Patologicamente io - Diario di uno scandalo

di Lucy Light
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E tutto cominciò meravigliosamente. ***
Capitolo 2: *** L' oscuro incontro ***
Capitolo 3: *** Delivery Service at San Mungo ***
Capitolo 4: *** Un infausto inizio (permettetemi la citazione) ***
Capitolo 5: *** Dove le cose cominciano a girare (bene) ***
Capitolo 6: *** Salto nel buio (senza lampadine) ***
Capitolo 7: *** Dove le cose si fanno un po' tragiche (mi dispiace) ***
Capitolo 8: *** Pullus fugit (sed arrostus manet) ***
Capitolo 9: *** Prima della bomba (c'è sempre silenzio) ***
Capitolo 10: *** Novità in fuga ***
Capitolo 11: *** Peccati di gola (addio alle scarpe) ***
Capitolo 12: *** La coltre dei coltelli e la bettola berciante ***
Capitolo 13: *** Portoni pericolosi ***
Capitolo 14: *** Incoscienti confessioni ***
Capitolo 15: *** Licenziosi licenziamenti ***
Capitolo 16: *** Eliminabili elfe ***
Capitolo 17: *** L'illuminante Luna ***
Capitolo 18: *** Filantropici fidanzamenti ***
Capitolo 19: *** Inaspettate inclinazioni ***
Capitolo 20: *** Coraggiosi consigli ***
Capitolo 21: *** Rovinosi Ritrovi ***
Capitolo 22: *** Ansiosi aperitivi ***
Capitolo 23: *** Irati Innamorati ***
Capitolo 24: *** Calorosi consigli ***
Capitolo 25: *** Pericolose precisioni ***
Capitolo 26: *** Relative Rivelazioni ***
Capitolo 27: *** Inaspettati inganni ***
Capitolo 28: *** Collegati contrasti ***
Capitolo 29: *** Crisi cruciali ***
Capitolo 30: *** Spiazzanti Situazioni ***
Capitolo 31: *** Sconcertanti scoperte ***
Capitolo 32: *** Illusori idilli ***
Capitolo 33: *** Cavillanti cacciatori ***
Capitolo 34: *** Meritevoli Memorie ***
Capitolo 35: *** Temibili trasformazioni ***
Capitolo 36: *** Argute alleanze ***
Capitolo 37: *** Sventure svelate ***
Capitolo 38: *** Realistici requiem ***
Capitolo 39: *** Noncuranti Notti ***
Capitolo 40: *** Famiglie felici ***
Capitolo 41: *** Domande d'obbligo ***
Capitolo 42: *** Misteriose missioni ***
Capitolo 43: *** Allettanti accordi ***
Capitolo 44: *** Particolari partenze ***
Capitolo 45: *** Difficili destini ***



Capitolo 1
*** E tutto cominciò meravigliosamente. ***


Alzò gli occhi al cielo, esasperato.
“Signorina, per favore, sia seria.”
“Dottore, lo sono. Non vorrà mica sembrare decrepito a... quanti anni ha?”
“Cinquantasei” sospirò lui.
Mi girai di scatto sul lettino “Ma allora lei è davvero vecchio!” Guardai l’orologio appeso alla parete “Bè, io devo andare. Se ha qualche ripensamento su quelle rughe posso parlare con un ottimo Medimago che...”
“A lunedì prossimo, signorina!” esclamò imbarazzato quella massa di gelatina sistemandosi gli occhialini. “E non dimentichi mai: se dovesse vedere Harry Potter...”
“... finga di svenire e tutto andrà bene. Chissà com’è ma ho qualche dubbio sulla sua competenza.”
Allargò le braccia. “Per quello che mi paga, signorina...” disse con uno sguardo carico di sottintesi.
Gli incenerii con la bacchetta il giornale dove campeggiava la foto di Poter con in braccio un chihuahua appena salvato.
 “Per quello che mi sta guarendo, dottore...”
Infilai la porta e uscii.

Appena smaterializzata in redazione qualcosa sotto di me si mosse sinuosamente, e con mio profondo orrore si attorcigliò alla mia caviglia e risalì per la mia gamba... qualcosa di freddo e liscio, qualcosa come...
“Un serpente!”
Feci un salto da record sul posto, per poi cominciare a correre per tutto il corridoio  come una forsennata “Staccati subito da me, stupida borsetta mal riuscita! Aiuto! Salvatemi da questo mostrooooo!”
Dovevo farlo scappare o cercare di infilzarlo con un tacco? Com’era quella maledetta lezione di autodifesa?
“Attenta!”
Fu un attimo. Inciampai in un cestino, e come al rallentatore vidi la moquette farsi più vicina, i quadratini arancioni sempre più grandi, sempre più grandi, finchè non mi ci sfracellai dolorosamente contro.
Alle mi spalle qualcosa soppiò come un palloncino, e alcune squame mi fluttuarono davanti. Una risata incontenibile scaturì dietro di me.
“Ahahahaha! Fantastico! Oh mio Dio! Uhuhu.... non... non ci posso credere!”
Signore e signori, ecco a voi il mio direttore, ovvero la seconda causa di tutti i miei guai dopo Salviamo-il-mondo Potter.
“Molto divertente.” dissi all’ometto che rantolava a terra dal ridere “Davvero da sbellicarsi.”
“Andiamo, mia cara! Non vorrete mica fare la musona anche oggi. E poi  vi devo parlare, volevo mettervi un po’ d’allegria. Avreste dovuto vedere la vostra faccia! Uno spettacolo! ”
“Più o meno come sarebbe vederti fare un infarto” sibilai, rialzandomi a fatica. Venti facce arroganti, tutte uscite dai loro cubicoli per vedere me, mi squadravano maligne. Leggevo a chiare lettere quello che i loro razionatissimi neuroni formulavano: la loro grande collega, umiliata da un neodirettore!
“Non mi voleva parlare, direttore?” cinguettai facendo finta di niente.
“Ma certo, mia cara, ma certo.” mormorò.
“E allora andiamo” mi uscì come un ringhio.
Nella fretta di ripararmi dalle occhiate malevoli che mi frecciavano da ogni angolo non mi soffermai a pensare che stavo entrando lì dove fino a poco prima era il mio regno; ma un’acuta fitta di nostalgia e panico mi prese quando realizzai.
Il mio ufficio da direttrice era un esempio di eleganza, stile, perfetto e armonioso abbinamento di tinte , un bijou verde lime in affilato stile minimalista.
L’ufficio del direttore non era un ufficio, ma un incubo.
Il soffitto era color melanzana, ma per qualche strana ragione le pareti erano arancioni, mentre l’arredamento non sembrava avere regole particolari: i mobili vivevano in una totale anarchia cromatica.
Un appendiabiti rosso corallo mi prese borsetta e soprabito, mentre qualcosa di caldo mi avvolgeva  piedi. Guardai con orrore in basso pronta al peggio, ma questo non bastò a salvarmi dallo shock. 
“Le mie scarpe!” strillai.
I miei piedi erano stati infilati in un paio di soffici e pelose Pantofole Cambiaforma, che in quel momento imitavano terribilmente bene due rospi gracidanti.
“Torneranno normali quando uscirete, mia cara. Ma bando al formalismo! D’ora in poi diamoci del tu.”
Si sedette al di là della scrivania blu notte dove scorreva in diversi colori e forme il nome Dedalus Lux. Attualmente era viola e portato a braccio da due goblin.
“Carina, vero?” disse con orgoglio indicandola “Fatta appositamente per me da George Weasley! Quell’uomo è un genio... davvero, se mai vorrai riarredare casa tua pensa a lui!”
Certo... d’altronde, chi non smanierebbe per un wc che strilla “Munirsi di mollette, gente!” ogni volta che uno va a fare i propri bisogni?
Feci dondolare la mia Rospopantofola nel vuoto. “Allora, signor... ehm, Dedalus. Cosa voleva dirmi?”
“Lavoro, lavoro, sempre lavoro!” esclamò giovale appoggiandosi alla sua immensa poltrona verde. “Hai mai pensato di rilassarti, Rita?”
Rilassarmi? Certo che sì! Proprio ieri ero andata a fare shopping sfrenato, e ne ero pure uscita vittoriosa, anche se con qualche ricciolo in meno.
“Bè, come sa la mia posizione è precaria, dirett... Dedalus. Non è stato facile riavere un posto al giornale.”
Chissà perchè, vero, Potter? Mi guardò scontento (cosa rara, data che pareva fosse nato sorridendo...)
“Rita, Rita... quel libro su Silente è stata proprio una cattiva idea. Va bene che ti hanno obbligata, ma davvero... è stata dura per tutti credere che tu non l’avessi fatto volontariamente.”
A dirla tutta, anche per me.
D’altra parte cosa potevo dire, con Potter che incalzava per farmi espellere dal Mondo Magico e Dodge che mi cercava ovunque per trucidarmi?
“Me ne rendo conto... e ne sono davvero pentita” mormorai abbassando la testa. Che attrice ero! Lo guardai con gli occhioni luccicanti “A volte mi sento così orribile...”
“Ma no mia cara, non dovete! So che siete una brava ragazza, dopotutto!” Tipico di chi è con un piede nella fossa chiamare ragazza una pluriquarantenne, pensai. “Ed è per questo che vi ho fatto venire qui.” “Alleluja!” mi guardò storto “Voglio dire... è una bella notizia, vero?”
“Ottima, in effetti! I tuoi articoli sono sempre troppo cattivi, ecco, ma niente male. Per cui voglio darti fiducia. Voglio affidarti...”
S’interruppe e mi guardò come se mi avesse visto per la prima volta in vita sua. “Ma tu sei perfetta! Mia cara, davvero! Oh, che gioia! Non sapevo più dove sbattere la testa! Qui bisogna festeggiare!”
Dedalus tirò fuori da sotto la scrivania una bottiglia piena di un liquido ambrato e denso, meglio noto come Whisky Incendiario Ogden Stravecchio.
“Dedalus, lei mi confonde...” mormorai accettando il bicchierino e buttandolo giù in un colpo solo. “A cosa devo tutto questo entusiasmo?”
“Ma al concorso su Beda il Bardo, ovviamente!”
Il mio occhio destro si contrasse in un tic.
“Cosa?”
Sventolò un foglio rosa sgargiante che avevo già visto in giro per la redazione,“Mi mancava proprio la strega Altheda della fiaba della Fonte! Sei un po’ più florida del personaggio, ma qualche settimana di dieta dovrebbe...”
Senza tacchi a spillo era inutile cercare ucciderlo, va bene, ma la questione era solo rimandata.
Inarcai un sopracciglio “Direttore, era di questo che mi voleva parlare con tanta urgenza?”
Tossicchiò sorridendo, come un bambino timido “Bè, ovviamente no, ma vedi, Stacey era un vero disastro! Mentre tu hai quel non so che... sei uguale a come me l’immaginavo da bambino, ecco!”
Ci provava gusto a offendere, poco ma sicuro.
“Comunque, passando a cose serie” <> ci sfrecciò davanti a cavallo di una scopa “ voglio affidarti un’intervista.”
Lo studio di Dedalus si trasformò e diventò improvvisamente un piccolo paradiso terrestre coperto di nuvole di zucchero filato su cui saltellavo cantando “Lollipop, lollipop oh loli loli loli lollipop!”
“Davvero?” balbettai dopo qualche secondo di vaneggiamento.
“Davvero davvero!” Sembrava quasi più contento lui di me. D’altra parte ero l’unica a cui non fosse mai piaciuto, e finalmente anche io ero pronta a giurargli amore eterno.
Rita Skeeter tornava sui tappeti rossi e di gran carriera! Evviva!
“E chi sarà la vitt... ehm, l’intervistato?”
Nel mio cervello prese forma una visione celestiale, ovvero la sottoscritta che passeggiava sopra scie di ammiratori che si gettavano ai miei piedi e che faceva shopping accompagnata da elfi che porgevano borse colme d’oro. Ero arrivata a quando il padrone del negozio mi regalava tutto in cambio di un autografo quando il direttore mi rispose.
“Oh, una giovane donna molto, molto importante. E non hai sentito la parte migliore! La conosci.” disse gioioso.
“Come cosa?” Ah sì” replicai, cercando di focalizzare che ero in una stanza multicolore e non in una raffinata boutique oro e bianco.
“Chi è?” La domanda restò sospesa. Un brividino premonitore mi corse giù per la schiena, ma non vi prestai attenzione.
“Oh, scommetto che farai un salto di gioia a saperlo. Prova a indovinare!” sorriso sinistro.
“Dove lavora?”
“Al Ministero.” aspettai che dicesse altro ma niente, s’era cucito le labbra
“Da quanto?” chiesi allora. Questi indovinelli sadici! La mia mente era già abbastanza provata per quella mattina.
“Qualche mese, direi. E si è già fatta notare, a dirla tutta, per le sue amicizie ma anche per il suo cervellino. Niente male, davvero, l’ho avuta per le mani più di una volta e direi che batte molti dei suoi amici più famosi!”
Un fulmine mi illuminò. Giovane donna, Ministero, cervello... tutte queste parole mi turbinavano in testa.  Sapevo che il mio sesto senso non sbagliava mai, eppure questa volta pregai con tutta me stessa di essere in errore.
Perchè.
Non.
Poteva.
Essere.
Lei.
Dovevo avere una faccia da schiaffi totale, perchè il mio direttore mi guardò dispiaciuto “Ma insomma, Rita... proprio non ci arrivi? La piccola e adorabile Hermione Granger!”
Piccola. Adorabile.
“No.”
Non poteva farmelo. Non poteva farmi arrivare sull’orlo di una crisi di nervi così come niente. Lunedì avevo appuntamento dallo psicanalista, non potevo arrivare come un riccio infuriato per il nervoso. Regola d’oro di mia madre: vai a farti una ceretta? Fatti trovare già praticamente liscia. Dal parrucchiere? Sistemati i capelli prima. Cos’avrebbero pensato il dottore e mia madre se fossi arrivata completamente esaurita all’appuntamento?
“Vede, io non nutro buoni rapporti con... con quella ragazza, e...”
“Lo so, lo so” ridacchiò ammonendomi con un dito “ma non vorrete mica tenervi il broncio a vita, no?”
Caddi di peso sullo schienale della mia sedia. Ma perchè non capiva? Non era una bagatella tra marmocchie, accidenti, era una feroce guerra aperta senza esclusione di colpi!
“Direttore, sul serio... non può chiedermelo...”
“E invece è proprio quello che voglio” rispose amabilmente girandosi “Una tazza di thè?”

***

Buongiorno a voi, piccoli e insignificanti esseri non magici che... come dici, scribacchina? Oh, d'accordo.
Ricominciamo.
Buongiorno a voi, babbani! Quello che avete letto è solo l'inizio, il principio, il prologo di ciò che sarà un disastro epocale.Un inclemente rovescio di pioggia sui miei tailleur, sui miei adorati tacchi dodici e sulla mia preziosa autostima.
Ma capirete da soli cosa intendo... sempre che la mia scribacchina non attacchi con i suoi soliti slogan da scioperata, tipo "Ho fame", "Ho sete", "Quando mi libererai" e sciocchezze simili.
A presto cari!
Rita Skeeter




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Capitolo 2
*** L' oscuro incontro ***



E il peggio fu assorbire il colpo. Avevo davanti la possibilità di tornare alla ribalta in grande stile. A modo mio, intervistando un  personaggio di rilievo con un passato burrascoso e interessante al fianco dell’eroe mondiale. Ma il personaggio era proprio lei... voglio dire... lei! La pazza! Miss Perfettini Granger!
Sembrava la presa in giro del secolo, ancora non capivo come fosse possibile. Rimuginavo piani diabolici per mandare qualcun altro al posto mio, o per darmi malata quel giorno, massacrandomi le povere tempie nel tentativo di trovare una via di fuga. Ma non ce n’erano. Era terribilmente semplice: o andavo o rimanevo a scrivere di ortaggi. Lux, pur con molti “Capisco” e “Cara” e “ovviamente”, aveva lasciato a intendere che quello era la mia grande occasione.
Il martedì seguente ero lì, al Ministero. Arrabbiata, quasi spettinata, ringhiante, ma ero lì. Con la mia fedele penna nella borsetta e una benedetta pergamena intonsa di cui la sera prima, disperata, avevo scritto l’intestazione, vestita il più sobrio possibile (vestito verde lime con piume e decollete in pendant).
Fu uno shock rivedere il Ministero dopo l’arrivo di Salvatore Potter.
Oltre che organizzatore del mondo, capitano della nazionale di Quidditch, fidanzato di Piattola Weasley, capo Auror, patrono degli orfani, Ministro temporaneo della Magia  e benefattore dei maghi del Kenya era diventato pure arredatore e architetto: e il Ministero ne subiva le conseguenze. La fontana dei Magici Fratelli era stata sostituita con una di Albus Silente che osservava lezioso i visitatori.
E poi.
Potter alle pareti, Potter sul quadrante dell’orologio, Potter sui camini, Potter sulle porte degli uffici, Potter perfino sulle indicazioni per il wc. Poster di Potter ovunque! Una scena da incubo, sconvolgente, che mi tolse il fiato e parte degli anni che avevo ancora da vivere.
RIcordo che deglutii forte prima di fare un passo. Ecco, era così... così... terrificante. Volevo uscire, di corsa, ma mi ricordai del mio psicanalista.
“Respiri. Espiri. E ce la farà... a meno che non spunti Potter da un angolo, e speriamo di no...”
“Ha bisogno d’aiuto?” chiese una voce maschile profonda.
Mi girai. Capelli ribelli. Occhi verdi. Cicatrice.
Ecco, ora potevo svenire.
“NO! Conosco questo posto... come le mie tasche, sì!” gridai con voce stridula. Mi voltai velocemente cercando di non farmi prendere dal panico o da una raptus omicida, sperando che qualcuno lo chiamasse. Possibile che Potter non avesse di niente di meglio da fare? Che so, Mezzosangue infelici, Mangiamorte redivivi, teiere assassine... qualsiasi cosa!
“Si... si sente bene?” Più lui si avvicinava , più io indietreggiavo terrorizzata, facendo di no con la testa.
“Sono a posto! A meraviglia! Mai stata...” gridai “MEGLIO!” risi follemente, fuori controllo.
A ricordarlo adesso mi viene in mente che deve aver pensato che fossi una pazza, o in alternativa, un’ ex torturata da Cruciatus.
“Sta cercando qualcuno?”
“Sì! Ecco. Io...” con uno sforzo incredibile mi ricomposi... più o meno “Sto... ehm... sono qui per un’intervista.” Ancora qualche secondo e avrei provato a ucciderlo. Questo qui l’istinto di sopravvivenza se l’era scordato a undici anni, dopotutto...
“Oh. Capisco. E... a chi?” si muoveva lentamente, come per non spaventarmi, scandendo le parole.
“Hermionegranger.”
MI fissò perplesso. “Non credo di avere capito...”
Inspirai, espirai. Ma perchè non massacrarlo a suon di tacchi a spillo? “Hermione. Granger.”
“Ah!”
Coraggio, ragazzo. Puoi fare di meglio Pensai.
“La conosco.”
Ma dai. Non ci credo quasi!
“E’ sul al terzo piano, scala b ufficio 178. Credo. Non è che ci capisca molto, di uffici.” sorrise con imbarazzo ”Ma sono sicuro che la troverà.”

Salvatore del mondo e tutto quello che volete, ma di sicuro non guida scout. Dopo quaranta minuti ancora giravo per il Ministero, ripassando per le stesse stanze anche tre volte. Ero arrivata al punto di mormorare un convinto “Finalmente ho finito!” ogni cinque minuti per evitare che i dipendenti pensassero che fossi pazza; dell’ufficio neanche l’ombra.
Il fatto era che le gigantografie non si fermavano all’atrio, macchè! Monsieur Modestia aveva tappezzato l‘ edificio, e io cominciavo a dar fondo alle mie riserve d’ossigeno. Alla fine arrivai a quel dannato ufficio, aprii la porta trepidante ma...
Era vuoto. Non c’era nessuno. Neanche la minima traccia, di madame. Mi sentii tremare d’indignazione. Ma insomma, mocciosetta!
“Questo  il colmo! La maleducazione di questa ragazzina è intollerabile! Io mi uccido sui tacchi per lei, rischio l’esaurimento nervoso con Potter, rmi gioco i miei neuroni e subisco il sadismo congenito del mio direttore per... per cosa?! Per intervistare quella piccola, schifosa, saccente e insopportabile Mezz... Carissima Hermione!”
“Buongiorno.”
Una ragazza mi stava fissando con aria glaciale, ritta sulla porta e talmente carica di fogli da farmi pensare che pesassero più di lei. E volete saperla tutta? Ce ne voleva parecchio...
“Dunque!  Perchè non ci sediamo e ci mettiamo comode?”  cinguettai.
“Fino a prova contraria questo è il mio ufficio, non è il caso che sia lei a fare gli onori di casa... si sieda pure.”
Simpatica come la ricordavo, la signorina Perfettini. Un vero fiorellino.
Nonostante questo, mi accomodai sulla poltroncina con un orribile copri sedile a cerchi, rombi, quadrati, ottagoni e qualcos’ altro di non definito. “Carinissimo! L’hai fatto tu?”  chiesi, entusiasta. Sii gentile, gentile!  mi ricordai.
“No. E’ un regalo di un’ elfa domestica di Hogwarts. Allora, che vuole sapere?”
Aprii la borsetta di colpo per far uscire la mia fidata penna lime e la pergamena, mentre guardicchiavo intorno a me.
Tanta praticità da parte sua me l’aspettavo. Ma i pre intervista era dei momenti di confidenza per poi poter passare all’attacco... che gusto c’era se non potevo chiaccherare neppure un po’?
Gettai uno sguardo prospettico alla stanza dove mi trovavo. Pareti coperte di carta da parati azzurra, una scrivania del secolo scorso e tre poltroncine standard. Zero foto, nessun articolo incorniciato su di lei o i suoi amici, niente, nisba, nada! Una cella di monastero sarebbe stata più accogliente, e di sicuro meglio arredata.
Anche lei non aveva tratti distintivi: era vestita nel modo più conformista del mondo, poteva sembrare una zappatrice come un Ministro.
Il mio abito verde acido piumato sembrava un residuo da circo.
Insomma, la signorina voleva far risaltare al massimo le nostre differenze, e allora le avrei dato guerra. Fuoco alle polveri!
“Dunque dunque, Hermione... hai suscitato un grande interesse con la tua corsa al Ministero. Sei davvero molto giovane per i tuoi successi. Complimenti.” attaccai senza preavviso.
“Grazie.”
“Ci si chiede sempre, in questi casi, a cosa sia dovuta tanta... rapidità” le feci l’occhiolino. Mi piaceva fare interviste. Era come essere un gatto che giocava con un topo.
“Alla mia preparazione, credo. E al fatto che mi sono sempre impegnata al massimo in quello che faccio.” La vidi talmente padrona di sè da farmi dubitare su chi fosse il topo.
“Ammirevole, tesoro. Davvero... e ci sei arrivata tutta da sola?”
“In che senso?”
Sorrisi affabilmente. Sicurezza vacillante assicurata! “Oh bè, non è mica proibito, ecco... ricevere una spintarella, di tanto in tanto.”
“Continuo a non seguirla” aggrottò le sopracciglia, ma un guizzo le passò per gli occhi. Oh, mi seguiva eccome.
“Bè, mia cara, sbaglio o sei stata compagna di classe di Harry Potter?”
“Certamente, ma...”
“E” inclinai la testa per osservarla meglio e cogliere le sue reazioni “su, non è mica un segreto che tu fossi una sua intima... amica.”
“L’unica che ne era convinta era lei, signora Skeeter.” disse attorcigliandosi dei capelli attorno a un dito. Perfetto.
“Ma io alludevo semplicemente al tuo contributo nella sua ultima impresa contro Colui-che-non-deve-essere-nominato!” dissi fingendomi stupita. Che bello! Me la stavo godendo un mondo a girare intorno alla qustione.
Il suo viso divenne più colorito, e mormorò “Bè, certo... non ho mai avuto paura di seguirlo, ovunque andasse.” Una crepa, finalmente.
“Il coraggio è una grande dote... e dimmi, come è stare al fianco di una persona così straordinaria? Deve farti apparire la vita ora così banale! E anche le persone, dopotutto. Io stessa devo sembrarti così scialba, al confronto!” risi, cercando di non mangiarmi i colpi.
“No, non è così. Anzi. Avevo voglia di pace. So che per i giornalisti invece... mi scusi, per alcuni... è stato un buon periodo. Dev’essere così scialba la pace, al confronto!”
“Sì, certo” acconsentii ridendo. Dannata piccola... appena uscita alla scuola e già presuntuosa, eh? All’improvviso avevo voglia di umiliarla, di vederla balbettante o imbarazzata. Strinsi il mio blocco e continuai. “Ma voglio dire... non dev’essere facile, per esempio confrontare qualsiasi uomo con lui...” insinuai.
Ok, ero dichiaratamente fuori tema, fuori intervista e fuori di testa. Ma avete presente cosa fa un masso giù per una scarpata? Ebbene sì, rotola e continua a rotolare. E io, senza spinte, caracollavo allegramente verso alla rovina.
“Assolutamente no! Sono fidanzata da anni... e cosa c’entra questo con la sua intervista?”
“C’entra, c’entra eccome! Le giovani lettrici vogliono sapere se si può arrivare così in alto in così poco tempo e cosa comporta tutto questo!” risposi enfaticamente. Sapevo che parlare di lei come di un modello da seguire l’avrebbe lusingata, si sarebbe fidata e sarebbe caduta nelle mie mani... Era solo questione di aspettare un poco. La vidi pensare, attorcigliandosi di nuovo i capelli. Un tic nevrotico, eh? Segno evidente di stress. La mia penna colse il mio sguardo.
Una donna rovinata dal lavoro e in conflitto amoroso. Niente male, niente male davvero!
“Vada avanti.” si arrese. La mia penna fece un balletto di gioia a mezz’aria.
“Benone! Vediamo un po’... dici di essere fidanzata da tempo. I miei complimenti. Al tuo ragazzo, ovviamente. Dev’essere molto forte per sopportare un confronto con il Salvatore del Mondo.”
“Io non...”
“E dimmi, credi che prima o poi si accorgerà di essere secondo a Harry Potter? Voglio dire, non deve essere facile nascondere un affetto così grande...” incalzai
“Cosa diavolo...”
“Non essere timida, cara. Di me... ti puoi fidare. Sono abituata ad ascoltare la gente.”
Inclinai la testa di nuovo, serena. Due  a uno!
Lei mi guardò, esitò un attimo, e sibilò “Non osi...! Ron è un ragazzo stupendo di cui lei non deve neanche permettersi di parlare! Harry e Ron sono amici, e se amo Ron e voglio bene a Harry o viceversa a lei e al suo giornale non deve interessare! Faccia domande pertinenti o la caccio fuori a calci!”
Si fermò ansante mentre io pensavo già a come riportare quello scoppio di confidenza. “La confessione di un cuore diviso”? “I due lati della mia vita, segreti di Hermione Granger”?
Il problema era che la mia impertinenza era un’arma a doppio taglio: stavo mandando in malora l’intervista di cui avevo disperatamente bisogno, e ne ero cosciente. Ma chi voleva fermarsi? Inoltre la testa mi girava sempre di più, non mi sentivo affatto bene. Le immagini si sfilacciavano e poi tornavano insieme, il mio vestito era, ahimè, sudato e i miei meravigliosi ricci flosci. L’unica cosa che non mi faceva accasciare al suolo era la determinazione.
Lanciai la mia bomba a fatica “Un’altra curiosità... si sa che l’hanno scorso, durante la vostra impresa, siete rimasti unicamente tu e Potter per un certo periodo. Vorrei sapere le tue impressioni, perchè dev’essere stato terribile... da sola per il mondo con Harry Potter...” la mia voce scivolò in basso, suadente “oh, sì, davvero terribile...” Ghignai leggermente, vedendola diventare scarlatta.
“Lei... lei... bugiarda, diffamatrice...” sembrava incapace di mettere più di due parole di fila, poveretta.
“Non neghi, eh?”
E cosa fece, quella pazza? Provate a immaginare.
No, non mi uccise nè mi buttò fuori a calci come predetto. Tirò fuori la bacchetta e me la puntò contro. Materializzò uno stormo di volatili.
“Cosa pensi di fare, ragazzina?” chiesi confusa.
“Oppugno.”
L’ultima cosa che vidi fu uno stormo di falchi che mi arrivava contro a velocità folle. E poi, il buio.

***
Ebbene, sì. Uno stormo di falchi, che ci crediate o meno. Adesso capite? Quella donna è folle. Fuori controllo.
E io la fermerò.

Un grazie sentito a Sophonisba, Skarabbokkio e Gemellina Dolly. Vi devo la mia sanità mentale.
La scribacchina

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Capitolo 3
*** Delivery Service at San Mungo ***



“La prego, non mi dica che è grave!” La giovane donna si aggrappò istericamente al braccio del Medimago che cercava da più di venti minuti di scrollarsela di dosso, senza riuscirci.
“Mi ascolti, so che è preoccupata... mi lasci... ma non è proprio il caso! E’ viva, sana e vegeta, solo tagliuzzata qua e là e sotto shock. Ha bisogno di un mese, forse due, totalmente tranquilli.”
Hermione si staccò di botto da lui. “E me lo dice così?”
Il Medimago sospirò. Sempre la solita storia: facevano tante scene pensando che il parente o l’amico del cuore fossero crepati, e poi quando scoprivano che in realtà non erano gravi si lamentavano lo stesso. Pazienti mai contenti, diceva un vecchio proverbio ospedaliero quanto mai vero.
“Avrà bisogno di riposo. Pace, tranquillità. Qualcuno che le badi. E poi...” Poi si guardò attorno con circospezione “Lei è una parente?”
“No!” urlò la ragazza, terrorizzata all’idea. “Sono una... conoscente. Alla lontana.”
“Bè, signorina conoscente, spero che lei sappia chi ha ridotto madama Skeeter in questo stato.”
Lei deglutì. “Ne ho una vaga idea” pigolò infine.
Il Medimago sorrise trionfante. “Allora dovrà comunicarlo alla signora al più presto. Non sempre si è così fortunati da sapere chi è l'aggressore... bè” si bloccò vedendo che la poveretta davanti a lui tremava ed era bianca come cencio “capisce cosa intendo, vero?”
“Forse...” Hermione si sentì venir meno.
“Bene, bene. Insomma, qui ci sono tutti i presupposti per una denuncia! La signora è sotto shock e potrebbe non ricordare, ma se c’è lei ad aiutarla sarà tutto più semplice. Non trova, signo...? Signorina! Si sente bene?”
Come una a cui è appena stato detto che andrà sotto processo. pensò
Le gambe della ragazza si mollificarono, mentre nella sua testolina partiva una maratona di pensieri tutt’altro che piacevoli.
La litigata con Ron... il superlavoro al Ministero... la denuncia... no, non ce l’avrebbe mai fatto a sopportare tutto questo.
L’unica speranza era che Rita si scordasse tutto, poco ma sicuro. E lei avrebbe dovuto allontanare in ogni modo i sospetti da sè e... oddio, che casino! Perchè, perchè non si era controllata?
Prima che potesse lanciarsi fuori dalla finestra, una massa di piume planò fino a lei. Il Medimago la guardò con una faccia schifata. “Non voglio Strillettere qui! Sciò!” Il gufo sorrise (?) con superiorità, poi si diresse verso la camera dove giaceva Rita addormentata.
“Pennuto insolente... Medimaga Doris! Mi dia quella scopa.” Il cuore di Hermione s’agitò alla vista della ramazza presa in considerazione dal Medimago, e subito abbrancò il volatile. “Se è così urgente da essere una Strillettera scommetto che Rita non s’arrabbierà se la prendo io!”
Il Medimago la guardò con disappunto combattendosi fra la gioia di giocare a baseball con il gufo e la sua natura igienista, ma alla fine vinse quest'utimo.
“Vada pure” disse rassegnato, indicando l’uscita della Sala ad Hermione, che si catapultò fuori.
Si stazionò in un bagno vuoto, e, dopo un semplice Muffliato, aprì la bomba.

Rita carissima! Cosa mi hai combinato? Farsi aggredire da Hermione Granger! Farla arrabbiare, addirittura! No, così non va, non va davvero... la migliore amica di Harry Potter! Insomma! Mi dispiace, ma non so se è possibile che continui a lavorare per noi! Capisci, vero? Abbiamo una linea da seguire, perbacco.  E poi l’intervista non c’è! Mi spiace, ma su di te dovrò decidere cosa fare... e non credo che le cose andranno per il meglio. Dedalus Lux”

Catapultata contro il muro dall’urlo, la ragazza osservò ridacchiando i gufetti che le giravano intorno alla testa prima di darsi uno scrollone e riprendersi.
Hermione si fece piccola piccola. Per colpa sua Rita aveva perso il lavoro, allora... bè, una cosa poco piacevole... ma d’altra parte se l’era cercata.
Ebbe un colpo quando la porta del bagno si aprì cigolando. Doris, l’infermiera della scopa, era lì di fronte a lei con un’altra Strillettera e una faccia come a dire “Mica è colpa mia...”. Disperata, Hermione la prese in consegna, mentre la donna si scusava “Il Medimago rischiava l’infarto, e non era proprio il caso... Sa, oggi sono stati ricoverati nove maghi dal Ministero, poverino, e toccano tutti a lui... ha i nervi fragili, alle volte.” disse con fare materno. “Con questo gufo ha provato a farci un cuscino.”
“Che cosa?” balbettò Hermione, ma l’altra era già uscita ciabattando sulle piastrelle lucidissime. Rassegnata alla piega folle che aveva preso la giornata, Hermione aprì con la dovuta cautela la Strillettera, e un vocione rauco la buttò quasi a terra.
Signoriiina Skeeter! Le ricordo che oggi doveva pagarmi l’affitto di questo meeeeese! E del precedeeeente! E di quello prima ancoooora! E gli altri glieli ho solo condonaaaati, non se lo scordi! Sono stufa di aspettare i miei sooooldi!
Mio nipooote mi ha detto che è stata licenziaaaaata, signorina! E quindi non mi lascia altra sceeelta!
Lei da oggi è sfrattata!  Buttata fuori di casa!  Si venga a preeeendere le sue quattro coooose. entro domaaaani.”
La lettera si sbriciolò in una nuvoletta di fumo.
Hermione girò la testa verso lo specchio: una ragazza scioccata la stava guardando con aria spaesata. In che mondo viveva Rita Skeeter? Direttori pazzi e portinaie sadiche... Yuppidu.  
Scrollò il capo, ricomponendosi. Non erano certo affari suoi come viveva una giornalista di un giornale di infima qualità.
Non potevano mandarle un intervistatore decente? Come quel bel pezzo di ragazzo che si occupava dello sport... Lì era tutta un’altra storia...
Guardò i resti bruciati della carta rossa, brutali in tutta la loro vita e anche nello strascico della morte. Le lettere cercavano di azzannarla con le poche forze rimaste.
Sfratto e licenziamento, per non parlare dell’aggressione... cosa avrebbe fatto Rita?
La domanda la colpì come un fulmine.
Già.. cos’avrebbe fatto?
Il suo cervello cominciò finalmente ad ingranare.

Vedevo... stelline... e anche... piume... piume? Oh no! Falchi!!
Mi tirai su a sedere di scatto, solo per vedere Hermione Granger davanti a me, con un sorrisone su quella faccia da santarella martire e un gufo tra le grinfie orribilmente senza smalto.
“Che c’è, speravi che non mi muovessi più?” chiesi, notando la gioia che svaniva dal suo viso.
Come al solito non si scompose. “Veramente volevo vedere come stavi.”
L’odore di disinfettante, le pareti bianche e i lettini fecero il resto. Mi misi i miei occhiali e la guardai attraverso le lenti frantumate.
“Perchè sono al manicomio? Mica sono tua sorella gemella.”
Battendo un’orribile ciabattina traforata (dove l’aveva trovata? Nelle Cioccorane?) sul pavimento e alzando gli occhioni al cielo, il rospo mormorò ”Siamo al San Mungo, Rita.”
Un urlo di raccapriccio percorse la mia gola per arrivare fino ai vetri smerigliati delle finestre, frantumandoli “NON E’ POSSIBILE!” e mi presi la testa fra le mani.
Forse voi non potete capire l’orrore che mi prese a quelle parole. Anzi, sicuramente non potete.
Ebbene, essere al San mungo per me voleva dire una cosa sola: cioè che i falchi non erano un incubo, che Miss perfettini mi aveva aggredito davvero e che l’intervista era definitivamente, irrimediabilmente bruciata. Mi accasciai fra i cuscini augurandomi di morire lì, seduta stante. Non avrei sopportato l’onta di un licenziamento neanche a vent’anni, figuriamoci a quarantasette!
Prima che potessi dire qualcosa, Miss perfettini si protese verso di me, invadendo il mio già ridotto e depresso spazio vitale.
“Rita... il motivo per cui sono qui è che ti sono arrivate due Strillettere. Stavano per essere distrutte e allora...” disse contorcendosi le mani e guardandomi negli occhi “...allora le ho lette.”
Io non la ascoltavo, spostando la testa da una parte e dall’altra canticchiando “E’ solo un sogno... un sogno senza senso...”
Questo mio attacco di demenza senile, invece di scoraggiarla come avrebbe fatto con ogni normale essere umano, le diede chissà come il permesso di continuare. “Ascolta, prima la notizia seria.” sorrise “Non lavorerai più per un po’. Sei in vacanza, Rita!”
La guardai spaesata per un paio di secondi “In va... vacanza?”
“Proprio così! Per un po' non lavorerai più.” annuì la pazza convinta, agitando quella sua testa cespugliosa.
Il mio labbro tremò.
“Sono rovinataaaa! come farò adesso? I miei boa di piume... il lucidante di olio di balena per la penna... la trapuntina di cashemere lavorato degli elfi domestici... i miei occhiali di ametista nero! Non avrò più nienteeeeee!” Mi abbandonai ad un pianto disperato
“Su su” disse prendendomi una mano imbarazzata “Va tutto bene...”
In quella si sentì uno SCATABRANG da paura, un accordo cacofonico e fragoroso a cui seguì una lunga sequela di imprecazioni.
“Gufi! Valigie! Per la barba di Merlino, questo è un ospedale! Non il dannato porto di Londra! Non la schifosissima, sudicia King’s Cross! La miseriaccia ladra di quella donna che...”
Hermione si lanciò, devo ammetterlo, con sincero impeto per fermare quella cascata di improperi da cui persino io stavo imparando qualcosa di interessante.
Solo che non riuscì ad arrivare alla porta.
Un’ondata di valigie la travolse, e con gioia lacrimosa vidi che le valigie erano mie e che Hermione ci era quasi morta sotto. Tale padrona tali cose, giusto?
“Queste sono della signora.” ringhiò il Medimago esausto sepolto lì dietro. “Insieme ad un’altra -per le sottane di Morgana! Un’altra!- Strillettera.”
La pace del San Mungo venne squarciata per qualcosa come la centesima volta nel giro di un’ora: la mia signora e padrona di casa, aspirante cantante d’opera caduta in disgrazia, non aveva proprio una vocina da uccellino. Diciamo piuttosto da troll ubriaco.
“Signoriiina Skeeter, ci ho ripensaaato. Se ne deeeeve andare oooggi da casa miiia. c’è un inquiliiino pagaaaante che si è fatto avaaaanti. Per quel che la riguaaarda si trooovi un altro poooosto! Addioooo!”
Osservai la carta incenerirsi e sporcare il mio lindissimo lenzuolo e guardai Hermione. “Eh?” riuscii a dire.
Lei non sapeva più da che parte guardare, quindi si fissò i piedi, pardon, le ciabattine fashion. “Ecco... era la cattiva notizia. Ma non temere” disse “ho la soluzione!”
Qualcosa nel mio cervello mi avvertì del pericolo, ma il mio livello di allarme si era abbassato di botto dopo gli avvenimenti delle ultime cinque ore. Ormai un terremoto e un bigodino perso mi scuotevano allo stesso modo. Bè, forse una lacrimuccia per il bigodino... ma comunque ero una donna di ghiaccio.
“Sentiamo questo guizzo di genialità, allora.” dissi poco convinta rimirandomi le unghie. La mia sufficienza non spaventò miss Perfettini, assolutamente sicura di sè e (ma perchè?) talmente sorridente e luminosa da sembrare un lampadario. Mi piantò gli occhi addosso, esigendo la mia attenzione.
“Io avevo pensato, ecco...” fece una pausa teatrale “vuoi venire a vivere da me?”

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Capitolo 4
*** Un infausto inizio (permettetemi la citazione) ***



Mi guardai intorno spaventata. Niente si muoveva, eppure io sapevo che lui ci doveva essere. E anche vicino. Girai la testa, e lo vidi. Sentii brividi di sudore freddo corrermi giù per la schiena. Era lì, era a due passi da me... che si avvicinava, si avvicinava...
“Aaaaah! Un mostro!” urlai a pieni polmoni. Hermione mollò per terra una borsa e scattò verso di me. “Cosa e dove“  chiese pazientemente.
“Un cerbero a sei zampe! E’ vicino a te... è... è... Lì!” dissi indicandolo con un dito dallo sgabello tremulo dove mi ero rifugiata. Lo sguardo gelato di Hermione passò per il tappeto, sgusciò sotto il tavolino e arrivò fino al punto di parquet indicato dal mio dito, ma non individuò nulla. “Se è uno scherzo non è per niente divertente.” disse a denti stretti.
“Ma come fai a non vederlo, Santo cielo? E’ uno scarafaggio immenso! Enorme!” Che Mademoiselle Noia fosse cieca era una cosa che cominciavo a dare per scontata, ormai. Da quando ero arrivata avevo visto due cimici, tre ragni e uno scarafaggio che alla signorina erano totalmente sfuggiti. Ed ero a casa sua da solo due ore.
Alzò gli occhi al cielo e lo fece scomparire con un gesto insofferente della bacchetta.
“Dopo questo shock mi ci vorrà come minimo un'Acquaviola per riprendermi.” mormorai “sistema tu i bagagli.”
“Cosa?” sbottò madame Perfettini. “Avevamo detto che te li saresti sistemati tu!”
“Sì, ma l’avevamo deciso prima dell’attacco dal Microcosmo. Ora sono proprio sfinita” e per certificare quanto detto mi buttai sulla prima poltrona disponibile, fingendo di addormentarmi di colpo. La sentii minacciare di morte qualcosa o qualcuno, ma non mi mossi di un millimetro, ridendo sotto i baffi.
Tutto sommato potevo anche cominciare a divertirmi a stare lì.

Riuscii a farle sistemare non solo i bagagli, ma anche l’arredamento della mia camera, uno stanzino claustrofobico ma in compenso esente da insetti, esattamente come volevo. La signorina poteva avere tutta la tenacia e la testardaggine di questo mondo, ma io ero una manipolatrice nata e con anni d’esperienza. Scoprii ben presto che il punto debole della mia coinquilina era la troppa gentilezza e la pietà verso i derelitti, cosa facilmente sfruttabile; difatti quel pomeriggio mi vennero una sciatica, un’ernia del disco, due emicranie, un attacco di panico (motivo per cui mi rifugia in un angolo dondolandomi avanti e indietro rifiutandomi si muovermi per un’ora), un colpo della strega, un halzeimer temporaneo, un’allergia alle fragole sulla carta da parati e qualche svenimento.
In pratica non mossi un dito e venni servita e riverita da madamoiselle Perfettini, che a ogni mio malanno si produceva in una fedelissima imitazione della locomotiva di King Cross alla partenza. Ma dopotutto, che poteva farci? Ero una povera, derelitta e convincetissima convalescente.

Ore dopo Hermione era sulla porta, sfinita, e mi stava dando le ultime, imprevedibili direttive “Niente sconosciuti, niente venditori e in generale nessuno che non conosca devono oltrepassare questa soglia. Chiaro?” a quanto pare le sfuggiva di continuo la mia età, ma decisi di soprassedere.
“Chiaro.” risposi, annuendo come una bambina di cinque anni “Non preoccuparti! E... per la cena...” le feci l’occhiolino “ci sarà qualcosa di speciale.”
Chiuse la porta sospirando, ma feci in tempo a vederla fiondarsi giù per le scale. Quando fui sicura che fosse arrivata in fondo, aprii di nuovo la porta e la chiamai. “Hermioooone! Ho dimenticato di dirti una cosa!”
Oh, il piacere di vederla arrivare rossa e ansante... bè, mica era colpa mia se abitava al tredicesimo piano, no? Si appoggiò alla ringhiera come se fosse il suo unico sostegno, mentre io la guardavo gongolante “Già che vai fuori, mi prenderesti due rotoli di pergamena e una boccetta d’inchiostro verde? Ne ho bisogno per i cruciverba...” dissi esibendo i miei dentini in uno smagliante sorriso.
Mi fulminò “No”, poi si Smaterializzò direttamente al Ministero. Perchè accidenti non l’aveva fatto prima? Mi ripromisi di chiederglielo.
Decisi di sistemare per prima cosa la questione della cena, che sarebbe stata un capolavoro assoluto grazie al mio piccolo segretuccio.
No, non ero nè sono una cuoca provetta, non ho mai imparato a cucinare e ne vado fiera. Cosa credete? Io ero una star, il che voleva dire ristoranti, bistrot, al peggio il Paiolo Magico, intesi? E poi le mie manine d’oro non si sarebbero mai rovinate per dello stupido cibo.
Il mio asso nella manica si chiamava... “Tinky!”
Un’ elfa domestica piccola e raggrinzita fece il suo ingresso nella stanza con il solito “Crack” elfico da cardiopalma.
“Posso essere utile alla signorina?” chiese “Padrona vuole che compri Fashion Gazzette? O altro Veritaserum? Elfo di commerciante ha detto che è in offerta, e per lei fanno sempre buoni prezzi, sa... e poi loro offrire sempre Idromele a Tinky, e Tinky...”
“Adora l’Idromele, lo so!”
Tinky era la mia ricettatrice personale: manteneva tutti i miei contatti con i negozianti di Nocturn Alley, specialmente con l’ex-Magie Sinister, e con i miei informatori. Chi di dovere la conosceva, e dava a lei informazioni e pozioni che avrei poi usato io. Così  non facevo fatica e non frequentavo posti poco raccomandabili. Semplice e geniale, no?
L’unico effetto collaterale era che il tanto andare fuori aveva modificato la sua natura obbediente e sottomessa: era bugiarda e sfacciata, inoltre l’ambiente di Nocturn Alley l’aveva trasformata in una mezza malvivente.
A modo mio l’adoravo.
La mia piccola spia saltuariamente mi preparava da mangiare; ecco quindi perchè mi serviva.
“Oggi no, Tinky. Devi preparami una cena, e quando dico cena intendo una meraviglia culinaria. Niente schifezze dietetiche o veloci. Usa tutto quello che trovi, chiaro? E. Stai. Alla. Larga. Da. Me. Ho da fare.” feci per andarmene lasciandola sola in cucina, ma presi un’ulteriore precauzione “sono ospite di una ragazza bassa, con un cespuglio in testa e un’espressione da mastino sulla faccia.”
Alzò una manina per fermarmi.
“Stiamo parlando di strega o di goblin?”
“Bella domanda. Credo sia una strega. Comunque non deve sapere che ci sei. Chiaro?”
“Sì, padrona.” annuì “No problemo.”
Bene, a quel punto rimanevo sola soletta nella casa del nemico, con tante, troppe possibilità piacevoli davanti. Mi inebriava il fatto che avrei potuto scavare nell’esistenza personale di miss Perfettini, quella vita che lei mi aveva negato durante l’intervista. Ma non era solo la vendetta o la curiosità che mi avevano indotto ad accettare di vivere da lei, scherziamo: lo scopo era ben più alto e nobile.
Quando mi aveva fatto quella proposta assurda non ero quasi riuscita a risponderle dalla gioia. Perchè vedete, io ero una giornalista, dopotutto. Precisamente, una riportatrice artistica di eventi e fatti riguardanti la mondanità. Ma solo nell’occasione in cui avevo avuto il piacere di scrivere biografia di Silente mi ero accorta di cosa volesse dire scrivere in libertà, senza stupidi vincoli di pubblicazione o linee da seguire.
E quel libro sarebbe stato una bomba, ve lo dico io, anzi lo era stato, prima che Potter salvasse il mondo senza che io e le mie vendite stratosferiche gliel’avessimo chiesto.
Comunque, il risultato dell’esperimento era stato chiaro: i segreti di un personaggio famoso vendevano come il pane. E ora mi trovavo a casa di uno dei Ministri più interessanti del momento, che nascondeva chissà quali scabrosi fattacci dietro una reputazione di impeccabile secchiona senza macchia e senza paura.
E mica una a caso, macchè, la mocciosetta più insopportabile del creato dal punto di vista  dell’estetica e di Rita Skeeter.
Non era mica facile trattenersi dal darsi alla pazza gioia, eppure lo feci. Andai in soggiorno con calma, mi sedetti sul sofà. “Sei mio!” esclamai infine alla stanza vuota.

“Maoo!” rispose una poltrona del salotto. Rita girò la testa da una parte e dall’altra, col cuore che batteva. “C’è... c’è qualcuno?’” chiese con voce alterata. Sentì dei passi leggeri correre sull’impiantito. “Vieni fuori! Immediatamente! Vieni fuori se hai il coraggio!” strillò cominciando a girare su se stessa.
Un fremito scosse le tende, ma niente apparve.
“Cosa sei, un fantasma? Esci! Fatti vedere!”
La luce illuminò ancora per un attimo la vista della donna; poi tutto divenne buio.
E soffocante.
E... morbido.
Taglienti e affilate unghiette le passarono sulla faccia mentre lei correva alla cieca urlando come un’ossessa da una parte all’altra del salotto, urtando tutto ciò che si trovava sul suo cammino, e cercando di togliersi il cuscino semovente dalla testa.
“Aiuto! Un mostro! Mi sta uccidendo! Aiuuuuuutooooo!” inciampò a terra, e la scomoda sciarpa di pelo le si staccò di dosso puntando un’ultima volta gli artigli. Furibonda si passò una mano sulla faccia, cercando di rialzarsi.
E fu quando riuscì a portare la testa a venti centimetri d’altezza che lo vide del tutto.
Grosso come una civetta e probabilmente in grado di mangiarsene una, arancione e con due piccoli occhi demoniaci. Il tutto condito da un’espressione arrogante di sufficienza.
“Infornare a 180° e servire caldo. Ottimo per sfamare una famiglia di sei persone per un anno”, pensò la giornalista fulminandolo. Si erse davanti a lui, con l’espressione di furia più totale sul viso graffiato e raggrinzito causa piccola caduta di lifting.
“Tu!” sibilò “Ammasso di trucioli di carota tirati a lucido! Sottospecie di palla di lana gravemente danneggiata da ripetute cadute dal sesto piano! Conoscerai la peggiore arma inventata dall’uomo!”
Materializzò una scopa e la afferrò, sogghignando. “La caccia è aperta!”

Qualche inseguimento dopo vendetta era compiuta. Quel coso che si spacciava per felino stava facendo amicizia con scope e stracci, chiuso in uno sgabuzzino a doppia mandata, e io stavo finalmente per aprire il primo cassetto del salotto, quando...
“Sono a casa, Rita.”
Mi venne da piangere. “Già qui, mia cara?” modulai, desiderando vederla sparire sottoterra. Decisi che quel gatto era il suo antifurto: era l‘unica spiegazione plausibile per quella precisione. Dico, avevo appena finito di ingabbiare il demonio e subito dopo era arrivata lei, allegra e con un’aria divertita. Possibile? La guardai con occhi nuovi: aveva davvero trovato il modo di vendicarsi della mia infermità?
“Vedo che stai meglio” commentò infatti sarcastica. Un miagolio pietoso si levò dallo sgabuzzino, e mi guardò. “Hai conosciuto Grattastinchi, per caso?”
“Chi, scusa?” chiesi con innocenza.
Miss Perfettini sbuffò e aprì la porta dello stanzino, da cui rotolò fuori un ammasso indefinito di stoffa e pelo rosso. “Lui” ringhiò prendendolo in braccio.
“Ma che grazioso micetto! Tuo?” dissi accarezzandolo. Manco a dirlo, la reincarnazione con la coda del Barone Sanguinario cercò di staccarmi una mano.
“Un po’ aggressivo, non trovi?” mormorai tastando le dita scampate alla mutilazione.
“Oh, per me è adorabile. E’ così giocherellone!” disse accarezzandolo. Lui fece le fusa. Capii all’istante perchè andavano d’accordo.
Ignorai diplomaticamente la sua cecità di padrona per condurla nel territorio neutro: la cucina. Lì mi aspettava una delle poche cose positive della giornata, ovvero la cena.
Il primo consisteva in un meraviglioso, anzi, sublime, anzi, indescrivibile pasticcio di rognone, che troneggiava fumante sui piatti e sembrava dire: “Mangiami, honey!” Se non che notai un’espressione costernata e mortificata sul volto della mia ospite, che balbettò qualcosa sedendosi.
Ignorala!, disse il mio stomaco. E io ignorai.
Misi mano alla forchetta e mi tuffai sul primo boccone, poi sul secondo e sul terzo, mentre Hermione sembrava sempre più imbarazzata e non toccava niente.
“Tutto bene?”
“Sì” disse rinchiudendosi nel mutismo.
Altro minuto di silenzio.
“Perchè non mangi?”
Mi guardò acida. ”Rita, io sono vegetariana.”
“Il che vuol dire... vuol dire...”
“Che non mangio nessun animale. La carne che hai trovato in casa è per Grattastinchi. Ma sta tranquilla, è carne normale, voglio dire, non gli do’ più quella schifezza da gatti da secoli ormai, aveva tanti di quei conservanti e additivi da far paura, però io non ce la faccio, ecco, mi sembra ingiusto capisci, a me sono sempre piaciuti gli animali...”
Allora, fermi tutti.
La carne del gatto?
Io stavo mangiando la carne di quel peluche mal riuscito??
Guardai con odio Tinky, mimetizzata dietro un portafrutta, addormentata pacificamente, impunibile (per allora), e poi la svitata davanti a me, che parlava di una cosa che i Babbani chiamavano Tofu.
Non reagii alle sue chiacchere, ma fu un errore enorme non ascoltarla. Vidi il mio pasticcio trasfigurarsi in tanti cubetti bianchi.
“Buon appetito!” cinguettò Hermione, scambiando il mio orrore per curiosità scientifica. L’ho già detto che è irrimediabilmente cieca?
“Perfettini, stai scherzando?”
“No, questo è il tofu, Rita. A casa mia si mangia così, che i piaccia o no.”
Un silenzio teso si instaurò fra il rumore delle forchette.
“Ma tanto muoiono lo stesso!” scoppia infine io. “Forse hai paura di mangiarti il tuo dannato gatto col prosciutto?”
“Tu non capisci.” rispose lei decisa “Gli animali hanno diritto di vivere come noi! Come ti sentiresti se l’unico scopo della tua vita fosse essere mangiata e digerita? ”
Alzai gli occhi al cielo, sospirando. “Andiamo! Hanno cibo assicurato e negli allevamenti si fanno amici che durano una vita... ben più di quello che hanno gli esseri umani, se ci pensi bene.”  
Fece una smorfia di disgusto al mio ragionamento, come se avessi appena detto la cosa più malvagia del mondo. Poi mi puntò il dito contro “Un giorno o l’altro ti farò venire alle mie riunioni, Rita, e allora capirai.”
“Cos’è, una minaccia? Perchè allora caschi male.” ringhiai protendendomi verso di lei.
Un’ insopportabile espressione di superiorità fece capolino sul suo viso da sotto la rabbia. “E’ solo una proposta molto obbligante.”
Nonostante le scintille d’elettricità che passavano fra noi, alla fine della serata ci demmo la buonanotte come due persone civili. L’inizio della nostra convivenza era stato segnato.


***
Scusate se questa volta non è Rita a scrivere, ma è molto impegnata al momento. Ha appena scoperto che ho una gatta anch'io.
Ultimamente è un po' nervosa perchè dice che non avrà più pubblico, che vuole recensioni su recensioni, e io non so più che dirle. Datemi una mano, please. O, in alternativa, consigliatemi un buon sedativo per cavalli.
Vi ringrazio.
Scusatemi ma vado, ho appena sentito un miagolio dal bagno seguito da uno scroscio di sciaquone... alla prossima.

Vostra Scribacchina

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Capitolo 5
*** Dove le cose cominciano a girare (bene) ***


Nella settimana seguente ebbi alcune delle gioie più alte che una cacciatrice di informazioni potesse avere: mi infilai, senza neppure chiederlo, nella vita privata del famoso ministro Hermione Jane Granger.
Che si riassumeva in poche, incisive parole: una palla mortale.
Stralavorava per il Ministero, e in più si occupava di cosa ridicole come la salvezza di Elfi domestici e altre ributtanti creature; scoprii che anni prima aveva fondato una società chiamata C.R.E.P.A., finchè ancora frequentava la povera Hogwarts, che si era dovuta sciroppare la sua delirante propaganda. Tinky mi procurò la testimonianza di elfi scandalizzati che la ricordavano, la ricordavano eccome. Per loro testuali parole ”... la signorina obbligava noi elfi a libertà! Obbligava, capite? Ma noi sempre rimasti fedeli a scuola! Noi... noi sempre! Tu dire a signora giornalista... tu dire, vero?” le aveva chiesto ansioso il poveretto.
“Mmmssì, può darsi...” aveva flautato la mia prediletta “avete mica un succo di zucca fresco? Con ghiaccio. E non metterci troppo.” aveva poi aggiunto in direzione dell’elfo che era scattato al suo ordine.
Se il libro procedeva a gonfie vele, non potevo dire lo stesso della mia vita. Vivere da quella pazza mi privava delle energie, dato che litigavamo per tutto. Dopo la discussione sul cibo, motivo per cui indossava in casa una maglietta con scritto “assassina”, ce n’erano state molte, molte altre. Le poche volte in cui ci vedevamo ci lanciavamo un continuo di frecciatine velenose, ma alla fine trovò il modo di farmi stare zitta per sempre.
Mi presentò un essere fantastico. Ciò che lei chiamava televisione, per gli amici (cioè sei miliardi e mezzo di babbani e me) tv.
“Ehm, sono sicura che ho di meglio da fare che guardare questa sca...” avevo pronunciato prima che Miss Perfettini mi tappasse la bocca accendendola. Subito si era diffusa per la stanza la voce drammatica di un uomo in impermeabile, abbracciato ad una donna.
“Ma io ti amo, Mary!”
“Anch’io, caro, anch’io!”
E si erano divorati di baci  sotto la luna.
Il mio stomaco si era rivoltato “Ma sono sempre così realistici o io sono fortunata?”
Poi però la donna aveva salutato il tipo e aveva sorriso nell’ombra: pochi minuti dopo eccola fra le braccia di un altro.
“Ti amo, Mary!”
“Anch’io, caro, anch’io!”
“Bè, se le cose stanno così...” avevo esclamato saltando sul divano “passami quei pop-corn!”
Comunque Perfettini non aveva vita sociale.
Faceva riunioni misteriose e tornava tardi, questo sì; ma di party, cocktail fuori o serate neanche a proporre.
Tuttavia c’era il suo ragazzo, che ogni tanto forniva la gioia di una compagnia pseudo umana, Il fidanzato di Miss Perfettini era una creatura in perenne conflitto con il padrone di casa (il gatto) e che per il resto si rotolava beato e beota nel suo elemento: l’imbecillità.
Non c’era cretinata, idiozia o goffaggine che Ronald Weasley non avesse commesso, o, in ogni caso, che non potesse commettere. Era inoltre nevrastenico, geloso, con gravi crisi di irragionevolezza del tipo:” Hermione, molla tutto: andiamo in vacanza!” Inutile spiegargli che era novembre e non giugno: non riusciva  assolutamente a vedere la differenza.
Questo interessante personaggio aveva reagito alla mia presenza esattamente come avrebbe fatto un venditore a Nocturn Alley: agitandosi e strepitando per attirare l’attenzione.
“Ti devo ricordare io chi è? Questa è quella che si è inventata di te e Krum!” aveva strillato infatti.
“Mi dispiace dirtelo ma era tutto vero, carino!” me ne ero uscita io, serafica.
“E di te e Harry!” aveva continuato ignorandomi.
“Sì, bè... in effetti l’unico con cui non non avrei mai pensato di metterla insieme eri proprio tu... e non solo perchè la cosa non avrebbe fatto notizia, a dirla tutta.”
“Cosa sta insinuando, vecchia strega?”
“Niente, ovviamente” faccina innocente “perchè, tu come l’avevi inteso?”
“Rita...” Mademoiselle era tardiva nell’intervenire quando lo stuzzicavo, chissà perchè.
Comunque tormentarlo era un piacere minimo, che consumavo nell’attesa di uno più grande. Da qualche giorno avevo mandato Tinky da alcuni colleghi giornalisti pre-Lux, e aspettavo con impazienza che mi desse loro notizie, cosa non facile perchè erano andati tutti in giro per il mondo.
Perchè li cercavo, dite?
Perchè nella mia povera, ingenua testolina io credevo che non mi avrebbero mai rifiutato il loro appoggio una volta che avessero capito la biografia che avevo per le mani.
E invece.
Era una giornata piena di freddo e di nebbia, una giornata tipica della Londra monotona che rassicurava la routine di quei poveri idioti non magici e dei maghi. Le vibrazioni negative del cosmo, aiutate da un influsso nefasto degli astri e dallo scarico intasato di Mademoiselle, mi avrebbero dovuto far capire che qualcosa di cupo s’avvicinava. Ma io, pacificamente cieca davanti al fato, stavo come al solito guardando le mie sit-com mattutine mangiucchiando (sigh) crusca in salotto.
“... Mary, cosa vuol dire che fra noi ci sono troppe differenze?”
“Me ne sono accorta quando tu hai ordinato i profiteroles e io la creme brulée... certe cose non sfuggono allo sguardo di una donna.”
“Sì, e neanche la differenza dei conti banca fra i due dev’essere passata inosservata davanti a quegli occhi!” mugolai io.
Proprio quando Jack stava per dimostrarle il suo amore uccidendo il rivale e Mary si stava mangiando le mani Tinky fece uno spettacolare ingresso producendosi in una capriola con doppio avvitamento carpiato a mezzo giro.
“Spostati che non ci vedo!” strillai contrariata.
Tinky fece una smorfia e spense il televisore, incurante delle mie proteste. “Tu non guardare Tinky, tu no guardare niente! E Tinky no dire te cosa ha scoperto.”
Sapevo che le sue non erano vane minacce; quel cuore di pietra sapeva benissimo come trattare con me. “Sì, Tinky, un’entrata meravigliosa.”
Mi squadrò con un sorrisetto “Tutto qui?”
“Sei stata fantastica oltre ogni umana immaginazione. Dovrebbero darti un premio” sbuffai “E adesso vedi di darci un taglio con il vittimismo e parla”
“Io avere fatto quello che padrona avere chiesto. Io avere parlato con tutti i giornalisti e loro avere ascoltato.” Fece una pausa d’effetto.
“E...?” chiesi con impazienza a quel demonietto.
“Loro avere riso in faccia a Tinky. Loro avere detto che essere impossibile per padrona pubblicare ancora. Loro avere solo detto verità, padrona. Anche Tinky pensare così. Padrona fare meglio a stare buona a Gazzetta, dove ha lavoro. E se padrona avere lavoro potere vivere e Tinky potere riempirsi stomaco.” aggiunse come ultima velata osservazione.
La guardai con sospetto. Aveva fatto tutto il suo discorsetto di fila, lasciandomi una strana sensazione di imparato a memoria. La fissai negli occhi e lei distolse lo sguardo, commentando i quadretti alle pareti del salotto “Dovremo prenderli anche per casa nostra, ah ma noi non avere più casa, cosa faremo, padrona deve pensare a casa nuova, sìsì...”
La gelai con un’occhiata.
“Tinky.”
“E magari un appartamento a Diagon Alley, avere sentito di offerte molto buone in questi giorni...”
“Tinky.” le diedi l’ultima occasione prima di obbligarla.
“Tendine essere meglio verdi, vero? A padrona piace tanto verde...”
“Dimmi cosa mi stai nascondendo.”
La vidi fare una smorfia e contorcere quel brutto viso da patata che aveva, ma fu tutto inutile.
In genere non le davo ordini, perchè sapevo che non era una mossa saggia. Chiederle qualcosa per piacere voleva dire essere serviti meglio, e poi lei adorava svolgere la sua routine a Nocturn Alley.
“Tinky avere incontrato Digby Stuart in Paiolo Magico e avere spiegato di follia di padrona. Lui avere riso  con me, ma uomo di tavola a fianco no. Lui avere guardato Tinky e avere chiesto chi era padrona.”
“E tu gliel’hai anche detto, piccola scimunita?” urlai. Fantastico, ora un perfetto sconosciuto sapeva dei miei piani.
“Lui avere offerto a Tinky Burrobirra.” si scusò lei, con gli occhioni per terra. “E poi lui non essere stato cattivo. Lui volere parlare con padrona di progetto martedì alle sette. Ha detto al Paiolo magico.”
“Yuppiiiiii!” urlai, cominciando a saltare per la stanza “Brava, mia perfida piccola creatura! Tu avere fatto ottimo lavoro, ehm, cioè, tu hai fatto un ottimo lavoro!” cominciai a canticchiare preparandomi un cocktail per festeggiare (analcolico, purtroppo “L’alcool fa male alla tua età!” mi aveva ricordato Madame).
Tinky mi guardò implorante. “Padrona, non vada! Tu potere fare meglio. Questo essere suicidio!”
Ma io non l’ascoltavo. In un raptus di euforia presi in braccio il Mostro che passava di là a chiappe alte e lo abbracciai “Oggi Rita ti vuole bene, pelosone!”
Quando Hermione tornò mi stavo disinfettando i graffi.
“Ancora?” chiese esasperata.
“E per sempre” dissi, indicando lo sgabuzzino miagolante “ancora e per sempre.”

In quei giorni stesi una bozza del libro, alternando ricariche di caffè a strapazzate al gatto, ovvero ciò che mi garantiva un po’ di paradiso terrestre.
A Hermione dissi che scrivevo una lettera di scuse a Dedalus. “Ok” fu il suo unico commento.
Avevamo smesso di litigare; nè io nè lei ne avevamo voglia, ed eravamo arrivate a una sorta di apatia. Ogni tanto la incrociavo in salotto, stravaccata sul divano liso con una pila di fedeli documenti al fianco e una tazza di tè sul tavolino, e facevo scommesse con Tinky su quando le sarebbero crollati i nervi.
Per ora io le davo dieci giorni prima di una crisi isterica, mentre la mia aiutante puntava sugli undici e mezzo “Sempre che il gatto non vada in calore di nuovo” precisò.
Come me, anche lei trovava insopportabile il padrone di casa, e più di una volta l’avevo vista sorridere malevola mettendo del peperoncino nei suoi preziosissimi ed equilibrati pasti.
Comunque era innegabile che Hermione non ce la potesse fare ancora per molto. Il suo fidanzato, da me ribattezzato Rosso, veniva sempre più di rado, e ogni volta che arrivava la sua dolce metà andava in ansia.
“Ron, non ho finito ancora di stendere il programma della riunione...”
“Un secondo solo tesoro, leggo quest’ultimo paragrafo e arrivo.”
“Amore, un attimo, accidenti! Qui stiamo parlando di goblin senza casa!”
“Se le distruggono da soli le case, miseriaccia!” urlò lui in quel caso “E gli va benissimo così! Vieni o vado con qualcun altro!”
“Qualcun altro come chi?” gli aveva risposto di rimando lei uscendo come una furia dalla sua stanza. In tempi normali Rosso sarebbe stato zitto e l’avrebbe baciata (con mio grandissimo disgusto) per calmarla, ma quella sera era più cretino del solito.
“Qualcun altro come Lavanda Brown.” aveva detto gongolando. Non sapevo chi fosse, ma dal tono e dalla faccia di Mademoiselle capii che si trattava di una ex. Uomini del genere non dovrebbero poter avere ex da tirare fuori in causa, se ci pensate. Se ne sanno solo vantare, esattamente come faceva Rosso, e non si rendono conto dei pericoli che corrono nominandole a belve come Hermione Granger.  
“Sei patetico, Ron.”
Era tornata in camera sbattendo la porta.
Rosso aveva fatto la faccia di chi manda giù una pianta di limoni con tutte le foglie ed era corso a scusarsi, inutilmente.
“Dannazione, se l’è presa davvero!” mormorò a nessuno in particolare.
“Ma no, figurati... è solo che ti ama e non sa come dirlo” ironizzai io.
Spaesato dalla mia presenza, dopo avermi focalizzato chiese, speranzoso  “Davvero?”
“Davvero. Quando le chiederai di sposarla come minimo ti vorrà morto.”
Diventò tutto rosso (di quando in quando aveva questi attacchi di originalità) e infilò la porta.
Tinky uscì dal suo nascondiglio (ormai conosceva quella casa meglio dei proprietari) e mi venne vicina.
“Ok, padrona. Facciamo otto giorni.”

***
Otto giorni! Ah! Otto giorni! Quanto ottimismo. I nervi di Madame erano crollati il  giorno in cui era nata. Credete che esageri? Forse, comunque l''ultima volta che ho visto camera mia era piena di pecore. Ma è successo prima di.... e questo cos'è?

Scusate, ma Rita ha "casualmente" appena scoperto i libri di Lemony Snicket che girellano per casa mia, e così non ha potuto spiattellarvi tutta la trama. Sono davvero mortificata.
Ringrazio Sophonisba, Seiryu e Ferao. Almeno so che la tirannia serve a qualcosa, vi ringrazio.
Ultima nota: se avete viveri che non sapete dove mettere, c'è un gufo qui che  non vede l'ora di farsi un giretto. Forse anche perchè non è molto divertente vivere in una torre circondata da un fossato pieno di squali... ma non ci giurerei.
A presto (spero)
 Scribacchina
 

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Capitolo 6
*** Salto nel buio (senza lampadine) ***



Lunedì decisi da andare al solito incontro con lo psicologo, dato che Hermione si era trincerata in camera e io avevo bisogno di parlare con qualcuno. “Io esco!” cinguettai sulla soglia. Dalla sua camera non venne che un rantolo. Ma bene...

Il dottore non sembrò preoccupato delle mie condizioni fisiche, e l’unica cosa che disse quando seppe dove abitavo al momento fu “Ah”, guardandomi oltre gli occhialini che scivolavano di continuo sul suo grasso naso.
“... capisce, tofu!” esclamai poggiandomi una mano sulla fronte “Tuttavia sto provando a sopravvivere. L’unico problema reale è il padrone di casa.”
“Non capisce la sua femminilità inespressa?”
“La mia... Insinua forse che sono poco femminile?”
“No, signorina, solo che una donna in genere mostra gratitudine per chi l’aiuta.” sorrise con innocenza.
“E un uomo in genere non dice ad una donna quello che deve fare. Potremmo parlare anche della sua mascolinità frustrata, se vuole...”
“Nessun dubbio sul perchè non sia sposata” sentenziò astiosamente pulendosi la fronte con un fazzoletto “Allora, questo padrone di casa?”
“Ci odiamo. Finora mi sono limitata a rinchiuderlo negli armadi o nello sgabuzzino, ma ho la sensazione che questo non basti più. Non sono più soddisfatta come le prime volte.” guardai il soffitto a rombi con il cuore in mano “Cosa mi consiglia, dottore?”
Silenzio.
“Dottore...?” dissi girandomi.
Beccai il mio adorato Medimago con un piede a mezz’aria fuori dalla porta. “Dottore! Torni qui immediatamente!” urlai severa.
“Fossi matto” rispose lui “Cosa dovrei dirle? Di rinchiudere un pover’uomo nel forno?”
“Uomo...? Ah, ora capisco la fuga indegna. Oh, bè, veramente sarebbe un gatto...” portai un dito alle labbra con aria pensosa “Però, il forno... mica male! Non ci avevo ancora pensato.”
“Un gatto?” si avvicinò con cautela alla scrivania  “Se non ha altri deliri da sottopormi, io avrei bisogno di un caffè...” disse voltandosi verso l’uscita. L’ampio giro vita ondeggiò di desiderio.
“Ho ancora una domanda, dottore.” Mi guardò implorante “Le prenderò solo un secondo!”
“E va bene” sbuffò.
“Mettiamo che lei abbia un progetto grandioso da realizzare, che so, perdere settanta chili,” (ringhiò sommessamente)  “ma nessuno le dia i mezzi per portarlo a termine. Lei sarebbe disperato, giusto?” (annuì poco convinto) “Ma mettiamo caso che all’improvviso uno sconosciuto arrivi e ne voglia parlare con lei per metterlo in atto.”
“Vuole chiedermi se mi fiderei?” tagliò corto.
“No” risposi stupita “veramente volevo chiederle se è meglio arrivare tardi per fare il personaggio importante o mandare alle ortiche l’orgoglio arrivando puntuali. Perchè, vede...”
Un botto sul pavimento mi avvertì che il dottore era svenuto. “Grazie tante” sbottai. Poi però sorrisi “Oh bè, in queste condizioni non può certo prendere il suo onorario, non è vero? Sarà per la prossima volta. Arrivederci!”  e dopo averlo scavalcato uscii.

Il giorno dopo Madame languiva ancora a letto. Mi affacciai alla sua porta per informarmi sul suo stato di vita, ma tutto quello che ottenni fu un trattato dei suoi sintomi e la preghiera di un brodino. “Di pollo, vero?” Vidi le coperte rigirarsi agonizzanti.
“Non urlare, per Merlino! No, nessun pollo deve morire per curarmi. Andrà benissimo un brodino vegetale” sussurrò.
Uscita da quella stanzetta buia e caldissima mi ero rivolta a Tinky. “Tu sei un elfo domestico, giusto?”
“Right, padrona.”
“Cosa daresti ad un malato per farlo rivivere?”
“Brodo di pollo.”
“Allora la signorina delirava e noi prepareremo un brodo di pollo come si deve.” Mi guardò angosciata, poi ondeggiò il testone avanti e indietro con sconcerto.
“Si preoccupa, padrona... padrona si preoccupa per signorina Troll... Tinky si preoccupa per padrona... e nessuno si preoccupa di Tinky...” cantilenò il mostriciattolo entrando in cucina con la faccia a terra.

“Tinky, passami i cetrioli”
“Se posso esprimere mio parere...”
Le lanciai con un’occhiata affettuosa da sotto la maschera di bellezza “Ma certo che puoi. Scommetto che Peloso ascolterà estasiato le tue blateranti idee.”
Il mio accappatoio rosa tremò sotto la mia risatina. Tinky affettò una cipolla e mi osservò con una curiosa espressione di disperazione e rassegnazione prima di passarmi due freschi dischetti verdini. La cucina era piena degli effluvi del brodino di Tinky, che prometteva di resuscitare tutte le vittime di Peloso, e io girellavo in posa assaggiando le verdure e calcolando le dimensioni del forno.
“Secondo te ci sta il gatto qui?” chiesi a Tinky, ora impegnata a mescolare la sua creazione.
“Per gatto di signorina Troll servire due forni e una ghiacciaia, così passare per inferno come si deve quel gatto di...” e pronunciò un epiteto irripetibile che concerneva più o meno tutta la dinastia del felino.
“Tinky, modera quella lingua da scaricatore di salamandre. Bene, direi che così può andare” dissi pulendomi dalla maschera di bellezza.

Ero eccitata come una ragazzina per l’appuntamento col misterioso personaggio descritto da Tinky (a cui sarei arrivata in studiato ritardo), ed esattamente come quando ero un’adolescente trovavo che la parte migliore dell’uscire con qualcuno fosse la preparazione. Accostare vestiti e decidere il trucco, le scarpe... e poi, voilà! Uscire come una farfalla dal bozzolo per la gioia degli astanti.
Il resto della serata poteva essere un disastro, a causa di un accompagnatore magari noioso, giusto?
E invece, finchè non varcavo la porta della mia stanza e l’ennesimo brufoloso (sigh... Hogwarts non aveva molta scelta all’epoca) mi prendeva la mano, io mi sentivo una dea scesa in terra per due ore di svago. Ed esattamente come le dee mi divertivo a prendere in giro i poveri mortali, mi divertivo eccome... ricordo che con una mia compagna avevamo scritto una lista di ragazzi: gli ispiratori di sesso (una decina appena), i carini (un po’ di più) e gli inguardabili (cioè quasi tutta la scuola), e ogni sera sceglievamo in base a quella lista con chi uscire,  aggiornandola puntualmente al ritorno.
Finì tutto quando lei s’innamorò del conto in banca di un Corvonero. Da un giorno all’altro non la riconobbi più: si preoccupava della salute degli affari della famiglia di lui, non usciva con più di due ragazzi alla volta, beveva e mangiava solo champagne e caviale per abituarsi (smise quando le venne la diarrea, per fortuna) e nel tempo libero studiava il manuale della “Vedova Allegra”.
Io le ridevo in faccia “Sposarsi” sentenziavo “e’ un ottimo modo di finire in prigione senza gloria.”
“Sposarsi sì, mia cara, ma sposarsi con un ricco è una acuta strategia di sopravvivenza” rispondeva lei aggiustandosi il diamante  sull’anello “ Sei solo invidiosa. Ci rivediamo fra qualche anno, tesoro”
Ora lei era una signora di famiglia che sprecava venti paia di calze al giorno per badare ai suoi marmocchi, e io una giornalista famosa che come massimo divertimento torturava un ammasso di pelo.
Tuttavia la mia vita stava per migliorare notevolmente nel giro di poche ore.
Alla facciaccia tua, Amanda Princeton!

Infilai i miei adorati tacchi dodici rossi, frutto di un appostamento fuori dal negozio prima dei saldi di primavera, e chiusi la lampo di un abito bordeaux scollato ma non troppo.
Un fischio alle mie spalle combaciò con il mio giudizio “Finalmente capisci la mia bellezza, insignificante elfa egocentrica!”
“Veramente quella era la pentola a pressione, capo” ridacchiò “Gli anni in cui si fischiava a padrona sono passati da un decennio... o anche due...”  
Con irreprensibile aplomb le scagliai contro un mestolo o anche due, che schivò per un soffio.
"Augurati di tornarmi utile nel futuro prossimo, Tinky" ringhiai "perchè stai cominciando a darmi sui nervi!"

