Mio amato fratello

di kiara_star
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 2: *** Un piccolo dono ***
Capitolo 3: *** La fonte di Jörmundgander ***
Capitolo 4: *** Il segreto dell'ancella ***
Capitolo 5: *** Il principe ferito ***
Capitolo 6: *** Doveri di Re ***
Capitolo 7: *** La lezione più importante ***
Capitolo 8: *** L'addio del fanciullo ***
Capitolo 9: *** Ali d'oro e argento ***



Capitolo 1
*** Ritorno a casa ***


cap1 Questa storia parte da un semplice what-if: e se fosse Loki il primogenito?
Avremo un kid!Thor e quindi ci sarà una sostanziale differenza di età fra lui e Loki, a dispetto del più popolare e canonico reverse.
Il loro sarà un rapporto puramente fraterno, perciò niente slash Thorki, ma solo brotherhood ♥
L'ambientazione è pressoché quella del movieverse, ma mi sono presa qualche licenza poetica per assecondare alcune mie personali scelte narrative. Non ho ritenuto di inserire quindi l'avviso AU perché credo di non aver particolarmente stravolto l'universo canon.
Anche il carattere di Thor può essere un po' diverso dall'originale almeno per i primi capitoli, ma ho cercato di tenere fede alle sue peculiarità quanto più possibile. Mentre Loki è il solito mio Loki ^-^
Questo è il primo di nove capitoli che posterò settimanalmente avendoli già scritti tutti.
C'è una canzone che mi ha accompagnato durante la stesura e credo possa essere considerata come la soundtrack dell'intera storia. È Collide di Howie Day che potete ascoltare QUI ^^
Bene, credo sia tutto.
Se vi va di continuare allora buona lettura e grazie per il vostro tempo. ^///^

Kiss kiss Chiara
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“Mio amato fratello”




Capitolo 1
[Ritorno a casa]







Quando il principe Loki fece ritorno ad Asgard era poco dopo il mezzogiorno.
Sul sentiero che lo avrebbe condotto dinanzi ai cancelli, un rosso tappeto di foglie cadute: l'autunno già inoltrato dava il bentornato al giovane figlio di Odino.
Aveva scelto di non farsi annunciare, preferendo che il suo rientro in madre patria fosse accompagnato dalla sorpresa di sua madre e da quella di suo padre.
Sorrise, in sella al suo cavallo dal manto bruno, cavalcando dolcemente e mirando il paesaggio familiare che gli era mancato.
Sei anni, sei lunghi anni lontano da casa. Sei anni trascorsi alla corte di Freyja, a Vanaheim, dove aveva appreso l'uso del seiðr e ne era divenuto Maestro.
Negli occhi di Loki si specchiavano ora i chiari laghi, azzurri come la volta, e gli alberi sempre verdi accanto ai fratelli spogli e nudi, in attesa del rinnovo della stagione. Nel cielo volavano alti i rapaci che, con i loro versi, parevano volerlo salutare. E Loki sorrise ancora, inorgoglito da ciò che aveva appreso e desideroso di trascorrere la sera al fianco dei suoi amati genitori, a narrar loro di ogni lezione imparata, a narrar loro di quanto di lui potessero andar fieri.
“Un alunno disciplinato come pochi”, aveva detto Freyja, sua maestra, “un seiðmaðr come nessuno in tutti e Nove i Regni”.
Protetta nella bisaccia di pelle che scendeva dal fianco, una missiva scritta di pugno dalla regina di Vanaheim, dove si decantavano le sue doti e si ringraziava Odino per averle concesso di poter formare e crescere un simile talento.
Loki aumentò l'andatura, ormai smanioso di rivedere quanto prima il viso dei suoi genitori.
I cancelli brillavano in lontananza e le guardie in armatura dorata si posero a difesa quando lo videro giungere.
«Chi si presenta alle porte della casa di Odino? Mostra il tuo volto e dichiara il tuo nome, straniero, cosicché si possa dire se tu sia amico o persona sgradita.»
Loki ghignò da sotto il cappuccio di pesante stoffa e strinse le briglie del suo cavallo.
«Straniero è un titolo che non può calzarmi, ma il tempo trascorso perdona la tua mancanza, soldato» affermò quindi il giovane calando il cappuccio e mostrando la chioma nera e i luminosi occhi smeraldini. «Dinnanzi a te è Loki, figlio di Odino e tuo principe, troppo a lungo lontano dal suo regno.»
Il soldato chinò il capo riconoscendo i suoi lineamenti o forse più semplicemente lo stemma della casa reale ricamato sulla sua casacca verde e oro.
«Mio principe!» lo salutò battendo il pugno sul petto e allertando la guardia alle sue spalle affinché, lesta, aprisse il varco.
Loki vide i possenti cancelli spalancarsi davanti a sé, a mostrare splendente la via di casa.



*



Frigga aveva ricevuto notizia del ritorno di suo figlio da una delle guardie reali, corsa ad anticipare il passo del principe per dovere e prudenza.
La regina strinse fra le dita la lunga veste per poter camminare senza impedimenti verso il balcone che dava al grande piazzale.
Quando scorse la sagoma di un cavaliere, i suoi occhi si inumidirono; quando vide il suo bambino ora giovine smontare da cavallo con eleganza e sicurezza, non poté che sorridere felice e commossa.
«È lui?» chiese una voce sottile alle sue spalle.
La regina annuì emozionata e udì lo scalpitio di piccoli passi. Quando si voltò, lui non c'era già più.



*



Loki attraversò a viso alto i corridoi ricevendo il saluto di servi e soldati, mentre guardava le stanze rimaste le medesime dall'ultima volta che le aveva vedute, eppure che parevano più piccole di ciò che ricordava.
Sfilò i guanti con urgenza e rise infilandoli nella cintura in vita, camminando con ampie falcate e facendo danzare il lungo mantello alle sue spalle.

«Madre?» chiamò a gran voce, ben conscio che ormai il suo arrivo era stato annunciato. «Padre?»
Li cercò rapido con lo sguardo ma, sapeva, potevano essere nella Sala del Trono.
Conosceva bene il protocollo, sapeva che prima di rientrare avrebbe dovuto attendere la guardia reale che lo avrebbe scortato e permettere a suo padre di poter organizzare la giusta accoglienza per il ritorno di un principe. Ma non aveva resistito. La lontananza era diventata più forte ogni giorno che passava; più la sua istruzione giungeva al termine, più Asgard pareva un sogno da voler raggiungere quanto prima.
Suo padre, il grande Odino, avrebbe avuto da richiamarlo per la sua scelta poco ponderata, ma anche una lavata di capo era un bel modo per sentirsi di nuovo a casa.
«Madre?»
«Loki?»
Si fermò a quella voce voltandosi verso il corridoio alla sua destra.
Non conosceva quel timbro infantile, non aveva memoria del fanciullo che lo stava guardando poco distante. Lo scrutò silente, passando lo sguardo sul viso paffuto incorniciato da ciocche bionde. Due occhi più azzurri dei laghi che aveva attraversato e una spolverata di piccole lentiggini sul naso.
Corrucciò la fronte provando una strana sensazione nello stomaco mentre quel bambino lo guardava immobile e silenzioso a sua volta, strofinando le piccole dita delle mani fra di esse e mordendosi impacciato il labbro.
«Loki!»
Ma la voce di sua madre spezzò ogni pensiero. Loki la vide giungere dal fondo del corridoio e corrergli in contro. Affrettò il passo sorridendo e superando incurante il piccolo fanciullo per stringere fra le braccia la madre.
«Madre mia» sospirò inebriandosi del profumo materno che tanto aveva bramato, mentre Frigga gli baciava il viso più volte dicendo quanto le era mancato.
«Fatti guardare!» Sorrise la regina poi allontanandosi per mirarlo. Nei suoi occhi, Loki lesse tanto amore e tanta dolcezza. «Sei un uomo, bambino mio... un uomo bellissimo.»
Loki non riuscì neanche ad abbassare imbarazzato lo sguardo ché Frigga lo abbracciò ancora.
Tanto gli era mancata, tanto aveva sentito il bisogno delle sue carezze e della sua semplice voce.
Nelle notti di Vanaheim, quando la malinconia copriva ogni stella del cielo, Loki capiva quanto amasse sua madre e quanto per sempre l'avrebbe amata. A lei erano sempre dedicate le parole che lasciava scorrere sulla carta, pensieri taciuti e nascosti nel silenzio della sua solitudine, che solo alla Luna era permesso di leggere.
Frigga era bella come ricordava, come non fosse passato un solo giorno da quando l'aveva dovuta salutare in lacrime, per partire per la sua formazione. Era stato Odino stesso a impedire ogni contatto prima del termine della sua maturazione, queste furono le sue testuali parole.
Loki l'aveva odiato, il suo amato padre, perché a un fanciullo strappato dalle braccia della madre è concesso solo questo, ma adesso capiva. Capiva l'urgenza di un re e le responsabilità di un genitore. Adesso era grato al Grande Padre per la scelta che fu presa.
Tanto immerso dal ritrovare sua madre, Loki aveva completamente dimenticato il bambino che aveva incontrato poco prima, e si accorse di lui solo quando agli abbracci fu sostituito il più dolce dei silenzi. Lo scoprì fermò nella medesima posizione, con le dita più rosse e il labbro più gonfio, martoriato dai piccoli denti bianchi.
Gli dedicò un'occhiata ancora diffidente ma la domanda che stava per porre fu anticipata dalle parole di Frigga.
«Vieni, Loki, c'è qualcuno che devi conoscere.» Frigga lo prese per la mano e lo condusse vicino al bambino. «Lui è Thor» disse e Loki trattenne ancora le domande mentre la vedeva lasciare le sue dita per chinarsi accanto al fanciullo. «Avanti, Thor, presentati.»
A quelle parole il bambino guardò Frigga e abbassò il capo portando le mani dietro alla schiena e poi rialzò lentamente i suoi occhi azzurri su di lui.
«Io...» iniziò in difficoltà e Frigga lo incitò accarezzandogli dolcemente il capo. A Loki quel gesto mandò un formicolio fastidioso alla bocca dello stomaco. «Io sono Thor Odinson, secondo principe della casa di Odino e tuo fratello.»
L'ultima parola sembrò vibrare incerta sulla sua piccola lingua prima di sfumare nel silenzio. Nel petto di Loki però fece un fracasso assordante.




*



Andò a salutare suo padre e si inginocchiò dinanzi al trono. Odino lo abbracciò e lo perdonò per la maniera poco ortodossa con cui aveva scelto di far ritorno.
Loki disse parole che un padre avrebbe orgoglio di udire da un figlio, e Odino sospirò parole che cullano l'orgoglio di un uomo.
Frigga era alle spalle di suo marito, sorridente, e stringeva al petto quel piccolo essere.
Terminato l'incontro, Loki chiese di poter riposare prima di cena.
Gli fu ovviamente concesso e prese il passo verso le sue vecchie stanze rimaste come le aveva lasciate, ma che profumavano di pulito e fresco.
Chiuse la porta alle spalle e, con una semplice espansione di seiðr, mandò tutto in frantumi.



*



La cena venne servita nella sala ufficiale. Suo padre sedeva al capo del tavolo con Frigga al lato opposto. Loki prese posto al fianco, come di prassi, e si ritrovò di fronte quegli occhi azzurri.
Si sistemò sulla seggiola e pose sulle ginocchia il tovagliolo mentre un paggio riempiva il suo calice di vino.
«Finalmente posso brindare con mio figlio» affermò Odino alzando il suo calice pieno e attendendo che Loki lo imitasse.
«Ho conosciuto bene le cantine di Vanaheim, padre, vediamo cosa Asgard ha da offrire al suo principe.» Così dicendo assaporò un sorso mentre Odino rideva bevendo a sua volta.
«Spero solo che le cantine non siano state il tuo unico interesse, Loki» disse Frigga tagliando la sua fetta di carne.
Loki poggiò il calice sul tavolo e prese le posate.
«Per nulla, madre. Le fanciulle che servono Freyja sono state altrettanto di buona compagnia.»
«Loki!» lo richiamò quasi imbarazzata Frigga mentre Odino si lasciava andare a un'altra risata.
«Ah, il mio ragazzo... Avremo tempo per conversare fra noi di cose da uomini. Adesso meglio evitare discorsi che potrebbero turbare tua madre e le giovani orecchie di tuo fratello.»
E fu a quel punto che Loki guardò dinnanzi a sé: Thor lo osservava in silenzio, con le mani nascoste sotto al tavolo e il piatto ancora intatto davanti.
Loki affondò la forchetta nella carne e la portò alle labbra tenendo sotto il suo tiro il piccolo che sedeva di fronte, e lo vide divenire sempre più minuto.
«Thor, tesoro, perché non mangi?» chiese Frigga con tono dolce.
Thor abbassò il capo e scosse i biondi capelli senza dire nulla.
«Forse il giovane principe non apprezza la compagnia di suo fratello» affermò Loki con sottile malizia e percepì la voglia del bambino di scappare fra le gambe di Frigga. Restò però lì, a fissare il piatto, senza neanche il coraggio di tirare su lo sguardo.
«Loki...»
Frigga disse solo il suo nome e Loki tornò a mangiare con un sorriso sottile, facendosi riempire ancora un calice di vino.



*



La notte scorse serena: dormire nel proprio letto dopo tanti anni era stato piacevole e rinfrancante.
Mentre usciva dalla vasca dopo aver fatto un bagno profumato, Loki non si stupì di quella visita.
Legò le stringhe della veste che lo copriva e andò ad aprire la porta dopo aver udito il lieve bussare.
«Buongiorno, madre» la salutò facendola accomodare. «Mi stavo vestendo per unirmi a te e padre per la colazione» disse ancora asciugando i capelli con un telo di lino.
«Loki, so cosa provi, ma voglio che tu sappia che non è come pensi.»
Loki ascoltò le parole di sua madre di spalle, mentre recuperava una spazzola da passare fra i capelli.
«Perdonami, madre, ma non riesco a seguire il tuo discorso» affermò dinanzi allo specchio, spazzolando all'indietro le corte ciocche e poggiando poi la spazzola sul canterano.
«Sai bene di cosa parlo» rispose Frigga. «Eri già sveglio da bambino, la compagnia di Freyja non avrà soffocato la tua sagacia ma, al contrario, l'avrà ben nutrita.»
Loki sospirò, non potendolo celare a sua madre che vide il suo viso rabbuiarsi attraverso la lastra riflettente.
Avvertì poi le sue mani sulle spalle e sollevò lo sguardo per incontrare il suo attraverso lo specchio.
«A occhio e croce ha l'età che è durata la mia lontananza» disse riabbassando lo sguardo e Frigga gli accarezzò le braccia.
«No, è più piccolo. Questo è il suo quinto autunno.»
Un sorriso triste gli piegò le labbra. «È un figlio dell'estate, immagino, come rivela il grano dei suoi capelli.»
Rivide il viso tondo e quegli occhi di cielo e strinse le dita sul canterano.
Frigga sorrise alle sue spalle.
«Sbagli ancora: è nato nel freddo delle ultime notti dell'inverno, mentre fulmini e saette dilaniavano il cielo.»
A Loki sembrava impossibile che quel bambino d'oro fosse figlio del freddo.
Lui lo era, lui era nato sotto il pallido mattino di un dì bianco di neve. Lui ne riportava l'eco sulla pelle pallida e nello sguardo chiaro e freddo come stalattiti colpite dalla luce in una grotta.
«Sentivi la mancanza di un figlio, madre? È stato questo il motivo?» Pose quella domanda voltandosi e guardando il viso di Frigga e l'ombra dei suoi occhi.
Una carezza sul viso, delicata come la caduta di un petalo sulla pelle.
«L'arrivo di Thor non ha sopperito alla tua mancanza, mai, neanche una singola volta. Quando ieri ti ho veduto cavalcare verso di me, solo in quell'istante il vuoto che ho portato dentro per sei lunghi anni è stato colmato.» Frigga gli baciò la fronte. «C'è spazio per l'amore di più figli nel cuore di una madre, ma ognuno di essi è speciale e unico ai suoi occhi. Conosci Thor e apprezzalo come il fratello che è. Lui non ha atteso altro che il poterti incontrare.»
Loki ascoltò la richiesta di Frigga e disegnò un sorriso.
Un sorriso che era una menzogna.
«Certo, madre.»
E parole che la riflettevano.



*
*
*



Stava leggendo nel silenzio della biblioteca quando si era accorto di uno sguardo che lo scrutava, uno sguardo che lo aveva seguito tutta la mattinata, che lo stava seguendo in ogni momento dacché era tornato.
«Cosa vuoi?» lo interrogò annoiato, senza distogliere dal tomo la sua attenzione.
«Io... volevo sapere cosa leggi.»
La sua voce lagnosa era anche peggio del suo silenzio segugio.
Alzò lo sguardo dalla pagina e lo portò al bambino, al piccolo Thor che sostava accanto al tavolo.
«Tu sai leggere, principe Thor?» gli chiese con un sorriso di finta gentilezza.
Thor abbassò il capo.
«Sto imparando» rispose timido, e Loki lasciò andare un debole risolino.
«Alla tua età avevo già letto tutti i libri della sezione più elementare di questa biblioteca» affermò austero, guardando come Thor mordeva fra i denti il labbro. Era un vizio che mostrava spesso, e Frigga aveva per lui sempre un richiamo.
Loki accavallò le gambe e poggiò il mento nel palmo della mano studiandolo quasi divertito.
«Non pensi sia disdicevole per un principe non saper leggere alla tua età?» chiese retorico e Thor rialzò lo sguardo che si era fatto lucido. «Bada bene, principe Thor, io non ero un'eccezione, anzi. Ogni bambino asgardiano è capace di leggere, anche i figli delle serve.»
«Io so leggere» dichiarò a quel punto il bambino, colpito nel suo piccolo orgoglio. Loki vide la fronte aggrottarsi e i denti lasciar andare il labbro.
«Poco fa hai affermato il contrario» sottolineò a quel punto. «Un principe ignorante e bugiardo. Mh... una pessima combinazione.»
«Io non sono bugiardo! Io so leggere! E tu...»
I grandi occhi divennero d'acqua e il corpo minuto prese a tremare di rabbia o più probabilmente di vergogna.
Loki assottigliò lo sguardo e lo invitò a continuare.
«Io “cosa”?»
«Tu...» Quando le lacrime fecero crollare ogni pallido coraggio, Loki sorrise sadicamente soddisfatto e Thor strinse i pugni. «Tu sei cattivo!» urlò prima di correre via.



*



Frigga stava passeggiando in compagnia delle sue ancelle quando, passando dinanzi alla porta di Thor, udì un distinto rumore di singhiozzi.
Congedò le fanciulle e picchiò delicatamente le nocche sul legno.
«Tesoro, sono io.» Entrò quindi lentamente, chiudendosi la porta alle spalle.
Thor se ne stava seduto ai piedi del letto, con il viso premuto contro le ginocchia e le braccia a cingere le gambe.
«Cosa è successo, Thor?» gli chiese sedendosi sul letto e accarezzandogli la testa. Capì che Thor cercava di frenare inutilmente il pianto. «Hai litigato di nuovo con Fandral?» Tentò con la più classica delle situazioni che lo portava alle lacrime. Thor era un bambino molto buono e gentile e amava avere tanti amici attorno ma quando, per gioco o prepotenza finivano con il bisticciare, ne rimaneva sempre ferito. Una sensibilità rara in un fanciullo, una sensibilità anche pericolosa.
«Mi odia» gemette lui con un filo di voce, impossibilitato a nascondere altri singhiozzi.
«Chi ti odia, tesoro?»
«Loki.»
Frigga sospirò e si sedette sul pavimento accanto al figlio, avvolgendogli un braccio attorno alle piccole spalle.
«Perché pensi una cosa simile, Thor? Tuo fratello ti vuole bene.»
«Non è vero!» Thor finalmente alzò il viso mostrando gli occhi umidi, le guance rosse e le lacrime che le bagnavano. Le asciugò con il dorso delle mani tirando su con il naso. «Ha detto che sono ignorante e bugiardo, mamma. Mi ha detto tante cose cattive. Lui è cattivo... è cattivo e mi odia!» Tornarono le lacrime e i singhiozzi e Frigga lo raccolse fra le braccia lasciando che Thor piangesse contro il suo seno.
«Perché mi odia, mamma?»
«Lui non ti odia, Thor. Loki non ti odia. Ha solo bisogno di tempo per conoscerti. Solo questo... tu sii paziente e non credere mai per una sola volta che le sue reazioni siano causate da un qualche risentimento verso di te.» Frigga provò a convincerlo e continuò ad accarezzarlo finché non cessò ogni pianto e il silenzio lo accompagnò nel suo sonno innocente. «Saprà amarti, Thor» sospirò ancora la regina, stringendo a sé il piccolo addormentato. «Ti amerà, non temere, e quando questo accadrà, diventerai la cosa a lui più cara.»











***



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Capitolo 2
*** Un piccolo dono ***


cap2
“Mio amato fratello”



Capitolo 2
[Un piccolo dono]






Il suo ritorno ad Asgard aveva portato con sé l’accettazione di nuovi obblighi - oltre che di un nuovo consanguineo. Loki aveva adesso la possibilità di assistere il padre Odino nei suoi compiti di monarca, e poter così imparare quali erano i doveri e le responsabilità di un regnante.
Le assemblee del consiglio erano lunghe e dense di domande; le risposte, al contrario povere, infondevano nell'aria una coltre di asfissiante preoccupazione.
I rapporti con Vanaheim erano come sempre ottimi. Odino durante la sua assenza aveva anche rafforzato gli accordi con buona parte dei regni alleati, ma c'era sempre la questione Jotunheim che, come una maledizione impossibile da spezzare, continuava a impensierire il Padre degli Dèi.
«Laufey non impiegherà molto a fare la sua mossa, mio re» diceva Tyr, generale della guardia reale e fidato braccio destro di Odino. «Dovremmo mostrare un atto che ribadisca la forza di Asgard e scoraggi una qualsiasi manovra di attacco.»
Odino sospirava e guardava la grande raffigurazione di Yggdrasill dipinta sulla tela appesa alla parete.
«Attaccare per primi sarebbe uno sbaglio!» ribatteva a quel punto Ísarr, consigliere del Padre degli Dèi dai tempi della grande guerra contro gli Jotun. «Laufey non ha manifestato alcun intento di venire meno alla tregua posta ormai secoli fa. Mio re, se mi è concesso suggerire, penso sia saggio continuare a tenere d'occhio la situazione senza esporci troppo. Ogni nostra azione potrebbe essere considerata come una dichiarazione di guerra, e Asgard non necessita di questo al momento.»
Tyr si alzava dal tavolo e guardava Ísarr con biasimo.
«Cosa ne può sapere uno scribacchino della guerra, nascosto com'è dietro la sua barricata di pergamene e parole?!»
Ísarr accusava l'offesa e si alzava a sua volta.
«Il re ritiene che le parole di questo scribacchino abbiano peso tale da permettergli di sedere a questo tavolo. Sei tu a trovarti nel luogo errato, Lord Generale, perché le sale diplomatiche non si addicono a uno stolto guerrigliero!»
«La guerra è inevitabile!» affermava ancora Tyr. «Prima o poi lo scontro con Jotunheim ci sarà, e mettere a tacere adesso ogni voce di ribellione è solo un gesto che porterà Asgard ad avere più ampie possibilità di vittoria.»
«O porterà alla sua rovina, Tyr!»
«Basta, adesso!» interveniva Odino con tono di rimprovero verso entrambi i suoi consiglieri e amici.
Tyr taceva e tornava a sedere, Ísarr chinava il capo per scusarsi e sedeva anch'egli.
Loki, accanto a Odino, guardava e ascoltava, facendo tesoro di ogni suo sospiro, di ogni sguardo, di ogni parola.
Un giorno lui avrebbe guidato quel regno e ogni altro. Un giorno, sotto il suo comando, Asgard avrebbe brillato come la più fulgida di tutte le stelle e avrebbe dominato su ogni altro reame.
Anche l'incontro di quella giornata terminò come i precedenti: con nulla di deciso men che meno di fatto.
I consiglieri uscirono uno dopo l'altro e, nella sala ora silenziosa, Loki attese che fosse suo padre a prender parola. Ma Odino tacque a lungo, per un tempo che parve eterno, finché non alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise debolmente.
«Padre...»
Il Padre degli Dèi gli accarezzò il capo con sguardo profondo e uscì senza dire una parola.



*



Attraversando i corridoi, Loki udì quella voce, quella stridula vocina che, aveva imparato, tanto lo infastidiva.
«Loki?» Lo ignorò e velocizzò il passo. Poteva sentire le sue piccole gambe correre per raggiungerlo. «Fratellone, aspetta!»
Sospirò ma non rallentò. Continuò a camminare finché non giunse di fronte al luminoso piazzare del palazzo, dove il suo nero destriero lo attendeva.
Afferrò le briglie inforcando il piede nella staffa e con un balzo montò la bestia proprio mentre giungeva Thor.
Aveva il viso accaldato per la corsa, i capelli umidi incollati alla fronte e il respiro così accelerato da dar l'impressione che non avrebbe più smesso di ansimare affaticato.
«Dove sei diretto, fratello?» gli chiese fra gemiti e fiato corto, con un sorriso speranzoso sul viso.
Loki restò serio, colpì con i tacchi i fianchi del cavallo e andò via.



