Tutto Iniziò Così di Katie88 (/viewuser.php?uid=39635)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Festa ***
Capitolo 2: *** Doti Nascoste ***
Capitolo 3: *** Discussioni e Distrazioni ***
Capitolo 4: *** Un Dolore Inaspettato ***
Capitolo 5: *** Tornare a Vivere ***
Capitolo 6: *** Festa di Fidanzamento ***
Capitolo 7: *** La Fine di Tutto? ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Festa ***
Festa
Sir
Edward galoppava rapido verso casa.
Aveva fretta.
Molta fretta. Doveva tornare subito a Knighton e dare la bella notizia
a Marian.
Non capitava
mica tutti i giorni una cosa del genere!
Quel giorno,
infatti, mentre svolgeva i suoi doveri da sceriffo in un villaggio
vicino, era stato raggiunto da un servo di Sir Thomas di Lockseley,
signore di quelle terre.
Il servo,
avvicinatosi allo sceriffo, si era presentato e gli aveva consegnato
una piccola pergamena accuratamente arrotolata.
“E’
un invito, Sir Edward.” Aveva spiegato poi il ragazzo.
“Un invito ad una festa da parte del mio signore, il conte di
Huntingdon. Sir Thomas vi prega di partecipare ai festeggiamenti che si
terranno questa sera a Lockseley in onore del compleanno di Re
Riccardo.”
Lo sceriffo
aveva quindi srotolato il plico e letto il messaggio del suo vecchio
amico Thomas. “Stasera?” aveva chiesto al ragazzo.
“Si,
Sir Edward, stasera.” Aveva confermato quello.
“Inoltre Sir Thomas vi prega di portare con voi, anche vostra
figlia, Lady Marian.”
“Mia
figlia?”
“Si,
signore, vostra figlia. Il mio padrone ha invitato tutti i nobili delle
terre vicine e i loro figli, in modo tale che suo figlio potesse fare
la loro conoscenza.”
“Capisco.
Bene, allora dite al vostro padrone che sia io che mia figlia
accettiamo volentieri il suo invito.”
A quella
risposta, il servo aveva fatto un breve inchino e si era allontanato
velocemente.
Sir Edward era
quindi salito sul suo cavallo ed era partito di corsa.
Destinazione:
Knighton Hall.
Marian scese
le scale ed arrivò al grande salone. Si guardò un
attimo attorno, ma non vide nessuno.
“Sarah?”
chiamò, cercando la sua nutrice.
Nessuno le
rispose. Soltanto il profondo silenzio della casa la circondava.
Si
affacciò alla finestra, ma nulla. Di Sarah nessuna traccia.
La giovane si
diresse allora verso la cucina, dove finalmente trovò la sua
anziana balia.
Entrò
silenziosamente nella stanza fino ad arrivare a pochi centimetri
dalla schiena della donna, del tutto ignara, e
posò con delicatezza le proprie mani sugli occhi di Sarah.
Immediatamente,
la donna sussultò spaventata e i recipienti che aveva in
mano rovinarono a terra, fragorosamente. “Marian!”
La ragazza non
riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere di fronte
all’indignazione della donna.
Sarah mise le
mani sui fianchi e si voltò verso di lei, arrabbiata.
“Marian!” gridò ancora. “Che
cosa ti è saltato in mente? Mi hai fatto quasi morire di
paura!”
Marian, ancora
ridendo, le si avvicinò e la abbracciò
dolcemente. “Mi dispiace, Sarah. Non volevo spaventarti...
era solo uno scherzo!”
La donna
sospirò comprensiva e rispose all’abbraccio della
ragazza. “Oh bambina mia! Un giorno o l’altro mi
farai morire davvero!” disse, cercando di utilizzare un tono
severo.
Marian si
allontanò un attimo dalla donna e la guardò
dritto negli occhi. “Spero proprio di no. Senza di te, sarei
persa.”
Sarah le
rivolse un sorriso. Un sorriso dolce, amorevole, materno. Uno di quei
sorrisi che Marian amava tanto.
Le
posò un bacio sulla fronte e sciolse l’abbraccio,
cominciando a raccogliere i piatti ancora sparsi a terra.
“Allora,
Marian, cosa fai qui?” le chiese, inginocchiandosi sul
pavimento. “Sai che tuo padre non vuole che tu venga in
cucina. Non è posto per te.”
Marian si
sedette a terra, accanto a Sarah, e iniziò a raccogliere i
cocci, beccandosi così un’occhiata torva da parte
della donna.
“Marian,
Marian... Non dovresti essere in camera tua a ricamare?”
Marian
sbuffò infastidita. “Lo sai che odio ricamare.
Preferisco di gran lunga cavalcare nella foresta. E’ molto
più divertente. Ma mio padre...”
“Tuo
padre vuole solo il tuo bene, bambina mia.” La interruppe la
nutrice. “Chi mai vorrebbe una moglie che non sa ricamare e
che passa il suo tempo a comportarsi come un maschiaccio?”
Marian la
guardò per un attimo e sorrise soddisfatta.
“Bè, io sarei molto contenta di non avere
pretendenti. Passerei tutta la vita a fare quello che mi piace senza
dover obbedire a nessuno.”
Sarah le
lanciò uno sguardo di rimprovero. “Non dire certe
cose, Marian. Tutte le ragazze della tua età hanno
già dei pretendenti e molte di loro sono già
promesse. Non mi stupirei affatto se tuo padre avesse già in
mente qualcuno...”
Marian
scattò in piedi all’improvviso. “Non
dirlo nemmeno per scherzo! Io non voglio ancora sposarmi! Sono ancora
giovane!”
“Marian,
tua madre, alla tua età, era già promessa a Sir
Edward quindi...”
“No,
no e poi no! Mio padre non mi farebbe mai una cosa del genere senza
dirmi nulla! Non può! Non deve!”
“E’
tuo padre. Può fare ciò che vuole, Marian. Non
deve mica chiederti il permesso.”
A quelle
parole, la ragazza guardò furiosa la donna che
l’aveva cresciuta ed uscì di corsa dalla cucina,
senza dire una parola.
Sarah
sospirò abbattuta. “Mi dispiace, bambina
mia.”
Dopo aver
cavalcato parecchie miglia, Sir Edward avvistò finalmente le
colline che circondavano la sua dimora.
“Ci
siamo quasi...” sussurrò.
Non vedeva
l’ora di tornare a casa e parlare con Marian. Sicuramente
anche lei sarebbe stata entusiasta dell’invito di Sir Thomas.
E’ risaputo che le donne amano questi avvenimenti... Musica,
balli, danze... E poi alla festa ci sarebbero stati tutti i nobili
della contea... Chissà! Magari avrebbe potuto trovare anche
un buon partito per sua figlia!
Sostenuto da
tale prospettiva, spronò di nuovo il cavallo, impaziente di
arrivare a casa.
Qualche minuto
più tardi, Sir Edward entrava nella sua proprietà.
Subito lo
stalliere gli venne incontro. “Padrone, come mai
già di ritorno?” chiese apprensivo.
Sir Edward
smontò da cavallo e lo rassicurò. “Non
preoccuparti, Joe. Va tutto bene. Dov’è mia
figlia?”
“Credo
sia in casa, signore. Con Sarah.”
Sir Edward
entrò in casa di corsa. “SARAH! MARIAN! VENITE
PRESTO! GRANDI NOTIZIE!”
La povera
balia accorse spaventata, e così anche Marian.
“Padre,
cosa succede? Perché gridate?”
“Grandi
notizie, Marian! Siamo stati invitati ad una festa!”
“Una
festa?”
“Si,
una festa. A Lockseley! E ci saranno anche tutti i giovani nobili della
contea!”
Marian e Sarah
si scambiarono un’occhiata confusa.
“Ma
non capite?” chiese Sir Edward, agitato. “Stasera
potremmo trovare un marito per Marian! Ci sarà moltissima
gente, tutte le famiglie più illustri e...”
Ma Sir Edward
non riuscì a terminare la frase.
Sua figlia se
n’era già andata.
“Su,
bambina mia, non fare così.”
Sarah era in
camera di Marian e la stava aiutando a prepararsi per la festa da Sir
Thomas. Le stava sistemando accuratamente i morbidi capelli scuri,
decorandoli con un delicato nastro azzurro, in tinta con
l’elegante abito che la ragazza indossava.
“Marian,
ti prego, dì qualcosa.” La implorò la
donna.
“E
cosa dovrei dire?” chiese lei indifferente. “Mio
padre stasera prenderà la decisione più
importante della mia vita, al posto mio. Non c’è
nulla che io debba o possa dire.”
A quel punto
la balia la prese delicatamente per le spalle e la fece voltare verso
di lei. “Ascoltami, Marian, c’è una cosa
che devo dirti e voglio che tu mi presti la massima
attenzione.”
Marian
annuì confusa. Non aveva mai visto Sarah con
un’espressione tanto seria.
“Devi
sapere, Marian, che, prima di morire, tua madre mi ha pregato di dirti
una cosa molto importante.”
“Mia
madre?”
“Si,
bambina mia. Mi ha chiesto di raccontarti una cosa. Devi sapere che tua
madre vide per la prima volta tuo padre il giorno del loro matrimonio.
Benché fossero stati promessi già da tempo dai
rispettivi genitori, loro due non si erano mai incontrati. Tua madre
viveva lontano da qui e quindi non c’era mai stata occasione
per i due giovani di vedersi.”
Marian
sgranò gli occhi, sorpresa. “Non si erano mai
visti?”
Sarah scosse
il capo.
“Allora
anche il loro era un matrimonio...”
“...
combinato, sì.” Concluse la donna per lei.
“Anche i tuoi genitori erano stati promessi senza sapere
nulla l’uno dell’altra.”
“Ma
come è possibile? Tutti mi hanno sempre detto che si amavano
così tanto! Io non...”. Marian guardò
addolorata Sarah, che però le sorrise dolcemente.
“Si,
si sono sempre amati ed è proprio questo che tua madre
voleva che ti dicessi. Anche se non si erano mai visti prima del
matrimonio, i tuoi genitori si sono amati moltissimo durante la loro
vita insieme. Anche se il matrimonio era stato combinato, loro si sono
innamorati davvero l’uno dell’altra e hanno
trascorso molti, moltissimi momenti felici.”
Alcune lacrime
cominciarono a scendere lungo le rosee guance di Marian.
“Quindi cosa dovrei fare?” chiese, cercando di
controllare i singhiozzi. “Accettare colui che mio padre
sceglierà per me? Amarlo e rispettarlo anche se
sarà un idiota?”
“Non
ti chiedo questo, Marian.” La rassicurò
l’anziana donna. “Voglio solo che tu non rifiuti a
priori il giovane che tuo padre sceglierà per te. Prova a
conoscerlo prima. E se sarà davvero l’idiota che
dici, parlerò io stessa con tuo padre. Non posso permettere
che la mia dolce bambina stia con uno sciocco!”
Marian rise
tra le lacrime. “Grazie, Sarah. Sei una mamma
perfetta.”
Sarah sorrise.
“Non dire così. Tu l’hai avuta una
mamma, anche se non l’hai conosciuta. E non sono
io.” Concluse triste.
Marian si
alzò e l’abbracciò di slancio.
“Si è vero. Mia mamma mi ha dato la vita e di
questa non la ringrazierò mai abbastanza. Poi
però, ho avuto un’altra madre che mi ha allevata e
cresciuta e che mi ha fatto sempre sentire la persona più
amata del mondo. Grazie.” E le diede un leggero bacio sulla
guancia.
Quel momento
così tenero fu interrotto dalla voce di Sir Edward che
intimava a Marian di sbrigarsi.
Le due donne
si separarono e si asciugarono le lacrime.
“Sarà
meglio che vada, altrimenti faremo tardi.”
Sarah
annuì e lanciò un’ultima occhiata a
Marian, avvolta nello splendido vestito azzurro, uguale ai suoi occhi.
“Sei bellissima.” Le disse premurosa.
La ragazza le
sorrise e fece per andarsene. Si voltò un istante prima di
varcare la porta. “Sarah” chiamò.
“Si?”
“Ti
voglio bene.” E uscì dalla stanza.
Quando la
carrozza di Sir Edward arrivò a Lockseley, era ormai
già buio.
Un servo
aiutò Lady Marian a scendere e poi, lei e suo padre furono
entrambi condotti all’interno della grande casa.
L’immenso
salone era illuminato da una moltitudine di candele e molte pietanza
dall’aria appetitosa ed invitante ricoprivano
l’intera superficie del tavolo di legno.
“Però!
Si trattano bene qui!” sussurrò Marian
all’orecchio di suo padre, che, subito, le fece cenno di
tacere. Il padrone di casa si stava avvicinando.
“Edward,
caro amico! Come state?” chiese Sir Thomas, stringendo la
mano a Sir Edward.
“Benissimo,
Thomas! E vi ringrazio ancora dell’invito... Posso
presentarvi mia figlia Marian?”
Sir Thomas la
guardò un attimo e sorrise. “Ha la straordinaria
bellezza di sua madre, amico mio.”
“Già”
convenne Sir Edward. “E anche il suo bel caratterino,
purtroppo.”
Sir Thomas
rise. “Non deve essere per forza una cosa negativa. Scommetto
che la tua dolce Marian, Edward, andrebbe d’accordo con mio
figlio. Anche Robin è piuttosto... vivace...”
“Lo
credo anch’io, Thomas.” E Marian vide suo padre e
Sir Thomas scambiarsi una strana occhiata che non le piacque affatto.
Dopo le
presentazioni, Marian e suo padre passarono la serata a chiacchierare
con Sir Thomas ed alcuni suoi illustri ospiti.
O meglio. Sir
Edward parlava e Marian era costretta a stare lì senza far
nulla, visto che una donna non avrebbe mai potuto prendere parte ad una
discussione sulla politica.
Nel frattempo,
dall’altra parte del grande salone, un affascinante ragazzo
dagli occhi cerulei fissava interessato la giovane che sedeva
silenziosa accanto a Sir Edward.
“Pssst
Much!” chiamò. “Much vieni
qui!”
Un altro
ragazzo, leggermente più basso gli si avvicinò.
“Cosa c’è, padrone?”
“Much,
conosci quella ragazza? Quella seduta accanto allo
sceriffo...” e gli indicò la ragazza.
“Forse
è sua moglie, padrone.” Tentò Much.
“Non
dire idiozie, Much. Lo sceriffo è vedovo da anni.”
“Quella
è sua figlia.” Disse una voce femminile alle loro
spalle. “La bella Lady Marian.”
I due ragazzi
si voltarono e videro una ragazza bionda avvicinarsi sinuosamente a
loro.
“Anne,
che piacere vederti!” esclamò Robin, con uno
sguardo malizioso. “Come mai da queste parti?”
“Già,
come mai da queste parti?” s’intromise Much.
“Non dovresti essere nelle cucine?”
La ragazza
ignorò la domanda di Much e si avvicinò a Robin.
“Mi mancavi.” Gli sussurrò ad un
orecchio.
Robin sorrise
soddisfatto. “Davvero?”
La ragazza
annuì contro la sua guancia. “Hai un
minuto?”
Il sorrise di
Robin si allargò ulteriormente. “Certo che
sì.”
Marian
sbuffò per la centesima volta. Quella festa era di una noia
mortale!
Tutti
parlavano di caccia, di cavalli oppure della guerra. Tutti argomenti
che a Marian non interessavano affatto.
Si
alzò dalla sedia e fece un giro per il grande salone.
All’improvviso
vide, nascosti dietro una colonna, due ragazzi completamente
avvinghiati l’uno all’altra in una specie di lotta
verticale.
Sgranò
gli occhi sorpresa, ma, proprio in quel momento i due si separarono, e
lo sguardo del ragazzo si soffermò su di lei.
Marian e Robin
si fissarono per un lungo, lunghissimo istante, finché la
ragazza bionda non scrollò un braccio al ragazzo.
Robin allora
le sussurrò qualcosa all’orecchio e lei si
allontanò ridacchiando, tirandolo per un braccio.
Marian rimase
lì a fissare quella scena raccapricciante, ma poco prima che
i due lasciassero la stanza, Robin si voltò verso di lei e
le fece l’occhiolino.
La ragazza
rimase totalmente disgustata. ‘Ma come diavolo si permette
quel presuntuoso!’
Livida di
rabbia, voltò le spalle alla porta dalla quale erano usciti
i due e si diresse verso il giardino.
L’aria
fresca della sera e il delicato profumo dei biancospini la fecero
sentire subito meglio. Chiuse gli occhi e inspirò
profondamente. Appoggiò entrambe le mani alla staccionata e
alzò il viso in su, verso il cielo trapunto di stelle.
“Allora
mi stai seguendo!” Una voce antipatica la fece sobbalzare. Si
voltò verso destra e scorse il ragazzo presuntuoso che aveva
visto poco prima nel salone.
“Io
seguendo te? Ti piacerebbe!”
Robin rise.
“E allora com’è che mi stai sempre
intorno? Anche prima...” disse accennando con la testa verso
la casa.
Marian non
rispose.
“Ma
in fondo ti capisco! So di essere molto affascinante...”
“Affascinante
tu?” Marian rise sarcastica. “Presuntuoso, vorrai
dire. Arrogante, borioso, superbo...”
“Però!
Sai che non è educato insultare gli sconosciuti? A
proposito, io sono Robin. Robin di Lockseley. E tu sei?”
chiese sfoderando un sorriso accattivante.
Marian
inarcò entrambe le sopracciglia. “Non credo che ti
riguardi, signor presuntuoso. E poi non...”
All’improvviso
Sir Edward uscì di corsa in giardino, seguito da Sir Thomas.
“Marian! Ma dov’eri? Ti ho cercata
dappertutto!”
“Oh
scusate, Edward” S’intromise Robin “Io e
Marian stavamo chiacchierando qui in giardino e non ci siamo accorti
che la stavate cercando. E’ tutta colpa mia. Mi
dispiace.”
Marian
roteò gli occhi, visibilmente scocciata, di fronte a quella
recita.
“Oh
non importa Robin” lo rassicurò Sir Edward
“però credo che adesso sia ora di andare. Grazie
per la magnifica festa, Thomas. E grazie anche a te Robin, per aver
tenuto compagnia a mia figlia.”
“Per
me è stato un piacere, Sir Edward.” Disse il
ragazzo avvicinadosi a Marian. “Marian, spero vi siate
divertita” e le baciò elegantemente una mano.
“E spero anche di rivedervi presto.”
Marian fece un
piccolo inchino e sorrise falsamente. “Non ci contare troppo,
Lockseley.” Sussurrò in modo che solo Robin
potesse sentire.
Per la
felicità di Marian, il viaggio di ritorno sembrò
molto più breve e presto giunsero a Knighton Hall.
Sir Edward
aiutò sua figlia a scendere dalla carrozza ed insieme si
avviarono verso la grande casa.
“Allora,
ti sei divertita stasera?”
Marian
annuì poco convinta.
“Ho
notato che hai fatto amicizia con Robin.” La ragazza fece una
smorfia di insofferenza che, però, suo padre non
notò. “Mi fa piacere. E’ un ragazzo
molto in gamba, sai? Stasera io e Sir Thomas abbiamo parlato molto di
voi...”
Marian si
bloccò in mezzo al giardino. “In che senso, padre,
avete parlato di noi?”
“Bè,
Thomas è rimasto incantato da te e sarebbe felicissimo di
averti come nuora. Come del resto io sarei felice di aver Robin
come...”
“NUORA?!
Sir Thomas vorrebbe avermi come nuora?” chiese Marian
incredula. “Mi ha visto una volta e già vorrebbe
farmi sposare suo figlio, che, tra parentesi, è un vero
imbecille!”
“Marian!”
la rimproverò suo padre. “Non ti permetto di dire
certe cose! E poi... ehi adesso dove vai?” chiese, vedendo
sua figlia camminare a passo spedito verso la casa. “Non ho
ancora finito di parlare con te!”
“Vado
a dormire. E domattina spero di scoprire che questo è
soltanto un orribile incubo! Buonanotte, padre!”
Marian corse
in camera sua. Spalancò la porta e si gettò di
peso sul letto, affondando la testa nel cuscino.
Sarah,
allarmata dalle sue grida, entrò in camera della ragazza e
sorrise leggermente. “E’ davvero così
idiota il prescelto di tuo padre?” le chiese, avvicinandosi e
accarezzandole amorevolmente i capelli.
“Peggio,
molto peggio, Sarah!” esclamò arrabbiata Marian.
Primo
capitolo on line. Ditemi cosa ne pensate, anche le critiche, se
costruttive, sono ben accette! A presto col prox chap!!
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Capitolo 2 *** Doti Nascoste ***
Doti Nascoste
Sarah
entrò silenziosamente nella stanza di Marian. Si
avvicinò alla finestra e, con un gesto rapido,
aprì le imposte, lasciando che la luce del sole invadesse
tutta la camera.
Marian si rigirò tra le lenzuola e mugugnò
contrariata, tenendo ancora gli occhi chiusi. “No, Sarah, ho
sonno! Ti prego!”
La donna sorrise teneramente. Malgrado Marian avesse già
diciotto anni, a volte le ricordava la bambina pigra e dormigliona che
era da piccola. “Su, coraggio signorina! E’ ora di
alzarsi!”
Marian sbuffò e, finalmente, si decise ad aprire gli occhi.
Si mise seduta sul letto e guardò la sua nutrice, che aveva
già iniziato a rassettare la stanza. “Sarah,
dov’è mio padre?” chiese con gli occhi
gonfi di sonno.
“E’ uscito da un pezzo, Marian. E devo dire che non
era affatto di buon umore...”
Marian sprofondò di nuovo tra le lenzuola. “Ah!
Quindi a lui ad essere arrabbiato! Incredibile davvero!”
esclamò indignata.
“Marian” la richiamò Sarah, dando ancora
le spalle alla ragazza. “Cerca di capirlo. Credeva di fare il
tuo bene. E tu non... Oh santo cielo!”
Marian sussultò, spaventata e si rimise seduta.
“Cosa c’e?” chiese.
“Questo sono io che lo chiedo a te, bambina!” le
disse la donna avvicinandosi e sedendosi sul letto. “Hai una
faccia terribile! Sei pallida come un cencio! Ma non hai riposato
stanotte?”
Marian si passò una mano tra i capelli, cercando di
sistemarli. “A dir la verità, ho dormito poco...
Continuavo a sognare quel maledetto Robin di Locksley!”
Sarah mise su un sorriso furbo. “Ah-ha! Allora un
po’ ti piace! L’hai addirittura sognato!”
Marian inarcò un sopracciglio. “Erano incubi, Sarah. Incubi terribili. E
quel presuntuoso era il protagonista incontrastato.”
Sarah rise divertita e anche Marian sorrise leggermente. “Va
bene, adesso però raccontami come è andata la
serata. Promessi fidanzati a parte, ti sei divertita?”
Marian sospirò afflitta. “Affatto. Mi sono
annoiata da morire. Mio padre e gli altri nobili non hanno fatto altro
che parlare di politica, di guerra, di caccia... Ed io sono rimasta
tutta la sera seduta in angolo ad ascoltare.”
“E immagino che la cosa non ti sia piaciuta molto.”
La ragazza scosse la testa. “Eppure avrei voluto partecipare.
Ma alle donne non è permesso parlare in presenza degli
uomini.”
“Marian, te l’ho già detto mille volte.
Gli uomini vogliono una donna elegante, raffinata, che sappia occuparsi
dei figli e della casa... Non hanno bisogno di una moglie che pensi con
la sua testa. Bisogna essere obbedienti e beneducate...”
“Ma non capisci, Sarah?” saltò su
Marian, frustrata. “E’ proprio quello che non
voglio! Io voglio un uomo che mi ami, che mi faccia sentire speciale e
a cui non dia fastidio il mio essere indipendente! Deve rispettarmi
come donna, prima ancora che come moglie e madre!”
“Ah bambina mia! Come sei ingenua...”
sussurrò Sarah, prima di abbracciarla.
“E’ così difficile trovare un uomo del
genere?”
“Bè forse no.” La rassicurò
Sarah. “Ho sentito dire che c’è un
giovane nobile in un villaggio qui vicino che la pensa proprio come
te...”
“Davvero?” domandò Marian,
illuminandosi. “E come si chiama?”
Sarah si alzò dal letto e si avviò verso la
porta. “Robin di Locksley.”
Marian afferrò uno dei suoi cuscini e lo lanciò
piano verso la donna. “Mai!” esclamò.
“Piuttosto mi chiudo in un convento!”
Sarah scoppiò a ridere, divertita dai capricci di Marian.
“Io non ne sono così sicura... Credo che quel
giovanotto abbia molte doti nascoste...”
Robin e Much
cavalcavano spediti verso Nettlestone.
Sir Thomas aveva dato loro il compito di portare cibo e medicine ad
alcuni poveri del villaggio e di aiutare il vecchio fabbro a riparare
il suo tetto.
“Forza Much!” esclamò Robin.
“Ci siamo quasi!”
“Padrone! Non correte così! Potreste farvi
male!” osservò il servo preoccupato.
Robin rise di gusto e spronò ancora di più il suo
cavallo.
In pochi minuti i due ragazzi arrivarono al villaggio e iniziarono a
distribuire le vivande.