Mi sentivo piena di determinazione mentre calpestavo i ciottoli di Diagon Alley, baciata dal sole (sì, insomma... non pioveva) e dalla sicurezza che d’ora in avanti i miei guai sarebbero spariti in un batter d’occhio. Questa sensazione di onnipotenza, una volta totale e sempre presente e ora provata da terribili avvenimenti specie felini, scemò poco alla volta sommersa dai dubbi. E se il mio salvatore fosse stato un inviato di Miss Perfettini? O un amico di Dedalus Lux? Avrebbero avuto il sadismo necessario per infierire su una povera giornalista indifesa?
Panico!!
Arrivata davanti al Paiolo Magico tutto quello che volevo fare era dietrofront. Mi fermai indecisa sulla soglia, preda di un’insicurezza in cui non mi riconoscevo. La Rita buona e la Rita cattiva stavano disputando l’interessante questione, ma purtroppo nessuna delle due fece in tempo a decidere per me. Una mano si posò non troppo gentilmente sulla mia spalla.
“Signorina Skeeter?” chiese una voce roca.
“Ci siamo” pensai. “Sì?” risposi girandomi per capire chi fosse. Non ci riuscii; prima che potessi anche solo dire qualcosa (tipo, “Come va?” o “Bella giornata, vero?” o “La prego, non mi faccia del male!”) mi trovai scaraventata in una Smaterializzazione congiunta che mi rivoltò tanto piacevolmente lo stomaco da lasciarmi a boccheggiare quando toccai terra. Mi guardai intorno.
Eravamo tanto vicini Paiolo Magico che vedevo il bar man preparare i cocktail.
“Tutta questa scena per tre decine di metri? Sono impressionata.” lo frecciai invelenita.
Lui rise, una risata cavernosa da Babbo Natale. O da Uomo nero, se preferite.  “La sicurezza non è mai troppa.”
Mi decisi finalmente a guardarlo.
Ovviamente la prima cosa che osservai furono i vestiti.
Indossava una veste scura da mago, cosa strana: ultimamente i maghi e le streghe avevano cominciato a considerare più comodi i vestiti babbani, e io stessa avevo una profonda venerazione per i tailleur. Una veste da mago, oltretutto lisa e vagamente scolorita come quella, dava l’idea di un rappresentante della vecchia scuola, cioè di un barbagianni appollaiato sulle tradizioni con cui avevo poco a che spartire.
Gli oscuri presagi dell’abbigliamento non vennero smentiti dalla faccia: un po’ rugosa ma abbronzata, con due occhi di un insolito color ambra completamente fuori posto: erano due pietre vive e inquisitrici che non appartenevano per niente ad un viso anziano.
Si accorse che lo stavo fissando, e non sorrise più. “Vuole entrare o preferisce che qualcuno la porti in braccio?” chiese bruscamente "Forse dovremmo sbrigarci."
Di fianco a noi una porta già aperta confermava le sue parole, e finalmente sconfissi l’indecisione. “Direi che possiamo andare, signor...?”
“Dopo, dopo” rispose spiccio indicando la porta con la mano. Lo sconosciuto restava sconosciuto, e così pure la sua casa; ma varcai la soglia senza altre esitazioni.

***
Sono spiacente, ma Rita è incollata da qualche giorno al televisore. Credo sia  causa di un certo video inviato da Seiryu (capirete leggendo la sua recensione U.U) io posso solo dirvi che la faccenda mi preoccupa.
Per la cronaca, Rita ha finito i miei libri di Lemony Snicket e mi vuole obbligare a cambiare il titolo della storia (di nuovo...), sostituendolo con un "Più fresco, più appropirato, più tragico,più tutto, Scribacchina" (parole sue) "Una serie di sfortunati eventi". Nel caso non riuscissi a spiegarle il significato di "plagio" e "denuncia a carico di Scribacchina", lo accettereste, o miei sostenitori morali?
Fatemi sapere.

Sempre vostra (e di Rita che mi ha sequestrata, ahimè)
Scribacchina

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Capitolo 7
*** Dove le cose si fanno un po' tragiche (mi dispiace) ***




L’entrata buia non prometteva bene, e sentivo il forte desiderio di scappare via a casa, ma il mago sconosciuto mi teneva stretta per un braccio. Non posso più tornare indietro, pensai.  Duecentotrentacinque dannatissimi scalini contati furono lisciati dai miei piedini agonizzanti senza che potessi farci niente.
“Aspetti un attimo” disse l’uomo una volta che fummo sul pianerottolo più in alto della casa (ma perchè quando si va a trovare qualcuno abita sempre e solo all’ultimo piano?? E non ci si può Smaterializzare, ovviamente, questione di fot... fortunata educazione).
Puntò la bacchetta sulla serratura, che scattò di colpo. Ebbene, si entrava finalmente! Senza aspettare oltre crollai sulla prima poltrona disponibile, gettando su un tavolo la giacca. Poco elegante ma necessario. “Aaaallora! Parliamone.” dissi buttandomi sopra la poltrona
“Sono d’accordo” sibilò una voce sotto di me. “Tolga quel tacco a spillo da lì, santo cielo. E’ doloroso, sa?”
Saltai su terrorizzata. Il vecchio, ancora fermo sulla porta, sorrise per la prima volta, svelando dentini da piranha stranamente piccoli e affilati. “Rita, le presento mio nipote.” disse con una certa ironia.
L’altro mi guardò prima con sospetto, poi con interesse, e infine scoppiò a ridere. Sia io che  il vecchio lo guardammo sbigottiti. Oddio, un’ altro isterico al mio cospetto? Perfettini era più che sufficiente da sola!
“Si può sapere che ti prende, Julian?” chiese burbero il vecchio.
L’uomo si asciugò gli occhi (verdi, incredibilmente verdi) e sorrise calorosamente al mio indirizzo. Se ve lo siete mai chiesto sì, si può ancora arrossire alla mia età.  Peccato che la frase seguente fosse una colata di ghiaccio lungo la schiena.
”E’ lei, zio, è la giornalista pazza del Ministero!”

Nel frattempo, un uomo aspettava.
Nella vita si aspetta spesso qualcosa: l’amore della propria vita, l’occasione irripetibile, il tram, lo stipendio. Ma quest’uomo aspettava il perdono, attesa particolarmente dolorosa per uno degli uomini più inetti del pianeta.
“Funzionerà?” chiese ansioso al giovane al suo fianco, peraltro suo fratello.
Quello diede un tiro alla sigaretta e lo guardò rassegnato. “Sì”.
“Ma sei sicuro?”
“Sì.” L’uomo tranquillo schiacciò il mozzicone sotto la scarpa con indifferenza. Che fratello idiota, pensò. Non come l’altro. L’altro le ragazze se le prendeva con una battuta, uno sguardo. Questo qui non sapeva neppure chiedere scusa dopo l’ennesima cazzata. E sì che ne aveva di allenamento alle spalle.
“Ok, adesso suono. Adesso... adesso... oh, ho un sassolino nella scarpa... prima lo tolgo... ecco... adesso entro... sì! Adesso! No... prima aspetto che il sole esca dalle nuvole...”
“Ron, sta pio-ven-do” scandì annoiato il suo compagno “Quando credi che uscirà il sole?”
Ron non rispose, troppo concentrato sul dilemma di suonare il campanello o meno.
“Io ti aspetto da Hermione. Ci vediamo lì.”
Prima di Smaterializzarsi potè sentire Ron gridare “No! E’ maledu...”
Ma un secondo dopo era  in salotto, beatamente stravaccato su un divano e intento a guardare la pioggia della Londra Magica. Tutto sommato, la tristezza di quel pianto di cielo non lo turbava, anzi pareva accompagnarlo nei suoi pensieri. Simile riconosce simile, ricordò. Certo che però lui in Ron non si riconosceva, e sì che erano fratelli. Forse c’erano delle eccezioni, si disse. Forse aveva qualche speranza.
Dei passi poco felpati lo fecero girare su se stesso, permettendo ai suoi occhi di cogliere la visione di Hermione Granger in pigiama della nonna, plaid sulle spalle e pantofole Cambiaforma. Una ragazza stanca che di sicuro non voleva vederlo, lo sapeva. Cercò di accativarsela.
“Vedo che come sempre hai buoni gusti” commentò indicandole i suoi piedi.
“A Grattastinchi piacciono più che a me, ma grazie. Ron è di sotto?”
Lui annuì “Sì, ma credo che arriverà fra uno o due anni.” sospirò complice passandosi una mano fra i capelli rossi, come a dire: sì, quell’idiota è una croce anche per me. Hermione si rilassò, avendo capito che aveva davanti un George che poteva ascoltare le sue lamentele.
Sbuffando la giovane si buttò sul divano a sua volta “E’ solo un campanello, accidenti. A volte  sembra che abbia paura di me...”
George sorrise. Hermione diede un pugno sul bracciolo del divano, arricciando le labbra in una smorfietta insofferente.
 “Anzi, a dirla tutta, lui ha paura di me anche quando si tratta di darmi un bacio.” mormorò amara.
George spense l’udito mentre lei continuava a parlargli. Preferì osservarla con la coda dell’occhio, notando come i capelli ricci di lei si muovessero quasi di vita propria: ondeggiavano ad ogni cenno, danzavano sinuosamente fra il viso e le spalle descrivendo curve di ombra sul collo chiaro. Non erano il fuoco dei Weasley, ma  bruna terra in cui George avrebbe affondato volentieri le dita.
Una molla scattò nel suo cervello, mentre Hermione non la piantava di blaterare. Perchè no? pensò George. Poteva avvicinarsi, poteva costringerla a baciarlo, poteva finchè Ron non fosse salito a picchiarlo a sangue... L’idea lo fece ridere, destando Hermione dalle sue riflessioni.
Si guardarono negli occhi per un istante, ma non dissero niente: Ron capitombolò sul gatto, che triturò finemente i fiori per Hermione.
“Quel gatto ha stile” sussurrò George, in modo che solo Hermione lo potesse sentire. Lei ridacchiò. “Assomiglia alla padrona” bisbigliò di nuovo, e stavolta Hermione si alzò senza commenti, raggiungendo Ron che si stava rimettendo sulle traballanti gambe e farfugliava qualcosa a bassa voce. Quando gli fu davanti provò il solito indefinibile senso di tenerezza e protezione che le ispirava quella testa rossa e confusionaria. Si trattenne a stento dall’abbracciarlo.
“Hermione, ti devo chiedere scusa... io non volevo... non pensavo... è così difficile capirti!” Da qualche parte dietro di lei, Hermione sentì George sbuffare.  In effetti Ron non cambiava mai, Ron era sempre uguale, Ron non capiva mai nulla e di sicuro non sarebbe  migliorato. Perchè, si chiese Hermione, lo sopportava sempre?
“Ti prometto che non ti farò mai più arrabbiare! Adesso so come ti devo trattare.” disse Ron guardandola negli occhi.
Hermione capì che non si stava scusando, ma cercava solo di non beccarsi l’ennesima ramanzina. Bè, lei non era Molly Weasley, ed era il momento che lui lo capisse.
“Dici sempre così” attaccò “Non  me ne faccio niente delle solite scuse. Trovi giusto, Ron, che tu arrivi qui ogni volta e pretenda che io dica che tutto va bene solo per non farti vergognare? Bè, io no. Sono stufa di te, delle tue giustificazioni, di tutto quello che puoi dirmi. Tanto lo so che mi farai sempre arrabbiare, e lo sai anche tu. Sei uno stupido ipocrita.”
Gli occhi di Ron si riempirono di lacrime, facendola sentire un vermetto strisciante.
“Ron, io...” mormorò, prima di essere interrotta con un bacio.  Senza preavviso Ron le si era incollato nella versione spaventata di una  patella umana.
“Ti amo, Hermione. Non farò mai niente senza di te.  Hai ragione, tu meriti di più. Io... devo fare qualcosa per te. E lo farò! Sei libera domani sera?” la guardò come un cagnolino implorante. Il senso di colpa la obbligò a sorridere per rassicurarlo. “Per te sono sempre libera, sciocco.”
Ron cercò qualcosa di intelligente da dire, ma per fortuna la abbracciò e basta. "Domani sera alle nove fatti trovare pronta e... che c'è?” Hermione aveva assunto un colorito terreo. ”Come facciamo con Rita? Sai che non  mi piace lasciarla da sola a casa mia.”
“Invitiamo anche lei?” propose titubante il ragazzo.
La risata sprezzante di George trafisse l’aria, ricordando oltretutto ai due a sua presenza “Che cena romantica... Tu, la tua fidanzata e la sua peggiore nemica. Tu sì che fai divertire le donne, Ronnie.”
Per Ron fu come essere colpito da una mazzata in testa. Si accasciò con espressione mortificata sul pavimento farfugliando qualcosa sulla sua inettitudine. “Non ascoltarlo. Troveremo una soluzione.” lo rassicurò Hermione inginocchiandosi come lui.
“Per esempio mangiare qui.” buttò lì quasi casualmente George. Ron s’illuminò. “Perfetto!” esclamò. “Preparerò tutto io stavolta. A domani amore!” baciò allegro la fidanzata e si Smaterializzò per evitarne i ripensamenti.
“George, dannatissimo idiota” sibilò Hermione quando furono soli. “Sei impazzito?”
Lui continuò a guardare fuori. La pioggia sembrava essere molto, molto  interessante.
“Devi piantarla di criticare tutto quello che fa Ron. Perchè non lo lasci in pace? Perchè lo tormenti di continuo?” l’assenza di risposte la fece infuriare “Perchè devi sempre demoralizzarlo? Cosa vuoi da lui? Che cosa ti ha fatto?”
“Calmati. Non ho detto niente di strano.”
“Io non mi calmo! Sarà la centesima volta che te lo dico. Ogni votla che litighiamo ci sei tu di mezzo che...” si conficcò le unghie nelle mani “che dici sempre qualcosa che lo fa stare peggio. Sei uno stupido, ecco cosa sei.”
Grazie ad un fiuto affinato per mezzo di Ginny, George presagì la tempesta emozionale di Hermione e preferì scansarla con stile. Le si avvicinò e la abbracciò, consolandola.
. “Non preoccuparti, Hermione.” Le diede un bacio leggero sulla guancia “Andrà tutto bene”
Ovviamente questo non c’entrava niente con la rabbia di Hermione, nè con quello che aveva appena detto, ma lei si calmò lo stesso.
Si Smaterializzò senza salutarla, lasciandola immobile, al centro della stanza, a fissare la pioggia che bagnava Londra di un’insolita tristezza.

Aprii la porta di casa e mi fiondai in camera a testa bassa come un toro infuriato. “Non ci sono per nessuno!“ gridai scagliando la borsetta contro la parete della mia stanza.
Mi guardai intorno. Niente. Si era nascosta apposta?
“Tinky. Vieni. Fuori. Adesso.”
L’essera sgusciò fuori da un cumulo di riviste, gli occhioni stralunati sonnolenti e una fiaschetta in mano. Sembrava uscita da uno dei suoi famosi pomeriggi di Sbronza nullafacente.
“Padrona” mormorò socchiudendo gli occhi. “Come essere andato incontro?”
Il secondo dopo era inchiodata al muro con la mia bacchetta a un millimetro dalla gola.
“O-ok.” balbettò, perfettamente sveglia. “Domanda sbagliata.”
Annuii a denti stretti. “Potere fare qualcosa?” tentò di nuovo, in una perfetta  imitazione di quello che in teoria era la sua attitudine naturale, ovvero il servilismo.
Rimasi qualche secondo in silenzio, giusto per farle capire che la colpa era sua e non volevo parlarle. Infine la gelai col mio miglior sguardo da femme fatale furiosa.
“Dammi carta e penna.” sibilai “Ho un omicidio da compiere.”
 
***
Ci sono diverse ragioni per cui avrei potuto uccidere Tinky, a ben pensarci. Diverse, e tutte perfettamente valide. Purtroppo l''omicidio  di cui sopra non era il suo, ma di un essere talmente perfido che ho paura di nominarlo. Un essere crudele, senza scrupoli, che mi fece perdere le mie più belle scarpe durante un inseguimento su scope. Non dimenticherò mai il tragico attimo in cui le vidi in mezzo alla strada, nè le ruote che le uccisero; credetemi se vi dico che lui rise.
Sono tre giorni che Rita piange pensando a quell'episodio. Se voi invece pensate a me, per favore, dite a Rita che l'amate, la adorate e che è la vostra diva. Nel frattempo io cerco i salvagenti.
sempre vostra
Scribacchina

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Capitolo 8
*** Pullus fugit (sed arrostus manet) ***


Mentre scrivevo, trafiggendo la pergamena con violenti schizzi d’inchiostro, continuai a ripensare a quello che era stato il pomeriggio più umiliante, più degradante, più imbarazzante della mia vita.
Ancora adesso il ricordo mi manda in bestia (chiedete a scribacchina quanti coltelli le ho lanciato addosso mentre raccontavo) per cui vi farò uno schemino sintetico.

1. L’ Harry Potter che mi aveva fatto venire una crisi isterica al Ministero NON era Harry Potter
2. Julian di lavoro faceva la controfigura
3. Quel fatidico giorno aveva avuto l’onore, oh, sì, davvero l’onore di essere il sostituto nientemeno che del grande Harry Potter.

A voi le conclusioni.  
A quanto pare quell'infame, quel pazzo, quello sconsiderato totaale aveva raccontato la mia scenetta comica non solo a me e allo zietto (che di nome faceva Adam. Signor Adam), ma a tutti gli amici del Ministero. Che a loro volta, da bravi discepoli, avevano ripetuto come tanti pappagalli.
Immaginate la mia gioia nello scoprire che ero lo zimbello della Londra magica e che si parlava di moi come della barzelletta del mese.
Ero finita.
Destinata ad fare l'eremita per l'eternità.
Ecco perchè i miei colleghi avevano riso in faccia a Tinky quando aveva parlato di me!
“Padrona, non può essere andato tutto così male... Tinky è sicura tu essere solo un troppo pessimista.” disse Tinky all'ennesima imprecazione “Padrona ha ottenuto lavoro?”
Le gettai addosso l'Enciclopedia della moda, che riuscì a schivare solo grazie ad un sesto senso sviluppato in anni di pratica.
“Sì” urlai quando uscì dal suo nascondiglio "se e solo se avrò qualcosa di grosso in mano al prossimo appuntamento! Ah! Qualcosa di veramente grosso! Come se quei pezzenti sapessero niente della nobile arte del giornalismo! Maledetto sia il giorno in cui la loro madre..."
"Neanche Padrona deve saperne molto" mormorò Tinky "visto che il suo diploma è un falso."
Interruppi una lunga sequela di insulti con un singulto pensieroso. Quella del "Come sono diventata una meravigliosa giornalista in tre mesi" è una storia affascinante, ma credo ve la dirò un'altra volta.   
Tinky mi battè una comprensiva mano sulla spalla.
“Padrona non dovere essere triste. E poi padrona avere bisogno di buonumore.”  aggiunse.
“Perchè mai?”
“La cena è pronta, Rita!” urlò Hermione dal salotto.
Negli occhi di Tinky passò un lampo di divertimento sadico mentre mi spingeva fuori dalla mia stanza “Padrona scoprirà presto” assicurò.

“... e le sedie di chintz lì.” ordinai con un ultimo colpo di bacchetta. Feci un passo indietro e rimirai la stanza, felice. “Perfetta” Mi asciugai una lacrimuccia col dorso  della mano.
“Oh, la prego!” saltò su Madame Perfettini “E’ una stanza, non il suo matrimonio!”
“Al mio matrimonio piangerei per altre ragioni” risposi con dolcezza. Comunque lasciatemelo dire, quel salotto era meglio di qualsiasi torta nuziale di tre piani.
La scena appariva totalmente diversa da quella di quindici ore prima dove, appena saputa la notizia della cena, mi ero pietrificata. “Non potete uscire come tutte le coppie normali?” era stata la mia risposta.
“Sì, certo. Ma così è più facile.”
“Più facile cosa?”
Mi aveva fissata con un sorrisetto. “Tenerti d’occhio.”
E così, Perfettini si era messa in testa che non ero affidabile.
Era meno ingenua di quanto pensassi.
In ogni caso si era gettata totalmente nelle mie braccia per quanto riguardava l’aspetto estetico della serata, e io non chiedevo altro che una sana distrazione. Stare tutto il giorno chiusa in casa era devastante, non ne potevo più! Nella maniera più assoluta. Per cui avevo passato un pomeriggio totalmente folle e magnifico, autoproclamandomi arredatrice d’ambienti.
D’altra parte... se lo aveva fatto Potter potevano farlo tutti, no?
Lo sguardo d’insieme rivelò che l’unica nota stonata in sala era, manco a dirlo, Madame, che guardai tremando d'orrore e ribrezzo.
“Ti vesti così?” chiesi arricciando il naso. Arrossì  di colpo, torturando il bordo felpato della camicia scozzese che indossava “No, certo che no.”
“Allora cambiati, per favore. Rovini l’opera.”
Dopo neanche dieci minuti era di ritorno, infagottata in uno scamiciato blu notte taglia xxxl. La guardai con sospetto “Sei stata incinta ultimamente? Sarebbe una gran bella notizia da prima pagina.”
I famosi sbuffi di Madame erano solitamente segno di calo di pazienza e lite imminente, ma quella volta mi sentivo già abbastanza provata da non voler discutere. Chiamai in soccorso il potere psicologico della manipolazione, conosciuto e apprezzato da giornalisti di tutto il mondo. Le misi maternamente una mano sulla spalla.
“Senti, mia cara hai litigato con Rosso.”
Annuì guardinga.
“E avevi ragione.”
Mi guardò con più sicurezza. Annuì di nuovo.
“Hermione, la bellezza femminile copisce dritta al cuore” Sorriso di repertorio. Ancora un po' e avrei grondato miele. “Deve sapere cosa rischia di perdere.”
“Un vestito non cambia nulla, Rita. Chi bada all’apparenza io lo chiamo superficiale.” ribattè prendendo minacciosamente in mano il piumino.
Risatina mia.
“Hai ragione, Hermione.” Era la prima volta che la chiamavo per nome, ma era una necessità. La colsi di sorpresa. “Ma lui di te deve amare tutto, anche il tuo corpo. E poi, il fisico è la prima cosa che un essere umano nota. Specie l’essere umano maschio. Ti devi fare apprezzare anche come donna, cara... Sono sicura che dentro di te c’è un giovane giglio di femminilità che aspetta solo di sbocciare.”
Cosa credete, che divorassi soap opera a vuoto? Nossignore, io assimilavo tutto. Subdoli trucchetti compresi nel prezzo. “Quindi ora ti accompagnerò in camera tua e vedremo cosa si può fare.”

In due ore di trattative, psicologia d’accatto e battutacce a fuoco incrociato ero riuscita a fare di Perfettini una donna.
Con lei ben vstita e il salotto riarredato, sembrava quasi la casa di una persona normale. Certo, restava il fatto che il polpettone in forno fosse ripieno di tofu, e che  alle pareti fossero attaccati poster contro lo sfruttamento elfico, ma l’apparenza si salvava alla grande. Indossava persino una minigonna e delle décolleté, santo cielo. Potevo chiederle qualcosa in più?
Quando il campanello suonò Madame scattò verso la porta, e fui compiaciuta di vedere che i capelli, raccolti sulla nuca grazie a sforzi disumani, stavano al loro posto.
Quella che si prospettava come una noia mortale fu invece una serata interessante: il fratello di Rosso, George, era un bel tipo, e a differenza del suo parente stretto non era andato fuori di testa vedendomi. Anzi, aveva addirittura fatto il baciamano a me e alla padrona di casa.
Inoltre sorrideva alle mie battutine su Rosso, il che era già un bel risultato rispetto al fratellino che si mangiava la tovaglia dal nervoso. Non sembrava molto allegro, a dirla tutta... anche se non avrei saputo dirlo con certezza, dato che i capelli gli andavano perennemente sul viso nascondendolo.
Dal canto suo, Rosso si esibì in una performance di goffaggine da primato, al punto che pensai fosse tutta una messinscena per intenerire Madame (cosa peraltro inutile, dato che lei lo guardava con vagonate di miele nello sguardo). Grattastinchi era stato confinato in un armadio.
Era la prima serata davvero serena che il destino mi aveva concesso in molto, molto tempo; anche se leggermente sotto i miei standard per presenza di VIP, non c’era davvero malaccio.
Mi servii la mia porzione di polpettone sentendomi in pace con me stessa.

“Vado a preparare il caffè... quanti?” chiese Madame
Io e Rosso alzammo immediatamente la mano. (Ah, tra parentesi: mandate a Scribacchina qualche pacco di caffè. L’astinenza mi sta facendo brutti scherzi, come cercare di strangolare la ragazza la mattina quando, all’inevitabile domanda “Cosa prendi a colazione?”, non posso mai urlare “CAFFÈ!”)
Perfettini ondeggiò insicura sui tacchi verso la cucina, sparendo dalla nostra vista.
Chiaccherammo come persone civili per un po’, finchè il fratello di Rosso non decise di prendere un caffè a sua volta. “Avverto Hermione e torno. Non scannatevi” disse, avendo capito da un pezzo  l’aria che tirava,
Approfittai della sua assenza per una domandina che mi frullava da un po’ in testa  “Di’ un po’, ma quando uscivi con lei ti scrivevi le battute sulla mano?”
Vidi Rosso infiammarsi e cercare di ribattere in un sol colpo, il che fu esilarante. Semplicemente non ci riusciva “Non fare due cose allo stesso tempo, caro... è decisamente al di sopra delle tue capacità.”
Sgranocchiai un grissino con aria trionfante. Il mio istinto da attaccabrighe ronzava compiaciuto.
“Almeno io ho sempre detto cose sincere.” sputò fuori lui dopo un certo rimuginare.
"Davvero? Che carino.”
"Dovrebbe prendere esempio da me."
"Visto che parliamo di cose assurde, quando crescerai?"
Rosso sbuffava e sudava. Potevo vedere il suo solitario neurone affannarsi alla ricerca di una battuta che mi chiudesse la bocca.
"Mio caro, te l'ho già detto. Pensare e arrabbiarsi insieme sono troppo per te."
"Non... non mi provochi" lo vidi cercare la bacchetta in tasca. Qualcosa dentro di me ruggì di soddisfazione.
“Perchè, se no che fai?”


Hermione fece cadere con attenzione qualche cucchiaio di polvere nella macchinetta del caffè, riflettendo. Per ora sembrava che tutto andasse bene. Rita e Ron non andavano molto d’accordo, ma l’aveva già messo in conto a priori; comunque, la loro ostilità si era limitata a bisticci da bambini. George si divertiva, glielo leggeva negli occhi. E anche lei si sentiva incredibilmente tranquilla.
Appoggiò la pancia al tavolo, soddisfatta. Tutto sotto controllo.
Un rumore inaspettato la fece voltare verso la porta. Con sua sorpresa, George entrò in cucina con l’aria di uno che è scampato ad una tempesta.
“Li hai lasciati soli?” chiese sgomenta al ragazzo. Lui annuì.
“Ma sei impazzito?” calcolò disperatamente quanto ci avrebbero messo Ron e Rita per cominciare un duello fisico. Forse era già troppo tardi.
Saettò verso la porta, ma George la bloccò senza pietà “Non andare. Fidati, lei è quella giusta per Ron” ridacchiò.
“Rita è COSA?” Strillò Hermione cercando di divincolarsi.
“Herm, aspetta... non... ehi! Niente calci!” quella vicinanza permetteva una situazione spiacevole sotto molto punti di vista. Tanto valeva migliorarla, pensò George. Le sfiorò il collo con la punta del naso. “Per favore...”
Hermione arrossì, abbandonado il secondo tentativo di fare di George una strega.
Ehm, Herm, è bene ricordarsi che lui  non è Ron
  disse la sua coscienza minacciosamente.
“Spostati, George.” Hermione si liberò e mise una mano sulla maniglia. Il ragazzo la bloccò di nuovo da dietro, stringendole la vita. La fece girare su sè stessa, portandosela davanti. “Tu. Stai. Qui.”
"Io vado di là, invece." Qualche angolo del suo cervello la convinse a fulminare il suo quasi cognato.
Gli fece un mezzo sorriso, e poi gli mollò un pestone a tutta forza.
“La mia casa e il mio ragazzo sono in pericolo! Lasciami!”  esclamò.
“Ti devo parlare, Hermione.!”
“Fallo dopo!”
“Non posso” la fermò mettendole le mani sulle spalle. Sospirò. “Hermione, ti amo.”
George sorrise, disegnando un angolo di serenità sul suo viso: e poi la baciò.

Apro una parentesi: non so se vi è mai successo, ma quando una persona vi dice “Ti amo”, come minimo non riuscite a esprimere un pensiero coerente per i seguenti dieci secondi. Siete completamente paralizzati, e incapaci di reagire (aggiungo che George questa faccenda dei dieci secondi la conosceva benissimo).
Così stava Hermione, nel mezzo della sua cucina a Londra, mentre poco distante da lei infuriava la battaglia: immobile e sospesa in una scarica di stupore.

“E’ questo il meglio che sai fare, studentello?” trillai saltando sul tavolino del salotto. Sotto di me il tappeto cercava di afferrarmi sotto ordine di Rosso, che lo dirigeva con gesti sgraziati della bacchetta.
Mi bastò un attimo per neutralizzarlo “Finite Incantate” ghignai. “Tarantallegra maxima!” esclamai poi puntando la bacchetta contro Rosso.
Lui sgranò gli occhioni e crollò a terra in preda alle convulsioni, ma riuscì a balbettare  “Flagramus” Il tavolino divenne bollente, bruciandomi le scarpe. Urlando come una dannata (più per le scarpe che per me) mi lanciai nel bel mezzo della stanza, puntando il tacco bollente a due centimetri da Rosso, ancora a terra. La moquette sfrigolò. “E adesso...”
“Pu-Pul...” mormorò Rosso senza fiato. Interdetta mi chinai verso di lui “Come scusa?”
“PULLUS!” strillò puntando la sua bacchetta contro la mia. Neanche un secondo dopo lanciai in aria un pollo dall’aria molto combattiva. Fuggii in un angolo del soggiorno terrorizzata, pensando “Non è un falco non è un falco non è un falco”. Ma, colmo del divertimento, non era con me che ce l’aveva il pennuto. Raspò per terra e puntò Rosso, che lo schivò terrorizzato
“No, stupido pollo! E’ lei che devi colpire! Lei! Non me!” ripeteva continuando a scansarsi all’ultimo momento.
Fece un paio di altre acrobazie, che culminarono nello rovesciamento del tavolino. Che colpì il pollo che zigzagò sbatacchiando le ali in giro. Il resto è un classico.
Un vaso orribile ed enorme vacillò sulla credenza, cercando di mantenersi in equilibrio. Niente da fare.
Il rumore di cocci rotti coincise con quello, lo scoprii solo più tardi, dello schiaffo che Madame aveva regalmente rifilato al fratello di Rosso; per cui, quando la vidi arrivare come una furia in salotto, pensai che la causa fosse solo l’inglorioso assassinio dell’obbrobrio.
“Ron, è ora che ve ne andiate.” sibilò senza guardarlo in faccia, spingendo ( o meglio, calciando direttamente) George verso il guardaroba.
Rosso, mortificato, cercò di capire cosa avesse (attività in cui non era proprio  un asso...), ma non c’era niente da fare: sembrava che Madame fosse pervasa da una implacabile, micidiale e sanissima Incazzatura con la I maiuscola. Faceva un  po’ paura perfino a me.
Buttò fuori a calci i due ospiti, troncando ogni tentativo di saluto civile, e solo dopo che ebbe sbattuto la porta dietro i poveretti si accorse del pollo che non aveva smesso per un istante di girare per casa.
“E quello...?” chiese aggrottando le sopracciglia.
“Un ricordino del tuo fidanzato. Oh, bè, poco male. Incendio!” esclamai. Un profumino di arrosto riempì la stanza. “Petto o coscia?” chiesi a Perfettini.    
“Oh, vada al diavolo anche lei!”  ululò correndo in camera.
Io e il pollo ci scambiammo una profonda occhiata perplessa.
"Poco male. Si cena!"

***
La colpa dei ritardi è solitamente da imputarsi a tre cose: lavoro, fidanzato o reclusione a tempo indeterminato dell'autrice. Essendo da tempo indifferente al primo punto, disgraziatamente sprovvista del secondo ma totalmente soggetta al terzo, vi prego di prendetevela con Rita e non con me.
E qualsiasi cosa vi dica, NON MANDATELE CAFFE'.
Un sentito grazie a tutti voi.

Sempre vostra Scribacchina

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Capitolo 9
*** Prima della bomba (c'è sempre silenzio) ***




Nei giorni seguenti, paradossalmente, fui troppo occupata a cercare informazioni su Perfettini per parlare con lei. Tinky raccontava che a volte si fermava nel bel mezzo di una relazione scritta, o di un altro tipo di suicidio, e scagliava quello che aveva sotto mano contro la parete.
“Bè” commentai io malignamente “ottimo. Un po’ di schizofrenia mancava, nel libro.”
In realtà anche io ero irritabile da morire. Durante il Peggior Pomeriggio della Mia Vita il Signor Adam ci aveva messo due secondi a spiegarmi la sua posizione: se e solo se avevo  informazioni utilissime, notizie bomba eccetera avevo il suo sostegno economico e editoriale.
Per tutto l’orribile tempo trascorso fra quelle mura (Julian non ci aveva mai abbandonati...) avevo cercato nella mia formidabile e perfetta memoria qualcosa che connettesse il vecchio rapace che mi serviva ottimo thè e biscottini non commestibili con il mondo della carta stampata.
Per ore intere non avevo capito chi fosse, ma poi avevo avuto l’agghiacciante illuminazione.
Che ci credessi o meno, lui non era proprio nessuno.
Ne ero sicura al cento per cento: non l’avevo mai visto, non ne avevo mai sentito parlare, e questo era impossibile. Non c’era nessuno al mondo che conoscesse nomi e personaggi dell’ambiente come me.
Insomma, mi trovavo davanti a quello che nel mondo del giornalismo veniva chiamato vezzosamente Emissario del Diavolo: un illustre sconosciuto che aveva soldi per comprati e poi usarti a suo piacimento. L’idea di essermi appena venduta l’anima non mi solleticava molto, ma non c’era scelta!
Per ora dovevo solo ubbidire, da brava.
E allora, sotto a cercare informazioni! Per una settimana intera decisi di recuperare le radici giovanili di Perfettini: i retroscena erano un aperitivo succulento, e mi servivano dei germogli di scandalo per stendere un primo velo di curiosità.
Uh uh.
Il solo pensarlo mi faceva correre un brividino di piacere giù per la schiena.
Sfortunatamente, i suoi vicini di casa Babbani non sapevano niente di lei.
“Hermione Granger? Quella che viveva qui a fianco? Ma certo che ce la ricordiamo. Fa ancora la lattaia nel Devon?”
Dannati, inutili Babbani.
Provai con altri concittadini di Madame, ma si trattava di campagnoli abituati alle capre più che a una meraviglia della natura come me. Alla terza domanda su di lei un gruppetto fece scrocchiare le nocche e borbottò oscure minacce al mio indirizzo. Alzai letteralmente i tacchi e mi Smaterializzai davanti a loro, in barba alla legge. Andiamo, sono un Animagus non riconosciuto da secoli e non mi hanno mai beccata... vi pare che mi preoccupi di certe cose?
Un’ottima fonte la trovai invece in ex-compagni, ex-professori , anche ex e basta.

Alcuni erano entusiasti e lusingati dalle mie domande. In particolare una ragazza che incontrai al Paiolo Magico.
“Hermione Granger?” chiese “Castoro Granger?” gli occhietti neri di Millicent Bulstrode scintillarono. “Ma certo che me la ricordo. Deve sapere che...”

Altri invece erano ridicolmente restii. Non chiedetemi perchè e per come, accidenti, ma erano muti! Non riuscii a cavar loro fuori neanche una sillaba utile.
“Hermione Granger era solo una mia compagna di corso” rispose gelidamente Draco Malfoy.
Provai a minacciarlo con la diffamazione (eeeeh... la lista dei segretucci dei Malfoy era piuttosto lunga), ma neanche questo funzionò.
“Faccia quello che vuole, ho di meglio a cui pensare”.
“Come per esempio la legittimità del suo cognome, Malfoy?”
Mi lanciò uno sguardo indifferente. “Faccia quello che le pare. Distrugga anche la Granger, se la diverte. Ma non mi coinvolga.”
Quel pomeriggio tornai a casa recriminando sulle persone noiose, i codici d’onore e gli stronzi voltafaccia.

Certe fonti erano perfette per il libro, ma troppo  compromesse per essere  sfruttate. Sibilla Cooman, per esempio.
Cero, mi aveva raccontato gustosissimi fattaci, come scatti d’ira che somigliavano a quelli decritti da Tinky e insubordinazioni di vario genere di Perfettini, ma mi aveva accolta con una bottiglia in mano alle dieci del mattino. E no, non era una bottiglia d’acqua.
Dopo la Vittoria di Potter Sibilla Cooman aveva avuto vita facile, ma c’è chi non sa gestirsi neanche quando ha tutte le fortune. Difatti la casa di quella donna era una topaia (nel senso che due cavie mi salutarono) e puzzava di gatto.
Fu un pomeriggio delirante. E detto da me, significa che fu davvero, davvero scioccante. Potevo sopportare scarsa igiene e previsioni di morte ogni cinque minuti, anzi le trovavo divertenti. E niente da dire sull’alcol a ogni ora e sulle sbronze fuori orario. Erano scelte di vita che condividevo.
Ma davvero agghiacciante, intollerabile e devastante era la totale assenza di gusto nel vestiario. Uno zero assoluto di qualsiasi eleganza, presentabilità o pura decenza.
Parliamo di una persona che indossava ciabattine a forma di Gramo, per Merlino!
Se non mi feci vincere dall’istinto di rivoluzionarle la vita chiarendole lo spelling di boutique, o da quello di bruciare la sua vestaglia logora, o da quello, quasi irrefrenabile, di fiondarmi nel primo negozio di moda per respirare, fu solo perchè aveva una dannata fretta addosso.
E la cosa buffa, realizzai nel mezzo di un morso ad un biscotto sospetto ma mangiabile, era che non lo facevo tanto per forza d’animo, o per il libro, ma perchè, mio malgrado, avevo voglia di dimostrare a quel diffamatore di Julian con chi aveva avuto a che fare.


Due occhi scuri che ridevano di lei. “Hermione...” una sola parola e poi il viso di Ron, sempre più vicino... un attimo... quello non era Ron... lui aveva gli occhi azzurri e... oh, accidenti.
Hermione si riscosse brutalmente.  Con precisione chirurgica ripercorse gli ultimi pensieri. Aveva forse sognato George che la baciava? Gemette, sbattendo la testa contro il tavolo.
Sì. Ovviamente.
Cincischiò ancora un po’ con i documenti che avrebbe dovuto leggere, ma non c’era niente da fare. Da quando George l’aveva baciata non riusciva a pensare ad altro. Si vergognava in ogni piccolo angolo di sè stessa, avrebbe voluto cancellarsi, sparire, dire sayonara e andare  a nascondersi in un piccolo buchino dimenticato da tutti. Non sapeva neppure se aveva tradito Ron, in realtà: non era stata lei a baciare George. Lei l’aveva preso a schiaffi con tutta la buona voglia possibile.
Lei non aveva colpe, pensò facendosi una cioccolata. Lei era stata brava.
Grattastinchi le si attorcigliò pigramente attorno alle caviglie, guardandola con affettuoso interesse. Padroncina preoccupata? Sembrava dire il suo musetto.
“Ma perchè continuo a pensarci, Grattastinchi?” mormorò lei prendendolo in braccio (lei era l’unica, l’inimitabile, la sola a cui avesse mai permesso di farlo, segno di una sconfinata stima felina).  Hermione abbassò la voce perdendosi in quel cuscino caldo “Ormai è successo, lasciamo stare.”

Tinky si arrestò dietro una poltrona. Porco mago, no! Signorina Troll era lì che parlava col suo gatto pazzo, e così niente mobile bar. Niente mobile-bar, niente bottiglia di Whisky Incendiario intravista la sera prima. Ripensando al bagliore ambrato che aveva scorto la sera rima Tinky andò in estasi.
L’aveva riconosciuta.
Era lei, quell’annata introvabile che faceva girare la testa a tutti i collezionisti e il motivo per cui era stata licenziata la seconda volta. Ripensando alla faccia dell’ex-padrone quando l’aveva beccata di fianco alla preziosa bottiglia ormai vuota si mise  un pugno in bocca per non scoppiare a ridere.
Lei era ancora una piccola elfetta ignorante alle prime armi. Era successo tutto una fredda sera d’inverno: i padroni erano fuori casa e lei aveva una sete tremenda. Vagava senza meta per le stanze dell’immensa casa, stanca e col naso gocciolante, lamentandosi dei suoi acciacchi.
Finchè non la vide. Era là, alta e fiera sul suo piedistallo.
Forse fu un’imperscrutabile decisione del destino, o un bizzarro capriccio di Bacco, ma quell’incontro non fu una mera coincidenza.
Una bottiglia di vetro lavorato, ne ricordava ancora il luccichio, piena fino all’orlo di splendente ambra fusa. Ogni malanno scomparve. Tinky , con la bocca spalancata, seppe che quella bottiglia la stava aspettando da sempre, che lei era l’unica che avrebbe potuto stapparla, lei e nessun altro.  Il tempo parve fermarsi quando, rapita dalla visione, la sfiorò. Allora ogni incertezza svanì, e lei riuscì a prenderla in mano, barcollando sotto il suo peso. Quella volta non riuscì neppure ad assaggiarla, messa in soggezione com’era, ma da allora non pensò ad altro. Imparò a memoria il percorso e i corridoi da svoltare per arrivare fino a Lei, aspettando solo l’occasione buona.
Quando assaggiò il primo sorso capì che l’alcol era vita.
A metà bottiglia il mondo le pareva bellissimo, infinito e divertente.
A tre quarti cantò l’Elogio della Bottiglia in tre tonalità.
Alla fine non capiva più niente ma era felice. Nè le urla disperate del padrone nè il grido di crudele trionfo della signora (Albert, lo sapevo che tenevi ancora dell’alcol in casa!) la smossero. Non aveva mai più rivisto quella casa nè tanto meno quella bottiglia, ma ricordava ancora il suo nome. Whisky Incendiario Ogden Original Terranova Reserve 1885.  Il suo primo e unico amore.
Da allora la sua vita cambiò: conobbe amici come l’Idromele, la Burrobirra, l’Acquaviola, il Firewhisky. Scoprì che gi elfi potevano reggere come i maghi, se non di più, con un adeguato e ferreo  allenamento. Rita la vide la volta che sfidò un maghetto arrogante in un locale di Nocturn Alley. Tinky vinse venti bicchierini a quindici, fra lo stupore di tutti tranne che della vincitrice.
Rita la prese in disparte e le propose, davanti a una ragionevole Burrobirra, di prestare servizio da lei.  Tinky capì che era una per cui poteva lavorare quando la giornalista le offrì una percentuale dello stipendio in alcol. Ai maghi piaceva da morire dire ciò che gli altri non potevano fare, con particolare precisione e stronzaggine. Invece per Rita lei poteva anche morire di cirrosi epatica, l’importante era che la cena fosse in tavola, punto.
Alla fin fine si erano persino affezionate l’una all’altra. Tinky era felice del suo lavoro. E lo doveva tutto a quel primo magico incontro.
Tinky beveva quando era preoccupata, quando era felice, quando aveva paura.
Porco mondo, ingiuriò ancora. E’ proprio come diceva la nonna: prima dell’idromele c’è il  fiele.
Madame blaterava a bassa voce, troppo perchè Tinky potesse capire discorsi interi. Parare col gatto, tzè! Padrona non si sarebbe mai abbassata a tanto. Che mancanza di classe. Ma cosa diceva poi la svanita?
“George non è sempre così... voglio dire... è simpatico, fa ridere... ecco, se solo non andasse in giro a baciare la gente sarebbe un buon amico...”.
Tinky, invisibile, aspettava.

Salutai sollevata Madama Cooman. Senza sapere come, le stavo simpatica. Forse perchè tutte e due volevamo parlare male di Perfettini e non potevamo farlo in pubblico senza essere guardate con orrore.
O forse perchè gli opposti, prima di prendersi a pugni, si attraggono.
Arrivai a casa con tanto di quel materiale che gemetti al solo pensiero di doverlo mettere in ordine. Tutta quella faccenda provocava picchi di stress incalcolabili. Trovai un gufo imponente e serio sulla finestra, che proveniva senza dubbio dal Signor Adam.
Avevo un po’ paura di quell’uomo.
Non era conosciuto da nessuna parte. Non sapevo che lavoro faceva nè chi fosse.
Mi metteva in ansia  anche la sua certezza che avrei seguito le sue regole a qualsiasi costo. Perchè era proprio così, e quindi mi aveva in pugno.
“Senti, carino, a te penserò dopo, quindi mettiti comodo. Cerca di non... Piccolo ammasso di bitorzoli!”
“Buongiorno anche a lei, Padrona” tubò Tinky senza ironia, emergendo totalmente da sotto il letto. Sembrava al settimo cielo. Troppo al settimo cielo.
“Tinky, hai bevuto?”
Fece un gran sorrisone “Bevuto? Tinky è andata in paradiso! Hic!” Roteai gli occhi. Cinica e crudele era ok, ma quando sprizzava felicità da tutte le parti era inavvicinabile. Faceva vomitare tanto era soddisfatta della vita.    
“Ti prego esci prima che ti cacci. Io dovere lavorare, scimmia ubriaca.”
Niente da fare, non mi ascoltò neppure, anzi, si aggrappò con tutte le forze al mio vestito, facendomi vedere rosso.
“Staccati subito!”
“Padroooona, Tinky vuole fare il suo lavooooro. Tinky ha scoperto...” ridacchiò scivolando per terra.
“Il tuo lavoro? Bene. Eclissati.”
Dopo un Crak bello forte scomparve davvero. Chissà dove se n’era andata? Speravo in un posto molto freddo, possibilmente in acqua. Magari sarebbe riuscita ad annegare e liberarmi dalla sua negligenza.

Sto per uccidere Scribacchina. La sto per rendere inabile alla vita, se non la smette di lagnarsi vi assicuro che non la sentirete più. Riesce, pensate un po', a lamentarsi per una cosa chiamata "Scuola". No, dico, chi vorrebbe prendere in giro? Io a scuola sono sempre andata, ma non per questo trascurvavo il resto! Ma dato che è sorda, diteglielo voi cosa rischia... anche perchè trovo ridicolo che voglia parlare a me di impegni. Io sono presissima con continue sedute estetiche e psichiatriche, e mi lamento forse? No! Fatela ragionare, carini.
Grazie
Vostra Rita

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Capitolo 10
*** Novità in fuga ***



Mi ricordai del gufo e decisi di liberarmi anche di lui. Sbrogliai la lettera  dai suoi artigli e lo scagliai contro il muro, su cui si spiaccicò con un pigolio.
Scartocciai il foglietto di pergamena in fretta, rischiando le unghie.

“Spero ti vada una cena .. vengo a prenderti alle otto. Per conoscerci meglio.
Julian
ps: offro io”

Lo osservai pensierosa per qualche istante.
Andare o non andare, questo era il problema. Se fosse più nobile d’animo non ficcarsi volontariamente nei guai o prender l’armi contro un oceano di disastri e sperare in bene.
A una prima occhiata sembrava una questione ardua, ma ero forse arrivata fin lì temendo come una scolaretta un qualsiasi pazzo che mandava messaggi ambigui tramite gufo impagliato?
Assolutamente no!
E quindi remai con gioia incontro alla tempesta.

Ecco, lo so cosa state pensando. Secondo voi un’aitante nonchè meravigliosa nonchè mozzafiato quarantenne accetta l’invito di uno sconosciuto con qualche anno di meno solo perchè è sola al mondo e sono secoli che non ha un appuntamento, giusto?
Giusto!
E avete ragione, dannazione. Avete idea di quanto sia difficile che qualcuno ti offra la cena quando l’eroe delle tua nazione ti odia? No, sul serio! E’ praticamente impossibile. In realtà l’intera proposta pareva sospetta, specie considerato che ci eravamo visti, dunque, una sola volta?
Però offriva lui. E la serata alternativa era l’ennesimo piattone di tofu condito da sermoni pro animalisti. Mmh.
Due secondi dopo spalancai violentemente le porte del mio adorato armadio.
Meglio morta per mano di un pazzo che emarginata sociale!
Mi soffermai un attimo sui vestiti Babbani che avevano vinto le mie antiche resistenze, carezzandoli col cuore. Broccato, raso, seta in tutte le sfumature di verde (con qualche eccezione necessaria) sotto forma di tailleur, abiti, spolverini... nella mia vita avevo qualche fissazione seria (il verde, le ciliegie e l’eliminazione fisica dei nemici) che coltivavo con religiosa attenzione. Credete che quell’infinita gamma di verdi fosse nata da sola?
Ah!
La mia collezione era frutto di tenace e insuperabile lavoro d’assalto. Afferrai una delle eccezioni, un abitino rosso rubino, rievocando le mie avventure con nostalgia. Eh già, ormai rapinare la Gringott sarebbe stato un passatempo... anche perchè, se Perfettini era quasi passata per Bellatrix Lestrange, lì tutto era possibile.       

Hermione si rigirò nel letto avvertendo un calore peloso fra le braccia.
Mmmh. Gatto.
Aprì gli occhi per vedere il familiare profilo felino che la squadrava vicinissimo.
“Oddio micio, non abbiamo mica dormito un pomeriggio intero, vero?”chiese insonnolita.
Grattastinchi fece qualche fusa ruffiana, e Hermione sentì l’amore per quella creaturina gonfiarsi come una bolla di sapone. “Mio piccolo e fedele Grattastinchi...”  mormorò accarezzandolo dolcemente “se fossi in ritardo tu me lo diresti, vero?”
Il volume delle fusa crebbe.
“Ma certo che sì... tu non sei egoista come gli altri. Non mi fai impazzire con i tuoi capricci e non mi baci a tradimento. Sei proprio un gattino adoraaabile.” ridacchiò grattandogli il mento.
“E poi tu sei sincero, premuroso, affettuoso. Ci pensi? Sei meglio della metà degli uomini che conosco!”
“Mrrrao” confermò lui, allungandosi per sfregare  il muso sul naso di Hermione.
Beccati questa, spilungone rosso.
“Però forse dovrei vedere che ore sono. Cioè, solo per saperlo.”
Grattastinchi emise un miagolio di allarmata disapprovazione. Cercò in tutti i modi di trattenerla, abbracciandola, placcandola, fingendo persino un  principio di soffocamento, ma fu tutto inutile.
“Andiamo, micio... devo saperlo... e poi, saranno l’una e mezza... le due... le... LE SEI?”
Un’ondata di panico la risvegliò del tutto. Possibile che avesse buttato ore preziose per un pisolino?
Puntò un dito contro Grattastinchi, “Tu... tu lo sapevi. Tu” sibilò “piccolo ammasso di pelo infingardo, razza di traditore del sangue del tuo sangue, ammazzatopi impenitente, subdolo bugiardo!”
Ci fu un battimani entusiastico e prolungato. ”Vai così!”
Sia Hermione che Grattastinchi guardarono verso la porta aperta e videro Rita estatica sulla soglia “Beh? Non lo stavi per buttare fuori di casa?”
“Con te faccio i conti dopo” ringhiò a Grattastinchi “Quanto a lei, Rita, ha un brufolo sul mento”
Mentre la giornalista schizzava verso in bagno, Hermione sorrise a Grattastinchi. “E anche stavolta ce la siamo tolta dai piedi. Dov’eravamo rimasti? Ah sì.” Grattastinchi la occhieggiò con dolcezza, sperando nella totale assoluzione.
“Sei in punizione, Grattastinchi. Niente carne per una settimana. E parlo anche di tutti gli uccellini, i topi, i rospi e i serpentelli che sgranocchi quando credi che non veda.”
Grattastinchi rimase così sconcertato da quella rivelazione che non replicò.
“Se ti vedo con qualcosa che si muove in bocca considera presa la mia decisione di renderti neutro.”
Ebbene sì, anche il più convinto e affiliato animalista ha un rapporto intransigente con i propri animaletti domestici. Apro una parentesi: Rita in seguito mi ha detto (con un certo gusto, devo dire) che Grattastinchi era più sorvegliato di un detenuto di Azkaban ,
Motivo?
Tendenze all’omicidio animale e all’obesità, crimini di pari entità agli occhi della sua padrona.
Io, Scribacchina, non c’entro nulla e mi proclamo totalmente contraria a barbarie sugli animali. (Signor Tip Tap, lo so che per te le cose sono andate diversamente, ma credimi, mi dispiace)
Ma spostiamoci di nuovo su Hermione che, mandando fulmini e lampi dagli occhi, stava recriminando contro tutti i quadrupedi dell’emisfero boreale. Dopo gli ultimi borbottii  sparì dall’orizzonte del suo miciotto, che, conscio del disastro provocato, meditò due nanosecondi sulle sue colpe. Ma proprio quando stava per sentirsi vagamente colpevole, vide muoversi il topolino che aveva nascosto sotto il letto di Hermione.
Una scintilla di malizia gli accese le verticali pupille.
Cena, Grattastinchi.

Ovviamente non c’era niente.
Sì, avete capito benissimo.
Nulla.
Nisba.
Nada.
Nessun attentato alla mia epidermide perfetta.
Mi ero precipitata in bagno alla velocità di un ubriaco ad una svendita di Whisky Ogden Stravecchio, saltando la Furia Pelosa invece di tormentarla, facendo un rimbalzo sul muro, scartando per evitare dei volantini animalisti ed esibendomi in una lunga, spettacolare scivolata finale... per niente.
Mi guardai allo specchio, ancora ansimante, le mani contratte sul lavandino.
Dannata ragazzina! In quel momento sentii prepotentemente la voglia di tirarle il collo talmente tanto da farle superare per la prima volta il metro d’altezza. Non c’erano respiri profondi nè tecniche di yoga che mi potessero calmare. Ero letteralmente furibonda. E frustrata. Non potevo farle niente, ovviamente! Per l’irritazione scaglia a terra una boccetta di profumo, che esplose a terra.
Fu un’illuminazione.
Oh oh!
Be’, qualcosa potevo farle, invece! Potevo demolirle la casa!
Era un mio diritto!
Sghignazzando sferrai calci contro tutto quello che mi capitava sotto tiro: le paperelle di gomma, le ciabatte da doccia, Grattastinchi, il tappeto, la vasca da bagno, le spugne a forma di rospi, il bagnoschiuma al cardamomo selvatico, Grattastinchi...
Ma fu solo alla fine che mi scagliai con tutta la forza plantare contro una pila di riviste abbandonata in un angolo. Le feci letteralmente volare, sentendomi soddisfatta e potente, e forse giusto un filino folle, cosa che non guastava mai.
Sono tuttora fiera della mia vista d’aquila che quel felice giorno mi permise di vedere ciò che occhi normali non avrebbero visto.
Chi altri, oltre alla sottoscritta, avrebbe infatti notato un frammento della copertina glitterata rosa shocking di “Stregami”  nel mucchio di ciarpame scialbo e insignificante che svolazzava per il bagno?
La copertina era stata strappata via, ma la rivista era integra. Uh uh... Cosa ci faceva un giornaletto così frivolo in quella casa?
La sua sola esistenza lì dentro era qualcosa di sospetto, no doubt.
La sfogliai di corsa, ma di per sè non conteneva nulla d’interessante. Solo storielle di adolescenti scimunite e servizi di moda orrorifici che mi fecero chiudere la rivista di colpo per non farmi venire prematuri capelli bianchi.
Restava comunque una scoperta di straordinario valore. Mi sentivo uno di quei simpatici detective della tv di Perfettini.
Spinta da non so quale istinto di pazzia o genialità non rimandai le indagini, e per la prima volta mi infilai quatta quatta in camera di Madame, nonostante lei fosse presente in casa. Sapevo cosa cercare, e tanto mi bastava.
Forse un mese di tirannia animalista era finalmente servito a qualcosa!
Lavorai con metodo, esaminando e mettendo al loro posto meno cose possibili. Non ero più una furia, ma una spia: zampettavo silenziosa sulla moquette, tesa e concentrata su ogni suono, cercando. Catalogai quante più informazioni potevo, ma il fulcro della mia ricerca, cioè altre riviste, ancora non si vedevano.
Comunque, la stanza era come la padrona: noiosa da morire.
Il letto era sfatto, ancora sagomato sulle forme di Madame e Peloso, e coperto da un copriletto a scacchi verde fluo e arancione che gridava vendetta all’estetica. Un paio di finestre con delle tendine etniche e una scrivania di legno scuro completavano il tutto.
Ah, aspettate.
Dimenticavo... l’armadio.
Premessa: sono cresciuta con la convinzione che l’armadio sia una specie di luogo magico dove tutti i problemi vengono risolti. Da bambina, scorrere l’anta dell’armadio di mia madre per tuffarmi fra i sui vestiti era un evento.
E anche adesso, dove credete che dorma Scribacchina? Per terra, ovvio. Lo spazio di questo asfittico rifugio è a malapena sufficiente per me, il mio letto a due piazze e il mio inseparabile armadio.
Insomma, è una legge fondamentale: ogni essere femminile ha un fidanzato, una migliore amica e un fedele, fornito armadio. E’ così dannatamente semplice!
Nella mia ingenuità davo talmente scontata questa regola che quando vidi il presunto “armadio” di Perfettini non ci credetti.
Non poteva essere lui. Quello era un... un comodino. Un blocco di legno arrivato lì per caso, magari  come gadget insieme alla bestiaccia pelosa. Era mi-nu-sco-lo.
Mi ci volle un po’, per accettare la verità. Ebbene sì, il... coso di legno in fondo alla stanza era davvero il suo armadio.
Non ebbi il coraggio di aprirlo, ma pregai per la sua reincarnazione in un qualche oggetto di lusso.
Amen.  
Ancora scossa, ma non per questo meno intraprendente, guardai sotto il letto, a quattro zampe fra le gatte di polvere (in quella casa i felini erano una fissazione!). Bingo! Lì c’era uno scatolone. Lo tirai fuori in fretta. Erano lettere. Centinaia di lettere aperte ma riposte ordinatamente nella loro busta, ognuna vergata con calligrafia diversa. Cominciai a leggere l’indirizzo di una: Merlin Road 36, Diagon Alley...  strano, non era l’indirizzo di Perfettini...
Un miagolio raggelante mi fece voltare molto, molto lentamente. Lui era lì, sulla porta, gli occhi gialli illuminati da un lampo di vittoria.
Maledizione!
“Che cosa c’è, tesoruccio? Cerchi di dimagrire più in fretta pattugliando la sua camera?” lo sbeffeggiai, calciando le lettere sotto il letto. Lui non disse niente, fissandomi e basta, poi andò via lasciandomi la spiacevole sensazione di essere stata beccata.
“RITA!” Urlò infatti Perfettini neanche due secondi dopo. Andai a vedere che voleva, presa  dal pensiero fisso su quelle lettere. Che ci facevano lì? Chi le aveva spedite? Un ammiratore segreto? Un amante? Forse Madame si teneva in contatto con qualche gruppo di attivisti anticarnivori. O magari erano lettere intercettate dal Ministero! Questo avrebbe spiegato l’indirizzo.
Non mi accorsi che Perfettini mi guardava con perplessità, più che con la rabbia che mi sarei aspettata.
”Si può sapere che c’è?” tagliai corto, controllando le calze in cerca di smagliature infingarde.
“Be’, c’è un uomo che la aspetta di sotto...” borbottò imbarazzata. Si poteva vedere benissimo cosa stava pensando.
“Solo perchè tu sei una ragazzina che si crede grande questo non vuol dire che gli adulti siano troppo vecchi per avere appuntamenti. ” la informai infatti sorridendo.
Diventò ancora più rossa, ma io stavo già scivolando giù per le scale con insolita velocità, decisa a non rovinare la mia uscita ad effetto, solo che qualche aspirante omicida aveva passato troppa cera: atterrai praticamente fra le braccia di Julian, che ghignò con eleganza “Non credevo di mancarle tanto, signorina Skeeter”
“Non ci sperare troppo, carino. Io sono un tipo difficile” risposi, contrariata. Catapultarmi su di lui non era esattamente nei miei piani.
Mi prese sottobraccio e mi condusse fuori, dove la sera aveva già buttato fuori a calci il giorno.
Ogni tanto mi stupisco di quanto io sia poetica.
Persa nella contemplazione della sfera celeste, non mi accorsi di un bolide rosso e magro che mi veniva incontro a tutta velocità e che inevitabilmente si schiantò su dime. “Scusi!” ridacchiò senza fermarsi il fidanzato di Perfettini con insolita disinvoltura.
“Rosso!”gli urlai dietro “Ringrazia che sto uscendo, perchè la prossima volta farai la fine del tuo pollo!”
“Pollo?”chiese Julian inarcando le sopracciglia.  
“Storia lunga.”
“Ho sempre adorato le storie lunghe” Nella penombra della sera gli vidi scintillare gli occhi di curiosità.
“Certo, certo... tutto a tempo debito, mio caro.”
“Magari  dopo o durante una bella cena?” chiese stuzzicandomi.
“Precisamente” sorrisi.
Ci studiammo ancora per qualche secondo, io a fissargli quegli occhi così strani, lui perso in qualche imperscrutabile pensiero. Poi mi prese per mano e sparimmo nel buio.


Ebbene sì, sono tornata! Non è colpa mia se abbiamo dovuto abbandonare tutto così, sapete. Siamo dovute scappare per mesi. I miei nemici mi tengono sott'occhio, e sono più intelligenti di quanto non pensassi. Certo, non possono competere con il mio magno acume, tuttavia sono stati curiosamente scaltri. Non so come ci abbiano rintracciate, per ora do' la colpa a Scribacchina e mi sembra che il sistema funzioni egregiamente! Ma basta chiacchere, miei insignificanti Babb... Scribacchina, inutile che mugoli da sotto lo scotch! Loro sono Babbanucoli , per Morgana!
Ehm.
Dicevamo?
Ah già! Non posso dirvi dove siamo ora, potrebbe esserci qualche infido scoiattolo in ascolto... ma per ora siamo al sicuro, non strappatevi i capelli miei adoranti, io sto benone!
Adieu, cari!

  

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Capitolo 11
*** Peccati di gola (addio alle scarpe) ***



Come al solito sentii l’orribile risucchio della Smaterializzazione sconvolgermi i riccioli, ma non ci feci granchè caso. In effetti ero avvinghiata, appiccicata, pressurizzata al corpo di Julian, il che, fidatevi, mi riempiva le testa di ben altri pensieri.
Insomma, dopotutto chi sono io per rifiutare dei bei muscoletti nei posti giusti?
Atterrammo davanti a un ristorantino elegante che stendeva verso di noi un bel tappeto rosso scuro, illuminato da due raffinati lampioncini neri che spandevano una luce morbida sull’ingresso. Sbiancai. Ok, dovevo scappare.
“Ehm... Julian” attaccai disinvolta “Ho dimenticato una cosa a casa... devo assolutamente tornare indietro.”  
Si voltò e mi guardò con aria interrogativa.
“Devo tornare indietro adesso.” precisai. “Ti sarei grata se mi aspettassi buono buono e poi ci rivedessimo -”
“Sembra che abbia paura di qualcosa, signorina...”
“Paura io?” risi “Tu non sai con chi stai parlando!”
“Perfetto” replicò lui sornione “allora scommetto che nulla è così importante da togliermi il piacere di farle varcare quella soglia per portarla finalmente a cena, per cui possiamo entrare, non le pare?”
Stavolta fui io a fissarlo attonita. Mi aveva fregata.
“Certo” sibilai. Mantenendomi ad una certa distanza da quel serpente con le orecchie mi obbligai a mettere un tacco davanti all’altro e marciare sulla strada per gli inferi.
Fissai ostinatamente il pavimento mentre Julian parlava con il maître e chiacchierava amabilmente con qualche pinguino in abito scuro. Troppe cerimonie, pensai. Sentivo il Nemico che mi aspettava fremente.
Finalmente Julian sembrò aver finito le sue scenette col personale, ragion per cui mi sorrise calorosamente e mi precedette nella sala da pranzo attigua, dispensando sorrisi e saluti fra i tavoli. Sbirciai rassegnata.  
Per me quello era un campo minato da cui dovevo assolutamente uscire indenne, tanto per  cambiare senza sapere come.
Capii che la mia buona stella doveva essersi presa una lunga vacanza.
Il motivo di tanta agitazione? Ebbene, fra tutti i ristoranti possibili e immaginabili, Julian aveva scelto con precisione incredibile quello in cui non avrei mai voluto mettere piede. “Il Lepricano” non era un ristorante, ma Il ristorante. Duecentoventitrè camerieri con un self-control incrollabile, sette sontuose sale da pranzo arredate con tende elfiche e lampadari dei Goblin, prezzi da infarto.
L’Eden della cena, nonchè il parcogiochi dell'alta società.
“Sono solo quattro passi, Rita” riflettei con un smorfia “quattro eleganti stacchi di gamba, dopodiché potrai accasciarti su una comodissima poltrona di velluto di prima classe e sprofondare sotto il tavolo.”
Il brusio della sala mi coprì di gelida indifferenza mentre avanzavo.
Ehilà, gente!, avrei voluto urlare, sono tornata!
Avrei anche voluto cominciare a fare le boccacce, per vedere se mi avrebbero ignorata ancora, ma sapevo che si sarebbero fatti rubare il manico di scopa piuttosto che ammettere la mia presenza.
Eccolo qui, il mio peggior Nemico: non Potter, non la Svitata, non la Bestiaccia pelosa, bensì l’alta società londinese.
Da quando Potter era al potere io ne ero stata esclusa, ed ero praticamente diventata un’intoccabile, il bersaglio delle loro battutine acide. Era da un anno che non entravo più lì.
E loro, loro se ne stavano lì, con l’espressione soddisfatta, avvolti in chiacchiere mondane, e facevano finta che non ci fossi.
Dovevano sentirsi particolarmente importanti, loro, con i loro lavori schifosamente retribuiti e la pausa pranzo, rispetto a me, attualmente di... dis... disoccupata, accidenti.
Rividi vecchie conoscenze: i miei odiosi colleghi, Draco Malfoy con una brunetta cadaverica e annoiata (la sua futura mogliettina, che aveva all’attivo già quattro corna prima ancora di essere condotta all’altare), Schacklebolt, che pur odiando le “mondanità”, come le chiamava lui, vi era stato trascinato dalla convenienza e sorrideva a tutti guardando furtivamente l’orologio, e Dedalus Lux, che vedendomi arrossì d’imbarazzo e mi fece un  saluto scattoso da scoiattolo. Vigliacco!
Per un qualche miracolo arrivai sana e salva fino al tavolo dove Julian mi aspettava.
Già. Julian.
Julian che, se mi fossi infuriata la metà di quel che meritava per avermi trascinata lì, avrebbe visto per ultima cosa nella vita il tacco della mia scarpa sul suo petto e il soffitto di un ristorante. Di un fantastico ristorante, d’accordo, ma niente di più.
Forse con i prezzi che c’erano gli conveniva morire prima del conto. Forse gli avrei fatto un favore! Orrore e raccapriccio.
Non notai le sedie  di velluto che si spostarono per farci sedere, nè il soffitto trapuntato di stelle o i menù bianco panna che si materializzarono da soli.
La mia attenzione era fissa su quei sorrisini raggelanti che sembravano aver preso vita da tutte le parti della sala e che sentivo strisciare spiacevolmente sulla mia schiena come serpenti.
Mmmh. Rettili. Sbaglio o l’ultimo che mi aveva aggredita poi era esploso miseramente? Mio malgrado sghignazzai, immaginando tutti i commensali gonfiarsi e scoppiare come palloncini. Sarebbe stata una scena fantastica, una goduria infinita. Improvvisamente sentii una morsa sciogliersi all’altezza del petto, come se avessi bevuto un litro di Whisky Incendiario in un colpo solo.
Volevano farmi sentire a disagio? Inutile! Io, con il mio acume, potevo mettere in imbarazzo ognuno di loro... svelando i piccoli segretucci meschini che avevo scoperto in anni di duro lavoro.
Se Wilkie Twycross, il caro vecchio Wilkie, voleva chiacchierare con la sua signora di quanto brutte erano le mie scarpe secondo il suo insignificante parere, perchè contraddirlo?
Almeno non litigava con lei per i debiti da gioco che gli portava a casa ogni  venerdì e sabato sera.
Horace Lumacorno stava forse ridendo di me col suo gruppetto di pozionisti, là, nell’angolo dietro il bar?
Benissimo, io avrei potuto parlare per ore delle sue scappatelle con le studentesse del famoso Lumaclub. Ragazze veramente dotate, se capite cosa intendo.
Forse non avevo lavoro e vivevo a casa del mio incubo personale, ma per Merlino no, non c’era motivo di farsi mettere i piedi in testa. Che sciocca ero stata a farmi spaventare! Era folle credere che avrei lasciato il gossip fuori dalla mia vita solo perchè temporaneamente senza impiego.
Mi misi finalmente comoda.
Mi accorsi che non avevo spiccicato parola con Julian, provocando un terribile silenzio. Per fortuna Julian non era un orso: una volta oliate le ruote con qualche aneddoto sul ristorante, la conversazione partì alla grande.
La cena fu meravigliosa: forse fu il fatto che nell’ultimo mese e mezzo avevo mangiato solo orribile e paludoso cibo vegetale, o la mancanza che sentivo di quel posto o tutte e due le cose insieme, ma mi sentivo a casa.
Io e Julian scherzammo e chiacchierammo tutta la sera. Il suo profumo arrivava a regolari ondate non appena rideva alle mie battute, buttando la testa indietro. In sua compagnia mi sentivo leggera, svolazzavo letteralmente sull’ansia e sulla spiacevole tensione che mi avevano fagocitata all’inizio della cena.
“Sa, Rita, non so proprio come faccia ad avere certe informazioni” commentò dopo che gli ebbi regalato la piccola perla su Lumacorno “spero che lo zio faccia onore alla sua sapienza. Ma sono sicura che l’aiuterà come si deve... non l’ho mai visto fallire una missione in vita sua.”
Aggrottai le sopracciglia al termine “missione”. Che intendeva?
“In realtà sarebbe diventata famosa molto prima se non fosse stato per salviamo-il-mondo Potter...” mi avventurai in una tiepida tirata anti Prescelto per saggiare il terreno, e scoprii con sollievo che neanche Julian era particolarmente entusiasta della Piaga Potter.
“Tutto questo buonismo mi rovina la digestione” confessò “al Ministero siamo obbligati a cantare l’inno di Hogwarts, per la miseria. Il ragazzino non è ancora uscito dal dormitorio di Grifondoro!”
Scoppiai a ridere e versai una dose generosa di champagne nei nostri bicchieri, brindando  a Harry Potter.

Molti ma molti cheers dopo, Rita schiamazzava senza ritegno, con grande sconcerto dei presenti che non si capacitavano di un comportamento così plebeo.
“E’ semplicemente disdicevole”, sussurrò malignamente Madame Lux fra un’ostrica e un astice “dovrebbero buttarla fuori dal ristorante.”
“Ma mia cara” belò suo marito Dedalus “ha passato un brutto periodo, è comprensibile che...”
“Oh, io sono d’accordo con sua moglie, signor Lux!” intervenne la signora Shacklebolt “Certa gente non ha proprio il senso della decenza.”
“Giusto!” abbaiò la signora Lux, sotto lo sguardo rassegnato del marito “Cameriere! Per favore, può intimare alla signorina Skeeter e al suo... accompagnatore di andarsene? Stanno disturbando in modo inaudito.”

Il cameriere si avviò verso l’ubriaca (bè, Rita Skeeter, d’accordo, ma pur sempre un’ubriaca) portando  il conto su un grazioso vassoio d’argento.
“La pregherei di lasciare il locale... con una certa rapidità” mormorò con affettazione all’uomo che  sedeva di fronte all’imbarazzante signora. 
Lui annuì, sorridendogli “Non volevamo esagerare, ma sa com’è...”
“No, a dire il vero non lo so. E non lo sanno nemmeno gli altri clienti, quindi vorrebbe per favore lasciare il tavolo?”
Julian osservò meglio il cameriere. Un uomo noioso e uno scocciatore indefesso. La sua espressione si fece angelica. “E se noi non volessimo andarcene?”
Il gelo che seguì fu spezzato da una risatina sovracuta di Rita “Oh, Julian, caro! Che bisogno c’è di essere così perfettini? E’ il solito cameriere irritante!” e si guardò intorno, cercando consensi fra i presenti, che sbatterono le palpebre indignati sacrificando i perenni sorrisi in lievi smorfie di disapprovazione.
Il cameriere non sembrò gradire l’uscita “Ehm, signorina, dalla direzione ho ricevuto anche l’ordine di ricordarle del suo conto scoperto... terribilmente scoperto, mi permetto di osservare. Lei deve al ristorante trecentosettantadue galeoni.”
Rita rise di nuovo fragorosamente, mentre Julian, sicuramente più sveglio, la prese per mano e la fece alzare, sfoderando un abbagliante sorriso.
“Scusi” disse con tono mellifluo al cameriere “la signorina ha lasciato la borsetta con il... borsellino in bagno. Torniamo subito.”
Il cameriere alzò un sopracciglio “E c’è bisogno che lei l’accompagni?”
Julian accennò a Rita, che stava discutendo animatamente di gatti al forno con il suo bicchiere semivuoto.
“Lei che dice?”
Il cameriere la osservò ancora a labbra serrate. “Avete due minuti prima che chiami il direttore”
“Lei è il generoso Harry Potter in persona, glielo assicuro. Andiamo Rita... dobbiamo prendere la tua borsetta... L’hai lasciata in bagno, devi recuperarla o si bagnerà, ricordi?”
La donna spalancò gli occhi, che risplendettero subito di lacrime “La mia borsetta! Ma certo! Come ho potuto dimenticarla... la mia bambina... la mia piccola, piccola tesoruccia...“
Svoltato l’angolo Julian la trascinò giù per scale, correndo per tutto l’atrio fino ad arrivare fuori,  al parcheggio. Traballando come un pennone e ridacchiando come un iena, Rita riuscì faticosamente a raggiungerlo, accovacciato all’altezza di alcune scope scintillanti.
Da dentro il ristorante si udirono delle urla e sulle vetrate colorate comparvero le ombre di un gruppo di uomini lanciato giù per le scale.
“Oooh...” mormorò la nostra eroina con un singulto ”non credo di poter usare una scopa stasera, no no.”
“Fidati di me e salta su, Rita!”
“No.” sibilò a denti stretti. “La scopa no.”
“E allora decido io per te” Julian l’afferrò, e la giornalista fece appena in tempo a issarsi sul manico che un gruppo di uomini in divisa uscì dal retro.
Ma ormai era troppo tardi: i due sparirono in una nuvola di polvere, scivolando fra le stelle.
Romantico, eh?
Peccato che il personale non fosse dell’umore giusto per farsi fregare da Bonnie and Clyde. Si inseguirono per la città. Julian volava come un pazzo lanciandosi fra i tetti e piombando a terra in picchiata, cosa che conferiva a Rita un certo colorito verdognolo.  
“Scendi!” strillò. ”Te lo ordino!”
“Vuoi scherzare?”
“No! Scendi adesso! Adesso! Soffro di vertigini! Sto per avere un attacco epilettico! Aiuto! Fatemi scendere, fatemi scendereee!”
E’ chiaro come  il sole che Rita fosse un essere spietato e assetato di sangue, ma, per quanto cercasse di non farlo sapere in giro, era anche una formidabile fifona. E siccome in vino veritas, ormai era fuori controllo e picchiava Julian senza sosta.
“Resisti due minuti e sarai a casa!”
“Le mie scarpe! Sto perdendo le scarpe!!”
Troppo tardi. Al rallentatore, Rita vide le decollete inghiottite dal feroce buio di una volgare strada secondaria. Ivi rimasero come due rubini splendenti. Amen.
“Nooooooo!” gridò  Ritina disperata, ma non si poteva più tornare indietro. Tuttora, come già sapete, quell’episodio  è causa di forti squilibri psicofisici per nostra eroina.
Continuarono a volare a quel modo per altre stradine e viuzze, finchè finalmente Julian si voltò indietro e vide solo la notte buia e pesante di Diagon Alley. Sospirando di sollievo si diresse verso la casa di Hermione.
“Mi dispiace, ma non avevo scelta.” si scusò con Rita, quando scese dal manico di scopa bianca come un fantasma.
Lei annuì assente, gli occhi rossi fissi nel nulla. “B-buonanotte” disse alla fine con una vocina flebile per nulla sua e si Smaterializzò in casa.


***
Io dico, ma con che coraggio! Prendermi in quel modo, issarmi su una scopa (soffro di vertigini, per la miseria! Non di reumatismi, non di nausee, V-E-R-T-I-G-I-N-I, e non mi sembra così difficile da capire) e poi scaricarmi come un pacco postale! Ma la mia vendetta arriverà presto... e sarà terribile.
Ah ah ah ah!
Baci, babbani!