*



Quando tornò a palazzo lui era ancora lì fuori, seduto con i piedi a penzoloni su di un muretto che costeggiava le aiuole dei giardini. Era ormai il tramonto e l'aria iniziava a essere rigida con l'avvicinarsi della notte.
«Loki!» lo salutò scendendo e andandogli in contro.
Loki smontò da cavallo e lo guardò con rimprovero.
«Che cosa ci fai qui fuori?» lo interrogò.
Thor alzò le piccole spalle.
«Ti aspettavo» rispose semplicemente.
Sospirò, il principe maggiore, e sfilò i guanti con noia.
«E il motivo, se è concesso chiedere?»
Thor lo guardò e non c'era più il sorriso di quel pomeriggio né il colorito sulle sue guance. Il vento metteva disordine fra i suoi capelli e rendeva lucidi i suoi grandi occhi azzurri  ma forse per quelli la colpa non era da imputare al vento.
«Allora? Non ho tempo da perdere con te. Dimmi perché mi stai dando il tormento da giorni.»
Non ci fu pazienza né calma, né il tono con cui ci si dovrebbe rivolgere a un bambino. Non c'era nulla nella voce di Loki di più diverso dalla fredda apatia.
Thor abbassò lo sguardo e scosse la testa.
«Scusa» mormorò. «Non volevo essere un fastidio.»
«Ma lo sei» ribadì Loki privo di compassione, anche se quando vide di nuovo quel labbro fra i denti e sentì ogni suo respiro farsi più riavvicinato al precedente qualcosa gli scese in gola, ma mai avrebbe ammesso fosse tenerezza. «Hai fatto il bagno?» gli chiese poi e Thor rialzò lo sguardo scuotendo ancora il capo.
Loki trattenne un sospiro. «A nostra madre non farà piacere se ti siederai a tavola con quella puzza addosso» spiegò con il solito distacco. «Corri dalla tua nutrice e fatti dare una lavata ché fra poco si cena.»
Quelle parole prive di vero affetto provocarono nel bambino un sorriso che Loki non volle spiegarsi troppo.
«Sei ancora qui?! Cammina, su!» lo esortò e Thor annuì e corse via, ma dopo pochi metri si voltò e gli sorrise ancora.
Loki buttò fuori l'aria e si accarezzò gli occhi. Quel moccioso... era insopportabile.



*



Quella sera Frigga vide Thor mangiare con gusto, sporcarsi come di prassi faccia e abiti, ma sorridere a ogni boccone. Loki non mostrava invece alcun comportamento diverso dal solito e, come ogni volta che sedevano a quel tavolo, si impegnava accuratamente a ignorare Thor.
La regina ne soffriva, come farebbe ogni madre, ma qualcosa le diceva che il sorriso di Thor aveva a che fare con suo fratello e a Loki non avrebbe mai potuto chiedere.
Quando accompagnò il piccolo principe al letto e gli baciò la fronte dopo avergli augurato una buona notte, il bambino la fermò stringendole le dita della mano.
«Loki ha detto “nostra madre” oggi» le disse assonnato ma ancora sorridente. Frigga sorrise a sua volta.
«Ah si?»
Thor annuì e chiuse gli occhi respirando profondamente.
«Vuol dire che siamo fratelli...» sospirò fra sonno e veglia.



*
*
*



L'inverno giunse presto con le sue cariche di vento e gelo, ma neanche quell'anno portò fiocchi di neve.
Loki sapeva che quando era nato nevicava, che ettari di neve coprivano i campi di Asgard quel giorno, eppure mai più un inverno da allora fu vestito di bianchi cristalli.
Giunse così la fredda stagione e giunse il suo compleanno.
La festa fu grande, come si conveniva ai festeggiamenti in nome di un principe. Doni vennero consegnati da tutti i regni per rendere omaggio al giovane figlio di Odino e per assicurarsi la sua amicizia quando un domani sarebbe succeduto al padre.
Da Vanaheim, Freyja inviò sei scrigni con sei doni, uno per ogni anno in cui aveva festeggiato quella data nel suo regno. Erano doni speciali, pietre e amuleti, oggetti di rara preziosità e immenso valore mistico. Furono di certo i più graditi.
Seduto al centro del lungo tavolo, Loki accolse e ringraziò ogni invitato con la grazia che lo distingueva e che riusciva ad ammaliare chiunque avesse occasione di poter ascoltare la sua voce.
A corte avevano iniziato a chiamarlo Lingua d'Argento, proprio in virtù della sua invidiata eloquenza.
Vino e birra scorrevano a fiumi, i musici intonavano melodie allegre e canti di vecchio folklore che divertivano giovani e meno giovani. Frigga batteva le mani a ritmo, con un sorriso felice sul viso, e Odino alzava il calice per elogiare la bravura dei menestrelli.
Thor giocava con i suoi piccoli amici nei pressi del banchetto, mentre cercavano di salire l'uno sulle spalle dell'altro per giungere al tavolo imbandito di ogni bene.
Loki sollevò un sopracciglio quando lo vide perdere l'equilibrio sulle spalle del compagno e tirarsi dietro la tovaglia con bicchieri e cibo.
Gli ospiti risero e fischiarono e Odino lo guardò con rimprovero.
«Scusate» disse il bambino coperto di olio e vino e rise, senza mostrare alcuna vergogna.
Thor non mostrava mai vergogna o imbarazzo, perché i bambini erano così, privi di malizia e tristezze, eppure quando era in sua compagnia, Loki riusciva a leggere altri riflessi del cuore di quel piccolo principe e sapeva di esserne lui la causa.
Thor aveva continuato a seguirlo dappertutto, a riempirlo di domande, e Loki aveva continuato a infastidirsi e ignorarlo. Talvolta cedeva, perché anche la pazienza di un uomo ha un limite, altre preferiva trascorrere qualche dì lontano dal palazzo, magari nel ristoro di una taverna e nella compagnia di qualche fanciulla, e si beava dell'espressione contrita di Thor quando poi lo vedeva tornare. Gli concedeva un paio di giorni di pace e poi tornava a tartassarlo con la sua presenza.
Frigga di tanto in tanto cercava di parlargli, Loki sempre le prometteva di impegnarsi a “sopportarlo”.
Mentiva ogni volta.
«E adesso, miei cari amici che in questo giorno di gaudio siete giunti per amicizia e rispetto, vi chiedo di levare alto il bicchiere!» Odino si alzò e invitò gli ospiti a seguirlo. Ci fu silenzio. «Quest'oggi festeggiamo l'anniversario della nascita del mio amato figlio Loki, principe di Asgard e futuro erede al trono.» Loki si sentì fiero del tono con cui Odino lo aveva presentato, dallo sguardo con cui si rivolgeva ai suoi sudditi e poi a lui. Avrebbe voluto che suo padre lo guardasse per sempre con tale amore e orgoglio. «Figlio mio, che le Norne abbiano disegnato per te un fulgido cammino di valore e coraggio, colmo di vittorie e conquiste, affinché un dì in tutti e Nove i Regni si conosca il tuo nome, e per le Ere a venire per sempre si narri della tua grandezza. A Loki!»
«A Loki!» risposero gli ospiti con grida di felicitazioni.
Loki alzò il calice e ringraziò i presenti nascondendo nell'animo l'emozione che provava in quel momento.
Poi suo padre lo abbracciò e sua madre gli baciò le guance.
Era perfetto: il regno lo amava, i suoi genitori lo amavano e il suo futuro sarebbe stato scolpito nella gloria. Tutto era perfetto, a parte quei due occhi azzurri che lo guardavano poco distante.



*



Tornò nelle sue stanze stanco ma appagato per quella giornata da ricordare. Infilò la testa nella vasca e la tirò su con un colpo deciso, lasciando schizzare da ogni parte l'acqua. Se avesse fatto un bagno si sarebbe addormentato, ma voleva comunque alleggerire la testa da tutto quel vino e quella musica.
Lisciò indietro i capelli neri con le dita e si diresse verso il letto.
Sulle lenzuola c'era qualcosa. Era un piccolo cofanetto di legno che stava tranquillamente nel palmo di una mano; al di sotto, un foglio di carta piegato in due.
Loki aprì la scatolina ma all'interno non c'era nulla. Aggrottò la fronte confuso e raccolse il foglio spiegandolo: c'erano poche parole scritte a mano con grafia incerta.
Buon compleanno, fratellone.
Spero che un giorno mi vuoi bene come ti voglio bene io.
Thor.
Loki rilesse le brevi frasi più volte e poi mormorò: «Piccolo ignorante.»
Avrebbe voluto gettare via quel foglio e quegli sciocchi auguri, gettare anche quel cofanetto vuoto e mettersi a dormire.
Avrebbe voluto farlo ma non gli fu possibile.
Diede colpa alla stanchezza, ultimo dono di quella giornata.
Piegò il foglio più volte finché non fu abbastanza piccolo da entrare nello scrigno e poi lo chiuse. Aprì il cassetto della scrivania e ve lo poggiò.
Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederlo esposto.
Lo guardò un'ultima volta e poi chiuse il cassetto.



*



Frigga stava cucendo nei pressi del balcone. Loki entrò in silenzio ma lei lo udì comunque.
«Come ti senti quest'oggi? Più maturo o più vecchio?» chiese con gioco, poggiando sulle gambe ago e filo.
Loki la raggiunse tenendo le mani dietro la schiena e un sorriso sul viso.
«Sarò lieto di risponderti quando mi sarò liberato dall'eco dell'idromele di ieri sera.»
Frigga rise e gli fece cenno di sedersi sulla poltrona accanto alla sua. Loki accettò il suo invito.
«Hai trovato il suo dono?» domandò dolcemente e lui sollevò le sopracciglia con fare annoiato.
«Una scatola vuota... davvero utile» rispose con il medesimo tono ma sua madre lo conosceva bene, sebbene avesse lasciato un fanciullo e si ritrovasse adesso di fronte un uomo. Ma l'anima di un figlio resta la stessa, nonostante gli anni e nonostante le gioie e i dolori. Il cuore si rompe e si ricuce, ma l'anima non cambia mai.
«Voleva donarti una farfalla con ali color dell'oro e dell'argento. Ha trascorso il pomeriggio a rincorrerle nei giardini e quando l'ha catturata l'ha riposta in quella scatola» spiegò ricordando il viso felice di Thor e la sua allegria. «Alla sera però era morta.»
«Prevedibile» commentò Loki senza però riuscire a celare una nota divertita.
«Non sai quanto ne sia rimasto addolorato, povero piccolo. Allora gli ho detto che tu avresti apprezzato comunque il suo gesto anche se lo scrigno fosse stato vuoto.»
«Oh, gli hai mentito... molto scorretto, madre.»
Frigga sorrise e poggiò la mano sul dorso della sua.
«Si è impegnato tanto per riuscire a imparare a scrivere e leggere così da poterti lasciare un biglietto di suo pugno.» Negli occhi di Loki c'era un'ombra ma un leggero riflesso di luce sembrava divorarla parola dopo parola. «Si sta impegnando tanto per piacerti, Loki.»
Suo figlio non rispose e spostò lontano lo sguardo.




*
*
*



Una luna dopo arrivò anche il compleanno del principe Thor. Per lui non fu organizzato nulla di troppo estroso perché era un bambino, perché era un secondogenito.
Ci fu una cena ufficiale con gli ambasciatori dei vari regni che portarono con loro doni e omaggi.
Ai musici e danzatori Frigga preferì chiamare a corte giullari e giocolieri, per allietare il suo bambino e i suoi amici.
Thor rideva e batteva le mani, incantato nella sua innocenza dal loro talento.
Odino preferiva la compagnia del vino e le chiacchiere di Tyr. Loki scelse il silenzio e l'apatia, come ormai di usanza.
Sedeva accanto a lei, con la guancia poggiata nel palmo, e mostrava la sua espressione annoiata. Frigga, sapeva, la stava enfatizzando volutamente.
«Mamma, guarda che bravo!» urlò Thor indicando il giovane che faceva volteggiare sfere infuocate fra le mani senza bruciarsi.
Fu allora che Frigga decise di tentare ancora.
«Sai, Thor, anche tuo fratello Loki è un grande mago» disse al bambino e immediatamente vide la sua sorpresa e soprattutto quella di Loki.
«Madre!» l'ammonì quest'ultimo forse conscio del dove sarebbe voluto andare a concludersi quel discorso.
Thor ignorò il giocoliere e poggiò le mani sulle gambe della madre per sporsi verso il fratello.
«Sei veramente un mago, Loki?» chiese entusiasta.
«Il più bravo» rispose per lui Frigga e ricevette un'occhiata di rimprovero che però non ebbe alcun effetto.
«Wow! Fai un trucco! Dai, fratellone!»
«No» rispose lapidario Loki.
«Solo uno!»
«No.»
«Ti prego, ti prego! Voglio vederlo, Loki!»
«No.»
«Ti scongiuro, fratello...»
Frigga si sentì stringere il cuore dalle suppliche del suo bambino e dalla freddezza dell'altro figlio.
«Coraggio, Loki» lo invitò con un sorriso. «È il suo compleanno.»
Non poteva tenere la sua corazza così testardamente. Prima o poi avrebbe dovuto cedere.
Ma Frigga ignorava la reale perseveranza di Loki, forse ignorava una parte della sua natura.
Il principe si alzò e guardò il piccolo con tale freddezza da farla rabbrividire.
«Se non fosse nato non avremmo avuto l'onere di festeggiarlo.»
E con quelle tremende parole lasciò la sala.



*



Nei giardini trovò silenzio ma non quiete.
Dai balconi alle sue spalle giungevano le luci della festa e il vociare lontano degli ospiti.
Loki alzò il naso all'insù e guardò il cielo nero come pece, dove ogni stella moriva nell'abbraccio delle nubi.
Se non fosse nato...
Tale era la sua colpa, la sua unica colpa: essere venuto al mondo.
Non aveva mai voluto fratelli, non li aveva mai desiderati. Era egoista, lo sarebbe sempre stato e non avrebbe mai voluto dividere l'affetto dei suoi genitori e il rispetto del suo Regno con qualcun altro, men che mai con qualcuno che non conosceva, sbucato dal nulla come un fiore velenoso.
Thor era un fiore velenoso, tanto bello eppure tossico.
Non riusciva ad averlo attorno, non riusciva a sopportare la sua voce né a guardare i suoi occhi.
La sua semplice presenza lo infastidiva, la sua sola esistenza era per lui un disturbo impossibile da ignorare.
Come spiegare ciò che provava?
Neanche il suo cuore sapeva quali risposte darsi, eppure Loki era certo: mai e poi mai avrebbe considerato quel bambino suo fratello. Avrebbero diviso il sangue, il nome, ma mai alcun legame.



*



«Ti è piaciuta la festa, tesoro?»
Thor annuì stringendosi nella coperta calda.
«Grazie, mamma, per avermi fatto mangiare tanti dolci.»
Sua madre sorrise e gli pettinò i capelli con le dita.
«Loki non voleva dire ciò che ha detto. Lo sai, vero?»
«Si è arrabbiato perché io ho insistito troppo. Lo so, mamma. Lui mi vuole bene.»
«Esatto, Thor. Loki ti vuole bene.»
Frigga gli baciò la fronte e Thor chiuse gli occhi.
«Dolce notte, bambino mio, che tanti sogni ti aspettino nel tuo riposo.»
«Dolce notte, mamma.»
Quando Frigga lasciò la camera il bambino aprì le palpebre nella penombra della stanza.
Se non fosse nato...
Due lacrime lasciarono i suoi occhi e rotolarono giù fino a bagnare la federa del cuscino. Poi ne scesero altre due, e altre due ancora.
Fuori il vento aumentava e le nubi nere piansero pioggia come disperate.
Fulmini e saette illuminarono quella notte di tempesta.











***


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Capitolo 3
*** La fonte di Jörmundgander ***


3cap
“Mio amato fratello”



Capitolo 3
[La fonte di Jörmundgander]






Quando era un bambino, Loki aveva mostrato da subito una predilezione per lo studio e le arti illusorie. Frigga gli aveva mostrato un piccolo incantesimo quando riusciva a malapena a stare in piedi senza ruzzolare a terra dopo qualche passo, e Loki lo aveva imparato alla perfezione, procurando un moto di stupore nella madre.
Con il passare del tempo, la magia e i libri presero il sopravvento su ogni altra attività del principe e fu così che Odino, incalzato dalla regina, decise di assecondare questa naturale inclinazione e sostenere il suo studio del seiðr. La strada scelta, però, fu la più difficile in quanto il re decise che se proprio suo figlio avesse un dì governato imponendosi con la magia e non con la forza, allora avrebbe dovuto essere il migliore nel suo campo.
Freyja, amica e alleata, fu una scelta obbligata, sebbene Frigga sulle prime fosse sfavorevole all'allontanamento del proprio figlio per un periodo così lungo.
Alla fine la regina fu costretta ad accettare, comprendendo il punto di vista del marito e ritenendo anch'ella fosse l'unica maniera in cui Loki avrebbe appreso l'arte del seiðr in modo magistrale.
Thor non era della stessa natura.
Già da piccolissimo aveva mostrato passione per la lotta e per i combattimenti, osservando incantato le giostre dei cavalieri e i duelli di spade degli allievi dell'Accademia. Più di una volta era stato sorpreso nella Sala delle Reliquie a guardare le armi contenute, e ognuna di esse era stato richiamato e punito da Odino in persona.
Ma il giovane principe aveva un animo testardo, e così capitava che dopo neanche un giorno, Odino fosse costretto a punirlo ancora per il medesimo motivo.
Loki sarebbe stato un abile stratega e un infallibile seiðmaðr, Thor avrebbe indossato la pelle di un grande guerriero e avrebbe guidato interi eserciti.
Insieme si sarebbero completati, e la sagacia di uno avrebbe guidato la forza dell'altro.
Questo era divenuto il sogno di Odino: un regno guidato da due Re.
Ma i sogni, come sempre, rischiano di restare tali.



*



I giardini in primavera erano forse lo spettacolo migliore che Asgard potesse offrire.
Sua madre Frigga curava personalmente ogni singola pianta alla quale donava cure e attenzioni come alla più preziosa delle creature. Loki ricordava di aver trascorso molti pomeriggi nella sua compagnia, con le mani sporche di terra e l'odore di umido e verde a circondarlo.
Era uno dei tanti ricordi che gli aveva fatto compagnia in quei sei lunghi anni.
Passeggiando adesso, nell'ascolto del cinguettio degli uccelli, Loki osservava come piante che aveva lasciato di poco sollevate da terra, fossero degli arbusti che appagavano occhi e olfatto, e di tanti di loro ne aveva avuto il seme fra le piccole dita.
Sorrise e si avvicinò a un fiore ceruleo con sfumature rosa che sembrava sporgersi verso di lui con la richiesta di lasciarsi annusare.
Aveva un odore dolcissimo che invase le sue narici e gli riempì i polmoni.
«Osa ripeterlo!»
«Sei una femminuccia, Thor!»
«Non ti permetto di dire una cosa simile, stupido Volstagg!»
La quiete di quel mattino fu infranta nell'attimo in cui giunsero quelle voci.
Loki si voltò nella direzione da cui il vento pareva trasportarle e sospirò.
Decise che sarebbe tornato in biblioteca per studiare meglio i trattati che Asgard aveva stipulato con Alfheim nelle Ere passate, così da poter essere pronto al prossimo Consiglio. E il suo tempo non sarebbe stato più turbato dalla presenza di quel moccioso e dei suoi compari.
Si stava incamminando quando udì ancora un rumore, stavolta di acqua.
«Fermati, Thor! Gli fai male!» Era la voce di una bambina, quella della piccola Sif.
Loki arrestò i suoi passi quando giunsero alle sue orecchie altri suoni e altre suppliche.
«Basta, lo ucciderai!» C'era anche Fandral.
Si mosse velocemente all'indirizzo ove nascevano le voci e giunse in breve alla fontana attorno alla quale Sif e Fandral cercavano di tirar via Thor che teneva il compagno Volstagg letteralmente con la testa sotto l'acqua.
Li raggiunse e afferrò il bavero del principe con forza. Con un gesto deciso lo spinse via facendolo cadere con il sedere a terra.
Lo guardò duramente mentre Volstagg si accasciava contro la fontana, tossendo e grondando acqua dalla sua testa rossa e paffuta.
«Cosa stavi combinando, stupido?» chiese Loki al bambino che si rimetteva in piedi rispondendo al suo sguardo con altrettanto astio.
«Non sono affari tuoi!» ribatté Thor per poi correre via come fosse trascinato dal soffio del vento.
Loki lo vide sparire verso le stalle e scosse il capo rassegnato.
Quel bambino era una piaga, anche quando non era lì nei dintorni per tartassarlo con la sua presenza e le sue domande. A onor di verità, doveva ammettere che Thor lo aveva assillato sempre meno e alcuni giorni lo aveva incrociato soltanto per dividere i pasti con i suoi genitori.
Non serviva uno sforzo eccessivo di memoria per notare che il cambiamento era nato dopo la notte del compleanno del piccolo principe. Le parole dette dovevano aver lasciato una traccia anche nell'ultimo figlio di Odino e Loki egoisticamente era grato di ciò.
«Volstagg, come stai?» Sif cercava di aiutare il compagno ad alzarsi e così anche Fandral.
«Allora, mocciosi, si può sapere cosa stavate combinando?» Loki pretese una risposta per quel fastidio che gli avevano procurato.
I tre bambini si guardarono fra di loro e fu proprio Volstagg a prender parola.
«Thor si è arrabbiato e ha cercato di affogarmi» disse e Loki alzò un sopracciglio per nulla soddisfatto.
«Questo lo avevo visto, quello che voglio sapere è perché si è giunti a questo. Sai rispondermi o hai grasso anche nelle orecchie oltre che nella pancia?» chiese tagliente al bambino.
«È colpa tua!» Fu Sif a muovergli tale accusa con i suoi occhi neri, troppo svegli per una bambina.
Loki sorrise divertito.
«Mia?» chiese con tono ironico.
Ma Sif non diede altre spiegazioni e trascinò il compagno via senza neanche voltarsi indietro.
Stupidi marmocchi. Loki si sarebbe volentieri divertito a far sbucare loro corna e coda se solo non fosse stata una perdita di tempo.
«Volstagg voleva andare a nuotare al lago ma Thor non era d'accordo.»
Si voltò a quelle parole: era il piccolo Fandral che era rimasto lì senza seguire i due amici.
«Continua» lo incitò Loki e il bambino lo accontentò.
«Thor non vuole mai andare al lago e Volstagg lo prende in giro e dice che non vuole perché non sa nuotare. Non è la prima volta e di solito Thor gli tira un pugno e poi tutto finisce in scherzo, ma stavolta Volstagg gli ha detto che è una femminuccia... come...» Fandral esitò abbassando e rialzando lo sguardo e Loki si chiese quanto ancora volesse tirarla per le lunghe.
«Allora?» lo esortò.
«Beh, Volstagg ha detto che è una femminuccia come suo fratello.»
Loki si passò una mano sulla fronte e trattenne un sospiro.
«Non punirlo, principe Loki!» intervenne ancora Fandral a difesa del compagno.
«Ci penserò su. Adesso sparisci prima che ti tramuti in un rospo.»
«V-va bene, principe.»
Il bambino corse via come una scheggia e Loki guardò l'acqua della fontana ora calma, rivedendo la maniera violenta con cui Thor aveva tenuto la testa del compagno sotto il pelo.
Praticare l'arte del seiðr non era stata una scelta semplice: ad Asgard era una pratica riservata prettamente alle donne, a differenza di Vanaheim dove invece vi era presenza di seiðmaðr così come di seiðkone senza alcuno scandalo.
Loki non aveva quindi mai prestato troppa attenzione alle dicerie che si sollevavano alle sue spalle già da quando era un bambino, adesso che era un uomo e soprattutto un maestro di magia senza eguali fra gli Aesir, dedicava loro ancora più indifferenza.
Una femminuccia come tuo fratello...
«Adesso mi mancava solo questa» mormorò in solitudine guardando la direzione dove Thor era corso via.



