D'amore e di morte.

di _Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 25: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***




Prologo
 
When I was twentytwo, the day that i met you
 
 
Magnus Bane andava avanti e indietro nella sala d’attesa dell'ospedale. Non riusciva a stare seduto.
Quel posto gli ricordava troppo quando...
«Ehm, scusi?»
Magnus scosse la testa per liberarsi dai quei pensieri. Davanti a lui, un ragazzo alto, con lunghi capelli biondi, gli occhi dorati colmi di preoccupazione, lo guardava accigliato, come in attesa.
«Sì?»
«Sei un volontario, giusto? Anche se piuttosto distratto.»
Non gli piaceva l'arroganza con cui parlava il biondino, ma si ricordò della sua vecchia promessa e ci passò sopra.
«Lo sono.» rispose, nel modo più paziente possibile.
«Perfetto. Mio fratello è nella stanza nº 12. Sono qui da ieri sera e ora nostra sorella doveva darmi il cambio, ma non può venire da sola perché...»
«Non mi interessano le tue questioni familiari, ragazzino. Arriva al punto.» lo interruppe Magnus liquidando le sue spiegazioni con un gesto della mano inanellata.
Il biondo sospirò.
«Okay: vado a prenderla e la porto qui, ma ci vorranno almeno trenta minuti. Intanto potresti andare da mio fratello? Si chiama Alec. Portagli un succo…al mango. Non sono sicuro che gli piaccia, ma se piace a me...»
«Sì, sì, va bene, ora vai.» concluse Magnus, pur di non starlo più a sentire.
Sperò che questo Alec non avesse la sua parlantina.
«Grazie mille amico.» Nel giro di un secondo, il biondo era andato, e Magnus si dirigeva velocemente verso la camera nº 12, con un bicchiere di succo freddo, che secondo lui, avrebbe avuto un sapore tremendo. Aprì la porta sul lato destro del corridoio e vide, steso nel letto di fronte a lui, un ragazzo coi capelli corvini e gli occhi azzurri. La sua combinazione preferita.
 
 §
 
 
Alec era steso sul letto dell'ospedale, bianco come ogni cosa in quella stanza, compreso il suo volto. Non gli piaceva stare da solo in quel posto.
Si sarebbe voluto alzare, andare a casa, ma sapeva che se l'avesse fatto, sarebbe rientrato in coma. Ne era uscito da qualche settimana, fortunatamente i suoi ricordi erano intatti, al contrario dei suoi polmoni. Aveva una malattia rara, la cui cura non era ancora stata trovata. Secondo i medici gli restava una decina di anni di vita, se era fortunato.
Sentirselo dire a diciotto anni non era per niente piacevole. Sospirando, aprì gli occhi, accorgendosi improvvisamente di non avere sonno, ma sete. Jace era uscito da un po' e lui non voleva chiamare nessuna infermiera, lo mettevano a disagio. Improvvisamente la porta si aprì, e una figura alta e slanciata gli si parò davanti. Era un ragazzo di qualche anno in più a lui. Indossava dei pantaloni aderenti arancioni, una maglietta a mezze maniche verdi con dei brillantini sulle cuciture e converse nere borchiate; aveva i capelli neri raccolti in una cresta, il contorno degli occhi ripassato di eye-liner nero. I suoi occhi.
Alec ci si soffermò, avevano uno strano colore, tra il verde e il dorato. Era un colore raro e meraviglioso.
Deglutì, quel ragazzo era davvero bello. Non l'aveva mai pensato di un ragazzo che non fosse Jace. Non prendetelo per incesto. Il biondo si definiva suo fratello, ma viveva semplicemente con loro ed era il suo migliore amico, una sorta di fratello adottivo.
Non che questo rendesse l'infatuazione di Alec per lui normale.
Il ragazzo sulla soglia entrò e si chiuse la porta alle spalle.
«Ciao. Mi chiamo Magnus Bane e sono un volontario. Mi ha mandato un ragazzo biondo...»
«Jace?»
«Penso di sì. Non mi ha detto il suo nome. Piuttosto, qual è il tuo di nome?» chiese, scrutandolo con i suoi occhi così particolari. «Ah, no, giusto! Tuo fratello me lo ha detto, sei Alec, vero?»
«Alexander Lightwood, per la verità. Ma tutti mi chiamano Alec, quindi sì, sono io.»
«Tieni, ti ho portato questo.»
Gli allungò un lungo bicchiere di vetro, riempito di un liquido di un colore rosa corallo. Alec lo bevve, ma subito dopo sputò la bevanda nel suo stesso bicchiere.
«Che schifo è?»
«Succo al mango. Il tuo… ehm Jace ha detto che ti piaceva.»
«Punto uno: non è il mio Jace.» Alec arrossì al solo pensiero. «Punto due: non ho intenzione di bere questa roba. Puoi portarmi del caffé?»
Magnus roteò gli occhi. «Tu e Jace non vi assomigliate per niente, ma l'arroganza è di famiglia a quanto vedo. Non vedo l'ora di conoscere tua sorella.» disse sarcastico.
Alec divenne, se possibile, ancora più bianco. Un lampo di orrore attraversò i suoi occhi azzurri.
«Izzy? Izzy sta venendo qui?! Oh mio Dio.» mormorò mentre si prendeva la testa tra le mani.
 
 
§
 
 
 
«Che succede?» Magnus era sinceramente curioso.
«Avevo detto a mia sorella che ero riuscito ad alzarmi, non a camminare, ma almeno a sedermi su una sedia. Invece non sono capace di muovermi da questo dannato letto.» Alec prese il materasso a pugni. «Isabelle...» I suoi occhi erano lucidi.
Quel ragazzo si preoccupava più di deludere la sorella che delle sue condizioni. Magnus allungò una mano verso di lui.
«Ti va se ti aiuto?» gli chiese. Alec lo guardò quasi incredulo, come se nessuno si fosse offerto di fare qualcosa per lui prima d'ora.
«Sei gentile. Grazie.» Disse il moro.
«Figurati. Comunque non sei arrogante come Jace.»
Alec sorrise. «Nessun problema. Ma non dirlo a lui.»
Magnus sorrise di rimando. «Dai, prendi la mia mano.»
Sulle guance di Alec si sparse un colorito roseo. Gli strinse la mano, e Magnus sentì una scarica elettrica attraversargli le vene. Sembrò che Alec sentisse la stessa cosa. Magnus lo tirò su, e il ragazzo con un gemito si sedette sul letto. Sporse le gambe fuori dal letto, e il suo colorito diventò rosso.
Non indossava la maglia, e sul suo petto si vedevano numerose cicatrici e tutte le ossa, come se Magnus potesse contarle una per una. Era mortalmente magro.
«L-la mia maglia è sulla sedia.» farfugliò Alec indicando un indumento nero consunto, gettato sullo schienale di una vecchia sedia. Si chiese perché se la fosse tolta, senza sapere che Alec, in preda alla febbre, la notte precedente l'aveva gettata via. Gliela porse e lo aiutò a infilarla lentamente. Sotto indossava dei pantaloncini che arrivavano poco al di sopra del ginocchio.
Magnus non poteva non dire che quello stile trasandato non gli donasse. Lo sorresse mentre si sedeva sulla sedia a rotelle.
«Puoi portarmi nella sala d'attesa?» chiese il ragazzo.
Quella domanda risultò dolorosamente familiare alle sue orecchie. «Così prendiamo un caffè e facciamo una sorpresa a Jace e Izzy.» aggiunse.
«Sì, va bene.» Magnus spinse la sedia fuori dalla porta, trascinandosi dietro l'asta con la flebo di Alec. Prese la bevanda dalla macchinetta e gliela porse.
«Grazie.» Alec bevve, e gli rimasero due baffi marroni vicino alle labbra. Magnus rise di gusto, ancor di più nel vedere l'espressione interrogativa sul volto dell'altro ragazzo. «Sei sporco di caffè.» Spiegò, dopo di che prese un tovagliolo e pulì gli angolo della bocca di Alec, che avvampò e gli rivolse un sorriso sghembo. Alle sue spalle, una ragazza urlò di sorpresa e di gioia. Magnus girò la sedia in modo che anche Alec potesse vederla. Quella sì che sembrava sua sorella. Gli stessi capelli neri, solo molto più lunghi, lo stesso colorito pallido, ma gli occhi scuri. Al suo fianco c’era Jace, che invece era rimasto senza parole, con la bocca spalancata, dopo aver visto il ragazzo che aveva lasciato solo mezz’ora prima in un letto, ora seduto e sorridente. La ragazza, abbracciò Alec, che ricambiò la stretta. L'amore si percepiva anche dall'esterno.
Isabelle ringraziò Magnus e lo sostituì alla guida della sedia a rotelle di Alec, che prima di andarsene con la sorella e Jace, si girò verso di lui, con un sorriso sincero, capace di illuminare il suo volto e quasi quasi la stanza intera.
«Grazie.» gli mimò con le labbra. Poi gli indicò la sua tasca e andò via.
Magnus mise svelto la mano nella tasca dei pantaloni strettissimi, estraendone, non senza un po' di difficoltà, un biglietto.
Spero di rivederti. 
Ad essere sincero, anche Magnus sperava la stessa cosa.
 
Nota d'autrice:
Eccomi qua. Due fanfiction Malec contemporaneamente. Questa è AU, Magnus e Alec sono due persone normali. Vi avverto che questa non sarà una storia tutta rose e fiori, con un classico lieto fine. Starà a voi interpretarla. Spero che il prologo vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito: non vedo l'ora di sentire cosa ne pensate, lasciatemi un parere, un consiglio, una critica, quello che volete! come premio un mango! Haha^^ Bene, ora mi dileguo e torno a scrivere il sesto capitolo di “First Love”, che aggiornerò a breve.
Grazie a tutti quelli che hanno letto e che recensiranno <3!
Buona giornata :)
Lu_
 
Ps. A breve cambierò nome in _Fire_, ma sarò sempre io, quindi continuate a seguirmi! :3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


 
Capitolo 1:
 
When you took my hand through the night
 
 
Magnus bussò alla porta nº12, dove, da due settimane a quella parte, trascorreva la maggior parte del suo tempo.
Non ricevendo risposta, aprì la porta ed entrò. Vide Alec seduto alla scrivania, chino su un foglio, i capelli troppo lunghi che ricadevano sugli occhi azzurri, che disegnava strani marchi con un pennarello nero.
«Che fai Alec?» Il ragazzo sussultò e si affrettò a nascondere il suo lavoro con le mani.
«Niente.» disse, mentre si girava a guardare Magnus. Quest'ultimo poteva dire che ormai erano buoni amici, Alec gli aveva raccontato di lui, della sua malattia, della sua famiglia, persino del fatto che anche lui fosse gay, dopo che Magnus glielo aveva rivelato apertamente, definendosi però più un "bisessuale disinvolto": perciò gli dava un po' fastidio quando Alec gli nascondeva cose banali come quella. «Alexander. Fammi vedere.» Si chiamavano con i nomi completi sono in rare occasioni, era una cosa tutta loro. Il ragazzo sospirò.
«Va bene. Avvicinati.» Magnus gli si mise accanto, poggiando vicino ai fogli i loro caffè, per lui poco zuccherato, per Alec il contrario. Ormai conosceva a memoria tutti i suoi gusti.
«Clary, la fidanzata di Jace, disegna fumetti. Insieme al suo amico Simon ha creato questo "Popolo Invisibile", composto da vampiri, stregoni, lupi mannari e Shadowhunters, cacciatori di demoni, che vivono contemporaneamente a noi, ma non possiamo vederli. Questi Cacciatori, hanno dei marchi, o rune, che gli conferiscono dei "poteri" speciali. Clary mi ha chiesto semplicemente di provare a disegnare dei simboli che poi lei inserirà nel fumetto.» 
«Ti ha scelto perché sei...» 
«Per farmi fare qualcosa? Per non farmi sentire escluso solo perché devo stare qui in ospedale? Probabilmente.» 
«Intendevo dire perché disegni con linee pulite. Sono davvero belle.» Alec gli sorrise. Era così raro che lo facesse, che Magnus si sentiva artefice di un piccolo miracolo quando ci riusciva.
«Oh,grazie.»
«Figurati.» 
«Comunque ora sono stanco.» disse il ragazzo, girando la sedia a rotelle per avvicinarsi al letto. Magnus si mise un suo braccio intorno alle spalle e lo aiutò ad alzarsi per stendersi sul letto. Era un movimento ormai abituale e familiare.
Magnus stava così bene con Alec. A volte aveva addirittura pensato di essere innamorato di lui...ma non lo era. Certo, lo trovava davvero carino, dolce, simpatico, gentile, premuroso...okay, forse era innamorato di lui. Pensava anche che lui l'avesse capito, ma decise di aspettare e vedere se arrivava un segno anche da parte sua. Però, prima di sperare, doveva chiarire una questione a dir poco fondamentale.
Quando Alec si stese appoggiando la testa sulla pila di cuscini,Magnus iniziò a parlare. «Come sta tua sorella?» 
Alec sembrò spiazzato da quella domanda. «Bene...» 
«E Jace?» Gli zigomi del ragazzo si colorarono di un lieve rosa, che cercò di cancellare, ma a Magnus non sfuggì.
«Lui ti piace vero?»
Alec sgranò gli occhi.
Era così evidente? Era attratto da Jace, un po' come lo era da Magnus, ma il biondo gli piaceva da quando erano piccoli...scosse la testa. Come faceva a saperlo e soprattutto, perché chiederlo così esplicitamente?
«N-no! Jace é come un fratello per me, e...»
«Sono tuo amico e penso di conoscerti più di quanto Jace ti abbia conosciuto in tanti anni. Sa che sei gay? No. Sa quello che provi per lui? No. Sa che disegni? No. Sa che cosa provi quando sei qui? No. Io sì. Quindi ti prego, non mentirmi.»
Alec chiuse gli occhi e sospirò. «E va bene. Sì. Non sono proprio innamorato di Jace... Diciamo che mi piace e basta, ecco.» 
Magnus inclinò la testa di lato, come un gatto e sorrise malinconico. «Ma lui...»
«Lui é etero. E gli piace Clary. Lo so. Sto cercando di levarmelo dalla mente, ma...»
«Fai comunque i disegni per Clary anche se non la sopporti, per lui?»
Alec arrossì e abbassò ancora di più la testa,annuendo quasi impercettibilmente.
Magnus era quasi sconcerato. Quel biondino non se lo sarebbe comunque meritato, il suo Alec.
«É nel tuo DNA pensare sempre prima agli altri che a te?»
Alec rise. «Credo di sì.»
«É ora che qualcuno pensi a te allora. Mi offro volontario.» 
Alec stavolta arrossì, non al pensiero di Jace, bensì a quello di Magnus che si prendeva cura di lui senza volere niente in cambio. «Perché?» 
«Perché credi che lo faccia? Perché...»
Alec non seppe mai perché, dato che in quel momento Jace entrò nella stanza tutto sorridente affiancato da Clary, altrettanto contenta, al contrario di lui.
Intuì che Magnus poteva leggere le sue emozioni come un libro aperto, dato che lo fissava sconsolato. Gli prese la mano da sotto le coperte.
«Alec!» disse pimpante Jace. «Hai fatto quei disegni?» 
Il ragazzo annuì. «Sono sulla scrivania.»
«Perfetto. Io e Clary li portiamo a casa e lavoriamo lì se non ti dispiace. Ah, stanotte non potrò stare qui perché porto Clary fuori. Ti dispiace?»
Clary, Clary, Clary. Da quanto era arrivata Jace aveva occhi solo per lei. E ora lui doveva trascorrere una notte da solo in ospedale con alta probabilità di febbre e delirio. Ottimo.
«Va' pure. Divertitevi.» disse, ma la sua faccia doveva aver detto tutt'altro, dato che Magnus gli strinse ancora più forte la mano, anche perché tra l'altro in quel momento Jace aveva fatto la stessa cosa con Clary, ignorando la sua espressione.
É così che ci si sente ad essere innamorati? Chiusi in un mondo proprio, incapaci di vedere fuori? Con la mente occupata da una sola persona?
«Grazie fratello, a domani.» concluse Jace e uscì con Clary dietro, che salutava con la mano.
Quando furono fuori, Magnus sembrò voler bruciare il terreno su cui erano passati. Doveva pensare che Jace fosse uno stronzo, ma in quegli anni era stato buono con lui. Il suo comportamento non ere stato dei migliori, ma Alec non riusciva ad arrabbiarsi con lui.
«Vado a prendere una barella e dei cuscini.» fece Magnus, interrompendo il silenzio.
«Perché?»
«Perché stanotte devo dormire qui.» Alec lo fissò accigliato. «Pronto? Il biondino ti ha dato buca, quindi mi occuperò io di te. E» aggiunse, quando Alec aprì la bocca per protestare. «Non accetto un "no" come risposta, perchè è quello che io voglio fare.» Detto questo, uscì dalla stanza, lasciando un Alec tutto rosso, con il cuore che batteva a mille e le farfalle nello stomaco. Chiuse gli occhi, e nel buoio, comparirono gli occhi di Magnus, di quel colore che non era ancora riuscito a capire, che brillavano al buio. Jace, Clary, i disegni, persino l'ospedale sparirono dalla sua mente per un istante.
É così che ci si sente ad essere innamorati? Chiusi in un mondo proprio, incapaci di vedere fuori? Con la mente occupata da una sola persona? 
«É quello che prova Jace quando guarda Clary?» si chiese. «Perché in quel caso sono innamorato di Magnus.» 

 
§

Il ragazzo in questione rientrò in una barella con sopra due cuscini e una coperta qualche minuto dopo. Doveva conoscere l'ospedale come le sue tasche, anche se Alec non sapeva perché.
Forse era semplicemente volontario da molto tempo.
«Alec? Alec ci sei?» Magnus gli sventolava una mano davanti agli occhi.
«Uhm? Stavo pensando, scusami.» 
«Fa niente» il ragazzo accese la tv di fronte al letto.
«Adesso vediamo qualcosa mentre mangiamo e poi dormiamo.» 
«Sì, mamma.» disse Alec sorridendo e Magnus fece lo stesso.
«Bravo bambino.» disse scherzosamente, passando una mano tra i capelli di Alec, che arrossì.
Passarono la serate guardando Project Runway, con Magnus che commentava ogni singolo capo e Alec che non sapeva neanche un nome di quelli che l'altro aveva nominato. Per lui c'erano solo due categorie: pantaloni e magliette.
Alle 23:00 iniziò a venirgli sonno, e si mise comodo nel letto, mentre Magnus si stendeva sulla barella, dopo aver buttato i contenitori della pizza con cui avevano cenato.
«Buonanotte.» disse Alec, prima di sprofondare nel sonno, senza sapere che quella non sarebbe stata per niente una notte piacevole. 

 
§

Magnus fu svegliato dalle urla provenienti da letto accanto al suo.
Alec si dimenava tra le coperte, grondante di sudore e delirava, gridando parole incomprensibili nel sonno. Il ragazzo, allarmato, cercò di calmarsi per poter aiutare l'altro. Prima di tutto lo scoprì e gli applicò una pezza imbevuta nell'acqua fredda sulla fronte, poi gli diede delle medicine per calmare la febbre. Chiamò infine le infermiere, che gli confermarono che Alec si sarebbe rimesso presto.
Magnus tirò un sospiro di sollievo: in quei giorni Alec era stato bene e quella crisi l'aveva davvero spaventato. Tornò a letto per riaddormentarsi, ma notò che Alec era sveglio.
«Ehi.» 
«Ehi. Ora stai bene.»
«Solo grazie a te.»
«Ti avevo detto che mi sarei preso cura di te...» 
«Nessuno se non parenti l'aveva mai fatto. Ti sono così grato. Grazie...» Magnus capì che la febbre lo stava facendo parlare senza filtri.
«Sh. Dormi. Nessun problema.» 
«Non lasciarmi.»
Magnus sorrise. «Non lo farei mai.» gli prese la mano.
«Mag...ti...a...» e Alec ricadde in un sonno profondo. 

 
§

Dopo quella lunga notte, Magnus era uscito da qualche minuto e ora tornava indietro con due bicchieri di acqua fredda.
Anche l'ospedale era freddo e i ricordi che conteneva erano tanto dolorosi da gelare il cuore.
Mentre si apprestava ad entrare nella stanza di Alec, notò che la porta era socchiusa e dall'interno si sentivano delle voci. Si mise ad ascoltare.
«Alexander, abbiamo notizie.» disse una voce femminile.
«Voglio sapere..» questa volta a parlare era stato Alec.
«Allora, solo un'altra persona in questo ospedale aveva la tua stessa malattia. Adesso,però, questa donna...» 
«Dillo. Tanto lo so già.» 
«É morta.» ammise la dottoressa.
Magnus si figurò Alec che chiudeva gli occhi e stringeva tra i pugni le lenzuola.
«La buona notizia e' che» continuò lei. «Abbiamo trovato delle ricerche e delle telefonate ad altri medici che cercavano una cura. Tra qualche anno potremmo essere in grado di trovarla...» 
«No.» Alec la interruppe. «Non avrò più di qualche anno, e non voglio passarli illudendomi che mi salverò. Preferisco rassegnarmi al mio destino.» 
«Figliolo, sii ragionevole...» un'altra voce femminile.
«É la mia vita. Per quanto breve, voglio viverla come voglio.» Magnus non condivideva la scelta di Alec, ma ammirava la sua determinazione.
La donna, che si rivelò la mamma di Alec, cercò di fargli cambiare idea, ma lui fu irremovibile.
«E va bene.»  cedettero alla fine entrambe.
Magnus si nascose nel corridoio, mentre le donne aprivano la porta. La voce del ragazzo gli arrivò allora forte e chiara.
«Chi era la donna?» 
«Una certa Jennefer Bane.» rispose la dottoressa.
Magnus impietrì.
Sua madre.



Nota d'autrice:
Ehehe...si sta svelando il misterioso segreto del passato di Magnus. Curiosi? Le spiegazioni arriveranno a breve, nel prossimo capitolo.
Magnus e Alec stanno lentamente capendo di amarsi, ma quanto sono teneri? :') Jace che lo abbandona per Clary...scusate se vi é sembrato magari un po' OC o eccessivo, ma ci stava u.u Tanto c'è Mag che lo consola... Spero che il capitolo non vi abbia fatto totalmente schifo e che i personaggi in generale non risultimo troppo OOC, a causa del contesto molto diverso, ma che vi sia piaciuto!
Ah, ribadisco che questa non sarà la classica storia "felice" ecco. Per chi volesse, c'è un'altra mia storia, decisamente meno triste, "First Love", che potete leggere cliccando qui e magari farmi sapere che ne pensate^^
Ringrazio _Alien_, Ari YoungStairs, Im_a_vampire, Flame Drago del Fuoco e Life before his eyes per le recensioni al prologo che mi hanno fatto taaanto piacere :3 spero di trovarle ancora^^ <3
A presto,
Lu_
Ps. A breve cambierò nome in _Fire_, ma sarò sempre io, quindi continuate a seguirmi! :3

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2
 
It’s was getting late, and you asked me to stay
and hold you until we see light
 
 
Jennefer Bane.
Quella di sua madre era una storia che Magnus non aveva mai raccontato a nessuno, e che aveva tutta l’intenzione di non raccontare mai.
L’aveva riposta in un cassetto della sua mente chiuso a chiave.
Inizialmente pensò che Alec avrebbe preso l’uguaglianza dei cognomi per una coincidenza, poi si rese conto che Alec non era per niente stupido, anzi, era uno dei ragazzi più svegli che avesse mai conosciuto, e anche uno dei più schietti: quindi, appena sarebbe rientrato, avrebbe dovuto affrontare le sue domande, la verità, e il fantasma di sua madre, che lo ossessionava anche dalla tomba.
 
§

Quando la dottoressa –una donna sulla quarantina, con boccoli biondi fino alle spalle e occhi verdi- e la madre di Alec –con i suoi stessi capelli neri e gli occhi azzurri- uscirono dalla sua stanza, Magnus sgusciò dentro. Alec lo guardava con un sorrisetto.
«Hai origliato vero?»
L’altro chiuse gli occhi e annuì.
«Meglio. Mi risparmia di doverti comunicare quello che hai sentito. Morirò.»
«Alec, continueranno a cercare la cura anche se tu hai detto di no, e quando la troveranno ti obbligherò a prenderla.»
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e si abbandonò sui cuscini del letto.
«Ah, uscirò dall’ospedale tra due giorni.»
L’aveva detto in uno strano modo, pensò Magnus, ne’ felice, ne’ triste, come se parlasse di qualcuno che non fosse lui.
«Beh, è una bella notizia, no?»
«Sì. Ma non ti vedrò più.»
«Oh.»
Magnus non ci aveva pensato fino a quel momento. Non vedere più Alec sarebbe stato quasi straziante, dopo quelle settimane sempre insieme, e dopo la notte precedente. Magnus allora fece quello che gli veniva meglio: si buttò.
«Chi può dirlo? Potremmo uscire e andare da qualche parte insieme.»
Alec arrossì. Magnus non aveva specificato uscire come: da amici o…beh, nessuna delle due cose gli sarebbe dispiaciuta.
«Si potrebbe fare.» rispose sorridendo.
Anche sul volto dell’altro si aprì un sorriso a trentadue denti. 
«​Qualcosa di buono, finalmente», pensò Magnus, e per un momento si era dimenticato di…
«Tua madre. Era lei Jennefer, vero?»
Magnus prese una sedia e si sedette accanto ad Alec, pronto a rivelare a quel ragazzo, che anche se si conoscevano da poco, segreti che non aveva mai detto a nessuno. Ma di lui si poteva fidare. C’era qualcosa…qualcosa in lui che avrebbe potuto solo far migliorare la persona che era Magnus.
Come l’aveva già fatta migliorare dal giorno in cui si erano incontrati.

«Sì. E’ una storia lunga, ma sono pronto a raccontartela.»
Alec sentiva come tremava la voce di Magnus, una voce che per lui era sempre stata un esempio di sicurezza. Ora toccava a lui confortarlo.
Gli prese la mano e cominciò ad accarezzarne il dorso con il pollice mentre lui parlava.
 
§

«Mia madre non è mai stata in perfetta salute. La ricoverarono qui quando avevo quindici anni. A quel tempo ero immaturo, troppo immaturo per la mia età, e proprio per quello volevo sentirmi più grande. Al liceo mi hanno sempre preso in giro perché ero gay, e volevo difendermi. Ma questo non giustifica come io mi sia difeso. Uscivo con ragazzi più grandi, fino ai diciotto-vent’anni: loro non mi deridevano, almeno, scoprì dopo, non me lo dicevano in faccia. Erano ancora più codardi dei miei compagni di scuola. Loro parlavano male di me alle mie spalle. Mi definivano uno stupido ragazzino che gli andava dietrp e faceva tutto quello che loro volevano solo perché voleva portarseli a letto. Quando lo seppi, stetti malissimo. Iniziai a bere. Non proprio sempre, però ogni tanto mi ubriacavo per affondare il dolore nell’alcool. Non ho mai conosciuto mio padre, ne’ i miei parenti: avevo solo mia madre.  E non ho saputo prendermi cura di lei. Come potevo se non sapevo prendermi cura nemmeno di me stesso? Andavo in ospedale quando capitava.
Un giorno trovai la sua stanza piena di medici e dottoresse, che costituivano un muro intorno a mia madre. L’unica cosa che vidi fu che ai loro piedi c’erano cuscini sporchi di sangue. La sentii tossire, ed ecco un altro cuscino sporco aggiunto al mucchio. Per una volta in vita mia, decisi di essere coraggioso.
Mi avvicinai, facendomi strada tra i medici, e la vidi: bianca come un lenzuolo, la camicia da notte macchiata di rosso, come tutto il letto intorno a lei. Mi guardò, con i miei stessi occhi, però spenti, colmi di dolore, incorniciati da capelli castani che le cadevano disordinati sul volto. Le presi la mano e le sussurrai che mi dispiaceva, ma che ora ero lì, e non l’avrei lasciata. Ricordo anche che rise, quando mi scusai per la pessima puntualità con cui capivo le cose. Mi accarezzò i capelli, e non mi importò se si erano sporcati. Stetti lì tutto il giorno, finché la crisi non si calmò. A quel punto i dottori le dissero di restare a letto, ma lei mi chiese di portarla con la sedia a rotelle nella stanza d’attesa. E’ per questo che la odio. Fu l’ultimo posto che vide, oltre la camera, ovvio.
Piansi. Mi asciugò le lacrime e mi disse di non farlo, perché lei mi amava comunque, e l’importante non era quando avevo capito, ma che l’avevo fatto.
Le dissi che avrei dimenticato il passato. Lei invece mi disse di ricordarlo sempre, in modo che non si ripetesse. Glielo promisi e ho sempre mantenuto la promessa. La riportai in camera e stetti con lei per i successivi due giorni. Dormivo a terra, sulla sedia, dove capitava, volevo solo starle accanto e farmi perdonare da lei, Ma mia madre mi aveva già perdonato. Ero io che non mi ero perdonato.
«Sono un mostro, pensavo di continuo, «avrei potuto stare più tempo accanto a lei. Solo quando lei mi disse che si può sempre cambiare, migliorare, feci di tutto per dimostrarmi che aveva ragione, e mi perdonai.
Quando morì, ero accanto a lei. Le tenevo tanto stretta la mano che dovette dirmi di allentare la presa. Mi disse che sarei stato un uomo meraviglioso, ma io le ricordai che ero stato bravo solo in quei giorni accanto a lei, e le chiesi chi mi avrebbe indicato la retta via quando se ne fosse andata. Lei mi rispose semplicemente che amare ed essere amato mi avrebbe cambiato. Proprio come il suo amore aveva cambiato me.
Aggiunse che, nonostante avesse visto il peggio di me in quegli anni, sarebbe stata davvero felice di poter vedere il meglio di me da lassù. Piansi, dicendo che avrei fatto qualunque cosa per renderla fiera di me. Il giorno della sua morte, metto in tutte le stanze i suoi fiori preferiti, come faceva lei quando era volontaria. Ho sempre trovato crudele il fatto che abbia aiutato tanta gente in quest’ospedale e sia morta proprio qui. Non lo meritava.

Lei mi fece promettere di prendermi cura di me stesso e degli altri. E per questo che faccio il volontario qui, per onorare la promessa e la sua memoria.
»
 
§

Quando Magnus finì il racconto, entrambi avevano le lacrime agli occhi, e si stringevano la mano così forte da avere le nocche bianche. Ma Alec non arrossì. Gli alzò il mento con due dita e lo fissò negli occhi.
«Hai onorato la tua promessa. Se ti vedesse, sarebbe fiera di te.»
Magnus gli sorrise e Alec fu quasi tentato di baciarlo, ma lui parlò.
«Non sono sempre stato così bravo. Prima lo facevo con riluttanza, poi qualcosa è cambiato.»
«Cosa?»
«Ho iniziato a farlo volentieri.»
«Perché?»
«Perché ho incontrato te.»
Stavolta Alec arrossì.
«Quindi non venivi qui solo per la promessa fatta a tua madre?»
«All’inizio sì. Quando ho parlato con Jace, ho dovuto farmi forza e ricordami della promessa per non mandarlo a quel paese.»
La risata del ragazzo lo interruppe.
«Però» riprese «Quando ti ho conosciuto sono venuto qui per un altro motivo.»
«Cioè?»
«Mi sono innamorato di te.»
Alec lo guardò negli occhi, con la gola secca.
«Non dici sul serio. Non puoi dire sul serio.»
La delusione assalì Magnus. Alec non provava la stessa cosa.
«E perché?»
«Perché morirò!»
«E cosa mi importa? Io ti amo. Preferisco passare con te il tempo che hai, piuttosto che tutta la vita con qualcun altro. Tutti hanno il tempo che gli viene concesso, e io mi ritengo già fortunato per quello che ho avuto. Ma se non provi la stessa cosa…»
Magnus fu interrotto. Alec lo aveva afferrato per la maglietta rossa con lo scollo a V e lo aveva attirato a se’, premendo forte le labbra sulle sue.
Quando si staccarono, Alec disse semplicemente: 
«Provo esattamente quello che provi tu.»
 
§

Passarono il resto della giornata a chiacchierare, guardare la tv, e Magnus che fissava Alec mentre disegnava.
Lui si lamentò e chiese a Magnus di smetterla, ma lui gli rispose semplicemente, scrollando le spalle, 
«Sei bellissimo. Mica è colpa mia?»
«Smettila di dirlo.»
«Ma è vero.»
«No. Smettila.»
«Sei bellissimo.» Iniziò a cantilenare Magnus, che si divertiva nello stuzzicare Alec e vederlo arrossire. «Sei belliiissimooo»
Alec gli lanciò un cuscino.
«Sei bellissimo anche quando ti arrabbi.» Disse Magnus per l’ultima volta, dandogli un bacio sulla guancia, ma Alec gli prese il volto tra le mani e lo baciò sulle labbra.
Magnus uscì a prendere i caffè, e Alec, che stava decisamente meglio, si rimise a letto da solo.

 
§

Una volta tornato, Magnus poggiò le bevande sul comodino, che sorseggiarono guardando la tv e chiacchierando con Isabelle, che arrivò poco dopo.
«Fratellone! Stai meglio!» Esclamò, abbracciando Alec, che era in piedi.
«Sì.» Rispose con un sorriso.
«Jace non è potuto venire perché…» la sorella cercò di temporeggiare, ma Alec capì.
«Clary. Nessun problema.» Si stupì lui stesso del tono di voce con cui aveva detto quella frase, senza gelosia, antipatia, o irritazione.
Prima di andarsene, Isabelle fece un’ultima osservazione.

«Alec, Magnus, la tensione sessuale tra voi due è a dir poco allarmante.»
Alec diventò rosso come un pomodoro, Magnus rise.
«Tua sorella mi piace.» Disse, rivolto ad Alec. «Lo sappiamo Isabelle, ma vogliamo aspettare.» Rispose poi calmo alla ragazza.
«Quindi state insieme?»
Alec annuì, sempre del solito colore.
«Che bello! E’ fantastico! Siete carinissimiii.»
Mandò un bacio a entrambi e uscì.
Si fece mezzanotte, ma Alec non aveva sonno.

«Non mi va di dormire. Facciamo qualcos'altro.» Disse a Magnus.
L’altro ammiccò e gli rivolse un sorriso malizioso.

«MAGNUS! Non era quello che intendevo… vorresti restare sveglio a guardare l’alba con me?»
«Certo.»
Si mise nel letto accanto a lui, e rimasero così, abbracciati, fino al sorgere del sole.
«L’alba ha un colore che non sono mai riuscito a capire.» Commentò Magnus.
«Come i tuoi occhi.» Disse Alec. «Non riesco a capire di che colore sono.»
«Avvicinati.»
E Alec cadde nel tranello. Altro che vedere il colore dei suoi occhi, Alec vide il paradiso.
Ora c’erano solo loro due, con il sole che illuminava la stanza, che non sembrava più così triste da quando c’era Magnus a stringerlo tra le braccia.
 

