Tutto Iniziò Così

di Katie88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Festa ***
Capitolo 2: *** Doti Nascoste ***
Capitolo 3: *** Discussioni e Distrazioni ***
Capitolo 4: *** Un Dolore Inaspettato ***
Capitolo 5: *** Tornare a Vivere ***
Capitolo 6: *** Festa di Fidanzamento ***
Capitolo 7: *** La Fine di Tutto? ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Festa ***


Festa



Sir Edward galoppava rapido verso casa.


Aveva fretta. Molta fretta. Doveva tornare subito a Knighton e dare la bella notizia a Marian.


Non capitava mica tutti i giorni una cosa del genere!


Quel giorno, infatti, mentre svolgeva i suoi doveri da sceriffo in un villaggio vicino, era stato raggiunto da un servo di Sir Thomas di Lockseley, signore di quelle terre.


Il servo, avvicinatosi allo sceriffo, si era presentato e gli aveva consegnato una piccola pergamena accuratamente arrotolata.


“E’ un invito, Sir Edward.” Aveva spiegato poi il ragazzo. “Un invito ad una festa da parte del mio signore, il conte di Huntingdon. Sir Thomas vi prega di partecipare ai festeggiamenti che si terranno questa sera a Lockseley in onore del compleanno di Re Riccardo.”


Lo sceriffo aveva quindi srotolato il plico e letto il messaggio del suo vecchio amico Thomas. “Stasera?” aveva chiesto al ragazzo.


“Si, Sir Edward, stasera.” Aveva confermato quello. “Inoltre Sir Thomas vi prega di portare con voi, anche vostra figlia, Lady Marian.”


“Mia figlia?”


“Si, signore, vostra figlia. Il mio padrone ha invitato tutti i nobili delle terre vicine e i loro figli, in modo tale che suo figlio potesse fare la loro conoscenza.”


“Capisco. Bene, allora dite al vostro padrone che sia io che mia figlia accettiamo volentieri il suo invito.”


A quella risposta, il servo aveva fatto un breve inchino e si era allontanato velocemente.


Sir Edward era quindi salito sul suo cavallo ed era partito di corsa.


Destinazione: Knighton Hall.




Marian scese le scale ed arrivò al grande salone. Si guardò un attimo attorno, ma non vide nessuno.


“Sarah?” chiamò, cercando la sua nutrice.


Nessuno le rispose. Soltanto il profondo silenzio della casa la circondava.


Si affacciò alla finestra, ma nulla. Di Sarah nessuna traccia.


La giovane si diresse allora verso la cucina, dove finalmente trovò la sua anziana balia.


Entrò silenziosamente nella stanza fino ad arrivare a pochi centimetri dalla  schiena della donna, del tutto ignara, e posò con delicatezza le proprie mani sugli occhi di Sarah.


Immediatamente, la donna sussultò spaventata e i recipienti che aveva in mano rovinarono a terra, fragorosamente. “Marian!”


La ragazza non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere di fronte all’indignazione della donna.


Sarah mise le mani sui fianchi e si voltò verso di lei, arrabbiata. “Marian!” gridò ancora. “Che cosa ti è saltato in mente? Mi hai fatto quasi morire di paura!”


Marian, ancora ridendo, le si avvicinò e la abbracciò dolcemente. “Mi dispiace, Sarah. Non volevo spaventarti... era solo uno scherzo!”


La donna sospirò comprensiva e rispose all’abbraccio della ragazza. “Oh bambina mia! Un giorno o l’altro mi farai morire davvero!” disse, cercando di utilizzare un tono severo.


Marian si allontanò un attimo dalla donna e la guardò dritto negli occhi. “Spero proprio di no. Senza di te, sarei persa.”


Sarah le rivolse un sorriso. Un sorriso dolce, amorevole, materno. Uno di quei sorrisi che Marian amava tanto.


Le posò un bacio sulla fronte e sciolse l’abbraccio, cominciando a raccogliere i piatti ancora sparsi a terra.


“Allora, Marian, cosa fai qui?” le chiese, inginocchiandosi sul pavimento. “Sai che tuo padre non vuole che tu venga in cucina. Non è posto per te.”


Marian si sedette a terra, accanto a Sarah, e iniziò a raccogliere i cocci, beccandosi così un’occhiata torva da parte della donna.


“Marian, Marian... Non dovresti essere in camera tua a ricamare?”


Marian sbuffò infastidita. “Lo sai che odio ricamare. Preferisco di gran lunga cavalcare nella foresta. E’ molto più divertente. Ma mio padre...”


“Tuo padre vuole solo il tuo bene, bambina mia.” La interruppe la nutrice. “Chi mai vorrebbe una moglie che non sa ricamare e che passa il suo tempo a comportarsi come un maschiaccio?”


Marian la guardò per un attimo e sorrise soddisfatta. “Bè, io sarei molto contenta di non avere pretendenti. Passerei tutta la vita a fare quello che mi piace senza dover obbedire a nessuno.”


Sarah le lanciò uno sguardo di rimprovero. “Non dire certe cose, Marian. Tutte le ragazze della tua età hanno già dei pretendenti e molte di loro sono già promesse. Non mi stupirei affatto se tuo padre avesse già in mente qualcuno...”


Marian scattò in piedi all’improvviso. “Non dirlo nemmeno per scherzo! Io non voglio ancora sposarmi! Sono ancora giovane!”


“Marian, tua madre, alla tua età, era già promessa a Sir Edward quindi...”


“No, no e poi no! Mio padre non mi farebbe mai una cosa del genere senza dirmi nulla! Non può! Non deve!”


“E’ tuo padre. Può fare ciò che vuole, Marian. Non deve mica chiederti il permesso.”


A quelle parole, la ragazza guardò furiosa la donna che l’aveva cresciuta ed uscì di corsa dalla cucina, senza dire una parola.


Sarah sospirò abbattuta. “Mi dispiace, bambina mia.”




Dopo aver cavalcato parecchie miglia, Sir Edward avvistò finalmente le colline che circondavano la sua dimora.


“Ci siamo quasi...” sussurrò.


Non vedeva l’ora di tornare a casa e parlare con Marian. Sicuramente anche lei sarebbe stata entusiasta dell’invito di Sir Thomas. E’ risaputo che le donne amano questi avvenimenti... Musica, balli, danze... E poi alla festa ci sarebbero stati tutti i nobili della contea... Chissà! Magari avrebbe potuto trovare anche un buon partito per sua figlia!


Sostenuto da tale prospettiva, spronò di nuovo il cavallo, impaziente di arrivare a casa.


Qualche minuto più tardi, Sir Edward entrava nella sua proprietà.


Subito lo stalliere gli venne incontro. “Padrone, come mai già di ritorno?” chiese apprensivo.


Sir Edward smontò da cavallo e lo rassicurò. “Non preoccuparti, Joe. Va tutto bene. Dov’è mia figlia?”


“Credo sia in casa, signore. Con Sarah.”


Sir Edward entrò in casa di corsa. “SARAH! MARIAN! VENITE PRESTO! GRANDI NOTIZIE!”


La povera balia accorse spaventata, e così anche Marian.


“Padre, cosa succede? Perché gridate?”


“Grandi notizie, Marian! Siamo stati invitati ad una festa!”


“Una festa?”


“Si, una festa. A Lockseley! E ci saranno anche tutti i giovani nobili della contea!”


Marian e Sarah si scambiarono un’occhiata confusa.


“Ma non capite?” chiese Sir Edward, agitato. “Stasera potremmo trovare un marito per Marian! Ci sarà moltissima gente, tutte le famiglie più illustri e...”


Ma Sir Edward non riuscì a terminare la frase.


Sua figlia se n’era già andata.




“Su, bambina mia, non fare così.”


Sarah era in camera di Marian e la stava aiutando a prepararsi per la festa da Sir Thomas. Le stava sistemando accuratamente i morbidi capelli scuri, decorandoli con un delicato nastro azzurro, in tinta con l’elegante abito che la ragazza indossava.


“Marian, ti prego, dì qualcosa.” La implorò la donna.


“E cosa dovrei dire?” chiese lei indifferente. “Mio padre stasera prenderà la decisione più importante della mia vita, al posto mio. Non c’è nulla che io debba o possa dire.”


A quel punto la balia la prese delicatamente per le spalle e la fece voltare verso di lei. “Ascoltami, Marian, c’è una cosa che devo dirti e voglio che tu mi presti la massima attenzione.”


Marian annuì confusa. Non aveva mai visto Sarah con un’espressione tanto seria.


“Devi sapere, Marian, che, prima di morire, tua madre mi ha pregato di dirti una cosa molto importante.”


“Mia madre?”


“Si, bambina mia. Mi ha chiesto di raccontarti una cosa. Devi sapere che tua madre vide per la prima volta tuo padre il giorno del loro matrimonio. Benché fossero stati promessi già da tempo dai rispettivi genitori, loro due non si erano mai incontrati. Tua madre viveva lontano da qui e quindi non c’era mai stata occasione per i due giovani di vedersi.”


Marian sgranò gli occhi, sorpresa. “Non si erano mai visti?”


Sarah scosse il capo.


“Allora anche il loro era un matrimonio...”


“... combinato, sì.” Concluse la donna per lei. “Anche i tuoi genitori erano stati promessi senza sapere nulla l’uno dell’altra.”


“Ma come è possibile? Tutti mi hanno sempre detto che si amavano così tanto! Io non...”. Marian guardò addolorata Sarah, che però le sorrise dolcemente.


“Si, si sono sempre amati ed è proprio questo che tua madre voleva che ti dicessi. Anche se non si erano mai visti prima del matrimonio, i tuoi genitori si sono amati moltissimo durante la loro vita insieme. Anche se il matrimonio era stato combinato, loro si sono innamorati davvero l’uno dell’altra e hanno trascorso molti, moltissimi momenti felici.”


Alcune lacrime cominciarono a scendere lungo le rosee guance di Marian. “Quindi cosa dovrei fare?” chiese, cercando di controllare i singhiozzi. “Accettare colui che mio padre sceglierà per me? Amarlo e rispettarlo anche se sarà un idiota?”


“Non ti chiedo questo, Marian.” La rassicurò l’anziana donna. “Voglio solo che tu non rifiuti a priori il giovane che tuo padre sceglierà per te. Prova a conoscerlo prima. E se sarà davvero l’idiota che dici, parlerò io stessa con tuo padre. Non posso permettere che la mia dolce bambina stia con uno sciocco!”


Marian rise tra le lacrime. “Grazie, Sarah. Sei una mamma perfetta.”


Sarah sorrise. “Non dire così. Tu l’hai avuta una mamma, anche se non l’hai conosciuta. E non sono io.” Concluse triste.


Marian si alzò e l’abbracciò di slancio. “Si è vero. Mia mamma mi ha dato la vita e di questa non la ringrazierò mai abbastanza. Poi però, ho avuto un’altra madre che mi ha allevata e cresciuta e che mi ha fatto sempre sentire la persona più amata del mondo. Grazie.” E le diede un leggero bacio sulla guancia.


Quel momento così tenero fu interrotto dalla voce di Sir Edward che intimava a Marian di sbrigarsi.


Le due donne si separarono e si asciugarono le lacrime.


“Sarà meglio che vada, altrimenti faremo tardi.”


Sarah annuì e lanciò un’ultima occhiata a Marian, avvolta nello splendido vestito azzurro, uguale ai suoi occhi. “Sei bellissima.” Le disse premurosa.


La ragazza le sorrise e fece per andarsene. Si voltò un istante prima di varcare la porta. “Sarah” chiamò.


“Si?”


“Ti voglio bene.” E uscì dalla stanza.




Quando la carrozza di Sir Edward arrivò a Lockseley, era ormai già buio.


Un servo aiutò Lady Marian a scendere e poi, lei e suo padre furono entrambi condotti all’interno della grande casa.


L’immenso salone era illuminato da una moltitudine di candele e molte pietanza dall’aria appetitosa ed invitante ricoprivano l’intera superficie del tavolo di legno.


“Però! Si trattano bene qui!” sussurrò Marian all’orecchio di suo padre, che, subito, le fece cenno di tacere. Il padrone di casa si stava avvicinando.


“Edward, caro amico! Come state?” chiese Sir Thomas, stringendo la mano a Sir Edward.


“Benissimo, Thomas! E vi ringrazio ancora dell’invito... Posso presentarvi mia figlia Marian?”


Sir Thomas la guardò un attimo e sorrise. “Ha la straordinaria bellezza di sua madre, amico mio.”


“Già” convenne Sir Edward. “E anche il suo bel caratterino, purtroppo.”


Sir Thomas rise. “Non deve essere per forza una cosa negativa. Scommetto che la tua dolce Marian, Edward, andrebbe d’accordo con mio figlio. Anche Robin è piuttosto... vivace...”


“Lo credo anch’io, Thomas.” E Marian vide suo padre e Sir Thomas scambiarsi una strana occhiata che non le piacque affatto.


Dopo le presentazioni, Marian e suo padre passarono la serata a chiacchierare con Sir Thomas ed alcuni suoi illustri ospiti.


O meglio. Sir Edward parlava e Marian era costretta a stare lì senza far nulla, visto che una donna non avrebbe mai potuto prendere parte ad una discussione sulla politica.


Nel frattempo, dall’altra parte del grande salone, un affascinante ragazzo dagli occhi cerulei fissava interessato la giovane che sedeva silenziosa accanto a Sir Edward.


“Pssst Much!” chiamò. “Much vieni qui!”


Un altro ragazzo, leggermente più basso gli si avvicinò. “Cosa c’è, padrone?”


“Much, conosci quella ragazza? Quella seduta accanto allo sceriffo...” e gli indicò la ragazza.


“Forse è sua moglie, padrone.” Tentò Much.


“Non dire idiozie, Much. Lo sceriffo è vedovo da anni.”


“Quella è sua figlia.” Disse una voce femminile alle loro spalle. “La bella Lady Marian.”


I due ragazzi si voltarono e videro una ragazza bionda avvicinarsi sinuosamente a loro.


“Anne, che piacere vederti!” esclamò Robin, con uno sguardo malizioso. “Come mai da queste parti?”


“Già, come mai da queste parti?” s’intromise Much. “Non dovresti essere nelle cucine?”


La ragazza ignorò la domanda di Much e si avvicinò a Robin. “Mi mancavi.” Gli sussurrò ad un orecchio.


Robin sorrise soddisfatto. “Davvero?”


La ragazza annuì contro la sua guancia. “Hai un minuto?”


Il sorrise di Robin si allargò ulteriormente. “Certo che sì.”




Marian sbuffò per la centesima volta. Quella festa era di una noia mortale!


Tutti parlavano di caccia, di cavalli oppure della guerra. Tutti argomenti che a Marian non interessavano affatto.


Si alzò dalla sedia e fece un giro per il grande salone.


All’improvviso vide, nascosti dietro una colonna, due ragazzi completamente avvinghiati l’uno all’altra in una specie di lotta verticale.


Sgranò gli occhi sorpresa, ma, proprio in quel momento i due si separarono, e lo sguardo del ragazzo si soffermò su di lei.


Marian e Robin si fissarono per un lungo, lunghissimo istante, finché la ragazza bionda non scrollò un braccio al ragazzo.


Robin allora le sussurrò qualcosa all’orecchio e lei si allontanò ridacchiando, tirandolo per un braccio.


Marian rimase lì a fissare quella scena raccapricciante, ma poco prima che i due lasciassero la stanza, Robin si voltò verso di lei e le fece l’occhiolino.


La ragazza rimase totalmente disgustata. ‘Ma come diavolo si permette quel presuntuoso!’


Livida di rabbia, voltò le spalle alla porta dalla quale erano usciti i due e si diresse verso il giardino.


L’aria fresca della sera e il delicato profumo dei biancospini la fecero sentire subito meglio. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Appoggiò entrambe le mani alla staccionata e alzò il viso in su, verso il cielo trapunto di stelle.


“Allora mi stai seguendo!” Una voce antipatica la fece sobbalzare. Si voltò verso destra e scorse il ragazzo presuntuoso che aveva visto poco prima nel salone.


“Io seguendo te? Ti piacerebbe!”


Robin rise. “E allora com’è che mi stai sempre intorno? Anche prima...” disse accennando con la testa verso la casa.


Marian non rispose.


“Ma in fondo ti capisco! So di essere molto affascinante...”


“Affascinante tu?” Marian rise sarcastica. “Presuntuoso, vorrai dire. Arrogante, borioso, superbo...”


“Però! Sai che non è educato insultare gli sconosciuti? A proposito, io sono Robin. Robin di Lockseley. E tu sei?” chiese sfoderando un sorriso accattivante.


Marian inarcò entrambe le sopracciglia. “Non credo che ti riguardi, signor presuntuoso. E poi non...”


All’improvviso Sir Edward uscì di corsa in giardino, seguito da Sir Thomas. “Marian! Ma dov’eri? Ti ho cercata dappertutto!”


“Oh scusate, Edward” S’intromise Robin “Io e Marian stavamo chiacchierando qui in giardino e non ci siamo accorti che la stavate cercando. E’ tutta colpa mia. Mi dispiace.”


Marian roteò gli occhi, visibilmente scocciata, di fronte a quella recita.


“Oh non importa Robin” lo rassicurò Sir Edward “però credo che adesso sia ora di andare. Grazie per la magnifica festa, Thomas. E grazie anche a te Robin, per aver tenuto compagnia a mia figlia.”


“Per me è stato un piacere, Sir Edward.” Disse il ragazzo avvicinadosi a Marian. “Marian, spero vi siate divertita” e le baciò elegantemente una mano. “E spero anche di rivedervi presto.”


Marian fece un piccolo inchino e sorrise falsamente. “Non ci contare troppo, Lockseley.” Sussurrò in modo che solo Robin potesse sentire.




Per la felicità di Marian, il viaggio di ritorno sembrò molto più breve e presto giunsero a Knighton Hall.


Sir Edward aiutò sua figlia a scendere dalla carrozza ed insieme si avviarono verso la grande casa.


“Allora, ti sei divertita stasera?”


Marian annuì poco convinta.


“Ho notato che hai fatto amicizia con Robin.” La ragazza fece una smorfia di insofferenza che, però, suo padre non notò. “Mi fa piacere. E’ un ragazzo molto in gamba, sai? Stasera io e Sir Thomas abbiamo parlato molto di voi...”


Marian si bloccò in mezzo al giardino. “In che senso, padre, avete parlato di noi?”


“Bè, Thomas è rimasto incantato da te e sarebbe felicissimo di averti come nuora. Come del resto io sarei felice di aver Robin come...”


“NUORA?! Sir Thomas vorrebbe avermi come nuora?” chiese Marian incredula. “Mi ha visto una volta e già vorrebbe farmi sposare suo figlio, che, tra parentesi, è un vero imbecille!”


“Marian!” la rimproverò suo padre. “Non ti permetto di dire certe cose! E poi... ehi adesso dove vai?” chiese, vedendo sua figlia camminare a passo spedito verso la casa. “Non ho ancora finito di parlare con te!”


“Vado a dormire. E domattina spero di scoprire che questo è soltanto un orribile incubo! Buonanotte, padre!”


Marian corse in camera sua. Spalancò la porta e si gettò di peso sul letto, affondando la testa nel cuscino.


Sarah, allarmata dalle sue grida, entrò in camera della ragazza e sorrise leggermente. “E’ davvero così idiota il prescelto di tuo padre?” le chiese, avvicinandosi e accarezzandole amorevolmente i capelli.


“Peggio, molto peggio, Sarah!” esclamò arrabbiata Marian.









Primo capitolo on line. Ditemi cosa ne pensate, anche le critiche, se costruttive, sono ben accette! A presto col prox chap!!


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Capitolo 2
*** Doti Nascoste ***


Doti Nascoste



Sarah entrò silenziosamente nella stanza di Marian. Si avvicinò alla finestra e, con un gesto rapido, aprì le imposte, lasciando che la luce del sole invadesse tutta la camera.


Marian si rigirò tra le lenzuola e mugugnò contrariata, tenendo ancora gli occhi chiusi. “No, Sarah, ho sonno! Ti prego!”


La donna sorrise teneramente. Malgrado Marian avesse già diciotto anni, a volte le ricordava la bambina pigra e dormigliona che era da piccola. “Su, coraggio signorina! E’ ora di alzarsi!”


Marian sbuffò e, finalmente, si decise ad aprire gli occhi. Si mise seduta sul letto e guardò la sua nutrice, che aveva già iniziato a rassettare la stanza. “Sarah, dov’è mio padre?” chiese con gli occhi gonfi di sonno.


“E’ uscito da un pezzo, Marian. E devo dire che non era affatto di buon umore...”


Marian sprofondò di nuovo tra le lenzuola. “Ah! Quindi a lui ad essere arrabbiato! Incredibile davvero!” esclamò indignata.


“Marian” la richiamò Sarah, dando ancora le spalle alla ragazza. “Cerca di capirlo. Credeva di fare il tuo bene. E tu non... Oh santo cielo!”


Marian sussultò, spaventata e si rimise seduta. “Cosa c’e?” chiese.


“Questo sono io che lo chiedo a te, bambina!” le disse la donna avvicinandosi e sedendosi sul letto. “Hai una faccia terribile! Sei pallida come un cencio! Ma non hai riposato stanotte?”


Marian si passò una mano tra i capelli, cercando di sistemarli. “A dir la verità, ho dormito poco... Continuavo a sognare quel maledetto Robin di Locksley!”


Sarah mise su un sorriso furbo. “Ah-ha! Allora un po’ ti piace! L’hai addirittura sognato!”


Marian inarcò un sopracciglio. “Erano incubi, Sarah. Incubi terribili. E quel presuntuoso era il protagonista incontrastato.”


Sarah rise divertita e anche Marian sorrise leggermente. “Va bene, adesso però raccontami come è andata la serata. Promessi fidanzati a parte, ti sei divertita?”


Marian sospirò afflitta. “Affatto. Mi sono annoiata da morire. Mio padre e gli altri nobili non hanno fatto altro che parlare di politica, di guerra, di caccia... Ed io sono rimasta tutta la sera seduta in angolo ad ascoltare.”


“E immagino che la cosa non ti sia piaciuta molto.”


La ragazza scosse la testa. “Eppure avrei voluto partecipare. Ma alle donne non è permesso parlare in presenza degli uomini.”


“Marian, te l’ho già detto mille volte. Gli uomini vogliono una donna elegante, raffinata, che sappia occuparsi dei figli e della casa... Non hanno bisogno di una moglie che pensi con la sua testa. Bisogna essere obbedienti e beneducate...”


“Ma non capisci, Sarah?” saltò su Marian, frustrata. “E’ proprio quello che non voglio! Io voglio un uomo che mi ami, che mi faccia sentire speciale e a cui non dia fastidio il mio essere indipendente! Deve rispettarmi come donna, prima ancora che come moglie e madre!”


“Ah bambina mia! Come sei ingenua...” sussurrò Sarah, prima di abbracciarla.


“E’ così difficile trovare un uomo del genere?”


“Bè forse no.” La rassicurò Sarah. “Ho sentito dire che c’è un giovane nobile in un villaggio qui vicino che la pensa proprio come te...”


“Davvero?” domandò Marian, illuminandosi. “E come si chiama?”


Sarah si alzò dal letto e si avviò verso la porta. “Robin di Locksley.”


Marian afferrò uno dei suoi cuscini e lo lanciò piano verso la donna. “Mai!” esclamò. “Piuttosto mi chiudo in un convento!”


Sarah scoppiò a ridere, divertita dai capricci di Marian. “Io non ne sono così sicura... Credo che quel giovanotto abbia molte doti nascoste...”




Robin e Much cavalcavano spediti verso Nettlestone.


Sir Thomas aveva dato loro il compito di portare cibo e medicine ad alcuni poveri del villaggio e di aiutare il vecchio fabbro a riparare il suo tetto.


“Forza Much!” esclamò Robin. “Ci siamo quasi!”


“Padrone! Non correte così! Potreste farvi male!” osservò il servo preoccupato.


Robin rise di gusto e spronò ancora di più il suo cavallo.


In pochi minuti i due ragazzi arrivarono al villaggio e iniziarono a distribuire le vivande.


Era tutto preso dalle sue occupazioni, quando in lontananza vide una giovane donna che si avvicinava a cavallo.