Era tutto preso dalle sue occupazioni, quando in lontananza vide una
giovane donna che si avvicinava a cavallo.
La ragazza entrò nel villaggio e imboccò la
stradina principale, fermandosi di fronte ad una modesta cassetta.
Una ragazza dai capelli rossi uscì dall’
abitazione e corse ad abbracciarla.
Robin sorrise contento. “Guarda, guarda chi si
vede...”
Marian intanto aveva sciolto l’abbraccio con la sua amica
Jane e la prese per mano. “Jane, amica mia, come stai? Ho
saputo che tuo padre è malato.”
Jane sorrise triste e annuì. “Il medico dice che
non c’è nulla da fare. Dobbiamo solo aspettare e
pregare.” E Marian vide una lacrima solitaria uscire dai suoi
occhi verdi.
L’abbracciò di nuovo e cambiò
argomento. “Sarah vi manda del pane.” Le disse
aprendo la sua borsa. “E anche del formaggio per tua madre.
Sa che le piace molto.”
Jane le sorrise grata. “Ringraziala da parte mia. Li porto
subito dentro.” E, presa la borsa di Marian, entrò
in casa e uscì di nuovo dopo qualche minuto.
“Vieni, sediamoci qui, Marian” e condusse la sua
amica in un angolo del piccolo giardino. “Allora”
le chiese impaziente, quando si furono sedute, “come
è andata la festa a Locksley? Tutto il villaggio ne parla,
ma la mia migliore amica non mi ha ancora raccontato
nulla...” disse fintamente risentita.
Marian alzò gli occhi al cielo. “Forse
perché non c’è nulla da raccontare,
Jane...”
La rossa rise divertita. “Ti prego, Marian! C’erano
tutti i giovani della contea e tu vuoi farmi credere che tuo padre non
ne ha approfittato?”
“A dir la verità si. Ma io non ho nessuna
intenzione di assecondarlo.”
“Allora il prescelto deve essere davvero terribile se sei
così arrabbiata...” notò Jane.
“Terribile è un eufemismo,
Jane!”strepitò, alzandosi in piedi e iniziando a
gesticolare furiosamente con le mani. “E’ un
arrogante presuntuoso...”
“Buongiorno Lady Marian.” Esclamò la
voce di Robin di Locksley alle sue spalle. “Vedo che questa
mattina siete di ottimo umore.”
“Ero
di ottimo umore fino ad un secondo fa.” Rispose Marian dolce
come il miele, anche se si vedeva benissimo che avrebbe tanto voluto
ucciderlo con le sue mani.
“Marian!” la richiamò sottovoce Jane.
“Non dire certe cose!”. Ma Marian la
ignorò bellamente.
“Qual buon vento vi porta a Nettlestone? Qualche bella
ragazza? Come la biondina di ieri sera?”
Robin sorrise sornione. “Gelosa, milady?”
Marian rise sprezzante. “Di voi? Nemmeno tra mille anni,
Locksley!”
“Mi sembrava... Comunque sono qui per riparare il tetto della
casa dell’anziano fabbro. Sapete per caso dirmi quale sia,
gentili fanciulle?”
Jane rise lusingata mentre Marian rivolse al giovane
un’occhiata assassina.
“E’ la casa qui di fronte, milord.” Disse
gentilmente Jane. “Il vecchio fabbro abita
lì.”
Robin fece un cenno col capo. “Vi ringrazio milady. Allora a
più tardi, ora il lavoro mi chiama.” E, dopo aver
recuperato Much, si avviò verso la casa del fabbro.
Jane rimase incantata a guardare quel giovane così educato
ed affascinante, finché Marian non la scrollò
bruscamente.“Jane! Ci sei?”
La rossa annuì, assente. “Dio, Marian, ma
l’hai visto? E’ così bello!
Perché non chiedi a tuo padre di essere promessa a lui?
Sareste meravigliosi insieme...”
Marian roteò gli occhi. “E’ lui il
prescelto di mio padre...”
Jane si voltò di scatto verso di lei. “Davvero? Ma
non avevi detto che...”
“Era arrogante e presuntuoso, sì. E infatti lui lo
è!” spiegò irritabile, girandosi di
spalle in modo da non dover guardare la casa di fronte.
“Forse!” le fece notare Jane. “Ma
è così bello! E’ impossibile che un
ragazzo così sia...”
“Credimi, lo è!” tagliò corto
Marian.
“Secondo me ha qualche dote nascosta. E tu sei solo... OH MIO
DIO!” esclamò sottovoce Jane, voltandosi di spalle
anche lei.
Marian la guardò confusa. “Che hai, Jane? Sei
diventata tutta rossa!”
“Marian, tu non trovi che faccia caldo, oggi?”
“Si, certo, oggi è una giornata molto calda, il
sole picchia forte.” Convenne Marian sempre più
confusa. “ma che c’entra questo col tuo
comportamento?”
Jane prese Marian per le spalle e la guardò seria.
“Marian, adesso voltati e guarda verso la casa del fabbro.
Sul tetto, precisamente.”
“Jane, ma che diavolo...” Jane voltò la
sua amica e Marian non riuscì neppure a finire la frase,
rimanendo a bocca aperta.
Sul tetto della vecchia casa di fronte, Robin di Locksley stava
riparando alcune vecchie assi rovinate. Il problema era che lo stava
facendo a petto nudo!
I caldi raggi del sole colpivano ed illuminavano la sua schiena tonica.
I muscoli tesi guizzavano ad ogni suo piccolo movimento mentre alcune
gocce di sudore colavano giù lungo la spina dorsale.
Marian deglutì a fatica e sbatté le palpebre,
cercando di riprendere il controllo.
“Visto che avevo ragione io sulle doti nascoste? Guarda che
fusto!” le sussurrò Jane in un orecchio.
D’un tratto Robin, sentendosi fissato, si voltò e
subito i suoi occhi azzurri si incatenarono a quelli blu di Marian.
Come era già successo alla festa, i due ragazzi rimasero a
fissarsi a lungo, quasi volessero leggere l’uno nella mente
dell’altra.
Robin rimase incantato di fronte a quella meravigliosa giovane donna. I
capelli scuri lasciati liberi sulle spalle, quelle labbra piene e rosse
e poi quegli occhi ammalianti dello stesso colore del mare in tempesta.
Marian, ancora con la bocca leggermente socchiusa, continuò
a fissare quel ragazzo che tanto odiava, ma in quel momento le sembrava
il più bello del mondo. ‘Di
certo sarà arrogante, ma bisogna ammettere che è
davvero affascinante...’
Fu Much a spezzare l’idillio tra i due, chiamando a
gran voce il suo padrone.
Robin e Marian si riscossero entrambi e, resosi conto di quello che era
successo, arrossirono fino ai capelli.
Marian si voltò verso Jane, che la guardava con
l’aria di chi la sa lunga.
“Cosa c’è?”
“No, niente. Ma non era lui il presuntuoso, arrogante,
eccetera eccetera?”
“Si certo” rispose Marian indifferente, tornando a
sedersi.
“E allora quel intenso scambio di sguardi
cos’era?”
“Quale scambio di sguardi? Non so di cosa parli,
Jane.” Rispose Marian, facendo finta di nulla.
Jane sospirò rassegnata. Sapeva quanto Marian fosse
testarda... Inutile cercare di vincere con lei.
“D’accordo, hai ragione, mi sono immaginata
tutto.”
“Si, infatti” convenne Marian.
Le due ragazze rimasero sedute a chiacchierare ancora un po’
e ‘l’incidente’
con Robin venne del tutto dimenticato.
Quando però Marian comunicò a Jane che per lei
era ora di tornare a casa, la rossa, approfittando di un momento di
distrazione della sua amica, si accostò alla casa del fabbro
e chiamò Robin.
Il giovane, anch’egli già pronto a tornare a
Locksley, le si avvicinò. “Ditemi, milady. Cosa
posso fare per voi?”
Jane arrossì, sentendosi chiamare milady, e
guardò un attimo in direzione di Marian, ancora impegnata a
sistemare il suo cavallo. “Vedete, la mia amica sta per
tornare a casa, a Knighton, ma io sono un po’ preoccupata. La
strada è piuttosto lunga e lei è tutta sola. Non
è che, per caso, voi potreste... farle compagnia? Sarei
molto più tranquilla se so che è con qualcuno che
può proteggerla... Non si sa mai chi si può
incontrare lungo il cammino...”
Robin abbozzò un sorriso a quella richiesta. “Non
preoccupatevi per la vostra amica. La scorterò io fino a
casa, se questo vi tranquillizza.”
Jane gli sorrise grata. “Vi ringrazio, vi ringrazio
molto.” E, detto ciò, si voltò verso
Marian, che, da lontano, la guardava di traverso.
“Marian!” gridò “Buone
notizie! Non dovrai tornare da sola a casa! Questo gentile signore si
è offerto di accompagnarti fino a Knighton!”
Marian la fulminò con lo sguardo. “Non ce
n’è bisogno, milord. So cavarmela benissimo da
sola...”
“Non ne dubito Lady Marian” rispose educatamente
Robin “ma sarei onorato se voi accettaste il mio invito a
fare una bella cavalcata insieme. Che ne dite?”
Marian annuì e montò immediatamente a cavallo.
“D’accordo, milord. Spero solo di non annoiarvi
troppo. Non sono molto abile a cavallo.”
“Non vi preoccupate, non vi metterò in
difficoltà. Lasciatemi solo recuperare il mio
destriero.” E si allontanò, dirigendosi verso Much.
“Tu non c’entri niente con questa storia,
vero?” sibilò adirata Marian in direzione della
sua amica.
“Certo che no, Marian. E’ stata un’idea
sua.”
“Si certo come no!” bofonchiò Marian.
“Ma sappi che questa me la paghi Jane! Davvero!”
“Allora, Lady Marian, vogliamo andare?” Robin era
appena tornato. Fece un leggero inchino verso Jane e imboccò
il sentiero principale che portava fuori dal villaggio.
Marian lo seguì impettita e, dopo aver lanciato
un’ultima occhiataccia a Jane, si apprestò a
seguire il suo compagno di passeggiata.
“Quindi
abitate da sola con vostro padre, milady? Nessun fratello o
sorella?”
Marian scosse il capo. “No, siamo solo io e mio padre. Mia
madre è morta dandomi alla luce ed io non l’ho mai
conosciuta.”
“Vi capisco, Lady Marian. Neanche io ho conosciuto mia madre.
So bene come ci si sente.”
Marian abbozzò un sorriso. “Anche se io mi ritengo
molto fortunata. Sono stata cresciuta da una donna dolce e
premurosa.”
Robin le rivolse uno sguardo interrogativo.
“Sarah, la mia nutrice.” Spiegò la
ragazza. “E’ stata lei a farmi da madre fin da
quando sono nata.”
“Dovete amarla molto.”
Marian annuì decisa. “Moltissimo. Da cosa
l’avete capito?”
“Quando parlate di lei, i vostri occhi si illuminano e
diventano ancora più belli. Avete uno sguardo particolare
che non vi avevo mai visto.”
“O che non avevo mai rivolto a voi, milord.” Lo
punzecchiò Marian.
Robin rise davanti a quella piccola provocazione.
“Bè non abbiamo avuto molte occasioni di parlare.
Alla festa siamo stati interrotti troppo presto...”
“Voi eravate occupato i altre questioni,
milord”
“... mentre oggi” Robin non ribattè alla
sua interlocutrice “io ero impegnato con il tetto e voi...
bè voi eravate impegnata a guardare il mio prestante fisico,
milady.”
Marian fermò il cavallo e si voltò offesa verso
Robin. “Io cosa?” chiese senza fiato.
“Arrogante che non siete altro! Io non vi stavo affatto
fissando! Eravate voi a guardare me! Non negatelo!”
Robin rise accattivante. “Non ne ho nessuna intenzione,
milady. E’ vero vi guardavo. E mai il mio tempo fu speso
meglio.”
Marian aprì la bocca per ribattere, ma non ne
uscì alcun suono. Aprì e richiuse le labbra un
paio di volte e abbassò lo sguardo, imbarazzata.
“Non ditemi che vi ho messo in imbarazzo, milady.”
Marian rialzò gli occhi e lo guardò furiosa.
“Certo che no, milord! Stavo solo pensando a quanto voi siate
maleducato!”
Robin scoppiò a ridere. Dio, se gli piaceva quella ragazza!
Era testarda, orgogliosa, fiera. Mai aveva incontrato una come lei. Le
altre ragazze erano tutte sciocchi risolini e buone maniere. Parlavano
solo di vestiti, balli e feste, ma lei no. Marian era diversa. Molto
diversa. “E perché mai? Vi ho solo fatto un
complimento! Del tutto meritato, tra l’altro!”
A quel punto Marian smontò da cavallo e avanzò a
grandi passi verso di lui. “Ma come vi permettete di dire
certe cose? Io non vi conosco affatto! Non dovreste prendervi queste
libertà!”
Robin smontò da cavallo, ma non disse nulla. Si
limitò a sorriderle sornione.
“E non sorridete come un idiota! Io non sono una di quelle
sciocche ragazze che vi adorano come se foste un dio sceso in terra!
Loro in voi vedono solo ricchezza, potere, sicurezza...”
Robin avanzò di alcuni passi verso di lei. “E voi,
Lady Marian? Cosa vedete voi?”
“Io? Io vedo solo un ragazzino viziato, abituato ad avere
tutto ciò che vuole e a comportarsi come se fosse il padrone
del mondo!”
Ormai Marian stava gridando. Non ce la faceva più a tenersi
tutto dentro. Suo padre, la promessa con Sir Thomas, il matrimonio,
Robin... aveva bisogno di sfogarsi, di urlare anche se sapeva che non
era giusto scaricare le proprie frustrazioni su quel ragazzo.
Ma lui aveva la dannatissima capacità di farla arrabbiare e
innervosire più di chiunque altro. Non riusciva a capire se
lo facesse apposta o se era una sua dote innata, ma Marian non riusciva
davvero a sopportarlo!
Robin dal canto suo, era rimasto lì fermo, con il sorriso
ancora sulle labbra e il suo solito sguardo furbetto. Guardava quella
ragazza che gliene stava dicendo di tutti i colori e non poteva far
altro che osservare quanto fosse bella.
I capelli scomposti, gli occhi infiammati, le mani che gesticolavano
convulsamente, il petto che si alzava ed abbassava ritmico.
Fece ancora qualche altro passo fino ad arrivare di fronte a lei.
La ragazza ammutolì all’istante, quando si accorse
della pericolosa vicinanza del giovane Robin.
Il ragazzo alzò una mano e le accarezzò
dolcemente una guancia arrossata. Marian chiuse gli occhi, come per
godere appieno di quel delicato contatto.
“Davvero mi considerate così terribile,
milady?” chiese Robin piano, avvicinandosi ancora.
“Assolutamente si, Locksley.” Rispose Marian con un
filo di voce e gli occhi ancora chiusi.
“Allora devo farvi cambiare idea ad ogni costo.”
Marian rabbrividì sentendo il respiro caldo di Robin sulle
proprie labbra.
In un attimo, il giovane passò un braccio intorno alla vita
della ragazza e posò le proprie labbra sulle sue.
Marian sentì le gambe cedere, mentre con le braccia
circondava il collo di Robin.
Il ragazzo la strinse di più a sé, cercando di
approfondire il bacio, ma Marian riaprì improvvisamente gli
occhi e si allontanò bruscamente da lui. “Come vi
siete permesso di baciarmi senza il mio consenso? Con chi credete di
avere a che fare? Con una delle vostre sciacquette?”
Robin rimase leggermente interdetto, la mano che accarezzava la guancia
di Marian ancora sollevata a mezz’aria. Scosse la testa come
per riprendere il contatto con la realtà dopo quel
incredibile bacio.
“Non mi pare di aver fatto nulla che non abbiate voluto anche
voi, milady...” osservò con il suo solito sorriso
sfacciato.
Marian cercò nervosamente di sistemarsi i capelli e di
riacquistare un po’ di contegno. “Io non vi ho dato
il permesso di baciarmi!” gridò furiosa.
“Però non mi pare vi siate poi opposta
così tanto...”
Marian spalancò la bocca indignata e ridusse gli occhi a due
fessure. Si avvicinò a passo spedito a Robin e,
inaspettatamente, gli mollò un ceffone in piena guancia.
“Adesso mi sono opposta abbastanza, Locksley?”
Robin, colto alla sprovvista, si voltò esterrefatto verso la
meravigliosa guerriera che aveva di fronte e non disse nulla. Per la
prima volta nella sua vita, Robin di Locksley era rimasto senza parole.
Marian, soddisfatta della reazione del ragazzo, gli voltò le
spalle e montò di nuovo a cavallo. “Grazie per la
compagnia, milord. Da qui posso tornare da sola a casa. Non occorre che
mi accompagniate.”
Quelle parole parvero risvegliare Robin dal trance. Si voltò
a guardare Marian e il solito sorriso strafottente tornò sul
suo viso. “Mi dispiace milady, ma ho promesso alla vostra
amica che vi avrei scortato fino a casa. Ed è quello che
intendo fare, quindi...” e risalì agilmente in
sella, pronto a riprendere la cavalcata.
“Bene.” Dichiarò Marian.
“Allora non vi dispiacerà se faccio sgranchire un
po’ il mio cavallo, milord...”
“Assolutamente no, Lady Marian, potete...”. Ma
Robin non riuscì a finire la frase. Marian era
già partita al galoppo, spronando il suo candido cavallo.
“Eh meno male che non era brava a cavalcare!”
borbottò Robin, prima di lanciarsi
all’inseguimento di quella piccola amazzone.
Marian scese da
cavallo e si diresse verso la stalla, soddisfatta.
Dopo qualche minuto, anche Robin oltrepassò lo steccato di
Knighton Hall e entrò nella proprietà.
Marian gli rivolse uno sguardo innocente, ma notò con
piacere che il giovane era piuttosto seccato.
“Finalmente, Locksley! Credevo vi foste perso!”
esclamò beffarda.
“Certo che no, milady. Vi seguivo a distanza.”
Rispose Robin, tranquillo. “Non è carino battere
una signora. Ho preferito farvi vincere.”
Marian inarcò un sopracciglio. “Farmi vincere? Non
dite idiozie, Locksley! Io vi ho seminato! Non siete riuscito a starmi
dietro!”
“Certo, milady.” Convenne accondiscende Robin.
Il battibecco fu interrotto da Sarah, che uscì in giardino.
“Marian! Come mai hai impiegato tutto questo tempo? Non
sarà successo qualcosa?”
Marian lanciò un’ultima occhiata velenosa a Robin
e si voltò verso la donna. “No, Sarah, non
preoccuparti. Sto bene. Ho avuto solo un piccolo contrattempo.”
affermò guardando Robin. “Fortunatamente Sir Robin
di Locksley mi ha gentilmente scortata fino a casa.”
Concluse, usando il tono di voce più falso che poteva,
facendo sorridere Robin.
“Oh vi ringrazio, milord.” Esclamò grata
l’anziana donna. “Volete entrare un attimo a
riposarvi?”
Marian si voltò di scatto verso Sarah e poi subito verso
Robin.
“No, vi ringrazio, ma è tardi. Credo sia meglio
tornare a casa. Lady Marian vi ringrazio per la piacevole compagnia e
spero che avremo altre occasioni per chiacchierare...”
“Non vedo l’ora, milord.”
Ribattè acida Marian.
Robin fece un inchino alle due donne e, rapido, si allontanò
dall’abitazione.
Sarah sorrise radiosa verso Marian. “E’ molto
affascinante, non credi? L’hai conosciuto meglio? Cosa ne
pensi?”
Marian guardò la piccola sagoma all’orizzonte che
si allontanava velocemente. “Penso che oggi, sarebbe stato
meglio se fossi rimasta a casa.”
Secondo
capitolo a tempo di record! Non mi è mai successo, ma questa
storia mi piace troppo e spero anche a voi!!
Ringrazio
tutti quelli che hanno letto e un grazie speciale a:
Nikelaos: Si, avevi ragione
tu su Locksley! Scusami, ma ho trovato così tanto versioni
di questo nome (persino Loxley!)! Come avrai notato ho corretto
l’errore! Mi raccomando continua a seguire la storia!
GinevraMalfoy90: Sono contenta che
la storia ti piaccia e che ti diverta! Speriamo che ti piacciano anche
i prox capitoli!!
Giuggiolina43: Bè
Robin non sarebbe Robin, se non fosse presuntuoso e irritante, ma del
resto noi lo amiamo proprio per questo, no?
Si
accettano anche suggerimenti per i prossimi capitoli...
Un’idea generale sull’evoluzione della storia ce
l’ho già, però mi farebbe piacere
sapere cosa vi vorreste vedere (e cercherò di accontentarvi
come posso!)
Un
bacio!!
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Capitolo 3 *** Discussioni e Distrazioni ***
Discussioni
e Distrazioni
Sir Edward
afferrò la sua spada e l’assicurò alla
cintura. Poi afferrò il suo mantello e lo
indossò, pronto per uscire.
Era già sull’uscio di casa quando sua figlia lo
richiamò indietro.
“Padre! Non mi salutate neppure, questa mattina?”
Edward si voltò verso sua figlia e le sorrise colpevole.
“Mi dispiace, Marian. Credevo stessi ancora
dormendo.”
Marian scosse la testa. “Mi sono alzata presto oggi. Pensavo
di fare un giro al villaggio...”
“Certo, vai pure.” Sir Edward non aggiunse altro,
ma Marian ebbe come l’impressione che suo padre volesse
chiederle qualcosa.
“Cosa c’è?” domandò
sospettosa.
Edward scosse la testa. “Nulla, nulla.”
Marian si mise le mani sui fianchi. “Cosa
c’è, padre?” ripetè
impaziente, abbozzando un sorriso verso il genitore.
“C’è una ragione particolare per andare
al villaggio?” chiese finalmente l’uomo, fissando
sua figlia negli occhi.
“No, nessuna ragione. Volevo solo fare visita a Jane...
Sapete suo padre sta molto male e non sanno fino a...”
“Quindi Robin non c’entra nulla?” la
interruppe Sir Edward.
Marian sgranò gli occhi, sorpresa.
“Robin?”
“Si, Robin. Sarah mi ha detto che avete passato un
po’ di tempo insieme ieri.”
“Si, è vero.” Confermò
Marian, neutra.
Il viso di Sir Edward si illuminò all’improvviso.
“Che magnifica notizia!” esclamò
avvicinandosi a sua figlia. “E come è
andata?”
“Meravigliosamente!” cinguettò quasi
isterica, sfoggiando un sorriso forzatissimo. “Ci siamo
divertiti molto!”
“Davvero?” domandò ancora suo padre al
culmine della felicità.
Il sorriso di Marian scomparve repentino. “No. E’
stata una giornata orribile. La peggiore della mia vita. E se voi vi
ostinerete con questa storia del matrimonio, non sarà
nemmeno l’ultima!”
Suo padre la guardò amareggiato. “Marian, bambina
mia, non capisci che lo faccio per il tuo bene? Con Robin avrai
ricchezza e prestigio. Diventerai la padrona di Locksley!”
“Credete davvero che mi interessino le ricchezze, il denaro,
la tranquillità economica? Come mi conoscete poco,
padre!”
“Marian, so benissimo che tu cerchi altre cose, ma io, come
padre, devo occuparmi di te e del tuo futuro. Io non vivrò
in eterno e voglio essere sicuro che quando me ne andrò, ci
sarà qualcuno che si prenderà cura di
te.”
“Ma io non ho bisogno di un marito che mi faccia da
balia!” gridò la ragazza, frustrata. “So
cavarmela benissimo, da sola! Perché non ve ne
accorgete?”
Sir Edward guardò sua figlia infuriato. “Adesso
basta, Marian! Non è questo il momento per discutere.
Và nella tua stanza e restaci! Io devo andare!” e,
allacciatosi il mantello, voltò le spalle alla figlia e
imboccò la porta.
Marian, avvilita, si accasciò sulle ginocchia e
iniziò a piangere. Lacrime di rabbia, di frustrazione, di
nervosismo sgorgarono copiose dai suoi occhi blu e scivolarono lungo le
morbide guance.
Subito Sarah le si avvicinò e
l’abbracciò affettuosamente. “Su, tesoro
mio, non piangere.” Le disse accarezzandole i capelli.
“Sono sicura che tuo padre non si è
arrabbiato...”
Marian si separò dalla donna e le prese le mani.
“Ma io voglio che si arrabbi! Voglio che si accorga di me!
Voglio che finalmente si renda conto di avere una figlia che pensa e
ragiona con la sua testa! Una figlia che può benissimo
cavarsela da sola, anche senza un marito che... aspetta
com’era? ‘Un marito che si prenda cura di te quando
io non ci sarò più’!”
“Adesso basta, Marian!” la rimproverò
severamente Sarah. “Tuo padre fa quello che ritiene meglio
per il tuo futuro ed io, se devo essere sincera, sono totalmente
d’accordo con lui!”
Quell’affermazione per Marian fu peggio di uno schiaffo in
pieno viso.
Spalancò gli occhi incredula e fissò la sua
nutrice.
