A hand to hold.

di Ribes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** » Non voglio stringere la tua cazzo di mano. ***
Capitolo 2: *** » Odio tutti. Eccetto Frank. ***
Capitolo 3: *** » A disagio. ***
Capitolo 4: *** » Missione di ricognizione! ***
Capitolo 5: *** » Perché ti farò vedere che fai parte di questo. ***
Capitolo 6: *** » Ho cambiato idea, il prezzo era troppo alto. ***
Capitolo 7: *** » Scheletri nell'armadio. ***
Capitolo 8: *** » Non ne sono sicuro – sono spaventato o eccitato? ***
Capitolo 9: *** » Le azioni dicono più delle parole – soprattutto se le azioni sono sbagliate. ***
Capitolo 10: *** » Che il femslash si innalzi sul grafico! ***
Capitolo 11: *** » Altolà all'omosessualità – o almeno ci ho provato. ***
Capitolo 12: *** » Perché la tua mano sta così bene nella mia? ***
Capitolo 13: *** » Gelosia! ***



Capitolo 1
*** » Non voglio stringere la tua cazzo di mano. ***


 

A hand to hold.



 
Ripeto che questa è una traduzione presa da un sito di fanfiction inglesi, il cui link verrà postato alla fine dei capitoli. Attribuisco all'autrice originale la proprietà dei dettagli della trama, e a Rick Riordan la caratterizzazione dei personaggi. Specifico che si tratta della mia prima traduzione - quindi se trovate note stridenti ditemelo pure. Spero piaccia a voi come è piaciuta a me!





 
Anche sott’acqua, il trillo tagliente del fischietto gli trafisse le orecchie.
Uno di questi giorni ho intenzione di sostituire quella merda con un fischietto per cani, pensò Nico tornando in superficie.
L’umidità lo ricoprì come un abbraccio tiepido mentre inspirò profondamente quell’aria che puzzava di cloro. Nell’acqua, Nico si rilassò sulla schiena e chiuse gli occhi, ascoltando l’eco delle voci dei suoi compagni di squadra che rimbalzavano sulle pareti piastrellate della piscina, ma concentrandosi nel zittirne una in particolare, appartenente ad Annabeth Chase.
« Nico! Fuori dalla piscina! Riunione di squadra! » lo chiamò Annabeth lungo la piscina. « Hazel, puoi andare a prendere tuo fratello? Non riesce a sentirmi. »
Hazel si arrampicò fuori dalla piscina e strizzò i propri capelli bagnati. « Nico è cieco, non sordo. Uscirà, dopo un po’, » disse raccogliendo i capelli umidi in una crocchia.
« Semplicemente cominciamo senza di lui. Gli farò un breve riassunto in spogliatoio, » disse Percy mettendo un braccio attorno alla propria ragazza. « Frequentare il capitano della squadra mi rende secondo al comando, giusto? »
« In realtà, come responsabile della squadra, sono io seconda in comando. Ma dato che Frank mi porta a vedere film dopo scuola non vedrò Nico fino a cena, quindi non c’è problema. Comunque, mi potresti fare un favore? »
« Tutto per la mia matricola preferita, » disse Percy.
« Puoi accompagnare Nico a casa? » disse Hazel, incerta.
« Pensavo che Nico prendesse il taxi per andare a casa, » disse Percy confuso.
« Era così, ma da quando papà lo ha iscritto alla squadra con me torniamo a casa insieme tutti i giorni. Voglio dire, lui conosce la strada, ma mi preoccupo comunque, perché, be’… lo sai. Potrebbe accadere di tutto e non potrei vivere con me stessa se succedesse qualcosa perché ero via a divertirmi invece di badare a lui, » disse Hazel velocemente.
« Ooh. Capito. Nessun problema. Non vogliamo che venga travolto da una macchina o qualcosa di simile, » rise Percy.
« Chi viene travolto? » disse Piper arrampicandosi fuori dalla piscina.
« Nessuno, stanno scherzando e basta, » disse Annabeth, porgendo a Piper un asciugamano. « Ora che siamo tutti qui – be’, a parte Nico –, dobbiamo superare l’imminente torneo contro la Jupiter High. »
« Pensavo che il torneo fosse contro tutte le scuole del distretto, » disse Piper.
« Be’, lo è, ma il resto delle scuole non sono nulla di cui preoccuparsi. Ogni anno scendiamo in campo contro la Jupiter High, e ogni anni vincono loro grazie al loro capitano, Reyna Ramirez. Ma quest’anno le cose cambieranno, » disse Annabeth stringendo i denti.
« E cosa rende quest’anno diverso? » disse Nico, incrociando le braccia sul pavimento, mentre galleggiava accanto al bordo della piscina.
« Prima di tutto, io sono capitano di questa squadra da quando l’ultimo si è diplomato, e noi vinceremo perché abbiamo una squadra imbattibile grazie alle nostre due nuove matricole, » disse Annabeth con orgoglio, battendo la mano sulla schiena di Piper.
« Faremo meglio a vincere, dopo il tuo dannato regime d’allenamento. Mi sono fatta tre bottiglie di lozione questo mese appena passato, cercando di fare in modo che la mia pelle non si seccasse dopo tutto questo cloro, » disse Hazel.
« Oh, vinceremo. Quel trofeo è nostro, » disse Percy fiducioso.
« Be’, allora buona fortuna. Verrei a vedere voi ragazzi a nuotare, ma sapete… » Nico agitò una mano davanti al proprio viso con un ghigno, prima di arrampicarsi fuori dalla piscina.
« Be’, farai meglio a portarti dietro un libro o qualcos’altro, perché tu verrai in ogni caso, » disse Annabeth.
« A fare cosa? Ascoltare la gente che mi urla nell’orecchio? Lo sai che non nuoto nei tornei. Mi sono unito alla squadra solo perché mio papà mi sta iscrivendo a corsi extracurricolari per il curriculum del college. »
« Hai superato le selezioni, sei venuto per allenarti e hai eseguito il regime come tutti gli altri. Sei un membro della squadra sia se nuoti sia che non lo fai, perciò mi aspetto di vederti lì, » disse Annabeth fermamente.
« E se mi capitasse di non esserci? » disse Nico, strappando il polsino del proprio bastone da cammino dalle scale della piscina.
« Sei fuori dalla squadra, » disse Annabeth.
« Va bene. Qualunque cosa accada, » disse Nico freddamente, camminando di fretta verso lo spogliatoio.
« Crudele. I tornei dureranno metà giornata. Perché si deve presentare se poi non nuota? L’ultima volta ho visto che la staffetta è permessa solo a quattro membri della squadra, » disse Piper.
« Primo, Nico è un membro di questa squadra proprio come tutti quanti quindi non c’è ragione per cui non dovrebbe essere lì. Secondo, ogni membro della squadra deve essere presente, o, altrimenti, dovremo fare una penitenza. Le regole di quest’anno sono molto più severe, perché l’ultimo anno qualcuno ha tentato di sabotare un’altra scuola, » disse Annabeth.
« Che è successo? » domandò Piper.
Un lampo scuro balenò in Annabeth e la ragazza fissò la squadra per un attimo, come se stesse decidendo attentamente che frase dire. « Non importa, è passato e non accadrà mai più. In ogni caso, se qualcuno di voi si ferisce, o non può competere per qualsiasi ragione, lo vogliamo lì. Speriamo che non succeda, ma abbiamo comunque bisogno che Nico ci sia, non importa altro. La partita è questo venerdì, quindi cercate di starvene fuori dai guai per tre giorni e riposatevi molto. Capito tutto? » disse Annabeth.
« Signorsì capitano! » urlarono le due matricole.
« Non vi sento! » urlò Percy. di rimando.
« SIGNORSI’ CAPITANO! » urlarono tra le risate.
Annabeth e Percy scoppiarono a ridere insieme a loro.
L’ultima campanella dopo la scuola suonò. Il gruppetto si salutò e sfrecciò via, verso i rispettivi spogliatoi.
 

 
×

Percy entrò nello spogliatoio maschile per trovare Nico già vestito nella sua solita t-shirt a bande scure, logori jeans neri e una giacca da aviatore troppo grande per lui che riduceva la sua figura già piccola, rendendo Nico il primo scolaro metallaro del mondo. Era seduto sulla panca con gli auricolari, che esplodevano in qualche tipo di musica spazzatura mentre armeggiava con il proprio telefono.
« Nico, è suonata la campanella, » disse Percy, sfilandosi il proprio costume da bagno.
Ovviamente, Nico non mostrò alcun segno di averlo sentito e continuò a giocare col telefono. Con un sospiro, Percy legò un asciugamano attorno alla propria vita e scosse la spalla di Nico, sorprendendo il ragazzo e portandolo a cadere dall’altra parte della panchina, per il divertimento di Percy. Nico strappò gli auricolari via dalle proprie orecchie e lanciò un’occhiataccia alla direzione dove più o meno si trovava Percy qualche secondo prima, cosa che lui trovò ancora più divertente.
« Quello per cos’era?! Mi hai fatto prendere un infarto! »
« Scusa, bello. Non riuscivo ad attirare la tua attenzione con quelle cuffie. »
Nico sogghignò al commento. Come se non avessi sempre la mia attenzione, pensò.
« Aspetta, lascia che ti aiuti, » disse Percy. Allungò la mano per un attimo, ci ripensò, e prese entrambe le mani del ragazzo, alzandolo con disinvoltura.
« Mi potresti passare il telefono? L’ho perso e non ho davvero voglia di tastare il pavimento per trovarlo. »
« Oh, nessun problema, » disse Percy, afferrando il cellulare.
Nico sapeva perfettamente dove si trovava il telefono. Dopo essersi sfilato gli auricolari, in quello spogliatoio silenzioso lo aveva chiaramente sentito cadere sul pavimento più o meno a venti centimetri da lui. Ma Percy questo non lo sapeva. Quel cavolo di idiota non sapeva un sacco di cose, e ciò era esattamente il motivo per cui Nico provava tutto il piacere possibile nel giocare allo storpio bisognoso attorno al ragazzo. Dopotutto, a meno che Percy non fosse in modalità buon samaritano, sembrava quasi che Nico nemmeno esistesse per lui.
« Ecco, » disse Percy tendendogli il telefono.
Nico prese il cellulare, tentando di non far indugiare le proprie dita su quelle di Percy.
« Grazie, » disse Nico con calma.
« Oh, aspetta, posso usare il tuo telefono molto velocemente? Il mio è morto e ho bisogno di mandare un messaggio ad Annabeth, » disse Percy prendendo i propri vestiti.
Nico esitò per un secondo, e poi gli porse il cellulare.
« Grazie. »
Percy armeggiò con il telefono, e una voce robotica sbatté fuori il nome di ogni bottone che toccò. « Nico, che problema ha il tuo telefono? » disse velocemente, l’agitazione che cresceva mentre tentava disperatamente di manovrare il cellulare.
« Oh, è la modalità d’accesso per ciechi. Ecco, lascia che faccia io. Ci metterei troppo a spiegarti come usarlo, » disse Nico, la mano aperta in attesa del cellulare.
Percy esitò.
« Cosa c’è? Volevi scriverle qualcosa di sporco? » scherzò Nico.
« No! » rispose Percy, mentre una sfumatura rosea gli si insinuava sul collo. Semplicemente non voglio che tu sappia che Hazel mi ha chiesto di fare la babystter del tuo culo sulla strada per casa, sbuffò Percy nella sua mente mentre cominciava a vestirsi.
« Va bene, va bene. Qual è il suo numero? » disse Nico, sistemandosi una cuffietta e inserendo la presa nel cellulare.
Percy recitò il numero.
Ovviamente sapeva il numero della propria ragazza a memoria, ma la cosa irritava comunque Nico per qualche ragione. Onestamente Nico non sapeva nemmeno perché stava aiutando la sua cotta a organizzare un appuntamento, o qualsiasi altra cosa lui fosse intenzionato a scriverle. Tutto pareva organizzato contro di lui e ora il ragazzo si complicava la vita da solo.
Wow, ora non sono nemmeno più dalla mia parte, pensò Nico. « Afferrato, » disse ad alta voce.
« Dille solo che sarò occupato dopo la scuola, oggi, quindi non lo posso fare. »
« Non puoi fare cosa? »
Nico si pentì immediatamente di averlo chiesto. Più o meno mille scenari inondarono la sua mente, tutti quanti incentrati sull’essere di Percy e Annabeth la perfetta e felice coppia che erano.
« In realtà dimentica che te l’ho chiesto, » disse Nico velocemente, accendendo il proprio bluetooth braille per digitare rapidamente il messaggio. « Le dirò che il tuo cellulare è morto e stai usando il mio, nel caso provi a scrivere messaggi al tuo telefono o altro. »
« Buona idea, » disse Percy, ignorando il primo commento.
Dimentica che te l’ho chiesto. Cosa stava a significare, quello? Questo tizio pensava che l’unica cosa che lui facesse fosse nuotare e scopare Annabeth? Be’… in realtà non sembrava tanto male come affare, ma comunque. Stava cominciando a irritarsi sempre di più, e anche a diventare un po’ imbarazzato.
Dava davvero agli altri quel tipo di impressione? E se Annabeth pensava che quello era tutto ciò che lui voleva dalla loro relazione? E se Nico aveva ragione? Al diavolo se a lui stava bene, chi lo sapeva cosa pensava Annabeth. Dio, ora tutto quello che voleva era andare a vederla e assicurarsi che Annabeth sapesse che lui amava tutto di lei. L’ultima cosa che voleva fare era portare a casa il fratello di Hazel come se avesse bisogno di un dannato accompagnatore ovunque andasse. La ragazza non aveva detto che lui conosceva la strada per casa? Percy stava per dire a Nico di cancellare il messaggio e per cambiare piani, quando improvvisamente ricordò un’altra cosa che Hazel gli aveva detto.
Potrebbe accadere di tutto, e non potrei vivere con me stessa se-
Percy scosse la testa terminando lì il pensiero. Giusto. Glielo aveva già promesso e non poteva deluderla in quel modo. Ancora peggio, se fosse accaduto qualcosa a Nico sarebbe stato perché lui era stato egoista, e nonostante quel tizio gli dava sui nervi, Percy metteva sempre i suoi amici al primo posto.
« Percy! » urlò Nico.
« Huh? Che c’è? » chiese Percy, uscendo improvvisamente dai propri pensieri.
« Dio, e io che pensavo che Hazel fosse con la testa tra le nuvole. Mi ha risposto dicendo che ha riorganizzato alla stessa ora domani, e vuole che tu le dica quando ricarichi il cellulare. Va bene? » disse Nico, afferrando lo zaino.
« Grazie, » disse Percy rapidamente, indossando la maglietta. Non poteva perdere Nico in corridoio, perché non conosceva la strada per casa sua.
« Va bene allora, ci vediamo, » disse Nico, sistemandosi il polsino del bastone al braccio.
« In realtà sono già vestito, » mentì Percy. Aveva indosso solo una canottiera sottile, i pantaloni erano ancora sbottonati, e non portava le scarpe. Era una buona cosa che Nico fosse cieco, ma se non lo fosse stato, non avrebbe dovuto accompagnarlo a casa, innanzitutto.
« Oh. Okay, allora, » disse Nico.
Mentre Nico si avviava verso le porte della palestra, i passi dei piedi di Percy erano irregolari e uscivano in brevi scoppi, come se lui si fermasse ogni pochi centimetri e si affrettasse poi a raggiungerlo.
« Stai bene? Cammini in modo strano. Ti sei ferito l’anca o roba del genere? » disse Nico.
Cazzo, pensò Percy. « I-io ho dimenticato di allacciarmi le scarpe, » disse ad alta voce.
E per la maggior parte non stava mentendo; si stava allacciando la scarpa. E indossando l’altra. E allacciando la cintura. E provando a mettere una maglia attraverso la quale non si vedesse niente.
« Se vuoi ti aspetto. Non ho esattamente fretta, sai, » disse Nico.
Nonostante le circostanze fossero strane, Nico era euforico di spendere più tempo con Percy.
« Grazie, » rise Percy nervosamente. Grazie a Dio, pensò.
Percy indossò rapidamente il resto dei propri vestiti mentre Nico giocava distrattamente con il cellulare.
« Fatto. »
Ci ha messo un po’, pensò Nico.
Gli si presentò improvvisamente l’idea che Percy potesse essere stato in mutande e avesse sistemato non solo le scarpe. Per quale motivo voleva stare con lui con tale forza? Di solito saettava fuori dallo spogliatoio senza niente più di un veloce “Ehi” per riempire il silenzio imbarazzante che si sentiva sempre tra i due. E se…
Nico scosse immediatamente via il pensiero dalla testa.
Sì, certo, come se fosse quella la ragione per cui gli stava intorno. Pensare minimamente che Percy Jackson potesse mai avere una cotta per lui. In un milione di anni. Nico si affrettò verso le porte della palestra anche se non aveva alcuna fretta. Improvvisamente non voleva più essere in compagnia di Percy Jackson, e tentò di piantarlo in asso. Fortunatamente per Percy, l’intera scuola sapeva che Nico era cieco e, dal momento che il ragazzo spuntava come un dito dolente, le piccole folle che stavano intorno alla scuola si dividevano come il Mar Rosso per lui ovunque egli andasse, lasciando un chiaro sentiero che Percy poteva seguire con discrezione.
« Pensavo che non fosse di fretta. Perché si sta muovendo così velocemente? » brontolò Percy a fiato corto.
In poco tempo erano fuori e camminavano lungo il marciapiede di un’ampia strada accerchiata da varie grandi abitazioni ad entrambe le parti, davanti a cui stava un prato delle dimensioni di un piccolo parco giochi.
E’ qui dove vive? Non sapevo che il ragazzo fosse ricco, pensò Percy rivolto a se stesso mentre camminava distrattamente.
Dopo qualche minuto di camminata il sole uscì da dietro le nuvole e cominciò a battere sopra i due. Nonostante Nico sembrasse impassibile nonostante la sua grande giacca, gocce di sudore si formarono sulla fronte di Percy mentre quello arrancava. Quanto distante è questa cavolo di casa?, pensò.
Più Percy si soffermava sul pensiero, più caldo sentiva sotto il sole che lo rendeva ancora più irritabile mentre marciava avanti, mugugnando quanto Hazel fosse in debito con lui per questo ridicolo favore. Nico stava bene e basta! Cosa sarebbe potuto accadergli in quel cazzo di super vicinato? Travolto da una Lamborghini? Attaccato da un chihuahua delinquente? Percy rise pensando ad ancor maggiori incidenti spiacevoli quando, improvvisamente, quello che sembrava il pezzo di un tubo di plastica lo colpì sulla parte posteriore della testa con la forza di un’altalena di pastella.
« AHIA! » esclamò Percy.
« Chi sei tu e perché mi stai seguendo!? » gridò Nico, stringendo il proprio bastone da passeggio come una mazza.
« Cazzo, Nico, sono io. Che diavolo stai facendo? » urlò Percy, sfregandosi il capo.
« Cosa diavolo sto facendo io? Perché diamine mi stai seguendo? L’ultima volta che ho controllato vivevi dall’altra parte della città! » gridò Nico in risposta.
Merda, pensò Percy.
Nico non aveva tutti i torti. Percy viveva dall’altra parte della città, e non aveva detto niente a Nico riguardo al fatto che sarebbe andato a casa con lui.
« I-io… uh, Hazel mi ha chiesto di prenderle una cosa, » disse Percy, sputando la prima cosa che gli venne in mente.
« Cosa? » disse Nico aggressivamente, mentre la sua espressione si trasformava in un cipiglio minaccioso.
« Lei, uh… aveva bisogno di una cosa. Roba da ragazze, » balbettò Percy, pentendosi amaramente di aver tirato fuori il suo nome.
« Ehi, Percy, tu lo senti? » disse Nico, portando una mano all’orecchio.
« Sento cosa? » disse Percy, chinandosi.
« E’ il suono… di una FOTTUTISSIMA STRONZATA CHE ESCE DALLA TUA BOCCA, » urlò Nico, spintonando la schiena di Percy. « Perché sei qui in realtà?! »
« Non sto mentendo! »
Il viso di Nico si contorse in un cipiglio sospettoso, mentre cominciava a pensare a qualsiasi possibile ragione per cui Percy Jackson dovesse in alcun modo seguirlo verso casa. Solo all’Inferno Hazel si sarebbe dimenticata qualcosa a casa prima di un appuntamento. Se c’erano due cose al mondo per cui lei non avrebbe mai smesso di agitarsi, quelle erano il suo ragazzo e suo fratello maggiore, e quello fu il momento in cui la risposta gli si sbatté contro.
« Ti ha detto di accompagnarmi a casa, o no? » disse Nico, con furia silenziosa nella voce.
« Cosa? N-no, lei- » cominciò Percy.
« SI’, LO HA FATTO! » urlò Nico.
« E allora? Me lo ha chiesto, okay!? Hazel si prende semplicemente cura di te! » gridò Percy in risposta.
« Oh mio Dio! » Nico fece un passo indietro e si passò una mano fra i capelli, cercando di contenere la rabbia. « Non sono un fottuto bambino! Solo perché sono cieco pensano tutti che io sia una specie di storpio indifeso! »
Ora Percy stava cominciando a preoccuparsi. Non aveva mai visto Nico così arrabbiato, e una piccola parte di lui stava già pensando a cosa fare se l’altro avesse cominciato ad agitare quel bastone da passeggio un’altra volta.
« Nico, calmati, » disse Percy afferrandogli una spalla.
« Vattene via da me! » gridò Nico spingendolo via. Il ragazzo afferrò il proprio zaino da terra e cominciò a correre lungo la strada.
« Nico, aspetta! » urlò Percy, correndogli dietro. In poco tempo Nico aveva superato la linea di suddivisione e stava puntando dritto verso una strada senza segni di stop, il traffico a senso unico che usciva dall’autostrada.
« NICO, FERMATI! » gridò Percy scagliando via il proprio zaino.
« Lasciami da s- »
Nico si era fermato, quando un’auto con eccesso di velocità squillò il clacson, senza alcun punto in cui virare. Il suo cuore si fermò e il tempo parve rallentare. Il rumore del traffico e delle urla era distante, e ciò significava che era corso fuori dalla suddivisione senza rendersene conto. Il suono del clacson era probabilmente a meno di quattro metri da lui, e stava per essere investito da un’auto perché non sapeva vedere, o pensare, se era per questo.
Morirò, pensò Nico.
Quello, e così tanti altri pensieri, arrivarono insieme tutti in una volta così velocemente da fargli avere un capogiro.
Non avrò mai più la possibilità di nuotare.
Non avrò mai la possibilità di andare al college.
Papà riceverà una chiamata a lavoro in cui gli diranno che suo figlio è morto.
Non avrò mai più la possibilità di vedere Hazel. Oh, Dio, Hazel piangerà per settimane.
Il mio corpo schizzerà roba dappertutto come la carcassa di un animale.
L’ultima cosa che Nico ricordò fu sentire il suo nome venire urlato da nient’altro che Percy Jackson.
Non gli ho mai detto quello che provavo, e l’ultima cosa che ho fatto è stata colpirlo con il bastone da passeggio.
Un piccolo sorriso strisciò nell’angolo della bocca di Nico e, con un terribile impatto che lo scagliò a vari centimetri a lato, ogni cosa si trasformò in un mortale silenzio.



 

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Capitolo 2
*** » Odio tutti. Eccetto Frank. ***


 
A hand to hold.
 

 
Questa volta ho aggiornato in fretta, dato che il capitolo era piuttosto breve e ci trovavamo intorno al weekend. In questa fanfiction Frank è assolutamente adorabile, arrivo quasi ad amarlo - wow, io che non lo sopporto nel libro! Che sorpresa!
E che sorpresa le otto recensioni, le dodici seguite, uno ricordate e cinque preferite *^* Mi rendete fiera del mio lavoro di traduzione!
Il prossimo capitolo presenterà più fatti piccanti. E... per la Jasico dovrete aspettare un po', mentre la Reyper si avvicina.
(Questo capitolo ha una buona quantità di Frazel. Enjoy it!)


 
P.s.: Buon compleanno Percy Jackson. 





 
« Cosa succede se non si sveglia? Potrebbe essere in coma o chissà che cosa! Che cosa dirò a papà!? » disse Hazel.
Hazel?, pensò Nico.
Il ragazzo provò a pensarci su, ma la sua testa stava pulsando tanto forte che quasi si riaddormentò nuovamente, e c’era così disgustosamente caldo lì, ovunque fosse. Vi era una specie di peso su di lui che gli rendeva difficile muoversi, e ogni volta che ci provava scivolava di nuovo dentro questa stasi di dormiveglia. Aprì la bocca per parlare, ma ne uscì, al contrario, un respiro traballante.
« Hazel, calmati. Sono quasi sicura che sia semplicemente svenuto. Nico starà bene, » disse Annabeth con voce rassicurante.
Annabeth? Perché Annabeth e Hazel stanno parlando di me? Dove mi trovo? I pensieri di Nico turbinarono insieme in tanta confusione che la sua testa gli fece ancor più male.
« Che mi dici di quell’enorme taglio sulla sua fronte? Dovranno cucirgli dei punti! » sbottò Hazel.
« Be’… quando l’ho caricato qui non c’era esattamente dell’erba soffice su cui posarlo, ma mi sono graffiato anche io, quindi non morirà, » disse Percy.
« Sì, che importa! Questa è comunque colpa tua! » sputò Hazel in risposta.
« Che cosa!? » dissero Annabeth e Percy insieme.
« Hazel! Percy ha salvato la vita di Nico! E’ lui quello che ha chiamato tutti e lo ha trasportato qui, » disse Frank.
Dopo un pesante singhiozzo, Hazel si lasciò cadere sul divano e si prese la testa fra le mani. Frank si spostò un po’ più vicino a lei e la circondò con un braccio.
« M-mi dispiace. E’ solo… sono solo preoccupata. Grazie, » singhiozzò Hazel.
« In realtà è questo il motivo per cui Nico è corso via, innanzitutto. Ha detto che era stanco di venire trattato da tutti come uno zoppo incapace, » disse Percy con un pizzico di senso di colpa nella propria voce.
Udendo questo, la memoria di Nico tornò tutta nello stesso momento. Quella era colpa di Hazel. Lei era stata quella che aveva mandato Percy, tra tutte le persone possibili, a osservarlo, perché pensava che Nico non sarebbe stato capace di attraversare un paio di isolati verso casa. Certo era l’unica ragione per cui a Percy sarebbe mai importato di andare in giro con lui. E perché Annabeth era lì? Come se a lei importasse di lui comunque. Perché avrebbe dovuto? Improvvisamente, Nico si trovò furioso con tutti per ragioni che non riusciva a spiegare. Era così pieno di un terribile insieme di rabbia, autocommiserazione e gelosia, che non gli fregava nemmeno più da dove venivano fuori i suoi sentimenti.
« Hazel, » borbottò Nico, spingendo via il peso da lui, che a quanto pareva era una pila di coperte. « Perché mi hai messo addosso tutte queste coperte? Non sono assiderato, sono svenuto, » sibilò.
Nico calciò via il resto delle coperte e si sedette sul… divano? Ne sentiva un braccio alla sua lontana sinistra, e vi erano scuciture tra i cuscini, una in mezzo particolarmente larga e familiare. Si trovava a casa, in salotto, sul divano lungo.
« Nico, tutto okay? » disse Hazel, la voce piena di ansia, come al solito.
« Sto bene, » disse Nico tra i denti.
Provò ad alzarsi, ma troppo velocemente. Troppo presto. Nico improvvisamente si sentì come se fosse in un ascensore che barcollava per poi arrestarsi. Subito dopo capì di stare cadendo, ma qualcosa… no, qualcuno, lo afferrò.
« Fai con calma, bello. Tutto bene? » disse Percy.
Ovvio.
Avrebbe preferito cadere a faccia in giù sul pavimento piuttosto che essere salvato da lui. Di nuovo.
« S-sì, » disse Nico con calma, appoggiandosi a Percy.
Nico si strinse all’avambraccio del ragazzo, ma quando le sue dita sfiorarono la pelle di Percy, qualcosa pareva non quadrare. Era troppo morbida, e tenera, quasi fredda. I muscoli inferiori si tesero quando Nico fece correre le dita lungo questa pelle sottile, finché Percy finalmente urlò dal dolore, quando l’altro toccò qualcosa di bagnato.
Il cuore di Nico si fermò per un secondo.
Portò le dita al naso e le annusò. Ferro. Era il sangue di Percy sulle sue dita. Quando il ragazzo aveva detto che si era “graffiato” non aveva menzionato un pezzo enorme di pelle strappato via quando avevano colpito il pavimento.
« Nico, stai tremando, » disse Percy.
Nico si scostò via cercando qualcosa a cui aggrapparsi, fino a che non colpì il muro.
« M-mi dispiace così tanto. E’ colpa mia se ti sei- I-io non intendevo- » balbettò Nico.
La testa gli girava ancora. Era troppo. Anche se non poteva vedere, sentì improvvisamente gli occhi di tutti su di sé. Nico strisciò lungo il muro e corse via sulle scale, verso camera sua.
« Nico! » disse Hazel facendo per inseguirlo, ma Annabeth le afferrò una spalla.
« Dagli un po’ di spazio, Hazel. Quando sarà pronto, parlerà, » disse.
Hazel voleva replicare, ma lo sguardo furioso negli occhi grigio acciaio di Annabeth la fermò.
« Si tratta di una situazione delicata. Siamo tutti arrabbiati, feriti e stanchi. E’ ora di riposare, » disse Annabeth con decisione.
« Va bene, » disse Hazel placidamente.
Il viso di Annabeth si rilassò quando la ragazza strinse Hazel in un abbraccio.
« Andrà tutto bene. Nico non è un bambino, e gli stai facendo più male che bene preoccupandoti così tanto, » disse Annabeth gentilmente accarezzando il capo di Hazel.
Hazel rispose portando le braccia intorno alla vita della ragazza più grande e affondando il volto nel petto della bionda.
« S-scusami, è solo che- » gemette.
« Non sono la persona con cui dovresti scusarti, ma possiamo fare pratica fino a quando non saprai cosa dire. Che ne dici? » disse Annabeth.
Hazel annuì nel petto di Annabeth. Quella lanciò uno sguardo al proprio ragazzo, e Percy capì.
« Ci vediamo dopo, » sussurrò il ragazzo schioccando un bacio sulla guancia ad Annabeth. Lei annuì, lo sguardo fisso sul braccio di Percy mentre lui usciva.
« Sì, ci darò un’occhiata, » mormorò il ragazzo con quel sorriso spensierato che era la sua firma e che le riscaldava sempre il cuore.
Con un pugno contro pugno a Frank e un ultimo, finale addio, Percy se n’era andato.
« Frank, puoi portare a Nico il suo bastone da cammino? Ne ha bisogno, e penso tu sia l’unico con cui ora potrebbe parlare, » sussurrò Annabeth.
Frank annuì, prese il bastone e si affrettò su per le scale.

