Arigatou, Gomennasai (Thank you, I'm sorry)

di Kikyo91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Rullo di tamburi*

Coff, coff, eccomi qui LOL lo so, è da una vita che non mi vedete da queste parti…perché in effetti è dal…*controlla* 2010 che non scrivo long fic lol o meglio, ne ho iniziate un paio, ma purtroppo a causa di tanti problemi/impegni, ho finito per lasciarle incompiute TwT E quindi mi sono detta che se non le finisco, non le pubblico LOL ad ogni modo, è da giugno circa che scrivo questa fan fiction su commissione per una mia amica.

La scena più o meno è stata:
lei:mi scrivi una ficcy sugli AAA???
Io: eeeh?? Ma non ho tempo!
Lei: ti pregooo!!!
Io: ….
Lei: magari shounen ai!!
Io:PURE?!
Lei: eddaiiii!!!

…inutile dire che mi sono ritrovata a scrivere dopo nemmeno 2 giorni lol ovviamente senza la garanzia di portarla a termine, visto che non ho tempo LOL btw, fortunatamente sono arrivata attualmente al capitolo 15 e ormai manco poco alle battute finali. Scrivendo nei sprazzi di tempo e alle 10 di sera, ce la sto facendo! Di solito non mi piace scrivere su "commissione", ma in questo caso, a parte la coppia principale, ho avuto campo libero nella trama e nello strutturare i personaggi, quindi mi non mi è risultato troppo difficile scrivere lol Inoltre era da un secolo che non facevo long-fic, quindi in un certo senso...ne avevo voglia XD devo dire che ad un certo punto la fan fiction ha smesso di essere tale ed è diventata una storia a tutti gli effetti, e penso che la cosa sia molto positiva, perché vuol dire che cominci a sentirla “dentro”. Ammetto anche che una cosa del genere è successa SOLO con final sentence (per chi c’era…ricorderà il parto che ho fatto per scriverla lol) ma forse stavolta lo è ancora di più!
Tra l’altro ho corretto così tante volte i capitoli…che confesso di avere un’ansia bestiale addosso XD ho paura che ancora non vada bene XD
Anche se non l'ho ancora conclusa (ma lo faccio, statene certi xD) ho deciso di pubblicarla perchè....CI HO MESSO 'NA FATICA BESTIA XD e, anhce se magari non avrà molto seguito, ci tengo a rendere note le mie fatiche *muore

Ad ogni modo, ci sono un po’ di cose che vorrei chiarire, prima di arrivare al capitolo

1.IL TITOLO
Il titolo è stato davvero difficile. Infatti la ficcy ha avuto un nome solo a partire dal capitolo sei, proprio perché non avevo idea di come chiamarla XD ad un certo punto, mi è venuta l’illuminazione e l’ho intitolata “ありがとう、ごめんなさい”. In romaji sarebbe “arigatou, gomennasai” e vuol dire letteralmente “grazie, scusami”. Normalmente sono due parole che non starebbero insieme in Giapponese, ma in inglese suona un po’ come “thank you, i’m sorry” ed allora comincia ad acquisire senso XD Ho deciso di lasciare il testo in lingua originale perchè l’ho trovato stilisticamente più bello XD

2.IL GENERE
Come ho accennato è shounen-ai (non mi piace chiamarlo “slash” perché…semplicemente non amo il termine, spesso usato anche in senso volgare XD mentre shounen-ai descrive proprio quello che la storiaXD) – Vi dico già da subito che non c’è nulla di volgare, spinto, erotico etc…al massimo c’è la descrizione di un bacio e comunque è tutto molto “romantico” lol (e di romanticismo comunque non ce n’è molto, sappiatelo lol). Più che sull’aspetto “fisico” dell’attrazione, quello che descrivo in questa storia è più che altro psicologico. Un’attrazione psicologica piuttosto forte, difatti ai due protagonisti non piacciono i ragazzi lol (e qui probabilmente penserete che sia un controsenso XD beh, leggendo capirete^^).
Perciò, anche chi non ama il genere può leggerla tranquillamente senza schifarsi e/o scandalizzarsi XD e se lo dico, state certi che è vero XD.
Ho messo solo un siparietto comico, in un capitolo, è abbastanza esilarante XD.

Parlando di me, non amo nessuna coppia shounen-ai tra gli AAA XD io sono TAKAUNO FOREVAH (click) XD però oh…era su commissione LOL

3.I PERSONAGGI
Come accennato (di nuovo XD) è una ff incentrata sugli AAA. I due protagonisti sono Takahiro e Naoya.
I “lead characters” sono rispettivamente Misako, Chiaki ed in seguito Shinjiro.
Nella storia c’è un cameo anche degli altri due membri Mitsuhiro e Shuta, che vengono praticamente solo menzionati a storia ormai inoltrata.
Inoltre, nel capitolo 6, Takahiro ammette di essere un fan di Takahashi Minami delle AKB48. [FOTO]

Ad ogni modo, nessuno vi vieta di immaginare i personaggi come più vi aggrada^^

4.LE NOTE.
Alla fine di alcuni capitoli, specialmente i primi, ho aggiunto delle note, FONDAMENTALI per capire il significato di molti dei termini giapponesi che utilizzerò nel corso della storia. Se non siete pratici di Giappone, vi consiglio caldamente di leggere prima le note in fondo al capitolo, e poi leggere quest’ultimo ^^ vi faciliterà le cose.
I luoghi che vengono nominati sono ovviamente reali, e anche tutti gli accenni alle fermate della metropolitana o del treno. *amatemi per il lavoro certosino XD

Sarò un po’ lenta a postare…magari non all’inizio, ma dopo un po’ mi toccherà XD un po’ perché non so quanto seguito avrà la storia (lo so, preferite le soshiXD) e un po’ perché rischio di non avere capitoli da postare, arrivando al pari con la stesura…

Non credo di avere più nulla da dire se non…buona lettura^^
Ps: i prossimi capitoli saranno più belli LOL *muore*


 

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OZLEWDC




Capitolo 1.



 

Una volta qualcuno mi ha detto che se la realtà fa così male, di chiudere gli occhi. Chiuderli ed immergersi nel proprio mondo, lontani dal dolore, dalla disperazione, da tutto ciò che ci fa soffrire.
L’ho provato così tante volte, che mi sembra quasi di esserci abituato a chiudere gli occhi.
Ma ora, ora ho paura di farlo.





Un cigolio quasi penetrante echeggiò per tutta la stanza. Una porta si aprì leggermente e sbucò una donna, vestita di bianco, che diede un’occhiata all’interno, in apprensione.

-Nishijima san, siamo pronti-

La sua voce flebile destò, dai suoi pensieri, un ragazzo, disteso sul letto, troppo intento a guardare fuori dalla finestra per rendersi conto di dove si trovasse davvero. Il giovane si voltò lentamente verso la donna. Aveva dei lineamenti molto delicati, quasi perfetti. Le uniche imperfezioni del suo volto erano dovute alla stanchezza e alle continue terapie a cui era stato sottoposto in quei lunghi mesi. Portava un fazzoletto sulla testa, che gli copriva gran parte del cranio.
Era arrivano in ospedale circa otto mesi prima, sapendo bene il suo male e che non ci sarebbe stato modo di poterlo curare, se non con un intervento che avrebbe avuto successo solo nel 20% dei casi. Quasi nulla, praticamente.
Nonostante tutto sembrava quasi sereno. La cosa che colpì l’infermiera, quando entrò fu l’ampio sorriso con il quale il giovane l’accolse. Era il sorriso caldo di un quasi vent’enne con tanta voglia di vivere, e che nutriva la speranza di poterlo fare ancora.
Il ragazzo diede un ultimo sguardo al mondo esterno e poi si scoprì dalle coperte, mentre la donna lo raggiunse con il lettino che l’avrebbe condotto in sala operatoria.

-grazie mille!- sorrise lui, mentre veniva aiutato a spostarsi

Si sentiva debole, ma non sconfitto.

La donna annuì con un leggero cenno di sorriso. Poi, senza dire una parola, si diresse piano verso l’uscita della stanza, nei corridoi, dove l’aspettavano altri infermieri e dottori.

-Nishijima san, se non ti senti pronto possiamo rimandare! –esclamò all’improvviso l’infermiera

Lui, questa volta scosse il capo

-no, va bene così –disse sorridendo

-capisco… -

–morirei comunque. E’ così che sarebbe dovuta andare, in fin dei conti- continuò il ragazzo con una piccola punta di rammarico ben chiara.

Poi non disse più nulla e si limitò ad osservare il soffitto che continuava a cambiare colore e forma. Vide quello che pareva essere un ascensore, due porte di metallo che si aprivano e che, probabilmente, si erano richiuse al suo passaggio.
C’erano tanti infermieri, tutti con una mascherina che copriva parte dei loro volti. Poteva solo osservare i loro occhi, senza espressione, forse tremendamente abituati ad assistere ad una cosa così “assurda” come quella.


 

Questo soffitto pieno di luci, tutta questa gente di passaggio. Ogni cosa.
Io forse non vedrò più niente di tutto questo?
Pensavo di essere pronto, lo pensavo davvero.





Dopo qualche minuto, entrò nella sala operatoria. Vide poco o niente di quello che lo circondava. Sentiva i rumori delle macchine, lo scalpitio degli attrezzi da chirurgo che venivano appoggiati al un carrello con una cura quasi maniacale.
Il ragazzo si sentì nuovamente trasportare da un letto ad un altro e all’improvviso le luci soffuse si trasformarono in lampi che per un istante gli compromisero la vista.
L’infermiera che lo aveva accompagnato rimase fuori dalla sala e non conosceva nessuno di quei medici, eccetto il dottor Kazuki, colui che aveva scoperto il suo male e che quel giorno avrebbe cercato disperatamente di curarlo.
In quel momento, cominciò a sentire una sorta di disagio interiore. Una insicurezza e la terribile voglia di fermare tutta quella farsa. E proprio mentre un altro infermiere gli avvicinava la maschera di gomma al volto, strinse forte i pugni come per istinto, e il dottor Kazuki lo notò all’istante, bloccando il gesto dell’infermiere.
Poi si avvicinò al ragazzo.

-sei pronto? – domandò senza tanti convenevoli

Cosa avrebbe potuto dire in quel momento, se non un “si”?. L’istinto gli diceva di bloccare tutto, di continuare a vivere quel poco di tempo che gli rimaneva ma il cuore invece era di tutt’altra idea.
Già, il cuore. Era stato proprio il suo cuore a spingerlo a rischiare quell’operazione.


 

Ero preparato. Lo ero sempre stato fin dal giorno che seppi di avere un male incurabile al cervello.
Ma da quando l’ho incontrato, morire non era più nei miei piani. Volevo almeno provare a lottare.





Il giovane, anche se debole, alzò il braccio quanto bastava e, sorridendo lievemente, fece un gesto di vittoria con la mano, sorprendendo il dottore e tutti i presenti.

-ci vediamo più tardi, dottore! –esclamò

Non poté vederlo a causa della maschera di carta che indossava, ma gli parve che l’uomo stesse sorridendo. Poi, egli abbassò lo sguardo e fece nuovamente avvicinare l’infermiere, che posizionò la mascherano sul volto del giovane.

-buona fortuna, ragazzo mio – aggiunse infine

Annuì abbozzando un sorriso. Poi, pian piano la vista cominciò ad annebbiarsi e le immagini divennero sfocate.
Il suo cuore, finché riuscì a sentirlo, palpitava all’impazzata e il timore lo pervase nuovamente. Ma durò poco, solo qualche istante.
Perché, molto lentamente, l’oscurità cominciò a farsi strada, verso quella che poteva essere la fine o un nuovo inizio.


 

Se adesso chiudo gli occhi, cosa vedrò? La vita che ho vissuto o quella che avrei potuto godermi se non fossi morto?
Avrei tanto voluto sapere come sarebbe finita quella storia così assurda tra noi due. Vorrei tanto sapere dove sei ora, se sei felice, almeno un po’.
Tuttavia, adesso, spero vivamente di poterti vedere, anche solo nella mia mente. Di risentire il tuo caldo abbraccio che mi protegge, la tua voce così soave che sa penetrarmi nell’animo…il tuo sorriso.
Ogni cosa, prima della fine.














Circa un anno prima.

Ottobre - primo semestre alla Hibiya High School




-ragazzi, da oggi in avanti avrete un nuovo insegnante di letteratura, finché Goto sensei non si riprenderà dall’incidente -

Un uomo, mingherlino ma straordinariamente attivo, irruppe nella classe 3-A della scuola superiore di Hibiya, quella mattina di inizio Ottobre.
Gli studenti, dapprima dispersi per tutta l’aula, non appena era entrato quello che si era rivelato il preside, si rimisero ai propri posti, ed educatamente salutarono con un inchino, prima di sedersi senza fiatare.
A quelle parole, tutti si lanciarono degli sguardi curiosi, chiedendosi che tipo di persona fosse il nuovo insegnante.
Tra i bisbigli generali, il preside riprese a parlare.

-prego, può venire avanti –

Calò il silenzio per qualche istante. Tutti si votarono a guardare la porta dell’aula quando finalmente, il loro “nuovo” insegnante si decise ad uscire allo scoperto, avanzando un po’ timorosamente verso la cattedra dove lo attendeva il preside.
Ci fu un “ooooh” generale.
Era piuttosto alto ed indubbiamente giovane. Aveva i capelli castano chiaro, tinti, ma molto curati così come il suo abbigliamento, ne troppo esuberante ne troppo pacato. Il suo volto trasmetteva a prima vista, un’innaturale simpatia.
Lui, un po’ intimorito, fece un cenno di saluto all’intera classe ma non disse una parola. Si mise di fianco al suo superiore e solo dopo un lungo sospirò, parlò.

-il mio nome è Urata Naoya – disse acquisendo un improvvisa forza nel tono della voce – ho 25 anni e sono originario di Yamagata. Sarò il vostro insegnante di letteratura per questo semestre –

-cosa, venticinque anni? –
- è pazzesco… -
-incredibile-

Tutti gli studenti cominciarono a bisbigliare ed a lanciarsi sguardi perplessi, mentre altri avevano già cominciato a spettegolare su quanto sarebbe stato interessante avere un professore giovane. Un paio di ragazze invece, si dicevano piuttosto preoccupate, timorose del fatto che potesse “chiudere un occhio” troppo facilmente alle malefatte dei piantagrane della classe.
Tuttavia, il preside interruppe nuovamente tutti quei brusii con un battito di mani.

-non lasciatevi ingannare –commentò – nonostante la giovane età ci è stato caldamente raccomandato. Urata sensei insegnerà qui per ottenere maggiori crediti da utilizzare per la Laurea –

Tutti rimasero in silenzio.
Poi il preside si rivolse al neo professore.

-ora le lascio campo libero – disse – finita la lezione la aspettiamo in sala insegnanti, ci sono alcune cose da discutere –

-certo signor preside! –annuì Naoya facendo un inchino –la ringrazio –

L’uomo fece un cenno di saluto e uscì dall’aula.
Tuttavia, anche dopo che se ne fu andato, gli studenti sembrarono mantenere il silenzio, forse ancora un po’ colpiti dalla new entry della loro classe.
Naoya si avvicinò alla sedia della cattedra sentendo, per altro, tutti gli sguardi dei ragazzi puntati su di lui. Appoggiò la propria ventiquattrore sulla scrivania, si sedé e prese in mano il registro, sfogliandolo. Poi lo rimise al suo posto e guardò la classe.

-allora, oggi parleremo del Kojiki, che, come sapete rappresenta il primo tentativo dei nostri antenati, di scrivere un testo storico del nostro paese –

I ragazzi tirarono fuori immediatamente i libri e le penne e cominciarono immediatamente a prendere appunti.
Naoya sembrò sollevato dall’interesse suscitato, anche se probabilmente era ancora dovuto al fatto che nessuno di loro sapeva come comportarsi, visto che si conoscevano da appena cinque minuti.
Tirò fuori la propria copia del Kojiki e cominciò a leggerne alcuni passaggi, quelli più complicati.

-sensei! – esclamò una ragazza della quarta fila

Il giovane si interruppe e alzò lo sguardo.

-mi dica….ehm… - balbettò guardando il registro

-Uno Misako!- esclamò, alzandosi, una ragazza dai capelli lunghi fino alle spalle, molto carina.

-ecco si. Uno chan, dimmi pure! –

Misako rimase un tantino stupita di sentirsi chiamare in quel modo, tanto da arrossire vistosamente, e anche il resto della classe sembrò trattenere il respiro per qualche istante, tutti indecisi sul da farsi. Naoya parve non accorgersi del fatto commesso.

-ehm, non ho capito bene il passaggio a pagina 33. Può rispiegarlo? – riprese poi tranquillamente

-oh, certo! –sorrise Naoya – beh, sembra complicato ma in realtà è un concetto piuttosto semplice! allora, izanagi e izanami… -

Non riuscì nemmeno ad iniziare il discorso, quando all’improvviso la porta scorrevole dell’aula si spalancò facendo un tonfo che fece prendere paura a tutti i ragazzi della prima fila, professore compreso.
Tutti volsero il loro sguardo all’ingresso, dove tre ragazzi dai capelli tinti e dalle espressioni vuote, irruppero nell’aula quasi sembrando degli elefanti.
Il più grande, probabilmente pure ripetente, avanzò verso uno dei posti che, solo ora Naoya lo aveva notato, erano ancora vuoti, in ultima fila.

-siamo in ritardo- sogghignò il ragazzo che, camminando, calpestò malamente la cartella di un compagno che però, non osò fiatare.

I due che erano con lui, fecero un accenno al professore e seguirono il loro “capo”, chiudendosi la porta alle spalle.
Naoya osservò perplesso ogni loro movimento con leggero fastidio, cercando però di mantenere il controllo.

-era evidente –sospirò sorridendo

Il “capo” si bloccò quando mancavano pochi passi verso il suo banco. Si voltò verso l’insegnante, e fece una smorfia scocciata.

-non mi ero accorto della faccia nuova, sensei! – sbottò

-già, era evidente anche questo –rispose – ora sedetevi e tirate fuori i libri. Visto che è il mio primo giorno farò finta di nulla, come regalo –

-tsk, certo, certo – annuì con poca serietà il ragazzo, buttandosi letteralmente sulla propria sedia, seguito dai suoi due compagni.

Ci fu qualche momento di pausa, poi la calma sembrò regnare nuovamente sovrana. Naoya sospirò pesantemente.

-bene, stavo dicendo… -

Ma venne nuovamente interrotto dalla stessa cosa che lo aveva bloccato in precedenza. La porta dell’aula, si riaprì nuovamente.
Pregò kami sama di fargli finire la lezione il più in fretta possibile e, alzando gli occhi al cielo si voltò di nuovo verso la porta, leggermente scocciato.
Tuttavia, non si trovò a dover competere con qualche altro yenkee scapestrato. Ne con altri ragazzoni pieni di sé. Quello che comparve davanti ai suoi occhi, fu un giovane, mingherlino, dai lineamenti delicati, a tratti ancora infantili e un po’ sofisticati. I capelli neri gli ricadevano in parte davanti agli occhi. La divisa che indossava era un po’ sporca di terra. Aveva la cartella malridotta e lo sguardo di chi avrebbe voluto essere dappertutto tranne che lì.
Il ragazzo entrò piano e, dando un’occhiata all’insegnante, fece un inchino.

-chiedo scusa per il ritardo, ho avuto un contrattempo – si limitò a dire cortesemente

-… -

Quando si rialzò, Naoya poté notare il labbro superiore gonfio, insieme a parte della guancia, dello studente. Fece finta di nulla ed annuì, commosso se non altro, dalla buona educazione.

-s-si certo, scuse accettate! – disse – come ti chiami? –

-Nishijima Takahiro – esclamò con voce tremula

-…bene! vai pure a sederti Nishijima kun –

Proprio come era successo per Misako, anche Takahiro sembrò sorpreso di sentirsi chiamare in quel modo da un insegnante.
Cercò di nascondere quei pensieri e andò a sedersi al proprio posto, lentamente, mentre i tre yenkee ridevano sotto i baffi. Misako, ancora in piedi, guardò il ragazzo prendere posto di fianco a lei, al banco vicino alla finestra, e lo fissò per qualche istante, visibilmente preoccupata.
Takahiro, in silenzio, tirò fuori i libri, miracolosamente non rovinati, e restò in attesa che ricominciasse la lezione.
Naoya sospirò nuovamente, sconsolato, sperando che non succedesse nient’altro.

Ed in effetti, dopo quell’inizio burrascoso, la lezione proseguì senza intoppi.



**



Non appena la campanella cominciò a suonare, Naoya interruppe la lezione e diede i compiti per quella successiva.
I tre yenkee furono i primi ad alzarsi dal banco per dirigersi al bagno e, mentre uscivano, lanciarono un’occhiata quasi di sfida al professore, che però fece finta di niente. In fondo anche lui era un ragazzo e nonostante i suoi 25 anni e la calma apparente, la voglia di tirargli un pugno e di rimetterli in riga era assai tanta. Tanto valeva lasciarli perdere.

-proprio gli yenkee mi dovevano capitare…sarà un inferno questo semestre – sbottò seccato a bassa voce, mentre cominciava a scrivere alcuni appunti sul registro.

-oh, insomma!!! –

Una voce femminile, molto squillante, irruppe nell’aula, e fu talmente forte che Naoya alzò lo sguardo verso quei pochi studenti che erano rimasti lì a mangiare qualcosa. Senza farsi notare, vide Misako, la ragazza che gli aveva chiesto aiuto, tappare la bocca di una compagna, seduta esattamente davanti a Takahiro. Entrambe erano voltate verso il ragazzo.

-sssh, Chiaki smettila!! -esclamò Misako

-smettila un corno!! –borbottò l’altra, dai capelli leggermente corti e dal fascino quasi esotico. –non può continuare così!! –

Si chiamava Ito Chiaki, stando a quanto diceva il registro.

-certo, ma urlare non serve a niente! –rispose -e poi…c’è ancora il sensei in aula! –continuò sussurrando

-ragazze, non dovete preoccuparvi, davvero! –le interruppe Takahiro con un mezzo sorriso –sto bene! –

Misako e Chiaki si lanciarono uno sguardo preoccupato.

-ci hai prese per sceme, per caso? –dissero poi quasi in coro – sappiamo chi ti riduce in questo stato!! Dovresti parlarne con qualche insegnante! –

-si, ottima idea! –sbottò il ragazzo –così la prossima volta mi ammazzano! –

-ah, e farti picchiare ogni volta che devono sfogarsi è una soluzione migliore?! –

-non mi hanno picchiato –

Takahiro sembrava parecchio scocciato dalla situazione e le due amiche non gli davano tregua. Naoya, che aveva sentito sprazzi della conversazione, tese le orecchie al massimo per captare qualcos’altro.

-Takahiro, ti vogliamo bene, lo sai vero? – esclamò Misako

-si, lo so! –sorrise lievemente lui

-guarda che non può durare ancora a lungo questa storia! –riprese Chiaki –se non lo dici tu a qualcuno, lo faremo noi! –

-dovete starvene solo tranquille, capito?! – sbottò Takahiro con decisione – è un problema mio e lo risolvo io! Voi non dovete essere coinvolte! –

Le due ragazze si guardarono piuttosto contrariate. Poi entrambe sospirarono pesantemente e tornarono a rivolgersi ancora verso il moro, leggermente alterato da tutta quella situazione.
Takahiro si afflosciò al banco, toccandosi il labbro gonfio, ma non disse più una parola. Si limitò solo a mettere via i libri di letteratura.
Naoya osservava la scena interessato, da un lato perché era estremamente curioso, dall’altro perché era un professore.
E come tale doveva sapere se c’era qualcosa che non andava tra gli studenti.
Tuttavia dovette interrompere le “indagini”, perché ormai si era fatto tardi. Rimise tutti i libri dentro la propria borsa e si alzò dalla cattedra.

-Uno chan, Ito chan – esclamò

Le ragazze si voltarono verso di lui – dica, sensei! –

Naoya fece sventolare il registro di classe in modo che entrambe lo vedessero.

-tenete d’occhio il registro fino all’arrivo del mio collega- disse

-certo, non si preoccupi! –sorrise Chiaki

Il giovane sorrise e si diresse verso l’ingresso dell’aula.

-ah, Nishijima kun! – esclamò nuovamente Naoya quando fu davanti alla porta, pronto ad uscire.

Takahiro alzò violentemente la testa, fino a quel momento appoggiata al banco. Cercò di ricomporsi quanto bastava e, quasi per istinto, nascose la botta alla bocca con la mano, facendolo sembrare un gesto del tutto naturale.

-m-mi dica! – balbettò

-domani cerca di arrivare puntuale! – disse con un mezzo sorriso.

Non sembrava affatto un rimprovero.
Takahiro rimase a fissarlo per qualche istante, poi annuì leggermente e con rispetto.

-certo, sensei. Mi scusi.. – borbottò

-non c’è bisogno di scusarsi, siamo tutti ragazzi in fondo! – lo bloccò Naoya – arrivederci – salutò poi uscendo definitivamente dall’aula.

Non appena fu uscito, Misako e Chiaki si rivolsero ancora una volta all’amico, fremendo dall’eccitazione.

-hai visto che figo che è? – osservò Misako

-c-chi scusa?! –domandò Takahiro leggermente imbarazzato

-come chi?! Urata sensei!! – incalzò Chiaki – inoltre è così gentile… -

Takahiro alzò lo sguardo verso l’alto come per evitare le onde “d’amore” prodotte dalle due ragazze che non facevano altro che adulare il loro nuovo insegnante.

-tu non c’eri…ma avresti dovuto vedere come ha tenuto testa a quell’idiota di Sato e compagnia!! – sibilò Misako

-d-davvero? – domandò Takahiro leggermente interessato – …forse…dipende dal fatto che è molto giovane, no? –

-aaah, non avrei mai pensato che uno studente Universitario potesse venire ad insegnare proprio qui! –sospirò Chiaki

-cosa??! fa l’università?!-

Le due ragazze si guardarono divertite.
Prima che Takahiro potesse dire qualcosa altra cosa, scoppiarono a ridere sonoramente, lasciando il ragazzo interdetto, senza possibilità di replica.




**



-Sumimura Sato? –

Naoya era seduto alla sua scrivania personale, in sala insegnanti. Orami era l ‘ora di pranzo e tutti i colleghi cominciavano a tirare fuori dalle loro borse i pranzi al sacco che si erano portati da casa. In quanto a lui, che si era completamente dimenticato il proprio, aveva optato per un sandwich comprato nei distributori automatici della scuola. A quel’ora c’era un bel viavai di professor intenti a parlare tra loro e si sentiva un po’ un pesce fuor d’acqua. Tuttavia, aveva cominciato ad attaccar bottone con una professoressa di tre anni più grande di lui, Takahashi Yuri, che, tra le tante cose era anche l’insegnante di Giapponese Classico della classe 3-A. Era una donna piuttosto carina, non molto alta macon un fisico ben proporzionato. Teneva i capelli raccolti da un fermaglio a forma di fiore.

-si, proprio lui! –sospirò Naoya rivolto a Yuri –com’è con lei? –

-mmh, beh, non è certo il massimo che si possa desiderare… -rispose lei con un accenno di amarezza - ha dovuto rifare la terza classe per via di un espulsione, l’anno scorso –

-espulsione? –

-già, aveva picchiato un professore! - spiegò –brutta, brutta storia davvero! Quando ho saputo che l’avrei avuto il classe, ho fatto i salti di gioia…-

Naoya abbassò lo sguardo ed addentò un pezzo del proprio panino, leggermente perplesso. Poi gli venne in mente un’altra cosa da domandare alla collega.

-e che mi dice di Nishijima Takahiro? –

Yuri parve accendersi come una lampadina e, notò Naoya, i suoi occhi sembravano quasi brillare di luce propria non appena aveva pronunciato quel nome.

-oh, è completamente l’opposto di Sumimura! E’ uno degli allievi migliori della classe! –disse allegra –è così educato…fossero tutti come lui! Credo che viva da solo al momento, il padre è spesso via per lavoro!–

-capisco. E sua madre? –

La donna sospirò leggermente afflitta.

-è morta in un incidente un anno fa –spiegò –pensi che dopo tre giorni, Nishijima era già a scuola! Si vedeva lontano un miglio che era distrutto dalla cosa, ma sorrideva sempre…confesso che mi faceva quasi paura! –

-paura? – domandò Naoya sempre più perplesso –perché, faceva qualcosa di strano? –

-oh no, era come al solito…però quei sorrisi erano tremendamente finti che…-

-capisco… -sospirò il giovane

-…comunque non si preoccupi troppo sensei! –incalzò Yuri – vedrà lei stesso che è un’ottima classe! –

-si… -sorrise lievemente Naoya

Yuri si allontanò per andare a parlare con un altro collega e il ragazzo rimase solo a finire il suo panino.
In realtà, a sapere tutte quelle cose, gli era passata del tutto la fame e guardava quel sandwich che aveva tra le mani senza trovare motivo per mangiarlo. Ripensò a tutte quelle cose che gli aveva detto Takahashi sensei e anche a tutte quelle che aveva, più o meno, origliato quella mattina in classe. Non poteva fare a meno di pensare che ci fosse qualcosa tra quel Sato e Takahiro, ma a quanto sembrava, quest’ultimo era solo un ragazzo per bene senza tanti fronzoli.
Cominciò a credere che sarebbe stato meglio evitare tutte quelle paranoie senza senso.
In fondo, lui era solo un professore, nemmeno di ruolo, tra l’altro.
Non stava a lui occuparsi di quelle faccende.







NOTE:

KUN: uno dei suffissi più diffusi, utilizzato tra ragazzi e amici per indicare una certa forma di rispetto, o da un adulto verso una persona molto più giovane come segno di confidenza
HIBIYA: un quartiere di Tokyo. Copre parte della zona di Chiyoda. La Hibiya High School esiste davvero ed è stata fondata nel 1878.
SENSEI: significa "professore", "maestro" (in ogni senso) o "dottore". Propriamente non è un suffisso, ma in alcuni casi il suo utilizzo associato ad un nome lo rende analogo ad essi, seppur spesso sia utilizzato anche da solo.
YAMAGATA: è una città del Giappone, capoluogo dell'omonima prefettura.
KOJIKI: (古事記, letteralmente "cronaca di antichi eventi") è un'opera in tre libri, scritta in antico giapponese (in realtà un misto di giapponese e cinese). Compilata nel 712 d.C. dal nobile Ō-No-Yasumaro (太安万侶) su richiesta iniziale dell'imperatore Tenmu (天武)
CHAN: Può (ed è diffusissimo in tal senso) essere utilizzato fra persone adolescenti o adulte e in questi casi indica forte amicizia e confidenza, come per esempio fra amiche di scuola, ma può indicare anche affettuosità e un certo grado di intimità. In un certo senso è simile a Kun.
IZANAMI & IZANAGI: divinità dello Shintoismo. Si dice che abbiano dato origine all’arcipelago Giapponese.
YENKEE: Sono chiamati così i teppisti di strada. Sono per lo più studenti dall’animo ribelle. Si muovono spesso in gang e il loro abbigliamento si contraddistingue da giubbini in pelle, tute, occhiali da sole, borchie, spolverini da kamikaze.
KAMI SAMA: E’ un modo di rivolgersi a Dio, non necessariamente il “Dio” del Cristianesimo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2.



Quella mattina Naoya si svegliò all’improvviso, sentendo caldo. Quando aprì gli occhi ci volle qualche attimo prima che si ricordasse di dove si trovava in quel momento. Per istinto si passò una mano fra i capelli ancora umidi di sudore e si mise, in seguito, supino.
Era ancora vestito come il giorno precedente. Sul letto, messi malamente, c’erano alcuni test da correggere che erano appartenuti a Goto sensei, il professore che aveva dovuto sostituire. Poco più in là, sul comodino, c’erano due lattine di birra, una delle quali ancora mezza piena. Si guardò intorno e pian piano si ricordò di cosa era accaduto dopo che era tornato al suo appartamento.
Aveva passato gran parte della serata a controllare i compiti degli studenti, con un po’ di birra per contorno, e doveva essersi addormentato sul mentre.
Si stiracchiò; poi, sospirando, allungò una mano e prese i fogli mentre con l’altra cercò l’orologio da polso che era, non sapeva bene come, caduto per terra.

-l-le sei?! – esclamò sconvolto

Decise che tanto valeva alzarsi. A fatica si mise in piedi e si diresse verso il bagno, per una doccia veloce.
Non si sentiva particolarmente bene, forse per colpa della birra bevuta la sera prima. Gli girava lievemente la testa, tanto che per qualche momento dovette appoggiarsi alle pareti della doccia.

-cioè, in pratica mi sono ubriacato mentre correggevo i compiti?! Naoya, sei un disastro… - borbottò tra sé. – spero almeno di non aver scritto cavolate… -

Ci volle un po’ prima che potesse sentirsi un po’ meglio.
Una volta finito di lavarsi, pensò di passare subito a scuola, che non distava troppo lontano dal luogo in cui viveva. Si vestì con indumenti puliti, lasciò i compiti sopra il letto, puntualizzando a se stesso che li avrebbe ricontrollati una volta tornato, quella stessa sera ed uscì di casa con la propria ventiquattrore alla mano, prendendo la metro per arrivare il prima possibile.
Quando si era trasferito a Tokyo per frequentare l’università non aveva avuto bisogno di girare troppo per cercare una sistemazione. I suoi genitori avevano, negli anni, messo via una somma più o meno consistente di denaro per ogni evenienza e, quando era arrivato il momento di traslocare, non avevano esitato a comprargli un appartamento, come regalo per aver preso il massimo dei voti agli esami di ammissione. Era stato davvero un bel gesto e Naoya era grato ai suoi genitori per questo, però aveva tutta l’intenzione di restituire l’intera cifra, una volta cominciato a lavorare stabilmente. Per questo, quando gli avevano proposto di fare esperienza in una scuola superiore, visto anche il suo desiderio di insegnare, aveva accettato senza porsi troppi problemi. Essendo un supplente e non avendo nessuna esperienza diretta, la paga era piuttosto minima, ma sufficiente per poter tirare avanti per qualche mese senza problemi. In precedenza, per mantenersi aveva fatto qualche lavoretto part-time come tutti i suoi coetanei ma ora, per ovvi motivi, aveva temporaneamente smesso. Inoltre, presto si sarebbe laureato, quindi non sarebbe più servito lavorare part-time.

A quell’ora non c’era molto movimento, quindi non ci mise molto a raggiungere la Hibiya High School.
Alle sette fu praticamente davanti all’ingresso.
Quando ebbe solcato la soglia dell’edificio, guardò a destra ed a sinistra per capire se era solo. Vide solamente qualche addetto alla pulizia che stava sistemando le aule.
Visto che mancava una buona ora prima dell’inizio delle lezioni, decise di andare direttamente nell’aula 3-A. cercando di fare mente locale su dove si trovasse, con molta nonchalance e sbagliando strada ben due volte, raggiunse la stanza che era collocata al terzo piano, l’ultima di un lungo corridoio.
Sbadigliando ancora per il sonno, aprì la porta scorrevole ed entrò.

-a-ah?! –

Naoya per poco non prese un colpo dallo spavento.
Sgranò gli occhi e vide, a metà classe, in terza fila, un ragazzo in divisa seduto sul proprio banco che aveva un’espressione a metà tra lo spaventato e l’imbarazzato.
Naoya mise bene a fuoco la vista e osservò quella figura: era Nishijima Takahiro.
Entrambi si guardarono senza dire una parola, troppo sorpresi per salutarsi con rispetto.

-N-Nishijima kun! – disse Naoya – cosa…che ci fai qui?!-

Takahiro ci mise un po’ a rispondere.

-e-ehm, n-niente! –disse infine – mi scusi sensei! –

Naoya, che si era leggermente ripreso, entrò del tutto in aula, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiando la propria roba sulla cattedra.
Takahiro seguì ogni suo movimento con lo sguardo.

-no è che…mi hai spaventato! –spiegò poi –d’accordo che ti avevo detto di venire puntuale, ma non è eccessivo? le lezioni iniziano tra un’ora! –osservò

-s-scusi! - ripeté chinando leggermente il capo – v-visto che mi sono svegliato presto ho pensato di venire prima… -

proprio come me insomma…” pensò Naoya sorridendo solo nella propria mente. Era così buffa quella strana coincidenza!.
Il professore cominciò a tirare fuori tutto il suo materiale, mentre Takahiro, anche se ancora titubante all’idea di non trovarsi più da solo, sembrò cominciare a rilassarsi leggermente. Si voltò verso la luce proveniente dalla finestra e, con molta cautela, prese in mano una scatoletta rotonda, che fino a quel momento era stata appoggiata al banco, la aprì e ne raccolse col dito una strana polvere color pelle. Se la mise delicatamente in alcuni punti del volto.
Naoya non si accorse di nulla in un primo momento, poiché era troppo occupato a controllare il registro; ma quando, per un attimo, alzò lo sguardo e vide la scena, notò una cosa che lo turbò non poco: la mano che stava utilizzando il ragazzo era fasciata.
Senza dire una parola e facendo finta di niente, continuò ad osservarlo in silenzio per qualche altro minuto. Takahiro si era messo un po’ di spalle, tanto che sembrava non stesse facendo niente di particolare, e probabilmente, se non avesse visto la scena con i propri occhi, anche Naoya lo avrebbe certamente pensato.
Sapeva di non dover intromettersi, ma ad un certo punto, non resisté oltre.

-…che stai facendo? – disse, quasi pentendosi un istante dopo

Takahiro sobbalzò leggermente, ma rimase più o meno calmo. Non aveva previsto una domanda del genere. Forse perché nessun professore si era mai interessato di quello che facesse.

-niente – esclamò chiudendo la scatoletta all’istante

Ma Naoya non ci credé nemmeno un po’. Si scambiarono qualche occhiata nervosa, ma poi il moro, non potendo sopportare quello strano contatto visivo, abbassò violentemente lo sguardo.
Visto che ormai era in ballo, il sensei si alzò e si diresse verso il banco dello studente con una velocità quasi sorprendente. Takahiro fece appena in tempo a rimettere tutto nella propria cartella.
Ben presto Naoya gli fu davanti.

-come sarebbe a dire niente?! – disse – e quella mano? –

Il ragazzo nascose l’arto, leggermente seccato da tutta quella inaspettata attenzione.

-sono caduto -sbottò continuando ad evitare lo sguardo di Naoya

-faccio finta di crederti – esclamò sarcastico

Takahiro sentì un tuffo al cuore. Cercò di mantenere la calma. Perché aveva la netta sensazione che la situazione gli stesse sfuggendo di mano?.

-mi scusi, ma non sono affari suoi, sensei – disse con una punta di acidità

Naoya, per tutta risposta, senza nemmeno sapere perché lo stava facendo, allungò il braccio e prese bruscamente il mento di Takahiro, trascinandolo leggermente in avanti. Quest’ultimo reagì afferrandogli il braccio con le mani, nel tentativo di fermarlo.

-c-che sta facendo! Mi lasci subito! – esclamò

L’altro rimase in silenzio ed allungò anche l’altro braccio, andando a sfiorare proprio dove Takahiro si era messo quella strana polvere, lasciando intravedere un grosso livido, lo stesso del giorno prima ma più gonfio, proprio sulle labbra.
Il ragazzino spalancò gli occhi, quasi impaurito.

-…e questo come lo spieghi? – disse Naoya mollando la presa

Takahiro si coprì il livido con la mano, abbassando lo sguardo. Non era abituato a tutta quella confidenza, specialmente se a farlo era un insegnante.

–scusa per i modi bruschi, Nishijima kun, ma non credo ad una sola parola di quello che hai detto o che dirai -

-tsk… -borbottò

Naoya cercò di essere più dolce, visto che l’altro sembrava stare sulla difensiva.

-voglio solo aiutarti Nishijima kun! – disse – ho saputo che vivi da solo e che tua madre è mancata un anno fa… -

-…-

-per uno della tua età deve essere difficile, io lo capisco benissimo…quind---

-l-lei non sa un bel niente –

Naoya venne interrotto bruscamente da Takahiro che, adirato, strinse forte i pugni sul banco. Solo ora, il professore aveva notato lo sguardo arrabbiato del ragazzo. Talmente arrabbiato che tremava persino.

-arriva qui, sbuca dal nulla e si mette a sentenziare! – esclamò furibondo

-Nishijima kun... –

-lei non sa nulla di me e non ha il diritto di dirmi niente!! – urlò alzandosi dal banco con uno scatto che spaventò Naoya, colpito da quella reazione – a conti fatti lei ha solo qualche anno in più di me, non mi tratti come un moccioso bisognoso di aiuto! –

-non è mia intenzione trattarti come un moccioso – disse Naoya calmo

-E ALLORA MI LASCI IN PACE! – urlò ancora, con più veemenza –LEI NON MI PUO’ AIUTARE! NESSUNO PUO’ FARLO! -

-…-

Naoya si ritrovò con un mare di parole da dire, ma nessuna di esse uscì, come inghiottite dalla ragione, che gli disse ciecamente “non dire niente!”. Si limitò a stare in silenzio, ad osservare Takahiro che cercava in tutti i modi di controllarsi, ma senza troppa convinzione. Lo vedeva tremare dalla rabbia, ma non fece nulla. Ne volle farlo, comunque.
Senza nemmeno curarsi del fatto che aveva appena urlato contro un professore, Takahiro, fuori di se, si snodò tra i banchi correndo verso l’ingresso.

-Nishijima kun! Aspetta! –lo chiamò Naoya –torna qui, dove vai?! -

-… -

Senza degnarsi di rispondere e di voltarsi, il ragazzo aprì violentemente la porta dell’aula e la sbatté con altrettanta forza dietro di se, lasciando Naoya solo e leggermente preoccupato.
Dentro la stanza tornò nuovamente il silenzio. Perplesso, il sensei si guardò intorno;
dapprima pensò se fosse il caso di seguirlo, ma poi si accorse che la roba del giovane studente era ancora tutta lì e che quindi, prima o dopo sarebbe tornato.

-…sono proprio un idiota – sospirò appoggiandosi alla finestra, sconfortato

 
lei non mi può aiutare! Nessuno può farlo!!



Quelle parole accusatrici si ripresentarono nella sua mente con estrema velocità. Subito si arruffò o capelli con una mano, come per scacciarle dalla propria testa, così come il volto arrabbiato, ma allo stesso tempo disperato, di Takahiro.

– maledizione! cosa diavolo faccio se non torna?! -





**





Takahiro tornò proprio allo scoccare dell’inizio della prima ora.
Ma non fu un sollievo, così come Naoya aveva sperato. Al suo arrivo, quando ormai quasi tutti gli studenti, eccetto gli yenkee capeggiati da Sato (che sicuramente sarebbero arrivati con largo ritardo), erano già ai propri posti, il sensei venne gelato da uno sguardo di ghiaccio. Takahiro era talmente arrabbiato che non proferì parola e ne lo salutò.
Quel gelo era passato inosservato praticamente a tutta la classe eccetto a Misako e Chiaki, che si sorpresero di assistere a quella strana “atmosfera” che si era creata improvvisamente tra i due. Entrambe si erano guardate, per poi osservare Takahiro che, furibondo, sbatteva i libri sul banco con una tale forza da farsi quasi sentire per tutta l’aula.

Naoya iniziò la lezione senza fare nemmeno l’appello. Il solo pensiero di dover dire ad alta voce “Nishijima Takahiro” lo faceva sentire a disagio; doveva assolutamente evitare qualsiasi contatto con il ragazzo, anche se la voglia di “guardarlo” per vederne le reazione, era davvero tanta. Ogni tanto, mentre leggeva dal suo libro gli lanciava qualche occhiata furtiva, cercando di non dare nell’occhio. Ma all’ennesima, Takahiro se ne accorse e lo gelò nuovamente, portandosi il libro davanti alla faccia.
Era consapevole del fatto che era tutta colpa sua. Era stato uno stupido a reagire in quel modo verso uno studente. Aveva appena capito che i panni del professore non gli si addicevano più di tanto, benché il suo desiderio fosse quello di diventarlo, una volta laureato; e la cosa malsana era che non erano passati nemmeno due giorni.
forse dovrei chiedere scusa…” pensò tra sè, ma come poteva anche solo sperare di avvicinarsi a Takahiro e lasciarsi anche ascoltare? Era già tanto se lo studente non l’aveva denunciato per qualche strana molestia!.

Inseguendo quei pensieri, si lasciò andare in profondi sospiri fino al suono della campanella.
Senza dire una parola, se non per dare i compiti, sbaraccò in fretta e furia la cattedra e si alzò. Prima di uscire, guardò un ultima volta Nishijima Takahiro, che stava pazientemente sistemando gli appunti che aveva appena preso.

-arrivederci…- esclamò Naoya sorridendo lievemente

Ed uscì dalla classe.





**




-oggi il sensei mi è sembrato giù di morale… - sospirò Chiaki un po’ di tempo dopo, in pausa pranzo

-parli di Urata sensei? l’ho notato anche io! –rispose Misako intenta a mangiare un onigiri –magari non sta bene! –

-non è che lo abbiamo fatto già arrabbiare?! –

-naah, sono passati solo due giorni! Salvo le solite cavolate che combina Sato non mi sembra che fosse arrabbiato per noi! Anzi, arrabbiato secondo me non è l’espressione giusta… - osservò Misako

-eheh magari si è già stufato di fare l’insegnante! –rise Chiaki –tu che ne pensi Takahiro? -

Il ragazzo, che fino a quel momento aveva ascoltato la conversazione, distante, guardò le due amiche con aria perplessa, facendo il finto tonto.

-eh? cosa? – domandò

-ohi, ma ci sei?! – disse Misako – parliamo di Urata sensei! Oggi era strano… -

Takahiro sembrò farsi piccolo piccolo -in che senso…strano? –borbottò

-era sconfortato…non hai notato che non ha fatto nemmeno l’appello?! – osservò Chiaki

-non ci avevo fatto caso… - sospirò Takahiro cercando di non tradirsi

-tra l’altro anche tu oggi sei parecchio strano! –

-e-eh?! –

Le due ragazze sembrarono non aver ascoltato quel “eh?!” finale e si misero a parlare di altro, scambiandosi i propri Obento.
Takahiro alzò gli occhi al cielo e sospirò guardando il proprio pranzo, comprato prima di andare a scuola. Non aveva alcuna voglia di mangiare, anzi, aveva un nodo inspiegabile allo stomaco, che non gli dava tregua. Guardava con nausea il proprio cibo ed era a sua volta nauseato da tutti quelli che mangiavano tranquilli.
Aveva passato tutta la mattina ad evitare di pensarci, di lasciar perdere, ma ciò che era accaduto qualche ora prima aveva lasciato il segno. Aveva ancora su di se, sulla propria pelle, la sensazione delle mani del sensei, che gli sfioravano il labbro livido. La cosa lo fece quasi rabbrividire.
Sapeva di essere nel torto e di aver sbagliato ad urlare in quel modo. Per quanto ne sapeva, magari Urata sensei era già andato dagli altri insegnanti con una proposta di espulsione.
Cercò di scacciare dalla mente quei pensieri. Era certo che non avrebbe potuto continuare a tenere il broncio per tutto l’anno scolastico, sarebbe impazzito altrimenti!.
Era così semplice in fondo.
Senza perdere altro tempo, si alzò bruscamente dalla sedia, che andò a sbattere contro il banco dietro. Misako e Chiaki sobbalzarono dalla sorpresa.

-ehi, che ti prende?! –chiesero insieme

Il ragazzo prese tutte le sue cose, compresa la cartella.

-…io devo fare una cosa! –si limitò a dire – ci vediamo domani - continuò correndo verso l’uscita

-aspetta! Oggi iniziano i clubs, ricordi?! – osservò Misako

-quest’anno non li faccio! – rispose lui- potete mangiare voi il mio pranzo! –

-Takahiro – lo chiamò Chiaki, ma lui ormai era sparito fuori dalla stanza

Misako fissò con insistenza il pranzo avanzato dell’amico e sospirò.

-ma che prende a tutti quanti?! –osservò

- boh – rispose l’altra addentando un pezzo di onigiri –i maschi sono tutti complicati-





**





ti prego, fa che ci sia, fa che ci sia, fa che ci sia…
Takahiro percorse in lungo e in largo tutto il terzo piano, sbirciando in ogni aula e chiedendo informazioni a quasi tutti quelli che incontrava.
Ogni tanto con la coda dell’occhio guardava indietro, per essere sicuro che non sbucasse fuori all’improvviso e che non riuscisse a vederlo.
Non sapeva perché lo stava facendo. Non sapeva nemmeno perché stava correndo in quel modo. In fondo, si sarebbero visti anche nei giorni successivi, quindi perché voleva assolutamente vederlo adesso? Cosa lo spingeva farlo, il rimorso?.
Decise di scendere al piano inferiore. Percorse le scale in velocità, saltando gli ultimi due gradini con un salto, svoltando a sinistra, nei pressi dell’aula insegnanti.
Camminò per qualche minuto, finché non notò poco distante davanti alla fotocopiatrice, una figura che riconobbe subito: capelli corti, leggermente schiariti. L’aveva trovato!.
Accelerò il passo e si precipitò verso quella direzione.

-Urata sensei! –chiamò agitando il braccio

Naoya dapprima non si era reso conto che era stato proprio Takahiro a chiamarlo, così quando si voltò per vedere chi fosse, non si mostrò particolarmente allegro. Ma appena si accorse del ragazzo, il suo volto cambiò subito colore, sorpreso.

-Nishijima kun! –esclamò - …cosa succede? –

La cosa più sconvolgente era che gli aveva rivolto la parola.
Takahiro aveva leggermente il fiatone e si appoggiò un attimo alla parete, accanto alla fotocopiatrice che andava.

-v-volevo parlarle! – borbottò

-e-eh? –

-le chiedo scusa! – disse diretto, talmente diretto che Naoya ci mise un po’ a focalizzare bene le parole

-c-come, prego? – chiese balbettando

Takahiro si inchinò quasi a novanta gradi , con le braccia lungo i fianchi. Qualche professore era rimasto immobile a guardare la scena, tanto che Naoya si sentì leggermente imbarazzato.

-le chiedo scusa!! –ripetè – ho sbagliato ad alzare la voce, non mi sarei dovuto permettere –

Il ragazzo sembrava non avere la minima intenzione di “sciogliere” l’inchino e tutti quelli che passavano di lì o ridevano sotto i baffi o bisbigliavano con il vicino. Si sentiva un fastidioso brusio, ma il moro pareva voler restare in quella posizione ancora per parecchio.
Naoya stava passando dal provare semplice imbarazzo al voler quasi nascondersi.

-s-su via, non è successo nulla! –balbettò

Takahiro si alzò, leggermente colpito.
Poi Naoya riprese.

-in fondo siamo entrambi ragazzi ed io in fin dei conti non sono nemmeno un vero professore…. –esclamò ridendo nervosamente – q-quindi, lasciamo stare, ok Nishijima kun?-

Il moro parve rilassarsi un poco dopo quelle parole. Sembrò quasi sorridere timidamente, e l’altro notò questo piccolo particolare. Ok che non era passato molto tempo e che in due giorni erano riusciti solo a litigare, ma questa pareva la prima volta che Takahiro mostrava un accenno di sorriso sincero con altri che non fossero Misako o Chiaki. Naoya ne rimase quasi affascinato.

-sono contento… -sussurrò il moro

Il professore sorrise ampliamente, leggermente compiaciuto. Era felice di aver risolto la questione così in fretta, anche se gli era parso molto strano che una persona testarda (o almeno così gli sembrava) come Takahiro potesse chiedere scusa di sua spontanea volontà.
Naoya fece per dire qualcos’altro, quando delle voci interruppero la loro conversazione.