*



I cavalli nitrivano e scuotevano la coda. Thor guardò Sleipnir in una stalla isolata dalle altre. Si avvicinò e allungò la mano per accarezzargli il muso. Non avrebbe mai potuto farlo se il cavallo non avesse abbassato collo e criniera.
«Sei così bello» sospirò il piccolo principe e l'animale spinse il muso contro la sua guancia. Thor rise e lasciò che lo stallone riprendesse una posizione degna della sua magnificenza.
Con il capo all'insù, Thor guardò i suoi occhi neri e le lunghe ciglia, e il manto lucido che brillava nonostante le ombre della stalla.
Sleipnir era il cavallo di suo padre Odino, e un giorno sarebbe stato il destriero di Loki.
A lui non sarebbe mai stato permesso di cavalcarlo e questo lo rattristava. Odino non lo avrebbe concesso, e Loki...
Per Loki la sua stessa nascita era motivo di fastidio.
Tirò su con il naso quando sentì la tristezza farsi avida e si asciugò gli occhi ancor prima che potessero inumidirsi.
«Non sono una femminuccia» dichiarò a se stesso. «Sono Thor Odinson.»
«Sei un disastro. Ecco cosa sei.»
A quella voce voltò la testa e scorse l'alta figura di suo fratello che lo osservava con la solita aria di rimprovero.
«Vattene via. Non voglio parlare con te!» urlò sentendo le guance ardere per essere stato sorpreso prima nel suo impeto di ira e adesso nella sua debolezza.
Ma Loki non si curò delle sue parole e si avvicinò tenendo però lo sguardo su Sleipnir. Gli accarezzò il muso e sorrise alla bestia con una gentilezza che Thor, sapeva, non avrebbe mai dedicato a lui.
Tremò nel suo corpo e guardò l'entrata della stalla con la voglia di correre ancora via e chiudersi nella sua stanza per non uscirne mai più.
«Perché non vuoi andare al lago?» gli chiese d'improvviso Loki dedicando però ancora il suo sguardo al cavallo.
«Non sono-»
«“Affari tuoi”... sì, lo hai già detto.»
Fu a quel punto che finalmente gli occhi verdi di suo fratello lo guardarono e Thor deglutì per quanto a fondo sembravano scrutarlo.
«E te lo ripeto» ribadì però con voce incerta e Loki rise.
«Non sai nuotare, vero? Avanti, ammettilo.»
«Vattene!» strillò e gli diede le spalle colmo di vergogna.
Era verità, era il motivo per cui non seguiva mai i compagni al lago fra i boschi e per cui spesso e volentieri si accapigliava con Volstagg. Ma non era la ragione per cui aveva compiuto un gesto così cattivo come quello di quel mattino.
Le beffe amichevoli di Volstagg riuscivano a pungere il suo piccolo orgoglio ma mai aveva provato quella rabbia come quando quelle beffe avevano toccato suo fratello.
Era anche uno stupido, perché a Loki non interessava nulla di lui, a malapena ne tollerava la presenza e non meritava di essere difeso ma...
Era suo fratello, era il suo unico fratello e benché lo avesse conosciuto solo tramite i racconti della sua mamma, Thor gli voleva bene. Aveva aspettato così a lungo di poterlo conoscere, sperando che quando sarebbe tornato lui e Loki sarebbero sempre stati insieme, e Loki gli avrebbe insegnato tante cose e si sarebbe preso cura di lui, lo avrebbe difeso e protetto e Thor avrebbe difeso e protetto Loki.
Ma non era andata così.
Thor aveva visto un estraneo, una persona gelida e crudele che sembrava divertirsi nel dirgli ogni tipo di cattiveria, questo quando non era impegnato a rivolgergli null'altro che indifferenza.
E ne soffriva, ne soffriva terribilmente perché lui non voleva altro che piacergli, non voleva altro che lo considerasse il suo fratellino tanto quanto lui lo considerava il suo fratello amatissimo.
«Tentare di affogare qualcuno che accusa te di non saper nuotare è per certi versi una scelta di vendetta molto raffinata.»
Non comprese bene le sue parole e si voltò lentamente osservando il sorriso che piegava le sue labbra. Non era amichevole, però sembrava non essere neanche di derisione. Thor non seppe interpretarlo.
«Non volevo fargli male» si giustificò. «Volstagg è mio amico.»
Si sentiva tanto in colpa e avrebbe voluto chiedergli scusa, ma non sapeva come fare. Forse Volstagg e gli altri non avrebbero più voluto giocare con lui, forse lo avrebbero detto a Frigga e lei gli avrebbe detto che era un bambino cattivo.
A quel pensiero non riuscì a trattenere le lacrime e si asciugò le guance con il dorso della mano.
«La mamma mi sgriderà» brontolò asciugando anche il naso che colava e guardando la paglia calpestata sul suolo.
«Probabile» sentenziò Loki. «Ed è probabile anche che decida di mandarti su Jotunheim per punizione e sarai inseguito da mille giganti di ghiaccio pronti a mangiare le tue carni.»
Thor tremò di paura e sgranò gli occhi.
«N-no, non lo farà, vero?» chiese terrorizzato.
«Beh, hai cercato di uccidere un tuo amico. Non è cosa da poco.»
Aveva ragione. Aveva fatto una cosa orribile.
Il pianto divenne più forte e fu seguito da rapidi singhiozzi.
«Io non voglio essere mangiato dai giganti di ghiaccio!» pianse disperatamente. «Sarò bravo, Loki. Lo prometto! Ma non farmi mandare su Jotunheim... Ti prego!» Si coprì entrambi gli occhi con i pugni e continuò a singhiozzare pensando a scene raccapriccianti di denti e artigli affilati che dilaniavano il suo corpo.
«Va bene, va bene, ma adesso smettila di frignare!» gli ordinò Loki con tono annoiato. «Per le Norne, Volstagg ha ragione: sei davvero una femminuccia.»
All'udir quelle parole la paura divenne rabbia e Thor guardò malamente il fratello.
«Io non sono una femminuccia! Io sono Thor Odinson, un principe di Asgard!» dichiarò senza lasciare che le lacrime celassero tutta la sua determinazione nell' affermare ciò.
Loki alzò un sopracciglio e incrociò le braccia sul petto.
C'era una strana luce nei suoi occhi. Thor non sapeva dire se ne fosse intimorito o attratto.
«Mh... se ne sei così sicuro allora vieni con me.»
«Dove?»
Non ebbe risposta ché Loki aveva già afferrato le redini del suo cavallo bruno e preso l'uscita.
«Dove andiamo, Loki?» Thor gli corse dietro dimenticando quasi istantaneamente le sue prese in giro, le sue occhiate di richiamo, le parole orribili che gli aveva riservato dacché era tornato.
Loki, suo fratello, gli aveva chiesto di andare con lui e Thor era eccitato e incredulo.
«Avanti, sali.»
Loki montò sul cavallo e gli allungò il braccio.
Thor lo afferrò esitante. Non lo aveva mai toccato, non gli aveva mai neanche sfiorato una mano e adesso lo stava tirando sul suo cavallo, gli stringeva un braccio attorno e lo teneva stretto contro il suo petto mentre cavalcavano insieme.
Il vento asciugò ogni lacrima e Thor sorrideva con le guance che facevano male.
Dovunque fossero diretti, ovunque Loki lo avesse condotto, il piccolo principe non poteva essere più felice.



*



Attraversando i boschi di Yord, Loki valutò l'idea di legarlo a uno di quei grossi tronchi e lasciarlo a urlare per tutto il giorno, fino a quando gli animali, infastiditi dalle sue lagne, non fossero giunti per farlo tacere una volta per tutte.
E invece continuò a cavalcare tenendo quel corpicino a sé, mentre sentiva i suoi capelli biondi solleticargli il mento.
Udiva le sue risa ogni volta che saltava un ostacolo o prendeva una ripida scoscesa sul fianco della collina.
Quando sarebbero giunti, era certo, avrebbe avuto ben poco di cui ridere.
Scorse da lontano i bagliori del sole che si riflettevano sulla pellicola d'acqua e piegò le labbra soddisfatto facendo impennare il cavallo una volta arrivati a destinazione.
Non si chiese perché lo stesse facendo.
Uno svago, un modo come un altro per divorare la noia.
Se c'era qualche altro motivo, magari che andasse un po' più a fondo nei suoi intenti, Loki non perse tempo a cercarlo.
«Ma dove siamo?»
Già dalla sua voce trapelava una certa preoccupazione e Loki si umettò le labbra pronto a divertirsi.
«È una fonte» rispose facendolo scendere e smontando dalla bestia a sua volta. «Un tempo qui venivano celebrati antichi rituali per chiedere alle ondine di risparmiare i pescatori che sarebbero salpati per il mare il dì seguente» spiegò legando il cavallo a un ramo.
Thor guardava a bocca aperta la piccola cascata che si gettava rumorosa nel bacino costeggiato da rocce, increspando l'acqua e creando una densa schiuma bianca. Tutt'intorno vi era una ricca vegetazione rinvigorita dalla primavera da poco giunta, con alti alberi che a tratti si incontravano gli uni con gli altri formando cupole di fronde da cui filtravano sole e ombre.
Loki lo affiancò.
«L'acqua ha una temperatura così bassa che neppure l'estate la scalda, e ciò è dovuto al fiume che si versa in essa senza tregue dall'alba dei tempi.» Indicò quindi il corso d'acqua che creava la cascata e vide Thor seguire ogni suo gesto e parola. «Il fondo, poi, è cosparso di rocce e sassi e piccole grotte in cui, si dice, i serpenti di mare trovino rifugio.»
«Serpenti di mare?» chiese ancora il bambino guardandolo in viso.
Loki annuì assottigliando lo sguardo.
«Jörmundgander, il loro re, nuota in queste acque, silenzioso e letale. Solo gli sciocchi osano immergersi e sempre trovano la morte» mormorò con tono tetro, al che Thor fece un passo indietro.
«Andiamo via, Loki. Non mi piace questo posto!»
Non furono le sue prevedibili parole a sorprenderlo quando la presa di quella piccola mano sulla sua, nel tentativo di tirarlo dietro con lui. «Per favore, fratello.»
Le dita calde e umide tenevano strette le sue e sembravano intente a non allentare la morsa per nessun motivo. Loki avrebbe voluto spingerlo via perché quella sensazione non gli piaceva, in qualche modo lo metteva a disagio.
Invece lo tirò a sé e con l'altra mano afferrò il bordo in basso della sua maglia sfilandogliela.
«Cosa stai facendo?» chiese Thor tentando di fermare la sua azione ma senza risultato. Un attimo dopo il suo piccolo petto era alla luce del sole e i capelli confusi gli ricaddero sul viso infuriato. «Ridammela!» ordinò allungando le braccia per afferrarla, ma Loki la gettò lontano e poi afferrò il bambino per la vita.
Thor si dimenava e calciava l'aria urlando mentre Loki si avvicinava al bordo di roccia togliendogli anche le scarpe con gesti decisi.
«No, fratello! Ti prego!» lo supplicò Thor comprendendo finalmente il perché lo avesse condotto lì. Ma ormai era tardi per impedire a Loki di completare il suo piano.
«Se vuoi sopravvivere dovrai nuotare e farlo prima che Jörmundgander si accorga della tua presenza» gli intimò privo di colore. «Buona fortuna.»
«No, Loki!» gridò ancora il bambino mentre Loki lo gettava in acqua senza troppi scrupoli.
L'urlo che lanciò dovette svegliare tutti gli animali ancora in letargo e Loki sorrise quando giunse nel bacino facendo alzare un alto muro d'acqua.
Thor riemerse dopo qualche secondo muovendo le braccia in modo forsennato.
«Aiutami! Per favore!» piagnucolò tornando a momenti sotto l'acqua e riprendendo in altri fiato.
Loki scorse la scala di roccia che dava al livello in cui l'acqua si incontrava con la superficie. La discese lentamente, senza dar troppo peso alle grida del bambino. «Mi mangerà, Loki! Aiutami!»
«La riva è qui» disse quando arrivò a farsi bagnare i piedi dalle piccole onde. «Nuota fin qui.»
«Non so nuotare» balbettava Thor ingoiando l'acqua che lui stesso si stava gettando in bocca nei suoi movimenti scoordinati. «Loki!»
«Mi sembra di scorgere la coda di Jörmundgander...» mentì indicando un punto alle spalle del bambino. «Fossi in te mi sbrigherei, Thor.»
Thor urlò disperato e tentò di muovere le braccia e i piedi ma non si spostava dalla sua posizione e tornava spesso al di sotto dell'acqua.
Loki lo guardò immergersi e riemergere a intervalli irregolari con la paura dipinta sul viso bagnato. Paura di un serpente che non c'era realmente, paura di morire... paura di essere stato tradito.
Sentimenti che non avevano età, forti e devastanti anche negli occhi innocenti di un bambino.
«Nuota, Thor. Devi nuotare. È l'unico modo di sopravvivere» gli intimò poggiando le mani sui fianchi.
«Vieni a salvarmi!» lo supplicò l'altro.
Loki sbuffò e prese in seria considerazione l'idea di lasciarlo affogare ma poi... a Frigga non avrebbe fatto piacere.
«Se vengo da te, Jörmundgander mi mangerà perché le mie gambe sono più lunghe. Vuoi che muoia, Thor? È questo l'affetto che provi verso tuo fratello?» chiese scenico.
Thor non rispose, non poteva con tutta l'acqua che stava bevendo, ma i suoi movimenti sembrarono trovare più armonia e il bambino pareva restare a galla più di quanto scivolava in fondo all'acqua.
Poi lo fece, lentamente e in maniera impacciata, ma mise in fila una bracciata dopo l'altra mentre si avvicinava alla costa.
Loki sentì un insolito moto di soddisfazione mentre vedeva il piccolo nuotare.
Lo aveva fatto per amor suo, per quell'affetto mal riposto che lui non riusciva a ricambiare.
Thor aveva combattuto e vinto tutte quelle paure per lui.
Sciocco, pensò Loki... eppure sorrise.
Mancava ormai una decina di piedi alla riva quando Thor sprofondò.
Loki aggrottò la fronte e lo invitò a sbrigarsi, ma il piccolo principe non rispose, soprattutto, non riemerse.
Un dubbio lo colse e lo vinse.
«Accidenti!» brontolò sfilandosi a sua volta la lunga casacca e scalciando via gli stivali prima di gettarsi in acqua.
Lo trovò nell'immediato: aveva perso i sensi.
Nuotò veloce fino a raggiungerlo e poi lo afferrò saldamente e lo trasportò a riva.
Una volta riemersi lo adagiò sulla roccia e gli schiaffeggiò la guancia fredda.
«Svegliati! Svegliati, stupido!» ringhiò scuotendolo e colpendolo al petto con mano ferma.
Non ebbe neanche il tempo di valutare se far ricorso o meno a un incantesimo che Thor iniziò a tossire e a sputare l'acqua.
Un peso sembrò sciogliersi inspiegabilmente dentro di lui.
Loki lo piegò su un fianco e gli scostò i capelli bagnati dalla fronte.
«Idiota, volevi forse morire?» lo rimproverò con una collera forse eccessiva.
Sì, collera, si disse. Nella sua mente, però, un'eco lontana sospirava un'altra parola: paura.



*



Thor aprì gli occhi al sole. Il petto gli faceva male, sentiva le orecchie fischiare e gambe e braccia tremare.
Non era più in acqua, era sulla terra ferma e qualcuno gli stava accarezzando la fronte.
Si voltò e vide Loki.
I suoi occhi verdi sembravano ancora più grandi fra le ciglia bagnate, i capelli, sempre in ordine, gli ricadevano adesso come fili di notte sulla pelle del viso più pallida del solito.
«Volevi forse morire?»
Udì anche la sua voce attraverso i sibili che lo circondavano.
«Loki...» ansimò debole. «Ho nuotato?» chiese e si poggiò alla roccia tenendo lo sguardo socchiuso.
Era stanco, tanto stanco.
Non udì nessuna risposta, tutto divenne silenzioso e lontano.
Il freddo sulla sua pelle fu sostituito dal caldo di due braccia e poi dal manto morbido di un cavallo.
Avvolto in una casacca troppo grande, Thor dormì nel ritorno a palazzo, con un sorriso sulle labbra, poggiato contro il petto di suo fratello.











***









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NdA.

Grazie a chiunque stia seguendo questa piccola storia ^^
Al prossimo aggiornamento ~
Kiss kiss Chiara

P.S. Non imitate Loki: lui è un pessimo esempio di babysitter ;P

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Capitolo 4
*** Il segreto dell'ancella ***


cap4
“Mio amato fratello”



Capitolo 4
[Il segreto dell'ancella]






«Forse non dovrei essere qui.»
«Io sono il principe e faccio quello che voglio» bisbigliò Loki contro il suo orecchio e la trascinò per la mano fino alle sue camere.
«E se qualcuno lo scopre?» chiese ancora la giovane e Loki le rubò un altro bacio, come aveva fatto per tutta la sera.
«Nessuno saprà mai nulla, Sigyn. Fidati di me.»
Le cinse poi la vita con un braccio e la condusse verso il letto, dopo aver chiuso la porta.
Sigyn era una delle ancelle di sua madre. Era bella, dolce e amava ridere. Loki aveva trovato in lei anche una degna compagna di conversazione, perché la giovane era istruita e colta e possedeva anche una vena di ironia che lo divertiva.
Era stato piacevole ritrovarla dopo averla lasciata ragazzina alla sua partenza. Adesso aveva morbide forme su cui gli piaceva scivolare ogni notte.
Si vedevano alla locanda più vicina, oppure nel silenzio dei giardini quando nessun occhio spiava. Mai Loki l'aveva condotta nelle sue stanze perché Odino non avrebbe approvato. Ma durante la cena l'aveva vista con i capelli raccolti servire della frutta a sua madre. Loki adorava la linea del suo collo e il modo in cui i capelli stretti nel nastro fluivano al centro della sua pallida schiena come un ruscello di bionde chiome.
La baciò e la strinse ancora mentre ricadevano sul letto ma, nonostante la passione che lo trascinava, il principe scorse facilmente la sagoma che occupava una parte del suo giaciglio.
«Cosa succede?» chiese Sigyn anch'ella accortasi della terza presenza. Loki si tirò in piedi e trattenne fra i denti una frase poco adatta alle orecchie di una fanciulla, mentre guardava Thor dormire abbracciato a uno dei suoi cuscini.
«Oh cielo, ma è il principe Thor!» appurò quindi la giovane sollevando la spallina dell'abito e avvolgendo pudicamente le braccia attorno al corpo.
Loki sospirò poggiando le mani sui fianchi e guardando Sigyn che si metteva in ordine.
«Aspetta. Lo caccio via e poi-»
«Non sarei dovuta neanche venire qui. Le tue stupide idee!» ribatté la ragazza. «Pensa se si sveglia?! Sarebbe un trauma per lui e per di più tuo padre lo scoprirebbe!»
Non riuscì a fermarla ma le rubò la promessa di un incontro la notte successiva.
Quando Sigyn abbandonò la stanza attraversando silenziosa i corridoi, Loki chiuse la porta e guardò ancora il letto con aria furiosa.
Non ci pensò molto su: tirò il cuscino da sotto la sua testa e poi lo usò per colpirlo con forza sul viso.
Immediatamente Thor si svegliò.
«Cosa ci fai qui, moccioso paglierino?» gli chiese quando lo guardò con occhi assonnati.
«Loki, io... ho avuto un incubo» spiegò il bambino tornando a poggiare la testa sul materasso.
Loki lo colpì una seconda volta.
«E cosa vuoi che mi importi?! Coraggio, fuori dalla mia stanza all'istante!»
Quell'ordine fece sospirare Thor che si mise a sedere guardando le lenzuola.
«Non voglio stare solo» confessò senza alzare gli occhi. «Ho paura che i giganti di ghiaccio vengano a mangiarmi.»
Dannato il giorno che gli aveva raccontato quella stupidaggine e dannato il giorno in cui non lo aveva lasciato affogare!
Quando erano tornati al palazzo, Loki lo aveva condotto nella camera della guarigione e lo aveva lasciato alle curatrici dicendo di avvisare la regina che suo figlio era caduto in acqua.
Non si era poi preoccupato di altro almeno finché sua madre non era venuta a cercarlo come una furia rimproverandogli il suo comportamento irresponsabile.
Thor le aveva narrato ciò che era accaduto e, sebbene il suo racconto vertesse sull'aver finalmente imparato a nuotare, quello che colpì negativamente la regina fu ovviamente l'udire la maniera del tutto folle con cui Loki aveva deciso di insegnarglielo.
Loki non aveva mai visto sua madre così prima di quel giorno e si disse che non avrebbe più voluto vederla rivolgergli un tale livore.
Decise quindi di tenere Thor ancora più a distanza ma purtroppo per lui quell'unico gesto in cui aveva mostrato una parvenza di interesse per il bambino, seppure privo di reale affetto, aveva spinto Thor a tornare al suo comportamento da tormento, e in verità esso si era anche acuito.
Adesso lo cercava dappertutto, gli chiedeva di riportarlo alla fonte e nuotare stavolta con lui. Gli chiedeva di Jörmundgander, delle ondine e di tante altre mille sciocche cose.
E stavolta le parole e gli sguardi non parevano avere effetti sulla sua insistenza e Thor mostrava, giorno dopo giorno, una capacità di perseveranza davvero straordinaria.
Ma adesso l'aver addirittura violato le sue stanze private era qualcosa che Loki non avrebbe lasciato impunito.
«I giganti di ghiaccio sono su Jotunheim, non qui, e nessuno verrà a mangiarti! Ora torna nella tua camera e non rimettere mai più piede qui dentro!» ordinò furente ma Thor non dava cenno di volersi spostare da quel letto.
«Dai, fratello, posso dormire con te?» lo supplicò con i suoi occhi azzurri adesso più blu della notte che tingeva il cielo sopra Asgard.
La risposta arrivò fulminea: «No!»
«Solo questa volta!» pregò ancora il bambino ma Loki era più che mai deciso a non cambiare idea.
«Thor, te lo dirò una volta soltanto: o esci adesso, sulle tue gambe, oppure ti riporto io in camera tua ma trascinandoti per le orecchie.»
La minaccia fratturò un po' la sua determinazione ma come aveva purtroppo imparato bene, per abbatterla ci voleva ben altro.
Thor gli si gettò addosso stringendosi al suo petto.
«Ti prego, ti prego, ti prego...»
Loki tentò inutilmente di allontanarlo ma quel moccioso dimostrava un'insospettata forza mentre gli teneva la maglia con entrambe le mani.
«Smettila di fare il bambino ed esci da qui!»
«Ma io sono un bambino!» ribatté Thor con straordinaria autoconsapevolezza. Poi lo guardò alzando il capo e lo lasciò libero dal suo abbraccio. «Io sono un bambino piccolo, Loki, e tu sei mio fratello e dovresti difendermi e proteggermi e soprattutto farmi dormire con te!» pretese con le guance rosse per la foga delle parole.
Ma Loki lo osservò tediato.
«A parte il non vedere il nesso fra il proteggerti e il farti dormire nel mio letto, mi chiedo quanto ti sia difficile comprendere che mai e poi mai io sarò quel fratello che ti ostini a vedere» disse poi e gli occhi di Thor si fecero tristi. «Tu non mi piaci. Chiaro? Non ti sopporto né tanto meno ho intenzione di sprecare con te un solo istante del mio tempo» dichiarò ancora incrociando le braccia e aspettandosi che il piccolo fuggisse via in lacrime, urlandogli quanto fosse cattivo e perfido. Non sarebbe stata la prima volta.
Ma Thor strinse i pugni e corrugò la fronte fissandolo intensamente.
«Beh, tu mi piaci e io non mi muovo da qui!» affermò allungandosi sul letto e stringendosi saldamente alle lenzuola.
Era tenace, gliene doveva dare atto.
«Piantala adesso, non ho la pazienza per subire i tuoi patetici capricci!»
«Io resto qui!»
Loki provò a tirarlo via ma si beccò solo un paio di calci all'addome che aumentarono la sua irritazione.
Si passò una mano sul viso trattenendo la voglia di stringerla attorno al suo collo e tenerla lì finché non fosse diventato un problema in meno.
Non lo voleva quel marmocchio fra i piedi. Non lo aveva chiesto e, più semplicemente, non sarebbe dovuto per nulla essere lì.
«Lo sai...» mormorò poi con voce bassa, appena udibile, e Thor si sporse per guardarlo. «Tu hai paura dei giganti di ghiaccio ma sono io che dovrei farti davvero paura» disse mentre i suoi occhi bruciavano di cupe emozioni. «Potrei farti male, molto male, Thor, potrei farti soffrire in modi che neanche immagini se solo volessi e, se mi metterai alla prova, se sfiderai ancora la mia pazienza, giuro che nostra madre non sarà un motivo sufficiente a fermare la mia ira.»
Loki centellinò le parole come gocce di veleno che cadono una a una nel bicchiere, lentamente, scivolando sulle pareti d'oro fino a riunirsi alle altre sul fondo.
Dal viso di Thor sfumò ogni testardaggine, ogni voglia di ribellione e sorse un'altra emozione, silenziosa, che però urlava nelle orecchie di Loki.
«Perché mi odi tanto?» chiese mettendosi a sedere. «Cosa ti ho fatto di male? Io... io sono tuo fratello... non dovresti volermi bene?»
Loki lo guardò a lungo.
«Dovrei» rispose. «Ma non voglio.»
Bastò.
Thor abbassò lo sguardo e scese dal letto.
«Buonanotte, Loki» disse debolmente raggiungendo la porta senza più voltarsi.
Loki sentì il suo chiudersi mentre si gettava sul letto e guardava il soffitto.
Quella notte gli fu difficile prender sonno.



*
*
*



Odino decise che all'inizio del successivo anno avrebbe organizzato una delegazione diplomatica su Jotunheim per parlare con Laufey e verificare se gli accordi della loro tregua avessero ancora motivo di esistere.
Tyr non era stato d'accordo, ma aveva alla fine dovuto cedere e accettare la decisione del re. Ísarr invece parve più che soddisfatto di tale svolta, anche perché gli fu concessa la possibilità di accompagnare Odino nel Regno dei Giganti.
«All'aprirsi del nuovo anno andremo su Jotunheim» sentenziò ufficialmente il sovrano. «Tyr, guiderai la mia scorta personale e tuo figlio Theorico sarà al comando della Decima Divisione che seguirà la delegazione.»
Tyr abbassò il capo in segno di gratitudine e poi gettò un'occhiata significativa a Ísarr che non sfuggi agli occhi del principe.
«La tua parola è legge, mio re.» Anche Ísarr si inchinò quando Odino lasciò la sala con Loki a seguito.
Aveva ascoltato tutto in silenzio comprendendo che non era tempo per porgere consigli o suggerimenti, e sebbene trovasse l'iniziativa di Odino di incontrare il re Jotun non delle migliori, Loki tenne per sé quella riflessione.
«Sai, padre, mi sarebbe piaciuto accompagnarti durante il viaggio» disse mentre camminava al suo fianco.
«Non avere fretta di mostrare le tue capacità, Loki» rispose il padre. «Giungerà il tempo in cui ti verrà chiesto di mettere alla prova ciò che hai appreso e io potrò assicurarmi che in questi anni di formazione tu non abbia passato il tempo solo a sollazzarti con le ancelle di Freyja.» Odino rise e gli schiaffeggiò affettuosamente una spalla.
Loki sorrise di riflesso e annuì.
«Hai ragione, padre.»



*



Quella sera a cena Loki notò un altro grosso livido attorno all'occhio sinistro di Thor. Non era la prima volta che mostrava tagli o abrasioni; era un bambino vivace e spesso litigava con i suoi compagni anche in maniera aggressiva. La sua indole selvaggia impensieriva sua madre Frigga e spesso Loki l'aveva sentita esprimere preoccupazione per come avrebbe potuto un giorno indirizzare tale impeto.
«Volstagg ti è caduto sulla faccia?» gli chiese divertito e Thor gli rispose con uno sguardo truce. «Oh, forse è stata Sif? Quella lì ha la mano pesante.»
«Loki, per favore.» Frigga intervenne come di consueto e ormai Loki ne sorrideva.
Mangiò con piacere soprattutto pensando al dopo cena che lo avrebbe atteso. Aveva dato appuntamento a Sigyn all'ombra di una quercia e aveva da poco perfezionato un incantesimo di occultamento che aveva voglia di testare.
«Papà, Fandral dice che fra poco inizierà l'Accademia.» La voce di Thor salì vivace e Odino lo guardò masticando lentamente. «Quando potrò andare anche io in Accademia, papà?» chiese ancora.
Loki studiò l'espressione di suo padre e anche quella di sua madre: Frigga teneva lo sguardo sul piatto come se non volesse incontrare quello del marito.
«Sei ancora troppo piccolo, Thor» rispose lapidario Odino.
«Ma Fandral ha la mia stessa età. E anche Volstagg ci andrà! Perfino Sif, e lei è una femmina!» ribatté il bambino imbronciandosi.
«Ho detto di no. Adesso non insistere.» Odino pareva irremovibile e Loki non comprendeva la sua decisione. Lui aveva l'età di Thor quando suo padre lo volle iniziare all'Accademia di Asgard. Poi Loki scelse la via dell'intelletto a quella della forza bruta, ma questo ero un diverso discorso.
Thor mostrava tutte le caratteristiche di un futuro guerriero, sebbene fosse talvolta eccessivamente lagnoso, ma sia la sua struttura fisica, sia la sua indole erano chiari segni di quello che un giorno sarebbe stato il suo destino. Come secondogenito poteva divenire un generale come Tyr e magari ereditarne le mansioni.
Il trono e il regno erano invece i suoi. Loki era il primogenito nonché il più adatto a guidare Asgard.
E questo nessuno avrebbe mai potuto cambiarlo.
«Perché non posso andare, papà?» chiese ancora Thor stringendo la forchetta nel pugno. «Sono forte e coraggioso!»
Loki sollevò un sopracciglio nel rimembrare la notte che gli aveva chiesto di dormire con lui perché aveva paura di una storiella inventata.
«Thor, adesso smettila.» Odino era sul punto di perdere la pazienza, Loki conosceva bene quel tono, ma Thor era un bambino e forse non aveva avuto ancora occasione di testare la sua ira.
«Ma papà, io-»
Quando Odino schiantò la mano sul tavolo l'intera stanza tremò.
I paggi e le ancelle uscirono silenti, comprendendo che il re in quel momento non avrebbe accettato neanche i loro sguardi.
«Se dico di no vuol dire no. Capito, moccioso?»
«Odino!» Frigga si alzò dal fondo del tavolo e guardò il marito con occhio di richiamo mentre Thor trattenne a stento il pianto. «Non credo che ci sia bisogno di tale furia» disse ancora la regina.
«Tuo figlio non sa accettare una decisione di suo padre. Non merita nessun trattamento diverso.»
Loki scrutò il viso di Thor: teneva gli occhi sul piatto ma il suo corpo era scosso da piccoli tremori.
«Ti ha solo fatto una domanda, una domanda legittima.» Dalla voce di Frigga si capiva che non concordava con la scelta di Odino di ritardare l'Accademia ma il motivo sembrava ancora oscuro.
«E ha avuto la sua risposta» affermò Odino bevendo un sorso generoso di vino e sbattendo il calice sul tavolo.
Frigga inghiottì ogni replica e tornò a sedersi.
La cena seguì nel più assoluto dei silenzi.