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Capitolo 12
*** La coltre dei coltelli e la bettola berciante ***



Avventuriamoci ora fra le pieghe dello spazio e del tempo, che contengono ciò che successe più o meno nelle stesse ore ma in un luogo diverso. In un appartamento, per la precisione, un appartamento un tempo tranquillo e ordinato, ma ora scenario di innominabili tragedie, di drammi esistenziali e di profonde, sanissime incazzature con i fiocchi.
Era in questo strambo appartamento sopraggiunto a salutar la sua bella un giovine dai capelli di fiamma, smilzo ma di buon cuore.
“Hermione” esordì materializzandosi nel salotto, salvo poi scoprirlo desolatamente vuoto. Alquanto stupito, ripetè il saluto “Hermione?”
Incuriosito dal silenzio si avventurò fra i metri quadri, finchè non giunse anche lui, come Rita poche ore prima, davanti all’enclave di Hermione: ed ecco, vide la pulzella immersa in chissà quali astrusi calcoli, così adorabilmente concentrata sulle sue carte da non accorgersi di lui.
“Hermione!” triripetè rinfrancato. Senza alzare gli occhi dall’ingombro cartaceo Hermione sobbalzò e sospirò dispiaciuta.
“Ronnino sai che un’altra sera sarebbe perfetta ma oggi sono strapiena di lavoro e proprio non posso uscire, ti prego capiscimi non è che lo faccia apposta, è stata una sfortuna dietro l’altra, ma ti racconterò, oh, sono davvero mortificata amore, ma davvero...”
“Figurati, Hermionuccia, non c’è problema”
“Davvero?” aveva le pupille sfocate tanto in fretta leggeva.
“Davvero davvero.... anche perchè non sono Ronnino.”
Finalmente levossi il capino dalla scrivania, e inorridossi il viso della bella “Tu!”
“Io” confermò George, sollevato di essere stato riconosciuto, ma un po’ meno di venir fulmineamente trasformato nel bersaglio di libri e ciabatte.
“Tu! Turpe baciatore a tradimento! Fedifrago quasi cognato! Approfittatore indefesso di streghe indifese!”
Bisogna sapere che Hermione, sin da piccola, più s’infuriava più forbito parlava, cosa che probabilmente le valse l’entrata ad Hogwarts (vi sembra troppo poco per essere assunti? Provate voi a strillare ”Aberrante lepidottero!” alla tenera età di diciotto mesi)
Finite le munizioni, Hermione si guardò frenetica intorno, sorridendo follemente alla vista di un set di coltelli cinesi, regalo del primo ministro.
Xie xie, grande mago!
Scagliò il primo, che szinnn! fendette l’aria e sfiorò dolcemente l’orecchio di George, il quale osservò con un certo interesse che 1) i coltelli erano sicuramente affilati e che 2) Hermione aveva decisamente migliorato la mira dall’ultima partita di Quidditch.
“Hermione... io... voglio... parlare... ” sillabò con cautela.
“Stai fermo, fellone senz’onore, non riesco a centrarti se ti sposti.” ringhiò lei in risposta “Sai, ti sono grata per essere venuto qui, io non ti sarei mai venuta a cercare da sola. Adesso completa l’opera e fatti colpire, da bravo.”
Di nuovo strizzò gli occhi per trovare la traiettoria, e George sentì una punturina fastidiosa al petto, proprio dove lo stava puntando Hermione.
Ora, il nostro eroe non aveva che due soluzioni: aspettare che lei finisse i coltelli o prendere in mano la situazione e salvarsi l’efelidata pelle.
Gridò “Attenta al gufo!”, ed Hermione ci cascò. George, con scatto felino e abile mossa, la abbracciò bloccandola.
“Lasciami!” ringhiò la bella.
“Per farmi fare a fette da te? Neanche morto” replicò il cavaliere.
Hermione sbuffò e imprecò, ma non ci fu verso di liberarsi. Pur sconfitta, non si arrese. “Fuori da casa mia!”
“Ti volevo chiedere scusa per l’altra sera” disse George “Non l’ho ammesso molte volte, ma sono stato maleducato”
Hermione fulminò.
“Ti dispiace? Ah! Tu non hai idea di quanto sia arrabbiata! Il George che conosco io non farebbe queste cose alla fidanzata di suo fratello. Che ti è saltato in testa??”.
“Non farmi domande e non ti dirò bugie” rispose. che frase comoda, l’avevano detta spesso quella frase, lui e Fred.
Fred...
Un pugno nello stomaco gli mozzò il fiato, mentre centinaia di artigli affilati lo dilaniavano.
Tante grazie, Memoria.
Era sera, pensò poi. Naturale che Fred gli facesse più male di sera. Lee Jordan glielo aveva detto, col passare delle ore l’effetto della Polvere Olvidante cominciava ad andare via. A pensarci bene anche andare via da lì era un’ottima idea.
“Adesso devo scappare, Hermione. Devo proprio scappare...” disse a voce bassissima, poi scomparve con un crack, senza aggiungere altro.
Hermione fissò basita il punto dove si era smaterializzato per qualche secondo prima di riuscire a distogliere lo sguardo.
Ma che modi erano?
Cioè, lei non l’avevo ucciso come avrebbe avuto il diritto di fare e lui fuggiva via senza neppure ringraziarla della sua generosità e del suo altruismo?
Le tornò in mente
Non farmi domande e non ti dirò bugie, il motto di Fred e George.
L’irritante motto di Fred e George, pensò estraendo uno dei coltelli dalla parete. Oh, sì, irritante a dir poco. Quei due erano sempre stati una coppia di perfetti idiot... ehm, di incredibili burloni.
Ecco cosa stava succedendo! Poteva darsi che George stesse dando di matto perchè gli mancava la sua metà, Fred. In effetti, se due gemelli insieme costituivano l’equilibrio perfetto, il gemello singolo era per forza uno squilibrato.
Un’equazione ineccepibile, si disse.
Poi con un lungo, prolungato gemito, si ributtò a capofitto nel lavoro.

(Ed ecco come ragionava Hermione Jean Granger, signore e signori! Oh certo, affrontava effettivamente un problema per volta, ma questo non la rendeva necessariamente una “personcina razionale”. Perfettini trovava perfettamente normale riprendere a lavorare dopo aver cercato di uccidere qualcuno. Qui non si parla di abnegazione nè di dedizione al Ministero. Qui si parla di follia pura. E questo sarebbe bene che qualcuno lo tenesse a mente!!)


Camminò per un po’, preferendo mettere ancora un po’ di tempo fra lui e la sua meta.
Chissà se Hermione l’aveva perdonato. Non che la cosa facesse differenza, ma se lei fosse entrata in famiglia magari evitarsi un’altra scarica di coltelli sarebbe stato, bè, quantomeno indicato. Giusto per far piacere a mamma Weasley, ecco.
Strascicò ancora un po’ i piedi sul selciato di Godric Alley (o Nuova Diagon Alley) finchè non arrivò all’Allegro Barnaba, un simpatico pub in cui probabilmente non entrava un filo di luce da secoli. Si guardò a destra e a sinistra. Nessuno.
Entrò, dirigendosi verso il bancone. Sarebbe stata un’ubriacatura coi fiocchi, decise. Quei coltelli gli avevano messo su un non so che di ansia, e forse per questo Fred si era vendicato facendolo sentire peggio del solito.
“Un Firewhisky” disse al barman davanti a lui, poggiando i soldi sul bancone. Certa gente preferiva ragionare in termini pratici. Il motto del suo negozio: finchè non hai i soldi davanti al naso considerati fregato.
Come quella volta con quel bastardo di Ludo Bagman. Tutte le lettere che gli avevano spedito... roba da ridere, a pensarci adesso. E non si erano voluti far aiutare per non fare la figuraccia degli ingenui. Figurarsi se l’avrebbero detto a Ronnie e ai suoi amici poi.
Non fare domande e non ti dirò bugie.
Per fortuna arrivò al volo il bicchiere a scacciare il primo, perfido barlume di memoria. Tranquillizzato, George si guardò intorno.
C’era qualche fedele avventore più una coppia appartata in un angolo. Lei era furiosa. Lui le voltava le spalle e ci provava con una moretta che se lo mangiava con gli occhi.
All’improvviso un gruppo di ragazzini rumorosi si materializzò con il solito crack esattamente al centro del locale.
“Ok, allora, qualche Spaccato?” chiese ansiosamente un ragazzo osservando gli altri.
Che cosa insopportabile gli adolescenti, pensò George. Maleducati, rumorosi...
“Io ho perso un’unghia!” piagnucolò uno.
... e incredibilmente scemi.

George fu distratto dal suo progetto di massacro degli esseri sotto i diciassette anni dal cigolio della porta, che sembrò aprirsi da sola. Invece, guardando in basso, scorse l’elfo domestico più brutto che avesse mai visto. Ciondolava da parte a parte, con il naso all’insù, e aveva un’espressione stranamente felice.
Gli venne in mente Winky, giù nelle cucine di Hogwarts. Quella era una lagna insopportabile con i suoi “Signor Crouch! Signore!”. L’elfo che aveva davanti invece pareva in pace col mondo, anche se non molto sobrio.
L’esserino si arrampicò sgambettando su di uno sgabello, berciando “Un’acquaviola, subitissimo.” Il cameriere non battè ciglio e la servì due secondi dopo.
Anche i ragazzini avevano visto quella strana cosetta e sembravano incuriositi. Uno di loro, quello più piazzato e strafottente, andò al bancone.
“Ehi, ma non lo sai che a voi fa male bere?” attaccò.
“Però possiamo farlo” rispose l’elfo con voce nasale, ma vagamente femminile “Qualche problema?”
“Devi essere una disoccupata. E’ così, eh? E’ così?”
“No. Io avere lavoro. Tu lavoro?”
“Io studio. Io...”
“Allora, tu essere disoccupato e disturbare chi lavora. Tua vergogna non bastare?”
Il ragazzo le mise una protettiva mano sulla spalla, guardandola con superiorità e continuando col suo discorso.
“Certo, certo” sorrise condiscendente “ti capisco. Ma sei sicura che sia questa la cosa giusta da fare? Voglio dire, probabilmente potrai avere un altro lavoro nella vita. Non dovresti buttarti via così... Com’è che ti chiami?”
“Tinky” George riconobbe il tono di voce di chi con un nome dovrebbe dire tutto.
“Bene. Io sono Henry. Come ti dicevo, Tinky, io e i miei amici possiamo fare molto per te. Non sei sola, anzi, saresti sorpresa di vedere quanti elfi sono ridotti come te... derelitti, attaccati alla bottiglia e depressi, ma basta qualche ora di lavori domestici e stanno subito meglio. A proposito, noi facciamo parte del gruppo “Senza Burrobirra più vita”, e il nostro motto è “Alcol? NO, grazie!”Allora che ne dici, piccola amica? Perchè non rinunci agli alcolici?”
“Io dire... tu minacciare me. Tua vergogna come taccagneria dei maghi: infinita” sentenziò lei buttando giù il suo bicchiere.
George rise. Questa avrebbe potuto riciclarla. Il ragazzo invece la squadrò nervoso agitandosi sulla sedia.
“Minacciare?... misericordia, no! Ti do’ solo l’alternativa di una vita lontana da Burrobirra e Firewhisky.”
“Ah, ecco cosa mancare. Barman, un Firewhisky. Tu stare migliorando” qualcosa di orribile coprì il viso dell’elfa, ma George realizzò che si trattava di un sorriso. Come prima, il bicchiere le arrivò subito, e lei lo scolò d’un colpo. Henry prese un respiro profondo e controllato.
“Forse non hai capito bene quello che volevo dirti” sillabò con una voce leziosa da maestra d’asilo “Bere. E’. Male. E’ stato dimostrato che una sola bottiglia di Burrobirra...”
“Oliver!” disse serissima Tinky. Una Burrobirra apparve come dal nulla e con altrettanta velocità sparì.
“Ma cosa fai?!?” strillò Henry venendo meno alla calma.
“Bevo. Ah, scusa. Volevi un po’? Ehi, un altro Firewishky! Tu no bere? Sicuro? Molto, molto male. Adesso tu ascoltare me. Tu essere disoccupato, tu disturbare chi lavora, tu minacciare me, tu neanche bere quello che io offerto te. Tu essere molto scemo, oltre che molto fastidioso.”
Henry divenne di tutti i colori “Ma...”
“Adesso tu andare e lasciare in pace me, o io dire tutti che tu vai a locali malfamati a ubriacarti. Io conoscere gente importante e conoscere tuo padre, Henry Daniel Foster”
A quelle parole Henry impallidì e boccheggiò sconfitto. Senza dire una parola girò sui tacchi correndo fuori, seguito subito dal suo branco di amichetti.
Tinky lo squadrò uscire dal locale con aria di sufficienza. Schioccò le labbra.
“Dilettanti”
Un applauso e diverse grida riempirono il pub. In men che non si dica tutti volevano essere al fianco di Tinky per stringerle la mano, presentarsi, farle i complimenti.
“L’anno scorso erano quasi riusciti a convincere mio cugino a smettere” mormorò un uomo con aria commossa “Ed era uno che apriva le Burrobirre con i denti.”
“Complimenti” la salutò George quando ci fu un po’ meno ressa.
“Tu chi sei?”
“Uno che beve troppo” rispose allegramente l’altro sedendosi. Tinky strinse ancora qualche mano, poi tornò a lui osservandolo concentrata. Sembrava ci fosse qualcosa che le sfuggiva.
“Tu lavorare?” chiese alla fine.
“Il meno possibile. Devi avere un padrone straordinario.”
“Una padrona. Nè buona nè cattiva. Con lei vivere bene, ma è strana. L’altro giorno volere mettere un gatto nel forno” Tinky scrollò le spalle “Padrona ogni tanto pazza”
“Posso capirla. Il gatto della mia quasi cognata è un mostro. Ma scommetto che tu con lui non avresti problemi.”
“Dipende da... oh!” Tinky aveva una faccia stupita.
“Che c’è?”
“I tuoi capelli. Rossi?”
“E’ di famiglia. Siamo sei maschi e una femmina. Dicevano tutti che mio padre doveva essere l’uomo più sereno della terra. Li abbiamo presi da lui”
“Hai per caso un fratello...” come accidenti si chiamava? per lei era Rosso, punto e basta. Pazienza “permaloso, smilzo e davvero tonto?”
“Sembra che tu stia parlando di mio fratello Ron.”
“Per caso fidanzato con una ragazza... Perfettini?” fra tutti i nomi che usava Rita per chiamarla, quello sembrava decisamente il meno offensivo, a meno che LaNana ConProblemiDiAutostima non fosse un nome.
“Perfettini? Che nome è? Comunque La ragazza ce l’ha, ma si chiama Hermione Granger, una persona molto noiosa, molto prevedibile ma geniale. A dirla tutta, un’ora o due fa mi stava lanciando dei coltelli addosso, ma immagino sia stata colpa mia se si è arrabbiata. Assomiglia alla tua padrona: ogni tanto è pazza.”
George chiese un altro bicchiere per lui e Tinky, poi un altro e un altro ancora, e in men che non si dica si trovò in mezzo alla strada con Tinky aggrappata al fondo dei pantaloni e la sensazione insolita di aver ricevuto una pedata sul fondoschiena. Pazienza, pensò, e per rallegrarsi decise di urlare “Tu shei la mia migliore amica, Tinky!” a tutta Diagon Alley.
“E George esshere miglior amico di Tinky! Hiiic!” gorgogliò l’elfa giuliva, poi riflettè un attimo “... però tu venire dopo whisky.”




Oh, lo so cosa state pensando. Cose come "Che simpatica, quella Tinky!" oppure "Davvero forte l'elfa!" o peggio "E' sempre stata la mia eroina". Ora, lasciate che vi spieghi una cosa: io sono la protagonista di questa storia, e lei, la mia piccola servitrice avvinazzata, non è minimamente paragonabile al mio splendore. Chiaro?
E so anche che vi chiedete perchè mai sprecare un capitolo in cui non ci sia io. Le ragioni sono principalmente due: primo, perchè era necessario (oh sì, dopo ben venticinque giorni Scribacchina è riuscita a convincermi che lo fosse) e secondo, perchè anche le star si riposano, no?
A proposito, Babbanucoli, non credete di rivedere Tinky tanto presto, perchè stranamente nel prossimo capitolo non ci sarà... oh, quanto mi dispiace!
Au revoir carini
Votre Rita

ps: Scribacchina avrebbe voluto lasciarvi uno dei suoi deprimenti messaggi, ma casualmente è impegnata a scontare la pena da me inflittale per aver scritto questo capitolo. Sono certa che la cosa non vi ucciderà.
Bye bye

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Capitolo 13
*** Portoni pericolosi ***



Il giorno dopo mi svegliai con un brutto ma sopportabile mal di testa. Il sole filtrava dalle tendine (vi ho mai detto quanto orribili fossero  quelle tendine?) e tutto sommato sentivo che sarebbe stat una giornata piena di sorprese.
Come al solito non sbagliavo... ma per una volta avrei apprezzato il contrario.
Per cominciare, a colazione trovai Perfettini pietrificata con la Gazzetta del Profeta stretta fra le mani. Ora, non era che la cosa mi addolorasse, ma vederla immobile diventava un filino inquietante dopo dieci minuti.
“Ehi! Che c’è, Rosso ha vinto il premio Silente per maghi d’alto intelletto?” quello che avrebbe stupito anche me.
Perfettini mi fissò, poi fissò il giornale, poi me di nuovo. Infine me lo passò.
Una mia foto campeggiava a centro pagina nella sezione di cronaca.
Ma... un momento... ! Come OSANO? pensai.
Appallottolai con furia il giornale, schiacciandolo sotto la ciabattina Madame Frou Frou. “Come... osano...” sibilai “il mio nome... il mio fantastico nome! Questo è un affronto imperdonabile! Un insulto ad anni di lavoro!”
“Allora non è vero?” chiese Svitata con un filo di voce “lei non è scappata dal Lepricano ieri sera?”
Mi bloccai “Io cosa? Sei definitivamente impazzita? Non che sia una grande sorpresa. Ce lo aspettavamo tutti, sinceramente...”
“Non ha letto l’articolo?”
“L’articolo? Vorrai scherzare. Non ho mai letto neanche una pagina in vita mia che non fosse stata scritta da persone altamente qualificate “ sorrisi “cioè me, me stessa ed io. E loro osano relegarmi in diciassettesima pagina! Ma vedranno, vedranno presto...”
“Legga l’articolo. Per favore.” disse Perfettini.
Sbuffai, roteai gli occhi e la presi in giro per l’espressione da morta vivente, ma qualcosa mi convinse a prendere il giornale che mi porgeva.
Infatti lessi.
E rilessi.
Per Merlino e Morgana.
Nell’articolo si raccontava di ore della mia serata precedente a me sconosciute. Mi ero davvero ubriacata nel bel mezzo dell’astemiissima alta società magica? Ero davvero andata via dal migliore ristorante di Londra senza pagare? Ed ero davvero fuggita a bordo di una scopa?  
L’articolo non specificava perchè io fossi ancora a casa di Perfettini e non davanti al Tribunale per Reati Minori. Certo, forse essere al cospetto di Hermione Granger fuori da ogni controllo non era meglio. Anzi, avrei tanto voluto essere in una di quelle confortevoli gabbie da processo che mi avrebbero protetto dalla sua furia.
Se non altro per rispetto del mio mal di testa.
Quando non seppi cosa dire di fronte a quella catastrofe sociale, Perfettini recuperò tutta la sua abituale aggressività con gli interessi.
“Lei è una ladra!” strillò “si rende conto che c’è gente che deve mantenere la famiglia per una settimana con i soldi che lei deve a quel ristorante? Quando l’ho letto non ci potevo credere! Sapevo che lei non era una persona onesta, ma questo è un crimine! La fuga a cavallo di una scopa poi! E vogliamo  parlare del misterioso accompagnatore? E del fatto che...” mi strappò l’articolo di mano e lo lesse di corsa “ “la signorina era stata invitata ad allontanarsi perchè molestava gli altri clienti”?”
Perfettini avrebbe fatto furore al giorno del giudizio. Oh, dovevano aver scritto l’Apocalisse apposta per lei.
“Ho cercato di passare sopra i suoi trascorsi, Rita. L’ho tenuta sotto il mio tetto e l’ho mantenuta per due mesi. Mi sono fidata di lei” pensai al gatto da guardia che mi seguiva giorno e notte ma soprassedei.
“Ho perfino litigato con Ron per lei.” soggiunse fulminandomi.
“Non che questa sia stata una novità. Almeno vi ho regalato tre ore di conversazione interessante!” commentai tanto per ribattere. Insomma, erano secoli che nessuno mi rimproverava in quel modo, e non avevo certo intenzione di farmi sgridare da una ragazzina per qualcosa che non ricordavo di aver compiuto!
“Questo non è affatto vero!” strepitò lei, alzandosi in piedi  rovesciando il caffè dalla rabbia
“Ma se parlate solo per litigare! Credi che non mi sia accorta di nulla? Siete patetici, mia cara, e lo sai anche tu. Ne conosco di coppie come voi. Dimmi, com’è parlare tanto d’amore... e non farlo mai?” la vidi impallidire di rabbia. Era stato un colpo molto, molto, molto basso ed era andato a segno.
“Questi non sono affari suoi!” ringhiò.
“Però non puoi contraddirmi... lo sappiamo tutte e due che dico la verità.”
Il campanello suonò. Accidenti, proprio quando Perfettini sembrava sul punto di prendermi a pugni! Sarebbe stato un capitolo fantastico per il libro. “Il fallimento della non violenza”, ecco il mega titolo che mi balenò in testa.
“Vado io” dicemmo all’unisono, ma poi la lasciai andare. Mi complimentai con me stessa per il mio buon cuore, ma in realtà volevo solo evitare che la situazione degenerasse troppo.
Svitata tornò con un mazzo di fiori e un bigliettino in mano. Non appena me lo passò il messaggio si aprì con un fruscio e svolazzò nell’aria.

“Buongiorno, mia cara!
Confido che ormai avrai letto i giornali, per cui  ho pensato fosse meglio tranquillizzarti. Lo zio ha pagato la cena di ieri sera e il tuo piccolo debito con il ristorante, ma  per i prossimi dieci anni ti sconsiglio di farti vedere da quelle parti.
A presto,
J.
Ps: oggi pomeriggio alle  quattro. Spero tu abbia novità.”


Mi si appannò la vista, sentii le guance arrossarsi e dopo qualche attimo l’aria si riempì di un dolce scampanellio... ero innamorata?
No, Perfettini mi stava semplicemente prendendo a sonori schiaffoni. “Assassina!” urlai assumendo una posizione di difesa.
“Non faccia la tragica” rispose subito Perfettini “è svenuta dopo aver letto il biglietto e non avevo i sali” ma avrei giurato di vedere un sorriso sulla sua faccia da criceto...
“Potrei denunciarti!” le sibilai contro.
“E io potrei sfrattarla. Quindi direi che un tacito accordo potrebbe risarcire entrambe, anche se con un certo sacrificio da parte mia. In ogni caso, la prossima volta che rischia di venire processata sarò costretta a farle fare le valigie.”
“Ma ceRRRto.”
Sfratto o non sfratto, ero salva! Niente debiti! Uh, che sollievo. Mi restavano ben sei ore per mettere insieme una specie di notizia interessante su Perfettini e non far pentire Julian, ops, il signor Adam del suo gesto.
No, non voglio quelle facce, insignificanti Babbani. Non mi sentivo in debito con Adam. Semplicemente lui aveva messo una barriera fra me e un processo che mi sarebbe costato tempo e denaro. Insomma, lo sapete quanti tailleur si possono comprare con la parcella di un avvocato magico?
Pensa Rita. Pensa. Devi dar loro qualcosa di utile. Di sensazionale. Andiamo...
E due secondi dopo ecco che le lettere sotto il letto della Donna in Carriera mi tornarono in mente, insieme al loro sospetto indirizzo. E va bene, dovevo proprio uscire e fare un giretto di controllo.
“Perfet...! ehm. Vostra Maestà Granger, vado a fare un giro” urlai in direzione bagno, dove la simpaticona si era rinchiusa ”tornerò per pranzo! Non mangerò nessun tipo di robaccia biodinamica, capito? Non è ancora venuta l’ora in cui riuscirai a trasformare Rita Skeeter in una capra!”

Non appena arrivai in centro, capii che la Gazzetta del Profeta aveva fatto il suo sporco lavoro. Sembrava che improvvisamente tutto il Mondo Magico fosse al corrente della mia disgrazia. Gente che non conoscevo mi additava per strada parlottando a bassa voce.
“E’ lei! La Skeeter!”
“Fuggire così dal “Lepricano”...”
“.. dicono che ormai sia povera in canna!”
“Ladra!”
“Ben le sta... vi ricordate quell’orribile libro su Silente?”
Ah, la meravigliosa solidarietà magica. Com’è che Potter non vi aveva scritto ancora un libro sopra? Oh, già. Le penne di tutto il mondo stavano congiurando contro di lui, per non parlare delle infide pergamene, sue nemiche giurate, e di chissà cos’altro.
Evocai un paio di occhiali da sole e un foulard, rendendomi conto solo dopo qualche minuto quanto fossi simile a Mary, quella del telefilm babbano, quando doveva girare in incognito.
Stringendo bene la stanghetta dei miei occhialoni neri mi avventurai per le stradine di Godric Alley, appiattendomi contro i muri quando incrociavo qualcuno che avrebbe potuto riconoscermi.
“Rita!” esclamò un’amica, sorpresa di trovarmi per strada.
“Rita? Io mi chiamo Mary.”
L’amica mi guardò un po’ confusa mentre me ne andavo via “Oh, mi scusi.”
Come dicevo, meglio non farsi scoprire.
Scarpinando scarpinando capii che una delle poche cose per cui non ero tagliata doveva essere il trekking. Certo, avevo un’ alternativa: potevo Smaterializzarmi, ma la cosa avrebbe tolto buona parte del brivido alla mia spedizione... quanto a diventare uno scarabeo, a Godric Alley era preferibile non trovarsi a portata di piedi. Sul serio, i maghi puzzano.
Ci misi mezz’ora a trovare l’edificio corrispondente all’indirizzo di quelle dannatissime lettere, e a quel punto le avevo maledette in cento lingue.
Il palazzo, pur essendo alto e ingombrante, non era molto visibile, ma probabilmente avevano lanciato un incantesimo per non farsi notare. Segnale chiaro di qualcosa di losco, riflettei.
Uh uh... in che cosa si era trovata invischiata Perfettini?
Vediamo... Malavita?
Spaccio di Polvere Olvidante?
O forse gestiva una casa d’appuntamenti?
Quante splendide, infinite e interessanti possibilità!
Anche il portone d’ingresso era sfuggente. Per un attimo lo vidi su una finestra, poi si spostò di lato e andò sull’angolo sinistro, poi sull’abbaino... chiunque  abitasse lì aveva un senso dell’umorismo molto irritante.
“Pietrificus Totalus!”
Con la maniere gentili si ottiene tutto, l’ho sempre detto. Infatti il portone frenò bruscamente e rabbrividì, facendo uscire il cartello “bussare” dalla porticina per gatti. Ma perchè la mia vita sembrava infestata dai felini?
Sfiorai con le nocche il legno dipinto di azzurro cielo e avvertii quella che mi parve una spintarella gentile, dopodichè
“Aaaaaah!”
precipitai per metri e metri sotto terra lungo uno scivolo ripidissimo e stretto e
“Uuuuuuh!”
feci una curva finale che mi impedì di vedere su cosa sarei dovuta atterrare e infine
“Iiiiiiiiih!”
con precisione incredibile mi trovai catapultata su una poltrona da salotto. Pregai in innumerevoli lingue che la poltrona non mi uccidesse, e Dio mi ascoltò: respirai a fondo ma feci subito un salto da record.
“Lei chi è?” chiese dal nulla una voce tranquilla e incuriosita.
“Sono.... sono... mi chiamo Mary” deglutii in preda al panico, cercando di farmi venire in mente una storia plausibile “sono... uhm... ecco... una persona molto curiosa.... Stavo passeggiando e tutto ad un tratto ho visto questo posto e...”
“Interessante. Come ha avuto l’indirizzo?”
“L’indirizzo?”
“Non si può entrare senza essere a conoscenza dell’indirizzo dell’edificio. Jean è stata molto brava quando ha pensato alla nostra sicurezza. Sa com’è” sospirò sinistramente la vocina “molti non capiscono il nostro lavoro.”
“Sono quasi sicura di essere l’eccezione che conferma la regola” esclamai nel tentativo di compiacere quella che poteva trasformarsi in un momento all’altro nella mia assassina.
“Davvero?” disse la Voce, velata di interesse “Sa, è difficile che qualcuno lo ammetta apertamente. I clienti non ci mancano, ma nessuno le confesserà spontaneamente di gradirci. Molti ci criticano, in pubblico... e poi non riescono a fare a meno di comprarci. Strano, non trova?”
“Sono pienamente d’accordo” risposi, prendendo tempo.


Volete sapere cosa mi successe? Non ve lo dirò certo ora. Ma sappiate che tutto quello che potevo immaginare, tutto quello che potevo supporre era sbagliato, dal principio... perchè nessuno dei miei incubi sarebbe arrivato a un tale livello di orrore e raccapriccio.
Vi aspetto alla prossima puntata di "Portoni pericolosi".

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Capitolo 14
*** Incoscienti confessioni ***



Ok, Rita, rifletti. Sei sola con una probabile criminale che può ucciderti a sangue freddo e far sparire il tuo cadavere in meno di due minuti. Cosa fare?
In realtà all’inizio della mia carriera mi erano capitate situazioni simili... oh se mi erano capitate! Se non ricordo male, fu durante quell’infausto periodo in cui andava di moda il giornalismo d’assalto.
Il trucco stava tutto nello stare al gioco senza mostrarsi intimiditi.
“Capita spesso anche a me... facciamo tutti un lavoro difficile. Oh, crudele sorte! Infausto destino delle anime generose! Misero chi opera contro di noi!”
“E’ un’attrice di teatro?”
“Bè, ecco, diciamo di sì... ma su larga scala” in fondo dovevo recitare ogni giorno per sembrare civile con Perfettini.
“Lei potrebbe lavorare con noi, sa?”
“Prego prego?” replicai sbalordita. Da quando in qua i criminali rispettabili assumevano perfetti sconosciuti piovuti dal cielo? “Forse il vostro lavoro è un po’ troppo... delicato, per me.”
“Veramente io credo che lei sarebbe perfetta. Non abbia paura di non essere all’altezza...”
COSA??????
“Ehi!” gridai al buio “Io sono all’altezza di qualsiasi incarico possibile sulla faccia della terra, chiaro? Ma non voglio rischiare di marcire in galera a vita! A dirla tutta, se foste dei criminali un po’ più seri non proporreste “incarichi” ai primi venuti. E’ proprio vero, non c’è più la malavita di una volta.“
Silenzio. Avevo parlato troppo?
“Mi scusi. Lei sa che posto è questo?”
“Certo... cioè... sì e no...?”
Nel silenzio che seguì udii distintamente uno sbuffare per non ridere.
“Questa è una redazione, Mary” mi comunicò infatti la Voce “Benvenuta a Stregami... Io sono Luna, la caporedattrice della Sezione Ricerca”
L’ambiente si fece più luminoso e cominciai a scorgere le sagome di scrivanie, gufi sonnacchiosi e poltrone levitanti. Poi la luce inondò la stanza.
Oh. Mio. Dio.
Sembrava che  fosse passato un branco di teen-ager scalmanati. Poster, vestiti e pergamene erano sparse letteralmente ovunque, senza logica.
Soprattutto, non c’erano scaffali pieni di libri oscuri o celle per i prigionieri, cosa da cui trassi una geniale conclusione: quella era davvero una redazione.
Luna si avvicinò sorridendo, chiaro segno che cercava di tranquillizzarmi. Mossa inutile: nessuno vestito come lei sarebbe mai riuscito a farmi sentire a mio agio.
La signorina indossava degli stivali di gomma e una veste viola lunga fino ai piedi, stretta sul microscopico vitino da un’assurda cintura pelosa (probabilmente una coda di gatto arrotolata), mentre i capelli erano raccolti abbastanza decentemente, ma erano fermati da quella che, lo capii con profondo sgomento, era una forchettina da dessert.
Intercettò il mio sguardo rivolto ai suoi capelli, e disse allegramente “Bè, in Giappone usano le bacchette per tutte e due le cose, così ho pensato...”
“Non aggiungere altro o potrei sentirmi male” le ordinai. Poi mi guardai intorno “E così siamo in una redazione. Dimmi, cosa intendevi per “sezione ricerca”?”
Non credete che non l’avessi davvero  riconosciuta. Se c’è una cosa che non dimentico ma di una persona è il suo look tipico, e la figlia di Xenophilius Lovegood era riconoscibile a secoli di distanza.
Restava da capire come si incastrassero lei, la Granger e quella pseudo redazione; e siccome non sembrava ricordarmi decisi di far finta di niente e spillarle più informazioni possibili... mantenendo le spoglie della sventurata Mary.
“Oh, semplice. Mi informo sui nuovi prodotti di bellezza in commercio, su erbe innovative per la cura della pelle...” all’improvviso gli occhi le brillarono sinistramente “e in cambio  pubblico una pagina al mese riguardo Ricciocorni, Schiopperelli e Pirpificchi. Avrei voluto usare tutte le sei pagine a mia disposizione per parlarne, ma Jean mi ha consigliato di evitarlo” disse a voce bassa, con l’entusiasmo completamente spento.
Non ero certa venuta lì per dare consigli di lavoro a chicchessia, ma quella rassegnazione mi dispiacque per empatia. Sapevo bene cosa si provava nel non poter scrivere quello che si voleva.
“Sai, non è detto che tu deva fare sempre quello che dice questa Jean. Insomma, se sei sicura che il tuo articolo sarà un successo non puoi lasciare che ti fermino. Magari ci sarà un trenta per cento dei lettori che non sarà d’accordo con quello che hai scritto, un venti che non lo leggerà per distrazione, ma accidenti, metà dei lettori potrebbero essere dalla tua parte” le dissi infervorata. Feci centro.
“Ma Jean..” cominciò, chiedendomi con gli occhi di dirle che se ne poteva fregare.
“Lei potrebbe sbagliarsi sul tuo conto. E poi gli animali magici sono sempre stati di grande interesse per tutti. Senti, ma chi è poi questa Jean di cui continui a parlare?”
“E’ la fondatrice di Stregami. Risponde alla posta del cuore, ma in realtà e’ il capo. E’ molto intelligente ma troppo chiusa. Ultimamente, per esempio, ho cominciato a chiamarla col suo secondo nome, ma stranamente non apprezza. Eppure gliel’ho già spiegato che Hermione Granger non è adatto a lei... Jean, invece... quello sì che può tornarle utile...”    
La Lovegood sembrò perdersi in qualche assurda riflessione sui nomi, mentre io la guardavo incredula.
Avevo sentito bene?
Jean... Perfettini!
Perfettini era la direttrice di una rivista di moda!
Perfettini!! Non con quella casa, quei vestiti, quella faccia! Vi prego, no! Era troppo esilarante!
“Ahahaha... hahahahaha! Uuhuuhuhuhuh!” ululai, tenendomi la pancia dal ridere. Oh, per tutti i draghi! Questa era una notizia stratosferica... allora la seria, compassata e rigida Hermione Granger era una fashion victim! Nessuno stupore che se ne vergognasse e nascondesse le lettere che le arrivavano sotto il letto.
La Lovegood mi guardò con distratto interesse, credo, sempre che non fosse sincero terrore per il mio scoppio di risa “Tutto bene, Mary?”
Mi tirai su asciugandomi gli occhi, dicendo la prima scemenza che mi venne in mente “Scusami, cara. La mia stupida allergia...”
“Oh, immagino. E’ pieno di Formicoli qui dentro. Colpa di Jean che...”
“Ahahaha! Jean... Ahahaha! Oh Merlino!” ero incontrollabile. Sul serio, rischiavo una crisi respiratoria da  un momento all’altro, ma non sapevo come fare per smettere. La ragazza Lovegood, invece, sì.
“Scusi” mormorò, e mi diede una sventola formidabile.
“Ma porc... (scribacchina si RIFIUTA di trascrivere)... Prendermi a schiaffi è una moda oggi?” ringhiai.  
Mi sistemai i capelli, decidendo che ormai sapevo quello che dovevo sapere. Tesi la mano alla ragazza, ringraziandola intimamente per il suo aiuto.
 “Bene, è stato davvero un piacere conoscerti, Luna. Spero che ci rivedremo.”
 “Ne sono certa, Mary” disse con certezza  “E ti prometto che parlerò a Jean non appena la vedrò.”
“Ottima scelta!” gridai, e corsi via ridendo come una matta.


“Hermione Jean Granger è la direttrice di Stregami, non ci sono dubbi! L’ho saputo da una fonte molto attendibile. Quel che è più importante, lei non sa che io so!”
Adam masticò l’estremità della pipa e sembrò riflettere per qualche attimo.
“Interessante.”
“Interessante?” replicai sdegnata “Ah! Forse voi non avete dimestichezza con il campo, ma questo è quello che si chiama scoop. Andiamo, non li vedete già i titoli? ” cercai un po’ di sostegno in Julian, che invece si sistemò meglio sulla poltrona e mi lanciò una lunga, pigra occhiata di assenso.
“Brava” disse infine,  sicuro di rendermi felice.
Certo, come no.
“Bè, vedo che siete molto interessati, quindi me ne posso anche andare. Andrò da qualcuno che apprezzerà sicuramente di più quello che so!”

Arrivai allo studio con un drago per capello, masticando una Gomma Rilassante per calmarmi. Ovviamente non ci riuscii, ma distruggere qualcosa con i denti mi dava abbastanza soddisfazione da non farmi torturare la mia borsetta. Trovai la porta chiusa e feci per tirarle un calcio, poi ci ripensai e la incendiai.
“Dottore” esordii calpestando la cenere “io e lei dobbiamo parlare”
L’omuncolo mi guardò con disapprovazione e indicò il paziente che stava sciorinando i suoi problemi di flatulenza.
“... vede dottore, io non me ne rendo conto! Ed è così imbarazzante...”
“Ci credo! Ma c’è una soluzione: provi a volare da una finestra senza incantesimo Levitante. Risolve tutto.”
“Rita Skeeter?” squittì Dedalus Lux.
Lo fissai con orrore. “Sapevo che non era colpa dei gufi postini!!”
“Ma  io... ma lei...” cercò di spiegarsi, ma lo interruppi con una smorfia disgusto.
“Prima che decida di dirlo al mondo se ne vada, signor Lux. Io e il dottore dobbiamo discutere di faccende importanti.”
Canticchiai la marcia trionfale mentre si alzava mogio mogio, dopodiché mi buttai sul divanetto.
“Aaaah... Mi ha perfino scaldato il posto. Dolce profumo della vittoria! ” sospirai.
Poi tornai alla realtà. “Dottoreeeee! I miei datori di lavoro mi ignorano!”
“Se solo potessi fare lo stesso, signorina... se solo potessi!” piagnucolò quello, guardando con rimpianto Dedalus che usciva senza pagare e il vano vuoto della porta.
“Non ci si metta anche lei! Io ho fatto una scoperta fantastica sa, perchè se la ricorda Hermione Granger, quella nana irosa di cui le parlavo, ecco lei è la direttrice di Stregami e io l’ho detto al signor Adam e lui non ha detto niente! E io non so come gestire la cosa, insomma, sono stata brava a scoprirlo, no? No? ...  Dottore?”
“Eh...? Ah sì, certo. Magnifico” borbottò “Venti verticale... venti verticale... mannaggia a Merlino, che sarà mai?”
Incendio” l’odore di Gazzetta in fumo riempì la stanza.
“Ma lei è una piromane!” urlò il dottore scioccato.
“E lei è un incompetente. Pari e patta, dottore. E se vuole un consiglio, non lo rifaccia.”


“George, sono disperato” mormorò Ron guardando il fondo del suo bicchiere. Erano le cinque di un fumoso pomeriggio londinese, e Ronald Weasley, in arte il Re delle Pare, aveva trovato l’ennesimo modo di confermare il suo incontrastato dominio.
“Lei mi odia” sospirò il Re con consumato accento melodrammatico.
“No, Ron.”
”Sì invece! D’altra parte, chi vuoi che voglia uno come me?”
Noia, noia, noia.
“Senti, Ronnie, ho appena deciso che la mia vita non merita di essere sprecata ad ascoltare le tue lamentele. Io me ne vado, quando vorrai tornare un uomo fai un fischio.”
Si alzò di scatto dalla sedia del bar, fece un passo... E all’improvviso la forza gli lasciò le gambe e tutto si fece nero.
Si accasciò a terra seguito dallo strillo apprensivo di Ron “George!”
Il ragazzo sbattè le palpebre un paio di volte.
“Tutto bene” rispose con un filo di voce rialzandosi “Mi è  girata un po’... la testa...”
“Come stai? Miseriaccia, mi sono preso un colpo! ”
“Adesso sembri la mamma, Ron” si diresse verso la porta “Vado a casa”
“Vengo con te!” Ron si mise volenteroso al suo fianco, ma George lo fulminò “Non ho bisogno di balie, sai? Vai al negozio e tienilo aperto, oggi arrivavano delle partite di Merendine e qualcuno deve riceverle.”
Uscì e, prima che Ron potesse fermarlo, si Smaterializzò.

Arrivò in una strada secondaria ben nascosta, dove lo aspettava un uomo perso dentro un mantello enorme. George gli passò un borsellino pieno di Galeoni,
“Centocinquanta. Ci sono tutti, Lee, mica li devi contare ogni volta...”
Il sorriso di Lee mandò un bagliore “Sai che di te mi fido, ma è l’abitudine”
Abitudine a cosa? pensò George. Decise che era molto meglio non darsi una risposta.
Lee era sempre stato un ragazzo curioso, con una tenacia fuori dal comune e una passione per le sfide. Era evidente già ad Hogwarts.
Se avevi bisogno di trovare qualcosa e glielo dicevi, potevi scommettere che dopo due giorni sarebbe apparso sul comodino del dormitorio, ovviamente senza biglietto. Il sorrisone che Lee ti avrebbe rivolto a colazione sarebbe bastato a farti capire tutto.
Una volta finita la scuola, senza agganci e senza un soldo, Lee aveva capito che trovare l’impossibile era il suo unico talento.

George non aveva più saputo niente di lui finchè non era finita la guerra, quando aveva scoperto che Fred non era morto.
Era rimasto dentro di lui. Lo portava dentro di sè come un dolore feroce che non lo abbandonava per nessuna ragione. Passava le giornate disteso sul prato della Tana a pensare cosa sarebbe successo se lui fosse stato lì a salvarlo, invece che da qualche altra parte a combattere.
Sentiva che Fred lo accusava di non essergli stato vicino. 
Si era rinchiuso in camera sua e non aveva più voluto vedere nessuno per una settimana, scagliando tutto quello che poteva contro i muri, urlando perchè si sentiva spezzato.
Non ne poteva più di svegliarsi la notte e di soffrire di giorno. Voleva disperatamente tornare  a vivere.  
Per cui aveva incontrato di nuovo Lee, che alla fine aveva scoperto il lavoro ideale per lui.
“E’ una dose tagliata anche meglio del solito” commentò allegro il ragazzo passandogli con rapidità incredibile un pacchetto “Ma non hai mai avuto effetti collaterali?”
“Qualche giramento di testa e un po’ di equilibrio meno del solito. Ma sono come i gatti” rispose George “cado sempre in piedi”
“Fai attenzione. Guarda che quando cominci a non reggerteri sulle gambe io non ti do’ più niente.”
Per certi versi, Lee era rimasto un Grifondoro. Aveva capito subito che George cercava aiuto e dopo due giorni gli aveva dato quello di cui aveva bisogno, naturalmente sorridendo. La Polvere Olvidante non poteva cancellare del tutto Fred e il suo odio o eliminare gli incubi, ma poteva farli sparire dietro una tenda pesante di indifferenza. Era ben più di quanto George sperasse in quel momento.
“Lo so, ti ringrazio. Allora alla prossima”
Ci fu di nuovo il guizzo bianco di un sorriso “Alla prossima, George”




Mi dispiace dovervi rendere partecipi della sventurata vita di Lee Jordan. Tutti noi ce ne siamo dimenticati molto in fretta, ma anche lui in qualche modo doveva andare avanti.
Rita premura di farvi sapere che Lee è suo amico, che gli ha sempre voluto bene e che se lo vedete per strada dovrete dirgli queste due cose.
Non ne sono certa, ma credo abbia un qualche debito con lui...
Ogni tanto arrivano delle civette zoppe poco raccomandabili (mangiano sempre a sbafo e beccano ferocemente chiunque le sfiori), e dopo che se ne sono andate Rita è intrattabile.
Più del solito, intendo dire.
Spero che la luna che vedo io sia la stessa che vedete voi. In quel caso, grazie al cielo, sono ancora nel mio emisfero.
A presto

Vostra Scribacchina

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Capitolo 15
*** Licenziosi licenziamenti ***



Il giorno dopo raccontai a  Tinky, di ritorno dalla Settimana delle Sbronze, gli ultimi avvenimenti: la cena al “Lepricano”, l’articolo sulla Gazzetta e ovviamente la strabiliante scoperta fashion su Perfettini. La mia servetta mi ascoltò continuando a far  rimbalzare una pallina da tennis sul muro. Non so in che telefilm babbano l’avesse visto fare, ma era schiava di quel giochino.
Sbonk, sbonk.
“Padrona avere avuto fortuna” decretò alla fine “tante cose buone essere successe. Io sentire che grande Elfo è con te.”
Per favore, non chiedetemi chi sia il Grande elfo.
E’ una credenza da stupidi elfi alcolizzati. Vi prego...
Oh, va bene! Il Grande Elfo appare nei sogni di tutti gli elfi domestici ed è il loro argomento di conversazione preferito, se siete così babbei da lasciarli parlare a ruota libera. Secondo Tinky, il Grande Elfo vegliava anche su di me e un giorno mi avrebbe condotto con lei nel paradiso degli elfi, dove ci sarebbero state infinite stanze da riordinare e schiere di padrone isteriche.
L'equivalente della felicità perfetta, insomma.
“Fortuna? Veramente ho rischiato la galera” precisai affilandomi le unghie.
“Appunto, ma non ci avere messo piede. Se questa non essere fortuna...”
Sbonk, sbonk.
“Devo ammettere che ha funzionato tutto a meraviglia, sì. Ma non è il momento di rischiare la prigione!” sospirai sistemando i vestiti nell’armadio. Era una cosa che mi rilassava.
“Adesso sto pianificando la prossima mossa. Insomma, ho raccolto informazioni sul passato della Nana, sul suo presente... ma mi manca il futuro. E mi mancano tutti i dettagli sentimentali, che sono quelli che vendono di più”
Mi confortai affondando il viso in un maglioncino cashmere che avevo ottenuto ai saldi dopo un feroce duello con una strega svedese. Come dico sempre, non c’è niente che una lotta all’ultimo sangue non possa sistemare.
Le commesse di tutta Stoccolma parlavano ancora di quell’episodio e mi salutavano con rispetto quando entravo.
Sbonk, sbonk.
Tinky mi picchiettò la spalla con quello che lei chiamava l’Indice del Borseggiatore, cercando di riportarmi alla realtà. “Padrona? Padrona!”
“Sì, piccola distruttrice di ricordi?” chiesi fulminandola. I miei sogni di gloria erano soggetti a continue interruzioni. La vita delle star è ingiusta a volte... ma qualcuno doveva pur farla!
Sbonk, sbonk.
“Io avere buone notizie per te. Io sapere una cosa interessante su Signorina Troll!” canticchiò maliziosa Tinky “nostra signora del Ministero non è tanto santa quanto tutti credere.”
Sbonk, sbonk.
“Dimmi tutto quello che sai” le intimai. Il fiuto scoop segnalava che Tinky nascondeva una piacevole sorpresa, ma lei continuò a far rimbalzare la pallina sulla parete senza guardarmi.
“Padrona non avere notato sottile battuta di Tinky, Tinky no dire. No essere equo, padrona”
Sbonk, sbonk.
Ora, io sono pacifista. Lo sono davvero. Ma ho un limite, per Merlino.
“Se tu “no dire” io ti trasformo in vermiciattolo. E’ abbastanza equo per te?”
“Io no volere essere verme. Ultima volta quasi mangiata da stupida gallina” piagnucolò.
Sbonk, sbonk.
“Ok, padrona.” fece una pausa teatrale. In queste cosa l’avevo educata bene “Signorina Troll....”
“Rita!” urlò Perfettini spalancando la porta “in nome del cielo, perchè diamine fa rimbalzare una pallina contro la parete? Sto lavorando!”
“Ma davvero?” chiesi dissimulando la tachicardia “E io che pensavo lavorassi solo a ferri per gli elfi!”
Mi guardò scioccata “E questo lei come lo sa?”
“E’ di pubblico dominio che tu non sia tanto a  posto, mia cara. Comunque se ti dà tanto fastidio non farò più niente, lo giuro lo giuro. Contenta?”
Se ne andò ringhiando, ma non ero dell’umore di godermi la vittoria. Il cuore mi stava scoppiando.
“Tinky” sibilai “ vieni fuori. Ora.”
“Io non volevo, padrona” piagnucolò da sotto il letto “Davvero! Non mi aveva mai sentita prima!”
“Questo vuol dire che l’hai fatto altre volte?” mi ci voleva tutta la mia calma per non farla a brandelli “Tu ti rendi conto che se ti scopre io sono finita, andata, persa per sempre? Quella ragazza sferruzzava cappelli per liberare gli elfi di Hogwarts! Sta raccogliendo firme per la legittimazione del vostro lavoro! Sai come reagirebbe se sapesse di avere un elfo domestico non pagato sotto il suo tetto, Tinky?” le chiesi con dolcezza “Mi sbatterebbe fuori e io sarei licenziata di nuovo. Più o meno la stessa cosa che sta per succedere a te.”
“Padrona divertente” gemette Tinky sorridendo  orribilmente.
“No, scherzo della natura, sono seria. Prendi questa sciarpa” ne raccattai una dal mucchio “regali di zia Bessie”
“Non essere nemmeno di marca!” replicò offesa “Io non la voglio!”
“Ho detto prendila.”
“Non può licenziarmi per la quinta volta!” sbottò “Essere ridicolo!”
In effetti, ogni volta che Tinky mi metteva in serio pericolo la sbattevo fuori dalla mia vita perchè imparasse. Tanto nessuno a parte me l’avrebbe voluta; quando tornava a casa sconfitta io avevo per almeno due mesi una piccola servetta obbediente.
“Io ti ritengo indegna di servirmi” recitai “per cui ti ordino di allontanarti dalla mia famiglia”
“L’ha fatto di nuovo!” sbuffò Tinky arrabbiata, stringendo i piccoli pugni “Non essere giusto! Signorina Skeeter essersi sbagliata questa volta. Tinky non tornerà indietro. E signorina Skeeter non saprà mai quello che Tinky sapere! Mai!”
“Non ti sento, elfa. Sparisci da qui immediatamente”
Un crack terribile la fece spariva mentre mi guardava con occhi infuriati.
Che ingenua.
Sapevo che prima o poi sarebbe tornata... e allora mi avrebbe detto tutto quello che volevo sapere da lei.


Quella sera un profumato tramonto rosso si stiracchiò per bene sui tetti di Londra. Faceva fresco. George non si accorse nè del cielo e nè del venticello, continuando a passeggiare senza meta.
Erano passati diversi giorni da quando avevo visto Lee e si sentiva più tranquillo. Le cose al negozio andavano ancora a gonfie vele; qualche suo aiutante gli aveva portato dei progetti interessanti e già immaginava i guadagni futuri.
Insomma, si sentiva di ottimo umore, pur mantenendo una certa vena malinconica nello sguardo che attirava l’attenzione del gentil sesso, che trovava affascinante quell’aria da poeta maledetto.
I piedi lo portarono fino alla periferia di Godric Alley, l’unica parte della città dove si riconoscessero ancora i tratti originali della vecchia Diagon Alley. Dopo la guerra quasi tutto il centro era stato distrutto; per cui Harry e  il Ministero avevano provveduto a ricostruirlo e a dargli un nuovo nome.
George si rese conto che erano secoli che non vedeva Harry. Gli impegni al ministero sembravano assorbirlo più di ogni altra cosa, ben più dei suoi amici e di Ginny. Ogni tanto George si sentiva dispiaciuto per sua sorella, ma ricordandosi l’ultima volta che l’aveva vista doveva ammettere che la sua forza d’animo era ben superiore alla media.
“Harry non smetterà mai di pensarmi” aveva commentato allegra “sa benissimo che so usare la Legilimanzia e faccio ottime maledizioni”
Con sicurezze simili sarebbe arrivata lontano, senza dubbio.
Inoltre sapeva che aveva trovato i suoi modi per consolarsi, anche se aveva preferito non approfondire l’argomento.
Era ormai il crepuscolo quando arrivò all’Allegro Barnaba. Con sua grande sorpresa vide che, poco sotto il livello del bancone, una certa elfetta di sua conoscenza stava cantando debolmente una canzone da osteria, creando un buffo contrasto fra le parole oscene e la vocina flebile.
“Tinky?” chiese scrollandola leggermente.
L’elfa non sembrava in buone condizioni. Per essere meno fini, sembrava un rottame. Si era distesa sullo sgabello a faccia in su, ma teneva gli occhi chiusi e muoveva piano la testa da una parte all’altra.
George guardò interdetto il barman “Ma che le è successo?”
L’uomo alzò lo sguardo dai bicchieri che stava pulendo e osservò Tinky con indifferenza “E che ne so” commentò infine “non sono mica il suo padrone”
Stronzo.
George mise una mano dentro la tasca dei pantaloni.
“Da quanto tempo è qui?” chiese giocherellando con la bacchetta. Il mago sembrava visibilmente seccato.
“Senti Weasley, non lo so e... Arg! Scotta!”  urlò facendo cadere un bicchiere “E che...! E’ qui da ore, ha continuato a bere finchè non è crollata. Contento così? Metti via quella dannata bacchetta”
George notò che Tinky aveva una sciarpa legata alla vita, segno che era stata licenziata. Istintivamente odiò la sua padrona.
Stupida egoista!
Si caricò in braccio Tinky, cercando di non scombussolarla troppo mentre uscivano dal locale. Dove poteva portarla? A casa sua era fuori discussione. La sua famiglia in quel momento era troppo presa dalla gravidanza di Fleur per preoccuparsi di un’elfa alcolizzata.
Non si sarebbe fidato di nessun amico. Per quanto Dobby fosse un eroe nazionale, quasi nessuno riteneva gli elfi qualcosa più di un animale domestico. Tranne ovviamente....
Hermione!
Quel nome lo confortò subito: Hermione adorava gli elfi. Si sarebbe presa cura di Tinky e avrebbe saputo come fare con lei. Di Hermione ci si poteva sempre fidare.
Senza aspettare un altro secondo si mise a correre verso un certo appartamento da noi ben conosciuto, felice di aver un buon motivo per entrarci senza essere minacciato di morte.

Il mio pisolino pomeridiano fu interrotto e poi fatto a pezzi da due voci, un fagotto di lana e un (mio) tentativo di omicidio.
Ma cominciamo con ordine, il dottore dice sempre che fa bene. Per quanto ci si possa fidare del mio dottore, comunque...
A ogni modo, stavo sognando di comprare un centro commerciale per il mio uso personale, quando sentii due voci chiacchierare abbastanza concitatamente.
Per rendere l’idea, credo che la vecchia rincitrullita del primo piano sentisse tutto senza bisogno di orecchie Oblunghe potenziate (non fate quelle facce, Weasley fa un sacco di soldi con i vecchietti impiccioni). Cosa per lei molto utile, fra l’altro. Quella dannata strega era fin troppo interessata a quello che succedeva a casa di Perfettini.
Dicevo, la soave ugola della Nana stava declamando quelli che penso fossero i peggiori epiteti del suo vocabolario babbano. Udii distintamente un “Accidenti”, diretto a qualcuno da lei evidentemente molto odiato che mi fece una certa impressione.
Cercai di ignorarla, ma  proprio non ci riuscii; per cui aprii un occhio meditando vendetta, infilando le pantofole col tacco (no, non è una battuta. Pantofole col tacco, ok? Sono favolosamente chic) e dirigendomi in vestaglia in cucina.
Qui mi aspettava la seconda sorpresa: un ammasso di lana gibboso, a cui sul momento non prestai molta attenzione. Grave errore.
Perfettini si stava sgolando con George, che sembrava ascoltare con un discreto interesse. Ipocrita.
“Continua pure, caaara! Sono così felice di ascoltarti delirare invece di dormire. Allora, di che blateravi? Foche in estinzione? Troll infelici?”
Entrata trionfale, senza dubbio.
Perfettini e Weasley si girarono entrambi verso di me. Lei Indossava un’espressione Cerbero’s style: occhi fiammeggianti, denti scoperti e capelli elettrici, mentre lui aveva optato per una sobria Indignation: smorfia di rabbia controllata perfetta al millimetro, occhio semichiuso e lentiggini in evidenza su sfondo bianco.
“Rita” ricominciò la pazza “ di là in cucina c’è un’elfa che ha trovato George. Mi stava raccontando che dev’essere stata licenziata e abbandonata... rischiava di morire da un momento all’altro, ti rendi conto? Se scopro chi è stato io...”
Il ricciolo dei presentimenti si arricciò di colpo. “Ehm, George caro, dimmi... dove l’hai trovata, questa povera derelitta creaturina?”  chiesi con partecipazione. Per inciso, in realtà stavo imprecando in tutte le lingue.
“In un pub della periferia, L’allegro Barnaba” modificò di poco l’espressione “burrobirra pessima, se vuoi un parere.”
Oddio.
Mi girai con gli occhioni luccicanti verso Perfettini. “Cara, posso vederla? Sai come sono sensibile... devo sapere come sta!”
Perfettini mi guardò stupita, ma sembrava convinta. Tanto meglio!
Il fagottino russava come un trattore babbano. I miei dubbi si affievolirono sempre di più. Presi in braccio l’ammasso di lana cercando di farlo cadere a terra, ma non ci riuscii... e così dovetti affrontare la realtà: fra le mie braccia c’era Tinky, la mia ex elfa domestica, pronta a come al solito sconvolgermi la vita.




Oddio. Speravo che questa parte delle mie cronache non sarebbe mai arrivata. Voi non sapete il nervoso che mi venne quando la riconobbi. Mi sembrò che avesse fatto tutto di proposito, per tormentarmi e farmi vedere i sorci verdi quando in teoria mi ero appena liberata di lei...
Grrrrr.

Baci Baci (ah, Scribacchina non lo sa, ma io adoro uno strano telefilm che sembra molto di moda fra voi Babbani. Indovinate quale e vincerete un mio autografo!)
Rita

ps: Scribacchina, da brava incompetente, ha storpiato il mio bellissimo capitolo 14: la frase giutsa è "... la cosa migliore è che lei NON lo sa".
Se non vi scrive è perchè sta pagando per questo. Ah ah.

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Capitolo 16
*** Eliminabili elfe ***



Pensai a tutto quello che potevo fare con quel fagotto, ma realizzai che non c’erano vie di fuga. Se anche l’avessi buttato dalla finestra Tinky sarebbe stata capace di risalire la grondaia pur di vendicarsi. Non crediate che gli elfi domestici siano miti per natura, è tutta una copertura.
E io me ne ero accorta troppo tardi!
“Tinky” mormorai esasperata “com’è possibile che ti cacci dalla camera e ti veda ritornare dalla cucina?” non me l’aspettavo, ma lei aprì gli occhi.
“S-signorina... Skeeter... no capire” sussurrò. Doveva essere ancora molto frastornata. Forse un voletto dalla finestra sarebbe bastato a fermarla, pensai valutando l’altezza dell’appartamento “Tinky no volere... Tinky...”
“Stai zitta, Sciagura in formato tascabile. M’impedisci di calcolare”
“Calcolare cosa..?”
“I metri”
“Rita, l’elfo si è svegliato?” chiese Perfettini entrando a sua volta in cucina. Mi voltai con un sorriso falsissimo “Ma certo, mia cara, è fresca come una rosa. D’altronde ha un quarto di sangue goblin per qualcosa.”
“Rita, la quantità di informazioni che ha su tutti gli esseri viventi è sorprendente” disse Weasley. Prese Tinky dalle mie braccia e poi la passò a Madame. In quel momento mi sembrarono una coppietta col loro primo figlio, ammesso e non concesso che due maghi potessero mettere al mondo una creatura brutta e emotivamente instabile come Tinky.
Bè, forse se i geni di Perfettini facevano un buon lavoro una possibilità c’era...
“Sign.. signorina Skeeter” mormorò a quel punto Tinky. Sentii il sangue scendere sotto la soglia degli zero gradi.
“Rita, la conosce!” esclamò Perfettini “piccola, conosci Rita Skeeter?”
Tinky annuì, e fui quasi sicura di vederla ridere. Cos’avrei dato per una bacchetta! Ma no, era stato meglio lasciarla sul comodino, lontano da me.
Accidenti!
“Skeeter... era p-... p- padrona” sbuffò Tinky. Poi si accasciò teatralmente, e  Perfettini rimase impietrita. Io dal canto mio avrei preferito suicidarmi seduta stante. Mille domande mi vorticavano sotto la permanente. Per esempio: perchè quella volta avevo raccattato Tinky? Perchè non  l’avevo lasciata morire attaccata alla bottiglia? Era forse troppo tardi per eliminarla? Decisi che non ci sarei riuscita. Non in quel momento,  almeno.
“George, ti consiglio di andare” sibilò la Nana “Subito”
L’unico Weasley con un po’ di sale in zucca dimostrò questa teoria, dato che lasciò la stanza (dopo avermi guardato con disprezzo ma, ci avrei giurato, anche un po’ di comprensione). Quando la zazzera rossa sparì all’orizzonte, calò il silenzio fra me e Madame.
Tanto valeva che cominciassi io “Ok, non vorremo mica fidarci di quello che ha detto un elfo alcolizzato, vero, mia razionalissima coinquilina?”
Notai che gli occhi di Perfettini erano due fessure sottili “Non. Mi. Prenda. In. Giro.”
Mi dava un nervoso quando parlava come una professoressa! Mi ricordava la Britten, l’insegnante di Incantesimi che avevo a Hogwarts. Un incubo, soprattutto perchè faceva sempre le ronde notturne e mi trovava puntualmente dove non avrei dovuto essere. La mia passione per la scrittura... creativa era nata proprio ricopiando le punizioni degli ex studenti al secondo anno.
“Senti, mia cara, la cosa è molto semplice: ho avuto quest’elfa a servizio finchè ne è stata degna, dopodichè sono stata costretta a licenziarla. Una cosa abbastanza normale, non trovi? E adesso se non ti dispiace avrei da fare-”
Perfettini mi braccò mentre tentavo la fuga disperata, puntando la ciabatta consunta per terra. “Poteva portarlo da un’associazione benefica, come il C.R.E.P.A.”
Oh mio Dio, no. NO! L’ennesimo predicozzo no!!
“Poteva consigliarla a un’amica meno esigente. Sa quanti se ne salvano in questo modo? Migliaia di elfi si suicidano per mancanza di lavoro! Lo sapeva questo?”
“Oh fidati, lei si sarebbe suicidata per un altro genere di mancanza. L’ astinenza da alcol, quella sì che l’avrebbe uccisa...” Perfettini lampeggiò. Uhm... la cosa si preannunciava lunga. Cercai una limetta per unghie nelle tasche, sperando di far passare il tempo.
“Ma lei non capisce!” urlò perfettini facendo tanto d’occhi per la mia indifferenza.  “Poteva morire!”
Quel dannato mignolo sinistro era davvero una disperazione. Lo lucidavo tutte le volte e tutte le volte, dico, tutte, perdeva lo smalto in metà tempo rispetto alle altre unghie! Questa volta decisi di impegnarmi particolarmente, lasciando a Perfettini il compito di sbraitare.
Lo so, lo so, vorreste vedermi con gli occhioni luccicanti a implorarla di salvare Tinky. Forse pensate addirittura che fra me e quella cosa ci fosse un affetto particolare. Bene, sturatevi quelle deliziose orecchiette cerate che avete: per me, in quel momento, Tinky non esisteva nemmeno. Non era la mia prima elfa domestica, per Morgana! Era stata solo più efficiente e maleducata delle altre. Ma aveva quasi mandato a monte la mia unica possibilità di vendetta e riscatto.
E io avrei dovuto perdonarla o accoglierla a braccia aperte?
“Skeeter...” mormorò di nuovo Tinky.
Perfettini la guardò come se fosse la reincarnazione di Silente.
“Sì?” chiesi continuando a fissarmi le dita. Accidenti, da quant’è che non mi facevo una manicure decente?
“Tinky tornata” fece con un orrendo mezzo sorriso. Perfettini sembrava sul punto di piangere. Continuava a borbottare qualcosa su una certa Lassie, ma non capivo che intendesse.  
“L’ho visto” commentai acida “Perfettini, puoi lasciarci sole?”
Madame ringhiò, sbuffò e litigò, ma ottenni cinque minuti con Tinky.
“Bene, vecchia spugna. Cosa stai combinando?”
La mia ex servetta si stiracchiò ben bene e fece qualche capriola per la cucina. Maledetto sangue goblin! La sua espressione non mi piaceva affatto.
“Io no volere vivere per strada. Alcol no crescere su alberi, soldi per alcol neppure. Io volere vivere con padrona ancora un po’”
Mi chiesi dove voleva andare a parare, e strinsi a me la borsetta.
“Tu non mi spillerai un centesimo!” strillai “Mi servono per la manicure!”
Tinky sorrise. Di nuovo. “Io volere lavorare per Perfettini. Lei pagare. Io sapere tutto di C.R.E.P.A. Io avere letto volantini in giro per casa. Io sapere suoi gusti per cibo, vestiti, tutto. Io sapere tante cose. Alcune padrona sapere, altre no...” gongolò
“Questo me l’hai già detto, nana. Vieni al punto.”
“Punto essere che io adesso vivere qui come padrona. E Skeeter no potere dire niente... o Perfettini saprà tutto.”
Ricattata dalla mia stessa elfa domestica. Mia madre mi avrebbe fatta sushi a saperlo.
Non sapendo come reagire a quella minaccia, chiamai Perfettini e mi ritirai in camera per escogitare la prossima mossa.
Il piano per distruggere Madame si rivelava più difficile del previsto.

La mia vita a casa Granger, grazie a quella traditrice che una volta avevo pagato con i miei soldi, divenne impossibile. Madame stravedeva per Tinky, che recitava discretamente la parte dell’orfanella abbandonata. Mi faceva una rabbia... Quella parte gliel’avevo insegnata io perchè ci facessero sconti al negozio di borse di Diagon Alley! Come poteva anche solo pensare di usarla per addolcire la mia peggior nemica?
Ogni mattina dovevo sorbirmi un intero dialogo composto di soli sdolcinati “Per favore” e “Prego” e peggio di tutto “Grazie mille, cara!” Avrei voluto comunicare a Perfettini che quella stessa adorabile creatura che lei trattava tanto dolcemente altri non era che un’elfa violenta, volgare, calcolatrice e subdola.
Precisamente la mia elfa violenta, volgare, calcolatrice e subdola.
Inoltre non avevo tempo di cercarmi un’altra tuttofare, e dovetti ricominciare a girare per i bassifondi. Scoprii con disappunto che a volte dovevo fare il nome di Tinky per non destare sospetti, specie con i nuovi commercianti.
“E’ assurdo, dannazione! Da quand’è che il nome della mia elfa vale più del mio?” sbottai con Bart Cassidy l’Uomo delle Salamandre, trafficante simpatico e filosofo incompreso.
“E’ normale, Rita” rispose sistemando delle teste d’anguana nei barili “Tu l’hai mandata in giro per conto tuo raccomandandole massima segretezza, e quindi nessuno sa di te. In più Tinky è un personaggio molto apprezzato a Nocturn Alley... ricorderò sempre quella volta che ha fregato Mundungus Fletcher, quel figlio di buona donna”
“Bene” risposi dopo averci pensato un po’ “E allora dovrete tornare alle vecchie abitudini, perchè ho licenziato Tinky per sempre”
Tornare nelle viuzze piene di ciottoli e traffici mi dava una piacere che avevo dimenticato. Avevo sempre avuto nel sangue la vocazione della commerciante. e all’improvviso mi chiesi perchè l’avessi lasciato fare per così tanto tempo a Tinky. Mercanteggiare e ricattare erano il mio campo da sempre!
Purtroppo tutto quel viavai dovette insospettire qualcuno, perchè mi trovai sbattuta di nuovo sulla Gazzetta, questa volta a pagina dieci. Un notevole miglioramento, commentai sorridendo con Bart. L’articolo diceva qualcosa su un mio sospetto aggirarmi per le stradp malfamate, ma non lo lessi fino in fondo. MI interessava molto di più comprare il Veritaserum di Bart a prezzi stracciati, visto che avevo deciso di far parlare il signor Fidanzato Storico.
La psiche fragile e  gli evidenti complessi di Rosso erano una possibilità molto stuzzicante... inoltre dubitavo che sapesse qualcosa della faccenda di Stregami. Probabilmente Perfettini aveva deciso di non informarlo perchè si era vergognata troppo per dirglielo. Chissà come le costava mentirgli ogni volta!
Ma Madame non doveva più preoccuparsi... ci avrei pensato io toglierle quel peso dalla coscienza.
Per prima cosa passai a trovare la Lovegood.
“Tesoro, da quanto tempo!” trillai non appena mi venne incontro, vestita di arancione e viola. Pauroso.
“Sono felice di vederla, Mary” disse serenamente abbracciandomi “Come mai da queste parti?”
Chiacchierammo un po’ del più e del meno, o meglio, io cercai velatamente di farle capire che il viola non era di moda da almeno un secolo a meno che non fosse venerdì 17 e lei provò di convincermi del contrario per qualche minuto, poi arrivai al punto.
“Senti, cara, e con Jean come va?”
L’espressione rilassata fece posto a una faccina delusa
“Ho seguito il suo consiglio, ma non mi ha voluta ascoltare. Ha detto che secondo lei i miei articoli vanno benissimo così. E’ stata abbastanza sgradevole su questo punto, ma è sempre stata così fin da Hogwarts, gliel’ho detto”
“Ti capisco, tesoro. Immagino che tu non abbia insistito, vero?”
La poveretta fece mestamente di no con la testa. Quanto odiavo quella rassegnazione. Era tipica dei perdenti... ne avevo schiacciati talmente tanti durante la mia carriera da saperli riconoscere. Camminavano a testa alta per i primi due o tre mesi e poi si sgonfiavano diventando i servetti del primo che facesse finta di dargli un lavoro. Non è terribilmente patetico?
“E tu prova a farlo lo stesso. Pazienza se Perf... se Jean si arrabbierà. Tutti ti vorranno, tu hai talento!”
La Lovegood mi guardò stranita “E come fa a saperlo se non sa come scrivo?”
Osservazione logica, direi.
“Perchè lo so  e basta. Fidati di me, ho esperienza in queste cose”
“Me se è un’attrice!”
“Ti dispiacerebbe essere meno diffidente? Ottimo! Adesso ascoltami bene, perchè non lo ripeterò due volte...”

Non so come ma aiutare la Lovegood diventò una specie di buona azione quotidiana. Se facevo qualcosa di buono, pensavo, magari gli dei del giornalismo mi avrebbero aiutato. Ovvio che era una pazzia, ma la cosa vi stupisce?
Tinky era appena diventata la mascotte ufficiale di un gruppo di vegetariani. Tinky. Quella che non capiva perchè fosse proibita la caccia ai cuccioli di scoiattolo.
Quindi, se il mondo aveva deciso di girare al contrario, tanto valeva adeguarsi. Inoltre la Lovegood fu d’aiuto per il libro. Aveva sempre fatto parte della cricca di Potter, anche nei momenti peggiori, e riteneva che parlarne contribuisse a darvi il giusto rilievo. Così in capo ad un mese venni a sapere che:
1. la Granger, alla tenera età di sedici anni, aveva quasi ucciso Weasley con uno stormo di canarini (nel saperlo rimasi colpita dalla banalità della ragazza. Con lui i canarini, con me i falchi... mi sarei aspettata di meglio, davvero)
2. Weasley era sempre stato inferiore a Perfettini praticamente in TUTTO. Probabilmente anche nel sesso, visto che Rosso aveva chiesto alla Lovegood stimolanti alternativi
3. Potter e la Nana avevano avuto diverse disavventure prive della noiosa presenza di Ronnino.
4. Potter aveva litigato con la sua unica fiamma prima della mini Weasley, una certa Cho Chang, a causa di Perfettini
5. Perfettini aveva rubato alla scuola preziosi ingredienti per pozioni illegali di cui non si era mai chiarito l’uso
6. Madame aveva trascinato con una bugia l’allora preside Umbridge nella Foresta Proibita, lasciandola poi in balia di feroci centauri, solo perchè questa voleva punirla
7. aveva dato vita ad un circolo segretissimo chiamato ES in cui ci esercitava con magie vietate

E via di questo passo.
Riuscii a mettere insieme una convincente versione dell’adolescenza di Miss Perfezione ritraendola come una studentessa che preparava pozioni sospette, smerciate poi alle frequenti feste dei Grifondoro, che si ribellava contro le stesse autorità che ora difendeva e con strani rapporti con i sue due cosiddetti “amici”.
C’era di che fa saltare sulla sedia il più compiacente dei maghi.
E dopo che Rosso mi avesse rivelato quello che volevo sapere avrei avuto in mano una bomba delle dimensioni di uno sconvolgente best seller.



Avevate davvero pensato che Tinky si fosse redenta, vero? Ah! Anime come la sua non conoscono conversione, se non dal Vino Elfico al Whisky.
A ogni modo devo ammettere che il ritorno al commercio fu davvero l'ancora di salvezza in un mare di sventura.
E sì, anche la manicure fu di grande aiuto.
Baci e abbracci,
Vostra Rita

Ps:
Vi invito a fare un applauso a PaleMagnolia e Naruko_Chan che hanno capito i miei gusti in fatto di tv. Più a Naruko_Chan. PaleMagnolia ne ha detti una decina. Mia cara, la risposta giusta non si azzecca, si sa.


Sì, è sempre così. Mi dispiace. Un applauso (anche se con i soli mignoli, perchè Rita sta dormendo) a tutte voi che ci avete provato.
PaleMagnolia, per l'evasione ci andrà meglio la prossima volta. Un sentito grazie lo stesso, sono commossa.
Scribacchina

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Capitolo 17
*** L'illuminante Luna ***



Un giorno la Lovegood mi corse incontro con gli occhi accesi, i capelli arruffati e un bicchiere di champagne proteso verso di me.
“Sì, ecco” esclamai soddisfatta “intendevo questo quando parlavo di “accoglienza cordiale” ”
La Lovegood sorrise, con l’apparente intenzione di illuminare la stanza.
“Mary, mi pubblicheranno sul “Le stelle ci dicono che...”!”
Sospirai e sorrisi per gentilezza. Ok, era una rivista decisamente mediocre, ma era pur sempre un gradino al di sopra del Cavillo e di Stregami, e a pensarci bene erano secoli che non bevevo champagne. Tanto valeva festeggiare!
“Bravissima, mia cara!” mi complimentai, come se stessi parlando ad un gufo “Questo è il primo passo per l‘indipendenza. Ovviamente non ti puoi fermare qui, ma...”
“Grazie, Mary. Non vedo l’ora di farle leggere il pezzo che proporrò” trillò allegra. Accompagnò il calice di vino con una fetta di un dolce ottimo che mi ricordò quelli di Tinky. Anzi, a guardarlo meglio era pericolosamente  identico a quelli di Tinky.
“Ehm, Luna tesoro... dove hai comprato questa torta...?”
“Oh, questa” bofonchiò ingoiando la sua fetta in un boccone. Notevole. “Non lo so. L’ha portata Jean, sa.”
“Ma non mi dire! E cosa festeggiava? L’ennesimo furto di elfi domestici?”
Se ve lo state chiedendo, no, le cose fra me e il nemico non erano migliorate. E Tinky era una voce insignificante ma fastidiosa nella  lunga lista di motivi per cui odiavo Perfettini, in una posizione intermedia fra quel disgustoso bagnoschiuma alla vaniglia che aveva appena comperato e suoi i completi da lavoro.
“Ehm” borbottò Luna “Veramente ci ha annunciato  il suo fidanzamento ufficiale con Ron Weasley.”
“Vuoi dirmi che stanno per sposarsi?” domandai incredula.
“Così pare”
Oh.
Oh oh.
Meraviglioso.
Luna mi guardò un po’ preoccupata “Mary, sta bene? Ha una faccia strana”
Fantastico.
Splendido.
Sublime!
“Mai stata meglio.”
Lo sapevo che aiutare quella svitata mi sarebbe servito. L’avevo capito dal primo istante i suoi vestiti mi avevano traumatizzata. Tutti abbiamo una funzione nella vita delle persone che incontriamo, e Luna Lovegood aveva appena svolto la sua nella mia esistenza.
“Mia cara, carissima Luna, mi spiace ma devo scappare. Ho una pozione in pentola e non vorrei trovarmi senza casa proprio adesso”
La Lovegood continuò a guardarmi con sospetto, come se non mi avesse mai vista prima.
La mia espressione doveva averla colpita, e d’altra parte non mi stupisce, perchè chiunque avrebbe trovato inquietante il mio sorriso sinistro da cinquecento watt (sì, so cosa sono i watt e sì, quando mi annoiavo prendevo in prestito l’enciclopedia di Perfettini. Non è che i tacchi dodici ti rendano automaticamente scema e allergica alla cultura)
In realtà sul fuoco non c’era nessuna pozione, e l’unica cosa che ribolliva allegramente era il mio cervello. Sentivo di aver ricevuto un grosso aiuto dalla fortuna, una spinta, un segno del destino. Dopo mesi di angherie e astinenza dallo shopping vedevo la luce. Se fossi riuscita a intervistare Rosso e farlo andare fuori dai gangheri riguardo alla sua fidanzatina proprio prima delle loro nozze avrei avuto in mano una meravigliosa pista di lancio per il libro.
Dopo gli articoli ufficiali sulla loro rottura sarebbe rimasto un grande silenzio in attesa di spiegazioni. A quel punto io sarei arrivata e, sorridendo, avrei detto tutta la verità.
E quindi tutti avrebbero voluto leggere la mia opera.
E avrebbero comprato tanti bei libretti firmati Rita Skeeter.
E io sarei ridiventata famosa.
E tutti sarebbero vissuti felici e contenti... oh, ma che dico?
E io sarei vissuta felice e contenta.

“Tinky, puoi prendermi quella scatola?”
“Ma certo, signorina Granger”
“E anche quel martello”
“Subito, signorina Granger”
“Tinky?”
“Sì, sign...”
“Potresti smetterla di chiamarmi signorina Granger? Mi fa sentire... vecchia.”
“Scusi, signorina Hermione.”
Hermione Granger era sempre stata una persona molto paziente. A soli tre anni aveva atteso per due ore che il padre tornasse a prenderla in macchina, senza cercare di sfondare il finestrino, a dodici aveva fatto una pozione difficilissima, attendendo per ben un mese che diventasse operativa, e a diciotto, nel pieno delle sue facoltà mentali, si era fidanzata con Ron Weasley. Tuttavia c'erano dei momenti in cui anche il suo self-control andava a farsi un pisolino.
“Tinky, niente “signorina”. Non sono così vecchia.” ringhiò. “Capito?”
Tinky la fissò per qualche secondo, poi scoppiò a piangere disperatamente gettandosi a terra “Mi scusi, mi scusi!”
“Oh, non fare così!” mormorò angosciata Hermione, subito pentita, prendendola per un braccio.
“E’ che signorina Skeeter mi ha obbligato a chiamarla così, e io ero così convinta che è sempre cosa migliore... io non volere deludere Hermione!”  
Seguendo un improvviso lampo di genio si rialzò e si preparò a gettarsi di testa contro il muro. Un po’ doloroso, pensò, ma dopo di quello Perfettini non avrebbe mai più alzato la voce con lei.
Si assicurò che la ragazza la stesse guardando con una smorfia di orrore prima di caricare la parete di fronte. “Yaaaaah!”
Sbonk!
Il piccolo corpo gibboso di Tinky cadde a terra con un tonfo.
“Tante piccole Burrobirre volano sopra Tinky... hic!” mormorò con tono affranto “Tinky deve punirsi ancora, Hermione?”
Hermione la guardò come se fosse l‘ultima di una rara razza di bruchi californiani. “Assolutamente no! Stai bene?” si mangiucchiò l’unghia del pollice “E’ tutta colpa mia... non avrei dovuto essere cattiva con te. Scusa, non so cosa mi sia preso. La Skeeter sembra essere ai miei opposti in tutto e... bè, quel “signorina” era così... insomma...”
“Skeeter opposta Hermione, sì. Io essermi accorta. Skeeter non essere vegetariana.”
“Fosse solo quello!” strillò Hermione dall’ infermeria. Tornò con una boccetta di sciroppo amaro, ricetta di nonna Acetonella, e obbligò Tinky a berlo.
“Come bere pipì di troll. Dicevo... Skeeter però ogni tanto essere buona e avere  a cuore Hermione. Hermione sapere di brodo di pollo?”
“Scusa?”
Tinky fece di nuovo gli occhioni da innocente. “Ma certo! Quando Hermione ammalata, io avere cucinato brodino di pollo. Gustosissimo. Io avere usato un pollo e mezzo! Hermione?... Hermione?”
Hermione stava ferma imbambolata al centro della stanza, fissando Tinky. Si potevano sentire le sue rotelle girare, ingranare e rielaborare. Poi sembrò tornare in sè e prese un lungo, profondo respiro.

