I've got my heart made up on you

di So di essere un disastro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tavole calde & difese inaspettate ***
Capitolo 3: *** Amici & risposte inaspettate ***
Capitolo 4: *** Lezioni di storia & Domande snervanti ***
Capitolo 5: *** Verità & riconciliazioni ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A il mio piccolo angelo👼✨

Andate fiduciosi nella direzione dei vostri sogni.

Henry David Thoreau

"Mi hanno detto che la vita poteva essere intesa come qualsiasi cosa. Poteva essere definita un modo di trascorrere i propri momenti sulla terra, era così che avevo inteso tutto. Pensavo che essere vivi significasse solamente portare a termine il progetto iniziato dal Signore, così da essere in pace con quest ultimo.

Non avevo mai pensato che ci fosse molto di più."

Prologo


La mia storia non si potrà mai definire una vicenda appassionante, momenti travolgenti che ti riempiono il cuore mozzandoti il fiato. Io considero la mia storia una successione di avvenimenti sempre più complessi e ricchi che ,insieme, raccontano la storia di questa mia piccola parte di vita.
Una vita che è stata improvvisamente ribaltata, lasciando sbigottiti tutti.

Sono solo una piccola formica in questo grande universo.
Ho sempre pensato che la vita ti offrisse delle possibilità,eri tu che potevi scegliere se prenderle ho lasciarle andare.
Io mi ero sempre fatta condizionare dagli altri.Avevo sempre acconsentito a tutto e tutti,avevo sempre subito e mi ero sempre fatta trasportare dalla corrente.
Quella sciocca e prevedibile corrente.


Fu così che in un battito di ciglia mi ritrovai a passeggiare tra le strade immacolate del parco giochi di Orlando che dovevo obbligatoriamente attraversare per giungere alla Martin Cleveland High school.
Osservavo le strade che fiancheggiavano il parco.
Erano attraversate da ragazzi della mia età e più giovani che si spingevano con  inerzia in direzione della scuola.
Osservavo l'erba incolta che cresceva ai lati delle strade.
La rugiada ancora era visibile sulle foglie in attesa di essere condensata quando sarebbe sopraggiunto il piacevole tepore che caratterizzava il mese di settembre.
Avevo 18 anni e avrei dovuto frequentare l'ultimo anno di liceo.


Avevo passato i quattro anni precedenti del liceo cercando di non farmi notare dagli altri.Ero sempre stata nell'ombra sperando di non essere mai scelta come bersaglio dai ragazzi più conosciuti i quali ,a mio parere, non hanno mai avuto nulla da fare nella loro vita,così da divertirsi dando fastidio agli altri. 
"Sono invidiosi del fatto che siamo migliori" ripetevo sempre al mio amico Ty quando veniva aggredito e si ritrovava con la testa dentro al pattume.
Mi rispondeva che non era vero,che loro avevano i muscoli,le automobili costose e i capelli perfettamente acconciati.
Ogni volta alzavo gli occhi al cielo sbuffando, altamente irritata dal fatto che nessuno provasse a vedere più a fondo.

Mi avvicinai alla soglia dell'edificio scolastico illuminato dal sole.
Ty era appoggiato a un cestino della spazzatura,una gamba piegata e gli occhiali da sole sul naso.Cercava di assumere la posa più "sexy" del suo repertorio;peccato che il suo metro e sessantacinque e quelle peluria bruna che si propagava su tutto il viso glielo impedissero. 

"Ehi Ty" lo salutai alzando la mano cercando di trattenere una risata dovuta alla sua posa quasi imbarazzante.
Ty era stato il mio unico e vero amico fin da quando giocavamo con il pongo in prima elementare e gli volevo bene,nonostante potesse sembrare veramente particolare.

"Come hai passato le vacanze?"domandai.
"Ho dovuto badare la maggior parte del tempo a mio nonno Scooter" sbuffò seccato tenendo lo zaino su una sola spalla.
"Cosa è successo?" replicai io.
"Si è fatto male" 
"È caduto di nuovo dalle scale?"domandai varcando al suo fianco la soglia della scuola.
"Molto peggio.È salito su un palo con lo scopo di rompere i cavi telefonici" disse con tono straziato.
"Per quale motivo è salito sul tetto?"
Lui mi fulminò con lo sguardo.
"Lui aveva paura di quelle signorine che ti vogliono vendere i prodotti", fece una pausa "pensa che la loro voce sia inquietante e ha paura che stiano complottando contro di lui.Così è salito su un palo in giardino e puf" fece un gesto con le mani "è caduto giù"
"Oh" 
"Non ti dispiacere Laura,è un vecchio pazzo".
Si allontanò dirigendosi verso la sua prima lezione, scomparendo pian piano nel corridoio gremito di studenti.
"Ci vediamo a pranzo!" mi affrettai a precisare sperando che mi sentisse.
Lui alzò il pollice al cielo e io mi voltai soddisfatta dirigendomi verso la mia prima lezione di storia dell'anno scolastico.

Il professor Cooper non aveva cambiato quasi nulla durante l'estate.
Non aveva nemmeno tagliato i capelli che ormai arrivavano al fondoschiena. 
La lezione si svolse normalmente.
Il professore spiegava,io scarabocchiavo sul mio quaderno, alcuni sonnecchiavano tranquillamente sul banco e il gruppo della squadra di football aveva reclamato il proprio posto tra i banchi infondo all'aula fin dall'inizio della lezione.Si divertivano sghignazzando tra loro, probabilmente scommettevano su chi tra loro si sarebbe fatto più ragazze alla festa di quel sabato sera, ma non ero mai stata profondamente interessata ad entrare nei loro discorsi. Voltai il capo e il mio sguardo incontrò quello profondo di Ross Lynch. Non un sorriso. Non un cenno. Solo uno sguardo sfuggente che bastò a farmi rabbrividire.
Chinai la testa dietro i capelli color caramello, rimmergendomi nella timidezza.
Odiavo stare sotto sguardi inquisitori.
L'inquisizione era il pretesto più lineare e semplice per intraprendere il cammino verso la fama.
La fama era tutto ciò che agli altri interessava,essere al centro di tutti gli argomenti,nel bene e nel male.
Dopo alcune noiose spiegazioni, qualche ramanzina da parte del professore sul fatto che siamo una generazione bruciata e che lui ha passato la sua adolescenza senza cellulare, siamo stati congedati. 
Tutti riposero con gesti fulminei i libri negli zaini e la classe si svuotò in pochi istanti. Rimasi sola, accompagnata dal rilassante e platonico silenzio che solamente io conoscevo essendo l'unica che si prendeva tutto il tempo per riporre i libri e inoltrarsi in corridoio alla fine delle lezioni.

