del tempo con Chris mi faccia stare un po’ meglio.»
Kai rimane in silenzio ad ascoltare il batterista. Lo sente raccontare della moglie, del fatto che adesso viva da Jared, ma in realtà la testa non è molto concentrata sulle parole dell’uomo. Da quando l’ha rivisto, sta provando in tutti i modi a ignorare i sentimenti che prova per lui, cercando di non far trapelare niente, ma non ci riesce. È come se questi cinque anni non fossero mai passati, almeno per lei, e il fatto che adesso anche April sappia di loro, di quello che è successo ha cambiato qualcosa dentro di lei.
«Allora… ci possiamo vedere?»
La voce di Shannon la distoglie dai suoi pensieri «Adesso?»
Complimenti Kai: hai appena vinto il premio “Domanda cretina” dell’anno.
A Shannon scappa una risata «Noa domani.»
«Ehm… hai ragione… Ok, anch’io ho voglia… cioè… Chris ha voglia di vedere te e Jared. Vuoi che ci vediamo al Grand Hope Park durante la mattinata? Ho tutta la giornata libera.»
«No, aspettateci in albergo. Visto che abbiamo una giornata intera a disposizione, voglio portarvi in un posto. Non voglio che Chris torni a casa pensando che Los Angeles sia solo Downtown.»
«Ok… vi aspettiamo qua…»
Ma che cavolo succede? Com’è che le parole faticano a uscirle e quando escono solo sono cretinate?
«Buona notte Kai, da un bacio a Chris.»
«Sta dormendo da un po’.»
«Allora il bacio lo do a te.»
Ok, è giunto il momento di chiudere questa telefonata!
«Buona notte Shannon.» Kai si affretta a riattaccare.
Kai si sdraia sul letto, lo sguardo fisso al soffitto. Perché le basta sentire la voce di Shannon per sentirsi così? Deve smetterla subito, prima di finire un’altra volta col farsi del male. Deve concentrarsi su Chris, su quello che è giusto per lui. Tutto il resto non conta.

******

Le serrande lasciate leggermente aperte fanno entrare alcuni raggi di sole che gli si posano dritti sulla faccia. Allunga un braccio trovando l’altra metà del letto vuota e apre gli occhi. Si guarda intorno e per un attimo resta smarrito, non riconoscendo le pareti che lo circondano. Poi si ricorda della sera prima, del litigio con April e realizza di non essere a casa sua, ma in quella di suo fratello.
Shannon si stropiccia le palpebre e guarda l’orologio: le sette. Nella casa regna il silenzio, fatta eccezione per i passi leggeri di Camila che arrivano dal corridoio. Ripensa a casa sua, alle discussioni dei figli al mattino su chi deve usare il bagno per primo. A quest’ora i ragazzi staranno ancora dormendo approfittando del fatto che non hanno scuola o si saranno svegliati? E April? Che cosa starà facendo?
I ricordi tornano alla sera prima, al volto della moglie, alle parole che gli ha detto. Ancora non può credere di essere stato così stupido da buttare via tutto.
Si siede sul letto passandosi le mani tra i capelli poi si alza e decide di farsi una doccia.
Apre l’acqua e la fa scorrere fino a che non raggiunge la giusta temperatura poi si spoglia e si butta sotto il flusso.
Shannon chiude gli occhi e getta la testa indietro prendendo l’acqua sulla faccia. Sente il liquido scorrergli lungo la schiena, lungo i muscoli e scendere nello scarico. Vorrebbe che fosse così facile anche cacciar via i pensieri, che bastasse una bella risciacquata per farli scorrere lontani. Esce prendendo uno degli asciugamani appesi di fianco alla porta in vetro della doccia e legandoselo in vita.
Tornato in camera, si siede sul letto e prende il telefono digitando il numero della moglie.
«Pronto?» dall’altra parte gli arriva una voce ancora mezza assonnata.
«April… ciao… stavi dormendo?»
«Diciamo di no… cosa vuoi Shannon?»
«Volevo chiederti se potevo passare tra un’ora circa… ho bisogno di parlare con i ragazzi…»
«Ok… passa pure.»
Il tono freddo e distaccato usato dalla moglie gli gela il sangue «Ok… allora… allora ci vediamo dopo…»
«Va bene. Ciao.» riattacca.
Shannon rimane per qualche minuto a fissare il telefono, come se servisse a mantenere una sorta di contatto con April. Resta immobile mentre i pensieri corrono altrove finche non è interrotto da qualcuno che bussa alla porta della sua camera.
«Shan, sei sveglio?» Jared si affaccia alla soglia.
«Sì, entra pure.» Shannon risponde mentre s’infila una maglia e un paio di pantaloni.
Il più giovane dei Leto osserva il fratello in silenzio, come se volesse captare un qualche segno che solo lui può riconoscere. Lo guarda scegliere i vestiti e infilarseli poi portarsi davanti allo specchio per sistemarsi i capelli.
Shannon cerca di non guardare Jared, ma sa benissimo che lo sta osservando, in attesa del momento giusto per chiedergli qualcosa. Lo vede toccarsi i capelli, abbassare lo sguardo per poi riportarlo su di lui. Ogni tanto apre la bocca come se volesse parlare, ma poi la richiude, tornando a puntare gli occhi altrove.
«Jared, che c’è?» il batterista si pone davanti al fratello.
«Niente… cioè… volevo chiederti una cosa.»
Shannon sorride vedendo suo fratello così titubante. Jared, che quando è in pubblico ostenta sicurezza ed egocentrismo, diventa quasi timido quando deve affrontare un discorso importante con lui o con sua mamma. A Shannon sembra quasi di rivedere il bambino di quattro anni che gli si avvicinava timoroso, giocando con le dita per cercare di fingere indifferenza.
«Che cosa devi chiedermi?»
«Ecco… volevo parlarti di Chris… tra due giorni lui e Kai torneranno a Honolulu. Volevo chiederti se hai già deciso cosa fare. Cioè… lo so che avrai una gran confusione in testa per via di quello che è successo con April, ma ecco… Chris è mio nipote… cioè… tuo figlio… non vorrei ti scordassi di lui.»
«Ti pare che potrei scordarmi di mio figlio? È solo che… boh… non ho ancora capito cosa fare con lui. So per certo che non smetterò di vederlo una volta tornato alle Hawaii, non saranno certo sei ore di volo a impedirmelo. Poi vorrei riconoscerlo, mi piacerebbe portasse il mio cognome… Magari potrei anche accordarmi con Kai per fare in modo che passi un po’ di giorni solo con me.»
«Ne hai già parlato con lei?»
«No, pensavo di farlo oggi. A proposito, volevo chiederti se tu e Zoe volevate venire con me. Ieri sera ho chiamato Kai per dirle che volevo vedere Chris e mi ha detto che tuo nipote ha voglia di vederti.» Shannon sorride al fratello.
«Davvero ti ha detto così?»
«Certo.»
Il volto di Jared s’illumina «Se mio nipote vuole vedermi, chi sono io per negarglielo?»
Al batterista scappa una risata «Allora va a svegliare Zoe che vorrei uscire prima di mezzogiorno.»
Jared ride a sua volta poi torna serio «Shannon… hai pensato a cosa fare con Jan e Josh?»
«Ho chiamato April. Tra un’ora vado da lei e spero di riuscire a parlare con i ragazzi. Mi piacerebbe venissero con noi, che conoscessero Christopher.»
«Non ti sembra un po’ presto?» Jared aggrotta le sopracciglia «Sicuramente April avrà spiegato loro cosa è successo, visto che non sei rientrato stanotte. Non credi che questa cosa potrebbe destabilizzarli ulteriormente?»
«Lo so, ma non credo di avere molta scelta. Tra un paio di giorni Chris partirà per Honolulu e vorrei conoscesse i suoi fratelli prima di andarsene. Comunque non ho intenzione di forzarli: se Jan e Josh vorranno conoscerlo ok, altrimenti non li costringerò. Sicuramente non mi presenterò a casa con Christopher, dovrà essere una cosa voluta anche da loro.»
Jared abbassa lo sguardo restando in silenzio. Dopo alcuni minuti, Shannon si rivolge al fratello «A cosa stai pensando?»
«Pensavo che non sarà facile affrontare questa situazione. Lo sai che far conoscere Chris ai ragazzi implica il fatto che Jan e Josh si troveranno a dover incontrare Kai sapendo tutto quello che è successo tra voi e, soprattutto, sapendo che lei è una delle cause per cui la loro mamma sta male e tu non vivi più con loro.»
«Già…» Shannon abbassa lo sguardo «Ma non credo di avere molte alternative. Se voglio far incontrare i miei figli non penso di poter fare a meno di Kai.» poi torna a guardare Jared con un sorriso «Ma cerco di stare tranquillo perché ci sarai tu a farmi da angelo custode.»
«Un gran bell’angelo direi!» il cantante sorride a sua volta «Vuoi che venga con te anche da April?»
«No, devo affrontarla da solo, lei e i ragazzi.»
«Ok, come vuoi. Se serve sai dove trovarmi. Intanto vado a vedere di svegliare la bella addormentata, sperando che non mi tiri un cazzotto nei denti.»
Jared esce dalla stanza, seguito da Shannon che si reca al piano di sotto per la colazione.
 