Nota d’autrice:
Sto aggiornando a tempo di record perché (1) non ho niente da fare (2) questa storia mi sta prendendo troppo*-* spero che la storia di Magnus abbia soddisfatto le vostre aspettative, così come l’inizio della loro storia: insomma, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Ps. Vi ricordo anche l’altra storia “First Love” <3
Ringrazio tutti quelli che leggono e seguono la mia storia <3
Ringrazio Marty060201, Ari YoungStairs, Life before his eyes, Flame Drago del Fuoco, Im_a_vampire_, per le recensioni allo scorso capitolo che mi fanno sempre piacere <3
A prestissimo,
Lu_
Pps. A breve cambierò nome in _Fire_, ma sarò sempre io, quindi continuate a seguirmi! :3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3

Shut the door and turn the lights off
and put up your dukes tonight
 
 
«Ci vediamo dopo!»
Così Alec salutò quello che era il suo ragazzo da quattro settimane.
Okay, era poco, ma per lui era come se nel cielo tempestoso della sua vita fosse arrivato uno sprazzo di sole che si stava allargando sempre di più fino a ricoprire tutte le tenebre.
In quel tempo c’erano stati molti cambiamenti: prima di tutto, Alec era tornato a casa, ed era stato accolto da una festicciola preparata da sua sorella –Isabelle amava questo genere di cose- a cui però non c’era stato Magnus. Era complicato tenere nascosta la loro relazione, perché Alec, da quando era tornato, essendo il “malato” della situazione, non poteva uscire continuamente senza una buona scusa. Fortunatamente c’era Isabelle: anche lei usciva con un ragazzo, che però non voleva presentare ai genitori perché credevano che lei fosse troppo giovane per (1) relazioni serie (2) molto probabilmente anche per il suo ragazzo, più grande di lei di 5 anni. Quindi insieme si inventavano scuse assurde per poter uscire “insieme” e poi si separavano. Jace ovviamente non sospettava niente e nessuno dei due aveva intenzione di dirgli qualcosa.
Quel giorno, Alec doveva andare a comprare un regalo a Magnus per il loro mesiversario –che cosa sciocca, eh?- ma secondo Isabelle era davvero importante e neanche il fidanzato se lo sarebbe scordato, così Alec si fece accompagnare proprio da lei alla ricerca del regalo perfetto. New York era piena di negozi di moda, e Alec credeva di aver capito il gusto di Magnus: eccentrico e luccicante. Con la sorella arrivò alla conclusione che un paio di converse con glitter sulla punta sarebbero andate più che bene. Tornarono a casa, e mentre parlavano a bassa voce di regali, del fidanzato di Isabelle, dei loro genitori, non si accorsero che Jace li aveva raggiunti alle spalle e aveva afferrato la busta con le scarpe per Magnus.
«Alec, senza offesa, ma non credo siano il tuo stile.» disse sorridendo. Poi aggiunse.«Cosa mi nascondete voi due?»
«Niente. Sono per me.» rispose veloce Isabelle riprendendosi la busta.
«Perché fate tanto i segreti voi due? Cos’è, abbiamo di nuovo tredici anni?» Chiese Jace infastidito, mettendo su un finto broncio.
Alec avrebbe voluto rispondergli per le rime, dicendo che non erano loro che gli nascondevano le cose, ma lui che era troppo cieco per accorgersene, ma ripose semplicemente:
«No. Ne abbiamo 18,17 e 17. Quindi non stiamo qui a litigare. Io devo andare.»
«Ma sei appena tornato! Speravo che potevamo andare ad allenarci un po’! Magari potremmo provare il karate…»
«Perché non lo provi con Clary?»
Alec si maledisse mentalmente per la sua schiettezza, non appena vide Isabelle con una mano sulla bocca aperta e Jace con un’espressione confusa e forse un po’ ferita.
«Cosa vorrebbe dire?»
«Vorrebbe dire che passi tutto il tempo con lei.»
«E’ la mia ragazza!» Protestò Jace.
«Lo so. Ma non puoi pretendere che io ci sia sempre per te, e quando io ho davvero bisogno di te tu non ci sia. E io ho capito quando mi hai dato buca e mi hai lasciato solo in un ospedale mentre stavo male, ora tu puoi capire se io preferisco uscire con il mio ragazzo piuttosto che allenarmi con te, cosa che potresti fare anche da solo?»
Jace era senza parole. Alec sapeva che forse l’aveva mortificato dicendogli quelle cose, ma non poteva tenersi tutto dentro per sempre. Era ora di chiarimenti.
«Alec…mi dispiace…io…non l’ho mai vista in questo modo.»
«Tu non la vedi mai in nessun modo!» Sbottò Alec, incapace di trattenersi.
«Scusami. Mi dispiace davvero. Tu sei mio fratello, mi sarei dovuto accorgere di quello che provavi e prendermi cura di te, come tu hai sempre fatto con me. Non succederà più, lo prometto. Potrai perdonarmi?»
Alec sorrise. Era davvero raro che Jace ammettesse di aver sbagliato e ancor più raro che chiedesse scusa.
«Io ti ho già perdonato.»
Il volto di Jace si illuminò. «Grazie. Tivogliobene» farfugliò velocemente, ma non abbastanza perché Alec non lo sentisse.
«Anch’io. Ma ora devo andare.»
«Alec! Mi farai mai conoscere il tuo ragazzo?» gli gridò dietro Jace, mentre lui usciva dalla porta.
Alec rise al solo pensiero. Non si piacevano tanto quei due.
«Certamente…vi piacerete tantissimo. A più tardi!»
 
 §

Magnus andava avanti e indietro nel suo loft.
Aspettava Alec da dieci minuti e lui non era ancora arrivato. Sbuffando, si sedette sul divano blu. Aveva sulle gambe il pacchetto contenente il regalo di Alec, che arrivò proprio in quell’istante, con una maglietta a mezze maniche nera e dei jeans.
«Eccomi.»
«Meglio tardi che mai, fiorellino.»
Alec arrossì. «Non chiamarmi così.»
«A me piace. E mi piaci anche tu.» Gli sussurrò all’orecchio, mordicchiandogli un lobo. Alec si fece bordeaux e lo baciò sulla bocca.
«Ti ho portato una cosa.»
«Un regalo!»
«Aprilo.» Gli disse, porgendogli una busta, contenente una scatola.
Magnus la aprì e sul suo volto si aprì un enorme sorriso.
«Oh mio Dio. Sono le nuove converse?»
Alec annuì.
«Modello esclusivo?»
Alec annuì di nuovo.
«Sei il miglior fidanzato del mondo.»
«Lo so.»
Magnus gli lasciò un bacio all’angolo della bocca.
«Ora apri il mio.»
Alec con lui ci aveva preso in pieno, mentre Magnus era davvero nervoso. Avevano due gusti completamente opposti, ma sperava che il regalo gli piacesse. All’inizio pensava di comprargli dei pennarelli professionali per disegnare, ma, dato che l’unica cosa che disegnava erano quei simboli, non voleva fare un favore alla rossa e a quel Jaqualcosa. Così aveva ripiegato per un…
«Maglione?»
«Sorpresa!» Tentò Magnus. «Okay, non è proprio il mio stile, però speravo che a te piacesse…»
Alec l’aveva già indossato. Faceva risaltare la scurezza dei capelli e in più era dello stesso colore dei suoi splendidi occhi.
 «Grazie.»
«Mi piaci vestito così.»
Magnus lo baciò, ancora e ancora, attirandolo a se’ tirandolo per il collo della maglietta. Alec si “sedette” sul divano, con Magnus a cavalcioni su di lui, che gli baciava prima la bocca, poi il mento e la mascella, fino ad arrivare al collo.
«Non avrei dovuto regalarti un maglione sapendo che poi avrei voluto togliertelo.»
Alec rise e se lo sfilò da solo, togliendo anche la maglietta viola a Magnus. Quest’ultimo fece stendere Alec sul divano a gli tolse la maglietta. Il ragazzo si irrigidì sotto di lui e si guardò, il petto chiaro e magro.
«Scusami se sono così…»
«Bello. Sei bello, Alexander Lightwood.»
«Magnus...»
«Ti amo.»
«Anche io, lo sai.»
«Lo so, ma mi piace sentirtelo dire.»
«Allora te lo ridico. Ti amo, ti amo, ti amo.» Disse Magnus, baciandolo ancora.
 
 §

Alec e Magnus erano stesi sul divano più vicini che mai.
Alec credeva che niente potesse rovinare una serata, un momento così magico e meraviglioso.
Ma si sbagliava.
Gli squillò il cellulare, e dovette smettere di accarezzare i capelli di Magnus mentre dormiva sul suo petto.
Era Isabelle.
«Pronto?»
«Interrompo qualcosa?»
«Niente.» Mentì Alec, arrossendo.
«Come no. Comunque, mamma e papà ci hanno scoperto.»
«Cioè?» Alec aveva paura di sentire la risposta.
«Hanno ricevuto la bolletta del mio cellulare, con le chiamate indirizzate per la maggior parte a un solo numero.»
«Simon.»
«Esatto. Hanno scoperto lui e me, Jace e Clary, che si sbaciucchiavano in salone…non molto furbi, lo so» disse, anticipando il commento del fratello. «Hanno chiesto dov’eri. Abbiamo detto che non lo sapevamo, e loro sono saliti in camera tua…e hanno trovato…»
«No. Ti prego. Non dirlo.»
«Il biglietto d’amore che ti ha scritto Magnus. Sul comodino, davvero? Bel nascondiglio, fratello! Ero in te lo incorniciavo!»
«Non fa ridere Izzy.»
«Sì, vabbè, comunque vogliono conoscere i nostri fidanzati. Tutti. Domani sera a cena… e faresti meglio ad avvertire Magnus ora e tornare qui, perché mamma e papà vogliono delle spiegazioni, e io non ho intenzione di parlare da sola.»
«C'è Jace.» commentò Alec.
«Sì, ma a lui non diranno niente. A me diranno che sono troppo piccola e...»
«E a me che dovrei uscire con una ragazza.»
«Starai dalla mia parte,vero?»
«Certo.»
«E io starò dalla tua.»
«Grazie. Ora arrivo.»
Riattaccò, e in quel momento Magnus si svegliò.
«Chi era?»
«Mia sorella.»
«Che voleva?»
«Domani cena con i miei.» rispose semplicemente Alec.
«Oh no.»
«Oh sì. Tutto grazie al tuo biglietto.»
«Ehi, io sono solo un romantico. E dovrei aver fatto colpo, per la mia grammatica perfetta.»
«Sai, nelle frasi “Non vedo l’ora di stringerti tra le braccia, fiorellino.”, non credo che i miei abbiamo notato la sintassi.»
Magnus affondò la testa in un cuscino per nascondere la risata.
«Non c'è niente da ridere. Preparati per domani sera, i miei non sono persone facili. Ora devo tornare a casa. Mi aspetta una luuunga chiacchierata.»
«Buona fortuna.»
Di fortuna gliene sarebbe servita davvero: l’incubo era appena cominciato.
 

Nota d’autrice:
*si copre la faccia con le mani* Sono una persona orribile, lo so, a rifilarvi questo capitolo così breve, ma era di passaggio per il prossimo, dove invece compariranno tantissimi personaggi: Maryse, Robert, Jace, Clary, Isabelle, Simon e ovviamente Alec e Magnus.Chiedo perdono come Jace :’3  Spero che nonostante la lunghezza, con la riappacificazione Jace-Alec, la complicità Alec-Izzy e la serata Malec, il capitolo vi sia piaciuto :)
Ringrazio i coraggiosi che leggono la storia <3
Ringrazio _Alien_, Ari YoungStairs, Flame Drago del Fuoco, Life before his eyes, Im_a_vampire_, Marti060201, per le recensioni allo scorso capitolo*-* vi adoro<3
A presto,
Lu_
Ps. A breve cambierò nome in _Fire_, ma sarò sempre io, quindi continuate a seguirmi! :3

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


<
Capitolo 4

Cause this love is getting dangerous,but i need some more tonight

Alec, Isabelle e Jace, avevano deciso che sarebbe stato meglio se i propri fidanzati avessero conosciuto prima i loro fratelli e i fidanzati degli altri, e poi i genitori.
Erano riuniti a Central Park, all'ombra di un grande albero di pesche in fiore. Clary ritraeva la possente pianta in un disegno con i pastelli, Jace la osservava da sopra una spalla; Simon era appoggiato al tronco, con la testa di Isabelle sulle gambe, giocherellando con i suoi lunghi capelli neri. Alec camminava nella loro direzione, seguito da Magnus, sgargiante come sempre, indossava maglietta giallo canarino, pantaloni rossi e le sue nuove converse, ma molto più divertito del solito. Alec sapeva che si nascondeva dietro di lui non perché avesse paura, ma perché non vedeva l'ora di ammirare la faccia di Jace quando avrebbe scoperto chi era il fidanzato del suo migliore amico.
Una volta arrivati accanto ai ragazzi, Alec stava per prendere parola presentando Magnus a tutti, ma il suo ragazzo fu più veloce.
«Ciao a tutti, sono Magnus, il fidanzato di Alec.»
Jace, solo a guardarlo, aveva spalancato gli occhi e la bocca.
«Biondino, so che sono affascinante, ma chiudi la bocca. Sei il fratello di Alec, no? Anche se piuttosto distratto.» disse, imitando con sarcasmo le parole dette dallo stesso Jace al loro primo incontro. «Ti ho portato del succo al mango» riprese «non se ti piace, ma se piace a me...»
Jace si alzò. «Mi piace, grazie» disse con aria di sfida.
«Bene, allora bevilo.» rispose Magnus, porgendogli un bicchiere. Jace lo bevve tutto d'un fiato, e per poco non vomitò. Mandò giù a forza il succo, trattenendo i conati.
Magnus rise e gli diede un paio di pacche sulle spalle. «Ora siamo pari, amico.» disse, prima di allontanarsi da lui per salutare e presentarsi a tutti gli altri.
Alle spalle di Jace, Izzy gli diede il cinque. Alec rise di gusto.
Jace lo guardò di traverso.
«Vuoi che ti accompagni in un bagno?» chiese Alec.
«Il tuo ragazzo non mi piace.» rispose acido l’altro.
«Ti piacerà.»
«Uhm. Ne dubito.» Un altro conato. «Intanto però, dico sì al bagno.»
Scuotendo la testa, Alec trascinò via Jace, prima che vomitasse sull'albero, temendo che Clary avrebbe disegnato anche quello.
 
 §
 
Quella sera, Magnus era davanti a casa Lightwood.
La loro era una villetta modesta, con una grande facciata, però piuttosto triste: tutta sui toni del grigio e del nero.
Salì gli scalini per arrivare alla porta, con un mazzo di gigli in mano; accanto a lui, Simon -un ragazzo con i capelli ricci e scuri, occhi castani e gli occhiali- e Clary -bassina, rossa, occhi verdi-, erano, come lui, agitati. Il ragazzo si fece coraggio e premette il pulsante per suonare il campanello. Ad aprirgli, fu una donna, che Magnus riconobbe all'istante: la mamma di Alec. Era come se la ricordava, solo che, rispetto a quando l'aveva vista all'ospedale, aveva l'aria più serena, gli occhi azzurri più luminosi e i capelli erano raccolti in un'elegante chignon.
«Buonasera.» disse.
«Buonasera signora Lightwood.» riposero all'unisono i tre fidanzati, mentre Magnus le porgeva i fiori.
«Oh grazie mille Magnus. Vado a metterli subito in un vaso. Robert, mio marito, e i miei figli sono nel giardino sul retro. Accomodatevi pure.» disse, scostandosi dalla soglia per far passare Magnus, Clary e Simon, che schizzarono dall'altra parte della casa per avere un po' di sostegno dai propri fidanzati. Clary si mise a braccetto con Jace, Simon al fianco di Isabelle, e Magnus prese la mano di Alec, che gli sorrise in segno di incoraggiamento. Quando Maryse tornò, finalmente Robert alzò lo sguardo sui presenti, senza però dire una parola.
Magnus non era mai stato così spaventato.
Robert aveva le spalle larghe, era alto, con i capelli scuri e aveva gli occhi simili a quelli di Alec, solo molto più scuri, tanto da sembrare quasi neri. «Offuscati dal disprezzo» pensò Magnus, quando lo sguardo dell'uomo si posò su di lui.
Non gli piacque.
«Comunque buonasera signor Lightwood.» disse.
Alec lo guardò sgranando gli occhi, nello stesso momento in cui suo padre girava la testa verso di lui.
«Prego?»
«Ho detto: buonasera, signor Lightwood.» Robert si limitò ad annuire, per sedersi poi a capotavola.
Maryse interruppe quell'imbarazzante silenzio: «Sedetevi pure dove preferite. La cena sarà servita a momenti.»
Da un lato c'erano Alec, Magnus, Simon e Isabelle, dall'altro Jace, Clary e Maryse. Robert aveva preferito sedersi a capotavola, per poter scrutare tutti con quei suoi occhi, che in comune con quelli di Alec non avevano proprio niente.
«Credo sia ora delle presentazioni.» disse Robert, mentre i ragazzi si servivano, riempiendo i piatti di pollo e salsa.
«Clary Fray.»
«Simon Lewis.»
«Magnus Bane.» Il primo passo era fatto. L'uomo stette in silenzio per un po', poi parlò.
«Isabelle, Alec, avete dei gusti davvero discutibili in fatto di ragazzi.» Alec quasi si strozzò con il pollo, e Isabelle strinse così forte il bicchiere che aveva tra le mani, che Magnus pensò l'avrebbe rotto. Prima che i figli potessero rispondere, Robert attaccò di nuovo. «Jace, pensavo che potessi almeno scegliere una ragazza alta quanto te, ma almeno non è più grande o non è un altro ragazzo.» Clary sbiancò, ma non parlò, e neanche Jace, perché era chiaro che la loro presenza era stata richiesta solo per poter criticare più facilmente le arte due coppie.
«Isabelle, non è troppo grande per te? Non pensi che ti ritenga solo una bambina? Sei troppo immatura...»
«Non è vero signore.» lo interruppe Simon, sistemandosi gli occhiali sul naso. «Io amo Isabelle. Ed è molto più forte e matura di tante altre ragazze più grandi di lei.»
«Quindi le hai conosciute?» Simon boccheggiò arrabbiato, ma Robert aveva già cambiato bersaglio.
«Alexander...che dire di te? E’ vergognoso in se’ avere un figlio gay, figuriamoci poi se te ne vai in giro con questo...punk luccicante...» Magnus ribolliva di rabbia. Mandò a quel paese l’educazione.
«Io non sono un punk. E suo figlio non è una vergogna. Alec è il ragazzo migliore che abbia mai conosciuto. E in più, mi pare ovvio che se ne vada in giro con me, dato che ero uno dei pochi che gli è stato vicino quando era in ospedale. Da quando è uscito dal coma, signor Ligtwood, non l'ho vista nemmeno passare una volta per chiedere come stava suo figlio! Quindi, se qui c'è qualcuno che è una vergogna, quello è lei.»
A Magnus avevano sempre invidiato il tono calmo e fermo con cui rivolgeva i suoi "insulti", senza tremare. Alec lo guardava con occhi luccicanti di riconoscenza.
«Come osi?! Non mi serve ricevere prediche da un ragazzino capriccioso...»
«Un ragazzino capriccioso che mi ha salvato la vita!» intervenne Alec. «Non ci sei mai stato per me, non ho mai potuto contare su di te!»
«Alexander...» disse Robert in tono d'avvertimento. «Dici un’altra parola e...»
«E mi caccerai di casa? Che farai a tuo figlio?»
«Tu non sei mio figlio. Non più.»
Quelle parole ferirono Alec come una freccia nel petto.
Si alzò dalla sedia barcollando, con la mano in quella di Magnus. «Vorrà dire che non avrò più un padre.»
Detto questo, uscì dalla casa, trascinandosi dietro un Magnus sconvolto.
 
§ 
 
«Papà! Sei impazzito?!» tuonò Isabelle. Alec era uscito da circa cinque minuti, durante i quali Jace e Clary avevano bisbigliato sottovoce, Maryse aveva fissato il vuoto, pallida il volto, e Robert aveva giocherellato con la forchetta e il pollo nel piatto.
 Isabelle era convinta che avrebbe visto Alec tornare, ma non era stato così. Se n'era andato davvero.
«PAPÀ!» gridò più forte. «Alec ha ragione! Sei un padre terribile! Come hai potuto farlo andare via...lui è la nostra famiglia...è un Lightwood...»
«Disonorava il nome dei Lightwood.» ripose seccamente il padre. «Beh, allora abbiamo idee noto diverse su cosa disonora il nome dei Lightwood.» disse la ragazza, furiosa. «Continuerò a uscire con Simon.» sentenziò.
«Tu non uscirai proprio con nessuno!» le gridò il padre.
«NON PUOI IMPEDIRMELO! Io amo Simon, e lui mi ama! Sono felice con lui! Sei sono invidioso di me e Alec perché tu non sei felice! É per questo che hai tradito la mamma!»
Robert volse la sua attenzione, per la prima volta nella serata, a sua moglie. «Come hai potuto dirglielo?»
Maryse scosse la testa, ancora pallida. Non riusciva a parlare. Isabelle era felice: stava facendo crollare il muro di sicurezze che il padre aveva costruito intorno a se'.
«Se non mi farai uscire con Simon, me ne andrò come Alec! E allora sì che parleranno tutti dei Lightwood...come la famiglia sfasciata, come quella di cui i figli hanno abbandonato il padre, uno dopo l'altro. É questo che vuoi?»
A Robert tremavano le mani. Isabelle era sicura di essere vicina alla vittoria, ma restava ancora Jace. Lui non aveva alcun motivo di andarsene. Sperò che il padre non se ne ricordasse...
«Resterebbe Jace. Il migliore dei miei figli.» Isabelle si sentì profondamente ferita.
«No.» il ragazzo prese parola. «Alec e Isabelle sono la mia famiglia. Dove vanno loro, vado anch'io. La mia casa non è questa villa, sono le persone che amo.»
Isabelle lo guardò commossa, Robert sembrava scioccato.
«Non ve ne andrete. Alec è maggiorenne, può fare ciò che vuole. Ma vi prego, restate. Per un altro anno almeno.» la voce di Maryse era supplichevole.
Isabelle era combattuta: voleva bene a sua madre, ma non voleva darla vinta al padre. Arrivò a un compromesso. «Solo per un anno. A condizione che papà mi lasci uscire con Simon.»
Robert cercò di protestare, ma Maryse fu più veloce. «D'accordo.» «Bene. Ora io e Simon andiamo a mangiare fuori. Tornerò tardi. Non disturbatevi ad aspettarmi.»
E uscì, seguendo i passi del fratello, con Simon, Jace e Clary, lasciando Robert da solo in giardino, mentre Maryse ritornava in camera sua scuotendo la testa.
 
 §
 
«Alec...»
Magnus aveva ragione: Alec non aveva mai gridato così contro suo padre, o quello che era suo padre, e aveva lasciato casa sua.
«Mi dispiace...mi sono lasciato prendere dalla rabbia...»
Magnus lo baciò sulle labbra. «Sono così fiero di te, mio piccolo fiorellino guerriero.»
Alec rise. «Ti prego, non si può sentire.»
«Okay, okay, hai ragione.» Alec scosse la testa, e gli tornarono alla mente i ricordi della serata, facendo scomparire il suo sorriso. Magnus capì a cosa pensava.
«Devo trovare un posto dove stare.»
«Vieni a vivere con me.»
Alec e Magnus avevano parlato nello stesso istante.
Alec sorrise imbarazzato. «Lo apprezzo, ma ci conosciamo da poco e non vorrei caricarti di questa responsabilità...»
«Io ti amo. E poi è noioso vivere da soli. Un po' di compagnia non guasterebbe.» disse, baciando di nuovo Alec.
«D'accordo. Grazie. Come potrò ripagarti?»
«Uhm, un'idea ce l'avrei...» disse Magnus, sorridendo malizioso. «Andiamo a casa tua allora?»
«Casa nostra, Alec.»
«Casa nostra. Mi piace come suona.»
«Anche a me.»
Stavano per riavvicinare le loro labbra in un contatto di fuoco, quando una voce li chiamò.
«Alec, Magnus!» gridò Isabelle.
«Izzy!» Alec sgranò gli occhi. «Non dovreste essere a cena?» disse, rivolto ai quattro ragazzi davanti a lui.
«Dopo quello che ti ha detto papà? Neanche per sogno!»
«E allora cosa è successo?»
Isabelle raccontò della discussione e del compromesso raggiunto. «Scommetto che farà tornare anche te.» commentò Jace.
Alec fece un verso simile a una risata. «Certo. E anche se mi facesse tornare, non lo farei.»
«Ma non mi abbandonerai vero?» dissero in coro Isabelle e Jace, con una faccia da cuccioli.
«No, fratellini, no» ripose Alec ridendo, mentre i tre Lightwood si stringevano in un abbraccio che scaldò il cuore a tutti.
Alec, nonostante tutto, si ritenne fortunato. La sua famiglia era lì: i suoi fratelli e Magnus, e perché no, un giorno anche Simon e Clary. «Bene, dopo questa commovente scena» disse Jace scherzando «Io ho bisogno di qualcosa di più stasera...la cena non mi è bastata. Andiamo da Taki's?»
Taki's era il loro pub preferito, ci andavano sempre insieme.
«É un ristorante.» spiegò Alec agli altri tre.
«Andiamo allora?» chiese Isabelle, mano nella mano con Simon. «Andiamo.»
 

Nota d’autrice:
Hello guys! :)
In questo capitolo è comparso Robert e, se non l’avete ancora capito, lo detesto. Mi sono divertita troppo a scrivere dell’incontro tra Jace e Magnus! xD 
Spero vi sia piaciuto il pov di Isabelle e la scena Alec-Izzy-Jace e tutto il capitolo!*-* 
Aggiornerò tra una settimana, perché domani parto c:
Ringrazio tutti i lettori <3 e Marty060201, Flame Drago del Fuoco, stella13, Ari YoungStairs, Life before his eyes, mrslightwood_ e _DarkCalypso_ per le recensioni allo scorso capitolo. Siete le migliori <3
Ah, ho aggiornato anche aggiornato First Love  

Alla prossima,
Lu_ 

Ps. A breve cambierò nome in _Fire_, ma sarò sempre io, quindi continuate a seguirmi! :3

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5

Your touch is contagious, you know what I need tonight
 
I sei ragazzi si avviarono verso Taki's, camminando attraverso le fredde strade di New York. In testa c'erano Isabelle, Alec e Jace, che facevano strada, seguiti da Magnus, Simon e Clary.
«Quel posto è fantastico!» disse in quel momento Izzy. «Ad Halloween fanno una serata a tema con tanto di vampiri, lupi mannari, fate stregoni...poi ci sono anche dei...Simon come si chiamano?»
«Gdr. Giochi di ruolo.» rispose il ragazzo.
«Esatto. Come Dungeons&Dragons, capito?»
«Amore tra nerd» commentò Magnus con un sorriso. Isabelle gli diede un leggero schiaffo sulla spalla.
«Jace, tutto bene?» mormorò Clary, mentre si faceva avanti, infiltrandosi tra lui e Jace. I suoi capelli rossi finirono quasi in bocca ad Alec che si spostò immediatamente a sinistra, contando fino a dieci per mantenere la calma.
Effettivamente, Jace non aveva parlato molto, non più di lui, dato che, come al solito, la sorella aveva tenuto le redini del discorso.
«Si Clary tutto bene.»
«A me puoi dirlo.» gli sussurrò lei più vicino.
«Può dirlo a tutti noi.» sbottò Alec.
Non era geloso di Clary, ma non poteva negare di non provare il massimo della simpatia per lei. Clary arrossì imbarazzata. «Sì, certo.»
Jace sospirò. «Ripensavo a stasera.» La rossa gli prese la mano e Alec gli mise una mano sulla spalla. «Jace...mi dispiace...che tu abbia dovuto fare quello che hai fatto. So che non esponi mai i tuoi sentimenti di solito, ma...»
Il biondo scosse la testa. Nessuno parlò, ne' Magnus, o Simon, Isabelle, Alec stesso o persino Clary: tutti prendevano dalle sue labbra.
«E' stato fortissimo!» esclamò agitando le braccia. «Alec hai fatto il ribelle! Woooo!»
Il ragazzo in questione sgranò gli occhi confuso e poi scoppiò a ridere. «È su questo che stavi rimuginando da ore? Alla mia ribellione?»
«No. Si. Più o meno! Aspetta, fammi spiegare. Ormai siamo arrivati, sediamoci prima.»
Entrarono dalla porta in legno, e Jace parlò con il cameriere, che li fece accomodare ad un tavolo in un angolo in fondo.
Da un lato Jace, Clary e Simon, dall'altro Alec, Magnus e Isabelle. «Okay.» riprese Jace dopo che ebbero ordinato. «Siete stati tutti forti! Alec, Isabelle…persino voi» disse indicando con due dita Magnus e Simon. «devo dirlo, per quanto mi costi ammetterlo. Mica potevo fare la mammoletta io? L'unica cosa che mi dispiace è che forse mi avranno preso per un ingrato, soprattutto Maryse...ma ogni parola che ho detto era vera.»  
Alec e Isabelle gli rivolsero un sorriso che lui capì al volo, come se avessero parlato. Era sempre così tra loro. Si conoscevano da talmente tanto, e talmente bene, che avrebbero potuto comunicare con gesti e sguardi per sempre.
Una cameriera arrivò con i loro piatti. «Se avete bisogno d'altro, chiamatemi.» disse, strizzando un occhio ad Alec e Jace.
«Non ne avremo, grazie.» risposero contemporaneamente Clary e Magnus, avvinghiandosi ai rispettivi ragazzi. Isabelle e Simon ridacchiarono e si strinsero la mano da sopra il tavolo. Mangiarono in fretta, chiacchierano su argomenti vari, creando un atmosfera decisamente più leggera di quella che c'era a casa Lightwood.
Una sola cosa "turbò" la tranquillità: Simon ordinò un piatto di anatra all'arancia. Jace si appiattì contro il muro, con una faccia disgustata.
«Ma è solo un anatra!» esclamò Clary, dato che lei (e gli altri presenti, a parte Alec) non erano a conoscenza della fobia di Jace per le anatre, che aveva sin da piccolo. Alec si ricordava ancora che quando andavano in vacanza in un piccolo paesino, circondato dal verde, Idris, Jace lottava con tutte le sue forze per tenere lontane le anatre dal lago della casa di famiglia. Robert e Maryse avevano dovuto distruggerlo.
«Mai fidarsi di un anatra» balbettò Jace.
«E perché mai?» chiese la rossa.
«Ti ricordi» la interruppe Alec, rivolto a Jace. «Quando hai provato a convincermi a dargli da mangiare un pasticcio di volatili per vedere se riuscivi ad allevare una razza di anatre cannibali?*»
«E loro l’hanno mangiato.» rammentò Jace con un brivido. «Piccole bestie assetate di sangue.»
Nessuno riuscì a trattenersi dal ridere, soprattutto di fronte alle provocazioni di Simon.
«Jace vuoi assaggiare?»
«Uhm-uhm-uhm! Com'è buona l'anatra!»
«Che peccato che tu non possa mangiarla Jace.»
Verso mezzanotte lasciarono il locale e si divisero: Jace e Isabelle diretti a malincuore verso casa Lightwood, Simon e Clary verso le rispettive abitazioni vicine, e Alec con Magnus, verso l’ormai loroappartamento a Brooklyn.
 
§
 
Una volta arrivati, Alec si guardò intorno: quello di Magnus era un tipico appartamento di New York per forma e dimensioni, ma l’arredamento era davvero eccentrico.
Nel salone c’era un divanetto color acqua marina con un’imbottitura vaporosa e una poltrona rosa shocking; nella cucina c’era un grande tavolo vittoriano, circondato da sedie rivestite di tessuto verde; nella camera da letto al centro c’era un letto matrimoniale con lenzuola dorate, un comò di legno scuro decorato con strisce di glitter e un enorme armadio giallo.
Alla fine, Alec si sedette sul divano, con in grembo il gatto di Magnus, Chairman Meow, che faceva le fusa.
«Gli piaci.» disse Magnus, appoggiato allo stipite della porta della cucina, con in mano due tazze di caffè, mentre lo guardava con aria sognante.
«Dici?» rispose il ragazzo, alzando la testa per guardarlo, con un sorriso dolcissimo.
«Dico, dico. Come potresti non piacere a qualcuno?»
La parte superiore della guance di Alec si colorì di un rosso vivo e, sempre sorridendo, abbassò lo sguardo sul gatto.
Magnus si era dimenticato quanto fosse bello quando arrossiva e quanto era adorabile la sua timidezza. Era quello che aveva pensato quando lo aveva visto per la prima volta in ospedale… era da un po’ che Alec non aveva attacchi, ma questo non vuol dire (nonostante tutti lo sperassero) che la malattia era scomparsa. In quel momento provò una fitta di rabbia nel confronto di un destino che aveva permesso che una malattia così terribile tormentasse un anima così bella.
«Posso baciarti?» chiese di getto Magnus, avvicinandosi e posando le tazze sul tavolino di vetro e legno al centro del salone.
Alec lo guardò sorpreso, con il solito rossore sugli zigomi, poi sorrise, creando due fossette.
«Baciami.»
Magnus gli si avvicinò e poggiò delicatamente le sue labbra su quelle di Alec, assaporando ogni cosa di quel momento. Il calore e il sapore delle labbra di Alec, le mani tremanti del ragazzo che si stringevano intorno ai suoi fianchi, mentre le sue vagavano tra i lisci capelli corvini dell’altro. Quando si staccarono, Alec aveva le labbra arrossate e gli occhi luminosi. Magnus appoggiò la fronte contro la sua, e da quella vicinanza poté vedere ogni pagliuzza, ogni sfumatura degli occhi azzurri di Alec. Del ragazzo di cui si era innamorato.
«Sai» fece Magnus, sempre tenendo la fronte appoggiata alla sua e stringendogli la mano. «Una volta mi dissero che per trovare il vero amore, dovevo spegnere il cervello e ascoltare solo il cuore. E poi avrei amato quel qualcuno da impazzire e lui mi avrebbe amato allo stesso modo.»
Alec tratteneva il respiro. «E hai trovato il tuo vero amore?»
«Ti amo da impazzire.»
«Ti amo allo stesso modo.»
Le loro labbra furono di nuovo unite, stavolta in modo più passionale, in un contatto di fuoco, come se ognuno cercasse l’ossigeno nella bocca dell’altro. Alec dischiuse le labbra sotto il tocco più esperto di Magnus, che superò la barriera dei denti esplorando il suo palato, e le loro lingue cominciarono a danzare.
Man mano i vestiti che li separavano sparirono, lasciando che i loro corpi nudi aderissero l’uno all’altro, sempre più vicini, mentre Magnus e Alec consumavano il loro amore.
 

*episodio raccontato ne “L'angelo”
Nota d’autrice:
ehilà :3 che dire di questo capitolo…a me piace u.u
Non so se D&D sia o no un gdr, ma dovevo inserirlo. Spero abbiate gradito gli accenni Sizzy^^ 
Che ci posso fare, nonostante ci provi, non riesco a far apparire Clary “simpatica”, forse perché non l’ho mai amata particolarmente >-<
Mi è piaciuto scrivere questo capitolo perché all’inizio mi sono divertita tanto, spero che la “spiegazione” della reazione di Jace non vi abbia lasciate perplesse. La seconda parte è stata scritta dopo e ho scritto la scena finale…non so perché, ma mi è venuta l’ispirazione e l’ho messa. Spero vi sia piaciuta, anche perché volevo darvi qualcosa su cui fangirlare prima che…be’, che succeda qualcosa. Ricordate che è di base una storia triste e sta andando troppo rose e fiori. Non odiatemi >-<
Be’, mi sto dilungando troppo. Spero che il capitolo vi sia piaciuto! *-*
Ringrazio quelli che leggono <3
Ringrazio stella13, Marty060201, Flame Drago del Fuoco, Ari Youngstairs, mrslightwood_, DalamarF16 e Life before his eyes per le recensioni bellissime allo scorso capitolo*-*
Ah, ho aggiornato anche aggiornato First Love  
A presto,
_F.
 
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Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6.
 
I can’t run and I can’t hide I’ll be wasted by the light
 
Alec si svegliò in un grande letto dalle coperte rosse, che riconobbe non essere il suo. Si girò, e accanto a lui vide il profilo di Magnus, sempre bellissimo, che dormiva rannicchiato su un fianco con una mano sotto la guancia. Alec non poté fare a meno di sorridere. Coprì Magnus fino alla vita con le lenzuola e si alzò in silenzio. Si mise un paio di pantaloncini neri e si diresse verso la cucina. Aprì tutti i mobili e apparecchiò il tavolo: due tovagliette di plastica azzurra ai due lati del tavolo, una di fronte all'altra, con sopra due tovaglioli e due tazze, blu per Alec, gialla per Magnus. Poi Alec mise su il caffè, mentre apriva il frigo e armeggiava con quello che c'era dentro: resti di pizza, cibo d'asporto cinese, bevande frizzanti, pane, formaggio...e poi ecco, ecco quello che cercava: cioccolato, e un po' di panna. Prese dalla dispensa la farina, le uova... e tutti gli ingredienti per preparare l'impasto. Lo versò in dei pirottini che poi mise in forno. Intanto, sciolse le tavolette di cioccolata per creare una sorta di crema, che spalmò poi su dolci pronti. Infine, lo decorò con la panna. Aveva visto Maryse preparare quei dolci per loro le mattine d'inverno, e aveva deciso di provarci.* A quel punto, si sedette al tavolo, aspettando che Magnus si svegliasse. Dopotutto, preparargli la colazione era il minimo che potesse fare dopo che Magnus l'aveva accolto in casa sua. Nessuno aveva mai compiuto un simile gesto per lui, e Alec ogni tanto doveva darsi dei pizzicotti per assicurarsi che quella fosse davvero la sua vita e non un sogno. In quel momento realizzò che non gli importava se doveva vivere solo per altri dieci anni, se li avesse vissuti così.
 