"Laura!" 
Sentii una voce femminile dietro di me mentre mi affrettavo ad avvicinarmi al mio armadietto, così da sfuggire alla calca di adolescenti che si dirigevano alle rispettive lezioni.
Girai lo sguardo e i miei occhi incontrarono quelli azzurri di una ragazza bionda platino, piuttosto alta, le gambe abbronzate, una gonna pericolosamente corta e una gomma da masticare in bocca.
"Ci conosciamo?"  esordii con tono confuso. Lei si passò un dito tra i lunghi capelli e spostò il peso su un piede posizionando una mano sul fianco. 
"Certamente sciocchina!" replicò con una risatina divertita
"Eravamo nello stesso corso di fisica lo scorso anno."

Ricordavo quella ragazza, avevamo un corso o due in comune l'anno precedente.
Si chiamava Janette e la sua fama la accompagnava in ogni dove, come un ombra.
Sedeva sempre infondo all'aula, tallonata dai ragazzi più popolari e fissata con ammirazione dai ragazzi più sfigati ,considerata un obbiettivo irraggiungibile.

Alcuni studenti si erano messi a fissarci incuriositi.
"Ti posso aiutare in qualche modo?"
"Tu sei amica di Ross Lynch, giusto?" domandò speranzosa piegando gli angoli della bocca in un sorrisetto.
Scossi delusa il capo e sbuffai, stufa di tutte queste ragazze che ogni giorno mi si avvicinavano per pormi la stessa snervante domanda.
"No" osservai non curandomi dell'indisponenza che emanavo.
Cercai di far trasparire tutto l'odio che provavo in quell'istante e speravo vivamente che lei se ne andasse spaventata dalla sfuriata che la attendeva da parte mia.
Non si mosse di un millimetro.
"Lo conosci?" continuò increspando leggermente le labbra.
"Se così si può dire..."
Ross Lynch era  il mio vicino di casa.
Era stato il mio migliore amico fino all'età di 12 anni,
poi cambiammo. 
Lui cambiò. 

Giocavamo insieme,da bambini.
Passai con lui i momenti più felici della mia vita e riusciva a rendere sereni quelli più brutti.
Cambiò tutto quando lui entrò nelle pericolose acque dell'adolescenza;non avevo mai compreso se tutto ciò coincidesse con quello che era accaduto a mia madre,non mi ero nemmeno mai posta la domanda.
Non capii mai bene a cosa fosse dovuto il suo radicale cambiamento e credo non ne comprenderò mai il vero motivo.
A quella folta capigliatura castana si era sostituita una pettinatura perfetta ,senza un solo ciuffo fuori posto.
Il suo guardaroba era cambiato in una settimana. Vecchie camice e cinture malandate erano state sostituite da felpe all'ultima moda,pantaloni aderenti e scarpe firmate.
Poi suo padre firmò un contratto con alcune multinazionali giapponesi,i Lynch fecero successo nel campo dell'edilizia e Ross si trasformò completamente da umile ragazzino che sfrecciava su una ferraglia che chiamava bicicletta a viziato figlio di papà con il quale non scambiavo una parola o uno sguardo da diversi anni.
Decisi di cancellarlo dalla mia vita,evitando in ogni modo di nominarlo e tanto meno di parlare di lui.
Quindi NO, io NON CONOSCEVO ROSS LYNCH.
E il Ross Lynch da il quale tutti sono attratti credo di non averlo mai conosciuto.

"Sai se è...ehm...impegnato?"
"Cosa?"domandai distratta.
"Ross è fidanzato?" ripeté la bionda con aria arrogante.
Mi incupii. "Non ne ho la più pallida idea,non mi interessa e se ora non ti dispiace dovrei andare a lezione."
Feci una rotazione di novanta gradi e le rivolsi le spalle.
Mentre frugavo nell'armadietto sentivo ancora la sua presenza dietro di me.
Restai girata il più possibile,in quel momento avrei voluto essere in qualsiasi posto tranne a pochi centimetri da quella ragazza.
Mi sentivo estremamente fuori posto dentro i miei jeans e le mie vecchie converse rosse.

Udii i tacchi vertiginosi della bionda muoversi dietro di me,sentii uno sbuffo seccato e presto riemerse il rasserenante silenzio che caratterizzava la mia vita.

La giornata passò piuttosto velocemente,le lezioni si conclusero e ben presto mi ritrovai nel giardino della scuola.Niente era cambiato. Io e Ty ci dirigemmo all'uscita,i ragazzi si avviavano verso le fermate degli autobus e notai in prossimità della strada un gruppo di ragazzi chiacchierare e ridere di sana pianta. Riconobbi tra loro alcuni giocatori di football,la bionda con cui avevo avuto un incontro ravvicinato poco prima e Ross Lynch. 
Apprezzavo il fatto che Janette si fosse data una mossa così velocemente,io odiavo quella ragazza ma la sua sfacciataggine era sorprendente e quel fattore non faceva che giocare a suo favore.
Lanciai un'occhiata di sfuggita al gruppetto e notai che anche Ross in quel momento aveva alzato lo sguardo verso di me,incontrai i suoi occhi scuri per pochi istanti e abbassai subito lo sguardo.
Tornai a fissarmi la punta dei piedi.

