Mio amato fratello di kiara_star (/viewuser.php?uid=58219)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 2: *** Un piccolo dono ***
Capitolo 3: *** La fonte di Jörmundgander ***
Capitolo 4: *** Il segreto dell'ancella ***
Capitolo 5: *** Il principe ferito ***
Capitolo 6: *** Doveri di Re ***
Capitolo 7: *** La lezione più importante ***
Capitolo 8: *** L'addio del fanciullo ***
Capitolo 9: *** Ali d'oro e argento ***
Capitolo 1 *** Ritorno a casa ***
cap1
Questa storia parte da un semplice what-if: e se fosse Loki il
primogenito?
Avremo un kid!Thor
e quindi ci
sarà una sostanziale differenza di età fra lui e
Loki, a
dispetto del più popolare e canonico reverse.
Il loro sarà un rapporto puramente fraterno,
perciò niente
slash Thorki, ma solo brotherhood ♥
L'ambientazione è pressoché quella del
movieverse,
ma mi sono presa qualche licenza poetica per assecondare alcune mie
personali scelte narrative. Non ho ritenuto di inserire quindi
l'avviso AU perché credo di non aver particolarmente
stravolto l'universo canon.
Anche il carattere di Thor può essere un po' diverso
dall'originale almeno per i primi capitoli, ma ho cercato di
tenere fede alle sue peculiarità quanto più
possibile.
Mentre Loki è il solito mio Loki ^-^
Questo è il primo di nove capitoli che posterò
settimanalmente avendoli già scritti tutti.
C'è una canzone che mi ha accompagnato durante la stesura e
credo possa essere considerata come la soundtrack dell'intera storia.
È Collide
di Howie Day
che potete ascoltare QUI ^^
Bene, credo sia tutto.
Se vi va di continuare allora buona lettura e grazie per il
vostro tempo. ^///^
Kiss kiss Chiara
-----------------
“Mio amato fratello”
Capitolo 1
[Ritorno a casa]
Quando il principe Loki fece
ritorno ad Asgard era poco dopo il mezzogiorno.
Sul
sentiero che lo avrebbe
condotto dinanzi ai cancelli, un rosso tappeto di foglie cadute:
l'autunno già inoltrato dava il bentornato al giovane
figlio di Odino.
Aveva
scelto di non farsi
annunciare, preferendo che il suo rientro in madre patria fosse
accompagnato dalla sorpresa di sua madre e da quella di suo padre.
Sorrise, in
sella al suo cavallo dal manto bruno, cavalcando dolcemente e mirando
il paesaggio familiare che gli era mancato.
Sei anni,
sei lunghi anni
lontano da casa. Sei anni trascorsi alla corte di Freyja, a Vanaheim,
dove aveva appreso l'uso del seiðr e ne era divenuto Maestro.
Negli occhi
di Loki si
specchiavano ora i chiari laghi, azzurri come la volta, e gli alberi
sempre verdi accanto ai fratelli spogli e nudi, in attesa del rinnovo
della stagione. Nel cielo volavano alti i rapaci che, con i
loro versi, parevano volerlo salutare. E
Loki sorrise ancora, inorgoglito da
ciò che aveva appreso e desideroso di trascorrere la sera al
fianco dei suoi amati genitori, a narrar loro di ogni lezione imparata,
a narrar loro di quanto di lui potessero andar fieri.
“Un
alunno disciplinato
come pochi”, aveva detto Freyja, sua maestra, “un
seiðmaðr come nessuno in tutti e Nove i
Regni”.
Protetta
nella bisaccia di
pelle che scendeva dal fianco, una missiva scritta di pugno dalla
regina di Vanaheim, dove si decantavano le sue doti e si ringraziava
Odino per averle concesso di poter formare e crescere un simile talento.
Loki
aumentò l'andatura, ormai smanioso di rivedere quanto prima
il viso dei suoi genitori.
I cancelli
brillavano in lontananza e le guardie in armatura dorata si posero a
difesa quando lo videro giungere.
«Chi
si presenta alle
porte della casa di Odino? Mostra il tuo volto e dichiara il tuo nome,
straniero, cosicché si possa dire se tu sia amico o persona
sgradita.»
Loki
ghignò da sotto il cappuccio di pesante stoffa e strinse le
briglie del suo cavallo.
«Straniero
è un titolo che non può calzarmi, ma il tempo
trascorso
perdona la tua mancanza, soldato» affermò quindi
il
giovane calando il cappuccio e mostrando la chioma nera e i luminosi
occhi smeraldini. «Dinnanzi a te è Loki, figlio di
Odino e
tuo principe, troppo a lungo lontano dal suo regno.»
Il soldato
chinò il
capo riconoscendo i suoi lineamenti o forse più
semplicemente lo
stemma della casa reale ricamato sulla sua casacca verde e oro.
«Mio
principe!» lo
salutò battendo il pugno sul petto e allertando la guardia
alle
sue spalle affinché, lesta, aprisse il varco.
Loki vide i
possenti cancelli spalancarsi davanti a sé, a mostrare
splendente la via di casa.
*
Frigga
aveva ricevuto notizia
del ritorno di suo figlio da una delle guardie reali, corsa ad
anticipare il passo del principe per dovere e prudenza.
La regina
strinse fra le dita la lunga veste per poter camminare senza
impedimenti verso il balcone che dava al grande piazzale.
Quando
scorse la sagoma di un
cavaliere, i suoi occhi si inumidirono; quando vide il suo bambino ora
giovine smontare da cavallo con eleganza e sicurezza, non
poté
che sorridere felice e commossa.
«È
lui?» chiese una voce sottile alle sue spalle.
La regina
annuì
emozionata e udì lo scalpitio di piccoli passi. Quando si
voltò, lui non c'era già più.
*
Loki
attraversò a viso
alto i corridoi ricevendo il saluto di servi e soldati, mentre guardava
le stanze rimaste le medesime dall'ultima volta che le aveva
vedute, eppure che parevano più piccole di ciò
che
ricordava.
Sfilò i guanti con urgenza e rise infilandoli
nella
cintura in vita, camminando con ampie falcate e facendo danzare il
lungo mantello alle sue spalle.
«Madre?»
chiamò a gran voce, ben conscio che ormai il suo arrivo era
stato annunciato. «Padre?»
Li
cercò rapido con lo sguardo ma, sapeva, potevano essere
nella Sala del Trono.
Conosceva
bene il protocollo,
sapeva che prima di rientrare avrebbe dovuto attendere la guardia reale
che lo avrebbe scortato e permettere a suo padre di poter organizzare
la giusta accoglienza per il ritorno di un principe. Ma non aveva
resistito. La lontananza era diventata più forte ogni giorno
che
passava; più la sua istruzione giungeva al termine,
più
Asgard pareva un sogno da voler raggiungere quanto prima.
Suo padre,
il grande Odino,
avrebbe avuto da richiamarlo per la sua scelta poco ponderata, ma anche
una lavata di capo era un bel modo per sentirsi di nuovo a casa.
«Madre?»
«Loki?»
Si
fermò a quella voce voltandosi verso il corridoio alla sua
destra.
Non
conosceva quel timbro
infantile, non aveva memoria del fanciullo che lo stava guardando poco
distante. Lo scrutò silente, passando lo sguardo sul viso
paffuto incorniciato da ciocche bionde. Due occhi più
azzurri
dei laghi che aveva attraversato e una spolverata di piccole lentiggini
sul naso.
Corrucciò
la fronte
provando una strana sensazione nello stomaco mentre quel bambino lo
guardava immobile e silenzioso a sua volta, strofinando le piccole dita
delle mani fra di esse e mordendosi impacciato il labbro.
«Loki!»
Ma la voce
di sua madre
spezzò ogni pensiero. Loki la vide giungere dal fondo del
corridoio e corrergli in contro. Affrettò il passo
sorridendo e
superando incurante il piccolo fanciullo per stringere fra le braccia
la madre.
«Madre
mia»
sospirò inebriandosi del profumo materno che tanto aveva
bramato, mentre Frigga gli baciava il viso più volte dicendo
quanto le era mancato.
«Fatti
guardare!»
Sorrise la regina poi allontanandosi per mirarlo. Nei suoi occhi, Loki
lesse
tanto amore e tanta dolcezza. «Sei un uomo, bambino mio... un
uomo bellissimo.»
Loki non
riuscì neanche ad abbassare imbarazzato lo sguardo
ché Frigga lo abbracciò ancora.
Tanto gli
era mancata, tanto aveva sentito il bisogno delle sue carezze e della
sua semplice voce.
Nelle notti
di Vanaheim,
quando la malinconia copriva ogni stella del cielo, Loki capiva quanto
amasse sua madre e quanto per sempre l'avrebbe amata. A lei erano
sempre dedicate le parole che lasciava scorrere sulla carta, pensieri
taciuti e nascosti nel silenzio della sua solitudine, che solo alla
Luna era permesso di leggere.
Frigga era
bella come
ricordava, come non fosse passato un solo giorno da quando
l'aveva dovuta salutare in lacrime, per partire per la sua
formazione. Era stato Odino stesso a impedire ogni contatto prima del
termine della sua maturazione, queste furono le sue testuali parole.
Loki
l'aveva odiato, il
suo amato padre, perché a un fanciullo strappato dalle
braccia
della madre è concesso solo questo, ma adesso capiva. Capiva
l'urgenza di un re e le responsabilità di un genitore.
Adesso era grato al Grande Padre per la scelta che fu presa.
Tanto
immerso dal ritrovare
sua madre, Loki aveva completamente dimenticato il bambino che aveva
incontrato poco prima, e si accorse di lui solo quando agli abbracci fu
sostituito il più dolce dei silenzi. Lo scoprì
fermò nella medesima posizione, con le dita più
rosse e
il labbro più gonfio, martoriato dai piccoli denti bianchi.
Gli
dedicò un'occhiata ancora diffidente ma la domanda che stava
per porre fu anticipata dalle parole di Frigga.
«Vieni,
Loki,
c'è qualcuno che devi conoscere.» Frigga lo prese
per la mano e lo condusse vicino al bambino. «Lui
è
Thor» disse e Loki trattenne ancora le domande mentre la
vedeva
lasciare le sue dita per chinarsi accanto al fanciullo.
«Avanti,
Thor, presentati.»
A quelle
parole il bambino
guardò Frigga e abbassò il capo portando le mani
dietro
alla schiena e poi rialzò lentamente i suoi occhi azzurri su
di
lui.
«Io...»
iniziò in difficoltà e Frigga lo
incitò
accarezzandogli dolcemente il capo. A Loki quel gesto mandò
un
formicolio fastidioso alla bocca dello stomaco. «Io sono Thor
Odinson, secondo principe della casa di Odino e tuo
fratello.»
L'ultima parola sembrò vibrare incerta sulla sua piccola
lingua prima di sfumare nel silenzio. Nel petto di Loki però
fece un fracasso assordante.
*
Andò
a salutare suo
padre e si inginocchiò dinanzi al trono. Odino lo
abbracciò e lo perdonò per la maniera poco
ortodossa con
cui aveva scelto di far ritorno.
Loki disse
parole che un padre
avrebbe orgoglio di udire da un figlio, e Odino sospirò
parole
che cullano l'orgoglio di un uomo.
Frigga era
alle spalle di suo marito, sorridente, e stringeva al petto quel
piccolo essere.
Terminato
l'incontro, Loki chiese di poter riposare prima di cena.
Gli fu
ovviamente concesso e
prese il passo verso le sue vecchie stanze rimaste come le aveva
lasciate, ma che profumavano di pulito e fresco.
Chiuse la
porta alle spalle e, con una semplice espansione di seiðr,
mandò tutto in frantumi.
*
La cena
venne servita nella
sala ufficiale. Suo padre sedeva al capo del tavolo con Frigga al lato
opposto. Loki prese posto al fianco, come di prassi, e si
ritrovò di fronte quegli occhi azzurri.
Si
sistemò sulla seggiola e pose sulle ginocchia il tovagliolo
mentre un paggio riempiva il suo calice di vino.
«Finalmente
posso
brindare con mio figlio» affermò Odino alzando il
suo
calice pieno e attendendo che Loki lo imitasse.
«Ho
conosciuto bene le
cantine di Vanaheim, padre, vediamo cosa Asgard ha da offrire al suo
principe.» Così dicendo assaporò un
sorso mentre
Odino rideva bevendo a sua volta.
«Spero
solo che le
cantine non siano state il tuo unico interesse, Loki» disse
Frigga tagliando la sua fetta di carne.
Loki
poggiò il calice sul tavolo e prese le posate.
«Per
nulla, madre. Le fanciulle che servono Freyja sono state altrettanto di
buona compagnia.»
«Loki!»
lo richiamò quasi imbarazzata Frigga mentre Odino si
lasciava andare a un'altra risata.
«Ah,
il mio ragazzo...
Avremo tempo per conversare fra noi di cose da uomini. Adesso meglio
evitare discorsi che potrebbero turbare tua madre e le giovani orecchie
di tuo fratello.»
E fu a quel
punto che Loki
guardò dinnanzi a sé: Thor lo osservava in
silenzio, con
le mani nascoste sotto al tavolo e il piatto ancora intatto davanti.
Loki
affondò la
forchetta nella carne e la portò alle labbra tenendo sotto
il
suo tiro il piccolo che sedeva di fronte, e lo vide divenire
sempre più minuto.
«Thor,
tesoro, perché non mangi?» chiese Frigga con tono
dolce.
Thor
abbassò il capo e scosse i biondi capelli senza dire nulla.
«Forse
il giovane
principe non apprezza la compagnia di suo fratello»
affermò Loki con sottile malizia e percepì la
voglia del
bambino di scappare fra le gambe di Frigga. Restò
però
lì, a fissare il piatto, senza neanche il coraggio di tirare
su
lo sguardo.
«Loki...»
Frigga
disse solo il suo nome
e Loki tornò a mangiare con un sorriso sottile, facendosi
riempire ancora un calice di vino.
*
La notte
scorse serena: dormire nel proprio letto dopo tanti anni era stato
piacevole e rinfrancante.
Mentre
usciva dalla vasca dopo aver fatto un bagno profumato, Loki non si
stupì di quella visita.
Legò
le stringhe della veste che lo copriva e andò ad aprire la
porta dopo aver udito il lieve bussare.
«Buongiorno,
madre» la salutò facendola accomodare.
«Mi stavo
vestendo per unirmi a te e padre per la colazione» disse
ancora
asciugando i capelli con un telo di lino.
«Loki,
so cosa provi, ma voglio che tu sappia che non è come
pensi.»
Loki
ascoltò le parole di sua madre di spalle, mentre recuperava
una spazzola da passare fra i capelli.
«Perdonami,
madre, ma
non riesco a seguire il tuo discorso» affermò
dinanzi allo specchio, spazzolando
all'indietro le corte ciocche e poggiando
poi la spazzola sul canterano.
«Sai
bene di cosa
parlo» rispose Frigga. «Eri già sveglio
da bambino,
la compagnia di Freyja non avrà soffocato la tua sagacia ma,
al
contrario, l'avrà ben nutrita.»
Loki
sospirò, non potendolo celare a sua madre che vide il suo
viso rabbuiarsi attraverso la lastra riflettente.
Avvertì
poi le sue mani sulle spalle e sollevò lo sguardo per
incontrare il suo attraverso lo specchio.
«A
occhio e croce ha
l'età che è durata la mia lontananza»
disse
riabbassando lo sguardo e Frigga gli accarezzò le braccia.
«No,
è più piccolo. Questo è il suo quinto
autunno.»
Un sorriso
triste gli
piegò le labbra. «È un figlio
dell'estate,
immagino, come rivela il grano dei suoi capelli.»
Rivide il
viso tondo e quegli occhi di cielo e strinse le dita sul canterano.
Frigga
sorrise alle sue spalle.
«Sbagli
ancora: è
nato nel freddo delle ultime notti dell'inverno, mentre fulmini e
saette dilaniavano il cielo.»
A Loki
sembrava impossibile che quel bambino d'oro fosse figlio del freddo.
Lui lo era,
lui era nato sotto
il pallido mattino di un dì bianco di neve. Lui ne riportava
l'eco sulla pelle pallida e nello sguardo chiaro e freddo come
stalattiti colpite dalla luce in una grotta.
«Sentivi
la mancanza di
un figlio, madre? È stato questo il motivo?» Pose
quella
domanda voltandosi e guardando il viso di Frigga e l'ombra dei
suoi occhi.
Una carezza
sul viso, delicata come la caduta di un petalo sulla pelle.
«L'arrivo
di Thor
non ha sopperito alla tua mancanza, mai, neanche una singola volta.
Quando ieri ti ho veduto cavalcare verso di me, solo in
quell'istante il vuoto che ho portato dentro per sei lunghi anni
è stato colmato.» Frigga gli baciò la
fronte.
«C'è spazio per l'amore di più figli
nel cuore di una madre, ma ognuno di essi è speciale e unico
ai
suoi occhi. Conosci Thor e apprezzalo come il fratello che
è.
Lui non ha atteso altro che il poterti incontrare.»
Loki
ascoltò la richiesta di Frigga e disegnò un
sorriso.
Un sorriso
che era una menzogna.
«Certo,
madre.»
E parole
che la riflettevano.
*
*
*
Stava
leggendo nel silenzio
della biblioteca quando si era accorto di uno sguardo che lo scrutava,
uno sguardo che lo aveva seguito tutta la mattinata, che lo stava
seguendo in ogni momento dacché era tornato.
«Cosa
vuoi?» lo interrogò annoiato, senza distogliere
dal
tomo la sua attenzione.
«Io...
volevo sapere cosa leggi.»
La sua voce
lagnosa era anche peggio del suo silenzio segugio.
Alzò
lo sguardo dalla pagina e lo portò al bambino, al piccolo
Thor che sostava accanto al tavolo.
«Tu
sai leggere, principe Thor?» gli chiese con un sorriso di
finta gentilezza.
Thor
abbassò il capo.
«Sto
imparando» rispose timido, e Loki lasciò andare un
debole risolino.
«Alla
tua età
avevo già letto tutti i libri della sezione più
elementare di questa biblioteca» affermò austero,
guardando come Thor mordeva fra i denti il labbro. Era un vizio che
mostrava spesso, e Frigga aveva per lui sempre un richiamo.
Loki
accavallò le gambe e poggiò il mento nel palmo
della mano studiandolo quasi divertito.
«Non
pensi sia
disdicevole per un principe non saper leggere alla tua
età?» chiese retorico e Thor rialzò lo
sguardo che
si era fatto lucido. «Bada bene, principe Thor, io non ero
un'eccezione, anzi. Ogni bambino asgardiano è capace di
leggere, anche i figli delle serve.»
«Io
so leggere»
dichiarò a quel punto il bambino, colpito nel suo piccolo
orgoglio. Loki vide la fronte aggrottarsi e i denti lasciar andare il
labbro.
«Poco
fa hai affermato
il contrario» sottolineò a quel punto.
«Un principe
ignorante e bugiardo. Mh... una pessima combinazione.»
«Io
non sono bugiardo! Io so leggere! E tu...»
I grandi
occhi divennero d'acqua e il corpo minuto prese a tremare di rabbia o
più probabilmente di vergogna.
Loki
assottigliò lo sguardo e lo invitò a continuare.
«Io
“cosa”?»
«Tu...»
Quando le
lacrime fecero crollare ogni pallido coraggio, Loki sorrise sadicamente
soddisfatto e Thor strinse i pugni. «Tu sei
cattivo!»
urlò prima di correre via.
*
Frigga
stava passeggiando in
compagnia delle sue ancelle quando, passando dinanzi alla porta di
Thor, udì un distinto rumore di singhiozzi.
Congedò
le fanciulle e picchiò delicatamente le nocche sul legno.
«Tesoro,
sono io.» Entrò quindi lentamente, chiudendosi la
porta alle spalle.
Thor se ne
stava seduto ai piedi del letto, con il viso premuto contro le
ginocchia e le braccia a cingere le gambe.
«Cosa
è successo,
Thor?» gli chiese sedendosi sul letto e accarezzandogli la
testa.
Capì che Thor cercava di frenare inutilmente il pianto.
«Hai litigato di nuovo con Fandral?»
Tentò con la
più classica delle situazioni che lo portava alle lacrime.
Thor
era un bambino molto buono e gentile e amava avere tanti amici attorno
ma quando, per gioco o prepotenza finivano con il bisticciare, ne
rimaneva sempre ferito. Una sensibilità rara in un
fanciullo,
una sensibilità anche pericolosa.
«Mi
odia» gemette lui con un filo di voce, impossibilitato a
nascondere altri singhiozzi.
«Chi
ti odia, tesoro?»
«Loki.»
Frigga
sospirò e si sedette sul pavimento accanto al figlio,
avvolgendogli un braccio attorno alle piccole spalle.
«Perché
pensi una cosa simile, Thor? Tuo fratello ti vuole bene.»
«Non
è
vero!» Thor finalmente alzò il viso mostrando gli
occhi
umidi, le guance rosse e le lacrime che le bagnavano. Le
asciugò con il dorso delle mani tirando su con il naso.
«Ha detto che sono ignorante e bugiardo, mamma. Mi ha detto
tante
cose cattive. Lui è cattivo... è cattivo e mi
odia!» Tornarono le lacrime e i singhiozzi e Frigga lo
raccolse
fra le braccia lasciando che Thor piangesse contro il suo seno.
«Perché
mi odia, mamma?»
«Lui
non ti odia, Thor.
Loki non ti odia. Ha solo bisogno di tempo per conoscerti. Solo
questo... tu sii paziente e non credere mai per una sola volta che le
sue reazioni siano causate da un qualche risentimento verso di
te.» Frigga provò a convincerlo e
continuò ad
accarezzarlo finché non cessò ogni pianto e il
silenzio
lo accompagnò nel suo sonno innocente.
«Saprà
amarti, Thor» sospirò ancora la regina, stringendo
a
sé il piccolo addormentato. «Ti amerà,
non temere,
e quando questo accadrà, diventerai la cosa a lui
più
cara.»
***
|
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Capitolo 2 *** Un piccolo dono ***
cap2
“Mio amato fratello”
Capitolo 2
[Un piccolo dono]
Il
suo ritorno ad Asgard aveva portato con sé
l’accettazione
di nuovi obblighi - oltre che di un nuovo consanguineo. Loki aveva
adesso la possibilità di assistere il padre Odino nei suoi
compiti di monarca, e poter così imparare quali erano i
doveri e
le responsabilità di un regnante.
Le
assemblee del consiglio
erano lunghe e dense di domande; le risposte, al contrario
povere, infondevano nell'aria una coltre di asfissiante
preoccupazione.
I rapporti
con Vanaheim erano
come sempre ottimi. Odino durante la sua assenza aveva anche rafforzato
gli accordi con buona parte dei regni alleati, ma c'era sempre la
questione Jotunheim che, come una maledizione impossibile da spezzare,
continuava a impensierire il Padre degli Dèi.
«Laufey
non
impiegherà molto a fare la sua mossa, mio re»
diceva Tyr,
generale della guardia reale e fidato braccio destro di Odino.
«Dovremmo mostrare un atto che ribadisca la forza di Asgard e
scoraggi una qualsiasi manovra di attacco.»
Odino
sospirava e guardava la grande raffigurazione di Yggdrasill dipinta
sulla tela appesa alla parete.
«Attaccare
per primi
sarebbe uno sbaglio!» ribatteva a quel punto
Ísarr,
consigliere del Padre degli Dèi dai tempi della grande
guerra
contro gli Jotun. «Laufey non ha manifestato alcun intento di
venire meno alla tregua posta ormai secoli fa. Mio re, se mi
è
concesso suggerire, penso sia saggio continuare a tenere d'occhio
la situazione senza esporci troppo. Ogni nostra azione potrebbe essere
considerata come una dichiarazione di guerra, e Asgard non necessita di
questo al momento.»
Tyr si
alzava dal tavolo e guardava Ísarr con biasimo.
«Cosa
ne può
sapere uno scribacchino della guerra, nascosto com'è
dietro la sua barricata di pergamene e parole?!»
Ísarr
accusava l'offesa e si alzava a sua volta.
«Il
re ritiene che le
parole di questo scribacchino abbiano peso tale da permettergli di
sedere a questo tavolo. Sei tu a trovarti nel luogo errato, Lord
Generale, perché le sale diplomatiche non si addicono a uno
stolto guerrigliero!»
«La
guerra è
inevitabile!» affermava ancora Tyr. «Prima o poi lo
scontro
con Jotunheim ci sarà, e mettere a tacere adesso ogni voce
di
ribellione è solo un gesto che porterà Asgard ad
avere
più ampie possibilità di vittoria.»
«O
porterà alla sua rovina, Tyr!»
«Basta,
adesso!» interveniva Odino con tono di rimprovero verso
entrambi i suoi consiglieri e amici.
Tyr taceva
e tornava a sedere, Ísarr chinava il capo per scusarsi e
sedeva anch'egli.
Loki,
accanto a Odino, guardava e ascoltava, facendo tesoro di ogni suo
sospiro, di ogni sguardo, di ogni parola.
Un giorno
lui avrebbe guidato
quel regno e ogni altro. Un giorno, sotto il suo comando, Asgard
avrebbe brillato come la più fulgida di tutte le stelle e
avrebbe dominato su ogni altro reame.
Anche
l'incontro di quella giornata terminò come i precedenti: con
nulla di deciso men che meno di fatto.
I
consiglieri uscirono uno
dopo l'altro e, nella sala ora silenziosa, Loki attese che fosse
suo padre a prender parola. Ma Odino tacque a lungo, per un tempo che
parve eterno, finché non alzò lo sguardo su di
lui
e gli
sorrise debolmente.
«Padre...»
Il Padre
degli Dèi gli accarezzò il capo con sguardo
profondo e uscì senza dire una parola.
*
Attraversando
i corridoi, Loki udì quella voce, quella stridula vocina
che,
aveva imparato, tanto lo infastidiva.
«Loki?»
Lo
ignorò e velocizzò il passo. Poteva sentire le
sue
piccole gambe correre per raggiungerlo. «Fratellone,
aspetta!»
Sospirò
ma non
rallentò. Continuò a camminare finché
non giunse
di fronte al luminoso piazzare del palazzo, dove il suo nero destriero
lo attendeva.
Afferrò
le briglie inforcando il piede nella staffa e con un balzo
montò la bestia proprio mentre giungeva Thor.
Aveva il
viso accaldato per la
corsa, i capelli umidi incollati alla fronte e il respiro
così
accelerato da dar l'impressione che non avrebbe più
smesso di ansimare affaticato.
«Dove
sei diretto, fratello?» gli chiese fra gemiti e fiato corto,
con un sorriso speranzoso sul viso.
Loki
restò serio, colpì con i tacchi i fianchi del
cavallo e andò via.
*
Quando
tornò a palazzo
lui era ancora lì fuori, seduto con i piedi a penzoloni su
di un
muretto che costeggiava le aiuole dei giardini. Era ormai il tramonto e
l'aria iniziava a essere rigida con l'avvicinarsi della
notte.
«Loki!»
lo salutò scendendo e andandogli in contro.
Loki
smontò da cavallo e lo guardò con rimprovero.
«Che
cosa ci fai qui fuori?» lo interrogò.
Thor
alzò le piccole spalle.
«Ti
aspettavo» rispose semplicemente.
Sospirò,
il principe maggiore, e sfilò i guanti con noia.
«E
il motivo, se è concesso chiedere?»
Thor lo
guardò e non
c'era più il sorriso di quel pomeriggio né il
colorito sulle sue guance. Il vento metteva disordine fra i suoi
capelli e rendeva lucidi i suoi grandi occhi azzurri – ma forse per
quelli la colpa non era da imputare al vento.
«Allora?
Non ho tempo da perdere con te. Dimmi perché mi stai dando
il tormento da giorni.»
