All I want

di coldcoffee89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One day ***
Capitolo 2: *** Brand New Day ***
Capitolo 3: *** That Girl ***
Capitolo 4: *** Gravity ***
Capitolo 5: *** Secrets -part one ***
Capitolo 6: *** Secrets - part two ***
Capitolo 7: *** Words as weapons ***
Capitolo 8: *** annuncio! ***



Capitolo 1
*** One day ***


 

Capitolo 1 – One day

 


 

"La gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo in una piccola parte di quegli anni che vive davvero,
e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata.
Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare.
Quando aspetti  ricordi, non sei né triste né felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando.
Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda.
Semplicemente è lontana."
 A. Baricco
 






 

Erano tante le cose che a Penelope non piacevano e i matrimoni potevano annoverarsi tra una di quelle. Eppure, in quel momento, nella grande sala ricevimenti in cui si trovava, stava proprio assistendo ai festeggiamenti di un matrimonio e guardava annoiata lo sposo, ormai ubriaco, dimenarsi sulla pista da ballo, mentre una band si esibiva in un’allegra canzone dallo stampo indie-rock e la sposa scuoteva la testa indignata, forse pentita di aver sposato un deficiente cronico. E Penelope si annoiava da morire, lo si poteva vedere dall’indice della mano sinistra avvolto ad uno dei suoi riccioli ramati o dal broncio appena accennato sulle labbra rosse. Eppure qualcosa aveva attirato la sua attenzione e per un po’ non aveva potuto fare a meno di guardare lui, che teneva lo sguardo fisso sul suo bicchiere di whiskey liscio ancora intero mentre la sigaretta si consumava lentamente tra le sue dita.
Non sapeva perché fosse rimasta lì seduta ad ammirarlo, forse perché lui era riuscito ad affascinarla con quell’aria da poeta maledetto o di chi semplicemente voleva trovarsi in un altro luogo e a Penny quelle anime solitarie e malinconiche avevano sempre fatto un certo effetto. Però, forse lei lo stava osservando, perché in fondo, era curiosa. Perché lo conosceva, lo conosceva eccome. La sua faccia era ovunque a Londra, sulle riviste, persino sugli autobus, e le canzoncine che lui e i suoi amici cantavano insieme venivano trasmesse in continuazione su tutte le radio inglesi. E Penelope di certo non immaginava di poterlo vedere lì, ad un matrimonio a cui lei si era imbucata.
La ragazza non seppe dire quanto tempo Louis Tomlinson resto lì a fissare il liquido ambrato ancora intatto all’interno del bicchiere mentre la sigaretta si consumava lentamente appoggiata al posacenere di cristallo. Poi lo vide ridestarsi improvvisamente quando una biondina con un succinto abito rosso gli si avvicinò chiedendogli semplicemente: - Scusami, hai da accendere? - facendo palesemente finta di non sapere chi fosse.
Penny lo vide alzare lo sguardo con disinteresse e annuì in direzione della ragazza cominciando a frugare nelle tasche della sua giacca costosissima. La biondina continuava a guardarlo con adorazione, come se volesse mangiarlo con gli occhi, e doveva ammetterlo, in quel momento quella scenetta le sembrò più divertente dello sposo che era appena scivolato sulla pista da ballo.
E poi la biondina parlò di nuovo, subito dopo aver acceso la sua sigaretta - Grazie - le sentì dire - Che ne dici di bere qualcosa insieme? -.
Gli occhi azzurri del cantante si assottigliarono in maniera minacciosa - Non penso sia possibile -.
Lo vide posare nuovamente l’accendino nella tasca della giacca senza neanche degnarsi di guardare la ragazza che si allontanò con furia, ferita da quel rifiuto.
- Caspita, allora è vero che Louis Tomlinson odia le fan e le ammiratrici appiccicose - le parole uscirono dalla bocca di Penelope, improvvisamente, quasi prendendo alla sprovvista anche lei, e gli occhi di Louis, ancora gelidi e per niente cordiali, si posarono su di lei.
- Se sei anche tu una di loro, per favore, lasciami stare - affermò serio, con voce cupa.
- Oh, no per carità. Conosco il tuo bel faccino solo perché non si parla che di voi da quando Simon Cowell ha avuto la brillante idea di formare i One Direction -
- Bene, allora possiamo continuare a restare in silenzio, se non ti dispiace - replicò lui, con tono brusco decidendosi finalmente di prendere il bicchiere e di scolare il whiskey in un sorso veloce.
Così attirò l’attenzione del barman e ne ordinò un altro, passandosi poi una mano sul viso ricoperto da una barbetta ispida.
- Eppure nessuno ha mai parlato della tua scortesia. Giornataccia? -.
Penny sorrise divertita prima che lui posasse di nuovo i suoi occhi su di lei senza mai addolcire quello sguardo disinteressato e altezzoso.
- Tomlinson, non ti mangio mica, puoi anche rispondere alla mia domanda. Tranquillo, non appena finita questa conversazione non andrò a strillare dietro l’angolo per aver parlato con te - borbottò lei, scoccandogli un sorriso. L’atteggiamento da prima donna di Louis Tomlinson non l’avrebbe di certo fermata. In realtà lo trovava solo maledettamente divertente. Nella sua lista delle cose da fare prima di morire non aveva mai messo “Infastidire una pop star” e pensò che avrebbe dovuto aggiungerla e depennarla in un solo colpo.
- Sei una tipa strana - mormorò Louis accettando il bicchiere che il barman gli porgeva con un debole sorriso.
Penny fece spallucce - Me lo dicono tutti, ma va bene così. Perché essere normali quando puoi essere speciale? - domandò retorica con una semplicità fuori dal comune - In fondo eri tu quello che si riempiva il cappellino di sale ai tempi di X-Factor -
- E come fai a ricordare queste cose se non sei nostra fan? - la provocò facendo guizzare i suoi occhi celesti dalla ragazza al bicchiere di whiskey.
Lei si allungò verso Louis e coprì la sua bocca con una mano per non farsi vedere da nessuno, come se stesse per rivelare un incredibile segreto - Te lo confesso: ho guardato X-Factor ma tifavo per Rebecca Ferguson. Mi dichiaro colpevole - aggiunse con aria confidenziale per poi ammiccare in direzione del cantante e tornare al suo posto.
Louis, dal canto suo, si lasciò andare ad una breve risata, la prima che Penelope sentiva da quando era arrivata lì. - Allora, come mai qui tutto solo? Dove sono i tuoi amici e la tua splendida ragazza? - gli chiese leggermente ironica.
Notò lo sguardo sorpreso di Louis che scosse la testa prima di rispondere - I miei amici hanno deciso di andare in posti più interessanti e divertenti di qui e la mia..ragazza è a Manchester con le sue amiche. E tu? Sola? Nessun accompagnatore? -
- Sola - confermò lei sorseggiando il suo vino.
Poi l’attenzione di Penelope venne attirata da ciò che l’aveva spinta ad imbucarsi a quel matrimonio, perché sì, non conosceva proprio nessuno lì, aveva solo una missione da compiere. Si alzò di botto dallo sgabello facendolo oscillare pericolosamente e rivolse un breve sorriso a Louis - Scusami un attimo - e poi si diresse con furia verso il suo obiettivo.
- Ehi, Ryan! - chiamò a gran voce costringendo il diretto interessato a girarsi nella sua direzione. Solo quando arrivò proprio di fronte a lui versò l’intero contenuto del suo bicchiere sulla sua testa. Di colpo la musica si interruppe e tutti stavano osservando la scena sconvolti. Ma lei non aveva ancora finito e, senza neanche lasciargli il tempo di reagire, gli mollò una ginocchiata ai gioielli di famiglia. Dalla sala si levò un coro di indignazione, spezzato solo dal respiro soffocato del malcapitato che si piegò in due incassando con dolore il colpo - Questo è per Eve! - affermò con rabbia.
Improvvisamente, Penny si sentì afferrare dalle braccia e venne trascinata fuori mentre continuava a sbraitare frasi minacciose alla sua vittima. Solo quando si trovò fuori venne lasciata libera - Calmati, piccola squilibrata! Che pensavi di fare? - le chiese Louis, totalmente sconvolto.
- Quell’idiota ha spezzato il cuore della mia amica - replicò lei indicando col braccio teso l’entrata dell’albergo in cui si stava tenendo il matrimonio - È uno stronzo e si meritava tutto questo e molto di più -.
Louis si passò una mano sulla barba incolta, e scosse la testa prima di scoppiare a ridere - Io non ci posso credere! Sai quanto può fare male una ginocchiata all’amichetto dei piani bassi? -
- Sommetto che si riprenderà presto dal dolore. Una ginocchiata lì sotto non ha mai ucciso nessuno. Dovrei solo tornare dentro per suonargliele di santa ragione -
- No, no, no - Louis l’afferrò di nuovo dalle braccia quando Penny fece per avvicinarsi di nuovo alla porta - Non puoi rientrare lì dentro. Lo hai giù umiliato abbastanza. Su, ti riporto a casa -.
Lei si divincolò dalla stretta di Louis e incrociò le braccia al petto sfoggiando un’espressione da bambina dispettosa - Io non voglio andare a casa -
- Allora fa ciò che vuoi. Io torno a casa mia. È stato un piacere -.
Louis la salutò con un gesto della mano e le voltò le spalle, diretto al parcheggio. Ma Penny lo fermò immediatamente dopo. Non aveva nessuna voglia di tornare a casa, né di stare sola. E ora che aveva conosciuto Louis Tomlinson, non aveva intenzione di farlo andare via così presto. Non che lei ne fosse pazzamente innamorata come le ragazzine di tutto il mondo che ne lodavano l’aspetto e le doti canore, ma era solo curiosa di sapere come Louis Tomlinson fosse e perché non vedeva l’ora di raccontarlo a sua cugina che l’avrebbe scuoiata viva e donato la sua anima al diavolo solo per potersi trovare al suo posto.
- Louis Tomlinson che torna a casa alle undici di sera! - commentò con un fischio - Questo sì che è uno scoop da prima pagina. E la reputazione da festaiolo incallito era solo una menzogna, allora? - lo provocò con un sorriso sulle labbra dipinte di rosso.
- Ehi ma sei per caso una giornalista? - Louis si voltò immediatamente verso di lei e la vide sorridere con furbizia, gli occhioni castani che splendevano anche alla luce fioca dei lampioni. Solo in quel momento gli occhi azzurri di Louis si soffermarono più del dovuto sul suo corpo minuto. Indossava un semplice abito verde scuro sagomato e in pizzo che metteva in mostra le gambe ancora più accentuate da delle scarpe nere con un tacco non molto alto. Il corpetto dalla scollatura squadrata, invece, le fasciava il busto soffermandosi con leggerezza sul seno poco prosperoso. I capelli ricci di una tenue tonalità rossiccia erano poi trattenuti distrattamente in una treccia poco accurata.
- No, non sono una giornalista, fidati di me - borbottò lei, per niente scalfita da quell’esame accurato che gli occhi penetranti di Louis le avevano riservato.
- Difficile fidarsi di una che ha appena messo k.o. un uomo - e quella volta quegli occhi celestiali, perché era quello il primo pensiero che Penny aveva avuto a riguardo, tornarono a posarsi con prepotenza sui suoi.
- Non avere paura, non sono una psicopatica. Quel tipo si meritava una lezione - si giustificò.
- Va bene - Louis la fronteggiò, incrociando le braccia al petto, un sorriso divertito a corrucciargli le labbra fine - Dove vuoi andare? -
- In realtà ho un po’ di fame - ammise giocherellando con la tracolla della sua borsetta in tinta con le scarpe.
- Non hai mangiato al matrimonio? -
- Mi sono imbucata solo pochi minuti prima di incontrare te -
- Tu cosa? - Louis la fissò incredulo mentre lei lo raggiungeva con passo deciso.
- Non mi dire che non l’avevi capito! Mi sono imbucata solo per dare una lezione a quello lì. Tu non ti sei mai imbucato ad un matrimonio? -.
Il cantante scosse la testa quasi dispiaciuto di deluderla e si limitò a seguirla lungo il marciapiede poiché lei lo aveva superato e continuava a camminare senza fermarsi. Solo quando raggiunse il parcheggio dell’albergo la ragazza fermò i suoi passi decisi e si guardò intorno aspettando che Louis le indicasse la macchina: una Porsche nera parcheggiata poco più distante. Entrambi salirono sull’auto e il ragazzo mise in moto - Io non so ancora il tuo nome, ragazza sconosciuta - le disse poco dopo aver imboccato una strada che costeggiava il Tamigi.
- Mi chiamo Penelope, ma puoi chiamarmi Penny - si affrettò a dire lei abbassando il finestrino, lasciando che l'aria stranamente mite per essere novembre si appropriasse dell’abitacolo dell’auto.
- Va bene, Penelope - e pronunciò il suo nome lentamente, scandendo ogni lettera sulle labbra sottili, ed ignorando il diminutivo che lei gli aveva suggerito - Dove vuoi andare a mangiare? -
- Non hai paura che i paparazzi ci vedano? - Penny ignorò totalmente la domanda di Louis, e fissò il suo sguardo sulla mano che teneva fuori dal finestrino con il vento che si insinuava tra le dita lunghe e poi rivolse il suo sguardo sul profilo del ragazzo, che guidava con attenzione nel traffico notturno.
Lui si strinse nelle spalle e svoltò verso una strada meno trafficata - So dove andare quando non voglio essere fotografato dai paparazzi -
- E la tua fidanzata non penserà che l’hai tradita con me? -.
Penny vide le dita di Louis stringersi con più forza attorno al volante mentre lui mordicchiava le sue labbra con nervosismo - Eleanor si fida - la liquidò semplicemente con tono brusco - Allora, Penelope, dove vuoi mangiare? -
La ragazza era convinta che Louis avesse cambiato argomento di proposito ma decise di non indagare oltre e - Che ne dici di un Kebab? - gli propose.
Pochi istanti dopo Louis fermò la macchina di fronte ad un venditore di kebab, aperto tutta la notte. Entrarono nel piccolo locale e Penny si diresse svelta al bancone - Tu non ne vuoi? -
- Non posso. Il nostro personal trainer ci ha vietato tutte queste cose - mormorò Louis dispiaciuto con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni scuri e lei ci provò in tutti i modi a non scoppiare a ridergli in faccia ma non riuscì a trattenersi.
- Va bene, prendimi in giro - le concesse annuendo e mostrando un’espressione di chi si era rassegnato al proprio destino.
- Scusami, è solo che ..siete delle femminucce! - replicò lei asciugandosi le lacrime - Avanti, che ti costa prendere un kebab? Avrai modo di smaltirlo, possiamo fare una passeggiata dopo, te lo prometto! Non lasciarmi mangiare da sola, ti prego! - insisté lei, sfoderando un ampio sorriso che mise in mostra la fila di denti bianchissimi.
Louis la guardò per qualche istante prima di alzare gli occhi al cielo - E va bene - si arrese prendendo il portafogli - Offro io -
- Direi, sei tu quello ricco - lo prese in giro Penelope con un ghigno ad illuminare il suo bel faccino.
Pochi minuti dopo si ritrovarono seduti ad un tavolino davanti a due piatti di un delizioso kebab ricoperto di salsa allo yogurt e condito con ogni sorta di insalata.
- Oh! - esclamò Louis con gli occhi chiusi e la bocca piena, il ritratto dell’estasi pura - Da quanto non ne mangiavo uno! -.
Penelope sorrise mentre affondava la forchetta nella carne. E così, tra le domande curiose di Louis e tra i vani tentativi di Penelope di sfuggire all’interrogatorio messo su dal cantante, si ritrovarono a passeggiare lungo la riva sud del Tamigi, che ormai contava poche anime, a differenza delle ore giornaliere in cui era pienissima di turisti e artisti di strada di ogni tipo.
Penelope respirò a pieni polmoni l’aria della sua città e: - Amo Londra! - affermò allargando le braccia e chiudendo gli occhi col viso rivolto al cielo, per quella notte sgombro da ogni nuvola.
- Già, piace anche a me - Louis sorrise dolcemente prima di domandarle: - Tu sei di Londra? -
- Sono nata e cresciuta a Londra, sì - rispose Penny annuendo e salendo su un muretto basso.
- Non mi hai ancora detto sei ha un fidanzato, però - la provocò Louis.
- Sai, sembri uno di quei parenti impiccioni che non vede l’ora di chiedere alla povera nipote di turno se è single o meno. Non capisco cosa ci trovino di così divertente -
Louis rise, le labbra piegate appena, il capo chino e gli occhi azzurri a guardare la punta delle sue scarpe dal prezzo inaccessibile ai comuni mortali - Stai comunque cambiando argomento. Ce l’hai o no, il ragazzo? - insisté Louis, perché se qualcuno era più curioso di Penelope, quello era proprio Louis Tomlinson.
- Ma perché vuoi saperlo? Tanto, dopo questa sera, non mi vedrai mai più -
- E perché mai? - Louis aggrottò le sopracciglia e la fissò confuso.
- Perché tu tornerai a fare la celebrità di fama internazionale e io tornerò alla mia umile vita - affermò con tono solenne, come uscita da una tragedia di Shakespeare e si esibì anche in un elegante inchino proprio mentre si trovarono a camminare proprio nei pressi del Globe, il teatro del famoso scrittore inglese.
- Secondo me da stasera non potrai più fare a meno di me e desidererai vedermi ogni giorno della tua vita. È questo l’effetto che faccio, non puoi sfuggirne - disse con totale sicurezza, allargando le braccia evidenziando così l’ovvietà della questione.
La risata cristallina di Penelope riempì l’aria londinese e dovette appoggiarsi (perché proprio non ce la faceva più) alla parete piena di manifesti colorati di tutte le opere di Shakespeare messe in scena al Globe nel corso degli anni, dal Tito Andronico alla Tempesta, da Romeo e Giulietta ad Amleto. Una storia, una tradizione letteraria in bella mostra su una semplice parete lunga poco più di dieci metri.
- Scendi dal piedistallo, Tomlinson - se ne uscì qualche istante dopo, quando si riprese dall’ilarità del momento, che aveva contagiato anche il ragazzo e adesso la guardava ridacchiando tra sé.
- Puoi chiedere a tutti, è davvero così! -
- Certo, come no - lo prese in giro lei, stringendosi nelle braccia perché in quel momento cominciò ad avvertire il freddo di quella notte di fine estate.
Lui se ne accorse perché subito si mosse velocemente verso di lei e, come sua madre gli aveva insegnato, si comportò da bravo gentiluomo e si sfilò la giacca Armani per posarla sulle spalle di Penelope con delicatezza e con un tenero sorriso ad abbellirgli l’espressione malinconica, che per l’intera durata della serata non lo aveva ancora abbandonato. E rimasero fermi ai piedi del cancello del teatro, uno di fronte all’altra senza molto da dirsi ma scrutandosi costantemente negli occhi.
- Comunque un ragazzo non ce l’ho - ammise poco dopo Penelope a bassa voce - Non fa per me impegnarmi in una relazione a lungo termine -
- Perché? - le chiese lui, con un filo di voce.
- Sai che c’è? Vuoi davvero sapere tutto su di me? -.
Louis si limitò ad annuire, seppur con espressione incerta. Dal ghigno di Penelope poteva aspettarsi di tutto e, infatti: - Allora giochiamo. Conosci il gioco “Non ho mai..”? -
- Sì -
- Bene, allora ci serve dell’alcol, tanta voglia di spiattellare i fatti nostri ad un totale sconosciuto e un posto dove stare in pace e tranquillità, che non siano le nostre case - iniziò a contare sulla punta delle dita Penelope.
- Perché non le nostre case? Hai paura di finire a letto con me? - la provocò lui con un sorriso a metà tra l’angelico e il diabolico. E Penelope non fu da meno, quando con un sensuale battito di ciglia, rispose: - Forse -.

 

Cercare casa era davvero una delle cose più stressanti ed estenuanti che avesse fatto nell'ultimo mese, più di trasferirsi a Londra senza un vero punto fermo, molto più che traslocare a casa di un'amica che odia avere gente in giro per il suo appartamento.
Daphne aveva passato l'intera mattinata a setacciare annunci online sul suo portatile di vecchia generazione, sorseggiando di tanto in tanto un po' di caffè ormai freddo dal bicchierone di carta di Starbucks – quello di fronte al British Museum per intenderci -, più che altro per scroccare la connessione wifi gratuita del locale. Ma non aveva trovato nulla, o meglio quello che aveva trovato si era rivelato un fallimento: c'era chi voleva un affitto troppo caro per le sue tasche bucate, chi cercava un coinquilino che amasse i giochi di ruolo di Star Wars, chi cercava una ragazza che avesse almeno una quarta di reggiseno – sì, le aveva davvero chiesto che taglia portasse prima del suo nome - e chi viveva con un esercito di gatti.
Londra si era rivelata troppo strana anche per una tipa come lei, una di quelle che si adatta facilmente alle situazioni come un vestito elasticizzato prende la forma di chi lo indossa. Lei non si era mai fatta troppi problemi, in fondo nella sua vita ne aveva avuti tanti e di peggiori e la sua filosofia di vita era diventata quella di prendere le cose così come venivano. Avrebbe potuto condividere l'appartamento con un patito del cibo biologico, con un disordinato cronico, con un gruppo di fan del burlesque ma vedersi girare per casa individui mascherati da Dartfener e Luke Skywalker non l'avrebbe sopportato neanche lei. E ai gatti, poi, ci era anche un po' allergica.
Perciò non le rimaneva che un'ultimissima possibilità, l'ultimo numero segnato sulla sua vecchia e ormai consumata agendina in stile Moleskine - solo meno costosa -.
- Non mi devi chiamare più hai capito? Sei un pervertito, un ninfomane, una scimmia senza palle e se proprio vuoi saperlo sei una delusione là sot.. - Daphne allontanò immediatamente il telefono dall'orecchio e lo fissò perplessa mentre gli insulti diretti chissà a chi continuavano più creativi che mai. Decise di riattaccare la chiamata nonostante si stessero facendo davvero divertenti i risvolti di quello strano monologo, e si alzò lasciando quasi metà del suo caffè sul tavolo insieme alle briciole del cookie gigante che invece aveva divorato in pochi minuti.
Le gambe la portarono all'imponente entrata del British Museum che visto dall'esterno somigliava tanto ad un antico tempio greco. Fece la piccola scalinata a due a due ed entrò all'interno dell'edificio affollato di persone dalle mille lingue, come fosse una piccola torre di Babele. Non ci era mai stata, non aveva mai visto prima di allora l'accecante e bianco ingresso dal soffitto altissimo, e nemmeno la Stele di Rosetta che apriva la lunga serie di reperti storici.
Viveva a Londra da poco più di un mese e non si poteva certo dire che avesse avuto una vita movimentata fino ai suoi diciotto anni. O meglio lo era stata, ma a modo suo e particolarmente anticonvenzionale. A Londra ci aveva messo piede un altro paio di volte in precedenza ma la sua priorità raggiunta la maggiore età fu quella di mettersi uno zaino in spalla e di partire alla scoperta del vecchio continente. Non durò molto: comprò un biglietto aereo di sola andata per Praga e poi viaggiò facendo l'autostoppista di professione.
Le era sempre andata bene, aveva trovato persone gentili e con parecchie storie da raccontare e a Daphne piaceva da matti ascoltare le storie degli altri e far finta di aver vissuto in prima persona quelle esperienze. Ma presto finirono i pochi risparmi che aveva e, dopo essere passata per la Germania e l'Austria, dovette tornare in Inghilterra prima di riuscire a vedere l'Italia. Brighton non le era mai sembrata così noiosa, anche se libera dalle odiate mura fra le quali aveva vissuto per quasi diciotto anni, perciò aveva lavorato come cameriera in un anonimissimo pub di periferia e aveva raccimolato un po' di soldi per riprendere il suo giro dell'Europa. Stessa fine, comunque. Riuscì a vedere l'Italia, una piccola parte di essa, ma dovette tornare in Inghilterra e mettersi a fare una lavoro che non le piaceva per niente.
La sua aspirazione non era certo quella di fare la cameriera a vita, aveva come la sensazione di essere destinata a qualcosa di più grande e importante, fin da bambina. Ma la vita aveva insegnato a Daphne ad essere terribilmente realista per cui questa sensazione veniva da lei prontamente accantonata e gettata in un angolino recondito della sua mente affollata.
Alla fine, distratta dall'ennesimo messaggio dell'amica che la ospitava in casa sua, andò a sbattere contro il busto senza testa di un uomo di marmo e per poco non rischiò di combinare qualche serio danno.
- Dovrebbe fare la spesa lei una volta tanto – borbottò fra sé e sé uscendo dal British Museum. Il fatto che non pagasse un affitto sembrava dare ad Ellen il diritto di schiavizzarla come meglio poteva. E lei odiava prendere ordini da qualcuno. Entrò nel primo Sainsbury's che trovò nelle vicinanze e si armò di un carrello e della lista chilometrica che le era stata inviata per sms: una montagna di patatine, di bibite gassate, di biscotti e di cibi precotti. Daphne gettò nel carrello anche un po' di cibo vero e poi, visto che la giornata non era stata delle migliori, decise di tornare nella corsia dei dolci e di concedersi una stecca di cioccolata Milka agli Oreo. Per lei mangiare quella stecca di cioccolata era come un'esplosione di piacere, soprattutto perché non era una di quelle ragazze che potevano abbuffarsi di qualunque tipo di schifezza mantenendo una linea perfetta – vedesi Ellen –.
Così si avventurò nella corsia delle tentazioni. Ai suoi occhi appariva quasi come un girone dell'inferno dantesco in cui sei costretto a vagare in mezzo a quintali di deliziosi dolciumi senza poterne assaporare neanche uno, ma lei fortunatamente quel giorno poteva. Adocchiò il classico involucro di carta viola e si fiondò con il suo carrello come se avesse appena visto la terra promessa. Era l'ultima stecca. Stava per afferrarla, riusciva già quasi ad assaporarla quando una mano, con nonchalance, l'afferrò appena prima di lei.
Daphne fissò il punto vuoto dello scaffale e poi alzò i suoi occhi verdoni sulla figura demoniaca che le aveva appena rubato il paradiso. Lui si stava rigirando la stecca di cioccolata, la sua stecca di cioccolata, fra le mani senza minimamente curarsi di lei. Inoltre aveva un'aria estremamente famigliare.
Probabilmente ad un certo punto il ragazzo avvertì il calore del suo sguardo omicida e si voltò a guardarla.
- Ciao – disse osservandola, per poi accennare un mezzo sorriso che gli fece spuntare una fossetta sulla guancia sinistra. Lei non rispose.
- Oh, sei una fan? Forse vuoi un autografo? -
- No – sibilò incrociando le braccia al petto.
- Una foto..? - tentò ancora il ragazzo.
- No -
- Non posso uscire con te, mi dispiace, anche se sei molto carina.. -
- Ma cosa diamine stai blaterando? - sbottò mettendo fine a quella strana conversazione che, sinceramente, non aveva ancora capito – Voglio solo la mia barretta, non ho la minima intenzione di uscire con te -
- Oh, pensavo fossi una fan. Scusa – sospirò il ragazzo, sembrava quasi deluso mentre si sistemava il berretto di lana da cui fuoriuscivano alcuni riccioli ribelli. Solo in quel momento Daphne capì di chi si trattasse. Voce roca e profonda, occhi verdi, fossetta, riccioli, fans. Era Harry Styles. La metà degli “scoop” della rivista per cui lavorava si occupava di lui e dei suoi quattro amichetti.
- Bè per quanto riguarda la barretta l'ho presa prima io, non capisco perché debba essere tua.. -
Il ragazzo purtroppo aveva appena detto la cosa sbagliata al momento sbagliato. E poi Daphne era tendenzialmente un essere umano che non riusciva ad instaurare normali rapporti con altri esseri umani senza sbraitargli contro almeno 2 volte su 3 nel giro di una conversazione. E quella non era stata neanche una bella giornata.
- Solo perché sei un super figo con un super conto in banca credi di poter avere tutto quello che vuoi nella vita? - polemizzò tirando in ballo i principi morali dell'uomo. In effetti era una che esagerava un tantino.
Tuttavia la giovane pop star sembrò ascoltare solo una parte di quella frase: - Ti ringrazio per il super figo -. A quel punto le scoccò anche un occhiolino e poi le allungò la barretta di cioccolata Milka. Lei la fissò. Voleva davvero tanto afferrarla e scappare con lei alla prima cassa libera, ma non poteva. Non poteva per principio. Non lo avrebbe fatto passare per un cavaliere che le ha ceduto galantemente la sua cioccolata. Sì, quella ragazza andava contro ogni logica.
- No, tienitela. Addio – Girò i tacchi e spinse il suo carrello in direzione della cassa dalla fila più ridotta, tuttavia continuò a sentire la voce del ragazzo dietro di sé, i suoi piedi che velocemente cercavano di raggiungerla.
- Dai, scusa! Stavo scherzando! Prendila, non mi serve -
- Non m'interessa – borbottò senza neanche voltarsi. - Perché sei così acida con me? Cosa ti ho fatto di male? -
Daphne inchiodò il carrello e si fermò di colpo, mentre Harry Styles, che non aveva tenuto la distanza di sicurezza, le andò a finire contro.
- Ora sì che ti ho fatto qualcosa, scusami – mormorò un po' imbarazzato e lei prima di voltarsi, per un solo istante, sorrise involontariamente della sua goffaggine.
- E' tutto il giorno che cerco un appartamento e la migliore offerta è stata quella di una tizia che vive con una decina di gatti in un bilocale di 50 mq. E poi la mia coinquilina mi ha dato una lista chilometrica di schifezze da comprare che non so neanche come porterò a casa e l'unica cosa che volevo era quella dannata stecca di cioccolata Milka agli Oreo che tu mi hai soffiato sotto agli occhi. Ora, se non ti dispiace vorrei tornarmene a casa per annegare i miei dispiaceri in una puntata di The Big Bang Theory – disse tutto d'un fiato.
Harry Styles la fissò per qualche istante e poi alzò le mani in segno di resa trattenendo un sorriso che a Daphne non sfuggì. - Come ti chiami? - le chiese proprio quando lei si voltò alzando gli occhi al cielo per poi mettere velocemente sul nastro i suoi acquisti. - Voglio solo sapere come ti chiami, non ti rivolgerò più la parola, giuro -
La ragazza si sistemò i capelli castani dietro le orecchie e tirò fuori il portafoglio dalla borsa per pagare il conto, imbustò velocemente la sua spesa e si avviò verso l'uscita.
- Daphne – disse fermandosi un istante davanti alle porte scorrevoli – Mi chiamo Daphne -
Solo mezz'ora dopo, tempo durante il quale non aveva fatto altro che sbuffare e ripensare a quello strano incontro al supermercato, il cellulare iniziò a vibrarle nella tasca dei suoi skinny jeans.
- Pronto? -
- Daphne? Ho sentito il tuo messaggio in segreteria per l'appartamento a Brixton -
- Oh sì, grazie per avermi richiamata. Quando posso venire a vederla? -
- Anche adesso - Daphne si affrettò ad accettare, la voce di quella ragazza le sembrava rassicurante e soprattutto la più normale che avesse sentito per telefono quel giorno.
- Allora ci vediamo alla fermata della metro di Brixton. Ah, io sono Gemma -