*



Sigyn si rivestì mentre Loki, ancora steso sull'erba, la guardava alla luce delle stelle.
«Cosa c'è?» chiese lei con un sorriso, riallacciando le stringhe del suo corsetto.
Loki allungò le dita e le sfiorò la schiena.
«Pensavo» sospirò.
«Oh, e quale profondo pensiero attraversava la mente del nostro principe?» ridacchiò ancora Sigyn e Loki sorrise.
«Mi sposeresti?» chiese senza rifletterci troppo.
La ragazza fermò ogni gesto e scrutò i suoi occhi. Nello sguardo di Sigyn c'era uno strano riflesso, più un'ombra, come una pennellata di un sentimento buio che Loki aveva timore di definire.
Ma poi tornò a sorridere mentre si alzava in piedi.
«No» rispose e lui aggrottò la fronte curioso.
«Il motivo?»
«Ce ne sono diversi: primo, perché tu sei il principe e io la serva di tua madre; secondo, perché Odino preferirebbe vedermi morta piuttosto che al fianco di suo figlio, e se permetti ci tengo alla vita, e terzo...» Sigyn inclinò il capo e gli dedicò un altro sorriso. «Sei un saccente arrogante che pensa di avere sempre ragione e non penso che riuscirei a sopportare un marito petulante come te.»
Loki si mise a sedere e rise.
«Beh, anche tu sei piuttosto insopportabile, Sigyn» disse e la ragazza si chinò per posargli un bacio sulle labbra.
«Lo so, per questo è divertente.»
Loki la vide andare via e sospirò con un sorriso, poi tornò a stendersi e lasciò che il fresco della sera accarezzasse il suo petto nudo.
Chiuse gli occhi e ascoltò i rumori della notte che suonavano una melodia diversa dal giorno, più affascinante, più melanconica, quasi dessero voce a quell'ombra che aveva macchiato lo sguardo di Sigyn.
Sentì il sonno coglierlo ma sapeva che se si fosse addormentato non avrebbe più potuto sostenere l'incantesimo, e l'indomani qualche servo lo avrebbe rinvenuto mezzo nudo sul prato.
Non era qualcosa di accettabile.
Raccolse la maglia e la indossò prima di far svanire la barriera che lo celava. Si incamminò poi verso il palazzo e verso le sue stanze.
Non si udiva nulla che non fossero i suoi passi.
Avrebbe dovuto anche fare un bagno ma molto semplicemente quello lo avrebbe rimandato al mattino.
Entrò nella sua camera e come in un tremendo déjà vu, scoprì Thor addormentato sul suo letto.
Aveva gli occhi gonfi e si teneva una mano vicino alla bocca. Sul viso la patina umida lasciata dalle lacrime.
«Svegliati, testa di paglia» ordinò scuotendolo per la spalla.
Lo fece un paio di volte prima che Thor aprisse gli occhi.
Sbatté le palpebre e lo guardò privo di sorpresa.
«Sei tornato» appurò con voce impastata.
«Avanti, fuori di qui. Andiamo.» Ma Thor non gli diede ascolto e tornò a dormire come non avesse detto nulla. «Non costringermi a-»
«Anche papà vorrebbe che non fossi nato.»
Quelle deboli parole ebbero la forza di fermare le sue.
Loki osservò il viso di Thor e i suoi occhi tornare a guardarlo.
Doveva essere stata la prima volta che Odino lo aveva richiamato con tale rigore e Thor, sempre troppo sensibile e piagnone, ne aveva fatto un dramma.
«Non dire stupidaggini» mormorò quindi sedendosi sul letto. «E comunque sei una bella rogna, ragazzino. Devi ammetterlo.»
Thor lasciò andare un lungo sospiro. «Perché papà si è arrabbiato tanto?» chiese.
«Avrà avuto le sue ragioni» gli rispose Loki tagliando corto. «Ora torna in camera tua e vai a dormire.»
Thor sospirò ancora. «Senti, fratellone... posso stare qui stanotte?»
Non trattenne un ghigno.
«Ovviamente no» ribatté poggiandosi contro la testiera del letto e attendendo che Thor, come la precedente volta, andasse via senza ribattere.
Era stanco e aveva anche qualche pensiero da voler sciogliere.
Suo padre aveva avuto uno strano comportamento a cena, e tutta quella questione dell'Accademia sembrava nascondere dell'altro. Sapeva che non avrebbe potuto tenere a lungo quel tarlo di ignoranza e-
«L'ho vista» disse poi Thor d'improvviso, spezzando il corso delle sue riflessioni.
«Chi?» chiese lui sbadigliando, per nulla interessato al discorso.
«Sigyn, l'ancella della mamma... quella sera, l'ho vista qui... Diceva che papà non lo deve sapere.»
Loki non credeva che quel mocciosetto arrivasse a tanto, ma quando Thor alzò il capo dal materasso e lo guardò con un sorriso impertinente si dovette ricredere. «Se mi lasci dormire con te non lo dirò a nessuno.»
Questa era bella!
«E pensi che io ceda a un tale stupido patetico ricatto?!» mormorò irritato e allo stesso tempo divertito dalla sua audacia. Non lo avrebbe mai ritenuto così scaltro.
Thor sollevò le spalle e si poggiò con la testa sulle sue gambe con una naturalezza tale da lasciarlo interdetto. Poi bisbigliò: «Buona notte, fratello.»
Loki schiuse le labbra con un severo richiamo fermo sulla lingua e allungò la mano per afferrargli i capelli e buttarlo giù dal letto, ma il richiamo non trovò voce e finì con l'essere inghiottito, e le dita invece di stringere con forza si poggiarono delicatamente sui capelli biondi.
Quel ragazzino era... era...
Sorprendente?
Sospirò arrendevole.
No, era solo una vera rottura.
«Potrei strozzarti nel sonno, sappilo» affermò comunque, prendendo fra l'indice e il pollice una ciocca morbida e tirandola appena. «Io non dormirei troppo tranquillo» continuò minaccioso.
Ma Thor lasciò andare una piccola risata e si strinse più forte alle sue gambe.
«E poi la mamma manderebbe te su Jotunheim.»
Loki sorrise divertito, grato che Thor non potesse vederlo.



*



La mattina seguente si svegliò con Thor che dormiva poggiato contro il suo petto, con un rivolo di saliva a scivolare giù dalle labbra schiuse.
Prevedibile.
Ciò che invece non si aspettava, fu scoprire di aver tenuto il braccio stretto attorno al suo piccolo corpo per tutta la notte.











***









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NdA.
Perdonate qualche errore. Non sono molto in forma questi giorni e ho riletto il capitolo con meno attenzione del solito ^^'
Gli ridarò comunque un'occhiata in settimana.
Noi ci leggiamo al prossimo appuntamento sperando avrete voglia di attenderlo.
Grazie a tutti <3
Kiss kiss Chiara

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Capitolo 5
*** Il principe ferito ***


cap5
“Mio amato fratello”



Capitolo 5
[Il principe ferito]






Trascorse l'estate e poi l'autunno e giunse un nuovo inverno, il secondo che Loki aveva modo di vivere dopo il suo lungo soggiorno a Vanaheim.
Quell'anno suo padre non ebbe tempo né intenzione di organizzare una grande festa in onore del suo compleanno e anche Thor dovette accontentarsi di qualche festeggiamento alla buona.
Odino era immerso nella preparazione minuziosa della delegazione con cui avrebbe incontrato Laufey e il popolo Jotun; nulla poteva essere lasciato al caso. Aveva per questo scelto un intero anno per valutare ogni singolo dettaglio e per evitare di compiere decisioni poco ponderate.
A Laufey tale incontro venne annunciato solo al termine dell'autunno e il re attendeva la sua risposta che si aspettava sarebbe stata positiva. Rifiutare una delegazione diplomatica non era un'azione saggia, lo sapeva lui e lo sapeva bene anche Laufey.
Alle riunioni del consiglio, Loki scorgeva gli occhi di suo padre sempre più pensierosi e, ogni qualvolta un cavaliere giungeva con missive ufficiali, leggeva la sua delusione quando esse non contenevano ancora la replica del Signore di Jotunheim.
«Sta solo riflettendo, padre» diceva Loki. «Tu hai avuto un intero anno, lui solo poche lune. Concedigli tempo.»
Odino ascoltava le parole di suo figlio e annuiva.
Quel giorno il consiglio si era sciolto in fretta dacché non c'era molto di cui discutere. La politica era ormai solo un replicarsi di nomi e situazioni e il re, seppur sempre pronto a preoccuparsi del suo regno, sembrava anche stanco.
Loki lo accompagnò in una passeggiata nei giardini durante la quale Odino gli narrò ancora di guerre passate e difficili conquiste, affinché imparasse che ogni vittoria porta con sé grandi sacrifici e ognuno di quei sacrifici deve essere sempre soppesato.
Scelte di testa e poi di spada. Un buon re ripudia la guerra ma è pronto a combatterla in caso necessario.
Loki faceva tesoro di ogni parola che un dì lo avrebbe aiutato in quel duro compito che era regnare.
Mentre passeggiavano alla luce del meriggio, intravide anche sua madre e Sigyn che le faceva compagnia. Sorrise in sua direzione e sua madre ricambiò il sorriso. Quando la regina scostò poi lo sguardo Loki dedicò un'occhiata di diversa natura all'ancella.
«Mio re!»
Con passo lesto giunse una guardia reale che sembrava portare con sé la più importante delle notizie.

«Parla» lo invitò Odino quando gli fu di fronte. «Ci sono nuove da Jotunheim?»
L'uomo in armatura scosse il capo procurando l'ennesima delusione nel sovrano.
«Si tratta del principe Thor, mio re» disse.
«Cos'ha combinato adesso? È di nuovo sceso nella Sala delle Reliquie?» Il tono di Odino celava una certa rassegnazione che Loki in parte condivideva, ma lo sguardo della guardia parlava di altro.
«Mio re, il principe è entrato in armeria e si è ferito, forse giocando con le spade, io-»
«Chi c'era a sorveglianza?» lo interrogò Odino afferrandolo per lo scollo di metallo.
«Due soldati, maestà, ma non lo hanno visto entrare.»
Odino lo lanciò via e la guardia mantenne a stento l'equilibrio.
Loki scoprì sua madre guardare verso di loro e comprendere cosa stesse accadendo.
«Dov'è?» chiese ancora il re.
«Lo stanno conducendo nella camera della guarigione.»
Suo padre prese il passo velocemente e Loki lo seguì con la guardia a seguito.
Macinarono veloci i corridoi e giunsero nella sala.
Thor era steso sulla lettiga con un profondo taglio all'addome che sembrava non voler smettere di sanguinare. Si lamentava, con le lacrime agli occhi, mentre le curatrici ponevano rimedio.
Quando Loki giunse alle spalle del padre lo vide afferrare di peso la guardia e sbatterla al muro.
«Portami quei due buoni a nulla immediatamente e di' loro che la punizione che li attende sarà senza eguali! Corri!»
«Sì, mio re.»
La guardia corse via proprio quando Frigga entrò.
Un velo di terrore le coprì il viso a quella vista mentre si affrettava a raggiungere la lettiga dove giaceva Thor.
«Tesoro mio!»
«Mamma» piagnucolò il bambino alla sua vista mentre Frigga gli accarezzava il viso. «Mi dispiace...»
«Fa' silenzio, bambino mio. Andrà tutto bene» lo rassicurò Frigga con una maschera di tragico sorriso.
Odino invece lasciò la sala ordinando alle curatrici di fare il loro dovere, pena la vita.
Loki non invidiava proprio i due soldati che avrebbero ora subito la sua ira.
Nel frattempo Frigga intonò un canto che aiutò Thor a prender sonno in modo da non avvertire il dolore delle cure.
Loki restò indietro, alle spalle di sua madre, fra l'odore di sangue e disinfettante e il suono di riti di guarigione, di aghi e forbici.
Era una bella ferita profonda, di certo causata da una spada o magari dal taglio di un'ascia.
Non aveva leso organi vitali da quel che vedeva, quindi quella peste era stata fortunata.
Si voltò per raggiungere l'uscita e incrociò Sigyn ferma accanto alla porta.
«Dove stai andando?» chiese la ragazza con un bisbiglio.
«A occuparmi di qualcosa che abbia valore» rispose lui. «Qui perdo il mio tempo.»
Fece un solo passo ma la fanciulla lo fermò per il braccio.
«È tuo fratello e sta male... È qui il tuo posto.»
Nei suoi occhi un'accusa chiara che Loki preferì ignorare. Tirò via il braccio e la guardò duramente.

«Non osare più dirmi quello che dovrei fare, serva» sibilò, e poi uscì seguito dal suo sguardo.



*



A cena erano solo lui e suo padre. Frigga era rimasta accanto a Thor che avrebbe necessitato di qualche giorno di riposo prima di poter tornare a rimettere anche solo i piedi a terra.
Per Loki era una fortuna, almeno avrebbe respirato un po' di tranquillità.
«Quali provvedimenti hai preso contro le due guardie, padre?» chiese prendendo parola.
«Sono finite nelle segrete e lì resteranno insieme alla loro negligenza» rispose freddamente Odino prestando attenzione solo al vino e tenendo nello sguardo una profonda riflessione che gli tacque.
Loki mangiò silente osservando il posto vuoto di fronte a lui.
Alle volte Thor dondolava i piedi sotto il tavolo facendo risuonare i bottoni d'avorio; altre masticava a bocca aperta e Frigga lo richiamava, e quando beveva faceva dei rumori fastidiosissimi che era Odino a riprendere.
Era insopportabile, non c'era che dire, però... adesso c'era così tanto silenzio.
Ripensò alle parole di Sigyn.
L'aveva veduta di sfuggita ma lei gli aveva negato lo sguardo.
Si prendeva un po' troppe libertà per essere una serva, e Loki non le avrebbe mai dato la soddisfazione di rivolgerle per primo la parola.
«Posso farti una domanda, padre?» domandò tamponando le labbra con un tovagliolo.
Odino annuì con il capo.
«Perché non gli permetti di frequentare l'Accademia? Ormai ha la giusta età.»
Sapeva era un azzardo aprire quel discorso ma la curiosità era diventata troppa e Loki odiava non conoscere le cose, anche quelle che avevano poco valore.
Freyja nelle sue lezioni era solita ripetere una frase di cui aveva fatto tesoro: la conoscenza è come la pioggia, bagna ogni cosa senza preferenze, anche la pietra, da cui mai crescerà la vita.
Odino prese un profondo respiro ma non mostrò fastidio, più che altro stanchezza.
«Thor è avventato, istintivo, non rispetta le regole e il suo animo testardo lo rende impossibile da domare» disse il re e Loki ritrovava tutto ciò che aveva sempre riscontrato in quel bambino.
«Ma non è a questo che serve l'Accademia: a domare i puledri selvaggi come lui?»
Suo padre parve divertito dalla definizione che aveva dato di lui perché sorrise.
«Non tutti i cavalli si domano alla stessa maniera, figlio mio. Tu per sbocciare hai avuto bisogno di un percorso diverso dalla massa.»
Loki non comprese il paragone ma tacque quel pensiero.
«E quale sarà il percorso di Thor? Ha l'anima di un guerriero, brama battaglie e armi più dei giochi dei fanciulli.»
«E guarda questa brama dove lo ha condotto, e non ha neanche una dècade» sospirò Odino carezzando il bordo del bicchiere. «Tua madre fraintende le mie intenzioni credendo che voglia impedirgli di crescere, ma è il contrario: io voglio che lui maturi, che sia cosciente delle proprie azioni e delle ripercussioni che esse hanno su di lui e sugli altri.»
Loki non trattenne un sorriso. «È un bambino, l'incoscienza credo faccia parte della sua età.»
Anche Odino sorrise. «Tu eri già giudizioso, anche quando eri più giovane di lui adesso.»
«Beh, padre, io sono il primogenito, si sa che riescono meglio.»
Odino rise e Loki fu felice di veder per un attimo svanire dal suo viso le pieghe delle preoccupazioni che Thor, e soprattutto la situazione di Jotunheim, continuavano a disegnare.
Se solo fosse stato un po' più attento, però, avrebbe scorto la nota amara nella risata di suo padre; si sarebbe reso conto che Odino, alla fine, non gli aveva risposto.




*

*
*



Thor dormiva. La febbre alta stava lentamente scendendo. Frigga gli terse la fronte con un panno di cotone umido e poi lo passò sulle guance e sui polsi.
Udì bussare alla porta e diede permesso di entrare: era Loki.
«Tesoro» lo salutò con un sorriso stanco allungando il braccio per invitarlo ad avvicinarsi al letto.
«Madre, non hai neanche cenato.»
Frigga scosse il capo e quando Loki le fu vicino gli prese la mano e la baciò teneramente.
«Sto bene, non crucciarti per me.»
Poi tornò con gli occhi sul viso arrossato di Thor. Respirava con pesanti sospiri che gli sollevavano e abbassavano ritmicamente il piccolo costato. Frigga lo accarezzò con l'altra mano e sospirò.
«Si rimetterà» disse Loki e la regina annuì.
«Sì, lo farà. Lui è forte.» Ma il suo cuore non poteva ignorare la pena di vedere il proprio bambino in quelle condizioni. Quel taglio profondo, il calore del sangue che bagnava pelle e vestiti, le sue lacrime...
Frigga percepiva ancora tutto in maniera così intensa che avrebbe pianto anch'ella se solo non avesse avuto un altro figlio per cui tenere su il sorriso.
«Vai a riposare, madre. Sono due notti che lo vegli incessantemente.» La regina sollevò gli occhi sul viso di Loki per cercare una qualche accusa, un richiamo, un ricordarle che lei non c'era nelle notti in cui lui era stato male, in cui la febbre lo aveva colto, o era stata solo la nostalgia e il bisogno di casa di un bambino.
Ma Frigga non vide nulla di tutto questo: c'era un sorriso gentile e una richiesta sincera.
Loki le porse ancora la mano.
«Resto io con lui.»
Frigga no, non avrebbe retto ancora per molto le lacrime. Afferrò quella mano e si tirò in piedi.
«Grazie.»
E tanto diceva quel grazie e Loki lo capì perché le fece un cenno con il capo mentre Frigga usciva dalla stanza di Thor.
Si affacciò un'ultima volta per vederlo sedersi sulla sedia che l'aveva sostenuta durante la sua veglia. Una madre giudiziosa non avrebbe lasciato un figlio febbricitante solo, ma Thor non era solo, c'era suo fratello al suo fianco e sarebbe sempre stato lì.
La regina chiuse la porta e lasciò andare una lacrima.



*



Loki sfogliò una pagina ancora del libro che aveva trasportato nelle sue mani con l’ausilio del seiðr. Era uno di quelli che aveva letto più volte su Vanaheim perché lo aveva sempre trovato molto interessante.
Era il racconto di una battaglia combattuta molti secoli prima su un mondo lontano, in cui si erano affrontati due importanti regni rappresentati però da due eserciti molto squilibrati: il primo era immenso in forza e uomini, l'altro era formato da appena trecento soldati. Questi ultimi erano però riusciti a tenere testa al nemico grazie alle sottili strategie militari del loro prode condottiero, finendo poi comunque per essere sconfitti ma la loro gloriosa disfatta fu per sempre ricordata come mai nessun trionfo.
Sollevò lo sguardo quando udì un brontolio.
Thor era sveglio.
Aveva gli occhi così lucidi da sembrare irreali e le guance rosse come mele.
«Loki?» sospirò debole.
«Hai la febbre alta e ti hanno ricucito uno squarcio orrendo sull'addome, probabilmente ti resterà la cicatrice» lo informò Loki chiudendo il libro e riponendolo sul comodino. «Ma tutto sommato non è nulla rispetto alla predica che dovrai ascoltare da nostro padre per la tua stupida idea di intrufolarti nell'armeria.»
Thor respirò ancora affaticato e si bagnò le labbra secche.
«È molto arrabbiato?» chiese con voce roca.
«Sarai fortunato se non finirai a far compagnia alle due guardie nelle segrete» gli rispose.
Il bambino chiuse gli occhi e se li toccò con le dita.
«Mi dispiace» mormorò facendo ricadere stancamente la mano sul cuscino.
Loki strizzò il panno immerso nella tinozza di acqua e glielo passò sulla fronte.
«Non devi dirlo a me» disse. «Lo sai che non mi interessa niente di quello che fai.»
Thor lo osservò in silenzio mentre poggiava il panno ora caldo nel tino di ceramica.
«Loki?» Si sentì chiamare e sollevò un sopracciglio per invitarlo a parlare ma Thor non disse nulla.
«Dormi, almeno non mi disturberai» borbottò riprendendo il libro e scorrendo, senza effettivamente leggerle, le righe di una pagina.
Con la coda dell'occhio guardò Thor assopirsi nuovamente, stavolta respirando in maniera più regolare.
All'alba la febbre sarebbe di certo scesa.



*



«Ho fatto un sogno, mamma.»
Frigga guardò il suo bambino mangiare con gusto. Era un buon segno.
Quando la mattina era tornata nella sua camera, Loki le aveva detto che Thor si era svegliato e che sembrava stare molto meglio. Era poi andato via proprio mentre suo fratello si ridestava.
Al mezzogiorno Thor riusciva già a stare seduto, anche se con il sostegno di qualche cuscino, e aveva appetito.
Frigga aveva fatto portare della minestra di coniglio e della carne morbida che gli avrebbe dato forza, e anche un po' di torta con la marmellata così che potesse ritrovare il buonumore.
«Cosa hai sognato, Thor?» gli chiese.
Thor fece cadere la forchetta nel piatto per poter parlare.
«Ho sognato che Loki mi teneva compagnia e leggeva per me» le raccontò sorridendo per poi guardare in maniera più malinconica il piatto poggiato sulle sue ginocchia.
Frigga gli accarezzò i capelli.
«Non era un sogno, Thor» disse. «Loki è stato con te tutta la notte. Ti ha tenuto compagnia e ti ha bagnato la fronte per far scendere la febbre.»
Thor aveva gli occhi di chi ascoltava qualcosa di straordinario a cui era difficile credere, e Frigga provò tanta tenerezza per suo figlio.
«Davvero?»
Annuì e raccolse il libro dal comodino.
«Questo è suo.» Glielo mostrò e Thor volle vederlo, così Frigga spostò il piatto e glielo porse.
Thor lo teneva fra le mani come qualcosa di prezioso e inestimabile. Sfiorò la copertina con le dita e lo sfogliò velocemente.
«Loki lo ha letto per me!» asserì con un sorriso e Frigga gli baciò la fronte ora non più così calda.
«Cosa ti ho sempre detto? Tuo fratello ti vuole bene più di chiunque altro.»
Thor strinse al petto il libro prima di lamentarsi per aver premuto incoscientemente sulla sua ferita ancora fresca.
Lo tenne sotto il cuscino tutto il giorno e anche il giorno seguente e quello dopo ancora. Anche se Loki non gli fece mai visita, Thor lo tenne sotto il cuscino e lo sfogliava sorridente.
Frigga fingeva di non vedere con quanta cura lo riponeva e lo accarezzava, neanche la carta potesse percepire tutto l'amore per suo fratello.
Neanche Odino venne a porgere visita a suo figlio ma era un giusto comportamento per mostrargli la gravità delle sue azioni.
Frigga, molto maternamente, non voleva che Thor uscisse presto dalla sua stanza perché in quel caso avrebbe dovuto affrontare i richiami per nulla quieti di suo padre. Ma per crescere e imparare aveva bisogno anche di questo.
Così, il quinto giorno, quando le curatrici gli cambiarono la fasciatura per scorgere ormai la ferita chiusa e pronta a rimarginarsi, Frigga aiutò Thor a vestirsi e pettinarsi.
Lo aiutò a riporre il libro di Loki sotto il cuscino e lo accompagnò da Odino.
Il re lo accolse di spalle e così restò per molti minuti prima di voltarsi.
Thor teneva lo sguardo basso e le mani dietro alla schiena e aspettava le parole di suo padre.
«Ciò che hai fatto, Thor, è molto grave» iniziò Odino con tono severo e Thor sussultò.
«Lo so, pap-... padre» sospirò.
«Allora saprai anche che non può restare un'azione impunita la tua, come non lo è stata la disattenzione delle guardie che adesso sconteranno lunghi anni nelle segrete per fare ammenda.»
Frigga vide Thor deglutire e non dire nulla.
«Ho quindi deciso che non ti sarà concesso entrare in Accademia, né ora né mai.»
A quel punto Frigga guardò suo marito ritenendo quella punizione eccessiva e irrazionale, ma lo sguardo che bruciò negli occhi di Thor fu ancora più sconcertato.
«Papà, mi dispiace! Davvero! Io...»
«Bisogna ponderare le proprie azioni, Thor, prima che esse abbiano ripercussioni» ribatté Odino privo di tentennamenti. «Ho preso la mia decisione e nulla mi farà cambiare idea, neanche il tuo pentimento. Perciò ti invito a riflettere su quanto accaduto, figlio mio, e a comportarti in futuro in maniera più giudiziosa.»
Thor trattenne a stento le lacrime mentre ascoltava la sentenza di suo padre senza potersi opporre.
Odino si avvicinò al bambino e gli accarezzò la testa. «Adesso torna pure in camera tua» disse infine prima di abbandonare la sala.