Angolo autrice:
Salve popolo di efp💕 Forse qualche veterano mi ricorda e forse altri no.
Per chi si ricorda chi sono ,be, sono tornata. Mi sono assentata per un bel po' perché ho attraversato un notevole dramma familiare e questa ff la vorrei dedicare a il mio piccolo angioletto.👼 ( anche se non capite cosa intendo non fa niente). 
Comunque, eccovi la nuova storia RAURA. 
Allora ,questa storia è fatta INTERAMENTE da me e ogni riferimento è puramente casuale.
Ci tenevo a dirlo perché molte storie (tra cui anche una mia precedente) sono prese da libri o film e spesso si creano discussioni tra le recensioni.
Quindi volevo precisare che questa storia è tutta mia.💕 
Credo di aver detto tutto...cosa ne pensate?
Aggiornerò al più presto, un bacio💕

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Capitolo 2
*** Tavole calde & difese inaspettate ***


"Buonasera ragazzi,volete ordinare?" domandai come da copione con un sorriso sulle labbra avvicinandomi a un tavolo al centro del pub.
L'aria all'interno era tiepida e leggermente frizzante,fuori il cielo era basso e coperto, attendendo il momento più opportuno per dare inizio all'inevitabile temporale.
I ragazzi a quel tavolo mi lasciarono una mancia e io replicai con un sorriso riconoscente,infilandomi i soldi nella tasca anteriore della divisa blu. Mi passai una mano sulla fronte madida di sudore e velocizzai il ritmo verso il bancone quando notai il titolare uscire dalla cucina. 
Il lavoro in quel pub era la mia unica salvezza,dovendomi pagare gli studi e il cibo. La casa era mantenuta da un'associazione alla quale era iscritta mamma, un piccolo contributo di idoneità che mi aiutava ad arrivare a fine mese.
Il locale era pieno di persone essendo sabato. Alcuni passavano il loro tempo al tavolo da biliardo
e altri ordinavano da bere ai tavoli. Presi numerose ordinazioni quella sera e,mentre riponevo alcuni recipienti sotto il bancone, Ty mi faceva compagnia,cantando ritornelli o ordinando qualche birra.
"Un'altra" dichiarò alzando il dito con voce impastata.
"Starai male" osservai piegando il capo con tono di rimprovero.
Lui mi puntò un dito addosso e mi lanciò uno sguardo fulmineo. "Dammi.Una.Birra."
Scossi il capo in segno di rassegnazione e mi raccolsi i lunghi capelli bruni in una coda,mentre stappavo un'altra birra.
Tornai a pulire il bancone mentre Ty tracannava la sua quarta bottiglia.
Posò la birra sul tavolo,si pulì la bocca con il dorso della mano paffuta e sospirò.
"Come sta Martha?"
"Mmh..." replicai con tono sommesso.
"Sei andata a trovarla questa settimana?"
Sentii gli occhi bruciare e velocizzai il ritmo con il quale il mio braccio si muoveva sul bancone.
"Laura?"continuò Ty attendendo una risposta.
Scossi il capo e gli occhi cominciarono a gonfiarsi di lacrime.
"Non avrebbe senso." 
Quelle parole mi uscirono come un sospiro strozzato,un affermazione di cui speravo di non essere sicura.
Lui mi toccò la mano con la sua e la accarezzò lentamente.


Intanto un tavolo in un angolo si stava riempiendo,erano gli stessi ragazzi che avevo visto sul ciglio della strada quella mattina. Tra loro riconobbi anche Ross.
La tristezza che avevo provato fino a quell'istante si trasformò in nervosismo e non so per quale motivo ma vedere il vestito di Janette che arrivava sopra le cosce mi rese ancora più irritabile.
Cercai la mia collega Rosie con lo sguardo e,quando incrociò il mio, feci cenno all'ultimo tavolo e lei assentì,dirigendosi verso esso.
Tirai un sospiro di sollievo e cominciai a portare le varie ordinazioni ai tavoli.

Quando tornai al bancone e raggiunsi Ty trovai sei bottiglie di birra vuote ,la sua testa era chinata sul bancone e le braccia penzolavano lungo lo sgabello.
Canticchiava una melodia confusa,la voce a un ottava superiore al solito interrotta da singhiozzi irregolari.
Mi avvicinai,gli accarezzai i capelli e sorrisi.
"Stai proprio male"
Lui singhiozzò e alzò il capo quel tanto per guardarmi in faccia.
"Sei proprio ridicola con quella..."singhiozzò "divisa" disse in fine.
Sbuffai fingendomi offesa.
"Fra poco stacco e poi ti accompagno a casa."
Mi voltai e il mio sguardo cadde su quel tavolo infondo al locale, notai un giocatore di football accarezzare il braccio a una delle ragazze e le altre due si alzarono per andare al bagno.Distolsi subito lo sguardo.
Avevo evitato il tavolo per tutta la serata e,soddisfatta, ero in procinto di tornarmene a casa. Stavo per avvisare Ty del ritorno a casa quando la voce di Rosie riecheggiò dietro le mie spalle.
Mi voltai e la vidi in piedi dietro di me, le mani che tentavano di tenere in equilibrio il maggior numero di piatti sporchi e un espressione implorante in viso.
"Potresti portare il conto al tavolo in fondo?"domandò mettendo in mostra il piccolo foglio di carta incastrato fra le sue dita ossute.
Osservai il tavolo indicato e per un istante mi venne in mente di scappare o di offrirmi volontaria per portare i piatti in cucina. Ty però stava cominciando a barcollare e da un momento all'altro sarebbe crollato sul pavimento.
Scrutai un'ultima volta il tavolo nell'angolo con riluttanza, poi afferrai il pezzetto di carta.
La distanza dalla porta del locale a quel tavolo gremito di facce sfortunatamente familiari sembrò durare un infinità. Cercai di mantenere un'espressione indifferente ma vedere la bocca di Janette appiccicata a quella di Ross Lynch mi fece venire il voltastomaco.
"Il tuo amico sta proprio male" osservò un ragazzo a quel tavolo sghignazzando e indicando Ty.
Mi voltai e lo vidi vicino allo stipite della porta,non ne ero sicura ma sembrava stesse flirtando con essa. Intanto Ross si staccò dalla bionda e rivolse lo sguardo prima a Ty è poi a me.
Una delle ragazze sorrise divertita.
"Andrà in coma elitico" 
Quando sentii la parola "coma" trasalii e appoggiai velocemente il biglietto sul tavolo con irrefrenabile desiderio di tornare a casa.
Anche Ross sembrò provare qualcosa,si raddrizzò sulla sedia e posò entrambe le mani sul bordo del tavolo.
"Taci Rachel" disse rabbuiandosi.
Poi mi guardò,con sguardo implorante,di rammarico. 
Io mi allontanai,le guance mi si arrossarono e il mento prese a tremarmi.
Ripensai a come la sua mascella si era serrata quando Rachel fece quelle stupida battuta,a come lasciò il fianco di Janette e appoggiò la mani sul tavolo. Mi domandai se quello fu un gesto ben studiato di difesa nei miei confronti o se fu un impulso istintivo.
Qualsiasi cosa fosse, mi fece pensare. Io non desidero che nessuno vada nei guai per colpa mia,non mi interessa. Io esplodo in silenzio,io soffro in silenzio. Non necessito di un amplificatore umano che parli per me. No, non ne ho bisogno. Giusto?