 

Seduti sui gradini di una vecchia palazzina dalle mura ricoperte di murales nel cuore di Shoreditch, Penelope tirò fuori da una busta di plastica due bottiglie di vodka, comprate poco prima in un piccolo supermercato aperto ventiquattro ore su ventiquattro - Ok, l’alcol c’è - esordì e Louis scosse la testa ridendo - Due bottiglie? -
- Tomlinson, ho fatto parecchie cose nella mia vita e berrò sicuramente molto più di te -
- Ah ma davvero? -
- Già - mormorò accennando appena un sorriso.
Louis Tomlinson prese tra le mani una delle due bottiglie e ne svitò il tappo. L’odore pungente dell’alcol gli fece storcere il naso ma un secondo dopo posò le sue labbra sulla bottiglia, prendendo un veloce sorso di vodka - Ok, possiamo cominciare - mormorò scuotendo la testa, con gli occhi azzurri chiusi e con l’alcol che gli bruciava nello stomaco.
- Comincia tu - gli concesse Penny, aprendo la sua bottiglia e toccando quella di Louis in un brindisi.
- Uhm, vediamo - il ragazzo si accarezzò il mento ricoperto di barba con la punta delle dita e puntando il suo sguardo al cielo - Non ho mai baciato un uomo - e rivolse poi un sorriso alla ragazza.
- Troppo facile questa, Tomlinson - affermò Penny prendendo un sorso della sua vodka, poiché lei un uomo lo aveva baciato, e poi allargò le sue labbra in un ghigno - Non ho mai baciato una donna -
- Anche questa è facile - ribatté Louis che bevve la sua vodka e spalancò gli occhi con stupore quando anche Penelope fece lo stesso - È stato solo una volta e per provare! -
- E ti è piaciuto? -
- Non si fanno domande fuori dal gioco - lo ammonì lei.
- Diavolo, avrei voluto vederlo -.
Penelope scoppiò a ridere, buttando indietro la testa e facendo oscillare i suoi lunghi capelli rossicci, accompagnata dalla risata squillante di Louis - Sei un idiota! - affermò poco dopo la ragazza, giocherellando col collo della bottiglia.
- Adesso tocca a me - Louis ci pensò un po’ su per poi uscirsene con: - Non ho mai fatto sesso nei sedili posteriori di una macchina - il tutto accompagnato da uno sguardo malizioso.
Penelope sorrise appena contro l’apertura della bottiglia prima di prendere un veloce sorso di vodka.
E poi fu il turno della ragazza - Non ho mai fatto sesso in un parco alle prime luci dell’alba - le cui parole furono seguite da una bevuta del ragazzo e da uno sguardo incredulo di Penny che disse: - Non me lo sarei mai aspettato da te -.
Lui si limitò a dipingersi sul volto un’espressione intrigante e maliziosa per poi mormorare - Non ho mai fatto sesso in spiaggia - e la ragazza scosse la testa, con espressione dispiaciuta. Neanche lei lo aveva mai fatto - Dobbiamo rimediare - sussurrò il ragazzo ridacchiando per poi darle la parola con un cenno della mano.
Penelope ci pensò su, cercando un argomento lontano dalla sfera sessuale, perché, forse per colpa all’alcol, trovava Louis Tomlinson più affascinante e sensuale che mai e avrebbe tanto voluto sentire quelle mani sul suo corpo, quelle stesse mani che lui aveva portato ai capelli per tirarli leggermente indietro, rivelando ancora di più i suoi occhi blu come quel cielo notturno che li sovrastava. Si schiarì la voce a disagio e poi - Non ho mai mentito alle persone a me più care -.
La ragazza notò la mascella di Louis irrigidirsi e i suoi occhi, dapprima tanto belli e luminosi, si velarono d’improvvisa malinconia, la stessa che aveva potuto notare al matrimonio, accentuata ancora di più da un’espressione corrucciata e dalla fronte aggrottata. E poi lui chiuse gli occhi e bevve la sua vodka.
- Non ho mai fatto sesso a tre - esordì a mezza voce lui, sforzandosi di sorridere.
E Penelope si morse le labbra mentre lo guardava incerta. Poi, senza pensarci, prese un lungo sorso di vodka dalla sua bottiglia e Louis scoppiò a ridere di nuovo, questa volta lentamente. La sua risata gli sembrò graffiante, sensuale, terribilmente mascolina e Penelope incolpò di nuovo l’alcol per quei pensieri che cominciavano ad affollarle la mente.
- Eravate due donne e un uomo o due uomini e una donna? - chiese Louis, con la stessa espressione di un bambino che all’età di tre anni chiede costantemente “perché?” per ogni cosa.
La ragazza arrossì violentemente e nascose il viso tra le mani - Non ti interessa - e poi Louis la strinse le dita attorno ai polsi, costringendola a scoprire il suo viso. Improvvisamente si ritrovarono uno di fronte all’altra e Penelope riusciva a sentire il profumo di Louis e il suo respiro che le accarezzava la pelle.
- Tranquilla, non voglio saperlo - e le rivolse un sorriso dolce, abbellito ancora di più da quei due occhi che sembravano luccicare alla luce dei lampioni. E lentamente abbassarono le mani, quelle di Penelope ancora strette a quelle di Louis.
- Non ho mai fatto un viaggio intercontinentale -.
E Louis bevve la sua vodka e poi, con voce roca e bassa affermò: - Non ho mai detto ti amo senza pensarlo veramente -.
Penny sentì la pelle imperlata di brividi quando lui prese ad accarezzarle lentamente la mano con il pollice e con la mano libera prese la bottiglia e bevve, imitata da Louis. - Non ho mai detto ti amo - e quella volta fu solo il ragazzo a bere mentre lei lo osservava in silenzio, con serietà. Penelope, ti amo, non lo aveva mai detto a nessuno.
- Non ho mai tradito - sussurrò il ragazzo, fissandolo intensamente negli occhi, ed entrambi rimasero immobili, senza mai interrompere il contatto tra i loro occhi.
Poi una delle bottiglie cadde per terra, spargendo tutto il suo contenuto sul marciapiede, e l’altra bottiglia venne malamente riposta sui gradini, e le labbra di Louis si poggiarono fameliche su quelle di Penelope, che addossata alla parete si stringeva al corpo del ragazzo. E le labbra calde di Louis baciarono le sue, la sua lingua si intrufolò nella bocca di Penelope, le mani si posarono prepotentemente sul suo corpo, e la sua barba le pizzicò la pelle. E non si curarono delle poche persone che, in quella strana notte, gli passarono accanto, sorridendo per quello che poteva considerarsi un bacio appassionato scambiato tra due innamorati ai piedi di un murales, che ritraeva due persone che facevano l’amore su uno sfondo blu e di fuochi d’artificio.
E poi - Resta con me, stanotte - mormorò Louis sulle labbra ancora rosse di Penelope, immergendo i suoi occhi blu in quelli di lei che, invece, avevano i colori caldi delle foglie d’autunno.
Lei, col respiro ancora pesante, e con le mani intrecciate ai capelli di Louis, chiuse gli occhi e scosse la testa - Non posso - e poi guardò l’orario sul piccolo orologio dal cinturino nero - Devo andare -.
Penelope si alzò, districandosi dall’intreccio che la legava a Louis, e iniziò ad incamminarsi lungo il marciapiede, come una Cenerentola che sta scappando perché sa che a mezzanotte l’incantesimo finirà. Solo che mezzanotte era già passata da un bel pezzo e lei non aveva nessuna scarpetta di cristallo.
- Penelope, dove vai? -.
La ragazza non rispose e si fermò sul ciglio della strada per chiamare un taxi che stava passando proprio di lì - Vado a casa - borbottò dopo, togliendosi la giacca di Louis, che ancora teneva sulle spalle.
- Perché stai facendo così? Ho fatto qualcosa di male? Pensavo lo volessi anche tu -
- Hai pensato bene, ma non posso -
- Hai un fidanzato? -
- No -
- E allora perché? - sbottò il cantante, prendendole la mano sinistra nella sua, mentre il taxi accostava sul ciglio della strada.
- Perché così rovineremmo solo questa bellissima serata. Se salgo su quel taxi, per te resterò sempre la strampalata ragazza che a un matrimonio ha dato una ginocchiata ad un tizio solo per amore della sua migliore amica, e tu per me sarai sempre la tormentata ed intoccabile popstar con due occhi splendidi che nascondono tanti segreti. Non roviniamo quest’idea che ci siamo fatti. Non vorrei che rimanessi deluso dalla verità - e poi lei aprì la portiera del taxi ma Louis non le lasciò la mano, decidendo invece di tirarla a sé per baciarla di nuovo - Resta con me - le sussurrò ancora una volta, con la voce smorzata dal respiro accelerato e poi la baciò di nuovo.
Qualche minuto dopo si ritrovarono entrambi nella macchina di Louis che guidava in silenzio nella notte londinese, verso il quartiere di Chelsea. Quando salirono nell’appartamento del ragazzo, Penelope si guardò attorno mentre lui accendeva le luci del salone, arredato con uno stampo moderno. E poi lui le si avvicinò - Vuoi qualcosa da bere? -. La ragazza si voltò appena e, senza dire nulla, gli buttò le braccia al collo e lo baciò. Louis non si trattenne dal ricambiare quel bacio, approfondendolo sempre più, mentre le toglieva la giacca dalle spalle, lasciandola cadere per terra. E Penelope trattenne il respiro quando sentì le dita del ragazzo slacciarle la cerniera del vestito, scoprendo centimetro per centimetro la pelle della sua schiena, mentre con le labbra tracciava una linea infuocata di baci sul collo. Lei prese a sbottonargli la camicia bianca, fino a scoprire il tatuaggio sul petto che riportava la scritta “It is what it is” e vi passò su le dita, tracciando il profilo di ogni lettera che solcava la pelle di Louis. E poi lui, con estrema lentezza, le abbassò il vestito. Penelope restò solo con il suo completino intimo nero sotto gli occhi del cantante che si leccò le labbra prima di baciarla di nuovo, facendo correre le dita lungo i suoi fianchi, fino a stringerle il sedere e sollevarla da terra. La ragazza intrecciò le gambe al corpo di Louis e lasciò che lui la trasportasse attraverso un lungo corridoio fino all’ultima stanza che si rivelò essere la camera da letto di Louis.
E così la strampalata ragazza che a un matrimonio aveva dato una ginocchiata ad un tizio solo per amore della sua migliore amica passò la notte con la tormentata ed intoccabile popstar con due occhi splendidi che nascondono tanti segreti, senza sapere che presto si sarebbero spogliati insieme di quelle maschere distorte che indossavano ogni giorno. 



Spazio Autore:
Ciao a tutti! Siamo tornate con una nuova storia (e stiamo cercando di mettere su il sequel di You only live once, non temete non lo abbiamo scordato) :D
Insomma speriamo vi piaccia questo primo capitolo, in tal caso fatecelo sapere ;D

Fra&Vale

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Capitolo 2
*** Brand New Day ***


 

Capitolo 2 – Brand New Day

 


 

"If you don't imagine,
nothing ever happens at all"

 J. Green

 






 

Il corpo di Louis giaceva immobile sul letto, tra lenzuola di seta ancora stropicciate e piene di un profumo che di lì a poco gli avrebbe inebriato i sensi. Il ragazzo dormiva ancora, a pancia in giù, con mezza chiappa scoperta, e con le braccia incastrate sotto al cuscino. Il suo sonno profondo però non fu destinato a durare a lungo poiché un improvviso tonfo lo fece svegliare di soprassalto, permettendo alle lenzuola di scivolare via dal suo corpo nudo.
Nella penombra della stanza Louis vide Zayn e Niall fissarlo con espressioni confuse ma nonostante tutto divertite da quello che avevano davanti agli occhi: una camera da letto piena dei suoi vestiti sparsi sul pavimento e un Louis ancora nudo e più confuso che mai.
- Che diavolo ci fate qui? - sbottò senza ombra di pudore. Doveva davvero riprendersi le chiavi di casa che aveva dato ai ragazzi.
- La domanda è: che cosa hai combinato tu? - lo corresse Niall scoppiando in una risata fragorosa che riempì la stanza.
Louis si passò una mano sul viso e chiuse gli occhi, mentre le immagini della notte precedente gli scorrevano davanti come un film in bianco e nero. E in quei frammenti di ricordi la rivide sotto al suo corpo, mentre si muoveva insieme a lei tra le lenzuola piene di loro. E poi si ricordò delle sue mani sul corpo di Penelope, sui suoi seni nudi perfetti, e poi i suoi sospiri spezzati e i suoi gemiti profondi e carichi di desiderio, e ricordò anche la sua espressione piena di estasi quando aveva raggiunto l’orgasmo insieme a lui e al modo in cui aveva urlato il suo nome, e al suo sorriso soddisfatto mentre si sdraiava al suo fianco.
- Sono andato a letto con una ragazza -
- Questo lo abbiamo capito - lo prese in giro Zayn chinandosi appena per raccogliere qualcosa da terra.
Quando Louis riaprì gli occhi vide il suo amico rigirare tra le dita un piccolo pezzo di stoffa nero - Chi è la fortunata? - riprese il moro con un sorriso malizioso, squadrando il piccolo perizoma di pizzo.
- Io.. non lo so - balbettò Louis lasciandosi cadere a peso morto sul letto, con la testa affondata nel cuscino e i gioielli di famiglia ben in vista. - Prima di tutto copriti - lo supplicò Zayn con calma e Louis eseguì i suoi ordini, buttandosi malamente un lembo di lenzuolo sul ventre - E poi, spiegaci meglio la situazione! Come sarebbe a dire che non lo sai? -
- L’ho incontrata ieri al matrimonio di Jeff e Laura. Si era imbucata per picchiare un tizio e poi siamo finiti a mangiare un kebab - Louis sospirò prima di riprendere a parlare con tono ancora lento e assonnato e gli occhi azzurri rivolti al soffitto - E poi ci siamo ritrovati a giocare a “Non ho mai” ai piedi di un portone. Da lì non è difficile capire cosa sia successo dopo. So solo che si chiama Penelope e voglio rivederla -
- Ti ha lasciato il suo numero? -
- È andata via mentre dormivo -
- Magari ha lasciato il suo numero scritto da qualche parte -.
Al sentire quelle parole pronunciate da Niall, Louis si mise seduto sul letto e lanciò una veloce occhiata sui comodini ai suoi lati, ma non trovò nessuno numero di telefono - Non c’è niente. È sparita - sbuffò abbandonandosi di nuovo tra le lenzuola che ancora sapevano di lei - Impazzirò se non la trovo! -.
- Vestiti piuttosto - gli ordinò Zayn - Ti aspettiamo in cucina -.
Dieci minuti dopo Louis, con indosso una tuta e una maglietta bianca, raggiunse Zayn e Niall, che seduti attorno al tavolo in legno, bevevano del tè bollente appena fatto.
- Ti abbiamo portato un cinnamon roll - gli disse Niall a bocca piena, porgendogli il piattino con il dolcetto ancora caldo.
Louis mugugnò qualcosa in risposta e, prendendo il piattino, si sedette insieme ai suoi amici, ma di mangiare non ne aveva tanta voglia. Era ancora scombussolato dalla notte precedente e non poteva fare a meno di pensare a tutto quello che era successo, a quella semplice serata ormai completamente diversa da quelle che riempivano la sua vita da pop star. Penelope gli aveva fatto assaporare di nuovo quella normalità che lui aveva quasi dimenticato.
- Allora, almeno è stata brava? - Zayn ridacchiò sventolandogli il perizoma davanti la faccia.
Louis glielo strappò di mano con un gesto secco - E smettila - e poi affondò il viso tra le mani - È stato il miglior sesso dopo mesi e mesi - ammise poco dopo spiando le espressioni dei suoi amici che lo guardavano perplessi - Ragazzi, devo ritrovarla. Devo fare qualcosa -
- Lou.. - cominciò Zayn schiarendosi la voce a disagio, mettendo da parte le prese in giro - Forse dovresti evitare considerata la situazione con Eleanor -.
Louis chiuse la mano in un pugno, evidentemente innervosito dalle parole del suo amico. La “situazione” di cui parlava Zayn era uno di quei discorsi che avrebbe volentieri evitato - Smettila -
- E se lei dovesse raccontare tutto ai giornali? -
- Da quando ti importano queste cose, Zayn? - ribattè Louis con tono aspro.
- Non mi importano, infatti. Ma se si dovesse venire a sapere si scatenerebbe il putiferio e tu, queste cose, non le sai gestire -.
Louis rimase in silenzio e si limitò a staccare un pezzo di cinnamon roll con le dita. Sapeva che Zayn parlava in quel modo solo per il suo bene ma al diavolo, non ce la faceva più a reggere quei ritmi e a fare tutto quello che gli veniva detto. Voleva solo vivere la sua vita come un normale ragazzo, non chiedeva molto. E poi voleva davvero trovare Penelope - Lei non lo dirà - borbottò pochi minuti dopo.
- Ne sei sicuro? - gli chiese Niall.
- Sì -
- Vuoi davvero trovarla, Lou? -
- Sì - rispose di nuovo fissando gli occhi celesti del suo amico.
- E allora ti aiuterò! - affermò l’irlandese battendo una mano sul tavolo con determinazione.
L’espressione di Louis si illuminò d’improvviso e si alzò dal tavolo per fiondarsi tra le braccia del suo compagno di band - Grazie Niall! Tu sì che sei un amico - mormorò lanciando poi un’occhiataccia a Zayn che li osservava con serietà. Poi sbuffò e - Va bene, ok, mi arrendo! Ti aiuterò anche io a trovare questa misteriosa ragazza -
- Oh grazie Zaynie -
- E smettila di chiamarmi così - borbottò prima che gli altri due scoppiassero a ridere.


Nello stereo Smells Like Teen Spirit e sul viso un sorriso che andava seriamente da un orecchio all'altro. Daphne stava guidando la sua bambina, una vecchia Chevy Impala del '67 che le aveva lasciato in eredità l'unica donna che le aveva fatto davvero da madre. Era tutto ciò possedeva, quella macchina che spesso e volentieri la lasciava a terra e una manciata di gioielli che avrebbe venduto non appena avrebbe avuto bisogno di soldi.
Quel giorno comunque era di buon umore, canticchiava sbattendo le mani sul volante a ritmo di musica perché lei, il ritmo, ce l'aveva nel sangue. Nella sua mente stava prendendo forma una coreografia di danza talmente accurata che inchiodò di fronte una vecchina che stava attraversando la strada e della quale si era accorta giusto in tempo. Ripartì e si limitò a canticchiare per evitare di aggiungere alla lista delle cose da fare “trovare un avvocato per un'accusa di omicidio colposo”.
Aveva finalmente trovato una casa, con un affitto alla sua portata in una zona carina e stimolante, e con una coinquilina che sembrava uscita da un cartellone pubblicitario di Urban Outfitters.
Gemma, così si chiamava, l'aveva accettata prima che riuscisse a finire di pronunciare il suo nome, come se avesse una sorta di sesto senso sulle persone. Lei non ce l'aveva, sbagliava praticamente a inquadrare tutti e per questo, e forse non solo, preferiva starsene per i fatti suoi senza dare giudizi affrettati, osservando da lontano.
Quando imboccò la via dell'appartamento trovò la ragazza che l'aspettava sul marciapiede, con una mano le stava indicando un posto auto vuoto proprio di fronte all'entrata del palazzo. I capelli troppo biondi per essere naturali erano costretti in un cappellino di lana e si sparpagliavano sulle spalle minute e sulla salopette di jeans che indossava. Lei, invece, uscì dall'auto con i capelli scuri raccolti malamente in una crocchia, sul naso un paio di occhiali che nascondevano appena i suoi occhi verdoni totalmente privi di make-up, e indosso una camicetta a quadri aperta su di una canottiera nera e un semplice paio di skinny jeans. Non che le importasse più di tanto, ma la differenza era notevole ed era pur sempre una ragazza con i classici problemi di autostima.
- Ehi! Tutto bene? -
- Alla grande – rispose Daphne con un sorriso per poi aprire il portabagagli della sua auto.
All'interno c'erano cinque o sei scatoloni dalle dimensioni medie, niente che non si potesse fare con l'aiuto di altre due braccia.
- Senti io devo scappare a lavoro ma c'è mio fratello di sopra che sta scendendo ad aiutarti perché l'ascensore non funziona, ok? -
Daphne annuì senza provare neanche ad obiettare, in fondo una mano le sarebbe stata utile e poi avrebbe avuto più tempo per sistemare le sue cose. Così salutò Gemma e si caricò i primi due scatoloni più piccoli, impilandoli uno sopra l'altro. Non vedeva nulla di ciò che si trovava davanti a sé ma riuscì ad arrivare al portone aperto indenne mettendo lentamente un piede davanti all'altro. Prima che potesse cantare vittoria però udì un “Attenta!” e subito dopo si ritrovò in ginocchio sul pavimento con i suoi scatoloni aperti sparsi per tutto lo spazio, uno dei suoi reggiseni era persino arrivato ai piedi delle scale, proprio accanto alle gambe della persona che aveva inutilmente tentato di avvertirla dell'esistenza dello scalino maledetto sul quale era inciampata.
- Ti sei fatta male? -
- Sto bene – disse raccogliendo velocemente alcuni pezzi di biancheria intima sparsi sul pavimento. Non sollevò la testa per via dell'imbarazzo che le aveva colorato le guance finché una mano non le porse il reggiseno nero in pizzo che aveva fatto il volo più lungo.
- Grazie – borbottò sottovoce prima di mettere a fuoco la figura davanti a sé.
Sbatté le palpebre più volte e poi, notando che nulla era cambiato, si massaggiò la testa pensando di aver battuto la testa nella caduta.
Ma era tutto apposto. Quello era veramente Harry Styles.
- La giornata non poteva andarmi meglio -
- Ciao anche a te -
Daphne calciò gli scatoloni fino alla scalinata, pensando al perché proprio in quel giorno di pura armonia aveva dovuto incontrare Harry Styles, e si sedette su di essa sbuffando sotto gli occhi divertiti del riccio che, per qualche strano motivo, sembrava assai incuriosito da quella strana ragazza acida quanto uno yogurt scaduto.
- Ti do una mano.. - mormorò avvicinandosi cauto come si fa con una pantera.
- No, grazie -
- Non puoi portarli da sola -
- Sto aspettando il fratello della mia coinquilina -
Harry rimase in silenzio per qualche istante e Daphne pensò per un attimo che si fosse volatilizzato, ma poi sollevò lo sguardo e lo vide sforzarsi di assumere un'espressione seria. Si schiarì la voce e la penetrò con il suo sguardo incantatore, che chiaramente con lei non funzionava affatto.
- Sono io il fratello di Gemma -
Daphne scoppiò a ridere. Sembrava una risata così divertita che per un momento contagiò anche il ragazzo di fronte a lei.
- Mi stai prendendo in giro? -
- No -
La ragazza deglutì: - Non può essere -
- Vuoi che ti mostri lo stato di famiglia? -
- Non c'è il tuo cognome sul campanello, non potete essere fratelli – constatò cercando di trovare il modo di smentire quella notizia allarmante, perché lei con Harry Styles e la sua cricca non voleva avere niente a che fare. Lei voleva fare la sua vita, senza paparazzi nei dintorni poiché lavorare in quell'ambito le aveva insegnato quanto una semplice conversazione con un personaggio del genere potesse dare vita ad una catena infernale di gossip.
- Bé sì ma devi sapere che qualche mese fa mia sorella ha dovuto cambiare casa perché le fans avevano scoperto dove viveva e quindi abbiamo deciso di prendere precauzioni un po' drastiche, tra cui il cognome falso -
Il ragionamento filava anche troppo bene e questo le fece crollare la flebile speranza che la pop star la stesse prendendo per i fondelli.
- Il contratto non accennava a questo! Non credi che avrei dovuto essere informata prima di firmarlo? -
- Non devi mica vivere con me -
- Mai. -
- Siamo apposto allora – disse sollevando uno degli scatoloni per poi sfoderare un enorme sorriso da ruffiano.
La ragazza prese un profondo respiro e sollevò l'altro - Sappi che ti odio ancora per quella barretta di cioccolata, Harry Styles -
- Per quello mi farò perdonare, Daphne. Hai la mia parola -


Erano le 12:34 e Penelope rientrò in casa trascinando con stanchezza i piedi sul pavimento. Non appena aveva aperto la porta di casa aveva subito abbandonato le scarpe all’ingresso, accompagnate dalla giacca di Louis, e portava ancora il vestito della scorsa notte. Tutti i suoi colleghi alla radio l’avevano osservata con curiosità, quando quella mattina era arrivata al lavoro agghindata a festa e con qualche minuto di ritardo, cosa che non era proprio da lei. E lei li aveva liquidati dicendo “Che c’è? Una donna non può passare la notte fuori con qualcuno?” prima di sedersi alla sua postazione ed iniziare la sua trasmissione.
E adesso era davvero stanca e volevo solo sprofondare tra i cuscini del divano e dormire. Ma le sue preghiere non potevano del tutto essere esaudite perché - Cavolo, sei tornata adesso?! -.
Evangeline arrivò dalla cucina con una tazza di caffè fumante e i capelli a caschetto di un intenso rosso fuoco tenuti da una fascia per capelli. Penny, dal divano, aprì un occhio e osservò la sua migliore amica - Ma quella non è la mia salopette? - cioè la salopette che usava per dipingere nei momenti di pura tranquillità.
- Oh - Eve abbassò lo sguardo sul suo corpo e sulla salopette jeans sporca di colori a tempera e vernice e sorrise - Sì, l’ho messa per andare allo studio oggi. Pensa che la ragazza a cui ho fatto il tatuaggio della fenice, te lo ricordi il tatuaggio della fenice, no? Bè, lei mi ha detto che questa salopette è fighissima, potremmo inventare una nuova linea di abbigliamento -.
Penny non ebbe la forza di ridere ma rilasciò comunque uno strano verso che era possibilmente paragonabile ad una risata. Eve e le sue manie di creatività! Chi se non lei poteva lavorare in uno studio di tatuaggi?
La ragazza si sedette sul divano, facendo distendere le gambe di Penny sulle sue e le sorrise - Allora, che hai combinato questa notte, ragazzaccia? -
- Sono andata a picchiare quel coglione di Ryan -
- Quella parte la so già - borbottò Eve storcendo il naso nel sentire il nome dell’uomo che le aveva spezzato il cuore, o meglio, uno dei tanti che le avevano spezzato il cuore. Perché Eve era una che perdeva facilmente la testa per un uomo e poi era Penny quella che rimetteva insieme i pezzi..e dava una bella lezione allo stronzo di turno.
- Ho incontrato Louis Tomlinson - ammise.
La bocca di Eve si aprì in una perfetta O di stupore, insieme agli occhi verdi che si spalancarono - Quello dei One Direction? Quello col culo bello? -.
Penelope emise un grugnito, certo che era quello col culo bello, lei lo aveva anche palpato senza nessun pudore - Sì, lui -
- E? -
- Ci sono andata a letto -
- Tu cosaaa?? - urlò Eve versando quasi il caffè fuori dalla tazza.
Penelope glielo strappò dalle mani e ne bevve un lungo sorso. Aveva davvero bisogno di una razione di caffè per fronteggiare l’interrogatorio che la sua migliore amica le avrebbe fatto di lì a poco.
- E com’è stato? Com’è successo? Dove l’avete fatto? In un bagno? A casa sua? In una camera d’albergo? Ha davvero un bel culo? -.
Appunto.
- Evangeline Annabelle Smith, stai un attimo zitta - la rimproverò Penelope inebriandosi con l’odore del caffè.
-Va bene, scusa -.
E poi Penelope cominciò a raccontarle tutto, da come avevano iniziato a parlare e come si erano evolute le cose fino alla fine della nottata, quando si era ritrovata ad avere uno degli orgasmi più belli della sua vita tra le lenzuola e le braccia di Louis Tomlinson.
- Se pensi di dirlo a tua cugina, voglio essere lì in prima fila. Non voglio perdermi l’espressione da invasata e le urla che ti rivolgerà -
- Non deve saperlo nessuno, Eve - l’ammonì, mettendosi seduta e posando la tazza sul tavolino di legno - Se lo scoprissero i giornali sarebbe la fine e non voglio rischiare, quindi acqua in bocca -
- Giusto, hai ragione! Ma almeno dimmi com’è stato? Ci sa fare la popstar? -.
Penny incrociò lo sguardo incuriosito di Eve e sorrise - Ti dirò, mia cara Eve, potrei promuoverlo a pieni voti - affermò, alzandosi e stiracchiando i muscoli intorpiditi - Vado a fare una doccia -
- Va bene -.
Fu in quel momento che il suo cellulare cominciò a squillare dall’interno della sua borsa che adesso non riusciva a trovare. Poi ricordò di averla lasciata per terra accanto alle scarpe e alla giacca di Louis.
- Quella è la sua giacca? - indagò Eve che la osservava dalla spalliera del divano.
- Sì - borbottò pescando il telefono dalla borsa, un numero sconosciuto lampeggiava sul display, così accettò la chiamata e - Pronto? -
- Signorina Sheehan? - le chiese una voce femminile.
- Sì, sono io -
- Sono Darlene, l’assistente di Nick Grimshaw - nel sentire quel nome Penelope sgranò gli occhi e fissò Eve che continuava a sussurrarle - Ma chi è? -.
Penelope coprì il telefono con una mano e le rispose a bassa voce - È l’assistente di Nick Grimshaw! - e poi tornò ad ascoltare quello che Darlene aveva da dirle - Volevo dirle che abbiamo ricevuto il suo curriculum e il signor Grimshaw vuole vederla giovedì prossimo per un colloquio -
- Oh, ok - mormorò a metà tra l’interdetto e lo stupito.
- È pregata di venire agli studi della BBC radio alle 10 -
- Ok, grazie -.
Poco dopo Penelope chiuse la chiamata e si rivolse alla sua amica che non stava più nella pelle di sapere cosa fosse successo - Ho un colloquio con Nick Grimshaw giovedì prossimo -
- Evviva!!! Lo sapevo che ti avrebbero chiamata - esclamò Evangeline saltando in piedi sul divano - Dobbiamo festeggiare!!! Disdico gli appuntamenti di oggi e andiamo a ubriacarci -
Penelope scoppiò a ridere - Ma non sono stata ancora presa -
- Lo so, ma ogni scusa è buona per sbronzarsi, no? -.
E Penelope non poté ribattere altrimenti, la sua amica aveva decisamente ragione.


