A Song For You

di Keros_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** #1. ***
Capitolo 3: *** #2. ***
Capitolo 4: *** #3 ***
Capitolo 5: *** #4 ***
Capitolo 6: *** #5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



Blaine annusò le lenzuola su cui era disteso ad occhi chiusi, sentendo un profumo dolce e femminile pervadergli le narici. Sorrise tra sé e sé, abbracciando più stretto il cuscino. Restò immobile per qualche secondo, poi aprì gli occhi per farli vagare sull'arredamento della stanza: la luce filtrava flebile dalle tende color lilla che sinuose ondeggiavano per via del leggero venticello estivo mattutino che entrava dalle ampie finestre spalancate; nella parete alla sua destra c’era una parete attrezzata interamente ricoperta di libri e sulla scrivania che ne usciva fuori c’erano grossi tomi universitari.

Non ebbe bisogno d’indugiare oltre, di guardare l’enorme armadio a specchio o il lampadario di cristallo. Sapeva benissimo dove si trovava: nella camera da letto di Elizabeth.

Si mise a sedere a fatica, si passò una mano sul viso stanco e prese in considerazione l’idea di ributtarsi sul materasso a peso morto e ritornare a dormire. Guardò l’orologio della sveglia che era sul comodino accanto al letto: erano appena le otto e mezza.

Si alzò di mala voglia, ricordandosi che quel giorno a Elizabeth cominciava il semestre autunnale. Provò pena per lei, studiare alla UCLA Anderson school of management non era affatto facile. Lui invece si era preso un anno sabbatico dalla UCLA Arts; aveva preso quella decisione in merito a vari disguidi familiari e non poteva esserne più felice, al momento. La voglia di tornare a studiare non lo sfiorava nemmeno da lontano, soprattutto dopo l’estate.

Andò nel bagno in camera e si sciacquò la faccia, prima di restare a fissare il suo riflesso allo specchio. Aveva delle occhiaie e le borse sotto gli occhi. Restare sveglio fino a notte tarda per aiutare El a studiare non era stata un’idea davvero ottima e nemmeno quella di passare tutte le sere precedenti in spiaggia, lo era.

Si asciugò il viso e si diede un'ultima occhiata allo specchio, poi sospirando si allontanò da esso e tornò nella camera. Cercò con lo sguardo dove aveva lasciato la canottiera di cotone bianca che si era tolto la sera precedente e la trovò insieme ai pantaloni sul pavimento. Si grattò l’ammasso di riccioli scompigliati che si ritrovava al posto dei capelli, cercando di ricordare come erano finiti lì.

Decise di non pensarci troppo e li recuperò senza troppe cerimonie: sentiva lo stomaco brontolare e non era educato presentarsi a tavola con soltanto i boxer addosso. Nonostante il caldo infernale, si rivestì.

Cercò le ciabatte sotto al letto e si diresse in cucina, rinunciando alla frescura dei parquet fresco sotto ai piedi, ma lo fece per una giusta causa: non voleva che Anita, la domestica, lo rimproverasse perché lasciava stampe ovunque.

Non si aspettava di trovare nessuno all'interno del vano e ne rimase sorpreso quando vide la ragazza seduta a tavola, lo sguardo chino, che le dava le spalle, i capelli scuri e i boccoli che le scendevano lungo la schiena. Sorrise e con passo felpato si avvicinò a lei.

La abbracciò e la tirò indietro per poi chinarsi a darle un bacio affettuoso sulla guancia, facendola sussultare dalla sorpresa.

“Buongiorno,” lo salutò risistemandosi gli occhiali da vista sul naso.

“Buongiorno anche a te,” rispose lui, baciandole i capelli prima di lasciarla andare e dirigersi dall'altra parte del tavolo.

“Dormito bene, stanotte?” Gli chiese lei, chiudendo il tomo che stava leggendo e poggiandolo sul tavolo.
Blaine ridacchio, guardando il vassoio pieno di leccornie che aveva difronte. “Si,” afferrò un cornetto, “ma avrei dormito meglio se qualcuno non si fosse appropriata di più di metà letto e poi attaccata a me durante la mattinata per non andare a chiudere la finestra.”

“Esageri sempre,” lei alzò gli occhi al cielo, “potevi sempre alzarti e andartene in camera tua e indovina un po’?” si protese verso di lui e abbassò la voce, “non l’hai fatto.”

Entrambi scoppiarono a ridere e Blaine si versò del succo d’ananas nel bicchiere. “Non te ne vantare.”

“Figurati di cosa me ne faccio,” Elizabeth alzò le spalle, poi gli prese il cornetto che stava mangiando, “era l’ultimo alla nutella.”

Blaine la guardò un attimo interdetto, assottigliando lo sguardo. Odiava quando si comportava così, tuttavia decise di lasciar perdere, ormai ci era abituato e il vassoio era ancora pieno. Ne prese uno alla crema e come ogni mattina, alzò lo sguardo verso la televisione.

Era spenta.

Inclinò la testa da un lato e aggrottò le sopracciglia. Tutto questo era strano: in casa Cristin c’era sempre rumore ventiquattro ore su ventiquattro e almeno una tv sempre accesa sul vari telegiornali per essere sempre aggiornati più o meno in tempo reale; insieme ai computer ovviamente.

Quella mattina invece, adesso che lui ed Elizabeth avevano smesso di parlare, la casa regnava nel silenzio, niente a interromperlo, nemmeno il cinguettio degli uccelli. Si girò e notò che la porta a vetri che dava sul balcone era chiusa e che James era lì a trattenersi dall'imprecare  mentre parlava al telefono.

Non era una novità trovarlo a sbraitare di prima mattina, dopotutto con il lavoro che svolgeva aveva molto spesso gatte da pelare e come se non bastasse, sembrava che Sebastian Smythe, la star di cui l’uomo era l’agente, sembrava mettercela tutta per rendere la sua vita un vero inferno. E capì che la sua star preferita l’aveva fatta grossa nel momento esatto in cui si rese conto che la sua voce e le sue canzoni non riempivano tutta la casa.

James non voleva sentirlo nemmeno cantare, erano guai seri.

“Come mai c’è silenzio, oggi?” Chiese in fine, portandosi il bicchiere alla bocca. Elizabeth alzò la testa di scatto, tagliandolo a cubetti con gli occhi e Blaine si sentì gelare il sangue nelle vene.

Quello era lo sguardo che gli riservava quando lo rimproverava per un casino che aveva fatto o per fargli capire che sì, doveva tenere la bocca chiusa.

“Non osare ripeterlo davanti a papà.”

In quel momento, la porta scorrevole si aprì. “Cosa non dovrebbe ripetere, tesoro?” Chiese una voce profonda e maschile. Entrambi i ragazzi voltarono la testa di lato, per guardare James dirigersi verso di loro nel suo completo grigio, mentre riponeva il cellulare costosissimo nella tasca del pantalone.

Era normale vedere il Signor Cristin vestito elegante, ma non in estate e quando Sebastian non aveva nessun impegno in particolare, dove solitamente indossava soltanto una camicia leggera e un pantalone qualsiasi, a volte anche i jeans; invece quel giorno portava perfino la cravatta.

Per un attimo si fece sopraffare dal panico. E se Sebastian aveva un’intervista e lui se n’era dimenticato? O peggio: un servizio fotografico? Era possibile? Se così fosse stato, allora doveva rimediare subito e iniziare il suo “discorso di convincimento” per poterci andare anche lui.

Poi si ricordò che non era possibile, in quei giorni la musica era al massimo per la casa, talmente forte da far tremare i vetri.

“Allora?” Chiese James sedendosi a capotavola, aspettando una risposta da parte dei ragazzi.

“Niente,” rispose Elizabeth sorridendo, afferrando il vassoio per poi passarglielo nella speranza di fargli mangiare qualcosa.

“Perché è tutto spento?” Chiese Blaine, facendo una linguaccia alla ragazza che lo guardò senza parole.
James guardò prima uno e poi l’altra, cacciò via il vassoio e afferrò una delle tre tazze di caffè sul tavolo. Sua figlia gliela strappò via dalle mani, ma non per berlo lei, non si sarebbe mai azzardata a fare una cosa del genere davanti a suo padre, ma per poggiarla sul tavolo. “Sei  già troppo nervoso così, direi che per oggi è meglio evitare il caffè.”
Lui la guardò intensamente negli occhi un momento, come a volerla leggere dentro. Era un uomo autoritario e dolce allo stesso tempo, ma non gradiva che qualcuno lo privasse di qualcosa o gli dicesse ciò che poteva fare. Ciò nonostante non disse una parola in merito, anzi le sorrise e poi si rivolse a Blaine.

“Il motivo per cui c’è silenzio, come tutti i problemi che incombono su questa casa,” l’uomo si passò una mano tra i capelli castano-rossiccio e con aria afflitta e piena di disprezzo continuò: “è quel marmocchio di Sebastian Smythe.”

Blaine avrebbe voluto ricordargli che tanto marmocchio infondo non era, Sebastian aveva 22 anni, come lui; ma quello non gli parve proprio il caso di dire qualcosa e appoggiare la sua Big Crush di sempre. James pareva sul punto di distruggere una casa. Rimase in silenzio e attese.

Nulla. E aspettò che la solita scenetta di quando il giovane cantante combinava qualcosa arrivasse.

“Quell'ingrato, disgraziato, che non fa altro che rovinare tutto ciò che ottiene. Quell'immaturo, più testardo di un mulo da soma che non vuole lavorare. Quel cantante da quattro soldi che non fa altro che rovinarmi la vita e darmi grattacapi. L’unico capace di combinare un disastro restando semplicemente a casa o andando a  comprare un gelato. O che riesce a scatenare una rivolta soltanto spostandosi quei maledettissimi capelli o a farsi crescere quei baffi da quarantenne. Quell’essere insensibile, acido, menefreghista, manipolatore, belloccio, stronzo e combina guai di un Sebastian Smythe.” James ed Elizabeth dissero tutto all'unisono, quest’ultima facendo il verso al padre.

Blaine si morse il labbro inferiore come accadeva quasi tutti i giorni, dato che la star combinava sempre guai e quel monologo veniva ripetuto ogni qualvolta. Avrebbe voluto difendere Sebastian, ma non sapeva cosa aveva fatto quel giorno e poi, purtroppo, seguendolo da anni e vivendo con i Cristin, sicuramente non c’era niente di buono da poter dire.

Preferiva sempre restare in silenzio in quei casi, perché purtroppo, nonostante vivesse con James, a lui non veniva mai detto niente di rilevante o in più rispetto a ciò che pubblicava la stampa. Ovviamente aveva dei vantaggi, ad esempio conosceva tutte le abitudini di molti personaggi famosi ed era a conoscenza di ciò che Sebastian faceva senza troppi guai.

Anche essendo una famiglia, come gli ripetevano sempre James e Elizabeth, c’erano cose in cui lui veniva tagliato fuori, come ad esempio il lavoro dell’uomo. Si trattava di questioni professionali, per questo non sollevava mai obiezioni quando interrompevano i discorsi al suo arrivo o non lo portavano con loro e doveva restare a casa quando succedeva qualcosa di interessante.

 Guardò prima Elizabeth e poi James, e poi chiese: “Che ha fatto questa volta?”

“per l'amor del cielo, Blaine!” Lo rimproverò El, battendo violentemente la mano sul tavolo, e lui gli sorrise beffardo.

“Il linguaggio, signorina.” La rimproverò l’uomo, ma lei non fece nemmeno una piega. “Ha ragione a voler sapere cos'ha combinato quell’idiota di Smythe e, siccome i media non fanno che parlare d’altro, non capisco il motivo per cui deve restare all'oscuro di tutto.”

Elizabeth alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, poi interrompendo il padre, disse: “Nelle mattinate è stato visto in pessime condizioni mentre tornava a casa con un taxi e come se non bastasse, chi lo ha incontrato, giura che fosse sotto effetti di stupefacenti ed è talmente sfigato da essere stato riconosciuto dai paparazzi. Ma come io e papà sappiamo, non è questo ciò che ha fatto scatenare tutto ciò, perché non è di certo la prima volta che una star si fa ritrovare in pessime condizioni o drogato, ma la ciliegina sulla torta è che ha partecipato alla campagna contro le droghe.”

Blaine era abbastanza sicuro che se la mascella non fosse stata ben attaccata al suo cranio, sicuramente si sarebbe ritrovata a fare compagnia al pavimento. Era completamente senza parole. In giro si sapeva che Sebastian non era uno di quei ragazzi casa e chiesa, ma di certo non lo credeva capace di una cosa simile e di certo era sbagliata; tuttavia, la stima e l’infatuazione che provava per quel ragazzo era rimasta immutata, se pur offeso in qualche modo per quello che aveva fatto e altamente disgustato.

“Ma non è tutto, Elizabeth si è dimenticata di dirti la parte più emozionante.” Disse James, con un sorriso finto per nascondere la rabbia. “Si dice che fosse in compagnia di vari.. uomini, sia nel locale che nel taxi.”

“Non era con Santana?” Chiese Blaine, gli occhi sgranati e un misto di felicità unito allo sconforto lo stava invadendo.
“Nessuna Santana, da nessuna parte.”

Il moro si morse il labbro, mentre entrambi i Cristin tornavano a fare colazione o almeno ci provavano. Il problema era che non sapeva se essere felice o meno dell’ultima scoperta. Sebastian adesso si sarebbe ritrovato per l’ennesima volta su tutti i giornali e le riviste per quella che era la sua presunta omosessualità e quella che allora doveva essere la relazione fake con Santana.

Blaine su questo punto, aveva più volte cercato d’avere una conferma. Perché lui voleva ardentemente che Sebastian fosse gay, ma James non gli aveva dato nessuna risposta in merito, né tanto meno Elizabeth che, all'inizio aveva fatto finta di non saperne nulla, poi gli aveva detto esplicitamente che si sarebbe portata il segreto fin dentro la tomba. Lui aveva provato in tutti i modi a convincerla, facendole massaggi,aiutandola a studiare, accompagnandola a fare shopping e chi più né ha, più ne metta, ma niente. Ben due volte aveva spiato delle conversazioni telefoniche di
James, ma non avendo scoperto niente in merito e sentendosi terribilmente in colpa come se avesse appena svaligiato una banca, decise di non farlo mai più e restare avvolto nel mistero fin quando non uscirono delle foto di una nuova ship: Sebtana, con i due cantanti che uscivano e si baciavano in pubblico e che venivano paparazzati anche in momenti intimi.  Si era arreso alla dura verità: Sebastian Smythe era etero e stava insieme a Santana Lopez.

Lui comunque odiava quella ragazza e sapeva anche il motivo e lo riteneva pure abbastanza stupido, infondo Sebastian Smythe non era suo, anzi sicuramente non si ricordava nemmeno d’averlo incontrato quasi dieci volte-
Blaine ne andava fierissimo, anche se quasi sempre di sfuggita e per due minuti- , ma restava il fatto che lui lo venerava e che invece lei fosse davvero una stronza. Il che era vero, non solo un pensiero di Blaine, ma tutti conoscevano il caratterino della famosa cantante ispanica.

“Ha bisogno un’altra volta della baby-sitter.” Disse di punto in bianco James, lasciando cadere nel piatto il cornetto a cui aveva dato un morso.

“Non se ne parla, papà. Devo studiare e non ho né la voglia, né la pazienza per occuparmi di quello lì.”

Blaine quasi si soffocò con il succo che stava bevendo per quello scambio di battute. Ricordava ancora che, un paio di mesi prima, James aveva avuto la stessa idea dopo che Sebastian aveva combinato un disastro andando a un party a cui non solo non era stato invitato, ma riuscendo a convincere tutti gli altri invitati a denudarsi completamente per poi fare il bagno in oceano, in pieno inverno. Quella volta non solo si era preso una brutta febbre, ma poi era restato dentro casa per un mese intero, non volendo vedere nessuno, gettando i fans nella più completa disperazione, James sull'orlo di una cristi di nervi e i media a sguazzare su tutto ciò che di orribile potessero ricavare.

Da lì, l’agente era felicemente arrivato ad una conclusione: Sebastian aveva bisogno di qualcuno che lo sorvegliasse ventiquattro su ventiquattro, sette giorni su sette. Per non dare troppo nell’occhio, aveva dato “Quell’ingrato compito”, per come lo aveva definito inizialmente, ad Elizabeth. E con lei le cose sembravano essersi calmate, almeno di poco, visto che Elizabeth non era di certo un cucciolo di coniglio e quindi Sebastian aveva trovato più un’amica con cui fare pazzie che qualcuno che lo tenesse sotto controllo. Ma James aveva comunque ottenuto ciò che voleva, ma purtroppo anche lei aveva le sue priorità e prima tra tutte era il college, così aveva abbandonato il posto. Inizialmente aveva pensato a sostituirla, ma volendo dare fiducia alla star, la nascita dei Sebtana e con l’attenzione focalizzata su una certa Rachel Berry, aveva rinunciato. Ma ovviamente il bel tempo non dura per sempre, così come la tempesta.

“Sarà un problema trovare qualcuno che sia disposto a stare con lui per più di cinque minuti.”

“Lo farò io,” disse Blaine afferrando la palla in balzo. Dopotutto prima c’era Elizabeth, adesso lei era impegnata con l’università.

Elizabeth e James si voltarono immediatamente verso Blaine, la prima sembrava volersi mettere a ridere, il secondo preoccupato, lui sperava solo che dicessero di sì.

“Blaine-“ Cominciò l’uomo, ma lui lo interruppe immediatamente. L’occasione di una vita si  stava parando davanti a lui, non poteva lasciarsela scappare in quel modo. Non quella volta.

“Sì, lo so James. Lo che non mi vuoi coinvolgere in queste cose perché non sarebbe una cosa giusta e perché si tratta del tuo lavoro, ma ne sono capace.”

“Blaine, lo sai che sei l’unica persona al mondo di cui mi fido, ma Sebastian non è la persona che pensi, il cantante tutto vi amo fans, siete tutta la mia vita. E’.. diverso e questo lo sai.”

“Starò attento, rispetterò tutte le procedure! Fidati di me.” Lo implorò Blaine, sferrando i suoi puppy eyes che riuscivano sempre a convincere quasi tutti.

James alzò le spalle, in difficoltà. “E’ di lui che non mi fido. E’ imprevedibile, non..” Tacque. Era indeciso su cosa fare e cercò gli occhi di sua figlia.

Già la prima volta, Blaine si era offerto volontario per lavorare con Sebastian e fagli da “Babysitter” e pareva che James stesse per acconsentire quando alla fine Elizabeth decise di prenderlo lei, quel compito. Adesso, senza lei di mezzo, forse Blaine poteva riuscire seriamente ad accaparrarsi quel posto.

“No,” disse El seccamente, poggiando la tazza di tè sul tavolo, facendola tintinnare. “No, non se ne parla!”
Blaine la fece a pezzi con lo guardo, sentendo la rabbia montare dentro. Non questa volta, sperò con tutto se stesso, non questa volta. Erano anni ormai che era arrivato a una conclusione spiacevole: Elizabeth faceva di tutto per farlo stare lontano da Sebastian; e lui non ne capiva il motivo.

Perché, signori e signore, parliamoci chiaramente: Blaine viveva con i Cristin da quando aveva quindici anni e si erano trasferiti a Los Angeles quando ne aveva sedici, da allora aveva incontrato moltissimi dei suoi attori e cantanti preferiti, alcuni più volte e con altri c’era addirittura stato a cena o passato i weekend –perché, quando lo invitavano,James portava sempre la famiglia in quelle occasioni- e in quattro anni che Sebastian era sulla cresta dell’onda, lui lo aveva incontrato soltanto dieci volte; nessuna cena, gelato, weekend insieme, pranzo o qualunque altra cosa? Blaine era buono, non stupido. 

James seguiva, oltre  Smythe, anche un cantante e un attrice, rispettivamente: Nick Duval, e Emily Jackson; li conosceva e anche se con l’ultima non erano proprio in ottimi rapporti, era finito a casa loro bel po’ di volte e passato del tempo insieme. Invece con Sebastian mai.

A sua discolpa, c’era da dire che, purtroppo,  Sebastian era il più riservato –in un certo senso-, a quanto si diceva il più antipatico e che quando invitava James a casa sua per un pranzo o una cena, l’invito non era esteso a nessun altro. Nemmeno ad Elizabeth.

Per lei invece non c’erano scusanti. Tutta questa avversità e la devozione nel tenerli separati il più possibile, rimanevano un mistero, che forse sarebbe rimasto tale per sempre.

“Per favore,” supplicò Blaine, guardando James e sperando che lui non desse retta alla figlia. “Giuro che sarò perfetto.
Non combinerò nessun disastro, te lo prometto. E... e... ti prego.”

I lineamenti mascolini ed eleganti dell’uomo si addolcirono, “Non credo sia appropriato,” disse a voce bassa. Sembrava essersi calmato di colpo, “Sebastian.. non credo ti darebbe ascolto e-“

“No.” Elizabeth batté la mano sul tavolo, “né abbiamo già discusso un milione di volte. Chiederò a uno dei miei amici di farlo. Oppure potremmo chiedere a Jennifer di badare a lui e le aumenteremo lo stipendio.”

Blaine perse completamente le staffe e quando parlò non si accorse che il suo tono di voce era tanto alto da star quasi per urlare. “Non abbiamo mai discusso niente, tu ti sei sempre imposta! E vorresti dare un impegno così importante a uno qualsiasi dei tuoi amici e non a me?! A me? Viviamo sotto lo stesso tetto, mi conosci meglio di chiunque altro,sai che non venderei mai niente alla stampa, sono l’unica persona di cui vi fidate e tu vorresti dare il compito a Jen, la sua stilista. Mi prendi gioco?”

Elizabeth si alzò dalla sedia, lui la imitò, lei si protese in avanti e lo afferrò per la canottiera. “Ne abbiamo discusso io e papà!”

“Basta!”  la voce di James tuonò forte e chiara per tutta la casa. Blaine venne trapassato da un brivido di terrore, l’uomo aveva una voce profonda e melodiosa, ma quando veniva utilizzata in quel modo, avrebbe messo paura anche a una belva feroce.

Elizabeth lasciò subito andare il moro, che tentò di risistemarsi. Provò a dire qualcosa, ma il padre la zittì prima ancora che aprisse la bocca soltanto spostando i suoi occhi verde chiaro, con sfumature color ghiaccio, nei suoi.

“Sedetevi  per favore, che non è giornata, ve lo assicuro,” continuò, questa volta con voce piatta come il mare in estate di prima mattina. Sbuffò e lanciò uno sguardo eloquente alla figlia che abbassò subito lo sguardo, spostò il peso su una gamba e poi borbottò qualche scusa a Blaine prima di rigettarsi sulla sedia. “Mi sembra di riavere qui davanti agli occhi il mio Blaine e la mia Beth adolescenti,” sospirò, “Datevi un contegno.”

“Papà io ci provo ma-“ La ragazza tacque nel momento esatto in cui lui alzò un sopracciglio e non ascoltandola stava per continuare a parlare.

“Mentre voi due discutevate come quando avevate sedici anni, io ho preso la mia decisione,” entrambi i ragazzi  si fecero più attenti, “e vi prego di non.. come si dice? Fangirlare ? Al diamine: di non esultare troppo o fare i capricci.”
Blaine iniziò a sudare freddo e annuì; Elizabeth sollevò gli occhi al cielo. Non rispose.

“Ebbene: Blaine ha ragione, sarà lui a fare da Sebastian-Sitter. Fa parte della famiglia e mi fido di lui e-“ James si interruppe.

Elizabeth tirò la sedia indietro, si alzò e andò via. Gli altri due seduti a tavola si scambiarono uno sguardo e un attimo dopo, sentirono una porta dal piano di sopra sbattere con violenza. James scosse il capo.

“Dio, dammi la forza!” implorò, guardando verso l’alto, mentre accanto a lui, Blaine aveva già iniziato a dare di matto.
 
 
 
*
 
 
 
“Blaine, che fine hai fatto? Dobbiamo andare.”

Il moro non fece nemmeno in tempo a coprirsi il basso ventre con l’asciugamano, che Elizabeth era già entrata in camera sua. Era ancora visibilmente arrabbiata, ma almeno ebbe la decenza di non fulminarlo con gli occhi appena lo vide.

“In venti minuti ti sei fatto soltanto la doccia?” Chiese invece sconsolata, passandosi una mano sulla fronte, scompigliando per sbaglio la frangetta.

Blaine guardò prima il suo riflesso nello specchio dell’armadio e poi lei. Lui ancora doveva asciugarsi i capelli e sistemarli, asciugarsi per bene il corpo perché era ancora gocciolante, scegliere i vestiti e cercare di coprire quelle orribili occhiaie.

Elizabeth era già pronta: lavata, vestita, truccata, con i tacchi ai piedi e i capelli impeccabili. Come faceva a essere sempre puntuale, lo sapeva solo lei.

“Fortuna che sono io la donna in questa casa,” gli disse, lanciandogli una frecciatina e Blaine strinse la mascella.

“Sto per andare a casa di Sebastian Smythe. Milioni di ragazze e ragazzi vorrebbero essere nei miei panni, mi permetti di voler essere carino per questa occasione?”

Elizabeth arricciò il naso, “Nah,” disse andandosi a sedere sul letto, “è solo un ragazzo cretino come tutti gli altri, niente di più e niente di meno.”

Blaine si trattenne dal dire la sua e iniziò a frugare tra i cassetti del suo armadio.

Sebastian, per lui, non era solo uno tra i cantanti più in voga del momento e un bel visino. Era un’ispirazione. La sua musica lo aveva  accompagnato nei giorni bui e in quelli belli. Era come un amico, in un certo senso. Le sue interviste lo facevano ridere e sorridere, la sue canzoni commuovere anche e le sue foto gli mozzavano il fiato ogni volta. Era qualcuno da prendere come esempio per come era riuscito a superare un brutto capitolo della sua vita fatto di droghe.  E lui ne era molto orgoglioso, adesso Sebastian non faceva altro che vincere costantemente premi per la sua bravura.

Elizabeth uscì fuori dalla borsetta il cellulare per navigare su internet alla ricerca di vari scoop e giocare a qualche gioco stupido che si era scaricata. Blaine invece prese dal primo cassetto una camicia bianca e un paio di jeans e li depose sul letto, accanto alla ragazza che alzò un sopracciglio; sopracciglio che si inarcò ancora di più quando vide delle scarpe da ginnastica venire accostate al outfit.

“Blaine?” Lo chiamò alzandosi in piedi e avvicinandosi all'armadio, per poi frugare tra gli accessori.

“Che c’è?” Chiese lui in noto sgarbato, fermandosi davanti alla porta del suo bagno in camera. Si voltò e inclinò la testa da un lato quando la vide avvicinarsi con la mano sinistra chiusa a pugno.

“Vuoi essere davvero carino?” domandò a sua volta, portandogli un braccio dietro al collo mentre Blaine le circondava i fianchi con il suo, in modo naturale. Sembrava calma, forse aveva capito d’aver sbagliato a comportarsi in quel modo a colazione.

“Si, certo,” rispose annuendo.

“Allora,” iniziò lei, prendendogli la mano libera, “sii te stesso,” poi gli lasciò un papillon sul palmo e gli chiuse le dita.
Lui capì ma non ebbe il tempo di replicare perché lei continuò. “Ti voglio sotto tra dieci minuti,” poi si allontanò dalla sua presa e uscì dalla stanza.
 
 
Blaine si guardò allo specchio e si impegnò a modellare le labbra in un sorriso tirato. Guardò i capelli stracolmi di gel che sembravano appena leccati da una vacca, il copri-occhiaie, il papillon attaccato al collo, la camicia a quadri gialli e neri e i pantaloni della stessa tonalità di giallo della camicia.
I suoi occhi si riempirono di lacrime.
 
 
 
*
 
 
Blaine scese le scale in tutta fretta, trovandosi El già alla porta che lo aspettava.

“Pensavo che non saresti più sceso,” disse prendendo le chiavi di casa e quelle della macchina dal mobile. Alzò gli occhi e lo guardò per un momento, poi aprì la porta di casa, “Almeno hai cambiato le scarpe.”

Il ragazzo strinse i pugni e si guardò a sua volta, stringendo le labbra alla camicia bianca e ai jeans.  Scese gli ultimi scalini, controllò che avesse il cellulare in tasca e seguì Elizabeth fuori casa, chiudendosi alle spalle la porta.

Scesero gli altri dieci scalini della veranda e si fermarono nel vialetto, davanti alla decappottabile rossa con i gli interni color panna e Blaine aspettò che la ragazza la aprisse prima di salire.

“James non viene?”

“Penso che se al momento vedesse Sebastian, come minimo lo ammazzerebbe,” rispose Elizabeth mettendo in moto la macchina, “ha detto che chiamerà più tardi, per il momento sta cercando di mettere a freno la notizia e ha un incontro importante.”

Blaine annuì e rimase zitto per non dire ciò che pensava realmente: non c’era alcuna speranza. Se quella mattina la televisione era stata spenta, allora già tutti i telegiornali parlavano di quello che era successo e adesso era fin troppo difficile metterla a tacere. A una cosa del genere, pochi avrebbero rinunciato.

In retromarcia percorsero tutto il vialetto in mattonelle fino a imboccare la strada. Elizabeth gli passò la borsetta e gli lanciò uno sguardo di sfuggita. “Non hai messo il papillon,” notò subito, aggiustandosi sul naso gli occhiali da sole.

“L’hai detto tu che Sebastian è un cretino come tutti gli altri,” rispose lui mettendo la borsa nei sedili posteriori, “non volevo sembrare troppo elegante,” mentì.

Elizabeth per tutta risposta cambiò marcia e la macchina sfrecciò in avanti; entrambi si ritrovarono con i capelli al vento. Blaine accese la musica che fece loro compagnia per tutto il tragitto per riempire il loro silenzio che sennò sarebbe divenuto il solito discorso noioso che nessuno dei due voleva mai affrontare e ramanzine che poi non prendevano seriamente.

Percorsero tutta West Hollywood in tempo record e rallentarono soltanto una volta che furono dentro Hollywood, al contempo, Blaine si ricordò dell’università di Elizabeth.

“Non era il primo giorno del semestre, oggi?”

“Già,” lei alzò le spalle, “ma non ti avrei mai lasciato andare da Sebastian da solo, hai bisogno che qualcuno ti spieghi bene cosa fare. Inoltre ho una media impeccabile, nessuno farà caso a un’oretta di ritardo.”

“Sono le nove e mezza passate, credo che farai più di un ora di ritardo.” Le fece notare Blaine, passandosi una mano tra i riccioli ribelli.

“Fa niente.” Rispose lei e tra loro ricadde di nuovo il silenzio.

La canzone che stavano ascoltando terminò e Blaine fece ticchettare le dita sullo sportello in attesa della prossima, ma al posto di una melodia, ciò che uscì dalla radio fu la voce dei due conduttori.

E adesso vi faremo ascoltare l’ultimo singolo di Sebastian Smythe con la sua ragazza Santana Lopez!”

“Già, chissà come avrà preso lei ciò che è successo nelle ultime ore.”

“Secondo me, anche lei era conivol-“

Elizabeth spense la radio, sbuffando. “Guarda che insolenti,” imprecò, poi si guardò nello specchietto retrovisore, “Blaine passami il foulard e tu mettiti gli occhiali da sole e un cappello.”

“Perché?” Chiese lui innocentemente.

“Perché sicuramente ci saranno dei paparazzi vicino casa sua, è meglio non farci riconoscere,” Blaine capì esattamente da chi era meglio non essere visti e la ringraziò mentalmente della sua previdenza. Non tutti sapevano che Elizabeth era la figlia di James e quasi nessuno conosceva Blaine, se avessero scoperto le loro identità, sicuramente avrebbero fatto di tutto per estorcergli risposte alle loro domande per giorni interi, fin quando la notizia non si dissipava. O almeno era quello a cui volevano credere.
 
 
 
*
 
 
"..mi ascolti quando parlo, o è come se parlassi al muro?”

Blaine rimase incantato a guardare ciò che gli si parava difronte, le parole di Elizabeth erano soltanto un mormorio fastidioso chissà dove nel suo cervello. Era troppo impegnato per prestarle attenzione, preferiva di gran lunga stare lì, in piedi difronte gli scalini che parevano di cristallo, a fissare quell'enorme villa per poterle anche solo risponderle.

A casa di Sebastian c’era già stato una volta, per un party a cui era stata invitata anche Elizabeth e di conseguenza ci era andato anche lui, nonostante le polemiche. Era sera tardi e si era svolta nel enorme giardino, vicino alla dependance; adesso che la vedeva alla luce del sole, con i raggi che si riflettevano nelle vetrate, la casa pareva emanare una luce propria e molto più grande di quanto ricordasse.

L’aveva vista e cercata molte volte su Google immagini e Google Maps, dalle foto non sembrava che fosse alta quattro piani da una parte e due dall'altra –era una costruzione moderna, dalla forma strana e confusionaria, per come l’aveva definita Blaine più volte- e che contenesse quattro camere degli ospiti, la camera da letto di Sebastian, nove bagni, una biblioteca, una stanza insonorizzata per le prove, una piscina interna, uno studio, una cucina enorme, tre saloni, due sale da pranzo, una piccola discoteca privata che veniva utilizzata anche per le prove di ballo quando il cantante ne aveva voglia, una stanza dedicata esclusivamente agli strumenti e ai trofei e altre quattro totalmente e completamente vuote. Adesso che la vedeva davvero, poteva dire che sì, tutti quegli ambienti potevano starci benissimo al suo interno e credeva pure a Elizabeth che gli aveva raccontato che per la prima settimana non aveva fatto altro che perdersi tutto il tempo in giro per casa perché era assolutamente enorme.
Eppure, Sebastian, lì viveva da solo.

“Muovi quel bel sedere che ti ritrovi o dobbiamo essiccarci qui al sole?”

“Cosa?”

Elizabeth alzò gli occhi al cielo, si avvicinò a lui e gli afferrò una mano salendo gli scalini. “Comunque: hai capito ciò che ti ho detto prima o devo ripetertelo?”

Blaine la seguì battendo ripetutamente le palpebre con l’aria corrucciata. “La parte in cui mi dici che lavoro per James o quella in cui ho una settimana di tempo per darmela a gambe levate?”

“Entrambe,” rispose lei cercando all’interno della borsa un mazzo di chiavi. “Ora ti spiegherò un paio di cose di cui devi assolutamente prendere conto,” le uscì e ne infilò una nella serratura. “Per il resto saranno tutte cose che dovrai decidere sul momento. Però ricorda: tu lavori per James, non per Sebastian.”

“Io pensavo-“ Blaine si sboccò appena Elizabeth aprì la porta di casa e lui venne investito da un profumo di pulito e cornetti caldi insieme, misti a quelli di una colonia fresca, pungente e super costosa. Era quella di Sebastian, l’avrebbe riconosciuta tra mille.

“So cosa pensavi, ed è sbagliato,” continuò lei trascinandoselo dentro, chiudendosi la porta alle spalle e iniziando a camminare per l’ingresso che era assolutamente enorme.

C’erano delle poltrone e dei divani, l’arredamento, considerando la grandezza della stanza, pareva povero. Mentre passavano per uno dei saloni, Blaine capì che la casa e il mobilio erano stati concepiti per ospitare innumerevoli ospiti.

 Sentirono un rumore di passi che fecero subito battere freneticamente il cuore nel petto del moro, che rimase deluso quando sulla soglia della sala da pranzo si presentò un’uomo sui quaranta, i colorito caffellatte, i capelli neri come la pece dello stesso colore degli occhi, corpulento, in divisa da Chef e un vassoio d’argento in mano pieno zeppo di cornetti, cream caramel, frutta e dolci di tutti i tipi.

“Oh, ciao Pascal,” lo salutò Elizabeth con un sorriso gentile.

“Buongiorno Signorina Elizabeth e buona giornata anche a lei,” disse rivolgendosi a Blaine, “Avete fame? Gradite qualcosa da mangiare?”

L’uomo era solare, si capiva fin da subito; riusciva a mettere di buon umore con soltanto uno dei suoi sorrisi gentili e quasi paterni. Con il suo tono di voce educato e comprensivo, faceva venir voglia di mangiare anche se si era sazi.

“Grazie di cuore,” rispose prontamente la ragazza, “ma abbiamo già fatto colazione,” poi diede un’occhiata di traverso a Blaine, “E se questo mettesse qualcosa sotto ai denti, vomiterebbe tutto nel giro di pochi secondi.”

“Non è-“ ma si interruppe. Elizabeth aveva ragione, anche se non aveva la minima idea di mangiare qualcosa.

Percorsero mano nella mano diversi ambienti che Blaine non fece nemmeno in tempo a riconoscere perché camminavano troppo velocemente e non aveva neanche il tempo di gettare un occhiata qua e là. Arrivarono in un piccolo vano circolare dove al centro vi erano due rampe di scale in marmo che parevano reggersi da sole a mezz'aria;
i corrimano erano in cristallo e salivano fino in cima, gli unici appigli alle pareti erano quelli in cui toccavano ogni piano, creando una specie di ragnatela.  E’ davvero carina questa casa, pensò il moro, avvicinandosi ad esse per salirle. Dall'occhiata fugace che aveva dato in giro, il moderno e il classico erano stati mescolati insieme in qualcosa di eccentrico e, non se lo sarebbe mai aspettato, di buon gusto.  Non c’era niente di esagerato o che stonasse in quella casa, un po’ ricordava Sebastian e il suo essere.

Elizabeth lo fece deviare all'ultimo momento, portandolo di fronte a un ascensore. Schiacciò un pulsante e le ante si aprirono. “Le odio,” disse con disprezzo, riferendosi alle scale. “Mi fanno venire le vertigini.”

“Non sono pericolose o delicate?”

“No,  sta tranquillo che non crollano: ci hanno ballato sopra una dozzina di volte ai party e di persone.” Rispose alzando le spalle mentre Blaine la seguiva.

Ci fu un attimo di silenzio quando Elizabeth cliché il quarto pulsante ed entrambi guardarono un po’ in giro per l’ascensore, poi la ragazza continuò a parlare. “Senti Blaine, non è per forza. Se vedi che le cose non vanno, lascia stare, intesi?”

Gli venne voglia di abbracciarla e dirle che sarebbe andando tutto bene. C’era preoccupazione in quelle iridi azzurre e maternità in quella voce. Forse fu per questo non lo fece e si limitò ad annuire.

Lei annuì a sua volta. “E fa sempre ciò che ti dice di fare. Cioè non sempre, la maggior parte delle volte e se il fine non è quello di combinare danni. In quel caso lascialo imprecare senza dargli conto: poi gli passa.” Elizabeth si morse il labbro, come indecisa se continuare o meno. “ah, un’ultima cosa. Ascoltami, è importante,” lui le prestò tutta la sua attenzione. “Non lasciarlo mai solo.”

Blaine aggrottò le sopracciglia.

“..Il minimo indispensabile. Se lo fai dopo due secondi lo ritrovi sempre in compagnia di qualcun altro o peggio ancora: depresso.”

“Depresso?”

“Depresso,” Ripeté Elizabeth, incolore.
L’ascensore si fermò e si aprì subito dopo. Uscirono e si ritrovarono direttamente nella stanza di Sebastian. Evidentemente quella era il piano in cui passava più tempo e doveva aveva tutto, o quasi.

Ancora mano nella mano, Blaine si fece condurre al'interno della stanza, trovandola vissuta. Forse era la prima che poteva definire tale di quelle che aveva già visto. Vestiti sporchi erano sparsi qua e là per la camera e le sedie, sul tavolino giacevano resti di bevande e cibo-spazzatura. La televisione che prendeva quasi metà di una parte era accesa e messa muta, l’ Xbox giaceva a terra sul pavimento insieme a numerosi fili.

Tutto quel disastro era accaduto durante quella notte, perché vi lavoravano dei domestici in casa per mantenerla sempre pulita e in ordine. Avevano fatto un festino o una cosa del genere. Blaine azzardò anche l’ipotesi che avevano fatto di tutto e di più mentre si riprendevano dal post-orgasmo. Poi cacciò via quell'idea assurda.

Guardandosi in giro, una cosa gli saltò all’occhio: Sebastian non aveva niente di quello che gli regalavano suoi fans, in quella camera. Niente lettere sparse ovunque, ritratti, peluche, fiori, poster. Anzi, in realtà non c’era nemmeno una sua foto. Soltanto qualche trofeo sparso nelle mensole qua e là.

Non c’erano porte a dividere la camera da letto con gli altri vani del piano, soltanto muri che parevano spessi. Per non far entrare troppa luce, delle tende spesse e costose erano state appese a soltanto una parete di vetro da dove si poteva ammirare il giardino.

L’unica cosa che faceva capire dove iniziava la vera e propria stanza, era il pavimento rialzato di uno scalino, di lato a sinistra vi era una parete semicircolare in legno che nascondeva ciò che doveva essere il letto; o Blaine non si sarebbe spiegato la mancanza di quel banale ma importantissimo particolare.

“Smythe, fatti vedere.”

Blaine lanciò uno sguardo ti-prego-El-non-mettermi-in-imbarazzo alla ragazza, lasciandole andare la mano e quest’ultima face una smorfia di disgusto per quanto Fan-boy fosse il moro in quel momento.

Ma ogni controbattuta plausibile che si stava formando nella sua mente si distolsero nel momento esatto in cui sentì delle lenzuola venire scostate e dei lamenti assonnati arrivare alle sue orecchie e pochi secondi dopo alcuni passi all'apparenza ciondolanti.

Stava per incontrare il suo cantante preferito, il ragazzo irraggiungibile, colui per cui avrebbe fatto di tutto e di più. Magari si sarebbe presentato nel pigiama scuro con cui si era fatto una volta una foto che poi aveva messo su twitter, oppure direttamente vestito di tutto punto oppure… oppure.. nudo, completamente e totalmente nudo, con soltanto il tatuaggio sul fianco sinistro a “coprirlo”.

Blaine sbatté più volte le palpebre per capire se quella fosse un allucinazione o il ragazzo che aveva appena entrato nel suo campo visivo fosse effettivamente Sebastian.

“Mostriciattolo, sappi che se sei qui per chiedermi di fare una cosa a tre con te e il suo amico,” Blaine si sentì due smeraldi verdi scrutare ogni  centimetro del suo corpo, “sappi che la risposta è no.”

“E perché mai?” Domandò lei sfrontata.

“Perché non lo condividerei con nessuno.”

Blaine deglutì a fatica, completamente allibito da quella conversazione e dal comportamento dei due ragazzi. Poi ovviamente la vista di Sebastian completamente nudo davanti ai suoi occhi non aiutava di certo, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

Elizabeth gli diede una gomitata sulle costole. Lui, come risvegliato da uno stato di trance, scosse lievemente il capo e chiuse gli occhi. Quando li riaprì li piantò sul viso del cantante, perdendosi a guardare quegli occhi arrossati e stanchi tutti sbavati di quel velo di matita nera che metteva sempre, rimasta dalla sera prima. I capelli castani con il ciuffo viola tutti arruffati con alcuni che gli ricadevano sulla fronte.