Non poteva crederci! Sarah, la donna che l’aveva cresciuta,
amata e trattata come una figlia fin da quando era nata, era
d’accordo con suo padre e lo appoggiava in pieno in quella
ridicola questione del matrimonio. Proprio lei che le aveva sempre
detto e ridetto che sarebbe sempre stata dalla sua parte. Sempre.
Marian si allontanò bruscamente dalla donna e si
alzò in piedi. “Ho bisogno di uscire...”
boccheggiò affannosamente e si diresse verso la porta.
“Mi dispiace, Marian.” La richiamò la
donna, rigida. “Tuo padre ha detto di andare in camera tua e
di restarci quindi...”
Gli occhi di Marian si dilatarono per lo stupore. “Cosa? Sono
anche agli arresti, adesso?”
“Mi dispiace, Marian.” Ripeté la donna.
“Vai in camera tua e rimani lì. Se hai bisogno di
qualcosa, chiama Leah. Io starò tutto il giorno al villaggio
ad aiutare mia sorella col raccolto.”
“Solo perché ho detto quello che pensavo, ora mi
ritrovo relegata in camera mia come fossi una bambina?”
“Forse è quello che sei!”
gridò Sarah, furente. “Una bambina viziata ed
irriconoscente!”
A quelle parole così dure, Marian deglutì a
fatica e, senza dire nulla, salì velocemente le scale e si
infilò in camera sua, sbattendo forte la porta.
Sarah chiuse gli occhi, addolorata. “Mi dispiace, bambina
mia.” Sussurrò. “Ma lo faccio per il tuo
bene.”
“Non mi avete raccontato come mai siete tornato
così tardi ieri, padrone.”
Robin chiuse un occhio e prese la mira, tendendo l’arco.
Trattenne il respiro e scoccò la freccia che, un attimo
dopo, andò a conficcarsi, con precisione millimetrica, in un
cavità del grande albero vicino allo steccato.
“Allora, padrone?” chiese Much, impaziente.
“Volete dirmelo o no?”
Robin sbuffò infastidito. “Insomma, Much! Ma la
vuoi piantare? Se non ti ho raccontato nulla, vuol dire che non
c’è nulla da dire!”
Much squadrò per un attimo il suo padrone e,
all’improvviso, scoppiò a ridere, rotolandosi
sull’erba. “Non ci posso credere,
padrone!”
Robin inarcò un sopracciglio, spazientito.
“Cosa?”
“Vi ha rifiutato!” gridò tra le risate.
“Lady Marian vi ha rifiutato! E’ per questo che
siete così taciturno, oggi!
Robin si alzò in piedi e lo fissò arrabbiato.
“Non mi ha rifiutato!” disse risentito.
“E poi come ti permetti di parlare così al tuo
padrone? Porta rispetto o ti faccio tagliare la lingua!”
Much smise subito di ridere e tornò a sedersi tranquillo
anche se, per precauzione, chiuse ermeticamente la bocca, quasi a voler
proteggere il prezioso organo.
Robin sorrise soddisfatto. “Così va molto meglio.
E comunque” disse, tornando a sedersi accanto
all’amico “Lady Marian non mi ha rifiutato. Mi ha
soltanto...” sorrise, ripensando alla scena “preso
a sberle... E che sberle! La guancia mi fa ancora male!”
“Vi ha preso a sberle?” domandò
stupefatto il servo.
Robin annuì. “Si. A sberle.”
“Ma come si è permessa? Voi siete Robin di
Locksley!”
“Sai, Much, non credo che a lei importi molto chi
sono.”
“Ah no?” chiese sorpreso il servo.
“No. Vedi Much, Marian è diversa da tutte le altre
ragazze che ho incontrato finora. Lei è forte, tenace,
testarda. Non permette a nessuno di metterle i piedi in testa e
combatte per quello in cui crede.”
“Oh mio Dio, ma è terribile!”
esclamò allarmato Much. “Chi mai vorrebbe sposare
una donna così?”
Robin rise divertito di fronte all’indignazione
dell’amico. “Oh ne saresti sorpreso,
Much...”
“Mah! Se lo dite voi, padrone... Io continuo a preferire un
altro tipo di ragazza... Dolce, gentile, cortese...”
“Oh ma io sono sicuro che, in fondo in fondo, anche Marian
possiede queste qualità...”
“Padrone, quella ragazza vi ha preso a schiaffi, dimenticate?
Cosa c’è di dolce in questo?”
Robin ridacchiò e, con un rapido gesto si alzò in
piedi. Scrutò un attimo il cielo e poi, si diresse a passo
spedito verso la stalla.
Much lo fissò sbalordito e, velocemente, lo seguì.
Stava quasi per arrivare alla stalla, quando Robin uscì in
volata, in sella al suo destriero.
“Padrone, dove andate?” chiese stupito il giovane
servo.
Robin scosse le spalle, indifferente. “Non lo so. Ho voglia
di fare una cavalcata.”
Much
inarcò un sopracciglio ed incrociò le braccia al
petto. “A Knighton, magari?”
Il suo padrone rise e scosse di nuovo le spalle.
“Perché no? C’è gente molto
interessante da quelle parti...” e si allontanò
velocemente al galoppo.
Marian accostò un orecchio alla porta.
Dal piano inferiore non proveniva alcun rumore e Leah, probabilmente,
era impegnata in cucina.
“Bene.” Sussurrò la ragazza. Si
avvicinò all’armadio, indossò un abito
comodo, che le permettesse di muoversi liberamente, e si
avvicinò alla finestra.
Aprì le imposte di legno e, dopo aver dato una veloce
occhiata alla porta, scavalcò il davanzale e
iniziò a calarsi giù.
Concentrata com’era nella sua ‘discesa’,
Marian non si accorse del giovane al galoppo che era appena entrato
nella sua proprietà.
Robin rallentò immediatamente e si avvicinò
silenzioso alle spalle della ragazza, rimanendo, per altro, molto
colpito dall’agilità e dalla destrezza di quella
piccola amazzone.
Sorrise compiaciuto e si avvicinò ancora fino ad arrivare ad
un paio di metri da Marian e tossicchiò, segnalando
così la sua presenza.
Marian si bloccò immediatamente, temendo di essere stata
scoperta dal vecchio Joe, o peggio ancora da Leah, ma non ebbe il
coraggio di voltarsi.
“Serve aiuto, milady?” lei chiese canzonatorio
Robin, scendendo da cavallo.
La ragazza, riconoscendo la voce, sospirò e alzò
gli occhi al cielo. “Santo cielo, Locksley! Ma voi siete una
persecuzione!”
Robin rise divertito. “Vi ringrazio per il complimento, Lady
Marian.”
“Non voleva affatto essere un complimento...”
“Permettete che vi aiuti, milady. Se vi faceste male, non me
lo perdonerei mai.” Confessò, arrivando proprio
sotto la ragazza.
“Non vi avvicinate! Ve lo proibisco!”
sbraitò Marian isterica.
Successe tutto in un attimo: Marian, concentrata sul battibecco con
Robin, mise un piede in fallo e perse la presa sulla balaustra. Chiuse
di scatto gli occhi, in attesa del colpo. Sarebbe caduta sicuramente a
terra, se il ragazzo non l’avesse prontamente agguantata al
volo, evitandole così un imbarazzante figura.
Quando Marian riaprì gli occhi, si trovò stretta
tra le forti braccia di Robin, con il viso vicinissimo a quello del
ragazzo.
“Avete visto che avevo ragione a volervi aiutare? Senza di
me, sareste sicuramente caduta a terra, milady...” le
sussurrò dolcemente.
“Se voi non vi foste avvicinato, io non sarei mai scivolata,
milord...” gli fece notare Marian.
I due giovani si fissarono un ultimo istante, prima di sorridere
entrambi, divertiti da quello stupido botta e risposta.
D’un tratto sentirono delle voci provenire da dietro la casa.
Marian si voltò impaurita e riconobbe la voce di Joe, lo
stalliere, che, evidentemente, era stato attirato dai rumori.
“Chi è là?” chiese
l’uomo, burbero.
Robin posò a terra Marian e corse velocemente verso il suo
cavallo. Marian lo seguì immediatamente.
“Presto!” sussurrò al giovane.
“Fatemi salire!”
“Che cosa avete intenzione di fare? Scappare di
casa?” domandò lui, allarmato.
“Non siate sciocco, Locksley! Voglio solo evadere da questa
prigione per qualche ora... Volete aiutarmi o no?”
Robin ci pensò un attimo e annuì rassegnato.
“Coraggio, andiamo! Dove vi porto?”
Marian salì al galoppo e si aggrappò alla vita
del giovane. “Il bosco, poco più avanti! Non ci va
mai nessuno!”
Robin sorrise furbo e guardò la ragazza, inarcando un
sopracciglio. “Volete approfittare di me, Lady
Marian?”
Marian lo fulminò. “Ve l’ho
già detto, Locksley... Nemmeno tra mille anni! Ed ora
muovetevi!”
“Insomma, volete dirmi dove stiamo andando? Sono due ore che
camminiamo!”
“Siete davvero noioso, sapete? Abbiate un po’ di
fede... Siamo quasi arrivati...”
Robin si voltò a guardare la ragazza dietro di lui,
scettico. “Dove esattamente? Ai confini del mondo
conosciuto?”
“No, sciocco che non siete altro!” lo
rimbeccò Marian. “Lì!” e
indicò una radura assolata che si affacciava su un piccolo
laghetto. “Forza. Avviciniamoci!”
Robin scosse la testa e spronò il cavallo fino a quello
spiazzo erboso. Poi fermò il cavallo, scese e
allungò una mano verso Marian, per aiutarla.
La ragazza inarcò un sopracciglio. “Guardate che
sono capace anche da sola!” affermò sprezzante.
“Si, certo.” Convenne Robin. “Come
eravate capace prima? Sotto la vostra finestra?”
Marian sbuffò infastidita e prese la mano del ragazzo, senza
dire nulla. Si avviò a passo spedito verso la radura e si
accomodò sull’erba, in prossimità del
laghetto. Poi si voltò verso Robin, ancora vicino al
cavallo, e lo invitò a sedersi accanto a lei.
Il ragazzo si avvicinò rapido e si accomodò alla
destra di Marian. “Che posto è questo?”
chiese, prendendo una pietra e lanciandola in acqua.
“E’ il mio posto segreto.”
Spiegò semplicemente la ragazza.
“Bè, non più tanto segreto, ormai. Io
so dov’è.”
Marian scosse la spalle. “Si, è vero. Ma non
sareste mai in grado di ritrovarlo da solo.”
“Mi credete davvero così idiota,
milady?” domandò Robin, risentito.
La giovane abbozzò un sorriso, divertita. “No,
affatto. Ma questo bosco è piuttosto grande ed io vi ho
fatto fare uno strano giro per arrivare qui... Quindi non credo che in
futuro lo ritroverete facilmente.”
Robin si arrese di fronte alla furbizia di quella giovane, meravigliosa
donna e sorrise. “E, di solito, cosa venite a fare
qui?”
“A pensare. Quando sono triste, arrabbiata o delusa, io vengo
qui e penso. Questo luogo mi dà serenità. Mi
tranquillizza.”
“Ed oggi come mai siete qui?” domandò
Robin, sdraiandosi a terra e poggiandosi sui gomiti, in modo tale da
poter continuare a guardare Marian. “Siete triste, arrabbiata
o delusa?”
Marian sorrise, avvilita. “Un po’ tutte e tre. Sono
triste per la storia del matrimonio, arrabbiata con mio padre che non
mi capisce e delusa da Sarah che non mi appoggia. Per la prima volta
nella mia vita, Sarah sta dalla parte di mio padre.” Prese un
sasso e lo lanciò furiosa nel laghetto.
“Ridicolo!”
“Non avete pensato che Sarah e vostro padre potrebbero avere
ragione? Sul matrimonio, intendo...”
Marian si voltò di scatto verso Robin. “Ragione?
RAGIONE? Come potrebbero avere ragione?” ribatté
infuriata. “Loro non hanno ragione! Io ho ragione! Non loro!
Voi non potete capire... Siete un uomo...”
Robin la guardò divertito. “Lo dite come se fosse
un crimine...”
“A volte lo è.” Sentenziò
Marian. “Voi non avete idea di cosa voglia dire essere una
donna. Essere viste soltanto come mezzi per sfornare figli, per dare
una discendenza, per mettere al mondo degli eredi.”
Sospirò pesantemente. “Non essere considerate mai
come essere umani che pensano, che sanno decidere, che sanno scegliere
da sole, senza che un uomo dica loro cosa fare.”
Robin annuì, comprendendo ciò che Marian gli
stava dicendo. Studiò per un attimo il suo profilo e
sentì una dolorosa fitta al cuore di fronte al dolore e alla
frustrazione della giovane che gli sedeva accanto.
“Mi dispiace.” Disse sinceramente. “Non
credevo fosse così difficile essere una donna al giorno
d’oggi.”
Marian si voltò verso di lui e gli sorrise dolcemente, per
la prima volta da quando si erano conosciuti. “Vi ringrazio,
lo apprezzo molto...”
“...ma questo non risolve il vostro problema,
giusto?”
Marian annuì, sorpresa dalla perspicacia del giovane.
“Infatti.”
“Un modo per risolvere la questione ci sarebbe...”
affermò convinto, dopo un attimo di riflessione.
“Davvero?” chiese Marian, speranzosa.
“Certo! Potrei dire a mio padre che non voglio sposarvi...
Sicuramente si infurierà, ma almeno voi sarete
libera.”
“Già!” esclamò amara Marian.
“Libera! E fino a quando?”
Robin la guardò confuso.
“Non fraintendetemi, milord. Apprezzo moltissimo la vostra
offerta e ve ne sono immensamente grata, ma non sarò affatto
libera. Se non sarete voi mio marito, sarà qualche altro
insulso nobile a chiedere la mia mano.”
“Non ci avevo pensato...” ammise Robin, triste.
“Vuol dire che dovrò convincere mio padre a non
accettare alcun pretendente per me.” Scherzò
Marian, facendo ridere Robin.
Rimasero così a chiacchierare e a scherzare per parecchio
tempo, fino a che Robin non si alzò in piedi e si
avvicinò alla piatta e liscia superficie del lago.
“Marian?” chiese serio. “Voi sapete
nuotare?”
La ragazza spalancò gli occhi confusa. “Si,
perché?”
“Che ne direste di un bel bagno per scacciare via la
malinconia e i brutti pensieri?” domandò il
giovane, avvicinandosi a lei con un sorrisetto che non prometteva nulla
di buono.
“Locksley, che cosa avete in mente? Non vi azzardate a...
Fermo!”
Ma ormai era troppo tardi! Robin l’aveva agguantata e, con
facilità, se l’era caricata sulle spalle con tutta
l’intenzione di gettarla in acqua. Purtroppo non aveva fatto
i conti con le resistenze di Marian, che prese a colpirlo sulla
schiena, intimandogli di lasciarla subito andare.
“Volete scendere, milady?” chiese lui, beffardo.
“Allora eccovi accontentata!” e fece per buttarla
nel laghetto. Ma Marian, velocissima, poco prima di cadere, gli
afferrò un polso e trascinò in acqua anche lui.
Quando entrambi riemersero, completamente zuppi, si guardarono per un
istante e, subito, presero a schizzarsi come due ragazzini, ridendo a
crepapelle.
Le tristezze di qualche minuto prima sembravano ormai dimenticate.
Marian smontò da cavallo e si guardò attorno
prudente. Era ormai quasi sera, e lei e Robin erano appena tornati a
Knighton Hall.
“Presto, milady.” Le intimò lui.
“Prima che qualcuno vi veda...”
La ragazza arrivò fin sotto la finestra della sua camera e,
con l’aiuto di Robin, prese ad arrampicarsi.
Dopo qualche minuto, si aggrappò al davanzale di legno e si
sollevò, entrando in camera.
Stava per riaffacciarsi nuovamente e dare la buonanotte al suo
cavaliere quando sentì, nel corridoio, dei passi che si
avvicinavano.
Fece appena in tempo a chiudere le pesanti imposte che Sarah irruppe
nella stanza.
Marian si voltò spaventata verso di lei e le sorrise,
nervosa. “Ehi, Sarah! Come mai già a
casa?”
“Cos’era quel rumore?” chiese la donna,
sospettosa.
Marian si allontanò dalla finestra e andò verso
l’armadio. “Nulla, Sarah. Ho solo chiuso le imposte
che sbattevano. Tutto qui. Tu piuttosto? Com’è
andata al villaggio, oggi?”
Sarah la fissò, ancora poco convinta. Quella ragazza si
comportava in maniera molto strana. “Bene. Abbiamo lavorato
fino a poco fa. Tu ti sei annoiata?”
Marian si voltò di nuovo verso l’armadio e
iniziò a frugarci dentro senza motivo, solo per evitare che
Sarah vedesse il sorriso felice che gli si era formato sul volto,
ripensando alla sua magnifica giornata. “Si, un
po’. Ma mi sono dedicata al ricamo e ad altre sciocchezze
simili.”
Sarah la guardò allarmata. ‘Si era dedicata al
ricamo? Senza esserci costretta? Questa sì che era
è bella!’
“Ora scusami, Sarah, ma sono molto stanca e vorrei andare a
dormire.”
Sarah annuì e l’abbracciò, augurandole
la buonanotte.
Era già accanto al letto quando Sarah, sulla soglia della
porta, la richiamò. “Marian.” Le disse,
seria. “La prossima volta che esci di nascosto, cerca almeno
di non sporcarti l’orlo del vestito con la terra,
d’accordo?”
Marian guardò velocemente il suo abito e notò,
proprio in fondo alla gonna, alcune macchie scure.
Spostò lo sguardo nuovamente su Sarah e vide che la donna le
sorrideva amorevolmente. “Grazie, Sarah.”
“Di nulla, bambina. Buonanotte.” E
lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Marian scosse la testa, ancora leggermente sorpresa dalla reazione di
Sarah e, improvvisamente, si ricordò di Robin.
Si precipitò alla finestra e l’aprì,
scrutando con attenzione nell’oscurità. Dopo
qualche minuto di ricerca, si sistemò una ciocca di capelli
dietro l’orecchio e sospirò delusa.
Robin se n’era già andato.
Finito
anche il terzo capitolo! In questo chap abbiamo visto una Marian
leggermente più triste di quella a cui siamo abituati, ma
volevo che lei e Robin cominciassero davvero a capirsi e a conoscersi
più a fondo, aldilà delle battute, dei
battibecchi e delle provocazioni... Spero di non essere stata troppo
OOC! Ditemi cosa ne pensate!
Come
sempre ringrazio tutti coloro che hanno letto e soprattutto coloro che
hanno commentato:
GinevraMalfoy90: hai
perfettamente ragione! Marian è grandiosa! Anche io l'adoro
e spero solo di essere riuscita a descriverla bene!
Giuggiolina43: sono
contenta che continui a seguire ed apprezzare la mia storia! Spero che
Robin ti piaccia anche in questo capitolo in versione serio e un
pò più riflessivo (ma non troppo!).
Bluesky:
addirittura perfetta? Non credo di meritare tanto! In realtà
cerco solo di descrivere i miei personaggi meglio che posso e mi
commuovo quando voi li apprezzate così! Grazie!
Werty: ti ringrazio
moltissimo per i complimenti e comunque anche io adoro Robin e Marian e
il loro "controverso" rapporto di amore-odio (anche se per il momento
abbiamo visto di più l'odio! Ma aspetta il prox chap...).
Grazie e continua a seguire la storia!
Grazie
davvero! Non immaginate nemmeno quanto mi faccia piacere leggere le
vostre recensioni! A presto!!
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Capitolo 4 *** Un Dolore Inaspettato ***
Un Dolore Inaspettato
Robin
entrò fischiettando nel grande salone e si sedette a tavola,
pronto per fare colazione.
Quella mattina
si era alzato più presto del solito, ma proprio non era
riuscito a rimanere a letto.
Era ancora
incredibilmente su di giri per la meravigliosa giornata trascorsa con
Marian e, nonostante fossero passate parecchie ore dal loro ultimo
incontro, lui non riusciva a smettere di sorridere come uno sciocco.
Thornton, il
più anziano servitore di Locksley nonché uomo di
fiducia di Sir Thomas, gli si avvicinò, stupito da quel suo
strano comportamento. “Padron Robin” gli disse,
sedendosi accanto a lui “siete di ottimo umore
quest’oggi. C’è una ragione
precisa?”
Robin, ancora
sorridente, alzò le spalle. “E’ una
bella giornata, tutto qui.”
“Ah.”
Esclamò Thornton, capendo finalmente. “Fatemi
indovinare... C’entra una ragazza, vero?”
Robin si
voltò stupito verso il servitore. “E tu come fai
a...”
“Padrone”
rise divertito Thornton “vi conosco da quando siete nato.
Siete un libro aperto per me.”
Robin scosse
la testa e sorrise. “Già, a volte me ne
dimentico.”
“Allora
com’è questa ragazza?”
domandò il servitore curioso. “Bella?”
“Oh,
molto più che bella, Thornton. Lei è... lei
è... incredibile! Non fa altro che criticarmi e darmi
addosso, ma io la trovo semplicemente fantastica!”
“Da
come la descrivete, deve essere un bel peperino...”
“Altrochè!
A volte sembra così fragile, così delicata ...
Poi improvvisamente cambia, e diventa una guerriera forte e
determinata! Non so mai come comportarmi con lei, però
quando le sono vicino io... mi sento bene...”
Thornton
sorrise di fronte alla tenerezza delle parole di Robin e
fissò di nuovo il suo giovane padrone. Ma qualcosa, alle
spalle del ragazzo, attirò la sua attenzione.
“Padrone”
chiese, dopo qualche istante, attirando l’attenzione di Robin
“per caso questa angelica creatura di cui parlate ha i
capelli biondi?”
Robin lo
guardò confuso. “No, Thornton. Perché
me lo domandi?”
Il servitore
fece cenno con la testa alle spalle del ragazzo e poi, velocemente, si
alzò dalla sedia e si allontanò.
Robin si
voltò e vide Anne, alquanto infuriata, dirigersi a passo
spedito verso di lui.
Il giovane si
alzò, preoccupato, e cercò di sorriderle, senza
peraltro riuscirci. “Anne, come mai così
arrabbiata già di prima mattina?”
La ragazza gli
lanciò un’occhiataccia. “Possiamo
parlare un attimo in privato, se non ti dispiace?”
Robin
annuì confuso e, insieme ad Anne, uscì in
giardino.
“Cosa
c’è?” le chiese, allarmato.
“Cosa
c’è? Tu hai il coraggio
di chiedermi cosa
c’è? Sei incredibile,
davvero!”
“Ma
si può sapere cosa diavolo ho fatto? Che ti
prende?”
“Vuoi
sapere che mi prende? Bene! Allora rispondi a questa domanda... Dove
sei stato ieri?”
“Ieri?”
chiese Robin, sempre più confuso.
Anne
annuì, “Si, ieri. Dato che sei tornato tardissimo
mentre noi...”
“...avremmo
dovuto vederci.” continuò Robin per lei,
ricordandosi solo in quel momento dell’impegno preso in
precedenza con la ragazza.
“Già.”
Concluse Anne, sorridendo amara. “Quindi mi chiedo: se ieri
non eri a Locksley con me e neppure a Nettlestone con Much, dove
diavolo eri, Robin?”
“Ecco...
Io... Ho avuto un contrattempo...” rispose vago il ragazzo.
“Si,
certo! Come no! Un contrattempo con i capelli scuri e gli occhi
azzurri, vero?” gridò Anne colpendo il suo
interlocutore al braccio. “Ma dico, mi hai preso per scema o
cosa? So benissimo che ieri hai passato tutto il giorno con la
dolce e perfetta Lady Marian! Spero ti sia
divertito almeno!”
“Anne,
adesso smettila! Non mi sembra il caso di fare una
scenata...” disse Robin sottovoce, cercando di calmarla.
“Mi dispiace di non essere venuto, davvero, ma l’ho
dimenticato...”
“Dimmi
soltanto una cosa, Robin. Ti stai innamorando di lei?”
Robin tacque.
“Perché
se è così, voglio che tu sappia una cosa: non
permetterò a nessuno di mettersi tra di noi. A nessuno,
chiaro?”
Robin la
guardò visibilmente teso. Ora cominciava davvero ad
innervosirsi. “Senti, Anne, mettiamo in chiaro le
cose...”
“A
nessuno, Robin.” Ripeté categorica la ragazza.
“Non mi importa di chi sia figlia o quanto la sua famiglia
sia illustre. Non lascerò mai che quella piccola e insulsa
sgualdrina...”
“ADESSO
FINISCILA!” tuonò Robin furente, non riuscendo
più a trattenersi. “Non ti permetto di parlare
così di Marian! Tu non la conosci affatto!”
“Ma
tu sì, a quanto pare! Vedo che ti scaldi parecchio se si
parla di lei! Cos’è? Ti ha già fatto
divertire, Robin di Locksley? Oppure gioca ancora a fare la pudica
verginella di papà?”
“Anne,
smettila, dico davvero.”
Anne rise
sprezzante, di fronte alla reazione a dir poco infastidita del ragazzo.
“Credi davvero che una come lei sia adatta a te? Una che non
ha mai infranto una regola in tutta la sua vita? Una così
obbediente, così composta, così...
noiosa?”