Chiusa la porta di casa mia,appoggiai le chiavi a il mobile e salii due a due gli scalini intenta a infilarmi velocemente sotto le coperte. Rimasi sotto l'acqua tiepida  della doccia solo per pochi minuti,asciugai velocemente i capelli e mi soffermai qualche minuto in più solo a spazzolarli,davanti allo specchio.  
Avevo sempre preferito stare dietro le quinte,nell'angolo buio della stanza,senza preoccuparmi del fatto di dovermi esporre agli altri,così da non sentirmi in soggezione. Ho conosciuto gente con certezze,troppe certezze. Gente con risposte ai più grandi interrogativi della vita e io mi sono sempre chiesta se fossero risposte idonee o vere. Persone che si cimentavano nelle più ciclopiche imprese uscendone provate o distrutte, però felici per il fatto di avere una storia grandiosa da raccontare.Io non ero così,sfortunatamente.
Mi infilai sotto le coperte e le palpebre mi si fecero pesanti,la mia mente cominciò a perdere nitidezza e presto venni accolta tra le braccia della notte.
 
La mia vita ha continuato a procedere piuttosto normalmente: ho continuato le mie serate di servizio al pub,ho pranzato in mensa con Ty e cercavo di evitare lo sguardo di Ross,ripetendomi una moltitudine infinita di volte che non avrei dovuto lasciarmi trascinare da quello sguardo profondo.
Il giovedì mattina mi infilai in un banco vuoto nell'aula di arte. Qualcuno si infilò nel banco vicino al mio ma avevo passato una notte insonne e non alzai lo sguardo.Desideravo solamente che quell'ora passasse in fretta.
Infilai le cuffiette nelle orecchie e le passai sotto la sciarpa per non attirare l'attenzione della professoressa,nonostante fosse cieca dall'occhio sinistro.

La persona vicino a me mi passò un foglietto di carta sul quale lessi la parola "Ehi" scritta in corsivo  con un pennarello scarlatto.
Alzai gli occhi e quello sguardo profondo mi trafisse si nuovo.Il nostro contatto visivo durò per qualche istante in più del solito.
"Ciao Laura"
Erano ormai sei anni che non sentivo Ross pronunciare il mio nome,la sua voce era cambiata. Era profonda e limpida,niente di ciò che avevo davanti mi ricordava il bambino scalmanato con cui avevo passato la mia infanzia.
Sapeva bene che le cuffie erano spente e il solo fatto che lo avesse intuito mi mandò su di giri.Appoggiai le cuffiette sul banco.
"Ciao."
Sussurrai freddamente quelle quattro lettere.Mi lasciò uno strano gusto amaro bocca,quella parola.
Sentii i muscoli delle braccia irrigidirsi e percepii uno strano bruciore al petto che si propagava per tutta la cassa toracica.
Lui continuava a fissarmi,speravo con tutto il cuore che mi lasciasse in pace.
"Mi dispiace per quello che ha detto Rachel quella sera"sussurrò avvicinandosi a me.
Mi allontanai e girai il viso verso il suo.
"Vorrei seguire la lezione"
Notai un sorrisetto furbo germogliargli sul viso.
"Tu odi l'arte" 
Era vero.Avevo sempre odiato l'arte ma in quel momento diventare una critica artistica mi sembrava la più semplice via d'uscita.
"E tu cosa ne sai?"mi avvicinai un millimetro ancora a lui "cambiano tante cose in sei anni."
Senza accorgermene enfatizzai notevolmente il termine sei e lui sembrò incupirsi.
Silenzio.Ross mi scrutava intensamente con i suoi occhi neri e l'insicurezza che provavo ogni volta che qualcuno mi fissava cresceva sempre di più. Mi sentivo un foglio di carta bianco e in quel momento Ross era uno scanner che mi esaminava dalla testa ai piedi,cercando di assimilare ogni mia informazione. Ed ecco che tornava la sensazione di soggezione,quella stupida sensazione.
"Devo andare" affermai come se stessi parlando con una persona di cinquant anni più vecchia di me con la quale non ho mai avuto a che fare in vita mia.
Lui si massaggiò le nocche e spostò lo sguardo di nuovo sui miei occhi .
"È stato bello parlare con te di nuovo."
Probabilmente di aspettava un "anche per me" o un sorriso di  consenso ma non avevo intenzione di far trasparire niente dalla mia espressione.
Lui aveva chiuso l'accesso alla sua vita sei anni fa e io ero riuscita a dimenticare la strada
 per il suo cuore. Una o due parole dolci non mi avrebbero aiutato a ritrovarla.

Spazio dell'autrice:
Salve salve salve cari lettori💕 Ho visto che avete recensito lo scorso capitolo😍 Siete meravigliosi, grazie. Ecco a voi come promesso il primo capitolo dopo il prologo. Vi va di lasciare una piccola recensione? Anche un piccolo pensiero,qualche parola, quello che volete. Secondo voi riusciamo ad arrivare a 7 recensioni? Speriamo. Un bacio

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Capitolo 3
*** Amici & risposte inaspettate ***