Non ci fu
pazienza né
calma, né il tono con cui ci si dovrebbe rivolgere a un
bambino.
Non c'era nulla nella voce di Loki di più diverso dalla
fredda apatia.
Thor
abbassò lo sguardo e scosse la testa.
«Scusa»
mormorò. «Non volevo essere un fastidio.»
«Ma
lo sei»
ribadì Loki privo di compassione, anche se quando vide di
nuovo
quel labbro fra i denti e sentì ogni suo respiro farsi
più riavvicinato al precedente qualcosa gli scese in gola,
ma
mai avrebbe ammesso fosse tenerezza. «Hai fatto il
bagno?»
gli chiese poi e Thor rialzò lo sguardo scuotendo ancora il
capo.
Loki
trattenne un sospiro. «A
nostra madre non farà piacere se ti siederai a tavola con
quella
puzza addosso» spiegò con il solito distacco.
«Corri
dalla tua nutrice e fatti dare una lavata ché fra poco si
cena.»
Quelle
parole prive di vero affetto provocarono nel bambino un sorriso che
Loki non volle spiegarsi troppo.
«Sei
ancora qui?!
Cammina, su!» lo esortò e Thor annuì e
corse via,
ma dopo pochi metri si voltò e gli sorrise ancora.
Loki
buttò fuori l'aria e si accarezzò gli occhi. Quel
moccioso... era insopportabile.
*
Quella sera
Frigga vide Thor
mangiare con gusto, sporcarsi come di prassi faccia e abiti, ma
sorridere a ogni boccone. Loki non mostrava invece alcun comportamento
diverso dal solito e, come ogni volta che sedevano a quel tavolo, si
impegnava accuratamente a ignorare Thor.
La regina
ne soffriva, come
farebbe ogni madre, ma qualcosa le diceva che il sorriso di Thor aveva
a che fare con suo fratello e a Loki non avrebbe mai potuto chiedere.
Quando
accompagnò il
piccolo principe al letto e gli baciò la fronte dopo avergli
augurato una buona notte, il bambino la fermò stringendole
le
dita della mano.
«Loki
ha detto “nostra madre” oggi» le disse
assonnato ma ancora sorridente. Frigga sorrise a sua volta.
«Ah
si?»
Thor
annuì e chiuse gli occhi respirando profondamente.
«Vuol
dire che siamo fratelli...» sospirò fra sonno e
veglia.
*
*
*
L'inverno
giunse presto con le sue cariche di vento e gelo, ma neanche quell'anno
portò fiocchi di neve.
Loki sapeva
che quando era
nato nevicava, che ettari di neve coprivano i campi di Asgard quel
giorno, eppure mai più un inverno da allora fu vestito di
bianchi cristalli.
Giunse
così la fredda stagione e giunse il suo compleanno.
La festa fu
grande, come si
conveniva ai festeggiamenti in nome di un principe. Doni vennero
consegnati da tutti i regni per rendere omaggio al giovane figlio di
Odino e per assicurarsi la sua amicizia quando un domani sarebbe
succeduto al padre.
Da
Vanaheim, Freyja
inviò sei scrigni con sei doni, uno per ogni anno in cui
aveva
festeggiato quella data nel suo regno. Erano doni speciali, pietre e
amuleti, oggetti di rara preziosità e immenso valore
mistico.
Furono di certo i più graditi.
Seduto al
centro del lungo
tavolo, Loki accolse e ringraziò ogni invitato con la grazia
che
lo distingueva e che riusciva ad ammaliare chiunque avesse occasione di
poter ascoltare la sua voce.
A corte
avevano iniziato a chiamarlo Lingua d'Argento, proprio in
virtù della sua invidiata eloquenza.
Vino e
birra scorrevano a fiumi,
i musici intonavano melodie allegre e canti di vecchio folklore che
divertivano giovani e meno giovani. Frigga batteva le mani a ritmo, con
un sorriso felice sul viso, e Odino alzava il calice per elogiare la
bravura dei menestrelli.
Thor
giocava con i suoi
piccoli amici nei pressi del banchetto, mentre cercavano di salire
l'uno sulle spalle dell'altro per giungere al tavolo
imbandito di ogni bene.
Loki
sollevò un
sopracciglio quando lo vide perdere l'equilibrio sulle spalle del
compagno e tirarsi dietro la tovaglia con bicchieri e cibo.
Gli ospiti
risero e fischiarono e Odino lo guardò con rimprovero.
«Scusate»
disse il bambino coperto di olio e vino e rise, senza mostrare alcuna
vergogna.
Thor non
mostrava mai vergogna
o imbarazzo, perché i bambini erano così, privi
di
malizia e tristezze, eppure quando era in sua compagnia, Loki riusciva
a leggere altri riflessi del cuore di quel piccolo principe e sapeva di
esserne lui la causa.
Thor aveva
continuato a
seguirlo dappertutto, a riempirlo di domande, e Loki aveva continuato a
infastidirsi e ignorarlo. Talvolta cedeva, perché anche la
pazienza di un uomo ha un limite, altre preferiva trascorrere qualche
dì lontano dal palazzo, magari nel ristoro di una taverna e
nella
compagnia di qualche fanciulla, e si beava dell'espressione
contrita di Thor quando poi lo vedeva tornare. Gli concedeva un paio di
giorni di pace e poi tornava a tartassarlo con la sua presenza.
Frigga di
tanto in tanto cercava di parlargli, Loki sempre le prometteva di
impegnarsi a “sopportarlo”.
Mentiva
ogni volta.
«E
adesso, miei cari
amici che in questo giorno di gaudio siete giunti per amicizia e
rispetto,
vi chiedo di levare alto il bicchiere!» Odino si
alzò e
invitò gli ospiti a seguirlo. Ci fu silenzio.
«Quest'oggi festeggiamo l'anniversario della nascita
del mio amato figlio Loki, principe di Asgard e futuro erede al
trono.» Loki si sentì fiero del tono con cui Odino
lo
aveva presentato, dallo sguardo con cui si rivolgeva ai suoi sudditi e
poi a lui. Avrebbe voluto che suo padre lo guardasse per sempre con
tale amore e orgoglio. «Figlio mio, che le Norne abbiano
disegnato per te un fulgido cammino di valore e coraggio, colmo di
vittorie e conquiste, affinché un dì in tutti e
Nove i
Regni si conosca il tuo nome, e per le Ere a venire per sempre si narri
della tua grandezza. A Loki!»
«A
Loki!» risposero gli ospiti con grida di felicitazioni.
Loki
alzò il calice e
ringraziò i presenti nascondendo nell'animo
l'emozione che provava in quel momento.
Poi suo
padre lo abbracciò e sua madre gli baciò le
guance.
Era
perfetto: il regno lo
amava, i suoi genitori lo amavano e il suo futuro sarebbe stato
scolpito nella gloria. Tutto era perfetto, a parte quei due occhi
azzurri che lo guardavano poco distante.
*
Tornò
nelle sue stanze
stanco ma appagato per quella giornata da ricordare. Infilò
la
testa nella vasca e la tirò su con un colpo deciso,
lasciando
schizzare da ogni parte l'acqua. Se avesse fatto un bagno si
sarebbe addormentato, ma voleva comunque alleggerire la testa da tutto
quel vino e quella musica.
Lisciò
indietro i capelli neri con le dita e si diresse verso il letto.
Sulle
lenzuola c'era
qualcosa. Era un piccolo cofanetto di legno che stava tranquillamente
nel palmo di una mano; al di sotto, un foglio di carta piegato in due.
Loki
aprì la scatolina
ma all'interno non c'era nulla. Aggrottò la fronte
confuso e raccolse il foglio spiegandolo: c'erano poche parole
scritte a mano con grafia incerta.
“Buon compleanno, fratellone.
Spero
che un giorno mi vuoi bene come ti voglio bene io.
Thor.”
Loki rilesse le brevi frasi
più volte e poi mormorò: «Piccolo
ignorante.»
Avrebbe
voluto gettare via quel foglio e quegli sciocchi auguri, gettare anche
quel cofanetto vuoto e mettersi a dormire.
Avrebbe
voluto farlo ma non gli fu possibile.
Diede colpa
alla stanchezza, ultimo dono di quella giornata.
Piegò
il foglio
più volte finché non fu abbastanza piccolo da
entrare
nello scrigno e poi lo chiuse. Aprì il cassetto della
scrivania
e ve lo poggiò.
Non gli
avrebbe mai dato la soddisfazione di vederlo esposto.
Lo
guardò un'ultima volta e poi chiuse il cassetto.
*
Frigga
stava cucendo nei pressi del balcone. Loki entrò in silenzio
ma lei lo udì comunque.
«Come
ti senti
quest'oggi? Più maturo o più vecchio?»
chiese
con gioco, poggiando sulle gambe ago e filo.
Loki la
raggiunse tenendo le mani dietro la schiena e un sorriso sul viso.
«Sarò
lieto di risponderti quando mi sarò liberato dall'eco
dell'idromele di ieri sera.»
Frigga rise
e gli fece cenno di sedersi sulla poltrona accanto alla sua. Loki
accettò il suo invito.
«Hai
trovato il suo dono?» domandò dolcemente e lui
sollevò le sopracciglia con fare annoiato.
«Una
scatola vuota...
davvero utile» rispose con il medesimo tono ma sua madre lo
conosceva bene, sebbene avesse lasciato un fanciullo e si ritrovasse
adesso di fronte un uomo. Ma l'anima di un figlio resta la
stessa, nonostante gli anni e nonostante le gioie e i dolori. Il cuore
si rompe e si ricuce, ma l'anima non cambia mai.
«Voleva
donarti una
farfalla con ali color dell'oro e dell'argento. Ha
trascorso il pomeriggio a rincorrerle nei giardini e quando l'ha
catturata l'ha riposta in quella scatola» spiegò
ricordando il viso felice di Thor e la sua allegria. «Alla
sera
però era morta.»
«Prevedibile»
commentò Loki senza però riuscire a celare una
nota divertita.
«Non
sai quanto ne sia
rimasto addolorato, povero piccolo. Allora gli ho detto che tu avresti
apprezzato comunque il suo gesto anche se lo scrigno fosse stato
vuoto.»
«Oh,
gli hai mentito... molto scorretto, madre.»
Frigga
sorrise e poggiò la mano sul dorso della sua.
«Si
è impegnato
tanto per riuscire a imparare a scrivere e leggere così da
poterti lasciare un biglietto di suo pugno.» Negli occhi di
Loki
c'era un'ombra ma un leggero riflesso di luce sembrava
divorarla parola dopo parola. «Si sta impegnando tanto per
piacerti, Loki.»
Suo figlio
non rispose e spostò lontano lo sguardo.
*
*
*
Una luna
dopo arrivò
anche il compleanno del principe Thor. Per lui non fu organizzato nulla
di troppo estroso perché era un bambino, perché
era un
secondogenito.
Ci fu una
cena ufficiale con gli ambasciatori dei vari regni che portarono con
loro doni e omaggi.
Ai musici e
danzatori Frigga
preferì chiamare a corte giullari e giocolieri, per
allietare il
suo bambino e i suoi amici.
Thor rideva
e batteva le mani, incantato nella sua innocenza dal loro talento.
Odino
preferiva la compagnia del vino e le chiacchiere di Tyr. Loki scelse il
silenzio e l'apatia, come ormai di usanza.
Sedeva
accanto a lei, con la
guancia poggiata nel palmo, e mostrava la sua espressione annoiata.
Frigga, sapeva, la stava enfatizzando volutamente.
«Mamma,
guarda che
bravo!» urlò Thor indicando il giovane che faceva
volteggiare sfere infuocate fra le mani senza bruciarsi.
Fu allora
che Frigga decise di tentare ancora.
«Sai,
Thor, anche tuo
fratello Loki è un grande mago» disse al bambino e
immediatamente vide la sua sorpresa e soprattutto quella di Loki.
«Madre!»
l'ammonì quest'ultimo forse conscio del dove sarebbe voluto
andare a
concludersi quel discorso.
Thor
ignorò il giocoliere e poggiò le mani sulle gambe
della madre per sporsi verso il fratello.
«Sei
veramente un mago, Loki?» chiese entusiasta.
«Il
più
bravo» rispose per lui Frigga e ricevette un'occhiata di
rimprovero che però non ebbe alcun effetto.
«Wow!
Fai un trucco! Dai, fratellone!»
«No»
rispose lapidario Loki.
«Solo
uno!»
«No.»
«Ti
prego, ti prego! Voglio vederlo, Loki!»
«No.»
«Ti
scongiuro, fratello...»
Frigga si
sentì stringere il cuore dalle suppliche del suo bambino e
dalla freddezza dell'altro figlio.
«Coraggio,
Loki» lo invitò con un sorriso.
«È il suo compleanno.»
Non poteva
tenere la sua corazza così testardamente. Prima o poi
avrebbe dovuto cedere.
Ma Frigga
ignorava la reale perseveranza di Loki, forse ignorava una parte della
sua natura.
Il principe
si alzò e guardò il piccolo con tale freddezza da
farla rabbrividire.
«Se
non fosse nato non avremmo avuto l'onere di festeggiarlo.»
E con
quelle tremende parole lasciò la sala.
*
Nei
giardini trovò silenzio ma non quiete.
Dai balconi
alle sue spalle giungevano le luci della festa e il vociare lontano
degli ospiti.
Loki
alzò il naso
all'insù e guardò il cielo nero come pece, dove
ogni stella moriva nell'abbraccio delle nubi.
Se
non fosse nato...
Tale era la
sua colpa, la sua unica colpa: essere venuto al mondo.
Non aveva
mai voluto fratelli,
non li aveva mai desiderati. Era egoista, lo sarebbe sempre stato e non
avrebbe mai voluto dividere l'affetto dei suoi genitori e il
rispetto del suo Regno con qualcun altro, men che mai con qualcuno che
non conosceva, sbucato dal nulla come un fiore velenoso.
Thor era un
fiore velenoso, tanto bello eppure tossico.
Non
riusciva ad averlo attorno, non riusciva a sopportare la sua voce
né a guardare i suoi occhi.
La sua
semplice presenza lo infastidiva, la sua sola esistenza era per lui un
disturbo impossibile da ignorare.
Come
spiegare ciò che provava?
Neanche il
suo cuore sapeva
quali risposte darsi, eppure Loki era certo: mai e poi mai avrebbe
considerato quel bambino suo fratello. Avrebbero diviso il sangue, il
nome, ma mai alcun legame.
*
«Ti
è piaciuta la festa, tesoro?»
Thor
annuì stringendosi nella coperta calda.
«Grazie,
mamma, per avermi fatto mangiare tanti dolci.»
Sua madre
sorrise e gli pettinò i capelli con le dita.
«Loki
non voleva dire ciò che ha detto. Lo sai, vero?»
«Si
è arrabbiato perché io ho insistito troppo. Lo
so, mamma. Lui mi vuole bene.»
«Esatto,
Thor. Loki ti vuole bene.»
Frigga gli
baciò la fronte e Thor chiuse gli occhi.
«Dolce
notte, bambino mio, che tanti sogni ti aspettino nel tuo
riposo.»
«Dolce
notte, mamma.»
Quando
Frigga lasciò la camera il bambino aprì le
palpebre nella penombra della stanza.
Se
non fosse nato...
Due lacrime
lasciarono i suoi
occhi e rotolarono giù fino a bagnare la federa del cuscino.
Poi
ne scesero altre due, e altre due ancora.
Fuori il
vento aumentava e le nubi nere piansero pioggia come disperate.
Fulmini e
saette illuminarono quella notte di tempesta.
***
|
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Capitolo 3 *** La fonte di Jörmundgander ***
3cap
“Mio amato fratello”
Capitolo 3
[La fonte di
Jörmundgander]
Quando
era un bambino, Loki aveva mostrato da subito una predilezione per lo
studio e le arti illusorie. Frigga gli aveva mostrato un piccolo
incantesimo quando riusciva a malapena a stare in piedi senza ruzzolare
a terra dopo qualche passo, e Loki lo aveva imparato alla perfezione,
procurando un moto di stupore nella madre.
Con il
passare del tempo, la
magia e i libri presero il sopravvento su ogni altra
attività
del principe e fu così che Odino, incalzato dalla regina,
decise
di assecondare questa naturale inclinazione e sostenere il suo studio
del seiðr. La strada scelta, però, fu la
più
difficile in quanto il re decise che se proprio suo figlio avesse un
dì governato imponendosi con la magia e non con la forza,
allora
avrebbe dovuto essere il migliore nel suo campo.
Freyja,
amica e alleata, fu
una scelta obbligata, sebbene Frigga sulle prime fosse sfavorevole
all'allontanamento del proprio figlio per un periodo così
lungo.
Alla fine
la regina fu
costretta ad accettare, comprendendo il punto di vista del marito e
ritenendo anch'ella fosse l'unica maniera in cui Loki
avrebbe appreso l'arte del seiðr in modo magistrale.
Thor non
era della stessa natura.
Già
da piccolissimo
aveva mostrato passione per la lotta e per i combattimenti, osservando
incantato le giostre dei cavalieri e i duelli di spade degli allievi
dell'Accademia. Più di una volta era stato sorpreso nella
Sala delle Reliquie a guardare le armi contenute, e ognuna di esse era
stato richiamato e punito da Odino in persona.
Ma il
giovane principe aveva
un animo testardo, e così capitava che dopo neanche un
giorno,
Odino fosse costretto a punirlo ancora per il medesimo motivo.
Loki
sarebbe stato un abile
stratega e un infallibile seiðmaðr, Thor avrebbe
indossato la
pelle di un grande guerriero e avrebbe guidato interi eserciti.
Insieme si
sarebbero completati, e la sagacia di uno avrebbe guidato la forza
dell'altro.
Questo era
divenuto il sogno di Odino: un regno guidato da due Re.
Ma i sogni,
come sempre, rischiano di restare tali.
*
I giardini
in primavera erano forse lo spettacolo migliore che Asgard potesse
offrire.
Sua madre
Frigga curava
personalmente ogni singola pianta alla quale donava cure e attenzioni
come alla più preziosa delle creature. Loki ricordava di
aver
trascorso molti pomeriggi nella sua compagnia, con le mani sporche di
terra e l'odore di umido e verde a circondarlo.
Era uno dei
tanti ricordi che gli aveva fatto compagnia in quei sei lunghi anni.
Passeggiando
adesso,
nell'ascolto del cinguettio degli uccelli, Loki osservava come
piante che aveva lasciato di poco sollevate da terra, fossero degli
arbusti che appagavano occhi e olfatto, e di tanti di loro ne aveva
avuto il seme fra le piccole dita.
Sorrise e
si avvicinò a
un fiore ceruleo con sfumature rosa che sembrava sporgersi verso di lui
con la richiesta di lasciarsi annusare.
Aveva un
odore dolcissimo che invase le sue narici e gli riempì i
polmoni.
«Osa
ripeterlo!»
«Sei
una femminuccia, Thor!»
«Non
ti permetto di dire una cosa simile, stupido Volstagg!»
La quiete
di quel mattino fu infranta nell'attimo in cui giunsero quelle voci.
Loki si
voltò nella direzione da cui il vento pareva trasportarle e
sospirò.
Decise che
sarebbe tornato in
biblioteca per studiare meglio i trattati che Asgard aveva stipulato
con Alfheim nelle Ere passate, così da poter essere pronto
al
prossimo Consiglio. E il suo tempo non sarebbe stato più
turbato
dalla presenza di quel moccioso e dei suoi compari.
Si stava
incamminando quando udì ancora un rumore, stavolta di acqua.
«Fermati,
Thor! Gli fai male!» Era la voce di una bambina, quella della
piccola Sif.
Loki
arrestò i suoi passi quando giunsero alle sue orecchie altri
suoni e altre suppliche.
«Basta,
lo ucciderai!» C'era anche Fandral.
Si mosse
velocemente
all'indirizzo ove nascevano le voci e giunse in breve alla
fontana attorno alla quale Sif e Fandral cercavano di tirar via Thor
che teneva il compagno Volstagg letteralmente con la testa sotto
l'acqua.
Li
raggiunse e afferrò
il bavero del principe con forza. Con un gesto deciso lo spinse via
facendolo cadere con il sedere a terra.
Lo
guardò duramente
mentre Volstagg si accasciava contro la fontana, tossendo e grondando
acqua dalla sua testa rossa e paffuta.
«Cosa
stavi combinando,
stupido?» chiese Loki al bambino che si rimetteva in piedi
rispondendo al suo sguardo con altrettanto astio.
«Non
sono affari tuoi!» ribatté Thor per poi correre
via come fosse trascinato dal soffio del vento.
Loki lo
vide sparire verso le stalle e scosse il capo rassegnato.
Quel
bambino era una piaga,
anche quando non era lì nei dintorni per tartassarlo con la
sua
presenza e le sue domande. A onor di verità, doveva
ammettere
che Thor lo aveva assillato sempre meno e alcuni giorni lo aveva
incrociato soltanto per dividere i pasti con i suoi genitori.
Non serviva
uno sforzo
eccessivo di memoria per notare che il cambiamento era nato dopo la
notte del compleanno del piccolo principe. Le parole dette dovevano
aver lasciato una traccia anche nell'ultimo figlio di Odino e
Loki egoisticamente era grato di ciò.
«Volstagg,
come stai?» Sif cercava di aiutare il compagno ad alzarsi e
così anche Fandral.
«Allora,
mocciosi, si
può sapere cosa stavate combinando?» Loki pretese
una
risposta per quel fastidio che gli avevano procurato.
I tre
bambini si guardarono fra di loro e fu proprio Volstagg a prender
parola.
«Thor
si è
arrabbiato e ha cercato di affogarmi» disse e Loki
alzò un
sopracciglio per nulla soddisfatto.
«Questo
lo avevo visto,
quello che voglio sapere è perché si è
giunti a
questo. Sai rispondermi o hai grasso anche nelle orecchie oltre che
nella pancia?» chiese tagliente al bambino.
«È
colpa tua!» Fu Sif a muovergli tale accusa con i suoi occhi
neri, troppo svegli per una bambina.
Loki
sorrise divertito.
«Mia?»
chiese con tono ironico.
Ma Sif non
diede altre spiegazioni e trascinò il compagno via senza
neanche voltarsi indietro.
Stupidi
marmocchi. Loki si
sarebbe volentieri divertito a far sbucare loro corna e coda se solo
non fosse stata una perdita di tempo.
«Volstagg
voleva andare a nuotare al lago ma Thor non era d'accordo.»
Si
voltò a quelle parole: era il piccolo Fandral che era
rimasto lì senza seguire i due amici.
«Continua»
lo incitò Loki e il bambino lo accontentò.
«Thor
non vuole mai
andare al lago e Volstagg lo prende in giro e dice che non vuole
perché non sa nuotare. Non è la prima volta e di
solito
Thor gli tira un pugno e poi tutto finisce in scherzo, ma stavolta
Volstagg gli ha detto che è una femminuccia...
come...»
Fandral esitò abbassando e rialzando lo sguardo e Loki si
chiese
quanto ancora volesse tirarla per le lunghe.
«Allora?»
lo esortò.
«Beh,
Volstagg ha detto che è una femminuccia come suo
fratello.»
Loki si
passò una mano sulla fronte e trattenne un sospiro.
«Non
punirlo, principe Loki!» intervenne ancora Fandral a difesa
del compagno.
«Ci
penserò su. Adesso sparisci prima che ti tramuti in un
rospo.»
«V-va
bene, principe.»
Il bambino
corse via come una
scheggia e Loki guardò l'acqua della fontana ora calma,
rivedendo la maniera violenta con cui Thor aveva tenuto la testa del
compagno sotto il pelo.
Praticare
l'arte del
seiðr non era stata una scelta semplice: ad Asgard era una
pratica
riservata prettamente alle donne, a differenza di Vanaheim dove invece
vi era presenza di seiðmaðr così come di
seiðkone
senza alcuno scandalo.
Loki non
aveva quindi mai
prestato troppa attenzione alle dicerie che si sollevavano alle sue
spalle già da quando era un bambino, adesso che era un uomo
e
soprattutto un maestro di magia senza eguali fra gli Aesir, dedicava
loro ancora più indifferenza.
Una
femminuccia come tuo fratello...
«Adesso
mi mancava solo questa» mormorò in solitudine
guardando la direzione dove Thor era corso via.
*
I cavalli
nitrivano e
scuotevano la coda. Thor guardò Sleipnir in una stalla
isolata
dalle altre. Si avvicinò e allungò la mano per
accarezzargli il muso. Non avrebbe mai potuto farlo se il cavallo non
avesse abbassato collo e criniera.
«Sei
così
bello» sospirò il piccolo principe e l'animale
spinse il muso contro la sua guancia. Thor rise e lasciò che
lo
stallone riprendesse una posizione degna della sua magnificenza.
Con il capo
all'insù, Thor guardò i suoi occhi neri e le
lunghe
ciglia, e il manto lucido che brillava nonostante le ombre della stalla.
Sleipnir
era il cavallo di suo padre Odino, e un giorno sarebbe stato il
destriero di Loki.
A lui non
sarebbe mai stato permesso di cavalcarlo e questo lo rattristava. Odino
non lo avrebbe concesso, e Loki...
Per Loki la
sua stessa nascita era motivo di fastidio.
Tirò
su con il naso
quando sentì la tristezza farsi avida e si
asciugò gli
occhi ancor prima che potessero inumidirsi.
«Non
sono una femminuccia» dichiarò a se stesso.
«Sono Thor Odinson.»
«Sei
un disastro. Ecco cosa sei.»
A quella
voce voltò la
testa e scorse l'alta figura di suo fratello che lo osservava con
la solita aria di rimprovero.
«Vattene
via. Non voglio
parlare con te!» urlò sentendo le guance ardere
per essere
stato sorpreso prima nel suo impeto di ira e adesso nella sua debolezza.
Ma Loki non
si curò
delle sue parole e si avvicinò tenendo però lo
sguardo su
Sleipnir. Gli accarezzò il muso e sorrise alla bestia con
una
gentilezza che Thor, sapeva, non avrebbe mai dedicato a lui.
Tremò
nel suo corpo e
guardò l'entrata della stalla con la voglia di correre
ancora via e chiudersi nella sua stanza per non uscirne mai
più.
«Perché
non vuoi
andare al lago?» gli chiese d'improvviso Loki dedicando
però ancora il suo sguardo al cavallo.
«Non
sono-»
«“Affari
tuoi”... sì, lo hai già
detto.»
Fu a quel
punto che finalmente
gli occhi verdi di suo fratello lo guardarono e Thor deglutì
per
quanto a fondo sembravano scrutarlo.
«E
te lo ripeto» ribadì però con voce
incerta e Loki rise.
«Non
sai nuotare, vero? Avanti, ammettilo.»
«Vattene!»
strillò e gli diede le spalle colmo di vergogna.
Era
verità, era il
motivo per cui non seguiva mai i compagni al lago fra i boschi e per
cui spesso e volentieri si accapigliava con Volstagg. Ma non era la
ragione per cui aveva compiuto un gesto così cattivo come
quello
di quel mattino.
Le beffe
amichevoli di
Volstagg riuscivano a pungere il suo piccolo orgoglio ma mai aveva
provato quella rabbia come quando quelle beffe avevano toccato suo
fratello.
Era anche
uno stupido,
perché a Loki non interessava nulla di lui, a malapena ne
tollerava la presenza e non meritava di essere difeso ma...
Era suo
fratello, era il suo
unico fratello e benché lo avesse conosciuto solo tramite i
racconti della sua mamma, Thor gli voleva bene. Aveva aspettato
così a lungo di poterlo conoscere, sperando che quando
sarebbe
tornato lui e Loki sarebbero sempre stati insieme, e Loki gli avrebbe
insegnato tante cose e si sarebbe preso cura di lui, lo avrebbe difeso
e protetto e Thor avrebbe difeso e protetto Loki.
Ma non era
andata così.