******
 
Stropiccia gli occhi e si guarda intorno: Joshua dorme ancora mentre il sacco a pelo di Janis è vuoto. Si alza dal letto e si trascina al piano di sotto, cercando di non svegliare il bambino. Va in cucina, ma non trova la figlia. Prende un biscotto dalla ciotola sul ripiano di fianco ai fornelli e torna verso il salotto sgranocchiandolo. Nota che la portafinestra che da sul giardino è leggermente accostata così si avvicina, vedendo la ragazzina seduta su uno sdraio a bordo piscina.
«Ciao.»
Janis si volta sorridendo «Buongiorno mamma. Hai dormito bene?»
«Diciamo di sì, anche se non ho dormito molto.» addenta l’ultimo boccone di biscotto e si sfrega le mani per eliminare le briciole residue.
«Me ne sono accorta. Eri un po’ agitata, tanto che a un certo punto ho temuto che volassi giù dal letto schiacciandomi.» la ragazzina ride.
«Scusami, non volevo tenerti sveglia.»
«Non importa.» Janis scuote la testa sventolando la mano destra «Tanto non sarei riuscita a dormire comunque.» si volta rivolgendo lo sguardo alla piscina.
April si avvicina «Comunque ha chiamato papà: tra poco sarà qui per parlare con te e Joshua.»
Janis guarda la madre per pochi secondi poi torna a rivolgere lo sguardo altrove.
«Posso sedermi?» April si avvicina allo sdraio dov’è seduta la figlia.
La ragazzina annuisce, facendo spazio alla madre, poi torna a guardare la piscina.
Nel giardino cala un silenzio rotto solo dal rumore lieve dell’acqua increspata dalla leggera brezza mattutina. Madre e figlia sono immerse nei loro pensieri.
Dopo alcuni minuti, Janis si rivolge ad April «Mamma, ti ricordi quando ero piccola e mi pettinavi i capelli?»
«Certo che mi ricordo. Pretendevi che papà spostasse la sedia enorme che avevamo in camera poi ti sedevi davanti allo specchio e mi sorridevi. Dopo un paio di spazzolate iniziavi a lamentarti, ma ti piaceva che ti pettinassi. Ricordo che arrivavi sempre con la tua scatolina delle mollette, quella rosa con i fiori che ti aveva regalato nonna Constance, e stavi a fissarle per dieci minuti per poi scegliere sempre le stesse.»
Janis sorride «Prendevo sempre quelle rosse con i fiocchetti.»
«Già… eri innamorata di quelle mollette. Quando si sono staccati i fiocchi hai provato in tutti i modi a sistemarle e hai pianto tutto il pomeriggio perché non era possibile aggiustarle.»
«Sai che le conservo ancora? Le ho nel cassetto della scrivania, sempre nella scatola rosa con i fiori di nonna Connie. Sono le uniche mollettine che ho tenuto, nonostante siano rotte.» sospira guardando un passerotto che svolazza allegramente nel giardino. Poi torna a rivolgersi alla mamma «Le amavo tanto perché me le aveva regalate papà. Me le aveva portate una sera, di ritorno da un tour con la band, ed io le adoravo perché quando le indossavo sapevo che il papà stava pensando a me.»
«Hai avuto sempre un rapporto speciale con tuo padre.»
«Ho sempre pensato che fosse l’uomo migliore del mondo. Da piccola ero gelosa di te e dicevo sempre con Alicia che da grande l’avrei sposato. Se lei provava a dire che non potevo perché eri tu sua moglie, mi arrabbiavo e le tenevo il muso per ore.» sorride.
«L’ho sempre saputo e lo sapeva pure tuo padre.»
«Adesso però mi sembra una cosa tanto stupida.» Janis abbassa lo sguardo. Dopo qualche secondo riprende a parlare «Perché deve essere tutto così difficile?» torna a guardare April «È una cosa ingiusta! Prima l’incidente e adesso, che finalmente era passato tutto, che potevamo tornare a vivere come una famiglia normale, arriva questa cosa.»
«Lo so che adesso ti risulta difficile capirlo, ma, come ti ho detto ieri sera, tutto questo non c’entra niente con te e Josh.» April cerca di rassicurare la figlia.
«E invece sì. Questa cosa ha cambiato tutto, anche per me e Josh. Come credi che potrò ancora guardare in faccia papà e vederlo come l’uomo migliore del mondo? Se lo fosse stato davvero, non ti avrebbe mai tradito e non ci avrebbe mai messi in questa situazione.» Janis si passa un dito sotto gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
April guarda la figlia, incapace di risponderle. Forse dovrebbe dirle che alla fine Shannon è un uomo normale, che ha commesso un errore come potrebbe capitare a chiunque, ma non è pronta per farlo, non ancora. Neanche lei riesce a capacitarsi di come abbia potuto essere così stupida da non accorgersi di niente per cinque anni.
«Che ne dici se entriamo prima che Josh distrugga la cucina? Ho sentito qualche rumore in salotto e direi che si è svegliato pure lui.»
Janis si alza, sorride alla madre allungandole una mano ed entrano in casa, dove trovano Joshua e Shannon.
La ragazzina guarda la madre, torna a rivolgere lo sguardo al padre e poi ancora una volta ad April.
La donna le accarezza la testa «Tranquilla Jan, è tutto a posto.» le sorride poi guarda il marito «Shannon…»
«Ciao April…» l’uomo abbassa lo sguardo «Avevo bisogno di parlarti… di parlare con i ragazzi…»
«Non so cosa tu abbia da dirmi ancora.» la donna rivolge al marito uno sguardo duro.
«April…» Shannon rivolge lo sguardo alla moglie.
«Io e Josh saliamo al piano di sopra, quando avete bisogno di noi, sapete dove cercarci.» Janis prende il fratellino per mano e si dirigono verso le scale.
«Allora? Dove ti sei sistemato?» April prova a rompere la tensione, cercando di ignorare il tumulto che ha dentro.
«Da mio fratello.» Shannon è imbarazzato, a fatica riesce a reggere lo sguardo della donna «April… come stai?»
Come sta… se lo sta chiedendo dal giorno prima, da quando tutto il suo mondo le è crollato addosso, senza sapersi dare una risposta. «Sto… sto bene.» abbozza un sorriso rivolgendosi all’uomo che le sta di fronte.
«Possiamo sederci? Solo pochi minuti poi andrò via, se vorrai…»
«Sediamoci…» i due si accomodano sul divano «Shannon…» April sospira e si passa le mani sul volto «Che cosa devi dirmi?»
Il batterista si gratta la nuca «Ecco… volevo chiederti una cosa… insomma… sto andando da… da Christopher e… e vorrei portare Jan e Josh con me, sempre se loro vorranno e se tu sei d’accordo. Tra un paio di giorni tornerà a Honolulu e… ecco… insomma… ho pensato che poteva essere l’occasione giusta per fargli conoscere i fratelli… se per te non ci sono problemi…»
April prende un respiro profondo e si passa una mano sul volto. L’idea di far stare i suoi figli con quella baby-sitter non le piace molto, ma si rende anche conto che il bambino non c’entra, che non è colpa sua se si ritrova due emeriti imbecilli come genitori. «Per me non ci sono problemi. Se Jan e Josh sono d’accordo, lo sono anch’io.» risponde cercando di mantenere un tono il più freddo e distaccato possibile.
«Grazie…»
Tra i due scende il silenzio. Shannon tiene lo sguardo fisso sul pavimento, come se potesse leggervi le parole giuste da usare con April. Vorrebbe chiederle scusa, dirle che è stato un vero cretino, che ha sbagliato a tradirla, a mentirle, ma è certo che le parole non basterebbero. Così si limita a stare lì, a fissare il pavimento di quella che era casa sua fino a poche ore prima.
Dopo qualche minuto si rivolge alla moglie «April… ecco… lo so che probabilmente non servirà a niente, anzi… ne sono sicuro, ti conosco troppo bene… però… ecco… volevo chiederti scusa. Sono stato un vero imbecille.» si passa le mani sul volto «Ho mancato di rispetto a te, ai nostri figli e ho rovinato tutto quello che avevamo costruito. Non so se riuscirai mai a perdonarmi…»

Quando togli un quadro da un muro o sposti un mobile che era lì da anni, non lo sposti mai veramente. Rimane sempre un alone, un segno del suo passaggio, del fatto che era lì. Puoi far sparire quell’alone con un pennello e un po’ di pittura, ma rimarrà sempre qualcosa che ti dirà che lì prima c’era quel quadro, quel mobile.
Così succede anche con le persone. Una volta che ti entrano dentro, che trovano il loro posto nell’anima, vi lasciano una traccia indelebile che puoi provare a coprire in mille modi, ma rimarrà sempre lì.