Daphne salì le scale con una fila di caffé e una scatola piena di muffin in bilico fra le braccia perché l'ascensore era occupato e lei era troppo in ritardo per poterlo aspettare anche solo per qualche minuto. Fortuna che lei i tacchi non li usava quasi mai, specialmente quando andava a lavoro. Le facevano fare su e giù e giù come uno yo-yo per tutto il palazzo di vetro situato nella City di Londra e dove aveva sede la rivista per la quale lavorava. In sostanza poteva dire di bruciare più calorie così di quante ne bruciasse a lezione di danza il venerdì pomeriggio insieme alle sue bambine.
“Vai a prendere il caffé, Daphne.”
“Fai le fotocopie, Daphne”
“Muoviti, rispondi al telefono!”
Non è che se l'era immaginato proprio così quel lavoro quando la sua amica Ellen glielo aveva proposto sprizzando entusiasmo da tutti i pori. “Ti ho trovato una lavoro fantastico, Daphne! Ho messo una buona parola per te qui al Mirror! Sarà favoloso, potrai scrivere articoli, fare interviste..” e invece aveva scritto sì e no quattro articoli su delle fiere locali di cui nessuno conosceva l'esistenza, su come si preparava il vero porridge secondo una donnina di ben novantatrè anni e infine aveva fatto un'inchiesta su quante persone fossero Miffy, ovvero che preferiscono versare il latte prima del tea, e quante Tiffy, con il tea prima del latte. Per la cronaca Daphne il tea lo beveva senza latte.
Arrivò indenne alla sala riunioni spalancando la porta con la spalla destra, tenendola poi aperta con il piede per passare oltre la soglia. A capo tavola il “boss”, un omuncolo dalle orecchie stranamente simili a quelle di un elfo, aveva appena iniziato a elencare i punti salienti da trattare durante la riunione: la rubrica di moda, il nuovo ciarlatano che si occupava della sezione oroscopo, una promozione.
Una promozione?
Salvò in corner un bicchiere di cartone colmo di caffé che stava per rovesciarsi sul tailleur Gucci del vice redattore capo e si beccò un'occhiataccia da parte di Ellen che aveva assistito alla scena. A quel punto distribuì il resto e si sistemò al più presto in un angolino della sala insieme agli altri stagisti - le matricole, come viperamente li amavano chiamare i veterani del giornale - per evitare di combinare danni che la escludessero dalla corsa alla promozione ancor prima di essere aperta ufficialmente.
- Ed ora passiamo alla promozione. Abbiamo bisogno di nuove penne, una delle nostre più affezionate collaboratrici presto ci lascerà – annunciò il capo facendo un cenno a Susan Stanford, l'arpia del gossip, colei che ha fatto letteralmente incazzare centinaia di vip per i suoi scottanti scoop. Era una settantenne senza scrupoli che dimostrava tranquillamente cinquant'anni grazie alla quantità smisurata di botulino che si era fatta iniettare nelle guance ed Ellen la idolatrava come fosse una divinità scesa dall'Olimpo per salvare l'umanità. Daphne era sicura che nella sua cabina armadio off-limits per chiunque avesse una sorta di altarino woodo in suo onore.
La signora Stanford si alzò e con una schiarita di voce prese la parola – Ho deciso a malincuore di lasciarvi ma prima di fare ciò voglio assicurarmi che la sezione gossip di questo giornale non vada a rotoli per la mia assenza, per questo motivo ho deciso di mettere su personalmente uno staff, aggiungendo ai già presenti due nuovi giornalisti -
Un brusio si elevò dall'angolo delle matricole che si lanciarono sguardi d'intesa o di sfida, mentre lo sguardo della ragazza incrociò immediatamente quello dell'amica che aveva già alzato i pollici in su. Lei scriveva già nella sezione gossip e probabilmente avrebbe preso il posto dell'arpia una volta che quest'ultima avesse lasciato per sempre il giornale. Per cui, forse aveva qualche possibilità in più di avere quella promozione e Dio solo sapeva quanto ne aveva bisogno in quel momento.
Un posto fisso nella rivista avrebbe voluto dire un salario maggiore e soprattutto stabile. E vista la morte di Suor Clarisse e il nuovo affitto da pagare aveva bisogno dei maggiori introiti possibili. Le lezioni di danza e il misero stipendio da stagista che prendeva lavorando al Mirror non bastavano più senza l'aiuto economico che le dava ogni mese Suor Clarisse e questo voleva dire che quel lavoro doveva essere suo ad ogni costo.
- Per fare questa scelta mi servirò di un espediente per valutarvi: chi mi porterà i due scoop più succulenti avrà il posto. Dovrete fare lo scoop della vostra vita! Smascherate i segreti più reconditi, tirate fuori gli scheletri dall'armadio, scrivete qualcosa che non è mai stato scritto. Avete quattro mesi di tempo. Buon lavoro! -
Detto ciò la donna si sedette e l'interruttore del barlume di speranza di Daphne si spense automaticamente. C'era poco da fare, lei non era brava con i gossip. Scriveva piuttosto bene ma quello che sapeva fare meglio era occuparsi di recensioni teatrali o cinematografiche, aveva poco a che fare col gossip. E se pensava di avere qualche speranza con la raccomandazione di Ellen ora era più che convinta che la promozione l'avrebbe avuta qualcun altro.
A fine riunione Daphne fu trascinata da Ellen in archivio dove raramente si aggirava qualcuno che non stesse amoreggiando di nascosto tra una pausa e l'altra.
- Dobbiamo avere quella promozione – disse sottovoce Ellen mettendole le due mani sulle spalle.
- Dobbiamo? Devo, tu hai già quel posto, Ellen -
- Non essere sempre così pignola, con dobbiamo intendo che ti aiuterò ad ottenerlo -
- E come? Lo sai che non farò mai “lo scoop della vita” - mormorò Daphne mimando due virgolette per aria.
Ellen iniziò a fare su e giù per la stanza come una forsennata, tenendo le mani intrecciate dietro la schiena e la testa bassa concentrata a partorire un'idea geniale che sembrava non arrivare mai.
- Ci penseremo più avanti, ok? Abbiamo un po' di tempo – propose Daphne che si era già stufata della situazione.
- Si ma non possiamo adagiarci, dobbiamo essere attente e meschine – si fermò davanti a lei facendo svolazzare i suoi lunghi capelli biondi – Meschine. Hai capito? I tuoi ideali di giustizia e correttezza li devi buttare nel cesso e tirare lo scarico, chiaro? -
- E tu hai appena buttato la tua raffinatezza -
- Posso essere una scaricatrice di porto quando voglio -
La piega che aveva preso la conversazione l'aveva fatta sorridere per circa qualche secondo, ovvero finché Ellen non le chiese della nuova conquilina.
- Lasciamo perdere – bofonchiò agitando una mano davanti al viso.
- Perché? Come si chiama? Vuoi che faccia una ricerca su di lei e sulla sua famiglia? -
Daphne scoppiò in una risata sarcastica – Ti assicuro che non c'è bisogno, lei e la sua famiglia li conoscono pure in Azerbaijan -
- Chi é? -
- Si chiama Gemma, ed è la sorella di Harry Styles -
Per circa un minuto calò il silenzio. Ellen fissava Daphne immobile, come se si fosse appena pietrificata davanti a lei.
- A volte penso davvero che tu sia ritardata, Daphne – sbottò improvvisamente la bionda scuotendo la testa. La prese ancora una volta per le spalle e la fissò pericolosamente negli occhi, l'eccitazione sembrava mangiarle a grandi bocconi le iridi – Questo è lo scoop della tua vita -




Spazio Autore:
Hello people! Prima di tutto ci scusiamo per questo enorme ritardo! Siamo imperdonabili e proveremo a non perdere più tutto questo tempo.
Ma...avete sentito Fireproof? *_* Bella, no? Noi la stiamo ascoltando a ripetizione continua :D
Se solo penso all'assolo di Loulou *_*
Comunque..torniamo a noi e a questo secondo capitolo! All'inizio troviamo un Louis abbastanza spaesato (e nudo à.à) e poi parecchio frustrato! Vuole trovare Penny a tutti i costi, infischiandosene dei suoi "impegni". Per fortuna ci sono Niall e Zaynie ad aiutarlo! ;)
Poi abbiamo la nostra Daphne che è alle prese col trasloco e chi incontra??? Nientepopodimeno che Harry Styles, che è anche il fratello della sua coinquilina! Povera Daphne! Non ha un attimo di pace.... ma a chi vuoi darla a bere, figlia mia?! u.u
Nelle ultime parti invece vediamo le due ragazze avere a che fare con la loro vita di tutti i giorni, Penny a casa con la sua pazza coinquilina e Daphne a lavoro! Quest'ultima coglierà la palla al balzo per l'articolo? E come andrà il colloquio di Penny con Nick Grimshaw?
Ve lo diremo nelle prossime puntate!
Adesso vi salutiamo! Fateci sapere cosa pensate sul capitolo, che sia un commento brutto o bello, non importa! Ma fatecelo sapere ;)

Fra&Vale

p.s. Abbiamo fatto una correzione nel primo capitolo riguardo al periodo in cui ci troviamo. Non siamo più a settembre ma a novembre!

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Capitolo 3
*** That Girl ***


 

Capitolo 3 – That Girl

 


 

"There was this girl she looked so fine.
And she blew my mind.
And I wished that she was mine"

 McFly

 






 

Nello studio di Eugene Delaine a Shoreditch non c'era mai stato tutto quel caos. E non era solo per l'ininterrotto vociare ad un tono troppo elevato per chi non ne fosse abituato, no. Il problema era che si vedevano oggetti indefiniti attraversare la stanza da un capo all'altro, e per schivarli dovevi essere un ninja o Neo Anderson.
Era stato Liam Payne ad accendere improvvisamente la musica e le note di una canzone dance avevano iniziato a sovrastare quell'unione rumorosa di voci e schiamazzi. “Talk dirty to me” aveva fatto scatenare persino la biondissima hair-stylist Lou Teasdale che tra un colpo di spazzola e l'altro si dimenava a tempo di musica, mentre alle sue spalle un Harry Styles rigorosamente a petto nudo improvvisava mosse di danza tenendo per le mani una sagoma di cartone di Niall Horan. Il biondo in questione rideva accasciato contro un divano di pelle nera e Liam assecondava il riccio ad ogni mossa.
All'appello mancavano i due ritardatari cronici del gruppo: Louis Tomlinson e Zayn Malik, i quali probabilmente stavano giocando da qualche parte con la nuova Play Station 4, non ancora uscita nei negozi ma eccezionalmente già fra le loro mani perché beh loro sono i One Direction.
Presto, comunque, fecero il loro ingresso scambiandosi amichevolmente delle pacche sul posteriore. Lou Teasdale catturò subito Louis prima che potesse volatilizzarsi ancora e affondò le dita fra i suoi capelli per poter dare loro una forma sensata e sexy. Erano troppo lunghi oramai ma lui le aveva categoricamente vietato di avvicinarsi alla sua chioma con un paio di forbici.
- Lou! Ho una grande notizia per te! - urlò Niall (non che ce ne fosse bisogno) piazzandosi proprio davanti a lui.
- Ovvero? -
- Sono riuscito a rintracciare i due neo sposini, ed è stata dura perché sono in viaggio di nozze -.
Louis si voltò speranzoso verso il suo amico, gli occhi azzurri improvvisamente più luminosi del solito - E..? -
- So chi è il tizio che la dolce donzella sconosciuta ha evirato! Si chiama Ryan Carter e questo è il suo numero - Niall frugò nelle tasche dei suoi jeans e finalmente estrasse un foglietto di carta sul quale erano scritti dei numeri con una grafia scombinata.
- Amico mio, ti devo una birra - esclamò Louis strappandogli il foglietto dalle mani e fece per alzarsi, ma Lou Teasdale premette le mani sulle sue spalle e lo costrinse a stare seduto - Tu stai fermo qui -
- Ma devo fare una chiamata - protestò Louis.
- La farai dopo -
- Chi devi chiamare Boobear? - intervenne Harry mostrando un enorme sorriso al quale ben pochi potevano resistere. Lo mostrava quando voleva qualcosa, o voleva farsi perdonare per qualcosa, o, in quel caso, quando si faceva beatamente gli affaracci del suo amico Louis.
Niall s'intromise subito senza troppi complimenti - Deve chiamare un tizio per farsi dare il numero di una ragazza - Alla parola "ragazza" anche Liam drizzò le orecchie e alla fine si ritrovarono tutti stretti attorno alla sedia su cui Louis era seduto.
- Ragazzi, aria! - disse Lou Teasdale agitando la spazzola - Non vedete che sto creando? -
Ma nessuno di loro badò a lei ed Harry e Liam iniziarono a fissare Louis curiosi più che mai.
- Una ragazza? - domandò Liam.
- Ti piace una ragazza? Perché non me lo hai detto? - lo accusò invece Harry mettendo su il broncio.
- Piace? - Zayn, che di solito non apriva mai bocca, si appoggiò alla parete con le braccia incrociate e con un sorriso malizioso - Se l'è portata a letto -.
Harry portò le grandi mani al viso con stupore e, con la bocca spalancata, fissava il suo migliore amico con finta rabbia - Ma perché non mi hai detto nulla?? Non mi dici mai niente, Loulou! - piagnucolò tirando poi in fuori il labbro inferiore.
Liam lo abbracciò fingendo di consolarlo - Sei proprio un insensibile, Louis Tomlinson -.
Louis sorrise in direzione del riccio e scosse la testa, provocando degli sbuffi da parte di Lou Teasdale - Non ho detto nulla perché è stata una cosa di una notte e via -
- Sì, ma ora vuole trovarla - intervenne Niall con occhi sognanti - Come in un fottuto film romantico -
- Ma io ti dico tutto! - borbottò ancora Harry che troppo curioso, alla fine, non riuscì più a reggere il gioco - Insomma..? Com'è andata? Se vuoi trovarla sarà stato il sesso migliore della tua vita! -
Louis piegò la bocca in una smorfia incerta - Sì, è stato il miglior sesso della mia vita -
- E perché non hai chiesto il numero direttamente a lei? - indagò questa volta Lou fissando i capelli di Louis con la lacca.
- Perché è andata via prima che io mi svegliassi -
- Ma guarda un po', pure Louis ti ha superato, Harry. Non eri il playboy della band? - disse l'irlandese per provocare un po' Harry.
- Ehi! Io non sono un playboy! -
- E si vede.. non fai sesso da mesi - Liam gli posò una mano sulla spalla - Sei stressato, hai bisogno di fare sesso amico -
- Ma.. - fece per ribattere Harry.
- Dovremmo trovarti una donna - commentò Lou Teasdale.
- Ma.. -
- È vero, dovremmo trovargli una ragazza! -
- Ci penso io -
- Dai, dovremmo avere qualche amica da presentargli -
- Fermi tutti! Ce l'ho! - disse la bionda trionfante - La nuova coinquilina di Gemma! -
- Ma chi? Quella che lo odia perché gli ha fregato l'ultima barretta di cioccolata al supermercato? - intervenne Louis trattenendo una risata.
- Appunto, mi odia -
Zayn gli puntò un dito contro - Allora ti piace! -
- No! Non ho detto questo -
- Ma se hai detto tu a Gemma di richiamarla per l'appartamento quando hai capito che era stata lei a lasciare un messaggio in segreteria - decretò infine la ragazza, sputtanandolo al resto dei suoi amici.
- Tu e Gemma me la pagherete - la minacciò mentre gli altri ragazzi ridevano a crepapelle, Niall su tutti.
- Harold è innamorato! -
- Ma finitela - borbottò il riccio, poi si lasciò cadere sul divano accanto - E comunque mi odia seriamente ed è acidissima, credetemi. E' più acida di un ipotetico Louis con il ciclo -
- Harold, tu sei un rubacuori! - commentò Louis - Persino un ipotetico me col ciclo cadrebbe ai tuoi piedi! E secondo me puoi riuscire a fare sciogliere quel cubetto di ghiaccio -
- Io scommetto che non ce la fa - disse Liam - Non ha le palle -
- Ah sì? Scommetti? - lo provocò Harry in uno slancio improvviso di orgoglio maschile - Vedrai. -
- Oh, oh. Quindi si scommette ragazzi? - Niall sembrava essersi gasato più del dovuto e senza attendere una risposta si avvicinò ad Harry poggiandogli una mano sulla spalla - Hai due settimane, Styles -.
- Affare fatto! - e i due si strinsero la mano per suggellare il patto.
Dopo essere stati richiamati da un Paul parecchio impaziente e dopo aver messo i loro abiti che erano stati scelti con cura da Caroline Watson, i cinque ragazzi si trovarono a posare sotto l'obbiettivo del professionalissimo fotografo francese Eugene Delaine.
Prima che scattasse l'ultimo photoset di gruppo, il manager dei ragazzi, Marco, si avvicinò ad Harry, intento a raccontare a Louis la storia di una fan che aveva incontrato quella mattina, e lo afferrò delicatamente per il braccio. - Harry, per favore, puoi metterti al posto di Zayn? Non puoi stare vicino a Louis, lo sai -.
I due ragazzi si lanciarono un'occhiata e sbuffando, Harry, prese il posto di Zayn.
Monsieur Delaine chiese loro di sorridere un'ultima volta per lui ma i visi di Louis ed Harry erano distorti in un'espressione quasi uguale, fin troppo concentrati a fingere un sorriso che adesso non riusciva a sorgere spontaneo. E mentre il flash inondava i loro visi, si chiesero come fossero arrivati a quel punto.


L’orologio alla parete segnava le 13:45 e Penny era dentro quella sala riunioni già da trenta minuti. Nick Grimshaw era entrato poco dopo il suo arrivo negli uffici della BBC Radio, vestito come sempre alla moda, una camicia colorata con una fantasia a fiori e un paio di pantaloni verde acido strettissimi con risvolti alle caviglie, e sulla fronte aveva scritto a caratteri cubitali con tanto di lucine lampeggianti: “Mi piacciono gli uomini”. Per venticinque minuti avevano parlato delle esperienze lavorative di Penny, lui aveva controllato più volte il curriculum e le aveva fatto le domande più strane alle quali lei aveva risposto con tranquillità, perché Penelope con queste cose ci sapeva fare, lo sapevano tutti, e ben presto anche Nick Grimshaw lo capì.
- Perfetto, Penelope - asserì con voce bassa e calma il famoso presentatore radiofonico - Ho sentito spesso la tua trasmissione alla radio e mi sei piaciuta molto - le sorrise mettendo in mostra i denti bianchi - Ti faremo sapere al più presto - e poi le tese la mano per congedarsi da lei.
Penelope uscì dalla sede della radio contenta e soddisfatta da quel colloquio e con una forte scarica di adrenalina nel corpo. Per questo chiamò subito Eve per raccontarle tutto e poi - Allora, andiamo a bere? -
- Baby, sono ancora bloccata allo studio! Possiamo vederci a casa, mangiare qualcosa e poi uscire a fare baldoria, che ne dici? - fu la proposta di Eve, la cui voce era sovrastata dal ronzio dell’ago che usava per tatuare. Penny riusciva benissimo ad immaginarla seduta alla sua postazione, col telefono incastrato tra l’orecchio e la spalla, i capelli rossi tenuti da una fascia per capelli di un colore acceso e lo sguardo superconcentrato sul disegno che stava realizzando.
- Va bene, ci vediamo a casa -.
Due ore e tre quarti dopo, Penny e la rossissima Eve erano sedute sul divano del loro salotto, vestite con maglie di due taglie più grandi. Tra le mani reggevano dei mojito improvvisati con una bottiglia di rum trovata in casa, e sul tavolino giaceva indisturbato un pacco di sigarette mezzo pieno accompagnato da dei piatti ormai vuoti.
- Quindi è andata bene? - le chiese Eve buttando una nube di fumo dalle labbra - Grimmy è così gay come dicono? -
- Decisamente! Credo gli piacciano gli uomini più di quanto piacciono a me - Penelope rise mentre sorseggiava un po’ di quel mojito troppo forte ma che andava benissimo così - Comunque voglio essere fiduciosa e penso che mi prenderanno -
- Certo che ti prenderanno! -
- L’unico problema è che dovrei svegliarmi alle 5 del mattino. La trasmissione inizia alle 6:30 -
- Cazzo! -
- Già, ma non fa niente, avrei almeno il fine settimana libero - spiegò Penny con un boccolo ramato attorcigliato all’indice e con lo sguardo fisso sulle unghie dei piedi, colorate con uno smalto arancione ormai troppo rovinato. Era arrivato il momento di toglierlo - Evy cara, tesoro del mio cuore.. -
- Cosa vuoi, Penny? - la interruppe immediatamente Eve che aveva già capito dove volesse arrivare la sua amica. - Potresti mettermi lo smalto ai piedi? -
- Sei una palla, Penelope Judith Sheehan -.
E Penny storse il naso nel sentire il suo nome completo, perché semplicemente lo odiava e odiava quando le persone lo usavano per intero e odiava sua madre per averlo scelto con tanta cura, quando invece sembrava che avesse aperto a casaccio il libro dei nomi e puntato il dito alla cieca. E questo Eve lo sapeva, per questo ridacchiò sotto i baffi prima di darle un colpo - Vai a prendere l’acetone e lo smalto -
- Sì - e prima di alzarsi le tirò fuori la lingua con fare dispettoso.
Mentre frugava nel cassetto degli smalti alla ricerca di qualche colore che potesse andarle bene, sentì bussare alla porta ma lei era troppo indaffarata per andare ad aprire e poi c’era Eve in salotto. Decretò, infine, che il verde acqua potesse andare bene, era decisamente un giovedì da verde acqua, quello.
Quando rientrò in salotto vide Eve aprire la porta per poi sgranare gli occhi e chiuderla di botto.
- Ma chi.. -
- Ssssshhh - la zittì lei e poi, a bassa voce e indicando energicamente la porta, disse - C’è Louis Tomlinson qui fuori -.
Il panico si impossessò di Penelope che forse per la prima volta in vita sua non sapeva assolutamente che fare. Perché Louis Tomlinson era lì? E come diamine aveva fatto a trovarla?
Il campanello risuonò di nuovo nel loro appartamento e Penny invitò Eve ad aprire, mentre lei si nascondeva proprio dietro la porta perché voleva sentire ogni singola parola.
- Ciao! - esclamò Eve in imbarazzo - Scusami per prima, ma non capita tutti i giorni di avere Louis Tomlinson che bussa alla tua porta, giusto? -.
Louis sorrise incerto mentre la squadrava dalla testa ai piedi, perdendosi un attimo in quei capelli rosso fuoco e nella maglia larga dei Rolling Stones che metteva in mostra il braccio destro tatuato alla rinfusa, un po’ come il suo, insomma. Quella ragazza gli fece subito simpatia senza particolare motivo - Giusto - le diede quindi ragione affondando le mani dentro le tasche del giubbotto di jeans - Probabilmente ti starai chiedendo perché sono qui - proseguì lui schiarendosi la voce, forse con una nota di imbarazzo - Ti sembrerà assurdo, ma sto cercando una ragazza. Si chiama Penelope e mi hanno detto che vive qui. Tu dovresti essere Eve, giusto? Me l’ha detto un certo Ryan che tu dovresti conoscere -
- Oh, uhm - la ragazza si strinse le labbra tra le dita con nervosismo - Ehm sì, sono.. sono Eve - rispose balbettando appena - Però .. - e si schiarì la voce - Penny non vive più qui.. -
- Ah - Louis sembrò deluso da quella risposta e abbassò lo sguardo con la bocca distorta in una smorfia. Sembrava vistosamente dispiaciuto e demoralizzato - E sai dove potrei trovarla? -
- Ehm..no! -
- Strano! Fino a qualche giorno fa lei è andata ad un matrimonio per picchiare uno che ti aveva spezzato il cuore. Com’è possibile che non sai niente di lei? - indagò questa volta Louis, perché quella storia cominciava un po’ a turbarlo e quelle risposte vaghe avevano iniziato ad incuriosirlo.
Eve lo fissò spiazzata. Non sapeva proprio mentire, o meglio sapeva mentire ma non così su due piedi, presa alla sprovvista - Io..Penny è partita - inventò improvvisamente.
- E sai quando tornerà? -
- No, Penny è un po’ così. Un giorno c’è e il giorno dopo decide di fare le valigie e andare via - Eve annuì, forse per cercare di convincersi lei stessa di quello che stava dicendo, mentre Penny appiattita contro la porta scuoteva la testa, domandandosi che cosa avesse fatto di male per avere un’amica come Eve.
- Va bene! Grazie, allora - mormorò Louis che si mosse per andare verso le scale mentre una Eve più rilassata stava per chiudere la porta. Ma lui la fermò - Senti, se la vedi o la senti potresti dirle che l’ho cercata? È importante! -
- Certo -
- Ma ti prego di non dirlo a nessun altro.. -
- Non ti preoccupare, acqua in bocca -.
E poi finalmente lui iniziò a scendere le scale ed Eve chiuse la porta - È stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto! - esclamò scaricando i nervi per quella strana conversazione.
- Perché diavolo mi sta cercando, Eve? -
- Perché forse gli piaci! Dai, è venuto fin qui, ti sta cercando! Ti prego, apri quella porta e inseguilo - la pregò Eve con un sorriso sognante sulle labbra.
- Tu guardi troppi film romantici! Molto probabilmente è venuto qui per riprendersi la sua giacca, che tra l’altro potrei vendere. Potremmo pagare due mesi d’affitto col ricavato - borbottò poi tra sé la ragazza dai capelli ramati.
- Ma smettila! Uno come quello non viene a cercare la sua giacca. Ne potrebbe comprare altre mille. Lui è venuto a cercare te perché quella notte gli sei piaciuta, ne sono sicura - ribattè Eve, questa volta con un’espressione davvero seria che poco le si addiceva - Potresti anche dargli una chance, Penny -
- Ma sei impazzita! Parli come se non mi conoscessi - Penelope, adirata in viso, fissava la sua amica quasi con rabbia - Non sono cose che fanno per me, queste. Ci sono andata solo a letto, fine della storia. Non voglio uomini nella mia vita, specialmente se sono come Louis Tomlinson, con tanto di fidanzata perfetta che gli cade ai piedi -
- Ma quando la smetterai con questa storia? E poi, per cercarti, la sua fidanzata non sarà poi così tanto perfetta - affermò Eve incrociando le braccia al petto.
Penelope rimase interdetta da quell’affermazione che rispecchiava molto fedelmente la realtà e scosse la testa accompagnando il tutto con un grugnito di frustrazione - Lasciami stare! -.


Era giovedì. E mancava solo un giorno al fine settimana. Sopportare Ellen per un altro giorno ancora, era quello il traguardo di Daphne.
Da quando le aveva detto di vivere con la sorella di Harry Styles non aveva fatto altro che pregarla di fare quell'articolo. - E' lo scoop della tua vita, Daphne. Ti rendi conto? Potresti scoprire i loro scheletri nell'armadio, questa è una bomba! - Ma lei odiava fare quel genere di cose, insinuarsi con l'inganno nella vita delle persone e cercare di carpirne i segreti più oscuri. In questo era davvero una pessima giornalista. E quello non era certo il lavoro che aveva desiderato di fare fin da bambina. Tutti i giorni aveva sognato ad occhi aperti di volteggiare sul palco della Scala di Milano o dell'Opéra di Parigi, o di creare una coreografia per il video musicale di una grande pop star, o ancora di aprire una sua scuola di danza.
In quel momento doveva però accontentarsi di dare lezioni ad un gruppetto di bambine in una struttura fatiscente per poche sterline alla settimana. Rimaneva comunque il momento più bello della giornata, soprattutto quando tutti andavano via e lei aveva la stanza circondata da specchi tutta per sé. Lì si lasciava andare, buttava fuori la tensione, le preoccupazioni. Accendeva lo stereo, chiudeva gli occhi e semplicemente ballava.
Quel giorno però non aveva alcuna lezione in programma e, finito al The Sun, tornò dritta a casa a bordo dell'Impala che aveva iniziato a singhiozzare ad intermittenza.
La parcheggiò davanti al portone e notò con sollievo che nessuna macchina super costosa era posteggiata nelle vicinanze e difatti quando entrò in casa trovò solo Gemma sul divano con un'enorme vaschetta di gelato e la televisione accesa su Abito da sposa cercasi.
- Ehi - bofonchiò con il cucchiaio in bocca quando si accorse della sua presenza.
Daphne le sorrise e andò a prendersi un cucchiaio per poi sprofondare sul divano accanto alla sua coinquilina.
- Giornataccia? - le chiese avventandosi sulla prima cucchiaiata. Era stracciatella.
- Mmh -
Gemma sospirò e continuò a guardare il programma senza fiatare finché non iniziò a sospirare troppo frequentemente.
- Ma stai piangendo? -
- Quell'abito da sposa le sta benissimo, non trovi? -
Daphne guardò distrattamente la televisione che stava passando le immagini di una ragazza che diceva sì all'abito dei suoi sogni ma non ci trovò nulla di commovente.
- Gemma.. stai bene? -
Vivevano insieme da circa tre giorni ma Daphne l'aveva inquadrata come una tipa tosta e non una che piange davanti ad un programma di abiti da sposa trangugiando una vaschetta di gelato alla stracciatella.
- È che.. c'è un ragazzo, sai.. lui.. - iniziò a dire fissando il cucchiaio da ogni angolazione.
- È uno stronzo? -
- Sì, è un vero stronzo! È che lui se ne va in giro per il mondo a fare il cazzone con le ragazzine che gli urlano dietro.. non lo sopporto -
- Stai con uno della band di tuo fratello? - chiese Daphne strabuzzando gli occhi e per un attimo pensò che quello sarebbe stato utile per il suo articolo.
- No! Figurati, mio fratello lo ammazzerebbe in tal caso – rispose la bionda con un mezzo sorriso – Mi vedo con uno della band di supporto.. Ashton.. -
- Oh ho capito. Sai dovresti trovarti un ragazzo che ti stia accanto e non uno che passa la maggior parte del suo tempo in giro a farsi acclamare da delle ragazzine con gli ormoni a duemila -
- Forse hai ragione.. - borbottò allora Gemma pensierosa e Daphne soddisfatta assaporò l'ultimo cucchiaio di gelato e si alzò dal divano per andare a sprofondare sul suo letto questa volta.
Si trascinò perplessa lungo tutto il corridoio, era stato così facile farsi svelare quei gossip da Gemma, si era confidata senza che lei l'avesse forzata o ingannata e forse non sarebbe stato così terribile come pensava, forse avrebbe potuto racimolare qualche informazione qua e là senza dare nell'occhio, senza fare la stronza approfittatrice.
Arrivata davanti la porta mise la mano sulla maniglia e l'aprì con difficoltà, come se qualcosa dietro facesse resistenza. Quando la spalancò allo stesso modo si spalancò la sua bocca. Tutti i suoi ragionamenti sfumarono nell'istante in cui i suoi occhi incrociarono gli enormi scatoloni stracolmi di cioccolata. Milka. Agli Oreo.
Non ne aveva mai vista così tanta in vita sua, nemmeno se un supermercato le dedicasse tutto un reparto ce ne sarebbe così tanta.
- Daph, ti ho preparato una.. cosa diamine è successo qua dentro? - Gemma l'aveva raggiunta con una tazza fumante di tè fra le mani e gli occhi sbarrati.
- Chiedilo a tuo fratello -
- Ommioddio, è completamente fuori di testa. Mi dispiace, è colpa mia. Da piccolo l'ho fatto cadere ed ha battuto forte la testa - Daphne rise e guardò Gemma avventurarsi fra le barrette di cioccolata per poi afferrare un foglio di carta piegato in due. - Ti ha lasciato un biglietto -
La bruna lo afferrò e lo lesse:

Spero che basti per reclamare il tuo perdono. H.