Thor aveva
visto un estraneo,
una persona gelida e crudele che sembrava divertirsi nel dirgli ogni
tipo di cattiveria, questo quando non era impegnato a rivolgergli
null'altro che indifferenza.
E ne
soffriva, ne soffriva
terribilmente perché lui non voleva altro che piacergli, non
voleva altro che lo considerasse il suo fratellino tanto quanto lui lo
considerava il suo fratello amatissimo.
«Tentare
di affogare
qualcuno che accusa te di non saper nuotare è per certi
versi
una scelta di vendetta molto raffinata.»
Non
comprese bene le sue
parole e si voltò lentamente osservando il sorriso che
piegava
le sue labbra. Non era amichevole, però sembrava non essere
neanche di derisione. Thor non seppe interpretarlo.
«Non
volevo fargli male» si giustificò.
«Volstagg è mio amico.»
Si sentiva
tanto in colpa e
avrebbe voluto chiedergli scusa, ma non sapeva come fare. Forse
Volstagg e gli altri non avrebbero più voluto giocare con
lui,
forse lo avrebbero detto a Frigga e lei gli avrebbe detto che era un
bambino cattivo.
A quel
pensiero non riuscì a trattenere le lacrime e si
asciugò le guance con il dorso della mano.
«La
mamma mi
sgriderà» brontolò asciugando anche il
naso che
colava e guardando la paglia calpestata sul suolo.
«Probabile»
sentenziò Loki. «Ed è probabile anche
che decida di
mandarti su Jotunheim per punizione e sarai inseguito da mille giganti
di ghiaccio pronti a mangiare le tue carni.»
Thor
tremò di paura e sgranò gli occhi.
«N-no,
non lo farà, vero?» chiese terrorizzato.
«Beh,
hai cercato di uccidere un tuo amico. Non è cosa da
poco.»
Aveva
ragione. Aveva fatto una cosa orribile.
Il pianto
divenne più forte e fu seguito da rapidi singhiozzi.
«Io
non voglio essere
mangiato dai giganti di ghiaccio!» pianse disperatamente.
«Sarò bravo, Loki. Lo prometto! Ma non farmi
mandare su
Jotunheim... Ti prego!» Si coprì entrambi gli
occhi con i
pugni e continuò a singhiozzare pensando a scene
raccapriccianti
di denti e artigli affilati che dilaniavano il suo corpo.
«Va
bene, va bene, ma
adesso smettila di frignare!» gli ordinò Loki con
tono
annoiato. «Per le Norne, Volstagg ha ragione: sei davvero una
femminuccia.»
All'udir
quelle parole la paura divenne rabbia e Thor guardò
malamente il fratello.
«Io
non sono una
femminuccia! Io sono Thor Odinson, un principe di Asgard!»
dichiarò senza lasciare che le lacrime celassero tutta la
sua
determinazione nell' affermare ciò.
Loki
alzò un sopracciglio e incrociò le braccia sul
petto.
C'era una
strana luce nei suoi occhi. Thor non sapeva dire se ne fosse intimorito
o attratto.
«Mh...
se ne sei così sicuro allora vieni con me.»
«Dove?»
Non ebbe
risposta ché Loki aveva già afferrato le redini
del suo cavallo bruno e preso l'uscita.
«Dove
andiamo,
Loki?» Thor gli corse dietro dimenticando quasi
istantaneamente
le sue prese in giro, le sue occhiate di richiamo, le parole orribili
che gli aveva riservato dacché era tornato.
Loki, suo
fratello, gli aveva chiesto di andare con lui e Thor era eccitato e
incredulo.
«Avanti,
sali.»
Loki
montò sul cavallo e gli allungò il braccio.
Thor lo
afferrò
esitante. Non lo aveva mai toccato, non gli aveva mai neanche sfiorato
una mano e adesso lo stava tirando sul suo cavallo, gli stringeva un
braccio attorno e lo teneva stretto contro il suo petto mentre
cavalcavano insieme.
Il vento
asciugò ogni lacrima e Thor sorrideva con le guance che
facevano male.
Dovunque
fossero diretti, ovunque Loki lo avesse condotto, il piccolo principe
non poteva essere più felice.
*
Attraversando
i boschi di
Yord, Loki valutò l'idea di legarlo a uno di quei grossi
tronchi e lasciarlo a urlare per tutto il giorno, fino a quando gli
animali, infastiditi dalle sue lagne, non fossero giunti per farlo
tacere una volta per tutte.
E invece
continuò a
cavalcare tenendo quel corpicino a sé, mentre sentiva i suoi
capelli biondi solleticargli il mento.
Udiva le
sue risa ogni volta che saltava un ostacolo o prendeva una ripida
scoscesa sul fianco della collina.
Quando
sarebbero giunti, era certo, avrebbe avuto ben poco di cui ridere.
Scorse da
lontano i bagliori
del sole che si riflettevano sulla pellicola d'acqua e
piegò le labbra soddisfatto facendo impennare il cavallo una
volta arrivati a destinazione.
Non si
chiese perché lo stesse facendo.
Uno svago,
un modo come un altro per divorare la noia.
Se c'era
qualche altro
motivo, magari che andasse un po' più a fondo nei suoi
intenti, Loki non perse tempo a cercarlo.
«Ma
dove siamo?»
Già
dalla sua voce trapelava una certa preoccupazione e Loki si
umettò le labbra pronto a divertirsi.
«È
una
fonte» rispose facendolo scendere e smontando dalla bestia a
sua
volta. «Un tempo qui venivano celebrati antichi rituali per
chiedere alle ondine di risparmiare i pescatori che sarebbero salpati
per il mare il dì seguente» spiegò
legando il
cavallo a un ramo.
Thor
guardava a bocca aperta
la piccola cascata che si gettava rumorosa nel bacino costeggiato da
rocce, increspando l'acqua e creando una densa schiuma bianca.
Tutt'intorno vi era una ricca vegetazione rinvigorita dalla
primavera da poco giunta, con alti alberi che a tratti si incontravano
gli uni con gli altri formando cupole di fronde da cui filtravano sole
e ombre.
Loki lo
affiancò.
«L'acqua
ha una
temperatura così bassa che neppure l'estate la scalda, e
ciò è dovuto al fiume che si versa in essa senza
tregue
dall'alba dei tempi.» Indicò quindi il corso
d'acqua che creava la cascata e vide Thor seguire ogni suo gesto
e parola. «Il fondo, poi, è cosparso di rocce e
sassi e
piccole grotte in cui, si dice, i serpenti di mare trovino
rifugio.»
«Serpenti
di mare?» chiese ancora il bambino guardandolo in viso.
Loki
annuì assottigliando lo sguardo.
«Jörmundgander,
il
loro re, nuota in queste acque, silenzioso e letale. Solo gli sciocchi
osano immergersi e sempre trovano la morte»
mormorò con
tono tetro, al che Thor fece un passo indietro.
«Andiamo
via, Loki. Non mi piace questo posto!»
Non furono
le sue prevedibili
parole a sorprenderlo quando la presa di quella piccola mano sulla sua,
nel tentativo di tirarlo dietro con lui. «Per favore,
fratello.»
Le dita
calde e umide tenevano
strette le sue e sembravano intente a non allentare la morsa per nessun
motivo. Loki avrebbe voluto spingerlo via perché quella
sensazione non gli piaceva, in qualche modo lo metteva a disagio.
Invece lo
tirò a sé e con l'altra mano afferrò
il bordo in basso della sua maglia sfilandogliela.
«Cosa
stai
facendo?» chiese Thor tentando di fermare la sua azione ma
senza
risultato. Un attimo dopo il suo piccolo petto era alla luce del sole e
i capelli confusi gli ricaddero sul viso infuriato.
«Ridammela!» ordinò allungando le
braccia per
afferrarla, ma Loki la gettò lontano e poi
afferrò il
bambino per la vita.
Thor si
dimenava e calciava
l'aria urlando mentre Loki si avvicinava al bordo di roccia
togliendogli anche le scarpe con gesti decisi.
«No,
fratello! Ti
prego!» lo supplicò Thor comprendendo finalmente
il
perché lo avesse condotto lì. Ma ormai era tardi
per
impedire a Loki di completare il suo piano.
«Se
vuoi sopravvivere
dovrai nuotare e farlo prima che Jörmundgander si accorga
della
tua presenza» gli intimò privo di colore.
«Buona
fortuna.»
«No,
Loki!» gridò ancora il bambino mentre Loki lo
gettava in acqua senza troppi scrupoli.
L'urlo che
lanciò
dovette svegliare tutti gli animali ancora in letargo e Loki sorrise
quando giunse nel bacino facendo alzare un alto muro d'acqua.
Thor
riemerse dopo qualche secondo muovendo le braccia in modo forsennato.
«Aiutami!
Per favore!» piagnucolò tornando a momenti sotto
l'acqua e riprendendo in altri fiato.
Loki scorse
la scala di roccia
che dava al livello in cui l'acqua si incontrava con la
superficie. La discese lentamente, senza dar troppo peso alle grida del
bambino. «Mi mangerà, Loki! Aiutami!»
«La
riva è
qui» disse quando arrivò a farsi bagnare i piedi
dalle
piccole onde. «Nuota fin qui.»
«Non
so nuotare»
balbettava Thor ingoiando l'acqua che lui stesso si stava
gettando in bocca nei suoi movimenti scoordinati.
«Loki!»
«Mi
sembra di scorgere
la coda di Jörmundgander...» mentì
indicando un punto
alle spalle del bambino. «Fossi in te mi sbrigherei,
Thor.»
Thor
urlò disperato e
tentò di muovere le braccia e i piedi ma non si spostava
dalla
sua posizione e tornava spesso al di sotto dell'acqua.
Loki lo
guardò
immergersi e riemergere a intervalli irregolari con la paura dipinta
sul viso bagnato. Paura di un serpente che non c'era realmente,
paura di morire... paura di essere stato tradito.
Sentimenti
che non avevano età, forti e devastanti anche negli occhi
innocenti di un bambino.
«Nuota,
Thor. Devi
nuotare. È l'unico modo di sopravvivere» gli
intimò poggiando le mani sui fianchi.
«Vieni
a salvarmi!» lo supplicò l'altro.
Loki
sbuffò e prese in
seria considerazione l'idea di lasciarlo affogare ma poi... a
Frigga non avrebbe fatto piacere.
«Se
vengo da te,
Jörmundgander mi mangerà perché le mie
gambe sono
più lunghe. Vuoi che muoia, Thor? È questo
l'affetto che provi verso tuo fratello?» chiese scenico.
Thor non
rispose, non poteva
con tutta l'acqua che stava bevendo, ma i suoi movimenti
sembrarono trovare più armonia e il bambino pareva restare a
galla più di quanto scivolava in fondo all'acqua.
Poi lo
fece, lentamente e in
maniera impacciata, ma mise in fila una bracciata dopo l'altra
mentre si avvicinava alla costa.
Loki
sentì un insolito moto di soddisfazione mentre vedeva il
piccolo nuotare.
Lo aveva
fatto per amor suo, per quell'affetto mal riposto che lui non riusciva
a ricambiare.
Thor aveva
combattuto e vinto tutte quelle paure per lui.
Sciocco,
pensò Loki... eppure sorrise.
Mancava
ormai una decina di piedi alla riva quando Thor sprofondò.
Loki
aggrottò la fronte e lo invitò a sbrigarsi, ma il
piccolo principe non rispose, soprattutto, non riemerse.
Un dubbio
lo colse e lo vinse.
«Accidenti!»
brontolò sfilandosi a sua volta la lunga casacca e
scalciando
via gli stivali prima di gettarsi in acqua.
Lo
trovò nell'immediato: aveva perso i sensi.
Nuotò
veloce fino a raggiungerlo e poi lo afferrò saldamente e lo
trasportò a riva.
Una volta
riemersi lo adagiò sulla roccia e gli
schiaffeggiò la guancia fredda.
«Svegliati!
Svegliati, stupido!» ringhiò scuotendolo e
colpendolo al petto con mano ferma.
Non ebbe
neanche il tempo di
valutare se far ricorso o meno a un incantesimo che Thor
iniziò
a tossire e a sputare l'acqua.
Un peso
sembrò sciogliersi inspiegabilmente dentro di lui.
Loki lo
piegò su un fianco e gli scostò i capelli bagnati
dalla fronte.
«Idiota,
volevi forse morire?» lo rimproverò con una
collera forse eccessiva.
Sì, collera,
si disse. Nella sua mente, però, un'eco lontana
sospirava un'altra parola: paura.
*
Thor
aprì gli occhi al sole. Il petto gli faceva male, sentiva le
orecchie fischiare e gambe e braccia tremare.
Non era
più in acqua, era sulla terra ferma e qualcuno gli stava
accarezzando la fronte.
Si
voltò e vide Loki.
I suoi
occhi verdi sembravano
ancora più grandi fra le ciglia bagnate, i capelli,
sempre
in ordine, gli ricadevano adesso come fili di notte sulla pelle del
viso più pallida del solito.
«Volevi
forse morire?»
Udì
anche la sua voce attraverso i sibili che lo circondavano.
«Loki...»
ansimò debole. «Ho nuotato?» chiese e si
poggiò alla roccia tenendo lo sguardo socchiuso.
Era stanco,
tanto stanco.
Non
udì nessuna risposta, tutto divenne silenzioso e lontano.
Il freddo
sulla sua pelle fu sostituito dal caldo di due braccia e poi dal manto
morbido di un cavallo.
Avvolto in
una casacca troppo
grande, Thor dormì nel ritorno a palazzo, con un sorriso
sulle
labbra, poggiato contro il petto di suo fratello.
***
----------------
NdA.
Grazie a chiunque stia seguendo questa piccola storia ^^
Al prossimo aggiornamento ~
Kiss kiss Chiara
P.S. Non imitate Loki: lui è un pessimo esempio di
babysitter ;P
|
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Capitolo 4 *** Il segreto dell'ancella ***
cap4
“Mio amato fratello”
Capitolo 4
[Il segreto dell'ancella]
«Forse non dovrei
essere qui.»
«Io
sono il principe e
faccio quello che voglio» bisbigliò Loki contro il
suo
orecchio e la trascinò per la mano fino alle sue camere.
«E
se qualcuno lo
scopre?» chiese ancora la giovane e Loki le rubò
un altro
bacio, come aveva fatto per tutta la sera.
«Nessuno
saprà mai nulla, Sigyn. Fidati di me.»
Le cinse
poi la vita con un braccio e la condusse verso il letto, dopo aver
chiuso la porta.
Sigyn era
una delle ancelle di
sua madre. Era bella, dolce e amava ridere. Loki aveva trovato in lei
anche una degna compagna di conversazione, perché la giovane
era
istruita e colta e possedeva anche una vena di ironia che lo divertiva.
Era stato
piacevole ritrovarla
dopo averla lasciata ragazzina alla sua partenza. Adesso aveva morbide
forme su cui gli piaceva scivolare ogni notte.
Si vedevano
alla locanda
più vicina, oppure nel silenzio dei giardini quando nessun
occhio spiava. Mai Loki l'aveva condotta nelle sue stanze
perché
Odino non avrebbe approvato. Ma durante la cena l'aveva vista con i
capelli raccolti servire della frutta a sua madre. Loki adorava la
linea del suo collo e il modo in cui i capelli stretti nel nastro
fluivano al centro della sua pallida schiena come un ruscello di bionde
chiome.
La
baciò e la strinse
ancora mentre ricadevano sul letto ma, nonostante la passione che lo
trascinava, il principe scorse facilmente la sagoma che occupava una
parte del
suo giaciglio.
«Cosa
succede?»
chiese Sigyn anch'ella accortasi della terza presenza. Loki si
tirò in piedi e trattenne fra i denti una frase poco adatta
alle
orecchie di una fanciulla, mentre guardava Thor dormire abbracciato a
uno dei suoi cuscini.
«Oh
cielo, ma è
il principe Thor!» appurò quindi la giovane
sollevando la
spallina dell'abito e avvolgendo pudicamente le braccia attorno al
corpo.
Loki
sospirò poggiando le mani sui fianchi e guardando Sigyn che
si metteva in ordine.
«Aspetta.
Lo caccio via e poi-»
«Non
sarei dovuta
neanche venire qui. Le tue stupide idee!» ribatté
la
ragazza. «Pensa se si sveglia?! Sarebbe un trauma per lui e
per
di più tuo padre lo scoprirebbe!»
Non
riuscì a fermarla ma le rubò la promessa di un
incontro la notte successiva.
Quando
Sigyn abbandonò
la stanza attraversando silenziosa i corridoi, Loki chiuse la porta e
guardò ancora il letto con aria furiosa.
Non ci
pensò molto su: tirò il cuscino da sotto la sua
testa e poi lo usò per colpirlo con forza sul viso.
Immediatamente
Thor si svegliò.
«Cosa
ci fai qui, moccioso paglierino?» gli chiese quando lo
guardò con occhi assonnati.
«Loki,
io... ho avuto un incubo» spiegò il bambino
tornando a poggiare la testa sul materasso.
Loki lo
colpì una seconda volta.
«E
cosa vuoi che mi importi?! Coraggio, fuori dalla mia stanza
all'istante!»
Quell'ordine
fece sospirare Thor che si mise a sedere guardando le lenzuola.
«Non
voglio stare
solo» confessò senza alzare gli occhi.
«Ho paura
che i giganti di ghiaccio vengano a mangiarmi.»
Dannato il
giorno che gli aveva raccontato quella stupidaggine e dannato il giorno
in cui non lo aveva lasciato affogare!
Quando
erano tornati al
palazzo, Loki lo aveva condotto nella camera della guarigione e lo
aveva lasciato alle curatrici dicendo di avvisare la regina
che
suo figlio era caduto in acqua.
Non si era
poi preoccupato di
altro almeno finché sua madre non era venuta a cercarlo come
una
furia rimproverandogli il suo comportamento irresponsabile.
Thor le
aveva narrato
ciò che era accaduto e, sebbene il suo racconto vertesse
sull'aver finalmente imparato a nuotare, quello che colpì
negativamente la regina fu ovviamente l'udire la maniera del tutto
folle con cui Loki aveva deciso di insegnarglielo.
Loki non
aveva mai visto sua
madre così prima di quel giorno e si disse che non avrebbe
più voluto vederla rivolgergli un tale livore.
Decise
quindi di tenere Thor
ancora più a distanza ma purtroppo per lui quell'unico
gesto in
cui aveva mostrato una parvenza di interesse per il bambino, seppure
privo di reale affetto, aveva spinto Thor a tornare al suo
comportamento da tormento, e in verità esso si era anche
acuito.
Adesso lo
cercava dappertutto,
gli chiedeva di riportarlo alla fonte e nuotare stavolta con lui. Gli
chiedeva di Jörmundgander, delle ondine e di tante altre mille
sciocche cose.
E stavolta
le parole e gli
sguardi non parevano avere effetti sulla sua insistenza e Thor
mostrava, giorno dopo giorno, una capacità di perseveranza
davvero straordinaria.
Ma adesso
l'aver addirittura violato le sue stanze private era qualcosa che Loki
non avrebbe lasciato impunito.
«I
giganti di ghiaccio
sono su Jotunheim, non qui, e nessuno verrà a mangiarti! Ora
torna nella tua camera e non rimettere mai più piede qui
dentro!» ordinò furente ma Thor non dava cenno di
volersi
spostare da quel letto.
«Dai,
fratello, posso
dormire con te?» lo supplicò con i suoi occhi
azzurri
adesso più blu della notte che tingeva il cielo sopra Asgard.
La risposta
arrivò fulminea: «No!»
«Solo
questa volta!» pregò ancora il bambino ma Loki era
più che mai deciso a non cambiare idea.
«Thor,
te lo dirò
una volta soltanto: o esci adesso, sulle tue gambe, oppure ti riporto
io in camera tua ma trascinandoti per le orecchie.»
La minaccia
fratturò un
po' la sua determinazione ma come aveva purtroppo imparato bene,
per abbatterla ci voleva ben altro.
Thor gli si
gettò addosso stringendosi al suo petto.
«Ti
prego, ti prego, ti prego...»
Loki
tentò inutilmente
di allontanarlo ma quel moccioso dimostrava un'insospettata forza
mentre gli teneva la maglia con entrambe le mani.
«Smettila
di fare il bambino ed esci da qui!»
«Ma
io sono un
bambino!» ribatté Thor con straordinaria
autoconsapevolezza. Poi lo guardò alzando il capo e lo
lasciò libero dal suo abbraccio. «Io sono un
bambino
piccolo, Loki, e tu sei mio fratello e dovresti difendermi e
proteggermi e soprattutto farmi dormire con te!» pretese con
le
guance rosse per la foga delle parole.
Ma Loki lo
osservò tediato.
«A
parte il non vedere il
nesso fra il proteggerti e il farti dormire nel mio letto, mi chiedo
quanto ti sia difficile comprendere che mai e poi mai io
sarò
quel fratello che ti ostini a vedere» disse poi e gli occhi
di
Thor si fecero tristi. «Tu non mi piaci. Chiaro? Non ti
sopporto
né tanto meno ho intenzione di sprecare con te un solo
istante del mio
tempo» dichiarò ancora incrociando le braccia e
aspettandosi che il piccolo fuggisse via in lacrime, urlandogli quanto
fosse cattivo e perfido. Non sarebbe stata la prima volta.
Ma Thor
strinse i pugni e corrugò la fronte fissandolo intensamente.
«Beh,
tu mi piaci e io
non mi muovo da qui!» affermò allungandosi sul
letto e
stringendosi saldamente alle lenzuola.
Era tenace,
gliene doveva dare atto.
«Piantala
adesso, non ho la pazienza per subire i tuoi patetici
capricci!»
«Io
resto qui!»
Loki
provò a tirarlo via ma si beccò solo un paio di
calci all'addome che aumentarono la sua irritazione.
Si
passò una mano sul
viso trattenendo la voglia di stringerla attorno al suo collo e tenerla
lì finché non fosse diventato un problema in meno.
Non lo
voleva quel marmocchio
fra i piedi. Non lo aveva chiesto e, più semplicemente, non
sarebbe dovuto per nulla essere lì.
«Lo
sai...»
mormorò poi con voce bassa, appena udibile, e Thor si sporse
per
guardarlo. «Tu hai paura dei giganti di ghiaccio ma sono io
che
dovrei farti davvero paura» disse mentre i suoi occhi
bruciavano
di cupe emozioni. «Potrei farti male, molto male, Thor,
potrei
farti soffrire in modi che neanche immagini se solo volessi e, se mi
metterai alla prova, se sfiderai ancora la mia pazienza, giuro che
nostra madre non sarà un motivo sufficiente a fermare la mia
ira.»
Loki
centellinò le
parole come gocce di veleno che cadono una a una nel bicchiere,
lentamente, scivolando sulle pareti d'oro fino a riunirsi alle altre
sul fondo.
Dal viso di
Thor sfumò
ogni testardaggine, ogni voglia di ribellione e sorse un'altra
emozione, silenziosa, che però urlava nelle orecchie di Loki.
«Perché
mi odi
tanto?» chiese mettendosi a sedere. «Cosa ti ho
fatto di
male? Io... io sono tuo fratello... non dovresti volermi
bene?»
Loki lo
guardò a lungo.
«Dovrei»
rispose. «Ma non voglio.»
Bastò.
Thor
abbassò lo sguardo e scese dal letto.
«Buonanotte,
Loki» disse debolmente raggiungendo la porta senza
più voltarsi.
Loki
sentì il suo chiudersi mentre si gettava sul letto e
guardava il soffitto.
Quella
notte gli fu difficile prender sonno.
*
*
*
Odino
decise che all'inizio
del successivo anno avrebbe organizzato una delegazione diplomatica su
Jotunheim per parlare con Laufey e verificare se gli accordi della loro
tregua avessero ancora motivo di esistere.
Tyr non era
stato d'accordo,
ma aveva alla fine dovuto cedere e accettare la decisione del re.
Ísarr invece parve più che soddisfatto di tale
svolta,
anche perché gli fu concessa la possibilità di
accompagnare Odino nel Regno dei Giganti.
«All'aprirsi
del nuovo
anno andremo su Jotunheim» sentenziò ufficialmente
il
sovrano. «Tyr, guiderai la mia scorta personale e tuo figlio
Theorico sarà al comando della Decima Divisione che
seguirà la delegazione.»
Tyr
abbassò il capo in
segno di gratitudine e poi gettò un'occhiata significativa a
Ísarr che non sfuggi agli occhi del principe.
«La
tua parola è
legge, mio re.» Anche Ísarr si inchinò
quando Odino
lasciò la sala con Loki a seguito.
Aveva
ascoltato tutto in
silenzio comprendendo che non era tempo per porgere consigli o
suggerimenti, e sebbene trovasse l'iniziativa di Odino di incontrare il
re Jotun non delle migliori, Loki tenne per sé quella
riflessione.
«Sai,
padre, mi sarebbe piaciuto accompagnarti durante il viaggio»
disse mentre camminava al suo fianco.
«Non
avere fretta di
mostrare le tue capacità, Loki» rispose il padre.
«Giungerà il tempo in cui ti verrà
chiesto di
mettere alla prova ciò che hai appreso e io potrò
assicurarmi che in questi anni di formazione tu non abbia passato il
tempo solo a sollazzarti con le ancelle di Freyja.» Odino
rise e
gli schiaffeggiò affettuosamente una spalla.
Loki
sorrise di riflesso e annuì.
«Hai
ragione, padre.»
*
Quella sera
a cena Loki
notò un altro grosso livido attorno all'occhio sinistro di
Thor.
Non era la prima volta che mostrava tagli o abrasioni; era un
bambino vivace e spesso litigava con i suoi compagni anche in maniera
aggressiva. La sua indole selvaggia impensieriva sua madre Frigga e
spesso Loki l'aveva sentita esprimere preoccupazione per come avrebbe
potuto un giorno indirizzare tale impeto.
«Volstagg
ti è
caduto sulla faccia?» gli chiese divertito e Thor gli rispose
con
uno sguardo truce. «Oh, forse è stata
Sif? Quella
lì ha la mano pesante.»
«Loki,
per favore.» Frigga intervenne come di consueto e ormai Loki
ne sorrideva.
Mangiò
con piacere
soprattutto pensando al dopo cena che lo avrebbe atteso. Aveva dato
appuntamento a Sigyn all'ombra di una quercia e aveva da poco
perfezionato un incantesimo di occultamento che aveva voglia di testare.
«Papà,
Fandral
dice che fra poco inizierà l'Accademia.» La voce
di Thor
salì vivace e Odino lo guardò masticando
lentamente.
«Quando potrò andare anche io in Accademia,
papà?» chiese ancora.
Loki
studiò
l'espressione di suo padre e anche quella di sua madre: Frigga teneva
lo sguardo sul piatto come se non volesse incontrare quello del marito.
«Sei
ancora troppo piccolo, Thor» rispose lapidario Odino.
«Ma
Fandral ha la mia
stessa età. E anche Volstagg ci andrà! Perfino
Sif, e lei
è una femmina!» ribatté il bambino
imbronciandosi.
«Ho
detto di no. Adesso
non insistere.» Odino pareva irremovibile e Loki non
comprendeva
la sua decisione. Lui aveva l'età di Thor quando suo padre
lo volle
iniziare all'Accademia di Asgard. Poi Loki scelse la via
dell'intelletto a quella della forza bruta, ma questo ero un diverso
discorso.
Thor
mostrava tutte le
caratteristiche di un futuro guerriero, sebbene fosse talvolta
eccessivamente lagnoso, ma sia la sua struttura fisica, sia la sua
indole erano chiari segni di quello che un giorno sarebbe stato il suo
destino. Come secondogenito poteva divenire un generale come Tyr e
magari ereditarne le mansioni.
Il trono e
il regno erano invece i suoi. Loki era il primogenito nonché
il più adatto a guidare Asgard.