Arrivata a casa mi fiondai in camera mia, scorgendo Tinky e la Nana alle prese con un quadro penzolante. Le ignorai, cercando di ricordare dove avessi nascosto la mia scorta di Veritaserum. Fino a qualche tempo prima non avrei avuto dubbi (un bell’incantesimo di illusione, sapete, e tutto scompare a meraviglia)  ma con Tinky la Traditrice in giro non si poteva mai sapere. Adesso che lei e Madame erano grandi amiche e passavano tutto il giorno insieme, la piccola pustola poteva cominciare a svelarle alcune cosette sul mio conto che avrei preferito restassero chiuse nella sua boccaccia malefica.
Come il fatto che le mie scarpe erano tutte di pelle, che ero una schiavista convinta e che non spegnevo mai la luce in camera mia e... bè, ovviamente non poteva rivelare niente di più importante. Avevo stretto con Tinky un Voto Infrangibile all’inizio del suo servizio, esattamente come avevo fatto con tutti gli altri elfi domestici passati per casa mia, e mai ripeto mai avrebbe potuto dire qualcosa di troppo compromettente.
Tuttavia non avevo considerato un particolare. Io e Perfettini eravamo i poli opposti in qualsiasi cosa.
A me piaceva la cioccolata bianca. A lei fondente.
Da piccola giocavo con le bambole. Madame con il piccolo chimico.
E via di questo passo.
Ogni sciocchezza era un ottimo motivo per un litigio epocale. Infatti, mentre ancora cercavo la magica boccetta, sentii un urlo disumano.
“RITA!” gridò Perfettini dal salotto. Sturandomi le orecchie e cercando di riprendere l’equilibrio, andai naturalmente a vedere che diavolo volesse. “E quindi?” sibilai, una volta al suo cospetto. La Regina dei corvi era così cupa che temetti volesse farmi il malocchio “Tinky mi ha appena detto che ha sempre cucinato per noi due”
“Verissimo. E mi dovresti ringraziare, perchè senza la mia brillante idea saresti morta intossicata. Non so cucinare. Non ne ho mai avuto bisogno” replicai sdegnata.
“E mi dica, Rita” continuò la Regina con un tono sinistramente calmo “si ricorda che sono vegetariana?”
Feci una smorfia “Indimenticabile, mia cara” ricordavo ancora i cubetti di tofu della prima sera.
“Sul serio? E allora perchè, quando ero ammalata, ha detto a Tinky di farmi un brodo di... pollo?”
Non provai neanche a dirle che l’avevo fatto per il suo bene. Non l’avrebbe capito. Mi limitai a fissarla, sperando che il mio sguardo inceneritore l’avrebbe... bè, incenerita.  
Quasi mi aspettavo il discorsetto “gli-animali-sono-amici-non-cibo”, quando vidi Perfettini sorridere. Sì, ci siamo capiti, sorridere: spostò gli angoli della bocca verso l’alto e annunciò, con voce inquietante “Rita, credo che sarebbe ora per lei di vedere un bel film”
Brutto presentimento.
“Un film? Uno di quei cosi babbani che non ti danno retta se li insulti?”
“Proprio quello” confermò, prima di scomparire dentro un baule pieno di oggetti indefiniti. “Trovato! Sai come metterlo nel videoregistratore, vero?”
“Ma certo” esclamai, strappandole la cassetta di mano e facendola mangiare al registratore. Tale dimestichezza veniva dal fatto che non sempre potevo vedermi la mia adorata soap opera, e che dopo ripetuti tentativi di distruggere il televisore Perfettini mi aveva spiegato come evitare queste catastrofi.
Mentre aspettavamo che tornasse indietro mi buttai sul divano e detti un occhio al titolo. Alquanto inusuale, a mio parere.
“Credo che questo le cambierà la vita, Rita” affermò con sicurezza Perfettini, sedendosi composta al mio fianco..
La guardai con sufficienza, sgranocchiai del pop-corn prontamente evocato e poi rivolsi l’attenzione alla televisione. “Sarà. Ma se non è vero dovrai pagarmi una cena.”
“Ci sto” ridacchiò lei, stringendo un cuscino e invitando Tinky a sedersi al suo fianco.
Sbuffai d’insofferenza e tornai a guardare la tv, concentrandomi  sul film.
”Sono proprio curiosa di vedere cos’ha di speciale, questo Bambi”


Il ritardo è colpa di quella specie di babbanucola pretenziosa che si fa chiamare Scribacchina, e che si diverte a tormentare le mie giornate studiando. Io vi dico una cosa, cari i miei lettori: se voi foste nati maghi non avreste mai imparato le malattie del vostro corpo... sapete perché? Perchè il 99 per cento delle patologie le avreste curate con una bacchetta. E nessuno vi sarebbe venuto a chiedere niente di cosa pensavano le streghe e i maghi di cent'anni fa o sciocchezze simili.
Io vi avverto: se quella piccola scioperata non torna al lavoro, festa grande per i coccodrilli!

Rita  

ps: E adesso da bravi, alzate quel dito pigro e cliccate su inserisci una recensione, ok?

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Capitolo 18
*** Filantropici fidanzamenti ***


Circa due settimane dopo il salvataggio di Tinky, George ebbe di nuovo il coraggio di presentarsi davanti alla porta della sua futura cognata, cercando di convincersi che in ogni caso sarebbe morto da eroe alla ricerca di informazioni su un’ elfa indifesa.
Dopo aver suonato il campanello aspettò per ben un minuto (nel caso Hermione fosse ancora in biancheria o in accappatoio, momenti in cui era meglio non sorprenderla se non si voleva rischiare la decapitazione), e si smaterializzò in casa.
La prima cosa che notò fu che l’appartamento sembrava meno in ordine delle altre volte. Quasi sicuramente Hermione non aveva ancora chiesto a Tinky di lavorare per lei e cercava di fare tutto da sola, magari perfino senza magia. Quella ragazza aveva una strana coscienza del proprio retaggio babbano. George l’aveva vista più di una volta guardare con rimpianto le automobili, e Ron giurava e spergiurava di averla sentita dire che il telefono era cento volte meglio dei gufi.
Mentre provava ad immaginare come potessero funzionare dei cosi con una coda da maiale attaccata dietro, un lampo rosso gli si attorcigliò alle caviglie. “Grattastinchi, vecchio pazzo!” Si chinò per accarezzarlo e il gatto gli fece delle sonore fusa di saluto “Hai mica idea di dove possa essere la tua padrona? O magari...”
All’improvviso Grattastinchi fece un salto per avere qualche coccola extra e gli si aggrappò alla tasca, starnutì e cadde a terra “Miao!” proclamò indignato guardando George.
“Le mie tasche non si toccano, gattaccio, lo sai.”
“Chi va là?” disse a quel punto una voce.
“Sono io... George”
“Tu non sei un cerbiatto, vero?”
“Io... che?”
“Sei un cerbiatto? Rispondi!”
“No, non sono cerbiatto.”
George scorse un movimento da dietro una tenda “Allora sei a posto” lo informò soddisfatta  Hermione.
“Ah, Hermione” George sorrise calorosamente ”Cos’è questa storia del cerbiatto ?”
Hermione fischiettò “Un’ interessante vicenda, interessante davvero. Osserva, ma stai zitto.” Guardò a destra e a sinistra e urlò: “Cerbiatto! Cerbiatto! CERBIATTOOOOO!”
Dopo una frazione di secondo Rita e Tinky erano sulla soglia della cucina, una con uno scolapasta in testa e l’altra col matterello in mano “Dove? Dove?” gridò Tinky
“Fallo andare via! Fallo sparire!” strillò la giornalista.
George guardò alternativamente loro ed Hermione, che si spanciava dal ridere sul tappeto del salotto.
“Me lo sogno di notte, il dannato castoro salterino....” sibilò Tinky riponendo le armi.
“Non è divertente dopo cinquanta volte, Perfettini” mormorò invece Rita, con uno sguardo furibondo.
“Sì sì... adesso andate a fare qualcosa da mettere sotto i denti per George, per favore... o volete vedere il sequel di Bambi?”
Se ne andarono rapide come se n’erano venute, ma George potè distinguere  
“Facciamo dei panini al prosciutto?”
“Prosciutto no! Potrebbe essere mamma di Bambi!”
Hermione lo fissava con occhi scintillanti, e George pensò che quella ragazza era terribile. Il che la rese ancora più desiderabile ai suoi occhi.
“E questo cosa sarebbe, Ministra?”
“Oh, niente di che” disse l’altra con nonchalance “ho solo affermato la mia teoria per cui voi nati Magici non avete una fibra abbastanza forte da sopportare un film babbano per bambini”
“Noi quindi non avremmo una fibra forte” ripetè George, avvicinandosi al viso di Hermione “pensi che anch’io non ce la farei a starti al passo?” rimase immobile per qualche secondo, con un irritante sorriso sulle labbra.
“Se arrossisci confermi la mia teoria che i nati babbani non hanno una fibra abbastanza forte da resistere a una semplice provocazione.”
“Vuoi un calcio?” chiese calma Hermione. Immediatamente l’atmosfera si ruppe e George si fece indietro “Ok, piantiamola con queste idiozie. Volevo sapere come stava Tinky.”
Hermione sembrò rabbuiarsi.
“Tutto bene, a dire la verità. Devo riuscire a farne un’elfa onesta prima di portarla con me alla sede del C.R.E.P.A., o potrebbe creare scompiglio. Sapessi quante cose illegali le ha insegnato Rita... E’ assurdo il modo in cui l’ha sfruttata finora. Eppure, dopo due settimane di libertà, non ha ancora ceduto ai miei tentativi di essere sua amica. Per aiutarla dovrei riuscire a parlarle direttamente e sinceramente, ma è come se mi respingesse. E’ meno facile di quanto non sembri”
George avrebbe voluto farle presente che un elfo non era propriamente un essere umano. Era più simile a... a un gatto. A una specie di... di confuso groviglio di emozioni...  ma comunque senza troppa razionalità.
Comunque restò zitto. Sapeva che Hermione non era esattamente il tipo che si lasciava contraddire, per cui si limitò a cambiare discorso. “Sono venuto anche per farti gli auguri. Ho saputo del fidanzamento”
“Ah, grazie. Ci pensi? Stiamo per diventare cognati” disse Hermione senza interesse. Anzi, sembrava che il pensiero le desse vagamente la nausea.
“Non per farmi gli affari tuoi, ma mi sarei aspettato un po’ più di enfasi.” disse George, a sua volta senza lasciar trasparire un grande entusiasmo.
“Ron è il mio fidanzato da sempre. Se per un giorno io non ci fossi per lui, credo che non se ne farebbe una ragione. Gli sono indispensabile. Fa paura, ogni tanto... pensare che una persona dipenda completamente da quello che provi nei suoi confronti” Hermione rabbrividì, e George si chiese se Ron ci fosse quando era lei ad avere bisogno di lui.
Quando si erano messi insieme lui era troppo intontito per rendersi conto della situazione, e nessuno dei suoi familiari aveva avuto voglia di pensarci. Perfino Molly si era limitata a commentare con un sorriso tirato.
E a pensarci bene non è che George si sentisse in grado di giudicarli. Non si era mai interessato a quel tipo di legami che duravano più di qualche mese, perchè insomma, era bello stare insieme per un po’, ma poi ci si stufava e ci si lasciava.
Anche Ron sembrava essere partito bene quando si era messo con quella ragazzina... Lavanda Brown. Pareva che avrebbe seguito la tradizione di tutti i ragazzi Weasley... e invece... bè... niente da fare. Ron aveva trovato il suo grande amore a undici anni e non era stato possibile fargli cambiare idea.
George aveva conosciuto molti corpi e molte ragazze, e si ricordava ogni cosa, ogni meravigliosa volta che aveva fatto scivolare lentamente un vestito per terra e poi...
Cosa si provava a spogliare sempre la stessa ragazza, a baciare sempre la stessa bocca e a sentire ogni giorno la stessa voce?
Sapeva che non avrebbe mai fatto per lui. Ci sono persone che ne sono semplicemente incapaci, pensò.
All’improvviso immaginò sè stesso accanto ad Hermione. Una vita intera con lei non sarebbe mai stata noiosa. Una volta ti avrebbe lanciato dei coltelli, l’altra ti avrebbe chiesto se eri un cerbiatto... chissà quante cose poteva combinare nel corso di una vita.
Poi pensò a quello che c’era nella sua tasca, e a quello che c’era dentro la sua testa, e mise anche quello a fianco di Hermione. Ecco, doveva tener conto anche di che persona stava diventando. Non aveva problemi ad ammetterlo: lentamente si stava trasformando in una nave fantasma, senza rotta e senza vita.
L’unica cosa che lo teneva ancora ancorato alla terra erano i suoi familiari e... e niente, pensò.
“Bene, Hermione, io me ne vado al negozio. Ci sono cose da sistemare” fece vago, pensando allo stato impossibile del retrobottega. Erano anni che diceva che l’avrebbe sistemato, ma poi trovava sempre una scusa per non farlo. Forse ci si doveva mettere veramente.
“Oh” fece Hermione delusa “ok, certo. Anch’io ho del lavoro da sistemare... e poi stasera devo uscire con Ron, o penserà che preferisca le pratiche a lui” disse cercando di fare una battuta. George sorrise per gentilezza.
Fu a quel punto che Grattastinchi gli si avvicinò di nuovo con fare indagatore. La sua curiosità lo spingeva di nuovo a tentare un territorio proibito, ma essendo nato gatto non poteva farne a meno. Assalì la giacca di George con felina ferocia, ma si trovò scagliato malamente contro il muro. George lo fissava con una vena di odio puro, che non sconvolse tanto il gatto quanto Hermione. ”Sai, Hermione, forse dovresti tentare di educarlo. Ci vediamo”
“Hai visto? Hai visto?” bisbigliò concitata Rita sbirciando dalla porta della cucina “Qui gatta ci cova. Quel ragazzo ha qualcosa che non va, te lo dico io... e hai visto Perfettini come lo guardava! Oh sì, potrebbe essere una grande storia. Tradisce il futuro marito col fratello! Un cliché, ma funziona sempre. Non sei d’accordo?” si chiese Rita “Ma certo” si ripose subito compiaciuta.
Non avere Tinky la privava di compagni durante i suoi ragionamenti, e così si doveva limitare a deprimenti soliloqui.
“Io sapere cosa che Rita no sa” ridacchiò l’ex aiutante da sotto il mento di Rita.
“Smamma, cetriolo con gli occhi. Sono impegnata ”
Tinky dondolò la testa sorridendo. “Io avrò tua attenzione molto presto... io sapere come finire questa storia. Pensaci” mormorò sibillina.
Ma Rita era già armata di penna prendiappunti e dettava una lettera a tutta velocità. “Il destinatario è Ron Weasley, sta al MInistero” disse al gufo a noleggio “Sbaglia strada e non avrai mai più piume”
Il gufetto appena assunto si fece piccolo piccolo e rintanò tremante la testina nel piumaggio, prima di partire a tutta velocità.
“Non ho bisogno di te per avere quello che voglio” sbottò Rita mentre aspettava la risposta “E poi, credevo fossi felice con Perfettini. Non ti da’ tutti i diritti e le cure e l’affetto che ti ho negato? Non era quello che volevi,Tinkelena?”
“Non usare questo nome! Mai!” strillò la piccola elfa, punta sul vivo. Il nome vero era qualcosa di particolare per i seguaci dell’elfismo: era quello con cui il Grande Elfo  ti avrebbe chiamato per andare con lui al Paradiso degli Elfi. E non si doveva dire giammai, pena l’esclusione dal paradiso. Abbastanza perentorio, questo Grande Elfo.
“Tu essere solo gelosa, signorina Skeeter. Io avere buoni motivi per stare con Hermione. Soldi, per esempio. E amicizie potenti. E fama.”
“Vedo che il suo  programma per renderti meno materialista funziona alla grande” commentò Rita. “Ah, ecco che torna il mio amichetto. Spero per te che siano buone notizie, pennuto” lo minacciò con un sorrisino. Il gufo si rintanò in un angolino, sfinito per la volata ultra rapida. Fortuna che aveva trovato un falco cugino di sua madre per strada e si era fatto trasportare. Chissà cosa avrebbe fatto sennò l’arpia.
“Sì!” strillò quella. Prese qualcosa dalla tavola e poi lo ingozzò con un biscotto enorme “Ecco la tua ricompensa, carino. E adesso sparisci!” il piccolo non se lo fece ripetere due volte.
“Bene, mia cara disertora, io ho qualcosa di importante fare. Ci vediamo” le scoccò un bacino e se ne andò, lasciando dietro di sè una risatina acida.

“Rita, ho bisogno di un consiglio.” disse Hermione, entrando a passo deciso in camera della su ospite quel pomeriggio “E ho bisogno che lei sia sincera.”
“Primo” ripose la giornalista senza staccare lo sguardo dalle french “si bussa. Secondo, io sono sempre stata molto sincera, ed è per questo che non piaccio alla nuova e illuminata classe dirigente...”
“Non voglio discutere sulla sua presunta santità” la troncò Hermione “Ma mi dica” continuò sollevando due paia di scarpe di fianco al completo che indossava “cosa posso metterci insieme?”
Rita la guardò con disapprovazione “Un pugno in un occhio, che fa pendant”
Hermione arrossì di botto e uscì dalla stanza offesa. “Non mi aiuta di certo così” borbottò fra i denti.
Gettò le scarpe in un angolo in camera sua e si guardò per l’ennesima volta allo specchio. Rita aveva ragione, nella sua pseudo mise nessun colore andava bene con l’altro, ma aveva sempre pensato che questo desse un’idea di vivacità. Sospirò.
A pensarci bene, ce la stava mettendo tutta per abituarsi al fatto che Ron sarebbe diventato suo marito. Ma a Ron piacevano le belle donne, quindi era inutile che lei lottasse per farsi accettare con i capelli crespi e le gonne etniche.
Tanto valeva fare qualche sacrificio.
E così si rivestì da cima a fondo, sperando ardentemente che Ron si accorgesse almeno per una volta dei suoi sforzi.

“Come sarebbe che non puoi?” strillò Hermione fuori dal localino dove stava aspettando il suo fidanzato. “No che non capisco! Senti...”
Ci fu un attimo di silenzio.
“Ma certo, Ron” disse fredda “Una cena di lavoro. Ovviamente.”
Aspettò ancora un secondo “Non sono arrabbiata. No, te l’ho detto. Ron, per la miseria, ho detto di no! Sì, ok. Ciao.”
Passeggiò nervosamente, poi entrò marciando nel locale. Aveva bisogno di un goccio per calmarsi. Ordinò un’ Acquaviola e si sistemò meglio sulla poltrona abbandonandosi ai suoi pensieri.
Stupido Ron, che la faceva aspettare per più di mezz’ora. Come poteva lasciarla sola quando lei si scervellava per trovare un a serata libera da passare con lui?
Bevve in un sorso il suo bicchiere.
Stupida lei che si era pure cambiata per farlo contento.
Si vide riflessa nella vetrina, da sola e con il suo unico vestitino alla moda, e le venne da piangere.

Quella sera, per la pirma volta da secoli, mi concessi  il lusso di prepararmi con calma e senza tralasciare neanche un particolare del mio aspetto. Quando uscii mi sentii di nuovo padrona di me stessa, bella ed elegante, intelligente e spiritosa, pronta per ammaliare la mia preda.
E fu con immenso piacere che vidi, fuori dal locale fuori mano che avevo scelto, una testa rossa che guardava a destra e a sinistra in attesa del mio arrivo, e la tensione negli occhi di Ronald Weasley.
“E adesso mi dica tutto, Skeeter.” disse non appena ci fummo seduti.
Sorrisi. Non aspettavo altro.

Ebbene. Suppongo che dovrei farvi gli auguri di buone feste e tutte quelle cose sdolcinate che si fanno a  Natale, ma non aspettatevi questo genere di cose da me.
Preferisco di gran lunga parlare del debito pubblico, della cortezza delle gonne di questa stagione e simili.
Bè, siete ancora lì che leggete? Non vi arrenderete finchè non ve lo dirò, vero?
E va bene, scocciatori.
Buon natale a felice anno nuovo.
Vostra Rita


Dopo ore di lotte sono riuscita a farglielo scrivere, dicendole che in caso contrario tutti l'avrebbero presa per una single scorbutica e in sovrappeso. Il  narcisismo della gente a volte aiuta...
Buon Natale anche da parte mia, ovviamente.

Sempre vostra
Scribacchina

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Capitolo 19
*** Inaspettate inclinazioni ***




Lo tenni per un po’ sulle spine, senza un vero e proprio motivo. Semplicemente adoravo vedere mister Weasley dibattersi come un pesce fuor d’acqua per cercare di prendere il controllo della situazione. Come avevo previsto, capitolò poco dopo l’antipasto.
“Va bene, mi dica cosa vuole da me” disse con voce rassegnata dopo che per la cinquantesima volta avevo rifiutato di rispondere alle sue fantasiose domande.
“A dirla tutta non voglio quasi niente” trillai allegramente “Mi devi solo fare un piccolo piacere”
La diffidenza fece capolino negli occhi di Rosso, ma non apparteneva a quel genere di diffidenza che voleva resistere.
“E cioè?” chiese fingendosi disinvolto, come se passasse i pomeriggi interi a farsi ricattare dalla gente (il che a pensarci bene poteva anche essere vero...)
“Mi andresti a prendere una bottiglia di vino elfico?”
Sentii la sua mascella cadere fino al pavimento. “Come scusi? Niente soldi, niente firme su contratti diabolici, niente richieste di diventare il suo galoppino, niente vendita della mia anima?”
Come vi ho già detto, il ragazzo era molto fantasioso. Sembrava perfino deluso quando gli risposi “No, caro. Adoro il vino, e purtroppo il mio attuale budget di zero galeoni permette ben pochi lussi. Ma sai, mi è sempre piaciuto così tanto...” non finii la frase e mi portai un fazzoletto agli occhi, gesto che mise in fuga Rosso.
Lo osservai compiaciuta mentre cercava un cameriere disponibile; cosa un po’ difficile, il venerdì sera in orario di punta, pensai versando il Veritaserum nel suo bicchiere d’acqua. Almeno a mio parere, ovviamente.
Mi fece quasi tenerezza: forse aveva preso qualcosa di analcolico proprio per evitare di lasciarsi andare a chissà quali confidenze.
Ma comunque, non era mica colpa mia se lui non era capace di trovare una bottiglia di vino in fretta.
Infatti dovetti aspettare ben sette minuti prima che tornasse, ansante ed eroico come se avesse compiuto una grande impresa.
Lo ringraziai e mi versai una generosa dose di vino nel bicchiere. Mentre Rosso portava il suo calice alle labbra aspettai con il cuore in gola che un fulmine o Harry Potter in persona lo fermassero, ma questo non successe. Rosso assunse un sguardo un po’ vacuo e mi guardò molto più serenamente di quanto non avesse mai fatto prima. Non tutti lo sanno, ma il miracolo del Veritaserum è che ti dispone a parlare. Non è semplicemente essere incapaci di mentire: è avere voglia di raccontare.
“Allora mi dica, Skeeter, voglio sapere tutto su Hermione. Cosa fa, con chi si vede, cosa pensa di me, tutto quello che non so. E non menta, voglio solo la verità”
“Bene, mio caro. In fondo è un tuo diritto.” mi riavviai i riccioli e cominciai.
“La Granger ti dice sempre che non ha tempo per uscire, ma in realtà qualche momento libero ce l’ha, se è direttrice di un giornaletto per ragazzine. Una cosa inutile, piena di sciocchezze e articoli ridicoli, per cui perde letteralmente un’infinità di tempo. Bè, d’altra parte lavora anche con un sacco di uomini, quindi immagino che sia discretamente piacevole come attività. Sai, a volte rientra a casa così tardi ed è così stanca... Ma forse questo non te l’aveva detto, vero?”
Rosso sbiancò e fece segno di no con la testa.
“Come pensavo. Non si fida abbastanza di te, evidentemente. Tesoro, io so quanto poco uscite, e ti assicuro che l’ho sentita più volte scaricarti per affondare il naso nelle lettere di quattordicenni in preda agli ormoni. Probabilmente non vuole fare affidamento su di te. Forse dipende anche dal fatto che ti considera un incapace, o almeno questo è quello che dice ogni volta che fai finta di riparare qualcosa a casa sua. Mi dispiace davvero tanto. Un’altra cosa: se fossi in te farei attenzione anche a tuo fratello.  Frequenta bettole per ubriaconi e si comporta in modo strano, ma ovviamente io lo vedo solo quando viene a trovare la tua Hermione. Il che avviene abbastanza spesso, a dirla tutta. Sembrano molto amici, quei due... se capisci cosa intendo”
Touchè, George Weasley.
Avevo deciso che il ragazzo meritava una punizione per aver riportato Tinky nel posto da dove io l’avevo cacciata. Rosso stava evidentemente tremando di rabbia  

“E adesso dimmi...” chiesi con leggerezza facendo uscire penna prendiappunti e carta “Come ti senti a riguardo?”


Hermione si appollaiò barcollando sullo sgabello. “Un altro per favore!” chiese con voce allegra al barista “E diamoci una mossa, non  ho tutta la sera da passare qua!” aggiunse, scoppiando subito a ridere.
Hermione possedeva il dono della sbronza allegra, motivo per cui, dopo essere uscita dal primo infelice locale, aveva pensato di fare un bel tour etilico, riuscendo perfino a non venire accerchiata da balordi nei vari locali. Evidentemente la sua buona stella stava facendo di quegli straordinari che neanche Harry Potter.
Abbandonandosi alla sua gioia alcolica, Hermione non si era infatti resa conto di star scivolando sempre più verso i bassifondi di Londra, come una mosca che non si accorga di star finendo in una gran brutta ragnatela.
A ogni modo il barista del Barnaba ci stava mettendo un’eternità, così per ingannare il tempo decise di chiacchierare il suo vicino di bevuta.
“Ciao!” esclamò raggiante “Senti, ti va di farmi compagnia due secondi? Il mio fidanzato è andato un attimo in bagno e la mia Burrobirra non arriva, quindi sono proprio sola, e pensavo, magari anche tu vuoi chiacchierare un po’... Tipo, ti sei mai accorto che le scritte sulle vetrine sono storte? Cioè, storte! Io quella di questo pub non la leggo da qui... L’ho vista quando sono entrata ma non me la ricordooo... Uh, la Burrobirra!”
Senza addurre alcuna poesia al suo gesto, Hermione bevve il bicchiere fino in fondo rischiando pure di strozzarsi.
“Ci voleva! Sai, in realtà quello stronzo del mio ragazzo stasera non si è fatto vedere. Gli uomini sono tutti stupidi. Tu no, ovviamente” disse subito per non offendere “ tu sei buono e mi ascolti.”
“Grazie del complimento, Hermione” disse una voce malinconica e familiare.
“George!” le labbra della ragazza formarono una “o” stupefatta, che diventò subito un sorriso enorme “Che bello vederti!”
“Ok, sei ubriaca” commentò George, laconico come sempre.
“Un po’, ma la colpa è tuuuutta di Ron, te lo giuro! Non arrabbiarti con me! Promettimi che non ti arrabbierai e che non mi lascerai sola! Promettilo! Promettilo!” gli chiese improvvisamente disperata.
“Ma io veramente...”
“Guarda che se non me lo prometti faccio fare un controllo di legalità alle merci dei Tiri Vispi” disse la ministra cambiando tono e faccia. Adesso sembrava il poliziotto cattivo di un film.
George impallidì “Non puoi farlo davvero” mormorò.
“Ma certo che posso. Vuoi vedere come ti faccio chiudere in due giorni? Ti assicuro che non faresti neanche in tempo ad accorgertene” ringhiò Hermione.
A quel punto George promise rassegnato. Non aveva paura che attuasse la minaccia, ma se diceva cose del genere Hermione era in condizioni pericolose per sè stessa e poteva cacciarsi in brutti guai. Insomma, e se avesse minacciato un barista di Nocturn Alley di fargli un controllo d'igiene fuori orario? Sarebbe stato da incoscienti lasciarla lì.
“E adesso che sei sicura che non abbandonerò qua da sola, che ne dici se usciamo, passeggiamo un po’ e poi ti riporto a casa?” chiese speranzoso.
Hermione aggrottò le sopracciglia, poi tornò a sorridere “No.”
“E se ti offro un’altra Burrobirra... te la bevi con calma... e poi ce ne andiamo?”
“Fammi pensare... no”. D’un tratto si illuminò, giungendo le mani “Questa canzone!”
“Eh?” chiese George spaesato tendendo le orecchie.
“La adoro!” ribattè Hermione “Dai, andiamo a ballare!”

Il ragazzo cercò di ancorarsi alla sedia, ma fu tutto inutile: in un attimo si trovò in mezzo alla pista con Hermione, che ballava scatenata e lanciava urletti entusiasti incurante degli sguardi altrui.
George sospirò.
Si preannunciava una lunga ed esasperante serata.
Infatti Hermione non si limitò a ballare una canzone, ma continuò a dimenarsi finchè non crollò sfinita su una sedia, chiedendo a George di farle aria con un listino e prenderle qualcosa da bere.
“E guai a te se mi porti acqua” lo fulminò.
Ma il bar era pieno di gente e non era facile ordinare. Hermione si annoiava, ma per fortuna George aveva lasciato la giacca sulla sedia.  All’Hermione diavoletto non ci volle niente per spingerla a frugarci dentro senza il minimo imbarazzo. Le sue aspettative furono deluse: George non era tipo da girare con le tasche piene come Hagrid, che tirava fuori una batteria di pentole per trovare un fiammifero. Ma fra qualche moneta e un fazzoletto, Hermione trovò anche un sacchettino, curioso, piccolo e sconosciuto, ossia il massimo per una ragazza che abbia momentaneamente perso il senso di proprietà. Non fece in tempo ad aprirlo perchè George fece ritorno con un bicchiere d’acqua, ma lo infilò svelta in borsa. Nel vedere cosa aveva in mano il ragazzo fece una smorfia.
“Ti avevo detto di no!” strillò “L’acqua non mi piace!”
“Ma questa è speciale” sorrise George “Provare per credere!”
Hermione fece un sacco di storie, ma il fatto di avere quello strano sacchetto in borsa la fece sentire un po’ colpevole, e si lasciò convincere.
Dopo due secondi si accasciò addormentata sul tavolo, pacifica. D’altra parte, pensò George, è a questo che serve inventare le Caramelle Solubili Rilassanti, no?
Portandola a casa pensò alla serata sfumata. Aveva sperato, prima di incontrare Hermione, di poter fare un giro e ubriacarsi un po’, dato che tra l’altro non avrebbe avuto modo di incontrare Ron. Una volta il suo tenero fratellino l’aveva sorpreso, diciamo così, un po’ allegro, e gli aveva fatto una predica infinita. Ultimamente somigliava a Percy, riflettè. Magari un giorno si sarebbe presentato anche lui con una cravatta a righine  gli avrebbe detto “Per l’amor del cielo, George, cosa sono quei capelli trasandati?”
Rabbrividì. Per fortuna a lui non sarebbe mai successo.
Hermione si rigirò nel letto con la faccia arrabbiata, sibilando incantesimi di difesa nel sonno. Il ragazzo non poté fare a meno di guardarla. Come faceva ad essere pericolosa perfino quando dormiva? Nel dubbio che potesse incenerirlo per sbaglio, George la baciò sulla fronte e si sedette sul letto al suo fianco. Solo per un altro po’.

Dopo due ore, trentasette minuti e cinquantasei secondi la mia penna prendiappunti crollò sfinita sul tavolo, alzando bandiera bianca per la prima volta in tutta la sua carriera. Cercai di non far notare il mio sconcerto e continuai a sorridere a Macchinetta Weasley, che non smise di parlare.
Quando qualche ora prima avevo messo il Veritaserum nel bicchiere di Ron Weasley avevo fatto un enorme errore di calcolo. Il ragazzo non aveva  bisogno della magia per spiattellare tutti i suoi segreti: il Veritaserum aveva avuto l'effetto di una bomba. Aveva cominciato a parlare, parlare, parlare senza mai interrompersi, riempiendomi di aneddoti e paturnie per ore. Persino io, la regina del Gossip e del chiacchiericcio, ero allibita. Non potevo sapere che sotto le lentiggini, la stupidità e la goffaggine Rosso nascondesse un animo pettegolo ed egocentrico; ma, in ogni caso, Ron Weasley era la peggior primadonna che mi fosse capitata per le mani in anni. Non vedeva l’ora di parlare di sè a trecentosessanta gradi: e mentre di solito la timidezza e il sospetto gli impedivano questi sproloqui con me, ora grazie al Veritaserum era libero come non mai. Devo dire a suo favore che riusciva anche a essere divertente ogni tanto, ma può anche essere che fossi talmente intontita da ridere per disperazione.
Comunque, la penna fuori uso mi diede la scusa etica per andarmene: senza strumenti adeguati non aveva senso continuare quella tortura. Fermai il fiume in piena zittendolo con la magia. “Mio caro, sono certa che avremo altre occasioni di parlare... ma per stasera io ti saluto. Bye!”
Fu solo in quel momento che Rosso usò la sua arma più temibile. Mi puntò addosso degli occhioni da cucciolo irresistibili e non ce la feci proprio a lasciarlo così. Gli ridiedi la parola maledicendomi.
“’Keeter” boccheggiò “non... non lo dica a...”
“Tranquillo, non lo dirò ad Hermione.”
Non direttamente, almeno. L’avrebbe scoperto da sola leggendo il mio libro, probabilmente, o magari chissà, avrebbe trovato in giro per casa la serpentina di pergamena che il suo fidanzatino mi aveva fatto scialacquare per intervistarlo.
A ogni modo è sempre meglio tranquillizzare le vittime prima di digerirle, o potrebbero agitarsi in futuro. E non avevo granché voglia di curare un eventuale mal di pancia.
Una volta a casa, distrutta ma felice, mi venne quasi la tentazione di svegliare Perfettini per dirle che avevo visto il suo Ron con due bellissime ragazze al fianco, ma ero troppo stanca per inventare assurdità. Mi infilai sotto le coperte pregustando un lungo sonno, e per quella che sarebbe stata l’ultima volta per molto tempo dormii serenamente.


Maledetto Ron Weasley! La mia penna prendiappunti non fu più la stessa dopo quella sera. Ancora adesso se sente il nome di quel logorroico le si secca l'inchiostro e non vuole saperne di uscire dalla mia borsetta. E in effetti, anch'io avverto un brividino sinistro ogni volta che lo vedo in giro. Fortunatamente il nostro rifugio è a prova di scocciatori. E di evasione, quindi non proponete certe sciocchezze a Scribacchina.
Au revoir
Rita




L'avete convinta di avere un fan club, sapete? E' così felice che ieri ha quasi sorriso. E purtroppo sappiate che ha ragione: l'evasione non sarà facile. A ogni modo, io continuo a mettere da parte gli stuzzicadenti. 

Sempre vostra

Scribacchina

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Capitolo 20
*** Coraggiosi consigli ***



Il giorno dopo venni svegliata da un urlo altissimo seguito da un tonfo che fece tremare le fondamenta della pericolante casetta di Madame. Troppo addormentato per ragionare, il mio povero cervello si disse che Perfettini doveva essere svenuta guardandosi allo specchio, ma poi pensai che ormai la Granger si vedeva in quello stato da più di vent’anni, per cui la rivelazione sarebbe arrivata un po’ troppo in ritardo.
Il mio istinto da giornalista si fece strada attraverso strati di sonno e riuscì a convincermi che un urlo ben assestato di mattina meritava un controllo. Magari Perfettini si era ubriacata e aveva rimorchiato un uomo vero. Sai che shock, per una che stava con Rosso!
Zampettai con discrezione (seguita da Tinky, cosa che mi diede infinito fastidio) fino alla porta della sua camera, che era aperta (perchè, secondo la la Seguace del Tofu, così i cattivi sogni potevano uscire più in fretta), ed entrai.
Rimasi un secondo stupita a guardare la scena che avevo davanti, poi volai in camera a ritornai con la macchina fotografica delle grandi occasioni, quella che avevo comprato con lo stipendio di un anno. Era la terza volta che la usavo, ma avevo le mie ragioni... ah, visione felice! Ah, luce dei miei occhi! Ah, che grandissimo colpo di...!
Con azzeccata scelta dei tempi, scattai quelle che sarebbero state la foto di copertina del mio libro, le sventolai all’aria e rimasi ferma a sorridere.
Volete sapere una cosa? L’istinto ha sempre ragione.


Hermione si svegliò cercando di riafferrare un sogno che le sembrava di aver appena fatto. Allora... c’erano un pub e un bicchiere... e una bottiglia di rum.. yo-ho beviamoci su...  un momento! Quello non era il suo sogno! Quella era una stupida canzoncina. Una stupida canzoncina che qualcuno vicino a lei stava cantando a voce bassa, adesso se ne rendeva conto...
Qualcuno? Vicino a lei?
Spalancò gli occhi con terrore. Calmati mantieni la calma calmati. Era in camera sua, c’era la sua scrivania e le tende erano lì dove dovevano essere. Si girò su un fianco e vide due spalle larghe (oh cavolo), un paio di occhi gentili (non è possibile) e, infine, gli inconfondibili capelli rossi e scompigliati di George Weasley.
“Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaargh!”
Hermione calciò il povero George per terra, coprendolo di insulti. “Tu sei la mia disgrazia!” strillò fuori controllo, rendendosi conto che era ben la terza volta che si trovava con lui in situazioni equivoche “Esci di qui prima che Rita ti veda! Fila via! Vattene subito!”
“Io fossi in te non mi darei tanta pena, Perfettini” sorrise Rita sventolando delle fotografie appena fatte.
Hermione sbiancò, cercando di coprirsi con  le coperte, mentre George, per fortuna vestito e per niente turbato, si limitò a salutare Rita.


“Non le faccia vedere a Ron!” m’implorò Perfettini terrorizzata “Non capirebbe!”
“Curioso” dissi pensierosa “Lui mi ha detto la stessa cosa poco fa”
“Perchè, cos’ha fatto?” domandò Perfettini, mollando la presa sul piumino e scoprendo un vestitino niente male, anche se un po’ fuori moda.
“Ma scusa, usi gli unici abiti accettabili che hai come pigiami? Lasciatelo dire, Perfettini, sei senza speranze.”
“Mi dica cosa le ha detto Ron, oppure esca immediatamente da questa stanza!”
“Vado, vado... non volevo disturbare” le feci l’occhiolino e sculettai fiera fino alla mia stanza. La mia buona stella aveva ripreso a pedalare, finalmente!
Il pomeriggio andai dal signor Adam a riferire le ultime novità sui fidanzatini. Non mi aspettavo che capisse, infatti si limitò al solito commento secco; tuttavia questa volta mi guardò a lungo e disse che Julian si fidava di me, quindi aveva deciso di cominciare a sganciare un po’ di soldini. Certo, lui non usò queste parole esatte, ma tornando a casa ero ricca e pronta a conquistare il mondo.
Almeno finchè non ebbi l’idea di comprare la Gazzetta.
Saltai le notizie della prima pagina: l’ennesimo bambino disperso in Antartide salvato da Harry Potter mi avrebbe solo fatto venire l’orticaria.
Corsi invece alle pagine di gossip, e rimasi di sasso nel vedermi in una foto della sezione “cronache di Londra”.
Lo scatto mi ritraeva all’entrata del ristorante della sera prima in compagnia di Rosso; solo che, mentre io ero riconoscibilissima (ok, forse il boa di piume bordeaux non era stato una grande idea) Rosso era nascosto da un provvidenziale ramo d’acero. La didascalia, che presumeva una tresca fra me e uno “sconosciuto” ragazzino neanche maggiorenne, non era firmata, ma riuscivo ad immaginare decine di subdoli colleghi che avrebbero potuto mettere la faccia dietro una cosa simile.
Razza di invidiosi. Coi primi mille galeoni guadagnati dal libro su Perfettini avrei assunto un avvocato e li avrei accusati per diffamazione.
Girovagai per un po’ senza una meta precisa, ma  ormai il mio umore da star era rovinato.
Mi sbattevo da  mattina a sera per costruire il mio futuro, come tutti, e quei maledetti della Gazzetta non sapevano far altro che starmi dietro? Cioè, no! Non era giusto!
Durante la mia carriera mi era capitato spesso di essere intralciata per ripicca o perchè qualcuno voleva il mio posto. Francamente, non è che io non avessi fatto crescere i baffi alle altre stagiste quando era il momento opportuno. Ma arrivata ad un certo punto, mi aspettavo un po’ di rispetto. Perchè no, in fondo? Dovevo davvero passare la vita guardandomi le spalle? Il libro su Perfettini sarebbe stato il mio ultimo lavoro, dannazione. Sarei diventata famosa e non mi avrebbero più dimenticata. Ma di concreto, oltre ai soldi, non avrei più prodotto niente. Anche se non mi piaceva pensarlo, sapevo che sarebbe andata così.  Ma volevo un finale con i botti, e nessuno, dico, nessuno me l’avrebbe tolto.
Una scenetta curiosa mi distolse da questi pensieri.
“Guarda che se mi fai arrabbiare ti faccio saltare il pranzo!” sentii dire da una grassa signora al suo obeso pargolo.
“Magari” risposi quando le fui accanto, felice di essermi distratta. Lei mi fulminò, mettendo le mani sui fianchi, ma io passai  avanti con indifferenza, facendo più rumore possibile con i tacchi e ondeggiando nel mio abitino taglia 40. Certa gente non si rende conto di rovinare i propri figli, pensai. Quel ragazzino aveva davanti gli anni migliori della sua vita, e in un certo senso lo invidiavo.
Ma non sarebbe mai diventato qualcuno continuando così. Nè un giornalista, nè un ragazzo immagine, nè un  modello. Niente. Certo, avrebbe potuto fare il politico. Dio, il politico. Che cosa interessante.
Forse quel bambino non avrebbe mai avuto una donna al suo fianco e una casa e un elfo domestico da schiavizzare.
Tutto per colpa di una madre ottusa e incompetente! Le madri rovinano il mondo, pensai. Sarebbe stato meglio selezionarle, così non avrebbero potuto distruggere i sogni dei figli che... mi resi conto appena in tempo di essere a un passo dalle lacrime. Accidenti.
Respirai ed inspirai profondamente, ma continui flashback mi passavano per la testa.
Le torte di compleanno a forma di calderone. Le bilance esatte al milligrammo. Le mie riviste preferite bruciate. "Dovresti fare la pozionista".
Cavolo.
Un attimo dopo mi trovai su un lettino confortevole, lungo e stretto, e bastò una sola occhiata per far capire al mio dottore che non avevo voglia di scherzare.

“Dottore, io credevo di averlo superato” dissi scocciata “Mia madre non può saltarmi in mente nel momento più delicato della mia carriera. Non può rovinarmi così!”
“Signorina, vede, in realtà è lei che richiama alla mente sua madre nei momenti più catastrofici. Ho letto la Gazzetta, sa...”
“Non venga fuori con questa storia, razza di barbagianni represso! Non è il suo lavoro!”
Mi aspettavo che il dottore sarebbe stato zitto o avrebbe sospirato, invece con mia sorpresa mi  rispose a tono. “Signorina, faccio questo lavoro da più di vent’anni, quindi se non le dispiace ho più competenza di lei! Io ho il dovere di aiutarla, e lei non può rifiutare mie cure. Al di là del fatto che non mi paga da mesi e che è una donna terribile, lei è e rimane una mia paziente e come tale intendo trattarla. Sono stato chiaro?”
Lo guardai totalmente allibita, poi annuii.
“Bene, e adesso mi dica: l’odio che prova per Hermione Granger potrebbe avere qualche connessione con questi problemi nei confronti di sua madre?” chiese cambiando discorso. Sentivo il suo sguardo professionale sulla mia nuca e mi obbligai a rispondergli.
“Oh, bè, si piacerebbero molto. Fredde, razionali e psicotiche. Senza buon gusto. Fissate con l’ordine. Mamma l’adorerebbe, andrebbero d’amore e d’accordo.” dissi amareggiata.
Solo allora mi resi conto di quello che avevo appena detto.
“Ehi! Forse odio Perfettini perchè mi ricorda mia madre!” guardai stupita il dottore “Portano anche le stesse ciabatte!”
“Vede che non era così difficile?” gongolò il mio psicomago “La cosa migliore per lei è che impari a conoscere la signorina Granger. Dico davvero, dovrebbe passarci del tempo insieme, capirne i lati positivi. Vede, lei trasferisce la figura di sua madre sulla signorina, e quindi, instaurando un buon rapporto con lei, potrebbe sentirsi più serena anche nei confronti di sua madre, non trova? Se non fa come le dico, temo che le diventerà impossibile evitare questi attacchi di panico.”
“Ma dottore, io sto scrivendo un libro per diffamarla! Per renderla ridicola! Non posso... all’improvviso... senza motivo...” pigolai terrorizzata.
“La scelta è sua, signorina” rispose il dottore con voce grave “non posso costringerla. Ci pensi e poi mi dica cos’ha deciso, se mantenere la sua sanità mentale o scrivere quel libro. Comunque scelga, io cercherò di aiutarla.”
Me ne stavo andando quando ricordai dei soldi che avevo nella borsa, e sospirando ne usai un po’ per pagare le sedute precedenti. Nel farlo scorsi con la coda dell’occhio un libriccino confuso fra delle carte di cui si leggeva il titolo: Autostima rapida per psicomaghi.
Ah, ecco... mi pareva strano!
Sentivo sulla lingua una battuta salace, ma poi guardai il sorriso del dottore che mi salutava e lasciai perdere, sorridendo a mia volta.  
Dopotutto, non ne avevo voglia.


Nel frattempo, Hermione stava dando di matto. “No e poi no! Quella donna se ne deve andare fuori di casa mia! E’ una mina vagante! E per cosa le ha fatte le foto? Eh? Per tenerle come ricordo?” chiese a George “Io devo sposarmi! Possibile che non lo capiate?”
“Hermione, io non sono uno psicologo, ma credo che tu stia esagerando. Ron ti amerebbe in ogni caso. Credo che ti vorrebbe anche se tu avessi la  reputazione di essere una puttana, ok? E se butti Rita fuori di casa avrai i rimorsi per un pezzo.”
“Ma che fai, la difendi anche?”
“Non mi sta antipatica. Andiamo, l’hai letto quell’articolo sull’allenatore dei Cannoni di Chudley? Mi ha fatto ridere per un mese. Senti, dalle un’ultima possibilità, e se non va bene la cacci. Ok?”
Hermione non sapeva che dire. Era arrabbiata, confusa e imbarazzata. Soprattutto imbarazzata. Non era molto abituata al fatto che le facessero delle foto mentre era in compagnia di uomini di dubbia morale.
“Forse avrei dovuto pensare ai danni che avrebbe fatto a casa mia. A volte mi sembra che sia venuta qui proprio per complicarmi la vita nel momento peggiore. Sai, non l’ho detto quasi a nessuno, ma sto per diventare vice primo ministro.”
George addolorato “Quindi dicevi sul serio riguardo al controllo di legalità!” gemette.
Hermione lo guardò confusa “Controllo di che?”
“Niente, niente” disse George “Senti, io adesso  ho da fare. Ci vediamo...”
Hermione cercò di fermarlo per chiedergli un’ultima cosa, ma ovviamente le sparizioni di George erano tanto improvvise quanto rapide. Bene, peggio per lui! pensò accarezzando Grattastinchi. Allora se lo sarebbe tenuto lei, quello strano pacchetto che aveva trovato nella sua borsa!
 


Ebbene sì, miei cari. Sono ancora viva e vegeta, anche se certo non grazie a quell'ingrata di Scribacchina. Io le concedo l'onore di trascrivere le mie memorie e lei che fa? Che fa? Non impara neanche a fare un piatto semplicissimo come le scaloppine al marsala con contorno di papaya. Dico, ma vogliamo scherzare?
Qualcuno dovrebbe punirla. E a pensarci bene, credo che quel qualcuno sarò io... Ah!
Baci baci
Rita Skeeter





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Capitolo 21
*** Rovinosi Ritrovi ***


Quando tornai a casa feci un lungo e serio discorso a Perfettini. La rassicurai che non avrei usato le foto per ricattarla (vero) che non le avrei fatte vedere a Rosso (ancora vero) e che non le avrei usate per diffamarla (ops... bugia).
Le dissi anche, provando a essere convincente, che la passeggiata appena fatta mi aveva schiarito le idee  e mi sentivo, bè, pronta a conoscere il suo mondo. Le chiesi di poter  partecipare alle sue temutissime riunioni di schizzoidi ambientalisti, artisti falliti e alienati di varia natura.
No, non usai questi termini, non temete. Ci andai solo vicina.
Comunque se non altro Perfettini non mi aggredì con i suoi commenti. Non sembrava nè felice nè terrorizzata, semplicemente dubbiosa, come se le avessi fatto una proposta eticamente discutibile.
“Eddai, Perfettini!” esclamai infastidita dal suo scetticismo “Potrebbe essere divertente! Pensa, potrei quasi decidere di diventare vegetariana.”
Quell’ultima frase sembrò risvegliarla, perchè borbottò un “Certo, come no” prima di avvertirmi che, se proprio ci tenevo, ovviamente potevo andare con lei alla riunione di venerdì sera, e che non avrebbe tentato di dissuadermi.
Dopodiché se ne tornò alle sue scartoffie, guardandomi di sbieco di tanto in tanto.
Ma insomma, per una volta che volevo collaborare non poteva venirmi incontro?
No, aspetta. Lati positivi. Dovevo cercare i lati positivi. Il suo  era solo un comportamento... prudente. Non voleva ferire la mia neonata sensibilità animalista-ambientalista. Doveva essere così.
Le conveniva che fosse così!
Nei giorni seguenti Perfettini mi studiò con grande attenzione. Convinta di non essere vista, mi lanciava occhiate sospettose da sopra le traballanti colonne di libri in salotto o in cucina. Tinky, dietro lauto pagamento (grrr) confermò la mia teoria: Perfettini credeva che la volessi fregare in qualche modo, magari presentandomi con una pelliccia alla riunione.
Arrossii pensando a come avevo ipotizzato di vestirmi. Cavolo, ma quell’ermellino poteva essere anche morto di vecchiaia, no? Maledicendo gli animalisti decisi comunque di lasciar stare la pelliccia, anzi, per sicurezza preparai un abbigliamento talmente politically correct da far rivoltare qualunque stomaco perbenista.
Prima di tutto, decisi che il mio armadio non sarebbe mai stato alla bassezza dell’occasione. Era troppo favoloso per avere qualcosa a che fare con il look di Perfettini. Insomma, secondo voi avrebbero davvero apprezzato i miei tailleur?
Certo che no. Per cui decisi di chiedere aiuto alla Lovegood, che si dimostrò molto contenta di vedermi, ma anche un po’ perplessa perchè erano secoli che non passavo da lei.
“Sembra che lei mi abbia usata e buttata via, Mary” disse con un sorriso, facendomi sentire una delinquente. Oh, cavolo... doveva proprio dirmelo così?
“Scusa, mia cara” cinguettai cercando di nascondere il disagio “ma sai, ho ricominciato a lavorare a pieno ritmo! Comunque, non è che avresti dei vestiti da prestarmi? Devo partecipare ad un’occasione, ehm, speciale”
Mentre provavo i suoi terrificanti abiti mi informai su quello che le era successo nell’ultimo periodo. Un modo come un altro per mettere a tacere i sensi di colpa. A ogni modo  venne fuori che la signorina aveva cominciato a lavorare per qualche rivista di discreta importanza. Non se la sentiva di lasciare Stregami, ma annunciò soddisfatta che ormai poteva sentirsi appagata in altri giornali e quindi non c’erano problemi.
Non riuscivo a capire come lavorasse la mente di quella ragazza. Poteva veramente avere qualcosa dal suo lavoro: le teorie strambe trovavano sempre mercato presso i maghi. Forse per voi avere la magia è già strano, ma vi assicuro per alcuni di noi non è abbastanza. E quindi la nostra cara Luna avrebbe potuto fare fortuna, davvero. Ma perchè non voleva? Perchè?
“Senti mia cara, vorrei chiederti, ecco... perchè non ti butti sul mercato?” azzardai “Saresti fantastica, dico sul serio! Potresti fare carriera. Certo, non arriveresti mai al mio splendore, ma...”
“E perchè dovrei? Lei è un’attrice” commentò tranquilla.
“Certo, certo” annuii “sai, il mondo del teatro e quello del giornalismo sono come una grande famiglia. Una grande famiglia che ti accoglierebbe a braccia aperte “ dissi con tono critico “se solo tu fossi un po’ più... ecco...”
“Simile agli altri?”
“Sì, ecco. Insomma,  le regole fondamentali non sono molte! Giusto un paio, ecco, vedi... tu seguile e sarai al top in men che non si dica! Sei sicura che non ti piacerebbe l’idea di avere schiere ammiratori pronti a fare follie per te, di poter dire alla gente quello che pensi in tutta libertà e sentirti allo stesso tempo ammirata dal mondo intero?”  
La guardai negli occhi e all’improvviso vidi quello che voleva. Voleva essere apprezzata. Voleva essere creduta. Voleva essere amata. Ma aveva anche paura.
“Ti assicuro che niente convince di più la gente di un bel faccino e una mente brillante come la tua. Pensaci, ok?” sorrisi compiaciuta e le diedi un buffetto “Ci vediamo.”
La mia opera di convincimento non sarebbe finita lì, potete giurarci. Da quel momento in poi giurai che mi sarei occupata seriamente della Lovegood, non so se per quegli odiosi sensi di colpa o per il puro senso di sfida.
Afferrai a occhi chiusi quello che mi offriva riuscendo perfino a ringraziarla, poi corsi a prepararmi psicologicamente alla serata.

Già. Quella dannata serata.

Non appena entrai nella sala riunioni (nome pittoresco per un buco buio con qualche triste acquerello alle pareti) sentii un silenzio gelido, non solo per l’assenza di caminetto. Tutti mi guardavano diffidenti, chiedendosi probabilmente che ci diamine facessi lì, e perchè mi fossi vestita come loro. A quel punto in effetti me lo domandavo anch’io. E se mi fossero saltati tutti addosso con un’accetta? In un film che avevo visto in tv era successo. Oddio. Cominciai a sudare.
Perfettini salutò nervosamente la sua congrega di disadattati, ricevendo qualche sparuta risposta. Come ho già detto, il livello di socializzazione era alle stelle.
“Ragazzi, questa è Rita Skeeter. Conoscete Rita?”
La stanza si riempì di un mormorio poco cordiale di “Certo, come no” e “Rita chi?” (quest’ultima domanda mi fece venire voglia di urlare “Rita Skeeter! Skeeter, razza di cavernicolo analfabeta!”)
“Ehm, Perfettini, ma questi la leggono la Gazzetta?” mormorai dubbiosa.
“Io e “questi” ” borbottò lei irritata “preferiamo leggere testi più edificanti e veritieri.”
“Ah, ho capito. Appassionati dei bollettini meteorologici, eh?”
Un urlo improvviso impedì a Perfettini di formulare la risposta. “Riiiiiiita!” strillò una strega abbracciandomi. “Quanto tempo!”
Presi  un attimo le distanze per inquadrarla e presi un colpo. “Amanda Princeton!” esclamai a mia volta, come se fossi felice di vederla. La abbracciai a mia volta, cercando di stritolarla.
Che-diavolo-ci-faceva-lì? L’ultima volta che l’avevo vista era stata alla mia presentazione del libro su Silente (sigh.... bei tempi). Perchè il destino me la faceva incontrare nel periodo più basso e degradato della mia esistenza? Tinky aveva forse chiesto al Grande Elfo di maledirmi? (Da non escludere)
Tra l’altro, Amanda era vestita come una modella: stonava terribilmente in quell’ambiente, eppure era favolosa. Come osava, come diavolo osava ad avere quelle cosce perfette a quarantasette anni?
Sentii una fitta di gelosia.
E quei capelli splendenti.
Altra fitta.
E quei denti bianchissimi.
Accidenti!
“Ti trovo in splendida forma!” cinguettò lei.
Subito mi sentii sciatta e orribile come non mai e cercai di trattenere il fiato per non far vedere la pancetta.
“E che bella, ehm, veste. Immagino stiano tornando di moda” aggiunse cercando di non guardarmi negli occhi.
“Oh. Già” commentai. Avrei preferito essere insultata. Cercai disperatamente qualcosa di intelligente da dire, ma sfortunatamente la sorpresa di essermela trovata tra i piedi era stata troppo grande. Non riuscii a spiccicare una sola parola di più e mi limitai a sorridere, fuggendo letteralmente verso il tavolo del rinfresco, dove qualcuno aveva gentilmente preparato delle tartine.
Ne ingurgitai probabilmente diverse migliaia, cercando miseramente di non perdere il poco autocontrollo rimasto. Perchè avevo trovato quella donna proprio lì? Che diavolo di legame poteva esserci fra Amanda e quella lega di strambi? Non appena Perfettini mi capitò sotto mano glielo chiesi.
“E’ una nostra recente finanziatrice. Ci ha aiutati in situazioni davvero difficili. Non sembra, ma è molto devota alla causa... Una sensibilità rara, a mio parere” mi squadrò con sospetto “In effetti, è strano che vi conosciate. Comunque, sei stata davvero fortunata a incontrarla... di solito non è presente”
Già, chissà perchè. Forse perchè portava sempre scarpe di daino? O magari perchè adorava i manicotti di pelliccia? Che mistero intrigante.
Preferii non perdere tempo e non spiegai a Perfettini che io e Amanda eravamo state compagne di stanza. Mi concentrai invece sulla riccona vestita a festa. Svolazzava da una parte all’altra della stanza, riuscendo perfino a fare conversazione con quella gente come se per lei fosse perfettamente normale discutere della salvaguardia degli ocelot.
La faccenda era veramente veramente inquietante.
Che le era successo?
Dov’era finita la ragazza cinica e affarista che conoscevo?
Quando, ore dopo, annunciai che tornavo a casa, mi si avvicinò sorridendo radiosa. Cercai di non avere altri crampi d’invidia quando capii che indossava quelle scarpe favolose che spiavo da mesi in vetrina.
“Mia cara, credo che io e te dovremo trovarci questa settimana” modulò con grazia “magari per prendere un aperitivo. Ho così tante cose da raccontarti e sono così felice di vederti!”
“Certo, anch’io” mentii. Qualcosa mi diceva che quella scena era tutta una balla. Amanda non poteva davvero essere diventata così leziosa.
“Ehm, solo una cosa, Rita” mormorò con voce improvvisamente sofferente “ecco, so che questo è il nuovo... stile” disse indicando l’orribile veste di Luna “ma l’alta società è così indietro su queste cose che temo non capirebbe. Mi dispiace dovertelo chiedere, ma preferirei che ti vestissi in modo più sobrio.”
Qualcuno stava dando lezione di stile a me? A me? Annuii, furibonda e senza parole.
“Allora a presto!” esclamò, apparentemente sollevata “Ci vediamo, cara!”
Durante il ritorno spiegai a Perfettini che ero rimasta molto stupita nel vedere Amanda a una  riunione del genere. “Insomma, non che non sia stata fantastica” borbottai “ma non capisco”
Perfettini mi guardò con tanto d’occhi “Fantastica? Dice sul serio? La riunione era fantastica? Oh per Merlino, non ci posso credere!”
Mi guardò con così tanta soddisfazione che non riuscii a spiegarle che quel fantastica  era riferito ad Amanda e non alla barbosissima riunione (dove tutti avevano detto la propria opinione sul cambiamento di nome del circolo. La mia proposta, “Gli allegri scarabei”, fu inspiegabilmente cestinata. Zotici).
Solo una volta che fui a letto che mi resi conto che non mi ero ricordata di cercare i lati positivi di Perfettini. Porca Morgana! Ok, niente panico. Potevo ancora farcela.
Ripassai mentalmente la serata. Con tutta onestà, potevo dire che Madame era stata... mediocre. Non era una gran moderatrice e il dibattito si era trascinato per lunghissimi minuti prima di giungere al nulla più totale. Pensavo che vedendola nel suo habitat naturale avrei capito perchè mandava tutti in visibilio, ma non era stato così. Avevo anche  sperato per tutta la sera che a un certo punto dicesse “E adesso basta con queste discussioni inutili... facciamo festa!” e facesse finire il tutto con simpatici cocktail e conversazioni spiritose. Purtroppo non era successo.
Probabilmente non era in quelle riunioni che avrei trovato il lato buono di Perfettini... magari vedendola al lavoro sarebbe stato più semplice! Però dovevo provare per saperlo. Volevo chiederglielo, ma proprio in quel momento mi sentii stanchissima e senza pensarci due volte mi abbandonai ad un sonno inquieto, popolato di quarantenni magrissime e tartine alle acciughe.



Babbanucoli, oggi non ho tempo per voi. Sono particolarmente ispirata per la mia ginnastica quotidiana, per cui sono di corsa.
Non vorrei mai che Scribacchina riuscisse a nascondermi gli attrezzi come il mese scorso.
Au revoir
Rita


Sapete una cosa? I ricordi spesso sono affilati come rasoi. Dev'essere per questo che, dopo ogni dettatura di un capitolo, Rita lancia coltelli contro il muro... glieli nascondo perchè usa la sottoscritta come bersaglio e io trovo la cosa inquietante.
Sempre vostra
Scribacchina

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Capitolo 22
*** Ansiosi aperitivi ***



Sabato riuscii a decidere quale vestito verde mettere per l’appuntamento con Amanda.
Domenica ero quasi sicura di che borsa avrei usato.
Lunedì avevo faticosamente eletto le scarpe perfette.
Martedì mi resi conto che il vestito era scucito, la borsa era troppo piccola e le scarpe erano di una sfumatura diversa da tutto il resto.
Mercoledì decisi che non sarei andata.
Tanto non mi obbligava nessuno, no?

Ma alla fine...

Giovedì cercai una sarta e un negozio di borse decenti e riverniciai le scarpe con il colore giusto.
Venerdì ero pronta per l’aperitivo.

Ci eravamo messe d’accordo per trovarci al Victorian, ossia la versione chic del Paiolo Magico in cui l’Acquaviola era servita in eleganti calici violetti e la Burrobirra era proibita. Proprio il genere di posto che avrebbe mandato in bestia Tinky, pensai entrando, per poi ricordarmi che Tinky era una traditrice e non meritava di essere pensata.
Per mia enorme fortuna il verde acido era tornato alla grande in quelle settimane. Amanda mi venne incontro sorridendo, in bilico su dei tacchi 12 di dubbia stabilità. Cominciò a parlarmi di non so che, ma io mi limitai ad annuire, ancora una volta sopraffatta dai ricordi di un posto che non vedevo da mesi. I camerieri erano dei perfetti sconosciuti, gli interni erano stati completamente cambiati e i cocktail avevano dei nomi assurdi e mai sentiti.
Per Merlino, era passato davvero così tanto tempo?
Più Amanda chiacchierava più mi rendevo conto che dovevo sembrarle una scorbutica taciturna. Provai a riscuotermi chiedendole dei figli. Un ricordo fumoso mi suggerì che doveva averne due o tre, ma non ne ricordavo i nomi.
“Oh, sai, Jeremy ormai è lanciato con la sua carriera alla Gringott, mentre Eusebius è indeciso tra diventare Medimago e mettersi in politica... sapessi, venera letteralmente Harry Potter! Ha combattuto con lui nella guerra di Hogwarts e da allora non parla d’altro... Potter qua, Potter là... a volte mi sembra di avere un terzo figlio!” rise disinvolta mentre io cercavo di sorridere.
Sei giorni.
Avevo davvero passato sei giorni di disperazione, angoscia e tormento per sentire parlare di Harry Potter?
Mioddio.
“Senti, Amanda cara” le chiesi cercando di cambiare argomento “avrei una piccola curiosità...  niente di che, ma sai com’è... da quand’è che hai sviluppato questo interesse per la, ehm, difesa delle creature magiche e non?”
Amanda mi guardò con franchezza prima di scoppiare a ridere. “Un modo come un altro per chiedermi se sono davvero diventata una maniaca dei Vermicoli?”
“Una specie” confermai, confortata dal fatto che cominciasse a sembrare una persona normale “insomma, l’ultima volta che ti ho visto non eri così... buona” conclusi, come se quella parola mi desse fastidio.
“Certo, certo” sospirò lei “immaginavo di averti stupita. Il punto è che ormai sono entrata a far parte dell’alta società e non occuparsi di questi gruppi sembra terribilmente snob. Il che in realtà è favoloso, perchè più sei snob più ti trattano con rispetto... sfortunatamente il fondatore è un cugino di mio marito e non ho potuto dire di no.”
Dopotutto la capivo. Anch’io in passato ero dovuta scendere a diversi compromessi pur di sopravvivere.
Ma proprio quando sentivo di essere tornata in sintonia con lei, Amanda cambiò di nuovo discorso lasciandomi disorientata “Senti, Rita, ho sentito che per te non è un grande periodo. Come tua amica mi sento in dovere di dirtelo. So che molti ti hanno abbandonata in questo momento e non è un mistero che tu non lavori più per la Gazzetta. Insomma, tesoro, in questi ultimi tempi sei stata più fuori che dentro. La società non ti apprezza, sappilo. Ma io potrei aiutarti, almeno in questo senso... sabato sera diamo una festa e domenica mattina abbiamo un delizioso brunch a casa dei Foster. Sono sicura che con un po’ di buona volontà allieterai tutti con la tua presenza. Che ne dici?”
Non riuscivo a capire perchè Amanda mi avesse chiesto una cosa del genere. Che scopo aveva invitarmi a occasioni dove sarei stata tremendamente fuori luogo?
Ma d’altra parte avevo poca scelta. Il libro su Perfettini doveva avere pubblico, e quel pubblico si sedeva a cena da Amanda e andava al dannato brunch dei Foster.
“Carissima, accetto l’offerta” dissi, e mi preparai al weekend più massacrante della mia vita.
 
Perfettini, per una volta, cercò persino di aiutarmi. Si defilò per tutto il giorno di sabato e preparò uno spuntino a metà pomeriggio quando, stremata, andai alla deriva davanti alla tv.
Ero troppo cresciuta per tutto quello stress.
La ragazza mi battè una mano sulla spalla e mi offrì un grissino con una fetta di prosciutto arrotolato. Prosciutto vero, come constatai divorando il tutto.
“Sono solo felice che le sia piaciuta la riunione dell’altra settimana” disse per spiegare quell’insolita gentilezza.
Stavo per dirle che mi piacevano molto anche il suo maglione e i suoi capelli e l’arredamento del salotto (tutto, pur di ottenere ancora carne in quella casa) quando il campanello suonò in modo terribilmente fastidioso. Non ero proprio riuscita a convincere Perfettini che un sistema di identificazione magico fosse diecimila volte meglio, e quegli strilli da maiale erano il risultato.
Sentii Perfettini dire qualcosa al citofono e neanche mezzo secondo dopo davanti a me c’era Amanda, visibilmente seccata. “Hermione carissima, dovresti togliere questo simpatico aggeggio babbano da casa tua. Fa perdere tempo prezioso.”
Poi mi vide e sorrise raggiante “Rita!  Per fortuna sei già qui...  coraggio, prendi il mio braccio e andiamo” disse perentoria.
“Ma avevi detto che ci saremmo viste alle otto!” risposi in preda al panico. Non potevo andarmene in quel momento. Avevo ancora tre grissini in mano e il vestito aveva bisogno di una stirata, per non parlare dello stato dei miei capelli.
Amanda sorrise dolcemente “Tesoro, ti ho detto che la festa cominciava alle otto. Ma ci sono un sacco di cose da fare prima, per esempio la prova del tuo vestito. Ne ho comprati due subito dopo il nostro aperitivo. Sono indecisa fra quello bordeaux e quello ciliegia, ma scommetto che il tuo buon gusto ci indicherà la strada giusta. Allora” ripetè, stavolta più decisa “andiamo?”
La fissai a bocca aperta. Cioè, lei aveva deciso il mio vestito? Ma...!
Stavo per arrabbiarmi quando riflettei. Per Morgana, Amanda era ricca. Sarebbe stato come minimo un abito favoloso. Sicuramente il miglior vestito della mia vita.
Amanda mi tese di nuovo il braccio.
Non c’era tempo per le riflessioni.
Volevo quel vestito o no?
Le presi la mano e fui risucchiata via.

La casa di Amanda non era una casa. Era una reggia. Come lei stessa mi raccontò, era stata costruita da un nobile, che però non era riuscito a pagare tutti i costi. La famiglia di Gerome, il  marito di Amanda, l’aveva comprata circa cinquant’anni prima, l’aveva riarredata e aveva pagato un esercito di giardinieri e architetti per avere quello che voleva, cioè la perfezione.
E c’erano riusciti. Era stupefacentemente bella.
Più mi addentravo in quella casa più avevo paura. E se tutti avessero riso di me? O se mi fossi comportata come al Lepricano? Il ricordo bruciava ancora.
Decisi che avrei avvicinato a me solo acqua e nient’altro che acqua. Dopodichè Amanda mi infilò nella sua cabina armadio e non ebbi più tempo di pensare a nulla.

Rumore leggero di calici e risatine. Odore di caviale.
Avevo già provato ad immaginare come sarebbe stata la scena del mio ritorno.
Nelle lunghe, solitarie giornate trascorse dopo il processo era stato il mio sogno ricorrente. Avrei dato qualsiasi cosa per togliermi di dosso l’etichetta di criminale e reietta che avevo ricevuto, nonostante fossi stata assolta da tutte le accuse. E adesso quel momento era arrivato.
Mentirei se non dicessi che avevo i brividi, e mentirei due volte se non ammettessi che fu un’enorme soddisfazione vedere che tutti facevano silenzio per ammirarmi.
“Buonasera” dissi con un sorriso appena appena ironico.
Finalmente ero tornata.

Non ho precisamente in mente quella sera; è come se cercassi di ricordare un sogno. Ogni sorriso che ricevevo, ogni sguardo che mi lanciavano era una mia rivincita sul mondo magico.
Domenica mattina passai di nuovo a casa di Amanda prima di andare dai Foster. Una volta lì ero stata vestita come una bambolina, e mi ero permessa di dire solo due parole sul colore dell’abito. Non che la cosa non mi desse fastidio, ma il mio armadio non  poteva competere  e  la situazione richiedeva qualcosa di più di quello che era in mio possesso.
Il brunch fu delizioso, proprio come aveva detto Amanda. Tutti quanti sembravano ammaliati dalla mia presenza.
Perchè? Perchè erano curiosi di sapere quanto sarebbe durata la mia rinascita, ovviamente.  
E perchè erano ipocriti. Ma d’altra parte non mostrarsi gentili con me sarebbe stato terribilmente scortese e maleducato. Regola semplice:  volevano stare ai vertici della società? Benissimo, allora dovevano far finta di essere meravigliosi e, soprattutto, buoni con me.
Forse vi sembra insensato, ma pensateci: quelle persone avevano tutto. Avevano soldi, avevano case stupende ed erano rispettati. E non avevano fatto niente per meritarselo, davvero, niente di niente. Avevano pescato il biglietto fortunato alla lotteria e l’unico prezzo da pagare era mantenere una facciata di buonismo per farsi adorare. Non male, vero?
Ma non tutti erano così falsi. Qualcuno fu davvero felice di vedermi. Qualche collega, specie quelli che non avevano lavorato con me,  qualche amico a cui avevo dato una mano. I pettegolezzi non fanno sempre male. Una strega mi disse che mi era grata: avevo svelato il tradimento di suo marito, così lei aveva potuto divorziare chiedendogli il massimo risarcimento.
Dopo quei due eventi ne seguirono altri. Mostre, feste, presentazioni... la mia vita girava ad un ritmo completamente diverso. Forse mi ero semplicemente impigrita durante il periodo di silenzio stampa... chissà.
Strano ma vero, mi trovavo spesso a raccontare tutto a Perfettini. Una volta avrei detto ogni cosa a Tinky, ma adesso era impossibile. Comunque, la piccola traditrice ascoltava da dietro una porta. Sapevo che si odiava per quella curiosità e ne ero felice. Peccato che Perfettini non fosse un’ascoltatrice attenta come lei.
“Perfettini, sai quella ragazza che lavorava con te, Hannah Abbott... ha annunciato il suo fidanzamento con il giovane Paciock,  quello che è diventato schifosamente famoso dopo la battaglia di Hogwarts. Aveva dei sandali stupendi...”
“Chi, Neville o Hannah?” mi chiedeva lei confusa. Allora ripetevo e lei capiva, poi le facevo una descrizione minuziosa dei sandali in questione e glieli facevo vedere su qualche rivista.
Ma era poco interessata. Sembrava preoccupata, ma quando le chiesi cosa c’era mi rispose niente. Oddio, che fosse incinta? Stavo per finire il libro, ma per una notizia del genere c’era sempre spazio.
Ebbi un’altra sorpresa: la Lovegood.
Le avevo procurato un contratto di prova presso un giornale nazionale e adesso non si dava tregua. Stava lavorando ad un articolo formidabile, che le avevo suggerito io e che prometteva bene.
Soprattutto, mi chiese 1) di fare shopping con lei 2) di insegnarle qualcosa di galateo 3) perchè non avevo ammesso da subito di essere Rita Skeeter.
Quest’ultima domanda non mi piacque granché.
“L’avevo capito subito, sa?” mi disse quando rimasi zitta “Ma non pensavo fosse importante, per cui non ho mai approfondito. A volte alla gente piace fare cose strane.”
E non aggiunse altro. A modo mio l’adoravo.
Trovò molto divertenti le mie lezioni, tanto che la vidi mettere i ricordi dei nostri pomeriggi in una boccetta. La stessa cosa che facevo io dopo aver assistito in diretta ad uno scoop, in pratica. Mi sentivo lusingata, ma anche un po’ inquietata. Che volesse usare quei ricordi contro di me?
Probabilmente erano solo mie paure. Succede, se quelli che credevate amici durante un tirocinio vi hanno diffamato per tutta la redazione appena avete messo un piede fuori dalla stanza.
In effetti la mia prima vera esperienza giornalistica non era stata tanto lavorare quanto dare e parare  colpi bassi.
Proprio per questo negli allenamenti della Lovegood non trascuravo nessun aspetto della vita dentro e fuori una redazione.
In un certo senso ero in apprensione per lei: sarebbe stata sempre lo zimbello di tutti, se non avesse imparato a difendersi. Aveva bisogno di trovare un po’ di grinta e un po’ di coraggio e di affinare la lingua. La parte più difficile fu proprio insegnarle come offendere sottilmente una persona.
“Ma non posso!” mi diceva contrariata “Non è giusto”
“Non è questione di giusto o sbagliato, mia cara. Non è giusto neanche che tu sia fatta a  pezzi da un pescecane, eppure può succedere”
“Anche i Nargilli possono farlo” mormorò lei pensierosa.
“Anche i Nargilli” convenni pur di farla contenta “ e qual è l’unica cosa da fare in caso di attacco?”
“Fingersi morti?”
No, non era un lavoro facile. Ma era incredibilmente, stupidamente e imprevedibilmente divertente. Luna Lovegood era la  mia piccola alunna. Io potevo insegnarle molte cose, lei ne doveva imparare se voleva fare strada... e io volevo che ne facesse.
Un piano, una speranza, una follia: tutte queste cose mi legavano indissolubilmente a Luna Lovegood.