§

Magnus sbadigliò allargando le braccia. Si stropicciò gli occhi guardandosi attorno, e non vide Alec. Una fortissima preoccupazione lo invase. Si era sentito male? Era andato via? Si alzò freneticamente dal letto e corse in cucina. Lì trovò Alec, scalzo, a petto nudo, con indosso dei pantaloncini che lasciavano molto poco all'immaginazione. Aveva davanti a se' dei...cupcakes, e aveva preparato la colazione. In quel momento si leccava le dita, ripulendole dal cioccolato residuo.
«Potresti usare un tovagliolo.» disse Magnus, a mo' di buongiorno. Alec si girò verso di lui, ma immediatamente arrossì e distolse lo sguardo.
Magnus si guardò. «Ops.» pensò. Preso dal pensiero di Alec, non si era nemmeno rivestito, e ora era lì, completamente nudo. «Poco male.» si disse. «Tanto...» Scrollò le spalle, e si sedette.
«Cosa hai preparato?» chiese.
Alec lo guardò e sospirò, rassegnato al fatto che Magnus avrebbe mangiato nudo. «Caffè e cupcakes al cioccolato» rispose, con un sorriso fiero. Magnus sembrava piacevolmente sorpreso, e lo era. «Non sapevo che sapessi cucinare.»
Alec sfoggiò un altro sorriso, e si alzò dalla sedia, avvicinandosi a lui, seduto dall'altra parte del tavolo. «Ci sono tante cose che ancora non sai di me.» gli sussurrò piano all'orecchio.
Magnus lo amava. Amava ogni suo piccolo dettaglio, movimento, ogni sfaccettatura del suo essere. La timidezza, la gentilezza, la determinazione. Amava tutto di Alec. Con tutto se' stesso. «E non vedo l'ora di scoprirle.» rispose, prima di prendergli il viso tra le mani e baciarlo. Continuarono per quelli che sembrarono anni, e Magnus si disse che avrebbe potuto passare la vita a baciare Alec, tanto che lo faceva stare bene. Quando Alec si staccò, dopo quelli che in realtà erano stati neanche troppi minuti, aveva le labbra arrossate. «Facciamo prima colazione.» disse.
«Prima di cosa?» chiese malizioso Magnus, giusto per il gusto di vederlo arrossire, e così fu. Adorava stuzzicarlo. «Adoro quando arrossisci.» lo baciò di nuovo, un rapido tocco di labbra. Poi Alec tornò a sedersi sulla sua sedia, e fecero colazione, parlando di niente in particolare. Ogni tanto Alec rideva, ed era come un soffio d'aria fresca, un raggio di luce, un fiore che sboccia. Poi fecero l'amore. Erano così presi l'uno dall'altro che sembrava che le loro anime e i loro corpi si fondessero, e Magnus non sapeva più dove iniziava lui e dove finiva Alec. E quella sensazione era così bella, così perfetta, così giusta.
Alec era steso sul letto, con un braccio dietro la nuca e la testa di Magnus sul petto. Le sue mani vagavano liberamente, come se non le controllasse, tra i capelli morbidi di Magnus, per una volta senza gel. Come le sue mani, anche la sua mente vagava libera. Tutto era stato così bello la sera prima e quella mattina, ma presto Alec sarebbe dovuto andare a prendere la sua roba a casa sua. Il solo pensiero di rivedere Robert lo spaventava a morte. Sapeva che suo padre non aveva mai ben visto la sua omosessualità, e nemmeno la sua persona, a dirla tutta. Era sempre stato il figlio che non era abbastanza. Bello, intelligente, ma non abbastanza. E poi c'era la sua malattia. Alec, nonostante gli avvenimenti passati, si rifiutava di credere che suo padre potesse fargliene una colpa.
«Alec, tesoro, ci sei?»
«Uhm?» Alec spostò lo sguardo dalla finestra coperta da tende viola al viso di Magnus, che lo fissava con espressione interrogativa e anche un po'...irritata?
«Ti stavo parlando da mezz'ora, ma tu hai la testa altrove.» gli disse. «Scusami, stavo pensando che oggi dovrò andare a prendere le mie cose a casa.» L'espressione di Magnus si addolcì. Il ragazzo gli prese la mano e ne baciò il palmo, poi se la portò al cuore. «Non preoccuparti. Posso accompagnarti, se vuoi.»
«Grazie.» Alec gli rivolse un sorriso di sincera riconoscenza. Si sentì un po' più leggero, come se Magnus lo aiutasse a sostenere un peso. E probabilmente era così. «Andiamoci ora.» disse Alec.
«Ora?» Magnus sembrava sorpreso. «Sì, prima ci andiamo, prima non dovrò più pensarci.»
«Va bene, tesoro.»
Alec arrossì a quell'appellativo, cosa che fece ridere Magnus di gusto. Il ragazzo si alzò e scoccò un rapido bacio sulle labbra dell'altro, e si avviò verso l'armadio. Magnus scelse un paio di pantaloni attillati neri, stivali del medesimo colore, una maglietta verde e un gilet viola con dei glitter sullo scollo e sui bottoni. Alec indossò quello che portava la sera prima, un jeans e una T-shirt grigia.
 
§

Magnus guidò velocemente fino a casa Lightwood e Alec gli chiese di aspettare in macchina.
Uscì dal veicolo e aprì la porta con la sua copia di chiavi che avrebbe restituito. Mentre saliva le scale incontrò Isabelle.
«Alec! Che ci fai qui?»
«Vengo a prendere la mia roba.»
Gli occhi della sorella si velarono di tristezza e quando parlò, la sua voce era incrinata. «Allora te ne vai davvero.»
«Sì. Ma noi ci vedremo comunque, Iz…»
Isabelle gli si buttò al collo abbracciandolo forte. Alec le accarezzò i capelli corvini.
«Ci sarò sempre per te.» le disse.
«E io per te.» rispose lei con un fil di voce.
Quando si staccarono, Alec volò nella sua stanza e riempì il borsone alla velocità della luce. Mentre usciva, andò a sbattere contro un uomo.
«Alexander.» disse suo padre.
«Robert.» rispose lui.
«Volevo dirti…»
«No. Mi hai già detto tutto.»
«Alexander, mi dispiace per quello che ho detto ieri. E’ solo che non voglio che tu soffra.»
«Non succederà.»
Il padre allungò una mano, ma Alec stava già scendendo le scale.
All’improvviso, cadde in ginocchio e cominciò a tossire.
Il padre, allarmato, chiamò Isabelle e lei lo aiutò a portare Alec in macchina da Magnus, che dovette lottare con tutto se’ stesso per riscuotersi dallo stato di shock e guidare fino all’ospedale.
Quando arrivarono, lo portarono immediatamente in una stanza e non permisero a nessuno di entrare.
Era successo tutto così velocemente.
Quando finalmente un dottore uscì, la sua espressione non prometteva nulla di buono.
Maryse, Robert, Jace, Isabelle e Magnus erano tutti lì, in sala d’attesa, che aspettavano un verdetto.
«E’ di nuovo in coma. Ma non sappiamo se questa volta si sveglierà.»
 

Nota d’autrice:
*qui Alec sa cucinare perchè Maryse è una normale madre, non una Shadowhunter.
Ciao! :3 so che probabilmente ora mi odierete per questo capitolo, ma ho già detto che la storia non sarà felice. Ma non è ancora finita. Potete ancora sperare ;) non ho scritto molto alla fine perché nel prossimo capitolo ci saranno tanti PoV diversi, che descriveranno lo stato d'animo dei personaggi principali in quel momento. Spero che nonostante questo i capitolo vi sia piaciuto comunque. 

Ringrazio tutti quelli che leggono <3
Ringrazio Flame Drago del Fuoco, Marty060201, stella13, mrslightwood_ e Ary Youngstairs per le recensioni allo scorso capitolo *o* che mi spingono ad andare avanti <3
Domani aggiornerò First Love :) 
A presto,
_F i r e_

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7

I'm undone but I'm alive, don't ever want to see the morning light
 
-prima dell'uscita del medico- 
La sala d'attesa quel pomeriggio non era molto piena, ma era un gruppo di persone in particolare ad attirare l'attenzione. Erano tutti agitati, ma allo stesso tempo nessuno lo era come gli altri.

Jace camminava avanti e indietro, torturandosi una ciocca di capelli biondi. Il cuore gli martellava nel petto, e gli faceva male, quasi come se tra lui e Alec ci fosse un collegamento, se soffriva uno lo faceva anche l'altro.* Jace non poteva fare a meno di pensare che Alec c'era sempre stato per lui, mentre lui in quegli ultimi mesi non era stato granché presente per l'altro, quindi se Alec se ne fosse andato in quelmomento e in quel modo, Jace non sarebbe più riuscito a dormire sereno. Alec era una costante nella sua vita, aveva basato la sua vita sul modello della sua, anche se spesso Alec doveva rimetterlo sulla retta via, impedendogli di fare stupidaggini o cose troppo pericolose. Non che Jace desse per scontata la presenza di Alec, ma era talmente abituato ad averlo sempre accanto a lui, a poter sempre contare su di lui, che ormai Alec era parte integrante della sua intera esistenza.
Se fosse morto, sarebbe stato come non avere più la terra sotto i piedi.
Non riusciva a immaginare la sua vita senza Alec.
 
Stretta tra le braccia di sua madre, c'era Isabelle. Lei non riusciva ad avere in controllo di Jace in quelle situazioni, a coprire le sue emozioni con una maschera. Singhiozzava nascondendo il volto tra i capelli della madre, con le spalle che tremavano. Il legame che c'era tra lei e Alec non era solo di sangue, era qualcosa di molto più forte, di cui le persone non potevano rendersi conto dall'esterno. Lei voleva solo vedere Alec, e stringerlo tra le braccia, potergli sussurrare che andava tutto bene, che si sarebbe ripreso, perché lei avrebbe preso a frustate tutti i medici dell'ospedale se non fossero riusciti a svegliarlo. Avrebbe fatto qualunque cosa per lui. Le piaceva mostrarsi forte, dare un'immagine di se' di "dura", ma in quel momento, mandò al diavolo l'immagine, e si lasciò crollare, perché non poteva più resistere e farsi forza. La sua forza era Alec. Alec, che le aveva insegnato che si può essere sempre felici, che si possono superare tutte le avversità, che bisogna combattere per i propri ideali e per i proprio diritti.
Suo fratello la aiutava, la sosteneva, la proteggeva, la difendeva...era la sua ancora.
Non riusciva a immaginare la sua vita senza Alec.
 
Maryse teneva stretta Isabelle, e si faceva forza per tenere uniti anche i pezzi di se' stessa. "Sei una donna forte" le avevano sempre detto. Ne aveva affrontate di tutte i colori, ma non aveva mai mollato. Dopo il tradimento di Robert, lei aveva continuato a volergli bene, in quanto padre dei suoi figli, ma anche suo marito da anni. Aveva sempre tenuto a tutti i suoi figli, dal primo all'ultimo. Non negò a se' stessa, che sì, all'inizio aveva avuto dei "problemi" con l'omosessualità di Alec, ma non aveva smesso di volergli bene. Era il suo primogenito, forse si teneva un po' all'ombra degli altri due, ma Maryse sapeva benissimo quanto fosse capace di brillare. Non era stata felice del fatto che se ne fosse andato, ma dopo le cose che Robert gli aveva detto...Alec aveva dimostrato di essere più determinato di quanto tutti pensassero. Suo figlio era un combattente, proprio come lei.
E Maryse avrebbe combattuto per non perderlo.
Non riusciva a immaginare la sua vita senza Alec.
 
Più in disparte, seduto per terra, con le ginocchia strette al petto, il volto pallido e le unghie conficcate nei palmi delle mani, c'era Magnus.
È vero, lui non era tecnicamente la famiglia di Alec, ma Alec era diventato la sua famiglia. Si stava mordendo il labbro inferiore con talmente tanta furia, che ad un certo punto sentì il sapore metallico del sangue in bocca. Aveva un nodo in gola e il cuore stretto in una morsa che si faceva sempre più stretta.
Era iniziato tutto così bene. Gli avvenimenti di quella mattina sembravano distanti secoli, adesso. Magnus rianalizzò cosa era successo a casa Lightwood, troppo in fretta per rendersene conto. Alec era entrato per prendere le sue cose, ed era uscita quasi privo di sensi con la maglietta grigia sporca di sangue. Magnus si era dovuto far forza per guidare fino all'ospedale, tenendo a bordo della sua auto Isabelle e quell'essere che era Robert.
Ancora nessun dottore. Doveva essere una crisi, per forza. Magnus sperò che fosse solo passeggera. Lo sperò con tutte le sue forze. Anche se conosceva Alec relativamente da poco, la vita prima di lui era un ricordo sbiadito, mentre gli attimi con lui erano vividi nella sua mente. Il solo pensarci, il solo ricordo delle emozioni provate, gli infiammava il sangue. Amava Alec. Pensò che se si fosse svegliato glielo avrebbe ripetuto ogni momento di ogni giorno, e comunque non sarebbe stato abbastanza per esprimere quanto davvero lo amasse. Magnus si era sempre sentito sbagliato. Un mostro, dopo la morte di sua madre. Ma Alec lo vedeva come una persona, e lo amava per quello che era. Non c'erano parole nemmeno per esprimere la gratitudine che Magnus provava verso di lui. Gli aveva dato una nuova occasione, una nuova possibilità, una nuova vita.
Alec era tutto per lui. Era la sua casa. E non poteva lasciarlo così. C'erano tante altre cose che avrebbero potuto fare insieme...sposarsi magari, un giorno, anche se Magnus non sapeva quanto Alec ne avesse ancora. Si disse che l'avrebbe sposato anche domani. Alec sarebbe tornato. Sarebbe tornato per tutti loro. Perché Magnus ci avrebbe scommesso, se Alec era sveglio, in quel momento pensava a quanto stessero soffrendo gli altri, piuttosto che lui. Alec era fatto così. Magnus si fece forza, per lui, e cercò di comunicare con lui, facendogli sapere che lo amava, che doveva resistere, e che lui sarebbe stato lì ad aspettarlo.
«Ti amo.» sussurrò, così a bassa voce che nessuno poté sentirlo, mentre una lacrima scendeva sul viso ambrato, seguita a ruota da molte altre.
Non riusciva a immaginare la sua vita senza Alec.
 
§

«E’ di nuovo in coma. Ma non sappiamo se questa volta si sveglierà.»
Robert, che fino a quel momento era stato in silenzio, scoppiò. Era rimasto fermo per un tempo lunghissimo e indecifrabile, immobile sulla sedia, con il volto di pietra per non lasciar trapelare alcuna emozione. Ma, al contrario di come molti credevano, il suo cuore non era anch'esso di pietra. Si stava torturando, il dolore lo bruciava da dentro, al solo pensiero che Alec potesse morire senza che lui avesse potuto dirgli che in realtà non lo odiava, che si era pentito di ciò che gli aveva detto, e che l'aveva detto solo perché non voleva che soffrisse, anche se nella sua stupidità non si era reso conto che era lui che lo stava facendo soffrire. La felicità di Alec veniva prima di tutto, prima del suo egoismo, prima delle stupide convinzioni. Non poteva, non voleva perderlo così.
«Che vuol dire non sappiamo?! Siete dei dottori, no? Dovreste saperlo!»
«Robert...» mormorò Maryse, mettendogli una mano sul braccio, ma lui si alzò, fronteggiando il dottore.
«Signore, non lo sappiamo. È da vedere se si riprenderà oppure no. Può entrare una persona alla volta se volete vederlo, e poi fareste meglio ad andare a risposare.» Detto questo, il dottore si congedò.
Alla fine, i presenti decisero che Magnus sarebbe entrato per ultimo, e che sarebbe rimasto per la notte.
 
Quando anche Isabelle uscì, Magnus le diede una pacca sulla spalla ed entrò nella camera di Alec facendo un profondo respiro. Il suo fidanzato era steso su un letto, coperto da lenzuola bianche. Era collegato a dei macchinari attraverso filo attaccati alle dita; aveva filtri sotto il naso che lo aiutavano a respirare e una flebo collegata alla vena del polso. Era più pallido di quanto non fosse mai stato. Aveva gli occhi chiusi, e Magnus si odiò per non averli guardati più a lungo quando poteva. L'azzurro dei suoi occhi gli mancava, così come il suono della sua voce, il calore della sua pelle e il sapore delle sue labbra. Si sedette accanto a lui, concedendosi finalmente di piangere in pace. Prese la mano di Alec, stranamente fredda.
«Alec, tesoro sono qui. Sono io.»
Alcuni credevano che anche in coma, le persone potevano sentire, così Magnus parlò, tanto che aveva da perdere?
«Mi manchi tanto. E ti amo tanto. Non azzardarti a morire, capito? La tua famiglia ha bisogno di te. Io ho bisogno di te.» Singhiozzò, abbassando la testa e chiudendo gli occhi.
«Magnus...» era la voce di Alec.
Ma non era possibile. Magnus si disse che la sua immaginazione stava lavorando d’inventiva e continuò a tenere gli occhi chiusi.
«Magnus.» questa volta era lui, ne era sicuro.
Alzò il capo e vide Alec, gli occhi leggermente aperti che lasciavano intravedere un po' di azzurro, che lo guardava con un sorriso sghembo.
«Oh mio Dio.» mormorò Magnus. «INFERMIERA! SI È SVEGLIATO!» gridò.
Una donna arrivò immediatamente, seguita dal dottore con cui avevano parlato prima.
«Ma com'è possibile?» domandò. Al massimo, se doveva svegliarsi, l'avrebbe fatto tra qualche settimana...» disse l'infermiera.
«Ho sentito la sua voce. Mi ha svegliato.» sussurrò Alec.
«Oh Dio...ti amo, ti amo, ti amo...» cominciò a dire Magnus a bassa voce, accarezzando la mano di Alec.
«Potrebbe essersi svegliato momentaneamente» spiegò il dottore. «Lo terremo qui ancora per qualche settimana. Se non rientrerà in coma per lungo tempo, potremmo dimetterlo. Ma devi prendere il farmaco sperimentale di cui ti abbiamo parlato Alec, sarebbe troppo pericoloso fare il contrario.»
«Lo farà.» disse Magnus, prima che il ragazzo potesse protestare. Non aveva intenzione di ripetere quell'esperienza.
«Ottimo. Ora chiamiamo i parenti e li avvertiamo.» il dottore uscì, mentre l'infermiera regolava la flebo, le macchine e altre cose a cui Magnus non fece caso. Era troppo concentrato su Alec.
«Ti amo.»
«Ti amo anch'io.»
Poi Alec richiuse gli occhi, ma non rientrò in coma. Dormì solamente. Si sentiva già meglio, come se Magnus tenendogli la mano gli stesse dando la sua energia.



*una sorta di parabatai.
Nota d'autrice:
Non è ancora morto, calme. xD Il fatto dell’energia, è un parallelo con Alec che di solito donava la sua energia a Magnus.
Spero che i vari PoV che avevo promesso vi siano piaciuti e che la fine vi abbia soddisfatte! E spero che il capitolo non vi faccia totalmente schifo vi piaccia.
Ringrazio tutti quelli che leggono <3
Ringrazio Flame Drago del Fuoco, stella13, Marty060201, _DarkCalypso_, Life before his eyes, mrslightwood e Ari Youngstairs, per le splendide  recensioni allo scorso capitolo*o* <3

Piccolo spoiler del prossimo capitolo:
Non credeva che sarebbe successo, eppure era così. Si accorse solo in quel momento di avere gli occhi lucidi e le guance bagnate.

Sta a voi interpretarlo!
Ho aggiornato anche "Malec-First Love".
A presto,
_F i r e_

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. ***


Avvertimento: alto livello di angst.
Capitolo 8
when I was young in love when you were everything
 
Tutto vorticava intorno a lui. Aveva gli occhi chiusi, e vedeva tutto nero. Pensava che le forze lo stessero abbandonando.
Doveva lasciarsi andare?
«Alec.» sentì una voce femminile, lieve e tremante, e una goccia d’acqua gli cadde sul dorso della mano. «Sono qui. Siamo tutti qui. Resisti. Resisti.» un singhiozzo, breve, terminato bruscamente, come se la ragazza avesse paura di piangere. «Resta.»
«Resta.» in quel momento non riusciva a capire chi l’avesse detto, ma seppe che doveva farlo.
«Resta.»
Aveva fatto un profondo respiro, e delle macchine avevano prodotto uno strano suono. La ragazza dai capelli neri accanto a lui era schizzata fuori dalla stanza, tornando indietro con dottori, infermiere e altre quattro persone.
Un uomo alto, con gli stessi capelli della ragazza, si era appoggiato contro il muro. Una donna si era messa accanto a lui, tenendogli forte la mano. Un ragazzo dai capelli d’oro si era accovacciato vicino al suo letto con la ragazza di prima.
E poi, un alto ragazzo con i capelli neri e gli occhi di uno strano colore verde-oro, si era posizionato al suo fianco, accarezzando piano il dorso della sua mano.
Un’infermiera dai capelli stranamente bianchi, regolava i macchinari, le flebo e i filtri nasali.
«Catarina, attenta!» disse un altro uomo con un camice bianco, il dottore. «E’ sveglio. Passiamo ai controlli.»
Poi aveva richiuso gli occhi, troppo stanco, mentre la ragazza gli girava intorno e il ragazzo dagli occhi bellissimi, continuava a guardarlo come se fosse la stella più luminosa del cielo.
 
Alec era uscito dal coma definitivamente circa un mese prima, ma non era del tutto stabile. Continuava a rivivere quel momento nella sua testa.
 
«Ci vediamo la settimana prossima!» disse il dottore dai capelli grigi che seguiva il suo “caso”. Due volte a settimana doveva fare un controllo in ospedale per accertarsi che andasse tutto bene. Aveva iniziato a prendere il farmaco sperimentale: si sentiva un po’ meglio, ma non c’erano ancora risultati visibili e in generale era peggiorato.
Camminava lungo il vialetto fuori dall’ospedale con a fianco niente di meno che suo padre.
Alec non sapeva come, ma Robert aveva convinto tutta la sua famiglia e persino Magnus, sul fatto che dovesse  accompagnarlo alla terapia.
Lui non spiccicava mezza parola. Nonostante fosse quasi morto, non aveva intenzione di parlare con suo padre dopo quello che gli aveva detto e il modo in cui l’aveva trattato.
«Alexander?»
«Uhm?» grugnì lui, in risposta.
«Non abbiamo avuto ancora modo di chiarirci.»
«Non c’è niente da chiarire.»
Suo padre gli afferrò il polso, facendolo girare verso di lui.
Alec notò che avevano gli stessi occhi, solo che i suoi erano più chiari e luminosi.
«Mi dispiace per quello che ho fatto. Non volevo dirti quelle cose Alexander. Sono stato stupido, lo so, e vedo i miei sbagli nei tuoi occhi ogni volta che mi guardi. Voglio che tu sia felice. Non mi importa cosa penseranno gli altri e non mi importa delle mie vecchie convinzioni, dei miei pregiudizi: io sarò sempre dalla tua parte. Perché sei mio figlio, Alexander.»
Alec restò a bocca aperta e sgranò gli occhi. Davvero suo padre gli stava chiedendo scusa?
Dopo ciò che aveva fatto, di certo il loro non sarebbe stato un classico e normale rapporto padre-figlio, ma se Robert gli aveva fatto quanto di più simile alle scuse conoscesse, lui doveva fargli quanto di più simile al perdono.
«Va bene, padre.»
Suo padre lo guardò, gli occhi un po’ più luminosi di prima e più simili a quelli del figlio. Gli scompigliò amorevolmente i capelli, cosa che non faceva da quando Alec aveva cinque anni.
«Ah, ho conosciuto meglio Magnus durante questo mese. E’ un bravo ragazzo.»
«Già, è davvero un bravo ragazzo.»
«E non si merita di soffrire.» aggiunse una vocina nella sua testa, alla quale Alec sapeva che avrebbe dato ascolto.
 
§
 
Magnus canticchiava piano mentre preparava la cena.
Alec gli aveva chiesto di vedersi, e lui non se l’era fatto ripetere due volte.
Era da quando era uscito dal coma che desiderava una serata insieme al suo fidanzato.
Chiuse gli occhi e sospirò, come se stesse assaporando l’idea di avere Alec di nuovo con se’.
Magnus sentì un lieve rumore di nocche sul legno. Slittò verso l’ingresso e aprì la porta, ritrovandosi davanti Alec, con indosso una camicia azzurra e un paio di jeans blu.
«Ciao.» disse Magnus, e si sporse per baciarlo, ma Alec si scostò.
«Ciao.» rispose, mettendogli una mano sulla spalla e avviandosi verso la cucina.
Magnus rimase confuso a questa reazione, ma pensò che fosse dovuto al fatto che Alec era stato in coma per un mese.
Scrollò le spalle, e fece buon viso a cattivo gioco. Raggiunse il ragazzo al tavolo. Mangiarono agnello con prugne e per dolce una coppa di gelato al cioccolato.
Alec si limitò a grugnire e a dire qualche misera parola in risposta alle domande di Magnus.
«Alexander, vuoi dirmi cosa diavolo sta succedendo?» esplose.
Alec sospirò e scosse la testa, come se si fosse aspettato quella reazione, e si stesse chiedendo solo quando sarebbe arrivata.
«Dobbiamo parlare. Di noi.»
Quelle parole furono una doccia fredda per Magnus. Era convinto che la loro relazione andasse a gonfie vele. Cavolo, Alec si era quasi trasferito da lui!
Annuì silenziosamente, troppo shockato per parlare, e condusse Alec nel piccolo salone, dove si accomodarono uno di fronte all’altro sul divanetto di pelle rosso e nero.
«Avanti.» lo incoraggiò. «Strappa il cerotto. Tutto in una volta.»
Alec espirò. «Nonpossopiùstareconte.»
«Non così veloce.» tentò di scherzare Magnus, ma il suo sorriso voleva solo nascondere l’angoscia che provava. In realtà aveva capito benissimo le parole, ma non voleva crederci.
Voleva credere di aver sentito male.
«Non posso più stare con te.»
Non credeva che sarebbe successo, eppure era così. Si accorse solo in quel momento di avere gli occhi lucidi e le guance bagnate. «Non puoi o non vuoi?» gridò Magnus, in preda al panico, lasciando che una lacrima colasse lungo la guancia.
Alec allungò una mano per asciugarla, ma Magnus si ritrasse.
«Ho passato l’inferno in questo mese, e non vedevo l’ora di trascorrere un po’ di tempo con il mio fidanzato! Ma lui mi molla e ora è solo il mio ex fidanzato?!»
«Magnus, ascoltami. E’ proprio per questo che faccio quello che sto facendo. La mia vita sarà sempre così. Sono peggiorato. E non voglio che tu soffra a causa mia. Perché ci tengo troppo a te. Sei troppo importante. Sei tutto per me. E ti meriti di essere felice. Ma non» disse Alec alzando un dito e impedendo a Magnus di interromperlo. «non con me.»
«Ma non voglio essere felice con un qualcuno qualsiasi. Voglio essere felice con te.»
«Magnus!» stavolta fu Alec a gridare. «Sono una granata!* Un giorno esploderò, e non voglio farti male.»
«Non mi allontanerai da te. Io non mi arrenderò.»
Alec sorrise malinconico.
«E’ una delle tante cose che amo di te.» mormorò, e lasciò che una lacrima scorresse lungo la sua guancia.
Lasciò un leggero bacio sulle labbra di Magnus, un lieve contatto, che però provocò dei brividi in tutto il corpo di Magnus.
Poi si alzò e si diresse verso la porta. «Aku cinta kamu.» disse, prima di lasciare definitivamente l’appartamento.

Magnus capì cosa aveva detto. Scoppiò a piangere, singhiozzando sul divano come un bambino. Alec se n’era andato. Ma Alec glielo aveva detto.
«Ti amo.»
 
 
Nota d’autrice:
ç_ç non uccidetemi. Dopo aver visto Colpa delle Stelle la mia mente sadica ha deciso di fare una scena “sono una granata”*, battuta tratta dal libro. Il capitolo è piuttosto breve perché alla fine ero in lacrime. Questa storia sarebbe dovuta finire a questo capitolo, ma ho deciso di allungarla perché mi ha presa troppo. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non mi odiate troppo. Aggiornerò solo di venerdì/sabato perché ho cominciato il liceo classico :/
Abbiamo anche un banner da adesso! Realizzato dalla gentilissima three blind mice :3
--
Ringrazio tutti quelli che leggono questa storia, per quanto angst sia. <3
Ringrazio Marty060201, Flame Drago del Fuoco, _DarkCalypso_, stella13, mrslightwood, Ari Youngstairs e DawnArisu12, per le recensioni allo scorso capitolo *O*, che spero di trovare anche al prossimo, perché mi fanno davvero, davvero tanto piacere <3
 
Alla prossima,
_F i r e_

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Capitolo 10
*** Capitolo 9. ***


Dedico questo capitolo a stella13 e Marty060201, che mi ritrovo
praticamente dovunque. Che cucciole che siete <3

 
Capitolo 9.
we’d stay up and drink through the night

 
 
Da Magnus, 23:27
Ciao Alec.
Da Magnus, 23:28
Alec, parlami.
Da Magnus, 23:28
Alexander, tenermi a distanza non farà diminuire quello che provo per te.
 
Alec chiuse gli occhi, sospirò e sorseggiò stancamente una cola.
Lui e Magnus si erano lasciati una settimana prima, e Magnus continuava a chiamarlo e a mandargli messaggi. Aveva chiesto a Isabelle di impedirgli di entrare in casa e, nonostante lei avesse protestato dicendo che “era una cosa egoista e meschina”, poi aveva accettato.
Alec credeva che sì, forse Izzy aveva ragione. Ma anche se Magnus lo amava questo non avrebbe diminuito la sua sofferenza quando sarebbe morto. Una sofferenza che gli voleva risparmiare; provocandogliene però un’altra. 
Il dolore della rottura p sarebbe passato, e Magnus sarebbe andato avanti, lasciandosi alle spalle un ragazzo che non poteva offrirgli una vita lunga, una presenza costante. Soprattutto ora che stava peggiorando. Sarebbe potuto morire anche il giorno dopo, per quanto ne sapeva.
E Magnus si meritava di meglio.
 Alec si sentiva mancare una parte di se’. Passava le sue giornate buttato a letto e non parlava con nessuno.
Jace aveva provato a entrare, e si era beccato una cuscinata in testa.
A volte gli veniva l’impulso di mandare al diavolo tutte quelle precauzioni, le distanze che stava prendendo, e di correre da Magnus.
Ma poi si ricordava che sarebbe potuto morire anche il giorno seguente. Che non voleva condannare Magnus a stare con una persona che sarà per sempre malata, che potrebbe morirti tra le braccia, nel letto accanto a te, mentre mangiate un gelato…il cui respiro potrebbe essere l’ultimo in ogni momento.
Nonostante il ragazzo gli aveva detto chiaramente che non gli importava, Alec doveva tenere uniti i pezzi di se’ e andare avanti.
Prendeva le medicine, guardava la tv, leggeva, giocava ai videogiochi, mangiava, faceva i controlli all’ospedale, dormiva, scambiava frasi quando necessario con il resto della famiglia.
Pensò di star diventando un’automa. Aveva una routine spaventosamente noiosa, nella quale mancavano un po’ di pazzia e glitter.
Ma la sola persona che poteva darglieli, era la sola persona che non poteva avere.
Alec si sentiva in colpa per quello che stava facendo a Magnus.
Anche lui stava così, ma doveva farsi forza. Era finita.
Fine.
Se c’era qualcosa che aveva creduto infinito, era l’amore che provava per Magnus. Eppure l’aveva lasciato. Rilesse gli sms appena ricevuti con aria malinconica e proprio mentre si apprestava a spegnere il telefono e ignorarli, come aveva fatto con tutti quelli precedenti, ne arrivò un altro.

Da Magnus, 23:40
Potremmo almeno essere amici (?)

Alec pensò che Magnus non si sarebbe mai accontentato, ma forse alla fine entrambi avrebbero accettato la realtà. E poi, in questo modo avrebbero sofferto di meno.

Da Alec, 23:41
Si…si potrebbe fare, se per te è okay.

Scrisse, tenendosi più freddo possibile.
Il messaggio arrivò subito dopo.

Da Magnus, 23:41
Okay.
Da Alec, 23:41
Okay.
Da Magnus, 23:42
Smettila di flirtare con me!

Alec rise, per la prima volta da settimane. Un minuto di sms con Magnus gli aveva già risollevato il morale e alleggerito il cuore. Possibile?

Da Magnus, 23:43
Se non sei morto per la sensualità che il mio messaggio sprizzava da tutti i pori, ti va se ci vediamo domani?

Come correva il ragazzo. Allora aveva davvero sentito la sua mancanza. Alec sorrise al pensiero. Nessuno si era mai dato tanta pena per lui.

Da Alec, 23:43
A Central Park va bene?

Alec aspettò un po’, perché la risposta non arrivava. Temette che Magnus avesse altri impegni, magari con un altro ragazzo, che si fosse dimenticato di lui, e che volesse sul serio che fossero solo amici.

Da Magnus, 23:46
Scusa, Chairman aveva fame. Comunque va bene :*

Alec buttò fuori il fiato, accorgendosi solo in quel momento di averlo trattenuto. Magnus gli aveva mandato un bacio. Era una cosa da amici, no? Certo che sì.
«Come no Alec, il tuo ex che ti ama ancora ti manda un bacio da “amico”» pensò, e alzò gli occhi al cielo.
Magnus voleva riconquistarlo forse?
Alec sapeva che sarebbe bastata anche solo una sua parola per fargli tremare le ginocchia come se fossero di gelatina. Un solo sguardo per fargli accelerare il battito cardiaco. Un solo tocco per fargli bruciare la pelle.

Da Alec, 23:50
A domani, allora.

Ormai si era messo in gioco e non poteva tirarsi indietro.

Da Magnus, 23:51
Aspetterò con ansia. Ciao, Alec.

Ansia. Esattamente quello che provava lui ora.

Da Alec, 23:51
Ciao, Magnus.

Spense il cellulare e scese in cucina per prendersi uno spuntino.
«Guarda chi si vede! Allora non ti nutri dell’imbottitura dei cuscini!» disse Isabelle.
Alec la guardò alzando un sopracciglio.
«Era una battuta?»
«Una scommessa, in realtà.» si intromise Jace. «Non mangi da ieri e avevo detto a Isabelle che ti nutrivi di quello che c’era nella tua stanza. Lei però ha detto che prima o poi saresti sceso. E abbiamo scommesso.»
«E mi devi cinque dollari!» gli ricordò Izzy. «Comunque» riprese poi, rivolta all’altro fratello. «A cosa dobbiamo questa visita che ricorda quasi un miracolo
«Avevo fame.» rispose Alec scrollando le spalle.
«Ho fatto la zuppa!» esordì lei.
«Take away?» domandò Jace.
«Take away.» acconsentì lui.
Isabelle roteò gli occhi e telefonò al ristorante cinese, leggermente offesa.
«Allora…» disse, sedendosi al tavolo con Alec e Jace. «Sei tornato con Magnus?»
Ad Alec andò di traverso un pezzo di involtino primavera. «Cosa? No! Siamo solo amici. Domani ci vedremo. Da amici.»
«Che tipo di amici?» disse Jace con sguardo malizioso e un sorriso maligno sulle labbra.
Alec lo colpì con una bacchetta.
Isabelle ridacchiò. 
«Vado a mangiare in camera, lontano da voi scocciatori maniaci.» disse, fingendosi arrabbiato, ma il sorriso che aveva sulle labbra lo tradì.
«Ti vogliamo bene anche noi!» risposero in coro i fratelli.
Alec sbuffò e li salutò con un gesto della mano, prima di risalire in camera sua.
Il telefono stava vibrando.
Trovò quattro messaggi da Magnus.

Da Magnus, 23:58
Non ho niente da mettere per Central Park.
Da Magnus, 23:58
Ho cambiato idea.
Da Magnus, 23:59
Facciamo così: vieni a Brooklyn e ti porto in giro.
Da Magnus, 00:00
Da amici, ovviamente.

Alec rise, ma decise di stare al gioco.

Da Alec, 00:01
Tutto quello che vuoi. A domani.
Da Magnus, 00:01
Tutto, eh? Vabbè, ciao Alec, buonanotte.

Alec sapeva che voleva dire quel “Tutto, eh?”
Perché se Magnus avesse potuto avere “tutto quello che voleva” Alec sarebbe stato a uno dei primi posti della lista, insieme a glitter e vestiti nuovi.
Un privilegio per chiunque.
Ma lui si era cancellato da quella lista.

Da Alec, 00:03
Buonanotte.