-ehi! –

Il tono usato era piuttosto strafottente. Naoya alzò lo sguardo perplesso, mentre Takahiro sembrò irrigidirsi tutto d’un tratto e non osò voltarsi per vedere chi fosse. Tanto lo sapeva già.
Sato e i suoi amici, che erano sbucati dal nulla, li avevano adocchiati e si avvicinarono verso i due, che rimasero immobili. Takahiro trattenne il fiato quando gli furono praticamente dietro le spalle.

-oh, Sumimura! – esclamò Naoya cortese – qual buon vento ti porta? Volevi chiedermi qualcosa? –

Il ragazzo fece una smorfia divertita.

-a lei proprio niente, sensei –sbottò

-…. –

Takahiro sembrava quasi paralizzato e Sato sembrò accorgersene subito. Senza troppa nonchalance, avvinghiò il suo braccio attorno al collo del moro, quasi con fare amichevole, anche se il ragazzo sembrò decisamente non gradire. Naoya sentì gelarsi il sangue ma non lo diede a vedere.

-eravamo venuti a cercare il nostro Takahiro…”kun” - esclamò divertito, dando un cenno agli altri due amici che ridevano, dietro di lui

-oh, davvero? – domandò Naoya dando un’occhiata al moro, che però aveva abbassato violentemente lo sguardo

-dovevamo uscire a divertirci….vero Takahiro? – domandò Sato

Takahiro sentendosi chiamato in causa, non seppe cosa fare. Tremava, e non riusciva a guardare altro se non il pavimento bianco del corridoio. Naoya attendeva una sua risposta che sembrava non dover arrivare, ed era pronto a ribattere, ma proprio quando stava per aprire bocca, Takahiro si decise a dire qualcosa.

-s-si… - si limitò a dire

Naoya parve sconsolato a sentire quelle parole che a prima vista potevano sembrare confortanti. Sato sorrise soddisfatto.

-bene allora, che ne dici di andare? –esclamò poi, costringendolo a venire con lui

-… -

Takahiro non disse una parola. Sato lo fece voltare e, sempre cingendogli le spalle, lo trasse verso di se e lo fece camminare.
Naoya voleva fermarli, voleva tendere il braccio e recuperare Takahiro, ma non poteva. Non poteva farci nulla, anche se a malincuore.
Proprio quando era sul punto di rassegnarsi, per un misero attimo, Takahiro allungò istintivamente il braccio per cercare di afferrare la mano del sensei, riuscendo solo a sfiorarla.
Con una certa forza si era voltato per un istante verso Naoya con occhi che sembravano implorarlo, che gli chiedevano aiuto.
Nessuno sembrava essersi accorto di quel gesto fatto quasi per sbaglio; il professore voleva cercare un pretesto per fermare quei teppisti e togliere Takahiro dalle loro grinfie, che non avrebbero portato nulla di buono.
Ma l’unica cosa che fece fu quella di restare immobile, ad osservare i ragazzi che sparivano tra la folla.
No, non poteva proprio fare nulla.





**





Per tutto il resto della giornata, Naoya si era domandato in continuazione se fosse stato solo un codardo.
Mentre preparava la lezione successiva in aula insegnanti, tra un caffè e l’altro, non poteva fare a meno di pensare a ciò che era successo poco tempo prima; a dove fosse Takahiro, se era tornato a casa, se era inutile preoccuparsi o se invece avesse dovuto farlo fin dal principio.
Aveva atteso un po’, davanti alla fotocopiatrice, sperando di vederlo tornare per finire la loro conversazione, o quantomeno per far vedere, mentendo, che era tutto a posto. Ma per quanto avesse aspettato, il ragazzo non si era fatto vedere e così, un po’ sconsolato, si era diretto verso la sala insegnanti, a pranzare.
forse”, si domandò ad un certo punto “dovevo solo fregarmene e impedirgli di portarlo via”. Ma poi si ricordò che Takahiro, in fin dei conti aveva annuito quando Sato gli aveva domandato del loro incontro. Ma allora, non riusciva proprio a spiegarsi il perché di quegli occhi supplicanti, poco dopo. Perché era sicuro, anche se nessuno l’aveva notato, di averli visti.

-Urata sensei! –

Il giovane si sentì chiamare ed interruppe per un attimo quella scia di pensieri. Alzò lo sguardo e si trovò davanti Takahashi Yuri, con la borsetta alla mano.

-oh, Takahashi sensei! – esclamò

-non va a casa? –domandò lei

-come?!che ore sono? –

-ehm, le sei e dieci! I clubs sono conclusi da poco, gli addetti stanno cominciando a sistemare! – spigò lei divertita

Naoya, per tutta risposta, controllò il cellulare che si ricordò all’improvviso di avere in tasca. Guardò l’ora e sospirò pesantemente.

-che stupido…non mi ero accorto dell’ora! – borbottò

-com’è la classe 3-A? oggi le hanno dato problemi? – chiese nuovamente la donna

-no no – scosse il capo – sono una buona classe, ma per esserne certo penso che gli farò fare un testo la settimana prossima… - disse

-capisco!beh, io vado, viene con me? –

-grazie, ma preferisco restare finché mi lasciano! Vorrei concludere questo… -spiegò indicando il pacco di fogli che stava preparando

-come vuole! A domani allora! –

-a domani! –

Yuri lo salutò con la mano e si diresse verso il corridoio, lasciando Naoya solo, completamente in effetti. Non si era nemmeno reso conto che tutti i suoi colleghi erano già andati via da quanto era stato preso dal pensiero di Takahiro. Non era nemmeno sicuro di aver preparato una lezione soddisfacente a causa di questo. Forse era per quel motivo che in due giorni l’unica con cui aveva più o meno socializzato era Takahashi sensei? Era talmente preso dai suoi pensieri e dalle sue cose che si era estraniato completamente dall’ambiente lavorativo, che era assai importante e lo sapeva fin troppo bene. Però era anche uno studente universitario, e forse era questa la causa che lo legava maggiormente agli studenti piuttosto che agli altri professori.
Dopo circa cinque minuti, decise di arrendersi: era stanco e non stava combinando niente.
Si stiracchiò e si guardò intorno. Non volava una mosca, solo in lontananza sentiva un rumore, probabilmente un aspirapolvere. Si pentì di non aver accettato l’invito di Takahashi sensei.
Sistemò tutta la sua roba e decise di avviarsi verso l’uscita della scuola, ma prima pensò di fare una campatina in bagno.
Poco distante dalla sala insegnanti, c’era il bagno dei professori, ma quando ci andò, notò il bidello che stava già pulendo i pavimenti e rimase immobile davanti all’ingresso, un po’ speranzoso che l’avrebbe lasciato entrare ugualmente.

-vada al bagno degli studenti! quello dobbiamo ancora pulirlo! –disse il bidello con un atteggiamento non troppo gradevole

Naoya, rassegnato, scese al piano di sotto, dove cominciavano ad esserci le aule delle classi inferiori e, lentamente, raggiunse il bagno dei maschi ma si bloccò proprio in prossimità della porta.

-chissà che trovo qui dentro… -sospirò indeciso se entrare o meno – non dovrei essere schizzinoso, ma… -

Alla fine, visto che comunque per arrivare a casa ci avrebbe messo un po’ e non aveva voglia di fermarsi in un bagno pubblico in metropolitana, decise di usufruire di quello, sperando che fosse quantomeno decente.
Aprì la porta e, per fortuna, tutto sembrava in ordine. Fece qualche passo avanti, un po’ titubante, ma poi si rese conto che a quell’ora non potevano esserci studenti e dopo averlo realizzato, si avviò al primo gabinetto che trovò.
Dopo aver fatto quello che doveva fare, uscì e si diresse verso uno dei lavandini, posti lungo un corridoio. Ce n’erano almeno una ventina, uno di fianco all’altro. Si lavò e risciacquò le mani con molta curanza ed in quel momento ebbe l’accortezza di guardarsi allo specchio, dove notò, insieme alla sua persona, anche un’altra figura, poco lontano, quasi “incastrata” tra un lavandino e il termosifone, laddove era abbastanza difficile notarla, entrando nella stanza.
Naoya, quasi di scatto si voltò, credendo di avere le allucinazioni. Ma la figura c’era davvero!.

-m-ma cosa…?! – esclamò decidendo di avvicinarsi pian piano

Fece qualche metro, quando si rese conto che quella figura, era quella di un ragazzino, accucciato per terra. Dapprima sembrava tutto a posto, ma poi, avvicinandosi, si accorse che quel ragazzino, anche con i capelli che gli ricadevano sugli occhi, sembrava avere il volto gonfio e la parte superiore della divisa scolastica era sbottonata lasciando intravvedere parte delle clavicole. Naoya deglutì amaramente, e si precipitò verso il giovane, capendo che si trattava di uno studente.

-ehi tu! Che succede?! Tutto bene?! –esclamò accorrendo

Solo quando fu vicino si accorse che quel ragazzo ,era niente meno che takahiro.
Spaventato, Naoya in preda al panico, lo prese per le spalle e provò a scrollarlo, avendo paura che fosse svenuto.

-Nishijima kun! – esclamò Nishijima kun, mi senti?! –

-…-

Quello però non rispondeva. Naoya smise di scuoterlo e cominciò a guardarsi intorno, agitato, senza sapere cosa fare.

-a-accidenti!! Accidenti!! –esclamò ad alta voce – cosa faccio?! C-chi diavolo chiamo ora?! –

Poi pensò che c’erano ancora i bidelli e fece l’atto di urlare e di accorrere a chiamarli. Però non appena tentò di alzarsi, una mano, forte, lo afferrò per la manica della camicia, costringendolo a rimanere a terra. Naoya si voltò.

-non chiami nessuno… - disse con voce bassa e rauca Takahiro, improvvisamente ridestatosi.

-c-cosa?! –esclamò a bocca aperta Naoya, ancora scosso –Nishijima kun! S-sei sveglio… -sospirò con un po’ di sollievo, vedendo che roteava gli occhi a destra ed a sinistra.

-così sembra… - sospirò l’altro con ironia

-mi hai s-spaventato… -ammise Naoya mettendosi una mano sul petto – c-che ti è successo?! –

Takahiro mosse lentamente la testa verso il professore, e nel farlo i capelli gli ricaddero da un lato, tanto che si poteva intravvedere il grosso livido che aveva vicino all’occhio destro. Naoya cercò in tutti i modi di restare calmo.

-sono caduto… - rispose Takahiro con una smorfia, ricordandosi di quella mattina

-e credi che me la beva, vero?! –

-no...ma dovrebbe vedere la sua faccia –

-e tu ti sei visto la tua?! – sbottò Naoya –devi andare subito in infermeria! –

-non serve…sono solo due pugni.. – rispose il moro indicando il livido con la mano – stavo giusto aspettando che non ci fosse nessuno…così avrei potuto andarmene senza dare nell’occhio… come sempre-

Alla parola “sempre” Naoya sussultò.
Takahiro poi sorrise.

-sensei, cosa ci fa nel bagno degli studenti? –domandò in tutta tranquillità

-veramente qui sono io che dovrei fare le domande! –sbottò Naoya – è stato Sumimura, vero?! –

Il sorriso beffardo di Takahiro, sentendo quel nome, si spense tutto d’un tratto. Sospirò leggermente, toccandosi la faccia gonfia.

-gliel’ho già detto, non sono fatti suoi… -

-quindi dovrei dedurre che è un si?! –

-…anche se glielo dicessi, non potrebbe aiutarmi…nessuno può farlo – rispose Takahiro, risoluto

-questo mel’hai urlato anche oggi –lo interruppe, cominciando leggermente ad arrabbiarsi

-…allora… -riprese il ragazzo deglutendo –non mi faccia sempre le stesse domande… -

-E prima? Anche prima la pensavi allo stesso modo?! – domandò Naoya un po’ scocciato

Takahiro assunse uno sguardo interrogativo.
Il professore allungò la mano, e se la indicò

-mi volevi prendere la mano. – spiegò – e ho visto come mi hai guardato! Volevo chiedermi aiuto, non è vero? –

-…. –

-è Sumimura che continua a tormentarti, perché non denunci la cosa? –

-…-

-Nishijima kun, perché non vuoi essere aiutato? -

Il moro sembrava aver deciso di non rispondere più ad alcuna domanda. Si limitò a fissare il pavimento in mattonella color avorio, senza interesse. Sentiva dolore dappertutto, Naoya lo sapeva bene ma non osò nemmeno domandarglielo, tanto la sapeva già la sua risposta.
Takahiro voleva farsi vedere forte, l’aveva capito fin troppo bene. Ma ancora non gli era chiaro il motivo di questo suo ostinarsi a voler fare tutto da solo.

-Ito chan e Uno chan lo sanno? – domandò poi, colto dalla curiosità

Il ragazzo ebbe una reazione alquanto strana non appena Naoya pronunciò quei due nomi.

-c-cosa centrano?! N-non avrà detto loro qualcosa, vero?! – esclamò agitandosi

-sta calmo! –disse Naoya – è solo che mi sembrate molto amici…e mi chiedevo se sapessero qualcosa… -

Takahiro sembrò calmarsi tutto d’un tratto. Sospirò pesantemente.

-sospettano… - ammise infine – ma non si azzardi a coinvolgerle! Devono essere lasciate fuori da tutta questa storia… -

-… -

-…-

-da come parli, sembra che tu le voglia proteggere –

-si sbaglia –tagliò corto Takahiro –loro sono molto importanti per me, e non vogliono che si preoccupino –

-beh, se era questo il tuo intento, non ci sei riuscito tanto bene- sbottò Naoya

Takahiro si morse il labbro, ma non ribatté. Sembrava parecchio esausto.
Rimasero così, seduti per terra per un po’, senza dire più una parola. Naoya cercava di rimettere insieme i pezzi di pseudo rivelazioni che gli stava dicendo Takahiro, mentre quest’ultimo sembrava stare decisamente male. Non sembrava dolere delle botte al volto, ma continuava a pigiarsi il petto, come per alleviare qualcosa. Fece finta di non essersene accorto e notò, a pochi metri dal ragazzo, alcune sigarette ormai spente, buttate per terra, accanto al cestino.
Così gli venne come un lampo nella mente. Si avvicinò piano a Takahiro, in modo da non sembrare troppo irruento, com’era accaduto quella stessa mattina, e gli afferrò delicatamente la mano che teneva premuta sul petto.

-…che sta facendo?! –domandò Takahiro colto alla sprovvista

-voglio solo controllare, vedi di non agitarti –rispose cercando di sembrare calmo

Il ragazzo, forse ormai rassegnato all’idea di avere un professore così invadente, si lasciò sbottonare la camicia più di quanto non lo fosse già, e cominciarono a notarsi subito dei segni di bruciatura recentissimi, sparsi un po’ ovunque.
Naoya rabbrividì all’istante, mentre Takahiro sembrava tranquillo e per nulla interessato dall’evento. Poi però, visto che il professore sembrava voler dire qualcosa, lo allontanò con uno scatto e si riabbottonò in fretta la camicia.

-ha visto abbastanza-

-…è…orribile – si limitò a dire Naoya -…e ancora non vuoi essere aiutato?! –

-mi creda, ci finirebbe male pure lei, se le chiedessi aiuto… - sospirò il ragazzo – è meglio lasciare le cose così, come sono ora –

-….-

-tanto quando concluderò la scuola non li rivedrò più… -

-…-

Naoya non resisté più.
Per tutta risposta, si alzò con veemenza da terra, spaventando leggermente Takahiro, che, impressionato dal gesto improvviso, rimase a guardarlo senza un perché apparente. Notò che aveva stretto i pugni forte contro la giacca. Provò a domandargli cosa stesse succedendo, quando il professore, si accucciò nuovamente per recuperare la propria borsa e lo guardò storto per qualche istante.
Poi, senza dire una parola, corse fuori dal bagno, lasciando Takahiro solo, di nuovo.

Il moro, nonostante tutto continuò per un po’ a fissare la porta del bagno pensando di rivederlo comparire. Ma passato qualche minuto si rese conto che se ne era andato davvero.
“Si dev’essere stufato…”pensò tra sé,”forse è meglio così…”.
Già, era davvero meglio per tutti, se quel professore strampalato fosse stato alla larga da tutte quelle faccende. Oltre ad essere invadente, era anche parecchio irritante.

-…certo che poteva almeno salutare… -borbottò a bassa voce, appoggiando la testa alle ginocchia

Rimase così per un po’, a pensare da solo, nuovamente.
Ormai si era pure abituato al dolore provocato dalle bruciature e sentiva che era l’ora di tornare a casa, prima che si accorgessero di lui.
Cercò di farsi forza nelle gambe, e, anche se con un po’ di fatica, riuscì ad alzarsi, sorreggendosi con un braccio sul lavandino accanto. La prima cosa che fece fu quella di guardarsi allo specchio. Vedeva un ragazzo sciupato dalle percosse, pallido e trasandato. Era in uno stato tremendo, lo riconosceva persino lui. Si sfiorò la guancia gonfia e poi, sospirando, cercò di sistemarsi meglio la divisa stropicciata. Non ricordava nemmeno più dove aveva lasciato la cartella.

Proprio mentre si accingeva a cercarla, ecco che dall’ingresso del bagno, ricomparve Naoya, col fiatone dovuto ad una probabile corsa.
Per la fatica, si appoggiò al muro. Takahiro si voltò stupito di vederlo ancora lì, nascondendo la propria felicità di non essere del tutto solo. Notò che il professore aveva una borsetta di nylon in una delle mani.

-vedo che per fortuna ti reggi in piedi…- esclamò Naoya sorridendo leggermente rasserenato

Takahiro cercò di contenere la sua gioia, con una smorfia ironica.

-ovviamente. Gliel’ho detto che non era nulla –

Naoya alzò gli occhi al cielo come se avesse saputo perfettamente cosa gli avrebbe detto il ragazzo.
Si avvicinò a Takahiro e allungò il braccio con la borsa che sembrava contenere qualcosa.

-prendi! –disse

-che cos’è?- domandò nascondendo la propria curiosità

Prese la busta in mano e ci guardò dentro: vi erano un bel po’ di creme, pomate, cerotti e bende di varie misure. Frugò per bene esterrefatto e poi, sempre più colpito, guardò Naoya aspettando spiegazioni.

-sono riuscito a prendere qualcosa! –spiegò –ti sarei grato se non ne facessi parola con nessuno! –

Takahiro annuì.

-…ma non è illegale rubare dall’infermeria?! - esclamò

-per questo, devi tenere la bocca chiusa, Nishijima kun! –sorrise nervosamente naoya – comunque…ci dovrebbe essere tutto l’occorrente per quelle bruciature…visto che presumo tu non voglia recarti in ospedale… -

Il modo rimase in silenzio, senza sapere cosa dire.
Naoya sorrise leggermente compiaciuto, poi guardò l’ora dal cellulare.

-è tardi, dovrei essere a casa già da un pezzo, proprio come te! –disse – tra poco passano a pulire, cerca di non farti trovare, specie con tutta quella roba, intesi? –

-s-si… - balbettò Takahiro abbassando lo sguardo

-bene… -

Si scambiarono qualche sguardo.
Naoya, in seguito, si decise a parlare -ci vediamo, Nishijima kun! – lo salutò
Poi si voltò, uscendo nuovamente dal bagno.
Ma pochi istanti prima che girasse l’angolo del corridoio, Takahiro si decise a dire qualcosa, rincorrendolo per circa due metri.

-….g-grazie sensei! –esclamò inchinandosi profondamente

-…-

Naoya lo guardò colpito da quel gesto. Sorrise dolcemente e, senza voltarsi, allungò il braccio verso l’alto e lo agitò, salutandolo nuovamente senza dire una parola.








NOTE:

ONIGIRI: è uno spuntino tipicamente giapponese, composto da una polpetta di riso bianco, con un cuore di salmone (sake), tonno (tsuna) o altro e vari condimenti possibili come l'umeboshi, il sesamo, ecc
OBENTO: Il bentō (お弁当 obentō) è una sorta di vassoio contenitore con coperchio di varie forme e materiali contenente un pasto, in singola porzione, impacchettato in casa o comprato fuori, comune nella cucina giapponese.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.



I giorni che seguirono quegli eventi furono, tutto sommato, tranquilli.
Il furto all’infermeria venne archiviato senza troppe difficoltà, dato che tutto il consiglio d’istituto era concorde a pensare che fosse stato qualche studente scavezzacollo a rubare tutti quei medicinali, anche se Naoya aveva avuto paura fino all’ultimo, che potessero risalire a lui in qualche modo dato che alcuni docenti avevano proposto di aprire una piccola indagine.
Tuttavia, per fortuna, il caso aveva preso una piega decisamente favorevole ed alla fine, considerando che, a parte qualche benda e cerotti, non erano stati rubati farmaci potenzialmente “pericolosi”, la commissione aveva deciso di chiudere un occhio. Il preside aveva concluso il discorso mandando però degli avvertimenti a tutti gli studenti, tramite l’altoparlante presente in ogni aula.

Il giovane insegnava senza particolari difficoltà e la classe 3-A si era rivelata molto più sorprendente di quanto avesse immaginato all’inizio. Ci fu un compito, dove molti dei ragazzi avevano preso il massimo dei voti, e non poteva che esserne felice: in fondo questo poteva significava che come professore non era poi così disastroso.
Ogni tanto usciva con i colleghi ed era finalmente riuscito ad instaurare qualche rapporto, seppure legato esclusivamente all’ambito lavorativo, dall’aria importante. Poteva dire di essere soddisfatto, in fin dei conti.
Dopo il giorno del loro litigio, sfociato poi in una riconciliazione, anche i rapporti con Takahiro Nishijima erano nettamente migliorati.
Certo, il ragazzo era chiuso e non parlava mai esplicitamente, ma tra i due sembrava essere finalmente arrivata una certa serenità che migliorava anche, notò in seguito, l’atmosfera in classe.
Takahiro si era rivelato uno studente brillante e disponibile. Faceva di tutto per Naoya, forse a causa del senso di gratitudine che provava verso di lui. Non che gli dispiacesse tutta quella “attenzione”, anzi Naoya dal canto suo aveva colto quell’occasione per cercare di controllare meglio Sato e i suoi amici.
Ogni qualvolta che cercavano contatto con Takahiro, chiamava il ragazzo perché lo aiutasse in alcuni compiti, come fare le fotocopie o portargli del caffè durante le pause. Agli occhi di tutti, Takahiro poteva sembrare una specie di studente zerbino del professore severo, ma la realtà era che gliene era grato, ancora una volta. Naoya aveva constatato che così facendo, i momenti in cui Sato poteva maltrattare il ragazzo erano nettamente diminuiti.
La faccenda comunque, non era passata inosservata a chi era vicino allo studente.

-sai a cosa penso?- aveva domandato Misako quella mattina, durante la ricreazione

-...a cosa pensi? – aveva ripetuto Takahiro con un sorriso

Lei e Chiaki si erano guardate, ridendo sotto i baffi, per poi rivolgersi nuovamente al ragazzo.

-sembri molto più sereno ultimamente! –

-…-

Takahiro le aveva guardate con occhi straniti, come se non avesse afferrato bene il concetto. Le due ragazze però non parevano scherzare anzi, sembravano quasi commosse nel vedere questo cambiamento nel loro migliore amico.

-Sato ti sta dando meno fastidi, vero? – aveva chiesto Chiaki in seguito

-si, è così! –

-…Naoya sensei ti ha proprio preso a cuore, eh?-

A quelle parole, il moro non aveva ribattuto. Si era limitato a fissare per qualche istante la cattedra vuota, laddove c’era stato Naoya poco prima.
Aveva distintamente sentito il proprio cuore battere forte, non appena Chiaki aveva pronunciato quel nome; eppure l’orgoglio gli impediva di accettare il fatto che ci fosse qualcuno disposto ad aiutarlo. A ben rifletterci, tutta quella storia era a dir poco assurda: non riusciva a credere che la sua vita scolastica fosse cambiata così radicalmente grazie ad un professore. Da che mondo era mondo, il legame tra studenti e professori non andava oltre all’insegnare e allo studiare, perciò quell’interesse reciproco che sembravano avere tra loro, era assolutamente surreale. Poteva quasi dire che per lui Naoya fosse un caro amico, venuto fuori dal nulla per aiutarlo e proteggerlo. Inizialmente non ci aveva dato molto conto a quella situazione, ma le parole di Chiaki e le osservazioni di Misako lo avevano spiazzato leggermente. Si domandava se fossero state solo loro due a notare quella “situazione” o se la cosa fosse diventata di dominio pubblico. D’altro canto, Urata sensei pareva tranquillo e d’altronde, a parte quei momenti in cui lo chiamava per allontanarlo da Sato, non c’erano state altre situazioni in cui avevano potuto parlare o chiacchierare, com’era accaduto in bagno.



-ehi, Takahiro!-

Quel sabato, durante la lezione di economia domestica, Sato ed i suoi amici avevano stranamente deciso di non saltare la lezione e così, leggermente preoccupato, Takahiro si era ritrovato a meno di due metri di distanza da loro in quella classe di circa dodici persone. L’insegnante, ironia della sorte, li aveva messi vicini affermando che “con Nishijima accanto avrebbero quantomeno imparato qualcosa”.
Sapendo che il professore non era conscio di aver scavato la fossa al ragazzo, Takahiro cercava di parlare il meno possibile e di lasciar fare loro ciò che volevano.
Anche quando venne chiamato da Sato, non mosse un dito.

-…-

-ehi, pidocchio, dico a te! –sbottò ancora lo yenkee

Lo prese per un braccio e lo costrinse a girarsi, interrompendo il suo lavoro. Takahiro lo guardò per qualche istante, stando sulla difensiva.

-scusa, ero concentrato- disse sperando di non alterarlo ulteriormente

Sato lanciò un’occhiata divertita ai due amici, che ridacchiarono furtivamente.
Il professore era troppo impegnato a spiegare qualcosa ad uno studente poco lontano, e non si era accorto di nulla.

-ti è andata bene questa settimana, vero?! – disse lo yenkee

-…-

Takahiro sapeva dove voleva andare a parare.

-vedo che sei talmente codardo da farti proteggere da un professore! –

La frase aveva urtato leggermente Takahiro, che per tutta risposta, si levò la mano del compagno di dosso.

-puoi dire quello che vuoi! –sbottò –ma io non sono un codardo, chiaro?! –

Sato, evidentemente, era rimasto impressionato dal gesto del compagno e lo era ancora di più da quella reazione decisa del ragazzo, che di solito era sempre stato alla sua mercé.

-come osi… - cominciò avvicinandosi minacciosamente a Takahiro, che rimase immobile dov’era.

-Sato, non è il caso dai… - lo interruppe uno degli amici, capendo che il loro capo avrebbe dato presto in escandescenza.

Dopo quel mezzo avvertimento dell’amico, lo yenkee parve calmarsi leggermente, e sospirò un po’ scocciato. Il professore aveva finito di spiegare ed ora si trovava alla cattedra, intento a leggere un giornale.

-ti è andata bene finora… -esclamò poi rivolto al moro – ma non credere, io e te non abbiamo ancora finito di divertirci, Takahiro “kun”! –

-…-

-Nishijima! Sumimura!–

Entrambi gli studenti interruppero la conversazione, esortati dal professore.
Takahiro si irrigidì all’istante e balzò dalla sedia, dritto in piedi, mentre Sato,a cui poco importava del richiamo, si limitò a dare un’occhiata annoiata all’insegnante.

-se trovate così noiosa la mia lezione, potevate fare a meno di venire – sbottò l’uomo dalla cattedra

-m-mi scusi sensei! –balbettò Takahiro - …non succederà più-

Sato stava ridendo della reazione del compagno.

-lo credo bene! – continuò il professore – ma visto che il danno è fatto, ti invito ad uscire in silenzio da questa aula -

-…-

-rimani lungo il corridoio e non fiatare –

-…si – si limitò a dire Takahiro, leggermente alterato

Silenziosamente, prese tutta la sua roba e, dando un’ultimo sguardo a Sato che ancora rideva beffardo al suo posto, si avviò verso l’uscita dell’aula il più velocemente possibile, ferito più che mai nell’orgoglio.





**





Era evidente che un insegnante preferiva punire uno come Takahiro piuttosto che andare ad immischiarsi con personaggi come Sato, che aveva la fama di essere uno degli yenkee peggiori della scuola, quindi in un certo senso, il ragazzo capì la scelta del sensei. La capiva, certo, ma ciò non significava che la condividesse.
Anche perché ci andava di mezzo lui, indubbiamente. Era capitato pochissime volte che venisse ripreso durante una lezione, e ancora meno, che venisse sbattuto fuori dall’aula in quel modo. Non gli interessava il fatto di essere uscito proprio davanti a Sato, ma era più che altro una questione di principio: per aver anche solo rivolto lo sguardo a quello yenkee, era stato lui a pagarne il prezzo. L’unica cosa positiva era che perlomeno non avrebbe rivisto la sua faccia per la prossima mezz’ora, fino alla fine della lezione.
Odiava ammetterlo, ma Sato aveva ragione. Era vero che ultimamente si faceva proteggere da Urata Sensei, cosa che non gli dispiaceva affatto, ma non per questo si riteneva un codardo, proprio no. Era consapevole del fatto che agli occhi dei suoi compagni poteva sembrare inerme, ma in fondo, che male c’era a provare ad avere un po’ di pace, senza avere la faccia gonfia di botte?.
In quel mentre, mentre fischiettava appoggiato al muro del corridoio, Takahiro vide Urata sensei in lontananza, che si avvicinava con una caterva di fogli in mano e un’aria parecchio assonnata.
Il professore sembrò averlo visto e fece gli ultimi metri che li separavano piuttosto velocemente, incuriosito dal fatto di trovarlo lì.

-Nishijima kun! – esclamò salutandolo

-sensei… - annuì Takahiro –la vedo indaffarato –

-già, sono pieno di compiti da correggere! Stavo giusto andando in aula insegnanti! – spiegò Naoya –… non hai lezione di economia domestica ora? – concluse poi, domandandosi il perché fosse lì

-…sono stato sbattuto fuori! –disse Takahiro, senza troppi preamboli

-cosa?! –

-…la cosa la sorprende? -

-leggermente! –annuì Naoya –cos’è successo? –

-… -

Takahiro si chiese se fosse il caso di dirlo.
Alla fine pensò che in fin dei conti, non c’era niente di male a parlarne.

-invece di mandare fuori Sato, hanno preferito usarmi come capro espiatorio! – spiegò –ma in fondo è meglio così, almeno per un po’ potrò stare tranquillo… -

Naoya sembrò scattare sull’attenti a quella mezza confessione. Assunse uno sguardo disgustato, ma era talmente buffo che Takahiro non riuscì a trattenersi e si mise a ridere sotto i baffi, nascondendo la bocca con la mano.
Il professore però non sembrava sereno quanto lui.

-questo è inaccettabile! – disse con tono severo

Takahiro quasi si pentì di averglielo detto.

-…suvvia, sensei… -disse

-parlerò io con il collega, alla fine dell’ora – spiegò Naoya –non ci posso credere! –

Per un attimo, il moro ebbe paura che l’insegnante potesse decidere, di punto in bianco, di irrompere nell’aula di economia domestica, ma per fortuna Naoya era un tipo piuttosto tranquillo, che preferiva uno scontro verbale piuttosto che fisico. Ma questo però non lo faceva stare sereno, stranamente.
Takahiro era lusingato dal fatto di avere almeno un professore che stesse dalla sua parte, ma allo stesso tempo avrebbe di gran lunga preferito che Urata sensei se ne stesse in disparte.
Ebbe il forte impulso di prenderlo per la manica della camicia, come per bloccarlo, ma non lo fece quando si rese conto che si trovavano entrambi in mezzo al corridoio, con altre tante persone.

-sensei, non serve che faccia nulla! –esclamò infine –non è una gran cosa alla fine… -

-Nishijima kun, che stai dicendo?! È oltraggioso! – sbottò Naoya furibondo

-per favore! – disse Takahiro quasi supplicando l’insegnante – le chiedo di non intervenire questa volta! –

-… -

Se non altro, Naoya sembrò colpito dalla determinazione di Takahiro. Lo guardò da cima a fondo, provando un senso di tenerezza ma allo stesso tempo di disappunto. Cercò qualcosa per ribattere, ma lo studente sembrava davvero irremovibile, e lo capiva dal suo sguardo.
Un po’ sconsolato, sospirò pesantemente e si passò una mano fra i capelli, arruffandoli leggermente, come per cercare di tranquillizzarsi.

-…d’accordo! –esclamò con uno sbuffo –non farò nulla, contento? –

Takahiro nascose la propria gratitudine, inchinandosi goffamente, accennando ad un sorriso. Naoya trovava tremendamente fuori luogo quell’inchino, ma non disse nulla perché in fondo, sapeva che era il modo strambo del ragazzo di dimostrare la sua felicità.
In quel momento, la campanella che segnava la fine dell’ora si decise a suonare.
In pochissimo tempo, cominciarono a sentirsi una serie di rumori e brusii provenienti dalle aule che, una ad una, si aprirono, lasciando uscire professori e studenti.
Takahiro e Naoya si allontanarono di qualche passo l’un dall’altro, come per creare una certa distanza “professionale”.
Dall’aula di economia domestica uscirono gli studenti, uno alla volte, mentre l’insegnante era ancora dentro. Sato e i suoi amici ovviamente furono gli ultimi a farsi vedere.
Adocchiarono Takahiro e senza pensarci due volte gli si avvicinarono, incuranti del fatto che ci fosse anche Naoya.

-ehi, Takahiro!- esclamò Sato – bella la lezione, eh?! – rise

Il ragazzo cercò di non cogliere la provocazione e si limito a sorridere.

-molto! –rispose sarcastico

-ahah, se vuoi ti presto i miei appunti! Perché non vieni, così te li faccio vedere! –

Lo yenkee allungò la mano afferrando quella di Takahiro, con l’intenzione di strattonarlo, ma Naoya, che aveva capito tutto, fu veloce ed afferrò il moro per il braccio libero, traendolo a se con molta più forza di Sato.
Nel sentirsi tirato in quel modo, così vicino a Naoya, Takahiro dapprima rimase immobile, troppo sconvolto più dal fatto che tanta gente aveva visto quel gesto che per la situazione in sé,particolarmente delicata. Anche Sato sembrò colpito, ma il suo volto stupito, lasciò ben presto spazio ad una evidente rabbia.

-sensei, che sta facendo?! –sbottò

Naoya lo fulminò.

-…Nishijima kun deve aiutarmi portando questi compiti in aula insegnanti – esclamò porgendo i fogli al moro, in evidente imbarazzo.

-…-

Sato lanciò un occhiata sprezzante a Takahiro, il quale la contraccambiò, ma con meno intensità. A dire il vero ad un certo punto riuscì solo a guardare il pavimento.
Lo yenkee sembrò voler ribattere, ma anche questa volta, Naoya parve leggergli nel pensiero.

-Sumimura, non hai un'altra lezione ora? –domandò con tono tremendamente caldo – di a Takahashi sensei che il tuo compagno vi raggiungerà tra poco! –

-…tsk! –

Questo era troppo per Sato. Non disse nulla, si limitò a guardare Naoya con talmente tanto disprezzo, che anche Takahiro si sentì quasi raggelare.
I due si guardarono per qualche altro istante, poi però, Sato dovette arrendersi.
Fece un cenno di saluto e intimò agli amici di seguirlo.
Ci volle un po’ prima che si allontanassero quanto bastava per poter tirare un sospiro di sollievo.
La prima cosa che fece Takahiro fu di staccarsi subito da Naoya. Questi lo guardò, leggermente divertito.

-non inchinarti e non ringraziarmi – disse prima che il moro potesse fare qualcosa

-c-cosa? - domandò leggermente interdetto

Naoya gli sorrise lievemente

-allora, vuoi aiutarmi si o no con questi compiti? –domandò infine

-s-si… -rispose Takahiro ancora rosso in volto per l’imbarazzo

In quel momento, quando i due erano nell’intento di dirigersi in aula insegnanti, Sato, che aveva dato uno sguardo indietro, alla vista di Takahiro che sorrideva così spudoratamente a Urata sensei, gli sembrò di scoppiare di rabbia.
Con i suoi amici prese a scendere le scale, per arrivare al piano terra, nell’aula dedita al Giapponese Classico dove quel giorno avrebbero assistito ad una conferenza, ma era talmente irritato che prima di dirigersi lì, decise di passare in bagno, per rimettere a fresco le idee.
Come aveva osato quel ragazzino prendersi gioco di lui in quel modo?

-Takahiro non la passerà liscia… - aveva esclamato con cattiveria – questa è una promessa –





**





Il pomeriggio non tardò ad arrivare.
Quel giorno, dopo il pranzo vi erano state due ore di rientro che, tutto sommato, erano passate piuttosto velocemente.
Dopo l’ora di ginnastica, Takahiro non aveva più visto Sato: lo yenkee aveva accuratamente saltato le lezioni del pomeriggio e di lui non se ne era più saputo nulla. I professori ovviamente, non si allarmarono troppo perché sapevano bene che tipo fosse e comunque lavoravano decisamente meglio senza di lui. E anche Takahiro in fondo, stava meglio.
Dopo la fine della giornata scolastica, mentre tutti si accingevano a prepararsi per tornare a casa, il moro aveva deciso di passare un attimo in biblioteca, per riportare indietro alcuni libri presi per studiare.
Quindi, in tutta tranquillità e canticchiando una canzone tra se, il ragazzo si avviò al piano di sopra, laddove si trovava la biblioteca.

-Takahiro! –

Il ragazzo si sentì chiamare e, appena prima di imboccare il corridoio, si voltò indietro: era un suo compagno di classe, abbastanza alto e, ricordò sul mentre, anche piuttosto bravo negli sport, anche se dal fisico mingherlino nessuno ci avrebbe scommesso uno Yen. Si stupì di quella chiamata, poiché i due non è che avessero mai parlato tanto da scambiarsi più di qualche saluto.

-Shinjiro?- domandò così, leggermente colpito

Il compagno sembrava un po’ su di giri. Squadrò Takahiro dall’alto in basso, perplesso.

-…che stai facendo?!- domandò infine

-?- Takahiro non capì il senso della domanda –sto andando in biblioteca a… -

Ma non finì la frase che venne interrotto da Shinjiro.

-nonono, devi andare subito in cortile, ora!!– esclamò, questa volta con tono preoccupato

-cosa?! –

-Sato…Misako e Chiaki sono… - cercò di dire, non trovando le parole

In quel momento, come una scossa sembrò fulminare Takahiro, dopo aver sentito i nomi delle sue due migliori amiche. Senza pensarci un altro secondo, allungò la mano e prese Shinjiro per il colletto della divisa.

-che stai dicendo?! Cos’è successo a Misako e Chiaki?! –

-…S-sato le sta importunando! – cercò di spiegare Shinjiro preso alla sprovvista

-…-

Il ragazzo allentò la presa e sospirò pesantemente.

-…dovevo aspettarmelo –si limitò a dire

-T-Takahiro… -

Senza aspettare che il compagno di classe finisse la frase, il moro gli tese i libri che stava riportando in biblioteca, facendolo leggermente barcollare dallo stupore.

-Shinjiro, riporta tu questi in biblioteca! –

-eh?! s-si! – balbettò lui –m-ma che intenzioni hai? –

-vado subito dalle ragazze! –sbottò Takahiro con decisione

-da solo?! Chiama un professore prima! –

Sentendo quelle parole, non poté che pensare a Urata sensei, che in quel momento si trovava ancora lì, a scuola, probabilmente in aula insegnanti. Se l’avesse voluto, sarebbe stato semplice farsi aiutare da lui, eppure non volle considerare nemmeno lontanamente quell’idea, e cercò di scacciarne subito il pensiero.
Strinse forte i pugni e scosse il capo, un po’ in risposta a Shinjiro ed un po’ per cercare di non pensare al volto del sensei che irrompeva nella sua testa.

-…è una cosa che riguarda solo me! –aggiunse infine

-s-si ma… -

-non preoccuparti! - esclamò sorridendo lievemente –grazie per avermi avvisato! –

Detto questo, prese a correre nella direzione opposta alla sua, senza aggiungere altro e lasciando Shinjiro lì, immobile, senza possibilità di replica.




**




-…cos’è che vorresti fare?! –

Il tono sprezzante di Misako si percepiva a miglia di distanza e tutti coloro che si trovavano in giardino, per un motivo o per l’altro, lanciavano occhiate preoccupate e non, verso di lei. La ragazza aveva le braccia conserte ed un espressione fiera, niente affatto intimorita nello ritrovarsi praticamente circondata da Sato ed i suoi amici.
Chiaki, dietro di lei, con un po’ più di timore, cercava di non essere da meno e guardava lo yenkee con disprezzo.
Sato era proprio davanti a loro e rideva, non faceva altro che ridere. Giocava con i bottoni della sua divisa, mentre guardava le due ragazze dall’alto in basso.

-S-Sato, non sei affatto divertente! –disse Chiaki –lasciaci andare a casa, ora!! –

-…tsk, siete due tipette molto graziose, lo sapevate? – si limitò a dire lui

Quando lui fece un passo verso di loro, Misako indietreggiò leggermente, ma mantenne la sua posizione.

-sapevo che eri stupido, ma non fino a questo punto! –sbottò la ragazza –appena passa un insegnante saranno guai! –

Alla parola “insegnante”, Sato la fulminò con il solo sguardo, tanto che un brivido le parve correre lungo la schiena.

-sapete che vi dico?! Non mi interessa minimamente… - esclamò –e poi non stiamo facendo nulla….ancora! –

-…T-Takahiro… - sospirò Chiaki impaurita

Sato aveva sentito il suo lamento e si mise a ridere forte, tanto che tutti, compresi i suoi amici lo guardarono un po’ perplessi.

-ahahahah, Takahiro?! –disse ridendo –quello lì è troppo codardo per sfidarmi! Si fa proteggere da un insegnante tutto il giorno…è solo una nullità –

-come ti permetti?! –lo incalzò Misako, questa volta con più fervore – Takahiro non è un codardo!! Il codardo qui sei tu, che te ne vai sempre in giro con questi imbecilli!! –

-…puoi pensarla pure come vuoi, Misako –sorrise Sato cercando di stare calmo dopo quella provocazione -…ma il fatto è che Takahiro ora non è qui…e voi due venite con noi! –

Fece per allungare il braccio verso Misako, ma non fece in tempo, perché qualcuno, si mise in mezzo tra i due, bloccando il gesto dello yenkee, colpendolo con la propria mano.

-…loro non vanno proprio da nessuna parte! –



Sato indietreggiò. Misako e Chiaki dapprima stupite, mostrarono un grande sorriso.

-Takahiro! – esclamarono quasi all’unisono

Il moro, allargò le braccia, come per “coprire” le due amiche dalle grinfie di Sato che era rimasto immobile, perplesso di trovarselo davanti.

-…Takahiro –sorrise infine, tranquillo

-…Sato, questa volta hai esagerato! – esclamò Takahiro –non ti azzardare a toccarle, chiaro?! –

-senti senti…per caso sei venuto qui chiamando il tuo bel sensei? –

Il ragazzo sorrise sprezzante alla mezza battuta di Sato.

-siamo solo tu ed io! –rispose –è una faccenda che riguarda solo noi due! –

-…-

-quindi lascia stare le ragazze, hai capito?! –

-…-

Sato doveva ammettere che quell’improvvisa forza venuta fuori chissà da dove, l’aveva leggermente colpito. Guardò Takahiro e notò una certa determinazione nei suoi occhi, che probabilmente non gli aveva mai visto prima di quel momento.
La cosa lo esaltò ancora di più, tanto che si mise a ridere fragorosamente, intimorendo leggermente il moro, immobile davanti a Misako e Chiaki, preoccupate più di quanto non fossero prima del suo arrivo.
Poi lo yenkee smise di ridere e guardò dritto il ragazzo che aveva osato intromettersi.

-…stai dicendo… - disse Sato –che sei disposto a venire con noi al posto loro?-

-T-takahiro, sei impazzito?! –intervenne Chiaki

-non te lo permettiamo! –disse Misako appoggiando una mano sulla spalla dell’amico

Takahiro si voltò leggermente verso le due ragazze e sorrise.

-non vi preoccupate… - rispose con un sussurro dolce

-…-

Poi si rivolse a Sato.

-e sia! – esclamò –vengo io con te, dovunque! Ma tu lascerai in pace Chiaki e Misako, d’accordo? –

-…TAKAHIRO! – urlò Misako

-ci sto! –sbottò Sato prendendo per il colletto della divisa Takahiro, strattonandolo violentemente. Il moro non provò nemmeno a dimenarsi.

Lo yenkee fece un cenno agli amici di lasciar perdere le ragazze, che videro dissolversi il cerchio di persone attorno a loro, per andare tutti verso Takahiro, inerme per sua stessa volontà. In due lo presero per le spalle, costringendolo in una posizione alquanto scomoda, mentre Sato gli si avvicinò e, inaspettatamente, gli accarezzò una guancia.

-spero che tu abbia già fatto la foto per l’annuario scolastico… - sospirò - …perché quando avremo finito, credo che per un po’ non la potrai fare! –

-…-

Detto questo, Sato disse agli amici di muoversi verso l’Hibiya Park, che si trovava poco distante dalla scuola, e cominciarono ad allontanarsi di qualche passo, con Takahiro al seguito. Chiaki e Misako li seguirono, indignate.

-Takahiro! Takahiro! –urlò Chiaki

-che intenzioni avete?! – domandò Misako

-fermatevi!! – esclamò a sua volta Takahiro – non venite, chiaro?! –

-…m-ma… -

-tornatevene a casa! – insisté

Sato se la stava spassando di gusto in quel momento. Decisamente. Le due ragazze, impotenti smisero di camminare, incerte sul da farsi.
Guardarono con tutto il disprezzo possibile quella scena, accaduta sotto gli occhi di tutti. Perché nessuno aveva fatto nulla? C’erano così tanti studenti in quel cortile…eppure, nessuno era venuto a dare una mano. Erano tutti dei codardi? O più semplicemente avevano paura di Sato?.
Videro Takahiro sorridergli un ultima volta, prima di sparire tra la folla.
Rimasero lì, senza sapere cosa fare.

-Misako, cosa facciamo ora?! – domandò Chiaki preoccupata –chiamiamo la polizia? –

-…figuriamoci se vengono per delle liti tra studenti… - sospirò Misako arrabbiata

-m-ma non possiamo lasciare Takahiro da solo!! Dobbiamo fare qualcosa!! –

-…-

-Misako!! –

L’amica appoggiò la mano sulla spalla di Chiaki come per confortarla. Poi sorrise lievemente

-non preoccuparti! –disse – ho un’idea! –





**





In tutto questo, ignaro di ciò che avveniva nel cortile della scuola, Naoya stava litigando con la macchinetta del caffè, che gli aveva appena rubato alcuni spiccioli, gli unici che aveva.
Leggermente alterato e controllando che in giro non ci fosse nessuno, tirò due pacche con le mani ai lati della macchinetta, ma senza successo: se fosse stato in un altro posto, avrebbe potuto far prevalere il suo ancora non tramontato istinto “da studente” prendendo a calci quella dannata macchina. Ma visto che doveva darsi un contegno, si limitò a maledirla da cima a fondo, prima di decidere di tornarsene finalmente a casa.
Sospirando pesantemente, raccolse la borsa che aveva appoggiato al muro per qualche attimo e diede un’occhiata al cellulare.
Erano le quattro. Aveva ancora tutto il pomeriggio davanti .
-…potrei chiedere a Takahashi sensei…se ha voglia di andare al cinema… - disse tra sè, immaginando per un istante la sua collega. Andò sulla rubrica e scorse il suo numero. Era tentato davvero di chiamarla, più che altro, per non passare un ennesimo pomeriggio da solo, in balia di compiti e lezioni.
Senza vedere dove metteva i piedi, si accinse a premere l’invio alla chiamata.

-Urata sensei! –

-e-eh?! –

Inutile dire che il giovane prese paura, tanto che ebbe un sussulto talmente violento che per poco il cellulare non gli cadde di mano. Con un gesto degno di un equilibrista, riuscì ad evitare che il danno si compisse e lanciò un’occhiata a chi lo aveva spaventato in quel modo.
Chiaki e Misako erano comparse dal nulla, sbucando dal corridoio. Sembravano parecchio agitate e ansimavano dalla fatica. Probabilmente avevano corso o era da molto che lo stavano facendo .
Naoya le squadrò perplesso, prima di domandare cosa cavolo ci facessero ancora lì a quell’ora.

-Uno chan, Ito chan! –riuscì a dire –che ci fat…-

Ma non finì la frase, che le due studentesse gli furono praticamente addosso, e cominciarono a strattonarlo per la giacca. Naoya si sentì tremendamente a disagio.

-sensei! È successo un disastro!! – esclamò Misako

-ci aiuti!! – lo supplicò Chiaki, che aveva gli occhi lucidi di pianto

-s-state calme ragazze! – disse Naoya cercando di frenare la loro irruenza, aggiungendo poi un -…c-che succede?!-

Le due ragazze si bloccarono di colpo e si diedero un’occhiata, prima di dire qualcosa. Il professore continuava a non capire cosa avessero.
Fu Misako, dopo aver respirato a fondo, a spiegare la situazione.

-T-takahiro… - disse -…è…è nei guai!! –

Questa volta fu Naoya a fermarsi all’improvviso. Non solo le sue gambe, le sue braccia, ma ogni muscolo del suo corpo fu all’improvviso incapace di muoversi. Credé che anche il cuore si fosse fermato per un preciso secondo.
Cercando di sembrare calmo, specie davanti alle ragazze, si schiarì la voce con un colpo di tosse tremendamente finto.

-…che…che gli è capitato? –

-Sato! Sato ci stava importunando… -continuò Misako

- Takahiro ci ha difese! –si intromise Chiaki

-cosa?! –domandò Naoya

- ha voluto andare con lui… - singhiozzò la giovane

-…abbiamo paura che possa fargli del male!- intervenne Misako cercando di consolare l ‘amica, stringendole la mano

Naoya non sapeva cosa dire. Gli salì all’improvviso una tale rabbia che pensò di dover scoppiare da un momento all’altro. Era solo furioso e a stento riusciva a trattenere la collera.

-quello...quell’incosciente!! – esclamò fra i denti –perché diavolo ha fatto di testa sua?! –

Le due ragazze si stupirono di vedere l’insegnante perdere le staffe a quel modo. Certo, era una situazione d’emergenza, e sapevano che Urata sensei teneva a Takahiro, ed era proprio per quello che gli avevano chiesto aiuto, ma mai si sarebbero immaginate quella reazione. Sembrava che il loro amico fosse davvero importante per lui.
Dal canto suo, Naoya non aveva la minima idea di cosa fare.
La sua mente si era svuotata di colpo, l’unica cosa che sentiva era la rabbia.
Si rivolse poi a Misako e Chiaki.

-sapete dove sono andati? –domandò

-…al…all’Hibiya Park mi sembra! – rispose Misako

-Ora chi chiamiamo?- chiese a sua volta Chiaki, speranzosa

Naoya sospirò.

-nessuno, andrò io di persona! –

-e-eh?! –esclamarono all’unisono –sensei, che intenzioni ha?-

Il ragazzo, capendo che in effetti poteva sembrare fuori luogo quel comportamento per un professore, si limitò a sorridere ad entrambe, come per rassicurarle.

-state tranquille e tornate a casa, intesi? –disse

-…m-ma… -

-Takahiro ve lo riporterò io, sano e salvo! –






NOTE:

HIBIYA PARK: L’Hibiya Park (日 比 谷 公园 Hibiya Kōen) È un parco che si trova nel distretto di Chiyoda (che comprende anche la zona di Hibiya) . Si estende su una superficie di 161,636.66 m2.
YEN: la valuta Giapponese

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4.