Robin non
poté fare a meno di sorridere, pensando a quanto poco la
descrizione fatta da Anne rispecchiasse Marian. Marian così
testarda, così fiera, così incredibilmente libera
e indipendente, nonostante suo padre e le sue imposizioni.
“Lei
non saprà mai renderti felice perché non ti
conosce come ti conosco io.”
“Mi
dispiace, Anne. Credo sia meglio per tutti e due finirla qui.”
“FINIRLA?
Finirla? E tutto quello che c’è stato tra noi dove
lo metti, Robin?”
Robin
sospirò frustato. “Ma cosa
c’è stato tra noi, Anne? Nulla, dannazione!
Soltanto qualche bacio e niente di più! Non sono mai stato
innamorato di te!”
“E
invece lo sei della bella Marian, giusto?”
“Io
non sono innamorato di Marian.” Chiarì perentorio
Robin. “Ma non lo sono neppure di te, quindi chiudiamola
qui.” E, voltate le spalle alla ragazza, si diresse verso
casa.
Anne
inspiegabilmente sorrise. “E’ vero, Robin, tra noi
non c’è stato che qualche innocente
bacetto.” Sussurrò sottovoce. “Ma se
alla tua dolce principessa arrivassero altre voci?”
“Buongiorno,
Jane. Come stai oggi?” chiese una bella ragazza dai capelli
scuri alla sua amica rossa. “Tuo padre come si
sente?”
“Marian!”
Jane sussultò spaventata. Non si era accorta affatto
dell’arrivo dell’amica. “Come mai qui
così presto?”
Marian
alzò le spalle. “Avevo voglia di cavalcare un
po’. Tuo padre?”
Jane
abbassò lo sguardo, triste. “Stanotte è
peggiorato. Stavo andando proprio adesso al vecchio pozzo a prendere un
po’ d’acqua fresca per fargli degli impacchi,
sperando che migliori...”
Marian si
avvicinò all’amica e
l’abbracciò. Si sentiva così inutile...
la sua migliore amica stava soffrendo e lei non poteva farci
assolutamente nulla! Avrebbe dato qualunque cosa per far tornare a
sorridere Jane.
“Marian,
sono disperata. Non so più come comportarmi... Io
non...”
“JANE!
CORRI, PRESTO!” La voce della madre di Jane le raggiunse da
dentro la vecchia casetta di legno. “Ho bisogno
d’aiuto!”
Jane si
guardò intorno, allarmata. “Oddio, ma che
succede?”
“Jane.”
La tranquillizzò Marian. “Tu vai dentro ed aiuta
tua madre. Io vado al pozzo a prendere l’acqua, ok?”
La ragazza
annuì e corse dentro, mentre Marian si avviava verso il
centro del villaggio.
Era ormai
arrivata quando una voce familiare la raggiunse alle spalle.
“Ma guarda che coincidenza! Non mi sarei mai aspettato di
fare incontri così piacevoli, questa mattina!”
Marian sorrise
ancora prima di voltarsi. Chissà perché quella
voce strafottente e sfacciata non le dava più
così fastidio.
“Buongiorno,
Robin. Come mai da queste parti?”
Il ragazzo la
guardò sbalordito, stupito dalla dolcezza del tono della sua
voce. Marian non si era mai rivolta a lui tanto gentilmente.
“Mi fa molto piacere vedere che finalmente siamo passati al
tu, Marian. Era ora.”
Marian
ridacchiò. “Guarda che posso sempre tornare al
voi, se continui a fare lo spiritoso.”
“No,
no! Io sono contento così. Comunque, che ci fai qui?
E’ per il padre di Jane?”
Marian
annuì e i suoi occhi si fecero improvvisamente tristi.
“Si, stanotte è peggiorato e...”
“Sono
sicuro che andrà tutto bene.” La interruppe lui.
“William è un uomo forte e robusto e ce la
farà di certo.”
La ragazza
sorrise incerta. “Lo spero tanto. Jane è
così avvilita.”
Robin le
accarezzò i capelli con fare protettivo e
l’aiutò, prima, a tirare su il secchio pieno
d’acqua e poi, a trasportarlo fino a casa di Jane.
Quando
arrivarono, la rossa fu molto sorpresa di vederli insieme.
“Che novità è questa?”
domandò all’amica. “Siete stati vicini
per tutto il tragitto che va dal pozzo a qui e non vi siete ancora
sbranati a vicenda? Direi che è un bel passo
avanti!”
Marian e Robin
risero divertiti. “Già, un vero evento.”
Confermò Robin. “Jane, ho sentito di tuo padre. Mi
dispiace.”
“Grazie,
lo apprezzo molto. Adesso la crisi è passata, ma non so
quanto durerà.”
“Non
preoccuparti, Jane.” Le disse Marian comprensiva.
“Stai con tuo padre. Noi ci vediamo domani,
d’accordo?”
“Va
bene, Marian. Grazie.” E l’abbracciò
stretta. “A domani, amica mia. Ti voglio bene.”
“Anch’io,
Jane. Anch’io. Ora però” si
separò dalla rossa e la spinse verso casa “entra
in casa ed occupati di tuo padre.”
“Si,
si, vado. E, a proposito, Marian... Lo sai che siete proprio carini
insieme?” le sussurrò sottovoce, per evitare che
Robin sentisse. “Quando sei con lui, tu diventi
più... più... più luminosa.”
“Non
esagerare Jane. Per il momento cerchiamo di non ammazzarci a vicenda,
però devo ammettere che la sua compagnia non mi secca
più come prima. Non che non sia fastidioso ed irritante, sia
chiaro, però...”
“Te
l’avevo detto io, Marian. Quel ragazzo ha delle doti nascoste
e credo proprio che tu abbia appena iniziato a scoprirle...”
e, senza dire altro, fece un occhiolino verso la sua amica ed
entrò in casa.
Marian scosse
la testa, divertita e tornò da Robin. “Bene,
milord” gli disse, sorridendogli “è ora
di salutarci.”
“Come
mai tutta questa fretta?” chiese lui, sorridendo
furbescamente in risposta ed incrociando le braccia al petto.
“Ho...
ehm... ecco, io... devo fare alcune cose urgenti...”
“Ah
ah.” Annuì Robin. “D’accordo,
Marian. Allora ci vediamo domani.”
La ragazza
salì a cavallo. “A domani, Robin.” E si
allontanò al trotto dal ragazzo.
Robin rimase
lì qualche minuto. Poi, rapido come una scheggia, corse al
suo cavallo, vi montò sopra e seguì di nascosto
la ragazza nella sua passeggiata.
Dopo aver
cavalcato per qualche miglia, Marian rallentò in
prossimità di un piccolo sentiero e, dopo essersi assicurata
che nessuno la stesse seguendo (Robin si nascose appena in tempo,
dietro un grosso albero), s’inoltrò nella Foresta
di Sherwood.
Camminarono
ancora un po’ , finché Marian smontò da
cavallo e si avvicinò ad un’enorme quercia
secolare. Vi si inginocchiò davanti e prese a scavare in
corrispondenza delle radici. Dopo qualche minuto, estrasse dal terreno
un sacco di tela, completamente sporco di terra.
Robin si
avvicinò silenziosamente alla ragazza, fino ad arrivare a
qualche metro da lei. “Spero che lì dentro non ci
sia il cadavere di qualche precedente fidanzato, Marian!”
esclamò, facendo sobbalzare la ragazza. “In quel
caso, credo che comincerei davvero a preoccuparmi!”
Marian si
voltò verso Robin e lo guardò, arrabbiata.
“Che cosa diavolo ci fai qui? Mi hai seguito?”
“Mi
pare ovvio, Marian.” Osservò Robin, scendendo da
cavallo e avvicinandosi ancora.
“Sei
veramente un maleducato, Robin di Locksley! Come ti sei
permesso?”
Robin sorrise
sornione. “Mi sembra di aver già sentito queste
parole... Anche se mi pare di ricordare che la situazione fosse molto
più piacevole...” disse Robin, alludendo al bacio
che si erano scambiati qualche giorno prima.
“Io
non ricordo nulla.” Dichiarò Marian, indifferente.
Robin scosse
la testa e la raggiunse ai piedi della grande quercia.
“Cos’hai lì?” le
domandò, accennando al sacco di tela.
Marian tacque
per un istante per valutare se fosse il caso o meno di confidarsi con
lui. Decise di sì. In fondo quel ragazzo,
all’apparenza così superficiale ed odioso,
l’aveva stupita in più di un’occasione.
“Prometti
di non ridere.” Gli chiese, implorante.
Robin
asserì col capo, lanciandole un sorrisetto provocatorio.
“Prometto.”
Marian allora
aprì il sacco e tirò fuori un sottile arco e una
dozzina di frecce e li porse a Robin.
Il ragazzo
sgranò gli occhi, stupito. “E cosa ci fai
esattamente con questi?” domandò stupidamente.
Marian
inarcò un sopracciglio. “Cosa credi che ci faccia?
Che ci cucia i miei vestiti? Mi ci alleno, sciocco!”
“Ti
ci alleni? E per cosa? Una ragazza non dovrebbe...”
“Cosa?
Imparare a difendersi da sola?”
“Imparare
ad usare questi.” La
corresse Robin. “E’ pericoloso.”
“Oh,
ma davvero? Grazie mille, vecchio saggio.”
Robin le
lanciò un’occhiata di disapprovazione.
“E, oltre ad imparare l’autodifesa, cosa fai nel tempo
libero? Dai la caccia ai criminali e sfami i poveri dei villaggi
vicini?”
“A
dir la verità, no.” Ammise Marian. “Ma
non è affatto una cattiva idea.”
“Marian,
può essere pericoloso per te.”
“Senti,
con la spada, ormai, sono brava quanto mio padre, e quindi ho deciso di
iniziare anche con l’arco. Purtroppo devo ammettere che i
risultati sono piuttosto deludenti.”
Marian si
sedette depressa sulle radici della quercia, poggiando il mento su una
mano. “Il problema è che non ho nessuno che possa
aiutarmi. E naturalmente non posso chiedere a chiunque di venire qui ad
allenarsi con me al tiro con l’arco...”
Robin la
guardò un attimo e sorrise. Quella
ragazza era incredibile! Più la conosceva e più
lo stupiva! Allenarsi con la spada e con l’arco! Ma come le
era venuto in mente?
Scosse la
testa e sospirò. Poi si voltò e raggiunse
velocemente il suo cavallo.
“Ehi,
ma dove vai? Non è carino andarsene così!
Robin!”
Ma il ragazzo
non aveva nessuna intenzione di andare via. E infatti qualche istante
dopo, Marian lo vide avvicinarsi di nuovo, stringendo tra le mani, un
elegante e sottile arco.
Marian
guardò prima lui, poi l’arma che stringeva tra le
mani, poi di nuovo lui. “Ma che diavolo...”
“Allora?”
Esclamò il ragazzo “Quando cominciamo gli
allenamenti?”
“No,
no, no, Marian! Sbagli completamente la posizione del
braccio!”
Marian
sbuffò scocciata per la centesima volta.
“Perché non mi lasci fare?”
“Perché
così la tua freccia non arriverà...”
Marian incurante delle critiche di Robin scoccò lo stesso la
freccia che, però, non si avvicinò neppure
lontanamente al bersaglio, posizionato su un albero a una decina di
metri. “... da nessuna parte.” Concluse Robin,
voltandosi verso la ragazza, con un sorriso compiaciuto. “Te
l’avevo detto, Marian.”
“Ed
io ti avevo detto che sei insopportabile? Se l’avessi saputo,
non ti avrei mai chiesto di aiutarmi.”
Robin rise
divertito. “Marian.” Le disse, avvicinandosi con
fare accattivante. “Hai come maestro il miglior arciere di
tutta la contea... Fossi in te, avrei poco da lamentarmi.”
“Bene,
Signor Modestia, perché invece di chiacchierare, non mi fai
vedere quello che sai fare?”
Robin
ridacchiò. “E’ una sfida?”
“Hai
paura, per caso?” domandò Marian, sorridendogli
provocante.
“Guarda
e impara, tesoro.” E, impugnato il proprio arco, si mise in
posizione e prese la mira. Un attimo dopo, la freccia, rapida e
precisa, andò a conficcarsi esattamente al centro del
bersaglio.
Robin si
voltò verso Marian e le sorrise sfrontato.
“Allora, milady?”
Marian scosse
la testa, contrariata. “Sei insopportabile. Dico, davvero,
Robin.”
“Grazie,
Marian. Mi piace quando mi fai i complimenti. Ora riprova tu, coraggio.
E cerca di fare come ho fatto io.”
“Si,
padrone.” Rispose ironica la ragazza.
Tornò
di fronte al bersaglio e si posizionò, impugnando
l’arco.
“Aspetta.”
Gli disse Robin, arrivandole accanto. “Metti il braccio
così.” E, con delicatezza, abbassò il
braccio della ragazza, che non poté fare a meno di arrossire
a quel contatto. “E poi la mano.” E le
accarezzò, lievemente la mano, per farle allentare la presa
sull’arco. “Ora concentrati e...”
Ma
Marian voltò leggermente il viso verso destra, fino a
sfiorare il naso di Robin con il proprio, mettendo il ragazzo in seria
difficoltà.
Robin chiuse
gli occhi e sospirò pesantemente, cercando di riprendere il
controllo, mentre Marian, resasi conto della situazione a dir poco
imbarazzante, si staccò da lui e tornò a guardare
il bersaglio che aveva di fronte.
Chiuse un
occhio e prese la mira, proprio come Robin le aveva insegnato, e
scoccò la freccia, che però andò a
conficcarsi ad un paio di metri di distanza dal punto prestabilito.
Robin si
allontanò dalla ragazza, ma non le disse nulla. Non la
rimproverò, né la criticò, anche
perchè, in quel momento, non sarebbe stato in grado di
formulare una frase di senso compiuto.
La vicinanza
di Marian era per lui totalmente inebriante. Quando era accanto a lei,
non riusciva assolutamente a restare calmo. Le mani gli sudavano, il
cuore batteva all’impazzata e le gambe diventavano
inspiegabilmente molli.
Alzò
lo sguardo verso la ragazza e la vide dirigersi verso
l’albero su cui si era conficcata la freccia.
“Dannazione! Ma dove sbaglio?”
Robin
sospirò di nuovo, grato del fatto che Marian avesse evitato
di parlare del loro recente ‘incontro
ravvicinato’. Non avrebbe saputo
davvero cosa dire.
“Secondo
me, c’è qualcosa nell’arco.”
Sentenziò la ragazza. “Altrimenti
perché tu ci saresti riuscito?”
“Perché
io, a differenza di te, Marian, sono capace.” Gli
rispose lui, tornando ad essere il presuntuoso di sempre.
“Cosa
cerchi di dire? Che io sarei incapace?”
“Io
non l’ho detto... Sei stata tu.”
Marian si
voltò a guardarlo, minacciosa, mettendo le mani sui fianchi.
“Senti un po’, grand’uomo, chi te la
dà tutta questa confidenza?”
“Tu,
Marian. Ora abbiamo anche iniziato a darci del tu, quindi possiamo
definirci amici.”
“Io
non sono tua amica e anzi, gradirei che tornassimo al voi, milord, se
non vi dispiace.”
“Certo
che mi dispiace!” esclamò lui risentito.
“Non ho nessuna intenzione di tornare al punto di
partenza!”
“Invece
credo sia la cosa migliore, Locksley.” E si
avvicinò al ragazzo, ancora sbalordito. “Anche se
forse, potrei cambiare idea, se voi...”
Robin la
guardò allarmato. “Se io?”
domandò, esitante. Quando Marian usava quel tono di voce,
non c’era affatto da stare tranquilli.
“Se
voi mi faceste usare...” la ragazza si avvicinò
ancora e, all’improvviso, afferrò qualcosa alle
spalle di Robin e si allontanò velocissima. “...il
vostro arco! Grazie mille, milord! Sono commossa!”
Robin
strabuzzò gli occhi e subito si diresse verso la ragazza.
“No, milady. Credo proprio che voi abbiate capito male... Il
mio arco è solo mio. Nessuno ha il permesso di
usarlo.”
“Davvero?”
chiese Marian, sbattendo gli occhi e continuando ad allontanarsi dal
ragazzo che avanzava. “Allora, Locksley, se tenete tanto al
vostro arco, provate a prendermi!” E, in un attimo si
dileguò, sparendo tra la folta vegetazione.
Robin scosse e
la testa e cominciò a rincorrerla, cercando di acciuffarla.
Non ci volle molto, dato che Marian non riusciva a correre liberamente,
come faceva Robin, a causa del vestito. Un paio di minuti dopo,
infatti, il ragazzo la raggiunse e la bloccò contro il
tronco di un albero. Le afferrò le mani, che lasciarono
cadere a terra l’arco, e la immobilizzò.
“E adesso, milady? Cosa credete di fare? Siete in
trappola.”
Marian
tentò di liberarsi, ma la presa di Robin era salda e forte.
“Ah ah.” Le disse lui, scuotendo la testa.
“Lasciatemi
andare, Locksley. O ve ne pentirete.”
“E
questa cosa sarebbe? Una minaccia?”
Marian
sorrise, beffarda. “No, è una promessa.”
Robin sorrise
e si avvicinò ancora di più al volto della
ragazza, fino a sfiorare di nuovo il suo naso col proprio.
“Posso baciarvi, Lady Marian?” chiese, serio.
Marian non
rispose, ma, lentamente, si sporse fino ad arrivare con le labbra
vicino all’orecchio del giovane Robin. “Adesso
chiedete il permesso, Locksley? L’ultima volta non lo avete
fatto.”
“E’
per dimostrarvi la mia buona fede, milady.” Rispose lui, con
voce roca.
“Bene.”
Sussurrò Marian, seducente. “Allora credo che
potremmo facilmente trovare un accordo, milord.” E
iniziò lentamente a lasciare una delicata scia di baci sulla
guancia ispida del ragazzo. Poi passò al naso, e,
successivamente, alla porzione di pelle, posta proprio sopra le labbra.
Robin allora
lasciò la presa sulle mani di Marian e le
circondò possessivamente la vita, avvicinandola di
più a lui. Ma Marian, sentendo ormai libere le sue mani, si
staccò bruscamente da Robin e, con un’agile
movimento, spinse Robin e si allontanò di un paio di metri.
Robin,
completamente frastornato dai baci della ragazza, perse
l’equilibrio e cadde a terra come un sacco di patate.
Marian
scoppiò a ridere di fronte alla caduta del ragazzo, che,
subito, le lanciò un’occhiata offesa.
“Ehi, non vale così!” Le disse risentito.
“Oh
si che vale, Robin!” Rispose Marian, tra le risate.
“In guerra tutto è permesso!” E
scappò via di nuovo, nascondendosi tra gli alberi.
Robin sorrise,
malizioso. “Anche in amore, se è per
questo...”
“Quindi,
da quello che ho capito, ti sei divertita ieri.”
Marian
guardò Sarah e sorrise, felice. “Si, molto.
E’ stata una bella giornata. E Robin mi ha anche insegnato
a...” Si fermò appena in tempo per evitare di dire
tutto alla donna.
“A...?”
chiese la nutrice, curiosa.
“Cavalcare!”
esclamò Marian agitata.
La donna la
guardò confusa. “Ma, Marian, tu sapevi
già cavalcare...”
“Ehm...
Si è vero, però ieri Robin mi ha aiutato a
perfezionare il mio... ehm...stile.” spiegò
velocemente la ragazza.
“Mi
fa piacere, Marian.” Confessò Sarah. “E
devo dire che sono contenta di vedere che tu e il giovane Locksley
andate d’accordo. Tuo padre ne sarà
felice.”
“Tu,
però, non dirglielo ancora.” Implorò
Marian. “Ti prego. Non voglio che mio padre mi consideri una
ragazzina volubile e scostante. Prima odiavo terribilmente questo
ragazzo ed ora, se venisse a sapere che passo le mie giornate con lui,
mi prenderebbe per una pazza. Cosa che, tra l’altro, penso
anch’io di me stessa.” Confessò la
ragazza.
Sarah le si
sedette accanto. “E perché mai, bambina, dovresti
essere una pazza?”
Marian rise
amara. “Bè, guardami. Un paio di giorni fa avrei
potuto uccidere Robin di Locksley con le mie stesse mani mentre adesso
la sua compagnia mi piace. Mi diverto con lui. Mi sento bene.”
Sarah le
sorrise, intenerita. “E’ questo che succede
generalmente quando ci si innamora, Marian. Ogni logica, ogni regola,
ogni pensiero sensato svanisce, lasciando il posto
all’insicurezza, all’incertezza e, ovviamente, alla
felicità, se si trova quello giusto.”
Marian
ascoltò quelle parole e ne rimase turbata. “No,
Sarah, forse hai frainteso. Io non sono innamorata di Robin.
Assolutamente no! Noi due siamo solo amici: cavalchiamo,
chiacchieriamo, ridiamo...”
“...passate
insieme giornate intere, scappi di nascosto per stare con lui, ti
riaccompagna a casa...” continuò Sarah, cercando
di trattenere un sorriso.
“No,
Sarah, davvero. Credo che tu ti stia sbagliando di grosso.”
Sentenziò Marian.
“Va
bene, bambina. Mi sto sbagliando, ma sappi che...”
All’improvviso,
Joe irruppe in casa, senza fiato. “Lady Marian,
Sarah!” gridò, allarmato. “Robin di
Locksley chiede urgentemente di essere ricevuto!”
Le due donne
si guardarono, sorprese. Robin, a Knighton, a quell’ora di
notte?
“Presto!
Fallo passare.” Disse Sarah.
Un attimo
dopo, un Robin agitato e scosso entrò nel grande salone.
“Mi dispiace di essermi presentato così, ma avevo
bisogno di riferirvi una cosa importante.”
Marian si
avvicinò al ragazzo, preoccupata, e gli accarezzò
dolcemente un braccio. “Robin, stai bene? Sei
stravolto.”
“Marian.”
Disse il ragazzo, addolorato. “Sono stato a Nettlestone, poco
fa, e ho scoperto una cosa.”
Robin
indugiò, cercando di trovare le parole adatte. Sarah gli
venne in aiuto.
“William,
vero?” chiese, rassegnata. “Non ce l’ha
fatta.”
Robin
annuì, dispiaciuto. “Si, è morto oggi
pomeriggio. Ma non è questo che volevo dirti, Marian. Forse
è meglio che tu ti sieda.”
Marian
deglutì a fatica. Non aveva mai visto Robin in quello stato.
Cosa poteva essere accaduto?
Guardò
Sarah e poi di nuovo Robin. “Cosa è successo,
Robin?”
Robin la
fissò, triste. “La febbre che ha colpito William
si è sparsa per il villaggio e ha contagiato altre
persone.” Marian annuì.
Robin prese un
respiro, come per farsi coraggio, e posò le mani sulle
spalle di Marian. “Marian, Jane sta morendo.”
Quando Robin e
Marian arrivarono a Nettlestone, un gran folla si era già
raccolta davanti alla casa di Jane.
Nel momento in
cui mise piede nel giardino affollato, Marian capì di essere
arrivata troppo tardi.
La madre di
Jane piangeva e gridava disperatamente per suo marito e sua figlia e
Kate, la sorellina minore di Jane, se ne stava in un angolino, tutta
rannicchiata su sé stessa, a singhiozzare silenziosamente .
“Signora.”
Sussurrò Marian, aggrappandosi ad un’ultima,
inesistente speranza e avvicinandosi alla donna che piangeva.
La madre di
Jane alzò lo sguardo e la vide.
“Marian.” Le disse, tra le lacrime. “Se
n’è andata. La nostra Jane se
n’è andata per sempre.”
Il respiro di
Marian le si mozzò in gola e sentì una dolorosa
fitta al cuore che la stordì. Crollò a terra e
lacrime disperate le oscurarono la vista.
Un attimo
dopo, non capendo bene come, si ritrovò in giardino, a
mandar giù boccate d’aria fresca, cercando di
calmarsi.
“Sssssh.
Va bene tutto bene.” Le disse una voce premurosa, che Marian
riconobbe come quella di Robin. “Respira, Marian.
Respira.” Le sussurrò, accarezzandole dolcemente i
capelli e la schiena.
Marian si
asciugò gli occhi e si voltò verso di lui.
La teneva
stretta tra le sue braccia e le sussurrava parole di conforto per
tranquillizzarla, per quanto fosse possibile in una situazione del
genere.
“Robin.”
Chiamò lei, distrutta. “Mi dispiace tanto. Non
volevo che tu vedessi una scena del genere.”
Robin,
nonostante tutto, sorrise. Eccola la sua dolce e determinata Marian!
Una donna che, dopo aver perso una delle persone più
importanti della sua vita, si preoccupa di essere vista mentre
piangeva.
“Non
dire sciocchezze, Marian. Io sono qui per te.” La
rassicurò lui.
“Ma
non sei costretto, lo sai.” Chiarì Marian.
“Lo
so. Ma voglio stare con te. Ho bisogno di stare con te, Marian. Ora
più che mai.” Le disse, stringendola
così forte che, per un attimo, ebbe paura di averle fatto
male.
Ma Marian
rispose all’abbraccio con altrettanto vigore.
“Grazie.” Sussurrò contro il petto di
Robin.