Spense definitivamente il telefono e si sistemò sul letto, finendo la cena mentre guardava la tv.
Poi si addormentò, sognando Magnus, steso sul divano, le gambe lunghe che sporgevano fuori, vestito di uno dei completi splendidi che aveva imparato ad amare, con i capelli pieni di gel e glitter, un trucco perfetto, mentre sgranocchiava un pacchetto di patatine e gli diceva che lo amava.
Purtroppo, non poteva saperlo, la sua immaginazione era ben diversa dalla realtà.
 
§
 
Magnus stava rannicchiato, con le ginocchia giunte al petto, contro il muro del suo appartamento, con in mano il cellulare.
Mentre chattava con Alec, grattava con il pollice la cover glitterata.
Quando ebbero finito, spense il telefono e lo gettò in malo modo sul divano.
Era infuriato.
Come poteva Alec solo pensare che gli sarebbe andato bene essere solo amici?
Non si sarebbe arreso. Era solo una scusa per vederlo.
Da quando si erano lasciati, Magnus aveva provato ad andare avanti con la sua vita, continuare a vestirsi bene, truccarsi, pensare al gatto, andare all’ospedale…ma ogni cosa che vedeva, ogni cosa gli ricordava Alec.
Di notte non riusciva a dormire, perché il letto era troppo vuoto.
Magnus sapeva che Alec lo aveva lasciato “per il suo bene”, ma era stato, più che premuroso, egoista da parte sua.
Perché gli aveva già dimostrato quanto lo amasse: tanto.
E quanto invece gli importasse che Alec sarebbe morto: niente.
Ma forse Alec aveva pensato chissà cosa…e ora lui soffriva.
Dio, se soffriva.
Provava una solitudine così forte da perforargli l’anima e ogni battito del cuore. Odiava il sole perché sorgeva, costringendolo a vivere un’altra giornata di dolore.
Gli squillò il cellulare.
«Pronto» disse stancamente.
«Ciao Mag.» disse Tessa.
Tessa era la sua migliore amica, avevano condiviso esperienza belle e brutte. Lei aveva perso il suo ragazzo, Will, in un incidente d’auto e aveva pianto tra le sue braccia.
Magnus pensava che non si potesse capire un senso di perdita così forte.
Ma se avesse perso Alec, avrebbe capito.
E forse, in quel momento, un po’ capiva la scelta di Alec.
«Ciao Tessa. Sai che ti voglio bene, ma non mi va di parlare.»
«Racconta.»
Magnus sospirò e cominciò la storia dall’inizio.
«Ma mi vedrò con lui domani.» concluse. Non c’era bisogno di specificare il “lui”, durante tutta la storia ce n’era stato solo uno.
«Spero che vada tutto bene.»
«Lo spero anch’io. Ora devo andare. Ciao Tess.»
«Ciao Magnus.»
Riattaccò e si stese sul divano, facendo zapping in tv.
Si addormentò lì, sognando di un ragazzo con gli occhi azzurri e le guance rosse.
Un ragazzo che avrebbe presto riavuto.
A tutti i costi.
 
Nota d’autrice:
Ciao :3
Questo capitolo è lunghetto,(perché ho cominciato greco e non aggionerò prestissimo) e spero abbia risposto a molte di voi che dicevano che Alec non si sarebbe comportato così. Spero anche che vi sia piaciuto, perché ne sono abbastanza soddisfatta u.u
Ah, i messaggi “okay?” “okay” e “smettila di flirtare con me”, sono battute tratte da “Colpa delle Stelle”
Ringrazio tutti quelli che leggono <3
Ringrazio stella13, Flame Drago del Fuoco, Life before his eyes, Marty060201, _DarkCalypso_, The_shipper_number1, mrslightwood e Ari Youngstairs per le recensioni allo scorso capitolo. Siete fantastiche ragazze. <3
Ringrazio anche
three blind mice  per il banner <3
Alla prossima,
_ F i r e_

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Capitolo 11
*** Capitolo 10. ***


Dedico questo capitolo a
Greta, Alice e Arianna,
(GretaCrazyWriter, Life before his eyes e
Ari Youngstairs),
tre ragazze fantastiche che ho
avuto il piacere di conoscere
di recente <3
 
Capitolo 10.
Laying on the roof, I put my hans on you
 
 
Erano circa quindici minuti che Magnus camminava avanti e indietro nel suo appartamento, imprecando a gran voce, tanto che Chairman Meow si era rifugiato sotto i cuscini del divano.
Alec gli aveva mandato un messaggio, esattamente quindici minuti prima, e dal quel momento Magnus non ci aveva visto più dalla rabbia.
“Scusami Magnus, oggi non posso. Facciamo la settimana prossima?” diceva il messaggio.
«Oh certo.» pensò Magnus. «Ho segnato questo giorno sul calendario, fatto il conto alla rovescia, ma non mi dispiace mica aspettare altri sette lunghi giorni.»
Invece, scrisse solo “okay.”
Il suo cellulare ora stava spento, chiuso in un cassetto.
Magnus tirò un respiro profondo, cercando di calmarsi.
Prenotò un appuntamento dall’estetista, e si dedicò ad una bella giornata di shopping.
Avrebbe trascorso quei giorni di agonia nel modo più piacevole possibile, cercando di dimenticarsi di Alec.
Purtroppo, dimenticarsi di lui era semplicemente impossibile.
Si chiese perché fosse così, dopotutto prima di un paio di mesi Alec non faceva parte della sua vita, e lui stava, tutto sommato, bene.
Pensò al Magnus giovane, quello che era stato prima della morte della madre, e a com’era cambiato.
Perché nulla ci spinge a cambiare più della vergogna per ciò che siamo.
Anche Alec l’aveva cambiato; l’aveva reso un uomo migliore di quanto sarebbe mai stato.
Alec, con i suoi occhi azzurri, il suo rossore sulle guance, la terribile malattia che tormentava la bellissima persona che era…
Non si era mai interrogato su quella malattia. Magari avrebbe potuto parlarne ad Alec, un giorno.
C’erano tante cose di cui dovevano parlare.
Certo, Magnus non vedeva l’ora di vederlo, toccarlo, baciarlo…ma c’erano tante cose che dovevano chiarire.
Lui era stato davvero male, e sapeva per certo che Alec non doveva passarsela tanto meglio. Non avrebbe dovuto fare mai più una cosa simile, o Magnus sarebbe morto sul colpo.
Chiuse gli occhi, mentre gli facevano una maschera facciale, fantasticando su grandi occhi blu.
 
§
 
 
-una settimana dopo-
 
Magnus si diede un’ultima occhiata allo specchio, passandosi una mano tra i capelli.
Questi ultimi erano lasciati piuttosto naturali, con solo un po’ di glitter; un ciuffo ricadeva sull’occhio decorato con una sottile striscia di eye-liner nero.
Indossava un attillato pantalone di pelle scuro, con rifiniture argentate ai lati e sulle tasche; sopra indossava una felpa bianca e rossa, piuttosto pesante, adatta al clima freddo di Brooklyn.
In più, come tocco di classe, indossava il regalo di mesiversario di Alec: converse glitterate.
Non poteva sapere che Alec avrebbe indossato il suo regalo: un maglione azzurrino, che mise sui soliti jeans.
Sembrava stanco, con i capelli disordinati e gli occhi azzurri tristi.
«Ciao.» disse Magnus.
«Ciao.» rispose Alec, abbozzando un sorriso.
Aveva le guance leggermente rosse, e si grattò il capo per l’imbarazzo.
Com’era possibile che sono due settimane prima erano così intimi e ora sembravano quasi sconosciuti?
«Ehm…che si fa?»
«Andiamo a mangiare qualcosa?»
«Okay.»
Magnus annuì silenziosamente, prese la giacca nera e si avviò fuori dalla porta, seguito da Alec.
Un paio di minuti dopo arrivarono in un ristorante italiano di Brooklyn.
Si sedettero a piccolo tavolino per due, con una tovaglia rossa.
Magnus ordinò due pizze margherite.
Giocherellava con la forchetta sul tavolo, non trovando di cosa parlare ad Alec, che intanto si torturava le mani e continuava a mordersi adorabilmente il labbro inferiore.
«Smettila.»
Alec lo guardò negli occhi, forse per la prima volta durante la serata.
«Di fare cosa?»
«Morderti il labbro. Sei adorabile.»
Alec si fece di un colorito rosso.
Non si morse il labbro per un po’, poi riprese.
Magnus non poteva farci niente.
«Come ti senti?» gli chiese Alec, rompendo quell’imbarazzante e fastidioso silenzio.
Quella domanda però irritò terribilmente Magnus. «Hai mai provato una solitudine così forte da perforarti l'anima e ogni battito del cuore? Hai mai odiato il sole perché sorge e ti costringe a vivere un'altra giornata di dolore?» domandò teso. «Ecco come mi sento.»
Alec abbassò lo sguardo, ma in realtà sapeva come si sentiva Magnus. Esattamente come lui. «M-mi dispiace. Io non volevo.»
Una flebile risatina, ghiacciata, uscì dalle labbra di Magnus. «Ma» disse, cercando di controllare la rabbia, gli occhi verdi-dorati che lanciavano scintille. «è così.»
Prima che Alec potesse ribattere, il cameriere gli portò le pizze.
Alec ne tagliò uno spicchio, ma si macchiò di salsa.
Magnus sorrise, si allungò sopra il tavolo e gli pulì la guancia con il tovagliolo. Alec rimase di un colorito rosso, ma non per la salsa, e un timido sorrisino fece capolino sul suo volto.
«Prendetevi una camera.» gli disse un ragazzo dai capelli biondi, quasi bianchi, e gli occhi neri come la pece.
Alec arrossì e sbiancò allo stesso tempo, se possibile.
Magnus strinse i pugni. «E’ un modo per dire che ti piacerebbe venire con noi?» rispose, calmo.
«Dai Sebastian, andiamo!» gli gridarono due ragazze da un tavolo poco lontano.
«Froci.» disse Sebastian, sputando fuori quella parola come se fosse veleno.
Magnus si alzò, sbattendo i pugni sul legno del tavolo.
«Quello è mogano!» gridò una donna abbondantemente truccata e con dei capelli ridicoli da dietro il bancone.
«Come hai detto, prego?»
«F-r-o-c-i.» scandì Sebastian, con un sorriso beffardo.
Fu questione di un secondo.
Il ragazzo sanguinava dal naso, le nocche della mano destra di Magnus erano sporche di sangue.
«Come ti permetti…»
Sebastian provò a sferrare un pugno ma Magnus lo schivò.
Il ragazzo allora fece un fischio, e arrivarono due bestioni dietro di lui.
«E’ tutto vostro.» concluse Sebastian, indicando Magnus ai due “amici”, e sputò ai suoi piedi.
Magnus non era un codardo, ma neanche uno stupido.
Afferrò Alec per la manica e sfrecciarono fuori da locale.
I due gli stavano alle calcagna.
Alla fine, Magnus lo spinse in un vicolo buio, riparandosi dagli altri ragazzi.
Alec aveva il fiatone, perché i suoi polmoni non erano dei migliori.
«E’ andata» disse, prendendo fiato. «piuttosto bene, no?»
Si guardarono per un secondo e poi Magnus gettò la testa all’indietro, scoppiando a ridere, seguito a ruota da Alec.
Poi, quella risata venne troncata all’improvviso.
I ragazzi di prima si stavano riavvicinando.
A quel punto, non avevano via di scampo.
A meno che…
Magnus salì su un cassonetto della spazzatura, saltando poi sul tetto del locale.
Alec lo guardava con gli occhi sgranati.
«Magnus, non credo di poter...» disse Alec, ancora senza fiato.
«Non ti lascerò cadere. Ti fidi di me
Alec non rispose; si limitò a stringere la mano che Magnus gli tendeva.
Si tirò su, arrampicandosi sul tetto, e si sedette vicino a lui, in silenzio.
I due non li trovarono nel vialetto, e rinunciarono all’impresa.
Alec rilasciò il respiro che aveva trattenuto, avvicinandosi a Magnus.
Quest’ultimo rabbrividì.
Era da due lunghe settimane che non si avvicinava ad Alec, e ora il suo tocco gli faceva quasi dimenticare il suo nome.
«Magnus…» disse Alec, con una voce così dolce che Magnus si sentì svenire.
«S-sì?»
«Se ne sono andati. Ce l’abbiamo fatta.»
Magnus sorrise. «Avevi dubbi?»
Alec rise piano.
«Forse non è la serata che ti aspettavi…»
«No, va bene.» rispose Alec, poggiando una mano sulla sua.
Arrossì lievemente, ma non la spostò.
Magnus dubitava fosse una cosa amichevole.
«Mi manca questo.» disse Magnus, sospirando.
«Ti ho già detto il perché.»
«Si ma perché a noi? Perché noi non possiamo essere felici?» gridò Magnus esasperato, mentre gli occhi si riempivano di lacrime.
«Non si chiede il permesso per nascere e non si cerca una ragione nella morte.» rispose Alec, serio, nascondendo il dolore che provava dentro.
«Ma tu non sei morto!»
«Magnus…»
Ma Magnus si rifiutava si ascoltare altre scuse.
«Io ti amo Alec!»
«No, no. Stare con me sarebbe una cosa troppo grande da sopportare.»
«Non decidere tu cosa è troppo per me.»
La luce si rifletteva negli occhi chiari di Alec, nei quali era visibile la battaglia che infuriava dentro di lui.
Una parte gli diceva di tornare da Magnus, l’altra gli diceva che non doveva.
Ma a quale avrebbe dato retta, mentre il suo volto si avvicinava pericolosamente a quello di Magnus?
 
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Nota d’autrice:
Eccomi qua, precisamente di venerdì.
Ho fatto i salti mortali per riuscirci, ma spero che ne sia valsa la pena u.u
Questo capitolo è pieno di citazioni, da Hunger Games ad Aladin xD
In realtà la fine doveva essere completamente diversa, tutto si sarebbe dovuto risolvere, ma ho deciso di non rendere le cose troppo facili ai nostri protagonisti. Che succederà nel prossimo capitolo? Spero di avervi incuriosito e soddisfatto con questo nuovo capitolo
Cercherò di aggiornare con regolarità il venerdì, ma se durante la settimana mi accorgo di avere un po’ più di tempo libero un giorno diverso dal venerdì, pubblicherò allora, ma sarete avvertite^^
Ringrazio tutti quelli che leggono <3
Ringrazio Flame Drago del Fuoco, Marty060201, Malandrina95,  stella13,  _DarkCalypso_,  The_shipper_number1, mrslightwood, Life before his eyes e Ari Youngstairs per le recensioni allo scorso capitolo <3 ve se ama hhah <3
Alla prossima!
_F i r e_

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Capitolo 12
*** Capitolo 11. ***




Capitolo 11.
You said our love will never die

 
 
Alec era ormai a due millimetri di distanza dal viso di Magnus; poteva sentire il battito del suo cuore, il suo profumo di sandalo. Eppure, non sentiva il suo respiro.
Lo stava trattenendo.
Magnus, dal suo canto, sentiva il calore del respiro di Alec sul collo. Non riusciva a muovere neanche un centimetro del suo corpo, era come paralizzato, in attesa di un suo movimento.
Dentro di sé pregava che si avvicinasse ancora un po’, annientando la distanza che li separava e lo baciasse. Ma la sua mente gli diceva che doveva notare il leggero tremolio delle mani di Alec, i suoi occhi preoccupati.
Però Magnus era troppo distratto. Distratto dalla vicinanza di Alec, dopo tutto quel tempo che erano stati lontani.
Era quasi… piacevole.
«Magnus.» disse Alec, piano.
Un sussurro, un flebile movimento di labbra.
Una cosa quasi insignificante, ma non per Magnus, non in quel momento.
Si chiese come fosse possibile che ogni cosa fosse diversa quando c’era Alec.
La sua vicinanza e la sua voce erano come fuoco vivo.
Un fruscio.
Alec si era avvicinato ancora di più.
Specchiò i suoi occhi azzurri in quelli verde-dorati di Magnus, e in quel momento, lui poté vedere.
Capì quello che sarebbe successo.
«Non…non posso.» sussurrò Alec al suo orecchio con voce tremante.
Magnus rimase in silenzio, non sapendo bene che dire.
Alec lo guardò, e Magnus realizzò che sarebbe potuta essere l’ultima volta che l’avrebbe visto.
Lo guardò negli occhi, più spenti del solito, e poi lo osservò scivolare giù dal tetto e andare via, molto probabilmente per sempre.
Lui rimase lì, interdetto.
L’aria fredda gli gelava le braccia, ma non gli importava, perché il suo cuore era ancora più freddo.
Ci aveva costruito intorno un muro, dopo la morte di sua madre. Solo Alec era riuscito a scalarlo. Aveva conquistato il suo cuore e poi…e poi era uscito, così com’era entrato.
Gli squillò il cellulare.

Da Alec, 21:01
Te l’avevo detto che ti avrei spezzato il cuore.
 

 
§
 
Alec era corso via così velocemente da non sembrare se stesso.
Aveva gettato all’aria la cosa più bella che avesse mai avuto.
Non sarebbe mai più riuscito a rivedere Magnus, ne’ come amico ne’ come altro.
Non sarebbe mai più riuscito a parlare con Magnus.
Non l’avrebbe mai più baciato. 
Non sarebbe riuscito a guardare mai più Magnus negli occhi, dopo averci letto dentro quella malinconia, quella disperazione e quella rabbia.
Ed era tutta colpa sua.
Gli aveva spezzato il cuore. E anche il suo si era spezzato, nel momento in cui aveva detto addio.
Non proprio a parole, ma l’aveva fatto.
Allontanandosi dal volto di Magnus, nonostante volesse solo avvicinarsi; scendendo da quel tetto, nonostante volesse solo tornarci, tornare da lui. Andando via.
Era entrato a casa sua, filando dritto nella sua camera.

Da Magnus, 21:02
E’ ironico, non credi?
 
Cosa c’era di ironico in quella situazione? Alec la avrebbe definita disperata piuttosto.
 
Da Alec, 21:02
Cosa?
 
Scrisse subito dopo, sinceramente curioso e confuso.
 
Da Magnus, 21:03
I tuoi tentativi sono vani. Sono ancora fottutamente innamorato di te.

Alec spense il cellulare e si sedette sul letto, prendendosi la testa fra le mani.
Perché doveva essere tutto così difficile?
Alec non avrebbe resistito ancora per molto lontano da Magnus.
Non voleva farlo soffrire con la sua –inevitabile- morte, ma forse, ripensandoci, così era peggio per tutti e due…
Ma forse, avrebbe dovuto far decidere a Magnus. Ma forse, anzi, sicuramente, aveva sbagliato tutto.
Uscì dalla stanza, con quelle parole che ancora gli risuonavano nella testa. Aveva bisogno di riflettere.
Attraversando il corridoio, sentì dei rumorosi singhiozzi provenienti dalla stanza di Isabelle.
Bussò piano, ed entrò.
Sua sorella era distesa a pancia sotto sul letto, con la testa affondata nel cuscino bagnato, forse per placare il rumore del pianto, che però si sentiva benissimo comunque.
I lunghi capelli erano sciolti e spettinati.
«Isabelle?» la chiamò piano Alec.
Le sue spalle, che stavano tremando, si raddrizzarono immediatamente.
Si alzò. «Sì?» riuscì a dire, cercando di mantenere il controllo, ma non appena si voltò verso Alec, lui capì che non avrebbe resistito a lungo.
«Non devi fingere con me, Izzy.»
«Oh Dio, Alec.» mormorò lei, prima di gettarsi tra le sue braccia e scoppiare a piangere.
Isabelle non mostrava mai il suo lato più fragile, ma lei e Alec si confidavano tutto e si conoscevano troppo bene; fingere sarebbe stato un insulto al loro rapporto.
Le accarezzò piano i capelli, del medesimo colore dei suoi.
«Vuoi dirmi cosa è successo?» chiese piano.
«Ho litigato con Simon.» rispose, tirando su col naso, e sedendosi sul letto di fronte a lui.
«A me sembrava andasse tutto bene…»
«Anche a me!» esplose lei. «Non so cosa fare…»
«Provate a chiarire. Eravate… carini insieme, ecco.»
«Alec, non lo so. Forse non era destino...»
«Ma Isabelle, non essere stupida! Se tu lo ami e lui ti ama…»
«Be’, Alec, se tu lo ami e lui ti ama» disse, facendogli il verso. «Perché non ti rimetti con Magnus?»
Alec parve offeso. «Sono due cose completamente diverse! Io spezzerei il cuore a Magnus, se mi rimettessi con lui…soffrirebbe per colpa mia…»
«E non è quello che sta succedendo ora? I cuori si infrangono, Alec. E non ritornano mai come prima. Non puoi impedirlo. Ma puoi rallentare il momento in cui avverrà. Stai con Magnus fino alla fine.»
Alec ci pensò su.
«Okay. Io parlerò con Magnus, e tu parlerai con Simon.» propose a Isabelle.
«Ci sto.»
 
§
 
Magnus stava seduto al tavolo di legno ricoperto di vetro.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, mentre grattava via lo smalto blu scuro dalle dita.
Il gelato davanti a lui si era ormai quasi sciolto del tutto.
Era troppo preso dai suoi pensieri.
«Non è giusto!» gridò, rivolto a nessuno in particolare.
Chairman Meow scappò spaventato nell’altra stanza.
«Perché, perché, perché…»
Una lacrima scese piano sul suo volto.
Poggiò i gomiti sul tavolo e si prese la testa fra le mani
«Io ti amo, Alec, ti amo…non mi importa di nient’altro-» si interruppe bruscamente.
Qualcuno era entrato in casa.
Distrattamente, e stupidamente –avrebbe detto Alec-, non aveva chiuso la porta.
Si alzò, asciugandosi gli occhi per avere una vista più chiara.
Arrivò nell’ingresso e…la sua bocca di spalancò in un’espressione di puro stupore.
Davanti a lui c’era una figura familiare.  Una figura che indossava ancora i vestiti di qualche ora prima.
Alec.
Il ragazzo deglutì. Si guardava intorno, come se così potesse ricevere l’illuminazione e parlare.
Magnus era ancora immobile al suo posto.
Cosa ci faceva Alec lì? Voleva rigirare il coltello nella piaga?
Si avvicinò, fino a trovarsi a pochi centimetri da Magnus. Quella scena gli ricordò terribilmente quella del tetto, e non voleva che finisse allo stesso modo.
«Cosa vuoi?» gli chiese, allontanandosi.
«Mi dispiace.»
«Per cosa?» rispose lui sarcastico. «Per avermi lasciato? Per avermi illuso? Per avermi spezzato il cuore?»
Alec abbassò lo sguardo, mortificato. «Sì. Anche.»
«Anche
«Io morirò, Magnus.» A quelle parole, il ragazzo rabbrividì. «Ma il nostro amore, quello non morirà mai. E mi dispiace di averci messo così tanto tempo a capirlo. E se tu ora non vuoi più stare con me…io lo capisco. Volevo solo dirti questo.»
Magnus non rispose. Rimase per un momento fermo, a riflettere su quelle parole. Finalmente Alec aveva capito quello che lui aveva sempre saputo.
Due anime destinate a stare insieme non posso stare lontane per troppo tempo
Alec dischiuse le labbra e fece per parlare, ma poi si fermò e chiuse gli occhi.
Alzò lo sguardo su Magnus, ma vedendolo immobile ritornò verso la porta.
Venne spinto con la schiena contro il muro.
Magnus appoggiò la fronte contro la sua.
I loro respiri si fondevano.
«Pensi davvero quello che hai detto?» sussurrò.
«Sì.» rispose Alec, a corto di fiato, mantenendo lo sguardo sulle labbra di Magnus. «Avrei dovuto baciarti. Prima, intendo.»
«Già, avresti dovuto.» rispose Magnus, ripensando al dolore di quelle ore. «Ma possiamo rimediare adesso.» aggiunse piano, prima di poggiare le labbra su quelle di Alec.
Le mani di Alec si allacciarono dietro il collo di Magnus, e si aggrappò a lui, come se fosse la sua ancora di salvezza.
Magnus attirò Alec a se’, stringendogli i fianchi.
Alec si lasciò sfuggire un gemito.
Era bellissimo, pensò Magnus, con i capelli arruffati, gli occhi lucidi e le labbra rosse per i baci.
«Ti amo.» disse Magnus.
«Ti amo anch’io.»
 
 
 
 
Nota d’autrice:
Ciao a tutti :3
Prima di tutto, vorrei scusarmi per questo capitolo orrendo. Ho tentato di riscriverlo, ma non mi usciva meglio così. L’ho postato e ora quel che fatto è fatto. L’ho preso in odio, davvero, nonostante doveva essere uno dei capitoli “clou” della storia, in quando vediamo la riappacificazione Malec. Ma non sarà così facile.

Piccolo spoiler dal prossimo capitolo:
«Non possiamo andare avanti così, Alec. Se non mi parli, non so come aiutarti.»
«E' questo il problema! Non puoi aiutarmi!»

Ringrazio tutti quelli che hanno letto e che recensiranno, anche solo per una critica.
Ringrazio Marty060201, Chesy, Malandrina95, ESTchaviskij, _DarkCalypso_, GretaCrazyWriter, Ari Youngstairs, Life before his eyes, Flame Drago del Fuoco, stella13, stardust312 e mrslightwood_, grazie alle quali lo sc orso capitolo ha avuto ben 12 recensioni! Sono troppo felice, grazie, grazie, grazie <3

Alla prossima,
_F i r e_
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12. ***




Capitolo 12.
S
hut the door and turn the lights off
and put up your dukes tonight


 
Il bambino è in una stanza completamente bianca.
Steso in un letto troppo grande per la sua piccola figura.
Un urlo squarcia il silenzio.
Il bambino si contorce nel letto.
Un altro urlo, più forte.
Il bambino rimane immobile.
Una ragazza piange.
Il bambino è morto.
 
Isabelle si svegliò di botto, urlando e ansimando.
Aveva gli occhi umidi e il cuore che martellava nel petto.
Si era addormentata con ancora i vestiti addosso, dopo che Alec era uscito dalla sua stanza per andare da Magnus.
Si stropicciò gli occhi, mettendosi seduta.
Era ancora turbata per quel sogno, o meglio, quell’incubo. Ormai era ricorrente, ma ancora non riusciva ad superarlo.
Le immagini erano chiare nella sua mente, fin troppo chiare.
La porta si spalancò all’improvviso: sulla soglia c’era un ragazzo, con il fiatone e gli occhiali che quasi cadevano dal naso. Indossava uno dei soliti jeans, converse e una maglia di D&D.
«Simon?» chiese Isabelle, sorpresa.
Che ci faceva a casa sua?
«Ho sentito un urlo.» spiegò lui imbarazzato, sistemandosi i voluminosi occhiali neri. «Ho pensato ti fossi fatta male…»
«Sto bene.» tagliò corto Isabelle. «Che ci fai tu qui
«Izzy non fare finta di niente. Sai perché sono qui.» 
Lei incrociò le braccia sul petto, mettendo il broncio. «Primo: non chiamarmi Izzy. Secondo: no, non lo so.»
«Quello che è successo ieri era una stupidaggine, Isabelle-»
«Stupidaggine?!» gridò Izzy, alzandosi dal letto con i pugni stretti. «Sono tre giorni che mi dai buca per uscire con Clary. Sono io la tua ragazza, Simon!»
Aveva le guance rosse e gli occhi che brillavano di rabbia.
Simon dovette ammettere che faceva un po’ paura.
«Sì, sei tu la mia fidanzata, Isabelle.» ribadì lui, più calmo del solito.
Le unghie di Isabelle erano ancora conficcate nei palmi delle sue mani.
Un sorriso increspò le labbra di Simon. Cosa aveva da ridere quell’idiota?
«Solo che» continuò, mentre il sorriso si allargava sul suo viso. «tutti pensano che dovremmo “DTR”, definire il tipo di relazione, perciò… volevo chiederti di essere ufficialmente la mia ragazza.»
Isabelle spalancò la bocca. Aprì le mani e cerò di rilassare i muscoli, ma era tesa come le corde della chitarra di Simon.
Deglutì. Aveva la gola secca. «Che vuoi dire?»
«Sei una rubacuori, Isabelle Ligthwood.» Simon tolse dalla giacca una piccola scatolina. «Non voglio chiederti di sposarmi, non preoccuparti.» disse, ridendo della sua espressione. «Ecco cosa facevo con Clary.»
«Simon» mormorò lei a mezza voce, come se avesse perso la capacità di parlare.
«Shh.» Simon si avvicinò. «Vuoi essere ufficialmente la mia ragazza, Isabelle?»
Izzy si lasciò sfuggire una piccola lacrima di gioia e finalmente sorrise. «Sì.»
Simon le prese la mano e le infilò all’anulare un anello d’argento, con un piccolo brillante al centro.
«Ti amo, Simon.» disse Isabelle, poggiandogli le mani sulle spalle.
«Non me l’avevi mai detto prima.» sussurrò lui.
«Ti amo.» ripeté lei, a poca distanza dalle sue labbra.
«Ti amo anch’io, Isabelle.»
Simon la baciò dolcemente, attirandola a se’.
Isabelle infilava le dita tra i suoi riccioli castani, mentre Simon la stringeva sempre di più.
Passarono la giornata, stesi sul letto, semplicemente baciandosi.
Ogni tanto si fermavano, per guardarsi negli occhi. Isabelle diceva a Simon che lo amava più e più volte e lui sorrideva.
Si addormentarono stretti l’uno all’altra, e fu la prima volta che Isabelle non ebbe incubi.
 
§
 
 
Il bambino è in una stanza completamente bianca.
Steso in un letto troppo grande per la sua piccola figura.
Un urlo squarcia il silenzio.
Il bambino si contorce nel letto.
Un altro urlo, più forte.
Il bambino rimane immobile.
Una ragazza piange.
Il bambino è morto.
 
Alec si svegliò di botto, urlando e ansimando.
Quell’incubo non gli veniva frequentemente come alla sorella, ma gli faceva comunque gelare il sangue nelle vene.
«Alec?» lo chiamò Magnus, sbadigliando. Si mise seduto, stropicciandosi gli occhi. «Tutto bene?»
Lui deglutì. «Sì, sì, certo.»
«Alexander, ti prego, non mentirmi.» disse Magnus, con un tono abbastanza freddo.
Si alzò, diretto in cucina, e Alec lo seguì.
Magnus preparò due caffè e li posizionò uno davanti a se’ e uno davanti all’altro ragazzo.
«Cosa hai sognato?» chiese Magnus, calmo.
«Ti ho già detto che non è niente. E’ tutto okay.»
«No Alec, non lo è per niente. Noi dobbiamo parlare.»
Sapevano entrambi che quel momento sarebbe arrivato. La sera prima si erano lasciati prendere dalla gioia di quel momento, e tutto era sembrato così bello che non si erano ricordati di cosa era successo davvero.
«Magnus…» lo supplicò Alec.
Non voleva parlare di quel sogno. Di tutto, ma non di quel sogno.
«Non possiamo andare avanti così, Alec. Se non mi parli, non so come aiutarti.»
«E' questo il problema! Non puoi aiutarmi!» sbottò Alec, gridando, con più rabbia di quanto avesse voluto. Si alzò dalla sedia, e andò a mettersi vicino alla finestra, guardando la pioggia che cadeva sul marciapiede di fronte. «Nessuno può.» disse, sempre con lo sguardo rivolto verso la strada, come se non stesse parlando con Magnus.
Lui però gli si avvicinò comunque, sollevando una mano per poggiarla sulla sua spalla.
Alec continuò a non muoversi e Magnus sospirando fece ricadere il braccio lungo il corpo.
«Magari io posso.» mormorò piano, un po’ spaventato da come Alec avrebbe potuto reagire.
«Mi dispiace.» rispose lui, voltandosi finalmente a guardare Magnus negli occhi.
Dopotutto, ne avevano passate tante, e lui meritava di sapere anche quello.
«Be’…io ho, o meglio, avevo un fratello minore di nome Max. Dato che mio padre era quasi sempre fuori per lavoro, io mi prendevo spesso cura di lui, insieme a Isabelle. Era così dolce, con i riccioli neri, gli occhi grigi e grandi occhiali neri. Adorava i fumetti. Ed è anche per questo che ho aiutato Clary a realizzare quello sugli Shadowhunters. A Max sarebbe piaciuto.» gli si spezzò la voce. «Ma non potrà mai vederlo.»
Magnus aspettò che respirasse profondamente e continuasse.
Capiva quanto era doloroso per Alec parlare di Max, proprio come lo era per lui parlare di sua madre.
«Lui aveva la mia stessa malattia.»
Il cuore di Magnus perse un battito. Ora capiva davvero quanto Alec stesse male.
Suo fratello era morto per la sua stessa malattia.
Magnus si sentì male per lui. «Alec» disse piano. «Non devi continuare, se non vuoi.»
«No, Magnus. Va bene così. Te lo devo.» chiuse gli occhi ma li riaprì di scatto, come se avesse visto un’immagine terrificante.
E, considerato ciò di cui stava parlando, sarebbe stato anche possibile.
«Aveva solo nove anni.» la voce gli uscì più bassa del previsto. «Solo…nove.» disse più forte. «Ne avrà per sempre nove.»
Alec si accasciò sul pavimento, piangendo silenziosamente.
Magnus si inginocchiò accanto a lui. «Ehi, amore, Alec, va tutto bene, va tutto bene, okay?»
Alec tirò su col naso. «No. Dovevo morire io, non lui! Così ora avrebbe la cura e sarebbe potuto crescere…»
Magnus gli asciugò le guance prendendogli il viso tra le mani.
«Non è colpa tua.» gli sussurrò dolcemente.
Come poteva Alec solo pensarlo? A volte quel ragazzo era quasi preoccupante.
Alec gli si strinse contro, come faceva Chairman Meow dopo aver sentito un rumore che lo spaventava.
Magnus lo cinse con le braccia e gli baciò la testa.
Rimasero un po’ in quella posizione, finché i pianti di Alec non si placarono.
Si ricompose e si alzò. «Grazie del supporto.»
«Questo e altro per te.»
«Magnus, so che tu volevi parlare di noi.»
«Alec, per quello c’è tempo…»
Magnus non voleva assolutamente farlo stare peggio così. Dovevano chiarire, era vero, ma Alec aveva già detto abbastanza.
«No. Leviamoci anche questo peso.»
«D’accordo, allora.» disse Magnus.
Poi si rese conto che non sapeva che dire. Aveva pensato tanto a quel momento e ora era tutto sparito dalla sua mente.
«Alec, io vorrei solo che mi promettessi di non fare mai più una cosa del genere. So che hai capito che il nostro amore va oltre la tua malattia. Però tu non puoi capire quanto io ci sia stato male…»
«336.» mormorò Alec.
«Cosa?»
«336.» ripeté Alec. «Siamo stati separati per 366 ore.»
«Hai…hai contato le ore?»
Magnus era sbalordito.
Alec rise. «Ogni ora che passava, mi mancavi sempre di più.»
Magnus fece un sorrisetto dolcissimo. «E’ una cosa…adorabile.»
Si mosse velocemente verso Alec e catturò le sue labbra in un lento bacio.
E in quel momento, Magnus si scordò di tutti i problemi, presenti e futuri.
E in quel momento, tutto sembrò surrealmente perfetto.


 
 
Nota d’autrice:
Il mio Word si è chiuso due volte. Non so come ho fatto a scrivere questo capitolo.
Spero che il capitolo valga l’attesa e vi sia piaciuto, nonostante l’angst, compensato però dalla scena Sizzy.
Ee niente, adesso scappo, perché non so come ho fatto a pubblicare in così poco tempo.
Ringrazio tutti quelli che leggono <3
Ringrazio Marty060201, Life before his eyes, Ari Youngstairs, Flame Draco del Fuoco, mrslightwood, _DarkCalypso_, ESTChaviskij e stella13 per le recensioni allo scorso capitolo <3
Ringrazio in particolare Alice (Life before his eyes) perché mi incoraggia e c’è sempre quando ho bisogno di un consiglio <3
Alla prossima,
_F i r e_

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13. ***


Cioè, io non lo so. Faccio una nota iniziale solo per ringraziarvi e informarvi che sto sclerando malissimo perchè questa storia ha raggiunto le 101 recensioni. Per me è un traguardo enorme, che non mi sarei mai aspettata. Non avete idea di quando vi sia grata e di quanto sia contenta.
 