La ragazza entrò nel villaggio e imboccò la stradina principale, fermandosi di fronte ad una modesta cassetta.


Una ragazza dai capelli rossi uscì dall’ abitazione e corse ad abbracciarla.


Robin sorrise contento. “Guarda, guarda chi si vede...”


Marian intanto aveva sciolto l’abbraccio con la sua amica Jane e la prese per mano. “Jane, amica mia, come stai? Ho saputo che tuo padre è malato.”


Jane sorrise triste e annuì. “Il medico dice che non c’è nulla da fare. Dobbiamo solo aspettare e pregare.” E Marian vide una lacrima solitaria uscire dai suoi occhi verdi.


L’abbracciò di nuovo e cambiò argomento. “Sarah vi manda del pane.” Le disse aprendo la sua borsa. “E anche del formaggio per tua madre. Sa che le piace molto.”


Jane le sorrise grata. “Ringraziala da parte mia. Li porto subito dentro.” E, presa la borsa di Marian, entrò in casa e uscì di nuovo dopo qualche minuto.


“Vieni, sediamoci qui, Marian” e condusse la sua amica in un angolo del piccolo giardino. “Allora” le chiese impaziente, quando si furono sedute, “come è andata la festa a Locksley? Tutto il villaggio ne parla, ma la mia migliore amica non mi ha ancora raccontato nulla...” disse fintamente risentita.


Marian alzò gli occhi al cielo. “Forse perché non c’è nulla da raccontare, Jane...”


La rossa rise divertita. “Ti prego, Marian! C’erano tutti i giovani della contea e tu vuoi farmi credere che tuo padre non ne ha approfittato?”


“A dir la verità si. Ma io non ho nessuna intenzione di assecondarlo.”


“Allora il prescelto deve essere davvero terribile se sei così arrabbiata...” notò Jane.


“Terribile è un eufemismo, Jane!”strepitò, alzandosi in piedi e iniziando a gesticolare furiosamente con le mani. “E’ un arrogante presuntuoso...”


“Buongiorno Lady Marian.” Esclamò la voce di Robin di Locksley alle sue spalle. “Vedo che questa mattina siete di ottimo umore.”


Ero di ottimo umore fino ad un secondo fa.” Rispose Marian dolce come il miele, anche se si vedeva benissimo che avrebbe tanto voluto ucciderlo con le sue mani.


“Marian!” la richiamò sottovoce Jane. “Non dire certe cose!”. Ma Marian la ignorò bellamente.


“Qual buon vento vi porta a Nettlestone? Qualche bella ragazza? Come la biondina di ieri sera?”


Robin sorrise sornione. “Gelosa, milady?”


Marian rise sprezzante. “Di voi? Nemmeno tra mille anni, Locksley!”


“Mi sembrava... Comunque sono qui per riparare il tetto della casa dell’anziano fabbro. Sapete per caso dirmi quale sia, gentili fanciulle?”


Jane rise lusingata mentre Marian rivolse al giovane un’occhiata assassina.


“E’ la casa qui di fronte, milord.” Disse gentilmente Jane. “Il vecchio fabbro abita lì.”


Robin fece un cenno col capo. “Vi ringrazio milady. Allora a più tardi, ora il lavoro mi chiama.” E, dopo aver recuperato Much, si avviò verso la casa del fabbro.


Jane rimase incantata a guardare quel giovane così educato ed affascinante, finché Marian non la scrollò bruscamente.“Jane! Ci sei?”


La rossa annuì, assente. “Dio, Marian, ma l’hai visto? E’ così bello! Perché non chiedi a tuo padre di essere promessa a lui? Sareste meravigliosi insieme...”


Marian roteò gli occhi. “E’ lui  il prescelto di mio padre...”


Jane si voltò di scatto verso di lei. “Davvero? Ma non avevi detto che...”


“Era arrogante e presuntuoso, sì. E infatti lui lo è!” spiegò irritabile, girandosi di spalle in modo da non dover guardare la casa di fronte.


“Forse!” le fece notare Jane. “Ma è così bello! E’ impossibile che un ragazzo così sia...”


“Credimi, lo è!” tagliò corto Marian.


“Secondo me ha qualche dote nascosta. E tu sei solo... OH MIO DIO!” esclamò sottovoce Jane, voltandosi di spalle anche lei.


Marian la guardò confusa. “Che hai, Jane? Sei diventata tutta rossa!”


“Marian, tu non trovi che faccia caldo, oggi?”


“Si, certo, oggi è una giornata molto calda, il sole picchia forte.” Convenne Marian sempre più confusa. “ma che c’entra questo col tuo comportamento?”


Jane prese Marian per le spalle e la guardò seria. “Marian, adesso voltati e guarda verso la casa del fabbro. Sul tetto, precisamente.”


“Jane, ma che diavolo...” Jane voltò la sua amica e Marian non riuscì neppure a finire la frase, rimanendo a bocca aperta.


Sul tetto della vecchia casa di fronte, Robin di Locksley stava riparando alcune vecchie assi rovinate. Il problema era che lo stava facendo a petto nudo!


I caldi raggi del sole colpivano ed illuminavano la sua schiena tonica. I muscoli tesi guizzavano ad ogni suo piccolo movimento mentre alcune gocce di sudore colavano giù lungo la spina dorsale.


Marian deglutì a fatica e sbatté le palpebre, cercando di riprendere il controllo.


“Visto che avevo ragione io sulle doti nascoste? Guarda che fusto!” le sussurrò Jane in un orecchio.


D’un tratto Robin, sentendosi fissato, si voltò e subito i suoi occhi azzurri si incatenarono a quelli blu di Marian.


Come era già successo alla festa, i due ragazzi rimasero a fissarsi a lungo, quasi volessero leggere l’uno nella mente dell’altra.


Robin rimase incantato di fronte a quella meravigliosa giovane donna. I capelli scuri lasciati liberi sulle spalle, quelle labbra piene e rosse e poi quegli occhi ammalianti dello stesso colore del mare in tempesta.


Marian, ancora con la bocca leggermente socchiusa, continuò a fissare quel ragazzo che tanto odiava, ma in quel momento le sembrava il più bello del mondo. ‘Di certo sarà arrogante, ma bisogna ammettere che è davvero affascinante...’


Fu Much a spezzare l’idillio tra i due, chiamando a gran  voce il suo padrone.


Robin e Marian si riscossero entrambi e, resosi conto di quello che era successo, arrossirono fino ai capelli.


Marian si voltò verso Jane, che la guardava con l’aria di chi la sa lunga.


“Cosa c’è?”


“No, niente. Ma non era lui il presuntuoso, arrogante, eccetera eccetera?”


“Si certo” rispose Marian indifferente, tornando a sedersi.


“E allora quel intenso scambio di sguardi cos’era?”


“Quale scambio di sguardi? Non so di cosa parli, Jane.” Rispose Marian, facendo finta di nulla.


Jane sospirò rassegnata. Sapeva quanto Marian fosse testarda... Inutile cercare di vincere con lei. “D’accordo, hai ragione, mi sono immaginata tutto.”


“Si, infatti” convenne Marian.


Le due ragazze rimasero sedute a chiacchierare ancora un po’ e ‘l’incidente’ con Robin venne del tutto dimenticato.


Quando però Marian comunicò a Jane che per lei era ora di tornare a casa, la rossa, approfittando di un momento di distrazione della sua amica, si accostò alla casa del fabbro e chiamò Robin.


Il giovane, anch’egli già pronto a tornare a Locksley, le si avvicinò. “Ditemi, milady. Cosa posso fare per voi?”


Jane arrossì, sentendosi chiamare milady, e guardò un attimo in direzione di Marian, ancora impegnata a sistemare il suo cavallo. “Vedete, la mia amica sta per tornare a casa, a Knighton, ma io sono un po’ preoccupata. La strada è piuttosto lunga e lei è tutta sola. Non è che, per caso, voi potreste... farle compagnia? Sarei molto più tranquilla se so che è con qualcuno che può proteggerla... Non si sa mai chi si può incontrare lungo il cammino...”


Robin abbozzò un sorriso a quella richiesta. “Non preoccupatevi per la vostra amica. La scorterò io fino a casa, se questo vi tranquillizza.”


Jane gli sorrise grata. “Vi ringrazio, vi ringrazio molto.” E, detto ciò, si voltò verso Marian, che, da lontano, la guardava di traverso. “Marian!” gridò “Buone notizie! Non dovrai tornare da sola a casa! Questo gentile signore si è offerto di accompagnarti fino a Knighton!”


Marian la fulminò con lo sguardo. “Non ce n’è bisogno, milord. So cavarmela benissimo da sola...”


“Non ne dubito Lady Marian” rispose educatamente Robin “ma sarei onorato se voi accettaste il mio invito a fare una bella cavalcata insieme. Che ne dite?”


Marian annuì e montò immediatamente a cavallo. “D’accordo, milord. Spero solo di non annoiarvi troppo. Non sono molto abile a cavallo.”


“Non vi preoccupate, non vi metterò in difficoltà. Lasciatemi solo recuperare il mio destriero.” E si allontanò, dirigendosi verso Much.


“Tu non c’entri niente con questa storia, vero?” sibilò adirata Marian in direzione della sua amica.


“Certo che no, Marian. E’ stata un’idea sua.”


“Si certo come no!” bofonchiò Marian. “Ma sappi che questa me la paghi Jane! Davvero!”


“Allora, Lady Marian, vogliamo andare?” Robin era appena tornato. Fece un leggero inchino verso Jane e imboccò il sentiero principale che portava fuori dal villaggio.


Marian lo seguì impettita e, dopo aver lanciato un’ultima occhiataccia a Jane, si apprestò a seguire il suo compagno di passeggiata.




“Quindi abitate da sola con vostro padre, milady? Nessun fratello o sorella?”


Marian scosse il capo. “No, siamo solo io e mio padre. Mia madre è morta dandomi alla luce ed io non l’ho mai conosciuta.”


“Vi capisco, Lady Marian. Neanche io ho conosciuto mia madre. So bene come ci si sente.”


Marian abbozzò un sorriso. “Anche se io mi ritengo molto fortunata. Sono stata cresciuta da una donna dolce e premurosa.”


Robin le rivolse uno sguardo interrogativo.


“Sarah, la mia nutrice.” Spiegò la ragazza. “E’ stata lei a farmi da madre fin da quando sono nata.”


“Dovete amarla molto.”


Marian annuì decisa. “Moltissimo. Da cosa l’avete capito?”


“Quando parlate di lei, i vostri occhi si illuminano e diventano ancora più belli. Avete uno sguardo particolare che non vi avevo mai visto.”


“O che non avevo mai rivolto a voi, milord.” Lo punzecchiò Marian.


Robin rise davanti a quella piccola provocazione. “Bè non abbiamo avuto molte occasioni di parlare. Alla festa siamo stati interrotti troppo presto...”


“Voi eravate occupato i altre questioni, milord”


“... mentre oggi” Robin non ribattè alla sua interlocutrice “io ero impegnato con il tetto e voi... bè voi eravate impegnata a guardare il mio prestante fisico, milady.”


Marian fermò il cavallo e si voltò offesa verso Robin. “Io cosa?” chiese senza fiato. “Arrogante che non siete altro! Io non vi stavo affatto fissando! Eravate voi a guardare me! Non negatelo!”


Robin rise accattivante. “Non ne ho nessuna intenzione, milady. E’ vero vi guardavo. E mai il mio tempo fu speso meglio.”


Marian aprì la bocca per ribattere, ma non ne uscì alcun suono. Aprì e richiuse le labbra un paio di volte e abbassò lo sguardo, imbarazzata.


“Non ditemi che vi ho messo in imbarazzo, milady.”


Marian rialzò gli occhi e lo guardò furiosa. “Certo che no, milord! Stavo solo pensando a quanto voi siate maleducato!”


Robin scoppiò a ridere. Dio, se gli piaceva quella ragazza! Era testarda, orgogliosa, fiera. Mai aveva incontrato una come lei. Le altre ragazze erano tutte sciocchi risolini e buone maniere. Parlavano solo di vestiti, balli e feste, ma lei no. Marian era diversa. Molto diversa. “E perché mai? Vi ho solo fatto un complimento! Del tutto meritato, tra l’altro!”


A quel punto Marian smontò da cavallo e avanzò a grandi passi verso di lui. “Ma come vi permettete di dire certe cose? Io non vi conosco affatto! Non dovreste prendervi queste libertà!”


Robin smontò da cavallo, ma non disse nulla. Si limitò a sorriderle sornione.


“E non sorridete come un idiota! Io non sono una di quelle sciocche ragazze che vi adorano come se foste un dio sceso in terra! Loro in voi vedono solo ricchezza, potere, sicurezza...”


Robin avanzò di alcuni passi verso di lei. “E voi, Lady Marian? Cosa vedete voi?”


“Io? Io vedo solo un ragazzino viziato, abituato ad avere tutto ciò che vuole e a comportarsi come se fosse il padrone del mondo!”


Ormai Marian stava gridando. Non ce la faceva più a tenersi tutto dentro. Suo padre, la promessa con Sir Thomas, il matrimonio, Robin... aveva bisogno di sfogarsi, di urlare anche se sapeva che non era giusto scaricare le proprie frustrazioni su quel ragazzo.


Ma lui aveva la dannatissima capacità di farla arrabbiare e innervosire più di chiunque altro. Non riusciva a capire se lo facesse apposta o se era una sua dote innata, ma Marian non riusciva davvero a sopportarlo!


Robin dal canto suo, era rimasto lì fermo, con il sorriso ancora sulle labbra e il suo solito sguardo furbetto. Guardava quella ragazza che gliene stava dicendo di tutti i colori e non poteva far altro che osservare quanto fosse bella.


I capelli scomposti, gli occhi infiammati, le mani che gesticolavano convulsamente, il petto che si alzava ed abbassava ritmico.


Fece ancora qualche altro passo fino ad arrivare di fronte a lei.


La ragazza ammutolì all’istante, quando si accorse della pericolosa vicinanza del giovane Robin.


Il ragazzo alzò una mano e le accarezzò dolcemente una guancia arrossata. Marian chiuse gli occhi, come per godere appieno di quel delicato contatto.


“Davvero mi considerate così terribile, milady?” chiese Robin piano, avvicinandosi ancora.


“Assolutamente si, Locksley.” Rispose Marian con un filo di voce e gli occhi ancora chiusi.


“Allora devo farvi cambiare idea ad ogni costo.”


Marian rabbrividì sentendo il respiro caldo di Robin sulle proprie labbra.


In un attimo, il giovane passò un braccio intorno alla vita della ragazza e posò le proprie labbra sulle sue.


Marian sentì le gambe cedere, mentre con le braccia circondava il collo di Robin.


Il ragazzo la strinse di più a sé, cercando di approfondire il bacio, ma Marian riaprì improvvisamente gli occhi e si allontanò bruscamente da lui. “Come vi siete permesso di baciarmi senza il mio consenso? Con chi credete di avere a che fare? Con una delle vostre sciacquette?”


Robin rimase leggermente interdetto, la mano che accarezzava la guancia di Marian ancora sollevata a mezz’aria. Scosse la testa come per riprendere il contatto con la realtà dopo quel incredibile bacio.


“Non mi pare di aver fatto nulla che non abbiate voluto anche voi, milady...” osservò con il suo solito sorriso sfacciato.


Marian cercò nervosamente di sistemarsi i capelli e di riacquistare un po’ di contegno. “Io non vi ho dato il permesso di baciarmi!” gridò furiosa.


“Però non mi pare vi siate poi opposta così tanto...”


Marian spalancò la bocca indignata e ridusse gli occhi a due fessure. Si avvicinò a passo spedito a Robin e, inaspettatamente, gli mollò un ceffone in piena guancia.


“Adesso mi sono opposta abbastanza, Locksley?”


Robin, colto alla sprovvista, si voltò esterrefatto verso la meravigliosa guerriera che aveva di fronte e non disse nulla. Per la prima volta nella sua vita, Robin di Locksley era rimasto senza parole.


Marian, soddisfatta della reazione del ragazzo, gli voltò le spalle e montò di nuovo a cavallo. “Grazie per la compagnia, milord. Da qui posso tornare da sola a casa. Non occorre che mi accompagniate.”


Quelle parole parvero risvegliare Robin dal trance. Si voltò a guardare Marian e il solito sorriso strafottente tornò sul suo viso. “Mi dispiace milady, ma ho promesso alla vostra amica che vi avrei scortato fino a casa. Ed è quello che intendo fare, quindi...” e risalì agilmente in sella, pronto a riprendere la cavalcata.


“Bene.” Dichiarò Marian. “Allora non vi dispiacerà se faccio sgranchire un po’ il mio cavallo, milord...”


“Assolutamente no, Lady Marian, potete...”. Ma Robin non riuscì a finire la frase. Marian era già partita al galoppo, spronando il suo candido cavallo.


“Eh meno male che non era brava a cavalcare!” borbottò Robin, prima di lanciarsi all’inseguimento di quella piccola amazzone.




Marian scese da cavallo e si diresse verso la stalla, soddisfatta.


Dopo qualche minuto, anche Robin oltrepassò lo steccato di Knighton Hall e entrò nella proprietà.


Marian gli rivolse uno sguardo innocente, ma notò con piacere che il giovane era piuttosto seccato.


“Finalmente, Locksley! Credevo vi foste perso!” esclamò beffarda.


“Certo che no, milady. Vi seguivo a distanza.” Rispose Robin, tranquillo. “Non è carino battere una signora. Ho preferito farvi vincere.”


Marian inarcò un sopracciglio. “Farmi vincere? Non dite idiozie, Locksley! Io vi ho seminato! Non siete riuscito a starmi dietro!”


“Certo, milady.” Convenne accondiscende Robin.


Il battibecco fu interrotto da Sarah, che uscì in giardino. “Marian! Come mai hai impiegato tutto questo tempo? Non sarà successo qualcosa?”


Marian lanciò un’ultima occhiata velenosa a Robin e si voltò verso la donna. “No, Sarah, non preoccuparti. Sto bene. Ho avuto solo un piccolo contrattempo.” affermò guardando Robin. “Fortunatamente Sir Robin di Locksley mi ha gentilmente scortata fino a casa.” Concluse, usando il tono di voce più falso che poteva, facendo sorridere Robin.


“Oh vi ringrazio, milord.” Esclamò grata l’anziana donna. “Volete entrare un attimo a riposarvi?”


Marian si voltò di scatto verso Sarah e poi subito verso Robin.


“No, vi ringrazio, ma è tardi. Credo sia meglio tornare a casa. Lady Marian vi ringrazio per la piacevole compagnia e spero che avremo altre occasioni per chiacchierare...”


“Non vedo l’ora, milord.” Ribattè acida Marian.


Robin fece un inchino alle due donne e, rapido, si allontanò dall’abitazione.


Sarah sorrise radiosa verso Marian. “E’ molto affascinante, non credi? L’hai conosciuto meglio? Cosa ne pensi?”


Marian guardò la piccola sagoma all’orizzonte che si allontanava velocemente. “Penso che oggi, sarebbe stato meglio se fossi rimasta a casa.”








Secondo capitolo a tempo di record! Non mi è mai successo, ma questa storia mi piace troppo e spero anche a voi!!

Ringrazio tutti quelli che hanno letto e un grazie speciale a:


Nikelaos: Si, avevi ragione tu su Locksley! Scusami, ma ho trovato così tanto versioni di questo nome (persino Loxley!)! Come avrai notato ho corretto l’errore! Mi raccomando continua a seguire la storia!


GinevraMalfoy90: Sono contenta che la storia ti piaccia e che ti diverta! Speriamo che ti piacciano anche i prox capitoli!!


Giuggiolina43: Bè Robin non sarebbe Robin, se non fosse presuntuoso e irritante, ma del resto noi lo amiamo proprio per questo, no?


 

Si accettano anche suggerimenti per i prossimi capitoli... Un’idea generale sull’evoluzione della storia ce l’ho già, però mi farebbe piacere sapere cosa vi vorreste vedere (e cercherò di accontentarvi come posso!)

Un bacio!!

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Capitolo 3
*** Discussioni e Distrazioni ***


Discussioni e Distrazioni






Sir Edward afferrò la sua spada e l’assicurò alla cintura. Poi afferrò il suo mantello e lo indossò, pronto per uscire.


Era già sull’uscio di casa quando sua figlia lo richiamò indietro.


“Padre! Non mi salutate neppure, questa mattina?”


Edward si voltò verso sua figlia e le sorrise colpevole. “Mi dispiace, Marian. Credevo stessi ancora dormendo.”


Marian scosse la testa. “Mi sono alzata presto oggi. Pensavo di fare un giro al villaggio...”


“Certo, vai pure.” Sir Edward non aggiunse altro, ma Marian ebbe come l’impressione che suo padre volesse chiederle qualcosa.


“Cosa c’è?” domandò sospettosa.


Edward scosse la testa. “Nulla, nulla.”


Marian si mise le mani sui fianchi. “Cosa c’è, padre?” ripetè impaziente, abbozzando un sorriso verso il genitore.


“C’è una ragione particolare per andare al villaggio?” chiese finalmente l’uomo, fissando sua figlia negli occhi.


“No, nessuna ragione. Volevo solo fare visita a Jane... Sapete suo padre sta molto male e non sanno fino a...”


“Quindi Robin non c’entra nulla?” la interruppe Sir Edward.


Marian sgranò gli occhi, sorpresa. “Robin?”


“Si, Robin. Sarah mi ha detto che avete passato un po’ di tempo insieme ieri.”


“Si, è vero.” Confermò Marian, neutra.


Il viso di Sir Edward si illuminò all’improvviso. “Che magnifica notizia!” esclamò avvicinandosi a sua figlia. “E come è andata?”


“Meravigliosamente!” cinguettò quasi isterica, sfoggiando un sorriso forzatissimo. “Ci siamo divertiti molto!”


“Davvero?” domandò ancora suo padre al culmine della felicità.


Il sorriso di Marian scomparve repentino. “No. E’ stata una giornata orribile. La peggiore della mia vita. E se voi vi ostinerete con questa storia del matrimonio, non sarà nemmeno l’ultima!”


Suo padre la guardò amareggiato. “Marian, bambina mia, non capisci che lo faccio per il tuo bene? Con Robin avrai ricchezza e prestigio. Diventerai la padrona di Locksley!”


“Credete davvero che mi interessino le ricchezze, il denaro, la tranquillità economica? Come mi conoscete poco, padre!”


“Marian, so benissimo che tu cerchi altre cose, ma io, come padre, devo occuparmi di te e del tuo futuro. Io non vivrò in eterno e voglio essere sicuro che quando me ne andrò, ci sarà qualcuno che si prenderà cura di te.”


“Ma io non ho bisogno di un marito che mi faccia da balia!” gridò la ragazza, frustrata. “So cavarmela benissimo, da sola! Perché non ve ne accorgete?”


Sir Edward guardò sua figlia infuriato. “Adesso basta, Marian! Non è questo il momento per discutere. Và nella tua stanza e restaci! Io devo andare!” e, allacciatosi il mantello, voltò le spalle alla figlia e imboccò la porta.


Marian, avvilita, si accasciò sulle ginocchia e iniziò a piangere. Lacrime di rabbia, di frustrazione, di nervosismo sgorgarono copiose dai suoi occhi blu e scivolarono lungo le morbide guance.


Subito Sarah le si avvicinò e l’abbracciò affettuosamente. “Su, tesoro mio, non piangere.” Le disse accarezzandole i capelli. “Sono sicura che tuo padre non si è arrabbiato...”


Marian si separò dalla donna e le prese le mani. “Ma io voglio che si arrabbi! Voglio che si accorga di me! Voglio che finalmente si renda conto di avere una figlia che pensa e ragiona con la sua testa! Una figlia che può benissimo cavarsela da sola, anche senza un marito che... aspetta com’era? ‘Un marito che si prenda cura di te quando io non ci sarò più’!”


“Adesso basta, Marian!” la rimproverò severamente Sarah. “Tuo padre fa quello che ritiene meglio per il tuo futuro ed io, se devo essere sincera, sono totalmente d’accordo con lui!”


Quell’affermazione per Marian fu peggio di uno schiaffo in pieno viso.


Spalancò gli occhi incredula e fissò la sua nutrice.