   
La piccola Lovegood. La dimostrazione vivente che ci si può sbagliare sulle persone.  In più sensi. Prendete Scribacchina: chi avrebbe detto che un giorno sarebbe sventolata fuori dalla finestra come una banderuola? Eppure è proprio quello che sta facendo adesso!
Così impara a nascondermi i biscotti.
Ernil e DarkViolet92, siete nominate recensitrici dela settimana. Complimenti, carine. Continuate così.
Quanto agli altri... spero che quella malattia che vi impedisce di recensire sia passata. Insomma, vi starete disperando infinitamente all'idea di non poter commentare la qui presente diva. Sappiate che vi capisco. Anche per me sarebbe terribile.
Guarite presto, carini.
Votre Rita

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Capitolo 23
*** Irati Innamorati ***



Fu un venerdì sera, durante una cena di gala all’aperto, che mi lasciai... casualmente, ovviamente... sfuggire che stavo preparando un nuovo lavoro. Subito mi trovai circondata da facce curiose.
“Dicci Rita cara, quando uscirà questa meraviglia?”
“Chi sarà il protagonista? O forse è una lei?”
Sorrisi beata. Essere al centro dell’attenzione era il mio lavoro, certo, ma anche il mio hobby preferito.
“Uno alla volta, vi prego!” dissi fingendo di essere confusa da tante domande “non so quando uscirà. Dipende anche dal signor Penner, sapete” risi facendo locchiolino al mio vecchio editore. Lui si sfregò le mani contento “Quando vuoi, cara”. Anche gli altri ridacchiarono, come se fossimo un’affiatata compagnia di amiconi.
“Quanto al soggetto, non posso dirvi niente. Sarà una piacevole sorpresa,  ve lo assicuro. Ehi, ma quelli non sono Potter e la Weasley?”
Tutti si girarono dall’altra parte (anche Potter aveva la sua utilità, dopotutto) e io mi defilai soddisfatta nel settore tartine e vino. Che piacevole, piacevole serata.  
“Molto bene, signorina Skeeter” disse una voce sinuosa alle mie spalle. Mi girai e con mia enorme sorpresa vidi Julian, appoggiato ad una colonna e col suo solito sorriso di superiorità, come se la terra dovesse ringraziare perchè lui ci camminava sopra. Erano settimane che non lo vedevo, ed era abbronzato e rilassato. Chissà da dove sbucava.
“Julian” sorrisi “scommetto che le Maldive erano così perfette che dopo un po’ le hai trovate noiose, da bravo snob” dissi ironicamente.
“Un uccellino mi ha detto che stava tornando alla ribalta e volevo sapere come andava”. rispose lui ignorando la battuta. Si avvicinò e potei sentire il suo profumo. Qualcosa di molto fresco, elegante e sexy. Non riuscii a fare a meno di provocarlo.
“Ti preoccupi per me, ragazzino? Non pensavo di starti così a cuore.”
“Sa, non sono abituato a ignorare le signorine con cui fuggo a bordo di una scopa” rise lui.
“Già. Le mie scarpe ringraziano ancora la tua trovata” commentai gelida. Cosa credeva, che avrei trovato divertente una tragedia simile? Uomo senza cuore.
“Senza la provvidenzialità della mia idea lei avrebbe passato una nottata in prigione. Ottima pubblicità per il libro, d’accordo, ma mi sembra esagerato.”
Già, il libro. Nel pensarci provai uno spiacevole senso di inquietudine. Sembrava che ogni casa  facessi, dicessi e persino pianificassi dovesse essere collegata a quel dannato pezzo di carta. Perchè Adam e Julian volevano così tanto che lo scrivessi?
All’improvviso decisi di chiederglielo. Magari in un modo diplomatico.
“Senti, Julian, a questo punto me lo devi dire” gli dissi diventando seria. “Perchè volete che io scriva questo libro?”
Avevo detto diplomatica? Bè, peccato.
Julian non fu felice della domanda.
“Perchè lo vuole sapere?” chiese con voce dura.
“Bè, perchè... perchè se vi avesse fatto qualcosa di male potrei aggiungere un paragrafo al libro. Sai, c’è un buchetto proprio fra il capitolo 14 e il 15 che non riesco a riempire. Una sciocchezza, ma molto fastidiosa. Come un sassolino in una scarpa.”
I suoi lineamenti si rilassarono, ma gli occhi rimasero freddi come pezzi di ghiaccio. “Rita, credevo che i termini del nostro contratto fossero chiari. Lei non ci chiede niente e noi l’aiutiamo. Lei non fa domande e noi le diamo i soldi. Mi creda, è meglio così. E... per quel sassolino... le consiglio di cercare bene in camera della Granger. Ci troverà un sacchetto molto interessante.”
Fece per andarsene, poi tornò indietro e avvicinò la sua bocca al mio orecchio “E comunque, quelle scarpe erano orribili”
Quello che seguì avvenne in rapidissima successione. Julian si allontanò da me e sorrise, proprio mentre io alzavo la mano per assestargli uno schiaffo da primato, ma prima che potessi colpirlo lui si smaterializzò, facendomi perdere l’equilibrio e lasciandomi schiumante di rabbia.
“Come ti permetti, piccolo lurido verme!” strillai a voce altissima, facendo voltare tutti i presenti. “Ehm... come ti permetti, Vermicolo! Striscia via dalle mie scarpe, sciò!” dissi e feci dei movimenti ampi, sperando di convincere tutti che non ero pazza. Incredibilmente la cosa funzionò. Non solo, il signor Penner fece finta di niente e mi chiese davvero di poter pubblicare il mio libro. E dire che io avevo fatto solo una battuta.
“Mia cara, potrei pagarti... diciamo... due terzi rispetto alle altre volte? Sai, questo dopoguerra non è un bel periodo per la mia casa editrice”
“Caro” gli risposi “devi sapere che per questo libro sono stata finanziata da alcuni... amici. E se non mi paghi a prezzo pieno, non sono sicura che tu sia la persona giusta per noi” dissi civettuola.
Penner sembrò sconcertato “Ma io credevo che tu... voglio dire, avevo saputo (con molto rammarico, s’intende) che eri in rovina...”
Gli sarebbe piaciuto che fosse vero, ve lo assicuro.
“Non è che ti sei invischiata in brutte storie per avere questi soldi, eh, Rita?” chiese di colpo nervoso “A me puoi dirlo, sai.”
“Penner, per essere un editore hai troppa fantasia” lo derisi sprezzante “puoi stare tranquillo. Sono finanziata in modo pulito”
Mi lanciò un’ultima occhiata pensierosa, poi scrollò le spalle e tornò al suo cocktail di scampi e a sua moglie.

Hermione guardò fuori dalla finestra del suo ufficio con una strana malinconia. Neanche il secondo giro di caffè era riuscito a tirarla su di morale. Sfogliò svogliata il giornale, imbattendosi nelle pagine di cronaca cittadina. Qualche furto, forse da parte di goblin (ma Hermione era sicura di no) qualche rappresaglia dei centauri, e poi lei, Rita, che la fissava sorridendo con esperienza  da una foto a centro pagina. Hermione  richiuse la Gazzetta con un sospiro. Già, ormai vedeva Rita più in foto che a casa. Da quando aveva cominciato a frequentare Amanda non avevano più  litigato, anzi quasi non si erano più parlate. Avevano un orario perfetto, pensò: nel momento in cui lei rientrava dal lavoro la giornalista usciva sui suoi tacchi impossibili, salutandola appena. Per l’ennesima volta, Hermione pensò che fosse giunto il momento di metterla alla porta. Quei pochi mesi passati insieme erano stati uno sfinimento. E allora perchè non l’aveva ancora fatto? Come mai la teneva ancora con sè?
Perchè sei troppo buona  le disse una vocina  e speri ancora che possa essere una persona diversa. Vuoi dimostrare a Harry, a Ron e a tutti  gli altri che si sbagliano su di lei. E tutto questo perchè è venuta alla tua riunione. E poi ti fidi di Tinky, e Tinky ti ha detto di non  lasciarla da sola.  
Era vero. Tinky glielo aveva chiesto in un momento di rara sincerità. L’aveva capito da come si guardava intorno, stranamente spaventata. “Signorina Skeeter non sa cosa la aspetta, Tinky invece sì. Avrà bisogno di Hermione, oh, signorina, tanto bisogno. Io non potere dire di più”
Le sembrava così strano che Tinky fosse affezionata a Rita. Cosa aveva potuto fare per ingraziarsela a tal punto? Lei non c’era riuscita in nessun modo, nè con il cibo, nè con dei vestiti decenti, neppure con l’affetto e il rispetto. Non capiva dove stesse sbagliando
Hermione girò sulla sua poltrona, cercando di ricordarsi che era al lavoro e non poteva permettersi di distrarsi oltre. Raccolse i capelli in uno chignon senza tralasciare neanche una ciocca. Ecco, ora era pronta per tornare a  lavorare.
Sentì bussare la porta e maledisse chiunque fosse lì dietro. Perchè ogni volta che si era concentrata qualcuno la distraeva?
“Avanti” disse con voce acida.
Mentre la porta si apriva, la sua mente immaginò irrazionalmente che stesse per entrare George. Portò una mano ai capelli, improvvisamente emozionata, sentendosi un po’ sciocca quando vide Ron. “Ciao, amore... non ti aspettavo” disse. Dopo il bidone che le aveva tirato quella sera, Ron non l’aveva più cercata. Ormai erano passate due settimane e lei non sapeva più cosa pensare. Vederlo fu un piccolo sollievo, ma si accorse subito che la sua espressione non prometteva niente di buono.
“Ciao, Hermione” disse lui sedendosi su una poltrona. Non la baciò neanche sulla guancia. Pessimo segnale. “Ti devo parlare”
La ragazza raddrizzò la schiena per ascoltare meglio “Dimmi pure, Ron”. Il ragazzo la guardò dritta negli occhi. “E’ vero che sei la direttrice di un giornale per ragazzine?”
Hermione rimase senza fiato. Come diamine faceva Ron a saperlo?
“Io...”
“Rispondimi”
“Ecco... sì” vide la faccia di Ron farsi terrea e le sue mani stringersi sui braccioli della poltrona “ma posso spiegarti Ron, io non volevo...”
“Non ti volevi fidare di me!”
“Ron... non sapevo come l’avresti presa... ”
“Come volevi che la prendessi? Credevo che non mi raccontassi balle quando dicevi che eri sempre impegnata. Credevo che stessi davvero lavorando per il ministero! Tutte quelle volte che eri stanca o avevi  mal di testa... “Ma certo, amore, non preoccuparti per me!” ” Ron rise di sè stesso. “Evidentemente stare con i tuoi colleghi è più divertente che passare il tempo con il tuo fidanzato.”
“Ron, non dire così... non ti volevo prendere in giro... e poi le mie collaboratrici sono tutte donne” replicò Hermione con una nota di rabbia nella voce “perchè devi sempre pensare che...”
“Ah, giusto” Ron sorrise amaramente “in realtà ti interessa molto di più mio fratello. O sbaglio?”
“E adesso cosa c’entra George?” chiese Hermione. Ron la guardò come se lo avesse appena pugnalato alle spalle.
“Io non avevo nominato George” disse. Poi si alzò in piedi senza dire una parola. Solo quando fu sulla porta si girò. “Credo... credo che dovremmo prenderci una pausa” disse. Sembrò voler aggiungere qualcosa, ma poi scosse semplicemente la testa e se ne uscì in silenzio, lasciando Hermione da sola. Lei rimase qualche secondo a fissare la porta prima di riprendersi.
Coraggio, Hermione. Terzo giro di caffè.

Le lezioni della Lovegood andavano a gonfie vele, specie adesso che aveva compreso le nozioni fondamentali per avere un vestiario accettabile. Il pomeriggio che trovai Perfettini in lacrime sul divano Luna era riuscita ad abbinare ventisette paia di scarpe con ventisette borsette, senza sbagliare un colpo. La ragazza aveva stoffa per quel lavoro, lo avevo sempre detto (se vi state chiedendo cosa c’entrino borse e scarpe col giornalismo, mi dispiace comunicarvi che voi invece non avete neanche uno scampolo adatto al mestiere).
Comunque, io ero al settimo cielo quando trovai quella specie di rubinetto aperto in salotto. Subito mi chiesi il motivo, valutando diverse opzioni: Forse la Bestiaccia era stata scambiata per un lupo mannaro e abbattuta, o magari  mancavano ben sette falci al suo perfettissimo bilancio, o forse chissà, Tinky le aveva finalmente svelato il segreto di tutto quello che cucinava e le faceva mangiare (la carne) oppure...
“Ron mi ha lasciata, Grattastinchi!” ululò Madame abbracciando la Bestiaccia. Oh. Cavolo. Bè, sapevo che prima o poi sarebbe giunto questo momento.
“Hermione cara, dici sul serio?” mormorai avvicinandomi a lei “Quanto mi dispiace”
La ragazzina sussultò e cercò di ricomporsi, peraltro senza riuscirvi granché. Aveva i capelli disordinati (più del solito) gli occhi gonfi come quelli di una rana ed era circondata da fazzoletti. Sembrava il set della  mia soap opera preferita, con la differenza che Mary quando piangeva non sembrava un fiume in piena e riusciva a conservare un aspetto umano.
“Cosa è successo, mia cara?”
Sarà stato per lo shock o semplicemente perchè aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno, ma comunque Perfettini mi disse tutto. A quanto pareva, Rosso aveva deciso di farle una scenata coi fiocchi. Che comportamento adulto, davvero. “Senti, tesoro, io magari non lo conosco bene, ma so che anche se è arrabbiato è sicuro che tornerà indietro.”
“Lei dice?” chiese Perfettini tirando su col naso. Oh, per Morgana. Non l’avevo mai vista così vulnerabile. Dov’era finito Mastino Granger? Quella che mi sguinzagliava dietro un mostro peloso per pedinarmi e che controllava persino dov’erano prodotte le mie scarpe? Non potevo vedere il nemico in quelle condizioni. Era ingiusto. Mi faceva sentire un’arpia.
“Eddai, Perfettini!” strillai indispettita “dov’è finita la tua grinta? Se Rosso è fuori di testa non è mica colpa tua!”
“Ron ha perfettamente ragione!” rispose lei, evidentemente nel pieno della sindrome “è-tutta-colpa-mia”  “ho messo un impegno futile davanti alla nostra relazione. Invece di occuparmi di... di quello di cui mi occupavo... potevo pensare di più a lui.”
Notai che non si fidava a parlarmi di Stregami. La sua cocciutaggine mi confortò. Forse, sotto quel mare di lacrime, un po’ della vecchia Perfettini c’ era ancora. Si trattava solo di non farlo affogare.
“Cara, fossi in te io mi darei alla pazza gioia! Insomma, ci pensi? Sei libera! Niente più gelosie, niente più controlli, puoi fare tutto quello che vuoi. Non lo trovi splendido?”
Perfettini non mi ascoltò neanche, e mi comunicò che se ne andava da Ginny Weasley per qualche giorno. Una scelta alquanto discutibile, a mio avviso, ma non dissi neanche una parola, anzi la aiutai a fare la valigia, continuando a dirle frasi di circostanza riguardo a Rosso. Ma il mio pensiero era uno solo: qualche giorno di pace era tutto quello che mi serviva per preparare l'uscita del libro.


Siete pronti? Il mio massimo splendore vi attende. E non sarà roba da poco, sapete? Per cui vi raccomando di tenere la mente sgombra (non che sia difficile, vero?) e attendere il prossimo aggiornamento.
Au revoir
Rita

ps riguardo a questo vergognoso ritardo posso solo dirvi che sono dovuta scappare (con Scribacchina al seguito, ovviamente) in una stupenda città catalana. Motivo della fuga? Non avevo più niente da mettermi. Scusatemi se è poco!

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Capitolo 24
*** Calorosi consigli ***



Quando Hermione arrivò finalmente da Ginny era sera e un’antipatica arietta le incespugliava i capelli. Per fortuna il freddo fu spazzato via in fretta dalla sua migliore amica.
“Entra, Hermione! Cosa aspetti?” le disse ridendo.
Hermione non se lo fece ripetere e oltrepassò la soglia, grata del riscaldamento acceso. All’ingresso fece la linguaccia al quadro che ritraeva la prozia Bessie. Ginny l’aveva messo lì dicendo che qualunque ladro si sarebbe spaventato a morte vedendolo e, secondo Hermione, aveva perfettamente ragione.
Notò che l’amica era da sola, il che era un sollievo: ultimamente le chiacchiere sugli amanti della futura signora Potter erano cresciute a dismisura. Merito del ritorno di Rita sulle scene, ovviamente. Dietro quel gossip ci doveva essere per forza lei.
Hermione guardò in faccia la sua amica che le sorrideva con affetto e sentì che la giornalista si sbagliava. Nessuno con la coscienza a posto sorrideva in quel modo.
“Ehi, Hermione” disse Ginny preoccupata “hai la faccia di una che sta per scoppiare a piangere.”
“Ron mi ha lasciata” mormorò Hermione prima di potersi trattenere. Accidenti. Avrebbe preferito dirlo con voce ferma e senza avere il mento che le tremava come un budino. Sentì le lacrime che le inondavano la faccia.
Ginny l’abbracciò “Adesso tu stai qui buona buona, mentre io vado ad ucciderlo. Potrei sorprenderlo nel sonno, oppure mentre esce di casa per andare a lavoro... ho un sacco di possibilità.” aggiunse pensierosa.
“No, aspetta!” squittì Hermione “Lui aveva... aveva ragione.”
“Spiegami come mio fratello potrebbe avere ragione su qualcosa e ti offro una cena fuori”
“Ha scoperto di Stregami. Non chiedermi come, non lo so, ma la cosa lo ha fatto uscire di testa. Non sembrava neanche lui. Voglio dire, non ha neppure pianto
Ginny rise, ma Hermione continuò “E ha anche paura che io mi sia innamorata di George. Cioè, ti rendi conto? Di George!”
“George è sicuramente più figo di Ron” commentò tranquilla Ginny.
“Ma è tuo fratello!” rispose sconvolta Hermione.
“Appunto, lo conosco bene. E poi, non è che Ron non abbia un filino di ragione. Al di là del fatto che a quanto mi hai raccontato tu hai baciato George...”
“Io non...” cominciò furibonda Hermione.
“Senti, Herm, conosco da un sacco anche te. E se permetti, voglio dirti una cosa riguardo a quei due. Puoi anche raccontarmi la storia che Ron è il tuo fidanzato e che siete innamorati da quando siete alti così, ma non puoi pretendere di non sentirti attratta da altri uomini. Specie quando ti vengono spudoratamente dietro, perchè se George ha fatto il deficiente in quella maniera stratosferica non è stato solo per farti uno scherzo o minare l’autostima di mio fratello. A George tu piaci... e anche lui ti piace, ok? Prima accetterai questa cosa meglio sarà. La domanda adesso è un’altra, comunque. Tu vuoi davvero tornare con Ron?”
Hermione aprì subito la bocca ma Ginny la fulminò “Prova a dirmi che dovevate sposarvi e ti tiro dietro il quadro di zia Bessie”
Hermione serrò le labbra e riflettè un attimo. “Ron ha bisogno di me. Mi sento in colpa per averlo ingannato. E non voglio perderlo.”
“Insomma, hai la sindrome da crocerossina. Il mio consiglio è di farsela passare presto... e te lo dico per esperienza” fece una pausa e continuò “Senti, Herm, Ron è grande. Magari non sembra, ma ha vent’anni.  Non può sperare che ci sia sempre una donna pronta a corrergli dietro! E sai come si sarebbe comportato un ragazzo maturo  al suo posto?  Ti avrebbe detto che potevi fidarti di lui e te l’avrebbe dimostrato senza prendersela tanto. Perchè di sicuro mio fratello non ti dice tutto quello che fa, e non è un peccato mortale ritagliarsi uno spazio proprio nella routine di coppia. Anzi, è sacrosanto. Vuoi sapere cosa faccio io nel tempo libero?” aggiunse con una risatina maliziosa.
“Forse sarebbe meglio di no...”
“Bè, non è mica così scandaloso. Faccio delle fotografie babbane, sai, di quelle che non si muovono. I soggetti sono nudi. Artistici, ovvio.”
Hermione rimase sconcertata per un attimo, poi scoppiò a ridere. “Oh mio Dio! E Harry non dice niente...?”
“Harry è molto... tradizionalista. Ma ha accettato le mie inclinazioni senza fare troppe storie. Credo di averlo saputo convincere” mormorò con aria innocente, spostando lo sguardo sulla parete.
Hermione rise ancora, ma stavolta con un po’ di incertezza.
Quindi alla fine Rita aveva un po’ di ragione. Chissà se era  un caso o se le sue notizie avevano sempre un fondo di verità?
Aveva sempre pensato che il suo lavoro fosse screditare gli altri e basta. Ma allora, era una bugiarda o lavorava solo di fantasia?
Non era il momento di riflettere su queste cose. Ginny le aveva già fatto troppe domande e sentiva che ci avrebbe messo un po’ per rispondere a tutte.
“Posso stare qui da te per qualche giorno?”
“Ma certo” rispose Ginny con gentilezza ”Puoi restare per tutto il tempo che ti serve.”
Quella sera Ginny ed Hermione decisero di festeggiare la loro convivenza con un bel po’ di Burrobirre, ritrovandosi chissà come a cantare Celestina Warbeck sul divano.
Quando Hermione si svegliò la mattina seguente vestita come il giorno prima, non provò il terrore di vedere Rita con una macchinetta fotografica, non immaginò l’articolo “Il Ministro alcolizzato” e si rese conto che vivere con quella donna l’aveva stressata più di quanto si fosse accorta. Ma adesso era a casa di un’amica vera,  abbracciata a un cuscino morbido e attirata dal profumo di caffè caldo. Sì, pensò alzandosi e andando in bagno, lì sarebbe stata benissimo.
“Ginny, faccio una doccia e arrivo!” strillò.
Prima che potesse sfiorare la maniglia, la porta si aprì con dolcezza “Ah, scusa, non sapevo fossi qui. Non preoccuparti, se non sei vestita non ti guardo.”
“Oh bè, peggio per te!” commentò allegro un ragazzo di massimo venticinque anni uscendo dal bagno “Ah, fossi in te farei attenzione, l’acqua calda ci mette un po’ a uscire. Mh... caffè!” sospirò andandosene verso la cucina.
Hermione rimase un attimo pietrificata, poi fece un bel respiro.
Niente panico. Qui starò benissimo.


Mi svegliai nel bel mezzo del mattino con un terribile mal di testa che prometteva di resistere per ore. Dannato sia l’alcol quando si è a stomaco vuoto. E sì che avevo addirittura mangiato un po’ più del solito: un piatto d’insalata e due belle mele. Per la mia tabella delle calorie era anche troppo... ebbene sì, ero a dieta.
Finchè Tinky era al mio servizio si era rifiutata di collaborare a una dieta dimagrante, ma il fatto di averla licenziata mi dava anche questa libertà.
Un altro punto a favore nell’averla cacciata.
Purtroppo la traditrice era ancora fra le scatole: Madame, travolta dallo spirito melodrammatico, si era convinta in qualche modo che fosse meglio lasciarla a casa con me. Non vi dico la mia gioia... ma naturalmente non avevo potuto dire niente finchè Perfettini non era uscita a testa alta da casa sua. Dannata ragazza! Vederla così abbattuta mi aveva convinta a non essere molto polemica. E poi fra poco me ne sarei andata da quell’incubo di appartamento, quindi che senso aveva litigare?
Dovevo solo eliminare un “sassolino” dalla scarpa. Quello era il mio unico obiettivo.
Decisi che avrei cercato quel pacchetto dopo colazione. Mi sentivo incredibilmente stanca e pesante, nonostante avessi dormito per dieci ore senza interruzioni; inoltre la testa mi girava e non riuscivo a ricordare assolutamente niente di quello che era successo la notte prima.
Sperai di non aver fatto nulla di troppo stupido o troppo imbarazzante... una volta mi era capitato di svegliarmi in un letto che non era il mio, con accanto il disgustoso direttore del giornale economico che sorrideva come se avesse catturato una  preda invece di una donna. Stava perfino fumando una sigaretta babbana, cosa che trovai assolutamente ridicola e di cattivo gusto. Comunque gli sorrisi a mia volta e gli dissi che se avesse raccontato anche una sola sillaba di quella penosa storia avrei detto che aveva cercato di violentarmi. Stranamente il suo sorriso strafottente sparì e io non lo vidi mai più.
Ancora adesso mi rammarico di quel giorno. Avrei potuto ricattarlo e scucirgli qualcosina, invece che minacciarlo a vuoto. Ma pazienza; probabilmente a breve sarei stata la donna più ricca d’Inghilterra, quindi non c’era di che preoccuparsi.
Proprio mentre stavo per farmi il tanto desiderato caffè il campanello di casa squillò in modo terribilmente fastidioso e sentii distintamente i miei timpani andare in pezzi.
“Chi è?” ringhiai nel citofono.
“Sono Luna” disse con voce serena la Lovegood “Posso salire?”
Cercai di ricordare se le avevo detto io di venire, ma ero sicura di no, anche se ovviamente sapeva che stavo lì. Mi tolsi la vestaglia in fretta e agguantai un completo stirato nell’armadio, pronta a risultare impeccabile mal di testa o non mal di testa.
“Tesoro, se posso darti un consiglio, non arrivare mai a casa di qualcuno prima delle undici. E’ da incivili”
La Lovegood arrossì un po’ e si sedette impacciata su un divano. “Scusi” mormorò. La squadrai per bene. Aveva un completo carino, ma la borsa era totalmente fuori strada.
“Cara, il blu con nero no e poi no. Come te lo devo dire? Sei incorreggibile!”
Caspita, quella ragazza doveva davvero imparare molte cose.
Lei arrossì ancora di più e non disse nulla, cincischiando con una tazza di tè prontamente fornita da Tinky.
“Allora, come mai sei arrivata qui all’alba?” chiesi allegra.
“Veramente sono le dieci” disse seria lei.
”Le dieci, le nove... è comunque troppo presto. Dunque?”
“Dean Thomas mi ha chiesto di uscire. Volevo chiedere un consiglio, sa... per i vestiti e tutto il resto” la vidi sorridere per la prima volta da quando era entrata. Notai che era troppo poco truccata sugli zigomi.
“E dimmi, chi è questo Dean Thomas? Un manager, un giornalista... forse un attaccante di Quidditch? In quel caso sarebbe meglio lasciarlo perdere, tesoro. Hanno sempre un sacco di ragazze dietro la porta. Ne so qualcosa...”
“Ma veramente... era un mio compagno di scuola... e adesso fa il commesso in un negozio di scope. E’ molto simpatico.”
No, aspetta, torna indietro... “Commesso? Scope? Simpatico?” non potei fare a meno di ridere di cuore. Quella ragazza era uno spasso, davvero.
Fu solo quando ridacchiò in modo incerto che mi resi conto che forse non scherzava. “Cara, dimmi che non fai sul serio. Voglio dire, vuoi buttare all’aria tutto il mio... il nostro lavoro? Non te n’è importato un bel niente delle mie lezioni, allora!”
“Non capisco cosa ci sia di male se esco con lui”
Oh, per Morgana. Ecco perchè il mondo andava a rotoli. “Questo Bean... Thomas o quello che è non è nessuno. E’ ridicolo che tu voglia uscire con lui. Sprechi il tuo tempo! E poi, pensi che non li conosca, quelli come lui? Oh, tesoro! Cercano di ingannare chiunque abbia un po’ di fama sperando di diventare qualcuno. Luna, io lo dico per te.” dissi appoggiandole una mano sulla spalla “lascialo perdere. Ti farà solo soffrire. Dovresti cercare ragazzi del tuo status, o magari un po’ più in alto...” dissi ispirata “così saprai che a loro interessi davvero tu e non la tua posizione sociale. ”
Sperai di averla convinta. Non potevo permetterle di fare quell'errore.
Lei sgranò gli occhi e per un attimo credetti stesse per piangere; invece abbassò semplicemente la testa per qualche secondo. Quando la rialzò sorrideva.
“Ha ragione, Rita. Sa una cosa? Per quell’appuntamento avevo quasi mandato a monte una riunione con i direttori di “Manici di scopa” e “Maga oggi”. Ma adesso credo... credo che ci andrò.”
“E’ fantastico, mia cara!” cinguettai felice. Perfettini avrebbe dovuto imparare da lei!
Ci salutammo e io gettai i resti della mia colazione nella spazzatura. Duecento calorie non ingurgitate! Tutto sommato quella visita non era stata inutile.
Dopodichè mi fiondai in camera di Madame. Possibile che questo Julian avesse ragione? Magari era tutto uno scherzo. Da quell’uomo c’era da aspettarsi questo e altro.
Comunque, un giretto in quella stanza era sempre consigliato. Neanche questa volta restai delusa: prima di partire Perfettini aveva sistemato tutto con precisione impeccabile. Era arrivata allo stadio terminale della mania di pignoleria? Secondo il mio dottore poteva succedere. Io, per esempio, ero arrivata al punto di non ritorno dell’ amore per lo shopping.
Come prevedibile, i cassetti erano chiusi con degli incantesimi, niente male: ma io ero entrata ovunque e come sempre avevo l’esperienza dalla mia. Poteva Perfettini sapere, per esempio, che con qualche modifica all’Alohomora la forza dell’incantesimo veniva decuplicata?
I cassetti si aprirono con un colpo. No, non poteva.
Cominciai a  frugare con calma. La Bestiaccia era stata rifugiata dalla padrona in casa di amici  (poveretti), Tinky era appena uscita a fare compere “personali” (leggi: alcol alcol alcol). Niente diari, purtroppo. Ma c’erano molti ritagli di giornale, alcuni su di lei, altri su Potter, altri su Hogwarts. Orribili lettere d’amore di Rosso, cioccolatini scaduti, piume e ogni tanto qualche insensato aggeggio babbano. E poi qualcosa di strano, incuneato fra le lettere e delle fotografie.
Lo tirai fuori con un grido di vittoria.
Era un piccolo e curioso sacchetto.


Miei cari, spero di non avervi turbati troppo con questo capitolo... e spero che voi impariate qualcosa sugli uomini! Nel corso della mia carriera ho visto di tutto: trogloditi scambiati per persone adorabilmente semplici, depressi presi per filosofi, delinquenti descritti come belli e tenebrosi... e, ovviamente, spiantati senza futuro definiti come persone troppo generose per tentare il successo, vedi alla voce Dean Thomas. Mon Dieu!
A pensarci bene, Julian non rientra in queste categorie. Lui è... è un gentiluomo moderno, ecco.
Adieu carini!
Rita

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Capitolo 25
*** Pericolose precisioni ***




Dopo cinque minuti ero ancora immobile, con il cuore che rischiava di sbalzare fuori dal petto. Era come aver trovato il vero tesoro dei Lepricani. Come aver vinto il premio Wizard per la scrittrice dell’anno. Come aver ricevuto venti tailleur di Chanel in regalo.
Riuscivo a formulare un solo pensiero.
Polvere Olvidante.
Quella nel sacchetto era Polvere Olvidante.
Avrei dovuto capirlo prima. Le stramberie e gli attacchi d’ira improvvisi si spiegavano da soli: erano l’effetto delle crisi d’astinenza.  Ed ecco come faceva a sostenere tutti quei gruppi, oltre che lavorare e avere un fidanzato mentalmente instabile!
Usava  la Polvere Olvidante.
Quella era una notizia di dimensioni enormi; al confronto, tutto il mio libro era la storia di una felice venditrice di caramelle. Ma come poteva avere lasciato in casa qualcosa di così prezioso?
La Polvere Olvidante era una specie di flagello nella società del dopo-Voldemort, perchè la gente non voleva sapere più niente di quello che aveva passato durante la guerra. Alcuni la prendevano per  dimenticare, altri per distruggere i ricordi: un sacco di persone che erano state a favore di Voldemort erano morte per aver preso troppa Polvere prima di un processo.
Comunque, tutti sapevano che Perfettini aveva vissuto esperienze incredibili durante la guerra... non era così strano che usasse la Polvere, dopotutto. Anzi, era di una logicità tale che mi chiesi come avevo fatto a non capirlo prima.
Ma come diamine faceva a prenderla senza farsi riconoscere dai ricettatori? Prendeva la Polisucco? O magari usava degli intermediari? Scartai questa ipotesi. Difficilmente Perfettini avrebbe voluto condividere un segreto così grande con qualcuno. E quindi? Cominciai a frugare nella mai mente, in cerca di elementi che mi spiegassero il mistero. Di sicuro era già capitata una cosa simile... ma quando e a chi? Riflettei un paio di minuti, sempre con il cuore in gola e il sacchetto in mano.
Poteva essere lei stessa una contrabbandiera? No, anche questo era impossibile: era troppo rischioso e occupava troppo tempo, a meno che non avesse un’ insana passione per le Giratempo, e vi assicuro che sono odiose dopo due o tre anni. Persino io, che avrei dovuto usarle per... motivi di lavoro... ci avevo rinunciato.
Chi le dava la polvere poteva essere un amico che mai e poi mai l’avrebbe tradita. Rosso? Suo fratello? Impossibile il primo, già più probabile il secondo, ma non mi convinceva. E poi mi balzò davanti agli occhi un nome, Lee Jordan.
“Tinky, vieni qui! Ho (incredibilmente) bisogno di te.”
Tinky trotterellò dentro la stanza di Perfettini, sferrando un calcio a un disgustoso peluche a forma di scoiattolo. Approvai in silenzio.
“Ti ricordi Lee Jordan?”
“Lee Jordan? Quello a cui signorina dovere seicento galeoni? Quello che manda minacce con brutti gufi? Lo spacciatore che dava Idromele a Tinky?”
“Idromele? Ecco perchè eri sempre così felice di vederlo! Dannata spugna. Senti, è andato a scuola a Hogwarts, vero?”
“Certo. Come signorina, ma lui ha finito gli studi” rispose.
Sorrisi. Tinky sapeva cose terribili di me, ma non mi giudicava mai davvero.
“Sai se potrebbe essere andato a scuola con Perfettini, scimmietta?”
“Un attimo” rispose, e si mosse come un fulmine verso lo scaffale dei libri. Tornò con un annuario perfettamente in ordine. Nelle fotografie si muovevano giovani studenti, la maggior parte ancora brufolosi oppure terribilmente timidi. Granger, Hermione aveva una faccia seria e si capiva lontano un miglio che era una secchiona fatta e finita. Jordan, Lee, che trovai poco dopo, era la sua nemesi: rilassato, solare, probabilmente conosceva tutta la scuola.
Ma dopotutto, se gli opposti si attraggono, i due potevano avere avuto una storia. Perfettini non era mai stata monogama, dato si era intrattenuta contemporaneamente con Disgrazia Potter e Rosso, quindi non era impossibile; e questo avrebbe spiegato la Polvere in casa sua. Forse erano rimasti in contatto e lui aveva accettato di farle da spacciatore personale.
Oh, sì!
Era perfidamente geniale, ma la situazione mi metteva in pericolo Se avevo ragione, lei era molto instabile e violenta, e se avevo torto stavo comunque per diffamarla su scala nazionale.
Tinky era ancora inspiegabilmente immobile al mio fianco.
“Che vuoi?”
“Vedere perchè signorina avere bisogno di me. Era tempo che non chiamava”
Sbuffai, facendole vedere il sacchetto. La mia ex elfa ci guardò dentro, sobbalzò e lo guardò di nuovo, poi uscì dalla stanza di corsa.
“Che fai, piccola catastrofe?”
“Io vado! Io avere sopportato tante cose in mia carriera - io avere sopportato ladri, fame, sete, botte, furti, casseforti di musei di alcool, insulti, freddo e pazzie di Skeeter - ma io non volere entrare in questa storia. Io tornare da famiglia!”
Stranamente, mi si contorsero le budella “Come scusa? Ehi, aspetta... tu non puoi andare via! Sembrerà troppo sospetto!”
“Non m’importa un accidente! Io no volere stare qui un minuto di più!” strillò aprendo una ridicola valigetta e mettendoci dentro poche cose (fra cui, notai, tutte le bottiglie di alcool di Perfettini. Chissà quando le aveva prese).
“Piccola peste isterica” ringhiai chiudendole la valigia “tu adesso farai come ti dico io. Non voglio stare qui più del necessario, ma ho bisogno del tuo aiuto per finire la mia opera.” era difficile e odioso ammettere che lei, proprio lei mi serviva, ma non avevo scelta. Non potevo farla andare via così.
“Fai un piccolo sforzo e ti ricompenserò. Avrai tutto quello che vuoi, dovrai solo cucirti la bocca e aspettare, chiaro?”
Non sembrava granchè convinta, quindi tirai fuori l’ultima carta “E poi la tua famiglia non accetterà mai un’elfa alcolizzata”
“Questo essere vero.” ammise lei sconsolata.
Si accasciò sulla sua valigia, ma vidi che le brillavano gli occhi di malizia “E così io servire te, eh?”
“Sei un’ottima spia e basta” sbuffai. Che non credesse che mi fossi affezionata a lei o, peggio che le volessi bene. Non mi avrebbe più obbedito.
“Certo, certo. Questo tu dire sempre.” gongolò.
Stavo pensando a una risposta particolarmente sagace quando la porta dell’appartamento si spalancò e vidi Julian entrare in casa.
“Non ci si smaterializza più?” chiesi infastidita. Aveva interrotto un bel dialogo brillante, maledizione.
“Lei viene con me e  non fa storie” disse Julian prendendomi per un braccio.
“Tesoro, evolviti. Le scimmie sono scese dagli alberi anni fa.” replicai disgustata, salvo poi trovarmi in braccio a Julian senza aver capito come.
“Ehi! Ehi! Che fai? Aiuto, rapimento!”
“E’ per il suo bene, davvero.” Julian guardò Tinky “Elfa, tu non hai visto niente. Inventati qualcosa per la Granger, di’ che Rita è andata da un’amica, o dalla madre, o che è in ritiro spirituale... ”
“Ehi! Potrei  anche avere un fidanzato, non credi?” dissi offesa.
“Ma ricordati di non dirle che sono passato per di qua. E’ per il bene di Rita, chiaro?” continuò ignorandomi.
Cosa strana, anzi incredibile, anzi impossibile, Tinky si limitò ad annuire con la testa. Ah, era tutta qua la ricompensa per averla sfamata per anni? Un bruto mi rapiva e lei non diceva niente!
Prima che potessi insultarla in qualsiasi modo fui risucchiata dalla Smaterializzazione. Mi strinsi forte a Julian, con la netta sensazione di essermi appena cacciata in un brutto guaio.


“Ginny, non trovo più la mia sciarpa... eppure ero sicura di averla messa qua...”
“Parli di quella leggera?”
“Sì. L’hai vista?”
Ginny esibì il suo miglior sorriso “Ma certo, tesoro! Aveva lo stesso colore degli occhi della modella che arriva fra poco. Ho preferito lavarla e stirarla, sai, perchè non è che tu tenga molto all’ordine da quando sei qui.”
Hermione non la prese come una critica, ma come una pura constatazione. In realtà era diventata ordinata per timidezza: quando aveva saputo che sarebbe stata in camera con altre ragazze a Hogwarts le era quasi venuto un attacco di panico. All’epoca era abituata a lasciare mucchi di vestiti per terra e dimenticava centinaia di libri in giro, ma era cambiata totalmente in meno di due settimane. Stranamente le cose erano tornate al caos con la stessa velocità.
Da quando era lì il tempo scorreva in modo diverso; si rendeva conto che le giornate non erano più così veloci come quando era piena di scadenze, e che aveva davvero tempo per pensare.
All’inizio aveva cercato di distrarsi in tutti i modi, ma dopo che le aveva spolverato tutta la casa e lucidato la cornice di Zia Bessie Ginny l’aveva pregata di piantarla, perchè le sembrava di avere un’elfa domestica disperata in casa.
“Ok, io vado in camera... se succede qualcosa a quella sciarpa te ne pentirai!”
E così adesso era tutta sola con i suoi pensieri.
E con una tavoletta di cioccolato.
E con un cuscino super morbido.
E con un romanzetto rosa che aveva già letto tre volte, piangendo sempre come una fontana.
Il clima perfetto per meditare sull’amore, decise raggomitolandosi sul letto, aspettando l’illuminazione. Si rigirò nelle coperte, mordicchiò la cioccolata e poi si tirò su a sedere.
C’era qualcosa che mancava. Qualcosa di stupido, un dettaglio, una cosa minuscola che rovinava il suo set da eroina tragica e dava i nervi al suo spirito perfezionista. Cosa diavolo poteva essere? Aveva ottime provviste, qualcosa su cui sfogarsi, una distrazione rapida... ma mancava... l’alcol! Ecco cosa. Non si poteva certo riflettere su un rapporto di coppia in crisi senza aver vicino una bottiglia!
Sollevata, Hermione balzò in piedi calcolando rapidamente. Le servivano due bottiglie, dopodiché avrebbe riflettuto su lei  e Ron. Sicuro. Non era lei che non voleva pensarci, erano le Burrobirre a impedirglielo!
Marciò verso la cucina, ripromettendosi che avrebbe portato Ginny a cena fuori per una settimana. O forse poteva chiedere a Tinky di cucinare una cenetta speciale... anche se poi l’avrebbe pagata, ovviamente...
“Ciao Hermione!” disse una voce femminile alle sue spalle.
“Per Morgana... Calì! Che ci fai qui?” rispose Hermione abbracciandola.
“Ma come? Non te l’ha detto Ginny?” sorrise lei “Oggi faccio un servizio fotografico. Sai, mi piacerebbe fare la modella professionista ma mi ci vogliono delle foto... interessanti. Sembra che Ginny sia molto brava, no? Senti, come va con Ron?”
“Veramente non...”
“Immagino che sarete ancora innamoratissimi! Ti assicuro che io l’avevo capito da  un pezzo, e anche Lavanda, anche se non voleva ammetterlo. Comunque adesso lei ha altro a cui pensare, non è vero?”
Hermione annuì. Essere morse da  un lupo mannaro non era la cosa più semplice del mondo, ed era una fortuna che Bill l’avesse aiutata così tanto.
“Bè, è il caso che vada... ci vediamo dopo!”
Hermione aspettò che se ne fosse andata per tirare un sospiro di sollievo.
“Quanto parla, non è vero?”
Si girò di scatto. Neanche a dirlo si trovò davanti George, che sorrideva tranquillo, in un modo che le ricordava vagamente Grattastinchi quando aveva acchiappato un topolino.
“Oh, ehm, George. Tu che ci fai qui?” chiese cercando di essere gentile. Sentiva che era troppo vicino.
“Ho trovato Calì per strada e mi ha raccontato delle foto... bè, Ginny si sceglie bene i suoi hobby. Devo dire che la invidio”
“Immagino che tutti quei nudi maschili siano irresistibili per te.” rispose Hermione ridendo. Era solo una piccola, innocua provocazione, ma creò una strana tensione.
“In effetti conosco un soggetto perfetto... che mi dici di Ron? Se vuoi poi ti spedisco le foto.”
“Io e Ron ci siamo lasciati.” commentò atona Hermione. Era solo la seconda volta che lo diceva, eppure le faceva già meno effetto. Ma non avrebbe dovuto sentirsi disperata? Oh, accidenti. Non avrebbe mai dovuto leggere quei romanzi rosa. Lì tutte le emozioni andavano subito al loro posto, mentre le sue erano sempre così confuse, così sbagliate... perchè adesso si stava godendo il profumo di George, invece di pensare a Ron?
“Mi dispiace”
“Ti prego, è la cosa più stupida che tu possa dire. Comunque Ron era diventato geloso in modo assurdo, sai? Era perfino convinto che io fossi innamorata di te, il che è ovviamente...”
George la guardò un secondo, poi fece un sorriso ironico e la attirò a sè con un braccio.
Hermione lottò con forza, poi dovette cedere. “Questo non vale” sbottò.
“Non ho mai seguito le regole.”
“Lasciami andare” rispose piano lei. Sentiva il suo calore e percepiva le sue mani sulla schiena. Era una sensazione... bella.
George era troppo vicino, troppo. E lei non riusciva a pensare lucidamente...
Capì che era praticamente inevitabile non baciarlo. Il suo corpo glielo chiedeva, e lei stessa sentiva di non avere nessun controllo. Prima che potesse dire o fare qualcos’altro, unì le sue labbra a quelle di George, per un solo, splendente momento.
Poi le sembrò di tornare in sè di colpo e si allontanò da lui, giusto in tempo per vedere Ginny e Calì, dietro di loro, entrambe a bocca aperta.








Buongiorno a voi, lettori e ammiratori di Rita. Mi dispiace, ma questa volta lei non può salutarvi: si è messa in testa di aiutarmi per gli esami, e oltre ad avermi stravolto la tesina mi ha obbligata, en passant, a rifare la mia pagina autrice dove adesso, con sua gioia, è presente il suo "fondamentale contributo" (parole sue). Inoltre è in visibilio per una cosa chiamata "Ballo dei Maturandi" 
a cui io devo, sempre per sua scelta, partecipare domani sera e in cui, disgraziatamente, si balla. Possibilità di opporsi inesistenti.
Spero che la saga della nostra eroina continui ad entusiasmarvi. 
A presto
Scribacchina

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Capitolo 26
*** Relative Rivelazioni ***



Dopo diverse ere geologiche (secondo Hermione) o solo un attimo (secondo George), Ginny si girò sorridente verso Calì.
“Sei una pessima modella, ma puoi consolarti col fatto di essere una pettegola invidiosa di prima categoria. Ah, e la cellulite sulle tue gambe non è colpa delle mie luci: è tutta opera tua.”
Calì sgranò gli occhi e si guardò le cosce terrorizzata. In quel preciso istante Ginny tirò fuori la bacchetta e disse decisa “Oblivion
L’altra ragazza venne investita dall’incantesimo e rimase intontita. Sbattè gli occhi, si guardò intorno spaesata. “Chi siete? Cosa ci faccio qui?”
Ginny assunse un tono di voce cordiale e signorile.
"Sei la nuova giardiniera, mia cara. Che ne dici di andare un po' fuori all'aria aperta?"
Calì sorrise raggiante.
“Bene... Io vado fuori a raccogliere margherite!”
Detto questo corse via canticchiando.
“Le passerà... fra qualche ora” commentò placida Ginny.
George la guardò ammirato. Approfittando del momento, Hermione fece scendere la sua gamba dai fianchi di George (a proposito, come diamine era finita lì?), rendendosi conto di essere rimasta paralizzata in una posizione piuttosto sconveniente.
“Non è come sembra” disse cercando di suonare convincente.
“Ah-a. E i bambini nascono sotto i cavoli.”
“Teoria interessante.” mormorò incuriosito George prima che la sorella lo incenerisse con lo sguardo.
“George, ti dispiace volatilizzarti? Devo fare una chiacchierata con Hermione. Senza di te”
“E se io non volessi?” rispose lui pigramente. In realtà cercava di non far vedere quanto lo avesse sorpreso l’iniziativa di Hermione... le cose avevano preso una piega molto piacevole. 
“Ti pianterei in giardino come una pianta di patate, privo di ciò che hai di più caro.”
“Il cervello?”
Ginny gli lanciò un’occhiata eloquente. “Non esattamente”
“Bene ragazze, è stato un piacere” abbracciò la sorella ma non osò avvicinarsi ad Hermione, che cuoceva come un’aragosta  nel suo brodo di vergogna.
Dopo che se ne fu andato, Ginny provò a scuotere Hermione dal suo stato di shock riuscendo a dirigerla fino in salotto, dove evocò un cuscino supermorbido, una tavoletta di cioccolata, un romanzetto rosa che sia lei che Hermione avevano già letto tre volte e quattro bottiglie di alcool.
“E adesso dimmi tutto” la incoraggiò con voce dolce.
“Merda” disse Hermione.
“E’ un buon punto di partenza”
“Ginny, dimmi che non l’ho fatto! Oh, cavolo. Ron aveva ragione, ti rendi conto?  Ho baciato George di mia spontanea volontà! George, porca miseria! Che mi succede? Perchè non sono riuscita a resistere? Io... non volevo e all’improvviso mi sono trovata lì e... ”
“Allora, bacia bene?”
“Da Dio” rispose di getto Hermione prima di tapparsi la bocca con una mano. “Non farmici pensare. E' la cosa peggiore che abbia mai anche solo pensato di fare”
Hermione si avventò sulla cioccolata cercando di far sprofondare nel cibo la sua disperazione.
“Herm, ti va se affrontiamo un esperimento?”
“Non se comprende tuo fratello” mugugnò Hermione.
“Tranquilla” disse Ginny alzando gli occhi al cielo “Lui non entrerà in questa casa per molto tempo. Tu sei una donna libera ora, quindi senti qui: domani sera ti porto fuori. Ti metti un mio vestitino e ti porto a ballare. Se vedi che nessuno, ma proprio nessuno dei presenti ti suscita la minima reazione e pensi solo a George o a Ron possiamo iniziare a preoccuparci. Se no... potremo dire che sei tornata davvero libera”
“Ok. Mi piace. Ma Ginny, Harry non...?”
“Harry e io siamo una coppia adulta” rispose Ginny a denti stretti. Hermione la guardò interdetta, ma l’amica assunse un’espressione più rilassata e cominciò a parlare di altro. Forse, si disse, era stata solo una sua impressione.

“Ginny, non credo sia stata una buona idea!” strillò Hermione cercando di farsi sentire sopra la musica. In quel preciso istante stava cercando disperatamente di abbassare l’orlo della gonna senza rovesciare il bicchiere che aveva in mano e mantenendo l’equilibrio sui tacchi.
Il locale era pieno di ragazzi e ragazze bellissimi. A Hermione ricordavano molto i modelli delle riviste di moda che trafugava dallo studio dentistico di sua madre "La musica è troppo alta!" sbraitò "Per non parlare di tutte le pasticche e le polveri che ho dovuto ignorare da quando sono entrata. Ginny, questo posto dovrebbe essere chiuso subito!"
“Ooooooh, Hermy, non essere noiosa!” canticchiò Ginny un po’ brilla. Erano lì da un’ora ed era già piuttosto malferma. “E poi qui è pieno di ragazzi cariiini!” sbattè le ciglia un paio di volte in direzione di un biondino niente male prima di mandare un bacio ai loro vicini di tavolo.  
“Ma che accidenti stai facendo?” le chiese severa Hermione.
“Ti procuro compagnia. Lasciatelo dire, cara, da sola non combineresti proprio niente.”
Hermione sospirò; chissà perchè, Rita le diceva sempre la stessa cosa... rinunciò ad abbassare la gonna, che tornò felicemente venti centimetri sopra il ginocchio. Già, Rita. Quella pazza scatenata che adesso si trovava da sola a casa sua. Quasi senza accorgersene sperò che stesse bene. Poi sospirò di nuovo più forte sperando ardentemente di trovare il suo adorato appartamento in piedi.


Quando finalmente Julian mi lasciò andare il braccio ero sul punto di vendere la mia anima in cambio di un po’ di terraferma. Non sapevo con esattezza quanto fosse durato il viaggio, ma sicuramente era stato troppo lungo per il mio stomaco. Mi accasciai pallida e a pezzi sul pavimento, cercando di non distruggere i tacchi a spillo che avevo messo per investigare sui ripiani più alti della libreria di Perfettini. Dopodiché sprofondai nel buio.

Quando mi svegliai compresi che qualcosa non tornava. Non ero nella camera di Perfettini, non ero nel mio ex appartamento e non ricordavo di aver sedotto qualcuno nelle ultime sei ore. Fu la faccia di Julian, seduto ai piedi del letto, a farmi riaffiorare la memoria. Dannato Smaterializzatore da quattro soldi! Era questo che gli avevano insegnato a scuola? Far svenire chiunque avesse la disgrazia di fare un viaggio con lui?
Come mi vide sveglia il delinquente si alzò in piedi e, senza neppure chiedermi come stavo, chiamò subito suo zio, che arrivò con la solita calma e con la sua migliore espressione da vecchio gufo.
“Salve, signorina Skeeter. Spero che stia meglio”
“Una meraviglia. Il verde mi ha sempre donato, specie in faccia” risposi acida.
“Sì, sta bene” mormorò Julian, relegato in un angolo della camera buia dov’ero stata alloggiata. Il signor Adam non sembrò averlo sentito.
“Sono sicuro che mio nipote non le avrà detto perchè lei è qui”
“In effetti mi manca questo dettaglio “ commentai, mettendomi seduta. La stanza era parecchio anonima e piccola, ma dopo i mesi nella camera degli ospiti di Perfettini (un simpatico eufemismo per quello sgabuzzino senza arte nè parte) mi sembrava una reggia.
“Bene, è ora che sappia che lei è in grave pericolo.”
Lo guardai annoiata “Sai che novità”.
Non riuscivo proprio a trattenermi dal fare commenti sarcastici. Metà del mio stomaco era ancora disperso chissà dove.
“Forse lei non capisce.” Mi si avvicinò quel tanto che bastava perchè mi inquietasse come la prima volta che l’avevo visto. “Sto parlando di un complotto ordito alle sue spalle.”
Le orecchie mi si drizzarono “Come come?”
“Vedo che adesso mi prende sul serio. Sappia che c’è una persona molto influente a cui lei ha pestato i piedi troppe volte che ha deciso di vendicarsi. Finora abbiamo cercato di mantenerla fuori dai guai, per quanto possibile“ scoccò un’occhiata di rimprovero a suo nipote che, incredibilmente, arrossì “ma lei si è cacciata proprio nella tana del lupo e sapevamo che era questione di tempo prima che le cose si facessero troppo rischiose. C’è gente che non esiterebbe a usare i mezzi peggiori per farle del male, Rita.“ trasalii senza volerlo quando pronunciò il mio nome.
“Le assicuro che non è stato facile proteggerla. A volte spariva, oppure andava a Nocturn Alley, o si infilava a qualche festa a cui Julian non riusciva a partecipare.”
“Bè, mio caro Adam... non tutti sono V.I.P” cinguettai, felice di essere un gradino sopra mister abbronzato-alle-Maldive.
Lui annuì. “Abbiamo temuto per lei”
“Ma non potrebbe essere più preciso? Chi è che ce l’ha con me? Lo conosco direttamente? Da quanto tempo medita vendetta?” cavolo, mi ci volevano un po’ di dettagli. Come facevo a sapere chi fatturare, altrimenti?
“Ci pensi bene, signorina. Non le viene in mente nessuno che le vorrebbe tappare la bocca?”
Rimasi pensierosa un attimo. “Aspetti, ora controllo” dissi infine. Per fortuna trovai subito la bacchetta in una tasca interna della giacca. “Accio borse!” gridai.
Nemmeno un secondo dopo tutte le mie borse, borsette, borsine caddero come una pioggia colorata (e costosa) dentro la stanza, sommergendo Julian e Adam da capo a piedi. Una scena meravigliosa; se non fosse stato per la scoperta che qualcuno mi voleva morta, sarei scoppiata a ridere.
Bauletti color crema, ingombranti oversize, minuscole pochette da sera non lasciavano neanche un centimetro libero di spazio. Mi sentivo già un po’  a casa.
Senza perdere tempo cominciai a frugare dentro le mie predilette “Dunque... non è qui, qua nemmeno...” presi in mano una splendida pochette di seta rossa, che si abbinava con le mie scarpe perdute, poi una shopping bag di tela (regalo di Perfettini: durante l’ultimo periodo aveva avuto strani slanci di affettuosità) e infine una clutch bag di pelle nera con una fredda catenella di metallo. Lì dentro finalmente trovai quello che cercavo.
“Yu-hu! Eccola qui!” esclamai trionfante tirando fuori una lunga, lunghissima pergamena dalla borsa. La mostrai al mio esiguo pubblico, in modo che si potesse leggere l’intestazione.
“Lista di nemici improbabili, possibili e certi” mormorò Julian, riemergendo dall’oceano di borse con una bowling bag sulla testa.
Dopodiché tutti noi ci impegnammo in una lettura approfondita: loro con sconcerto, io con dolce malinconia. Ah, bei tempi passati! Nella lista c’era il vecchio ministro della magia, Caramell; c’erano ovviamente i Malfoy e i Greengrass che, con il matrimonio appena combinato, univano due tradizioni familiari da urlo, anche se si mormorava ( cioè io mormoravo) che il padre della futura sposa non fosse così Purosangue come faceva credere.
Fra i nemici improbabili lessi il nome di Amanda Princeton e lo cancellai con un sorriso. Cara vecchia Amy. Subito sotto c’era il nome di Tinky, che dopo gli ultimi avvenimenti mi sembrò decisamente fuori posto. Con un colpetto di bacchetta lo spostai sotto la voce “ nemici possibili”.
La lista dei nemici certi comprendeva chi mi aveva affatturato, chi aveva intralciato la mia carriera  e chi mi avrebbe vista volentieri sottoterra. Neanche a dirlo, comprendeva Potter e i suoi amici; fu proprio in quella parte della pergamena che gli occhi del signor Adam si fermarono a lungo.
“Vedo che la cosa non era sfuggita neanche a lei, dopotutto” disse con approvazione.
Dovette notare la mia faccia perplessa, perchè puntò il dito contro un nome che conoscevo bene.
Il nome di Hermione Jean Granger.




Rita fa ancora la preziosa e non commenta neppure questo capitolo, ma posso dirvi che si sta già lamentando del caldo e che mi ha trasformata in uno di quegli schiavetti che agitano rami di palma tutto il giorno.
Dice che, adesso che sono diplomata, niente mi giustifica da assolvere "i miei compiti". Secondo lei inoltre il mio voto è tutto merito suo; io non ho voluto smentirla. Mentre dettava questo capitolo mi sembrava molto nervosa, quindi meglio non contraddirla a meno che non si voglia penzolare fuori da una finestra.
Un saluto a tutti voi

PS: Rita non lo ammetterà mai, ma vi adora. Continuate così.

Scribacchina


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Capitolo 27
*** Inaspettati inganni ***




Per la seconda volta nel giro di poche ore rimasi assolutamente sconcertata. Sperai ardentemente che non stesse per diventare un’abitudine.
“Andiamo, ci deve essere un errore.” esclamai nervosamente dopo qualche minuto. Forse perchè non ero a casa (casa di perfettini, intendo) forse perchè quella coppia di consanguinei mi inquietava, non riuscii a scoppiare a ridere come avrei dovuto. Certo, dovuto, perchè era impossibile che Hermione Granger mi volesse defunta. Era assurdo, impensabile e dovevo solo dimostrarlo con la logica.
”Non sta in piedi. Se mi avesse voluta morta, perchè sarei ancora qui a parlare con voi?” dissi con tono di sfida ad Adam.
Lui mi guardò intensamente “Rifletta, signorina Skeeter. Crede davvero che, nella sua posizione, la Granger si sbarazzerebbe di lei di persona? Stava solo aspettando il momento giusto. Quante persone hanno saputo del suo trasferimento a casa del ministro?” chiese cambiando apparentemente discorso.
“Il meno possibile” sibilai subito “era decisamente imbarazzante per entrambe. E poi io sono rimasta lì solo per investigare su Perfettini, quindi non ci tenevo a sventolare i miei progetti ai quattro venti. Perfino mia madre crede che io sia ancora nel mio attico a Londra.”
“Quindi se lei sparisse improvvisamente chi potrebbe rintracciarla?”
“Non ho grandi rapporti con la mia famiglia, signor Adam, ma questi sono affari miei. Credo che in questo momento solo voi, Luna Lovegood, Amanda Princeton e la mia ex elfa domestica sappiate dove abito. Più i normali frequentatori di casa Granger, ovviamente, cioè i soli  Weasley. Non è che la signorina faccia spesso cocktail party a casa sua”
“Lei si rende conto che se le succedesse qualcosa nessuno lo saprebbe?” chiese il signor Adam con voce dura. Senza volerlo strinsi forte le lenzuola del letto, dove ero ancora seduta.
“Ma è assolutamente impossibile che Perfettini voglia farmi del male! Non mangia niente che si muova e si fa scrupoli anche con le verdure, e lei crede che abbia il fegato per uccidermi? E’ una specie di santa che cammina! Non sa quanto è stato difficile tirare fuori qualche storia succulenta sul suo conto.”
“Incredibile” commentò Julian, parlando quasi per la prima volta “passa mesi a inventare le presunte nefandezze della Granger e poi la difende come un leone quando si scopre che è davvero una criminale. Zio, lascia che le parli io... signorina Skeeter, visto che è così sicura dell’innocenza di quella strega, mi sa dire  perchè diamine la Granger l’ha presa in casa sua?”
Arrossii senza volerlo “Perchè ero senza lavoro e senza casa” risposi.
“Mi permetta di dirle che questo non può essere il vero motivo. Altrimenti, casa Granger dovrebbe essere una specie di ricovero per senzatetto, non le pare?”
Ringhiai “Io non ero senzatetto, ragazzino. Ero... ”
“... momentaneamente a spasso, signorina. E, a dirla tutta, Hermione Granger non è mai stata una sua ammiratrice. E allora perchè? Glielo spiego io: perchè aveva paura di lei. Lei è una dei pochi giornalisti che ha prosperato sotto Lei-sa-chi, e sa tutti i segreti personali del nostro mondo magico. La sua stessa lista dei nemici lo conferma: dal punto di vista del MInistero lei è pericolosa per la sicurezza nazionale. Si ricorda il nostro primo incontro?” chiese implacabile Julian.
“Indimenticabile” scandii lentamente. Dove voleva andare a parare ricordandomi quel disastroso giorno? Oh, Merlino, era così seccante. Mi ricordava terribilmente i processi a cui avevo dovuto assistere per lavoro, solo che in quei casi potevo sempre darmi una ritoccatina allo smalto quando mi annoiavo. Qui ero inchiodata davanti all’avvocato dell’accusa, mentre io... sì, Julian aveva ragione: io difendevo Perfettini. Ne ero cosciente, eppure non potevo farne a meno. Avevo immaginato tante cose su quella ragazza e senza dubbio non la capivo, ma forse, nell’ultimo periodo, avevo cominciato a odiarla un po’ meno. Quella nana mi faceva credere che il mondo magico non fosse solo un ammasso di parassiti e fan di Potter.
E questo, nella mia testa, non c’entrava assolutamente niente col fatto che stessi per distruggerla.
Julian continuò la sua arringa.
“Lei doveva intervistare Hermione Granger. Per la miseria, qualsiasi giornalista avrebbe fatto la fila per avere questa possibilità. Curiosa coincidenza, non è vero, che invece proprio lei fra tutti avesse quest’onore? Ma d’altra parte, sappiamo che il governo ha un enorme potere sul giornale: non dev’essere stato difficile per la ministra fare una piccola pressione affinché lei venisse scelta. E, guardi un po’, quella volta la Granger l’ha aggredita. Forse non lo sa, ma un attacco come quello che le è stato lanciato poteva ucciderla. Invece lei se l’è cavata.
La Granger allora l’ha fatta fa licenziare dalla Gazzetta e ha pagato la sua padrona di casa per cacciarla in fretta e furia, inventandosi un fantomatico nipote a cui serviva l’appartamento. E poi le ha offerto un posto a casa sua, nonostante l’odio che avete sempre provato l’una per l’altra.
Strano, non trova? Inoltre ha fatto finta di non accorgersi che lei passava le giornate a rovistare fra le sue cose, come se questo fosse assolutamente normale. In realtà sapeva che a breve non l’avrebbe più dovuta  temere e l’ha lasciata fare fare.” Julian sorrise. Ma a me non sembrò un sorriso, quanto un ghigno infernale.
“Non mi sono mai fatta scoprire” ribattei, ma la mia convinzione vacillava. Qualcosa, nella mia mente, suggeriva che tutto questo aveva senso.
“Mi dispiace, ma non funziona. La più grande strega del nostro tempo che non si accorge di avere una spia in casa? E’ assurdo, lo sa anche lei. Sono convinto anzi che l’abbia aiutata nelle ricerche, per tenerla sempre in casa in modo da poterla controllare. Il sacchetto di Polvere Olvidante che ha trovato oggi proprio dove le ho detto io ne è la prova.  Poi” riprese “lei ha licenziato Tinky: un colpo di insperata fortuna per la Granger, che l’ha convinta  a passare dalla propria parte e le ha carpito utili informazioni. La sua elfa è tornata in casa. Non le è mai sembrata strana?”
“Continuava a dire di sapere una cosa importante. Una cosa su Perfettini che io non sapevo” risposi meccanicamente.
Julian sorrise trionfante “Vedo che comincia a capire. E dove crede che sia in questo momento? A piangere sul fidanzato perduto a casa di Ginevra Weasley?” rise come se avesse appena fatto una battuta irresistibile “Era tutta una messinscena. Fra poco, nel suo appartamento, ci entrerà un sicario incaricato di metterla a tacere una volta per tutte.”
Calò un angoscioso silenzio.
“E’ vero” confermò il signor Adam.
Fu come se avesse pronunciato un verdetto. Perfettini era colpevole.
“Forse dovremmo lasciarla un po’ da sola” disse il signor Adam con tono stanco, come se fosse stato lui a ricostruire quell’inquietante catena di eventi.
Annuii senza dire nulla.
Per quel giorno non volevo sentire una parola di più.


Non so quanto restai da sola nella mia stanza a pensare. Ero intorpidita, ma ben presto diventai furiosa: con me stessa, perchè non mi ero resa conto del pericolo in cui vivevo da mesi; con Julian, per avermi spiattellato tutta la storia senza il minimo tatto, godendo del semplice fatto di avere ragione; con Hermione Granger sopra ogni altra cosa.
Una volta accettata la sua colpevolezza tutto divenne chiaro e semplice ai miei occhi: ecco perchè quel gatto assatanato mi sorvegliava tutto il tempo, ecco perchè la Lovegood aveva giocato a fare la piccola discepola e aveva registrato i nostri incontri. Che Tinky si fosse fatta comprare non era un mistero, eppure che fosse passata sopra la mia morte senza troppi ripensamenti era ingiusto da parte sua. Evidentemente non mi meritava.
La Granger era un’ipocrita. Una falsa della peggiore specie, come il mondo non ne avrebbe mai più viste.  
E poi, come aveva potuto pensare di farmi fuori? Io ero una veterana del mondo magico, una stella; lei era solo una ragazzina arrogante, una ridicola studentella che giocava a fare la donna in carriera.
Ma gliel’avrei fatta vedere io, giurai a me stessa. Mi sarei vendicata su di lei di ogni umiliazione che avevo subito, si sarebbe pentita del momento in cui aveva deciso di torcermi anche un solo capello. E la mia vendetta sarebbe arrivata molto, molto in fretta.

“Ah! Mi fischiano le orecchie” si lagnò Hermione stiracchiandosi sul letto “E’ tutta colpa della musica assordante di ieri sera” brontolò ancora, fulminando la sua amica ancora addormentata.
All’inizio si sentì scocciata dal sonno profondo in cui Ginny sembrava sepolta, poi si rallegrò pensando che poteva svegliarla con una secchiata d’acqua... ma alla fine rimase a guardarla dormire e basta.
Ripensò alla serata. Lei aveva ballato con qualche ragazzo, chiacchierando senza voglia quando le offrivano da bere; le erano sembrati tutti uguali, forse aveva perfino sbagliato a chiamarli per nome, ad un certo punto. Non si ricordava bene.
Se lei si era annoiata, la stessa cosa non era successa a Ginny. Aveva osservato come si muoveva fra i ragazzi e doveva ammettere che l’aveva trovato stupefacente: sapeva quanto tempo dedicare a ciascuno, cosa dire per sembrare spiritosa o provocante, come allontanare i tipi troppo insistenti senza smettere neanche per un attimo di flirtare. Hermione sentiva di invidiarla, ma allo stesso tempo non capiva perchè Ginny si fosse data tanto da fare. Lei aveva già il suo principe azzurro e la sua storia d’amore che andava a gonfie vele... a quanto ne sapeva, ovviamente.  
Erano arrivate a casa tardi, con i vestiti e i capelli pieni dell’odore dolciastro del locale, commentando qualche ragazzo che poteva meritare un complimento anche dopo la  serata. Ginny le aveva chiesto se l’esperimento era andato a buon fine, ma Hermione non lo sapeva. Aveva pensato sia a George che a Ron, immaginando cosa avrebbero detto e fatto, con la differenza che pensando a Ron si sentiva un po’ malinconica e intenerita, nonostante tutto, mentre pensando a George  avvertiva un misto di pericolo ed eccitazione. Avrebbe fatto qualcosa di divertente o di imbarazzante? Non riusciva a dirlo.
Quando non ne potè proprio più di stare ferma, Hermione aprì le finestre cantando a squarciagola, tirando via le coperte dal letto per lasciare Ginny scoperta e vulnerabile. La ragazza ringhiò debolmente cercando si sfuggirle, ma capitolò nel giro di poco.
“Sei tanto intelligente quanto insopportabile, Hermione” mugugnò trascinandosi verso la cucina.
“Fosse per te avresti dormito fino a oggi pomeriggio. Vuoi davvero che parta senza salutare?”
Ginny sgranò gli occhi, improvvisamente sveglissima “Tu cosa?”
Hermione la guardò perplessa “Parto oggi, Ginny. Te l’avevo detto.”
“No! Tu non ... non puoi!” esclamò cercando di guadagnare terreno. Hermione non poteva tornare a casa adesso. L’elfa probabilmente era ancora a lì e le avrebbe detto tutto. E lei non poteva permetterlo.
“Devi restare” disse con più dolcezza ”ci sono ancora tante cose di cui dobbiamo parlare. Non sai ancora cosa fare con Ron, potrei darti altri consigli.”
Hermione scosse la testa “Mi dispiace ma il lavoro mi chiama. Ho lasciato degli affari in sospeso e non riuscirei comunque a parlare con te sapendo che devo terminare tutto quel lavoro. Per Morgana, chi l’avrebbe mai detto che la gente potesse avere tanti problemi?”  cercò di scherzare. Ma Ginny rimase terribilmente seria.
“Hermione, anche io ho un problema...” cominciò. Sapeva che non avrebbe dovuto, eppure confessò. Era la sua unica speranza “Sono terribilmente gelosa di Harry.” disse con voce incerta.
Hermione la fissò, stupita “Bè, capisco che ti dispiaccia, ma non credo sia così grave...”
“Oh, lo è invece! Tu non sai... ogni volta che vedo Harry sfiorare la mano di un’altra vorrei picchiarla. E’ diventata quasi un’ossessione... credo che mi tradisca o che stia per farlo. Lo sogno ogni notte, ma poi uso la Legilimanzia su di lui e mi accorgo che non è così. Eppure... quest’incertezza mi logora...”
La guardò con occhi imploranti. Hermione cercò di consolarla, ma non riuscì a fare molto.
“A volte ho l’impressione che potrei fare di tutto pur di poterlo controllare sempre.” disse a un certo punto, guardando Hermione dritto negli occhi in un modo che alla strega fece paura. “Di tutto” ripetè con calma inquietante.
“Ginny, io non posso restare qui un giorno in più, però se ti va bene potrei ospitarti a casa mia. Io credo... credo che dovremmo riparlare di questa storia. Adesso mi hai colto di sorpresa, ma prometto che ci penserò. Va bene?”
Ginny la guardò riconoscente. “Ti ringrazio, Herm. E’ perfetto” l’abbracciò.

Sì, pensò entrando in casa della sua amica, era perfetto davvero. Avrebbe tenuto d’occhio l’elfa quel tanto che serviva per svolgere il suo ruolo, poi sarebbe tornata a casa. Mentre sistemava le sue cose nell’armadio, un lampo di rimorso la fece tornare lucida per un attimo.
Sperò di non star facendo niente di troppo sbagliato.












Salve, Babbani pigri e vacanzieri! Sì, avete capito bene: la signorina Perfezione Weasley in Potter era di una gelosia folle. Se fossi stata alla Gazzetta avrei scritto valanghe di articoli su quella scoperta, ma purtroppo molte cose mi sono chiare solo ora che non mi servono. Per esempio avrei voluto sapere prima che voi Babbani sparite per le vacanze in estate, ma Scribacchina non lo riteneva fondamentale e quindi non me l''ha riferito. Ecco perchè adesso, mentre scrive, mi sta facendo da poggiapiedi.
Il capitolo della mia vita che si sta per aprire fu uno dei più strani e incredibili, nonchè l'unico in cui sperimentai stili di vita quasi babbani, cioè senza magia. Posso dirvi una cosa? Al posto vostro, mi farei rimborsare.
Buon sole e buona abbronzatura, mi raccomando che sia totale. Niente segni del costume, vi prego.
Votre Rita

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Capitolo 28
*** Collegati contrasti ***




Dopo diversi tentativi di sbriciolare le mie borse (è proprio vero, la rabbia fa fare cose orribili) e varie tazze di the corretto riuscii a riprendere il controllo di me stessa. Uscendo da quella stanza degli ospiti sapevo di abbandonare una parte di me.
D’altra parte, non potevo mica portarmi in giro tutti i vestiti e le scarpe che avevo materializzato!
Non riuscii a trattenere la curiosità e mi misi a gironzolare per la casa. In realtà non è che dovessi fare chissà quale perlustrazione: l’appartamento era abbastanza piccolo e il disordine lo rendeva ancora più angusto. Sorrisi vedendo il divano dove avevo quasi evirato Julian con il tacco a spillo; era stracolmo di riviste, giornali e documenti. Ma insomma! Perfino io avevo ceduto alle insistenze di Tinky e avevo reso il mio ufficio un posto essenziale e quasi pulito.
Mi ricordai di fare un appunto a quello scansafatiche di Julian. Ok, io non potevo sapere se fosse scansafatiche o meno, ma non c’è mai da fidarsi con uno che ti ha fatto perdere le tue scarpe preferite.
Su una mensola in soggiorno c’erano poche fotografie, tutte schierate come soldatini: Julian a cavallo di una scopa ad Hogwarts, Julian con un sorriso enorme e col suo diploma in mano, il signor Adam soddisfatto sullo sfondo. Mi colpì la foto di una bella donna, supposi fosse la madre di Julian e la sorella del signor Adam.
A giudicare da quelle foto io ero capitata nella casa di due uomini perbene, anzi, perfettamente normali.
Eppure in una delle mie Boccette della Memoria avevo conservato il nostro incontro, quello in cui mi chiedevano di trovare le informazioni più scandalose su Perfettini.
Se volete un consiglio, non fidatevi mai di ciò che sembra normale... ci sarà sempre qualcosa che non torna.
Comunque, non avendo scovato niente di interessante, mi misi all’opera in un altro senso: cominciai a cambiare colore alle tende, a sistemare con la magia la disposizione dell’arredamento e magari rivestire i divani, che sembravano avere un disperato bisogno di cure. Era una cosa che facevo spesso nel mio appartamento pre Perfettini; era un modo come un altro per rilassarsi. E poi era da quando avevo visto quello spassoso film per bambini a casa di Perfettini che sognavo di essere lasciata da sola in casa per canticchiare “Hockety pockety wockety wack abracabra dabra nack” facendo un incantesimo. Le tende diventarono color lime, il tavolino di legno brillò e diventò d’acciaio lucido. Le pareti, invece, si intonarono al verde che svolazzava alle finestre. Ovviamente questo tipo di trasfigurazioni non dura a lungo, specie perchè il cambio di materiale è sempre una cosa instabile... nonostante a molti Babbani la nostra magia sembri eterna, anche essere streghe ha le sue grane. Oh, certo, tu puoi far diventare il tuo abito di velluto un vestito di seta, ma se poi ti ritrovi a metà Festa di Primavera grondante di sudore e derisa da tutti, bè, non stupirti più di tanto.
Mentre la stanza cambiava mi sentii un po’ infantile ma estremamente soddisfatta.
Insomma, se dopo tutto quel casino mi fosse andata male come giornalista avrei sempre potuto fare l’arredatrice d’interni!
Era la prima volta che mi sentivo serena da quando ero entrata in quell’appartamento. Con un ultimo tocco da maestra aggiunsi alla stanza un vago profumo di mela e limone, restando ad assaporare l’insieme.
Ora sì che era tutto perfetto!
“Oh, per Merlino” disse la voce di Julian alle mie spalle, incrinando appena l’atmosfera.
“Sì, lo so, ma non devi ringraziarmi!” cinguettai.
“Il mio tavolino! Le mie tende! La mia meravigliosa poltrona! Che è successo?”
Sperai di sbagliarmi ma il tono con cui lo disse mi sembrò disperato, così mi voltai scocciata verso di lui. “Bè? Non si riconosce più lo stile quando lo si vede?”
Lui deglutì. A fatica. “Lei è pazza” decretò
“Io pazza?” replicai indignata “si dà il caso che questo posto avesse bisogno di una pulita! E poi non potevo pensare alla mia vendetta con tutta quella confusione.”
“La sua vendetta?” mi chiese Julian, accantonando per un attimo l’argomento salotto. “Che vuole dire?”
“Voglio dire, carissimo, che intendo rendere la vita di Hermione Granger un inferno.” spiegai con calma.
“Ma lo sta già facendo” osservò lui “quel libro non le sembra abbastanza? Dopotutto le rovinerà la vita e la carriera.” c’era una strana nota di panico nella sua voce.
“Non basta, non basterà mai. Io la voglio finire con le mie mani! Deludere una donna è un passo falso, deludere Rita Skeeter è una catastrofe.”
“Andiamo bene” commentò lui “Si calmi, penseremo a tutto io e mio zio. Ci teniamo quanto lei, mi creda.”
Prima che potessi fargli la solita domanda, cioè perchè diamine fossero interessati a distruggere Perfettini, Julian fece un largo sorriso. “Ho un’idea. Se si vuole sfogare io ho un ottimo metodo per aiutarla.”
“Ah sì?” chiesi scettica “e quale?”
Fece un altro sorriso più malizioso che mi intrigò. “Si fidi di me.”

Quando Hermione arrivò a casa, Tinky la salutò con un profondo inchino e sembrò stupita nel vedere Ginny.
“Tinky non sapeva di ragazza Weasley” osservò con garbo. Le buone maniere stavano curiosamente venendo a galla da quando non lavorava più per Rita, notò Hermione.
“E io mi aspettavo di vedere Rita. Dov’è?” chiese con vaga preoccupazione. “Non è in ospedale, vero?”
“Padr... Signorina Skeeter stare molto bene. Essere andata a trovare vecchia amica per qualche giorno.”
“Rita ha delle amiche? Incredibile” commentò Hermione “Comunque, la sua assenza capita a proposito. La mia amica Ginny resta qui per qualche tempo e sono molto felice di non dover mettere Rita su una brandina.”
“Non le piace stare scomoda, immagino” borbottò Ginny con una punta sarcasmo.
“Credo che l’avrebbe bruciata e mi avrebbe costretto a comprarle un altro letto inventandosi di avere il colpo della strega o qualcosa del genere. Non hai idea delle storie che ha fatto per le tende di camera sua! Diceva che le ingarbugliavano la digestione”
Ginny si accorse che Tinky reprimeva a stento una risata, come se conoscesse bene Rita Skeeter e le sue impuntature. Evidentemente era quella l’elfa di cui aveva sentito parlare.
“Bene, Herm, tu adesso vai pure a lavorare. Non avevi un impegno urgente? Scommetto che Tinky sarà felice di aiutarmi a sistemarmi” lanciò uno sguardo eloquente all’elfa, che lo raccolse con sospetto ma senza proferire parola.
Hermione ringraziò tutte e due e uscì di nuovo di casa dopo aver Appellato una borsa di cuoio ricolma di pergamene.
Una volta sole, Ginny fece sparire il sorriso “Adesso ascolta, elfa. Lui mi ha mandata qui solamente per controllarti, e ti giuro che non ti lascerò da sola con Hermione neanche per un minuto.”
Tinky la osservò dubbiosa “Lui chi?”
Fu il turno di Ginny di sentirsi confusa “Come, lui chi? Quante persone mandano spie per controllarti?” sbottò un po’ irritata.
“Diverse” rispose sinceramente Tinky. Poi le indicò la strada sotto di loro.
“Quello travestito da vecchietta essere Patrick. Di lunedì essere vecchietta, poi giovedì cambiare e diventare barbone. Ogni tanto io saluto lui.” sventolò la manina e la vecchia strega in strada, dopo un attimo incertezza, salutò di rimando.
“Lui giovane ed essere in servizio da poco” disse con affetto. “Io ogni tanto portare lui pranzo. Essere spia di creditore di Rita, ma io avere corrotto lui dopo quattro giorni. Così noi non avere problemi” spiegò. Guardò di nuovo verso il basso e fece un fischio. “Tu fortunata. Oggi esserci anche Rowena. Lei essere gatto striato su muretto e odiare gatto di signorina Granger. Lei spiare me da due anni.”
“E perchè?” chiese affascinata Ginny, dimenticandosi di dover fare la dura.
“Ehm. Questa è storia lunga e non adatta a orecchie di ragazza Weasley. E poi ci sono anche Barberius e Hyceck, però loro fare ronda solo di sera. Loro essere quasi amici di Tinky, però ogni tanto tentare di ammazzare Skeeter. Io avere chiesto perchè, ma loro non dicono niente. Sono bravi, ma Skeeter non si fa fregare” approvò.
Poi si girò verso Ginny con un’espressione infastidita “Allora? Chi mandare te?”
Ginny tentennò. Non sapeva se poteva rivelarglielo così su due piedi, ma probabilmente era l’unico modo per capire se chi le aveva dato l’incarico parlava seriamente.
“Mi ha detto di chiamarsi Julian”
Immediatamente Tinky diventò sempre più trasparente, fino a scomparire del tutto. Poi tornò di colpo visibile. “Scusa, questo succedere quando noi...”
“Quando avete paura?” le chiese speranzosa Ginny.
“No, quando noi sentirci fregati” ribattè secca Tinky. “Stupida, stupida Skeeter! Lei avere ficcato me in questa situazione. Lei essere incapace di pensare anche a Tinky! E io avere servito lei per tanti anni... Perchè tu avere accettato incarico, sciocca ragazzina? Tu no sapere con chi tu avere parlato. Con feccia! Con delinquenti!” ringhiò camminando avanti e indietro.
“E’ stato un affare, invece. Uno scambio equo!” ribattè Ginny, sentendo il senso di colpa riaffacciarsi. Ma chi era quella nana per dirle qualcosa?
“Cosa avere ottenuto tu?” chiese Tinky.
“Affari miei” rispose acida la ragazza “ma intendo fare quello che devo fino in fondo”
Si fronteggiarono ancora per qualche istante. Poi Tinky sembrò cedere e le portò delle ciabatte, le prese la valigia come se niente fosse e la portò nella camera degli ospiti.
Ginny le trotterellò dietro “Bene, hai finalmente capito che con me non si scherza” sentenziò con orgoglio.
“Veramente no” rispose Tinky sistemandole rapidamente i vestiti nell’armadio “in realtà (ah, Skeeter ha portato via vestiti) io confidare che tu cucina meglio di signorina Granger.”