Era bellissimo e anche se erano a più di cinque metri di distanza, lottando per non far scendere i suoi occhi verso il basso, le parole che aveva detto, con il tono che aveva usato e quell'espressione da menefreghista, gli fecero stringere  i pugni e sentire lusingato allo stesso tempo.

“i-io.. Come ti permetti? Non ci conosciamo neanche.” Riuscì a dire, dopo vari secondi di silenzio e le guance scarlatte.

 “Vorresti dirmi che non hai idea di chi sia, o come prendo il caffè la mattina, Blaine?” Domandò Sebastian alzando un sopracciglio. Non vedendolo intenzionato a rispondergli, continuò con: “Allora mi conosci e possiamo fare sesso. Io non ho bisogno di conoscere te.”

Blaine rimase in silenzio, non perché non aveva come rispondergli a tono, anzi, ma perché Sebastian conosceva il suo nome e lui non glielo aveva detto. Nessuno lo aveva pronunciato, quel giorno. L’ultima volta che lo aveva visto, prima dell’estate, Blaine glielo aveva ricordato quando si erano scambiati esattamente due parole contate prima di separarsi. Possibile che Sebastian si ricordasse il suo nome? Se fosse stato così, di conseguenza, avrebbe dovuto accennare di essersi già visti, conosciuti per così dire. Invece non l’aveva fatto.

Elizabeth accanto a lui pareva aver fatto più o meno il suo stesso ragionamento; improvvisamente pareva bianca come se avesse appena visto un fantasma.

“Sesso con te? Non farei mai del sesso con qualcuno che mi parla così.”

“Perfetto: allora non parliamo e arriviamo subito al sodo.”

Blaine strabuzzò gli occhi. Sebastian era diretto, lo sapevano tutti; non aveva peli sulla lingua, era egocentrico e maleducato. Ma adesso era troppo diverso. Si chiese se l’idea che si era fatta di lui non fosse totalmente differente. Il ragazzo che aveva davanti, non sembrava minimamente lo stesso con cui aveva parlato altre volte. Non gli aveva detto nemmeno che era carino o fatto apprezzamenti, adesso gli stava addirittura proponendo di fare del sesso con lui. Era confuso.

Forse Sebastian doveva ancora rispondersi dalla sbronza.

“Sei maleducato.”

Elizabeth ghignò accanto a lui e la cosa lo irritò ancora di più.

“Che c’è? Non sono come ti aspettavi?” Chiese acido, poi alzò le spalle. “I Media ci fanno apparire sempre migliori o peggiori di quello che siamo realmente. E sono stufo di quei creduloni come te che si bevono tutte quelle balle che vi propinano.”

 C’era rabbia e noncuranza allo stesso tempo in quella voce e se Blaine non stesse provando un’irresistibile voglia di prenderlo a pugni per come lo aveva offeso, forse lo avrebbe adulato per quel suo modo di fare che sì, adesso non lo avrebbe mai più ammesso, ma lo invidiava.

Gli stava per rispondere a sua volta, quando una voce maschile e tremendamente effeminata arrivò alle loro orecchie dallo stesso punto da cui era comparso Sebastian. “Hey Smythe, torna qui.”

Elizabeth e Blaine si scambiarono uno sguardo e quest’ultimo per poco non rimase a bocca aperta. Lei lo guardò allarmata.

“Credevo fossi etero.”

Sebastian sospirò esasperato, portandosi le braccia al petto, belle, muscolose e costellate da piccoli nei. “Gay, etero, bisessuale, che differenza fa?”

“Che differenza fa?” Domandò Blaine retoricamente, sentendo la rabbia divampare scorrendo tra le sue vene. “C’è un enorme differenza e il tuo menefreghismo-“

“Bene, bene, bene, sei uno che si scalda in fretta. Starei qui ore a guardarti così, tutto concentrato sulle parole da dire per fare un discorso serio ma assai noioso. Arrabbiato sei ancora più adorabile, sai? Purtroppo  ho di meglio da fare.” Sebastian gli rivolse un sorriso cordiale, tirato, “Spero che non vi dispiaccia. Però Blaine, se ti unissi a noi, saresti il benvenuto,” i suoi occhi brillarono maliziosi, “la tua aria da scolaretto timido e filosofico è davvero molto eccitante.”

“Io sono etero.” Tagliò corto lui, guardandolo con aria di sfida. Elizabeth si voltò di scatto a guardarlo, in volto una maschera di stupore; Sebastian alzò le sopracciglia, perplesso, poi sorrise mellifluo.

“Direi che non avete proprio niente da fare qui, a questo punto. Fate pure un giro per casa, se la cosa vi aggrada, state attenti a non rompere niente con la vostra finezza da zotici.” Poi fece per andare via.

Ma zotici a chi? Quello li non era ubriaco, era completamente scemo e lui era ancora più scemo che c’era andato dietro per anni. Adesso che lo provava sulla sua pelle, il suo caratteraccio e la lingua tagliente non avevano proprio niente di affascinante. Aprì la bocca per rispondere a dovere ma di nuovo venne interrotto, questa volta dalla mano di Elizabeth che strinse la sua, in una silenziosa supplica. Non ebbe la forza di non accontentarla.

“Ah ah, davvero diverte Sebastian, sul serio. Ma non te la caverai così facilmente. Non siamo venuti fin qui per guardare la tua brutta faccia da mangusta mezza addormentata e il tuo uccellino.”
Sebastian continuò a camminare imperterrito.

“James vuole delle spiegazioni.” Si fermò di colpo, come se fosse andato a sbattere contro un vetro invisibile. “Abbiamo anche delle novità per te.”

Blaine era sicuro che il ragazzo avrebbe ripreso a camminare imperterrito, invece con sua grande sorpresa si girò di scatto verso di loro. Si stava mordendo il labbro inferiore, poi si passò una mano tra i capelli per tirarli indietro e sistemarli un poco.

“Ne parleremo a colazione,” disse in fine, cambiò direzione da quella che stava prendendo precedentemente, si diresse verso di loro e scese lo scalino. Blaine di dovette trattenere dal non fissarlo mentre lo superava e gli guardava in modo poco velato il sedere, il nome“Jeremy” tatuato dietro al collo che lo impressionava sempre anche solo dalle foto, per poi entrare in bagno e chiudersi la porta alle spalle.

Entrambi restarono per un attimo in silenzio, si scambiarono uno sguardo e nello stesso momento si diressero all'ascensore, ancora una volta mano nella mano, e Blaine era certo che lei gli avrebbe chiesto spiegazioni.




 



Si, eccomi tornata con una nuova long, vi sono mancata? Eheheh? No? Ok, va bene, la smetto. 
Questa volta la storia è nata ascoltando la famosa canzone "My Dark Side" che tutti qui conoscete (non dite il contrario che vi spezzo le gambine) di conseguenza ci saranno vari riferimenti a essa. Tutti i personaggi principali hanno un "lato oscuro", e sono già ben visibili. Vediamo che li indovina? chi vince riceverà un biscottino LOL
Adesso toglietevi il grande "WTF" che avete sulla faccia, perché si, lo so che nel prologo non si capisce quasi niente ma vi assicuro che tutte le vostre domande riceveranno una risposta nel corso dei vari capitoli. A proposito, per il memento ne ho soltanto un paio pronti e saranno tutti più o meno di questa lunghezza, quindi ho deciso che aggiornerò ogni dieci giorni o giù di lì. 
Spero di non aver dimenticato niente, tranne che il capitolo non è betato e vipregononmiuccidete, cercherò di sistemarlo il prima possibile; se nel frattempo qualcuno si vuole fare avanti come beta, ben venga xD 
Un bacione a tutti,
 
P.s. "#WhoISJeremy?" ..ok, la smetto. 

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Capitolo 2
*** #1. ***


Capitolo 1
 
 
Capitolo 1





Appena rimasero soli all’interno dell’ascensore, le preghiere di Blaine che Elizabeth non sollevasse la questione su ciò che aveva detto poco prima a Sebastian, si dissiparono nel nulla appena la ragazza lo guardò dritto negli occhi.

“Etero?” Chiese furente, cercando in tutti i modi di celare la rabbia che le divampava nel petto. “Ti sei impazzito per caso?! Hai idea di ciò che hai appena fatto?”

Blaine alzò le spalle, fissando quel oceano inquieto che erano gli occhi di Elizabeth. Rimase un attimo in silenzio, le labbra strette in una smorfia. Non sapeva dare una risposta ai quesiti che gli erano stati posti. Un po’ pazzo infondo lo era, quando Sebastian aveva fatto degli apprezzamenti tanto spinti su di lui non ci aveva più visto lucidamente e aveva agito di impulso; e per una sola ragione. “Gli ho detto l’unica cosa con la quale starà lontano da me e smetterà di mangiarmi con gli occhi.”

“No, idiota,” lo rimproverò subito lei, scuotendo lentamente la testa con una smorfia di stupore e disgusto in viso.

“Tutto questo non farà altro che aumentare il suo interesse nei suoi confronti. Il tuo non volerlo ammettere subito nonostante sia evidente, l’insultarlo, il non lasciarti abbindolare delle sue avance, non faranno altro che peggiorare il suo comportamento.”

Blaine era sconcertato che quelle parole uscissero da quelle labbra col lucidalabbra rosa che solitamente sostenevano tutt’altro. Non poteva credere alle sue orecchie e nemmeno a come Elizabeth potesse pensare una cosa del genere. “Stai dicendo che avrei dovuto farmi dire tutte quelle cose e restare in silenzio? Farmi mettere i piedi in testa?”

Elizabeth sbuffò sventolando la mano in aria come se stesse cacciando via una mosca che le dava fastidio. “Ma no, non intendevo questo-“ sospirò consolata e si portò una mano a spettinare la frangetta. Riprese controllo di se stessa e parlò con tono calmo e deciso allo stesso tempo. “Non sto dicendo questo, anzi ho ammirato il tuo comportamento, pensavo saresti capitolato ai suoi piedi nel giro di qualche secondo; ma quello che ti voglio dire io è: Non esagerare; o prenderà tutto come un gioco in cui lui è un professionista e noi, tu, non puoi permetterti una sconfitta.”

A Blaine non sfuggì la correzione che fece la ragazza, passando dal plurale al singolare. E questo lo portò a inclinare la testa da un lato e incrociare le braccia al petto, come ad accusarla. Sentiva quella solita voglia di urlarle contro, come gli veniva quando lei si comportava proprio come stava facendo in quel momento. “El-“

Ma lei era fin troppo furba anche solo per farsi rimproverare. Sembrava aver letto dentro quegli occhi cangianti, e decise che per non farsi attaccare doveva utilizzare la difesa migliore: attaccare a sua volta.

“E poi credevo che la fase ‘io sono etero’ l’avessimo già superata da un pezzo, che avessi fatto outing da un bel po’ di anni ormai.” Elizabeth fece una pausa, inarcando un sopracciglio. “O mi sbaglio?” continuò con gli occhi ridotti a due fessure e la voce fintamente sorpresa.

In quel momento le porte dell’ascensore si aprirono e Blaine sgattaiolò fuori con passo spedito. Le sue gambe erano corte, tuttavia riusciva sempre ad avere un certo vantaggio sulla ragazza che indossava sempre un paio di tacchi a rallentarla. Credeva davvero di poter chiudere la questione in quel modo, ma una mano dalle unghie smaltate di rosa lo afferrarò per la camicia.

Poteva benissimo rispondere a quella domanda, doveva soltanto dire tre parole e probabilmente il discorso sarebbe finito lì. Poteva farlo, è vero, ma non voleva. Trovava estenuante dover ribadire sempre un concetto che di certo per lui non era dei più rosei  -esilarante come quel colore si addicesse perfettamente al discorso; soltanto i sette colori dell’arcobaleno accostati insieme gli facevano concorrenza.

“Blaine, mi sbaglio?” Chiese Elizabeth in un sussurro alle sue spalle. La stretta sulla sua spalla si strinse e Blaine si girò a guardarla. Era preoccupata e i suoi occhi non facevano altro che scrutarlo freneticamente in viso.

“No, non ti sbagli,” Rispose lui, abbozzando un sorriso. Tuttavia, nel momento esatto in cui pronunciò quelle parole, un nodo gli si formò nella gola e fu costretto a deglutire subito dopo.

Cosa che a Elizabeth non sfuggì.

“Sai che ne potremmo-“

“Smettila di preoccuparti!” Esclamò fermamente, altamente irritato di quelle accuse e i loro comportamenti. Si accorse di essere stato troppo brusco quando la ragazza sussultò timorosamente. “..Per favore,” aggiunse a quel punto, mettendole le braccia sulle spalle e tentare di abbracciarla.

Elizabeth si scansò prontamente. Non ne era sorpreso, di certo lei non era quel tipo di donna che si accoccolava così facilmente al petto di qualcun altro per farsi rassicurare e calmare la frustrazione; lei era quel qualcuno, che ti faceva stringere a sé.

Iniziò a camminare senza aspettarlo per il corridoio con il rumore dei tacchi che riecheggiava a ogni suo passo, sempre più distante.
 
 
*
 

Elizabeth aveva deciso di far colazione con Sebastian in giardino, sostenendo che l’aria pulita e il tepore del sole mattutino gli avrebbero fatto bene e punito allo stesso tempo, accecandolo con la forte luce.

Avevano fatto apparecchiare la tavola a bordo piscina e i domestici, ancora prima che dell’arrivo di Sebastian, avevano già portato i vassoi della colazione e le bevande. Blaine ne era rimasto stupito e li ringraziò calorosamente con un sorriso sulle labbra dato che la ragazza non si premurò nemmeno di rivolgergli un occhiata; al contrario non aveva fatto altro che leggere e cercare notizie sul suo preziosissimo I - pad, seduta comodamente su una poltrona vicino al tavolino, all’ombra.

Lui era rimasto in piedi, cosa di cui si pentì amaramente nel momento in cui Sebastian uscì di casa e si diresse verso di loro. Aveva avuto la decenza di mettere qualcosa  addosso: mutande e pantaloni. Era a torso scoperto e

Blaine si trovava indeciso sul dire che avesse fatto bene o meno. Quel fisico asciutto e muscoloso gli fecero seccare la gola e provare un brivido di eccitazione, era un piacere per gli occhi e in un altro momento sarebbe rimasto a guardarlo per ore.  Ma per come lo aveva trattato poco prima, Blaine era ancora furioso e cercava in tutti i modi di evitare di far cadere il suo sguardo su quei muscoli e la pelle leggermente abbronzata.

Sebastian lo superò facendogli un occhiolino, si sedette sulle sedia e poggiò i gomiti sul tavolo. Guardò Blaine con un sorriso. “Puoi sederti, non mordo mica,” disse rivolgendogli un ghigno, poi parve ripensare alle sue parole e aggiunse: “più che altro se me lo chiedi non lo faccio.”

Elizabeth sbuffò, sbatté l’apparecchio elettronico che aveva tra le mani sulle gambe e poi si alzò in piedi. “Smettila
Smythe, sei ridicolo,” disse mentre si sistemava la gonna per poi sedersi a tavola, accanto a lui. Lo guardò alzando un sopracciglio e gli porse l’ipad; lui la guardò fisso negli occhi, sbattendo più volte le palpebre e lei lo  appoggiò sul tavolo. “Vogliamo delle spiegazioni.”

Sebastian le rivolse un finto sorriso, “No, io le voglio da voi. Che ci fate qui?” chiese infine, voltandosi a guardare i vassoi con aria corrucciata. Optò per qualcosa di salato e si mise nel piatto del bacon. “Se non volete fare sesso, io non posso aiutarvi.”

“Sebastian!” lo rimproverò lei senza metterci troppa convinzione, evidentemente ci era abituata; accavallò le gambe e si sporse verso di lui. “Che ti è saltato in mente ieri sera?”

“Accomodati, Blaine.  Mi stanco per te a vederti alzato,” Disse il cantante al moro, ignorando del tutto la domanda che gli aveva rivolto la ragazza.

Elizabeth a quel punto gli portò una mano sotto al mento e lo costrinse a guardarla, “Hai idea di in quali guai ti sei cacciato?”

Sebastian tirò il viso indietro, guardandola con disprezzo, “Non osare mai più,” la minacciò a denti stretti per poi ritornare a guardare Blaine e fare cenno con la testa alla sedia che aveva accanto. “E’ da maleducati non accettare l’ospitalità di qualcuno, non te lo hanno detto?”

Lui guardò prima lui e poi Elizabeth che gli fece cenno di accontentarlo, e si mise a sedere accanto al cantante.

C’era un po’ di distanza tra loro, tuttavia poteva sentire benissimo il calore che emanava il suo corpo sulle braccia scoperte; in un batter d’occhio si ritrovò con la gola secca e dovette bere dell’acqua per rinfrescarsi. Sentiva le guance scarlatte.

“Ma guardalo,” disse Sebastian a nessuno in particolare, fissandolo, “è diventato rosso!” Si sporse in avanti e gli soffiò sulle labbra “Sei ancora più adorabile così.”

“Io non sono adorabile,” ribatté prontamente lui, tirando la testa indietro, “e non sono rosso in viso!”

“Io dico di si.”

“No, non lo sono.”

“Si che lo sei. E adesso basta!” Intervenne Elizabeth, guardando eloquentemente Blaine, facendogli capire di darci un taglio per continuare con le cose serie. “Sebastian, mio padre è preoccupato per te.”

Lui continuò a bere la sua aranciata tranquillamente, come se non avesse alcuna intenzione di risponderle. Quando ebbe finito poggiò di nuovo il bicchiere vuoto sul tavolo e si umettò le labbra. “Non è vero.”

Elizabeth lo guardò con gli occhi sgranati. “Perché diavolo non dovrebbe esserlo? Ti rendi conto che sei pure caduto a terra, in mezzo alla strada, e qualche demente l’ha fatta passare per un tuo svenimento, o no? Abbiamo dovuto chiamare i domestici per farci rassicurare e avere la conferma che almeno hai avuto il buon senso di bere molta acqua, mangiare, pisciare e andare a dormire! Sei uno sconsiderato. Mio padre è piombato giù dal letto. Ti rendi conto di tutto questo o no? Lo capisci che devi smetterla con queste cose o sei troppo ritardato affinché il tuo cervello possa arrivarci? Lo farai morire prima o poi.”

Sebastian divenne una tavola di legno a quelle ultime parole. La presa sulla forchetta era talmente salda d’avere le nocche bianche e tutti i muscoli del braccio tesi. Tuttavia nel suo viso, per metà nascosto dagli occhiali da sole, si poteva leggere soltanto la più totale tranquillità.

“Di quello che fai non me ne fregherebbe niente se non deturpasse la tua immagine o facesse preoccupare tutti. Nei primi articoli che abbiamo letto si parlava addirittura di overdose!”

“Non ero così drogato da morire.” Commentò Sebastian in un sussurro, per poi continuare a voce più alta: “Non ero affatto drogato, in realtà. Ma adesso che mi ci fai pensare, forse ho sbaglio a non farlo.”

“Non eri drogato?” Chiese Blaine confuso.

“Ho fumato soltanto qualche tir-..” si interruppe nel bel mezzo della frase e fece una smorfia. “Ho mentito, lo ero. E allora? Non ne sono dipendente e non sono né il primo e né l’ultimo ad averlo fatto.”

“A noi non interessa niente degli altri, a noi interessa di te! L’agente di Santana ha chiamato mio padre stamattina, era furibondo. Sai cosa succederebbe se decidessero di chiudere questa relazione? E capisci che, inoltre, con molta probabilità gli impegni dalla tua agenda verranno annullati perché nessuno vorrà avere a che fare con te?!”

“E’ sempre di business  che si tratta alla fine. Vi interessano i miei soldi, non me.” Sebastian cacciò via il piatto ancora intatto, continuando a guardare dritto davanti a sé.

Blaine voleva intervenire, dire qualcosa per calmare le acque e mettere a tacere quel litigio verbale che tra poco, conoscendo i due ragazzi- o almeno pensava di conoscerli- si sarebbe trasformato in un litigio fisico. Sembravano essere lì per tirarsi addosso qualcosa.  Inoltre avrebbe dovuto difendere i Cristin, lo sapeva bene; li conosceva, era cresciuto con Elizabeth e James era come un padre per lui. Nonostante ciò non riuscì a farlo. Stava conoscendo nuovi aspetti di loro e francamente aveva troppe domande per la testa a riguardo per riuscire a far qualcosa.

“Mio padre ti tratta come uno della famiglia, si è sempre preso cura di te quando dovevano essere i tuoi-”
Sebastian si girò bruscamente verso di lei a guardarla, battendo le mani sul tavolo e lei si zittì di colpo; non diede nessun segno di essere spaventata. Blaine, adesso che il cantante si era girato e gli era accanto , poteva finalmente guardare da vicino quel tatuaggio che aveva dietro al collo.

Fin da quando aveva visto la prima foto,  Blaine ne rimase molto perplesso. Il nome “Jeremy” era scritto in stampatello, ogni lettera grande quattro centimetri e aveva sempre qualche imperfezione, una sbavatura qua e là; come se fosse stato fatto a mano libera e con la paura di sbagliare. Con tutti i soldi che aveva, Sebastian avrebbe potuto farselo sistemare da anni o coprirselo in qualsiasi altro modo, invece non l’aveva mai fatto ritoccare. Inoltre non aveva mai spiegato il suo significato, come quello che aveva sul fianco. Un nome tatuato, soprattutto maschile, attirava sempre l’attenzione dei media, se poi non si voleva spiegare il motivo, le domande a riguardo aumentavano e Blaine, come quasi tutti, dubitava che Sebastian si fosse fatto il suo secondo nome senza un vero e proprio motivo.

“Guarda,” rispose Elizabeth, alzandosi dalla sedia, “pensala come vuoi. Io vado a chiamare mio padre, che voleva tue notizie.”  andò via camminando spedita, estraendo il cellulare dalla tasca.

“Mi ammiravi?” Chiese gentilmente Sebastian a Blaine pochi secondi dopo, guardandolo con un lieve ghigno  sulle labbra.

“I-io-“ lui si ammutolì di colpo, stava balbettando. “Stavo guardando il tatuaggio,” riprese subito dopo.

Sebastian si portò subito una mano a coprire il punto, sorridendo amaro. Tornò a prestare attenzione a ciò che c’era sul tavolo. “Abbiamo degli alcolici in questa casa,” urlò di punto in bianco, per farsi sentire da tutti i domestici, “perché non ne mettete mai a tavola? E’ così complicato prendere delle cazzo di bottiglie?! Portatemi del Courvoisier. Adesso!”

Due giovani donne, che erano rimaste lì per servire, partirono a passo spedito verso la casa, terrorizzate. Sebastian rise divertito a quella vista e si lasciò andare sullo schienale.

“Non puoi bere a quest’ora del mattino, sono appena le dieci!”

“Oh, si che posso. Lo faccio spesso.”

“Sebastian-“ Si interruppe, non sapendo bene come continuare. Era indeciso se rimproverarlo per come aveva trattato le due domestiche, Elizabeth, lui stesso o per come si era comportato il giorno prima. Avrebbe dovuto fare tutte e tre le cose contemporaneamente, ma rimase in silenzio a ponderare bene ed esporre il suo disappunto. El aveva decisamente ragione su di lui.

“Il gatto ti ha rubato la lingua, per caso?” lo incitò Sebastian, con un sorrisetto soddisfatto.
Blaine ebbe la voglia di mollargli un bel gancio destro, uno bello forte; poi si ricordò di ciò che aveva promesso a
James. Respirò affondo e represse l’orgoglio. “Quello che volevo dire è che non dovresti farlo. Bere a stomaco vuoto non fa bene al tuo organismo, né tanto meno drogarti!”

“Carino, è arrivato mamma chioccia,” lo canzonò, bevendo un altro sorso d’aranciata.

Fidati di me, James. Blaine si stava pentendo amaramente d’aver fatto quella promessa che non poteva rompere per niente al mondo.  Decise di fingere di non averlo sentito. “.. ed Elizabeth ha ragione: hai fatto preoccupare un sacco di persone con quello che è successo. Non ho letto gli articoli perché mi ha spiegato tutto James,” Sebastian mimò il nome con le labbra, “ma se non l’avesse fatto, non so cosa avrei pensato o come avrei reagito a un qualsiasi articolo che parlava di una tua overdose.”

L’altro sbuffò semplicemente.

“.. E-e ci hai pensato alla tua carriera? El ha ragione anche su questo: molte porte ti verranno sbattute in faccia per qualche tempo e-“

“Anche tu pensi solo al mio guadagno,” lo interruppe Sebastian, irritato e cinico. “Pensavo fossi un mio fan.”

Blaine sapeva che doveva concentrarsi sulla prima frase, ma il suo cervello sembrò quasi annullarla nel momento esatto in cui disse la seconda. Sebastian si ricordava davvero di lui. Gongolò interiormente, lasciando trapelare solo un piccolissimo sorriso come reazione. “Sebastian, io non penso ai tuoi soldi, io non ci guadagno nulla in tutto questo ed essere fan significa anche criticare e ammettere dove l’artista sbaglia. Io ho l’opportunità di potertelo dire ed è ciò che sto facendo.” Lo fissò a lungo, cercando di capire cosa provasse dentro, ma il viso della star era soltanto una maschera di tranquillità impenetrabile, come se non l’avesse ascoltato. Doveva cambiare quella situazione, era irritante. “Mi spieghi perché sei convinto che James sia interessato solo ai tuoi soldi?”

“Perché non dovrei esserlo?” incalzò Sebastian, alzandosi sulla testa gli occhiali da sole. “Perché tu non lo pensi?”

Blaine capì subito ciò che stava cercando di fare, Sebastian non era così abile a mentire quando guardava negli occhi, perché questi erano sinceri ed espressivi; non come la sua voce, che riusciva ad insinuarsi dentro la sua mente e a scuoterla a suo piacimento. Voleva farlo dubitare e, in parte, c’era riuscito. “Perché io lo conosco. E conosco Elizabeth. So che si prende cura di te come non fa nessun altro e sono sconcertato dal modo in cui lo attacchi; ti tratta davvero come uno di famiglia,” Sebastian si irrigidì notevolmente sulla sedia. “Lui ti vuole-“

“Non dirlo.” Il cantante aveva tutti i muscoli delle braccia tese, gli occhi che guardavano verso il giardino dove le due donne stavano tornando con una scorta di liquori. La mano immobile, bloccata a metà nell’atto di chiudersi a pugno. Non aveva urlato, ma sembrava come se trattenesse una certa quantità di rabbia e dolore.

Blaine era rimasto confuso; in un altro caso avrebbe chiesto scusa per aver parlato troppo, ma in quel momento non credeva d’aver fatto qualcosa di sbagliato. Stava solo per dire che James gli voleva bene. Restò in silenzio per qualche secondo e decise di cambiare discorso.

“Portatele via,” disse Sebastian in un fil di voce alla domestica più grassoccia che stava poggiando le bottiglie sul tavolo. “Siete troppo lente e ho cambiato idea. La prossima volta vi licenzio,” Sebastian le congedò con un cenno della mano, mentre con l’altra si riportava di nuovo gli occhiali da sole sul naso; poi le poggiò entrambe sul tavolo e spingendone a pugno una.

“Io credo che dovresti dargli un’occhiata,” parlò lentamente, prendendo l’I - pad dal tavolo per sbloccarlo e porgerlo a Sebastian. “Sai.. Per curiosità.”

“Poggialo.”

“Come scusa?” Chiese lui, sbattendo più volte le palpebre.

“L’I - pad. Poggialo sul tavolo. Non lo prenderò fin quando me lo passerai tu,” gli spiegò Sebastian, regalandogli un sorriso sghembo.

Blaine si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo; conosceva quell’abitudine, ma se n’era completamente scordato. Fece come gli venne detto. “Meglio?”

“Non sai quanto, Killer,” gli rispose e anche se non poteva vederlo, sapeva che Sebastian gli aveva rivolto un occhiolino.
 


“..Quindi?”

“Quindi, Beth?” Suo padre dall’altro capo del telefono sbuffò. “Quindi lo ucciderei con le mie stesse mani. Si è giocato l’esibizione al WeDay di quest’anno e ho dovuto penare sette camicie per fargli fare quest’intervista.”

“Potresti sempre abbandonarlo,” propose lei con lentezza, temendo già di essere rimproverata. “Sai.. Seguire qualcun altro al suo posto..”

James sospirò, “A volte mi chiedo se non hai ragione tu, che sto sbagliando; e che dovrei seguire i tuoi consigli e lasciarlo.”

“Papà io ho sempre ragione,” rispose sollevata, accennando anche una piccola risata senza allegria. Sentire l’amarezza nella voce del padre le provocava sempre una certa angoscia.

“Si, ma tu sai qual è il problema. Conosci il mio modo di pensare e di agire. Non posso farlo.”

“Lo so,” concordò, non sapendo che altro dire a riguardo. “Loro.. Beh ecco - non.. Non hanno chiamato?”
Lui rise amaro. “No,” ci fu una lunga pausa,  “i suoi genitori hanno mandato un email, Laurent un messaggio; non ho ancora risposto.”

“Papà!” Lo rimproverò disgustata.

“Ho promesso. E queste sono cose che non ti riguardano, signorinella.” Tagliò corto lui, irritato da quel tono.

“Se fosse successo a me, tu non vorresti avere mie notizie? E dovresti promettere meno cose a Sebastian; lui le promesse che ti fa non le mantiene.”

“Penso che dovresti tornare da lui,” James cambiò discorso, non ammettendo repliche su quell’argomento. “Alle undici e mezza c’è la diretta e lui deve arrivare già truccato e presentabile. Non fargli lasciare altre dichiarazioni o parlare con qualcuno. Deve solo andare lì, mettersi davanti la videocamera e andare via.”

“Va bene. Altro?”

“Non voglio niente di eccentrico. Non voglio brillantini, luccichii vari, piume o chissà cosa che esce dalla testa di Jen. Soft.”

“Sarà fatto,” rispose lei annoiata, ritornando indietro verso il tavolo e i due ragazzi seduti lì.

“Ultima cosa: mi dispiace per l’università e so quanto ci tieni-“

“Va tutto bene, è quello che farò nella vita. Fare pratica è meglio che studiare la teoria, no?”
 
 
 
 
 

“No.”

“Come sarebbe a dire no?” Chiese Elizabeth iniziando ad alterarsi, guardando sprezzantemente la popstar stravaccata sulla poltrona di casa.

“Sei ritardata? Perché non credo ci siano molti significati da attribuire a una semplice parola di due lettere. Ma prego, lascia che ti illumini: è una negazione.”

Lei lo guardò negli occhi per un attimo, poi gli sorrise beffarda. “Senti, brutto stangone buono a nulla, hai da presenziare a un intervista per la quale James ha dovuto fare i capitomboli affinché accettassero di non tirare in ballo ciò che è successo stanotte, quindi farai bene a muoverti se non-“

“Sebastian, quello che El vuole dire è che ne va della tua immagine,” la interruppe Blaine, cercando di sistemare un po’ le cose.  Era in piedi accanto a lei, guardando il cantante leggere avidamente gli articoli su se stesso sull’ I - pad. Quando gli aveva chiesto di dargli un occhiata, non intendeva alzarsi di colpo dal tavolo e camminare a passo spedito dentro casa per poi gettarsi su un divano qualsiasi della prima stanza che  incontrava.

Il ragazzo fece una smorfia e un gesto con la mano senza nemmeno guardarlo, come a scacciare via quelle parole delle quali il suo interesse era pari a zero. Anzi, per mettersi ancora più comodo, si distese e alzò una gamba per portare il piede a penzoloni dietro lo schienale; con i muscoli delle gambe tesi e i pantaloni tirati.

“Fa qualcosa,” sussurrò Elizabeth all’orecchio del moro, facendolo andare nel panico. Alche spalancò gli occhi e fece un passo indietro, lasciando ricadere la mano che la ragazza aveva poggiato sul suo braccio. Lei alzò un sopracciglio.

“Cosa? Perché io?” farfugliò, sicuro che l’altro non li stava nemmeno ascoltando.

El sbuffò, lo afferrò per un gomito e lo costrinse a fare qualche passo indietro insieme a lei, per poi dare le spalle a Sebastian. Si guardarono un attimo negli occhi e poi perplessa chiese: “Blaine ti senti bene? Sei sbiancato di colpo, e si può sapere cos’è tutta questa tua preoccupazione? Non ti ho chiesto mica la luna, devi soltanto convincerlo a prepararsi e venire con noi. L’hai già fatto.”

Era vero, non meno di dieci minuti prima era riuscito a far leggere quegli articoli a Sebastian, ci sarebbe riuscito anche questa volta; non sarebbe stato difficile. E poi si trattava del suo lavoro, non poteva tirarsi già indietro o esserne terrorizzato solo perché qualcuno riponeva della fiducia in lui. “Si, scusa.”

“Blaine,” iniziò lei, “lo sai che.. Insomma.. Se te ne penti...” lasciò la frase in sospeso e lui ne le fu grato; non avrebbe comunque retto e sarebbe sbottato prima. Quel tono così preoccupato non riusciva a farselo piacere.

“Va tutto bene, ho avuto soltanto un attimo di.. Confusione.”

Gli occhi celesti di Elizabeth lo perlustrarono alla ricerca di qualche segnale che stesse mentendo, non trovandolo gli lasciò andare il braccio e tornarono davanti a Sebastian che, apparentemente, non si era nemmeno accorto che si fossero allontanati.

“Guardate qui,” disse infatti, senza accertarsi se lo stessero ascoltando o meno, “una ragazza come commento all’articolo di questo blog ha lasciato ‘Sebastian vai così, sei un grande!’,” finalmente si voltò a guardarli, “Non so se è ridicola o meno, ma sono soddisfatto.”

“No, tu non hai un briciolo di cervello, è differente.” 

Lui fece finta di non udirla, “Vedete che non c’è niente di cui preoccuparsi? I miei fans continuano ad amarmi ancora e mi trovano strafigo.”

Blaine si portò una mano a massaggiarsi la fronte, non sapendo proprio come evitare di riprendere quel discorso senza perdere tempo, erano già in ritardo; inoltre, aveva già tentato di fargli capire l’errore, ma a lui non sembrava importargliene e, ne era sicuro, James, Elizabeth o altri, gli avevano già spiegato le conseguenze di quelle azioni che avevano su di lui e i suoi fans, come se lui non fosse abbastanza maturo d’arrivarci da solo.  Riflettendoci, però, guardandolo con quel sorrisino stupido sulle labbra e quell’aria spavalda, forse immaturo lo era davvero.

“Sebastian, ascoltaci, quella ragazza sarà soltanto una su un milione. Molti altri saranno delusi dal tuo comportamento, per non parlare del messaggio sbaglio che dai,” iniziò avvicinandosi e lui tornò a sedersi composto.

“Hai letto ciò che dicono su di te molti altri, infangano anche le persone a cui tieni; Santana, ad esempio.”

“Santana”, ripeté lui velenoso, come se solo il nome della ragazza gli facesse rivoltare lo stomaco e gli facesse salire la bile per l’esofago.

Blaine continuò, non dandogli peso. “Questa è l’occasione per chiedere scusa e dare la tua versione di come sono andate le cose, se proprio vuoi.”

“La mia versione dei fatti, sarebbe una bugia, dolcezza. Mentire è meglio di ciò che ho fatto?” Domandò lui inarcando un sopracciglio, con aria di sfida e quella faccia irritante che gli fece venir voglia di mollargli un ceffone.

Era talmente spavaldo e sicuro di sé, come se lo conoscesse da tanto, com’era il suo modo di pensare e i suoi principi. Se non avesse saputo che stava cercando di metterlo in difficoltà, con molta probabilità Blaine, ancora una volta, in quel momento, l’avrebbe ammirato per quello. C’era un motivo per cui aveva continuato ad ammirarlo nonostante le dicerie su di lui.

“Non c’è nemmeno paragone,” iniziò adirato, sentendo il nervosismo pervadere il suo corpo. Purtroppo, o per fortuna, Elizabeth intervenne non permettendogli così di finire il discorso.

“E’ il messaggio che dai alla gente, Sebastian. Sappiamo tutti che, eticamente parlando, si trattano entrambe di due cose spregevoli; ma mettendole a confronto: non hanno le stesse conseguenze, nonostante bugie molto grandi possano portare a conseguenze disastrose, ma ai giorni nostri non muore nessuno per questo o, per quella che è nel tuo caso, un omissione di verità, uno storpiamento dell’andamento dei fatti; mentre la droga e l’alcool portano alla morte o alla dipendenza centinaia di persone al giorno. Quindi sì, mentire è meglio che drogarsi.”

“Sei noiosa come i discorsi che fai.” Fu l’unica risposta di Sebastian, che fece incupire gli altri due ragazzi. Non aggiunse altro per quasi un minuto. Abbandonò il tablet sul divano accanto a sé, poggiò i gomiti sulle ginocchia e si prese il viso tra le mani, guardando un punto fisso non ben distinto sulla parete difronte.

Blaine, per chiedere spiegazioni, guardò la ragazza con aria interrogativa, lei in risposta alzò le spalle e si portò l’indice vicino la tempia facendolo ruotare in senso orario: svitato. Lui alzò gli occhi al cielo.

“Ok,” spezzò il silenzio il ragazzo, buttandosi indietro sullo schienale, “mi andrò a preparare e farò l’intervista a una condizione..,” Sebastian ed Elizabeth si scambiarono uno sguardo eloquente che Blaine non percepì, “.. Lui farà la doccia con me!”

Entrambi i due ragazzi spalancarono gli occhi all’unisono e poi sbottarono un “Cosa!?” perfettamente sincronizzato. Non c’era da stupirsi se venivano scambiati per gemelli diversi o fratello e sorella.

“Se non vi va bene la mia condizione, potete pure annullare il tutto. Oggi non ho proprio voglia di uscire di casa e quelli lì,” disse riferendosi ai uomini con cui era stato visto, “sicuramente saranno ancora a letto o in giro per casa.”

“Io non farò una cosa del genere,” si oppose Blaine, puntando il dito in aria.

“Almeno hai pensato a come farli tacere?” domandò invece la ragazza, come se il suo migliore amico non avesse nemmeno fiatato e quello era il problema principale. E in realtà lo era, ma questo lo infastidì comunque.

“Ci penserà tuo padre o tu,” rispose Sebastian scrollando le spalle.

“Il solito comodo,” commentò lei seccamente, poi cambiando discorso, lanciò un occhiata di sfuggita al ragazzo al suo fianco e poi tornò a guardarlo, “non se ne parla, Blaine non farà una cosa del genere; lui non vuol-”

“Ah-ah,”  la interruppe lui alzando un dito e una faccia strafottente, “io credo che debba essere lui a rispondere.”
La ragazza lo guardò con astio, uccidendolo venti volte in pochi secondi nella propria mente; intrecciò le braccia al petto e si voltò a guardare Blaine che in quel momento si trovava in difficoltà.

Perché sì, sì che voleva farsi la doccia con lui. Il pensiero di loro due completamente nudi sotto il getto d’acqua lo eccitava a dir poco; passargli lo shampoo tra i capelli e lavargli la schiena. Era uno dei suoi sogni ricorrenti, la cosa più assurda di tutto ciò che poteva desiderare. La trovava un idea erotica e intima, mostrare il proprio corpo a qualcuno, permettendo così di giudicarsi a vicenda, non è cosa da poco; ma ovviamente questo per Sebastian non era minimamente un problema, anzi Blaine era sicuro che provasse un certo piacere a farlo.

Tuttavia non si era immaginato così che dovesse accadere; quello era un ricatto, per divertirsi e affermare la sua autorità, prendersi gioco di lui ed Elizabeth. Era una cosa a cui lui non era disposto a sottomettersi.

“Ho già fatto la doccia stamattina, mi dispiace,” gli disse sarcastico, sentendosi fiero di sé stesso; cosa alquanto rara.

“Non ti preoccupare, a me dispiace per voi,” rispose Sebastian con un ghigno, “questo significa che dovrete annullare il tutto.”

“Sai, ieri sera hanno chiamato i tuoi genitori,” iniziò El con uno sguardo furbo, mentre Sebastian si faceva più attento, “conosci mio padre, non ha risposto. Però ricorda, io non sono lui.”

“Bel culetto, andresti a far preparare il bagno?”

Blaine decise di sorvolare sul appellativo che il ragazzo gli aveva dato e annuì. Lasciò uno sguardo ad entrambi i ragazzi e andò a cercare uno dei domestici; con quello che stavano per dirsi non voleva averci niente a che fare.

Sebastian deglutì a vuoto, guardando la ragazza che aveva di fronte che in quel momento, sembrava più grande, maestosa di quanto fosse in realtà, e di certo quell’effetto non erano i suoi tacchi a darglieli, ma il fatto che l’avesse incastrato e adesso era in gabbia; forse per questo che non si sopportavano più di tanto.

Scoppiò a ridere in modo teatrale, portandosi una mano sullo stomaco. “Oh, per un momento ci sono quasi cascato,” disse in tono leggero, riuscendo a celare la sua preoccupazione, “ti conosco, non faresti mai una cosa del genere. Avanti, disubbidire a James non è da te, non lo faresti mai.”

“Mio padre capirebbe,” fu l’unica risposta secca che ricevette.

Ora, ci sarebbero tanti e tanti termini per far capire meglio il concetto in cui il nostro caro Sebastian si trovava, ma nessuno rende come: era nella merda fino al collo. E anche se non nel senso letterale, lo era di certo a livello figurativo. I suoi sensi di colpa non lo avrebbero mai lasciato in pace, se davvero El  avesse fatto una cosa del genere.

“E tu riusciresti a sopportare il suo sguardo ferito e deluso?”

“Ma ti prego, non sai di cosa parli,” gli disse con una smorfia, stufa di tutta quella storia. Il modo in cui Sebastian continuasse a fare la vittima ed essere sfrontato allo stesso momento, le faceva venire sempre una gran voglia di mandarlo a quel paese, una volta per tutte.

Era sempre convinto che solo lui aveva sofferto nella sua vita, solo lui aveva sbagliato e che nessun altro l’avrebbe mai potuto comprendere cosa significava. Aveva avuto alti e bassi, questo sì, ma come tutti d’altronde, anche lei era rimasta indietro, nel passato, ma non lo faceva pesare come invece faceva lui.

Sebastian la guardò adirato, sentendo un formicolio lungo tutto il braccio e se fosse stato un ragazzo violento, quale fortunatamente non era, le avrebbe dato uno schiaffo. Decise invece di alzarsi in piedi, mordersi l’interno della guancia e andare via; stava giocando con il fuoco e quel giorno non aveva intenzione di scottarsi.