 
×

Nonostante sembrasse egoista, Frank in realtà era contento per l’opportunità di avvicinarsi a Nico. Voglio dire, avrebbe preferito che la situazione fosse stata migliore, ma prendeva quello che c’era. Frank amava Hazel, ed era chiaro che Hazel amava suo fratello.
Se non un po’ troppo, pensò Frank fra sé e sé.
Ad ogni modo, avere buoni rapporti col fratello di Hazel era la sua prima priorità, ma oltre a quello, era onestamente curioso di sapere cosa rendeva il ragazzo così speciale. Avrebbe mentito se avesse detto che non era geloso di come Hazel impazziva per suo fratello. Ogni volta che i due andavano al centro commerciale, era tutto un A Nico questo starebbe d’incanto, Nico lo amerebbe completamente, Nico non è nemmeno qui ma per qualche ragione sto facendo più compere per lui che per entrambi noi due.
Frank roteò gli occhi al ricordo.
Voglio dire, la maggior parte dei parenti litigava senza fine, o almeno in misura ragionevole, ma fino a quel giorno non aveva mai sentito Hazel lamentarsi di suo fratello nemmeno una volta. Da quando l’aveva incontrata, lei era sempre stata questa sorella esageratamente adorante, anche prima che Nico diventasse cieco in quell’incidente d’auto qualche anno prima. Ora che ci pensava, era stato solo in seguito ad esso che lei aveva cominciato a preoccuparsi di Nico, come se fosse stato mortalmente ferito o roba simile.
Prima la ragazza si comportava come se lui fosse praticamente invincibile.
E fu con quel pensiero finale che Frank si presentò alla porta della camera da letto di Nico.
C’era un orsacchiotto carino di colore opaco seduto fuori da essa, ma era consumato da anni di utilizzo e gli angoli avevano cominciato a logorarsi.
Probabilmente un regalo di Hazel quando erano più piccoli, pensò Frank.
Era abbastanza dolce come lui usava ancora un regalo così imbarazzante perché era stata sua sorella a regalarglielo.
Forse Nico è un bravo ragazzo, dopotutto.
Frank bussò alla porta.
« VATTENE! » urlò Nico.
O forse no…, pensò Frank.
« I-io avevo solo intenzione di portarti il tuo bastone da passeggio. Pensavo che lo avresti voluto indietro, » disse Frank, la voce quasi spezzata dalla paura.
Dopo un secondo, la porta si aprì e Nico vi comparve nel mezzo.
« Scusa. Pensavo fossi… Ho solo la luna storta, » disse Nico bruscamente.
Tra loro cadde uno spiacevole silenzio.
« Tieni, » disse Frank ponendo il bastone in mano a Nico.
« Grazie, » disse Nico con un piccolo sorriso.
Be’, ora so da dove Hazel ha preso il proprio sorriso. Il tipo dovrebbe sorridere più spesso, pensò Frank.
« Oh, comunque, hai lasciato una delle tue giacche qui, tipo un mese fa. Spero che non ti dispiaccia se l’ho abbastanza usata da quando ho perso la mia giacca leggera, perché quella da aviatore diventa particolarmente calda d’estate. Meglio che te la ridia, prima che finisca per rubartela del tutto, » rise Nico.
E anche ridere più spesso, pensò Frank.
Nico era davvero molto più avvicinabile quando era rilassato in quel modo, invece che riservato e distante come al solito. Frank lo seguì nella stanza, che fu una sorpresa per quanto riguardava l’aspetto. Invece della classica stanza disordinata di un adolescente metallaro che si aspettava, il luogo pareva più come un ufficio con arredamento elegante, uno stile di decorazione più maturo e nessun tipo di confusione visibile. Il letto era fatto, ad eccezione per dei cuscini disordinati e una piega sulla coperta su cui Nico era probabilmente sdraiato pochi minuti prima. C’era anche una grande quantità di manifesti, simili a quelli che potevi trovare in un negozio – probabilmente trenta o più poster. Quello davanti a lui mostrava una band che non conosceva, ma l’estetica quadrava con qualcosa che Nico avrebbe potuto ascoltare. Immagini di famiglia, di amici e di luoghi coprivano le parti delle pareti che non erano occupate da stampe artistiche.
Il ragazzo trovò una particolare e spassosa foto che ritraeva una più giovane e graffiata Annabeth che stava a cavalluccio su di un ancora più giovane Nico (che appariva solamente malmenato mentre indossava una scarpa sola), con Percy si trascinava dietro, ansimando nel trasportare tre zaini. Erano tutti abbronzati e vestiti in una specie di uniforme da campo, con t-shirt di un brillante arancione fosforescente. L’immagine era sfumata per un leggero movimento, come se fosse stata scattata da qualcuno che non sapeva usare una fotocamera; e nonostante questo, la foto catturava perfettamente il momento.
Vi erano svariate altre foto sul muro simili a quella, tutte incentrate sui tre allo stesso campo, sempre un po’ più cresciuti, ed ogni foto aveva lo stesso stile di cattura come se fosse stata presa dalla stessa persona. Oltre alle foto del campo, la maggioranza delle immagini pareva essere di Hazel, e Frank trovava la cosa dolce. Una in particolare catturò la sua attenzione; trovò una Hazel molto più piccola ma sempre adorabile in un vestito estivo giallo, che stava avvinghiata al fratello maggiore in un abbraccio, mentre si trovavano su una spiaggia. Molto probabilmente era stata scattata durante una vacanza di famiglia, ma c’era anche un’altra ragazza nella foto che somigliava davvero molto a Nico, con un sorriso rilassato, le cui braccia stavano intorno a entrambi loro due.
E lei chi è?, pensò Frank.
« Ecco, » disse Nico apparendo improvvisamente dietro a Frank.
La felpa era pulita, sapeva di ammorbidente ed era ordinatamente piegata.
« In realtà puoi tenerla. Ne ho un sacco a casa comunque, » disse Frank.
Ad essere onesti Frank si era dimenticato della giacca, e dal momento che Nico non ne aveva una più leggera avrebbe preferito regalargliela.
« Davvero? Grazie, » disse Nico sistemandola in un armadio prima di sedersi sul proprio letto. « E’ così grande e confortevole, non ho dubbi sul perché Hazel ti ruba sempre le giacche. »
« Ed ecco perché ne ho così tante, » disse Frank.
Risero entrambi, e l’atmosfera divenne naturale e sciolta.
« Mi piace davvero camera tua, ma, senza offesa, sono abbastanza sorpreso da come sia pulita. Tipo che mia nonna ti darebbe una medaglia d’oro o qualcosa del genere, » disse Frank.
« Mai presa. E’ solo che per me è più semplice se tutto è organizzato, perché faccio fatica a cercare la roba che si perde, » disse Nico.
« Ha senso, » disse Frank pensieroso. « Se non ti da’ fastidio che lo chieda, è complicato… sai, vivere la vita senza essere abile nel vedere? »
Frank si preparò a vedere Nico scattare via da lui, ma con sua sorpresa l’altro accolse la domanda, sembrando quasi contento dell’interesse.
« In realtà no. Riesco ancora a cucinarmi il cibo e a farmi il bucato come al solito. Ho ancora lo stesso telefono, anche se uso la modalità d’accesso per ciechi. C’è un sacco di altra tecnologia che mi aiuta a fare cose tipo il gps sul cellulare – così so dove sto andando. Imparare il braille è stato difficile, ma solo perché sono una merda a memorizzare la roba. A essere onesto, la parte più difficile sono le altre persone che si comportano come se non sapessi fare niente. »
Il viso di Nico si scurì, e il ragazzo sembrava quasi voler colpire Frank, così come minor precauzione il ragazzo si sedette vicino a lui e giocherellò con la zip della propria giacca.
« Hazel stava solo provando ad aiutarti. Voglio dire, ha sbagliato, non avrebbe dovuto chiedere a Percy di tenere un occhio su di te così, ma lo ha fatto solo perché a te ci tiene, » disse.
Nico cadde sulla schiena e sospirò.
« Lo so. Ma è solo più irritante quando lo fanno tutti. Ogni giorno. Tutti insieme. Ovunque io vada è esattamente lo stesso, e sono stanco. In più ho altra roba addosso che mi sta davvero infastidendo, quindi non posso tollerare fatti simili adesso, » borbottò Nico.
« Tipo cosa? » disse Frank.
« Eh. Solo semplice roba da ragazzi, » disse Nico velocemente.
A Nico piaceva Frank. Era un ragazzo fantastico ed era contento che sua sorella stesse con qualcuno così simpatico, ma non era così intimo con lui. E comunque, come se essere gay e avere una cotta per un amico d’infanzia che è praticamente innamorato di un altro dei tuoi amici d’infanzia fosse “semplice roba da ragazzi”. Era tutto troppo strano e complicato, e Frank era una delle poche persone con cui Nico poteva parlare senza preoccuparsi di venire coccolato. Non voleva perdere tutto questo spaventandolo, così era meglio se non sapeva niente, proprio come qualsiasi altro.
Uno sguardo a Nico, e Frank poté dire che il ragazzo non ne voleva parlare.
« Be’, se vorrai mai farti una chiacchierata, sono qui, » disse Frank alzandosi. Anche Nico lo fece, facendo correre il dito lungo la scucitura del lenzuolo.
« Grazie, » sorrise.
Frank fece per avviarsi verso la porta, ma si voltò, per dare a Nico un abbraccio da orso che quasi spezzò in due il ragazzo.
« Quello per cos’era? » rise Nico.
« Sono solo felice di avere davvero un cognato fantastico, » disse Frank allegramente.
« Woah, calma, non sono tuo cognato, » disse Nico.
« Non ancora, » ghignò Frank. « Ci vediamo dopo, fra’. »
E con ciò Frank lasciò la stanza, chiudendo placidamente la porta dietro di sé.
Nico tornò al proprio letto e portò le braccia dietro alla testa.
« Ho sempre desiderato un fratellino, » disse pensieroso. « Immagino dovrò semplicemente accontentarmi di questo idiota. » Il ragazzo sorrise tra sé, prima di addormentarsi.
 
 

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Capitolo 3
*** » A disagio. ***


 
 
A hand to hold.




Mi scuso se questa volta ci ho messo di più ad aggiornare, nonostante anche questo capitolo sia piuttosto breve. Vi garantisco che il prossimo è più lungo, più interessante e non è dal punto di vista di Nico né lui vi compare... e verrà introdotta una certa coppia interessante. c;
Io amo Annabeth, l'ho sempre amata e la ammiro molto, e come anche l'autrice originale ci tiene a far sapere ai suoi lettori, qui non è lei la cattiva. Non sono sicura ci sia un cattivo, in realtà, lol.
Ad un certo punto del capitolo viene nominato un pigiama in stile Rilakkuma: si tratta di una personaggio giapponese dalle sembianze di un adorabile orsacchiotto ocra. Ecco perché Nico ne è tanto imbarazzato, lol.
(Grazie alle otto preferite, una ricordata e diciotto seguite, vi amo e anche l'autrice originale lo fa :*)








« Uh, ehi, » disse Nico, non sicuro di cos’altro dire.
« Ehi, » disse Annabeth.
Dopo un breve silenzio, Nico parlò.
« Quindi… uh, perché sei in casa mia alle una di notte? » disse.
Il ragazzo spostava il peso da un piede all’altro, a qualche centimetro di distanza da lei, dopo essersi scostato rapidamente da un abbraccio. Quando aveva sentito qualcuno rovistare nel frigo aveva pensato fosse Hazel che si faceva uno spuntino di tarda notte, non Annabeth, di tutte le persone possibili.
« Hazel era abbastanza in furie, ieri, così ho pensato che avrebbe apprezzato un po’ di compagnia, ma non penso che vostro padre avrebbe approvato se Frank avesse passato la notte con lei, così l’ho fatto io, » disse Annabeth con noncuranza, aprendo una Fanta. « Spero non ti dispiaccia se mi cucino qualcosa. »
« Oh, no, va bene. E, uh, grazie per essere stata con Hazel, » disse Nico.
Un altro silenzio cadde fra loro.
Dio, questo è imbarazzante, pensò Nico, pentendosi innanzitutto di essere sceso. Ma stava morendo di fame. Non mangiava dal pranzo dell’altro giorno, e credeteci o no, un’esperienza di tale vicinanza alla morte procurava un certo appetito.
« Affamato? » disse Annabeth, come leggendogli la mente.
« Abbastanza.»
« Se ti va una colazione notturna, stavo facendo un’omelette. Ne farò una anche a te. »
« C-certo. »
Nico sedette allo sgabello accanto al bancone, facendo correre il dito lungo la cucitura della propria camicia da notte. Gli venne improvvisamente in mente che indossava unicamente boxer ed una camicia da notte di Rilakkuma troppo grande per lui, che gli arrivava a metà coscia. Anche quello un altro imbarazzante regalo da Hazel di un paio di anni prima, che esigeva loro avessero pigiami abbinati allo stesso tempo; ma la maglietta era davvero confortevole, così il ragazzo continuava ad indossarla, sia ora che a quei tempi. Probabilmente gli dava l’aria di un bambino di tre anni, cosa che sarebbe stata mortificante in qualsiasi occasione, ma il fatto che fosse Annabeth a vederlo in quello stato rendeva le cose ancora peggiori.
« Quindi, chi ti piace? » udì Nico.
« Cosa!? » quasi gridò lui.
« Cosa ti piace? Sai, sulla tua omelette, » corresse Annabeth, leggermente confusa dalla sua improvvisa reazione.
« Oh. Uh, immagino che qualsiasi cosa vada bene. »
Anche solo esserle intorno era difficile, e per qualche ragione la ragazza portava sempre alla sua mente pensieri che sarebbe stato meglio non approfondire. Come il fatto che gli piacesse qualcuno che non avrebbe mai potuto avere. Come quel qualcuno fosse perdutamente innamorato della propria ragazza. E come quella ragazza fosse perfetta in ogni forma, ed questo era esattamente il motivo per cui Nico non la sopportava.
Alcune persone pensano che solo perché una ragazza o un ragazzo è gay, non può dire quando il sesso opposto ha un bell’aspetto.
Nel caso di Nico, ciò non poteva essere più sbagliato.
Prima dell’incidente, quando riusciva ancora a vedere, che gli piacesse o no ogni volta che guardava Annabeth il suo stomaco si contorceva in presa a una strana forma di gelosia, perché Annabeth non era solamente di bell’aspetto. Era assolutamente meravigliosa.
I lunghi capelli biondo sporco le cadevano lungo le spalle in onde delicate che incorniciavano il suo volto nel modo migliore. La bocca era in un perenne e cosciente mezzo ghigno che stava davvero troppo bene con lo spensierato sorriso di Percy. E quando guardavi nei suoi occhi illeggibili, l’unica cosa che trovavi era uno sguardo che esprimeva qualcosa tipo potrei essere una modella selvaggia, o potrei prenderti a calci in culo, o entrambi. Possedeva un corpo lungo e atletico, voti perfetti, ragazzo perfetto, tutto perfetto. Nonostante fossero passati due anni da quando l’aveva vista in volto l’ultima volta, Nico sapeva che era semplicemente divenuta ancora più aggraziata, e ciò aumentava e basta la sua irritazione.
« Hai perso l’appetito o cosa? » disse Annabeth, la voce molto più vicina.
Era seduta vicino a lui.
« Huh? » disse Nico, balzando via.
« Ti ho messo il piatto in mano ma non hai mangiato niente. »
« Quando hai finito di cucinare? » disse Nico.
« Un po’ di minuti fa. Le uova non portano via tanto tempo, sai, » rise Annabeth.
« Oh. »
Nico sentiva il piatto liscio sotto la propria mano. Non lo aveva nemmeno notato.
« Immagino stessi solo fantasticando, » disse Nico.
« Sembri farlo un sacco quando ci sono io, » disse Annabeth tranquillamente.
Nico si lasciò sfuggire un imbarazzato mezzo sospiro mezza risata, e cominciò a tastare il tavolo alla ricerca di una forchetta, fino a che la mano di Annabeth non trovò la sua e gliene passò una tra le dita.
« Grazie, » disse Nico.
Raccolse un paio di uova con la forchetta, esitando un secondo prima di metterle in bocca. Erano deliziose. Ovviamente.
« Ti piacciono? » disse Annabeth.
Nico sentiva gli occhi di lei su di lui mentre masticava.
« Sono perfette, » disse. Proprio. Come. Te., pensò.
« Grazie. Sono felice ti piacciano. »
Mangiarono entrambi in silenzio per un secondo.
« Nico, posso chiederti una cosa? »
No. Non puoi. Non chiedermi niente. Vai a casa, Annabeth. Mi stai facendo sentire a disagio. Penso che il tuo ragazzo sia figo e questo può solo finire male. Per favore non interagire mai più con me, pensò Nico. « C-certo, » disse ad alta voce.
« Scusa se non è il modo giusto per dirlo, ma ho come la sensazione che tu mi odi, » disse Annabeth.
Cazzo, Annabeth, no. Basta. Da quand’è che leggi la mia fottutissima mente? Non penso che Percy sia figo, era uno scherzo, ansimò Nico nella propria testa, in preda al panico. « C-cosa ti dà quest’idea? I-io non ti odio. Come potrebbe odiarti qualcuno? » disse ad alta voce. Ma davvero, come potrebbe odiarti qualcuno?, pensò.
« Oh, un sacco di gente mi odia, » disse Annabeth in tono di difesa.
« Tipo, chi? » la derise Nico.
« Ragni. I ragni mi odiano, » disse Annabeth.
« Cosa? » disse Nico, decisamente confuso.
« Giuro che mi odiano tutti. Sai quanto spesso mi becco morsi di ragni? Sempre. Li trovo nei libri, sotto il letto, nell’armadietto, immagina. Una volta ne ho trovato un nido nell’armadietto dopo che siamo tornati dalle vacanze invernali, » disse Annabeth, con una sorprendente quantità di rabbia nella propria voce.
« Uhh… non penso gli insetti contino, » disse Nico, senza la minima idea di dove volesse andare a parare la ragazza.
« Oh. Be’, c’è questa cheerleader, Kelli, che mi odia. Non la smetteva di provarci con Percy, così quando le ho detto di tirarsi indietro lei e le sue amiche hanno provato a picchiarmi dopo scuola. »
« Hanno provato a stenderti? Che è successo? » boccheggiò Nico, con un’imbarazzante quantità di preoccupazione nella voce.
Certo, non gli piaceva Annabeth, ma questo non voleva dire che intendeva vederla malmenata.
« Le ho prese a calci in culo, e ora mi odiano. »
« Certo che lo hai fatto. E comunque, nemmeno questo conta. Non ti odiano, sono solo gelose, » disse Nico. E credimi, è difficile non esserlo, pensò.
« Cosa? Perché dovrebbero essere gelose? » chiese Annabeth.
Oh mio Dio, non mi serve questa roba, pensò Nico alzandosi. « Se non lo sai già allora non lo capirai mai. Grazie per il cibo. »
« Nico, aspetta! » disse Annabeth.
C’era qualcosa di disperato nella sua voce che gli colpì il cuore. Non importava quanto voleva continuare a camminare; il ragazzo si fermò a metà strada, in mezzo alla sala, con la schiena rivolta a lei.
« Cosa c’è? » disse Nico con voce irritata.
« Siamo andati fuori argomento. Quello che volevo dirti era… o quello che sto provando a dirti è… » cominciò Annabeth, ma la sua voce si affievolì fino a raggiungere il silenzio.
Annabeth Chase a corto di parole? Questa notte non potrebbe diventare più strana, pensò Nico, abbastanza divertito.
« Perché ti comporti sempre come se non fossi parte della squadra? » disse Annabeth.
« Pensavo avessi intenzione di dire qualcosa, non di farmi più domande, » sbuffò Nico cominciando a salire le scale.
«Vorrei solo che tornassimo a essere amici, » sospirò Annabeth.
Nico si fermò e tamburellò il dito lungo il muro, pensando per un momento. « Anche io, » disse tranquillamente.
Annabeth lo guardò affrettarsi su per le scale un po’ troppo in fretta, come se stesse fuggendo via, e udì la porta chiudersi al piano di sopra.
Sola nella cucina, la ragazza pose il piatto vuoto nel lavandino, e le uova e il formaggio dentro il frigorifero.
« Meno male che non ero affamata, altrimenti avrei perso l’appetito, » borbottò Annabeth, mentre usciva dal soggiorno e si sistemava sul divano.

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Capitolo 4
*** » Missione di ricognizione! ***


   
hand to hold.
 




 
Le note dell'autrice, o meglio, traduttrice, 
si spostano a fine capitolo! 





Annabeth scivolò lungo la sedia mentre tirava fuori il cellulare. La ragazza digitò il numero di Piper e le scrisse.
– 6 pronta? –
Dopo un paio di secondi Piper le rispose.
– x cosa lol. –
– LA MISSIONE DI RICOGNIZIONE! –
– Oh t riferisci a qnd volevi visitare la Jupiter High? –
– Piper! Non la visiteremo e basta. E’ una missione di ricognizione! Abbiamo bisogno di beccare gli orari della squadra di nuoto della Jupiter x assicurarci di poterla battere. –
– Suona un po’ equivoco… Non è barare? –
– No. –
– ಠ_ಠ –
– PIPER. NON E’ BARARE. –
– Va bene, nn importa. Lo faremo durante un’ora buca giusto? –
– Sì. –
– Okay, ma come riusciremo anche solo a entrare. La Jupiter High è una scuola privata. Non possiamo esattamente presentarci ed essere tipo Ehilà, siamo qui per spiare la squadra di nuoto quindi lasciateci entrare. E cmq cm faremo a sapere qnd hanno allenamento? –
– Ho avuto una spifferata sugli orari di allenamento e sulla tabella di marcia della squadra. Saranno alla piscina tra esattamente mezzora. –
– Uh Annabeth? –
– Sì? –
– Cm fai a sapere qst? –
– Ho certi legami. –
– ಠ_ಠ –
– Smettila di usare quella faccina! –
– ಠ_ಠ –
– PIPER. –
– LOL. E cmq signor bond, cm riusciremo a entrare?? –
– Ci intrufoleremo dentro. Ho cucito un paio delle loro uniformi un mese fa, così dovremmo riuscire a camminare senza essere notate. Ho anche qualche lente colorata, due parrucche e del trucco nell’armadietto, così potremo essere in incognito. –
– Ma che cazzo, Annabeth? –
– Cosa? –
– Che è sta roba? Parrucche? Costumi? Sembra che abbiamo intenzione di ammazzare qualcuno. –
– Ti ho detto che era una missione di ricognizione! Potremmo finire nei guai se veniamo beccate, quindi è meglio se le loro telecamere non ci riconoscono. –
– ಠ_ಠ  –
– PIPER. –
– Ragazza questo suona leggermente losco. 6 sicura? –
– Sì. Ora sei dentro o fuori? –
– Lol sono giù. Arriva in fretta. –
– Bene. Incontriamoci al lotto del parcheggio 15.00 in punto –
– Wat. –
– VEDIAMOCI NEL LOTTO DEL PARCHEGGIO QUANDO SUONA LA CAMPANELLA. –
– lol ok. –
Annabeth sospirò e si strofinò la tempia. Matricole, pensò.
Non c’era tempo da perdere. La ragazza slittò via dall’aula e si affrettò verso l’entrata.
Due minuti al suono della campanella. Dieci per raggiungere le linee nemiche. Un’ora e mezza per completare la missione e portarsi dietro il premio.
Tre giorni al torneo.
Annabeth prese un profondo respiro e tirò fuori dall’armadietto il materiale necessario.

×

Annabeth pose il palmo sulla tempia e fece del suo meglio per non prendere un’emicrania.
« Piper? » disse Annabeth.
« Sì? » rispose la ragazza.
« Perché Leo è qui? »
« Ha detto che intendeva venire. »
« Piper ha detto che ti stai preparando per un furto e lo voglio, » disse Leo ghignando da orecchio a orecchio.
« NON E’ UN FURTO! » urlò Annabeth.
« E allora perché hai parrucche e travestimenti? Indossi guanti per nascondere le impronte delle tue dita? Perché sai, è importante, » disse Leo in tono sospettoso.
« Non importa! Tu non verrai! »
« Cosa!? » gemettero con forza Piper e Leo all’unisono.
« Leo non fa parte della squadra di nuoto! Non ha bisogno di venire! A dire il vero non dovrebbe nemmeno sapere della missione! »
« Annabeeeeth! Andiaaaaaamo, » piagnucolò Piper.
« Bene! Vedo come stanno le cose! Andate a giocare alle spie da sole! Non m’interessa! » urlò Leo, con un accenno di sarcasmo nella voce.
« NON STIAMO GIOCANDO- Bene! Fa lo stesso! Entra nella macchina e basta che dobbiamo partire ora! » urlò Annabeth, sistemandosi sul sedile dell’autista.
« Sì! » esclamarono Piper e Leo dandosi il cinque, prima di scaraventarsi sui sedili posteriori. Annabeth fece partire l’auto e lanciò loro la borsa addosso.
« Vestitevi tutti e due. Saremo lì in dieci minuti, » disse velocemente mentre sgusciava via dal parcheggio.
« Che mi dici di Leo? Hai detto di aver fatto queste uniformi tipo un mese fa, » disse Piper.
« Non indosserò una gonna. A meno che non mi paghiate, eh, » disse Leo con decisione.
Piper si voltò verso Leo confusa, e anche Annabeth gli lanciò uno sguardo attraverso lo specchietto retrovisore.
« Cosa? » disse Leo.
« Quanto vuoi? » disse Piper.
« Be’, dipende da quanto è corta la-, » cominciò Leo.
« NO! Non avremo questa conversazione! C’è un’uniforme maschile lì dentro, comunque. Anche Percy sarebbe dovuto venire, ma ha dovuto ridare un esame in quest’ora. Ora vestitevi mentre vi riassumo la missione. »  
« Signorsì capitano! » dissero all’unisono le due matricole.
« Bene! Ora parcheggeremo ad un isolato dalla scuola. Ho pronti badge finti e cianografie della scuola, quindi entrare dentro e farcela fino alla piscina non dovrebbe essere un problema. La nostra maggiore priorità è mantenere un profilo basso e mescolarci con gli altri. Per l’ora in cui entreremo la squadra dovrebbe starsi già allenando. Mentre la squadra è in acqua, Piper andrà laggiù e distrarrà il capitano Reyna, mentre io trovo i loro tempi, faccio una foto e metto a posto il foglio originale, » disse Annabeth.
« Aspetta, perché devo distrarre io il capitano? Sembra tanto la parte pericolosa, » disse Piper.
« Perché ho detto io così! » disse Annabeth.
« Come diavolo hai fatto a prendere le cianografie della scuola? » disse Leo.
« Le ho trovate in rete, » disse Annabeth brevemente.
« No, non è vero! L’unico posto in cui le puoi ottenere è dagli archivi della scuola con uno dei loro computer. Ciò vuol dire che hai hackerato i loro sistemi dall’interno della scuola! Hai già fatto tutto questo! » esclamò Leo.
« Perché sai come accedere agli archivi della scuola? » scattò Annabeth, fissando lo specchietto retrovisore in stato di shock, e anche un po’ impressionata.
« Perché tu sai come accedere agli archivi della scuola? » urlò Leo di rimando.
I due si fissarono per un momento.
« In realtà direi di non parlarne, » disse Leo velocemente, realizzando che entrambi potevano finire nei guai con tale informazione.
« Buona idea. Comunque, Leo, dal momento che sei qui, tu mi coprirai mentre cerco il foglio dei tempi. Intesi? »
« Ricevuto. »
« Benissimo, siamo arrivati, » disse Annabeth uscendo dall’auto.
« Aspetta, non hai indossato l’uniforme, » disse Piper.
« L’indossata tutto il tempo. » Annabeth afferrò il proprio vestito floreale lungo fino al ginocchio e lo tirò via. L’intero abito si lacerò a metà lungo una debole e perforata cucitura sulla schiena, per rivelare un reale blazer viola, con ricamato un fulmine sulla tasca sul seno e un’abbinata gonna pieghettata dalle sfumature blu scuro.
« Ma che cazzo? » disse Leo, mentre Piper componeva la faccina ಠ_ಠ  con il proprio volto.
Annabeth prese una parrucca bruna, indossò un paio di occhiali da sole neri e ne lanciò due paia alle matricole.
« E’ ora di sfondare, » disse marciando verso la scuola.