Capitolo 2

Di due cose ero completamente certa: 1.odiavo l'odore di un ospedale,2. ero disperatamente,incondizionatamentelegata al fatto di ritrovarmici ogni giorno.
Porta principale, primo corridoio a destra, una rampa di scale, primo piano, sinistra, destra, porta 125 del reparto di ricovero dello State Hospital. L'aria era particolarmente fresca ma un'atmosfera di tensione aleggiava nell'aria, quasi volesse soffocarmi. Probabilmente ero solo io, io e i miei stupidi complessi.
La stanza pareva sempre la stessa, pareti bianche, tavolo blu e un fiore giallo al centro. Oggi sembrava insolitamente confortevole, la solita pace regnava in quelle quattro pareti. 
"E sei ancora qui eh?", la mia voce risuonava leggermente acuta.
"Ma non ti stanchi mai?" aggiunsi.
Avvicinai il mio naso a quello della figura inerte di fronte a me. 
La pace nel suo sguardo, i lineamenti rilassati, i capelli abbandonati disordinatamente sul cuscino; niente di quello che vedevo riusciva a mandarmi in bestia come avrei desiderato. 
Ripercorsi la stanza su e giù, riavviandomi di tanto in tanto qualche ciocca dietro le orecchie.
"A casa è difficile senza di te, dovresti tornare lo sai?"
Ormai erano queste le frasi più consuete da parte mia. Avevano sostituito da mesi il classico ' ciao mamma come stai? ' che avevo ripetuto fin troppe volte. La sua mente gravitava intorno a me da ormai quattro lunghi mesi, una mente sana e inevitabilmente colma di voglia di vivere. 
Una mente rinchiusa, dalla coma. 
Il cartello su con scritto "Martha Morgan" brillava in grandi caratteri attaccato al suo letto e quella cartella clinica stanziava da mesi su quel comodino con sempre le stesse frasi all'interno.
"Mi manchi tanto." ripetevo in fine.
 Porta, corridoio, scale,sinistra, destra, pausa caffè, uscita dell'ospedale. Questa era la mia routine da ormai quattro mesi.


"Dovresti smetterla di essere così egoista" 
Ty si sistemò il cappellino da baseball all'indietro.
"Come scusa?"
"Ross Lynch cercava solo di essere gentile"
Sbuffai e un'insolita sensazione di disgusto mi pervase.
"E poi..." continuò con fare sognante "lui è popolare."
"Lo dici come fosse un potere divino"
Ty mi lanciò un occhiata di intesa, poi fece cenno con la mano e sparì nel corridoio della scuola gremito di studenti.
Lui parlava, io ribattevo, lui ribatteva.
Io e Ty eravamo abituati a queste strane conversazioni lampo, erano normali per noi, stavamo bene così.

Di tanto in tanto mi rimproveravo per il fatto di non essere mai d'accordo con quello che diceva e cercavo spesso di deviare i miei strani indirizzamenti sociali per farlo felice ma avrei preferito farmi venire l'ulcera che assecondare il fatto che Ross Lynch avesse ragione. Era stato lui a scaricarmi, non io. Non mi interessava nulla della sua vita, non mi interessavano le sue ragazze, le feste che dava a casa sua senza invitarmi nonostante fossimo vicini, il fatto che mi avesse sbattuto la porta in faccia da un giorno all'altro, nulla. Non ero io l'egoista. 
La mia mente continuò a fare giri panoramici abnormi all'interno dei miei pensieri e non mi accorsi nemmeno del fatto che stavo mettendo in atto una delle più epiche lotte sentimentali con me stessa proprio nell'atrio della scuola.
Il mio cervello continuò a funzionare lucidamente fino a che il mio fondoschiena non percepì la sensazione di freddo del pavimento di granito. Vidi le mie penne colorate rotolare in ogni direzione e il mio zaino era a qualche metro di distanza da me, sul pavimento.
Abbassai lo sguardo e notai due grandi mani circondarmi la vita. Ero ancora in bilico a mezz aria quando alzai lo sguardo e incontrai due intensi occhi scuri. I capelli biondi e spettinati circondavano quel viso innaturalmente perfetto e uno sguardo preoccupato completava l'opera che descriveva la sua dolce espressione.
Per un istante il mondo intorno si fermò e non mi curai nemmeno del fatto che la preoccupazione sul viso di quel ragazzo cresceva sempre di più. Sembrava quasi spaventato da una mia reazione negativa o da una sfuriata imminente.
Ero completamente persa nella bellezza di quel viso ma non impiegai molto ad assimilare a chi appartenessero quegli occhi e quei capelli dorati. Mi divincolai e riacquistai velocemente equilibrio cercando di respingere quello strano formicolio che percepii sulla mia pelle quando il mio ventre sfiorò il suo mentre mi spingevo in avanti per rimettermi in piedi. Raccolsi le matite, le biro e lo zaino e con passi fulminei raggiunsi l'uscita della scuola. 
"Laura!" , quel tono profondo riecheggiò dietro di me.
"Laura aspetta!"
Mi voltai di scatto.
"Cosa?" 
"Tutto ok?" domandò lui con dolcezza.
"Si perché non dovrebbe essere tutto ok?"
Lui si massaggiò la nuca e sorrise.
"Se quasi caduta"
"Ma non è successo" ribattei.
"Perché ti ho preso in tempo"
Sentii le guance in fiamme.
Mi voltai per andarmene.
"Mi è piaciuto tenerti fra le braccia. Dovrei farti cadere più spesso."
Un pentolone pieno di rabbia cominciò a ribollere incessantemente dentro di me, mi girai verso di lui e mi avvicinai fino a che non fui a soli pochi centimetri di distanza.
"Tu mi hai fatto cadere?" , parlai lentamente, puntandogli un dito al petto.
Ross mostrò un sorrisetto compiaciuto, pareva quasi soddisfatto.
"Coglione" sussurrai.
Gli occhi presero a bruciarmi e sentii alcune lacrime inumidirmi la pupilla.
Cercai di voltarmi ma lui mi afferrò per la borsa.
"Non voglio che tu pensi questo di me"
"Peccato che sia quello che penso."
Ross chiuse gli occhi e espirò, poi riposò quello sguardo profondo su di me.
"Non mi piace il nostro rapporto. Lo odio. A volte rifletto e penso che potremmo tornare amici".
La sua voce era calma, sicura.
"Amici?" domandai.
"Amici."
Socchiusi gli occhi per rimandare indietro alcune lacrime che minacciavano di uscire.
"Non lo so" sussurrai "non so se sia il caso."
 Non era il caso.
Fece un giro intorno a me e accostò il viso al mio orecchio.
"Pensaci su" sussurrò lasciando una scia di dentifricio nell'aria.