-non fai più il gradasso eh, Takahiro ‘kun’? –

Dopo quelle parole, Sato si avventò nuovamente su Takahiro, colpendolo violentemente alla faccia con un sonoro schiaffo. Il ragazzo barcollò leggermente, ma non cadde a terra, poiché due amici dello yenkee lo tenevano stretto per le braccia, in modo che stesse inginocchiato.
Il Parco di Hibiya era molto grande e a quell’ora c’erano molte famiglie e coppiette che passeggiavano, perciò Sato aveva deciso che sarebbe convenuto spostarsi appena fuori, in uno dei vicoli davanti all’ingresso nord. Lì, tra i bidoni della spazzatura, nessuno avrebbe mai messo il naso ed erano lontani da occhi indiscreti.
In cuor suo, Takahiro aveva capito che l’idea di affrontare Sato da solo non era stata geniale, ma perlomeno Misako e Chiaki sarebbero state al sicuro.
E per questo, lui poteva anche pagarne le conseguenze.
Per tutto il tempo in cui Sato si era sfogato, tirandogli pugni e calci anche in pieno volto, non aveva detto una parola, e questo aveva fatto infuriare lo yenkee ancora di più, perché quel silenzio gli suonava tanto come una specie di sfida.

-a scuola non potevo divertirmi a causa del tuo caro sensei… -sbottò Sato –ma in questo caso…qui comando io –

-tsk.. –sospirò Takahiro

-hai qualcosa di ridire? Eh?!- disse lo yenkee avvicinandosi e prendendolo per i capelli, in modo che alzasse lo sguardo

Fu proprio in quel momento che Takahiro cominciò ad accorgersi del sangue che gli colava da parte della bocca, laddove lo avevano colpito.
Nonostante tutto però, voleva tenere testa a Sato. Voleva farlo per Misako, per Chiaki…e anche per se stesso. Voleva dimostrare a tutti che non era un “codardo”, che sapeva affrontare i propri problemi. Che non aveva bisogno di aiuti esterni per farlo.

-ti…ti sei sempre sentito forte…eh? – domandò scandendo bene le parole, anche per il dolore

Sato sorrise.

-sai, mi sorprendi… -esclamò, sempre costringendo il moro a guardarlo – fino a poco tempo fa te ne stavi zitto, senza dire una parola. Mi divertivo molto. Cos’è che ti ha fatto cambiare atteggiamento? –

Takahiro non rispose, perché non ne ebbe il tempo. Sato gli mollò la testa e si allontanò di qualche passo. Fece un cenno agli amici che tenevano il moro ben saldo, e, con tono autoritario disse loro: “toglietegli la divisa e slacciate i bottoni della camicia”. I due non capivano il perché di quella richiesta e nemmeno Takahiro.
Stava di fatto che all’improvviso si sentì toccare e strattonare. Qualcuno gli levò la giacca nera della divisa, buttandola per terra a malo modo. Quasi in contemporanea, gli slacciarono anche i bottoni della camicia finché non fu completamente aperta, lasciando intravedere il petto.
Sato sorrideva, mentre il moro cominciava a preoccuparsi di più, vista la situazione.

-c-che intenzioni hai?- domandò Takahiro

-male, male…ragazzi, avete notato che i disegni che abbiamo fatto con la sigaretta sono quasi guariti?- domandò a sua volta Sato, rivolto agli amici

Tutti lo guardarono, ma nessuno annuì, ne rise questa volta. Forse stavano cominciando ad andare troppo oltre anche per i loro standard. Ma Sato sembrò non badare a quella reazione praticamente nulla.
Si avvicinò pericolosamente a Takahiro, il quale provò ad indietreggiare, ma gli altri due ragazzi lo tenevano ancora praticamente bloccato. Cominciò a provare vera paura, specialmente quando Sato estrasse dalla tasca un coltellino.
Lo yenkee questa volta, si mise seduto sulle gambe e cominciò a giocherellare con il coltellino, divertito.
Allungò una mano verso il collo del ragazzo, il quale sentì un brivido e senza volerlo, cominciò a tremare.

-…cos’è? Hai paura ora? – rise Sato

A differenza di quanto Takahiro aveva pensato, lo yenkee non stava puntando al collo, ma pian piano, appoggiando la lama del coltello sulla pelle del giovane, pur evitando di metterci forza in modo che non lo tagliasse, era sceso verso le clavicole e poi ancora, all’altezza del cuore. Lì si fermò.
Il contatto con la lama provocò al ragazzo un fastidio inimmaginabile, nonché una sensazione davvero sgradevole. Aveva paura, non riusciva a negarlo nemmeno a se stesso.

-t-tu…tu sei pazzo… - disse Takahiro

-no… - rispose Sato –ma se una cosa mi da fastidio, io la elimino! –

Il moro avrebbe voluto chiedergli “perché”, ma dalla su bocca uscì solo un gemito di puro dolore. Lo yenkee aveva premuto il coltello con molta forza e lo stava trascinando. Dietro di lui, una striscia rossa cominciò a formarsi, dapprima sottile, poi sempre più spessa e il sangue cominciò a colare lungo il torace. Takahiro credeva di non aver mai provato così tanto dolore e paura in vita sua. Strinse forte i denti, cercando di non urlare. Uno “…nngh “ fu l’unico suono che riuscì a sibilare.
Nonostante tutto però, guardava dritto negli occhi Sato, quasi senza sbattere le palpebre. Lo guardava, come se avesse voluto scrutare fin dove il suo animo malato poteva arrivare. La ferita gli bruciava molto, una parte di lui voleva accertarsi della gravità, ma l’altra era troppo intenta a non dare soddisfazioni allo yenkee.
Dal canto suo, Sato si era accorto dell’atteggiamento di Takahiro, che lui definiva fin troppo insolente. Allo stesso tempo si stava cominciando a domandare il perché di quel comportamento, nonostante tutto quel dolore che stava provando. E la cosa, stava cominciando ad innervosirlo parecchio.
Smise di pigiare il coltello sulla pelle del ragazzo e lo allontanò leggermente. Dapprima guardò la lama sporca di sangue, poi tornò con gli occhi verso quelli di Takahiro, scuri e profondi, che lo scrutavano.
Con una mano, gli accarezzò la guancia: ma era una carezza piena di odio, tant’è che se solo l’avesse potuto fare, avrebbe desiderato ardentemente graffiarlo. Ma erano i suoi occhi la cosa che più lo faceva andare su tutte le furie.

-…quegli occhi- esclamò -…mi viene quasi voglia di cavarteli-

-…-

Takahiro non seppe mai se Sato gli avrebbe davvero cavato gli occhi, magari proprio con quello stesso coltellino che aveva paurosamente avvicinato al suo volto.
Tutto accadde molto velocemente: sentì i due ragazzi dietro di lui che mollavano improvvisamente la presa, e lui che non se lo aspettava, cadde sulle sue gambe, finendo a terra quasi con un tonfo. Vide Sato che si allontanava di scatto, urlando qualcosa di incomprensibile, almeno per un primo momento.
L’adrenalina e la paura che aveva provato per tutto quel tempo non gli fecero capire subito cosa fosse successo in quei pochi attimi. La vista gli si era offuscata all’improvviso e gli ci volle un po’ prima che riprendesse il controllo dei propri sensi.
Quando, pian piano, cominciò a mettere a fuoco la scena, notò che praticamente era rimasto solo Sato e pochi altri in quel vicolo. E poi si accorse solo all’ultimo di una figura alta e slanciata, dai capelli chiari, che col suo arrivo, probabilmente lo aveva salvato.

-..s…s… –cercò di dire -…sensei? –

Era proprio vero: Urata Naoya era apparso così, all’improvviso, dal nulla. Quasi come un eroe degli antichi racconti. Sgranò gli occhi due volte per essere davvero sicuro che ci fosse davvero, che fosse venuto lì, per lui.

-…lei? –aveva domandato Sato a metà tra il perplesso e lo stupito

-…-

Naoya era immobile, a pochi passi dal moro, che era a terra.

-…giò, proprio io –sbottò con molta tranquillità

Poi si rivolse a Takahiro.

-scusa il ritardo, Nishijima kun. Ma ho dovuto chiedere indicazioni, il parco è molto grande. Per fortuna qualcuno vi aveva visti… -

Il moro era ancora troppo sconvolto per rispondere. Si limitò a guardarlo, forse credendo ancora di sognare. Notò alcune gocce di sudore che gli ricadevano dalla fronte. Probabilmente aveva corso.
Il sensei sembrava davvero furibondo. Per indole era una persona molto tranquilla, ma si vedeva chiaramente che se solo l’avesse potuto fare, avrebbe dato una lezione a tutti. Ma, come si ricordò all’improvviso Takahiro, lui era un professore, anche se non di ruolo. Non poteva assolutamente venire coinvolto in una rissa, con degli studenti per giunta! Quindi si domandò se magari avesse portato con lui qualcun altro. Ma non c’era nessuno.

-Sumimura! –esclamò all’improvviso Naoya -…ti rendi conto di quello che stai facendo?! –

-…tsk –sbottò Sato -…non mi aspettavo una sua visita, sensei! –

Naoya sorrise.

-…qui fuori sono solo Urata Naoya – spiegò -…e tu non sei un mio studente –

Sato sembrò colpito da quella dichiarazione, ma non nel modo che si sarebbe aspettato Takahiro. Anche se per pochissimo, gli era sembrato che lo yenkee fosse rimasto intimorito da quelle parole.
Naoya però, sembrava intenzionato a non fare nulla, aveva pure in mano la propria ventiquattrore (che non pareva voler gettare per terra in nessun caso) , tant’è che Sato riprese coraggio all’improvviso.

-d’accordo, Naoya! – esclamò acido, senza mostrare nessun segno di rispetto – devi sapere che hai interrotto il mio divertimento! Quindi ora sparisci! –

-…tsk! Parli tanto per essere uno che se la prende con qualcuno che non può difendersi – disse il professore –l’avevo capito subito che tipo di persona sei! –

-…-

-s-sensei…lasci perdere… - disse Takahiro

Ma furono parole al vento. Naoya forse non l’aveva nemmeno ascoltato.

-passerai dei grossi guai, lo sai vero? –domandò ancora rivolto a Sato

-sai che me ne importa?! –rispose lui sprezzante –tanto non possono espellermi, non siamo a scuola –

-certo ma ti arriverà una bella denuncia per lesioni! – aggiunge Naoya accennando a Takahiro, chiamato improvvisamente in causa.

Anche Sato diede uno sguardo al ragazzo.

-tsk! –sbottò –lui è solo un codardo. E poi lo sa…cosa succede se solo prova a fare qualcosa –

-…-

-dico bene, Takahiro kun? –concluse sorridendo

Il moro abbassò lo sguardo di colpo.

-sentimi bene, Sumimura! –disse poi Naoya, con più fervore –ti do un minuto per sparire, andare a casa e pregare di non trovarti dalla polizia da qui alle prossime ventiquattrore. Sono stato abbastanza chiaro?! –

-..cosa? come osi minacciarmi?! –

-…-

Naoya non fece alcun caso alle parole di Sato. Sospirò pesantemente, e si avvicinò lievemente a Takahiro.

-su, alzati! –esclamò

-…-

Il moro, anche se a stento si reggeva sulle proprie gambe, non se lo fece ripetere. Nonostante la ferita sanguinasse e lui si sentisse debole, si fece forza e si mise in piedi, ma non prima di aver raccolto la giacca della divisa da terra. Guardò Naoya, che però non disse più una parola. Sembrava arrabbiato, davvero arrabbiato. Forse più con lui che con Sato.

-Takahiro, ti conviene stare fermo! –sbottò Sato furibondo, vedendo che la situazione cominciava a sfuggirgli di mano

Il moro non sapeva cosa fare. Pensò che fosse più intelligente ascoltare Sato, che sembrava parecchio minaccioso, ma all’improvviso, senza preavviso, Naoya gli prese un braccio, in modo che restasse vicino a lui il più possibile.

-…andiamo –disse senza aggiungere altro

-..e-eh? – domandò Takahiro perplesso

-…t-tu… -Sato sembrava sul punto di esplodere – N-NON TE LO LASCIO FARE! –

Successe tutto in pochi attimi. Sato, con il coltello puntato, era corso verso di loro, con l’intenzione di ferire Takahiro. Non sapeva bene come fosse successo, ma Naoya si era messo davanti a lui ed aiutandosi con la ventiquattrore, aveva colpito violentemente Sato, forse in faccia, facendolo barcollare. Non ne era certo, il coltello pareva essergli sfuggito di mano, ma non aveva avuto il tempo di accertarsene, perché Naoya gli aveva subito intimato di correre e lui, anche se con poche energia, si mise a farlo, più in fretta che poteva.




Corsero molto.
Naoya ogni tanto guardava indietro per vedere se li seguivano , mentre ogni passo, per Takahiro valeva uno sforzo enorme.
Attraversarono tutto il parco così, fino ad arrivare ad una stazione della metro. Lì si fermarono per qualche istante e Naoya prestò la propria giacca al ragazzo, in modo che la gente non notasse troppo le ferite.
Poi, con un po’ più di calma, presero la metro. Takahiro non aveva la minima idea di dove fossero diretti, ne gli importava sinceramente. L’aveva scampata bella e se era salvo, era tutto per merito di Naoya.
Per tutta la durata del viaggio, provò più volte a ringraziarlo, ma lui sembrava irremovibile. Non disse mai una parola e lui comunque, non sapeva da che parte cominciare nel parlare. Si sentì anche un po’ stupido ad un certo punto.
Non ci misero molto ad arrivare a destinazione. Una volta scesi dalla metro camminarono per un po’, con andatura piuttosto lenta. Ogni tanto Naoya dava un’occhiata al moro per accertarsi che riuscisse a camminare. Takahiro dal canto suo si sentiva stanchissimo e continuava a premersi la ferita al petto che stava ancora sanguinando; lo percepiva.
Ad un certo punto arrivarono in un quartiere residenziale, molto curato. C’erano molti palazzi, tutti bianchi e simili tra loro.

-siamo arrivati… -esclamò per la prima volta Naoya, accennando ad uno dei palazzi

-…-

In silenzio, Takahiro seguì il professore, standogli a debita distanza, come per non intralciarlo. Dato che in quella zona i palazzi erano piuttosto vecchi, nonostante in ottime condizioni, non c’erano gli ascensori e così, per arrivare a destinazione, dovettero fare molte scale.
Solo quando ebbero fatto un bel po’ di gradini si rese conto che quasi sicuramente stavano andando a casa del sensei. Subito venne preso da un senso di strana inquietudine e dalla voglia di fare dietro front, ma ormai erano praticamente arrivati ed in ogni caso, non aveva energie per muovere ancora anche solo un muscolo. Voleva solo riposare.
Arrivarono al settimo piano. Poi seguirono un lungo corridoio all’aperto, finché non arrivarono ad uno degli appartamenti. Quello di Naoya ovviamente.
Senza dire nulla, il ragazzo estrasse le chiavi dalla borsa- un po’ rovinata- e aprì, entrando per primo. Takahiro diede una sbirciatina dentro, ma non osò solcare la soglia.
Naoya si voltò verso di lui e gli fece un leggero cenno di benvenuto, intimandogli di farsi avanti. Lui abbassò la testa come per rispetto, ed entrò adagio. Entrambi si levarono le scarpe e le lasciarono all’uscio.
Il professore poi, avanzò di qualche passo verso il soggiorno, ma il moro non si mosse, rimase lì. Sapeva di dover dire qualcosa. Sentiva di doverlo ringraziare davvero, e forse quello era il momento giusto.

-..i-io… -cominciò

Ma venne subito, inaspettatamente, interrotto.

-spero che tu ti renda conto- esclamò Naoya dando le spalle al ragazzo –in che situazione ti sei messo-

Takahiro rimase interdetto, e in quel momento, sentendo quelle parole così pungenti, sentì un tuffo al cuore.
Aveva avuto ragione: Naoya era davvero furibondo con lui.

-e se non fossi intervenuto?! Che sarebbe successo? Me lo spieghi, Nishijima kun? ! –

-…-

-sei stato uno sciocco ed anche sprovveduto! –disse con veemenza -…meno male che Ito chan e Uno chan mi hanno avvisato… -

-c-cosa? – balbettò Takahiro, quasi senza fiato

Naoya si voltò verso di lui.

-dovresti ringraziare loro, piuttosto che me! –sbottò –avresti dovuto pensare prima di agire! -

-…-

-…sei solo un moccioso… -

Un altro tuffo al cuore. Un ennesimo colpo in pieno petto, che forse gli faceva anche più male della ferita che continuava a sanguinare. Abbassò violentemente lo sguardo verso il pavimento, consapevole che il professore aveva perfettamente ragione: era stato uno stupido.
Lo sguardo di Naoya lasciava trasparire solo che delusione. Ecco, forse non era rabbia. Era solo deluso.

-…m-mi dispiace… - provò a dire Takahiro

-ah, ma davvero?! –esclamò Naoya sarcastico

-…so bene che avrei dovuto avvisare qualcuno… -spiegò stringendosi alla giacca del sensei –m-ma per una volta… -

-…-

-p-per una volta volevo..far vedere che riuscivo a cavarmela –

Poi, senza pensarci due volte, anche con il taglio che bruciava, si inchinò profondamente, con le braccia lungo i fianchi, in segno di profondo rispetto e di vergogna.

-MI DISPIACE! - disse con veemenza

Forse fu quel suo gesto estremo ad addolcire un po’ Naoya. Il giovane guardò lo studente, senza che questi potesse effettivamente vederlo. Si accorse che le sue gambe tremavano per la fatica e che stava ansimando leggermente. Eppure era lì immobile, profondamente inchinato.
Il sensei sospirò pesantemente e si avvicinò leggermente a Takahiro, posandogli delicatamente una mano sulla testa, accarezzandolo quasi fosse stato un bambino. Lui alzò leggermente lo sguardo.
Naoya sorrise lievemente.

-scusa, ho esagerato – esclamò –non ti ho certo portato qui per sgridarti. E anche se non condivido il tuo gesto, sei stato coraggioso e capisco perché lo hai fatto –

-s-sensei…-

-...ora che ne dici di dare un’occhiata a quelle ferite? –




**




Era un appartamento piuttosto semplice, con un’ arredamento essenziale, senza troppi mobili superflui. Il classico appartamento di un ragazzo che viveva da solo, o almeno così sembrò a Takahiro non appena mise piede in salotto.
Naoya lo fece sedere sul divano e poi, inaspettatamente sparì in un'altra stanza, lasciandolo solo. Notò che vicino alla televisione c’era una mensola con alcune foto. In una vi era un ragazzino, probabilmente il professore da piccolo. in un'altra pareva essere alle medie ed accanto c’era una donna che ipotizzò, essere la madre e un’altra ancora era con una ragazza che poteva essere un’amica (o la fidanzata, questo non poteva saperlo!), e pareva anche piuttosto recente. Fece quasi per alzarsi, in modo da poterle vedere bene, ma Naoya sbucò di nuovo fuori all’improvviso con un mano una scatola ed un sacchetto di stoffa sintetica, di colore beige.

-ecco, mettilo sul livido… - disse il ragazzo porgendogli quello che si rivelò essere ghiaccio istantaneo

-g-grazie… - disse prendendolo e posandoselo delicatamente sul volto

Poi Naoya si sedette sul divano, di fianco a Takahiro ed appoggiò la scatola sulle proprie ginocchia, aprendola. Dentro c’erano medicine, cerotti e bende. Borbottando qualcosa tra se, cominciò a rovistare al suo interno, mentre il moro lo fissava con la coda dell’occhio.
Lo vide estrarre qualcosa che pareva essere una crema, ma non ne era del tutto sicuro. Naoya lesse le istruzioni e poi annuì da solo.

-dovresti toglierti la camicia… -propose il professore

-e-eh?- balbettò Takahiro colto alla sprovvista

-…così posso vedere se la ferita è lieve o se è il caso di portati in ospedale… -spiegò paziente

-…ok… -

In realtà, non sapeva bene il perché, l’idea di doversi togliere tutto davanti a Naoya gli provocava un tremendo imbarazzo, assolutamente involontario. Era una sensazione che non aveva mai provato, e lo faceva sentire assolutamente a disagio. Comunque, visto che doveva farlo per forza, anche se a malincuore, alla fine dovette rimanere a petto nudo.
Utilizzando il ghiaccio quasi per coprirsi la faccia che pareva essersi infuocata all’improvviso, lasciò che Naoya ‘ispezionasse’ la ferita fatta dal coltello di Sato.
Lo sentì sospirare.

-meno male- disse -è meno grave di quanto credevo. Sumimura, per quanto folle, non è uno stupido, questo è solo un taglio superficiale-

-b-bene –annuì il ragazzo senza un vero motivo

-…ora cerca di stare fermo, che ti medico… - esclamò Naoya –forse brucerà un po’ –

-…-

Ed in effetti bruciava, e anche molto. Forse era quasi peggio di prima.
Ma non disse una parola e rimase immobile, chiudendo gli occhi, mentre sentì tutto d’un tratto una sensazione come di freddo, non appena Naoya gli aveva appoggiato la mano al petto. Il cuore cominciò a battergli fortissimo, tanto che si domandò se lui non riuscisse a sentirlo. Per alcuni momenti trattenne il fiato come per impedire al suo cuore di continuare con quel martellante e fastidioso tum tum, con il risultato che ad un certo punto dovette riprendere fiato e la cosa sorprese leggermente il professore, che lo guardò perplesso mentre continuava a medicare la ferita.
Passarono quei minuti in quel modo, finché Naoya non annunciò di aver finito, mettendosi a cercare tra i cerotti e le bende. Alla fine optò per quest’ultima, e, anche se non con la bravura di un medico vero, gliel’avvolse al petto con delicatezza, evitando di stringerlo troppo.
Una volta messa, rise tra sé, soddisfatto.

-ecco, dovrebbe essere a posto! –disse –ti stringe? –

-…n-no… -rispose il moro rimettendosi la camicia, che era ancora sporca di sangue

-scusa, ti presterei volentieri una delle mie –intervenne il professore – ma credo ti siano grandi… -

-non fa nulla…a casa le darò una lavata –

E in un attimo, la conversazione finì lì e ripiombò il silenzio. Silenzio che per Takahiro era quasi più imbarazzante del mostrarsi quasi nudo davanti a Naoya. Evitava di guardarlo, per paura di arrossirgli davanti senza nemmeno saperne il motivo preciso, quindi non faceva altro che fissare il pavimento di legno chiaro della stanza.
Il sensei invece sembrava molto più rilassato e si stiracchiò leggermente, sedendosi completamente sul divano, appoggiandosi allo schienale.
Takahiro all’improvviso ebbe il forte impulso di alzarsi ed andarsene ma proprio mentre stava cercando le parole giuste per congedarsi, Naoya parlò.

-cosa farai ora, Nishijima kun? –

Il moro si voltò verso il ragazzo, leggermente stupito da quella domanda

-…in che senso?-

-intendo con Sumimura… -precisò Naoya –questa cosa verrà fuori di sicuro… -

-…-

-se posso permettermi, quando ti chiederanno di spiegare la situazione…ti prego di non negare, solo per proteggerlo –

Takahiro sembrò balzare su all’improvviso.

-perché, lei pensa che lo proteggerei?! –sbottò quasi offeso -…a momenti mi uccideva!! –

-conoscendoti si, negheresti all’ultimo, per pietà – annuì Naoya tranquillo

-…sciocchezze… -

Il moro scosse la testa ed abbassò lo sguardo, contrariato. Come poteva anche solo pensare ad una cosa del genere il sensei?. Lui proteggere Sato?. Era inconcepibile. Certo, l’idea di dover “denunciare” qualcuno, ben sapendo che probabilmente gli avrebbe rovinato gran parte della vita, non lo allettava e se fosse stato possibile, avrebbe preferito una soluzione alternativa. Ma questa volta era diverso: Sato aveva importunato Chiaki e Misako, aveva picchiato chissà quanti ragazzini, e aveva quasi tentato di ucciderlo. Certo, non sapeva se sarebbe mai arrivato fino in fondo, ma quello sguardo… quegli occhi pieni di odio…no, non voleva tornare indietro per scoprire se si era sbagliato.

-posso sapere perché ce l’ha con te? – domandò all’improvviso Naoya

-…-

-se non vuoi rispondere non serve… -

-una volta – intervenne svelto Takahiro –una volta l’ho visto mentre picchiava uno del primo anno, nei bagni della scuola...sono accorso per aiutarlo–

-…-

Il ragazzo sorrise amaramente -in realtà non ricordo molto bene- spiegò –Sato non godeva di buona fama nemmeno all’epoca, quindi nessuno voleva avere niente a che fare con lui. Probabilmente mi ha trovato un soggetto “interessante”-

-…-

-come può immaginare…mi chiese di diventare il suo zerbino, a patto, ovviamente di lasciare in pace i ragazzini… – sospirò – è andata avanti così per un anno… -

-un anno?! –

Takahiro annuì, quasi vergognandosi.

- ho creduto di fare la cosa giusta! Quel ragazzino del primo anno aveva una sorella, una famiglia che lo accompagnava sempre dappertutto…era felice e…e secondo il mio modo di vedere le cose, io che non lo ero avrei potuto sacrificarmi per qualcosa di giusto… -

Naoya sospirò pesantemente, quasi pentendosi di averglielo domandato. Lo vide fissare un punto indeterminato del pavimento, stringersi sulle proprie spalle, che tanto avevano dovuto sopportare, solo ora ne era a conoscenza.

-tutti hanno il diritto di essere felici, Nishijima kun… - disse infine

Takahiro, leggermente stupito, si voltò verso il professore.

-tu pensi di fare la cosa giusta tenendoti tutto dentro…ma la verità è che così fai solo preoccupare chi ti sta attorno. Hai due amiche che farebbero di tutto per te. –

-…lo so.. –

-ci sono tante persone leali, e che sono dalla tua parte –continuò –solo che tu, forse, non ti sei mai accorto della loro presenza –

Sentendo quelle parole, a Takahiro vennero in mente tante cose: i volti di Misako e Chiaki, che lo consideravano come un fratello, e persino quello di Shinjiro, con cui non aveva quasi mai parlato, ma che nel momento del bisogno c’era stato, in un certo senso. E, proprio come aveva detto Urata sensei, non se ne era mai accorto.
Era stato stupido, lo sapeva perfettamente.
Probabilmente in tutto quel tempo lui era solo fuggito, fuggito dalle proprie responsabilità, e da tutto ciò che lo circondava. Aveva creato un involucro che nessuno era mai riuscito a penetrare, nemmeno le amiche di un’intera vita.
Eppure.
Eppure, quel professore, con la sua irruenza, con la sua determinazione, il suo carattere ostinato … era riuscito a fare una breccia. E questo, doveva ammetterlo, lo aveva spaventato non poco. l’idea che qualcuno potesse capire come si sentiva, che potesse scoprire quanto dolore avesse nel cuore, l’aveva impaurito.
Naoya aveva avuto questo potere, e non aveva idea del perché proprio lui cel’avesse fatta.

-… senti, pensavo di fare un po’ di tè … ne vuoi? – domandò all’improvviso Naoya

-e-eh? si, grazie … - rispose Takahiro preso alla sprovvista

Naoya sorrise e si alzò dal divano, dirigendosi in cucina, mentre il moro lo seguì per qualche istante con la coda dell’occhio.
Sentì alcuni rumori in lontananza: probabilmente Naoya stava aprendo qualche barattolo o qualcosa del genere.
Leggermente stanco, si appoggiò del tutto allo schienale del divano, con le gambe incrociate sulla seduta. La ferita appena medicata gli pulsava fortissimo, segno che probabilmente la medicazione stava funzionando. Era sporco, insanguinato e, soprattutto, consapevole di non doversi trovare lì, in quel momento. Sarebbe dovuto tornare a casa, aveva tantissime faccende di cui occuparsi, prima fra tutte, pensare a cosa fare con Sato.
Sapeva bene che il giorno dopo avrebbe dovuto compiere quel passo, ma aveva paura. Ancora una volta.
Non era per niente sicuro di riuscirci, non da solo per lo meno.

Intanto, Naoya stava preparando il tè con una certa cura.
Fece bollire l’acqua per diversi minuti e, dato che possedeva solo quello, tirò fuori dalla credenza due bustine con estratto di tè verde.
Era convinto che se fosse venuta una ragazza, con quelle bustine avrebbe fatto una pessima figura ma dato che in fin dei conti si trattava di Takahiro, pensò che non sarebbe stato così schizzinoso.
A quei pensieri, rise tra sé, leggermente divertito, mentre si apprestava a togliere l’acqua dai fornelli. La versò delicatamente, su due tazze che aveva preso poco prima e vi mise l’infuso.
Dopo qualche altro minuto, il tè fu pronto e si diresse verso il salotto.

-Nishijima kun, spero che l’infuso ti vada bene… -

Una volta arrivato in salotto però, si fermò di colpo davanti al divano, incredulo di vedere una scena che non si sarebbe mai aspettato: Takahiro stava dormendo beatamente quasi nella stessa posizione con cui lo aveva lasciato.
Respirava piano, e ogni tanto, faceva qualche movimento buffo con le labbra.

-…si è addormentato… - sospirò Naoya appoggiando il tè sul tavolino poco distante

Decise di sedersi accanto al moro, stando attento a non svegliarlo. “Doveva essere molto stanco”, pensò mentre lo guardava, interessato.
Takahiro sembrava un ragazzo come tanti, tranquillo, senza problemi. In realtà, come Naoya aveva presto constatato, di problemi invece ne aveva avuti tanti. E subito si domandò se per caso tutto questo non fosse legato in un certo senso, anche a lui. Se non l’avesse “salvato”, se non si fosse mai interessato, Takahiro avrebbe continuato a soffrire? O sarebbe arrivato qualcun altro a proteggerlo?.
Si rese conto che quelli erano pensieri puramente stupidi ed egoisti. In fondo, chi era lui per Takahiro? Solo un insegnante impiccione e nulla di più. E presto, in ogni caso, avrebbe lasciato quella scuola. Quindi non poteva esserci niente di più di questo.
Niente.




**




Quando si dorme, non ci si rende conto di niente. Potrebbe succedere qualsiasi cosa, anche la fine del mondo; in ogni caso, tu non te ne accorgeresti mai, perché quando si dorme, i sensi all’improvviso si arrestano, e tu entri in uno stato che non ti permette più di distinguere la realtà dai sogni.
Quando ti svegli possono essere passati cinque minuti, oppure un’intera vita. Può non essere cambiato nulla ,oppure l’esatto contrario.
Può essere cambiata addirittura un’intera esistenza.

-….mmh… -

Quando Takahiro riaprì pian piano gli occhi, non si rese subito conto di dove si trovava. Con i sensi che cominciavano a riacquistare le loro funzioni, una serie di sensazioni differenti cominciarono a manifestarsi all’improvviso: il dolore della ferita al petto, un leggero capogiro dovuto alla posizione scomoda e, una strana sensazione di calore che quasi annullava le altre due.
Si guardò intorno ed ad un certo punto si ricordò di dov’era: Il sensei lo aveva salvato da Sato ed erano andati a casa sua. Si ricordò che Naoya gli aveva offerto un tè, e poi più nulla. Doveva essersi addormentato nell’attesa.
Passò una mano sulla fronte, e si sgranò gli occhi, per svegliarsi del tutto. Fuori, pareva essere già buio, lo si notava dal riflesso delle luci della città che si intravvedevano dalle finestre. Notò due tazze ancora piene di the appoggiate al tavolino del salotto.

-ma…c-che ore sono? – balbettò incerto

Fece per alzarsi, quando si rese conto che la propria mano sinistra stava “tenendo” qualcosa. Si voltò lentamente e si accorse che Naoya era a pochi centimetri da lui, sull’altro lato del divano, che dormiva, russando lievemente. Lo squadrò leggermente sorpreso di trovarlo li, beatamente addormentato, quando si rese conto che, per l’appunto, la propria mano stava tenendo quella del Sensei. Subito divenne paonazzo e con una velocità quasi impressionante la staccò subito da quella del professore, cercando allo stesso tempo di non svegliarlo.
Sconvolto, se la guardò come se quell’arto avesse potuto raccontagli cosa fosse successo durante il suo pisolino sul divano.

-gli tenevo la mano?! –borbottò a voce bassa –m-ma com’è successo?! Se ne sarà accorto?! Oddio… -

Fissò Naoya per qualche istante, che non pareva essersi minimamente accorto di niente. Subito cercò con gli occhi l’ingresso dell’appartamento, che era proprio dietro di loro.
Cercando di non fare rumore, e ancora rosso in volto, pian piano, dopo essersi alzato, si avviò verso la porta d’ingresso. Raccolse le proprie scarpe e cominciò a mettersele.

-te ne vai?- chiese all’improvviso una voce

-ah?! – esclamò quasi urlando Takahiro, preso alla sprovvista

Si voltò, Naoya era vicino al divano e si avvicinò anche lui all’ingresso, leggermente assonnato.

-s-sensei, mi ha spaventato… -sospirò poi, cercando di evitare il suo sguardo.

Era ancora imbarazzato e si domandava se Naoya si fosse reso conto di ciò che era accaduto. Se avesse o meno sentito la sua mano che stringeva la propria.

-Ti ho portato il tè, ma tu stavi già dormendo…ed ho finito per addormentarmi pure io! –spiegò il professore

-mi dispiace per il disturbo… -si scusò Takahiro non sapendo bene cosa dire

-sono quasi le otto…perché non resti a cena? –domandò l’altro sbadigliando

-grazie dell’invito ma…devo tornare a casa ora – disse il moro –inoltre, Misako e Chiaki…dovrei chiamarle… -

-mmh, si capisco! Allora, permettimi almeno di accompagnarti alla metro! – insisté Naoya

-non serve, davvero! Le ho già dato troppe gatte da pelare per oggi… -esclamò Takahiro

Naoya sorrise leggermente., alzando le braccia verso l’alto.

-ok, ok mi arrendo! – rise –ma quando sarai a casa ricordati di medicare il livido…col ghiaccio si è sgonfiato, ma penso che serva dell’altro… -

-…certo! Grazie… -

Poi aprì la porta.
Una leggera brezza proveniente dall’esterno gli scompigliò leggermente i capelli che quasi si confondevano, notò Naoya, con l’oscurità del cielo di quella serata. Takahiro, diligentemente, si voltò verso il professore e, nonostante il dolore alla ferita, si inchinò per salutare.

-grazie di tutto, grazie –disse ripetendosi

-Nishijima kun…basta ringraziare, che ne dici? –

-…scusi!-

-e basta anche con le scuse… -

-mi scusi!! – rispose il moro –cioè, no, non mi scusi…cioè… -

-ahahah vacci piano, altrimenti vai in tilt! –rise Naoya senza fare troppo per trattenersi

Takahiro emise un sibilo, seguito da una smorfia quasi offesa. Però, non sapeva bene come spiegarlo, veder ridere il professore in quel modo, gli faceva uno strano effetto. Si sentiva quasi felice di farlo ridere in quel modo, anche se in realtà era stato per lui causa di non pochi problemi.

-ora vado! – si sbrigò a dire prima di cambiare idea

-certo!...fa attenzione! –lo salutò Naoya

-…-

-…?-

-senta… -

-…dimmi pure!-

-in effetti, c’è una cosa che potrebbe fare per me!- disse Takahiro

-se posso, volentieri! –annuì Naoya sorpreso da quella richiesta

-…domani, quando sarà il momento… - continuò -…vorrei che lei…fosse al mio fianco… -

Sapeva di sembrare stupido. Sapeva anche che probabilmente Naoya si sarebbe messo nuovamente a ridere pensando che fosse solo uno stupido scherzo e che sicuramente l’avrebbe preso in giro con qualche battuta. Era pronto a tutto. Eppure, nonostante avesse aspettato con lo sguardo fisso sul pavimento, rosso in volto, dalla bocca del sensei non uscirono risate ne altro. Si limitò ad assumere uno sguardo dapprima stupito poi leggermente incuriosito ed infine, l’unica cosa che fece fu quella di sorridergli.

-certo… -annuì –domani sarò lì, con te! – disse infine

Takahiro si era aspettato di tutto. Ma quello no, non gli era nemmeno passato per l’anticamera del cervello. In effetti, in altre circostanze, il vecchio “se stesso” non avrebbe mai chiesto ad un professore (ma proprio a nessuno, ad essere sinceri!) una cosa del genere. Sapendo bene che Naoya era contrario, s’inchinò nuovamente, ma questa volta non disse ne “grazie” e ne “scusi”. Si limitò semplicemente a salutarlo come lui sapeva fare, senza parole superflue.
Poi si alzò, e con un sorriso disse:

-a domani, sensei! –

Il professore annuì e lo salutò con una mano. Takahiro si chiuse la porta alle spalle e Naoya, all’improvviso rimase solo.
Immobile, fissò la porta, che nel frattempo si era serrata, leggermente intontito e un po’ speranzoso che il giovane ritornasse, per cenare insieme. Ma dopo qualche minuto si rese conto che quella porta sarebbe rimasta chiusa e che comunque a pensarci bene era assurdo che volesse una cosa del genere.
Sospirò pesantemente, pensando a come e con cosa avrebbe cenato quella sera. Pensò che sarebbe stato il caso di uscire e rifugiarsi in qualche tavola calda, visto che non aveva affatto voglia di cucinare.
E poi, non sapeva spiegarne il motivo, ma aveva bisogno di cambiare aria. Si sentiva strano, molto strano.
Istintivamente, si toccò la mano destra sulla quale aveva impressa una strana sensazione: gli sembrava come se qualcuno gliel’avesse stretta fino a pochi attimi prima, il che era assurdo, decisamente.
Eppure, quella sensazione che aveva avuto fin da quando si era risvegliato, si ostinava a non andare via.
E non ne capiva il motivo. Sapeva solo che era una bella sensazione, come di un calore che pareva avere il potere di scaldargli il cuore.








 
 

A pensarci bene, forse il nostro incontro era stato deciso tempo addietro dal destino.
Il fatto stesso che io fossi stato salvato proprio da te…forse è stato davvero tutto inevitabile.
A quei tempi avrei pensato che fosse solo una stupida favola.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5.





Il giorno seguente ai fatti che portarono Takahiro e Sato davanti all’intero consiglio d’istituto, perché raccontassero per filo e per segno quanto era successo, alla Hibiya High School c’era un leggero stato di agitazione che non solo coinvolgeva la classe dei diretti interessati, ma anche tutte le altre, reparto bidelli compreso.
Quella mattina Takahiro era arrivato a scuola ed era stato subito condotto dal preside verso la sala insegnanti, senza dire una parola. Durante le prime due ore di lezione la classe 3-A avrebbe dovuto avere Urata sensei, ma Naoya dopo aver fatto diligentemente l’appello, aveva lasciato detto che si sarebbe assentato per un po’ e che probabilmente avrebbero recuperato le ore perse in un altro momento. Dapprima gli studenti non aveva subito capito la situazione, tanto che Chiaki e Misako decisero di spiegargliela per filo e per segno, aiutate anche da Shinjiro.

-Takahiro è stato molto coraggioso!- aveva commentato una compagna

-…chi l’avrebbe mai detto che Sato era un verme del genere… -

-lo sospettavo… era sempre pieno di lividi… -

I compagni di classe sembravano essere caduti quasi dalle nuvole dopo il racconto delle due ragazze. In pochi si erano davvero resi conto di quanto Sato avesse rovinato i giorni di Takahiro e di come la cosa durasse da ormai parecchio tempo. Dal canto loro, Misako e Chiaki avevano sentito l’amico solo la sera prima e lo avevano entrambe (senza saperlo, ovviamente) rimproverato per averle chiamate a quell’ora tarda. Takahiro aveva raccontato loro ogni cosa, salvo i dettagli più personali, e di come Naoya l’avesse praticamente salvato. Ma non solo, gli aveva anche rivelato come mai Sato ce l’aveva con lui e perché non aveva detto loro nulla, fino a quel momento.
Al telefono, Misako era stata molto più curiosa di Chiaki.

-…cos’è che ti ha fatto cambiare idea? – aveva chiesto riferendosi al fatto di aver raccontato tutto

-…-

L’amico non aveva risposto subito, al contrario, aveva atteso diversi attimi come se avesse cercato le parole giuste per non essere frainteso.

-una persona, mi ha fatto capire che era inutile scappare-

Si era limitato a dire questo.
Misako non aveva domandato altro perché, in fondo, sapeva fin troppo bene che Takahiro si riferiva ad Urata sensei. Era incredibile come quel ragazzo avesse in qualche modo cambiato la vita del loro migliore amico così, in poco più di qualche settimana.
Certo, Naoya fin da subito si era rivelato un professore “fuori dal comune”, ma aveva sempre pensato che questo dipendesse dal fatto che era giovane e comunque, era ancora uno studente. Invece, probabilmente c’era dell’altro, qualcosa che aveva spinto Takahiro a fidarsi di lui e di fare in modo che potesse essere salvato.




-dove sarà Takahiro ora? – aveva domandato Chiaki controllando l’orologio da polso

-probabilmente sarà in aula insegnanti … - intervenne Shinjiro

-…speriamo bene… -sospirò Misako fissando la porta, mentre i bisbigli dei compagni si facevano sempre più insistenti.





**





Quelle erano state le ore più pesanti ed eterne che avesse mai vissuto. In piedi, davanti all’intero consiglio d’istituto, a parlare di cose e fatti di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
Quando era arrivato il suo turno, intorno alle dieci, aveva intravisto Sato uscire dalla stessa sala dov’era diretto lui: era accompagnato da un uomo, ben vestito, che però sembrava assolutamente disinteressato da tutto quello che stava succedendo. I due ragazzi si erano scambiati un’occhiata, ma Sato gli era parso parecchio strano, quasi assente. Si era limitato a fissarlo, senza odio, ma con l’aria di qualcuno che sapeva a cos’era andato incontro e pronto a pagarne il prezzo. Per tutta la durata del colloquio di Sato, Naoya era rimasto accanto a Takahiro, in attesa. Quando Sato era passato lungo il corridoio, aveva bisbigliato al moro “probabilmente l’hanno espulso. Dato che è la seconda volta, sarà costretto la lasciare la scuola”.
Takahiro non sapeva se esserne felice o meno: all’improvviso si era manifestata quella strana sensazione di compassione di cui gli aveva parlato il sensei il giorno prima.
Doveva essere contento di quella situazione? Certo, d’ora in avanti non avrebbe più dovuto nascondersi a causa di Sato, ma era giusto così? Era sicuro che Sato, per quanto matto, avesse delle “ragioni” che lo spingevano a comportarsi in quel modo con i più deboli o magari con chi gli sembrava solo più felice di lui.
Ad un certo punto videro uscire dalla sala insegnanti anche Takahashi sensei, che fece un cenno ai due di avvicinarsi.
Takahiro e Naoya la salutarono e attesero un ulteriore consenso per poter entrare.
Nel mentre, la donna si rivolse ai due, soffermandosi con un lungo sospiro, a guardare il volto del moro, pieno di cerotti e lividi.

-Takahashi sensei, chi era quell’uomo? Quello che è venuto a prendere Sumimura! – domandò Naoya togliendo quasi le parole di bocca a Takahiro

La donna, a bassa voce rispose – credo sia un amico dei genitori! Visto che lavorano all’estero, non hanno tempo da dedicare al ragazzo! – spiegò –da che ricordo, penso di non averli mai visti! Nemmeno durante i ricevimenti –

-capisco… -

Takahiro continuò a fissare Sato che si era seduto poco distante, su una sedia, con il presunto amico di famiglia che non faceva altro che parlare d’affari al telefono. Lo vide guardare fisso il pavimento, senza interesse per ciò che stava succedendo.
Forse, ora cominciava a comprendere molte cose di Sato.
Entrambi erano soli, ma avevano scelto modi diversi per affrontare quella solitudine così opprimente. In fin dei conti però, potevano dire di essere uguali.
Un altro richiamo di Takahashi sensei interruppe i pensieri di Takahiro che, insieme a Naoya dovette entrare finalmente in aula insegnanti.
La stanza era ghermita di persone e c’era anche il preside, seduto in un angolo ad assistere. Naoya, dopo avergli dato un colpetto sulla spalla per incoraggiarlo, andò a sedersi insieme ai colleghi e così il ragazzo si trovò da solo, in piedi, davanti a tutti quei professori.
Gli fu chiesto di raccontare tutto per filo e per segno, non solo del fatto accaduto il giorno prima, ma anche quelli antecedenti.
Anche se non amava parlare di quelle brutte esperienze, lo sguardo di Naoya gli diede un po’ di coraggio e pian piano, raccontò tutto. Tutto quello che non era mai riuscito a dire a nessuno.
Gli chiesero anche di far vedere le ferite al petto e lui, anche se lo trovava assurdo ed imbarazzante, obbedì, in cuor suo sperando che fossero guarite, se non altro per permettere a Sato di avere una “condanna” non troppo pesante. (a questo proposito, Naoya aveva avuto ragione alla fine!). Fece i nomi di chi, secondo lui, aveva subito minacce fisiche e verbali da Sato e codeste persone vennero poi chiamate per confermare la cosa. Tutti annuirono quando gli fu chiesto, forse incoraggiati dal fatto che Takahiro avesse confessato per primo e che quindi Sato era ormai spacciato.
Quella specie di interrogatorio durò più di un’ora. Ad un certo punto Takahiro credé di non farcela più a causa della mole di domande che gli venivano chieste. Per fortuna, il preside interruppe il tutto e decise che per il momento il giovane poteva uscire.
Leggermente rasserenato, il ragazzo salutò cortesemente il corpo insegnanti e si diresse fuori.

-colleghi, mi affido alla vostra decisione! – esclamò Naoya –sono certo che sarà quella migliore! –

-sensei, dove va?!-

Ma il professore aveva seguito a ruota il proprio studente, lasciando interdetti tutti gli altri, compreso il preside.



Una volta fuori dalla stanza, Takahiro sembrò sul punto si svenire, forse a causa della tensione.
Chiuse gli occhi e fece un lungo sospiro liberatorio. Poi vide Naoya uscire e venire verso di lui, mentre Sato veniva richiamato dentro nuovamente.
Il sensei sorrise dolcemente al ragazzo, ma questi non sembrava felice, tutt’altro.

-sei stato bravo, Nishijima kun! – disse

-…non so… -sospirò Takahiro pensando a cosa stessero dicendo a Sato in quel momento – mi chiedo se ho fatto la cosa giusta… -

-…ascolta! – esclamò Naoya mettendosi davanti al moro, quasi costringendolo a guardarlo, con decisione –posso capire che la cosa ti metta a disagio, ma non potevi più rimanere in silenzio…lo capisci, vero? –

-…si… - esclamò annuendo con poca convinzione

Il professore sorrise nuovamente, cercando di convincere il ragazzo a fare altrettanto. Gli appoggiò le mani sulle spalle, come segno di conforto.

-Sono sicuro che è stata la scelta migliore, anche per Sumimura – spiegò – forse ora ti sembrerà di avergli fatto un torto, ma potresti anche accorgerti di averlo salvato… -

-…salvato?-

Takahiro e Naoya non poterono continuare la conversazione, perché in quel momento la porta dell’aula si aprì di nuovo e vi uscirono Sato e l’uomo che lo aveva accompagnato, perennemente al telefono e che, senza degnare di uno saluto nessuno, si stava già dirigendo lungo i corridoio, verso l’uscita. Lo yenkee guardò con una punta di disgusto quell’uomo, ma non disse ne fece nulla. Con le mani sulle tasche, sembrò sospirare pesantemente e, lentamente, si accinse a seguire l’amico dei genitori, anche se controvoglia.
Il moro si sciolse dalla presa di Naoya e si diresse in direzione di Sato, lasciando leggermente interdetto il sensei, che però non intervenne, rimanendo fermo, incuriosito da quel gesto.
Takahiro lo sapeva, sapeva bene che Sato era stato espulso, anche se non gliel’aveva detto nessuno, ancora. Ma prima di non rivedere più colui che gli aveva rovinato quegli ultimi mesi, voleva accertarsi di una cosa.

-S-Sato! – esclamò chiamandolo

Lo yenkee, dapprima finse di non sentire, ma poi sembrò ripensarci e si fermò in mezzo al corridoio, senza però voltarsi a guardare Takahiro.
Dal canto suo, il ragazzo non sapeva nemmeno il perché lo avesse chiamato così a gran voce. Aveva solo sentito il bisogno di farlo. Ma dato che c’era, non poteva lasciare nulla in sospeso.

-v-volevo dirti… - disse -…volevo dirti che ti perdono! –

-…-

-ti perdono, hai capito?! – ripeté convinto

-…-

-sono sicuro che le cose prima o poi miglioreranno anche per te! –continuò –abbi solo fiducia! –

Takahiro non si aspettava risposte. Sapeva che Sato non si sarebbe mai voltato indietro e che non avrebbe detto praticamente nulla. Eppure, quando dalle sue labbra uscirono le parole “…ma sta zitto…”, quasi sussurrate, capì che aveva colto in pieno il messaggio che aveva voluto lanciargli.
Senza dire nulla di più, lo yenkee riprese a camminare per la sua strada e Takahiro si sentì infine soddisfatto.
Forse non c’era nulla di cui essere felici. Eppure, non poteva fare a meno di sorridere.
Sato gli aveva fatto tanto male, ma lui era pienamente convinto che in fondo, non fosse davvero quel “mostro” che tutti credevano, anche se era difficile da immaginare. Ed entrambi, avevano aspettato il momento cruciale per liberarsi.
Sato avrebbe pagato per quello che aveva fatto, ma lui, come aveva detto il sensei, forse con quel gesto aveva fatto in modo che non cadesse ancora di più nell’oblio, lasciandogli uno spiraglio di luce al quale aggrapparsi nel futuro.

Naoya intanto osservava la scena.
Sorrise tra sé, cercando di nasconderlo ad occhi altrui, mentre Takahiro era ancora in piedi lungo il corridoio ad osservare Sato che ormai era quasi svanito.
Quella storia, pensò, si era conclusa nel migliore dei modi, in fin dei conti.
Certo, c’erano voluti molto tempo e tanto dolore perché potesse succede, ma era contento di esserci riuscito.
Di aver in qualche modo aiutato quei due ragazzi.
In fondo, non era questo il compito di un insegnante? Quello di indicare la retta via?





**





Nel frattempo, nella classe 3-A c’era ancora più agitazione di prima: qualcuno che aveva fatto una soffiata, aveva detto che Sato se ne era andato accompagnato da un adulto e che Takahiro e Naoya stava ritornando in classe.
Mentre Chiaki e Misako cercavano di contenere l’entusiasmo dei compagni, Shinjiro si era messo davanti alla porta, in modo da poter spiare il corridoio, nel caso arrivassero.
C’era una allegria nell’aula che aveva contagiato un po’ tutti.

-ehi, stanno arrivando, stanno arrivando!! –disse all’improvviso Shinjiro tornando di corsa al proprio posto.

-mi raccomando ragazzi! –esclamò Misako rivolta a tutto il resto della classe

Tutti annuirono e si zittirono all’improvviso.
Calò il silenzio in tutta la stanza, mentre pian piano si sentivano dei passi provenire dall’esterno. Dapprima non udirono più niente, poi, con molta calma, la porta scorrevole cominciò ad aprirsi.
Ancor prima che Takahiro potesse entrare definitivamente, ci fu un boato pazzesco di urla e di applausi, che lo fecero quasi sussultare dalla paura. Tutti gli studenti si alzarono in piedi e continuarono ad applaudirlo, come se fosse stato un eroe od una celebrità.
Era incredibile una tale agitazione. Entrò definitivamente nella stanza, seguito a ruota da Naoya, anch’egli sorpreso di assistere ad una scena del genere. Il moro non sapeva cosa dire e, agitato, cominciò ad inginocchiarsi un po’ alla cieca, facendo sorridere anche le sue due migliori amiche, visibilmente commosse.