 
Ci rivediamo giù. Enjoy.
______________________________________________________________________________________________________________________________

 
 
 
 


 
Capitolo 13

Cause this love is getting dangerous,but i need some more tonight
 

Alec si svegliò sbadigliando rumorosamente. 
Per un momento temette che tutto ciò che aveva vissuto nelle ultime settimane –stare con Magnus- fosse un sogno, e che aprendo gli occhi si sarebbe ritrovato in quella squallida stanza d’ospedale, come se non avesse mai conosciuto il ragazzo che gli aveva salvato la vita.
Aprì lentamente gli occhi, e fece un sospiro di sollievo.
Era proprio lì, nell’appartamento di Magnus, più precisamente, nel letto di Magnus. Era coperto fino alla vita dalle lenzuola rosse, abbinate alle tende e all’ambiente di lusso che il ragazzo aveva creato nella stanza.
L’unica cosa che mancava era…Magnus.
Alec si alzò dal letto, indossando una canotta bianca sui pantaloncini neri.
Andò in cucina, ma del suo ragazzo non c’era traccia, così come neanche in salone.
Sospirando, si sedette sul divano, afferrò uno dei libri di Magnus -“Racconto di due Città”- e si mise a leggere.
All’improvviso il ragazzo spuntò.
Non aveva trucco sulla faccia, i suoi capelli erano privi di gel o glitter e ricadevano adorabilmente su un occhio e non aveva niente addosso, tranne un cortissimo asciugamano verde che copriva quello che si doveva coprire. Gocce d'acqua brillavano sul muscoloso petto ambrato: era appena uscito dalla doccia.
Magnus si avvicinò a lui, che intanto combatteva contro se stesso per (1) non saltargli addosso e (2) non arrossire a quella visione estremamente bella e sexy.
Ma solo quel pensiero gli colorò la parte superiore delle guance di rosso.
«Mi stai distraendo, sai?» disse a Magnus, indicando il libro che teneva tra le mani.
«Oh, lo so.» fece lui con voce provocante e con un sorriso malizioso. «E non credo che ti dispiaccia.» continuò, facendo arrossire ancora di più Alec. Magnus ridacchiò. «Sono decisamente più…interessante di quel libro.»
Il ragazzo ora era seduto sul tavolo, e guardava Alec negli occhi. «Eccome se lo sei.»
Nello stesso istante, come se l’avessero deciso solo guardandosi, si mossero simultaneamente l’uno verso l’altro, per unire le loro labbra.
All’inizio si sfiorarono solamente, poi il bacio divenne più intenso e passionale. Le mani di Magnus si insinuarono tra le ciocche corvine di Alec, mentre le sue cercavano disperatamente di slacciare l’asciugamano verde.
Magnus rise contro la sua bocca e lo allontanò dolcemente.
«Non sono venuto qui per farlo sul tavolo» disse ridendo -e facendo di nuovo arrossire Alec. «Anche se l’idea non mi dispiacerebbe…» aggiunse, come se parlasse tra se’ e se’.«Comunque!» riprese. «Vatti a fare una doccia anche tu, perché dobbiamo uscire.»
«Per fare cosa?» Alec era sorpreso, ma un po’ si stava abituando alle pazzie di Magnus e alle sue idee strampalate dell’ultimo secondo.
Eppure adesso sembrava che programmasse quell’uscita da mesi.
«Sorpresa.» rispose, proprio come si aspettava.
Ma c’era una cosa che non si aspettava: che Magnus si togliesse il piccolo asciugamano verde limone dalla vita e glielo lanciasse, mentre usciva dalla stanza mettendo in mostra il suo sedere perfetto.
La faccia di Alec divenne di un rosso intenso, scosse la testa e si mosse verso la doccia.
 
 
§
 
 
Alec uscì dal bagno avvolto da un aroma al sandalo, con indosso l’asciugamano verde di Magnus. La sua faccia si colorò di rosso mentre rideva ripensando a quello che era successo poco prima.
Si diresse verso la camera da letto. Aprì l’enorme armadio di Magnus, trovandosi davanti un assortimento di vestiti divisi per stagione, colore, tessuto… una spolverata di glitter lo fece addirittura tossire.
Prese un jeans e una maglietta dal suo angolino nell’armadio, lontano da brillantini.
Si vestì e raggiunse Magnus in salone: era seduto sul divano, proprio dov’era lui prima. Indossava una camicia bianca con i primi bottoni aperti, e un morbido pantalone di tuta grigia.
Alec si avvicinò piano. «Hei.» disse, chinandosi verso Magnus per baciarlo.
Lui però si scostò.
Il cuore di Alec perse un battito. Ci aveva ripensato? Non voleva più stare con lui? Stava per lasciarlo?
Una marea di domande iniziarono ad offuscargli la mente ed entrò in una situazione di panico.
Pensò che la sua faccia dovesse essere di un bianco irreale, con la bocca così spalancata che la mascella sarebbe potuta cadere a terra.
«Non prenderla sul personale, Alec.» disse Magnus, con un ghigno sul viso. «Stasera hai impegni?»
Alec sgranò gli occhi, interdetto. «Ehm, no...» borbottò. «Come mai me lo chiedi?»
«Vorresti uscire con me?»
A quel punto, Alec non sapeva se ridere o essere spaventato. Magnus aveva contratto una strana forma di amnesia o lo stava semplicemente prendendo in giro?
«Magnus, sei sicuro di stare bene?»
Il diretto interessato rise. «Sì, Alec, ! Solo, rispondimi. Vuoi uscire con me?»
Alec decise di stare al gioco. Eppure quella non sembrava solo una delle pazzie di Magnus, ma una cosa che programmava da lungo tempo. Aveva quel luccichio negli occhi che faceva brillare ancora di più il verde delle iridi. Era davvero esaltato. Alec sorrise paragonandolo a un bambino a cui hanno appena regalato delle caramelle. «Certamente. Non mi perderei un’uscita con te per nulla al mondo.»
Si chinò di nuovo, cercando le sue labbra, ma Magnus lo fermò con un dito alzato. «Passo a prenderti più tardi.»
Sospirando, Alec gli lasciò un bacio veloce sulla guancia e uscì.
 
§
 
Magnus era molto soddisfatto, il suo piano aveva funzionato alla perfezione.
Era esattamente un anno che si conoscevano, e Magnus voleva festeggiare con un secondo primo appuntamento.
Ripercorse con la mente la loro storia, il modo in cui si erano incontrati, il loro primo bacio, il loro primo appuntamento…la loro rottura. Gli si strinse il cuore pensando a quei giorni e al dolore che aveva provato.
Ma non avrebbe cambiato la loro storia per nulla al mondo. Non l’avrebbe resa più facile, perché non sarebbe stata reale.
E a lui andava bene così.
Alec era la cosa migliore che gli fosse mai capitata, e non l’avrebbe scambiata con nulla la mondo. 
Quelle settimane erano state fantastiche, ma per rimettere definitivamente di nuovo in piedi la loro relazione, c’era bisogno appunto di un secondo primo appuntamento.
Magnus rise tra se’ e se’ ripensando all’espressione sbigottita di Alec, ma si sentì anche un po’ in colpa per la faccia da cucciolo bastonato che aveva quando era uscito dalla porta.
Erano circa le due. Calcolando che Magnus sarebbe andato a prendere Alec alle cinque aveva tre ore per prepararsi.
Lo stretto necessario.
Volò in bagno per iniziare il suo rituale di bellezza.
Tutto, per quella sera, doveva essere assolutamente perfetto.
 
§
 
Alec tornò a casa davvero confuso.
Cosa intendeva dire Magnus con uscire insieme? Loro stavano già insieme!
Salì le scale fino alla sua stanza, con la testa fra le nuvole; andò a sbattere contro una saltellante Iz.
Alec pensò che si sarebbe arrabbiata e che gli avrebbe urlato di stare più attento.
«Isabelle, scus-»
«Ma no, Alec, scusa tu! Non so dove ho la testa in questi giorni...» fece lei con un enorme sorriso. «Hai visto che bella giornata?»
Alec sgranò gli occhi azzurri, puntandoli in quelli così diversi della sorella.
«Izzy, ti sei drogata?»
La diretta interessata gettò la testa all'indietro, accompagnando il gesto con una fragorosa risata. «Alec, no!» si asciugò gli occhi lacrimanti per il ridere. «Sono solo felice! Guarda.» gli urlò quasi, sventolandogli davanti agli occhi la sua mano.
All'inizio Alec continuava a non capire, poi notò un luccichio sull'anulare. Era un anello, un anello di fidanzamento!
Un sorriso gli nacque sulla labbra. «Oh, Isabelle, sono così felice per te.»
Lei lo abbracciò svelta. «Non pensavo che Simon ti piacesse.» disse.
«Chiunque riesca a farti avere questo umore, può solo piacermi.» rispose il ragazzo, scrollando le spalle con un sorriso.
«Scemo.» rise Isabelle, dandogli un leggero schiaffo sulla spalla. «Ehi, ma tu che ci fai qui? Non dovresti essere da Magnus?»
Alec sospirò e le raccontò l'accaduto.
«Alec...cosa ti metterai?» quello fu il commento della sorella al racconto. Lui si sarebbe aspettato che avesse provato la sua confusione, invece no, lei pensava ai vestiti.
«Ehm...non ci ho ancora pensato, in realtà.»
La sorella roteò gli occhi e sbuffò. «Ma devo insegnarti proprio tutto? Fortunatamente c'è qui Izzy, andiamo, su.» disse, spingendo per le spalle verso la sua stanza.
Ad aspettare Alec c'erano due ore in cui sua sorella si sarebbe lamentata dei suoi vestiti sciatti e gli avrebbe fatto provare qualunque cosa.
Il suo peggiore incubo si stava realizzando.
 
§

Due colpi alla porta, uno con il pugno, l’altro con le nocche.
Magnus si lisciò la giacca. Indossava una semplice camicia bianca, dei jeans attillati neri borchiati e una giacca di pelle, anch’essa nera.
La porta si aprì scricchiolando, rivelando la figura di Alec.
La mascella di Magnus ebbe uno spasmo, prima di spalancarsi.
Davanti a lui c’era Alec, con dei pantaloni blu, una maglietta grigia con manica a tre quarti e tre bottoni, e appoggiata su un braccio una giacca del medesimo colore dei pantaloni.
Da dietro, Magnus notò Isabelle che gli faceva due pollici in su con le mani. Sorrise, avrebbe dovuto capire che c’era sotto il suo zampino.
«Uhm…wow.» disse Magnus.
Alec rise, imbarazzato, con le guance leggermente rosse, passandosi una mano tra i capelli.
«Anche tu sei...wow.» mormorò, mentre il suo rossore aumentava.
Era così strano, si conoscevano ormai da un anno, eppure quella serata sembrava importante e fragile, e loro due poco in confidenza l’uno con l’altro.
Proprio come un primo appuntamento.
Alec salutò Isabelle e si chiuse la porta alle spalle; scese i gradini e si avvicinò a Magnus.
«Pronto?» gli chiese lui, aprendo lo sportello dell’auto per farlo salire.
«Pronto.»

 
 
 

Nota d'autrice:
Io sono una persona orribile, lo so. Non solo ho aggiornato tardissimo, con un enorme ritardo, facendovi aspettare, ma mi presento con un capitolo come questo, di passaggio e pure brutto.
Spero che mi perdonerete, e vi metto anche uno spoiler del prossimo capitolo u.u

«Magnus, io voglio che tu vada avanti con la tua vita, dopo, ma devi promettermi» gli si piegò la voce.
«Che almeno una parte, una piccola parte del cuore la conserverai per me. Non voglio essere insignificante. Me lo prometti?»

Ringrazio tutti quelli che leggono.
Ringrazio Flame Drago del Fuoco, Marty060201, Handy, _DarkCalypso_, mrslightwood_, stella13, GretaCrazyWriter, Life before his eyes, Malandrina95 e Ari Youngstairs per le recensioni allo scorso capitolo, siete stupende.
Ringrazio Life before his eyes e Ari Youngstairs che mi hanno quasi fatto da beta e che mi hanno convinta a pubblicare questo capitolo.
Alla prossima, un grande abbraccio,
Lucrezia. 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14. ***




Capitolo 14.
Your touch is contagious, you know what I need tonight

 
{Canzone del paragrafo: Teenage Dream-Katy Perry}

Il viaggio in macchina fu piuttosto silenzioso.
Alec era ancora un po’ confuso da quella situazione e si sentiva leggermente in imbarazzo.
Lui e Magnus erano usciti qualche volta insieme, ma non avevano mai avuto un vero e proprio “primo appuntamento” ufficiale.
«Magnus…» mormorò. Poi tossì, rafforzando la voce. «Perché?»
Lui sembrò divertito, poi ci pensò e scrollò le spalle. «30 Ottobre.»
Alec dischiuse le labbra.
«Un anno» disse una vocina nella sua testa.
«Un anno.» ripeté, stavolta a voce alta.
Qualcosa iniziò a divorarlo dall’interno. Senso di colpa.
«Me ne sono completamente dimenticato…scusami. Sono il peggior fidanzato del mondo.»
Magnus si voltò verso di lui, e tolse la mano dal volante per poggiarla sulla sua.
«Questo non è affatto vero.»
«Non devi sentirti obbligato a stare con me.» farfugliò Alec.
Non gli piaceva pensare che un giorno Magnus si sarebbe stancato di lui e della sua malattia, ma che non l’avrebbe mai lasciato perché provava compassione per lui.
Compassione.
Era una cosa che odiava. Che tutti lo trattassero diversamente perché era malato. Non aveva bisogno della pietà di nessuno.
Quando guardò Magnus, però, si vergognò di quel pensiero, perché nei suoi occhi lesse chiaramente un sentimento preciso, che non si avvicinava minimamente alla compassione.
Amore.
«Infatti non lo sono. Lo voglio, è diverso.»
Alec strinse forte la sua mano. «Tu che sei il migliore fidanzato del mondo.»
Magnus sorrise soddisfatto. «Grazie, fiorellino
«…Ma non chiamarmi mai più così.»
Risero insieme, e la tensione sembrava sparita.
Magnus qualche minuto dopo fermò l’auto.
«Che succede?» chiese Alec.
«Metti questa.»
Magnus gli legò una bandana sugli occhi. Sentì che scendeva dalla macchina, aprì la sua portiera e lo fece scendere.
Camminarono per un po’, mano nella mano, Magnus in testa e Alec che lo seguiva. Si fidava ciecamente –e stavolta nel vero senso della parola- di lui.
«Siamo arrivati.» disse Magnus, sciogliendo il nodo dietro la sua nuca.
Alec aprì gli occhi e…rimase senza fiato.
Si trovava sulla cima di una lunga scalinata di pietra, ai piedi della quale si estendeva una spiaggia di soffice sabbia dorata. Più lontano, il mare era solcato da leggere onde, dovute alla brezza marina.
«Ti piace?» domandò Magnus.
«E’ la cosa più bella che abbia mai visto. Dopo di te, ovviamente
«Owh…» fece il ragazzo, prima di lasciargli un casto bacio sulla guancia.
Scesero le scale; Magnus stese due coperte sulla sabbia e si sedettero, l’uno stretto all’altro.
Dopo un po’ di tempo passato a parlare, Magnus si alzò, trascinando Alec verso il mare.
«Non ci penso nemmeno!» gli gridò.
«Dai» lo stuzzicò Magnus. «Non avrai paura di un po’ d’acqua?»
Alec si avvicinò, scuotendo la testa. A volte gli sembrava di avere a che fare con un bambino. E infatti, non appena raggiunse il bagnasciuga, gli arrivarono degli schizzi d’acqua dritti in faccia.
Si sfilò le scarpe, seppellendo i piedi nudi nella sabbia ancora calda per il sole della mattina. Raggiunse Magnus, e l’acqua gli arrivava alle caviglie.
Iniziarono a schizzarsi. Magnus con la mano sollevava un’incredibile quantità di acqua, che andava a schiantarsi su Alec. Quando fu il suo turno, mise le mani a coppa appena sotto la superficie del mare, e ne gettò il contenuto sul viso di Magnus.
Non l’avesse mai fatto.
«Mi hai sciolto il trucco, Alec? Dimmi che non mi hai rovinato lo splendido make-up che avevo realizzato per stasera.»
Alec dovette trattenersi dal ridere. Sembrava una vera diva.
Si passò una mano vicino agli occhi e, quando la tolse, c’era del nero su un dito. «Alexander Giodeon Lightwood, questa me la paghi.»
Un’abominevole quantità d’acqua si abbatté su Alec. Andarono avanti fino a che non si resero conto che di quel passo avrebbero preso un brutto raffreddore.
Alec si tolse la maglia grigia ormai zuppa, come la camicia bianca di Magnus, sempre più attaccata ai pettorali.
«Grazie.» mormorò Alec.
Non avrebbe mai pensato di incontrare una persona come Magnus, tanto meno che sarebbe stato il vero amore della sua vita. Dopo Max, non credeva di meritarsi qualcosa di così bello.
«Grazie a te, Alexander.» disse Magnus in un soffio, accanto al suo orecchio.
Alec era sorpreso. «E di cosa?»
«Prima di incontrarti stavo bene, ma tutto era piuttosto pesante. Stavo entrando in una sorta di routine, facevo sempre le stesse cose, come se mi stessi fossilizzando. Tu mi hai riportato in vita.»
Alec rimase stupito da quelle parole. Davvero aveva fatto tutte quelle cose per Magnus? Gli sembrava più il contrario, in realtà.
«Il mio cuore si ferma, quando dici cose come queste. E ancora non riesco a credere che tutto questo sia reale. Sei la mia vittoria più bella in una vita di sconfitte. Quindi prendiamo al volo questa opportunità, senza guardarci indietro.»
«Ti amo, Alec.»
«Ti amo anch’io.»
«So che dovrei baciarti al nostro terzo appuntamento, ma...»
Magnus lo baciò a tradimento, fiondandosi su di lui.
Finalmente, pensò, Alec. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che si erano baciati.
«Sii tu il mio sogno, stanotte.» sussurrò contro le sue labbra.
 
§

{Canzone del paragrafo: All about you-Birdy}

Magnus era steso di schiena sulla sabbia, ma tutto sommato stava comodo.
Alec aveva la testa appoggiata sul suo petto, si alzava e si abbassava con il suo respiro.
Magnus osservava Alec, con i suoi capelli corvini che gli solleticavano le guance.
«Tutto bene?»
«Uhm? Sì, certo.»
Non era convinto, c’era qualcosa.
«So che è una bugia. Non comportarti come se non ci fosse nessuno che ti capisce, che si preoccupa per te. Io non sono solo una persona qualunque. Ti conosco.»
Alec rise, prendendo la mano nella sua e accarezzandone il dorso con il pollice.
Sorrise debolmente. Era davvero bellissimo, con la luce della Luna appena spuntata nel cielo che si rifletteva negli occhi azzurri.
«E’ solo che non posso credere che tutto questo finirà. Che mi sarà portato via.»
Perché l’argomento della morte di Alec tornava sempre a galla? Magnus voleva solo chiuderlo in una scatola, da mettere in un armadio e poi bruciarlo.
Non voleva pensarci, voleva godersi ogni istante che passava in compagnia di  Alec.
«Alec, non possiamo…non ne voglio parlare.»
Lui si alzò, mettendosi seduto di fronte a lui.
Gli occhi brillavano di determinazione, fissi in quelli di Magnus.
«Magnus, io voglio che tu vada avanti con la tua vita, dopo, ma devi promettermi» gli si piegò la voce. «Che almeno una parte, una piccola parte del tuo cuore la conserverai per me. Non voglio eessere insignificante. Me lo prometti?»
«Te lo prometto.»
Alec si asciugò un lacrima e lo baciò, piano e a lungo. «Non sai quanto questo conti per me.»
Magnus si sentì un po’ in colpa, perché, in realtà, quella era una promessa vana. Tutto il suo cuore sarebbe appartenuto per sempre ad Alec.

 
 
 Nota d'autrice:
*si nascode* 
Personalmente, ho un rapporto d'amore e odio con questo capitolo, ma spero che a voi sia piaciuto, perchè ci tenevo davvero a tramettervi qualcosa. Ho un paio di avvisi per voi oggi.
Primo: come avete notato, ho inserito delle canzoni, questo perchè non so, se vi va di ascoltare mentre leggete le canzoni che ho ascoltato io (più e più volte xD) mentre scrivevo.
Secondo: sto aggiornando senza un giorno preciso, quindi volevo chiedervi se voi avevate qualche preferenza, in modo da potermi organizzare.
Terzo: ho stilato il numero dei capitoli, e se vado giusto, dovrebbero essere 22 + l'epilogo.
Okay, basta così c:
Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono.♥️
Ringrazio Flame Drago del Fuoco , annabeth lightwood, Marty060201, Life before his eyes, _DarkCalypso_, mrslightwood_, stella13 e Ari Youngstairs per le recensioni allo scorso capitolo♥️ ho finito le parole per voi, non lo so*_*
E permettetemi infine di dedicare un ringraziamento speciale ad Alice, primo perchè mi ha fatto da beta, ma ne approfitto anche per ringraziarla semplicemente di esserci quando ne ho bisogno, e di essere diventata mia amica, perchè è davvero speciale e le voglio davvero bene♥️.
Sono ansiosa di sapere i vostri pareri e cosa ne pensate di questo capitolo.
A presto,
Fire.
 
 
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15. ***




Capitolo 15.
I can’t run and I can’t hide I’ll be wasted by the light
 


{Canzone del paragrafo: DNA - Little Mix}

Alec era nel salone dell’appartamento di Magnus, felice come non mai.

Dopo il loro anniversario, sembrava tutto filare liscio come l’olio. Alec amava ogni singolo giorno della sua vita, perché lo trascorreva con Magnus. Tutto gli sembrava surreale.

Si stupì di quante volte aveva formulato quel pensiero da quando conosceva il suo ragazzo.

Alec stava seduto su una delle comode sedie ricoperte di stoffa blu di Magnus, con una gamba piegata sotto l’altra, chino sul tavolo. Senti una mano che gli teneva la schiena e un’altra che premeva contro il petto per spingerlo su. «Stai dritto.» gli disse Magnus, baciandolo velocemente. Odorava di sandalo, come sempre, ma le sue labbra sapevano di zucchero. Infatti, due secondi dopo, gli porse una tazza rossa fumante. «Cioccolata calda, un cucchiaino di zucchero, come piace a te.»

«Grazie.» soffiò Alec, prima di baciarlo di nuovo. Le sue labbra erano decisamente meglio di qualsiasi bevanda.

Erano questi momenti quelli che piacevano di più ad Alec. Qualcuno avrebbe potuto ritenerli insignificanti, ma per lui erano speciali, quei piccoli e semplici gesti, a volte ritenuti scontati o non notati, che ti dimostrano ogni giorno quanto una persona ti ami.

«Che combini?» gli chiese poi Magnus, sedendosi sulla scrivania, accanto alle sue matite e a un foglio bianco stropicciato.

«Uhm» mugugnò lui. «Sto ancora aiutando Clary con il fumetto. Ho disegnato tantissime rune…forza, velocità, invisibilità, resistenza…»

«Quella della resistenza deve essere molto utile.» mormorò Magnus, con un sorriso malizioso.

«Scemo.» rispose Alec, scuotendo la testa, non potendo però evitare di sorridere. «Comunque, mi ha chiesto di disegnare una runa dell’amore. Ma non so proprio che forma potrebbe avere.»

«Fammi vedere.» fece Magnus, prendendo una sedia e mettendosi accanto a lui.

Alec iniziò a disegnare, con Magnus che ogni tanto gli dava qualche indicazione o guidava la sua mano.

Venne fuori una specie di “l” greca, con delle stanghette in cima e nel mezzo, e una curva in basso.

Alec sorrise.

«Cosa c’è?» chiese Magnus.

«Niente…è che trovo bello che abbiamo disegnato insieme questa runa. La runa dell’amore.»

Magnus gli strinse la mano e lo guardò a lungo negli occhi.

Stavolta fu il turno di Alec di chiedere: «Che c’è?»

«E’ solo che nel blu dei tuoi occhi vedo il futuro. Il mio. Ed è un futuro con te

Alec sorrise dolce, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. Sapeva che non ci sarebbe stato un futuro con Magnus per lui. Che il destino glielo aveva portato via. Cercando di non cedere al pianto, lì davanti all’uomo che amava, riuscì solo a sussurrare il nome di Magnus.

«Ti amo.» disse lui, per risposta.

Quel suo modo di dirgli che lo amava quando meno se lo aspettava, faceva sciogliere Alec. Magnus lo baciò, e Alec dischiuse le labbra. Era perfetto in ogni modo. Era nel suo DNA.
 
§

{Canzone del paragrafo: Magnifico - Fedez ft. Francesca Michielin} 

Magnus era nel salone del suo appartamento, felice come non mai.

Era seduto sul divano, con le gambe accavallate; Alec era steso accanto a lui, con la testa sulla sua coscia. Le mani di Magnus giocherellavano inconsciamente con i capelli del suo ragazzo, come se quel gesto fosse in grado di calmarlo. In quel momento, era come se tutto si fosse fermato intorno a loro, o meglio, il mondo continuava a scorrere, ma loro neanche se ne accorgevano.

Tutto quello di cui Magnus aveva bisogno in quel momento era lì, tra le sue braccia. Quando aveva incontrato Alec per la prima volta, doveva ammetterlo, non immaginava che si sarebbe innamorato di lui. Ma poi era successo, e di certo non una semplice cotta. Magnus era sicuro che quello fosse ciò che molti avrebbero definito vero amore. Sul vero amore c’erano tante voci, ma pochi avevano la fortuna di viverlo; forse c’era un numero limitato di possibilità sulla Terra, e bisognava saperle cogliere, come se fossero dei rari fiori. E lui si sentiva così fortunato ad aver colto il fiore più bello di tutti.

Alec emise un sospiro. Magnus gli lasciò un bacio sulla nuca, e Alec chiuse gli occhi, come Chairman Meow prima di fare le fusa. Poi Alec scattò in piedi all’improvviso, correndo verso la finestra. Era Novembre inoltrato ormai, e a New York faceva già parecchio freddo da un po’.  Magnus si alzò per raggiungere Alec davanti alla finestra, posta dietro alla tv.

Uno strato bianco ricopriva le strade e i marciapiedi di Brooklyn, mentre dal cielo continuavano a cadere fiocchi candidi di tutte le forme. Nevicava.

Magnus amava l’inverno, era la sua stagione preferita. Poteva sfoggiare i suoi splendidi cappotti e indossare più strati di vestiti. E poi, c’era il clima adatto per riscaldarsi con dei lunghi, lunghi abbracci, e coccole. Cinse da dietro la vita di Alec con le braccia, allacciando le mani per stringerlo a se’, mentre appoggiava la il mento nell’incavo tra spalla e il collo di Alec. Lui sorrideva come un bambino, quasi volesse correre fuori a fare un pupazzo di neve. «Non è magnifico?» chiese.

«Fuori è magnifico, sì, ma tu un po’ di più.» sussurrò Magnus nel suo orecchio, così vicino che Alec sentì le sue labbra muoversi sul lobo. Lui girò il capo e poggiò la bocca sul suo collo, sorridendo contro la sua pelle.

Lo trascinò di nuovo su divano, a forza di baci. Magnus sentì Alec gemere nella sua bocca, mentre stringeva tra le mani i suoi capelli pieni di glitter. Stavolta, erano stesi l’uno accanto all’altro. Magnus fece stendere Alec sotto di lui; gli baciò la fronte, le guance, il mento, e infine la bocca. Si sentiva così completo con le sue labbra attaccate a quelle di Alec e il suo corpo su quello dell’altro. «Stanotte dormo sul mio fianco preferito, il tuo.» mormorò, prima di tornare a baciarlo, come se da quello dipendesse la sua vita.
 
§

 {Canzone del paragrafo: The Only Exception - Glee Cast}
 
«Ti prego Magnus, questo film è terribilmente prevedibile!»

Magnus sbuffò, alzando il volume. Alec aveva voluto guardare un po’ di tv prima di fare colazione. Gli sembrava di essere alle prese con un bambino, ma non riusciva a dirgli di no, perché la sua sincerità e la sua dolcezza erano disarmanti. Purtroppo, però, lo era anche la sua insofferenza in fatto di film. Non gliene piaceva nessuno.

«Dai, questo era carino.»

Alec grugnì accanto a lui, strofinando il naso sulla sua spalla. Magnus gli prese il mento tra due dita e poggiò le labbra sulle sue. Alec rispose al bacio.

«Alec!» sbottò Magnus, guardando male il suo ragazzo, che intanto sghignazzava sul divano. Aveva approfittato del bacio per poter cambiare canale. «Sei un piccolo lurido bastardo.» gli disse, fingendosi profondamente offeso.

«Un piccolo lurido bastardo che ami.» gli ricordò Alec con un sorriso sornione.

«Mannaggia a me.» grugnì Magnus, baciandolo ancora. «Ma adesso, per farti perdonare, devi finire di vedere il film con me.»

Alec si lamentò, ma alla fine si accoccolò accanto a lui. Il protagonista maschile era interpretato da un bel ragazzo alto, con i capelli neri e gli occhi verdi. Magnus li preferiva con gli occhi azzurri, ma doveva ammettere che neanche quello era male. Fece un verso di approvazione. Alec lo notò e rise.

«La prossima volta, puoi innamorarti di un attore.»

«Non ci sarà una prossima volta.» rispose secco. Credeva di essere stato chiaro sull’argomento.

Alec strinse i pugni, evidentemente combattendo contro se’ stesso. «Perché no? Tu vivrai per molti anni ancora…»

Magnus gli strinse le mani, e lo obbligò a guardarlo negli occhi. «Alec. Se ti ho dato l’impressione di aver accettato l’idea della tua morte, allora non posso fare altro che scusarmi.  Ci ho provato, pensavo davvero di esserci riuscito, pur continuando a immaginare di averti con me per altri cinquanta, sessant’anni, pensando che a quel punto sarei stato capace di dirti addio. Ma si tratta di te, e ora mi rendo conto che non sarò più pronto a perderti di quanto non lo sia ora, ovvero, per niente. Ti amo.»

Alec non se la sentì di controbattere dopo un discorso così bello. In quel momento, realizzò, ancora una volta, quanto fosse fortunato. «Anche io.» rispose, senza esitazione. «Sai, guardando i miei genitori, non avrei mai creduto che l’amore fosse qualcosa di bello…ma tu sei l’unica eccezione.  Avevo giurato a me stesso che sarei stato bene con la mia solitudine, e ho continuato a vivere così, allontanandomi da tutto. Ma ora, non potrei mai allontanarmi da quello che ho trovato.» strinse forte la mano di Magnus. «Mi sembra un sogno. Eppure, ogni mattina ho la prova che è reale.»

Magnus era commosso. Non sapeva cosa dire. I momenti in cui Alec gli apriva il suo cuore erano qualcosa di speciale, una sorta di regalo che dimostrava soltanto quanto fosse forte l’amore che li legava.

«Ti amo.» riuscì solo a sussurrare.

«L’hai già detto.» commentò Alec, ridendo.

«Potrei anche ripetertelo all’infinito.»

«E io potrei stare qui a sentirti, ma ora ho fame.»

Magnus gli lanciò un cuscino. «Come riesci a rovinare dei bei momenti così

Alec rise, ed era davvero stupendo. Si alzò dal divano, avviandosi verso la camera da letto. «Ehi, su, vieni a vestirti.»

Magnus si alzò sospirando dal divano, seguendo Alec. Ovviamente, una volta davanti all’armadio, il suo ragazzo prese un jeans e la prima maglietta che gli capitò a
tiro, e lo costrinse a fare lo stesso. Alla fine Magnus pescò un pantalone di pelle nera e una maglietta bianca e rossa. Fortunatamente, poté coprire tutto con il suo splendido cappotto verde. Alec si infilò la giacca di pelle marrone.

Prima di uscire dalla porta, Magnus lo prese per il colletto e lo baciò.

Poi uscirono dal palazzo, scendendo velocemente le scale. Una volta fuori, salirono in macchina. «Ti porto in un bar del centro. E’ il mio preferito.» disse Magnus.

«Hanno le ciambelle?» domandò Alec, giocherellando con il suo cellulare.

«Ovviamente, zuccherino.»

«Allora ci sto. E…» aggiunse. «Non chiamarmi così.»

«D’accordo, zuccherino

Alec sbuffò, però sempre con un sorriso sulle labbra. Quel sorriso contagiò anche Magnus. Era sempre così. La felicità di Alec era la sua felicità.

«Uhm» grugnì Magnus.

«Cosa c’è?»

«Non si può passare con le macchine per quella strada…facciamo così, ora parcheggio qui e prendo qualcosa da portar via al bar. Tu aspettami qui.»

«D’accordo.» rispose Alec, dando un bacio veloce al suo ragazzo, prima che uscisse dall’auto.

Magnus si avviò per la strada: il bar era sul marciapiede opposto al suo. Si diresse in quella direzione, ma mentre attraversava, qualcosa lo travolse. Una donna
gridò, un uomo si avvicinò.

Poi, solo buio e dolore.

 
 


 

Nota d'autrice:
Quanto tempo è passato? Tanto, davvero.

E vbb (ora dico sempre così, eh si) questo è il capitolo. Devo dire che è uno dei pochi che mi piaccia fino in fondo, perchè è abbastanza lungo, con diversi avvenimenti. Come sicuramente avrete notato, il discorso di Magnus a metà capitolo è una citazione di City of Fallen Angels, che mi piaceva molto e che si adattava alla storia. Per quanto riguarda la fine...non so che dire. Mi è venuta questa idea e beh, eccola. Vi chiedo solo di non odiarmi troppo.
E' colpa dello shock per aver scoperto di essere una Serpeverde nell'anima e non una Grifondoro, come avevo sempre creduto. E vbb, sono contenta così.
Adesso smetto di ammorbarvi con le mie note, e vado a leggere. (Ho comprato Le Cronache di Magnus Bane! *-*)
Vi lascio con un piccolo spoiler:

 
Aveva passato così tanto tempo a pensare a come Magnus sarebbe andato avanti senza di lui,
che non aveva pensato a come sarebbe stato il contrario.

 
Ringrazio tutti quelli che leggono♥️
Ringrazio stella13, Malandrina95, dragon24, Trislot, Flame Drago del Fuoco, Marty060201, Life before his eyes, annabeth lightwood, _DarkCalypso_ e mrslightwood per le recesioni allo scorso capitolo. E vbb, sapete che vi amo.♥️
Alla prossima,
Fire.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 16. ***



Capitolo 16.
I'm undone


«Punto!» esclamò Alec, mentre giocava col suo cellulare. Quando lo schermo segnò il game over, guardò l’orologio. Magnus era uscito da cinque minuti, ormai. Pensò che al bar ci fosse parecchia fila, dopotutto era sabato ed erano le dieci di mattina: non erano di certo l’unica coppia ad aver pensato ad una colazione così. Sospirò e si sistemò sul suo sedile.

La macchina di Magnus rispecchiava completamente il suo modo di essere: i sedili erano ricoperti di strass e lungo gli sportelli interni della macchina c’erano adesivi di tutte le sue band preferite. Alec sapeva che a Magnus piaceva la musica, qualche volta aveva anche suonato la chitarra per lui. Forse avrebbe dovuto chiedergli di cantargli una canzone, qualche volta. Pensò anche che doveva trovarsi un lavoro. Per il momento stava a casa di Magnus, ma non poteva farsi mantenere per sempre. I suoi livelli di studio non erano molto alti, considerato che aveva passato buona parte della sua vita in ospedale.

L’ospedale.

Non voleva rivedere quel posto per molto, molto tempo. Ne aveva avuto abbastanza. Gli faceva male anche solo vedere le sedie in sala d’attesa, dove un tempo c’era stata la sua famiglia, seduta lì senza sapere se fosse vivo o no. Soffriva a guardare le facce di tutte quelle persone in preda al dolore, fisico per alcuni, psicologico per altri.

Scosse la testa, come per scacciare via quei pensieri.

Aprì lo sportello e scese dalla macchina, per andare a vedere che fine aveva fatto Magnus. Cominciò a camminare lungo la via in salita, pensando che in realtà conosceva la sua città molto meno di quanto pensasse. Già non gli piaceva andare in giro di suo, perché era molto timido e abbastanza introverso, figuriamoci poi con la malattia. Man mano che andava avanti, notò la cerchia di persone che occupava la strada, rendendola impraticabile. Corse sul posto, con la preoccupazione che aumentava sempre di più. Prego e sperò con tutta la forza possibile che ciò che temeva fosse vero.

«Permesso, permesso!» gridò, facendoci strada tra la gente. 

Due paramedici erano accovacciati accanto ad un corpo, e lo stavano caricando su una barella da portare all’interno dell’ambulanza. Ad Alec bastò vedere il luccichio del suo eyeliner per capire di chi si trattava.

«Fatemi passare!» urlò, sempre più forte. «Quello è il mio ragazzo!»

La voce gli si ruppe, e le lacrime cominciarono a scendere, sempre più copiose mentre Magnus veniva caricato sull’ambulanza.

Non poteva credere a quello che stava succedendo.