E questo
nessuno avrebbe mai potuto cambiarlo.
«Perché
non posso
andare, papà?» chiese ancora Thor stringendo la
forchetta
nel pugno. «Sono forte e coraggioso!»
Loki
sollevò un
sopracciglio nel rimembrare la notte che gli aveva chiesto di dormire
con lui perché aveva paura di una storiella inventata.
«Thor,
adesso
smettila.» Odino era sul punto di perdere la pazienza, Loki
conosceva bene quel tono, ma Thor era un bambino e forse non aveva
avuto ancora occasione di testare la sua ira.
«Ma
papà, io-»
Quando
Odino schiantò la mano sul tavolo l'intera stanza
tremò.
I paggi e
le ancelle uscirono silenti, comprendendo che il re in quel momento non
avrebbe accettato neanche i loro sguardi.
«Se
dico di no vuol dire no. Capito, moccioso?»
«Odino!»
Frigga si
alzò dal fondo del tavolo e guardò il marito con
occhio
di richiamo mentre Thor trattenne a stento il pianto. «Non
credo
che ci sia bisogno di tale furia» disse ancora la regina.
«Tuo
figlio non sa accettare una decisione di suo padre. Non merita nessun
trattamento diverso.»
Loki
scrutò il viso di Thor: teneva gli occhi sul piatto ma il
suo corpo era scosso da piccoli tremori.
«Ti
ha solo fatto una
domanda, una domanda legittima.» Dalla voce di Frigga si
capiva
che non concordava con la scelta di Odino di ritardare l'Accademia ma
il motivo sembrava ancora oscuro.
«E
ha avuto la sua
risposta» affermò Odino bevendo un sorso generoso
di vino
e sbattendo il calice sul tavolo.
Frigga
inghiottì ogni replica e tornò a sedersi.
La cena
seguì nel più assoluto dei silenzi.
*
Sigyn si
rivestì mentre Loki, ancora steso sull'erba, la guardava
alla luce delle stelle.
«Cosa
c'è?» chiese lei con un sorriso, riallacciando le
stringhe del suo corsetto.
Loki
allungò le dita e le sfiorò la schiena.
«Pensavo»
sospirò.
«Oh,
e quale profondo
pensiero attraversava la mente del nostro principe?»
ridacchiò ancora Sigyn e Loki sorrise.
«Mi
sposeresti?» chiese senza rifletterci troppo.
La ragazza
fermò ogni
gesto e scrutò i suoi occhi. Nello sguardo di Sigyn c'era
uno
strano riflesso, più un'ombra, come una pennellata di un
sentimento buio che Loki aveva timore di definire.
Ma poi
tornò a sorridere mentre si alzava in piedi.
«No»
rispose e lui aggrottò la fronte curioso.
«Il
motivo?»
«Ce
ne sono diversi:
primo, perché tu sei il principe e io la serva di tua madre;
secondo, perché Odino preferirebbe vedermi morta piuttosto
che
al fianco di suo figlio, e se permetti ci tengo alla vita, e
terzo...» Sigyn inclinò il capo e gli
dedicò un
altro sorriso. «Sei un saccente arrogante che pensa di avere
sempre ragione e non penso che riuscirei a sopportare un marito
petulante come te.»
Loki si
mise a sedere e rise.
«Beh,
anche tu sei
piuttosto insopportabile, Sigyn» disse e la ragazza si
chinò per posargli un bacio sulle labbra.
«Lo
so, per questo è divertente.»
Loki la
vide andare via e
sospirò con un sorriso, poi tornò a stendersi e
lasciò che il fresco della sera accarezzasse il suo petto
nudo.
Chiuse gli
occhi e
ascoltò i rumori della notte che suonavano una melodia
diversa
dal giorno, più affascinante, più melanconica,
quasi
dessero voce a quell'ombra che aveva macchiato lo sguardo di Sigyn.
Sentì
il sonno
coglierlo ma sapeva che se si fosse addormentato non avrebbe
più
potuto sostenere l'incantesimo, e l'indomani qualche servo lo avrebbe
rinvenuto mezzo nudo sul prato.
Non era
qualcosa di accettabile.
Raccolse la
maglia e la
indossò prima di far svanire la barriera che lo celava. Si
incamminò poi verso il palazzo e verso le sue stanze.
Non si
udiva nulla che non fossero i suoi passi.
Avrebbe
dovuto anche fare un bagno ma molto semplicemente quello lo avrebbe
rimandato al mattino.
Entrò
nella sua camera e come in un tremendo déjà vu,
scoprì Thor addormentato sul suo letto.
Aveva gli
occhi gonfi e si teneva una mano vicino alla bocca. Sul viso la patina
umida lasciata dalle lacrime.
«Svegliati,
testa di paglia» ordinò scuotendolo per la spalla.
Lo fece un
paio di volte prima che Thor aprisse gli occhi.
Sbatté
le palpebre e lo guardò privo di sorpresa.
«Sei
tornato» appurò con voce impastata.
«Avanti,
fuori di qui.
Andiamo.» Ma Thor non gli diede ascolto e tornò a
dormire
come non avesse detto nulla. «Non costringermi a-»
«Anche
papà vorrebbe che non fossi nato.»
Quelle
deboli parole ebbero la forza di fermare le sue.
Loki
osservò il viso di Thor e i suoi occhi tornare a guardarlo.
Doveva
essere stata la prima
volta che Odino lo aveva richiamato con tale rigore e Thor, sempre
troppo sensibile e piagnone, ne aveva fatto un dramma.
«Non
dire
stupidaggini» mormorò quindi sedendosi sul
letto.
«E comunque sei una bella rogna, ragazzino. Devi
ammetterlo.»
Thor
lasciò andare un lungo sospiro. «Perché
papà si è arrabbiato tanto?» chiese.
«Avrà
avuto le
sue ragioni» gli rispose Loki tagliando corto. «Ora
torna
in camera tua e vai a dormire.»
Thor
sospirò ancora. «Senti, fratellone... posso stare
qui stanotte?»
Non
trattenne un ghigno.
«Ovviamente
no»
ribatté poggiandosi contro la testiera del letto e
attendendo
che Thor, come la precedente volta, andasse via senza ribattere.
Era stanco
e aveva anche qualche pensiero da voler sciogliere.
Suo padre
aveva avuto uno
strano comportamento a cena, e tutta quella questione dell'Accademia
sembrava nascondere dell'altro. Sapeva che non avrebbe potuto tenere a
lungo quel tarlo di ignoranza e-
«L'ho
vista» disse poi Thor d'improvviso, spezzando il corso delle
sue riflessioni.
«Chi?»
chiese lui sbadigliando, per nulla interessato al discorso.
«Sigyn,
l'ancella della mamma... quella sera, l'ho vista qui... Diceva che
papà non lo deve sapere.»
Loki non
credeva che quel
mocciosetto arrivasse a tanto, ma quando Thor alzò il capo
dal
materasso e lo guardò con un sorriso impertinente si
dovette
ricredere. «Se mi lasci dormire con te non lo dirò
a
nessuno.»
Questa era
bella!
«E
pensi che io ceda a
un tale stupido patetico ricatto?!» mormorò
irritato e
allo stesso tempo divertito dalla sua audacia. Non lo avrebbe mai
ritenuto così scaltro.
Thor
sollevò le spalle
e si poggiò con la testa sulle sue gambe con una naturalezza
tale da lasciarlo interdetto. Poi bisbigliò:
«Buona notte,
fratello.»
Loki
schiuse le labbra con un
severo richiamo fermo sulla lingua e allungò la mano per
afferrargli i capelli e buttarlo giù dal letto, ma il
richiamo
non trovò voce e finì con l'essere inghiottito, e
le dita
invece di stringere con forza si poggiarono delicatamente
sui capelli biondi.
Quel
ragazzino era... era...
Sorprendente?
Sospirò
arrendevole.
No, era
solo una vera rottura.
«Potrei
strozzarti nel
sonno, sappilo» affermò comunque, prendendo fra
l'indice e
il pollice una ciocca morbida e tirandola appena. «Io non
dormirei troppo tranquillo» continuò minaccioso.
Ma Thor
lasciò andare una piccola risata e si strinse più
forte alle sue gambe.
«E
poi la mamma manderebbe te su Jotunheim.»
Loki
sorrise divertito, grato che Thor non potesse vederlo.
*
La mattina
seguente si
svegliò con Thor che dormiva poggiato contro il suo petto,
con
un rivolo di saliva a scivolare giù dalle labbra schiuse.
Prevedibile.
Ciò
che invece non si
aspettava, fu scoprire di aver tenuto il braccio stretto attorno al suo
piccolo corpo per tutta la notte.
***
----------------
NdA.
Perdonate qualche errore. Non sono molto in forma questi giorni e ho
riletto il capitolo con meno attenzione del solito ^^'
Gli ridarò comunque un'occhiata in settimana.
Noi ci leggiamo al prossimo appuntamento sperando avrete voglia di
attenderlo.
Grazie a tutti <3
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 5 *** Il principe ferito ***
cap5
“Mio amato fratello”
Capitolo 5
[Il principe ferito]
Trascorse
l'estate e poi l'autunno e giunse un nuovo inverno, il secondo che Loki
aveva modo di vivere dopo il suo lungo soggiorno a Vanaheim.
Quell'anno
suo padre non ebbe
tempo né intenzione di organizzare una grande festa in onore
del
suo compleanno e anche Thor dovette accontentarsi di qualche
festeggiamento alla buona.
Odino era
immerso nella
preparazione minuziosa della delegazione con cui avrebbe incontrato
Laufey e il popolo Jotun; nulla poteva essere lasciato al caso. Aveva
per questo scelto un intero anno per valutare ogni singolo dettaglio e
per evitare di compiere decisioni poco ponderate.
A Laufey
tale incontro venne
annunciato solo al termine dell'autunno e il re attendeva la sua
risposta che si aspettava sarebbe stata positiva. Rifiutare una
delegazione diplomatica non era un'azione saggia, lo sapeva lui e lo
sapeva bene anche Laufey.
Alle
riunioni del consiglio,
Loki scorgeva gli occhi di suo padre sempre più pensierosi
e,
ogni qualvolta un cavaliere giungeva con missive ufficiali, leggeva la
sua delusione quando esse non contenevano ancora la replica del Signore
di
Jotunheim.
«Sta
solo riflettendo,
padre» diceva Loki. «Tu hai avuto un intero anno,
lui solo
poche lune. Concedigli tempo.»
Odino
ascoltava le parole di suo figlio e annuiva.
Quel giorno
il consiglio si
era sciolto in fretta dacché non c'era molto di cui
discutere.
La politica era ormai solo un replicarsi di nomi e situazioni e il re,
seppur sempre pronto a preoccuparsi del suo regno, sembrava anche
stanco.
Loki lo
accompagnò in
una passeggiata nei giardini durante la quale Odino gli
narrò ancora
di
guerre passate e difficili conquiste, affinché imparasse che
ogni vittoria porta con sé grandi sacrifici e ognuno di quei
sacrifici deve essere sempre soppesato.
“Scelte di testa e poi di spada.
Un buon re ripudia la guerra ma è pronto a combatterla in
caso necessario.”
Loki faceva
tesoro di ogni parola che un dì lo avrebbe aiutato in quel
duro compito che era regnare.
Mentre
passeggiavano alla luce
del meriggio, intravide anche sua madre e Sigyn che le faceva
compagnia. Sorrise in sua direzione e sua madre ricambiò
il
sorriso. Quando la regina scostò poi lo sguardo Loki
dedicò un'occhiata di diversa natura all'ancella.
«Mio
re!»
Con
passo lesto giunse una guardia reale che sembrava portare con
sé
la più importante delle notizie.
«Parla»
lo invitò Odino quando gli fu di fronte. «Ci sono
nuove da Jotunheim?»
L'uomo in
armatura scosse il capo procurando l'ennesima delusione nel sovrano.
«Si
tratta del principe Thor, mio re» disse.
«Cos'ha
combinato
adesso? È di nuovo sceso nella Sala delle
Reliquie?» Il
tono di Odino celava una certa rassegnazione che Loki in parte
condivideva, ma lo sguardo della guardia parlava di altro.
«Mio
re, il principe è entrato in armeria e si è
ferito, forse giocando con le spade, io-»
«Chi
c'era a sorveglianza?» lo interrogò Odino
afferrandolo per lo scollo di metallo.
«Due
soldati, maestà, ma non lo hanno visto entrare.»
Odino lo
lanciò via e la guardia mantenne a stento l'equilibrio.
Loki
scoprì sua madre guardare verso di loro e comprendere cosa
stesse accadendo.
«Dov'è?»
chiese ancora il re.
«Lo
stanno conducendo nella camera della guarigione.»
Suo padre
prese il passo velocemente e Loki lo seguì con la guardia a
seguito.
Macinarono
veloci i corridoi e giunsero nella sala.
Thor era
steso sulla lettiga
con un profondo taglio all'addome che sembrava non voler smettere di
sanguinare. Si lamentava, con le lacrime agli occhi, mentre le
curatrici ponevano rimedio.
Quando Loki
giunse alle spalle del padre lo vide afferrare di peso la guardia e
sbatterla al muro.
«Portami
quei due buoni
a nulla immediatamente e di' loro che la punizione che li attende
sarà senza eguali! Corri!»
«Sì,
mio re.»
La guardia
corse via proprio quando Frigga entrò.
Un velo di
terrore le coprì il viso a quella vista mentre si affrettava
a raggiungere la lettiga dove giaceva Thor.
«Tesoro
mio!»
«Mamma»
piagnucolò il bambino alla sua vista mentre Frigga gli
accarezzava il viso. «Mi dispiace...»
«Fa'
silenzio, bambino
mio. Andrà tutto bene» lo rassicurò
Frigga con una
maschera di tragico sorriso.
Odino
invece lasciò la sala ordinando alle curatrici di fare il
loro dovere, pena la vita.
Loki non
invidiava proprio i due soldati che avrebbero ora subito la sua ira.
Nel
frattempo Frigga intonò un canto che aiutò Thor a
prender sonno in modo da non avvertire il dolore delle cure.
Loki
restò indietro,
alle spalle di sua madre, fra l'odore di sangue e disinfettante e il
suono di riti di guarigione, di aghi e forbici.
Era una
bella ferita profonda, di certo causata da una spada o magari dal
taglio di un'ascia.
Non aveva
leso organi vitali da quel che vedeva, quindi quella peste era stata
fortunata.
Si
voltò per raggiungere l'uscita e incrociò Sigyn
ferma accanto alla porta.
«Dove
stai andando?» chiese la ragazza con un bisbiglio.
«A
occuparmi di qualcosa che abbia valore» rispose lui. «Qui perdo il mio
tempo.»
Fece un
solo passo ma la fanciulla lo fermò per il braccio.
«È
tuo fratello e
sta male... È qui il tuo posto.»
Nei suoi occhi
un'accusa
chiara che Loki preferì ignorare. Tirò via il
braccio e
la guardò duramente.
«Non
osare più dirmi quello che dovrei fare, serva»
sibilò, e poi uscì seguito dal suo sguardo.
*
A cena
erano solo lui e suo
padre. Frigga era rimasta accanto a Thor che avrebbe necessitato di
qualche giorno di riposo prima di poter tornare a rimettere anche solo
i piedi a terra.
Per Loki
era una fortuna, almeno avrebbe respirato un po' di
tranquillità.
«Quali
provvedimenti hai preso contro le due guardie, padre?» chiese
prendendo parola.
«Sono
finite nelle
segrete e lì resteranno insieme alla loro
negligenza»
rispose freddamente Odino prestando attenzione solo al vino e tenendo
nello sguardo una profonda riflessione che gli tacque.
Loki
mangiò silente osservando il posto vuoto di fronte a lui.
Alle volte
Thor dondolava i
piedi sotto il tavolo facendo risuonare i bottoni d'avorio; altre
masticava a bocca aperta e Frigga lo richiamava, e quando beveva faceva
dei rumori fastidiosissimi che era Odino a riprendere.
Era
insopportabile, non c'era che dire, però... adesso c'era
così tanto silenzio.
Ripensò
alle parole di Sigyn.
L'aveva
veduta di sfuggita ma lei gli aveva negato lo sguardo.
Si prendeva
un po' troppe
libertà per essere una serva, e Loki non le avrebbe mai dato
la
soddisfazione di rivolgerle per primo la parola.
«Posso
farti una domanda, padre?» domandò tamponando le
labbra con un tovagliolo.
Odino
annuì con il capo.
«Perché
non gli permetti di frequentare l'Accademia? Ormai ha la giusta
età.»
Sapeva era
un azzardo aprire
quel discorso ma la curiosità era diventata troppa e Loki
odiava
non conoscere le cose, anche quelle che avevano poco valore.
Freyja
nelle sue lezioni era
solita ripetere una frase di cui aveva fatto tesoro: la conoscenza
è come la pioggia, bagna ogni cosa senza preferenze, anche
la
pietra, da cui mai crescerà la vita.
Odino prese
un profondo respiro ma non mostrò fastidio, più
che altro stanchezza.
«Thor
è
avventato, istintivo, non rispetta le regole e il suo animo testardo lo
rende impossibile da domare» disse il re e Loki ritrovava
tutto
ciò che aveva sempre riscontrato in quel bambino.
«Ma
non è a questo che serve l'Accademia: a domare i puledri
selvaggi come lui?»
Suo padre
parve divertito dalla definizione che aveva dato di lui
perché sorrise.
«Non
tutti i cavalli si
domano alla stessa maniera, figlio mio. Tu per sbocciare hai avuto
bisogno di un percorso diverso dalla massa.»
Loki non
comprese il paragone ma tacque quel pensiero.
«E
quale sarà il
percorso di Thor? Ha l'anima di un guerriero, brama battaglie e armi
più dei giochi dei fanciulli.»
«E
guarda questa brama
dove lo ha condotto, e non ha neanche una dècade»
sospirò Odino carezzando il bordo del bicchiere.
«Tua
madre fraintende le mie intenzioni credendo che voglia impedirgli di
crescere, ma è il contrario: io voglio che lui maturi, che
sia
cosciente delle proprie azioni e delle ripercussioni che esse hanno su
di lui e sugli altri.»
Loki non
trattenne un sorriso. «È un bambino, l'incoscienza
credo faccia parte della sua età.»
Anche Odino
sorrise. «Tu eri già giudizioso, anche quando eri
più giovane di lui adesso.»
«Beh,
padre, io sono il primogenito, si sa che riescono meglio.»
Odino rise
e Loki fu felice di
veder per un attimo svanire dal suo viso le pieghe delle preoccupazioni
che Thor, e soprattutto la situazione di Jotunheim, continuavano a
disegnare.
Se solo fosse stato un po' più attento, però,
avrebbe
scorto la nota amara nella risata di suo padre; si sarebbe reso conto
che Odino, alla fine, non gli aveva risposto.
*
*
*
Thor
dormiva. La febbre alta
stava lentamente scendendo. Frigga gli terse la fronte con un panno di
cotone umido e poi lo passò sulle guance e sui polsi.
Udì
bussare alla porta e diede permesso di entrare: era Loki.
«Tesoro»
lo salutò con un sorriso stanco allungando il braccio per
invitarlo ad avvicinarsi al letto.
«Madre,
non hai neanche cenato.»
Frigga
scosse il capo e quando Loki le fu vicino gli prese la mano e la
baciò teneramente.
«Sto
bene, non crucciarti per me.»
Poi
tornò con gli occhi
sul viso arrossato di Thor. Respirava con pesanti sospiri che gli
sollevavano e abbassavano ritmicamente il piccolo costato. Frigga lo
accarezzò con l'altra mano e sospirò.
«Si
rimetterà» disse Loki e la regina annuì.
«Sì,
lo
farà. Lui è forte.» Ma il suo cuore non
poteva
ignorare la pena di vedere il proprio bambino in quelle condizioni.
Quel taglio profondo, il calore del sangue che bagnava pelle e vestiti,
le sue lacrime...
Frigga
percepiva ancora tutto
in maniera così intensa che avrebbe pianto anch'ella se solo
non
avesse avuto un altro figlio per cui tenere su il sorriso.
«Vai
a riposare, madre.
Sono due notti che lo vegli incessantemente.» La regina
sollevò gli occhi sul viso di Loki per cercare una qualche
accusa, un richiamo, un ricordarle che lei non c'era nelle notti in cui
lui era stato male, in cui la febbre lo aveva colto, o era stata solo
la nostalgia e il bisogno di casa di un bambino.
Ma Frigga
non vide nulla di tutto questo: c'era un sorriso gentile e una
richiesta sincera.
Loki le
porse ancora la mano.
«Resto
io con lui.»
Frigga no,
non avrebbe retto ancora per molto le lacrime. Afferrò
quella mano e si tirò in piedi.
«Grazie.»
E tanto
diceva quel grazie e
Loki lo capì perché le fece un cenno con il capo
mentre
Frigga usciva dalla stanza di Thor.
Si
affacciò un'ultima
volta per vederlo sedersi sulla sedia che l'aveva sostenuta durante la
sua veglia. Una madre giudiziosa non avrebbe lasciato un figlio
febbricitante solo, ma Thor non era solo, c'era suo fratello al suo
fianco e sarebbe sempre stato lì.
La regina
chiuse la
porta e lasciò andare una lacrima.
*
Loki
sfogliò una pagina ancora del libro che aveva trasportato
nelle sue mani con l’ausilio del seiðr. Era uno di quelli che aveva
letto più volte su
Vanaheim
perché lo aveva sempre trovato molto interessante.
Era il
racconto di una
battaglia combattuta molti secoli prima su un mondo lontano, in cui si
erano affrontati due importanti regni rappresentati
però
da due eserciti molto squilibrati: il primo era immenso in forza e
uomini, l'altro era formato da appena trecento soldati. Questi ultimi
erano però riusciti a tenere testa al nemico grazie alle
sottili
strategie militari del loro prode condottiero, finendo poi comunque per
essere sconfitti ma la loro gloriosa disfatta fu per sempre ricordata
come mai nessun trionfo.
Sollevò
lo sguardo quando udì un brontolio.
Thor era
sveglio.
Aveva gli
occhi così lucidi da sembrare irreali e le guance rosse come
mele.
«Loki?»
sospirò debole.
«Hai
la febbre alta e ti
hanno ricucito uno squarcio orrendo sull'addome, probabilmente ti
resterà la cicatrice» lo informò Loki
chiudendo il
libro e riponendolo sul comodino. «Ma tutto sommato non
è
nulla rispetto alla predica che dovrai ascoltare da nostro padre per la
tua stupida idea di intrufolarti nell'armeria.»
Thor
respirò ancora affaticato e si bagnò le labbra
secche.
«È
molto arrabbiato?» chiese con voce roca.
«Sarai
fortunato se non finirai a far compagnia alle due guardie nelle
segrete» gli rispose.
Il bambino
chiuse gli occhi e se li toccò con le dita.
«Mi
dispiace» mormorò facendo ricadere stancamente
la mano sul cuscino.
Loki
strizzò il panno immerso nella tinozza di acqua e glielo
passò sulla fronte.
«Non
devi dirlo a me» disse. «Lo sai che non mi interessa
niente di quello che
fai.»
Thor lo
osservò in silenzio mentre poggiava il panno ora caldo nel
tino di ceramica.
«Loki?»
Si sentì chiamare e sollevò un sopracciglio per
invitarlo a parlare ma Thor non disse nulla.
«Dormi,
almeno non mi
disturberai» borbottò riprendendo il libro e
scorrendo,
senza effettivamente leggerle, le righe di una pagina.
Con la coda
dell'occhio guardò Thor assopirsi nuovamente, stavolta
respirando in maniera più regolare.
All'alba la
febbre sarebbe di certo scesa.
*
«Ho
fatto un sogno, mamma.»
Frigga
guardò il suo bambino mangiare con gusto. Era un buon segno.
Quando la
mattina era tornata
nella sua camera, Loki le aveva detto che Thor si era svegliato e che
sembrava stare molto meglio. Era poi andato via proprio mentre suo
fratello si ridestava.
Al
mezzogiorno Thor riusciva già a stare seduto, anche se con
il sostegno di qualche cuscino, e aveva appetito.
Frigga
aveva fatto portare
della minestra di coniglio e della carne morbida che gli avrebbe dato
forza, e anche un po' di torta con la marmellata così che
potesse ritrovare il buonumore.
«Cosa
hai sognato, Thor?» gli chiese.
Thor fece
cadere la forchetta nel piatto per poter parlare.
«Ho
sognato che Loki mi
teneva compagnia e leggeva per me» le raccontò
sorridendo
per poi guardare in maniera più malinconica il piatto
poggiato
sulle sue ginocchia.
Frigga gli
accarezzò i capelli.
«Non
era un sogno,
Thor» disse. «Loki è stato con te tutta
la notte. Ti
ha tenuto compagnia e ti ha bagnato la fronte per far scendere la
febbre.»
Thor aveva
gli occhi di chi
ascoltava qualcosa di straordinario a cui era difficile credere, e
Frigga provò tanta tenerezza per suo figlio.
«Davvero?»
Annuì
e raccolse il libro dal comodino.
«Questo
è
suo.» Glielo mostrò e Thor volle vederlo,
così
Frigga spostò il piatto e glielo porse.
Thor lo
teneva fra le mani
come qualcosa di prezioso e inestimabile. Sfiorò la
copertina
con le dita e lo sfogliò velocemente.
«Loki
lo ha letto per
me!» asserì con un sorriso e Frigga gli
baciò la
fronte ora non più così calda.
«Cosa
ti ho sempre detto? Tuo fratello ti vuole bene più di
chiunque altro.»
Thor
strinse al petto il libro prima di lamentarsi per aver premuto
incoscientemente sulla sua ferita ancora fresca.
Lo tenne
sotto il cuscino
tutto il giorno e anche il giorno seguente e quello dopo ancora. Anche
se Loki non gli fece mai visita, Thor lo tenne sotto il cuscino e lo
sfogliava sorridente.
Frigga
fingeva di non vedere
con quanta cura lo riponeva e lo accarezzava, neanche la carta potesse
percepire tutto l'amore per suo fratello.
Neanche
Odino venne a porgere
visita a suo figlio ma era un giusto comportamento per mostrargli la
gravità delle sue azioni.
Frigga,
molto maternamente,
non voleva che Thor uscisse presto dalla sua stanza perché
in
quel caso avrebbe dovuto affrontare i richiami per nulla quieti di suo
padre. Ma per crescere e imparare aveva bisogno anche di questo.
Così,
il quinto giorno,
quando le curatrici gli cambiarono la fasciatura per scorgere ormai la
ferita chiusa e pronta a rimarginarsi, Frigga aiutò Thor a
vestirsi e pettinarsi.
Lo
aiutò a riporre il libro di Loki sotto il cuscino e lo
accompagnò da Odino.
Il re lo
accolse di spalle e così restò per molti minuti
prima di voltarsi.
Thor teneva
lo sguardo basso e le mani dietro alla schiena e aspettava le parole di
suo padre.
«Ciò
che hai fatto, Thor, è molto grave»
iniziò Odino con tono severo e Thor sussultò.
«Lo
so, pap-... padre» sospirò.
«Allora
saprai anche che
non può restare un'azione impunita la tua, come non lo
è
stata la disattenzione delle guardie che adesso sconteranno lunghi anni
nelle segrete per fare ammenda.»
Frigga vide
Thor deglutire e non dire nulla.
«Ho
quindi deciso che non ti sarà concesso entrare in
Accademia, né ora né mai.»
A quel
punto Frigga
guardò suo marito ritenendo quella punizione eccessiva e
irrazionale, ma lo sguardo che bruciò negli occhi di Thor fu
ancora più sconcertato.
«Papà,
mi dispiace! Davvero! Io...»