Non poteva crederci! Sarah, la donna che l’aveva cresciuta, amata e trattata come una figlia fin da quando era nata, era d’accordo con suo padre e lo appoggiava in pieno in quella ridicola questione del matrimonio. Proprio lei che le aveva sempre detto e ridetto che sarebbe sempre stata dalla sua parte. Sempre.


Marian si allontanò bruscamente dalla donna e si alzò in piedi. “Ho bisogno di uscire...” boccheggiò affannosamente e si diresse verso la porta.


“Mi dispiace, Marian.” La richiamò la donna, rigida. “Tuo padre ha detto di andare in camera tua e di restarci quindi...”


Gli occhi di Marian si dilatarono per lo stupore. “Cosa? Sono anche agli arresti, adesso?”


“Mi dispiace, Marian.” Ripeté la donna. “Vai in camera tua e rimani lì. Se hai bisogno di qualcosa, chiama Leah. Io starò tutto il giorno al villaggio ad aiutare mia sorella col raccolto.”


“Solo perché ho detto quello che pensavo, ora mi ritrovo relegata in camera mia come fossi una bambina?”


“Forse è quello che sei!” gridò Sarah, furente. “Una bambina viziata ed irriconoscente!”


A quelle parole così dure, Marian deglutì a fatica e, senza dire nulla, salì velocemente le scale e si infilò in camera sua, sbattendo forte la porta.


Sarah chiuse gli occhi, addolorata. “Mi dispiace, bambina mia.” Sussurrò. “Ma lo faccio per il tuo bene.”





“Non mi avete raccontato come mai siete tornato così tardi ieri, padrone.”


Robin chiuse un occhio e prese la mira, tendendo l’arco. Trattenne il respiro e scoccò la freccia che, un attimo dopo, andò a conficcarsi, con precisione millimetrica, in un cavità del grande albero vicino allo steccato.


“Allora, padrone?” chiese Much, impaziente. “Volete dirmelo o no?”


Robin sbuffò infastidito. “Insomma, Much! Ma la vuoi piantare? Se non ti ho raccontato nulla, vuol dire che non c’è nulla da dire!”


Much squadrò per un attimo il suo padrone e, all’improvviso, scoppiò a ridere, rotolandosi sull’erba. “Non ci posso credere, padrone!”


Robin inarcò un sopracciglio, spazientito. “Cosa?”


“Vi ha rifiutato!” gridò tra le risate. “Lady Marian vi ha rifiutato! E’ per questo che siete così taciturno, oggi!


Robin si alzò in piedi e lo fissò arrabbiato. “Non mi ha rifiutato!” disse risentito. “E poi come ti permetti di parlare così al tuo padrone? Porta rispetto o ti faccio tagliare la lingua!”


Much smise subito di ridere e tornò a sedersi tranquillo anche se, per precauzione, chiuse ermeticamente la bocca, quasi a voler proteggere il prezioso organo.


Robin sorrise soddisfatto. “Così va molto meglio. E comunque” disse, tornando a sedersi accanto all’amico “Lady Marian non mi ha rifiutato. Mi ha soltanto...” sorrise, ripensando alla scena “preso a sberle... E che sberle! La guancia mi fa ancora male!”


“Vi ha preso a sberle?” domandò stupefatto il servo.


Robin annuì. “Si. A sberle.”


“Ma come si è permessa? Voi siete Robin di Locksley!”


“Sai, Much, non credo che a lei importi molto chi sono.”


“Ah no?” chiese sorpreso il servo.


“No. Vedi Much, Marian è diversa da tutte le altre ragazze che ho incontrato finora. Lei è forte, tenace, testarda. Non permette a nessuno di metterle i piedi in testa e combatte per quello in cui crede.”


“Oh mio Dio, ma è terribile!” esclamò allarmato Much. “Chi mai vorrebbe sposare una donna così?”


Robin rise divertito di fronte all’indignazione dell’amico. “Oh ne saresti sorpreso, Much...”


“Mah! Se lo dite voi, padrone... Io continuo a preferire un altro tipo di ragazza... Dolce, gentile, cortese...”


“Oh ma io sono sicuro che, in fondo in fondo, anche Marian possiede queste qualità...”


“Padrone, quella ragazza vi ha preso a schiaffi, dimenticate? Cosa c’è di dolce in questo?”


Robin ridacchiò e, con un rapido gesto si alzò in piedi. Scrutò un attimo il cielo e poi, si diresse a passo spedito verso la stalla.


Much lo fissò sbalordito e, velocemente, lo seguì.


Stava quasi per arrivare alla stalla, quando Robin uscì in volata, in sella al suo destriero.


“Padrone, dove andate?” chiese stupito il giovane servo.


Robin scosse le spalle, indifferente. “Non lo so. Ho voglia di fare una cavalcata.”

    

Much inarcò un sopracciglio ed incrociò le braccia al petto. “A Knighton, magari?”


Il suo padrone rise e scosse di nuovo le spalle. “Perché no? C’è gente molto interessante da quelle parti...” e si allontanò velocemente al galoppo.





Marian accostò un orecchio alla porta.


Dal piano inferiore non proveniva alcun rumore e Leah, probabilmente, era impegnata in cucina.


“Bene.” Sussurrò la ragazza. Si avvicinò all’armadio, indossò un abito comodo, che le permettesse di muoversi liberamente, e si avvicinò alla finestra.


Aprì le imposte di legno e, dopo aver dato una veloce occhiata alla porta, scavalcò il davanzale e iniziò a calarsi giù.


Concentrata com’era nella sua ‘discesa’, Marian non si accorse del giovane al galoppo che era appena entrato nella sua proprietà.


Robin rallentò immediatamente e si avvicinò silenzioso alle spalle della ragazza, rimanendo, per altro, molto colpito dall’agilità e dalla destrezza di quella piccola amazzone.


Sorrise compiaciuto e si avvicinò ancora fino ad arrivare ad un paio di metri da Marian e tossicchiò, segnalando così la sua presenza.


Marian si bloccò immediatamente, temendo di essere stata scoperta dal vecchio Joe, o peggio ancora da Leah, ma non ebbe il coraggio di voltarsi.


“Serve aiuto, milady?” lei chiese canzonatorio Robin, scendendo da cavallo.


La ragazza, riconoscendo la voce, sospirò e alzò gli occhi al cielo. “Santo cielo, Locksley! Ma voi siete una persecuzione!”


Robin rise divertito. “Vi ringrazio per il complimento, Lady Marian.”


“Non voleva affatto essere un complimento...”


“Permettete che vi aiuti, milady. Se vi faceste male, non me lo perdonerei mai.” Confessò, arrivando proprio sotto la ragazza.


“Non vi avvicinate! Ve lo proibisco!” sbraitò Marian isterica.


Successe tutto in un attimo: Marian, concentrata sul battibecco con Robin, mise un piede in fallo e perse la presa sulla balaustra. Chiuse di scatto gli occhi, in attesa del colpo. Sarebbe caduta sicuramente a terra, se il ragazzo non l’avesse prontamente agguantata al volo, evitandole così un imbarazzante figura.


Quando Marian riaprì gli occhi, si trovò stretta tra le forti braccia di Robin, con il viso vicinissimo a quello del ragazzo.


“Avete visto che avevo ragione a volervi aiutare? Senza di me, sareste sicuramente caduta a terra, milady...” le sussurrò dolcemente.


“Se voi non vi foste avvicinato, io non sarei mai scivolata, milord...” gli fece notare Marian.


I due giovani si fissarono un ultimo istante, prima di sorridere entrambi, divertiti da quello stupido botta e risposta.


D’un tratto sentirono delle voci provenire da dietro la casa.


Marian si voltò impaurita e riconobbe la voce di Joe, lo stalliere, che, evidentemente, era stato attirato dai rumori. “Chi è là?” chiese l’uomo, burbero.


Robin posò a terra Marian e corse velocemente verso il suo cavallo. Marian lo seguì immediatamente. “Presto!” sussurrò al giovane. “Fatemi salire!”


“Che cosa avete intenzione di fare? Scappare di casa?” domandò lui, allarmato.


“Non siate sciocco, Locksley! Voglio solo evadere da questa prigione per qualche ora... Volete aiutarmi o no?”


Robin ci pensò un attimo e annuì rassegnato. “Coraggio, andiamo! Dove vi porto?”


Marian salì al galoppo e si aggrappò alla vita del giovane. “Il bosco, poco più avanti! Non ci va mai nessuno!”


Robin sorrise furbo e guardò la ragazza, inarcando un sopracciglio. “Volete approfittare di me, Lady Marian?”


Marian lo fulminò. “Ve l’ho già detto, Locksley... Nemmeno tra mille anni! Ed ora muovetevi!”





“Insomma, volete dirmi dove stiamo andando? Sono due ore che camminiamo!”


“Siete davvero noioso, sapete? Abbiate un po’ di fede... Siamo quasi arrivati...”


Robin si voltò a guardare la ragazza dietro di lui, scettico. “Dove esattamente? Ai confini del mondo conosciuto?”


“No, sciocco che non siete altro!” lo rimbeccò Marian. “Lì!” e indicò una radura assolata che si affacciava su un piccolo laghetto. “Forza. Avviciniamoci!”


Robin scosse la testa e spronò il cavallo fino a quello spiazzo erboso. Poi fermò il cavallo, scese e allungò una mano verso Marian, per aiutarla.


La ragazza inarcò un sopracciglio. “Guardate che sono capace anche da sola!” affermò sprezzante.


“Si, certo.” Convenne Robin. “Come eravate capace prima? Sotto la vostra finestra?”


Marian sbuffò infastidita e prese la mano del ragazzo, senza dire nulla. Si avviò a passo spedito verso la radura e si accomodò sull’erba, in prossimità del laghetto. Poi si voltò verso Robin, ancora vicino al cavallo, e lo invitò a sedersi accanto a lei.


Il ragazzo si avvicinò rapido e si accomodò alla destra di Marian. “Che posto è questo?” chiese, prendendo una pietra e lanciandola in acqua.


“E’ il mio posto segreto.” Spiegò semplicemente la ragazza.


“Bè, non più tanto segreto, ormai. Io so dov’è.”


Marian scosse la spalle. “Si, è vero. Ma non sareste mai in grado di ritrovarlo da solo.”


“Mi credete davvero così idiota, milady?” domandò Robin, risentito.


La giovane abbozzò un sorriso, divertita. “No, affatto. Ma questo bosco è piuttosto grande ed io vi ho fatto fare uno strano giro per arrivare qui... Quindi non credo che in futuro lo ritroverete facilmente.”


Robin si arrese di fronte alla furbizia di quella giovane, meravigliosa donna e sorrise. “E, di solito, cosa venite a fare qui?”


“A pensare. Quando sono triste, arrabbiata o delusa, io vengo qui e penso. Questo luogo mi dà serenità. Mi tranquillizza.”


“Ed oggi come mai siete qui?” domandò Robin, sdraiandosi a terra e poggiandosi sui gomiti, in modo tale da poter continuare a guardare Marian. “Siete triste, arrabbiata o delusa?”


Marian sorrise, avvilita. “Un po’ tutte e tre. Sono triste per la storia del matrimonio, arrabbiata con mio padre che non mi capisce e delusa da Sarah che non mi appoggia. Per la prima volta nella mia vita, Sarah sta dalla parte di mio padre.” Prese un sasso e lo lanciò furiosa nel laghetto. “Ridicolo!”


“Non avete pensato che Sarah e vostro padre potrebbero avere ragione? Sul matrimonio, intendo...”


Marian si voltò di scatto verso Robin. “Ragione? RAGIONE? Come potrebbero avere ragione?” ribatté infuriata. “Loro non hanno ragione! Io ho ragione! Non loro! Voi non potete capire... Siete un uomo...”


Robin la guardò divertito. “Lo dite come se fosse un crimine...”


“A volte lo è.” Sentenziò Marian. “Voi non avete idea di cosa voglia dire essere una donna. Essere viste soltanto come mezzi per sfornare figli, per dare una discendenza, per mettere al mondo degli eredi.” Sospirò pesantemente. “Non essere considerate mai come essere umani che pensano, che sanno decidere, che sanno scegliere da sole, senza che un uomo dica loro cosa fare.”


Robin annuì, comprendendo ciò che Marian gli stava dicendo. Studiò per un attimo il suo profilo e sentì una dolorosa fitta al cuore di fronte al dolore e alla frustrazione della giovane che gli sedeva accanto.


“Mi dispiace.” Disse sinceramente. “Non credevo fosse così difficile essere una donna al giorno d’oggi.”


Marian si voltò verso di lui e gli sorrise dolcemente, per la prima volta da quando si erano conosciuti. “Vi ringrazio, lo apprezzo molto...”


“...ma questo non risolve il vostro problema, giusto?”


Marian annuì, sorpresa dalla perspicacia del giovane. “Infatti.”


“Un modo per risolvere la questione ci sarebbe...” affermò convinto, dopo un attimo di riflessione.


“Davvero?” chiese Marian, speranzosa.


“Certo! Potrei dire a mio padre che non voglio sposarvi... Sicuramente si infurierà, ma almeno voi sarete libera.”


“Già!” esclamò amara Marian. “Libera! E fino a quando?”


Robin la guardò confuso.


“Non fraintendetemi, milord. Apprezzo moltissimo la vostra offerta e ve ne sono immensamente grata, ma non sarò affatto libera. Se non sarete voi mio marito, sarà qualche altro insulso nobile a chiedere la mia mano.”


“Non ci avevo pensato...” ammise Robin, triste.


“Vuol dire che dovrò convincere mio padre a non accettare alcun pretendente per me.” Scherzò Marian, facendo ridere Robin.


Rimasero così a chiacchierare e a scherzare per parecchio tempo, fino a che Robin non si alzò in piedi e si avvicinò alla piatta e liscia superficie del lago. “Marian?” chiese serio. “Voi sapete nuotare?”


La ragazza spalancò gli occhi confusa. “Si, perché?”


“Che ne direste di un bel bagno per scacciare via la malinconia e i brutti pensieri?” domandò il giovane, avvicinandosi a lei con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.


“Locksley, che cosa avete in mente? Non vi azzardate a... Fermo!”


Ma ormai era troppo tardi! Robin l’aveva agguantata e, con facilità, se l’era caricata sulle spalle con tutta l’intenzione di gettarla in acqua. Purtroppo non aveva fatto i conti con le resistenze di Marian, che prese a colpirlo sulla schiena, intimandogli di lasciarla subito andare.


“Volete scendere, milady?” chiese lui, beffardo. “Allora eccovi accontentata!” e fece per buttarla nel laghetto. Ma Marian, velocissima, poco prima di cadere, gli afferrò un polso e trascinò in acqua anche lui.


Quando entrambi riemersero, completamente zuppi, si guardarono per un istante e, subito, presero a schizzarsi come due ragazzini, ridendo a crepapelle.


Le tristezze di qualche minuto prima sembravano ormai dimenticate.





Marian smontò da cavallo e si guardò attorno prudente. Era ormai quasi sera, e lei e Robin erano appena tornati a Knighton Hall.


“Presto, milady.” Le intimò lui. “Prima che qualcuno vi veda...”


La ragazza arrivò fin sotto la finestra della sua camera e, con l’aiuto di Robin, prese ad arrampicarsi.


Dopo qualche minuto, si aggrappò al davanzale di legno e si sollevò, entrando in camera.


Stava per riaffacciarsi nuovamente e dare la buonanotte al suo cavaliere quando sentì, nel corridoio, dei passi che si avvicinavano.


Fece appena in tempo a chiudere le pesanti imposte che Sarah irruppe nella stanza.


Marian si voltò spaventata verso di lei e le sorrise, nervosa. “Ehi, Sarah! Come mai già a casa?”


“Cos’era quel rumore?” chiese la donna, sospettosa.


Marian si allontanò dalla finestra e andò verso l’armadio. “Nulla, Sarah. Ho solo chiuso le imposte che sbattevano. Tutto qui. Tu piuttosto? Com’è andata al villaggio, oggi?”


Sarah la fissò, ancora poco convinta. Quella ragazza si comportava in maniera molto strana. “Bene. Abbiamo lavorato fino a poco fa. Tu ti sei annoiata?”


Marian si voltò di nuovo verso l’armadio e iniziò a frugarci dentro senza motivo, solo per evitare che Sarah vedesse il sorriso felice che gli si era formato sul volto, ripensando alla sua magnifica giornata. “Si, un po’. Ma mi sono dedicata al ricamo e ad altre sciocchezze simili.”


Sarah la guardò allarmata. ‘Si era dedicata al ricamo? Senza esserci costretta? Questa sì  che era è bella!’  


“Ora scusami, Sarah, ma sono molto stanca e vorrei andare a dormire.”


Sarah annuì e l’abbracciò, augurandole la buonanotte.


Era già accanto al letto quando Sarah, sulla soglia della porta, la richiamò. “Marian.” Le disse, seria. “La prossima volta che esci di nascosto, cerca almeno di non sporcarti l’orlo del vestito con la terra, d’accordo?”


Marian guardò velocemente il suo abito e notò, proprio in fondo alla gonna, alcune macchie scure.


Spostò lo sguardo nuovamente su Sarah e vide che la donna le sorrideva amorevolmente. “Grazie, Sarah.”


“Di nulla, bambina. Buonanotte.” E lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.


Marian scosse la testa, ancora leggermente sorpresa dalla reazione di Sarah e, improvvisamente, si ricordò di Robin.


Si precipitò alla finestra e l’aprì, scrutando con attenzione nell’oscurità. Dopo qualche minuto di ricerca, si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sospirò delusa.


Robin se n’era già andato.











Finito anche il terzo capitolo! In questo chap abbiamo visto una Marian leggermente più triste di quella a cui siamo abituati, ma volevo che lei e Robin cominciassero davvero a capirsi e a conoscersi più a fondo, aldilà delle battute, dei battibecchi e delle provocazioni... Spero di non essere stata troppo OOC! Ditemi cosa ne pensate!

Come sempre ringrazio tutti coloro che hanno letto e soprattutto coloro che hanno commentato:


GinevraMalfoy90: hai perfettamente ragione! Marian è grandiosa! Anche io l'adoro e spero solo di essere riuscita a descriverla bene!


Giuggiolina43: sono contenta che continui a seguire ed apprezzare la mia storia! Spero che Robin ti piaccia anche in questo capitolo in versione serio e un pò più riflessivo (ma non troppo!).


Bluesky: addirittura perfetta? Non credo di meritare tanto! In realtà cerco solo di descrivere i miei personaggi meglio che posso e mi commuovo quando voi li apprezzate così! Grazie!


Werty: ti ringrazio moltissimo per i complimenti e comunque anche io adoro Robin e Marian e il loro "controverso" rapporto di amore-odio (anche se per il momento abbiamo visto di più l'odio! Ma aspetta il prox chap...). Grazie e continua a seguire la storia!


 

Grazie davvero! Non immaginate nemmeno quanto mi faccia piacere leggere le vostre recensioni! A presto!!



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Capitolo 4
*** Un Dolore Inaspettato ***


Un Dolore Inaspettato





Robin entrò fischiettando nel grande salone e si sedette a tavola, pronto per fare colazione.


Quella mattina si era alzato più presto del solito, ma proprio non era riuscito a rimanere a letto.


Era ancora incredibilmente su di giri per la meravigliosa giornata trascorsa con Marian e, nonostante fossero passate parecchie ore dal loro ultimo incontro, lui non riusciva a smettere di sorridere come uno sciocco.


Thornton, il più anziano servitore di Locksley nonché uomo di fiducia di Sir Thomas, gli si avvicinò, stupito da quel suo strano comportamento. “Padron Robin” gli disse, sedendosi accanto a lui “siete di ottimo umore quest’oggi. C’è una ragione precisa?”


Robin, ancora sorridente, alzò le spalle. “E’ una bella giornata, tutto qui.”


“Ah.” Esclamò Thornton, capendo finalmente. “Fatemi indovinare... C’entra una ragazza, vero?”


Robin si voltò stupito verso il servitore. “E tu come fai a...”


“Padrone” rise divertito Thornton “vi conosco da quando siete nato. Siete un libro aperto per me.”


Robin scosse la testa e sorrise. “Già, a volte me ne dimentico.”


“Allora com’è questa ragazza?” domandò il servitore curioso. “Bella?”


“Oh, molto più che bella, Thornton. Lei è... lei è... incredibile! Non fa altro che criticarmi e darmi addosso, ma io la trovo semplicemente fantastica!”


“Da come la descrivete, deve essere un bel peperino...”


“Altrochè! A volte sembra così fragile, così delicata ... Poi improvvisamente cambia, e diventa una guerriera forte e determinata! Non so mai come comportarmi con lei, però quando le sono vicino io... mi sento bene...”


Thornton sorrise di fronte alla tenerezza delle parole di Robin e fissò di nuovo il suo giovane padrone. Ma qualcosa, alle spalle del ragazzo, attirò la sua attenzione.


“Padrone” chiese, dopo qualche istante, attirando l’attenzione di Robin “per caso questa angelica creatura di cui parlate ha i capelli biondi?”


Robin lo guardò confuso. “No, Thornton. Perché me lo domandi?”


Il servitore fece cenno con la testa alle spalle del ragazzo e poi, velocemente, si alzò dalla sedia e si allontanò.


Robin si voltò e vide Anne, alquanto infuriata, dirigersi a passo spedito verso di lui.


Il giovane si alzò, preoccupato, e cercò di sorriderle, senza peraltro riuscirci. “Anne, come mai così arrabbiata già di prima mattina?”


La ragazza gli lanciò un’occhiataccia. “Possiamo parlare un attimo in privato, se non ti dispiace?”


Robin annuì confuso e, insieme ad Anne, uscì in giardino.


“Cosa c’è?” le chiese, allarmato.


Cosa c’è? Tu hai il coraggio di chiedermi cosa c’è? Sei incredibile, davvero!”


“Ma si può sapere cosa diavolo ho fatto? Che ti prende?”


“Vuoi sapere che mi prende? Bene! Allora rispondi a questa domanda... Dove sei stato ieri?”


“Ieri?” chiese Robin, sempre più confuso.


Anne annuì, “Si, ieri. Dato che sei tornato tardissimo mentre noi...”


“...avremmo dovuto vederci.” continuò Robin per lei, ricordandosi solo in quel momento dell’impegno preso in precedenza con la ragazza.


“Già.” Concluse Anne, sorridendo amara. “Quindi mi chiedo: se ieri non eri a Locksley con me e neppure a Nettlestone con Much, dove diavolo eri, Robin?”


“Ecco... Io... Ho avuto un contrattempo...” rispose vago il ragazzo.


“Si, certo! Come no! Un contrattempo con i capelli scuri e gli occhi azzurri, vero?” gridò Anne colpendo il suo interlocutore al braccio. “Ma dico, mi hai preso per scema o cosa? So benissimo che ieri hai passato tutto il giorno con la dolce e perfetta Lady Marian! Spero ti sia divertito almeno!”


“Anne, adesso smettila! Non mi sembra il caso di fare una scenata...” disse Robin sottovoce, cercando di calmarla. “Mi dispiace di non essere venuto, davvero, ma l’ho dimenticato...”


“Dimmi soltanto una cosa, Robin. Ti stai innamorando di lei?”


Robin tacque.


“Perché se è così, voglio che tu sappia una cosa: non permetterò a nessuno di mettersi tra di noi. A nessuno, chiaro?”


Robin la guardò visibilmente teso. Ora cominciava davvero ad innervosirsi. “Senti, Anne, mettiamo in chiaro le cose...”


“A nessuno, Robin.” Ripeté categorica la ragazza. “Non mi importa di chi sia figlia o quanto la sua famiglia sia illustre. Non lascerò mai che quella piccola e insulsa sgualdrina...”


“ADESSO FINISCILA!” tuonò Robin furente, non riuscendo più a trattenersi. “Non ti permetto di parlare così di Marian! Tu non la conosci affatto!”


“Ma tu sì, a quanto pare! Vedo che ti scaldi parecchio se si parla di lei! Cos’è? Ti ha già fatto divertire, Robin di Locksley? Oppure gioca ancora a fare la pudica verginella di papà?”


“Anne, smettila, dico davvero.”