Provai con tutte le mie forze a eliminare dalla mia testa quella conversazione. Fu difficile ignorare le occhiate che mi rivolse a scuola durante i giorni seguenti, fu quasi difficile quanto non rispondere a tutti i bigliettini che mi mandava durante le lezioni. La mia pazienza raggiunse il culmine quando, il martedì seguente, Ross Lynch mi mandò un messaggio. Come aveva avuto il mio numero? Cosa voleva? Non poteva starmi lontano?
-AMICI- diceva.
Non risposi. Chiusi il cellulare e lo gettai sul sedile del passeggero della mia vecchia auto bianca.
La scuola divenne sempre più impegnativa durante il mese di novembre. L'aria si faceva più fredda e i vestiti più pesanti. 
Mi strinsi con forza all'interno del mio capotto blu mentre percorrevo il parcheggio della scuola. L'aria soffiava impetuosa e io la attraversavo fendendola come la lama di un coltello. Tenevo lo sguardo basso per evitare uno scontro diretto con il vento. 
Non mi sentii al caldo finché non aprii il mio armadietto e una ventata di calore proveniente dall'ambiente scolastico mi sollevò. Riposi alcuni libri e percepii una presenza alle mie spalle.
"Ehi Ty" esclamai voltandomi.
Rimasi impietrita.Probabilmente dovevo sembrare molto sciocca il quel momento.

Aprii la bocca per parlare ma non uscì un minimo rumore.
"Non hai risposto al mio messaggio" affermò quella voce calda.
Notai un gruppetto di ragazze fissare quella figura maschile davanti a me come fosse un trofeo di caccia.
La mia espressione era imperterrita.
"Non l'ho letto."
Bugia.
"Hai pensato a quello che ti ho detto?"
"Ehm, vedi, ho avuto molto da studiare."
Bugia. 
Il biondino davanti a me si passò una mano tra i capelli dorati e dovevo ammettere che sembrava veramente sexy in quel momento.
Scacciai subito il pensiero.
I miei pensieri vennero interrotti dal professo Cooper, il quale infranse il nostro contatto visivo affiancandosi a Ross e sventolando un pezzo di carta.
"Signorina Marano" mi chiamò. Aveva azzeccato il mio cognome.
"Si?"
"Ho riguardato i suoi risultati in storia dell'ultimo semestre e le consiglio di cambiare durante questi mesi."
Il foglio dondolava da una parte all'altra con costanza. 
"Potrebbe mettersi a studiare di più",sussurrò quell'ultima frase. Sparì in pochi istanti dietro la porta di un'aula nella vicinanze.
Ross non perse un momento.
"Sono abbastanza bravo in storia" affermò.
"Non ho bisogno di aiuto"
Bugia.
"Invece si"
Ricordavo bene la sua testardaggine, quella non era minimamente cambiata.
"Possiamo vederci anche solo qualche volta." Fece una pausa.
"Ti aiuterò"
Cercai con tutte le mie forze di respingere quella parte di me che diceva di accettare.
"Non so se sia il caso."
Sfoderò un largo sorriso,
"Oh andiamo. Sarà divertente."
Sospirai avvilita.
"O-okay..." quella risposta uscì strozzata dalla parte più remota della mia gola.
Il suo sorriso si allargò ancora di più e mi si formò un nodo allo stomaco.
"Grande!!" esclamò "ci si vede in giro" aggiunse prima di andarsene seguito da un piccolo gruppetto di ragazze in abiti succinti.
Riassimilai quell'ultima parte del discorso e mi resi conto di quanto ero stata idiota.
Non ci potevo credere, avevo impiegato sei anni per ricominciare da zero e in pochi istanti avevo rovinato tutto.
Che schifo.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Ed ecco a voi il secondo capitolo!!!! Spero di poter aggiornare al più presto. Intanto potreste dirmi cosa ne pensate di questo capitolo? Accetto anche critiche e consigli💕 Ringrazio tantissimo chi legge la mia storia e chi la recensisce, è davvero importantissimo per me. Bacioni 




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Capitolo 4
*** Lezioni di storia & Domande snervanti ***


Capitolo 3 

La casa di Ross Lynch era rimasta perlopiù la stessa. L'ingresso ben ordinato, i mobili in abete contro le pareti ocra e un'ampia porta ornata di decorazioni settecentesche che fungeva da entrata principale per il grande e arioso salone.
"Mia mamma non c'è" esordì lui.

"Okay, allora?"

Lui gesticolò qualche istante.
"Avrebbe amato rivederti."
Ricordavo la signora Lynch, leggermente paffuta, i capelli biondi che ricadevano sulle spalle e quel classico sorriso di una mamma apprensiva dipinto sul volto.
Mia mamma aveva avuto qualche volta quel sorriso, ma non lo rammentavo più.
"Andiamo di sopra" 
Ross mi passò accanto e ,quando mi sfiorò la mano, percepii un familiare brivido e la ritrassi.
Percorremmo le scale e varcammo la soglia dell'ultima porta infondo al corridoio. La sua stanza; quella sì che era cambiata.
Le pareti piene di poster di cartoni animati erano state spogliate come gli alberi perdono le loro foglie in autunno. Erano vuote e fredde, fatta eccezione per una sua foto all'età di dieci anni appesa sopra  alla scrivania.
Il letto era più grande,
"Probabilmente per accogliere come si deve ogni sua pretendente" pensai.
Trasalii leggermente solo a quel lontano pensiero.
"Cominciamo" affermai voltandomi verso di lui con l'espressione più convinta del mio repertorio.
I muscoli della sua bocca si distesero in un sorriso, probabilmente aveva notato alcuni accenni della mia imminente spossatezza.
"Certo" replicò sedendosi sul letto.
La sua mano tastò lo spazio vicino a dove si era posizionato sulle morbide lenzuola.
Io ci gettai i libri di storia,in quello spazio, e mi sedetti più in là, di circa un metro.
Non mostrò nemmeno uno sguardo confuso e questo, stranamente, mi innervosì ulteriormente.