P.S. Se vuoi una mano a finirla io ci sono.


La ragazza fissò il foglio per qualche istante sotto gli occhi scrutatori di Gemma che ormai aveva preso a sorseggiare la tazza di tè che aveva preparato per lei. Poi si schiarì la voce ed assunse una posizione piuttosto rigida: - Non è che potresti darmi il numero di telefono di tuo fratello? -
Gemma rise sotto i baffi – Non avevi detto che era meglio evitare i ragazzi che passano la maggior parte del tempo circondati da ragazzine urlanti con gli ormoni a duemila? -
- Infatti – rispose incrociando le braccia - Non farti strane idee -
La bionda le strappò il foglio di mano e con una penna trovata sulla scrivania accanto scrisse il numero di Harry che conosceva a memoria.
- Ecco a te - disse, e poi con un occhiolino la lasciò alla sua incombente e imbarazzante telefonata.
Daphne compose subito il numero, prima che potesse cambiare idea, e poi, battendo il piede destro per terra, attese una risposta.
- Ciao Daphne -
- Ehi! Come fai a sapere che sono io? -
Per un attimo dall'altro capo del telefono Daphne non udì alcun suono.
- Perché sono un cazzone - sospirò Harry - Sei in camera tua? -
- Non è più camera mia, a quanto pare Willy Wonka ha deciso di trasferirsi qui -
- Allora devo proprio venire a conoscerlo -
- Sai ti avevo perdonato prima di scoprire che avevi già trafugato il mio numero di telefono -
- Lo so, sono un cazzone. Ma sai quanto mi ci è voluto per portare tutta quella cioccolata in camera tua? Credo di aver bisogno di zuccheri -
Daphne non riuscì a trattenere una risata – E io ho bisogno di qualcuno che mangi questa cioccolata insieme a me o domattina non passerò più dalla porta -
- Arrivo signorina Baker -




Spazio Autore:
Rieccoci con il nuovo capitolo!
Si apre con una bella scenetta con tutti i ragazzi insieme che sono come sempre adorabili *-* Niall che trova il numero del tizio che Penny ha preso a calci nelle parti basse (poveraccio hahah) ed Harry che accetta la sfida su Daphne. Ce la faranno i nostri eroi?
Intanto Louis ha trovato la casa di Penny ma lei si è nascosta. E' pazza. Sappiamo che lo avete pensato tutti.
Invece Harry riempie la camera di Daphne di barrette di cioccolata, che mossa da marpione! hahaha
Insomma siamo ancora all'inizio ma ci sono già un sacco di spunti:
Louis riuscirà a trovare Penny?
Harry riuscirà a conquistare Daphne per vincere la sua scommessa?
Daphne scriverà l'articolo sui One Direction?
Restate con noi per scoprirlo se la storia vi piace e soprattutto fateci sapere cosa ne pensato di questo nuovo capitolo, ci farebbe piacere! :)
A presto!

Fra&Vale

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Capitolo 4
*** Gravity ***


 

Capitolo 4 – Gravity

 


 

"Ma credi sul serio che per amare
ci sia bisogno di sapere come si ama?"

 Luigi Pirandello

 






 

Vedere Zayn Malik e Louis Tomlinson in macchina alle 11:45 del mattino non era certo una cosa all’ordine del giorno, poiché in genere loro erano quelli che evitavano gli impegni prima delle 12. Ma quella mattina erano stati invitati ad una trasmissione radiofonica per parlare del nuovo album, che sarebbe uscito di lì a poco, e avevano dovuto fissare la sveglia alle 8 con grande disappunto di Louis che ora guidava nervosamente tra le strade di Londra per tornare a casa. Il suo amico sedeva al posto del passeggero in completo silenzio, forse cercando di rilassarsi. O forse perché odiava fare interviste e rispondere sempre alle stesse domande tanto quanto le odiava lui.
E poi alla radio sentì una voce tremendamente familiare e percepì una fastidiosa sensazione allo stomaco - Siete sintonizzati su Soho Radio e qui è di nuovo la vostra Penelope a parlare - era la stessa voce bassa e melodiosa, così sensuale anche se distorta dalla radio, e lui inchiodò immediatamente accompagnato dall’assordante clacson della macchina dietro alla sua.
Zayn aveva poggiato le mani sul cruscotto per istinto e i suoi occhi spalancati si erano immediatamente posati su Louis. Lo guardava come se fosse improvvisamente impazzito - Ma che cazzo ti prende? -
- Cerca subito la sede di Soho Radio - mentre il clacson alle sue spalle non smetteva di suonare - Va bene, va bene, mi sposto! - urlò contro il finestrino aperto, rimettendo in moto e accostando lungo la strada.
Louis aumentò il volume, ignorando i forti insulti del conducente che lo stava affiancando, e indicò la radio a Zayn che ancora lo fissava come se avesse un pazzo appena uscito da un manicomio davanti a sé - È lei! E non è partita! È qui, io lo sapevo! Quella Eve mi stava solo prendendo per il culo - e batté le mani dandosi mentalmente dello stupido - Allora ti muovi?! -
- Va bene, amico, un attimo - ribatté Zayn prendendo il telefono dalla tasca del giubbotto di pelle - Calmati -
- No, non mi calmo! - esclamò su di giri - L’ho trovata!!! - e batté più volte le mani sul volante come un’improvvisata batteria.

Quando Penelope uscì dal 22c di Great Windmill Street si sarebbe aspettata di tutto, un attacco terroristico, un flash mob con l’ultima canzone di Nicki Minaj e perfino la Regina Elisabetta attraversare la strada, ma non si sarebbe mai aspettata Louis Tomlinson né vederlo andarle incontro coi suoi soliti occhi blu, la sua camminata sicura, un cappello grigio sulla testa e il suo sorriso strafottente a distorcergli le labbra sottili. No, non se lo sarebbe completamente aspettato e il primo pensiero che le attraversò la mente fu quello di tentare la fuga e deviare verso sinistra, cercando di ignorarlo. Eppure lui non sembrò battere ciglio e deviò verso la sua direzione.
- Che diavolo ci fai qui? - sbottò lei, infastidita senza però fermarsi.
- Ciao anche a te, Penelope - Louis affondò le mani nelle tasche del giubbino, nascondendo un sorriso ma continuando a seguirla.
Penelope scosse la testa - Cosa stai cercando di fare? - gli chiese quando si accorse che lui non avrebbe smesso di seguirla.
- Volevo rivederti - ammise a bassa voce dopo averla affiancata con due passi rapidi.
- Oh ti prego! - sbottò Penelope, stringendo tra le dita la tracolla della borsa nera - Non è così che funziona! Quando me ne sono andata, quella mattina, pensavo di aver reso chiaro il concetto -.
- Quindi non volevi rivedermi più? -.
E quando la ragazza notò una certa delusione negli occhi azzurrissimi di Louis, quegli stessi occhi pieni di malinconia che aveva visto quella notte, tentennò un attimo prima di scuotere la testa. - No - aggiunse con tono serio e distaccato, completamente diverso da quello che Louis aveva imparato a conoscere durante la notte trascorsa insieme - Non volevo rivederti più -
- Pensavo ti fosse piaciuto - borbottò il ragazzo, puntando questa volta il suo sguardo sulla punta delle Vans nere.
- Sì, ma .. -
- No, aspetta un attimo - Louis le strinse la mano attorno al braccio, interrompendola e fermando finalmente i suoi passi - Non voglio parlarne qui.. Non posso rischiare di essere visto così per strada, mi riconoscerebbero e non è il caso di farci fotografare da qualcuno - le spiegò fronteggiandola - Vieni con me, per favore. Mi basta solo una conversazione e poi ti lascerò andare via se lo vorrai -.
Penelope distolse lo sguardo, assottigliando le labbra in una linea ferma e tesa. Scosse la testa e sospirò leggermente prima di guardare le dita di Louis ancora strette al suo braccio - Va bene, vengo con te - affermò, perché un po’ voleva davvero andarci e un po’ perché non era il tipo da tirarsi indietro davanti ad una situazione simile. Così lo seguì, ignorando l’espressione improvvisamente vivace di Louis e il mezzo sorriso che mostrò mentre la conduceva alla sua auto.
Quando lui le aprì la portiera posteriore del suo Suv nero, Penelope dovette ricredersi sui pensieri fatti fino a pochi minuti fa: forse Louis Tomlinson avrebbe potuto anche aspettarselo insieme all’apocalisse, al meteorite e alla Regina, ma non la persona che la guardava dal sedile del passeggero con genuina curiosità.
- Ciao Zayn Malik! - esclamò sussultando sul sedile e lo fissò per una manciata di secondi prima di prendere posto. Non poteva di certo ammettere al mondo intero di aver seriamente elaborato dettagliate fantasie erotiche su quel ragazzo che adesso la guardava con due splendidi occhi dal taglio esotico, contornati da lunghe ciglia scure.
Il viaggio in macchina si svolse in assoluto silenzio smorzato solo dalla musica proveniente dalla radio e dal picchiettare continuo delle mani di Louis sul volante e dalle sue occhiate furtive allo specchietto retrovisore per incrociare lo sguardo caldo di Penelope.
Louis fermò l’auto davanti casa di Zayn pochi minuti dopo, e il moro neanche se n’era accorto. Se ne rese conto solo quando percepì gli occhi di Louis fissarlo in attesa.
- Oh.. pensavo stessimo andando a casa tua - mormorò riscuotendosi dai suoi pensieri.
- No, Zayn- lo corresse Louis - Tu stai andando a casa tua -
- Uhm va bene - il ragazzo lanciò un’occhiata a Penny e poi salutò i due con un cenno del capo.
La ragazza ne approfittò per arrampicarsi e sedersi al posto del passeggero lanciando un sorriso a Louis - Come diavolo hai fatto a trovarmi? - gli chiese quando lui mise in moto.
- Ti ho sentita alla radio e poi ho cercato su internet l’indirizzo, semplice -
- Ok, giusto. La prossima volta devo cercare un metodo migliore per far perdere le mie tracce - borbottò Penelope voltandosi a guardare il profilo di Louis che rilasciò una lieve risata roca dalle labbra.
- Certo che la tua amica Eve ne ha dette di stronzate quando sono andato a casa sua - aggiunse poi lui, svoltando verso la strada in cui viveva - Scommetto che vivi ancora lì con lei -.
Penelope scoppiò improvvisamente a ridere ricordando l’episodio avvenuto un paio di giorni prima sulla sua porta di casa sua e Louis alternò più volte lo sguardo tra lei e la strada con un pizzico di incredulità e un sorriso incerto, sicuro che qualcosa gli stesse sfuggendo.
- Ero lì, Lou. Mentre tu parlavi con lei, io ero nascosta dietro la porta - ammise, coprendosi la bocca col dorso della mano.
- Co..cosa? -
- Mi dispiace - e fece spallucce con un sorriso divertito sulle labbra piene.
Louis entrò nel parcheggio privato del palazzo e fermò la macchina al posto a lui riservato - Non solo la tua amica mi ha preso il per il culo, ma ho anche fatto la figura dell’idiota! - sbottò spalancando gli occhi e scuotendo la testa senza smettere di sorridere.
- Non ti preoccupare! Lei pensa di aver fatto una figuraccia ancora peggiore della tua - lo rassicurò Penny con una pacca sulla spalla, per poi scendere dall’auto.
Entrarono nell’appartamento di Louis pochi istanti dopo e Penelope si prese un po’ di tempo per osservarne i dettagli alla luce del giorno. Il soggiorno era ben illuminato da ampie finestre che lasciavano intravedere una vista mozzafiato su Londra. Era tutto ben curato e con mobili moderni e costosissimi. Ad Eve sarebbe piaciuto un sacco, ne era certa.
Louis si fece strada attraverso il soggiorno fino alla cucina, estraendo il telefono dalla tasca del giubbotto - Ti va di pranzare? Possiamo ordinare del Kebab, ti va? -.
Penelope annuì distrattamente mentre lasciava sul divano la giacca e la borsa e lo seguiva in cucina. Prese posto su uno sgabello e incrociò le braccia sul ripiano della penisola di marmo bianco mentre Louis ordinava due Kebab per telefono. Poi riattaccò e le sorrise - Speravo di trovarti a letto quella mattina - ammise dopo qualche istante mentre prendeva due birre dal frigo - Ti avrei offerto la colazione -
- Louis.. - Penny rise prima di riprende a parlare - Non funziona così con le avventure di una notte -
- Non intendevo una colazione nel senso letterale del termine - spiegò poi Louis con un’occhiata eloquente e un sorriso che sapeva di malizia e cose altamente proibite.
E Penelope si ritrovò a cercare le parole per controbattere a quella sua affermazione ma si limitò a mormorare un - Oh - e a prendere la bottiglia di birra che Louis le porgeva incrociando poi gli occhi azzurri del ragazzo.
Aspettarono il kebab scherzando un po’ su Eve e su come si era comportata e poi sul cappellino di lana che Louis non si era ancora tolto perché - Ho dei capelli inguardabili - aveva detto, permettendo a Penny di prenderlo in giro ancora con una risata sonora e squillante.
Pochi istanti dopo si ritrovarono seduti attorno alla penisola con due piatti di kebab ricoperto di salsa allo yogurt e insalate varie. E Penelope rideva ancora per il cappellino di lana e per l’incredibile vanità di quel ragazzo - Puoi anche toglierlo - disse all’improvviso indicandolo col dito.
- No, non posso - ribatté risoluto Louis, scuotendo la testa - Non se ne parla. L’incredibile fascino che riesco ad esercitare su di te sparirebbe in un secondo se ti mostrassi i miei capelli -
Penelope sgranò gli occhi incredula e - Oh certo! Sei un idiota! Vediamo se riesci ad esercitare questo famoso fascino anche così - rivolse a Louis un sorriso malizioso prima di infilare la mano nella vaschetta di plastica contenente salsa allo yogurt, e si protese attraverso la penisola per spalmarla sul viso di Louis.
Lui la fissò indignato con mezza faccia sporca e la bocca piena. E poi - Questa è guerra! - esclamò afferrando la vaschetta ma Penny era già in piedi pronta a svignarsela verso il soggiorno - Vieni qui, Penelope! -.
Louis la inseguì nell’altra stanza e l’acchiappò circondandole la vita col braccio libero dopo che lei era riuscita a sfuggirgli un paio di volte dietro il divano. - Non farlo, ti prego! No - lo supplicò lei ridendo e prendendo fiato, ma lui continuava a tenere la vaschetta di salsa allo yogurt pericolosamente alta sul suo viso - Ti arrendi? - le soffiò contro l’orecchio - Dillo, ti arrendi? -
- Sì, sì, mi arrendo - urlò lei - Ora lasciami andare, ti prego -.
Lentamente la liberò dalla sua presa abbassando la vaschetta di salsa. Penny si voltò verso Louis e alla vista del suo viso e del suo famoso cappello di lana sporchi, scoppiò nuovamente a ridere - Sei…ridicolo!!! -.
E in risposta alle sue parole, Louis la catturò di nuovo tra le sue braccia - Dì le tue ultime preghiere - fu quello che Penny sentì prima di essere ricoperta di salsa allo yogurt.
- Ora va meglio! - Louis affermò con espressione soddisfatta e piena di orgoglio. La liberò dalla sua presa ferrea e le diede un’occhiata veloce prima di mettersi a ridere - Che dolce sapore ha la vendetta -
- Sì, di salsa allo yogurt. Sembro un kebab! - si lamentò lei prendendo un po’ di salsa con un dito dal viso di Louis e poi lo portò alla bocca - Anche tu sembri un kebab - ma lui la osservava in silenzio, per un attimo interdetto da quel gesto così sensuale e particolarmente intimo.
Penelope inarcò un sopracciglio - Perché mi guardi così? - gli chiese nonostante sapesse già il motivo di quell’occhiata intensa e di quel mezzo sorriso dipinti sul viso di Louis.
Lui non disse nulla e storse la bocca prima di avvicinarsi a lei e prenderle il viso sporco tra le mani. E poi la baciò. Dapprima lentamente, aveva assaporato le sue labbra, pizzicandola con la barba, strappandole poi un gemito quando le aprì la bocca per approfondire quel bacio. - Che ne dici di fare una doccia per darci una ripulita? - le sussurrò contro le labbra con voce bassa e roca e gli occhi celesti ancora chiusi - Insieme -.
Penny rimase in silenzio mentre Louis posava piccoli e leggeri baci all’angolo della sua bocca. Accettare quella proposta avrebbe significato andare contro alcuni dei suoi principi: Louis aveva una ragazza e lei odiava i tradimenti, specialmente se si ritrovava ad essere una dei colpevoli.
Eppure quando lui alzò lo sguardo su di lei e le chiese un - Che ne dici? - carico di aspettative, lei non ci pensò due volte a rispondere - Va bene -, ed eliminando del tutto i suoi pensieri, aggiunse - Così finalmente toglierai questo cappello -. La risposta fu solo un'allegra risata contro la sua bocca.


Con i capelli raccolti in una crocchia scomposta, Daphne afferrò il suo borsone e lasciò il solito tavolino accanto alla vetrata della caffetteria che faceva angolo sulla strada della scuola di danza. Si avvicinò al bancone e sorrise al proprietario.
- Te lo metto sul conto? -
- Grazie Mike -
- Sta diventando una bella cifretta – le disse l'uomo avvisandola con gentilezza che il suo conto stava velocemente lievitando. Aveva le tasche bucate più del solito da quando Suor Clarisse aveva lasciato questo mondo. Il suo aiuto, anche se minimo, la faceva arrivare a fine mese senza il rischio di indebitarsi.
- Ti giuro che presto inizierò a saldare il conto – promise mortificata prima di uscire dal locale lasciando tintinnare la campanella attaccata alla porta. Sembrava che quel suono l'avesse ridestata, come se l'avesse svegliata dal torpore di quella vita che non le piaceva affatto. Doveva trovare una soluzione, cercare un terzo lavoro o uno che la facesse guadagnare dignitosamente. In pratica doveva fare quell'articolo e ottenere la promozione al Mirror.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca del montgomery beige e velocemente, perché quel giorno faceva freddo e non vedeva l'ora di rimettere le mani in tasca, scrisse un messaggio ad Ellen che diceva semplicemente “Lo faccio”.
Con lo sguardo basso e pensieroso scese automaticamente le scale della metropolitana e una volta sul vagone strinse a sé il borsone e si aggrappò ad un palo per evitare di cadere. La voglia di fare quell'articolo era sotto zero. Non aveva la minima intenzione di usare Gemma per scoprire i segreti di suo fratello e, nonostante l'inizio alquanto terrificante tra lei ed Harry, adesso non voleva neanche approfittarsi di lui.
Ma aveva qualche altra scelta?
No. Quella era l'unica soluzione a portata di mano e doveva afferrarla e portarla a termine per il suo bene, per quanto meschina fosse. Forse si sarebbe piano piano trasformata in tutto quello che non avrebbe voluto essere, in una copia sputata di Ellen che agiva senza alcun rispetto per le persone di cui scriveva. Ma non è proprio questo il compito della vita? Cambiare le persone a suo piacimento, le anime più pure e quelle più nere. Il corso delle cose mescola il bene e il male e l'anima degli uomini diventa grigia e macchiata.
Daphne si accorse giusto in tempo dell'arrivo della sua fermata, perché quei pensieri l'avevano isolata e resa triste. L'idea di dover macchiare la sua anima per sopravvivere la faceva sentire impotente, un burattino nelle mani della vita che con lei non era mai stata molto gentile.
Entrò in casa giusto in tempo per evitare l'acquazzone che aveva appena iniziato ad abbattersi sulle strade di Londra e si catapultò in camera sua senza neanche accertarsi che Gemma fosse in casa. In quel momento bramava solo il suo letto anche se erano solo le 18.30.
- Stai dormendo? -
Ebbe il tempo di sprofondare nel suo morbido materasso solo per dieci minuti perché quella voce la fece sobbalzare.
- Se stavo dormendo di certo ora non lo sto facendo più – sbuffò tirandosi su per poi bloccarsi con la bocca leggermente aperta e gli occhi spalancati.
Un Harry Styles gocciolante troneggiava al centro della sua stanza con indosso solamente un asciugamano stretto attorno alla vita. Nella parte più bassa della sua vita, diciamo pure al limite del pudore.
- C-che stai facendo? - balbettò non riuscendo a staccare lo sguardo dai suoi addominali in bella vista.
Harry sorrise avvicinandosi – Stavo facendo una doccia -
- Sì, lo avevo intuito -
- Potrei anche aver corso nudo sotto lo pioggia -
Daphne deglutì. Quell'immagine le era passata solo per un nano secondo per la testa, eppure l'aveva già scombussolata. E lei non si faceva scombussolare mai, mai.
- Non credo, le tue fans ti avrebbero già rapito e seviziato -
- Credi che io sia un ragazzo da seviziare? - domandò avvicinandosi ancora con un sorriso che non aveva davvero niente di innocente.
Daphne, che aveva ripreso il suo autocontrollo - più o meno - evitò di guardare le linee a “v” del suo bacino e si concentrò sul viso del ragazzo. Peccato però che i suoi riccioli bagnati e attaccati alla sua fronte l'aiutavano poco nel suo intento.
- Credo solo che adesso non hai proprio l'aria di uno di quei cartonati a grandezza naturale che le ragazzine hanno in camera loro e che dovresti uscire dalla mia camera o vestirti – fece una pausa e voltò la testa di lato per guardare fuori dalla finestra, ma riusciva comunque a distinguere il suo riflesso nel vetro – Bé in ogni caso dovresti andare -
- Scusa – disse lui con una nota divertita nella voce – non volevo turbarti -
Daphne si voltò di scatto e incrociò le braccia al petto – Non mi hai turbata, Harry. Non sei certo il primo ragazzo mezzo nudo che ho visto in vita mia. -
- Bene. Comunque volevo chiederti se hai un phon, quello di Gemma sembra morto – mormorò incrociando le braccia al petto anche lui, in quel modo contrasse i bicipiti e nello stomaco di Daphne qualcosa fece un balzo. Okay, non vedeva un uomo nudo da un po' di mesi e la mancanza di sesso probabilmente la stava rendendo più nervosa del normale in quel momento.
- Oh, certo.. - rispose la ragazza e si alzò per aprire l'armadio e tirare fuori il suo phon. Intanto Harry l'aveva raggiunta e quando lei si voltò lo trovò ad una distanza troppo esigua considerata la situazione.
- Ecco.. - glielo porse e per evitare di guardarlo negli occhi fissò i tatuaggi sul suo petto. Sentirsi impotente di fronte al corso della vita era un conto, ma farlo di fronte ad un uomo – meglio ragazzo – per la sua indole femminista era un oltraggio.
- Ti piacciono? -
- C-cosa? - balbettò costringendosi a guardarlo.
Lui sorrise. - I miei tatuaggi. Ti piacciono? O i tatuaggi in generale, se preferisci -
Lei, invece, arrossì. - I tatuaggi in generale mi piacciono. E ne ho uno. I tuoi mmh.. -
- Mmh? Non dirmi che non te ne piace neanche uno! - si sfiorò i punti in cui aveva dei tatuaggi in vista e le mostrò il braccio sinistro che era ricoperto di inchiostro per gran parte della sua lunghezza.
Daphne li osservò, ancora un po' imbarazzata, sollevando una mano per seguirne in contorni ma senza mai toccare la pelle di Harry e lui rimase immobile, quasi senza respirare.
- Mi piace questo – disse alla fine, sfiorando la pelle del suo braccio dove si trovava il disegno di due mani che si stringono – È molto bello -
- Sì, è anche uno dei miei preferiti -
- Ma questo è orrido – disse facendo un passo indietro per indicare, senza toccare, gli addominali di Harry dove si ergeva una farfalla gigantesca. - Come ti è saltato in mente di tatuarti quella cosa sui.. - arrossì di nuovo, ma non era colpa sua se quel ragazzo aveva il fisico di un adone greco - .. sul tuo addome -
- Tutti sempre a criticare la mia farfalla – borbottò mettendo il muso.
- Fai scappare le donne con quella cosa, mi dispiace -
- Non tutte – rispose il riccio con un sorriso e i capelli ancora gocciolanti – E il tuo tatuaggio? Me lo fai vedere? -
Daphne rise – Ci hai provato, Styles. Ma non ti farò vedere il mio tatuaggio perché io non vado in giro a denudarmi davanti ad uno sconosciuto -
- Ma io non sono uno sconosciuto! -
Daphne appoggiò le mani sul suo petto e lo spinse fuori dalla stanza. – Ciao, Styles – disse sorridendo anche se era sicura di aver assunto una tonalità amaranto sul suo viso.
Quando si chiuse la porta alle spalle Daphne rimase immobile qualche istante, a fissare un punto indefinito della sua camera da letto e a sorridere. In fondo sapeva di trovare Harry carino. E non per il suo aspetto fisico, perché in quel caso il termine carino era riduttivo, ma perché la faceva ridere e le faceva dimenticare per un po' il casino che era la sua vita.
Ma doveva svelare al mondo i suoi segreti, tradire la sua fiducia e per questo non poteva assolutamente affezionarsi a lui.


6 Messaggi da Eve
Ore 14:30: “Dove sei?”
Ore 14:35: “Avevi detto che saresti tornata subito a casa per il pranzo”
Ore 15:47: “Con chi sei andata a letto questa volta?”
Ore 15:55: “E poi, diamine, sono solo le quattro del pomeriggio”
Ore 15:56: “Dovresti vedere uno psicologo per i tuoi problemi di ninfomania”
Ore 15:58: “…scherzavo! Continua così, mia piccola ninfomane. Fatti sentire appena finisci di avere un orgasmo”


Penny, seduta a gambe incrociate al centro del grande letto matrimoniale, trattenne una risata quando controllò i messaggi di Eve e le digitò un veloce “Tranquilla, sto bene! Appena torno a casa ti racconto” giusto per calmarla un attimo. Sapeva quanto la sua amica potesse essere ansiosa e adesso la immaginava seduta sul divano del loro soggiorno cosparsa di cenere di sigarette e con un bicchiere di vino rosso, perché “Ehi, quello riesce a calmarmi meglio di una camomilla” spiegava sempre, quando ne beveva troppo.
Louis rientrò in camera sua in quell’esatto momento, con addosso un accappatoio blu e un’espressione felice e rilassata. Con un asciugamani bianco si frizionava i capelli bagnati che gli si erano appiccicati alla nuca.
- Cosa c’è di così divertente? - le chiese aprendo l’armadio.
- Niente - Penny scosse la testa - Eve era un po’ preoccupata - spiegò poi alzandosi dal letto e lasciando il telefono sul comodino.
Si posizionò alle spalle di Louis e osservò il caos che regnava all’interno di quell’armadio che occupava un’intera parete - Mi presteresti una maglietta? - sussurrò, sbirciando oltre la spalla di Louis.
- Sì - il ragazzo ne pescò distrattamente una semplice e bianca dall’ammasso di vestiti lasciati a casaccio nell’armadio - Tieni -
- Oh, ma davvero?! Non hai qualcosa di più figo da prestarmi? - esordì Penny con una smorfia indignata - Tipo quella lì con un su scritto “Love will tear us apart” - che lei aveva visto piegata in cima ad una pila di altre magliette dalle stampe e disegni decisamente più interessanti di una misera e scialba t-shirt bianca.
- Ti ricordo.. - e Louis si voltò per fronteggiarla, incrociando le braccia al petto - ..che hai già una giacca Armani che aspetto di riavere -
- E quella giacca aspetta solo di essere di nuovo tua - affermò Penelope annuendo, e se lo avesse detto senza cercare di nascondere un sorriso, Louis avrebbe anche potuto prenderla sul serio. Poi lei affilò lo sguardo, cercando di sfoderare degli occhioni da cerbiatta, cosa che le riusciva una volta sì e tre no - Adesso potresti prendermi una maglietta più interessante? - e condì il tutto con un tono di voce dolce e fin troppo zuccheroso, che poco si addiceva al suo comportamento sempre poco incline alle emozioni e alle carinerie.
Louis rise piano, facendo un passo alla sua destra, e col braccio sinistro le mostrò l’armadio aperto - Tutto tuo! -.
Il sorriso che si formò sulle labbra di Penelope era colmo di felicità e soddisfazione. Insomma, fare felice una ragazza era piuttosto semplice, specialmente se le si dava un armadio pieno di vestiti, anche se questi erano prettamente maschili. Ma al diavolo, lei voleva davvero una maglietta di quelle. Così mentre lei frugava tra l’abbondante collezione di Louis, il ragazzo indossò un paio di boxer neri e fu proprio nel cassetto dell’intimo che trovò qualcosa che lo fece sorridere - Anche io ho qualcosa di tuo - affermò, voltandosi verso Penelope, che adesso indossava una delle sue magliette, esattamente quella blu dei Buffalo Bills, che lui davvero adorava e che su di lei faceva tutto un altro effetto.
- Cosa? -
- Questo! - e sventolò il perizoma nero che Penny aveva lasciato quella notte.
- Cavolo! - esclamò la ragazza, attraversando la stanza per raggiungerlo - Il mio perizoma - e fece per prenderlo ma lui scostò la mano in tempo.
- No no! - sussurrò circondandole la vita con la mano libera - Lo riavrai solo quando mi restituirai la mia giacca - e si avvicinò per baciarla ma questa volta fu lei a scostarsi in tempo.
- No no! - Penny imitò lo stesso tono di Louis e poi continuò - E tu riavrai tutto questo - e indicò il suo intero corpo con la mano - Solo quando io riavrò il mio perizoma -
- Touchè - accettò Louis con un cenno del capo - Va bene -.
E così dopo aver suggellato quel patto con una stretta di mano e una veloce palpata alla chiappa destra di Louis, Penny uscì dall’appartamento del cantante alle ore tarde di un pomeriggio dai risvolti totalmente inaspettati. E mentre passeggiava per le strade di Londra, con uno strano sorriso sulle labbra e con la mente sgombra da ogni pensiero, senza una meta ben precisa, il telefono iniziò a squillarle nella tasca del giubbotto.
Senza conoscere il numero sul display, rispose immaginando fosse Louis che aveva memorizzato il suo numero poco prima che Penny andasse via - Se vuoi di nuovo vedermi devi ridarmi il mio perizoma! -.
Ci fu una pausa dall’altro capo del telefono e poi Nick Grimshaw le parlò e, dal suo tono di voce, capì che stava sorridendo - Oh non pensavo mi avessi lasciato un perizoma durante il colloquio - la prese in giro il famoso radiofonico.
Merda.
- Scusa Nick - biascicò subito lei, cercando un burrone in cui sprofondare - Pensavo fosse qualcun altro -
- Non ti preoccupare - la tranquillizzò lui - Dopo questa telefonata non ho più alcun dubbio su chi debba essere la mia co-presentatrice -.
Penelope si bloccò nel bel mezzo del marciapiede come se non avesse ben capito le parole di Nick - Scusa? -
- Hai capito bene! Sei stata assunta! Congratulazioni, sarai la mia nuova co-presentatrice per The Radio 1 Breakfast Show! -.