Anne rise sprezzante, di fronte alla reazione a dir poco infastidita del ragazzo. “Credi davvero che una come lei sia adatta a te? Una che non ha mai infranto una regola in tutta la sua vita? Una così obbediente, così composta, così... noiosa?”


Robin non poté fare a meno di sorridere, pensando a quanto poco la descrizione fatta da Anne rispecchiasse Marian. Marian così testarda, così fiera, così incredibilmente libera e indipendente, nonostante suo padre e le sue imposizioni.


“Lei non saprà mai renderti felice perché non ti conosce come ti conosco io.”


“Mi dispiace, Anne. Credo sia meglio per tutti e due finirla qui.”


“FINIRLA? Finirla? E tutto quello che c’è stato tra noi dove lo metti, Robin?”


Robin sospirò frustato. “Ma cosa c’è stato tra noi, Anne? Nulla, dannazione! Soltanto qualche bacio e niente di più! Non sono mai stato innamorato di te!”


“E invece lo sei della bella Marian, giusto?”


“Io non sono innamorato di Marian.” Chiarì perentorio Robin. “Ma non lo sono neppure di te, quindi chiudiamola qui.” E, voltate le spalle alla ragazza, si diresse verso casa.


Anne inspiegabilmente sorrise. “E’ vero, Robin, tra noi non c’è stato che qualche innocente bacetto.” Sussurrò sottovoce. “Ma se alla tua dolce principessa arrivassero altre voci?”






“Buongiorno, Jane. Come stai oggi?” chiese una bella ragazza dai capelli scuri alla sua amica rossa. “Tuo padre come si sente?”


“Marian!” Jane sussultò spaventata. Non si era accorta affatto dell’arrivo dell’amica. “Come mai qui così presto?”


Marian alzò le spalle. “Avevo voglia di cavalcare un po’. Tuo padre?”


Jane abbassò lo sguardo, triste. “Stanotte è peggiorato. Stavo andando proprio adesso al vecchio pozzo a prendere un po’ d’acqua fresca per fargli degli impacchi, sperando che migliori...”


Marian si avvicinò all’amica e l’abbracciò. Si sentiva così inutile... la sua migliore amica stava soffrendo e lei non poteva farci assolutamente nulla! Avrebbe dato qualunque cosa per far tornare a sorridere Jane.


“Marian, sono disperata. Non so più come comportarmi... Io non...”


“JANE! CORRI, PRESTO!” La voce della madre di Jane le raggiunse da dentro la vecchia casetta di legno. “Ho bisogno d’aiuto!”


Jane si guardò intorno, allarmata. “Oddio, ma che succede?”


“Jane.” La tranquillizzò Marian. “Tu vai dentro ed aiuta tua madre. Io vado al pozzo a prendere l’acqua, ok?”


La ragazza annuì e corse dentro, mentre Marian si avviava verso il centro del villaggio.


Era ormai arrivata quando una voce familiare la raggiunse alle spalle. “Ma guarda che coincidenza! Non mi sarei mai aspettato di fare incontri così piacevoli, questa mattina!”


Marian sorrise ancora prima di voltarsi. Chissà perché quella voce strafottente e sfacciata non le dava più così fastidio.


“Buongiorno, Robin. Come mai da queste parti?”


Il ragazzo la guardò sbalordito, stupito dalla dolcezza del tono della sua voce. Marian non si era mai rivolta a lui tanto gentilmente. “Mi fa molto piacere vedere che finalmente siamo passati al tu, Marian. Era ora.”


Marian ridacchiò. “Guarda che posso sempre tornare al voi, se continui a fare lo spiritoso.”


“No, no! Io sono contento così. Comunque, che ci fai qui? E’ per il padre di Jane?”


Marian annuì e i suoi occhi si fecero improvvisamente tristi. “Si, stanotte è peggiorato e...”


“Sono sicuro che andrà tutto bene.” La interruppe lui. “William è un uomo forte e robusto e ce la farà di certo.”


La ragazza sorrise incerta. “Lo spero tanto. Jane è così avvilita.”


Robin le accarezzò i capelli con fare protettivo e l’aiutò, prima, a tirare su il secchio pieno d’acqua e poi, a trasportarlo fino a casa di Jane.


Quando arrivarono, la rossa fu molto sorpresa di vederli insieme. “Che novità è questa?” domandò all’amica. “Siete stati vicini per tutto il tragitto che va dal pozzo a qui e non vi siete ancora sbranati a vicenda? Direi che è un bel passo avanti!”


Marian e Robin risero divertiti. “Già, un vero evento.” Confermò Robin. “Jane, ho sentito di tuo padre. Mi dispiace.”


“Grazie, lo apprezzo molto. Adesso la crisi è passata, ma non so quanto durerà.”


“Non preoccuparti, Jane.” Le disse Marian comprensiva. “Stai con tuo padre. Noi ci vediamo domani, d’accordo?”


“Va bene, Marian. Grazie.” E l’abbracciò stretta. “A domani, amica mia. Ti voglio bene.”


“Anch’io, Jane. Anch’io. Ora però” si separò dalla rossa e la spinse verso casa “entra in casa ed occupati di tuo padre.”


“Si, si, vado. E, a proposito, Marian... Lo sai che siete proprio carini insieme?” le sussurrò sottovoce, per evitare che Robin sentisse. “Quando sei con lui, tu diventi più... più... più luminosa.”


“Non esagerare Jane. Per il momento cerchiamo di non ammazzarci a vicenda, però devo ammettere che la sua compagnia non mi secca più come prima. Non che non sia fastidioso ed irritante, sia chiaro, però...”


“Te l’avevo detto io, Marian. Quel ragazzo ha delle doti nascoste e credo proprio che tu abbia appena iniziato a scoprirle...” e, senza dire altro, fece un occhiolino verso la sua amica ed entrò in casa.


Marian scosse la testa, divertita e tornò da Robin. “Bene, milord” gli disse, sorridendogli “è ora di salutarci.”


“Come mai tutta questa fretta?” chiese lui, sorridendo furbescamente in risposta ed incrociando le braccia al petto.


“Ho... ehm... ecco, io... devo fare alcune cose urgenti...”


“Ah ah.” Annuì Robin. “D’accordo, Marian. Allora ci vediamo domani.”


La ragazza salì a cavallo. “A domani, Robin.” E si allontanò al trotto dal ragazzo.


Robin rimase lì qualche minuto. Poi, rapido come una scheggia, corse al suo cavallo, vi montò sopra e seguì di nascosto la ragazza nella sua passeggiata.


Dopo aver cavalcato per qualche miglia, Marian rallentò in prossimità di un piccolo sentiero e, dopo essersi assicurata che nessuno la stesse seguendo (Robin si nascose appena in tempo, dietro un grosso albero), s’inoltrò nella Foresta di Sherwood.


Camminarono ancora un po’ , finché Marian smontò da cavallo e si avvicinò ad un’enorme quercia secolare. Vi si inginocchiò davanti e prese a scavare in corrispondenza delle radici. Dopo qualche minuto, estrasse dal terreno un sacco di tela, completamente sporco di terra.


Robin si avvicinò silenziosamente alla ragazza, fino ad arrivare a qualche metro da lei. “Spero che lì dentro non ci sia il cadavere di qualche precedente fidanzato, Marian!” esclamò, facendo sobbalzare la ragazza. “In quel caso, credo che comincerei davvero a preoccuparmi!”


Marian si voltò verso Robin e lo guardò, arrabbiata. “Che cosa diavolo ci fai qui? Mi hai seguito?”


“Mi pare ovvio, Marian.” Osservò Robin, scendendo da cavallo e avvicinandosi ancora.


“Sei veramente un maleducato, Robin di Locksley! Come ti sei permesso?”


Robin sorrise sornione. “Mi sembra di aver già sentito queste parole... Anche se mi pare di ricordare che la situazione fosse molto più piacevole...” disse Robin, alludendo al bacio che si erano scambiati qualche giorno prima.


“Io non ricordo nulla.” Dichiarò Marian, indifferente.


Robin scosse la testa e la raggiunse ai piedi della grande quercia. “Cos’hai lì?” le domandò, accennando al sacco di tela.


Marian tacque per un istante per valutare se fosse il caso o meno di confidarsi con lui. Decise di sì. In fondo quel ragazzo, all’apparenza così superficiale ed odioso, l’aveva stupita in più di un’occasione.


“Prometti di non ridere.” Gli chiese, implorante.


Robin asserì col capo, lanciandole un sorrisetto provocatorio. “Prometto.”


Marian allora aprì il sacco e tirò fuori un sottile arco e una dozzina di frecce e li porse a Robin.


Il ragazzo sgranò gli occhi, stupito. “E cosa ci fai esattamente con questi?” domandò stupidamente.


Marian inarcò un sopracciglio. “Cosa credi che ci faccia? Che ci cucia i miei vestiti? Mi ci alleno, sciocco!”


“Ti ci alleni? E per cosa? Una ragazza non dovrebbe...”


“Cosa? Imparare a difendersi da sola?”


“Imparare ad usare questi.” La corresse Robin. “E’ pericoloso.”


“Oh, ma davvero? Grazie mille, vecchio saggio.”


Robin le lanciò un’occhiata di disapprovazione. “E, oltre ad imparare l’autodifesa, cosa fai nel tempo libero? Dai la caccia ai criminali e sfami i poveri dei villaggi vicini?”


“A dir la verità, no.” Ammise Marian. “Ma non è affatto una cattiva idea.”


“Marian, può essere pericoloso per te.”


“Senti, con la spada, ormai, sono brava quanto mio padre, e quindi ho deciso di iniziare anche con l’arco. Purtroppo devo ammettere che i risultati sono piuttosto deludenti.”


Marian si sedette depressa sulle radici della quercia, poggiando il mento su una mano. “Il problema è che non ho nessuno che possa aiutarmi. E naturalmente non posso chiedere a chiunque di venire qui ad allenarsi con me al tiro con l’arco...”


Robin la guardò un attimo e sorrise. Quella ragazza era incredibile! Più la conosceva e più lo stupiva! Allenarsi con la spada e con l’arco! Ma come le era venuto in mente?


Scosse la testa e sospirò. Poi si voltò e raggiunse velocemente il suo cavallo.


“Ehi, ma dove vai? Non è carino andarsene così! Robin!”


Ma il ragazzo non aveva nessuna intenzione di andare via. E infatti qualche istante dopo, Marian lo vide avvicinarsi di nuovo, stringendo tra le mani, un elegante e sottile arco.


Marian guardò prima lui, poi l’arma che stringeva tra le mani, poi di nuovo lui. “Ma che diavolo...”


“Allora?” Esclamò il ragazzo “Quando cominciamo gli allenamenti?”






“No, no, no, Marian! Sbagli completamente la posizione del braccio!”


Marian sbuffò scocciata per la centesima volta. “Perché non mi lasci fare?”


“Perché così la tua freccia non arriverà...” Marian incurante delle critiche di Robin scoccò lo stesso la freccia che, però, non si avvicinò neppure lontanamente al bersaglio, posizionato su un albero a una decina di metri. “... da nessuna parte.” Concluse Robin, voltandosi verso la ragazza, con un sorriso compiaciuto. “Te l’avevo detto, Marian.”


“Ed io ti avevo detto che sei insopportabile? Se l’avessi saputo, non ti avrei mai chiesto di aiutarmi.”


Robin rise divertito. “Marian.” Le disse, avvicinandosi con fare accattivante. “Hai come maestro il miglior arciere di tutta la contea... Fossi in te, avrei poco da lamentarmi.”


“Bene, Signor Modestia, perché invece di chiacchierare, non mi fai vedere quello che sai fare?”


Robin ridacchiò. “E’ una sfida?”


“Hai paura, per caso?” domandò Marian, sorridendogli provocante.


“Guarda e impara, tesoro.” E, impugnato il proprio arco, si mise in posizione e prese la mira. Un attimo dopo, la freccia, rapida e precisa, andò a conficcarsi esattamente al centro del bersaglio.


Robin si voltò verso Marian e le sorrise sfrontato. “Allora, milady?”


Marian scosse la testa, contrariata. “Sei insopportabile. Dico, davvero, Robin.”


“Grazie, Marian. Mi piace quando mi fai i complimenti. Ora riprova tu, coraggio. E cerca di fare come ho fatto io.”


“Si, padrone.” Rispose ironica la ragazza.


Tornò di fronte al bersaglio e si posizionò, impugnando l’arco.


“Aspetta.” Gli disse Robin, arrivandole accanto. “Metti il braccio così.” E, con delicatezza, abbassò il braccio della ragazza, che non poté fare a meno di arrossire a quel contatto. “E poi la mano.” E le accarezzò, lievemente la mano, per farle allentare la presa sull’arco. “Ora concentrati e...”

Ma Marian voltò leggermente il viso verso destra, fino a sfiorare il naso di Robin con il proprio, mettendo il ragazzo in seria difficoltà.


Robin chiuse gli occhi e sospirò pesantemente, cercando di riprendere il controllo, mentre Marian, resasi conto della situazione a dir poco imbarazzante, si staccò da lui e tornò a guardare il bersaglio che aveva di fronte.


Chiuse un occhio e prese la mira, proprio come Robin le aveva insegnato, e scoccò la freccia, che però andò a conficcarsi ad un paio di metri di distanza dal punto prestabilito.


Robin si allontanò dalla ragazza, ma non le disse nulla. Non la rimproverò, né la criticò, anche perchè, in quel momento, non sarebbe stato in grado di formulare una frase di senso compiuto.


La vicinanza di Marian era per lui totalmente inebriante. Quando era accanto a lei, non riusciva assolutamente a restare calmo. Le mani gli sudavano, il cuore batteva all’impazzata e le gambe diventavano inspiegabilmente molli.


Alzò lo sguardo verso la ragazza e la vide dirigersi verso l’albero su cui si era conficcata la freccia. “Dannazione! Ma dove sbaglio?”


Robin sospirò di nuovo, grato del fatto che Marian avesse evitato di parlare del loro recente ‘incontro ravvicinato’. Non avrebbe saputo davvero cosa dire.


“Secondo me, c’è qualcosa nell’arco.” Sentenziò la ragazza. “Altrimenti perché tu ci saresti riuscito?”


“Perché io, a differenza di te, Marian, sono capace.” Gli rispose lui, tornando ad essere il presuntuoso di sempre.


“Cosa cerchi di dire? Che io sarei incapace?”


“Io non l’ho detto... Sei stata tu.”


Marian si voltò a guardarlo, minacciosa, mettendo le mani sui fianchi. “Senti un po’, grand’uomo, chi te la dà tutta questa confidenza?”


“Tu, Marian. Ora abbiamo anche iniziato a darci del tu, quindi possiamo definirci amici.”


“Io non sono tua amica e anzi, gradirei che tornassimo al voi, milord, se non vi dispiace.”


“Certo che mi dispiace!” esclamò lui risentito. “Non ho nessuna intenzione di tornare al punto di partenza!”


“Invece credo sia la cosa migliore, Locksley.” E si avvicinò al ragazzo, ancora sbalordito. “Anche se forse, potrei cambiare idea, se voi...”


Robin la guardò allarmato. “Se io?” domandò, esitante. Quando Marian usava quel tono di voce, non c’era affatto da stare tranquilli.


“Se voi mi faceste usare...” la ragazza si avvicinò ancora e, all’improvviso, afferrò qualcosa alle spalle di Robin e si allontanò velocissima. “...il vostro arco! Grazie mille, milord! Sono commossa!”


Robin strabuzzò gli occhi e subito si diresse verso la ragazza. “No, milady. Credo proprio che voi abbiate capito male... Il mio arco è solo mio. Nessuno ha il permesso di usarlo.”


“Davvero?” chiese Marian, sbattendo gli occhi e continuando ad allontanarsi dal ragazzo che avanzava. “Allora, Locksley, se tenete tanto al vostro arco, provate a prendermi!” E, in un attimo si dileguò, sparendo tra la folta vegetazione.


Robin scosse e la testa e cominciò a rincorrerla, cercando di acciuffarla. Non ci volle molto, dato che Marian non riusciva a correre liberamente, come faceva Robin, a causa del vestito. Un paio di minuti dopo, infatti, il ragazzo la raggiunse e la bloccò contro il tronco di un albero. Le afferrò le mani, che lasciarono cadere a terra l’arco, e la immobilizzò. “E adesso, milady? Cosa credete di fare? Siete in trappola.”


Marian tentò di liberarsi, ma la presa di Robin era salda e forte. “Ah ah.” Le disse lui, scuotendo la testa.


“Lasciatemi andare, Locksley. O ve ne pentirete.”


“E questa cosa sarebbe? Una minaccia?”


Marian sorrise, beffarda. “No, è una promessa.”


Robin sorrise e si avvicinò ancora di più al volto della ragazza, fino a sfiorare di nuovo il suo naso col proprio. “Posso baciarvi, Lady Marian?” chiese, serio.


Marian non rispose, ma, lentamente, si sporse fino ad arrivare con le labbra vicino all’orecchio del giovane Robin. “Adesso chiedete il permesso, Locksley? L’ultima volta non lo avete fatto.”


“E’ per dimostrarvi la mia buona fede, milady.” Rispose lui, con voce roca.


“Bene.” Sussurrò Marian, seducente. “Allora credo che potremmo facilmente trovare un accordo, milord.” E iniziò lentamente a lasciare una delicata scia di baci sulla guancia ispida del ragazzo. Poi passò al naso, e, successivamente, alla porzione di pelle, posta proprio sopra le labbra.


Robin allora lasciò la presa sulle mani di Marian e le circondò possessivamente la vita, avvicinandola di più a lui. Ma Marian, sentendo ormai libere le sue mani, si staccò bruscamente da Robin e, con un’agile movimento, spinse Robin e si allontanò di un paio di metri.


Robin, completamente frastornato dai baci della ragazza, perse l’equilibrio e cadde a terra come un sacco di patate.


Marian scoppiò a ridere di fronte alla caduta del ragazzo, che, subito, le lanciò un’occhiata offesa. “Ehi, non vale così!” Le disse risentito.


“Oh si che vale, Robin!” Rispose Marian, tra le risate. “In guerra tutto è permesso!” E scappò via di nuovo, nascondendosi tra gli alberi.


Robin sorrise, malizioso. “Anche in amore, se è per questo...”






“Quindi, da quello che ho capito, ti sei divertita ieri.”


Marian guardò Sarah e sorrise, felice. “Si, molto. E’ stata una bella giornata. E Robin mi ha anche insegnato a...” Si fermò appena in tempo per evitare di dire tutto alla donna.


“A...?” chiese la nutrice, curiosa.


“Cavalcare!” esclamò Marian agitata.


La donna la guardò confusa. “Ma, Marian, tu sapevi già cavalcare...”


“Ehm... Si è vero, però ieri Robin mi ha aiutato a perfezionare il mio... ehm...stile.” spiegò velocemente la ragazza.


“Mi fa piacere, Marian.” Confessò Sarah. “E devo dire che sono contenta di vedere che tu e il giovane Locksley andate d’accordo. Tuo padre ne sarà felice.”


“Tu, però, non dirglielo ancora.” Implorò Marian. “Ti prego. Non voglio che mio padre mi consideri una ragazzina volubile e scostante. Prima odiavo terribilmente questo ragazzo ed ora, se venisse a sapere che passo le mie giornate con lui, mi prenderebbe per una pazza. Cosa che, tra l’altro, penso anch’io di me stessa.” Confessò la ragazza.


Sarah le si sedette accanto. “E perché mai, bambina, dovresti essere una pazza?”


Marian rise amara. “Bè, guardami. Un paio di giorni fa avrei potuto uccidere Robin di Locksley con le mie stesse mani mentre adesso la sua compagnia mi piace. Mi diverto con lui. Mi sento bene.”


Sarah le sorrise, intenerita. “E’ questo che succede generalmente quando ci si innamora, Marian. Ogni logica, ogni regola, ogni pensiero sensato svanisce, lasciando il posto all’insicurezza, all’incertezza e, ovviamente, alla felicità, se si trova quello giusto.”


Marian ascoltò quelle parole e ne rimase turbata. “No, Sarah, forse hai frainteso. Io non sono innamorata di Robin. Assolutamente no! Noi due siamo solo amici: cavalchiamo, chiacchieriamo, ridiamo...”


“...passate insieme giornate intere, scappi di nascosto per stare con lui, ti riaccompagna a casa...” continuò Sarah, cercando di trattenere un sorriso.


“No, Sarah, davvero. Credo che tu ti stia sbagliando di grosso.” Sentenziò Marian.


“Va bene, bambina. Mi sto sbagliando, ma sappi che...”


All’improvviso, Joe irruppe in casa, senza fiato. “Lady Marian, Sarah!” gridò, allarmato. “Robin di Locksley chiede urgentemente di essere ricevuto!”


Le due donne si guardarono, sorprese. Robin, a Knighton, a quell’ora di notte?


“Presto! Fallo passare.” Disse Sarah.


Un attimo dopo, un Robin agitato e scosso entrò nel grande salone. “Mi dispiace di essermi presentato così, ma avevo bisogno di riferirvi una cosa importante.”


Marian si avvicinò al ragazzo, preoccupata, e gli accarezzò dolcemente un braccio. “Robin, stai bene? Sei stravolto.”


“Marian.” Disse il ragazzo, addolorato. “Sono stato a Nettlestone, poco fa, e ho scoperto una cosa.”


Robin indugiò, cercando di trovare le parole adatte. Sarah gli venne in aiuto.


“William, vero?” chiese, rassegnata. “Non ce l’ha fatta.”


Robin annuì, dispiaciuto. “Si, è morto oggi pomeriggio. Ma non è questo che volevo dirti, Marian. Forse è meglio che tu ti sieda.”


Marian deglutì a fatica. Non aveva mai visto Robin in quello stato. Cosa poteva essere accaduto?


Guardò Sarah e poi di nuovo Robin. “Cosa è successo, Robin?”


Robin la fissò, triste. “La febbre che ha colpito William si è sparsa per il villaggio e ha contagiato altre persone.” Marian annuì.


Robin prese un respiro, come per farsi coraggio, e posò le mani sulle spalle di Marian. “Marian, Jane sta morendo.”






Quando Robin e Marian arrivarono a Nettlestone, un gran folla si era già raccolta davanti alla casa di Jane.


Nel momento in cui mise piede nel giardino affollato, Marian capì di essere arrivata troppo tardi.


La madre di Jane piangeva e gridava disperatamente per suo marito e sua figlia e Kate, la sorellina minore di Jane, se ne stava in un angolino, tutta rannicchiata su sé stessa, a singhiozzare silenziosamente .


“Signora.” Sussurrò Marian, aggrappandosi ad un’ultima, inesistente speranza e avvicinandosi alla donna che piangeva.


La madre di Jane alzò lo sguardo e la vide. “Marian.” Le disse, tra le lacrime. “Se n’è andata. La nostra Jane se n’è andata per sempre.”


Il respiro di Marian le si mozzò in gola e sentì una dolorosa fitta al cuore che la stordì. Crollò a terra e lacrime disperate le oscurarono la vista.


Un attimo dopo, non capendo bene come, si ritrovò in giardino, a mandar giù boccate d’aria fresca, cercando di calmarsi.


“Sssssh. Va bene tutto bene.” Le disse una voce premurosa, che Marian riconobbe come quella di Robin. “Respira, Marian. Respira.” Le sussurrò, accarezzandole dolcemente i capelli e la schiena.


Marian si asciugò gli occhi e si voltò verso di lui.


La teneva stretta tra le sue braccia e le sussurrava parole di conforto per tranquillizzarla, per quanto fosse possibile in una situazione del genere.


“Robin.” Chiamò lei, distrutta. “Mi dispiace tanto. Non volevo che tu vedessi una scena del genere.”


Robin, nonostante tutto, sorrise. Eccola la sua dolce e determinata Marian! Una donna che, dopo aver perso una delle persone più importanti della sua vita, si preoccupa di essere vista mentre piangeva.


“Non dire sciocchezze, Marian. Io sono qui per te.” La rassicurò lui.


“Ma non sei costretto, lo sai.” Chiarì Marian.


“Lo so. Ma voglio stare con te. Ho bisogno di stare con te, Marian. Ora più che mai.” Le disse, stringendola così forte che, per un attimo, ebbe paura di averle fatto male.


Ma Marian rispose all’abbraccio con altrettanto vigore. “Grazie.” Sussurrò contro il petto di Robin.