Il tempo passò piuttosto velocemente e, quando guardai l'orario sul mio telefono, erano già passate due ore.
"Devo andare" affermai con lo stesso tono freddo utilizzato durante quelle ore.
"Okay facciamo un ultimo giro di domande"
Annuii timidamente.
"Anno di inizio della prima guerra mondiale?"
"1914" affermai sicura.
"Anno di fine?"
"1918"
"Anno di entrata in guerra degli Stati Uniti?"
"1917"
Ross sorrise soddisfatto, 
"Complimenti, un'ultima domanda."
Il suo sguardo si fece serio, caldo e profondo.
Lo spazio tra noi si era estremamente ridotto in quelle due ore e a dividerci restavano solo pochi centimetri.
"Usciresti con me?" 
Mi persi in quegli occhi scuri e metabolizziai lentamente il significato delle parole appena uscite dalle sue labbra.
"Cosa?" 
Quella parola era uscita con tono sconcertato e interdetto.
Lui si avvicinò ancora di più e il suo respiro si fece rarefatto sulla mia pelle.
La sua bocca si accostò al mio orecchio,
"Esci con me Laura"
Non ci potevo credere. La mia mano afferrò la borsa con uno scatto rapido e mi alzai in piedi sperando che i piedi mi sorreggessero.
"Ti accompagno a casa."
Risposi all'istante,
"So dove abito."
Sfoderò il suo sorriso,
"Lo so."

Restai due passi dietro di lui mentre uscimmo dalla sua camera, mentre scendemmo le scale e sul vialetto di casa sua. Casa mia era due porte accanto.
Era ottobre e il vento sferzava violento contro la mia pelle,
Ross si avvicinò a me e i nostri corpi si toccarono. In circostanze normali mi sarei allontanata ma quel tepore mi donava un sollievo quasi innaturale. Il calore tra i nostri corpi era divenuta una sensazione unica e lo sconforto che provai quando si separò da me mi fece innervosire.
"Vieni con me a cena domani" disse.
"No." risposi pronta.
Mi aspettavo una frase di sconforto, un secondo tentativo o semplicemente uno sguardo avvilito ma la sua reazione mi colpì.
"Amici?" affermò tendendomi la mano.
Probabilmente mi sarei rovinata la vita, il mio cervello diceva di rifiutare ma come sempre il cuore prese a palpitare irregolarmente. Prima lentamente e poi alla velocità della luce.
"Amici."

Quella notte, per la prima volta dopo tanto tempo, sognai Ross Lynch.
Cazzo.

SPAZIO DELL'AUTRICE
DAN DAN DAN!!!
Credete che la nostra Laura cederà così facilmente alle lusinghe del biondo?? Se la vostra risposta è sì be...credete proprio male😂
Ecco il quarto capitolo, mi potreste dire cosa ne pensate?? Mi rendereste felicissima❤️A presto, baci
Ps è un po' corto ma il prossimo sarà più lungo , promesso



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Capitolo 5
*** Verità & riconciliazioni ***


- E com’è?… Il mare, com’è?
Sorride, Elisewin.
- Bellissimo.
- E poi?
Non smette di sorridere, Elisewin.
- A un certo punto, finisce
.”
 
Capitolo 5
 
Fissavo la parete azzurra del mio salotto. La televisione emetteva voci, io non le comprendevo. Trovavo più interessante quell'azzurro intenso che incorniciava immensamente quella piccola scatola luminosa. Strattonai le maniche del maglione e le strinsi tra le mani.
L'odore di lavanda mi pervase e sussultai leggermente. Ricordai i fiori viola che lei metteva sempre sul centrotavola a primavera.
"Rallegrano l'ambiente" diceva.
Di allegro non mi restava niente, solo quel quasi impercettibile profumo di lavanda.
Una lacrima mi rigò la guancia arrossata, il mio stomaco si rimpicciolì e percepii un piccolo tuffo al cuore. Mi sentivo sola. Avevo bisogno di parole vere, di frasi sincere. Avevo bisogno di persone.
Il telefono squillò. Una,due,tre volte. Probabilmente era Ty. Non risposi.
Silenzio. Il telefono riprese a squillare a intermittenza con singolare insistenza.
Non guardai il numero sullo schermo e mi portai subito il cellulare all'orecchio.
"Pronto?"
"Laura?" Riconobbi subito la voce.
Non parlai.
"Laura...ci sei?Sono Ross."
Sospirai, probabilmente lui mi sentí perché continuò a parlare.
"Non vieni a scuola da giorni e quindi ho pensato che fosse necessario accertarmi che stessi bene"
Scaldai la voce e sussurrai una risposta che uscì roca dalle mie labbra.
"Si sto bene"
"Sicura?" 
"Si"
Ci fu un breve silenzio, non un silenzio imbarazzante, un silenzio interessante, io ascoltavo i suoi sospiri e lui i miei.
"Ti vengo a prendere alle otto" disse sicuro.
"Non ho voglia di studiare storia oggi" risposi in fretta.
"Non è necessario" 
"Infatti, quindi ciao".
Chiusi la conversazione.
Mi sentivo estremamente acida in quel momento e convivere con quella parte di me era sempre stata un'ardua impresa  ma di attimi ne avevo vissuti innumerevoli e quello sicuramente era solamente un attimo di passaggio. Mi dispiaceva per Ross, certamente. Ma forse avrebbe capito e ,comunque, saremmo stati quasi pari. Anche lui aveva commesso errori,giusto?
 
 
 
********************
 
 
Un rumore secco in lontananza si avvicinava sempre di più, le mie palpebre si sollevarono istintivamente e appoggiai una mano sul morbido cuscino del divano. Il secco rumore proveniva dalla porta dell'appartamento e il dubbio su chi potesse trovravisi dietro mi sorse in pochi istanti. Barcollai sul pavimento e annaspai fino alla porta cercando di ricordare ciò che accadde prima di quel sonno profondo sul divano del salotto.
Non osservai dallo spioncino ma aprii subito la porta, logorata dall'estrema curiosità. La prima cosa a cui pensai quando vidi quella chioma bionda davanti ai miei occhi fu lo stato quasi barbarico nel quale ero ridotta.
I miei capelli erano raccolti disordinatamente, il viso era probabilmente stanco e struccato e un vecchio maglione blu della taglia sbagliata cadeva uniformemente sul mio esile corpo, coprendo tutte le curve che potevano essere definite "sexy" da un ragazzo.
Mi portai una mano dietro la nuca e mentre lui aprì bocca altre mille domande mi invasero la mente.
"Laura!"esclamò con fare allegro.
"Che cosa...che cosa ci fai qui?" 
Improvvisamente i ricordi di quella telefonata mi riaffiorano alla memoria,uno a uno.
"Sono le otto" 
"Lo so" affermai.
"Andiamo?" Ross si spostò dalla porta e fece spazio per permettermi di uscire.
"Io non posso venire" feci una pausa, cercai le parole più convincenti del mio repertorio, "...non ho i vestiti adatti, sono un mostro."
Lui mi squadrò dalla testa ai piedi, la stessa espressione impassibile sul viso.
"Sei bellissima, andiamo"
Mi prese per la mano e mi trascinò fuori dal pianerottolo.
 