*



Loki stava passeggiando per il borgo antico, diretto al mercante di pergamene per acquistare qualche buon foglio con cui scrivere a Freyja. Non aveva più avuto modo di rivedere la sua insegnante e doveva ammettere che in qualche maniera gli mancava, così decise di inviarle una missiva strettamente personale.
Discendeva un viottolo di pietra costeggiato da umili case quando vide di fronte a una locanda in cui solitamente anche lui andava, Sigyn parlare con un uomo. Lo riconobbe immediatamente, era Theorico, figlio di Tyr e Capitano della Decima Divisione.
Non aveva avuto più nessun tipo di rapporto con la ragazza, né di natura verbale né tanto meno fisica. Il suo orgoglio gli aveva impedito di incrociare perfino i suoi occhi, ma adesso il vederla ridere in compagnia di un altro uomo gli stava facendo salire nelle vene una strana rabbia.
Fece vincere comunque la ragione e continuò il suo cammino senza dedicar loro nessun altro tipo di attenzioni.
Acquistò le pergamene e tornò a palazzo, nelle sue stanze, ma quando poggiò il pennino sulla carta non riuscì a scrivere neanche una parola.



*



Thor non aveva sonno. Si girò e rigirò nel letto impossibilitato a chiudere gli occhi.
Risentiva la voce di suo padre nelle orecchie e non riusciva a credere a quello che aveva detto.
Niente Accademia per lui, né ora né mai.
Tutti i suoi amici già studiavano la lotta e l'uso delle armi e lui sarebbe rimasto a guardare.
Infilò la mano sotto il cuscino e tirò fuori il libro di Loki.
Lo accarezzò prima con lo sguardo e poi con le mani.
Loki non gli aveva mai fatto visita e lo aveva scontrato solo per sbaglio nei corridoi ma aveva il viso buio, così buio che non gli aveva dedicato neanche un'occhiata delle sue, neanche una parola seppur infelice.
Thor non sapeva dire se fosse colpa sua o se vi erano altri motivi dietro il suo comportamento, ma Loki era Loki e lui non riusciva mai a capire realmente cosa girasse nella sua testa.
Provò a mettersi sul fianco ma la ferita all'addome gli faceva male. Adesso aveva solo una grossa cicatrice che Eir aveva assicurato sarebbe sparita del tutto, ma a Thor pareva ancora di sentire il metallo della spada che lo tagliava.
Tornò a stendersi supino, tenendo il libro con entrambe le mani e rileggendone qualche pagina. Lo aveva letto tutto e gli era piaciuto tanto. Alcuni passaggi erano stati difficili da comprendere e aveva chiesto a sua madre di spiegarglieli, ma la storia lo aveva conquistato.
Si sentì di nuovo triste: lui non sarebbe mai diventato come quei coraggiosi guerrieri che avevano combattuto con onore ed erano morti con ancora più gloria.
Loki lo sarebbe stato, lui avrebbe comandato grandi eserciti con la sua intelligenza e la sua magia e lui...
Cosa sarebbe stato?
Gli sarebbe bastato essere suo fratello, essere al suo fianco e combattere con lui, vincere con lui e dividere con lui ogni trionfo.
Non avrebbe mai avuto nulla di tutto questo.
Chiuse il libro e lo poggiò accanto. Guardò il soffitto a lungo e sospirò.
«Fratello...»
Voleva vederlo.
Spostò la coperta e scese dal letto stringendo i denti quando udì la ferita infastidirlo.
Non indossò neanche le pianelle e si diresse verso la porta alla fine del corridoio: la camera di Loki.
Probabilmente lo avrebbe cacciato via ma Thor voleva rischiare, almeno sarebbe stato con lui anche se solo per pochi minuti.
Non giunse neanche ad afferrare la maniglia che udì delle voci, una era quella di Loki, l'altra era di una donna.
Pensò fosse sua madre ma poi udì Loki chiamare il suo nome.
«Puoi fare ciò che vuoi, Sigyn
«Infatti non sono qui a chiederti permesso, ma solo a informarti personalmente. Ritienilo un gesto di pura cortesia, sebbene non creda che tu ne meriti anche solo un bagliore
«Ti aspetti che ti faccia i miei auguri, quindi? Bene: felicitazioni per il tuo matrimonio con il prode Theorico. Hai fatto un'ottima scelta, è uno che sembra sappia usare bene la spada.»
Si sentì poi il rumore di uno schiaffo e Thor indietreggiò.
Non avrebbe dovuto esser lì. Non doveva ascoltare.
«Sei una persona misera, Loki. Misera! Ma cosa mai potrei aspettarmi da qualcuno incapace di amare perfino il suo stesso fratello?!» Sigyn urlò quelle parole così forte che Thor le avrebbe udite anche se non fosse stato così vicino alla porta. «Speravi morisse in quella camera, te l'ho letto negli occhi! Perché tu sei arido e vuoto, Loki, talmente vuoto da desiderare la morte di un bambino!»
Ci fu ancora uno schiaffo.
Thor non volle udire altro.
Tornò nella sua camera e affondò la testa sotto il cuscino sentendo la ferita far male.
Sul pavimento, gettato via, un libro che non voleva più leggere.











***









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Nota.
La storia narrata nel libro di Loki è ovviamente ispirata alla famosa Battaglia delle Termopili del 480 a.C. [Wikipedia]

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Capitolo 6
*** Doveri di Re ***


cap6
“Mio amato fratello”



Capitolo 6
[Doveri di Re]






Sigyn avrebbe lasciato il servizio di sua madre una volta che il fidanzamento con Theorico fosse stato ufficializzato. Era solo questione di tempo dal momento che la notizia aveva già viaggiato oltre le mura del palazzo.
Era un bene.
Non avrebbe dovuto sprecare un solo pensiero per quella stupida. Era una serva, non sarebbe mai potuta essere una principessa né tanto meno una regina.
Era stato divertente, così aveva detto anche lei, e adesso era finita.
Loki cavalcò fino all'arena dove gli allievi dell'Accademia si stavano allenando.
Harr, che fu anche il suo insegnante per un brevissimo intervallo di tempo, stava mostrando ai più giovani le basi per una buona difesa.
Senza scendere da cavallo, Loki osservò i ragazzini tentare di ripetere i movimenti del loro insegnante: fra essi riconobbe il corpulento Volstagg e il biondo Fandral. C'era anche Sif, la mocciosetta impertinente che aveva sempre palesemente mostrato la sua intolleranza nei suoi confronti.
Loki doveva ammettere che apprezzava comunque tanta audacia in una fanciulla ed era più che convinto che fra i tre sarebbe stata un giorno la guerriera più letale.
Guardò indietro, verso il palazzo, e pensò a Thor che sembrava aver perso la sua allegria dal giorno in cui Odino gli aveva comunicato la sua decisione. Loki aveva predetto che sarebbe stato per lui un colpo difficile da sostenere, ma mai avrebbe creduto che fosse capace di strozzare profondamente lo spirito vitale del bambino.
Non gli girava neanche più molto intorno. Se ne stava in solitudine e sembrava preferirla a qualsiasi altra compagnia, perfino a quella di sua madre.
Anche Frigga aveva confessato la sua preoccupazione per quel cambiamento, ma Loki l'aveva rassicurata dicendo che con il tempo sarebbe tornato la solita insopportabile peste.
Ma il tempo passava e Thor era sempre più cupo.



*



Una sera, mentre rientrava dopo aver trascorso una serata alla solita locanda, Loki scorse le tende della grande sala muoversi. Era chiaro che qualche servo aveva dimenticato di appuntare le porte di vetro. Avrebbe potuto ignorare e dirigersi come stava facendo verso le sue stanze, ma i passi volsero in direzione della grande balconata.
Con sua sorpresa riconobbe una figura affacciata. Anche se era di spalle era palese a chi appartenessero quei capelli biondi e soprattutto il perché se ne stesse in piedi su un piccolo sgabello di legno.
Si avvicinò con passo neanche troppo silenzioso tanto che Thor si volse a guardarlo.
«Stai progettando di gettarti di sotto?» gli chiese poggiandosi a sua volta con i gomiti sul muro.
Thor guardò nuovamente davanti a sé.
«Mi dispiace, ma non intendo morire per farti contento.»
Loki rise divertito da quella che aveva interpretato come una battuta ma, quando guardò Thor, vide l'ombra scura che copriva il suo viso, la malinconia dei suoi occhi.
Probabilmente aveva avuto qualche altro incubo dei suoi e stava cercando un modo per affrontarlo che non lo coinvolgesse, o era ancora la negazione impostagli da Odino circa l'Accademia a far nascere quell'infelicità.
Qualsiasi fosse il motivo Loki riteneva che non fosse affar suo, più che altro non voleva che lo fosse.
Eppure restò lì, accanto a lui, nel silenzio della notte ad ascoltare il suono sibilino del vento.
«Come va la ferita?» chiese privo di espressione.
«È guarita» rispose Thor con medesimo tono.
«Non pensi sia ora di metterti a letto, ragazzino?»
«Pensavo non ti interessasse niente di quello che faccio.»
Loki sorrise.
«Ti segni tutte le parole che dico?»
«Solo quelle che mi fanno male.»
Una tale risposta tacitò ogni replica.
Thor scese dalla sedia e gli diede le spalle per poi tornare nella sala.
Loki lo seguì con lo sguardo mentre il vento ancora gli accarezzava il viso e i capelli e si chiese quanto davvero di quel bambino avesse compreso. Si chiese perché gli importasse così tanto comprenderlo. Si chiese perché in qualche modo quegli occhi tristi avevano contagiato anche i suoi.
Fu però il moto di orgoglio che gli provocò il suo abbandono silente che lo portò a seguire i suoi passi anche fisicamente.
Thor stava tornando silenzioso nelle sue stanze quando Loki lo raggiunse e lo sollevò da terra avvolgendogli un braccio in vita.
Il bambino gridò, per la sorpresa o per stizza, ma Loki lo ignorò e lo condusse nelle sue di stanze.
Lo lanciò letteralmente all'interno facendolo ruzzolare al suolo e aspettò che si rimettesse in piedi.
«Ma cosa vuoi da me?» ringhiò Thor spintonandolo. «Fammi uscire!» Provò poi ad aprire la porta ma Loki la richiuse.
«Piccola furia, si può sapere dove hai intenzione di andare?» chiese tirandolo per il colletto della maglia e facendolo ricadere di nuovo con il sedere a terra.
«Lontano da te!» ribatté lui stringendo i pugni.
«Oh, sarebbe un bel cambiamento, ma adesso tu resti qui e mi ascolti!» ordinò Loki incrociando le braccia sul petto.
Thor tacque ma continuò a guardarlo malamente con le lacrime pronte a uscire da un momento all'altro che però stava trattenendo con grande tenacia.
«E cosa dovrei ascoltare, eh?» chiese poi con voce incerta. «Vuoi dirmi ancora quanto non mi sopporti? Quanto ti dia fastidio? Vuoi dirmi ancora quanto mi odi? Quanto preferiresti sapermi morto?»
E dopo una tale accusa non gli fu più possibile reggere alcun pianto. Le lacrime presero a scendere una dopo l'altra e anche se Thor si coprì il viso con il dorso del braccio, Loki le vide tutte. Loki le sentì tutte.
«Io non sarò mai il fratello amorevole che vorresti. Lo sai questo» disse volendo esser duro ma risultando invece solamente pacato.
«Lo so» balbettò Thor continuando ad asciugarsi gli occhi con la manica. «Ma a me piaci così come sei, perché sei tu, sei Loki, e anche se mi tratti male e mi consideri insopportabile, io ti voglio bene...» Loki si sentì sempre più schiacciare da quelle parole, dentro di lui qualcosa si stava frantumando e aveva solo voglia di uscire dalla sua stessa stanza; ma restò lì, ad ascoltare il suo pianto, a guardare con quanta forza si rimetteva in piedi e cercava di guardarlo attraverso le lacrime che gli scioglievano gli occhi. «Io volevo solo che tu mi volessi almeno un po' di bene e credevo che era così... ma...» Iniziò poi a piangere singhiozzando come quella volta nella stalla quando, per la prima volta, Loki aveva sentito un sentimento sbagliato, che non voleva provare, che aveva voluto semplicemente rigettare. E non ci era riuscito. Thor tirò su con il naso e lo guardò stavolta con una luce ancora più buia. «Hai solo finto di volermi bene. Pensavo che mi avevi insegnato a nuotare perché mi volevi bene, che mi eri stato vicino quando ero malato perché eri il mio fratellone... pensavo che mi avevi letto il tuo libro e mi avevi fatto dormire con te perché un po'... solo un po' tu... tu mi volevi bene... Ma erano tutte bugie... tu mi odi e basta...»
Attraverso le sue parole strappate dai singulti, Loki rivisse ognuno di quei momenti. Il giorno alla fonte, in cui aveva avuto vero timore quando non lo aveva veduto riemergere dall'acqua; la notte che aveva dormito stretto a lui, con le dita a sfiorargli i capelli biondi mentre si agitava per un brutto sogno. Rivisse il momento in cui lo aveva visto su quel letto coperto di sangue, spaventato, e aveva dovuto assicurarsi che non fosse nulla di grave. Rivisse il momento in cui lo aveva sentito caldo come un fuoco che respirava a fatica, in cui gli aveva terso la fronte e aveva letto ad alta voce qualche passo del suo libro affinché si addormentasse più sereno. Rivisse quel pomeriggio in cui aveva visto i suoi compagni allenarsi e aveva pensato a lui... E ne aveva sofferto.
Tutte menzogne!
Non sarà mai mio fratello. Non lo voglio un fratello. Non voglio lui come fratello.
Sì, lo erano, erano menzogne quelle che aveva sospirato a se stesso.
Ancora un tassello cadde e Loki decise di non combattere più per sorreggere gli altri.
Come un castello di carte, lasciò che il vento di quella notte lo buttasse giù e sperdesse lontano ognuno di quei fogli.
Si avvicinò a Thor, ancora in lacrime, e flesse un ginocchio per portare il viso alla sua altezza.
«Io non ti odio» affermò e la sentì come verità.
Thor lo guardò con i singhiozzi che continuavano a scuotergli le spalle.

«T-tu non mi odi?» gli chiese incerto. Loki sorrise e scosse il capo. «Allora mi vuoi bene?» chiese ancora Thor speranzoso e Loki rise stavolta ironico.
«Adesso non esageriamo» rispose. «Diciamo che-»
Ma ogni parola si spezzò quando Thor lo abbracciò forte, gettandogli le braccia al collo e inumidendogli la guancia con le lacrime che bagnavano la sua.
Loki rimase immobile per un po', quasi travolto da troppe emozioni che aveva taciuto e negato fino a quel momento, ma poi sollevò il braccio e lo avvolse attorno al piccolo corpo di suo fratello.
In fondo, non era così male.



*



«Posso davvero?»
«Solo per stasera poi te ne torni in camera tua.»
Thor saltò sul letto eccitato e si lanciò ancora addosso a Loki che si stava togliendo la maglia.
«Grazie, fratellone! Ti voglio bene.»
«Se lo dici un'altra volta ti getto davvero dalla finestra» brontolò e Thor lo lasciò libero di cambiarsi per la notte.
Non credeva di essere stato più felice di così, neanche quel giorno alla fonte.
Loki gli aveva detto che non lo odiava. Loki gli voleva bene e lo considerava suo fratello. Loki non desiderava affatto la sua morte!
Si infilò sotto le lenzuola ancora esaltato e si voltò a guardarlo.
Ancora non ci credeva.
«Smettila di fissarmi» lo ammonì Loki chiudendo gli occhi e piegando un braccio dietro la testa.
«Sai, da grande voglio essere come te» confessò Thor con un sorriso e suo fratello rise voltandosi a guardarlo.
«È perché mai? Sentiamo» gli chiese.
«Beh, perché sei forte e coraggioso e non hai paura di niente e non piangi mai e sai fare un sacco di trucchi!»
«Mh, sei un tipo perspicace, principe Thor» ghignò ancora Loki e Thor sorrise.
«Loki, che significa “spespicace”?»
«Ecco... come non detto.»
Loki tornò a chiudere gli occhi e Thor lo svegliò ancora scuotendolo per la spalla.
«Loki! Loki!»
«Thor, cosa ho detto circa la finestra? Vuoi volare giù?» brontolò lui dandogli le spalle e Thor sbuffò.
Voleva parlare con lui, fargli un sacco di domande ma non voleva essere gettato dalla finestra. Suo padre si sarebbe di certo arrabbiato se avesse combinato altri guai.
E poi non voleva che Loki cambiasse idea e non lo lasciasse più dormire con lui.
Si girò quindi verso la sua schiena e vi poggiò la testa allungando il braccio per cingergli la vita.
Aveva un buon profumo, suo fratello, un profumo che sembrava coccolarlo.
«Ehi, stai al tuo posto, testa di paglia.»
Thor a malapena lo udì.
«Dolce notte, fratellone» bisbigliò «Ti voglio bene.»
E presto il sonno lo colse.



*
*
*



Un mattino di primavera, quando ormai gli alberi ritrovavano le loro foglie, un cavaliere giunse a galoppo diretto a palazzo.
Gli furono aperti i cancelli e concessogli di raggiungere il sovrano nella sua Sala del Trono.
«Mio re, è giunta!» dichiarò il soldato togliendosi l'elmo e stringendolo sotto il braccio.
Odino si alzò dal trono e lo avvicinò.
«Mostramela» ordinò e l'uomo gli porse una lettera sigillata con ceralacca nera come pece che riportava una L impressa.
Odino ruppe il sigillo e lesse ciò che vi era scritto.
Il soldato vide il viso del re mutare e tingersi di una strana espressione.
«Così questa è la tua risposta, Laufey» mormorò il sovrano fra sé. Diede poi ordine di ristorare la guardia con cibo in abbondanza e buon vino. Chiamò quindi l'assemblea del consiglio affinché tutti sapessero.
Quando ciò accadde, il principe Loki non era a palazzo.



*



La cavalcata fu lenta e lo sbattere degli zoccoli sembrava un tamburo che intonava una nenia.
«Se non vai più veloce giungeremo quando si farà sera!»
Loki sospirò senza aumentare la marcia.
«Taci se non vuoi che una volta arrivati ti affoghi» minacciò e Thor si voltò sorridendogli. «Sono serio, moccioso.»
«Come vuoi, fingerò di crederci» asserì irriverente tornando a poggiare la testa contro il suo petto. «Loki, lo sai che Sigyn prestò andrà via? La mamma è triste. Tu non sei triste?»
«Perché dovrei esserlo?» chiese domandandosi perché avesse tirato fuori quel discorso.
«Lei è tua amica e io sarei triste se Volstagg, Fandral o Sif andassero via.» Il ragionamento semplice di Thor lo fece sorridere.
«Le persone vanno via, Thor. È la vita. Meglio non affezionarsi troppo, quindi.»
«Loki, ma a Sigyn tu vuoi bene?»
L'ingenuità con cui glielo aveva chiesto portò Loki a riflettere su quello che realmente provava per la giovane.
Le voleva bene?
Non sapeva dirlo con certezza. Sentiva che il sentimento che provava verso di lei al momento era rabbia, forse era il suo orgoglio, forse il cuore.
Dare una risposta era difficile.
«Perché tutte queste domande?! Fa' silenzio!» Tagliò corto ma Thor come sempre si rivelava estremamente insistente.
«Vuoi più bene a Sigyn o vuoi più bene a me?»
«Questa è facile: a lei. Voglio perfino più bene a questo cavallo che a te.» Rise e Thor gli tirò una craniata sul petto.
«Sei il solito antipatico!» brontolò.
«E tu il solito moccioso petulante. E adesso fa' silenzio.»
L'andatura lenta non impedì loro di giungere alla fonte con ancora il sole alto nel cielo.
Thor saltò giù dal destriero ancor prima che Loki arrestasse il passo.
Si sfilò la maglia e la gettò sull'erba, poi calciò via gli stivali e i pantaloni come fossero fatti di fiamme che ardevano la sua carne.
«Jörmundgander ti sta aspettando» mormorò Loki mentre smontava da cavallo e ne legava le redini al tronco di un albero.
«Tanto non esiste quel mostro. Lo so!» affermò Thor con fretta prima di correre verso la sponda e saltare giù con un grido.
Loki sospirò e si sporse per vederlo emergere e scuotere forsennato la testa.
«Vieni anche tu, fratellone!» lo invitò poi nuotando nell'acqua con un enorme sorriso.
Lo aveva condotto più volte alla fonte e Thor aveva perfezionato il suo nuoto. Loki era felice che fosse un luogo così lontano e sperduto fra la vegetazione cosicché nessuno poteva vederlo sorridere mentre guardava quel marmocchio ridacchiare allegramente in acqua.
Talvolta si univa a lui e lo teneva sott'acqua finché non gli sembrava che stesse per svenire, allora lo lasciava andare e Thor piagnucolava come suo solito accusandolo di volerlo uccidere.
Frigga poi aveva frantumato la sua bella menzogna sul serpente marino che viveva in quel lago e quindi Loki non poteva neanche più divertirsi a mettergli terrore.
Senza neanche rendersene conto aveva iniziato a trascorrere sempre più tempo con quel bambino e, più assurdo di tutto, a goderne la compagnia.
Thor era pieno di vita e aveva sempre voglia di novità. Da quando i suoi compagni erano occupati con l'Accademia, aveva così tanti momenti in solitudine che Loki era diventato il centro attorno cui girava ogni suo attimo.
Giungeva nella sua camera di buonora e saltava sul suo letto svegliandolo, questo quando non lo supplicava di lasciarlo dormire con lui a causa di incubi che Loki iniziava a considerare puri pretesti.
Quando leggeva in biblioteca, Thor sedeva sulla sedia a fianco, con il capo poggiato sulle braccia, e lo guardava in silenzio. Loki non lo richiamava neanche più per la maniera scortese con cui letteralmente lo fissava, ma evocava un incantesimo con cui unire i legacci delle sue scarpe per vederlo ruzzolare a terra quando si alzava dalla sedia con l'intento di seguirlo.
«Dai, Loki! Vieni a giocare.»
«Non disturbarmi. Ho da fare.»
Quel giorno non aveva voglia di bagni. Aveva portato con sé un vecchio libro che parlava dell'ultima guerra combattuta su Midgard fra l'esercito Aesir e gli Jotun. Era il diario appartenuto a Balder, fratello del Generale Tyr. Era stato un grande guerriero ma era poi venuto a mancare in circostanze mai chiarite. Si era parlato anche di avvelenamento, ma mai furono trovati colpevoli.
Loki credeva che il risentimento di Tyr verso Ísarr fosse dovuto anche a questo: Ísarr aveva occhi e orecchie in tutta Asgard e, se a quel tempo aveva saputo, aveva deciso di tacere. Ma non era la sua morte che interessava a Loki, quanto ciò che poteva apprendere dalle sue memorie su quel duro e antico duello di regni.

Si sedette quindi su una delle rocce all'ombra, potendo udire il rumore degli schizzi e degli schiamazzi di Thor.
La lettura lo immerse e non si accorse del trascorrere del tempo, quasi come se lo scrosciare della cascata fosse una dolce melodia. Era come trovarsi distanti, in un profondo isolamento mentale.
Fu un raggio di sole che lo colpì agli occhi a ridestarlo. Le ore erano trascorse così in fretta che ormai l'ombra sotto cui aveva trovato riparo era stata divorata dai raggi del mezzogiorno.
Si accarezzò gli occhi e si sporse per guardare al di là delle rocce.
Thor non era più in acqua, se ne stava seduto a sua volta su una piccola sporgenza, lasciando immersi solo i piedi fino alle caviglie e li dondolava piano. Sembrava stanco, ma Loki si corresse rapidamente: era triste.
Chiuse il libro e discese la scala in pietra fino a giungere alle sue spalle.
Thor non dovette udirlo perché non alzò la testa, così Loki allungò il piede e con la pianta lo spinse nuovamente nella fonte.
«Loki!» sbraitò il bambino riemergendo con colpi di tosse per l'inaspettato bagno.
«Vestiti. Rientriamo» comandò quindi annoiato e ignorando le successive lamentele per la maniera sgarbata con cui l'aveva gettato in acqua.

Cavalcarono poi verso casa e quando arrivarono a palazzo Loki venne a conoscenza di quanto accaduto in sua assenza direttamente da Odino: Laufey aveva accettato la proposta di un incontro e lo aspettava su Jotunheim.
Suo padre sarebbe partito all'alba del nuovo giorno.



*



«Andrai dai giganti di ghiaccio?» Thor era rimasto sconvolto dalla notizia che suo padre aveva comunicato a cena.
Odino però non gli diede risposta e continuò a parlare con Loki di cose che Thor non capiva ancora.
Guardò il piatto davanti a sé e sentì la gola stringersi. Non riusciva a respirare, l'aria non scendeva fin dentro i polmoni.
Strinse la forchetta d'argento continuando a fissare il cibo di fronte a lui come emanasse il peggiore degli odori. Gli faceva male lo stomaco, sentiva la necessita di rimettere.
«Tesoro, vieni con me.»
Sua madre si alzò e si avvicinò a lui prendendolo per la mano.
Thor si lasciò condurre vie senza dire niente. Neanche quando Frigga lo accompagnò nei giardini Thor riuscì davvero a respirare.



*



«Perché?»
Frigga sospirò.
«Un re ha dei doveri, bambino mio» rispose. «Tuo padre sta facendo solo ciò che il suo ruolo chiede.»
Thor scuoteva la testa e le abbracciava le gambe.
«Io non voglio che papà vada lì. Non voglio che i giganti di ghiaccio lo mangino.»
«Non accadrà nulla di simile, tesoro.» Provò a rassicurarlo con un sorriso facendo scorrere le dita fra i suoi capelli. «È vero che gli Jotun sono creature aggressive ma non mangiano le persone. Chi ti ha detto una simile sciocchezza?»
Thor sollevò i suoi occhi spaventati senza rispondere ma Frigga credeva di conoscere bene il nome del colpevole. Loki amava raccontare storie, le cuciva con tale maestria che chi le udiva credeva fossero pura verità. Era un'abilità rara che poteva usare come arma, o come mezzo per spaventare il suo piccolo fratello minore.
Ma Frigga non era più troppo impensierita dal suo comportamento. Aveva visto il suo cambiamento che era stato lento e silenzioso, ma era avvenuto.
Gli occhi di Loki adesso guardavano Thor con luce diversa. Le sue parole, seppur fossero sempre degne della sua Lingua d'Argento, non parevano avere più intento di ferirlo quanto quello di ridere della sua ingenuità.
Le Norne solo sapevano quanto grata fosse di quanto accaduto, perché tutto quello che aveva chiesto alle Signore del Destino era di far sì che i suoi due figli fossero legati con un doppio filo, che fossero l'uno la metà dell'altro, che la strada che avessero percorso un domani non li vedesse mai in due orizzonti differenti.
«Non temere per la sorte di tuo padre, Thor» disse infine. «Sarà di ritorno quanto prima.»
Quella sera Thor prese sonno nelle ore più profonde della notte e Frigga temette di lasciarlo solo, ma tornò comunque nelle sue camere. Se si fosse svegliato, per qualsiasi motivo, avrebbe saputo chi cercare.