«Shannon… Capisci quanto sia difficile per me stare anche solo nella stessa stanza con te? Sto provando in tutti i modi a odiarti, a smettere di amarti, ma non ci riesco e vorrei prendermi a schiaffi per questo. Nonostante tutto quello che mi hai fatto, non riesco a non amarti, a non pensare che sei l’uomo con il quale avevo deciso di condividere la vita. Fatico persino a stare in questa casa perché ogni angolo mi parla di te… di noi.» April chiude gli occhi e prende un respiro profondo «Nonostante questo, non posso perdonarti. Non posso guardarti e fare finta di niente, non ci riesco. Non riesco a ignorare il fatto che mi hai tradito, che mi hai umiliato perché tutti lo sapevano tranne me. Non t’impedirò di vedere i ragazzi, ma non voglio neanche forzarli a passare del tempo con te. Potrai vederli se e quando lo vorranno, ma non qui. Ho bisogno di tempo per capire in che direzione sta andando la mia vita e lo posso fare solo se stacco completamente da te.»
«Allora è proprio finita… Non c’è più niente che io possa fare…»
«No, non puoi più fare niente.» April cerca di trattenere le lacrime «Ti rendi conto di cosa avevamo? Eravamo una delle coppie più invidiate non solo di Los Angeles, ma di tutto il mondo. Io ero così orgogliosa di te, di quello che eri diventato per me, per i nostri figli. Avevamo una famiglia perfetta e tu cosa hai fatto? L’hai buttata via. Se ti fossi innamorato di lei, forse ne sarebbe anche valsa la pena, almeno da parte tua, ma così mi dici cosa ci hai guadagnato? Ti sei divertito per un’ora e poi? Hai… abbiamo perso tutto quello che avevamo costruito e adesso non c’è più niente da fare.» le lacrime iniziano a rigarle le guance.
«April…» Shannon si avvicina «Se posso fare qualcosa per te…»
«Per me? Se volevi fare davvero qualcosa per me, avresti dovuto pensarci cinque anni fa, adesso è tardi. Ma non preoccuparti, me la caverò in un modo o nell’altro. Tu pensa ai ragazzi, vedi se riesci a recuperare qualcosa, almeno con loro.»
Shannon si alza e si ferma a guardare la moglie. Non dice niente, tanto le parole non servirebbero, non ora. Dopo alcuni minuti, sale al piano di sopra, lasciando April in salotto. Si avvicina alla porta della camera di Janis, trovandola socchiusa.
«Jan, Josh… posso entrare?»
«Ok…» la ragazzina risponde senza staccare gli occhi dal cellulare mentre Joshua resta seduto sul letto, lo sguardo fisso rivolto al padre.
Shannon guarda i figli e per alcuni minuti rimane in silenzio, incapace di trovare le parole giuste per affrontare il discorso con loro. Sposta lo sguardo su Joshua, che continua a fissarlo, poi su Janis, che invece lo ignora, completamente assorbita dai messaggi che si sta scambiando quasi sicuramente con Alicia.
«Posso parlarvi?» dopo un po’, Shannon rompe il silenzio.
«Ok..» Janis risponde, ma continua a non guardarlo mentre Joshua si limita a far un cenno con la testa.
«Jan, potresti guardarmi?» La ragazzina appoggia il cellulare sul letto sbuffando «Te lo chiedo per favore. Solo un paio di minuti poi potrai continuare a ignorarmi se lo vorrai.» Shannon addolcisce la voce e la figlia si siede sul letto, di fianco al fratellino, decidendo di dargli almeno la possibilità di provare a spiegarsi.
L’uomo si passa le mani sul volto nervoso «Non so da dove cominciare…»
«Dall’inizio?» Janis incrocia le braccia riservando al padre uno sguardo duro mentre Joshua continua a osservarlo in silenzio.
«Ok… partiamo dall’inizio…» Shannon si gratta la nuca «Voi siete ancora piccoli e ci sono cose che non si possono spiegare. A volte la vita ci mette davanti a scelte e non è sempre facile fare quella giusta.»
«Se tu avessi pensato alla mamma, a noi due, forse saresti riuscito a fare le scelte giuste.»
«Jan non è tutto così facile… Hai undici anni e ci sono cose che ancora non puoi capire…»
«Papà, non so cosa siano queste cose che ancora non posso capire, ma una cosa la so.» Janis si morde il labro inferiore cercando di trattenere le lacrime «So che tu non eri solo il mio papà. Per me eri l’uomo migliore del mondo, quello che da piccola avrei voluto sposare. Ero convinta davvero del fatto che tu ci volessi bene.»
«E ve ne voglio davvero.»
«Non è vero! Se tu ci avessi voluto davvero bene, non avresti mai tradito la mamma e adesso non saremmo in questa situazione.» le lacrime iniziano a rigare il viso di Janis.
Shannon si avvicina alla figlia per abbracciarla, ma lei si allontana «Papà no, non adesso. Non voglio un tuo abbraccio. Non so neanche se voglio restare in questa stanza con te.» Janis si passa le mani sul volto asciugando le lacrime e si alza, dirigendosi verso la porta «Se non hai nient’altro da dirmi, io andrei al piano di sotto da mamma.» si volta per uscire.
«Aspetta Jan.» Shannon la ferma afferrandole un braccio «Devo chiedervi una cosa.»
Janis si ferma sulla porta, voltandosi in direzione del padre.
Il batterista prende un lungo respiro poi inizia a parlare «Sto per andare a Downtown, per incontrarmi con Kai… e Christopher… vostro fratello. Ecco…» si gratta la nuca imbarazzato «Tra un paio di giorni torneranno a Honolulu ed io… ecco… vorrei chiedervi di venire con me… adesso. Mi piacerebbe farvi conoscere Chris.»
Janis e Joshua restano in silenzio per qualche minuto, guardando il padre come se avesse detto chissà quale amenità.
Poi lo sguardo del bambino si addolcisce «Ok.» Josh, che fino a quel momento non aveva proferito parola, si rivolge al padre «Papà, sono ancora molto arrabbiato con te perché hai fatto stare male la mamma, ma va bene. Se vuoi che conosca Christopher per me si può fare.» alza le spalle con fare indifferente, quasi non gli importasse molto del fatto che Chris sia suo fratello.
Janis si volta a guardare il fratellino poi alza gli occhi al cielo e scuote la testa «No.» guarda il padre «Non mi puoi chiedere una cosa del genere. Non m’importa niente di quel bambino. Io di fratelli ne ho uno ed è qui davanti a me, anche se, in questo momento, credo si stia comportando come un imbecille. Non m’interessa conoscere il figlio di quella baby-sitter. Per me può pure tornarsene a Honolulu o andare dove cavolo gli pare che tanto non è e non sarà mai un problema mio.» prende un respiro «Adesso, se non ti dispiace, andrei da mamma che sicuramente ha più bisogno di me rispetto a te.»
«Jan…» Shannon cerca di fermarla.
«Papà no, non adesso. Vai da Kai, da quel bambino. Fai quello che vuoi, ma lasciami fuori da questa storia. Se vuoi uscire con me, andarci a prendere un gelato o quello che vuoi mi sta bene. Usciamo con lo zio Jay, con la nonna, qualsiasi cosa, ma non mi coinvolgere nello schifo causato da te e quella stronza.» Janis esce dalla stanza dirigendosi al piano di sotto.
Shannon rimane solo con Joshua. Guarda il bambino che, seduto sul letto della sorella, tiene la testa bassa torturandosi le dita. Gli si avvicina poggiandogli una mano su una spalla e piegando le ginocchia per mettersi col volto di fronte a quello del figlio.
Josh alza lo sguardo e resta immobile a guardare il padre. Dopo qualche secondo, torna a rivolgergli la parola «Papà… adesso cosa succede?»
«Cosa intendi?»
«Con la mamma. Cosa succede? Che le chiedi scusa e fate pace, come faccio con i miei amici di scuola, così torni a vivere con noi?»
Shannon accarezza il caschetto biondo del figlio «Quando si è adulti, purtroppo non sempre le cose sono così facili come quando si ha otto anni.» il batterista abbassa lo sguardo per qualche secondo poi torna a rivolgersi al figlio «Non so se la mamma vorrà mai fare pace con me, ma ti prometto che ci proverò.» sorride «E tu? Sei ancora arrabbiato?»
Josh arriccia il naso e increspa le labbra «Un po’, ma adesso mi passa.» poi sorride «Se mi abbracci però mi passa più in fretta.»
Shannon stringe a sé il figlio accarezzandogli la schiena: forse le cose possono migliorare.
 