Era passata circa mezz'ora da quando Daphne aveva provato a buttare giù qualche idea per l'articolo che le avrebbe assicurato una promozione al Mirror, ma con scarsi risultati. Aveva scritto quattro righe e ne aveva cancellate, riscritte e cancellate ancora almeno il triplo.
Non aveva scoperto molto da quando divideva l'appartamento con Gemma Styles, o perlomeno niente che valesse una promozione. Sapeva che Harry Styles era estremamente geloso di sua sorella anche se non lo dava a vedere, che si sentiva almeno tre volte al giorno con gli altri membri della band quando non si vedevano (e pure quando si vedevano), aveva anche scoperto che non si separava mai da una sorta di diario dalla copertina in cuoio e che di tanto in tanto, all'improvviso, l'apriva con foga e ci scribacchiava come in preda ad un'illuminazione. E quello forse era l'unica cosa che avrebbe potuto darle qualche notizia interessante.
Per quello che aveva potuto vedere Harry Styles era esattamente come si mostrava al pubblico, anzi era meglio. Era un gentiluomo nonostante la giovane età, bello e romantico, intelligente ma un po' ingenuo, a volte era un po' invadente ma era divertente e riusciva a coinvolgere chiunque si trovasse a tiro. Insomma quel ragazzo non aveva nulla di scandaloso e l'unico articolo che avrebbe potuto scrivere con quelle informazioni sarebbe stato un elogio ai suoi addominali e ai suoi bicipiti. Quelli li aveva potuti osservare fin troppo bene.
E in quel momento, come se le avesse letto nel pensiero attraversando le spesse mura dell'appartamento, il riccio bussò alla sua porta – Posso? Ti giuro che sono vestito -
Daphne chiuse il suo personal computer di scatto e si schiarì la voce mascherando un sorriso – Entra -
Allora Harry aprì la porta e dapprima si affacciò appoggiandosi allo stipite, facendo guizzare le sue iridi verdi all'interno della stanza e poi, fermatosi un'istante a fissarla con un grande sorriso stampato in faccia, avanzò lentamente fino ai piedi del letto sul quale Daphne era seduta a gambe incrociate.
- Io e Gemma stiamo per giocare a birra-scarabeo, vuoi unirti a noi? -
- Birra-scarabeo? - chiese Daphne inclinando un poco la testa.
- Chi fa la parola con meno punti beve -
- Ci sto. Sono un asso con le parole, Styles – disse soddisfatta e non appena vide il ragazzo sorridere in modo malizioso e aprire la bocca per dire qualcosa lo interruppe repentinamente – So cosa stai per dire, non farlo -
Harry alzò le mani in segno di resa – Okay, lascio tutto alla tua immaginazione – disse e poi uscì dalla sua stanza sorridendo.
Daphne salvò la bozza delle poche e inutili righe che aveva scritto e poi si alzò dal letto per posizionarsi davanti allo specchio verticale. Era pessima in quel momento. Aveva un paio di leggins neri ed un maglioncino grigio di due taglie più grande; i capelli castani erano raccolti in una crocchia scomposta e gli occhi, un misto tra il verde e il marrone, erano contornati da delle leggere occhiaie. L'unica cosa che poté fare era slegarsi i capelli e dargli un po' di volume buttando la testa in giù, ma quando si tirò su si chiese perché lo avesse fatto. In fondo doveva rimanere in casa, a giocare a birra-scarabeo con la sua coinquilina e suo fratello. Un'innocua seratina che in un'altra occasione avrebbe tranquillamente passato in versione casalinga disperata. Ma, anche se Daphne non voleva ammetterlo a sé stessa, il fratello della sua coinquilina la metteva in soggezione e non perché era una pop star pluripremiata ma semplicemente perché lo trovava in qualche modo interessante (o almeno tutte le volte che non faceva il cascamorto).
Si diede un'ultima occhiata allo specchio e poi raggiunse l'open space che faceva da cucina e salotto dove Gemma ed Harry si stavano godendo una birra stravaccati sul divano.
- Io sono più grande ed io detto le regole del gioco – sentì dire a Gemma che sbatté con enfasi la bottiglia di Guinnes sul tavolino per darsi un tono. - E quali sarebbero queste regole? - intervenne la ragazza prendendo tre grandi cuscini dal divano per poi buttarli a terra attorno al tavolino. - Ogni tre bevute si può decidere di non bere ma bisogna sottoporsi a obbligo o verità -
- Andiamo! Bevi e basta! - asserì il riccio avvicinandosi al frigo per tirare fuori una manciata di birre come fosse un barista provetto. Ne portò tre per mano e Daphne non poté fare a meno di notare quanto le sue dita fossero lunghe e affusolate e quanto le sue mani fossero grandi ma allo stesso tempo delicate. Smise di fissarle solo quando si accorse che una di esse era rivolta verso di lei perché le stava porgendo una sessantasei di Guinnes, così l'afferrò e prese posto su uno dei cuscini incrociando le gambe.
- Io devo lavorare domani mattina fratellino, perciò mi avvarrò della facoltà di non bere di tanto in tanto -
Harry scosse la testa borbottando un “Non sei una vera Styles” e poi sprofondò sul cuscino accanto a Daphne mentre Gemma si mise su quello di fronte. - Tu invece berrai, vero? - chiese a Daphne che aveva iniziato a sistemare il gioco al centro del tavolino.
- Non mi tirerò indietro, ma quello che berrà sarai tu perché ti straccerò! - sentenziò la ragazza porgendogli il sacchetto contenente le lettere dell'alfabeto.
Harry ne pescò alcune guardandola con aria di sfida e le posizionò sul suo piccolo leggio – Vedremo -
Iniziarono a giocare e per i primi quattro turni Daphne non bevve neanche un goccio di birra, al contrario di Harry e Gemma che avevano fatto il pieno. - “Misoneista”? Sei seria? Cosa diamine significa? - domandò Harry sbuffando quando Daphne ebbe finito di comporre la sua parola sulla tavola del gioco.
- Dicesi di una persona assolutamente contraria ad ogni innovazione o cambiamento, signor so tutto io -
- Praticamente tu, signorina non-spostare-nulla-o-ti-taglio-le-mani – l'accusò Harry tirando fuori la discussione avuta con lei quella stessa mattina sulla disposizione di alcuni mobili.
Daphne incrociò le braccia al petto e gli lanciò un'occhiataccia mentre Gemma osservava lo spettacolo sgranocchiando delle patatine alla paprika.
- Non è colpa mia se sei un pessimo interior designer, Harry. La libreria non poteva stare là dietro -
Gemma portò le mani in avanti - Okay, siete un amore ma vogliamo andare avanti? - disse ridendo prima che Harry potesse replicare e continuare quel battibecco all'infinito – Harry hai fatto la parola più scarsa e devi bere -
- Bene – borbottò il ragazzo finendo tutta d'un fiato la sua seconda bottiglia di birra – La prossima a bere sarai tu, Baker -
Daphne rise beffarda e prese le lettere mancanti dal sacchetto di stoffa beige e lo stesso fece Harry mentre Gemma abbandonò improvvisamente il gioco dileguandosi in camera sua con un sorriso a trentadue denti. Doveva essere Ashton.
Così sistemò le caselle sul suo leggio con un'accuratezza maniacale e si concentrò su di esse per trovare una parola che avrebbe messo a tacere Harry e il suo ego smisurato. Si allontanò giusto un attimo per prendere un'altra birra dal frigo e quando tornò al tavolino trovò Harry intento a sistemare sulla tavola da gioco la sua parola. Ottanta punti.
- Non è possibile –
- Invece sì -
Compose la sua parola che non arrivava neanche a quaranta punti e poi guardò Harry che sembrava godersi il momento un po' troppo. Osservò ancora le sue mani, questa volta non per ammirarle ma per scoprire che nascondevano le lettere che aveva scambiato nel lasso di tempo in cui aveva raggiunto il frigorifero. Così sì alzò e gli puntò un dito contro – Sei un imbroglione Harry Styles! -
- Non c'era nessuna regola che mi impediva di farlo – rispose lui divertito.
Daphne invece scosse la testa e sbuffò – Non si può giocare con te. Me la pagherai! -
Il ragazzo incrociò le braccia al petto e la guardò con aria di sfida – E come? -
Daphne avrebbe potuto minacciarlo di rivelargli qualche segreto mai confessato da poter scrivere nel suo articolo ma in quel momento non le passò neanche per l'anticamera del cervello. Aveva completamente dimenticato di trovarsi con la più grande popstar del momento perché di fronte a lei si trovava solo un ragazzo della sua età che se la rideva a crepapelle guardandola arrabbiarsi per uno stupido gioco.
L'unica cosa che le venne in mente in quel momento fu di versargli addosso la birra che aveva accanto. E così fece, senza pensarci due volte. Il silenzio che calò fu glaciale e lo sguardo incredulo ma allo stesso tempo divertito di un Harry – ancora una volta – gocciolante e con un forte odore di birra la fecero scattare in piedi per correre in direzione della sua camera. Ma lui aveva il passo più lungo di lei e forse era più allenato in questo genere di cose, costretto ogni tanto a fuggire da una mandria impazzita di ragazzine urlanti, così l'afferrò per i fianchi ancor prima di raggiungere il corridoio e la sollevò da terra senza alcuno sforzo, come se non aspettasse altro che quel momento.
- Cosa diamine vuoi fare? -
- Vendicarmi di avermi appena versato una sessantasei di birra addosso? -
A quel punto Daphne tentò invano di dimenarsi fino a che Harry non entrò nel bagno dirigendosi a grandi passi verso la vasca/doccia. - Nononono. Harry, per favore -
- Le tue suppliche non serviranno a niente -
- GEMMAAAAA – urlò e scalciò colpendolo da qualche parte ma senza grandi risultati – Ti giuro che ti odierò per sempre se lo fai -
- Come? Non ti sento – mormorò lui allungando un braccio per aprire il rubinetto e in un nano secondo si ritrovò sotto il getto di acqua fredda, i capelli attaccati alla fronte e i vestiti fradici.
- Ti odio Har-.. -. Daphne si bloccò nel mezzo della frase vedendolo scavalcare la vasca per entrarci dentro e buttarsi sotto il getto dell'acqua esattamente di fronte a lei. - Cosa stai facendo? -
Harry fissò i suoi occhi verdi in quelli di Daphne che avevano il colore della foresta e sorrise - Non è mica finita la punizione – disse avvicinandosi pericolosamente.
Daphne aveva una vaga idea di quello che stava per succedere: il viso del ragazzo sempre più vicino, gli occhi fissi nei suoi, le sue spalle contro il muro e le dita di Harry a scostarle delicatamente i capelli dalla fronte, le labbra bagnate in direzione delle sue. Ma non riusciva a muoversi di un centimetro, come se si trovasse sotto un incantesimo, agganciata alla parete della doccia e ai suoi occhi.
- Daphne che succede? - urlò Gemma entrando di corsa nel bagno spezzando l'incantesimo.
Spintonò Harry che riuscì a tenersi in equilibrio per un qualche strano miracolo e uscì grondante d'acqua dalla doccia – Tuo fratello è un vero stronzo! -.



Spazio Autore:
E tadààà! Siamo sempre molto impegnate perciò scusate il ritardo! Speriamo di esserci fatte perdonare con questo nuovo capitolo pieno di adorabili e piccanti risvolti à.à
E soprattutto speriamo che sia stato di vostro gradimento, fateci sapere cosa ne pensate ;)
Siamo sempre aperte a qualsiasi chiarimento e/o critica, quello che volete insomma :D
Have fun!

Fra&Vale

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Capitolo 5
*** Secrets -part one ***


 

Capitolo 5 – Secrets, part one

 


 

Colui al quale confidate il vostro segreto
diventa padrone della vostra libertà

 François De La Rochefoucauld

 






 

Una grande macchina nera e dai vetri oscurati girò l'angolo prendendo in pieno un'enorme pozzanghera che colpì una povera passante in giro con il suo labrador. La donna imprecò contro l'auto senza sapere che all'interno si nascondevano cinque superstar internazionali, o maglio cinque casinisti senza precedenti.
Liam, seduto sul sedile posteriore stava sistemando il colletto del suo giubbotto di pelle nera, fissando distrattamente le luci della città che lo accompagnavano durante quel breve tragitto che li avrebbe portati alla festa esclusiva della BBC radio. Di fronte a lui Louis sembrava particolarmente interessato allo schermo del suo telefono e continuava a sorridere come un adorabile quindicenne e Harry Styles, seduto accanto a quest'ultimo sembrava decisamente sovrappensiero.
- Ehi, Styles, che ti prende? - gli chiese dandogli un colpetto sullo stinco col proprio piede.
- Niente - rispose il ragazzo continuando a girare i pollici senza sosta e a battere nervosamente il piede destro sul tappetino dell'auto.
Louis, attirato da quel discorso, si voltò a guardare il suo migliore amico, lasciando da parte il suo telefono giusto per un momento, sotto lo sguardo incuriosito di Zayn.
Harry sbuffò sonoramente. Non poteva tenersi niente per sé perché i suoi amici riuscivano con uno sguardo a capire se qualcosa non andava. Si sistemò sul sedile voltandosi verso Louis e annuì con un cenno della testa.
- Mi sa che mi piace - mormorò, infine, con un filo di voce e gli occhi bassi, dirlo ad alta volte voleva dire renderlo reale.
E lui non voleva che fosse reale e c'erano una quantità infinita di motivi per questo. Per prima cosa lei non sembrava minimamente interessata a lui ma ancora peggiore era il fatto che lui non potesse farsi piacere nessuna ragazza.
- Oh ma che tenero! - esclamò Zayn con un mezzo sorriso, beccandosi un'occhiataccia poco divertita di Harry.
Prenderlo in giro era sempre stato fin troppo divertente, vedere come le sue espressioni cambiavano in un attimo a seconda delle battute degli altri era davvero esilarante. E ben presto anche Niall si intromise nella discussione - Harry è innamorato! - esclamò con una grossa risata.
E l'espressione di Harry si fece ancora più cupa di prima.
Il fatto che Harry non avesse reagito fece capire loro che la strategia delle battute in quel caso non avrebbe funzionato, così Liam gli poggiò una mano sulla spalla dandogli qualche colpetto - Andiamo Harry, non è detto che quest'anno si debba ripetere la sceneggiata. A quest'ora avrebbero già dovuto informarci -
- Ha ragione Liam - continuò Niall - Magari per la promozione hanno in mente altro -
Louis allungò una mano sul ginocchio del riccio e gli sorrise - Io dico che ci devi provare, Harold. Quella donzella non potrà resisterti e poi non hai nulla da perdere adesso -
Harry rimuginò sulla cosa per qualche istante. Era vero, per ora non aveva nulla di cui preoccuparsi ma se fosse successo ancora? Cosa avrebbe fatto a quel punto?
- Non lo so, forse sarebbe sleale. E poi lei non mi vuole, è chiaro -
- Impossibile! - Zayn Malik scosse la testa - Prima o poi tutti, uomini, donne e animali, cadono ai tuoi piedi, tutti adorano Harry Styles! - lo rassicurò con un sorriso e una pacca sulla coscia.
- Disse l'uomo dal fascino irresistibile - commentò Louis.
Zayn rispose a Louis con una smorfia e poi tornò a concentrare la sua attenzione sul più giovane della band - Harry, fai quello che ti senti, segui il tuo istinto.. Non permettere a questa...situazione di influenzare le tue scelte. Se quella ragazza ti piace così tanto allora devi buttarti -
Harry sorrise appena alle parole del suo amico, felice di essere circondato da persone come Louis, Zayn, Niall e Liam, persone disposte a fare qualsiasi cosa per lui.
- Almeno è brava a baciare? - ora che la tensione si era smorzata Niall si lasciò andare alla sua curiosità e gli altri si mostrarono interessati almeno quanto lui.
Ma Harry tornò improvvisamente a girarsi i pollici ed iniziò a mormorare senza dire niente di sensato. Alla fine, per quanto si sentisse a disagio, confessò di non essere riuscito ancora a baciarla.
- Harry Styles! - tuonò Louis dal suo sedile - Non puoi innamorarti di una ragazza che non hai mai baciato -.
- Non si può - dissero gli altri in coro e il riccio roteò gli occhi e sbuffò per l'ennesima volta quella sera.
- Ve l'ho detto che non mi vuole - disse sconsolato - Le ho provate tutte. L'unica cosa che ho ottenuto è stato un leggero rossore sulle guance quando mi sono presentato in camera sua tutto bagnato e con solo un asciugamano a coprirmi le grazie -
Dopo un momento di silenzio lo spazio ristretto dell'auto nera si riempì delle risate dei cinque ragazzi - Coprirmi le grazie, Harold? - ribatté Louis - Sembri uscito da un romanzo della Austen -
Ma l'attenzione di Louis venne attirata immediatamente dopo sul suo cellulare che aveva annunciato con un piccolo bip l'arrivo di un sms. Non riuscì a trattenere un sorriso quando lesse il nome del mittente sullo schermo ma prima che potesse aprire il contenuto di quel messaggio, il cellulare gli venne strappato di mano e subito dopo la voce bassa e roca di Harry iniziò a leggere - Mi dispiace, stasera ho un impegno. Non posso giocare al dottore con te, questa sera -
- E ridammelo! - protestò Louis cercando di riprendersi il telefonino che invece Harry lanciò a Niall - Ragazzi, smettetela! -
- Uh, ti stai portando a letto la ragazza del matrimonio? - lo interrogò subito Liam mentre Niall digitava una risposta sul telefono di Louis.
- Sì, Liam! Niall, ridammi il telefono, cosa stai scrivendo? -
E mentre Louis protestava, bloccato dalle forti braccia di Harry, Niall lesse il messaggio appena scritto con tono solenne - Proprio un vero peccato, dolcezza! Il piccolo Louis è davvero tanto impaziente di giocare con te -
- Piccolo Louisss??? - esclamò il diretto interessato mentre gli altri se la ridevano senza sosta - Piccolo? Io non scriverei mai una cosa del genere, non ti azzardare a premere invio, Horan, o te ne pentirai -
- Premi invio, Horan - lo incitò Harry.
- Horan, ho davvero tante foto di te molto compromettenti, mi basta solo un click per farle vedere al mondo intero -
- Inviato! - disse il biondino lanciandogli il telefono in grembo.
Louis finalmente libero dalle braccia di Harry controllò freneticamente il suo cellulare e poi alzò lo sguardo su Niall puntandogli un dito contro - Mai sfidare Louis Tomlison! -
- Swag Mastah from Doncastah! - intonò Liam atteggiandosi a rapper con scarsissimi risultati.
La macchina si arrestò di colpo e capirono di essere arrivati grazie alle insistenti urla attutite dai finestrini dall'auto.
- Siete pronti? - chiese Zayn, abbottonandosi la giacca.
- Sì -.
Si sorrisero a vicenda e poi la portiera si aprì e vennero abbagliati dal flash di mille macchine fotografiche prima ancora di scendere e inondati dalle urla di quelle fan scalmanate che sicuramente avevano passato anche la notte lì pur di avere un posto in prima fila, pur di vederli passare almeno per venti secondi.
Poi Louis si voltò alla sua destra e da un'altra auto, uguale alla loro, vide scendere Lou Teasdale e poi Eleanor. Il sorriso di prima sparì di colpo e sui suoi occhi azzurri calò una strana malinconia - Anche la mia splendida fidanzata è qui - affermò ironico a bassa voce, rivolgendosi a Harry che sorrideva salutando la folla.
Delicatamente il riccio, senza smettere di sorridere in direzione delle fans, gli strinse il braccio dicendogli silenziosamente di mettere su il suo sorriso migliore e di mostrare le sue più premurose attenzioni ad Eleanor Calder. Lui sarebbe stato lì a sostenerlo, tutti e cinque si sarebbero sempre sostenuti a vicenda.


Dentro un vestito di uno stilista emergente di cui non sapeva neanche pronunciare il nome, Penelope sedeva sui sedili posteriori di un’auto nera mentre il suo autista la conduceva alla festa dell’anniversario della BBC radio.
Nick Grimshaw le aveva parlato di quell’evento senza sosta per tutta la settimana e sembrava non stare più nella pelle, era così emozionato all’idea di voler presentare la sua nuova co-presentatrice alle celebrità che sarebbero state presenti alla festa che Penny non era riuscita a non farsi contagiare da quell’euforia senza sapere più o meno cosa aspettarsi. Era emozionata e ne dava prova il modo in cui stritolava la clutch che Nick Grimshaw le aveva procurato insieme al vestito, alle scarpe, all’hair stylist e alla truccatrice che avevano fatto di lei una “Figa pazzesca!”, così era stata definita da Eve quando le aveva inviato una foto del risultato finale.
Il suo cellulare squillò in quell’istante, e prima di visualizzare il messaggio di risposta di Louis, si accorse che erano quasi arrivati. Rise tra sé per quello stupido messaggio e ripose il telefono nella sua borsa super costosa e fighissima. Era quasi certa che anche Louis sarebbe stato a quella festa ma non ne era del tutto certa, in fondo loro due di quelle cose non parlavano nemmeno, non parlavano quasi mai a dire il vero, non delle cose personali almeno, e andava più che bene così. Si limitavano solo a vedersi per passare del tempo insieme, espressione che Louis metteva sempre tra virgolette quando le scriveva un sms per chiederle di vedersi. E andava così da una settimana ormai, da quando lui le aveva inviato un pacchetto a casa contenente il suo perizoma e un bigliettino con su scritto “Ora che il perizoma ti è stato restituito che intendi fare? L.”. E poi si era presentato a casa sua con un’incredibile faccia da schiaffi e mordicchiandosi le labbra per trattenere a stento una risata.
- Signorina Sheehan, siamo arrivati! - le annunciò improvvisamente il suo autista, fermando quindi la macchina. Subito dopo la portiera venne aperta e lei si ritrovò a fissare innumerevoli flash inondare il breve red carpet che si arrestava all’ingresso del sontuoso locale dove si sarebbe tenuta la festa.
Percorse il tappeto rosso a passo svelto guardando fisso di fronte a sé, leggermente in imbarazzo e con le guance un po’ arrossate. Mostrò il suo invito e si infilò subito in ascensore, perché aveva un gran bisogno di restare un po’ da sola e calmarsi. Era sicura che l’agitazione la stesse mangiando viva. E poi una mano bloccò le porte dell’ascensore e una ragazza dalle gambe da modella e un sorriso da ragazzina entrò insieme a lei - Grazie al cielo! - esclamò premendo il pulsante dell’ultimo piano - È davvero stressante essere la ragazza di una celebrità! Non capisco perché i fotografi debbano accanirsi anche con me - si lamentò sistemandosi il vestitino cortissimo che metteva in mostra lunghe gambe scheletriche.
- Già, non riesco proprio a immaginare la sensazione! - rispose Penny con un sorriso - Chi è il tuo fidanzato, se posso chiederlo -
- Louis Tomlinson -.
E Penny spalancò gli occhi, sentendosi davvero a disagio per la prima volta nella sua vita - Ah! - borbottò poi abbassando lo sguardo sulle sue scarpe e maledicendosi in dieci lingue diverse, mentre il suo cellulare aveva iniziato a squillare. Quando vide il nome di Louis sul display scosse la testa, chiedendosi cosa avesse fatto di male per trovarsi in quella situazione.
- Non rispondi? - le chiese la ragazza.
- Oh, sì.. -.
Penelope portò il telefono all’orecchio mentre con la coda dell’occhio osservava la fidanzata di Louis.
- Pronto? -
- Devi assolutamente scusarmi per quel messaggio, non sono stato io a scriverlo, sappilo! Non scriverei mai una cosa del genere, anche perché non parlerei del mio… pene in quel modo, e tu lo sai bene, no? - e Penny poté sentire la risata nella voce di Louis.
- Non preoccuparti - mormorò chiedendosi perché l’ascensore ci mettesse così tanto a raggiungere il piano giusto - Ci sentiamo domani, ok? -
- Cosa indossi stasera? - le chiese lui, affilando la voce. Penny poteva anche immaginarlo mentre serrava le labbra per trattenersi dal ridere, gli occhi incredibilmente furbi.
- Non è il luogo né il momento adatto - affermò lei, sorridendo tra sé, dimenticando per un attimo la presenza della spilungona al suo fianco.
- Dai, davvero - insisté Louis questa volta in un sussurro - Se non posso vederti, fammi almeno fantasticare un po’. Che mutandine porti? -
- Smettila! -
- Sei in un luogo pubblico e non puoi parlare, vero? -
- Davvero perspicace -
- Bene! Però sappi che ho tanta voglia di vederti e toglierti tutto quello che hai addosso e poi portarti a letto e fare tanti giochini erotici per farti impazzire! -
- Non…. smettila! - mormorò Penny lanciando un sorrisino alla ragazza che si era voltata a guardarla un attimo.
- Perché? Tu non vuoi? -
- Ci sentiamo domani! -.
Poi le porte dell’ascensore si aprirono e, con grande sorpresa di Penelope, c’era proprio Louis col telefono in mano che sorrideva divertito - Va bene - disse.
Non appena le vide, la sua espressione si incupì all’istante e chiuse la chiamata, visibilmente scioccato nel trovare la sua ragazza insieme alla sua amante proprio nello stesso posto.
Penny lo vide ricomporsi immediatamente, mettere su una facciata impassibile e un sorriso che di vero non aveva nulla, ed esclamò - Eleanor! - evitando insistentemente il suo sguardo. Lo vide prenderle la mano e poi insieme andarono via, lasciando Penelope sola. La serata non era neanche iniziata eppure lei si sentiva già incredibilmente stanca.


Daphne uscì dall'auto di Ellen e si tirò giù la gonna del tubino blu notte da 535 sterline. Il risultato, però, fu quello di mettere ancora più in evidenza il suo seno compresso che ad occhio nudo aveva acquistato una taglia e mezza in più.
- La vuoi smettere di torturare quel vestito? Stai benissimo – disse Ellen bloccandola per il braccio. Le sistemò il cappotto bianco interamente di pelliccia, finta grazie al cielo – Ora sorridi e fai il tuo lavoro, loro potrebbero essere già arrivati -
La ragazza non ebbe neanche il tempo di obbiettare che fu trascinata verso il red carpet. Dondolò sui tacchi che fortunatamente, essendo una ballerina, riusciva a portare con grazia e filò all'interno dell'edificio mentre i fotografi erano impegnati a scattare foto al cast del Radio 1 Breakfast Show.
Ellen mostrò i loro inviti e poi insieme presero un ascensore che in qualche minuto le portò alla festa. Era stranamente nervosa e non sapeva se dipendesse dalla porta che stava per varcare o dal fatto che aveva l'arduo compito di ficcanasare sulla vita privata di Harry Styles e dei suoi amici fingendosi interessata a qualcuno di loro o mostrandosi come una di quelle ragazze tutte tette e niente cervello alle quali puoi rivelare anche il codice del tuo conto in banca senza rischi.
Quando le porte si aprirono qualcuno si occupò del suo cappotto lasciandola con indosso solo il preziosissimo vestito di Ellen. Tutto ciò che indossava, dalle scarpe allo scintillante ferma capelli che tratteneva tutta sul lato destro la chioma di morbidi boccoli castani, valeva molto di più di quello che aveva mai avuto sul suo conto in banca. La sua amica era una che non badava a spese quando si trattava di vestiti o di una seduta dall'estetista e non lo aveva fatto neanche quella sera quando l'aveva portata dal suo hair stylist e make-up artist di fiducia spendendo una cifra che l'aveva fatta sbiancare nonostante il blush a colorarle le guance. Ovviamente Daphne non poteva dire di non essere contenta di poter sfoggiare un magnifico abito del colore del cielo di notte, e non poteva neanche essere dispiaciuta per lo smookey eyes che in quel momento accentuava il verdone dei suoi occhi, era pur sempre una donna. Semplicemente non era abituata ad apparire come una star, il suo guardaroba era interamente firmato H&M e la sua borsetta dei trucchi era quasi più vuota del suo portafogli il venerdì sera.
Uno spintone di Ellen la fece tornare alla realtà ma si imbambolò di nuovo quando mise piede nell'attico riservato alla festa. Una sala elegantissima con degli enormi lampadari di cristallo che pendevano dal soffitto drappeggiato da stoffe color crema, una zona buffet, un bar con dei carinissimi camerieri dalla camicia nera, ed un angolo per la musica live dove una ragazza con indosso un lungo vestito dorato e la pelle scura cantava sulle note di un pianoforte e di un sax. Nonostante fosse pieno di volti noti, che spesso comparivano sulle pagine del giornale per cui lavorava, l'atmosfera le parve rilassata e le sue spalle ne risentirono subito lasciando andare via un po' della tensione pre-serata.
La voce della cantante aveva catturato un po' tutti, a parte Ellen che stava già studiando le sue prede stilando un accurato piano della serata.
- Mi stai ascoltando Daphne? -
- Certo - mormorò la ragazza che in realtà non aveva sentito una sola parola.
Quando Ellen riprese a parlare Daphne si perse nuovamente fra i suoi pensieri e solo per caso, qualche metro più in là, notò James Corden che ricordava fosse amico di Harry. Lui, invece, non lo aveva ancora individuato e quando Ellen la spedì a prendere un paio di cocktails mentre cercava di tampinare Nick Grimshaw accettò di buon grado per fare un giro della sala. Non aveva detto ad Harry che sarebbe stata lì soprattutto dopo che aveva scherzosamente tentato di baciarla qualche giorno prima. Quello che una piccola parte di sé si domandava era che cosa sarebbe successo se quell'azione non fosse stata proprio in tono scherzoso. Ma non ebbe neanche il tempo di pensarci su perché quando si voltò con in mano due calici di qualcosa di dolce e frizzante si scontrò con colui che stava popolando i suoi pensieri.
- Daphne..? - mormorò appena lui con l'espressione di chi aveva appena visto qualcuno che mai e poi mai si sarebbe aspettato di vedere.
Entrambi si osservarono in silenzio per qualche istante che parve loro infinito. Harry stava osservando per la prima volta il modo in cui il tessuto attillato del vestito le fasciava le curve sinuose che, sotto le tute e i maglioncini che la ragazza metteva in casa, non aveva potuto notare a pieno; Daphne, invece, stava facendo scorrere i suoi occhi su quel bellissimo giovane uomo che aveva davanti, con indosso una camicia nera semitrasparente e sbottonata tanto da far intravedere la forma dei suoi pettorali, dei pantaloni neri che davano l'impressione di allungare ulteriormente le sue gambe e un grazioso cappello nero a tesa larga con un'adorabile piuma che spuntava sul lato sinistro.
Prima di poter articolare qualsiasi discorso, frase o anche solo parola, Daphne si scolò il calice che aveva in mano e un nano secondo dopo Harry afferrò quello che la ragazza teneva nell'altra mano e lo buttò giù tutto d'un sorso.
- Cosa ci fai qui? -
- I One Direction sono stati invitati alla festa. E tu? -
- Sono qui con la mia collega Ellen che deve fare un articolo per l'evento -
Calò ancora il silenzio per qualche istante mentre Daphne si guardava attorno imbarazzata ed Harry continuava ad osservarla incredulo. Sapeva che fosse bella ma in quel modo lo era troppo, soprattutto dopo aver ammesso che quella ragazza non era solo una scommessa fatta tra un'intervista e l'altra con i suoi amici.
- Sei bellissima – disse facendo tornare su di sé i suoi occhi messi ancora più in evidenza dal make up. Harry poté giurare di vederla arrossire sotto il blush che aveva applicato sulle guance.
E in effetti Daphne si sentì ribollire le gote senza sapere perché. Era Harry quello di fronte a lei, il fratello della sua coinquilina. Il ragazzo che la faceva incazzare la maggior parte delle volte in cui apriva bocca. Ma era anche il ragazzo che le aveva fatto trovare in camera una quantità industriale di cioccolata milka agli oreo per farsi perdonare, lo stesso ragazzo che le aveva messo una coperta addosso quando si era addormentata sul divano guardando insieme a lui “Love Actually”.
- Anche tu – rispose rendendosi conto solo un attimo dopo di quello che aveva detto – Cioè, stai benissimo. La tua stilista si è davvero superata -
Harry sorrise facendo spuntare le solite fossette ai lati della bocca perché aveva capito di averla impressionata tanto da far vacillare la sua impeccabile razionalità.
A quel punto il ragazzo stava per dire qualcosa per sciogliere il muro di ghiaccio che si era stranamente creato tra loro, e aprì anche la bocca per farlo solo che qualcuno parlò prima di lui, facendolo irrigidire all'istante.
- Harry! Ma chi è questa bellissima creatura? Non ce la presenti? -
Niall si posizionò davanti a Daphne e a seguire altri due la circondarono. Ora si trovava in presenza dell'intera band che si era stretta a semicerchio attorno a lei, lanciò un'occhiata ad Ellen che la guardò come una madre guarda una figlia al suo primo saggio di danza, con orgoglio.
Nel frattempo Harry si voltò verso i suoi amici e la presentò calcando il suo nome un po' troppo per i suoi gusti.
- Daphne? - mormorò Liam Payne dando una gomitata al riccio – Sei la nuova coinquilina di Gemma -
Daphne annuì e strinse la mano a tutti, ma quando arrivò al ragazzo dai capelli castani e gli occhi azzurro mare si soffermò più a lungo trattenuta dalla sua stretta. - Harry non ti aveva mica descritta così – Louis Tomlinson (conosceva i loro nomi a memoria ovviamente) la squadrò da capo a piedi con un mezzo sorriso e poi rivolse il suo sguardo ad Harry che invece era diventato stranamente taciturno mentre osservava i suoi stivaletti neri come a volersi isolare da quella strana conversazione.
- E come mi aveva descritta? - azzardò allora Daphne presa dalla curiosità. Era evidente che Harry avesse parlato di lei ai suoi amici. Ma perché?
- Non ci aveva detto nulla di terribile, tranquilla – Zayn Malik spuntò con un sorriso mozzafiato alle spalle di Harry e la ragazza deglutì. Tranquilla un corno!, pensò osservando il ragazzo in smoking con i capelli neri tirati indietro ed un unico ciuffo ribelle a solcargli la fronte.
L'unica cosa che riuscì a fare fu sorridere come un'ebete mentre Niall se la rideva mormorando ad Harry che Zayn gli aveva appena fregato la ragazza. Poi cominciarono a riempirla di domande: cosa fai nella vita?, hai un ragazzo?, che genere di musica ascolti?. - Cos'è un interrogatorio?- chiese a quel punto con un sorriso ma lanciando un'occhiata confusa ad Harry che non aveva più aperto bocca. Lui scrollò semplicemente le spalle e prima che potessero chiederle che taglia di reggiseno portasse vennero chiamati per una foto di gruppo.
La salutarono calorosamente e si allontanarono lasciandola nuovamente sola con Harry che sembrò sospirare di sollievo.
- Scusa, sono un po' invadenti a volte.. - mormorò dando un'occhiata alle sue spalle. Daphne sorrise e scosse la testa, li aveva trovati strani ma erano stati simpatici, e se loro erano abituati a fare tutte quelle domande ad una perfetta sconosciuta perché non avrebbe potuto farne lei a loro?
- Senti io devo andare.. tu non vai via vero? -
La ragazza lanciò un'occhiata ad Ellen che stava chiacchierando con Rita Ora e poi tornò a fissare gli occhi verdi di Harry – A quanto pare no, la mia amica è nel pieno di un'intervista -
Allora Harry si avvicinò e le scostò i capelli dal viso – Ci vediamo dopo – le mormorò all'orecchio solleticandole la pelle con il suo respiro; poi posò delicatamente le labbra sulla sua guancia.
Si allontanò lasciandola lì da sola, immobile e confusa. Le guance in fiamme. E un drink giallognolo finì subito giù, lungo la sua gola.