*



La delegazione si mise in marcia alle prime luci del giorno.
Tyr guidava lo squadrone della Guardia Reale che precedeva la cavalcatura del re. Alle sue spalle uno dei reparti della Decima Divisione chiudeva le fila, al cui comando cavalcava Theorico.
Loki salutò suo padre e poi guardò il capitano dar ordine ai suoi soldati.
Era alto, biondo, dalla carnagione bruna e due intensi occhi castani. Theorico rispecchiava alla perfezione i canoni di un prode guerriero Aesir, e sebbene fosse di umili origini così come suo padre Tyr, possedeva modi aristocratici che nulla avevano da invidiare al più blasonato di corte.
Loki lo mirò con freddo studio intanto che indossava l'elmo e prendeva il passo con i suoi uomini.
Al suo fianco Frigga teneva Thor contro di sé mentre il bambino vedeva suo padre allontanarsi.
«Papà...» sospirava con pena.
Loki lo guardò ripensando alle parole che Odino gli aveva rivolto la sera prima.
Laufey non tenterà alcun gesto scellerato ma se così fosse, se mai dovessi cader vittima degli intrighi di quello Jotun, a te, figlio, la guida del regno.” Gli aveva quindi poggiato la mano sulla spalla con presa ferrea. “E vendica ogni affronto alla nostra casa con pugno duro.
Loki aveva poggiato la mano su quella del padre e aveva promesso. Una promessa che mai sarebbe stata infranta.

Thor volle dormire con lui nel suo letto quella notte e poi la successiva e così per tutte quelle che ne seguirono, finché Odino non fece ritorno.



*



A nove giorni esatti dalla sua partenza, il re varcò i cancelli con la sua guardia e i soldati in armatura.
Portava con sé notizie positive: Laufey aveva dichiarato di non aver intenzione di infrangere la tregua che ormai da secoli univa i loro Paesi, il che solidificava la pace che vigeva nei Nove Regni.
Ma la pace ha sempre un costo e così, la sera a cena, nel gaudio del ritorno di un padre e di un marito, Odino comunicò il prezzo di quella pace.
Non avrebbe potuto essere più alto.











***









----------------
NdA.
Quale sarà il prezzo chiesto da Laufey?
La risposta nel prossimo capitolo ^^
Ancora un grazie a chiunque stia seguendo questa storia con passione e affetto.
I nostri fratelli si sono finalmente trovati ma gli ostacoli non sono ancora finiti.
Un abbraccio a tutti <3
Kiss kiss Chiara

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Capitolo 7
*** La lezione più importante ***


cap7
“Mio amato fratello”



Capitolo 7
[La lezione più importante]






Loki non credeva davvero che suo padre avesse potuto accettare un simile accordo. Era esterrefatto, confuso, sorpreso.
Tacque durante tutta la cena. Non mangiò nulla. Nessuno mangiò nulla.
Frigga osservò suo marito con sguardo gelido, come Loki non ricordava di averle mai visto.
Loki guardò Thor, seduto di fronte: era divenuto cadaverico.
Tremava, le lacrime riempivano i suoi occhi ma non scendevano; a malapena respirava.
«Mi aspetto che tu abbia rifiutato» disse la regina e tutti attesero la risposta di Odino.
«Ho accettato» rispose il re. «Non vi era altra scelta.»
Frigga si alzò e sbatté i palmi sul tavolo. «È una follia che non permetterò mai!» affermò.
«La decisione è presa.» Odino poi tacque. Un silenzio pesante come un macigno scese nella sala.
Thor saltò dalla sedia e corse via. Loki non lo seguì, fu Frigga a farlo.
Loki restò invece seduto, riempiendosi un bicchiere di vino, e ascoltò il silenzio di suo padre.
«Perché?» chiese soltanto, bisognoso di una risposta.
Odino aveva lo sguardo spento in cui annegavano mille emozioni e sentimenti taciuti.
«Perché era la cosa giusta» rispose.
Il calice fu posato con calma sul tavolo ma Loki vide le proprie dita tremare. Non se ne era reso conto prima.
Sollevò poi lo sguardo sul viso di suo padre.
«Quando dovrà partire?» domandò.
«Fra cinque inverni a partire da ora» dichiarò Odino.
Loki annuì e si asciugò le labbra prima di sollevarsi da tavola.
«Con il tuo permesso mi ritirerei, padre.»
Ma non attese alcun permesso ché prese la via d'uscita.
«Loki?» Odino lo chiamò e Loki si voltò con sguardo serio. «Forse adesso non è facile comprendere per nessuno di voi, ma un giorno capirai cosa vuol dire avere il peso del governo sulle tue spalle.»
Loki assentì ancora senza dire nulla e uscì.
Passò dinanzi alla stanza di Thor e udì pianti e singhiozzi, udì la voce di sua madre e le suppliche di suo fratello.
Qualcosa nel suo stomaco sembrava contorcersi ma non sapeva cosa fosse.
Passò oltre e si diresse nei giardini. La sera era fresca e il cielo colmo di stelle, eppure pareva più buio di ogni altra notte.
Raggiunse la quercia sotto la quale tante notti aveva atteso Sigyn. Quella notte nessuno venne a dividere con lui la sua solitudine. Quella notte restò solo, nel silenzio, a riascoltare le parole di suo padre, a risentire nelle orecchie quell'agghiacciante accordo.
Laufey, re di Jotunheim, aveva chiesto a Odino la possibilità di essere mentore e guida del suo giovane figlio. Così come Loki aveva quindi vissuto i suoi anni di formazione a Vanaheim, Thor avrebbe dovuto trascorrere lo stesso lasso di tempo nelle fredde lande del Regno dei Ghiacci.
Era una richiesta fra le più folli. Una richiesta folle che era stata accettata.



*



La mattina seguente Frigga sedeva su una panca di marmo nei giardini. Era sola, senza nessuna delle sue ancelle a tenerle compagnia.
«Madre?» Loki la raggiunse e le si sedette accanto.
Frigga tenne lo sguardo fisso dinanzi a sé.
«Ha pianto tutta la notte» disse come parlasse in solitudine. «Eir gli ha dato un infuso per procurargli il sonno.»
Sentì le dita di Loki sulle sue.
«Ascolta, padre non terrà davvero fede a quell'accordo. È di certo solo un modo per guadagnare tempo così da studiare la migliore strategia con cui attaccare Jotunheim. Cinque anni sono lunghi e il tempo affievolisce la memoria. Forse sarà Laufey stesso a venir meno per primo.»
Frigga ascoltò le sue parole ma erano lontane, come l'eco remota di un tiepido vento.
Si voltò lentamente verso di lui. Gli accarezzò il viso e sorrise con lo stesso sapore che avrebbe avuto un pianto.
«Restagli vicino» disse. «Guidalo, insegnagli ciò che sai, rendilo consapevole delle sue capacità e mostragli cosa vuol dire essere un principe di Asgard così che non possa sentire mai la chiamata della codardia.»
«Madre...»
Frigga strinse nel cuore mille verità che avrebbe voluto dirgli, mille verità che sibilavano fredde dentro di lei.
«È tuo, per i prossimi cinque anni sarà tuo, Loki. Fa' che quando poserà i piedi sul suolo di Jotunheim porti forgiata dentro di sé l'anima di un vero Aesir.»
Loki non le diede risposta e Frigga lo abbracciò forte. Quel figlio che tanto amava, quel figlio che era suo, anche se nato dalla neve.



*
*
*



Trascorse un mese e poi un altro e Thor parve dimenticare le parole di suo padre, perché i fanciulli non vivono nel passato né nel futuro ma camminano nei giorni odierni con cor leggero.
Era ormai estate e il caldo divenne una camicia di sudore che sembrava non poter essere sfilata.
Thor correva nei corridoi tenendo stretta nella mano la sua spada di legno. Correva come avesse il vento a spingerlo.
Corse, inciampò, cadde. Si rialzò e continuò a correre verso la luce accecante che proveniva dal grande portone.
Le scale di marmo scendevano dinanzi a lui. Le saltò velocemente e scivolò sulla ghiaia del piazzale. Il ginocchio bruciò quando si tirò su con i ciottoli incollati alla pelle insanguinata.
Non sentì dolore né altro.
Corse attraverso i giardini, corse fra le aiuole e le gonne delle ancelle, corse fino alle stalle e poi oltre.
Il sole splendeva sui capelli d'oro e sulla fronte umida, sulle braccia nude piene di tagli e sul legno della sua spada.
Corse fino al lungo viale che conduceva ai cancelli che da lontano si stagliavano verso il cielo come appuntite lance di guerra.
Erano ancora aperti. Poteva farcela.
Aumentò il passo scorgendo lo spazio fra le tue metà diminuire sotto i suoi occhi. Doveva farcela, doveva.
Corse mentre i muscoli bruciavano e il respiro pungeva nei polmoni.
Sorrise accorgendosi che la distanza che gli era rimasta da percorrere era poca e che avrebbe potuto attraversare i cancelli.
Era ormai vicino quando la sua caviglia fu colpita da qualcosa - un sasso, una spina.
Non capì ma cadde a terra rovinosamente graffiandosi gomiti e viso sul terreno, respirandolo, sentendolo nella bocca.
«No!» urlò provando a rimettersi in piedi ma si udì un rumore metallico salire nell'aria.
I cancelli si erano chiusi.
Rimase con le ginocchia piegate a terra. La spada ancora in pugno e il respiro irregolare.
«Accidenti!» ringhiò poi gettando l'arma lontano facendola ricadere ai piedi di una figura alta. «C'ero quasi!» disse e si pulì la bocca con il dorso della mano. «Ero quasi arrivato...»
«Ma non sei arrivato.»
Thor sollevò il viso verso Loki che lo guardava severo.
«Ero più vicino stavolta» sottolineò ma Loki non mutò espressione.
«Torna indietro e vai a studiare» gli comandò.
«Ma Loki-»
«Non voglio sentire scuse, Thor. Ho detto: torna indietro e vai a studiare.»
Non protestò più. Si alzò da terra sentendo all'istante tutta la fatica e il dolore, e andò a recuperare la sua spada.
Non sollevò lo sguardo verso suo fratello mentre ripercorreva a ritroso tutta la strada che lo aveva condotto lì.



*



Loki osservò Thor allontanarsi lentamente mentre la punta della sua spada scivolava stancamente sul terreno disegnando un lungo serpente accanto ai passi del principe.
Guardò poi nella propria mano i piccoli sassi che teneva stretti e sorrise facendoli saltare nel palmo.



*



Tornò nelle sue stanze e si diresse alla scrivania dove una pila di più di dieci libri aspettava di essere letta.
Quando Loki gli aveva detto che sarebbe stato il suo maestro, Thor aveva fatto i salti di gioia. Odino non gli aveva permesso di frequentare l'Accademia ma Loki gli aveva detto che gli avrebbe insegnato a combattere, a usare la spada e i pugnali, a essere agile e veloce come il vento e letale come una vipera.
Prima, però, gli aveva ordinato di leggere e studiare tutti i libri della biblioteca più alcuni che lui aveva portato direttamente da Vanaheim. Thor non amava leggere se non racconti di avventura e storie di valorosi guerrieri. Ma non aveva altra scelta.
Loki era un insegnante severo e non amava ripetere le cose due volte.
Thor leggeva le pagine di ogni libro con attenzione ma al contempo teneva l'orecchio in ascolto.
Alle volte si udiva una sirena, un sibilo acuto, e quello era il segnale.
Doveva lasciare tutto, afferrare la sua spada di legno e correre fino ai cancelli prima che si chiudessero. Se fosse riuscito a passarvi attraverso, Loki gli avrebbe insegnato come impugnare e usare l'arma.
Fino ad ora non era riuscito a farlo neanche una volta ma c'era sempre più vicino.
Così studiava con più decisione, anche se i libri erano difficili, e correva più forte ignorando il dolore e la fatica.



*
*
*



Un anno trascorse e i cancelli si chiudevano sempre troppo presto. Thor alle volte inciampava come un filo venisse teso davanti ai suoi passi, alle volte crollava colpito da un crampo dritto al polpaccio, talvolta semplicemente scivolava sul selciato e finiva con la faccia a terra.
Loki ammirava la sua tenacia e provava biasimo per la sua ingenuità. Avrebbe dovuto capirlo ormai che era lui a impedirgli di giungere a destinazione, eppure Thor si alzava richiamando se stesso e tornava a capo chino nelle sue stanze.
Loki sapeva bene che bramava la conoscenza delle armi e del combattimento, ma la cultura era importante più della forza bruta che poteva sempre essere sviluppata e accresciuta con l'esercizio e la costanza.
Così insegnò a Thor la storia, la geografia del loro regno e anche di ogni altro, con particolare attenzione per il regno di Jotunheim, tanto ostico e pericoloso.
Ancora si chiedeva se Odino avrebbe davvero mantenuto la parola data a Laufey; spesse volte rimaneva della sua convinzione che il tutto fosse stato solo un sottile gioco di inganni e bugie, altre risentiva le parole che sua madre gli disse quel dì nei giardini, rivedeva i suoi occhi e percepiva ancora la sua rassegnazione.
Non sapeva cosa credere. Odino non parlava mai della questione e Tyr e Ísarr sembravano anche esserne allo scuro. Frigga era l'amorevole madre di sempre ma il suo sguardo si incupiva a ogni tramonto e nuova alba.
Thor, dal suo canto, non pareva aver neanche più memoria di quel destino che avrebbe potuto attenderlo e si stava impegnando con dedizione in ogni sua lezione.
Loki eseguiva il suo compito con altrettanta abnegazione perché lo aveva promesso a Frigga, più semplicemente perché lo voleva.
Sigyn si era sposata con Theorico e aveva lasciato il servizio a palazzo. Loki riusciva a incontrarla solo durante cerimonie di corte ma lei gli negava sempre lo sguardo.
Alla fine smise di cercarlo.
Seguire Thor era un impegno che occupava tutto il suo tempo, tempo che trascorreva con incredibile rapidità.



*
*
*



«È impossibile.»
Loki sollevò lo sguardo a quelle parole.
Thor era disteso con le spalle contro la roccia accaldata dal sole, ancora mezzo bagnato per il bagno nella fonte.
«Di cosa parli?» gli chiese pettinando con le dita i capelli umidi all'indietro.
«La sfida del cancello» rispose Thor. «È impossibile da vincere.»
Il suo tono non tradiva rassegnazione quanto semplice coscienza.
«Perché lo pensi?» chiese ancora Loki poggiando il mento nel palmo della mano e lasciando che il sole asciugasse la sua schiena.
Thor si mise a sedere facendo ricadere sul viso i capelli biondi divenuti troppo lunghi. Aveva ormai dieci anni e la sua chioma si era addolcita in morbide onde che avrebbero fatto invidia a qualunque fanciulla.
«Ogni volta corro più forte, ho anche provato ogni percorso accessibile, sono perfino saltato dal balcone per evitare di perdere tempo sulle scale eppure non riesco a giungere mai in tempo» spiegò. «È un imbroglio» sostenne alla fine.
Loki guardò il suo viso trovando un'espressione a tratti risentita, a tratti imbarazzata.
«Quindi mi stai accusando di averti imbrogliato per tre lunghi anni per... avanti, quale potrebbe essere il motivo?» lo mise ancora alla prova.
Gli occhi di Thor brillarono mentre la sua mente cercava quella risposta.
«Era per fortificare la muscolatura delle mie gambe! È questo?»
Loki storse in naso.
«Banale. Ritenta.»
«Allora volevi insegnarmi che non tutte le sfide si vincono e che bisogna capire quando è il momento di mollare?»
«Assolutamente fuori dal mio stile. Prova ancora.»
Thor si morse il labbro come un tempo mentre cercava quella risposta che Loki sapeva non avrebbe ancora trovato.
«Mh... Ci sono!» asserì sorridente. «È perché non sai usare la spada e quindi non potresti comunque insegnarmi nulla!»
Loki sorrise sottile prima di gettarlo in acqua con una spinta.
«Molto simpatico» mormorò mentre il ragazzino se la rideva.



*



«Come vanno le lezioni con Loki, tesoro?»
«Bene. Ha quasi smesso di chiamarmi “ignorante”. Adesso si limita a darmi dello stupido.»
Frigga rise divertita mentre Thor sorrideva a sua volta.
«Sai, mamma, adesso sono grande. Non devi venire a darmi la buonanotte. Possiamo salutarci come adulti.»
La regina accarezzò il lenzuolo che copriva il corpo del suo bambino e annuì.
«Hai ragione, Thor.» Sorrise eppure un'aspra tristezza la investì.
Due inverni. Mancavano solo due inverni e poi...
Gli baciò la fronte e si alzò.
«Allora questa sarà l'ultima volta che verrò nelle tue stanze per rimboccarti le coperte.»
Thor sorrise orgoglioso.
«Dolce notte, mamma.»
«Dolce notte, ometto.»
Thor chiuse gli occhi e Frigga si allontanò sentendo quella tristezza crescere a ogni passo. Si voltò ancora una volta prima di uscire.
Il suo bambino stava diventando grande e lei avrebbe dovuto subire lo stesso dolore di quella volta quando aveva dovuto dire addio a un altro bambino per poi riabbracciare un uomo.
Eppure stavolta sarebbe stato diverso.
Non avrei mai potuto dire di no a Laufey.
E perché mai?
Sai bene il perché...
Frigga ricordò ogni parola, ogni sguardo di Odino, ogni verità non detta ad alta voce.



*



Thor aprì d'improvviso gli occhi. Era ancora buio, l'alba lontana e il canto delle creature notturne intenso come una malinconica melodia.
Ma i suoi occhi brillavano, il suo sorriso scintillava nelle ombre.
«Ho capito!» affermò in solitudine. «Adesso ho capito!»



*



Loki buttò uno sguardo alle guardie prima di far loro segno di aprire i cancelli.
Le vide eseguire leste il suo comando e poi lanciò in aria una sfera di energia che esplose emettendo un lungo sibilo. Si poggiò quindi al tronco di un albero con le braccia incrociate e attese.
Thor diveniva ogni volta più veloce e quindi non sarebbe trascorso molto prima di vederlo giungere.
All'interno della spada di legno che doveva portare con sé, Loki aveva infuso una piccolissima quantità di seiðr in modo da poter sapere sempre con precisione dove fosse. Quando percepiva la sua presenza ormai vicina, dava ordine alle guardie di iniziare a chiudere lentamente i cancelli. Ogni qualvolta Thor li scorgeva da lontano essi erano quindi già in chiusura e indipendentemente da quanto avesse impiegato, non sarebbe mai giunto in tempo, e poi ci sarebbe stato lui a mettergli, letteralmente, i bastoni fa le ruote.
Il meccanismo era perfetto, senza alcuna sbavatura.
Loki seguì il percorso delineato dalla spada-spia e sentì come sempre la velocità con cui Thor attraversava l'ormai battuto tratto, finché non lo avvertì arrestarsi e rallentare.
Forse era caduto, capitava spesso, però non aveva mai impiegato così tanto per rimettersi in piedi. Non poteva sapere con certezza dove fosse in quanto il suo incantesimo di localizzazione aveva come unico intento quello di calcolare la distanza che li divideva. Il passo però riprese ed era quasi più rapido di prima, veramente rapido.
Loki non comprese a cosa fosse dovuto ma diede comunque ordine di chiudere i cancelli quando lo avvertì ormai vicino. Guardò in direzione del palazzo per vedere la sua sagoma che correva a perdifiato, ma invece scorse la figura di un cavallo, non un cavallo qualsiasi, ma Sleipnir, il destriero di suo padre, sul cui dorso Thor si teneva forte.
I capelli al vento e la spada stretta nel pugno, mentre gli zoccoli del cavallo macinavano decine di metri alla volta.
Loki sorrise quando Thor varcò i cancelli ancora semi aperti con un urlo degno di un'amazzone.
Si voltò poi verso la direzione opposta mentre Sleipnir nitriva e si alzava sulle zampe posteriori.
«Ho vinto!» asserì Thor alzando al cielo la spada e tenendosi alle redini con l'altra mano.
«Hai imbrogliato» suggerì Loki avvicinandosi al cavallo.
Thor guardò giù, verso di lui, e gli puntò la spada contro il petto.
«Un imbroglio si batte con un altro imbroglio» affermò con un sorriso furbo e Loki fu costretto ad accettare la sconfitta.
«Lezione imparata.» Sorrise a sua volta. «Anche se ci sono voluti tre anni.»
Afferrò poi le redini di Sleipnir e ne reindirizzò la cavalcatura verso il palazzo mentre Thor, ancora sul suo dorso, si godeva la sua meritata vittoria.



*



Thor pensò che doveva delle scuse a suo fratello. Anche se per scherzo aveva sostenuto che non fosse abile con la spada, e a se stesso, alle volte, aveva sospirato il medesimo dubbio.
Si era sbagliato.
Loki brandiva la spada con la stessa maestria con cui pronunziava incantesimi. Era veloce ed elegante, aveva la grazia di un danzatore ma portava a segno ogni stoccata come un grande cavaliere.
Thor aveva visto molte giostre e duelli all'arena e tanti abili guerrieri sfidarsi e confrontarsi, eppure era certo che se Loki fosse sceso in campo li avrebbe battuti tutti.
Girava l'elsa nel palmo come fosse unta d'olio e la maneggiava neanche fosse leggera come piume di aquila.
Restava incantato a guardarlo, a guardare la sua veste seguire i suoi movimenti così come le ciocche nere nuotavano nell'aria leggiadre.
Ascoltava i suoi insegnamenti e provava a ripetere i suoi gesti ma non sarebbe mai stato tanto aggraziato e preciso.
Non stai torcendo il collo di una gallina, Thor!” Lo richiamava Loki per come impugnava l'arma e poi gli mostrava la giusta presa. Thor cercava di non arrossire imbarazzato per la sua incapacità e pensava ai suoi compagni che ormai erano già abili in ogni forma di combattimento. Giocavano ancora insieme quando tutti loro non erano impegnati con i rispettivi insegnamenti, eppure Thor sentiva il peso di non condividere la loro stessa istruzione. Ma allo stesso era felice di avere un maestro tutto per lui, un maestro che nessun altro avrebbe potuto eguagliare.
Osserva, studia, subisci anche il colpo se esso non è fatale. Impara dal tuo avversario e trova i suoi punti deboli. E quando avrai fatto di essi tesoro, affonda la lama senza esitazioni. L'esitazione è il nemico più pericoloso di un uomo. Ricordalo.
Thor annuiva e faceva suo quell'insegnamento e ogni altro.

E così, lezione dopo lezione, sgridata dopo sgridata, Thor aveva imparato a maneggiare con destrezza le lame sottili e le spade più pesanti. Riusciva a lanciare anche i pugnali con precisione, benché non poteva ancora dirsi al medesimo livello di Loki, ma il bersaglio veniva sempre centrato.
Loki gli dava ancora dei libri da leggere e lui lo faceva con piacere perché, dopo una dura giornata di allenamento, una buona lettura e una dormita erano il premio più ambito.
Anche quella notte Thor andò a dormire stanco e appagato, pronto ad affrontare la lezione del prossimo giorno.
Ma il giorno seguente non avrebbe avuto alcuna lezione.
Sarebbe stato il suo compleanno, il suo dodicesimo compleanno, e l'ultimo che avrebbe festeggiato nella sua casa.











***









----------------
NdA.
Come molti avevano immaginato, l'accordo fra Odino e Laufey ha avuto conseguenze importantissime sul rapporto fra i nostri due fratelli.
Cinque anni sono trascorsi in quest'unico capitolo e il mio intento era quello di trasmettere l'inesorabilità dello scorrere del tempo. Spero di esserci riuscita ^^
Il prossimo è il penultimo, e con il nono si concluderà la nostra avventura.
Avventura bellissima in cui ho incontrato e ritrovato molte splendide compagne di viaggio <3
Inizio a spargere ringraziamenti già da qui perché ne sono tanti e doverosi ^w^
Vi appuntamento quindi all'ottavo atto di questa storia, forse fra tutti, quello a cui sono più affezionata.
Un abbraccio e grazie come sempre per il tempo che mi dedicate.
Kiss kiss Chiara

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Capitolo 8
*** L'addio del fanciullo ***


cap8
“Mio amato fratello”



Capitolo 8
[L'addio del fanciullo]






L'intera sala brulicava di persone: nobili, generali, importanti diplomatici provenienti da ogni regno.
Frigga fece chiamare danzatori e musici, e anche giocolieri, commedianti che inscenassero piccoli siparietti divertenti. Tutto in onore del principe Thor, per i suoi dodici anni, per il suo ultimo compleanno da fanciullo ad Asgard.
Frigga non gli aveva parlato e, sapeva, sarebbe toccato a Odino affrontare il discorso. Odino avrebbe mantenuto la parola data a Laufey e avrebbe accompagnato Thor su Jotunheim per lasciare al re dei Giganti di Ghiaccio il compito di farne un uomo.
Oh, solo un cuore di madre poteva comprendere quale dolore stringesse l'anima della regina, quale timore, quale silente disperazione. Avesse avuto più audacia e meno responsabilità, avrebbe afferrato fra le braccia il suo bambino e sarebbe corsa via, in un luogo dove neanche al Grande Padre sarebbe stato possibile raggiungerli. Ma no, non le era concesso, perché una regina ha dei doveri e una moglie anche.
Venire meno a un accordo con Jotunheim voleva dire dichiarare la guerra all'istante e questo non poteva essere permesso.
Odino sedeva sul trono, alla sua sinistra. Alla sua destra vi era Thor e accanto a lui sedeva Loki.
Il maggiore bisbigliò qualcosa all'orecchio del fratello e gli indicò la sala dove un danzatore si stava esibendo. Mosse poi discretamente le dita e il danzatore sussultò come se qualcuno di invisibile lo avesse calciato nel didietro. Thor rise e Loki simulò un'espressione sorpresa.
Frigga ricordò il primo compleanno che avevano celebrato insieme, la freddezza di Loki, la sua rabbia nascosta.
Sembrava ieri e, allo stesso, sembrava una vita fa.
Aveva pregato tanto per vederli uniti e adesso che finalmente lo erano sarebbero stati divisi.
Sentì un magone risalirle in gola e sorseggiò dell'acqua poggiando le dita sul petto, dove un macigno premeva forte.
Sorrise poi verso i danzatori che si stavano inchinando e batté le mani.
Non c'era gioia nel suo cuore, da quel giorno finché non lo avesse veduto tornare non ci sarebbe più stata.