Elizabeth lo afferrò per un gomito, costringendolo a fermarsi e voltarsi verso di lei. “Sul favore che ti avevo chiesto... Non calcare troppo la mano.”

Lui ghignò, “Non ti preoccupare, Blaine mi irrita veramente.”
 
 
 
 
 
 
*
 

 
Quando arrivarono agli studios affinché Sebastian potesse fare l’intervista, Blaine sapeva che alcune fans accanite si sarebbero presentate. James aveva annunciato la notizia su Twitter, di conseguenza non era più un tabù, ma il ragazzo si sorprese comunque di trovare tutta quella folla. Conosceva in prima persona le Smythers e la loro passione, ma quando passarono in mezzo a loro e assalirono la limousine, si ritrovò a pregare Dio che non la ribaltassero.

Appena intravidero James da lontano, che li stava aspettando appena dietro le quinte, Sebastian divenne ancora più rigido e acido di quanto già non fosse, fucilando con gli occhi chiunque gli si avvicinasse. Nonostante questo, quando furono d’uno di fronte all’altro, il ragazzo abbassò lo sguardo, salutandolo con un cenno del capo e rispondendo in modo freddo ma educato.

“Siete in ritardo,” Esordì l’uomo; gli lanciò una leggera occhiata e poi tornò a compilare un modulo che aveva tra le mani, “avevo detto a mia figlia niente lustrini, paillette o brillantini” continuò calcando bene le ultime due parole per rimproverare Elizabeth in modo indiretto, la quale si fece piccolissima.

Blaine non si ricordava niente del genere nell’outfit che la stilista aveva scelto per Sebastian, quindi si voltò a guardarlo. Forse l’uomo si riferiva alle piccole borchie sui polsini e le spalline della giacca che indossava il ragazzo; altre spiegazioni non potevano esserci, dato che i jeans neri erano completamente semplici, sulla maglia vi era stampato solo un teschio e le scarpe non erano niente di così particolare.

Lui lo trovava  un abbigliamento molto sobrio rispetto a come era solito vestire Sebastian. Il trucco non era eccessivo, Lola gli aveva fatto una base chiara e gli aveva messo soltanto la matita dentro la palpebra inferiore. Alcune volte gli avevano messo addirittura il mascara e l’ombretto nero, Blaine non riusciva a capire cosa c’era che non andasse, per lui Sebastian era addirittura un po’ strano in quel modo.

“Io credo che così stia bene,” intervenne, sorridendo a James, “è sobrio, così fa capire che si vuole dare un limite, che si è pentito, ma al tempo stesso non farà preoccupare i fans e non darà l’idea di un cambiamento troppo radicale.”

Lui fece una piccola risata in risposta, lo afferrò per una spalla e lo attirò a sé, poi battendogli la mano sul petto, parlò agli altri due ragazzi, “Vedete? Lui si che è intelligente. Amore non te la prendere, ma sapevo che quella ragazza fissata con la moda ti avrebbe trascinata!”

Il viso di Elizabeth si trasformò in una maschera di stupore, boccheggiando a vuoto, facendo ridere il padre e Blaine, mentre Sebastian restava impassibile. La ragazza a quel punto strinse i pugni e se ne andò via farfugliando un “Vado a informare che Sebastian è già pronto.”

Nel momento esatto in cui tutti e tre restarono soli, calò su di essi tensione e imbarazzo. Blaine improvvisamente si sentì di troppo, come a volte gli succedeva quando era con James e dei suoi colleghi. Decise di andarsene, magari con la scusa di seguire Elizabeth, ma in quel momento l’uomo iniziò a parlare e il modo remissivo di comportarsi di Sebastian lo incuriosì.

“Ti sei divertito questa notte?”

“Si.. È  stata interessante,” rispose sul vago, spostando lo sguardo.

“Ne sono lieto. Lo è stata anche la mia, sai?” James fece una pausa, stringendo ancora di più Blaine a sé, il quale si trovò un po’ spiazzato dalla cosa; guardò la giovane star negli occhi e questi li spostò da un’altra parte. “Essere svegliato alle prime luci dell’alba dall’incessante squillare del cellulare e del pc è salutare; soprattutto se portano le notizie di un mio cantante paparazzato in uno stato pietoso.”

Sebastian serrò la mascella, deglutendo a fatica. Continuava a guardare un punto non ben definito, senza più quell’aria spavalda che lo distingueva sempre. Per un momento, un preciso istante, a Blaine ricordò un piccolo gattino indifeso, con le orecchie basse che veniva rimproverato dal padrone; poi parlò con il tono deciso e quell’immagine sfumò dalla sua mente.

 “Nessuno doveva venirlo a sapere. Doveva essere una sera come le altre e invece è successo questo,” per un attimo i due paia di occhi verdi s’incontrarono, “non dirò che mi dispiace, o che non accadrà più;” continuò secco, prima di tornare a guardare chissà dove.

“Non c’è bisogno che tu lo dica -anche se lo vorrei, sì- perché da oggi, Blaine,” James gli diede un’altra pacca sul petto, “Sarà i miei occhi e le mie orecchie; dovrai ascoltarlo e se lui ti dirà che non potrai fare una cosa, tu non la farai. Mi sono stufato di tutti questi spaventi che mi fai prendere.”

Sebastian posò gli occhi sul moro, incolore. Fece un piccolo ghigno e al posto di lamentarsi, come entrambi  gli altri due si aspettavano, disse annoiato: “Come vuoi.”

James fece un sorriso tirato, fingendo che tutto andasse bene. “Queste sono le domande che ti farà Will,” cambiò discorso, staccando un foglio dal blocco che aveva in mano, “sotto ci sono le risposte che dovrai dare, leggile e fa in modo di ricordartele il più possibile quando sarai davanti alla telecamera.”

Blaine li guardò confusi per un attimo, “Lui non dovrebbe sapere cosa gli chiederà o avere le risposte già pronte!”
James e Sebastian si guardarono per un attimo, poi posarono gli occhi su di lui e fecero una smorfia, come se avesse appena parlato in una lingua a loro sconosciuta. Così continuò “E’ un intervista! Di solito funziona così!”

“Non in questo caso,” intervenne l’uomo, mettendosi di fronte a lui, “voglio che parlino del disco e che allontanino un po’ i pettegolezzi, per evitare scherzi ho fatto un compromesso: loro mi hanno dato le domande sicure e loro potranno fargliene qualcuna di personale che non conosciamo.”

“A cui lui risponderà sinceramente, giusto?” Chiese Blaine, innocentemente.

“Mi stavo ritirando da un party di una mia cara amica e i miei amici mi hanno.. Accompagnato? Non regge.”

James guardò il moro, dispiaciuto, poi si voltò verso Sebastian, scuotendo il capo. “Non deve reggere, deve placare un po’ le acque. Qualcuno ci crederà comunque e io farò in modo di rendere il tutto molto veritiero. I media faranno del gossip con una versione ufficiale.”

Sebastian annuì senza averlo nemmeno ascoltato, “Io non dirò che Santana mi aspettava a casa, né tanto meno farò le mie pubbliche scuse.”

“Sebastian,” iniziò James, con tono autoritario, ma l’arrivo di una ragazza vestita di vero con un tesserino appuntato al petto, lo fece interrompere.

“Stiamo per cominciare. Signor Smythe, è desiderato di là.”

“Grazie dolcezza,” la ringraziò lui, facendole un occhiolino.
 
 
*
 
 

“..Sebastian, raccontami un po’ del tuo nuovo album,” disse Will Shouster accavallando le gambe in modo mascolino, “Come sarà? Hai già iniziato a lavorarci?”

James si irrigidì accanto a Blaine; erano dietro le quinte, distanti di un solo metro all’inquadratura delle telecamere.

L’intervista stava già andando avanti da una decina di minuti ormai e avevano fatto un gioco di dieci domande botta e risposta, il manager non si era preoccupato ma adesso, pareva che il conduttore avesse toccato un tasto dolente, perché l’uomo stava trattenendo il fiato.

Il cantante strinse le labbra, in difficoltà, prima di inumidirle con la lingua e sorridere all’uomo al suo fianco. “Sai Will, è una domanda che tutti i miei fans mi fanno di continuo a cui io non do mai una risposta,” si sistemò meglio sulla poltrona, avvicinandosi all’altro, “e tutti stanno letteralmente impazzendo,” continuò alzando le mani al cielo, imitando un’esplosione, “la notte il cellulare continua a squillare per tutti i tweet che mi mandano-“

“Beh, siamo tutti ansiosi di sentire qualche tua nuova canzone, come puoi biasimarci?” Lo interruppe Will, accennando una piccola risata.

“Non lo faccio infatti,” rispose subito, “la mia voce è troppo soave e la mia musica troppo cool per non voler essere ascoltata,” continuò poggiandosi una mano sul petto, “ma nonostante io voglia mantenere il tutto top secret, sono disposto a darti delle anticipazioni.”

Blaine si ritrovò a sorridere inconsapevolmente; non perché volesse sapere qualcosa in più riguardante il nuovo album, ma perché Sebastian sembrava così naturale  e divertente che lo metteva di buon umore. Se gliel’avessero chiesto, non avrebbe saputo rispondere se il cantante stesse fingendo o meno. Tutto ciò che sapeva era che ci sapeva fare; sapeva attirare l’attenzione, essere affabile e gentile. Era il Sebastian di cui Blaine si era preso una gran cotta.

Era il modo con cui conversava scherzando con Will e le sue risposte sarcastiche e stronze, a farlo diventare rosso quando il ragazzo poggiò per un attimo il suo sguardo su di lui. Si ritrovò a chiedersi perché fin da subito erano partiti col piede sbagliato, perché Sebastian sembrasse voler stare distante da lui; entrambi riuscivano a creare una certa affinità con chiunque, ma tra loro non c’erano riusciti e Blaine sperò che quella fosse solo una condizione temporanea.

“Ci dirai la data del rilascio?” Chiese speranzoso l’intervistatore, ridacchiando.

“Ho detto che darò delle anticipazioni, non che vi rovinerò la sorpresa,” rispose suadente, guardando prima Will e poi la telecamera per fare un occhiolino. “Ho deciso di fare qualcosa di diverso, questa volta.”

“Diverso come?” Will poi si girò verso la telecamera, “Adesso siamo curiosi, no?”

“Beh,” Sebastian fece finta di ridacchiare, “ho voglia di canzoni che parlino d’altro oltre la bella vita, i party e quelle cose lì. Io e San abbiamo deciso di fare anche unaltro duetto per l’album e vorrei cantare qualcosa su emozioni diverse di quelle del dopo - sbornia..”

“Qualcosa come l’amore?”

Lui lo guardò sorpreso, battendo più volte le palpebre, “È così che chiami quella cosa che ti fa sentire un idiota e ti fa venire dolore di pancia come se dovessi sempre andare al bagno? Allora sì.”

Ci fu un risolino generale, anche James stesso fece uno sbuffo per mascherare una risata.

“Non  è così male alla fine, e tu dovresti saperlo; nonostante l’amore, le farfalle nello stomaco finisco, dopo un po’.” commentò Will facendo un piccolo sorriso.

Blaine non seppe bene come fosse accaduto, ma per un battito di ciglia il suo sguardo s’incrociò con quello di Sebastian prima che questi, tornando a guardare l’uomo seduto al suo fianco, farfugliasse un “Già,” amaro.

“... Ma credo che con la splendida ragazza che hai, Santana Lopez, questa fase ancora debba arrivare per voi.”
In quel momento un bagliore proprio illuminò quelle iridi verde smeraldo che tutti stavano guardando e nello stesso istante James ed Elizabeth trasalirono. Quella sarebbe stata la fine di tutto. Un pericolo incombente sopra le loro teste. Conoscevano bene quegli occhi espressivi e quel ghigno mellifluo e trionfante.

“Chiedi di staccare la trasmissione, far mandare la pubblicità, qualunque cosa!” Esordì James preoccupato, rivolto alla figlia; lei annuì e scomparve in quello stesso istante a cercare chi di competenza.

Blaine, che non aveva ancora capito cosa stesse succedendo, si voltò a guardare l’uomo al suo fianco, con gli occhi
spalancati, completamente confuso. “Cosa sta succedendo?”

“No, no, no,” rispose Sebastian al posto dell’agente, seduto sulla poltrona al centro dell’inquadratura, accanto a Will, “Ti sbagli purtroppo; i nostri succhi gastrici hanno digerito queste farfalle già da un po’.”

“Perché non mandano la pubblicità?” sbottò a quel punto James, andando su tutte le furie. Si voltò a destra e a sinistra, alla disperata ricerca di poter fermare quello che stava accadendo. “Torno subito,” disse poi rivolto a Blaine, per poi andare via pure lui.

Il moro in tutto quello, non sapendo cosa fare, restò lì, affamato di conoscenza e posseduto dalla curiosità. Voleva capire fino  a che punto Sebastian si sarebbe spinto e quali fossero le sue vere intenzioni; per quanto riguardava il motivo, non era difficile dedurlo: voleva prendersi la rivincita, ribellarsi per così dire.

“Vuoi dirmi che state passando un brutto periodo?”

“Periodo? Non abbiamo mica il ciclo! Solo lei perché è una donna e diventa davvero una gran stronza in quei giorni. No. Dico solo che sinceramente: sto iniziando a stufarmi.”

Blaine spalancò gli occhi. Will fece altrettanto. I cameramen restarono a bocca aperta e calò un silenzio tombale.

“E’ sempre la solita, ma adesso sta iniziando davvero a darmi sui nervi. Non posso fare quello, non posso fare l’altro. Per non dire che è sempre più isterica, sta davvero uscendo fuori di testa! E-“

“Non credi di star esagerando un po’?” lo interruppe Will,  cercando di frenargli la lingua e guardando la spalla del cantante dove un ragazzo in divisa nera si stava sbracciando per attirare la sua attenzione e un altro faceva cenno di tagliare su quell’argomento.

Quella domanda per Sebastian fu solo benzina sul fuoco. Fece una finta risata, senza allegria; “Oh no, direi che sono molto clemente; Non ho mica detto che si diverte a prendere in giro Rachel Berry insieme alle sue amiche Brittany e Quinn, offendendo anche loro alle spalle.”

“Direi che ne parliamo dopo,” cambiò argomento l'altro, poggiandogli una mano sulla gamba. Si voltò verso le telecamere, “perché adesso è arrivato il momento della pubblicità!”

Dopo tre secondi le telecamere si spensero e un mormorio generale investì la quiete di poco prima. Elizabeth comparve quasi per magia al fianco di Blaine, la quale lo afferrò per la mano e fece per trascinarlo con sé verso

Sebastian che, tranquillamente, era ancora sulla poltrona, non degnandosi nemmeno d’ascoltare ciò che Will gli stava dicendo; ma i due ragazzi si fermarono in momento in cui James li superò camminando come una furia e fece loro segno di restare lì.

Sebastian appena lo ebbe di fronte restò immobile, eppure i suoi occhi lo tradirono con un leggero tremito. Dopo un lieve battibecco, la giovane star si alzò e seguì il manager nel camerino.

“Lo sapevo che non era una buona idea fargli fare quest’intervista,” borbottò Elizabeth a nessuno in particolare, battendo ritmicamente il piede a terra ; rossa dalla rabbia. “Quello è un idiota e mio padre ancora gli da fiducia!”

“Beh, almeno i fans sanno che è vivo e sta bene,” cercò di consolarla Blaine, non sapendo che altro dire. La abbracciò e la strinse a sé, sentendo di poco i suoi muscoli cedere a quel contatto.

“Ancora per poco,” rispose poggiando la testa contro il suo petto, “appena Santana saprà di tutto questo, lo ucciderà.”

Blaine fece una smorfia poggiando il mento tra i capelli della ragazza, non trovando niente da obbiettare e non volendo infierire maggiormente.
 

 
Pochi minuti dopo, due minuti prima della messa in onda, Sebastian e James tornarono in sala, entrambi furiosi e rossi in viso come se avessero appena litigato. Si scambiarono uno sguardo d’intesa prima che il ragazzo si allontanasse dall’uomo per andarsi a sedere accanto a Will Shouster.

James tornò dai due ragazzi che si aspettavano qualche spiegazione, ma non spiccicò parola, si mise le mani in tasca e rimase immobile per il resto dell’intervista.

“Tre... Due.. Uno..” Il cameraman fece un cenno con la mano per far capire che erano in diretta e tutti si zittirono.

“Allora Sebastian, stavi parlando-“

“Sai cosa? In estate farò un Tour Europeo, con ben tre tappe in Italia, come tu sai bene amo il cibo italiano e voglio andare a Napoli per mangiare una pizza.”

“Hai intenzione di fare un tour mondiale?” Chiese subito Will, prendendo la palla al balzo.

“Non so, è molto impegnativo come progetto,” rispose accavallando le gambe, “ma sicuramente farò dei concerti in Europa; sono due anni che non mangio del buon cibo!”

“Andresti per il cibo?”

“Per cos’altro, sennò?”
 
 
*
 
 
Se quella mattina Blaine credeva che quella giornata non potesse andare peggio, si dovette ricredere nell’istante esatto in cui lasciarono lo studio televisivo e lui e El presero un taxi per lasciare Sebastian e James da soli.

Purtroppo l’intervista non aveva avuto gli effetti sperati; o almeno non tutti. Tutti adesso erano a conoscenza della sua –quasi- ottima salute, nuove informazioni sul CD sui cui aveva mentito dicendo che ci stava già lavorando, quando in realtà non aveva nemmeno dato un occhiata alle canzoni che alcuni autori avevano scritto per lui; e i dubbi sulla sua false relazione tra lui e Santana, sulla sua omosessualità sarebbero sbucati dal nulla nel giro di poche ore. In poche parole: il quadro generale non era un granché; in compenso, la sua popolarità avrebbe avuto un picco.

Questo non lo disse a Elizabeth mentre pranzavano, in uno dei ristoranti più ricchi e riservati del quartiere più In. Li tutti la conoscevano come la figlia di James e assistente di Sebastian, ciò che diceva poteva arrivare ad orecchie indiscrete; ma quel giorno il rischio non c’era, mangiarono in religioso silenzio, interrotto soltanto per chiedersi di passarsi l’acqua.

Blaine avrebbe preferito parlare, farsi dare delle spiegazioni su.. Tutto; El invece non ne aveva alcuna intenzione e lo si poteva intuire dal modo in cui mangiava guardando il suo piatto. Era nervosa e insolita, di certo quello non era il suo comportamento abituale, sempre pronta a dire la sua e cercare di mettere al posto le cose.

Gli sembrava di non riconoscerla. Anzi, c’era qualcosa che riconoscesse? C’era qualcosa di vero in tutto quello? Si sentiva come se il suo mondo fosse irrimediabilmente cambiato, anche le persone. Non si domandava il motivo per cui Elizabeth e Sebastian si guardavano in cagnesco, non era difficile capirlo, ma quell’odio malcelato che rivolgevano; per mesi tutti gli avevano fatto credere di essere ottimi amici e invece, conoscendo lei, poteva ben dire che non lo erano mai stati. Che tutte quelle feste, festini, divertimenti, scatti equivoci in ogni luogo di loro due, fosse solo Sebastian che ci andava di nascosto e lei che poi lo andava a riprendere? Può darsi, ma questo non spiegava il disprezzo; Elizabeth viveva attraverso degli schemi ben precisi e odiava quando qualcuno li infrangeva, ma lui stesso l’aveva fatto un sacco di volte, ciò nonostante continuavano ad essere come fratelli, nessun risentimento. Che fossero stati insieme? Blaine ci pensò su per tutto il pranzo, guardandola di sottecchi, poi arrivò che era un ipotesi, se non impossibile, quasi; Da quanto aveva lasciato intendere quella mattina Sebastian, lui era gay. O anche se fosse stato bisessuale, non riusciva proprio a immaginarsi loro due insieme come coppia. Elizabeth non avrebbe mai fatto una cosa del genere conoscendo la sua cotta, e anche se era brava a mentire, lui la conosceva bene da poterla scoprire.

Due cose, in tutto questo, erano certe: avevano dei segreti e lei aveva un certo potere su di lui.

In tutto questo, poteva essere certo di dire le stesse cose, seppure in maniera amplificata, per James. Sebastian sembrava letteralmente un altro quando si parlava di lui. L’immagine del ragazzo che quella mattina si bloccava nel sentire il suo nome, era ancora vivida nella sua mente; come se Sebastian ne avesse paura e l’avrebbe pensato davvero se non fosse che conosceva davvero James. Ma infondo, poteva ancora dirlo? Aveva i dubbi anche su quello. Poi capì che lui non aveva paura di James, ma del suo giudizio; non era difficile capirne il motivo. Come lui, anche Sebastian provava molta  ammirazione per l’uomo e si vedeva nel modo in cui gli parlava e stava al suo posto che gli voleva bene. E questa era una cosa che si poteva benissimo vedere dall’esterno; quando erano vicini, Blaine aveva l’impressione che la figura del manager diventasse sempre più grande, mentre quella del cantante sempre più minuta. Era una cosa strana che non gli era mai capitata prima, che nemmeno lui riusciva a razionalizzare, ma che lui percepiva così.

Dopo pranzo,  tornarono a Villa Smythe, dove già dall’entrata ebbero un brutto presentimento; se possibile, i paparazzi si erano moltiplicati da quella mattina. Blaine percorse il vialetto a velocità sostenuta e piantò la macchina di colpo quando ne vide un’altra parcheggiata davanti casa. Elizabeth ebbe la sua stessa reazione, seduta accanto a lui, spalancando gli occhi mentre il terrore s’impadroniva di lei.

“Ti vengo a prendere stasera, ok?” disse svelta, guardando la casa come se dalle finestre vi avesse appena visto passare un fantasma.

“Non mi dovevi fare da mentore e spiegarmi come agire in queste situazioni?” Domandò a sua volta, sorridendo beffardo.

“Vuoi sapere come comportarti?” ripeté lei, slacciando la cintura di sicurezza, “Dattela a gambe,” aprì lo sportello della macchina, “ma siccome non puoi farlo o saresti già licenziato in partenza, il mio unico consiglio è quello di chiamare la sicurezza.”

“La sicurezza!?” disse facendo una smorfia, sicuro che la ragazza stesse davvero esagerando. Andiamo, si trattavano di due ragazzi civili, due star di fama internazionale, non di animali. Scese dalla macchina e sorrise alla ragazza, “Ti chiamo io.”

Dopo essersi salutati ed essere entrato in casa, Blaine si dovette ricredere. Elizabeth non aveva per niente esagerato, aveva ragione a dire di scappare. Già dall’ingresso si potevano sentire con chiarezza le parole urlate dal piano superiore.

Con un po’ di suggestione addosso, si diresse verso le scale e, arrivato al piano superiore, ci mise qualche secondo per capire da quale, tra le tante  stanze della casa, provenissero le urla. Entrò nella stanza  tentennando, gli occhi attenti per poter capire meglio quello che stava succedendo.

E beh, non ci voleva mica un genio. Santana sembrava star per esplodere, rossa in viso, le vene del collo gonfie, gli occhi scuri che brillavano di risentimento, mentre urlava di tutto e di più a Sebastian. Quest’ultimo invece sembrava non sentirla nemmeno, guardandola come fosse un insetto particolarmente disgustoso, spiaccicato sul parabrezza della sua macchina e questo sembrava darle ancora più fastidio. Non si può litigare se non si è in due, no?

“...Ti prenderò a pugni sui denti la prossima volta che dirai una cosa del genere sul mio conto.”

"Ah-ah."

"Dimentichi forse da dove vengo? O chi sono?" continuò l'ispanica spingendolo, "Sappi che un sacco di materiale per poterti spedire in prigione!"

"Secondo te mi dona l'arancio?"

Santana divenne verde dalla rabbia,la discussione peggiorò ancora di più, e anche Sebastian iniziò a rispondere.


*
 

La discussione finì grazie all’arrivo di James, che fece il suo ingresso nella stanza con un mezzo di rose e una piccola scatola in velluto tra le mani. I due litiganti di si ricomposero all’istante, allontanandosi tra di loro. Sebastian ghignò appena, nel vedere la ragazza così a disagio.

“Signorina Lopez,” esordì il manager, con un sorriso dolce, “spero mi perdonerà se non posso dirle che oggi è un piacere vederla.”

“Non ti preoccupare di questo,” rispose lei ancora innervosita, restando ancora sulla difensiva, “Ma di questa mangusta.”

Sebastian la guardò con disprezzo, riuscendo a trattenere a stento la rabbia.

“Sarò felice di prenderne nota,” commentò James, un po’ infastidito da quell’osservazione, ma se ne accorse solo Blaine. Si avvicinò all’ispanica e gli porse ciò che aveva portato, “Sono per lei, in segno di scuse.”

Tutti e tre i ragazzi, sembrarono un po’ sorpresi da quel gesto, tanto che Blaine corrugò le sopracciglia, Sebastian lo guardò per  un momento come fosse un alieno, per poi sbuffare, e Santana intrecciò le braccia al seno, confusa.

“Li prenda, non mordono,” la invogliò James, non vedendola per nulla intenzionata a farlo.

“Ok,” ribetté lei spavalda, afferrando i fiori portandoli vicino al viso per guardarli meglio. “Fanno schifo,” decretò in fine, alzando gli occhi al cielo; li sbatté con forza con contro il petto di Sebastian che si fece male e farfugliò qualcosa d’indistinto mentre il mazzo cadeva a terra.

Blaine la guardò attentamente e, forse per la prima volta in vita sua, provava ammirazione verso di lei. Nonostante la sua facciata da dura e da “Diva” con la D maiuscola, l’avevano capito tutti che James l’aveva sorpresa e il mazzo era stato apprezzato e i fiori più che adorati; ma aveva deciso comunque di comportarsi da stronza e utilizzarli per ferire Sebastian.

“Avendo preso in considerazione questa possibilità, le ho preso qualcos’altro;” continuò James, non dandosi per vinto, porgendogli la scatoletta.

Santana l’aprì, ma da dove era messo Blaine, non si vedeva cosa c’era al suo interno; doveva essere qualcosa di molto costoso, data la faccia sorpresa e meravigliata della ragazza. Subito dopo si ricompose, si schiarì la gola e fece una smorfia sdegnata. “Troppe sdolcinatezze.” disse richiudendo il cofanetto. “MrCristin, questo non mi porterà a cambiare l’idea sulla decisione che ho preso.”

“Lo so,” rispose lui, un po’ afflitto; evidentemente non era ciò che sia spettava dicesse. “Lo prenda come.. Beh, un invito a rifletterci a fondo.”

“Sa benissimo che non lo farò,” era un misto tra un’affermazione e  una domanda; Santana accennò un sorriso e poi lo superò per andare via; si voltò per guardare gli altri due ragazzi come per minacciarli e poi uscì dalla stanza.

Una volta rimasti soli, Blaine ebbe un brutto presentimento. Un’altra discussione stava per scoppiare, sentiva l’elettricità nell’aria. Guardò Sebastian, curioso di vedere se nei suoi occhi ci fosse un qualsiasi segno di rimorso o di scusa, ma trovò solo il vuoto.

Al posto di un’accusa, come si era immaginato, dalle labbra di James, quando parlò, lo fece più che con sé stesso che con loro. “Vado a chiamare qualcuno per ripulire.”

Blaine non sapeva bene cosa sarebbe accaduto una volta rimasto solo con Sebastian; una cosa era certa: non quello che accadde. Si era immaginato che sfogasse la sua frustrazione, che se ne andasse e lo lasciasse lì, da solo; oppure che rimanesse in silenzio, o dicesse qualcosa di acido riguardo tutta la vicenda o- la qualsiasi cosa, ma non che si avvicinasse a lui e gli portasse una mano sotto al mento per potersi guardare negli occhi.

“Dai dillo.”

“D-dire cosa?” Chiese accigliato, ritraendosi subito da quel tocco. Sentiva le guance e le orecchie andare a fuoco, sicuramente era arrossito come un pomodoro.

“Che sei gay, cos’altro altrimenti?”

Blaine lo guardò indispettito, si morse il labbro per non essere maleducato. “Non sono omosessuale, smettila adesso.”

“Sei rosso in volto.”

“Si, per la rabbia,” controbatté subito, facendo qualche passo indietro. Odiava toccare quel discorso, odiava doverne parlare e rimanere con le spalle al muro per confessare. Era una cosa che non si sentiva di dire a Sebastian e c’era quella costante paura a bloccarlo. Cosa sarebbe successo se avesse ammesso il suo orientamento sessuale? Molto probabilmente nulla, Sebastian lo avrebbe pure lasciato in pace, ma sapeva che anche se avesse provato a far uscire quelle parole che affermavano la sua teoria, gli sarebbero rimaste bloccate in gola.

“Scommettiamo che se ti bacio, finiamo per farlo selvaggiamente?”
Quello fu troppo. Blaine spalancò le palpebre e la bocca per la sorpresa, sentendo l’irritazione crescere. “Io credo invece che finiremo per fare un bel niente. Di tutti i disastri che hai causato tra ieri e oggi, il tuo unico pensiero è il mio orientamento sessuale?! Sapevo che eri strano ma così è troppo.”

Per qualche istante, calò un silenzio teso. Blaine sperava che quello servisse a cambiar argomento. Sebastian lo guardò per un lungo istante, come a leggerlo dentro. “Tu non riesci a dire la parola gay, vero?”

“Cos- Certo che riesco a dirlo!”

“Dillo.”

Blaine s’indispettì e per questo dovette fare un respiro profondo per calmarsi. "Io non ti devo dimostrare niente. Invece mi spieghi perché è da stamattina che ti comporti così con me? Quando ci siamo visti, le altre volte, anche se per cinque minuti, eri gentile, simpatico e divertente; conoscevo già il tuo brutto carattere, ma cos’è cambiato dall’ultima volta a oggi? Io non capisco, e tutto quest’accanimento contro i miei confronti? Solo perché tu sei omosessuale o.. O quello che sei, questo non.. Non significa che.. Debba esserlo.. Anch’io, ecco.”

“Bel discorsetto,” Sebastian ghignò, “soprattutto nella parte in cui parlando di finocchi balbetti. Tenero, davvero,” continuò riavvicinandosi a lui, “l’unico motivo per la quale ‘ce l’ho tanto con te’ è che sei eccitante e ruzzolare tra le lenzuola con te è una delle cose che voglio di più, ecco tutto.”

“M-ma ti senti quando parli!?” controbatté Blaine, infuriato e rosso, facendo di nuovo un passo indietro, “No, perché per me non lo fai. Sei disgustoso e devi iniziare a cambiare i toni se vuoi che andremo d’accordo o-“

“O cosa?” lo interruppe Sebastian, strafottente, “Renderai la mia vita un vero inferno? E’ questo quello che vuoi fare? Perché a questo gioco, io sono più bravo.”

“Staremo a vedere,” fu tutto ciò che uscì dalle sue labbra.

“Blaine?” Entrambi i due ragazzi si voltarono di scatto nello stesso momento, trovando James sull’uscio con le mani in tasca, che li guardava pensieroso. “Vieni, ti accompagno alla macchina.”

Lui non se lo fece ripetere due volte, annuì, guardò un per un attimo Sebastian e poi lo superò, facendo scontrare la spalla contro il suo braccio. Affiancò l’uomo e insieme si diressero verso l’ascensore, in silenzio. Non appena le ante si chiusero, James parlò.

“Di’ a Beth che stasera non dormo a casa.”

“O – okay.” farfugliò lui in risposta, confuso, “Perché?”

“Resto qui,” James scrollò le spalle, “dille solo questo e che ci vediamo domani a pranzo. Tu potrai venire domani
mattina verso le nove, io alle nove e mezzo ho un impegno.”

Blaine annuì, rivolgendogli un flebile sorriso. Conosceva la sua espressione e quel tono di voce: era stanco, stressato e arrabbiato insieme, rigido come un manichino. Sembrava un po’ triste, anche.

Rimasero in silenzio per tutto il tragitto, usciti in giardino, James gli passò le chiavi della macchina, “Non arrivare in ritardo, non voglio prendere un taxi.”

“Sta tranquillo, sarò come un orologio svizzero,” lo rassicurò il ragazzo, allegro, cercando di metterlo di buon umore, ma fallì. Vedere il signor Cristin in quel modo, gli metteva sempre una grande angoscia; era come un padre per lui e quell’espressione spenta, per una persona così solare, sul suo viso non si addiceva. “Perché lo fai?” Chiese ad un certo punto, mentre apriva la portiera. “Il tuo lavoro non è questo; restare qui, a dormire la sera e non –questo dovrebbe essere il mio-,  rimproverarlo come se fosse un bambino e rimediare a tutti i suoi errori. Tu non dovresti solo.. procurargli dei lavori e prenderti chissà quale percentuale dei suoi guadagni?”

James scoppiò a ridere, come se gli avesse appena detto una barzelletta, ma non fingeva. Si ricompose subito e gli rivolse un sorriso sincero, poggiandogli una mano sulla spalla; “Stai passando troppo tempo con mia figlia, inizi a ragionare come lei,” disse scherzando, poi continuò serio: “Questo va oltre il mio lavoro, lo sai tu, lo so io, lo sa El e anche Sebastian; ma ci sono cose che al momento non posso spiegarti e che mia figlia non può comprendere, forse un giorno si, chissà. Quello che voglio dirti è: non preoccuparti per me, io sono un adulto, so quello che faccio, così come che va oltre il mio compito.”

Blaine annuì, rimase per un istante in silenzio, non sapendo bene cosa dire; James era stato chiaro -più o meno- e gentile.

“Ora vai e non mi rigare la macchina!” continuò quest’ultimo, lasciando la presa sulla spalla e allontanandosi.

“Non rimane comunque  un tuo compito quello che fai per lui,” disse solo, sedendosi sul sedile e chiudendo la portiera.

“Neanche quello di farti venire a vivere con noi era un mio compito, Blaine.”

James non era stato duro, non l’aveva rimproverato, aveva parlato normalmente, ma il ricciolo si pentì amaramente d’averlo detto. Mise in moto l’auto e partì per tornare a casa.

Per tutto il tempo della strada non mise musica, rimase solo con i suoi pensieri e ripensò a quella giornata: a Sebastian, a come l’aveva visto nudo e a come prima il solo pensiero l’avrebbe eccitato da morire e reso felice, e di come adesso invece lo faceva soltanto deglutire e gli faceva salire il nervoso. Pensò a come ci aveva provato spudoratamente e come tutto fosse sbagliato. Pensò alla tutta la rabbia che aveva provato quel giorno, costantemente. Pensò a quante cose non sapesse e perché i Cristin venivano disprezzati così tanto da Sebastian.

Era confuso.

Pensò soprattutto a ciò che aveva detto a James e come si era intromesso nei  suoi affari. Si sentiva incolpa e stupido; era stato così ipocrita e superficiale. Aveva parlato proprio lui. Ripensando a quella giornata non si sentiva nemmeno sé stesso; era possibile cambiare in un solo giorno?

O forse era lui, che non si ricordava chi era veramente? 



 

Okokok, so che il capitolo è ancora più WTF del precedente (se non si fosse capito è proprio questo il bello) e dovrei darvi davvero tante spiegazioni, ma al momento devo scappare e proprio non posso. 
 
Ci tenevo a precisare però una cosa che ho dimenticato di dire nelle note del prologo: Questa è una storia romanzata e so benissimo che i personaggi famosi (dello stesso calibro di questo Sebastian) lavorano con un sacco di persone oltre che con la stilista, manager ecc ecc, e voi capirete che per vari motivi non posso inserirli tutti, ma farò del mio meglio ;) 
Detto questo, al prossimo capitolo! 
Tanti baci e unicorni per voi!
Keros_


P.s. vorrei ringraziare tutte le persone che leggono, recensiscono o hanno inserito la storia tra preferite\ricordate\seguite.
 

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Capitolo 3
*** #2. ***


Capitolo due




“..Sebastian?”

Il ragazzo brontolò, con ancora la faccia immersa nel cuscino; con la mano cercò a tentoni il lenzuolo per potersi coprire alla meno peggio da James. Non ricordava d’aver messo le mutande o meno, oppure i pantaloncini con anche la canottiera, non doveva farsi vedere assolutamente in quel modo indecoroso da lui.

“Sebastian, non te lo ripeterò terza volta, hai capito quello che ti ho detto o no?”

In risposta alzò il pollice.

“Gradirei che mi guardassi quando ti parlo.”

A quel punto il ragazzo dovette cedere. Alzò la testa, si portò una mano a sfregarsi gli occhi e i capelli, sbadigliò e dopo aver cercato di darsi un certo contegno, rotolò sul materasso per poterlo vedere a qualche metro davanti al suo letto. “Ho capito: andrai a parlare con Santana e il suo agente. Non è così difficile.”

James annuì, le mani dentro le tasche e le gambe leggermente divaricate. Era affascinante, di una bellezza mozzafiato con quei capelli tendenti al rosso e gli occhi chiari, che lo guardavano con durezza e affetto allo stesso tempo. “M’interessa che tu comprenda la motivazione per cui tu rimani qui.”

Sebastian sbuffò, sentendo la rabbia crescere lentamente dentro di sé. Odiava essere punito in quel modo, comprendendo lui stesso i suoi errori. Non poteva semplicemente urlargli di tutto, come aveva fatto il giorno precedente, e chiuderla lì? Non sopportava quando lo trattava in quel modo, disonorandolo con sé stesso per ciò che faceva. Deglutì e guardandolo con disprezzo disse: “Perché rovinerei tutto.”

“Ed è lo stesso motivo per cui...?”

“Devo farmi trovare già vestito da Blaine e devo ascoltarlo, niente grane. Non sono un bambino, non ho bisogno di un baby-sitter.”

“Hai dato tutt’altra impressione,” tagliò corto James, guardando l’orologio da polso; annuì tra sé e sé. “Vestiti adesso.”

Sebastian non si mosse, non gliel’avrebbe data vinta, assolutamente. Se ne sarebbe pentito d’averlo trattato così.
“So badare a me stesso; non ho bisogno di te. Non ho bisogno di nessuno. Ho ventidue anni, posso decidere da solo della mia vita.  Tu e tua figlia non siete niente per me, dovreste smetterla di prendervi-“

“Non risponderò nemmeno ad alcune cose che hai detto, non ce n’è bisogno. Sei abbastanza grande, come dici tu, da poter capire da solo che volevi autoconvincerti di queste sciocchezze,” James si avvicinò al suo letto, gettò accanto a lui un pacchetto di sigarette e una bustina trasparente con all’interno degli spinelli. “Credi che non sappia che stanotte sei sceso in cucina e hai fatto piazza pulita di metà dispensa? Ricordati che sono nato prima di te.”

Sebastian rimase incredulo nel vedere quegli oggetti, era convinto d’averli nascosti bene. Mentre James si voltava per andare via, dentro di lui iniziava a sentire un peso alla bocca dello stomaco e disgusto per sé stesso. Non doveva trovarle. Per camuffare il suo stupore e quello che provava, fece una risata allegra che fece fermare l’altro uomo.

“Tutto qui? Vorresti prendermi in giro? Tutto per quattro sigarette? Questo non è niente rispetto a ciò che ho già preso in passato, le droghe pesanti; ti preoccupi per questo, sul serio? Stai scherzando, mi sembra più che ovvio.”

James si girò a guardarlo, impassibile, senza espressione; del suo solito sorriso rassicurante, gentile, che metteva sempre chiunque a proprio agio, non ce n’era traccia.  In realtà era un po’ che non lo rivolgeva più a lui.

“..Se non riuscissi più a reggere tutto il peso di questa fama e avessi bisogno di aiuto? non sono i manager a dare queste sostanze ai propri artisti?”

“Io non sono i manager, io sono il tuo manager, James Cristin e questo è il mio modo di lavorare,” sbottò ad un certo punto, cosa che sorprese il ragazzo. “Per quanto riguarda gli spinelli, ti sei già risposto da solo: hai assunto anche di peggio, non voglio una ricaduta; se li trovassi in casa di Nick o Emily, non mi preoccuperei neanche, al massimo gli direi che stanno compiendo un errore.” Gli puntò il dito contro, “L’unica cosa che non riesci a reggere è la tua idiozia.”

Detto questo, l’uomo girò su sé stesso e andò via, lasciando Sebastian lì, senza dargli nessuna possibilità di poter rispondere a sua volta.

Il ragazzo lo odiò con tutto il suo cuore per quello; ma soprattutto, perché gli aveva aperto gli occhi, di nuovo, e riportato alla verità dei fatti. Diede un pugno sul materasso, per poi gettarsi sulla schiena su di esso. Non sopportava quella situazione, non sopportava restare solo in quel momento, con soltanto il suo buon senso che aveva tanto la voce del suo manager, che gli diceva che stava sbagliando, che era uno stupido.

Sembri tanto una checca con il mestruo, pensò, cercando di riprendere il controllo dei suoi pensieri, che non facevano altro che riportarlo in dietro di qualche anno. Lui nel camerino da solo, sommerso dai regali dei fans; lui che camminava in giro per Parigi con le mani dentro al giubbotto e le lacrime a rigargli il viso; la stanza sommersa di scatoloni a casa sua; labbra carnose, occhi verdi come i suoi, sorriso gentile, capelli arruffati, naso all’insù.

Sebastian si portò una mano al fianco, proprio sopra al tatuaggio, per accarezzarlo e giocare con la pelle, intrappolandola tra il pollice e l’indice, lasciarla andare e ripetere il tutto di nuovo; gli occhi chiusi e il respiro profondo, perso nei pensieri.

“Smythe?”

Sussultò appena sentendo Blaine chiamare il suo cognome e in un attimo si mise a sedere, voltandosi a guardarlo. Come tutte le volte che posava gli occhi su di lui, rimase sorpreso per la sua bellezza. I riccioli scuri, quel accenno di sorriso che il ragazzo tentava di trattenere, gli occhi verdi luminosi come lucciole in una notte d’estate, la pelle ambrata, i lineamenti mascolini e dolci.

Doveva smettere di essere così patetico, i suoi pensieri erano uguali a quelli di una tredicenne.

“Zucchero.”disse in tono spavaldo, a mo’ di saluto. Lo guardò arrossire a quel nomignolo e abbassare lo sguardo a terra. Si ricordò in quel momento d’essere ancora in canottiera e pantaloncini, d’avere un corpo niente male e che Blaine aveva una grande cotta per lui dai tempi dei tempi. Nello stesso istante si ricordò di non aver fatto come James gli aveva chiesto e fece un piccolo sbuffo infastidito, sentendosi per l’ennesima volta in conflitto per sé stesso: da una parte non gliele poteva fregare di meno, dall’altra aveva questa sorta di peso nel petto; per questo cercava di non avere mai un’alta considerazione di qualcuno, finiva per farsi scrupoli.