Quando Hermione sollevò lo sguardo dalle sue pratiche, scoprì con gioia che erano appena le sei e mezza. Un record, pensò soddisfatta, potrei fare un giretto fuori programma a Stregami. Dopotutto, non sarebbe giusto abbandonarlo solo perchè Rita l’ha scoperto.
Inoltre Rita non l’aveva rivelato a nessuno, tranne ovviamente a Ron. Quella donna sembrava possedere la scienza esatta per provocare disastri.
Arrivò all’entrata della sede, bloccò la porta e scivolò a tutta velocità verso la redazione. Quel metodo di entrata le piaceva da matti e anche se si sentiva un po’ infantile spesso lanciava degli urletti deliziati. L’idea le era venuta pensando all’ingresso della Camera dei Segreti... se solo Salazar avesse saputo a cosa serviva adesso la sua idea geniale!
Hermione piombò sulla sedia imbottita e si stupì di vedere che la luce era già accesa. Ma la sua sorpresa aumentò quando vide una donna sconosciuta seduta al tavolo di Luna.
“Senta, lei! Che diamine sta facendo?” urlò percorrendo la redazione a grandi passi. Quando arrivò alla scrivania frenò e si mise le mani sui fianchi. “Questi oggetti sono di proprietà di Luna Lovegood” disse con voce da Magiguardia.
“Non vedo dove sia il problema” rispose la strega con voce tagliente. Smise di armeggiare con i cassetti e si alzò “Luna Lovegood sono io.”
Hermione la guardò meglio e arrossì terribilmente “Luna!” poi la osservò sconvolta “Non ti avevo... riconosciuta” balbettò. E non la riconosceva neppure adesso.
Invece del soliti orecchini strambi e dei vestiti multicolorati aveva degli eleganti cerchietti dorati e un vestito su misura, che la stringeva in vita e la faceva sembrare una qualche modella londinese. I capelli invece erano raccolti in uno chignon severo, cosa che, osservò sconcertata Hermione, non era mai successa prima.
E da quando accidenti era che Luna portava i tacchi e si truccava? L’unica cosa vagamente da lei era il colore del vestito, di un bel giallo girasole.
“Ehm. Stai molto bene così” le disse poco dopo, rendendosi conto di averla fissata in modo imbarazzante.
“Sei molto gentile. Purtroppo non ho avuto modo di sistemarmi i capelli prima di venire qui. Sono una seccatura! Penso che li taglierò”
Hermione inorridì. Fino a qualche mese prima Luna diceva che i capelli corti attiravano il Malocchio.
“Ehm, Luna, sicura di sentirti bene?” chiese preoccupata.
“Sì, certo” fece un’espressione triste “ma mi dispiace che tu mi veda adesso. Speravo di riuscirti a parlare a cose fatte, ma a questo punto è meglio che te lo dica ora: mi licenzio”
Hermione la guardò senza capire. “Ti licenzi?”
“Mi hanno offerto un nuovo lavoro. Sono pagata bene e i miei articoli piacciono. Potrei fare carriera.” spiegò semplicemente.
“Ma io ho bisogno di te! Tutti gli altri sono solo collaboratori, ma tu sei importante quanto me qui. Ti prego, ti aumenterò il numero di pagine!” le sembrò di avere detto una sciocchezza, perchè non aveva mai dovuto implorare Luna o offrirle qualcosa per avere un favore da lei.
“Forse dovevi pensarci prima” mormorò Luna “comunque ho già il contratto in mano e non posso tirarmi indietro. Rischierei di dover pagare molto, e sai che non posso.” anche questo era nuovo. Luna non accennava mai al suo stato economico.
“Se avessi saputo che volevi avere più spazio nella rivista o che non ti sentivi valorizzata avrei potuto trovarti un posto migliore. Noi siamo amiche, Luna, perchè non me ne hai parlato? Adesso mi trovo a dover reggere in piedi due lavori, e non so cosa fare”
Luna la guardò in modo penetrante e Hermione si sentì a disagio “Ti ho fatto leggere moltissimi articoli aggiuntivi in questi mesi, e tu li hai scartati perchè non li trovavi adatti. Non hai mai voluto darmi fiducia... mi dispiace, ma è così” disse con calma “A Hogwarts tu e l’ES siete stati molto importanti per me. In quel periodo temevo che sarei sempre stata Lunatica Lovegood e mi sentivo sola. Siete stati molto carini con me, ma adesso ho voglia di fare cose nuove, di ampliare i miei orizzonti. Per voi sono ancora la ragazzina strana a cui nascondono tutto, anche se solo Ron me lo dice davvero.”
Hermione trasalì sentendo nominare il suo ex fidanzato. “Ron ha parlato con te, di recente?”
Luna la guardò finalmente con gentilezza e sembrò tornare quella di prima “Sì. Parla sempre di te, sai? Anche se a volte non vuole guardare in faccia la realtà, immagino sia molto innamorato”
Poi le tese una mano, si girò e uscì dalla redazione, lasciando solo una scia di profumo dietro di sè.







Prima che voi leggiate quello che Rita mi ha costretta a scrivere (sebbene fossi contraria), volevo invitarvi a segnalare se qualcosa della storia è poco chiaro o mal scritto. Purtroppo la nostra eroina a volte perde il filo del discorso e inizia a minacciarmi, o fare racconti fuori programma o dettarmi improbabili liste della spesa (anche se, ovviamente, non lo ammetterà mai) e così temo di essere stata una scribacchina disordinatamente scribacchiosa. Se volete potrei fare un riassunto di cosa è successo, come mi è stato suggerito. Che ne dite?
Le mie scuse in anticipo
sempre vostra
Scribacchina




Bene bene bene. Miei cari, credo che voi mi dobbiate delle spiegazioni: siete per caso diventati estremisti del partito "Salviamo il mondo e il Quidditch" di Potter? O forse i vostri computer hanno perso quella tavola con i bottoni (no, Scribacchina, non m'importa che si chiami tastiera)? O forse avete, che so, le dita pigre o ustionate dal sole?
Perchè questo spiegherebbe il calo improvviso di commenti che Scribacchina cerca di spiegare elencando numeri e dati in vostro favore. Dice che potreste essere in vacanza, oppure che dobbiate studiare per varie ragioni... e io, nella mia enorme gentilezza e bontà, voglio perfino crederle, anche se per punizione ho deciso di farle coltivare un orticello qui fuori. Il fatto che dove siamo noi ci sia la neve è irrilevante, non trovate? E poi le carote fanno bene all'abbronzatura, lo sanno tutti!
Baci, carini
Rita Skeeter



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Capitolo 29
*** Crisi cruciali ***


Dopo due giorni mi guardai allo specchio.
I capelli erano spettinati, ero in ciabatte da più di ventiquattr’ore, non avevo un filo di trucco e, orrore, si vedevano le prime minacce di ricrescita in testa.
Eppure non ero mai stata meglio in vita mia. Julian aveva fatto centro quando aveva pensato ad un modo per distrarmi: dopo la mia brillante esibizione in salotto mi aveva convinta a fare un po’ di lavori domestici. Era stato un vero colpo di fulmine, di quelli che ti fanno tremare la terra sotto i piedi.
All’inizio, devo dirlo, ero stata scettica.
Non per dire, ma non ero capace di cucinare neppure un uovo e gli incantesimi per la casa, per quanto mi riuscissero decentemente, non erano proprio il mio forte.
Avrei potuto fargli esplodere la cucina, per quanto ne sapevo; invece avevo un’attitudine innata per certe cose, tanto che ormai preparavo sempre da mangiare. Avevo un vecchio libro di ricette della madre di Julian che consultavo come fosse stata la verità rivelata, anche se ero alla ricerca del mio tocco personale. In principio pensavo potesse essere la noce moscata: la misi dappertutto, ma quando Julian quasi soffocò mangiando la Mousse Rita la abbandonai.
Dopo tre ore tornai alla carica con il peperoncino.
Andiamo, se si poteva mettere perfino nella cioccolata... sarebbe diventato il mio ingrediente segreto: tutti mi avrebbero chiesto cosa rendesse i miei piatti così speciali, e io avrei risposto compiaciuta “Oh, sapete che i grandi chef non rivelano mai nulla delle loro ricette!”
Perchè io sarei diventata un grande chef. Anzi, la migliore. Avrebbero fatto la fila fuori dal mio ristorante, il direttore del Lepricano sarebbe morto di dolore all’idea di avermi rincorsa per Diagon Alley come una ladra. Alla faccia sua!
Già mi immaginavo gli interni del mio ristorante Penna Verde: panna e marmo per l’ingresso, poi un pesca delicato per la sala principale e forse qualche stucco dorato, vicino ai vasi di orchidee... I bagni dovevano essere belli ma grandi: detestavo l’idea che un ristorante di lusso avesse una toilette minuscola.
Julian si interessava ai miei progetti e li discuteva ogni giorno con me; fu lui a suggerirmi l’idea di una scalinata centrale nella sala da pranzo da dove far scendere i valletti con i vassoi.
Oh, che visione celestiale!
Tutti i piatti avrebbero avuto il mio nome alla fine: avevo già pensato agli Spaghetti alla Rita, all’insalata Rita e al pudding dietetico Rita. Meditavo sul soufflé Skeeter, ma mi sembrava stonasse.
Poi, mentre preparavo la besciamella per il miei favolosi cannelloni Julian (non potevo associare il mio nome a qualcosa di così disgustosamente calorico, quindi avevo preso in prestito il suo), cominciai ad agitarmi perchè non trovavo il sale.
L’irritazione crebbe così tanto che mi misi a urlare come una matta, imprecando contro il disordine della casa, i suoi abitanti e il suo architetto.
Non ricordo cosa feci in seguito, ma più tardi Julian mi disse che gli avevo chiesto di nuovo, gentilmente (e sottolineò con rimpianto il gentilmente), di passarmi il sale, poi avevo ridacchiato e avevo cominciato a blaterare di quanto fossero carini i gatti “... specialmente l’adorabile bestiola della signorina Granger”.
Quando me lo disse rimasi di sasso. Che parlassi in modo gentile era una cosa grave, ma che dicessi di apprezzare la Furia Omicida Grattastinchi era folle. Non potevo averlo detto!
O forse sì?
Temetti che fosse un sintomo di quello che aveva detto il dottore: forse stavo perdendo il controllo. Decisi che potevo fare solo una cosa per non passare per pazza, cioè andare a trovare il mio Psicomago preferito.
Lo trovai molto rilassato dall’ultima volta che l’avevo visto: aveva le guance paffute e rosee, una camicia pulita e una nuova valigetta di pelle. Quando mi vide però impallidì e tornò a sembrare il  mio familiare dottore sovrappeso.
“Signorina Skeeter...” balbettò mentre mi sdraiavo sul lettino. “Credevo avesse finito per rivolgersi ad un altro specialista”
“Uh, questo divanetto me lo ricordavo più morbido.” borbottai “Un altro specialista? Impossibile, lei mi fa il prezzo migliore  del mondo.” sorrisi. In effetti, su undici mesi di terapia ne avevo pagato uno scarso. Un vero affare! Credo che non fosse d’accordo, perchè brontolò sottovoce, ma lo ignorai.
“Si deve tenere forte, dottore, perchè ho una cosa grandiosa da raccontarle”
“Ha fatto definitivamente pace con Hermione Granger?” chiese lui con tono critico.
“Oh, andiamo, sia realista.” ringhiai, cercando di dominare l’istinto che mi suggeriva di abbaiare ogni volta che Perfettini veniva nominata.
“Ha un fidanzato?” riprovò.
“No” ribattei seccamente “Su, dottore! Dopo tutti questi anni ancora non usa la Legilimanzia sui pazienti? Sarebbe la prima cosa che farei io, al posto suo!”
Il dottore borbottò qualcosa sul segreto professionale. Che termine a me curiosamente ignoto. “Ho cambiato casa” confessai senza riuscire a trattenermi.
“Molto bene” si complimentò il dottore.
“E ho scoperto che sono vittima di un complotto” mi rigirai sul divanetto come al solito e il dottore, come al solito, sembrò non gradire. “Voglio dire, so che secondo lei dovrei innamorarmi della Granger e cose simili, ma quella ragazza mi aveva attirata in casa sua solo per uccidermi. Uccidermi, capisce? Perchè ho troppe informazioni, perchè sono più alla moda e più bella di lei” piagnucolai. Mi sembrava di essere tornata a Hogwarts, al tempo in cui le mie compagne di scuola mi guardavano invidiose ogni volta che uscivo dalla stanza perfettamente truccata. Loro hanno sempre assicurato che mi fulminavano perchè ci mettevo tre ore in bagno ogni mattina, ma io so che non era così.    
“Comunque, ormai è palese: Hermione Granger non è quella santa che tutti credono. Lei e il suo ministero di anime generose mi avrebbero ammazzato ma, ah!, io sono più furba di loro  e sono scappata a casa di... di amici” conclusi, temendo improvvisamente che il dottore fosse uno di “loro”.
Chissà, forse riferiva agli Auror i miei segreti più intimi e tutti loro ci scherzavano sopra nell’Ufficio Misteri, magari davanti a una tazza di thè e a una torta a forma di saetta... Improvvisamente mi sentii minacciata da quell’ometto burroso che non pagavo mai.
“Signorina, con tutto il rispetto, io credo che lei soffra di un complesso vittimistico, cioè tutti le sembrano nemici pronti a farle del male anche se non è effettivamente così. Mi creda, se qualcuno avesse voluto eliminarla avrebbe già potuto farlo tranquillamente.... questa storia del complotto è una farsa, inventata da qualcuno che vuole servirsi di lei. Si guardi le spalle da chi le ha messo in testa una cosa simile”
Ma io non stavo più ascoltando, notando invece che il dottore stava facendo dei movimenti furtivi. Che diamine stava combinando? All’improvviso sorrise in modo inquietante ed estrasse qualcosa da un cassetto.
Veloce come un fulmine presi la bacchetta, balzai in piedi e urlai “Stupeficium” all’indirizzo del dottore, che fece appena in tempo ad abbassarsi prima di vedere l’angolo della sua scrivania volare sul tappeto a diversi metri di distanza.
Vidi che gli tremavano le mani ma lo tenni sotto tiro. “Per Merlino, signorina! Metta via quella bacchetta!” disse quando riuscì a prendere fiato.
Lo guardi per un attimo, intontita, ma tenni la presa ben salda “Dottore, anche lei è contro di me! Certo, faceva i cruciverba e dormiva durante le nostre sedute, eppure mai avrei pensato...” lo squadrai intontita senza finire la frase, puntando verso la sua gola la sottile punta della mia bacchetta. Le feci fare uno sbuffo di fumo e il dottore sobbalzò, poi sorrisi e la rimisi in borsa.
“Sa qual è il suo problema, dottore?” dissi con leggerezza “lei è troppo impressionabile. A presto!”
Uscii ridendo istericamente dallo studio, incurante dell’espressione preoccupata del dottore. Mi sentivo più leggera e tranquilla; non mi resi conto che non avevo minimamente accennato alla mia crisi di nervi.

Hermione era sull’orlo di una crisi di nervi. Non solo Luna si era licenziata in tronco in un momento critico della sua vita, no; adesso scopriva anche che, in meno di un pomeriggio, Ginny e Tinky erano diventate nemiche giurate senza apparente ragione.
“Deve almeno averti provocata. Due persone non possono odiarsi così, senza motivo!” ripetè per la terza volta alla sua migliore amica. Era stanca, demoralizzata e preoccupata, la sua vita andava a rotoli e tutto il whiskey che aveva era sparito nel nulla.
“Hermione, è così. Ti prego, non insistere” le rispose Ginny, ostinata.
La ragazza credeva che, in un’altra realtà, lei e l’elfa si sarebbero potute piacere: avrebbero mangiato insieme muffin ai mirtilli e bevuto ottimo Firewhiskey in un pessimo pub, ma non c’era modo che questo accadesse nel presente, con grande rammarico di Hermione e del padrone del pub.
Si erano ignorate, poi provocate, picchiate e infine ignorate di nuovo.
Hermione sentiva di essere al limite. Aveva cercato Ron per tutta la settimana ma non le aveva mai risposto; inoltre pensare a Ron voleva dire pensare anche a George, e non aveva più visto neanche lui.

Avrebbe voluto potersi gettare fra le braccia di Ron e chiedergli scusa, ma anche baciare George finchè avesse potuto. Era confusa.
Le giornate passavano in modo singolare ma regolare, tanto che Hermione smise quasi di chiedersi dove fosse finita Rita e perché Luna fosse cambiata in modo così radicale. Ormai le sembrava che tutto fosse un insieme di eventi senza senso, di sfortune che avevano deciso di concentrarsi in quel momento particolare della sua vita. Si faceva forza pensando che prima o poi sarebbe arrivato un momento migliore, ma in cuor suo temeva che non sarebbe successo molto presto. Stava scivolando in una specie di torpore fatalistico in cui si ripeteva il mantra “andrà meglio fra un po’, fra un altro po’ ”. Non si era mai sentita tanto tranquilla in vita sua.
Finchè non le venne in mente di fare una domanda alla sua dolce, adorabile e sana amica Ginny. Era un giorno di riposo per tutte e due ed erano spaparanzate sul divano, chiacchierando. Grattastinchi giocava con Tinky (cioè lui cercava di sminuzzarla in ogni momento e l’elfa difendeva la propria vita con una padella antiaderente di diametro generoso)
e tutto sembrava tranquillo, quando Hermione disse “Sai, ieri ho visto Harry e Lavanda al ministero. Sembra che le vogliano affidare un progetto per l’integrazione dei lupi mannari. Bello, no?”
“Che novità” ringhiò Ginny. Si tormentò una ciocca di capelli, diventando rossa man mano che parlava. “Scommetto che l’ha fatto solo per provarci con lui. Quella... è capace di tutto... per portarmelo via... ma non è il suo ragazzo, è il mio!” sibilò rabbiosa, strangolando un cuscino.
“Ma che ti prende?” ribattè Hermione, contrariata “Non vuole fare niente del genere. Anzi, io sono felice che possa fare qualcosa per tutti noi.”
Ginny la guardò fisso ed Hermione capì che era riuscita a insultarla. Non fece in tempo ad aggiungere altro, perchè la sua amica saltò in piedi e le puntò il dito contro come se fosse  un’arma.
“Mi prendi in giro? Credi che non le veda ogni giorno, quelle stupide galline vicine al mio Harry? ”Harry tesoro, vuoi un caffè?”, “Harry, vuoi un massaggio?”, “Harry, bellezza, ti va una sveltina qua dietro?” Harry, Harry, Harry, sempre e solo Harry! Harry è mio, Hermione, ma se ne fregano. Lavanda Brown se ne frega, la segretaria di Harry se ne frega, le stagiste se ne fregano. A volte vorrei poterle schiacciare con una mano!”
Nella sala calò un silenzio incredulo. Hermione era a bocca aperta. Non avrebbe mai previsto un simile scatto di rabbia.
Guardò Ginny con attenzione: aveva le nocche bianche e gli occhi ridotti a una fessura. Sembrava sul punto di esplodere.
Alla fine il suo viso si distese e fece un sorriso che non aveva nulla di allegro. “Ma adesso gli staranno lontane. Adesso ho tutto sotto controllo” stiracchiò le gambe e inclinò la testa verso Hermione. “Scusa tesoro, ho esagerato. E’ solo una brutta giornata... Sarà meglio che vada a preparare una tazza di thè”





RIASSUNTO PUNTATE PRECEDENTI (DA CAP. 24 IN POI)



Hermione e Ron hanno litigato e si sono lasciati; Hermione decide quindi di andare da Ginny per capire cosa fare con lui. Finchè è lì George passa a trovare sua sorella: lui e Hermione si baciano, ma lei non sa ancora se vuole stare con George (purtroppo per noi la ragazza è molto indecisa...)
Ginny le confessa che ha un problema: è molto gelosa di Harry e questa cosa la fare stare male. Allora Hermione, per sdebitarsi della sua ospitalità, la invita a casa sua. Ginny ne è particolarmente felice.
Nel frattempo, in casa Granger, Rita è rimasta sola con Tinky. Rovistando tra i cassetti di Hermione trova un sacchetto che contiene Polvere Olvidante, una specie di droga assunta dai maghi per dimenticare gli orrori della guerra magica contro Voldemort. Rita non fa in tempo a gioire della scoperta (è un super scoop!) che Julian si materializza in casa e la “rapisce”, intimando a Tinky di non dire a nessuno che è stato lui a portare via la giornalista.
Una volta al sicuro (cioè a casa di Julian e di suo zio Adam) l’uomo la avverte che è vittima di un complotto ordito da Hermione e dal Ministero: dato che Rita sa troppe cose  (conosce la vita privata e i segreti di qualsiasi esponente del governo) hanno deciso da sempre di attirarla a casa di Hermione e di ucciderla. Julian dice che Hermione è a casa di Ginny per fare in modo che un sicario uccida indisturbato Rita.
In effetti, nessuno sa che la giornalista vive a casa di Hermione. Rita si sente tradita dalla ragazza, perchè pensava che fosse una persona onesta. Decide di vendicarsi, ma Julian riesce a incanalare la sua energia in qualcosa di utile...
Ginny adesso è a casa di Hermione: da un dialogo con Tinky si capisce che Ginny ha il compito di controllare l’elfa, compito affidatole da Julian: ma che diamine c’entra la piccola Weasley con lui?
Hermione inoltre scopre che Luna ha deciso di lasciare Stregami per diventare una giornalista vera e propria. 

Spero vi sia tutto più chiaro. Dubbi o incertezze? Chiedilo a Scribacchina, biografa ufficiale di Rita Skeeter.

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Capitolo 30
*** Spiazzanti Situazioni ***



Forse, se Ginny non avesse perso la testa e non avesse urlato al mondo quanto odiava le colleghe di Harry, Hermione non si sarebbe mai data una mossa in quel periodo e quindi io, Scribacchina, non avrei mai potuto scrivere questa storia perchè Rita sarebbe morta o scomparsa molto prima di incontrarmi.
Detto questo, non so se essere riconoscente a Hermione Granger o no.
Ma andiamo avanti.
Quando Hermione vide in che stato si trovava la sua amica capì che anche se in tutti gli anni in cui si conoscevano Ginny aveva sempre avuto un solo grande amore, cioè Harry, e avrebbe dato tutto pur di stare con lui, essere la sua ragazza non l’aveva resa così felice. E a essere sinceri, ed era finalmente il caso di esserlo, l’invidia che Hermione aveva sempre provato nei suoi confronti svanì come neve al sole.
Dire che Ginny era “gelosa” non rendeva il concetto. Forse “letteralmente fuori di testa” era un po’ più adatto. Poteva anche essere una persona meravigliosa, ma era Grifondoro dalla rossa testa fino ai pallidi piedini, quindi non di rado  agiva invece di ragionare.
Grazie ad accurate indagini, che Hermione svolse giorno dopo giorno, si scoprì che Ginny aveva “accidentalmente” rotto una gamba ad una procace assistente di Harry, lanciato una fattura ad una giornalista che aveva chiesto a Harry se fosse single (“Quella stupida vacca. Lo sanno tutti che Harry è fidanzato con me” aveva commentato), bruciato diverse borsette di simpatiche stagiste, colorato di verde fluenti chiome femminili, inviato rose al peperoncino alle donne delle pulizie eccetera eccetera.
Hermione cominciò a sentirsi vagamente inquietata. Quando notò che ogni volta il discorso “gelosia” si concludeva con un “ma adesso ho tutto sotto controllo” capì che c’era da preoccuparsi davvero. Cosa aveva potuto fare Ginny per soddisfare i propri folli standard di sicurezza sentimentale?
Aveva piazzato un drago fuori dall’ufficio di Harry?
O magari aveva ideato un piano per eliminare le presenze femminili dal Ministero? (Pensandoci, a Hermione fischiarono terribilmente le orecchie)
Forse aveva stregato Harry in modo da fargli sembrare orribile qualsiasi donna, ma suonava davvero troppo bello e pacifico per essere vero.
A dirla tutta, Hermione non aveva mai affrontato la gelosia in prima persona, Lavanda Brown a parte. Certo... non è che Ron avesse la fila di spasimanti fuori dalla porta. Anche quando era così stupido da dirle che, se non veniva lei, sarebbe uscito con un’altra donna, lei se la prendeva solo perchè la stava minacciando, non perchè temesse davvero che uscisse con un’altra.
Ma d’altra parte sapeva che quasi tutti i fidanzati erano gelosi del partner. Quindi, premesso che Ginny era, in modo psicopatico e quasi illegale, nel giusto, c’era da capire come fare perchè evitasse di incenerire ogni donna che si avvicinava ad Harry nel raggio di diversi chilometri.
All’inizio Hermione provò ad essere diplomatica.
Sfortunatamente, non funzionò.
“Hermione, tesoro. Sto bene. Davvero, non preoccuparti”, era la risposta standard.
Ma se stava così bene, si chiedeva Hermione, perchè le aveva detto chiaro e tondo che aveva un problema? E perchè viveva ancora a casa sua?
Non che le dispiacesse, no no. Ma dato che Ginny non aveva voluto rinunciare al suo hobby mentre era in trasferta la sua casa pullulava per la prima volta di diversi uomini attraenti e ahilei poco vestiti.
Il che sarebbe potuto anche andare bene (aveva rivisto il ragazzo della doccia e aveva deciso che sì, era proprio stupendo) non fosse stato per Ron.
Ginny aveva appena finito la seduta con un modello e stava chiacchierando con lui ed Hermione sulla possibilità di pubblicare gli scatti, quando avevano suonato alla porta. Ginny si era alzata, aveva visto chi era ed era tornata in salotto “E’ Ron. Se chiede di me, sono in ritiro spirituale a Bali e voi non mi vedete da settimane”  Se n’era andata in camera sua con un sorriso molto zen sulle labbra. Hermione aveva avuto un attacco di vertigini.
Ron? RON?
Oh, no. NO.
Non ora che un ammiccante ragazzo seminudo era sdraiato sul suo divano. Non ora che Ginny si fingeva dispersa in un altro continente.
Cercò di agire in fretta. Buttò all’aria il salotto in cerca di una coperta per occultare il modello, ma Grattastinchi aveva monopolizzato l’unica senza buchi, per cui ne appellò una dalla sua camera. Ma forse aveva dosato male la forza dell’incantesimo, o forse era solo troppo agitata, perchè la suddetta coperta schizzò verso di lei avvolgendola e facendola cadere fra le braccia di un sorpreso (ma sorridente) mago vestito solo di interessanti boxer neri. 
E fu proprio allora che Ron, stufo di aspettare, si Materializzò in casa. Il silenzio che seguì fu glaciale.
La prima a parlare fu Hermione, che disse “Non è come pensi” uscita classica  ma facilmente confutabile, se pensate che il suo salotto solitamente ordinato era buttato all’aria, i vestiti del ragazzo erano gettati su una sedia e lei era appiccicata a quel giovane aitante sul divano.
Così quando lei disse “Non è come pensi” intendendo davvero “Non è come pensi” (perché effettivamente non lo era) Ron capì invece “Ex fidanzato, sei così scemo che riuscirò farti credere di essere innocente anche se è evidente che me la sto spassando con questo gran bel tipo”
Credo sarebbe inutile riportare le urla che ne seguirono, e comunque, se siete molto curiosi, potete sempre chiedere a qualsiasi mago inglese cosa Ron abbia detto a Hermione, perché non risulta possibile che qualcuno su suolo nazionale non abbia sentito.
Le frasi usate andavano da “io ti amavo” a “sono stato uno scemo” all’intramontabile “donna scarlatta”, ormai un must per gli scrittori di fan fiction.
Dopo che si fu così sfogato, Ron riuscì a dominarsi quel tanto che bastava per dire che era solo venuto a cercare Ginny, dato che non avevano sue  notizie e non era proprio il caso che un altro membro della famiglia sparisse all’improvviso.
“Un altro?” pigolò Hermione, adesso in piedi di fianco al divano.
Ron la fissò freddamente. “George è irreperibile da una settimana. Non che la cosa ci stupisca, ma mi aspettavo di vederlo qui. Invece vedo che tradisci anche lui.”
“Questo non ha senso!” sbottò Hermione, ma Ron si era già smaterializzato “Non risponde neanche. Tipico”
“Fossi in te non lo tratterei così” disse una voce calda alle sue spalle “Voglio dire, è così carino”
Hermione si girò sconvolta “Come scusa?”
“Ma sì, cara. Quel tipo non è niente male. Ehi, non è che me lo presti per una sera?” il bellissimo modello le fece l’occhiolino e ridacchiò. Hermione lo fulminò.
“E tu non potevi dirlo prima che eri gay?”
Il ragazzo sembrò rifletterci, poi sorrise “Certo che no. I rossi sono ancora più carini quando si arrabbiano.”

Hermione, cercando di dimenticare l’episodio, decise di escogitare un modo per interrogare Tinky. Casa sua era nel pieno di una guerra non priva di rappresaglie: dato che Ginny amava dormire fino a tardi, Tinky aveva avuto la geniale idea di liberare, ogni tanto, un topolino alle sette di mattina, in modo da far impazzire Grattastinchi e fargli fare un fracasso infernale.
E, dato che Tinky adorava l’alcool (perfino Hermione si era arresa all’evidenza) era altrettanto frequente che Ginny comprasse bottiglie di analcolici, che avevano sull’elfa l’effetto che l’acqua santa dovrebbe avere su Dracula.
Insomma, la situazione stava decisamente prendendo una pessima piega. Fu per questo che Hermione attirò Tinky in un tranello, servendosi di profumati e fragranti biscotti al rum, sapientemente lasciati a raffreddare incustoditi. Non appena l’elfa vi mise sopra l’avida manina Hermione sbucò dal nulla e sorrise “Tinky, cara, quei biscotti sono per un collega del Ministero che va in pensione” disse con voce flautata “temo che tu non li possa toccare”
Tinky la guardò storto, ancora con la mano sul biscotto prescelto.
“Ah” riuscì a dire, prima di tornare a guardare con desiderio i biscotti, i quali, evidentemente divertiti dalla situazione, sembravano chiamarla in coro.
“Certo, mi dispiace... devono essere così buoni... e burrosi...” continuò Hermione.
La mano di Tinky tremò.
“... e, sai, forse mi è scivolata un po’ la mano con quel rum. Non sono mai stata brava a fare le dosi” ammise angelicamente. Tolse il vassoio dalle mani di Tinky e fece per andarsene.
“Va bene, va bene! Basta così! Cosa volere signorina? Tinky si butta in fiume pur di avere quei dannati biscotti!”
“Voglio sapere cosa succede tra te e Ginny” esclamò Hermione.
Tinky s’incupì “Signorina Weasley essere estremamente stupida. Essersi alleata con uomo di oscure intenzioni, e  io avere paura di lui. Lei solo volere sorvegliare me e tormentare me. Lei ha nascosto alcool! E rubato mia pallina da tennis!”
Anche se per Tinky il furto di una pallina ed essere sorvegliata a vista erano problemi di pari entità, Hermione non la vedeva esattamente così.
“Credo che tu mi deva raccontare molte cose” sospirò sedendosi “E me le dirai. Oppure niente biscotti”
Tinky alzò un sopracciglio “No problemo” acconsentì. Aveva ricevuto ricatti peggiori in vita sua. Come quella volta che era stata beccata a rubacchiare in un negozio di Nocturn Alley e... a dirla tutta, forse era meglio non pensarci.
“Ma ti avverto, signorina Granger, che nostra storia cominciare da molto lontano...”

Dopo la visita dal dottore passai diversi giorni in uno stato di semi incoscienza. Non mi rendevo conto di cosa facevo, dimenticavo cosa avevo detto al signor Adam o a Julian, scordavo perfino di lucidare la mia penna Prendi-appunti, che si offese a morte e si nascose fra i miei migliori vestiti. Il che, se pensate che era carica di inchiostro, fu una vera cattiveria da parte sua.
Mentre lavavo i miei tesorucci (a mano, e non scherzo; i miei simpatici ospiti mi avevano detto che il Ministero aveva posto su di me una specie di traccia, quindi niente magie. L’idea mi aveva pietrificata per qualche minuto buono) mi resi conto che non li indossavo da un bel po’. In realtà, molti erano abiti da sera, e li avevo usati solo durante le serate con Amanda; durante quelle poche serate, cioè, in cui lei non mi aveva obbligata a sottostare agli ordini del suo sarto personale.
Il pensiero mi colpì all’improvviso, mentre le bolle di sapone ricoprivano il morbido tessuto di una gonna.
Ma... ma dove diamine era Amanda?
E perchè non si era mai fatta viva?
Si era dimenticata di me?
E il mio editore? Perchè non mi aveva più cercata?
Non so se voi, insignificanti babbani, abbiate dei barlumi di lucidità in cui capite che qualcosa nella vostra vita non quadra (per esempio, i biscotti spariscono sempre e vostra sorella ha mal di pancia tutta la settimana, oppure la vostra ragazza vi scarica e il vostro migliore amico vi deve parlare urgentemente, o anche siete una grande star che sparisce dalla circolazione e nessuno se ne accorge minimamente) ma in quel momento compresi che tutta questa storia non tornava. Insomma, io sparivo e non si mobilitava la Polizia Magica? Gli Auror? Harry il-mondo-non-è-abbastanza-figo-per-me Potter?
Nessuno nessuno?
Non era possibile.
Mollai in ammollo tutto il bucato e corsi da Julian per avere spiegazioni. Lo trovai intento nel suo sport preferito: spiluccare pop-corn davanti alla tv. Non che non condividessi, ma non ero dell’umore per essere ragionevole.
“Com’è possibile che nessuno mi abbia cercata?” strillai in mezzo al salotto.
Lui cercò di spostarmi con una mano, quindi urlai un po’ più forte. “Ehi, dico a te, marmocchio!”
Mi guardò come se gli avessi fatto un torto enorme “Insomma! C’è una partita di calcio!”
Calcio. Ma certo. *
“Povero piccolo... scusami davvero” lanciai il telecomando e sfondai il vetro del televisore, che esplose in qualche simpatica scintilla azzurra. “Ma adesso la partita è finita, vero?
Sconcertato, Julian sembrò finalmente disposto a prestarmi attenzione. “Lei è pazza”
“Questa l’ho già sentita da un dottore, non attacca più. Allora, Signor Risposta Pronta: perchè nessuno mi ha cercata da quando sono qui?”
“Perchè, secondo i giornali, lei è in ritiro spirituale. A Bali, per la precisione.” disse con indifferenza. Oh, Merlino.
“Il mio dottore sarà contento” sbottai. A Bali? Io, a Bali. A meditare! Che tristezza. Potevano almeno dire che ero a Parigi a spassarmela... Stupido Ministero.
E così nessuno mi avrebbe aiutata ad uscire da quella situazione assurda? Probabilmente no. Senza che lo volessi una lacrimuccia sgusciò in silenzio dai miei occhi e Julian se ne accorse. E fece una cosa molto, molto strana.

Mi accarezzò il viso con improvvisa dolcezza e mi prese una mano fra le sue. “So che questo per lei è un brutto momento...” disse a bassa voce “forse ha bisogno di una persona che possa stare al suo fianco, sorreggerla mentre affronta tutta la verità, confortarla e farla sentire importante. Io ti trovo una donna straordinaria, Rita.” disse, passando al tu con la voce che tremava dall’emozione e avvicinandosi a me “E a dirla tutta... mi piacerebbe poter essere quella persona.”










*In realtà, questa è una battuta celebre delle Follie dell'Imperatore. Ho sempre pensato che Izma e Rita avessero delle caratteristiche simili e, per quanto non voglia immaginare cosa combinerebbero insieme, ogni tanto credo sia giusto citare lei e Kronk in questa storia.


Bene, miei babbanucoli. So che apettavate questo capitolo con ansia, com'è giusto che sia, ma sapete, sto organizzando la vita sentimentale di Scribacchina e vi assicuro che non è facile. Anche perchè lei crede in certe sciocchezze che suonano vagamente come "principe azzurro" e "quello giusto". Tempo due settimane e l'avrò convinta che nè l'uno nè l'altro esistono, ma per ora non cede.
Per la cronaca, ormai conosco la vostra miglior cultura e so tutto su certi film di Walt Disney, quindi vi voglio dire una cosa che cambierà le vostre vite: il caro signor Disney vi ha fregate alla grande su tutta la linea. Per cui fategli causa una volta per tutte e con i soldi ottenuti regalatevi una vacanza sofisticata, trovatevi un riccone. E. Sposatelo. Subito.
Vi assicuro che non c'è niente come un vestito di Chanel per arrivare alla felicità terrena. Neanche un principe a cavallo che sa Shakespeare a memoria.
Una dura realtà, ma se l'ha capita Luna Lovegood può farcela chiunque, non trovate?


Baci, carini

Rita

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Capitolo 31
*** Sconcertanti scoperte ***




E’ capitato anche a voi di restare senza parole?
Di essere nel panico, di voler sparire pur di non dover affrontare una situazione imbarazzante?
Allora forse capirete come mi sentii in quel momento.
Nel giro di due nanosecondi il mio cervello aveva già esaminato tutte le possibili vie di fuga: pensai scappare da una finestra, ma eravamo ad un piano troppo alto per saltare... volevo mettere fine a quella conversazione, non alla mia vita; potevo fingere di svenire, ma rischiavo di finire dritta fra le braccia di Julian (no no no no!) e comunque avrei solo posticipato l’ardua questione; potevo guardarlo negli occhi e dirgli che ero già sposata (poco credibile) o innamorata (ancora meno credibile). Oppure potevo dire che mi piacevano le streghe, ma non ero molto sicura di essere così terrorizzata.  
Julian mi sorrise e io indietreggiai.
Ok, forse lo ero.
Secondo il mio dottore (secondo il suo discutibilissimo e insignificante parere, almeno) io avevo paura delle relazioni stabili perchè mi sentivo imprigionata in esse, ma la realtà era che legarmi ad un mago mi dava la nausea. Onestamente, quanti erano gli uomini che avevano meritato la mia stima o la mia simpatia nel corso degli anni? Nessuno. Tutti avevano i loro segretucci da quattro soldi, i loro terribili scheletri nell'armadio, i loro insopportabili difetti.
Forse dovrei raccontarvi di Daniel Nottorn. Daniel Nottorn è stato il mio primo vero fidanzato, all’età di quindici anni. Ero giovane e inesperta e, purtroppo, per qualche mese credetti davvero di essere innamorata di lui.
Finchè non lo vidi baciare una Tassorosso che il giorno dopo si ritrovò misteriosamente senza capelli. Quanto a lui, credo che si ricorderà del filtro d’amore che gli preparai. Chissà come  sbagliai la formula, così il caro Daniel passò un giorno intero proclamando assoluto amore nei confronti di un suo compagno di  stanza.
Che curiosa svista.
Bene, credo che Daniel sia stato anche l’ultimo fidanzato fisso della mia vita, e vi assicuro che non mi sono mai annoiata nel passare da un mago all’altro. Anzi, è stato uno spasso: mi sono potuta divertire senza seccature come anniversari e San Valentino. Niente ansia, niente fisime inutili, solo attrazione fisica. E se poi qualcuno non andava bene, lo si cambiava senza tanti problemi.
Onestamente, sono stata molto più fedele ai tailleur che agli uomini. E questa è stata una delle chiavi del mio successo.
Quindi, miei cari, potete immaginare quanto io fossi allergica alle dichiarazioni d’amore. Cosa voleva da me Julian? Che cadessi fra le sue braccia e dicessi che lo amavo? Magari stava solo scherzando.
O forse era dannatamente serio.
Cosa dovevo dirgli?
Non riuscivo più a ragionare. Sentivo il panico farsi strada come una locomotiva nel mio cervello, travolgendo tutto mentre passava. Era semplicemente troppo.
Tutto divenne nero.

Quando mi svegliai, Julian era al mio fianco e sorrideva estatico. Oh, Dio. Gli ero davvero crollata addosso priva di sensi come una attricetta da soap opera?  
Speravo di no.
Comunque Julian non stava sorridendo a me: guardava davanti a sè, e seguendo il suo sguardo vidi il signor Adam che ci fissava con la solita inespressività.
“E’, vero, signorina Skeeter?” mi chiese con aria grave
Oh, Morgana. Era vero cosa? Che non ricordavo cosa ci facesse lui lì? Che adoravo i tacchi alti? Cosa?
“Ehm... vero cosa?” chiesi sfoggiando un sorriso seducente.  
La gioia esagerata di Julian sembrò vacillare, ma dopo un attimo tornò a splendere “Che noi due siamo fidanzati, amore”  
Lo fissai a bocca spalancata.
“Noi siamo...?”  Doveva essere un incubo. Lo esigevo. Non poteva essere vero.
“Certo, mia cara! Ma non ti ricordi...” abbassò la voce “... del meraviglioso bacio che mi hai dato?”
Lo fissai. Fissai anche il signor Adam. “Credo di dover andare a prendere un po’ d’aria”
“Ti accompagno!” esclamò Julian.
“No!” strillai saltando in piedi “Devo elaborare... la cosa... da sola” finii la frase con uno sforzo e poi scappai letteralmente nella mia stanzetta, gettandomi sul letto come un’adolescente confusa.
Ma che diavolo avevo combinato?

Hermione era sotto shock e guardava, senza vederla, la sua tazza di tè ormai fredda. Tinky aveva svuotato completamente il sacco, raccontandole tutte le mosse di Rita per raccogliere informazioni su di lei, fino a quando Julian l’aveva portata via poco tempo prima. L'elfa aveva tralasciato appena qualche dettaglio (tipo il ritrovamento del sacchetto di Polvere, che era  meglio non venisse fuori subito) ma non era stata molto discreta sul resto.
Perchè Tinky abbia fatto tutto questo è ancora oggi un mistero. Certo i biscotti furono un grosso incentivo, ma secondo Rita l’elfa in quel periodo aveva cominciato a preoccuparsi per la  sua sorte, dato che si avevano più notizie di lei, e aveva pensato che solo una come Hermione Granger poteva davvero aiutarla. Non che la cosa non faccia incavolare Rita, ma pazienza.
Come biografa ho notato che Rita e Tinky si sono salvate spesso la vita reciprocamente anche a costo di causare cataclismi e compromettere bizzarramente l’esistenza dell’altra. E’ mia opinione che questo sia stato il loro modo di volersi bene... ma come sapete le mie sono solo riflessioni gettate al vento da una cella buia o, per dirla con le parole di Rita, “inutili fisime degne di un malato in cura speciale al San Mungo
Hermione era immobile già da qualche minuto e non accennava a muoversi. Tinky sbuffò, fece un giro per la casa, rubò le ciabatte a Ginny (uno a zero per gli elfi) e tornò in salotto sperando che Hermione fosse rinvenuta, ma la ragazza non  dava segni di vita. Sospirando, l’elfa le allungò un regale schiaffo
Ma se avesse potuto prevedere cosa sarebbe successo, forse non l’avrebbe fatto.
Hermione non protestò neanche, ma si girò verso di lei e la guardò con gli occhi che lampeggiavano, con un’aria vagamente folle e molto, molto pericolosa. “Rita mi ha spiata per tutto questo tempo” disse ad un’ottava più alta del normale “e voleva rovinarmi pur di avere qualche schifoso minuto di gloria. E tu! Tu sei stata la mia elfa domestica per chissà quanto!”
Esplose in una risata cristallina, ma Tinky non presagì nulla di buono. Era la stessa risatina che faceva Rita quando minacciavano di sfrattarla.
“E adesso secondo te io dovrei andarla a salvare!” Hermione cominciò a girare in tondo aprendo e chiudendo i pugni “Quella donna” disse rabbiosamente ”è l’esempio che io mi sbagliavo. Credevo che tutti avessero almeno un lato positivo, ma non è così. Rita  è quasi... inumana. E chiunque stia cercando di ucciderla ha il mio totale e incondizionato appoggio!”
Ok, forse la signorina Granger non l’aveva presa come Tinky sperava.
L’elfa scosse la testa infastidita e riprovò da capo “Signorina, io avere detto te. Skeeter era disperata e avere agito senza pensare. Julian non essere brava persona, lui e suo zio volere fare del male a Skeeter! Avere rapito lei! Loro avere aiutato lei in questo tempo solo per guadagnarsi sua fiducia. Ma nessun libro su Granger sarebbe mai stato stampato! Quindi signorina Skeeter non avere fatto nulla di male”
Per Tinky tutto questo era assolutamente logico.  Perchè la Mezzosangue non capiva?
“Oh, potrei far sparire quella donna dalla faccia della terra” ringhiò Hermione, fuori controllo “L’ho  rinchiusa in un barattolo una volta e posso farlo di nuovo.”
Tinky si era spesso interessata a quella storia, ma Rita non aveva mai voluto rispondere alle sue domande, a meno che lanciarle contro pentole non fosse una risposta. Chissà se stavolta invece... “Cosa essere successo con barattolo?” chiese con nonchalance.
Hermione abboccò “Rita spiava la gente ad Hogwarts mentre era trasformata, così io l’ho colta sul fatto. Era davvero uno scarabeo carino” commentò ferocemente. Appagata la sua curiosità, Tinky non poté fare a meno di sorridere. Che smacco per Rita essere fregata da una  quindicenne... cominciava a capire perchè quelle due si odiassero.  
In ogni caso, bisognava che Hermione la aiutasse. Un conto era cercare di salvare Rita da sola, un altro se ad accompagnarla c’era un Ministro famoso e potente. Diamine, sarebbe stata una passeggiata! Forse poteva anche dire in giro che erano ottime amiche... chissà quanti sconti sull’Idromele avrebbe ottenuto...
“Io non sapere perchè loro volere fare questo a signorina Skeeter, però no buono. E signorina Weasley è in combutta con loro!”
“Questo è da vedere” mormorò la strega. Cercò di fare il punto della situazione.
Rita era venuta in casa sua per spiarla, scrivere un libro scandaloso su di lei e diffamarla.
Rita aveva detto a Ron di Stregami.
Rita era stata sequestrata da probabili assassini che si fingevano suoi finanziatori.
Ginny collaborava con i cattivi.
“Oh, Flamel. Ho bisogno di un drink” sospirò ricadendo pesantemente su una sedia. Tinky non fece una piega e uscì dalla sala, tornando carica di quelle bottiglie tintinnanti che Hermione aveva dato per disperse.
“Quella donna è un demonio” sibilò mentre Tinky preparava qualcosa di non troppo mefitico per tirarla su di morale. Non riusciva neppure a capire cosa provasse dentro di sè, se rabbia o indignazione o terrore. Che segreti poteva avere scoperto Rita su di lei? Improvvisamente ogni minimo errore commesso le sembrò imperdonabile.
E se non avesse  fatto bene la raccolta differenziata? O se avesse detto qualcosa di poco gentile nei confronti dei goblin russi? O se avesse letto un libro frivolo invece di un documento importante?
Tutti l’avrebbero saputo e lei sarebbe stata lo zimbello del mondo magico. “L’integerimma ministra Granger legge "Passione e Tormento", gli elfi domestici aspettano le pensioni!
O peggio ancora, e se avesse pubblicato i suoi scatti disinibiti con George?
Per Merlino Morgana e Silente.
“Tinky, toglimi una curiosità” disse per distrarsi ”ma tu che la conosci, perchè ti dai tanto da fare per Rita?”
Tinky appoggiò le bottiglie con cui stava armeggiando e disse, infastidita “Perchè avere detto te cose segrete di ex padrona, ma noi elfi essere tenuti a portare rispetto a padroni passati; quindi per togliere da me disonore di essere spia, io dovere aiutare Rita”
Mai e poi mai Tinky avrebbe ammesso di fare qualcosa per qualcuno per affetto. La sua reputazione sarebbe andata in pezzi. Tanto valeva che si mettesse a bere acqua naturale e regalare caramelle. La sola idea le metteva i brividi.
Mentre ingurgitava il cocktail Tinky (che ci volete fare... tale padrona tale elfa) Hermione ripensò alla situazione e si sentì estremamente vulnerabile e confusa, ma non abbastanza da non ragionare lucidamente. Doveva trovare Rita e bloccare sul nascere qualsiasi possibile scandalo, in quello stesso momento. Oppure avrebbe dovuto passare il resto dei suoi giorni a fare l’eremita sulle cime dell’Himalaya. Mh, l’Himalaya. Neve, freddo e tanti yak.
Si poteva fare una dieta vegetariana equilibrata a ottomila metri di quota?
Probabilmente no. Si girò verso Tinky, che aspettava di vederla collaborare. Gli occhi enormi dell’elfa riflettevano la sua immagine sconvolta; cercò di darsi un contegno, facendo un respiro profondo “D’accordo. Troveremo Rita, la libereremo e poi io le cancellerò la memoria” disse con fermezza “non voglio... denunciarla, ma non posso permetterle che ricordi i dettagli più intimi della mia vita. E’ qualcosa di... di perverso.”
Si alzò in piedi barcollando leggermente, sostenendosi col tavolo. Il cocktail cominciava a fare effetto. “Ma per prima cosa parleremo con Ginny. Chiamamela subito!” gorgheggiò  senza accorgersene. Tinky la sqaudrò da capo a piedi, decise che era sbronza e andò a recuperare la signorina Weasley, intenta a dipingersi le unghie in camera sua.
“Carissima sgnorina! Hermione volere te in cucina subito. Se tu potere interrompere tua occupazione, ovviamente...”
Ginny la fulminò, sventolando una mano sul piede per far asciugare lo smalto “Sai, mi ricordi molto un elfo simpaticissimo che conoscevo tempo fa. Si chiamava Kreacher ed è impazzito quando Harry lo ha lasciato solo a Grimmauld Place. Per caso eravate parenti?”
“No” rispose calmissima Tinky “ma io conoscere ragazzo rosso isterico che non sa fare passo senza fidanzata. Ti somiglia molto. Voi parenti?”
Ginny si era alzata in piedi e stava probabilmente per commettere un elficidio, quando la voce insolitamente allegra di Hermione la chiamò “Giiinny! Tesoooooro, perchè non arriviiii?”
Ginny rimase un attimo incerta sul da farsi, poi sibilò “Questa me la paghi” e  uscì con fare altezzoso.
Tinky sorrise. Due a zero per gli elfi.




Bene bene, cari Babbani. Sono di corsissima, perchè ho un appuntamento per la permanente e Scribacchina continua a lamentarsi che i bigodini le ustionano le mani. Be', certo non è colpa mia se il nostro rifugio non ha l'attrezzatura adatta per la mia chioma, vi pare?
Per la cronaca, la mia piccola schiavetta mi ha pregata di dirvi che ha pubblicato una piccola storia chiamata "Il ciliegio di Abbey Road" che sarebbe lieta se la leggeste e bla bla bla.
Ma ovviamente la vostra priorità sono io, non è vero? Spero per voi di sì.
Alla prossima, carini
Rita

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Capitolo 32
*** Illusori idilli ***



Quando Ginny arrivò, capì che forse c’era qualcosa che non andava. Non che il fatto in sè fosse granché importante, ma non le era mai capitato di vedere Hermione brilla alle cinque di pomeriggio. Vedendo un sorriso sereno sul volto di Tinky, dedusse che la colpa fosse sua.
“L’hai ridotta tu così?” chiese alzando minacciosamente un sopracciglio.
“Io  no” rispose serafica l’elfa “cocktail forse” detto questo si dileguò più veloce di Grattastinchi davanti all’acqua.
. Ginny non era abituata a scandalizzarsi per così poco. E poi era sempre divertente chiacchierare con lei quando l’alcool le aveva sciolto un po’ la lingua... Una volta aveva perfino chiesto a Neville se fosse gay. La sua faccia, prima che rispondesse fermamente di no, era stata impagabile.
“Allora, Herm... Come stai?” chiese affettuosamente.
Hermione rovesciò la testa all’indietro e ridacchiò “Ginny, sei una stronza”
Il sorriso sparì subito dalla faccia di Ginny. “Ma sei la migliore stronza che conosca, e ti voglio bene. Alloooora, perchè non mi hai detto che mi stavi spiando?” Hermione tirò di nuovo su la testa, in modo da poter guardare la sua migliore amica negli occhi “Non è carino, sai” mormorò, con uno sguardo terribilmente penetrante che a Ginny ricordò un po’  quello di Silente.
Ginny esitò. L’elfa doveva aver parlato con Hermione... Ma quando? Le vennero in mente milioni di momenti in cui non era stata molto attenta e si rassegnò. Come spia faceva proprio schifo. Lottò contro sè stessa per non dire la verità, ma non era così facile. Cosa doveva fare?
“Domattina non mi ricorderò niente, sai” Hermione sorrise amabilmente. “Un po’ d’acqua?”
Ginny annuì e prese il bicchiere che le veniva offerto, giusto per prendere un po’ di tempo. Sentì le sue resistenze impallidire di fronte alla prospettiva di potersi togliere quel peso dalla coscienza. Prima che se ne rendesse conto aveva già aperto la bocca.
“Ecco Herm, non è stato facile per me. Vedi, io ti voglio davvero bene, ma sono anche innamorata di Harry. E, per Merlino, se ogni tanto l’avessi visto anche tu, con tutte quelle oche che gli si strusciano addosso... io stavo impazzendo di gelosia, davvero. Un giorno stavo aspettando Harry fuori dal Ministero e l’ho visto uscire con un ragazzo... non so perchè, Hermione, ma ho sentito che lui, il ragazzo intendo, poteva aiutarmi. Così sono corsa incontro a Harry che ci ha presentati... Ci siamo rivisti altri giorni, sempre fuori dal Ministero, e una di queste volte lui mi ha detto che non doveva essere facile stare con un ragazzo così famoso, e altre cose che non mi ricordo bene. E’ stato in quel momento che ho avuto l’idea... se qualcuno lo avesse... sorvegliato ogni tanto... e poi mi fosse venuto a dire che faceva Harry quando non c’ero, magari sarei stata più tranquilla.  
Ho chiesto a quel ragazzo di farlo per me. In cambio mi ha chiesto solo di stare a casa tua e sorvegliare Tinky. Non ho voluto sapere nient’altro, solo che non potevo lasciarvi da sole... e quindi eccomi qui. Certo, non è facile. Quell’elfa orribile è così piccola che non la vedi neanche”
Dalla fruttiera arrivò un colpo di tosse, ma Ginny non se ne accorse. ”Ecco, questo è tutto” disse compiaciuta, ma si sentì come un topolino caduto in trappola. Perchè mai aveva detto tutte quelle cose? Dopo tutti gli scrupoli che si era fatta, dopo le paure che aveva avuto, aveva raccontato ogni cosa a Hermione! Che avrebbe detto Julian? Cosa avrebbe fatto?
Ginny andò nel panico. Poteva dire che aveva scherzato? No, no! E’ troppo tardi per rimangiarsi tutto!, disse una vocina isterica. Non poteva fare nulla. A meno che...  Improvvisamente si sentì calmissima e sicura. Serviva davvero poco... Bastava usare un Oblivion su Hermione. Da ubriaca non avrebbe certo saputo proteggersi a dovere. Si sentì così sollevata che le venne da ridere.
Fece scivolare la mano sudata sotto la maglietta, chiudendola attorno alla sua bacchetta. Bastava solo trovare il momento adatto...
Lei e Hermione si guardarono di nuovo. Ci fu un attimo di silenzio teso, poi Hermione, sempre tenendo gli occhi fissi su di lei, appoggiò male il gomito sul tavolo e crollò per terra. Ginny uscì dalla quella specie di trance e scoppiò a ridere, prima di aiutarla a rimettersi in piedi. “Sembri proprio tua zia Muriel, sai?” disse la giovane Granger con noncuranza mentre veniva rimessa in posizione verticale.
“E tu sei ubriaca. Vuoi una mano ad andare in camera?” chiese Ginny, sentendo la tensione che l’abbandonava. Probabilmente Hermione non l’aveva neanche ascoltata mentre diceva quel mucchio di stupidaggini. Non c’era bisogno dell’Oblivion. Sicuramente no.
“Ho ancora novanta scimmie che saltano sul mio letto” disse Hermione, come a togliere ogni dubbio sul suo stato di coscienza.
Ginny pensò che quel cocktail doveva essere proprio strano... chissà cosa ci aveva messo dentro l’elfa etilista. Portò la sua amica in camera sua e mentre la distendeva sul letto, senza che se ne accorgesse, qualcuno si infilò nella fessura fra la porta e la parete.
“Ci vediamo stasera, Hermione” disse con dolcezza.
Tinky aspettò che Ginny se ne fosse andata, poi cominciò marciare per la stanza arrabbiatissima. “Tu poteva chiedere lei tutto quello che tu voleva sapere! Poteva scoprire suoi segreti e ricattarla!”
Hermione  si era già messa seduta sul letto. Lanciò un Muffliato e osservò l’elfa a braccia incrociate nella penombra della stanza, completamente seria e sobria “Io so già quali sono i suoi segreti, e non li direi mai a nessuno. Non hai mai avuto un amico, Tinky?”
“Non fare predica , signorina Granger! Io avere dato te Veritaserum di Skeeter. Tu sapere cosa fare me lei se lo scopre? Lei decapitare me, usare mia testa come trofeo, e brindare con aranciata in mio onore”
Rabbrividì all’ultima prospettiva. Hermione decise che prima o poi, quando la sua vita non fosse stata in equilibrio così precario fra il tracollo sentimentale  e il disastro sociale, le avrebbe fatto qualche discorsetto sull’amicizia vera e disinteressata. Dopotutto, neanche lei l’avrebbe capito da sola... non fosse stato per Harry e Ron, quando al primo anno avevano combattuto un troll in bagno insieme e... Fermò i suoi ricordi: il pensiero di Ron l’aveva colta di sorpresa. Da quant’era che non ci pensava sul serio? Ore? Giorni?
Oh, Merlino, chissà cosa stava facendo quel terribile bambinone. Forse era in un pub, forse era al lavoro, forse... non lo sapeva neppure lei. Prima, prima della guerra intendeva, avrebbe potuto descrivere la giornata di Ron a occhi chiusi. Ma adesso erano cambiate così tante cose... la guerra era passata di nuovo, Fred era morto.... Molly e Arthur si erano chiusi nella Tana, Ron era diventato ancora più insicuro, Ginny aveva visto il suo fidanzato portato alla ribalta senza di lei, George... Hermione sospirò. George andava in giro a baciare ragazze più o meno consenzienti, il che, in proporzione al resto, andava quasi bene.  
A pensarci meglio, anche lei era cambiata. Com’era possibile che si trovasse invischiata nei loschi affari di una  strega amante di scandali e gossip? Meglio non pensarci.
”Basta chiacchiere, Tinky. Passiamo alla fase due del piano e troviamo Rita” nella penombra gli occhi le scintillarono. Tinky blaterò ancora qualcosa sul non sapere sfruttare le occasioni, poi annuì e si Smaterializzò.

POV RITA

Dopo la sconcertante scoperta del mio fidanzamento cercai di capire come esattamente mi ero concessa a quel ragazzino di Julian. Innanzitutto avevo bisogno di tempo, motivo per cui mi diedi per malata e mi rinchiusi in camera. Questo, per la cronaca, è l’unico trucco per stare soli che funzioni sempre dai sei ai novant’anni (sempre che uno ci arrivi)
Poi mi feci portare, nell’ordine:  diciassette riviste di moda (per rilassarmi), venticinque tazze di caffè (per essere lucida), otto paperelle di gomma (per sfogarmi quando sforzare la memoria non dava frutti) e due bottiglie di Firewhisky (perchè, non potendo parlare davvero con Tinky, mi sembrasse almeno di inveire contro di lei)
Tuttavia non ricordai nulla.
A quel punto, la cosa che mi demoliva non era tanto il fatto di essere fidanzata: nessuno mi avrebbe sposata senza il mio permesso, e comunque ero abbastanza brava da far scappare Julian molto prima che avesse lo stomaco di portarmi all’altare. Ciò che mi terrorizzava era proprio il vuoto di memoria.
Se davvero avevo detto di sì a  Julian, voleva dire che stavo perdendo la testa. Magari in capo a due anni mi sarei trovata a vendere gadget pro Potter fuori dalle partite di Quidditch, vestita con una di quelle orribili tute sportive babbane e facendo battute oscene sulle mazze dei giocatori.
Oh, Morgana.
Il mio dottore aveva ragione: stavo impazzendo e non potevo farci nulla. Tutta colpa di mia madre! Avevo sempre saputo che mi avrebbe perseguitato per tutta la vita. Da quando ero piccola non aveva fatto altro che mettermi i bastoni fra le ruote. Voleva che diventassi una Medimaga come lei. Ma certo! Come se mi fosse mai importato qualcosa di pozioni curative e decotti medici!
Trascorsi le giornate maledicendo mia madre, leggendo le riviste e cercando di immaginare cosa ne sarebbe stato di me. A volte mi tornava in mente l’orribile visione dello stadio di Quidditch e provavo un senso di nausea (ancora adesso vedere una partita mi fa rabbrividire)
E se invece avessi davvero sposato Julian? Il pensiero mi colpì come un fulmine fra un articolo sulla dieta del sole e un muffin. In tutta la mia vita non avevo mai pensato a sposarmi. Fare una famiglia mi sembrava un’idiozia, quanto poi al fare la casalinga... la mia casa era stata un incrocio fra una boutique esplosa e  un bunker. Un bambino avrebbe trovato diecimila modi di morire lì, e io non avrei certo avuto voglia di sorvegliarlo.
Magari avrebbe anche vomitato sulle mie scarpe e sui miei appunti! Che orrore!
Eppure... sembrava che il mio inconscio avesse scelto proprio quella strada. Voglio dire, puoi anche non ascoltare tua madre o la tua migliore amica quando ti suggeriscono cosa fare, ma se è il tuo istinto a prendere il sopravvento e a gettarti fra le braccia di un uomo... forse  vuol dire che, dentro di te, è quello che sai di volere. Era terribile, preoccupante, inquietante ma anche... anche un po’ intrigante. Voglio dire, immaginarmi sposata era una rivoluzione.
Magari avrei imparato anch’io a preparare quei meravigliosi dolci che vedevo nei negozi. E avrei potuto addobbare la casa a Natale, usando tutte le novità fashion per i festoni e l’albero! Avrei potuto perfino comprare dei vestitini all’ultima moda per marmocchi... e per il resto affidarli a una baby-sitter. O a quattro-cinque baby sitter. Meglio andare sul sicuro.
Quanto a Julian... avrei davvero potuto sposarmi con lui e con suoi occhi verdi? Chissà.
Senza accorgermene, stavo sprofondando pericolosamente in un’illusione, in una fantasia folle dove turbinavano costosissimi vestiti da sposa, mobili pregiati, bavaglini firmati, crociere per famiglie ed elfi domestici finalmente docili.
Ma come ormai saprete, non c’è speranza che i miei sogni restino intatti per più di cinque giorni; e a infrangerli fu, come sempre, una pesantissima palla al piede.
Erano già ventiquattro durissime ore che stavo cercando di abituarmi all’idea di diventare una madre ricca e rispettabile (ragion per cui avevo scolato mezza Tinky ed ero di ottimo umore) quando, senza motivo apparente, la vera Tinky si smaterializzò nella mia stanza.
“Oh, mia cara” cinguettai per nulla sorpresa di vederla dopo settimane “arrivi in tempo per il the”. Presi una tazza dalla pila del comodino e gliela offrii, dopo averla scaldata con le mani (la mia bacchetta era ancora latitante) “Biscotti?”
“Skeeter, io dovere dire te... biscotti? Tu no avere altro cibo?”
Per tutta risposta le scagliai contro una paperella. “Non è gentile chiedere il pranzo a chi ti offre la merenda, carissima! Ma lascia che ti legga il tuo oroscopo astrale. Potresti scoprire grandi cose sul tuo futuro”
Tinky sbuffò, poi si arrampicò sul letto e mise la sua brutta faccia vicinissima alla mia. “Skeeter...”
“Tinky cara, devi portarmi più rispetto. Sono una donna sposata, adesso” dissi con un certo contegno. Devo dire che l’espressione sconcertata di Tinky fu alquanto appagante. Adoro stupire le persone.
“Skeeter sposata?” disse incredula. Scoppiò a ridere in modo molto, molto irritante, cominciando a rotolare da una parte all’altra del letto “Chi essere pazzo che sposa Skeeter?” continuava a ripetere fra le lacrime.
Pensai di incenerirla, quando mi resi conto che io ormai ero una signora seria e posata. Non potevo certo scendere al suo livello, quindi mi calmai e dissi “E’ esattamente quello che sono: sposata, o almeno fidanzata ufficialmente. Qualcosa in contrario?” alzai un sopracciglio con sdegno.
Tinky stava cercando di soffocare le risate col mio cuscino. Pensai che l’avrei dovuto bruciare, in seguito. “E sono molto felice di questo fidanzamento. Avrò un matrimonio in grande stile, farò delle vacanze di lusso e...”
Non è molto facile sembrare convinti quando si parla di progetti matrimoniali decisi da meno di quarantotto ore, e vi assicuro che farlo mentre un elfo domestico ha le convulsioni per le risate è ancora più complicato. Quindi, man mano che Tinky soffocava (sfortunatamente non per davvero) la mia determinazione vacillava.
A quel punto ero davvero scocciata. La presi per l’antiestetica tunica e la sollevai dal mio letto “Insulsa creatura” sibilai perdendo tutto l’aplomb da nobile signora dei quartieri alti “c’è un motivo se ti sto sopportando per cinque, preziosissimi, insostituibili minuti della mia esistenza?”
L’orribile essere sembrò calmarsi. Si asciugò le lacrime e proferì queste esatte parole “Signorina Skeeter è in pericolo. E se oggi non venire via da qui,  probabilmente no farà mai più”








Miei cari,
dopo più di due anni che condividete le mie sventure ho deciso che schiavizzare un po' di più Scribacchina non è un reato. Quindi, d'ora in poi, risponderà ai vostri commenti  e ogni tanto, se sarete fortunati, contribuirò anch'io. La mia piccola piattola è felice di collaborare, per una volta, quindi perchè non approfittarne?
E vi faccio anche i... cosi di Natale... sì, gli auguri, insomma. Sono così out che preferirei evitare, ma Scribacchina ci tiene e se non la assecondo ogni tanto potrebbe decidere di non fare il pudding, a Natale. Il che sarebbe un peccato, perchè dovrei punirla e non ne ho voglia. Il freddo rende pigri.
Bacini, cari
Vostra Rita 

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Capitolo 33
*** Cavillanti cacciatori ***





Fissai scettica Tinky, poi la scostai dal mio letto, mi stiracchiai e mi infilai sotto le coperte.
“Che fare tu?” chiese  l’essere sgranando gli occhi.
“I casi sono due” le dissi con la voce attutita dalle lenzuola “O tu sei un incubo, e allora posso eclissarti dalla mia vista solo ripiombando fra le braccia di Morfeo, o sei reale e, in tal caso, te ne puoi andare. Non ho intenzione di ascoltarti un secondo di più.”
Ero ben decisa a non girarmi verso di lei e a non guardarla in faccia. Lo sanno tutti: gli incubi diventano più reali se credi che possano parlare e muoversi e mangiarti le provviste... Mangiarti le provviste?  
Scaraventai le coperte in aria. Tinky, con la faccia più innocente del mondo, stava affondando i suoi piccoli denti da piranha nei miei adorati muffin dietetici, senza ritegno nè pietà. La traditrice mi fissò per un attimo, colta sul fatto, poi cominciò ad arraffare più dolcetti possibili saltellando da una parte all’altra della stanza. La rincorsi brandendo un paio di cuscini, mossa da una furia implacabile. “Tu! Mangiapane a ufo! Rubamuffin senza scrupoli! Cosa credevi di fare?”
Sfortunatamente la piccola peste era davvero agile: gli anni passati a evitare tutto ciò che le avevo scagliato contro avevano dato i loro frutti... Ma Morgana era dalla mia parte: Tinky scivolò su una sciarpa abbandonata, ruzzolando per terra; decine di muffin si sparsero per la stanza, ormai immangiabili. La mia rabbia cieca aumentò, corroborata dal senso di vittoria.
“E adesso ti pentirai del momento in cui hai cercato di rubare dolcetti a Rita Skeeter!” sibilai alzando un cuscino sopra la testa.
Ma prima che la mia vendetta potesse compiersi, Tinky mi afferrò per la caviglia e ci smaterializzammo.

Atterrammo in modo sgraziato (Tinky era sempre stata un fiasco in questo genere di magie) sul pavimento di una stanzetta cupa, arredata con pochi mobili e inguardabili tendine.
Con orrore riconobbi l’ultimo posto al mondo dove avrei voluto trovarmi: la camera degli ospiti di Perfettini.
Lo shock fu talmente forte che per poco non mi dimenticai della subdola elfa che cercava di svignarsela in silenzio. I miei riflessi mi vennero in soccorso: la bloccai per il polso, trascinandola davanti a me nonostante scalciasse e urlasse di lasciarla libera.
Cercai di zittirla in fretta, ma con mio enorme sollievo nessuno entrò nella stanza per controllare che succedeva. Con ogni probabilità eravamo gli unici esseri bipedi presenti in casa, il che mi concedeva qualche minuto per capire come tornare da Julian a piedi. La mia bacchetta, purtroppo, era rimasta sotto chiave.
Ma prima di andarmene dovevo vendicarmi di colei che mi aveva cacciato in quella situazione: alzai Tinky da terra e la scrollai con rabbia “Tu sei la più grande disgrazia che mi sia mai capitata” dissi “e per questo dovrai essere punita”
Tinky mi guardò terrorizzata, poi  deglutì e disse, con una vocina sottomessa e assolutamente non da lei “Va bene”
La risposta mi sconcertò. Di solito, arrivate a questo punto, lei implorava perdono, prometteva di servirmi e onorarmi per sempre o, almeno, si gettava ai miei piedi ululando. Non diceva “Va bene”, con quella vocina da agnellino.  Non aveva mai detto “Va bene” in tutta la sua vita. Diceva “No problemo” oppure “Ok, capo” in tono scocciato, ma di certo non “Va bene”.  
La cosa mi lasciò così spiazzata che fermai temporaneamente la mia brama di vendetta.
”Come sarebbe a dire “va bene”? Ti sei rammollita, per caso?” ringhiai.
“No” disse l’orribile creatura, senza più dibattersi nella mia stretta “ma fa un po’ Rita Skeeter non ci sarà più, e Tinky dovrà passare resto di sua vita con signorina Granger, che no sapere niente di moda ed essere vegetariana, con gatto pazzo e orribile e con sgualdrina Weasley. Io no sarò più pagata con alcool, no incontrerò più amici di Nocturn Alley e diventerò mascotte di stupidi gruppi pro elfi!” aveva un’espressione davvero disperata. In effetti, vista così la sua vita futura faceva proprio schifo. “Quindi io no temere niente. Tu potere fare me qualsiasi cosa.”   
Il suo tono mi convinse. Avevo insegnato io a Tinky a mentire, quindi da questo punto di vista la conoscevo meglio di sua madre (anche se, ovviamente, erano state separate non appena Tinky era stata in grado di lavare una pentola) e sapevo che stava dicendo la verità. Non che la cosa mi facesse felice, a dirla tutta.
Ci fissammo in silenzio. “Quindi non sei un incubo.”
“No”
“E sei davvero convinta che morirò a breve?”
“Già”
“Per mano di Perfettini, magari. Stavo giusto pensando che dovrebbe riprovarci” commentai sarcastica.
“No, no Perfettini. Julian” abbozzò Tinky.
Risi, con vago un senso di nausea “Oh, certo. Il futuro padre dei miei figli che mi vuole uccidere! Convincente.”
“Perchè tu credere lui e no me?” chiese Tinky mettendo il broncio ”Tu odiare sia me che lui. Noi dovere essere pari” insistette.
Mentre Tinky mi guardava con quelli occhi così orribilmente grandi, e parlava con quella vocetta così lamentosa, non-da-Tinky e insopportabile, qualcosa in me scattò. Fu come se le sue lamentele avessero aperto una diga: mi resi improvvisamente conto di essere furibonda, e la mia rabbia, accumulata nei mesi, si rovesciò su di lei come un fiume.
“Senti, cara  Tinky fammi-quello-che-ti-pare. Quest’anno ho passato un sacco di tempo a casa di Perfettini. Sono letteralmente scomparsa dal mondo pur di riuscire a star dietro a lei e a quel maledetto progetto del libro... e sai cos’è successo? Nulla. Assolutamente nulla. Nessuno mi ha mai cercata. Nessuno mi ha chiesto di lavorare, nè tanto meno si è preoccupato per me. Avrei potuto essere morta” ridussi gli occhi a fessure per la rabbia “e sarebbe uscito a malapena un trafiletto sul giornale in decima pagina, sotto la pubblicità di un lucidante per scope. E sai perchè? Perchè siamo nella società di Harry Potter, Tinky, non di Rita Skeeter! Tutti sono disgustosamente buoni e sorridenti. Non si parla male di nessuno, non esistono i pettegolezzi e, per Morgana, non trovi anche tu che sia disdicevole essere invidiosi di qualcuno? Dobbiamo proprio essere nel migliore dei mondi possibili: chiunque è gentile, altruista, adorabile. E tutti i segreti che ho accumulato in anni di duro lavoro? Ma a chi vuoi che interessino! La moda è cambiata, cara: adesso siamo tutti sinceri e magnanimi” sentii un pugno allo stomaco quando mi resi conto che quello che stavo dicendo era vero.     
“E adesso, dimmi” dissi rendendo ancora più tagliente la voce e avvicinandomi a lei “se le cose stanno così, dove andrò a finire io? A lavorare per quattro soldi in una rivista mediocre? No, grazie. La mia vita è stata fantastica fino ad adesso e non mi abituerò a niente di meno. Sposerò Julian: e’ ricco. Girando per casa ho visto diversi oggetti di valore, ha saldato il mio debito col Lepricano e fa vacanze da sogno. Non dovrò più lavorare in tutta la mia vita e non avrò una preoccupazione al mondo. Questo è tutto quello che voglio.”
Incrociai le braccia sul petto e chiusi gli occhi. Sentii che Tinky tirava su col naso e borbottava un “Amen” commosso.
“Essere peccato” mormorò pensierosa. “davvero peccato. Che peccato, grandissimo peccato. Che peccato peccato pecc...”
Il mio autocontrollo ricominciò a vacillare.
“Smettila!” strillai “Che peccato cosa?”
“Io avere idea per Skeeter, oh, idea molto buona, ma Skeeter volere sposarsi e donne sposate tornare famose solo se uccidere marito o drogarsi o dire “Essere mamma essere cosa fantastica” e Skeeter non fare queste cose. Però se tu essere single tu potere fare molto di più...”   
“Nessuno mi vuole più” dissi in tono tragico, portando una mano alla fronte “le stelle mi saranno avverse in tutto ciò che tenterò! Neppure il mio meraviglioso libro, in cui ho investito tanto tempo, potrà mai vedere la luce! Povera creatura rifiutata dalla stampa conformista! ”
“Padrona, io dovere dire te una cosa su tuo libro” incominciò Tinky nervosamente “Essere sciocchezza ma forse essere importante...”
La zittii con un gesto della mano, completamente concentrata sul mio sublime monologo di autocommiserazione. Insomma, il mio estro artistico non poteva certo venire interrotto da un’elfa domestica di infimo livello!
Ma non avevo dimenticato di essere in territorio nemico. Una volta finita la meravigliosa e toccante sequela di lamenti sulle sfortune che mi erano toccate frugai nell’armadio, cercando  le cinture; ne trovai diverse, in pelle e firmate: la cosa mi lasciò piacevolmente di stucco.
Con chi diamine mi aveva sostituita Perfettini? Nessuno dei suoi “amici” vegetariani le avrebbe mai usate e certamente nessuno del gruppo pro elfi era così evoluto da considerare una cintura come un investimento. Le valutai con un’occhiata prima di infilarmi le più costose dentro la manica (un vecchio trucco che tutti i maghi conoscono), usandone una particolarmente robusta per legare Tinky al  letto e un’altra per tapparle la bocca.
Prima di andarmene le lanciai uno sguardo truce “Bada bene, Tinky: non sono una strega per modo di dire. La prossima volta che ti vedrò farai meglio a scappare molto rapidamente su quelle gambette ridicole che ti ritrovi, prima che ti Cruci”
Poi appoggiai un orecchio alla porta, soffocando un’imprecazione quando un familiare (e acuto...) miagolio risuonò per la casa. La Bestiaccia di Perfettini non solo non era morta, ma era anche di vedetta. Dovevo ingannarla in qualche modo... ma come fare senza magia?
La mia unica fonte di ispirazione era l’armadio misterioso. Cercai un paio di calzini grigi, che trovai sepolti sotto strati e strati di vivace lingerie, e vi legai con un nodo la spallina di un reggiseno, sperando che il tutto potesse sembrare un topo a quella specie di sicario peloso che era il gatto di casa.  
Aprii con discrezione la porta, lanciando la mia esca il più lontano possibile da me. La Bestiaccia l’aveva vista?
Dopo un secondo sentii il rumore di una lotta ad armi impari e quasi mi dispiacque per quel fagottino di stoffa che avevo gettato fra le grinfie del mostro.
Ma non c’era tempo per i rimpianti. Scivolai silenziosamente per il corridoio, concedendomi un attimo per osservare la Furia Felina fare a prezzi il calzino-topo in salotto e chiedendomi per la centesima volta come fosse possibile che la creatura di una pacifista-animalista come Perfettini fosse un serial killer psicopatico e obeso.
Avanzai ancora. Ormai ero a pochi passi dalla porta d’ingresso... c’ero quasi...
Una ragazza dai capelli rossi uscì dalla cucina sbadigliando e mi guardò confusa prima di sbiancare.
“E lei... lei che diamine ci fa qui?”
In un batter d’occhi la riconobbi: la ragazza davanti a me era Ginevra Weasley... e io ero davvero, davvero nei guai.