Dopo qualche
minuto, un uomo chiamò Robin e gli chiese gentilmente di
raggiungere la vedova. “Torno subito, d’accordo
Marian?” la rassicurò. “Tu aspettami
qui. Faccio in un attimo.”
Marian
annuì e il ragazzo si alzò ed entrò in
casa. “Voi siete Robin di Locksley, vero?” chiese
la madre di Jane, con voce tremante, appena lo vide entrare.
Robin
annuì. “Jane” continuò la
donna “Poco prima di...di... lasciarci, mi ha chiesto di
consegnarvi questo.” e mise nelle mani di Robin un prezioso
ciondolo d’argento “E’ un regalo per
Marian. Per le sue nozze.” Spiegò.
“L’aveva acquistato il primo giorno in cui vi ha
visto con Marian. Sapeva già che, prima o poi, voi
due...”
“Vi
ringrazio. Lo darò io stesso a Marian.”
“Ancora
una cosa, milord.” Lo chiamò di nuovo la donna.
“Jane voleva che voi le faceste un ultimo, grande
favore.”
“Tutto
quello che posso, signora.”
“Statele
vicino.” Sussurrò la donna. “Non
lasciatela mai sola. Non l’abbandonate in un momento come
questo.”
“Non
l’avrei fatto in nessun caso, signora.” La
rassicurò Robin. “Per quello che vale, ritengo che
Jane fosse una ragazza meravigliosa. Ho avuto poco tempo per
conoscerla, ma sono sicura che fosse speciale.” Disse Robin
triste, prima di uscire dalla casa.
Corse in
giardino da Marian, ma della ragazza non c’era traccia. Si
voltò verso lo steccato dove aveva legato il suo cavallo e
sospirò.
Anche il
cavallo era sparito nel nulla.
Marian
raccolse un grosso sasso e lo scagliò violentemente in
acqua. Ne prese un altro e ripetè l’operazione per
una, due, tre, dieci, mille volte, finché il braccio non
prese a farle male.
Si sedette di
nuovo sulla riva e osservò la luna pallida che si rifletteva
sulla piatta superficie del lago. D’un tratto,
sentì dei rumori alle sue spalle e si voltò
impaurita.
“Te
l’avevo detto che non era più un posto
segreto.” Disse la voce di Robin, nascosta nella selva.
Marian sorrise
appena. “Non credevo te ne saresti ricordato. I miei
complimenti, Robin.”
“Che
hai intenzione di fare?” le chiese il giovane preoccupato.
“Mi hai fatto spaventare.”
Marian
aguzzò la vista e finalmente lo vide. Si avvicinava
lentamente a lei, con il volto angosciato e qualcosa di luccicante in
mano. “Non volevo essere compatita. Lo sai che non lo
sopporto.”
Il ragazzo la
raggiunse con due ampie falcate. “Compatita?” le
chiese risentito. “Marian, io non ti compatisco, te
l’ho già detto. Sono qui perché voglio stare qui. Con
te.”
“Davvero?”
chiese lei, non riuscendo più a trattenere le lacrime.
“Davvero non sei qui perché ti faccio
pena?”
Robin non
rispose, ma si limitò ad annullare la distanza tra loro e a
stringerla forte tra le braccia.
Marian si
aggrappò disperatamente a quell’abbraccio,
ricominciando a piangere a dirotto. “Robin.” Lo
chiamò tra le lacrime “Promettimi che almeno tu
non mi lascerai mai. Promettimi che rimarrai sempre al mio fianco,
qualunque cosa succeda.”
Robin le
posò un dolce bacio sulla fronte e poi un altro sui capelli.
“Te lo prometto, mia dolce Marian. Io
non ti lascerò mai.”
Ah,
promesse da marinaio, sapendo quello che è successo dopo!
Comunque, quarto capitolo leggermente più lungo dei
precedenti (spero che non vi dispiaccia!), ma volevo mettere tutto
insieme senza dividerlo in due. Finalmente i nostri due piccioncini si
sono accorti l’uno dell’altra, anche se devo
ammettere che far morire Jane mi è dispiaciuto tantissimo!
Grazie come sempre alle mie affezionatissime Nikelaos (grazie dei
consigli e non preoccuparti... sii pignola quanto vuoi! Comunque la
frase che mi hai fatto notare tu in origine era: “Ah quindi
E’ lui ad essere arrabbiato!” Scusa ancora per
l’errore di battitura. Cercherò di fare
più attenzione nei prossimi!), bluesky (quanti
complimenti! Se continui così mi monterò la
testa! Grazie, grazie!) e giuggiolina43
(sono d’accordo con te. Essere una donna a quel tempo non
doveva essere semplice... Spero che Robin qui ti sia piaciuto!
E’ tornato finalmente ad essere l’arrogante e
fascinoso ragazzo che noi due amiamo tanto!) e a tutte le persone che
l’hanno letta e aggiunta tra i preferiti!! A presto!!
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Capitolo 5 *** Tornare a Vivere ***
Tornare a Vivere
Erano
passati ormai più di due mesi dalla tragica ed inaspettata
morte di Jane, e Marian non si era ancora ripresa del tutto.
All’inizio,
passava tutto il suo tempo chiusa in casa, sola con Sarah, e, in
giornate particolarmente brutte, rifiutava persino di alzarsi dal
letto, preferendo rimanere immersa nell’oscurità
della sua piccola stanzetta.
Proprio in
quei momenti, Sarah ringraziava il cielo dell’incredibile
testardaggine di Robin di Locksley.
Era proprio
lui, infatti, che, completamente sordo alle lamentele di Marian, la
costringeva a prepararsi e ad uscire di casa con lui.
Le prime
volte, Marian, ancora sopraffatta dal dolore, non faceva che urlargli
contro, dicendo che lui non poteva capire cosa lei stesse passando in
quel momento. Ma quei suoi sfoghi non facevano che aumentare ancor di
più la determinazione di Robin.
Per esempio,
qualche settimana dopo la morte di Jane, Marian aveva detto a Sarah che
non aveva voglia né di alzarsi, né tanto meno di
ricevere visite. Quando, però, Robin era arrivato e aveva
saputo della disposizione della ragazza, era salito furente su per le
scale e si era fiondato in camera di Marian.
La ragazza era
rimasta alquanto sorpresa di vederlo entrare, ma non aveva fatto
assolutamente nulla. Si era sistemata meglio le coperte ed era
sprofondata di nuovo tra i cuscini. Robin, allora, con una calma
impressionante, si era seduto sul vecchio baule sistemato proprio di
fronte al letto e aveva preso a fissarla, in assoluto silenzio.
Erano rimasti
così, a guardarsi minacciosamente, per parecchio tempo, ma
Marian non aveva dato nessun segno di cedimento. Sarah, avvilita, aveva
deciso allora di tornare in cucina, pensando che prima o poi anche
Robin si sarebbe arreso di fronte alla cocciutaggine della ragazza.
Un’ora dopo però, a sorpresa, una Marian leggermente di cattivo umore era
scesa giù per le scale, seguita a ruota da Robin, che ancora
la guardava severo.
Fu quel giorno
che Sarah capì che quel ragazzo era forse la miglior cosa
mai capitata alla sua bambina. Testardo quanto lei, orgoglioso quanto
lei, tenace quanto lei. E, a quanto pareva, l’unico in grado
di farla ragionare.
Fortunatamente,
col passare del tempo, la ragazza si era abituata alle visite
quotidiane del giovane e, anzi, Sarah notò con piacere che
Marian, a poco a poco, sembrava riprendersi.
Nelle ultime
settimane usciva in giardino a passeggiare, faceva compagnia a Joe
nella stalla, come quando era bambina, la aiutava nelle faccende
domestiche e aveva anche ripreso a cenare regolarmente con suo padre.
Una mattina
come le altre, Sarah entrò in camera di Marian per
svegliarla, sperando di trovarla di buonumore, ma quando la vide,
rimase a bocca aperta.
Marian era
già in piedi. Si trovava accanto alla finestra e guardava
rapita il paesaggio circostante.
L’anziana
donna le si avvicinò e le posò una mano sulla
spalla, premurosa. “Marian, ti trovo bene
stamattina.” Le disse, sorridendo.
La ragazza
annuì. “Hai visto che bello fuori? Non mi ero
accorta che fosse già estate...”
“Ultimamente
non ti sei accorta di tante cose, tesoro.”
“Già.”
Convenne Marian, abbassando lo sguardo. Ma all’improvviso si
voltò verso Sarah ed, inspiegabilmente, sorrise.
“Mi dispiace molto di essere stata così
intrattabile, negli ultimi tempi.” Le disse, prendendole una
mano.
“Marian,
non preoccuparti. So quello che hai passato e non deve essere stato
facile. Ti chiedo soltanto di non lasciarci più fuori dalla
tua vita. E quando dico lasciarci, intendo me, tuo
padre e Robin.”
“D’accordo.
Non lo farò più, prometto, ma lo sai come sono
fatta. Testarda ed orgogliosa fino alla fine.”
“Puoi
dirlo forte.” La prese in giro Sarah, sedendosi sul letto.
“Allora... Adesso mi vuoi dire come mai sei così
felice stamattina?”
Marian si
voltò a guardarla. I suoi occhi finalmente, dopo tanto
tempo, era tornati splendenti e luminosi come erano sempre stati.
“Stanotte ho sognato Jane.” Disse con voce tremante.
“Davvero?”
“Si.
Ho sognato che eravamo nel suo giardino. Io stavo correndo per
raggiungerla, quando lei si è voltata verso di me e mi ha
guardato arrabbiata.” Marian sorrise appena, mentre gli occhi
diventavano lucidi. “Si è messa le mani sui
fianchi e mi ha detto: ‘Allora signorina, cosa hai intenzione
di fare? Perché non indossi mai la mia collana?
Cos’è? Non ti piace? Guarda che me la riprendo e
la regalo a Kate!’ ed io le ho subito risposto che
sì, la collana mi piaceva un sacco, ma che era troppo
elegante per andare al villaggio.”
Sarah
lanciò una veloce occhiata in direzione del grosso baule di
legno, di fronte al letto. Lì dentro, insieme ad un mucchio
di altra roba, giaceva abbandonata la collana d’argento di
Jane.
Marian
l’aveva gettata lì la sera in cui la sua migliore
amica era morta e da allora non l’aveva mai più
tirata fuori. Probabilmente le ricordava troppo chi
gliel’aveva regalata e quindi si era sempre rifiutata anche
solo di guardarla.
Un paio di
volte sia Sarah che Robin avevano provato a convincerla ad indossarla,
anche solo per un attimo, ma niente. Marian era stata irremovibile.
Quella collana sarebbe rimasta per sempre chiusa nel baule. Lei non
l’avrebbe mai portata.
“Così
lei” Sarah guardò di nuovo Marian, che continuava
il suo racconto “si è avvicinata minacciosamente a
me e, puntandomi contro un dito, mi ha detto: ‘Marian! Non
voglio più sentire sciocchezze del genere! Esigo che domani
tu metta la collana che ti ho regalato per venire a Nettlestone! E
sappi, inoltre, che non ti lascerò neppure avvicinare a casa
mia se non la vedrò intorno al tuo collo, sono stata
chiara?’. A quel punto io l’ho abbracciata e le ho
detto che avrei obbedito e che avrei indossato il suo regalo il giorno
seguente e lei...” Marian esitò per un istante.
“Lei
cosa?” domandò Sarah.
Marian si
asciugò velocemente una lacrima e sorrise di nuovo.
“Lei mi ha stretto forte a sé e mi ha sussurrato
che mi voleva bene. Proprio come aveva fatto l’ultima volta
che l’ho vista.” Marian si voltò verso
la finestra e diede le spalle a Sarah. Non voleva che lei la vedesse
piangere.
“E’
vero.” Confermò la donna, accorgendosi lo stesso
delle sue lacrime. “Jane ti amava. Ti amava moltissimo. Ed
è proprio per questo che non vorrebbe vederti in questo
stato.” Si alzò dal letto e prese delicatamente
Marian per le spalle. “Lei non vorrebbe vederti rinunciare
alla tua vita e rimanere seppellita viva tra queste quattro mura. Devi
andare avanti, Marian. So che è doloroso. Terribilmente
doloroso. Ma devi farlo. E non per me, per tuo padre o per tutte le
persone che ti amano. Fallo per te stessa. Sei ancora giovane e avrai
tanti momenti peggiori di questo davanti a te, ma se continuerai a
vivere, ne vivrai anche molti altri meravigliosi che renderanno la tua
vita degna di tale nome.”
Marian,
sentendo quelle parole, non resistette più e
scoppiò in un pianto disperato, abbracciando Sarah.
“Scusami. Scusami tanto, Sarah. Avevo promesso a me stessa
che non avrei più pianto, ma...”
“Piangi,
bambina.” Le disse la donna, accarezzandole i capelli.
“Piangi. Ma poi vai avanti. Là fuori
c’è un mondo incredibile che ti aspetta.”
Marian si
avvicinò lentamente alla vecchia casetta di legno.
Respirò
profondamente e accarezzò il ciondolo d’argento
che portava intorno al collo. Avanzò di qualche passo e,
finalmente, la madre di Jane la vide.
La donna le
sorrise calorosamente, prima di uscire dal giardino e venirle incontro.
“Marian!” esclamò allegra.
“Come stai? Sono mesi che non ci vediamo!”
“Salve
signora, io sto abbastanza bene. Mi scusi se non sono venuta
più a farle visita, ma era molto difficile per
me.” Disse, sinceramente.
La donna
annuì, comprensiva. “Non preoccuparti, Marian.
Sono stati momenti difficili per tutti. Anche se forse per me e te lo
sono stati di più.”
“Lo
credo anch’io.” Sussurrò Marian,
sfiorando di nuovo la collana. Era come se, toccandola, ritrovasse la
forza, la determinazione che aveva sempre avuto e di cui era sempre
andata fiera.
Alla madre di
Jane non sfuggì quel gesto. “Ti sta
bene.” Affermò la donna, accennando al collo della
giovane. “Jane ha fatto proprio una scelta azzeccata. Pare
fatta apposta per te.”
“Ci
tengo molto. Indossandola, mi sembra che Jane sia meno lontana.
Piuttosto sciocco, vero?”
La donna
scosse la testa. “No, affatto. Capita anche a me. Quando vado
in camera di Jane, tra le sue cose, ho quasi la sensazione che lei sia
lì con me. E questo mi aiuta ad andare avanti, per quanto
possibile.”
La voce della
piccola Kate, che chiamava a gran voce la madre, interruppe la loro
conversazione.
“Non
si preoccupi, vada pure.” Assicurò Marian.
“E mi saluti tanto Kate.”
“Lo
farò certamente. E grazie per la visita, Marian. Mi ha fatto
molto piacere. Torna pure quando vuoi. Sei l’unica che
può capirmi davvero.”
Marian
l’abbracciò. “Lo farò di
certo.”
La donna le
sorrise un’ultima volta prima rivoltarsi ed entrare in casa.
Marian rimase
un po’ a guardare quella che era stata la dimora della sua
migliore amica e che ora non lo era più. Sospirò
e raggiunse velocemente il cavallo.
Prima di
tornare a casa, c’era un’altra persona con cui
doveva parlare. Montò in sella e spronò il suo
destriero. Voleva raggiungere Locksley il più presto
possibile.
Quel giorno
Anne era impegnata in cucina a preparare la cena per i suoi padroni.
D’un tratto però, alzò lo sguardo e
sbirciò fuori dalla finestra, notando una bella ragazza dai
capelli scuri entrare a cavallo nella proprietà.
Serrò
le labbra, infastidita. Che cosa ci faceva lei lì? Tutti
quanti in paese dicevano che, dalla morte della sua amica, Lady Marian
non aveva più voluto uscire di casa ed ora, lei, se la
ritrovava tra i piedi, proprio a Locksley?
Strinse forte
i pugni, arrabbiata mentre la vedeva smontare da cavallo.
“Tanto lo so cosa sei venuta a fare qui,
principessa.” Mormorò, astiosa. Si
asciugò le mani ed uscì fuori in cerca di
qualcosa. Dopo qualche istante, vide un ragazzino bruno vicino allo
steccato e lo chiamò sottovoce. “Matt, vieni
subito qui!” gli ordinò.
Quello si
avvicinò sorpreso e le domandò cosa mai volesse
da lui.
“Stammi
bene a sentire, Matt. Devi farmi un grosso favore.” Il
ragazzo annuì. “La vedi quella ragazza
laggiù?” gli disse, indicando Marian.
“Voglio che tu vada da lei e le dica una cosa...”
Marian prese a
guardarsi intorno in cerca di Robin. Stava per chiedere di lui ad un
uomo poco lontano, quando un ragazzino con i capelli scuri le si
avvicinò. “Posso esservi utile, milady?”
chiese educato.
Marian gli
sorrise dolcemente. “Si, grazie. Sto cercando Robin di
Locksley. Sai dirmi dove posso trovarlo?”
Il ragazzo ci
pensò su un attimo, poi annuì. “Si,
credo di si. A quest’ora, di solito, sta con la sua
fidanzata.”
Disse, calcando volutamente l’ultima parola.
Marian
sgranò gli occhi stupita. “La sua cosa?”
domandò, pensando di aver capito male.
“La
sua fidanzata. Anne. Ecco è quello ragazza
laggiù, quella bionda.” E indicò un
punto oltre il grande recinto.
Marian si
voltò e riconobbe immediatamente la sciocca ragazza che
aveva visto incollata a Robin la sera in cui era stata a Locksley. Fece
qualche passo in direzione di Anne, ma si bloccò
immediatamente.
Robin era con
lei.
Stavano
parlando vicini l’uno all’altra e lei sorrideva
felice.
Marian
deglutì a fatica e prese un bel respiro. Fece un altro paio
di passi, ma quello che vide, le diede una dolorosa fitta al cuore.
Anne aveva
posato dolcemente una mano su una guancia di Robin e l’altra
era pericolosamente scivolata su un fianco del ragazzo, facendo
sì che i due si avvicinassero ulteriormente.
Marian chiuse
gli occhi per un attimo e si impose di stare calma.
Dopodichè si voltò e si diresse decisa verso il
suo cavallo. Per quel giorno aveva visto abbastanza.
Nel momento
esatto in cui lei girò le spalle, Robin si scostò
bruscamente da Anne e la guardò arrabbiato. Poi fece per
tornare in casa, ma quello che vide gli gelò il sangue nelle
vene.
Marian accanto
al suo cavallo, che li osservava furibonda.
Immediatamente
le corse incontro, sperando di poterle spiegare tutta quella assurda
situazione.
Quando
arrivò da lei, cercò di prenderle una mano, ma la
ragazza si scansò rapida. “Lasciami
stare!” gridò.
“Marian,
lascia che ti spieghi! E’ tutto un equivoco,
credimi!”
La ragazza
rise sprezzante. “Ah davvero?”
“Senti
Marian, io non...”
“Non
farti più vedere, Robin.”
“Cosa?”
chiese il ragazzo, senza fiato.
“Mi
hai sentito. Non voglio più vederti.”
Ripeté perentoria lei.
“No,
Marian, ascoltami io...” e fece per accarezzarle i capelli,
ma Marian, furiosa, gli stampò cinque dita sulla faccia.
“Ahi!”
esclamò il ragazzo, dolorante. “E con questa fanno
due!”
“E’
abbastanza chiaro così?” chiese lei, pungente.
“Altrochè.”
Affermò Robin, massaggiandosi la guancia.
“Però, Marian, io volevo solo...”
“Lasciami
in pace.” E, salita a cavallo, si allontanò
velocemente da Locksley e da quel ragazzo che non aveva fatto altro che
prenderla in giro.
Marian stava
aiutando Sarah a rassettare la sala da pranzo. Era ormai sera e le due
donne avevano da poco finito di cenare. Sir Edward aveva avuto un
imprevisto in un villaggio vicino e aveva sapere a sua figlia che
sarebbe rimasto a dormire fuori quella notte.
Sarah si
recò in cucina e cominciò a riordinare.
Guardò velocemente fuori dalla finestra e il suo sguardo
cadde sul giovane a cavallo, proprio lì di fronte. Sorrise,
leggermente divertita.
Marian
entrò proprio in quel momento con alcuni piatti.
“Non
ti sembra di averlo punito abbastanza?” chiese la donna alla
giovane.
“Punito
chi?” Marian finse di non capire.
“Quel
povero ragazzo che sta lì fuori almeno da un paio
d’ore, aspettando che tu esca ad ascoltarlo.”
“Non
ho niente da ascoltare, io. Non sono mica la sua fidanzata!
E’ con Anne” fece una
smorfia infastidita “che dovrebbe giustificarsi.”
Sarah scosse
la testa, ridendo. “E’ proprio questo che ti fa
rabbia, vero?”
“Io
non sono affatto arrabbiata.” Disse tranquillamente Marian.
“E ora, dato che qui abbiamo finito, credo proprio che
andrò a dormire. Buonanotte Sarah.” E, senza
attendere nemmeno una risposta, uscì dalla cucina e si
diresse verso le scale.
“Testona.”
Sussurrò Sarah, dirigendosi verso la porta sul retro ed
uscendo in giardino.
Robin si
stupì di vederla avvicinarsi a lui. “Posso
entrare?” chiese, speranzoso.
Sarah lo
guardò, dispiaciuta. “La conoscete. E’
terribilmente testarda.” Robin abbassò la testa,
avvilito. “Però” continuò la
donna “sono sicura che la finestra di Marian non sia troppo
in alto per un giovanotto atletico come voi. Basta solo che tu la
convinciate in qualche modo a farvi entrare e il gioco è
fatto!”
Robin rivolse
alla donna un’occhiata piena di gratitudine e, subito,
smontò da cavallo e si diresse dall’altro lato
della casa.
Marian, nel
frattempo, si era già preparata per andare a dormire.
Sganciò delicatamente la collana e la ripose con attenzione
sul vecchio baule. Si avvicinò al suo letto, pronta per
coricarsi, quando un leggero picchiettio proveniente dalla finestra
attirò la sua attenzione.
Si
accostò attenta al davanzale e aprì rapidamente
l’imposta di legno.
Robin, appeso
alla balaustra, fece appena in tempo ad abbassare la testa ed evitare
di essere colpito dalla persiana.
Marian,
vedendolo, sussultò spaventata. “Che diavolo ci
fai lì?” sussurrò ostile.
“Secondo
te? Mi alleno a fare le scalate! E poi ti sei accorta che mi hai quasi
ucciso con quell’imposta?”
Marian lo
fulminò. “Mi fa piacere che tu faccia dello sport,
anche se preferirei che non ti allenassi alla mia finestra! E tu invece
ti sei accorto che l’ho fatto di proposito? Mi dispiace solo
di non esserci riuscita...”
Si guardarono
per un attimo, finché Robin non cercò di tirarsi
su con i gomiti per poi essere immediatamente fermato da Marian.
“Dove pensi di andare?”
“In
camera tua, prima di cadere. Come hai avrai notato non sono in una
bella posizione.” Osservò ironico il ragazzo.
“E,
come tu avrai notato, non ho nessuna intenzione di lasciartelo
fare.”
“Dai
Marian, ti prego. Sto scivolando e poi... OH NO!”
Marian
afferrò rapidissima la mano di Robin e
l’aiutò a issarsi su per la finestra, prima che
cadesse davvero e si schiantasse al suolo.
“Bene.”
Gli disse, una volta che il ragazzo ebbe scavalcato il piccolo
davanzale “Ora che sei salito, quella è porta.
Arrivederci.”
“E
dai, Marian. Stavo quasi per rimetterci la pelle! Almeno ascoltami! Ti
chiedo solo cinque minuti.” implorò lui.
Marian lo
squadrò per un attimo e, sospirando, annuì.
“Ti do trenta secondi.”
Robin sorrise.
Allora forse non era tutto perduto.
“Marian,
io non so cosa tu abbia visto, ma credimi hai sicuramente
frainteso.” Le disse, avvicinandosi a lei.
Marian fece un
passo indietro. “Ah ah.” Scosse la testa, riducendo
gli occhi a fessure. “Risposta sbagliata, Locksley. Venti
secondi.”
“Dico
davvero! Tra me e Anne non c’è più
nulla! Te lo giuro!”
“Più
nulla?”
domandò la ragazza sempre più nervosa.
“Quindi ne deduco che in passato qualcosa sia successo tra
voi.”
Robin tacque,
rendendosi conto dell’errore fatto, ma la ragazza prese il
suo silenzio per un assenso e gli si avvicinò, furente.
“No,
Marian, hai frainteso! Ti sei sbagliata! Lei non conta nulla per me! Sporco
bugiardo!” Marian cominciò a prendere a pugni
Robin dovunque mentre lui cercava invano di calmarla.
“Come” E lo colpì al braccio.
“ti permetti” E lo colpì alla spalla.
“di prenderti gioco di me?” E lo colpì
allo stomaco.
“Ahi!
Marian, basta! Ti prego!” La ragazza si fermò,
ancora visibilmente arrabbiata. “Ma come è
possibile che, ogni volta che ci vediamo, io rimedi qualche
livido?”
Marian sorrise
falsa. “Forse perché te li meriti.”