«Bisogna
ponderare le
proprie azioni, Thor, prima che esse abbiano ripercussioni»
ribatté Odino privo di tentennamenti. «Ho preso la
mia
decisione e nulla mi farà cambiare idea, neanche il tuo
pentimento. Perciò ti invito a riflettere su quanto
accaduto,
figlio mio, e a comportarti in futuro in maniera più
giudiziosa.»
Thor trattenne a stento le lacrime mentre
ascoltava
la sentenza di suo padre senza potersi opporre.
Odino si
avvicinò al bambino e gli accarezzò la testa.
«Adesso torna pure in camera tua» disse infine
prima di
abbandonare la sala.
*
Loki stava
passeggiando per il
borgo antico, diretto al mercante di pergamene per acquistare qualche
buon foglio con cui scrivere a Freyja. Non aveva più avuto
modo
di rivedere la sua insegnante e doveva ammettere che in qualche maniera
gli mancava, così decise di inviarle una missiva
strettamente
personale.
Discendeva
un viottolo di
pietra costeggiato da umili case quando vide di fronte a una locanda in
cui solitamente anche lui andava, Sigyn parlare con un uomo. Lo
riconobbe immediatamente, era Theorico, figlio di Tyr e Capitano della
Decima Divisione.
Non aveva
avuto più
nessun tipo di rapporto con la ragazza, né di natura verbale
né tanto meno fisica. Il suo orgoglio gli aveva impedito di
incrociare perfino i suoi occhi, ma adesso il vederla ridere in
compagnia
di un altro uomo gli stava facendo salire nelle vene una strana rabbia.
Fece
vincere comunque la ragione e continuò il suo cammino senza
dedicar loro nessun altro tipo di attenzioni.
Acquistò
le pergamene e
tornò a palazzo, nelle sue stanze, ma quando
poggiò il
pennino sulla carta non riuscì a scrivere neanche una parola.
*
Thor non
aveva sonno. Si girò e rigirò nel letto
impossibilitato a chiudere gli occhi.
Risentiva
la voce di suo padre nelle orecchie e non riusciva a credere a quello
che aveva detto.
Niente
Accademia per lui, né ora né mai.
Tutti i
suoi amici già studiavano la lotta e l'uso delle armi e lui
sarebbe rimasto a guardare.
Infilò
la mano sotto il cuscino e tirò fuori il libro di Loki.
Lo
accarezzò prima con lo sguardo e poi con le mani.
Loki non
gli aveva mai fatto
visita e lo aveva scontrato solo per sbaglio nei corridoi ma aveva il
viso buio, così buio che non gli aveva dedicato neanche
un'occhiata delle sue, neanche una parola seppur infelice.
Thor non
sapeva dire se fosse
colpa sua o se vi erano altri motivi dietro il suo comportamento, ma
Loki era Loki e lui non riusciva mai a capire realmente cosa girasse
nella sua testa.
Provò
a mettersi sul
fianco ma la ferita all'addome gli faceva male. Adesso aveva solo una
grossa cicatrice che Eir aveva assicurato sarebbe sparita del tutto, ma
a Thor pareva ancora di sentire il metallo della spada che lo tagliava.
Tornò
a stendersi
supino, tenendo il libro con entrambe le mani e rileggendone qualche
pagina. Lo aveva letto tutto e gli era piaciuto tanto. Alcuni passaggi
erano stati difficili da comprendere e aveva chiesto a sua madre di
spiegarglieli, ma la storia lo aveva conquistato.
Si
sentì di nuovo
triste: lui non sarebbe mai diventato come quei coraggiosi guerrieri
che avevano combattuto con onore ed erano morti con ancora
più
gloria.
Loki lo
sarebbe stato, lui avrebbe comandato grandi eserciti con la sua
intelligenza e la sua magia e lui...
Cosa
sarebbe stato?
Gli sarebbe
bastato essere suo
fratello, essere al suo fianco e combattere con lui, vincere con lui e
dividere con lui ogni trionfo.
Non avrebbe
mai avuto nulla di tutto questo.
Chiuse il
libro e lo poggiò accanto. Guardò il soffitto a
lungo e sospirò.
«Fratello...»
Voleva
vederlo.
Spostò
la coperta e scese dal letto stringendo i denti quando udì
la ferita infastidirlo.
Non
indossò neanche le pianelle e si diresse verso la porta alla
fine del corridoio: la camera di Loki.
Probabilmente
lo avrebbe cacciato via ma Thor voleva rischiare, almeno sarebbe stato
con lui anche se solo per pochi minuti.
Non giunse
neanche ad afferrare la maniglia che udì delle voci, una era
quella di Loki, l'altra era di una donna.
Pensò
fosse sua madre ma poi udì Loki chiamare il suo nome.
«Puoi fare ciò che
vuoi, Sigyn.»
«Infatti
non sono qui a chiederti permesso, ma solo a informarti personalmente.
Ritienilo un gesto di pura cortesia, sebbene non creda che tu ne meriti
anche solo un bagliore.»
«Ti
aspetti che ti faccia i miei auguri, quindi? Bene: felicitazioni per il
tuo matrimonio con il prode Theorico. Hai fatto un'ottima scelta,
è uno che sembra sappia usare bene la spada.»
Si
sentì poi il rumore di uno schiaffo e Thor
indietreggiò.
Non avrebbe
dovuto esser lì. Non doveva ascoltare.
«Sei
una persona misera, Loki. Misera! Ma cosa mai potrei aspettarmi da
qualcuno incapace di amare perfino il suo stesso fratello?!»
Sigyn urlò quelle parole così forte che Thor le
avrebbe
udite anche se non fosse stato così vicino alla porta.
«Speravi
morisse in quella camera, te l'ho letto negli occhi! Perché
tu
sei arido e vuoto, Loki, talmente vuoto da desiderare la morte di un
bambino!»
Ci fu
ancora uno schiaffo.
Thor non
volle udire altro.
Tornò
nella sua camera e affondò la testa sotto il cuscino
sentendo la ferita far male.
Sul
pavimento, gettato via, un libro che non voleva più leggere.
***
----------------
Nota.
La storia narrata nel libro di Loki è ovviamente ispirata
alla famosa Battaglia
delle Termopili del 480 a.C. [Wikipedia]
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Capitolo 6 *** Doveri di Re ***
cap6
“Mio amato fratello”
Capitolo 6
[Doveri di Re]
Sigyn
avrebbe lasciato il servizio di sua madre una volta che il fidanzamento
con Theorico fosse stato ufficializzato. Era solo questione di tempo
dal momento che la notizia aveva già viaggiato oltre le mura
del
palazzo.
Era un bene.
Non avrebbe dovuto
sprecare un solo
pensiero per quella stupida. Era una serva, non sarebbe mai potuta
essere una principessa né tanto meno una regina.
Era stato divertente,
così aveva detto anche lei, e adesso era finita.
Loki
cavalcò fino all'arena dove gli allievi dell'Accademia si
stavano allenando.
Harr, che fu anche il
suo
insegnante per un brevissimo intervallo di tempo, stava mostrando ai
più giovani le basi per una buona difesa.
Senza scendere da
cavallo, Loki
osservò i ragazzini tentare di ripetere i movimenti del loro
insegnante: fra essi riconobbe il corpulento Volstagg e il biondo
Fandral. C'era anche Sif, la mocciosetta impertinente che aveva
sempre palesemente mostrato la sua intolleranza nei suoi confronti.
Loki doveva ammettere
che
apprezzava comunque tanta audacia in una fanciulla ed era
più
che convinto che fra i tre sarebbe stata un giorno la guerriera
più letale.
Guardò
indietro, verso il
palazzo, e pensò a Thor che sembrava aver perso la sua
allegria
dal giorno in cui Odino gli aveva comunicato la sua decisione. Loki
aveva predetto che sarebbe stato per lui un colpo difficile da
sostenere, ma mai avrebbe creduto che fosse capace di strozzare
profondamente lo spirito vitale del bambino.
Non gli girava neanche
più
molto intorno. Se ne stava in solitudine e sembrava preferirla a
qualsiasi altra compagnia, perfino a quella di sua madre.
Anche Frigga aveva
confessato la
sua preoccupazione per quel cambiamento, ma Loki l'aveva
rassicurata dicendo che con il tempo sarebbe tornato la solita
insopportabile peste.
Ma il tempo passava e
Thor era sempre più cupo.
*
Una sera, mentre
rientrava dopo
aver trascorso una serata alla solita locanda, Loki scorse le tende
della grande sala muoversi. Era chiaro che qualche servo aveva
dimenticato di appuntare le porte di vetro. Avrebbe potuto ignorare e
dirigersi come stava facendo verso le sue stanze, ma i passi volsero in
direzione della grande balconata.
Con sua sorpresa
riconobbe una
figura affacciata. Anche se era di spalle era palese a chi
appartenessero quei capelli biondi e soprattutto il perché
se ne
stesse in piedi su un piccolo sgabello di legno.
Si avvicinò
con passo neanche troppo silenzioso tanto che Thor si volse a guardarlo.
«Stai
progettando di gettarti di sotto?» gli chiese poggiandosi a
sua volta con i gomiti sul muro.
Thor guardò
nuovamente davanti a sé.
«Mi
dispiace, ma non intendo morire per farti contento.»
Loki rise divertito da
quella che
aveva interpretato come una battuta ma, quando guardò Thor,
vide
l'ombra scura che copriva il suo viso, la malinconia dei suoi
occhi.
Probabilmente aveva
avuto qualche
altro incubo dei suoi e stava cercando un modo per affrontarlo che non
lo coinvolgesse, o era ancora la negazione impostagli da Odino circa
l'Accademia a far nascere quell'infelicità.
Qualsiasi fosse il
motivo Loki riteneva che non fosse affar suo, più che altro
non voleva che lo fosse.
Eppure
restò lì, accanto a lui, nel silenzio della notte
ad ascoltare il suono sibilino del vento.
«Come va la
ferita?» chiese privo di espressione.
«È
guarita» rispose Thor con medesimo tono.
«Non pensi
sia ora di metterti a letto, ragazzino?»
«Pensavo non
ti interessasse niente di quello che faccio.»
Loki sorrise.
«Ti segni
tutte le parole che dico?»
«Solo quelle
che mi fanno male.»
Una tale risposta
tacitò ogni replica.
Thor scese dalla sedia
e gli diede le spalle per poi tornare nella sala.
Loki lo
seguì con lo
sguardo mentre il vento ancora gli accarezzava il viso e i capelli e
si chiese quanto davvero di quel bambino avesse compreso. Si chiese
perché gli importasse così tanto comprenderlo. Si
chiese
perché in qualche modo quegli occhi tristi avevano
contagiato
anche i suoi.
Fu però il
moto di orgoglio
che gli provocò il suo abbandono silente che lo
portò a
seguire i suoi passi anche fisicamente.
Thor stava tornando
silenzioso
nelle sue stanze quando Loki lo raggiunse e lo sollevò da
terra
avvolgendogli un braccio in vita.
Il bambino
gridò, per la sorpresa o per stizza, ma Loki lo
ignorò e lo condusse nelle sue di stanze.
Lo lanciò
letteralmente all'interno facendolo ruzzolare al suolo e
aspettò che si rimettesse in piedi.
«Ma cosa
vuoi da me?»
ringhiò Thor spintonandolo. «Fammi
uscire!»
Provò poi ad aprire la porta ma Loki la richiuse.
«Piccola
furia, si può
sapere dove hai intenzione di andare?» chiese tirandolo per
il
colletto della maglia e facendolo ricadere di nuovo con il sedere a
terra.
«Lontano da
te!» ribatté lui stringendo i pugni.
«Oh, sarebbe
un bel
cambiamento, ma adesso tu resti qui e mi ascolti!»
ordinò
Loki incrociando le braccia sul petto.
Thor tacque ma
continuò
a guardarlo malamente con le lacrime pronte a uscire da un momento
all'altro che però stava trattenendo con grande tenacia.
«E cosa
dovrei ascoltare,
eh?» chiese poi con voce incerta. «Vuoi dirmi
ancora quanto
non mi sopporti? Quanto ti dia fastidio? Vuoi dirmi ancora quanto mi
odi? Quanto preferiresti sapermi morto?»
E dopo una tale accusa
non gli fu
più possibile reggere alcun pianto. Le lacrime presero a
scendere una dopo l'altra e anche se Thor si coprì il viso
con il dorso del braccio, Loki le vide tutte. Loki le sentì
tutte.
«Io non
sarò mai il
fratello amorevole che vorresti. Lo sai questo» disse volendo
esser duro ma risultando invece solamente pacato.
«Lo
so» balbettò
Thor continuando ad asciugarsi gli occhi con la manica. «Ma a
me
piaci così come sei, perché sei tu, sei Loki, e
anche se
mi tratti male e mi consideri insopportabile, io ti voglio
bene...» Loki si sentì sempre più
schiacciare da
quelle parole, dentro di lui qualcosa si stava frantumando e aveva solo
voglia di uscire dalla sua stessa stanza; ma restò
lì, ad
ascoltare il suo pianto, a guardare con quanta forza si rimetteva in
piedi e cercava di guardarlo attraverso le lacrime che gli scioglievano
gli occhi. «Io volevo solo che tu mi volessi almeno un po'
di bene e credevo che era così... ma...»
Iniziò poi
a piangere singhiozzando come quella volta nella stalla quando, per la
prima volta, Loki aveva sentito un sentimento sbagliato, che non voleva
provare, che aveva voluto semplicemente rigettare. E non ci era
riuscito. Thor tirò su con il naso e lo guardò
stavolta
con una luce ancora più buia. «Hai solo
finto di
volermi bene. Pensavo che mi avevi insegnato a nuotare
perché mi
volevi bene, che mi eri stato vicino quando ero malato
perché
eri il mio fratellone... pensavo che mi avevi letto il tuo libro e mi
avevi fatto dormire con te perché un po'... solo un
po' tu... tu mi volevi bene... Ma erano tutte bugie... tu mi odi
e basta...»
Attraverso le sue
parole strappate
dai singulti, Loki rivisse ognuno di quei momenti. Il giorno alla
fonte, in cui aveva avuto vero timore quando non lo aveva veduto
riemergere dall'acqua; la notte che aveva dormito stretto a lui,
con le dita a sfiorargli i capelli biondi mentre si agitava per un
brutto sogno. Rivisse il momento in cui lo aveva visto su quel letto
coperto di sangue, spaventato, e aveva dovuto assicurarsi che non fosse
nulla di grave. Rivisse il momento in cui lo aveva sentito caldo come
un fuoco che respirava a fatica, in cui gli aveva terso la fronte e
aveva letto ad alta voce qualche passo del suo libro
affinché si
addormentasse più sereno. Rivisse quel pomeriggio in cui
aveva
visto i suoi compagni allenarsi e aveva pensato a lui... E ne aveva
sofferto.
Tutte
menzogne!
Non
sarà mai mio fratello. Non lo voglio un fratello. Non voglio
lui come
fratello.
Sì, lo
erano, erano menzogne quelle che aveva sospirato a se stesso.
Ancora un tassello
cadde e Loki decise di non combattere più per sorreggere gli
altri.
Come un castello di
carte,
lasciò che il vento di quella notte lo buttasse
giù e
sperdesse lontano ognuno di quei fogli.
Si avvicinò
a Thor, ancora in lacrime, e flesse un ginocchio per portare il viso
alla sua altezza.
«Io non ti
odio»
affermò e la sentì come verità.
Thor
lo
guardò con i singhiozzi che continuavano a scuotergli le
spalle.
«T-tu non mi
odi?» gli
chiese incerto. Loki sorrise e scosse il capo. «Allora mi
vuoi
bene?» chiese ancora Thor speranzoso e Loki rise stavolta
ironico.
«Adesso non
esageriamo» rispose. «Diciamo che-»
Ma ogni parola si
spezzò
quando Thor lo abbracciò forte, gettandogli le braccia al
collo
e inumidendogli la guancia con le lacrime che bagnavano la sua.
Loki rimase immobile
per un
po', quasi travolto da troppe emozioni che aveva taciuto e negato
fino a quel momento, ma poi sollevò il braccio e lo avvolse
attorno al piccolo corpo di suo fratello.
In fondo, non era così male.
*
«Posso
davvero?»
«Solo per
stasera poi te ne torni in camera tua.»
Thor saltò
sul letto eccitato e si lanciò ancora addosso a Loki che si
stava togliendo la maglia.
«Grazie,
fratellone! Ti voglio bene.»
«Se lo dici
un'altra
volta ti getto davvero dalla finestra» brontolò e
Thor lo
lasciò libero di cambiarsi per la notte.
Non credeva di essere
stato più felice di così, neanche quel giorno
alla fonte.
Loki gli aveva detto
che non lo
odiava. Loki gli voleva bene e lo considerava suo fratello. Loki non
desiderava affatto la sua morte!
Si infilò
sotto le lenzuola ancora esaltato e si voltò a guardarlo.
Ancora non ci credeva.
«Smettila di
fissarmi» lo ammonì Loki chiudendo gli occhi e
piegando un braccio dietro la testa.
«Sai, da
grande voglio essere
come te» confessò Thor con un sorriso e suo
fratello rise
voltandosi a guardarlo.
«È
perché mai? Sentiamo» gli chiese.
«Beh,
perché sei forte
e coraggioso e non hai paura di niente e non piangi mai e sai fare un
sacco di trucchi!»
«Mh, sei un
tipo perspicace, principe Thor» ghignò
ancora Loki e Thor sorrise.
«Loki, che
significa “spespicace”?»
«Ecco...
come non detto.»
Loki tornò
a chiudere gli occhi e Thor lo svegliò ancora scuotendolo
per la spalla.
«Loki!
Loki!»
«Thor, cosa
ho detto circa la
finestra? Vuoi volare giù?» brontolò
lui dandogli
le spalle e Thor sbuffò.
Voleva parlare con
lui, fargli un sacco di domande ma non voleva essere
gettato dalla finestra. Suo padre si sarebbe di certo arrabbiato se
avesse combinato altri guai.
E poi non voleva che
Loki cambiasse idea e non lo lasciasse più dormire con lui.
Si girò
quindi verso la sua schiena e vi poggiò la testa allungando
il braccio per cingergli la vita.
Aveva un buon profumo,
suo fratello, un profumo che sembrava coccolarlo.
«Ehi, stai
al tuo posto, testa di paglia.»
Thor a malapena lo
udì.
«Dolce
notte, fratellone» bisbigliò «Ti voglio
bene.»
E presto il sonno lo
colse.
*
*
*
Un mattino di
primavera, quando ormai gli alberi ritrovavano le loro foglie, un
cavaliere giunse a galoppo diretto a palazzo.
Gli furono aperti i
cancelli e concessogli di raggiungere il sovrano nella sua Sala del
Trono.
«Mio re,
è giunta!» dichiarò il soldato
togliendosi l'elmo e stringendolo sotto il braccio.
Odino si
alzò dal trono e lo avvicinò.
«Mostramela»
ordinò e l'uomo gli porse una lettera sigillata con
ceralacca nera come pece che riportava una L impressa.
Odino ruppe il sigillo
e lesse ciò che vi era scritto.
Il soldato vide il
viso del re mutare e tingersi di una strana espressione.
«Così
questa è
la tua risposta, Laufey» mormorò il sovrano fra
sé. Diede poi ordine di ristorare la guardia con cibo in
abbondanza e buon vino. Chiamò quindi l'assemblea del
consiglio affinché tutti sapessero.
Quando ciò
accadde, il principe Loki non era a palazzo.
*
La cavalcata fu lenta
e lo sbattere degli zoccoli sembrava un tamburo che intonava una nenia.
«Se non vai
più veloce giungeremo quando si farà
sera!»
Loki
sospirò senza aumentare la marcia.
«Taci se non
vuoi che una
volta arrivati ti affoghi» minacciò e Thor si
voltò
sorridendogli. «Sono serio, moccioso.»
«Come vuoi,
fingerò di
crederci» asserì irriverente tornando a poggiare
la testa
contro il suo petto. «Loki, lo sai che Sigyn
prestò
andrà via? La mamma è triste. Tu non sei
triste?»
«Perché
dovrei esserlo?» chiese domandandosi perché avesse
tirato fuori quel discorso.
«Lei
è tua amica e io
sarei triste se Volstagg, Fandral o Sif andassero via.» Il
ragionamento semplice di Thor lo fece sorridere.
«Le persone
vanno via, Thor. È la vita. Meglio non affezionarsi troppo,
quindi.»
«Loki, ma a
Sigyn tu vuoi bene?»
L'ingenuità
con cui
glielo aveva chiesto portò Loki a riflettere su quello che
realmente provava per la giovane.
Le voleva bene?
Non sapeva dirlo con
certezza.
Sentiva che il sentimento che provava verso di lei al momento era
rabbia, forse era il suo orgoglio, forse il cuore.
Dare una risposta era
difficile.
«Perché
tutte queste
domande?! Fa' silenzio!» Tagliò corto ma Thor come
sempre si rivelava estremamente insistente.
«Vuoi
più bene a Sigyn o vuoi più bene a me?»
«Questa
è facile: a
lei. Voglio perfino più bene a questo cavallo che a
te.»
Rise e Thor gli tirò una craniata sul petto.
«Sei il
solito antipatico!» brontolò.
«E tu il
solito moccioso petulante. E adesso fa' silenzio.»
L'andatura lenta non
impedì loro di giungere alla fonte con ancora il sole alto
nel cielo.
Thor saltò
giù dal destriero ancor prima che Loki arrestasse il passo.
Si sfilò la
maglia e la
gettò sull'erba, poi calciò via gli stivali e i
pantaloni come fossero fatti di fiamme che ardevano la sua carne.
«Jörmundgander
ti sta
aspettando» mormorò Loki mentre smontava da
cavallo e ne
legava le redini al tronco di un albero.
«Tanto non
esiste quel
mostro. Lo so!» affermò Thor con fretta prima di
correre
verso la sponda e saltare giù con un grido.
Loki
sospirò e si sporse per vederlo emergere e scuotere
forsennato la testa.
«Vieni anche
tu, fratellone!» lo invitò poi nuotando
nell'acqua con un enorme sorriso.
Lo aveva condotto
più volte
alla fonte e Thor aveva perfezionato il suo nuoto. Loki era felice che
fosse un luogo così lontano e sperduto fra la vegetazione
cosicché nessuno poteva vederlo sorridere mentre guardava
quel
marmocchio ridacchiare allegramente in acqua.
Talvolta si univa a
lui e lo teneva
sott'acqua finché non gli sembrava che stesse per svenire,
allora lo lasciava andare e Thor piagnucolava come suo solito
accusandolo di volerlo uccidere.
Frigga poi aveva
frantumato la sua
bella menzogna sul serpente marino che viveva in quel lago e quindi
Loki non poteva neanche più divertirsi a mettergli terrore.
Senza neanche
rendersene conto
aveva iniziato a trascorrere sempre più tempo con quel
bambino
e, più assurdo di tutto, a goderne la compagnia.
Thor era pieno di vita
e aveva
sempre voglia di novità. Da quando i suoi compagni
erano occupati con l'Accademia, aveva così tanti
momenti in
solitudine che Loki era diventato il centro
attorno cui girava
ogni suo attimo.
Giungeva nella sua
camera di
buonora e saltava sul suo letto svegliandolo, questo quando non lo
supplicava di lasciarlo dormire con lui a causa di incubi che Loki
iniziava a considerare puri pretesti.
Quando leggeva in
biblioteca, Thor
sedeva sulla sedia a fianco, con il capo poggiato sulle braccia, e lo
guardava in silenzio. Loki non lo richiamava neanche più per
la
maniera scortese con cui letteralmente lo fissava, ma evocava un
incantesimo con cui unire i legacci delle sue scarpe per vederlo
ruzzolare a terra quando si alzava dalla sedia con l'intento di
seguirlo.
«Dai, Loki!
Vieni a giocare.»
«Non
disturbarmi. Ho da
fare.»
Quel giorno non aveva voglia di bagni. Aveva portato
con
sé un vecchio libro che parlava dell'ultima guerra
combattuta su Midgard fra l'esercito Aesir e gli Jotun. Era il
diario appartenuto a Balder, fratello del Generale Tyr. Era stato un
grande guerriero ma era poi venuto a mancare in circostanze mai
chiarite. Si era parlato anche di avvelenamento, ma mai furono trovati
colpevoli.
Loki credeva che il risentimento di Tyr verso
Ísarr
fosse dovuto anche a questo: Ísarr aveva occhi e
orecchie in
tutta Asgard e, se a quel tempo aveva saputo, aveva deciso di tacere.
Ma non era la sua morte che interessava a Loki, quanto ciò
che
poteva apprendere dalle sue memorie su quel duro e antico duello di
regni.
Si sedette quindi su
una delle rocce all'ombra, potendo udire il rumore degli schizzi e
degli schiamazzi di Thor.
La lettura lo immerse
e non si
accorse del trascorrere del tempo, quasi come se lo scrosciare della
cascata fosse una dolce melodia. Era come trovarsi distanti, in un
profondo isolamento mentale.
Fu un raggio di sole
che lo
colpì agli occhi a ridestarlo. Le ore erano trascorse
così in fretta che ormai l'ombra sotto cui aveva trovato
riparo era stata divorata dai raggi del mezzogiorno.
Si
accarezzò gli occhi e si sporse per guardare al di
là delle rocce.
Thor non era
più in acqua,
se ne stava seduto a sua volta su una piccola sporgenza, lasciando
immersi solo i piedi fino alle caviglie e li dondolava piano. Sembrava
stanco, ma Loki si corresse rapidamente: era triste.
Chiuse il libro e
discese la scala in pietra fino a giungere alle sue spalle.
Thor non dovette
udirlo
perché non alzò la testa, così Loki
allungò
il piede e con la pianta lo spinse nuovamente nella fonte.
«Loki!»
sbraitò il bambino riemergendo con colpi di tosse per
l'inaspettato bagno.
«Vestiti.
Rientriamo» comandò quindi annoiato e ignorando le
successive lamentele per la maniera sgarbata con cui l'aveva
gettato in acqua.
Cavalcarono poi verso
casa e quando
arrivarono a palazzo Loki venne a conoscenza di quanto accaduto in sua
assenza direttamente da Odino: Laufey aveva accettato la proposta di un
incontro e lo aspettava su Jotunheim.
Suo padre sarebbe
partito all'alba del nuovo giorno.
*
«Andrai dai
giganti di
ghiaccio?» Thor era rimasto sconvolto dalla notizia che
suo
padre aveva comunicato a cena.
Odino però
non gli diede risposta e continuò a parlare con Loki di cose
che Thor non capiva ancora.
Guardò il
piatto davanti a
sé e sentì la gola stringersi. Non riusciva a
respirare,
l'aria non scendeva fin dentro i polmoni.
Strinse la forchetta
d'argento continuando a fissare il cibo di fronte a lui come
emanasse il peggiore degli odori. Gli faceva male lo stomaco, sentiva
la necessita di rimettere.
«Tesoro,
vieni con me.»
Sua madre si
alzò e si avvicinò a lui prendendolo per la mano.
Thor si
lasciò condurre vie
senza dire niente. Neanche quando Frigga lo accompagnò nei
giardini Thor riuscì davvero a respirare.
*
«Perché?»
Frigga
sospirò.
«Un re ha
dei doveri, bambino
mio» rispose. «Tuo padre sta facendo solo
ciò che il
suo ruolo chiede.»
Thor scuoteva la testa
e le abbracciava le gambe.
«Io non
voglio che papà vada lì. Non voglio che i giganti
di ghiaccio lo mangino.»
«Non
accadrà nulla di
simile, tesoro.» Provò a rassicurarlo con un
sorriso
facendo scorrere le dita fra i suoi capelli. «È
vero che
gli Jotun sono creature aggressive ma non mangiano le persone. Chi ti
ha detto una simile sciocchezza?»