Penny aveva passato i primi 45 minuti stretta al braccio di Nick Grimshaw che l’aveva praticamente presentata a tutti, da Alexa Chung a James Corden, da Florence Welch a Rita Ora, e di certo non erano neanche mancate le foto che subito Nick aveva messo su Instagram con mille hashtag diversi.
E si stava divertendo un sacco, aveva fatto battute sconce insieme a Ed Sheeran dopo che Nick gli aveva raccontato di quella chiamata e del famoso perizoma e poi si era fatta scattare una foto insieme al cantante che mandò a Eve con su scritto “Ed Sheeran, bitchessss”. Eve ovviamente l’aveva chiamata immediatamente e Penny era riuscita a farla parlare insieme al cantante.
Solo dopo aver riposto il telefono nella borsa, aveva notato lo sguardo fermo e inespressivo di Louis su di lei. Penny lo aveva evitato per tutto quel tempo e aveva evitato ancora di più la sua fidanzata di cui era a conoscenza ma di cui aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.
Dopo quella festa probabilmente lo avrebbe chiamato e avrebbe posto fine a qualsiasi cosa avessero iniziato.. e non avrebbe più visto Louis Tomlinson, o almeno non in quel modo.
Leggermente a disagio per quell’insistente occhiata, Penny si congedò dalle attenzioni di Nick e si avviò velocemente verso il bar perché aveva davvero bisogno di un mojito e magari anche di uno shot di tequila, e forse anche di togliersi quei tacchi insopportabili. - Un mojito, per favore - si appoggiò al bancone del bar con entrambe le mani e attirò l’attenzione del cameriere, che subito si mise a preparare il suo cocktail.
Un’accattivante canzone dallo stampo jazz riempiva l’aria in quella sala piena di gente, le risate accompagnavano la melodia insieme al continuo e insistente brusio e il profumo di Louis Tomlinson lo sentì prima che lui potesse parlare - Che ci fai qui? Non potevi fare a meno di me? - le domandò a bassa voce e con tono scherzoso, chiamando il cameriere con un cenno della mano.
Penny si voltò verso il ragazzo solo per rendersi conto che lui neanche la stava guardando e che invece aveva deciso di puntare il suo sguardo sulla parete piena di bottiglie di alcolici. Aveva le mani in tasca e la linea delle spalle era rigida e tesa, nonostante avesse stampato uno strano sorriso sulle labbra. E Penny pensò che fosse incredibilmente bello vestito tutto di nero, con i capelli portati all’indietro e una barbetta incolta che gli ricopriva il viso.
- Smettila - replicò la ragazza sistemandosi i boccoli ramati su una spalla - Non è proprio il caso -.
Il cameriere si avvicinò loro porgendo a Penny il suo mojito e fu Nick ad arrivare in quel momento, prima che la ragazza potesse allontanarsi dal bar e da Louis.
- Ciao Louis! Vedo che hai conosciuto la mia nuova partner per la trasmissione! - esordì Grimmy, cingendole la vita con un braccio e sorridendo.
- Ah non sapevo lavorasse con te! - spiegò Louis, mascherando lo stupore per quella rivelazione.
- Non ancora, inizieremo insieme la prossima settimana! Penny ha lavorato per una radio minore per parecchi anni e l’ho notata un giorno mentre ero in macchina! È una bomba! - spiegò, sottolineando l’ultima parola che coincise con un mezzo sorriso di Louis che di innocente non aveva proprio nulla. Ma Nick venne richiamato in quell’istante da qualcuno e si scusò, lasciandoli nuovamente soli. - Smettila di fissarmi -
- Non ti sto fissando -
- La tua fidanzata è qui -
- Non ti preoccupare di lei - ribatté Louis, con tono brusco.
- Mi preoccupo, invece - replicò Penelope, fissando i suoi occhi in quelli di Louis, stranamente tristi e inespressivi, malinconici come la sera che si erano conosciuti.
- Ragazzi, ragazzi - fu Zayn ad interrompere quel silenzioso battibecco, lanciandosi su Louis e cingendogli le spalle con un braccio - Visti da lontano sembrate una coppietta che litiga, e non va bene -
- Oh no, Malik, non siamo una coppietta! -
- Chi non è una coppietta? - una voce maschile le arrivò alle spalle e quando si voltò si trovò a fissare Niall Horan sorriderle dolcemente.
- Ci manca anche un altro One Direction - borbottò Penelope roteando gli occhi e poi lasciò i tre al bar che rimasero fermi a fissarla mentre andava via.
Niall appoggiò il braccio al bancone e distolse lo sguardo da Penelope per rivolgersi ai suoi amici - E quella chi sarebbe? - domandò, incuriosito - Avreste potuto presentarmela! -
- È Penelope - rispose Louis, serrando la mascella.
- Però…che caratterino. Mi domando se a letto sia anche così -
- Piantala, Niall! - Louis scosse la testa e gli diede una pacca sulla nuca, mentre Zayn ridacchiava tra sé.




Spazio Autore:
Il nostro ritardo è imperdonabile ma possiamo farci perdonare con questo capitolo. È venuto decisamente troppo lungo e per questo abbiamo decido di dividerlo in due parti. Beccatevi la prima, intanto, che vede le nostre due ragazze recarsi ad una festa super importante e dove incontreranno ovviamente i One Direction al completo, che nella prima parte del capitolo sono davvero adorabili e cazzoni <3
Il buonumore di Louis però viene spazzato via dalla presenza di Eleanor.... perché Louis si comporta così? Perché parlare di Eleanor e il solo vederla lo rendono così triste?
Non dimentichiamoci poi che anche Penny farà la conoscenza di El..in situazioni poco piacevoli e mooolto imbarazzanti! E poi passiamo alla nostra Daphe che secondo me è già cotta di Styles.. ma ssshhh ancora lei non lo sa! E sicuramente anche il nostro piccolo Harry ha già perso la testa, basta pensare al modo in cui si mette a squadrarla da capo a piedi! Secchio, Styles?

Bene gente! Adesso mi dileguo! Fateci sapere se il capitolo vi è piaciuto anche con un breve commento perché ci piange il cuore non vedere molte recensioni per questa storia :(

Nel giro di qualche giorno pubblicheremo la seconda parte, ci manca veramente poco da scrivere, e aspettatevi di tutto!!!
Have fun!

Fra&Vale

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Capitolo 6
*** Secrets - part two ***


 

Capitolo 6 – Secrets, part two

 


 

Love is an untamed force.
When we try to control it, it destroys us.
When we try to imprison it, it enslaves us.
When we try to understand it, it leaves us feeling lost and confused.

Paulo Coelho

 






 

- Insomma è dura eh, la vostra vita -
- Bé sì siamo sempre in giro.. però ci piace -.
Niall le sorrise e blaterò qualcosa su quanto fosse importante per loro ringraziare i fan di tutto quello che avevano fatto per farli arrivare in cima. Con il biondino irlandese ci stava parlando da quasi dieci minuti (prima si era fermata ad adulare Ed Sheeran che era praticamente uno dei suoi cantanti preferiti) ma non era ancora riuscita ad estorcergli nulla di importante. - E con le ragazze? - chiese, cercando di addentrarsi nella sua vita privata - Come fate con le ragazze? Insomma se vi piace qualcuna.. ci uscite e basta? O dovete rispettare “un codice di comportamento”? -
Niall sembrò prendere piuttosto bene quella domanda, le sorrise ancora e le fece anche un'inspiegabile occhiolino che Daphne ricambiò con un mezzo sorriso incerto.
- Se mi piace qualcuna glielo dico - mormorò mettendole un braccio attorno alle spalle - Tutti dovrebbero fare così, non trovi? Se ti piacesse qualcuno.. bé dovresti dirglielo -
Un altro sorriso, un ultimo occhiolino e Niall Horan si allontanò da lei lasciandola a mani vuote. Ma non ebbe neanche il tempo di fare mente locale per riordinare le poche cose che aveva appreso dal biondino, e neanche quello per capire cosa volevano significare le sue ultime affermazioni che due mani si posarono sulle sue spalle. Sobbalzò.
- Ciao - disse Harry prendendola immediatamente sotto braccio e trascinandola via verso l'uscita della sala.
- Dove mi stai portando? -
- In esplorazione -.
Daphne, confusa, corrucciò la fronte e si fermò vicino agli ascensori arrestando anche la marcia di Harry che teneva un braccio stretto attorno al suo blazer. Stava nascondendo sicuramente qualcosa vista l'enorme protuberanza della sua giacca. La ragazza non ci pensò due volte prima di allungare il braccio e scoprire che sotto quel tessuto pregiato si nascondeva una bottiglia di super alcolico. Era tequila per la precisione.
- Mi sono rotto di questa festa e visto che sembravi vagare come un'anima in pena ho pensato che un goccetto avrebbe fatto bene a tutti e due -.
Un goccetto. Da soli. Avrebbe potuto seriamente estorcere dei gossip succosi in quella situazione, Harry si fidava di lei e in caso contrario la tequila lo avrebbe aiutato a sciogliere la lingua.
- Ci sto -.
Ripresero a camminare e a scendere e risalire rampe e rampe di scale evitando accuratamente gli ascensori che avrebbero potuto rivelare la loro posizione. Alla fine Harry trovò una sorta di ripostiglio con delle fotocopiatrici e degli scaffali pieni zeppi di carta e accessori d'ufficio. C'era solo una sedia e messo in chiaro che lei non si sarebbe seduta in braccio ad Harry e che non lo avrebbe neanche lasciato da solo sul pavimento (nonostante la sua insistenza), si sedettero entrambi sulla moquette. Daphne però sistemò prima dei fogli di carta su cui poggiare il suo posteriore.
- Che c'è ti fa schifo sederti a terra, principessina? - le chiese Harry in tono scherzoso.
- Lo faresti anche tu se avessi un vestito così corto, Styles -
Harry fece cadere il suo sguardo sulle gambe nude di Daphne e poi si tolse la giacca e la posò su di esse coprendole fino al ginocchio - Ecco -
- Nessun ragazzo mi ha mai vestita, il contrario semmai - mormorò la ragazza con un mezzo sorriso.
- Ma io sono un gentleman -.
Harry fece un mezzo inchino con il busto e poi aprì la bottiglia di tequila annusandone il contenuto e arricciando subito il naso.
- Non sono proprio un amante di tequila ma l'ho ottenuta per te al bar, so che ti piace -
- Oh grazie. Essere Harry Styles ha i suoi vantaggi -
- Dipende -.
Harry le porse la bottiglia lasciandole inaugurare la prima bevuta e Daphne bevve il suo sorso frettolosamente perché non voleva lasciar cadere il discorso ora che era riuscita ad introdurre qualcosa di interessante in modo così naturale.
Così gli ripassò la bottiglia sporgendosi verso di lui - Dipende da cosa? -
Harry bevve, poi la guardò e bevve ancora. - Da tante cose Daphne, non è così facile vivere sulla scia del nostro successo -
- Tasto dolente, eh? -
Il ragazzo sospirò e le ripassò la bottiglia senza aprire bocca. Forse non era facile come credeva, forse Harry Styles non era il libro aperto che sembrava essere agli occhi di tutti, forse anche lui aveva i suoi segreti.
- Okay facciamo un gioco - propose Daphne, posizionando la bottiglia proprio al centro fra loro due. - Un sorso, un segreto -
- Quindi con un sorso mi compro un tuo segreto? -
- Esattamente -
Harry prese la bottiglia, poggiò le labbra color fragola e buttò giù un lungo sorso.
- Cosa vuoi sapere? -
Il ragazzo la osservò per qualche istante in quel suo modo particolare, quello che ti lusinga ma che ti mette a disagio allo stesso tempo e tu vorresti solo lasciar sfuggire il tuo sguardo ma i suoi occhi ti tengono bloccata in una trappola di cemento armato. Non puoi far altro che rimanere immobile e sentirti sempre più vulnerabile.
- Voglio sapere qualcosa di te, qualsiasi cosa -
Daphne ci mise un po' a rispondere, aveva tante cose da dire ma la verità era che a lei non piaceva parlare di sé. Con nessuno. Neanche con sé stessa. Quante volte aveva provato a tenere un diario finendo per lasciarlo candido e immacolato come lo aveva comprato?
- L'anno scorso ho passato il Natale con un'amica in un centro accoglienza per senza tetto. Ma non perché volevo fare volontariato, semplicemente perché non avevo nessuno con cui festeggiarlo -
Harry aprì la bocca per dire qualcosa ma Daphne prese subito la bottiglia per bere il suo sorso e avere il suo segreto. - Adesso tu. Cosa c'è che non va nella tua vita da pop star che non siano le fan scatenate ad ogni angolo e i paparazzi pronti a spiattellare la tua vita privata al mondo intero? -
- C'è che non sono libero di fare quello che voglio. Non sono libero di.. - Harry si bloccò e si fissò le mani con fare nervoso.
Daphne gli afferrò le mani e i loro occhi si incontrarono all'istante. Ora sembrava lui quello vulnerabile - Di? -
- A volte mi vengono imposte delle cose per non far calare l'attenzione sui One Direction anche quando non siamo in tour e in giro per il mondo -
- Ah -.
Rimasero in silenzio per qualche istante, l'uno preso dal segreto dell'altro. Poi Harry si fece avanti e bevve ancora, arricciando di nuovo il naso. - Perché non avevi qualcuno con cui festeggiare il Natale? Non potevi andare dalla tua famiglia? -
Era quella la domanda che Daphne temeva di più, la cui risposta l'avrebbe fatta passare da ragazza misteriosa e desiderabile ad una ragazza che suscita solo un senso di estrema pena negli altri.
- Non ho una famiglia. Ho vissuto in un orfanotrofio fino a diciotto anni -
Abbassò la testa e giocherellò con una manica della giacca di Harry aspettando che arrivasse il solito copione: “quanto mi dispiace”, “scusa non lo sapevo”, “posso fare qualcosa per te, tesoro?”.
- Ecco perché sei così cazzuta -
Daphne sbatté le palpebre e tornò a guardare il ragazzo che aveva davanti - Come? -
- Insomma, si vede che sei una in gamba, una che fa tutto da sé -
Harry non sembrava provare pena, non la stava guardando in modo diverso, non aveva iniziato a parlarle come se le fosse appena morto qualcuno. Harry Styles si stava rivolgendo a lei come aveva sempre fatto.
Provò uno strano impulso di gettargli le braccia al collo e abbracciarlo, cosa che non le capitava da.. mai. Ma si trattenne e si limitò ad accennare un sorriso - Bé sì, uscita dal collegio me ne sono andata in giro per l'Europa da sola ed è stato davvero bello. Ho conosciuto un sacco di persone favolose e a volte un po' strane -
- Cavolo, è sempre stato il mio sogno girare il mondo in quel modo - disse Harry entusiasta - Non che mi lamenti del modo in cui lo sto girando, ma sai a volte sarebbe bello andare in giro ed essere considerato solo Harry, un ragazzo qualunque con uno zaino in spalla -
- Potresti sempre metterti un paio di baffi e una parrucca -.
Il ragazzo scoppiò a ridere e poi piano piano scivolò accanto a lei, bloccandosi solo quando sentì le loro spalle toccarsi. - E tu ci verresti insieme a me? -
- Non potrei mai perdermi i tuoi baffi -
- E la mia parrucca biondo platino -
- Credo che il biondo non sia il tuo colore -.
Scoppiarono a ridere entrambi e Daphne si rese conto che non era stato affatto male rivelargli qualcosa di quel passato che cercava a tutti i costi di dimenticare. Si rese conto che parlare con lui era facile come sdraiarsi al sole nelle prime giornate di primavera.
- Non sei così cretino come pensavo - azzardò dandogli una leggera gomitata. Per i primi giorni lo aveva seriamente odiato, perché le era sembrato presuntuoso e assillante, e soprattutto un completo idiota. Invece non lo era, non lo era affatto.
- Facevo il cretino per attirare la tua attenzione -
- Posso dirti che questa tattica non funziona, Styles -
- La prossima volta giocherò la carta dell'intellettuale, allora - disse parlando con un perfetto accento british. Poi sorrise e con un gesto della mano si sistemò i capelli, incasinandoseli ulteriormente. E Daphne per un istante pensò che più erano incasinati più erano belli; poi però si ricordò che non era lì per ammirare la nota chioma di Harry Styles ma per fare un articolo su di lui, per ottenere una promozione e quindi uno stipendio maggiore. Così afferrò la bottiglia di tequila abbandonata sul pavimento e bevve sotto gli occhi attenti di Harry in attesa della prossima domanda. Respirò a fondo perché questa volta aveva sentito davvero l'effetto della tequila sul suo corpo, le braccia un po' molli e la testa un po' pesante. La sua domanda però lampeggiava ancora chiara nella sua mente: - Cosa ti impongono di fare? -
- Bé.. - iniziò il ragazzo incerto, era evidente che rispondere a quella domanda lo metteva a disagio. Alternava il suo sguardo tra le sue mani, mosse in gesti nervosi, e gli occhi di Daphne, come se fosse indeciso sul da farsi. Tant'è che la mente di Daphne nel frattempo aveva fatto molteplici congetture, era arrivata anche a pensare le cose più terribili e stava iniziando a pensare di dover cambiare argomento.
Lui, però, rispose. - Devo farmi vedere in giro con certa gente, andare a certe feste.. anche se non sono di mio gradimento -
- E' terribile - mormorò Daphne anche se quel silenzio infinito le aveva fatto credere che fosse qualcosa di peggio.
- Già - borbottò lui e quando si rese conto che Daphne era tornata ad essere silenziosa prese la tequila e comprò un segreto. - Sei mai stata innamorata? -
Daphne scosse la testa.
Ed Harry bevve ancora. - Ti vedi con qualcuno? -
La ragazza scosse ancora la testa, questa volta più lentamente perché aveva iniziato a girarle un tantino. Poi però si ricordò di Lucas che non vedeva da un po' ma con il quale di tanto in tanto usciva. Oppure ci andava direttamente a letto. - In realtà c'è un tizio con cui mi vedo ogni tanto -
Dalla bocca di Harry uscì solo un mormorio appena accennato e Daphne voltò la testa di lato, verso di lui, e si affrettò ad aggiungere - Ma non è niente di importante, ci vediamo qualche volta quando ci sentiamo un po' soli -
E subito Daphne, osservando gli occhi verdi di Harry che sembravano essersi improvvisamente illuminati, cercò di capire perché si fosse appena giustificata con lui. Ma non ne ebbe il tempo. Perché lui aveva già iniziato ad avvicinarsi e lei era rimasta immobile ad osservare ogni sfumatura degli occhi di quel ragazzo.
In pochi secondi, in pochi attimi, le labbra di Harry si scontrarono con le sue e Daphne non fece nulla per impedirglielo. Non aveva avuto la forza di muoversi quando lo aveva visto avvicinarsi e non aveva la forza di muoversi neanche in quel momento, quando sentì le mani di Harry chiudersi attorno al suo viso. In realtà, un istante dopo, si accorse che la forza di muoversi ce l'aveva eccome perché le sue labbra non si erano schiuse da sole al tentativo del ragazzo di approfondire quel bacio. Daphne era una ninfa in balia di un dio che la voleva ad ogni costo. Ma era impossibile negare che le labbra calde e umide di Harry, la dolcezza e l'irruenza con cui la stava baciando, con cui si stavano baciando, le piacessero. Perché il tepore che l'aveva invasa aveva un sapore dolce e rassicurante, aveva il potere di rilassare il corpo e far azzerare la mente.
Lei non voleva che finisse e nemmeno Harry lo voleva, lo si capiva dal mondo un cui si era aggrappato a lei, dal modo in cui dosava il respiro per non doversi staccare da quelle labbra.
Poi però, tutta d'un tratto, piombò la parte razionale di Daphne, quella a cui lei dava sempre ascolto, quella parte talmente forte da riuscire a sormontare la bellezza di quel bacio. Così la ragazza uscì dal sogno e posò le mani sul petto di Harry per spingerlo via. Non dovette metterci tanta forza, lui si scansò subito e la fissò con gli occhi confusi, il respiro affannato e le labbra rosse.
- Daphne.. - mormorò allungando una mano, ma lei si stava già alzando armeggiando con il suo vestito stropicciato e la sua borsetta. - Dove stai andando? -
Daphne non lo guardò e non rispose. Uscì di corsa da quella stanza rischiando di inciampare sui tacchi dodici perché voleva andare il più lontano possibile da lui e dalla sua voce che continuava a chiamare il suo nome.


Si era rifugiata in un pianerottolo a metà tra l’ultimo e il penultimo piano, aveva tolto le scarpe, e adesso fumava una sigaretta seduta sui gradini delle scale di servizio, lontana da occhi indiscreti e con una finestrella aperta per evitare che scattasse l’allarme antincendio. Non sarebbe stato carino fare evacuare l’intero palazzo solo per una sua necessità.. o forse non gliene importava neanche granché.
E non le importava neanche granché della quantità di vino bianco che Nick aveva continuato a darle.
Non era ubriaca, forse un poco brilla, ma era abbastanza lucida da accorgersi della presenza di qualcuno alle sue spalle. - Sei venuta a rifugiarti qui? -
E quando capì di chi si trattasse chiuse gli occhi talmente tanto forte da sperare di farlo sparire con la forza del pensiero - E tu mi stai seguendo per caso? -.
Louis si sedette accanto a lei ma Penny non aveva ancora riaperto gli occhi e lo capì solo per il suo intenso profumo e per le sue labbra che subito si erano posate leggere e candide sulla pelle nuda della sua spalla.
- Lou.. - Penny sospirò riaprendo gli occhi e non poté fare a meno di sorridere quando vide Louis con la fronte appoggiata alla sua spalla e gli occhi azzurri chiusi, come se stesse dormendo.
- Sono contento di vederti - sussurrò e il suo respiro le solleticò la pelle facendola rabbrividire.
Diede immediatamente colpa all’alcol e non perché le girasse la testa o le fosse venuta un’improvvisa nausea, ma perché anche lei era contenta di vederlo, nonostante la sfuriata di poco prima in sala, nonostante fosse più che convinta di voler chiudere quella specie di relazione con Louis. Era contenta di vederlo, semplice, eppure provò un improvviso terrore.
Così la ragazza si spostò frettolosamente e si alzò dai gradini, allontanandosi il più possibile e maledicendosi per aver bevuto troppo.
Si appoggiò alla parete, accanto alla finestra aperta, e prese un’ultima boccata dalla sua sigaretta. Lui la guardava confuso e con gli occhi stanchi e incredibilmente cristallini - Che ti prende? -
- Dobbiamo porre fine a questo .. - borbottò indicando entrambi - A quello che c’è tra di noi -
Louis sgranò gli occhi dalla sorpresa e si alzò - Cosa? -
- Sì, non può continuare così! -.
Perché con lui era nato tutto per divertimento, eppure non ci trovò nulla di spensierato o divertente in quella situazione, non con le sue sensazioni distorte dall’alcol né con l’esistenza della fidanzata di Louis, che adesso era diventata più che reale.
- È per Eleanor? Perché se è per questo non devi preoccuparti -
- Sì, è per Eleanor. Non voglio entrare in questa cosa tra di voi - spiegò buttando la sigaretta per terra, stizzita - Non è giusto -
- Ti assicuro che non devi preoccuparti -
- Lou, la stai tradendo! Con me! Come sarebbe a dire che non devo preoccuparmi? -
- Fino a ieri sera non ti sei posta il problema - replicò Louis fronteggiandola, avvicinandosi a lei e alzando la voce - Sapevi di Eleanor. Cosa ti ha fatto cambiare idea adesso? Il tuo improvviso buon senso? -
- Sì, esatto, il mio improvviso buon senso! - sbottò Penelope - I traditori mi fanno schifo! - aggiunse con rabbia, spingendolo di lato per passare - Io e te la chiudiamo qui, è stato un piacere -.
Ma lui le strinse una mano attorno al braccio e la fece girare - Eleanor è tutta una montatura! - affermò con tono incolore, e quando Penny, scioccata, si ritrovò stretta a lui, coi suoi occhi azzurri più chiari e lo sguardo triste e confuso, non riuscì a respingerlo quando la baciò. E Louis la baciò lentamente, con un’infinita tenerezza con labbra leggere e incredibilmente delicate. E lei non ci riusciva a riprendere il controllo di sé, non era in grado di pensare e non riusciva a separarsi da lui o dalle sue dita che la toccavano come se fosse la cosa più fragile che avesse mai avuto tra le mani. Poi fu lui a fermarsi, separandosi lentamente da lei. Appoggiò la fronte a quella della ragazza e respirò piano, contro la sua pelle - È vero, è tutta una montatura - ribadì, più per dirlo a sé stesso che a lei - E voglio parlartene ma ora devo tornare su, si staranno chiedendo che fine abbia fatto. Ma tra poco tornerò a casa, ti aspetto lì, ok? -.
Penny lo fissò incerta, per niente sicura di volersi fare coinvolgere da tutta quella situazione. Scappare e fingere di non aver mai sentito quella incredibile rivelazione sarebbe stata l’opzione migliore. Ma non era da Penny fuggire, così annuì - Ok -
- Ci vediamo dopo, allora -.
Louis risalì le scale lasciandola di lì, senza scarpe e con una nuova sigaretta tra le dita. E questa volta non era l’alcol a confonderla, no, non era colpa del vino se le girava la testa.
La colpa era di Louis Tomlinson, di quel bacio e dei suoi occhi.