******
 
Chi è stato a inventare l’uomo e la donna? Chi ha deciso che dovevamo avere due braccia, due gambe, una testa… un cuore? E chi è stato a stabilire che il cuore deve sempre fare quello che gli pare, ignorando quello che la testa e il buon senso gli suggeriscono? Il cuore se ne frega, se ne frega sempre. Se ne frega se lo stomaco si attorciglia, se il respiro si chiude, se gli occhi s’inumidiscono. Il cuore va avanti per la sua strada, anche se questa ti porta a farti del male.
 
Kai guarda Shannon entrare nella hall del Luxe City Center e sente il cuore salirle direttamente in gola. Da quando l’ha rivisto, sta provando in tutti i modi a non pensare al batterista, a ignorare quel dannato muscolo che sembra scoppiarle ogni volta che sente la sua voce, ma sembra che tutti i suoi sforzi siano vani. Oggi, come cinque anni fa. Può raccontarsi tutte le balle che vogliono, cercare di auto convincersi che, in fin dei conti, quella sera è stato solo sesso, ma non riuscirà mai a far smettere di battere il cuore all’impazzata ogni volta che Shannon si avvicina.
«Ciao Kai.» Zoe lo abbraccia interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
«Ciao Zoe. Ciao Jared.» Kai sorride poi torna a rivolgere lo sguardo verso Shannon, notando che tiene per mano un bambino.
Per qualche minuto rimane in silenzio a osservare il caschetto biondo, quegli occhi azzurri che non lasciano dubbi perché identici a quelli di Jared «Joshua?» Kai si avvicina al bambino accennando un sorriso.
Josh annuisce con un cenno della testa «Ciao Kai.» le risponde serio.
«Come stai?»
La ragazza gli si avvicina, ma il bambino si allontana alzando le spalle «Sto bene, grazie.» risponde senza accennare a un minimo sorriso.
«Zio Jay! Papà!» Chris arriva di corsa, gettandosi tra le braccia di Shannon.
«Ecco la mia scimmietta.» il batterista prende in braccio il bambino «Dove ti eri cacciato?»
«Ero lì.» Chris ride indicando il bancone della hall «Facevo il gioco dei versi con Ally.» guarda la ragazza della reception che gli sorride.
Joshua, vedendo la scena del padre con Christopher, s’irrigidisce. Fino a quel momento, forse, non si era ancora reso conto di cosa volesse davvero dire affrontare il fatto che il suo papà ha un altro figlio. Vedere Shannon coccolare un altro bambino l’ha messo davanti alla realtà, una realtà che probabilmente non era ancora pronto ad affrontare.
Christopher si guarda intorno e incrocia gli occhi di Joshua. Per un paio di minuti resta a fissarlo, come se lo stesse studiando, quasi avesse capito chi è. Poi si rivolge al padre «Papà, chi è quel bambino?»
 
 

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Capitolo 22
*** *** Cosa avrebbe potuto essere l'amore *** ***


E dopo una lunga attesa, sono tornata!
Che dire? Siamo arrivati alla fine di questa ff. Dopo 14 mesi, sono riuscita a mettere un punto in questa storia travagliata. Non so quanto il finale risponderà alle vostre aspettative, spero solo che poi non vogliate venirmi a cercare per prendermi a botte...
Ringrazio tutte quelle che hanno messo la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate e chi ha speso anche solo 2 minuti per lasciarmi un commento: siete dei tesori <3
Vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e a tutti i miei deliri in generale. Vi invito ad iscrivervi così potrete continuare a seguire le mie avventure nel magico mondo della scrittura Life is a Roller Coaster
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Grazie ancora a chi è arrivato fino a qua e buona lettura :)
 

«Papà, chi è quel bambino?» Christopher sorride guardando Shannon.
Il batterista incrocia gli occhi del maggiore dei suoi figli e in quel momento si rende conto di quanto può averlo ferito prendendo in braccio Chris.
Jared, che sta assistendo alla scena, capisce il disagio di Joshua. Aggrotta le sopracciglia riservando al fratello uno sguardo tutt’altro che benevolo poi cerca di ritrovare il sorriso e si dirige verso il nipote abbracciandolo «Ciao Terminator!»
«Zio Jay.» Josh si lascia avvolgere dalle braccia del cantante senza protestare come fa al solito, come se avesse un bisogno disperato di ritrovare l’affetto dei suoi famigliari.
Shannon mette a terra Chris poi si pone davanti a lui, invitando Joshua a venirgli accanto.
«Ciao, io sono Chris e tu?» il bambino sorride.
«Joshua.» guarda il fratellino serio, scrutandolo con i suoi grandi occhi azzurri.
Non ha ancora deciso se quel puffo riccioluto gli piace o no. Certo è che sta ridendo troppo: non sarà mica scemo? Sente la mano di suo padre che gli accarezza la nuca. Si volta a guardarlo e Shannon gli sorride, un sorriso che basta a Joshua per rilassarsi. Torna a rivolgere l’attenzione a Christopher, questa volta addolcendo lo sguardo, poi guarda ancora il padre, come a volerlo invitare a dare spiegazioni.
Shannon si guarda intorno, cercando prima gli occhi di Kai poi quelli di Jared. Prende un respiro profondo poi stringe le mani di Christopher.
«Chris, lui è Joshua. Ecco…» abbassa per un attimo lo sguardo «Joshua… Josh è tuo fratello.»
Christopher aggrotta le sopracciglia poi guarda Kai, come per chiederle una conferma.
La ragazza si avvicina al figlio e gli accarezzala testa «Sì, Josh è tuo fratello.»
Chris resta in silenzio, scrutando il bambino che ha davanti con i suoi grandi occhi verdi. Lo scruta come se stesse cercando un qualche segno, un segnale che confermi quello che gli hanno appena detto.
Anche Josh non parla. Osserva Christopher, notando che non ha molte caratteristiche in comune con lui. I capelli di quel nanetto che ha davanti sono ricci e scuri, a differenza dei suoi che sono chiari e dritti. Gli occhi sono verdi, come quelli di Kai, mentre i suoi sono azzurri, identici a quelli dello zio Jay. Siamo sicuri che sia davvero suo fratello? Non assomiglia nemmeno a Janis!
«Chris… cosa stai pensando?» Kai si rivolge al figlio.
«Perché non mi hai detto che avevo un fratello?» Christopher guarda la mamma, aggrottando le sopracciglia e increspando le labbra.
Shannon interviene, notando che la ragazza è in difficoltà «Chris… ci sono cose che… ecco… che sono difficili da spiegare, soprattutto ai bambini piccoli come te e Josh.» alterna lo sguardo, rivolgendolo una volta a un figlio e una volta all’altro «Io… ecco… io e la tua mamma… tu sei nato dopo che io e la tua mamma ci siamo conosciuti, ma io avevo già altri due bambini. Uno è Joshua e l’altra è tua sorella Janis, che… che oggi non è potuta venire…»
«E dov’è Janis?» Christopher domanda curioso.
«È a casa, con la sua mamma.»
Il bambino guarda la mamma e il papà confuso «La mamma di Janis non è la mia mamma?»
«No. La mamma di Janis e Joshua non è la tua mamma.» Shannon sorride mentre cerca di spiegare nel modo più semplice le cose al piccolo.
«E allora come facciamo a essere fratelli?»
«Perché io sono il tuo papà e sono il papà anche di Josh e Jan.» il batterista risponde all’ennesima domanda del figlio, sperando di essere riuscito a soddisfare tutte le sue curiosità.
Christopher non sembra molto convinto, ma decide di accontentarsi delle spiegazioni ricevute.
Joshua continua a fissare il fratellino, chiedendosi cosa possa mai avere in comune con lui. Poi Chris gli si avvicina e gli prende una mano «Ti va di giocare con me?»
Josh ci pensa per qualche secondo poi gli risponde sorridendo «Ok.»
Chris scoppia a ridere così come Joshua, iniziando a pensare che forse quel puffo riccioluto non è poi così male.
 