Robin le
lanciò un’occhiata di traverso. “Marian,
dico davvero. Tra me e Anne non c’è più
nulla e sì, tra noi c’è stato
qualcosa” Continuò rapido quando Marian diede
segno di volerlo interrompere di nuovo. “Ma ti giuro che non
è stato nulla di importante.” Tornò ad
avvicinarsi alla ragazza e le prese dolcemente una mano. “Non
mi sono mai innamorato di lei.”
Marian lo
guardò, sospettosa, ma non ritrasse la mano. “E
perché vieni a dirlo proprio a me? Sappi che la cosa non mi
interessa affatto!”
Robin sorrise
compiaciuto. “Oh si! Infatti è proprio
perché non ti interessa che oggi mi hai preso a schiaffi e
hai fatto il diavolo a quattro fino ad un minuto fa!”
Marian
ritirò bruscamente la mano. “Io non ho fatto il
diavolo a quattro! E’ solo una questione di rispetto! Conosci
questa parola, Robin? RISPETTO! E non mi importa un accidente se tu e
quella sciocca...”
“Mi
dispiace.” La interruppe lui, sincero. “Mi dispiace
tantissimo. E desidero che tu sappia che io ti rispetto. Come persona e
soprattutto come donna. Non voglio che una carezza, data da una ragazza
che per me non significa nulla, rovini il nostro rapporto.”
Marian rimase
colpita da quelle parole così dolci. Robin sembrava
così dispiaciuto per quello che era successo. Ed anche
sinceramente pentito. Prese quindi un bel respiro e guardò
verso di lui. “Bè, non mi sembrava tanto una
carezza innocente.” Gli fece notare pungente, anche se Robin
vide che la ragazza gli sorrideva appena. “Mi pare che la sua
mano si trovasse parecchio più giù, Locksley.
Quindi, a meno che io...” Ma Marian non riuscì a
terminare la frase, perché Robin, con due ampie falcate, si
avvicinò a lei e la strinse forte tra le braccia, zittendola.
La ragazza
rimase stupita da quel gesto, ma rispose comunque
all’abbraccio, poggiando la testa sul torace di Robin.
“Allora
esiste un modo per farti tacere.” Sussurrò lui,
dopo un po’, all’orecchio della giovane.
“Credevo che saresti andata avanti per ore.”
Marian non
poté trattenere un sorriso. “Sei solo uno sciocco.
E non sai affatto come trattare una donna.”
“A
me non sembra di andare tanto male, così.”
Osservò malizioso, accarezzandole la schiena. “Mi
sembra che tu gradisca.”
“Robin,
vuoi un altro schiaffo?” domandò lei, stringendosi
di più al ragazzo.
Robin
ridacchiò. Era davvero incredibile! Stavano litigando mentre
erano l’uno tra le braccia dell’altra! Solo loro
due sarebbero potuti arrivare a tanto! Testardi e orgogliosi fino alla
fine!
Rimasero
qualche minuto così, beandosi di quel meraviglioso contatto
finché Robin non interruppe quel sacro silenzio.
“Marian.”
Mormorò dolcemente. “C’è una
cosa che devo dirti.”
Marian
sospirò. “Qualcosa mi dice che sto per arrabbiarmi
di nuovo.”
Robin rise e
la strinse ancora di più. “Io spero di no,
altrimenti stasera non ne esco vivo.”
La ragazza si
scostò leggermente da lui, giusto il necessario per poterlo
guardare negli occhi. “Cosa
c’è?”
“Mio
padre ha avuto un’idea.” Cominciò lui,
prendendola per mano e facendola sedere sul letto. “Ecco
lui...ehm...pensava di annunciare il fidanzamento tra qualche
settimana.”
Marian
continuò a guardarlo senza dire nulla, la sua mano ancora
stretta a quella di Robin. “Io gli ho detto che per te
è troppo presto. Insomma Jane è morta soltanto da
un paio di mesi e tu non ti sei ancora ripresa del tutto. E poi
è successo tutto questo malinteso con Anne e...”
“Chiamalo
malinteso.” Borbottò Marian sottovoce, ma Robin,
impegnato com’era nel suo sproloquio, non la udì
neppure.
“...e,
prima di prendere qualsiasi decisione, dovevo parlarne con te. Avrei
voluto farlo oggi quando sei venuta, ma sei scappata via come una furia
ed io non...”
“Va
bene, Robin.” Affermò lei decisa, interrompendo
finalmente Robin.
Il ragazzo la
fissò stupito. “Cosa?”
“Ho
detto che va bene. Il fidanzamento ci sarà fra due
settimane, se tuo padre è ancora
d’accordo.”
Robin rimase a
bocca aperta, senza sapere così dire. Non si sarebbe mai
aspettato una reazione del genere da parte di Marian.
“Sei
sicura?” domandò premuroso. “Non voglio
che tu ti senta forzata in alcun modo...”
“Si,
sono assolutamente sicura,
Locksley.” Affermò lei, ridendo. “Non mi
dirai che c’hai ripensato!”
Robin le
sorrise dolcemente e l’abbracciò di nuovo. Poi si
staccò da lei. “Assolutamente no.” Gli
sussurrò a fior di labbra, un attimo prima di baciarla
teneramente.
Marian sorrise
contro la bocca del ragazzo e rispose al bacio, circondandogli i
fianchi con le braccia.
“Finalmente
un vero bacio.” Sussurrò Robin dopo qualche
minuto. “Ancora meglio di quello che mi aspettassi.”
“Smettila
di parlare, Locksley. Hai chiacchierato abbastanza per questa
sera.”
“Completamente
d’accordo, milady.” Mormorò lui,
tornando a ‘concentrarsi’ su quello che stava
facendo.
Si separarono
soltanto quando il bisogno d’aria si fece impellente.
Robin si
sedette sulla sedia di legno alle sue spalle e fece accomodare Marian
sulle sue gambe. “Allora milady” disse ad un
centimetro dalla bocca della ragazza “neanche voi siete
riuscita a resistere al mio indiscutibile fascino, eh?”
Marian scosse
la testa divertita. “Siete in errore, milord. Semmai siete
voi ad essere stato ammaliato dal mio charme.”
“Oh,
ma non vi preoccupate! Non siate così timida!”
dichiarò lui, gonfiando il petto orgoglioso. “Vi
capisco. In fondo chi potrebbe resistermi? Avete visto con quanta
agilità mi sono arrampicato su per la vostra finestra
prima?”
Marian
inarcò un sopracciglio, scettica. “Scusate, ma io
di agilità ne ho vista ben poca quando avete rischiato di
cadere giù e...” S’interruppe quando
Robin le rivolse un’occhiata furba e il suo solito sorriso
irritante.
“Stavi
facendo finta!” Esclamò la ragazza indignata,
dandogli un colpo sul braccio. “Non ci posso credere! Io
stavo per morire dalla paura e tu fingevi! Ma non ti vergogni nemmeno
un po’?”
Robin
alzò lo spalle e la guardò malizioso.
“Per niente, milady, visto com’è
finita.” Le sussurrò, prima di tornare a baciarla.
Marian, dopo
un primo momento di resistenza, sorrise e poggiò le mani sul
suo collo, attirandolo di più a sé.
“E
sai qual è la cosa più strana?”
Osservò lui, separandosi nuovamente dalla ragazza.
“Siamo qui già da parecchio tempo e non siamo
stati ancora interrotti. E’ un vero record per noi!”
Marian lo
baciò velocemente e sorrise di nuovo. “Se fossi in
te, non lo direi troppo forte.”
“Che
vuoi dire?” domandò Robin allarmato.
“Tuo padre non è in casa, vero?”
“No,
lui non c’è, ma Sarah...”
Marian non
riuscì neppure a finire la frase che una Sarah completamente
sconcertata fece irruzione nella stanza.
Guardò
prima Robin con le braccia intorno ai fianchi di Marian, poi lei,
comodamente seduta sulle sue gambe ed infine lanciò
un’occhiata angosciata al letto di Marian.
Sospirò
sollevata quando lo vide ancora intatto. Poi si voltò verso
i due giovani, con lo sguardo infuocato. “Che cosa state
facendo? Cosa ci fate voi ancora qui? Forza! Fuori! Marian deve andare
a letto!”
Prese Marian
per un braccio e la fece alzare mentre con l’altro
allontanava Robin dalla ragazza.
“Buonanotte,
Lady
Marian.”
Disse Robin educatamente, rivolgendole però un sorriso
malizioso. “Ci vediamo domani.”
Marian
annuì. “Si, d’accordo.”
“Si,
si, fantastico!” S’intromise Sarah. “Ora
però uscite di qui!” e spinse Robin, alquanto
riluttante, fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Marian si
toccò le guance calde e sorrise raggiante, gettandosi sul
letto.
Non ci
credeva! Poche ore prima avrebbe volentieri fritto Robin di Locksley
nell’olio bollente ed ora,
lei,Lady
Marian, era la sua promessa
sposa.
“La
vita, a volte, è davvero imprevedibile...”
mormorò, prima di affondare la testa tra i cuscini.
Ohhhhhhhhhhhh!
Terminato anche questo! Quasi non mi sembra vero! Credevo che non ci
sarei riuscita... Bene! In questo chap abbiamo finalmente visto la
nostra Marian un po’ gelosa di Robin (anche se le ragioni
c’erano tutte!) ed abbiamo anche capito di che pasta
è fatta la “cara” Anne (una vera vipera,
diciamolo pure!)... Per fortuna che il nostro meraviglioso Robin
(giuggiolina43 ci sei?) ha sistemato tutto! Spero vivamente di essere
rimasta IC coi personaggi perché a volte tendo un
po’ a stravolgerli e cambiare Marian e Robin, già
così incredibili, mi dispiacerebbe moltissimo. Ora passiamo
ai ringraziamenti:
Gwenhmyfar:
Grazie mille per quello che hai detto! Mi rendo conto di non essere una
scrittrice di serie A (see! Magari!), ma la tua opinione conta molto...
mi fa piacere ricevere consigli da chi è più
bravo ed esperto di me, mi aiuta a migliorarmi sempre più!
Fammi sapere cosa ne pensi di questa capitolo! Grazie ancora!
Nikelaos: Mi
dispiace che tu abbia trovato Robin troppo sdolcinato, ma a volte non
riesco proprio a controllare il mio animo da inguaribile romanticona!
Per la scena del tiro con l’arco, sì, mi sono
ispirata a Pretty Princess... Mi è capitato di rivederlo
qualche sera fa e, di fronte a quella scena, ho detto: ‘Ma
quelli sono Robin e Marian!’ e ho finito per metterla nella
storia! Spero comunque che continuerai a leggere e recensire la mia
storia (in attesa che tu ne scriva un’altra delle tue!)!
GinevraMalfoy90:
Come sempre ti ringrazio per i complimenti e mi fa piacere che lo
scorso capitolo ti sia piaciuto! Io credevo che, essendo
così lungo, vi avrebbe di certo annoiato! Fortuna che non
è stato così!!
Werty: Grazie
mille anche a te! Non posso davvero credere che riceva tutti questi
complimenti per la mia modestissima storia! Spero che tu abbia gradito
Marian gelosa... e non preoccuparti che sarà presente anche
nel prossimo chap! Grazie ancora!
Mar: Che
bello avere nuove recensioni e soprattutto nuovi lettori! Mi raccomando
continua a seguire la mia storia e fammi sapere cosa ne pensi, ok? Un
bacio!
Hila:
L’idea per la storia mi è venuta vedendo una
puntata di “Robin Hood” e precisamente quella in
cui Marian diceva a Gisbourne che, da ragazza, lei era stata promessa a
Robin e mi fa molto piacere sapere che tu abbia gradito. Mi ha sempre
incuriosito il rapporto tra questi due personaggi, così mi
sono messa a fantasticare su come potevano essersi incontrati ed
innamorati e voilà! Grazie davvero per i complimenti!
Giuggiolina43: Altro che meraviglioso! Robin (quello originale, non il
mio ovviamente!) è proprio da sposare! Il problema
è trovarlo! Non credo che ce ne siano come lui (a meno che
noi due non ci ‘accontentiamo’ di Jonas
Armstrong!)! Grazie come sempre dei fantastici complimenti!! P.S: stai
attenta ad Anne... potrebbe combinarne qualche altra delle sue nei
prossimi capitoli!
Memi: Ti
ringrazio tantissimo per i complimenti! E sappi che anche a me fa molto
piacere scoprire che ci sono altre fan di questo meravilgioso telefilm!
W Robin Hood!
Come sempre, un grazie anche a tutti quelli che hanno letto e/o messo
tra i preferiti la mia storia!! A presto!!
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Capitolo 6 *** Festa di Fidanzamento ***
Festa di Fidanzamento
Marian
contemplò assorta il paesaggio che scivolava velocemente
attorno a lei, e sospirò.
Era su una carrozza, in compagnia di suo padre ed, insieme, si stavano
recando a Locksley per la tanto attesa festa di fidanzamento.
Si sentiva stranamente nervosa, in ansia. Eppure sapeva che non avrebbe
dovuto.
Non doveva fare più nulla. Ormai era già tutto
deciso: da lì ad un paio di ore sarebbe diventata la futura
moglie di Robin.
Non si poteva più tornare indietro.
Marian chiuse gli occhi e annaspò leggermente, impaurita da
quella prospettiva. Nel giro di un paio di mesi era passata da ragazza
totalmente libera a ragazza quasi
fidanzata, in attesa di diventare signora e padrona di Locksley.
Marian, Lady Locksley.
Un piccolo sorriso fece capolino dalle sue labbra.
Dio, se suonava bene!
Tornò ad ammirare il panorama che la circondava, tentando di
calmare i battiti veloci del suo cuore, e inspirò
profondamente.
Sir Edward si voltò verso sua figlia. Aveva l’aria
pensierosa mentre guardava fuori dalla carrozza e, con una mano,
tamburellava nervosamente sul suo abito.
In quel momento, il senso di colpa gli attanagliò lo stomaco.
“Agitata?” le chiese, sfiorandole la spalla.
Marian saltò su, spaventata. “Cosa? Oh no! Non vi
preoccupate, padre. Sto benissimo! Perché dovrei essere
agitata?”
Sir Edward le si avvicinò ancora e le prese dolcemente una
mano. “Marian, bambina mia, so di essere stato piuttosto duro
ultimamente, ma sappi che io voglio solo il meglio per te.”
Marian annuì, sorridendo appena. “Lo so, padre. E
voglio che sappiate che...”
“Aspetta.” La interruppe l’uomo.
“Voglio dirti una cosa prima di cambiare idea.” La
ragazza annuì di nuovo e l’uomo riprese.
“Mi dispiace di averti forzato in questa storia del
fidanzamento, nonostante tu fossi palesemente contraria, e non vorrei
mai che tu, mia figlia, la luce della mia vita, fossi infelice a causa
mia.” Si fermò e prese un bel respiro.
“Quindi, Marian, nel caso in cui tu fossi ancora decisa a non
voler sposare il giovane Robin, sappi che io ti appoggerò e
sosterrò.”
Marian sgranò gli occhi sorpresa. “Ma padre, non
avevate detto che...”
“So benissimo quello che ho detto, Marian, ma ho pensato
molto in questi giorni. Mi sono chiesto e richiesto se era giusto
costringerti a fare qualcosa che non volevi. Qualcosa che forse ti
avrebbe reso infelice per tutta la vita e ho capito che la tua
felicità, per me, vale molto di più di qualsiasi
titolo nobiliare o pezzo di terra. Quindi se sei ancora convinta della
tua decisione, appena arrivati a Locksley, parlerò io con
Sir Thomas e risolverò questo guaio in cui ti ho
messo.”
Marian continuò a fissare suo padre, sbalordita.
“Allora, Marian, cosa ne pensi?”
La ragazza si morse leggermente il labbro inferiore, indecisa. Aveva capito bene?
Per la prima volta nella sua vita, suo padre le stava dando la
possibilità di scegliere. Di decidere da sola del suo futuro.
Ma sei sicura di non
averlo già fatto? Le chiese una vocina nella
sua testa.
Poteva rifiutare il fidanzamento e il matrimonio.
Sei sicura che sia la
scelta giusta?
Poteva scegliere di essere felice.
Sei sicura di non
esserlo già?
Poteva scegliere un uomo di cui innamorarsi, che l’amasse
davvero per quella che era.
Sei sicura di non averlo
già trovato?
A quella domanda, un’immagine comparve nella mente di Marian:
un giovanotto dall’aria simpatica, con gli occhi di un
azzurro intenso e un sorriso sfrontato sulle labbra.
Sei sicura di non averlo
già trovato, Marian? Ripeté di
nuovo la vocina.
Un sorriso spontaneo illuminò il volto della giovane. Forse sì.
Suo padre fraintese quel piccolo gesto. “Bene.”
Sentenziò, risoluto. “Allora non appena arriveremo
a Locksley...”
“No, padre.” Lo interruppe Marian. “Non
voglio.”
Sir Edward guardò confuso sua figlia. “Ma Marian,
io pensavo che...”
Marian strinse entrambe le mani del vecchio genitore e gli sorrise.
“No, padre.” Ripeté, convinta.
“Vedete in questi mesi, ho capito una cosa: se fossi stata davvero
contraria a
questo fidanzamento, credete che in questo momento saremmo qui, nella
nostra carrozza, diretti a Locksley?”
Sir Edward scosse la testa. “No... Non credo...”
“Infatti.” Convenne la ragazza. “Avrei
fatto qualunque cosa per non sposarmi, persino scappare e chiudermi in
convento. Ma non l’ho fatto. E sapete perché?
Perché in tutto questo tempo, ho iniziato ad abituarmi
all’idea di diventare la moglie di Robin e devo ammettere che
la cosa non mi dispiace affatto.” Fece una pausa e
guardò di nuovo fuori. “Non so ancora se quello
che provo per lui è davvero amore, ma, in questo momento,
sono sicura che è Robin la persona più adatta per
stare al mio fianco.”
Sir Edward, ancora totalmente incredulo, sorrise a sua figlia e
l’abbracciò. “Se questa è la
tua decisione, io la rispetterò. Ma se lo fai per me,
Marian...”
“No, padre.” Lo rassicurò. “Lo
faccio per me.”
“Allora come sto?”
Much aggrottò la fronte e studiò per un attimo il
giovane che aveva di fronte. “Devo essere sincero,
padrone?”
Robin inarcò un sopracciglio. “No, Much. Puoi
anche mentire.”
“Ah, d’accordo! Allora siete molto
affascinante.” Rispose il giovane servo, non cogliendo il
sarcasmo di Robin.
“Perché? Cosa c’è che non
va?” chiese frustrato.
“Padrone, questo abito non è adatto a voi!
E’ troppo elegante! Non vi si addice affatto!”
“Much! E’ la mia festa di fidanzamento! Cosa avrei
dovuto indossare? Gli abiti che uso per andare a cavallo?”
“Perché no?” chiese il servo,
tranquillo. “Scommetto che Lady Marian non
riuscirà nemmeno a riconoscervi vestito da
damerino!”
“Ah, è così che la pensi, allora? Servo
ingrato!” e, dopo essersi avvicinato minaccioso a Much, gli
saltò addosso.
“Smettetela padrone!” disse Much, tentando di
difendersi con scarsi risultati. “Rovinate il vostro
abito!”
“Il mio abito da damerino,
intendi?” osservò Robin, non riuscendo a
trattenere le risate.
Un attimo dopo, la ‘lite’ fu interrotta
dall’ingresso di Thornton.
L’anziano servitore guardò sorpreso i due giovani
a terra e scosse la testa con disapprovazione.
“Padrone!” esclamò. “Sir
Edward sta per arrivare. Dovreste andare ad accoglierlo, invece di
stare qui a giocare!”
Robin si rialzò e si pulì gli abiti, sorridendo.
“Si, Thornton, hai ragione. Scendo subito.”
Il servitore uscì dalla stanza, subito seguito dai due
giovani.
Insieme scesero le scale e attraversarono il vasto salone, per poi
arrivare alla porta di ingresso, dove li attendeva Sir Thomas.
Robin si affiancò a suo padre ed entrambi videro la carrozza
dello sceriffo avvicinarsi.
Dopo qualche istante, il mezzo si fermò e Sir Edward e sua
figlia scesero a terra.
Robin rimase senza fiato: quella sera, Marian era bellissima! Indossava
un abito verde scuro, finemente lavorato, che metteva in risalto il suo
corpo sinuoso e i capelli erano stati raccolti in un elegante chignon,
arricchito da un elaborato fermaglio.
Sembrava quasi un angelo.
“Edward! Amico mio!” esclamò suo padre,
abbracciando calorosamente l’amico. “Come
state?”
“Bene, Thomas. Vi ringrazio per l’invito.”
“Oh suvvia! Cosa sono questi sciocchi convenevoli! Ormai
siamo quasi parenti!” e si voltò verso Marian.
“Mia cara, diventate ogni giorno più
bella.” E le baciò elegantemente una mano.
Marian rispose con un leggero inchino. “Vi ringrazio, Sir
Thomas. Siete sempre molto gentile.”
“Padre, adesso che ne direste di entrare in casa?”
Robin parlò per la prima volta, dall’arrivo degli
ospiti. “Ci sono molti invitati che ci attendono.”
Sir Thomas annuì. “Robin ha ragione. Edward
vogliamo entrare?” e i due uomini fecero il loro ingresso in
casa, lasciando Marian e Robin soli.
I due giovani di guardarono per un attimo, imbarazzati. Poi Robin prese
in mano la situazione e le si avvicinò.
“Mio padre ha ragione.” Le disse, prendendole una
mano. “Diventi ogni giorno più bella. Quando sei
scesa dalla carrozza, sono rimasto senza fiato.”
Marian gli sorrise, compiaciuta. “Bene. Era proprio quello
che volevo.”
Robin rise. “Donna crudele! Vuoi uccidermi prima del
fidanzamento così sarai libera, eh?”
“Mi dispiace, milord, ma non ne ho nessuna
intenzione.” Marian avvicinò le labbra
all’orecchio di Robin. “Non sarà
così facile sbarazzarsi di me, Robin di Locksley.”
Gli sussurrò.
“Non ne ho nessuna intenzione, milady.” Rispose
lui, ad un centimetro dalle labbra di Marian.
“Non sai cosa ti aspetta...”
“Non vedo l’ora di scoprirlo, mia cara.”
Affermò Robin, facendo scoppiare a ridere Marian.
“Cosa c’è?” chiese confuso.
“Nulla.” Disse Marian tra le risate.
“E’ che avevi una voce così strana! ‘Non vedo
l’ora di scoprirlo, mia cara.’
” Lo prese in giro. “Dì un
po’, stai cercando forse di conquistarmi, Robin?”
Il ragazzo inarcò un sopracciglio e le sorrise.
“Pensavo fosse evidente.”
“Smettila di giocare a Mr Fascino con me, Locksley. Lo sai
che tanto non attacca.”
“Io non ne sarei così sicuro. Altrimenti
perché saresti qui, stasera?”
Marian alzò le spalle. “Pura curiosità.
Ho sentito dire che stasera ci sarà un fidanzamento tra una
giovane ed affascinante ragazza e un nobile sciocco e presuntuoso. Li
conosci?”
Robin rise divertito e decise di stare al gioco. “Certo che
si. Lui è un ragazzo molto attraente, corteggiato da tutte
le ragazze del villaggio mentre lei è solo
un’acida bisbetica che... AHI!”
Robin si staccò dalla ragazza e prese a massaggiarsi il
braccio dolorante.
“Quello è per l’acida
bisbetica...” spiegò Marian, indicandogli il
braccio.
“Tu mi hai definito sciocco e presuntuoso.” Rispose
Robin offeso.
Marian si voltò verso il ragazzo e gli sorrise innocente.
“Ma quella era la verità.”
Robin alzò gli occhi al cielo. “Ah ah ah. Davvero
spiritosa.” Si avvicinò di nuovo a Marian e la
prese per mano. “Adesso però che ne diresti di
entrare? In fondo è o non è la nostra
festa?”
L’ampio salone era gremito di gente.
C’erano persone che chiacchieravano, che mangiavano e che
danzavano, ma tutti gli ospiti, sebbene impegnati nelle loro
attività, erano desiderosi di sapere il motivo di quella
festa a Locksley.
Sir Thomas era stato piuttosto misterioso al riguardo: “Non vi preoccupate.
Sarà solo una cena tra amici...”
aveva detto. Ma tutti sapevano che c’era qualcosa sotto.
E fu proprio per questo motivo che, quando, a metà serata,
il padrone di casa raggiunse il centro del salone e reclamò
l’attenzione dei suoi ospiti, tutti tacquero
all’istante.
Sir Thomas sorrise soddisfatto e si schiarì la gola.
“Cari amici” iniziò con tono solenne
“vi ringrazio moltissimo per aver accettato il mio invito
questa sera. Come avrete capito, questa non è una festa come
tutte le altre.” Un mormorio di assenso percorse la sala.
“Infatti quest’oggi, davanti a voi, nobili signori,
ho l’immenso piacere di annunciare il fidanzamento di mio
figlio Robin e dell’incantevole Lady Marian, figlia del
nostro amato e stimato sceriffo!”
Un applauso fragoroso riempì l’ampio salone e
tutti gli sguardi vennero calamitati verso i due giovani che, proprio
in quel momento, stavano raggiungendo Sir Thomas, al centro della
stanza.