Stupida!, Stupida!, era quello che Daphne continuava a ripetersi mentalmente nascosta nell'androne dell'ultimo piano. Aveva appena sentito i passi di Harry fare eco per l'ultima volta quando si lasciò scivolare su di uno scalino affondando le mani fra i capelli.
Cosa aveva combinato? Perché lo aveva fatto avvicinare a tal punto?
Sospirò e cercò di darsi una calmata. Eppure il suo compito doveva essere semplice: scoprire informazioni mantenendo tuttavia un certo distacco perché pugnalare alle spalle le persone non era proprio il genere di cose che adorava fare. E invece si era lasciata avvicinare dando vita ad un enorme casino.
Daphne si sfiorò le labbra ancora gonfie per il bacio, ancora calde e con il sapore di Harry intriso in esse. Era un disastro, quella ragazza, era un disastro dentro e fuori. Trucco sbavato, singhiozzi e confusione, il ritratto perfetto di una ragazza colpita da una pena d'amore.
In realtà lei si sentiva in colpa, per quello che era costretta a fare e per il fatto di non essere neanche riuscita a controllare la situazione, ad arginare i danni. Ma Harry non era ancora al corrente di nulla e l'unica cosa che Daphne poteva ancora fare era stargli lontana e cercare di racimolare informazioni in un altro modo.
Quando si convinse di poterlo fare si alzò e si sfilò le scarpe per dare pace ai suoi piedi e per non fare troppo rumore, nel caso Harry la stesse aspettando nascosto dietro qualche angolo in attesa di sentirla arrivare. Scese le scale guardandosi attorno cauta e stringendo con forza le dita attorno al passamani. L'alcool non aiutava né il suo equilibrio né la sua testa confusa che continua a mandarle immagini del tempo passato insieme ad Harry in quella sorta di sgabuzzino. Il gioco, i segreti, i sorrisi, i suoi occhi, le sue mani e.. Daphne si bloccò e scosse la testa come se potesse far uscire tutto quello che aveva dentro.
Sono attratta da lui, si ripeté, chi non lo è? Ce la puoi fare, Daphne.
Riprese a scendere le scale ma una rampa più tardi dovette fermarsi di nuovo e non per le sue conversazioni silenziose con sé stessa questa volta.
- Lou, la stai tradendo! Con me! Come sarebbe a dire che non devo preoccuparmi? - disse una voce femminile piuttosto alterata. Non l'aveva mai sentita prima, ma il nome del suo interlocutore sì.
- Fino a ieri sera non ti sei posta il problema. Sapevi di Eleanor. Cosa ti ha fatto cambiare idea adesso? Il tuo improvviso buon senso? -
Daphne tornò improvvisamente lucida e si accucciò contro la parete che li separava. Louis Tomlinson stava tradendo la sua storica fidanzata Eleanor? E con chi?
- Sì, esatto, il mio improvviso buon senso! I traditori mi fanno schifo! - urlò la ragazza sconosciuta - Io e te la chiudiamo qui, è stato un piacere -.
Daphne avrebbe voluto sporgersi per poterla guardare ma erano troppo vicini e se l'avessero vista cosa si sarebbe potuta inventare? E poi avrebbero smesso di parlare proprio nel momento in cui stava finalmente scoprendo qualcosa senza dover mettere in mezzo Harry.
- Eleanor è tutta una montatura! -
Si portò le mani alla bocca, Daphne, evitando che un mugolio di sorpresa le fuoriuscisse dalle labbra. Una montatura? Rizzò le orecchie per sentire il resto ma Louis disse solo che ne avrebbero parlato più tardi e poi andò via.
La ragazza non si mosse e Daphne fu sul punto di fingersi un po' alticcia (cosa più o meno veritiera) per passarle accanto e vedere chi fosse ma qualche istante dopo udì il ticchettio dei tacchi della ragazza e la sua occasione sfumò. Se Ellen avesse scoperto tutto quello che le era accaduto in sua assenza e in particolare di come Daphne si fosse fatta sfuggire due ottime scuse per indagare più a fondo (il bacio di Harry e la ragazza misteriosa) l'avrebbe legata ad una ruota in movimento e le avrebbe lanciato alla cieca una decina di coltelli come nello show di un circo ma senza la possibilità di sopravvivere.
Attese qualche altro minuto prima di rimettersi le scarpe e di tornare al party della BBC Radio, tempo in cui tornò a pensare a quello che era successo in quella stanza claustrofobica. La prima cosa che fece fu fiondarsi al bar per farsi fare un drink, uno di quelli forti che o ti stronca del tutto o ti da una botta di vita.
Quando lo buttò giù si rese conto che l'avrebbe stroncata, in particolare quando vide Harry un po' fuori fuoco in lontananza che la fissava facendo finta di ascoltare un gruppo di persone famose come lui. Il suo cervello, dunque, fece un lento collegamento fra le parole di Louis e quelle di Harry sul fatto che gli vengano imposte delle cose e tutto fu più chiaro.
Louis doveva far credere al mondo di vivere un'idilliaca storia d'amore con Eleanor Calder per pubblicità o per qualche strana e subdola manovra di marketing. E la cosa più incredibile, per Daphne, era come lui avesse potuto accettare una cosa del genere. Che fosse capitato anche agli altri?
Per lei era inconcepibile il pensiero di rinunciare alla sua libertà per qualcosa di terreno come i soldi e la fama ma lentamente si rese conto che forse era proprio quello che stava facendo lei. Così scosse immediatamente la testa e si guardò attorno in cerca di una distrazione, perché quando non voleva pensare a qualcosa o affrontare un problema faceva di tutto per accantonare i pensieri che la tormentavano.
Fortunatamente una ragazza dai capelli rossicci l'affiancò al bancone dicendo: - Dov'è la tequila quando serve? -
- Serataccia? - le chiese allora Daphne pensando di aver trovato un'anima con cui condividere le pene di quella serata.
- Puoi dirlo forte. Anche per te? -
Daphne annuì e si allungò sul bancone per attirare l'attenzione del barman - Due tequila -.
La ragazza dai capelli rossicci le sorrise appena, sistemandosi i capelli ramati con la mano, sembrava stanca e stravolta ma ancora di più sembrava voler mascherare il tutto con un sorriso tirato e poco naturale - Non sono per niente abituata a questo genere di …cose - spiegò, accettando di buon grado lo shot di tequila che le stava porgendo il barista - Sono, come dire, nuova dell’ambiente - e poi lo alzò verso Daphne in segno di brindisi prima di buttarlo giù.
Daphne la seguì a ruota e strizzò gli occhi per un momento quando sentì la sua gola bruciare al passaggio dell'alcool che non vedeva l'ora di raggiungere il resto delle bevute di quella sera nel suo stomaco già abbastanza sottosopra. Quando li riaprì sì lasciò qualche istante per osservare la ragazza davanti a sé: in effetti non l'aveva mai vista. Non che lei frequentasse quegli ambienti ma non l'aveva neanche mai trovata su una sola delle pagine che pubblicava la rivista per la quale lavorava. Una sconosciuta come lei, insomma.
- Io le odio - mormorò tirandosi giù la gonna che non aveva fatto altro che salirle su per tutta la sera.
Penelope sentì una sensazione di sollievo, insieme all’ondata di alcol appena buttato giù, attraversarle il corpo. Si sentiva in un certo senso meno sola in quel momento. Nonostante avesse partecipato appieno alla festa, la discussione con Louis l’aveva messa fuori uso, le aveva fatto capire che quell’ambiente conservava così tanti segreti da apparire ormai fin troppo falso ai suoi occhi. Gente che si nascondeva dietro delle maschere e per cosa poi? Era come vendere la propria anima al diavolo e perdere ogni giorno pezzi di sé.
- Già.. - mormorò, forse dispiaciuta per Louis o forse per sé stessa - Io sono Penny comunque - disse abbozzando un sorriso - Sarò la nuova compagna di Nick Grimshaw alla radio -
- Daphne - accennò un sorriso anche lei appoggiando la schiena e i gomiti sul bancone mentre dall'altro lato della sala riusciva ad avvertire lo sguardo di Harry penetrarle la pelle senza neanche doverlo guardare. - Io sono.. - colei che lancerà una bomba atomica sui One Direction - ..scrivo sciocchezze per il Mirror di tanto in tanto - spiegò invece.
Avrebbe avuto di che parlare in radio quella Penny, una volta fatto l'articolo.
- Allora auguri per le prossime noiosissime e tiratissime feste della BBC 1 Radio, senza offesa - concluse accennando con la testa ai nuovi colleghi della ragazza che si facevano scattare fotografie con ognuno degli invitati.
- Per carità, se dovessero organizzare un’altra festa del genere conto di venire già ubriaca - scherzò Penny con un risata - O al massimo cercherò di fare ubriacare qualcuno per animare la serata così tu potrai scrivere qualche sciocchezza per il Mirror - continuò strizzandole l’occhio.
Poi si voltò appena e gli occhi azzurri di Louis furono la prima cosa che vide attraverso la sala gremita di gente.
Penelope tornò seria all’improvviso e guardò distrattamente l’ora sul suo piccolo orologio da polso - È stato un piacere conoscerti, Daphne. Spero di trovarti a qualche altra festa, ma adesso devo salutare un po’ di gente e poi vado via. Buona continuazione -
- In bocca al lupo – le augurò prima di fiondarsi sull'ultimo shot di tequila. Lo disse anche al barista che la guardò divertito – Giuro che è l'ultimo – disse buttandolo giù tutto d'un sorso. Poi si voltò di scatto pronta a riprendere il suo cappotto di pelliccia sintetica e a lasciare per sempre quel posto, evitando Ellen ed Harry.
Con Ellen fu facile, dato che la conversazione con un tizio della radio l'aveva catturata più del dovuto, ma Harry se lo trovò davanti svoltando l'angolo e non poté fare a meno di sobbalzare e portarsi una mano all'altezza del petto per lo spavento.
- Mi stai seguendo? -
- Sì - mormorò il ragazzo guardando un attimo attorno – Possiamo parlare un momento? -
Daphne roteò gli occhi e si chiese come avesse mai potuto pensare di andarsene da quella festa totalmente indisturbata.
- No, Harry – disse riprendendo a camminare verso l'ascensore. Lui la seguì tenendo tranquillamente il passo, mentre il suo era esageratamente instabile.
- Perché? -
Daphne, ferma davanti l'ascensore, premette con fretta il pulsante ed incrociò le braccia al petto mentre Harry fermo davanti a lei la pregava di dire qualcosa. Lei sbuffò e alzò la testa verso di lui per intimargli di lasciarla in pace ma qualcuno chiamò il ragazzo distraendolo per un attimo, salvandola da un penoso rifiuto. S'intrufolò subito all'interno dell'ascensore e quando le porte iniziarono a chiuderle vide Harry alzare agli occhi al cielo imprecando silenziosamente.


Penny non aveva mai fatto caso alle foto che Louis teneva sulla parete del suo soggiorno. Non si era mai soffermata a guardarle o a osservare i visi sorridenti impressi su quelle polaroid appese a dei fili di spago. Se solo fosse stata più attenta si sarebbe accorta immediatamente del bellissimo rapporto che Louis aveva con le sue sorelline o del forte legame con i suoi amici di vecchia data o con gli altri ragazzi della band, si sarebbe anche accorta dell’incredibile somiglianza con la giovane donna che aveva il suo stesso sorriso e i suoi stessi occhi blu, deducendo che fosse sua madre. E se davvero avesse fatto molto più caso a quelle foto si sarebbe immediatamente accorta dell’assenza di foto insieme ad Eleanor.
Su quella parete piena di ricordi e di immagini che testimoniavano legami indissolubili, sorrisi fraterni ed esperienze incredibili non c’era una singola foto di Eleanor. E forse erano state rimosse da poco perché in alcuni punti era possibile vedere degli spazi vuoti, dei buchi in mezzo ad una vita all’apparenza felice e spensierata.
- Non ti eri mai fermata a guardarle! -.
Louis era ritornato dal bagno e adesso la guardava con un’espressione quasi indecifrabile, camuffata da un sorriso stanco. Aveva i capelli scombinati e aveva slacciato i primi tre bottoni della camicia nera, lasciando intravedere alcune lettere del suo tatuaggio sul petto. Le maniche erano state arrotolate fino al gomito così da mostrare le braccia piene di tatuaggi che sembravano più adesivi rubati da un libro per bambini.
- Sono delle belle foto! - ammise Penny, abbozzando un sorriso.
La ragazza non aveva idea di cosa dire né di come comportarsi, non dopo quello che Louis le aveva detto. E non poté fare a meno di distogliere lo sguardo e spostarlo nuovamente sulle foto appese alla sua sinistra. Tutto pur di non notare gli occhi spenti di Louis.
- Possiamo parlare? - la voce bassa del ragazzo la fece voltare nuovamente nella sua direzione e si ritrovò semplicemente ad annuire mentre lui le si avvicinava per farla sedere sul divano. Penny si irrigidì quando Louis le prese la mano e la strinse tra le sue dita, considerandolo un gesto troppo intimo, più dolce e profondo del semplice sesso. E lui se ne era accorto, Penny lo capì da come la stava guardando, quasi smarrito, come se avesse bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi per iniziare a buttare fuori i suoi segreti più nascosti. Così non le lasciò la mano e iniziò a parlare.
- La mia relazione con Eleanor è una montatura, ma non è sempre stato così… siamo stati davvero insieme, l’ho amata davvero, le cose andavano davvero bene tra di noi. Lei sembrava affrontare bene i lunghi periodi di lontananza e io ne ero felice, perché non so quante ragazze avrebbero potuto scendere a patti con i miei impegni. Un giorno, però, i nostri manager ci hanno presentato un contratto col quale ci saremmo impegnati a mantenere la nostra relazione intatta e quindi di restare insieme almeno fino a tre anni. Ovviamente sono andato su tutte le furie, non avevo intenzione di firmare -
- Perché farvi firmare un contratto? - lo interruppe Penny, perché quello che Louis stava dicendo non aveva alcun senso per lei.
- Perché così siamo facilmente controllabili. Non sono l’unico ad essere intrappolato in un contratto del genere, ognuno ha la sua parte da recitare per le apparenze, per i fotografi e per i fan - spiegò Louis, abbassando lo sguardo mentre un sorriso amaro prendeva forma sulle sue labbra sottili.
- E quindi tu ed Eleanor avete firmato e ora siete in trappola? -
- Sì. Ovviamente, io non volevo, ero sicuro della nostra relazione e di quello che provavo per lei. Non avevo bisogno di uno stupido contratto per restare con lei. Ma Eleanor ha detto che non ci sarebbe stato nulla di male nel firmarlo, alla fine era una stupida formalità che non avrebbe cambiato nulla. Ma da quel giorno le cose hanno iniziato a rompersi. Quel contratto mi infastidiva, non riuscivo più ad essere me stesso, non capivo se la mia relazione con Eleanor fosse vera o ormai solo un prodotto pubblicitario, la coppia felice da mostrare ai paparazzi - Louis fece una pausa passandosi la mano libera sul viso stravolto. Penny rimase in silenzio, aspettando che continuasse a parlare, a sfogarsi, permettendogli di giocare con le sue dita, come se quella fossa l’unica cosa che riuscisse a tenerlo calmo - Così ho iniziato ad evitare di uscire con lei, non la portavo più con me durante i miei viaggi all’estero e abbiamo iniziato a non sentirci quasi più mentre io ero fuori. Poi, qualche mese fa, mentre ero in tour, lei ha deciso di venire e trovarmi e io l’ho lasciata, le ho detto che non provavo più niente per lei, che la nostra storia non aveva più nessun senso - poi le lasciò le mani di botto e si alzò, cominciò a camminare avanti e indietro per il salotto, come un leone in gabbia - Così ci siamo lasciati ma il contratto ci impone diversi impegni. Dobbiamo fare sempre qualche apparizione insieme, farci fotografare dai paparazzi insieme, andare in vacanza insieme - continuò elencando quelle cose sulla punta delle dita - Gli unici ad essere a conoscenza di questa situazione sono i ragazzi. Tutti pensano che io e lei siamo ancora una coppia, persino mia madre non ne sa nulla. Continuo a tenere questo segreto alle persone più importanti e … - sospirò abbassando le spalle rassegnato e poi piantò i suoi occhi azzurri su di lei e, con una tenerezza unica, affermò - ..e non ce la faccio più - semplice, diretto, stanco.
Nel salotto calò un improvviso silenzio, Louis sopraffatto dalle parole che aveva sputato senza fermarsi, Penelope spiazzata dal modo in cui lui fosse riuscito a raccontarle una verità che non aveva neanche rivelato a sua madre. Poi la ragazza aprì bocca e - Mentre raccontavi tutto mi sono fatta mille domande, ho pensato a un milione di cose da chiederti, perché, credimi, non riesco a trovare un senso al modo in cui venite usati come burattini, eppure c’è solo una domanda che voglio farti. Solo una. Perché ti sei fidato di me a tal punto da raccontarmi la verità? -
- Perché con te non devo pensare a niente, perché con te mi diverto, con te non devo fingere di essere qualcosa che non sono, con te è tutto più facile - ammise lui, con un tono così sincero che le mise una grande paura addosso.
- Louis, non.. - Penelope si alzò, con una voglia improvvisa di prendere le scarpe che aveva abbandonato davanti la porta e uscire da quella casa, perché non era così che gestiva le sue relazioni, non era così che voleva viverle, non con le sensazioni che Louis le sbatteva in faccia, non con la consapevolezza di essere la persona a cui aggrapparsi quando le cose non andavano bene. In quel momento si accorse che tutto le era sfuggito di mano e aveva lasciato che Louis si fidasse di lei, gli aveva permesso di confidargli i suoi segreti quando fino a quella sera, lei non si era neanche accorta delle foto che teneva appese alla parete - Non puoi, ok? Non puoi fare così, non sono la persona giusta per questo tipo di cose. Qui siamo andati oltre il limite consentito, tra di noi era solo sesso e ora c’è di mezzo molto di più -
- Ma di che stai parlando? -
- Lou, non innamorarti di me, per favore -
- Non potresti essere tu quella ad innamorarsi di me? - la sfidò lui, infastidito da quella richiesta.
- No, impossibile! - questa volta fu la risposta di Penelope a spiazzare il ragazzo che sciolse l’intreccio delle sue braccia e le fece cadere ai suoi fianchi.
- E perché? Perché sei così sicura di non poterti innamorare di me? -
- Lou, non credo nell’amore, non dopo aver visto mia madre perdere completamente sé stessa per un uomo. Ho perso il conto di quante volte mio padre l’ha tradita o di quante volte l’ha abbandonata. Lei si arrabbiava, si infuriava, si riprometteva di non voler avere nulla a che fare con lui. E poi lui ritornava - ammise Penny quasi con indignazione - E lei lo perdonava, lo riprendeva con sé senza accorgersi che ogni volta perdeva un pezzo di sé. Così mi sono ripromessa che non avrei fatto la sua stessa fine, non mi sarei mai ridotta così per un uomo, per quello che tutti chiamano amore, quando per me è solo qualcosa che ti distrugge e basta! - continuò con tono alterato, passandosi una mano tra i capelli ramati, si sentiva sfinita.
- Ma non puoi perdere fiducia nell’amore solo perché tuo padre ha deciso di essere uno stronzo! -
- Sempre meglio essere così che fingere di amare una persona solo perché delle persone te lo hanno imposto, non trovi? - ribatté la ragazza, lanciandogli un’occhiata torva, e solo quando si accorse dell’espressione afflitta di Louis, si pentì immediatamente di aver detto quelle parole. In fondo, Louis non se le meritava affatto, per cui - Scusami, non volevo.. - mormorò.
Lui non le rispose, preferì appoggiare le mani al bracciolo del divano concedendo a Penny solo la vista del suo profilo, del suo sguardo fisso di fronte a sé, della mascella serrata e delle dita strette alla stoffa del divano. In quel momento le ricordò la prima volta che lo aveva conosciuto, seduto al bancone di quel bar, con quella stessa aria sofferente e malinconica. Quella volta le era sembrato un poeta maledetto pieno di fascino e mistero, adesso vedeva solo un ragazzo triste e distrutto da quello che lo aveva reso famoso.
Poi lui si mosse, interrompendo il flusso di pensieri di Penelope, e si avvicinò a lei a passo svelto, gli occhi incredibilmente seri e fissi su di lei. Le dita di Louis si posarono quasi con forza sulla sua nuca e la sua bocca premette su quella di Penny in un bacio sporco e rude. Era un bacio arrabbiato, nervoso e stremato, era un bacio che rispecchiava tutto quello che Louis stava tenendo dentro, tutto quello che aveva bisogno di fare uscire una volta per tutte. Lei non poté fare a meno di stringere tra le dita la camicia di Louis e lasciare che la baciasse e che spingesse le sue mani sulla pelle del suo collo e della sua nuca e del suo viso. Lasciò che la barba di Louis le pizzicasse le labbra e le guance e gli permise di interrompere quel bacio strappandole un sospiro strozzato. - Non mi innamorerò di te - sussurrò Louis lasciandole un tenero bacio all’angolo della bocca - Te lo prometto, Penelope - e poi i suoi occhi blu la investirono con la stessa potenza di un uragano, le dita ancora strette al suo viso - Ho solo bisogno che questa cosa continui, in qualsiasi modo tu voglia. Scegli tu le condizioni, non m’importa, ma ho bisogno di qualcosa di reale nella mia vita. -.
Penny si ritrovò ad annuire prima ancora che Louis finisse di parlare - Va bene, Lou, va bene - disse pianissimo mentre gli scostava un ciuffo dalla fronte - Delle condizioni ne parleremo domani, adesso andiamo a dormire -.
Louis chiuse gli occhi e annuì contro la sua fronte, improvvisamente troppo stanco per parlare. Mano nella mano andarono in camera da letto e si sdraiarono insieme in quel letto troppo grande, senza neanche togliersi i vestiti.
Penelope si addormentò con la testa ingarbugliata di pensieri e col respiro pesante di Louis sulla nuca, senza rendersi conto che adesso non aveva più nessuna voglia di scappare.





Spazio Autore:
Buonasera gente! Strano ma vero siamo di nuovo qui con la seconda parte del capitolo "Secrets". Non abituatevici troppo perché il prossimo non lo abbiamo ancora iniziato quindi speriamo possiate avere la pazienza che ci avete sempre dimostrato (: (cercheremo di fare in fretta comunque, tranquilli!)
Bè che dire.. qui si conclude questa bizzarra serata, piena di colpi di scena! In particolare il bacio di quei due. Si sono baciati, amen. hahahahhaha finalmente <3 (ma lei è fuggita. Perdoniamola perché non sa quello che fa) E la rivelazione di Louis a Penny.. sì, Eleanor è una montatura gente! *gongoliamo tutti insieme* E ancora Daphneche ha ascoltato la conversazione.. cosa ne farà di queste informazioni?
E l'incontro delle ragazze, nessuna delle quali sa ancora chi è l'altra, il povero Harry che cerca invano di parlare con Daphne e la discussione di Penny e Louis fortunatamente finita bene ma che ha ci ha lasciato taaaaanti spunti! Cosa ne pensate della piega che sta prendendo la storia? E delle scelte che stanno facendo i nostri protagonisti? Fateci sapere cosa ne pensate, sapete che ci farebbe un immenso piacere!
Alla prossimaaa!

Fra&Vale

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Capitolo 7
*** Words as weapons ***


 

Capitolo 7 – Words as weapons

 


 

You've got to find some way of saying it
without saying it.

Duke Ellington

 






 

Neanche per quel gelido martedì mattina di inizio Dicembre, la sveglia ebbe pietà di Penny, né di Louis, che al suo fianco stava mugugnando qualcosa contro il cuscino.
- Dannazione - bofonchiò la ragazza spegnendo quell’insistente melodia, una canzone che fino a qualche mese fa aveva adorato e che ora era diventata il suo peggiore incubo.
- Che ora è? - Louis aveva aperto gli occhi e aveva allungato un braccio per stringerla a sé.
- Le cinque.. devo andare a lavoro -
- No, non devi. Bidona Grimmy e stai con me -.
Erano passati poco più di tre giorni dalla famosa festa della BBC Radio e dallo sfogo di Louis e loro avevano ripreso le loro normali abitudini, includendo qualche appuntamento segreto nel corso della giornata e qualche chiamata notturna prima di andare a dormire. Penny aveva ben delimitato i confini e sembravano affrontare quella sottospecie di relazione nella più completa tranquillità. Eppure, la sera precedente Louis si era presentato a casa sua con le mani affondate nelle tasche e con un’espressione infinitamente stanca e sconsolata, sfinito per aver passato tutta la giornata in giro con Eleanor e a farsi paparazzare mano nella mano con lei. E Penny lo aveva fatto entrare nella sua camera e lo aveva fatto dormire nel suo letto, infrangendo la regola più importante e cioè che casa sua era off-limits.
- Non posso - gli rispose ma Louis aveva già iniziato a baciarle la spalla oltre il tessuto della camicia che la ragazza usava per dormire.
Lei si voltò a fronteggiarlo, stretta tra le braccia del ragazzo che le sorrise teneramente - Buongiorno -
- Ciao - sussurrò allungandosi verso di lui per lasciargli sulle labbra un dolce bacio mattutino, che sapeva di sogni ancora intrappolati tra le lenzuola e tra i cuscini, che sapeva di coperte calde e mattine innevate.
- Posso fare qualcosa per evitarti la radio stamattina? -
- È il mio secondo giorno, non voglio evitarla - replicò chiudendo gli occhi - Mi piace lavorare lì -
- Va bene - Louis si chinò su di lei, questa volta approfondendo il bacio che si erano appena scambiati mentre le mani erano scivolate dentro la camicia da notte ad accarezzarle la pelle della schiena, tracciando languidi sentieri lungo la spina dorsale, toccando una piccola cicatrice che Penny si era fatta da bambina durante una delle sue innumerevoli marachelle. E poi la mano di Louis scese nuovamente attraverso il fianco, accarezzando la coscia della ragazza in tutta la sua lunghezza, fino a costringerla ad intrecciarla attorno al suo corpo.
E Penelope ridacchiò contro le sue labbra prima di rivolgersi a lui con un sussurro sensuale - Hai qualcosa in tasca o sei felice di vedermi? -
- Ohh credimi, sono dannatamente felice di vederti! - replicò Louis ridendo e poi la baciò di nuovo, questa volta facendola sdraiare sulla schiena così da sovrastarla immediatamente dopo col suo corpo, tra il calore delle sua pelle così accogliente e morbida - Hai un così buon profumo - mormorò lasciando una scia di baci sul collo di Penelope, che con le mani strette ai capelli di Louis, nascose un sorriso, mordicchiandosi le labbra.
In un istante le dita del ragazzo presero ad armeggiare con i piccoli bottoni della camicia da notte di Penny, slacciandoli lentamente poco sotto il seno, scoprendo così la pancia piatta della ragazza. Si chinò su di lei per baciarne ogni centimetro, lasciando silenziosi baci attorno all’ombelico e poi scese ancora giù, baciando lentamente la pelle sopra l’attaccatura degli slip blu di Penny - Ho intenzione di farti fare tardi a lavoro - mormorò alzando lo sguardo su di lei, che con occhi profondi e caldi lo osservava in silenzio e con le mani strette alle lenzuola - E se facessimo la doccia insieme? -
- E se la doccia insieme la facessimo dopo? - la provocò Louis con leggero morso sul fianco.
Penelope sembrò pensarci un istante, valutando le opzioni possibili, ma rendendosi conto che non le importava proprio nulla delle alternative alternative, e - Spogliati, Tomlinson! -.
E fu quando Louis si leccò le labbra, pronto a sfilarsi i boxer neri, che un urlo interruppe la quiete delle cinque del mattino nel loro appartamento.
- Eve! - esclamò Penny, scansando il ragazzo e correndo fuori dalla stanza, seguita a ruota da Louis.
Quando arrivarono in salotto trovarono Eve appoggiata allo stipite della porta della cucina, con le mani a coprire la faccia - Che è successo? - le domandò Penny allarmata.
- Quante storie che fai, Eve! - e un uomo sulla quarantina uscì dalla cucina dando una pacca sulla spalla alla povera Eve, che non aveva ancora avuto il coraggio di scoprirsi il viso, e non perché avesse visto un fantasma, ma perché l’uomo in questione era totalmente nudo, se non per un cappello di lana che portava sui lunghi capelli castani, e sembrava non importargliene nulla.
Penny scosse la testa, guardandolo senza battere ciglio - Mike, che diavolo ci fai qui? -
- Casa mia si è allagata stanotte e non avevo un posto dove stare..quindi sono venuto qui -
- Ma come sei entrato? -
- La vostra serratura non è per niente sicura.. entrare è stato un gioco da ragazzi, dovreste cambiarla - spiegò l’uomo, in tutta tranquillità, grattandosi la pancia e tenendo con l’altra mano una bottiglia di latte. Poi i suoi occhi scuri intravidero Louis alle spalle di Penny che osservava la scena sbigottito - E tu chi sei? - gli chiese per poi rivolgersi alla ragazza dai capelli ramati - Quante volte ti ho detto di non far dormire i ragazzi a casa tua. È così che metti in pratica i miei insegnamenti? -
- Tu non mi hai insegnato proprio nulla - replicò lei, incrociando le braccia al petto.
Mike portò una mano al petto, mostrandosi affranto per le parole della ragazza - Così mi spezzi il cuore - aggiunse con tono melodrammatico.
- Ma chi è? - Louis aveva affiancato Penny e adesso osservava quell’uomo con inorridita curiosità.
- Non gli hai mai parlato di me? -
Penny ignorò del tutto la domanda dell’uomo e sospirò rassegnata - Mike, non potevi semplicemente bussare stanotte? Ti avremmo aperto noi e non avresti fatto venire un colpo alla povera Eve - che adesso si era ripresa dallo shock e fissava un punto indefinito sulla parete della cucina.
L’uomo ignorò totalmente Penelope e allungò una mano verso Louis per presentarsi - Io sono Miguel, lo zio preferito di Penelope -.
Louis, seppur con una smorfia di disgusto, strinse la mano di quell’uomo ancora nudo davanti a lui e poi si voltò a guardare Penny che adesso era andata a confortare la povera Eve.
- In realtà si chiama Michael - lo corresse la ragazza - Ma ha una fissa per i nostri antenati spagnoli e si fa chiamare Miguel -
- Sai, il mio bisnonno era un gitano che viveva nel Sacromonte di Granada - iniziò a spiegare a Louis, sedendosi comodamente e in tutta la sua nudità sul divano - Siediti accanto a me, ragazzo - affermò dando una pacca sul posto libero accanto a sé - Ti racconto la storia della nostra famiglia -
- Io..veramente.. -
- Gliela racconterai un’altra volta, Mike, io devo andare a lavorare e lui deve andare via -
- Va bene, allora io torno a dormire -
- E metti qualcosa addosso. O la povera Eve resterà traumatizzata a vita! - gli intimò Penny puntandogli un dito contro per poi trascinare Louis in camera da letto.
Una volta chiusi nella stanza della ragazza Louis si ributtò a letto e la osservò scegliere i vestiti da quell’armadio colmo di roba e incredibilmente disordinato - Non vuoi riprendere da dove abbiamo interrotto? - le domandò.
- Devo sbrigarmi, si è fatto tardi! E tu dovresti vestirti e tornare a casa -
- Giusto, hai ragione - Louis borbottò alzandosi dal letto. Una volta indossati jeans e maglietta si guardò intorno con una smorfia - Sai dove ho messo la felpa? -.
Penny, con i propri vestiti stretti al petto e i boccoli ramati arruffati, raccolse la felpa verde di Louis dalla poltrona che occupava un angolo della sua stanza - Eccola! - rispose, buttandogliela tra le braccia - Io vado a prepararmi, ci sentiamo -
- Ehi, ehi, aspetta - con la felpa messa per metà, Louis allungò una mano e afferrò Penny per un braccio prima che lei andasse via - Ci vediamo stasera? Vieni da me? - le sussurrò ad un soffio dalle sue labbra.
- Uhm - Penny arricciò le labbra per pensarci un po’ su ma anche per nascondere quel sorriso che proprio non aveva potuto fare a meno di prendere forma - Ci devo pensare! - e poi gli diede un bacio sulla guancia prima di scappare dalla stanza e lasciare Louis con indosso una felpa a metà e un sorriso che a metà invece non avrebbe lasciato affatto.