******
 
Janis sta distesa sul letto, le cuffie nelle orecchie che sparano a tutto volume la sua canzone preferita. Non vuole sentire niente, non vuole vedere niente. Vuole solo spegnere il cervello per non pensare. Ancora non riesce a credere che il suo papà, quello che lei era convita fosse l’uomo migliore del mondo, il suo eroe, sia stato capace di fare una cosa del genere.
Ha tradito sua madre, le ha mentito e ha mentito pure a lei e Josh, prendendoli in giro per cinque anni. E adesso? Come può pretendere addirittura di portare un bambino nella sua famiglia? Come può chiederle di accettare come fratello il figlio di quella che ha distrutto tutto? No, non lo farà mai. Lei di fratelli ne ha uno ed è Joshua, dell’altro bambino non le importa niente.
Si toglie le cuffie e si alza dirigendosi verso la scrivania. Apre il cassetto e prende la fotografia che la ritrae con suo padre, quella che aveva nascosto il giorno prima. Le manca il suo papà, quel modo tutto loro che avevano di comunicare senza parlare. Chissà se riuscirà mai a perdonarlo, a rivivere con lui certi momenti.
«Jan, posso entrare?»
La voce della madre la distrae dai suoi pensieri «Certo.» Janis le sorride.
«Come va?»
«Così.» la ragazzina fa spallucce andandosi a sedere sul letto.
April si siede accanto alla figlia e le due rimangono in silenzio per qualche minuto. La donna nota la foto che la figlia stringe ancora tra le mani «Ti manca vero?»
«Chi?» Janis finge indifferenza mentre la madre le indica l’immagine di lei e suo padre «Ah… papà? No…» abbassa lo sguardo appoggiando la cornice sul letto «Cioè…» torna a guardare la madre «In realtà sì. Mi stavo chiedendo se riuscirò mai a perdonarlo, a sorridere ancora con lui come quando abbiamo scattato quella foto.»
April abbraccia la figlia poi le posa le mani sulle spalle «Posso chiederti una cosa?»
La ragazzina annuisce.
«Perché non sei voluta andare con lui oggi?»
Janis sbuffa, staccandosi dalla madre e stendendosi sul letto, le mani sotto la nuca e lo sguardo rivolto al soffitto «Non mi andava.»
«Jan…»
«Non avevo voglia di conoscere quel… come si chiama? Quel marmocchio che papà dice essere mio fratello. Non voglio un altro fratello, ho già Josh. Non m’interessa conoscere il figlio di quella stronza.»
«Janis, non ti sembra di esagerare?» April cerca di far ragionare la figlia.
«Esagerare? Mamma, cosa dovrei fare secondo te? Dovrei comportarmi come quello stupido di Josh e andare felice e contenta a conoscere il mio fratellino? No, grazie.»
«Non pensi che potresti pentirti di questa scelta? Devi pensare che stai parlando di un bambino di quattro anni e non puoi scaricare su di lui le colpe di tuo padre. E se questa fosse l’ultima occasione che hai per conoscerlo? Presto tornerà a Honolulu e non credo avrete altre occasioni per frequentarvi se adesso gli chiudi tutte le porte in faccia.»
Janis si passa le mani sul volto poi resta in silenzio a guardare il soffitto.
April guarda la figlia chiedendosi cosa le stia passando per la testa. Non è mai stato facile per lei rapportarsi con Janis, sempre così restia a tirar fuori i suoi sentimenti. Quello bravo con Jan è Shannon: con lui ha un rapporto speciale, si parlano anche solo con uno sguardo. Lei, invece, è sempre così impacciata con la figlia. Con Josh è facile: le cose per lui sono sempre bianche o nere e non ha bisogno di interpretare i suoi sguardi perché è un libro aperto. Forse sarà perché è ancora piccolo, o forse è semplicemente per il fatto che Joshua ha un carattere meno complicato.
Con Janis, invece, ha sempre paura di dire la cosa sbagliata, di farla chiudere maggiormente. Sta crescendo troppo in fretta e lei non riesce a starle dietro come vorrebbe.
Prende un respiro e prova a parlare alla figlia «Jan, a cosa stai pensando?»
Janis guarda la madre, mordendosi il labbro inferiore mentre gli occhi iniziano a inumidirsi «Rivoglio il mio papà. Rivoglio la mia famiglia.» si siede e abbraccia la madre, mentre le lacrime iniziano a rigarle le guance.
April accarezza la schiena della figlia «Lo so che è difficile, che ci sono cose che ancora non puoi capire.»
«Mamma, sono stanca di sentirmi dire che ci sono cose che non posso capire. Credo che la situazione sia abbastanza chiara. Ho perso il mio papà e difficilmente qualcuno potrà portarmelo indietro. Potrò tornare ad avere un rapporto con lui un giorno, ma non sarà più lo stesso. Mi ha deluso. Ci mancava solo questo stupido bambino a complicare tutto.»
«Hai già deciso che non ti piace? Non vuoi dargli neanche una possibilità? Pensaci bene.»
Janis guarda la madre per qualche minuto poi sbuffa «Ok. Non ti dico che adesso correrò fuori di qua, salirò su un autobus per Downtown e andrò a cercare quel marmocchio, ma ti prometto che ci penserò e, se avrò voglia di conoscerlo, ne parlerò con papà. Va bene? Più di questo non posso fare, non adesso.»
April sorride e accarezza la testa della figlia «Va bene così tesoro.»
 
******
 
Il parco acquatico di Shoreline[ii] si trova a Long Beach, a pochi metri dall’acquario del Pacifico[iii]. Shannon osserva Christopher e Joshua che camminano davanti a lui.
Durante il viaggio che separa Downtown da Long Beach, i due bambini non hanno fatto altro che chiacchierare, farsi scherzi tra loro. Sembrava si conoscessero da una vita.
Chris si guarda intorno, gli occhi luminosi e un grande sorriso stampato sulla faccia.
«Hai visto quello?» Josh indica al fratellino il grande faro al centro del parco.
«Che bello! Che cos’è?» Chris lo interroga curioso.
«È il faro Lions!» Joshua gli risponde come se avesse fatto la domanda più ovvia del mondo «Serve per illuminare il mare di notte. Quando c’è buio, accendono il faro così le navi non si schiantano, ma quello non funziona. E sai cos’è quella casa bianca grandissima con il tetto rosso?»
Chris nega con un movimento della testa.
«È il ristorante del faro Parker. Anche quello è un faro finto. E quella passerella di legno è il molo di Pine Avenue.»
«Wow!» il ricciolino riserva al fratello uno sguardo pieno d’ammirazione e il biondino si pavoneggia.
«Vedi quella nave là?» Josh indica una grande nave da crociera attraccata sulla sponda di fronte a loro.
«Sì, com’è grande!»
«È la Queen Mary. Tanti anni fa portava in giro le persone, ma adesso è diventata un ristorante. Se vuoi, ci puoi fare anche un giro, come nei musei. Vero zio Jay?»
«Bravissimo Josh. Sei un cicerone perfetto.» il cantante sorride accarezzando il caschetto biondo del nipote.
«Un che?» il bambino aggrotta le sopracciglia.
«Un cicerone. Una persona che sa spiegare bene le cose che vede.» Jared cerca di dare una spiegazione il più semplice possibile.
«Josh è il mio cicicione.» Chris ride.
«Si dice cicerone. Sai che sei proprio imbranato?» Joshua redarguisce il fratellino poi gli sorride e lo prende per mano «Papà, possiamo andare a girare il timone?»
«Certo, andate pure.» Shannon sorride ai bambini.
«Vieni puffo. Ti faccio vedere come guidano la nave i capitani coraggiosi.» Josh stringe la mano di Christopher mentre si dirigono verso il timone situato sulla spiaggia di Shoreline, a pochi metri dal mare.
«Quante barche!» il più piccolo dei figli del batterista si guarda intorno stupito.
«Ci credo, siamo al porto Rainbow. Ma lo sai che a volte sei proprio tonto?» Joshua ride mentre spettina i riccioli del fratellino.
Shannon resta a guardare i figli, immerso nei suoi pensieri.
«Papà noi andiamo all’acquario con lo zio Jay.» dopo qualche minuto, Joshua si volta verso il padre.
«Andate che vi raggiungiamo.»
Kai si avvicina a Shannon e sorride «Sembra vadano d’accordo.»
«Sembra di sì…» il batterista le risponde pensieroso.
«A cosa stai pensando?»
Shannon abbassa lo sguardo a terra «Pensavo a Jan.»
«Perché non è venuta con te?»
«Ha detto che non le interessa conoscere Chris, che di fratelli ne ha uno e basta.» prende un lungo respiro «Non mi aspettavo che sarebbe stata una passeggiata, soprattutto con lei. Quando Joshua mi ha detto che gli stava bene conoscere Christopher sono rimasto piacevolmente colpito. Ma Jan… sapevo che con lei sarebbe stato diverso. Josh ha un carattere tranquillo, si lascia scivolare le cose addosso facilmente. Poi è ancora piccolo e molto probabilmente non si è reso conto di cosa volesse dire avere un altro fratello finche non ha incontrato Chris, ma Jan… con Jan è sempre stato tutto più complicato. La conosci anche tu: ha un carattere difficile, tende a chiudersi a riccio e a tenersi sempre tutto dentro. Era così da piccola, ma adesso che ha undici anni è anche peggio.» gli scappa un sorriso.
«Un po’ come fai tu.» Kai sorride.
«Già… un po’ come me, anche se lei è diversa.» si passa una mano tra i capelli «Con Jan ho sempre avuto un rapporto speciale. Ci bastava guardarci negli occhi per capirci. Ieri… ecco… Mi ha detto che non voleva abbracciarmi, che non voleva nemmeno restare nella stessa stanza con me.»
«Sicuramente non sarà facile, ma vedrai che riuscirai a recuperare un rapporto con lei.»
Shannon sospira «Lo spero davvero… In realtà non ha chiuso tutte le porte. Ha detto che se voglio uscire con lei per un gelato, per fare un giro con Jay o con mia mamma posso andarla a prendere quando voglio, ma si è rifiutata categoricamente di conoscere Chris.»
«Da un certo punto di vista la capisco…» Kai abbassa lo sguardo «Chris è mio figlio, il figlio di quella che ha distrutto la sua famiglia. Mettiti nei suoi panni: io ero a casa vostra per occuparmi di lei e Josh mentre tua moglie stava male e ho finito per combinare un gran casino. Ci sta che Jan non voglia avere niente a che fare con Chris.»
«Hai ragione, ma mi dispiacerebbe che perdesse l’occasione di conoscere suo fratello. Non vorrei che un giorno se ne pentisse, tutto qua.»
«L’hai detto tu no? Bastano sei ore d’aereo per arrivare da Los Angeles a Honolulu. Se mai un giorno Janis vorrà conoscere Chris ci troverà lì.» Kai sorride «Che ne dici se raggiungiamo gli altri?»
«Andiamo.» Shannon sorride a sua volta e i due si affrettano a raggiungere l’ingresso dell’acquario.
 