Dopo qualche minuto, un uomo chiamò Robin e gli chiese gentilmente di raggiungere la vedova. “Torno subito, d’accordo Marian?” la rassicurò. “Tu aspettami qui. Faccio in un attimo.”


Marian annuì e il ragazzo si alzò ed entrò in casa. “Voi siete Robin di Locksley, vero?” chiese la madre di Jane, con voce tremante, appena lo vide entrare.


Robin annuì. “Jane” continuò la donna “Poco prima di...di... lasciarci, mi ha chiesto di consegnarvi questo.” e mise nelle mani di Robin un prezioso ciondolo d’argento “E’ un regalo per Marian. Per le sue nozze.” Spiegò. “L’aveva acquistato il primo giorno in cui vi ha visto con Marian. Sapeva già che, prima o poi, voi due...”


“Vi ringrazio. Lo darò io stesso a Marian.”


“Ancora una cosa, milord.” Lo chiamò di nuovo la donna. “Jane voleva che voi le faceste un ultimo, grande favore.”


“Tutto quello che posso, signora.”


“Statele vicino.” Sussurrò la donna. “Non lasciatela mai sola. Non l’abbandonate in un momento come questo.”


“Non l’avrei fatto in nessun caso, signora.” La rassicurò Robin. “Per quello che vale, ritengo che Jane fosse una ragazza meravigliosa. Ho avuto poco tempo per conoscerla, ma sono sicura che fosse speciale.” Disse Robin triste, prima di uscire dalla casa.


Corse in giardino da Marian, ma della ragazza non c’era traccia. Si voltò verso lo steccato dove aveva legato il suo cavallo e sospirò.


Anche il cavallo era sparito nel nulla.






Marian raccolse un grosso sasso e lo scagliò violentemente in acqua. Ne prese un altro e ripetè l’operazione per una, due, tre, dieci, mille volte, finché il braccio non prese a farle male.


Si sedette di nuovo sulla riva e osservò la luna pallida che si rifletteva sulla piatta superficie del lago. D’un tratto, sentì dei rumori alle sue spalle e si voltò impaurita.


“Te l’avevo detto che non era più un posto segreto.” Disse la voce di Robin, nascosta nella selva.


Marian sorrise appena. “Non credevo te ne saresti ricordato. I miei complimenti, Robin.”


“Che hai intenzione di fare?” le chiese il giovane preoccupato. “Mi hai fatto spaventare.”


Marian aguzzò la vista e finalmente lo vide. Si avvicinava lentamente a lei, con il volto angosciato e qualcosa di luccicante in mano. “Non volevo essere compatita. Lo sai che non lo sopporto.”


Il ragazzo la raggiunse con due ampie falcate. “Compatita?” le chiese risentito. “Marian, io non ti compatisco, te l’ho già detto. Sono qui perché voglio stare qui. Con te.”


“Davvero?” chiese lei, non riuscendo più a trattenere le lacrime. “Davvero non sei qui perché ti faccio pena?”


Robin non rispose, ma si limitò ad annullare la distanza tra loro e a stringerla forte tra le braccia.


Marian si aggrappò disperatamente a quell’abbraccio, ricominciando a piangere a dirotto. “Robin.” Lo chiamò tra le lacrime “Promettimi che almeno tu non mi lascerai mai. Promettimi che rimarrai sempre al mio fianco, qualunque cosa succeda.”


Robin le posò un dolce bacio sulla fronte e poi un altro sui capelli. “Te lo prometto, mia dolce Marian. Io non ti lascerò mai.













Ah, promesse da marinaio, sapendo quello che è successo dopo! Comunque, quarto capitolo leggermente più lungo dei precedenti (spero che non vi dispiaccia!), ma volevo mettere tutto insieme senza dividerlo in due. Finalmente i nostri due piccioncini si sono accorti l’uno dell’altra, anche se devo ammettere che far morire Jane mi è dispiaciuto tantissimo! Grazie come sempre alle mie affezionatissime Nikelaos (grazie dei consigli e non preoccuparti... sii pignola quanto vuoi! Comunque la frase che mi hai fatto notare tu in origine era: “Ah quindi E’ lui ad essere arrabbiato!” Scusa ancora per l’errore di battitura. Cercherò di fare più attenzione nei prossimi!), bluesky (quanti complimenti! Se continui così mi monterò la testa! Grazie, grazie!) e giuggiolina43 (sono d’accordo con te. Essere una donna a quel tempo non doveva essere semplice... Spero che Robin qui ti sia piaciuto! E’ tornato finalmente ad essere l’arrogante e fascinoso ragazzo che noi due amiamo tanto!) e a tutte le persone che l’hanno letta e aggiunta tra i preferiti!! A presto!!


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Capitolo 5
*** Tornare a Vivere ***


Tornare a Vivere



Erano passati ormai più di due mesi dalla tragica ed inaspettata morte di Jane, e Marian non si era ancora ripresa del tutto.


All’inizio, passava tutto il suo tempo chiusa in casa, sola con Sarah, e, in giornate particolarmente brutte, rifiutava persino di alzarsi dal letto, preferendo rimanere immersa nell’oscurità della sua piccola stanzetta.


Proprio in quei momenti, Sarah ringraziava il cielo dell’incredibile testardaggine di Robin di Locksley.


Era proprio lui, infatti, che, completamente sordo alle lamentele di Marian, la costringeva a prepararsi e ad uscire di casa con lui.


Le prime volte, Marian, ancora sopraffatta dal dolore, non faceva che urlargli contro, dicendo che lui non poteva capire cosa lei stesse passando in quel momento. Ma quei suoi sfoghi non facevano che aumentare ancor di più la determinazione di Robin.


Per esempio, qualche settimana dopo la morte di Jane, Marian aveva detto a Sarah che non aveva voglia né di alzarsi, né tanto meno di ricevere visite. Quando, però, Robin era arrivato e aveva saputo della disposizione della ragazza, era salito furente su per le scale e si era fiondato in camera di Marian.


La ragazza era rimasta alquanto sorpresa di vederlo entrare, ma non aveva fatto assolutamente nulla. Si era sistemata meglio le coperte ed era sprofondata di nuovo tra i cuscini. Robin, allora, con una calma impressionante, si era seduto sul vecchio baule sistemato proprio di fronte al letto e aveva preso a fissarla, in assoluto silenzio.


Erano rimasti così, a guardarsi minacciosamente, per parecchio tempo, ma Marian non aveva dato nessun segno di cedimento. Sarah, avvilita, aveva deciso allora di tornare in cucina, pensando che prima o poi anche Robin si sarebbe arreso di fronte alla cocciutaggine della ragazza. Un’ora dopo però, a sorpresa, una Marian leggermente di cattivo umore era scesa giù per le scale, seguita a ruota da Robin, che ancora la guardava severo.


Fu quel giorno che Sarah capì che quel ragazzo era forse la miglior cosa mai capitata alla sua bambina. Testardo quanto lei, orgoglioso quanto lei, tenace quanto lei. E, a quanto pareva, l’unico in grado di farla ragionare.


Fortunatamente, col passare del tempo, la ragazza si era abituata alle visite quotidiane del giovane e, anzi, Sarah notò con piacere che Marian, a poco a poco, sembrava riprendersi.


Nelle ultime settimane usciva in giardino a passeggiare, faceva compagnia a Joe nella stalla, come quando era bambina, la aiutava nelle faccende domestiche e aveva anche ripreso a cenare regolarmente con suo padre.


Una mattina come le altre, Sarah entrò in camera di Marian per svegliarla, sperando di trovarla di buonumore, ma quando la vide, rimase a bocca aperta.


Marian era già in piedi. Si trovava accanto alla finestra e guardava rapita il paesaggio circostante.


L’anziana donna le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, premurosa. “Marian, ti trovo bene stamattina.” Le disse, sorridendo.


La ragazza annuì. “Hai visto che bello fuori? Non mi ero accorta che fosse già estate...”


“Ultimamente non ti sei accorta di tante cose, tesoro.”


“Già.” Convenne Marian, abbassando lo sguardo. Ma all’improvviso si voltò verso Sarah ed, inspiegabilmente, sorrise. “Mi dispiace molto di essere stata così intrattabile, negli ultimi tempi.” Le disse, prendendole una mano.


“Marian, non preoccuparti. So quello che hai passato e non deve essere stato facile. Ti chiedo soltanto di non lasciarci più fuori dalla tua vita. E quando dico lasciarci, intendo me, tuo padre e Robin.”


“D’accordo. Non lo farò più, prometto, ma lo sai come sono fatta. Testarda ed orgogliosa fino alla fine.”


“Puoi dirlo forte.” La prese in giro Sarah, sedendosi sul letto. “Allora... Adesso mi vuoi dire come mai sei così felice stamattina?”


Marian si voltò a guardarla. I suoi occhi finalmente, dopo tanto tempo, era tornati splendenti e luminosi come erano sempre stati. “Stanotte ho sognato Jane.” Disse con voce tremante.


“Davvero?”


“Si. Ho sognato che eravamo nel suo giardino. Io stavo correndo per raggiungerla, quando lei si è voltata verso di me e mi ha guardato arrabbiata.” Marian sorrise appena, mentre gli occhi diventavano lucidi. “Si è messa le mani sui fianchi e mi ha detto: ‘Allora signorina, cosa hai intenzione di fare? Perché non indossi mai la mia collana? Cos’è? Non ti piace? Guarda che me la riprendo e la regalo a Kate!’ ed io le ho subito risposto che sì, la collana mi piaceva un sacco, ma che era troppo elegante per andare al villaggio.”


Sarah lanciò una veloce occhiata in direzione del grosso baule di legno, di fronte al letto. Lì dentro, insieme ad un mucchio di altra roba, giaceva abbandonata la collana d’argento di Jane.


Marian l’aveva gettata lì la sera in cui la sua migliore amica era morta e da allora non l’aveva mai più tirata fuori. Probabilmente le ricordava troppo chi gliel’aveva regalata e quindi si era sempre rifiutata anche solo di guardarla.


Un paio di volte sia Sarah che Robin avevano provato a convincerla ad indossarla, anche solo per un attimo, ma niente. Marian era stata irremovibile. Quella collana sarebbe rimasta per sempre chiusa nel baule. Lei non l’avrebbe mai portata.


“Così lei” Sarah guardò di nuovo Marian, che continuava il suo racconto “si è avvicinata minacciosamente a me e, puntandomi contro un dito, mi ha detto: ‘Marian! Non voglio più sentire sciocchezze del genere! Esigo che domani tu metta la collana che ti ho regalato per venire a Nettlestone! E sappi, inoltre, che non ti lascerò neppure avvicinare a casa mia se non la vedrò intorno al tuo collo, sono stata chiara?’. A quel punto io l’ho abbracciata e le ho detto che avrei obbedito e che avrei indossato il suo regalo il giorno seguente e lei...” Marian esitò per un istante.


“Lei cosa?” domandò Sarah.


Marian si asciugò velocemente una lacrima e sorrise di nuovo. “Lei mi ha stretto forte a sé e mi ha sussurrato che mi voleva bene. Proprio come aveva fatto l’ultima volta che l’ho vista.” Marian si voltò verso la finestra e diede le spalle a Sarah. Non voleva che lei la vedesse piangere.


“E’ vero.” Confermò la donna, accorgendosi lo stesso delle sue lacrime. “Jane ti amava. Ti amava moltissimo. Ed è proprio per questo che non vorrebbe vederti in questo stato.” Si alzò dal letto e prese delicatamente Marian per le spalle. “Lei non vorrebbe vederti rinunciare alla tua vita e rimanere seppellita viva tra queste quattro mura. Devi andare avanti, Marian. So che è doloroso. Terribilmente doloroso. Ma devi farlo. E non per me, per tuo padre o per tutte le persone che ti amano. Fallo per te stessa. Sei ancora giovane e avrai tanti momenti peggiori di questo davanti a te, ma se continuerai a vivere, ne vivrai anche molti altri meravigliosi che renderanno la tua vita degna di tale nome.”


Marian, sentendo quelle parole, non resistette più e scoppiò in un pianto disperato, abbracciando Sarah. “Scusami. Scusami tanto, Sarah. Avevo promesso a me stessa che non avrei più pianto, ma...”


“Piangi, bambina.” Le disse la donna, accarezzandole i capelli. “Piangi. Ma poi vai avanti. Là fuori c’è un mondo incredibile che ti aspetta.”






Marian si avvicinò lentamente alla vecchia casetta di legno.


Respirò profondamente e accarezzò il ciondolo d’argento che portava intorno al collo. Avanzò di qualche passo e, finalmente, la madre di Jane la vide.


La donna le sorrise calorosamente, prima di uscire dal giardino e venirle incontro. “Marian!” esclamò allegra. “Come stai? Sono mesi che non ci vediamo!”


“Salve signora, io sto abbastanza bene. Mi scusi se non sono venuta più a farle visita, ma era molto difficile per me.” Disse, sinceramente.


La donna annuì, comprensiva. “Non preoccuparti, Marian. Sono stati momenti difficili per tutti. Anche se forse per me e te lo sono stati di più.”


“Lo credo anch’io.” Sussurrò Marian, sfiorando di nuovo la collana. Era come se, toccandola, ritrovasse la forza, la determinazione che aveva sempre avuto e di cui era sempre andata fiera.


Alla madre di Jane non sfuggì quel gesto. “Ti sta bene.” Affermò la donna, accennando al collo della giovane. “Jane ha fatto proprio una scelta azzeccata. Pare fatta apposta per te.”


“Ci tengo molto. Indossandola, mi sembra che Jane sia meno lontana. Piuttosto sciocco, vero?”


La donna scosse la testa. “No, affatto. Capita anche a me. Quando vado in camera di Jane, tra le sue cose, ho quasi la sensazione che lei sia lì con me. E questo mi aiuta ad andare avanti, per quanto possibile.”


La voce della piccola Kate, che chiamava a gran voce la madre, interruppe la loro conversazione.


“Non si preoccupi, vada pure.” Assicurò Marian. “E mi saluti tanto Kate.”


“Lo farò certamente. E grazie per la visita, Marian. Mi ha fatto molto piacere. Torna pure quando vuoi. Sei l’unica che può capirmi davvero.”


Marian l’abbracciò. “Lo farò di certo.”


La donna le sorrise un’ultima volta prima rivoltarsi ed entrare in casa.


Marian rimase un po’ a guardare quella che era stata la dimora della sua migliore amica e che ora non lo era più. Sospirò e raggiunse velocemente il cavallo.


Prima di tornare a casa, c’era un’altra persona con cui doveva parlare. Montò in sella e spronò il suo destriero. Voleva raggiungere Locksley il più presto possibile.






Quel giorno Anne era impegnata in cucina a preparare la cena per i suoi padroni. D’un tratto però, alzò lo sguardo e sbirciò fuori dalla finestra, notando una bella ragazza dai capelli scuri entrare a cavallo nella proprietà.


Serrò le labbra, infastidita. Che cosa ci faceva lei lì? Tutti quanti in paese dicevano che, dalla morte della sua amica, Lady Marian non aveva più voluto uscire di casa ed ora, lei, se la ritrovava tra i piedi, proprio a Locksley?


Strinse forte i pugni, arrabbiata mentre la vedeva smontare da cavallo. “Tanto lo so cosa sei venuta a fare qui, principessa.” Mormorò, astiosa. Si asciugò le mani ed uscì fuori in cerca di qualcosa. Dopo qualche istante, vide un ragazzino bruno vicino allo steccato e lo chiamò sottovoce. “Matt, vieni subito qui!” gli ordinò.


Quello si avvicinò sorpreso e le domandò cosa mai volesse da lui.


“Stammi bene a sentire, Matt. Devi farmi un grosso favore.” Il ragazzo annuì. “La vedi quella ragazza laggiù?” gli disse, indicando Marian. “Voglio che tu vada da lei e le dica una cosa...”






Marian prese a guardarsi intorno in cerca di Robin. Stava per chiedere di lui ad un uomo poco lontano, quando un ragazzino con i capelli scuri le si avvicinò. “Posso esservi utile, milady?” chiese educato.


Marian gli sorrise dolcemente. “Si, grazie. Sto cercando Robin di Locksley. Sai dirmi dove posso trovarlo?”


Il ragazzo ci pensò su un attimo, poi annuì. “Si, credo di si. A quest’ora, di solito, sta con la sua fidanzata.” Disse, calcando volutamente l’ultima parola.


Marian sgranò gli occhi stupita. “La sua cosa?” domandò, pensando di aver capito male.


“La sua fidanzata. Anne. Ecco è quello ragazza laggiù, quella bionda.” E indicò un punto oltre il grande recinto.


Marian si voltò e riconobbe immediatamente la sciocca ragazza che aveva visto incollata a Robin la sera in cui era stata a Locksley. Fece qualche passo in direzione di Anne, ma si bloccò immediatamente.


Robin era con lei.


Stavano parlando vicini l’uno all’altra e lei sorrideva felice.


Marian deglutì a fatica e prese un bel respiro. Fece un altro paio di passi, ma quello che vide, le diede una dolorosa fitta al cuore.


Anne aveva posato dolcemente una mano su una guancia di Robin e l’altra era pericolosamente scivolata su un fianco del ragazzo, facendo sì che i due si avvicinassero ulteriormente.


Marian chiuse gli occhi per un attimo e si impose di stare calma. Dopodichè si voltò e si diresse decisa verso il suo cavallo. Per quel giorno aveva visto abbastanza.


Nel momento esatto in cui lei girò le spalle, Robin si scostò bruscamente da Anne e la guardò arrabbiato. Poi fece per tornare in casa, ma quello che vide gli gelò il sangue nelle vene.


Marian accanto al suo cavallo, che li osservava furibonda.


Immediatamente le corse incontro, sperando di poterle spiegare tutta quella assurda situazione.


Quando arrivò da lei, cercò di prenderle una mano, ma la ragazza si scansò rapida. “Lasciami stare!” gridò.


“Marian, lascia che ti spieghi! E’ tutto un equivoco, credimi!”


La ragazza rise sprezzante. “Ah davvero?”


“Senti Marian, io non...”


“Non farti più vedere, Robin.”


“Cosa?” chiese il ragazzo, senza fiato.


“Mi hai sentito. Non voglio più vederti.” Ripeté perentoria lei.


“No, Marian, ascoltami io...” e fece per accarezzarle i capelli, ma Marian, furiosa, gli stampò cinque dita sulla faccia.


“Ahi!” esclamò il ragazzo, dolorante. “E con questa fanno due!”


 “E’ abbastanza chiaro così?” chiese lei, pungente.


“Altrochè.” Affermò Robin, massaggiandosi la guancia. “Però, Marian, io volevo solo...”


“Lasciami in pace.” E, salita a cavallo, si allontanò velocemente da Locksley e da quel ragazzo che non aveva fatto altro che prenderla in giro.






Marian stava aiutando Sarah a rassettare la sala da pranzo. Era ormai sera e le due donne avevano da poco finito di cenare. Sir Edward aveva avuto un imprevisto in un villaggio vicino e aveva sapere a sua figlia che sarebbe rimasto a dormire fuori quella notte.


Sarah si recò in cucina e cominciò a riordinare. Guardò velocemente fuori dalla finestra e il suo sguardo cadde sul giovane a cavallo, proprio lì di fronte. Sorrise, leggermente divertita.


Marian entrò proprio in quel momento con alcuni piatti.


“Non ti sembra di averlo punito abbastanza?” chiese la donna alla giovane.


“Punito chi?” Marian finse di non capire.


“Quel povero ragazzo che sta lì fuori almeno da un paio d’ore, aspettando che tu esca ad ascoltarlo.”


“Non ho niente da ascoltare, io. Non sono mica la sua fidanzata! E’ con Anne” fece una smorfia infastidita “che dovrebbe giustificarsi.”


Sarah scosse la testa, ridendo. “E’ proprio questo che ti fa rabbia, vero?”


“Io non sono affatto arrabbiata.” Disse tranquillamente Marian. “E ora, dato che qui abbiamo finito, credo proprio che andrò a dormire. Buonanotte Sarah.” E, senza attendere nemmeno una risposta, uscì dalla cucina e si diresse verso le scale.


“Testona.” Sussurrò Sarah, dirigendosi verso la porta sul retro ed uscendo in giardino.


Robin si stupì di vederla avvicinarsi a lui. “Posso entrare?” chiese, speranzoso.


Sarah lo guardò, dispiaciuta. “La conoscete. E’ terribilmente testarda.” Robin abbassò la testa, avvilito. “Però” continuò la donna “sono sicura che la finestra di Marian non sia troppo in alto per un giovanotto atletico come voi. Basta solo che tu la convinciate in qualche modo a farvi entrare e il gioco è fatto!”


Robin rivolse alla donna un’occhiata piena di gratitudine e, subito, smontò da cavallo e si diresse dall’altro lato della casa.


Marian, nel frattempo, si era già preparata per andare a dormire. Sganciò delicatamente la collana e la ripose con attenzione sul vecchio baule. Si avvicinò al suo letto, pronta per coricarsi, quando un leggero picchiettio proveniente dalla finestra attirò la sua attenzione.


Si accostò attenta al davanzale e aprì rapidamente l’imposta di legno.


Robin, appeso alla balaustra, fece appena in tempo ad abbassare la testa ed evitare di essere colpito dalla persiana.


Marian, vedendolo, sussultò spaventata. “Che diavolo ci fai lì?” sussurrò ostile.


“Secondo te? Mi alleno a fare le scalate! E poi ti sei accorta che mi hai quasi ucciso con quell’imposta?”


Marian lo fulminò. “Mi fa piacere che tu faccia dello sport, anche se preferirei che non ti allenassi alla mia finestra! E tu invece ti sei accorto che l’ho fatto di proposito? Mi dispiace solo di non esserci riuscita...”


Si guardarono per un attimo, finché Robin non cercò di tirarsi su con i gomiti per poi essere immediatamente fermato da Marian. “Dove pensi di andare?”


“In camera tua, prima di cadere. Come hai avrai notato non sono in una bella posizione.” Osservò ironico il ragazzo.


“E, come tu avrai notato, non ho nessuna intenzione di lasciartelo fare.”


“Dai Marian, ti prego. Sto scivolando e poi... OH NO!”


Marian afferrò rapidissima la mano di Robin e l’aiutò a issarsi su per la finestra, prima che cadesse davvero e si schiantasse al suolo.


“Bene.” Gli disse, una volta che il ragazzo ebbe scavalcato il piccolo davanzale “Ora che sei salito, quella è porta. Arrivederci.”


“E dai, Marian. Stavo quasi per rimetterci la pelle! Almeno ascoltami! Ti chiedo solo cinque minuti.” implorò lui.


Marian lo squadrò per un attimo e, sospirando, annuì. “Ti do trenta secondi.”


Robin sorrise. Allora forse non era tutto perduto.


“Marian, io non so cosa tu abbia visto, ma credimi hai sicuramente frainteso.” Le disse, avvicinandosi a lei.


Marian fece un passo indietro. “Ah ah.” Scosse la testa, riducendo gli occhi a fessure. “Risposta sbagliata, Locksley. Venti secondi.”


“Dico davvero! Tra me e Anne non c’è più nulla! Te lo giuro!”


Più nulla?” domandò la ragazza sempre più nervosa. “Quindi ne deduco che in passato qualcosa sia successo tra voi.”


Robin tacque, rendendosi conto dell’errore fatto, ma la ragazza prese il suo silenzio per un assenso e gli si avvicinò, furente.


No, Marian, hai frainteso! Ti sei sbagliata! Lei non conta nulla per me! Sporco bugiardo!” Marian cominciò a prendere a pugni Robin dovunque mentre lui cercava invano di calmarla. “Come” E lo colpì al braccio. “ti permetti” E lo colpì alla spalla. “di prenderti gioco di me?” E lo colpì allo stomaco.  


“Ahi! Marian, basta! Ti prego!” La ragazza si fermò, ancora visibilmente arrabbiata. “Ma come è possibile che, ogni volta che ci vediamo, io rimedi qualche livido?”


Marian sorrise falsa. “Forse perché te li meriti.”