 
×

« Sto cominciando a pensare che sia stata una cattiva idea, » sussurrò Leo a Piper mentre si affrettavano dietro Annabeth, che stava andando ad un passo veloce impossibile.
« Anche per me, ma è troppo tardi per tornare indietro, » rispose Piper.
« Vivi in fretta, muori nel dolore, » scherzò Leo.
« Le stronze lo fanno bene, » rise Piper nel proprio respiro.
« Con l’aiuto del super fantastico latino della Half Blood High, ovviamente, » scherzò di rimando Leo.
« Sempre, » disse Piper.
La ragazza sporse la mano dietro la schiena e, naturalmente, Leo le diede un leggero cinque.
« La piscina è a due piani sottoterra nel retro della scuola. Abbiamo un’ora per prenderci il loro foglio dei tempi, uscire, e tornare in classe prima che suoni la campanella di fine scuola, » disse Annabeth marciando per il corridoio.
« Perché non ci limitiamo a tornare a casa dopo? » sussurrò Leo.
« Perché non ho intenzione di rovinare le mie presenze perfette, » sibilò Annabeth.
« Non sono già rovinate? Voglio dire, stiamo già facendo berna
*. »
« Cosa? No, non è vero. E’ un’ora buca, » disse Annabeth.
« Non per le matricole. Io e Piper siamo semplicemente usciti, » disse Leo.
« Cosa!? » sibilò Annabeth. « Piper, pensavo avessi detto di avere un’ora buca! »
« Oh, sì, ho mentito, » disse Piper distrattamente mentre armeggiava con il telefono.
« Perché!? » sussurrò Annabeth urgentemente.
« Perché odio storia e tu non mi avresti portato se ti avessi detto che avrei marinato la scuola, » gemette Piper.
« Ovviamente non lo avrei fatto! » sibilò Annabeth.
« E questo è il motivo per cui non te lo ha detto, » rise Leo.
« Esattamente, » disse Piper, dando il pugno all’amico.
« Fa stesso! Guardate, l’ora buca avrebbe dovuto essere la nostra copertura, così se fosse accaduto qualcosa avremmo avuto un alibi. Dal momento che voi due state facendo berna è ancora più importante tornare prima della campanella. Intesi? »
« Signorsì capitano, » dissero insieme le matricole.
« Ottimo. Siamo quasi arrivati alla piscina, » disse Annabeth.
Purtroppo Annabeth parlò troppo presto. L’attimo in cui svoltarono l’angolo, urtarono tutti e tre un uomo che indossava una versione agevole dell’uniforme della scuola, con una ragazza che strascicava dietro di lui.
« Oh, mi dispiace mol- Leo? Che ci fai qui? » disse la ragazza.
« Calipso? » Leo rispose quando vide il volto dell’altra.
« Leo, per l’amor di Dio, che cosa stai- » cominciò lei, finché non vide lo sguardo disperato negli occhi di lui che urlava Non farlo. « … facendo qui nei corridoi durante lezione? » disse Calipso senza riflettere.
« Infatti, le dispiacerebbe spiegare cosa sta facendo fuori dalla classe, signorino? E perché sta indossando occhiali da sole nell’edificio, signorina? » disse l’uomo.
Leo fissava l’uomo, la bocca spalancata, senza niente da dire. Annabeth ebbe uno sguardo temporalesco negli occhi quando si tolse gli occhiali, ma che fosse perché stava pensando ad una fuga, o perché le lenti colorate marroni che indossava le stavano facendo lacrimare gli occhi, per non menzionare il loro essere rossi e screziati, era impossibile da dire.
Merda. Stanno entrambi zitti, pensò Piper.
« La mia amica ha occhi sensibili e Leo la stava portando al bagno per lavarli, perché si sono irritati, signor, uh… ? » disse Piper.
« Signor Terminus, e perché uno studente maschio dovrebbe portare una ragazza al bagno? Non ha senso. »
« Aveva bisogno di tirare fuori delle gocce per gli occhi dall’armadietto, e dato che non ci vede, lui è l’unico che conosce la sua combinazione. Io sono la ragazza che la aiuterà in bagno. Ecco perché siamo in tre, » disse Piper fiduciosa.
Leo le lanciò un sorriso impressionato.
« Oh. Be’, allora continuate, ma accertatevi di tornare in aula. Capito? »
« Sì, signore, » dissero in tre all’unisono.
« Ottimo. Vieni, Calipso, » disse il signor Terminus.
« In realtà, anche io devo usare il bagno, signor Terminus, ma le porterò la relazione entro la fine della giornata. »
« Molto bene. Assicurati che sia lunga sei pagine in un carattere di grandezza dodici. »
« Lo farò, signore, » disse Calipso.
L’insegnante attraversò la sala, voltò un angolo e scomparve.
« In nome di Dio, che cosa ci stai facendo nella mia scuola?! Non sapevo ti fossi trasferito qui! » disse Calipso emozionata., dando un abbraccio al ragazzo.
« In realtà… non l’ho fatto. Ma anche per me è fantastico vederti! Ad essere sincero non sapevo che venissi qui. Pensavo facessi ancora lezione a casa, » disse Leo. 
« Aspetta, cosa? E allora perché indossi l’uniforme? » domandò Calipso.
« Stiamo facendo un tour di visita, » si intromise Annabeth. « Sto pensando di trasferirmi, ma non ne sono sicura. »
« Non sapevo lasciassero indossare le uniformi nelle visite… Ma va bene. V-vi potrei portare a fare un giro, se vi va, » disse lei speranzosamente, sorridendo rivolta a Leo.
« Magari qualche altra volta. Siamo abbastanza di fretta, » disse Annabeth brevemente.
« Oh. Okay, allora. Ciao Leo, » disse Calipso allegramente, allontanandosi.
« E’ stato un rapporto troppo vicino, » disse Annabeth. « E comunque, buona parata, Piper. Sei abbastanza brava nel farlo. »
« Tutto nel lavoro di un giorno, » disse Piper con orgoglio.
« L’unica ragione per cui è brava a creare cazzate è perché ne ha una storia alle spalle. Pips ha avuto una dolce parlantina nel tirarsi fuori dai guai dal giorno in cui ci siamo incontrati, » disse Leo.
« Perdonami. Non avrei detto nulla se la tua ragazza avesse tenuto la bocca chiusa! » disse Piper.
« Non è la mia ragazza! E comunque non sapevo nemmeno che veniva qui. L’ultima volta che l’ho vista è stata… Non la vedevo da davvero molto tempo in realtà… » la voce di Leo si affievolì.
Il ghigno maligno che di solito gli ricopriva il volto era sparito, sostituito da uno sguardo nebbioso, lontano, negli occhi, che fermò Piper da altre prese in giro.
« Diamoci una mossa prima di incappare in qualcos’altro. Ci siamo quasi, » disse Annabeth.
« Giusto, » disse Leo marciando avanti.
Giù dalle scale, lungo un’altra sala, e due angoli dopo, i tre giunsero alla stanza che conduceva nella piscina. L’umidità abbondava nell’aria stantia e l’odore di cloro era denso e nauseante. Il suono dell’acqua che schizzava e un fischietto che soffiava ogni pochi minuti echeggiavano ulteriormente nella stanza.
« Ugh, quel fischietto è così fastidioso, » disse Annabeth.
« Allora smettila di usarlo ad allenamento, » borbottò Piper.
« Cosa? » disse Annabeth.
« Cosa? » disse Piper frettolosamente.
« Siamo qui. Adesso che si fa? » disse Leo in tono brusco.
« Vedete quella porta aperta sul retro della stanza? E’ l’area degli spogliatoi. Lì dentro è dove Reyna tiene la sua roba, e con la sua roba è dove tiene il foglio dei tempi, » disse Annabeth.
« Come possiamo solo sapere che è lì? L’hai spiata o qualcosa di simile? » disse Leo con voce irritata.
« Perché lei è il capitano della squadra, e lì è dove io tengo il nostro foglio dei tempi, » disse Annabeth. « Comunque, questo è quanto. Leo, ho bisogno che tu stia basso e mi segua. »
« Annabeth, sono un metro e sessantatré, se fossi un po’ più basso mi sdraierei su questo fottuto pavimento, » disse Leo nervosamente.
« Calmati, bello, sappiamo tutti che sei la metà di un nano da giardino, » lo derise Piper, nonostante avesse la percezione che Leo non fosse più in modalità scherzosa, il che nel suo caso era bizzarro.
« Sì, fa lo stesso, » sbuffò Leo.
« Piper, tu mi devi andare per prima e distrarre Reyna, » disse Annabeth prendendo il controllo della conversazione.
« A proposito di questo. Come ti aspetti che lo faccia? Già da sola divento nervosa. Perché non hai portato Hazel? » disse Piper.
« Non ho portato Hazel perché ha un ragazzo, » disse Annabeth. Oltre ad altre ragioni, pensò.
« Cosa ha il fatto che Hazel ha un ragazzo a che fare con tutto? » disse Piper.
« Ho bisogno che tu ci provi con Reyna, » disse Annabeth, più tranquillamente che poté.
« COSA? » urlò Piper.
« Shhhh! » sibilò Annabeth, anche se non era davvero necessario, in quanto in quella stanza non vi era nulla se non pochi armadietti e la caldaia dritto fino al vicolo cieco.
« Annabeth, io non sono lesbica! » sibilò Piper.
« Lo so, lo so! Ma Reyna lo è, » disse Annabeth.
« Come fai a saperlo? » disse Leo, d’improvviso nuovamente interessato alla missione.
« Non importa! In ogni caso, Piper, è solo per cinque minuti! E’ tutto quello di cui abbiamo bisogno, e poi torniamo liberamente a casa, » disse Annabeth.
« Non lo so, Annabeth. Non penso di potercela fare… » disse Piper.
« Ti sto chiedendo di parlarle, Piper, non di fare sesso con lei! » disse Annabeth.
« E sapresti qualcosa sull’argomento? Hmmm? » disse Leo.
Rosso scivolò sulla gola di Annabeth mentre lei si voltò di scatto verso Leo.
« LEO, STAI ZITTO! » urlò.
La ragazza si volse di nuovo verso Piper.
« Guarda, lo farai o no? Perché stiamo perdendo tempo! » disse Annabeth.
« Bene. Ci sto, » borbottò Piper.
« Ottimo. Io e Leo cominceremo camminando dall’altra parte della piscina, così sembrerà una cosa naturale. Assicurati di avere la sua attenzione fino a che non siamo dall’altra parte, okay? »
« Sì, quello che vuoi, » disse Piper.
« Perfetto. Buona fortuna, » disse Annabeth prima di avviarsi dentro la piscina.
« Vivi in fretta, » ridacchiò Leo porgendo la mano.
« Muori nel dolore, » disse Piper con un piccolo sorriso, dandogli un leggero cinque.
« Ho sentito che le lesbiche lo fanno molto bene, » rise Leo, affrettandosi dietro Annabeth prima che Piper potesse soffocarlo.
Oh mio Dio, lo uccido. Uccido tutti e due!, pensò Piper.
Entrò all’interno della piscina, che per sua sorpresa e invidia era cento volte più bella di quella che avevano alla Half Blood High. Prima di tutto, invece che a piastrelle bianche, i muri erano coperti da un bellissimo mosaico rappresentante un fulmine che si schiantava su un campo di grano.  Le gradinate erano lucide e lustrate, non come quelle sbiadite e appestate da gomme da masticare che avevano a casa, e la stessa piscina era più grande, aveva trampolini più alti, ed era migliore in tutto.
« Diamine. Quei soldi per la scuola privata fanno il loro lavoro, » disse Piper ad alta voce.
Nonostante tutto questo, Piper non era troppo sorpresa. Era andata in una scuola privata, una volta. Dopo che suo padre ce l’aveva fatta come attore quando lei era in quinta elementare, l’uomo aveva voluto darle tutto ciò che non si era potuto permettere quando vivevano ancora nella povertà. Prima di tutto, un’educazione da prima classe, che si trovava nella scuola privata più pretenziosa e snob in cui lei avesse mai avuto la sfortuna di mettere piede. Solo allora Piper sviluppò gusto per la vita selvaggia, quella che il suo alleato Leo incoraggiava così ardentemente e di cui spesso prendeva parte. La ragazza aveva persino avuto un breve zampillo di cleptomania prima che il padre la tirasse via, realizzando l’impatto negativo che la scuola aveva avuto su di lei. Quando si era trasferita alla Half Blood High, senza conoscere anima viva, in qualche modo si era ritrovata migliore amica di quello spagnolo idiota, e da quel momento erano stati inseparabili. Era come una commedia satirica, ma lei era felice.
Sfortunatamente, in quel momento Piper era tutto tranne che felice.
Si avvicinò al capitano, che stava osservando un cronometro, quando improvvisamente un ragazzo irruppe dall’acqua in una corsia nelle vicinanze.
« Grace! I tuoi tempi sono aumentati di un intero minuto! » abbaiò Reyna.
Il ragazzo fece una faccia irritata e le spruzzò dell’acqua.
Reyna alzò gli occhi, si chinò su una borsa di platica ai suoi piedi e lanciò… era un pezzo di plastica, quello? Troppo piccolo per dirlo, in realtà. Qualcosa delle dimensioni di un’unghia di pollice, verde brillante. Reyna lo gettò al ragazzo, che lo afferrò facilmente e lo sistemò al proprio orecchio.
« Che hai detto? » disse il ragazzo.
« I tuoi tempi, saliti di un intero minuto, Jason! Che stai combinando? » urlò Reyna.
« Be’, magari è perché sono esausto! Ci hai fatto strisciare per terra, » urlò lui in risposta.
Woah, pensò Piper, per varie ragioni.
Piper conosceva a malapena questa Reyna, ma era semplice capire che non era una con cui scherzare. Aveva un corpo atletico come Annabeth, ma più costruito. Più muscoli e meno magrezza. Robusta era la parola giusta. Aveva un viso ossuto a forma di cuore che pareva cadere naturalmente in uno sguardo torvo, e capelli nero pece stretti in una treccia francese, permettendo ai suoi penetranti occhi scuri di fulminare chiunque osasse incrociarla. Per qualche ragione impossibile, questo Jason non era spaventato da lei, ma del resto di trattava di Jason; a Piper non sarebbe dispiaciuto limonarci per qualche minuto. Aveva praticamente l’ideale corpo costruito di un nuotatore. Stupendo, brillanti occhi blu, e addominali per cui morire. Gli umidi capelli biondi erano appiccicati sulla sua fronte facendolo sembrare un po’ stupido, e pareva il tipo di ragazzo che si metteva il gel nei capelli, ma grazie a Dio ciò non cambiava nulla. Quel ragazzo non era male.
« Be’, il torneo è tra tre giorni quindi se volete vincere fareste meglio a mettervi sotto! » urlò Reyna.
« Come se non lo facessimo! Abbiamo vinto per i passati cinque anni, cosa ti fa pensare che perderemo? » gridò Jason in risposta.
« Non hai visto il loro nuovo capitano. Qualcosa mi dice che la ragazza porterà guai, quindi riporta il culo in acqua. »
Jason tolse la cosa verde dal proprio orecchio, la gettò a Reyna (che loaprese con facilità) e le fece un dito medio prima di ritornare sott’acqua.
« Che merdina. Giuro su Dio che lo prenderò a calci in culo, » brontolò Reyna. « E tu chi sei? » disse brevemente, notando finalmente Piper.
« Uh, sei Reyna, giusto? Il capitano della squadra di nuoto? » chiese Piper, indossando la propria migliore maschera da principessa innocente.
« Sì… Posso aiutarti? » domandò Reyna formalmente.
« Effettivamente sì! C’è qualcosa di cui ho bisogno, ma solo tu puoi aiutarmi. Ma è abbastanza imbarazzante… » disse Piper battendo le ciglia.
« Cosa? D-di cosa si tratta? » disse Reyna, le punte delle orecchie che si tingevano di rosso.
« Veramente fa lo stesso! E’ troppo imbarazzante. Non avrei dovuto chiedere, mi spiace, » disse Piper dolcemente, evocando un certo rossore che le attraversò la pelle abbronzata e rivelò le sue lentiggini. Si voltò e fece qualche passo indietro.
« No, aspetta! » disse Reyna afferrandole la mano.
Scatto matto, pensò Piper con un sorriso maligno nascosto a Reyna. Si volse nuovamente, facendo balenare un sorriso vergognoso, e si fece vicino, un po’ troppo vicino, al capitano di nuoto e guardò il pavimento come se fosse troppo timida per incrociare lo sguardo della ragazza.
« Be’, vedi, ho sempre voluto imparare come nuotare, ma il fatto è che è così spaventoso. Mio padre voleva procurarmi un insegnante, ma non mi sento a mio agio con un uomo che mi fissa in costume, sai? » disse Piper tranquillamente, finalmente guardando Reyna negli occhi.
« No, capisco. Nemmeno a me piacciono i ragazzi, i-intendo, non mi sentirei a mio agio con qualche ragazzo più grande che mi osserva, » balbettò Reyna.
Oh mio Dio, è davvero gay, pensò Piper.
Una vera vampata di rossore le consumò il viso mentre guardava da un’altra parte in imbarazzo. « D-davvero? » disse quasi senza fiato.
« Sì. Potrei darti lezioni se ti va, » disse Reyna caldamente.
Il capitano le mise una mano sulla spalla e sorrise. Piper realizzò improvvisamente che la faccia di Reyna non era l’aspro ghigno di prima, ma un sorriso maturo e gentile, con un leggero rossore che le cospargeva le guance. Esso raggiunse anche lei, e il secondo successivo la ragazza capì sempre più nel panico che Reyna era solo in un costume da bagno molto stretto, fradicia d’acqua della piscina, e oh, davvero vicina.
« Piper, andiamo! » la chiamò Annabeth dalla porta della piscina. Lei e Leo erano appoggiati al muro e si guardavano soddisfatti.
« Qual è il tuo nome? Piper? » sorrise Reyna.
Piper annuì, troppo imbarazzata per parlare.
« E’ carino. Non ho mai incontrato qualcuno di nome Piper… a dire il vero non penso di averti mai vista per la scuola. Ti sei appena trasferita o qualcosa di simile? » disse Reyna.
Piper aprì la bocca per parlare, ma per la prima volta nella vita non riusciva a pensare a nulla da dire. Ci fu un rumoroso schizzo proveniente da Jason, e pochi altri ragazzi che immaginò essere parte della squadra di nuoto cominciarono a fischiare nella direzione delle due. Piper ricordò improvvisamente che era in missione, e che Annabeth e Leo la stavano aspettando alla porta della piscina.
« Sì, il mio nome è Piper McLean, » disse Piper, gli occhi che luccicavano in caleidoscopici arcobaleni mentre guardavano verso Reyna.
« Piper! Ce ne andiamo, » urlò Annabeth uscendo dalla piscina con Leo esattamente dietro di lei.
« Quella chi è? Suona… familiare, » disse Reyna, il viso che iniziava a contorcersi mentre pensava.
Oh oh, ora di andare. « Ti rivedrò quando non mi sentirò tanto timida. Presto, » disse Piper rapidamente.
Il che era vero, Piper si stava sentendo insopportabilmente timida per qualche ragione.
« Huh? No, aspetta, devo farti un paio di domande, » disse Reyna riportando l’attenzione su Piper.
« Ciao! » ridacchiò Piper prima di rubarle un bacio e correre fuori dalla piscina, con il suono della squadra di Reyna che urlava in lontananza.
Che cazzo era quello? Perché l’ho baciata? Pensò Piper correndo fuori dalla stanza. Sono gay? E’ fuori discussione. E’ solo una ragazza e non mi piace nemmeno. E’ stato solo per la missione, pensò rassicurandosi.
« Ow! » disse Leo cadendo a terra quando Piper gli sbatté dentro (più che addosso).
Caddero entrambi sul pavimento, ma Annabeth li rimise rapidamente in piedi. « Andiamo. Tutto quello che dobbiamo fare è uscire di qui e squagliarcela in classe, » disse Annabeth. « Da questa parte. »
Le matricole annuirono, entrambe avide di uscire dalla scuola. Svoltarono pochi angoli, attraversarono una lunga sala, e corsero per una rampa di scale.
« Questo non è l’atrio, dove siamo? » disse Piper.
Annabeth sibilò e prese la cianografia. Dopo aver osservato la carta, la arrotolò e la ficcò nella tasca della propria giacca.
« Abbiamo preso un giro sbagliato. Siamo nell’area sud, e l’atrio è nell’area nord, » disse. « Ma se andiamo dritto per questa lunga sala e svoltiamo una volta dovremmo trovarci all’uscita est e correre fino alla mia auto. »
Le matricole annuirono, d’accordo. Annabeth praticamente scattò lungo la sala, con Leo e Piper che cercavano di raggiungerla. Un brusco giro e l’uscita est era in vista, che brillava sotto la luce grazie a porte di vetro smerigliato, come i cancelli del Paradiso.
« Non avrei mai pensato una porta potesse essere tanto bella, » sospirò Leo.
« Andiamo, » disse Annabeth con orgoglio, marciando verso l’uscita.
Presto il muro di armadietti divenne vetro trasparente, e dall’altra parte vi era una libreria dove gli studenti stavano lavorando duramente, leggendo, scrivendo, e una in particolare digitava al computer in carattere di grandezza dodici con una sola mano. Leo si fermò, spento, e fissò oltre il vetro. La ragazza alzò lo sguardo, gli occhi marron miele si illuminarono mentre le delicate linee di una risata vi apparvero attorno quando sorrise. Alzò la mano in saluto, ma troppo in fretta. Il mantello viola che le circondava le spalle e le sfiorava il fianco scivolò via rivelando… be’, niente. A parte il torso, dove avrebbe dovuto esserci l’altro braccio non c’era niente.
Calipso immediatamente afferrò il tessuto con l’unica mano e lo sistemò per coprire il braccio fantasma. La ragazza guardò in basso, imbarazzata, e si voltò nella direzione opposta a Leo.
Lui si sentì come se stesse per vomitare.
Mi dispiace. E’ colpa mia. Te lo riparerò, lo guiro. Non essere imbarazzata. Calipso, guardami! Per favore!, urlò Leo nella propria testa.
Stava per distruggere il muro quando improvvisamente una mano lo strattonò per il colletto.
« Leo, andiamo! Vedrai la tua ragazza più tardi! » ringhiò Piper.
« Lei non è la mia-! »
Leo si voltò, per trovare Calipso che lo guardava con una velata e dolce malinconia. La sua bocca si mosse, ma nonostante fosse a vari metri di distanza dal muro di vetro Leo la sentì chiaramente nella propria testa.
Mi stai lasciando di nuovo.
« Calipso… » si disse Leo.


*Dalle mie parti è un termine utilizzato per "marinare la scuola". Nel caso non usiate lo stesso modo di dire. ^^
 
×

Si trovarono fuori, e dopo una breve camminata, di nuovo nella macchina di Annabeth.
« Missione completata, uomini! » disse Annabeth trionfalmente, ma le matricole parevano essere preoccupate. Entrambi erano immersi in pensieri profondi mentre guardavano assenti fuori dai finestrini. La ragazza quasi chiese cosa non andava, ma Annabeth ebbe l’accortezza di non farlo. Erano stanchi, e lo stesso lei… Si sentiva un po’ colpevole per averli trascinati dentro ciò senza preavviso, soprattutto nel caso di Piper, ma erano gli unici che avevano acconsentito, ed era necessario per il meglio della squadra. Non aveva forzato nessuno a fare nulla, quindi non aveva fatto nulla di sbagliato… giusto?
La ragazza avviò l’auto, si lasciò sfuggire un lungo sospiro soddisfatto, ed uscì dal lotto del parcheggio.








 
Ho spostato l'angolo traduttrice qui sotto principalmente perché i commenti a questo capitolo sono tanti e a scriverli sopra avrei spoilerato troppe cose.
Innanzitutto, la lunghezza. Nella versione originale l'autrice ha suddiviso il capitolo in due parti, ma io non ho fatto lo stesso, un po' perché la prima parte mi sembrava priva di fatti - si fermava prima dell'arrivo dei tre alla Jupiter High - e un po' perché era anche decisamente troppo corta rispetto alla seconda. Ho quindi preferito unirle, dandovi un capitolo lungo.
Ho adorato tradurre questo capitolo, davvero. E' uno dei miei preferiti in assoluto e ho trovato molto dolce l'introduzione sia della Reyper che della Caleo. Da brava Leiper shipper quale sono - credo che al mondo siamo più o meno in due - mi è riuscito piuttosto naturale adorare le interazioni di Leo e Piper, ma ho comunque amato la bribezza (?) tra Reyna e Piper. Quelle due sono amabili!
Tra l'altro preferisco decisamente Piper in questa Highschool!AU piuttosto che in un'ambientazione fantasy: la trovo più simpatica e, soprattutto ora che a malapena conosce Jason (SI', E' STATO INTRODOTTO JASON! *petardi e urli entusiastici*), meno fissata con la sua bellezza. La Jasper non la mando proprio giù, la trovo banale e sciocca. Ovviamente sono mie opinioni, ma qui l'unico cenno che vi sarà fatto lo avete trovato in questo capitolo ^^
Credo abbiate capito tutti che cos'è la cosa verde brillante che Reyna dà a Jason, ma se non è così, pazientate e capite nei prossimi capitoli. L'introduzione di una Reyna lesbica è quello che ci voleva per sbellicarsi un po' - lo sappiamo tutti che la nostra Ramirez è dell'altra sponda, zio Rick ;)
Cos'altro ho da dire? Preferisco la Leiper alla Caleo, ma Calipso è stata molto dolce in questo capitolo, e anche Leo. Soprattutto verso la fine vi è un punto interrogativo che non sarà risolto presto.
Vi saluta una felicissima e sovreccitata Ribes che indossa la sua nuovissima maglietta firmata Campo Mezzosangue!
(Grazie per le tredici preferite, quattro ricordate e ventidue seguite. Vi amo, ragazzi!)

 



 

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Capitolo 5
*** » Perché ti farò vedere che fai parte di questo. ***


 

hand to hold.





 
Chiedo perdono per i tempi lunghi che hanno portato alla traduzione di questo capitolo, ma ho avuto qualche problema in settimana - tra i quali, il lutto seguito alla morte del mio personaggio preferito di un'altra saga, The Maze Runner; la terminazione dei compiti; aumento leggero di vita sociale; nonché iscrizione a 8tracks. Il prossimo capitolo vi piacerà di più, fidatevi ;)
Grazie alle quindici preferite, due ricordate e ventotto preferite - vi adoro! Alle recensioni risponderò il prima possibile!










« Non lo capisco, » disse Annabeth.
« Capire cosa? » disse Frank.
« Perché in questa stanza si stanno tutti, tranne la persona che è stata quasi investita, comportando come degli zombie, » disse Annabeth impugnando il cronometro.
Percy, Hazel e Piper erano tutti giù di morale, e non mettevano quasi nessuno sforzo nelle corse. Praticamente galleggiavano in acqua, spingendo un braccio avanti o calciando una gamba un momento sì e uno no, in modo da poter dire di starsi muovendo, per tornare alle corsie con il ritmo di un bambino a carponi.
« Be’, Hazel è ancora scossa a proposito di suo fratello, ma non so cosa non vada a Percy o Piper, » disse Frank pensieroso mentre sbottonava la propria maglietta. Si fece nota mentale di portare una canotta la volta successiva che fosse venuto a vedere Hazel allenarsi. L’aria chiusa e umida era soffocante, e accoppiata con l’atmosfera deprimente che i suoi amici vi stavano dando – meno Nico che saettava avanti e indietro per la corsia come se stesse gareggiando con un fantasma –, Frank si sentiva come se la vita stesse venendo succhiata via da lui.
« Percy non mi ha detto niente, e Piper si è limitata a comportarsi in modo strano dopo che siamo tornati dalla missione, » disse Annabeth.
« Missione? » disse Frank.
« Uh… la nostra missione per trovare una nuova bancarella di yogurt ghiacciati. Nemmeno una, » disse Annabeth.
« Oh. Be’, spero stiano bene. Intendo, il torneo è questo venerdì, giusto? Ragazzi, avete solo due giorni ancora. »
« Lo so, » Annabeth disse tra i denti, come se la cosa la agitasse.
« Sono certo torneranno alla normalità prima del torneo, » disse Frank speranzosamente.
« Ho bisogno che tornino alla normalità ora, » disse Annabeth porgendogli il cronografo. « Cronometrami, » disse prima di tuffarsi in piscina.
Annabeth aveva già percorso metà strada lungo la piscina nel tempo in cui Frank aveva armeggiato con l’orologio per farlo partire. Quando la ragazza spuntò indietro al confine lo guardò in attesa del proprio tempo.
« Uhh, l’ho fatto partire tardi, » disse Frank mortificato.
Annabeth ebbe un luccichio di rabbia per il viso, poi prese un respiro profondo realizzando che la propria irritazione aveva a che fare con altri problemi, non con Frank.
« Non importa. L’allenamento è finito, » disse Annabeth.
« Pensavo che l’allenamento finisse alle quattro, » disse Frank.
Annabeth si arrampicò fuori dalla piscina, afferrando un asciugamano e il proprio fischietto.
« A te sembra che qualcuno si stia allenando? » chiese prima di fischiare.
Al suono del trillo stridulo, tutti e tre compagni di squadra zombificati tornarono alla vita con sorpresa e nuotarono verso la scaletta.
« Che problemi avete, ragazzi? » disse Annabeth duramente quando furono tutti fuori dall’acqua.
« Che intendi? » disse Piper scrollando via l’acqua dal proprio orecchio.
« Per la prima volta da quando abbiamo formato questa squadra siete tutti di malumore, eccetto Nico, » disse Annabeth.
« Errato, io sono sempre di malumore, » disse Nico sarcasticamente arrampicandosi fuori dalla piscina. « Mi è semplicemente capitato di essere meno di malumore oggi. »
Il ragazzo tastò la scaletta per il bastone da passeggio, ma non si trovava lì. « Dov’è il mio bastone da passeggio!? » quasi urlò, con urgenza nella voce.
« Qui. » Frank gli allungò l’asciugamano e il bastone da cammino.
« Oh. Grazie, Frank, » disse Nico con riconoscenza prima di guizzare per gli spogliatoi.
« Nico! Riunione di squadra, torna indietro! » gli urlò dietro Annabeth.
« Per l’ultima volta, non faccio parte della squadra! » urlò lui senza fermarsi.
Annabeth sospirò e si strofinò la tempia.
« Perché pensa di non fare parte della squadra? Cosa ho fatto? E’ perché non gli piaccio…? »
« Nico semplicemente non si apre molto con le persone fuori dalla famiglia, » disse Hazel, cercando di rassicurarla.
« Ogni volta che mi capita di parlarci andiamo piuttosto d’accordo. Mi ha persino aiutato con i compiti di storia la scorsa settimana, dopo allenamento, » disse Piper.
Sia Frank che Hazel le lanciarono un’occhiataccia con la stessa identica espressione che diceva Non stai aiutando, smettila, ti prego.
« Nico è semplicemente strano. Non lasciare che la cosa ti butti giù, » disse Percy strizzandosi i capelli.
« Ma è un nuotatore fantastico! Se potessi solo riuscire a fargli prendere seriamente la squadra, o almeno fargli ammettere che ne fa parte, allora forse- » cominciò Annabeth.
« Eh, se a lui non importa perché dovrebbe a te? Non capisco perché ti impegni sempre così tanto a riguardo. Lascia che il ragazzo faccia quel che voglia e basta, » disse Percy.
« E’ solo che… Non importa. Ad ogni modo, torniamo alla riunione. Che problemi avete, ragazzi? Lì dentro stavate tutti strisciando. »
Nessuno rispose.
« Cosa? Ragazzi, non avete voglia di terapia di gruppo, oggi? » rise Annabeth.
« No, » disse Percy brevemente. « Vado a cambiarmi, » finì, dandole una pacca sul braccio e allontanandosi.
« Vieni a casa mia dopo, okay? » urlò Annabeth.
« Ricevuto, » decise lui in risposta mentre scompariva nello spogliatoio.
« Su cosa è la riunione? Voglio andare a cambiarmi, » disse Piper.
« Vi vengo a prendere tutti a casa di Hazel intorno alle nove. Vestitevi per impressionare, ma non in formali cravatte bianche. »
« Dove andiamo? » disse Hazel.
« La squadra ha bisogno di un po’ di allegria in più, e ho una sorpresa per tutti, » disse Annabeth sorridendo, con uno sguardo maligno negli occhi.
« Oh, amo le sorprese! » disse Hazel.
« Non le sorprese di Annabeth, » la avvertì Piper.
« Cosa non va con le sue sorprese? » disse Hazel.
Piper aprì la bocca, ma Annabeth vi portò una mano sopra. « Ricordatelo! Alle nove in punto! Assicuratevi anche che Nico sia pronto. Verrà anche lui, » disse Annabeth con decisione.
« Posso venire? O è solo per i membri della squadra? » disse Frank.
« In realtà ho bisogno che tu sia lì. Non penso Nico verrà se non gli parlerai, quindi fai in modo di essere pronto, » disse Annabeth.
« Che cosa dolce! Verrò per le sette, comunque. Ci potrà volere un po’ per convincere Nico, » disse Frank.
« Suona molto come un piano, » disse Annabeth battendogli una mano sulla spalla prima di uscire dalla piscina.
« Ci vediamo, allora, » disse Hazel dando a Frank un bacio veloce, con Piper che ridacchiava dietro di loro.  