Thor
sollevò i suoi occhi
spaventati senza rispondere ma Frigga credeva di conoscere bene il nome
del colpevole. Loki amava raccontare storie, le cuciva con tale
maestria che chi le udiva credeva fossero pura verità. Era
un'abilità rara che poteva usare come arma, o come mezzo
per spaventare il suo piccolo fratello minore.
Ma Frigga non era
più troppo
impensierita dal suo comportamento. Aveva visto il suo cambiamento che
era stato lento e silenzioso, ma era avvenuto.
Gli occhi di Loki
adesso guardavano
Thor con luce diversa. Le sue parole, seppur fossero sempre degne della
sua Lingua d'Argento, non parevano avere più intento di
ferirlo quanto quello di ridere della sua ingenuità.
Le Norne solo sapevano
quanto grata
fosse di quanto accaduto, perché tutto quello che aveva
chiesto
alle Signore del Destino era di far sì che i suoi due figli
fossero legati con un doppio filo, che fossero l'uno la
metà dell'altro, che la strada che avessero percorso un
domani non li vedesse mai in due orizzonti differenti.
«Non temere
per la sorte di tuo padre, Thor» disse infine.
«Sarà di ritorno quanto prima.»
Quella sera Thor prese
sonno nelle
ore più profonde della notte e Frigga temette di lasciarlo
solo,
ma tornò comunque nelle sue camere. Se si fosse svegliato,
per
qualsiasi motivo, avrebbe saputo chi cercare.
*
La delegazione si mise
in marcia alle prime luci del giorno.
Tyr guidava lo
squadrone della
Guardia Reale che precedeva la cavalcatura del re. Alle sue spalle uno
dei reparti della Decima Divisione chiudeva le fila, al cui comando
cavalcava Theorico.
Loki salutò
suo padre e poi guardò il capitano dar ordine ai suoi
soldati.
Era alto, biondo,
dalla carnagione
bruna e due intensi occhi castani. Theorico rispecchiava alla
perfezione i canoni di un prode guerriero Aesir, e sebbene fosse di
umili origini così come suo padre Tyr, possedeva modi
aristocratici che nulla avevano da invidiare al più
blasonato di
corte.
Loki lo
mirò con freddo studio intanto che indossava l'elmo
e prendeva
il passo con i suoi uomini.
Al suo fianco Frigga
teneva Thor contro di sé mentre il bambino vedeva suo padre
allontanarsi.
«Papà...»
sospirava con pena.
Loki lo
guardò ripensando alle parole che Odino gli aveva rivolto la
sera prima.
“Laufey non tenterà
alcun gesto scellerato ma se così fosse, se mai dovessi
cader
vittima degli intrighi di quello Jotun, a te, figlio, la guida del
regno.” Gli aveva quindi poggiato la mano sulla
spalla
con presa ferrea.
“E vendica
ogni affronto alla nostra casa con pugno duro.”
Loki aveva poggiato la
mano su quella del padre e aveva promesso. Una promessa che mai sarebbe
stata infranta.
Thor volle dormire con
lui nel suo
letto quella notte e poi la successiva e così per tutte
quelle
che ne seguirono, finché Odino non fece ritorno.
*
A nove giorni esatti
dalla sua partenza, il re varcò i cancelli con la sua
guardia e i soldati in armatura.
Portava con
sé notizie
positive: Laufey aveva dichiarato di non aver intenzione di
infrangere la tregua che ormai da secoli univa i loro Paesi, il che
solidificava la pace che vigeva nei Nove Regni.
Ma la pace ha sempre
un costo e
così, la sera a cena, nel gaudio del ritorno di un padre e
di un
marito, Odino comunicò il prezzo di quella pace.
Non avrebbe potuto
essere più alto.
***
----------------
NdA.
Quale sarà il prezzo chiesto da Laufey?
La risposta nel prossimo capitolo ^^
Ancora un grazie a chiunque stia seguendo questa storia con passione e
affetto.
I nostri fratelli si sono finalmente trovati ma gli ostacoli non sono
ancora finiti.
Un abbraccio a tutti <3
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 7 *** La lezione più importante ***
cap7
“Mio amato fratello”
Capitolo 7
[La lezione più
importante]
Loki non credeva davvero che
suo padre avesse potuto accettare un simile accordo. Era esterrefatto,
confuso, sorpreso.
Tacque durante tutta
la cena. Non mangiò nulla. Nessuno mangiò nulla.
Frigga
osservò suo marito con sguardo gelido, come Loki non
ricordava di averle mai visto.
Loki guardò
Thor, seduto di fronte: era divenuto cadaverico.
Tremava, le lacrime
riempivano i suoi occhi ma non scendevano; a malapena respirava.
«Mi aspetto
che tu abbia rifiutato» disse la regina e tutti attesero la
risposta di Odino.
«Ho
accettato» rispose il re. «Non vi era altra
scelta.»
Frigga si
alzò e
sbatté i palmi sul tavolo. «È una
follia che non
permetterò mai!» affermò.
«La
decisione è presa.» Odino poi tacque. Un silenzio
pesante come un macigno scese nella sala.
Thor saltò
dalla sedia e corse via. Loki non lo
seguì, fu Frigga a farlo.
Loki restò
invece seduto, riempiendosi un bicchiere di vino, e ascoltò
il silenzio di suo padre.
«Perché?»
chiese soltanto, bisognoso di una risposta.
Odino aveva lo sguardo
spento in cui annegavano mille emozioni e sentimenti taciuti.
«Perché
era la cosa giusta» rispose.
Il calice fu posato
con calma sul tavolo ma Loki vide le proprie dita tremare. Non se ne
era reso conto prima.
Sollevò poi
lo sguardo sul viso di suo padre.
«Quando
dovrà partire?» domandò.
«Fra cinque
inverni a partire da ora» dichiarò Odino.
Loki annuì
e si asciugò le labbra prima di sollevarsi da tavola.
«Con il tuo
permesso mi ritirerei, padre.»
Ma non attese alcun
permesso ché prese la via d'uscita.
«Loki?»
Odino lo
chiamò e Loki si voltò con sguardo serio.
«Forse
adesso non è facile comprendere per nessuno di voi, ma un
giorno
capirai cosa vuol dire avere il peso del governo sulle tue
spalle.»
Loki
assentì ancora senza dire nulla e uscì.
Passò
dinanzi alla stanza di
Thor e udì pianti e singhiozzi, udì la voce di
sua madre
e le suppliche di suo fratello.
Qualcosa nel suo
stomaco sembrava contorcersi ma non sapeva cosa fosse.
Passò oltre
e si diresse nei
giardini. La sera era fresca e il cielo colmo di stelle, eppure pareva
più buio di ogni altra notte.
Raggiunse la quercia
sotto la quale
tante notti aveva atteso Sigyn. Quella notte nessuno venne a dividere
con lui la sua solitudine. Quella notte restò solo, nel
silenzio, a riascoltare le parole di suo padre, a risentire nelle
orecchie quell'agghiacciante accordo.
Laufey, re di
Jotunheim, aveva
chiesto a Odino la possibilità di essere mentore e guida del
suo
giovane figlio. Così come Loki aveva quindi vissuto i suoi
anni
di formazione a Vanaheim, Thor avrebbe dovuto trascorrere lo stesso
lasso di tempo nelle fredde lande del Regno dei Ghiacci.
Era una richiesta fra
le più folli. Una richiesta folle che era stata accettata.
*
La mattina seguente
Frigga sedeva
su una panca di marmo nei giardini. Era sola, senza nessuna delle sue
ancelle a tenerle compagnia.
«Madre?»
Loki la raggiunse e le si sedette accanto.
Frigga tenne lo
sguardo fisso dinanzi a sé.
«Ha pianto
tutta la
notte» disse come parlasse in solitudine. «Eir gli
ha dato
un infuso per procurargli il sonno.»
Sentì le
dita di Loki sulle sue.
«Ascolta,
padre non
terrà davvero fede a quell'accordo. È di certo
solo
un modo per guadagnare tempo così da studiare la migliore
strategia con cui attaccare Jotunheim. Cinque anni sono lunghi e il
tempo affievolisce la memoria. Forse sarà Laufey stesso a
venir
meno per primo.»
Frigga
ascoltò le sue parole ma erano lontane, come l'eco remota di
un tiepido vento.
Si voltò
lentamente verso di
lui. Gli accarezzò il viso e sorrise con lo stesso sapore
che
avrebbe avuto un pianto.
«Restagli
vicino»
disse. «Guidalo, insegnagli ciò che sai, rendilo
consapevole delle sue capacità e mostragli cosa vuol dire
essere
un principe di Asgard così che non possa sentire mai la
chiamata
della codardia.»
«Madre...»
Frigga strinse nel
cuore mille verità che avrebbe voluto dirgli, mille
verità che sibilavano fredde dentro di lei.
«È
tuo, per i
prossimi cinque anni sarà tuo, Loki. Fa' che quando
poserà i piedi sul suolo di Jotunheim porti forgiata dentro
di
sé l'anima di un vero Aesir.»
Loki non le diede
risposta e Frigga
lo abbracciò forte. Quel figlio che tanto amava, quel figlio
che
era suo, anche se nato dalla neve.
*
*
*
Trascorse un mese e
poi un altro e
Thor parve dimenticare le parole di suo padre, perché i
fanciulli non vivono nel passato né nel futuro ma camminano
nei
giorni odierni con cor leggero.
Era ormai estate e il
caldo divenne una camicia di sudore che sembrava non poter essere
sfilata.
Thor correva nei
corridoi tenendo stretta nella mano la sua spada di legno. Correva come
avesse il vento a spingerlo.
Corse,
inciampò, cadde. Si
rialzò e continuò a correre verso la luce
accecante che
proveniva dal grande portone.
Le scale di marmo
scendevano
dinanzi a lui. Le saltò velocemente e scivolò
sulla
ghiaia del piazzale. Il ginocchio bruciò quando si
tirò
su con i ciottoli incollati alla pelle insanguinata.
Non sentì
dolore né altro.
Corse attraverso i
giardini, corse fra le aiuole e le gonne delle ancelle, corse fino alle
stalle e poi oltre.
Il sole splendeva sui
capelli d'oro e sulla fronte umida, sulle braccia nude piene di tagli e
sul legno della sua spada.
Corse fino al lungo
viale che
conduceva ai cancelli che da lontano si stagliavano verso il cielo come
appuntite lance di guerra.
Erano ancora aperti.
Poteva farcela.
Aumentò il
passo scorgendo lo spazio fra le tue metà diminuire sotto i
suoi occhi. Doveva farcela, doveva.
Corse mentre i muscoli
bruciavano e il respiro pungeva nei polmoni.
Sorrise accorgendosi
che la distanza che gli era rimasta da percorrere era poca e che
avrebbe potuto attraversare i cancelli.
Era ormai vicino
quando la sua caviglia fu colpita da qualcosa - un sasso, una spina.
Non capì ma
cadde a terra rovinosamente graffiandosi gomiti e viso sul terreno,
respirandolo, sentendolo nella bocca.
«No!»
urlò provando a rimettersi in piedi ma si udì un
rumore metallico salire nell'aria.
I cancelli si erano
chiusi.
Rimase con le
ginocchia piegate a terra. La spada ancora in pugno e il respiro
irregolare.
«Accidenti!»
ringhiò poi gettando l'arma lontano facendola ricadere ai
piedi di una figura alta. «C'ero quasi!» disse e si
pulì la bocca con il dorso della mano. «Ero quasi
arrivato...»
«Ma non sei
arrivato.»
Thor
sollevò il viso verso Loki che lo guardava severo.
«Ero
più vicino stavolta» sottolineò ma Loki
non mutò espressione.
«Torna
indietro e vai a studiare» gli comandò.
«Ma
Loki-»
«Non voglio
sentire scuse, Thor. Ho detto: torna indietro e vai a
studiare.»
Non
protestò più. Si
alzò da terra sentendo all'istante tutta la fatica
e il
dolore, e andò a recuperare la sua spada.
Non sollevò
lo sguardo verso suo fratello mentre ripercorreva a ritroso tutta la
strada che lo aveva condotto lì.
*
Loki
osservò Thor
allontanarsi lentamente mentre la punta della sua spada scivolava
stancamente sul terreno disegnando un lungo serpente accanto ai passi
del principe.
Guardò poi
nella propria mano i piccoli sassi che teneva stretti e sorrise
facendoli saltare nel palmo.
*
Tornò nelle
sue stanze e si diresse alla scrivania dove una pila di più
di dieci libri aspettava di essere letta.
Quando Loki gli aveva
detto che
sarebbe stato il suo maestro, Thor aveva fatto i salti di gioia. Odino
non gli aveva permesso di frequentare l'Accademia ma Loki gli
aveva detto che gli avrebbe insegnato a combattere, a usare la spada e
i pugnali, a essere agile e veloce come il vento e letale come una
vipera.
Prima,
però, gli aveva
ordinato di leggere e studiare tutti i libri della biblioteca
più alcuni che lui aveva portato direttamente da Vanaheim.
Thor
non amava leggere se non racconti di avventura e storie di valorosi
guerrieri. Ma non aveva altra scelta.
Loki era un insegnante
severo e non amava ripetere le cose due volte.
Thor leggeva le pagine
di ogni libro con attenzione ma al contempo teneva l'orecchio in
ascolto.
Alle volte si udiva
una sirena, un sibilo acuto, e quello era il segnale.
Doveva lasciare tutto,
afferrare la
sua spada di legno e correre fino ai cancelli prima che si chiudessero.
Se fosse riuscito a passarvi attraverso, Loki gli avrebbe insegnato
come impugnare e usare l'arma.
Fino ad ora non era
riuscito a farlo neanche una volta ma c'era sempre più
vicino.
Così
studiava con più
decisione, anche se i libri erano difficili, e correva più
forte
ignorando il dolore e la fatica.
*
*
*
Un anno trascorse e i
cancelli si
chiudevano sempre troppo presto. Thor alle volte inciampava come un
filo venisse teso davanti ai suoi passi, alle volte crollava colpito da
un crampo dritto al polpaccio, talvolta semplicemente scivolava sul
selciato e finiva con la faccia a terra.
Loki ammirava la sua
tenacia e
provava biasimo per la sua ingenuità. Avrebbe dovuto capirlo
ormai che era lui a impedirgli di giungere a destinazione, eppure Thor
si alzava richiamando se stesso e tornava a capo chino nelle sue stanze.
Loki sapeva bene che
bramava la
conoscenza delle armi e del combattimento, ma la cultura era importante
più della forza bruta che poteva sempre essere sviluppata e
accresciuta con l'esercizio e la costanza.
Così
insegnò a Thor
la storia, la geografia del loro regno e anche di ogni altro, con
particolare attenzione per il regno di Jotunheim, tanto ostico e
pericoloso.
Ancora si chiedeva se
Odino avrebbe davvero mantenuto la parola data a Laufey; spesse volte
rimaneva della sua
convinzione che il tutto fosse stato solo un sottile gioco di inganni e
bugie, altre risentiva le parole che sua madre gli disse quel
dì
nei giardini, rivedeva i suoi occhi e percepiva ancora la sua
rassegnazione.
Non sapeva cosa
credere. Odino non
parlava mai della questione e Tyr e Ísarr sembravano anche
esserne allo scuro. Frigga era l'amorevole madre di sempre ma il
suo sguardo si incupiva a ogni tramonto e nuova alba.
Thor, dal suo canto,
non pareva
aver neanche più memoria di quel destino che avrebbe potuto
attenderlo e si stava impegnando con dedizione in ogni sua lezione.
Loki eseguiva il suo
compito con
altrettanta abnegazione perché lo aveva promesso a Frigga,
più semplicemente perché lo voleva.
Sigyn si era sposata
con Theorico e
aveva lasciato il servizio a palazzo. Loki riusciva a incontrarla solo
durante cerimonie di corte ma lei gli negava sempre lo sguardo.
Alla fine smise di
cercarlo.
Seguire Thor era un
impegno che occupava tutto il suo tempo, tempo che trascorreva con
incredibile rapidità.
*
*
*
«È
impossibile.»
Loki
sollevò lo sguardo a quelle parole.
Thor era disteso con
le spalle contro la roccia accaldata dal sole, ancora mezzo bagnato per
il bagno nella fonte.
«Di cosa
parli?» gli chiese pettinando con le dita i capelli umidi
all'indietro.
«La sfida
del cancello» rispose Thor. «È
impossibile da vincere.»
Il suo tono non
tradiva rassegnazione quanto semplice coscienza.
«Perché
lo
pensi?» chiese ancora Loki poggiando il mento nel palmo della
mano e lasciando che il sole asciugasse la sua schiena.
Thor si mise a sedere
facendo
ricadere sul viso i capelli biondi divenuti troppo lunghi. Aveva ormai
dieci anni e la sua chioma si era addolcita in morbide onde che
avrebbero fatto invidia a qualunque fanciulla.
«Ogni volta
corro più
forte, ho anche provato ogni percorso accessibile, sono perfino saltato
dal balcone per evitare di perdere tempo sulle scale eppure non riesco
a giungere mai in tempo» spiegò.
«È un
imbroglio» sostenne alla fine.
Loki guardò
il suo viso trovando un'espressione a tratti risentita, a tratti
imbarazzata.
«Quindi mi
stai accusando di
averti imbrogliato per tre lunghi anni per... avanti, quale potrebbe
essere il motivo?» lo mise ancora alla prova.
Gli occhi di Thor
brillarono mentre la sua mente cercava quella risposta.
«Era per
fortificare la muscolatura delle mie gambe! È
questo?»
Loki storse in naso.
«Banale.
Ritenta.»
«Allora
volevi insegnarmi che
non tutte le sfide si vincono e che bisogna capire quando è
il
momento di mollare?»
«Assolutamente
fuori dal mio stile. Prova ancora.»
Thor si morse il
labbro come un tempo mentre cercava quella risposta che Loki sapeva non
avrebbe ancora trovato.
«Mh... Ci
sono!»
asserì sorridente. «È perché
non sai usare
la spada e quindi non potresti comunque insegnarmi nulla!»
Loki sorrise sottile
prima di gettarlo in acqua con una spinta.
«Molto
simpatico» mormorò mentre il ragazzino se la
rideva.
*
«Come vanno
le lezioni con Loki, tesoro?»
«Bene. Ha
quasi smesso di chiamarmi “ignorante”. Adesso si
limita a darmi dello stupido.»
Frigga rise divertita
mentre Thor sorrideva a sua volta.
«Sai, mamma,
adesso sono grande. Non devi venire a darmi la buonanotte. Possiamo
salutarci come adulti.»
La regina
accarezzò il lenzuolo che copriva il corpo del suo bambino e
annuì.
«Hai
ragione, Thor.» Sorrise eppure un'aspra tristezza la
investì.
Due inverni. Mancavano
solo due inverni e poi...
Gli baciò
la fronte e si alzò.
«Allora
questa sarà l'ultima volta che verrò nelle tue
stanze per rimboccarti le coperte.»
Thor sorrise
orgoglioso.
«Dolce
notte, mamma.»
«Dolce
notte, ometto.»
Thor chiuse gli occhi
e Frigga si
allontanò sentendo quella tristezza crescere a ogni passo.
Si
voltò ancora una volta prima di uscire.
Il suo bambino stava
diventando
grande e lei avrebbe dovuto subire lo stesso dolore di quella volta
quando aveva dovuto dire addio a un altro bambino per poi riabbracciare
un uomo.
Eppure stavolta
sarebbe stato diverso.
“Non avrei mai potuto dire di no
a Laufey.”
“E perché mai?”
“Sai bene il perché...”
Frigga
ricordò ogni parola, ogni sguardo di Odino, ogni
verità non detta ad alta voce.
*
Thor aprì
d'improvviso
gli occhi. Era ancora buio, l'alba lontana e il canto delle
creature notturne intenso come una malinconica melodia.
Ma i suoi occhi
brillavano, il suo sorriso scintillava nelle ombre.
«Ho
capito!» affermò in solitudine. «Adesso
ho capito!»
*
Loki buttò
uno sguardo alle guardie prima di far loro segno di aprire i cancelli.
Le vide eseguire leste
il suo
comando e poi lanciò in aria una sfera di energia che
esplose
emettendo un lungo sibilo. Si poggiò quindi al tronco di un
albero con le braccia incrociate e attese.
Thor diveniva ogni
volta più veloce e quindi non sarebbe trascorso molto prima
di vederlo giungere.
All'interno della
spada di
legno che doveva portare con sé, Loki aveva infuso una
piccolissima quantità di seiðr in modo da poter
sapere
sempre con precisione dove fosse. Quando percepiva la sua presenza
ormai vicina, dava ordine alle guardie di iniziare a chiudere
lentamente i cancelli. Ogni qualvolta Thor li scorgeva da lontano essi
erano quindi già in chiusura e indipendentemente da quanto
avesse impiegato, non sarebbe mai giunto in tempo, e poi ci sarebbe
stato lui a mettergli, letteralmente, i bastoni fa le ruote.
Il meccanismo era
perfetto, senza alcuna sbavatura.
Loki seguì
il percorso
delineato dalla spada-spia e sentì come sempre la
velocità con cui Thor attraversava l'ormai battuto tratto,
finché non lo avvertì arrestarsi e rallentare.
Forse era caduto,
capitava spesso,
però non aveva mai impiegato così tanto per
rimettersi in
piedi. Non poteva sapere con certezza dove fosse in quanto il suo
incantesimo di localizzazione aveva come unico intento quello di
calcolare la distanza che li divideva. Il passo però riprese
ed
era quasi più rapido di prima, veramente rapido.
Loki non comprese a
cosa fosse
dovuto ma diede comunque ordine di chiudere i cancelli quando lo
avvertì ormai vicino. Guardò in direzione del
palazzo per
vedere la sua sagoma che correva a perdifiato, ma invece scorse la
figura di un cavallo, non un cavallo qualsiasi, ma Sleipnir, il
destriero di suo padre, sul cui dorso Thor si teneva forte.
I capelli al vento e
la spada stretta nel pugno, mentre gli zoccoli del cavallo macinavano
decine di metri alla volta.
Loki sorrise quando
Thor varcò i cancelli ancora semi aperti con un urlo degno
di un'amazzone.
Si voltò
poi verso la direzione opposta mentre Sleipnir nitriva e si alzava
sulle zampe posteriori.
«Ho
vinto!» asserì Thor alzando al cielo la spada e
tenendosi alle redini con l'altra mano.
«Hai
imbrogliato» suggerì Loki avvicinandosi al cavallo.
Thor guardò
giù, verso di lui, e gli puntò la spada contro il
petto.
«Un
imbroglio si batte con un
altro imbroglio» affermò con un sorriso furbo e
Loki fu
costretto ad accettare la sconfitta.
«Lezione
imparata.» Sorrise a sua volta. «Anche se ci sono
voluti tre anni.»
Afferrò poi
le redini di
Sleipnir e ne reindirizzò la cavalcatura verso il palazzo
mentre
Thor, ancora sul suo dorso, si godeva la sua meritata vittoria.
*
Thor pensò
che doveva delle
scuse a suo fratello. Anche se per scherzo aveva sostenuto che non
fosse abile con la spada, e a se stesso, alle volte, aveva sospirato il
medesimo dubbio.
Si era sbagliato.
Loki brandiva la spada
con la
stessa maestria con cui pronunziava incantesimi. Era veloce ed
elegante, aveva la grazia di un danzatore ma portava a segno ogni
stoccata come un grande cavaliere.
Thor aveva visto molte
giostre e
duelli all'arena e tanti abili guerrieri sfidarsi e confrontarsi,
eppure era certo che se Loki fosse sceso in campo li avrebbe battuti
tutti.
Girava l'elsa nel
palmo come fosse unta d'olio e la maneggiava neanche fosse leggera come
piume di aquila.
Restava incantato a
guardarlo, a
guardare la sua veste seguire i suoi movimenti così come le
ciocche nere nuotavano nell'aria leggiadre.
Ascoltava i suoi
insegnamenti e provava a ripetere i suoi gesti ma non sarebbe mai stato
tanto aggraziato e preciso.
“Non stai torcendo il collo
di una gallina, Thor!” Lo richiamava Loki per
come impugnava
l'arma e poi gli mostrava la giusta presa. Thor cercava di non
arrossire imbarazzato per la sua incapacità e pensava ai
suoi
compagni che ormai erano già abili in ogni forma di
combattimento. Giocavano ancora insieme quando tutti loro non erano
impegnati con i rispettivi insegnamenti, eppure Thor sentiva il peso di
non condividere la loro stessa istruzione. Ma allo stesso era felice di
avere un maestro tutto per lui, un maestro che nessun altro avrebbe
potuto eguagliare.
“Osserva, studia, subisci
anche il colpo se esso non è fatale. Impara dal tuo
avversario e
trova i suoi punti deboli. E quando avrai fatto di essi tesoro, affonda
la lama senza esitazioni. L'esitazione è il nemico
più pericoloso di un uomo. Ricordalo.”
Thor annuiva e faceva
suo quell'insegnamento e ogni altro.
E così,
lezione dopo
lezione, sgridata dopo sgridata, Thor aveva imparato a maneggiare con
destrezza le lame sottili e le spade più pesanti. Riusciva a
lanciare anche i pugnali con precisione, benché non poteva
ancora dirsi al medesimo livello di Loki, ma il bersaglio veniva sempre
centrato.
Loki gli dava ancora
dei libri da
leggere e lui lo faceva con piacere perché, dopo una dura
giornata di allenamento, una buona lettura e una dormita erano il
premio più ambito.
Anche quella notte
Thor andò a dormire stanco e appagato, pronto ad affrontare
la lezione del prossimo giorno.
Ma il giorno seguente
non avrebbe avuto alcuna lezione.
Sarebbe stato il suo
compleanno, il suo dodicesimo compleanno, e l'ultimo che avrebbe
festeggiato nella sua casa.
***
----------------
NdA.
Come molti avevano immaginato, l'accordo fra Odino e Laufey ha
avuto conseguenze importantissime sul rapporto fra i nostri due
fratelli.
Cinque anni sono trascorsi in quest'unico capitolo e il mio intento
era quello di trasmettere l'inesorabilità dello
scorrere del tempo. Spero di esserci riuscita ^^
Il prossimo è il penultimo, e con il nono si
concluderà la nostra avventura.
Avventura bellissima in cui ho incontrato e ritrovato molte splendide
compagne di viaggio <3
Inizio a spargere ringraziamenti già da qui
perché ne sono tanti e doverosi ^w^
Vi appuntamento quindi all'ottavo atto di questa storia, forse fra
tutti, quello a cui sono più affezionata.
Un abbraccio e grazie come sempre per il tempo che mi dedicate.
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 8 *** L'addio del fanciullo ***
cap8
“Mio amato fratello”
Capitolo 8
[L'addio del fanciullo]
L'intera sala brulicava di
persone: nobili, generali, importanti diplomatici provenienti da ogni
regno.
Frigga fece
chiamare danzatori
e musici, e anche giocolieri, commedianti che inscenassero piccoli
siparietti divertenti. Tutto in onore del principe Thor, per i suoi
dodici anni, per il suo ultimo compleanno da fanciullo ad Asgard.
Frigga non
gli aveva parlato
e, sapeva, sarebbe toccato a Odino affrontare il discorso. Odino
avrebbe mantenuto la parola data a Laufey e avrebbe accompagnato Thor
su Jotunheim per lasciare al re dei Giganti di Ghiaccio il compito di
farne un uomo.
Oh, solo un
cuore di madre
poteva comprendere quale dolore stringesse l'anima della regina, quale
timore, quale silente disperazione. Avesse avuto più audacia
e
meno responsabilità, avrebbe afferrato fra le braccia il suo
bambino e sarebbe corsa via, in un luogo dove neanche al Grande Padre
sarebbe stato possibile raggiungerli. Ma no, non le era concesso,
perché una regina ha dei doveri e una moglie anche.
Venire meno
a un accordo con Jotunheim voleva dire dichiarare la guerra all'istante
e questo non poteva essere permesso.