Robin le lanciò un’occhiata di traverso. “Marian, dico davvero. Tra me e Anne non c’è più nulla e sì, tra noi c’è stato qualcosa” Continuò rapido quando Marian diede segno di volerlo interrompere di nuovo. “Ma ti giuro che non è stato nulla di importante.” Tornò ad avvicinarsi alla ragazza e le prese dolcemente una mano. “Non mi sono mai innamorato di lei.”


Marian lo guardò, sospettosa, ma non ritrasse la mano. “E perché vieni a dirlo proprio a me? Sappi che la cosa non mi interessa affatto!”


Robin sorrise compiaciuto. “Oh si! Infatti è proprio perché non ti interessa che oggi mi hai preso a schiaffi e hai fatto il diavolo a quattro fino ad un minuto fa!”


Marian ritirò bruscamente la mano. “Io non ho fatto il diavolo a quattro! E’ solo una questione di rispetto! Conosci questa parola, Robin? RISPETTO! E non mi importa un accidente se tu e quella sciocca...”


“Mi dispiace.” La interruppe lui, sincero. “Mi dispiace tantissimo. E desidero che tu sappia che io ti rispetto. Come persona e soprattutto come donna. Non voglio che una carezza, data da una ragazza che per me non significa nulla, rovini il nostro rapporto.”


Marian rimase colpita da quelle parole così dolci. Robin sembrava così dispiaciuto per quello che era successo. Ed anche sinceramente pentito. Prese quindi un bel respiro e guardò verso di lui. “Bè, non mi sembrava tanto una carezza innocente.” Gli fece notare pungente, anche se Robin vide che la ragazza gli sorrideva appena. “Mi pare che la sua mano si trovasse parecchio più giù, Locksley. Quindi, a meno che io...” Ma Marian non riuscì a terminare la frase, perché Robin, con due ampie falcate, si avvicinò a lei e la strinse forte tra le braccia, zittendola.


La ragazza rimase stupita da quel gesto, ma rispose comunque all’abbraccio, poggiando la testa sul torace di Robin.


“Allora esiste un modo per farti tacere.” Sussurrò lui, dopo un po’, all’orecchio della giovane. “Credevo che saresti andata avanti per ore.”


Marian non poté trattenere un sorriso. “Sei solo uno sciocco. E non sai affatto come trattare una donna.”


“A me non sembra di andare tanto male, così.” Osservò malizioso, accarezzandole la schiena. “Mi sembra che tu gradisca.”


“Robin, vuoi un altro schiaffo?” domandò lei, stringendosi di più al ragazzo.


Robin ridacchiò. Era davvero incredibile! Stavano litigando mentre erano l’uno tra le braccia dell’altra! Solo loro due sarebbero potuti arrivare a tanto! Testardi e orgogliosi fino alla fine!


Rimasero qualche minuto così, beandosi di quel meraviglioso contatto finché Robin non interruppe quel sacro silenzio.


“Marian.” Mormorò dolcemente. “C’è una cosa che devo dirti.”


Marian sospirò. “Qualcosa mi dice che sto per arrabbiarmi di nuovo.”


Robin rise e la strinse ancora di più. “Io spero di no, altrimenti stasera non ne esco vivo.”


La ragazza si scostò leggermente da lui, giusto il necessario per poterlo guardare negli occhi. “Cosa c’è?”


“Mio padre ha avuto un’idea.” Cominciò lui, prendendola per mano e facendola sedere sul letto. “Ecco lui...ehm...pensava di annunciare il fidanzamento tra qualche settimana.”


Marian continuò a guardarlo senza dire nulla, la sua mano ancora stretta a quella di Robin. “Io gli ho detto che per te è troppo presto. Insomma Jane è morta soltanto da un paio di mesi e tu non ti sei ancora ripresa del tutto. E poi è successo tutto questo malinteso con Anne e...”


“Chiamalo malinteso.” Borbottò Marian sottovoce, ma Robin, impegnato com’era nel suo sproloquio, non la udì neppure.


“...e, prima di prendere qualsiasi decisione, dovevo parlarne con te. Avrei voluto farlo oggi quando sei venuta, ma sei scappata via come una furia ed io non...”


“Va bene, Robin.” Affermò lei decisa, interrompendo finalmente Robin.


Il ragazzo la fissò stupito. “Cosa?”


“Ho detto che va bene. Il fidanzamento ci sarà fra due settimane, se tuo padre è ancora d’accordo.”


Robin rimase a bocca aperta, senza sapere così dire. Non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere da parte di Marian.


“Sei sicura?” domandò premuroso. “Non voglio che tu ti senta forzata in alcun modo...”


“Si, sono assolutamente sicura, Locksley.” Affermò lei, ridendo. “Non mi dirai che c’hai ripensato!”


Robin le sorrise dolcemente e l’abbracciò di nuovo. Poi si staccò da lei. “Assolutamente no.” Gli sussurrò a fior di labbra, un attimo prima di baciarla teneramente.


Marian sorrise contro la bocca del ragazzo e rispose al bacio, circondandogli i fianchi con le braccia.


“Finalmente un vero bacio.” Sussurrò Robin dopo qualche minuto. “Ancora meglio di quello che mi aspettassi.”


“Smettila di parlare, Locksley. Hai chiacchierato abbastanza per questa sera.”


“Completamente d’accordo, milady.” Mormorò lui, tornando a ‘concentrarsi’ su quello che stava facendo.


Si separarono soltanto quando il bisogno d’aria si fece impellente.


Robin si sedette sulla sedia di legno alle sue spalle e fece accomodare Marian sulle sue gambe. “Allora milady” disse ad un centimetro dalla bocca della ragazza “neanche voi siete riuscita a resistere al mio indiscutibile fascino, eh?”


Marian scosse la testa divertita. “Siete in errore, milord. Semmai siete voi ad essere stato ammaliato dal mio charme.”


“Oh, ma non vi preoccupate! Non siate così timida!” dichiarò lui, gonfiando il petto orgoglioso. “Vi capisco. In fondo chi potrebbe resistermi? Avete visto con quanta agilità mi sono arrampicato su per la vostra finestra prima?”


Marian inarcò un sopracciglio, scettica. “Scusate, ma io di agilità ne ho vista ben poca quando avete rischiato di cadere giù e...” S’interruppe quando Robin le rivolse un’occhiata furba e il suo solito sorriso irritante.


“Stavi facendo finta!” Esclamò la ragazza indignata, dandogli un colpo sul braccio. “Non ci posso credere! Io stavo per morire dalla paura e tu fingevi! Ma non ti vergogni nemmeno un po’?”


Robin alzò lo spalle e la guardò malizioso. “Per niente, milady, visto com’è finita.” Le sussurrò, prima di tornare a baciarla.


Marian, dopo un primo momento di resistenza, sorrise e poggiò le mani sul suo collo, attirandolo di più a sé.


“E sai qual è la cosa più strana?” Osservò lui, separandosi nuovamente dalla ragazza. “Siamo qui già da parecchio tempo e non siamo stati ancora interrotti. E’ un vero record per noi!”


Marian lo baciò velocemente e sorrise di nuovo. “Se fossi in te, non lo direi troppo forte.”


“Che vuoi dire?” domandò Robin allarmato. “Tuo padre non è in casa, vero?”


“No, lui non c’è, ma Sarah...”


Marian non riuscì neppure a finire la frase che una Sarah completamente sconcertata fece irruzione nella stanza.


Guardò prima Robin con le braccia intorno ai fianchi di Marian, poi lei, comodamente seduta sulle sue gambe ed infine lanciò un’occhiata angosciata al letto di Marian.


Sospirò sollevata quando lo vide ancora intatto. Poi si voltò verso i due giovani, con lo sguardo infuocato. “Che cosa state facendo? Cosa ci fate voi ancora qui? Forza! Fuori! Marian deve andare a letto!”


Prese Marian per un braccio e la fece alzare mentre con l’altro allontanava Robin dalla ragazza.


“Buonanotte, Lady Marian.” Disse Robin educatamente, rivolgendole però un sorriso malizioso. “Ci vediamo domani.”


Marian annuì. “Si, d’accordo.”


“Si, si, fantastico!” S’intromise Sarah. “Ora però uscite di qui!” e spinse Robin, alquanto riluttante, fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.


Marian si toccò le guance calde e sorrise raggiante, gettandosi sul letto.


Non ci credeva! Poche ore prima avrebbe volentieri fritto Robin di Locksley nell’olio bollente ed ora, lei,Lady Marian, era la sua promessa sposa.


“La vita, a volte, è davvero imprevedibile...” mormorò, prima di affondare la testa tra i cuscini.
















Ohhhhhhhhhhhh! Terminato anche questo! Quasi non mi sembra vero! Credevo che non ci sarei riuscita... Bene! In questo chap abbiamo finalmente visto la nostra Marian un po’ gelosa di Robin (anche se le ragioni c’erano tutte!) ed abbiamo anche capito di che pasta è fatta la “cara” Anne (una vera vipera, diciamolo pure!)... Per fortuna che il nostro meraviglioso Robin (giuggiolina43 ci sei?) ha sistemato tutto! Spero vivamente di essere rimasta IC coi personaggi perché a volte tendo un po’ a stravolgerli e cambiare Marian e Robin, già così incredibili, mi dispiacerebbe moltissimo. Ora passiamo ai ringraziamenti:


Gwenhmyfar: Grazie mille per quello che hai detto! Mi rendo conto di non essere una scrittrice di serie A (see! Magari!), ma la tua opinione conta molto... mi fa piacere ricevere consigli da chi è più bravo ed esperto di me, mi aiuta a migliorarmi sempre più! Fammi sapere cosa ne pensi di questa capitolo! Grazie ancora!


Nikelaos: Mi dispiace che tu abbia trovato Robin troppo sdolcinato, ma a volte non riesco proprio a controllare il mio animo da inguaribile romanticona! Per la scena del tiro con l’arco, sì, mi sono ispirata a Pretty Princess... Mi è capitato di rivederlo qualche sera fa e, di fronte a quella scena, ho detto: ‘Ma quelli sono Robin e Marian!’ e ho finito per metterla nella storia! Spero comunque che continuerai a leggere e recensire la mia storia (in attesa che tu ne scriva un’altra delle tue!)!


GinevraMalfoy90: Come sempre ti ringrazio per i complimenti e mi fa piacere che lo scorso capitolo ti sia piaciuto! Io credevo che, essendo così lungo, vi avrebbe di certo annoiato! Fortuna che non è stato così!!


Werty: Grazie mille anche a te! Non posso davvero credere che riceva tutti questi complimenti per la mia modestissima storia! Spero che tu abbia gradito Marian gelosa... e non preoccuparti che sarà presente anche nel prossimo chap! Grazie ancora!


Mar: Che bello avere nuove recensioni e soprattutto nuovi lettori! Mi raccomando continua a seguire la mia storia e fammi sapere cosa ne pensi, ok? Un bacio!


Hila: L’idea per la storia mi è venuta vedendo una puntata di “Robin Hood” e precisamente quella in cui Marian diceva a Gisbourne che, da ragazza, lei era stata promessa a Robin e mi fa molto piacere sapere che tu abbia gradito. Mi ha sempre incuriosito il rapporto tra questi due personaggi, così mi sono messa a fantasticare su come potevano essersi incontrati ed innamorati e voilà! Grazie davvero per i complimenti!


Giuggiolina43: Altro che meraviglioso! Robin (quello originale, non il mio ovviamente!) è proprio da sposare! Il problema è trovarlo! Non credo che ce ne siano come lui (a meno che noi due non ci ‘accontentiamo’ di Jonas Armstrong!)! Grazie come sempre dei fantastici complimenti!! P.S: stai attenta ad Anne... potrebbe combinarne qualche altra delle sue nei prossimi capitoli!


Memi: Ti ringrazio tantissimo per i complimenti! E sappi che anche a me fa molto piacere scoprire che ci sono altre fan di questo meravilgioso telefilm! W Robin Hood!


Come sempre, un grazie anche a tutti quelli che hanno letto e/o messo tra i preferiti la mia storia!! A presto!!







   




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Capitolo 6
*** Festa di Fidanzamento ***


Festa di Fidanzamento




Marian contemplò assorta il paesaggio che scivolava velocemente attorno a lei, e sospirò.


Era su una carrozza, in compagnia di suo padre ed, insieme, si stavano recando a Locksley per la tanto attesa festa di fidanzamento.


Si sentiva stranamente nervosa, in ansia. Eppure sapeva che non avrebbe dovuto.


Non doveva fare più nulla. Ormai era già tutto deciso: da lì ad un paio di ore sarebbe diventata la futura moglie di Robin.


Non si poteva più tornare indietro.


Marian chiuse gli occhi e annaspò leggermente, impaurita da quella prospettiva. Nel giro di un paio di mesi era passata da ragazza totalmente libera a ragazza quasi fidanzata, in attesa di diventare signora e padrona di Locksley.


Marian, Lady Locksley.


Un piccolo sorriso fece capolino dalle sue labbra.


Dio, se suonava bene!


Tornò ad ammirare il panorama che la circondava, tentando di calmare i battiti veloci del suo cuore, e inspirò profondamente.


Sir Edward si voltò verso sua figlia. Aveva l’aria pensierosa mentre guardava fuori dalla carrozza e, con una mano, tamburellava nervosamente sul suo abito.


In quel momento, il senso di colpa gli attanagliò lo stomaco.


“Agitata?” le chiese, sfiorandole la spalla.


Marian saltò su, spaventata. “Cosa? Oh no! Non vi preoccupate, padre. Sto benissimo! Perché dovrei essere agitata?”


Sir Edward le si avvicinò ancora e le prese dolcemente una mano. “Marian, bambina mia, so di essere stato piuttosto duro ultimamente, ma sappi che io voglio solo il meglio per te.”


Marian annuì, sorridendo appena. “Lo so, padre. E voglio che sappiate che...”


“Aspetta.” La interruppe l’uomo. “Voglio dirti una cosa prima di cambiare idea.” La ragazza annuì di nuovo e l’uomo riprese. “Mi dispiace di averti forzato in questa storia del fidanzamento, nonostante tu fossi palesemente contraria, e non vorrei mai che tu, mia figlia, la luce della mia vita, fossi infelice a causa mia.” Si fermò e prese un bel respiro. “Quindi, Marian, nel caso in cui tu fossi ancora decisa a non voler sposare il giovane Robin, sappi che io ti appoggerò e sosterrò.”


Marian sgranò gli occhi sorpresa. “Ma padre, non avevate detto che...”


“So benissimo quello che ho detto, Marian, ma ho pensato molto in questi giorni. Mi sono chiesto e richiesto se era giusto costringerti a fare qualcosa che non volevi. Qualcosa che forse ti avrebbe reso infelice per tutta la vita e ho capito che la tua felicità, per me, vale molto di più di qualsiasi titolo nobiliare o pezzo di terra. Quindi se sei ancora convinta della tua decisione, appena arrivati a Locksley, parlerò io con Sir Thomas e risolverò questo guaio in cui ti ho messo.”


Marian continuò a fissare suo padre, sbalordita.


“Allora, Marian, cosa ne pensi?”


La ragazza si morse leggermente il labbro inferiore, indecisa. Aveva capito bene?


Per la prima volta nella sua vita, suo padre le stava dando la possibilità di scegliere. Di decidere da sola del suo futuro.


Ma sei sicura di non averlo già fatto? Le chiese una vocina nella sua testa.


Poteva rifiutare il fidanzamento e il matrimonio.


Sei sicura che sia la scelta giusta?


Poteva scegliere di essere felice.


Sei sicura di non esserlo già?


Poteva scegliere un uomo di cui innamorarsi, che l’amasse davvero per quella che era.


Sei sicura di non averlo già trovato?


A quella domanda, un’immagine comparve nella mente di Marian: un giovanotto dall’aria simpatica, con gli occhi di un azzurro intenso e un sorriso sfrontato sulle labbra.  


Sei sicura di non averlo già trovato, Marian? Ripeté di nuovo la vocina.


Un sorriso spontaneo illuminò il volto della giovane. Forse sì.


Suo padre fraintese quel piccolo gesto. “Bene.” Sentenziò, risoluto. “Allora non appena arriveremo a Locksley...”


“No, padre.” Lo interruppe Marian. “Non voglio.”


Sir Edward guardò confuso sua figlia. “Ma Marian, io pensavo che...”


Marian strinse entrambe le mani del vecchio genitore e gli sorrise. “No, padre.” Ripeté, convinta. “Vedete in questi mesi, ho capito una cosa: se fossi stata davvero

contraria a questo fidanzamento, credete che in questo momento saremmo qui, nella nostra carrozza, diretti a Locksley?”


Sir Edward scosse la testa. “No... Non credo...”


“Infatti.” Convenne la ragazza. “Avrei fatto qualunque cosa per non sposarmi, persino scappare e chiudermi in convento. Ma non l’ho fatto. E sapete perché? Perché in tutto questo tempo, ho iniziato ad abituarmi all’idea di diventare la moglie di Robin e devo ammettere che la cosa non mi dispiace affatto.” Fece una pausa e guardò di nuovo fuori. “Non so ancora se quello che provo per lui è davvero amore, ma, in questo momento, sono sicura che è Robin la persona più adatta per stare al mio fianco.”


Sir Edward, ancora totalmente incredulo, sorrise a sua figlia e l’abbracciò. “Se questa è la tua decisione, io la rispetterò. Ma se lo fai per me, Marian...”


“No, padre.” Lo rassicurò. “Lo faccio per me.”






“Allora come sto?”


Much aggrottò la fronte e studiò per un attimo il giovane che aveva di fronte. “Devo essere sincero, padrone?”


Robin inarcò un sopracciglio. “No, Much. Puoi anche mentire.”


“Ah, d’accordo! Allora siete molto affascinante.” Rispose il giovane servo, non cogliendo il sarcasmo di Robin.


“Perché? Cosa c’è che non va?” chiese frustrato.


“Padrone, questo abito non è adatto a voi! E’ troppo elegante! Non vi si addice affatto!”


“Much! E’ la mia festa di fidanzamento! Cosa avrei dovuto indossare? Gli abiti che uso per andare a cavallo?”


“Perché no?” chiese il servo, tranquillo. “Scommetto che Lady Marian non riuscirà nemmeno a riconoscervi vestito da damerino!”


“Ah, è così che la pensi, allora? Servo ingrato!” e, dopo essersi avvicinato minaccioso a Much, gli saltò addosso.


“Smettetela padrone!” disse Much, tentando di difendersi con scarsi risultati. “Rovinate il vostro abito!”


“Il mio abito da damerino, intendi?” osservò Robin, non riuscendo a trattenere le risate.


Un attimo dopo, la ‘lite’ fu interrotta dall’ingresso di Thornton.


L’anziano servitore guardò sorpreso i due giovani a terra e scosse la testa con disapprovazione. “Padrone!” esclamò. “Sir Edward sta per arrivare. Dovreste andare ad accoglierlo, invece di stare qui a giocare!”


Robin si rialzò e si pulì gli abiti, sorridendo. “Si, Thornton, hai ragione. Scendo subito.”


Il servitore uscì dalla stanza, subito seguito dai due giovani.


Insieme scesero le scale e attraversarono il vasto salone, per poi arrivare alla porta di ingresso, dove li attendeva Sir Thomas.


Robin si affiancò a suo padre ed entrambi videro la carrozza dello sceriffo avvicinarsi.


Dopo qualche istante, il mezzo si fermò e Sir Edward e sua figlia scesero a terra.


Robin rimase senza fiato: quella sera, Marian era bellissima! Indossava un abito verde scuro, finemente lavorato, che metteva in risalto il suo corpo sinuoso e i capelli erano stati raccolti in un elegante chignon, arricchito da un elaborato fermaglio.


Sembrava quasi un angelo.


“Edward! Amico mio!” esclamò suo padre, abbracciando calorosamente l’amico. “Come state?”


“Bene, Thomas. Vi ringrazio per l’invito.”


“Oh suvvia! Cosa sono questi sciocchi convenevoli! Ormai siamo quasi parenti!” e si voltò verso Marian. “Mia cara, diventate ogni giorno più bella.” E le baciò elegantemente una mano.


Marian rispose con un leggero inchino. “Vi ringrazio, Sir Thomas. Siete sempre molto gentile.”


“Padre, adesso che ne direste di entrare in casa?” Robin parlò per la prima volta, dall’arrivo degli ospiti. “Ci sono molti invitati che ci attendono.”


Sir Thomas annuì. “Robin ha ragione. Edward vogliamo entrare?” e i due uomini fecero il loro ingresso in casa, lasciando Marian e Robin soli.


I due giovani di guardarono per un attimo, imbarazzati. Poi Robin prese in mano la situazione e le si avvicinò.


“Mio padre ha ragione.” Le disse, prendendole una mano. “Diventi ogni giorno più bella. Quando sei scesa dalla carrozza, sono rimasto senza fiato.”


Marian gli sorrise, compiaciuta. “Bene. Era proprio quello che volevo.”


Robin rise. “Donna crudele! Vuoi uccidermi prima del fidanzamento così sarai libera, eh?”


“Mi dispiace, milord, ma non ne ho nessuna intenzione.” Marian avvicinò le labbra all’orecchio di Robin. “Non sarà così facile sbarazzarsi di me, Robin di Locksley.” Gli sussurrò.


“Non ne ho nessuna intenzione, milady.” Rispose lui, ad un centimetro dalle labbra di Marian.


“Non sai cosa ti aspetta...”


“Non vedo l’ora di scoprirlo, mia cara.” Affermò Robin, facendo scoppiare a ridere Marian.


“Cosa c’è?” chiese confuso.


“Nulla.” Disse Marian tra le risate. “E’ che avevi una voce così strana! ‘Non vedo l’ora di scoprirlo, mia cara.’ ” Lo prese in giro. “Dì un po’, stai cercando forse di conquistarmi, Robin?”


Il ragazzo inarcò un sopracciglio e le sorrise. “Pensavo fosse evidente.”


“Smettila di giocare a Mr Fascino con me, Locksley. Lo sai che tanto non attacca.”


“Io non ne sarei così sicuro. Altrimenti perché saresti qui, stasera?”


Marian alzò le spalle. “Pura curiosità. Ho sentito dire che stasera ci sarà un fidanzamento tra una giovane ed affascinante ragazza e un nobile sciocco e presuntuoso. Li conosci?”


Robin rise divertito e decise di stare al gioco. “Certo che si. Lui è un ragazzo molto attraente, corteggiato da tutte le ragazze del villaggio mentre lei è solo un’acida bisbetica che... AHI!”


Robin si staccò dalla ragazza e prese a massaggiarsi il braccio dolorante.


“Quello è per l’acida bisbetica...” spiegò Marian, indicandogli il braccio.


“Tu mi hai definito sciocco e presuntuoso.” Rispose Robin offeso.


Marian si voltò verso il ragazzo e gli sorrise innocente. “Ma quella era la verità.”


Robin alzò gli occhi al cielo. “Ah ah ah. Davvero spiritosa.” Si avvicinò di nuovo a Marian e la prese per mano. “Adesso però che ne diresti di entrare? In fondo è o non è la nostra festa?”






L’ampio salone era gremito di gente.


C’erano persone che chiacchieravano, che mangiavano e che danzavano, ma tutti gli ospiti, sebbene impegnati nelle loro attività, erano desiderosi di sapere il motivo di quella festa a Locksley.


Sir Thomas era stato piuttosto misterioso al riguardo: “Non vi preoccupate. Sarà solo una cena tra amici...” aveva detto. Ma tutti sapevano che c’era qualcosa sotto.


E fu proprio per questo motivo che, quando, a metà serata, il padrone di casa raggiunse il centro del salone e reclamò l’attenzione dei suoi ospiti, tutti tacquero all’istante.


Sir Thomas sorrise soddisfatto e si schiarì la gola. “Cari amici” iniziò con tono solenne “vi ringrazio moltissimo per aver accettato il mio invito questa sera. Come avrete capito, questa non è una festa come tutte le altre.” Un mormorio di assenso percorse la sala. “Infatti quest’oggi, davanti a voi, nobili signori, ho l’immenso piacere di annunciare il fidanzamento di mio figlio Robin e dell’incantevole Lady Marian, figlia del nostro amato e stimato sceriffo!”


Un applauso fragoroso riempì l’ampio salone e tutti gli sguardi vennero calamitati verso i due giovani che, proprio in quel momento, stavano raggiungendo Sir Thomas, al centro della stanza.