 
 ×
 
Nico si era già vestito per metà quando Percy entrò.
« Nico, » disse Percy improvvisamente, piazzandosi davanti a lui.
Nico gridò e quasi crollò all’indietro.
« Woah, tutto bene? » disse Percy.
« E’ che… mi hai solo sorpreso, » disse Nico, le orecchie che diventavano rosse.
« Scusa. Comunque, posso chiederti una cosa? » disse Percy.
No. Perché tu e Annabeth fate così tante domande? Lasciatemi da solo, così posso marcire nella mia miseria, pensò Nico. « Certo, » disse ad alta voce.
« Com’è che non ti piace Annabeth? » disse Percy distrattamente.
Cazzo, ma sei serio? Non pensavo fosse un peccato capitale non amare la dea Annabeth Chase. « Con questo a cosa ti riferisci? Lei mi piace, » disse Nico in tono rigido.
« Sì, giusto. Tutti sanno che la odi, » disse Percy voltandosi verso di lui.
Merda. Ha intenzione di provare a picchiarmi o roba del genere?, ansimò Nico nella propria testa mentre indossava velocemente la propria maglietta e afferrava il bastone da cammino.
Percy si bloccò immediatamente un paio di piedi indietro, e la cosa portò Nico a scoppiare a ridere.
« Hai intenzione di colpirmi con quello? » disse Percy in tono di difesa, toccando inconsciamente la cicatrice sulla testa, data dall’ultima volta che era stato picchiato da Nico.
« Hai intenzione di prendermi a pugni perché non mi piace la tua ragazza? » urlò Nico di rimando.
« Cosa? Ovviamente no! » disse Percy.
« Bene allora, » rise Nico.
« Quindi, puoi mettere giù quel bastone da cammino, » disse Percy.
« In realtà, dal momento che sono quasi vestito, me ne andrò e basta, » disse Nico con circospezione, con un tono simile a “Non-mi-fido-di-te”.
Il ragazzo afferrò la borsa da ginnastica e si affrettò all’esterno.
« Voglio solo sapere perché! » gli urlò dietro Percy.
Anche se non avessi una cotta per te, perché diamine dovrei dirti perché non mi piace la tua ragazza?, pensò Nico.

 
×

« Nico, andiamo, sarà divertente! » lo supplicò Frank.
« Divertente? Non so nemmeno dove stiamo andando! » disse Nico irritato tirando il colletto della propria camicia.
Hazel gli aveva chiesto di provare alcuni vestiti nuovi per vedere se gli stavano bene. Lui li aveva indossati senza fare domande per finire in fretta la cosa, dal momento che per lui i vestiti non erano un grosso problema, ma questi vestiti erano fastidiosi. Il colletto era un collo a V per cui non andava eccessivamente matto, ma non era troppo profondo, perciò non protestava. La stessa camicia aveva una trama morbida e aderente al suo torso, e ciò rendeva il prurito dato dall’etichetta di lavaggio dentro di essa ancora peggiore. Hazel gli aveva anche dato un paio di pantaloni, che descriveva non troppo formali ma sopra la media, il che per lui non aveva senso, ma erano abbastanza comodi, e la cintura che lei gli aveva dato sembrava di cuoio, perciò il ragazzo era soddisfatto. C’era anche uno strano tipo di giacca che la ragazza gli aveva messo addosso. Sembrava un materiale leggero, ma robusto come carvas. Aveva risvolti sottili sul petto che scendevano in quattro bottoni lisci a doppio petto, solo due dei quali che si potevano attualmente abbottonare. C’era anche… una coda? Qualcosa che penzolava giù dalla schiena sul suo sedere e spazzolava metà coscia. L’unica cosa a cui poteva pensare era ad un frac, ma il resto della giacca sembrava troppo moderno. Se avesse potuto vedere, probabilmente gli sarebbe piaciuta, ma dal momento che non poteva, l’unica cosa di cui gli importava era come gli limitava il movimento delle braccia, facendo sì che non le potesse sollevare sopra la testa senza alzare il resto della giacca.
« Sì, dove stiamo andando? » disse una voce dal soggiorno.
« Chi è quello? Suona familiare… » disse Nico.
« E’ un mio amico, » disse la voce di Piper.
« Mi chiamo Leo, » disse la prima voce, ora molto più vicina. « Che c’è, non ti piace stringere la mano o roba simile? » disse la voce che diceva di chiamarsi Leo.
« Oh, » disse Nico, tendendo la propria mano.
« Nico è cieco, Leo, » disse Frank distrattamente, la voce che veniva un paio di passi dietro Nico e che suonava in qualche modo irritata.
« Oh mio Dio! Sei serio? » disse Leo eccitato.
« No, fingo solo di esserlo così posso ignorare la gente, » disse Nico irritato, la voce grondante di sarcasmo.
« Davvero? » disse Leo.
« Cazzo, ma tu sei serio? Io sono a posto. Se ti servo sono in camera mia, Hazel, » disse Nico spingendo via le mani agitate della ragazza.
« Nico, andiamo! Non riesco più a passare del tempo con te! » gemette Hazel, con un’orma di vero dolore nella voce.
« Allora la prossima volta faremo qualcosa insieme. Soli. Quel tizio è fastidioso, » disse Nico salendo le scale.
« Ti sento! » disse Leo.
« Ops! Credo che diventerò sordo pure io! » urlò Nico correndo per le scale, con Piper che rideva mentre lo faceva.
« Lasciatelo solo e basta, ragazzi. Vi agitate troppo intorno a lui. Forse non gli piace semplicemente la roba di gruppo, » li richiamò Piper dal soggiorno.
« Non mi piace! » urlò Nico dal piano di sopra.
« Pensavo avesse detto di essere sordo, » disse Leo.
Le altre tre matricole rotearono gli occhi all’unisono senza rendersene conto.
« Mio fratello è solo cieco, » disse Hazel. « Cieco e asociale, » borbottò piombando sul divano.
« Almeno ha detto che andrebbe a fare qualcosa con te una volta prossima. E’ un progresso, » disse Frank avanzando e circondandola con un braccio.
Hazel crollò nel suo abbraccio. Frank sapeva sempre cosa dire, e sembrava essere l’unico fuori dalla famiglia a cui Nico avrebbe volontariamente interagito.
« Grazie, » disse Hazel con calma, dando un bacio leggero a Frank.
Frank ricambiò il bacio e avvolse l’altro braccio intorno a lei, e senza rendersene conto i due stavano limonando sul divano, dimenticandosi completamente che i loro amici erano circa a due metri di distanza su un altro divano.
Leo saltò oltre il retro del lungo sofà e scivolò accanto a Piper, dandole uno sguardo che lei capì, e scherzosamente le diede una botta alla spalla. Grazie a Dio ci fu un colpo alla porta che portò i due piccioncini ,  l’irrisolta tensione sessuale della squadra, ai rispettivi divani.
« Siete tutti pronti? » disse Annabeth dopo che Hazel aprì la porta.
La bionda stava davanti all’entrata vestita con un paio di scuri e stretti jeans militari ed una tunica bianca. Semplice ma elegante, e perfettamente in stile Annabeth.
« Tutti tranne Nico. E’ vestito, ma è tornato in camera sua, » disse Hazel parendo abbattuta.
« Se non vuole venire perché lo state forzando, gente? » disse Leo.
« E’ quello che sto dicendo io, » aggiunse Piper.
« Aspetta, Leo? Perché sei qui? » disse Annabeth stancamente con un lampo di déjà vu.
« Piper mi ha invitato, » disse Leo.
« Leo non fa parte della squadra! » disse Annabeth.
« Frank non fa parte della squadra e lo hai lasciato venire! » esclamò Piper di rimando.
« Ho bisogno che Frank mantenga calmo Nico, » disse Annabeth.
« Wow, mi sento usato, » scherzò Frank.
« Non è così! » disse Annabeth prendendolo seriamente.
« Fa lo stesso! Ogni volta che usciamo come una ‘squadra’ tu e Percy state a fissarvi a occhi spalancati mentre questi due provano a fare un bambino! » scattò Piper indicando Frank e Hazel.
« Scusami!? » quasi urlò Hazel mentre Frank diveniva rosso acceso.
« Sì! A parte questa volta, in cui ve ne siete andati come la coppia sposata che siete, Frank e Hazel vogliono giocare alla famiglia con Nico! » disse Piper con rabbia.
« Cosa? No, non succederà! » disse Annabeth.
« Sì, invece, perché succede sempre! » disse Piper. « Ho bisogno di un compagno! » terminò portando le braccia attorno a Leo come se fosse una bambola che una ragazzina avesse rifiutato di lasciare a casa durante una gita.
« Sì! Ha bisogno di un compagno! » aggiunse Leo, ricambiando l’abbraccio, così parve che i due si stessero stringendo a vicenda come di fronte a morte certa.
« Piper! » disse Annabeth.
« Non verrò se Leo non può! » disse Piper decisa.
« E io non posso venire se Piper non va, » disse Leo sarcasticamente.
« Tu non dovresti venire e basta! » gridò Annabeth, prendendolo sul serio.
« Annabeth, rilassati, lascialo venire e basta. Non vedo dove sia il grosso problema, » rise Percy appoggiandosi alla propria ragazza.
« Va bene. Fa lo stesso, » sospirò Annabeth.
« E vai! » urlarono Piper e Leo dandosi il cinque.
« E per quanto riguarda Nico? » disse Frank.
« Sì, va bene se lui non viene? » disse Hazel, nonostante suonasse come se volesse solo una risposta, che sarebbe stata No, deve venire.
« No, deve venire, » disse Annabeth.
Hazel sospirò con sollievo.
« Che gli vuoi fare? Non sei sua mamma. Che hai intenzione di fare? Trascinarlo nella tua macchina? » rise Leo.
« Percy, » disse Annabeth brevemente.
« Afferrato, » disse Percy prima di correre dentro casa e affrettandosi su per le scale.
« Voi non siete seri… » rise Leo a disagio.
L’urlo dal piano di sopra gli rispose, e così fece Percy scendendo dalle scale, trasportando Nico sulla spalla come se il ragazzo fosse un sacco di patate.
« Io sono sempre seria, Leo, » disse Annabeth gravemente.
« SE NON MI METTI GIU’ IN QUESTO FOTTUTO ISTANTE, GIURO SU DIO CHE INFILERO’ IL MIO BASTONE DA CAMMINO SU PER IL TUO FOTTUTISSIMO CULO! » ululò Nico, agitandosi sulla spalla di Percy.
« Non posso farlo! Ordini del capitano, » disse Percy trattenendo una risata.
« HAAAZEEEEEEEELLLLL! » gridò Nico.
« Frank, prendi il suo bastone da cammino, ma mettilo nel bagagliaio o altrimenti quello ci picchierà tutti a morte, » disse Annabeth.
« Ricevuto, capitano, » disse Frank, nonostante fosse un poco inquieto alla vista di Nico così arrabbiato, se non completamente terrorizzato. Ma era per il meglio, giusto? Nico aveva bisogno di socializzare con i suoi amici più spesso… ma comunque. Ad ogni modo, non dubitava che Nico avrebbe certamente potuto picchiarli tutti a morte, così afferrò il bastone da cammino dal bancone della cucina e si affrettò in macchina con Hazel.
« Tutti gli altri, dentro l’auto, » disse Annabeth.
« Signorsì capitano! » applaudì la squadra di nuoto.
« Sei una dama spaventosa, » disse Leo mentre il resto della squadra partiva, guardando Percy affaticarsi con Nico che urlava profanità mentre provava a infilarlo in macchina.
« Ci provo, » disse Annabeth compiaciuta, chiudendo con forza il portone dei Di Angelo dietro di lei.

 

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Capitolo 6
*** » Ho cambiato idea, il prezzo era troppo alto. ***


 

hand to hold.



 
Le note dell'autrice, o meglio, traduttrice, 
si spostano a fine capitolo! 








 
« Tutto questo è mortificante. Cos’ho fatto per meritarlo? » brontolò Nico mentre scivolava spiacevolmente sul grembo di Piper.
Annabeth non guidava un minivan, e dal momento che Percy possedeva la licenza di guida, per non menzionare il fatto che stare con l’autista gli dava anche un po’ di precedenza, Nico era costretto a sedere nel retro con le matricole, più specificamente sulle matricole, dato che non vi erano abbastanza posti a sedere. Hazel si era offerta di sedere sulle ginocchia di Frank, ma per quanto a Nico piacesse il ragazzo non arrivava a permettere tanto, quindi era finito seduto sul grembo di Piper poiché era solo un centimetro o giù di lì più bassa di Nico, e onestamente il ragazzo preferiva stare a disagio dietro  che sedere vicino ad Annabeth davanti.
« Aw, non essere arrabbiato, Nico! A me non dà fastidio, » disse Piper allegramente.
« Ma a me sì, » grugnì Nico.
« Cosa? Non ti piaccio più? » piagnucolò sarcasticamente Piper.
« Non sei tu, voglio solo andare a casa, » sbuffò Nico.
« Guarda il lato positivo, siamo tutti insieme, siamo bellissimi, e tu hai un ottimo odore! Cioè, davvero ottimo… Che cosa indossi? » disse Piper avvolgendo le braccia intorno a Nico per portare lui e l’intossicante profumo di muschio più vicini.
« E’ una speciale colonia che gli ho dato, importata dall’Italia, » disse Hazel orgogliosamente, come una mamma gallina che si smeriglia le piume.
« Ha davvero un buon odore. Cioè, davvero davvero buono, diamine, ne voglio una bottiglia, » rise Piper mentre annusava Nico.
Leo improvvisamente portò le braccia attorno a Nico e prese un respiro profondo.
« E’ vero, è un buon odore; Hazel, dove lo hai preso? » disse.
« Sì, ne voglio comprare un po’ anche io, » disse Percy allungandosi dal sedile anteriore.
« Quand’è che mi hai annusato? » disse Nico, grato del fatto che il sole fosse già calato, o altrimenti qualcuno avrebbe potuto notare il suo volto rosso acceso.
« Quando ho dovuto spintonarti fuori da camera tua! Un po’ si è messo addosso alla mia camicia e non riesco a smettere di annusarlo, » disse Percy.
« E’ perché ha questa speciale formula che si mescola con gli ormoni umani. E’ scientificamente provato che fa in modo che chiunque la annusi ne vada matto, » disse Hazel orgogliosamente.
« Ed ecco perché non la indosso mai! » urlò Nico.
« Stai provando a far finire tuo fratello a letto con qualcuno o cosa? » rise Leo.
« No! Ho solo pensato che l’avrebbe aiutato a fare amicizia, » disse Hazel con innocenza.
« Cosa!? » gridò Nico.
« Stavo solo provando ad aiutare! » urlò Hazel in risposta. « Ogni volta che ti presento i miei amici dici che sono noiosi e te ne vai! »
« Questo perché loro sono noiosi! Semplicemente non- STACCATEVI DA ME! » gridò Nico mentre spingeva le due matricole lontano, che lo stavano praticamente molestando con mani avide.
« Nico, smettila di urlare! Mi stai dando il mal di testa, » grugnì Annabeth.
« OTTIMO! Ecco cosa ottieni per aver detto al tuo ragazzo di rapirmi! » gridò Nico di rimando.
« Non è un rapimento! » disse Annabeth in tono di difesa.
« SI’ LO- HO DETTO DI STACCARVI! » urlò Nico spingendo via le matricole mentre strisciava oltre Hazel sulle gambe di Frank. « Spero non ti dispiaccia, perché non torno lì dietro, » disse brevemente, sistemandosi.
« Non c’è problema, » disse allegramente Frank.
« E comunque, sì, è rapimento! Non so nemmeno dove stiamo andando! » disse Nico.
« Sì, dove stiamo andando? Non lo hai mai detto e non posso nemmeno dire dove siamo con le tue raccapriccianti e cazzutissime finestre colorate, » disse Leo.
« Probabilmente così può nascondere un cadavere se ne ha bisogno, » gli sussurrò Piper.
« Stiamo andando ad una festa, e le finestre sono colorate per privacy! » disse Annabeth.
« Privacy? Sono improvvisamente felice di non essere realmente col sedere sui sedili, se capisci cosa intendo, » sghignazzò Leo rivolto a Piper, che a sua volta scoppiò a ridere.
« Oh mio Dio, potreste stare zitti, voi due? Avete riso per tutto il tempo, diamine! Ora mi sta venendo mal di testa, » sibilò Percy.
« Q-quanto ci vuole per arrivare? » chiese Frank in tono speranzoso.
« In realtà siamo arrivati, » disse Annabeth.
« Aspetta, perché sei sorpreso? » disse Leo a Percy, sporgendosi oltre per guardarlo in faccia.
« Perché non lo sapevo! » disse Percy.
« Stai dicendo che ti limiti a fare qualsiasi cosa Annabeth dica senza chiedere? » disse Leo emozionato.
« Non tutto. Ha provato a farmi indossare un abito da donne ma quelle cose danno prurito, » disse Percy facendo una smorfia al pensiero.
Leo roteò gli occhi e strisciò fuori attraverso i sedili degli autisti mentre Annabeth apriva la porta ed usciva.
« Di chi è questa festa? » disse Hazel lisciando il proprio abito da cocktail in chiffon, color avorio, mentre si alzava.
« Un certo tipo di nome Dakota. Dà sempre feste, ma ho sentito che ha un problema di alcolismo, il che vuol dire che ci sarà un sacco di liquore; perciò non toccate nessun drink, qualsiasi cosa potrebbe essere alcolica, quindi bevete solo dal lavandino, » li avvertì Annabeth.
« Berrò se vorrò bere. Non sei mia madre, » sibilò Nico, ancora aggrappato a Frank come un gatto infuriato.
« Nico! » sussultarono sia Hazel che Frank.
« Sto scherzando, mio Dio, » sbuffò Nico. « Non ho nemmeno intenzione di andarci, a quella stupida festa. Aspetterò in macchina se necessario. »
« Nico, andiamo! E’ solo una festa, » disse Piper, ora accanto a Leo, e be’, a tutti gli altri, eccetto Frank che era ancora incastrato in auto con Nico seduto su di lui.
Nico schioccò la lingua, sprezzante, e si voltò.
Infastidita, Hazel lanciò la borsa a terra, marciò verso Nico e cominciò ad urlare qualcosa di molto arrabbiato che suonava italiano a suo fratello, il quale, ovviamente, ricambiò il favore, fino a che i due non parvero una scena da qualche stantia commedia degli anni Sessanta.
« Non sapevo che Hazel sapesse parlare italiano, » sussurrò Leo a Piper.
« Esce fuori solo quando è arrabbiata per qualche ragione. Nico e suo padre sono italiani, così quando suo papà ha sposato la madre di Hazel lei lo ha semplicemente imparato crescendo con lui, » sussurrò in risposta Piper.
« Tutto questo è piuttosto figo, » disse Leo.
« Lo so, vero? » disse Piper con voce ovattata.
« FRANK! » urlò Hazel, anche se era proprio accanto a lui.
Frank si alzò. Le braccia strinsero Nico mentre lo trasportava fuori come una principessina.
« FRANK, METTIMI GIU’, » gridò Nico.
« Scusa, Nico… Hazel vuole davvero che tu vada a questa festa, » disse Frank in tono di scuse.
« Bene così, squadra. Andiamo, » disse Annabeth chiudendo l’auto a chiave
.

×


Musica merdosa suonava a tutto volume. Le persone stavano urlando le proprie conversazioni oltre la musica. Non si potevano fare due passi senza finire addosso a qualcuno, che per la maggior parte puzzava di birra, e tutto ciò stava distruggendo ogni singolo nervo di Nico.
« Perché? » chiese semplicemente.
Anche se naturalmente, dal momento che non aveva urlato al massimo dei polmoni, nessuno lo aveva sentito. Qualcuno gridò il suo nome e gli afferrò la mano; siccome la musica era tanto alta non poteva distinguerne l’identità, ma era la voce di una ragazza, così presuppose dovesse essere Piper o Hazel.
All’inizio tutto era nero pece, con un flash di luce un momento sì e uno no, ma presto l’oscurità si trasformò in un paio di sfumature più chiare di grigio, il che significava che vi era una forte fonte di luce nelle vicinanze.
Il suono della musica diminuì un poco, come se stessero lasciando la stanza, e fu sostituito dal rumore di acqua che schizzava. Grandi spruzzi e varie persone urlanti cose confermarono la sua intuizione che ci fosse una piscina in quella casa. Chiunque gli stesse stringendo la mano ora si trovava davanti a lui, ma non lo lasciava andare per chissà quale ragione, perciò il suo braccio si trovava dietro la schiena in una posizione imbarazzante.
« Sono contento ce l’abbiate fatta! I drink sono… be’, ovunque, quindi assicuratevi di divertirvi! » disse la voce di un ragazzo.
« Grazie, Dakota. Hai visto Reyna da qualche parte? Ho sentito veniva, » chiese Annabeth con nonchalance.
« Stai provando a iniziare qualche cazzata capitano contro capitano? » rise Dakota.
« No, sono solo curiosa, » disse Annabeth in tono serio.
« Be’, è dall’altra parte della piscina, ma prova a non cominciare una rissa alla mia festa, va bene? » disse Dakota, nonostante la sua voce non suonasse come se fosse del tutto contro una rissa, e più come se la stesse incoraggiando.
La mano che stava stringendo lo portò un po’ di passi avanti, verso destra, e poi si fermò.
« Così questa è la tua squadra, Chase? » disse la voce di un ragazzo.
« Sì, » disse Annabeth orgogliosamente.
« Ci sono solo sei membri in una squadra. Chi è chi? » disse il ragazzo.
« Io e il ragazzo grosso siamo qui solo per la festa, » disse Leo.
Qualcun altro lo afferrò per il braccio e lo portò avanti.
« Lui è nella squadra, comunque, » disse la voce di Annabeth.
« Per l’ultima volta, non sono nella tua squadra! Non andare a dire alla gente che ne faccio parte! » disse Nico voltandosi nella direzione della voce di lei.
« Che c’è? Sei troppo imbarazzato di fare parte della merdosa squadra di nuoto della Half Blood High? » rise il ragazzo, rivolto verso Nico.
« Scusami? Tu chi sei? Non stavo nemmeno parlando con te. Hai qualche problema, tizio? » disse Nico.
« Mi chiamo Jason, e ora me lo dici, » disse Jason, la voce notevolmente più forte ora, quindi doveva essersi fatto più vicino.
« No, non ho problemi! Non mi importa assolutamente di te, o di questa squadra, o del nuoto! » gridò Nico in risposta.
« Intendi che sei in una squadra di nuoto e non ti importa di nuotare? » disse Jason, con un mezzo tono di sorpresa e divertimento nella voce.
« No! Non mi frega il minimo cazzo di niente di questo! » disse Nico gesticolando per enfatizzare.
« Scommetto non sai nemmeno nuotare, » disse Jason.
« Cosa? Certo che so nuotare, cazzo, che razza di domanda da idiota è questa? » disse Nico, divenendo sempre più e più irritato con questo coglione di nome Jason, chiunque egli fosse.
« Ah sì? Provalo, » disse Jason con una specie di soddisfazione nella propria voce.
Nico aprì la bocca per ribattere, ma prima che se ne rendesse conto qualcuno, e quel qualcuno presuppose fosse Jason, lo raccolse e lo lanciò nella piscina. Prima di colpire l’acqua udì numerose voci, che identificò facilmente come Frank, Hazel e Annabeth tra tutte le persone che gridavano il suo nome.
Ecco perché volevo stare a casa, pensò Nico mentre toglieva la giacca e calciava via le scarpe in acqua prima che lo spingessero giù. Il ragazzo ruppe la superficie, per sentire un coro di risate.
« Be’, sai nuotare, te lo concedo, » disse Jason, la voce consideratamente vicina.
Nico lo considerò stare accovacciato accanto alla piscina, di fronte al suo viso, che dalla parte di Jason fu un enorme, e presto doloroso, errore. Nico lo spinse via e gli diede un cazzotto dritto in faccia. Sentì un piccolo scricchiolio sotto il proprio pugno, così presuppose di aver rotto il naso del ragazzo.
Ottimo, pensò.
Ci fu un coro di quell’ooooo che si sente sempre da una folla quando è accaduto qualcosa di brutto.
« Io so nuotare, ma tu? » rise Nico tornando in acqua.
« IO TI UCCIDO! » urlò Jason.
Ora di darsi una mossa, pensò Nico nuotando via quando ci fu un rumoroso schizzo.
« Cosa hai intenzione di fare? Tirarmi giocattoli da bagno? » rise. Sapeva di essere salvo in acqua. Nico era finito in moltissime risse prima, quando poteva ancora vederci (una delle tante conseguenze della sua insolenza impulsiva), ma non poteva nemmeno immaginare di averne una in acqua, o sotto essa, per quel che importava. L’unica cosa per cui si preoccupava davvero era che il ragazzo provasse ad affogarlo, e Nico non aveva intenzione di dargliene la possibilità. Anche con umidi vestiti di strada che lo appesantivano era ancora un nuotatore veloce, e in più Nico dubitava che quest’individuo, Jason, avesse avuto il tempo di mettersi in costume da bagno, quindi probabilmente anche lui era appesantito.
Nico udì il suono di un tuffo a un metro di distanza, che tradusse come il fatto che Jason avesse finalmente cominciato a nuotare verso di lui, e ovviamente Nico nuotò lontano. All’inizio calciò semplicemente le proprie gambe per spingersi via, ma poi udì gli schizzi farsi vicini. Per qualche ragione, la musichetta di JAWS cominciò a suonare nella sua testa e il ragazzo ebbe un sentimento di terrore nelle budella. Così, allo stesso modo con cui Nico affrontava tutti i suoi problemi, fuggì via. Be’, in quel caso nuotò via. Il più veloce possibile, infatti, tastando i muri della piscina, sino a che realizzò che una volta fosse arrivato alla fine, se fosse tornato a terra le cose si sarebbero fatte un po’ più complicate del semplice nuotare via.
Così, invece, quando Nico giunse alla fine della piscina, utilizzando l’anticipo dato dall’aver nuotato sino a lì, premette le mani contro il pavimento, girò sott’acqua, e nuotò verso Jason nella direzione da cui era venuto. Nico ruppe la superficie e fischiò con le dita rivolto al ragazzo.
« Ti stai ancora divertendo!? » urlò Nico prima di ritornare sott’acqua.
Nuotò sino all’altro confine della piscina, fece un’altra capriola sott’acqua come aveva fatto al limite opposto e tornò, sentendo la corrente che Jason aveva creato quando incrociarono il corso. Il ragazzo stava guadagnando tempo, ma Nico era più veloce, e senza rendersene conto i due si ritrovarono a competere in dieci giri per la piscina. Il che sarebbe stato folle in una vera piscina, ma dal momento che quella di casa era molto più piccola di quella di giuste dimensioni della palestra, non era un grande problema, escludendo il terribile ostacolo dato dai vestiti bagnati; ma a parte questo fatto, pareva come se si trovasse di nuovo alla Half Blood High all’allenamento di nuoto, eccetto che per un po’ più di… incentivi a nuotare il più velocemente possibile. Dopo il decimo giro Nico udì un fischio da sopra l’acqua mentre colpì il bordo della piscina e qualcosa dentro di lui gli disse che era finita. Il ragazzo ruppe la superficie e si arrampicò fuori con il suono di un applauso.
« NICO, E’ STATO ASSOLUTAMENTE MALSANO! » Le voci di Leo e Piper si unirono in una mentre fu stretto in un abbraccio e sollevato per un breve momento.
« Cosa? Che ho fatto? » disse Nico; era confuso, ma felice per qualche ragione, e sollevato. Persino liberato.
« Nico, hai appena battuto Jason Grace in una gara! Quello fa parte della squadra di nuoto della Jupiter High ed è il loro secondo miglior nuotatore! »
« E allora chi è il primo? » disse Nico, ancora provando ad assorbire quel che stava accadendo.
« Il loro capitano! » dissero Leo e Piper insieme.
« E’ probabilmente questo il motivo per cui Annabeth ha portato tutti qui! Una qualche specie di scontro contro la Jupiter High per mettervi in mostra! » boccheggiò Leo, con Piper che strillava in accordo.
« Hai ragione! In nessun modo Annabeth ci avrebbe portato a una festa solo per divertimento, » disse Piper con voce bassa.
« Cosa!? » urlò Nico.
Giuro su Dio che se quella stronza mi ha letteralmente trascinato qui solo per così mettermi fottutissimamente in mostra-  I pensieri di Nico terminarono in fretta quando qualcuno lo abbracciò da dietro.
« Nico! Stai bene? » disse la voce di Hazel dietro di lui.
« Certo che sto bene! Sono stato appena buttato in una piscina, non colpito ventitré volte nel petto, » disse Nico.
« Quello era un riferimento? » disse Leo sospettosamente.
« Sì. Ora, via da me! » disse Nico spingendo via Hazel.
« Nico! Tutto okay? » disse Annabeth, la voce a qualche piede di distanza.
Nico si lasciò sfuggire una bassa risata arrabbiata e avanzò nella sua direzione.
« TU! Tu mi hai trascinato qui per poter giocare a qualche tipo di gioco contro la Jupiter High con la tua fottuta ossessione per il torneo! » urlò Nico.
« Nico, non avrebbe dovuto succedere questo! Stavo solo provando a- Jason ha semplicemente rovinato- » cominciò Annabeth, prima che Nico la interrompesse.
« Jason non c’entra niente! Tu sei quella che mi ha portato qui, nonostante ti avessi detto che non facevo parte di questa squadra. Il mio nome potrà essere sulla lista ma tu sai che lo sto facendo solo per attività extracurricolare! » urlò Nico.
« Ma, Nico, tu fai parte della squadra! » urlò Annabeth, la voce che incominciava a spezzarsi.
« Per l’ultima volta! No! NON! NE! FACCIO! PARTE! » urlò in risposta Nico.
« Nico, io- » cominciò Annabeth, prima che Nico la interrompesse.
« NON MI IMPORTA. Cazzo, sono stanco, Annabeth! Non ne vale nemmeno più la pena! Domani, per prima cosa, abbandono la squadra! » gridò Nico.
« Cosa!? Non puoi! Se ci abbandoni non saremo in grado di entrare nel torneo senza una squadra completa! » disse Annabeth, praticamente piangendo.
Nico fece un passo di troppo, così il viso di lei si trovò a meno di un paio di centimetri da quello di lui.
« Esattamente, » sibilò.
E con ciò, il ragazzo la spinse via dalla strada e si precipitò all’interno della casa, bagnato fradicio.








 
*esplodono fuochi d'artificio e parte musica tunz-tunz dalle casse di qualche discoteca nelle vicinanze* LA PRIMA INTERAZIONE JASICO! *stappa champagne*
Davvero, gente. Io li amo nel libro e li amo qui, adoro il loro rapporto e, come mi capita per Piper, adoro Jason quando non sta invischiato all'interno della Jasper. Ho serie speranze che la Jasico diventi canon in BoO - a cui, vi ricordo, mancano solo ventotto giorni! - quindi, intanto, nell'attesa, mi godo la pucciosità di questi due all'interno di questa fanfiction. Come si dice, "I ship the cheerful one and the grumpy one".
Oltre alla dolcezza di questa prima interazione (insomma, chi non vorrebbe un primo incontro con l'amore della sua vita in cui quasi si ammazzano a vicenda?), porto una breve attenzione anche sulla Liper. Okay, non saranno mai canon, ne sono pienamente convinta, né qui né in HOO, ma io li adoro troppo insieme. Anche solo come bromance, a dire la verità. Molto più genuini della Jasper, sempre a mio parere.
Comunque, in questa settimana mi darò più da fare possibile per scrivere, perché lunedì ricomincia la scuola e con la scuola ricomincia lo studio, e gli aggiornamenti diventeranno molto meno frequenti, vi avviso.
Anyway, vi adoro, davvero. Da questo capitolo in poi le vicende si faranno interessanti e per me sarà un vero piacere tradurle ^-^
Al prossimo capitolo!