“Pascal ha detto che ha appena sfornato le brioche e di mangiarle ancora calde.” Disse Blaine, evitando ancora in tutti i modi di guardarlo.

Ecco, forse era quello che lo irritava. Sebastian non si sapeva decidere se odiasse di più il suo "Io non sono gay" o ciò che continuava a suscitargli dentro la sua vista. Non riusciva a sopportare il modo in cui si ritraeva e diventava fragile nel parlare della sua omosessualità; c’era passato anche lui e non era stato facile, ma perché continuava a fingere di essere una persona che non era?

“Sai di che ho fame?” domandò retorico, ghignando malizioso. Blaine, molto probabilmente, non notò né il tono né il sorriso, perché di colpo si sforzò di dargli attenzioni e nei suoi occhi c’era interesse; ma non a quello che aveva da dire, era qualcosa che andava oltre, alla sua persona. Parlò senza riflettere veramente. “Ho fame di te. Saresti un bocconcino perfetto, con il tuo corpo piccolo e compatto sotto al mio. Ho fame del tuo cazzo e ho voglia d’ingoiare i tuoi gemiti e sospiri direttamente dalle tue labbra. Oppure di sentirli soffocare dal-“

“Basta!” urlò Blaine, dando un pugno alla parete di legno che divideva la zona letto dal resto della stanza. Sebastian fu talmente sorpreso da quello scatto di ira che si bloccò di colpo e lo guardò paralizzato, a bocca aperta, come ad attendere il resto del rimprovero da parte del ragazzo, che però non arrivò.

Blaine infatti si voltò dandogli le spalle e Sebastian notò subito come la sua schiena fosse rigida e le sue mani tremassero. Solitamente in questi casi se ne fregava e continuava il discorso, ma questa volta qualcosa glielo impediva e non era solo la voce di James nella sua testa che gli chiedeva di comportarsi bene con lui. “Potresti-“

“Mettiamo bene le cose in chiaro, Sebastian,” lo interruppe di nuovo il moro, tornando a guardarlo. Gli puntò il dito contro, i suoi occhi adesso fiammeggiavano di rancore e gli zigomi non erano più rossi per la timidezza. “Non sono più disposto a tollerare un comportamento simile! Lavoro per te ma questo non significa che mi lascerò dire tutto ciò che ti passa per la testa. Vuoi davvero iniziare questa guerra?”

“Guerra,” ripeté lui con sufficienza, per poi far scioccare la lingua contro il palato. Scoppiò a ridere involontariamente; un po’ perché Blaine aveva utilizzato un parolone, un po’ perché non si ricordava minimamente a cosa si stesse riferendo o forse anche perché sapeva di poter vincerla ugualmente.

“Io sono venuto qui con le migliori intenzioni ieri e anche oggi, perché c’ho riflettuto, ti da fastidio essere controllato; ma io non ti ho fatto niente, non devi prendertela con me. Io volevo solo fare il mio lavoro ed esserti amico.”

“Volevi?”

“Si.. Al passato,” rispose Blaine abbassando per un attimo lo sguardo, prima di tornare a guardarlo negli occhi, investendolo con tutte le emozioni che Sebastian ci trovò dentro. “James ed Elizabeth mi avevano sempre detto che non saremmo potuti essere amici, io non volevo crederci; ma tra ieri e oggi ho avuto la mia conferma. Ormai non m’importa nemmeno più. Ti chiedo- e m’impongo - di rispettarmi come assistente di James, tuo baby-sitter, decidi tu, e come persona.”

La stella del pop si ritrovò completamente spiazzato. Trovava difficile riuscire a credere alle sue orecchie. Da una parte doveva sentirsi sollevato, perché in poche parole aveva fatto ciò che Elizabeth gli aveva chiesto senza impegnarsi molto e perdere tempo, James non si sarebbe lamentato. L’altra parte, invece, non faceva altro che pressare ancora di più dentro di lui qualcosa che non riusciva a spiegarsi.

Doveva annuire e acconsentire, dicendogli qualcosa circa la loro futura collaborazione e il loro rispetto reciproco. Sebastian fu a uno sguardo dal farlo, sì uno sguardo, perché non gli costava nulla comportarsi bene con quel moro sexy e affascinante che si poteva portare benissimo a letto cambiando approccio; non gli costava niente farlo entrare davvero nella sua zona letto e non confinarlo accanto alla parete dove non poteva vedere i poster che vi erano attaccati, stringergli la mano e tutto come prima. Non ci voleva niente a far andare tutto bene, ma non lo fece. Si impose di non farlo nel momento in cui riuscì a decifrare le iridi cangianti del ragazzo.

C’erano molte emozioni in mezzo ma a lui bastò riconoscerne una per prendere la sua decisione. Blaine era arrabbiato, nutriva ancora ammirazione per lui, nonostante tutto, provava anche del disgusto, del rancore; ma c’era anche devozione e non c’era odio.

C’era affetto; e nessuno poteva provarlo nei suoi confronti.

Si ricordò della discussione che avevano avuto il giorno precedente che i fumi aveva cancellato. Fino a quel momento non aveva mai avuto la vera intenzione di combattere con lui, glielo voleva far capire solo combinando qualche disastro qua e là, fino a raggiungere il suo obiettivo: quello di fargli capire che non era la persona che credeva fosse; ma adesso le carte intavola era decisamente cambiate.

Elizabeth gli aveva detto che il ragazzo aveva una cotta, James glielo aveva ricordato più volte e lui stesso lo aveva  avuto l’occasione di appurarlo nelle varie volte in cui si erano incontrati. Era sempre stato gentile con lui, perché gli piaceva e sapeva benissimo che oltre a qualche incontro casuale non avrebbero mai passato del tempo insieme. Dal giorno precedente le cose però erano cambiate e di parecchio; Elizabeth gli aveva chiesto un favore- lo aveva incastrato- e non ci aveva riflettuto due volte a comportarsi da vero coglione con Blaine.

Solo che adesso non si trattava di un accordo da rispettare o meno, non si trattava di un dovere nei confronti della ragazza; no, quello era un dovere verso sé stesso, e infondo anche di Blaine; un giorno lo avrebbe ingraziato. Aveva un nuovo obbiettivo adesso: togliere per sempre il suo affetto e tutto ciò di positivo, nello sguardo di Blaine quando si posava verso di lui. Non c’era altra soluzione, era così che dovevano andare le cose.

“Avrai la Terza guerra mondiale.” Disse a voce alta e chiara.
 
 
*
 
 
Blaine scese in sala da pranzo ben venti minuti dopo Sebastian per trovare il vano completamente deserto e la tavola già sparecchiata.

Dopo la discussione, aveva iniziato a camminare per la casa alla ricerca di un bagno dove poter stare da solo, sciacquarsi la faccia e calmarsi; aveva sceso le scale a piedi e non ci vollero più di dieci minuti per perdersi. Una volta trovato quello che stava cercando, subito si era seduto sul bordo della vasca e aveva lasciato che le lacrime di rabbia gli scendessero lungo il viso, mentre si poneva le solite domande di routine sul suo orientamento sessuale a cui non riusciva mai a darsi risposte e i sensi di colpa facevano capolino. Restò a lungo a riflettere se avesse fatto male o meno a reagire in quel modo e alla fine arrivò alla conclusione che sì, non poteva sopportare il modo in cui lo stava trattando e che però poteva risparmiarsi di fare in quel modo per poi ritrovarsi a piagnucolare in bagno come una femminuccia. A quel punto si era asciugato le guance, aspettato che sul suo viso non ci fosse alcuna traccia di ciò che aveva fatto e tornò ad affrontare quel labirinto di stanze e mobili.

“Smythe, dove sei?” domandò al vuoto a quel punto, non ricevendo nessuna risposta. Fece il giro del tavolo e della stanza, come se si aspettasse di vederlo uscire da sotto il tavolo o uno dei pochi mobili della sala. “Sebastian?”

Si fermò e improvvisamente il timore che fosse uscito lo pervase. Nel tragitto che aveva fatto, non lo aveva nemmeno intravisto, di conseguenza quel pensiero non era proprio così distante dalla realtà. “Signor Smythe?” Tentò ancora.

Sentì qualcosa muoversi e speranzoso si voltò verso la porta che dava alla cucina; purtroppo di lì ne uscì soltanto Pascal con il suo pancione prorompente e le mani grondanti d’acqua. “Chiamavate qualcuno, signorino?”

Blaine arrossì per l’appellativo con cui era stato chiamato. Erano rare le volta in cui lo chiamavano in quel modo e solitamente lo chiamavano signore dato che ormai anche lui era un ragazzo, non più un bambino. Si portò una mano dietro la nuca, imbarazzato. “Stavo cercando Sebastian.”

“Oh certo, certo,” disse il cuoco risoluto, annuendo tra sé e sé. “Sedetevi pure, Amelia e Amanda le apparecchieranno la tavola e la serviranno.”

Blaine a quel punto strabuzzò gli occhi, forse non aveva capito ciò che gli aveva detto. “No, no, non voglio fare colazione, sto cercando Sebastian.”

“Si, ho capito,” gli rispose Pascal con sua grande sorpresa. “Al momento ha detto che non vuole essere disturbato,” fece un giro su sé stesso e rientrando in cucina disse: “non si preoccupi, non è uscito.”

Non essendo ancora soddisfatto della risposta, il ragazzo gli andò dietro. “Sa dov’è? Io ho fatto il giro di mezza casa ma non l’ho trovato;” disse seguendolo tra i ripiani d’acciaio, come le grandi cucine dei ristoranti.

“Allora, dove preferisce fare colazione? In sala o in giardino?” Continuò a chiedere Pascal, come se non avesse sentito nemmeno una parola di ciò che Blaine gli aveva appena detto. 

“Non ho fame!”

“Bugia,” disse l’uomo, con il suo forte accento straniero, “tutti abbiamo sempre un po’ di fame. E dal profumino che c’è li dentro, la fame di verrà nel giro di un minuto. Allora?”

Blaine si ritrovò in difficoltà, non sapendo bene cosa fare. In realtà un po' di fame l'aveva, allo stesso modo in cui voleva trovare Sebastian. A scegliere per lui fu Pascal stesso, quando gli mise davanti un vassoio pieno di pezzi dolci, un po’ di pancetta e uova strapazzate.  “Va bene anche qui.”

Le sopracciglia dell’uomo scattarono verso l’alto, ma preferì non proferire parola, limitandosi ad annuire. In men che non si dica gli prese una sgabello poggiato alla parete e glielo sistemò accanto al ripiano, così da farlo sedere. “Cosa preferisce, signorino Cristin?”

“Anderson,” si affettò a correggerlo, “Il mio cognome: è Anderson; non Cristin.”

Le labbra di Pascal di delinearono a formare una perfetta “O” di stupore e mortificato abbassò lo sguardo; “Mi scusi. Cosa preferisce, signorino Anderson?”

“Uova e pancetta,” rispose, poggiando le braccia conserte sulla superficie lucida dell’isola. “Non c’è problema, comunque. Molti mi scambiano per il figlio di James.”

“Lavoro qui da più di un anno ormai, ma nemmeno la signorina El ha detto qualcosa a riguardo.” continuò mortificato, passandogli un piatto con ciò che gli aveva chiesto.

“Si, sai.. Non è una cosa molto importante per noi,” Blaine si portò una forchettata alla bocca, perdendosi nel sapore squisito della pancetta, facendo trattenere a stento una risata a Pascal. Una volta ricomposto disse: “puoi darmi benissimo del tu e chiamarmi Blaine.”

“Stessa cosa vale per me,” rispose lo chef con un sorriso.

Il ragazzo continuò a mangiare voracemente, un po’ per la fame e un po’ per la fretta di dover ritrovare Sebastian; dato che sembrava non avesse scelta d’alzarsi di lì senza ripulire il piatto, per come Pascal lo guardava di sottecchi fingendo  di sistemare la cucina.

“Perché tutta questa fretta?”

Blaine arrossì a quella domanda e ingoiò un pezzo di bacon tutto intero; “Ho fame.”

Pascal si fece pensieroso, poi lo guardò con un mezzo sorriso. “Prima dici di non aver fame e adesso a momenti divori il piatto? No, non m’inganni ragazzino. Ha da fare, per una volta che non combina guai, lascialo in pace.”

“Non è questo il mio lavoro,” rispose lui con un’alzata di spalle. Cercò un tovagliolo per pulirsi con lo sguardo e subito Pascal si diede da fare per procurarglielo.

“Già, ognuno ha un proprio compito;” gli disse, passandogli un tovagliolo in tessuto. “Posso chiederti qual è il tuo? Sempre se non sono indiscreto.”

“Sebastian-sitter,” si limitò a dire;  entrambi scoppiarono a ridere nello stesso istante, ma Blaine non conosceva modo migliore per descrivere ciò che doveva fare. A quel punto prese la palla al balzo: “Mi hanno dato anche delle indicazioni, per rapportarmi meglio con tutte le sue stranezze e tra questi c’è che non dovrei mai lasciarlo solo.”

“Oh, dimenticavo,” commentò Pascal, questa volta con finto stupore, tanto che poi tornò serio. “Molte volte gli uomini scelgono sempre la via più semplice, quella di scappar via dai problemi.”

Blaine non capì a chi e a cosa si riferisse di preciso, tant' è che lo guardò confuso per un lungo istante, fino a convincerlo a continuare.

“E’ nella Sala degli Strumenti; Urla più volte il suo nome dal momento in cui entri al piano. Chissà cosa potresti trovarlo a fare...”

“Grazie,” Gli rispose con un gran sorriso a illuminargli il viso. Prese il piatto e disse: “questo dove lo metto?”

“Lascialo pure qui, ci penso io.”
 
 
*
 
“Sebastian?” Chiamò Blaine; si guardò in giro, immaginandosi di trovare Sebastian seduto su uno dei divani a suonare qualche strumento. Con suo grande stupore nel vano non trovò nessuno e ogni oggetto al proprio posto, come se l’altro ragazzo non ci fosse mai entrato.

Inclinò la testa di lato e aggrottò le sopracciglia, decidendo che quella casa era esageratamente grande e troppo dispersiva. Aveva già percorso tutto il piano per trovare quella stanza e non lo aveva visto; era già la seconda volta in un giorno.

“Sebastian, si può sapere dove sei?” Urlò un po’ più forte, sperando questa volta di farsi sentire e ricevere una qualche risposta. Ovviamente furono speranze vane, così decise di fare un giro lì a torno. Pascal gli aveva detto che era lì, di conseguenza non doveva essere andato lontano.

Così fece per due volte in giro del piano, continuando a chiamare, invano, il suo nome; si appuntò perfino nel cellulare di farsi dare una piantina della casa da James, dato che il suo senso dell’orientamento lasciava molto a desiderare ed era certo d’aver camminato ben cinque volte sopra il pavimento a vetri che dava sulla piscina interna sottostante, anziché due, come doveva essere.

“Oh, ma perfetto Sebastian!” Esclamò ad un certo punto, spazientito, “Adesso vuoi pure giocare a nascondino?” iniziò a camminare all’indietro per tornare alla stanza degli strumenti, guardandosi in giro alla ricerca del ragazzo, “Se questo è il modo per darmi del filo da torcere, nasconderti come un codardo, mi deludi davvero molto. Così è come mi farebbe dei dispetti un bambino. Non ci posso credere, sul serio. E pensare che tutti erano lì a dirmi di stare attento, terrorizzati da cosa tu potessi combinarmi. Come se-“

La voce di Blaine si spezzò di colpo per la paura quando andò a sbattere contro qualcosa, sussultando. Subito dopo del vetro di infranse sul parquet. Restò immobile per un istante, gli occhi spalancati e il fiato mozzo.

“Guarda che hai comminato,” imprecò una voce che conosceva abbastanza bene. Si voltò subito verso Sebastian, trovandolo a scotolare dei fogli grondanti di liquore; a terra i cocci di vetro erano andati a finire dappertutto.

“Dio...Sebastian, scusa, mi dispiace tanto,” farfugliò guardando il pasticcio che aveva fatto, davvero dispiaciuto. “Ripulisco a terra e ti asciugo i fogli,” allungò una mano per prenderli, ma Sebastian si tirò indietro.

“Non ho bisogno che tu faccia qualcosa, finiresti per dare fuoco alla casa,” gli rispose acido, guardandolo con astio. “Chiamerò una di quelle due incapaci, che a quanto pare sono migliori di te.”

Blaine non seppe se essere più arrabbiato per ciò che aveva detto alle due donne o ferito per quella risposta maleducata. Alla fine era entrambe le cose. Perché lui poteva pur dire il contrario e dare la colpa all’educazione, a cui era affezionato, ma vedere Sebastian comportarsi così con lui gli metteva tristezza per vari motivi; che andavano dall’immagine che amava e totalmente sbagliata che  si era fatto di lui al suo scarso autocontrollo.

“Guarda,” continuò Sebastian, mettendogli sotto il naso un foglio, che solo dopo riconobbe essere uno spartito, “non si legge più niente. Spero tu sia felice, perché James non lo sarà.”

“James?”

“Questi,” disse sventolando ciò che aveva in mano, “erano il mio nuovo duetto con Santana. Dovevo guadare questa robaccia; ma grazie a te non posso più farlo.”

Blaine si trovava in difficoltà e stava per rispondergli quando l’altro ragazzo fece un giro su sé stesso e iniziò a camminare senza nemmeno curarsi se lo stesse seguendo o meno. Il moro restò fermò lì dov’era per qualche secondo, poi sbuffò e gli andò dietro.

Sentendosi in colpa, non disse una sola parola e rimase in silenzio anche quando entrarono nella stanza degli strumenti, dove Sebastian iniziò ad imprecare a voce più o meno alta, cercando qualcosa tra i vari fogli posti sul tavolino da caffè vicino ai divani. Strano, Blaine prima non li aveva visti.

“Non c’erano prima.”

“Cosa?” Chiese Sebastian, sventolando una chiavetta in segno di vittoria.

“Gli spartiti, la chiavetta, il pianoforte aperto..”

Le spalle di Sebastian si irrigidirono appena e quando parlò la sua voce era irritata. “Se non ci vedi non è mica colpa mia. Faresti meglio a metterti un paio di occhiali, così copriresti anche quegli occhi enormi che ti ritrovi.”

Blaine rimase a bocca aperta. “Io non ho gli occhi enormi!”

Sebastian si voltò per guardarlo, indecifrabile.

“.. Sono espressivi. E’- È diverso...”

Sebastian sbatté più volte le palpebre, poi gli diede di nuovo le spalle e questa volta si diresse dentro nello studio, sbattendola porta in faccia a Blaine che lo stava seguendo, chiudendolo fuori.

Quest'ultimo lo guardò tagliente da dietro il vetro della porta e incrociò le braccia al petto. In realtà si aspettava di meglio. Batté il piede a terra e alla fine decise di non dargliela vinta; così si andò a sedere su uno dei divani. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di pregarlo per farsi aprire e andargli dietro con la testa bassa.

Blaine vide Sebastian inserire la chiavetta al pc e schiacciare qualche pulsante dell impianto; poi il ragazzo entrò nella zona insonorizzata, lasciando la porta aperta, dato che non doveva registrare. Blaine lo vide infilarsi le cuffie e ascoltare la melodia. Inizialmente Sebastian restò impassibile, più andava avanti più sembrava annoiarsi; solo per un istante, dopo quasi un minuto buono, sembrò prendere interesse, tanto che fece un mezzo sorriso; poi tornò ad ascoltare ancora più annoiato di prima.

Blaine nel frattempo non si mangiò le unghie. Era combattuto dentro, da una parte voleva sapere cosa stava ascoltando, quale sarebbe stato il suo prossimo singolo, magari leggerne il testo; dall’altra invece voleva infischiarsene, cosa ardua per lui che lo aveva idolatrato per anni.

Sebastian tornò nella stanza tirando in aria il pennino per poi riprenderlo al volo e così via. Prese tutti i fogli sul tavolino, sia quelli bagnati che quelli asciutti, e si sedette al pianoforte. Blaine si aspettò che iniziasse a suonare qualcosa, invece chiuse la tastiera e tirò fuori una penna della tasca posteriore del  pantaloni. Il moro si accigliò a quella vista e confuso lo guardò perplesso tutto il tempo in cui l’altro ragazzo scribacchiava appunti. Trovava strano che andasse in giro con una penna nelle tasche, Sebastian era un musicista, non uno scrittore e Blaine era abbastanza sicuro che in giro per casa ci fosse abbastanza cancelleria da far invidia a una cartoleria.

Si sistemò meglio sul divano e sbuffando accavallò le gambe. Stava prendendo il telefono quando Sebastian ruppe il silenzio.

“Gay.”

Un brivido percorse la spina dorsale di Blaine, come se fosse stato scosso. “Come scusa?”

“Come ti sei mosso,” disse Sebastian lanciandogli un occhiata furtiva, “è da gay.”

Il cuore di Blaine iniziò a battere freneticamente e mise subito a terra la gamba accavallata. Finse noncuranza rispondendo “A me non sembrava. Molti uomini si siedono a quel modo.”

Il cantante increspò le labbra in un sorriso tagliente, continuando a guardare gli spartiti. “Allora perché hai scavallato
la gamba?”

“Beh, perché-“ Si sboccò un attimo, non sapendo come rispondere. In fine disse: “Perché mi si stava addormentando.”

“Questo è il meglio delle scuse che sai dare?” Sebastian ne era compiaciuto, “Almeno non salterai il lavoro senza ragioni valide perché tanto lo capirei.”

“Il tuo ragionamento non sta in piedi, tu sei gay ma non per questo hai le gambe in quel modo.” Blaine fece finta di non aver sentito ciò che aveva detto.

“Io non ho mai dato conferma del mio orientamento sessuale,”  gli fece notare Sebastian rivolgendogli un occhiolino.

“L’altra volta l’hai lasciato intendere.”

“Anche tu lo fai intendere.” Fece una lunga pausa, guardando intensamente Blaine che si mordicchiava il labbro, ansioso, gli occhi che lo guardavano circospetti con ancora quel sentimento malcelato. Sebastian, prima di continuare, si portò la mano sinistra dietro il collo, proprio sopra il tatuaggio. “Con il tuo atteggiamento, i tuoi capelli, i tuoi vestiti. Persino come parli fa capire la tua frociaggine; il modo in cui gesticoli.”

Blaine finse d’incassare bene il colpo. Rilassò il viso, fino a guardarlo quasi senza interesse e abbozzò perfino un piccolo sorriso. Dentro di lui però qualcosa si era inevitabilmente rotto, lo capiva dal modo in cui il suo cuore batteva forte, all’impazzata; si sentiva irrimediabilmente stanco, come se dormire per giorni non gli sarebbe bastato comunque. Aveva un immensa voglia di scomparire da lì, dal mondo intero. Il groppo alla gola fu solo la conferma. Respirare stava diventando difficile, come Blaine fosse in mezzo all’oceano e stesse arrancando per restare a galla, durante una tempesta. E sapeva che quella tempesta c’era davvero dentro di lui e quel turbinio di dolore lo stavano distruggendo ancora una volta, proprio come quella mattina. La lacrime che sentiva lottare contro  per rigargli il viso, non erano nient’altro che i suoi cocci.

Sentiva, tra le tante, la rabbia volersi manifestare, ma questa volta non avrebbe ceduto. Non si sarebbe permesso di far notare, non più di quando già non avesse fatto , quanto quelle parole l’avessero ferito.

“Invece tu quando vai in giro con lustrini, pantaloni aderenti lucidi, i capelli colorati, i glitter, anche tu sei il modello dell’etero medio.”

“Almeno non vado nel panico se mi danno del gay,” Sebastian gli rivolse un sorriso sghembo, torturandosi ancora il tatuaggio, “cosa che sei.”

“Non sono gay.”

“Hai la ragazza?”

“No. SI.. No.”

Sebastian alzò un sopracciglio, portandosi adesso la mano a scompigliarsi il ciuffo viola. “Non è una domanda difficile a cui rispondere. Ti scopi sempre la stessa, si o no?”

“Andare a letto con qualcuno  non implica averci una relazione!” Protestò prontamente Blaine, sperando di poter cambiare discorso.

“Invece sì.” Controbatté l’altro, poggiando le mani sul pianoforte. “Non si fa sesso con la stessa persona più di due volte se non si prova qualcosa - con seconda volta intendo il secondo round- sennò perché si ci dovrebbe andare? Una volta che sai come lo prende non c’è più gusto.”

“Le persone instaurano intere relazioni basate solo su quello, niente coinvolgimenti sentimentali-“

“Una relazione senza sentimenti non è una relazione Blaine, ricordatelo.”

Il ragazzo in questione lo guardò torvo. Stava davvero affrontando una conversazione del genere con Sebastian Smythe?  Colui che forse non sapeva nemmeno cosa fosse una relazione e i sentimenti. A pensarci bene, adesso a Blaine poteva sembrare solo un robot.

“Io la penso così.” Continuò Sebastian non ricevendo alcuna risposta. Tamburellò le dita più volte sulla superficie che aveva davanti e poi disse: “Non hai risposto alla domanda.”

Blaine roteò  gli occhi al cielo, cercando di mantenersi calmo mentre il panico lo avvolgeva di nuovo.

“Ti hanno rubato la lingua.”

“S-si.. Ho una ragazza.”

Sebastian sembrava sempre più divertito. “E come si chiama?”

“Mmmmh-“

“Non lo sai?”

“E’ la mia ragazza, figurati se non mi ricordo il suo nome.”

“Perché ci stavi pensando?”

“Non ci stavo pensando,” borbottò Blaine. Sebastian lo guardò con un ghigno in volto, come se avesse già vinto. A quel punto il moro senza pensarci due volte disse: “El.”

“El.. Elizabeth? Tua sorella?” Chiese il cantante, ancora più scettico e divertito di prima.

“Non siamo fratelli.” Sapendo s’essersi cacciato in guai seri, perché la ragazza non l’avrebbe mai perdonato, continuò col la solita scusa utilizzata da tutti quando non si vuole affrontare un argomento; perciò disse: “E’ complicato.”

“Complicato?” Ripeté Sebastian, scoppiando in una fragorosa risata; la sua mano sinistra andò istintivamente a poggiarsi sul rispettivo fianco.

“Come i tuoi tatuaggi?” Blaine lo disse con leggerezza, per cambiare discorso, non si aspettava di certo un cambiamento radicale in Sebastian che smise subito di ridere e lo guardò serio per un interminabile secondo.

“Andresti a dire a Pascal che per pranzo voglio la pasta con i funghi e come secondo.. quello che vuole lui?”
Blaine strabuzzò gli occhi. “E’ ancora prest-“

“Digli anche quello che vuoi tu. Non preoccuparti, cucinerà anche venti pietanze differenti se voglio.”

“Hai il telefono per chiamar-“

Andresti. Blaine?” Disse a denti stretti, come un lupo che cerca di trattene un ringhio e il ragazzo fece come gli venne chiesto, senza infierire ulteriormente.
 
*
 
Per il resto della mattina, Blaine e Sebastian non ebbero altre discussioni. Rimasero in silenzio nella stanza, uno a leggere e l’altro a pizzicare distrattamente le corde di una chitarra, senza produrre mai una vera e propria melodia, perso nei propri pensieri. Si allontanarono l’uno dall’altro solo per andare in bagno o prendere qualcosa da bere.

Blaine per tutto il tempo non aveva sperato altro che Sebastian cominciasse a suonare una sua canzone, una qualsiasi, ma non ebbe questo piacere e sospettò che l’altro ragazzo lo avesse fatto apposta.

Quando Sebastian disse d’avere fame, entrambi scesero  in sala da pranzo dove con loro grande sorpresa trovarono James seduto che li stava aspettando. La tavola era apparecchiata per due e l’uomo non aveva il piatto davanti a sé.

“Ciao,” lo salutò subito Blaine, con un sorriso.

“Blaine,” gli rispose James a mo’ di saluto; poi si rivolse all’altro ragazzo. “Devo avvisarti sugli avvenimenti di questa mattina e come andranno le cose da qui in poi.”

Sebastian annuì pensieroso. “Ho fame. Potremmo parlarne dopo? Ti faccio preparare quello che vuoi, se desideri restare.”

“No, ti ringrazio. E’ urgente.”

“Va bene, andiamo in un altra stanza allora.” Sebastian non aspettò risposta, si girò da dove era venuto e cominciò a camminare.

“Tu mangia, sarà una cosa lunga,” Disse James a Blaine, prima di alzarsi dalla sedia e seguire l’altro ragazzo, che lo condusse fuori, nel giardino. Camminarono in silenzio e si fermarono all’ombra di un albero. “Tra qualche giorno daremo la notizia della tua rottura con Santana.”

Le labbra di Sebastian si modellarono in un sorriso, portandosi le mani nelle tasche. “Era ora. la pagliacciata andava avanti da troppo tempo ormai.”

“Già,” James fece un respiro profondo, “Perderai tutti i soldi investiti nel progetto, che ammonta a-“

“Non m’importa, mi va bene così. Preferisco gettare nel cesso tutti i soldi necessari pur di non cantare quella canzone con lei o fare dei concerti insieme. Sono nato come cantante singolo, non ho alcuna intenzione di mettermi in società con nessun altro.”

“Non ho alcuna intenzione di proportelo.”

“Bene.” Commentò Sebastian acido. “Come procederemo adesso?”

James ridacchiò. “Non parlare al plurale.”

“Perché non dovrei?”

“Lascio.”

Sebastian si girò di scatto a guardarlo, terrorizzato, labbra dischiuse. “Non puoi lasciare il lavoro, sono legato a te tramite un contratto per altri tre anni. O te ne sei dimenticato?”

“Hai frainteso le mie parole: Ti lascio nel senso affettivo del termine. Ti ho sempre trattato in modo speciale rispetto a Nick ed Emily, come un membro di famiglia; è stato un errore.” James si voltò a guardarlo per la prima volta da quando erano usciti e gli rivolse un sorriso stanco. “Ho provato a mantenere le promesse che ho fatto, a te e ai tuoi, ma non è più possibile continuare così. Devi prenderti le tue responsabilità e affrontare le cose. Non posso più preoccuparmi per te mentre tu non mi ascolti e fai ciò che vuoi; non sei più un adolescente come quando ti ho conosciuto. Io una figlia l’ho già e anche se acquisito, per così dire, anche un figlio, Blaine.” James fece una lunga pausa e notò che Sebastian aveva lo sguardo basso, “Ti voglio bene e sono sempre stato troppo magnanimo con te, mi sono preso doveri che non mi spettavano; tu questo lo sai e te ne sei approfittato. Avevi ragione tu stamattina.”

“E’ perché hai perso dei soldi nel progetto con Santana? Quanto? Te li puoi prendere dal mio conto.”

James scosse la testa, esasperato. “Quando smetterai di dire queste sciocchezze a cui nemmeno tu credi?”

Sebastian fece finta di non sentirlo, “Mi prenderò le mie responsabilità. Mi serve tempo.Non puoi decidere di farti i fatti tuoi da oggi, abbandonando le promesse che mi hai fatto ieri. Non è corretto.”

“Sai meglio di chiunque altro che la vita non è corretta,” tagliò corto James, mentre iniziava a vacillare. “Sono sicuro che affronterai tutto, ma lo farai prima di quanto ti aspettassi. Io non voglio proteggerti più.”

“Non sono ancora pronto,” farfugliò Sebastian, voltandosi dall’altra parte. Aveva la schiena rigida e la testa bassa con il tatuaggio ‘Jeremy’ che faceva capolino dal colletto della maglietta. Il ragazzo si portò una mano lì sopra, affondando le dita nella pelle.

Fu quel gesto a fare capitolare James. Era sempre quello, a farlo capitolare. Sebastian non era pronto ad affrontare ciò che aveva dentro, Jeremy,  tutto ciò che aveva passato e le sue paure. Poteva pur essere grande e forte, avere ventidue anni, ma dentro era ancora il ragazzino che aveva incontrato la prima volta; entrambi si ripetevano che non era vero, non più, ma sapevano che era una bugia. Era per questo che James si era preso carico di cose non sue e l’aveva trattato sempre con un certo riguardo. Era per Sebastian e quel Jeremy  con l’inchiostro che continuava a fargli promesse su promesse, mantenere i segreti più disparati, mentire anche ad Elizabeth e a non prendere mai seri provvedimenti su qualunque cosa facesse.

Sebastian sapeva che si riferiva a questo con quel discorso, ma non voleva ascoltare, soprattutto nella parte in cui diceva di volergli bene. Si impose con tutto sé stesso di non dare peso a quelle parole, che erano messe lì senza un vero motivo, se James non le provava davvero, che non diceva sul serio, né quelle tre parole né tutte le altre. Quando però l’uomo gli poggiò una mano sulla spalla, irrimediabilmente le sue barriere caddero e senza rendersene conto si ritrovò ad abbracciarlo.

James rimase interdetto da quel gesto che non si era aspettato. Se c’era una cosa che non sapeva fare, era come comportarsi in quelle situazioni; non era mai stato un uomo che andava pazzo per le effusioni d’affetto. Non sapendo bene come dover reagire, si limitò a battergli più volte la mano sulla schiena, in quello che per lui doveva essere un modo affettuoso e delicato.

“Non farmene pentire.” Gli raccomandò una volta che si furono staccati.

“Sai che non so fare altro.” Rispose Sebastian, rassegnato.
 
 
*
 
“Pascal?”

L’uomo alzò lo sguardo dal libro di ricette e si sorprese nel trovare il signorino Blaine davanti a sé. “Scusami, non ti ho sentito arrivare,” disse subito, “vuoi qualcosa da bere o che ti prepari qualcosa da mangiare? Sai, non hai bisogno di venire fin qui ogni volta, puoi usufruire dei telefoni che ci sono in casa.”

Il giovane scosse la testa, “No, non sono qui per mangiare, ma grazie,” si sedette su uno sgabello. “Sono qui per chiederti se sai dov’è finito Sebastian.”

“Oh,” l’uomo si finse sorpreso e sembrava voler restare sulla sue; quando però Blaine lo fissò a lungo disse: “Hai fatto un giro per casa?”

“Tre volte.”

“Lo hai chiamato?”

“Si, anche per cognome.”Pascal lo guardò implorante ma lui continuò: “Ho aspettato trentacinque minuti che venisse a pranzare dopo che James se n’è andato e lui non è arrivato. Non è da nessuna parte. So che tu sai dov’è.”

Il sudamericano lo guardò implorante. “Hai ragione, so dov’è e per questo.. Ti consiglio di tornare a casa.”

Blaine strabuzzò gli occhi a quell’affermazione, aggrottando la fronte, “Non posso, non ho finito il mio-“

“Vai a casa, Sebastian sta riposando. Se James te lo chiede, digli che te l’ho consigliato io.”

“Non credo sia una buona idea. Non posso andarmene-“

“Tu di a James quello che ti ho detto io,” lo interruppe Pascal, rivolgendogli un piccolo sorriso, “e vai a dormire, hai le occhiaie.”

Blaine fece per specchiarsi sul bancone in alluminio, ma riuscì a trattenersi, comunque non credeva che stesse mentendo, quella notte non aveva riposato per niente bene. “No, io devo rimanere..”

“Ti propongo un accordo,” disse a un certo punto Pascal, sporgendosi in avanti, “se entro due ore non lo trovi, tornerai a casa.”

Il ragazzo inclinò la testa di lato, “Cosa mi assicura che non lo stai proteggendo mentre è uscito?”

“Ho due figli e una moglie da mantenere; se lo coprissi James mi licenzierebbe. Ti basta?”

Blaine lo guardò circospetto, poi annuì. “Va bene. Se invece lo trovo, dovrai rispondere sinceramente a ogni mia singola domanda. Ci stai?”

“Ci sto,” rispose Pascal, stringendogli la mano.

E Blaine imparò a non fare più scommesse con lui.
 
 
*
 
Elizabeth chiuse il quaderno e si stiracchiò, allungando le braccia sopra la testa e stendendo la schiena, mentre la maglietta si alzava di poco, mostrando il suo ventre piatto. Si accasciò sulla scrivania, promettendosi mentalmente di sistemare i libri sparsi sopra più tardi.

Era davvero stanca, aveva bisogno di riposare. Negli ultimi giorni era sempre agitata, aveva dormito male ed era sempre più ansiosa del solito. In un primo memento aveva pensato che fosse nei suoi giorni, ma poi aveva scartato l’idea, sapendo benissimo che non poteva essere plausibile.

Era sveglia ed intelligente, non ci mise molto a capire di essere preoccupata per Blaine. Era terrorizzata al pensiero che gli potesse succedere qualcosa, che Sebastian parlasse o andasse troppo aldilà di ciò che gli aveva chiesto. Voleva che non lo facesse innamorare di lui, niente di più, niente di meno; non che lo riducesse a... Quel Blaine che bussò alla sua porta della sua camera.

“Hey.”

“Hey,” rispose lui, torturandosi le mani. Era in piedi davanti sull’uscio, spostava il peso da un piede all’altro e teneva lo sguardo basso.

Dentro Elizabeth scattò l’allarme rosso. Lo guardò silenziosamente sedersi sul letto e si girò a guardarlo. “Com’è andata la giornata?”

Blaine fece un gran sorriso che gli illuminò il viso e rispose subito “Bene, non è stata niente male.”

El capì subito che gli stava mentendo e scosse la testa, si alzò dalla sedia e si sedette accanto a lui. “I primi giorni sono sempre i peggiori con Sebastian,” e gliela farò pagare amaramente per questo, stava per aggiungere, ma riuscì a trattenersi.

“Credo non sia facile per lui abituarsi alla mia presenza.. Sai com’è fatto.”

Elizabeth tese la labbra in un finto sorriso comprensivo, cercando di celare la rabbia che sentiva dentro. “Ti andrebbe di dirmi cosa ha fatto?”

“Non è stato lui,” farfugliò Blaine dopo un lungo istante e lei capì che era stata colpa di Sebastian, qualsiasi cosa fosse successa. “Stavamo discutendo e ha voluto sapere il nome della ragazza con cui mi frequento.”

“Tu non ti frequenti con nessuna ragazza!” Sbottò Elizabeth irritata, guardandolo furente. “Voi ancora continuare con la pagliacciata che sei etero?!”

“Non potrebbe essere la verità?” Rispose Blaine allo stesso modo, intrecciando le braccia al petto.

“Certo che potrebbe, ma non lo è. Sei quello che sei, accettalo e basta.” Vedendolo ancora scettico e sul punto di continuare aggiunse, “Non è facile e io lo so. Ero con te, ricordi?” poggiò una mano sulla sua e gliela strinse, “ Hai fatto degli enormi passi avanti, sei cresciuto. Non tornare indietro.”

“Non sto tornando indietro, è solo che ero in difficoltà e non sapevo come reagire. Sai come sono.” Blaine la guardò con la sua faccia migliore da cane bastonato. “Ho detto il tuo nome.”

Elizabeth alzò gli occhi al cielo, “Sei davvero un idiota. Come ti è venuto in mente?! Come potrebbe mai crederci, me lo spieghi? Sa benissimo che sei tipo.. Mio fratello, uno di famiglia.”

“Non capisco perché reagisci così, diciamo sempre a tutti che siamo fidanzati quando qualcuno ci da rogne!”

“Si, a quelli che non ci conoscono. Non a.. A Sebastian.” La ragazza si fermò un attimo e respirò a fondo. “Gli hai detto che è una cosa complicata?”

“S-si,” rispose Blaine titubante,  non capendo dove volesse arrivare.

“La cosa è risolta allora. Di’ che stai con Jemma e che io sono gelosa, quindi stai un po’ con tutte e due, non sai bene cosa provi,  non ci vuoi ferire, blablabla.. Solite cose.” Sorrise al suo stesso piano, “Non sarà la cosa migliore, ma dovrebbe essere plausibile come scusa.”

“Semmai riuscirò a rincontrarlo in quella casa enorme, glielo dirò.”

“Vuoi.. Vuoi dire che lo hai lasciato solo!?” Elizabeth gli rivolse uno sguardo severo, dovendo controllare l’impulso di non strangolarlo.

“S-si, ma Pascal mi aveva detto che non dovevo preoccuparmi, che non era uscito.” Si affrettò a rispondere Blaine, sperando che questo aiutasse a sistemare le cose.

“Si, lo so,” borbottò lei, portandosi una mano ai capelli, “se te lo ha detto Pascal va bene, ma tu evita comunque di lasciarlo da solo, non va bene. Quante volte lo hai lasciato?”

“Beh.. Dopo colazione, ma poi l’ho ritrovato nella stanza degli strumenti che stava bene. E poi di pomeriggio, quando se n’è andato tuo padre. A me non sembrava così depresso. Anzi.”

Elizabeth scosse la testa, “Fammi indovinare: dopo è stato tutto il tempo a suonare svogliatamente uno strumento e ti ha stuzzicato. Ci sono riuscita?”

“Si,” confermò Blaine, guardandola come fosse stata un alieno. “Cos’è che non mi stai dicendo?”

“Niente. Tu segui i miei consigli e basta.” Minimizzò.
 
 
*
 
James tornò in camera passandosi una mano sul viso. Era distrutto e ciondolando si diresse a letto. Aveva sonno ed era sicuro che tra poco le palpebre avrebbero iniziato a chiudersi da sole. Quella era stata una giornata molto lunga, piana di emozioni e sbalzi d’umore non di certo di poco conto.

Nel giro di un paio di giorni stava avendo più lavoro delle due settimane precedenti. Non era la prima volta che si trovava sommerso da scartoffie da firmare, appuntamenti lavorativi l’uno dietro l’altro, telefono costantemente a squillare e giornalisti da cacciare via di malo modo.

Questa volta era solo un po’ più stancante e amareggiante del solito; non solo per le varie penali da dover pagare inseguito all’abbandono del progetto con la Lopez , ma anche per la preoccupazione crescente che aveva dentro il petto di dover proporre una terapia a Sebastian.

Non aveva alcuna intenzione di mandarlo in un centro di recupero, al momento non aveva alcun problema di droga o alcol –almeno che lui sapesse- e di certo per qualche “ragazzata” non era il caso. Inoltre, in quel modo, Sebastian avrebbe preso quel gesto come un abbandono, più che come un aiuto.

Eppure sapeva che le cose stavano andando peggiorando sempre di più e piano piano si sarebbero ritrovati nella situazione di qualche anno prima. I sintomi erano gli stessi: comportamenti ribelli, menefreghismo,restava costantemente in compagnia di qualcuno, era svogliato nei suoi compiti, aveva ricominciato a bere sempre un poco di più.. Ma chi stava prendendo in giro? Era ormai da un po’ che le cose andavano così; di certo non solo da qualche giorno o mese.

Si sdraiò sul materasso guardando distrattamente l’orologio che batteva quasi le due di notte e cercò una posizione comoda per riposare.  Una volta essersi sistemato su un fianco, lasciò rilassarsi i muscoli, nella speranza di addormentarsi presto. Non ci volle molto prima che entrasse in dormiveglia e si abbandonasse  alle braccia di Morfeo.