Una volta accanto a suo padre, Robin tirò fuori dalla tasca
del suo abito un piccolo e delicato anello d’argento decorato
con minuscole pietre turchesi. “Dello stesso colore dei tuoi
occhi, Marian.” Le sussurrò il ragazzo,
infilandoglielo all’anulare sinistro.
“Grazie.” Rispose Marian, emozionata.
“E’ bellissimo.”
Sir Thomas scambiò un’occhiata soddisfatta con Sir
Edward e levò il calice in aria. “A Marian, futura
Lady Locksley!”
“A Lady Locksley!” ripeterono tutti in coro,
bevendo alla salute della nuova coppia.
Un istante dopo la musica riprese, e così anche le
chiacchiere e le danze.
I due giovani fidanzati furono immediatamente circondati dagli invitati
che presero a congratularsi con loro mentre i loro padri non facevano
che ripetere quanto quell’unione li rendesse felici ed
orgogliosi.
Subito Robin fu trascinato via da alcuni nobili suoi coetanei e,
voltandosi verso Marian, vide la ragazza, in evidente imbarazzo,
accerchiata da una folla di donne ridacchianti.
Dopo circa mezz’ora, Robin, stanco ormai di quelle inutili
chiacchiere, si scusò con i suoi ospiti e si diresse in
giardino.
Marian, dall’altra parte della stanza, lo vide allontanarsi.
Approfittando di un momento di distrazione delle ragazze che la
assediavano, si alzò e gli andò dietro, sperando
di non essere seguita.
Quando raggiunse il giardino, Marian vide il suo ormai promesso
sposo appoggiato alla staccionata, con l’aria pensierosa.
Gli si avvicinò silenziosa e lo abbracciò da
dietro.
Robin sorrise immediatamente, riconoscendo il suo dolce profumo.
“Ehi” gli sussurrò con dolcezza la
ragazza. “Qualche brutto pensiero?”
“No, tutto il contrario.”
“Meno male.” Osservò lei sollevata.
“Credevo che c’avessi già
ripensato.”
Robin ridacchiò. “Bè, è
ancora presto. Dammi tempo almeno fino a domani.”
“Così tanto? E pensi che io riesca a sopportarti
fino a domani?”
Robin si liberò delicatamente dal suo abbraccio e la fece
sedere sulla staccionata, in modo che i loro visi fossero alla stessa
altezza. “Io spero proprio che tu ce la faccia, Marian,
perché ora” e sfiorò appena il piccolo
anello d’argento della ragazza “è
ufficiale. Siamo fidanzati. E confesso che la cosa suona veramente
bene.”
“Davvero?” chiese Marian, con un filo di voce.
Raramente le era capitato di vedere Robin così serio.
“Sì, davvero.” Ripeté lui,
convinto. “E mi rendo conto che per te può non
essere lo stesso, ma...”
Marian lo interruppe, posandogli due dita sulle labbra.
“No” disse, scuotendo la testa.
Robin la guardò confuso. “No?”
Marian gli accarezzò una guancia, sorridendogli dolcemente.
“Prima di venire, mio padre ed io abbiamo parlato. Si
è scusato per la sua insistenza e la sua ostinazione e si
è offerto di sciogliere l’accordo fatto con tuo
padre.”
“Perché non l’ha fatto?”
“Perché gli ho chiesto non farlo.”
“Per quale motivo?”
“Non volevo.” Disse Marian semplicemente.
“Stasera io sono qui, non perché me
l’abbia imposto mio padre, ma perché volevo stare qui.
Capisci la differenza?”
Robin annuì e non riuscì a trattenere un sorriso
soddisfatto. “Allora il mio fascino ha colpito anche te,
eh?” le domandò antipatico.
“Smettila di gongolare, Robin. Altrimenti potrei anche
cambiare idea.”
Il ragazzo l’abbracciò di slancio e
affondò il viso nei suoi capelli profumati. “Ogni
vostro desiderio è un ordine, mia signora.”
Marian accennò un sorriso e rispose all’abbraccio,
circondando con le braccia il collo di Robin.
D’un tratto qualcosa, o meglio qualcuno,
all’interno della casa, attirò la sua attenzione.
“Robin?” chiese, allontanandosi leggermente dal
ragazzo. “Vuoi scusarmi solo un momento?”
Lui la guardò confuso. “Sì, certo. Cosa
devi fare? Incontrare un ammiratore segreto?” le
domandò, aiutandola a scendere dalla staccionata.
Marian sorrise furba. “No. Tutto il contrario.”
Si sistemò il vestito ed entrò in casa. Subito
individuò dov’era.
Prese un bel respiro e si avvicinò alla giovane di spalle.
“Anne?”
La ragazza di voltò e la guardò indifferente.
“Si, milady?”
Marian le sorrise appena. “Posso parlarti solo un
attimo?”
Anne le rivolse un’occhiata velenosa, ma
acconsentì e la guidò in una stanza
più tranquilla.
“Dovete dirmi qualcosa, milady?” domandò
Anne, una volta da sole.
“Si, Anne.” Rispose Marian decisa. “Solo
una cosa. Stai lontana da lui.”
Anne fu colta di sorpresa. Non pensava che quella ragazza potesse
essere così diretta. “Vi sentite forse minacciata,
Lady Marian? Cosa avete intenzione di fare? Dire a Robin o a vostro
padre che mi sono comportata male con voi?” le chiese
provocatoria.
Marian sorrise. “Si vede che non mi conosci affatto,
Anne.” Le disse, lanciandole un’occhiata
penetrante. “Voglio dirti una cosa: quando ho un problema, io
non corro in lacrime da mio padre o dal mio fidanzato”
calcò volutamente l’ultima parola “come
farebbe la maggior parte delle ragazze sedute in salone. Oh no! Io sono
abituata a cavarmela da sola, mia cara. Se un problema mi si para
davanti, io lo affronto. Da sola. Senza la protezione e
l’aiuto di nessuno.”
Anne non rispose, ma incrociò le braccia al petto, stizzita.
“Quindi, se ti vedrò ancora girare intorno a
persone a cui non devi,
risolverò io stessa la questione. Sono stata abbastanza
chiara, Anne?”
Anne ridusse gli occhi a due fessure, guardandola furente, e Marian,
per un attimo, pensò davvero che le sarebbe saltata addosso,
ma la ragazza annuì impercettibilmente col capo e
lasciò la stanza.
Marian sorrise soddisfatta.
“Però!” esclamò una voce
familiare alle sue spalle. “Non ti facevo così
gelosa, Marian. Sono colpito.”
Marian sorrise e si voltò verso Robin. “Non sono
gelosa. Mi infastidisce il fatto che Anne stia dove non deve
stare.”
“Magari vicino a me?” chiese lui compiaciuto.
“Forse.” Disse lei, fintamente disinteressata.
“O forse no.”
Robin ridacchiò divertito, subito seguito da Marian.
Le si avvicinò, scuotendo la testa, e le circondò
la vita. “Sei stata fantastica.”
“Grazie.”
“Ed ora ti meriti un bel premio.”
“Davvero? E cioè?”
Robin la guardò furbo. “Hai notato che stasera non
ho ancora baciato la mia fidanzata?”
“Un vero peccato.” Osservò lei,
avvicinandosi.
Un attimo dopo le labbra di Robin sfiorarono quelle di Marian in un
bacio delicato e tenero. Bacio che ben presto divenne passionale e
profondo, quando Marian attirò il ragazzo ancora
più vicino.
“Robin?” chiamò la giovane dopo un
po’, sottraendosi alla sua
‘attività’.
“Mh?”
Afferrò Robin per il colletto. “Se ti vedo ancora
con lei, giuro che ti uccido con le mie mani.” Gli disse,
sfoderando un sorriso dolce come il miele, ma utilizzando un tono che
non ammetteva repliche.
Robin sorrise contro le labbra di Marian. “Mi piace quando
fai la gelosa.” Disse lui, prima di tornare a baciarla.
Finalmente!!
Sono riuscita a finire anche questo capitolo! E’ stato quasi
un parto gemellare e mi dispiace di avervi fatto aspettare
così tanto (come se tutti fremessero in attesa della tua
storia! NdVoi)! Comunque siamo quasi alla fine (Dio, mi viene quasi da
piangere!)... Ci sarà ancora un altro capitolo e poi un
piccolo epilogo per chiudere il tutto. I due capitoli finali li ho
già scritti e devo soltanto ricontrollarli, quindi credo
proprio che aggiornerò prestissimo! Ora però
spazio ai ringraziamenti:
GinevraMalfoy90:
Sono contenta che il chap ti sia piaciuto e spero che questo non ti
abbia deluso troppo! A presto!
Nikelaos:
Quando vedo una tua recensione mi preoccupo sempre un po’
(vista anche la bellezza delle tue storie per niente paragonabili alle
mie piccole schifezze!), però sappi che apprezzo moltissimo
i tuoi consigli e sono sempre pronta a seguirli! Per quanto riguarda
Jonas, anche io lo adoro perché, oltre ad essere un
bellissimo attore, è incredibilmente bravo e sono
d’accordissimo con te... io mi
‘accontenterei’ volentieri di lui! Comunque anche
io amo lo Sceriffo: “Un aiutino? NO!”... Mi fa
morire dal ridere!
Hila: Sono
contenta che tu abbia trovato i personaggi IC e, per quanto riguarda
Anne, la penso come te... Per fortuna che in questo chap, Marian
l’ha messa finalmente al suo posto!
P.S:
Ho letto le tue storie e, personalmente, ho adorato
“PERDITE” e “NON POSSO VIVERE SENZA DI
TE” che ho subito aggiunta tra i preferiti!
Bluesky:
Grazie mille per i complimenti! Sono felice che la storia ti piaccia e
che continui a seguirla!
Giuggiolina43:
Sono assolutamente d’accordo con te! Anne è una
vera vipera! Se vuoi possiamo menarla insieme! E comunque anche io amo
il meraviglioso Jonas ( come ho già detto anche alla cara
Nikelaos)!
Mar: Grazie
mille! Anche io come te amo il lieto fine e ho odiato profondamente il
finale della seconda stagione (che, nel complesso, è davvero
incredibile! Persino più bella della prima! Se solo non
l’avessero rovinata con quella sciocca decisione di far
morire la nostra eroina! Grrr...). Spero proprio che la BBC aggiusti
questo bel casino!
Werty:
Grazie e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!
Gwenhwyfar:
Oh mio Dio, mi viene da piangere! Sono davvero commossa! Non merito
tutte queste belle parole! Grazie! Non sai quanto mi facciano piacere!
Continua pure a darmi consigli... io li accetto volentieri! A presto!
WaterAlch:
Grazie! Anche se mi piacerebbe molto leggere la tua versione della
storia... In fondo, non ho mica l’esclusiva?
Ayumina: Ti
ringrazio e spero tanto che continuerai a seguire la mia storia e a
farmi sapere cosa ne pensi!
Menestrella07:
Sono sempre contenta di avere nuovi lettori e nuove recensioni! Se poi
i lettori sono gentili come te, è anche meglio!
Un
ringraziamento come sempre a tutti quelli che hanno inserito la storia
tra i preferiti! Un bacione!!
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Capitolo 7 *** La Fine di Tutto? ***
La
Fine di Tutto?
I
mesi passarono e, presto, la calda estate lasciò il posto al
fresco vento autunnale e, in seguito, al gelido inverno.
Le
morbide colline della campagna inglese si ricoprirono di un leggero
strato di neve e, in ogni dove, si potevano scorgere bambini e ragazzi
che si divertivano a lanciarsi palle di neve o a creare enormi pupazzi.
In
questi mesi trascorsi insieme, Robin e Marian erano diventati
praticamente inseparabili. Passavano giornate intere a cavalcare,
quando il tempo lo permetteva, oppure rimanevano in casa a
chiacchierare e a ridere come avrebbero fatto due vecchi amici.
Altre
volte, invece, si recavano di nascosto nella foresta e lì,
Robin, continuava l’addestramento di Marian. Si dedicavano
diligentemente ai loro esercizi, anche se, spesso,
l’allenamento veniva interrotto da uno dei soliti
battibecchi, da un tenero bacio, da una semplice carezza...
Neppure
l’arrivo del freddo aveva fatto desistere i due ragazzi dal
correre, ad ogni buona occasione, a Sherwood per impugnare arco e
frecce. Con grande disappunto della povera Sarah.
“So
che ormai siete fidanzati e che volete stare insieme” aveva
detto un giorno l’anziana donna a Marian “ma
è molto sconveniente che tu e Robin passiate così
tanto tempo da soli, nascosti chissà dove.”
“Oh
non preoccuparti Sarah. Non facciamo nulla di male.”
L’aveva tranquillizzata Marian. “E, comunque, sappi
che la mia virtù è ancora sana e
salva.” Aveva concluso, facendo arrossire la vecchia balia
fino alla punta dei capelli.
Un
giorno poi, dopo un’intera giornata a rotolarsi nella neve
come due bambini, Robin aveva riaccompagnato la sua fidanzata a
Knighton e, quando Sarah aveva notato che Marian si era beccata un
febbrone da cavallo, era andata su tutte le furie. Dapprima, aveva
cacciato malamente Robin, intimandogli di non farsi vedere per almeno
una settimana e, in seguito, aveva obbligato Marian a farsi un bagno
caldo e a infilarsi subito sotto le coperte.
Marian
aveva obbedito senza lamentele, ma proprio nel momento in cui si era
coricata, un paio di luminosi occhi azzurri avevano fatto capolino
dalla finestra. Robin aveva scavalcato agilmente il davanzale e,
leggermente preoccupato, si era sistemato su una sedia vicino al letto
della ragazza, iniziando ad accarezzarle una mano, con tutta
l’intenzione di rimanere lì a vegliare il suo
sonno.
Marian
aveva dovuto faticare non poco per convincerlo a sdraiarsi accanto a
lei, sul morbido giaciglio. Alla fine Robin aveva ceduto e
così si erano addormentati. L’uno nelle braccia
dell’altra.
Al
suo risveglio, Marian era sola. Robin, probabilmente spaventato
dall’arrivo di Sarah, che, trovandolo lì,
l’avrebbe di sicuro ucciso, era già sparito.
Ma
sul cuscino, accanto a lei, le aveva lasciato qualcosa.
La
sua preziosa sciarpa. Quella da cui non si separava mai. La stessa che
sua madre aveva fatto per lui prima ancora della sua nascita.
Negli
anni a venire, quel tenero ricordo sarebbe stato per Marian causa di un
immenso ed indescrivibile dolore.
Il
tempo trascorse ancora inesorabile e la neve iniziò a
sciogliersi, così come il freddo divenne meno pungente.
Si
stava avvicinando la primavera. Con i suoi fiori. I suoi profumi. Il
suo tiepido sole.
E
Marian e Robin erano ancora insieme. Inseparabili come il primo giorno.
Più del primo giorno.
Avevano
ripreso le passeggiate a cavallo e le escursioni segrete nella foresta,
tanto che ormai Marian era diventata brava. Molto brava. Non tanto
quanto Robin, forse. Ma sicuramente più abile degli altri
uomini del villaggio.
La
loro vita scorreva tranquilla e serena, fino a quel giorno.
Era
un tiepido mattino di marzo e i due ragazzi, a cavallo, si stavano
recando a Locksley.
Sir
Thomas aveva chiesto gentilmente a Marian di raggiungerlo
lì, dato che lui, per un problema di salute non sarebbe
potuto andare a Knighton, per discutere, insieme a Robin ovviamente,
del matrimonio che si sarebbe svolto in estate.
Robin
entrò nella sua proprietà e, in pochi minuti, si
trovò nei pressi della grande casa. Smontò da
cavallo e Marian, dietro di lui, fece lo stesso.
D’un
tratto, qualcosa attirò la loro attenzione: proprio davanti
al portone d’ingresso, vi era un carrozza. Una carrozza
ornata dal vessillo reale.
Marian
guardò Robin, interrogativa. “Robin, ma che
succede?” chiese, preoccupata.
Il
giovane scosse la testa. “Non lo so. Entriamo e
scopriamolo.”
Tese
una mano a Marian, che la afferrò, ed insieme si diressero
verso casa.
Quando
entrarono, Sir Thomas, leggermente più magro del solito
notò Marian, era seduto al grande tavolo di legno a parlare
con un distinto signore dai capelli bianchi.
Si
accorse subito dei due ragazzi. “Oh! Robin! Marian! Venite
ragazzi! Venite! Abbiamo ospiti, quest’oggi!”
“Padre,
cosa succede? Fuori ho visto una carrozza con...”
“Non
preoccuparti, figliolo.” Lo tranquillizzò
l’uomo. “E’ solo un vecchio amico che
è venuto a farmi visita. Sir Charles di Norrington, uno dei
consiglieri di Re Riccardo. Charles, posso presentarti mio figlio
Robin?”
Robin
accennò col capo. “Sir Charles. Lieto di
conoscervi.”
“Mentre
questa meraviglia al suo fianco è la sua fidanzata, Lady
Marian, figlia del caro Edward.”
Sir
Charles si alzò e fece un ossequioso inchino verso Marian.
“Creatura incantevole. Edward deve esserne molto fiero.
E’ il ritratto di sua madre.”
Marian
sorrise imbarazzata e Robin le passò un braccio attorno alle
spalle. “Ehi! Da quando fai la timida?” le
sussurrò provocatorio all’orecchio, in modo che
solo lei potesse sentire.
Marian
gli pizzicò il fianco, facendolo sobbalzare, dolorante.
“A
dir la verità, Robin, Sir Charles è venuto per
parlare con te.” Spiegò Sir Thomas, attirando di
nuovo la loro attenzione.
“Con
me?” chiese il ragazzo, sorpreso. “E come
mai?”
“Vorrei
discutere con voi di alcune questioni, Robin. Questioni
importanti.”
Robin
lo guardò, sempre più confuso.
“Si...ehm... d’accordo.” Disse, incerto.
“Marian”
la chiamò il padrone di casa “mi dispiace avervi
fatto venire per nulla, ma oggi proprio non possiamo occuparci del
matrimonio. Spero non siate in collera con me.”
Marian
gli sorrise. “Non preoccupatevi, Sir Thomas. Ne parleremo un
altro giorno. In fondo c’è ancora tempo.”
“Vi
ringrazio per la vostra comprensione, milady.”
“Di
nulla.” Lo rassicurò Marian. “Ora
però sarà meglio che vada. Non vorrei creare
troppo disturbo.”
Robin
annuì titubante. “D’accordo,
allora.” Le disse, posandole un delicato bacio tra i capelli
scuri. “Dirò a Much di accompagnarti a casa. Ci
vediamo più tardi.”
Marian
assentì col capo e, dopo aver rivolto un breve inchino a Sir
Thomas e a Sir Charles si diresse verso la porta.
Prima
di varcare la soglia, però, si voltò di nuovo
verso i tre uomini, seduti al tavolo, e, guardandoli, un vago senso
d'inquietudine la invase.
Perché
Sir Charles aveva così urgenza di parlare con Robin? E qual
erano, poi, le
questioni importanti?
Era
forse successo qualcosa?
Scosse
la testa e si diede mentalmente della sciocca. Non c’era
nulla da temere. Avrebbe dovuto sentirsi onorata che un uomo in vista
come Sir Charles, uno dei consiglieri di Sua Maestà, fosse
così ansioso di parlare con Robin.
Senza
preoccuparsi ulteriormente, diede le spalle ai tre ed uscì
in cortile, in cerca di Much.
Non
sapeva ancora che quell’uomo, così cordiale e
gentile, avrebbe cambiato per sempre la vita di Robin.
E
anche la sua.
Erano
sdraiati sull’erba fresca, in silenzio, ad ascoltare il
leggero fruscio delle foglie mosse dal vento.
Robin
fissava il cielo azzurro, senza in realtà vederlo davvero.
Il
capo di Marian era adagiato sul suo petto, mentre lui, distrattamente,
le accarezzava i capelli mossi.
Stavano
lì da parecchio tempo e non avevano ancora detto una parola.
Solitamente
la cosa non creava loro imbarazzo.
Anzi.
Avevano
passato giornate intere allo stesso modo, ma quel giorno,
quell’ostinato silenzio sembrava pesasse come un macigno
sullo stomaco.
Robin
sospirò frustrato.
Si
sentiva in colpa. Terribilmente in colpa.
Sicuramente
Marian aveva capito che qualcosa non andava. Che qualcosa, dal giorno
della visita di Sir Charles, avvenuta la settimana prima, lo turbava.
Ma
non gli aveva chiesto nulla.
Si
era limitata a stargli accanto, discreta e silenziosa, aspettando che
fosse lui a parlarne per primo.
E
Marian non lo sapeva, ma quel suo essere così presente,
così attenta, lo faceva sentire ancora peggio.
Sì.
Perché oramai Robin l’aveva capito.
Era
lei quella giusta.
Marian.
Marian
bellissima e testarda.
Marian
dolce e ostinata.
Marian
premurosa ed incredibilmente rompiscatole.
Era
lei la donna che lui voleva al suo fianco. La donna di cui era...innamorato?
Sorrise
amaro, rendendosi finalmente conto di quanto fosse stato cieco fino a
quel momento.
Lui
amava Marian. Era innamorato di quella meravigliosa ragazza, ora
sdraiata accanto a lui, da moltissimo tempo.
La
strana storia, che tra loro era iniziata un po’ per
imposizione e un po’ per gioco, si era trasformata in
qualcosa di serio, profondo. Importante.
E
i lunghi mesi trascorsi insieme, non avevano fatto che rafforzare il
legame che li univa, rendendolo ormai indissolubile.
Quanto
era stato sciocco a non accorgersene prima!
Aveva
realizzato per la prima volta l’entità dei suoi
sentimenti per Marian solo ora che stava per spezzarle il cuore.
Avrebbe
dovuto dirglielo, prima di andarsene?
Avrebbe
dovuto confessarle che, con lei accanto, tutto era più
bello? Che lui non poteva più vivere senza averla nella sua
vita? Che avrebbe fatto qualunque cosa affinché lei fosse
felice?
Bè,
forse non proprio tutto.
Si.
Tutto.
Sai
che non è vero. Non potrai fare l’unica cosa che
lei ti chiederà. L’unica cosa che sai la
renderebbe felice.
Robin
chiuse gli occhi, triste.
Perché
era tutto così dannatamente difficile? Doveva farlo, eppure
non voleva.
Prese
un bel respiro e si fece coraggio.
“Marian.”
Chiamò dolcemente. “Ho bisogno di
parlarti.”
Marian
lo guardò incerta, allarmata dallo strano tono della sua
voce. Tuttavia annuì e si alzò, mettendosi seduta
accanto a lui.
“Marian,
c’è una cosa molto importante che devo
dirti.” Disse, guardandola negli occhi.
“Robin,
ma che hai? E’ forse successo qualcosa?”
Il
ragazzo annuì. “Si. A dir la verità,
sì.”
“Robin,
adesso mi stai facendo davvero preoccupare. Mi vuoi dire cosa
succede?”
Il
tono della ragazza era turbato, agitato e Robin capì che non
poteva più mentirle. Doveva dirglielo. Subito.
E
così fece.
“Sto
per partire, Marian.” Confessò, abbassando lo
sguardo. “Vado in Terra Santa. Salperò tra qualche
giorno.”
Quelle
parole per Marian furono peggio di uno schiaffo in pieno viso. Perse un
battito, mentre sentì il respiro mozzarsi in gola.
“Co...cosa?”
chiese con voce tremante. “In Terra Santa?”
Robin
asserì col capo. Lo sguardo ancora rivolto verso il basso.
Non
aveva il coraggio di guardare gli occhi luminosi che tanto amava e
leggerci dentro delusione, rancore... odio?
“E
cosa andresti a fare, se posso chiederlo?” domandò
ancora lei, tentando, invano, di sembrare dura.
“Re
Riccardo sta per affiancare il Papa nelle Crociate che serviranno a
liberare la Terra Santa dagli invasori Turchi. Ha bisogno di tutti gli
uomini possibili per riuscire nell’impresa e Sir Charles
crede che io...”
“Ah!
Quindi è per questo che è venuto la scorsa
settimana! Per convincerti ad imbarcarti in quest’assurda
impresa!”
Finalmente
Robin alzò lo sguardo e fissò la ragazza.
“Si. E’ per questo che è
venuto.”
All’improvviso,
Marian si alzò in piedi e si avviò a passo
spedito verso il suo cavallo.
Immediatamente
Robin la seguì. “Marian, ti prego! Non fare
così! Marian!”
L’afferrò
per un polso e la costrinse a voltarsi. La ragazza cercò di
divincolarsi, ma la presa di Robin era ben salda e non ci
riuscì.
“Avevi
gia deciso.” Sussurrò Marian, guardandolo con
amarezza. “Quel giorno, a Locksley, con Sir Charles, tu avevi
già deciso di partire.”
Il
ragazzo annuì.
“Perché
hai aspettato così tanto per dirmelo?”
“Volevo
trovare le parole adatte per...”
“PER
COSA, ROBIN?” gridò Marian, furiosa.
“Per dirmi che te ne saresti andato a mille miglia da qui, a
combattere una guerra non tua, per un re che vuole solo compiacere il
Papa?”
“MA
NON CAPISCI?” Anche Robin aveva preso ad urlare.