 

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Capitolo 7
*** » Scheletri nell'armadio. ***


 

hand to hold.



 
Le note dell'autrice, o meglio, traduttrice, 
si spostano a fine capitolo! 






 





« Cazzo, » mormorò Leo a Piper.
Piper si voltò verso di lui con un’espressione sorpresa, che esprimeva ciò che lei non poteva dire a parole. Leo capì, e le diede un colpetto rassicurante sulla spalla. Per cosa la stesse rassicurando, non lo sapeva, ma l’atto fu confortevole per entrambi.
« Annabeth, » disse una voce.
Piper immediatamente si voltò e si avviò per la posizione opposta, trascinando Leo con lei.
Annabeth prese un respiro profondo, ripulì il volto dal dolore che l’aveva storpiato precedentemente, e volse il viso verso di lei.
« Reyna, » disse tranquillamente, con un sorriso.
Scintille crepitarono tra di loro mentre l’atmosfera sprofondava sotto zero. Qualsiasi persona di buon senso non avrebbe mai osato stare tra di loro, difatti chiunque fosse a meno di un paio di metri si trascinò via. Eccetto Percy, che come sappiamo non aveva buon senso.
« Perdonami, » gli disse Reyna, chiaramente comunicandogli di lasciare alle ragazze un po’ di privacy.
« Sei perdonata, » disse Percy con quella specie di confidenziale ghigno che dava agli spettatori l’urgenza di picchiarlo e baciarlo al tempo stesso.
« Percy, » disse Annabeth rigidamente.
Percy le lanciò un’occhiata e si allontanò.
« E’ affascinante, » disse Reyna indifferente.
« Gli uomini lo possono essere, » disse Annabeth con una sottile superiorità nella propria voce.
« Be’, tu saprai tutto e di più a riguardo, o sbaglio? » disse Reyna facendo un passo più vicino. Si accostò all’orecchio di Annabeth. « Ti interesserebbe insegnarmi nei tuoi modi? » sibilò.
Annabeth arretrò. « Cosa vuoi? » disse brevemente.
« Be’, sembra che sia tu quella che mi stava cercando, » disse Reyna. « Così dice Dakota, che, come sono certa tu sappia, è iscritto alla Jupiter High, come la maggioranza delle persone a questa festa. Sei nella base del nemico, Chase, giochi con le regole del nemico, » disse Reyna.
« Lo so, » disse Annabeth rigidamente.
« Che stai facendo? Cosa stai cercando di ottenere venendo qui? Provocare la mia squadra non ti farà vincere il torneo, Annabeth. Se lo volessi, potrei riportare il naso rotto di Jason e far cacciare via la tua squadra dalla lista per malcondotta. Stai cercando di ripetere ciò che è accaduto l’anno scorso? » sibilò Reyna.
« No, » disse Annabeth brevemente.
« E allora perché? » disse Reyna, con urgenza nella voce.
« Io… io pensavo di poter migliorare le cose per la mia squadra venendo qui stasera, ma le ho solo peggiorate. L’Half Blood High non competerà nel torneo, Reyna, » disse Annabeth con calma.
« Cosa!? » disse Reyna, completamente sconvolta.
« Mi hai sentita, » disse Annabeth.
« Perché? Non capisco, » disse Reyna.
« E io credo di stare cominciando, » disse Annabeth debolmente prima di allontanarsi.
« Annabeth! Spiegati! » la chiamò Reyna.
Annabeth scomparve all’interno della casa, senza guardare indietro, mentre Percy strascicava dietro di lei.
Spinse via orde di persone danzanti, avanzando sempre più dentro all’abisso della festa mentre si affrettava giù per una scalinata senza sapere dove stesse andando. La musica era tanto alta, ma Annabeth si sentiva così vuota, che lei, e il mondo  che aveva costruito attorno a sé, caddero a terra. Il corpo fisico di Annabeth cadde su un pouf, ma la sua mente era lontana. Nemmeno il suo rammarico per aver spinto così forte Nico, la sua terribile disperazione nel vincere il torneo, o persino il benessere della sua squadra potevano raggiungerla. La ragazza improvvisamente scoppiò in una lunga risatina strascicata causata dall’ironia di tutto ciò, di come più lei si sforzava più le cose peggioravano.
« Non so nemmeno più cosa sto facendo… o perché, » disse con voce impastata.
Annabeth guardò in alto, verso il soffitto che turbinava in un arcobaleno di colori. Cominciò a ridacchiare verso di loro, guardandoli cambiare da rosso, a rosa, a viola, a blu, a verde.
« Gli occhi di Percy sono verdi. Percy mi piace un sacco, » mugolò Annabeth, prima di lasciarsi sfuggire un lento pianto rumoroso. « Perccccyyyyy, » pianse. Poteva quasi sentirlo, chiamare il suo nome ancora e ancora.
« Percccccyyyy, » pianse Annabeth senza rivolgersi a nessuno.
La voce di lui divenne più alta, il che fece solo piangere Annabeth più forte, fino a che la ragazza non fu improvvisamente tirata su e trasportata su per le scale. Non riusciva a imporsi di muovere gli arti, così le sue gambe urtavano le scale di legno, il che faceva male, ma non nel solito modo in cui lo avrebbe fatto. Pareva più come un tonfo molto lontano, che si attardava mentre raggiungeva il suo cervello, come ricordandole che le gambe dovevano sentire dolore.
Annabeth! Annabeth!, udì nella voce di lui, e cominciò di nuovo a piangere, dicendo il suo nome tra singhiozzi umidi, quando improvvisamente un’ondata di acqua fredda le venne completamente addosso, risvegliandole i sensi.
« Annabeth! » urlò Percy a un centimetro dal suo viso. I suoi brillanti occhi verde acqua erano scuri come il mare in tempesta, pieni di panico e paura. Furono l’unica cosa che Annabeth vide per un po’, sino al resto di lui, ed il mondo tornò a fuoco.
« Che? » disse Annabeth, battendo gli occhi nella sua direzione.
« Oh mio Dio, » espirò Percy stringendola in un abbraccio. « Davvero non pensavo avrebbe funzionato, » sospirò con sollievo.
« Cosa avrebbe funzionato? Perché mi hai vuotato addosso tutta quest’acqua? » disse Annabeth, con gli arti che lentamente riprendevano a risponderle.
« Perché eri completamente fatta e non la smettevi di piangere! Continuavi a dire Percy, Percy, Percy, ma ogni volta che provavo a parlarti era come se non mi vedessi nemmeno! »
« Che? Di cosa stai parlando? » disse Annabeth.
La testa stava pulsando dandole un dolore tagliente, come se il cranio fosse stato spinto contro un tritacarne e la sua testa ammollita fosse esposta a cento aghi che si conficcavano nel cervello scoperto.
« Eri nel seminterrato di una festa in casa e stavano fumando qualche merdata. Non so cosa ti stessi aspettando, andando laggiù, » disse Percy.
« Aspetta, io ho fatto cosa? » disse Annabeth.
« Eri fatta come una pigna, Annabeth. Andiamo, ti riporto in macchina, » rise Percy mentre la sollevava e praticamente la trasportava lungo il cortile fuori dalla loro auto. « Chiavi? » disse.
Annabeth fissò davanti a sé con sguardo assente, tastandosi le tasche per un bel po’, sino a che Percy non vi frugò dentro e le prese da sé. Sbloccò la porta davanti, che aprì il retro in cui fece sdraiare Annabeth, chiuse la porta davanti e si rannicchiò contro di lei.
« A cosa stavo pensando? » mormorò Annabeth.
Percy si stese sulla schiena con Annabeth sopra di lui, tra le sue braccia.
La ragazza respirò nel suo petto, fissando il nulla mentre tutto ciò che era successo le si schiantava addosso. Voleva gridare, pestare Jason di brutto, e poi Nico, ma ancora una volta era innanzitutto colpa sua se il ragazzo aveva mollato. Dov’era il resto della sua squadra? Erano ubriachi? E se qualcuno stesse approfittando di loro? La odiavano anche tutti gli altri? Probabile.
« Shhhhh, » disse Percy chiudendo e bloccando la porta dietro di sé. « Il gran capitano Annabeth ha bisogno di fare un sonnellino. Ora, » disse in tono calmante mentre faceva correre le dita fra i capelli di lei.
A questo pensiero il petto di Annabeth cominciò a sollevarsi mentre lei piangeva in silenzio. Percy fece la stretta un po’ più forte, continuando a far correre le dita tra i suoi capelli. Sembrava così dolce, si sentiva così al sicuro, lì. Percy era una testa calda per un sacco di tempo, ma era bravo in roba del genere. Nel semplice darle una possibilità di respirare quando scoppiava in quel modo.
« Ti amo, » mormorò la ragazza prima di addormentarsi.
« Anche io ti amo, » sussurrò di risposta Percy, ma Annabeth non lo poteva sentire.

 
×

« Dio, Piper! Finirai per darmi un colpo di frusta se continui a strattonarmi in giro così, » borbottò Leo mentre si sfregava il collo.
Per qualche ragione, quando quella tizia, Reyna, era spuntata da dietro Annabeth, la ragazza era corsa via come se avesse visto il diavolo, il che a essere sinceri non era troppo distante dalla verità. Quella tipa era semplicemente tanto terrificante quanto Annabeth, il che era già dire qualcosa. L’unica differenza era che potevi captare il pericolo sul volto di Reyna, mentre non lo percepivi con Annabeth sino a che non era troppo tardi.
« Scusa, bello. Io, uh… ho solo bisogno di usare il bagno, » disse Piper sballottandolo su e giù per la casa.
« Uh, non ti aspetti che ci vada con te, giusto? » rise Leo.
Amava Piper fino alla morte, ma non in quel modo. Per non menzionare il fatto che non importava quanto potessero avvicinarsi due persone, andare al bagno era abbastanza una cosa da fare da soli.
« Oh! Giusto… certo, » disse Piper, lasciando finalmente andare la sua mano.
« Be’, ci vediamo dopo, allora. Dobbiamo andarcene all’una, quindi non fare troppo casino, » scherzò Leo.
« Sì, » rise nervosamente Piper.
Ma che problemi ha? L’abbandono della squadra di Nico l’ha fatta sclerare così tanto?, pensò Leo mentre si faceva largo nella folla danzante.
La musica si fece più alta, e il numero delle persone che ballavano crebbe con il suono sinché muoversi attraverso la folla sembrò giocare agli autoscontri. Stavano finalmente suonando qualcosa di decente, comunque, una qualche specie di remix elettronico con una base sorda che gli vibrava nel petto. Le voci erano chiare e ariose, e gli davano voglia di ballare, ma in quel momento Leo stava solo cercando un posto in cui sedersi. Trovò una porta che conduceva in una specie di salone dove la musica suonava soffocata dall’interno. C’erano poche persone che distrattamente bevevano e facevano conversazioni che non avevano bisogno di urlare per sentire.
Perfetto, pensò Leo.
Il ragazzo esaminò la stanza, cercando un posto dove sedersi senza avvicinarsi troppo a qualcuno, ma apparentemente non era l’unico a cercare un po’ di pausa. La stanza era piena, ma non sovraffollata, così l’unico luogo rimasto in cui sedersi era il posto a destra di un lungo divano dove due ragazzi, che indossavano le uniformi della Jupiter High, stavano parlando.
« Spero non vi dispiaccia se mi siedo, » disse Leo lasciandosi cadere sul divano accanto al ragazzo.
« Leo Valdez? Come potrebbe dispiacermi? » disse una voce familiare che gli diede un brivido lungo la spina dorsale.
Impossibile, non può-, pensò Leo.
Si voltò per guardarlo in faccia, e, certamente, quello era Ethan Nakamura. Leo improvvisamente sentì lo stomaco contorcersi e la sua ansia solitamente in letargo accendersi.
Perché sei qui? Perché ti comporti come se non mi volessi strangolare? Ha intenzione di- impossibile, non qui in pubblico, pensò Leo, la testa che ronzava a cento miglia all’ora mentre lo fissava.
« Sembra che tu abbia appena visto un fantasma. Stai bene, bello? » disse Ethan.
« Leo? » disse un’altra voce familiare.
Mi state sicuramente prendendo in giro, pensò Leo chiudendo gli occhi per un secondo.
« Leo! Non mi aspettavo di vederti qui! Questa è più una festa della Jupiter High, e con la rivalità fra scuole e tutto… ma sono felice di vederti! » disse allegramente Calipso.
« Be’, nemmeno questo ragazzo è iscritto qui, » disse Leo, tentando di mantenere chiara la propria voce.
« Non lo ero l’ultima volta che ci siamo parlati. Ma lo sono, ora, » disse Ethan con un sottotono minatorio nell’ultima parola.
« Cosa!? » disse Leo, incapace di controllare la sorpresa.
« Sì! Ethan si è trasferito all’inizio di quest’anno. Non è fantastico?  Finalmente ho un amico a scuola ora, » disse Calipso con entusiasmo.
« Be’, è semplicemente fantastico, » disse Leo meccanicamente.
« O no? » disse Ethan con una scintilla scura nell’occhio.
Il finto sorriso che Leo aveva sul volto scivolò via.
« Ho bisogno di un drink, » disse brevemente prima di alzarsi.
« Vengo con te! Dopo tutto abbiamo molto di cui aggiornarci, » disse Ethan con un tono che suonava più come un ordine che come un’offerta. « Spero non ti dispiaccia, amica mia, » disse a Calipso.
« No, per nulla! Ci vediamo più tardi, Ethan. Ciao, Leo, » disse Calipso prima di cominciare a perdere tempo col proprio cellulare.
« Meraviglioso, » disse Ethan con voce bassa mentre afferrava Leo per la vita e lo scortava fuori dalla stanza, attraverso la festa, e dentro la stanza da letto di qualcuno sopra le scale.
« Come puoi anche solo chiamarla tua amica? » disse Leo spingendo via Ethan.
« E tu cosa intendi con questo? » disse Ethan distrattamente.
« Sai esattamente quel che intendo! E’ colpa tua se il suo braccio si è- ». La voce di Leo parve morire a metà frase.
« Be’, se la memoria è d’aiuto, tu hai aiutato. O sbaglio? » disse Ethan facendosi più vicino.
« E’ stato un incidente! Calipso non avrebbe nemmeno dovuto essere lì, non pensavo avrebbe davvero- »
Leo fu interrotto da Ethan, che lo afferrò per le spalle e lo spinse contro una parete.
« Nemmeno io, ma lo ha fatto. » Dopo una risata sprezzante, Ethan andò avanti. « Non puoi nemmeno giocare all’eroe, giusto. Non riesco ancora a credere che sia stata lei quella che ha finito per salvarti il culo. Diavolo, se non fosse tornata nell’incendio che tu avevi creato, probabilmente saresti morto. »
« Lo so, » disse rigidamente Leo.
« Il che vuol dire che sai anche che, nonostante sia io quello che ha iniziato tutto quanto, è stata colpa tua se il suo braccio è stato bloccato tra-»
« Lo so, » praticamente urlò Leo.
« Certo che lo sai, » disse Ethan premendo il proprio corpo contro quello di Leo. « Ma a parte il passato, abbiamo ancora altri argomenti di cui discutere. »
« M-me ne occuperò. Ma ci vorrà un po’, » disse Leo meccanicamente, mentre si torturava la mente per trovare un modo per fuggire.
« E’ passato più di un anno. L’unica ragione per cui non ti ho ancora cercato è perché mi piaci. »
Sì, magari un po’ troppo, pensò Leo. « Ci vuole un po’ per risparmiare tutti quei soldi, Ethan. Non è come se avessi un lavoro, o roba del genere, » disse ad alta voce.
« Be’, sai che ci sarebbero altri modi in cui mi potresti pagarmi, » sussurrò Ethan nell’orecchio di Leo.
Leo sentì il suo cuore fermarsi e la sua mente svuotarsi. Per un orribile momento pensò che stesse per accadere qualcosa quando, ironicamente, ci fu un forte thud contro il muro, seguito da un gemito ancor più forte proveniente dal muro della stanza alla loro destra, che fece trasalire sia Leo che Ethan.
« Be’, pare che qualcuno si stia divertendo, » rise Ethan.
Leo approfittò della momentanea distrazione di Ethan e sfuggì alla sua presa.
« Penso che mi atterrò ad accumulare soldi, » disse deciso, prima di guizzare fuori dalla stanza.
Ma che cazzo? Quella era decisamente la voce di Nico, ma non pensavo fosse anche lui il tipo di ragazzo che- Fa lo stesso. Non è un problema mio. Ho cose più importanti di cui preoccuparmi, la prima delle quali è andarmene da questa stupida festa, pensò Leo mentre si affrettava giù per le scale.






 
*analizza i sensori posti nella mente dei lettori* "Ma che cazzo stai facendo, Nico?" Sì, lo so che è quello il vostro pensiero! Ma dovrete aspettare il prossimo capitolo per scoprirlo e, fidatevi, non vi deluderà :3
Inizialmente questi erano due capitoli differenti, il pezzo di Annabeth e Percy intitolato "Ripercussioni" e quello di Leo ed Ethan "Scheletri nell'armadio". Dato che però il pezzo Percabeth, per quanto dolce, non inseriva alcun tipo di curiosità nei lettori, ho preferito aggiungere anche il secondo, così per farvi venire in anticipo gli stessi dubbi: cosa è successo a Calipso? Chi è questo Ethan? Perché vuole stuprare il mio Leo? E, soprattutto, cosa diavolo sta facendo Nico?
E niente, sappiate che mi è piaciuto da morire tradurre soprattutto il secondo pezzo, e che ormai shippo Leo e Ethan, anche se nel libro nemmeno si sono conosciuti. c:
Ci sentiamo al prossimo capitolo, che dovrei tradurre entro questa domenica! Continuo a ringraziarvi per le recensioni, siete fantastici, e sono contenta amiate questa storia come la amo io!

 
 

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Capitolo 8
*** » Non ne sono sicuro – sono spaventato o eccitato? ***


 

hand to hold.



 
Le note dell'autrice, o meglio, traduttrice, 
si spostano a fine capitolo!






 
Nico sentiva la testa girare. La musica gli esplodeva nelle orecchie, la bocca era secca e gli pareva di stare camminando su una pista roteante. Aveva perso il conto delle volte in cui era inciampato. Questa volta, cadde contro il muro, e qualcosa di duro e rotondo lo colpì lateralmente. Nico lo afferrò per alzarsi in piedi, ma l’oggetto improvvisamente girò e il muro che si trovava contro di lui improvvisamente si fece da parte, ed il ragazzo vi cadde dentro.
Credo ipotizzerò quella fosse una porta, pensò Nico mentre sbatteva la porta con il piede. Almeno ora c’è calma.
Frank aveva dimenticato di tirare fuori il suo bastone da cammino dal bagagliaio, e così per la prima volta dall’incidente il ragazzo si sentiva davvero cieco. Nemmeno il fatto che la testa gli desse la sensazione che qualcuno gli avesse sbattuto il cervello in un frullatore, lo avesse putrefatto, e riversato nella sua testa, aiutava a capire dove si trovava.
L’oscurità che di solito vedeva improvvisamente si trasformò in un grigio scuro quando voltò la testa in una certa direzione, il che significava che vi era una forte fonte di luce nella stanza. Nico strisciò sul pavimento sino a che non andò addosso a qualcosa. Qualcosa di morbido. Il ragazzo si sistemò su di esso e rimbalzò un poco quando vi si trovò sopra. C’erano cuscini, una coperta, una testata particolarmente decorata che era incisa con il nome di qualcuno…
Ho trovato un letto. Immagino di essere nella stanza da letto di qualcuno. Il che significa che quella luce potrebbe essere…
Nico rotolò giù dal letto e inciampò contro la fonte di luce, sinché tutto non fu bianco e non sentì delle mattonelle sotto i piedi nudi.
Sì.
Nico avanzò per qualche passo, tastò un lavandino, e poi il beccuccio di un tubo. Si ricordò improvvisamente quanto fosse secca la sua bocca, trovò le manopole accanto al tubo e accese l’acqua. Pose la bocca proprio sotto il rubinetto e bevve sinché non dovette scostarsi per respirare.
Perché ho così tanta sete? Non ho appena avuto, tipo, tre drink?, pensò Nico, sinché improvvisamente non capì.
« Oh. Sono ubriaco, » disse ad alta voce. Quando è successo?, pensò prima di indietreggiare di un passo, inciampare sulle sue stesse gambe e cadere di nuovo nella camera da letto.
Si ritrovò a ridere, ma non era troppo sicuro del perché. Eccolo lì, ubriaco, steso sul pavimento della camera di qualche sconosciuto, bagnato fradicio, ad una selvaggia festa in casa.
Oh, sì, pensò Nico, ricordandosi finalmente che la sua camicia zuppa era ancor più appiccicosa e lo stava mezzo congelando fino alla morte.
Si alzò, la tolse e la lanciò per la stanza. Quasi fece lo stesso con i pantaloni, ma poi cambiò idea. Era ubriaco, ma non così ubriaco.
« E ora… » farfugliò, prima di sdraiarsi di nuovo sul pavimento e, senza rendersene conto, addormentarsi di botto.

 
×

« Aw, il culo non dovrebbe farti così male, Jason. Perché non ci facciamo un drink per prendere il largo? » disse Dakota.
« Sì, devo guidare fino a casa, quindi no grazie, » grugnì Jason prima di avviarsi verso la festa. Non era mai stato tanto umiliato nella vita, ma ancora una volta non riusciva davvero a ricordare l’ultima volta in cui si fosse sentito imbarazzato. Era Jason Grace. Co-capitano della famosa squadra di nuoto della Jupiter High, giustamente adorato e temuto da tutti. Proprio come il suo capitano.
Oh, Dio, pensò Jason mentre entrava nella casa. Reyna mi ucciderà.
Dopo il sabotaggio dello scorso anno, Reyna aveva giurato che chiunque avesse provato qualsiasi tipo di minaccia, e fosse stato anche solo lontanamente sospettato, sarebbe stato calciato fuori dalla squadra senza processo. Aveva bisogno di lui per il torneo, ma il ragazzo si sarebbe beccato una ramanzina, e più probabilmente un calcio in culo. Il biondo gemette al pensiero mentre si faceva strada sulla scalinata. Aveva bisogno di schiarirsi la mente. Trovare qualche posto calmo. Be’, sicuramente, se era questo che voleva, tutto ciò che doveva fare era togliersi gli apparecchi acustici, ma in quel caso tutto sarebbe stato un po’ troppo calmo. Jason tentò una porta. Chiusa. Un’altra, ed entrò in una stanza con due persone sul letto. NO GRAZIE. L’ultima era vuota, non chiusa a chiave, e aveva un buon odore per qualche ragione.
Perfetto, pensò, entrando e chiudendo la porta dietro di lui a chiave. Ew, ma che diavolo?, pensò Jason mentre camminava su qualcosa di bagnato fradicio. Si inginocchiò per vedere cosa fosse. Una T-shirt, che guarda caso aveva esattamente lo stesso odore del vago profumo nella stanza. Senza rendersene conto aveva la T-shirt sul proprio viso e stava respirando il profumo come se avesse trattenuto il fiato per tutta la sua vita.
Che diavolo sto facendo?, pensò Jason mentre fu in punto di gettare via la maglietta… ma di nuovo…
Era una bella maglietta, dopo tutto. Materiale morbido, grigio opaco, leggero collo a V, e sicuramente aveva un odore incredibile.  Per quanto imbarazzante fosse non voleva davvero lasciarla. Soprattutto, doveva scoprire che colonia fosse quella lì spruzzata. L’avrebbe portata a casa, dicendo che un amico aveva dimenticato la propria maglia, e chiesto a sua madre o a Talia se qualcuna di loro la riconosceva. Sua madre era una stronza snob e alla moda, perciò avrebbe dovuto capirlo senza dubbi, ma Talia era finita in un istituto per sole ragazze, quindi avrebbe potuto semplicemente prendere la maglietta e obbligare una delle sue compagne a scoprirlo. Il pensiero lo soddisfò e il ragazzo gettò la maglietta sul letto. Il freddo contro il suo viso non era male, ma non voleva che il profumo finisse sulla sua maglia, perciò lavarsi la faccia nel lavandino del bagno fu la prossima miglior scelta. Fece per prendere la strada verso il bagno, quando improvvisamente sentì qualcos’altro sotto i propri piedi.
« Ma che diamine!? » urlò Jason, saltando indietro e cadendo in un armadio.
Nico gemette e si strofinò l’occhio mentre si puntellava sul pavimento.
« E perché stai dormendo sul pavimento, comunque!? C’è un letto a tipo meno di un metro di distanza! » gridò Jason, furioso per il fatto che si era preso un colpo del cazzo a causa dello stesso ragazzo che lo aveva appena mortificato di fronte a, praticamente, metà della scuola.
« Stai zitto! Io faccio quel cazzo che voglio, » ridacchiò Nico con voce strascicata mentre riappoggiava la testa per tornare a dormire.
« … Sei ubriaco? » disse Jason alzandosi.
Nico sbuffò, realizzando che quel ragazzo non si sarebbe zittito e non se ne sarebbe andato presto, e si alzò in piedi usando il muro come supporto.
« Sì. Hai qualche merdoso problema a riguardo? » rise Nico facendosi più vicino.
Jason sarebbe indietreggiato, ma sarebbe semplicemente caduto di nuovo nell’armadio. La stanza era nero pece, eccetto per la forte luce bianca che veniva dal bagno, che quindi splendeva dietro Nico; il che avrebbe dato alla maggior parte delle persone l’effetto di un’aureola, ma rendeva lui ancor più inquietante. Il ragazzo già era sembrato quasi come un qualche tipo di gangster quando lo aveva visto la prima volta, con quel lungo cappotto scuro e il cipiglio arrabbiato, ma sembrava persino più spaventoso ora. Aveva un sorriso pericoloso sul viso e occhi di puro nero che parevano guardare attraverso di lui, dando a Jason un brivido da cattivo ragazzo ogni volta che lo fissava troppo a lungo.
« Guarda, io non voglio guai… » cominciò Jason.
Il che era piuttosto vero. Non gli importava davvero molto di scontrarsi con Nico ora, aveva solo la percezione di trovarsi in un momento in cui le cose sarebbero potute sfuggire di mano. In più, non sapeva di cosa fosse capace questo ragazzo. Aveva un corpo da nuotatore, esile ma forte, perciò apparentemente era davvero nella squadra di nuoto.
Gli venne improvvisamente in mente che la maglietta bagnata fradicia che stava sfregando contro il proprio viso meno di un minuto prima apparteneva a lui, tra tutte le persone possibili. Un furioso rossore consumò il volto di Jason e lo fece diventare rosso acceso, proprio di fronte a Nico, e la cosa lo fece solo arrossire con più forza.
« Non vuoi guai? » rise Nico con voce bassa, che diede solo un altro brivido alla spina dorsale di Jason. Nico si fece più vicino, sinché non fu a meno di dieci centimetri di distanza da Jason. « E’ per questo che mi hai gettato nella piscina? » ringhiò.
Troppo vicino, troppo vicino, troppo vicino, pensò Jason. La mente gli venne intasata da altri indesiderati pensieri.
Del tipo, come si stesse sempre più rendendo conto che Nico stesse indossando solo un fradicio paio di pantaloni che aderivano troppo bene alla sua metà inferiore. Come i suoi capelli nero lucido fossero arruffati nel modo più attraente possibile. Lo sguardo distante nei suoi occhi scuri, ma più di tutti, il profumo intossicante che irradiava, così forte che si mescolava con il chiaro e familiare odore di cloro che la maggior parte delle persone non avrebbe notato, a meno che non lo conoscessero molto bene. Se il Paradiso avesse avuto un odore, sarebbe stato quello.
« Hai intenzione di dire qualcosa, ragazzino? » sputò Nico.
Ragazzino? Chi cazzo sta chiamando “ragazzino”? Avremo probabilmente la stessa età. Probabilmente. Difficile dirlo quando questo comportamento da mafioso lo fa sembrare più grande, pensò Jason mentre si spostava lateralmente e raggiungeva l’altra parte della stanza.
« Guarda, sei tu quello che mi ha rotto il naso perciò non so perché tu ti stia comportando come se fossi io il cattivo ragazzo qui, » disse Jason continuando ad arretrare, mentre Nico continuava lentamente a inseguirlo.
Nico si lasciò sfuggire una risata malvagia che gli stava addosso davvero bene.
« Ti ho dato un pugno perché te lo meritavi, » disse. « Le persone come te fanno quel cavolo che vogliono, e quando capiscono ciò che si stanno beccando, si comportano come se fossero loro le vittime, » sibilò. « Mi ricordi una certa persona bionda che conosco… »
« Solo perché sono biondo non vuol dire che sia idiota! » sbottò Jason senza riflettere, a causa delle implacabili prese in giro del capitano della sua squadra.
« Aspetta, sei biondo? » rise Nico.
« Uh, sì. Che c’è, sei cieco? » disse Jason.
Veramente..., pensò Nico prima di scoppiare di nuovo a ridere.
 « C-cosa c’è di così divertente? » disse Jason nervosamente mentre inciampava e cadeva all’indietro.
Ora stava davvero incominciando a impazzire. Il modo in cui questo ragazzo rideva, come se avesse intenzione di tagliargli la gola e mangiargli il cuore, era troppo. Per qualche ragione Nico continuò ad avanzare, inciampò sulle gambe di Jason e cadde dritto sopra di lui. Se qualsiasi altra persona fosse caduta su di lui, Jason l’avrebbe spinta via senza un secondo pensiero, ma questo ragazzo era diverso. Le sue mani erano gelide, ma il suo petto nudo era caldo. Il suo corpo si incastrava come in un puzzle con quello di Jason e il respiro caldo di Nico sul suo collo praticamente gli intorpidiva il corpo. Qualsiasi forza rimanente Jason avesse per muoversi fu soffocata dall’incredibile odore che lo travolgeva e gli spegneva il cervello. Anche se avesse voluto, Jason non sarebbe riuscito a muoversi.
« Vuoi sapere cosa c’è di divertente? » sogghignò Nico con voce tetra. « Le persone come te… mi disgustano, » gli sussurrò nell’orecchio.
Qualcosa tremò all’interno di Jason. Lo aveva ferito? O forse era il fatto di essersi reso conto che uno sconosciuto gli faceva sentire cose che non pensava potesse provare con un ragazzo? Tutta l’energia che era sembrata essere stata risucchiata via da lui ritornò in un’unica enorme ondata, ed il ragazzo afferrò Nico per le spalle e lo lanciò contro il muro, spingendolo via per le gambe. Nico si schiantò contro il muro, si lasciò sfuggire un forte lamento, che suonava più come un gemito, e poi giacque sul pavimento.
Oh merda, pensò Jason mentre si alzava.
Guardò in direzione di Nico, poi lo rovesciò sulla schiena. Stava respirando, ma sulla sua fronte… quello era sangue?
Lo stomaco di Jason si contorse e il improvvisamente il ragazzo si sentì male. Di solito si scordava della propria forza, più spesso che non grazie alla sua tempra fiammante, ma quello era troppo. Quel ragazzo stava sanguinando. Ogni possibile brutta fine che poteva accadere, e svariate che non avrebbero potuto, colmarono la sua testa in una volta sola.
« Che cosa faccio, che cosa faccio, che faccio? » balbettò Jason ad alta voce.
Fece correre la mano tra i capelli di Nico per sentire quanto fosse distante il taglio, poi lo spinse via per l’imbarazzo.
Non posso gestire questa cosa in questo momento, cazzo. Ho bisogno di aiuto, pensò Jason mentre si alzava.
Come un segnale, il suo cellulare gli vibrò nella tasca. Un messaggio da sua sorella.
Talia! Lei conosce il pronto soccorso!, pensò Jason.
Risistemò il cellulare nella tasca e tastò Nico, esitando mentre la mano accarezzava la pelle olivastra. Jason si lasciò sfuggire uno sbuffo frustrato, prima di afferrare il ragazzo e issarlo sulla propria schiena. Prese rapidamente la maglietta dal letto e, come un vortice, uscì dalla casa.