Aveva passato così tanto tempo a pensare a come Magnus sarebbe andato avanti senza di lui, che non aveva pensato a come sarebbe stato il contrario.
In quel momento si sentì profondamente in colpa. Se fosse andato lui al bar o se fossero stati insieme, magari non sarebbe successo.

Sentì il mondo cadergli addosso, ma continuò a sperare.

Non avrebbe mai smesso.
 
§
 
Alec corse alla macchina. Fortunatamente, Magnus aveva lasciato le chiavi in macchina. Il solo pensiero del suo ragazzo gli spezzò il cuore, perciò mise in moto, diretto verso l’ospedale.

Parcheggiò al primo posto disponibile ed arrivò nella sala d’attesa. Sentì dei brividi risalire lungo la schiena. Solo qualche minuto prima si era augurato di non trovarcisi mai più e invece era lì. Ecco come ci si sentiva dall’altra parte, ora lo sapeva e non era affatto piacevole.

Chiese alle infermiere di un paziente appena arrivato. «M-Magnus Bane.» mormorò. Il solo pronunciare il suo nome faceva male.

Fu una ragazza da dietro il bancone a rispondergli, dicendo che probabilmente era appena arrivato, o comunque da poco. Era una ragazza pallida e piuttosto minuta, ma molto bella. Boccoli biondi le incorniciavano il viso scendendo fino alle spalle e aveva gli occhi di color verde-blu. Alec la ringraziò e si girò a guardare il corridoio. All’inizio non vide nulla.

E poi eccolo.

Due infermieri trasportavano la barella il più velocemente possibile, con sopra il suo corpo. Provò a gridargli qualcosa, ma niente. Riuscì solo a cogliere le parole “Dottor Smith”, “sala operatoria” e “urgente”.

Di certo non lo tranquillizzarono.

Si sedette su una di quelle fredde sedie, che aveva odiato per così tanto tempo. In quel momento ripensò alla sua famiglia. Jace, Isabelle, Maryse…persino Robert, quando erano lì per lui. E anche allo stesso Magnus. Doveva tenere duro, come aveva sempre fatto il fidanzato per lui in queste situazioni.

Pensò di avvertire qualcuno, come Isabelle, ma in quel momento voleva stare da solo.

Si sistemò sulla sedia, con il cuore che scoppiava, e aspettò.
 
§
 
Dopo quelli che ad Alec parvero anni, la stessa ragazza con cui aveva parlato prima gli si avvicinò e si sedette davanti a lui. Gli rivolse un sorriso d’incoraggiamento e si presentò, tendendo la mano.

«Helen.»

«Alexander» rispose lui, strofinando la mano sudata sui jeans prima di stringere la sua. «Ma puoi chiamarmi Alec.»

«Non vorrei sembrarti invadente» disse lei, sistemandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. «Ma…il ragazzo che hanno portato e di cui hai chiesto è il tuo ragazzo?»

Le guance di Alec si colorarono di rosso. Non aveva mai parlato così apertamente della sua relazione con Magnus con nessuno, figuriamoci in un momento del genere e con una sconosciuta. Eppure,
non sapeva perché, quella ragazza gli stava simpatica.


«Sì.» rispose, senza poter fare a meno di sorridere. Stare con Magnus era la cosa più bella che gli fosse mai capitata.

Lei sorrise di nuovo, stavolta in modo più dolce e anche un po’ più triste. «L’avevo capito.»

«Ah sì?» chiese Alec, pur sapendo che dal modo in cui aveva cercato Magnus con lo sguardo e da quanto risultava agitato, sarebbe stato facile intuire che il ragazzo per lui era tutt’altro che un semplice amico.

«Già» disse lei, ridendo. «Comunque sono sicura che starà bene.»

«Lo credi davvero?»

«Certo che sì.» fece lei, torturandosi le mani. Era evidentemente indecisa su qualcosa. Poi tirò un sospiro. «Credo di potertelo dire. La mia ragazza Aline aveva un cancro. E’ stata davvero dura, ma
l’abbiamo superato insieme e ora siamo più forti di prima.»


«Sono felice per te.»

«Grazie. Sono sicura che sarà così anche per voi.» disse, sincera. Si alzò e gli poggiò una mano sulla spalla. «Vi auguro il meglio.»

Sorrise un’ultima volta e poi se ne andò.

Alec dovette ammettere di essere davvero rincuorato da quella chiacchierata. Trovò la forza per alzarsi ed andare a cercare un dottore. Un uomo dai ricci castani e con gli occhi verdi, che indossava un camice bianco e teneva in mano una cartellina, gli passò davanti. Vedendolo spaesato, lo guardò. «Cerchi qualcuno, ragazzo?»

«Magnus Bane.» rispose lui. «L’hanno portato qui un po’ di tempo fa, in sala operatoria.»

L’uomo annuì. «Il ragazzo che cerchi è nella stanza numero dodici.»

Questa era una coincidenza davvero crudele. La sua stessa stanza.

«Grazie.» farfugliò, mentre si avviava verso la stanza che conosceva fin troppo bene.

Quando la sua mano si poggiò sulla maniglia, una sensazione terribile lo pervase dall’interno, e temette di non farcela. Poi sentì dei rumori dall'altra parte, come delle voci. Ma ce n’era solo una che voleva sentire.

Aprì la porta.

La sua vista era ostacolata da due figure, apparentemente un dottore e un’infermiera. Deglutì e si schiarì la voce. «Ehm…scusatemi…» L’uomo fu il primo a voltarsi. Aveva pochi capelli rossicci, come la barba, e due vivaci occhi castani. «Lei è?»

«Sono un amico di Magnus.»

L’infermiera, una donna con i capelli biondi e gli occhi blu, gli bisbigliò qualcosa all’orecchio.

«Ragazzo, da quanto sei qui?» gli chiese il dottore.

«Da quando l’hanno portato qui.»

Dopo uno sguardo con la donna al suo fianco, l’uomo annuì. «Allora sarà meglio che vai a casa a riposarti. Magnus ha appena subito un operazione non proprio leggera. Aveva una lesione alle
costole e ha subito un trauma cranico. Ha bisogno di dormire e anche tu. Non credo sia il caso che resti qui. Piuttosto, sai se c’è qualche familiare che dovremmo avvertire?»


«N…no.» rispose Alec, sapendo in cuor suo che era lui l’unica famiglia di Magnus.

«D’accordo. Adesso vai, puoi tornare domani.»

Alec annuì in silenzio, anche se andarsene era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.

 
 §
 
Alec era in una macchina nera, parcheggiata in una piazzetta. Il sole batteva sugli sportelli, rendendo l’ambiente interno quasi bollente.
Uscì dalla macchina, risalendo una stradina poco lontana. Per terra c’erano gocce di sangue, che portavano fino al marciapiede, dove giaceva il corpo di un giovane dai capelli neri.
Il suo cappotto verde era inzuppato di sangue sui fianchi. Il suo petto era fermo, gli occhi verde-dorato chiusi.
Era morto.
Era morto, e Alec non poteva fare nulla per salvarlo.
Era morto, e ora era troppo tardi.
Era morto, ed era colpa sua.
 
Alec si svegliò di soprassalto in un groviglio di coperte, tutto sudato. Il cuore stava per esplodergli nel petto. Guardò la sveglia: erano le 6:30. Sapeva che dopo quel sogno, anzi, quell’incubo, non si sarebbe più addormentato, così si alzò. Stava ancora nell’appartamento di Magnus, ma senza la sua persona quel posto sembrava anonimo, vuoto, privo della sua anima.

Vuoto. Anche Alec si sentiva così, e non riusciva a fermare il senso di colpa. Se Magnus fosse morto per colpa sua…no, non voleva nemmeno pensarci.

Andò a farsi una doccia e si mise addosso un jeans e una maglia blu. Aggiunse la sua solita giacca di pelle e la sciarpa che gli aveva regalato Magnus.

«Si abbina ai tuoi occhi» gli aveva detto.

Cercando di non pensarci, si avviò verso l’ospedale.

Una volta arrivato salutò Helen con un gesto della mano, prima di dirigersi verso la sua vecchia stanza. Bussò, ma nessuno rispose. A quel punto, si fece coraggio ed entrò.

Il dottore arrivò da dietro, poggiandogli una mano sulla spalla.

E poi, Alec lo vide.

Il petto di Magnus si alzava e si abbassava lentamente. Troppo lentamente.


 





 
Note:
I'm back bitcheeees. 

(Ciao a tutti) 
Questo è un miracolo. Non sono come sono riuscita ad aggiornare.
Ultimamente, non sto avendo tempo per fare niente.
Ma eccomi qui, con un nuovo e  per niente soddisfacente  capitolo.
E' di passaggio, però è comunque lunghetto: spero che non vi abbia annoiati a morte, 
ma pensavo che fosse necessario scrivere un capitolo e seguire Alec.
E poi beh, ci ho messo Helen perché mi sentivo ispirata.
Questo capitolo si è scritto praticamente da solo, infatti non ci sono nemmeno canzoni dei paragrafi.
Lo so, lo so, non vi ancora detto quale sia il destino di Magnus e stavolta non ho nemmeno lo spoiler pronto.
E vbb.
Dato che sto dicendo solo cretinate come mio solito passiamo ai ringraziamenti.
Ringrazio tutti quelli che leggono (vi adoro, uno per uno.) 

Ringrazio coloro che hanno messo la storia tra le seguite (38) tra le ricordate (6) e tra le preferite (16) 
Ringrazio Flame Drago del Fuoco, Handy, Arqwen, Trislot, stella13, _Marty01_, 
Life before his eyes,  _DarkCakypso_, Ari Youngstairs e mrslightwood_ per le recensioni allo scorso capitolo:
non sapete quanto significhi per me vedere che, nonostante i vostri impegni, riuscite sempre a 
ritagliare un angolino del vostro tempo per me 

A presto,
Fire.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 17. ***




Capitolo 17.
But I'm alive

(Fix you – Coldplay)

Il dottore teneva ancora la mano serrata sulla spalla di Alec come se volesse trattenere.
Ma Alec non capiva perché.
Tutto quello che voleva era potersi avvicinare a Magnus, guardarlo e dirgli che andava tutto bene e che sarebbero tornati a casa presto, sperando di non mentire ne’ a lui ne’ a se stesso. Si divincolò dalla presa dell’uomo su di lui, che gli ricordava tanto suo padre quando lo fermava per non fargli fare giochi troppo pericolosi.
Questo però, non era affatto un gioco.
Alec accostò una sedia al letto di Magnus e la sua altezza gli permise di poterlo vedere per bene anche da seduto. Il suo ragazzo era steso sul letto, immobile, le braccia lungo i fianchi e le gambe unite, dritte, come se fosse…no, non voleva nemmeno pensarci. Il viso era pallido, non del solito splendido colore ambrato; le labbra prive del solito luccichio dato dal glitter, così come gli occhi semichiusi che lasciavano intravedere una parte dell’iride verde-dorata. Quello era l’unico dettaglio che faceva sembrare Magnus addormentato e non… morto.
L’uomo –che Alec identificò come il dottor Smith, colui che aveva operato Magnus- si avvicinò piano, come se temesse una brusca reazione di Alec. «Alexander» lo chiamò, cosa che infastidì il ragazzo. Di solito solo i suoi genitori lo chiamavano così e qualche volta Magnus, ma in quel caso non gli dispiaceva granché.
Alec grugnì in risposta, incapace di mettere insieme delle parole per formare una frase di senso compiuto.
«Dovrei dare un’occhiata al signor Bane.» Alec annuì a quelle parole, ma non si mosse di un millimetro dalla sua postazione. Il dottore capì che non se ne sarebbe andato, così procedette con il controllo davanti a lui.
Diede uno sguardo alle macchine, a Magnus, alle sue analisi, annotando tutto sulla sua cartellina. Poi tossì, il genere di tosse che si fa quando si vuole attirare l’attenzione di un altro ma non si sa cosa dire. «Vuoi restare da solo con lui?» chiese il dottor Smith.
«Sì.» rispose Alec, secco. Non voleva essere scortese, ma in quel momento le buone maniere erano l’ultimo dei suoi pensieri. Il dottore annuì comprensivo e Alec sospettò che lui capisse come si sentiva. Forse aveva perso una persona cara.
Non appena l’uomo si chiuse la porta della stanza alle spalle, Alec si accasciò sulla sedia, come se il suo guscio si fosse rotto. E probabilmente era proprio così. Avvicinò ancora di più la sedia al letto di Magnus, in modo da esserci praticamente attaccato. Infilò la mano sotto le coperte per poter stringere quella del fidanzato: quando la toccò, era fredda come il ghiaccio. La prese e la tenne stretta. «Resisti. Magnus, ti prego, se mi senti, resisti.» le lacrime iniziarono a scendere sul viso pallido, gli occhi azzurri più lucidi che mai. Era distrutto. Distrutto e arrabbiato. Perché a Magnus? Aveva voglia di prendere a pugni qualcosa.
Non voleva perderlo. Non poteva perderlo. Il vuoto nel suo cuore e nella sua vita non si sarebbe mai più riempito. Nessuno avrebbe mai rimpiazzato Magnus.
Quando ami qualcuno e tutta va perduto.
«Magnus ascolta. So che mi senti, lo so…torna da me.»
Ormai le lacrime scendevano senza sosta sul suo viso. Alec pregò tra se’ e se’ che nessuno entrasse nella camera e lo vedesse in quello stato. Se avesse potuto, sarebbe andato fino agli Inferi per salvare Magnus.
Tirò su col naso.
«Okay, solo un’ultima cosa, Magnus, e poi ti lascerò dormire. Se mi senti, se sei vivo, stringi la mia mano.»
Alec allentò la presa sulla mano di Magnus, accostandola semplicemente alla sua. Tremava come una foglia. Dopo qualche minuto, pensò che se ne fosse andato per sempre.
Pensò a cosa avrebbe fatto. Avrebbe dovuto chiamare il dottore e digli che Magnus era morto. Ma dopo quello, non vedeva più nulla. Non vedeva la sua vita senza Magnus. Non c’era la sua vita senza Magnus.
Fu proprio quando si stava alzando, col cuore in frantumi, che una mano gelida strinse forte la sua.

- - -
 
«Sembra che sia stabile.» disse il dottor Smith, con un sorriso rassicurante. Alec annuì, tenendo gli occhi fissi su Magnus. Aveva ancora gli occhi chiusi, ma ora Alec sapeva con certezza che era vivo. E nulla lo rendeva più felice. Ormai era tarda sera e Magnus era stato circondato dai dottori per tutto il giorno; fortunatamente però, avevano permesso ad Alec di restare con lui tutto il tempo che voleva. Quando, dopo aver scribacchiato qualcosa sul suo taccuino, il dottor Smith uscì dalla stanza.
Alec emise un sospiro di sollievo, buttando la testa all’indietro e sistemandosi sulla sedia. Non voleva lasciare Magnus, ma pensò davvero che fosse il caso di fare una telefonata a casa per informare almeno Isabelle e Jace di quello che era successo. Sempre tenendo la mano a Magnus, prese il suo cellulare e digitò il numero di Isabelle.
«Pronto?» rispose una voce nettamente maschile.
«Jace?»
«Alec! Sì, sono io.»
«Che ci fai con il cellulare di Izzy?»
«Lei dorme, ho visto che eri tu e ho risposto.»
«Strano» rise Alec. «Lei si porta il cellulare dovunque, pensavo ci dormisse anche.»
Il ragazzo sentì il fratellastro ridere sommessamente dall’altro capo del telefono, probabilmente per non far svegliare Isabelle. «A cosa devo la chiamata?»
«Ecco…» cominciò Alec, tornando serio. Si rese conto che non sapeva come dirlo. «Magnusèstatoinvestito.»
«Come?» Alec prese un bel respiro. «Magnus è stato investito e io sono in ospedale con lui da due giorni.»
Silenzio. «Oh Dio, Alec…mi dispiace. Come sta?»
«E’ stabile.» rispose lui, ripetendo le parole che gli aveva detto il dottore poco prima. «Volevo solo avvertirvi. Puoi farlo sapere a Isabelle?»
«Certo.»
«D’accordo allora...»
«Alec, aspetta.» lo interruppe Jace. «Per quanto possa contare, sappi che vi sono vicino. Io e Magnus abbiamo avuto le nostre divergenze, ma gli devo molto. Ti ha reso felice. E non lo ringrazierò mai abbastanza per questo.» «Grazie, Jace.» Ad Alec sembrò quasi di poter vedere il ragazzo seduto sulla sua poltrona preferita del salone, con le gambe stese davanti a lui e appoggiati sul tavolino di vetro –anche se Alec gli ripeteva di non farlo- che si grattava la nuca imbarazzato per quello che aveva appena detto. Era raro che Jace parlasse senza sarcasmo.
«Mi mancate.» sussurrò.
«Anche tu a noi.» disse il fratellastro. «Fatti vedere qualche volta, okay?»
«A presto, Jace.» lo salutò Alec, chiudendo la chiamata.
 
- - -

(Time for Miracles – Adam Lambert)

Era tarda notte e non riusciva a dormire: l’unica cosa che riusciva a fare era pensare al sorriso di Magnus, a ogni loro bacio che non poteva dimenticare. Voleva che Magnus si svegliasse, sapeva che non stava morendo, quindi non avrebbe smesso di sperare.
Alec teneva ancora stretta la sua mano. La sollevò e ci poggiò le labbra. «Sono qui.» mormorò contro la sua pelle. Voleva solo stare con lui. Era tutto così difficile, quando tutto quello che voleva era intrappolato dentro i suoi occhi.
Qualcuno bussò alla porta. Alec si alzò, lasciando la mano di Magnus –sentendosi quasi in colpa. Aprì, ritrovandosi davanti una ragazza bionda. Gli occhi verde-azzurro lo squadravano.
«Helen! Che ci fai qui?»
«Mangia questa, altrimenti dovremo ricoverare anche te.» rispose lei, porgendogli una barretta energetica e ignorando la domanda.
Sospirando, Alec la aprì e la addentò, prima di rivolgerle uno sguardo interrogativo. Lei si sedette sulla sedia scrollando le spalle. «Volevo vedere come stava.»
«Stabile» borbottò Alec, finendo la barretta.
«Vedrai che si rimetterà presto…ho visto casi peggiori. Un paio di settimane e lo riavrai a casa.»
Alec le sorrise. Sembrava che Helen lo dicesse davvero, come se non potesse mentire.
«Se resti qui a dormire, posso portarti una barella. E’ relativamente più comoda di questa sedia.» si offrì lei.
«Grazie Helen, ma va bene così.»
Lei annuì e si avviò verso la porta. «Forse è il momento per i miracoli, perché non si arrendono all’amore.» sussurrò e poi se ne andò.
Alec era ancora in piedi lì, con le lacrime agli occhi, quando successe.
 «Dove credi di andare?» gli chiese Magnus, con la voce flebile e tremolante. Alec si voltò all’istante, con ancora le lacrime, ma stavolta di gioia. «Da nessuna parte, amore, da nessuna parte.» ripeté, sorridendo felice mentre accarezzava i capelli del fidanzato.
«Non ti libererai di me così facilmente. Dovrai sopportarmi per molto tempo ancora.» mormorò lui.
«Sarà un piacere.» Alec lo baciò e Magnus riappoggiò la testa sul cuscino con gli occhi chiusi.
Adesso, Alec ne era certo, non l’avrebbe mai più lasciato andare. 

 
 


Note (di un'autrice raffreddatissima):
(autrice raffreddata e felice perchè ha l'autografo di Yotobi *_*) *
Ciao a tutti :3
Spero che mi perdonerete per questa lunga attesa -ormai lo dico sempre.
So che questo capitolo non è uno dei miei lavori migliori, ma spero
che vi sia almeno piaciuto il fatto che Magnus si sia svegliato e che 
non volte più attentare alla mia salute.

Aggiorno con il raffreddore dopo una lunga maratona di serie tv
e dopo aver finito la saga di Starcrossed -che straconsiglio  a tutti voi-
quindi ora mi dileguo e vado a poltrire.
Aggiornerò alla fine della vacanze natalizie, quindi vi auguro in anticipo
buone feste! 

-
Ricordo la mia pagina Facebook, per aggiornamenti e spoiler :3 https://www.facebook.com/pages/Fire-Efp/1519201814958472?sk=timeline o
Ringrazio tutti quelli che leggono questa storia 

Ringrazio Trislot, stella13, _DarkCalypso_, Life before his eyes,
Alessia_Lightwood, annabeth lightwood, dragon24, _Marty01 e mrslightwood
per le recensioni allo scorso capitolo 

Un bacio a tutti 
Fire.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 18. ***




Capitolo 18.
Don't ever want to see the morning light

 


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Efp mi ha alterato il numero dei capitoli, in realtà questo è il 19, ma comunque non ne manca nessuno, seguite la mia numerazione. Potete tranqullamente leggere^^ Enjoy!
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«Tra due settimane potrà tornare a casa.» comunicò il dottor Smith ad Alec e Magnus con un sorriso. Quei due ragazzi gli piacevano, ed era chiaro quanto si amassero: solo uno sciocco non se ne sarebbe accorto. Era sinceramente felice per loro, ce l’aveva messa tutta per curare Magnus e, quando aveva visto lo sguardo di Alec che lo cercava nell’ospedale, aveva visto quella situazione come una sfida personale. Non voleva assolutamente che passasse quello che aveva passato lui.
Alec gli rivolse un sorriso di gratitudine, poi tornò a guardare Magnus, in un modo che sapevano fare solo gli innamorati. In quel momento, il dottor Smith si sentì di troppo, come se si stesse intromettendo in qualcosa di intimo. Si voltò e uscì, per nascondere gli occhi che stavano cominciando a diventare lucidi. Catherine sarebbe stata contenta per loro.
Quei due si guardavano proprio come lui aveva guardato sua moglie.
 
 
«Alexander mi stai ascoltando?» sbottò Magnus, quando finì il suo discorso su qualcosa che Alec non ricordava. Era seduto ai piedi del letto del ragazzo, mentre lui stava al centro del letto con la schiena appoggiata ad una pila di cuscini.
«Uhm?» borbottò quindi Alec, arrossendo furiosamente perché era colpevole. Magnus gli rispose con un’occhiataccia, e lui alzò le mani in segno di resa. «Okay, lo ammetto, ero distratto. Sei bellissimo.»
L’altro ridacchiò, non del tutto convinto. Le guance erano scavate perché non mangiava da un po’, aveva profonde occhiaie, ma gli occhi verdi brillavano sempre. «Anche così?» sussurrò Magnus, un po’ insicuro.
«Anche così.» annuì Alec, baciandogli il palmo della mano.
«Sei un adorabile bugiardo.» ribatté lui, girandosi per afferrare un cuscino da dietro la sua schiena e lanciarlo ad Alec che, impreparato, non riuscì a bloccarlo e gli arrivò dritto in faccia.
Alec lo buttò a terra, cercando di fingersi arrabbiato, con le guance rosse e i capelli corvini spettinati. Magnus alzò un sopracciglio come per dire “che vuoi farci?” e un sorriso sornione si allargò sul suo volto, prima che scoppiasse a ridere.
Dopo un po’ però, le risate si spensero e sul volto di Magnus comparve una smorfia di dolore mentre si toccava le costole. Alec sistemò immediatamente i cuscini e lo fece stendere, mentre lui chiudeva gli occhi. Alec gli accarezzò i capelli e gli baciò la fronte. «Riposati.» gli sussurrò.
Magnus gli afferrò il polso. «Resta
Una sola parola, un sussurro. Non appena Alec la udì, sorrise dolcemente e si sistemò vicino al fidanzato, che avvolse le braccia intorno alla sua vita e poggiò la testa nell’incavo tra la testa e la sua spalla. Poi si addormentò così e Alec strinse forte le sue braccia, come se volesse tenerlo stretto a se’ in modo che non potesse mai scivolare via da lui.
 

Una settimana dopo
Quel giorno era il compleanno di Magnus. Alec era uscito la mattina presto per comprargli la colazione e portargliela a letto appena sveglio.
«Sai come prendo il caffè.» notò Magnus sbadigliando, prima di afferrare il bicchiere.
«Ovviamente.» disse Alec, scuotendo le spalle, poi gli porse un cornetto.
«Non ne ho voglia.» si lamentò Magnus con il broncio, buttandosi all’indietro sui cuscini. Si sentiva così depresso. Adorava il giorno del suo compleanno (e le feste): aspettava quel momento da tempo, perché l’avrebbe trascorso in compagnia di Alec – e lui c’era, ma di sicuro non era così che se l’era immaginato.
A quelle parole lo sguardo di Alec si incupì e cominciò a guardarsi le mani, che si stava torturando. Magnus si sentì male, perché era colpa sua se Alec stava così. Quando parlava a telefono con Isabelle, ogni tanto lo sentiva piangere ed era in quei momenti che si malediceva, perché stava facendo male alla persona che amava di più.
Magnus cercò di sorridere e strinse la mano di Alec. «Magari lo mangio più tardi.»
Alec sorrise piano e annuì. Poi si stese accanto a lui e passarono il tempo guardando qualche programma con il minuscolo televisore che Magnus si era fatto portare da casa. Dopo un paio d’ore però la stanchezza ebbe la meglio, e lui cadde addormentato.
 

Alec scivolò giù dal letto e uscì dalla stanza attento a non fare rumore. Chiuse piano la porta e chiamò Isabelle, che rispose immediatamente. «Alec?»
«E’ tutto pronto?» chiese lui.
«Saremo lì tra mezz’ora. Ci sono tutti
«Fantastico.»
«A più tardi.»
«Aspetta, Isabelle…grazie
«Come faresti senza di me, fratellone?»
Alec rise e attaccò. Rientrò nella stanza e trovò Magnus sveglio, seduto sul letto. Si sbrigò a cancellare il sorriso dalla sua faccia, cosa che non fu tanto difficile vedendo l’espressione del ragazzo, ma non doveva lasciarsi distrarre. Lo show era appena iniziato. Magnus lo guardò e, capendo che non aveva intenzione di parlare, gli chiese: «Era di nuovo Isabelle?»
«Sì…e ho incontrato anche i dottori. Vogliono vederti.» gli comunicò.
Magnus chiuse gli occhi per impedirsi di piangere e strinse i pugni. «Gli avevo chiesto un giorno di tregua. Almeno uno.» sibilò.
«Lo so, e mi dispiace. Ma dobbiamo andare.» Alec gli porse un jeans e una maglietta nera con lo scollo a V.
«Devo anche vestirmi bene?» disse Magnus con sarcasmo.
Alec lo rimproverò con uno sguardo, poi lo aiutò a vestirsi. Magnus provò ad alzarsi, ma non riusciva a fare due passi senza aver bisogno di sedersi. Non capiva cosa Alec gli stesse nascondendo, tutto quel suo interessamento perché si sistemasse…alla fine lasciò perdere si accasciò sulla sedia a rotelle che gli aveva portato. Alec lo condusse davanti a una porta nera. La aprì e si spostò di lato.
Magnus non credeva a quello che aveva davanti.
«Sorpresa!» gridava un gruppo di persone sotto uno striscione con la scritta “Buon Compleanno Magnus
Il festeggiato era quasi commosso e lanciò uno sguardo di gratitudine ad Alec, che aveva organizzato tutto e aveva sopportato i suoi capricci. Lui ricambiò lo sguardo e sorrise, prima di spingere la sedia dentro la stanza. A destra c’era un tavolo lunghissimo pieno di bevande, cibi, regali e biglietti d’auguri. Magnus scrutò tutti i visi nella sala, man mano che i presenti si avvicinavano per abbracciarlo. C’erano i suoi più vecchi amici, Catarina e Ragnor, il suo amico Woosley Scott, Will Herondale e Tessa Gray in compagnia di Jem Carstairs e persino quel ragazzino scorbutico di Raphael Santiago. Ovviamente c’era anche la famiglia di Alec: Jace e Isabelle, accompagnati da Clary e Simon, che aveva portato dei suoi amici, Maia, Jordan e Bat, che si occupava della musica.
Forse non era la festa che aveva immaginato, ma in quel momento era così felice che pensò che non sarebbe potuta essere più bella.
 

Quando tutti se ne furono andati, Alec si lasciò cadere sul divano, dove era seduto anche Magnus: era sfinito dato che aveva dovuto pensare a tutto, anche se con l’aiuto di Isabelle, ovviamente. Ma lei adorava le feste, quindi si era divertita.
«Buon compleanno, Magnus.» gli disse Alec. «Non ho avuto modo di dirtelo prima.»
«Tu hai fatto tutto questo per me
«Solo per te.»
Magnus gli prese il viso tra le mani e lo baciò con passione, accarezzandogli le guance rosse con le dita. «Ti amo così tanto.» sussurrò contro le sue labbra.
«Anche io.» rispose Alec e poi si allontanò. «Non ti ho ancora dato il mio regalo.» si giustificò. Si alzò e prese l’ultimo pacco rimasto sul tavolo, poi lo porse a Magnus con un sorriso timido.
«Ti ho regalato una stella.» spiegò, quando l’altro aprì il regalo e trovò un certificato.
«Si chiama Alexander.» lesse Magnus.
«Sì» confermò lui, arrossendo. «Non le ho dato il tuo nome perché c’è già una stella di nome Magnus, solo che è qui sulla Terra. Ho deciso di chiamarla come me così ogni volta che ti mancherò ti basterà alzare gli occhi e guardare in cielo. Allora la vedrai, la tua stella che brilla solo per te…e saprai che ti sto guardando anche da lassù.»
Magnus gli strinse la mano, commosso. «In questo caso non vorrei più vedere la luce del giorno.»


 


Note di un'autrice depressa per la fine delle vacanze (è ancora il 23 dicembre, vero?)

Dopo aver passato la giornata a ripetere greco (la gioia) ho deciso di aggiornare.
Stranamente, questo capitolo mi piace (quasi). Ci tengo molto, perché
è personale e lo sento molto mio. Quindi spero che sia piaciuto anche a voi
Che dire, avete passato buone vacanze? Io ho finito una trilogia e le cinque
stagioni di The Walking Dead (molto produttiva, mi dicono)
La befana vi ha portato i dolci?
Okay, sto disagiando. (quanto amo questo termine)
Quindi vado, ma mi farebbe molto piacere se passaste nella mia pagina
d'autrice facebook, per aggiornamenti su quando pubblico e spoiler. (sì, spoiler) 
https://www.facebook.com/pages/Fire-Efp/1519201814958472?sk=timeline


Uh, piccola precisazione: l'idea della stella come regalo è ispirata a glee.

***
Ringrazio tutti quelli che leggono 

Ringrazio Life before his eyes, stella13, annabeth lightwood, Alessia_Lightwood, Trislot, dragon24,
mrslightwood_ e _Marty01_ per le recensioni allo scorso capitolo. Vi adoro. *lancia cioccolata* 

Un abbraccio, 
Fire.
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 19. ***




Capitolo 19.
And if we go down with this ship, we go down together
 



«Grazie mille dottore.» disse Magnus con un piccolo sorriso, reggendosi al braccio di Alec.
Era felice, perché dopo aver supplicato tutti all’ospedale di dimetterlo, nonostante non riuscisse a camminare benissimo da solo, i dottori avevano acconsentito.
«Per tutto.» aggiunse Alec dopo di lui.
Le labbra del dottor Smith si curvarono in un sorriso, un sorriso che lasciava suggerire una velata tristezza, presente anche nei suoi occhi ogni volta che li guardava. «E’ il mio lavoro.» rispose. Si lisciò il camice bianco con le mani, imbarazzato, e sembrò indeciso se aggiungere qualcosa oppure tacere. Alla fine poggiò una mano sulla spalla di Alec, proprio come aveva fatto il giorno in cui era entrato nella stanza di Magnus per la prima volta e mormorò: «Vi auguro il meglio, ragazzi.»
Alec annuì e ringraziò con un cenno del capo, prima di uscire lentamente con Magnus, sempre sotto il suo braccio.
Magnus si era rimesso i suoi vestiti: un jeans, –Alec l’aveva obbligato a non metterne di troppo stretti- una t-shirt blu e rossa e converse. I capelli erano di nuovo acconciati con un gel glitterato e gli occhi truccati, stavolta con una linea blu.
Mentre percorrevano il corridoio verso l'uscita, passando davanti a diverse sale e camere, Magnus non riuscì a nascondere ad Alec uno sguardo triste, per tutte quelle persone che erano ancora lì. Guardò la sala operatoria per un'ultima volta, rabbrividendo: rivivere quei momenti anche se solo con il pensiero, era comunque doloroso. Sentì gli occhi pizzicare per le lacrime, ma si disse di essere forte. Non poteva cedere.
Alec se ne accorse comunque, dopotutto lo conosceva meglio di chiunque altro; gli accarezzò il dorso della mano con il pollice, prima di sollevarla e lasciarci un piccolo bacio.          
Una volta arrivati alla macchina di Magnus, Alec lo fece sedere sul sedile posteriore, in modo che potesse stendersi e stare più comodo.
«Non trattarmi come un disabile.» piagnucolò lui.
«Sei voluto uscire prima dall’ospedale, ora dovrò fare in modo io che le tue costole riescano a guarire senza interferenze. Quindi non lamentarti. E poi sarà solo per un paio di settimane.»
Magnus brontolò, ma non rispose, perché sapeva che Alec aveva ragione, e si sentì immensamente fortunato ad avere un fidanzato meraviglioso che lo supportasse sempre, in ogni modo e in ogni momento.
«Alec» lo chiamò, mentre il ragazzo saliva al posto del guidatore. «Se fossi rimasto paralizzato, mi avresti lasciato?» domandò, curioso ma anche un po’ spaventato di sentire la risposta. Magnus pensò che avrebbe esitato, o risposto in modo vago: invece Alec parlò immediatamente, come se non fosse mai stato più sicuro di niente.
«No.» disse, sorridendogli nello specchietto retrovisore dell’auto. «Assolutamente no.» ribadì. «Io ti amo, Magnus. E ti amerò sempre, qualunque cosa accada. E non mi interessa se sarebbe stato difficile, niente sarebbe peggio di starti lontano.»
«Ti amo anch’io. Tanto, Alec, tantissimo.» rispose Magnus, sereno. Non aveva mai pensato che si sarebbe mai potuto sentire così, innamorato, felice, grato di ogni istante che gli era permesso passare con Alec. Non lo spaventava nulla quando era con lui, perché pensava solo al presente. Ad un presente bellissimo. Sospirò quando il suo stomaco brontolò.
«Ho fame.» dichiarò. «Prendiamo qualcosa al bar-» si bloccò non appena Alec lo fulminò con lo sguardo.
«Non credo sia il caso di tornare lì.» sussurrò, irremovibile. Magnus sbuffò, non potendo negare che Alec aveva ragione per la seconda volta nel giro di venti minuti.
«Potresti prepararmi una torta.» suggerì.
Alec ridacchiò. «No, non potrei. Primo, non ho gli ingredienti per fare una torta, secondo, non so come si fa una torta, e terzo, non sono la tua puttanella
Magnus lo guardò con un sopracciglio sollevato, trattenendo una risata, con un sorriso a metà tra il beffardo e il malizioso. «Ah sì?» chiese. «E io che ero convinto del contrario.»
Quando Alec arrossì fino alla punta delle orecchie, il sorriso di Magnus si allargò, mentre capiva –di nuovo- perché si era innamorato di quel ragazzo.
Alec deglutì, «Ordineremo qualcosa.» mormorò, dichiarando la questione “chiusa” e Magnus rise. Si raddrizzò un po’, allungando la mano verso quella di Alec, che tolse la sua dal volante per un momento per stringerla forte, come se volesse comunicargli quanto lo amasse con quel piccolo gesto.
«Abbiamo superato anche questo.» sussurrò, pensando a quanto fosse solido il loro legame, sicuro che sarebbe sopravvissuto a qualunque altra sfida avessero dovuto affrontare. Alec si ricordò di Helen, e capì quello che intendeva quel giorno all’ospedale. «E siamo più forti di prima.»
 