Hermione, in quei giorni, si era torturata continuamente pensando a Rita. Finchè quella strega fuori di testa fosse stata a piede libero tutti i suoi segreti più intimi sarebbero stati in gravissimo pericolo: ogni volta che chiudeva gli occhi Hermione aveva la spiacevole visione di un articolo diffamatorio con una sua foto in prima pagina... sicuramente avrebbero usato l’immagine in cui indossava il vestito blu, quello più corto, e avrebbero scritto che lei non si preoccupava abbastanza del paese, che si era lasciata andare al successo e che non voleva più lavorare....
Guardò con sguardo ansioso le pratiche che aveva rimandato al giorno dopo e un pensiero un filino folle le passò per la mente. Se lei avesse continuato a lavorare intinterrottamente nessuno le avrebbe potuto dire che non s’impegnava... non avrebbero più potuto dire nulla contro di lei...
Hermione raccolse le pratiche con una strana luce negli occhi e rimase in ufficio fino a notte fonda.
E così anche il giorno dopo.
E quello dopo ancora.
In quel periodo, Hermione concluse un’infinità di documenti, spesso vecchi di mesi e apparentemente irrisolvibili, senza fare affidamento su nessuno a parte sè stessa. I suoi colleghi cominciavano a sentirsi inquieti ogni volta che, come una macchina da guerra, entrava in ufficio, prendeva la moka del caffè e si dirigeva a passo marziale verso la sua scrivania, ordinata in modo maniacale.
Dopodichè sfogliava la pila, sempre più esigua, di pratiche da sistemare, ringhiando contro ogni essere vivente che avesse il coraggio di affacciarsi alla sua porta, e restava seduta fino a mezzanotte, ora in cui il custode la invitava a uscire.
Il pover’uomo avrebbe preferito evitarlo, perchè ogni volta la Ministra Granger lo guardava come se le avesse fatto un torto enorme e usciva dal suo ufficio borbottando oscure minacce contro di lui, la sua famiglia e i suoi spazzoloni.
Eppure, quando vide Tinky al centro del suo ufficio non fece nessun commento, sentendo l’ansia che ribolliva dentro di lei. “Allora? L’hai trovata?” chiese.
Tinky annuì. Non servì altro: Hermione usò una scusa qualunque e uscì dal MInistero. Meno di mezz’ora dopo la comparsa dell’elfa era davanti alla porta di casa sua, con la mano sulla maniglia, pronta a tutto.




Sono molto felice di potervi salutare. L'inizio dell'anno è tempo di buoni propositi, e anche nel nostro rifugio non ci sono state eccezioni: Rita ha deciso di perdere quei due chili che deve smaltire da quando ha quindici anni (parole sue) e di imparare a fare la creme brulée, mentre io mi sono ripromessa di uscire dalla schiavitù il prima possibile... anche se il futuro è abbastanza funesto al riguardo.
E voi avete fatto qualche buon proposito?
Sarei curiosa di sentirli.
A presto
sempre vostra Scribacchina

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Capitolo 34
*** Meritevoli Memorie ***



Quando Perfettini varcò al soglia di casa sua si trovò davanti una lotta all’ultimo sangue che vedeva come protagoniste me, la Piattola Weasley e una cintura. Una cintura molto particolare
“Mollala!” stavo gridando rivolta alla piccola furia lentigginosa, cercando di tirare verso di me quel meraviglioso accessorio “Lei è mia!”
“Non è vero! Io l’ho comprata onestamente più di un anno fa!” mi rispose la mocciosa, tirando dalla sua parte.
“Ah! Onestamente! Questo è tutto da dimostrare, ladruncola” ringhiai.
“Che diamine succede qui?” urlò a questo punto Perfettini. Sia io che la mini Weasley ci girammo verso di lei per la prima volta:  la mia rivale la salutò, perdendo di vista la cintura, così io riuscii a fregargliela e nascondermi in cucina prima di sentire le gambe cedermi. Passata l’euforia per la vittoria mi accorsi di essere terrorizzata: non dimenticate che, a quanto ne sapevo io, in salotto c’era una killer in odore di droga che aveva cercato di ammazzarmi.
“Signorina Skeeter! Venga subito qui!”
“Razza di ladra! Mi deve ridare la cintura!”
“Per tua informazione, l’avevo vista prima io” strillai, rovistando nei cassetti dell’ormai familiare cucina grangeriana in cerca di pentole per proteggermi da Perfettini. Se mi avevano salvato dal trauma di Bambi potevano fare anche questo, no?
“Quella cintura è mia!” ripetè ostinata la Weasley.
Ok. Forse dovrei spiegarvi perchè mai, invece di scappare e mettermi in salvo, ero rimasta nella segreta del cuore peloso ad litigare per una cintura... ma, come ho già detto, quella non era una normale cintura. Era LA cintura.
La nostra storia risale ad una fredda mattina di gennaio, in cui io, di ottimo umore, ero andata a girovagare per negozi durante i saldi. Mentre vagavo qua e là (leggi: mentre scrutavo attentamente ogni centimetro delle vetrine di Diagon Alley) l’avevo vista immobile in vetrina: una cintura splendida, di ottima fattura, che prometteva di trasformare qualsiasi straccetto in un abito d’alta moda. Il prezzo era da infarto, ma lo sconto del trenta per cento più un altro sconto del venti per cento (casualmente ero venuta a sapere che la padrona del negozio smerciava marchi contraffatti e potevo ricattarla) la mettevano alla mia portata. Fu amore a prima vista.
Entrando nel negozio ne avevo già analizzato ogni sfumatura, deciso con quali vestiti abbinarla e in che giorni della settimana metterla. La proprietaria stava sistemando un vestito su un manichino e rimase sorpresa nel vedermi (all’epoca non ero ancora stata assolta ed ero, ehm, latitante) “Posso avere quella cintura in vetrina scontata al cinquanta per cento?” avevo chiesto con gentilezza.
Lei mi aveva guardata ancora più stupita “Madama Skeeter, quella era scontata solo del trenta!”
“Certo, e Madame Fro Fro non è una vera marca. Ma non è carino essere troppo pignoli, non le pare?”
L’avevo vista sbiancare e avevo capito di aver vinto. Purtroppo la mia soddisfazione era destinata a incrinarsi molto rapidamente.
“Mi dispiace, ma io non posso proprio...”
“Oh, eccome se può. O se preferisce posso sempre fare una soffiata anonima e farle chiudere questo bel negozio, che ne dice?” avevo detto sorridendo. In realtà ero impaziente: ormai quella cintura era mia. Perché non l’avevo già fra le mani?
“La prego, non posso davvero. Ho appena venduto la cintura ad una ragazza. E’ uscita dal retro, aveva un’aria molto strana... Non so chi fosse, la prego, non mi denunci!”
Ero rimasta paralizzata dall’orrore. La mia cintura... sparita a causa di una mocciosa furtiva. Nessuno può togliermi dalla testa che quello fu un furto e bello e buono.
Quando ero tornata a casa avevo raccontato a Tinky dell’accaduto e lei, per la prima e unica volta della storia, mi aveva preparato spontaneamente una tazza di tè, dicendo qualcosa sul primo amore che non si scorda mai e sospirando il nome “Terranova”. Ci misi del tempo a capire che parlava di una  bottiglia di wishky.
Ma torniamo al mio tentativo di fuga da casa di Perfettini. Quando la Piattola mi aveva vista fuori dalla cucina mi aveva bloccata in modo davvero poco gentile, e tutte le cinture nascoste nelle mie maniche si erano sparse in giro per il salotto, compreso, ormai l’avrete capito, quel meraviglioso esemplare che avevo dato per disperso un anno prima.
Non so bene chi si fosse lanciata su chi, fatto sta che due minuti dopo io e lei eravamo l’una davanti all’altra, strattonando la cintura.
E adesso era mia! Immaginai con enorme soddisfazione tutte le possibili combinazioni con le mie scarpe e le mie borsette. Quante volte mi ero vestita di tutto punto, rendendomi conto solo alla fine che ciò che mancava alla mia mise era proprio lei, quella splendida cintura che avevo fra le mani!
Ero una donna felice. Ora dovevo solo superare le fila nemiche senza bacchetta, trovare la strada per tornare a casa del mio fidanzato e chiedere a qualche vecchia conoscenza di trucidare Tinky per conto mio. Una passeggiata.
Pensai di calarmi dalla la grondaia, ma purtroppo non avevo considerato che la mia potenziale assassina era abbastanza versata nelle arti magiche e mancava del lume della ragione. Quindi, mentre ancora cercavo di vincere le vertigini e scendere aggrappata al tubo pericolante, quello diventò vivo e si arrotolò come un serpente,  riportandomi nella piccola cucina di Perfettini mentre strillavo terrorizzata.
Fu così che mi schiantai sul pavimento davanti a due criminali di prima categoria, imprecando in tutte le lingue che conoscevo (a dirla tutta non ne sapevo parlare molte, ma quand’ero più giovane mi ero fatta insegnare insulti perfino in marinese e  mi ero sempre tenuta allenata)
A ogni modo, in due secondi mi trovai legata ad una sedia e Tinky, evidentemente divertita dal rovesciamento di situazione, si spanciava dal ridere in un angolo. Anche Ginevra la Pazza sembrava soddisfatta,  ma io non avevo occhi che per Perfettini. Era molto sciupata da quando l’avevo vista l’ultima volta: aveva gli occhi cerchiati, era pallida e sembrava perfino dimagrita (il che era un bene, per lei!);  forse erano gli effetti della polvere, o forse semplicemente lo stress accumulato, ma sembrava sfinita. Mi inquietava ancora più del solito.
“Sei un incanto, mia cara” dissi con sarcasmo. Lei lo colse, ma non disse nulla. Sembrava diventata una statua di pietra.
“Ehi, Perfettini?” la chiamai dopo qualche secondo “Non è per disturbarti, cara, ma se mi vuoi fare fuori non potresti almeno sbrigarti? Quest’attesa è snervante, e più andiamo avanti più penso che non ho fatto una straccio di testamento.”
“Ottimo” commentò Tinky “Allora io vendere tutto ad asta”
“Piccola ubriacona...”
“Non so cosa fare” disse finalmente Perfettini. Mi guardò di nuovo, come se io avessi la risposta alle sue domande.
“Oh, be’, se vuoi andare sul tradizionale c’è l’Avada Kedavra, ma se ti senti in vena di esperimenti potresti sempre provare con delle foglie di Mandragola e...” cominciai, abbastanza seccata.
“Io non voglio ucciderla” m’interruppe candidamente Perfettini “è stato Julian a metterle queste assurde idee in testa?”
“Tu conosci Julian?” dicemmo io e Ginevra la Pazza in coro.
“Allora non eri ubriaca!” rantolò la Weasley, quasi in lacrime. Non afferrai il senso della frase, ma  sembrava davvero sconvolta. Perfettini la abbracciò “Scusa, Ginny. Ho... dovuto. Poi ti spiegherò tutto, te lo prometto.”
Poi si rivolse a me “Julian vuole ucciderla, Rita” disse.
Scoppiai a ridere “Pensi che sia così ingenua da crederti?”
“Può usare la Legilimanzia su di me, se vuole” rispose lei.
“Non ho la bacchetta” ammisi a denti stretti.
Perfettini mi slegò e mi tese la sua bacchetta mentre Ginevra la Pazza, ripreso il controllo, mi teneva sotto tiro con la sua. Esitai un attimo, poi presi la bacchetta di Perfettini. Era l’unico modo per sapere se Tinky mi aveva mentito o no, e prima di tornare da Julian dovevo capire cosa diamine stava succedendo.
Legilimens” dissi, sentendo una totale infamiliarità con la bacchetta di Perfettini.
Dopodichè la stanza intorno a noi sparì nel nulla e io mi tuffai nei suoi ricordi degli ultimi mesi.
Mi rividi nel suo ufficio, il giorno dell’intervista... avevo proprio un bel tailleur! Poi vidi l’ospedale, il medico che l’avvisava che io avrei potuto denunciarla; subito dopo mi proponeva di andare a vivere a casa sua. 
Altri ricordi: io e lei che litigavamo in soggiorno, la cena del tofu. Il giorno dopo aveva avvisato la Bestiaccia di starmi alle calcagna, come immaginavo.
Ma c’erano cose nei suoi ricordi che non avrei immaginato: per esempio il fatto che, quando ero uscita con Julian, lei aveva sistemato al meglio la mia stanza degli ospiti, mettendo anche delle riviste di moda vicino al mio letto. Eppure io non le avevo mai viste... mi ricordai all’improvviso che quella notte ero arrivata a casa troppo sconvolta per poter notare alcunché.
E poi ancora, la vidi ferma per mezz’ora davanti al supermercato con la faccia scura. Quando entrammo comprò solo il prosciutto: doveva essere quello che aveva usato ogni tanto per farmi qualcosa da mangiare.
Poi ci fu un brusco salto temporale: evidentemente non voleva che sapessi cosa era successo mentre era dalla Weasley. Vidi Tinky che, mangiucchiando biscotti, le raccontava di Julian e di come aveva convinto la Weasley a controllarla in cambio della sorveglianza assoluta su Harry Salvatore del Mondo Potter.
Vidi Perfettini che prendeva il mio Veritaserum (con quello che costava!) e lo usava sulla sua amichetta. E... Ginevra Weasley confermava tutto.
I ricordi si dissolsero e tornammo al presente. Ero stordita.
“Potrei ucciderla anche adesso, Rita” disse con calma Perfettini guardandomi negli occhi “ma non voglio farlo. Non ho mai pensato di farlo. Se lei vuole io la lascerò libera di tornare da questo fantomatico Julian, ma allora questa potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo.”
Rimanemmo in silenzio un attimo.
“I tuoi capelli sono orribili” dissi.
“La trovo tremendamente superficiale” ammise lei nello stesso momento.
Ci guardammo di nuovo, per nulla imbarazzate.
“Questa storia è assurda” commentai “perchè mi volevi a casa tua dopo che mi hai falchizzata?”
“Temevo che mi potesse denunciare. Pensavo che avesse perso la memoria  e volevo mettermi sotto una buona luce... e poi era appena stata sfrattata. Mi sentivo in colpa”
“Io non ci capisco nulla!” sbottò la Weasley “Hermione, ma cosa importa cosa pensa questa pazza? Con tutto il male che ha fatto a Harry e a Silente, non vedo perchè preoccuparsi per lei.”
Mi aspettavo che Perfettini rispondesse cose come “Sì, hai perfettamente ragione. Avada Kedrava!” oppure che mi lanciasse contro un incantesimo non verbale altrettanto efficace.
Cioè, che facesse finalmente qualcosa di normale. Tutta quella calma zen e quel controllo delle emozioni stavano diventando snervanti.
Devo dire che fui accontentata. La cara, vecchia, saggia Hermione Granger, da personcina assennata qual era, disse semplicemente “Skeeter, secondo me lei deve solo schiarirsi le idee. E siccome nessuno vuole metterle fretta la ospiterò nella mia cucina per sei ore. Se alla fine avrà deciso di tornare da Julian, potrà farlo. Ma per ora vorrei che ci riflettesse su” e poi infilò la porta della cucina con Tinky alle calcagna, lasciandomi legata a una stupida sedia in uno stupido appartamento di una stupida città inglese che, oh, in quel momento odiai con tutta me stessa.
“Perfettini! Questo non è neanche lontanamente legale, lo sai?” strillai, nel vago tentativo di riportarla alla ragione.
“Sto solo cercando di metterla a suo agio!” gridò lei di rimando.
Oh be’, allora tutto a posto.
Analizzai la situazione. Ero prigioniera in casa del nemico, senza bacchetta, e il mio ultimo tentativo di fuga era stato stroncato da una grondaia con tendenze contorsionistiche. Le cose sembravano mettersi decisamente male per me... decisi di usare la mia ultima risorsa.
Non che la cosa mi facesse impazzire: era estremamente pericoloso e, dopo alcuni spiacevoli precedenti, avevo giurato a me stessa che non avrei più usato quell’incantesimo. Ma mi trovavo in una situazione disperata e mi feci coraggio.
Così chiusi gli occhi e mi concentrai. Successe tutto rapidamente, come al solito: sentii il mio meraviglioso corpo disfarsi, prendere un’altra forma, indurirsi, ma non emisi un suono e strinsi i denti (pur non sapendo distintamente dove fossero finiti)
Dopo qualche attimo riaprii gli occhi. Il mondo mi sembrava improvvisamente enorme, i colori erano... be’, normali, ovviamente, ma non molto umani.
Ma questi sono piccoli inconvenienti, non trovate?, quando si è appena diventati un simpatico, piccolo, lucido scarabeo.






L'anno scorso, grazie a Scribacchina, ho scoperto che un certo signor Franz Kafka, simpatico giovane tedesco ormai deceduto, ha scritto un libro in cui il protagonista diventava un piccolo, adorabile scarafaggio. Davvero, non scherzo. Uno scarafaggio.
Ora, se volete un consiglio... quando scriverete il romanzo della vostra vita, non fate lo stesso errore: essere uno scarafaggio non è emozionante, nè interessante, nè glamour nè niente del genere.
E' solo terribile e spaventoso.
Quindi, per favore, piuttosto parlate delle vostre lunghe giornate di shopping o del vostro ex piantagrane: avrete guadagni maggiori e meno studi psicologici sul vostro conto, garantito al cento per cento da Rita Skeeter.
Suona molto meglio, vero carini?
Adesso scappo, Scribacchina sta ancora studiando per i suoi noiosissimi esami e non sembra intenzionata a trascrivere oltre.... risponderà comunque ai vostri commenti, state tranquilli!
Baci
Vostra Rita.

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Capitolo 35
*** Temibili trasformazioni ***


Avevo cercato per anni di evitare di trasformarmi, e c’ero riuscita piuttosto bene. Perchè, perché mi ero trovata di nuovo in quella forma sciagurata?
Voi babbani, mi comunica Scribacchina, non potete trasformarvi in animali, il che mi lascia alquanto perplessa. Insomma, so che non sapete volare su una scopa, nè tantomeno vedere enormi castelli scozzesi pieni di studentelli imbranati, e non parliamo di fare cose come Smaterializzarvi. Eppure, voglio dire, per diventare animali non serve neanche la bacchetta!
Avete mai pensato di chiedere risarcimenti a qualcuno?
Io al vostro posto lo farei. E mi farei dare gli interessi, che so, chiedendo successo e soldi per il resto della vita!
Ma torniamo a noi. In realtà, io avevo amato essere un Animagus. Quando, da piccola e saggia Corvonero qual ero, avevo scoperto la possibilità di diventarlo, avevo cercato subito di capire quanto ci volesse e cosa si dovesse fare. Mi ero documentata di tutto punto, ma avevo presto capito:  
1) che il protocollo dell’epoca era, bè, ridicolo : prima di tutto bisognava essere maggiorenni, poi venivano controllati mente, corpo e capacità magiche per accertarsi che fossero adatte all’incantesimo, inoltre era terribilmente dispendioso ottenere la licenza;
2) che aspettare sarebbe stato un inutile spreco di tempo e quindi
3) che non avevo un gran interesse per le regole.
Avevo quindici anni. Non nascondo che ci misi dei mesi, ma l’idea di poter diventare qualcos’altro, di abitare finalmente in un corpo che non fosse sgraziato e orribile come il mio... bè, mi attirava dannatamente. Per una volta avrei potuto dimenticarmi dei miei capelli stopposi, di quel colore indefinito e insignificante, delle mie gambe magrissime, odiosamente secche, della mia faccia smunta e pallida.
Era un chiodo fisso: mi esercitavo di notte, saltando le lezioni con scuse improbabili non appena avevo un’illuminazione che potesse aiutarmi nell’impresa.  Finalmente, una sera di primavera, accadde.
Mi stavo sfiancando durante un allenamento, e stavo usando tutta la mia forza di volontà cercando d concentrarmi sugli animali più belli che conoscessi. I maghi non scelgono la forma in cui si trasformeranno, quindi io mi ero sbizzarrita per mesi immaginando che avrei scorrazzato per la Foresta Proibita sotto forma di unicorno o idiozie simili.
E proprio mentre stavo visualizzando il mio tenero musetto da creatura fantastica avevo avvertito il mio corpo disfarsi e ricomporsi lentamente in qualcosa di nuovo, diverso, magnifico. Avevo aperto gli occhi col cuore in gola e avevo guardato verso lo specchio che portavo sempre nelle stanze dove mi allenavo, in attesa del fatidico momento.
Inutile dire che era troppo in alto, per me.
Nonostante il primo attimo di panico fui abbastanza coraggiosa da arrampicarmi sulla cornice dello specchio, cercando disperatamente di ignorare la terribile realtà.
Ma poi mi vidi riflessa: ero uno scarabeo.
Ridiventai umana in un secondo, fremendo di rabbia. Uno scarabeo.
Mi allenai tutte le sere seguenti fnchè non fui sicura di padroneggiare l’incantesimo, per il semplice fatto che odiavo lasciare le cose a metà. Non appena la mia missione fu portata a termine, non ne volli più sentir parlare.
Impiegai molto tempo ad apprezzare la mia nuova capacità; per quasi un anno la trattai come se fosse un regalo molto sgradito di una vecchia zia, cioè la nascosi a tutti e prima di tutto a me stessa.
Ma una notte sentii il bizzarro e fortissimo impulso di riprovarci. Dopotutto, non mi ero certo impegnata così tanto per niente, no? E così, dopo molti sforzi, ero tornata alla forma animale. Avevo passeggiato per il letto e l’avevo trovato... divertente. Ero molto più veloce, con quelle zampette. Poi ero partita alla volta della camera: ero riuscita ad entrare nei bauli malchiusi delle mie compagne, scoprendo che due di loro avevano portato a Hogwarts cose non proprio adatte allo... studio. Siete più giovani di me, mi aspetto che cogliate le allusioni.
Comunque, erano due ragazze che detestavo dal profondo del cuore: non solo erano più belle di me, ma erano anche delle vere stronze e avevano passato l’ultimo anno a torturarmi nei corridoi della scuola. Il giorno dopo avevo raccontato di quegli oggetti alla mia amica del cuore, che aveva fatto lo stesso lo stesso con la sua migliore amica, che l’aveva ripetuto alle sue compagne... sapete, Hogwarts è piena di grandi amici e tutti quanti hanno voglia di farsi quattro risate. La notizia circolò in un lampo.
Le due giravano per la scuola a testa bassa. Se la presero con i loro ragazzi e li lasciarono con una scenata fenomenale in Sala Grande, mentre io fremevo di gioia nell’ombra. Non avrei mai potuto generare quel piccolo scandalo da umana: avrebbero rischiato di vedermi mentre frugavo nei bauli e io non avrei mai avuto il coraggio di farlo. Adesso invece potevo scoprire i segreti di chiunque: potevo spiare, origliare, infiltrarmi. Fu un’autentica folgorazione: cominciai a trasformarmi sempre più spesso, stando ben attenta a non farmi scoprire da nessuno, e in breve tempo raccolsi un’infinità di informazioni preziose. Non raccontai più nulla agli altri: nella mia testa stava prendendo forma un progetto con scopi molto più interessanti del pettegolezzo scolastico, e doveva assolutamente rimanere segreto.
Per portare avanti il mio piano era necessario che cambiassi il mio aspetto esteriore. La vecchia Rita doveva sparire senza lasciare traccia: tutto ciò che in me era brutto, insignificante, letale fu in un certo senso relegato alla mia forma animale. Io divenni il contrario: sicura di me, splendida, apparentemente educata. Il mio cambiamento si attuò durante l’estate fra il sesto e il settimo anno, e a settembre non tornai a scuola: con il mio potere potevo avere molto, molto di più di un diploma dalla vita, e avevo tutta l’intenzione di ottenerlo.
Ovviamente, se so quello che so sulla società magica, non dipende solo dalla mia abilità un filino illegale: sono sempre stata molto brava a convincere la gente a parlare.
Ma insomma, quello a cui tenevo era spiegarvi quanto fosse stato importante per me essere un Animagus, finchè Hermione Granger non era arrivata a rompere le... uova nel paniere. Dopo la prigionia divenni paranoica a riguardo (e claustrofobica, e terrorizzata dai barattoli e  convinta che le quattordicenni, decisamente, non fossero più sane di mente come una volta.)
Eppure, fu proprio a causa di Perfettini che mi ritrasformai. Sperai che Tinky l’avesse avvertita del fatto che non lo facevo da anni e che quindi non lo considerasse un pericolo. Ok, magari era un’ipotesi fiacca, ma era di sicuro al migliore che potessi formulare al momento.
Zampettai rapida per il pavimento della cucina, arrivando fino alla porta che, per fortuna, aveva un’entrata per gatti. Naturalmente era troppo pesante per me, ma il piano era semplice: dovevo solo aspettare che a Mister Palla di Pelo venisse fame (il tempo di attesa oscillava dai due ai tre secondi) e uscire nel momento in cui lui entrava, sperando che non avesse improvvisamente voglia di uno scarabeo al salto. Rabbrividii all’idea.
Come previsto dovetti aspettare poco: quella sottospecie di gatto stava rotolando da anni verso l’obesità e il suo obiettivo ormai era vicino. Per un attimo ebbi la terribile impressione che i suoi occhi avessero, come dire, catturato il mio movimento mentre sgusciavo fuori, ma non ne ero sicura. Nel dubbio, pregai che la sua sceltissima e raffinatissima carne lo strozzasse una volta per tutte, liberando il mondo dal suo consistente quanto inutile peso.
Una volta uscita dallo spazio chiuso della cucina veniva la parte semplice, cioè cercare una crepa nel muro o una finestra aperta da cui scappare. Ma proprio mentre mi accingevo a iniziare la mia esplorazione sentii la voce di Perfettini provenire da camera sua. La cosa in sè non mi avrebbe mai fermata, ma c’era un’inflessione strana nel suo tono, un’inflessione che non avevo mai sentito prima: per quanto questo fosse folle, Perfettini stava chiedendo scusa. Ci misi un attimo a  capire che stava discutendo con la Weasley.
Senza accorgermene mi diressi verso la camera, nascondendomi sotto la porta. (Ehi, non guardate lo schermo così. Essere piccoli ha i suoi vantaggi).
Avevo una buona visuale di tutte e due: Perfettini sembrava mortificata, mentre la Weasley era semplicemente furiosa. Che piacevole situazione!
“Ginny, non capisci, non potevo lasciare che lui...” stava dicendo Madame.
“Hermione, non andare avanti, va bene? Peggiori solo la situazione. Mi hai ingannata e ti sei alleata con... con quell’elfa pur di proteggere una donna spregevole che avrebbe venduto sua madre a Tu Sai Chi senza pensarci”
Oh, be’, tecnicamente non era andata proprio così, ma comunque...
“Io ti voglio bene, non avrei mai fatto nulla per ferirti...”
“Oh, non dire idiozie. Piuttosto, ci sono altre cose che ti sei dimenticata di comunicarmi? Che so, magari sai che Harry è gay e non me l’hai mai detto” replicò sarcastica Ginevra la pazza.
Perfettini sembrò punta sul vivo “Be’, tu non mi hai certo raccontato che eri gelosa di Harry nè mi avevi mai parlato di Julian. Se vogliamo essere sinceri sei stata tu la prima a non dirmi nulla”
Touche’. La  Weasley aprì la bocca e la richiuse subito, arrossendo. Era chiaro che non sapeva cosa ribattere; Perfettini ne approfittò e continuò “So che Rita è arrogante, subdola e pericolosa” e il giudizio era totalmente ricambiato “Ma quell’uomo l’avrebbe uccisa... e io sono stanca di morti inutili. Basterà farle un Oblivion e sarà innocua: inizierà  una nuova vita. Non credo abbia nessuno al mondo, non vedo perché non darle una seconda possibilità.”
“Giusto, mi ero quasi dimenticata del piano geniale per salvare l’anima della Skeeter, che tu fra l’altro detesti” ringhiò l’altra.
Perfettini si accigliò “Silente diceva che in ognuno di noi c’è qualcosa di buono e che tutti possono...”
Stronzate” la interruppe la Weasley. Perfettini fermò di colpo la sua filippica sui buoni sentimenti, sconvolta almeno quanto me.
Un Weasley che criticava Silente? In quale strano mondo parallelo ero finita?
“Sono tutte stronzate” ripetè la Weasley. “Silente si sbagliava. C’è gente che è marcia dentro. E la Skeeter, che ti piaccia o no, sarà un essere orribile anche nelle prossime cinquanta vite. Fai pure finta di non saperlo o cerca di convincerti del contrario, se preferisci, ma è così”  si alzò dal letto e fece per uscire, poi si voltò di nuovo verso Perfettini. “Se ti conosco, non è solo per questo che la vuoi viva; questo è un discorso che mi aspetterei da Harry. Di’ la verità, c’è un altro motivo?”
Inaspettatamente, Perfettini annuì.
“Oltre a quello che ti ho già detto, grazie a Tinky ho scoperto che Rita stava scrivendo un libro su di me. Ha passato gli ultimi mesi a spiarmi. All’inizio non ci volevo credere, ma mi sono resa conto che tutto quadrava. Mi ero sempre chiesta perché Rita non si fosse cercata un altro lavoro, una nuova casa...” sorrise amaramente “e’ stata lei a dire a Ron di Stregami e a convincere Luna ad andarsene dalla redazione. Rita ha nella sua memoria troppe informazioni che mi riguardano, non posso permetterlo. Voglio farle un Oblivion come si deve ed essere sicura che non dirà mai nulla a nessuno” guardò dritto  negli occhi la Weasley  “Questo è tutto”
“E sei troppo nobile per farla uccidere, anche se da uno che potrebbe avere i suoi motivi?”
Perfettini annuì di nuovo. 
La Weasley non disse nulla, poi uscì dalla stanza, lasciando Perfettini sola.

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Capitolo 36
*** Argute alleanze ***


Rimasi ancora qualche secondo immobile, poi sospirai (non per davvero, ovviamente) e mi ritrasformai.
Se non altro, la faccia di Perfettini fu impagabile. Era talmente scioccata!
“Scusa, mia cara” cinguettai “ ma cominciavo ad aver bisogno di sgranchirmi le gambe”
Perfettini  deglutì un paio di volte, ma non era tipo da farsi venire un infarto per così poco. “Credevo non si trasformasse da anni”
“Da quando mi hai rinchiusa in un barattolo, per la precisione” le feci notare con voce flautata “Ho fatto un’eccezione per te, mia cara. E, se è per quello, sto per farne un’altra” sospirai di nuovo teatralmente, giusto per rimandare di qualche secondo la mia spiacevole confessione.
“Credo alla tua versione, Perfettini. Anche se non ti sopporto, so che non mi avresti mai uccisa”
Notai che qualcosa nella faccia di Perfettini stava cambiando. Sembrava assurdo, eppure... “Tu stai sorridendo!” strillai.
“E’ la sua solita e fervida immaginazione che la inganna” mi contrariò lei, pur continuando a sorridere. Un trattenuto sorriso di trionfo.
“No, non è vero! Tu sai sorridere. Questa la devo assolutamente scrivere nel mio libro...”
Calò un silenzio gelido nella stanza.
Mi schiarii la voce.
“Uhm” dissi con finta indifferenza “forse avrei dovuto dirtelo prima?”
“Dirmi cosa? Che stava scrivendo un libro con cui voleva rovinarmi la vita? Non capisco perché disturbarsi.” Gli occhi di Perfettini mandavano bagliori poco rassicuranti, ma decisi che in realtà che era più indispettita che ferita. “Credo che nessuno abbia mai compiuto un’azione più scorretta e  meschina in tutta la storia. Ma lei mi serve e... non la denuncerò” il tono razionale nascondeva male il suo risentimento. Sentii il bisogno di difendermi.
“Veramente il primo scopo era tornare famosa, vorrei che fosse chiaro. E poi, Perfettini, è stata tua l’idea di farmi venire a vivere qui! La tentazione era troppo forte.... era l’occasione d’oro che stavo aspettando da mesi! E’ anche un po’ colpa tua, a essere sinceri. Chiunque avrebbe fatto come me -”
“Colpa mia?” la sua voce si alzò di qualche ottava, riuscendo simile a quella di un’arpia sul punto di scagliarsi sulla sua preda. Battè le palpebre facendo respiri profondi: per la seconda volta domò i suoi istinti, pur riuscire a discutere in modo civile. Che noia! Mi divertivo molto di più quando litigavamo tutto il giorno.
“Ma non ha importanza, adesso” precisò.  Sembrava più tranquilla, quasi serena, come se stessimo solo discutendo sul colore delle sue tende. Anche se giuro che una discussione del genere sarebbe stata molto più accesa, dato che io l’avrei cominciata dando fuoco alle suddette.
“Non c’è bisogno di pensarci. Sono sicura che lei ha origliato tutta la mia conversazione con Ginny, quindi saprà che voglio andare a fondo di questo mistero... e poi cancellarle la memoria” disse amabilmente, come se mi avesse appena avvertito che avremmo fatto una scampagnata nel boschetto dietro casa sua.
“Ah, giusto. Il tuo piano brillante. Ti ho già fatto i complimenti?” chiesi guardandola torva.
D’accordo, me l’aspettavo. Tornando umana e... be’, indifesa davanti a lei avevo deposto le armi e mi ero messa completamente nelle sue mani. Ma non è che questo mi rendesse entusiasta del suo piano.
“Perchè non lo fai adesso?” chiesi scocciata. Dover attendere che i tuoi ricordi vengano modificati è molto, molto strano- è come aspettare che, prima o poi, qualcuno decida di tagliarti un braccio.
“Non posso rischiare di compromettere ricordi preziosi” spiegò Perfettini con tono da detective. Mi balenò in mente l’idea che non fossi l’unica a seguire le soap opera babbane, ma la scacciai. “Abbiamo pochi elementi certi su cui basarci, e anche se sono sicura che ne verremo fuori voglio assicurarmi di avere a disposizione tutte le armi possibili”
“E’ commovente” osservai maliziosamente “ che tu ti dia tanto da fare per me, nonostante tutto”
Perfettini alzò un sopracciglio “Sono decisamente la sua fan numero uno, come no” era forse ironia quella che sentivo? “Sia seria, sono solo preoccupata. Questo Julian potrebbe essere una persona pericolosa, un sicario o qualcosa del genere. Arrestarlo contribuirà a mantenere l’ordine nel paese, ecco” disse.
“Il mio piano è semplice” continuò “Cercheremo informazioni su Julian e suo zio, studieremo i movimenti dei galeoni con cui la pagavano, parleremo con chiunque sia necessario e li incastreremo.”
“E dopo convinceremo tutti ad adottare un Mangiamorte in disgrazia ” sbottai “Cara, non per far crollare i tuoi sogni di giustizia, ma ho già provato io a scoprire qualcosa su quei due, e con scarsi risultati”
“Certo, ma lei non può usare le risorse del Ministero” sorrise Perfettini “dovremo lavorare insieme. Lei da sola non è riuscita a fare granchè, e io” disse sinceramente “non conosco abbastanza persone introdotte... nell’ambiente.”
“Mi stai dando dellai criminale, Perfettini?”
“Mh... Certo che no” rispose dopo un attimo di esitazione “Comunque, in cambio della sua collaborazione, metterò una parola perché la sua condanna sia meno dura”
“Condanna? Hai detto che non mi avresti denunciato!” strillai senza volerlo. Brutta voltagabbana strega due facce...
“Ho detto che non l’avrei denunciata per ora” mi ricordò Perfettini con quel suo tono insopportabile. “Ma dopo lo farò. Non è in condizione di trattare, Skeeter”
Strinsi le labbra e non dissi niente. Avevo uno spiacevole dejà-vù; senza volerlo, controllai che non ci fossero barattoli di vetro nelle vicinanze.
“Hai vinto, Perfettini. Collaborerò con te, ma sarà l’ultima volta in vita mia. A costo di appendere la piuma al chiodo” ringhiai.
“Quel giorno sarà festa nazionale, glielo prometto”

Mi aggirai per casa, schiumante di rabbia. Perfettini aveva stabilito che non potevo uscire, ricevere gufi o respirare senza la sua supervisione; inoltre Tinky non  aveva più motivo di obbedirmi, quindi non la potevo neppure sfruttare per prendermi beni di prima necessità (e spero che voi, a differenza di Perfettini, capiate che il caviale è essenziale). E a dirla tutta, non lo avrebbe fatto neanche se l’avessi pagata, perché pareva che Perfettini fosse il suo nuovo idolo.
Hermione avere detto no carne”
Hermione dire che a te no servire di riavere tue borse e vestiti”
Hermione volere che tu stare qui”
E quando le avevo ricordato che io avrei odiato Perfettini anche dopo la morte, lei aveva detto sgranando gli occhi: “Ma Hermione avere salvato Skeeter da morte certa!”
Stupida elfa riconoscente.  
Nonostante questo, nessuno mi aveva proibito di lamentarmi. E in questo io andavo forte.
“Maledetta mocciosa manipolatrice! Io, stella del giornalismo, costretta a subire il ricatto di una piccola despota con manie di grandezza, di una malefica megera, di una fedifraga e traditrice d’una Granger...”
“Sono d’accordo” mormorò una volta una voce, interrompendomi.
Con mia grande, enorme sorpresa, mi resi conto che a parlare era stata Ginevra la pazza, evidentemente incastrata come me a casa di Perfettini: dopotutto, era una testimone anche lei. Mi ricordai della loro litigata che io avevo, uhm, accidentalmente sentito e mi chiesi se non fosse il caso di fare un piccolo... esperimento.
“Vatti a fidare degli amici” borbottò di nuovo la Weasley. Sì, con un po’ di fortuna avrei potuto fare comunella con lei contro la Granger.
“Oh, mia cara, dopotutto è Vergine” tentai con tono vago e misterioso.
“Cosa vuole dire?” mi chiese lei incuriosita.  
“Mi riferivo al segno zodiacale. Sai, i nati sotto la Vergine sono sempre un po’... come dire... maniacali e freddi nei rapporti con gli altri” feci un sorriso d’intesa, che lei ricambiò. Era quasi troppo facile.
“E’ vero” disse lei con un mezzo ghigno “avrebbe dovuto vedere come ha scaricato Krum. Con una lettera!”
“No!” dissi fingendomi scioccata. In realtà sapevo tutto: capitolo otto, pagina 175, Il fascino del gorilla: Hermione Granger e Viktor Krum.
“Sì! E non ha sentito il peggio...” continuò, decisamente deliziata dal pettegolezzo.
La incoraggiai con lo sguardo e sorrisi di nuovo. Se potevo parlare male di Perfettini, forse quella prigionia aveva anche dei lati positivi.

Mentre Rita scontava le prime giornate di reclusione, una giovane strega affrontava invece la dura realtà etica del suo lavoro.
“Non sono sicura di volerlo fare davvero” disse di punto in bianco al suo collega, che stava selezionando le fotografie più interessanti fra quelle che aveva davanti.
Lui alzò di scatto la testa, la bocca spalancata. “Prego?” chiese in tono scioccato “Non ho sentito quello che ho sentito, vero? Devo aver avuto un momento di sordità. Merlino, come si invecchia in fretta”
La ragazza sbuffò. Strinse le dita già contratte sulla merendina dietetica che era il suo pranzo, cercando di tirare fuori quello che pensava “Io non sono sicura che sia giusto, Artemius. Dopotutto, è stata lei a insegnarmi tutto e-”
“Frena” la interruppe Artemius mettendole una mano davanti al naso “Per prima cosa: lei non ti ha insegnato un bel niente. Merlino, non ti sapevi neppure vestire quando sei arrivata qui! Secondo: scavalcare i proprio maestri è naturale quanto... un elfo domestico che pulisce una casa. Scommetto che lei ha fatto lo stesso a suo tempo” fece una pausa pensierosa, poi riprese con voce eccitata “E poi, ti rendi conto? Stiamo per far crollare un mito! Come fai a non essere emozionata?”
La ragazza sorrise senza volerlo. Pensarlo dava un senso di vertigine anche a lei. Era orgogliosa del suo lavoro. Erano mesi che lei e Artemius, il fotografo della rivista, ci lavoravano, ed era il suo primo compito importante. Finalmente tutti avrebbero visto che valeva qualcosa; il suo nome sarebbe stato su tutti i giornali. Perfino, sulla Gazzetta del Profeta.
Ottenere quell’opportunità era stato un vero colpo di fortuna. Chi avrebbe mai immaginato che Dedalus Lux in persona l’avrebbe notata così in fretta e le avrebbe affidato un incarico così importante? Quando era successo non aveva potuto crederci. Certo, era un articolo di gossip, ma la stessa Rita le aveva detto molte volte che non era il cosa a importare, ma il dove. E La Gazzetta del Profeta (tra l’altro nella stessa rubrica che una volta era tenuta dalla Skeeter) era un gran bel dove.
Doveva dare il massimo.
Se le cose non fossero andate come previsto... non ci voleva pensare
“Scusami, devo aver avuto un momento di stanchezza” mormorò per scusarsi. Ormai era quasi fatta: non era il momento di tirarsi indietro.
“Bene, cara” sbuffò Artemius scocciato “dobbiamo decidere una copertina decente entro mezzanotte, o non se ne farà nulla neanche per la prossima settimana” se c’era una cosa che non sopportava erano gli indecisi.
“D’accordo. Allora voglio questa qui” disse finalmente la ragazza. L’unghia laccata indicava una foto di Rita Skeeter, chiaramente ubriaca ma vestita molto elegante. La giornalista si sorreggeva la testa con una mano, mentre con l’altra stringeva un bicchiere da cocktail vuoto. Cercava sempre di alzarsi in piedi, ma ogni volta barcollava e finiva per aggrapparsii al bordo della fotografia. Per fare quella foto Artemius aveva dovuto infiltrarsi a uno dei party più esclusivi di Londra, rischiando di essere cacciato fuori in ogni momento.
Era l’immagine perfetta.
“Rita Skeeter- L’ultima risata. Di Luna Lovegood e Artemius Flint” lesse il fotografo, esausto ma soddisfatto. “Sarà una bomba. Non capisco come tu possa avere dubbi.”
Luna fece una smorfia, che diventò però subito un sorriso. “Lascia stare. Sono sicura che sarà un successo” E nel dirlo, era sicura di avere ragione.




Buongiorno a voi, insignificanti babbanucoli (o, come vi chiama Scribacchina, gentili lettori). Spero che siate sconvolti quanto me dall'enorme ritardo di questo aggiornamento, ma la mia aiutante è impigrita (o, come dice lei, impegnata con l'università). Per risolvere questo suo piccolo problema l'ho messa a rape e acqua, ho letto su una rivista che pare aumentino la produttività negli scrivani. Come dici, Scribacchina? L'articolo l'avevo scritto io? Ottimo, così sappiamo che funzionerà di certo!
A presto miei cari
Vostra Rita

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Capitolo 37
*** Sventure svelate ***


Da quando ci aveva rinchiuse lì dentro, le cose per Perfettini avevano cominciato ad andare veramente male.
Non tanto perché io non la sopportassi e la cosa fosse reciproca, oh no, ma perché nel suo piccolo, lindo e pacifico appartamento londinese si erano formate due fazioni avverse agguerrite, affiatate e piacevolmente scorrette.
Ammetto modestamente che buona parte del merito era mia: dopo il nostro piccolo scambio di gossip, Ginevra mi aveva raccontato del suo odio per Tinky e dei suoi coraggiosi tentativi di tormentare “la terribile elfa” che Julian le aveva detto di sorvegliare.
Questo me la fece vedere in una luce del nuova. Ginevra era una Weasley, certo, ma aveva una vena vendicativa e astuta che aspettava solo di essere stuzzicata. E anche se aveva praticamente supplicato Perfettini di lasciarmi uccidere da Julian, bisognava essere realistici: chi, fra tutte le persone che conoscevo, non avrebbe fatto lo stesso? Almeno lei era stata sincera fin da subito. E mi aveva ceduto LA cintura per rimediare, il che ci aveva reso praticamente sorelle.
Dato che ci capivamo così bene e avevamo deposto le armi così in fretta, potevo io lasciarla a fronteggiare da sola il piccolo demonio ubriacone? Ma certo che no!
Naturalmente non potevamo essere veramente “amiche”. Più di tutto, io avevo bisogno di lei come alleata e come compagna di sventura. C’erano varie incomprensioni  fra di noi,  tra le quali il fatto che lei amava alla follia Harry Potter mentre io... ecco, diciamo che gli avrei volentieri ripassato la spina dorsale con i tacchi a spillo più alti e dolorosi in mio possesso. Ma era una cosa da nulla, no? E infatti ignorammo il problema.
Non cominciammo subito l’offensiva. Prima dovemmo aspettare che Tinky recuperasse la mia bacchetta, cosa che fece di notte, ad una velocità che perfino io dovetti definire notevole. Oh, non che fosse difficile per lei: gli incantesimi dei maghi sono troppo preziosi per sprecarli con gli elfi domestici, quindi niente e nessuno, in genere, può fermarli.
C’è un motivo se una volta erano usati come simpatiche prime linee nelle battaglie magiche... vi assicuro che nessuno ha la pellaccia dura quanto un elfo obbediente. E poi, se ne moriva uno pazienza: di sicuro un suo parente l’avrebbe sostituito prima del tè delle cinque.
Comunque, Tinky-ninja mi riportò la bacchetta, prima di chiudersi in camera con Perfettini per confabulare di chissà che (o “fare rapporto”, come amava ripetere lei). Accarezzai con affetto la mia bacchetta. Quanto mi era mancata! Promisi a me stessa di non lasciarla mai più.
Da quel momento in poi le cose per noi due andarono in discesa. Avevamo trovato il modo di farci affidare la spesa, (cioè, Ginevra aveva ottenuto il permesso di uscire di casa il tempo necessario per farla) dimenticando sempre di comprare i temuti germogli di soia o il tofu, comprando al loro posto delle deliziose costolette, oppure chiudevamo Tinky fuori di casa la notte con la scusa che uno dei suoi pedinatori le voleva parlare. A pensarci bene può essere molto deprimente che una diciottenne e una, ehm, venticinquenne come me considerassero divertenti quegli scherzi, ma vi assicuro che erano l’unica via di fuga per non morire di NOIA.
Il mio compito ufficiale era aspettare che Perfettini si decidesse ad andare a cercare informazioni con me. Cioè, aspettare e basta. E questo senza l’aiuto di una rivista. O di un po’ di gossip. O di shopping.
Vedete in che abisso di disperazione rischiavo di cadere? E Perfettini non se ne curava neppure per un secondo! Ogni volta che la imploravo di poter uscire per fare un salubre giretto a Diagon Alley, lei inarcava quel suo stupido sopracciglio saccente e diceva “Non se ne parla.” Ma io sapevo che quel sopracciglio alzato sottintendeva “Non se ne parla perché lei mi ha rovinato il fidanzamento e fra un po’ la carriera, perché la mia unica speranza di tranquillità è di farla finire in prigione per liberare me e l’intera società magica da una donna consumista e frivola e perché io voglio che lei si annoi finché non comincerà a partecipare spontaneamente ai miei piani di conquista del mondo.”
E tutto questo usando solo un sopracciglio. In meno di un decimo di secondo. E poi dite che non è pericolosa?
Così, un po’ per la mancanza assoluta di cose da fare, un po’ per curiosità genuina, ritornai ad osservare Perfettini. Quando l’avevo rivista la prima volta dopo il mio soggiorno da Julian mi ero accorta che era stanca, ma non avevo realizzato quanto. Ogni giorno Tinky le preparava caraffe intere di caffè che sparivano nel giro di un’ora, e in generale non usciva quasi mai dal suo studio-bunker. Non andava più neppure al Ministero, salvo in rare occasioni: se avevo capito bene dai suoi discorsi con la piccola traditrice, era riuscita a fare il lavoro di mesi in poco più di una settimana. Ergo, il suo capo l’aveva messa in vacanze forzate, giusto per evitare di pagarle il S. Mungo se avesse avuto un crollo nervoso fra una pratica e l’altra. Mi venne il dubbio che si fosse appassionata alle mie sventure per riempire quel tempo libero. Dopotutto, ognuno ha i suoi hobby: c’è chi coltiva fiori, chi colleziona figurine delle Cioccorane, chi gioca a Quidditch e chi risolve complotti e tentativi di omicidio. Che c’è di strano?
Perfettini era sempre nervosa e intrattabile (uhm... no, aspettate, questo era normale) e dopo qualche indecisione sembrava che i suoi capelli avessero deciso di instaurare un regime anarchico sulla sua testa. Sul serio, ogni volta che li vedevo sentivo un colpo al cuore. Nella mia infinita bontà cercai anche di parlarle di qualche incantesimo allisciante (di quelli nuovi, un po’ complicati ma efficacissimi)  ma lei si  limitò a lanciarmi un’occhiata torva e ciabattare fino allo studio. Fine dei miei tentativi.
Quanto agli uomini, Ginevra confermò i miei sospetti: Rosso aveva lasciato Perfettini grazie a me, quanto a George Weasley... be’, nessuno sapeva bene dove fosse finito: aveva chiuso i Tiri Vispi per un po’,  forse per andare in cerca di nuove sostanze e incantesimi da mettere nei suoi prodotti.
Questo era plausibile, almeno secondo il suo stile, ma Ginevra mi disse di essere preoccupata da tempo per lui. Mi spiegò che, dopo la guerra, non era più stato lo stesso: aveva cominciato a frequentare luoghi poco raccomandabili e ogni tanto parlava ancora del suo gemello come se fosse vivo. E fabbricava water parlanti, il che a mio giudizio è peggio del fare comunella con dei criminali e del sentire voci nella testa. Ma sono punti di vista.
Comunque, sembrava sparito nel nulla, e non aveva neanche mandato una cartolina a Ginevra, cosa che invece faceva sempre per rassicurare lei e su madre di essere, se non proprio sano di mente, perlomeno vivo.
L’unica cosa che sembrava far stare davvero bene Perfettini era parlare con Tinky la Traditrice. A volte le sentivamo scoppiare a ridere fragorosamente, quando non complottavano a bassa voce temendo di essere sentite da chissà quali nemici.
“Ridicole” commentai una volta con Ginevra.
“Già. Alla loro età, giocare ancora alle spie Auror. Ma questo mi fa venire in mente... lei ha mai visto quella soap opera babbana, quella della donna che gira con l‘impermeabile... sa, che ha due fidanzati...”
“La donna si chiama Mary?”
“Sì! La conosce?”
“Per Morgana, ma certo! E quando i due si sfidano a quel duello con le armi babbane?”
“Ridicolo!” ripetè lei, poi cominciammo a ridere come due scolarette all’ultimo banco. Forse fu una mia impressione, ma mi sembrò che le risate, nell’altra stanza, diminuissero di colpo.

Non ero l’unica ad annoiarsi, a dire la verità: Ginevra di lamentava sempre della solitudine, e più di tutto le mancava il suo fidanzato. Cercai di farla ragionare dicendole che non era possibile che le “mancasse”, dato che era quotidianamente sulla Gazzetta del Profeta (che, per il mio bene, avevo smesso di leggere. Non volevo sapere con chi mi avessero sostituita) e che, ogni volta che usciva di casa, c’erano milioni di cartelloni magici a sostegno della sua azione al Ministero, ma lei non sembrava ascoltarmi. Purtroppo era caduta in una trappola dalla quale io mi ero sempre guardata: era innamorata di lui fino all’ultimo dei suoi incredibili capelli rossi naturali. Come ho già detto, questo era l’unico argomento che rischiava di compromettere la nostra alleanza, quindi cercai sempre di tenermici alla larga... finchè ci riuscii.
Un giorno la sorpresi a scrivere lettere: le buste erano già preparate lì di fianco.
“A chi scrivi?” chiesi senza pensarci.
“A Harry” disse concentrata.  Si bloccò un momento “Secondo lei com’è  il tempo a Bali?”
“Divino” risposi con un sospiro. “Ma non ci potremmo smaterializzare veramente a Bali?”
“Oh, sa che non ne vale la pena. Io posso uscire per massimo  mezz’ora e lei neanche per un minuto... Che senso ha avere l’ansia della prova costume per essere inseguiti subito dopo da un’elfa domestica invasata?”
A volte il senso pratico di quella ragazza irritava i miei fragili nervi. Specie quando poteva avere ragione... in un mondo parallelo. Certamente non nel mio. “Allora smaterializzati da Harry. Basta un Incantesimo Abbronzante Temporaneo e...”
“Non voglio vederlo” mi interruppe Ginevra. Posò la piuma e contemplò il soffitto. “Davvero. Non è il... il momento giusto. Se non fosse successo questo... questo...”
“Guazzabuglio medievale?” propose la piccola Corvonero che era in me.
“Diciamo di sì, io sarei andata davvero a Bali. Ne avevo parlato a mia madre. E anche a Harry, solo che lui non era d’accordo, così abbiamo litigato, ci siamo detti qualcosa di troppo e...” si zittì di colpo e mi guardò. Sembrò rendersi conto solo in quel momento della persona con cui stava parlando.
“Non è successo nulla, davvero. Siamo felici come sempre. Terribilmente felici” aggiunse in fretta, poi fece evanescere il foglio e la piuma. “Meglio che vada ancora io a fare la spesa. Non vorrei mangiare di nuovo seitan per tutti i galeoni del mondo!” mi fece l’occhiolino e uscì.
Rimasi a fissare la porta per un bel pezzo. Avvertivo una sensazione strana. Possibile che fossi... dispiaciuta? Senza che lo volessi, una domanda mi balenò in testa: quando aveva cominciato la gente a non fidarsi più di me? Forse quando avevo sparso in giro la voce che Amanda era lesbica, facendo quasi mandare a monte il suo fidanzamento. O quando avevo detto al mio primo direttore che il capoufficio aveva dato una regolatina alla sua nota spese, subito dopo che me l’aveva confidato... Ma era stato necessario, no? In un caso cercavo di riprendermi la mia migliore amica, nell’altro un posto che era mio di diritto!  
E poi una persona si era fidata recentemente di me. E il suo nome, pensai orgogliosa, era Luna Lovegood, astro nascente del giornalismo, giovane donna in carriera e icona del buon gusto, se si fosse applicata di più. Esattamente come ero io alla sua età.
Mi dissi che non ero io a sbagliare, ma Ginevra. Decisi che la ragazza doveva essere paranoica. Chissà... forse un giorno l’avrei portata dal mio dottore.

Io e Ginevra non parlammo più dell’imbarazzante scenetta della lettera e ci concentrammo ancora di più sui nostri scherzi. O almeno, ci provammo finché Perfettini non minacciò di sfidarmi a duello e vincermi la bacchetta se non mi fossi “data una calmata”. Non che non apprezzassi l’idea di battermi, ma ero un po’ fuori allenamento e una bacchetta persa in combattimento, anche se ottenuta di nuovo, non è mai quella di prima. Quindi mi limitai a squadrarla dall’alto in basso e dire che “Tanto mi ero stufata da sola di perdere tempo con loro”.
Ma Perfettini non dovette preoccuparsi a lungo del mio malumore, perché in breve il mo orgoglio subì una dura prova. Che arrivò sotto forma di innocente, banale, micidiale giornale del mattino.
E’ incredibile come le più grandi catastrofi della nostra vita arrivino fino a noi zitte zitte o in forme inaspettate, come un cucciolo di Ippogrifo che non sembra poi così pericoloso e fa dire a generazioni di maghetti con gli occhioni scintillanti “Possiamo tenerlo?” e vi porta poi a svegliarvi alle quattro di mattina perché l’uccellaccio si sta pappando il gatto dei vicini, o a imbracciare eroicamente le bacchetta per aggiustargli gli artigli, o a Obliviare decine di Babbani convinti di aver visto un unicorno planare sul vostro quartiere. E’ giusto che lo sappiate anche voi, Babbani: salvo rari, rarissimi casi, non vi renderete mai conto di ciò che sta per capitarvi.  Quindi io, pagando il gufo postino, non mi accorsi che la sventura mi stava volando incontro a cavallo di una Firebolt, nè interpretai come un cattivo presagio il fatto che ci misi ore a trovare i falci.  
Come vi ho già detto, la mia curata manicure non aveva sfiorato le pagine della Gazzetta per lungo tempo... per amor proprio. Quella era la rubrica di gossip più letta della Londra magica, ma che dico, del mondo magico! Quella era la mia  rubrica. Nessuno sarebbe mai stato all’altezza.
Ma, in tempi più felici, ero solita comprarla ogni mattina e sfogliarla febbrilmente, per gustare il mio articolo con la dovuta calma (dopodiché, la Gazzetta finiva nel cestino: non c’era altro di interessante, davvero). Quindi, compiendo un gesto automatico, lo aprii alla mia pagina.
Solo che, come immaginavo, non era più mia.
E potete immaginare con quale sconcerto lessi che era, invece, della promettente,  giovane, affascinante Luna Lovegood.









Lo so, lo so. Ci sono volute ERE prima che Scribacchina passasse ai posteri questo capitolo. Naturalmente la colpa è tutta sua. Prendetevela con lei... fossi in voi lo farei, anzi: l'ho già fatto!
Lieta di ritrovarvi, carini... Sapete una cosa? Mi siete quasi mancati.
Adieu! (non per davvero, state tranquilli)
Votre Rita



In verità, Rita ha avuto qualche problema nel dettare questo capitolo. Soprattutto per l'ultima parte, come avrete intuito... Credo che le orecchie da gatto che mi ritrovo ora non se ne andranno più, ma almeno sono morbide.
Inoltre, sono successe alcune cose che ci hanno tenute lontane dallo scrittoio, ma ve le racconteremo... prima o poi.
Felicissima di avervi ritrovati (se ci siete ancora e la particolare educazione di Rita, unita a questo deplorevole ritardo, non vi hanno fatti fuggire da tempo verso fan fiction più soleggiate, aggiornate e allegre).
Sempre vostra
Scribacchina

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Capitolo 38
*** Realistici requiem ***


Quando a qualcuno le cose vanno male ci si aspetta che ci abbia fatto una specie di abitudine. Come dire: sei sopravvissuto a un ciclone, non sarà un temporale a farti paura! Eppure, nel preciso istante in cui il nome “Lovegood” monopolizzò la mia attenzione, spiccando in maniera sfacciata in fondo alla pagina bianca, mi sentii come fulminata sul posto. Un milione di domande mi affollarono la mente: come aveva fatto a ottenere quel lavoro? Chi poteva aver corrotto? E come? Ci misi qualche secondo prima di staccare a fatica lo sguardo dal suo nome... ma quando lessi il titolo dell’articolo, desiderai ardentemente non averlo fatto.

Rita Skeeter - L’ ultima risata

“Chi non è mai stato preso di mira da Rita Skeeter, ex giornalista, bionda finta e velenosa come un Basilisco? Come le sue numerose vittime sanno bene, il suo regno è finito circa un anno fa dopo il processo, per molti ingiusto, che l’ha assolta dall’accusa di aver collaborato col peggior mago oscuro di tutti i tempi, lo spietato Lord Voldemort.
Chi ha avuto da ridire sulla sentenza sarà felice: l’ex regina del gossip sembra essersi messa fuori gioco da sola! Negli ultimi tempi infatti la Skeeter ha onorato Londra di uscite imbarazzanti, per non dire fuorilegge: come ricorda bene il proprietario del locale più chic di Londra, “Il Lepricano”... non capita tutte le sere che una cliente fugga dalla finestra del bagno per non pagare il conto e i debiti!
Ma le stranezze della Skeeter cominciano più lontano. Dopo essere sparita per qualche mese dalla circolazione è ritornata grazie alla generosità della filantropa Amanda Princeton, che ci informa di averla ritrovata “in un luogo discutibile, vestita con una tunica ridicola mentre farneticava di scarabei. Si stava anche abbuffando di tartine e devo dire che aveva messo su più di qualche chilo di troppo”. Poi ha aggiunto “Io ho cercato e cercato di farla ragionare, davvero, l’ho perfino portata alle mie cene e ai brunch nonostante quel terribile processo e i suoi problemi economici, figuratevi, non aveva più neppure un vestito decente, ma poi ha cominciato a parlare da sola e beveva, poi c’è stato quell’episodio che...” qui Madama Princeton si è interrotta, la voce spezzata dall’emozione. Concludiamo noi per lei: all’ultima festa in cui la Skeeter è stata vista, dopo aver bevuto “considerevoli quantità di Whisky Incendiario” (secondo il maitre) l’ex diva del giornalismo ha proclamato ad altissima voce il suo odio per il Salvatore del Mondo Magico Harry Potter, definendolo un “moccioso insignificante senza charme nè stile”, ha cercato di schiaffeggiare il padrone di casa che cercava di farla ragionare, e ha urlato “Viva Rita Skeeter!” prima di buttarsi nella fontana del giardino. Dopodiché è stata condotta via dalle magic guards strepitando oscure minacce. Pare proprio che il Bolide Skeeter abbia perso la bussola...”

Appoggiai il giornale sul tavolo con le mani che tremavano.
Sentivo un terribile insieme di cose: un’ondata di vergogna, un momento di ribrezzo, forse anche una puntina d’orgoglio, dato che nell’articolo riconoscevo il mio stile - solo che era venticinque anni più giovane e aveva una cascata di capelli biondi.  
Un secondo dopo, qualunque altra cosa fu annientata da una rabbia cieca.
Presi la prima cosa che mi trovai sotto mano e la scagliai contro il muro.
Come.  Crash!
Avevano. Crash!
Osato? Crash!
“Che cos’è questo rumore?” gridò Perfettini dal corridoio.
Quella piccola. Crash!
Maledetta. Crash!
Ingrata! Crash!
“Skeeter! Metta giù la mia zuccheriera e si calmi, per Merlino!”
“Mostro!” strillai “quella strega è un mostro!” Crash!
“La mia...! Ora basta! Pietrificus totalus!
Mi irrigidii e caddi per terra ringhiando. Da quella prospettiva potevo vedere il pavimento cosparso di cocci, le consunte ciabatte di Perfettini perfettamente parallele e ben distanti e la coda della Bestiaccia, naturalmente accorsa per ficcare il suo muso peloso nel caos.
“Cosa diamine le è saltato in mente?” sibilò la Granger dopo avermi sbloccata.
“Subdola, intrigante, figlia di un Troll!” risposi lanciandole addosso quella specie di vipera cartacea. Lei cominciò subito a leggerlo, in silenzio.
Diedi un calcio al gatto (quello che continuava a spacciarsi per un gatto) e Perfettini non disse nulla. Sembrava ipnotizzata dall’articolo. Stavo per approfittarne (tormentare quel mostriciattolo era soddisfacente quasi quanto lanciare tazzine contro il muro) quando Perfettini rialzò lo sguardo. Come poteva averci messo così poco?
Il suo sguardo era perso nel vuoto. Un’ultima, liscia tazzina catturò un raggio di sole e scintillò invitante sul bordo della credenza.
“Dopo che l’ho aiutata, le ho insegnato tutto quello che sapevo, l’ho incoraggiata sulla strada giusta... questo è il ringraziamento!” scagliai anche quell’ultima tazzina. Crash!
Perfettini sussultò e mi guardò trucemente. “Spero che lei si renda conto di quello che fa, Skeeter” la sua voce non era mai stata così dura.
“Era solo uno stupido servizio da tè-”
“Al diavolo il tè!” ruggì. Faceva davvero paura. “Luna è la persona più buona, gentile e sensibile che io abbia mai conosciuto! Come ha potuto trasformarla in questo- questo mostro?”
“Veramente ha fatto tutto da sola-”
“Non è vero. E’ tutta colpa sua!”
“Non le ho mai detto di scrivere per la Gazzetta, non le ho mai detto di soffiarmi il posto, e soprattutto non le ho mai detto di scrivere un articolo per diffamarmi agli occhi del mondo magico!” gridai.
“Lei non si rende conto” ripetè Perfettini, ma questa volta mi guardò in modo diverso. Per Merlino, sembrava che avesse... compassione di me “ Davvero, non capisce. Non so come abbia fatto, ma l’ha resa identica a lei. Questo” disse indicando il giornale “mi ricorda i suoi articoli su Harry e su Silente. Solo che adesso li scrive Luna, la mia collega, la ragazza dell’Esercito Di Silente... la mia amica” Si fermò di nuovo. Era chiaramente furibonda.
“Spero che questo le apra gli occhi: l’unica causa dei suoi guai è lei stessa. Si è meritata questo articolo e i prossimi, Skeeter.”
“Prossimi?” chiesi con voce strozzata.
“Ah, non l’ha letto tutto? Questo è solo il primo di una lunga serie. Pare che un sacco di persone non vedano l’ora di parlare di lei.”
Restammo in silenzio mentre incassavo il colpo.
Sapevo che Perfettini avrebbe potuto aggiungere “Non era questo, quello che voleva?” ma non lo fece.
E per una volta, le fui riconoscente.
 
Rimasi sola per tutto il giorno, riflettendo. Non potevo dare la colpa a nessun altro: sapevo benissimo che la Lovegood, lasciata a se stessa, non sarebbe mai diventata un simile mostro. Quando l’avevo vista la prima volta, mi aveva subito ricordato me stessa: alle prime armi, con un briciolo di talento, totalmente diversa dal mondo che doveva affrontare.
Pensavo di volerla aiutare, ma... a essere sinceri, dentro di me covavo la speranza che diventasse famosa al più presto: io sarei diventata la sua mentore. Sarebbe stato un passaggio del testimone... io avrei abbandonato le scene con il suo trionfo e il mio libro, all’apice del successo. Lei avrebbe preso il mio posto nella Gazzetta, naturalmente... e non così, per Morgana. Non così. Nel mio brodo di depressione affiorò anche un altro pensiero: l’unica persona che si fosse fidata di me negli ultimi anni mi aveva pugnalata alle spalle.
E il voltafaccia di Amanda era anche peggio - lei aveva finto fin dall’inizio. Non mi aveva voluto aiutare neanche per un istante. Mi aveva trattata come un cane trovato per strada che si mostra alle amiche per far colpo “Oh cara, sei stata così altruista!”. Mi aveva usata come gradino per raggiungere un punto più alto nella scala sociale e poi mi aveva scavalcata senza una parola.  
Mi tornarono in mente le parole dell’articolo: “In un luogo discutibile”. Lo stesso luogo per cui lei staccava disgustosi assegni tutti gli anni! Solo perché era chic finanziare il gruppo dell’eroina Granger e... e...
All’improvviso capii che non aveva senso prendersela con lei. Aveva vinto: era ricca, rispettabile e in vista. Tutto ciò che avrei voluto essere. Mi chiesi se avesse architettato tutto questo solo per vendicarsi delle mie bugie anni prima, ma la cosa non mi interessava granché.
E pensare che fino a qualche mese prima ero convinta che tutto sarebbe andato per il meglio: avevo pronto un libro scandaloso su una figura in vista, un giovane uomo affascinante mi corteggiava e la mia protetta mieteva successi...
E adesso ero disoccupata, single e calunniata. Wow, doveva essere un record.

“Si può?” chiese a un certo una vocina irritante e anonima fuori dalla porta.

“No” ringhiai.
“Pazienza” fu la riposta. Stavo per chiarire che “no” era un concetto di negazione, sicuramente esprimibile anche dalle tribù di maghi più sperdute del globo e quindi in teoria conosciuto da ogni essere vivente, quando Tinky entrò nella mia stanza.
“Schifo di articolo, eh?” disse come se non si trattasse della più grande catastrofe dopo... be’, in realtà non c’era mai stata una catastrofe simile.
“Già” risposi senza guardarla.
“Ragazzina Lovegood essere... impressionante.”
“Non è proprio l’epiteto che userei io. Forse stronza sarebbe più consono.”
“Lei scrivere come Skeeter. Però io pensavo, sa... lei forse meglio di Skeeter”
Girai di scatto la testa verso di lei “Cosa stai insinuando?” sibilai.
“Giovane Lovegood essere intraprendente. Skeeter non più.”
Forse fu la luce, ma improvvisamente Tinky mi sembrò una liscia tazzina da tè.
“Senti un po’, piccola creatura baciabottiglia: sono venuta a vivere qui, ho mangiato tofu, ho lottato con la Bestiaccia, sono scappata a bordo di scope, ho avuto a che fare con Weasley di tutte le taglie, mi sono fidanzata con un uomo inquietante da cui sono fuggita, ho svaligiato cassetti di Perfettini e ho trovato della Polvere Olvidante di cui non so ancora nulla, adesso tutta Londra crede che io sia un’ubriacona, Amanda non mi sosterrà mai più, la Lovegood ha già pronti non so quanti articoli infamanti su di me e io sono qui in casa della Granger da mesi senza aver ottenuto niente a parte un libro che non verrà letto da anima viva, a meno che Perfettini non mi denunci!”
Mi fermai col cuore che batteva forte, rendendomi conto di quello che avevo appena detto.
Tinky cercò di sorridere e capii che aveva voluto farmi arrivare a quel punto fin dall’inizio.
Forse non tutto era perduto.

Perfettini era rinchiusa nel suo bunker; non fu facile ottenere la sua attenzione, ma immagino che entrare spalancando la porta con la bacchetta aiuti sempre. Ginevra era con lei, ma non ci feci quasi caso.
“Perfettini” dissi con fermezza “Devi denunciarmi. E devi farlo adesso.”

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Capitolo 39
*** Noncuranti Notti ***



NOTE INIZIALI (che non sono mai esistite prima ma di cui c'è gran bisogno):
Cari fan della "divina Rita" (come si definisce lei), so che è da molto tempo che questa cronaca di vita vissuta ha aggiornamenti alterni. Sono già stata debitamente punita dalla mia dettatrice per questo, ma lei vi "incita ulteriormente al turpiloquio", se le volete bene.
Per la lunghezza e i ritardi, sono stata "invitata" a scrivere un piccolo riassunto, compito svolto in poco grazie alla bacchetta puntata alla schiena. Le virgolette sono per ciò per cui io e lei non eravamo d'accordo.

Un anno dopo la sconfitta di lord Voldemort, la meravigliosa Rita Skeeter ha subito un "ingiusto" processo per collaborazione con il regime dell'Oscuro. Assolta perché sotto Imperio lavora ancora alla Gazzetta del Profeta, ma scrive di ortag... graziose esperienze di vita agreste. Dedalus Lux le affida un compito importante per incoraggiarla: intervistare Perfettini  Hermione Granger, che dopo diverse "domande scomode" l'attacca con uno stormo dei falchi. Al San Mungo, per risarcimento, le chiede di andare a vivere da lei, visto che è stata appena sfrattata.
Ma la nostra eroina approfitta della situazione, programmando il suo ritorno: un libro scandalo proprio sull'odiata Perfettini. E sul suo gatto, che odia.
Rita scombina la vita di Hermione, arrivando al punto di farla litigare con Ron: ha scoperto che Perfettini ha una rivista per maghette, "Stregami", che dirige con Luna Lovegood. Il "Rosso" non ne sapeva niente: la accusa di poca fiducia e in breve la lascia, anche perché George Weasley sembra farle una corte "ricambiata"...
Nel frattempo l'elfa domestica di Rita, Tinky, le trova oscuri finanziatori, zio e nipote, per il suo nuovo libro, e la giornalista si lega sempre di più a Luna Lovegood, decisa a farne la sua successora in campo giornalistico.
La vita sembra sorriderle anche per altri versi: uno dei finanziatori, Julian, si rivela essere un giovane galante che la invita a cena fuori, e una nobile compagna di scuola, Amanda Princeton, le promette di riaprirle le porte dell'alta società. Trova inoltre della Polvere Olvidante (una droga del mondo magico) a casa di Perfettini, senza sapere che Hermione l'ha sequestrata a George Weasley in un momento di euforia alcolica.
Tutti cambiano casa: a causa della rottura con Ron, Hermione è da Ginny per elaborare la cosa, ma finisce col baciare George. Ginny torna a Londra con lei, con la scusa di avere a sua volta dei problemi con Harry. Tinky invece sa che qualcosa non torna...
Anche Rita si trasferisce da Julian, che la convince che Perfettini la vuole uccidere perché pericolosa per il governo magico. En passant, Rita ha strani vuoti di memoria, durante uno dei quali si fidanza con Julian.
Sarà Tinky, dopo essersi alleata con Hermione per salvare Rita, a riportarla a casa di Perfettini, assicurandola che è Julian, invece, a volerla morta.
Lì la situazione si chiarisce (o no?). Ginny ha ricevuto un favore da Julian, che ha pedinato Harry per scoprire se le era infedele e in cambio le ha chiesto di sorvegliare Hermione e in seguito Tinky. Perché? Perché così avrebbe potuto sequestrare Rita senza resistenze, per conquistarsi la sua fiducia e poi eliminarla.
Dopo avere letto nei ricordi di Perfettini, Rita le crede. Inizia così uno strano patto: le due nemiche, a tempo debito, dovranno indagare per sapere chi sono Julian e suo zio, dato che  potrebbero essere due criminali, e poi Rita verrà obliviata da Hermione a riguardo dei suoi segreti.
Prima di quel momento, Ginny e Rita devono rimanere in casa per non essere colpite da Julian. Tinky, ormai licenziata da Rita, si affeziona ad Hermione, provocando le gelosie della Divina e di Ginny che instaurano una strana amicizia.
E mentre George è disperso, torna sulla scena Luna, che pubblica un articolo scandalistico sulla Gazzetta del Profeta: il soggetto è proprio Rita, che viene dipinta come una donna in rovina e socialmente imbarazzante ormai in declino.


Ed ecco l'ultima frase del capitolo scorso...

"Perfettini era rinchiusa nel suo bunker; non fu facile ottenere la sua attenzione, ma immagino che entrare spalancando la porta con la bacchetta aiuti sempre. Ginevra era con lei, ma non ci feci quasi caso.
“Perfettini” dissi con fermezza “Devi denunciarmi. E devi farlo adesso.” "


 


“Devi denunciarmi! Sono seria!”
“Ma... perché? Perché ora?” mi chiese perplessa.
“Perché così sarò ricordata come Rita Skeeter, la grande giornalista che cercava di mettere nel sacco Hermione Granger, e non come Rita Skeeter, la pazza ubriacona da due falci” la guardai negli occhi e lei annuì, sotto lo sguardo sbalordito di Ginevra.
“E’ una sua scelta. Ma non posso farlo.”
“Come?” gridammo all’unisono io e la mini Weasley.
“Non ancora” si affrettò ad aggiungere "Lo sa"
“Stammi a sentire, Perfettini: ho già passato abbastanza guai e non mi importa nulla delle tue stupide indagini. Se non mi denunci ora, al processo racconterò un sacco di cose sulle famiglie a te più care. Mentirò. Li infangherò al punto che non potranno più uscire di casa”
Ginevra si irrigidì, pensando probabilmente ai suoi genitori. “Non può farlo” sibilò.
“Posso eccome. La mia reputazione è tutto ciò che ho, ed è quasi distrutta” Luna Lovegood me l’aveva dimostrato ampiamente.
“Possiamo... trattare?” mormorò Perfettini.
Stavolta fui io ad annuire.


“Perfettini, ma che bel travestimento. Fammi indovinare, te l’ha cucito una sarta babbana per Halloween?”
“Se lei crede di poter passare inosservata con un tailleur di Chanel mentre va a cercare informazioni riservate faccia pure, io preferisco mantenere un minimo di senso della realtà. A proposito, di Chanel? Come ha potuto permetterselo, per Morgana?”
“Te l’ho mai detto che sei terribilmente noiosa? Comunque, diciamo che i babbani non sanno proprio cosa fare contro un incantesimo Confundus. Terribile per loro, no? Ma fantastico per noi!”
“L’ha rubato!”
“Rubato? Per Merlino, no! La titolare del negozio l’ha regalato a sua zia Tracie. Che casualmente quel pomeriggio ero io”
Perfettini grugnì “Babbani derubati con la magia, ci mancava anche questa. Per fortuna fra un po’ lei sarà in galera ”
“E ti conviene che questo accada al più presto. Detto tra noi, adoro anche le borse e Londra è piena di commessi molto gentili...”
“La smetta! Sa che non posso farla processare adesso! Non può farmi questo!”
“Come no?” dissi leggera “Ma se è la cosa più divertente del mondo!”
Non aveva voluto denunciarmi? Benissimo, era una sua scelta.
“E poi, detto fra noi, i tailleur sono semplicemente di moda, quindi passerò molto più inosservata io di te, con quella ridicola palandrana del secolo scorso” conclusi felice “A questo punto, volendo parlare del tuo guardaroba...”
“Come le ho già detto mille volte, i miei vestiti sono esattamente ciò che mi serve-”
“Certo, ammesso che tu vada al lavoro alle cinque di mattina quando la nebbia impedisce di vedere cosa ti sei messa addosso!”
“Io almeno ho un lavoro!”
“Io almeno ho stile!” ribattei stizzita.
“Volete darvi una calmata là dietro?” sbraitò il conducente del Nottetempo “C’è gente che vuole dormire” aggiunse brusco, indicando i passeggeri che dormivano sui letti sbatacchianti del tram.
Che cafone.
Ricordai con un po’ di rimpianto Stan Picchetto, che parlava sempre a ruota libera dei suoi passeggeri preferiti e mi regalava informazioni preziose su di loro... come quando mi aveva raccontato che la sera prima aveva ospitato Caramell in persona, dato che era stato cacciato di casa dalla moglie. Mi era capitato spesso di salire solo perché ero a corto di scoop. Sfortunatamente, dopo il processo per Imperio Stan aveva lasciato il suo posto di lavoro, nonostante fosse praticamente nato su quell’autobus, e aveva perfino ricominciato a usare la scopa. A giudicare dalle buone maniere del nuovo autista, il Nottetempo doveva rimpiangere molto Stan e i suoi brufoli.

Perfettini sbadigliò, distogliendomi da Stan Picchetto e dal bulldog che l’aveva succeduto. “Non possiamo farci riconoscere” bisbigliò poi, facendo finta di essere appoggiata a me per riposare “finché non arriviamo, sarà meglio che la smetta di lamentarsi ”
La faceva facile lei, visto che il suo travestimento consisteva solo nell’orribile sacco nero in cui si era infilata e in un cappello nascondi-cespuglio. Io avevo applicato degli incantesimi al mio viso, rendendolo meno riconoscibile (anche se, naturalmente, un occhio molto attento avrebbe capito la mia identità) e avevo ripreso il colore naturale dei capelli, abbandonando il mio adorato biondo platino. Inoltre non ero truccata, e tutto ciò mi causava un incredibile bisogno di lamentarmi della fortuna avversa che mi aveva ridotto in uno stato così miserando.