Fu in quel momento che il suo cellulare iniziò a squillare. Di malavoglia di mise a sedere e afferrò l’apparecchio elettronico senza farci caso. Appena lesse il nome sul display per poco non gli cadde di mano.

"Margot,” lesse a mezza voce, sotto shock.

Per giorni aveva continuato a ignorare le chiamate di Jeanne, mettendole in silenzioso. Adesso però non era lei a chiamare, non poteva lasciar correre su due piedi. Lei non chiamava mai per motivi futili; solo nelle occasioni necessarie o quando era troppo preoccupata.

Stava per prendere la telefonata quando in mente gli tornarono i ricordi di quel pomeriggio, l’abbraccio di Sebastian, il “Non sono ancora pronto” e.. E Jeremy.

Spense direttamente il cellulare e si girò dall’altra parte per fare le spalle al comodino dove lo aveva poggiato.
Come poteva aiutare lui, se l’unica cosa che sapeva fare era ignorare e scappare via?



 

Innanzi tutto: Buon Anno, anche se in ritardo! :3
 
Well.  Mi faccio viva dopo un anno (dai, la battuta squallida ci voleva) e mi presento con questo capitolo. 
 
umm, si, beh.. piaciuto? No? Siete ancora più confusi di prima? Non vi preoccupate che è tutto normale LOL No, ok, finalmente stiamo iniziando ad ingranare un poco, scavando di più anche gli altri personaggi e a capire un poco meglio perché Blaine sta con i Cristin (fratello, figlio. eheheh WTF!? LOL) e presto scopriremo ancora di più!
bene, oggi la mia parlantina mi ha abbandonato e non so davvero cosa dire, quindi me ne vo' tanto candidamente. 
 *getta petali di rosa* 
Baci! 
 
P.s. un grazie davvero grande alla dolcissima Sara che trova sempre il tempo per betarmi i capitoli <3 Love you.  

 

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Capitolo 4
*** #3 ***


Capitolo tre





“Sveeeeglia!” Urlò Elizabeth, saltando sul letto e Blaine si svegliò di soprassalto.

“Cosa? Quando? Dov’è-Ahia!” Disse quando la ragazza si mise a cavalcioni sopra di lui. 

“Ma che abbiamo qui?!” chiese maliziosa, “non sapevo che la mia presenza ti facesse un tale effetto.”

Blaine la cacciò via in malo modo, spingendola per farla cadere di lato sul materasso. “Smettila,” disse con l’accenno di un sorriso tra le labbra. 

“Ok, ok, lo so che quello funziona solo per-“ Elizabeth si bloccò quando l’altro ragazzo la guardò glaciale, “.. l’altro sesso!” continuò alzando le spalle, con fare innocente.

“Ho sonno, lasciami dormire,” cambiò discorso Blaine, girandosi dall’altra parte, stringendo forte il cuscino al petto. 

“No, forza alzati,” El gli tirò per una spalla per farlo voltare un’altra volta. “Sei già in ritardo.”

“E’ impossibile, James aveva detto che dormiva lui da Sebastian questa settimana o lo faceva controllare da qualcuno.”

“James è partito,” disse Elizabeth, mettendosi a gambe incrociate e Blaine la imitò. “Quindi ti devi sbrigare, la casa è grande e Sebastian potrebbe andare via senza che qualcuno se ne accorga.”

“Quando se n’è andato?” Domandò riferito al signor Cristin, “Non sapevo niente.”

La ragazza si sentiva un po’ in difficoltà e abbassò di poco la testa, guardandosi lo smalto sulle unghie dei piedi, “Non lo sapevo nemmeno io. Ha lasciato un messaggio. E’ andato a Boston.”

“Perché?” 

Elizabeth alzò di nuovo le spalle, indifferente. “Credo per un lavoro urgente.”

“Quanto resterà via?”

“Blaine, mi ha lasciato un bigliettino con scritto che andava a Boston e nient’altro. Cosa di questo non capisci?” Sbottò infine, agitata più di quando avrebbe dovuto. Si alzò e si diresse verso la porta. “Hanno preparato la colazione. Non farmi mangiare da sola.”

Una volta rimasto solo in stanza, il ragazzo si ributtò sul letto e chiuse gli occhi. Era stato uno stupido a insistere tanto, avrebbe dovuto capire di tagliare su quell’argomento nel momento esatto in cui l’aveva vista abbassare lo sguardo. 

James era partito su due piedi e non l’aveva neanche avvertita prima, questo aveva riaperto delle vecchie ferite in lei, riportato a galla ricordi lontani ma sempre vividi nella sua mente. Blaine non ci aveva pensato e adesso si sentiva terribilmente in colpa. 

Considerò l’idea di chiederle scusa e, nonostante la trovasse la cosa giusta da fare, decise il contrario. Se c’era una cosa che Elizabeth odiava, era quando qualcuno tentava di affrontare i problemi quando lei non era pronta o non faceva notare d’essere stata male per un determinato gesto; questo perché non sopportava trovarsi in svantaggio e non avere tutto sotto controllo, la certezza di uscirne indenne; altrimenti si sarebbe arrabbiata ancora di più. 

Si alzò dal letto e scese a fare colazione con lei, ignorando quello che era successo.  Chiacchierarono del più e del meno, commentando cioè che diceva il telegiornale e ridendo quando decisero di guardare i cartoni animati, nonostante all’inizio El fosse scettica. 

Quando si alzarono da tavola per andare a prepararsi, la ragazza spense la tv e senza alcun motivo rimase immobile seduta lì dov’era, facendo preoccupare l’altro. 

“Tutto bene?”

Elizabeth restò per un lungo momento in silenzio, guardando il bicchiere vuoto, poi si ricompose e gli rivolse un sorriso. “Si, tutto bene.” 

Blaine fece il giro del tavolo e le si sedette accanto, le spostò la sedia per poterla guardare meglio. Sapeva che cos’era qualcosa che non andava, ma non sapeva cosa dire in quel momento senza rischiare di farle fare una scenata. Rimase in silenzio.

“Hai tutti i riccioli scompigliati, guarda come sei conciato!” Elizabeth gli scostò un ciuffo dalla fronte e controllandogli i capelli, sistemandoglieli a suo piacimento. Blaine stava iniziando a infastidirsi, non sopportava quel comportamento premuroso; le prese i polsi e lei finalmente lo guardò negli occhi. “Quando tornerà?” 

“El-“

“Va bene, scusami. Tu non puoi saperlo.” Disse alzandosi per sparecchiare. 

“Non era questo ciò che stavo per dire.” risponde Blaine, bloccandole il passaggio mettendo la gamba sulla sedia. “Lascia, farà Anita,” continuò riferendosi alla tavola. 

El sbuffò, “Aiutarla non ci farebbe male.”

“Farai sempre così, non è vero?” Blaine non vedendola controbattere continuò; “Ogni volta che partirà ti comporterai in questo modo. Per quanto ancora? Capisco che non è stato facile per te, ma James è cambiato. Non è più l’uomo di quando eri bambina. Non potrai essere terrorizzata a vita. Devi superarlo.”

“Adesso sono io che devo superare qualcosa?” Cambiò subito argomento Elizabeth, poggiandosi una mano al fianco. “Voglio ancora parlare del tuo ‘sono etero’ o del modo in cui ti vesti?!”

“Perché vestito da omosessuale sarei più carino, mi sembra ovvio!” Sbottò Blaine, irritato. 

“Non è mica un vestito da carnevale!” Gli fece notare lei, facendo una smorfia. “Devi vestirti per come ti piace, per come ti senti. Per quello che sei veramente!”

“Finocchio?”

Blaine. Tu sei Blaine. Non gay, stupido, moro, con gli occhi verdi, che diventano castani dopo due secondi e mi fai confondere; ricciolo, il fratello di Cooper, mio fratello o quello che vive con i Cristin. Tu sei Blaine. E dovresti iniziare a esserlo veramente. Anche tu devi superare qualcosa, quindi non venire a fare il superiore con me.”  Elizabeth parlò con rabbia, gli zigomi rossi e l’aria di sfida mista a dolcezza. Gli spinse via i piedi dalla sedia e guardandolo freddamente si diresse verso la porta. “Adesso sbrigati a vestirti e a preparare la valigia. Stasera dormi lì.” 

Blaine strabuzzò gli occhi e rimase per un momento interdetto. Stava per dire qualcosa, ma era già rimasto da solo nella stanza. 

*

Lo schermo del cellulare era illuminato, la scritta “chiama” sotto il nome “papà” era in bella mostra e stava facendo cadere in ipnosi Elizabeth che la fissava intensamente da più di dieci minuti buoni. Era combattuta con sé stessa, indecisa se avviare la telefonata o meno.

Era strano per lei ritrovarsi in quella situazione; non solo perché era rannicchiata in posizione fetale sul materasso, ancora umida dalla doccia con la frangetta che le copriva gli occhi, cosa che non le succedeva da anni; ma solo perché lei non era mai indecisa. 

Se doveva fare una scelta ci metteva sempre poco, calcolava i vantaggi e gli svantaggi, ciò che voleva fare lei e quello che dovevano essere i suoi doveri; tirava poi due somme e ciò che le conveniva di più sceglieva. Calcoli semplici, schematici, un po’ come lei. 

Questo sistema questa volta non poteva essere applicato; semplicemente perché si trattava del suo rapporto con James. Il loro era da prendere con le pinze, non poteva giocarci come fa un bambino con il suo peluche preferito. C’erano voluti anni affinché si guardassero davvero come padre e figlia e nascesse il rispetto che adesso avevano. 

Finalmente avevano la loro stabilità ed Elizabeth era terrorizzata da poterla perdere ancora una volta. 

Se lo avesse chiamato, cosa chi avrebbe detto, precisamente? “Hey, papà che fine hai fatto? Perché sei andato in un altro stato senza nemmeno dirmelo? Quando torni? E’ divertente? Hai ricordato di portarti tutto il necessario per stare fuori casa per... Per quanti giorni hai detto che stai via?” No, non poteva. Lo avrebbe spaventato e fatto preoccupare inutilmente. Era un discorso troppo apprensivo, perfino per lei. 

Avrebbe potuto dire molto altro e manipolare il discorso a suo piacimento, come faceva sempre nelle situazioni sconvenienti. Il problema era che aveva paura di cedere; scoppiare a piangere, ritrovarsi ad urlare senza un vero motivo, mostrare la sua fragilità. Inoltre non voleva darla vinta a Blaine; solo che lei aveva già perso quando gli aveva fatto capire che qualcosa non andava e avrebbe continuato a perdere non facendo notare il suo disappunto al padre per quella situazione, perché lo avrebbe spinto a scomparire di punto in bianco senza avvertire. 

Era nel panico. 

Dall’altra parte della casa, per Blaine le cose non andavano  meglio. Era in piedi davanti all’armadio a scavare all’interno dei cassetti alla ricerca di qualcosa di carino da portare. Non sapeva per quanto tempo avrebbe dovuto dormire a casa di Sebastian. 

Dormire a casa di Sebastian. 

Questo pensiero gli fece scorrere un brivido lungo tutta la schiena, mettendogli addosso adrenalina. Afferrò una camicia rossa, un’altra verde e bianca a quadratini piccoli e due polo, una rosa tendente al fuxia e una grigia; le depose tutte nella piccola valigia vicino al letto e andò a prendere gli accessori e dei pantaloni semplici; dopo aver sistemato anche quelli, si fermò un attimo a guardarla e storse il naso. 

Tirò fuori  i vestiti e li gettò sul letto in malo modo, insieme agli altri presi in precedenza. Si  portò una mano a grattarsi la cute, restando immobile a guardare il disastro che aveva combinato.  Al posto delle lenzuola c’era quasi metà sul suo guardaroba estivo; non sembrava altro che un ammasso di colori vivaci mischiati al nero e al grigio. Gli piacevano, aveva sempre amato i colori, soprattutto quelli sgargianti e un tempo li indossava sempre con spensieratezza, quasi fossero adattabili facilmente o poco riconoscibili. 

Adesso si vestiva con più semplicità e colori neutri, quasi anonimo. 

Prese una camicia bianca e una bianca e verde a quadratini, quella di poco prima; le depose in due mani separate, mordicchiandosi il labbro mentre le guardava. Si ricordò la discussione con Elizabeth e d’impulso lasciò andare la prima camicia e mise la seconda nella valigia, insieme alle altre polo colate, i cardigan leggeri, gli accessori e i pantaloni. 

Per la quinta volta in quella mattina guardò la sua valigia e sorrise. C’erano tutti i colori estivi e i suoi abiti che gli piacevano di più. Face un respiro profondo. 

Era così gay. 

Capovolse il trolley e una volta svuotato lo riempì di nuovo, questa volta di magliette semplici, bianche, blu, nere e grigie; pantaloni lunghi, boxer. La chiuse con rabbia, a scatti. 

El aveva ragione su di lui, non era sé stesso. Con quel pensiero Blaine uscì dalla stanza.

Elizabeth sbloccò lo schermo del cellulare, si alzò in piedi e si diresse verso il bagno per sistemarsi e andare all’università. Blaine non aveva ragione su di lei; preoccuparsi e avere paura non la rendeva l’adolescente ribelle che era stata, la bambina che era cresciuta da sola; la faceva essere una giovane donna indipendente, preoccupata per il padre. Niente di più.. Sperava. 

                                                                                                                                        

“James sa che sei in ritardo?” Disse Sebastian quando sentì le ante dell’ascensore aprirsi. Era ancora a letto, con la testa conficcata tra il cuscino e il materasso, ma sentiva benissimo. 

“Non è affar tuo.” Rispose Blaine bruscamente. 

Oh, era di mal umore. Ottimo per il suo intento, pensò.  In un lampo si mise a sedere e lo guardò con la testa inclinata di un lato. “Hai le spalle tutte tese. Ti faccio un massaggio?”

“Sebastian, se vuoi restare a letto fa pure. Io vado a sistemare i miei vestiti.”

Il diretto interessato guardò Blaine come fosse un insetto parlante proveniente da un altra dimensione.  Non riusciva a far collegare ciò che voleva intendere il moro. Lo fissò intensamente per più di dieci secondi buoni, in completo silenzio, facendolo sentire a disagio. 

“Tu non vai da nessuna parte.”

Blaine incrociò le braccia al petto. “Come scusa?”

“Questa è casa mia. Tu non dormirai qui.” Rispose Sebastian fermamente, sentendo i muscoli irrigidirsi. 

“Non ho detto nello stesso letto-” 

“Dico sotto il mio tetto.” Lo interruppe fermamente. Alzandosi in piedi. “E’ già tanto che ti faccio entrare nella mia stanza. Non m’importa quello che dirà James. Questa è casa mia e decido io gli ospiti; ogni tanto tendete a dimenticarlo.” Si sentì fiero di sé stesso per aver fatto un discorso senza una grinza.

“El mi aveva detto-“ Blaine si zittì di colpo. Era livido di rabbia e stava per perdere la pazienza. “Questo è il mio lavoro e se mi viene detto di dormire qui, dormirò qui.”

“E questa è casa mia, se non ti voglio vedere appena sveglio, non ti vedrò appena sveglio.”

“Come se non ti trovassi a letto ogni mattina.”

“Non io, tu. Sarai orribile di prima mattina.” Disse Sebastian contraendo i muscoli della faccia in una smorfia schifata; “I capelli come se avessi preso la scossa, gli occhi gonfi, la voce ancora impastata di sonno.. Sono sicuro che avrai anche la bava alla bocca.” Quell’immagine prese forma nella sua mente e gli fece venire una certa dolcezza. Doveva essere adorabile. 

Blaine si accorse che aveva indugiato troppo e lo guardò scettico e offeso, “Non ho la bava alla bocca.” Lo guardò per un attimo, “E anche tu non  sei un granché appena sveglio.”

“Vorresti  dirmi che non ti eccito anche così?” lo prese in giro.

L’altro ragazzo alzò gli occhi al cielo, poi li riposò sul suo volto. “Hai preso qualcosa?” Chiese preoccupato – Sebastian si sforzò di pensare che fosse perché non stava compiendo bene il suo lavoro - avvicinandosi di qualche passo, lui sbiancò e lo fermò subito con un gesto della mano. Maledizione, non aveva ancora fatto togliere quella fan - art attaccata al muro.

“Perché lo chiedi?” 

“Hai gli occhi rossi.. E gonfi.” 

“Sono stato al pc fino a tardi,” tagliò corto. Blaine sembrava voler esternare la sua perplessità continuando il discorso ma non gliene diede il tempo. Quando il suo stomaco brontolò, Sebastian si calò giù i pantaloncini, restando in mutande. 

Blaine spalancò gli occhi. “Cosa fai?!”

“Mi spoglio.”

“E perché?!” la sua voce era acuta, ed era musica per le orecchie di Sebastian; gli veniva quasi da ridere.

“Perché mi va.” Gli rispose con una menzogna. Si tolse pure la maglietta e gli andò in contro; lo vide sgranare gli occhi e arrossire nonostante cercasse d’apparire sicuro di sé. Lo schivò all’ultimo memento passandogli accanto, si diresse all’altra parte della sua stanza da letto e afferrò dal divano il cordless. Compose lo zero - uno e aspettò che rispondesse qualcuno. 

“Signor Smythe, buongiorno.”

“Preparami il bagno del mio piano. Muoviti.” Detto questo riagganciò e lasciò di nuovo il telefono dove l’aveva trovato. Sentì due occhi che gli fissavano intensamente la schiena. Si voltò a guardare Blaine. “Cosa?”

“Non puoi stare in mutande davanti a me! Non è rispettoso né per me, né per te stesso. Non hai un minimo di decenza?!” Cominciò Blaine, accusandolo, “Potrei benissimo prendere questo gesto come mobbing e farti causa. E - e anche il modo in cui hai parlato al telefono non è giusto. Ti piacerebbe se parlassero a te in questo modo o se mi spogliassi davanti a te e camminassi in mutande?”

“Si, è tutto molto bello,” disse Sebastian fingendo di non aver sentito nemmeno una parola di quello che gli aveva detto. Continuò a camminare verso il corridoio. 

Blaine gli andò dietro. “Non hai niente da ribattere?”

“No,” rispose frettolosamente.

“Tu hai sempre qualcosa da dire. Su tutto. Quindi dillo e basta!” Blaine lo afferrò per un braccio, costringendolo a guardarlo. Era furioso. Sebastian ne fu sorpreso in un primo momento, poi scoppiò a ridere. 

“Hai tutta questa voglia di litigare, eh?” Disse spavaldo, “Cos’è, hai litigato con qualcuno e adesso ti vuoi sfogare con me? Bene, ma almeno fammi prima fare un bel bagno, poi ti insulterò in tutte le maniere possibili e inimmaginabili, se proprio ci tieni; nano da giardino.”

Blaine lo guardò boccheggiando, non sapendo cosa replicare. Sebastian lo aveva capito in un paio di minuti, aveva letto il tumulto che c’era dietro i suoi occhi. E si sentì completamente nudo. Non sapeva bene se ciò che lo aveva fregato fossero le parole non urlate a Elizabeth che adesso gli salivano su per la gola per essere riversate contro Sebastian o meno; sapeva solo che aveva i nervi o fior di pelle e voleva andarsene in un cantuccio buio e restare lì per ore. Questo significava aver voglia di litigare? Forse. Ma non gli impedì di continuare il discorso. 

Il punto è,” cominciò, calcando bene le parole, “che-“

Sebastian sbuffò, alzò gli occhi al cielo e lo interruppe. “No, sta’ zitto. Te lo dico io quel è il punto. Perché tu sei poco intelligente anche per capirlo. Il punto è che ti piace. Ti piace stare qui, con me. Ti piace che ti cammini davanti nudo, che vada in giro senza maglietta, che mi spogli davanti a te. E no, Blaine, non dirmi che non è vero, perché avresti potuto già andartene dal momento stesso che hai messo piede in casa mia due giorni fa. Sono antipatico, insensibile, egocentrico, stronzo, bastardo, pezzo di merda, cinico? Si, è vero, ma a te tutto questo piace. Hai ancora tre giorni per andartene, ma tu non sembri averne alcuna intenzione. E non uscirtene con la solita scusa “io ho bisogno di soldi,” perché io conosco James, Elizabeth e di come ti trattano come un figlio, fratello, zio, cognato, nonno e bisnonno. So cosa hanno fatto in tutti questi anni per te, anche se il motivo mi resta ignoto. Non hai bisogno nemmeno di un dollaro. Quindi risparmiati la scusa e tutti i bei discorsetti sui miei brutti modi di fare.” Sebastian gli rivolse un sorriso tirato. Vedendo che Blaine era rimasto lì immobile a fissarlo, continuò. “Ah, e per quanto riguarda tutti gli altri, non ti preoccupare tanto: piace anche a loro. Non ti fare fregare, se volessero andarsene non ci metterebbero molto a trovarsi un nuovo lavoro; molti in questa città si tirerebbero i capelli a vicenda pur di assumere qualcuno che ha lavorato qui. E semmai non ci riuscissero, tu conosci James: farebbe un paio di telefonate e li sistemerebbe. Quindi, signor paladino della giustizia e della morale, non parlare a vanvera di ciò che faccio o succede in casa mia dopo due giorni che ci metti piede.” Sebastian non gli diede neanche il tempo di replicare, girò sui tacchi e si diresse verso le scale per scendere al piano di sotto. “Hai due possibilità Blaine: o te ne torni a casa e non ti fai più vedere; oppure chiedi a una di quelle due imbecilli che lavorano qui, di accompagnarti nella stanza che riservo a quelli che mi stanno sul cazzo.”

*

 

 

Blaine credeva che Sebastian l’avrebbe spedito nella dependance con gli altri domestici, dall’altra parte del giardino; invece si sorprese quando una delle due donne – delle quali doveva ancora imparare i nomi - lo giudò fino al piano terra e attraverso varie stanze, fino a davanti una porta chiusa. 

“Arrivati!” disse lei con un sorriso, facendogli spazio per entrare. 

Blaine le sorrise cordiale e restò sorpreso davanti all’arredamento. Non sapeva bene cosa si era immaginato, forse una brandina con il materasso fatto di fieno e un armadio in legno che cadeva a pezzi, o qualcosa di davvero orribile, per come Sebastian gli aveva fatto capire. Invece la stanza era graziosa, non era la più bella della casa, ma non poteva lamentarsi. 

Era luminosa, l’arredamento era bianco e nero, completamente moderno. L’armadio a specchio ad anta scorrevole occupava una parete, quella di fronte al letto matrimoniale. A Blaine piaceva quella stanza, nonostante stonasse un po’ con il resto della casa. 

“E’ carina. Non capisco perché Sebastian ci mandi le ‘persone che gli stanno sul cazzo.’” Commentò Blaine, più con sé stesso che con la donna.

“Uhm, hai intenzione di restare qui  a lungo?” 

“Non ne ho idea, ma credo proprio di no.” Le rispose con un sorriso, “Appena tornerà James starà lui qui.”

“Oh, lui sì che è un sant’uomo.” la donna face un sorriso un po’ troppo grande e alzò contemporaneamente gli occhi color nocciola al cielo. “Dovrebbero proprio dargli una medaglia,” dopo scoppiò a ridacchiare.

Perfetto. Aveva una cotta per James. Se lo appuntò tra le cose da non dire a Elizabeth. “Già, è un uomo fantastico.” 

“Si, lo è!” rispose ridacchiando ancora, “Sai perché non è qui?” 

Blaine alzò le spalle e si mordicchiò il labbro. Sapeva che era partito, niente di più, e questo lo metteva a disegio. “In realtà no. Mi dispiace.”

“Ah,” disse, rabbuiandosi. “Comunque, sarà meglio  che tu non abbia paura del buio, delle ombre, e che ti alzi presto.”

Il ragazzo stabuzzò gli occhi, “Come scusa?”

“Si, sai.. Hai gli alberi fuori dalla finestra e di sera danno un aspetto macabro alla stanza, dato che non ci sono tende. E accanto c’è la cucina, Pascal si mette a lavoro presto. Qui c’è sempre troppo caldo o troppo freddo.”

Blaine era senza parole, non sapeva bene come rispondere. “No, io non ho paura del buio, quindi sono a posto e poi Pascal non farà così tanto chiasso, no? Starò bene qui. Grazie.” 

“Allora io.. Vado,” concluse lei, sorridendogli timidamente prima d’uscire dalla stanza. 

Il ragazzo, una volta rimasto solo, lasciò la valigia a centro di stanza e si gettò sul materasso e chiuse gli occhi. Era stanco. E non erano nemmeno le nove e mezza. Si sentiva uno straccio. In quel momento avrebbe voluto davvero addormentarsi e dormire per giorni; o scomparire dalla faccia della terra. 

Se il buongiorno si vede dal mattino, Blaine era nella.. Merda.

Prima Elizabeth, poi fare i conti con sé stesso e adesso Sebastian. Non sarebbe arrivato a fine giornata, lo sapeva. 

Fondamentalmente si era cacciato lui in quella situazione, perché avrebbe potuto evitarla senza troppi problemi, ma, come al solito, quando si toccava l’argomento “orientamento sessuale”, si creava uno scudo impenetrabile e rispondeva acidamente. Questo, che doveva essere un modo per essere lasciato in pace, in realtà non faceva altro che peggiorare ancora di più la situazione, soprattutto con Elizabeth che, con il suo fare – fastidioso - da mammina, si preoccupava per lui e non faceva altro che stressarlo ancora di più, li portava a litigare e poi Blaine si vedeva costretto a sfogare la rabbia su altre persone o ad esprimere in maniera sbagliata.

Quella mattina non aveva nessun motivo per rispondere male a Sebastian, almeno inizialmente, ma era talmente nervoso che non se n’era nemmeno accorto. Il ragazzo aveva fatto quella battuta in tono leggero, come un po’ pentito dal comportamento del giorno prima e volesse rimediare. Comunque era inutile ripensarci adesso, non aveva nessuna voglia di chiedergli scusa e quindi non sarebbe cambiato niente; Sebastian avrebbe continuato a odiarlo perché lui aveva sprecato l’occasione di provare a stargli simpatico. 

Non che gli importasse particolarmente, dopotutto erano in piena guerra civile. 

 

*

 

“... Che vuoi? Ho da fare in questo momento.”

“Buongiorno anche a te, mia cara. Sei sempre così gentile e carina, che per poco non ti scambiavo per un cupcake ambulante.”

“E da quando sai fare questi parallelismi con qualcosa che non sia a sfrondo sessuale?”

“Quando li faccio su di te. Sei la cosa meno eccitante sulla faccia della terra.”

“Dopo te in accappatoio, una asciugamano in testa e un estetista a limarti le unghie dei piedi,” la voce di Elizabeth era divertita. “.. O dopo Blaine vestito ad Halloween da donna, con la parrucca caduta di lato, il trucco sbavato e il gesso al piede perché era caduto con i tacchi.”

Sebastian per poco non scoppiò a ridere. “Davvero l’ha fatto?”

“Si, aveva otto anni e lo fece per tirarmi su di morale,” Rispose lei in tono semplice.

“Interessante.”

Percepì una nota di scuro interesse nella voce, e lo ammonì. “No, non lo è. Perché mi hai chiamata? Ho da fare.”

“Cosa? guardare il soffitto di camera tua?” 

“Shopping, a dire il vero.”

Ah, Sebastian ne rimase sorpreso. Non era certo ciò che si aspettava. La immaginava invece rannicchiata in camera sua, persa e sconsolata, perché il padre era partito lasciandola a casa. “Il tuo amico ha per caso bisogno di un vibratore?”

Anche se non poteva vederla, Sebastian immaginava una smorfia sulla faccia della ragazza, lo poteva capire dal modo in cui rispose un “No,” disgustato.

“Secondo me ne ha proprio bisogno.” Continuò lui, “Ha sempre i nervi a fior di pelle, si scalda con poco-“

“Apprezzo davvero la tua preoccupazione nei suoi confronti, ma al momento non potrebbe importarmene di meno.”

“Grazie.”

“Di cosa?”

“Mi hai appena dato la conferma.” Sebastian rise, “Avete litigato stamattina.”

Elizabeth sbuffò, “Mi stai distraendo mentre provo un vestito.. Per questo?”

“Non è del tutto vero; vedi, sto facendo il bagno completamente solo e tutti i miei amici a quest’ora dormono. Non avevo nessun altro da torturare.”

“Tortura te stesso!” 

“Sai che non posso, mi zittirei da solo dopo pochi secondi.” 

Proprio come farò io adesso! Ciao.”

“Servirebbe un bel vibratore anche a te, sai?” Continuò Sebastian, divertito, “Forse ne hai più bisogno, tu di Blaine. Hey, ma aspetta! Voi non state insieme?”

“Sebastian, finiscila.”

“Per cosa ti sei offesa di più? Perché ho dubitato della tua bravura a letto, della sua, che sicuramente è gay e per questo sei sempre tesa? Cosa?”

“Dei tuoi modi di fare.  So benissimo quel è il tuo intento, di’ che sei geloso e basta.”

Sebastian fece una lunga, fragorosa, acuta e falsa risata. “Io non sono geloso di nessuno.”

“Bene, allora ciao.”

“Perché mai dovrei esserlo?”

“Non ne ho proprio idea... Magari perché ti piace da.. Emm... Fammi riflettere.. Da quando l’hai visto la prima volta, anni fa? E non dirmi il contrario. Hai solo una fanart in giro per casa, addirittura attaccata difronte al letto e l’ha fatta Blaine.”

“Per tua informazione quella cosa è scomparsa stamattina.”

“Ti mancherà tanto stanotte non poterla fissare, non è vero?

“Te l’ho mai detto, che se tutto questo acido fosse vero, mi piaceresti?”

“Si, quasi tutti i giorni della tua esistenza.”

“Non ci vediamo tutti i giorni.” Precisò Sebastian, mettendo le cose in chiaro.

Si, allora qualcosa come sei giorni alla settimana su sette.”

“Non importa e poi i calcoli sono sbagliati. Sono una persona impegnata al contrario di te.”

“Fare orgie tutto il giorno.. Uffa.. Deve essere così impegnativo.” Disse lei sarcastica.

“Oh, non puoi capire quanto.”

Lei rabbrividì, “Comunque ho appena trovato un altro vestito in saldo della mia misura, addio.”

“Tu non compri mai in saldo.”

“Mi stai confondendo con te.”

“Si, forse hai ragione.” 

“Bene. A risentirci mai più.”

“Perché avete litigato?” Domandò Sebastian, frettolosamente per non farle chiudere la conversazione. 

“Perché mai dovrei dirlo a te?” Chiese lei a sua volta.

“Non si risponde a una domanda con un altra domanda. E’ maleducazione.”

“Perché tu sei educato vero?” Domandò retorica, sbuffando. “Sebastian, ho da fare, non posso stare al telefono con te. C’è Blaine per farti da baby-sitter, consulente, da cagnolino da compagnia.”

“Hai appena dato del cane a tuo fratello?! La cosa è grave.”

“Blaine non è mio fratello.” Elizabeth stava iniziando a perdere davvero la pazienza. “Dimmi cosa vuoi e basta.”

“Te l’ho detto: mi sto annoiando e voglio passare tempo.”

“Senti, se sei geloso e vuoi sapere ciò che è successo a Blaine, basta dirlo. Se vuoi che torni io a farti da baby-sitter, dillo e basta.”

“Niente di ciò che hai detto ha senso.” Sebastian cercò di tagliare quell’argomento. 

“Ti devo ricordare che ci conosciamo da anni e che con me la scusa ‘sono annoiato’ non regge!? Ti conosco meglio di quanto pensi. Ora o parli o chiudo la conversazione.”

“Non ti sopravvalutare, chihuahua. Tu conosci me come io conosco te. Allo stesso modo. Non lo scordare.”

“Bene. Ciao.”

“Come sei noiosa. Blaine è di là e non voglio restare solo troppo a lungo.”

“Non è questo ciò che volevo sapere.”

“Sei insopportabile. Come vorrei mai volerti di nuovo come assistente? Per non parlare che non sei bella nemmeno la metà di Blaine. Dimmi perché avete litigato e non se ne parla più.” Disse gongolante.

“Apri bene le orecchie, perché lo dirò una sola volta e perché mi piacciono le scarpe in quella vetrina con lo sconto: abbiamo litigato per Jemma,” mentì. Non poteva dargli la soddisfazione di dargli ragione, di fargli capire che si conoscevano allo stesso modo, ‘a livello avanzato’, per così dire.

“..Quindi non perché James se n’è andato senza dirti niente e avvisando me, invece? O perché lui è finocchio fino a dentro le ossa e non lo dice?” Domandò Sebastian incolore; ma El lo conosceva abbastanza da capire che ne era deluso. 

“No.”

“Andiamo, ti conosco,” continuò lui.

“No, invece. Jemma mi sta antipatica e non mi piace che esca con Blaine, perché io lo amo.”

“Non ci credo che ha la ragazza,” commentò lui, acido. “Lo so che non è vero.”

“Se ti fa sentire meglio..”

“Dimmi la verità. Sono pur sempre Sebastian Smythe. Chi non direbbe la verità alla grande stella?”

“Sebastian, apprezzo il tuo credere che siamo amici nonostante ci destiamo, e forse lo siamo. Insomma, qualcosa c’è, non siamo conoscenti. Ma io e Blaine potremo pure litigare, tirarci i capelli, fare la lotta perché l’altro vince una sfida ai videogame o le scommesse, farci scene di gelosia e fare prendi e molla ogni tot di tempo, ma alla fine resteremo sempre Elizabeth e Blaine, migliori amici, fratelli, coinquilini, colonna portante della vita dell’altro... Mentre tu, Sebastian.. Resterai sempre e solo Sebastian. Non tradirò mai Blaine, men che meno per te.” Lei sapeva benissimo d’essere sempre stata un po’ cattiva, ma le era venuto spontaneo dire quelle parole, perché erano vere, dalla prima all’ultima. Non sentendo nessuna risposta dall’altro capo, chiuse la conversazione.

 

*

 

Sebastian gettò il cellulare sul pavimento, con rabbia; sentì un lieve “crack”. Era lo schermo del telefono che si rompeva. Non  gli importava, neanche un po’. 

Non poteva credere che Blaine avesse davvero la ragazza ed Elizabeth gli andasse dietro. Anzi, non ci credeva punto e basta. Lui la conosceva, da molti anni ormai, e sapeva che non era il tipo da innamorarsi di del suo fratellastro o qualunque cosa Blaine rappresentasse per lei. Insomma, tutti i suoi ex, erano ragazzi alti mediamente venti centimetri in più di lei, belli, muscolosi, un po’ scemi e come anche James sosteneva “Casi umani.”

Sebastian si immerse sott’acqua, frustrato. Non era abituato a non ottenere ciò che voleva. Rimase lì sotto, a cercare di rilassarsi, fin quando non ebbe la necessità di respirare. In quel momento sentì bussare alla porta. 

“Chi rompe i coglioni?” Chiese infastidito,  tirando in dietro i capelli bagnati. 

“Sono io,” rispose Blaine da dietro la porta, “Hai finito?”

“Manca poco.”

“Ok, vuoi che chieda a Pascal di preparati la colazione o i vestiti per-“

“Entra.” 

Ci fu un lungo momento di silenzio, dall’altra parte della porta Blaine era immobile. Poco dopo la porta del bagno si aprì lentamente e il ragazzo entrò. Era in imbarazzo.

Dato che era” Etero”, non avrebbe avuto nessun problema a stare in bagno con lui. 

 “Dopo usciamo, sono stufo di stare a casa,” esordì Sebastian stiracchiandosi. Vedendo che stava ancora in piedi a fissare tutto tranne lui continuò: “Siediti, voglio stare un altro po’ in acqua, ci vorrà tempo.”

Blaine allora lo guardò accigliato. Non c’erano sedie dove sedersi, soltanto il mobile del lavandino con sopra lo specchio che prendeva quasi tutta la parete e la vasca da bagno incastonata nel pavimento da dove si entrava tramite degli scalini in mosaico blu e azzurro. 

Il ragazzo si tolse i mocassini, si alzò i pantaloni fino a metà polpaccio e si vedette a bordo vasca. “Puoi uscire?”

“Certo che posso, non sono mica agli arresti domiciliari,” rispose Sebastian,  fissandolo. 

Blaine alzò le spalle, “Dove vuoi andare?”

“Ho voglia di fare shopping, sono un po’ a corto di vestiti.” Sebastian si mise in piedi, l’acqua che gli arrivava subito sopra il pube, mettendo il bella mostra il tatuaggio che portava vicino l’osso iliaco sinistro. 

Blaine accavallò le gambe. E cercò di concentrarsi su ciò che il ragazzo gli stava dicendo e non sul suo corpo. “Non hai.. Un.. Una stilista per i vestiti e.. Unacabianaarmadiopieno?”

“Si, ma quelli sono per gli eventi, concerti, interviste e blablabla.”

“Oh,” non ci aveva mai pensato. E lo ringraziò mentalmente quando si risedette e le bolle di sapone o ricoprirono fino al petto. 

“Potresti chiedere alla tua fidanzata di venire con noi.” 

“No-o. Al momento è all’università, sai.. Lei studia.”

“Tu perché non sei all’università?”  

Blaine rimase sorpreso da quella domanda, non credeva che Sebastian lo sapesse, né tanto meno che gli importasse approfondire l’argomento. Magari voleva solo chiacchierare. “Io.. Beh..” si fermò non sapendo bene come rispondere. “Diciamo che.. Non volevo più fare ciò per cui stavo studiando, tutto qui.” Vedendolo aggrottare le sopracciglia, continuò. “Recitare non è una cosa che mi appassiona come la musica, ma anche lì.. Non ne ho più tanta voglia. Mi sono accorto che le canzoni erano tutte uguali o già sentite.” 

“Canzoni?”

“Si, sai, canzoni, come quelle che canti tu, hai presente?” scherzò per un momento, poi tornò serio. “Solo che non mi davano più soddisfazione. E mio fratello è il solito stronzo che non aiuta affatto a tirarmi su di morale, anzi ha solo peggiorato la situazione.”

Sebastian sembrava sorpreso e confuso. Era davvero bello quando rifletteva. “Scrivi canzoni.. Di che genere?  E hai un fratello? Da quando?”

“Non abbiamo un fratello, io ho un fratello,” chiarì subito Blaine, sapendo che si riferiva a lui e a El. “Per quanto riguarda le canzoni, di tutti i generi,” iniziò a muovere i piedi nell’acqua, perso nei pensieri, “il testo e la parte strumentale. Suono diversi strumenti e quindi mi veniva facile. Era molto gratificante, soprattutto all’inizio. Non erano capolavori ma li mandavo a Cooper e lui ne era entusiasta; poi insieme alle sua band e con chi di dovere le sistemavano, rendendole più orecchiabili. Loro si prendevano il merito, ma questo non mi dava fastidio, lo facevo per Cooper, non per guadagnarci.”

Sebastian non l’avrebbe mai ammesso, ma il discorso lo interessava. Voleva sapere di più e per qualche ragione, tutta la voglia di metterlo in difficoltà, sparì. “Hai smesso di mandargliele?”

Blaine fece una risata amara, “Già, da otto mesi ormai,” si schiarì la gola, “o giù di lì, settimana più, settimana meno. Ho continuato a comporre, a suonare, recitare; poi ho smesso e ho lasciato l’università.”

“Che è successo?” 

“Lascia stare.” Blaine cercò di chiudere il discorso e si alzò in piedi. 

“Tuo fratello è un coglione per vari motivi. Avrebbe dovuto darti  i riconoscimenti e qualsiasi cosa sia successa, sono convinto che avrebbe dovuto continuare a mantenere i contatti.” Sebastian si alzò di nuovo, “Prima di uscire passami l’accappatoio, è poggiato sopra il lavandino.”

Blaine annuì e fece come gli aveva detto; quando glielo passò, l’altro continuò: “L’armistizio è finito, più tardi preparati al peggio. Ci vediamo tra cinque minuti in camera mia.” 

 

*

 

La prima cosa che Sebastian fece appena andò al quarto piano, si diresse immediatamente davanti al suo letto e guardò la parete di fronte, aggrottò le sopracciglia guardando il poster che vi era attaccato sopra, l’unico ad abbellirla. 

Come gli aveva ricordato Elizabeth, glielo aveva regalato Blaine anni orsono, ormai Sebastian non si ricordava né l’anno né il periodo preciso, ma ricordava che fosse per un avvenimento importante. Glielo aveva portato James, messo nella pellicola, arrotolato e chiuso con un elastico. Quando lo aveva visto ne era rimasto sorpreso e l’aveva subito attaccato alla parete. Erano altri tempi, quelli. Era più piccolo e adesso dava dello stupido a quel Sebastian, ma forse lo capiva. Quella era forse la prima fan - art di lui, dove in realtà, proprio lui, mancava. Raffigurava un palco ripreso dal basso, con i riflettori a illuminarlo. C’era una band in controluce che suonavano e i tanti fans con le braccia al cielo; al centro, dove doveva esserci lui, c’era una scritta “Un giorno il tuo cuore risplenderà d’amore e riuscirai a sconfiggere i tuoi demoni.”

Sebastian lo staccò dalla parete, lo arrotolò e si avvicinò al cestino; fece per gettarlo ma poi guardò la parete vuota e ritrasse la mano. Dandosi dello stupido, decise che l’avrebbe tenuto. Dopotutto era stato parte del suo arredamento per anni. Si avvicinò alla cassettiera vicino al letto e aprì il secondo cassetto, dove teneva le magliette e lo incastrò in fondo, dove sarebbe stato difficile trovarlo a meno che non si sapesse della sua presenza.

Sentì le porta dell’ascensore aprirsi e poco dopo Blaine bussare alle parete. “Non sei ancora pronto?”

“Certo che lo sono, dammi solo cinque minuti.” Rispose lui in tono piatto. Prese una maglietta a maniche corte con un teschio stampato sopra e, nel cassetto sotto, un paio di jeans leggeri, strappati qua e là. Se li infilò gettando sguardi di sottecchi all’altro, che sembrava fare lo stesso.  “Andiamo.”

“Tu vestito così?” Chiese Blaine, sconcertato. “Davvero?”

Sebastian piegò la testa di lato, “Si, oggi non ho intenzione di farmi i capelli.” 

“No, dico.. Ok,” tagliò corto l’altro, facendo per andarsene.

“Ok niente, torna qui e dimmi cosa stavi per dire. Puoi insultarmi liberamente, non mi offenderò.”

“No è che..” il moro di mordicchiò il labbro, “..Che di solito di vesti in modo meno ‘normale’, ecco tutto.”

“Oh,” Sebastian scoppiò a ridere e iniziò a camminare, lo superò e si diressero verso l’ascensore, “no, io mi vesto sempre così quando sono per i cavoli miei. Jennifer non mi ha detto d’indossare niente in particolare, quindi faccio quello che voglio.”