Una volta accanto a suo padre, Robin tirò fuori dalla tasca del suo abito un piccolo e delicato anello d’argento decorato con minuscole pietre turchesi. “Dello stesso colore dei tuoi occhi, Marian.” Le sussurrò il ragazzo, infilandoglielo all’anulare sinistro.


“Grazie.” Rispose Marian, emozionata. “E’ bellissimo.”


Sir Thomas scambiò un’occhiata soddisfatta con Sir Edward e levò il calice in aria. “A Marian, futura Lady Locksley!”


“A Lady Locksley!” ripeterono tutti in coro, bevendo alla salute della nuova coppia.


Un istante dopo la musica riprese, e così anche le chiacchiere e le danze.


I due giovani fidanzati furono immediatamente circondati dagli invitati che presero a congratularsi con loro mentre i loro padri non facevano che ripetere quanto quell’unione li rendesse felici ed orgogliosi.


Subito Robin fu trascinato via da alcuni nobili suoi coetanei e, voltandosi verso Marian, vide la ragazza, in evidente imbarazzo, accerchiata da una folla di donne ridacchianti.


Dopo circa mezz’ora, Robin, stanco ormai di quelle inutili chiacchiere, si scusò con i suoi ospiti e si diresse in giardino.


Marian, dall’altra parte della stanza, lo vide allontanarsi. Approfittando di un momento di distrazione delle ragazze che la assediavano, si alzò e gli andò dietro, sperando di non essere seguita.


Quando raggiunse il giardino, Marian vide il suo ormai promesso sposo appoggiato alla staccionata, con l’aria pensierosa.


Gli si avvicinò silenziosa e lo abbracciò da dietro.


Robin sorrise immediatamente, riconoscendo il suo dolce profumo.


“Ehi” gli sussurrò con dolcezza la ragazza. “Qualche brutto pensiero?”


“No, tutto il contrario.”


“Meno male.” Osservò lei sollevata. “Credevo che c’avessi già ripensato.”


Robin ridacchiò. “Bè, è ancora presto. Dammi tempo almeno fino a domani.”


“Così tanto? E pensi che io riesca a sopportarti fino a domani?”


Robin si liberò delicatamente dal suo abbraccio e la fece sedere sulla staccionata, in modo che i loro visi fossero alla stessa altezza. “Io spero proprio che tu ce la faccia, Marian, perché ora” e sfiorò appena il piccolo anello d’argento della ragazza “è ufficiale. Siamo fidanzati. E confesso che la cosa suona veramente bene.”


“Davvero?” chiese Marian, con un filo di voce. Raramente le era capitato di vedere Robin così serio.


“Sì, davvero.” Ripeté lui, convinto. “E mi rendo conto che per te può non essere lo stesso, ma...”


Marian lo interruppe, posandogli due dita sulle labbra. “No” disse, scuotendo la testa.


Robin la guardò confuso. “No?”


Marian gli accarezzò una guancia, sorridendogli dolcemente. “Prima di venire, mio padre ed io abbiamo parlato. Si è scusato per la sua insistenza e la sua ostinazione e si è offerto di sciogliere l’accordo fatto con tuo padre.”


“Perché non l’ha fatto?”


“Perché gli ho chiesto non farlo.”


“Per quale motivo?”


“Non volevo.” Disse Marian semplicemente. “Stasera io sono qui, non perché me l’abbia imposto mio padre, ma perché volevo stare qui. Capisci la differenza?”


Robin annuì e non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto. “Allora il mio fascino ha colpito anche te, eh?” le domandò antipatico.


“Smettila di gongolare, Robin. Altrimenti potrei anche cambiare idea.”


Il ragazzo l’abbracciò di slancio e affondò il viso nei suoi capelli profumati. “Ogni vostro desiderio è un ordine, mia signora.”


Marian accennò un sorriso e rispose all’abbraccio, circondando con le braccia il collo di Robin.


D’un tratto qualcosa, o meglio qualcuno, all’interno della casa, attirò la sua attenzione.


“Robin?” chiese, allontanandosi leggermente dal ragazzo. “Vuoi scusarmi solo un momento?”


Lui la guardò confuso. “Sì, certo. Cosa devi fare? Incontrare un ammiratore segreto?” le domandò, aiutandola a scendere dalla staccionata.


Marian sorrise furba. “No. Tutto il contrario.”


Si sistemò il vestito ed entrò in casa. Subito individuò dov’era.


Prese un bel respiro e si avvicinò alla giovane di spalle. “Anne?”


La ragazza di voltò e la guardò indifferente. “Si, milady?”


Marian le sorrise appena. “Posso parlarti solo un attimo?”


Anne le rivolse un’occhiata velenosa, ma acconsentì e la guidò in una stanza più tranquilla.


“Dovete dirmi qualcosa, milady?” domandò Anne, una volta da sole.


“Si, Anne.” Rispose Marian decisa. “Solo una cosa. Stai lontana da lui.”


Anne fu colta di sorpresa. Non pensava che quella ragazza potesse essere così diretta. “Vi sentite forse minacciata, Lady Marian? Cosa avete intenzione di fare? Dire a Robin o a vostro padre che mi sono comportata male con voi?” le chiese provocatoria.


Marian sorrise. “Si vede che non mi conosci affatto, Anne.” Le disse, lanciandole un’occhiata penetrante. “Voglio dirti una cosa: quando ho un problema, io non corro in lacrime da mio padre o dal mio fidanzato” calcò volutamente l’ultima parola “come farebbe la maggior parte delle ragazze sedute in salone. Oh no! Io sono abituata a cavarmela da sola, mia cara. Se un problema mi si para davanti, io lo affronto. Da sola. Senza la protezione e l’aiuto di nessuno.”


Anne non rispose, ma incrociò le braccia al petto, stizzita.


“Quindi, se ti vedrò ancora girare intorno a persone a cui non devi, risolverò io stessa la questione. Sono stata abbastanza chiara, Anne?”


Anne ridusse gli occhi a due fessure, guardandola furente, e Marian, per un attimo, pensò davvero che le sarebbe saltata addosso, ma la ragazza annuì impercettibilmente col capo e lasciò la stanza.


Marian sorrise soddisfatta.


“Però!” esclamò una voce familiare alle sue spalle. “Non ti facevo così gelosa, Marian. Sono colpito.”


Marian sorrise e si voltò verso Robin. “Non sono gelosa. Mi infastidisce il fatto che Anne stia dove non deve stare.”


“Magari vicino a me?” chiese lui compiaciuto.


“Forse.” Disse lei, fintamente disinteressata. “O forse no.”


Robin ridacchiò divertito, subito seguito da Marian.


Le si avvicinò, scuotendo la testa, e le circondò la vita. “Sei stata fantastica.”


“Grazie.”


“Ed ora ti meriti un bel premio.”


“Davvero? E cioè?”


Robin la guardò furbo. “Hai notato che stasera non ho ancora baciato la mia fidanzata?”


“Un vero peccato.” Osservò lei, avvicinandosi.


Un attimo dopo le labbra di Robin sfiorarono quelle di Marian in un bacio delicato e tenero. Bacio che ben presto divenne passionale e profondo, quando Marian attirò il ragazzo ancora più vicino.


“Robin?” chiamò la giovane dopo un po’, sottraendosi alla sua ‘attività’.


“Mh?”


Afferrò Robin per il colletto. “Se ti vedo ancora con lei, giuro che ti uccido con le mie mani.” Gli disse, sfoderando un sorriso dolce come il miele, ma utilizzando un tono che non ammetteva repliche.


Robin sorrise contro le labbra di Marian. “Mi piace quando fai la gelosa.” Disse lui, prima di tornare a baciarla.






Finalmente!! Sono riuscita a finire anche questo capitolo! E’ stato quasi un parto gemellare e mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto (come se tutti fremessero in attesa della tua storia! NdVoi)! Comunque siamo quasi alla fine (Dio, mi viene quasi da piangere!)... Ci sarà ancora un altro capitolo e poi un piccolo epilogo per chiudere il tutto. I due capitoli finali li ho già scritti e devo soltanto ricontrollarli, quindi credo proprio che aggiornerò prestissimo! Ora però spazio ai ringraziamenti:


GinevraMalfoy90: Sono contenta che il chap ti sia piaciuto e spero che questo non ti abbia deluso troppo! A presto!


Nikelaos: Quando vedo una tua recensione mi preoccupo sempre un po’ (vista anche la bellezza delle tue storie per niente paragonabili alle mie piccole schifezze!), però sappi che apprezzo moltissimo i tuoi consigli e sono sempre pronta a seguirli! Per quanto riguarda Jonas, anche io lo adoro perché, oltre ad essere un bellissimo attore, è incredibilmente bravo e sono d’accordissimo con te... io mi ‘accontenterei’ volentieri di lui! Comunque anche io amo lo Sceriffo: “Un aiutino? NO!”... Mi fa morire dal ridere!


Hila: Sono contenta che tu abbia trovato i personaggi IC e, per quanto riguarda Anne, la penso come te... Per fortuna che in questo chap, Marian l’ha messa finalmente al suo posto!

P.S: Ho letto le tue storie e, personalmente, ho adorato “PERDITE” e “NON POSSO VIVERE SENZA DI TE” che ho subito aggiunta tra i preferiti!


Bluesky: Grazie mille per i complimenti! Sono felice che la storia ti piaccia e che continui a seguirla!


Giuggiolina43: Sono assolutamente d’accordo con te! Anne è una vera vipera! Se vuoi possiamo menarla insieme! E comunque anche io amo il meraviglioso Jonas ( come ho già detto anche alla cara Nikelaos)!


Mar: Grazie mille! Anche io come te amo il lieto fine e ho odiato profondamente il finale della seconda stagione (che, nel complesso, è davvero incredibile! Persino più bella della prima! Se solo non l’avessero rovinata con quella sciocca decisione di far morire la nostra eroina! Grrr...). Spero proprio che la BBC aggiusti questo bel casino!


Werty: Grazie e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!


Gwenhwyfar: Oh mio Dio, mi viene da piangere! Sono davvero commossa! Non merito tutte queste belle parole! Grazie! Non sai quanto mi facciano piacere! Continua pure a darmi consigli... io li accetto volentieri! A presto!


WaterAlch: Grazie! Anche se mi piacerebbe molto leggere la tua versione della storia... In fondo, non ho mica l’esclusiva?


Ayumina: Ti ringrazio e spero tanto che continuerai a seguire la mia storia e a farmi sapere cosa ne pensi!


Menestrella07: Sono sempre contenta di avere nuovi lettori e nuove recensioni! Se poi i lettori sono gentili come te, è anche meglio!


Un ringraziamento come sempre a tutti quelli che hanno inserito la storia tra i preferiti! Un bacione!!

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Capitolo 7
*** La Fine di Tutto? ***


La Fine di Tutto?



I mesi passarono e, presto, la calda estate lasciò il posto al fresco vento autunnale e, in seguito, al gelido inverno.


Le morbide colline della campagna inglese si ricoprirono di un leggero strato di neve e, in ogni dove, si potevano scorgere bambini e ragazzi che si divertivano a lanciarsi palle di neve o a creare enormi pupazzi.


In questi mesi trascorsi insieme, Robin e Marian erano diventati praticamente inseparabili. Passavano giornate intere a cavalcare, quando il tempo lo permetteva, oppure rimanevano in casa a chiacchierare e a ridere come avrebbero fatto due vecchi amici.


Altre volte, invece, si recavano di nascosto nella foresta e lì, Robin, continuava l’addestramento di Marian. Si dedicavano diligentemente ai loro esercizi, anche se, spesso, l’allenamento veniva interrotto da uno dei soliti battibecchi, da un tenero bacio, da una semplice carezza...


Neppure l’arrivo del freddo aveva fatto desistere i due ragazzi dal correre, ad ogni buona occasione, a Sherwood per impugnare arco e frecce. Con grande disappunto della povera Sarah.


“So che ormai siete fidanzati e che volete stare insieme” aveva detto un giorno l’anziana donna a Marian “ma è molto sconveniente che tu e Robin passiate così tanto tempo da soli, nascosti chissà dove.”


“Oh non preoccuparti Sarah. Non facciamo nulla di male.” L’aveva tranquillizzata Marian. “E, comunque, sappi che la mia virtù è ancora sana e salva.” Aveva concluso, facendo arrossire la vecchia balia fino alla punta dei capelli.


Un giorno poi, dopo un’intera giornata a rotolarsi nella neve come due bambini, Robin aveva riaccompagnato la sua fidanzata a Knighton e, quando Sarah aveva notato che Marian si era beccata un febbrone da cavallo, era andata su tutte le furie. Dapprima, aveva cacciato malamente Robin, intimandogli di non farsi vedere per almeno una settimana e, in seguito, aveva obbligato Marian a farsi un bagno caldo e a infilarsi subito sotto le coperte.


Marian aveva obbedito senza lamentele, ma proprio nel momento in cui si era coricata, un paio di luminosi occhi azzurri avevano fatto capolino dalla finestra. Robin aveva scavalcato agilmente il davanzale e, leggermente preoccupato, si era sistemato su una sedia vicino al letto della ragazza, iniziando ad accarezzarle una mano, con tutta l’intenzione di rimanere lì a vegliare il suo sonno.


Marian aveva dovuto faticare non poco per convincerlo a sdraiarsi accanto a lei, sul morbido giaciglio. Alla fine Robin aveva ceduto e così si erano addormentati. L’uno nelle braccia dell’altra.


Al suo risveglio, Marian era sola. Robin, probabilmente spaventato dall’arrivo di Sarah, che, trovandolo lì, l’avrebbe di sicuro ucciso, era già sparito.


Ma sul cuscino, accanto a lei, le aveva lasciato qualcosa.


La sua preziosa sciarpa. Quella da cui non si separava mai. La stessa che sua madre aveva fatto per lui prima ancora della sua nascita.


Negli anni a venire, quel tenero ricordo sarebbe stato per Marian causa di un immenso ed indescrivibile dolore.


Il tempo trascorse ancora inesorabile e la neve iniziò a sciogliersi, così come il freddo divenne meno pungente.


Si stava avvicinando la primavera. Con i suoi fiori. I suoi profumi. Il suo tiepido sole.


E Marian e Robin erano ancora insieme. Inseparabili come il primo giorno. Più del primo giorno.


Avevano ripreso le passeggiate a cavallo e le escursioni segrete nella foresta, tanto che ormai Marian era diventata brava. Molto brava. Non tanto quanto Robin, forse. Ma sicuramente più abile degli altri uomini del villaggio.


La loro vita scorreva tranquilla e serena, fino a quel giorno.


Era un tiepido mattino di marzo e i due ragazzi, a cavallo, si stavano recando a Locksley.


Sir Thomas aveva chiesto gentilmente a Marian di raggiungerlo lì, dato che lui, per un problema di salute non sarebbe potuto andare a Knighton, per discutere, insieme a Robin ovviamente, del matrimonio che si sarebbe svolto in estate.


Robin entrò nella sua proprietà e, in pochi minuti, si trovò nei pressi della grande casa. Smontò da cavallo e Marian, dietro di lui, fece lo stesso.


D’un tratto, qualcosa attirò la loro attenzione: proprio davanti al portone d’ingresso, vi era un carrozza. Una carrozza ornata dal vessillo reale.


Marian guardò Robin, interrogativa. “Robin, ma che succede?” chiese, preoccupata.


Il giovane scosse la testa. “Non lo so. Entriamo e scopriamolo.”


Tese una mano a Marian, che la afferrò, ed insieme si diressero verso casa.


Quando entrarono, Sir Thomas, leggermente più magro del solito notò Marian, era seduto al grande tavolo di legno a parlare con un distinto signore dai capelli bianchi.


Si accorse subito dei due ragazzi. “Oh! Robin! Marian! Venite ragazzi! Venite! Abbiamo ospiti, quest’oggi!”


“Padre, cosa succede? Fuori ho visto una carrozza con...”


“Non preoccuparti, figliolo.” Lo tranquillizzò l’uomo. “E’ solo un vecchio amico che è venuto a farmi visita. Sir Charles di Norrington, uno dei consiglieri di Re Riccardo. Charles, posso presentarti mio figlio Robin?”


Robin accennò col capo. “Sir Charles. Lieto di conoscervi.”


“Mentre questa meraviglia al suo fianco è la sua fidanzata, Lady Marian, figlia del caro Edward.”


Sir Charles si alzò e fece un ossequioso inchino verso Marian. “Creatura incantevole. Edward deve esserne molto fiero. E’ il ritratto di sua madre.”


Marian sorrise imbarazzata e Robin le passò un braccio attorno alle spalle. “Ehi! Da quando fai la timida?” le sussurrò provocatorio all’orecchio, in modo che solo lei potesse sentire.


Marian gli pizzicò il fianco, facendolo sobbalzare, dolorante.


“A dir la verità, Robin, Sir Charles è venuto per parlare con te.” Spiegò Sir Thomas, attirando di nuovo la loro attenzione.


“Con me?” chiese il ragazzo, sorpreso. “E come mai?”


“Vorrei discutere con voi di alcune questioni, Robin. Questioni importanti.”


Robin lo guardò, sempre più confuso. “Si...ehm... d’accordo.” Disse, incerto.


“Marian” la chiamò il padrone di casa “mi dispiace avervi fatto venire per nulla, ma oggi proprio non possiamo occuparci del matrimonio. Spero non siate in collera con me.”


Marian gli sorrise. “Non preoccupatevi, Sir Thomas. Ne parleremo un altro giorno. In fondo c’è ancora tempo.”


“Vi ringrazio per la vostra comprensione, milady.”


“Di nulla.” Lo rassicurò Marian. “Ora però sarà meglio che vada. Non vorrei creare troppo disturbo.”


Robin annuì titubante. “D’accordo, allora.” Le disse, posandole un delicato bacio tra i capelli scuri. “Dirò a Much di accompagnarti a casa. Ci vediamo più tardi.”


Marian assentì col capo e, dopo aver rivolto un breve inchino a Sir Thomas e a Sir Charles si diresse verso la porta.


Prima di varcare la soglia, però, si voltò di nuovo verso i tre uomini, seduti al tavolo, e, guardandoli, un vago senso d'inquietudine la invase.


Perché Sir Charles aveva così urgenza di parlare con Robin? E qual erano, poi, le questioni importanti?


Era forse successo qualcosa?


Scosse la testa e si diede mentalmente della sciocca. Non c’era nulla da temere. Avrebbe dovuto sentirsi onorata che un uomo in vista come Sir Charles, uno dei consiglieri di Sua Maestà, fosse così ansioso di parlare con Robin.


Senza preoccuparsi ulteriormente, diede le spalle ai tre ed uscì in cortile, in cerca di Much.


Non sapeva ancora che quell’uomo, così cordiale e gentile, avrebbe cambiato per sempre la vita di Robin.


E anche la sua.






Erano sdraiati sull’erba fresca, in silenzio, ad ascoltare il leggero fruscio delle foglie mosse dal vento.


Robin fissava il cielo azzurro, senza in realtà vederlo davvero.


Il capo di Marian era adagiato sul suo petto, mentre lui, distrattamente, le accarezzava i capelli mossi.


Stavano lì da parecchio tempo e non avevano ancora detto una parola.


Solitamente la cosa non creava loro imbarazzo.


Anzi.


Avevano passato giornate intere allo stesso modo, ma quel giorno, quell’ostinato silenzio sembrava pesasse come un macigno sullo stomaco.


Robin sospirò frustrato.


Si sentiva in colpa. Terribilmente in colpa.


Sicuramente Marian aveva capito che qualcosa non andava. Che qualcosa, dal giorno della visita di Sir Charles, avvenuta la settimana prima, lo turbava.


Ma non gli aveva chiesto nulla.


Si era limitata a stargli accanto, discreta e silenziosa, aspettando che fosse lui a parlarne per primo.


E Marian non lo sapeva, ma quel suo essere così presente, così attenta, lo faceva sentire ancora peggio.


Sì. Perché oramai Robin l’aveva capito.


Era lei quella giusta.


Marian.


Marian bellissima e testarda.


Marian dolce e ostinata.


Marian premurosa ed incredibilmente rompiscatole.


Era lei la donna che lui voleva al suo fianco. La donna di cui era...innamorato?


Sorrise amaro, rendendosi finalmente conto di quanto fosse stato cieco fino a quel momento.


Lui amava Marian. Era innamorato di quella meravigliosa ragazza, ora sdraiata accanto a lui, da moltissimo tempo.


La strana storia, che tra loro era iniziata un po’ per imposizione e un po’ per gioco, si era trasformata in qualcosa di serio, profondo. Importante.


E i lunghi mesi trascorsi insieme, non avevano fatto che rafforzare il legame che li univa, rendendolo ormai indissolubile.


Quanto era stato sciocco a non accorgersene prima!


Aveva realizzato per la prima volta l’entità dei suoi sentimenti per Marian solo ora che stava per spezzarle il cuore.


Avrebbe dovuto dirglielo, prima di andarsene?


Avrebbe dovuto confessarle che, con lei accanto, tutto era più bello? Che lui non poteva più vivere senza averla nella sua vita? Che avrebbe fatto qualunque cosa affinché lei fosse felice?


Bè, forse non proprio tutto.


Si. Tutto.


Sai che non è vero. Non potrai fare l’unica cosa che lei ti chiederà. L’unica cosa che sai la renderebbe felice.


Robin chiuse gli occhi, triste.


Perché era tutto così dannatamente difficile? Doveva farlo, eppure non voleva.


Prese un bel respiro e si fece coraggio.


“Marian.” Chiamò dolcemente. “Ho bisogno di parlarti.”


Marian lo guardò incerta, allarmata dallo strano tono della sua voce. Tuttavia annuì e si alzò, mettendosi seduta accanto a lui.


“Marian, c’è una cosa molto importante che devo dirti.” Disse, guardandola negli occhi.


“Robin, ma che hai? E’ forse successo qualcosa?”


Il ragazzo annuì. “Si. A dir la verità, sì.”


“Robin, adesso mi stai facendo davvero preoccupare. Mi vuoi dire cosa succede?”


Il tono della ragazza era turbato, agitato e Robin capì che non poteva più mentirle. Doveva dirglielo. Subito.


E così fece.


“Sto per partire, Marian.” Confessò, abbassando lo sguardo. “Vado in Terra Santa. Salperò tra qualche giorno.”


Quelle parole per Marian furono peggio di uno schiaffo in pieno viso. Perse un battito, mentre sentì il respiro mozzarsi in gola.


“Co...cosa?” chiese con voce tremante. “In Terra Santa?”


Robin asserì col capo. Lo sguardo ancora rivolto verso il basso.


Non aveva il coraggio di guardare gli occhi luminosi che tanto amava e leggerci dentro delusione, rancore... odio?


“E cosa andresti a fare, se posso chiederlo?” domandò ancora lei, tentando, invano, di sembrare dura.


“Re Riccardo sta per affiancare il Papa nelle Crociate che serviranno a liberare la Terra Santa dagli invasori Turchi. Ha bisogno di tutti gli uomini possibili per riuscire nell’impresa e Sir Charles crede che io...”


“Ah! Quindi è per questo che è venuto la scorsa settimana! Per convincerti ad imbarcarti in quest’assurda impresa!”


Finalmente Robin alzò lo sguardo e fissò la ragazza. “Si. E’ per questo che è venuto.”


All’improvviso, Marian si alzò in piedi e si avviò a passo spedito verso il suo cavallo.


Immediatamente Robin la seguì. “Marian, ti prego! Non fare così! Marian!”


L’afferrò per un polso e la costrinse a voltarsi. La ragazza cercò di divincolarsi, ma la presa di Robin era ben salda e non ci riuscì.


“Avevi gia deciso.” Sussurrò Marian, guardandolo con amarezza. “Quel giorno, a Locksley, con Sir Charles, tu avevi già deciso di partire.”


Il ragazzo annuì.


“Perché hai aspettato così tanto per dirmelo?”


“Volevo trovare le parole adatte per...”


“PER COSA, ROBIN?” gridò Marian, furiosa. “Per dirmi che te ne saresti andato a mille miglia da qui, a combattere una guerra non tua, per un re che vuole solo compiacere il Papa?”


“MA NON CAPISCI?” Anche Robin aveva preso ad urlare. “Questa guerra è anche mia! Ed io lo faccio per l’Inghilterra, per la mia famiglia... ed anche per te, Marian!”