“Questa guerra è anche mia! Ed io lo faccio per
l’Inghilterra, per la mia famiglia... ed anche per te,
Marian!”
Marian
si allontanò bruscamente da lui e lo guardò con
rabbia. “Oh no! Non provarci neanche! Non lo stai facendo per
me, Robin! Lo stai facendo per te! Solo per te stesso! Per compiacere
il tuo ego e soddisfare la tua sete di gloria!”
“Sai
che non è così, Marian.” Le disse,
ferito da quelle accuse. “Mi conosci. Non lo faccio per la
gloria.”
Marian
rise amara. “Ti conosco? Oh! Io non credo proprio! Non so
più chi sei, Robin.”
“Invece
si!” esclamò il ragazzo, frustrato.
“Sono sempre lo stesso! Guardami! Sono io!”
“Non
voglio guardarti. Perché ho paura di quello che potrei
vedere.”
Robin
le si avvicinò nuovamente e le accarezzò una
guancia. “Marian.” Sussurrò, disperato.
“Ti prego, cerca di capire. Io ho bisogno di fare qualcosa di
importante. Voglio che gli altri siano fieri di me. Voglio che tu sia fiera di me.”
Rimasero
in silenzio per un interminabile istante, finché Marian
parlò di nuovo. “Quanto tempo starai
via?”
Robin
scosse la testa. “Non lo so. Sei mesi, un anno, due. Non ne
ho idea.”
“Ed
io cosa dovrei fare nel frattempo? Affacciarmi tutti i giorni alla
finestra e guardare verso l’orizzonte, sperando di vederti
tornare? Oppure dovrei aspettare che qualcuno, un giorno, si presenti
alla mia porta, dicendomi che il mio fidanzato è morto da
vero eroe? Pensi che questo mi farà stare meglio, Robin?
RISPONDI, DANNAZIONE!”
“Forse...forse
potremmo...” cominciò incerto il ragazzo.
“...risolvere la questione.”
“Ah
si? E come?” chiese scettica Marian.
“Potremmo
sposarci.”
Marian
sgranò gli occhi. “Sposarci?”
“Si,
sposarci. Domani. Così il problema sarebbe risolto. Tu
saresti legalmente mia moglie ed io...”
“Ma
come ti permetti?” sbottò infuriata la ragazza.
“COME OSI? Credi davvero che il problema sia il matrimonio?
Mi credi realmente così insulsa e superficiale?”
Robin
non rispose, ma si limitò a guardarla, confuso.
“E
a cosa diavolo servirebbe, poi? A rendermi vedova una settimana dopo le
nozze?”
“Ma
allora cosa...Cosa posso fare per farti stare meglio?”
Marian
gli prese una mano e la strinse forte. “Resta qui. Con
me.”
Robin
la fissò addolorato. Eccola l’unica richiesta che
non poteva soddisfare.
“Non
posso, Marian. Re Riccardo e l’Inghilterra hanno bisogno di
me.”
“Io
ho bisogno di te.” Implorò la giovane, mentre gli
occhi le si riempivano di lacrime. “Ti prego, non
andartene.”
Il
ragazzo le sfiorò delicatamente i capelli e le rivolse
un’occhiata triste. “Mi dispiace.”
A
quelle parole, il cuore di Marian si frantumò in mille
pezzi. Si allontanò freddamente da Robin e si
asciugò le lacrime che avevano preso a scenderle lungo le
guance.
“Bene.”
Disse, con voce tremante. “Se questa è la tua
decisione, vai pure. Parti con il tuo prezioso re alla
conquista della Terra Santa, ma quando tornerai dalle tue fantastiche e
mirabolanti imprese, Robin, non troverai nessuno ad
attenderti.”
“Marian...”
La
ragazza fece un ulteriore passo indietro, scuotendo la testa.
“Oggi è l’ultima volta che piango per
te. D’ora in poi, per me non sei più niente. Niente.”
Robin
tentò di avvicinarsi, ma lo sguardo duro e pieno di
disprezzo della ragazza lo fece desistere.
La
vide voltargli le spalle e, con due ampie falcate, raggiungere il suo
cavallo. Vi montò sopra e lo guardò
un’ultima volta.
“Ti
auguro davvero di trovare quello che stai cercando perché
è evidente che non sono io.” Disse, tentando di
nascondere la disperazione che provava. “Addio Robin di
Locksley.” E, senza aggiungere altro, spronò il
cavallo e si allontanò il più in fretta possibile.
Robin
rimase lì, paralizzato, incapace di fare qualunque cosa.
Avrebbe
tanto voluto seguirla, tranquillizzarla, dirle che tutto sarebbe andato
bene, che tutto si sarebbe aggiustato, ma sapeva che era una bugia.
Nulla
sarebbe andato a posto. Nulla avrebbe riparato ciò che si
era rotto quel giorno.
Non
serviva ripetersi che, col tempo, la rabbia di Marian sarebbe svanita e
lei avrebbe capito.
Ormai
lui aveva già preso la sua decisione.
Peccato
che per quella decisione, Robin avesse perso la persona più
importante della sua vita.
Le
lacrime le offuscavano la vista.
Non
le sembrava vero! Era tutto un incubo!
Robin,
il suo
Robin, lo sfrontato e sfacciato ragazzo che le aveva rubato il cuore,
se n’era andato. L’aveva lasciata per inseguire il
suo re ed uno sciocco ed egoistico ideale.
Si
asciugò le lacrime, ma fu tutto inutile. Continuavano a
scendere copiose ed abbondanti lungo le sue guance rosee.
Alzò
lo sguardo e fissò la pallida luna che si rifletteva
scintillante sulla piatta e calma superficie del lago. Rimase a
fissarla a lungo, finché un rumore alle sue spalle non
richiamò la sua attenzione.
Si
voltò speranzosa. “Robin...?”
sussurrò.
Attese
qualche istante, ma non successe nulla. Nessun affascinante ragazzo
dagli occhi azzurri uscì dal bosco.
“Forse
era solo un animale...” mormorò afflitta.
Per
un istante, aveva davvero sperato di veder uscire Robin dalla fitta
boscaglia che, con un sorriso dei suoi, l’avrebbe abbracciata
e rassicurata, proprio come aveva fatto la sera della morte di Jane.
Quella
sera, tra le sue braccia, si era sentita sicura, protetta.
‘...Te
lo prometto, Marian. Io non ti lascerò mai...’
Marian
sorrise amara, ricordando quelle parole.
Bugiardo.
Falso. Ipocrita.
Ecco
ciò che Robin era stato con lei.
Era
mai stato davvero
sincero nei suoi confronti?
Certo
che si, sciocca! Lui tiene molto a te...
E
allora perché se n’è andato?
Voleva
renderti fiera...
Perché
mi ha lasciato?
Sei
stata tu a chiudere con lui...A dirgli che non l’avresti
aspettato...
Sì,
era vero. Era stata lei a chiudere. Ed ora sarebbe andata fino in fondo.
Si
alzò da terra e si diresse verso la sponda del lago.
Guardò
la luna un’ultima volta e, con un gesto secco, si
sfilò l’anello che portava al dito. Lo strinse per
un attimo tra le mani e poi lo gettò in acqua.
“Egoista!”
gridò, spezzando il profondo silenzio della radura.
“Ti odio! E ti odierò per tutto il resto della mia
vita!”
Si
accasciò di nuovo a terra, scoppiando in un pianto a dirotto.
“Ti
odio...” sussurrò tra i singhiozzi disperati.
E
la cosa peggiore era che Marian sapeva benissimo di aver appena detto
la più grossa bugia della sua vita.
Robin
stava controllando per l’ennesima volta il suo cavallo.
Suo
padre e Sir Edward si avvicinarono a lui, che, sentendoli arrivare, si
voltò verso di loro.
Sir
Thomas gli sorrise triste. “Allora, sei proprio
sicuro?” gli chiese, sperando che il giovane avesse cambiato
idea.
Robin
annuì. “Si, padre. Sono sicurissimo. Sto solo
aspettando Much.”
Il
vecchio genitore asserì col capo. “Bene.”
Rimasero
per un po’ in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri,
finché furono raggiunti da Much. “Eccomi,
padrone!” esclamò, elettrizzato. “Stavo
prendendo delle provviste per il viaggio.”
Nonostante
la situazione così tesa, i tre uomini non poterono fare a
meno di sorridere.
Il
solito, vecchio Much! Stava per andare in guerra e l’unica
cosa che lo preoccupava era il cibo!
“Much”
chiamò Robin “sono sicuro che il re
avrà da mangiare per il suo esercito, non credi?”
“Forse
si. Ma è meglio esserne sicuri.”
Robin
scosse la testa, rassegnato. “Come vuoi tu.”
Poi
rivolse lo sguardo ai due anziani uomini di fronte a lui.
Sir
Thomas sospirò profondamente e lo abbracciò.
“Stai attento, figlio mio. La guerra non è una
passeggiata. E i Turchi sono eccellenti combattenti.”
“Lo
farò, padre. E voi sarete fiero di me.”
Sir
Thomas sorrise. “Lo sono già, Robin. Molto
più di quanto tu creda.”
I
due si separarono e Robin si voltò verso lo sceriffo.
“Mi dispiace, Sir Edward. Non volevo che finisse
così.” Disse sinceramente. “Spero che
non ce l’abbiate troppo con me.”
“Non
preoccupatevi, Robin. Non dovete sentirvi in colpa.” Il
ragazzo annuì poco convinto. “E non
temete” continuò Sir Edward “sono sicuro
che, quando tornerete a casa, Marian sarà così
contenta di vedervi che si dimenticherà del vostro piccolo diverbio.”
“Voi
dite?” chiese Robin, speranzoso.
“Ne
sono certo.”
“Ora,
però, dovete andare.” Li interruppe Sir Thomas.
“Altrimenti farete tardi.”
Much
e Robin annuirono concordi. “Siate prudenti, ragazzi. E
Much” disse, rivolgendosi al giovane servo “ho
fiducia in te. Proteggi il mio ragazzo e tornate presto a casa. Noi vi
aspettiamo con ansia.”
“Non
vi preoccupate, signore. Ci penserò io.”
“Grazie.”
Affermò l’uomo, dandogli un’affettuosa
pacca sulla spalla.
Un
istante dopo, i due giovani salirono a cavallo e, dopo un ultimo
saluto, presero ad allontanarsi.
Stavano
quasi per scomparire all’orizzonte, quando Robin di
voltò e fissò la collina che si ergeva proprio
dietro Locksley.
Lì
si trovava Knighton.
Lì
si trovava Marian.
“Ti
amo.” Sussurrò così debolmente che le
sue parole si dispersero nel vento. “Ti amo. Spero solo di
potertelo dire, un giorno.”
Scusate il
ritardo! So che avevo promesso di aggiornare in fretta, ma proprio non
ce l’ho fatta! Spero tanto che quest’ultimo
capitolo vi piaccia! Ora manca solo un piccolo epilogo e la storia
è conclusa… Come sempre, grazie a coloro che
hanno recensito e letto (scusate se non vi ringrazio una per una, ma
vado di frettissima!)… Mi rifarò nel prossimo, lo
giuro! A presto!
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Capitolo 8 *** Epilogo ***
Piccolo
epilogo per concludere la mia storia. Capitolo leggermente
più corto rispetto agli altri.
I
dialoghi tra Sir Edward, Marian e Robin nell’ultima scena
sono stati ripresi dall’episodio 1x01 “Ritorno a
Casa”.
Marian
POV.
Epilogo
“Sto per partire,
Marian. Vado in Terra Santa...”
“Resta qui.
Con me... Ti prego...”
“Non posso...
Mi dispiace...”
“Allora addio,
Robin di Locksley...”
CINQUE
ANNI DOPO...
Cammino
annoiata tra i banchi del mercato, in cerca di qualche oggetto
interessante.
Per quanto, questi piccoli e miseri banchetti possano essere definiti mercato.
Da quando mio padre non è più lo Sceriffo, le
cose sono molto cambiate a Nottingham: le tasse sono sempre
più alte, la povertà aumenta, le persone muoiono
di fame e le strade sono sempre più piene di poveri
disperati che non hanno più nulla.
Persino oggi, giorno di mercato, ci sono pochissime persone in giro.
Nessuno può più permettersi nulla.
Continuo a girovagare annoiata, finché vedo uscire un gruppo
di guardie, dalle porte del castello, con a capo... Oh no! Guy di Gisbourne!
Speriamo solo che non mi veda! Da qualche tempo, quest’uomo
ha preso a darmi il tormento!
Mi volto di spalle prima che sia troppo vicino e fingo interesse per
uno strano fermacapelli. Lo osservo con attenzione, sfiorandolo appena,
ma una fastidiosa voce alle mie spalle mi obbliga a girarmi.
“Buongiorno Lady Marian.” Mi saluta educatamente
Gisbourne.
“Sir Guy.” Dico freddamente.
“Vi dedicate agli acquisti quest’oggi,
milady?” Chiede, tentando inutilmente di fare conversazione.
Alzo le spalle. “Faccio solo una passeggiata.”
Lui annuisce, senza dire nulla. Probabilmente ha capito che non sono in
vena di chiacchiere e quindi, dopo un ultimo inchino, si allontana ed
esce dalla piazza.
Sospiro sollevata. Quell’uomo è davvero irritante!
Non fa altro che starmi alle costole, maledizione!
Infastidita, torno a concentrarmi sui fermagli, sperando di far passare
il mio malumore.
“Gisbourne era davvero di pessimo umore oggi,
vero?” Sento il venditore, chiaramente divertito, chiedere ad
un cliente. “Chissà che gli è
capitato…”
L’uomo, accanto a me, ridacchia. “Perché
non hai sentito? Pare che stamattina non abbia potuto fare il
prepotente, come al solito.”
Sorrido appena, prendendo tra le mani il fermaglio.
Certo non si può dire che la gente di Nottingham ami
Gisbourne. Anzi, credo che sia la persona più odiata della
contea. Dopo lo Sceriffo, ovviamente.
“E come mai?” chiede il venditore, interessato.
L’uomo si avvicina al banco, con fare cospiratore.
“Pare che volesse punire gli abitanti di Locksley per un
furto, compiuto da un povero ragazzo, ma qualcuno glielo ha
impedito.”
“Davvero? E chi è il pazzo che osa sfidare
Gisbourne? Sicuramente gliela farà pagare cara!”
L’uomo scoppia in una risata gioiosa. “E’
questo il bello della faccenda! Gisbourne non può
fargliela pagare perché l’uomo che gli ha chiuso
la bocca non è altro che il legittimo padrone del feudo, il conte di Huntingdon!”
Il fermacapelli mi cade dalle mani, mentre il sorriso svanisce
immediatamente dal mio viso.
“Il Conte di Huntingdon?” chiede stupito il
mercante. “Ma allora vuol dire che...”
L’uomo al mio fianco annuisce, felice. “Proprio
così! Robin di Locksley è tornato tutto intero
dalle Crociate e, appena rimesso piede al villaggio, come prima cosa,
ha cacciato Gisbourne dalle sue terre! Oh come avrei voluto
esserci!” Conclude, ridendo ancora, subito seguito dal
venditore.
Io resto lì, immobile, totalmente inerme, incapace di fare o
dire qualunque cosa e mi appoggio appena al bancone, stordita.
Robin? A casa? Non
è possibile!
Una donna si avvicina a me con espressione preoccupata. “Lady
Marian, siete sicura di stare bene?” mi chiede premurosa.
“Siete bianca come un cencio.”
La sua voce mi riscuote. Abbozzò un sorriso.
“Si, vi ringrazio. Non preoccupatevi.”
“Ne siete certa? Volete un goccio
d’acqua?”
“No, no.” Dico, scuotendo la testa. “Devo
solo andare a casa.” E mi allontano velocemente da lei.
Mentre cavalco verso casa, un solo pensiero mi attraversa la mente.
Devo assolutamente parlare con mio padre…
Mi
lascio cadere sulla sedia accanto al camino e chiudo gli occhi,
sospirando.
Abbandono la testa all’indietro, cercando di non pensare, di
non rivivere quei momenti, ma è tutto inutile.
Inevitabilmente, ricordi sopiti tornano, dopo tanti anni, ad affollare
la mia mente.
Il nostro primo incontro, a Locksley. E la nostra prima discussione.
La prima volta che abbiamo parlato civilmente.
Il nostro primo bacio. E poi il secondo, il terzo, il quarto...
Un sorriso spontaneo compare sul mio volto, tornando a quei giorni
così felici. Sì, perché io, malgrado
tutto, ero felice.
Con Robin al mio fianco sarei stata felice per sempre.
Altre immagini compaiono nella mia testa.
Le cavalcate insieme, le liti furibonde, che non duravano mai a lungo,
e infine quel giorno...
Il giorno in cui lui
ha distrutto ogni cosa.
Il nostro futuro, la nostra felicità, il mio cuore...
Rivedo per un attimo i tristi occhi di Robin che mi dicono che presto
se ne andrà, che mi lascerà.
E poi la sofferenza, la tristezza, le lacrime che io ho versato per
causa sua.
Ed io, che ogni notte mi addormentavo piangendo, mentre Sarah, non
volendo rattristarmi ulteriormente, faceva finta di niente, nonostante,
ogni mattina, trovasse il cuscino bagnato.
Fino al giorno in cui presi la mia decisione.
Dovevo andare avanti. Riprendere in mano la mia vita e viverla
appieno. Dovevo e volevo.
Anche se, forse, non ci sono mai riuscita del tutto, sebbene sia
passato tanto tempo.
Da allora, infatti, non ho mai voluto più nessuno accanto a
me.
Mio padre e Sarah hanno insistito fino allo sfinimento, ma io sono
stata irremovibile.
Nessun altro uomo avrebbe preso il mio cuore, per poi spezzarlo come
aveva fatto Robin.
No. Nessuno ne avrebbe più avuto l’occasione. Mai
più.
Mio padre non fa che ripetermi che, secondo lui, io sto ancora
aspettando Robin. Ecco perché ho sempre rifiutato
incondizionatamente tutti i pretendenti che hanno bussato alla nostra
porta.
Ma io so che non è così.
Robin non è più nulla per me.
Ha smesso di significare qualcosa il giorno in cui è partito
per le Crociate.
Sospiro decisa e riapro gli occhi.
Mio padre mi sta fissando preoccupato. “Stai bene,
Marian?” mi chiede.
Annuisco. “Si, padre. Non temete. Voi invece?” Mi
alzo dalla sedia e mi avvicino a lui. “Vi vedo
inquieto.”
Lui scuote la testa. “Non è nulla. Ho solo timore
che a Robin venga in mente di venire qui. Potrebbe essere pericoloso
per lui, dato che lo Sceriffo ci fa sorvegliare. E poi...”
Non termina neppure la frase.
All’improvviso scatta in piedi e, dopo aver spalancato la
porta, corre all’esterno.
Lo seguo con lo sguardo, confusa, fino a quando lo sento urlare.
“ANDATE VIA! ANDATE VIA DA QUI!” Grida.
“Edward...” lo chiama una voce familiare, che fa,
inaspettatamente, perdere un battito al mio cuore. “Sono io.
Il vostro amico Robin di Locksley.”
“So bene chi siete!” ribatte mio padre, arrabbiato.
“Banditi venuti per ingannarmi! Non vi voglio!”
Mi avvicino cauta alla porta e cerco di intravedere cosa succede fuori,
sperando che nessuno mi noti.
Mi sporgo leggermente a destra e, finalmente, lo vedo.
Allora è proprio vero! E’ tornato
davvero…
“Sono venuto in amicizia. Dovete credermi.” Lo
sento rispondere a mio padre, tentando di calmarlo.
“Andate via!” Ripete il mio anziano genitore.
“Non sono più lo Sceriffo! Lasciatemi vivere in
pace!”
Mi accorgo che Robin sta per ribattere, allora afferro il mio arco,
accanto all’ingresso, ed esco anch’io, puntando
immediatamente l’arma contro i due indesiderati ospiti.
“Avete sentito mio padre?” dico, cercando di
apparire il più minacciosa possibile.
“Andatevene!”
Subito l’attenzione di Robin è calamitata su di
me. Mi fissa, probabilmente stupito di trovarmi lì, e un
piccolo sorriso si fa strada sul suo volto.
“Marian.” Mi chiama dolcemente. “Sono io,
Robin.”
Lo guardo con freddezza mentre mi avvicino ancora a lui, sempre
impugnando l’arco.
Come può solo pensare che io non l’abbia
riconosciuto? So perfettamente chi ho davanti, ed è proprio
per questo motivo che sono così arrabbiata.
“Congratulazioni.
(*)” rispondo sprezzante. “Andate via.”
Robin continua a fissarmi e mi sorride. Lo stesso sorriso che tanto
volte ha rivolto a me e che ora, invece, non fa altro che farmi
ribollire il sangue. “Come state?” mi chiede come
se nulla fosse. “Vi ho pensato.”
Questo è davvero troppo! ‘Mi ha
pensato?!’
Non ne aveva nessun diritto visto che è stato proprio lui ad
andarsene e a lasciarmi... Ed ora se ne esce con queste frasi smielate
e sdolcinate, sperando che io mi getti in lacrime ai suoi in piedi,
felice che lui sia tornato?
Credo proprio che abbia capito male. Molto male.
“Andate via!” ripeto, visibilmente arrabbiata,
tendendo l’arco e rivolgendogli un’occhiata ostile.
Lo vedo indietreggiare insieme a Much e non posso non provare un senso
di soddisfazione.
Allora se lo ricorda che sono brava a tirare con l’arco!
Del resto, è stato lui ad insegnarmelo, e sa benissimo
quanto posso essere pericolosa con un’ arma in mano.
“Ce ne andiamo subito.” Risponde Much, preoccupato,
ma Robin non si arrende.
“Sir Edward, vi prego.” Dice, tornando a rivolgersi
a mio padre che, nel frattempo si è sistemato alle mie
spalle. “Se non vi ricordate di me, ricordatevi di
Nottingham, del vostro popolo...!”
Non riesco a sentire il resto, visto che io e mio padre siamo
già rientrati in casa, sbattendo la porta alle nostre spalle.
Mi ci appoggio contro e lascio scivolare a terra il mio arco,
respirando profondamente.
Mio padre si siede accanto al fuoco e inizia ad osservare in silenzio
le braci ormai morenti del camino.
Io, intanto, mi allontano dalla porta e vado verso la finestra, per
osservare i due ragazzi all’esterno.
Li vedo parlare tra loro, senza però afferrare
l’oggetto della discussione, e noto che Much rivolge a Robin
un’occhiata di rimprovero mentre lui accenna un sorriso.
Scuoto la testa, incredula.
Dopo tanti anni, sono rimasti sempre gli stessi.
Risalgono a cavallo e si allontanano veloci dalla casa.
“Sono andati via?” chiede mio padre.
“Si, padre. State tranquillo.” Gli dico,
avvicinandomi a lui, un po’ preoccupata.
Mi siedo sul bracciolo della sua sedia e gli prendo una mano.
“Non dovete agitarvi. Sapete che non vi fa bene...”
Mi sorride rassicurante. “Non preoccuparti, Marian. Io sto
bene.” Si volta verso di me, accarezzandomi delicatamente una
guancia. “E tu, invece? Come stai?” domanda serio.
Abbozzo un sorriso. “Anche io sto bene.” Lo vedo
inarcare scettico un sopracciglio. “Davvero.”
Affermo, sicura.
Annuisce poco convinto. “D’accordo. Farò
finta di crederci.” Afferma, alzandosi dalla sedia e
guardandomi con un sorriso. “Ora, però, devo
andare. Lo Sceriffo mi aspetta per il consiglio dei nobili.”
Si avvicina alla scala e si volta di nuovo verso di me. “Ti
andrebbe di accompagnarmi?”
Sgrano gli occhi, sorpresa. “A Nottingham?”
“Si, a Nottingham. Allora ti va?”
Mi alzo e lo raggiungo velocemente. “Vado subito a
prepararmi.” Gli dico, abbracciandolo di slancio.
Poi imbocco le scale ed entro nella mia stanza.
So benissimo perché mio padre mi ha chiesto di andare con
lui, al castello. Vuole farmi distrarre, in modo da non pensare a Robin
e al suo inaspettato ritorno.
Crede che io sia rimasta turbata dalla visita di poco fa. Ma si sbaglia.
Non mi importa affatto.
Vado alla finestra e guardo la strada che Robin e Much hanno percorso
per lasciare Knighton.
No. Non mi importa nulla.
Perché lui, quando se n’è andato, ha
fatto la sua scelta.
Ed ormai è tardi per rimediare.
Troppo tardi.
(*)
Traduzione letterale della battuta in inglese. Scrivere
‘rallegramenti’, come nel doppiaggio italiano, mi
faceva venire la pelle d’oca!
Ora
la storia è davvero finita!! Mi viene da piangere, anche se
credo che molto presto tornerò a scrivere altre ff sulla
coppia Robin/Marian! Li adoro da impazzire!!
Ringrazio
come sempre tutti coloro che hanno commentato e che hanno inserito la
storia tra i preferiti! Grazie mille per aver seguito, letto, recensito
o anche solo per aver dedicato un po’ del vostro tempo alla
mia fanfiction! GRAZIE e alla prossima!
Un
bacio!
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