Io e Perfettini avevamo deciso che, durante le indagini, non avremmo avuto sempre lo stesso aspetto e non avremmo avvertito in anticipo i nostri interlocutori se non fosse stato veramente necessario.
In ogni caso, dopo una lunga trafila burocratica, lei aveva avuto un permesso speciale per usare l’incanto Oblivion. Potreste pensare che sia facile obliviare qualcuno senza licenza, ma vi assicuro che è una faticaccia sfuggire ai controlli: c’è sempre il rischio che ti diano una multa cospicua o che ti ritirino la bacchetta per una settimana, il che per un mago equivale all’essere esposto nel deserto. Senza contare che più il ricordo è ritenuto importante da chi vi denuncia, più quei falchi del governo vi verranno a cercare. Per fortuna io e Tinky, insieme, eravamo sempre riuscite a sfuggire a quel deplorevole controllo senza pietà.
Come dite?
Il deplorevole controllo senza pietà era appoggiato alla mia spalla?
Ah, già. Buffa, la vita.
Dopo qualche sobbalzo, un po’ di curve mozzafiato e diversi babbani a rischio di decapitazione, arrivammo finalmente alla nosta fermata, Moon Alley, il quartiere dei bassifondi da cui una volta si poteva accedere a Nocturn Alley. Dopo un ultimo ritorno di fiamma con i tempi di Voldemort, Nocturn era stato chiuso, almeno in via ufficiale. In realtà la sua attività era solo diventata più sotterranea, e pulsava ancora, forte come prima.
Non volevo che Perfettini sapesse della sua resistenza: c’era molta gente che, senza  quel quartiere, non avrebbe avuto modo di sopravvivere. Può sembrare che io fossi una stronza senza cuore, ma nel tempo avevo accumulato legami commerciali e d’informazione con molti maghi e streghe. Ovviamente non sapevano il mio vero nome, perché come ho già detto Tinky agiva per me e io, se ero costretta a muovermi, lo facevo senza farmi riconoscere; in ogni caso, non me la sentivo di tradirli spudoratamente.

Io e Perfettini avevamo stilato una lista di nomi da spuntare, e ogni volta che pensavo al primo di loro sentivo il bisogno di lavarmi le mani.
Perché nessuno al mondo vorrebbe incrociare quell’untuoso piccolo ladruncolo di Mundungus Fletcher.
“Perfettini, non possiamo saltare direttamente al punto due della lista?” le chiesi ad un certo punto. “Probabilmente non sa nulla. Ti prego, è così deleterio per il mio amor proprio...”
“E’ l’unico contatto sicuro con cui sono risucita a parlare” ripetè Perfettini per la centesima volta “Ed è solo per caso che Harry non lo ha maledetto in mezzo alla strada, quindi avrà abbastanza paura da collaborare. Un vero miracolo che non sia stato incarcerato... Ma d’altra parte, aveva aiutato l’Ordine per abbastanza tempo da essere in salvo.” si fermò e controllò la via borbottando “Anche se, pensandoci, se lei è fuori chiunque dovrebbe esserlo”
Non risposi, sbuffando con superiorità.
I nostri passi risuonavano sui ciottoli. Nella notte, Moon Alley sembrava un mondo indistinto in cui le linee della strada e dei muri delle case si confondevano tra loro, creando un intreccio confuso. Perfettini era diventata silenziosa e nervosa.
“Paura, Granger?” le chiesi divertita quando la sua espressione si fece ancora più seria..
Lei sorrise amaramente “Ho viaggiato per mesi braccata da Voldemort e dai Mangiamorte. Non sarà il buio a spaventarmi”
In cuor mio immaginai che dovesse avere ragione, ma continuai a stuzzicarla “Perché non hai chiamato Potter? La sua fortuna potrebbe tranquillizzarti. E non solo quella...”
“Ci dia un taglio. Siamo arrivate”
Ci eravamo davanti a una casa... graziosa, pulita e rispettabile. In un’altra dimensione, o se foste stati un troll. Ma per una persona qualunque, era una baracca davvero malridotta. Mi figurai mentalmente le schiere di topi che dovevano abitarci. Più o meno un centinaio, il paradiso della Bestiacccia Demoniaca altrimenti nota come Gatto di Perfettini.
Bussai.
Dopo qualche attimo di silenzio, si aprì una fessura fra la porta e il muro.
“Chi cercate?” chiese una nervosa voce maschile.
Io e Perfettini ci guardammo: era lui.
“Mundungus, sono io” disse Perfettini senza esitazioni, abbassando la sua voce in un’imitazione malfatta di una donna losca. Alzai gli occhi al cielo.
“Entrate” disse. Potevo quasi vedere i suoi piccoli occhi schizzare da una parte all’atra controllando per tutta la via.
“Non si preoccupi e venga fuori. Devo parlare con lei di un affare” stavolta la voce le tremò. Perché, perché avevo lasciato che parlasse lei?
“Entrate.”
“Non fare storie, per Morgana!” sibilai a Perfettini ”qui nessuno parlerebbe in mezzo ad una strada. Entriamo!”
Sgusciammo dentro senza una parola, restando pietrificate nella luce incerta della luna. Un mago ci stava puntando una bacchetta contro, con il torace fieramente dritto e lo sguardo spiritato.
“Non muovetevi e non parlate” sussurrò.
Non era neanche lontanamente Mundungus Fletcher.
    

Cari babbani, la speranza è l'ultima a morire. Ecco perché, invece di cruciare a morte Scribacchina come meriterebbe, ho voluto credere che potesse aggiungere anche questo capitolo e, incredibile!, ce l'ha fatta. Come sono magnanima!
Abbiamo fatto una scommessa: se il suo riassunto sarà utile, non la esporrò di nuovo ai coccodrilli. Quindi scrivete cosa ne pensate, quelle future borsette con i denti sono affamate.

Baci baci
vostra Rita

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Capitolo 40
*** Famiglie felici ***


Perfettini mi guardò. Con mia grande sorpresa, non vidi la minima traccia di terrore nei suoi occhi. Mentre la sua mano stringeva la bacchetta vi lessi invece una fredda lucidità che mi rassicurò.
Il mago spostava lo sguardo da me a lei, senza lanciare incantesimi. La sua aggressività si era ridotta a un nervosismo indeciso. Perché non ci attaccava?
All’improvviso, un lampo di luce rossa attraversò la stanza e lo sconosciuto fu gettato a terra. La sua bacchetta cadde poco lontano da lui: scattai in quella direzione e la afferrai trionfante prima che potesse rendersene conto.
Era Perfettini, adesso, che lo teneva sotto tiro. Feci appena in tempo a capire che io e lei avevamo lavorato come una squadra: la sua voce risuonò, dura come quando le avevo esposto la mia teoria sul suo vestiario.
“Non ho intenzione di farle del male, ma noi stiamo cercando Mundungus Fletcher. Dov’è?”
Gli occhi dell’uomo erano ormai dilatati per la paura “Io... io non lo so. Voi chi siete?” la sua voce era sempre paurosamente simile a quella di Fletcher.
“Questo non ti riguarda” risposi sprezzante, temendo che Perfettini ci tradisse. Poteva anche essersi trasformata in una specie di serial killer in due secondi, ma continuavo a non fidarmi delle sue abilità recitative. “Piuttosto, tu che ci fai a casa sua? Qui non c’è nulla da rubare.”
Era vero. Mundungus teneva la merce con sè, in un borsellino che fungeva da deposito. E casa sua a ogni modo non prometteva certo i tesori dei Quattro Fondatori.
L’uomo si contorse a terra, ma non riuscì neppure a fare un passo. Perfettini doveva averlo Incarcerato.  
“Non ho scelta, vero?” disse con un sorriso tirato che, di nuovo, mi ricordò molto Mundungus. “Be’, d’accordo. Sono suo figlio”
“Questo è ridicolo!” sbottò Perfettini. “Mundungus non aveva figli!”

Ma io ricordavo un’altra storia.

Anni fa, giovane e già esperta, assistetti al processo di Igor Karkaroff  per la Gazzetta del Profeta. I testimoni erano così tanti che non vennero interrogati tutti nello stesso giorno, e io mi infilai fra quelli in attesa per avere... be’, diciamo, pareri più succulenti sull’imputato.
Sapete come siano noiose le testimonianze formali in aula. E come parlino volentieri i testimoni dell’accusa! In particolare, una patetica donnetta si era portata dietro il suo moccioso, e quando le chiesi dolcemente cosa l’avesse spinta ad arrivare lì mi rispose “Karkaroff ha ucciso mio marito! Ha ucciso Angus, e ora deve pagare!” e tirò fuori la foto di un ometto spigoloso.
Ovviamente la consolai. Intuii dalle sue parole che suo marito era un poco di buono, un ladruncolo da niente (nel mio articolo divenne un padre modello e un lavoratore esemplare.... ma questa è un’altra cosa!) ma che era l’unico a tenere in piedi lei e il marmocchio.
Mesi dopo, un nuovo ricettatore fece capolino sulla scena di Moon Alley: vendeva oggetti appartenuti a nobili famiglie decedute rubacchiati chissà come. Dopo averlo spiato, Tinky me lo descrisse e iniziai a sospettare; fiutando una buona pista, mi precipitai nella sua tana dicendogli che avevo scoperto che aveva approfittato di un attentato per fingersi morto. Certo, era solo un’ipotesi, ma andò a segno. Fu uno dei miei primi ricatti... ah, che emozione! In seguito avrei fatto davvero affari d’oro con Mundungus Fletcher.

“Mundungus aveva un figlio. E in realtà si chiamava Angus Fletwood.”
Il viso del mago si accese di speranza nel sentire quel nome, troppo in fretta per non essere sincero.
“Sono mesi che lo cerco! Lo conoscete? Sapete qualcosa di lui?”
Avrei voluto davvero andarmene. La stanza puzzava, c’erano simpatici ratti che sbucavano dalle credenze e i miei capelli si stavano riempiendo di polvere. Non m’interessavano quel mago, né la sua storiella lacrimevole.    Provai a sfruttare l’intesa appena acquisita con Perfettini mandandole un messaggio mentale.
“Andiamo, ragazzina! Abbiamo altro da fare!”
Ma Perfettini recuperò il suo solito sguardo preoccupato e fissò il viso speranzoso del suo ostaggio.
“Sì, conosco Mundungus. Credo che... ci siano molte cose che dovremo raccontarle” disse semplicemente.
Mugugnai contrariata. La nostra intesa era già finita.

“... e così, mio padre ha lavorato per l’Ordine della Fenice?” chiese orgoglioso Helmut Fletwood allungandoci l’ennesima tazza di té.
“Così dicono” rispose affabile Perfettini afferrando l’ennesimo biscotto al burro dall’enorme montagna che aveva davanti a sé, mentre io cercavo per l’ennesima volta di capacitarmi di quella scena.
“Che splendida notizia! Vorrei potervi offrire molto di più. Ma non è facile preparare un tè decente in un luogo come questo” sospirò Helmut, costernato.
Ebbene sì: il nostro potenziale assalitore si era rivelato uno dei dipendenti più zuccherosi ed egocentrici di Madama Piediburro, con una fissazione segreta per il tè (portava con sè almeno quaranta bustine diverse in ogni situazione), per le confessioni da salotto strappalacrime e per il gossip.
“Sapete, ho saputo poco tempo fa che papà è vivo. E’ stata una scoperta che mi ha sconvolto profondamente, totalmente, smisuratamente. L’uomo che mi ha generato, ancora sulla faccia della terra! Chi l’avrebbe mai detto! E ora forse il nefasto destino che ci ha diviso e ci unirà di nuovo” gli occhi gli si riempirono di lacrime.
Oh, per Merlino.
Avrei voluto fargli presente che il “nefasto destino” poteva tradursi anche in “arbitrario tagliare la corda”, ma mi sembrò poco carino. Soprattutto perché avevo già spazzolato almeno dieci dei suoi dannati biscotti burrosi.
“Grazie a voi so che è stato a Londra tutto questo tempo. Qualcuno dovrà conoscerlo... e io lo incontrerò.”
“Lo vorrà riabbracciare, dopo tutto questo tempo” disse Perfettini con gli occhi che le luccicavano. Mi ricordai che lei aveva Obliviato i suoi genitori due anni prima. Ecco perché era così sensibile! Avrei dovuto farle una ramanzina sui suoi sentimentalismi.
“Oh, certo” sibilò Helmut, cambiando umore all’improvviso “lo abbraccerò così forte da strangolarlo”
Qualcosa mi disse che non stavamo parlando per metafore. In ogni caso, Helmut non si rannuvolò per molto.
“Ma ditemi di voi, dolcezze! Perché cercavate mio padre?”
“Il nostro motivo è davvero molto, molto commovente” dissi sorridendo “la cosa incredibile è che anche noi stiamo cercando lui per cercare qualcun altro! Un’ incredibile... congiunzione stellare! Non è vero, uhm, Helda?”
“Helda” si girò verso di me senza l’ombra di un sorriso, chiedendosi probabilmente come avessi fatto a trovare un nome così orribile nella mia memoria.
“Ma certo, Amanda”
Colpo basso.
“Sai, Helmut caro” disse Perfettini inciampando imbarazzata su quel caro a cui non era abituata “pensavamo che Mundungus potesse conoscere un certo, ehm, Julian che abita da queste parti”
“E cosa c’è di così commovente in questo?” obiettò Helmut versandosi la centododicesima tazza di tè.
“Ecco, vedi, lui è... è il fidanzato di Amanda e l’ha abbandonata sull’altare!”
Dovetti far appello a tutto il mio autocontrollo per non incenerire Perfettini. Ma notai uno scintillio curioso negli occhi di Helmut, e qualcosa mi disse di insistere.
“Sì, in effetti è così” dissi a denti stretti.
“Pensa, aveva già il vestito pronto quando lui è fuggito nel nulla!”
“Un vestito splendido” ci tenni a  precisare.
“E le scarpe!”
“Scarpe divine, ovviamente”
“Per non parlare dei... dei capelli!”
“Capelli...”
“Credo di aver afferrato” mi interruppe Helmut “ma lui... com’è?”
“Trentacinquenne, alto, abbronzato, fisico da urlo, pessimo senso dello humor, incredibile faccia tosta e con qualche tendenza suicida, specie se su una scopa” snocciolai.   
“In pratica un bel partito, eh? Peccato che ti sia scappato di mano, carina!”
Carina?
“In realtà il nome non mi dice niente. Ma la descrizione... be’, avevo un cliente simile qualche mese fa. Con una vera fissazione per i pretzel dolci alla cannella. Una passione in comune?” chiese indicando il vassoio vuoto.
Ripensai ai miei tentativi culinari. In effetti, Julian sembrava goloso di dolci. Ma non ricordavo nessun genere di pretzel.
Ma in fondo, perché stavo pensando se gli piacevano i pretzel o no? Che pista stupida!
Frustrata, decisi che era arrivato il momento di andare.
“Bene, Perf... Helda, credo sia l’ora per noi di cercare ancora quell’uomo senza cuore” dissi dandole il braccio.
“Vi auguro di incrociarlo. Ditegli da parte mia che così non si fa, no no!” disse Helmut un po’ deluso dalla partenza.
“Verremo a trovarti da Madama Piediburro. E spero che ritroverai tuo padre” disse Perfettini. Oh, Paracelsius, doveva proprio essere così gentile?
“Certo, certo. Ciao ciao, Helmut!” aggiunsi nella speranza di tagliare la corda. Quei convenevoli sdolcinati mi stavano facendo venire il voltastomaco.
Ci smaterializzammo il secondo dopo, e io sperai di non vomitare davvero.

“Un dannato buco nell’acqua!” commentai acida quando riuscii a respirare.
“Almeno lo abbiamo aiutato. E pensare che Mundungus non merita tanto affetto...”
“Affetto? Quello lo vuole morto! Ti assicuro che nel giro di due settimane il tuo amichetto Helmut l’avrà trovato  e spellato vivo. Come puoi essere così ingenua?”
“E lei come può essere così cinica?”
Varcammo la porta di casa sua litigando, ma la faccia con cui ci accolse Ginevra bastò a farci zittire.
Nonostante avesse le braccia serrate intorno al corpo, vidi che stava tremando.
Dietro di lei un uomo dai capelli rossi era chino su qualcuno e parlava con voce ferma e gentile. Un uomo che in realtà sembrava ancora un ragazzino.
Ma non fu la visione di Ronald Weasley a impressionarmi. Fu la sagoma di suo fratello George, steso sul divano, immobile come una statua di cera.










Un caloroso bentornati, miei biscottini burrosi! No, non sono impazzita, ma Scribacchina ha trovato il modo per rendere la nostra prigionia un po' meno stressante dandosi alla cucina. Voi direte: ma Rita, tesoro, è esattamente quello che hai fatto tu a casa di Julian! Lo so, carini, ma sarebbe l'ora che quest'incapace di assistente imparasse qualcosa da me. Voglio dire, sono o non sono un modello da seguire?
E quindi!
Un bacio e un autografo a Charme, la mia diletta che mi segue assiduamente. Sapete, potete entrare nelle mie grazie anche voi. Basta riempire il box qui sotto con le mie lodi, che sarà mai. 
Au revoir, dolcezze!
Vostra Rita

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Capitolo 41
*** Domande d'obbligo ***



Se io ero scossa, Perfettini pareva pietrificata.
Credo non stesse neppure respirando, il che rendeva tutto melodrammatico e, insomma, un po’ ridicolo.
Tutte quelle storie solo perché i due fratelli del suo cuore erano nella stessa stanza... che mancanza di autocontrollo!
“Datti una mossa, Perfettini. Non possiamo stare sulla porta fino all’alba, giusto?”
Forse fu il mio tono leggiadro, forse lo spintone che le diedi, fatto sta che lei sembrò riscuotersi. Entrò timidamente, come se quella non fosse stata casa sua (ma devo ammettere che, a quel punto, non avrebbe avuto tutti i torti).
Esitò ancora un attimo, poi accadde l’impensabile. Perfettini non si indignò perché il suo ex era entrato in casa col suo amante mezzo morto, non dichiarò il suo amore a nessuno dei due Weasley maschi presenti, non svenne neppure dall’emozione. Si avvicinò a Rosso, lo guardò con calma negli occhi e disse “Cos’è successo?”
“Poche ore fa si è smaterializzato a casa mia. Il tempo di riconoscerlo e... ed è svenuto. Volevo parlare con Ginny, ma non sapevo dove fosse e ho cercato te” Rosso non si smentì e cambiò sfumatura “Ho preso un colpo quando ho visto la sua faccia fra le fiamme del tuo camino.”  
Ginevra ora si era seduta accanto a suo fratello George e gli accarezzava piano i capelli rossi. Non piangeva, ma allo stesso tempo credo non avesse nessuna voglia di parlare. Soprattutto, non sembrava minimamente preoccupata di cercare una scusa plausibile per spiegare a suo fratello come mai si trovasse nel continente sbagliato.
“Non si è mai svegliato?” chiese piano Perfettini.
“Per ora no. Non sembra maledetto né ferito. Non ho provato nessun incantesimo, neppure l’Innerva, sai... Qualunque cosa gli sia successa, credo gli faccia bene una dormita.”
Innerva?
Dormita?
Perché non discutevano dei loro sentimenti? Perché erano così civili? Come accidenti facevano a non saltarsi alla gola?
“Ma certo!” pensai, felice di aver trovato la spiegazione. Stavano chiaramente evitando il problema. Per questo facevano finta di essere così assurdamente preoccupati per George: Ginevra cercava di rimandare le domande di Rosso, Perfettini provava a non affrontare i suoi spasimanti. Quanto al proprietario dei Tiri Vispi, fossi stata in lui non mi sarei voluta svegliare neppure per tutta la polvere Buiopesto del mondo dopo i guai che aveva combinato.
Come al solito, toccava a me sbloccare la situazione fra i mocciosi muovendo le acque.
“Andiamo, cos’è quest’atmosfera lugubre? Non è mica morto! Fra qualche ora si alzerà e ricomincerà a inventare bacchette ammaliatrici o cappelli mutaforma! Qual è il vostro problema?”
Ginevra e Rosso mi guardarono spaesati, rendendosi conto per la prima volta della mia presenza. Ma come osavano avermi ignorata?
Prima che potessi reclamare un altro po’ di giusta attenzione, qualcosa di rugoso e stupido mi tirò il lembo del mantello. Qualcosa che sembrava la mia ex elfa domestica.
“Skeeter” disse senza guardarmi “Barberius volere vederti”
Era un messaggio in codice: significava che Tinky aveva assolutamente bisogno di parlarmi. L’avevo educata rigidamente per quanto riguardava queste procedure: in mia presenza, Tinky doveva sembrare a tutti l’elfa domestica più rispettosa e sottomessa della terra. I suoi commenti personali non erano certo graditi se eravamo in pubblico, e in questo modo avevo evitato che tutti scoprissero che avevo l’elfa più sboccata, impudente e alcolizzata della storia.
Ovviamente, visto che non era più al mio servizio, poteva fare quello che le pareva, ma era sempre stata fissata con questa specie di educazione che le avevo imposto. Probabilmente perché non ne conosceva altre.
Di sicuro, visto che era una pugnalatrice alle spalle, avrei potuto far finta di non aver sentito e continuare a rimbeccare i ragazzini... ma quei tre erano tornati a discutere di George Weasley, dandomi così sui nervi che acconsentii e seguii Tinky nella sua nuova camera.

La stanza di Tinky era stata ricavata in uno sgabuzzino minuscolo, ma almeno era ordinata e pulita.
Tinky aveva cercato di renderla accogliente a modo suo: il tintinnante cuscino era una bottiglia squadrata di Idromele e alle pareti erano appese pubblicità in bianco e nero di alcolici famosi.
Una in particolare spiccava fra le altre, la foto di una bottiglia di Whisky Ogden... Terranova, Tennessee - o qualcosa del genere.  
Perfino l’orribile coperta patchwork lavorata a maglia da Perfettini, nel complesso, dava un tocco kitsch sopportabile all’ambiente. Una vera impresa, ma non mi lasciai impressionare. “Be’, piccola traditrice, che c’è?”
“Tu continuare a rischiare tua vita. E tu no capire nulla” sospirò lei sedendosi sul letto “Sai perché nessuno parlare in salotto?”
“Certo, carina. Perché se parlassero, dovrebbero avventarsi l’uno contro l’altro. Tra l’altro se iniziano a schiantarsi e io non sono presente giuro che te la farò pagare cara...”
“Skeeter, loro non sono come persone che conosci!” mi interruppe lei “loro non fingono. Loro sono... diversi”
“Diversi?” ripetei scettica.
“Sì, diversi!” Tinky mi fronteggiò scattando di nuovo in piedi “Neppure io poteva credere all’inizio. Poi Hermione avere cercato di aiutare te nonostante il tuo libro. E io essermi accorta che qualcosa non tornava. Io ho passato notti intere a chiedermi perché lei vuole aiutare te. Ho capito che lei era preoccupata per te. Weasley femmina non avere capito, ma io sì!” più la foga aumentava, meno il suo linguaggio era controllato “Loro preoccuparsi per  gli altri. Essere cosa da pazzi, ma è così. Loro essere preoccupati per signorino Weasley. Ora loro non importare baci, fughe, tradimenti. Loro avere paura che George muoia, come suo fratello. Lui per loro è importante.“
Cercai di assimilare il cumulo di idiozie che la mia ex domestica cinica aveva appena pronunciato, ma non ci riuscii.
“Tu hai guardato troppa di quella spazzatura babbana, Vermicola” dissi sprezzante.
“Tu puoi offendere me, ma io non cambiare idea. Skeeter sbaglia. Io non essere sicura, ma... per la prima volta io avere capito cosa forse essere amici.”
Fu più forte di me: scoppiai a ridere dandole pacche affettuose sulla testa.
“Oh, Tinky. In fondo sei così ingenua! Ascoltami bene: gli amici non esistono. Se Perfettini ha fatto di te il suo animaletto domestico è solo per pietà verso la tua specie. Non le stai certo simpatica. E poi, chi può volere bene a un essere brutto come te?”
Non era la prima volta che dicevo una cosa simile. Tinky era talmente abituata ai miei insulti che reagiva sempre allo stesso modo: stringeva i pugni, borbottava qualche parolaccia incomprensibile e andava via.
Quella volta, invece, no.
”Skeeter sbaglia. Se solo tu volessi vedere davvero come è Hermione, come loro sono. Tu non avere voluto amici. Non sapere neppure cosa essere.”
Stirai le labbra in un sorriso sarcastico, pronta a risponderle a tono, quando improvvisamente mi tornò in mente Luna Lovegood: le sue chiacchiere strampalate, i suoi vestiti orribili, ma anche la sua fiducia e il modo in cui pendeva dalle mie labbra.   
Esitai un attimo, poi uscii dalla stanza senza parlare.
Tinky si sbagliava. Io avevo voluto un’amica, e l’avevo persino avuta.
Solo che alla fine, come tutti, mi aveva voltato le spalle e se n’era andata.

Non credo che capiti spesso di venire giudicati negativamente da un elfo domestico. Era strano come Tinky avesse potuto, per la prima volta da sempre, avere l’ultima parola su una questione del genere.
Il motivo era semplice: mi stavo rammollendo. Col passare degli anni avevo cominciato ad affezionarmi agli altri. In un momento di rara sincerità, o di pieno delirio, mi resi conto con orrore che forse mi ero legata perfino a quell’elfa sciagurata. Possibile che di questo passo avrei provato nostalgia di Ginevra o addirittura... di Perfettini?
Scacciai l’idea in fretta come mi era venuta, ma il problema restava. Che mi stava succedendo?
Ricordai vagamente il mio dottore che mi parlava di rapporti conflittuali con mia madre e sciocchezze simili. Ma non poteva essere quello. Andiamo, avevo abbandonato mia madre a sedici anni, cosa poteva importarmi di lei?
A dirla tutta davo per scontato fosse morta, anche se non ne ero poi così sicura.
Quindi stavo forse... in... inv... invecchiando?
Certo, mi tingevo i capelli ogni settimana per mantenerli biondi, e ultimamente mi ero avvicinata in modo sospetto alla cucina, ma... davvero era giunto il fatidico momento?
Mentre ero assorta nei miei pensieri la bestiaccia pelosa, allontanata dal salotto, mi scivolò tra le caviglie facendomi quasi perdere l’equilibrio. Provai a lanciargli addosso una scarpa, ma purtroppo lo mancai di qualche metro.
Sbuffai.
La vecchiaia era cominciata da appena un minuto e già la odiavo.
 


Se Rita aveva le sue domande da porsi, Hermione, Ron e Ginny non erano da meno. Dopo due ore George si era risvegliato, ma sembrava assolutamente confuso e stremato. Anche se da tempo non era più il ragazzo allegro che era stato a Hogwarts, Hermione si sentiva attanagliare lo stomaco a vederlo così sfinito.

Sembrava che ogni minimo gesto gli costasse una fatica enorme. Teneva gli occhi chiusi e ogni tanto biascicava qualche parola, la mente inesorabilmente rallentata. Solo Ginny sembrava avere la forza di rispondergli con un po’ di vitalità, mentre lei e Ron si guardavano senza sapere cosa dire.
Ma, oltre alla pietà, Hermione sentiva crescere dentro di sé anche una rabbia inaspettata. Dopo la guerra pensava che avrebbe finito di vedere i suoi amici in pericolo di vita. Aveva sperato con tutta se stessa che, una volta finiti i combattimenti, sarebbero finite anche le vittime. Lo aveva sperato per sé, per i Weasley, per Harry.
Vedere George in quello stato, cosciente ma incapace di fare un discorso più complicato di quello di un bambino, la faceva sentire un’illusa.
Cosa poteva essere successo?




Salve a tutti. Rita vi ringrazia per il sostegno nell'ultimo capitolo (leggete "sostegno" e sostituite con "doveroso tributo", babbani!) e io mi aggiungo volentieri. Capita (davvero molto  raramente, senza dubbio, ma capita) che ci sia chi, in un forum, dice di stare leggendo proprio questa fan fiction. Rita va in deliquio tutte le volte.
Io resto molto sorpresa, ma vi ringrazio.
Volevo aggiungere due parole su George: trovare un modo per descrivere ciò che Rita mi raccontava è stato difficile e ho attinto a un'esperienza personale vissuta da esterna. Spero, anche andando avanti, di fare del mio meglio. 
A presto
Sempre vostra
Scribacchina

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Capitolo 42
*** Misteriose missioni ***


Dopo pochi giorni, non ebbi più dubbi su ciò che poteva aver ridotto George Weasley in quello stato. Mi accorsi che mi sarebbe piaciuto avere torto.

Tutto tornava: le sue partenze improvvise, i rapporti logorati con la famiglia, e sì, alla fine anche il suo stupido gioco alle spalle di Perfettini, che aveva preso sul serio quello che era solo una tipica indifferenza a tutto.

Tipica per chi usava la Polvere Olvidante. Molti dei miei collaboratori, durante la guerra, avevano visto cose terribili e cercavano di evitare gli incubi che tornavano puntuali ogni notte... come dire? Avevano trovato presto il modo per farlo. In fin dei conti era solo una magia come un’altra e l’effetto era temporaneo. Che male poteva fare? 

Herman Selwyn me ne aveva parlato, quando ci eravamo incrociati al pub Buiopesto “Si vive per qualche ora... nell’illusione che sia tutto normale. Che lo sia sempre stato e che la guerra sia stata solo un brutto sogno. Non hanno mai ucciso tua figlia. Non hai mai puntato la bacchetta contro qualcuno. E’ meraviglioso” aveva sospirato pesantemente “Ma poi si torna alla realtà. E costa parecchio, maledizione.” 

C’era chi se n’era approfittato durante i processi, per non avere ricordi compromettenti da offrire ai Pensatoi dei giudici. 

C’era chi, come Weasley, era stato idiota e ne aveva abusato. Come magia era ancora nuova e non era combattuta: al Ministero tutti faticavano ancora a capire chi fossero i buoni e chi i cattivi, per cui nessuno si era preso la briga di indagare a fondo la questione. Se poi i suoi uomini, come Perfettiini, si sdilinquivano su possibili sicari dal passato oscuro, be’...

Era scontato, a quel punto, capire a chi appartenesse il famoso sacchetto che avevo trovato nello studio di Perfettini. Nè ebbi bisogno di scavare troppo nella memoria per ricordare la foto dell’annuario in cui Lee Jordan spiccava poco più su dei gemelli Weasley.

Forse gli aveva perfino fatto un prezzo di favore. Ma quando avesse smesso di vendergliela, e perché, non m’interessava. Non avrei detto niente a nessuno.

Perfettini poteva arrivarci da sola. Anzi, forse era meglio che ci mettesse un po’. Insomma, le nostre ricerche languivano da quando quel ragazzo era arrivato lì, e io avevo bisogno di risultati.
Gli articoli della Lovegood diventavano sempre più spietati. Che fosse una frecciatina o un intero articolo, non passava giorno che non mi nominasse. Era così premurosa da inventare cose che non avevo mai fatto... e a volte aveva addirittura ragione! Ma suppongo di non essere l’unica donna al mondo ad aver trasfigurato una strega in un calderone perché cercava di fregarle un paio di scarpe.

 

“Ehm” dissi.

Niente.

“Ehm, ehm

Perfettini si girò perplessa “Skeeter, sta cercando si imitare Dolores Umbridge? Perché le riesce discretamente.”

“Considerato che finirò anch’io in prigione e che tutte e due adoriamo Harry Potter e le sue cicatrici, perché no? Ma vorrei ricordarti che abbiamo da fare, e che tu stai rallentando tutto”

“Lo so benissimo, però...” sembrava sul punto di iniziare una lunga spiegazione, ma si fermò e sorrise quando Rosso entrò nello studio-bunker e ci interruppe. Lui non era stato particolarmente felice di vedere che vivevo ancora a casa della sua ex, ma, lo devo ammettere, compiva lodevoli sforzi per far finta di niente.
”Hermione” disse “Ginny resta con George mentre io vado al negozio. Sembra che stia un po’ meglio, anche se è ancora confuso. Credo... che si riprenderà presto. Torno stasera e porto anche un boccone per tutti. Pensavo a delle bistecche” aggiunse con gli occhi luminosi, sorridendo. 

“Non ammazzerò niente per sfamarmi, lo sai” gli rispose Perfettini.

“Hermione 1, cerchio della vita 0, come al solito” si sorrisero di nuovo “A stasera” aggiunse, facendo perfino un cenno verso di me.

“Ho visto più sorrisi in questi due minuti che in mesi di vita con te” commentai alzando un sopracciglio.

“Ehm” fece piano lei, alzandosi “Quindi, non dovevamo andare da qualche parte?”

“Oh, certo - ma non vuoi che inviti anche Ronnie? Io posso togliere il disturbo non appena incontro un venticinquenne abbastanza abbronzato, e ti assicuro che ultimamente ho successo in quel campo...”

“Ron ha da fare” rispose arrossendo “Comunque non sono cose che la riguardano”

“Tesoro, nell’ultimo anno mi sono occupata più della tua vita privata che della mia! E in ogni caso, la tua nuova fiamma è semi incosciente, mentre la tua migliore amica sta fuggendo dal ragazzo che ama, che è tuo amico a sua volta, e Rosso sembra improvvisamente diventato un adulto. C’è di che parlare per anni!” 

“Ho sempre notato che, quando escono dalla sua bocca, le cose sembrano molto più drammatiche di quanto non siano veramente” prese il suo solito soprabito verde militare e vedendolo cercai di reprimere un ringhio. Dovevo coglierla di sorpresa e bruciarlo.

“Questione di prospettive, Perfettini. Allora, non vuoi sapere chi sarà la nostra prossima vittima?”

 

Per evitare inutili discussioni, Perfettini e io sceglievamo i testimoni uno a testa, così quella volta toccava a me. Fu il suo turno di travestirsi, perchè io avevo scelto un vecchio amico, il signor Sinister: quindi, visto che le foto segnaletiche di Perfettini a suo tempo erano state sparse fra tutti i Mangiamorte, quel pomeriggio sarebbe stata Edvige Allison. Avrei preferito usare un nome delle famiglie Purosangue, ma lei si era rifiutata, per qualche strana ragione.

Il negozio di Sinister era stato perquisito e chiuso brutalmente dopo il II Conflitto Magico, ma il suo proprietario era già vecchio e non ci teneva troppo. Pare che le sue parole esatte al momento della chiusura fossero state “Finalmente avrò tempo per le mie Mandragole” (ebbene sì, le coltivava con grande attenzione, tanto da aver vinto il primo premio alla Fiera di Castelbury, grazie a una pianta che invece di perforarti i timpani e basta cantava l’inno nazionale. Perforandoti i timpani.)

Sinister era stato ovviamente interrogato, portato in tribunale e imprigionato, con l’accusa di aver favorito i Mangiamorte e aver collaborato alla morte di  Albus Silente. Il nostro incontro si sarebbe svolto in una delle prigioni della Manchester magica, visto che lui era troppo vecchio e il suo crimine non abbastanza grave per stare ad Azkaban. Non avevo potuto parlargli prima (sapete, una volta che si è stati processati è maledettamente difficile ottenere un permesso) ma con Perfettini al mio fianco si spalancavano i cancelli di tutte le prigioni del mondo magico. 

Yu-hu. Un vero spasso.

Cercai di non venire assalita dal panico mentre le guardie lasciavano passare Perfettini (aveva ovviamente avvisato il direttore della procedura) e controllavano che non avessi incantesimi di metamorfosi addosso, e mi proibii di pensare a quanto sciatte fossero le divise dei carcerati. Sarei riuscita a parlare allo stilista della prigione per permettere alle detenute di indossare il tailleur? E magari per inserire un po’ di verde lime nell’atmosfera. Solo qualche tendina.

Perfettini salutò qualcuna delle Magiguardie. Erano tutti molto giovani: in gran parte studenti che durante l’ultimo anno di Hogwarts non avevano messo piede fuori dal castello.

In un certo senso era tutto un grande dejà-vù per chi, come me, aveva assistito alla Prima Guerra Magica. Cosa che contribuiva a farmi sentire più vecchia dei miei splendidi quarantotto anni.

Stupide guerre.

Le prigioni magiche non sono come quelle dei babbani, con le sbarre e la finestrella per il cibo. Sono ampie e, sopratutto, sono una per mago. In casi eccezionali (vedi: in caso di recidivi che non avevano ancora imparato che Potter significa amore) si riempivano e si ammettevano due maghi nella stessa stanza, ma era preferibile di no. L’isolamento era un ottimo metodo per evitare scatti di magia involontaria.

Perfettini sembrava terrorizzata, e le chiesi il perché.

“Io, Ron e Harry abbiamo dei pessimi ricordi del suo negozio. E una mia amica è stata quasi uccisa da uno dei suoi oggetti. Quell’uomo...”

“... è un adorabile coltivatore appassionato di Mandragole e zio di quella strega, quella che insegnava Erbologia ad Hogwarts...”

Perfettini si fermò in mezzo al corridoio. “La professoressa Sprite?”

“Sì, lei. Una delle poche Purosangue che non ha mai debuttato in società,  fanatica di quelle sciarpe a scacchi tremende-”

“Qualcuno parla di mia nipote?”

Trasalii quando mi accorsi che ci eravamo fermate proprio davanti alla cella di Sinister. Perché non erano isolate anche acusticamente, accidenti?

“Ehm... ma no, cosa dice, signor Sinister!” la mia voce era schizzata di un‘ottava più un alto del normale.  

“Ah, Skeeter” disse con sorpresa. Guardò Perfettini “E tu chi sei?”

“Edvige Allison. Sono qui per farle delle domande.”

La fulminai con lo sguardo. Doveva proprio essere così autoritaria? Quell’uomo non aveva mica ucciso qualcuno. Non che lo sapessimo, insomma. Aveva solo aiutato un Malfoy di troppo.

“Allison? Non conosco questo cognome. E non parlo con i Sanguesporco o i Mezzosangue ”  

Perfettini sembrò raggelarsi ancora di più, poi mi guardò interrogativa. 

“Sì, io sono Purosangue” le dissi. La presi per un braccio e le parlai in un orecchio “Senti, se tu stai qui di fianco e non lo guardi o... non cerchi di parlargli, non farà storie. Puoi ascoltarci.”

Vidi che quelle regole non le erano affatto familiari. Le tremavano le mani dalla rabbia, ma annuì. 

“Dunque, signor Sinister. E’ un bel po’ che non ci vediamo.”

“Direi anni, Skeeter. Una volta compravi più spesso da me. Ma ormai nessuno può permettersi certi oggetti. Hai ancora quella piuma che...?”

“Ehm, signor Sinister! Veramente vorrei avere qualche informazione diversa” lo interruppi. La storia della mia piuma era interessante ma era meglio che restasse segreta per altri due o trecento anni “sa, sono anni che mi interessavo a un suo specchio particolare. Il Rivelatore, se non sbaglio.”

L’espressione di Sinister era quanto di più arcigno. “Skeeter, non è da te venire da un povero vecchio a chiedergli di cose che non conosce.”

Ora, io sapevo benissimo che non sarebbe stato facile farlo parlare. Ma a casa di Julian avevo visto quello specchio, e sapevo da dove veniva. Inoltre Sinister, come Olivander, aveva una memoria precisa riguardo a tutto ciò che vendeva... era una pista debolissima, ma non ne avevamo di meglio.

Sinister doveva parlare.

“Se ci racconterà di più su questo specchio, potrebbe avere quel permesso per coltivare le piante nella sua cella”

Inaspettatamente, Perfettini aveva preso la parola e guardava dritto negli occhi Sinister.

“Io non parlo con i Sangue Sporco” La sua bocca si chiuse in una linea  ostinata.

“Ma signor Sinister, non le piacerebbe poter tenere le sue Mandragole? Darebbero un tocco di colore all’ambiente” cercai di rimediare.

“Mi meraviglio di te” disse, stringendo anche gli occhi. Oh, fantastico.

Ci squadrammo tutti e tre, odiandoci per diverse ragioni.

“E dire che il clima sarebbe l’ideale”

Trasalimmo. Chi osava distruggere tutto quel pathos? 

“Cosa ne sai tu, ragazzino? E chi sei?” sibilò Sinister. Lentamente io e Perfettini ci girammo e vedemmo un uomo distinto con addosso un sorriso e una divisa da Magiguardia.

“Sono della famiglia dei Paciock. E se permette...”

Qui cominciò una lunga e noiosa conversazione sulle Mandragole, che vi risparmio. L’unica cosa interessante, per non dire incredibile, fu che Sinister acconsentì a parlare ancora con me e con quel “simpatico Purosangue così appassionato di Erbologia”.

La più esterrefatta era Perfettini, che trascinò in un angolo il giovane Neville Paciock quando vide che discutevo amabilmente con Sinister. 

“Quello specchio mi serve da tempo, Sinister. L’ha mai venduto o se lo tengono quelli del Ministero?” sibilai. Per fortuna le Magiguardie erano lontane, grazie all’esplicita richiesta di Perfettini.

“Ce l’ha un ragazzo, adesso. Il nipote di MacDougal. Un maghetto arrogante e senza talento. Puoi provare a parlare con lui, ma dubito che te lo venderà. Ha detto che gli serviva in modo particolare, per una... missione” fece una smorfia “L’ultimo che mi ha detto una cosa del genere cercava di far tirare le cuoia ad Albus Silente. Chi l’avrebbe detto che ad aiutare un Malfoy sarei finito in questo buco? Una volta erano una famiglia rispettabile”

Il vecchio Sinister non avrebbe mai dato così tante informazioni su un cliente. Il vecchio Sinister non avrebbe mai criticato i Malfoy.

Ma in quel momento, in una cella di sicurezza e senza possibilità di uscirne, sembrava che non gli importasse più nulla. 

“Non si preoccupi, lo convincerò” sospirai “Il suo era un bel negozio. Lo rimpiangiamo tutti a Nocturn Alley”

“Nocturn Alley, eh? E’ lì che hai conosciuto quella?” mi chiese lui per tutta risposta, indicando con il mento Perfettini.

Stranamente sentii l’impulso di difenderla. “E’ solo una copertura. E’ la nipote dei Rosier, la credono tutti morta. Sua madre ha ucciso ben due membri dell’Ordine della Fenice, quindi è meglio che non si sappia niente di lei.”

Lui ne rimase impressionato, al punto di salutarla con un leggero inchino quando ce ne andammo. Cosa ancora più folle, lei lo ricambiò, mentre io stringevo la mano al giovane Paciock che mi guardava con due occhi decisi a leggermi dentro. 

Uscii con la sensazione che il mondo avesse appena deciso di girare al contrario. 




Grazie a una trovata di quell'inutlie Scribacchina stavo per non poter più narrare le mie storie. "Cambiamo il computer, Rita! Potremmo scrivere anche quando siamo in fuga. Rita!"
Certo. Peccato che la dannata scatola con cui scrive non ne volesse sapere. Credo capirete perché devo punirla sempre. Anche se questa volta un po' meno duramente, visto che ha avuto dei problemi di cuore (vedete a cosa porta non cercare uomini ricchi e intestardirsi con quella stupidaggine di "amore"?) e mi sono dovuta sorbire le sue lagne per tipo due mesi.
Ora però la rimetto a lavorare. Nel frattempo, avreste un bavaglio da inviare? L'indirizzo da dare al gufo è Splendidamente Rita Skeeter, Rifugio segreto in via Marauders 13/a.  

Grazie, carini!

 

Vostra Rita




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Capitolo 43
*** Allettanti accordi ***



Ero letteralmente euforica. Non solo Sinister aveva collaborato, ma mi aveva finalmente dato un nome. Un nome che ancora non conoscevo (i Mc Dougal non erano una delle famiglie più note, anzi, credevo che fossero fuggiti in Australia molto tempo prima) ma che rappresentava molto più del previsto. “Posso essere invecchiata improvvisamente, posso non avere una casa e un lavoro, ma accidenti, il mio intuito è ancora brillante. Che sollievo!” trillai, lo sguardo rivolto al cielo che stava rapidamente scurendosi dopo il tramonto.
Ero così soddisfatta che quasi non mi accorsi che Perfettini era sprofondata nei suoi pensieri da quando eravamo usciti dalla prigione. I nostri passi rimbombavano in modo spiacevole.
“Ehi, noiosetta, hai capito? Ho fatto centro!” dissi cercando di rompere quel silenzio imbarazzante.
“Come? Ah... sì, giusto. Bene” rispose lei continuando a fissare il nulla davanti a sé. Aveva un’espressione profondamente preoccupata.
“Perfettini? Ci sei?” chiesi. Poi venni colpita da una folgorazione e sorrisi con dolcezza ”Senti, se stai pensando di cambiare il tuo look capisco. Ci vuole una bella concentrazione per immaginare come disfarsi di tutta quella robaccia che ti porti addosso, ma ho trovato da tempo una soluzione alternativa: un bel falò. E’ un metodo un po’ antiquato ma funziona a meraviglia, e basta fare un Incanto Viaggiante alla polvere per usarla in tutti i camini...”
Qualcosa nelle mie parole sembrò riscuotere Perfettini “Non sia ridicola” sbottò “ho parlato a Neville di George. Pare che si siano manifestati casi simili anche in carcere” disse rendendomi finalmente partecipe della sua incomprensibile indifferenza “ma nessuno capisce di cosa si tratti”
Si stropicciò le mani, pensierosa “Mi sento davvero una ragazzina impotente!”
Non potei fare a meno di scoppiare a ridere “Perfettini, hai vent’anni. Tu sei una ragazzina! Alcune scuole di pensiero ti definirebbero una mocciosa, ma io sono più magnanima e...”
“Dobbiamo fare qualcosa”
Oh, Santa Granger la paladina degli afflitti. Mi mancava davvero, questa nuova idea.
“Senti, non credi che questo ti rallenterebbe nei tuoi compiti? Voglio dire, abbiamo finalmente un nome su cui indagare! Possiamo concentrarci su questo e poi pensare a quello strambo mezzo irlandese di Weasley?”
“Posso continuare con questo caso ed evitare che un amico stia male...” disse lei sulla difensiva.
“Ma certo, e nel tempo libero potresti cercare anche di sconfiggere il Vaiolo di drago!” commentai sarcastica “Non capisco perché ti preoccupi tanto per lui. E’ svenuto, è ancora debole ed è un po’ strano, ma insomma, è anche grande e grosso. Può cavarsela da solo! Cos’è, hai un permesso speciale del Ministero anche per intrometterti nelle vite degli altri?”
Perfettini mi guardò ed ebbi un brivido di disgusto. Era lo stesso identico sguardo che mi aveva lanciato Tinky poco tempo prima, all’epoca della sua lunga e patetica tirata del “loro si preoccupano per gli altri”. Il prossimo che mi avesse guardata così sarebbe finito Schiantato, senza dubbio.
“Lei non ha mai avuto molti amici, vero?”
“La mia concezione di amicizia va dal “possono tornarmi utili” al “possono mettermi nei guai”. Se cadi nel primo gruppo è semplice” sgranai gli occhi e sorrisi calorosamente “Tesoro! E’ una vita che non ci vediamo, raccontami tutto!” ma se sei nel secondo, be’...” sventolai la mano con aria insofferente “Mi spiace così tanto, ma non ho proprio tempo per te” ”
“Lei è...” Perfettini si fermò per trovare l’aggettivo giusto “terrificante”
“Lo so, carina. Ma in fondo, qualcuno deve pur esserlo!”
 


Tornate a casa fummo accolte da un profumino delizioso che, ormai, potevo solo attribuire alle capacità di Tinky.
Da qualche tempo infatti sfoggiava insospettabili doti culinarie. Avevo sempre pensato che non fosse altro che una pallida copia di un elfo domestico, mentre evidentemente quella sua zucca pelata conteneva ancora qualcosa di utile. Dalle sue manine legnose uscivano tutti i giorni sformati di carne, pancetta croccante e pasticci per noi comuni mortali, ma compiva veri miracoli per rendere commestibili il tofu e il seitan prediletti da Perfettini. Mi chiesi quanto ci avrebbe messo per diventare a sua volta erbivora. 
Scoprii di non volerlo sapere.
Ginevra e Rosso ci salutarono allegri dal salotto. Entrambi sembravano un po’ più rosei e grassi di quando erano arrivati, merito delle cure amorevoli di un’elfa che fino a pochi mesi prima era cinica, avara e meravigliosamente egoista.
“George sta davvero meglio oggi” disse con entusiasmo Rosso sedendosi a tavola “mi ha battuto a Gobbliglie-da-letto”
“Qual essere differenza con Gobbiglie normali?” chiese Tinky reggendo una teglia di arrosto fumante.
“Oh, in realtà non c’entra nulla col gioco vero. Vince chi si mette più Gobbiglie in bocca” spiegò Ginevra alzando gli occhi al cielo “Ci giocano sempre, da quanto mi ricordo io. George è imbattibile”
“Io non ne sarei così sicuro” rispose Rosso sorridendo malizioso.
Perfettini, cosa più unica che rara, scambiò uno sguardo complice con lui e scoppiò a ridere, lasciando basite sia me che Ginevra.
Quel che si dice un talento nascosto.

Il giorno dopo iniziai delle ricerche a tappeto sui McDougal. L’entusiasmo iniziale aveva lasciato spazio a una cieca determinazione. Da dove accidenti sbucavano? Qual era la missione che dovevano intraprendere?
Sapevo di avere un ruolo in essa, ma come dire, avrebbero potuto uccidermi molto prima. Anche ammettendo di averli affascinati con la mia presenza per uno o due mesi, non si spiegava.
Quindi, cosa volevano da me? Tinky non lo sapeva, anche se aveva ammesso di aver saputo subito che Julian non aveva buone intenzioni.
“Ma Skeeter era così esasperante col suo libro” si lagnava ogni volta “era meglio un po’ ammaccata che annoiata!”

Che elfa premurosa.

A quanto pareva, le aveva chiesto di presentarci e l’aveva minacciata, nel caso in cui non l’avesse fatto, di farla bandire da ogni pub, locale o bettola di Londra. Ecco spiegato il suo terrore reverenziale per Julian. 
Date retta a me, un ubriacone teme le cose più stupide.
E, se volete saperlo, chiunque sia dipendente da qualcosa, cioccorane comprese. Per questo decisi di parlare con George Weasley.

Il motivo era molto semplice: Perfettini doveva smetterla di preoccuparsi di quel ragazzo e iniziare a concentrarsi su qualcosa di importante, di meritevole, di essenziale... me, insomma.
Quindi, dopo aver provveduto a eludere la sorveglianza (“Ginevra, Perfettini ha detto che Potter il bambino-che-si-ostina-a-sopravvivere potrebbe passare a salutarla. Presto, nello sgabuzzino! Sì, certo che è una buona idea restarci per un’ora o due. Attenta alla Bestiaccia, l’ho ficc... ehm, è casualmente lì dentro da stamattina”) mi intrufolai nella stanza dove George Weasley si divertiva a fare il moribondo.
“Si può?” chiesi gentilmente, facendo capolino dalla porta.
Una massa di capelli arancioni si tirò su dal cuscino. Rosso aveva ragione: suo fratello ora sembrava quasi una persona normale, tranne per l’imbarazzante pigiama a boccini (ebbene sì, boccini!) di Potter che Ginevra aveva trovato in un angolo del suo armadio e che gli aveva fatto indossare per forza, visto quanto era dimagrito.
“Ma certo” rispose, altrettanto gentilmente.
Fino a quel momento, io e Weasley ci eravamo evitati. Ce l’avevo ancora a morte per le sue stupide Pantofole Mutaforma e per tutti gli scherzi che Dedalus Lux aveva comprato da lui e sperimentato su di me, ma tutto sommato aveva senso dell’umorismo, il che lo rendeva passabile.
A ogni modo, ero pronta a cambiare un po’ il nostro rapporto.

“Dunque, caro” dissi sedendomi sul letto vicino a lui “non sono una che ama i giri di parole, quindi ascoltami bene: so della polvere. So da chi l’hai comprata e so da quanto la usi” lui sbiancò.
Tirai fuori di tasca il famoso sacchetto che avevo trovato nella scrivania di Perfettini e, se possibile, Weasley sbiancò di più.
“Vedo che lo riconosci” dissi sorridendo “Non chiedermi come faccia ad averlo, non te lo dirò. Ora, io non l’ho ancora raccontato a nessuno, ma si da’ il caso che Perfettini sia preoccupata per te e che questo la distragga da alcune... questioni che mi stanno a cuore” lo guardai per essere sicura che mi stesse ascoltando, e lui annuì come se capisse. Sembrava perfettamente lucido.
“Con la quantità che c’è qui dentro eliminerai la debolezza e tornerai in piedi per qualche giorno. Togliti quell’orribile cosa che hai addosso, mettiti qualcosa di decente e di’ a tutti che stai bene. Ma soprattutto” sibilai avvicinandomi al suo viso “vattene e non tornare indietro”
“Perché?” disse lui indicando la un dito tremante il sacchetto.
“Perché gli effetti collaterali della polvere non fanno che peggiorare. Più starai male, meno Perfettini mi aiuterà. E’ chiaro?”
Weasley sostenne il mio sguardo e, senza dire nulla, annuì di nuovo. Sembrava molto più vecchio della sua età.
Mi alzai e feci per uscire, ma per qualche ragione dovetti fermarmi.
“Conosco alcuni dei tuoi scherzi e... ehm, non sono così orribili. Fossi in te ci penserei”

Chiusi la porta soddisfatta. Problema risolto.



Cari lettrici, cari lettori, buona Pasqua. Il nostro regalo purtroppo non è di cioccolato (come dice qualcuno, fa venire i brufoli e quindi non è appropriato sotto i cinquant’anni) ma spero che lo gradiate lo stesso. 

Sempre vostra 

Scribacchina 

 

ps: per chi vuole un riassunto, rimando qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1197906&i=1 

Negli ultimi capitoli: Rita e Perfettini conoscono il figlio di Mundungus, ma non riescono a carpire informazioni sul piano di Julian e suo zio. Ron arriva a casa di Hermione con George, che ha trovato svenuto a casa sua (cap.40) 

Tinky spiega a Rita che c’è un modo diverso di vivere, quello di Hermione e i suoi amici: curandosi gli uni degli altri e non pensando solo a se stessi, ma Rita non l’ascolta (come al solito) (cap.41) 

George migliora; Rita e Hermione incontrano Sinister in carcere, e Rita scopre che il vero nome di Julian è MacDougal. (cap.42)

 

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Capitolo 44
*** Particolari partenze ***


Lui sparì il giorno dopo.
 
La mattina, quando tutti si accorsero della fuga, Rosso si calò per l’ultima volta nel ruolo di macho responsabile, dirigendo la premiata squadra di soccorso Weasley/Granger che doveva aver salvato il deretano a Potter innumerevoli volte. Perché non avessero mai lasciato che se la cavasse da solo e schiattasse, una buona volta, resta per me un mistero.
Comunque, io stessa fui svegliata dal mio riposo di bellezza, cosa che mi lasciò in balia delle borse sotto gli occhi per l’intera giornata (un incubo) e fui spedita a controllare la camera di Weasley (nel caso in cui si fosse nascosto in un armadio e aspettasse solo di saltarne fuori urlando “Sorpresa!”. I tentativi di ricordare che Weasley non aveva sei anni passarono inosservati) dove trovai il sacchetto di Polvere Olvidante.
George Weasley quindi aveva fatto la scelta giusta: cosa che dal mio punto di vista chiudeva la questione.
Peccato che l’Esercito della Salvezza non la pensasse così. Fu solo quando trovammo un suo biglietto (nel gabinetto. Quel ragazzo aveva qualche strana fissazione) in cui giurava di stare bene e di avere bisogno di “un po’ di tempo per riflettere” che Rosso smise di comandarci a bacchetta e a Tinky fu permesso di preparare la colazione, cosa che fece cantando una storpiatura orribile di uno dei canti babbani che ora adorava, Happy day (Merlino solo sa perché).
Mentre tutti si strafogavano di funghi e pane tostato Ginevra non smetteva di parlare un singolo secondo, elencando motivi e contro motivi della fuga di suo fratello, io cercavo di recuperare il tempo perduto sonnecchiando sopra il porridge, Perfettini e Rosso discutevano animatamente se informare dei fatti la signora Weasley. 
“Così dopo aver fatto secca Bellatrix Lestrange ammazza anche il figlio. Geniale. Di sicuro verrebbe fuori un grande articolo” borbottai risvegliandomi momentaneamente.
Tinky fu l’unica a sentirmi, ma invece di lanciarmi la solita occhiata scandalizzata modello Perfettini fece uno sbuffo che somigliava moltissimo a una risata. Nel dormiveglia, pensai che se la mia elfa aveva ancora un briciolo di humor non doveva essere del tutto perduta; ma al risveglio non me ne ricordai più.
 
La partenza di Weasley lasciò dietro di sé diverse emozioni: apprensione (dei restanti Weasley più Indovinate-chi), grande curiosità (mia: ce l’avrebbe davvero fatta a smettere?), fame incontenibile (della Bestiaccia, lasciata a digiuno nel trambusto generale) ma soprattutto un vuoto difficile da colmare. 

No, non in me. Seriamente, non sono così disperata.

Intendevo in Rosso e Perfettini! Avevano stabilito una tregua su misura per lui, per i suoi bisogni e la sua sicurezza. Ora che se n’era andato, erano rimasti come due adolescenti a una festa: timidi, insicuri e privi di argomenti di conversazione decenti. 
 
Peggio ancora, anche Ginevra aveva deciso di andarsene.
 
“E’ tempo che parli faccia a faccia con Harry” annunciò drammaticamente.
“Cos’è, ha scoperto che non sei a Bali?” chiesi io alzando gli occhi da un vecchio numero di Stregami.
“Diciamo che potrebbe aver capito che non sono abbastanza abbronzata o potrebbe aver pensato che non è possibile andarsene nel bel mezzo di un periodo lavorativo” fece una smorfia “o forse potrei avergli detto la verità, visto che non sembra essersi accorto di nulla. E adesso ha detto solo che l’ho “molto deluso” e forse dovremmo parlare.”
Vai e affatturalo” le dissi tornando all’articolo sugli incantesimi antirughe delle Anguane. A quanto pareva, l’elleboro poteva fare miracoli. Chissà se sarei riuscita a ottenerne un po’ prima dell’estate...
“Non si è accorto di nulla?” chiese Perfettini alzando gli occhi dall’ennesimo storico su un Mac Dougal incarcerato perché brutto, Mangiamorte e cattivo “Cioè, tu sparisci inspiegabilmente per un intero mese e lui non dice niente?”
“Così pare” biascicò Ginevra. 
“Tipico. Razza di egoista egocentrico” disse seccamente Perfettini.

Cosa?


“Sai Ginny, ho sempre pensato che tu avessi troppa pazienza con Harry. Quel ragazzo ha avuto una vita difficile, ma certe volte credo che non pensi che anche gli altri hanno dei sentimenti. Ti ricordi quando ti ha lasciata al sesto anno? O quando voleva andare da solo a cercare gli Horcrux? O quando attaccava tutti, dopo la morte di Sirius, come se fosse l’unico a soffrire? Gli voglio bene, ma a volte fa davvero impazzire! Quindi vai lì e parlaci, ma se per caso tirasse fuori di nuovo che... che l’hai deluso, o stronzate simili, piantalo e digli che te l’ho consigliato io” 
Ginevra rispose con un sorriso radioso alla sfuriata di quella che sarebbe stata suo marito, se solo Perfettini fosse stata maschio; io, che avevo sorbito in apnea tutta l’esplosione, non potei fare a meno di applaudire, perché nella mia scala personale l’odio per Potter sovrastava di gran lunga quello per Perfettini, e sentirla denigrare il mio peggior incubo era un evento più unico che raro.
In più, Perfettini aveva indubbiamente ragione: quale idiota non si sarebbe fatto due domande vedendo sparire la propria fidanzata, oltretutto l’unica persona al mondo così cieca da amarlo? L’ego di Potter doveva essere aumentato ancora, il che mi rendeva impossibile capire Ginevra. Cosa ci poteva vedere in lui? 
“Giusto, Perfettini! E in ogni caso, a che servono gli uomini? L’ultimo che ho avuto ha cercato di ammazzarmi, e non era nemmeno il primo!”
“Sa una cosa, Skeeter? Non sarà neanche l’ultimo.” rispose lei ridendo.
“Hai fatto una battuta! E stai ridendo! Morgana, questa giornata entrerà nella storia se Ginevra lascerà quel ragazzino!”
 
Ridemmo tutte e tre insieme, senza un buon motivo e senza riuscire a smettere. Era da tempo che non ridevo così tanto, da secoli, o forse non mi era mai successo. 
 
Ma la parte migliore fu quando Rosso entrò e vide che ci stavamo  praticamente rotolando dalle risate.
“Che succede?” chiese sorridendo anche lui, ormai contagiato.
“Ginny... lascia.. Harry!” riuscì a dire Perfettini, ma non andò oltre quelle  tre parole perché venne scossa da altre terribili risatine.
“E voi ridete per questo? Ma siete matte?” abbandonato di colpo il sorriso, Rosso sembrava sotto shock. Ci fece ridere così tanto che temetti di soffocare; non c’è niente di più bello che ridere di qualcosa che scandalizza gli altri, e ve lo dico da esperta. 

Quindi Ginevra prese la sua lingerie, le sue scarpe griffate (d’accordo, qualche paio poteva essere misteriosamente scomparso, ma solo perché stava meglio a me) e i suoi incredibili capelli rossi e uscì da quell’appartamento folle, con i miei migliori auguri per mandare Potter dove meritava.
Senza la sua voce che parlava incessantemente, le stanze sembravano soffici...
silenziose...
rassicuranti...
vuote.
Perfino Tinky, che la odiava perché era gelosa di Perfettini, quella sera sembrò a disagio, e servì una dose di cibo doppia alla Bestiaccia invece della solita razione microbica (provvedimento che lei stessa, con una mossa geniale, aveva introdotto con la scusa di “aiutare povero bastard... gatto a non soffrire il caldo l’estate prossima”).
 
Rosso invece restava.
Non viveva certo a casa di Perfettini, ma ogni pomeriggio, dopo che aveva chiuso quel buco infernale chiamato i Tiri Vispi Weasley, me lo ritrovavo davanti con il decalogo delle scuse improbabili.
“Hermione, abbiamo dei nuovi clienti fra i Marini e il loro rappresentante mi ha dato un libro sulla loro cultura. Io, sai, non so il Marino, per cui insomma... lo vorresti tu?”
 
“Ciao, Hermione. Senti, ho un problema. Mio papà sta cercando di nuovo di usare uno di quei cosi babbani, la telecisione, o come si chiama - lui è convinto che sia uno specchio, ma io non ne sono sicuro... che dici?”

“Ehi, ieri mi è sembrato che il lampadario cigolasse, meglio dargli un’occhiata!”
“Se la prossima volta arriva qui con un cucciolo di Schiopodo che ha accidentalmente perso la strada per il deserto, ti prego, ti supplico... dimmi che lo caccerai a calci” commentai  dopo che il suddetto lampadario era stato fissato più dal mio sguardo che dagli incantesimi.
“Oh, voleva solo rendersi utile” cinguettò lei salutandolo dalla finestra.
“Rendersi utile? Quella caricatura di mago? Ah! Poteva farlo Tinky! Tinky sarebbe in grado di riparare in un minuto un’intera casa! O un castello!”
“Castello essere pieno di Acquaviola?” intervenne l’interessata.
“Sì, razza di ubriacona indolente” lei annuì e drizzò le orecchie, come se l’alcool da salvare stesse davvero per mandarle una richiesta di soccorso.
“Lei prende tutto troppo sul serio, Skeeter. Non le verranno le rughe con tutte queste preoccupazioni?” disse Perfettini col suo nuovo, odioso tono. “E poi io e Ron siamo solo amici”.
 
Solo amici.

Lasciate che vi spieghi ciò che ho dovuto spiegare a Scribacchina qualche mese fa: due ex che diventano amici subito dopo essersi lasciati non sono due amici, sono due ex. Mai, in nessun angolo della Terra, la cosa funzionerà in altro modo, a meno che uno dei due non si svegli una mattina dicendo “Ehi, Rita! Sono innamorato del parrucchiere!” togliendovi la possibilità di mettere le mani sul suo ingente patrimonio, ma sentendosi così mortificato da pagarvi il conto a vita dal già citato parrucchiere, casualmente il migliore sulla piazza.
Credo sia l’unica storia che rimpiango davvero.

Ad ogni modo, i miei occhi allenati vedevano lontano e sapevano dove portava tutto questo “oh-scusa-ma-no-tranquillo-entra”. Non restava che riflettere: poteva Rosso essere un ostacolo alle nostre indagini? Decisi di no. Inoltre, se Perfettini avesse abbassato la guardia di un solo altro millimetro io mi sarei ripresa la mia amata bacchetta e la libertà! Un piano geniale.
Probabilmente l’unica pecca era la mancanza di pop-corn.
 
 
 

Ciao carini! Lo so, lo so. Pensate che io e Scribacchina ci siamo abbronzate, abbuffate di angurie e riposta negli ultimi mesi, non? E invece no! O meglio, io sì e lei no, visto che ha portato a termine un'altra delle sue idee bizzarre - una laurea, ci pensate? E non ha mai fatto una manicure in vita sua! E osa ancora parlare di traguardo! 

Sono letteralmente sconvolta.

Comunque, dovrebbe riuscire a rispondere a tutti i vostri commenti e pubblicare un nuovo capitolo fra due settimane. Se non lo fa, quando la vedete affatturatela. Lasciatele in pace le mani, mi servono. Ma per il resto è tutta vostra.

Bene, babbanucoli, fuggo: la tintarella non si prende certo da sola. 

Adieu!

 

Votre Rita

ps: la mia penna è in vacanza e ho dovuto usare quest'orribile macchina di Scribacchina. Sul serio, la odio.

 

 

 

Volete un riassunto? : http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1197906&i=1 

Negli ultimi capitoli: Rita e Perfettini conoscono il figlio di Mundungus, ma non riescono a carpire informazioni sul piano di Julian e suo zio. Ron arriva a casa di Hermione con George, che ha trovato svenuto a casa sua (cap.40) 

Tinky spiega a Rita che c’è un modo diverso di vivere, quello di Hermione e i suoi amici: curandosi gli uni degli altri e non pensando solo a se stessi, ma Rita non l’ascolta (come al solito) (cap.41) 

George migliora; Rita e Hermione incontrano Sinister in carcere, e Rita scopre che il vero nome di Julian è MacDougal. (cap.42)

Rita e Hermione cominciano le ricerche; per evitare che Hermione si distragga a causa di George, Rita lo ricatta: o lui se ne andrà o lei racconterà ai suoi fratelli che usa la Polvere Olvidante. (cap.43)

 
A voi i miei auguri. Buon agosto, anime libere.
Sempre vostra 

Scribacchina

 

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Capitolo 45
*** Difficili destini ***


 

“Hai mai notato che le albicocche essiccate sembrano globuli rossi?” dissi infilando per la centesima volta la mano nel sacchetto bianco del negozio. “Oltre a dare dipendenza, intendo”

“Guarda ancora quel telefilm sui medici in tv, vero?” rispose Perfettini continuando a leggere una pergamena. Ci stavamo ancora consumando gli occhi sugli ultimi processi dei Mac Dougal e, se possibile, lei era ancora più ossessionata di me. Chissà perché.

“Certo, come se fossero stati i Babbani a farmi scoprire i globuli rossi” ribattei. In realtà era andata proprio così, ma non avevo voglia di ammetterlo. “E poi non è colpa mia se a Hogwarts non insegnano anatomia. Voglio dire,” continuai, tanto per parlare di qualcosa di diverso dal solito “se dovessi farti ricrescere le ossa saprei darti quel che ci vuole”

“Se prova a far entrare dell’Ossofast in questa casa sappia che mi opporrò”

“Ah, già. Potter al secondo anno, vero?”

“Sì. Andavo spesso a trovarlo in infermeria e non era un bello spettacolo”

“Non lo è mai stato” ammiccai a Tinky, che non rispose. Stupida elfa.

“In ogni caso, potresti opporti quanto vuoi ma l’Ossofast è l’unico rimedio per certi danni. Mia madre lo diceva sempre”

“Le facevano sparire così spesso le ossa?” chiese lei stupita alzando finalmente la testa.

“No, era Medimaga al San Mungo” replicai seccamente. 

Vidi che era piacevolmente sorpresa dalla notizia “Doveva essere un tipo interessante”

“Non aveva stile” dissi, guardando la vestaglia grigia che spacciava per tenuta da casa.

Curiosamente era proprio come quella che avevo distrutto... a mia madre, cercando di renderla più carina. Era il giorno prima che partissi per il mio primo anno a Hogwarts. Un flusso di ricordi mi invase.

 

“... che non ti venga mai più in mente di toccare le mie cose, intesi? E vedi di scrivermi ogni settimana, voglio sapere tutti i voti che ottieni. Devi impegnarti al massimo. Solo così diventerai una Medimaga come me. Adesso ripeti: Alohomora, Expelliarmus, Wingardium Leviosa...”

 

“Non ne parla mai. La vede ancora?”

“No.”

 

“Non puoi aver preso ‘A’ in pozioni. Sono questi i tuoi G.U.F.O.? Come se non ti avessero insegnato niente in tutti questi anni! E le lezioni private con il professor Lumacorno? La verità è che non vuoi fare fatica. Ah, finché eri via ho bruciato tutte quelle stupide riviste che avevi nell’armadio. Ho pensato che ti distraessero, e come al solito avevo ragione.”

 

“Diciamo che avevamo... due punti di vista diversi sul mondo. In realtà ti assomigliava”

Perfettini sorrise, tornando ai documenti. “Questo spiega molte cose.”

 

“Abbandonare la scuola? Da una come te non potevo aspettarmi altro! Non ti rendi conto che ti stai rovinando la vita da sola? E che razza di nome sarebbe Rita Skeeter?”

 

“Non le è mai venuta voglia di vederla finché stava qui?”

“Se anche avessi voluto, non è così facile raggiungerla. È morta qualche anno fa.”  

 

Calò un meraviglioso silenzio. Continuammo a leggere le nostre carte sui Mac Dougal: finora avevamo scoperto che erano una famiglia in rovina e che avevano perso tutto dopo il Primo Conflitto Magico. Avevano avviato un fiorente mercato nero di oggetti magici (ecco perché erano in confidenza con Sinister!) ma erano stati sorpresi dalle prime pattuglie di Magiguardie, quando il polverone non era ancora calato e sembrava impossibile che Voldemort fosse stato...

 

“Mi dispiace.”

 

Restai un attimo interdetta. Di che parlava? Poi realizzai. La guardai, alzai un sopracciglio e presi un sorso di caffè che Tinky aveva premurosamente (sigh) lasciato di fianco a noi. Come nelle ultime notti, aveva previsto che saremmo rimaste alzate fino a  tardi.

“Oh, non fa niente. Non ci vedevamo da secoli e me l’hanno detto per posta una settimana dopo. Non tutte la famiglie sono come i Weasley, pare.” aggiunsi con ironia, anche se una piccola parte di me aveva invidiato le cure che aveva ricevuto quell’inventore da strapazzo. D’accordo, diciamo una grande parte di me. Se io avessi avuto lo stesso “incidente” l’unica a prendersi cura di me sarebbe stata un’elfa narcisista con problemi di alcolismo. 

 

Perfettini sembrava distratta, e immaginavo da cosa. Rilesse la stessa riga almeno dieci volte prima di domandare imbarazzata: “Rita, lei non ha una famiglia, vero?”

“Come no! Ho dieci figli e due splendidi nipotini, non hai visto che traffico nel mio camino? E dopo il parto mi sono rimessa in forma grazie alle bacche di dittamo, sono favolose.”

“Deve davvero fare così tutte le volte?” 

“Se fai domande del genere, sì.”

“D’accordo. Stavo solo pensando, ecco... se lei è sola, immagino che potrebbe essere fastidioso non ricevere visite. Quando sarà in prigione, intendo”

“Grazie per la precisazione.”

Fece un evidente sforzo per finire la frase “Pensavo solo che forse potrei venirla a trovare. Qualche volta.” 

“Dovrò controllare la mia agenda” risposi con un sorrisetto.

Le versai un altro po’ di caffè.

“Potrò criticare i vestiti con cui vieni a trovarmi?”

“Ha senso che le dica di no?”

“Brava ragazza.”

Ripresi anch’io a leggere da dove mi era interrotta e dopo poche righe sussultai. Avevo appena trovato un dettaglio che non avevamo mai incrociato prima. Tutti i miei pensieri vennero calamitati da quella possibilità. E se...? Guardai Perfettini.

“Dove possiamo trovare i giornali di vent’anni fa?” 

“Vent’anni fa? Sicuramente qualcuno li avrà ancora, ma certo non possiamo bussare a tutte le porte. Credo che alla Gazzetta del Profeta ci siano ancora delle copie. Negli archivi. Tutte le biblioteche sono state usate come prigioni da Voldemort fino a due anni fa, è ancora impossibile trovare qualcosa.” 

Merde. Come immaginavo. “Allora, finalmente si esce. Domani si va alla Gazzetta”

Ed esposi a Perfettini la mia idea.

 

Se lasciamo Rita ai suoi piani, lasciamo Hermione alle sue carte (su cui si addormentò mezz’ora dopo, come non le accadeva dai tempi di Hogwarts), lasciamo Ginny nel salotto di Harry a fare l’amore dopo aver litigato ed essersi chiariti (o almeno così speravano loro), possiamo ricordarci di una vecchia amica che Rita mi ha fatto lasciare a sua volta tempo fa.

 

Luna era incredibilmente felice. Tutti si congratulavano con lei per gli articoli graffianti e ironici sulla Skeeter, ed era riuscita a scrivere dei pezzi fenomenali su altre personalità del momento. 

Shacklebolt. Ludo Bagman. Olivander: le aveva concesso un’esclusiva. Certo, quelle interviste erano soporifere, ma una volta nel suo ufficio Luna era riuscita sempre ad aggiungere quei dettagli arguti che rendevano tutto più succoso. Come la passione per le scommesse di Bagman. O lo strana ammirazione di Olivander per Voldemort. Nei primi momenti Luna si era aspettata che qualcuno la fermasse: che le dicessero, dall’alto, che quello non si poteva fare. Ma, a parte una fastidiosa lettera sconvolta del fabbricante di bacchette, tutto era filato liscio. Luna non pensava di fare qualcosa di male, perché in fondo i lettori andavano soddisfatti, e lei che colpa ne aveva se quegli uomini, oltre ad essere famosi, erano anche terribilmente noiosi? Avessero almeno detto di aver visto un Gorgosprizzo... Fosse stato per loro, gli articoli sarebbero stati solo un lungo resoconto di come avevano resistito ai Mangiamorte e al potere Oscuro. Come no.

 

E ora, nonostante fossero trascorsi appena due mesi dalla sua assunzione, si sentiva perfettamente in grado di condurre un’intera rubrica da sola. Che senso aveva dividerla con Eudora Fenwick? I suoi pezzi non erano belli nemmeno la metà di quelli di Luna. E poi, aveva scoperto che Eudora aveva un cugino Marchiato e che l’aveva nascosto gli ultimi mesi della guerra. Questo sarebbe bastato sicuramente a farla espellere dalla Gazzetta. Tutto quello che doveva fare era scambiare due parole con Dedalus Lux.

 

Luna bussò piano alla porta del direttore, lisciandosi la camicia blu notte che faceva risaltare i suoi occhi. I capelli erano stretti in uno chignon, ma invece che con la bacchetta, come aveva fatto per tanti anni, li aveva trafitti con un liscio e freddo fermaglio d’argento. Nonostante avesse impiegato mezz’ora per farlo, una ciocca era riuscita a sfuggirle e ondeggiava su un lato del viso. Luna la rimise nervosamente dietro l’orecchio.

Finalmente Dedalus le aprì.

“Luna, sono così felice di vederti” disse il direttore, facendole calorosamente segno di entrare nel suo ufficio multicolor.

“Grazie, Dedalus” rispose Luna sorridendo. Con suo divertimento, le scarpe le si trasformarono in due Lupo-pantofole. Cercò di non incantarsi a guardarle mentre cercavano di mordere la delirante moquette arancione, troppo alta, che ondeggiava come se fosse stata attraversata dal vento.

 

“So che è tardi, ma devo parlarti di una cosa importante.”

“Prego, dimmi tutto.” Dedalus sorrideva incoraggiante, e la cosa rassicurò Luna.

“Mi dispiace essere così schietta, Dedalus, ma... lo faccio per il bene della Gazzetta... ultimamente ho scoperto alcune cose molto serie su uno dei miei colleghi. Ho pensato a lungo se rivelare la cosa o no, capisci... non volevo tradirla... ma credo sia tempo che tu sappia...”

“I tuoi ultimi articoli sono davvero buoni” la interruppe Dedalus, pensieroso.

“G-grazie” balbettò Luna, presa alla sprovvista. 

“Sul serio, abbiamo dovuto aumentare la tiratura dopo l’intervista a Bagman. Incredibile.”

Il viso di Luna si accese improvvisamente di speranza. Forse aveva già capito tutto. Forse stava per offrirle il posto, senza che lei dicesse niente... 

“E’ un vero peccato” concluse Dedalus con voce affranta.

Il sorriso di Luna si spense.

“Sei così giovane, così talentuosa... Eppure, ho accettato di vederti stasera perché devo darti davvero una brutta notizia. Sei licenziata, Luna.”

La moquette smise bruscamente di ondeggiare. O almeno così le parve.

“Come? Ma perché?”

Dedalus scosse la testa bianca.
“Il caso vuole che Eudora Fenwick mi abbia gentilmente avvisato che tuo padre non si sia comportato... molto bene con Harry Potter, durante la guerra. E tu sai quanto noi teniamo a quel ragazzo, qui dentro.”

Le parole sembravano gelide nella bocca Luna. “Lui lo ha fatto solo per me. Sono stata imprigionata da Voldemort. Ho combattuto contro di lui.”

“Nessuno ti giudica, Luna” disse Dedalus con finta dolcezza “ma se qualcun altro lo scoprisse, la cosa potrebbe metterti davvero in cattiva luce. E Olivander potrebbe fare rivelazioni ancora più compromettenti su questa tua “prigionia” dopo l’intervista che gli hai fatto. Francamente, è un miracolo che la notizia non si sia diffusa. Non è proprio il caso che tu stia troppo sotto i riflettori, capisci?” 

“No, io... non capisco affatto. Mi sono impegnata così tanto, e poi Eudora e la sua famiglia-”

“Ci sono cose più gravi che nascondere un cugino per qualche mese, Luna.” il tono di Dedalus si era fatto sgradevolmente severo “come rischiare di far uccidere il Salvatore del Mondo Magico. Chi si occupa dei segreti altrui non può averne a sua volta di così scomodi, non credi?”

Luna crollò sullo schienale della sedia, sconfitta. 

“Coraggio, coraggio. Puoi fare ancora altro nella vita, sei così giovane” Dedalus tornò a sorridere in un modo lezioso, che adesso a Luna sembrò inquietante “Una tazza di tè?”

 

 

 

 

 

La signorina Lovegood ha avuto troppa fretta, secondo Rita, ma io credo che la sua sia stata solo sfortuna. Aveva scritto degli articoli esilaranti sulla nostra non-eroina, davvero...  ne ho letto qualcuno di nascosto, erano nella valigia di Rita. Credo che, sotto sotto, le facesse piacere che Luna fosse diventata così brava perché, in fondo, era una sua allieva.
A presto, dolci lettori.  A presto.

Sempre vostra, Scribacchina

 

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