*



La festa era ancora in corso quando Thor sentì suo padre chiedergli di seguirlo. Guardò verso Loki che lo invitò a non farlo attendere.
Thor gli obbedì, come faceva sempre.
Odino camminava silenzioso nel corridoi dove i suoni festosi giungevano sempre più lontani. Thor seguiva il suo passo e non osò essere il primo a parlare.
La marcia si arrestò dinanzi a due guardie, in un luogo che il principe conosceva bene.
I soldati salutarono il loro sovrano e Odino discese le scale che portavano alla Sala delle Reliquie, Thor scese a sua volta ogni piolo con il cuore in ansia.
Odino poi si fermò, giunto alla fine della scalinata, e aspettò che suo figlio lo affiancasse.
Thor si guardò intorno; sebbene conoscesse alla perfezione il luogo, ne rimaneva sempre incantato.
«Domani sarà un giorno importante, figliolo» disse infine suo padre, spezzando ogni silenzio.
Thor non fu meravigliato. L'ansia crebbe e con essa un altro sentimento che cercò di soffocare.
«Lo so, padre» rispose. «Saluterò la mia casa per andare su Jotunheim.»
Percepì lo sguardo di suo padre sorpreso.
No, Thor non aveva dimenticato quelle parole. Sebbene l'eco fosse divenuta all'inizio molto debole, con il trascorrere dei giorni e poi dei mesi, era tornata prepotente a sussurrargli nella notte, e il principe aveva compreso che non avrebbe mai potuto sottrarsi al suo destino, al suo dovere di figlio di Asgard.
Aveva compreso perché Loki era divenuto più severo a ogni lezione, perché il tempo per riposare all'ombra di un albero o nel fresco abbraccio della fonte era andato sfumando a ogni sorgere di sole.
E Thor aveva appreso, con umiltà, ogni lezione di suo fratello, del suo più grande maestro, perché sapeva che se avesse dovuto ringraziarlo per qualcosa sarebbe stato per ogni richiamo e ogni occhiataccia, per il rigore e le parole affilate, sarebbe stato per aver trasformato quel “moccioso paglierino” in un principe degno di tale titolo.
E Thor aveva ancora paura, aveva ancora terrore di ciò che lo aspettava, ma adesso poteva affrontare quella paura e vincerla. Lo avrebbe fatto per lui, per Loki, come quel dì di tanti anni prima alla fonte.
Odino gli prese la mano e Thor la sentì forte e calda attorno alla sua.
Lo condusse a passo lento dinanzi a un piedistallo, sul fianco sinistro della sala.
«Cosa vi è scritto, Thor?» gli chiese e Thor fece scorrere gli occhi sulla pietra in cui erano scolpite poche rune.
«“Solo il più degno”» lesse a voce alta e poi fece risalire lo sguardo sulla pesante testa ferrata e sul lungo manico dell'arma: un martello, il martello.
Mjolnir, la più potente di ogni arma mai forgiata.
«Il viaggio che stai per compiere sarà arduo e faticoso» iniziò Odino tenendo ancora la mano stretta attorno alla sua. «Ciò che vedrai, che ascolterai, ciò che vivrai su Jotunheim ti cambierà, ma non cambierà il tuo cuore. Lo renderà più forte, figlio mio, forte e possente come una saetta che squarcia il cielo a metà. E quelle saette ti apparterranno e le governerai come cavalli domati con la frusta.»
Thor deglutì sentendo il cuore martellare.
«Sì, padre» sospirò a fatica.
Odino si voltò a guardarlo e flesse un ginocchio, e Thor vide il viso fronte al suo, l'oro della placca che gli copriva un occhio, il brillante zaffiro del suo unico sguardo. Gli poggiò le mani sulle spalle e lui si sentì in bilico, ma le parole di suo padre lo tennero in piedi.
«Laufey ha molto da insegnarti. Apprendi, Thor, apprendi anche se non comprenderai, perché non sarà un nemico a darti lezioni ma un re che ha veduto mille guerre e ne riporta le ferite sulla pelle e nello spirito. Temilo, perché ne avrai ragione, ma non piegarti. Mai. Sii fiero della tua gente qualsiasi cosa udirai, e sii fiero di ciò che sei. Tornerai da uomo, da guerriero, e sarai il più grande che Asgard e ogni altro regno potranno mai conoscere. Torna con l'orgoglio e la dignità intatta di un principe, e Mjolnir sarà lì ad attendere la tua mano e a te obbedirà sempre, per sempre, finché ogni sole non smetterà di tramontare e le maree sommergeranno le terre.»
«Sarai fiero di me, padre» affermò mentre una lacrima lasciava i suoi occhi. «Non macchierò Asgard con la codardia, lo giuro! Renderò lustro alla mia casa e agli insegnamenti di mio fratello e tornerò da uomo. Lo giuro sulla mia vita.»
Altre lacrime gli bagnarono il viso e Odino lo strinse fra le braccia.
«Figlio mio adorato...»
Thor non sapeva se anche suo padre stesse piangendo ma sapeva che lui non l'avrebbe più fatto, che quelle sarebbero state le sue ultime lacrime e che solo sul suolo di Asgard sarebbe rimasto il sale della paura di un bambino. Jotunheim né Laufey l'avrebbero visto tremare o lamentarsi, o peggio, esitare.
L'esitazione è il nemico più pericoloso di un uomo.
Thor avrebbe marchiato quelle parole nel cuore e nella mente e mai le avrebbe tradite.



*



Suo padre e Thor non avevano ancora fatto ritorno. Loki bevve un bicchiere di vino dietro l'altro guardando le esibizioni dei musici.
Fece vagare poi lo sguardo sui visi dei sudditi, sui loro sorrisi, sulla loro allegria.
Provò una profonda nausea e colmò ancora un calice per poi svuotarlo con una sola sorsata.
«Loki, non esagerare» lo invitò dolcemente sua madre.
I suoi occhi azzurri tremavano, liquidi come un mare che la brezza rende irrequieto.
Loki le prese la mano e ne baciò il dorso.
«Non preoccuparti, madre» le sorrise privo di gioia e Frigga gli accarezzò il volto.
«Gli hai insegnato bene, figlio mio. Nessun anziano precettore avrebbe potuto fare meglio.»
Loki non disse nulla. Le baciò ancora la mano e si alzò dalla sua seduta.
Non sopportava più quelle facce e quelle risa, non sopportava più l'odore di quella sala.
Prese l'uscita, verso i giardini, mentre due occhi lo seguivano silenti.


Si sedette all'ombra della sua quercia e strappò qualche filo d'erba dal terreno. Osservò i verdi aghi spezzati nel suo palmo e poi li gettò via.
«Splendida notte.»
Loki riconobbe quella voce senza bisogno di voltarsi.
«Pensavo odiassi il freddo» sospirò mentre Sigyn gli si sedeva accanto. Voltò il capo a guardarla: l'aveva evitato per tutta la sera ma adesso che era lì, di fronte a lui, non poté sottrarsi dal perdersi nei suoi occhi. Così belli e così tristi.
«Non lo odio, preferisco solo le temperature più miti» rispose lei accarezzando l'erba senza però strapparla.
«Tuo marito avrà da ridire nel saperti qui, nascosta dalle ombre con un altro uomo.»
Sigyn sorrise.
«Theorico non ha tempo per questi pensieri.»
Triste era l'alone di solitudine che tingeva quelle parole.
Erano ormai trascorsi anni dacché lei e Theorico si erano uniti in matrimonio eppure ancora Sigyn non era stata benedetta con una gravidanza. A corte si diceva fosse a causa della vita libertina che aveva condotto da giovane, altre voci insistevano sulla mancanza di attenzioni da parte di Theorico che sembrava preferire la compagnia dei suoi soldati.
Loki non dava ascolto a nessuna di esse e una parte del suo orgoglio, mai guarito dalla ferita che lei gli aveva inflitto, gioiva di quella verità.
Ma in una notte tanto bella quanto buia non vi era spazio per vecchi rancori.

«E i tuoi di pensieri, mio principe?» gli chiese Sigyn dolcemente. «Cosa annebbia i tuoi begli occhi?»
Loki sospirò e guardò in alto le miriadi di stelle, insolite per una sera d'inverno.
«Domani Thor partirà per la sua formazione» disse.
«Andrà anche lui su Vanaheim?»
«Forse...»
A nessuno, a parte la cerchia più ristretta di Odino, era dato conoscere la verità e, da quella domanda, Loki capì che Theorico era fedele a suo padre molto più di quanto lo fosse a sua moglie.
«Sai, Loki, ho sempre voluto chiederti scusa per le parole che ti urlai quella sera. Non avrei dovuto. Fu la collera a guidare la mia lingua.»
Loki sorrise e scosse il capo.
«Avevi ragione. Odiavo quel bambino e un frammento del mio cuore desiderava non fosse mai nato eppure adesso...» Si coprì gli occhi con le dita e rise tristemente, sentendo la malinconia accrescere come un fuoco in balia del vento. «È così patetico.»
Sigyn abbracciò le sue spalle e gli baciò una tempia.
«No, non lo è. È solo amore» disse e Loki sollevò lo sguardo nel suo mentre la mano gentile di Sigyn gli accarezzava una guancia. «Ti accusai di non amare neanche il tuo stesso fratello, poi ti ho guardato, in tutti questi anni, e ho capito che lui è l'unica persona che potrai mai davvero amare.»
Sentì poi le labbra sulle sue in un bacio dal sapore di un addio.
«Conserva sempre nel cuore la luce bellissima di questo affetto, Loki. Nei giorni più bui sarà la più cara delle compagnie.»
E poi andò via, sorridendogli un'ultima volta, portando con sé l'argento di una lacrima che sfuggiva dai suoi occhi.



*



La festa, ormai conclusa, lasciava dietro sé solo posate da lavare e avanzi da gettare ai cani. La servitù si mise a lavoro nonostante l'ora tarda per riportare la sala al proprio ordine e splendore.
Sua madre lo accompagnò nelle sue stanze e gli baciò le guance.
«Dolce notte, Thor» gli sospirò e Thor le sorrise.
«Dolce notte, madre mia.» E fu lui a baciarle la guancia morbida.
Poi Thor entrò e si chiuse la porta alle spalle.
Aveva deciso di trascorrere la sua ultima notte nel proprio letto, da solo, per non sentire ancora più forte la mancanza che avrebbe avuto della sua casa.
Quando raggiunse il letto scorse un oggetto poggiato sulle lenzuola. Ne aveva memoria ma impiegò qualche secondo per ritrovare quel piccolo scrigno fra i suoi ricordi.
Lo sfiorò con mani tremanti rivivendo la notte ormai lontana in cui lo aveva riposto sul letto di Loki, con un piccolo biglietto dentro che a quel tempo, pensò, suo fratello avesse gettato via, e invece lo ritrovò sotto lo scrigno, sulle lenzuola, con la carta piegata più volte.
Poggiò il cofanetto sul comodino e prese il foglio. Lo spiegò e sorrise imbarazzato nello scorgere le parole che lui stesso aveva scritto anni prima.
Buon compleanno, fratellone.
Spero che un giorno mi vuoi bene come ti voglio bene io.
Thor.
Ma più giù, con una grafia diversa che però riconobbe subito, c'era un'altra frase:
Buon compleanno, testa di paglia.
Apri lo scrigno e impara come si fa un vero regalo.
È la mia ultima lezione.
Rise incuriosito e riprese lo scrigno. Quando ne sollevò la parte superiore decine e decine di piccole farfalle volarono via, con le loro ali d'oro e argento, fino a riempire l'intera camera.
Thor rimase a bocca aperta con il cuore gonfio di gioia mentre le meravigliose creature volteggiavano attorno a lui.
Allungò una mano e una di esse si posò sul suo indice.
La guardò incantato e se avesse avuto l'istintività del bambino che era stato, sarebbe corso immediatamente in camera di suo fratello, gli avrebbe gettato le braccia al collo e gli avrebbe urlato ancora una volta quanto lo amasse. Ma non poteva adesso, non quella notte.
Le farfalle volarono poi via, attraverso la balconata, tranne la più piccola che restava ancora sulla punta del suo indice.
«Vuoi restare a farmi compagnia?» chiese e, come avesse compreso la sua domanda, la farfalla sbatté le ali e volò sul suo cuscino.
Thor raggiunse a sua volta il materasso e posò il cofanetto accanto alla lettera.
«Jotunheim è molto fredda, sai?» sospirò ancora alla piccola creatura che passeggiava sulla federa del suo guanciale. «Se non fosse così fredda ti porterei con me...» Thor chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. «Sarei meno solo.»
Quella notte fu difficile prendere sonno, i ricordi e le domande tennero sveglia la sua mente per molte ore, ma poi come sempre avviene, senza che se ne rendesse conto, cadde nell'abbraccio dell'oblio onirico e sognò il verde dei campi di Yord, le acque cristalline della fonte di Jörmundgander, il manto nero e lucido di Sleipnir, mentre solcava leghe sul suo dorso.
Sognò il sorriso di Loki che cavalcava al suo fianco.




*



Il mattino fu salutato dal bagliore del primo sole e dal suono solenne di un corno: saluto per il principe in partenza, un augurio di far ritorno presto e in salute.
La destinazione per molti era ancora erroneamente Vanaheim, ma le voci sulla veridicità del luogo che avrebbe accolto il principe Thor si sarebbero presto sparse generando stupore per la decisione del re.
Loki affiancò sua madre mentre Odino comandava gli stallieri di preparare Sleipnir. Sarebbe stato il re in persona a guidare Thor così come aveva guidato Loki.
Frigga mostrava un viso rilassato e orgoglioso e Loki ammirò con quale perfezione sua madre indossava quella maschera per celare lacrime e timori.
Tyr avrebbe accompagnato la squadra di scorta e Theorico, in sua assenza, avrebbe avuto il comando temporaneo della guardia reale.
Loki lo guardò, mentre il padre Generale gli dava direttive, prima di poggiargli una mano sulla spalla.
Theorico annuì a ogni parola e poi chinò il capo quando Tyr si allontanò.
I loro occhi si incrociarono: il verde di Loki nel nocciola del capitano.
Fu uno sguardo che voleva essere preludio di un futuro scontro, forse, ma Loki quel mattino aveva il cuore pronto per una sola emozione, non per altre.
Fu Theorico a distogliere per primo gli occhi mentre montava a cavallo e coordinava i soldati per la marcia in saluto del re.
Thor era a qualche metro, accanto a Odino, e lo ascoltava. Qualsiasi parola stesse pronunciando il Padre degli Dèi sembrava inudibile a tutti tranne che al piccolo principe. Loki sapeva era merito di un raffinato incantesimo che Odino aveva gettato per evitare orecchie indiscrete che avessero voluto carpire i segreti di padre e figlio.
Guardò il suo piccolo fratello mentre indossava i suoi guanti, bianchi come la neve che presto lo avrebbe accolto. Alle sue spalle un mantello rosso rubino su cui si poggiavano morbide le onde dei suoi capelli biondi. I suoi occhi azzurri erano dipinti di una sicurezza e un controllo da fare invidia al più prode dei comandanti di guerra, e Loki provò un moto di tenerezza e orgoglio.
Era stato anche merito suo se quel bambino ingenuo e fragile era adesso un ragazzo conscio delle proprie possibilità, avido di apprendere quanto più poteva.
Sorrise guardando le piccole lentiggini che ancora piovevano sul suo naso, ripensando a quante volte lo aveva preso in giro perché le efelidi erano prerogativa delle fanciulle e non dei guerrieri, e Thor si infuriava e arrossiva sembrando davvero una giovane fanciulla.
Gli sarebbe mancato... tanto.
Deglutì, Loki, deglutì un groppo così ispido da costringerlo a schiarirsi la gola con un colpo di tosse.
Sua madre si volse a guardarlo e lui le sorrise.
«Potresti andare con loro» disse. «Se lo chiedi, Odino non avrà da ridire.»
Oh, gli sarebbe piaciuto, ma se lo avesse fatto avrebbe rischiato di far vincere il fratello sul figlio e non era ciò di cui si sentiva il bisogno.
«Credo che Thor preferisca così, madre» rispose soltanto e Frigga gli diede un cenno del capo in accordo.
Il corno suonò ancora mentre i cavalli della guardia reale, su ordine di Theorico, si disponevano ai bordi della lunga strada che portava ai cancelli d'oro.
Tyr organizzava invece il drappello di scorta: la prima metà avrebbe anticipato il re e suo figlio, la seconda avrebbe chiuso la marcia.
Sleipnir era pronto per essere montato e Odino gli carezzò il muso gentilmente.
Thor si voltò verso sua madre e suo fratello e li raggiunse.
Loki avvertì il fremito che attraversò il corpo di Frigga.
«Madre?» Thor sorrideva mentre le prendeva la mano. «Farò presto ritorno. Non temere» affermò con sicurezza tale da render lucidi gli occhi della regina.
«E io ti aspetterò, figlio mio. E sarò fiera di te.» Frigga si chinò e lo abbracciò stretto e Thor le baciò la guancia teneramente.
Loki ripensò alla sua di partenza, alle lacrime che gli avevano abbandonato gli occhi mentre sospirava a sua madre quanto non volesse andare, quanto dolore sentisse nel doverla lasciare.
Ma Thor non pianse, continuò a sorridere come un coraggioso soldato.
L'abbraccio si sciolse e Frigga gli accarezzò la testa mentre Thor fronteggiava adesso Loki.
Si guardarono a lungo, in silenzio, e si dissero tanto. Un muto dialogo fraterno in cui più di un grazie fu pronunziato.
«L'ho lasciata nella tua stanza» disse Thor e Loki alzò un sopraciglio curioso. «Prenditi cura di lei finché non torno.»
Comprese e sorrise. «Fra un giorno sarà bella che morta» affermò.
«E tu non farla morire» ribadì Thor.
Loki non gli promise nulla e Thor non gli chiese di farlo.
Stava per andare via, con quel sorriso coraggioso, quando Loki allungò la mano e lo tirò a sé. Sentì le braccia di Thor avvolgersi attorno al suo corpo.
Tenne un solo braccio stretto attorno alle sue spalle e l'altro era molle, contro il fianco. La mano stretta in un pugno tremava.
«Ciò che ti ho insegnato...» sospirò con un filo di voce, incapace di continuare.
«Lo ricorderò sempre, fratello» rispose Thor contro il suo petto.
Loki prese un profondo respiro avvertendo gli occhi prudere come non ricordava più.
«Bene» disse prima di allontanarlo lentamente facendo perfino fatica a tenere sulle labbra un sorriso insolente. Lo spinse poi via e Thor ricambiò il suo sorriso con uno così dolce e limpido che Loki ne disegnò ogni linea nella memoria con forza, per tenerlo sempre vivo.
Ancora il corno, poi lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli.
Odino montò Sleipnir e Thor una cavalla dal manto bianco.
Theorico urlò di salutare il re e il principe, con la spada lucente puntata verso il cielo.
I soldati obbedirono e un sibilo di spade e urla si levò nel più caldo dei mattini di inverno.
La scorta prese il passo e così i cavalli reali.
Thor si voltò verso sua madre e suo fratello un'ultima volta, alzò la mano e li salutò, poi affiancò Odino e insieme discesero il sentiero che li avrebbe condotti ai cancelli.
Loki li vide aprirsi da lontano come avevano fatto ogni singolo giorno per tre anni, prima che Thor vincesse la sua sfida.
L'avrebbe vinta anche stavolta, ne era certo.
E lui sarebbe stato lì, a richiamarlo per averci impiegato così tanto.











***









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NdA.
Questo capitolo... beh, l'avevo detto: lo amo particolarmente. Non chiedetemi perché, ma ho amato pensarlo, scriverlo, e rileggerlo <3
Spero di aver trasmesso una briciola di quell'amore.
Ma adesso ci dobbiamo salutare perché non voglio lasciare saluti strappalacrime nell'ultimo capitolo, perciò grazie a tutti voi che avete letto, seguito e apprezzato questa storia. Grazie a chi ha lasciato un commento, a chi mi ha dedicato parole di affetto e stima e anche a chi mi ha sollevato critiche ^^
Grazie per avermi fatto compagnia e per aver diviso con me l'affetto verso questi due fratelli.
Mi auguro di cuore che anche il prossimo e ultimo capitolo, così come questo, possano piacervi ed emozionarvi almeno un pochino.
Io vi saluto qui e vi aspetto quindi per l'epilogo, così come Loki aspetterà il ritorno del suo amato fratellino.
Un bacio sincero a chiunque abbia incrociato questa storia e abbia deciso di viverla.
Vi voglio bene <3
Kiss kiss Chiara

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Capitolo 9
*** Ali d'oro e argento ***


cap9
“Mio amato fratello”



Capitolo 9
[Ali d'oro e argento]






Loki camminò con passo veloce attraverso il lungo corridoio che lo avrebbe condotto nello studio di Odino.
Bussò alla porta con pochi colpi di nocca e attese che gli fosse permesso di entrare.
«Mi hai fatto chiamare, padre?» chiese varcando la soglia.
Odino sedeva al suo scrittoio con una moltitudine di carte e documenti; la fronte aggrottata e qualche piccola macchia di inchiostro nero sulle dita.
«Sì, sì, entra.» Gli fece un gesto con la mano per invitarlo a chiudere la porta.
Loki eseguì l'ordine e raggiunse la scrivania da cui suo padre non aveva ancora sollevato lo sguardo.
Attese che parlasse.
«Vorrei che andassi su Vanaheim, da Freyja» disse infine Odino, poggiando la penna sul foglio e sollevando finalmente lo sguardo in quello del figlio.
«Il motivo, se è lecito chiederlo?» domandò Loki.
Una smorfia stanca piegò il viso di suo padre.
«Andrai in semplice rappresentanza del Regno per rendere omaggio a Freyr per la nascita di suo figlio» spiegò. «Io non posso allontanarmi da Asgard e, come sai, tua madre non prova molta simpatia per la nostra regina Vanr. Sarà una buona occasione per salutare la tua amata mentore.»
Loki si umettò le labbra e annuì.
«Allora sono stato fortunato» sospirò.
Odino lasciò trapelare il non aver compreso la sua espressione, ma soprattutto il non averla apprezzata.
«Cosa intendi dire?» gli chiese.
Loki sorrise accarezzando con le dita la superficie della scrivania.
«Nulla, pensavo solo che se invece di Vanaheim avessi acquisito la mia istruzione altrove, questi viaggi diplomatici sarebbero stati meno piacevoli.»
Odino sbatté il pugnò sul legno ma Loki non fece sfumare il sorriso che piegava le sue labbra.
Erano trascorsi sei mesi. Era ormai estate inoltrata ad Asgard. Su Jotunheim era ancora inverno, sarebbe stato sempre inverno, a dispetto delle stagioni, dei giorni, dei mesi... degli anni.
«Per quanto ancora vuoi continuare con questa storia? Perfino tua madre ha accettato e tu ti ostini a tartassarmi con la tua fastidiosa lagna?!» sbraitò suo padre ma Loki non provò nulla a parte quella brace mai spentasi di rabbia e dubbio.
«Potrebbe già essere morto, di freddo se non di spada» affermò atono.
«Non lo è.»
«Come puoi esserne sicuro?»
«Lo sono e basta.»
«E se ti sbagliassi?»
Odino colpì ancora la scrivania prima di alzarsi con sguardo furente.
«È tempo di piantarla, Loki. Smettila con questa storia prima che la mia pazienza si esaurisca» sibilò il re con gelida calma. «Sono passato oltre le tue insinuazioni, le tue mai velate accuse, perché comprendevo il tuo sentimento di fratello, ma adesso ti ordino di non proferire più parola in merito a tale questione. Agirò come re e non come padre e ti pentirai di aver messo ancora in discussione le mie scelte. Hai capito? Tu non hai il diritto di contraddirmi così come non puoi rivendicare alcun diritto su quel bambino. È mio figlio e come tale subordinato alle mie decisioni.»
Loki si ritrovò a irrigidire la mascella fino a sentirla dolere. Le unghie quasi graffiarono il legno dello scrittoio.
«Lo hai condannato alla morte nelle mani di quel mostro. Nessun buon padre avrebbe osato tanto.»
Sapeva che con quelle parole avrebbe solo fomentato la sua rabbia ma Odino sospirò tornando a sedere, poggiando stancamente il capo contro lo schienale della sua seduta e passandosi le dita sulla fronte.
«Quando decisi di inviarti su Vanaheim, tua madre mi ingiuriò come non avrei mai pensato di udirle fare. “Mio figlio non crescerà alla corte di una sgualdrina Vanr”, diceva. “Lo irretirà e violerà la sua innocenza”... così, così diceva.»
Loki abbassò lo sguardo e poi lo rialzò negli occhi di suo padre.
«Adesso, Loki, io ti chiedo: Freyja ha mai fatto nulla di tutto ciò? Ti ha mai violato o ha mai usato le sue arti seduttrici per indurti in situazioni disdicevoli per un fanciullo?»
Loki si bagnò le labbra senza rispondere e palesando quella che era ovviamente una risposta negativa. No, Freyja non aveva mai fatto nulla a parte essere una maestra severa che aveva preteso da lui il massimo che potesse dare.
Odino sorrise debolmente.
«Io ti concedo di dubitare, te lo concedo perché conosco il tuo animo testardo e ostinato e non ti costringerò a credere alla mia buona fede, perché so che non lo farai. Ciò che ti chiedo è di serbare per te i dubbi e le accuse e di lasciare Asgard libera dalla patina di miscredenza che avvolge la tua mente. E quando giungerà quel dì in cui Thor farà ritorno, voglio che tu venga da me, e in ginocchio mi chieda perdono per la tua totale mancanza di fiducia nel tuo re e soprattutto in tuo padre.»
Loki osservò l'espressione di rigore di suo padre con una domanda nella gola.
«E se non tornerà?»
«Allora dichiarerò guerra a Jotunheim e schiaccerò sotto i piedi ogni singolo Jotun, fino all'ultimo bambino, finché non sterminerò la loro intera razza e lascerò a te l'onore di prendere la vita del loro re Laufey.» E con queste parole Odino tornò ai suoi doveri, come non avesse pronunziato il più forte di ogni giuramento. Riprese la sua penna e tracciò altre scritte sulla pergamena.
Da quel dì Loki non riaprì più il discorso.