-woooooooooooohhh!!! – urlò Shinjiro applaudendo

-sei stato un grande!! –commentò qualcun altro

-bravissimo!! –

Takahiro si sentiva lusingato ma anche tremendamente in imbarazzo. Dietro di lui, Naoya si era aggiunto agli applausi, felice e senza parole.

-e-ecco…- balbettò arrossendo –grazie mille a tutti! –

-siamo fieri di te, Takahiro! –sorrise Chiaki dal proprio posto

-sei stato coraggioso! – esclamò Misako

-grazie…m-ma…vorrei dire qualcosa in merito… - continuò cercando di trovare le parole giuste

I compagni smisero di applaudire e rimasero in silenzio, anche se c’era ancora qualche brusio di eccitazione.

-volevo dire…che non avrei mai fatto nulla…se non fosse stato per Urata sensei! –

Com’era prevedibile, tutti assunsero uno sguardo interrogativo e un po’ perplesso. Anche Naoya parve sorpreso.
Takahiro si voltò a guardarlo.

-è stato lui ad aiutarmi in questo periodo e…beh, credo che meriti molti più applausi di me… - concluse

E ci fu un altro boato di gioia mentre anche Takahiro si unì al resto dei compagni, festeggiando Naoya, leggermente imbarazzato e un po’ contrariato a tutte quelle ovazioni. Il moro raggiunse subito Chiaki e Misako e le abbracciò forte. Poi si volse verso Naoya e continuò a festeggiarlo. Tutta la classe era ormai in subbuglio ma il sensei non se la sentì di fare il “professore” ed interrompere tutti quei bei momenti.

-sensei è un grande!!-

-resti sempre con noi!! Non vada via!! –

-sensei, sensei!! -

Era felice, lo era davvero.
E si rese conto, guardando i volti felici di tutti quegli studenti, guardando Takahiro che rideva di gusto nel vederlo così imbarazzato per tutti quei complimenti, che era grazie a lui se lo era.
Era felice grazie a Takahiro.
Se ne rese conto solo in quel momento, quando i loro sguardi si erano per un attimo incrociati, in mezzo a tutta quella folla entusiasta. Vederlo felice lo faceva sentire felice a sua volta.
Takahiro era arrivato nella sua vita bruscamente e allo stesso modo aveva interrotto quella monotonia a cui si era abituato, senza accorgersene.

-grazie a tutti…grazie davvero! – disse infine sorridendo

Grazie, Takahiro.





**





Dopo tutto quello che era successo con Sato, per la prima volta dopo tanto tempo, Takahiro poteva dire finalmente di essere un ragazzo libero e senza particolari problemi.
Erano passate ormai due settimane da tutta quella serie di eventi, e molte cose erano cambiate, quasi tutte al positivo: le lezioni si svolgevano in maniera molto più tranquilla, i professori erano molto più rilassati ed anche l’atmosfera in classe era decisamente migliorata. Lui aveva ripreso ad uscire con Misako e Chiaki durante i pomeriggi liberi e, incredibilmente, il loro trio era praticamente diventato un quartetto: Shinjiro aveva deciso di aggregarsi a loro e passavano insieme molto più tempo che in precedenza. Takahiro aveva scoperto molte cose su Shinjiro, compreso il fatto che da due anni aveva una grandissima cotta per Chiaki e che per il momento non aveva ancora trovato il coraggio per confessarsi. Era incredibile come fino a due settimane prima si parlassero a malapena, mentre ora sembravano due amici di vecchia data. Dal canto suo lui era felice di aver trovato qualcuno con cui poter confidarsi di cose “da maschi”. La nota dolente di tutti quei cambiamenti, era che in tutto quel tempo, lui e Naoya non avevano praticamente più un momento libero per parlare. Fin quando c’era Sato nei paraggi, i due si vedevano anche grazie al fatto che il sensei lo proteggeva dallo yenkee, ma ora che le cose si erano sistemate e che tutti quei sotterfugi non servivano più, era diventato raro che si incontrassero fuori dalle lezioni.
Ci aveva pensato più volte ed in effetti trovava assurdo che si stesse preoccupando di qualcosa del genere. In fondo Naoya era un professore e restava tale. Certo, lo aveva aiutato, ma questo solo perché Sato lo infastidiva. Era convinto,quindi, che il loro rapporto fosse finito così, in quel modo e che non ci fosse più nulla di cui parlare. Inoltre, gli sembrava che lo stesso sensei cercasse di incontrarlo il meno possibile, forse per non “rovinare” gli equilibri che si erano andati a creare dopo tanta fatica.
Doveva ammettere però, che gli mancava molto chiacchierare col sensei. Stare con lui lo faceva sentire tranquillo e felice. Certo, era felice anche con Misako, Chiaki o addirittura con Shinjiro, ma con Naoya pareva esserci un altro tipo di atmosfera. Non sapeva spiegarlo, ma era totalmente differente. Si sentiva protetto.
Pensando a questo, durante la pausa pranzo, spesso il ragazzo vagava con la testa tra le nuvole, tanto che una quella mattina, la cosa preoccupò leggermente le amiche.

-non lo trovi…strano? – aveva domandato Chiaki senza che lui la sentisse

-se per ‘strano’ intendi che passa la maggior parte del tempo a sospirare come un infelice, si, direi che lo trovo strano- rispose Misako fissandolo con la coda dell’occhio

-anche durante la ricreazione, sta sempre con la testa tra le nuvole! –continuò –stamattina gli ho chiesto gli appunti di matematica e lui mi ha dato quelli di letteratura! –

-letteratura?! – domandò Misako stupita –oggi mica ce l’abbiamo! –

-appunto! Non lo trovi strano? -

-sarà sicuramente sovrappensiero … in fondo sono successe molte cose in questo periodo!-

-... ah, comunque…puoi accompagnarmi un secondo al bagno?- chiese Chiaki all’improvviso

-certo che cambi argomento in fretta! –commentò Misako leggermente perplessa

-n-no è che…all’improvviso mi scappa!! Ti pregooo!! –sorrise Chiaki forzatamente

-…dai, andiamo allora! – rise l’altra, poi si rivolse anche a Takahiro, poco più in là –ehi, ci tieni d’occhio la roba? –chiese

Takahiro si voltò verso di loro, ma sembrava non aver ben chiaro cosa avesse detto l’amica. Ma annuì comunque.

-si si, tranquille… - disse abbozzando un sorriso

Misako alzò gli occhi al cielo e sospirò pesantemente.

-si certo, come no… -sbottò avendo capito che in quel momento Takahiro era praticamente OUT –Chiaki, meglio fare presto, ora come ora potrebbero fregargli anche le mutande e non se ne accorgerebbe… -

Chiaki non riuscì a trattenere una mezza risata.
Lasciarono l’amico in balia dei suoi pensieri e si diressero fuori dalla mensa, verso il bagno, al piano di sopra.
Camminando con una certa fretta, incontrarono diversi insegnanti e, guarda caso, proprio nelle vicinanze dei bagni, si scontrarono con Urata sensei, intento a raggiungere l’aula dove avrebbe fatto lezione quel pomeriggio.
Non appena si videro, si salutarono.

-oh, buongiorno ragazze!-

-buongiorno sensei! –sorrisero entrambe

Pareva che il discorso fosse finito lì, ma proprio in quel momento a Misako venne come un lampo di genio. O meglio, il lampo le venne ma non sapeva quanto potesse averci azzeccato. Si bloccò di colpo, con Chiaki che doleva per andare al bagno il più in fretta possibile. Perché non ci aveva pensato prima? Takahiro, letteratura, testa tra le nuvole…forse la risposta a tutto questo aveva appena svoltato l’angolo.

-ssssseeeeensei aspetti un secondo!! –esclamò all’improvviso facendo dietrofront

-Misako, che faiii? – domandò Chiaki

Seguirono la scia di Naoya e lo trovarono poco distante, intento a scendere al piano di sotto. Riuscirono a fermarlo giusto in tempo prima che suonasse la campanella che segnava la fine del pranzo.
Naoya fu abbastanza colpito di ritrovarsele davanti nuovamente. Quando si incrociarono, le fisso leggermente perplesso.

-…mi cercavate? – domandò infine, cordiale

-s-si! – rispose subito Misako sapendo però che il tempo stringeva – per caso ha qualche minuto da dedicarci? –

-beh…adesso avrei lezione… -spiegò lui

-allora più tardi! Finita la scuola! –incalzò la ragazza

-ma è successo qualcosa? – domandò Naoya ancora più perplesso di prima

-Misako ti pregoo!! –obiettava intanto la povera Chiaki

-beh, più o meno! –rispose ignorando l’amica –le chiedo per favore! –

-o-ok allora…va bene se ci vediamo alle quattro nel cortile? –propose lui

-Certo, grazie mille!! – sorrise Misako, al settimo cielo

-b-bene…ora devo proprio andare! A dopo allora… -

Naoya le salutò e si diresse verso il piano di sotto lasciando le due ragazze in mezzo al corridoio. Chiaki continuava a strattonare Misako per la manica della divisa, implorante.

-perché vuoi parlare col sensei? –domandò poi mentre si dirigevano, finalmente in bagno

-perché credo che sia questo il motivo per cui Takahiro sembra un morto che cammina! –rispose lei

-…cioè? –

-…mh, Chiaki, non è oggi che dovevamo cenare da Takahiro? – domandò Misako cambiando discorso

-si, perché? –

La ragazza sorrise tra se.

-credo di aver avuto un’idea! –





**






Come aveva previsto Misako, quando tornarono in mensa a recuperare le proprie borse, Takahiro era ancora lì a fissare fuori dalla finestra, giocherellando con le bacchette del proprio pranzo. La scena fu talmente deprimente che la ragazza non se la sentì di scherzarci sopra, per compassione se non altro.
Tutti e tre tornarono in classe e ripresero le lezioni.
Misako era particolarmente agitata all’idea di incontrare Urata sensei dopo la scuola e si chiese se fosse stato il caso di dirlo anche all’amico per vederne la reazione. Ma alla fine decise di rimanere con la bocca cucita, poiché voleva che le cose andassero tutte secondo i piani. E questi piani includevano anche il sensei.
Aspettò con una certa apprensione al fine delle lezioni e quando finalmente arrivò il momento, fu una dei primi ad alzarsi per uscire.
Insieme a Chiaki e Takahiro, ed in seguito anche Shinjiro, si diressero verso le uscite e s’incamminarono lungo il viale principale, circondato dai giardini. Quando furono usciti Misako aguzzò la vista per scorgere il sensei.
Lo vide mentre si sedeva su una panchina, poco lontano, che controllava l’orologio da polso, guardandosi intorno.
Si fermò di colpo, prendendo per una mano anche Chiaki, che sentendosi bloccata, si voltò indietro guardandola dapprima malissimo ma poi, capì tutto e sembrò rimangiarsi ogni cosa, ricordandosi dell’appuntamento.
I due compagni non vedendo più le ragazze, si girarono anch’essi perplessi.

-che fate, non venite? – domandò Takahiro

-ehm, andate pure avanti! –disse Misako –noi ci siamo dimenticate di una cosa! –

-se volete vi aspettiamo! -propose Shinjiro

-NO! –lo interruppe quasi urlando –n-no non serve!, vero Chiaki? –

-eh?ah! si! –annui colta alla sprovvista – tranquilli, vi chiamiamo più tardi, ok? –

-e poi, avrete tante cose,ehm, da maschi di cui parlare, no?! – continuò Misako

Takahiro e Shinjiro si guardarono perplessi. Entrambi poi annuirono, anche se continuavano a non capire quel comportamento.

-Va bene allora… - sorrise Takahiro –a dopo! –

-a dopo! – salutarono le due ragazze

Aspettarono un po’, in modo che Takahiro e Shinjiro fossero abbastanza lontani. Poi, una volta sicure di non essere viste, si diressero verso il sensei, che le stava aspettando.
Una volta alla panchina, dopo i convenevoli, si sedettero, ma aspettarono un po’ prima di parlare. O meglio, Chiaki non aveva la minima idea di cosa frullasse per la testa a Misako e Naoya nemmeno, quindi attendevano tutti e due che la ragazza si decidesse a dire qualcosa.
Fu però il sensei a sciogliere il ghiaccio.

-ehm, cosa volevate chiedermi? – domandò

-si, dunque… -cominciò Misako trovando all’improvviso più grinta –questa sera ci sarà una “festicciola” a casa di Takahiro! – concluse senza troppi preamboli

Naoya tossì rumorosamente alla parola “Takahiro”. Cercò di non farsi notare troppo ma il gesto era stato captato perfettamente dalla ragazza, che pensò di aver colto nel segno.

-f-festa? – domandò dandosi un contegno –b-bene… -

Chiaki intanto ascoltava, non sapendo cosa volesse fare l’amica. Certo, era vero che dovevano andare a casa dell’amico a mangiare, ma l’idea della “festa” le era del tutto nuova.

-ora, visto che siamo fuori l’orario scolastico, le spiego un paio di cosette, ok? –continuò la ragazza, tremendamente convinta di aver attuato la strategia giusta

Naoya ne era un po’ intimidito, non c’era d’dubbio.

-s…si? –

-non ho la minima idea di cosa si successo tra lei e Takahiro, ne lo voglio sapere! – spiegò senza troppi giri di parole –ma il nostro amico è “leggermente” sottotono ultimamente e lei deve fare qualcosa! –

-p-prima di tutto, il rapporto tra me è Nishijima kun è solo p-professionale! –spiegò balbettando senza volerlo – secondo…non avevo idea che avesse problemi… -

In effetti, non parlava con Takahiro da diverso tempo se non durante le lezioni, ma in quel periodo non erano mai riusciti ad incontrarsi. La cosa gli dispiaceva ma non doveva dare nell’occhio e ormai non aveva senso “proteggere” il ragazzo, visto che Sato era solo un ricordo. Inoltre, aveva anche notato che Takahiro aveva fatto nuove amicizie ed era molto più sereno, tanto che aveva pensato di mettersi da parte, per permetterli di coltivare meglio quelle nuove esperienze.
Nel frattempo, Chiaki continuava a guardare male Misako, chiedendosi cosa le saltasse in mente di fare l’interrogatorio ad un professore!.

-secondo noi, lei manca a Takahiro! - ricominciò Misako dritta al punto

-cosa?!- questa volta rispondere furono Naoya e Chiaki quasi all’unisono

-quindi, per renderlo felice, abbiamo pensato…di invitare anche lei alla festa di stasera! –

-e-eh?!- domandò incredulo Naoya –s-sono lusingato ma…non credo sia il caso… - cercò di spiegare

-come sarebbe?!-

-suvvia, sono il vostro insegnante! È strano ed inappropriato! –

Chiaki intanto annuiva con forza a quello che diceva il sensei

-la correggo sensei! –obiettò Misako – lei è solo un supplente ed inoltre, prima di essere un supplente lei è uno studente universitario! –

-e…quindi…?-

Misako sorrise –quindi, prima di tutto è un nostro senpai! -

Naoya stava sudando freddo. Il carattere di Misako era davvero conturbante e soprattutto imprevedibile. Era difficile tenerle testa e si rese conto all’improvviso che qualunque cosa avesse detto per ribattere, lei glie l’avrebbe fatta rimangiare con un’argomentazione altrettanto valida. Persino Chiaki sembrava intimorita dall’amica.

-come “senpai” può venire alla festa!- continuò la ragazza –inoltre farebbe felice Takahiro! –

-…sinceramente? Uno chan, sei parecchio inquietante ora… - ammise Naoya

-allora, verrai…Naoya senpai?- domandò ancora, questa volta chiamandolo senza troppe onorificenze.

-…c-credo di non avere molta scelta eh?-

-no, infatti! –rispose –e visto che la scuola per oggi è finita, trattaci come tue kouhai per favore! –

-…c-erto…Misako chan… -sorrise forzatamente Naoya

-magnifico! – annuì Misako soddisfatta – dobbiamo essere a casa di Takahiro per le otto e mezza!-

Il sensei annuì, ancora intimorito.

-potremmo trovarci alla fermata della metro, a Ueno!- propose

-…o-ok! –

-e cerca di rilassarti, senpai! –sorrise Misako alzandosi dalla panchina – se vuoi puoi portare da mangiare!-

Il ragazzo non fece in tempo a rispondere che Misako fece cenno a Chiaki di alzarsi, per tornare a casa. L’amica obbedì sconvolta tanto quanto Naoya, ancora impalato e seduto.

-a stasera…Naoya senpai! – lo salutò Misako

-a-arrivederci sensei!- si inchinò Chiaki

-a…a stasera ahahahah… - rispose Naoya salutando senza particolare entusiasmo

Già, ora si che poteva dire di essersi messo nei casini: era praticamente stato declassato dallo stato di sensei a quello di senpai ed inoltre si era ritrovato a dover andare ad una festa dove c’era anche Takahiro. In altre circostanze avrebbe fatto prevalere il suo “essere professore” ed avrebbe dato una bella strigliata alla ragazza, che era stata così inopportuna con lui, ma in quel caso non ci era proprio riuscito. Non sapeva perché, qualunque cosa riguardasse Takahiro non riusciva a gestirla come voleva. Ed ora aveva anche quella gatta da pelare. Non che la cosa non gli dispiacesse, ma ciò che lo preoccupava maggiormente erano le chiacchiere della gente.
Già.
Si era messo proprio nei guai.





**





Aveva pensato a molte possibilità mentre era ancora a casa. Aveva pensato di contattare Misako e dirle che si sentiva poco bene o non farsi vedere ed inventarsi qualche imprevisto da raccontare il giorno dopo. Aveva pensato a molteplici malattie, ma alla fine quando si era ritrovato al supermercato a comprare delle patatine, si rese conto che il dado era tratto e che non poteva tornare indietro.
Uscito da casa, si era ben guardato di non destare troppi “sospetti” e si era diretto verso il distretto di Ueno, fermandosi prima ad un Konbini, per prendere qualcosa da portare a quella “festa” alla quale era stato praticamente costretto ad andare. Le feste gli piacevano, aveva partecipato ad innumerevoli party durante il suo periodo da studente delle superiori, ma ora la situazione era leggermente diversa. Lungo la strada vedeva gente della sua età che andata a pub o a fare un paio di partite col biliardo e pensò che quella avrebbe dovuto essere la normalità, per uno come lui. Invece in quattro e qua trotto si era ritrovato ad insegnare letteratura in una scuola, aveva salvato uno studente dalle grinfie di uno yenkee ed era stato costretto da una ragazza molto più giovane di lui ad “imbucarsi” ad una cena. Era a dir poco imbarazzante.
Quando arrivò alla fermata della metro, Misako e Chiaki erano già lì. Lo videro e agitarono le braccia per farsi vedere.

-senpai! Eccoti finalmente!- salutò Misako

Naoya avrebbe voluto sprofondare, assolutamente.

-s-salve ragazze… -

-su, un po’ meno formale, Naoya senpai! – lo esortò la ragazza –non siamo mica a scuola! –

-Misako, dai…non vedi che è in imbarazzo? –sorrise Chiaki cercando di contenere l’amica

-non ti facevo così…timido!- rise Misako

-eh, già… - rispose Naoya

Il vero problema non era la timidezza; Era il cercare di non farsi vedere da qualche eventuale collega nei paraggi.

-su andiamo, la casa di Takahiro è da queste parti… -disse infine la ragazza, prendendo per mano Chiaki e cominciando a camminare.

Naoya le seguiva lentamente, cercando di non perderle di vista. Si guarda un po’ intorno, dato che Ueno non era una zona che frequentava molto. Non aveva mai chiesto a Takahiro dove abitasse, non avevano mai avuto occasione di parlarne. Pensò che fosse alquanto strano che Takahiro fosse venuto a casa sua e che ci avesse pure dormito, mentre lui non si era nemmeno mai degnato di domandagli almeno il quartiere di residenza.

-ma che vado a pensare… -sbottò a voce bassa cercando di cambiare pensieri

Camminarono per una ventina di minuti finché non arrivarono in una zona dove vi era poco traffico e una mole di gente molto inferiore rispetto al centro. Vi erano numerosi condomini vecchi, probabilmente risalenti ancora agli anni ottanta. Anche se era un posto particolarmente buio riusciva a scorgere un certo degrado, rispetto alle zone che era abituato a vedere.
Takahiro abitava in un condominio molto vecchio, molto di più del suo. Non c’era l’ascensore e l’ingresso all’edificio era difettoso, tanto che chiunque avrebbe potuto entrare senza problemi.
Non disse una parola e si limitò a seguire le ragazze, fino all’ultimo piano, il quinto.
Percorsero i corridoi fino ad arrivare agli appartamenti. Si fermarono proprio all’ultimo della fila, il numero 508.
Inutile dire che Naoya era iper agitato.
Chiaki suonò il campanello tutta contenta ed attesero che qualcuno aprisse.

-Takahiro, siamo noi! –esclamò Misako

Non sentirono nulla per qualche istante. Poi, udirono il rumore di una serratura che si apriva e la porta si aprì leggermente, ma era ancora attaccata la sicura, che la bloccava a mezza via.
Da lì sbucò il volto di Takahiro.

-come al solito siete in anticipo! –sbottò fingendosi offeso

-si può essere, ma abbiamo una sorpresa per te! –sorrise Misako –dai apri!-

Il ragazzo non se lo fece ripetere ed aprì del tutto la porta. Le due ragazze subito si avvinghiarono a lui e lo abbracciarono, come se non lo vedessero da secoli. Nessuno parve accorgersi del povero Naoya, messo un po’ in disparte, in un angolo.

-quanta irruenza ragazze! –rise il moro -…ma siete solo voi due? Dov’è Shinjiro?-

Le due si guardarono e risero sotto i baffi.

-Shin non è potuto venire… - rispose Chiaki – quindi abbiamo invitato qualcun altro, se non ti dispiace… -

Takahiro le guardò perplesso, poi annuì -c-certo che no!-

-taaaa-daan! – sorrise Misako

Naoya voleva sprofondare, ma pian piano di fece coraggio e si presentò alla porta, salutando col capo e con l’aria di chi avrebbe voluto ardentemente trovarsi altrove.
Takahiro rimase zitto per qualche istante, come per assimilare ciò che gli si era presentato davanti. Rimase letteralmente a bocca aperta tra i sorrisi compiaciuti delle due ragazze.

-…sensei?! –domandò shockato –c-che ci fa qui?!-

-s-salve Nishijima kun! –salutò Naoya non sapendo bene cosa dire –e-ecco le tue amiche mi hanno…-

Avrebbe voluto dire “costretto a venire” ma venne subito interrotto da Misako che gli si parò praticamente davanti, cercando di risolvere il problema.

-stasera sarà il nostro senpai! –esclamò – Naoya senpai è qui per passare una serata come un qualunque studente universitario, vero senpai?-

-s-si, certo! –esclamò con una risatina nervosa

-…senpai? – domandò ancora Takahiro, più sconvolto di prima

-dai su, bando alle ciance ed entriamo!!! –intervenne Chiaki facendosi strada nell’appartamento

Entrarono tutti e Takahiro li fece accomodare.
Si tolsero educatamente le scarpe e raggiunsero il piccolo salottino. Non era molto arredato, solo col minimo indispensabile. La cucina era collegata alla stanza e al centro vi era un tavolino basso, appositamente apparecchiato per la cena, con dei cuscini. Poco lontano, un balcone che dava su una terrazzina, dove vi era messa in bicicletta che sembrava non venire usata da molto tempo. Il tutto però era molto pulito ed ordinato, specialmente se si considerava che era un ragazzo, per giunta solo, a viverci. Naoya osservava interessato quel piccolo appartamento, dove probabilmente più di tre persone non sarebbero riuscite a viverci decentemente.

-prego, fate come se foste a casa vostra –sorrise Takahiro

Probabilmente stava facendo tutto il decoroso per Naoya, difatti le due ragazze si guardarono un po’ perplesse ed in seguito, scoppiarono in una leggera risatina.
Misako appoggiò la borsetta accanto ad uno dei cuscini e si voltò verso il mobile che ospitava la televisione.

-buonasera Kyoko san!- salutò cortesemente

Chiaki fece altrettanto, con un inchino.
Naoya si voltò in direzione di dove Misako aveva salutato e si accorse della presenza di un piccolo altarino, a destra della tv, con dei fiori, una piccola urna cineraria estremamente decorata e la foto di una donna, davvero molto bella. Nella foto teneva in mano un mazzo di girasoli, i quali davano ancora più luce all’immagine. Rimase ad osservarla per qualche istante, intuendo poi che dovesse essere la defunta madre di Takahiro.
Educatamente, e senza dire nulla, a seguito delle ragazze, anche Naoya s’inchinò in segno di rispetto e congiunse le mani.

-buona sera – disse – sono Urata Naoya, mi scuso per l’intrusione-

Takahiro fece un mezzo sorriso. Poi si diresse presso la cucina, dove stava preparando della tenpura, a giudicare dal buon odore che c’era.
Le due ragazze si sedettero in attesa di mangiare, mentre Naoya rimase in piedi, un po’ rigido.

-mamma, abbiamo molti ospiti questa sera, hai visto? – intervenne ad un certo punto il moro, tornando in salotto con l’acqua, delle bibite e un paio di birre per il sensei.

-a Kyoko San piace molto avere ospiti! –sorrise Chiaki

- è così… -annuì Takahiro –sensei, si sieda pure! –esortò poi

-s-si, grazie… - rispose Naoya decidendo finalmente di sedersi

-Takahiro, sii meno formale con Naoya senpai! –rise Misako –almeno fuori dalla scuola!-

Il ragazzo arrossì leggermente, ma cercò di non farlo vedere troppo. Non disse una parola e tornò nuovamente in cucina.
Intanto Naoya guardava un punto fisso del tavolo: non aveva la minima idea di cosa fare o di cosa dire, si sentiva una specie di pesce fuor d’acqua ed aveva il sentore che trovarsi li non fosse proprio una buona idea. Forse in fin dei conti sarebbe stato meglio rifiutare subito, visto che Takahiro non sembrava particolarmente entusiasta di averlo lì.
Misako sembrò, ancora una volta, leggere nel pensiero del giovane e, allungando il braccio verso di lui, gli diede un piccolo colpo sulla spalla col pugno, in modo da richiamare la sua attenzione. Naoya alzò lo sguardo verso la ragazza.

-stai tranquillo senpai, Takahiro è tremendamente timido- spiegò –in realtà ti assicuro che è felicissimo di averti qui! –concluse strizzando l’occhio

A Naoya però faceva davvero paura quella ragazza, anche quando voleva essere gentile o incoraggiante. Annuì ansiosamente e proprio quando stava per chiedere “ma perché dovrebbe esserne felice”, il chiamato in causa riapparve in salotto con un vassoio pieno zeppo di tenpura appena fatta.

-eccomi qui! – esclamò appoggiando tutto sopra il tavolo.

Si sedette nell’unico posto rimasto libero, ovvero quello accanto a Naoya che s’irrigidì nuovamente come una tavola da surf, mentre dentro di se pensava a quanto fosse stupido. In fondo era il suo insegnante, il loro rapporto era quello, perché mai doveva agitarsi così tanto?.
Cercò di non pensare a nulla di sconveniente e allungò una mano per prendere un po’ di tenpura, cosa che fecero tutti i presenti. Se la mise sul piatto, poi tutti insieme, alzando le bacchette, esclamarono “itadakimasu!”, iniziando a mangiare.

-wooah, è deliziosa!! –commentò Chiaki

Anche Naoya, dopo averla assaggiata, aveva sentito le papille gustative cantare. La assaporò per bene e concluse che aveva proprio ragione Chiaki, era davvero ottima.

-Takahiro kun, sai cucinare proprio bene! –esclamò

A quelle parole, il moro per poco non sputò quello che aveva in bocca, sotto lo sguardo divertito delle due amiche. Tossì rumorosamente. Non si era agitato per il complimento riferito alle sue doti culinarie, quanto per l’appellativo con cui Naoya lo aveva appena chiamato.
Il sensei sembrò cogliere quasi subito il succo del problema, e si apprestò a scusarsi.

-mi dispiace, forse sono troppo informale?- domandò apprensivo

Takahiro arrossì e non sapendo cosa dire, anche per non sembrare troppo stupido, scosse il capo talmente forte che a chiunque sarebbe venuto il torcicollo.
Poi riprese a mangiare con molta più foga di prima, mentre Misako rideva sotto i baffi, divertita dalla scena.
Era divertente osservare le reazioni di quei due, che ormai evidentemente erano diventati amici, che non facevano altro che nascondere quello che provavano davvero. Si vedeva lontano un miglio che Takahiro era felice e questo per lei valeva più di qualsiasi altra cosa. Voleva solo che il suo migliore amico riuscisse finalmente a trovare la serenità che si meritava e che per troppo tempo gli era stata negata.




Ad ogni modo, dopo l’imbarazzo iniziale, l’atmosfera cominciò a sciogliersi e finalmente entrambi i ragazzi poterono rilassarsi. I quattro scoprirono di essere molto in sintonia come gruppetto e Naoya dopo un po’ si abituò all’atmosfera e all’essere chiamato così frequentemente “senpai”. Scoprì che Misako e Chiaki non solo era due brave studentesse, ma erano anche molto in gamba al di fuori, nella vita di tutti i giorni. Era rimasto colpito ed affascinato, in seguito, dal carattere forte di Misako e doveva ammettere che in fin dei conti gli piaceva. Era una persona sulla quale si poteva contare sempre. E anche Chiaki, che di fatto era molto più timida dell’amica, era davvero una ragazza per bene ed educata. Capì che Takahiro era veramente fortunato ad averle, ma in fondo, probabilmente lo sapeva già.
Chiacchierarono molto, del più e del meno. Naoya raccontò un po’ della sua esperienza come studente universitario e di come aveva deciso di insegnare per ottenere i crediti necessari alla laurea. Spiegò di come la letteratura lo avesse da sempre affascinato fin da piccolo e di come in futuro sperasse di diventare insegnante universitario.
Passarono due ore davvero piacevoli e divertenti, tra le risate e gli scherzi. Naoya aveva quasi dimenticato della sua posizione e per tutta la durata della festa pensò solo a rilassarsi come uno di quegli studenti che aveva visto lungo la strada.
Inoltre, anche se non era proprio appropriato, i quattro brindarono con della birra, per “concludere” i festeggiamenti. Dato che Chiaki, Takahiro e Misako erano ancora minorenni, Naoya gli lasciò bere solo due bicchieri ed in seguito, visto che i tre si lamentavano, si mise a finire una dopo l’altra tutte le lattine presenti, in modo che non ce ne fosse più. La scena si era rivelata divertentissima, e per quanto Naoya poi si sentisse leggermente male per aver bevuto tutta quella birra, era contento di vederli sereni, specialmente Takahiro, che ad un certo punto era scoppiato dalle risate e non la finiva più.
Quando ormai erano le undici passate, il salotto era diventato una specie di campo di battaglia. Il tavolo era pieno di piatti, lattine, briciole e cartine di vario genere e tutti e quattro si erano ritrovati seduti spaparanzati per terra, stanchi ma felici.

-c-credo di aver bevuto troppo…- sospirò Naoya ridendo

-…visto? potevi lasciarci un po’ di birra senpai… -brontolò Misako con un filo di voce

-siete…minorenni… - rispose lui -un giorno mi ringrazierete!-

-Io ho bevuto solo un bicchiere…ma mi sento uno straccio lo stesso… - sospirò Takahiro passandosi una mano sulla fronte

In quel momento, un telefono cellulare cominciò a squillare. Tutti rimasero in silenzio per qualche istante e, istintivamente, si toccarono le tasche. Ad un certo punto, Chiaki sventolò la mano.

-è il mio… -disse prendendo il proprio telefono e rispondendo –pronto?-

Gli altri tre rimasero ad ascoltare la conversazione, senza muovere un dito. Chiaki parlava quasi in codice, con una serie di “si”, “certo” e “no”, sparpagliati qua e là nelle frasi. Poi dopo qualche minuto mise già la chiamata e sospirò, facendo per alzarsi da terra.

-era mio padre…Misako, tra cinque minuti è qui… - disse

Tutti improvvisamente si ricomposero, come se li avessero appena svegliati bruscamente. Takahiro si rimise in piedi quasi subito, mentre Misako ci mise un po’, era parecchio stanca.
Naoya invece rimase seduto, gli girava un po’ la testa e non osò muoversi più del dovuto, ma alla fine dovette alzarsi visto che pareva essere arrivata l’ora dei saluti.
Le due ragazze recuperarono le proprie cose e si sistemarono, andando poi, con una certa fretta, verso l’ingresso a mettersi le scarpe. Naoya e Takahiro le accompagnarono. Chiaki sembrava un po’ giù di morale.

-dovremmo darti una mano a sparecchiare… - disse dando un’occhiata al salotto

-non fa nulla, eravate ospiti miei! – sorrise Takahiro –piuttosto, se volete scendo con voi… -

-tranquillo, mio padre è qua sotto! –

-ok allora, buona notte…e grazie mille per la serata!- disse il moro aprendo la porta

-grazie a te, ci siamo divertite un mondo!- intervenne Misako dandogli un piccolo abbraccio

-Ci vediamo a scuola!- sorrise Chiaki

Takahiro annuì e agitò la mano per salutarle. Poi le due uscirono e si richiuse la porta alle spalle, trovandosi però davanti Naoya che era rimasto in piedi un po’ impalato. Il moro lo guardò perplesso e si avvicinò leggermente.

-sensei, lei che fa? – chiese –non torna a casa?-

-mh, in effetti è tardi… -bofonchiò stanco -…però è anche vero che non posso lasciarti sistemare tutto questo casino da solo…-

-scherza?! Guardi che il discorso valeva anche per lei…è sopite mio!- osservò Takahiro

-forse, ma se qualcuno mi fa una cortesia sento il dovere morale di ricambiare! –sorrise Naoya cominciando a raccogliere i piatti sotto lo sguardo di Takahiro, ancora fermo –e poi così possiamo chiacchierare un po’,è da tanto che non lo facevamo, giusto?-

Il moro dapprima non rispose, si limitò ad annuire con un leggero sorriso, cominciando poi ad aiutare Naoya a sistemare.
Quando ebbero finito di sparecchiare, Takahiro mise tutti i piatti nella vecchia lavastoviglie che possedeva e si apprestò a dare una veloce pulita ai fornelli, mentre Naoya spolverava il tavolo dalle briciole.
In dieci minuti finirono tutto e si ritrovarono nuovamente seduti in salotto, senza nulla da dirsi o da fare, nonostante le premesse di una chiacchierata lunga che si erano dati.
Takahiro era visibilmente stanco, e ogni tanto chiudeva gli occhi come per riposarli, mentre Naoya, forse per effetto della birra, si era leggermente ripreso e non aveva più molto sonno. Ad un certo punto, il moro parve ricordarsi di una cosa e si alzò nuovamente, andò in cucina, prese un bicchiere e lo riempì d’acqua. Poi tornò in salotto e si avvicinò all’altarino di sua madre, versandola delicatamente sui fiori vicino alla foto.

-era davvero una donna bellissima! –disse Naoya osservando la foto

-…già, lo era- annuì Takahiro

-le somigli! – aggiunse –avete lineamenti simili… -

-…-

Il ragazzo capì che forse Takahiro non era in vena di parlare della defunta madre e che sarebbe stato opportuno finire lì il discorso. Si apprestò subito a chiedere scusa, quando il moro si sedette al tavolo, incrociando le gambe e fissando un punto indefinito della stanza, sospirando pesantemente.

-lo dicono in tanti- si limitò a dire -…anche se io non sono d’accordo… -

-Takahiro kun, senti…lascia stare… - intervenne Naoya

-ci sono cose che vanno superate- lo interruppe l’altro, cercando di sorridere –io l’ho superata…credo-

-…-

Il sensei rimase in silenzio, limitandosi ad osservare un po’ la stanza con attenzione. Solo ora aveva notato alcune foto su una mensola, dove vi erano raffigurati Takahiro e sua madre, in vari periodi. In ogni foto erano insieme e sorridenti, ma notò che in nessuna, appariva il padre del ragazzo.
Forse la sua espressione perplessa era così evidente, o forse Takahiro aveva un buon senso dell’osservazione, ma sembrò all’improvviso rispondere alla sua domanda, senza particolare difficoltà.

-i miei hanno divorziato molto tempo fa, è per quello che manca mio padre… - commentò

-s-scusa… - rispose Naoya abbassando lo sguardo

-e di cosa? – sorrise il moro – non mi da fastidio se ne parliamo! –

-…-

Takahiro diede uno sguardo alla foto della madre. Osservò quel suo sorriso così radioso ma allo stesso tempo enigmatico. Sopirò pesantemente, consapevole. Poi abbassò lo sguardo che all’improvviso divenne vuoto, disegnando un sorriso senza emozione, tanto che Naoya prese quasi paura e si ricordò delle parole di Takahashi sensei, quando aveva detto che Takahiro “sorrideva così falsamente da farle quasi paura”. Ora aveva capito cosa intendeva, ed era vero: quel sorriso finto era a dir poco inquietante.

-mia madre amava tantissimo mio padre… - spiegò all’improvviso con un filo di voce – era stato il suo primo ed unico amore. Mi ha detto che si erano conosciuti al liceo e che avevano grandi progetti per il loro futuro. Andava tutto benissimo-

-…-

Takahiro sembrò incupirsi all’improvviso. Inconsciamente strinse forte i pugni sul tavolo, nervoso. Dalle sue labbra si levò un altro sorriso quasi gelido, ironico.

-Poi sono nato io ed ho rovinato tutto –

-…cosa? – domandò Naoya

-vede, mia madre rimase incinta di me quando non era passato nemmeno un anno dal loro primo incontro. Lei ovviamente era molto felice ma mio padre…beh, certo, la amava ma forse non così tanto da volere un figlio…non in quel momento perlomeno. I genitori di mio padre in pratica lo costrinsero a sposarsi. Lei era al settimo cielo, per lui probabilmente era solo un peso. In fondo, come ci si può sposare senza amore reciproco da entrambe le parti?-

-…-

-della mia infanzia ricordo solo tante litigate ed incomprensioni. Ricordo che da piccolo per non sentirli urlare mi rifugiavo nel parco sottocasa e mi tappavo le orecchie, perché mi pareva di sentirli lo stesso…non ricordo di aver mai visto mio padre felice di vedermi, non mi abbracciava mai ne mi lodava. Penso che mi odiasse davvero molto!- continuò – ho capito di essere io la causa di tutto, quando un giorno, mi chiamarono e mi dissero “Takahiro, io e papà per un po’ vivremo lontani. Ma non ti preoccupare, non cambierà niente”. Credevano che no lo sapessi, che pensassi che la nostra famiglia fosse perfetta. Ma io ,nonostante fossi un bambino avevo capito tutto, perfettamente. -

-Takahiro kun… -provò ad intervenire Naoya, ma venne nuovamente interrotto

-rimasi con mia madre e cambiai cognome. Mio padre se ne era andato e con lui anche i giorni passati a litigare. Ero felice perché finalmente io e la mamma potevamo rimanere insieme e trascorrere una vita tranquilla. Eppure, nonostante sorridesse sempre, lei…lei non era felice – spiegò –nonostante il divorzio mia madre continuava ad amare mio padre. Non aveva mia smesso di amarlo e diceva sempre che io glielo ricordavo. Mi diceva, “Takahiro, sei la cosa più bella che mi sia capitata”, ma a me sembrava tanto una bugia…perché ero io la causa del suo dolore. Se io non fossi nato, probabilmente il loro amore avrebbe avuto modo di maturare e non sarebbero arrivati al divorzio…-

-…-

-tsk, penso che anche quando stava esalando il suo ultimo respiro, lei pensasse a mio padre-

-…com’è successo…? – chiese il sensei un po’ titubante

Takahiro sorrise lievemente –stava tornando dal lavoro in bici. Pioveva, e stando a quanto hanno raccontato i testimoni, lei era di fretta e stava attraversando il passaggio a livello nonostante fosse chiuso;la bicicletta rimase bloccata tra i binari. Il treno non è riuscito a fermarsi in tempo…io ero a scuola e venni informato solo poche ore dopo. –disse

-…-

-sa che cosa penso? –domandò poi, rivolgendosi a Naoya –penso che mia madre fosse talmente infelice…che abbia preferito morire, piuttosto che tornare nella casa dove c’ero io, che le avevo rovinato la vita… penso che non sia stato un incidente…-

Naoya rimase in silenzio. Non sapeva cosa dire e non sentiva di dover dire nulla. Fissava Takahiro che all’improvviso si era irrigidito dalla tensione. Notò che i suoi occhi erano umidi e che probabilmente, si stava trattenendo dal piangere e per farlo, fissava il tavolo con insistenza come per concentrarsi su qualcos’altro. Il suo cuore gli diceva che doveva fermarlo, che per lui quel racconto era troppo doloroso, ma dall’altra forse Takahiro aveva davvero bisogno di sfogarsi e lui, per quanto possibile, voleva aiutarlo a stare meglio anche con se stesso.
Sospirò e si avvicinò leggermente al ragazzo.

-…e…e tuo padre? –domandò poi

Takahiro tirò su col naso, tentando di recuperare un po’ di lucidità.

-so che si è risposato – disse –è venuto al funerale, ma è rimasto solo qualche minuto…tsk, non è nemmeno venuto a salutarmi o a chiedermi come potessi stare, se avevo bisogno di qualcosa… -

-…a scuola mi hanno detto che lavora e che non può prendersi cura di te per questo… -

-da una parte è vero, lui lavora fuori città –spiegò Takahiro –ad ogni modo è costretto a mantenermi, perché sulla carta resto sempre suo figlio…visto che guadagna molto, ogni mese mi versa una grossa somma, in modo che io possa pagarmi gli studi, l’affitto, le cure mediche …-

-…-

-all’inizio mi ero trovato un lavoretto part time, non è che mi vada a genio l’idea di essere mantenuto da quell’uomo…poi però ho cominciato ad essere preso di mira da Sato e nessuno mi ha più voluto, probabilmente pensavano che fossi un teppista. E così mi sono ritrovato di nuovo a dipendere da mio padre… -

-…-

-e così, questa è la storia della mia vita insignificante! –rise pesantemente il moro -può dirlo che le faccio pena, sono abituato ad essere compatito dalle persone… -

Ma Naoya non disse nulla. Rimase immobile al suo posto, senza ribattere o ridere, o, come aveva detto Takahiro, provare pena per quel ragazzo che aveva avuto una vita così sfortunata.
Fece un lungo sospiro, prima di decidersi a dire qualcosa.

-non mi fai pena, Takahiro kun… - disse infine – e non intendo compatirti… -

-eh?-

-perché, Takahiro kun, al contrario di quanto pensi, la tua vita non è un errore, ne uno sbaglio! – continuò con decisone –pensi davvero di aver rovinato la vita ai tuoi genitori?-

-…-

-io non penso che tua madre abbia voluto morire, sono sicuro che lei ti volesse bene, proprio perché eri il frutto di quell’amore al quale era legata!-

-…lo dice come se sapesse…cosa si prova – sbottò Takahiro

-se tua madre davvero non ti avesse voluto…non si sarebbe mai presa cura di te con tutta se stessa… e non avrebbe mai sorriso per non farti preoccupare…-

-…-

-Takahiro kun, ci sono tante persone che ti vogliono bene…non sei un errore, assolutamente-

Questa volta fu il moro a rimanere in silenzio, con le mani congiunte sul tavolo . Provò a riflettere su quello che aveva detto il sensei, se avesse effettivamente un senso logico. Se tutto quel dolore che si era portato dentro fosse solo il frutto di un suo modo di comprendere erroneamente le cose. Se sua madre gli avesse davvero voluto bene, tanto da sopportare di vivere senza l’amore della sua vita.
C’erano tante domande che gli ronzavano in testa, ma che non trovavano risposta. C’era anche Naoya, seduto accanto a lui, che lo ascoltava e che sosteneva proprio il contrario di ciò che pensava lui: che lo credeva una persona speciale.

-in effetti… -disse –c-c’è una cosa, un fatto insignificante…per cui ero davvero felice… -

-e sarebbe?- domandò Naoya

Takahiro sorrise lievemente, ma questa volta era un sorriso sincero, molto diverso da quello che aveva mostrato in precedenza.

-quando tornavo da scuola…mia madre era sempre a casa a quell’ora –spiegò – io ero solito ad aprire la porta, togliermi le scarpe e correre in salotto. Lei era sempre in cucina…la vedevo, e dicevo “tadaima”. –

-…-

-si voltava, sorridendomi come solo lei sapeva fare. Smetteva di cucinare e dolcemente mi sussurrava “okaeri”…questo mi rendeva davvero, davvero felice… -

Il moro si voltò e guardò Naoya negli occhi, i quali fissavano intensamente i suoi.

-io, ancora oggi, ogni tanto quando entro in questa casa…mi sembra di sentirla ancora dire “okaeri”. Ed io rispondo…”tadaima”… - disse con un filo di voce –m-ma…ma non c’è più nessuno a cui dire “tadaima”, nessuno… -

Non finì la frase, non ne ebbe il tempo. Takahiro sentì un profondo calore pervadergli l’animo. Naoya gli si era avvicinato e senza dire una parola gli aveva preso le mani, congiungendole alle sue, come in un caldo abbraccio. Gliele stringeva fronte per fargli coraggio, per confortarlo. Takahiro si lasciò andare in un piccolo singhiozzo, cercando però di contenere le emozioni. Non amava piangere, specie davanti alle persone. Aveva gli occhi umidi ma si sforzava di non versare nemmeno una lacrima. Tanto non sarebbero mai servite, e lo sapeva.
Naoya gli lasciò per un attimo le mani e, dolcemente, con la destra, gli accarezzò la testa, arruffandogli leggermente i capelli neri.

-…sei stato bravo, Takahiro kun… - sorrise quasi commosso

-…-

-sei stato bravo… -





 

-mamma, mamma, guarda!! Ti piace questo disegno?-

-oh, ma l’hai fatto tu, Takahiro? È bellissimo –

-davvero? ti piace sul serio? –

-Si, ed è ancora più bello perché lo hai fatto tu!-

-ma allora vuol dire che non è bello in realtà?!-

-al contrario, sei stato davvero bravo Takahiro!-

-lo giuri, mamma?-

-si, lo giuro!-







**






-grazie di tutto…e mi dispiace davvero, ho finito per rovinare questa serata… -

Takahiro e Naoya erano in piedi davanti alla porta d’ingresso, aperta. Ormai era quasi mezzanotte e l’unico mezzo pubblico disponibile era il taxi, che aspettava Naoya proprio nel piazzale sottostante. Il moro aveva gli occhi leggermente gonfi, ma sembrava felice, tutto sommato, anche se tremendamente in colpa per ciò che era successo.

-non hai rovinato nulla- lo confortò Naoya –anzi, sono io che dovrei scusarmi…-

-e per cosa?-

-Mi dispiace di averti trascurato in queste settimane…l’ho fatto perché pensavo di farti un favore! –spiegò

-a-assolutamente no, l-lei…io…insomma, è del tutto normale!! In fondo è il mio insegnante! –

-si, certo… -sorrise Naoya –beh allora…sarà meglio che vada, il taxi mi aspetta… -

Takahiro annuì, facendo un mezzo inchino di saluto.
La conversazione sembrò finire lì e Naoya fece per andarsene. Proprio mentre il moro stava per chiudere la porta però, il professore sembrò ripensarci all’improvviso e allungò un braccio in modo che la porta non si chiudesse del tutto, tanto che Takahiro prese leggermente paura e, spaventato per avergli fatto male, la riaprì violentemente.

-s-sensei, tutto bene?!- domandò in apprensione –le ho fatto male? Mi dispiace davvero, non volevo, pensavo che se ne stesse per andare e così…-

-usciamo insieme! – esclamò Naoya interrompendo quella raffica di scuse che sembrava destinata a non finire

Takahiro rimase impalato per qualche secondo, convinto di non aver capito bene

-…eh?! – domandò perplesso

-usciamo insieme!- ripeté Naoya serissimo –c-come amici o-ovviamente… -aggiunse dopo, vedendo che all’improvviso Takahiro sembrava esser diventato color peperone per l’imbarazzo

-e-ecco… - borbottò il moro preso alla sprovvista

-lasciamo perdere il fatto che siamo insegnante e studente!- insistè- io ho voglia di conoscerti meglio, Takahiro kun, voglio che tra noi ci sia un rapporto più rilassato, senza dover per forza salvare le apparenze!-

-…-

-permettimi di conoscerti meglio, per favore! –esclamò, questa volta inchinandosi

Takahiro era letteralmente senza parole. Lo guardò stupito ma allo stesso tempo commosso, perché gli sembrava dolce in quel momento, mentre lo supplicava. Per un po’ gli mancò quasi il fiato, dalla sua bocca uscivano solo sibili confusi e Naoya pareva essere intenzionato a rimanere lì finché non avesse ricevuto una risposta.
Poi ad un certo punto, si decise a parlare.

-va bene! –esclamò in fine

Naoya si alzò e lo guardò, quasi incredulo del suo consenso.

-d-davvero?-

-si! – sorrise –quando vuole che ci vediamo?-

-eh? ah si.. hm…che ne dici del pomeriggio della prossima domenica? P-passo io da te…s-se vuoi… -

-va bene! domenica sia, allora! –

-f-fantastico!! Perfetto! –concluse arrossendo vistosamente –ora vado, altrimenti mi toccherà pagare il taxista con gli straordinari! –

Naoya non permise a Takahiro di dire nulla perché ad un certo punto si precipitò via, così di punto in bianco, quasi scappando per non farsi vedere dal moro. Takahiro, ancora leggermente stupito lo guardò allontanarsi di corsa e ridendo, in seguito ad una sua mezza caduta che aveva poi cercato di nascondere; poi rientrò in casa ma rimase fermo, immobile, appoggiandosi con la schiena alla porta. Le parole di Naoya cominciarono a farsi sempre più nitide e continuavano a riproporsi mentre, invano, cercava di scacciare.
Si rese conto di essere rosso in faccia e subito pensò che forse era perché stava male, davvero male. Si passò una mano sulla fronte, ma gli pareva di non avere la febbre. Eppure si sentiva molto strano, come se qualcuno stesse giocando con suo stomaco, contorcendolo a malo modo. Era una sensazione molto particolare e non riusciva a capire se fosse positiva o negativa.
L’unica cosa che sapeva era che mancavano ormai sei giorni alla domenica in cui si sarebbero dovuti incontrare di nuovo.







NOTE:

SENPAI: indica un compagno o collega più anziano o superiore di grado che merita considerazione e rispetto. Può essere utilizzato da solo o dopo il nome.
KOUHAI: l’opposto di senpai. In questo caso indica il compagno di lavoro più giovane. Ma questo termine raramente viene utilizzato accanto ad un nome.
UENO: Distretto di Tokyo, raggiungibile da Hibiya tramite la linea metropolitana “Hibiya Line”
KONBINI: minimarket aperti 24/24. Si trova di tutto, dal cibo alle riviste.
TENPURA: è un piatto della cucina giapponese a base di verdure e pesce, impastellati separatamente e fritti
SAN: utilizzato per indicare il rispetto nei confronti di qualcuno, come un collega di lavoro, un proprio superiore oppure uno sconosciuto a cui ci si rivolge in maniera educata.
ITADAKIMASU: letteralmente “buon appetito”
OKAERI: letteralmente “bentornato/a”
TADAIMA: letteralmente “sono tornato/a”

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6.