«Zio Jay, hai visto com’era grosso quel pesce? Era grosso così!» Chris manifesta tutto il suo entusiasmo per la visita all’acquario, descrivendo quello che ha visto con ampi movimenti delle braccia.
«Era proprio un pesce gigantissimo.» Jared sorride, mentre si dirige verso il Rainbow Lagoon Park[iv] tenendo per mano il nipotino.
«Quando siamo passati sotto il tunnel pieno di pesci è stato bellissimo, vero Josh?»
«Sì, molto bello.» il bambino risponde, ma senza metterci molto entusiasmo.
Shannon se ne accorge e si ferma un attimo, tenendo per mano il maggiore dei suoi figli «Josh, tutto bene?»
Il bambino annuisce poco convinto.
«Che succede?» il padre lo incalza, chinandosi per guardarlo dritto negli occhi.
«Stavo pensando a Janis… e alla mamma…» sospira «Ti ricordi l’ultima volta che siamo usciti insieme noi quattro? Siamo stati a Malibù e abbiamo passato una bellissima giornata.»
Shannon si gratta la nuca «Certo che me lo ricordo.»
«Ecco… anche oggi è una giornata bellissima e mi piace Chris, ma… mi mancano Jan e la mamma. Vorrei tanto che fossero con noi.»
Il batterista abbraccia il figlio «Ti prometto che farò di tutto perché ci possano essere ancora giornate come quella passata a Malibù. Non sarà una cosa facile e non ti dico che accadrà presto, ma cercherò un modo.» accarezza la testa del bambino «Che ne dici se raggiungiamo gli altri e mangiamo qualcosa? Se non sbaglio, ci dev’essere un chiosco che fa hot dog giganti la giù.»
«Poi andiamo a vedere i pesci dal ponte rosso? Voglio vedere se quell’imbranato di Chris riesce a vederne più di me.» Joshua ride.
«Va bene Terminator.» Shannon ride a sua volta.
«Papà, smettila con questo stupido soprannome.»
«Ok.» il batterista prende una poi inizia a correre per raggiungere il resto della compagnia «Ci proverò, ma non ti assicuro niente… Terminator!»
«Adesso ti picchio!» Joshua inizia a rincorrere il padre mentre i due ridono a crepapelle.
 
******
 
Il viaggio da Long Beach fino a casa si rivela più lungo del previsto, anche perché prima Shannon deve passare da Downtown per lasciare Chris e Kai in albergo.
Parcheggia nel vialetto di quella che fino al giorno prima era la sua casa, scende per poi aprire la portiera posteriore e prendere in braccio Joshua, che nel frattempo si è addormentato.
«È stata una giornata stancante.» Jared guarda il fratello e sorride «Cerca di non svegliarlo facendogli picchiare la testa contro la portiera. Forse è meglio se scendo a darti una mano.» il cantante scoppia a ridere.
«Smettila di prendermi in giro. Ti ricordo che Jan ha undici anni e Josh otto perciò dovrei avere un po’ di esperienza nel farli scendere dall’auto.»
«Se lo dici tu.» Jared cerca di trattenere le risate.
«Visto? Ci sono riuscito.» Shannon, con il figlio in braccio, si dirige verso la porta d’ingresso «Tu e Zoe aspettatemi qua che arrivo subito.»
«Ok.»
 
Shannon entra in casa e trova April che l’aspetta, seduta sul divano grigio al centro del salotto. La donna si alza, dirigendosi verso il batterista e prendendo in braccio il bambino «Ciao Shan.»
«Ciao…»
«Com’è andata?»
«Bene… siamo… siamo stati a Long Beach e… ecco… è andato tutto bene… credo.» Shannon si gratta la nuca imbarazzato «Tu come stai?»
«Bene.» April risponde con un sorriso forzato.
«E… e Jan?»
«È andata a letto, domani ha la scuola. Anche Josh sarebbe dovuto andare a dormire almeno mezz’ora fa.»
«Lo so, scusami… Abbiamo perso tempo a Downtown. Lui e Chris non la smettevano di rincorrersi nella hall dell’albergo.»
«Ah… allora… allora vanno d’accordo.» l’imbarazzo è sempre più palpabile tra i due.
«Ehm… sì… sembra di sì…»
«Ok… allora… adesso lo porto a letto. Tu… vuoi aspettarmi qua o devi andare?»
«No… devo andare… ci sono Jared e Zoe in macchina… mi aspettano per tornare a casa… cioè… a casa di mio fratello…»
«Va bene. Allora… buona notte Shannon.»
«Buona notte… April.»
Shannon esce da casa, dirigendosi verso l’auto, mentre April sale al piano di sopra e mette a letto il figlio.
 
******
 
«Buongiorno mamma.» Janis e Joshua entrano in cucina, dove April è intenta a preparare la colazione.
«Buongiorno ragazzi.» la donna si volta e sorride ai figli «Josh, com’è andata ieri? Quando tuo padre ti ha portato a casa, eri talmente stanco che ti ha scaricato dalla macchina, portato in casa, io ti ho messo a letto e non ti sei svegliato.»
«Papà è stato qui?» Janis alza lo sguardo, rivolgendolo alla madre.
«Si è fermato cinque minuti, giusto il tempo di portare in casa tuo fratello.»
«Ok… allora non avete parlato…» la ragazzina resta un po’ delusa.
«No… doveva scappare. Lo zio Jay e Zoe l’aspettavano in macchina.»
«Ok…» Janis riprende a fare colazione.
«Josh, raccontami cosa hai combinato ieri.» April cerca di alleggerire un po’ l’atmosfera.
«Siamo stati a Long Beach e abbiamo visto pure l’acquario. Ho dovuto raccontare tutto io a Chris. È proprio un imbranato, ma è simpatico.» Josh risponde mentre addenta una brioches.
Janis gira e rigira il cucchiaio nella tazza dei cereali poi si volta verso il fratello «Josh… ma com’è Christopher?»
Il bambino fa spallucce «È piccolo.»
«Lo so che è piccolo, ma intendevo… boh… assomiglia a me o a te?»
«A nessuno dei due. Ha i capelli neri e ricci come Kai. Però, se ci penso bene, è un rompiscatole come te.» Josh ride prendendo in giro la sorella.
«Sei il solito stupido.»
«E tu la solita antipatica.»
«Ragazzi, finite la colazione e andate a vestirvi che tra poco passa l’autobus.»
 