*
*
*



Frigga stava tessendo, guardando al di là della balconata il tramonto che divorava il cielo di Asgard.
Passò le dita sulla tela, sui ricami, sentendo una morsa afferrarle il cuore e stringere.
Scorse all'angolo destro della tessitura un piccolo difetto di cui non si era resa conto. Lo guardò con attenzione, lo sfiorò e la morsa si intensificò fino a rubarle il respiro.
Si accasciò alla seggiola portando una mano al petto.
«Mia regina!» La sostenne la sua ancella tenendola per un braccio. Ma sul viso di Frigga non c'era l'espressione di dolore che la giovane si aspettava di trovare. C'era una lacrima lucente e un sorriso a piegarle le labbra; gli occhi fissi su un angolo della tela che l'ancella, confusa, guardò a sua volta.
Sulla pallida stoffa, fra fili rosa e arancio, una macchia nera, quasi un graffio: il contorno perfetto di una saetta.



*



Il sole era sorto da qualche ora, ma Loki non si era ancora sollevato dal letto. Fu il lungo suono di un corno a svegliarlo. Aprì le palpebre e si coprì con la mano gli occhi feriti dalla luce.
Sentì un peso sul petto e scoprì la testa castana della giovane che aveva incontrato la sera precedente.
Si alzò non preoccupandosi che la ragazza fosse ridestata dal suo gesto brusco e si avvicinò alla finestra.
«Cosa succede, mio principe?» Si sentì chiedere dalla sua voce assonnata.
Loki scrutò l'orizzonte immerso nel giorno e udì ancora il corno, poi i soldati in fermento. Ma non era un suono di guerra, no, era un suono che aveva già udito prima, sette lunghi anni prima.
Sentì la gola stringersi come se una mano l'avvolgesse.
Sette anni...
Era oggi? Era quello il giorno in cui avrebbe rivisto un bambino ormai uomo?
L'avrebbe riconosciuto?
Avrebbe ritrovato quel sentimento che aveva serbato nel petto per tutti quegli anni?
Ripensava spesso alle parole di Sigyn, ai suoi occhi, adesso che non li vedeva più da tempo.
Conserva sempre nel cuore la luce bellissima di questo affetto, Loki. Nei giorni più bui sarà la più cara delle compagnie.
E lo era stata, in tutte quelle notti di solitudini, nella malinconia e nella nostalgia, mentre in un letto troppo grande e silenzioso, cercava di ritrovare la sagoma addormentata al suo fianco di un fratello non voluto ma che aveva imparato ad amare. Un fratello che gli era mancato e che spesso si chiedeva se fosse mai realmente esistito o fosse stata solo una proiezione della sua mente. Ma negli occhi di Frigga, nei silenzi di Odino, in quel nome poche volte pronunciato ad alta voce, lui c'era sempre.
Thor era sempre stato lì, e niente e nessuno erano riusciti a tenerlo lontano dal cuore di suo fratello.
Loki si era rimproverato quella debolezza, quella patetica affezione, ma non aveva potuto farne a meno.
Camminò lentamente verso la sedia su cui sostavano le vesti che aveva tolto la sera precedente e prese a vestirsi con gesti meccanici. La ragazza gli chiese ancora cosa stesse succedendo ma Loki non le rispose, perso com'era nei suoi pensieri; troppo occupato a far rallentare il battito del cuore.
Non la invitò neanche, come di prassi, a lasciare la stanza prima del suo ritorno. Semplicemente in quel momento neanche gli importava della sua stessa esistenza.
Tirò indietro i lunghi capelli neri e si avviò alla porta che aprì senza neanche preoccuparsi di chiuderla alle spalle.
Camminò, quasi marciò, come se le gambe non obbedissero più alla sua volontà ma solo a un incontrollato bisogno a cui neanche lui sapeva dare nome.
Attraversò i corridoi, le sale, discese con passo pesante le scale fino a giungere al grande portone.
Si fermò sollevando le spalle in un profondo respiro.
Ciò che ti ho insegnato...
Lo ricorderò sempre, fratello.
Si era chiesto tante volte se aveva tenuto fede alla sua parola.
Sette anni erano stati lunghi, incredibilmente lunghi, eppure adesso, se si voltava poteva vedere un bambino correre per quei gradini a perdifiato, con una spada di legno in pugno e una determinazione senza eguali negli occhi.
Un bambino era ciò che ricordava, era chi ricordava.
Sette anni insieme e sette distanti, quasi le Norne avessero voluto porre tutti i suoi sentimenti su di una bilancia in perfetto equilibrio.
Si avvicinò a passo lento verso la luce del portone e scorse in breve la figura di sua madre: i suoi capelli accuratamente acconciati, il suo vestito più bello in dosso.
L'affiancò e si sistemò alla meglio quei ciuffi ribelli che gli ricadevano sul viso.
«Di buonora, figliolo» lo salutò sarcastica Frigga, notando subito la sua insolita scompostezza.
«È stata una serata movimentata» rispose Loki rinunciando a domare la sua chioma.
Frigga sorrise e si scambiarono un lungo sguardo.
«È lui?» le chiese e la regina annuì.
«Thor mi fece la stessa domanda quando tornasti tu» ricordò a voce alta risvegliando nella memoria di Loki quei giorni e quelle emozioni ora così lontane.
Poi entrambi si volsero a guardare il lungo sentiero ancora privo di ombre, in attesa.
«Non ricordo che tu sia venuta ad accogliermi» mormorò Loki con fare malizioso.
Frigga sorrise nuovamente.
«Non ricordo che tu ti sia fatto annunciare.»
Loki lasciò andare una risata colpevole e Frigga gli carezzò il dorso della mano.
Poi ci fu ancora il suono di un corno mentre un soldato risaliva la lunga strada fino al piazzale.
«Mia regina! Mio principe!» salutò l'uomo con un cenno del capo tenendo le briglie del suo cavallo. «Annuncio il ritorno del principe Thor Odinson che giunge da nord in sella a un bianco destriero.»
«Grazie, soldato. Che le Norne ti benedicano per questa felice notizia.» Fu Frigga a dover rispondere al soldato, dal momento che Loki sentiva ogni parola morire nella gola.
Non voleva mostrare quella sua incontrollata ansia, quella debolezza. Voleva essere distaccato e moderato, voleva essere il fratello che aveva lasciato.
Si comandò di domare battito e affanno e prese un lungo respiro.
Gli occhi fissi dinanzi, le labbra strette in una linea rigida.
Odino, suo padre, attendeva nella Sala del Trono, come era suo compito. Loki non aveva dimenticato il suo giuramento, la promessa che mai pronunziò ma che lo aveva comunque legato.
Quando giungerà quel dì in cui Thor farà ritorno, voglio che tu venga da me, e in ginocchio mi chieda perdono per la tua totale mancanza di fiducia nel tuo re e soprattutto in tuo padre.
Ognuna di quelle parole batté nelle sue orecchie con la stessa cadenza degli zoccoli del bianco cavallo che attraversava adesso di lontano i cancelli.
A ogni manciata di metri che divorava scorgeva più nitidamente la chioma bionda, lunga e mossa, come la criniera di una fiera. In sella un giovane uomo, con il corpo coperto da una pesante pelliccia bruna da cui si intravedevano il petto possente e le braccia scolpite; massici stivali di cuoio maltrattato dal tempo e le intemperie, e le gambe, coperte da pantaloni di pelle nerissima, sembravano dipinte ai fianchi del cavallo, mentre con andatura lenta e sinuosa faceva il suo ingresso nello spiazzale.
Frigga si portò le mani alla bocca per far tacere un gemito di sollievo e Loki ancora una volta non riusciva a dire nulla, mentre guardava quegli occhi azzurri, più azzurri di quel che ricordava, e quel sorriso che invece era rimasto lo stesso impresso nei suoi ricordi.
Il cavaliere fermò il passo e ancora un corno suonò.
Saltò poi giù dal cavallo e lasciò cadere a terra la pelliccia che lo aveva coperto fino ad allora. La pelle ambrata del dorso sembrò illuminarsi sotto i raggi del sole di primavera, rendendo il giovane che si avvicinava, una statua d'oro in movimento.
«Madre...»
Il tono infantile era svanito per sempre per dar vita a una voce degna del rombo di un tuono.
Loki guardò il suo profilo, il viso che solo adesso che era vicino vedeva coperto da una leggera barba dorata.
«Thor... figlio mio.»
Frigga lo abbracciò come aveva abbracciato lui al tempo, con la stessa forza, la stessa intensità, con lo stesso amore. Ma Thor la sollevò e ridendo la tenne stretta mentre volteggiava su se stesso facendo volteggiare anche la lunga veste di Frigga.
Loki li guardò, così simili, così belli, così perfetti.
Un petalo di malinconia cadde nella sua anima senza fare rumore.
«Thor, il mio Thor, il mio piccolo Thor» sospirava Frigga cospargendo il suo viso di baci, e Thor le baciò le mani e le guance e disse che l'amava.
Frigga non trattenne una lacrima che suo figlio portò via con un altro bacio.
E poi guardò lui.
Loki si perse nell'azzurro del suo sguardo e sembrava riuscire a scorgere le vette innevate di Jotunheim, il blu cobalto dei suoi cieli, il riflesso argenteo delle nevi che ne governavano le terre.
Non si chiese cosa mostrassero i suoi, cosa Thor stesse leggendo nel verde delle sue iridi.
«Fratello» disse Thor dolcemente, quasi con la stessa incertezza del bambino che era stato, con lo stesso timore che aveva vestito le sue parole un tempo.
Loki lo osservò ancora, in silenzio, cercando l'eco di quel fanciullo che era stato difficile amare ma impossibile odiare.
Adesso aveva un uomo di fronte, così diverso eppure che rifletteva quel bambino in ogni più piccolo dettaglio.
Allungò la mano e piegò le labbra in un piccolo sorriso che non aveva facoltà di ostentare le sue vere emozioni.
Attese che l'altro l'afferrasse, come due uomini che adesso erano, con il bagaglio culturale e di esperienza che aveva inevitabilmente cambiato entrambi.
E niente di ciò che fu avrebbe potuto ancora essere.
Ma Thor guardò quella mano tesa con un piglio incerto, poi sollevò ancora lo sguardo nel suo e sorrise.
Loki si ritrovò stretto fra le sue braccia, forti come una morsa, mentre affondava il viso fra i suoi lunghi capelli biondi che profumavano d'inverno.
«Fratello mio» sospirò Thor al suo orecchio facendo battere forte il cuore contro il petto di Loki che si chiese quale dei due battiti fosse il suo. «Mio amato fratello» disse ancora Thor affondando le dita fra le nere ciocche e respirando contro il suo collo. «Mio amatissimo fratello...»
E Loki non seppe se fosse più caldo il suo abbraccio o la sua voce, o il riverbero di quell'affetto che urlava in ogni denso respiro che sentiva contro la pelle.
Sollevò a sua volta le braccia avvolgendole attorno a quel corpo e sentendo sotto le mani le sottili linee delle cicatrici che disegnavano la sua schiena nuda: il racconto silenzioso di una storia lunga sette anni.
Bentornato, fratello... Mi sei mancato.
Non lo disse ma lo strinse più forte.



*



La sera fu grande festa, solo Asgard era presente perché così voleva Odino: il principe doveva ritrovare la sua gente prima, poi sarebbe venuto il resto.
Loki sedeva al fianco di Frigga e guardava Thor fra la folla che brindava con quelli che un tempo erano stati i suoi compagni di giochi. E li abbracciava, li baciava, come se non fossero stati divisi un solo giorno.
«A Thor!» urlava Volstagg, con la sua lunga barba rossa e la sua pancia imponente.
«A Thor!» rispondeva Fandral, sorridente, carezzandosi la folta chioma bionda.
Sif non rispose, gettò solo le braccia attorno al collo di suo fratello e gli baciò le guance.
Thor sorrise e le tenne la mano.
Sif, adesso bella come una valchiria e altrettanto letale. Sif, degna di sedere accanto a un principe.
Loki si accarezzò il mento studiando la scena e chiedendosi se lo stesso pensiero avesse adesso attraversato anche la mente di Thor.
Non avevano parlato molto. Odino aveva preteso la completa presenza di suo figlio ed erano stati da soli nel suo studio per tutto il pomeriggio.
Quando erano usciti Loki non aveva chiesto a nessuno dei due i discorsi affrontati ma aveva seguito il padre nel suo studio, si era chiuso la porta alle spalle e aveva chinato il capo, in silenzio.
Odino aveva riso divertito, dicendo di ricordare una promessa diversa. Loki aveva ribattuto che lui non ricordava neanche di averla fatta quella promessa e suo padre aveva sospirato congedandolo.
Loki era uscito con un sorriso vittorioso dipinto sulle labbra.
«Non vai a brindare con tuo fratello?» gli chiese Frigga.
«Lascia che i bambini giochino fra di loro, madre» mormorò facendola ridere.
Tornò poi con lo sguardo al gruppo di giovani. Thor rideva fino alle lacrime con indosso una sottile maglia priva di maniche. Diceva di non sopportare molto la temperatura così elevata, diceva che doveva abituarsi, abituarsi nuovamente alla sua casa.
Volstagg aveva bevuto un sorso di vino e rotto il calice a terra. Aveva poi invitato Thor a fare lo stesso e suo fratello lo aveva imitato, ma il calice rompendosi aveva bagnato la lunga veste di una nobildonna che li aveva guardati con rimprovero.
«Mi scusi, Milady» si era scusato Thor senza nascondere un sorriso colpevole.
Fandral, guardando la donna, aveva bisbigliato qualcosa all'orecchio di Thor che sembrava essere arrossito d'improvviso.
Loki mandò giù del vino e attese che suo padre richiamasse tutti all'attenzione.
Invocò un brindisi in onore di Thor, del suo ritorno, augurandogli di brillare come la stella più sfavillante per ogni anno a venire.
Tutti avevano urlato il suo nome alzando alto il bicchiere.
Loki ritrovò gli occhi di suo fratello e alzò un angolo delle labbra sollevando appena il suo boccale.
Thor gli sorrise.



*



La festa era stata stancante. Loki baciò ancora la giovane dama ma non aveva interesse a proseguire quell'incontro.
La lasciò nei corridoi con un ultimo bacio sul dorso della mano e raggiunse le sue camere mentre la donna gli chiedeva se l'avrebbe rincontrata la sera successiva.
«Ovviamente, mia adorata» rispose Loki mentendo.
Aprì la porta della sua camera massaggiandosi il collo indolenzito e se la chiuse alle spalle.
Una figura sedeva sul suo letto.
Una memoria lontana che ritornava a galleggiare nella sua mente.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese volendo risultare atono ma non potendo impedire alle labbra di piegarsi all'insù.
Thor sollevò le spalle e si gettò sul letto tenendo le gambe a penzoloni.
«Ti aspettavo» mormorò in risposta mentre Loki raggiungeva a sua volta il letto. Si sedette e guardò il viso di Thor, i suoi occhi chiusi, il braccio piegato dietro la nuca. «Non hai brindato con me, Loki» disse poi suo fratello aprendo le palpebre stanche.
«Beh, mi sembra che tu abbia brindato abbastanza con i tuoi compagni. Mi sbaglio?» ribatté Loki e Thor sospirò.
«Sì, ma loro non sono te...» affermò richiudendo nuovamente le palpebre. Poi, in un gesto rapido, si mise a sedere e lo guardò intensamente. «Fratello, l'hai ancora con te?» gli chiese con tono solenne, come stesse parlando di qualcosa di elevata importanza.
Loki aggrottò la fonte credendo che il vino avesse vinto la sua lucidità.
«La mia farfalla» disse ancora Thor, chiarendo la sua confusione, e Loki per poco non gli scoppiò a ridere in pieno viso.
Scosse il capo ma non trattenne un sorriso divertito.
«Ma guardati» disse. «Grande e grosso e sei ancora la fanciulla con le lentiggini che inseguiva le farfalle.» E picchiò l'indice sulla punta del suo naso.
Thor scacciò la sua mano mostrando fastidio per quel commento.
«Non prendermi in giro, Loki» brontolò con tono troppo infantile per quella voce roca. «Avevi detto che non l'avresti fatta morire.»
Loki ricordò quelle parole, ricordò lo sguardo negli occhi di Thor, la sua fiducia. Ricordò anche di non avergli risposto.
«Non era reale, Thor» confessò. «Era un'illusione. Lo erano tutte.»
Thor sbatté le palpebre e abbassò lo sguardo mordendosi il labbro come un tempo.
«Sei deluso?» gli chiese Loki ma suo fratello scosse il capo.
«No, credo di averlo sempre saputo ma speravo di sbagliarmi» rispose. «Sai, su Jotunheim, alle volte, la notte era talmente buia che neppure le stelle davano luce, allora pensavo a quella piccola farfalla e mi sembrava di vederla volare nella tua stanza. La vedevo posarsi sulle tue mani, fra i tuoi capelli. Ti vedevo ridere in sua compagnia mentre te ne prendevi cura per me... E la notte sembrava meno buia.»
Loki ascoltò le sue parole velate di tristezza e altri sentimenti che tanto ricordavano i suoi. E gli sembrava a sua volta di vederlo, quel piccolo bambino che fissava un cielo nero pensando alla sua casa, a suo fratello, mentre si stringeva nelle pellicce per combattere il freddo e la solitudine.
«Dammi la mano» gli disse e gli porse la sua. Thor lo guardò confuso e poi gli allungò la destra.
Loki la prese e la chiuse in un pugno mormorando un piccolo incantesimo.
«Adesso aprila» lo invitò e quando Thor lo fece dal suo palmo volò via una farfalla d'oro e argento, la stessa che gli aveva donato per il suo ultimo compleanno.
Thor rimase a bocca aperta mentre la creatura volava attorno a lui, si posava sulle dita della sua mano e fra i suoi capelli biondi.
Rise incantato, con la stessa innocenza di un bambino seppure conscio che non fosse realtà.
«È bellissima, fratello» disse felice, inseguendo con lo sguardo la farfalla che librava leggiadra nella stanza.
Loki piegò le labbra in un sorriso intenerito e divertito.
«Ah, la mia piccola fanciulla...» mormorò con tono falsamente sognante. «Potrei intrecciare i tuoi capelli con tanti boccioli di rose. Ti donerebbero.»
Thor lo guardò truce e lo spintonò sul petto.
«Sono più grosso e forte adesso, fratello. Dovresti badare a cosa esce dalla tua bocca» gli rimproverò e Loki continuò a sorridere afferrando fra le dita una ciocca di lunghi capelli color grano.
«O magari potrei adornarli con nastri di raso e fermagli di gemme e-»
Il pugno che gli arrivò dritto sul braccio gli fece smorzare fiato e parole.
«Va bene, va bene, rettifico: non sei una fanciulla, sei un troll» mormorò massaggiandosi la zona colpita.
Thor sedeva sul suo fianco e lo guardava con un sorriso divertito che avrebbe voluto fargli sparire all'istante ma...
«Mi sei mancato tanto, Loki» gli disse con tono dolce. «Più di chiunque altro.»
Loki si tastò ancora il braccio con espressione dolente.
«A madre non farebbe piacere sentirtelo dire.»
Thor rise.
«Lo so, perciò ti chiedo di non dirle nulla.»
«Lo prenderò in considerazione» sospirò cercando di non badare al calore che aveva attraversato il suo petto nell'udirgli fare quella confessione. «Era così terribile?» gli chiese poi, quando l'ilarità era passata lasciando il posto al silenzio della notte.
La farfalla ancora volava aggraziata fra di loro.

Thor guardò dinanzi a sé un punto che non c'era realmente.
«No, Laufey è stato buono, molto severo, ma buono» rispose. «Mi ha insegnato tanto.»
«Ad esempio?» chiese ancora Loki cercando di leggere nel suo sguardo perso.
«A combattere e cacciare a mani nude, perfino a governare bestie più antiche di qualunque civiltà. Mi ha insegnato a organizzare un esercito e un'offensiva, ad affrontare una rivolta... A uccidere...»
Sull'ultima parola lo sguardo di Thor si fece più buio e così quello di Loki mentre si chiedeva ancora una volta quali immagini quegli occhi di zaffiro fossero stati costretti a vedere.
Ma Thor lo guardò e mostrò un sorriso, tirato, non sentito, che voleva soltanto essere una preghiera per non approfondire quel discorso.
Loki accettò quella richiesta e gliene fece un'altra.
«Dormi con me, testa di paglia?» Thor sembrò illuminarsi e annuì più volte prima di abbracciarlo. «Così mi racconterai delle donne Jotun.»
Lo udì ridere mentre gettava via la sua maglia e si sistemava sul cuscino.
«Sono fredde anche lì?» chiese ancora Loki liberandosi della lunga veste.
Thor si bagnò le labbra arrossendo appena.
«Non direi proprio...» rispose con un certo imbarazzo che divertì Loki.
«Uh, qualcuno ha imparato qualcosa senza l'aiuto di suo fratello» bisbigliò allungandosi sul lato opposto del letto e piegando il gomito per poggiare la guancia nel palmo della mano.
«Sai, mi chiedo come sia farlo con un'asgardiana» disse Thor sinceramente curioso.
«Direi che l'unico modo per scoprirlo sia provarlo» suggerì Loki sorridendogli malizioso. «E penso che Sif sarebbe lieta di fare da volontaria.»
Thor rise e gli assestò una pacca sulla spalla.
«Tu dici? Io non avrei nulla in contrario.»
«Oh, non ne avevo dubbi.»
Ci furono altre risate, altre confidenze, altri momenti da fratelli.




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Il vento fischiava nelle orecchie con forza, quasi fosse il lamento di un animale morente.
Odino affondò un passo dopo l'altro nella fredda coltre di neve mentre, nudo di scorta e armi, giungeva in solitudine dinanzi ai gelidi cancelli di Laufey.
Il re lo ricevette e i due sedettero l'uno di fronte all'altro, alla luce di decine di candele.
«Giungo qui per ringraziarti» disse Odino guardando gli occhi rossi di chi un tempo fu un nemico.
Laufey sorrise, con bianchi denti affilati come lame.
«Tuo figlio è stata una bestia difficile da domare» disse il re Jotun e fu Odino a sorridere.
«Non ti illuderai di esserci riuscito?» chiese e Laufey scosse il capo.
«Non l'ho mai davvero sperato, Odino. Tuo figlio è la tua carne e il tuo sangue: siine orgoglioso o disperati, perché sarà la sua maledizione.»
Il Padre degli Dèi guardò il fondo rosso del calice che stringeva fra le mani, scorgendo il suo riflesso sulla superficie liquida.
«Loki-»
«Sai che non mi interessa» lo interruppe Laufey senza lasciarlo continuare. «Fu una tua scelta salvargli la vita, e tua è la responsabilità della sua esistenza.»
«E perché mi facesti quella richiesta tanti anni fa? Perché volesti mio figlio se non per bilanciare il destino?»
Laufey rise di quelle domande accarezzando con l'indice il bordo del suo calice e facendolo sibilare lamentoso.
«Volevo solo avere lo stesso trattamento riservato alla bella Freyja, Borson. Affinché tu potessi dire di trattare equamente tutti i tuoi alleati.»
Odino non credette, il suo cuore di padre non volle credere.
Svuotò il suo bicchiere e lo poggiò poi vuoto sul tavolo.
«Non vuoi sapere quindi nulla di lui?»
Laufey sospirò.
«Giungono voci anche qui, sulla Lingua d'Argento di Asgard...» mormorò con parole che ne celavano altre.
Il Grande Padre studiò il suo viso e lo sguardo scarlatto.
«Per cui?» chiese e Laufey guardò a sua volta il fondo del suo bicchiere.
Lo avvicinò alle labbra e prima di bere disse: «Avresti fatto meglio a lasciarlo morire.»



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La notte era alta, la luna bianca e le stelle a milioni, come lacrime piante nel cielo.
Loki guardava Thor dormire al suo fianco, in quel posto che era sembrato troppo freddo fino a quel momento e si chiese ancora chi fosse questa creatura che era entrata senza permesso nella sua vita fino a stravolgerla, si chiese come ci fosse riuscita, come dopo sette lunghi anni di assenza ancora possedeva così intensamente ogni battito del suo cuore.
Loki si chiese se per sempre avrebbe provato quel sentimento di affetto e tenerezza, quel senso di protezione verso di lui, verso un fratello di cui non poteva più fare a meno.
Loki si chiese se avrebbe avuto ancora qualcosa da insegnargli o sarebbe stato il contrario.
Loki si chiese quante altre notti avrebbero dormito insieme, abbracciati, se ci sarebbero state notti in cui avrebbero combattuto, litigato, in cui avrebbero desiderato l'uno il male dell'altro.
Thor era una creatura di sole e neve, luminoso e limpido: non l'avrebbe mai potuto fare. Su di sé, Loki non osava premonire nulla, il suo animo tortuoso non gli permetteva di farlo.
Loki si chiese se avrebbe sempre considerato Thor il suo piccolo fastidioso fratellino, o se mai, un giorno, sarebbe stato una minaccia e lo avrebbe temuto.
Loki si chiese se quell'odio, che aveva falsamente professato per anni, sarebbe mai un giorno divenuto verità.
Gli accarezzò i capelli e gli baciò la fronte, con una dolcezza che neanche a quel bambino aveva mai riservato.
Poggiò la guancia sul cuscino e chiuse gli occhi.
Non si diede una sola risposta quella notte, mentre dormivano l'uno contro il capo dell'altro, intrecciando capelli e sogni, intrecciando i loro stessi destini.
Loki e Thor.
Thor e Loki.
Il sigillo di un arcaico incantesimo da pronunziare a voce bassa.
E intanto in alto volava una farfalla con ali d'oro e argento, figlia di un'illusione che si sarebbe dissolta al sorgere del sole, come un fiocco di pallida neve.












Fine






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