 
Da piccolo, Takahiro aveva l’abitudine di segnare i giorni sul calendario con un pennarello, fino ad arrivare a quello in cui accadeva qualcosa di bello, come una gita con la madre o il giorno in cui andava a casa di Misako a giocare.
Poi, pian piano, con il tempo aveva lasciato perdere certe cose. Non c’era un particolare motivo per il quale avesse smesso, semplicemente era successo, senza che se ne fosse accorto.
Ma stranamente, dalla sera in cui Naoya era venuto a casa sua e gli aveva proposto di uscire, aveva recuperato un pennarello rosso dal proprio astuccio e aveva cominciato a segnare il giorno sul calendario, con un cerchio ben visibile. Certo, era stupido visto che in fin dei conti si trattava solo di un incontro di poco conto e che mancavano solo sei giorni, ma l’aveva fatto così, in maniera talmente naturale che solo dopo si rese conto di averlo davvero fatto.


Il giorno seguente alla festa e quelli successivi si svolsero tutti secondo il solito schema: nonostante quello che era successo, Naoya non rivolgeva la parola a Takahiro; probabilmente perché, aveva pensato in seguito, a scuola era meglio mantenere una certa distanza, ed anche Misako, per quanto ormai lo considerasse più un amico che un professore, evitava di chiamarlo “senpai” anche se non c’era la sua lezione.
Tuttavia era sereno, perché sapeva che da li a pochi giorni si sarebbero potuti vedere e parlare come due buoni amici, senza vincoli legati alla loro posizione, e questo per lui era molto importante. Era la prima volta che si esprimeva con qualcuno che non fosse Misako o Chiaki. E a pensarci, sorrideva ricordando il giorno in cui si erano incontrati per la prima volta e di come Naoya inizialmente lo infastidisse per il suo modo così diretto di parlare.
La sua felicità non era passata inosservata, e le due amiche avevano già captato qualcosa, dal momento che nonostante gli insegnanti li riempissero di compiti ed interrogazioni, lui sembrava un bambino il giorno di natale.
Anche dopo la lezione di matematica, che aveva mieto le sue vittime tra cui la povera Misako (che però ne era uscita con un voto piuttosto alto), sembrava che niente potesse spegnere l’allegria del ragazzo.

-mi fai quasi impressione! –brontolò Misako durante la ricreazione

Takahiro aveva la testa appoggiata comodamente al banco e non la smetteva di sorridere.

-sei cattiva! –disse

-mi dici come fai ad essere così felice anche dopo aver visto che la prossima settimana c’è compito?!-

Il moro scosse la testa –non lo so, sono felice e basta! –

-…-

Misako lo guardò storto per qualche istante, sbuffando. Si mise a guardare altrove con fare disinteressato, quando si impuntò su qualcosa ed allungò il braccio toccando la spalla di Takahiro, in modo che se ne accorgesse anche lui.

-sai cos’è che mi fa ancora più senso?- domandò

-oltre a me, dici?- sorrise Takahiro

-già. Beh, è vedere Shinjiro parlare con Chiaki con così tanta naturalezza!-

Takahiro si voltò nella direzione indicata dall’amica. Poco lontano, Shinjiro e Chiaki stavano parlando e ridendo di qualcosa. Sembravano parecchio divertiti, anche se il ragazzo ogni tanto sembrava un po’ nel panico.
Misako sospirò ancora più profondamente, sconsolata.

-si è messo a parlare di animali e Chiaki gli è praticamente caduta ai piedi –spiegò

-oh, vedo! –rispose Takahiro

-…non sembri tanto sconvolto – osservò la ragazza

-beh…ho consigliato io a Shinjiro, di farlo!- ammise infine –gli ho detto che per attaccare bottone con Chiaki bastava che iniziasse a parlare di qualcosa che a lei piace tanto…-

-eeeh?! Tu hai dato consigli a Shinjiro su come fare colpo su una ragazza?!- sbottò Misako incredula

-ehi, mi fai sembrare un’incapace! –disse Takahiro, offeso –anche se non ho mai avuto una ragazza non significa che non conosca qualche trucchetto!-

-tsk! –esclamò Misako -questo mi ricorda qualcosa!-

-cioè?-

Misako sorrise – ti ricordi? Al primo anno pensavano che io e te fossimo fidanzati!-

-…-

Takahiro ci pensò un attimo. Poi, sembrò rimembrare qualcosa e un sorriso compiaciuto gli si disegnò in volto.

-aaaaah, si, è vero! – rispose –è stato divertente!-

-ad un certo punto abbiamo pure fatto finta! – rise la ragazza – però devo ammettere che eravamo una bella coppia!-

-…già! – annuì Takahiro

Poi sospirò.

-probabilmente se non fossimo come fratello e sorella, saremmo finiti insieme per davvero!- concluse infine con un mezzo sorriso

Misako lo guardò perplessa per qualche istante, con l’intenzione di dire qualcosa. Ma le parole rimasero solo nella sua mente e alla fine, si limitò ad annuire con la testa, un po’ compiaciuta. Takahiro sembrava non essersi accorto della strana reazione della ragazza, perciò continuava a sorriderle ignaro. Misako a quel punto pensò che era inutile dirgli come stavano veramente le cose.
Da sempre, o perlomeno da che riusciva a ricordare, provava qualcosa di molto profondo verso l'amico, qualcosa che di certo la sola parola "amicizia" non riusciva a spiegare in pieno. Tuttavia, Takahiro non se ne era mai accorto, un po' perchè era molto ingenuo ed un po' perchè era stata lei a volere così.
D’altronde lo aveva deciso tanto tempo prima, non era una cosa possibile e l’amico aveva detto bene: tra loro c’era un rapporto troppo fraterno per poter credere di essere qualsiasi altra cosa. E di certo, non voleva rovinare quell’amicizia così importante per una stupida cotta probabilmente mai corrisposta.

Pensando a questo, si mise ad osservare Shinjiro e Chiaki, immaginando cosa potessero provare in quel momento, mentre ridevano e scherzavano come non era mai successo prima di quel momento.





**





La domenica ci aveva messo un bel po’ ad arrivare.
Naoya quella mattina si era alzato alle sette perché non riusciva più a chiudere occhio, nonostante fosse consapevole che quello era l’unico giorno dove poteva dormire qualche ora in più. Eppure dopo essersi rigirato e rigirato per tutto il letto, alla fine aveva deciso che tanto valeva smetterla di voler dormire a tutti i costi.
Con molta tranquillità, si era fatto la doccia, aveva fatto colazione e si era messo a correggere dei compiti in classe.
Seduto sul letto con le gambe incrociate, ogni tanto lanciava uno sguardo all’ora, ma il tempo passava piuttosto lentamente. Il giorno prima aveva detto a Takahiro che sarebbe passato da lui verso le tre del pomeriggio e che sarebbero andati un po’ in giro per il centro, senza troppe complicazioni. Solo che l’ora tardava ad arrivare e lui stava cominciando già a sudare freddo.
Non sapeva perché ma l’idea di vederlo gli metteva addosso un’agitazione tale che a volte gli sembrava di sentirsi male. Pur sapendo che era stato proprio lui ad invitarlo, si sentiva come se l’avessero costretto a farlo con la forza.
Ma allo stesso tempo non vedeva l’ora che arrivasse il momento del loro incontro, per trascorrere un po’ di tempo in santa pace, con Takahiro.

-Naoya, ma che stai farneticando?!- esclamò ad un certo punto ad alta voce

Trascorrere del tempo con Takahiro? Da soli? Questi pensieri suonavano tanto come uno una sottospecie di incontro romantico tra due fidanzatini. Cercò di togliersi al parola “fidanzati” dalla testa, pensando di essere semplicemente impazzito. Forse, era colpa del fatto che era da un po’ che non aveva una compagna. In fondo era un ragazzo di venticinque anni, a quell’età era strano non avere ancora una ragazza. Tutti i suoi compagni d’università ne avevano una, lui invece ne aveva avute ben due, ma nessuna era durata alla fine, per un motivo o per l’altro. Credeva fermamente che fosse accaduto perchè non aveva ancora incontrato la persona giusta, quella che, secondo lui, gli avrebbe fatto battere il cuore talmente forte da poterlo sentire anche dall’esterno.
Inoltre, più ci pensava e più non riusciva a capire. Qual’era davvero il motivo che lo spingeva a cercare Takahiro? A proteggerlo? A fare in modo che gran parte dei suoi pensieri andassero a lui? Se l’era domandato molte volte ma non era mai riuscito a trovare una risposta. Probabilmente, quell’incontro l’avrebbe aiutato anche a capire meglio come comportarsi.
Sarebbe stato un modo per capire chi era davvero per lui.
Riflettendo su tutte queste cose aveva finito per perdere solo tempo, tanto che all’ora di pranzo aveva ancora la maggior parte dei compiti da correggere. Piuttosto scoraggiato, decise che era arrivato il momento di prepararsi qualcosa da mangiare. Voleva stare leggero anche perché non sapeva dove sarebbero andati quel pomeriggio e non voleva rischiare.
Dopo aver mangiato del sushi comprato la sera prima ad un konbini, arrivò il momento cruciale: scegliere cosa mettersi.
Non aveva assolutamente idea di come vestirsi, ma scartò subito l’ipotesi di provare qualcosa di elegante. D’altronde era pomeriggio e poi stava uscendo con un diciottenne, doveva adeguarsi di conseguenza. Cercò di immaginare come sarebbe stato Takahiro, ma la sola cosa che gli venne in mente fu la divisa scolastica, visto che la maggior parte delle volte lo vedeva a scuola. E non aveva la minima idea di che gusti avesse. Poteva solo ipotizzare qualcosa in base al suo carattere, ma per quanto ne sapeva, magari a Takahiro piaceva vestirsi da donna e non l’avrebbe mai potuto immaginare.




**




Quando si presentò davanti all’ingresso dell’appartamento di Takahiro rimase incerto per qualche minuto, a fissare la porta bianca, senza decidersi a suonare il campanello.
L’agitazione aveva cominciato a farsi sentire già ai piedi del condominio ed ora che si trovava ad un passo dalla vetta sentiva di poter scivolare da un momento all’altro. Alla fine, visto che altrimenti avrebbe fatto tardi, aveva optato per indossare una camicia, un giubbino e dei jeans, una mise del tutto informale e comoda. Si era portato dietro solo le cose indispensabili, come i soldi e il cellulare, messi nelle tasche dei pantaloni.
Dopo aver fatto un lungo sospiro liberatore, Naoya si decise a suonare il campanello.
Sentì provenire degli strani rumori da dentro la casa del moro ed ad un certo punto era convinto di aver sentito anche qualcuno che imprecava “ahia” a malo modo. Fece finta di nulla quando la porta, finalmente si aprì.

-e-eccomi!! –

Takahiro si presentò davanti a Naoya col fiatone.
Avrebbe voluto chiedergli se per caso avesse fatto una maratona in casa propria, ma poi decise di ripensarci, anche perché il moro sembrava già abbastanza agitato di suo, senza che ci si mettesse pure lui con le sue battute di spirito.
Perciò si soffermò sull’abbigliamento dell’amico; Naoya giurò a se stesso di non averlo mai visto indossare una maglia e dei pantaloni neri semplici prima di quel giorno e, dopo averlo osservato per qualche istante, si rese conto che stava davvero bene vestito casual.
Sentendosi la faccia diventare di fuoco, cercò di scacciare tutti quei pensieri dalla propria mente.

-sei pronto? –chiese

-s-si! Andiamo… -balbettò il moro chiudendosi la porta alle spalle e infilandosi la giacca di jeans che si era preso.




**




In realtà, nessuno dei due sapeva dove andare. Si limitarono a prendere la metro per arrivare fino a Shibuya, il quartiere più giovane e alla moda dell’intera metropoli.
Naoya non aveva pensato a dove avrebbero potuto trascorrere quelle ore, in tutta tranquillità; mentre camminavano aveva persino optato per andare a Odaiba, ma era abbastanza distante ed in fin dei conti forse era decisamente piena di turisti a quell’ora, e l’unico posto che gli era venuto in mente era proprio Shibuya che, in seguito si ricordò, non era certo famoso per essere tranquillo.
Quando scesero dalla metro, una marea di persone, tra studenti in cerca di divertimento ed impiegati in pausa, cominciarono a fuoriuscire da ogni lato delle innumerevoli strade che si snodavano nel quartiere. Non era l ‘ora di punta, ma la confusione era davvero tanta poiché quella zona era anche famosa per la presenza della Tower Records, dove ogni tanto capitava di poter trovare qualche idol o artista che promuoveva un proprio disco. Senza contare la mole di ragazzine dedite allo shopping sfrenato al “Shibuya 109”.
Naoya si maledì di aver portato Takahiro in un posto del genere, ma ormai il dado era tratto e comunque non aveva idea di dove andare altrimenti.
Così, cercò di trovare una via un po’ meno invasa e vi si imbucò, con il moro che lo seguiva a ruota un po’ perplesso.

-ehm…sensei?- domandò alla fine

-dimmi?-

-…dov’è che stiamo andando di preciso?!-

-…-

Naoya guardò il ragazzo, che sembrava quasi avere un enorme punto interrogativo disegnato sul volto, poi sospirò pesantemente.

-non lo so- ammise infine –non avevo idea che ci fosse tutta quella gente a quest’ora…non vengo molto spesso da queste parti!-

-capisco…-

-comunque… - continuò il professore

-mh?-

Naoya fece un mezzo sorriso -magari chiamami senpai – disse poi –suona troppo strano chiamarmi “sensei” mentre usciamo… -

-e-eh?!- arrossì il moro colto alla sprovvista –ah, beh, in effetti…-

-in fondo stiamo cercando di diventare amici, no?- spiegò – guarda Misako chan, lei non si fa troppi problemi…-

Takahiro abbassò lo sguardo, un po’ titubante.
Naoya aveva ragione. In fondo era stupido continuare con tutte quelle onorificenze anche in quel momento.

-…s-senpai! –disse il moro –va bene così?-

L’aveva detto in un modo talmente meccanico e rigido da fare quasi tenerezza. Naoya lo fissò leggermente sorpreso e ne notò la reazione. Doveva ammettere che era tremendamente carino con quell’espressione.
Pur sapendo che era una cosa terribilmente fuori luogo, si rese conto che era davvero ciò che pensava: che Takahiro fosse carino. Subito però si vergognò di averlo anche solo concepito un pensiero del genere.

-sembra quasi che tu mi voglia uccidere, da come lo dici! – rise alla fine

-n-no!! –brontolò Takahiro –è…è solo che non ci sono ancora abituato!!-

-sei carino con quell’espressione imbronciata! –

-…eh?!-

Naoya si rese conto troppo tardi di averlo detto. Aveva aperto bocca ed erano uscite quelle parole con così tanta spontaneità, che non si era nemmeno accorto di averlo fatto. Takahiro aveva smesso di camminare, bloccandosi come un palo. Lo fissava in maniera strana. Naoya però, visto che ormai era arrivato a questo punto, capì che era inutile rimangiarsi tutto.
Si mostrò tranquillo, come se avesse appena detto la cosa più ovvia del mondo.

-mi stai prendendo in giro?- domandò Takahiro

-no- si limitò a dire Naoya –lo penso davvero!-

-…-

-suvvia, non dirmi che ti vergogni! –

Takahiro rimase zitto e riprese a camminare, questa volta però, dietro Naoya. Mentre percorrevano quella via piena di negozi che, contrariamente a quanto avevano sperato, pian piano si faceva sempre più affollata, non faceva altro che guardare per terra, pensieroso.
Ogni tanto osservava la schiena di Naoya, davanti a lui, ma non riusciva a dire una parola. Aveva davvero detto una cosa del genere? Ma cosa poteva mai significare? Naoya era sempre stato gentile con lui, quindi forse non avrebbe dovuto prendersela così per un complimento. Eppure, dopo aver sentito quelle parole aveva avuto una specie di tuffo al cuore, e non era più riuscito a guardarlo in faccia.
Si sentiva tremendamente stupido ed infantile. In fondo, pensava, anche fra ragazze ci si faceva i complimenti. Certo, fra ragazzi questo genere di cose era un po’ fuori dal comune, ma Naoya stesso si era rivelato una persona tutt’altro che ordinaria. Quindi perché preoccuparsi più del dovuto?
Inseguendo quei pensieri, per poco non urtò Naoya, che si era bloccato proprio in mezzo al marciapiede.

-c-che succede?!- esclamò leggermente contrariato

-c’è un bel casino li in fondo!- spiegò il professore indicando una folla che sembrava impazzita, proprio al centro di un incrocio.

Takahiro aguzzò la vista: sembrava che stessero aspettando qualcosa, ma c’era talmente tanta gente che non riusciva a leggere bene i cartelloni appesi tra i pali della luce.

-che dici, cambiamo strada?- domandò Naoya


-....aaaaaaaaaah!! –


Takahiro aveva urlato all’improvviso, tanto che l’altro sobbalzò per lo spavento. In quell’esatto momento gli occhi del moro si erano illuminati di luce propria e Naoya giurò di aver visto delle stelline luminose apparire dal nulla, dalla sua testa. Sembrava entrato in adorazione e non la smetteva di dondolare su se stesso.

-si può sapere che ti prende?! –sbottò incredulo

-senpai, vieni! – disse Takahiro eclissando la domanda

Il moro andò in direzione della folla e Naoya fu costretto a seguirlo, per evitare di perderlo di vista. Camminarono per qualche metro finché non arrivarono proprio all’estremità della zona ghermita di gente, dove si cominciava a vedere quello che sembrava un evento fansign di qualche artista. Prima che Naoya potesse dire qualcosa, un po’ contrariato, Takahiro lo prese per la manica della camicia e cominciò a strattonarlo.

-q-quella è Takamina!!- balbettò

-chi?!-

Il moro si voltò verso Naoya e lo fulminò con lo sguardo.

-come chi?! –disse –Minami Takahashi delle AKB48!! Io l’adoro!! –spiegò

Naoya lo guardò sempre più perplesso. Poi osservò i cartelloni che parlavano dell’evento, dove in grande c’era una foto della giovane idol tutta sorridente. In effetti, guardandola bene, l’aveva vista da qualche parte, forse in un CM alla televisione.

-lo sai? Non ti facevo un tipo da Idols! –esclamò

-m-mi piace solo lei!! – arrossì il moro imbarazzato

-ooh certo! –rise Naoya

Takahiro fece una smorfia irritata.
Poi si mise a guardare la folla che spingeva per potersi avvicinare il più possibile a quello che, poco lontano, sembrava essere una sorta di palchetto con un tavolo. La giovane idol si vedeva appena ma ogni tanto alzava le braccia per salutare i fans. C’erano molte guardie del corpo ed addetti alla sicurezza che cercavano di contenere l’entusiasmo della gente.
Il moro si guardò attorno, sperando di scorgere qualche “buco” in modo da pensare di potersi infiltrare per vedere meglio, ma pareva una cosa impossibile da fare.

-beh dai, andiamo… - sospirò infine distogliendo lo sguardo

-come? Non vuoi restare? – domandò Naoya

Aveva capito fin troppo bene che Takahiro ci teneva.
Il moro scosse la testa.

-no, è meglio lasciar perdere! –spiegò facendo il disinteressato –e poi c’è scritto che solo trenta persone riceveranno l’autografo! Anche volendo, c’è troppa gente!- disse indicando uno dei cartelloni posti poco distante

Naoya lo guardò leggermente scocciato, per poi posare gli occhi sulla folla impazzita. Analizzò per bene la situazione, cercando di trarne dei vantaggi, ma si accorse che Takahiro aveva fatto retro front per andare via.
Senza dire una parola, se non un sussurrato “aaah, vieni su!”, e visto che altrimenti avrebbe perso l’attimo, prese il moro per mano e decise di rischiare il tutto per tutto facendosi largo tra i presenti.
Takahiro si sentì trascinare dentro quel mare di gente, tra spintoni e gomitate, leggermente confuso dalla situazione.

-s-senpai, che fai?!- esclamò

Naoya, che stava cercando di farsi strada pian piano chiedendo permesso, disse –ci tieni no? E allora tentiamo!-

-…-

Takahiro non rispose. Si limitò a lasciarsi trascinare dal sensei in mezzo a tutte quelle persone che speravano di ricevere quel fantomatico autografo.
In quel momento si domandò perché Naoya lo stesse facendo.
Sapeva che non gli importava nulla di quelle cose eppure, non ci aveva pensato due volte e si era letteralmente buttato in quel baccano solo per lui. Gli teneva salda la mano e subito ebbe la stessa sensazione di calore che aveva provato il giorno in cui Naoya lo aveva salvato da Sato, ancora.
Il calore di quella mano che aveva stretto senza un perché apparente. Era così piacevole quel tepore…talmente piacevole che, pensò, sarebbe potuto restare così per sempre.
Alzò lo sguardo ma l’unica cosa che vedeva distintamente era l’ampia schiena di Naoya, e la sua mano che stringeva la propria con sicurezza, senza la minima intenzione di lasciarla andare.
Chissà perché, ogni volta che era con Naoya si sentiva protetto e amato. Si sentiva felice come non gli succedeva da tanto tempo.






**






-s-senpai… -

-…-

-g…grazieee!!-

-f-figurati… -

Erano circa le cinque del pomeriggio.
Nonostante la giornata sembrasse promettere bene, enormi nuvole avevano coperto il cielo, che si era scurito tutto ad un tratto. Esse parevano cariche di pioggia, tanto che sicuramente da lì a poche ore avrebbe come minimo diluviato.
Takahiro e Naoya, reduci del fansign di Minami Takahashi, si erano diretti nuovamente verso il centro ed avevano deciso di rifugiarsi in un bar, per riposarsi e bere qualcosa in tutta tranquillità.
Il moro sembrava un bambino il giorno del proprio compleanno. Era visibilmente commosso, e guardava con adorazione una foto plastificata con su un autografo appena fatto. Era talmente preso dalla cosa che non si era nemmeno accorto dell’arrivo della cameriera, e Naoya aveva dovuto ordinare un caffè random anche per lui.
Il sensei, dal canto suo, lo guardava leggermente perplesso: alla fine erano riusciti a prendere quel benedetto autografo, ma questo gli era costato un bel po’ di pestoni e gomitate da parte dei fanboys inferociti che si erano visti soffiare il posto così su due piedi. Ad un certo punto aveva anche preso una botta alla testa da chissà cosa, ed ora, si massaggiava quello che probabilmente era un bernoccolo.

-s-sono contento che ti piaccia! –esclamò sorridendo forzatamente

-grazie, grazie infinite! – disse Takahiro commosso, inchinandosi col capo –s-sei il miglior senpai che potessi avere!! –

-…si- sbottò Naoya

Era strano vedere Takahiro fare tutte quelle moine. Era abituato a vederlo sotto un’altra veste. Aveva avuto modo di vederlo arrabbiarsi, fare il serio e quasi piangere, ma mai si sarebbe immaginato di assistere ad una scena del genere. Era tremendamente buffo.

-s-stai bene?- domandò poi Takahiro, guardando l’amico che si massaggiava la fronte

-tranquillo, non esiste ancora un fanboy in grado di fermarmi!-

Il ragazzo annuì timidamente.
Poi arrivarono i due caffè che aveva ordinato Naoya e cominciarono a berli, in silenzio. Ogni tanto Takahiro alzava lo sguardo verso il sensei, che beveva con gli occhi socchiusi, come per gustarsi meglio quella piccola pausa.

-ehm…- intervenne all’improvviso il moro

Naoya aprì gli occhi ma continuò a bere.

-…posso sapere perché lo hai fatto?- chiese

-…fatto cosa?- domandò a sua volta Naoya tra un sorso e l’altro

-non serviva che ti facessi male per questo… -ammise con un po’ di imbarazzo

-ti stai preoccupando per la mia salute?- sorrise l’altro compiaciuto

-m-ma è naturale! –esclamò il moro guardando costantemente la propria tazza –per colpa mia tu…-

Ma venne interrotto quasi subito –l’ho fatto perché mi andava! – disse serio Naoya -…e anche perché volevo vederti sorridere!-

-cosa?-

-io non ci capisco molto di queste cose! Sono vissuto in campagna, quindi non ho mai seguito bene la musica – spiegò -però ti ho visto così entusiasta quando mi hai spiegato chi fosse quell’idol…e ho creduto che ti avrebbe reso felice avere quell’autografo…ho pensato male?-

Takahiro lo guardò colpito da quella strana confessione.
Quindi l’aveva fatto per vederlo felice? Era stato solo un gesto fatto per cortesia?. In ogni caso, Naoya era davvero riuscito nel suo intento, ma non grazie all’autografo. Al contrario, l’aveva reso felice il fatto che qualcuno si prendesse cura di lui in quel modo.

-grazie, senpai! –si limitò a dire sorridendo

-…continui a ringraziarmi troppo, Takahiro kun!-

-scusami!!-

-…e ci vai giù pesante anche con le scuse… -

-…-

Per evitare altre prediche il moro non disse più una parola e, fingendosi offeso, continuò a bere indisturbato il suo caffè, mentre Naoya scoppiò a ridere: quella scena si ripeteva abbastanza di frequente, da sembrare fin troppo divertente.



Trascorsero un bel po’ di tempo in quel bar, passando dei bei momenti, ridendo e scherzando, senza rendersi conto che fuori aveva cominciato a piovere a dirotto.
Aspettarono per un po’ sperando che passasse ma dato che sembrava dover durare ancora a lungo, decisero di uscire ugualmente, coprendosi con le giacche almeno fino alla prima fermata della metro che avrebbero trovato.
Data la mole di acqua improvvisa che aveva colto di sorpresa un po’ tutti, dovettero aspettare un po’ prima di riuscire a prendere il mezzo, poiché si erano formate lunghe code di gente che si lamentava per la mancanza di ombrelli o ripari.
Anche in quello stato, continuarono a chiacchierare tranquilli, finendo per parlare anche del futuro di Naoya che presto, tempo due mesi, avrebbe dovuto lasciare la scuola per il ritorno di Goto sensei.
D’altronde però forse questo sarebbe stato molto vantaggioso poiché presto anche Takahiro si sarebbe diplomato e non avrebbero più avuto problemi di gerarchia. Insomma, avrebbero potuto essere a tutti gli effetti senpai e kouhai.
Arrivarono al quartiere di Hibiya verso le sette, quando ormai si era già fatto buio e aveva cominciato a fare freddo. La pioggia per fortuna pareva essersi arrestata un po’ ma i due, avevano comunque le giacche stonfe e i vestiti umidi.
Optarono per passare a casa di Naoya, visto che era la più vicina. In realtà, aveva insistito Takahiro ad accompagnare a casa il sensei, forse per sdebitarsi a modo suo dell’autografo.
Finalmente, facendo una lunga corsa sotto la pioggia, arrivarono all’appartamento di Naoya e, quando furono sul corridoio coperto, tirarono entrambi un sospiro di sollievo, togliendosi le giacche dalla testa.

-che tempo!!- commentò Takahiro scuotendosi i capelli

-la prossima volta sarà meglio portarsi dietro un ombrello! –annuì Naoya aprendo la porta di casa

Lui entrò, ma Takahiro rimase fuori, intento a cercare di asciugarsi. Lo fissò per qualche istante, come ipnotizzat, finché il moro non se ne accorse, e distolse subito lo sguardo.

-grazie mille della bella giornata! –disse Takahiro –mi sono divertito!-

-non è stato niente di speciale… -sospirò Naoya un po’ abbattuto pensando che in effetti non erano andati praticamente da nessuna parte

-al contrario, per me è stato fantastico!- spiegò –era da…tanto tempo che non ridevo così!-

-…-

Naoya sorrise compiaciuto. Era felice di veder sorridere Takahiro, di vederlo sereno. L’aveva conosciuto come un ragazzo taciturno e pieno di problemi ma ora, in lui vedeva solo la volontà di cercare di migliorare la propria condizione e di sorridere a ciò che aveva.
Era felice e avrebbe voluto dirglielo. Ma qualcosa, forse il senso di responsabilità o forse altro, non gli permetteva di esprimere quello che provava davvero. Anzi, nemmeno lui sapeva cosa provava. Sapeva solo che avere accanto Takahiro lo faceva sentire bene, tutti i problemi svanivano e l’unica cosa che gli importava era quella di compiacerlo ed aiutarlo.
Cosa sarebbe successo, dunque?
Takahiro sarebbe andato via e si sarebbero rivisti ancora, ma chissà quando.
Al pensiero di dover aspettare tanto tempo per poterlo rivedere, sentì un improvviso nodo allo stomaco, molto simile a tutte quelle volte in cui aveva pensato a lui.
Sapeva che c’era qualcosa di sbagliato, di malsano in tutto questo. Ci aveva pensato molte volte ma non era mai riuscito a capire: aveva tentato di allontanarsi da lui, ma alla fine, qualunque cosa facesse, Takahiro ritornava o, al contrario, era lui a ritrovarlo. Cosa lo spingeva cercarlo così tanto? Perché sentiva il forte impulso di prendergli la mano e stringerla forte, senza mai lasciarla andare?
Lo guardava, lui era lì davanti ai suoi occhi, così ingenuo e, forse, ignaro.
Ogni cosa era tremendamente sbagliata.
Eppure, ormai sembrava tutto tremendamente chiaro. Era tutto nella norma per lui: a quanto sembrava, era Takahiro la persona che, più di chiunque altro, gli faceva battere il cuore.

-Beh…è ora che vada! È abbastanza tardi! –esclamò all’improvviso il moro, distogliendo Naoya dai suoi pensieri

Il ragazzo fece per andarsene ma il sensei lo bloccò

-a-aspetta!- gli disse

Takahiro si fermò e guardò Naoya, che all’improvviso era diventato rosso in volto. Assunse uno sguardo interrogativo e gli si avvicinò per capire cosa avesse.

-dimmi pure!- esclamò cordiale

Naoya, per un po’ rimase immobile, indeciso sul da farsi. All’improvviso sembrò irrigidirsi dal nervoso tanto che la sua espressione era piuttosto buffa, a metà tra il pensieroso e lo sconsolato. Ma il moro non poté chiedere ne dire nulla, perché il sensei, delicatamente, gli appoggiò le mani sulle spalle e lo guardò fisso, molto seriamente, lasciandolo quasi senza parole.

-forse… -disse poi -forse dopo questo rovinerò tutto… -

-?-

-però penso di non poter fare altrimenti!-

-…eh?-

Naoya, pian piano, senza spaventare Takahiro che aveva tentato di chiedere spiegazioni, si avvicinò al volto dello studente e, con molta delicatezza, sempre con le mani salde sulle sue piccole spalle, appoggiò le labbra alle sue.
La cosa non durò più di qualche secondo.
Per un attimo, la mente di Takahiro si svuotò del tutto, e fu incapace di muoversi; non perché Naoya lo trattenesse con la forza ma proprio perché, probabilmente, era lui a non volerlo fare. Spalancò gli occhi fissando il vuoto, mentre quelli di dell’altro erano chiusi.
Gli sembrò che quel bacio fosse durato un secolo, ma ben presto si accorse che le labbra di Naoya si erano già staccate e che lui era rimasto fermo lì, impalato come uno stupido.
Il sensei abbassò lo sguardo, tremendamente in imbarazzo, togliendo anche le mani dalle spalle del moro, il quale stava ancora cercando di assimilare ciò che era appena successo.
Dato che pareva intenzionato a non dire nulla, Naoya non ce la fece più e disse:

-c-ci vediamo domani a scuola…-




Prima che Takahiro potesse dire qualsiasi cosa in merito, Naoya chiuse la porta dell’appartamento e il moro si ritrovò a fissare il nulla, con una marea di cose da chiedere ma senza possibilità di farlo.
Si voltò, fece qualche passo lungo il corridoio, con il rumore della pioggia che gli incasinava ancora di più la testa.

Com’era stato possibile? Era davvero successa una cosa del genere?
Naoya lo aveva davvero baciato davanti all’ingresso di casa sua?. Aveva davvero appoggiato le labbra alle sue?
Per verificarlo, senza volerlo se le toccò con le dita, ma ovviamente non riuscì a sentire nulla. La sensazione di quel contatto però era indubbiamente rimasta.
Si rese conto di non essere in grado di pensare e che le gambe avevano cominciato a tremargli senza un motivo. Provò a fare qualche altro passo ma dovette fermarsi, per rimettere a lucido la mente.
Subito cominciò a riflettere su cosa Naoya provasse davvero per lui: possibile che fosse innamorato? Era un pensiero talmente stupido che si vergognò anche solo a formularlo, ma ora sembrava inevitabile. In quel momento, gli vennero alla mente tante cose e fatti che dapprima gli erano sembrati insignificanti: l’atteggiamento sempre gentile del sensei, quei complimenti che gli faceva e…quel calore che aveva provato afferrando quella mano.
Si guardò l’arto, perplesso. Era davvero così?
Sapeva che era una cosa assurda e senza morale. Avrebbe dovuto disperarsi, chiamare qualcuno indignato, andare ad informare la scuola o qualche autorità. Avrebbe dovuto schifare quello che era appena successo, ma non ci riusciva. Non riusciva proprio a capire come mai la cosa, tutto sommato, lo lasciasse indifferente, come se fosse stato normale.
Forse avrebbe dovuto odiare Naoya. Avrebbe dovuto intimargli di lasciarlo in pace, di non toccarlo più, ma capì che era esattamente il contrario di ciò che voleva.

-…i-io… -balbettò incerto, continuando a guardarsi la mano

Cosa doveva fare?
Andarsene e cercare di dimenticare, cancellando Naoya dalla sua mente o tornare indietro e capire cosa lui stesso provasse per quel sensei così strano? Chiunque con un minimo di razionalità avrebbe scelto la prima opzione. Ma lui aveva deciso di non scappare. Non questa volta. Era stato proprio Naoya ad insegnargli ad affrontare la vita ed i suoi problemi. Era stato Naoya ad aiutarlo quando pensava di non avere nessuna via d’uscita. Era stato lui a farlo sentire amato di nuovo incondizionatamente. Lui e nessun’altro.
Pazienza se era sbagliato, pazienza se non era giusto. Lui non sarebbe scappato, voleva capire. Voleva sapere cos’era quell’improvviso batticuore che lo aveva colto nel preciso istante in cui decise di tornare indietro.

Ripercorrendo quei pochi passi che aveva fatto, Takahiro suonò il campanello dell’appartamento di Naoya con una certa insistenza, quasi di fretta.
Non ci volle praticamente nulla; la porta si spalancò quasi subito, come se il senseii fosse sempre stato lì, aspettando e sperando che Takahiro potesse tornare indietro, anche solo per insultarlo.
Quando furono nuovamente faccia a faccia, si guardarono senza dire nulla. Naoya era stupito di vederlo ancora.

-T-takahiro kun… -esclamò –io…io volevo…-

-…-

Ma venne interrotto bruscamente.
Takahiro oltrepassò l’ingresso del’appartamento e, senza dire una parola, allungò le braccia e le cinse attorno al collo di Naoya, che non fece in tempo a reagire. Si mise in punta di piedi, silenziosamente, e lo baciò, chiudendo gli occhi.
Naoya, al contrario, rimase immobile, proprio come il moro poco prima al suo contatto. Un brivido gli corse lungo la schiena e al momento non capì chiaramente cosa stava succedendo. Sentiva solo le labbra di Takahiro che premevano sulle sue, un po’ goffamente a dire il vero, ma la sensazione era comunque pazzesca. Aprì leggermente le braccia, e quasi avendo paura di afferrare solo il nulla della sua immaginazione, lentamente, provò a stringere quello che si rivelò essere davvero Takahiro, in carne ed ossa.
Abbracciò delicatamente quel corpo mingherlino ed esile, temendo che se lo avesse lasciato la magia sarebbe finita. La porta dell’appartamento era ancora spalancata ma non importava.
Sembrava che quel bacio dovesse durare all’infinito, quando ad un certo punto, Takahiro si staccò e riprese leggermente fiato. Il moro guardò Naoya seriamente.

-volevo… -iniziò a dire –volevo capire cosa provo –spiegò

Il sensei assunse uno sguardo stupito. Poi, accarezzando i capelli dell’altro, sorrise lievemente.

-…e…e cosa provi?- domandò

-…non lo so –ammise

-…-

-…ma è una bella sensazione! –aggiunse infine abbozzando un sorriso

Si guardarono intensamente negli occhi. Takahiro si sentì all’improvviso in profondo imbarazzo, e per non farsi vedere da Naoya, appoggiò la fronte al suo petto facendo un buffo sussurro.

-è strano…- esclamò ancora

-lo è anche per me- annuì Naoya dolcemente

-non mi era mai capitato… -

-nemmeno a me – rispose il sensei -…almeno non con un ragazzo!- aggiunse poi con una smorfia divertita

Takahiro alzò all’improvviso la testa e assunse uno sguardo quasi offeso.

-sto parlando seriamente io!!!- sbottò

Poi però sembrò cambiare completamente atteggiamento, ed abbassò lo sguardo leggermente affranto.

-cosa succederà ora?- domandò

-…tu cosa vuoi che succeda?-

-…-

-sembra che ne tu ne io sappiamo esattamente cosa vogliamo… -sospirò Naoya

-è che…non ne sono sicuro… - esclamò Takahiro

Il sensei, per tutta risposta, lo strinse ancora di più a se, appoggiandogli una mano sulla guancia. Il moro arrossì vistosamente.

-vogliamo scoprirlo…insieme?- chiese guardandolo negli occhi

-…-

Takahiro non sapeva per certo cosa rispondere. Era ancora molto confuso, benché fosse stata una sua idea tornare indietro da Naoya. Subito gli sembrò una cosa tremendamente ridicola e senza senso. Cosa ci facevano loro due, lì in piedi, abbracciati? Provò ad immaginarsi le facce sconvolte di Misako e Chiaki se per caso avessero visto quella scena. Cosa avrebbero pensato?.
Provò a cancellare dalla mente quell’eventualità, per concentrarsi su quella che invece era la realtà. E la realtà era che Naoya era lì, davanti a lui, in attesa di una sua risposta.
Anche se molto goffamente, alla fine annuì piano, sussurrando un leggero “si” tra i denti.
Il sensei sorrise com’era solito fare. Avvicinò il volto a quello del moro che, pensando che volesse baciarlo ancora, aveva chiuso gli occhi di scatto. Ma il bacio di Naoya non arrivò; infatti il ragazzo, sembrando quasi posare le labbra all’orecchio di Takahiro, gli sussurrò dolcemente.

-rimani con me ancora per un po?-

-…-

Cosa significassero quelle parole, Takahiro lo sapeva fin troppo bene o, se non altro, lo immaginava.
Pur sapendo che anche rifiutando Naoya l’avrebbe lasciato andare ugualmente, decise che era arrivato il momento di prendere in mano quella strana situazione.
Senza esitare ulteriormente, fece esattamente quello che aveva fatto il senpai, avvicinandosi al suo orecchio.

-…si – disse infine chiudendo gli occhi







NOTE:

ODAIBA: Odaiba (お台場) (a volte conosciuta come Daiba e a volte come città teleporto di Tokyo) è una grande isola artificiale nella Baia di Tokyo, in Giappone. Fa parte delle circoscrizioni amministrative di Minato, Koto e Shinagawa.
SHIBUYA: Shibuya (渋谷区) è uno dei 23 quartieri speciali di Tokyo. E’ senza dubbio una delle zone più dinamiche della città, e si sviluppa attorno all'are della stazione di Shibuya, una delle più affollate della capitale giapponese. Il quartiere è illuminato da megaschermi, presenti su tutti i palazzi della zona, e vi si trova una grande varietà di negozi (soprattutto d'abbigliamento e musica) e ristoranti
TOWER RECORDS: E' una catena di negozi che riguardano la musica ed il mondo dell’intrattenimento, che inizialmente aveva sede a Sacramento, California, per poi espandersi anche in altri continenti .
SHIBUYA 109: 109 ( Ichi-maru-kyū) è un centro commerciale situato a Shibuya, quartiere speciale di Tōkyō, in Giappone. È gestito dalla società Tōkyū Malls Development (TMD), una filiale controllata dalla Tōkyū Group.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7.

 


Quando Takahiro riaprì gli occhi era già mattina, poiché la luce del pallidissimo sole che andava e veniva coperto di tanto in tanto da nuvole piuttosto minacciose, filtrava dalle finestre rimaste aperte, attraverso le tende bianche.
Si trovava disteso beatamente in un letto ma subito, quando si rese conto che l’unica cosa che lo copriva era un lenzuolo, sentì un brivido di freddo corrergli lungo la schiena. Si passò una mano sugli occhi, cercando di immaginare che ora potesse essere, ma quando si voltò, alla sua sinistra si accorse della presenza di un'altra persona: Naoya stava dormendo profondamente e sembrava che il sole non gli desse particolare fastidio. Era a pancia in giù, con le braccia sotto il cuscino ed il volto seminascosto.
Focalizzò per pochi secondi quell’immagine, rimanendo a guardarlo per qualche istante e gli venne quasi naturale sorridere.
Nell’osservarlo, si accorse della sveglia posta sopra il comodino dalla parte di Naoya, che indicava esattamente le sei in punto.
Dapprima ci fece poco caso, ma poi all’improvviso gli venne come un lampo nella mente.

-l-le sei?!- esclamò ad alta voce

Improvvisamente si guardò intorno, agitato.
Cercò di trovare con lo sguardo i propri vestiti e allo stesso tempo di non svegliare Naoya. Si accorse che erano poco lontano, sparpagliati vicino al letto e, con molta cautela anche se di fretta, scivolò per recuperarli.
Si ricordò però di avere solo il lenzuolo per coprirsi e divenne paonazzo immaginando che anche il suo sensei aveva solo quel lenzuolo e che se glielo avesse preso…provò a non pensarci, in tremendo imbarazzo.
Prese quindi la prima cosa che riuscì a trovare, in quel caso il cuscino, e, piano scese dal letto a recuperare gli indumenti.
Nel farlo però, inciampò su quello che era il copriletto, buttato malamente per terra e con sonoro “waaaah!” cadde con un leggero tonfo su se stesso.
Quell’incidente sembrò svegliare Naoya che, anche se ci mise un po’, cominciò ad aprire leggermente gli occhi, cercando di abituarsi all’improvvisa luce del sole.

-mmmh…- brontolò assonnato

Si stiracchiò leggermente e poi, coprendo uno sbadiglio con la mano, si accorse di Takahiro, per terra, che cercava invano di mettersi i vestiti in tutta velocità.
Lo guardò e fece una smorfia divertita.

-…giorno!- mugugnò con voce roca

Il moro cercava di fare tre cose allo stesso tempo: coprirsi, cercare di vestirsi e cercare di non farsi vedere da Naoya senza niente addosso.

-b-ben svegliato!- esclamò arrossendo

Naoya lo guardava, ma aveva una strana espressione, tanto che Takahiro si domandò se in realtà non stesse ancora dormendo.

-yaaaawn…che ore sono?- domandò il sensei

-è tardi! –si limitò a dire l’altro

Naoya andò a verificare, allungando un braccio verso la sveglia, prendendola e sospirando pesantemente, ributtandosi con la faccia sul cuscino –sono solo le sei…è prestissimo!- sbottò

-per te! - rispose Takahiro, leggermente seccato –io devo andare a casa a recuperare i libri!-

-…ah già…è lunedì… - si ricordò il ragazzo -…se vuoi ti accompagno…-

-n-non serve! –borbottò il moro ancora alle prese con i boxer –tanto con la metro ci metto poco…accidenti!!! –

L’imprecazione buffa di Takahiro lasciò perplesso Naoya che, si mise a guardarlo leggermente divertito.

-So che forse sei di fretta… -esclamò trattenendo una risata –ma….ti stai mettendo i miei!-

-e-eh?!-

Takahiro controllò i boxer che si stava cercando di infilare, dando un’occhiata sotto il cuscino. Subito divenne paonazzo, volendo sprofondare nella vergogna più assoluta, mentre Naoya trovava tutto questo piuttosto divertente. Con un braccio, cercò in mezzo al letto e, da sotto il lenzuolo, estrasse quello che era l’indumento del moro. Lo fece svolazzare a mezz’aria, per farlo notare all’altro, che però era talmente pieno di pudore che cercava in tutti i modi di evitare di guardare.

-e-e piantala di agitarli!! Ridammeli su!! – borbottò scocciato

-tu ridammi i miei!-

-…-

-di che ti vergogni?! – sbottò Naoya - ho già visto tutto quello che c’era da vedere, e poi siamo entrambi maschi!-

-p-puoi girarti?!-

-cosa?!-

-passameli e girati, che me li metto!!-

Sospirando, il giovane lanciò l’indumento a Takahiro, che lo prese al volo. Poi rimase immobile a fissarlo, finché il moro, spazientito, non gli intimò nuovamente di voltarsi.
Con una smorfia, Naoya sprofondò nuovamente nel cuscino, e per sicurezza si allungò il lenzuolo fino a coprire tutta la testa, in modo da non veder nulla.





**




Quella mattina Takahiro arrivò a scuola giusto in tempo, quando mancavano pochi minuti al suono della campanella. Per riuscire ad arrivare puntuale aveva fatto una lunghissima corsa tanto che arrivò in aula praticamente distrutto, non che assonnato. La notte prima, per ovvi motivi, aveva dormito poco e l’essere di fretta l’aveva reso ancora più stanco.
Naoya invece se l’era presa piuttosto comoda: era arrivato con dieci minuti di ritardo, un evento assai raro per uno preciso come lui. Quando entrò, Takahiro per istinto prese un libro e si coprì la faccia, imbarazzato, mentre il sensei sembrò invece, nemmeno averlo notato.
Chiese scusa per il ritardo ed incominciò la lezione, ma non prima di aver fatto l’appello.

Dopo circa un’ora, aveva cominciato a piovere violentemente, tanto che Naoya, che di solito parlava molto piano anche per incentivare il silenzio, dovette leggere quasi urlando, a causa del rumore insopportabile del ticchettio della pioggia che batteva sui vetri delle finestre. Solitamente le sue lezioni prevedevano lettura e comprensione, ma visto che non aveva particolare voglia di sgolarsi, decise di chiamare qualche studente a turno, perché leggesse al posto suo.
Diede un’occhiata al registro, per poi osservare tutta la classe, pensando a chi avrebbe potuto chiamare.

-Nishijima kun, vuoi leggere?- domandò infine guardando in direzione del banco dell’interessato

Takahiro però non rispose.
Seminascosto da Chiaki, che era seduta di fronte, il ragazzo stava letteralmente dormendo con la testa appoggiata al banco, sopra il libro di letteratura. Misako, al suo fianco, dapprima guardò il professore con preoccupazione e poi, si voltò verso Takahiro allungando un braccio, scrollandolo un po’.

-mmmh… - mugugnò Takahiro mentre tutti gli altri studenti lo stavano fissando ridacchiando

-T-Takahiro! Takahiro!- lo chiamò Misako mortificata

Il moro pian piano sembrò riprendersi -…cosa c’è… -borbottò mezzo addormentato

-il professore! Il professore, santo cielo!! –esclamò la ragazza

-…e-eh?!-

All’improvviso sembrò svegliarsi di colpo e spalancò gli occhi.
Con una velocità quasi impressionante, colto alla sprovvista, si alzò di scatto dalla sedia, spaventando anche Misako, e senza prestare attenzione gridò – PRESENTE!!-

Ci fu una sonora risata da parte dell’intera classe.
Takahiro dapprima non capì il motivo di tale risata, poi guardò prima Chiaki, letteralmente a bocca aperta, per poi passare a Misako, che si era messa una mano davanti agli occhi quasi più vergognata di lui.
Naoya sospirò, leggermente divertito.

-Nishijima kun, l’appello è già stato fatto! –esclamò -…e se non ricordo male aveva già detto di esserci!- concluse ridendo sotto i baffi

Anche i compagni risero nuovamente.
Takahiro voleva sprofondare dall’imbarazzo e non riusciva nemmeno a guardare in faccia Naoya. Piano, con cautela, si risedette, mortificato.

-…m-mi scusi… -disse sentendosi tremendamente stupido

-leggi a pagina 50 per favore!- continuò il sensei –magari troverai la lettura meno soporifera dell’ascolto!-

Sempre evitando di guardare Naoya, Takahiro, sospirando pesantemente, prese il libro in mano e cominciò a leggere, sperando che quell’ora che mancava passasse veloce e, possibilmente, indolore.





**





Probabilmente qualcuno aveva deciso di ascoltarlo perché, stranamente, la lezione si concluse piuttosto in fretta e, per fortuna di Takahiro, senza incidenti come quello precedente.
Al suono della campana, il solito brusio di sedie che venivano spostate interruppe la spiegazione del sensei che, soddisfatto, chiuse il libro e fece un colpo di tosse, per attirare gli studenti ad ascoltarlo un’ ultima volta.

-la prossima settimana ci sarà un test!- disse –gli argomenti sono quelli che abbiamo fatto in queste tre settimane! Mi servirà per farmi un’idea del voto finale!- spiegò

Ci fu un “ok, sensei” generale, ma gli studenti non sembrarono particolarmente entusiasti della cosa, anzi, molti parvero avvilirsi all’improvviso. Mentre tutti si apprestavano ad uscire per la pausa, Takahiro rimase seduto sul posto. Chiaki e Misako decisero di andarsi a prendere qualcosa da bere.

-Takahiro, vieni con noi?- domandò Chiaki

Lui scosse la testa – scusate, ma preferisco rimanere in classe-

Entrambe si lanciarono un’occhiata preoccupata. Chiaki sembrò voler dire qualcosa, ma Misako le fece cenno ti lasciar perdere con lo sguardo: l’amico sembrava abbastanza preso da qualcosa, probabilmente era meglio lasciarlo in pace. Chiaki annuì in silenzio ed entrambe si apprestarono ad uscire dall’aula, salutando rispettosamente il sensei.
Rimasero solo loro due in aula.
Takahiro dapprima fece finta di sistemare i libri, dando un’occhiata a quello che stava facendo Naoya, che sembrava non essersi nemmeno accorto della presenza dello studente.
Si alzò lentamente e andò verso la cattedra, un po’ scocciato dall’essere ignorato in quella maniera, mentre il sensei stava cancellando le spiegazioni dalla lavagna.
Quando fu praticamente davanti a Naoya, che però non si era degnato di voltarsi nemmeno per un istante, decise di attaccar bottone, in un modo o nell’altro.

-sensei, può girarsi un momento?- domandò stizzito

Il professore non disse nulla, appoggiò il cancellino e finalmente si voltò.

-Nishijima kun!- sorrise –volevi chiedermi qualcosa?- domandò a sua volta cortese

Takahiro lo guardò malissimo, come se gli avessero appena fatto uno scherzo di cattivo gusto. Squadrò il sensei dalla testa ai piedi, provando il forte desiderio di prenderlo a pugni. Il modo con cui aveva detto il suo cognome l’aveva fatto leggermente arrabbiare, ma sapeva di doversi controllare, almeno in quella sede.
Oltrepassò la cattedra finché non fu a pochi passi dal professore, che nel frattempo si era messo a sistemare le proprie cose per il cambio dell’ora.

-cosa facciamo ora?- disse infine il moro

-…beh, io devo andare in aula insegnanti – rispose –tu presumo debba rimanere qui per le altre lezioni –sorrise leggermente sarcastico

-non prendermi in giro!- esclamò Takahiro sempre più arrabbiato

Naoya per la prima volta durante quelle poche ore di scuola, lo guardò con stupore e allo stesso tempo con una certa serietà che era tipica del suo carattere. Il suo sguardo si rivelò talmente penetrante che Takahiro dovette cedere e abbassò il suo violentemente.

-…io ci lavoro qui –rispose, questa volta seriamente –possiamo parlarne da un’altra parte?-

-no! Ne parliamo qui ed ora!! – sbottò Takahiro che, se non altro, era contento di aver ricevuto l’attenzione del sensei

Naoya aprì le braccia e sospirò pesantemente, smettendo di sistemarsi.
Si guardò intorno, controllando che non ci fosse nessuno nei paraggi, anche perché la porta dell’aula era ancora aperta.