Harry Styles quella mattina si era alzato dal letto alle sei in punto. Si era buttato sotto la doccia più per svegliarsi che per altro e si era asciugato i capelli in fretta e furia dando vita ad una massa informe e castana che non aveva alcuna intenzione di darsi una regolata. Perciò, indossato un paio di pantaloni neri ed una delle sue tante camicie dalle fantasie indecifrabili, decise di domarli coprendoli con un cappello a tesa larga. Quando uscì di casa e fece partire la sua auto, esattamente quindici minuti dopo essersi catapultato fuori dal letto, si rese conto di non essere affatto stanco nonostante quella stessa notte non avesse chiuso occhio. I pensieri non glielo avevano permesso, perché erano stati tanti, diversi ed insistenti e lo avevano tormentato finché alle prime luci dell'alba non aveva deciso che per farli smettere avrebbe dovuto agire. All'inizio, Harry, aveva pensato a quanto la sua vita fosse cambiata in quegli anni, come faceva ogni notte prima di addormentarsi. Ma solitamente poi chiudeva gli occhi con un sorriso sulle labbra, perché in fondo stava facendo ciò per cui era stato messo al mondo e lo stava facendo con le persone migliori che potevano capitargli. Il prezzo da pagare non gli era mai sembrato un ostacolo così grande, non fino a quella notte. Fissando un punto indefinito del soffitto della sua camera da letto, allora, aveva pensato alle cose a cui aveva rinunciato. Aveva pensato a quanto triste fosse quel letto senza qualcuno con cui condividerlo, senza qualcuno da stringere e da coccolare dopo un brutto sogno; ma aveva pensato anche a Louis che era sempre costretto a fingere di condividere felicemente il suo con qualcuno che non amava.
E poi aveva pensato a Daphne, al modo in cui l'aveva conosciuta, a quanta normalità e quotidianità ci fu in quell'incontro e a quanto gli mancassero quelle cose. Lei era l'emblema di una vita che non gli apparteneva più ma che desiderava ardentemente. Harry pensò alla semplicità dei momenti che avevano passato senza tutto ciò che i One Direction comportavano. Seduti sul divano a guardare un film, o chiusi in uno sgabuzzino a raccontarsi segreti sulla propria vita. E per la prima volta Harry pensò che forse, anche solo per una notte, avrebbe scambiato la sua vita con quella di un altro. Di un ragazzo qualsiasi con uno zaino in spalla. Pensò che avrebbe bussato alla porta di quella ragazza in piena notte, senza badare ai vicini che gli avrebbero sbraitato contro, perché lui sarebbe stato solo Harry. L'avrebbe svegliata e l'avrebbe portata in un posto bellissimo senza rispondere per tutto il tragitto a domande come “Dove mi stai portando?”. Poi si chiese se la sua vita, quella vera, fosse compatibile con una cosa del genere. Se questi due tipi di vite potessero coesistere nella stessa persona senza entrare in contrasto, senza distruggersi l'una con l'altra, senza ferire nessuno. Non l'aveva mai sperimentato, però voleva farlo. E doveva farlo in quel momento, perché le acque erano calme e non aveva alcun disgustoso dovere da star da rispettare.
Harry si era persino alzato quando la luce della luna filtrava ancora fioca attraverso le persiane della sua camera da letto, ma poi si era rituffato sul materasso affondando la testa nel cuscino perché non poteva certo presentarsi a casa di Daphne a quell'ora. Non era un ragazzo qualsiasi con uno zaino in spalla e soprattutto lei non voleva vederlo. Perciò prima di piombare alla sua porta nel bel mezzo della notte doveva farsi perdonare - anche se non sapeva per cosa - e doveva trovare il modo per convincerla che Harry Styles poteva essere solo Harry.
Alla fine aveva deciso di presentarsi a casa sua di prima mattina e di prepararle la colazione, per quello prima di parcheggiare definitivamente aveva fatto una sosta in un bar e aveva preso una dozzina di cupcake. Una volta entrato in casa, in silenzio e usando le chiavi che Gemma gli aveva dato per le emergenze, Harry si era catapultato in cucina e aveva iniziato a rovistare nel frigorifero, negli armadietti e nella dispensa in cerca di qualcosa da preparare con le sue mani, perché tutti sapevano comprare dei dolcetti già confezionati.
Optò per dei pancake, la cosa che in effetti gli veniva meglio, perché riuscì a trovare della panna spray e dei frutti di bosco in fondo al frigorifero. Alla fine, sul piatto di pancake ancora caldi, spolverò anche un po' di zucchero a velo che lo fece sorridere perché quella colazione gli era venuta proprio bene. Versò il succo ai mirtilli e quello alla pesca in due brocche di vetro e le posizionò al centro del tavolo, curando anche l'angolazione dei tovaglioli. Era così nervoso che alla fine decise di lasciar perdere la tavola, così si sedette e addentò una fragolina di bosco sfuggita al suo destino ma presto si rese conto di non avere fame perché il cigolio di una porta che si apriva e lo scricchiolio del pavimento sotto i passi leggeri di qualcuno gli avevano fatto attorcigliare lo stomaco. Gli venne un groppo alla gola quando la vide attraversare la stanza sovrappensiero. Aveva indosso un paio di jeans strettissimi ed Harry deglutì rumorosamente non appena i suoi occhi caddero inevitabilmente sulla curva del suo sedere. Ma lei non si era minimamente accorta di lui, troppo presa a rovistare all'interno della sua borsetta, così il ragazzo si schiarì la voce facendola sobbalzare.
- Harry.. c-che ci fai qui? -.
Il ragazzo si alzò e si avvicinò lentamente a lei sorridendo un po' imbarazzato, perché in effetti non sapeva neanche da dove cominciare. - Ho preparato la colazione – disse indicando con un gesto della mano la penisola della cucina imbandita – Ti va di mangiare qualcosa? Ho fatto i pancake e ho preso un po' di cupcake.. -
- Harry - lo interruppe lei sospirando - Io.. devo andare, mi dispiace -.
Harry rimase senza parole, letteralmente, e immobile la osservò armeggiare con l'appendiabiti accanto alla porta d'ingresso. Poi, mosso forse dalla sua dignità di uomo, la raggiunse e le sfiorò il braccio – Io ho bisogno di parlarti, Daphne -.
Ma lei sembrava volesse addirittura sfuggire al suo sguardo, figuriamoci alle sue parole. - Senti, quello che è successo alla festa.. -
- Non c'è nulla da dire, Harry. E io devo andare, sono in ritardo – lo interruppe ancora la ragazza dai capelli castani e gli occhi verdoni che guizzavano da una parte all'altra della stanza evitando puntualmente quelli di Harry.
Lo oltrepassò e si infilò il cappotto grigio e il cappellino di lana sotto lo sguardo di Harry che seguiva ogni suo minimo movimento senza fiatare. Non sapeva cosa dire e, se avesse parlato, avrebbe potuto fare un grosso casino perché era incazzato, molto incazzato.
Era incazzato perché lei continuava ed evitarlo senza neanche dargli la possibilità di dire una sola parola, era incazzato perché Daphne fingeva che il bacio che si erano dati nello sgabuzzino non fosse mai esistito, o che non fosse importante, quando Harry sapeva benissimo quello che aveva provato. E ricordava persino la pelle d'oca i sospiri di lei, quelli non se li era di certo immaginati.
- Non mi puoi evitare per sempre, dannazione! - esclamò col tono più calmo che riuscì a tirare fuori in quel momento. Si era dimenticato della colazione e di tutto quello che li circondava. Riusciva solo a fissarla mordicchiarsi il labbro inferiore con nervosismo, con lo sguardo sempre basso e il respiro un po' irregolare.
Nonostante tutti gli evidenti segni, Daphne gli rivolse un'ultima frase - Non ti sto evitando e comunque sono in ritardo, ci vediamo -. Detto ciò afferrò la sua borsa e senza guardarlo, ancora, uscì di casa velocemente lasciandolo solo con una colazione ancora intatta.
- Fantastico - borbottò lui prima di dare un calcio al divano che provocò un tonfo sordo. Pochi minuti dopo, forse svegliata da quello strano eccesso d'ira, comparve un'assonnata Gemma che si fiondò immediatamente sul buffet.
- Hai preparato la colazione fratellino! Grazie – cinguettò sedendosi accanto a lui e scoccandoli un sonoro bacio sulla guancia prima di addentare il cupcake dalla glassa dello stesso colore dei suoi capelli. Harry sospirò e lasciò andare anche il pancake che aveva afferrato lasciandolo intatto – Serviti pure – borbottò giocherellando con la forchetta vuota.
- Ma che hai? - gli chiese Gemma masticando ancora il suo boccone, tempo un secondo e si rese conto della situazione - Ommioddio, non era per me questa colazione! -
- Che perspicacia -
- Lo sapevo che ti piaceva, lo sapevo! -
- E' una stronza - borbottò il ragazzo lasciando cadere la testa sul tavolo, mentalmente e sentimentalmente esausto.
- Non è una stronza, devi solo saperla prendere -
- Sembra che tu stia parlando di un animale -.
Gemma scosse la testa e diede un altro morso al suo cupcake -Siamo tutti animali, Harry. Daphne ha bisogno di essere spronata, devi gettarle la verità addosso -
- Se solo mi facesse parlare -
- E' questo il punto! Devi forzarla, se non vuole parlare tu la costringi a farlo. Non c'è bisogno di fare il carino con lei, così la fai scappare ancora di più! Devi solo avere le palle di tenerle testa e farti valere - Harry fissò in silenzio un punto indefinito della tovaglia di plastica e capì cosa sua sorella intendesse con quelle parole. - Allora mi odierà quando vedrà cosa le ho fatto recapitare al giornale -


Louis adorava parlare al telefono con sua madre, gli piaceva essere aggiornato sulla vita della sua famiglia, sulle scorribande delle gemelle e sulle crisi adolescenziali di Fizzy e Lottie. Si chiedeva spesso come si sarebbero evolute le loro vite se lui non fosse andato a X-Factor. Se lo chiedeva più o meno sempre e a volte anche sua madre, al telefono, esordiva con una domanda del genere. Per questo adorava parlare al telefono con lei e sorrideva quando gli parlava della gravidanza e di come si sentisse pesante con quel pancione immenso.
Ma quando, quel giorno, sua madre iniziò a parlare delle feste natalizie, il sorriso svanì quasi improvvisamente perché - Eleanor pensa di passare il giorno di Natale con noi o andrà a casa dai suoi? - aveva chiesto Jay in piena serenità.
E Louis si ritrovò a corto di risposte e si passò una mano sulla nuca con fare imbarazzato mentre varcava il portone del suo condominio - Non ne abbiamo ancora parlato - rispose qualche istante dopo in cui Jay aveva atteso respirando piano dall’altro capo del telefono - Adesso devo staccare, ci sentiamo più tardi - - Va bene, tesoro! A presto! Salutami El -.
La chiamata venne interrotta lì mentre Louis saliva sull’ascensore con la testa china e con un’incredibile voglia di parlare a sua madre di quella bizzarra ragazza che aveva fatto entrare nella sua vita e che gliela stava sconvolgendo, quella vita, o forse gliela stava solo facendo vivere un po’ di più.
Del fatto che gliela stesse sconvolgendo poi ne ebbe un’ulteriore conferma perché quando entrò in casa trovò Penelope al centro del suo salotto piegata in una sorta di posizione yoga che sottolineava una flessibilità che Louis si era ritrovato ad apprezzare inconsciamente - Ma…che stai facendo? - le chiese richiudendosi la porta alle spalle e guardandola con perplessità.
Penny rilasciò un sospiro lento dalle labbra - Si chiama posizione del piccione reale su una gamba - spiegò continuando a tenere la gamba sinistra ben piegata dietro la schiena e col piede a toccare la testa.
- Ok… e perché lo stai facendo nel mio salotto? -
- Perché come ben sai mio zio è venuto a stare da me e mio fratello ha deciso di passare il resto del pomeriggio insieme a lui, nel mio salotto, a guardare la tv, e in casa mia non c’è pace - spiegò con tono lento e modulato mentre abbassava la gamba e scioglieva l’intreccio di quella posizione che Louis non avrebbe mai immaginato fosse possibile.
- Va bene - il ragazzo si sedette sul divano di fronte a lei e la osservò mentre intrecciava le gambe tra di loro e respirava piano. Aveva ancora gli occhi chiusi e solo in quel momento ne aprì uno per sbirciare Louis e piegare le labbra in un mezzo sorriso.
Lui si limitò a ricambiare quel sorriso con uno un po’ stanco - Vedo che hai usato la chiave che ti ho dato - constatò con un po’ di sorpresa nella voce. Non pensava che l’avrebbe usata così, specialmente perché quando le aveva dato quelle chiavi solo per rendere i loro incontri più semplici, lei le aveva accettate con titubanza e un’espressione un po’ confusa.
- Sì.. - borbottò Penny - Ma ho intenzione di restituirtela - disse poi chiudendo di nuovo gli occhi.
- Perché? - domandò, nonostante un po’ se lo aspettasse, in realtà.
- Perché va contro le regole - spiegò Penelope con una semplicità tale che lo fece innervosire. Lei e quelle regole, lei e quelle distanze. Così Louis si alzò dal divano, sbuffando e dirigendosi verso la cucina perché in quell’istante aveva bisogno solo di non ascoltare altro.
- Che c’è? - la voce di Penelope.
- Niente, Penelope, niente - replicò con una nota spazientita nella voce quando la vide entrare in cucina nella sua tenuta da yoga.
- Non è niente se ti rivolgi in questo modo. Che ti prende? - lo interrogò lei, incrociando le braccia al petto e osservandolo attentamente.
Perché lei lo studiava sempre, seguiva i suoi movimenti ogni istante ed esaminava con meticoloso impegno le sue espressioni ogni volta che le diceva qualcosa. Ed era una cosa che lui non riusciva mai a sopportare perché si sentiva come se lei dovesse per forza prevedere le sue mosse in anticipo, come per difendersi da qualsiasi cosa potesse dirle o fare.
E lui non riusciva a tollerarlo.
- Senti, quelle chiavi non significano nulla, lo sai bene, non mi sto innamorando di te, stai tranquilla - ribatté infastidito mentre versava dell’acqua in un bicchiere e poi aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito. Immediatamente dopo ci ripensò e - Hai mai pensato di vivere in modo più sereno senza dover costruire problemi su problemi nella tua testa? Senza dover costantemente stare attenta a tutto quello che fai? Hai mai avuto una relazione senza pensare a quale sia la mossa giusta da fare o la parola giusta da dire? Perché, credimi, è davvero estenuante! E poi parli tanto di regole quando invece quelle chiavi le hai usate senza che io ti chiedessi di venire a casa mia, quindi smettila una volta tanto di parlare di queste dannate regole e vivi la tua vita senza paranoie - e Louis non si era accorto neanche di aver alzato la voce, se ne rese conto solo quando notò lo sguardo sconcertato di Penelope e le sue labbra ridotte ad una linea ferma e decisa. E lui la fissò in silenzio, adirato in viso, per niente pentito di averle detto quelle cose, perché quella giornata era stata una di quelle giornate infernali, quelle da dimenticare e aspettare che finiscano, e percepiva uno smanioso bisogno di essere schifosamente sincero almeno con qualcuno. E lui con Penelope lo era sempre stato.
- Sapevi benissimo a cosa andavi incontro quando hai deciso di chiedermi di restare! - affermò la ragazza assumendo una posizione rigida e composta e alzando un po’ la voce - Hai detto che lo avremmo fatto alle mie condizioni e ok, queste sono le mie condizioni, se non sono di tuo gradimento posso sempre andare via e chiuderla qui. E questa cosa tra noi due non è neanche una relazione, non è niente. Io e te andiamo solo a letto insieme, se non sei in grado di gestirla, basta, diamoci un taglio. Non dovremmo neanche stare qui a litigare, dovremmo solo fare sesso! Solo perché hai avuto una giornata di merda non hai nessun diritto di prendertela con me. Questo puoi farlo con la ragazza che viene pagata per essere la tua fidanzata, non con me, hai capito bene? -
- Vai via - Louis lo disse piano, con tono basso e tagliente. E poi le passò accanto per uscire dalla cucina, senza neanche guardarla, senza neanche provare a sfiorarla, perché in quel momento voleva solo scaricare quella rabbia che lo faceva tremare, che gli impediva anche solo di respirare regolarmente.
Sprofondò sul divano mentre lei raccoglieva le sue cose dal pavimento in assoluto silenzio, pensando che in altre occasioni come quelle avrebbe chiamato proprio lei per calmarsi, per liberare la mente e sorridere un po’. Così si alzò dal divano e le strinse la mano attorno al polso per fermarla da tutto quello che stava facendo. E poi la baciò, senza preavviso, senza dirle nulla, costringendola a rispondere a quel bacio e stringendola a sé con urgenza, perché non voleva lasciarla andare via.
- Non puoi fare così - sospirò Penny contro le sue labbra mentre Louis cercava di riappropriarsene - Lou .. - e lei scostò il viso e la bocca di Louis si posò leggera sulla sua guancia, e il suo respiro pesante le solleticò la pelle.
- Te ne vuoi andare? - le chiese intensificando la presa su suoi fianchi, perché farla andare via era fuori discussione e perché era certo che lei non volesse andare via, non dal modo in cui si era aggrappata a lui e dal modo in cui stringeva le dita alla sua maglietta e una mano ferma sulla sua nuca, tra i suoi capelli. Lei serrò gli occhi, col respiro pesante e totalmente addossata a lui. Scosse la testa - No -
- Mi dispiace per prima - le sussurrò sincero.
- Dispiace anche a me - Penny soffiò appena tra le labbra arrossate e non ebbe neanche il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Se ne stava lì, irrigidita tra le sue braccia, col respiro pesante e le dita strette alla stoffa della sua maglietta.
- Che hai? - le chiese, lasciandole un lieve bacio sullo zigomo prima di scendere lungo la linea del viso e poi sul collo bianco per poi sciogliere la crocchia scomposta che teneva i suoi boccoli ramati. I capelli le scivolarono sulle spalle in una cascata che sapeva di tramonti infuocati e foglie d’autunno. - Niente - mormorò col fiato corto cercando adesso le labbra di Louis che con urgenza si posarono sulle sue, e le mani di lui sotto la maglietta la fecero rabbrividire e poi lui prese a spogliarla, lentamente attraversando il suo corpo con le dita, marcando i polpastrelli sulla sua pelle come un pittore che dipinge a mani nude su una tela bianca, pronta per essere macchiata di colore, di emozioni e di pensieri.
La spogliò piano, in silenzio, guardandola distogliere lo sguardo ogni volta che lui affondava i suoi occhi azzurri in quelli di lei, e sorridendo contro la sua fronte quando lei lo spogliò a sua volta. La baciò di nuovo, trascinandola sul divano alle loro spalle, e la trovò bellissima, seduta su di lui, con poca stoffa a coprire il suo corpo ormai quasi nudo e morbido tra le sue mani. E la trovò bellissima quando la fece distendere sul divano e lei lo accolse a sé e lei lo guardò negli occhi per davvero. Lo guardava con due enormi occhi confusi, spaesati e, per la prima volta lei gli sembrò così fragile, con l’anima a soqquadro e i pensieri sottosopra. Louis non seppe dirlo perché lei li richiuse subito quegli enormi occhi disorientati, e lo baciò, attirandolo ancora di più a sé, stringendolo con le braccia, con le gambe e con la pelle. E Louis pensò che forse quelle brutte giornate potevano anche presentarsi ogni giorno, perché se c’era Penelope ad alleviarne il peso non c’era nessun bisogno di avere paura.


- Chassé, ragazze! -
Daphne osservò le bambine provare il passo scivolato e si avvicinò a correggerne qualcuna mentre Will continuava a tenere le braccia incrociate e lo sguardo da “sei fuori di testa per caso?” fisso su di lei.
- Non guardami in quel modo – mormorò la ragazza raggiungendolo in un angolo della sala.
- E' inevitabile quando mi dici certe eresie, Daph -
Lei sbuffò e si sistemò la crocchia ormai scompigliata con un gesto della mano – Ora piquè – ordinò alle sue allieve – Senti, so che il tuo sogno sarebbe che io mi trovassi un ragazzo con cui passare il resto della mia esistenza, felici e contenti come nelle fiabe.. ma questo non è Harry Styles -
Will di tutta risposta scosse la testa rassegnato e per un attimo a Daphne sembrò che i suoi capelli di marmo super ingellati si muovessero un tantino. - Harry Styles è il felici e contenti di qualunque donna al mondo che abbia almeno un neurone -
- Evidentemente io non ne ho -
- Mi spieghi almeno perché non vuoi dare una possibilità a questo ragazzo? Cos'altro deve fare per attirare la tua attenzione? Oggi ti ha preparato la colazione e l'hai snobbato, poi ti ha fatto recapitare in ufficio un mappamondo con su una parrucca platino e un paio di baffi, con un biglietto che diceva “e tu ci verresti con me?”, segno che nonostante l'alcool della sera in cui ti ha baciata si ricorda ogni singola parola che vi siete detti. Tu sei pazza. -.
- Pirouette – fece un paio di perfette pirouette e poi si torturò le mani evitando lo sguardo del suo amico di vecchia data che, sbattendo ritmicamente un piede per terra, stava aspettando una sua risposta.
- Allora? -
- Non posso – sospirò la ragazza con un filo di voce voltandosi verso la parete di specchi. Solo allora incrociò gli occhi di Will. attraverso lo specchio. Lo vide cambiare repentinamente espressione e avvicinarsi a lei per posarle le mani sulle spalle, nessuno la conosceva come lui, questo era certo.
- Cosa c'è sotto? Perché ho la netta sensazione che questo “non posso” non sia dovuto al fatto che non ti piace o che hai un rigetto incondizionato per le relazioni? -
- Grazie per la psicoanalisi, Will – borbottò la ragazza per poi mostrare un altro passo alle bambine – Non ho bisogno di un terapista -
- Lo sai che amo psicanalizzare tutto, è quello per cui i miei genitori adottivi stanno sborsando fior fior di quattrini – disse con un sorriso che svanì un esatto istante dopo per dare spazio alla sua espressione da psicologo decennale. - Ora dimmi perché non puoi spassartela con quel figone di Harry Styles. -
Daphne fece per aprire la bocca, mentre il suo cervello era intento ad elaborare una scusa plausibile da rifilargli, ma Will le piantò un dito davanti al viso – E non accetto mugugni, parole insensate e scuse improponibili. Lo sai che di me ti puoi fidare -
E quello era vero, Will era l'unica persona della quale si fidava ciecamente. Ne avevano passate tante insieme e quando a quattordici anni era stato adottato avevano continuato a sentirsi, a scriversi email, a consolarsi (in realtà era lui a consolare sempre lei) e a vedersi almeno per un weekend al mese. Will aveva addirittura cercato di convincere la sua nuova famiglia ad adottarla ma loro non potevano permettersi di mantenere un'altra adolescente con problemi relazionali.
- Ho bisogno di soldi, Will, e per avere un posto fisso al Mirror devo fare “lo scoop del secolo” - mormorò mimando con le dita delle virgolette immaginarie. Lui la fissò per qualche secondo, forse tentando di capire cosa volesse dire con quelle parole, e alla fine quando si portò le mani alla bocca Daphne capì che aveva compreso.
- Cazzo -
Lei abbassò lo sguardo imbarazzata, perché quella non era proprio una cosa da lei. - Già -
- Ma tu vuoi farlo? -
Daphne scosse la testa.
- Allora non farlo Daph, troverai un'altra soluzione -
In testa le balenò solo una soluzione ed era davvero l'ultima cosa che voleva fare. Poi un incessante vocio e un “Porca vacca!” di Will la fecero voltare di scatto in direzione della porta.
Harry era fermo all'entrata della sala da ballo e aveva l'aria di chi sta per fare il discorso della vita. Si fissarono per qualche istante finché Will, senza alcuna grazia, non le diede una gomitata in pieno stomaco facendola tossire – Sei impazzito? - borbottò mentre ad Harry scappò un sorriso.
- Bambine la lezione è finita, ci vediamo la prossima settimana – disse accompagnandole verso la porta perché sembrava non avessero alcuna intenzione di lasciare quella stanza.
Alice, una forza della natura di soli dieci anni, saltò addosso ad Harry che barcollò per un istante prima di riprendere l'equilibrio. Lui le sorrise e poi tutte lo circondarono saltellando come se fossero a Disneyland tant'è che Will dovette aiutarla a farle uscire.
- Mi correggo, ogni essere di sesso femminile – le disse all'orecchio Will che poi si avvicinò ad Harry tendendogli una mano.
- Io sono Will, è un piacere conoscerti. Daphne mi ha parlato di te -
Harry strinse la mano al ragazzo e nel frattempo la guardò con un mezzo sorriso indagatore – Ah sì? -
E poi calò un silenzio tombale, perché Daphne non riusciva a dire una sola parola e gli occhi verdi del riccio puntati addosso non aiutavano la sua causa.
- Bè io.. devo andare – disse allora Will e Daphne lo fulminò immediatamente con lo sguardo. Non poteva lasciarla da sola con Harry perché non aveva la minima idea di come tirarsi fuori da quella situazione, men che meno aveva voglia di ascoltarlo parlare di quello che era successo la sera della festa.
- Ma.. -
- Tesoro sono un uomo impegnato io – continuò il ragazzo prima di scoccarle un bacio sulla guancia e di salutare Harry.
Nel giro di pochi secondi rimasero soli in una sala piena di specchi. Era praticamente impossibile sfuggire allo sguardo di Harry perciò Daphne si decise finalmente a guardarlo negli occhi. Lui le diede subito l'impressione di essere nervoso ma parecchio motivato, perciò incrociò le braccia al petto e tentò immediatamente di dissuaderlo da qualsiasi cosa avesse in mente: - Ti ho già detto che non ho nulla da dire a riguardo Harry -
- Io sì -
La ragazza sospirò e si avvicinò alla sedia in fondo alla sala per raccattare la felpa ed uscire in fretta da quella situazione.
- Non m'interessa se non hai nulla da dire. Io parlerò e tu mi ascolterai -
Una breve risata nervosa le fuoriuscì dalle labbra – Come scusa? -
- Ti stai comportando come una bambina! - l'assalì lui allargando le braccia – Te ne rendi conto? -
Quelle parole la colpirono particolarmente perché ogni tipo di critica che le si muoveva contro Daphne la prendeva sul personale anche se era giusta, anche se una parte di lei la pensava allo stesso modo come in quel momento.
- Bene – disse allora con aria di sfida – Parla -.
Harry respirò a fondo e ci mise qualche secondo per organizzare le sue idee, perché fino all'ultimo non ci aveva sperato alla possibilità di parlarle; era sorpreso e sopraffatto dallo sguardo intenso di lei ma aveva una voglia matta di dirle cosa pensava. - Non capisco perché tu stia cercando di evitarmi in questo modo visto che il bacio che ci siamo dati è stato molto eloquente -
- Il bacio che ci siamo dati? - ripeté Daphne – Sei stato tu a baciarmi, Harry! -
Harry sgranò gli occhi – Non ci credo che lo stai dicendo! Io ti ho baciata, sì, ma non mi pare che tu ti sia tirata subito indietro -
Daphne deglutì perché era tutto vero quello che il ragazzo stava dicendo: lei non si era tirata indietro, almeno non subito e qualcosa l'aveva provata, che fosse stata dettata dall'alcool o meno. - Io.. - mormorò abbassando lo sguardo, di cedere non se ne parlava perché lei aveva un compito da svolgere - .. ero ubriaca. Quando mi sono resa conto di quello che stava succedendo mi sono allontanata -
Harry si passò una mano fra i capelli ed iniziò a camminare per la stanza, non l'aveva mai visto così serio. Lui era il ragazzo dal sorriso facile e dalle battute discutibili e si sentì un po' in colpa ad essere la causa di quel casino. Ma che altro poteva fare se non respingerlo prima che fosse troppo tardi? Prima di provare qualcosa per lui?
- Daphne- pronunciò il suo nome con intensità tornando davanti a lei, più vicino che mai – Noi ci siamo baciati, io lo so e anche tu. Non puoi negarlo dannazione! Anche tu mi hai baciato! -
- Non vuol dire che abbia significato qualcosa -
Harry la guardò come se volesse penetrarle l'anima e – Ah no? - disse prima di afferrarle il viso con irruenza per baciarla. E Daphne non capì più nulla, di nuovo. Le labbra di Harry fecero crollare ogni tentativo di difesa e lei si abbandonò ad esse perché sembrava essere incapace di fare qualsiasi altra cosa. Fu intenso, forse più della prima volta, ma durò poco e questa volta non per colpa sua. Harry l'aveva lasciata andare così improvvisamente come l'aveva presa e lei era rimasta con le labbra gonfie e l'espressione più confusa che avesse mai avuto.
- Hai visto? - disse lui e poi senza aggiungere altro se ne andò lasciandola sola in quella sala di specchi che non faceva che ripeterle che forse era già troppo tardi.





Spazio Autore:
Holaaa!!! Abbiamo partorito! Ebbene sì, siamo riuscite a pubblicare il nuovo capitolo. La realtà è che davvero siamo a corto di tempo ma non vi tedieremo con le nostre scuse e i nostri impegni e passiamo direttamente al capitolo!
Vi è piaciuto? A noi molto! Scriverlo è stato davvero coinvolgente! Come potete vedere abbiamo due new entry: lo zio Miguel/Mike e l'amico di Daphne, Will! Sappiate già che li adoriamo da impazzire e li troverete ancora nei prossimi capitoli!
Per quanto riguarda le "coppie".. bè.. ci sono tante cose da dire, a partire dalla mattina pensierosa di Harry! Per non parlare della colazione che le prepara *___________* isn't he adorable??? E ovviamente Daphne non se lo fila -.- avrei voluto picchiarla!
Ma Harold non si arrende e la raggiunge alla scuola di danza e fa un'uscita spettacolare, da Oscar quasi! Un applauso ad Harold! Così si fa! (vorrei fare una menzione particolare alle cose adorabili che ha fatto trovare in ufficio da Daphne! La dolcezza. Sposaloooooo!!!).
Poi quegli altri due mi faranno stare male! Lo giuro! La lite mi ha tolto dieci anni di vita e poi il riappacificamento super intenso mi ha tolto altri dieci anni di vita *___________* (e vorrei fare un ringraziamento particolare a Ed Sheeran, che c'è sempre quando devo scrivere scene difficili u.u ti amo, ginger). Louis poi è davvero favoloso e adorabile e Penny sembrava davvero moooolto confusa e spaesata! Chissà cosa avrà provato in quel momento...
Adesso basta con queste note, vi abbiamo annoiato abbastanza!
Speriamo di aggiornare presto col prossimo capitolo!
Voi fateci sapere cosa ne pensate del capitolo! Se vi è piaciuto o meno! Fatelo con una recensione, che male non fa!
Ciaoooooooo

Fra&Vale

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Capitolo 8
*** annuncio! ***


Ciao bellezze! Ci sembra doveroso scrivervi dopo che la nostra cara VeniVidiVici
ci ha mandato un mp chiedendoci della storia. No, non l'abbiamo abbandonata.
Sì, stiamo lavorando al nuovo capitolo e speriamo di pubblicare presto!
Non abbandonateci :D
Promettiamo di aggiungere presto il nuovo capitolo
Ciaooo!!

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