§
 

Alec girò la piccola chiave argentata nella serratura, spinse la porta e entrò nell’appartamento di Brooklyn. Non appena mise piede nell’ingresso, Chairmain Meow si aggrappò con gli artigli alla gamba di Magnus, che non lo allontanò perché ma dai Alec, gli sono mancato.
Ordinarono da Taki’s e passarono la loro prima serata a casa dopo tanto tempo. Mentre mangiavano, Magnus si guardò attorno con gli occhi ridotti a due fessure, che sembravano sempre più simili a quelli di un gatto.
«Cosa c’è?» chiese Alec.
«Queste pareti…» gesticolò l’altro, indicando il salone. «Sono troppo bianche. Mi ricordano quelle dell’ospedale.»
Alec sospirò, non potendo dargli torto, dato che quei muri li aveva visti tante volte anche lui, l’ultima cosa che vedeva quando si addormentava e la prima quando si svegliava.
«Vuoi dipingerle?» lo prese in giro.
«E perché no? In questo puoi aiutarmi. Non si tratta di una torta.»
Alec arrossì, mentre Magnus gli baciava piano tutte le dita della mano per convincerlo. Gli sfuggì un gemito quando l'altro spostò le labbra sul suo collo.
«Di che- Magnus- colore?»
Il fidanzato si staccò dalla pelle e passando il polpastrello sul segno appena lasciato, sembrò pensarci. «Pensavo a un viola simile.» disse, prima di sorridere maliziosamente, con un’espressione da saputello.
Alec si fiondò su quel sorriso, mordendogli le labbra.
In quel momento, suonò il campanello. Magnus gettò la testa all’indietro, esasperato, facendo segno all’altro di andare ad aprire. Alec si alzò e aprì la porta. «Jace?» …e un secondo dopo: «Isabelle?»
«Interrompiamo qualcosa?» chiese la sorella, chiaramente divertita.
«No.» tagliò corto lui, non scostandosi dalla porta.
«Io credo proprio di sì.» si intromise Jace. «Alec, ma che hai sul collo? Sembra un…morso.»
Mentre il ragazzo si copriva il segno con una mano, i due fratelli sghignazzavano dandogli di tanto in tanto delle gomitate. Senza togliere la mano dal collo, Alec li incenerì con lo sguardo.
«Perché siete qui?»
«Volevamo solo vedere come stava Magnus.» spiegò Izzy, con un’alzata di spalle, cercando di entrare.
Alec socchiuse di più la porta, tenendoli fuori e impedendogli di vedere l’interno del loft. «Benissimo, ma sta riposando. Potete passare domani.»
«Quindi quello te l’ha fatto dormendo, eh?» Alec arrossì, mentre Jace dava il cinque alla sorella. «Volevamo solo essere sicuri che andasse tutto bene. Io –noi ci siamo se avete bisogno di qualcosa, okay?»
Il ragazzo annuì, felice di avere una famiglia simile, anche quando lo mettevano terribilmente in imbarazzo. «Lo so. Per me è lo stesso.» rispose, prendendo le mani dei suoi fratelli, come quando erano bambini e giocavano a essere dei supereroi in un mondo parallelo dove loro erano come una squadra magica, i Lightwood. Fece un sorriso sincero, ora aveva tutto quello che aveva sempre desiderato. Compreso uno splendido fidanzato sul divano che lo stava aspettando.

 
§
 
Isabelle camminava per Brooklyn, affiancata da Jace. Si infilò le mani nel cappotto blu, che aveva spudoratamente copiato a Magnus. Avevano deciso di lasciare Alec in pace e di lasciarlo da solo con il fidanzato.
«E’ così bello vederlo felice.» disse a Jace.
«E’ vero. Se lo merita.» rispose lui.
Isabelle sorrise, augurando in cuor suo il meglio a suo fratello. Alec era sempre stato protettivo verso di lei, ma nessuno lo era mai stato con lui. Aveva dovuto lottare tutta la vita, non solo contro la malattia –da quella purtroppo nessuno poteva proteggerlo- ma anche contro i pregiudizi, dai quali non aveva avuto nemmeno la protezione dei suoi genitori.
Ed era per questo che Isabelle era contenta: perché finalmente anche Alec aveva qualcuno che si prendesse cura di lui.



 

Note:
Lo so, non mi faccio sentire da un sacco di tempo. Scusatemi, ma ultimamente ho proprio la testa da un'altra parte, e non volevo pubblicare qualcosa che fosse un totale disastro.  Spero infatti che non lo sia...è piuttosto breve, ne sono consapevole, ma era di passaggio e poi dato che è San Valentino volevo darvi qualcosa di felice, un po' di tregua a questi due poveri ragazzi. Mi auguro di riuscire a farmi risentire presto, in ogni caso mi trovate sempre  qui 
Ringrazio tutte le persone che seguono ancora la storia, e soprattutto grazie alle persone che trovano un po' di tempo per recensire e che mi incoraggiano ad andare avanti. 
 Fire



 
 
 
 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 20. ***



Capitolo 20.
And if we should die tonight, it's you and me forever


 
 

Due mesi dopo
 
Magnus si era ripreso completamente, grazie alle cure del suo fidanzato: Alec gli era stato vicino tutto il tempo, dandogli tutto quello di cui aveva bisogno. In quei mesi, Magnus doveva ammettere che aveva visto realizzarsi davanti ai suoi occhi ciò che avrebbe voluto per il resto della sua vita: prima di tutto, Alec al suo fianco. Si divertiva a immaginare loro due sposati – in un futuro, si diceva, non poi così tanto lontano – sempre in quel loft, che magari un giorno avrebbero dovuto ingrandire per fare spazio a degli ipotetici bambini. Ah, e ovviamente, nella sua visione, Alec era completamente guarito. Era deciso a non perdere la speranza, credeva ancora che quella cura sperimentale avrebbe funzionato.
«Magnus! Eccomi!» lo chiamò Alec dall’ingresso, mentre entrava con due secchi di vernice, chiudendo la porta con la schiena. Finalmente si era deciso ad accettare l’idea di ripitturare le pareti.
«Che colori hai preso?» gli chiese, mentre squadrava Alec da capo a piedi. Aveva i capelli neri – che stavano diventando sempre più lunghi – attaccati alla fronte per il sudore, la maglietta blu scuro aderente, che metteva in risalto l’accenno di muscoli che iniziavano a ricoprire il petto prima magrissimo.
«Perché non vieni qui ad aiutarmi e lo scopri?» rispose Alec sarcastico.
Magnus sbuffò e si avvicinò al fidanzato, lasciandogli un dolce bacio sulle labbra, e poi gli prese un secchio dalle mani.
«Blu?» domandò, poggiandolo a terra e togliendo il coperchio.
«E rosso» aggiunse Alec, mettendo i due secchi uno accanto all’altro. «Non sapevo che tonalità di viola preferivi, così, per non rischiare una delle tue lezioni di stile sui colori, ho preferito prendere questi.» spiegò con una scrollata di spalle, buttandosi sul divano. «Ecco, ora fai pure.»
Magnus fece un’espressione offesa e si portò una mano sul cuore. «Quindi ora, dopo che non sei stato capace di scegliere la vernice, vuoi lasciare il lavoro sporco a me, uh?»
Prima che Alec potesse rispondere però, Magnus aveva già preso un pennello: ben presto Alec si trovò ricoperto di schizzi blu.
«Sta bene con i tuoi occhi» osservò Magnus in modo diplomatico, con un sorriso sornione.
«…Non dovevi.» disse semplicemente Alec, alzandosi dal divano. Velocemente andò dietro le sue spalle, disegnando una larga pennellata rossa sulla sua schiena.
Dopo diversi minuti passati in questo modo, Magnus alzò le mani. «Okay, okay.» esordì, passandosi una mano sulla faccia rossa. «Dipingiamo prima le pareti e poi passiamo a noi, va bene?»
Alec ridacchiò, con gli occhi blu che luccicavano, spiccando sul volto nonostante esso fosse diventato ormai della stessa tonalità.
«D’accordo.» acconsentì, fermandosi un attimo per dare un profondo bacio a Magnus.
«Sai di vernice.» si lamentò, allontanandosi.
«Anche tu.» rispose il fidanzato, lasciando cadere il pennello per stringerlo a se’. Premette le labbra sulle sue, prendendo poi quello inferiore tra i denti. «Ti amo» gli sussurrò.
«Ti amo.» ricambiò Alec, sospirando felice.
Quando si staccarono, Magnus ridacchiò, guardando le labbra dell’altro, fino a poco prima blu, ma ora viola. Immaginò che anche le sue non fossero più rosse. «Alec»
«Sì?»
«Credo di aver trovato il colore che voglio per le pareti.»
 
 §
 
 
Alec dormiva accanto a lui, ancora con lo spettro di un sorriso sul volto: erano rari i momenti in cui era così sereno.
Magnus scivolò giù dal letto, attento a non svegliarlo. Gli scrisse velocemente un biglietto dove diceva di essere uscito per andare a fare la spesa e che sarebbe tornato a breve.
Per quello che doveva fare aveva bisogno che Alec se ne stesse fermo a casa.
Si infilò un jeans nero e una maglietta viola, poi afferrò il cappotto e uscì.
Era presto, ma aveva comunque fretta, e doveva andare da Brooklyn al centro di New York, dove si trovava casa Lightwood.
Aveva degli argomenti da discutere con la sua famiglia, decisamente più importanti della spesa.
 
§
 
Magnus dovette bussare due volte alla porta prima che Jace gli aprisse.
«Magnus!» esclamò sorpreso, stropicciandosi gli occhi nascosti dai capelli biondi. «Che ci fai tu qui?»
«Ho bisogno di parlare con tutti voi, si tratta di Alec»
Jace sgranò gli occhi, passando dalla sorpresa alla preoccupazione folle. «Sta bene?»
Magnus non voleva che il ragazzo si spaventasse, ma non poteva rivelargli prima quello che aveva intenzione di dire – e di fare, altrimenti avrebbe rovinato tutto.
Decise di non rispondere e scostò Jace dall’uscio per entrare.
Isabelle scese di corsa, sentendo arrivare qualcuno.
Intanto Magnus cercava Maryse e Robert, ancora con Jace che gli correva dietro urlando: «È mio fratello, devi dirmelo!»
«Cos’è questo baccano?» tuonò Robert, uscendo dalla sala da pranzo, dove probabilmente stava facendo colazione, seguito da Maryse.
Gli occhi dell’uomo si ridussero a due fessure quando si posarono su Magnus. Era spaventoso persino in vestaglia.
Ufficialmente avevano risolto le loro antipatie dopo la cena di famiglia, ma non potevano certo dire di piacersi.
«Cosa vuoi?» gli chiese Robert, saltando i convenevoli.
«Si tratta di Alec!» si intromise Jace.
Magnus lo fulminò con lo sguardò: quel ragazzo non teneva mai la bocca chiusa.
«Sì.» confermò lui, e il resto della famiglia si unì alla preoccupazione di Jace. Magnus sospirò. «Sta bene.»
Era arrivato il momento: aveva già provato quel discorso, ma ora aveva le gambe molli e le ginocchia che tremavano.
«Allora, si può sapere perché sei qui?» domandò Robert, cominciando a perdere la pazienza.
Isabelle, dietro a Maryse, gli sorrise, seguita per un istante anche dalla madre.
Jace si era seduto, ma continuava a muovere i piedi velocemente: era evidente che era agitato. Dopotutto non era un fratello così pessimo come pensava.
«Io- io lo amo» disse Magnus.
La mascella di Robert ebbe uno spasmo. «Senti, ragazzo, non ho tempo da perdere. Arriva al punto.»
Isabelle e Jace si guardarono: forse cominciavano a capire.
Magnus deglutì. Ora.
Ci aveva pensato molte volte prima di allora, per la precisione ogni volta che guardava Alec, che stavano insieme. Ogni volta che sorrideva, che lo toccava, che lo baciava. A ogni ti amo.
Perché, tutte quelle volte, Magnus non faceva altro che desiderarne di più, di momenti così.
Voleva che la sua vita ne fosse composta, bella come la prima volta.
Sperò di non sorprenderli troppo, ma alla fine in quel momento gli importava solo di lui e di Alec.
Si fece coraggio e lo disse tutto d’un fiato.
Nei secondi che seguirono nessuno parlò, mentre nell’aria silenziosa risuonavano ancora le sue parole.
«Voglio sposare Alec.»





 

*si ripara dai pomodori*
Non mi scuserò mai abbastanza per avervi fatto aspettare tutti questi mesi per un nuovo capitolo, ma ho avuto un blocco orribile su questa storia, e solo ora sono riuscita a rimettere in ordine le idee e vi prometto che porterò a conclusione questa storia. Infatti, dato che abbiamo raggiunto una bella svolta, dalla fine ci separano un paio di capitoli più l'epilogo.
Ci tengo a ringraziare con il cuore tutte le persone che hanno continuato a leggere e seguire la storia e ancor più tutti coloro che hanno recensito: se questa storia c'è ancora è soprattutto grazie a voi. 

I pareri sono sempre apprezzati.
Alla prossima,



PS. Potete trovarmi qui nella mia pagina autore per spoiler e aggiornamenti! 

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Capitolo 23
*** Capitolo 21. ***



Capitolo 21.
Forever, you and I, together until we die

 



«Ci tengo a dire che sono qui solo per etica. Sono deciso a sposare Alec in ogni caso.» disse Magnus, e poi si fermò ad osservare le reazioni della famiglia Lightwood.
Isabelle aveva una mano sulla bocca, ma si vedeva che oltre che sorpresa era felice, dagli occhi commossi che luccicavano. Magnus pensò che sicuramente stava immaginando già come poter organizzare il ricevimento.
Jace era immobile. Era chiaro che sotto sotto era felice che Alec aveva finalmente trovato qualcuno da amare e che lo amasse, ma allo stesso tempo era riluttante a lasciare andare suo fratello e il suo migliore amico. Jace era il tipo da: “Okay, ma se gli spezzi il cuore ti spacco la faccia.
Maryse era ferma davanti ad Isabelle, con le labbra dischiuse. Probabilmente non si era mai preparata ad una situazione del genere, ma Magnus sapeva che nessuno di loro tre costituiva il vero problema.
Spostò lo sguardo su Robert Lightwood. Non aveva mai accettato del tutto che Alec fosse gay – nonostante ci stesse provando – ma gli andava bene finché non lo si sbandierava ai quattro venti. L'uomo non batteva ciglio, ed era impossibile capire quali fossero le sue opinioni o emozioni. Aveva i pugni serrati, e Magnus temette che intendesse scagliarli dritti sulla sua faccia.
«Allora perché sei qui, se in realtà non ti interessa la nostra opinione?» chiese Robert, assottigliando gli occhi senza mai staccarli da Magnus.
«So che Alec vorrebbe che foste tutti presenti, per questo volevo avvertirvi prima.»
«Tu lo ami?» si intromise Maryse, interrompendo Robert – con suo grande disappunto.
«Certo che lo amo, pensavo di averlo già detto.»
Maryse sorrise. «E riuscirai a stargli vicino anche quando soffrirà? Anche quando starà male? Quando arriverà il momento...»
Magnus la fermò, alzando una mano. «So a cosa vado incontro. E non mi sembra nulla in confronto al poter passare la vita legato alla persona che amo.»
Isabelle gli corse incontro e lo abbracciò. Lui all'inizio rimase sorpreso, ma poi ricambiò la stretta. Quella ragazza li aveva sostenuti fin dall'inizio.
«Non sai quanto ho sperato che Alec trovasse qualcuno come te.» gli sussurrò all'orecchio, commossa.
«Grazie, Isabelle.»
Lei si scostò, rivelando la figura di Jace che avanzava. Magnus fece un'espressione di plateale sorpresa.
Sapeva di non piacere granché a Jace – il che era ricambiato – dal giorno in cui si erano conosciuti, ma c'era una cosa che avevano in comune: amavano Alec.
«Non ti abbraccerò» premetté, il biondo, e Magnus sorrise. «Tu rendi Alec felice. L'ho visto, quando non stavate più insieme, e non era bello. E tra i due Alec preferisco di certo quello felice.»
Allungò una mano, e Magnus la strinse.
C'erano quasi. Intanto, Maryse e Robert parlottavano tra loro. Magnus sospirò, sapendo che quella sarebbe stata la parte più difficile.
Magnus provò ad avvicinarsi, per dire qualcosa, ma Isabelle lo trattenne.
Robert uscì dalla stanza, senza dire una parola, e lui si sentì male.
Immaginava che al 99% la reazione dell'uomo sarebbe stata quella, ma sapeva che per Alec sarebbe stato importante che suo padre fosse presente al matrimonio.
Magnus pensò che Maryse avrebbe detto qualcosa, ma lei rimase immobile, guardando la porta che aveva attraversato suo marito poco prima.
Pensò di andarsene, ma con sua grande sorpresa, Robert tornò nella stanza con un biglietto in mano. Si avvicinò e glielo porse.
«Vorrei solo che si svolgesse qui. È dove ho sempre voluto che si sposasse il mio primogenito.»
Magnus annuì. Se far scegliere al padre il luogo era il prezzo per avere la sua benedizione, l'avrebbe fatto.
«Rendilo felice.» mormorò Maryse, e Robert annuì, come se lo pensasse anche lui ma non avesse il coraggio di dire quelle parole.
«Lo farò.»
«Quando pensi sarà la cerimonia?» domandò Isabelle, con un grande sorriso. Voleva organizzare tutto.
«Ad essere sinceri, pensavo ad una cosa non troppo grande, dato che vorrei che ci sposassimo la settimana prossima.»
Tutti rimasero a bocca aperta. Magnus stava quasi per ridere, pensando che quella notizia li aveva scioccati più del matrimonio in sé.
«Ma non glielo hai nemmeno chiesto!» disse esasperato Jace.
«Glielo chiederò stasera.»
«Non corri un po' troppo?» domandò Robert, leggermente alterato.
«Se c'è una cosa che ho imparato negli ultimi anni è che non puoi mai sapere cosa può succedere. E non voglio sprecare nemmeno un secondo.»
«Allora sbrigati, no?» gridò Isabelle eccitata.
Magnus sorrise.
Robert non si espresse, limitandosi a fare un cenno con la mano a lui, prima di uscire dalla stanza. Maryse gli strinse in fretta la mano, e poi lo seguì.
Jace e Izzy invece lo accompagnarono alla porta, salutandolo con un grande sorriso.

 

§

 

Prima di tornare a casa, Magnus passò effettivamente al supermercato a prendere qualcosa per il pranzo, giusto per rendere credibile la sua bugia.
«Ma dove eri finito?» gli chiese Alec, non appena entrò in casa. «Mi hai fatto preoccupare!»
Magnus posò le buste per terra, e prese Alec per le spalle, prima di strusciare il naso contro la sua pelle. «Ti ho lasciato un biglietto.»
«Tu non vai mai a fare la spesa! È ovvio che quel biglietto non mi ha convinto del tutto.»
«Scusami, fiorellino, ma come puoi vedere, ho fatto davvero la spesa.»
Alec guardò le buste incredulo. «Questo mi preoccupa ancora di più» mormorò.
Magnus rise, dandogli un profondo bacio, e facendo scorrere le mani sul corpo dell'altro.
«Qualcuno è di buon umore» disse Alec, che cominciava ad arrossire sempre di più.
«Non sai quanto» disse Magnus sorridendo, prima di prenderlo in braccio e buttarlo sul divano.

 

§

 

Il resto della giornata trascorse tra coccole e semplici chiacchiere, anche perché la mente di Magnus era troppo occupata da quello che avrebbe detto ad Alec da lì a poco.
Magnus si torturava le mani, seduto sul divano. Aveva pensato a lungo a come fare la proposta ad Alec. Sapeva che non gli sarebbe piaciuto qualcosa troppo plateale o ricercato, così aveva optato per una semplice dichiarazione d'amore.
«Non so perché hai voluto che mi vestissi bene dato che passeremo la serata qui.» borbottò Alec, uscendo dalla camera da letto.
«In realtà» disse Magnus. «Pensavo di portarti sul terrazzo del palazzo. Non te l'ho mai fatto vedere, e le sere di questo periodo si possono ammirare delle stelle bellissime» gli porse la mano, e Alec la afferrò, con un sorriso dolcissimo.
Una volta arrivati, si affacciarono per vedere tutta Brooklyn sotto di loro, prima di spostare lo sguardo verso il cielo.
«Sai qual è la stella più bella, secondo me?» chiese Magnus, avvolgendo la vita di Alec con un braccio. Il fidanzato lo guardò, scuotendo la testa.
«Quale?»
«Quella lì» Magnus indicò una piccola stella, che però brillava più di tutte le altre. «Quella è la stella che mi hai regalato tu. Alexander.»
Alec appoggiò la testa sulla sua spalla. «Sono contento che ti piaccia.»
«Anche se non è bella come te.» sussurrò Magnus, guardando l'altro arrossire un po', mentre gli stringeva la mano.
Poi si mise di fronte ad Alec. «Alexander, io ti amo»
«Ti amo anch-» provò a dire lui, ma Magnus lo zittì. L'espressione di Alec si fece confusa.
«Ti amo, e non ho mai avuto dubbi su questo. Nemmeno quando hai avuto quella crisi, né quando mi hai lasciato, né quando ho avuto l'incidente. Se c'era una certezza nella mia vita, eri tu e l'amore che provo per te.
Tutto quello che abbiamo passato mi ha insegnato che bisogna vivere ogni giorno al meglio. E credo di aver vissuto abbastanza giorni senza te al mio fianco, e non voglio che sia così mai più.»
Alec si coprì la bocca con una mano. Iniziava a capire cosa stava dicendo Magnus, e non riuscì a trattenere le lacrime.
Si appoggiò alla ringhiera, perché sentiva le gambe cedere e il cuore battere decisamente troppo forte.
«Hai visto il peggio, al peggio sei sopravvissuto. E sai che anche noi sopravviveremo.
Non mi metterò in ginocchio.
Voglio solo passare il resto della mia vita con te, legato a te.»
Alec lasciò che le lacrime scorressero sul suo volto. Non si era mai sentito più felice in tutta la sua vita.
E non aveva mai immaginato che qualcuno potesse volerlo sposare.
Pensò ai motivi per cui avrebbe dovuto dire no, primo fra tutti il fatto che non voleva che Magnus si sentisse obbligato a stare al suo fianco anche quando sarebbe inevitabilmente peggiorato. Ma aveva imparato, da quando si erano lasciati, che niente avrebbe potuto fermare Magnus, o far cessare l'amore che li univa.
Non sapeva se lui sarebbe sopravvissuto, ma sì, sapeva che loro, il loro amore, quello sarebbe sopravvissuto.
«E anche io voglio passare il resto della mia vita – tutto il tempo che ho, anche se non so quanto sarà, al tuo fianco.»
Magnus fece il sorriso più grande e vero di sempre, prima di far volteggiare Alec tra le sue braccia, mentre anche le sue lacrime si trasformavano in risata.
«Quando pensi che dovremmo sposarci?» chiese Alec, ancora abbracciandolo.
«La settimana prossima. Diciamo che ho già deciso tutto.»
Alec sgranò gli occhi. «Non sapevi nemmeno come ti avrei risposto!»
«Ho scommesso sull'amore.» sussurrò Magnus, guardandolo negli occhi.
«E la tua scommessa è andata più che bene.» rispose Alec, baciando Magnus.
E in quel momento smise di preoccuparsi di tutto quello che era successo, di tutto quello che sarebbe successo in futuro.
In quel momento, c'erano solo lui, Magnus e la promessa del loro amore.

 

§

 

La cerimonia si svolse in modo semplice, nella chiesa che aveva richiesto Robert e la cerimonia in un locale all'aperto scelto da Magnus e Isabelle.
Jace aveva fatto il suo discorso da testimone, e ora stavano tutti ballando.
Al centro c'erano ovviamente gli sposi, Alec e Magnus, stretti l'uno tra le braccia dell'altro, e tutto intorno i loro amici.
Clary e Jace volteggiavano sulla pista, con i ricci rossi di lei che ondeggiavano quasi a tempo di musica.
Izzy e Simon si muovevano in perfetta sincronia, con l'anello di lei che scintillava e le loro risate che riempivano l'aria.
«Sono così felice» sussurrò Alec a Magnus. «Vorrei vivere in questo momento per sempre.»
Magnus sorrise. «Spero che ne avremo molti altri, di momenti così.»
«Forse non avremo troppo tempo. Ma ti prometto che fino a che non arriverà quel momento, io non ti lascerò.»
«Vorrei tanto non dovermi preoccupare di questo.»
Alec guardò Magnus, ogni dettaglio di cui non si stancava mai: le ossa spigolose del viso, il verde-oro degli occhi, la bocca che sembrava sempre sul punto di sorridere, sebbene ora rivelasse preoccupazione.
«Anche se fossero solo pochi giorni, vorrei trascorrerli tutti con te. Significa qualcosa?»
«Sì.» rispose Magnus, stringendolo più forte. «Significa che d'ora in poi faremo in modo che ogni giorno sia importante

 

 

 

 

 



Note:
Okay, vi confesso che non sapevo proprio da dove iniziare con questo capitolo. Alla fine ho semplicemente lasciato scorrere le mie mani sulla tastiera e ve lo giuro, non so cosa ne sia venuto fuori.
Ho preferito non descrivere tutto il matrimonio perché non volevo che fosse troppo simile a quello della mia altra storia malec - "First Love" - e poi perché vorrei che ognuno di voi se lo immaginasse come preferisce. Fatemi sapere come credete che si sarebbe svolto, dopo tutti i capitoli in cui Alec e Magnus sono stati insieme. Ovviamente anche io ho una mia idea, ma questi due si meritano tutti i matrimoni che la vostra fantasia riesce a creare. 
Spero che vi sia comunque piaciuto, e mi farebbe tanto piacere avere la vostra opinione, dato che ormai manca solo un capitolo+l'epilogo.
A questo proposito, grazie a quelli che leggono e ancor di più a quelli che mi hanno recensito lo scorso capitolo.
Un bacio da me e dai signori Lightwood-Bane 

Alla prossima,

Lu

 

PS. La parte finale della proposta di matrimonio è ispirata a quella di Derek a Meredith, mentre le due battute finali del capitolo, come credo che tutti avrete capito, sono tratte dall'epilogo di Città del Fuoco Celeste.

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Capitolo 24
*** Capitolo 22. ***



Capitolo 22.
And I'll be right next to you


 

 

«Buon anniversario, amore» disse Magnus, entrando nella loro eccentrica camera da letto con un vassoio in mano. Lo poggiò sulle gambe di Alec, seduto al centro dell'enorme materasso ricoperto da lenzuola rosse.
Lui e Alec erano sposati ormai esattamente da nove anni, e Magnus poteva affermare con certezza che stava vivendo gli anni più belli della sua vita. Era strano per lui, che aveva sempre pensato di restare single, tra una relazione occasionale e l'altra. Quando aveva deciso di sposare Alec aveva pensato a come sarebbe stato diverso, ma ogni giorno – anzi, ogni momento che trascorrevano insieme gli confermava di aver fatto la scelta giusta.
Certo, non era stato tutto rose e fiori: come in ogni matrimonio c'erano stati dei litigi, ma nessuno dei due aveva mai avuto ripensamenti l'uno sull'altro.
«Mi fa ancora strano essere definito marito.» rise Alec, facendo segno a Magnus di sedersi accanto a lui.
«Col tempo ci farai l'abitudine.» rispose Magnus, ringraziando che Alec non ribattesse con un se avrò quel tempo”, almeno il giorno del loro anniversario.
Nell'ultimo anno, Alec era peggiorato: si avvicinava infatti ai trent'anni, limite che i medici avevano posto alla sua vita.
Ora doveva portare quasi sempre una bombola d'ossigeno con sé, che lo aiutasse quando i polmoni faticavano troppo.
Magnus sapeva che avrebbe potuto avere una crisi da un momento all'altro, ma preferiva allontanare quel pensiero concentrandosi sul sorriso di Alec.
In quel momento il ragazzo stava addentando il cornetto alla crema – il suo preferito – che Magnus gli aveva portato.
«Grazie» mormorò Alec, guardandolo dritto negli occhi.
«Per la colazione? Non è niente.»
«Per tutto.»
Magnus sorrise, e gli pulì con il pollice l'angolo della bocca, sporco di crema, prima di baciarlo. Alec dischiuse le labbra sotto le sue, infilando le dita tra i suoi capelli corvini.
All'improvviso, però, Alec si scostò, tossendo: non riusciva a respirare. Immediatamente Magnus fece stendere Alec e lo collegò alla bombola d'ossigeno.
«Tutto bene?»
«Ce la faccio» disse Alec, annuendo piano.
Magnus si stese accanto a lui, cingendolo con le braccia, e incastrando la sua testa nell'incavo della spalla di Alec.
«Possiamo anche restare a casa stasera, se vuoi.» mormorò Magnus, accarezzandogli il petto magro.
«No, Magnus, no. Hai prenotato in quel ristorante un mese fa, e ci andremo.»
Alec si girò lentamente su un fianco, per stare faccia a faccia con lui. «È il nostro anniversario.» sussurrò.
«Lo so.» rispose Magnus, e lo baciò piano, sfiorando le sue labbra ripetutamente.
«Ti amo.» disse Alec, strofinando il naso contro il suo.
«Ti amo anch'io. Sempre.»

 

§

 

La cena stava andando bene, ma Magnus si accorse che Alec era un po' strano.
«Non ti piace il posto?» domandò, anche un po' dispiaciuto. Aveva scelto uno dei ristoranti più di lusso di New York, per festeggiare in grande, ed era stato duro ottenere una prenotazione.
«Ma sei pazzo?» lo prese in giro Alec. «Certo che mi piace. Sei anche riuscito ad ottenere un tavolo in fondo»
Magnus si sentì sollevato. «Dopo tutti gli anni che abbiamo passato insieme sono ben consapevole della tua fissazione di non stare al centro dell'attenzione»
«Gne» rispose Alec, ridendo.
«Sei sicuro che vada tutto bene?» chiese dopo un po' Magnus, che ancora non era riuscito a calmarsi del tutto. Aveva imparato a capire subito se c'era qualcosa che non andava, anche senza bisogno di parole.
«Sì»
Lui alzò un sopracciglio, scettico. «Alexander Gid-»
«D'accordo, d'accordo» sbuffò Alec. «Non chiamarmi con il mio nome completo. È tutto okay, sono solo un po' stanco.»
Magnus era abituato a vedere Alec debole a volte – nell'ultimo periodo soprattutto – ma quella volta era diverso.
«Dopo passiamo in ospedale per un controllo.»
«Magnus, ti prego, no.» la voce di Alec era seria. «Ho passato metà della mia vita in quel posto, non voglio andarci anche il giorno del mio anniversario di matrimonio.»
Lui gli prese la mano sul tavolo, annuendo. «Allora domani.»
Si vedeva che Alec non era entusiasta all'idea, comprensibilmente, ma quando si erano sposati Magnus aveva giurato di prendersi cura di lui, e per quanto fosse il primo ad odiare gli ospedali, era necessario.
«Lo sai che lo dico per il tuo bene, vero?»
Alec annuì. «Lo sai che ti amo?»
Ovviamente lo sapeva, ma gli faceva sempre piacere sentirlo. All'inizio, vista la sua timidezza, Alec non lo diceva spesso, ma col il tempo era diventata quasi un'abitudine, senza aver perso il suo significato. Semplicemente, entrambi temevano che Alec se ne andasse all'improvviso, e non volevano che succedesse senza averlo detto un'ultima volta.
«Dimmelo ancora.»
«Ti amo.»
Si sporsero entrambi dalle sedie per darsi un piccolo bacio.
«Andiamo a casa?» sussurrò Magnus.

 

§

 

Si svegliarono abbracciati, stretti l'uno all'altro. Le braccia di Magnus cingevano il busto di Alec, che dormiva appoggiato al suo petto. Il suo respiro era molto debole, quindi si affrettò a collegarlo alla bombola, cosa che però lo svegliò.
«Mi dispiace» 
«Non fa niente» rispose Alec, stropicciandosi gli occhi. «Buongiorno»
«Buongiorno, tesoro»
Si scambiarono un paio di baci prima di decidere di alzarsi. Alec si tirò su con grande difficoltà, e Magnus dovette aiutarlo e sostenere solo per uscire dalla camera da letto. Aveva l'affanno, e anche con la bombola faticava a respirare quando si muoveva.
Non ci fu bisogno che nessuno dei due lo dicesse. Si vestirono in silenzio e si diressero in macchina all'ospedale.
«Alexander» lo salutò il dottore che lo aveva preso in cura da dopo la prima crisi. Quando si accorse che il ragazzo non riusciva a reggersi in piedi e respirava affannosamente nonostante la bombola, però, sul suo volto comparve un espressione preoccupata e gli corse incontro. Aiutò Magnus a sorreggerlo, ordinando immediatamente analisi ed esami. 
Dopo un paio d'ore Alec era steso in un letto, con una mascherina che lo aiutava a respirare e una flebo; Magnus aveva chiamato Jace e Isabelle, e insieme, nella stanza di Alec, aspettavano Maryse e Robert e i risultati. I genitori arrivarono giusto in concomitanza con il medico. Magnus dovette fare un grande sforzo per concentrarsi: si sentiva soffocare. Isabelle se ne accorse e gli strinse la mano. Jace era in piedi, andando avanti e indietro: quando era nervoso era ancora più iperattivo del solito. Maryse era pallida, e costretta ad appoggiarsi a Robert – era la prima volta che Magnus li vedeva così vicini. In quel momento le loro differenze e i loro contrasti erano scomparsi: erano tutti lì per Alec, l'unica cosa che li univa. Si sentivano come dopo la prima crisi, con la differenza che adesso erano consapevoli che probabilmente Alec non si sarebbe svegliato mai più, se non per un miracolo, e anche bello grosso. Ancora non riuscivano ad immaginare la loro vita senza il ragazzo. 
Il volto di Alec era indecifrabile. Un po' teneva gli occhi chiusi, un po' si guardava intorno, ma per la maggior parte del tempo il suo sguardo era perso nel vuoto. Si limitava a respirare.
«Allora?» chiese Robert, con il suo solito temperamento tutt'altro che calmo.
Si vedeva che il dottore era in difficoltà: non riusciva a guardare negli occhi nessuno di loro. «Pensavo che il farmaco funzionasse…» cominciò, premettendo una giustificazione.
Magnus si passò una mano sul viso, preparandosi al peggio.
«Inizialmente ha contenuto la malattia, mascherandone anche i sintomi. Ecco perché non ci siamo accorti che ha smesso di aiutare Alec, e la situazione è peggiorata.» abbassò la voce. «È molto grave. Non credo ci sia qualcosa che possiamo fare. Il farmaco era la nostra ultima risorsa.»
Tutti i presenti si voltarono automaticamente verso Alec, che continuava a non muovere un muscolo.
«Davvero per voi è una sorpresa?» sussurrò, sempre con lo sguardo rivolto altrove. «Ho ventinove anni.» disse, come se quello spiegasse tutto, come se fosse normale.
«Appunto» ribatté Magnus. «Hai ventinove anni. Solo ventinove fottutissimi anni.» la sua voce si era alzata, pronunciando queste ultime parole, e ora tutti guardavano lui. Aveva le unghie conficcate nei palmi, gli occhi lucidi fissi su Alec. «Non è normale e non è giusto, va bene?» continuò, imperterrito.
Alec lo ignorò. «Dottore, la mia… esperienza vi aiuterà a perfezionare il farmaco per altre persone con la mia malattia?»
L'interpellato annuì. «Sì.»
«Almeno sarà servito a qualcosa...»
«La tua vita non è meno importante della loro!» gridò Magnus. In altri momenti sarebbe riuscito a ragionare e a capire che Alec stava semplicemente cercando di accettare il suo destino e di trovare un lato positivo per gli altri – come faceva sempre – ma per come stavano le cose il suo comportamento lo feriva. Gli sembrava quasi che Alec fosse già pronto ad andarsene, mentre lui non lo era a lasciarlo andare.
«Vi lascio soli» disse il medico, capendo di essere di troppo. «Se avete bisogno di me non esitate a chiamarmi.»
Magnus si sedette davanti alla finestra con le braccia incrociate, scuotendo la testa.
Non poteva essere la fine.