Janis guarda fuori dal finestrino dell’autobus che sta portando lei e il fratellino a scuola. Guarda Joshua che cerca di dormire e si chiede come faccia ad addormentarsi in qualsiasi posto si sieda.
I pensieri corrono al giorno prima, all’incontro con il padre, a quella richiesta di incontrare il figlio che ha avuto con Kai.
«Josh, posso chiederti una cosa?»
«Cosa?» il bambino apre appena gli occhi.
«Com’è andata ieri? Voglio dire… hai già detto alla mamma che è andata bene, ma io voglio sapere com’è andata veramente. Com’è stato vedere papà con… con quel bambino?»
«È stato… strano. All’inizio, quando siamo arrivati all’albergo e papà l’ha preso in braccio, mi sono sentito male. Mi sembrava così ingiusto che quel bambino lo chiamasse papà e che lui lo coccolasse come ha sempre fatto con te e me. Poi lo zio Jay mi ha abbracciato e Chris mi è venuto vicino. Boh… ci siamo guardati per un po’ e niente. È un po’ imbranato, ma è simpatico. Secondo me hai sbagliato a non venire con noi.»
«Può essere…»
Per tutto il resto del tragitto, i due ragazzini restano in silenzio, Josh impegnato a cercare di rubare gli ultimi minuti di sonno e Janis immersa nei suoi pensieri.
Ripensa alla conversazione avuta il giorno prima con la madre, ai discorsi di Joshua riguardanti il fratellino.
Il fratellino.
Forse Josh non ha tutti i torti: che abbia davvero sbagliato a negare una possibilità a Christopher?
 
******
 
Kai si avvicina alla finestra della stanza e guarda lo skyline di Los Angeles pensando che il giorno dopo, alla stessa ora, sarà su un aereo che la riporterà a Honolulu.
Ripensa alla settimana appena trascorsa e si chiede se suo padre aveva in mente proprio questo quando ha deciso di spedirla nella città degli angeli con Christopher.
«Mamma, guarda!»
La voce del figlio la distrae dai suoi pensieri «Che cosa stai facendo?»
«Sto facendo un disegno per il papà e Josh così si ricorderanno di me quando sarò a casa.»
«Hai avuto una bellissima idea.» Kai sorride mentre accarezza la testa del bambino, poi torna a perdersi nei suoi pensieri.
Lo squillo del telefono la riporta alla realtà.
«Ciao Shannon, che succede?»
«Ciao Kai. Niente… è che… domani tu e Chris tornerete a Honolulu giusto?»
«Sì, vacanza finita.»
«Già… volevo chiederti se stasera ti va di cenare insieme. Potremmo andare al Nickel Diner. Sai… Jan mi ha appena chiamato e ha detto che vorrebbe conoscere il fratellino.»
«Ah… ok… ci saranno anche Jay e Zoe?»
«Sì. È stato lui a dirmi di andare al Nickel.»
«Ok… allora… ci vediamo là verso le otto?»
«Ok, a dopo.»
«A… a dopo.»
Kai riattacca il telefono e sospira: riuscirà mai a lasciarsi alle spalle Shannon? Il suo cuore smetterà mai di battere all’impazzata ogni volta che lo sente?
 
******
 
Janis gira tra le mani il menù del Nickel Diner nervosamente. Ogni tanto butta l’occhio verso la porta d’ingresso poi torna a guardare il tavolo.
Shannon le accarezza la testa «Che c’è Jan? Sei nervosa?»
«È che mi sono stufata di aspettare.» la ragazzina cerca di dissimulare il nervosismo.
«Siamo noi che siamo arrivati presto. Per una volta, tuo zio Jared non ci ha fatto perder tempo.» il batterista ride prendendo in giro il fratello.
«Fai pure lo spiritoso. Ti ricordo che sei tu quello che è rimasto un’ora sotto la doccia. Io ci ho messo pochissimo.»
Janis ride, allentando un po’ la tensione che la attanagliava.
«Zio Jay!» la voce di Christopher fa voltare tutti verso l’ingresso del locale.
«Piccola peste! Finalmente siete arrivati.» Shannon sorride al figlio.
«È colpa della mamma che si è persa.» il bambino ride.
«Non è vero che mi sono persa.» Kai si siede al tavolo, vicino al figlio «È il taxista che non aveva capito dove doveva portarci.» l’attenzione della donna è attirata dalla ragazzina seduta di fronte a lei.
La guarda per qualche minuto poi le sorride «Janis?»
«Sì.» le risponde secca «Chiariamo subito una cosa: l’unico motivo per cui sono qui è per conoscere Christopher. Del resto non m’interessa niente.» riserva a Kai con uno sguardo duro, di quelli che non ammettono repliche e che gelano la donna.
«Ciao, io sono Chris. E tu?» dopo qualche minuto, Christopher sorride alla sorella, alleggerendo la situazione.
«Io… ehm…» la ragazzina guarda il padre in cerca di un appiglio.
«Chris… ti ricordi che ieri ti avevo detto che, oltre a Josh, avevo anche una figlia di nome Janis?»
Il bambino annuisce.
«Ecco… questa bellissima signorina è Janis, tua… tua sorella.» il batterista sorride avvolgendo le spalle della figlia con un braccio.
Chris guarda per un po’ la ragazzina che ha davanti, poi rivolge lo sguardo in direzione di Joshua. Torna a guardare Janis e poi il padre.
Janis fissa il fratellino, indecisa su cosa fare. Da un lato non riesce a non vederlo come il figlio di Kai, quella che ha distrutto la sua famiglia, ma dall’altro non può negare di aver voglia di conoscerlo, soprattutto dopo che ha notato che ha lo stesso sorriso di suo padre.
Poi Christopher si alza, fa il giro del tavolo e abbraccia Janis «Che bello! Adesso ho anche una sorella!»
La ragazzina rimane stranita per un attimo poi sorride, abbracciando a sua volta il bambino «Già… adesso hai una sorella.»
Jared, che fino a quel momento è rimasto in silenzio a osservare la scena, sorride «Dobbiamo festeggiare. Direi che è il momento giusto per una bella fetta di torta al cioccolato della zia Monica, vero ragazzi?»
«Sì! La torta della zia Mony!» Joshua risponde entusiasta.
 
Finita la cena, Shannon riaccompagna a casa Janis e Joshua.
Ferma l’auto nel vialetto d’ingresso e si volta verso i figli «Allora… tutto bene ragazzi?»
Jan e Josh annuiscono.
«Beh… mi sembra che andiate d’accordo con Christopher…»
«È piccolo… è carino… è facile andare d’accordo con lui.» Janis sorride «Sono contenta di averlo conosciuto. Devo ammettere che quello scemo di mio fratello, per una volta, aveva ragione.»
«Ehi! Guarda che sono qui!» Joshua protesta.
«Lo so che ci sei.» la ragazzina spettina i capelli del fratello prendendolo in giro mentre lui mette il broncio.
Shannon sorride mentre osserva la scena: è bello vedere che i figli sono sereni nonostante tutto.
«Forza piccole pesti. Scendete prima che vostra madre venga a trascinarvi giù dall’auto.»
«Papà.» Janis si ferma un attimo prima di entrare in casa «Domani Chris tornerà a casa vero?»
«Sì, l’aereo partirà domani mattina.»
«Ok… mi piacerebbe… ecco… potresti passare a prendere me e Josh? Mi piacerebbe venire in aeroporto a salutarlo.» la ragazzina si sposta i capelli dietro un orecchio nervosa.
«Certo.» Shannon le sorride «Ci vediamo domani verso le nove.»
«Va bene.» Janis sorride a sua volta «Buona notte papà.»
«Buona notte tesoro.»
Shannon mette in moto l’auto mentre la figlia entra in casa.
Le ruote corrono sull’asfalto e così anche i pensieri. Shannon ripensa al giorno prima, alla gita a Long Beach. Rivede Chris e Josh che giocano assieme poi i pensieri vanno alla serata appena conclusa, a Janis. Non pensava che si sarebbe convinta così presto a conoscere e accettare il fratellino. Adesso è quasi certo che le cose non potranno che andare meglio.
Poi un pensiero gli passa per la testa. Realizza che tra poche ore Kai e Christopher partiranno da Los Angeles, che non avrà più occasioni per chiarire le tante cose rimaste in sospeso tra lui e la ragazza.
Arriva al bivio e si ferma, indeciso se dirigersi verso la casa di suo fratello o tornare verso Downtown.
 