Odino
sedeva sul trono, alla sua sinistra. Alla sua destra vi era Thor e
accanto a lui sedeva Loki.
Il maggiore
bisbigliò
qualcosa all'orecchio del fratello e gli indicò la sala dove
un
danzatore si stava esibendo. Mosse poi discretamente le dita e il
danzatore sussultò come se qualcuno di invisibile lo avesse
calciato nel didietro. Thor rise e Loki simulò
un'espressione
sorpresa.
Frigga
ricordò il primo compleanno che avevano celebrato insieme,
la freddezza di Loki, la sua rabbia nascosta.
Sembrava
ieri e, allo stesso, sembrava una vita fa.
Aveva
pregato tanto per vederli uniti e adesso che finalmente lo erano
sarebbero stati divisi.
Sentì
un magone
risalirle in gola e sorseggiò dell'acqua poggiando le dita
sul
petto, dove un macigno premeva forte.
Sorrise poi
verso i danzatori che si stavano inchinando e batté le mani.
Non c'era
gioia nel suo cuore, da quel giorno finché non lo avesse
veduto tornare non ci sarebbe più stata.
*
La festa
era ancora in corso
quando Thor sentì suo padre chiedergli di seguirlo.
Guardò verso Loki che lo invitò a non farlo
attendere.
Thor gli
obbedì, come faceva sempre.
Odino
camminava silenzioso nel
corridoi dove i suoni festosi giungevano sempre più lontani.
Thor seguiva il suo passo e non osò essere il primo a
parlare.
La marcia
si arrestò dinanzi a due guardie, in un luogo che il
principe
conosceva bene.
I soldati
salutarono il loro
sovrano e Odino discese le scale che portavano alla Sala delle
Reliquie, Thor scese a sua volta ogni piolo con il cuore in ansia.
Odino poi
si fermò, giunto alla fine della scalinata, e
aspettò che suo figlio lo affiancasse.
Thor si
guardò intorno; sebbene conoscesse alla perfezione il luogo,
ne rimaneva sempre incantato.
«Domani
sarà un giorno importante, figliolo» disse infine
suo padre, spezzando ogni silenzio.
Thor non fu
meravigliato. L'ansia crebbe e con essa un altro sentimento che
cercò di soffocare.
«Lo
so, padre» rispose. «Saluterò la mia
casa per andare su Jotunheim.»
Percepì
lo sguardo di suo padre sorpreso.
No, Thor
non aveva dimenticato
quelle parole. Sebbene l'eco fosse divenuta all'inizio molto debole,
con il trascorrere dei giorni e poi dei mesi, era tornata prepotente a
sussurrargli nella notte, e il principe aveva compreso che non avrebbe
mai potuto sottrarsi al suo destino, al suo dovere di figlio di Asgard.
Aveva
compreso perché
Loki era divenuto più severo a ogni lezione,
perché il
tempo per riposare all'ombra di un albero o nel fresco abbraccio della
fonte era andato sfumando a ogni sorgere di sole.
E Thor
aveva appreso, con
umiltà, ogni lezione di suo fratello, del suo più
grande
maestro, perché sapeva che se avesse dovuto ringraziarlo per
qualcosa sarebbe stato per ogni richiamo e ogni occhiataccia, per il
rigore e le parole affilate, sarebbe stato per aver trasformato quel
“moccioso paglierino” in un principe degno di tale
titolo.
E Thor
aveva ancora paura,
aveva ancora terrore di ciò che lo aspettava, ma adesso
poteva
affrontare quella paura e vincerla. Lo avrebbe fatto per lui, per Loki,
come quel dì di tanti anni prima alla fonte.
Odino gli
prese la mano e Thor la sentì forte e calda attorno alla
sua.
Lo condusse
a passo lento dinanzi a un piedistallo, sul fianco sinistro della sala.
«Cosa
vi è
scritto, Thor?» gli chiese e Thor fece scorrere gli occhi
sulla
pietra in cui erano scolpite poche rune.
«“Solo
il
più degno”» lesse a voce alta e poi fece
risalire lo
sguardo sulla pesante testa ferrata e sul lungo manico dell'arma: un
martello, il
martello.
Mjolnir, la
più potente di ogni arma mai forgiata.
«Il
viaggio che stai per
compiere sarà arduo e faticoso» iniziò
Odino
tenendo ancora la mano stretta attorno alla sua.
«Ciò che
vedrai, che ascolterai, ciò che vivrai su Jotunheim ti
cambierà, ma non cambierà il tuo cuore. Lo
renderà
più forte, figlio mio, forte e possente come una saetta che
squarcia il cielo a metà. E quelle saette ti apparterranno e
le
governerai come cavalli domati con la frusta.»
Thor
deglutì sentendo il cuore martellare.
«Sì,
padre» sospirò a fatica.
Odino si
voltò a
guardarlo e flesse un ginocchio, e Thor vide il viso fronte al suo,
l'oro della placca che gli copriva un occhio, il brillante zaffiro del
suo unico sguardo. Gli poggiò le mani sulle spalle e lui si
sentì in bilico, ma le parole di suo padre lo tennero in
piedi.
«Laufey
ha molto da
insegnarti. Apprendi, Thor, apprendi anche se non comprenderai,
perché non sarà un nemico a darti lezioni ma un
re che ha
veduto mille guerre e ne riporta le ferite sulla pelle e nello spirito.
Temilo, perché ne avrai ragione, ma non piegarti. Mai. Sii
fiero
della tua gente qualsiasi cosa udirai, e sii fiero di ciò
che
sei. Tornerai da uomo, da guerriero, e sarai il più grande
che
Asgard e ogni altro regno potranno mai conoscere. Torna con l'orgoglio
e la dignità intatta di un principe, e Mjolnir
sarà
lì ad attendere la tua mano e a te obbedirà
sempre, per
sempre, finché ogni sole non smetterà di
tramontare e le
maree sommergeranno le terre.»
«Sarai
fiero di me,
padre» affermò mentre una lacrima lasciava i suoi
occhi.
«Non macchierò Asgard con la codardia, lo giuro!
Renderò lustro alla mia casa e agli insegnamenti di mio
fratello
e tornerò da uomo. Lo giuro sulla mia vita.»
Altre
lacrime gli bagnarono il viso e Odino lo strinse fra le braccia.
«Figlio
mio adorato...»
Thor non
sapeva se anche suo
padre stesse piangendo ma sapeva che lui non l'avrebbe più
fatto, che quelle sarebbero state le sue ultime lacrime e che solo sul
suolo di Asgard sarebbe rimasto il sale della paura di un bambino.
Jotunheim né Laufey l'avrebbero visto tremare o lamentarsi,
o
peggio, esitare.
“L'esitazione è il
nemico più pericoloso di un uomo.”
Thor
avrebbe marchiato quelle parole nel cuore e nella mente e mai le
avrebbe tradite.
*
Suo padre e
Thor non avevano
ancora fatto ritorno. Loki bevve un bicchiere di vino dietro l'altro
guardando le esibizioni dei musici.
Fece vagare
poi lo sguardo sui visi dei sudditi, sui loro sorrisi, sulla loro
allegria.
Provò
una profonda nausea e colmò ancora un calice per poi
svuotarlo con una sola sorsata.
«Loki,
non esagerare» lo invitò dolcemente sua madre.
I suoi
occhi azzurri tremavano, liquidi come un mare che la brezza rende
irrequieto.
Loki le
prese la mano e ne baciò il dorso.
«Non
preoccuparti, madre» le sorrise privo di gioia e Frigga gli
accarezzò il volto.
«Gli
hai insegnato bene, figlio mio. Nessun anziano precettore avrebbe
potuto fare meglio.»
Loki non
disse nulla. Le baciò ancora la mano e si alzò
dalla sua seduta.
Non
sopportava più quelle facce e quelle risa, non sopportava
più l'odore di quella sala.
Prese
l'uscita, verso i giardini, mentre due occhi lo seguivano silenti.
Si sedette
all'ombra della sua
quercia e strappò qualche filo d'erba dal terreno.
Osservò i verdi aghi spezzati nel suo palmo e poi li
gettò via.
«Splendida
notte.»
Loki
riconobbe quella voce senza bisogno di voltarsi.
«Pensavo
odiassi il
freddo» sospirò mentre Sigyn gli si sedeva
accanto.
Voltò il capo a guardarla: l'aveva evitato per tutta la sera
ma
adesso che era lì, di fronte a lui, non poté
sottrarsi
dal perdersi nei suoi occhi. Così belli e così
tristi.
«Non
lo odio, preferisco
solo le temperature più miti» rispose lei
accarezzando
l'erba senza però strapparla.
«Tuo
marito avrà da ridire nel saperti qui, nascosta dalle ombre
con un altro uomo.»
Sigyn
sorrise.
«Theorico
non ha tempo per questi pensieri.»
Triste era
l'alone di solitudine che tingeva quelle parole.
Erano ormai
trascorsi anni
dacché lei e Theorico si erano uniti in matrimonio eppure
ancora
Sigyn non era stata benedetta con una gravidanza. A corte si diceva
fosse a causa della vita libertina che aveva condotto da giovane,
altre voci insistevano sulla mancanza di attenzioni da parte di
Theorico che sembrava preferire la compagnia dei suoi soldati.
Loki non
dava ascolto a
nessuna di esse e una parte del suo orgoglio, mai guarito dalla ferita
che lei gli aveva inflitto, gioiva di quella verità.
Ma in una notte tanto bella quanto buia non vi era spazio per vecchi
rancori.
«E
i tuoi di pensieri, mio principe?» gli chiese Sigyn
dolcemente. «Cosa annebbia i tuoi begli occhi?»
Loki
sospirò e guardò in alto le miriadi di stelle,
insolite per una sera d'inverno.
«Domani
Thor partirà per la sua formazione» disse.
«Andrà
anche lui su Vanaheim?»
«Forse...»
A nessuno,
a parte la cerchia
più ristretta di Odino, era dato conoscere la
verità e,
da quella domanda, Loki capì che Theorico era fedele a suo
padre
molto più di quanto lo fosse a sua moglie.
«Sai,
Loki, ho sempre
voluto chiederti scusa per le parole che ti urlai quella sera. Non
avrei dovuto. Fu la collera a guidare la mia lingua.»
Loki
sorrise e scosse il capo.
«Avevi
ragione. Odiavo
quel bambino e un frammento del mio cuore desiderava non fosse mai nato
eppure adesso...» Si coprì gli occhi con le dita e
rise
tristemente, sentendo la malinconia accrescere come un fuoco in balia
del vento. «È così patetico.»
Sigyn
abbracciò le sue spalle e gli baciò una tempia.
«No,
non lo è.
È solo amore» disse e Loki sollevò lo
sguardo nel
suo mentre la mano gentile di Sigyn gli accarezzava una guancia.
«Ti accusai di non amare neanche il tuo stesso fratello, poi
ti
ho guardato, in tutti questi anni, e ho capito che lui è
l'unica
persona che potrai mai davvero amare.»
Sentì
poi le labbra sulle sue in un bacio dal sapore di un addio.
«Conserva
sempre nel
cuore la luce bellissima di questo affetto, Loki. Nei giorni
più
bui sarà la più cara delle compagnie.»
E poi
andò via,
sorridendogli un'ultima volta, portando con sé l'argento di
una
lacrima che sfuggiva dai suoi occhi.
*
La festa,
ormai conclusa,
lasciava dietro sé solo posate da lavare e avanzi da gettare
ai
cani. La servitù si mise a lavoro nonostante l'ora tarda per
riportare la sala al proprio ordine e splendore.
Sua madre
lo accompagnò nelle sue stanze e gli baciò le
guance.
«Dolce
notte, Thor» gli sospirò e Thor le sorrise.
«Dolce
notte, madre mia.» E fu lui a baciarle la guancia morbida.
Poi Thor
entrò e si chiuse la porta alle spalle.
Aveva
deciso di trascorrere la
sua ultima notte nel proprio letto, da solo, per non sentire ancora
più forte la mancanza che avrebbe avuto della sua casa.
Quando
raggiunse il letto
scorse un oggetto poggiato sulle lenzuola. Ne aveva memoria ma
impiegò qualche secondo per ritrovare quel piccolo scrigno
fra i
suoi ricordi.
Lo
sfiorò con mani
tremanti rivivendo la notte ormai lontana in cui lo aveva riposto sul
letto di Loki, con un piccolo biglietto dentro che a quel tempo,
pensò, suo fratello avesse gettato via, e invece lo
ritrovò sotto lo scrigno, sulle lenzuola, con la carta
piegata
più volte.
Poggiò
il cofanetto sul
comodino e prese il foglio. Lo spiegò e sorrise imbarazzato
nello scorgere le parole che lui stesso aveva scritto anni prima.
“Buon compleanno, fratellone.
Spero che un giorno mi vuoi
bene come ti voglio bene io.
Thor.”
Ma
più giù, con una grafia diversa che
però riconobbe subito, c'era un'altra frase:
“Buon compleanno, testa di paglia.
Apri lo scrigno e impara come
si fa un vero regalo.
È la mia ultima
lezione.”
Rise
incuriosito e riprese lo
scrigno. Quando ne sollevò la parte superiore decine e
decine di
piccole farfalle volarono via, con le loro ali d'oro e argento, fino a
riempire l'intera camera.
Thor rimase
a bocca aperta con il cuore gonfio di gioia mentre le meravigliose
creature volteggiavano attorno a lui.
Allungò
una mano e una di esse si posò sul suo indice.
La
guardò incantato e
se avesse avuto l'istintività del bambino che era stato,
sarebbe
corso immediatamente in camera di suo fratello, gli avrebbe gettato le
braccia al collo e gli avrebbe urlato ancora una volta quanto lo
amasse. Ma non poteva adesso, non quella notte.
Le farfalle
volarono poi via,
attraverso la balconata, tranne la più piccola che restava
ancora sulla punta del suo indice.
«Vuoi
restare a farmi
compagnia?» chiese e, come avesse compreso la sua
domanda,
la farfalla sbatté le ali e volò sul suo cuscino.
Thor
raggiunse a sua volta il materasso e posò il cofanetto
accanto alla lettera.
«Jotunheim
è
molto fredda, sai?» sospirò ancora alla piccola
creatura
che passeggiava sulla federa del suo guanciale. «Se non fosse
così fredda ti porterei con me...» Thor chiuse gli
occhi e
prese un profondo respiro. «Sarei meno solo.»
Quella
notte fu difficile
prendere sonno, i ricordi e le domande tennero sveglia la sua mente per
molte ore, ma poi come sempre avviene, senza che se ne rendesse conto,
cadde nell'abbraccio dell'oblio onirico e sognò il verde dei
campi di Yord, le acque cristalline della fonte di
Jörmundgander,
il manto nero e lucido di Sleipnir, mentre solcava leghe sul suo dorso.
Sognò il sorriso di Loki che cavalcava al suo fianco.
*
Il mattino
fu salutato dal
bagliore del primo sole e dal suono solenne di un corno: saluto per il
principe in partenza, un augurio di far ritorno presto e in salute.
La
destinazione per molti era
ancora erroneamente Vanaheim, ma le voci sulla veridicità
del
luogo che avrebbe accolto il principe Thor si sarebbero presto sparse
generando stupore per la decisione del re.
Loki
affiancò sua madre
mentre Odino comandava gli stallieri di preparare Sleipnir. Sarebbe
stato il re in persona a guidare Thor così come aveva
guidato
Loki.
Frigga
mostrava un viso
rilassato e orgoglioso e Loki ammirò con quale perfezione
sua
madre indossava quella maschera per celare lacrime e timori.
Tyr avrebbe
accompagnato la
squadra di scorta e Theorico, in sua assenza, avrebbe avuto il comando
temporaneo della guardia reale.
Loki lo
guardò, mentre il padre Generale gli dava direttive, prima
di poggiargli una mano sulla spalla.
Theorico
annuì a ogni parola e poi chinò il capo quando
Tyr si allontanò.
I loro
occhi si incrociarono: il verde di Loki nel nocciola del capitano.
Fu uno
sguardo che voleva
essere preludio di un futuro scontro, forse, ma Loki quel mattino aveva
il cuore pronto per una sola emozione, non per altre.
Fu Theorico
a distogliere per primo gli occhi mentre montava a cavallo e coordinava
i soldati per la marcia in saluto del re.
Thor era a
qualche metro,
accanto a Odino, e lo ascoltava. Qualsiasi parola stesse pronunciando
il Padre degli Dèi sembrava inudibile a tutti tranne che al
piccolo
principe. Loki sapeva era merito di un raffinato incantesimo che Odino
aveva gettato per evitare orecchie indiscrete che avessero voluto
carpire i segreti di padre e figlio.
Guardò
il suo piccolo
fratello mentre indossava i suoi guanti, bianchi come la neve che
presto lo avrebbe accolto. Alle sue spalle un mantello rosso rubino su
cui si poggiavano morbide le onde dei suoi capelli biondi. I suoi occhi
azzurri erano dipinti di una sicurezza e un controllo da fare invidia
al più prode dei comandanti di guerra, e Loki
provò un
moto di tenerezza e orgoglio.
Era stato
anche merito suo se
quel bambino ingenuo e fragile era adesso un ragazzo conscio delle
proprie possibilità, avido di apprendere quanto
più
poteva.
Sorrise
guardando le piccole
lentiggini che ancora piovevano sul suo naso, ripensando a quante volte
lo aveva preso in giro perché le efelidi erano prerogativa
delle
fanciulle e non dei guerrieri, e Thor si infuriava e arrossiva
sembrando davvero una giovane fanciulla.
Gli sarebbe
mancato... tanto.
Deglutì,
Loki, deglutì un groppo così ispido da
costringerlo a schiarirsi la gola con un colpo di tosse.
Sua madre
si volse a guardarlo e lui le sorrise.
«Potresti
andare con loro» disse. «Se lo chiedi, Odino
non avrà da ridire.»
Oh, gli
sarebbe piaciuto, ma
se lo avesse fatto avrebbe rischiato di far vincere il fratello sul
figlio e non era ciò di cui si sentiva il bisogno.
«Credo
che Thor preferisca così, madre» rispose soltanto
e Frigga gli diede un cenno del capo in accordo.
Il corno
suonò ancora
mentre i cavalli della guardia reale, su ordine di Theorico, si
disponevano ai bordi della lunga strada che portava ai cancelli d'oro.
Tyr
organizzava invece il
drappello di scorta: la prima metà avrebbe anticipato il re
e
suo figlio, la seconda avrebbe chiuso la marcia.
Sleipnir
era pronto per essere montato e Odino gli carezzò il muso
gentilmente.
Thor si
voltò verso sua madre e suo fratello e li raggiunse.
Loki
avvertì il fremito che attraversò il corpo di
Frigga.
«Madre?»
Thor
sorrideva mentre le prendeva la mano. «Farò presto
ritorno. Non temere» affermò con sicurezza tale da
render
lucidi gli occhi della regina.
«E
io ti
aspetterò, figlio mio. E sarò fiera di
te.» Frigga
si chinò e lo abbracciò stretto e Thor le
baciò la
guancia teneramente.
Loki
ripensò alla sua
di partenza, alle lacrime che gli avevano abbandonato gli occhi mentre
sospirava a sua madre quanto non volesse andare, quanto dolore sentisse
nel doverla lasciare.
Ma Thor non
pianse, continuò a sorridere come un
coraggioso soldato.
L'abbraccio
si sciolse e Frigga gli accarezzò la testa mentre Thor
fronteggiava adesso Loki.
Si
guardarono a lungo, in silenzio, e si dissero tanto. Un muto dialogo
fraterno in cui più di un grazie fu pronunziato.
«L'ho
lasciata nella tua
stanza» disse Thor e Loki alzò un sopraciglio
curioso.
«Prenditi cura di lei finché non torno.»
Comprese e
sorrise. «Fra un giorno sarà bella che
morta» affermò.
«E
tu non farla morire» ribadì Thor.
Loki non
gli promise nulla e Thor non gli chiese di farlo.
Stava per
andare via, con quel
sorriso coraggioso, quando Loki allungò la mano e lo
tirò
a sé. Sentì le braccia di Thor avvolgersi attorno
al suo
corpo.
Tenne un
solo braccio stretto
attorno alle sue spalle e l'altro era molle, contro il fianco. La mano
stretta in un pugno tremava.
«Ciò
che ti ho insegnato...» sospirò con un filo di
voce, incapace di continuare.
«Lo
ricorderò sempre, fratello» rispose Thor contro il
suo petto.
Loki prese
un profondo respiro avvertendo gli occhi prudere come non ricordava
più.
«Bene»
disse prima
di allontanarlo lentamente facendo perfino fatica a tenere sulle labbra
un sorriso insolente. Lo spinse poi via e Thor ricambiò il
suo
sorriso con uno così dolce e limpido che Loki ne
disegnò
ogni linea nella memoria con forza, per tenerlo sempre vivo.
Ancora il
corno, poi lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli.
Odino
montò Sleipnir e Thor una cavalla dal manto bianco.
Theorico
urlò di salutare il re e il principe, con la spada lucente
puntata verso il cielo.
I soldati
obbedirono e un sibilo di spade e urla si levò nel
più caldo dei mattini di inverno.
La scorta
prese il passo e così i cavalli reali.
Thor si
voltò verso sua
madre e suo fratello un'ultima volta, alzò la mano e li
salutò, poi affiancò Odino e insieme discesero il
sentiero che li avrebbe condotti ai cancelli.
Loki li
vide aprirsi da lontano come avevano fatto ogni singolo giorno per tre
anni, prima che Thor vincesse la sua sfida.
L'avrebbe
vinta anche stavolta, ne era certo.
E lui
sarebbe stato lì, a richiamarlo per averci impiegato
così tanto.
***
----------------
NdA.
Questo capitolo... beh, l'avevo detto: lo amo particolarmente. Non
chiedetemi perché, ma ho amato pensarlo, scriverlo, e
rileggerlo
<3
Spero di aver trasmesso una briciola di quell'amore.
Ma adesso ci dobbiamo salutare perché non voglio
lasciare saluti strappalacrime nell'ultimo capitolo, perciò
grazie a tutti voi che avete letto, seguito e apprezzato questa storia.
Grazie a chi ha lasciato un commento, a chi mi ha dedicato parole di
affetto e stima e anche a chi mi ha sollevato critiche ^^
Grazie per avermi fatto compagnia e per aver diviso con me l'affetto
verso questi due fratelli.
Mi auguro di cuore che anche il prossimo e ultimo capitolo,
così
come questo, possano piacervi ed emozionarvi almeno un pochino.
Io vi saluto qui e vi aspetto quindi per l'epilogo, così
come Loki aspetterà il ritorno del suo amato fratellino.
Un bacio sincero a chiunque abbia incrociato questa storia e abbia
deciso di viverla.
Vi voglio bene <3
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 9 *** Ali d'oro e argento ***
cap9
“Mio amato
fratello”
Capitolo 9
[Ali d'oro e argento]
Loki camminò con
passo veloce attraverso il lungo corridoio che lo avrebbe condotto
nello studio di Odino.
Bussò
alla porta con pochi colpi di nocca e attese che gli fosse permesso di
entrare.
«Mi
hai fatto chiamare, padre?» chiese varcando la soglia.
Odino
sedeva al suo scrittoio con una moltitudine di carte e documenti; la
fronte aggrottata e qualche piccola macchia di inchiostro nero sulle
dita.
«Sì,
sì, entra.» Gli fece un gesto con la mano per
invitarlo a chiudere la porta.
Loki
eseguì l'ordine e raggiunse la scrivania da cui suo padre
non aveva ancora sollevato lo sguardo.
Attese che
parlasse.
«Vorrei
che andassi su Vanaheim, da Freyja» disse infine Odino,
poggiando la penna sul foglio e sollevando finalmente lo sguardo in
quello del figlio.
«Il
motivo, se è lecito chiederlo?» domandò
Loki.
Una smorfia
stanca piegò il viso di suo padre.
«Andrai
in semplice rappresentanza del Regno per rendere omaggio a Freyr per la
nascita di suo figlio» spiegò. «Io non
posso allontanarmi da Asgard e, come sai, tua madre non prova molta
simpatia per la nostra regina Vanr. Sarà una buona occasione
per salutare la tua amata mentore.»
Loki si
umettò le labbra e annuì.
«Allora
sono stato fortunato» sospirò.
Odino
lasciò trapelare il non aver compreso la sua espressione, ma
soprattutto il non averla apprezzata.
«Cosa
intendi dire?» gli chiese.
Loki
sorrise accarezzando con le dita la superficie della scrivania.
«Nulla,
pensavo solo che se invece di Vanaheim avessi acquisito la mia
istruzione altrove,
questi viaggi diplomatici sarebbero stati meno piacevoli.»
Odino
sbatté il pugnò sul legno ma Loki non fece
sfumare il sorriso che piegava le sue labbra.
Erano
trascorsi sei mesi. Era ormai estate inoltrata ad Asgard. Su Jotunheim
era ancora inverno, sarebbe stato sempre inverno, a dispetto delle
stagioni, dei giorni, dei mesi... degli anni.
«Per
quanto ancora vuoi continuare con questa storia? Perfino tua madre ha
accettato e tu ti ostini a tartassarmi con la tua fastidiosa
lagna?!» sbraitò suo padre ma Loki non
provò nulla a parte quella brace mai spentasi di rabbia e
dubbio.
«Potrebbe
già essere morto, di freddo se non di spada»
affermò atono.
«Non
lo è.»
«Come
puoi esserne sicuro?»
«Lo
sono e basta.»
«E
se ti sbagliassi?»
Odino
colpì ancora la scrivania prima di alzarsi con sguardo
furente.
«È
tempo di piantarla, Loki. Smettila con questa storia prima che la mia
pazienza si esaurisca» sibilò il re con gelida
calma. «Sono passato oltre le tue insinuazioni, le tue mai
velate accuse, perché comprendevo il tuo sentimento di
fratello, ma adesso ti ordino di non proferire più parola in
merito a tale questione. Agirò come re e non come padre e
ti pentirai di aver messo ancora in discussione le mie scelte. Hai
capito? Tu non hai il diritto di contraddirmi così come non
puoi rivendicare alcun diritto su quel bambino. È mio figlio
e come tale subordinato alle mie decisioni.»
Loki si
ritrovò a irrigidire la mascella fino a sentirla dolere. Le
unghie quasi graffiarono il legno dello scrittoio.
«Lo
hai condannato alla morte nelle mani di quel mostro. Nessun buon padre
avrebbe osato tanto.»
Sapeva che
con quelle parole avrebbe solo fomentato la sua rabbia ma Odino
sospirò tornando a sedere, poggiando stancamente il capo
contro lo schienale della sua seduta e passandosi le dita sulla fronte.
«Quando
decisi di inviarti su Vanaheim, tua madre mi ingiuriò come
non avrei mai pensato di udirle fare. “Mio figlio non
crescerà alla corte di una sgualdrina Vanr”,
diceva. “Lo irretirà e violerà la sua
innocenza”... così, così
diceva.»
Loki
abbassò lo sguardo e poi lo rialzò negli occhi di
suo padre.
«Adesso,
Loki, io ti chiedo: Freyja ha mai fatto nulla di tutto ciò?
Ti ha mai violato o ha mai usato le sue arti seduttrici per indurti in
situazioni disdicevoli per un fanciullo?»
Loki si
bagnò le labbra senza rispondere e palesando quella che era
ovviamente una risposta negativa. No, Freyja non aveva mai fatto nulla
a parte essere una maestra severa che aveva preteso da lui il massimo
che potesse dare.
Odino
sorrise debolmente.
«Io
ti concedo di dubitare, te lo concedo perché conosco il tuo
animo testardo e ostinato e non ti costringerò a credere
alla mia buona fede, perché so che non lo farai.