-bene… - annuì –parliamo!-

Ci fu qualche attimo di silenzio, che servì al moro per formulare bene ciò che voleva chiedergli

-…cosa siamo adesso? –domandò poi arrivando subito al sodo

-in che senso, scusa?-

Takahiro alzò gli occhi al cielo: non capiva fino a che punto Naoya fosse serio

-intendo io e …te! – specificò arrossendo –cosa siamo ora? Conoscenti? Tizi da una botta e via? F-fidanzati…?!-

Naoya non riuscì a trattenere una risata –tizi da una botta e via?!- ripeté con una mano davanti alla bocca

Vedendo che il moro era davvero serio in proposito, si rese conto che era meglio esserlo altrettanto -…dimmelo tu, Takahiro!- aggiunse, quindi

-i-o? che centro io?!-

-beh…dipende da te decidere cosa siamo diventati! – continuò

-io… sono confuso… - obiettò Takahiro

-quindi questa potrebbe essere la classica “botta e via”? –domandò sarcastico il Sensei

-e lasciami finire di parlare!! –sbottò l’altro –non ho detto di voler concludere tutto così!-

-…quindi?-

-…quindi …quindi…oooh, e che ne so!!! - disse sprofondando di vergogna –vabbè, lascia perdere, ok?! –

Fece per andarsene indignato, ma Naoya gli afferrò la mano e lo costrinse a fermarsi. Non appena il sensei lo aveva toccato, il suo cuore aveva smesso di battere per un millesimo di secondo, proprio com’era accaduto in precedenza. Rimase interdetto, senza guardare il professore.

-…ma non eri al lavoro?! –sbottò con una punta di ironia

-per me va bene!- esclamò Naoya non prestando attenzione alla battuta di Takahiro

-come?!-

-per me va bene se ci proviamo! – continuò

Quell’improvviso interesse alla faccenda fece arrossire ancora di più lo studente, che non era aspettato una reazione simile. Sembrava, a pensarci bene, quasi una sorta di dichiarazione e la cosa, anche se da una parte lo rendeva felice, dall’altra gli buttava il morale a terra anche solo pensando ad una eventualità del genere in un luogo come quello.
Fingendo di disinteressarsi, scrollò le spalle.

-tsk, e chi ti ha chiesto niente… -

Naoya sorrise. Tramite la mano, avvicinò leggermente il ragazzo a sé, e con cautela, lo abbracciò, facendogli appoggiare la testa al proprio petto.
Takahiro rimase immobile e non protestò, anche se la sua mente gli urlava qualcosa come “cretino, e se vi vedono?”!.
Però a quanto pareva, a Naoya non gli importava più di tanto, quindi in fin dei conti nemmeno lui si doveva fare troppi problemi. Era sicuro però che se non fosse stato certo di non essere visto, il sensei non avrebbe mai fatto un gesto del genere in pieno orario scolastico.
In quel mentre, si sentì arruffare i capelli: Naoya gli stava accarezzando la testa, quasi come fosse stato un bambino imbronciato da consolare.

-scusa per prima –disse il sensei –non volevo pizzicarti davanti alla classe –

-…sei un insegnante – rispose Takahiro –anche se la battuta te la potevi risparmiare-

-già… -sorrise lievemente Naoya -…comunque, stai bene?-

Takahiro alzò lo sguardo, perplesso.
Poi, intuì a cosa potesse riferirsi Naoya e, senza dire una parola, annuì col capo.

-…è ora che vada, tra poco suona la campana! – esclamò poi il sensei, sciogliendo l’abbraccio

-va bene, sensei!-

Dopo essersi staccati, Naoya prese in mano la propria ventiquattrore e si sistemò la cravatta, leggermente stropicciata. Takahiro rimase a fissarlo in silenzio, osservando ogni suo movimento.
Poi, il sensei andò verso l’uscita della classe ma proprio quando stava per mettere un piede fuori, decise di fermarsi.
Si voltò verso lo studente, che era ancora vicino alla cattedra.

-puoi chiamarmi per nome?- domandò infine

-eh?! –

-dai, ti prego!- gli chiese Naoya quasi supplicante

Takahiro sbuffò, ma poi, sussurrando ma in modo da essere sentito disse -...Naoya senpai!-

-non proprio!- obiettò

-…-

Il moro sembrò scocciarsi di quella strana richiesta senza senso. Sempre con una certa attenzione, si avvicinò un po’, in modo che il sensei lo potesse sentire chiaramente.

-…Naoya!- esclamò

-…-




 

All’epoca, credevo di aver memorizzato il tuo sorriso talmente bene, che pensai che non sarei mai riuscito più a stupirmi.
Eppure, quando pronunciai il tuo nome, per la prima volta consapevole di questo, rimasi come abbagliato da quel sorriso che fino a quel momento avevo creduto di conoscere e che ora mi pareva del tutto nuovo.








**







Nonostante ci avesse sperato fino alla fine, per sfortuna di Takahiro il tempo non migliorò. Anzi, al contrario, la pioggia si era fatta molto più intensa ed i tuoni avevano anche causato un blackout momentaneo dell’intera scuola. Per fortuna si era risolto piuttosto velocemente, ma il ragazzo non era del tutto tranquillo: non aveva con sé l’ombrello e il solo pensiero di dover tornare a casa bagnato fradicio lo faceva rabbrividire, anche perché era Novembre e tutti andavano in giro imbacuccati. A dirla tutta, era strano che invece non nevicasse, visto il freddo. Ed era strano anche pensare che fino a pochi giorni prima facesse addirittura quasi caldo.
Ad ogni modo, quando finalmente anche quella giornata di scuola finì, il moro si ritrovò imbambolato all’ingresso dell’edificio, mentre tutti i suoi compagni uscivano con i propri ombrelli, passandogli davanti e dirigendosi alle rispettive case.
Non era sicuro che Misako e Chiaki fossero ancora lì, ma d’altro canto non le aveva ancora viste passare, quindi sperava che fossero ancora dentro e che potessero dargli un passaggio loro.
Aveva anche piuttosto freddo, visto che quella mattina, di fretta, non aveva pensato di mettersi una sciarpa e un cappotto pesante, dopo essere tornato dalla casa di Naoya.
Mentre tutti uscivano, continuava a guardarsi intorno, sembrando spaesato; ogni tanto si metteva in punta di piedi e dondolava su se stesso, per passare il tempo.
Pian piano l’edificio sembrò svuotarsi del tutto e, dopo circa mezz’ora non vide passare più nessuno. Sospirando pesantemente, sembrò rassegnarsi all’idea di tornare a casa sotto la pioggia battente.

-Nishijima kun!-

La voce tremendamente famigliare di Naoya, lo fece voltare.
Lo vide arrivare lentamente, con addosso un cappotto piuttosto pesante, la propria ventiquattrore alla mano ed un’ ombrello chiuso, nell’altra.
Sembrava stupito di trovarlo ancora lì.

-Nao…Urata sensei!- esclamò Takahiro

-non hai l’ombrello?- domandò il professore una volta che furono l’uno accanto all’altro

-stamattina ero di fretta, visto che non pioveva non ci ho pensato- spiegò – speravo che le ragazze fossero ancora qui…-

-le ho viste che stavano facendo le pulizie!- disse il sensei –ma penso che ne avranno ancora per un bel po’…-

Takahiro sembrò scoraggiarsi all’improvviso.

-oh…- rispose -…è vero, oggi toccava a loro…-

-…se vuoi ti accompagno io!- propose Naoya

-eh?! n-no grazie!!-

Si rese conto di averlo quasi urlato. Per fortuna però, non c’era quasi più nessuno nei paraggi, eccetto qualche altro professore e il personale della pulizia.
Naoya fece una smorfia divertita e aprì il proprio ombrello con un leggero scatto. La pioggia era davvero incessante.

-non capisco cosa ci sia di male se ti accompagno fino alla fermata della metro!- sbottò

-c’è che potrebbero pensare male!! Ecco cosa c’è!- spiegò il ragazzo

-oh, ti prego, l’unica cosa che potrebbero pensare è”toh, un professore gentile che da una mano ad uno studente, che cosa carina”! – esclamò assumendo all’improvviso una vocina stridula

-…sarebbe imbarazzante se pensassero davvero così! –

-dai su, poche chiacchiere e vieni sotto! –

-…-

Così, su due piedi e nonostante il rifiuto, Takahiro si ritrovò a dover camminare fianco a fianco a Naoya, sotto la pioggia incessante di quella stranissima giornata.
In effetti, a pensarci meglio, con quel brutto tempo sarebbe stato davvero scomodo tornare a casa ed in ogni caso aveva evitato di bagnarsi.
Dato che la fermata della metro si, era vicina ma non così tanto, ci misero più del dovuto ad arrivare; visto che erano in due sotto l’ombrello, dovevano andare avanti più lentamente.
Il ragazzo ogni tanto fissava Naoya che, tranquillo, passeggiava, e non dava il minimo segno di fastidio verso quella situazione. Anzi, al contrario, sembrava molto rilassato.
Nonostante il freddo che gli faceva battere costantemente i denti, cercava di non darlo troppo a vedere altrimenti era sicuro che Naoya si sarebbe preoccupato, magari offrendogli pure il suo cappotto.
Mentre lo guardava, notò che la spalla del braccio che portava la borsa, era piuttosto fuori dall’ombrello e che quindi si era bagnata. Perplesso, osservò invece se stesso, che era perfettamente coperto, anzi, avanzava parecchio spazio. Credendo che si trattasse di una specie di “errore”, si spostò leggermente verso l’esterno, in modo che Naoya potesse coprirsi meglio. Ma lui non si mosse di un millimetro, anzi, spostò l’oggetto esattamente tanto quanto si era allontanato Takahiro.
Capì infine che Naoya stava rinunciando a proteggersi solo per permettere a lui di rimanere asciutto il più possibile. Da una parte il gesto lo faceva sentire lusingato, ma dall’altra la trovava una cosa davvero stupida, visto che di spazio ce n’era.
Allora, decise di fare l’esatto opposto. Si avvicinò ulteriormente al sensei, avvolgendo il proprio braccio al suo. Naoya si accorse di quell’improvviso attaccamento e lo guardò leggermente stupito. Takahiro fissava l’asfalto bagnato, in evidente imbarazzo, e la cosa lo fece sorridere. La gente che passava per fortuna, pensò in seguito il moro, era talmente occupata ad evitare di bagnarsi che sembravano passare inosservati.

-non devi mica attaccarti per forza!- esclamò Naoya

-n-non voglio che ti bagni il cappotto!- sbottò Takahiro

-non è costoso, non ci sono problemi… -spiegò l’altro

-è lo stesso!! C’è un sacco di spazio, ci stiamo benissimo anche in due se ci stringiamo!-

Naoya sorrise compiaciuto

-sei adorabile quando ti preoccupi –aggiunse, facendo arrossire lo studente

-...smettiamola con questi complimenti senza senso!!-

Il professore non disse più nulla.
Arrivarono a poca distanza dalla fermata sotterranea della metro, ma proprio in quel momento, Naoya si fermò -…devo prendere una cosa- esclamò indicando il konbini che si trovava un po’ prima.

-aspetto qui!- annuì Takahiro quando furono davanti all’ingresso del market

-scusa, faccio presto!-

Takahiro con una mano lo incitò ad entrare ed a non preoccuparsi inutilmente.
Dopo che Naoya fu entrato, il moro si mise ad aspettarlo piazzandosi davanti alle vetrine, facendo finta di interessarsi alla merce esposta e allo stesso tempo pregando che il sensei ci mettesse poco tempo: aveva una gran voglia di tornare a casa.
Fortunatamente Naoya ci mise effettivamente poco e una volta uscito portava con sì una borsetta con del sushi e qualche Onigiri. Takahiro si domandò per quale motivo avesse comprato tutta quella roba, domanda che trovò la sua risposta poco dopo, quando erano finalmente giunti a Ueno.
Per qualche strana ragione, il sensei era rimasto appiccicato al ragazzo, prendendo anche la metro con lui. Dapprima non ci aveva fatto particolare caso, pensando che dovesse andare da qualche parte, ma se ne rese conto quando scese alla sua stessa fermata, facendo passare il gesto per una cosa del tutto casuale.

-…si può sapere perché mi stai seguendo?!- sbottò ad un certo punto il moro

-ti sto accompagnando!- rispose cortese Naoya – piove ancora-

-…-

A Takahiro venne un brivido, ma di irritazione. Non era abituato a certi atteggiamenti.
Prese a camminare più veloce, ma il sensei gli stava alle costole con l’ombrello.

-domani è martedì, non hai nulla da correggere?!-

-no!-

-…tsk –

-ah! Dato che sta piovendo non posso tornare a casa!- esclamò tranquillamente Naoya –quindi cenerò da te, se non è di disturbo!-

-c-cosa?! –esclamò Takahiro indignato –ma tu senti questo…-

-tranquillo, prometto che non mi tratterrò a lungo!- lo calmò il professore sorridendo –e poi…ho comprato il sushi!-





**





Visto che, nonostante le lamentele di Takahiro, Naoya era stato piuttosto irremovibile, alla fine i due ragazzi finirono con il cenare insieme. Ovviamente andarono diretti a casa del moro e il caso volle che proprio quando solcarono la soglia di casa, la pioggia aveva cominciato a diminuire, per poi dileguarsi in meno di un ora. Takahiro pensò che “qualcuno” avesse fatto piovere per permettere a loro di stare insieme qualche ora in più e non sapeva se ringraziarlo o meno per quell’opportunità.
Si era chiesto anche se Naoya avesse pianificato tutto fin dall’inizio o se l’idea di piazzarsi senza invito a casa sua fosse stata del tutto improvvisa, così come il fermarsi al konbini a fare quella specie di spesa.
Ad ogni modo, dopo il disagio iniziale, dovette ammettere anche a se stesso di essere contento di avere il sensei lì; quella mattina si erano separati velocemente e per tutto il giorno, a causa della scuola, non aveva praticamente mai parlato.
Si era sorpreso di vedere Naoya così voglioso di compagnia. Di certo, era una persona che sapeva mantenere due facce distinte: Urata sensei era ligio al dovere, non metteva mai la vita privata davanti al lavoro, era calmo e pacato, mentre Naoya era dolce, premuroso e un po’ testardo, non aveva paura di dire quello che pensava. Chiunque sarebbe andato fuori di testa standoci accanto anche solo cinque minuti.
Cenarono piuttosto presto, anche perché nessuno dei due aveva intenzione di ripetere il brusco risveglio di quel giorno. Visto che non avevano nulla da fare, decisero di guardare un po’ di televisione ma a quell’ora facevano praticamente solo Drama. A Takahiro non piacevano molto, mentre Naoya pareva trovarli piuttosto interessanti.
Così, si misero tranquilli davanti alla tv, su un piccolo divanetto, in un angolo dell’appartamento, che Naoya non aveva notato la sera della festa. Nonostante fosse accesa una stufetta, c’era molto freddo in casa, tanto che il moro andò a prendere il piumone del proprio letto per riscaldarsi un poco, ed entrambi, si rannicchiarono vicino, avvolti in esso.
Takahiro, per stare più comodo aveva appoggiato la testa nell’incavo del braccio del sensei, che aveva preso possesso del telecomando e, ogni tanto, gli accarezzava leggermente i capelli.
Quei gesti davano a Takahiro meno fastidio di quanto non avesse pensato all’inizio, anzi era davvero piacevole. Si sentiva bene.
Rimasero in silenzio per un po’ guardando la puntata del drama che il sensei aveva finalmente scelto, finché non vennero le nove di sera.
Al primo sbadiglio di Takahiro, Naoya interruppe finalmente il silenzio di quella serata.

-grazie dell’invito… -sospirò – si è fatto tardi!-

-…invito? –sbottò Takahiro indignato- ma se ti sei autoinvitato da solo?!-

Il sensei sorrise compiaciuto -allora mi ringrazio!-

-stupido…- sospirò il moro tirandogli una pacca sulla spalla

Poi rimasero in silenzio, nuovamente. Era assurdo come aspettassero ore ed ore per poter parlare, e poi quando finalmente potevano stare insieme non trovassero nulla di interessante da dirsi. Subito Takahiro si ricordò, o meglio si rese conto di essersi dimenticato di chiamare Misako: aveva ricevuto un messaggio sul cellulare, poco prima di cena, ma tra una cosa e l’altra, si era dimenticato di risponderle. E fu proprio il pensiero di Misako e, in seguito, di Chiaki, che lo spinse a prendere una decisione drastica e forse pure affrettata.

-senti…- borbottò cercando di trovare le parole

-mh?-

-a…a te andrebbe bene…? –continuò insicuro -…se parlassi alle ragazze…d-di noi due?-

Naoya assunse uno sguardo perplesso tutto all’improvviso e si staccò leggermente da Takahiro – come sarebbe?- domandò poi

-l-lo so che forse è affrettato ma…-

-non è quello il punto, Takahiro!- esclamò l’altro interrompendolo –hai idea di cosa può significare?-

-…-

-…se lo sapessero a scuola…se la cosa dovesse passare dall’orecchio del preside saremmo entrambi in grossi guai, io più di te!-

-Misako e Chiaki non diranno nulla ad anima viva!- protestò Takahiro –le conosco, so di potermi fidare!-

-sono delle brave ragazze.. –annuì Naoya -…ma non pensi…al fatto che non potrebbero prenderla bene…?-

Takahiro abbassò leggermente lo sguardo, pensieroso.
Non ci aveva riflettuto abbastanza, era vero. Misako e Chiaki gli volevano bene, ma avrebbero davvero capito? Avrebbero tenuto segreta una cosa immorale come quella? Ma soprattutto, cosa avrebbero pensato di lui, una volta vuotato il sacco?.
Capì che c’erano tante eventualità che non aveva considerato. Aveva sempre condiviso tutto con entrambe, eppure, in quel periodo c’erano state molte cose che aveva preferito tenere per sé, compresa quell’improvvisa “infatuazione” reciproca verso Naoya. Si rese conto che si era creato una sorta di muro tra loro, causato inizialmente da Sato ma poi, anche sa se stesso, incapace di esprimersi.
Il sensei aveva ragione, forse dovevano semplicemente lasciare le cose così, com’erano. Eppure, si sentiva troppo in colpa nei confronti delle amiche di una vita, alle quali aveva sempre confidato tutto, fin dalla tenera età.

-tu hai ragione…- si limitò a dire – p-però…-

-…?-

-però io devo tanto, ad entrambe. Mi sento in debito verso di loro, gli ho nascosto così tante cose…e non voglio più farlo – spiegò - …capisco bene il tuo punto di vista…p-però io…-

Non finì la frase, perché Naoya lo interruppe bruscamente, prendendogli la mano ed avvicinandolo quanto bastava per dargli un bacio sulle labbra. Takahiro rimase interdetto sul posto, arrossendo vistosamente, mentre guardava l’altro sorridere dolcemente. Non era ancora abituato a quel tipo di comportamenti, benché in effetti fossero andati anche già piuttosto oltre, in soli due giorni di “rapporto”.

-non dire altro –disse -ho capito. Se per te è importante, bene, puoi dirglielo-

-d-davvero?- domandò Takahiro sicuro di aver capito male –m-ma tu hai detto che…-

-correrò il rischio!- sorrise -...in fondo, ho fatto molti cambiamenti in questo periodo. Qualunque cosa succeda, l’affronterò!-

-…-

Ancora una volta fu costretto ad ammettere che Naoya era davvero una persona fantastica. Nessuno, eccetto sua madre, aveva mai avuto così tanto riguardo nei suoi confronti. Sapeva che per Naoya era rischioso e che non erano certi del fatto che le due ragazze avrebbero tenuto o meno il segreto, eppure, salvo le esitazioni iniziali, alla fine lo aveva assecondato perché sapeva quanto ci tenesse, rischiando il tutto per tutto.
Senza dire una parola, allargò le braccia e lo abbracciò, un gesto che lasciò il sensei interdetto, poiché inaspettato. Lo strinse forte, appoggiando la fronte al suo petto: poteva sentire il cuore di Naoya che batteva. Era davvero una bellissima sensazione.
L’altro rispose lentamente all’abbraccio.

-grazie di aver capito- sorrise Takahiro

-…-

Naoya non disse nulla, si limitò a rispondere al gesto dell’altro, a modo suo.

Rimasero così per un po’, poi, quando si resero conto che era davvero eccessivamente tardi, si decisero finalmente a salutarsi.
Entrambi si alzarono dal divano, misero un po’ a posto la cucina e spensero la televisione. Naoya salutò Kyoko san, omaggiandola, per poi dirigersi verso la porta, con Takahiro che gli fece strada.
Prima di mettersi le scarpe controllò di non aver dimenticato nulla. Faceva molto freddo quella sera, il temporale aveva lasciato indubbiamente il segno. Presto, pensò Naoya avrebbero sicuramente goduto la prima nevicata stagionale, anche se a Tokyo era piuttosto raro un evento del genere.
Una volta all’ingresso, il sensei salutò il moro con un bacio, che l’altro ricambiò.

-va a letto, mi raccomando!- disse Naoya

-ovvio!- sbottò Takahiro –…tu sta attento mentre torni… -

-…ovvio!- sorrise imitando la voce dello studente

Pensarono di aver chiuso quella serata con quello strano modo di salutarsi, quando all’improvviso però, Naoya sembrò ricordarsi di una cosa e, prima che Takahiro se ne andasse, si apprestò a bloccarlo.

-che c’è?- domandò Takahiro –hai la strana abitudine di dire le cose proprio quando me ne sto per andare!- osservò ricordandosi anche del giorno prima, dopo la loro uscita a Shibuya

-si lo so, sono pessimo…- disse Naoya scusandosi –c-comunque…stavo pensando… -

-a cosa?-

-che ne dici…se durante i weekend venissi da te?-

Takahiro rimase leggermente spiazzato -…in che senso?!-

-so che è una cosa improvvisa ma…boh, pensavo che sarebbe…carino-

-carino- ripeté l’altro perplesso

-no! Dai..non volevo dire quello… -

-hai ragione: sei davvero pessimo- sbottò il moro un po’ irritato –specialmente quando devi chiedere qualcosa!-

-ehm..g-già… - sospirò Naoya un po’ abbattuto –a-allora? Che ne pensi?-

-beh…- cominciò -…è una cosa seria… -

-…-

-posso…posso pensarci un po?- domandò infine, stando bene attento a che vocaboli usare

Era pronto ad aspettarsi una reazione triste, e magari con qualche supplica, invece Naoya mostrò un abbagliante sorriso che, pensò poi Takahiro, in quel contesto non aveva assolutamente senso.
In quel momento si sentì avvolgere in un abbraccio che lo lasciò decisamente di stucco, mentre il sensei, al contrario, sembrava al settimo cielo.

-grazie, grazie, grazie! – esclamò entusiasta

-g-grazie?! –disse Takahiro -…è perché?!-

-hai detto che ci penserai! –spiegò Naoya –questo mi basta! –

-…-

-grazie davvero, Takahiro!! –

-…scemo!-


Proprio in quel momento, aveva scoperto un altro lato di Naoya che fino a quel momento gli era rimasto sconosciuto: anche lui poteva sembrare un bambino in cerca di rassicurazioni se voleva.
In realtà, Takahiro aveva detto di volerci pensare solo perché gli era sembrato troppo sconveniente accettare subito.
Certo, sapeva che probabilmente stavano correndo troppo e che Naoya era forse troppo entusiasta, eppure, quando il sensei se ne fu andato, felice come una pasqua, anziché andare a letto si mise a cercare le chiavi di riserva del proprio appartamento, dimenticate chissà dove. Dato che era passato molto tempo dall’ultima volta che gli erano servite, non ricordandosi di dove fossero, ci mise un bel po’ per trovarle.
Mise un bel po’ a soqquadro il soggiorno, finché, un po’ per fortuna, non riuscì a recuperarle, in una vecchia scatola di cartone, in un’anta di un armadio.
Seduto sul pavimento, quando le prese in mano, non poté fare a meno di sorridere, pensando alla faccia che avrebbe fatto Naoya quando gliele avrebbe date. Aveva deciso, tuttavia, che lo avrebbe fatto soltanto entro qualche giorno, se non altro per mantenere un minimo di coerenza con quello che aveva detto.
Poi guardò per qualche istante la foto di sua madre, che sorrideva immobile. Subito si domandò cosa avrebbe potuto pensare lei, di quell’assurda situazione. Come avrebbe reagito? Cosa avrebbe detto? L’avrebbe supportato nelle sue scelte? Erano tutte domande che, sapeva, non avrebbero mai ricevuto una risposta. Poteva solo immaginare e sperare che, laddove si trovasse, potesse quanto meno essere fiera di lui.

-mamma… -sussurrò quasi ad alta voce -…forse ho trovato qualcuno …con cui condividere tutto… -

Era assurdo aspettarsi qualcosa da quella foto.
Continuò a guardarla, con le chiavi ancora strette fra le mani. Poi, sospirando pesantemente, decise di dirigersi nella propria stanza. Si alzò da terra e fece per andare verso il corridoio, in direzione della camera da letto.

Quando all’improvviso, avvertì una strana sensazione.
Per pochissimi istanti, gli sembrò che la vista gli si fosse offuscata. Una specie di sibilo intenso e fastidioso cominciò a penetrargli in testa, con l’insistenza di un martello pneumatico. Sentì un improvviso dolore alle tempie, talmente grande che per pochissimi secondi, dovette accasciarsi al suolo, intontito.
Si mise per istinto le mani sulla testa e chiuse gli occhi. Il sibilo era tremendo, tanto che pensò si trattasse di qualcosa all’esterno, come un terremoto. Ma si rese conto solo dopo qualche istante, che nulla aveva tremato, che tutto era fermo, che solo lui era in ginocchio per terra, come paralizzato.
Poi proprio com’era arrivato, il dolore se ne andò all’improvviso, così, come se non fosse mai accaduto.
Takahiro spalancò gli occhi e la prima cosa che notò furono le chiavi cadute per terra, a pochi centimetri da lui. Per sicurezza sbatté le palpebre, ma sembrava tutto a posto: ci vedeva bene.
Insicuro, rimase per terra, appoggiandosi al primo muro che trovò disponibile.
Perplesso, si toccò nuovamente la testa, ma il dolore ormai sembrava essere solo mentalmente presente. Si guardò intorno, nel buio della sua casa, un po’ frastornato.
Raccolse le chiavi che aveva tenuto in mano fino a poco prima e le strinse forte, avvicinandole al petto.

-…N-Naoya… -sospirò, chiamando quel nome quasi inconsciamente.




 

Pensavo che la felicità fosse riuscita a raggiungere anche me, alla fine.
Pensavo che sarei riuscito ad andare avanti senza più inciampare.
Ma quello che non sapevo e che avrei scoperto in seguito, è che io avrei avuto bisogno di te più di quanto tu ne avessi davvero avuto di me.
Perché io ancora non ero consapevole.
Il male si stava impossessando di me. E mi avrebbe condotto verso la fine di tutto.






NOTE:

*quando Naoya dice :” le ho viste che stavano facendo le pulizie”.
Nelle scuole giapponesi, fino alle superiori, sono gli studenti che, a turno, sistemano e puliscono le aule ed i corridoi, rimanendo a scuola oltre l’orario di lezione.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


Capitolo 8.





Quando Takahiro solcò la soglia della scuola, il giorno dopo, decise che avrebbe fatto come se nulla fosse successo.
Quella notte non era riuscito a chiudere occhio: era preoccupato ma allo stesso tempo pensava di esserlo anche troppo. Il malore capitatogli lo aveva fatto girare e rigirare nel letto, con la paura che potesse ricapitargli durante il sonno. Non gli era mai capitato di provare quella sensazione così spiacevole, nemmeno quando aveva passato insonne la prima notte dopo la morte di sua madre.
Cercò di non pensarci: oggi avrebbero avuto le prime due ore di educazione fisica che, visto il tempo instabile, avrebbero passato in palestra. Gli sarebbero servite, se non altro, per distrarsi.
Tra i tanti pensieri che aveva, c’era anche quello di parlare con Misako e Chiaki del suo rapporto con Naoya. Ammise anche a se stesso di non sapere minimamente cosa dire e, tantomeno, senza che nessuno li potesse sentire.
Mentre si stava digerendo negli spogliatoi leggermente cupo, il caso volle che la prima persona che incontrò quella mattina, fu Naoya che stava andando, come al solito, ad insegnare in qualche classe.

-Nishijima kun!- esclamò lui contento

-…salve sensei!- sospirò Takahiro

Era contento di vederlo, ma era preoccupato per ben altro.
Naoya sembrò accorgersi dello strano “comportamento” del ragazzo.

-…tutto bene? Sei piuttosto pallido… - osservò –hai dormito almeno un po’ stanotte?-

-v-veramente non molto… - disse il moro scuotendo il capo –ho…-

Ma subito si ricordò del motivo per il quale quella notte non era riuscito a prendere sonno e la sua buona coscienza riuscì ad interromperlo prima di rivelare troppi dettagli.

-…ho avuto molte cose a cui pensare –concluse

-…ti riferisci a “quella” cosa?- domandò Naoya

-quale cosa?-

-…Misako… e Chiaki!- rispose il sensei abbassando di colpo la voce

Ovviamente Takahiro non aveva pensato a quello durante la sera prima, quindi ci mise un po’ a metabolizzare la domanda del professore.

-ah! C-certo…appunto… -annuì –pensavo di parlarne oggi… -

-capisco… - sospirò Naoya

Non sembrava particolarmente contento della cosa. Lo si capiva perché nonostante avesse abbozzato un leggero sorriso, i suoi occhi guardavano tutto tranne che Takahiro e questo, era un chiaro segno che non era molto d’accordo. E non aveva tutti i torti, in fin dei conti.
In quel momento, poco più avanti Misako e Chiaki sbucarono fuori da un aula, intenzionate a chiacchierare con una professoressa: avevano già il completo da palestra.
Sia Naoya che Takahiro si accorsero della loro presenza, e così accadde anche per le ragazze che, dopo aver salutato cortesemente l’insegnante con cui stavano parlando, si diressero verso la loro direzione.

-Takahiro, sensei!- esclamò Chiaki

-ragazze!- salutò Naoya –state andando in palestra?-

- abbiamo educazione fisica!- annuì la ragazza

-Takahiro, non mi hai chiamato ieri!!- sbottò all’improvviso Misako rivolgendosi al moro

-s-scusami…mi sono completamente dimenticato… -sospirò il ragazzo ricordandosi all’improvviso anche di quell’accaduto

-…vabbè dai, ti perdono!- sorrise poi Misako, forse rendendosi conto che l’amico non era di umore particolarmente buono

-andiamo? Tra poco inizia la lezione!- esclamò Chiaki –se il prof non ci vede ci farà fare 10 giri di campo!-

-eeeh?! E questo quando l’ha detto?!- sbottò l’altra incredula

-la scorsa volta! Ma tu forse eri occupata a ripassare Giapponese classico di nascosto… -sorrise l’amica

-sssshhht!!-

Takahiro, vedendole ridere e scherzare come la loro solito, non poté fare a meno di dimenticare per qualche istante tutti i suoi pensieri e sospirò lievemente sollevato.

–su andiamo –disse poi –Urata sensei…a presto!- aggiunse salutando Naoya

-certo!- rispose l’interessato – buona lezione ragazzi!-

-grazie sensei!- esclamarono in coro Misako e Chiaki -…facciamo presto su!-

I quattro si separarono: i tre studenti andarono insieme verso gli spogliatoi maschili ad accompagnare Takahiro, mentre Naoya si diresse nella classe 2-E, dove lo aspettava una bella interrogazione




**




Le ore di educazione fisica, se non altro servirono a rimettere in moto il cervello. O almeno così la pensava Takahiro che, anche se solitamente era comunque molto diligente, quella mattina sembrava decisamente instancabile.
Tutta la classe iniziò con un po’ di riscaldamento per poi eseguire qualche giro di corsa della palestra. Mentre i compagni andavano avanti più o meno a rallentatore, piuttosto scansafatiche, Takahiro ne fece almeno il doppio rispetto agli altri e, con grande stupore generale, si era meritato una menzione speciale in vista del voto della lezione odierna. In seguito vennero divisi in gruppi: le ragazze avrebbero giocato a pallavolo, mentre i ragazzi a pallacanestro. Così, si divisero la palestra in due e decisero di formare delle squadre, per fare delle piccole partite.
Mentre Misako e Chiaki, finite insieme, aspettavano il proprio turno per partecipare, si misero ad osservare i maschi che giocavano, a dirla tutta, piuttosto alla carlona. Solo un paio di studenti sembravano impegnarsi sul serio, tra i quali Takahiro, Shinjiro e pochi altri.

-dai! Dai!- urlava Takahiro, sbracciandosi perché gli passassero la palla

Aveva piuttosto voglia di giocare. Andava avanti e indietro per tutta la metà campo, cercando di invogliare anche i compagni: non l’avevano mai visto così euforico.

-m-ma che gli prende?- aveva domandato un ragazzo a Shinjiro, che gli era vicino in quel momento

Lui, ovviamente non sapendo cosa rispondere, si limitò a scuotere la testa, leggermente perplesso -…però è da ammirare! –aggiunse vedendo l’ impegno che ci stava mettendo.

Anche Chiaki e Misako erano piuttosto stupite di vederlo così iperattivo. Lo guardavano scatenarsi come un forsennato, tanto che anche il professore sembrava indeciso se lasciarlo fare o controllare che stesse bene.

-hai visto che grinta, oggi?!- osservò Chiaki –non l’ho mai visto così!-

-…anche troppa grinta!- sospirò Misako – se continua, quello ci rimette le penne!-

Pensando che fosse una battuta, Chiaki rise. Misako però l’aveva detto con molta serietà. Conosceva Takahiro da tantissimo tempo e, anche se entrambe potevano dire di considerarsi come sorelle per lui, lei era quella che, puntualmente, finiva sempre per capirlo di più, cogliendo più cose rispetto all’amica, cose che magari, in effetti, non si notavano subito.
Tuttavia, non poté analizzare ulteriormente la situazione, perché arrivò il loro turno e dovettero scambiarsi con le compagne.

Quando la lezione fu terminata, mentre tutti erano finalmente felici di poter fare merenda, Takahiro sembrò tornare allo stato semi catatonico di prima. La sua condotta gli aveva, se non altro, fatto guadagnare un buon voto e di questo ne era felice. Il punto era che ora, anche se stanco, dolente o volente, doveva assolutamente parlare con le due amiche. Anche perché in pausa pranzo sarebbe stato molto più difficile parlare in privato, visto che si sarebbero ritrovati in mensa.
Dopo essersi cambiati gli studenti si diressero verso la loro aula, dove avevano lasciato le cartelle e tutto il loro contenuto. Takahiro, piuttosto veloce nel rimettersi la divisa, aspettò le ragazze all’uscita degli spogliatoi femminili ma quando finalmente le compagne cominciarono ad uscire, comparve solo Misako all’appello.

-Takahiro!- esclamò lei sorpresa di trovarlo lì –che succede?-

-ehm…- cominciò il moro guardandosi intorno –dov’è Chiaki?-

-è già andata in classe con Shinjiro! Non l’hai vista?-

-c-come?!- domandò lui abbattuto –n-no-

-se n’è andata via di corsa…chi la capisce è bravo! –spiegò Misako -…perché?-

-b-beh…dovevo parlarvi di…una cosa… -

-mh? Se vuoi vado andiamo in classe e la chiamiamo!- propose la ragazza

Takahiro cercò di pensare a tutte le possibili soluzioni e ipotesi per risolvere quell’intricato problema. Si guardò intorno, leggermente preoccupato, come se avesse avuto paura di essere visto o spiato.
Misako, colpita da quella strana reazione, gli mise una mano sulla spalla.

-che hai, tutto bene?- domandò –sei strano…-

-e-ecco..-

No. Si rese conto che quella era la situazione tecnicamente migliore per raccontare ogni cosa.
Sospirò pesantemente e finalmente rispose

-no, non importa. Posso parlarne anche con te…-

-…ok, va bene!- annuì Misako perplessa –andiamo in classe allora?-

-…preferisco se andiamo sul tetto…è più tranquillo –

-…-




**




Il tetto della scuola era un luogo non particolarmente frequentato, almeno non in quel periodo così freddo dell’anno scolastico, dove gli studenti preferivano di gran lunga rimanere al chiuso, in classe. Quindi, aveva pensato Takahiro, era assolutamente l’ideale per poter parlare in privato con Misako.
I due amici arrivarono lì dopo essersi vestiti per bene, e decisero di appoggiarsi alla ringhiera di ferro, piuttosto alta, che circondava l‘intero perimetro del tetto. Tirava un forte vento, tanto che Misako si dovette mettere anche i guanti, sperando di non prendersi nulla, visto che erano ancora sudati dalla lezione di educazione fisica.
Takahiro prima di cominciare a parlare ci mise un bel po’. Da un lato perché il coraggio che credeva di essersi procurato era svanito nell’attimo stesso in cui erano arrivati lì, e dall’altro non era ancora affatto sicuro che fosse una buona idea: d’altronde Naoya gli aveva, si, dato il permesso di parlarne, ma non ne era affatto entusiasta, e ne capiva perfettamente il motivo.
Però alla fine era anche vero che lui conosceva bene Misako e sapeva chi era: era quel tipo di persona che non avrebbe mai tradito l’amicizia che li legava, anche dopo un litigio o un abbandono. Era certo di sapere fin dove spingersi con la sua migliore amica e, comunque, lo stesso discorso valeva anche per Chiaki.
Così, pensando a tutte queste cose, alla fine si decise a vuotare il sacco.
Le espressioni che Misako faceva man mano che il racconto andava avanti, passavano dallo sconvolto al preoccupato con una velocità quasi impressionante.
Le raccontò praticamente tutto, dal principio: di come la storia di Sato li avesse in qualche modo avvicinati senza che se ne accorgessero, della loro uscita, di ciò che pensavano di provare a vicenda…tutto, salvo ovviamente ciò che era successo la sera del loro primo bacio. Quello era veramente troppo personale.
Per tutto il tempo in cui Takahiro parlò, Misako non disse una parola. Al contrario, rimase ad ascoltarlo in silenzio,anche se un po’ stordita dal vento gelido invernale che a quell’altezza era davvero insopportabile.
Quando il ragazzo effe finito, abbassando lo sguardo leggermente sollevato, Misako non sapeva davvero che cosa dire.

-…m-ma… -balbettò cercando di assimilare tutte quelle informazioni -…c-come…è potuto…-

-è successo…- la bloccò Takahiro -nemmeno io so come…-

La ragazza deglutì amaramente, stringendosi nel proprio cappotto

-n-non ti sembra di correre un po’ troppo?!- sbottò con un tono che sembrava più contrariato che altro –c-capisco che tu tenga al sensei, però…-

-guarda che a me non piacciono i ragazzi!- la bloccò nuovamente – e nemmeno a lui!-

-…ti rendi conto che ti stai contraddicendo da solo?!-

-senti, Misako… -sospirò Takahiro –lo so che sembra strano ma…quello che c’è tra me e lui…è una cosa diversa…io non ho mai avuto un debole per i maschi…e mai cel’avrò!-

-…-

-Naoya…lui…lui è sempre così gentile, mi protegge sempre…se lo guardo ridere mi sento a mia volta felice, se ci teniamo per mano sento un grande calore…mi sento…-

-…amato?- concluse Misako immaginando il finale di quella frase

Takahiro si voltò di colpo verso l’amica, che lo guardava leggermente triste in volto. Non sembrava arrabbiata ma nemmeno delusa, come si sarebbe aspettato: non riusciva appieno a capire cosa provasse in quel momento e si sentiva troppo crudele anche solo a pensare di domandarglielo.
In fondo, la sua era una reazione piuttosto normale e si era preparato anche al peggio. Addirittura, aveva tenuto in considerazione l’idea che quella sarebbe potuta essere la fine della loro amicizia dopo tutte quelle rivelazioni, in parte, assurde.
Misako provò più volte a formulare una frase, ma dalla bocca non le usciva nulla, era come paralizzata sul posto e faceva addirittura fatica a guardare l’amico negli occhi.

-non mi sono mai sentito così…amato, si… -rispose infine Takahiro, visto che Misako non si decideva a dire altro

-…capisco…. –sospirò la ragazza – …è capitato anche a me…-

-…?-

sospirò affranta -…o almeno pensavo di esserlo… -concluse infine con un filo di voce

Lo disse con voce talmente flebile che il vento forte che fischiava incessantemente non permise a Takahiro di cogliere al meglio la frase, tanto che praticamente non capì quello che la ragazza aveva detto, forse più a se stessa che a lui.

-…lo so che non sei d’accordo con questa mia decisione… -aggiunse poi Takahiro con un mezzo sorriso -…e so anche che probabilmente non vorrai vedere più ne me e ne Naoya…-

-…cosa?!- sbottò Misako con un po’ di sarcasmo

-ma sei la mia migliore amica! – continuò –e non avrei mai potuto tenerti nascosta una cosa del genere, sarebbe stato un peso troppo grande da portarmi!-

Takahiro fissò Misako dolcemente, come era sempre solito fare. Misako invece non ci riusciva. Continuava a guardare il pavimento, cercando di tenersi fermi i capelli che le ricadevano sul volto per colpa del vento.
Perché Takahiro era ignaro di tutto, perché solo lei sapeva. Sapeva di non avere alcuna speranza di fare in modo che qualcosa potesse cambiare.
Perché lui aveva trovato una persona da amare e, a malincuore, doveva accettarlo. Anche se si trattava di Urata sensei.
Subito pensò di essere lei la responsabile di tutto: in un certo senso aveva fatto in modo che i due si avvicinassero ulteriormente e che si conoscessero meglio.
Chissà? Se non avesse fatto nulla, se non avesse accelerato le cose, forse Takahiro non si sarebbe allontanato? Forse le cose sarebbero andate diversamente?
Si sentì una perfetta egoista.
Come amica, doveva solo augurare il meglio per Takahiro; aveva sofferto per così tanto tempo, che ora meritava di essere felice. Meritava di essere amato e di amare a sua volta. Perché da quando Urata sensei era arrivato, in Takahiro aveva colto una luce che era sicura di non aver visto da molto tempo. Ed a suo malgrado, non era stata lei ad aiutarlo ad uscire da quella solitudine che lo aveva imprigionato. Takahiro non aveva cercato lei per essere salvato. Takahiro, forse inconsciamente, aveva invece voluto che fosse Naoya la persona che l’avrebbe aiutato ad uscire dall’oblio. E lei era rimasta indietro.
Ed ora che erano lì, seduti l’uno affianco all’altra, cosa doveva fare? Urlare di lasciar perdere o essere felice per lui? Lui si meritava di soffrire ancora?.
Ma come faceva a odiare il suo migliore amico? E come poteva odiare Urata sensei, che lo aveva aiutato a farsi coraggio? Per quanto cercasse una ragione per farlo, non riusciva a trovarne.

Quasi senza pensarci, allungò il braccio e prese la mano, fredda, di Takahiro che si stupì di quel gesto improvviso. Misako finalmente lo guardò dritto negli occhi e, portandosi la sua mano vicino al petto sospirò abbozzando un leggero sorriso che però, sembrava anche nascondere quanta tristezza stesse provando.

-…e come potrei lasciarti affrontare il resto della tua vita da solo, tu, che hai costantemente bisogno di me?!- domandò

Takahiro sorrise calorosamente -M-Misako io…- balbettò incredulo

Ma lei lo zittì prima che potesse dire altro.

-se tu sei felice così…io lo accetterò! – continuò –e se Naoya senpai è la persona che vuoi al tuo fianco…chi sono io per criticarti?-

-…- Takahiro per tutta risposta, abbracciò forte la ragazza, che rispose all’abbraccio con altrettanta foga, da un lato però, anche con più malinconia

-…ti voglio bene… -esclamò infine, il moro

-…te ne voglio anche io… -rispose Misako -…più di quanto immagini…-

Poi si staccarono, leggermente in imbarazzo. Takahiro, ora che si era tolto un enorme peso, era molto più rilassato, felice che Misako avesse più o meno accettato la cosa.

-…ora dovrò dirlo anche a Chiaki… - sospirò poi ricordandosi che la missione non era ancora completa

Misako però scosse la testa –glie l’ho dirò io!- esclamò

-d-davvero?- domandò il ragazzo speranzoso

-ma si, io so come prenderla!- sorrise – sta tranquillo!-

-…come farei senza di te?!- esclamò Takahiro

-semplice, non faresti!-

Entrambi si staccarono dalla ringhiera. Ormai mancava poco alla ripresa delle lezioni e dovevano trovarsi giù prima del suono della campanella.
Misako fece qualche passo, verso l’ingresso che delle scale che conducevano al piano di sotto, lasciando Takahiro leggermente indietro.

-…dai su andiamo in classe, che qui si gela!- esclamò

-…-



Ecco la di nuovo. Quella strana ed inquietante sensazione di vuoto.
Takahiro aprì la bocca nel tentativo di rispondere a Misako, ma non riuscì a pronunciare alcun suono.
All’improvviso sentì un dolore lancinante alla testa, di gran lunga peggiore di quello avvertito il giorno prima.
Guardò in direzione dell’amica, che era ancora voltata di spalle, ed allungò istintivamente il braccio nel tentativo di chiamarla.
Ma ad un certo punto non si sentì più le gambe e, pian piano, anche la vista cominciò ad annebbiarsi, tanto che non riuscì più a distinguere le forme, poi i colori, ed infine le ombre.
L’unica cosa che riuscì a percepire poi, fu il gelo di quello che probabilmente era il pavimento, e le urla di qualcuno che sembrava provare a sorreggerlo, che continuava a chiamare il suo nome con insistenza, con disperazione.
Percepì chiaramente che Misako era ancora lì, che si era finalmente voltata verso di lui, mentre il gelo li circondava, soli, così inermi.
Senza nessun appiglio.
Solo il nulla.





**





Takahiro, svenuto, venne portato piuttosto urgentemente in infermeria mentre Misako andò a chiamare subito Chiaki perché venisse di corse ad assistere l’amico.
Quando arrivarono, la dottoressa le fece aspettare fuori per avere la possibilità di fare qualche accertamento circa le condizioni del ragazzo.
Le due amiche rimasero in attesa col cuore in mano, pregando che non fosse nulla di serio finché, la porta della stanza si aprì e fu detto ad entrambe che potevano entrare per visitare l’amico.
Lo videro beatamente addormentato e si tranquillizzarono un poco, specialmente Misako che fino a quel momento non aveva fatto altro che piangere. Poi, si sedettero accanto al letto e rimasero a vegliarlo.
Takahiro dormiva, a tratti anche russando, tanto che fece capire ad entrambe che probabilmente quel suo malore era stato provocato dallo stress accumulato in quel periodo, o almeno così aveva detto loro la dottoressa.
Visto che erano lì, Misako, anche se inizialmente aveva preferito lasciar perdere, vista la situazione, decise di approfittarne e di parlare chiaramente a Chiaki di quanto lei e Takahiro si erano detti prima che l’amico avesse il malore.
Come previsto, all’inizio l’amica non poté credere alle proprie orecchie e pensò subito che Misako stesse facendo uno scherzo di poco gusto; ma quando capì che la realtà era davvero quella e che Takahiro e Naoya si volevano bene, per un po’ rimase in silenzio, a fissare il volto del ragazzo addormentato, pensierosa.

-…dobbiamo…supportare le sue scelte!- sospirò Misako dopo un po’

-…-

-Chiaki, lui ha bisogno di questo!-

-…io non ci posso credere…- rispose la ragazza stringendo i pugni sul letto

-lo so ma…-

-…Urata sensei…davvero?!- sbottò incredula

Misako si morse il labbro inferiore -…non penso che dovremmo giudicarlo…- spiegò

-…-

-è successo e basta! Penso che il sensei centri fino ad un certo punto, Inoltre… -continuò -…Takahiro non ce lo perdonerebbe mai!-

-…io…- sospirò Chiaki afflitta

-la cosa deve rimanere fra noi, hai capito?- domandò poi Misako, seria

-…-

-se si venisse a sapere sarebbe un bel casino!-

Chiaki scosse la testa –lo sai, non tradirei mai un amico- sorrise lievemente, in seguito

Misako rispose al sorriso, leggermente sollevata. Certo, avrebbero dovuto parlarne ancora in seguito, visto che c’erano alcune cose che voleva che chiarissero tra loro, ma già il fatto che Chiaki avesse più o meno “accolto” bene la decisione di Takahiro era un bel passo avanti. Capiva perfettamente che per l’amica fosse quasi un trauma, visto che ci era passata pure lei poche ore prima, ma in quel momento più che in altre volte, Takahiro aveva assolutamente bisogno del loro supporto.

Rimasero in silenzio, ad assistere il ragazzo, quando in lontananza sentirono dei bisbigli insistenti. Dapprima non ci fecero troppo caso, ma poi, quei bisbigli si trasformarono in rumore di passi piuttosto evidente.



-Takahiro, l’ho saputo solo ora, accidenti!!- aveva esclamato forte qualcuno –come stai..?-

Naoya, piuttosto agitato, irruppe al capezzale del ragazzo spostando il separé che divideva ogni letto, per la privacy.
Dapprima si focalizzò subito su Takahiro, che dormiva, ma poi in seguito notò che c’erano anche Misako e Chiaki e, con velocità, tentò di ricomporsi, tossendo rumorosamente.

-S-sensei… - balbettò Chiaki sorpresa di trovarlo lì

-r-ragazze… - esclamò Naoya –n-non sapevo che foste qui…-

-ce ne stavamo andando!- tagliò corto Misako all’improvviso – vero Chiaki?-

-eh?! s-si…- rispose l’amica perplessa

-…n-non serve che ve ne andiate, io posso anche tornare…dopo…- disse con calma Naoya, notando anche quella strana atmosfera glaciale che si era andata a creare

-è da due ore che stiamo qui…dobbiamo tornare a lezione…- spiegò la ragazza

-c-capisco…-

Misako e Chiaki, anche se quest’ultima con titubanza, si alzarono dai propri posti, sempre fissando Takahiro.
Poi entrambe fecero per dirigersi verso l’uscita dell’infermeria, ma mentre Chiaki, in silenzio cominciò ad incamminarsi, Misako rimase ferma, poco dopo aver superato Naoya, che era rimasto immobile.
Chiaki lanciò uno sguardo preoccupato alla giovane, che scosse la testa, sorridendo lievemente.

-aspettami in corridoio!- esclamò

-…ok… -rispose Chiaki. Poi si rivolse al sensei – arrivederci!-

-c-certo… -sorrise Naoya rispondendo al saluto

La ragazza uscì, tirando il separé e lasciando Misako e Naoya soli.
I due si guardarono per qualche istante: la giovane sembrava che lo stesse sondando dall’alto al basso, tanto che si sentì in tremendo imbarazzo ad un certo punto.
Poi, Misako fece un lungo sospiro e si avvicinò leggermente al sensei, come per essere sicura che nessuno potesse sentire quello che avevano da dirsi.

-Non è nulla di grave, la dottoressa ha detto che forse il malore è stato causato dallo stress… -spiegò

-…stress?-

-Gli hanno fatto una flebo; adesso sta dormendo!-

Naoya tirò un sospirò di sollievo -…meno male…mi ero preoccupato..-

Misako fece una smorfia, come se si fosse aspettata una risposta del genere; poi, chinò leggermente la testa in segno di saluto e fece per spostare nuovamente il separé, per raggiungere Chiaki, ma prima di farlo, si fermò e si voltò a guardare ancora Naoya, che l’aveva seguita con lo sguardo.