******
 
Kai sistema le coperte di Christopher che dorme profondamente poi si dedica alle ultime cose da mettere in valigia.
Un sms la distrae
Scendi, sono al Luxe City Center.
Shannon
 
Kai si chiede cosa vorrà Shannon da lei a quest’ora poi, anche se titubante, scende al piano inferiore.
Arriva nella hall e lo vede, in piedi di fianco al bancone che l’aspetta. Non riesce a pensare ad altro se non a quanto sia bello. Più passano i secondi e più il suo cuore sembra volerle uscire dal petto. Non riuscirà mai a dimenticarlo, a lasciarsi alle spalle tutto quello che c’è stato tra loro.
Dopo qualche minuto ritrova un po’ di lucidità «Shan… cosa sei venuto a fare qua a quest’ora? Chris sta dormendo e non ho molto tempo. Non vorrei si svegliasse e si spaventasse non trovandomi…»
«Ti porterò via solo pochi minuti.» Shannon le si avvicina «Possiamo sederci?»
La ragazza annuisce, dirigendosi verso i divanetti bianchi posti in un angolo della stanza.
«Allora… domani tornate a Honolulu…»
«Già… torniamo a casa…»
Shannon sta a testa bassa, guardando il pavimento dell’hotel. Dopo pochi minuti riprende a parlare «Posso chiederti una cosa?»
«Certo.»
«Ecco…» si gratta la nuca «Avrei voluto parlatene ieri, ma poi con la storia di Chris e Josh non ne ho più avuto modo… Ecco… Chris… insomma… volevo dirti che mi piacerebbe portasse il mio cognome.» alza lo sguardo in direzione di Kai «Voglio riconoscerlo e fare in modo che diventi mio figlio a tutti gli effetti.»
Kai lo guarda incredula: non si sarebbe mai aspettata una richiesta del genere.
«Ma… sei sicuro? Stai dicendo sul serio? Guarda che non sei obbligato…»
«Lo so.» si avvicina alla ragazza e le prende le mani «È quello che voglio. Voglio che Chris faccia parte a tutti gli effetti della mia famiglia. Con Josh già si amano e con Janis direi che non è andata male no?»
«Lo so… ma April?»
Shannon abbassa lo sguardo e sospira «April… non le ho parlato di questa cosa… Io e lei abbiamo altri problemi da risolvere…» poi torna a puntare gli occhi in quelli di Kai «Anche se non sono più tanto sicuro di voler cercare di sistemare le cose con lei.»
Kai e Shannon restano immobili a fissarsi per qualche minuto, le loro mani che s’incrociano. Poi l’uomo solleva una mano verso il viso della ragazza accarezzandole una guancia.
Un attimo, un battito di ciglia e le loro labbra prima si sfiorano poi si uniscono in un bacio più profondo.
Kai sente le mani di Shannon che le sfiorano i capelli, il collo e il suo sapore che si espande nella sua bocca. Per un attimo il cuore smette di battere e le sembra che persino il respiro si sia fermato. Si sente come sospesa in aria, come se nel mondo non esistesse nient’altro che loro due.
Poi, tutt’a un tratto, si stacca da lui «Shannon… cosa stiamo facendo?»
«Kai…» l’uomo le accarezza i capelli «In questi giorni abbiamo passato molto tempo insieme e… ecco… non lo so… mi sono accorto che qualcosa è rimasto di quello che ci ha uniti cinque anni fa e sono certo che è lo stesso anche per te.»
Kai si passa le mani sul volto e sospira «Shannon… Non sai come vorrei che fosse vero.»
«Ed è vero. Se tu vuoi, possiamo provare a costruire qualcosa… tu ed io…»
«Fermati.» Kai si allontana «Domani Chris ed io torneremo a Honolulu e tu alla tua vita. So già come andrà a finire: cercherai di rimettere insieme la tua famiglia con April ed io finirò un’altra volta nel dimenticatoio e questo non potrei sopportarlo. Non ti chiedo di dimenticarti della mia esistenza, sarebbe impossibile visto che abbiamo un figlio, ma non voglio nemmeno illudermi sperando che ci possa essere un futuro per noi. Se dipendesse solo da me, starei qua tutta notte a fare l’amore con te, ma so già che finirebbe come cinque anni fa e non voglio più soffrire per te.»
«Non vuoi neanche provarci?»
«Shan… lasciamo le cose come stanno, ok? Adesso parli così perché ti stai attaccando a me ancora una volta, ma tra qualche giorno cosa penserai? Ieri pomeriggio dicevi con Joshua che avresti fatto di tutto per rimettere insieme la tua famiglia e adesso? Prenditi del tempo per fare chiarezza dentro di te. Potrai venire a Honolulu quando vorrai. Se vuoi dare il tuo cognome a Chris non sarò di certo io a impedirtelo, ma per il resto se e quando avrai capito cosa vuoi veramente io sarò lì.»
Shannon guarda Kai per qualche minuto «Forse hai ragione tu… Non dovevo venire qua, scusami.» si alza e fa per dirigersi verso l’uscita «Ok… adesso… adesso devo andare… Ci vediamo domani in aeroporto… ok?»
Kai si alza per dirigersi verso l’ascensore e salire in camera «Ok… buona notte Shannon.»
«Buona notte Kai.»
 
******
 
Kai guarda Christopher, seduto alla sua sinistra con le mani e la faccia appiccicate al vetro dell’aereo che riporterà lui e la madre a casa. Il bambino scruta la pista, stringendo gli occhi per guardare più lontano.
«Mamma, non vedo più lo zio e il papà.»
«Chris, a meno che tu non abbia la vista a raggi X, dubito che riuscirai a vederli, visto che sono rimasti dentro all’aeroporto.»
«Perché non sono venuti sulla pista? Si erano stufati di salutarmi?» il piccolo guarda la mamma aggrottando le sopracciglia.
«Ma no! Che cosa vai a pensare sciocchino.» Kai ride accarezzando la testa del bambino «Non potevano venire sulla pista.»
«E perché?»
«Perché sulla pista ci sono gli aerei, che sono molto grandi, e se un aereo finisse addosso al tuo papà o allo zio li schiaccerebbe.»
Il bambino la guarda poco convinto poi si volta e torna ad ammirare quello che sta succedendo fuori dal finestrino.
«Mamma.»
«Dimmi.»
«Quando rivedrò il papà e lo zio?»
«Presto verranno a trovarci a Honolulu.»
«E verranno anche Josh e Jan con loro?»
«Non lo so… Penso di sì…»
«Ok.» Chris sorride poi torna a guardare fuori dal finestrino.
I motori dell’aereo rombano e le ruote iniziano a muoversi.
Kai prende un respiro: un altro capitolo della sua vita si sta chiudendo. Ripensa a quante cose sono successe negli ultimi cinque anni. Prima la sua vita splendida a Honolulu sconvolta dall’incidente di Rihver. Poi l’arrivo a Los Angeles, che l’ha portata a trascorrere i quattro mesi più intensi della sua vita. È partita dalle Hawaii che era disperata e ha trovato un’amica speciale come Zoe. È vero che è matta da legare, anche se la relazione con Jared l’ha resa sicuramente più saggia, ma non cambierebbe per niente al mondo il rapporto speciale che le unisce. Un rapporto che è stato capace di resistere anche alla sua ennesima fuga, quella dalla città degli angeli cinque anni prima, dopo la storia con Shannon.
Shannon.
Appoggia la testa allo schienale del seggiolino e sorride. Mai avrebbe pensato nella sua vita che, fuggendo da una storia dolorosa, avrebbe incontrato un batterista sexy, se ne sarebbe innamorata e avrebbe concepito un figlio con lui. Tutto perfetto, se non fosse che il musicista in questione è sposato (forse farebbe meglio a pensare era). E così si è ritrovata a fuggire un’altra volta per poi ritornare indietro dopo cinque anni per far conoscere a Shannon il loro bambino.
Le viene in mente una frase che le ripeteva spesso Zoe quando si era appena trasferita a vivere con lei.
«Cara Kai, la vita è una montagna russa: oggi ti trovi in basso, ma piano piano risalirai però devi stare attenta perché, proprio quando ti troverai nel tuo punto più alto, ci sarà sempre qualcuno o qualcosa pronto a ributtarti giù.»
Già… è successo a lei, è successo a Shan, che da un momento all’altro si è trovato a perdere tutto quello che aveva costruito con sua moglie.
L’aereo decolla, iniziando a staccarsi da terra per risalire nel cielo.
Kai chiude gli occhi, godendosi i gridolini eccitati di Christopher che ammira Los Angeles diventare sempre più piccola, sempre più lontana.
Tornerà?
Forse, un giorno.
O magari sarà Shannon a raggiungerla a Honolulu?
Forse, un giorno.
Sorride, serena mentre accarezza la testa del figlio «Tieniti forte Chris, torniamo a casa.»
 
 

 
[i] Frase tratta dal brano "What could have been love" degli Aerosmith
[iii] Il sito dell’acquario del Pacifico http://www.aquariumofpacific.org/
 

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