“Si, ma sei scalzo,” gli fece notare Blaine.

“Si beh, adesso andiamo nell’armadio del ‘mio personaggio’” disse le ultime due parole facendo un gesto con le dita. Entrarono nell’ascensore e scesero di un piano. Sebastian uscì e camminò imperterrito, non facendo caso se Blaine lo seguisse o meno. 

Arrivarono dove, al  piano superiore, c’era la stanza di Sebastian, davanti a una porta di legno, chiusa. Il padrone di casa l’aprì. “la cabina - armadio di Sebastian Smythe, il cantante eccentrico” 

Blaine restò a bocca aperta, il vano era diviso in tre parti da degli archi, alle pareti vi erano scarpiere, vestiti appesi e cassettiere; tutto era diviso in base alle stagioni, ai colori e alle occasioni. Sparsi qua e là c’erano dei divanetti e dei banconi. Sembrava di essere in un negozio d’abbigliamento a tutti gli effetti. 

“Devo dire che non mi spettavo una cosa.. Del genere,” farfugliò il moro, avvicinandosi a dei vestiti, ma poi si accorse che Sebastian si stava dirigendo verso il fondo della stanza e lo seguì.

“Credevo che ci fossi abituato.”

“Si, ma i tuoi vestiti sono molto più eccentrici di quelli di molti altri personaggi famosi e questo rende tutto più strano e-“ Blaine si bloccò, non sapendo bene come continuare, ma quello che aveva detto era vero: con la luce, i lustrini e gli Svarosky attaccati agli indumenti brillavano così tanto che  davano fastidio agli occhi e si riflettevano sulle pareti, tanto alla stanza un aspetto più fiabesco. 

“Sembra una cabina - armadio da donna, non è vero?” domandò Sebastian con un ghigno avvicinandosi alla parete dove vi erano in mostra tutte le sue scarpe.  Le guardò a lungo, ne aveva di tutti i tipi: brillantinate, semplici, sportive, eleganti, alcune con la suola rialzate di cinque centimetri e un paio addirittura erano da ginnastica ma con i tacchi – fortunatamente non le aveva mai dovute indossare. 

“No, sembra proprio il tuo armadio.” 

Sebastian si trattenne dal sorridere; era ovvio che Blaine non voleva offenderlo. Lo guardò di sottecchi e lo trovò ad ammirare una giacca di pelle con la zip incastonata di brillanti e le borchie colorate, sembrava volesse toccarla. Sebastian sentì il bisogno di dargli il permesso di provarla, ma non lo fece, anzi gli voltò le spalle e prese un paio di scarpe a caso e si ritrovò con in mano un paio color oro con la punta brillantinata di arancione. Fece una smorfia e per un attimo si chiese perché avesse delle scarpe del genere, ma poi decise che non gli interessava; la colpa era tutta di Jennifer. 

Blaine lo fissò mentre indossava le scarpe, con un mezzo sorriso sulle labbra. L’altro ragazzo lo guardò torvo. “Che vuoi?”

“Niente, mi piacciono.” 

Sebastian lo guardò come fosse un insetto gigante, perché davvero quelle scarpe erano orrende, come potevano piacergli? Forse era davvero etero. “Che gusti di merda.”

“Ti ricordo che quello che le sta indossando sei tu e che, sempre tu, sei il proprietario.” 

Sebastian lo guardò torvo. E se ne andò via, lasciandolo lì.

Blaine rise, uscì dalla cabina armadio e andò a chiamare l’autista. 

 

*

 

Blaine insisté per restare vicino casa ma Sebastian non ne volle sapere, così tra una parola di troppo, una lite durata più di dieci minuti buoni, finirono a Beverly Hills senza sapere né come né perché; appena scesi dalla macchina entrambi si guardarono e diedero la colpa all’altro, dato che nessuno dei sue voleva stare lì. 

Sebastian superò Blaine sbuffando e lanciandogli uno sguardo omicida si diresse verso la spiaggia. “Almeno c’è il sole.” Disse sistemandosi meglio gli occhiali da sole sul naso. 

“Siamo in California, c’è sempre il sole.” Gli fece notare l’altro, un po’ acido. 

“Già,” Sebastian sorrise, “ma a Parigi no.”

“A Parigi, mi sembra ovvio. Tu sei qui e pensi a Parigi.” Blaine scosse la testa e incrociò le braccia al petto. “Quindi che vuoi fare?”

“Se me lo permetteranno, colazione.”

“Permetteranno?” Ripeté il moro accigliato; Sebastian gli indicò con la mano un gruppo di ragazzine poco più avanti. “No,” farfugliò subito, “no, no, no, no, NO!”

Troppo tardi, le ragazze stavano già correndo verso di loro, urlando e ben presto tutta la spiaggia si accorse della presenza di Sebastian Smythe.

In meno di pochi secondi Blaine si ritrovò distante di almeno tre metri da Sebastian, con delle ragazze che lo spingevano sempre più lontano. Ecco, lui non ci aveva pensato quando aveva accettato di uscire: avrebbero passato l’intera giornata perseguitati dai fans.

Nonostante le sue supposizioni, la confusione durò poco, un quarto d’ora - Blaine aveva guardato incessantemente l’orologio - e poi Sebastian chiese di essere lasciato in pace dicendo “Ho fame, mi dispiace, ma è arrivato il momento d’andare a fare colazione... Perché voi non volete che mi sciupi, vero?”  e con grande stupore del moro, le ragazze se ne andarono subito dopo aver finito di scattare l’ultima foto al loro cantante preferito. 

“Questo va oltre qualsiasi legge! Solitamente non se ne vanno prima di un ora o anche più!” 

“Io ho il mio fascino.” tagliò corto Sebastian, sistemandosi il ciuffo viola che gli ricadeva sulla fronte. 

“Come no.” farfugliò Blaine, camminando cercando di non farsi investire da qualche passante in bicicletta o sullo skate.

“Anche tu ne sei affascinato.”

“Non direi proprio.. No.” 

“Ma davvero?” Il più alto si finse sorpreso e lo guardò da sopra le lenti degli occhiali, “Allora se.. Uhm verdiamo.. Se mi levassi la maglietta tu non mi guarderesti?”

“Quello sarebbe giocare sporco. Non saresti affinante, ma bensì provocante.”

“..È  la stessa cosa,” ribatté Sebastian, non sapendo come rispondere adeguatamente. Fece un cenno con la mano a due ragazze che li stavano fissando: sue fans che non avevano il coraggio di avvicinarsi a chiedergli un autografo o una foto; gli capitavano più spesso di quanto si pensasse. 

“Sai già dove vuoi andare a mangiare?”
“Perché lo chiedi?” domandò a sua volta Sebastian, scorbutico. 

“Forse perché stai superando un sacco di bar?”

“Si, so già dove andare.” 

Continuarono a camminare lungo la strada, dove tutti non facevano altro che additarli, bisbigliare tra loro quando gli passavano vicino, scattargli fotografie. Qualcun altro si era avvicinato per chiedere una foto o un abbraccio a Sebastian e lui diceva di sì a tutto, con un sorriso finto sulle labbra. 

Blaine si sentiva strano. Non sapeva bene come cosa fare. Al contrario di ciò che gli avevano detto James ed Elizabeth, Sebastian sembrava davvero uno di quei cantanti  che “Vi amo fans, siete tutta la mia vita. Sono stanco morto ma la foto con voi la faccio ugualmente.”  Era gentile, abbracciava chiunque glielo chiedesse e firmava autografi senza battere ciglio. 

Si chiese se Sebastian non soffrisse di doppia personalità; insomma tutto sommato poteva essere, no? No che non poteva essere; Blaine si diede dello stupido. Semplicemente Sebastian aveva capito come si doveva comportare con i suoi fans o forse la partenza di James aveva avuto un certo effetto anche su di lui. Era possibile? 

“Non fare quella faccia.” 

“Cosa?” Blaine sbatté più volte le palpebre, voltandosi a guardare Sebastian. “Quale faccia?”

“Quella che fai quando sei sovrappensiero,” gli spiegò mentre tornava a camminare, “è irritante.”

“Secondo me ti irrita perché in realtà è adorabile e ti piace.”

Sebastian scoppiò a ridere e Blaine si pentì immediatamente d’averlo detto. Cosa gli era passato per la mente? Perché mai avrebbe dovuto piacergli? Per cercare di sistemare la situazione disse: “...Lo dicono gli altri che è adorabile, non.. E solitamente piace a tutti. Però non volevo dire che io piaccio a tutti.” Capendo di star solo peggiorando la situazione si zittì e guardò l’altro di sottecchi.

Sebastian stava sorridendo, con la mano poggiata sul tatuaggio dietro la nuca. Si accorse che lo stava guardando e lo guardò a sua volta, “Il bar è quello.”

Blaine annuì ma non si girò a guardare, abbassò lo sguardo a terra. “Dentro o fuori?” 

“Fuori, ho voglia di godermi il sole.”

I due si diressero verso il bar e si sedettero nei tavolini esterni. L’uno di fronte all’altro. Senza scambiarsi una parola presero i menù e Blaine colse l’occasione per nascondersi del tutto dietro il foglio, facendo finta di leggere con attenzione. 

Aveva immaginato mille volte come fosse stato uscire con Sebastian, prendere un caffè insieme e parlare del più e del meno, ridendo e scherzando. E invece nella realtà non faceva altro che stare seduto, in silenzio e con un foglio a coprirlo. 

Bravo Blaine, continua così. 

“Siete pronti per ordinare?” Chiese il cameriere, che stava appuntando qualcosa sull’apparecchio elettronico che utilizzava per prendere le ordinazioni. 

“Si, io prendo-“

“TU SEI SEBASTIAN SMYTHE.” 

Blaine alzò di scatto gli occhi dal menù per posarlo sul ragazzo, che con tanto di berretto in resta, stava letteralmente saltellando sul posto. 

“Voi esaltati,” cominciò Sebastian, “mi mettete sempre di buon umore.”

“Potrei chiederle-“

“Si, da il cellulare a Blaine, ci farà lui la foto.” Lo interruppe Sebastian, facendo segno di sedersi sopra la sua coscia.

Blaine strabuzzò gli occhi. 

“Mi chiamo Kyle,” disse il ragazzo mentre poggiava il cappellino sul tavolo; si sistemò i folti capelli neri all’indietro, si tolse il grembiule e poi guardò interrogativo Sebastian.

“Allora Kyle, vuoi questa foto o no?” gli domandò scherzoso quest’ultimo. “Accomodati pure. Ormai faccio sport, ho delle cosce davvero comode.”

Blaine era allibito. 

Kyle, con tanto di risatina e faccia da ebete, non se lo fece ripetere due volte e quasi gettando il telefono sul tavolo, si sedette su Sebastian. “Devi-“ disse riferito a Blaine, ma lui lo interruppe.

“Lo so.” 

“Si, ma-“

“Ho capito,” lo zittì una volta per tutte e Kyle lo guardo confuso. 

“Non farci caso, è antipatico di suo.” disse Sebastian, mettendo una mano sul fianco del ragazzo, “Adesso sorridi e non ci pensare.”

Kyle sorrise e guardò la camera del cellulare. Blaine, teso come una corda di violino, aspettò mezzo minuto buono prima di fare la foto, tanto per vedere quanto riuscisse a tenere quel fastidiosissimo sorriso perfetto che faceva vedere quei denti ancora più bianchi e perfetti. I modelli che facevano la pubblicità dei dentifrici, al confronto avevano un brutto sorriso. 

“Non l’hai fatta sfocata, vero? Dimmi di no, per favore,” lo supplicò il ragazzo e Blaine lo guardò così male che per poco Kyle non si spaventò. 

“Che problema c’è?! Blaine, facci altre due foto, così saremo sicuri che almeno una venga bene.” Intervenne Sebastian, sorridendo beffardo.

“Questa foto è venuta buona.” 

“Si, ma io ne voglio un’altra con Kyle. Muoviti.” 

Blaine sbuffò e con malavoglia scattò un altra foto, ma questa volta il telefono si bloccò subito dopo. Sbuffò un altra volta e batté entrambi i pollici sullo schermo. “Dai, non puoi bloccarti adesso, o questo non si schioda più.” Farfugliò sottovoce, senza nemmeno essersene accorto. 

Dopo aver battuto altre due volte sullo schermo, il cellulare riprese a funzionare e Blaine lo puntò sui  due ragazzi e rimase a bocca aperta mentre scattava, poi, insieme alla mandibola, il telefono cadde a terra. 

Kyle e Sebastian si stavano baciando con tanta foga che Blaine non si sarebbe sorpreso minimamente se di punto in bianco si fossero strappati i vestiti di dosso e messi lì sul tavolino a fare sesso. Erano completamente schiacciati uno sopra l’altro, Sebastian aveva la mano dentro la tasca posteriore del pantalone di Kyle, questo aveva le sue tra i capelli si Sebastian. 

Blaine non sapeva bene cosa sentisse dentro, era un misto di tante cose –rabbia, odio profondo, di nuovo rabbia, profonda tristezza, di nuovo rabbia. Come al solito agì senza riflettere: pestò con forza il piede di Sebastian. 

“Fanculo. Sei impazzito?”

“Cosa?” Chiese Kyle, guardando confuso e spaventato Sebastian, “Ti ho morso troppo forte il labbro?”

Blaine rimandò giù un conato di vomito. “Qui offrite sempre un ospitalità del genere o vi limitate a servire i tavoli? Perché Sebastian voleva chiederti due pancake, una ciambella e un caffè con un cioccolatino dentro.”

Kyle si alzò immediatamente da Sebastian, boccheggiando.

“Ti muovi o devo dirlo al tuo capo?”

“No, io.. Sì.” Il ragazzo prese il cappello, il cellulare e corse via dentro il bar. 

Blaine, vedendo che Sebastian stava per dire qualcosa, disse: “Cosa c’è?”

“Niente.” rispose lui con un sorriso. 

“Bene.”

“Ok.”

“Si può-“

“Mi sei sembrata Elizabeth per un momento.”

“Io non sembro Elizabeth.”

“Ok, era solo per dire.” 

“E allora non dire.”

Sebastian soffocò una risata e si fece più vicino al tavolo e ci poggiò sopra una mano, vicino a quella di Blaine. Stava per toccarlo quando Kyle tornò quasi di corsa con un vassoio.

“Ecco, qui c’è il caffè e tutto ciò che avete ordinato.” disse poggiando tutto sul tavolino. Il suo sguardo cadde sulle loro mani vicine sul tavolo. Non erano intrecciate e mancavano ancora un po’ di centimetri per potersi sfiorare, ma davano ugualmente un senso di intimità. “Mi dispiace tanto,” disse tornando calmo, “I-Io non ne avevo idea. Davvero, io credo che fossi single Sebastian e.. E sono davvero mortificato. Io-“

“Sei ancora qui?”

Kyle guardò Sebastian per cercare sostegno, ma non ne trovò: stava fissando Blaine; così andò via borbottando altre scuse.

“Visto che hai ordinato tu, prenditi le cose che hai preso per te.”

“Non ho fame,” tagliò corto Blaine intrecciando le braccia al petto. “Quello è per te. Non è quello che mangi di solito?”

“Si.”

“Allora mangia.” 

Sebastian rise e diede un morso alla ciambella. “Vuoi assaggiare?”

“Ho detto mangia.”

“Lo sai che mi piaci?”

Blaine spalancò gli occhi e sentì il cuore battere.

“Non nel senso in cui pensi tu, non ho una cotta per te. Dico in questo momento. Sei sexy, con la tua faccia incazzata e l’espressione da duro.” 

Il battito di Blaine tornò regolare. 

“Il caffè è buono, sicuro di non volerne? Ti do il cioccolatino se vuoi.”

“Perché?” Gli domandò il moro in tono piatto.

“Così,” mentì Sebastian con tanto di scrollata di spalle.

“Non può essere così e basta. Fino a cinque minuti fa aveva l’aria di uno che voleva uccidermi.”

“Si, cinque minuti fa. Ora no.” Sebastian si scolò tutto il caffè, lasciando il cioccolatino mezzo sciolto nel fondo del bicchiere. Lo spinse verso Blaine e tornò a mangiare la ciambella e i due pancakes. 

Quando ebbe ingurgitato pure l’ultimo boccone, Sebastian si stiracchiò e cambiò sedia, mettendosi accanto a Blaine. Gli sorrise.

“Qualsiasi cosa hai in mente, non funzionerà.”

“Perché non vuoi il mio cioccolatino?” Domandò così innocentemente da far sentire spaesato Blaine. Si avvicinò ancora di più con la sedia, fino a far sfiorare le loro spalle. “Dai, accettalo.” 

“Non ho fame.”

“Immaginavo,” commentò Sebastian scuotendo la testa. Fece scivolare la sua mano sulla coscia dell’altro ragazzo. 

“Sebastian. La mano. Toglila.”

“Sei geloso.” Sebastian rise per ciò che aveva detto, “sei geloso. Ti piaceva da anni per caso? Oppure l’avevi solo visto qualche volta? Non farne una tragedia, puoi ancora averlo.”

“Ti ascolti quando parli?” chiese furioso Blaine, non rispondendo alle domande di Sebastian. Infilò una mano sotto al tavolo e scostò via quella di Sebastian dalla sua coscia, ma invece finirono per intrecciarle.

“Vuoi un consiglio? Accetta il cioccolatino.” 

“Si può sapere che cos’hai con questo cioccolatino?”

“Ho capito. Lo mangerò io.” Sebastian finì la discussione; prese il bicchiere dal tavolo e si verso nella bocca la cioccolata. 

“Io vado a pagare,” Disse Blaine, alzandosi  e lasciando andare la mano di Sebastian. “Torno subito.”

“Ricordami che a casa devo darti i soldi.”

Blaine scosse la testa ed entrò dentro il bar. Si diresse alla cassa, dove accanto a un uomo di mezza età, corpulento, ci stava un ragazzo alto e muscoloso, con i tratti del viso delicati: Kyle. Gli si avvicinò a lui in modo tale che nessuno poteva sentirli: “Tieni, chiama a questo numero,” disse tirando fuori dalla tasca anteriore dei pantaloni un biglietto da visita, “ti risponderà Elizabeth, tu digli una cifra e lei te la darà; in cambio non dovrai parlare con nessuno di quello che è successo e cancellerai la foto del bacio qui davanti a me.”

Kyle lo guardò confuso. “Non voglio soldi.”

“Già come vuoi, ma devi cancellare la foto. Dammi il telefono.”

“Non potrei.. Tenerla?” 

“No, cancellala qui davanti a me e la mia amica ti darà una ricompensa. E’ un buon affare tutto sommato, se la metterai su internet ti spenneranno vivo.”

Kyle ci rifletté un attimo, poi gli passò il telefono. Blaine cancellò la foto, ma lasciò le due in cui il ragazzo era seduto sopra Sebastian; gli restituì il cellulare e si avvicinò all uomo dietro la cassa, chiedendo il conto. 

Fece per tirar fuori il portafogli dalla tasca ma si accorse che era vuota; le controllò tutte ma non c’era niente. Non avendo con sé borsello o giubbotto, decise che l’aveva lasciato sul tavolo.  Uscì fuori in tutta fretta, con Kyle dietro di lui che lo seguiva per sparecchiare. 

Sebastian non c’era più, aveva lasciato il cellulare sulla sedia con la bozza di un messaggio aperto. Blaine lo afferrò, lesse e fece una risata isterica. 

La prossima volta accetta il cioccolatino. 

 

*

 

Per poter lasciare il bar, Blaine dovette aspettare l’arrivo di Elizabeth che pagò il conto e diede duecento dollari a Kyle; facendo sentire l’amico stupido e inutile: non era riuscito a tenere d’occhio Sebastian per più di tre quarti d’ora.  

Essere ancora arrabbiati per quella situazione gli dava ancora più fastidio, soprattutto sapendo che avrebbero finito per litigare un altra volta. “Scusami.” farfugliò Blaine mentre uscivano.

“Ci sono tante cose per cui dovresti chiedere scusa. Per quale esattamente?” chiese lei acida, indossando degli occhiali da sole modello vintage che stavano a pennello con il suo vestitino.

“Immaginavo una tua risposta del genere.”

“Sapevo che te la saresti aspettata.” Disse Elizabeth seriamente, poi si fece sfuggire una piccola risata. E cercò dentro la borsetta il cellulare. 

“Senti, lo so che sei arrabbiata,” iniziò subito Blaine, allarmato, “ma ricordati che sono sempre il tuo migliore amico e se dirai a James quello che è successo, allora perderò il lavoro.. E tu non mi vorresti vedere depresso per il resto della mia vita, non è vero?”

Elizabeth alzò un sopracciglio e fece un ghignò, “Non avevo la minima intenzione di farlo, ma sai adesso che mi ci hai fatto pensare, non sarebbe poi così male.”

Blaine rise perché capì che stava scherzando. “Allora.. Cosa vuoi fare col telefono?”

“Trovare Sebastian,” rispose lei alzando le spalle.

“Si, ma come? Non ha il cellulare con sé, di conseguenza niente GPS.”

“Oh, tranquillo, quello non ci serve!” iniziò a scrivere sul cellulare, “Ci basterà seguire il delirio dei suoi fans.” si spostò la frangetta che gli andava negli occhi. “C’è una cosa che devi sapere Blaine Anderson: quando una fangirl incontra il suo..” fece una smorfia, “idolo, loro proprio non riescono a tenerselo dentro e finiscono per sbandierarlo ovunque, quindi...” cliccò un’altra volta lo schermo e sorrise, “caricheranno tutto su internet.” Mostrò il cellulare a Blaine; c’era la pagina di Instagram aperta su una foto: Sebastian che stringeva a sé una bellissima ragazza bionda. “L’hanno caricata esattamente tre minuti fa. Esattamente due chilometri più avanti.”

“Non si è allontanato molto,” notò Blaine.

“Già, si sarà divertito,” Elizabeth lo afferrò per il polso e iniziò a camminare. “Si può sapere come ha fatto a sfilarti il portafogli?”

“Non lo so, credo d’averlo perso.”

Lei rise, “Già, lo credi davvero?”

Blaine sbuffò, “No. Solo che non ci ho fatto caso. Non me ne sono accorto. Era nella tasca dei pantaloni e..” si sboccò di colpo, “Quando mi ha messo la mano sulla coscia. E’ stato lì che me lo ha sfilato e non me ne sono accorto.”

El scosse la testa, “Bene, quindi non solo sei stato uno scemo, ma gli hai fatto anche capire che non sei gay. Neanche tutto il piano che avevo progettato!”

“Di cosa stai parlando?”

“Se a un ragazzo etero, un altro ragazzo gli poggia la mano sulla coscia.. Quello gay si ritrova con un occhio nero nel giro di pochi secondi.”

“Oh.”

“Oh.” gli fece eco lei. 

“Che piano, comunque?”

“Avevo intenzione di far conoscere Jemma a Sebastian, così da rendere il tutto più reale. Ma ormai è andata; questa storia è andata fin troppo avanti. Credo sia arrivato il momento di lasciar stare.”

Blaine non aveva alcun intenzione di riaprire l’argomento e nemmeno Elizabeth, così lasciarono cadere il discorso. Dopo poco si ritrovarono a camminare mano nella mano. “Pace?” Chiese il ragazzo accarezzandole il dorso. 

“Così sembrerebbe.” rispose lei sorridendo.

 

 

Quando arrivarono al punto in cui era stata scattata la foto che avevano trovato su Instagram, decisero di ricontrollare il social network, nella speranza di trovare qualcos’altro. E beh, diciamo che più fortuna di così non potevano avere: una ragazza aveva scattato una foto a Sebastian mentre provava un paio di jeans in un negozio. 

“Sai qual è?” Chiese Blaine, continuando a guardare lo schermo del cellulare. 

“Oh si.” Elizabeth sorrise. “Non lo facevo così ripetitivo.” Allo sguardo confuso dell’altro continuò: “Lo ha fatto anche con me, il primo giorno. Vieni, di qua.”

Camminarono per un altro mezzo chilometro - Elizabeth dirigeva, Blaine si limitava a seguirla - controllando ogni passante ed edificio. 

Di punto in bianco Elizabeth svoltò a destra ed entrò dritta in un negozio. Andarono fino al quarto piano, utilizzando l’ascensore, e poi ai camerini. Si fermarono davanti al terzo di sinistra e senza pensarci due volta, Elizabeth scostò la tenda. 

Un ragazzo alto, con il fisico scolpito, i capelli biondi a spazzola e bello come pochi, sorpreso, si coprì immediatamente il basso ventre nonostante avesse i pantaloni.  “E voi chi siete?”

“Dov’è Sebastian?” Chiese Elizabeth accigliata.

“Qui,” disse una voce alla loro spalle. 

Tutti e tre si girarono, “Finalmente.” Dissero Blaine ed Elizabeth in coro, l’altro ragazzo disse “OH DIO SEI SEBASTIAN SMYTHE.”

“Si, ma questo non è il momento. Non ti stavi provando una maglietta? Ecco, provatela e zitto.” Rispose Elizabeth bruscamente, chiudendogli la tenda. 

“Immaginavo sareste venuti insieme, ma devo ammettere che la manina mi sorprende.” Commentò Sebastian sorridendo. 

Allontanarono le mani all’unisono. “Hai finito?”

“Si,” Sebastian prese dei vestiti che aveva provato, “Chi dei due vuole andare a pagare?”

“Nessuno.” Rispose secco Blaine, “Andiamo tutti insieme.” 

“Lui alla cassa? Facciamo un altra volta magari,” Elizabeth prese gli indumenti dalle mani di Sebastian, “Vado io, voi aspettatemi fuori.” Stava quasi per andare via quando si ricordò, “Il portafogli.”

“Già,” Sebastian tirò fuori dalle tasche il suo e quello di Blaine e li porse ad Elizabeth.  “Mi servirebbe il cellulare.” 

“Lo terrò io per un altro po’.” il moro sorrise all’altro, “Facciamo un giro? Ci sono gli sconti.”

Sebastian non rispose, si limitò a fare strada e insieme diedero un occhiata al piano e poi scesero a quello di sotto. “Che taglia sei?”

“Perché lo vuoi sapere?” Domandò torvo Blaine.

“Così cerchiamo nel reparto.”

“Voglio fare un giro.” Tagliò corto. 

Sebastian annuì e tanto per stuzzicarlo ancora di più, lo disturbava ogni due minuti proponendogli capi d’abbigliamento improponibili, come un maglione piano di stampe di gattini, magliette rosa con paillette, pantaloncini femminili e così via. Blaine si limitava al silenzio.

“Uh, sei davvero arrabbiato.”

Silenzio.

“Ti ho già detto che sembri ancora più sexy così?” 

Blaine sbatté una giacca che aveva guardando di nuovo nello scaffale. 

“Perché non sbatti me così?”

“Perché lo hai fatto?”

“Non te l’hanno-“

“Sebastian, non uscirtene con non te l’hanno detto che non si risponde a una domanda con una domanda? Perché non lo sopporterei.” Blaine aspettò che il ragazzo annuisse per continuare, “Ora voglio capire perché te ne sei andato e mi hai lasciato lì senza portafogli. Che ti saltava per la mente? Senti, so di non essere la persona più simpatica, carismatica e di compagnia del mondo, ma era così necessario mollarmi lì?”

“Siamo in guerra. Ricordi?”

“Si che ricordo” – in verità non ci aveva pensato - “ma è diverso. Te ne sei andato con il mio portafogli, senza che potessi pagare il conto! Sarei potuto.. Non so.. Finire in prigione!?”

“Come la fai lunga.” Rispose Sebastian annoiato, guardando una maglietta. “E se vuoi saperlo mi fa male il piede. Quindi non fare la vittima.”

“Te lo sei meritato.”

“Perché bacio un ragazzo hai il diritto di fratturarmi il piede?!”

“Non te lo sei fratturato ed eravamo in pubblico e ti ho pure scattato una foto per sbaglio. Ti rendi conto che avresti potuto far saltare la tua copertura da ragazzo etero!?”

“Come la tua?” lo sfidò Sebastian.

Blaine non voleva mettere di mezzo James, ma lo fece comunque. “Risponderai così al tuo manager?”

“Non sono cose che ti riguardano.”

“Ok.” 

“Bene.”Blaine tornò a guardare i vestiti. 

Sebastian continuò a fissarlo, ripensando alle sue parole: Blaine non aveva la minima idea dell effetto  che aveva sulle persone, se pensava quelle cose di sé stesso; perché Blaine era carismatico, divertente, dolce, stare insieme avrebbe messo di buon umore chiunque. Era un idiota se pensava davvero ciò che aveva detto. 

Sapeva anche che in parte era colpa sua, insomma Blaine aveva ragione: avrebbe potuto risparmiarsi di portarsi via il portafogli, infondo aveva già vinto quando aveva baciato quel ragazzo e lui si era ingelosito; ma infondo strafare fa sempre bene quando l’intento è farsi odiare dall’altra persona. 

“Ragazzi,” Elizabeth tornò quasi correndo da loro, “Mi ha chiamato papà.”

Blaine la guardò ansioso, Sebastian preoccupato.

“E’ a Chicago.” Si scosto la frangetta freneticamente.  Le tremavano le mani. “Tu e Sebastian dovete raggiungerlo il prima possibile.”

“Perché? Che ha detto precisamente?”

“Niente, solo che dovete raggiungerlo. Sai... Affari.”

“E tu?” Continuò a chiedere Blaine, vedendola sempre più agitata. 

Elizabeth fece una smorfia e prese un respiro profondo, “A malapena mi ha salutata  e ha fatto soltanto i vostri nomi. Conosco mio padre, ok? Non si sarebbe dimenticato di dire il mio nome se mi avesse voluto con voi.”

Sebastian fece una finta faccia dispiaciuta, “Qualcosa mi dice che stanno arrivando le lacrime, quindi io vado al piano di sotto.” e con questo si allontanò da solo velocemente. 

Blaine si avvicinò ad Elizabeth, ma lei gli fece cenno di non farlo e lui si fermò. “El-“

“Io lo conosco ok? Non so cosa gli ho fatto, ma ce l’ha con me. Ce l’ha con me, capito? Mi ha solo detto ‘Ciao Elizabeth, Blaine e Sebastian sono li con te?’ Mi ha chiamata Elizabeth. Da quando in qua mi chiama Elizabeth dopo un giorno che non mi vede?!”

Quando le vide gli occhi riempirsi di lacrime, Blaine la prese e la abbracciò stretta, nonostante lei cercasse di sgusciare via; lui non cedette e alla fine El si rilassò tra le sue braccia e si fece scappare perfino un singhiozzo. 

“Shh, va tutto bene.” Blaine poggiò il mento sulla sua testa, “Shh, queste sono tutte teorie tue, vedrai che esageri come al solito.”

“N-no, non è vero!”

“Shh,” le baciò i capelli. “Magari è solo il ciclo.”

“No, mancano ancora due settimane. E’ impossibile, mi dispiace,” El ridacchiò.

“Tranquilla. Parlerò io con James appena arriverò a Boston e mi farò dare delle spiegazioni.”

“Dovrai farti dare molte spiegazioni.”






 



Visto che non sono morta e sono tornata? xD 
 
Ebbene si, eccomi qui viva e grassa per postarvi questo capitolo (piccolino vero? LOL) 
Ok, bene, adesso io LO SO che siete ancora più confusi di tutti i capitoli precedenti, ma tranquilli, è tutto regolare muahaahhah ahahah ahah ah -.- 
Prometto che dal prossimo avrete mooooolte spiegazioni riguardo a tutta questa vicenda, dato che finalmente Blaine muoverà il sedere e farà delle domande a James. Curiosi da sapere le risposte? Se avete qualche domanda che vorreste fargli potete benissimo scrivermele nella mia pagina autore o inserirla nella recensione e io vedrò metterle nel capitolo (non prometto niente però.) 
E con questo vi dico ciao!
Baci, 
Mirma :3 
 
P.s. nessuno si aspettava una reazione del genere da parte di El, vero? muahahah 

 

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Capitolo 5
*** #4 ***


 

Capitolo 4





Tornarono a casa all’ora di pranzo e, con grande sorpresa di Blaine, sul vialetto c’erano ben cinque macchine parcheggiate: una limousine, due BMW nere super costose, una decappottabile azzurra e una rossa. Tentò di chiedere spiegazione ad Elizabeth ma lei non gli rispose, troppo intenta a litigare con Sebastian. 

Appena si fermarono, quest’ultimo non aspettò che Blaine scendesse prima di lui, saltò giù e si diresse immediatamente dentro ed il moro fu costretto a fare lo stesso. 

Quando il maggiordomo aprì la porta, i due entrarono e in quello stesso istante cinque uomini in giacca e cravatta, con gli occhiali da sole neri sopra la testa, si alzarono in piedi di scatto dalle poltrone su cui erano seduti. 

“Buongiorno signor Smythe.” Dissero quasi in coro e Blaine corrucciò la fronte.

“Come siete banali.” rispose Sebastian poggiando il gomito sulla spalla di Blaine. “Lui è il mio gigolò e il suo nome d'arte è Chiappesexy, dovrete chiamarlo così. O sarete tutti licenziati.”

Tutti i presenti dovettero trattenere una risata.

Tranne Blaine, lui s’infuriò “Non è vero!” Controbatté fermamente, allontanassi da lui, “Non lo sono e il mio nome è Blaine.”

“No, se non vorranno essere licenziati.” Detto questo, Sebastian andò via con nonchalance, verso la cucina. 

Il moro rimase a bocca aperta e gli uomini della sicurezza abbassarono il capo, uno di loro farfugliò un “Mi dispiace” ma lui non ci fece caso, li superò e andò dietro a Sebastian. 

Chiamò l’ascensore e tenne le porte aperte per far entrare Elizabeth che camminava spedita verso di lui. 

“Non farci troppo caso.” gli disse mentre schiacciava il terzo piano.

“E come potrei?! Mi chiameranno così per il resto dei miei giorni.”

“Quindi hai deciso che questo sarà per sempre il tuo lavoro?” Chiese lei scherzosa. “Sebastian presto se ne dimenticherà e non avrai di che preoccuparti. Vuole solo romperti un po’ le scatole.”

“E’ bravo in questo. No?”

“Il migliore.” Elizabeth si girò a guardarlo, “Posso andare io a Chicago, non è un problema. Non hai bisogno di lavorare… Torna a casa e basta.”

“Ne abbiamo già parlato.” tagliò corto lui. 

“Si ma - ”

L’ascensore si fermò e si aprirono le porte. Blaine sgattaiolò subito fuori. “Cosa devo fare?”

“Va ad aiutare Jennifer. Sta preparando la valigia di Sebastian, avrà bisogno d’aiuto.”

Camminò per tutto il piano, dato che non ricordava più la strada per andare alla cabina armadio; quando la trovò, sgattaiolò dentro e chiamò il nome della ragazza un paio di volte, ma a causa della musica troppo forte non lo sentì, così quando le arrivò accanto e le poggiò una mano sul braccio, Jennifer urlò teatralmente, facendo un balzo indietro.

“Tu sei pazzo, pazzo!” Urlò guardandolo con astio, portandosi una mano sul cuore, “Oddio, sto per morire.” continuò respirando affannosamente. Per calmarsi un poco, decise di sedersi sopra un bancone, accavallando le gambe e facendo automaticamente alzare il vestitino, che ormai non le copriva niente. 

“Ti chiedo scusa, ma ti ho chiamata; la musica è troppo forte per questo non mi hai sentito.” 

“Sarà! Ma avresti dovuto avvertirmi comunque!” rispose lei polemica, gettando indietro i lunghi capelli azzurri e sventolandosi con l’altra mano. “Devo riposarmi almeno cinque minuti per riprendermi, quindi sarai tu a prendere i vestiti e io ti darò gli ordini.” Detto questo, si alzò in piedi, in bilico sui lunghi stivali di pelle lucida che le arrivavano appena fin sopra al ginocchio; e senza pensarci su, si diresse verso le scarpe, si chinò e iniziò ad esaminarle. 

Blaine la guardò confuso, ma avendoci già avuto a che fare qualche volta, sapeva come era fatta e quindi non fece domande. “...Okay.”

Forse lei lo sentì, o forse no, il ragazzo non l’avrebbe saputo dire, perché Jennifer non gli diede risposta e si comportava come se lui non fosse nemmeno nella stessa stanza con lei. Andò avanti e in dietro per il vano, prendendo capi d’abbigliamento e accostandoli tra di loro, borbottando continuamente cose del tipo “Questo potrebbe stare con...”, “Ooh, qui ci posso mettere quelle scarpe lì…”, “Forse finalmente potrò fargli indossare…”

Blaine arrivò a sedersi in uno delle tante poltroncine, non sapendo bene cosa fare. Continuò a guardarla, a volte cercò anche di chiederle se avesse bisogno di aiuto - soprattutto quando aveva le braccia ricolme di vestiti - ma lei non lo sentiva. Blaine si sentì invisibile, così restò zitto. 

Jennifer era carina; anche quando era senza tacchi lo superava di dieci centimetri buoni e questo gliela faceva odiare. Era molto magra e con poche forme, tempo addietro aveva sentito James dire che una volta aveva sofferto di anoressia ma che adesso ne era uscita. Nonostante ciò, il suo viso era spettacolare, peccato che lo deturpasse sempre con del trucco troppo forte. 

Una volta, navigando su internet, Blaine si imbatté in alcune sue vecchie foto, prima che diventasse una famosa stilista: l’aveva trovata divina. Aveva un viso perfettamente ovale, con le labbra leggermente carnose, gli zigomi alti, i lineamenti fini ed eleganti, gli occhi grandi del color dell’acqua – un misto tra verde, azzurro, blu scuro e marrone; il naso sottile e all’insù. I capelli biondo scuro e lievi forme, le davano classe e la rendevano quasi eterea agli occhi di molti; non c’era da stupirsi se aveva iniziato facendo la modella. 

Peccato che ormai, di quella ragazza con un fil di trucco e una bellezza mozzafiato, ne fosse rimasta solamente un lieve ombra su Jennifer. Ormai la sua pelle risultava sempre stanca, nonostante la quantità abbondante di trucco sopra, il colore degli occhi non era più acceso come prima, ma lievemente spento e molto poco valorizzato da quegli ombretti scuri, brillantini, piume, matita troppo spessa, che lei amava. Le sue pose aggraziate, i movimenti eleganti e naturali, erano andati via, per dar posto ai modi teatrali, eccentrici, addirittura volgari. 

Ma nonostante tutto, nessuno mai si sarebbe permesso di dichiararla brutta, non affascinante o accattivante, qualcosa di comune. Jennifer restava sempre qualcosa di raro, che sapeva ammaliare. 

Venti minuti dopo, finalmente la ragazza si girò verso di lui con un sorrisone stampato in faccia, “Abbiamo finito. Hai visto Rogy?”

“Chi?”

“Il mio coniglio. L’ho lasciato sul divano quando sono arrivata qui alle undici!” spiegò portandosi le mani ai fianchi, “Non lo hai schiacciato, vero?”

Blaine a quel punto venne preso dall’ansia. Spalancò gli occhi e la bocca e vedendole già due lacrimoni agli occhi, rispose subito di no, alzandosi. “Forse lo hai lasciato da qualche altra parte o è scappato.”

Jennifer iniziò a singhiozzare.

“No, non piangere. Te lo ritrovo. Sì, corro.” Detto questo fece per andare a cercarlo ma la ragazza continuò a singhiozzare ancora più forte; così le si avvicinò e le mise una mano sulla schiena, “non ti preoccupare, starà bene, non è nulla di che.”

“Ho il ciclo.” detto questo lo abbraccio e per poco non caddero a terra entrambi.

In quel momento, El e Sebastian arrivarono e Blaine sentì di pesare venti chili in meno. Se è vero che ognuno ha un angelo custode, lui sapeva che El era il suo. 

“Io non ho fatto niente.” si difese subito. 

“Jay, che ti è successo?” Chiese Sebastian, con il suo solito tono incolore. 

“Rogy, è scomparso!” 

“Oh santo cielo.” commentò Elizabeth alzando gli occhi, poi prese il posto di Blaine e si prese cura della ragazza.

“Parli di questa palla di pelo?” Chiese Sebastian, uscendo il coniglio dalla tasca del pantalone. 

Jennifer andò subito a prenderlo, stringendolo tra le mani e poi abbracciò Sebastian e lui – stranamente - non la spinse via, anzi si lasciò baciare ripetutamente sulla guancia. 

Elizabeth e Blaine si guardarono esterrefatti. 

“Bene, è tutto pronto, Rogy è tornato a casa e voi avete un aereo da prendere! Io vi saluto.” concluse la ragazza dai capelli azzurri, mandando baci a tutti e tre per poi girare su se stessa e andare via ondeggiando. 

“Voi scendete, adesso chiamo qualcuno per prendere il tutto e tornerò a casa.” Elizabeth abbracciò Blaine e gli schioccò un bacio sulla guancia.

“Risparmiatevi gli addii da piccioncini, mi fanno venir da vomitare.” Commentò Sebastian acidamente. 

Blaine lo guardò con disprezzo e poi baciò Elizabeth, ma questa volta in bocca, alla francese; sorprendendo gli altri due, ma lei lo assecondò. 

Sebastian li guardò con disgusto e andò via. 

Quando rimasero soli, Elizabeth diede una sberla al moro. “La prossima volta avverti. Anzi, la prossima volta non lo fare e basta.”

Poi uscirono insieme, ridendo. 

 

L’aereo decollò pochi muniti dopo il loro arrivo. Non parlarono per quasi tutto il viaggio, Sebastian sembrava troppo perso nei suoi pensieri per stuzzicare Blaine e lui, d’altro canto, non poteva far altro che ringraziare, guardando tranquillamente la tv, seduto su una poltrona dall’altra parte del vano, dove stava l’altro. Non pranzarono, sembrava avessero entrambi lo stomaco chiuso.  

Arrivati a Chicago, salirono sulla macchina parcheggiata ai piedi dell’aereo che lì porto fino all’entrata secondaria dell’albergo, per evitare in tutti i modi i paparazzi o che le fans li seguissero. Nella hall incontrarono James, Blaine non perse tempo a guardarsi in torno e andò dritto da lui. 

“Blaine, sono lieto di vederti.” Lo salutò cordiale, dandogli una pacca sulla spalla. Lui non ricambiò allo stesso modo, il suo saluto fu solamente un obbligo, ma l’uomo lo ignorò. “Avete fatto buon viaggio?”

“Si, ottimo. Molto silenzioso.”

“Devo preoccuparmi?”

“Assolutamente no.”

James annuì, “Magari avevi voglia di restare tutto il pomeriggio da solo con lui, ma al momento non è possibile. I ragazzi sono in camera che vi stanno aspettando, uscirete insieme. Ho scordato di dirtelo al telefono.”