 
A essere sincera, credo che da questo capitolo in poi comincerò a commentare sempre il capitolo qui in basso. Jason comincia a diventare un personaggio importante e - et voilà - si porta Nico a casa. Non sentite il phatos che scende? La tensione? L'amore?
Abbiamo avuto una spiegazione del gemito di Nico - lo so che chi ha pensato male ora si sente leggermente deluso >.>; probabilmente entro il giorno dopo tutta la squadra di nuoto più Frank saprà quel che ha sentito Leo e tutti a guardare strano Nico, povero innocente.
No, non ho nient'altro da dirvi, lascio a voi i commenti. Al prossimo capitolo! 

 
 

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Capitolo 9
*** » Le azioni dicono più delle parole – soprattutto se le azioni sono sbagliate. ***


 

hand to hold.




 
Le note dell'autrice, o meglio, traduttrice, si spostano a fine capitolo, e direi definitivamente!







 
Hazel si buttò sul letto e si arrotolò sopra un cuscino.
« Hazel… stai bene? » disse Frank in tono incerto, chiudendo la porta dietro di lui.
La schiena di Hazel si stava sollevando leggermente. Il ragazzo riuscì solo vagamente a sentire dei pianti soffocati dal cuscino che lei aveva premuto contro il viso, ma nessuna risposta vera e propria. Si sedette accanto alla propria ragazza sul letto, pensando a cosa dire, quando improvvisamente Hazel lo spinse sulla schiena e lo inchiodò contro il materasso.
« H-Hazel? » disse Frank.
« Che c’è? Siamo ad una festa in casa, giusto? Perché non ci divertiamo un po’? » disse Hazel con voce bassa. Frank aprì la bocca per chiedere cosa intendesse, ma non ne ebbe la possibilità. La bocca di Hazel era sulla sua. Non riusciva a respirare, ma in un bel modo. Sentiva il cuore andare veloce e la mente spegnersi. In tutta onestà, era perfettamente felice, fino a che la ragazza non raggiunse la cintura di lui.
Per una qualche ragione, qualcosa dentro di lui si contorse. Se stava affogando nel piacere il momento prima, sembrava che ne fosse stato strappato via e gettato in un blocco di ghiaccio. Spinse Hazel via e tutti i suoi pensieri vennero messi a fuoco, cristallini.
« Qual è il problema? » disse Hazel, nonostante il suo tono non fosse molto preoccupato, ma più che altro irritato.
« Questo! Questo è il problema! » disse Frank allontanandosi.
« Che intendi? Sei il mio ragazzo o no? Perché mi stai rifiutando!? » disse Hazel in tono d’accusa.
Sono il tuo ragazzo, ma questo in qualche modo non mi suona bene, pensò Frank.
« Be’? » disse Hazel.
Frank si sforzò per trovare un modo per spiegare qualcosa che non riusciva a capire del tutto. Come dirle che fare robe del genere in un posto del genere non era affatto da lei. Che il modo in cui lo aveva toccato era parso diverso, come se lui non fosse il suo ragazzo, ma qualche tipo di palla antistress. Troppo aggressiva. Troppo arrabbiata. Ma non poteva dirlo a parole, e più il silenzio si protraeva tra loro, più infuriata lei sembrava. Hazel aprì la bocca per dire qualcosa, quando improvvisamente la porta dietro di loro si spalancò.
« Uh… » disse il ragazzo biondo fermo sull’entrata.
« Ti possiamo aiutare in qualche cazzo di stronzata?! » urlò Hazel, facendo scattare la testa nella sua direzione.
« NO GRAZIE, » sbottò il biondo prima di correre fuori dalla stanza e sbattere la porta.
« Hazel! » disse Frank.
« Che c’è!? » scattò Hazel.
« Non ti ho mai sentito dire parolacce prima, » disse Frank.
E’ perché non parli italiano, bello, pensò Hazel. « Be’, è stata una lunga notte, Frank, » disse ad alta voce.
« Esattamente! E’ questo! » disse Frank.
« Cosa? » disse Hazel, risedendosi confusa.
« Tutto quello che è successo! Tutto questo ti sta travolgendo e lo stai affrontando facendo… » Frank si interruppe mentre le sue orecchie si tinsero di rosso.
« Quindi voler fare sesso con il mio ragazzo è un meccanismo di sopravvivenza!? » urlò Hazel.
« Sì! Be’, no… ma in questo caso sì! E comunque Nico non voleva che ti sedessi su di me mentre venivamo qui, come pensi si sentirebbe riguardo a questo? » urlò in risposta Frank.
Hazel trasalì. Aveva colpito un tasto dolente.
« Oh, quindi le opinioni di mio fratello sulla nostra relazione sono più importanti delle mie? » sibilò Hazel.
« No! Non mi frega un cazzo di nessuna delle vostre opinioni! » urlò Frank di rimando.
« Cosa!? » disse Hazel.
« Non lo sto facendo perché Nico non vuole. Lo sto facendo perché non voglio io. E davvero… nemmeno tu, » disse Frank, la voce che tornava quieta. « Ami troppo tuo fratello per fare qualcosa che lo ferisca, e fare sesso con me a qualche rozza festa in casa lo ferirebbe decisamente. »
Se non trasformarlo in un demone ringhiante assetato del mio sangue, pensò Frank.
Aveva già visto Nico arrabbiato, e comunque Percy si era ferito il retro della testa in quei giorni, non voleva essere il prossimo sulla lista.
« Ma non è questo il vero punto. Il punto è che… questo non è da te. Sei solo frustrata e con un sacco di problemi, e fare sesso con me non ne risolverà nessuno, » disse Frank gentilmente.
La rabbia negli occhi di Hazel si dissipò e il suo corpo si rilassò. La ragazza fece un sorriso di sconfitta mentre si voltava.
« Perciò non vuoi fare sesso con me? » rise.
« Oh, Dio, eccome se lo voglio, » disse Frank senza pensare. Dopo essersi schiarito la gola per un secondo dall’imbarazzo, continuò. « Ma non in questo modo… » terminò tranquillamente.
Hazel si lasciò cadere sulla schiena e scoppiò a ridere.
« H-Hazel? » chiese Frank cautamente.
« Sei davvero il ragazzo perfetto, » disse Hazel dolcemente mentre gli schioccava un bacio sulla guancia.
Il rossore che bruciava il viso di lui sfumò in una tinta rosea.
« Mi piace il suono di queste parole, » disse prima di stringerla in un abbraccio.
« Andiamo. Questa festa fa schifo. Sono pronta ad andare a casa, » disse Hazel alzandosi.
« Lo stesso per me, » aggiunse Frank allegramente mentre seguiva la sua ragazza fuori dalla stanza.

 
×

Hazel e Frank lasciarono la stanza e si fecero strada giù per le scale e fuori dalla festa, sinché non furono fuori nel portico davanti, dove capitò loro di trovare Leo seduto su un dondolo, solo.
« Leo! » disse Hazel allegramente.
Leo immediatamente si alzò, e quasi scivolò addosso ad Hazel, portando il braccio indietro quando la vide.
« Oh… Hazel, » espirò Leo. « M-mi hai preso di sorpresa. »
« Ti ha scosso qualcosa? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma, » disse Frank sedendosi accanto a lui mentre Hazel si sistemava dall’altra parte.
« Eh… Lo puoi dire, » disse Leo spingendosi all’indietro e facendo muovere il dondolo con le gambe. « Sto solo avendo una nottataccia, ecco, » sospirò.
« Non sei l’unico, » disse Hazel apaticamente.
« Dal momento che voi tre non avete nient’altro da fare, perché non ci date una mano? » disse una voce.
« A meno che non vogliate stare qui e piangervi addosso, » rise un’altra.
I tre alzarono lo sguardo per trovare due ragazzi, uno leggermente più alto dell’altro, sebbene entrambi alti e smilzi. Avevano sorrisi maliziosi stampati in faccia ed una cassa di mezzo metro in mezzo a loro.
« Travis e Connor Stoll? » disse Leo alzandosi, il viso che si illuminava.
« Leo? Bello, non ti vedo da quando siamo piccoli! » disse Travis, stringendo Leo in un abbraccio.
« Sì, è passata un’eternità! Come ti butta? » disse Connor.
« Voi due vi conoscete? » disse Frank.
« Sì, le nostre famiglie sono… uh- sono amiche, » balbettò Connor.
Frank alzò un sopracciglio alla reazione strana, ma lasciò cadere l’argomento.
« Comunque, con cosa avete bisogno di aiuto? » disse Leo.
« Pensate che qualcuno di voi riesca ad aiutarci a portare questa cosa alla nostra macchina? » disse Connor.
« Io posso, » disse Leo.
« Non me la sento. Quella roba sembra pesante, » disse Hazel.
« Non ho altro da fare, perciò certo, » disse Frank.
Tutti i ragazzi afferrarono un angolo della scatola e cominciarono a camminare verso la strada, mentre Hazel li affiancava.
« Quindi, che ci fate voi tre qui? Non sembrate tipi da festa, » disse Connor.
« Un’amica ci ha portati qui, ma sono pronto ad andarmene, » disse Leo.
« E allora perché ve ne stavate seduti e basta nella veranda, ragazzi? » disse Travis.
« Non so bene quale sia la strada… E parlando di questo, qualcuno di voi ha visto Annabeth? O Percy? » disse Leo.
Sia Frank che Hazel scossero la testa.
« Se non riuscite a trovarla potremmo darvi un passaggio a casa, » si offrì Travis.
« Davvero? Sarebbe fantastico! Be’, non so per Hazel e Frank. »
« Tutto per uscire da qui, ma Piper e Nico? » disse Frank.
« Piper mi ha scritto prima per dirmi che ha trovato un altro modo per andare a casa… e Nico… be’, credo che andrà a casa con qualcun altro… » disse Leo, a disagio.
« Cosa? Andare a casa con chi? Chi porterà a casa? E perché? Dov’è mio fratello!? » scattò Hazel.
« Be’ penso stia andando nel loro posto… se capisci quel che intendo, » disse Leo.
« No, non capisco quel che intendi, » disse Hazel.
« Hazel, oh mio Dio, » espirò mentre lui e gli altri ragazzi sistemavano la cassa sulla macchina dei fratelli Stoll. « Quando ero al piano di sopra ho sentito Nico, attraverso il muro, fare alcuni rumori allusivi. Perciò sono piuttosto sicuro tornerà a casa con qualcun altro, » disse Leo.
« Cosa!? Di cosa stai parlando!? » quasi urlò Hazel.
« Tuo fratello sta scopando, dolcezza, » sospirò Connor mentre si appoggiava alla cassa.
« E la maggior parte dei ragazzi torna a casa con chiunque stiano fottendo, specialmente a feste come queste, » disse Travis.
« COSA!? » gridò Hazel.
« Datti una calmata, Hazel! Pensavo ti sentissi con Frank, non con tuo fratello, » rise Leo.
« No! E’ solo che-! Nico non avrebbe mai-! Oh mio Dio! » balbettò Hazel. « Oh Dio, quando scopro chi ha- »
Frank la afferrò per la spalla e la tirò indietro.
« Non penso sia una buona idea, » disse velocemente. « E-e comunque… Nico si sa prendere cura di se stesso. Penso dovremmo semplicemente andare a casa senza di lui. »
Hazel sbuffò e parve come stesse trattenendo le lacrime, ma alla fine annuì, d’accordo.
« Meraviglioso! » disse Travis aprendo il bagagliaio. « Aiutatemi con questo, vi va, gente? »
Frank afferrò l’altra estremità della cassa e la scagliò nell’auto.
« Cosa c’è lì dentro, ad ogni modo? Era piuttosto pesante, » disse.
« Il papà di quel Dakota possiede un birrificio giù in città. Ogni volta che lancia una festa, rubiamo una cassa di alcol e non lo notano mai perché ce ne sono tantissime in seminterrato, » rise Travis.
« Tu stai scherzando! » disse Leo, scoppiando a ridere.
« Quindi ti abbiamo appena aiutato a rubare una botte di birra!? » disse Frank.
« Più o meno… perché? Ne vuoi un po’? » disse Connor.
« No! Dobbiamo portarla indietro! » disse Frank.
« Assolutamente no, » dissero con decisione i gemelli.
« Chi se ne frega, Frank, è solo un po’ di birra e il ragazzo ne ha un sacco in più. Andiamo a casa e basta, » disse Hazel.
« In questo momento somiglia ad un piano, » disse Travis allegramente mentre faceva partire la macchina.
« Lo chiamo fucile da caccia, » disse Leo mentre Frank e Hazel si sistemavano nei sedili posteriori.
« Cosa certa, » rise Connor. « Oh, Leo, comunque, ti va di venire con noi dopo che depositiamo i tuoi amici? Voglio essere aggiornato un po’. »
« Certo, » sorrise Leo senza esitazione.
E con ciò, i ragazzi si sistemarono tutti nell’auto e Travis li portò tutti a casa, eccetto, ovviamente, per Leo, che stava ancora passando un’interessante notte, anche se pensava fosse quasi finita.








 
I FRATELLI STOOOOOOOLL.
... Sì, dopo anni di silenzio - okay, tre settimane - è la prima cosa che dico. Mi dispiace di aver fatto così tardi, dico sul serio. Ma mi hanno travolta un sacco di impegni, interrogazioni e verifiche, sto progettando la mia personale long su Percy Jackson e ho sempre pochissimo tempo per scrivere, circa un'ora al giorno. Vi chiedo perdono. Cercherò di essere più veloce!
E so che come capitolo si può definire leggermente scialbo (?) ma sono già due capitoli uniti, più di così diveniva un papiro, non vogliatemene. Anyway, mi sono divertita a tradurre la parte degli Stoll. Perché andiamo, come si fa a non amarli. E sì, ho sempre pensato che con Leo andrebbero veramente d'accordo. Ma in questa fanfiction sono collegati in modo speciale, e be'... vedrete, vedrete.
(Io e l'autrice vi ringraziamo per le dodici recensioni. Siete degli amori!)
Baci, e ci vediamo al prossimo capitolo (sempre se non mi sarà caduta la polvere sul computer a causa del greco, che, al contrario di come la saga suggerisca, non è uno spasso...)
Alla prossima! c:

 



 

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Capitolo 10
*** » Che il femslash si innalzi sul grafico! ***


 

hand to hold.



 




 
Piper avanzava in mezzo ad adolescenti ubriachi stesi sul pavimento e si faceva strada per scendere dalle scale. Anche la musica aveva smesso di venire trasmessa, e c’era una sorta di atmosfera di calma che fluttuava in aria. Leo le aveva scritto un bel po’ prima chiedendole se voleva andarsene, ma lei aveva mentito, e così il ragazzo era tornato a casa senza di lei. Voleva veramente andare via, ma c’era qualcosa… meglio, qualcuno, che la tratteneva. Ma nonostante Piper avesse provato a raccogliere il coraggio in bagno, aveva finito per perdersi con un giochino drogante per una bell’ora e la festa era già morta quando la ragazza era uscita.
Controllò il cellulare mezzo morto. Erano le due di notte. Reyna probabilmente era tornata a casa per quell’ora e non c’era nient’altro da fare se non avviarsi verso casa. Finalmente, uscì dall’abitazione e raggiunse il cortile posteriore. L’acqua della piscina brillava sotto la luce della luna e parve così invitante che non poté resistere.
Piper si tolse il top floreale senza maniche e si sfilò gli shorts di jeans, e poi vi saltò dentro. Per quel che valeva il resto della notte era stato un disastro (e nessuno era sveglio per poterla vedere in mutande). L’acqua era fredda contro la sua pelle e fu come un grido rinfrescante che la svegliò del tutto. Tutto tornò chiaro, mentre la ragazza nuotava avanti e indietro, ma poi lo stesso fecero tutti i pensieri che aveva tentato di respingere.
Come il modo in cui Annabeth si era comportata recentemente. Piper sapeva che il suo capitano aveva buone intenzioni, ma nonostante quanto fosse intelligente Annabeth, la ragazza sembrava sempre perdere le cose veramente importanti. Ma non era del tutto colpa sua, Nico doveva cominciare ad aprirsi con le persone a cui importava di lui, e nonostante in apparenza non paresse così, a nessuno importava di lui più di Annabeth – eccetto forse Hazel, a cui importava un po’ troppo. Il ragazzo si comportava come se tutti fossero contro di lui, quando in realtà era l’opposto. La ragazza voleva dire qualcosa a lui, a entrambi, ma non riusciva a cogliere l’opportunità di fare la prima mossa. Odiava vedere i suoi amici ridotti così, ma era davvero difficile fare veramente qualcosa.
In più era ancora arrabbiata con Annabeth per averla fatta incasinare con Reyna, quindi una parte di lei voleva lasciarli a bruciarsi da soli. Be’, metà di lei era arrabbiata, e l’altra metà era più che felice, il che la confondeva, come i suoi sentimenti, e perciò era più facile accusare Annabeth e spingere tutto via dalla propria mente.
« Sembra che tu sappia come nuotare senza problemi, » disse una voce.
Piper perse l’equilibrio in acqua e si voltò in un colpo di spruzzi.
« Woah, non intendevo allarmarti, » rise Reyna.
« Che ci fai qui!? Ehm- che ci fai ancora qui? La festa è morta tipo un po’ di tempo fa… » balbettò Piper.
« Stavo portando alcuni amici a casa e sono tornata, per controllare se qualcuno fosse messo male o qualcosa del genere. Lo faccio ogni volta che Dakota lancia queste stupide feste. E tu che ci fai ancora qui? » disse Reyna.
« Non lo so davvero, a essere onesti… Stavo per avviarmi verso casa ma volevo nuotare un po’, prima, » disse Piper.
« Spero non ti dispiaccia se mi unisco, » disse Reyna.
« Ma non hai un- »
Reyna stracciò maglietta e pantaloni per rivelare un’uniforme a costume intero, la stessa che aveva indossato alla Jupiter High. Saltò nella piscina e nuotò verso Piper.
« L’hai indossata tutto il tempo? » disse Piper.
« Sì, sapevo che Dakota aveva una piscina, quindi ho deciso di indossarla sotto i vestiti in caso mi andasse di fare una nuotata. »
Piper cominciò a ridere, pensando a quando Annabeth si era strappata i vestiti per rivelare l’uniforme della Jupiter High nello stesso fascino comico.
« Che c’è di tanto divertente? » disse Reyna.
« Niente… E’ solo che mi ricordi un’amica, » sorrise Piper, prima che arrivassero tutti gli altri pensieri su Annabeth e il suo viso si scurisse.
« Ora che cosa non va? » disse Reyna.
« In realtà ho avuto alcuni problemi con quella stessa amica ad essere onesti. Voglio dire, lei sta provando a fare del suo meglio, ma… al contrario, sta peggiorando le cose senza rendersene conto, e ora sta cominciando a ferire le persone intorno a lei. Voglio aiutarla, ma… non so cosa fare, » disse Piper.
« Hmmm, » disse Reyna mentre nuotava in cerchio intorno a Piper e poi si sdraiava sulla schiena. « Glielo hai detto? » disse finalmente.
« No, perché? » disse Piper.
« Be’, come puoi aspettarti che le cose cambino se non fai nulla? Hai già detto che la tua amica non capisce che sta peggiorando le cose, perciò qualcuno le deve parlare, » disse Reyna.
« Io? Perché io? » disse Piper.
« Be’, sembri sapere cosa sta succedendo, e lei è tua amica, quindi perché non tu? » disse Reyna.
« I-io non posso. Intendo, cioè, sai come in un anime, se lo metti in pausa e guardi più vicino ci sono questi personaggi sfumati sullo sfondo? Mi sento come loro. Non dovrei fare nulla per davvero, semplicemente sto sullo sfondo. »
« Anime? Che, sei un qualche tipo di nerd? Pensavo che quella roba fosse per bambini, » rise Reyna.
« Non sono una nerd! E non è per bambini! » scattò Piper.
« Sei una nerd! Guardi quei cartoni giapponesi, o no? » disse Reyna.
Piper arrossì e distolse lo sguardo. « E quindi? Mi piacciono. E’ un problema o cosa? » sbuffò.
« Sto solo scherzando! In realtà è piuttosto carino che ti piaccia quel tipo di roba. »
« Pensi che io sia carina? » disse Piper con calma.
« Certo! M-ma comunque, sei semplicemente tanto importante quanto tu ti rendi importante. Se pensi di non poter fare nulla, allora non succederà nulla, ma se provi a fare la differenza, be’, non saprai mai cosa potrà accadere, » disse Reyna.
« Probabilmente hai ragione… » sospirò Piper.
« Io ho ragione, » disse Reyna.
Piper rise e si sentì più a suo agio.
« E’ vero. Grazie, » sorrise. « Parlerò alla mia amica la prossima volta che la vedo. »
« Bene, ora, dato che ti ho aiutato con un problema, voglio farti una domanda, » disse Reyna.
« Certo, tutto quel che vuoi, » disse Piper, cominciando a nuotare oziosamente nei paraggi.
« Perché hai mentito riguardo al non saper nuotare, e poi mi hai baciata e sei scappata via? » disse Reyna in tono serio.
Piper perse l’equilibrio nell’acqua e affondò come una roccia per un secondo, prima di tornare in superficie.
« I-io avevo sperato che te ne fossi dimenticata, » disse Piper dopo una risata imbarazzante.
« Come potrei dimenticare una cosa del genere? » disse Reyna con calma, mentre la sua faccia si tingeva di rosa.
Oh mio Dio se è carina, pensò Piper.
« Perché mi hai mentito? » disse Reyna severamente, nonostante fosse difficile prenderla sul serio con quell’adorabile rossore e il broncio infantile sul viso.
« Eh, ad essere onesta… volevo solo una scusa per passare più tempo con te… » disse Piper il più cortesemente possibile, senza creare contatto visivo.
« Davvero? » disse Reyna.
Piper voltò la testa per incontrare gli occhi di Reyna. Grande errore. Erano selvaggi e speranzosi e terribilmente belli. Le sue orecchie erano rosso fuoco, mentre il resto del viso cambiava colore uguagliandole, e sotto la luce della luna la ragazza era la cosa più bella che Piper avesse mai visto.
Oh, no, pensò Piper. « S-sì. E’ che mi piaci un sacco, » disse ad alta voce senza pensare.
Perché mi piaci? Io non sono gay! Cosa mi sta succedendo?, ansimò Piper nella propria testa. « Posso baciarti? » disse nuotando più vicina. Cosa sto facendo!?
Reyna annuì e si sporse in avanti. Premette gentilmente le proprie labbra contro quelle di Piper, e poi dopo un po’ aprì la bocca mentre la lingua di Piper vi scivolava all’interno. Si baciarono in quel modo per un po’, le braccia dell’una strette contro l’altra, ansimando per respirare ogni pochi secondi come se stessero annegando l’una nell’altra.
Lacrime calde cominciarono a scendere lungo il volto di Piper, ma lei non sapeva perché. Non si era mai sentita così bene, ma allo stesso tempo tutto sembrava così sbagliato. Perché stava baciando una ragazza? Lei non voleva questo, a lei sarebbero dovuti piacere i ragazzi… giusto? Avrebbe dovuto trovare un ragazzo dolce che l’avrebbe resa felice e poi sposarsi, giusto? Non poteva sposare una ragazza. Cosa sarebbe successo se suo padre l’avesse scoperto? Se i suoi compagni di squadra fossero venuti al corrente di tutto questo, ne sarebbero rimasti disgustati e l’avrebbero odiata… giusto?
Reyna si allontanò.
« Piper, cosa c’è che non va? »
« N-non lo so, » disse Piper.
« Ho fatto qualcosa? » disse Reyna.
« No! Non sei tu! Sono… solo confusa, » disse Piper.
« Vuoi dire che non sei… » disse Reyna con calma.
« Non lo so, adesso. Ma so che mi piaci. Possiamo semplicemente partire come amiche così posso avere tempo per pensare? » disse Piper.
« Certo. Non voglio farti pressure su nulla, » rise Reyna debolmente.
« Grazie… » disse Piper.
Fra loro cadde un silenzio imbarazzante, e poi Reyna parlò.
« Se ti va bene, potrei darti un passaggio per casa. Non sto provando a fare nulla! E’ solo che non è molto sicuro camminare verso casa a quest’ora, » disse Reyna.
« No, va bene! Grazie per l’offerta, » disse Piper.
« Nessun problema. »
Cadde un altro silenzio, ma questa volta scoppiarono a ridere.
« Andiamo, » disse Reyna.
Nuotarono entrambe sino al confine della piscina, e Reyna tese la mano per aiutare Piper a sollevarsi, ma quando lei si trovava a metà Reyna improvvisamente aprì la mano e Piper ricadde nella piscina.
« Quello per cos’era!? » disse Piper con irritazione.
« Perché sei in mutande e reggiseno!? » urlò Reyna.
« Oh, uh, l’ho dimenticato…? » disse Piper, che se ne era davvero scordata.
« B-be’, io faccio partire la macchina! Ho parcheggiato davanti, okay? Ci vediamo lì! » disse Reyna velocemente, prima di afferrare i vestiti e scappare via.
Qual è il suo problema?, pensò Piper mentre si arrampicava fuori dalla piscina. Prese i propri vestiti dal pavimento ed entrò nella casa, ma nella porta scorrevole di vetro vide il suo riflesso, e l’acqua aveva fatto sì che si vedesse del tutto attraverso il suo intimo.
Oh mio Dio!, pensò Piper mentre arrossiva. Indossò i suoi vestiti e corse fuori sul piazzale. La macchina di Reyna aveva i fari accesi, ed era l’unica auto che si trovava sul viale. Piper si sistemò nel sedile del passeggero e sbatté la porta dietro di lei.
« Uh… scusa per quello, » disse guardando fuori dalla finestra.
« N-nessun problema! Le tue tette sembrano fantastiche! » cinguettò Reyna. « I-intendo-! U-uh… »
« Per favore, guida, » squittì Piper mentre si prendeva la testa tra le mani.
« Certo! » disse Reyna, rosso acceso.








 
MA QUANTO POSSO AVER ADORATO QUESTO CAPITOLO.
E' pure la motivazione principale di una traduzione così veloce. In pratica ho amato ogni parola di questo dolcissimo e comico pezzo Reyper, che straborda di fluff da tutte le parti. E vediamo Piper, con i primi problemi con la sua sessualità, e Reyna lo capisce e non fa domande perché si sa, le ragazze hanno più tatto dei ragazzi - almeno il 90% delle volte.
Nel libro in sé non shippo particolarmente Reyper, ma in questa fanfiction sono particolarmente dolci, bao.
Il prossimo capitolo, che dovrei non tardare ad aggiornare, scopriremo assieme che fine hanno fatto Jason e Nico!
(Ho scoperto di non potervi promettere un'aggiornamento regolare, in quanto ci sono giorni in cui non accendo nemmeno il pc e giorni in cui non ho nulla da fare. In ogni caso questa traduzione è sempre nei miei pensieri e cerco di aggiornare il più in fretta possibile!)
 

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Capitolo 11
*** » Altolà all'omosessualità – o almeno ci ho provato. ***


 
 
hand to hold.



 



 
Jason entrò nel proprio viale; le luci in casa sua erano spente, il che voleva dire che stavano dormendo tutti.
Perfetto.
Mister Mafioso, il nome che aveva affibbiato al tizio svenuto sul retro della sua macchina, era ancora K.O., il che per ora andava bene, ma che in fondo lo continuava a preoccupare.
E se sta sanguinando sui sedili…?, pensò Jason, mentre lo guardava attraverso il riflesso dello specchietto.
Jason scosse il pensiero via dalla propria testa. La sua macchina era l’ultima cosa di cui si dovesse preoccupare, eppure… no! Doveva assicurarsi che Mister Mafioso non gli morisse addosso; quindi il biondo parcheggiò frettolosamente, afferrò la maglietta e sistemò il ragazzo sulla propria schiena. Sbatté la porta con il piede e lanciò un’occhiataccia al proprio parcheggio deforme.
Mi beccherò una ramanzina da papà per ‘sta cosa domani mattina, ma non ho tempo di sistemarlo, pensò con uno sbuffo.
Si avviò verso la porta principale e tentò di raggiungere la tasca posteriore per le chiavi di casa. Ma con “Mister Mafioso” sulla schiena, non ci riusciva, e finì per girare in tondo come un cane che vuole acchiappare la propria coda. Jason probabilmente sarebbe andato avanti così per tutta la notte se la porta principale non si fosse aperta e forti luci non si fossero riversate fuori dalla casa, accecando praticamente il ragazzo nella notte. Jason lanciò un’occhiata strabica all’uscio cercando di capire chi lo potesse in alcun modo aspettare a casa alle due di notte.
« Jason! Lo sai che ora è!? Se non ti avessi coperto mamma e papà sarebbero andati fuori di testa! E chi diamine è quello!? E perché non ha addosso la maglietta? E perché sta sanguinando!? » sibilò una voce familiare.
Gli occhi di Jason finalmente si abituarono alla luce, e il ragazzo vide sua sorella maggiore, Talia, che stava in piedi sull’uscio, con un cipiglio eccezionalmente incazzato.
« Ho bisogno che mi aiuti a salvare Mister Mafioso! » disse Jason in tono urgente.
« Che cazzo…? » disse Talia debolmente.
« Ti spiego più tardi! Per il momento prendi il kit di pronto soccorso, ci vediamo in camera mia! » sibilò Jason.
« Oh, hai un sacco da spiegare, » borbottò lei.