"Mi sembrava di averti detto che non volevo uscire, prima, al telefono." dissi una volta arrivati sulla strada.
"Ah hai detto questo?" Il suo sorriso si allargò sempre di più mentre si avvicinava a me.
"Sì...lasciamo perdere"
L'aria di novembre era decisamente più rarefatta e fredda, mi sentivo un bambino di cinque anni, esile e debole.
Camminammo per circa dieci metri nel più totale silenzio.
"Dove stiamo andando?" domandai ad un certo punto.
"Da Mal, il re della carne"
"Sono vegetariana"
Ross rise, 
"Lo so, infatti opteremo per dei tacos vegetariani."
Fremevo dalla voglia di sapere come fosse venuto a saperlo ma mi trattenni, era un ragazzo enigmatico lui, non mi sembrava opportuno approfondire ulteriormente.
 
Quando la cameriera si allontanò dal nostro tavolo io mi sistemai a gambe incrociate sul divanetto rosso e appoggiai le mani sul tavolo,probabilmente non parevo molto sexy ma il mio LOOK trasandato compiva già metà del lavoro.
Ross mi guardò negli occhi con uno dei suoi migliori sguardi e un brivido mi pervase.
"Stai bene?" domandò.
"Si" risposi, "me lo hai già chiesto  oggi" aggiunsi.
"So che mi hai mentito, Laura e te lo chiederò,finchè non mi dirai la verità."
Aveva ragione, non stavo bene. Non mi sembrava giusto però raccontare a lui, come stavo.
Eravamo amici okay, ma da troppo poco tempo.
"La felicità è obsoleta nella mia vita" 
Lui mi continuò a fissare negli occhi, io non reggevo il suo sguardo, lo abbassavo, quasi sempre.
"Mi dispiace" sussurrò.
Silenzio, il nostro silenzio. Io ascoltavo i suoi respiri e lui i miei.
"Volevi essere una principessa da bambina, giocavamo nel tuo giardino"
"Me lo ricordo" replicai guardandolo. Un lieve sorriso mi si formò a partire dagli angoli della bocca.
I suoi occhi si illuminarono,"Dovresti sorridere più spesso." 
"Fa bene alla salute?"
"Si" disse " e sono quasi sicuro che nessuna principessa abbia mai avuto un sorriso così"
Sorrisi ancora.
 
La strada di ritorno parve infinita. Avevo la sua giacca sulle spalle e il mio cuore perse un battito quando si avvicinò a me, percepii di nuovo quel tepore familiare.
"Ross..." Probabilmente mi sarei pentita di quello che stavo per dire ma il mio istinto era famoso per vincere ogni battaglia.
"Perché ti interesso ancora?" 
Mi fermai e lui si fermò. Si girò verso di me e una nuvola di condensa gli uscì dalla bocca quando espirò.
"Perché no?"
"Rispondi alla mia domanda, ti prego."
Divagò qualche attimo, poi parlò.
"Ti ho vista a scuola , qualche tempo fa. Mi sembravi triste, credevo volessi qualcuno con cui parlare"
Oltre a sapere che forse quella non era la verità percepii una rabbia salirmi dal profondo.
"Non ho bisogno della tua compassione" il mio tono era freddo e distaccato, non mi riconobbi.
"Laura non intendevo questo" 
"Oh e cosa intendevi allora?"
"Laura..."
Lo interruppi, decisa a finirla qui.
"No, forse è meglio così. Sembrava troppo bello per essere vero. Non mi hai minimamente vista per sei anni e adesso ti interesso perché sembro triste?!" 
Sbuffai e mi allontanai di circa un metro.
"Sono sempre stata troppo ingenua da bambina ma ora sono cresciuta, sai?"
Mi incamminai velocemente per la via.
"Laura aspetta"
Mi bloccò il passaggio.
"Siamo stati bene stasera, mi hai fatto sentire benissimo, non scherzo."
"Neanche io scherzo"
Le lacrime mi riempirono gli occhi. 
"Ross ho bisogno di persone vere, di persone di cui fidarmi, con le quali stare bene, persone con le quali passare la mia vita. Sono acida, stronza e estremamente irascibile ma ho bisogno di amici veri, ora più che mai e sai una cosa? No, non sto bene. Non sto bene per niente."
Scoppiai in un pianto lento e logorante.
"Laura, ti prego, abbracciami"
Non me lo feci ripetere due volte e in pochi istanti mi ritrovai tra le sue braccia, la mia testa sul suo petto e il mio cuore vicino al suo.
Quella notte dormì insieme a me, sul mio divano, non pensammo a cambiarci o a lavarci i denti. Dormimmo e basta. Per una volta la paura non prevalse e fu la cosa migliore che mi poteva accadere. Avevo trovato una persona, ed era quello che desideravo.
 
SPAZIO AUTRICE:
Salve a tutto il popolo di efp. So che è passata un'eternità ma sono riuscita ad aggiornare. Potete odiarmi quanto volete, avete ragione. Solo che è cominciata la scuola e non ho avuto tempo. Comunque eccomi qui, cosa ne pensate del capitolo? Mi dite qualcosina?
Vi voglio un bene dell'anima.
Ps per chi lo leggesse appena lo aggiorno, potrete trovare degli errorini ma sto aggiornando di fretta e più tardi lo controllerò bene. Un bacione❤️
 
 
 
 

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