Marian si allontanò bruscamente da lui e lo guardò con rabbia. “Oh no! Non provarci neanche! Non lo stai facendo per me, Robin! Lo stai facendo per te! Solo per te stesso! Per compiacere il tuo ego e soddisfare la tua sete di gloria!”


“Sai che non è così, Marian.” Le disse, ferito da quelle accuse. “Mi conosci. Non lo faccio per la gloria.”


Marian rise amara. “Ti conosco? Oh! Io non credo proprio! Non so più chi sei, Robin.”


“Invece si!” esclamò il ragazzo, frustrato. “Sono sempre lo stesso! Guardami! Sono io!”


“Non voglio guardarti. Perché ho paura di quello che potrei vedere.”


Robin le si avvicinò nuovamente e le accarezzò una guancia. “Marian.” Sussurrò, disperato. “Ti prego, cerca di capire. Io ho bisogno di fare qualcosa di importante. Voglio che gli altri siano fieri di me. Voglio che tu sia fiera di me.


Rimasero in silenzio per un interminabile istante, finché Marian parlò di nuovo. “Quanto tempo starai via?”


Robin scosse la testa. “Non lo so. Sei mesi, un anno, due. Non ne ho idea.”


“Ed io cosa dovrei fare nel frattempo? Affacciarmi tutti i giorni alla finestra e guardare verso l’orizzonte, sperando di vederti tornare? Oppure dovrei aspettare che qualcuno, un giorno, si presenti alla mia porta, dicendomi che il mio fidanzato è morto da vero eroe? Pensi che questo mi farà stare meglio, Robin? RISPONDI, DANNAZIONE!”


“Forse...forse potremmo...” cominciò incerto il ragazzo. “...risolvere la questione.”


“Ah si? E come?” chiese scettica Marian.


“Potremmo sposarci.”


Marian sgranò gli occhi. “Sposarci?”


“Si, sposarci. Domani. Così il problema sarebbe risolto. Tu saresti legalmente mia moglie ed io...”


“Ma come ti permetti?” sbottò infuriata la ragazza. “COME OSI? Credi davvero che il problema sia il matrimonio? Mi credi realmente così insulsa e superficiale?”


Robin non rispose, ma si limitò a guardarla, confuso.


“E a cosa diavolo servirebbe, poi? A rendermi vedova una settimana dopo le nozze?”


“Ma allora cosa...Cosa posso fare per farti stare meglio?”


Marian gli prese una mano e la strinse forte. “Resta qui. Con me.”


Robin la fissò addolorato. Eccola l’unica richiesta che non poteva soddisfare.


“Non posso, Marian. Re Riccardo e l’Inghilterra hanno bisogno di me.”


“Io ho bisogno di te.” Implorò la giovane, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. “Ti prego, non andartene.”


Il ragazzo le sfiorò delicatamente i capelli e le rivolse un’occhiata triste. “Mi dispiace.”


A quelle parole, il cuore di Marian si frantumò in mille pezzi. Si allontanò freddamente da Robin  e si asciugò le lacrime che avevano preso a scenderle lungo le guance.


“Bene.” Disse, con voce tremante. “Se questa è la tua decisione, vai pure. Parti con il tuo prezioso re alla conquista della Terra Santa, ma quando tornerai dalle tue fantastiche e mirabolanti imprese, Robin, non troverai nessuno ad attenderti.”


“Marian...”


La ragazza fece un ulteriore passo indietro, scuotendo la testa. “Oggi è l’ultima volta che piango per te. D’ora in poi, per me non sei più niente. Niente.


Robin tentò di avvicinarsi, ma lo sguardo duro e pieno di disprezzo della ragazza lo fece desistere.


La vide voltargli le spalle e, con due ampie falcate, raggiungere il suo cavallo. Vi montò sopra e lo guardò un’ultima volta.


“Ti auguro davvero di trovare quello che stai cercando perché è evidente che non sono io.” Disse, tentando di nascondere la disperazione che provava. “Addio Robin di Locksley.” E, senza aggiungere altro, spronò il cavallo e si allontanò il più in fretta possibile.


Robin rimase lì, paralizzato, incapace di fare qualunque cosa.


Avrebbe tanto voluto seguirla, tranquillizzarla, dirle che tutto sarebbe andato bene, che tutto si sarebbe aggiustato, ma sapeva che era una bugia.


Nulla sarebbe andato a posto. Nulla avrebbe riparato ciò che si era rotto quel giorno.


Non serviva ripetersi che, col tempo, la rabbia di Marian sarebbe svanita e lei avrebbe capito.


Ormai lui aveva già preso la sua decisione.


Peccato che per quella decisione, Robin avesse perso la persona più importante della sua vita.






Le lacrime le offuscavano la vista.


Non le sembrava vero! Era tutto un incubo!


Robin, il suo Robin, lo sfrontato e sfacciato ragazzo che le aveva rubato il cuore, se n’era andato. L’aveva lasciata per inseguire il suo re ed uno sciocco ed egoistico ideale.


Si asciugò le lacrime, ma fu tutto inutile. Continuavano a scendere copiose ed abbondanti lungo le sue guance rosee.


Alzò lo sguardo e fissò la pallida luna che si rifletteva scintillante sulla piatta e calma superficie del lago. Rimase a fissarla a lungo, finché un rumore alle sue spalle non richiamò la sua attenzione.


Si voltò speranzosa. “Robin...?” sussurrò.


Attese qualche istante, ma non successe nulla. Nessun affascinante ragazzo dagli occhi azzurri uscì dal bosco.


“Forse era solo un animale...” mormorò afflitta.


Per un istante, aveva davvero sperato di veder uscire Robin dalla fitta boscaglia che, con un sorriso dei suoi, l’avrebbe abbracciata e rassicurata, proprio come aveva fatto la sera della morte di Jane.


Quella sera, tra le sue braccia, si era sentita sicura, protetta.


‘...Te lo prometto, Marian. Io non ti lascerò mai...’


Marian sorrise amara, ricordando quelle parole.


Bugiardo. Falso. Ipocrita.


Ecco ciò che Robin era stato con lei.


Era mai stato davvero sincero nei suoi confronti?


Certo che si, sciocca! Lui tiene molto a te...


E allora perché se n’è andato?


Voleva renderti fiera...


Perché mi ha lasciato?


Sei stata tu a chiudere con lui...A dirgli che non l’avresti aspettato...


Sì, era vero. Era stata lei a chiudere. Ed ora sarebbe andata fino in fondo.


Si alzò da terra e si diresse verso la sponda del lago.


Guardò la luna un’ultima volta e, con un gesto secco, si sfilò l’anello che portava al dito. Lo strinse per un attimo tra le mani e poi lo gettò in acqua.


“Egoista!” gridò, spezzando il profondo silenzio della radura. “Ti odio! E ti odierò per tutto il resto della mia vita!”


Si accasciò di nuovo a terra, scoppiando in un pianto a dirotto.


“Ti odio...” sussurrò tra i singhiozzi disperati.


E la cosa peggiore era che Marian sapeva benissimo di aver appena detto la più grossa bugia della sua vita.






Robin stava controllando per l’ennesima volta il suo cavallo.


Suo padre e Sir Edward si avvicinarono a lui, che, sentendoli arrivare, si voltò verso di loro.


Sir Thomas gli sorrise triste. “Allora, sei proprio sicuro?” gli chiese, sperando che il giovane avesse cambiato idea.


Robin annuì. “Si, padre. Sono sicurissimo. Sto solo aspettando Much.”


Il vecchio genitore asserì col capo. “Bene.”


Rimasero per un po’ in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, finché furono raggiunti da Much. “Eccomi, padrone!” esclamò, elettrizzato. “Stavo prendendo delle provviste per il viaggio.”


Nonostante la situazione così tesa, i tre uomini non poterono fare a meno di sorridere.


Il solito, vecchio Much! Stava per andare in guerra e l’unica cosa che lo preoccupava era il cibo!


“Much” chiamò Robin “sono sicuro che il re avrà da mangiare per il suo esercito, non credi?”


“Forse si. Ma è meglio esserne sicuri.”


Robin scosse la testa, rassegnato. “Come vuoi tu.”


Poi rivolse lo sguardo ai due anziani uomini di fronte a lui.


Sir Thomas sospirò profondamente e lo abbracciò. “Stai attento, figlio mio. La guerra non è una passeggiata. E i Turchi sono eccellenti combattenti.”


“Lo farò, padre. E voi sarete fiero di me.”


Sir Thomas sorrise. “Lo sono già, Robin. Molto più di quanto tu creda.”


I due si separarono e Robin si voltò verso lo sceriffo. “Mi dispiace, Sir Edward. Non volevo che finisse così.” Disse sinceramente. “Spero che non ce l’abbiate troppo con me.”


“Non preoccupatevi, Robin. Non dovete sentirvi in colpa.” Il ragazzo annuì poco convinto. “E non temete” continuò Sir Edward “sono sicuro che, quando tornerete a casa, Marian sarà così contenta di vedervi che si dimenticherà del vostro piccolo diverbio.


“Voi dite?” chiese Robin, speranzoso.


“Ne sono certo.”


“Ora, però, dovete andare.” Li interruppe Sir Thomas. “Altrimenti farete tardi.”


Much e Robin annuirono concordi. “Siate prudenti, ragazzi. E Much” disse, rivolgendosi al giovane servo “ho fiducia in te. Proteggi il mio ragazzo e tornate presto a casa. Noi vi aspettiamo con ansia.”


“Non vi preoccupate, signore. Ci penserò io.”


“Grazie.” Affermò l’uomo, dandogli un’affettuosa pacca sulla spalla.


Un istante dopo, i due giovani salirono a cavallo e, dopo un ultimo saluto, presero ad allontanarsi.


Stavano quasi per scomparire all’orizzonte, quando Robin di voltò e fissò la collina che si ergeva proprio dietro Locksley.


Lì si trovava Knighton.


Lì si trovava Marian.


“Ti amo.” Sussurrò così debolmente che le sue parole si dispersero nel vento. “Ti amo. Spero solo di potertelo dire, un giorno.”







Scusate il ritardo! So che avevo promesso di aggiornare in fretta, ma proprio non ce l’ho fatta! Spero tanto che quest’ultimo capitolo vi piaccia! Ora manca solo un piccolo epilogo e la storia è conclusa… Come sempre, grazie a coloro che hanno recensito e letto (scusate se non vi ringrazio una per una, ma vado di frettissima!)… Mi rifarò nel prossimo, lo giuro! A presto!

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


Piccolo epilogo per concludere la mia storia. Capitolo leggermente più corto rispetto agli altri.

I dialoghi tra Sir Edward, Marian e Robin nell’ultima scena sono stati ripresi dall’episodio 1x01 “Ritorno a Casa”.

Marian POV.




Epilogo



“Sto per partire, Marian. Vado in Terra Santa...”


“Resta qui. Con me... Ti prego...”


“Non posso... Mi dispiace...”


“Allora addio, Robin di Locksley...”






CINQUE ANNI DOPO...



Cammino annoiata tra i banchi del mercato, in cerca di qualche oggetto interessante.


Per quanto, questi piccoli e miseri banchetti possano essere definiti mercato.


Da quando mio padre non è più lo Sceriffo, le cose sono molto cambiate a Nottingham: le tasse sono sempre più alte, la povertà aumenta, le persone muoiono di fame e le strade sono sempre più piene di poveri disperati che non hanno più nulla.


Persino oggi, giorno di mercato, ci sono pochissime persone in giro. Nessuno può più permettersi nulla.


Continuo a girovagare annoiata, finché vedo uscire un gruppo di guardie, dalle porte del castello, con a capo... Oh no! Guy di Gisbourne! Speriamo solo che non mi veda! Da qualche tempo, quest’uomo ha preso a darmi il tormento!


Mi volto di spalle prima che sia troppo vicino e fingo interesse per uno strano fermacapelli. Lo osservo con attenzione, sfiorandolo appena, ma una fastidiosa voce alle mie spalle mi obbliga a girarmi.


“Buongiorno Lady Marian.” Mi saluta educatamente Gisbourne.


“Sir Guy.” Dico freddamente.


“Vi dedicate agli acquisti quest’oggi, milady?” Chiede, tentando inutilmente di fare conversazione.


Alzo le spalle. “Faccio solo una passeggiata.”


Lui annuisce, senza dire nulla. Probabilmente ha capito che non sono in vena di chiacchiere e quindi, dopo un ultimo inchino, si allontana ed esce dalla piazza.


Sospiro sollevata. Quell’uomo è davvero irritante! Non fa altro che starmi alle costole, maledizione!


Infastidita, torno a concentrarmi sui fermagli, sperando di far passare il mio malumore.


“Gisbourne era davvero di pessimo umore oggi, vero?” Sento il venditore, chiaramente divertito, chiedere ad un cliente. “Chissà che gli è capitato…”


L’uomo, accanto a me, ridacchia. “Perché non hai sentito? Pare che stamattina non abbia potuto fare il prepotente, come al solito.”


Sorrido appena, prendendo tra le mani il fermaglio.


Certo non si può dire che la gente di Nottingham ami Gisbourne. Anzi, credo che sia la persona più odiata della contea. Dopo lo Sceriffo, ovviamente.


“E come mai?” chiede il venditore, interessato.


L’uomo si avvicina al banco, con fare cospiratore. “Pare che volesse punire gli abitanti di Locksley per un furto, compiuto da un povero ragazzo, ma qualcuno glielo ha impedito.”


“Davvero? E chi è il pazzo che osa sfidare Gisbourne? Sicuramente gliela farà pagare cara!”


L’uomo scoppia in una risata gioiosa. “E’ questo il bello della faccenda! Gisbourne non può fargliela pagare perché l’uomo che gli ha chiuso la bocca non è altro che il legittimo padrone del feudo, il conte di Huntingdon!


Il fermacapelli mi cade dalle mani, mentre il sorriso svanisce immediatamente dal mio viso.


“Il Conte di Huntingdon?” chiede stupito il mercante. “Ma allora vuol dire che...”


L’uomo al mio fianco annuisce, felice. “Proprio così! Robin di Locksley è tornato tutto intero dalle Crociate e, appena rimesso piede al villaggio, come prima cosa, ha cacciato Gisbourne dalle sue terre! Oh come avrei voluto esserci!” Conclude, ridendo ancora, subito seguito dal venditore.


Io resto lì, immobile, totalmente inerme, incapace di fare o dire qualunque cosa e mi appoggio appena al bancone, stordita.


Robin? A casa? Non è possibile!


Una donna si avvicina a me con espressione preoccupata. “Lady Marian, siete sicura di stare bene?” mi chiede premurosa. “Siete bianca come un cencio.”


La sua voce mi riscuote. Abbozzò  un sorriso. “Si, vi ringrazio. Non preoccupatevi.”


“Ne siete certa? Volete un goccio d’acqua?”


“No, no.” Dico, scuotendo la testa. “Devo solo andare a casa.” E mi allontano velocemente da lei.


Mentre cavalco verso casa, un solo pensiero mi attraversa la mente. Devo assolutamente parlare con mio padre…






Mi lascio cadere sulla sedia accanto al camino e chiudo gli occhi, sospirando.


Abbandono la testa all’indietro, cercando di non pensare, di non rivivere quei momenti, ma è tutto inutile.


Inevitabilmente, ricordi sopiti tornano, dopo tanti anni, ad affollare la mia mente.


Il nostro primo incontro, a Locksley. E la nostra prima discussione.


La prima volta che abbiamo parlato civilmente.


Il nostro primo bacio. E poi il secondo, il terzo, il quarto...


Un sorriso spontaneo compare sul mio volto, tornando a quei giorni così felici. Sì, perché io, malgrado tutto, ero felice.


Con Robin al mio fianco sarei stata felice per sempre.


Altre immagini compaiono nella mia testa.


Le cavalcate insieme, le liti furibonde, che non duravano mai a lungo, e infine quel giorno...


Il giorno in cui lui ha distrutto ogni cosa.


Il nostro futuro, la nostra felicità, il mio cuore...


Rivedo per un attimo i tristi occhi di Robin che mi dicono che presto se ne andrà, che mi lascerà.


E poi la sofferenza, la tristezza, le lacrime che io ho versato per causa sua.


Ed io, che ogni notte mi addormentavo piangendo, mentre Sarah, non volendo rattristarmi ulteriormente, faceva finta di niente, nonostante, ogni mattina, trovasse il cuscino bagnato.


Fino al giorno in cui presi la mia decisione.


Dovevo andare avanti. Riprendere in mano la mia vita e viverla appieno.  Dovevo e volevo.


Anche se, forse, non ci sono mai riuscita del tutto, sebbene sia passato tanto tempo.


Da allora, infatti, non ho mai voluto più nessuno accanto a me.


Mio padre e Sarah hanno insistito fino allo sfinimento, ma io sono stata irremovibile.


Nessun altro uomo avrebbe preso il mio cuore, per poi spezzarlo come aveva fatto Robin.


No. Nessuno ne avrebbe più avuto l’occasione. Mai più.


Mio padre non fa che ripetermi che, secondo lui, io sto ancora aspettando Robin. Ecco perché ho sempre rifiutato incondizionatamente tutti i pretendenti che hanno bussato alla nostra porta.


Ma io so che non è così.


Robin non è più nulla per me.


Ha smesso di significare qualcosa il giorno in cui è partito per le Crociate.


Sospiro decisa e riapro gli occhi.


Mio padre mi sta fissando preoccupato. “Stai bene, Marian?” mi chiede.


Annuisco. “Si, padre. Non temete. Voi invece?” Mi alzo dalla sedia e mi avvicino a lui. “Vi vedo inquieto.”


Lui scuote la testa. “Non è nulla. Ho solo timore che a Robin venga in mente di venire qui. Potrebbe essere pericoloso per lui, dato che lo Sceriffo ci fa sorvegliare. E poi...” Non termina neppure la frase.


All’improvviso scatta in piedi e, dopo aver spalancato la porta, corre all’esterno.


Lo seguo con lo sguardo, confusa, fino a quando lo sento urlare. “ANDATE VIA! ANDATE VIA DA QUI!” Grida.


“Edward...” lo chiama una voce familiare, che fa, inaspettatamente, perdere un battito al mio cuore. “Sono io. Il vostro amico Robin di Locksley.”


“So bene chi siete!” ribatte mio padre, arrabbiato. “Banditi venuti per ingannarmi! Non vi voglio!”


Mi avvicino cauta alla porta e cerco di intravedere cosa succede fuori, sperando che nessuno mi noti.


Mi sporgo leggermente a destra e, finalmente, lo vedo.


Allora è proprio vero! E’ tornato davvero…


“Sono venuto in amicizia. Dovete credermi.” Lo sento rispondere a mio padre, tentando di calmarlo.


“Andate via!” Ripete il mio anziano genitore. “Non sono più lo Sceriffo! Lasciatemi vivere in pace!”


Mi accorgo che Robin sta per ribattere, allora afferro il mio arco, accanto all’ingresso, ed esco anch’io, puntando immediatamente l’arma contro i due indesiderati ospiti. “Avete sentito mio padre?” dico, cercando di apparire il più minacciosa possibile. “Andatevene!”


Subito l’attenzione di Robin è calamitata su di me. Mi fissa, probabilmente stupito di trovarmi lì, e un piccolo sorriso si fa strada sul suo volto. “Marian.” Mi chiama dolcemente. “Sono io, Robin.”


Lo guardo con freddezza mentre mi avvicino ancora a lui, sempre impugnando l’arco.


Come può solo pensare che io non l’abbia riconosciuto? So perfettamente chi ho davanti, ed è proprio per questo motivo che sono così arrabbiata.

“Congratulazioni. (*)” rispondo sprezzante. “Andate via.”


Robin continua a fissarmi e mi sorride. Lo stesso sorriso che tanto volte ha rivolto a me e che ora, invece, non fa altro che farmi ribollire il sangue. “Come state?” mi chiede come se nulla fosse. “Vi ho pensato.”


Questo è davvero troppo! ‘Mi ha pensato?!’


Non ne aveva nessun diritto visto che è stato proprio lui ad andarsene e a lasciarmi... Ed ora se ne esce con queste frasi smielate e sdolcinate, sperando che io mi getti in lacrime ai suoi in piedi, felice che lui sia tornato?


Credo proprio che abbia capito male. Molto male.


“Andate via!” ripeto, visibilmente arrabbiata, tendendo l’arco e rivolgendogli un’occhiata ostile.


Lo vedo indietreggiare insieme a Much e non posso non provare un senso di soddisfazione.


Allora se lo ricorda che sono brava a tirare con l’arco!


Del resto, è stato lui ad insegnarmelo, e sa benissimo quanto posso essere pericolosa con un’ arma in mano.


“Ce ne andiamo subito.” Risponde Much, preoccupato, ma Robin non si arrende.


“Sir Edward, vi prego.” Dice, tornando a rivolgersi a mio padre che, nel frattempo si è sistemato alle mie spalle. “Se non vi ricordate di me, ricordatevi di Nottingham, del vostro popolo...!”


Non riesco a sentire il resto, visto che io e mio padre siamo già rientrati in casa, sbattendo la porta alle nostre spalle.


Mi ci appoggio contro e lascio scivolare a terra il mio arco, respirando profondamente.


Mio padre si siede accanto al fuoco e inizia ad osservare in silenzio le braci ormai morenti del camino.


Io, intanto, mi allontano dalla porta e vado verso la finestra, per osservare i due ragazzi all’esterno.


Li vedo parlare tra loro, senza però afferrare l’oggetto della discussione, e noto che Much rivolge a Robin un’occhiata di rimprovero mentre lui accenna un sorriso.


Scuoto la testa, incredula.


Dopo tanti anni, sono rimasti sempre gli stessi.


Risalgono a cavallo e si allontanano veloci dalla casa.


“Sono andati via?” chiede mio padre.


“Si, padre. State tranquillo.” Gli dico, avvicinandomi a lui, un po’ preoccupata.


Mi siedo sul bracciolo della sua sedia e gli prendo una mano. “Non dovete agitarvi. Sapete che non vi fa bene...”


Mi sorride rassicurante. “Non preoccuparti, Marian. Io sto bene.” Si volta verso di me, accarezzandomi delicatamente una guancia. “E tu, invece? Come stai?” domanda serio.


Abbozzo un sorriso. “Anche io sto bene.” Lo vedo inarcare scettico un sopracciglio. “Davvero.” Affermo, sicura.


Annuisce poco convinto. “D’accordo. Farò finta di crederci.” Afferma, alzandosi dalla sedia e guardandomi con un sorriso. “Ora, però, devo andare. Lo Sceriffo mi aspetta per il consiglio dei nobili.”


Si avvicina alla scala e si volta di nuovo verso di me. “Ti andrebbe di accompagnarmi?”


Sgrano gli occhi, sorpresa. “A Nottingham?”


“Si, a Nottingham. Allora ti va?”


Mi alzo e lo raggiungo velocemente. “Vado subito a prepararmi.” Gli dico, abbracciandolo di slancio.


Poi imbocco le scale ed entro nella mia stanza.


So benissimo perché mio padre mi ha chiesto di andare con lui, al castello. Vuole farmi distrarre, in modo da non pensare a Robin e al suo inaspettato ritorno.


Crede che io sia rimasta turbata dalla visita di poco fa. Ma si sbaglia.


Non mi importa affatto.


Vado alla finestra e guardo la strada che Robin e Much hanno percorso per lasciare Knighton.


No. Non mi importa nulla.


Perché lui, quando se n’è andato, ha fatto la sua scelta.


Ed ormai è tardi per rimediare.


Troppo tardi.








(*) Traduzione letterale della battuta in inglese. Scrivere ‘rallegramenti’, come nel doppiaggio italiano, mi faceva venire la pelle d’oca!





Ora la storia è davvero finita!! Mi viene da piangere, anche se credo che molto presto tornerò a scrivere altre ff sulla coppia Robin/Marian! Li adoro da impazzire!!

Ringrazio come sempre tutti coloro che hanno commentato e che hanno inserito la storia tra i preferiti! Grazie mille per aver seguito, letto, recensito o anche solo per aver dedicato un po’ del vostro tempo alla mia fanfiction! GRAZIE e alla prossima!

Un bacio!
















 








 




    

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