 
×

« Perciò mi stai dicendo che hai cominciato una rissa con questo ragazzo- »
« Non esattamente… »
« E poi lui ti ha battuto in una gara- »
« Non era una gara ufficiale- »
« E poi lo hai spinto contro un muro e lo hai messo K.O., » disse Talia.
« … Più o meno… sì. E’ quello che è successo, » disse Jason.
« E lo hai chiamato Mister Mafioso? » rise Talia.
« Sembra uno di loro! » sbottò Jason.
« No, non è vero! » continuò a ridere Talia.
« Questo perché non lo hai visto prima! Aveva questa lunga giacca inquietante e ride come Joker! E’ assolutamente un mafioso, lo so per certo, » grugnì Jason.
« Sì, fa stesso. Comunque, ho sistemato una pezza sulla sua fronte, ma stava sanguinando davvero molto, perché aveva già un taglio lì sopra. Ho visto un po’ di sangue secco mentre pulivo, quindi non è del tutto colpa tua, » disse Talia.
« Eppure non ricordo di aver visto un taglio… » disse Jason fissando il ragazzo, che stava sdraiato sul pavimento tra i fratelli Grace.
« Be’, i suoi capelli sono piuttosto lunghi. La frangia probabilmente lo ha coperto, quindi non lo hai notato, » disse Talia.
« I suoi capelli sono piuttosto lunghi… » borbottò Jason.
Sollevò una mano sulla fronte del ragazzo e scostò una ciocca scura dai suoi occhi. Il biondo studiò il viso dell’altro e tracciò i duri, definiti lineamenti con i propri occhi. Anche quando dormiva, sembrava ancora pericoloso, come se si potesse svegliare in qualsiasi secondo e afferrare Jason per la gola.
« Woah, vuoi che vi dia un po’ di privacy? » rise Talia.
« Cosa!? Di che stai parlando? » scattò Jason mentre le sue orecchie si tingevano di rosso.
« E’ solo il modo in cui lo stavi guardando, ecco, » lo stuzzicò Talia.
« STAI ZITTA! » urlò Jason.
Il ragazzo dai capelli scuri si agitò al rumore, per calmarsi subito. Jason stampò la mano contro la bocca e guardò male sua sorella maggiore.
« Guardati, ti stai arrabbiando un sacco! Non ti vedo così da quando ti sei preso quella cotta per Reyna quando eri piccolo! » continuò a prenderlo in giro Talia.
« Stai zitta! Ti odio! » squittì Jason in un sussurro.
« Ad ogni modo, assicurati di cambiarlo con nuovi vestiti. Si beccherà un raffreddore se dorme con quei pantaloni bagnati, » disse Talia.
« Non puoi farlo tu? » disse Jason.
« No! Tu sei un ragazzo, giusto? Ha più senso se lo fai tu! I ragazzi condividono lo stesso bagno, perché non puoi cambiargli i vestiti? » disse Talia.
« Non lo voglio toccare! E’ da gay! » sibilò Jason.
« Tu sei gay, fattene una ragione, tesoro, » scattò Talia in risposta.
« Non lo voglio toccare! » disse Jason con decisione.
« Be’, nemmeno io, » disse Talia incrociando le braccia. I due stettero immobili per un momento, finché il ragazzo dai capelli scuri non si lasciò sfuggire un altro sospiro e rabbrividì sul pavimento mentre si raggomitolava in una palla. Entrambi i loro volti si riempirono immediatamente di senso di colpa e Talia pose una mano sul suo petto per un attimo. « Jason, sta gelando. Smettila di essere così stronzo e cambiagli i vestiti, » sibilò.
« Perché non lo puoi fare tu? » la supplicò Jason.
« Perché questo è il tuo casino e tu devi sistemarlo, fratellino, » disse Talia alzandosi.
La ragazza sfilò la cintura al ragazzo, gli tolse i pantaloni e gli lanciò un asciugamano.
« Metto i suoi pantaloni in lavatrice, e quando torno domani mattina farà meglio ad avere addosso dei vestiti. Afferrato? » disse con decisione.
« Afferrato, » disse Jason imbronciato.
Il biondo fece una smorfia al ragazzo dai capelli scuri sdraiato sul pavimento.
Come è successo tutto questo?, pensò.
Con un sospiro, Jason si alzò e si avviò al suo armadio per trovare qualcosa da far indossare al ragazzo.
La mia maglia preferita? Magari. Hmm, un gilè lo terrebbe al caldo sul serio… ecco!
Tirò fuori un paio di pantaloncini da basket e una maglia enorme che di solito indossava per dormire. Erano entrambe semplici da mettersi e sarebbe stato comodo per il ragazzo dormirci dentro.
« Bene… » disse Jason a disagio. Si avvicinò al corpo privo di coscienza e gli tolse l’asciugamano.
Il biondo arrossì e gli infilò rapidamente i vestiti prima che qualsiasi pensiero potesse spuntare nella sua testa. Sorprendentemente, lo vestì in un attimo. Purtroppo, Jason non aveva realizzato in tempo che una maglia enorme su di lui sarebbe stata completamente troppo grande su qualcuno come “Mister Mafioso”.
La maglia era così grande su di lui che cadeva dalla spalla del ragazzo e gli sfiorava le ginocchia, facendo sembrare che indossasse nient’altro oltre essa. Jason fece un passo indietro per dare un’occhiata migliore, e senza rendersene conto gli sfuggì una piccola risata.
E’ così grande, e lui così carino…, pensò prima di cogliersi nel sacco. I-intendo… carino nel senso di non minaccioso. Ah, che farai ora che sei stato scaraventato sul pavimento? … Nella mia stanza… mentre indossi i miei vestiti… completamente indifeso. La mente di Jason lo tradì, e qualsiasi sorta di pensiero gli spuntò improvvisamente nella testa. Si sporse un po’ più vicino, più vicino, e più vicino, fino a che il respiro caldo del ragazzo non soffiava contro il volto del biondo.
Mi domando quale sia il tuo nome in realtà…, pensò Jason con aria sognante.
I suoi occhi divagarono attorno alle labbra del ragazzo, e il petto cominciò a scaldarglisi mentre il cuore gli batteva veloce.
Jason si morse il labbro e prese ad agitarsi, fino a che, finalmente, non si curvò per baciarlo, le labbra posate proprio sopra quelle del ragazzo – quando improvvisamente il cellulare del biondo scattò e lo riscosse ai suoi sensi. Il ragazzo si fece bruscamente indietro fino a che non sbatté contro un muro e rispose al telefono.
« P-pronto? » disse Jason cercando di mantenere la voce ferma.
« Ehi, qui è Reyna! Non pensavo ce l’avresti fatta, ma fa lo stesso. Sei tornato a casa tutto intero? » disse la voce di Reyna attraverso il telefono.
« Sì, sono tornato a casa un po’ di tempo fa, sto bene. Tutto va… semplicemente bene, » disse Jason lanciando un’occhiataccia al ragazzo.
Dopo una breve conversazione con il suo capitano, che consisteva primariamente in lei che gli raccomandava di non provare a provocare un’altra rissa, l’ironia di tutto era troppa, quindi Jason chiuse in fretta la telefonata e decise di andare a letto. Be’, provò ad andare a letto, ma invece si voltò sotto le coperte diverse volte prima di rinunciare al sonno. Jason si sedette e guardò male il ragazzo sul pavimento. Era di nuovo arrotolato in una palla, e le gambe erano rimboccate dentro la maglia fuori misura come se fosse un sacco a pelo. Faceva così pena ridotto in quel modo, che il senso di colpa cominciò a bruciare nel petto di Jason.
Con uno sbuffo il biondo si alzò e portò il ragazzo più vicino, sistemandolo con cautela sulla cima di un morbido tappeto al lato del letto.
« Ecco. Molto meglio, » disse Jason soddisfatto di se stesso.
Ma non a lungo; dato che, vari attimi dopo averlo fissato dal proprio letto, Jason decise finalmente di lanciare il lenzuolo al ragazzo… solo nel caso. Intendo, e se prendesse freddo e gelasse nel mezzo della notte? Si sarebbe alzato malato e sarebbe stata colpa sua, il che tecnicamente avrebbe contato come malcondotta contro una squadra di nuoto rivale… giusto? Doveva farlo, o altrimenti avrebbe disobbedito agli ordini di Reyna! Il che significava che doveva anche mettere un cuscino sotto la testa del ragazzo… non vogliamo che si prenda un crampo al collo la mattina, no? E magari anche lanciargli un piumone, in caso il lenzuolo non fosse abbastanza per lasciarlo al caldo, dopo tutto la coperta era così sottile che non avrebbe fatto molto senza il piumone.
Jason si sporse dal letto e fissò il ragazzo finché non sentì un’improvvisa corrente d’aria. Cercò inconsciamente la coperta sul letto, ma dopo aver afferrato il nulla si rese conto che aveva dato ogni sua biancheria da letto a “Mister Mafioso”, che stava dormendo pacificamente nel piccolo rifugio che il biondo gli aveva costruito.
Che cosa sto facendo? Questa è cosa è ridicola!, pensò Jason.

 
×

Talia si mosse al ritmo  della musica che usciva dal suo telefono, rimettendosi un auricolare. Aprì l’asciugatrice per tirarvi fuori il carico di vestiti lì già contenuto, lo ficcò in un cesto, lo spinse da parte, e risistemò le impostazioni dell’asciugatrice a calore basso, dato che vi stavano andando un paio di calzini.
« Oh, dovrei leggere prima l’etichetta, probabilmente… » borbottò. « Non voglio che i pantaloni gli si restringano o roba simile, » disse dopo averci pensato.
Strizzò quella poca acqua rimasta nei pantaloni dopo la lavatrice, e trovò l’etichetta che le capitò di riconoscere come una di quelle dei vestiti prodotti da sua madre, ma che non riuscì a leggere, dato che era in italiano e cucita in una specie di scrittura riccioluta.
« Eh… Sono certa sarà okay. I vestiti di mamma di solito vanno bene nell’asciugatrice, comunque, » mormorò Talia a se stessa mentre metteva dentro i pantaloni.
La ragazza chiuse la lavatrice con un calcio si diresse con aria rilassata su per le scale, verso la cucina, dove aprì il microonde e tirò fuori un pollo arrosto che aveva un post-it con il nome di Jason sopra. Talia spezzettò il biglietto e lo gettò nel cestino.
« Voglio pantaloni italiani strani… eh, pantaloni strani. Solo io posso, » ridacchiò mentre portava l’intero pollo nel soggiorno, si tuffava sul divano e accendeva la TV.

 
×

« Come ci sono finito in tutto questo? » grugnì Jason.
In qualche modo era finito per sedere a terra, mentre “Mister Mafioso” dormiva comodamente nel suo letto, con tutte le sue coperte.
Aveva deciso che il ragazzo avrebbe potuto provare dolore la mattina se avesse dormito sul pavimento, ma in seguito Jason si era reso conto che aveva inavvertitamente rinunciato al proprio letto nell’intero processo.
Non aveva intenzione di dormire nel letto con lui, diamine, solo l’idea sembrava umiliante. Ma dormire sul divano lo faceva sentire a disagio. E se il ragazzo si fosse svegliato nel mezzo della notte? Avrebbe dato di matto, sarebbe impazzito; be’, almeno era quello che Jason avrebbe fatto se si fosse svegliato improvvisamente nel letto di qualcuno con vestiti diversi. Voleva tenerlo d’occhio, quindi lasciare la stanza era fuori discussione. Ma non c’era modo che dormisse sul pavimento mentre qualche straniero gli fregava il letto.
« Immagino non ci sia altra scelta… » disse Jason, rinunciando un po’ troppo in fretta prima di strisciare dentro il letto accanto al ragazzo.
Non era come se qualcuno lo potesse scoprire. Era solo per una notte, e stavano solo dormendo. Non c’era niente di gay a riguardo… niente affatto…
Jason strinse gli occhi in direzione del ragazzo, che stava respirando dolcemente contro il suo petto. Il biondo si lasciò sfuggire un sospiro esasperato e si stese sulla schiena.
Neanche per idea. La situazione era del tutto gay.
Roteò gli occhi e si grattò la testa, provando a pensare a qualche scusa che avrebbe potuto farlo sentire meglio, e salvare la sua mascolinità di carta, quando improvvisamente il ragazzo si rannicchiò più vicino e pose un braccio accanto alla vita di Jason.
« Mmmm… Percy… » sospirò delicatamente Nico.
Percy? Chi cazzo è Percy?, pensò Jason, irritandosi in fretta, e irritandosi ancor di più di fronte al fatto che si stesse ingelosendo per nulla.
Voleva spingere via il ragazzo e calciarlo fuori dalla casa. Desiderò non averlo mai incontrato, ma una più grande parte di Jason era troppo felice di averlo fatto, nonostante lui non lo avrebbe mai ammesso.
O almeno, non ancora
.







 
Contiamo che ho tradotto questo capitolo con Spotify che dava a tutto volume 'All of me' di John Legend, okay. GIVE YOUR ALL TO ME, I'LL GIVE MY ALL TO YOU. Da questo momento è la mia canzone Jasico, sia ben chiaro.
E in ogni caso ci sono state un saaacco di parti in cui sono letteralmente scivolata giù dalla sedia in preda ai feels. Tipo quando Jason bacia Nico - AIUTO. Che poi il biondo in questa fanfiction mi fa troppo morire, metà delle parti mi sganasciavo dalle risate.
E intanto entra in campo Talia Grace! Che io continuerò a shippare incondizionatamente con Reyna, perché io vedo troppo bene Reyna nelle Cacciatrici, e non mi pare sia accennato da nessuna parte che due Cacciatrici non possano amarsi. Perciò yolo.
Questo capitolo mi è piaciuto tantissimo, comunque, aw *^* Sono curiosa di sapere cosa ne pensate voi!
Alla prossima =3

 

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Capitolo 12
*** » Perché la tua mano sta così bene nella mia? ***


 

hand to hold.



 



 
« Ehilà? » chiamò Jason.
La piscina della Jupiter High era deserta, e le luci intorno alla vasca erano basse, dando un effetto mistico nell’oscurità che lo circondava, perché per chissà quale ragione tutte le altre luci erano spente.
Immagino che tutti gli altri siano semplicemente in ritardo o roba del genere, Jason pensò tra sé. Si avvicinò alla vasca e vi immerse una mano. L’acqua era perfettamente ferma, e fredda contro la sua pelle.
Si guardò attorno un’altra volta per non trovare nessuno che lo fermasse, e poi saltò dentro, pantaloni e tutto.
Sotto l’acqua, le luci sotto la piscina brillarono e fluttuarono nel modo più bello, come se essa fosse un’aurora dorata.
L’acqua intorno a lui divenne calda, e qualcuno lo tirò verso il basso per il colletto della maglietta, affondandolo più in profondità nell’acqua. Jason si agitò violentemente, ma il panico ebbe il sopravvento e il ragazzo perse il respiro, mentre un torrente di bolle gli fuggiva dalla bocca. Sentì improvvisamente un freddo glaciale che lo fece voltare, per vedere davanti a sé una luce rosso acido. E lì, galleggiando nell’acqua, circondato da una luce nero pece, c’era il ragazzo dai capelli scuri. Guardava attraverso Jason con quegli occhi marroni-neri e un sorriso malvagio sull’angolo delle labbra.
Jason sentì la testa girare mentre la visione si faceva chiazzata. Percepì la mente spegnersi per mancanza di ossigeno e il freddo intorno a lui prese forma fino a che non fu incredibilmente doloroso. Mentre i suoi occhi cominciavano a socchiudersi, il ragazzo dai capelli scuri si avvicinò e coprì la sua bocca con quella di Jason.
Gli occhi di Jason si sgranarono ed ogni nervo nel suo corpo parve un fulmine di elettricità che lo inondava.
La successiva cosa che seppe Jason fu che stava sdraiato sul pavimento piastrellato della piscina, bagnato fradicio, ansimante. Quando finalmente riprese fiato, si inginocchiò e si voltò, per trovare il ragazzo dai capelli scuri che stava dietro di lui, perfettamente asciutto, con un sorriso sprezzante stampato sul volto.
« P-perché mi hai aiutato? » quasi si soffocò Jason.
Il ragazzo fece un passo avanti e si chinò, per prendere il viso di Jason tra le mani.
« Perché ho intenzione di ucciderti io personalmente, ovviamente! » sorrise dolcemente il ragazzo dai capelli scuri.
Jason sentì il cuore fermarsi mentre il ragazzo si sporgeva sino al suo orecchio.
« L’ho già detto, o no? Le persone come te mi disgustano, » sibilò quello.

 
×

Jason si svegliò di soprassalto nel letto, portandosi una mano sul volto mentre cercava di calmarsi. Il respiro pesante si placò, e il petto finalmente smise di ansimare su e giù.
Solo un sogno… solo un sogno molto strano, pensò.
Tornò a sprofondare nel cuscino e si voltò, per vedere davanti a sé nessun altro se non il ragazzo dai capelli neri del suo sogno. Jason si stampò una mano sulla bocca per soffocare un urlo mentre balzava all’indietro e cadeva dal letto.
Che cazzo sta succedendo!?, urlò nella propria testa, in preda al panico.
Gattonò lentamente lontano dal letto, finché la sua mano non cadde su qualcosa di freddo sul pavimento.
Cosa?, pensò Jason mentre sollevava la giacca.
Sembrava un po’ piccola per essere sua, e per chissà quale ragione era umida, ma quando la portò al naso tutto ciò che era successo la scorsa notte gli ritornò in mente. Jason si lasciò sfuggire un sospiro esasperato e si sdraiò sul pavimento.
I raggi del sole filtravano attraverso le tende tirate alla finestra, e davano alla stanza caldo bagliore giallo. Il ragazzo dai capelli neri stava ancora dormendo, perfettamente sicuro avvolto nelle coperte di Jason.
« Come ci sono finito in tutto questo? » sospirò il biondo.
Si alzò finalmente in piedi e raggiunse il letto. Come si aspettava, il ragazzo era lì e dormiva rumorosamente, con solo un po’ di bava che gli scendeva dall’angolo della bocca.
Disgustoso, pensò Jason, ma per qualche ragione si ritrovò a sorridere.
Il biondo scosse la testa e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, provando a pensare a cosa fare ora.
Aspetta, se non ho ricordato subito cosa è successo, magari neanche lui lo farà, pensò improvvisamente.
Dopotutto, se ricordava bene, il ragazzo era completamente ubriaco la scorsa notte. Avrebbe potuto non ricordare nemmeno una cosa! Ma d’altronde… e se invece ricordava? Jason grugnì, incupendosi, e ricominciò a camminare mentre strizzava la propria testa per più idee, ma prima che ne avesse la possibilità udì il ragazzo nel suo letto cominciare a gemere.
Merda, si sta svegliando, pensò Jason mentre schizzava fuori dalla stanza.
« Talia! » urlò correndo giù per le scale. « Talia, dove sei!? Ho bisogno del tuo aiuto! »
Jason già sapeva che sarebbe stata addormentata sul divano, dato che aveva sentito la TV andare, e dato che mamma e papà partivano sempre presto per lavoro era l’unica che l’avrebbe lasciata lì.
« Talia, alzati! » grugnì il biondo mentre scrollava dal sonno la sorella.
« Uhhh, che c’è? » disse irritata Talia.
« Si sta svegliando! »
« Chi si sta alzando? » scattò lei.
« Il ragazzo del piano di sopra! » sibilò lui.
« Oh, intendi quello con i pantaloni buffi? » ridacchiò Talia.
« Che? » disse Jason.
« Aveva questi pantaloni buffi con una strana etichetta da lavaggio, » borbottò Talia prima di riaddormentarsi.
« Fa lo stesso! Ascolta, si sta svegliando e ho bisogno che tu finga di essere me! » disse Jason.
« Cosa? » disse Talia.
« Se mi vede allora potrebbe riconoscermi dalla scorsa notte, ma se dici che tu lo hai portato qui, allora andrà a casa e possiamo fare finta che questo non sia mai successo. »
« Uh, non ti stai scordando che potrebbe ricordare che lo hai messo al tappeto? Anche se se la beve probabilmente comincerà a cercarti, » rise Talia.
« Era completamente sbronzo la scorsa notte, è impossibile che ricordi. A meno che qualcuno non gli rinfreschi la memoria. Qualcuno come me. »
« Ohhh. Bene, adesso salgo, » disse Talia alzandosi.
« Pronto? Può qualcuno dirmi dove diavolo sono e perché indosso vestiti diversi? » urlò il ragazzo dal piano di sopra.
« Merda, » sibilarono i Grace insieme.
Jason scattò per cercare uno stanzino delle scope e vi si sbatté dentro, mentre Talia si affrettava su per le scale.

 
×

« Uh, ehi! Sembra che tu sia finalmente sveglio! Come ti senti? E, uh… che cosa ricordi? » disse Talia delicatamente.
« Che ne dici di dirmi prima perché sono nella casa di sconosciuti, con vestiti diversi? » disse il ragazzo arretrando nell’entrata.
« Oh, uh, be’, ti ho trovato svenuto a una festa la scorsa notte e non volevo lasciarti lì e basta- »
« Quindi mi hai portato a casa tua? »
« Uh, sì… »
« Okay… dove sono i miei vestiti? Non mi hai fatto niente di strano mentre ero svenuto… vero? » disse il ragazzo cautamente.
Pfft, stai chiedendo alla persona sbagliata, pensò Talia. « No, ovvio che no! Eri bagnato fradicio, quindi ti ho cambiato i vestiti prima che potessi gelare e morire, » disse ad alta voce.
« Perché ero bagnato? Non ricordo veramente nulla a essere onesti, » disse il ragazzo.
« Uh… non ne ho idea! Era una festa piuttosto selvaggia, chi lo sa? Mi chiamo Talia, comunque, e tu? »
« Nico. »
« E’ un nome strano. »
« Anche Talia, » scattò Nico.
« Penso andremo piuttosto d’accordo. Ecco, aspetta che ti prendo i pantaloni dall’asciugatrice, » rise lei scendendo dalle scale.
Nico pose una mano sul muro e seguì il suono dei suoi passi fino a che non furono nel soggiorno.
« In realtà, potresti portarmi in cucina? Sono davvero in pessime condizioni, » gemette Nico mentre si strofinava la tempia.
« Oh, certo. E’ proprio lì, » disse Talia.
« Proprio lì dove? »
« E’ letteralmente a tipo due metri a sinistra, che c’è, sei cieco? » disse Talia.
« A dire il vero sì, » ringhiò Nico.
« COSA!? » urlò Jason, spalancando la porta.
« Chi era quello? » disse Nico bruscamente.
« Uhh… quello era, uhh... » Talia cominciò a guardare verso Jason, che stava freneticamente scuotendo le mani e mimando NO con le labbra. « Solo mio fratello piccolo! » disse lei velocemente.
« Oh… Comunque, dato che non so cosa ci sia in casa tua ti chiederò di aiutarmi per un po’. Sono sicuro non avrai problemi a proposito, dal momento che hai scelto tu di portarmi qui, giusto? » disse Nico.
« Certo, nessun problema. » Talia prese la mano di Nico e lo guidò in cucina, mentre Jason li seguiva da dietro. « Cosa vuoi mangiare? »
« A dire la verità, hai del whisky? Volevo farmi un cocktail per svegliarmi
, » disse Nico.
« Un cosa? »
« Hai mai sentito che bere alcol la mattina cancella il dopo sbornia? » disse Nico.
« E’ solo un mito, lo posticipa e basta. »
« Esattamente. Posticiperò i postumi della sbornia finché non arriverò a casa e li cancellerò con il sonno. Ora, i tuoi genitori dove tengono il whisky? Ho anche bisogno di un po’ di Amaro, alcuni bitter e un brandy alla mela. Oh, e del caffè, » disse Nico.
« Come mai conosci così bene gli alcolici? » disse Talia, spiazzata.
« Gli alcolici arrivano in scatola. Ne so un sacco, sui cocktail. Un amico di mio papà li faceva tutto il tempo, e mi ha insegnato le ricette. »
« Aspetta, i tuoi ti lasciano bere? » disse Talia.
« Con moderazione, e solo durante le occasioni speciali, ora mi aiuti o no? » disse velocemente Nico.
« Immagino non ci siano problemi; ripetimi di che hai bisogno, » disse Talia, gesticolando a Jason per chiedere aiuto.
« Be’, prima dovrei probabilmente fare lo sciroppo… hai dello zucchero di canna? E un misurino con cento grammi d’acqua? » disse Nico.
Jason corse alla dispensa e passò a Talia una scatola di zucchero di canna, e poi cominciò a riempire un misurino d’acqua calda.
« Ecco qui, » disse Talia porgendo a Nico la scatola.
« Perfetto, ora mi serve una pentola di medie dimensioni. »
Jason afferrò una pentola tra le altre stoviglie e la sistemò sul fornello.
« Che temperatura? » sussurrò a Talia.
« Hai sentito qualcosa? » disse Nico.
« No! A che temperatura devo sistemare i fornelli? »
« Calore medio, e ho anche bisogno di un cucchiaio di legno per mescolare, » disse Nico.
Jason afferrò un cucchiaio da un cassetto e lo porse a sua sorella mentre lei guidava Nico ai fornelli.
« Ecco. Ogni cosa è sistemata… ma sei certo sia sicuro per te lavorare in cucina dato che, uh… non ci vedi? » chiese Talia con esitazione.
« Sì, andrà tutto bene, e se succede qualcosa tu sei qui ad aiutarmi, giusto? » sorrise Nico in direzione di Talia.
Oh, accidenti, è davvero carino, pensò Talia tra sé. « Ma certo! » disse ad alta voce.
Jason lanciò un’occhiataccia a sua sorella dall’altra parte della cucina e mimò sbrigati! con la bocca. Lei gli fece la linguaccia e tornò a guardare Nico.
« Dov’è l’acqua? » disse quello.
« Proprio qui, » disse Talia porgendogli il misurino.
Nico prese l’acqua e la versò nella pentola. Dopo poco, essa cominciò a ribollire. « Misurami duecento grammi di zucchero di canna. »
Talia prese la scatola e riempì la coppa fino alla linea rossa. « Ecco. E, vedi? Hai bisogno del mio aiuto. Non saresti capace di misurare lo zucchero senza vederci. »
Nico scosse in ripetizione lo zucchero e lo mescolò velocemente nell’acqua calda, così che si dissolvesse equamente in uno sciroppo sottile.
« Prima di tutto, se fossi a casa mia e usassi il mio misurino in braille, saprei dove si trova la linea della tazza, ma dato che il tuo è fatto per persone che ci vedono, non posso usarlo. E’ tutto basato sugli strumenti. Se ti dessi il mio misurino pensi sapresti usarlo? » disse Nico.
« Oh… Effettivamente ha molto senso, » disse Talia.
« Esattamente. Comunque pensavo fossi qui per aiutarmi. Sei tu quella che ha deciso di portare uno sconosciuto a casa sua, questa è colpa tua, » rise Nico.
« Immagino tu abbia ragione, » rise Talia. Questo tizio non è tanto male. Jason dovrebbe mettere al tappeto la gente più spesso, pensò.
Come se si fosse trattato di un segnale, Jason apparve improvvisamente dietro di lei e fece un ringhio arrabbiato.
« Quello che era? Sono certo di aver sentito qualcosa, » disse Nico.
« Oh uh, è solo mio fratello piccolo, in realtà se mi potessi scusare per un secondo… »
« Oh. Okay, » disse Nico tornando a mescolare lo zucchero.
Jason la trascinò nel soggiorno per il braccio.
« Che cosa stai facendo!? » sussurrò.
« Di che stai parlando? » sussurrò in risposta Talia.
« Tu ti stai divertendo! Buttalo fuori da qui e basta! »
« Assolutamente no, mi piace. Se ne andrà quando gli pare. »
« Talia! » sibilò Jason.
Lei si strinse nelle spalle e ritornò in cucina. « Sono tornata, » disse.
« Bene. Lo sciroppo è fatto, ora tutto ciò di cui ho bisogno per fare la miscela è il vero e proprio drink, » disse Nico mentre versava lo sciroppo dentro il misurino di vetro. « I tuoi dove tengono tutti i loro alcol? »
« Giù dalle scale, in cantina. Vuoi che vada a prenderli o- » cominciò Talia.
« Hanno solo un paio di bottiglie o uno scaffale intero? » disse Nico.
« In realtà dato che mio papà viaggia un sacco ne porta un mucchio da lavoro. Ha un piccolo bar giù con tutta la roba, » disse Talia.
« Perfetto. Dovrebbe averne più di quanto io cerchi, » disse Nico prendendole la mano. « Indicami la via, » sorrise.
Dio, è carino, mi servi anche tu come fratellino, pensò Talia.
Guidò Nico attraverso la cucina, in soggiorno e giù dalle scale, con Jason che li seguiva pochi passi dietro, lanciando loro occhiatacce.
« Eccoci. Ora cosa ti serve? » disse Talia.
« Prima ho bisogno di un whisky, non importa la marca, » disse Nico.
« Che aspetto ha? Tutte le bottiglie sembrano uguali, » disse Talia.
« Stai seriamente chiedendo a me che aspetto ha qualcosa? Limitati a leggere l’etichetta, » rise Nico.
« Oh, giusto, hmmm, vediamo… » disse Talia.
Fece sedere Nico su uno sgabello ed esaminò il grande scaffale di alcolici, ma quasi subito uno sguardo perso le salì sul viso, mentre si perdeva nella vasta gamma di drink tutti uguali.
« Tieni, » disse Jason agguantando una bottiglia dallo scaffale e porgendola a Nico.
« E’ ancora il tuo fratellino? » disse quello prendendo la bottiglia.
« Sì, » disse Talia.
« Qual è il tuo nome? Suoni davvero familiare… » disse Nico.
Jason scosse la testa in preda al panico e fissò sua sorella cercando aiuto.
« Ignoralo e basta, Nico. Che altro ti serve? » tagliò corto Talia.
« Amaro, brandy alla mela e qualsiasi bitter tu abbia andranno bene, » disse Nico.
« E, di nuovo, come so quale è quale? » rise Talia debolmente.
« Tieni duro, ci sono, » grugnì Jason prendendo una scala a pioli e cominciando a esaminare lo scaffale.
« Da quando sei esperto di questo tipo di roba? » lo derise Talia.
« Papà mi ha mostrato qualcosa mentre eri a scuola. Organizza i drink a seconda del tipo e della marca… » mormorò Jason mentre prendeva tre bottiglie. « Ecco, » disse porgendole a Nico.
« Che tipo di bitter è? » disse quello.
« Angostura. Stavi usando caffè e sciroppo in un drink, quindi ho pensato questo ti potesse aiutare con il gusto, » disse Jason.
« Impressionante. E’ esattamente quello che uso di solito, » sorrise Nico.
« N-non è nulla. Mio papà ne parla tutto il tempo e pongo semplicemente attenzione, nient’altro, » disse Jason respingendo il rossore causato dal complimento.
« Dovresti continuare a portare attenzione, le ragazze amano questo tipo di roba. Ti aiuterà ad impressionare una signora un giorno, » rise Nico.
« Già… » borbottò Jason.
« Talia, puoi mostrarmi nuovamente la strada su per le scale? » disse Nico.
« In realtà dato che sono più vicino alle scale ti sosterrò io, » disse Jason.
Sfilò una mano tremante, incastrò le dita in quelle di Nico e poi si incamminò su per le scale e tornò in cucina. « Hai bisogno d’altro? » chiese.
« No, questo è tutto ciò di cui ho bisogno, » disse allegramente Nico. « Be’, mi serve qualcuno che mi misuri questa roba, ma per il resto ho finito. »
« Ti aiuto io; Talia, che ne dici di andare a prendere i vestiti di Nico? » disse Jason, lanciandole un’occhiata.
« Ma certamente! Torno tra un attimo, » disse Talia amabilmente, mentre guardava malissimo il fratello e lo fulminava con un dito medio. Jason le fece una linguaccia e le rispose con lo stesso gesto mentre la ragazza usciva.
« Ora, siamo a nove virgola tre grammi d’alcol, sei lineette per i bitter, e trecentotrentasei grammi di caffè, » disse Nico.
« Be’, farò prima un po’ di caffè dato che non abbiamo ancora fatto niente. Perché non ti siedi? » disse Jason.
Guidò Nico al tavolo da pranzo e lo fece sedere.
« Grazie. Qual è il tuo nome, comunque? Non lo hai mai detto, » disse il ragazzo.
Jason gelò a metà strada verso il lavandino. « Il mio… uh… è-è Jason. »
« Jason… Giuro di averti già incontrato prima. Il tuo nome e la tua voce suonano davvero familiari. Vai alla Half Blood High? »
« Uhh, no! » disse il biondo velocemente riempiendo il contenitore di vetro con acqua e sistemandolo nella caffettiera.
« Oh. Be’, forse ci siamo incontrati in una vita passata o roba del genere. Sembri troppo familiare, » rise Nico mentre si riposizionava sulla sedia.
« Una cosa? » ridacchiò Jason mentre accendeva la macchina e si sedeva di fronte a Nico.
« Sai, una vita passata. Due persone sono amiche e quando muoiono si rincontrano dopo essere rinate. E’ destino, » disse quello.
« Destino? Credi in quella roba? » rise nervosamente Jason.
« Non sono sicuro di crederci, ma mi piace l’idea. Di come due persone siano destinate a stare insieme… o ad allontanarsi, » terminò velocemente Nico.
Sembrava un po’ personale… ha appena rotto con la sua ragazza o cosa?, pensò Jason. « B-be’, magari noi siamo destinati a essere amici, » disse casualmente.
« Magari, » sorrise Nico.
« Ho preso i tuoi vestiti! Be’, ho preso i pantaloni, in realtà. Non indossavi una maglia quando ti ho portato a casa, ma ne ho trovata una mia che potrebbe starti dato che i vestiti di Jason sono troppo grandi per te, » disse Talia, ricomparendo in cucina.
« Oh, grazie, da che parte è il bagno? » disse Nico.
« Proprio qui, » disse la ragazza, porgendogli un mucchio di vestiti. Lo guidò per la casa, e dopo il suono di una porta che si chiudeva riapparve in cucina. « Stai provando a liberarti di me? » disse in tono accusatorio.
« Cosa? No! Voglio solo che ti sbrighi e gli dai i suoi vestiti, così può tornare a casa! » sibilò in risposta Jason.
« Tornerà a casa quando gli andrà. Nico ora è mio amico, e non mi limiterò a calciarlo fuori. E’ un figo. »
« Cosa!? E se proprio dovrebbe essere mio amico, » scattò Jason.
« L’hai gettato in una piscina! » sibilò Talia.
« E lui mi ha rotto il naso, ma non me la prendo con lui per questo! »
« Aspetta, ti ha rotto il naso? » disse Talia afferrando il viso di Jason con le mani.
« Sto bene! Fa solo male quando lo tocco, » borbottò quello.
« Dopo scuola ti porto dritto dal dottore, capito? » ringhiò Talia.
« Capito, ora lasciami andare! » si lamentò Jason, liberandosi dalla presa di sua sorella.
Nico ritornò in cucina come il pigiama fuori taglia nelle proprie braccia. « Dove dovrei metterlo? » disse, ricomparendo dietro di loro.
« Oh, lo prendo io, » disse Talia. « Torno subito. » Lanciò un’occhiataccia a Jason.
« Il caffè è pronto? » disse Nico.
« Sì, ecco, lascia che ti misuri tutto, » disse Jason.
« Grazie, » disse allegramente Nico, camminando verso il suono della voce di Jason.
Per quanto Jason provasse a concentrarsi nel misurare le cose, non riusciva a non notare quanto fosse di forma femminile la maglietta che si stringeva sul torso sottile di Nico, e come quel profondo taglio sul foro del collo esponeva tanto la pelle olivastra sul suo delicato colletto, ma soprattutto come poteva solo vagamente intravedere i suoi fianchi quando la maglietta si sollevava se Nico alzava le braccia dietro la testa per stiracchiarsi o strofinarsi la fronte dolorante. Che a lui piacevano un bel po’, il che distraeva incredibilmente Jason, tanto che si ritrovò a fissarlo decisamente troppo senza rendersene conto. Nel momento in cui terminò finalmente di misurare ogni cosa, era più che grato che Nico fosse cieco; metà perché poteva fissarlo quanto voleva, metà perché si sarebbe sentito mortificato se il ragazzo lo avesse beccato mentre lo guardava.
« Ecco. Tutto è nella brocca, » disse Jason porgendo la miscela a Nico.
« Perfetto. Ora posso finalmente togliere di mezzo i postumi della sbornia, » borbottò quello mentre prendeva la brocca. « Riesci a sistemare i fornelli a calore medio? »
« Certo, » disse Jason azionando l’interruttore.
Dopo un attimo, la pentola cominciò a scaldarsi. Nico fece sgocciolare un poco della miscela in essa e ciò la fece bollire leggermente. Sospirò con soddisfazione e cominciò a versarne il resto dentro mentre mescolava con il cucchiaio di legno. Un profumo speziato di erbe si alzò, e poi si fuse con il familiare aroma di caffè, e di qualcos’altro troppo difficile da spiegare, ma che era abrasivo, caldo e sapeva esattamente di qualcosa che Nico avrebbe potuto bere.
« Allora, perché usi l’Amaro? Se va bene per una specie di drink dopocena… non è un granché per un cocktail per svegliarsi, » disse Jason con esitazione, avido di ricominciare una conversazione.
« Conosci davvero bene questa roba, » rise Nico. « A essere onesto, mi sento più come se stia avendo un giorno molto lungo invece di essermi alzato e basta, perciò per me è ancora notte. »
« Non è sempre notte per te? » rise Jason.
Nico immediatamente si irrigidì e il suo sorriso scivolò in uno sguardo duro.
Merda, pensò il biondo. « Sì, non intendevo- »
« Sì, fa stesso, » disse brevemente Nico.
« No, aspetta, so come ci si sente! Mi è uscito di bocca e basta, » disse Jason.
Nico si voltò verso di lui, guardandolo male. « E come sapresti come sia essere ciechi? »
« Be’, non so come ci si senta a essere ciechi, ma so tutto riguardo a come siano gli scherzi di merda riguardo al tuo handicap, » disse gentilmente Jason.
« Cosa? » disse Nico, la voce che si addolciva mentre tirava la padella via dal fornello caldo.
Jason tolse uno dei suoi apparecchi acustici, lo pulì sulla sua maglietta e lo mise in mano a Nico. « In realtà sono sordo. E non ti preoccupare, l’ho pulito prima di darti qualcosa che possa essermi tolto dall’orecchio, » disse.
Nico ridacchiò al commento e sentì il piccolo aggeggio nella mano. « Non l’avrei mai immaginato, » disse tranquillamente.
« Be’, ora lo sai. E quella battuta mi è veramente uscita dalla bocca, mi dispiace, » disse velocemente Jason.
« Non ti preoccupare per quello. Puoi prendermi una tazza per bere questa roba? » sorrise il ragazzo dai capelli neri.
« Certo, solo un secondo, » sorrise Jason mentre apriva velocemente la credenza.