“Oh.” Blaine ne era sorpreso ed estasiato. Aveva sempre voluto conoscerli, ma per un motivo o per un altro, aveva conosciuto solo il batterista. “Non è un problema.”

“Credo che lo sarà, invece.” 

Corrugò la fronte. “Perché dovrebbe esserlo?”

“Sono molto uniti, come sai hanno tutti la stessa età e se Sebastian farà il bullo, loro gli andranno dietro. Posso provare a chiedere - ”

“No.” Blaine ne aveva fin sopra i capelli di dover ricorrere alla sua protezione. Aveva ventidue anni, era grande abbastanza da riuscire a cavarsela da solo. “Non credo ce ne sarà bisogno.”

James non aggiunse altro sull’argomento. “Stasera spero di cenare con te, da soli. Scegli tu dove.” 

Lui alzò le spalle, a disagio. Nonostante vivessero insieme da tanto tempo, ancora si faceva scrupoli. “Al momento vorrei parlare di qualcos'altro di più urgente - ”

L’uomo lo bloccò prima che potesse proseguire, “Ne discuteremo più tardi, abbiamo altro da fare tutti e due. Sali all’ventitreesimo piano, li trovi già lì. Sebastian resterà con me per un po’.”

Non replicò, James aveva capito perfettamente quello che intendeva e aveva deciso di non voler affrontare la conversazione. Si congedò e andò a incontrare il resto della band. 

 

James affiancò Sebastian che stava guardando il sedere di un passante, tossì per informarlo della sua presenza. “Buongiorno.”

“Caro vecchio mio, questa... Cosa è tanto importante da fermi venire fin qui da Los Angeles?”

“Non fare i capricci per qualche ora d’aereo.”

Sebastian sbuffò, “Prendiamo un drink?”

“Se proprio ci tieni.” acconsentì, facendo cenno d’andare nell’altra sola, dove il bar era vuoto a parte una coppia troppo impegnata a litigare sottovoce per potersi interessare ai loro affari. Un cameriere prese le loro ordinazioni e non scambiarono parola fin quando non ebbero i bicchieri tra le mani. 

“…Quindi di cosa hai voglia di lamentarti adesso?”

“Blaine ed Elizabeth sono fratelli?”

“Oh, ti prego, non cominciare.” 

“Perché? E’ così male parlarne?” Sebastian aveva messo su’ il suo solito sorriso irriverente.

“Siamo qui per parlare di affari, se ben ricordo.” Tagliò corto.

“Mi sono sempre chiesto perché vive con te. Sei sicuro di non essere inciampato nella vagina della madre di Blaine?”

James lo fulminò con lo sguardo e tra i denti disse: “Sono sempre stato fedele a mia moglie. Non ti permetto di parlare in questo modo di questioni che non ti riguardano.”

Per un breve istante, Sebastian si sentì in colpa, poi tornò a fregarsene. “Volevo solo sapere se stessero compiendo incesto o meno.”

“Cosa?”

“Non sei al corrente della relazione tra i due?”

James per poco non si strozzò.

“…Di tutti i baci, il sesso selvaggio, e delle toccatine sotto al tavolo?”

Fu costretto a rigettare il Wishey che aveva in bocca nel bicchiere. “Sebastian, ti avverto.”

“Lo hanno detto loro stessi.”

“Falla finita.”

“Tutte quelle volte che li hai lasciati dormire insieme, dandogli fiducia, e loro che facevano sesso sotto al tuo naso. Deve essere orribile.”

“Vuoi sapere come mi sento, Sebastian? Preso in giro da te. Cosa vorresti ottenere raccontandomi tutto questo? Sappiamo entrambi che non è vero e anche se fosse, non tradirebbero la mia fiducia come fai tu. Ogni. Singolo. Giorno.” James chiamò il cameriere chiedendogli di portargli un nuovo drink, dato che quello non lo poteva più bere. 

Sebastian aveva perso la sua voglia di scherzare. 

“E, se proprio dobbiamo metterla su questo piano, sappi che mi deludi. Fai così per cosa, perché ti hanno raccontato una frottola e devi ugualmente fare quello che vuoi e se lui è davvero etero non puoi più farlo?”

Ci fu un lungo silenzio. “Di cosa dovevi parlarmi, James?”

“Devi firmare il contratto, leggilo per bene, per tre mesi uscirai con la Signorina Pierce, accettando tutto quello che questo comporta, e stasera ti vestirai elegante e andrai a vedere il suo spettacolo a teatro. Il fioraio sa cosa fare.”

“Tutto qui?”

“Tutto qui.”

 

*

 

Blaine stava facendo la conoscenza di Dunkan quando Sebastian entrò nella stanza sbattendo la porta. 

“Chi non muore si rivede.” disse senza rivolgersi a qualcuno in particolare, avvicinandosi a loro per salutarli. Tutti e cinque i ragazzi non persero tempo e gli andarono in contro per abbracciarlo o lasciargli pacche sulle spalle. 

Blaine aspettò che tornasse tutto alla normalità, sperando di non essere messo da parte. Con sua grande fortuna, o sfortuna in base a come la si vuole vedere, l’attenzione ricadde proprio su di lui, dato che Sebastian gli si sedette accanto e gli prese il viso tra le mani. 

“Vi presento Blaine, il mio nuovo giocattolo.”

Tutti gli altri alzarono gli occhi al cielo e il ragazzo usò l’occasione per allontanarsi da lui. “Gli ho già spiegato tutto.”

“Di nuovo la baby-sitter?!” Chiese uno con i capelli neri in una acconciatura strana, con il ciuffo davanti che gli copriva mezzo occhio e il resto a spazzola con il gel.

“Non ricominciare…”

“Andiamo a mangiare, io ho fame…”

“Vi siete rammolliti?” Domandò Sebastian furioso. Sembrava che agli altri non importasse niente di ciò che aveva da dire. 

“Non te la prendere - ” iniziò Luke, il più grande – doveva avere al massimo ventinove anni - passandosi una mano il pizzetto a punta; indossava dei jeans stretti con delle borchie alle caviglie e sulle cuciture delle tasche, e una canottiera larga quasi totalmente aperta dai lati. 

“E cosa dovrei fare allora? Vi lascio soli per tre settimane e mi diventate delle passive mosce.”

Tutti restarono in silenzio a quella domanda. Blaine avrebbe voluto dire qualcosa, per mantenerli dalla sua parte, ma non sapeva... cosa

“Bene.” commentò Sebastian vittorioso, “Adesso sì che ci siamo. Propongo d’andare a mangiare.” si diresse verso la porta e tutti gli altri lo seguirono, compreso Blaine. “Lui è con noi per fare il suo lavoro, che è quello di tenermi d’occhio, niente di più. Per tanto non c’è bisogno che gli parliate.”

 

*

 

Di quell’avvertimento i ragazzi non ne ebbero bisogno, poiché lo ignorarono per tutto il tempo. Ma non perché stessero assecondando il capriccio del cantante, semplicemente si erano fatti trasportare dalla foga del rivedersi dopo qualche settimana, e si erano subito persi a chiacchierare tra loro di cose a Blaine sconosciute. 

In più l’unico tavolo disponibile era da quattro e si poteva aggiungere solo una sedia, quindi perfetto per Sebastian e la Band, ma non per lui, così aveva deciso di sedersi al bancone, da dove riusciva a tenerli d’occhio. 

Era passata più di un’ora e mezza che erano lì quando Robbie si alzò dal tavolo e andò da lui e gli si sedette accanto. 

“Piccolo B.” 

“E’ così che mi fa chiamare adesso?” Domandò con un sopracciglio alzato.

“Già, credo ti ritroverai con centinaia di soprannomi a fine lavoro.” 

“Importante per il curriculum.”

“Riuscire a lavorare con uno come lui lo è.” Scherzò Robbie.

“Anche perchè è difficile?” 

“A volte.” Gli rispose prendendo un sorso di birra che Blaine non aveva toccato, facendogli un occhiolino. “Per quanto tempo resterai?”

“Ti dà già così fastidio la mia presenza?” scherzò.

“Il contrario.” Robbie si fece più vicino, le sue labbra sottili catturarono l’attenzione dell’altro. “Mi fa piacere averti con noi e… Non credo sarai mai peggio di El.”

“Non è così male…” cercò di difenderla. 

“Si… Quando dorme.” 

Non aveva voglia d’iniziare una discussione con lui su Elizabeth, anche se non riusciva a capire perché agli altri stesse così antipatica. Lasciò cadere il discorso, non volendo aggiungere niente. 

Robbie si passò una mano tra i capelli corti, poi sul mento ben delineato. Sembrava a disagio, tanto che fece una risatina stizzita. “Sei carino.”

Blaine sorrise, compiaciuto. Era bello sentirselo dire, anche se questo faceva sentire lui a disagio adesso.  Non sapeva bene cosa dire, non aveva alcuna voglia di provarci con lui. Era bello e anche il suo tipo. Alto, capelli scuri, occhi nocciola\dorati, lineamenti ben definiti, corpo da paura. Forse qualche tatuaggio in più, ma non era un problema, dopo Max (un ragazzo con cui era stato l’estate scorsa, quasi completamente tatuato), non si faceva più di questi problemi. Tuttavia quello era il suo lavoro e non poteva essere così poco professionale e inoltre non poteva darla vinta a Sebastian, magari il fingersi etero era stata una scelta troppo azzardata, inutile e senza senso, ma non aveva intenzione di finirla così, flirtando con qualcuno. 

Però era bello sentirsi dire che era carino. 

“Ti andrebbe di uscire stasera?”

Salvato in calcio d’angolo. Grazie James. “Purtroppo ho già un impegno.” disse con nonchalance, evitando in tutti i modi di guardarlo negli occhi e sperando di non arrossire. Voleva sembrare indifferente. “Ceno con James.”

“Facciamo domani?”

Blaine poté fare a meno di sorridere, “Vuoi così tanto uscire con me?”

“Perché no?” chiese retorico, alzando le spalle. “Mi piaci.”

“Hai fatto qualche scommessa, non è vero?”

Il ragazzo lo guardò torvo e scosse la testa, “No. Sei solo carino e voglio uscire con te.”

Blaine non sapeva bene cosa rispondere ma la sorte volle che non ce ne fosse bisogno: Sebastian stava venendo verso di loro e catturò l’attenzione di entrambi. Andò dritto verso Robbie, come se Blaine non esistesse, e lo baciò a stampo, soffermandosi qualche istante sulle labbra del ragazzo; quest’ultimo era talmente sorpreso di quel gesto che non rispose nemmeno al bacio, ma anzi restò con gli occhi sgranati. 

“Robbie, hai un accendino?”

Robbie continuò a guardarlo senza vederlo per qualche istante, poi si riscosse e rispose di no, guardando Sebastian come fosse la cosa più bella che avesse mai visto. 

Blaine si domandò chi stesse usando chi. Se Robbie lo aveva usato per far ingelosire Sebastian, se Sebastian stava utilizzando Robbie per far ingelosire lui, o se entrambi stessero facendo un gioco perverso, così, perché gli andava. 

“Sebastian, tu non puoi fumare.”

“Ecco che ricomincia.” si lamento lui, poggiando una mano sul fianco. “Sei una palla. Rilassati un po’, è solo una sigaretta normale.”

“Preferirei non lo facessi.”

“Come vuoi. Fumala tu Robbie, a me non va più.”

I due ragazzi lo guardarono straniti.

“Torniamo in albergo, ho bisogno di un letto.”

“Sei stanco? Noi volevamo andare - ”

“Non hai capito, mi serve un letto per sbatterci sopra te.” Lo interruppe Sebastian, facendo un occhiolino al suo bassista. 

Blaine non fu sorpreso sentì tutti i muscoli tendersi. “Potreste non parlare di queste cose qui? Qualcuno potrebbe sentire.” Disse stizzito. 

“Bene, io e lui andiamo in bagno.” Sebastian tirò Robbie per la maglietta e se lo trascinò via, piantando l’altro lì da solo. 

Blaine sentiva la rabbia e il nervoso salirgli lungo tutto il corpo, il cuore accelerare e l’impulso di voler prendere a pugni qualcosa che lo divorava dall'interno. Cercò di calmarsi, ma la verità era che non gli importava, voleva solo dare un bel gancio destro a Sebastian. Per cosa, ancora non l’aveva deciso. 

Girò lo sgabello su sé stesso, girando a sua volta. Il suo sguardo si soffermò sui ragazzi seduti al tavolo, stavano borbottando tra di loro, ma erano troppo lontani per poterli sentire. 

Fu tentato dall’idea di raggiungerli, sedersi accanto a loro, ma poi cambiò idea. Magari avrebbero continuato a parlare, escludendolo dalla conversazione, come Sebastian voleva; no, grazie, voleva risparmiarsi almeno questa scena pietosa. 

Contò fino all’ultimo minuto in cui i due erano stati via e si sentì dieci chili meno quando decisero di tornare in albergo. 

 

*

 

Appena arrivati Blaine disse di dover andare in camera sua a prendere una cosa importante che aveva lasciato in valigia, come scusa non era il massimo ma nessuno sembrò averlo capito. Sapeva benissimo di star sbagliando e che se James l’avesse scoperto gli avrebbe fatto pressioni affinché smettesse di lavorare e tornasse a casa, ma non poteva tollerare un attimo ancora la vista di Sebastian e Robbie che cercavano ogni scusa per toccarsi. 

Non era gelosia ciò che provava (non del tutto) era qualcosa di più profondo; lo aveva capito fin da subito, ma aveva cercato di non pensarci, solo che adesso non poteva più fingere. Sentiva la sua maschera creparsi sempre di più e non voleva che succedesse davanti a tutti. 

Quando Robbie sfiorava la mano di Sebastian lo faceva con serenità, e negli sguardi che si scambiavano non c’era nessun senso di colpa, né di stranezza o di nervosismo; solo malizia e divertimento. Si poteva vedere dal modo in cui finivano sempre per sfiorarsi con i corpi che erano a loro agio con sé stessi e con l’altro. Non stavano insieme – e Blaine dubitava le cose sarebbero cambiate - eppure avevano quel benessere tipico di chi è sicuro di sé e non ha paura d'approcciarsi con l’altro, come fidanzati da anni. Erano amici da molto tempo, sì, ma lui sapeva che non derivava da quello; veniva da tutt’altro, quello che Blaine immaginava non avrebbe mai avuto: una serenità interiore e l’accettazione della sua omosessualità. 

Vederli lo metteva in suggestione e lo rattristava. Il massimo che aveva fatto in pubblico con uno dei suoi ragazzi era stato mettergli una mano sul braccio mentre passeggiavano e tenergli la mano sotto al tavolo al ristorante. Quando Sebastian e Robbie avvicinavano i visi per stuzzicarsi, c’era una piccola vocina nel cervello di Blaine che urlava “Sbagliato! Sbagliato! Due ragazzi non dovrebbero guardarsi così!” eppure sapeva che non c’era nulla di male, che se non ci fosse stato Sebastian coinvolto, con molta probabilità li avrebbe trovati anche più carini. 

Si rigirò nel letto, consapevole di dover tornare da Sebastian il prima possibile, ma voleva godersi quei pochi momenti di silenzio, senza aggiornamenti sugli ultimi gossip riguardo altri cantanti, o chitarristi, o batteristi, o bassisti, o chiunque sia. 

Sperava di ricevere una telefonata da Elizabeth, così da poter parlare con lei e farsi assillare dai suoi problemi, così da non pensare ai propri, ma non arrivò e fu costretto ad alzarsi. Andò in bagno per darsi una sistemata ai capelli e ai vestiti.

Arrivato in camera di Sebastian, trovò tutti seduti sui divani (fatta eccezione per Sebastian e Robbie) che parlavano tranquillamente; non pensava fosse una cosa possibile, poi si accorse che tra loro c’era anche James. 

“Hey, stavo cercando proprio te.” disse quest’ultimo, alzandosi per avvicinarsi a lui. Si spostarono verso un angolo della stanza, lontano da orecchie indiscrete. 

“Pensavo ci vedessimo a cena.”

“Sono in anticipo soltanto di qualche ora, è un problema?” disse scherzando, facendo sorridere Blaine. “Mi sono liberato prima.”

  Questo significava che qualcosa nei suoi piani non era andato come previsto ed essendo un Cristin, questo lo mandava su tutte le furie, anche se non lo dava a vedere. 

“Sebastian è di là.”

“Lo so, e anche con chi, ma a noi non interessa. Andiamo.” Detto questo, l’uomo salutò i ragazzi con un cenno nella mano e si diresse verso la porta. 

Blaine gli trotterellò dietro. “Sicuro di poterlo lasciare?”

James rifletté qualche secondo sulle parole da usare senza che ci fosse la possibilità di ferirlo, così disse “Sarà impegnato per un po’ e dei ragazzi mi fido. Sono più calmi di lui.” 

Il giovane annuì. “Dove andiamo?”

“Alinea Restaurant, dall’altra parte della città. Se ci partiamo ora, avremo il tempo per fare anche una passeggiata.”

Usciti dall’hotel, salirono in macchina dove iniziarono a parlare di Nick Duvall - un altro cantante seguito da James. Senza riflettere Blaine gli chiese se fosse il ragazzo il motivo per cui i suoi piani non erano andati come previsto. Con sua grande sorpresa, l’uomo gli rispose sinceramente e con tranquillità; cosa alquanto rara, dato che non amava parlare di affari al di fuori dei suoi colleghi o nei momenti di riposo. 

“Ha deciso di fare Outing, per cui ho un bel po’ di accordi da cambiare e molti salteranno. Per non parlare degli enormi cambiamenti.” 

Questa risposta gli fece venire in mente altri quesiti da porgli, ma non ne ebbe l’opportunità, dato che un telefono squillò e James rispose, parlando fino a che la macchina non si fermò e anche dopo. 

Blaine non origliò e si mise a pensare a Elizabeth e alla telefonata che non gli aveva fatto. Era tentato dal fargliene una lui, ma sapeva che gli avrebbe chiesto di James e al momento l’unica cosa che non voleva fare era essere in mezzo tra due fuochi. Era evidente che i due non si erano ancora parlati. Si poteva intuire dal nervosismo represso di James e che con molta probabilità, staccato il telefono, avrebbero ripreso a parlare della scelta di Nick; cosa che solitamente avrebbe fatto solo con Elizabeth. 

Tra uno sguardo a una vetrina e un altro, arrivarono alla meta. James finì la conversazione al telefono e Blaine si sedette di fronte a lui, preparandosi il discorso su cui aveva rimuginato tutto il giorno. 

Tuttavia non parlò fino a quando James non gli chiese della sua giornata con Sebastian e dalla sua bocca uscirono un sacco di frottole su quanto fosse stata bella, tranquilla e riposante. Poi, come previsto, il discorso tornò su Nick Duval. 

Avevano appena finito l’antipasto quando il telefono squillò di James quillò di nuovo. Con grande – ma forse non così grande - sorpresa di Blaine, lui guardò lo schermo ma non rispose. Poco dopo squillò quello di Blaine e quello che davvero non si aspettava furono le parole che uscirono dalla bocca dell’altro. 

“Non risponderle.”

Rimase senza parole, tanto che per pochi istanti lo guardò come fosse un alieno, poi rimise il telefono in tasca. “Perché?”

“La richiamerai dopo, stiamo mangiando. Non è educato parlare al telefono a tavola, soprattutto in un ristorante.”

“Ma - ”

“Non è urgente.” 

Blaine batté le palpebre più volte, non riuscendo a credere a ciò che aveva sentito. Da quando James diceva cose del genere? E da quando non riteneva sua figlia un caso ‘urgente’!? Lui era il solito padre che rispondeva a una chiamata della figlia anche alle quattro del mattino dopo aver faticato tutto il giorno. 

“Perché la eviti?”

“A cosa ti riferisci?”

Ah, buon sangue non mente! Erano proprio uguali nel far finta di niente. “James, sto parlando di Elizabeth. E’ da ieri che beh, non le parli. Sei partito senza nemmeno avvisare, non la chiami, le stacchi le telefonate. Fingi che non esista!”

“Blaine, sono lieto che ti preoccupi del nostro rapporto, ma non credo ti riguardi.”

“Invece credo prioprio di sì. El è la mia migliore amica, una sorella e tu… Beh sei come un padre. Dite sempre che siamo una famiglia, bene. Ne faccio parte, quindi voglio sapere il motivo di questo comportamento.”

“Blaine, non credo sia il momento più adatto per parlarne.”

“Invece io lo trovo perfetto. Scusami, ma non posso far finta di niente. Elizebth sta letteralmente dando di matto. E’ terrorizzata all’idea che tu scappi di nuovo facendo comparire le tue tracce. Se non vuoi parlare nemmeno con lei di quello che sta succedendo, almeno chiamala e dille che va tutto bene. Che non ce l’hai con lei... Perché non ce l’hai con lei, vero?”

James prese un sorso di vino e fece una risata priva di gioia, “Certo che no. Mi sto comportando da sciocco, lo riconosco. So di sbagliare, ma per questa sera non posso rimediare. Lo farò al più presto comunque, facendole una sorpresa.”

Blaine voleva dirgli di rimediare in quel momento e di non perdere tempo, ma sapeva che se James avrebbe fatto come detto. “Almeno mandale un messaggio.” 

“Farò di più.” disse facendogli un occhiolino. 

Rispose con un sorriso, anche se non era pienamente soddisfatto. Sapeva che Elizabeth si sarebbe preoccupata di nuovo dopo cinque minuti. “Davvero, James. Voglio che tu le dica che va tutto bene.”

“Blaine, non essere insistente…” disse fingendo una risata, per poi bere il vino. 

“Non voglio esserlo, ma è un mio dovere.” Fece una pausa. “Voglio sapere cosa ti sta succedendo.”

James lo guardò con affetto e un sorriso stanco sulle labbra. “Possiamo cambiare argomento?”

“Voglio solo capire. Perché non vuoi parlarne? Non ci sono segreti tra noi… Levando quelli professionali.” 

“Se proprio insisti...” L’uomo si chinò in avanti, così da essere più vicino all’altro e abbassò il tono di voce. “Diciamo che questi non sono giorni propriamente facili. Ho visto di peggio, ma ormai non sono più giovane come una volta. Prima non avrei preso così sul serio questi problemi. Quando ho iniziato mi sono promesso di non affezionarmi a nessun ragazzo, sai, i clienti sono clienti, con alcuni ci sono riuscito e con altri no. Quando lavori per anni con dei ragazzi, non riesci a mettere di lato i sentimenti.” James fece una lunga pausa. “Nick vuole fare outing e rendere pubblica la sua relazione con un certo Jeff.”

Blaine non sapeva cosa dire, aveva così tante domande per la testa in quel momento che non riusciva a formularne nemmeno una ad alta voce.

“Sono combattuto. Come James Cristin lo vorrei appoggiare, dirgli che è la scelta giusta,” fece l’occhiolino al ragazzo, “che non c’è niente di male nel dire al mondo chi sei veramente eccetera, eccetera… Tu le sai più di me. Ma come manager sono costretto a doverlo dissuadere, ma lui sembra irremovibile.” Scosse la testa, in segno di disperazione, “La sua carriera è agli inizi e sta andando bene. Finalmente le persone lo prendono sul serio, da qualche tempo sono gli altri a contattare me per averlo agli eventi importanti, per fargli interviste e cose del mestiere. Non voglio che perda tutto ciò che ha.” 

“Sei sicuro che sarà un peso nella sua carriera dire della sua sessualità?”

“Si, al momento lo è. E’ troppo presto. Se dovesse fare questo passo Sebastian non mi preoccuperei neanche; ma Nick. Non in tutto il mondo non danno peso all’orientamento sessuale, molte persone non lo accettano e non pensare, neanche lontanamente, che nel mondo dello spettacolo sia diverso. Dicono che non gli importa, poi ci vanno di mezzo i soldi e diventano più omofobi dei pakistani.”

L’unica cosa che Blaine aveva percepito di quel discorso era che James non era contrario a un eventuale Outing di Sebastian. Allora perché non l’aveva ancora fatto? Cosa lo frenava se non gli affari? Insomma, Sebastian era un tipo riservato o perlomeno non così tanto da dover nascondere la sua omosessualità con finte relazioni. 

“Perché non gli fai questo discorso, vedrai che capirà e se vorrà continuare, lascialo fare, che si prenda le sua responsabilità. Se lo ha già fatto con i genitori, allora sa che avrà delle conseguenze su ogni cosa.” 

James strinse le labbra, “E’ stato molto fortunato sotto questo punto di vista.”

Blaine si morsicò l’interno guancia, sentendo una lieve tristezza pervaderlo. “Puoi anche dirlo che i suoi lo hanno accettato, così come la sua famiglia, così come sé stesso.” Fece una pausa. “Non mi rattristerò per non aver avuto la stessa fortuna.”

“Volevo essere delicato.” Tagliò corto l’uomo e lui si accorse d’aver commentato in modo acido prima. Avrebbe dovuto scusarsi, ma dalle labbra non gli uscì niente, perché non voleva farlo. Era felice per Nick, ma provava anche un’abbondante dose di invidia. 

“Non dovevo parlarne con te. Sapevo che era sbagliato, mi dispiace. Cambiamo argomento. Com’era il tuo antipasto?”

Un altro indizio che la cosa non andava. James era così… Nervoso ed emotivo da sembrare fuori di sé. “Elizabeth mi ha insegnato qualche trucchetto per far parlare le persone, potrei utilizzarne qualcuno...” disse di punto in bianco. 

James rise, capendo perfettamente, anche se Blaine apparentemente non si era riferito a niente. “Dimentichi che la maggior parte di essi, involve il flirtare con l’interlocutore. Non so quali grandi risultati potrai ottenere con me.”

 “Hai ragione… Hey stai dicendo che sono brutto?” scherzò.

“No, solo che gioco nell’altra squadra.” 

Entrambi risero e il cameriere portò loro l’altra portata. James abbassò lo sguardo sul suo piatto, evitando accuratamente di fissarlo negli occhi e Blaine non ebbe altra scelta che fare lo stesso. Era un evidente “Blaine ho finito di parlare con te di cose private per stasera.” Poi però il loro silenzio fu interrotto proprio da lui.

“Dopodomani sarebbe stato il nostro anniversario.”

Il ragazzo alzò di scatto gli occhi su di lui. 

“Non ricordo nemmeno più gli anni di matrimonio. Forse Beth li sa, ma io ho perso il conto e non ho alcuna intenzione di riprenderlo.” Posò le posate nel piatto, evidentemente gli si era chiuso lo stomaco. “In questi giorni poche cose vanno come dovrebbero e mi sento debole. In questi momenti sento di più la sua mancanza. Tutto qui.” 

Blaine non sapeva cosa dire; qualsiasi cosa gli passava per la mente sembrava ridicola e scontata. Inventa, inventa, inventa, parla.

“Non dire niente. Davvero, non serve.” James gli sorrise. “Ha ragione El quando dice che parlare con te serve.” Detto questo prese il cellulare e digitò un messaggio. “Le ho detto di non preoccuparsi come promesso. Grazie.” Vedendolo restare zitto, continuò, “Stavo per rifare lo sbaglio di sempre.”

In quel momento Blaine capì. “Okay.”

 

*

 

James stava messaggiando ininterrottamente con la figlia da quando le aveva mandato il primo sms e aveva abbandonato il resto della cena; Blaine fece lo stesso e non perché gli si era chiuso lo stomaco ma perché gli sembrava poco rispettoso continuare a mangiare, così finse di essere sazio. 

Presero la macchina che li stava aspettando e decisero di tornare subito all’albergo, nonostante James avesse proposto di fare un giro della città, ma Blaine aveva rifiutato essendo stanco e passò il viaggio a guardare fuori dal finestrino. 

Gli venne in mente di chiedere spiegazioni riguardo Sebastian; si chiese più volte se fosse il caso o era meglio lasciar perdere. James era fin stato troppo aperto e sincero con lui e non voleva approfittarne, ma non voleva nemmeno aspettare anni per sapere la risposta alla sua domanda.

Si schiarì la gola e riuscì a catturare la sua attenzione, “Sebastian ti ha mai chiesto di fare coming out?”

L’altro lo guardò per un lungo momento, studiandolo. “No.” 

“Perché? E’ evidente che non vuole avere finte relazioni, allora - ”

“Blaine, non parlerò di queste cose con te. Sono sue cose personali, perché non vai a chiederle a lui?”

“Non parliamo mai.”

Annuì. “Quindi perché dovrei essere io a dirtele?”

“Perché vivo sotto il tuo stesso tetto?”

James rise, “Questa scusa non basta.”

“Non ce n’è una che possa usare?”

“Ah al diavolo, oggi mi sento buono. Sebastian si è sempre opposto, non ha mai voluto farlo. Gliel’ho proposto in diverse occasioni, ma sembra essere irremovibile.”

“Non capisco, se è lui a non volerlo, perché non cerca di nasconderlo meglio?”

 “Lui fa sempre quello che gli gira per la testa.” James gli sorrise in segno di scusa, sapeva che bastava come risposta e stava mettendo dei paletti che non avrebbe oltrepassato. 

“Magari fa così per proteggere il suo fidanzato dai pettegolezzi…” Blaine disse con spensieratezza, cose se stesse riflettendo ad alta voce.

“Raramente Sebastian fa gesti del genere.” James si girò verso il finestrino, “Sei pessimo a girare intorno alle cose, te l’ho mai detto?”

“Cosa?”

“Sputa il rospo, Blaine. Ti conosco da quando avevi sei anni.”

Si arrese, avrebbe dovuto fingere meglio; per questo aveva abbandonato subito l’idea di diventare attore. “Chi è Jeremy?” 

Ci fu un grande silenzio. 

“Appena faccio questo nome tu e Sebastian diventate di ghiaccio.”

“Non credi ci sia un motivo?”

“E’ proprio quello che voglio sapere.”

“Sono domande a cui non posso rispondere.”

Blaine si porse il labbro inferiore, “Sebastian non mi risponderà mai.”

“Io credo l’inverso,” James si voltò a guardarlo, “gli stai simpatico, se gli darai modo di fidarsi di te, ti darà tutto quello che vuoi e di cui hai bisogno.”

“Che intendi dire?”

“Hai capito.” 

Blaine non aveva capito, ma non rifece la stessa domanda per la seconda volta, non voleva sembrare un idiota rintontito da una frase ambigua. In lontananza comparì l’insegna del hotel. Doveva agire in fretta, “Quanto tiene a questo Jeremy?”

L’uomo spalancò gli occhi, sorpreso per un instante, poi abbassò gli occhi e un sorriso triste e amaro gli incurvò le labbra. “Più di qualsiasi altra cosa al mondo. A parer mio credo che Sebastian non potrà mai amare qualcun altro così. Jeremy è il centro del sua vita e del suo mondo, il fulcro di ogni situazione. Jeremy è la sua parte migliore e peggiore allo stesso tempo.”

La macchina si fermò e i due scesero, James mise il braccio in torno alle spalle di Blaine, in modo paterno. “E’ tutto quello che ti è concesso sapere e il massimo che uscirà dalla mia bocca. L’ho fatto perché mi fido di te come pochi e so che non dirai una parola con nessuno. Soprattutto con una bellissima ragazza non particolarmente alta, con i capelli scuri e occhi azzurri. Non voglio nessun interferenza con Sebastian per questa storia. Fa finta che quei maledetti tatuaggi non li abbia.” Detto questo gli arruffò i capelli e andò verso l’ascensore, nella sua camera. 

Blaine rimase lì, intontito. 

 

 

*

 

“BLAINE, BLAINE QUESTA TE LA DEVO DIRE.”

“IO CONTINUO A NON CREDERCI.”

“Oh, Blaine svegliati per favore!”

“E svegliatiiiii.”

“Devo andare in classe e non posso messaggiare!”

“Ok, te lo dico lo stesso, così ti impari a non svegliarti.”

“Stamattina sono entrata su Tumblr dopo settimane e non crederai mai a ciò che sto per dirti.”

“Ho visto delle foto di te e Sebastian degli ultimi giorni e... Insomma tra i tag c’era anche quello SEBLAINE. Così non capendo cosa fosse ho aperto la tag e... HO SCOPERTO CHE E’ IL NOME DI UNA COPPIA, QUELLA FORMATA DA TE E SEBASTIAN. Hanno scoperto chi sei e hanno scritto un sacco di teorie sul motivo per cui eravate insieme lol molto carine. Ma non controlli i social? Scrivono anche su Twitter. Vi credono fidanzatini e avete anche un sacco di foto carine. TI VOGLIO BENE, MA STO RIDENDO DA STAMATTINA.” 

“Vado a lezione, appena esco ti chiamo e ti leggo qualche tweet. Xoxo <3 <3 <3”

“P.s. ovviamente quelli che shippano Sebastian e Santana ti odiano.”



 


Davvero io non so cosa dire xD  spunto fuori dopo mesi con questa roba lol ma voi mìvìbì e quindi siamo apposto. 
E niente, spero sia stato di vostro gradimento e che abbia risposto a qualche domanda (e fatto salire la curiosità LOL)
Al più presto possibile (giuro), tanti baci e cuori, 
Mirma :3 

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Capitolo 6
*** #5 ***


Capitolo cinque
 

 

Era passato un mese da quando Sebastian e Brittany uscivano insieme ufficialmente. Ne parlavano tutti i giornali e i pettegolezzi non avevano cessato di girare. Come James aveva previsto, aveva avuto un forte impatto positivo sugli affari del cantante che sembrava essersi calmato. Infatti le sue occasioni per far scandalo si erano notevolmente ristrette grazie ai numerosi impegni che comportava fingere una relazione e l’ottimo lavoro di Blaine che riusciva a tenerlo più o meno sotto controllo e, cosa che aveva sorpreso entrambi  i Cristin, si era scoperto bravo a far tacere le persone tramite compromessi, aveva preso la mano velocemente. 

Tuttavia né la relazione tra Blaine e Sebastian e nemmeno la vita del primo erano migliorate, anzi al contrario si erano intensificate e divenute peggiori. Se in un primo momento Sebastian orchestrava i suoi giochi facendo degli esperimenti e non sapendo che reazioni avrebbe ottenuto, adesso aveva tutto quello che gli serviva per divertirsi in piena regola e non mancava mai occasione per farlo. 

Come se non bastasse, da quando Elizabeth aveva scoperto della coppia “Seblaine”, Blaine desiderava morire un attimo sì e l’altro pure, trasportando anche la ragazza che si era pentita amaramente d’avergli spifferato tutto e convincendosi sempre di più che avrebbe dovuto tenere tutto per sé e ridere alle sue spalle continuando a fare post stupidi dal blog che aveva creato appositamente per far impazzire Tmblr ancora di più affermando e ampliando le teorie degli utenti . 

Lei l’aveva presa come un gioco, ma Blaine ne aveva fatto un vero e proprio dramma, e, nonostante i tentativi di tirarlo su di morale, lui continuava a prendere la cosa troppo sul serio e a incavolarsi e lamentarsi per ore a ogni singola minaccia di morte che le Sebtana gli mandavano su Twitter – Elizabeth inclusa che, come con Tumblr, si era creata un nuovo profilo falso. 

 

 

*

 

 

Erano le dieci e mezza quando il ronzio del cellulare ruppe il silenzio nella stanza; Blaine, che era seduto a terra col pc sulle gambe e la schiena poggiata al letto, lo cercò a tentoni con la mano fin quando non riuscì a trovarlo. 

“Pronto?”

“Questa te la devo leggere,” disse Elizabeth divertita. 

“Sai che non ne voglio sentire parlare,” controbatté Blaine, alzando gli occhi al cielo. “Smettila con questa storia.” .

Lo sai che mi diverto troppo e poi questa le batte davvero tutte

“Non m’interessa, ma grazie lo stesso. Tu non dovresti essere a lezione?”

“Avevo una pausa di dieci minuti e ti ho pensato, così sono andata su Tumblr.”

“Prima o poi la smetterà di sembrarti divertente e prenderai questa situazione sul serio.”

“Non fin quando leggerò fanfiction così carine su di te.”

“Tu.. COSA??”

“Però qui alcuni ti hanno proprio cambiato personalità.”

“Dimmi che mi stai mentendo, per favore.”

“No, è vero. Ne ho lette un sacco e due hanno iniziato una a più capitoli, aspetto con ansia l’aggiornamento.”

“Io gli faccio causa!”

“Ci sono anche io in due o tre. E’ stata una bella sensazione e ho riso per tre ore. In una eravamo addirittura fidanzati e poi scoprivo che tu mi tradivi con Sebastian.”

“Non finirai mai di parlarne?”

“Va bene, la smetto.” 

“Grazie.”

“Comunque che fai?”

“Niente, il solito.”

“Sei su Facebook?”

“Si.”

“Sul profilo di tuo fratello?”

“..No.”

“Blaine!”

“Perché io non posso controllare Cooper se tu leggi fanfiction su di me?”

“Ti avevo chiamato per sollevarmi il morale dopo una lezione di due ore, non per litigare o deprimermi.”

“Ok, facciamo così: io esco da facebook e tu smetti di fare qualsiasi cosa tu stia facendo.”

“Potremmo sempre fare che non stalkeri più Cooper e basta.”

“E’ sempre mio fratello.”

“E’ uno stronzo, ipocrita, stupido, egocentrico e senza spina dorsale.” 

“Gli voglio comunque bene.”

“Fai male.”

“Tu continui a prendermi in giro per la storia dei Seblaine e il resto.. Dovrei smettere di voler bene anche a te?”

“Come puoi paragonare le due cose? E’ totalmente diverso, io ti abbandonerei mai!”

Quello fu come un pugno in pieno stomaco per Blaine, che improvvisamente sentì un forte senso di nausea e si sentì in dovere di chiudere la conversazione. “El  mi sa che si è svegliato Sebastian, ci sentiamo dopo.”

Ci fu un lungo attimo di silenzio, poi uno sbuffo, “Mi dispiace tanto. Non volevo. Sai cosa intendevo... Io-” 

“Non fare così, è tutto apposto,” la tranquillizzò, utilizzando un tono dolce. Non voleva che si sentisse in colpa ma non voleva nemmeno continuare quella conversazione. “Sto bene, sono giù per altro. Ci sentiamo dopo.”

Blaine chiuse la conversazione e rigettò il telefono sul letto, poi tornò a guardare lo schermo del suo computer e si ritrovò di nuovo davanti a una foto di suo fratello Cooper che veniva baciato su una guancia da una bellissima ragazza in bikini. Sospirò. Uscì da Facebook, spense il pc e si alzò in piedi. 

Guardò il giardino dalla vetrata, notando che anche quel giorno c’era un bellissimo sole e fu tentato all’idea di far colazione fuori, ma poi il non voler recare disturbo ebbe la meglio e così di diresse in cucina, deciso a mangiare lì dentro, preparandosi a una lunga discussione con Pascal. 

Quest’ultimo, come aveva immaginato, appena entrò  gli fece subito cenno d’uscire ma vedendolo prendere lo sgabello e sedersi, lasciò perdere. Nonostante fosse più di un mese che quella scena di verificava tutte le volte in cui Blaine mangiava senza Sebastian, il povero uomo tentava ugualmente di far bene il suo lavoro ma senza successo. 

“Buongiorno.”

“Quante volte devo dirti che qui dentro non puoi stare?”

Blaine ridacchiò, “Io continuo a non capire perché continui a farlo. Lavoro qui come te, non capisco perché io dovrei mangiare in sala quando tutti voi altri lo fate qui.”

Pascal scosse la testa, “Cosa ti preparo oggi?”

“Quello che c’è va benissimo.”

L’uomo gli rivolse uno sguardo severo.

“Sebastian cos’ha nella dieta per oggi?”

“Quante volte dovrò ripeterti che tanto non la segue e mangia sempre quello che vuole?” scosse il capo, “Quindi?”

“Per me è uguale, scegli tu.” 

A quelle parole l’uomo si illuminò e si mise subito a lavoro, facendo avanti e in dietro più volte dal frigo e gironzolando per il vano mentre cucinava. 

Un quarto d’ora dopo, Pascal mise davanti a Blaine un piatto dove sopra vi era una macedonia, due waffle con sopra del cioccolato e fragole e un muffin classico. 

“Grazie.” disse subito il ragazzo, prima d’assaggiare ciò che aveva davanti. 

“E’ sempre un piacere cucinare per te.”

In quel momento suonò il telefono collegato alla camera di Sebastian e Pascal non perse tempo a rispondere “Buongiorno, Sebastian. Dormito bene? Sono Pascal si, oggi è di riposo - ..Non posso lamentarmi, grazie per l’interessamento. Si, si, va tutto bene.. si anche i bambini.. Certo che glieli saluto, saranno felicissimi!” si voltò a guardare Blaine e sorrise divertito, poi si picchiò una tempia due volte con l’indice. “..Certo, glieli preparo e li faccio portare in camera.” Dopo aver chiuso la conversazione con Sebastian disse: “Oggi è di buon umore.”

“Sì?”

“Mi ha perfino chiesto di mia moglie e i bambini. Forse oggi sarà meno scontroso del solito.” fece l’occhiolino a Blaine, “Sei fortunato.”

“Lo spero.” rispose con un sorriso. “Sarà meglio che vada da lui.”

Pascal restò in silenzio per un attimo e poi disse, “Mi faresti la cortesia di portargli la colazione? Oggi due cameriere hanno il giorno libero e una delle due signorine si è allontanata un attimo, sapendo che tutti dormivate le ho dato il mio consenso, ma non vorrei che Sebastian si arrabbi per questo.”

“Non c’è problema, lo faccio volentieri.”

 

*

 

Blaine si ritrovò a salire in ascensore con un vassoio talmente pieno che a stento riusciva a muoversi.  Uscito dal cubicolo si ritrovò a camminare come uno stupido per non far finire il tutto sul pavimento e riuscire, allo stesso tempo, a guardare dove metteva i piedi. 

“Sei diventato una domestica?”

“Dove lo poggio?” Domandò a sua volta il moro, fingendo di non averlo sentito. 

“Qui sulle mie ginocchia, non ho alcuna voglia di alzarmi.” Rispose Sebastian pigramente,  mettendosi a sedere sul materasso. 

Blaine, sempre con la massima attenzione, fece come richiesto. “Tra venti minuti arriva il tuo personal Trainer, ha detto che oggi farete  nuoto e ti vuole in costume per quando arriva.”

“Bene.” Commentò Sebastian, portandosi una forchettata di pancetta alla bocca, “C'è altro?”

“Deve venire Jenny per scegliere il tuo abbigliamento per stasera.” 

“Dobbiamo andare a prendere la bionda?”

Tu andrai in albergo da Brittany verso le cinque, dove ha pranzato oggi con una sua amica, non uscirete prima delle sei e mezza e andrete alla festa. Io ed El verremo poco dopo. Dopo tu e Britt verrete qui, dove ci sarà una stanza già pronta per lei e verso le undici l’accompagneremo all’aeroporto per tornare a Chicago.” 