-Takahiro è stato abbandonato da tutte le persone che più amava… -sospirò Misako

-…-

-suo padre, sua madre… -continuò -…se per lei non è nulla di serio, se lo sta solo predendo in giro…-

Naoya rimase in silenzio ad ascoltare. Dalle parole della ragazza aveva chiaramente intuito che Takahiro doveva averle detto tutto alla fine e, probabilmente, anche Chiaki lo sapeva. Vedeva chiaramente che Misako, davanti a lui, aveva cominciato a tremare.

-Per favore, non lo illuda ancora!- esclamò Misako quasi con tono supplichevole – non sopporterebbe un altro abbandono!-

-…non lo prenderei mai in giro, Misako…- sorrise lievemente Naoya, scordandosi volontariamente delle gerarchie che li separavano

-…-

-Lui…è davvero importante. – ammise, volgendo il proprio sguardo al ragazzo addormentato -…ne io ne lui sappiamo come andrà a finire ma…-

Poi si rivolse nuovamente alla giovane

-non farò mai nulla che possa in qualche modo farlo soffrire ulteriormente…-

La ragazza abbozzò un leggero sorriso, un po’ rassicurata dalle parole del professore. Certo, l’aveva sempre intuito, ed ora ne aveva avuto la conferma: Urata sensei era davvero la brava persona che aveva creduto che fosse. Ed il fatto che potesse amare ed essere riamato da Takahiro, in fin dei conti non aveva cambiato affatto il suo punto di vista, come invece per un attimo aveva immaginato, dopo aver saputo la notizia.
Abbassò lo sguardo, ma sembrava serena, dopotutto.

-Ha ragione Takahiro…. –sopsirò

-…su cosa?-

-Sei davvero speciale, senpai!- concluse infine

Naoya ricambiò il sorriso dolcemente e ringraziò con un mezzo inchino.

-…vi lascio soli ora…- esclamò poi la giovane, salutando e dirigendosi, finalmente, da Chiaki, che la stava aspettando in corridoio.



**



Quando Naoya fu finalmente solo, controllando che nei paraggi non ci fosse la dottoressa che potesse in qualche modo ficcanasare, si sedette laddove era rimasta Misako fino a poco prima e, con delicatezza, sfiorò con dolcezza il volto addormentato del moro, che respirava regolarmente, senza pensieri.
Aveva saputo del malore di Takahiro per puro caso da Shinjiro, mentre passeggiava per i corridoi, diretto in un'altra classe.
Non era potuto accorrere subito, poiché era impensabile che si assentasse, senza contare che gli studenti della classe in cui doveva insegnare avevano compito quella mattina. Così, col cuore in gola aveva atteso pazientemente lo scoccare della fine ed era corso in infermeria.
Fortunatamente, alla fine non si era trattato di nulla di grave e questo, da un lato l’aveva davvero rincuorato ma dall’altro, dopo ciò che gli aveva detto Misako, non poteva non domandarsi se quel malore e le relative cause fossero anche in parte colpa sua.

-…mi hai fatto davvero preoccupare…- sussurrò il giovane

Poi, notò che Takahiro aveva cominciato a muoversi leggermente bofonchiando qualcosa come un “mmmh”.
Pian piano, il ragazzo aprì gli occhi: dapprima vide tutto sfocato e poi, sempre più cosciente, si rese conto di trovarsi disteso su un letto. Per istinto allungò in braccio e si toccò la faccia. Non si era accorto che Naoya era lì, accanto a lui.

-…cosa…?- esclamò mugugnando, ancora un po’ intontito -…M…Misako?!-

Ricordandosi all’improvviso di ciò che era successo, si alzò bruscamente dalla sua posizione, mettendosi supino e spaventando leggermente Naoya.

-Takahiro… -sorrise lievemente

Il ragazzo finalmente si accorse di non essere solo.

-…Nao…sensei!- disse ricordandosi di essere a scuola -…d-dov’è Misako? Io…lei…-

-stai calmo!- sospirò il professore –Misako sta bene, è stata qui a vegliarti fino a poco fa, con Chiaki!- spiegò

-…cosa?-

Sembrava che Takahiro non avesse ancora ben chiaro dove si trovasse, lo si capiva dal suo sguardo perso e dal fatto che continuava a guardarsi intorno leggermente preoccupato.

-…sei svenuto ed ora sei in infermeria!- esclamò poi Naoya, cercando di calmarlo –hai dormito per un bel po’!-

-…in infermeria?!- ripeté il moro perplesso

-la dottoressa pensa…- continuò il professore -…pensa che tu sia parecchio stressato ultimamente…e che sia questa la causa del tuo malore-

-…-

Takahiro abbassò lo sguardo pensieroso. Provò a ricordare esattamente cosa fosse accaduto sul tetto, ma non riusciva a rimembrare quasi nulla salvo di aver avuto un altro attacco piuttosto violento, forse più del precedente, alla testa. Stando a quanto aveva detto Naoya, la dottoressa della scuola aveva ipotizzato che si trattasse di stress. Certo, era stato abbastanza indaffarato in quel periodo, ma, non sapeva come spiegarlo, sentiva che quella non era affatto la causa del suo malore. Osservò il sensei, pensando se fosse il caso di dirgli o meno i propri pensieri, ma sembrava abbastanza preoccupato, quindi alla fine, almeno questa volta, decise di tenere per sé ogni cosa.

-s-si…forse è lo stress…- confermò infine, accennando un mezzo sorriso

Naoya però non sembrava contento di sentirglielo dire.
Lo vide stringere il lenzuolo con i pugni serrati.

-…mi dispiace…- ammise infine

Takahiro lo guardò stupito – e di cosa?!-

-è stato un periodo turbolento per te…ed in più…ci ho messo pure del mio per farti solo stare peggio… -

-…che stai dicendo?!- domandò ancora

Naoya lo guardò fisso negli occhi –certo! Io ti ho baciato per primo, io ti ho messo sottopressione per primo, io…io ti ho assillato con la storia del vivere insieme…-

-…-

-..scusami…scusami davvero, sono solo uno stupido…-

Per qualche attimo nessuno disse più nulla. Naoya aveva lo sguardo basso ed il morale a terra, mentre Takahiro lo fissava un po’ incredulo, senza sapere esattamente cosa dire. Si sentiva davvero così in colpa verso di lui? Il moro scosse la testa quasi istintivamente, e allungò la mano verso quella dell’altro, sfiorandola.
Naoya alzò gli occhi.

-si, sei uno stupido –sbottò Takahiro -…devi esserlo per forza se pensi davvero certe cose!-

-…Takahiro…-

-non dirlo più –lo interruppe il moro –non dire più queste cose…-

-…-

-tutte le cose che hai fatto…io sono felice che tu le abbia fatte… -ammise –e poi, riguardo al vivere insieme, in effetti c’è qualcosa che dovrei dirti…-

-…eh?-

Naoya assunse uno sguardo interrogativo, mentre Takahiro sorrideva sotto i baffi. Lasciò momentaneamente la mano del sensei e la mise in una tasca dei pantaloni, frugando per qualche momento.

-…eccola!- esclamò poi tirando fuori la mano e mostrandola all’altro -…questa è per te!-

Era la chiave di riserva del suo appartamento.
Quella mattina l’aveva presa appositamente per darla al professore durante il ritorno da scuola.
Gli avvenimenti della sera prima gli avevano messo addosso una strana sensazione di paura che non riusciva a spiegarsi. Certo, magari non era davvero nulla di cui preoccuparsi, però sentiva che forse, era meglio non indugiare oltre, come aveva fatto invece in passato. Infondo era una cosa che anche lui desiderava. Quindi perché rimandare?

-…una chiave?- esclamò Naoya perplesso

Takahiro sorrise ancora di più – puoi venire i weekend!-

Naoya non sembrò afferrare subito le parole dell’amico

-…m-ma…non dovevi pensarci?-

-ci ho pensato!- rispose –ora prendila prima che cambi idea, sensei-

Il giovane fece una smorfia divertita e, piano, afferrò la chiave, ancora piuttosto insicuro. La strinse forte nel palmo della mano, come se fosse stato un tesoro prezioso, e poi sorrise dolcemente, rivolgendosi a Takahiro.

-grazie…- sospirò commosso

Allungò il braccio ed accarezzò la testa del moro, arruffandogli i capelli.
Avrebbe tanto voluto poterlo abbracciare, ma ovviamente, in quelle circostanze non era proprio indicato, visto che si trovavano ancora a scuola e, ad ogni modo, in un luogo pubblico.
Anche Takahiro pareva essere piuttosto felice in quel momento: per qualche attimo si era completamente dimenticato del perché si trovava in infermeria. Il solo vedere Naoya lo faceva sentire davvero, davvero bene.
Quel bel momento tra i due venne interrotto un po’ bruscamente dall’arrivo della dottoressa, che irruppe all’improvviso, facendo spaventare entrambi i ragazzi. Naoya nascose subito la chiave nelle tasche dei pantaloni.



-Nishijima, ti sei svegliato vedo!- esclamò la donna andando a controllare la flebo ormai finita

-s-si…- esclamò il moro cercando di evitare lo sguardo di Naoya

-bene, non appena ti senti meglio vieni un secondo nel mio ufficio-

-ok…-

-…quanto a lei, sensei, non è ora che vada?!- domandò poi rivolta al professore

-eh? ah…beh, ma sono qui da poco… - spiegò un po’ in imbarazzo

-Nishijima deve riposare, ed inoltre…non c’è una riunione del corpo insegnanti tra poco?- chiese nuovamente

-…vedo che non le sfugge nulla!- sorrise Naoya alzandosi dalla sedia contro voglia

La dottoressa sorrise –sarò anche sempre chiusa fra queste quattro mura, ma non per questo non mi arrivano gli avvisi!-

Il sensei alzò le braccia al cielo in segno di resa, sospirando con una smorfia.

-ok ok, me ne vado, ho ricevuto il messaggio!- esclamò- poi rivolse uno sguardo a Takahiro che rideva sotto i baffi per quella scena che trovava stranamente divertente –ciao, Nishijima kun!-salutò con un cenno

Il moro chinò leggermente il capo e Naoya uscì dalla stanza, lasciando lo studente solo, con la dottoressa che stava controllando alcune carte.
Con la coda dell’occhio, lei controllò che il sensei se ne fosse andato, ed in seguito, che non ci fosse nessuno nei paraggi. A Takahiro non sfuggì quello strano comportamento, ma decise di non farci troppo caso.
Si scoprì e cominciò a sistemarsi.

-dottoressa, io mi sento meglio…posso andarmene anche ora… -esclamò

La donna gli si avvicinò, come per controllare che effettivamente stesse bene.

-sei sicuro? Se vuoi puoi stare ancora un po’…-

-sicuro, grazie mille!- annuì il ragazzo -…possiamo andare nel suo ufficio, se vuole…-

-…- la dottoressa assunse uno sguardo perplesso tutto ad un tratto. Sembrava indecisa su qualcosa. Poi, sospirando, decise di sputare il rospo, visto che erano soli in quell’infermeria.
Si avvicinò un po’ di più al giovane, costringendolo quasi a rimanere seduto dove si trovava.

-Nishijima, posso parlarti con franchezza?- chiese

-…? C-certo…-

-prima, ho detto alle tue compagne una cosa…- spiegò -…che il tuo malore è stato causato dallo stress…-

Takahiro ebbe un tuffo al cuore, ma cercò di non darlo a vedere.

-…quindi?-

La donna sospirò pesantemente –diciamo che ho detto una piccola bugia. Visto che erano molto preoccupate.-

-…-

-io non ho l’autorità necessaria per indagare, ma ho ragione di credere che sia meglio se tu vada da un medico, il tuo medico-

-p-perché mi sta dicendo questo?- balbettò il ragazzo evitando di tradire le proprie emozioni -…ho qualcosa di grave?-

-magari no! –si affrettò a rassicurarlo –però penso che un controllò più accurato non sia una cattiva cosa…tanto per essere più tranquilli, capisci?-

-…si- annuì

-È da tanto che hai questo tipo di attacchi?-

Takahiro non sapeva se mentire o meno. Ma vista la situazione, pensò che in fondo, tanto valeva dire la verità almeno a qualcuno.

-no…da ieri!- rispose

-capisco…ma in questo periodo ti sei mai sentito stanco, spossato…?-

-come ben sa non ho passato un bel periodo –spiegò il moro immaginando che la dottoressa avesse saputo della faccenda di Sato, visto che aveva fatto il giro della scuola –non posso dirlo con assoluta certezza, mi dispiace…-

-si si, non preoccuparti…- annuì la donna con un mezzo sorriso –ad ogni modo, ti invito a fare il controllo che ti ho consigliato…-

-certo, grazie!-

-mi raccomando, eh?-

-…si!-





**




Se qualcuno glielo avesse detto anche solo per fare uno scherzo di poco gusto, probabilmente se la sarebbe presa molto di più, preoccupandosi.
Ma in quel momento, benché fosse stata proprio una dottoressa a confidarsi con lui circa la possibile causa del suo malessere, si sentiva come se in fin dei conti non fosse così importante.
Quando uscì dall’infermeria le lezioni erano terminate e il giovane si apprestò, con calma, a raggiungere l’uscita della scuola.
Mentre precorreva i lunghi, e talvolta contorti corridoi, ogni tanto lanciava qualche occhiata nelle aule, per vedere se per caso Naoya fosse ancora lì. Non sapeva spiegarne il motivo, ma in quel momento era la persona che voleva vedere più di chiunque altro. Voleva vederlo, ma non per disperarsi tra le sue braccia, ne per confidarsi. Voleva solo vederlo sorridere perché, lo sapeva, il suo sorriso aveva il potere di farlo sentire di buon umore, facendogli quasi dimenticare i problemi.
Istintivamente, estrasse il cellulare dalla tasca della giacca della divisa e guardò la rubrica. Con gli occhi seguì la lunga lista di nomi e all’improvviso comparse quello del “Dr. Kazuki”. Lo fissò per qualche istante, indeciso.
Il Dottor Kazuki Hiroto era il suo medico di base, ed era stato anche un grande amico di sua madre e, tuttora, avevano un particolare rapporto che, in un certo senso, andava un po’ oltre quello dottore-paziente. Era una persona sulla quale si poteva contare sempre, gentile, e soprattutto, onesta.
Guardò quel numero, mentre la voce della dottoressa continuava a sussurrargli insistentemente “chiama, chiama, chiama”, o forse era quella della sua coscienza?.
Pensando se fosse il caso di premere quel maledetto pulsante di chiamata, non appena svoltò l’angolo verso il corridoio centrale davanti all’uscita, Chiaki e Misako erano ancora lì, appoggiate ad uno dei mori, in attesa.
Il ragazzo alzò lo sguardo non appena una delle due, accorgendosi del suo avviso, lo chiamò agitando il braccio.
Takahiro, alla loro vista, ebbe un improvviso tuffo al cuore, ricordandosi di Misako, della sua confessione e, ovviamente, del fatto che gli era praticamente svenuto davanti.

-Takahiro!- esclamò Misako –come stai, tutto bene?- domandò in apprensione

Il giovane, stranamente, si trovava un po’ a disagio. Notò poi che Chiaki era rimasta un po’ in disparte, seminascosta dietro l’amica.

-s-scusami… -rispose lui – ma ora sto bene!- cercò di rassicurarla

-mi hai davvero spaventata! Tu pensi troppo a strafare!!! meno male che non era nulla di grave… -

A quelle parole, Takahiro smise di respirare per un istante. Per un preciso attimo, fissò il vuoto, distogliendo violentemente lo sguardo dall’amica.

-…-

-…perché si tratta solo di stress…vero?- domandò poi Misako, vedendo quello strano cambio di reazione

-…eh? ah… -balbettò il moro – s-si, tranquilla…- sorrise

Ci mancava solo di farla preoccupare ancora di più con la storia della presunta causa sconosciuta che lo aveva fatto svenire davanti ai suoi occhi!.

-…hai visto che Naoya senpai è venuto a trovarti?- domandò ancora la giovane, con tono assolutamente tranquillo

Ma sia Takahiro che Chiaki sobbalzarono al sentire quel nome.

s-si…mi sono svegliato e abbiamo…parlato…- spiegò cercando di farlo con la stessa naturalezza dell’amica

Poi, si voltò verso Chiaki, che non aveva ancora detto una parola.
Dalla sua faccia poteva chiaramente intuire che Misako le avesse raccontato tutto, difatti non sembrava particolarmente al settimo cielo e l’atmosfera di era fatta all’improvviso, piuttosto pesante.

-…Chiaki, io…- cominciò

La ragazza non era mai stata una persona capace di tenere il broncio, ed era sempre stata così fin da piccola. Cercava sempre di vedere il meglio di ogni persona, e questo agli occhi degli altri a volte era visto come un comportamento piuttosto sempliciotto e infantile. Ma era stato proprio quel suo modo di fare che li aveva resi cosi amici. E probabilmente anche il motivo per cui a Shinjiro piaceva così tanto.
Senza dire una singola parola, l’amica si attaccò al collo di Takahiro e lo abbracciò forte, sospendendo lui e, un po’ meno, anche Misako. Il moro rimase immobile, un po’ insicuro verso quell’atteggiamento piuttosto singolare.

-…s-se sei felice…lo sono anche io- si limitò a dire Chiaki

-…-

-e Urata sensei è una brava persona..quindi, sono contenta!- continuò

-…C-Chiaki…- sospirò Takahiro, rispondendo finalmente all’abbraccio

-…e tu sei il mio migliore amico! Noi tre siamo come una famiglia!- riprese poi guardando anche Misako, che annuì leggermente commossa.

I due si sciolsero dall’abbraccio. Chiaki finalmente sorrise e Takahiro rispose a sua volta, prendendola per mano.
Poi entrambi si volsero verso Misako che fece una smorfia divertita, per poi sbuffare leggermente.

-siete proprio impossibili!- esclamò

Si unì ai due, ed insieme, si apprestarono ad uscire dall’edificio.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


Capitolo 9.





Nonostante gliel’avesse in qualche modo promesso, Takahiro decise di non seguire il consiglio della dottoressa della scuola. Non che non si fidasse del suo parere o altro, ma pensava e sperava in cuor suo che in realtà non ci fosse davvero nulla per cui valesse la pena di chiedere un appuntamento al medico di base.
In fondo, si sentiva bene. Aveva avuto due attacchi uno dietro l’altro, ma poi, passarono ben due settimane senza che succedesse più nulla, motivo per il quale alla fine aveva deciso di non fare niente.
La settimana stessa del secondo malore, Naoya cominciò a vivere più o meno stabilmente a casa di Takahiro, durante tutti i week end. Dato che il moro non aveva vicini troppo ficcanaso, la presenza del sensei passava quasi inosservata e questa era, ovviamente, una buona cosa.
Certo, per fare in modo che Naoya potesse avere i suoi spazi dovettero sistemare un po’ l’appartamento.
C’erano due camere da letto ma il sensei insisté fino all’ultimo per poter dormire nella stanza di Takahiro tanto che il moro fu costretto a comprare un nuovo futon più grande, in modo che ci potessero stare in due, all’occorrenza. Secondo Naoya, dato che ora erano quasi una coppia a tutti gli effetti, dormire insieme doveva essere la normalità, nonostante Takahiro fosse parecchio riluttante all’idea, senza contare che lo trovava estremamente imbarazzante dover condividere il proprio letto con lui.

-mi spieghi perché lo dobbiamo fare?!- aveva chiesto scocciato, mentre sistemavano il nuovo futon

-…devo proprio ripetermi?- sospirò Naoya

-è che non vedo l’utilità di comprare un futon nuovo solo per il weekend!!!-

-e non potevi dirlo prima che lo comprassimo?!-

-MA SE E’ DA GIORNI CHE TE LO DICO!!!-

Più o meno era andata così.
Per lo studente quella situazione così “adulta” era del tutto nuova mentre, al contrario, Naoya aveva già avuto esperienze simili in passato e quindi comprendeva un po’ come si dovesse sentire Takahiro, considerando anche che non era “normale” agli occhi della gente, quello che stavano facendo.
Tuttavia si erano ripromessi di lasciar perdere ciò che pensavano gli altri, semplicemente ignorandoli. Avevano deciso di provare quell’esperienza che era nuova per entrambi, senza fretta, per capire se davvero volevano stare insieme come credevano.
Dal canto suo Naoya sentiva di provare qualcosa di davvero forte per Takahiro. Che fosse amore, questo ancora non riusciva a capirlo, ma ogni volta che lo guardava o che lo abbracciava, sentiva una forte attrazione verso di lui, sia mentale che fisica,
D’altra parte, per il moro la sensazione era più o meno simile, salvo il fatto che, al contrario di Naoya, lui era fermamente convinto di amarlo.
Ci aveva messo molto per accettarlo anche verso se stesso, ma , anche dopo essere arrivati a quel punto, ormai, che lui amasse Naoya era praticamente un dato di fatto. Certo, non gliel’aveva mai detto apertamente, perché non ne era il tipo, ma ad ogni modo, era certo che il compagno lo potesse percepire lo stesso.

E così, tra il dire ed il fare, era arrivato Dicembre e con esso la prima nevicata e, ovviamente, la fine della scuola per la pausa natalizia.
Tutti gli studenti in quei giorni erano abbastanza agitati, complice il fatto che a breve avrebbero potuto godersi un po’ di meritato, secondo loro, riposo dallo studio.
Proprio l’ultimo giorno di scuola, un sabato, venne comunicato a Naoya che Goto sensei non era ancora nelle condizioni per poter tornare al proprio ruolo di insegnante e così gli fu chiesto di punto in bianco di poter rimanere fino a Marzo. Il ragazzo accettò di buon grado, perché in fin dei conti gli piaceva molto insegnare e ormai si era abituato sia all’ambiente scolastico che a tutti i suoi colleghi, che avevano iniziato a stimarlo un po’ di più.
Quando gli studenti della classe 3-A lo seppero, ci fu un vero e proprio subbuglio generale di gioia. Anche Takahiro in fondo era contento: certo, avrebbero dovuto continuare a fingere un rapporto da sensei-gakusei ancora per un bel po’, ma d’altronde era felice di poterlo avere come insegnante, anche perché al di là di tutto, Naoya era davvero bravo.

-come avete saputo, resterò con voi ancora per un po’, fino a Marzo!- aveva annunciato subito dopo la sua lezione

A quelle parole c’era stato qualche urlo di gioia.

-quindi potrete iniziare a prepararvi con me, per l’esame!- spiegò –quest’anno vi diplomerete e dovrete scegliere a quale università accedere! Vi prego di pensarci bene, durante questi giorni di vacanza, perché al rientro dovrete consegnarmi i nomi delle facoltà che vi interessano!-

-….-

-tutto chiaro?-

-s, sensei!- esclamarono in coro tutti quanti

Naoya sorrise compiaciuto e poi, senza indugi guardò i propri studenti –bene, vi auguro Buon Natale e buone vacanze!-

Ci furono una marea di sussurrati “grazie” e “anche a lei” mormorati qua e là.
Dato che quel giorno la scuola sarebbe finita alle due la lezione di Urata sensei era l’ultima della giornata, non ché della sessione invernale. Al suono della campana, com’era prevedibile, ci fu un boato pazzesco di urla di gioia provenire da ogni parte dell’edificio, le porte delle aule si aprirono e a fiotti uscirono gli studenti che già si pregustavano le tanto agognate vacanze.

Quel giorno nevicava abbastanza, tanto che nelle strade c’era davvero molto traffico, nonostante molti preferissero prendere la metropolitana o il treno.
Takahiro, dopo essersi imbacuccato per bene, con cartella alla mano, si apprestò a raggiungere Chiaki e Misako, che lo aspettava fuori in giardino.
Una volta raggiunte, notò che c’era anche Shinjiro con loro.

-Che ne dite se andiamo a mangiare qualcosa tutti insieme?- propose Misako in preda all’euforia

-Magari, sto morendo di fame!- esclamò felice Takahiro

Era sabato, ma Naoya non sarebbe tornato prima delle sette di sera, per via delle innumerevoli scartoffie che doveva sistemare a scuola

-qualche idea sul posto?- domandò poi Shinjiro, leggermente infreddolito

-potremmo andare al Mc! Che ne dite?-propose Chiaki

-a me va bene dovunque…-

-idem! –annuì Misako –allora vada per il Mc!-

Così i quattro amici si diressero verso il primo Mc Donalds che trovarono in zona. Fortunatamente ce ne era uno poco lontano dall’Hibiya park, quindi non dovettero fare moltissima strada inoltre, a quell’ora c’era anche poca gente, visto che molti avevano già pranzato.
Quando arrivarono, i quattro ordinarono i loro menù e si sedettero ad uno dei tavoli, al piano superiore del negozio. Dalle enormi vetrate si poteva godere di una bella vista del centro cittadino e degli addetti che stavano sistemando le decorazioni natalizie sui pali della luce.

-tra due giorni è Natale, non mi sembra vero!- esclamò ad un certo punto Chiaki

-avete già pensato all’Università in cui volete andare? – domandò Shinjiro sorseggiando la coca cola

-ho una mezza idea…- rispose Misako –ma sono ancora un po’ indecisa!-

-tu, Takahiro?-

Il ragazzo, chiamato in causa, sospirò un po’ sconsolato –nebbia totale!- ammise

-eeh?! Ma non avevi detto di voler provare con letteratura?- osservò Chiaki

Al solo sentire la parola letteratura, il giovane fece un ragionamento contortissimo che lo portò quasi immediatamente a pensare a Naoya, che in quel contesto non centrava assolutamente nulla.
Tossì rumorosamente, facendo finta che gli fosse andato qualcosa di traverso.

-b-beh, c-ci sono altre facoltà che mi interessano!- balbettò provando ad essere convincente

-ti capisco, io pure sono in alto mare…- intervenne Shinjiro sorridendo all’amico –ma abbiamo tempo per pensarci, in fondo!-

-io non ho dubbi!- esclamò Chiaki fiera – medicina veterinaria!-

-ahah in effetti nemmeno io avevo dubbi su di te!- rise Misako –ci sarà da studiare parecchio!-

-vero, ma non mi spaventa minimamente!anzi, non vedo l’ora!- spiegò -…però…-

I tre amici la guardarono con fare interrogativo.
Chiaki sospirò un po’ pesantemente, mostrando poi un lieve sorriso, quasi nostalgico.

-stavo anche pensando che dovremo separarci tra qualche mese! Ognuno di noi magari cambierà pure città…- ammise -…è…è un po’ triste!-

Le parole della ragazza fecero riflettere il gruppetto.
In effetti, da lì a pochi mesi ci sarebbero stati gli esami e si sarebbero tutti diplomati, prendendo strade diverse e percorsi di vita che forse non si sarebbero più incrociati.
Questo da un lato li faceva sentire un po’ a disagio, perché stavano per entrare nel mondo degli adulti, e non avevano la minima idea di cosa avrebbe riservato loro. Fino a quel momento si erano sempre disinteressati al loro futuro, pensando che in fondo “mancava ancora molto tempo”; eppure ormai erano arrivati alla fine del loro viaggio ed ora, dovevano decidere quale strada intraprendere, finalmente.
Fu Takahiro a riprendere parola, vista l’atmosfera un po’ malinconica.

-beh ma…- cominciò- ci potremo comunque vedere durante le feste, i week end…magari non cambierà nulla alla fine! – disse cercando di incoraggiare

Misako annuì con la testa –sono d’accordo! –

-e poi…ci sono sempre internet, i telefoni, skype…- osservò Shinjiro rincuorato

-avete ragione!- sorrise Chiaki – mi sono fatta prendere un po’ dalla tristezza! Pensiamo a goderci queste vacanze piuttosto!!!-

-ben detto!- rispose Takahiro

Per tutto il resto della giornata i quattro ragazzi non parlarono più dell’Università, pensarono solo a divertirsi e rilassarsi.
Dopo pranzo, andarono tutti insieme a Shibuya. Presero la metro e, una volta in centro, prima accompagnarono Chiaki alla Tower Records a comperare alcuni CD appena usciti ed in seguito, in un negozio di scarpe per Misako, che ne aveva viste un paio davvero molto carino.
Mentre le due ragazze erano indaffarate a provare in camerino, Takahiro e Shinjiro decisero di aspettarle fuori dal negozio, nonostante il freddo.
Chiacchierarono del più e del meno: Shinjiro confessò al moro che il discorso fatto da Chiaki poco prima l’aveva un po’ abbattuto, nonostante avesse fatto finta che la cosa non lo preoccupasse.
Takahiro poteva ben immaginare quale fosse il motivo ed infatti, ne arrivò la conferma proprio dall’amico. C’erano alte possibilità che Chiaki potesse trasferirsi ad Osaka per frequentare il corso da lei scelto ed era probabile che non si sarebbero più potuti vedere per un bel po’.
Inoltre, Shinjiro non aveva mai confessato di essersi innamorato della ragazza e questo lo faceva sentire ancora più giù di morale, sapendo che non aveva più molto tempo per confessarlo.

-più la guardo…- sospirò ad un certo punto il giovane, fissando l’interno del negozio dove si intravvedevano le due amiche, aiutate da una commessa -…e più mi rendo conto che ho sprecato solo un sacco di tempo…-

Takahiro lo fissò pensieroso.
In un certo senso lui e Shinjiro erano simili e provavano lo stesso disagio. Perché se da un lato Takahiro avrebbe potuto frequentare la stessa università di Naoya, dall’altro a sua volta il sensei si sarebbe presto laureato, cominciando a lavorare chissà dove. E non era affatto certo che sarebbe rimasto a Tokyo. Fino a quel momento non ci aveva mai pensato e non ne aveva mai discusso col sensei. E nemmeno Naoya aveva mai accennato al suo futuro.

-ti..capisco…- rispose Takahiro annuendo –non hai idea di quanto…-

Shinjiro si voltò a guardarlo, poi, sorrise lievemente, mentre cercava di scaldarsi le mani gelide fregandole tra loro.
Con aria del tutto tranquilla esclamò –parli di Urata sensei?-

Il moro si sentì sobbalzare.
Subito aprì bocca come per ribattere, ma si bloccò a mezza strada, interdetto, non sapendo bene cosa dire per negare tutto.

-stai tranquillo, il tuo segreto è al sicuro!- continuò Shinjiro, sorridendo

-…c-come l’hai…?- chiese timidamente Takahiro

-diciamo che un po’ lo sospettavo…- spiegò –e poi, Chiaki mi ha accennato qualcosa!-

-cosa?!-

-non prendertela con lei! Sono io che ho insistito!- disse Shinjiro cercando di discolpare la ragazza –non avrebbe mai detto nulla altrimenti!-

-…-

-ad ogni modo, tra noi non cambia niente - continuò il ragazzo –sinceramente a me non interessa molto…-

-…-

- sei un amico! Il resto non conta, almeno per me!-

-Shinjiro, io…-

-quindi non sentirti in imbarazzo, ok?- concluse Shinjiro interrompendo il moro

Takahiro, visibilmente rosso in volto, abbassò lo sguardo, senza parole.
Poi, piano, chinò la testa come segno di ringraziamento verso Shinjiro che rimase lì, immobile, leggermente stupito dal gesto.
Ma non disse più una parola perché, in fondo, sapeva che non sarebbero servite e sapeva anche che Takahiro, qualunque cose lui avesse detto, avrebbe continuato a ringraziarlo all’infinito, com’era solito fare.





**





Il resto del pomeriggio, lo passarono a vedere un film. Quando fu finito ed uscirono dal cinema, erano ormai le sei di sera e si era fatto già buio.
Andarono fino alla stazione della metro di Shibuya, e lì decisero di salutarsi e che si sarebbero contattati in seguito, il venticinque Dicembre, per gli auguri ed una possibile festicciola la sera.
Takahiro prese il mezzo finché non arrivò a Ueno, all’incirca verso le sei e mezza. Leggermente assonnato, ma comunque felice di aver passato quel pomeriggio con i suoi amici, si avviò verso casa, ma quando fu davanti al proprio condominio, notò che la luce del suo appartamento era accesa.
Perplesso, inizialmente pensò che forse si era sbagliato e che non era quello ma, man mano che saliva le scale e percorreva il corridoio, si rese conto che effettivamente, era proprio casa sua.
Si domandò se per caso non avesse lasciato la luce accesa già dalla mattina (anche se gli pareva strano, visto che non aveva ricordi di averlo fatto) e, un po’ titubante, estrasse le chiavi ed aprì la porta, che fece un unico scatto, a differenza del solito, spalancandola.
Subito nell’aria avvertì uno strano profumo e sentì subito della musica, messa a volume non particolarmente alto, provenire forse dal soggiorno.
Entrando, si accorse anche che c’erano delle scarpe lasciate sul pianerottolo, accuratamente sistemate. Erano di Naoya.

-ma come…è già rientrato?!- domandò a bassa voce

Non era mai successo che Naoya rientrasse prima di lui. Anche se finiva presto le proprie mansioni a scuola, solitamente passava sempre prima a casa propria per vedere se era tutto a posto e per prendere qualcosa che gli potesse servire. In apprensione, dopo essersi messo le ciabatte ed aver chiuso la porta, corse letteralmente in salotto e voltò l’angolo, dando un’occhiata alla cucina, dove sentiva provenire l’odore.

-Naoya!- esclamò, questa volta ad alta voce

La stanza era un piccolo campo di battaglia. I fornelli erano tutti occupati da un numero svariato di pentole che bollivano, c’erano numerose ciotole di riso appena fatto e del sashimi. Solo dopo notò che sul tavolino dove di solito mangiava, c’erano già sistemati dei piatti e della roba da bere e che la musica, in effetti, proveniva dallo stereo posto vicino alla televisione.
Il sensei, al suono della voce di Takahiro, indaffarato com’era a stare attento che nulla si bruciasse, si voltò leggermente spaventato dall’improvviso arrivo del giovane, ma non appena lo vide, lo stupore si trasformò in un ampio sorriso che fece arrossire il moro senza volerlo.

-ah sei tu!- sorrise tutto allegro

Takahiro rimase in piedi, perplesso, osservando il disordine che c’era nella stanza

-s-sei tornato prima…?- domandò

-si, verso le cinque!- spiegò –sapevo che eri fuori, quindi ne ho approfittato per dilettarmi in cucina!-

-l-lo vedo- sbottò il moro sentendosi male al solo pensiero di dover pulire, più tardi

-poche chiacchiere, alle sette e mezza è pronto!- incalzò Naoya

-non un po’ presto per cenare? Ti ricordo che io ho mangiato alle due oggi!- osservò il ragazzo togliendosi finalmente il cappotto

-ed io non ho mangiato affatto!- sbottò il sensei –nella gerarchia sono io quello messo peggio! E poi ho tante cose di cui parlarti…-

-come vuoi…- sbuffò Takahiro, rassegnandosi

-dai su, vatti a dare una ripulita!- ordinò Naoya quasi come un genitore severo

-ooook!- obbedì il ragazzo dirigendosi verso il bagno

-ah, aspetta!- lo fermò il professore, smettendo per un attimo di tenere d’occhio la cottura e le pentole che bollivano

Il moro si voltò sbuffando, pensando di dover sorbirsi qualche altro ordine simile al precedente -dimmi?- domandò

Naoya lo fissò, sorridendo senza un motivo apparente.

-Takahiro!- esclamò contento -okaeri!-

-…-

Sarebbe stato molto difficile descrivere la moltitudine di sensazioni che pervasero l’animo di Takahiro dopo quelle parole.
Prima sentì malinconia, poi un’improvvisa felicità ed infine, un brivido gli corse lungo la schiena paralizzandolo così, sul posto.

-cosa…- disse con un filo di voce –cosa…hai detto?-

-okaeri!- ripeté dolcemente Naoya

-…a-ah…- balbettò il moro

Abbassò violentemente lo sguardo, mettendosi a fissare il pavimento con insistenza, pur di evitare di guardare il sensei. Chiuse gli occhi, strinse forte i pugni per di evitare che potessero trasparire le emozioni che provava in quel momento. Sentì improvvisamente gli occhi inumidirsi e fece uno sforzo enorme per evitare che potessero scendere le lacrime.
Poi fece un lungo sospiro, cercando di calmarsi. Riaprì gli occhi e tornò a guardare Naoya, ancora lì, immobile.
Gli sembrava quasi di essere tornato indietro.
Sorrise.

-tadaima!- disse infine




**




Come aveva voluto Naoya, i due cenarono alle sette e mezza precise. Anche se per cucinare aveva praticamente messo a soqquadro la casa, il sensei si era rivelato anche un ottimo cuoco e Takahiro in fin dei conti era felice che ci avesse pensato lui, stanco com’era.
Dopo aver mangiato, entrambi si diedero una mano per sparecchiare e sistemare il disordine causato in cucina, lavoro che durò una buona oretta, per poi rannicchiarsi con diletto sul divano, a guardare un po’ di televisione.
Mentre il sensei, guardava con interesse un Talk show, Takahiro ripensava un po’ a quello che si erano detti lui e Shinjiro quel pomeriggio; di come il loro futuro fosse in bilico tra una scelta e l’altra e di come, inevitabilmente si sarebbe ripercosso tutto addosso a loro.
Fissò con la coda dell’occhio Naoya, che guardava attento la televisione e non poté fare a meno di chiedersi se fosse il caso di domandarglielo o meno: se avesse l’intenzione di andarsene da Tokyo, una volta laureatosi. Era una domanda piuttosto banale ma aveva davvero paura di porgerla e non era sicuro di voler sentire la risposta.
Certo, sapeva che sarebbe stato egoistico da parte sua pensare che Naoya potesse rinunciare magari ad un buon posto di lavoro solo per stare con lui in città, senza contare che non si sentiva proprio in ruolo di chi poteva avanzare pretese in tal senso. Eppure, la sola idea di doversi separare da lui lo impauriva tantissimo.
Era sempre stato abituato a stare per conto suo, specialmente da quando era morta sua madre ma ora, che aveva trovato qualcuno con cui condividere le proprie giornate e che lo facesse sentire amato, sentiva che se fosse rimasto di nuovo da solo sarebbe impazzito.
Forse fu proprio per gli innumerevoli sospiri sconsolati che aveva fatto senza quasi accorgersene, che Naoya si rese conto di quanto pensieroso fosse, distogliendo l’attenzione dal talk show.

-ehi, tutto bene?- domandò apprensivo –ti sento sospirare…-

Takahiro si voltò a guardarlo, per poi tornare con gli occhi puntati sul televisore.

-si…non preoccuparti!- disse –stavo solo pensando-

-allora non devono essere pensieri tanto belli!- sbottò il sensei

Il moro non si era nemmeno accorto che così facendo correva il rischio di far preoccupare Naoya e questa, era l’ultima cosa che voleva.
Scosse la testa e si limitò a sorridere lievemente. – dopodomani Misako ha organizzato una festa di natale! – disse

Naoya sembrò rincuorato

-oh? Davvero?- domandò –e dove?-

-pensava che potevamo andare al ristorante dei suoi genitori- spiegò –ma ci saprà dire meglio domani!-

-capisco!- sorrise il sensei accarezzandogli la spalla

-se vuoi…- propose subito Takahiro –se vuoi puoi venire anche tu!-

Questa volta fu Naoya a tirare un lungo e pesante sospirò.
Sciolse il moro da suo abbraccio e si sistemò, mettendosi seduto meglio sul divano ed abbassando di colpo l’audio della televisione.
Guardò Takahiro, leggermente sorpreso e poi, dopo un po’ di esitazione, gli prese la mano e parlò.

-in effetti…è proprio di questo che volevo parlarti, prima…- cominciò

-…è successo qualcosa?- domandò subito Takahiro cominciando ad agitarsi –non tenermi sulle spine!-

-…ecco…-

-…?-

-stamattina mi hanno chiamato i miei genitori e… -spiegò cercando di trovare le parole giuste -…e mi hanno fatto promettere che sarei tornato a Yamagata durante questo periodo di pausa…vogliono passare un po’ di tempo in famiglia…-

Takahiro non sapeva se essere felice o meno della notizia. Abbozzò un sorriso solo per non far preoccupare ulteriormente Naoya, ma non poteva certo dire di essere al settimo cielo.

-capisco –si limitò a dire –e quando parti?-

-…la mattina di Natale!- ammise infine

Ecco fatto.
Fino all’ultimo in quei giorni, aveva aspettato che arrivassero quelle benedette vacanza Natalizie per poter passare un po’ di tempo con Naoya, ed ora i suoi programmi erano andati in fumo ancor prima che potesse iniziare a parlarne. Aveva una gran voglia di ribattere, magari con tono seccato, ma poi guardando il sensei che sembrava essere davvero molto a disagio a comunicargli quella notizia, capì che probabilmente si sentiva triste tanto quanto lui.
E poi pensò anche alla famiglia di Naoya: in effetti era piuttosto logico che volessero il figlio accanto, specialmente in quel periodo di festa. Probabilmente anche lui, se ne avesse avuta l’occasione, avrebbe fatto lo stesso.

-avrei…- sospirò –avrei voluto passare il Natale con te ma…-

-Takahiro…-

-va bene così!- lo fermò il moro –è giusto che tu stia con la tua famiglia!- sorrise

-credimi, anche io avrei tanto voluto stare con te… - esclamò Naoya abbracciandolo all’improvviso

Takahiro appoggiò la fronte sul petto del sensei, sospirando. Rispose all’abbraccio, mettendo le braccia attorno al collo dell’altro.

-non…facciamone un dramma!- sbuffò Takahiro, cercando di buttarla sul ridere

-mi farò perdonare al mio ritorno, te lo prometto!-

-ok..-

-ti scriverò non appena arrivo a Yamagata!- esclamò Naoya

-se ci tieni…-

-ti telefonerò ogni giorno!-

-…non stai esagerando, ora?-

-forse, ma non so come altro fare per farti capire che volevo davvero passare il Natale insieme…-

-…-

Naoya era davvero dolce ed era difficile tenergli il broncio anche per soli cinque minuti. Infatti, ogni volta che Takahiro ci provava, finiva sempre col cedere, sopraffatto dalla tremenda dolcezza del compagno.
Anche se questa volta sapeva di non avere nessun motivo per essere arrabbiato.
Cominciò ad avvertire un po’ di vertigini, ma subito pensò si trattasse solo di una sensazione e nulla di più. Si staccarono dall’abbraccio un po’ goffamente.
Takahiro poi si stiracchiò, leggermente su di giri –scusa, vado un attimo in bagno- disse facendo l’atto di alzarsi.
In quel momento, sentì le gambe cedere e gli venne un improvviso giramento di testa.
Per un secondo avvertì un dolore fortissimo alle tempie, talmente forte che dovette premersi le dita sulla testa, che gli martellava impazzita.
Senza rendersene conto, si sentì cadere in avanti.

-Takahiro!!- esclamò Naoya prendendolo quasi al volo, trascinandolo dalla parte opposta, verso di se.

-mmh…- sospirò il moro continuando a toccarsi la testa con insistenza

-ehi! Ehi?!- continuava a domandare Naoya, preoccupato –che ti succede?! Takahiro!!-

Gli sembrava che improvvisamente fosse diventato pallido. Aveva gli occhi socchiusi, tremava ed era rigido.
Naoya cominciò ad avere davvero paura.

-accidenti!!! Un ambulanza…dove…dove diavolo ho messo il telefono?!- esclamò agitato, cercando con gli occhi l’apparecchio, poco lontano accanto all’ingresso.

Cercò di alzarsi per raggiungerlo, ma si sentì improvvisamente tirare la camicia piuttosto forte e, spaventato, abbassò lo guardo verso Takahiro, che aveva riaperto gli occhi e ansimava.

-non…chiamare…nessuno…- disse scandendo bene le parole dalla fatica

Anche se era ancora preoccupato, vedere che almeno aveva parlato lo rincuorò un poco.

-che stai dicendo?! Tu stai male!!- sbottò – ora ti porto subito in ospedale-

-n-no! Non farlo!!- rispose Takahiro acquisendo più energia –ti prego!!-

- …-

-guarda…sto meglio, vedi?- insisté il ragazzo cercando di alzarsi e rimettersi in piedi –era solo un capogiro!-

In effetti, pareva che Takahiro stesse davvero bene, più o meno. Naoya lo fissò dal basso verso l’alto, con la faccia di uno che non credeva minimamente ad una sola parola di quanto dicesse il moro.
Il ragazzo,nonostante si fosse alzato piuttosto velocemente, sentiva ancora le gambe che gli tremavano ma cercava di resistere, per far vedere che era tutto apposto, almeno in apparenza.
In cuor suo invece, aveva preso davvero un bello spavento questa volta, specialmente perché, a differenza dei malori precedenti, era successo proprio con Naoya, che era la cosa che avrebbe voluto evitare a tutti i costi.
Dal canto suo il sensei non sapeva cosa fare. Da quando lo conosceva, sapeva per certo che quando Takahiro diceva di “non preoccuparsi” in realtà bisognava farlo eccome. Era successo innumerevoli volta quando c’era Sato.
E quella situazione era molto simile a quando l’aveva ritrovato in bagno, dopo la loro riconciliazione, pieno di lividi e bruciature.
Anche in quel momento aveva cercato di distoglierlo dall’intenzione di aiutarlo. Era tipico di Takahiro.
Sospirò pesantemente e poi, lentamente, decise di alzarsi dal divano anche lui.
Guardò Takahiro negli occhi, anche se il moro evitava in tutti i modi di fare lo stesso.
Senza dire una parola, allargò le braccia e lo strinse verso il proprio petto, lasciandolo leggermente sorpreso, perché il ragazzo si era immaginato tutt’altro tipo di reazione. Per questo, si limitò a farsi abbracciare, senza però ricambiare il gesto.

-…voglio che tu vada dal medico… -sospirò infine

-…- Takahiro non rispose

-ti prego… - lo supplicò –non sarà la fine del mondo…no?-

-…-

Certo, non era la fine del mondo andare a farsi visitare. In fondo era una cosa normalissima, che capitava a milioni di persone ogni giorno. Era pura routine e lo sapeva benissimo.
Ma aveva ugualmente paura e voleva evitarlo a tutti i costi.

-io sto bene!- insisté, cercando di essere convincente

-si, lo so…- sorrise lievemente Naoya, come per assecondarlo –ma ti prego…-

-…-

-mi spieghi come faccio ad andarmene e lasciarti qui, se sei così cocciuto? –aggiunse –passerò le giornate a preoccuparmi!-

-Sei un po’ esagerato- si limitò a dire Takahiro

-non è la prima volta che ti succede…- ricordò Naoya ripensando all’incidente a scuola

-…-

-promettimi che ci andrai!-

Questa volta il sensei sembrava davvero che lo stesse supplicando ad ogni costo.
Takahiro, nonostante fosse fermo nella sua decisione, ben presto si sentì tremendamente in colpa. Non aveva la minima intenzione di chiamare il dottore, ma allo stesso modo non voleva assolutamente mentire a Naoya. L’aveva fatto per tutto questo tempo, nascondendogli tutto ciò che riguardava i suoi attacchi, anche se a malincuore.
Sospirò amaramente, aggrappandosi al compagno, tanto da farlo barcollare leggermente. Chiuse gli occhi.

-…va bene…- disse infine abbozzando un sorriso –ma tanto sarà solo una perdita di tempo- aggiunse poi, sbuffando





**





La mattina del 25 Dicembre, Naoya si era svegliato presto. Si era alzato dal letto piuttosto tranquillamente, cercando di non svegliare Takahiro che bofonchiava dormendo.
Si lavò, fece una veloce colazione e si mise a sistemare le proprie cose in una valigia, controllando di tanto in tanto che ore fossero.
Mentre stava decidendo che tipo di indumenti avrebbe messo quel giorno, Takahiro, ancora assonnato, era improvvisamente apparso in salotto ricordandosi, solo dopo averlo visto, che quella mattina Naoya sarebbe dovuto tornare nel suo paese natale, a Yamagata.
Nonostante fosse fondamentalmente triste, cercò di fare buon viso al cattivo gioco e si mostrò piuttosto pimpante ed allegro, insistendo addirittura ad accompagnare il sensei in stazione, a prendere il treno.
Quel giorno non c’era molto movimento in città, nonostante fosse un giorno di lavoro come tanti, per moltissimi Giapponesi. Contro ogni previsione, il cielo era folgorato da un sole piuttosto tiepido e da una leggera brezza fredda che però era assolutamente piacevole.
Controllando di aver preso tutto, i due uscirono di casa e si diressero a piedi prima in metro fino alla fermata di Tokyo, per poi raggiungere la stazione dei treni, al binario dove si sarebbero salutati.
Quando arrivarono, mancano più o meno cinque minuti perché il treno arrivasse. Naoya controllò subito tutti gli orari, mentre Takahiro gongolava come un bambino, dondolando su se stesso.
C’erano pochissime persone sulla banchina, ad attendere.

Ad un certo punto, Naoya si voltò verso Takahiro- bene! Mi raccomando!- disse

-…? Ti raccomandi cosa?!- domandò il moro perplesso

-cerca di non strafare in questi giorni –spiegò il sensei –fai i compiti, studia e pensa all’università che intendi fare!-

Takahiro sbuffò scocciato –mi pare un controsenso dire di non strafare se poi mi ordini di fare tutte queste cose!-

Naoya sorrise compiaciuto –quello era Urata sensei!- aggiunse

-ooh, pensa te…- sospirò il moro -…e Naoya cosa ordina allora?-

-…-

Controllando velocemente che non ci fosse nessuno che stesse osservando la scena o che fosse troppo nelle vicinanze, Naoya si abbassò leggermente e diede un velocissimo bacio sulla guancia a Takahiro, il quale arrossi vistosamente e subito se la coprì istintivamente con la mano.

-che?che?che?che?!- balbettò imbarazzato

-ecco, questo era Naoya!- rise il giovane

-…s-sei sleale!- obiettò Takahiro

Naoya rise di gusto, quasi dimenticandosi del proprio contegno. Se ripensava al se stesso di qualche mese prima, vedeva un aspirante professore che si preoccupava decisamente troppo di come appariva e di quello che la gente avrebbe pensato di lui, mentre ora era molto più tranquillo e rilassato, questo anche grazie a Takahiro; era indubbiamente così.
In quel mentre, dagli altoparlanti venne dato l’annuncio dell’imminente arrivo del treno.
Era davvero arrivata l’ora di salutarsi.

Takahiro si ricompose e disse –beh, buon viaggio!-

-grazie! Appena arrivo ti mando un messaggio!-

-ok!-

-ah già…prima che mi dimentichi…-

Naoya frugò nelle tasche del cappotto ed estrasse un foglietto piegato in quattro. Lo consegnò a Takahiro, che lo aprì, curioso: era un numero di telefono.

-i cellulari fanno un po’ fatica a prendere, visto che abito in campagna…- spiegò –questo è il mio numero di casa!-

-…grazie ma…- cominciò Takahiro, un po’ perplesso- mi sento stupido a chiamare a casa tua, sinceramente!-

-eh?! perché?!- sbottò Naoya –dì che sei mio amico e basta!-

-…penso che mi limiterò ai messaggi!- sbottò –è meno imbarazzante…-

-come vuoi! Io tel’ho dato…- sospirò Naoya

Il treno si faceva sempre più vicino, tanto che si poteva già intravvedere la sua sagoma in lontananza.

-Buon Natale!- disse Takahiro

-…Buon Natale!- annuì Naoya –accidenti, mi manchi già, e non sono nemmeno partito!-

-…scemo!-

Rimasero in silenzio, finché il treno non fu arrivato alla fermata. Le porte scorrevoli si spalancarono, ma non scese nessuno. Naoya prese la valigia e si diresse verso il proprio vagone, ma si bloccò a mezza via, come ricordandosi di una cosa. Si voltò verso il moro, un po’ indeciso.