Ciò che ti chiedo è di serbare per te i dubbi e
le accuse e di lasciare Asgard libera dalla patina di miscredenza che
avvolge la tua mente. E quando giungerà quel dì
in cui Thor farà ritorno, voglio che tu venga da me, e in
ginocchio mi chieda perdono per la tua totale mancanza di fiducia nel
tuo re e soprattutto in tuo padre.»
Loki
osservò l'espressione di rigore di suo padre con una domanda
nella gola.
«E
se non tornerà?»
«Allora
dichiarerò guerra a Jotunheim e schiaccerò sotto
i piedi ogni singolo Jotun, fino all'ultimo bambino, finché
non sterminerò la loro intera razza e lascerò a
te l'onore di prendere la vita del loro re Laufey.» E con
queste parole Odino tornò ai suoi doveri, come non avesse
pronunziato il più forte di ogni giuramento. Riprese la sua
penna e tracciò altre scritte sulla pergamena.
Da quel
dì Loki non riaprì più il discorso.
*
*
*
Frigga
stava tessendo, guardando al di là della balconata il
tramonto che divorava il cielo di Asgard.
Passò
le dita sulla tela, sui ricami, sentendo una morsa afferrarle il cuore
e stringere.
Scorse
all'angolo destro della tessitura un piccolo difetto di cui non si era
resa conto. Lo guardò con attenzione, lo sfiorò e
la morsa si intensificò fino a rubarle il respiro.
Si
accasciò alla seggiola portando una mano al petto.
«Mia
regina!» La sostenne la sua ancella tenendola per un braccio.
Ma sul viso di Frigga non c'era l'espressione di dolore che la giovane
si aspettava di trovare. C'era una lacrima lucente e un sorriso a
piegarle le labbra; gli occhi fissi su un angolo della tela che
l'ancella, confusa, guardò a sua volta.
Sulla
pallida stoffa, fra fili rosa e arancio, una macchia nera, quasi un
graffio: il contorno perfetto di una saetta.
*
Il sole era
sorto da qualche ora, ma Loki non si era ancora sollevato dal letto. Fu
il lungo suono di un corno a svegliarlo. Aprì le palpebre e
si coprì con la mano gli occhi feriti dalla luce.
Sentì
un peso sul petto e scoprì la testa castana della giovane
che aveva incontrato la sera precedente.
Si
alzò non preoccupandosi che la ragazza fosse ridestata dal
suo gesto brusco e si avvicinò alla finestra.
«Cosa
succede, mio principe?» Si sentì chiedere dalla
sua voce assonnata.
Loki
scrutò l'orizzonte immerso nel giorno e udì
ancora il corno, poi i soldati in fermento. Ma non era un suono di
guerra, no, era un suono che aveva già udito prima, sette
lunghi anni prima.
Sentì
la gola stringersi come se una mano l'avvolgesse.
Sette anni...
Era oggi?
Era quello il giorno in cui avrebbe rivisto un bambino ormai uomo?
L'avrebbe
riconosciuto?
Avrebbe
ritrovato quel sentimento che aveva serbato nel petto per tutti quegli
anni?
Ripensava
spesso alle parole di Sigyn, ai suoi occhi, adesso che non li vedeva
più da tempo.
“Conserva sempre nel cuore la
luce bellissima di questo affetto, Loki. Nei giorni più bui
sarà la più cara delle compagnie.”
E lo era
stata, in tutte quelle notti di solitudini, nella malinconia e nella
nostalgia, mentre in un letto troppo grande e silenzioso, cercava di
ritrovare la sagoma addormentata al suo fianco di un fratello non
voluto ma che aveva imparato ad amare. Un fratello che gli era mancato
e che spesso si chiedeva se fosse mai realmente esistito o fosse stata
solo una proiezione della sua mente. Ma negli occhi di Frigga, nei
silenzi di Odino, in quel nome poche volte pronunciato ad alta voce, lui c'era sempre.
Thor era
sempre stato lì, e niente e nessuno erano riusciti a tenerlo
lontano dal cuore di suo fratello.
Loki si era
rimproverato quella debolezza, quella patetica affezione, ma non aveva
potuto farne a meno.
Camminò
lentamente verso la sedia su cui sostavano le vesti che aveva tolto la
sera precedente e prese a vestirsi con gesti meccanici. La ragazza gli
chiese ancora cosa stesse succedendo ma Loki non le rispose, perso
com'era nei suoi pensieri; troppo occupato a far rallentare il battito
del cuore.
Non la
invitò neanche, come di prassi, a lasciare la stanza prima
del suo ritorno. Semplicemente in quel momento neanche gli importava
della sua stessa esistenza.
Tirò
indietro i lunghi capelli neri e si avviò alla porta che
aprì senza neanche preoccuparsi di chiuderla alle spalle.
Camminò,
quasi marciò, come se le gambe non obbedissero
più alla sua volontà ma solo a un incontrollato
bisogno a cui neanche lui sapeva dare nome.
Attraversò
i corridoi, le sale, discese con passo pesante le scale fino a giungere
al grande portone.
Si
fermò sollevando le spalle in un profondo respiro.
“Ciò che ti ho
insegnato...”
“Lo ricorderò sempre,
fratello.”
Si era
chiesto tante volte se aveva tenuto fede alla sua parola.
Sette anni
erano stati lunghi, incredibilmente lunghi, eppure adesso, se si
voltava poteva vedere un bambino correre per quei gradini a
perdifiato, con una spada di legno in pugno e una determinazione senza
eguali negli occhi.
Un bambino
era ciò che ricordava, era chi ricordava.
Sette anni
insieme e sette distanti, quasi le Norne avessero voluto porre tutti i
suoi sentimenti su di una bilancia in perfetto equilibrio.
Si
avvicinò a passo lento verso la luce del portone e scorse in
breve la figura di sua madre: i suoi capelli accuratamente acconciati,
il suo vestito più bello in dosso.
L'affiancò
e si sistemò alla meglio quei ciuffi ribelli che gli
ricadevano sul viso.
«Di
buonora, figliolo» lo salutò sarcastica Frigga,
notando subito la sua insolita scompostezza.
«È
stata una serata movimentata» rispose Loki rinunciando a
domare la sua chioma.
Frigga
sorrise e si scambiarono un lungo sguardo.
«È
lui?» le chiese e la regina annuì.
«Thor
mi fece la stessa domanda quando tornasti tu»
ricordò a voce alta risvegliando nella memoria di Loki quei
giorni e quelle emozioni ora così lontane.
Poi
entrambi si volsero a guardare il lungo sentiero ancora privo di ombre,
in attesa.
«Non
ricordo che tu sia venuta ad accogliermi» mormorò
Loki con fare malizioso.
Frigga
sorrise nuovamente.
«Non
ricordo che tu ti sia fatto annunciare.»
Loki
lasciò andare una risata colpevole e Frigga gli
carezzò il dorso della mano.
Poi ci fu
ancora il suono di un corno mentre un soldato risaliva la lunga strada
fino al piazzale.
«Mia
regina! Mio principe!» salutò l'uomo con un cenno
del capo tenendo le briglie del suo cavallo. «Annuncio il
ritorno del principe Thor Odinson che giunge da nord in sella a un
bianco destriero.»
«Grazie,
soldato. Che le Norne ti benedicano per questa felice
notizia.» Fu Frigga a dover rispondere al soldato, dal
momento che Loki sentiva ogni parola morire nella gola.
Non voleva
mostrare quella sua incontrollata ansia, quella debolezza. Voleva
essere distaccato e moderato, voleva essere il fratello che aveva
lasciato.
Si
comandò di domare battito e affanno e prese un lungo respiro.
Gli occhi
fissi dinanzi, le labbra strette in una linea rigida.
Odino, suo
padre, attendeva nella Sala del Trono, come era suo compito. Loki non
aveva dimenticato il suo giuramento, la promessa che mai
pronunziò ma che lo aveva comunque legato.
“Quando giungerà quel
dì in cui Thor farà ritorno, voglio che tu venga
da me, e in ginocchio mi chieda perdono per la tua totale mancanza di
fiducia nel tuo re e soprattutto in tuo padre.”
Ognuna di
quelle parole batté nelle sue orecchie con la stessa cadenza
degli zoccoli del bianco cavallo che attraversava adesso di lontano i
cancelli.
A ogni
manciata di metri che divorava scorgeva più nitidamente la
chioma bionda, lunga e mossa, come la criniera di una fiera. In sella
un giovane uomo, con il corpo coperto da una pesante pelliccia bruna da
cui si intravedevano il petto possente e le braccia scolpite; massici
stivali di cuoio maltrattato dal tempo e le intemperie, e le gambe,
coperte da pantaloni di pelle nerissima, sembravano dipinte ai fianchi
del cavallo, mentre con andatura lenta e sinuosa faceva il suo
ingresso nello spiazzale.
Frigga si
portò le mani alla bocca per far tacere un gemito di
sollievo e Loki ancora una volta non riusciva a dire nulla, mentre
guardava quegli occhi azzurri, più azzurri di quel che
ricordava, e quel sorriso che invece era rimasto lo stesso impresso nei
suoi ricordi.
Il
cavaliere fermò il passo e ancora un corno suonò.
Saltò
poi giù dal cavallo e lasciò cadere a terra la
pelliccia che lo aveva coperto fino ad allora. La pelle ambrata del
dorso sembrò illuminarsi sotto i raggi del sole di
primavera, rendendo il giovane che si avvicinava, una statua d'oro in
movimento.
«Madre...»
Il tono
infantile era svanito per sempre per dar vita a una voce degna del
rombo di un tuono.
Loki
guardò il suo profilo, il viso che solo adesso che era
vicino vedeva coperto da una leggera barba dorata.
«Thor...
figlio mio.»
Frigga lo
abbracciò come aveva abbracciato lui al tempo, con la stessa
forza, la stessa intensità, con lo stesso amore. Ma Thor la
sollevò e ridendo la tenne stretta mentre volteggiava su se
stesso facendo volteggiare anche la lunga veste di Frigga.
Loki li
guardò, così simili, così belli,
così perfetti.
Un petalo
di malinconia cadde nella sua anima senza fare rumore.
«Thor,
il mio Thor, il mio piccolo Thor» sospirava Frigga
cospargendo il suo viso di baci, e Thor le baciò le mani e
le guance e disse che l'amava.
Frigga non
trattenne una lacrima che suo figlio portò via con un altro
bacio.
E poi
guardò lui.
Loki si
perse nell'azzurro del suo sguardo e sembrava riuscire a scorgere le
vette innevate di Jotunheim, il blu cobalto dei suoi cieli, il riflesso
argenteo delle nevi che ne governavano le terre.
Non si
chiese cosa mostrassero i suoi, cosa Thor stesse leggendo nel verde
delle sue iridi.
«Fratello»
disse Thor dolcemente, quasi con la stessa incertezza del bambino che
era stato, con lo stesso timore che aveva vestito le sue parole un
tempo.
Loki lo
osservò ancora, in silenzio, cercando l'eco di quel
fanciullo che era stato difficile amare ma impossibile odiare.
Adesso
aveva un uomo di fronte, così diverso eppure che rifletteva
quel bambino in ogni più piccolo dettaglio.
Allungò
la mano e piegò le labbra in un piccolo sorriso che non
aveva facoltà di ostentare le sue vere emozioni.
Attese che
l'altro l'afferrasse, come due uomini che adesso erano, con il bagaglio
culturale e di esperienza che aveva inevitabilmente cambiato entrambi.
E niente di
ciò che fu avrebbe potuto ancora essere.
Ma Thor
guardò quella mano tesa con un piglio incerto, poi
sollevò ancora lo sguardo nel suo e sorrise.
Loki si
ritrovò stretto fra le sue braccia, forti come una morsa,
mentre affondava il viso fra i suoi lunghi capelli biondi che
profumavano d'inverno.
«Fratello
mio» sospirò Thor al suo orecchio facendo battere
forte il cuore contro il petto di Loki che si chiese quale dei due
battiti fosse il suo. «Mio amato fratello» disse
ancora Thor affondando le dita fra le nere ciocche e respirando contro
il suo collo. «Mio amatissimo fratello...»
E Loki non
seppe se fosse più caldo il suo abbraccio o la sua voce, o
il riverbero di quell'affetto che urlava in ogni denso respiro che
sentiva contro la pelle.
Sollevò
a sua volta le braccia avvolgendole attorno a quel corpo e sentendo
sotto le mani le sottili linee delle cicatrici che disegnavano la sua
schiena nuda: il racconto silenzioso di una storia lunga sette anni.
Bentornato, fratello... Mi sei
mancato.
Non lo
disse ma lo strinse più forte.
*
La sera fu
grande festa, solo Asgard era presente perché
così voleva Odino: il principe doveva ritrovare la sua gente
prima, poi sarebbe venuto il resto.
Loki sedeva
al fianco di Frigga e guardava Thor fra la folla che brindava con
quelli che un tempo erano stati i suoi compagni di giochi. E li
abbracciava, li baciava, come se non fossero stati divisi un solo
giorno.
«A
Thor!» urlava Volstagg, con la sua lunga barba rossa e la sua
pancia imponente.
«A
Thor!» rispondeva Fandral, sorridente, carezzandosi la folta
chioma bionda.
Sif non
rispose, gettò solo le braccia attorno al collo di suo
fratello e gli baciò le guance.
Thor
sorrise e le tenne la mano.
Sif, adesso
bella come una valchiria e altrettanto letale. Sif, degna di sedere
accanto a un principe.
Loki si
accarezzò il mento studiando la scena e chiedendosi se lo
stesso pensiero avesse adesso attraversato anche la mente di Thor.
Non avevano
parlato molto. Odino aveva preteso la completa presenza di suo figlio
ed erano stati da soli nel suo studio per tutto il pomeriggio.
Quando
erano usciti Loki non aveva chiesto a nessuno dei due i discorsi
affrontati ma aveva seguito il padre nel suo studio, si era chiuso la
porta alle spalle e aveva chinato il capo, in silenzio.
Odino aveva
riso divertito, dicendo di ricordare una promessa diversa. Loki aveva
ribattuto che lui non ricordava neanche di averla fatta quella promessa
e suo padre aveva sospirato congedandolo.
Loki era
uscito con un sorriso vittorioso dipinto sulle labbra.
«Non
vai a brindare con tuo fratello?» gli chiese Frigga.
«Lascia
che i bambini giochino fra di loro, madre» mormorò
facendola ridere.
Tornò
poi con lo sguardo al gruppo di giovani. Thor rideva fino alle lacrime
con indosso una sottile maglia priva di maniche. Diceva di non
sopportare molto la temperatura così elevata, diceva che
doveva abituarsi, abituarsi nuovamente alla sua casa.
Volstagg
aveva bevuto un sorso di vino e rotto il calice a terra. Aveva poi
invitato Thor a fare lo stesso e suo fratello lo aveva imitato, ma il
calice rompendosi aveva bagnato la lunga veste di una nobildonna che li
aveva guardati con rimprovero.
«Mi
scusi, Milady» si era scusato Thor senza nascondere un
sorriso colpevole.
Fandral,
guardando la donna, aveva bisbigliato qualcosa all'orecchio di Thor che
sembrava essere arrossito d'improvviso.
Loki
mandò giù del vino e attese che suo padre
richiamasse tutti all'attenzione.
Invocò
un brindisi in onore di Thor, del suo ritorno, augurandogli di brillare
come la stella più sfavillante per ogni anno a venire.
Tutti
avevano urlato il suo nome alzando alto il bicchiere.
Loki
ritrovò gli occhi di suo fratello e alzò un
angolo delle labbra sollevando appena il suo boccale.
Thor gli
sorrise.
*
La festa
era stata stancante. Loki baciò ancora la giovane dama ma
non aveva interesse a proseguire quell'incontro.
La
lasciò nei corridoi con un ultimo bacio sul dorso della mano
e raggiunse le sue camere mentre la donna gli chiedeva se l'avrebbe
rincontrata la sera successiva.
«Ovviamente,
mia adorata» rispose Loki mentendo.
Aprì
la porta della sua camera massaggiandosi il collo indolenzito e se la
chiuse alle spalle.
Una figura
sedeva sul suo letto.
Una memoria
lontana che ritornava a galleggiare nella sua mente.
«Cosa
ci fai qui?» gli chiese volendo risultare atono ma non
potendo impedire alle labbra di piegarsi all'insù.
Thor
sollevò le spalle e si gettò sul letto tenendo le
gambe a penzoloni.
«Ti
aspettavo» mormorò in risposta mentre Loki
raggiungeva a sua volta il letto. Si sedette e guardò il
viso di Thor, i suoi occhi chiusi, il braccio piegato dietro la nuca.
«Non hai brindato con me, Loki» disse poi suo
fratello aprendo le palpebre stanche.
«Beh,
mi sembra che tu abbia brindato abbastanza con i tuoi compagni. Mi
sbaglio?» ribatté Loki e Thor sospirò.
«Sì,
ma loro non sono te...» affermò richiudendo
nuovamente le palpebre. Poi, in un gesto rapido, si mise a sedere e lo
guardò intensamente. «Fratello, l'hai ancora con
te?» gli chiese con tono solenne, come stesse parlando di
qualcosa di elevata importanza.
Loki
aggrottò la fonte credendo che il vino avesse vinto la sua
lucidità.
«La
mia farfalla» disse ancora Thor, chiarendo la sua confusione,
e Loki per poco non gli scoppiò a ridere in pieno viso.
Scosse il
capo ma non trattenne un sorriso divertito.
«Ma
guardati» disse. «Grande e grosso e sei ancora
la fanciulla con le lentiggini che inseguiva le farfalle.» E
picchiò l'indice sulla punta del suo naso.
Thor
scacciò la sua mano mostrando fastidio per quel commento.
«Non
prendermi in giro, Loki» brontolò con tono
troppo infantile per quella voce roca. «Avevi detto che non
l'avresti fatta morire.»
Loki
ricordò quelle parole, ricordò lo sguardo negli
occhi di Thor, la sua fiducia. Ricordò anche di non avergli
risposto.
«Non
era reale, Thor» confessò. «Era
un'illusione. Lo erano tutte.»
Thor
sbatté le palpebre e abbassò lo sguardo
mordendosi il labbro come un tempo.
«Sei
deluso?» gli chiese Loki ma suo fratello scosse il capo.
«No,
credo di averlo sempre saputo ma speravo di sbagliarmi»
rispose. «Sai, su Jotunheim, alle volte, la notte era
talmente buia che neppure le stelle davano luce, allora pensavo a
quella piccola farfalla e mi sembrava di vederla volare nella tua
stanza. La vedevo posarsi sulle tue mani, fra i tuoi capelli. Ti vedevo
ridere in sua compagnia mentre te ne prendevi cura per me... E la notte
sembrava meno buia.»
Loki
ascoltò le sue parole velate di tristezza e altri sentimenti
che tanto ricordavano i suoi. E gli sembrava a sua volta di vederlo,
quel piccolo bambino che fissava un cielo nero pensando alla sua casa,
a suo fratello, mentre si stringeva nelle pellicce per combattere il
freddo e la solitudine.
«Dammi
la mano» gli disse e gli porse la sua. Thor lo
guardò confuso e poi gli allungò la destra.
Loki la
prese e la chiuse in un pugno mormorando un piccolo incantesimo.
«Adesso
aprila» lo invitò e quando Thor lo fece dal suo
palmo volò via una farfalla d'oro e argento, la stessa che
gli aveva donato per il suo ultimo compleanno.
Thor rimase
a bocca aperta mentre la creatura volava attorno a lui, si posava sulle
dita della sua mano e fra i suoi capelli biondi.
Rise
incantato, con la stessa innocenza di un bambino
seppure conscio
che non fosse realtà.
«È
bellissima, fratello» disse felice, inseguendo con lo sguardo
la farfalla che librava leggiadra nella stanza.
Loki
piegò le labbra in un sorriso intenerito e divertito.
«Ah,
la mia piccola fanciulla...» mormorò con tono
falsamente sognante. «Potrei intrecciare i tuoi capelli con
tanti boccioli di rose. Ti donerebbero.»
Thor lo
guardò truce e lo spintonò sul petto.
«Sono
più grosso e forte adesso, fratello. Dovresti badare a cosa
esce dalla tua bocca» gli rimproverò e Loki
continuò a sorridere afferrando fra le dita una ciocca di
lunghi capelli color grano.
«O
magari potrei adornarli con nastri di raso e fermagli di gemme
e-»
Il pugno
che gli arrivò dritto sul braccio gli fece smorzare fiato e
parole.
«Va
bene, va bene, rettifico: non sei una fanciulla, sei un
troll» mormorò massaggiandosi la zona colpita.
Thor sedeva
sul suo fianco e lo guardava con un sorriso divertito che avrebbe
voluto fargli sparire all'istante ma...
«Mi
sei mancato tanto, Loki» gli disse con tono dolce.
«Più di chiunque altro.»
Loki si
tastò ancora il braccio con espressione dolente.
«A
madre non farebbe piacere sentirtelo dire.»
Thor rise.
«Lo
so, perciò ti chiedo di non dirle nulla.»
«Lo
prenderò in considerazione» sospirò
cercando di non badare al calore che aveva attraversato il suo petto
nell'udirgli fare quella confessione. «Era così
terribile?» gli chiese poi, quando l'ilarità era
passata lasciando il posto al silenzio della notte.
La farfalla ancora
volava aggraziata fra di loro.
Thor
guardò dinanzi a sé un punto che non c'era
realmente.
«No,
Laufey è stato buono, molto severo, ma buono»
rispose. «Mi ha insegnato tanto.»
«Ad
esempio?» chiese ancora Loki cercando di leggere nel suo
sguardo perso.
«A
combattere e cacciare a mani nude, perfino a governare bestie
più antiche di qualunque civiltà. Mi ha insegnato
a organizzare un esercito e un'offensiva, ad affrontare una rivolta...
A uccidere...»
Sull'ultima
parola lo sguardo di Thor si fece più buio e così
quello di Loki mentre si chiedeva ancora una volta quali immagini
quegli occhi di zaffiro fossero stati costretti a vedere.
Ma Thor lo
guardò e mostrò un sorriso, tirato, non sentito,
che voleva soltanto essere una preghiera per non approfondire quel
discorso.
Loki
accettò quella richiesta e gliene fece un'altra.
«Dormi
con me, testa di paglia?» Thor sembrò illuminarsi
e annuì più volte prima di abbracciarlo.
«Così mi racconterai delle donne Jotun.»
Lo
udì ridere mentre gettava via la sua maglia e si sistemava
sul cuscino.
«Sono
fredde anche lì?» chiese ancora Loki liberandosi
della lunga veste.
Thor si
bagnò le labbra arrossendo appena.
«Non
direi proprio...» rispose con un certo imbarazzo che
divertì Loki.
«Uh,
qualcuno ha imparato qualcosa senza l'aiuto di suo
fratello» bisbigliò allungandosi sul lato
opposto del letto e piegando il gomito per poggiare la guancia nel
palmo della mano.
«Sai,
mi chiedo come sia farlo con un'asgardiana» disse Thor
sinceramente curioso.
«Direi
che l'unico modo per scoprirlo sia provarlo»
suggerì Loki sorridendogli malizioso. «E penso che
Sif sarebbe lieta di fare da volontaria.»
Thor rise e
gli assestò una pacca sulla spalla.
«Tu
dici? Io non avrei nulla in contrario.»
«Oh,
non ne avevo dubbi.»
Ci furono
altre risate, altre confidenze, altri momenti da fratelli.
*
*
*
*
*
*
*
*
Il vento
fischiava nelle orecchie con forza, quasi fosse il lamento di un
animale morente.
Odino
affondò un passo dopo l'altro nella fredda coltre di neve
mentre, nudo di scorta e armi, giungeva in solitudine dinanzi ai gelidi
cancelli di Laufey.
Il re lo
ricevette e i due sedettero l'uno di fronte all'altro, alla luce di
decine di candele.
«Giungo
qui per ringraziarti» disse Odino guardando gli occhi rossi
di chi un tempo fu un nemico.
Laufey
sorrise, con bianchi denti affilati come lame.
«Tuo
figlio è stata una bestia difficile da domare»
disse il re Jotun e fu Odino a sorridere.
«Non
ti illuderai di esserci riuscito?» chiese e Laufey scosse il
capo.
«Non
l'ho mai davvero sperato, Odino. Tuo figlio è la tua carne e
il tuo sangue: siine orgoglioso o disperati, perché
sarà la sua maledizione.»
Il Padre
degli Dèi guardò il fondo rosso del calice che
stringeva fra le mani, scorgendo il suo riflesso sulla superficie
liquida.
«Loki-»
«Sai
che non mi interessa» lo interruppe Laufey senza lasciarlo
continuare. «Fu una tua scelta salvargli la vita, e tua
è la responsabilità della sua
esistenza.»
«E
perché mi facesti quella richiesta tanti anni fa?
Perché volesti mio figlio se non per bilanciare il
destino?»
Laufey rise
di quelle domande accarezzando con l'indice il bordo del suo calice e
facendolo sibilare lamentoso.
«Volevo
solo avere lo stesso trattamento riservato alla bella Freyja, Borson.
Affinché tu potessi dire di trattare equamente tutti i tuoi
alleati.»
Odino non
credette, il suo cuore di padre non volle credere.
Svuotò
il suo bicchiere e lo poggiò poi vuoto sul tavolo.
«Non
vuoi sapere quindi nulla di lui?»
Laufey
sospirò.
«Giungono
voci anche qui, sulla Lingua d'Argento di Asgard...»
mormorò con parole che ne celavano altre.
Il Grande
Padre studiò il suo viso e lo sguardo scarlatto.
«Per
cui?» chiese e Laufey guardò a sua volta il fondo
del suo bicchiere.
Lo
avvicinò alle labbra e prima di bere disse:
«Avresti fatto meglio a lasciarlo morire.»
*
*
*
*
*
*
*
*
*
La notte
era alta, la luna bianca e le stelle a milioni, come lacrime piante nel
cielo.
Loki
guardava Thor dormire al suo fianco, in quel posto che era sembrato
troppo freddo fino a quel momento e si chiese ancora chi fosse questa
creatura che era entrata senza permesso nella sua vita fino a
stravolgerla, si chiese come ci fosse riuscita, come dopo sette lunghi
anni di assenza ancora possedeva così intensamente ogni
battito del suo cuore.
Loki si
chiese se per sempre avrebbe provato quel sentimento di affetto e
tenerezza, quel senso di protezione verso di lui, verso un fratello di
cui non poteva più fare a meno.
Loki si
chiese se avrebbe avuto ancora qualcosa da insegnargli o sarebbe stato
il contrario.
Loki si
chiese quante altre notti avrebbero dormito insieme, abbracciati, se ci
sarebbero state notti in cui avrebbero combattuto, litigato, in cui
avrebbero desiderato l'uno il male dell'altro.
Thor era
una creatura di sole e neve, luminoso e limpido: non l'avrebbe mai
potuto fare. Su di sé, Loki non osava premonire nulla, il
suo animo tortuoso non gli permetteva di farlo.
Loki si
chiese se avrebbe sempre considerato Thor il suo piccolo fastidioso
fratellino, o se mai, un giorno, sarebbe stato una minaccia e lo
avrebbe temuto.
Loki si
chiese se quell'odio, che aveva falsamente professato per anni, sarebbe
mai un giorno divenuto verità.
Gli
accarezzò i capelli e gli baciò la fronte, con
una dolcezza che neanche a quel bambino aveva mai riservato.
Poggiò
la guancia sul cuscino e chiuse gli occhi.
Non si
diede una sola risposta quella notte, mentre dormivano l'uno contro il
capo dell'altro, intrecciando capelli e sogni, intrecciando i loro
stessi destini.
Loki e Thor.
Thor e Loki.
Il sigillo
di un arcaico incantesimo da pronunziare a voce bassa.
E intanto
in alto volava una farfalla con ali d'oro e argento, figlia di
un'illusione che si sarebbe dissolta al sorgere del sole, come un
fiocco di pallida neve.
Fine
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