 
* Qui c’è la ricetta che ho usato. Faccio schifo con i cocktail di caffè, e gli ingredienti non dovrebbero essere troppo costosi. Inoltre, ragazzi, non bevete e guidate, anche se ho letteralmente appena compiuto diciotto anni e non ho nemmeno la patente, penserete chi cazzo sia io per parlare.
Un’altra cosa sull’alcol che sento di dover dire.
Bere più alcolici la mattina NON è la risposta se siete nel mezzo del dopo sbornia. Come ha detto Talia, è un mito, e lo posticiperà e basta, peggiorando le cose quando arriva alla fine (il che Nico sapeva, ed ecco perché voleva solo liberarsi del dolore e arrivare a casa prima che gli venisse addosso).
Se siete nel mezzo del dopo sbornia, vi raccomando di bere cazzutissime tonnellate di acqua, di mangiare cibo che incrementi lo zucchero sanguigno, e qualcosa di unto/ingrassante come bacon o uova cotte con un sacco di burro. Inoltre, l’aspirina è la vostra migliore amica, e assicuratevi di avere un buon riposo la notte per soffocare le cose, in modo da sentirvi meglio il giorno dopo. Se volete sapere perché potete semplicemente dare un’occhiata su e scoprirlo da soli, ma okay.”
– Dall’originale angolo autrice.
 
×

Be’, quei due sembrano andare d’accordo, pensò Talia tra sé con un ghigno compiaciuto.
Si era stretta per un po’ contro la soglia della cucina, ma nessuno dei due ragazzi l’aveva notata. Era ovvio che Nico non lo avrebbe fatto, ovvio, dato che era stata così tranquilla, ma Jason sembrava così interessato al suo nuovo compagno di giochi che nonostante ogni tanto guardasse circa nella sua direzione, non aveva capito che lei si trovasse lì.
Forse riuscirò ad averti come fratellino, pensò la ragazza con una piccola risata.








 
Punto uno: sono a metà di Blood Of Olympus e quel libro merita, gente, davvero. Leggetelo, anche se anche solo la formula di saluto in inglese vi mette in confusione, leggetelo anche se non capite i tre quarti delle parole, leggetelo perché è una vagonata di feels e di ship e le mie OTP, AH. Tra l'altro mi ero già spoilerata un paio di cosucce su Nico e quindi su di lui non c'è più quel senso di attesa che, però, si è spostato su Reyna. Adesso vediamo come va a finire - e chi muore *rabbrividisce*
Punto due: ho ritenuto corretto inserire l'appunto dell'autrice sul doposbornia e sui cocktail di risveglio ^^ Anche se forse bacon e uova per noi sono pesantucci, soprattutto la mattina, questo è vero.
Punto tre: il capitolo. Bromance assoluta Talia/Nico. E giuro che a volte sono convinta che la fanfiction dovrebbe passare da 'Commedia' a 'Comico', perché ci sono situazioni esilaranti.
Questa fanfiction è qualcosa di meraviglioso e tradurla è tipo la mia parte preferita della giornata, bao.
Vi saluto e alla prossima, che non dovrebbe essere fra molto! 

 

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Capitolo 13
*** » Gelosia! ***


 

hand to hold.
 

 
 


 
Si sentiva al caldo, comoda, e perfettamente a suo agio. Le palpebre di Annabeth si socchiusero solo vagamente, e attraverso un battito di ciglia la prima cosa che vide fu il dolce volto addormentato di Percy. La ragazza si lasciò sfuggire un felice e soddisfatto sospiro e poi lo abbracciò, scompigliando la sua zazzera di capelli neri.
« Buongiorno, » bofonchiò allegramente Percy.
Annabeth si sedette, e il ragazzo si lasciò cadere sul suo grembo.
« Come sono arrivata a casa? » sbadigliò lei guardando lungo la stanza.
« Ho guidato la tua macchina fino a qui, ti ci ho portato io, » disse Percy.
« E come hai fatto a convincere i miei genitori a lasciarti dormire nel mio letto? » disse Annabeth.
« Uhhh, mi sono solo più o meno intrufolato attraverso la finestra dopo che hanno pensato me ne fossi andato, » disse Percy.
Annabeth rise e si sdraiò nuovamente, facendo correre una mano tra i capelli del proprio ragazzo.
« Che cosa faccio? » sospirò.
« Mmm… un po’ a sinistra, » borbottò Percy mezzo addormentato.
« Percy! » rise Annabeth, spingendolo via. « Seriamente, non so cosa dovrei fare con Nico. »
« Cosa fare con lui? » disse Percy irritato, spaparanzandosi sul ventre di lei.
« Gli ho fatto abbandonare la squadra di nuoto! Non mi frega nemmeno più del torneo. Non posso semplicemente lasciarlo smettere di nuotare perché l’ho spinto troppo oltre. Si comporta come se lo stesse facendo solo per il profilo extracurricolare ma so che ama nuotare ed è molto bravo a farlo. »
« Io sono un bravo nuotatore, » borbottò Percy.
« Certo che lo sei, » rise Annabeth, « ma non stiamo parlando di te adesso, ho bisogno che mi aiuti a trovare un modo per farcela con Nico. »
« Non so quale sia il tuo problema! Ha voluto mollare, quindi lascialo mollare, » scattò Percy mentre afferrava le coperte e si voltava.
« Non posso, perché è nostro amico. Gli amici non rinunciano agli amici, e io ho fatto casino quindi non lascerò semplicemente che le cose finiscano così. Qual è il tuo problema? » scattò di rimando Annabeth.
Percy si avvolse le coperte intorno così che solo la sua faccia ne spuntasse fuori.
« Forse non mi piace Nico! » disse.
« … Che? » disse Annabeth debolmente. « Da quando? »
Percy lanciò via le coperte e si alzò per guardarla negli occhi. « Da quando sei così ossessionata con lui! Sono consapevole che hai sempre fatto così da quando siamo bambini ma- Non gli piaci nemmeno più! Perché ti importa ancora di lui? »
« Percy… sei geloso? »
« Cosa!? No! B-be’, non esattamente… forse se la smettessi di parlare di lui tutto il tempo! Tutto quello a cui pensi in questi giorni è il torneo e rendere Nico parte della squadra! »
Annabeth sorrise mentre le sfuggiva una piccola risata. « Non è quel che pensi, Percy, » disse sporgendosi per abbracciarlo.
Lui si sciolse nella sua stretta e pose un braccio attorno alla vita di lei. « Lo so… E’ solo che dopo che abbiamo cominciato a stare insieme pensavo avresti posto più attenzione su di me. Non su di Nico, » sbuffò.
« Io ti dò un sacco d’attenzione! »
« No-o! Sei sempre lì o a studiare o a nuotare o occupata con qualche strano piano di cui non mi parli! » schioccò Percy. « Io sono una diva. Ho bisogno di essere amato ad ogni ora, » terminò drammaticamente, mentre rotolava via dal suo grembo e cadeva sulla schiena con una mano sulla fronte.
Annabeth rise mentre rotolava sopra di lui.
« Lo sai che ti amo, vero? » disse schioccandogli un bacio sulla guancia.
« Be’, potresti mostrarlo un po’ di più, » sbuffò ancora lui con un sorriso. « Ad ogni modo, dovresti davvero piantarla con le pianificazioni inquietanti. Non volevo dir nulla perché pensavo avresti voluto rompere con me ma… sono solo preoccupato che tu possa essere reclutata da operazioni segrete o chissà cosa, » disse in tono serio.
« Non ti preoccupare, ho chiuso con quella roba. Ora cosa devo fare con Nico? » disse Annabeth.
« Perché non ti scusi e basta? » disse Percy.
« Huh? »
« Sai, la cosa che le persone fanno quando sbagliano. Ma non che tu ne sappia qualcosa, » rise lui.
« Lo farei, ma non credo mi parlerà mai di nuovo, » sospirò lei.
« Puoi provare. Pensavo avessi detto che gli amici non rinunciano agli amici, » scherzò Percy.
Annabeth gli mordicchiò giocosamente l’orecchio e rotolò sulla schiena. « Solo se vieni con me. Non penso di poterlo affrontare da sola. »
« Sembra una buona idea. L’ho più o meno ignorato da… immagino di dovermi scusare pure io. »
« Mi domando quando abbiamo smesso di essere tutti amici, » disse con calma Annabeth.
« Mmm, probabilmente intorno al periodo in cui è finito in mezzo a quell’incidente, » disse Percy.
« Intendi quello che gli ha tolto la vista? »
« Già. »
« Che è successo? Ho sentito che è stato un incidente d’auto ma non ricordo, » disse Annabeth.
« Come, non ti ricordi? Eravamo lì. »
« Cosa!? » disse Annabeth.
« Sì. E’ stato nel nostro ultimo giorno di campo. Tuo padre era in ritardo per venirci a prendere e dato che i miei genitori erano fuori città, eravamo veramente in ritardo. Quindi quando è arrivata la macchina di Nico per caricarlo lui si è offerto di prendere anche noi. »
« E poi che è successo? Quando c’è stato lo scontro? »
« Davvero non ricordi? »
« No! Non riesco a crederci, » disse Annabeth.
« Ti è venuta un’amnesia o cosa? E’ più che strano. »
« N-non saprei… ma vai avanti! Che cosa è successo?  »
« Giusto, comunque, dato che vivo dall’altra parte della città, dovevamo fare un lungo giro perché c’era una specie di incendio vicino a casa mia. »
« E? »
« E quando la macchina ha svoltato nella mia via un’altra auto si è schiantata lateralmente contro quella di Nico. »
« … Cosa? » disse con calma Annabeth.
Percy riprese a parlare, ma tutti i ricordi repressi di quel giorno iniziarono a inondarla. 

 
×

Il cielo era scuro e nuvoloso, e l’aria sapeva di pioggia. Aveva quattordici anni, stava mostrando le perle che si era guadagnata negli anni al tassista, che stava annuendo educatamente mentre provava a concentrarsi sulla strada affollata. Quella parte della città era sempre piena di traffico, ma dato che c’era stato qualche tipo di incidente, veicoli d’emergenza e auto della polizia facevano su e giù per le strade, correndo uno dopo l’altro in direzioni opposte. Aveva finalmente cominciato a piovigginare, ma i banchi di nebbia da lontano sembravano solo diventare più grandi e si fondevano nelle nuvole della tempesta che impedivano al sole di uscire.
« Che sta succedendo? » sussurrò Percy.
« La casa di un amico di mio padre ha preso fuoco. E’ per questo che mi ha dovuto inviare un taxi, » disse Nico in modo smorto.
« E’ orribile, » disse Annabeth.
« Già… spero che lei stia bene, » disse Nico rivolto a se stesso.
« Chi? » disse Annabeth.
« La ragazza di nome Calipso che veniva spesso a casa mia. Non la vedo da quando siamo piccoli ma spero vada tutto bene. Era carina e aveva dei begli occhi, » disse Nico.
« Che, ti piace? » scherzò Percy dando una gomitata a Nico. Il volto di questo arrossì e lui guardò altrove.
« Allora ti piace! » trattenne il fiato Percy.
« No, niente affatto, stai zitto! Non la vedo da anni. »
La pioggia si fece più forte, e la vista dal vetro si trasformò in luci sfumate e pulsanti di colore rosso e blu. L’autista stava borbottando qualcosa su come quella avrebbe dovuto essere una strada facile.
« Va tutto bene? » chiese Annabeth.
« Puoi tenere la bocca chiusa per un dannato secondo, ragazzina? Non starei nemmeno guidando in questo casino se voi due non foste entrati nella mia macchina, » ringhiò lui.
Annabeth strofinò il vetro appannato per vederci, ma la pioggia stava battendo così forte che era più o meno impossibile.
« Okay, ci siamo quasi, » sospirò l’autista.
L’auto finalmente riprese a muoversi ed accelerare. L’inutile discussione di Percy e Nico le sembrava normale come la pioggia, e l’aria calda e soffocante le faceva venire sonno. La ragazza riuscì a sentirsi crollare contro la porta mentre i suoi occhi cominciavano a chiudersi, quando improvvisamente l’autista urlò e tutti loro furono scaraventati a sinistra.
Ogni cosa divenne nera.
Sentì un grido, ma era debole, e molto lontano. Era la forte pioggia scrosciante che le rimbombava nelle orecchie e cancellava ogni altra cosa. Aveva freddo, e non riusciva più a sentire Nico e Percy discutere.
Qualcosa non andava.
I suoi occhi si aprirono di scatto, ed era seduta sul marciapiede avvolta in una coperta arancio brillante. Percy era vicino a lei, teso e sveglio, mentre la pioggia gli bagnava le guance.
O erano lacrime, quelle?
E dov’era Nico?
« Nico? Percy, dov’è Nico? » disse Annabeth.
Lui le strinse rigidamente la mano indicandole una barella ondeggiante. Un braccio color olivastro sgocciolante di sangue era abbandonato ad un lato, mentre scompariva dentro l’ambulanza.
« Nico! » gridò Annabeth.
Saltò in piedi e corse avanti, ma degli uomini e delle donne in divisa formarono un muro e la spinsero indietro.
« Quello è mio amico! Lasciatemi passare! » gridò Annabeth.
Una mano fredda sulla spalla la fece indietreggiare.
« Apprezzo la tua preoccupazione, ma Nico è in buone mani, piccolina, » disse una voce pesante.
Annabeth si voltò bruscamente e alzò lo sguardo per vedere un bell’uomo con lunghi capelli nero corvino spinti da parte in una piccola fascia, in modo che stessero sulla sua spalla.
« C-chi sei tu? » disse lei facendo un passo indietro.
« Il mio nome è Ade, e sono il padre di Nico, » disse lui.
Percy stava dietro di lui, con la giacca di una divisa posata sulle spalle.
« Ora vieni con me. Porterò te e il tuo amico a casa, » disse Ade con calma.

 
×
 
« Grazie per avermi portato a casa, » disse Nico.
« Be’, tu ci hai preparato la colazione, perciò è il minimo che possiamo fare, » disse Talia.
« Però stavo comunque sfruttando la vostra cucina- »
« Niente affatto! Piuttosto chiamiamola una mattina in compagnia, e promettimi che usciremo insieme qualche altra volta, okay? Tua sorella ha il mio numero, perciò la prossima volta che ti sbronzi a una festa possiamo rifarlo, » rise lei.
« Sarà così, » rise Nico. « In realtà, probabilmente lei è dentro, ti va di conoscerla? »
« Posso? »
« Certo, probabilmente vorrà ringraziarti per esserti presa cura di me la scorsa notte, » disse Nico.
« Dolce! Jason, vieni anche tu? » disse Talia voltandosi al sedile posteriore dell’auto.
« S-sto bene così. Aspetterò in macchina e basta, » disse Jason.
Sua sorella potrebbe essere venuta alla festa e può essere che mi riconosca. Non c’è storia che io esca, pensò.
« Sicuro? Sono certo che amerebbe conoscerti, » disse Nico voltandosi.
I suoi capelli nero corvino erano tirati da una parte e cadevano in onde mosse attorno al collo, e quando Jason lo guardò in quegli occhi scuri il suo cuore perse un battito.
« Sicuro, » disse debolmente.
« Mettiti comodo, fratellino, » cinguettò Talia mentre tirava fuori le chiavi.
I due uscirono dall’auto e si avviarono di fronte alla porta d’ingresso. Dopo aver bussato una volta, essa si aprì.
« Nico! » esclamò Hazel.
« Scusa se non ti ho chiamato. Ho perso il mio telefono la scorsa notte. Comunque, questa è Talia! E’ davvero simpatica e ho passato la notte a casa sua. »
Hazel si voltò verso la ragazza con orrore.
I ragazzi di solito tornano a casa con chiunque stiano fottendo…
Le parole di Travis le echeggiavano nella testa mentre guardava questa… tizia di nome Talia dal basso verso l’alto.
Aveva capelli neri corti e mossi e indossava qualche tipo di T-shirt di una band sconosciuta, che le ricordava qualcosa che Nico avrebbe potuto ascoltare. Stava anche portando alti stivali da motociclista, e un paio di jeans strappati tenuti su da un fermaglio gigante.
« Oh mio Dio… sei così… punk rock, » praticamente singhiozzò Hazel.
Suo fratello andava a letto con qualche tipo di ribelle sconosciuta.
« Grazie! » disse allegramente Talia prendendolo come un complimento.
«Sei punk rock? » rise Nico.
« Ci provo, » disse Talia compiaciuta.
Oh, no, sì comportano già come una coppia, pensò Hazel. « Nico, perché?! » urlò mentre si voltava e correva al piano di sopra, in camera sua.
« … Sta bene? » disse Talia presa in contropiede.
« Eh, davvero non lo so, ma non lasciare che la cosa ti impensierisca, » disse Nico.
« Nico! »
Il ragazzo si voltò, in direzione della voce familiare.
« Annabeth? Che ci fai q- »
Non ebbe nemmeno la possibilità di finire. « Nico, mi dispiace così tanto! » urlò Annabeth stringendolo in un abbraccio.
« Che? Perché ti dispiace? Che succede? » balbettò lui.
Percy finalmente corse verso il prato, e i suoi occhi caddero su Talia.
« Non ti ho mai visto prima. Mi chiamo Percy, » disse tendendo la mano.
« Talia, » disse lei stringendogliela, ma balzando in fretta indietro a causa di una piccola scossa.
« Ow, » disse Percy.
« Colpa mia. Ho indossato dei vestiti tirati fuori dall’asciugatrice questa mattina, » disse Talia.
« Oh, nessun problema, » disse Percy.
« Quindi, che ha la vostra amica? » disse Talia lanciando un’occhiata di traverso ad Annabeth.
« Ehh, ha avuto una specie di litigata con lui e non poteva aspettare di scusarsi, » disse Percy. « A proposito di questo, credo che dovrei dirgli anche io qualcosa, se ci puoi dare un minuto. »
« Oh, andate avanti. Non fatevi problemi, » sorrise Talia.
 
×
 
« Cosa? Certo che non sono arrabbiato con te per l’incidente. Non è colpa tua se tuo papà era in ritardo per venirti a prendere, »  rise Nico.
« Davvero? Allora quand’è che abbiamo smesso di essere amici? » disse Annabeth.
« Nico! Ti devo parlare, » disse Percy spuntando alle sue spalle.
« U-uh, parliamo dopo allenamento di oggi, okay? » disse Nico.
« Mi stai dicendo che verrai? » disse Annabeth.
« Sì, perché non dovrei? » disse Nico.
Cosa? Nico non cambierebbe idea così facilmente… qualcosa non va, qui, pensò Annabeth.
« Nico… senti, uh, mi dispiace di essere stato più o meno un idiota e averti ignorato recentemente, » bofonchiò Percy.
« Davvero? Pensavo ti fossi semplicemente dimenticato della mia esistenza, » disse sarcasticamente Nico.
« Non insistere, » borbottò Percy, ma stava sorridendo; diede un pugno alla spalla del ragazzo.
« Che sta succedendo? E perché la porta è aperta? » sbadigliò Frank uscendo da casa Di Angelo.
« Frank? Che ci fai a casa mia? » disse Nico alzando il tono della voce.
« Oh, vivo dall’altra parte della città perciò sono tipo crollato sul tuo divano dopo la festa di ieri notte. Se ti va bene, » disse Frank cautamente.
« L’importante è che tu sia stato sul divano, » disse Nico con decisione.
« Non ti preoccupare, è così, » rise Frank. « Comunque, che ora è? »
« Sono tipo le otto di mattina, » canticchiò Talia.
« Tu chi sei? » disse Frank.
« Mi chiamo Talia. Mica brutti quei boxer. »
« Frank, e, uh, grazie, » arrossì all’improvviso Frank, realizzando di stare indossando solo quelli, una canottiera e una coperta legata attorno alle spalle.
« Oh, cazzo, la scuola comincia tra tipo sette minuti, » disse Percy.
« Oh mio Dio, dobbiamo partire immediatamente, » disse Annabeth.
« Puoi portarmi con te? D-dopo metto dei pantaloni, » disse Frank avvolgendo la coperta attorno alle gambe come una gonna.
« Non ti lascerei entrare in macchina senza, » rise Percy.
« Certo. Vai a prendere Hazel mentre faccio partire la macchina, » disse Annabeth guizzando verso la macchina.
Frank annuì e scomparve nella casa.
« Be’, ora andrò a letto, così- » cominciò Nico.
« Oh, no, niente affatto. Annabeth non mi lascia saltare scuola quindi devi soffrire con me. A parte questo, il tuo bastone da cammino è ancora nel suo bagagliaio, » rise Percy.
« E’ così bello dormire per chi è immerso nel dopo sbornia, » rise Talia.
« Nico, ti sei ubriacato!? Diamine! » rise Percy.
« E’ così, ora mettimi giù! » urlò Nico, ma stava sorridendo e c’era una risata nascosta nella sua voce.
« Non lo posso fare. Comunque è stato carino incontrarti, » si rivolse Percy a Talia mentre cominciava ad allontanarsi.
« Anche per me, » disse lei prima di correre verso la propria auto.
 
×

Jason era sdraiato nel retro della macchina con il broncio fisso sul volto.
Non c’è niente di sbagliato nel pensare che un ragazzo sia bello. Le ragazze si chiamano carine a vicenda tutto il tempo. E’ normale, no?, pensò.
Ma una piccola parte di lui ancora rifiutava la cosa, così il biondo si sporse avanti e raggiunse la radio.
« Percy! Mettimi giù! » La risata di Nico echeggiò nell’auto, e Jason fece scattare la testa al suo suono.
Un ragazzo stava letteralmente trasportando Nico tra le braccia, e stavano ridendo come qualche tipo di coppia sposata che avanza lungo la navata. Jason si irrigidì e fece partire la radio. Strisciò fino al sedile davanti e osservò i due scomparire in una macchina, mentre Talia improvvisamente spuntava al sedile dell’autista e faceva partire il motore.
« Chi era quel tipo con Nico? » chiese distrattamente Jason.
« Non ne so niente, in realtà, a parte il suo nome, Percy. Penso sia il ragazzo di Nico o qualcosa di simile. »
Il cuore di Jason gli affondò nello stomaco.
« L-la pensi così? » buttò fuori, cercando di mantenere la voce regolare.
« Eh, immagino. Voglio dire, quale altro ragazzo prenderebbe in braccio uno del suo stesso sesso in quel modo? A me sembra da gay, » rise Talia uscendo dal vialetto.
Jason afferrò la propria t-shirt e si schiarì la gola.
« Penso che formino una bella coppia insieme. Tu cosa ne dici? » disse Talia.
Non mi interessa. Voglio dire, non mi piacciono nemmeno i ragazzi, o lui, per quel che importa…
Giusto?



 
 
SONO IN RITARDISSIMO TIPO. HO BISOGNO DEL VOSTRO PERDONO PERCHE' SARANNO TRE MESI CHE NON AGGIORNO.
Me ne sono completamente dimenticata çwç
E devo dire che leggendo BOO ho completamente messo da parte la Jasico in favore di un'altra bellissima ship che merita da morire, ma che soprattutto è canon. E perciò merita la mia devozione, perché GAY CANON! *arcobaleni*
Non vi spoilero altro (nel caso vogliate aspettare l'edizione italiana). Però ecco, pensando a questa coppia ho del tutto trascurato questa Jasico. Fino a che non mi è capitato di riprenderla in mano... e Jason e Nico qui sono così belli che non potevo non andare avanti.
Jason che cerca di ignorare i suoi sentimenti è l'amore. E Hazel che pensa Talia e Nico stiano assieme, HAHAHAHAHA WRONG PERSON MY DEAR.
Che altro dire? Spero non mi lincerete per questo deplorevole ritardo ma poserete gli occhi su un Percy pentito, su accenni Percico, su Hazel gelosa, su Jason confuso, e sull'apparizione di Ade nel flashback dell'incidente - adesso sappiamo come è andata.
Spero di tradurre il prossimo capitolo più velocemente con l'avvicinarsi di Natale :/
Saluti a tutti! :3
 

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