Sebastian annuì, continuando a mangiare con appetito. “Non male come idea.”

“Vuoi la tv o-?”

“Vuoi allenarti con noi oggi?Con la pancia che ti sta crescendo dovresti proprio farlo.”

“No, grazie.” Rispose Blaine rudemente, “Sto bene così.”

“Stai tu con Jenny? Non mi va di starle dietro o provare. Dille che mi va bene qualsiasi cosa, ma che non voglio brillantini e che domani tu ed io abbiamo un altra festa non ufficiale a cui andare e che deve pensare a cosa devo mettere perché io non ho voglia.”

“Va bene.”

“Blaine, perché oggi non sei scontroso?”

“Perché tu non lo sei.. Più di tanto.” rispose Blaine, alzando le spalle. 

“Oggi è una bella giornata.” Sebastian mise da parte il vassoio e gattonò fino alla fine del letto per poi alzarsi e restare in slip, dando la schiena a Blaine prese un costume da bagno e una tuta leggera e si cambiò, guardando di sottecchi l’altro per controllare le sue reazioni. 

 

*

 

 

Jenny arrivò un ora dopo, mentre Sebastian era nel pieno del suo allenamento e Blaine stava pigramente guardando la televisione. Come accordato, le riferì tutto ciò che quella mattina l’altro gli aveva detto e dopo fece per aiutarla a svolgere il suo compito, ma lei lo liquidò con un brusco cenno della mano, poi gli diede un bacio sulla guancia e si ritirò al terzo piano, nella cabina-armadio per gli abiti che Sebastian utilizzava quando interpretava l’eccentrico cantante. 

Blaine tentò una seconda volta d’aiutarla quando la vide alzare una busta che sembrava essere pesantissima, ma senza alcun successo. Jenny non lo fece avvicinare nemmeno quando poggiò la busta sul letto di Sebastian. 

“Gli outfit per oggi e domani sono sotto, già pronti. Sono tutti nuovi che non ha mai indossato, quindi digli di guardarli e se non gli piacciono di mandarmi un messaggio prima delle due,  così gli porto qualcos’altro. Ho un mucchio di cose da potergli fare indossare. Questa invece,” indicò la busta, “sono tutte cose che non servono più, quindi se vuole tenere qualcosa deve dirmelo prima che le butti. Oh, stessa cosa vale per te!” Disse con un sorriso, “Basta che non le vendi su internet.”

“Tu vai via?” 

“Si, torno per le due e mezza. Devo sbrigare delle cose.” 

“Faremo tutto per quell’orario, tranquillo.” 

“A dopo.” si congedò con un sorriso. 

Blaine non perse tempo e appena fu solo, afferrò la busta e né riversò il convenuto sul materasso. Rimase a bocca aperta quando vide gli abiti da concerto, ricordava ogni apparizione in cui Sebastian li aveva indossati. Aveva sempre provato una gran invidia, perché aveva sempre desiderato poterli provare e adesso non riusciva a credere di poterne tenere qualcuno. 

In quel momento gli venne in mente come le cose fossero cambiate da quando aveva conosciuto davvero Sebastian. Se ne avesse portato qualcuno a casa non sarebbe stato più un trofeo da “Ho qualcosa indossato da lui.” come ogni fan sarebbe lì a vantare, ma un “Ho questa maglia che Sebastian non mette più.”

Girò e rigirò tutti gli indumenti e mise da parte quelli che gli erano sempre piaciuti che comprendevano: un boa di piume rosse, due pantaloni di pelle con delle borchie e che sembravano tutto tranne dei pantaloni, un gilet completamente rivestito di brillantini e paillettes, un cappotto gotico con delle piume nel colletto. Di questi, però, quelli che avrebbe volentieri indossato era il boa e il gilet, anche se non ci avrebbe mai oltrepassato la porta di casa; tutti gli altri erano belli e gli portavano alla mente esibizioni grandiose e sarebbe stato a fissarli per ore, ma niente di più. 

Rimise tutto nella busta lasciò fuori i due che sembravano chiedergli di indossarli. Desiderava ardentemente farlo, perché erano belli e voleva sapere se erano davvero troppo grandi per lui oppure gli  stavano bene. 

Stava quasi per cedere alla tentazione, quando dei passi e subito dopo la voce di Sebastian che disse “Eccoti qui,” mentre si avvicinava al letto, gli fecero cambiare idea. “Stai guardando quelli.” continuò con riluttanza e quando gli fu accanto vide ciò che Blaine teneva tra le mani e scoppiò a ridere.

Il ragazzo si sentì profondamente offeso, ma non disse niente. Sebastian non sapeva che Jenny gli aveva detto di poterne tenere qualcuno. 

“Non mi aspettavo avresti accolto l’offerta.” 

Ecco, Blaine era stato troppo ottimista. Perché Jenny gli diceva di fare una cosa se poi la faceva da sola?!

“..Soprattutto non con una cosa del genere.” Si capiva che Sebastian stava mentendo e che in realtà intendeva l’esatto contrario. 

Il moro lasciò cadere ciò che aveva tra le mani, “Li stavo solo guardando.”

“Perché non li provi?”

“Non sono il mio stile.” Rispose con indifferenza, per non dargliela vinta. 

“Però ti piacciono.”

Blaine non rispose, si limitò a roteare gli occhi e ripiegò i vestiti. 

Sebastian si spostò dietro di lui e gli sussurrò all’orecchio, “Sono sicuro che ti starebbero bene.” Poi gli lasciò un bacio sul collo. 

Provò a non rabbrividire e a non sorridere, ma non ci riuscì anzi fece una piccola risata nervosa. Si allontanò da lui ma senza star lì a ripetergli di finirla perché sapeva che non sarebbe servito a niente. Erano quasi due settimane che Sebastian si comportava così con lui, aveva cambiato modo d’agire. Era sempre acido, con le risposte pronte e cercava sempre di metterlo nei guai, ma era diventato più gentile e si era rassegnato alla sua presenza e flirtava con lui in questo modo, utilizzando un tono quasi stucchevole a volte. Blaine ed El avevano smesso di fingersi una coppia, anche se lui non aveva mai affermato la sua omosessualità con Sebastian ma non l’aveva mai nemmeno smentita.  La “guerra” che si erano dichiarati non poteva più essere definita tale,  più che altro dei dispetti stupidi che si scambiavano  quando non avevano di meglio da fare – perlopiù Blaine - , Sebastian sembrava progettarli per giorni. 

“Jenny ti ha detto tutto?”

“Si e per me li può buttare se non li vuoi tu.” Si tolse la canottiera e si sdraiò sul letto  con le braccia incrociate sotto la testa e una gamba piegata.

“Dovresti rifletterci di più, sono ricordi.” 

L’altro alzò le spalle, poi dopo uno sguardo profondo disse “Va bene, fammi da valletto e mostrameli.”

Blaine fece una smorfia ma acconsentì, uscendo dalla busta un indumento alla volta  mentre Sebastian li guardava e diceva un annoiato “No, questo non mi piace.” o "Questo l’ho indossato quella volta. Dovrebbe essere bruciato.” o cose del genere.

Avevano quasi finito quando Sebastian richiamò l’attenzione su di se sfiorandogli col piede la coscia. “Perché hai messo la maglietta bianca? Sei così eccitante che voglio fare sesso con te.” 

Blaine boccheggiò, a disagio, poi gli rivolse uno sguardo torvo e disse “Quindi neanche questo vuoi?” riferendosi al pantalone che aveva tra le mani.

“Smettila di far finta che la cosa non t’interessi e stammi a sentire.” tornò al discorso, un po’ spazientito. “Io sono gay e voglio davvero tanto mettere le mani su quel sedere che ti ritrovi, tu puoi far anche finta che non t’interesso ma è da tre ore che mi guardi gli addominali. Facciamo un favore ad entrambi.” 

“Stamattina eri così normale, che ti è successo durante gli allenamenti?”

“Non fingere che la cosa non t’interessi.” continuò Sebastian, facendo su e giù sulla coscia dell’altro col piede. “Da quanto tempo non fai sesso? Se hai paura di fare brutta figura sta tranquillo che non ti giudicherò.” 

“Non sono cose che ti riguardano.” rispose Blaine acido. “E nessuno si è mai lamentato a letto.”

“Ti  prometto che tra noi non cambierà niente.” Sebastian si mise in ginocchio sul materasso e fece per baciarlo ma il moro si spostò, “Non fare il prezioso.” 

“Mi vuoi molestare?” 

“Non farei così, se non fossi sicuro che anche tu lo vuoi.” Poi lo prese per i fianchi, si avvicinò al suo collo e iniziò a lasciargli baci umidicci.

Blaine rimase paralizzato. Non riusciva a muoversi, sentendo il suo corpo cedere sempre un po’ di più a quelle attenzioni.  Non sapeva cosa fare, da una parte voleva soltanto ricambiare senza farsi scrupoli, dall’altra qualcosa gli impediva di farlo. Non aveva problemi di quel genere, era arrivato da tempo alla conclusione che far sesso con un altro ragazzo andava bene e che importava di quello che potevano dire gli altri, eppure in quel momento non riusciva a far niente e inoltre al contrario di quello che Sebastian aveva detto, se avessero fatto sesso le cose tra loro sarebbero cambiate. 

Sebastian si ri - sdraiò sul letto e fece in modo che Blaine gli cadesse sopra. “Che hai deciso?” Gli sussurrò a pochi centimetri dalla sua bocca, mentre gli faceva  vagare le mani sulla schiena. 

Stava per dire di no, ma poi Sebastian si strusciò contro di lui e quella barriera che gli impediva di reagire cadde e si ritrovò a baciarlo con passione, prendendogli il viso tra le mani per attirarlo ancora più a sé. Non fu come si era sempre immaginato, qualcosa di intenso ma tranquillo, ma tutto l’opposto, caotico, passionale, frenetico. Si mise a cavalcioni su di lui, toccandogli il torace come voleva fare da tempo. La pelle era tesa sopra i muscoli e sentì una scarica d’adrenalina pervaderlo. 

Sebastian gli prese l’orlo della maglietta e gliela dirò su, così Blaine alzò le braccia per aiutarlo a toglierla. Appena si ritrovò a torso nudo, sentì la bocca dell’altro vagare per il suo petto, lasciando qualche bacio qua e là. “Sei anche meglio di ciò che mi aspettavo.” 

Blaine ridacchiò, “Hai fatto male a sottovalutarmi.”

Lui fece un sorriso sghembo e si fermò, lo guardò, mentre le sua mani andavano a infilarsi nei suoi pantaloni. “Però sei stato tu a farmelo fare, non credevo avresti ceduto così facilmente.”

“Non sono cose da dire in questo momento, non credi?”

Sebastian si sistemò meglio sotto di lui, fino ad essere quasi faccia a faccia, “Può darsi,” fece un altro dei suoi ghigni, “Quindi ammetti di essere gay?”

Lui alzò di nuovo gli occhi al cielo, mentre le guance gli di imporporavano. “Si, mi piacciono i ragazzi.” poi fece per baciarlo ma questa volta fu l’altro a spostarsi.

“Prima di continuare vorrei farti una richiesta” disse – e Blaine stava già valutando l’idea d’andarsene -  “diresti la parola “gay”?” poi, come a tenerlo buono, gli morse il labbro inferiore in modo scherzoso. 

“Cosa c’entra in questo momento?”Domandò a sua volta Blaine, allarmato e irrigidendosi. 

“Niente, è solo una richiesta. Ma non devi farlo per forza.” Sebastian ritornò al tono seducente di poco prima, come se effettivamente non avesse alcuna importanza per lui quello che aveva detto in precedenza. 

Ovviamente Blaine capì che c’era qualcosa sotto, “Perché me lo hai chiesto?”

“Non stare sempre lì ad indagare. Mi è uscita così, chiuso l’argomento.” Poi le sue mani andarono al cavallo di Blaine e gli sbottonò i pantaloni, infilandone una dentro. 

“..Quindi, avete scelto qualcosa?” Disse la voce della stilista alle loro spalle ed entrambi si voltarono a guardarla nello stesso istante, la ragazza fece capolino proprio in quell’istante e alzò le sopracciglia in segno di sorpresa, poi fece una risata isterica, “Oh, mi dispiace, non volevo disturbare! Torno più tardi.”

Fu in quel momento che Blaine sembrò riprendere lucidità e guardò prima lei, poi Sebastian e poi sé stesso. Avvampò fino alla punta dei capelli e volendosi sotterrare si alzò, “Non è come sembra.” disse balbettando, cercando di ricomporsi, “Io stavo andando di sotto.” 

“E’ esattamente come sembra!” Esclamò Sebastian, irritato. 

Blaine lo fece a fette con lo sguardo, poi prese la maglietta e uscì dalla stanza,  prendendo le scale.

Ma che diavolo gli era passato per la testa?!

 

*

 

Blaine non sapeva se raccontare o meno dell’accaduto ad Elizabeth. Voleva disperatamente parlarne con lei, così da farsi dare consigli a riguardo, ma sapeva che avrebbe dato di matto e che avrebbe guadagnato solo insulti. 

Arrivò alla conclusione che l'avrebbe evitata fin quando non avesse preso una decisione era la miglior mossa da fare, perché sennò lei avrebbe intuito che c’era qualcosa che non andava e poi non sarebbe stato facile uscirne. 

Appena mise piede in casa fece per andare dritto al piano superiore ma si rivelò più arduo del solito, soprattutto quando Elizabeth lo intercettò e lo chiamò dalla cucina. “Vieni qui a salutarmi!”

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo ed entrò in cucina, trovandola seduta al tavolo a bere il tea. “Ai suoi ordini, m’lady.”

Lei rise e quando lui le fu vicino si alzò per dargli un bacio sulla guancia, “Perché non hai risposto alla mia telefonata?”

“Quale telefonata?” Disse lui fingendo di cadere dalle nuvole. 

Elizabeth alzò un sopracciglio, “Quella che ti ho fatto all’ora di pranzo. Comunque non importa, volevo solo avvisarti di venire prima perché stanno venendo Jade e Logan per i massaggi, manicure e pedicure, ma  a quanto vedo sei già qui.”

“James ha detto che non c’era più bisogno di me,” Blaine fece per uscire dalla cucina, “Comunque sono troppo stanco, faccio una doccia e vado e letto. Conoscendo Sebastian, stasera sarà una lunga serata.”

“Ti prometto che questa volta non ti faccio fare per forza la pedicure se non vuoi.” tentò di convincerlo, ma lui era già uscito dalla stanza. “E i massaggi te li faccio fare da Logan!”

Blaine fece di corsa le scale, fingendo di non averla sentita e cercando di non pentirsi troppo di quella scelta. Lui adorava i massaggi. 

“Non vuoi raccontarmi nemmeno quello che hai fatto oggi?” Domandò lei alle sue spalle, evidentemente lo stava seguendo. 

“Non c’è niente da dire.” rispose lui vago, cercando di non arrossire. Entrò in camera sua e chiuse la porta, lasciandola fuori, sperando che questo la spingesse a ritirarsi. 

Quel gesto sembrò bastare, dato che lei aveva smesso di seguirlo e parlargli, così si spogliò lasciando gli indumenti nel letto ed entrò nel suo bagno in camera per farsi una bella doccia fredda, cercando in tutti i modi di non pensare a ciò che era successo un paio d’ore prima. 

Si stava insaponando i riccioli quando improvvisamente qualcuno aprì le ante della doccia, facendolo sobbalzare dalla paura. “Elizabeth! Esci immediatamente!”

“Senti mi dispiace un sacco per stamattina, non volevo ferirti.” fu come se non l’avesse sentito, “Sai che a volte parlo a sproposito quando dico cose a ruota libera, ma non puoi evitarmi per questo!”

Ah, già, la telefonata, se n’era completamente dimenticato con quello che era successo, non che in quel momento gliene importasse: voleva soltanto che uscisse dal bagno. “Elizabeth non puoi entrare qui mentre faccio la doccia!”

“Smettila di fare il finto schizzinoso.” commentò lei con una smorfia annoiata, “Ti ho già visto nudo e poi io non eccito te e tu non ecciti me, non trovo il problema.. Invece voglio capire perché sei così sfuggente.”

Sapendo che lei aveva ragione smise di sentirsi così in imbarazzo – insomma anche lui l’aveva vista nuda fino alla settimana prima - e pensò a come rispondere in modo da far sembrare che davvero stesse pensando ancora a quella conversazione. “E’ che hai ragione, sono uno stupido a sperare ancora che cambi idea..“

Elizabeth corrucciò la fronte, fissandolo.

“Non mi va di parlarne ora, non voglio deprimermi.” Poi chiuse frettolosamente le ante della doccia. 

Lei le riaprì con foga e lo afferrò per un braccio. “Cosa mi stai nascondendo?”

“N-niente!” 

“Va bene, lo scoprirò da sola.” E se ne andò lasciandolo lì, come il deficiente che era. 

Restò per un attimo a fissare la porta che venne richiusa con un tonfo, poi si precipitò fuori, si mise una asciugamano in torno ai fianchi e le corse dietro. E’ questo che succede quando sei un idiota, disse tra sé e sé, cercando qualcosa da inventarsi.  

La trovò in camera sua, distesa sul letto, intenta a digitare qualcosa nel suo telefono. “Dove mi sono fatto scoprire?” 

Lei lo guardò incolore, “Goccioli.” 

“Vuoi sapere che è successo o no?”

Elizabeth sbuffò, “Cambiati prima, non voglio che mi inzuppi il letto.”

Blaine ringraziò ogni Dio esistente nella faccia della terra, così aveva più tempo per inventarsi qualcosa. Evidentemente si era fatto scoprire quando aveva detto che sperava ancora in un possibile riavvicinamento con Cooper o che lo desiderava. Era da tempo che aveva smesso di pensare ad entrambe le cose, soprattutto la seconda. Ormai quasi odiava suo fratello e non voleva più avere niente a che fare con lui, ma ciò nonostante ogni tanto ne sentiva una mancanza disperata, così si ritrovava a controllarlo nei social network, tanto per sapere della sua salute. 

Quando si fu messo qualcosa addosso tornò da El che lo stava aspettando seduta in mezzo al letto a gambe incrociate. 

“Posso sedermi accanto a te o sei talmente offesa che devo starti lontano?”

“Siediti, ma non farmi cambiare idea.” rispose cercando di nascondere un sorriso. “Quindi che è successo?”

Blaine fece un respiro profondo, distogliendo lo sguardo. Dirle la verità o no, dirle la verità o no?

“Si tratta di tuo fratello o Sebastian?”

Cooper o Sebastian!?

“Cooper.”

Lei sbuffò, spazientita. “La smetti di rispondere a monosillabi? Mi sento terribilmente in colpa! Se mi dici che hai cambiato idea sull’odiarlo e tutta per colpa mia giuro che non me lo perdonerò mai.”

Adesso era lui a sentirsi incolpa. “Lo odio ancora, se questo può farti sentire meglio, è solo che ho ripensato al tuo ‘io non ti abbandonerei mai’.”

“Cosa c’è da pensare?”

“Mi sono accorto che non è vero-“ vedendola già aprire la bocca per rispondere, Blaine aggiunse subito “se tu fossi stata al suo posto, alle stesse condizioni avresti scelto-“

“Te.”

“No, avresti scelto James. Elizabeth è così, non devi giustificarti, è una cosa normale. Quindi questo leva un po’ di colpa a Cooper e poi.. El io posso anche odiarlo, ma è mio fratello, non posso fingere che sia morto e basta. Continua a mancarmi. Ha sempre fatto parte della mia vita e non è così facile per me adesso.” Blaine si meravigliò di come quelle parole uscirono spontaneamente della sua bocca e di quanto fossero vere anche se non ci aveva mai riflettuto sopra.  “Ho così tanti ricordi con lui, sia belli che brutti, certo, ma chi non ne ha? Guarda io e te! Abbiamo litigato così tante volte..”

Elizabeth aveva le guance rosse e si trovava in difficoltà, non sapendo bene come rispondere. “Blaine.. Questo però non lo giustifica e non è sufficiente.”

A quel punto decise che quella storia era andata avanti fin troppo. Evitava sempre quel genere di  discussioni, e quel giorno non faceva eccezioni,  poi se doveva infierire ancora di più su Cooper, neanche per idea. “El non c’è bisogno di parlarne.” disse con dolcezza, “Va bene, ne abbiamo già discusso molte volte. Adesso voglio solo andare a riposarmi.” Si alzò e le accarezzò un braccio, “Svegliami tra un ora e mezza, dato che devo rifarmi la doccia.” Fece una piccola risata e si diresse verso la sua stanza. 

 

 

 

*

 

 

James stava parlando con Sebastian, ma lui sembrava essere assente, chissà dove con la testa. Non aveva nemmeno aperto bocca da quando lo aveva salutato. Sembrava in trance. L’uomo aveva fatto il giro della casa alla ricerca di qualche sostanza che gli avesse fatto quell’effetto ma Jenny, che era stata tutto il tempo insieme a lui da quando Blaine era andato via, gli aveva assicurato che non aveva toccato niente, nemmeno una goccia d’acqua, così aveva lasciato perdere. Magari era solo uno di quei momenti in cui si chiudeva in sé stesso, e James l’avrebbe preferito, invece di vederlo voltare improvvisamente verso di sé  sentirgli dire “Ho fatto un errore e tu sei l’unico con cui possa confidarmi.”

Desiderò davvero che non l’avesse fatto, ma poi rassegnato, chiese: “Che hai combinato?”

Sebastian si schiarì la voce e poi con dolcezza disse “Jay, potresti uscire? Mi servono dieci minuti da solo con James.” 

La ragazza che stava guardando con attenzione un capo d’alta moda, assunse una smorfia – assolutamente teatrale - profondamente offesa e poi annuì, uscendo dal vano con passo spedito, portando con sé quello che aveva tra la mani.

Una volta rimasti soli, Sebastian si lasciò andare, mostrando tutta la tensione e il nervosismo che aveva provato fino a quel momento. Si torturò le mani e irrigidì i muscoli. “Si tratta di Blaine.” 

L’uomo chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi. Quel nome era l’ultimo che voleva sentire nominato al ragazzo. “Sebastian cosa hai fatto?”

“Quanti particolari - "

“Dipende da cosa stai per dirmi.” Lo interruppe, sempre più brusco e innervosito. Sperò soltanto che non fosse qualcosa di grave, non se lo sarebbe mai perdonato se Blaine avesse sofferto. 

“Cercherò d’essere breve e in dolore: l’ho sedotto e avremmo fatto sesso se Jenny non ci avesse interrotto.”

James fece una faccia disgustata, era troppo anche per lui.  Adorava troppo entrambi i ragazzi e per lui erano troppo come suoi figli per poter reggere una frase del genere senza sentirsi a disagio. “Meno dettagli possibili, per favore. Blaine per me è come un figlio e l’immagine di voi due che fate quello non mi è molto gradita.”

Sebastian rise per un attimo, poi tornò preoccupato. “Non voglio che si avvicini troppo a me e ho lavorato tanto per allontanarlo e credo d’essere tornato al punto di partenza. Lui si stava lasciando andare e non immaginavo potesse essere - "

“Ricorda quello che ti ho detto.” 

Fece finta di non  averlo sentito ma decise di non finire la frase. “Ho ceduto e non credevo che questo potesse essere possibile. Insomma tutte le volte che lo stuzzicavo era per puro divertimento perché mi piaceva vederlo in difficoltà ma questa volta è stato solo un mio bisogno, l’ho fatto per me.” Si passò una mano tra i capelli, “Poi che abbia affermato una mia teoria è un altro discorso.”

James gli rivolse un’occhiata torva e si sedette accanto a lui, “Sebastian sono felice che tu voglia condividere queste cose con me, ma non potresti farlo con qualcun altro?”

“No, sei l’unico che può capire.” Sebastian strinse i pugni, “Che posso fare?”

“Sebastian, io non ne vedo il problema, se trascuriamo il ragazzo in questione. E’ bello che finalmente vuoi avvicinarti a qualcuno dopo così tanto tempo, che ne senti il bisogno. Dopo anni continuo a pensare che il tuo atteggiamento sia sbagliato, quindi perché darti tanta pena per allontanarlo quando potresti solamente goderti il tutto? Inoltre facendo così non riuscirai a far demordere qualcuno che tiene a te, ma lo farai imbestialire e niente di più.” 

“Dato che si tratta di Blaine, tu cosa consigli?”

“Sono cose da ragazzi, perché vuoi coinvolgermi?” Rassegnato, James mise una mano sulla spalla del ragazzo, “Ti direi di lasciarlo in pace, stargli alla larga, di non giocarci, perché in questo momento tu sei l’ultima cosa di cui ha bisogno, però non è compito mio deciderlo. Blaine non è un bambino, è grande abbastanza da prendere le sue decisioni e non ha bisogno della mia protezione, come mi ha dimostrato molte volte. E’ evidente che prova dell’interesse per te e che sarebbe disposto a lavorare sopra un eventuale relazione. Ma Sebastian ti chiedo solo un favore: non avvicinarti a lui solo per divertimento, se decidi di farlo devi essere serio e smetterla di comportarti come un cretino.”

 “Perché tu e tua figlia siete così sicuri che io avrei una cattiva influenza su di lui?!” Sbottò il ragazzo, irritato che fosse ritenuto una presenza negativa. 

“Finora non ci hai dato il motivo di credere altro.” rispose James secco. Riprendendo un tono più paterno disse, “Come hai già capito Blaine è un po’ come te, ha degli aspetti irrisolti che evita d’affrontare, da cui sembra scappare a volte per questo non so quanto la tua vicinanza possa giovare. Ma sono solo mie ipotesi, magari potresti rivelarti qualcosa di positivo nella sua vita e aiutarlo."

 Sebastian fece un sorriso sincero, poi si alzò, “Ho capito. Ci penserò, tanto non ho fretta.”

James annuì. “E’ il momento di tornare a parlare di cose serie..”

 

*

 

Come previsto Sebastian e Brittany arrivarono in leggero ritardo al Red Carpet e posarono per i fotografi con pose divertenti che trasmettevano complicità. In molti gli chiesero di baciarsi per le telecamere ma Sebastian rifiutò dicendo di non voler mettere in imbarazzo la sua fidanzata che in quel momento era arrossita un po’. 

Blaine, che non ci avrebbe mai scomesso un soldo su quella relazione, dovette ricredersi. Sembravano davvero innamorati come una coppietta ai primi tempi, così pensò che se si fossero stancati di fare il cantante e la ballerina, avrebbero potuto provare a fare gli attori. 

Lui ed Elizabeth entrarono nella porta del retro del locale, questo perché Blaine aveva insistito a non volersi far vedere a quella festa. Lei non gli chiese per cosa fosse preoccupato perché lo sapeva già: non voleva attirare l’attenzione; così, un po’ contro voglia acconsentì.

“Dovevamo venire prima.” Lo rimproverò Elizabeth, prendendolo sotto braccio. “Tu vedi Sebastian da qualche parte?”

“No,” Blaine scosse la testa, guardandosi in giro, anche se le luci soffuse e la confusione non aiutavano.“sta tranquilla lo troveremo presto.”

Fecero il giro del vano fino a quando non lo intravidero insieme a Brittany a parlare con un altro gruppo di persone. 

“Sembra molto tranquillo.” Notò Elizabeth. 

“Te l’ho detto, oggi è di buon umore.” Blaine prese due bicchieri da un cameriere che passava con il vassoio e gliene porse uno, “Credo non darà troppi problemi.”

“Lo spero,” Elizabeth bevve un lungo sorso, “andiamo a cercare qualcuno d’interessante con cui parlare, ti va?”

“Certo,” asserì con uno dei suoi soliti sorrisi che gli illuminavano il viso. 

Sempre tenendo d’occhio Sebastian, i due chiacchierarono con persone di  cui Blaine non avrebbe mai ricordato i nomi, anche se li aveva già letti in qualche articolo e sentiti dire da James. Passò quasi un ora e mezza prima che Sebastian si accorgesse della loro presenza, lasciò Brittany a parlare con un altra ragazza e si diresse da loro. 

“Guarda chi si vede.” Disse avvicinandosi. Essendo in presenza di persone importanti, Sebastian prese la mano di Elizabeth e gli lasciò sopra un leggero bacio; poi diede una pacca sulla spalla di Blaine prima di togliergli il bicchiere pieno per berlo lui. “Grazie, avevo sete.”

“Educato come sempre.” commentò Elizabeth ironicamente, facendo qualche passo indietro per allontanarsi ancora un poco da un gruppo di persone che potevano sentirli. 

Sebastian sembrò non averla ascoltata, dato che mise una mano nella tasca dei pantaloni scuri e si voltò completamente verso Blaine. “Stasera dormi con me?”

Il ragazzo impallidì, sperando che Elizabeth non ci facesse troppo caso e prendesse quella frase come le solite battute che Sebastian gli rivolgeva. “Dormo da te, sì, come sempre.” rispose imbarazzato, intendendo che sarebbe andato a casa sua come faceva da quando aveva iniziato a lavorare da lui. 

“Sai cosa intendo,” continuò Sebastian con un ghigno, mettendogli un braccio in torno alla spalle, “stesso letto, luci spente.. Io e te.. Una replica di stamattina.”

Elizabeth li guardò confusa, battendo più volte le palpebre. “Stamattina?” Chiese strizzita. 

“Sì, Blaine ha capito.” Sebastian le fece un occhiolino, poi tornò a guardare il ragazzo, “Credo che ce ne andremo tardi.”

“Cosa è successo, stamattina?” Domandò Elizabeth al moro, afferrandolo per un braccio e costringendolo a guardarla. 

Lui continuò ad evitare il suo sguardo, “Niente.” Rispose guardando Sebastian come a rimproverarlo.

Sebastian sembrò irrigidirsi ed Elizabeth lasciò andare la presa dal suo braccio, li guardò entrambi e poi si allontanò. Blaine, esausto di quella faccenda, fece per seguirla, ma la voce dell’altro lo trattenne.

“Credevo lo sapesse.” 

“Come se ti dispiacesse, fai sempre così.” Blaine fu più acido di come si aspettava  e fece un sorriso amaro. “ Chiamami quando che ne andiamo.”

Sebastian serrò la mascella, non facendo trapelare alcuna emozione, ma riuscì a far capire all’altro che l’avrebbe fatto e poi tornò da Brittany. 

Blaine prese la direzione che aveva preso Elizabeth. Ma poi? Non aveva voglia di parlare di quello che era accaduto, lei sei sarebbe stata troppo offesa per ascoltarlo e non gli avrebbe dato nessun consiglio ma lo avrebbe fatto solo sentire peggio. Cambiò direzione e si diresse al tavolo dello champagne, prese un bicchiere e né mandò giù il contenuto in un colpo solo. 

“Dovresti andarci piano con quello.” suggerì una voce alla sua destra, Blaine si voltò per trovarsi faccia a faccia con un ragazzo molto più alto di lui, snello, con i capelli ricci biondi e ribelli; gli occhi cerulei catturarono subito l’attenzione di Blaine che rimase a fissarli per un momento, prima di passare a contemplare la sua bellezza. 

“S-sì, avevo solo un po’ di sete.” Questa da dove gli era uscita!? Ci sarebbe mai stata una volta cui avrebbe detto qualcosa d’intelligente al primo colpo?!

Il ragazzo rise, in modo così strano che fece ridere anche Blaine. “Sono John.” Disse porgendogli la mano destra.

“Io sono Blaine.” gli strinse la mano e in quel momento si rese conto di chi aveva davanti, rimanendo impietrito. Era John Garrent, uno dei più famosi attori emergenti di Broadway; la critica lo aveva sempre elogiato fin dal suo debutto. 

Come se gli avesse letto nel pensiero John gli sorrise, “Mi conosci già.”

“Ho sentito qualche notizia su di te, ma non ti ho mai visto recitare.” si scusò Blaine.

“Meglio, perché neanche io ti ho mai visto perché.. Tu fai..?” Lasciò la domanda a metà, non sapendo bene come continuare e per sdrammatizzare lo fece in modo divertente.

Blaine rise “Sono un compositore.”

Gli rivolse un sorriso genuino. “Mi ha sempre affascinato tutto lo studio che c’è dietro una canzone.”

Il moro si strinse nelle spalle, sperando di non essere arrossito troppo. 

“E canti?”

“No, non più.. Da piccolo lo facevo con mio fratello, ma poi ho smesso.”

“E’ un peccato, sono sicuro che hai una bella voce.”

Blaine rimase senza parole, era così bello che qualcuno gli desse così tante attenzioni e facesse così tanti complimenti. Facendoci caso si accorse che anche John aveva una bellissima voce, bassa e con un meraviglioso accento inglese.  “E tu? So sentito che hai fatto un musical.”

“Io amo cantare anche se non credo sia il mio punto fonte.” rise di nuovo alzando le spalle, “Ma non m’importa. Tu perché hai smesso?”

“Non lo so, a un certo punto mi sono stufato.” Alzò le spalle, sperando che John capisse che preferiva cambiare discorso. 

“Capisco.” disse serio, poi prese un bicchiere dal tavolo accanto a loro e bevve un sorso. “Ti diverti?”

Blaine pensò a quello che era successo poco prima e di come aveva passato l’ora e mezza precedente. “Non proprio.”

“Neanche io, in più non conosco nessuno.” Passò un altro bicchiere a Blaine, “Escludendo te.” 

“Sei solo a una persona su.. Duecento?”

“Direi un trecentocinquanta, ma la matematica è solo una mia opinione.” Poi rise e trasportò anche Blaine. 

Rimasero in silenzio, uno di quelli un po’ imbarazzanti. Entrambi volevano continuare quella conversazione ma nessuno dei due sapeva cosa dire senza cadere nel banale o sembrare patetico. Blaine si sentì osservato e guardò di sottecchi l’altro, rimanendo un po’ deluso quando capì che non era lui a fissarlo così intensamente da farlo sentire a disagio; perlustrò la stanza con lo sguardo, fino a quanto non trovò un paio di iridi verdi dall’altra parte del vano. 

Sebastian li stava fissando e capendo che non avrebbe distolto lo sguardo fu Blaine a farlo. In un secondo momento lo riguardò, notando che aveva l’aria di chi aveva bevuto parecchio. 

Si chiese dove fosse Elizabeth, la cercò con lo sguardo ma alla fine non riuscì a trovarla. 

“Cerchi qualcuno?” John richiamò la sua attenzione. 

“Sì, la mia amica. Nulla d’importante.”

Lui sembrò mortificato, “Mi dispiace, se eri con lei devi andare!”

Blaine sorrise. Era così carino; quando lo aveva visto in foto l’aveva sempre trovato bello e affascinante, ma adesso che era di fronte a lui e ci stava parlando, poteva dire che era anche gentile e simpatico come tutti andavano dicendo. Era anche bisessuale dichiarato, quindi Blaine non moriva dalla voglia di lasciarlo, quelli erano i pochi minuti più rilassanti dell’intera giornata, ma sapeva che se Elizabeth non si trovava da nessuna parte doveva stare più attento a Sebastian, che non sembrava neanche molto lucido. 

“Credo se ne sia andata,” fu l’unica cosa – vera - che riuscì a dire. 

“Avete litigato?”

“Già.”

“Mi dispiace. Chiedile scusa alla prima occasione, anche se la colpa è sua.”

“Questa volta la colpa è mia.”

“Ti consiglio di portare con te anche un mazzo di fiori.” John fece un sorriso, “E dovresti andare a cercarla subito o penserà che la stai tradendo con me.” aggiunse scherzando.

“Cosa? No, noi non stiamo insieme!” Blaine fece una piccola risatina imbarazzata, “Io.. Non sono interessato a lei.”

“Oh!” John ne sembrò felice, tuttavia cercò di non darlo a vedere. 

“Seguirò i tuoi consigli, comunque. Siamo come fratelli, ma quando si arrabbia è difficile farmi perdonare.”

John guardò oltre la spalla di Blaine, sbattendò più volte le palpebre. “Sebastian Smythe sta venendo qui.”

Blaine fece un respiro profondo, cercando di mantenere la calma. Subito dopo sentì un braccio cingergli le spalle e delle labbra poggiarsi al suo orecchio sinistro, “Ho voglia di tornare a casa.”

“Lui è John Garrent,” Blaine gli presentò il ragazzo biondo, che con un sorriso gli offrì la mano, ma Sebastian lo guardò con diffidenza prima di stringerla. Non si presentò neanche. “Dov’è Brittany?” Domandò il moro, cercando di smorzare un po’ la tensione e sperando di non sembrare troppo stupido agli occhi di John. 

Sebastian alzò un braccio come a far capire che non gliene importava niente, “Non ne ho idea.” Poi rise e affondò una mano tra i capelli di Blaine, “Andiamo, voglio stare da solo con te.”

Quest’ultimo divenne color peperone. Rivolse uno sguardo rapido a John che li guardava un po’ stupito, un po’ incuriosito e per finire anche un poco preoccupato. Blaine si scostò quasi a forza Sebastian di dosso. “Sei in grado di cercare Brittany da solo?”

Sebastian mise il broncio, sembrando un cane bastonato, “Si, ma non ho voglia. Cercala tu, io scambio qualche parola con questo qui! Tu devi stare lontano da Blaine, capito?“

John fece una faccia sorpresa, ma a differenza di quello che avevano immaginato gli altri due, non sembrava infastidito o arrabbiato dalla cosa. “Stavamo solo chiacchierando, noi - "

“Non ti scusare,” lo interruppe subito Blaine, “sta tranquillo, non prenderlo sul serio, davvero, lui non - " capendo di star dicendo cose senza senso si fermò. “Scherza così quando è ubriaco.” Porse la mano a John, “E’ stato un piacere conoscerti.”

“Anche per me.” gliela strinse rivolgendogli un sorriso, “Magari uno di questi giorni potremmo uscire, da soli.” aggiunse, alludendo a Sebastian che tirava la giacca di Blaine come un bambino.

“Si.” Forse rispose con troppa foga, tanto che John rise. “Mi farebbe piacere rivederti.”

“Ok, allora ti lascio il mio numero di telefono.” e gli passò un bigliettino. “Ora vai, sembra diventare impaziente.”

Blaine gli sorrise un ultima volta prima d’andare via e mettere il bigliettino in tasca, camminando accanto a Sebastian, stando attento che non gli cadesse addosso. Trovò Brittany a parlare con la stessa ragazza di quando l’aveva vista l’ultima volta e le andarono incontro. 

“Siete qui!” Li accolse lei con un sorriso, evidentemente non aveva bevuto molto.

“Si, Sebastian vorrebbe andare via.” 

“Ok, a me fanno male i piedi.” Lei sorrise a Blaine e poi camminò verso l’uscita e parlando sottovoce disse, “Adesso prendo sottobraccio Sebastian e prendiamo la macchina, poi ci fermiamo qui dietro e tu ci raggiungi?”

“Esatto.” Blaine fu sollevato di non volerglielo ripetere. “Andate.” Dopo averle sorriso si diresse alla porta sul retro. 

Aspettò fuori per una decina di minuti prima che la macchina si fermasse e lui salisse velocemente. Si sedette accanto a Sebastian, con difronte Brittany che li guardava. 

“Siete proprio una bella coppia voi due.” disse la ragazza quando Sebastian poggiò la testa sulla spalla di Blaine e si addormentò. 

 

*

Sebastian aprì gli occhi solo quando la macchina di fermò davanti casa, ma aveva talmente sonno  ed era talmente ubriaco da non riuscire a tenere gli occhi aperti né tanto meno a camminare da solo, così Blaine fu costretto a portarlo quasi di peso. All’ingresso c’era Amanda, una delle domestiche, che si occuppò di Brittany, conducendola alla sua stanza, mentre Blaine dovette portare da solo Sebastian fino in camera.

Lo privò solo della maglietta e della scarpe, poi lo lasciò cadere sul letto e lo aiutò a stendesi. L’aveva fatto così tante volte nell’ultimo mese che gli veniva quasi naturale e per lui aveva perso la magia dello spogliarlo. 

Blaine stava per andarsene quando Sebastian sembrò prendere un po’ di conoscenza. 

“Non hai voglia di rimanere?”

“No.” rispose secco il moro, mettendo i vestiti dell’altro piegati dall’altra parte di letto. 

“Come sei antipatico.” commentò passandosi una mano sugli occhi. 

“Quello di oggi è stato un errore che non si ripeterà.”

Sebastian sbadigliò, “Non intendevo far sesso.”

“Vorresti solo dormire?” Chiese Blaine ironico, facendo una piccola risatina.

Sebastian si girò di fianco, dandogli le spalle, “Non sarebbe male.”

Blaine rimase sorpreso da quelle parole sincere, Sebastian era troppo assonnato e brillo per riuscire anche solo a pensare una bugia. Vedendolo così indifeso non riuscì a resistere dal dargli delle domande, una volta tanto si sarebbe approfittato di lui. “Non avevi detto che stasera volevi fare tardi?”

“Ho cambiato idea quando stavi parlando con.. Coso..” rispose tra una pausa e l’altra. 

Blaine fece il giro del letto per guardarlo in faccia e vide che teneva gli occhi chiusi. Sorrise. “Eri geloso?”

“Un po’” balbettò appena. 

“Riguardo oggi.. Era solo una delle tue scemenze oppure..?”

“N - Non.. Lo so..” Sebastian stava quasi per addormentarsi davvero, il suo respiro era diventato ancora più lento e regolare e a malapena muoveva la bocca per parlare.

Blaine rimase un attimo a fissarlo, indeciso se chiederlo o meno, poi si avvicinò ancora un poco e sperando che non lo stesse imbrogliando e che quindi una volta fatta la domanda spalancasse gli occhi e facesse una delle sue scenate, sussurrò:“Chi è Jeremy?”

In risposta Sebastian sussultò appena, ma stava già dormendo profondamente.

Il moro decise di dirigersi in camera sua, dove si spogliò, indossò il pigiama, lavò i denti nel bagno accanto e poi, finalmente, si mise a letto senza però riuscire ad addormentarsi. 

Aveva troppi pensieri per la testa e troppi eventi  si erano accalcati in un solo giorno. Come poteva Sebastian non sapere quando stavano per fare sesso, se fosse serio o volesse solo giocare al suo solito? Per non parlare che aveva conosciuto John e che questi voleva rivederlo. 

Sentiva il bisogno di parlare di tutto questo con Elizabeth, ma ovviamente doveva chiedere scusa anche a lei. Il suo cervello doveva assimilare troppe cose in una volta sola. 

L’indomani sarebbe andato a trovarla e le avrebbe raccontato tutto, così lo avrebbe consigliato e magari dopo la nottata, le era anche passata un po’ di rabbia. E dopo aver preso quella decisione finalmente riuscì ad addormentarsi.



 

LOL

(No, non abbandonerò mai il WTF, lo amo troppo) 

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