 

§

 

È la fine” pensò Alec. “Cosa dovremmo pensare quando stiamo per morire? Probabilmente a quello che abbiamo fatto e non fatto nella vita, ai nostri traguardi così come ai nostri rimpianti. Alle persone che amiamo e che ci amano e a quelle che abbiamo perso lungo la strada.”
Eppure la sua mente non era attraversata da nessuno di questi pensieri. Era quasi vuota, dominata da una paradossale calma.
Aveva pensato a quel momento da quando era stato grande abbastanza per farlo, ma ora che era arrivato non sapeva cosa fare.
Una parte di lui si era già abbandonata all'idea della morte, pronta alla resa finale, attirata dalla pace e dalla liberazione dal dolore che avrebbe portato. L'altra riteneva la prima egoista, e si aggrappava a qualsiasi cosa terrena per restare. Come poteva solo pensare di lasciare la sua famiglia e Magnus, essendo consapevole di tutto il dolore che avrebbe provocato loro?
Dire addio era l'unica cosa giusta che si sentiva di fare.
Posò lo sguardo su Isabelle. La sua sorellina. 
Lei se ne accorse subito, anche se lui non aveva pronunciato una parola. Aveva sempre saputo che era collegati nella mente e nel cuore. Un secondo dopo era seduta accanto a lui sul letto. Jace, che le era stato vicino fino ad allora, si girò con espressione interrogativa, e Alec gli fece segno di avvicinarsi con un lieve – quasi impercettibile – cenno della mano.
Magnus si spostò sulla soglia della porta, dando le spalle a quella scena per fingere che non stesse succedendo. Maryse e Robert restarono in disparte, con gli occhi bassi. Sapevano che i tre fratelli si erano sempre bastati a vicenda e che avevano fatto a meno dei loro genitori molto più spesso di quanto piacesse loro ammettere.
Alec dischiuse le labbra, ma non riusciva a trovare le parole.
«Non c'è bisogno che tu dica granché» lo precedette Isabelle. «Sai che siamo sempre riusciti a comunicare senza le parole.» gli ricordò, considerando anche che era appena successo.
«Spero che mi sentirai anche quando non sarò più qui, allora. Io proverò comunque a parlarti.»
Isabelle mantenne la testa alta, ma grosse lacrime scendevano dagli occhi castani, così diversi dai suoi. «Ci riuscirai. Tu sei bravo in tutto»
«La stessa cosa vale per te» specificò Alec, rivolgendosi a Jace. Il biondo annuì, evitando di guardarlo, con un labbro tra i denti. Alec gli prese una mano, per costringerlo a smettere di torturarsele. «Va tutto bene»
Jace lasciò in pace il labbro e si permise di piangere posando finalmente gli occhi sul fratello. «È incredibile come pensi sempre agli altri quando dovresti pensare solo a te. Hai il cuore più puro di chiunque abbia mai conosciuto.»
«Non esagerare»
«È vero. Ci sono così tante cose che ho imparato da te, Alec...»
«Temo che le lezioni siano finite»
«Come faremo senza il nostro professore rompipalle?» chiese Jace ad Izzy, con un sorriso amaro, ma la sua voce si spezzò.
La ragazza cominciò a singhiozzare, e si accasciò sul petto di Alec, che le accarezzò i capelli corvini, invece identici ai suoi.
«Vedi, Alec» mormorò Isabelle, tra un singhiozzo e l'altro. «Sei la mia roccia.»
«Strano, perché tu sei la mia. Sei forte, Iz, lo so che lo sei, anche quando sei debole, la tua fragilità ti dà forza. Non hai bisogno di me.»
«Avrò sempre bisogno di te»
Alec cercò di cacciare giù il groppo che aveva in gola. Si sentiva male, e stavolta non fisicamente, ma dentro, nel cuore.
«Non andare» disse Jace. «Non dove non posso seguirti. Dovevamo restare uniti.»
«Lo saremo. Io sarò sempre con voi. Non morirò mai veramente, finché qualcuno mi ricorderà nel suo cuore.»
«Lo faremo.» disse Jace, e poi si girò verso Magnus, Maryse e Robert, seguito dai fratelli. «Tutti noi.»
«Per sempre» aggiunse Isabelle.
«Vi voglio bene» sussurrò Alec, piano, come se fosse un segreto. Era vero che non se lo dicevano spesso a parole, ma se lo dimostravano continuamente. E quel momento, con Isabelle sul suo petto e Jace che gli teneva la mano, ne ebbe l'ennesima prova.
«Dovrei dire qualcosa anche a mamma e papà» disse Alec. Il suo rapporto con i genitori era sempre stato complicato, soprattutto con Robert. La situazione era migliorata dopo la prima crisi e anche se questo non aggiustava tutto, erano pur sempre… i suoi genitori. I fratelli si spostarono, chiamando Maryse e Robert, che parvero leggermente sorpresi, soprattutto l'uomo.
«Il mio bambino...» sussurrava Maryse, accarezzandogli la fronte. Robert si sforzava di guardarlo negli occhi, ma senza riuscirci. «Mi dispiace tanto, Alexander...»
«Non fa niente, papà.»
Quella parola scosse il genitore. Alec l'aveva sempre chiamato padre, e a volte non l'aveva chiamato affatto, nei loro periodi peggiori.
«Non sarei dovuto essere così duro con te… Io sono fiero dell'uomo che sei, lo sono sempre stato, anche se non l'ho mai dimostrato come avrei dovuto, e adesso è troppo tard-»
«Non lo è.» lo interruppe Alec, guardando prima lui e poi la madre. «Grazie.» aggiunse, sfiorandogli il braccio. Era la prima volta che toccava intenzionalmente da tempo.
Robert non si allontanò, accettando il contatto. Forse quello era il momento più intimo e vero che avessero mai vissuto come padre e figlio. Il pensiero che putroppo fosse anche l'ultimo intristì entrambi.  
Maryse non aveva detto nulla. Da così vicino Alec poteva notare delle ciocche grigie tra i capelli.
«I figli non dovrebbero morire prima delle proprie madri» pronunciò dopo diverso tempo, con la voce spezzata. Era il secondo che perdeva. «Non è naturale»
Alec si limitò a prenderle la mano, a corto di parole.
«Vi voglio bene» disse anche a loro. Si sentiva in dovere di farlo: molto probabilmente era la sua ultima occasione.
«Anche noi» singhiozzò Maryse, seguita da un cenno di assenso di Robert.
Restarono così per un po', consapevoli di non poter compensare anni di parole non dette in pochi minuti. Ma quelle poche per Alec bastavano.
«Vorrei parlare con Magnus» disse alla fine, a bassa voce.
Robert e Maryse annuirono, apprestandosi a lasciare la stanza con Jace e Isabelle.
Prima che uscissero, però, si sentì in dovere di dire un'ultima cosa. 
«Abbraccerò Max anche da parte vostra» 

 

§

 

«Magnus, vieni qui...» mormorò Alec, con la voce spezzata. Doveva dire addio alla sua famiglia, e Magnus ne faceva decisamente parte. Non poteva e non voleva andarsene senza salutarlo.
Magnus scosse la testa, ricacciando indietro le lacrime e restando immobile sulla soglia della porta. «No, non vengo. Perché tu non stai morendo, Alec, ti riprenderai, lo so che lo farai...»
Alec sorrise piano. Magnus stava cercando di convincerlo che tutto sarebbe andato bene – come faceva sempre – ma stavolta stava cercando di convincere soprattutto se stesso.
«Se mi riprenderò queste parole saranno come tante altre che ho già detto, ma ti prego, non impedirmi di pronunciarle.»
Magnus annuì e finalmente si sedette accanto al marito. Fino ad allora si era mantenuto distante, ma adesso era il suo turno.
«Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?» cominciò Alec, e i suoi occhi si riempirono di gioia e commozione al ricordo che aveva dato inizio alla loro storia. «Non avrei mai pensato che quel ragazzo che mi aveva portato il succo al mango di Jace sarebbe diventato mio marito.»
«Quindi dovremmo ringraziare Jace?» rispose Magnus, ridacchiando, anche se stava piangendo.
«Questa sarà la cosa più difficile che dovrai fare»
«Non so se ci riuscirò» ammise Magnus. «Con te ad aiutarmi sono riuscito a sopportarlo, ma se non ci sarai...»
«Mi preoccupa lasciarti senza di me» confessò Alec, prendendogli la mano.
«Io non sono niente senza di te»
Entrambi si abbandonarono alle lacrime che non potevano più essere trattenute e si strinsero forte la mano.
«Avrò anche solo ventinove anni» continuò Alec, alludendo a quello che aveva detto Magnus dopo il responso del medico. «Ma li ho vissuti più intensamente di quanto molte persone vivono una vita intera. Ed è stato grazie a te. Tu hai reso la mia vita degna di essere vissuta.»
«Non dire stupidaggini» disse Magnus, con le lacrime che gli bagnavano gli occhi e il viso. «Magari è il contrario. Ero morto dentro, prima di conoscerti, e tu mi hai fatto respirare di nuovo. Ecco perché non accetto che tu mi lasci. Sei quello a cui tengo di più… ti amo così tanto...»
«Ti amo anch'io.»
«Non dirlo come se fosse l'ultima volta che lo fai»
«Baciami» rispose semplicemente Alec, sperando di riuscire a comunicargli tutto ciò che non riusciva a dire e tutto l'amore che provava attraverso quel contatto.
Magnus si avvicino, scostò la mascherina dal suo viso e sfiorò piano le sue labbra, e poi la rimise al suo posto.
«È pericolo se non la tieni per troppo tempo»
«Per questo ne varrebbe la pena» ribatté Alec, strappandogli un altro bacio. Lui sapeva che sarebbe morto e che la mascherina non avrebbe fatto alcuna differenza, ma l'altro voleva ignorarlo.
«Non mi lasciare, Alec, per favore» mormorò Magnus, chinando la testa. Il cuscino del ragazzo era macchiato di lacrime, e ormai non si capiva più di chi fossero.
«Ce la sto mettendo tutta per resistere, forse ce la posso fare» mentì Alec, sollevando il viso di Magnus e accarezzandogli una guancia. Sapeva che prima o poi la malattia avrebbe vinto, ma per quanto facesse male combattere, voleva fare tutto il necessario per lasciare Magnus il più tardi possibile. Magnus gli aveva sempre rimproverato che non si mettesse mai al primo posto, e con il tempo gli aveva fatto capire di essere importante. In ogni caso, però, se quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe potuto scegliere chi mettere al primo posto, avrebbe scelto sicuramente Magnus.
«Te l'ho detto che ti riprenderai» disse Magnus, alzandosi, asciugandosi le lacrime come gesto di incoraggiamento per entrambi. Continuava a rifiutarsi di dirgli addio, anche perché non sapeva come farlo, sospettava Alec. Ma tanto Alec sapeva già tutto: Magnus gli aveva donato se stesso completamente da quando si conoscevano. «Infatti non ho annullato la prenotazione per quella vacanza in Europa per l'estate.»
Stavano mettendo da parte un po' di soldi da qualche tempo per finanziare un giro in Europa di circa un mese. Avevano deciso tutto nei minimi dettagli, molto eccitati all'idea. Durante gli anni precedenti avevano fatto qualche piccolo viaggio, ma niente del genere, e da quando, all'inizio dell'anno, Alec aveva cominciato a peggiorare, avevano deciso di fissarlo per quell'estate, per non rischiare di perderselo. Purtroppo sarebbe stato così, nonostante tutti i loro sforzi...
Alec osservava Magnus che guardava fuori dalla finestra dell'ospedale, e immaginava tutti i posti in cui sarebbero stati con un sorriso. Il suo entusiasmo e i suo ottimismo erano alcune delle cose che amava di più di lui. Lo lasciò parlare del giro che aveva pensato per loro, facendosi cullare dalla sua voce. Se doveva essere l'ultima cosa che avrebbe sentito, e Magnus l'ultima che avrebbe visto, gli andava più che bene. Quale modo migliore di morire che ascoltando e guardando la persona che hai amato di più in vita?
«Sarà molto bello» commentò, chiudendo gli occhi. «Molto bello...» 









 

Note:
*cerca di ripararsi dagli insulti, maledizioni e simili*
LO SO CHE SONO UNA PERSONA ORRIBILE. Sia perché aggiorno dopo quasi un anno - ho battutto tutti i record - sia perché torno con questo capitolo tutt'altro che felice.
È stato difficilissimo per me scriverlo, ve lo giuro. Ho cercato di esprimere al meglio i sentimenti dei personaggi, ma in una situazione del genere si potrebbero avere le reazioni più disparate... Ho fatto del mio meglio, spero che non siano risultati OOC. 
Fatemi sapere che ne pensate di quest'ultimo capitolo e sentitevi liberi di insultarmi.  Siamo quasi alla fine, manca solo l'epilogo. A questo proposito, comunicazione di servizio: ho già iniziato a scriverlo, quindi vi prometto che non vi farò aspettare tanto. 
Ora vado, anche perché credo che leggere le mie note sia l'ultima cosa che vogliate fare... Non odiatemi troppo ç_ç
Mi fermo giusto per ringraziare tutte le persone che mi hanno seguita fin qui, nonostante tutto, e quelle che hanno continuato a darmi un loro - preziosissimo - parere. Grazie di tutto 
A presto,





 

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Capitolo 25
*** Epilogo. ***


 
 


Epilogo.
Even on the other side

 



 

Magnus aveva imbarcato la valigia, e ora si dirigeva verso l'aereo con destinazione Francia con in spalla solamente uno zaino. In realtà, però, non aveva per niente voglia di partire.
Non aveva programmato quel viaggio per farlo da solo.


Un mese e mezzo prima

«Sarà stupendo, Alec, vedrai, ci divertiremo tantissimo.» Magnus accennò un sorriso, con lo sguardo ancora fuori alla finestra. Si rifiutava categoricamente di credere che Alec stesse morendo, e pensare al loro viaggio, quello che era sicuro avrebbero fatto, lo faceva sentire un po' meglio. Sperava che valesse lo stesso per Alec. Ad un certo punto, però, si rese conto che il marito era silenzioso – di solito ci era abituato, non era certo un chiacchierone, ma stavolta il silenzio era preoccupante…
Si voltò di scatto con il cuore a mille, e in testa una sola parola, una sola sillaba: no.
Alec era steso nella stessa identica posizione di qualche minuto prima, quando lui aveva cominciato a parlare. Gli occhi erano chiusi, ma non completamente, un po' come quando dormiva; la bocca dischiusa, incurvata in un lieve sorriso.
«Alec?» sussurrò, con voce tremante. «Se è uno scherzo non è divertente»
Lo scosse leggermente. «Okay, ci sono cascato, hai vinto» disse, fingendo una risata, sperando che così Alec avrebbe messo fine a quella scenetta, ma non successe niente.
Le lacrime, che si erano fermate solo per pochi secondi, ripresero a scendere più veloci e copiose della prima volta. Adesso non c'era più niente da fare.
«NO! NO! ALEXANDER!» gridò, con tutto il fiato che aveva in corpo. Se n'era andato, e lui non lo stava nemmeno guardando.
Le sue urla attirarono il resto della famiglia di Alec, che corse nella stanza: Magnus era aggrappato al corpo di Alec, immobile sul letto.
«Cosa è successo?» disse Maryse, con voce stridula e gli occhi sbarrati, tremando.
Robert era sulla soglia: cercava di ricomporsi, ma aveva perso tutto il suo abituale controllo.
Come reagisci alla morte di un figlio?
Isabelle fece per avvicinarsi al letto ma cadde in ginocchio appena prima, scossa dai singhiozzi. Jace la raggiunse subito, avvolgendole le spalle con le braccia, troppo sconvolto per dire qualcosa, quasi pietrificato dal dolore.
Come reagisci alla morte di un fratello?
Magnus non rispose, continuando a piangere e a sussurrare parole all'orecchio di Alec, che ormai non poteva più sentirle. Aveva la mente vuota, oscurata dal dolore. Non riusciva più a vedere bene, perché le lacrime gli appannavano gli occhi. Sentiva che le forze lo stavano abbandonando, e usò quelle che gli rimanevano per stringere Alec quanto più forte possibile.
Di lì a poco arrivò il medico, che provò a far spostare Magnus, ma lui si rifiutò.
«Non posso lasciarlo» mormorò, ricoprendogli il volto di baci. Constatò che il corpo di Alec diventava più freddo. «Non ti lascio amore» ripeté poi più piano, come se Alec e solo Alec lo sentisse.
Come reagisci alla morte di un marito?
 

§

 

Il funerale fu breve e riservato; parteciparono poche persone, giusto i parenti e alcuni amici d'infanzia. C'era anche il dottore, che insisté per partecipare.
Il cielo era nuvoloso quel giorno, sul punto di piovere, e rispecchiava lo stato d'animo di tutti i presenti.
Ognuno di loro disse qualche parola, ma risultava più difficile del previsto. Magnus si era preparato una sorta di discorso, ma quando fu il suo momento non riuscì a pronunciare più di qualche frase sconnessa. Alec era morto da poco, e lui non era ancora ritornato in sé: si sentiva confuso e fuori dalla realtà, come se tutto quello che stava vivendo non fosse reale. Una parte di lui, infatti, continuava a sperare che fosse tutto un sogno – un incubo, anzi – e che presto si sarebbe svegliato.
Gli dispiacque non riuscire a dire tutto quello che avrebbe voluto, però si consolò pensando che la cosa più importante era che lui sapesse, e non tutti gli altri. E Alec sicuramente conosceva già ogni singola parola che aveva scritto.
Venne riscosso dalle sue riflessioni grazie ad un gesto di Isabelle: era il suo turno di posare un fiore sulla tomba.
Quest'ultima sarebbe stata seppellita in uno spazio dedicato alla famiglia Lightwood.
Magnus appoggiò un ramo di plumbago azzurro sulla superficie lignea. I fiori di quella pianta erano dello stesso colore degli occhi di Alec, per questo gli piacevano così tanto.
Gli tolse il respiro pensare che lì sotto c'era il suo corpo. Il corpo della persona che aveva amato di più in tutta la vita.
Magnus.
«L'avete sentito?» disse immediatamente lui, appoggiandosi alla bara. «Lui mi ha… era la sua voce...»
Robert e Maryse lo pregarono di allontanarsi, affinché la cerimonia potesse essere portata a termine, ma lui era impassibile.
«Non ti lascerò di nuovo...» continuava a mormorare, e il suo lamento era interrotto solo da qualche singhiozzo.
Una mano gli si poggiò sulla spalla. Subito girò il viso, aspettandosi di trovare Alec, come sempre al suo fianco.
Gli occhi in cui si specchio, però, anche se simili per forma, non erano i suoi. Al posto dell'azzurro c'era il nero.
Isabelle si inginocchiò accanto a lui. «Anche io lo sento, qualche volta. Mi sembra quasi che il fruscio del vento abbia la sua voce.» Poi abbassò la voce. «Jace non lo vuole ammettere, ma so che succede anche a lui. Si gira improvvisamente cercando qualcuno, e sappiamo chi.»
«Ci succederà sempre?»
«Forse con il tempo di meno. Non ti mentirò, Magnus, sarà difficile.»
«Lo so. Era troppo importante per tutti noi. Mi sento come se fosse morta anche una parte di me, quella più bella e più felice.»
Izzy non rispose, limitandosi ad abbracciarlo. Fu grazie a lei che non cadde al suolo e riuscì a rialzarsi. In più, gli strinse forte la mano mentre la bara calava sotto terra. Alec aveva ragione, quella ragazza era una roccia.
A cerimonia conclusa uno ad uno se ne andarono tutti. Isabelle e Jace sarebbero voluti rimanere un altro po', ma Maryse e Robert li convinsero a tornare a casa: c'erano già state abbastanza lacrime e dolore per quel giorno.
Magnus, una volta solo, si sedette lì, di fronte alla lapide.

 

Alexander Gideon Lightwood
1989 – 2018
Beloved son, brother, husband and friend
 

Gli rimaneva un altro ramo di fiori e stava per metterlo lì, quando il suo sguardo si soffermò sulla tomba giusto accanto a quella.
 

Maxwell Joseph Lightwood
1998 – 2007
Beloved son and brother
 

Non l'aveva mai conosciuto, ma solo dai racconti di Alec gli voleva bene. Divise in due il ramo e ne poggiò una metà su ciascuna lapide.
«Spero che siate insieme adesso.» sussurrò. Se davvero esisteva un Paradiso, quei due dovevano trovarsi lì.
Poi si rivolse solo ad Alec. «Mi manchi già. E non è passato nemmeno un mese intero.
Voglio che tu sappia che non mi pento di nulla, neanche dei momenti più difficili. Questa storia è perfetta perché è nostra. Di due persone che ci sono sempre state, che non si sono mai dimenticate, che hanno affrontato e superato di tutto insieme.
Del resto, non si può rimpiangere di aver amato qualcuno tanto quanto io ho amato te. Quanto io amo te.»
Lasciò un bacio e una lacrima sulla pietra gelida e si incamminò fuori dal cimitero.
Lungo la strada vide Simon e Isabelle che andavano verso la macchina.
Magnus si sarebbe potuto fermare per parlare con loro, dato che sapeva che Izzy provava quello che provava lui, ma in quel momento non si sentiva in vena. Dopo aver parlato con Alec voleva stare un po' da solo per metabolizzare il lutto, ed evitare che il dolore prendesse il sopravvento su di lui.
Allora accelerò, passando semplicemente accanto a loro, molto velocemente. Le sue orecchie, però, colsero comunque le parole matrimonio/non ora/dopo Alec.
Fece finta di tossire. Quel gesto ebbe l'effetto sperato: i due si accorsero della sua presenza, girandosi verso di lui.
«Di cosa parlavate?» chiese Magnus, nel modo più innocente possibile, ignorando volutamente la chiara speranza della coppia che lui non avesse sentito o quantomeno non ne parlasse.
«Non fare il finto tonto» sbuffò Isabelle, abbassando lo sguardo. «Io e Simon stavamo pensando di sposarci. Lo so cosa stai pensando, e te lo dico subito: non vogliamo farlo adesso. Sappiamo che non sarebbe giusto dopo la-» si bloccò. Non riusciva ancora a pronunciare la parola morte. «Dopo Alec.»
La ragazza si morse forte il labbro, cercando di non piangere. L'aveva già fatto abbastanza. Simon le prese subito una mano tra le sue.
Magnus sorrise intenerito. Si vedeva che erano innamorati, proprio come lo erano stati lui ed Alec. E anche loro si erano sposati, secondo molti, prematuramente, quindi capiva benissimo la situazione in cui si trovavano.
Ripensandoci, lui avrebbe sposato Alec addirittura prima.
Non c'era motivo di negarlo ad Isabelle e Simon.
«Invece dovreste» disse dunque, convinto.
Simon granò gli occhi, guardando immediatamente Isabelle per avere un suo segno, ma il volto della ragazza era di ghiaccio.
«Perché?» domandò, con voce bassa e tremante. Non vedeva come avrebbe potuto permettersi di organizzare un matrimonio quando Alec era appena morto. Avrebbe dovuto pensare a lui, non a se stessa.
«Isabelle, so riconoscere il vero amore quando lo vedo.» rispose, rigirandosi la fede dorata ancora lucida che portava all'anulare. «E credo in esso. Ancora, anche se ho perso il mio.»
Una lacrima scese sul suo volto, ma non si curò di asciugarla, prima di tutto perché ormai ne aveva piante talmente tante che una non avrebbe fatto differenza, e poi perché la stessa lacrima scivolava su quello di Izzy.
«Anche Alec ci credeva. Non l'avrebbe mai ammesso, ma è così… Voleva che voi due foste felici. E penso proprio che lo voglia ancora, dovunque sia. Perciò, per favore, sposatevi se questo vi renderà felici, perché in quel caso lo sarà anche lui. Sapete com'era fatto, non vorrebbe mai che posticipaste una cosa del genere per lui.»
Isabelle annuì, con gli occhi lucidi. Magnus aveva ragione: le sembrò quasi di sentire Alec.
«Grazie, Magnus» disse, abbozzando un sorriso e poggiandogli una mano sulla spalla. Le sue parole l'avevano fatta sentire meglio.
«Di niente, dolcezza.» rispose lui, riprendendo poi la sua strada.
«Aspetta» lo chiamò lei. «Perché non vieni a casa con noi? Non credo che dovresti stare da solo. La famiglia deve stare unita in questi momenti.»
«Lo apprezzo molto, ma io-»
«Prima che tu possa dire il contrario» lo precedette Isabelle. «Tu fai parte di questa famiglia.»
«Significa molto per me» le assicurò Magnus. «Ma ho bisogno di stare un po' da solo per riflettere»
«Va bene» si arrese Isabelle. «Ma se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiamarci»
Magnus, annuì, salutandoli. Si guardò indietro prima di girare un angolo, e vide Simon avvolgere un braccio attorno alla vita di Izzy prima di lasciarle un dolce bacio sulla guancia.
«Hai visto, Alec?» mormorò, girandosi dall'altra parte, aspettandosi di trovarlo al suo fianco come sempre. Gli ci vollero un paio di secondi per realizzare. Tuttavia, continuò a parlare, stavolta rivolto però verso il cielo. «Isabelle ha trovato qualcuno che la ami davvero. Come avevi sempre desiderato.»

 

§

 

Tempo presente

Magnus partì mentre erano in corso i preparativi per il matrimonio, perché non era possibile rimandare le prenotazioni. In altri tempi quell'evento lo avrebbe eccitato tantissimo, e avrebbe fatto di tutto per assistere la sposa come wedding planner. Tuttavia, dopo i recenti avvenimenti, credeva che sarebbe stato solo d'intralcio – anche perché tutto non avrebbe fatto altro che ricordargli il suo, di matrimonio. Matrimonio con una persona che era morta poco prima.
D'altra parte, nemmeno la voglia di partire era tanta. Era tutto prenotato per due, le camere, i posti sull'aereo…. E invece era solo. Come aveva detto ad Isabelle, però, Alec non avrebbe mai voluto che qualcuno di loro si privasse di qualcosa per lui, soprattutto visto quanto Magnus aveva parlato di quel viaggio.
Persino quando Alec era morto, tutto quello a cui stava pensando era il viaggio… Si sentiva un po' in colpa, in realtà. Si era distratto, pensando ai suoi programmi e alle sue fantasie, e intanto Alec era morto, senza lui al suo fianco a stringergli la mano o a dargli un bacio sulla fronte.
«Perdonami, Alec» mormorò, sempre rivolto al cielo. Ormai faceva spesso alcuni commenti come se lui potesse sentirlo, perché era abituato a cercare sempre il ragazzo per parlare di qualcosa, ed era difficile smettere di farlo.
Diede un'occhiata alla sua valigia: non aveva portato molto, ed era riuscito a far entrare tutto in un solo bagaglio, assurdo per lui. Ma che senso aveva portare tanti vestiti e altre cose se non poteva condividerli con nessuno?
Vista l'ora, gli conveniva iniziare a dirigersi verso l'aeroporto, dato che solitamente le file per il check-in erano molto lunghe. Quando prese la valigia cadde una busta. La raccolse e se la mise in tasca. Gliela aveva data Isabelle qualche giorno prima, dicendo che Alec gliela aveva affidata anni prima, facendole giurare di consegnargliela solo se gli fosse successo qualcosa.
Non era ancora riuscito a leggerla, era l'ultima cosa che gli rimaneva di lui. Aveva paura che se l'avesse aperta sarebbe sfumato tutto, ma non poteva negare di essere curioso.
La tenne in tasca per tutto il tempo, finché l'aereo non decollò. Era arrivato il momento.
La busta era bianca, con gli angoli un po' rovinati dal tempo. Chissà dove l'aveva conservata Isabelle per fare in modo che nessuno la trovasse. Era perfettamente chiusa, prova che non era stata mai aperta prima. Sul retro c'era scritto semplicemente Magnus, in blu, con la scrittura ordinata di Alec.
La carta aveva il suo profumo. Magnus se la portò al viso e ispirò per qualche secondo.
Fece un respiro profondo e cominciò a leggere. Era come se lo facesse con la voce di Alec, come in un film.

Caro Magnus,
scusa per l'inizio banale, ma non riuscivo a trovarne uno migliore. Sei sempre stato più bravo di me con le parole, ma non potevo certo chiederti aiuto per questo. Spero che mi perdonerai.
Se stai leggendo questa lettera… sono morto. Oggi, o da un po' di tempo, dipende da quando Isabelle si ricorderà di dartela – sperando che lo faccia.
Non so se sono riuscito a dirti addio, se sono morto in fretta, all'improvviso, dopo un coma, o dopo una crisi. Se potessi scegliere, vorrei morire solo dopo aver salutato tutti, magari mentre mi parli di qualcosa di bello.

Magnus dovette fermarsi. Stava già piangendo, bagnando parte della carta. Si sentiva anche un po' osservato. Si stropicciò gli occhi, asciugandoseli. Almeno Alec era morto come aveva voluto… Sperò che il viaggio fosse quel qualcosa di bello a cui alludeva.

Se invece non fossi riuscito a parlarti, voglio che tu legga attentamente queste parole, perché sono tutto ciò che posso lasciarti.
Da quando ti ho incontrato, ho conosciuto, ho sentito, ho capito l'amore. Anche la mia famiglia mi ha sempre amato, certo, ma tu lo hai fatto in un modo diverso, speciale, che credevo non avrei mai provato. Voglio farti sapere che quando ero con te il dolore mi sembrava meno forte, come se la tua sola presenza lo alleviasse. Ti ringrazio di essere stato sempre al mio fianco, non è una cosa da tutti. Anzi, credo che quasi nessuno ci sarebbe riuscito.
Non me la sento di dirti addio. Lascerò una parte di me lì con te, sperando che tu voglia tenerla. In ogni caso, hai sempre Alexander. La tua stella, ricordi? La guardi ogni tanto? Mi farebbe piacere. Comunque, penso di volerti dire arrivederci e basta. Non so dove andremo dopo la morte, ma spero che saremo insieme. Però non fraintendermi, non raggiungermi troppo presto! Voglio che tu viva un vita lunga e felice. E lo stesso vale per quei due spericolati dei miei fratelli. Fammi un favore, tienili d'occhio. Sei stato bravo con me.
Mi mancherai tanto. Ti amo. Ti amo, non dimenticarlo mai. Ti amo, e veglierò su di te. Ti amo.
Tuo per sempre,
Alec.

«E menomale che non eri bravo con le parole» borbottò Magnus, continuando a piangere. Ormai la carta era diventata a pois, tante le gocce salate che ci erano cadute dai suoi occhi. Alec aveva messo il suo cuore in quella lettera, la sua anima. Solo rileggendola, sentendone l'odore, o guardandone la grafia lo faceva sentire come se una parte del ragazzo fosse proprio lì. Ed era quello che aveva scritto, quello che voleva.
Magnus fu tentato di scrivergli una lettera di risposta, per dirgli che amarlo era stata la cosa migliore che avesse fatto nella vita, che era lui a dover ringraziare, che guardava Alexander continuamente la notte, prima di addormentarsi, che avrebbe fatto il possibile per Jace e Isabelle, e gli avrebbe ripetuto che lo amava altrettante volte. Strinse il foglio al petto, vicino al cuore.
Se lo rigirò un po' tra le mani, e notò che c'era qualche riga sul retro.

PS. Se te lo stessi chiedendo, ho scritto questa lettera subito dopo il nostro matrimonio. In questo momento sei sotto la doccia. Ne approfitto perché so che ci metti un sacco di tempo.
Anche se dovessi morire domani, almeno sarei già tuo marito. Sono grato di aver vissuto abbastanza per poterti sposare. È stata la cosa più bella che mi sia successa in tutta la vita.

Quelle parole furono un colpo al cuore: Alec era morto il giorno dopo il loro anniversario di matrimonio.
Magnus ripiegò la lettera, la rimise nella busta e poi di nuovo nella sua tasca. Voleva tenerla sempre vicina. Guardò la fede sul suo dito, ancora brillante. Lui ed Alec avevano avuto poco tempo, ma era stato molto più bello e prezioso di quanto molte persone hanno in una vita intera. Non se la sarebbe mai tolta. Anche se c'erano mille altre cose che testimoniavano la loro vita insieme e la loro unione, era un simbolo.
Il simbolo di quello che era stata anche per lui la cosa più bella che gli fosse successa. Alec gli aveva tolto le parole di bocca.
Avevano uno stesso cuore diviso in due corpi. E anche se una metà aveva smesso di battere, l'altra l'avrebbe fatto per entrambi, e finché ci fosse riuscita, non avrebbe mai smesso di amare Alec.

 

§

 

Magnus tornò giusto in tempo per il matrimonio di Simon e Isabelle.
La ragazza era radiosa, nel suo abito da sposa: il bustino a cuore, decorato con qualche brillantino sullo scollo, terminava in una gonna a sirena, rispecchiando nell'insieme il suo stile alla perfezione. A Simon bastava starle accanto o anche solo guardarla per risplendere della stessa luce. Si vedeva quanto fortunato si ritenesse e quanto la amasse.
Fu una cerimonia bellissima, l'emozione era palpabile. Magnus si commosse, e non ebbe vergogna ad ammetterlo. Per qualcuno che si è già sposato, i matrimoni sono ancora più toccanti, perché conoscono benissimo la sensazione che si prova. Figuriamoci poi quando la persona che si aveva sposato non c'è più.
Clary e Jace facevano da testimoni rispettivamente a Simon e Isabelle – anche se Magnus sapeva che lei, se avesse potuto, avrebbe scelto Alec – e si lanciarono occhiate innamorate per tutto il tempo. Sembrava che, in quel momento, avessero deciso di sposarsi anche loro.
Isabelle indossò la fede sopra l'anello di fidanzamento, che non aveva mai tolto da quando l'aveva ricevuto. Simon la baciò con trasporto, sussurrandole qualcosa all'orecchio che dal labiale sembrava un ti amo da morire.
Magnus rimase silenzioso per la maggior parte del ricevimento: era felicissimo per Simon e Isabelle, ma non poteva negare che quella situazione lo intristiva anche, dato che non faceva altro che ricordargli il suo di matrimonio ed il suo di marito. Tuttavia, cercò di mostrarsi allegro e di non isolarsi troppo. Durante il discorso di Jace, ovviamente non mancò un momento dedicato ad Alec.
«Questo è stato il mio secondo discorso da testimone, e non ero preparato, in realtà» ammise il biondo in conclusione, con un piccolo sorriso. «Credevo che ci sarebbe stato Alec, al posto mio. E anche se non lo è, è al mio fianco. È al fianco di tutti noi.»
«Per una volta sono d'accordo con Jace» disse Magnus, lanciando un veloce sguardo al cielo, e alzando poi il bicchiere per il brindisi.
Alla fine della giornata, dopo essersi ovviamente congratulato ancora con Isabelle e Simon, Magnus si incamminò verso il cimitero. Si sedette, come sempre, davanti alla lapide di Alec, e gli raccontò del viaggio e del matrimonio, perdendo la cognizione del tempo. Sapeva che non era una cosa “sana”, ma lo faceva stare meglio.
Alec avrebbe sempre fatto stare meglio.


§


21 anni dopo

«Non ci crederai mai» disse Magnus, al solito posto.
Dopo i primi anni aveva cominciato ad andare meno spesso al cimitero, e la sua vita aveva ripreso una parvenza di normalità, ma ogni tanto ci tornava ancora. Non riusciva a non farlo, soprattutto quando succedeva qualcosa che sentiva il bisogno di dire ad Alec – come in quel caso.
«La figlia di Jace e Clary, Judith – ti ho parlato di lei, ricordi? – ha ritrovato i vostri vecchi fumetti sugli Shadowhunters e ha deciso di scriverci dei libri. Scrive molto bene, devo ammetterlo. Mi ha fatto leggere dei racconti, in questi anni, o temi per la scuola. Ah, ha detto che userà uno pseudonimo… Cassandra Clare, mi sembra. La cosa più interessante, comunque, è che ha detto che i personaggi saremo noi! Tu, Jace, Isabelle e Clary sarete degli Shadowhunters, Simon un vampiro e io uno stregone.» fece una pausa, accarezzando la lapide. «Sarà strano leggere di noi. Sicuramente mi porterà un sacco di nostalgia, ma chissà, magari sarà divertente leggere una versione completamente nuova della nostra storia.»
Si alzò, e dopo aver lasciato i soliti fiori sulla tomba, insieme a un bacio, si allontanò. Ad un certo punto, però, si fermò di colpo. Gli sembrò di aver sentito la voce di Alec. Si guardò indietro e desiderò che fosse vero. Sussurrò un'ultima frase e riprese il suo cammino.
«Una storia d'amore e di morte.»

 

(Anni dopo, chiesero a Cassandra – Judith – cosa l'avesse ispirata per il personaggio di Alec.
«He was based on a friend. I wanted to give him a better happier ending.» fu la sua risposta.) *










 



* Tweet reale di Cassie.
Note dell'autrice (in lacrime):
Non so cosa dire. Non posso credere che questa storia sia finita, dopo due anni che ci lavoro. Mi ha vista crescere e maturare e ci sono davvero davvero affezionata. Con lei lascio un pezzo di me. 
Spero che questo epilogo vi sia piaciuto, anche se so che non è la fine che speravate. Mi scuso per l'angst a cui vi ho sottoposto durante tutti i capitoli di questa long, e vi ringrazio infinitamente per non averla abbandonata nonostante tutto e per averci creduto 
– anche quando nemmeno io lo facevo. Questa storia è un po' anche vostra. 
Mi farebbe piacere leggere un ultimo vostro parere 
– gli insulti sono accettati  e vi saluto.
Vi lascio la mia 
pagina autrice  per ogni evenienza. 
Al prossimo progetto e ancora grazie.
Un sincero abbraccio,





 
 
 
 

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