-mi raccomando il dottore, eh!- disse infine con tono autoritario

-ma sì ma sì, vai !- lo rassicurò Takahiro – lo chiamo!-

Naoya sorrise rincuorato e poi, un po’ goffamente a causa della valigia, entrò nella carrozza.
Takahiro sollevò il braccio e lo sventolò per salutarlo, sorridendo lievemente, mentre un improvvisa brezza fredda gli scompigliò leggermente i capelli neri.
Anche Naoya fece altrettanto, mentre le porte si chiudevano
Rimasero immobili, continuando a salutarsi anche quando il treno cominciò a muoversi.
Takahiro vide la figura del sensei farsi sempre più piccola, per poi divenire sfocata man mano che il treno prendeva velocità. Finché non divenne che un punto lontano nel paesaggio circostante.
Anche quando il treno era ormai scomparso, Takahiro aveva continuato a scuotere il braccio, un po’ triste e sconsolato.
Non appena si rese conto che ormai era inutile rimanere ancora lì, che Naoya ormai era diretto verso Yamagata, abbassò l’arto sospirando pesantemente.
La prima cosa che di domandò fu “ed ora, cosa faccio?”.
Era il giorno di Natale, le famiglia si riunivano in casa per festeggiare, i bambini aprivano i regali. Ma lui quel giorno non avrebbe festeggiato. Certo, ci sarebbe stata la festa di Misako quella sera, ma di certo, quel 25 Dicembre non era proprio come avrebbe voluto.
Poi, ripensando alle parole del sensei, estrasse d’impulso il cellulare e lo fissò.
Sapeva che Naoya ci teneva e sapeva anche che gliel’aveva promesso. Era arrivato il momento di smettere di scappare e di affrontare il problema.
In fondo, probabilmente si stava preoccupando per nulla.
Si, doveva davvero essere così.
Cercando di rassicurarsi da solo, decise infine di chiamare il dottor Kazuki. Selezionò il numero dalla rubrica ed inoltrò la chiamata.
Era Natale e non era sicuro di trovarlo, ma tentare non costava nulla. Squillò a vuoto per diverso tempo finché, quando ormai aveva rinunciato, finalmente il dottore rispose.

-pronto- disse una voce un po’ roca e profonda

-pronto! Buongiorno –salutò Takahiro con cortesia –sono Nishijima Takahiro, dottor Kazuki!-

-oh, Nishijima kun!- esclamò l’uomo cambiando improvvisamente tono e assumendone uno più amichevole –a cosa devo la chiamata?-

-mi scusi se la disturbo il giorno di Natale…- sospirò il moro –ma…mi chiedevo se potevo prenotare una visita…-

-nessun disturbo, stai tranquillo!- rispose l’uomo- visita di routine? Certo, certo… Se vuoi la possiamo già fissare!-

-sarebbe magnifico! Il prima possibile, se non è un problema!- spiegò il ragazzo

-certo! Aspetta che controllo…-

Passò qualche minuto, poi, finalmente il dottor Kazuki tornò al telefono.

-se vuoi puoi venire il ventisette! C’è posto alle tre del pomeriggio!-

-grandioso!- sorrise Takahiro, anche sapendo che l’uomo non poteva vederlo –allora vada per il ventisette!-

-fatto, ti ho segnato in agenda!-

-grazie infinite!mi scusi davvero per il disturbo…-

-disturbo? Non scherziamo! È sempre un piacere sentirti, ragazzo!-rispose l’uomo- Buon Natale dunque! e ci vediamo il ventisette!-

-certo! Buon Natale! A presto!-

Ed interruppero entrambi la chiamata.
Takahiro aveva ancora l’ansia addosso, ma doveva ammettere che non era stato così terribile come si era aspettato. Fissò pensieroso il telefono, quando si accorse che mentre aveva in corso la chiamata, gli era arrivato un messaggio.
Un po’ colpito, andò a vedere chi gliel’avesse mandato: era di Naoya.
Lo aprì senza pensarci due volte:

Ho dimenticato le chiavi dell’appartamento di casa tua (*´Д`)=з



Subito non poté trattenere una risata.
Sempre ridendo, si apprestò a rispondere subito:

Baaka! ( ̄口 ̄)
Vabbè,te le riprendi quando torni!
Buon viaggio(*^ー^)ノ




Lo rilesse due volte, insicuro di volergli davvero rispondere in quel modo, con tanto di faccine. Alla fine, si decise a mandarglielo e premé “invio”.
Chiuse il cellulare, riponendolo nelle tasche dei pantaloni, continuando a sorridere, immaginando la faccia che avrebbe fatto Naoya non appena avrebbe letto il messaggio.
Soddisfatto, dopo aver dato un ultimo sguardo al paesaggio circostante, laddove poco prima si era fermato il treno, gli venne un improvvisa sensazione di felicità.
In quel preciso momento non gli interessava più della visita medica che tanto l’aveva spaventato in quelle settimane, ne del fatto che avrebbe passato da solo sia il Natale che il capodanno.
Doveva solo godersi l’attimo e smetterla di farsi tanti problemi per niente.
In fondo, stava bene.
Ne era totalmente certo.
Ed ora non doveva fare altro che godersi quelle vacanze e aspettare il ritorno di Naoya.


 

In quel momento mi sembrava davvero di vivere una favola.
Sembrava che finalmente fosse arrivato il lieto fine anche per me.
Ancora non sapevo che il male che mi portavo dentro mi stava uccidendo lentamente.
Io e Naoya non saremmo più stati felici.
Ancora non sapevo che quei giorni spensierati non sarebbero più tornati.










NOTE:

TOKYO: Non la città, ma un distretto, come lo sono ad esempio, Shibuya e Shinjuku. Da qui partono anche gli Shinkansen e le monorotaie per Odaiba.
FUTON: Il termine futon (布団 oppure 蒲団 futon) vuol dire letteralmente "materasso arrotolato". È il materasso tradizionale della cultura giapponese, interamente in cotone, rigido, sottile e arrotolabile
BAKA: letteralmente “stupido”

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


Capitolo 10.


 

La mattina del trentun Dicembre Takahiro ricevette una telefonata dal dottor Kazuki, con la richiesta di venire nel suo studio.
L’uomo, al telefono, era sembrato subito piuttosto agitato e si era raccomandato di fare il prima possibile.
Inizialmente Takahiro aveva fatto quasi finta di nulla ma poi, in preda ad una certa ansia, decise di fare come gli era stato espressamente chiesto e quello stesso pomeriggio si recò allo studio del dottore.
Il ventisette aveva fatto, insieme alla visita medica, anche alcuni esami e una tac, per essere sicuri che fosse tutto apposto. In quel momento sembrava che in effetti non avesse nulla, ma la chiamata improvvisa dell’uomo aveva suscitato in lui qualche dubbio, confermato anche dal fatto che non appena fu arrivato, l’assistente del dottore lo fece passare avanti ad un numero considerevole di persone.
Quando entrò nello studio, il dottore si alzò subito in piedi e senza tanti preamboli, lo fece immediatamente accomodare alla propria scrivania.
Takahiro sembrava tranquillo, tutto sommato, cosa che invece non si poteva dire del signor Kazuki, che lo fissava incerto se parlare o meno.

-ecco…- aveva cominciato l’uomo- sono arrivati i risultati della tac e degli esami-

-…oh, grandioso!- commentò Takahiro con un mezzo sorriso nervoso

-…-

Per tutta risposta, l’uomo estrasse da un cassetto una busta, dalla quale poi tirò fuori alcune lastre. Accese la lavagna luminosa, sotto lo sguardo attento di Takahiro e vi posizionò la lastra, che venne illuminata, rivelando quella che era essere tac di un cranio.
Il dottore si limitò a fissarla, per poi allungare il braccio ed indicare un punto preciso della tac, più o meno vicino all’occhio destro, all’altezza della tempia.

-riesci a vederla?- domandò

-…-

Takahiro strizzò gli occhi, cercando di focalizzare quella che sembrava essere una piccolissima macchia più scura, rispetto alle altre parti del cervello.

-intende quel punto nero? -chiese a sua volta

Il dottor kazuki sospirò pesantemente e si passò una mano davanti agli occhi, profondamente sconsolato.
Distolse l’attenzione dalla lastra e guardò Takahiro negli occhi.

-quella- disse scandendo bene le parole –è una metastasi…ed è anche piuttosto estesa-

-…-
Takahiro rimase immobile a fissare la lastra.

-…metastasi?- ripeté

-…-

-c-che vuol dire?- domandò ancora, pensando di aver capito male

-…-

-dottore!- lo esortò il moro con insistenza

-…stiamo parlando…- rispose infine l’uomo -…di un tumore, un tumore maligno…-

Anche se gliel’avessero detto e ridetto milioni di volte, probabilmente se lo sarebbe fatto ripetere ancora ed ancora.
In quel momento non sapeva nemmeno lui cosa provasse. Probabilmente niente. Non sentiva assolutamente nulla, rimase immobile a fissare un punto indefinito della stanza, come svuotato di ogni emozione e pensiero.
Gli sembrò addirittura che durante quella pausa il suo cuore avesse smesso di battere, perché non riuscì più a sentirlo.
Continuava a ripetere a se stesso che c’era uno sbaglio, che aveva sicuramente capito male.
Eppure, lo sguardo del dottor Kazuki non lasciava trasparire altro che quella terribile verità.

-…e…- riprese a parlare, cercando di rimanere calmo -…quanto grave è?-

Sentì l’uomo sospirare pensa temente.
Non sapeva da dove cominciare a spiegargli l’entità della situazione.

-…vista la grandezza…direi che è da qualche tempo che si è formata…quindi presumo…- disse infine

-non intendevo…quello!- lo bloccò Takahiro, con il cuore in cola

-…-

-io…- continuò con voce sempre più flebile e tremante -…dovrò morire?-

Il dottore lo guardò piuttosto colpito da quella strana domanda.
Non che la trovasse “strana” nel senso proprio della parola, quanto si stupì del fatto che il ragazzo fosse stato così diretto da domandargli una cosa terribile come quella. Takahiro sembrava piuttosto calmo, ma il suo sguardo tradiva decisamente le sue emozioni, cercava di sembrare un adulto e di comportarsi come tale, ma dai suoi occhi traspariva solo tanta paura, addirittura solo per aver osato chiedere.

-si può operare…- disse infine il dottore, sperando di rassicurarlo almeno un po’ –ma è molto, molto rischioso…-

-rischioso? Quanto?- domandò ancora il moro

-c’è un venti percento di possibilità di riuscita –ammise –e ancora meno di riuscirci senza riportare danni celebrali permanenti-

-…c-capisco…- sorrise lievemente Takahiro

-mi…mi dispiace tanto Takahiro kun…- esclamò l’uomo

Era dispiaciuto, lo era davvero.
In un'altra situazione Takahiro si sarebbe certamente fatto prendere dal panico, urlando, disperandosi, magari mettendo a rischio la sua incolumità con qualche gesto sconsiderato.
Ma al contrario di tutte le sue aspettative, non aveva il cuore di urlare, ne di disperarsi. Anzi, non era nemmeno sicuro di averlo il cuore, in quel momento.
Subito la sua mente cominciò a vagabondare, e s’immaginò in un letto d’ospedale, con le sue migliori amiche al proprio capezzale, che fingevano di essere felici di vederlo ancora vivo. E lui, lui le avrebbe riconosciute? Avrebbe capito che erano loro? O sarebbe vissuto alla stregua di un vegetale, accudito e senza possibilità di capire cosa accadesse intorno a lui?.
E Naoya? Cosa sarebbe successo a lui? Come avrebbe reagito, come avrebbe affrontato quella situazione così assurda?
Era davvero da egoisti chiedere a tutti loro di sopportare tutto questo. Era davvero da ignobili.

-s-se io non mi opero…- esclamò all’improvviso il ragazzo, imperterrito –quanto posso continuare?-

-…-

-me lo dica per favore…-

-…hai un anno…forse anche meno –sospirò infine - dipende da quanto forte sarà il tuo corpo…-

Ecco, un altro colpo al cuore.
Doveva ammettere però, che nel male si era aspettato qualcosa di molto peggiore.
Un anno in un intera esistenza non era nulla. Eppure, in quel preciso istante capì che ogni secondo, da quel momento in avanti, sarebbe stato un conto alla rovescia, e che avrebbe dovuto agire di conseguenza.

-Se posso permettermi…operare non è del tutto da escludere …- intervenne il dottore

Takahiro scosse la testa –non lo farò. Non voglio diventare un vegetale-

-ma c’è anche una possibilità di riuscita, come ti ho detto-

-ho deciso- disse fermo -mi dica solo cosa dovrò fare d’ora in avanti…-

Dato che il moro sembrava terribilmente sicuro della propria decisione, il dottor Kazuki non poté fare altro che accettarla. Certo, capiva perfettamente che per un ragazzo così giovane dovesse essere difficile. Takahiro avrebbe potuto avere ancora un’intera vita davanti, ma come l’avrebbe vissuta sarebbe stata un’incognita, forse troppo grande da poter sopportare.
Rimasero a parlare a lungo: il dottore gli spiegò come avrebbe dovuto affrontare la sua malattia, cosa avrebbe comportato la scelta che aveva deciso di compiere e, ovviamente, come avrebbe dovuto comportarsi con la gente che gli sarebbe rimasta accanto da lì in avanti.
Ma mentre l’uomo parlava, Takahiro pensava ad altro e seguiva i discorsi solo a spazzi. I suoi pensieri erano altrove.

-c’è…c’è una clinica specializzata a Yokohama…dove per altro opero molto spesso- disse ad un certo punto il dottore

-…-

-per i primi tempi si tratterà di fare esami e controlli…- continuò- ma poi sarà necessario che tu venga ricoverato. Le cure mediche ti permetteranno di alleviare il dolore-

Takahiro annuì senza interesse

-la cosa più importante ora è avvertire tuo padre!-

A quelle parole, il ragazzo sembrò saltare su dalla sedia. Lanciò uno sguardo stupito ma allo stesso tempo arrabbiato, in direzione del dottor Kazuki che, probabilmente, si era aspettato una reazione simile.

-mio padre deve starne fuori- obiettò il ragazzo

-Takahiro kun…- sospirò il medico -…per il ricovero serve un consenso, e tu sei ancora minorenne… bisogna che qualcuno provveda alle spese-

-…-

-Inoltre…è tuo padre…per quanto le scelte che ha fatto possano essere discutibili, ha il diritto di saperlo…-

-non deve assolutamente sapere nulla- tagliò corto il giovane –nei documenti del ricovero non si accenna al motivo della degenza, non è vero?-

-…Takahiro kun…-

-bene, basterà mandargli tutto via fax. Tanto, lui è talmente preso dal suo lavoro che firma qualunque foglio senza nemmeno leggerlo…- sospirò amaramente il ragazzo

-…-

-la prego, non gli dica nulla- chiese cortesemente in seguito

-…ma tu vuoi affrontare tutto questo da solo?- domandò quasi subito dopo, il dottor Kazuki

Takahiro abbassò violentemente lo sguardo.

-perché se è questo, quello che vuoi fare…- continuò il medico –ti ucciderai con le tue stesse mani…-

-…-

Takahiro capì quasi subito ciò che il medico voleva dirgli, ma pensò che in fin dei conti a lui non sarebbe cambiato nulla.
Entrambi si guardarono negli occhi. Il moro sembrava davvero deciso ad andare fino in fondo, tanto che alla fine, il medico dovette cedere.
Con una calma apparente, il dottor Kazuki chiamò subito la segretaria e gli disse di preparare dei certificati medici da utilizzare nei primi tempi, per le assenze eventuali da scuola. Poi prenotò a Takahiro delle visite di controllo alla clinica di Yokohama.
Il tutto durò più o meno un’altra interminabile ora, finché il ragazzo, stanco, non poté finalmente andarsene.
Poco prima che uscisse dallo studio del medico, l’uomo lo guardò ancora un po’ perplesso.

-…vuoi che ti accompagni a casa?- domandò gentilmente

Ma Takahiro scosse il capo –vorrei…fare due passi…-

Il dottore non rispose; si limitò a fare un leggero cenno di saluto. Ma prima che il moro si congedasse definitivamente, si ricordò di una cosa e lo fermò nuovamente.

-ah, Takahiro Kun…- disse

-…?-

-nel caso tu cambiassi idea…sull’operazione… - spiegò –sappi che anche per quella possibilità c’è un limite di tempo…-

-…-

-…-

-grazie, dottore- si limitò a dire il giovane






**





Takahiro, nel corso della sua vita che ormai sorprendentemente poteva dirsi conclusa, ne aveva passate tante.
Aveva visto l’amore dei suoi genitori sgretolarsi davanti agli occhi, era cresciuto con l’incognita di essere un peso per sua madre, e l’aveva vista andarsene così, in un giorno di pioggia e per un incidente assurdo.
Ma aveva anche indubbiamente passato momenti felici, e questo grazie a Misako, che gli voleva bene come se fossero fratelli, a Chiaki, che avrebbe fatto di tutto per lui, a Shinjiro, che aveva scoperto essere un vero amico, e…
Al solo pensiero di Naoya, gli venne un terribile nodo allo stomaco, talmente forte che, mentre camminava lungo i viali di Ueno per tornare a casa, dovette quasi fermarsi e fare un lungo sospiro.
Per strada la gente era piuttosto euforica e gli addobbi natalizi avevano lasciato il posto a quelli per l’imminente nuovo anno.
Takahiro si soffermò a guardare un enorme grattacielo con la scritta “happy new year” che si illuminava ad intermittenza, colpito senza motivo da quel turbinio di luci e di colori.
Lui avrebbe potuto vedere ancora tutto questo? Si domandò ad un certo punto, distogliendo improvvisamente lo sguardo dall’insegna.
Ci mise un bel po’ a raggiungere il proprio appartamento. Quando arrivò e fu finalmente a casa, non appena solcò la soglia, la prima cosa che fece fu quella di non accendere nessuna luce.
Senza curanza, si spogliò del cappotto e lo buttò per terra, in un angolo del salotto. Dal balcone, nonostante le tende bianche tirate, si intravvedevano le luci della città, che si riflettevano sul muro della casa.
Si avvicinò alla finestra e, lentamente, appoggiò la fronte al vetro gelido, sospirando pesantemente.
Sorprendentemente era piuttosto calmo e la cosa, doveva ammettere che lo spaventava molto di più del sapere di avere un tumore al cervello.
Pensò che forse era perché tutto sommato l’aveva sempre saputo, fin dal primo malore, che in lui ci fosse qualcosa di anomalo e che fosse proprio per questo che non riusciva a disperarsi.

In quel momento, un suono penetrante e a tratti fastidioso, interruppe il silenzio nell’appartamento.
Takahiro si staccò dalla finestra e diede subito un’occhiata al cappotto: era il suo cellulare.
Con il cuore in gola, pensando che potesse essere Naoya, andò a vedere chi lo stava chiamando, frugando nelle tasche. Era il numero Misako.

Schiarendo la voce, infine rispose –…pronto?-

-hei Takahiro!- esclamò Misako dall’altra parte –allora, sei pronto per stasera?-

Il ragazzo sembrò cadere dalle nuvole.

-s-stasera?-

-c’è la festa di capodanno!!- gli ricordò Misako, paziente -a Shibuya!-

Quel pomeriggio era successe così tante cose che quella l’aveva completamente dimenticata. Rimase in silenzio con il telefono attaccato all’orecchio, senza sapere cosa dire.
Sospirò pesantemente, passandosi per istinto una mano sulla fronte.

-ah già- tagliò corto -…scusami, ma…non me la sento di venire…-

Anche se non poteva vederla, poteva anche solo immaginare la faccia che aveva l’amica in quel momento.

-come sarebbe?! È capodanno!- brontolò al telefono –avevamo programmato tutto…-

-si lo so…- disse il ragazzo –ma…mi sento poco bene…-

-eh? stai male? – domandò Misako

-ho…preso un raffreddore e…ho qualche linea di febbre- spiegò mentendo spudoratamente

-…vuoi che venga da te? Hai bisogno di qualcosa?-

-non ti preoccupare –esclamò Takahiro –andate pure alla festa e divertitevi!-

-…ne sei sicuro?-

Takahiro dapprima si domandò perché Misako gli avesse fatto una domanda del genere, in un contesto dove non centrava assolutamente nulla.
Poi ci arrivò e capì che l’amica non aveva creduto nemmeno per un momento alla bugia del ragazzo. Dal canto suo, Takahiro non aveva la minima voglia di festeggiare il capodanno e,tantomeno, di spiegare il perché del suo rifiuto.

Senza aggiungere altro, con un tono un po’ irritato, rispose semplicemente -…si-

Misako rimase in silenzio, e il moro, temendo di aver esagerato con il tono, decise di aggiungere dell’altro -divertitevi…e scusami-

-non preoccuparti…- rispose Misako –riposati eh!-

-si…ciao…-

-ciao…-

Fu Misako ad interrompere la telefonata.
Takahiro, non appena lei mise giù il telefono, si sentì subito un vero e proprio mostro. Gli sembrò quasi di risentirsi e capì che Misako doveva esserci davvero rimasta male.
Però nonostante sapesse di essere in torto marcio, si rese conto che non gli interessava nulla. Era una sensazione che non aveva mai provato.
Lasciò cadere il telefono dalla mano, che andò a sbattere sul pavimento con un tonfo sordo.
Senza che se ne accorgesse, si erano fatte le otto di sera, e fuori era già buio pesto. Visto che la festa era saltata avrebbe dovuto cucinarsi qualcosa, ma non sentiva di avere fame.
Si trascinò in cucina ed aprì il frigo: c’era poco e nulla. Quella mattina non aveva fatto la spesa ed era rimasto solo del pesce e qualche bottiglia di birra, comprata a Natale.
Sena pensarci troppo, prese una delle bottiglie e la aprì, sorseggiandone un po’. Subito gli vennero in mente tutti i discorsi che gli faceva Naoya riguardo il bere e non poté fare a meno di sorridere.
Si diresse verso il salotto e si buttò sul primo divano che trovò a disposizione, non curante che, nel farlo, aveva spanto un po’ di birra in giro. Sospirando amaramente, ne bevve dell’altra guardandosi un po’ intorno.
Mentre tutti sarebbero stati fuori a festeggiare il nuovo anno, lui sarebbe rimasto lì, solo, a chiedersi perché fosse capitato a lui, proprio quando era riuscito a trovare un po’ di felicità.
A domandarsi cosa avesse fatto di male per meritarsi tutto quel dolore.
Mancavano pochissime ore e tutta la città era già in subbuglio. Se si sforzava, riusciva addirittura già a sentire i primi schiamazzi di allegria dei giovani che stavano andando fuori per divertirsi, e i primi fuochi d’artificio di preparazione.
In quel momento si chiese cosa stesse facendo Naoya, dove fosse, con chi fosse, e se era felice.
Era tutto così ingiusto…
Senza rendersene conto, probabilmente anche per via della birra che cominciava a fargli un certo effetto, sentì gli occhi inumidirsi all’improvviso, talmente tanto, che dovesse passarsi una mano per asciugare le lacrime.

-tsk…- sbottò Takahiro tra sé, tirando su col naso

Tutti, quella sera sarebbero stati felici.
Tutti avrebbero accolto il nuovo anno con gioia e tante aspettative.
Mentre per lui, non era altro che l’inizio della fine.

-…a-auguri Takahiro…- sospirò, mentre le lacrime scendevano involontarie, alzando un braccio verso il soffitto con in mano la bottiglia, come per brindare

Non gli importava di morire. Non gliene era mai importato nulla, specie da quando era morta sua madre.
Aveva sempre pensato che la morte fosse solo un altro passo da compiere e che in fin dei conti, prima o poi tutti dovevano percorrere questa strada.
Ma allora perché, nonostante tutto sentiva quel dolore lancinante al petto?. Perché in quel preciso momento desiderava ardentemente di vivere?.
Perché era cambiato così radicalmente?
Non riusciva più a riconoscere se stesso.

-…questo sarà il tuo ultimo capodanno…- disse infine tra i singhiozzi


Era finito tutto ancor prima che cominciasse.






**





Durante tutta la notte del trentuno Dicembre, mentre nelle grandi città si festeggiava con stile, tra spettacoli pirotecnici e live show, in campagna i festeggiamenti si erano rivelati molto più contenuti e sobri.
Nonostante Yamagata fosse, tutto sommato, una cittadina piuttosto grande, nelle campagne circostanti la febbre del nuovo anno si era affievolita piuttosto velocemente grazie ad una improvvisa nevicata che aveva dato un bel daffare a molti dei cittadini che, di prima mattina, avevano cominciato a spalare i propri marciapiedi ed a sghiacciare le macchine.
La casa dei genitori di Naoya era piuttosto spaziosa e dotata di due piani. In giardino, la famiglia possedeva un bell’orto, un allevamento di polli ed erano proprietari di ben due campi di risaie.
I signori Urata vivevano molto semplicemente e non amavano particolarmente le grandi città, ma quando c’era stata la possibilità di mandare il figlio a Tokyo, per gli studi, non avevano esitato un attimo, pensando che solo così avrebbe potuto ottenere un buon impiego e farsi una carriera.
Dal canto suo, Naoya era stato felice di poter andare nella capitale, anche se durante il primo periodo gli era sembrato un mondo troppo vasto per uno come lui, abituato a ben altro ambiente.
Inutile dire che quando aveva annunciato ai genitori del suo stage nella scuola di Hibiya, i due erano al settimo cielo dalla contentezza.
La notte di capodanno comunque, il ragazzo aveva passato una piacevole serata con alcuni amici di vecchia data, in un locale a Yamagata e, nonostante quella mattina avesse voluto dormire beatamente fino a tardi, venne bruscamente svegliato dalla sorella minore, perché aiutasse i genitori a spalare la neve accumulatasi quella notte.

-mi raccomando, Naoya, compattala bene in quest’angolo!- aveva esclamato il padre indicandogli come dovesse fare

-…yaaaawn, certo…- sorrise Naoya, sbadigliando

-Ehi uomini, non esagerate con tutto questo spalare!- aveva sbottato una donna, poco distante, dalla finestra di casa

-abbiamo quasi finito!- rispose il figlio salutandola

La madre di Naoya, una donna un po’ minuta ma piuttosto bella, sorrise compiaciuta e chiuse la finestra della cucina che si affacciava proprio davanti a dove padre e figlio stavano lavorando.
Si rimise subito ai fornelli, intenta a preparare il pranzo, quando il telefono squillò all’improvviso.
Visto che aveva le mani occupate dalla pastella dell’okonomiyaki, si diede uno sguardo intorno.

-Mari chan! Mari chan!!- esclamò ad alta voce –il telefono!!-

Ci fu una risposta in lontananza, qualcosa come un “ok”, e il telefono finì di squillare.
La donna tornò al proprio lavoro e in quel momento Naoya sbucò dalla porta della stanza, tutto infreddolito e con addosso ancora cappotto e sciarpa.

-Brrr, che freddo!!!- esclamò rabbrividendo

-dove hai lasciato tuo padre?- domandò la donna, ridendo

-si è messo a parlare col vecchio Shigeo- spiegò il giovane –io sono riuscito a svignarmela!-

-beh, allora che ne dici di aiutarmi a preparare la tavola?- chiese

Naoya annuì e, dopo essersi spogliato velocemente, cominciò a tirare fuori piatti e bicchieri.

-ehi, fratessore!- esclamò all’improvviso una voce femminile.

Dalla stessa porta dove era entrato Naoya, apparve anche una ragazzina: era Mari, sua sorella che, aveva notato il ragazzo una volta, aveva esattamente la stessa età di Takahiro.
La ragazza rimase qualche istante a fissare il fratello, che aveva fatto finta di non sentirla.

-c’è il telefono!- aggiunse poi

Naoya finalmente si voltò verso di lei, un po’ stupito –il telefono? Per me?- chiese

-è uno studente della scuola per cui lavori… -spiegò – o almeno così mi sembra…-

-uno studente?!-

-ma non ti lasciano stare nemmeno in vacanza…?- sospirò la madre

-cosa devo dire? gli dico di richiamare o ti sbrighi?!- domandò ancora la giovane, leggermente scocciata

-vacci piano, vipera!- sbottò il ragazzo stizzito –aiuta mamma, intanto!-

Mari alzò gli occhi al cielo ma non disse più una parola.
Naoya uscì di fretta dalla cucina e si diresse in salotto, dove c’era l’unico telefono dell’intera casa. Quando prese in mano la cornetta, non seppe se rispondere subito o no.
Poi, si fece un po’ di coraggio e disse –…pronto?-

Ci volle un po’ prima che qualcuno, dall’altra parte, si decidesse a rispondere.

-Naoya- sospirò infine una voce, un po’ roca

-T…Takahiro?- azzardò il sensei, non sicuro che fosse davvero l’amico

-…e chi vuoi che sia?!- aveva sbottato l’altro

Il giovane non poté fare a meno di sorridere non appena ebbe la certezza che quello al telefono era Takahiro. Istintivamente, si guardò intorno per vedere se c’era qualcuno nelle vicinanze, poi, con voce piuttosto bassa, riprese a parlare più tranquillo.

-scusami! Ma sono sorpreso! mi sembrava che ti scocciasse il fatto di chiamarmi a casa, o sbaglio?- domandò scherzando

-…-

-Takahiro?-

-…infatti è così…- si affrettò a dire il moro dall’altra parte –ma…avevo voglia…di sentire la tua voce…-

Non sapeva bene come spiegarlo, ma gli sembrava che nel tono di Takahiro ci fosse qualcosa che non andasse.

-anche io avevo voglia di sentirti –rispose Naoya, cercando di ignorare quei pensieri –hai passato un buon capodanno?-

-…non è stato male!- rispose il ragazzo

In quel momento, Takahiro si trovava steso per terra, circondato da un bel po’ di lattine di birra. Aveva la propria schiena appoggiata alla porta d’ingresso dell’appartamento: quella mattina aveva tentato di uscire, ma non ce l’aveva fatta.
Non appena si era svegliato, dolorante e con la testa che gli scoppiava, il suo primo pensiero era stato quello di chiamare Naoya, di sentirlo. Così, ricordandosi che il sensei gli aveva lasciato il numero di casa, dopo qualche esitazione si era deciso.

-appena torno mi farò perdonare l’assenza, te lo prometto!- disse Naoya allegramente

-mh, si ok!- sorrise lievemente Takahiro, mentre a stento riusciva a trattenere i singhiozzi

Naoya sembrava essersi accorto che qualcosa non andava -…ehi ma..va tutto bene?- aveva domandato

-s-si,tranquillo –si limitò a rispondere

-hai bevuto? Hai una strana voce…-

-giusto qualche lattina- sospirò Takahiro con una punta di ironia

-lo sai che non dovresti! E poi sei ancora minorenne!!- obiettò il sensei

-e falla finita…era capodanno, no?-

-ah già…alla fine hai chiamato il dottore? sei già andato?- domandò Naoya cambiando discorso

-…-

In quel momento Takahiro spalancò violentemente gli occhi, che fino a quel momento aveva tenuto chiusi per cercare di non farli lacrimare. Non appena li aprì, le sue guancie vennero rigate all’improvviso e non riuscì più a trattenersi. Si mise una mano sulla bocca, per evitare che l’altro potesse sentire i suoi singhiozzi di pianto. Poi, mise la stessa mano sopra l’apparecchio telefonico e tirò su col naso, cercando di darsi un po’ di contegno.

-Takahiro?- domandò Naoya

-s-si sono andato!- rispose infine, velocemente –è…è tutto a posto!- mentì

-hai visto? e tu che non volevi andarci!- rispose l’altro, evidentemente contento –non è stata la fine del mondo, no?-

-…già, non lo è stata- sorrise amaramente il moro

Per qualche istante nessuno dei due parlò.
Naoya si stava ancora domandando se il ragazzo stesse davvero bene, visto che dal tono pareva tutto il contrario, mentre Takahiro dal canto suo, era felice di aver sentito la voce del sensei, che sembrava anche di ottimo umore.

-…Naoya?- domandò ad un certo punto

-dimmi!-

-…forse, non te l’ho mai detto ma…- cominciò cercando di formulare bene la frase

-…-

-…ti amo- concluse, mentre le lacrime non si fermavano –ti amo tanto…-

Naoya rimase immobile sul posto dopo quelle parole.
Takahiro non era mai stato abile nell’esternare i propri sentimenti. Certo, Naoya sapeva di piacergli, ma in tutto quel tempo che erano stati insieme, non gli aveva mai sentito dire niente del genere e la cosa, doveva ammetterlo, lo aveva leggermente spiazzato.
Diede un’occhiata in giro, sperando sempre di essere solo. Sentì Mari che si lamentava, in lontananza.

-anche io- sorrise infine, stupendosi di se stesso e della sua improvvisa audacia –ma come mai tutto questo sentimentalismo?-

-così, mi andava di fartelo sapere- rispose Takahiro

-…mi manchi!- aggiunse poi Naoya, visto che erano entrambi in ballo

Il sensei non poteva saperlo, ma quel “mi manchi” ebbe un effetto non particolarmente positivo verso Takahiro. Il moro si strinse ancora di più su se stesso, cercando di contenere il più possibile le emozioni.

-a…anche tu!- si affrettò a dire

-grazie della chiamata!- disse Naoya –mi hai reso davvero felice!-

-…-

-ora devo mettere giù…i miei hanno bisogno di una mano!- spiegò velocemente, vedendo il padre che stava rientrando dal giardino -torno presto, aspettami mi raccomando!-

-…o-ok…-

-ciao!- salutò il sensei

Prima che Naoya mettesse giù il telefono, sentì un “aspetta” appena sussurrato, di Takahiro.
Il ragazzo rimase in attesa, leggermente interdetto e con la mezza paura che il padre potesse in qualche modo sentirli.

-dimmi, che succede?- domandò, visto che il moro non si decideva a parlare

-…-

-Takahiro?-

Dall’altra parte, il moro era lì, immobile.
Non aveva il coraggio di interrompere quella telefonata. Sapeva che se lo avesse fatto tutto sarebbe finito. Sapeva che non avrebbe mai più sentito il suono dolce della sua voce.
Quella notte, aveva capito cos’era meglio per entrambi, cos’era meglio per Naoya. Ci aveva pensato e ripensato, ed era stato difficile dover scegliere, ma alla fine, l’unica cosa che gli interessava era che Naoya, che l’aveva aiutato e amato, potesse essere felice. E c’era solo un modo per poterlo fare.
Anche se questo avrebbe significato perderlo.
Singhiozzò più forte, allontanandosi dal telefono per qualche istante, incapace di rispondere.
Aveva riflettuto molto, aveva persino pensato di dirgli tutto quanto e farsi aiutare. Ma sarebbe stato troppo egoista e lui non voleva essere un peso. Ancora una volta.
Gli aveva dato così tanta serenità, probabilmente senza nemmeno meritarla, che voleva ricambiare in qualche modo.
E proprio per questo doveva sparire dalla sua vita.

-ehi, ci sei?- domandò ancora Naoya, che attendeva

-ah…- sospirò infine Takahiro –n-nulla, scusami…-

-beh, allora ci vediamo al mio ritorno!- salutò nuovamente il sensei

-S-si…-

-ciao, Takahiro!-

-…grazie…-

-…-

-…sayounara, Naoya…- disse infine con un sussurro, mettendo giù di colpo la chiamata

-...e-eh?!-

Naoya, rimase a fissare l’apparecchio del telefono piuttosto perplesso. Aspettò, pensando che Takahiro fosse ancora in linea, ma poi sentì chiaramente il segnale libero e capì che doveva aver messo giù il telefono.

-…ma che diavolo?!- sbottò -…ha detto…sayounara?- pensò poi ad alta voce

Takahiro era un ragazzo strano e pieno di risorse, ed era anche per questo che gli piaceva.
Ma doveva ammettere che quella chiamata, invece di confortarlo, gli aveva lasciato addosso una strana inquietudine. Ebbe il forte impulso di richiamarlo, e così fece, per farsi spiegare.
Ma non appena compose il numero di telefono, partì la segreteria telefonica.
Senza pensarci, compose anche il numero del cellulare, ma anche quello squillò a vuoto.
Dopo circa cinque minuti di tentativi falliti, mise finalmente già il telefono, ancora più perplesso di prima.

-…probabilmente è uscito?- si domandò

Non ebbe il tempo di preoccuparsi oltre, perché la voce della madre, proveniente dalla cucina, lo distolse momentaneamente dai propri pensieri. Sospirando, ancora un po’ incerto, si diresse nell’altra stanza ma non prima di aver dato un’ultima occhiata pensierosa al telefono.

Nel frattempo, Takahiro era rimasto a fissare il proprio cellulare, impassibile, anche quando il sensei l’aveva richiamato. Aveva avuto il forte desiderio di rispondere ma ormai aveva deciso e non poteva più tornare indietro.
Aveva pianificato ogni cosa, più o meno. Aveva capito che, se voleva che Naoya potesse essere felice, l’unica soluzione sarebbe stata quella di farsi odiare e di sparire di conseguenza.
Il suo piano era appena cominciato.
E l’avrebbe portato avanti fino alla fine. Fino alla sua dipartita.
Già. Forse, dopo tutto, era proprio quello che voleva.
Sparire.



 

E così, tra i tormenti, tra le ore passate a chiedermi se fosse davvero la cosa giusta, io, infine, sparii.
Mi sono disperato tante volte della mia scelta, tantissime.
Eppure, non mi sono mai pentito di averla fatta.
Avevo deciso passare il poco tempo che mi restava da solo.
Sperando che Naoya, da qualche parte, potesse essere felice.
Sperando che potesse dimenticarmi











NOTE:
OKONOMIYAKI: è un piatto agro-dolce giapponese che ricorda nella forma il pancake americano. Vi sono diverse varianti di questa pietanza, fra queste si è distinta quella cucinata nella regione del Kansai, tanto che frequentemente l'okonomiyaki viene chiamato la "pizza di Osaka".
SAYOUNARA: E’ una forma di saluto. Può voler dire “arrivederci” ma anche “addio”.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


Capitolo 11.


 
Le vacanze natalizie erano passate con una velocità quasi impressionante. Solo ieri sembrava vano appena iniziate, che di punto in bianco studenti e professori si erano ritrovati a doversi svegliare presto e tornare alla solita routine quotidiana.
Alla Hibiya High School il nuovo semestre era iniziato senza particolari intoppi e l’atmosfera che regnava quel giorno era piuttosto tranquilla, anche se molti studenti non erano ancora entrati in feeling da studio.
Tra questi, ovviamente quelli del terzo anno erano i più sottopressione, poiché presto ci sarebbero stati gli esami e si sarebbero diplomati entro Giugno. Come gli avevano ricordato innumerevoli volte gli insegnanti, durante la lezione della prima ora i ragazzi avrebbero dovuto consegnare i nomi delle università che intendevano fare dopo il liceo.
Nonostante fosse comunque il primo giorno e non ci fosse ancora molto lavoro da fare, al contrario dei suoi colleghi, Naoya non sembrava affatto entusiasta di essere rientrato, come invece aveva pensato fino a poco tempo prima.
Takahashi sensei aveva cercato di coinvolgerlo in una discussione con altri professori, ma lui, non dell’umore per socializzare, si era rintanato alla propria scrivania, in attesa che iniziassero le lezioni.
Secondo il calendario gli sarebbe toccata la classe 3-A.
Ma la cosa, sinceramente, lo infastidiva parecchio.

Dal quel primo Gennaio, dal giorno in cui Takahiro lo aveva chiamato sorprendentemente a casa dei suoi, erano passate ben due settimane.
Ed in tutto quel tempo, non era ancora riuscito a mettersi in contatto con il ragazzo.
Era rientrato a Tokyo, il quattro. In quei giorni aveva provato a chiamare Takahiro e gli aveva anche mandato un numero considerevole di messaggi, perché si potessero incontrare. Non aveva mai ricevuto alcuna risposta.
Visto che non aveva le chiavi di casa del moro, era tornato al suo appartamento, ma una volta lì, aveva continuato e continuato a contattare il ragazzo, sperando che rispondesse.
Ma Takahiro sembrava essere sparito completamente.
Il giorno prima era andato, leggermente furibondo, a casa sua, per avere spiegazioni, ma non l’aveva trovato. Aveva chiesto ai vicini, che, leggermente preoccupati gli avevano detto:” durante il pomeriggio Nishijima Kun non c’è mai” e “è più facile trovarlo la mattina”.
Si era fatto innumerevoli domande e considerazioni ma non riusciva proprio a capire come fosse possibile che il ragazzo si facesse negare in quel modo. E soprattutto, non riusciva a capire il perché di quello strano comportamento.
Piuttosto adirato, quando suonò la campanella per l’inizio delle lezioni, si alzò dal posto e, scocciato, si diresse verso l’aula assegnatagli.
Quando entrò, c’era il solito viavai di studenti intenti a rimettersi ai propri posti. Molti erano contenti di vederlo ma quando si resero conto, dal modo acido con cui li aveva salutati, che non era di buon umore, smisero tutto d’un tratto di fare baccano e rimasero in silenzio, senza dire una parola.
Naoya si sedette alla cattedra, sistemò le proprie cose ed aprì il registro.


L’intera classe si era aspettata che il professore domandasse loro com’erano andate le vacanze o che gli raccontassero cosa avevano scelto come università, ma alle parole del sensei l’entusiasmo svanì di colpo, lasciando il posto alla serietà.

-bene, facciamo l’appello…- esclamò

Tutta l’aula annuì in silenzio, e il sensei cominciò a dire ad alta voce i cognomi degli studenti, i quali, non appena sentivano il proprio, dicevano “presente” oppure “si”.

-Kyoufuji- continuò Naoya imperterrito

-presente!-

-Mizuno-

-presente!-

-Momoi-

-si!-

-…- non appena fu arrivato al nome successivo, tirò un lungo sospiro – Nishijima-

Ci fu il silenzio totale.
Naoya aspettò qualche istante, poi alzò lo sguardo in direzione del posto di Takahiro: quando era entrato non ci aveva fatto molto caso, perché arrabbiato, ma non si era minimamente accorto che in effetti, il banco era vuoto. Cercando di non dare troppo nell’occhio lanciò uno sguardo a Misako e Chiaki, che a loro volta si guardavano perplesse tanto quanto il professore. Probabilmente anche per loro era una novità il fatto che Takahiro non fosse venuto.
Si domandò se fosse il caso di aspettare, magari era in ritardo.
Poi però si ricordò anche che era a dir poco furibondo con lui e, dopo aver scosso la testa, disse semplicemente – assente, dunque- e continuò con l’appello.





**





La situazione non migliorò il giorno successivo. E nemmeno quello dopo ancora.
Per tutta la settimana Takahiro rimase assente dalle lezioni. Senza demordere, per tutto quel tempo provò in continuazione a chiamarlo, ma ovviamente senza risultati.
Malauguratamente in quel periodo era anche molto impegnato quindi oltre a sperare nel fatto di poterlo sentire via telefono, non poteva fare più di tanto.
L’unica notizia che gli era arrivata, l’aveva saputa per caso dal coordinatore della classe 3-A; a scuola era arrivato un certificato medico dove si diceva che lo studente sarebbe rimasto assente per una settimana.
Così Naoya lasciò che passasse il weekend, durante il quale era tornato a Yamagata per recuperare le ultime cose che aveva lasciato lì, sempre col cellulare a portata di mano.
Il lunedì successivo, sicuro di trovarlo a lezione, si era preparato tutto un discorso profondo da dire al moro non appena lo avrebbe visto: si fermò addirittura a pensare all’idea di prenderlo a pugni davanti a tutti gli studenti nonostante, ovviamente, fosse una cosa assolutamente da evitate.
Ma quando, dopo la ricreazione, fece il suo ingresso in aula notò che, oltre a Takahiro, quel giorno anche Misako e Chiaki erano assenti.
E lo furono per i due giorni successivi.
Al rientro delle ragazze, il giovedì, Naoya aveva rinunciato completamente a capirci qualcosa di tutta quella situazione.
Se durante il primo periodo le due studentesse gli erano parse preoccupate del fatto che Takahiro fosse assente, ora sembravano piuttosto tranquille e, cosa che aveva notato in seguito, evitavano costantemente di rivolgerli la parola, come erano invece solite fare fuori dall’orario scolastico.
E, ovviamente, puntuale come un orologio, quello stesso giorno arrivò un secondo certificato medico, dove si prolungava l’assenza di Takahiro di un’altra settimana.
Naoya non sapeva se ridere o meno di tutti quei fatti assurdi che erano successi da quando era tornato a scuola. Ironicamente, sembrava che tutti stessero facendo del loro meglio per evitarlo, e faticava a capirne il motivo.
All’inizio si era domandato se Takahiro non ce l’avesse avuta con lui per via della sua lunga assenza, ma in seguito aveva cercato di togliersi quel pensiero dalla testa: non era il tipo da comportarsi in quel modo. Inoltre, non era una buona giustificazione per saltare tutti quei giorni di scuola. Erano arrivati ben due certificati, ma, stando a quanto dicevano i vicini di casa del ragazzo, a loro sembrava che stesse bene,almeno quando riuscivano a vederlo.
Sapeva che non era normale indagare così affondo nella vita privata di una persona, ma aveva davvero voglia di capire cosa stesse succedendo, così all’improvviso.
Così, un giorno, durante la pausa pranzo, il caso volle che Misako e Chiaki stavano chiacchierando tranquillamente lungo il corridoio, proprio accanto al’ingresso della loro aula. Naoya, diretto in sala insegnanti, volle subito cogliere la palla al balzo e, cercando di fare l’indifferente, andò a parlargli.

-buongiorno ragazze!- salutò cordialmente

Le due, dapprima si diedero un’occhiata nervosa, poi, sorrisero lievemente e ricambiarono –buongiorno sensei-

Il bello di tutta quella messa in scena, era che Naoya non aveva argomentazioni valide per continuare quella conversazione, e nemmeno le ragazze.
Difatti rimasero a guardarsi per qualche momento, incerti sul da farsi. C’era uno strano imbarazzo tra loro, assolutamente anormale. Sembrava quasi che non si conoscessero.
Visto che bisognava agire, e visto anche che era piuttosto stanco di perdere tempo, stando attento di non essere sentito, cominciò a parlare un po’ più direttamente.

-è da un po’ che Nishijima kun è assente –disse evitando di tradire le proprie emozioni –voi ne sapete qualcosa?-

A quelle parole, Misako era impallidita e guardò il sensei con uno sguardo misto tra l’impaurito e lo stupito.
Chiaki invece era rimasta piuttosto calma, anche se al nome dell’amico aveva fatto una strana smorfia. Naoya pensò di aver colto nel segno.

-a-ah si…- cominciò Misako, nervosa –sta male…-

-oh, davvero?- domandò Naoya –e che cos’ha?-

-…e-ecco…-

In quel momento gli sembrò che la ragazza fosse sul punto di sentirsi male. Proprio prima che potesse rispondere, Chiaki la prese per un braccio, cercando anche di sorreggerla. Naoya era ancora più confuso di prima.
Chiaki raggelò il professore con il solo guardo.

-basta così, sensei- disse ferma –ho capito cosa vuole chiederci…-

-…-

-ora le spiego tutto-

-…-

-Chiaki…- sospirò Misako contrariata

Naoya fissò la ragazza, un po’ incredulo: Chiaki di solito era molto riservata e timida, tant’è che era sempre stata Misako quella “forte” della situazione. Ma ora le parti sembravano invertite, tanto che il sensei non sapeva davvero come comportarsi.

-le basti sapere questo- tagliò corto la giovane, molto seria

Il professore rimase in attesa.

-Takahiro non vuole più avere nulla a che fare con lei- disse infine

Le due ragazze probabilmente si sarebbero aspettate una reazione più o meno disperata o stupita da parte del professore. Ma Naoya si limitò a fare una smorfia quasi scocciata, ed assunse uno sguardo ironico, che non gli avevano mai visto in volto prima di quel momento.

-tsk, questo l’avevo capito, grazie- sbottò, per un attimo dimenticandosi di essere a scuola

-se l’ha capito allora lasci perdere- rispose Chiaki –non ci chieda più nulla-

-ed è per questo insulso motivo che non viene più a scuola?!- sbottò il sensei indignato –è assurdo…-

-…perché non lo domanda a lui direttamente?!- propose Chiaki in tono di sfida

Misako intanto osservava la scena in silenzio, piuttosto preoccupata, mentre Naoya stava cercando in tutti i modi di non esplodere.

-così lo sentirà con le sue orecchie!-

-si fa negare al telefono -rispose stizzito –ma forse questo lo sapete già, non è vero?-

-allora vada a casa sua di persona!- continuò la giovane –adesso lo troverà sicuramente, se si sbriga-

-C-Chiaki ma…- provò ad intervenire Misako

-…-

-…tsk…-

Il sensei decise che era inutile rimanere ancora lì a parlare.
Aveva capito fin troppo bene che le due amiche sapevano molto di più di quanto volessero far intendere, anche se a dirla tutta, era rimasto un po’ spaventato dalla freddezza di Chiaki.
Salutando le ragazze con un cenno minimo col capo, fece dietro front, piuttosto di fretta, lasciandole così, su due piedi.
Non appena aveva svoltato l’angolo, facendo slalom tra gli studenti, Chiaki, che fino a quel momento era rimasta impassibile, all’improvviso fece un lungo sospiro sconsolato, incupendosi all’improvviso. Misako le mise una mano sulla spalla, per confortarla.

-è…è stato difficile…- sospirò –più di quanto credessi-

-scusami…- disse Misako –m-ma quando me l’ha chiesto in modo così diretto io…-

-ormai è fatta- la bloccò l’amica, cercando di sorridere

-cosa facciamo ora?-

-…chiamiamo Takahiro…- spiegò Chiaki estraendo dalla tasca il cellulare –e gli diciamo che sta arrivando…-

-…stiamo facendo davvero la cosa giusta?- domandò Misako tristemente

-…-

Chiaki non rispose. Si limitò a guardare l’amica in modo dolce, cercando di tirarle su il morale. Poi diede uno sguardo al proprio telefono, mentre cercava il numero di Takahiro dall’elenco.
Tuttavia, vedendo che Misako stava ancora aspettando una risposta, sospirò pesantemente, passandosi una mano fra i capelli per sistemarli.

-stiamo...stiamo facendo quello che lui vuole che facciamo…- rispose infine –questa è una sua scelta-





**





Naoya aveva lasciato tutto e tutti senza alcuna spiegazione.
Dopo aver sentito le parole di Chiaki, così taglienti, non aveva pensato ad altro se non a correre da Takahiro, ancora una volta.
Nell’uscire da scuola, aveva incrociato Takahashi sensei, alla quale aveva chiesto di avvertire i colleghi della sua improvvisa assenza e che si trattava di un’emergenza.
La donna, perplessa, non aveva fatto nemmeno in tempo ad annuire, che lui si era volatilizzato nel nulla, correndo come un pazzo all’esterno.
Sapeva che quel suo comportamento non sarebbe passato inosservato, così come l’atteggiamento delle ultime settimane, ma sentiva di dover assolutamente andare in fondo a quella faccenda.
Chiaki, con quel discorso sembrava che avesse voluto dire “va, questa volta ti ascolterà” e pensò che forse, entrambe le ragazze si erano preparate quel sipario prima della sua improvvisa idea di domandare a loro.
Correndo a più non posso per arrivare alla metro, mentre sentiva un improvviso affaticamento, pensava e ripensava all’ultima volta in cui aveva sentito Takahiro, al telefono: in quel momento non ci aveva fatto caso, ma ora gli sembrava che tutto , in quella telefonata, fosse anormale. La voce roca del ragazzo, i suo strani discorsi e la stessa telefonata, ogni cosa. Cosa stava passando per la testa di Takahiro? Più cercava di lasciar perdere, più sentiva il desiderio di sapere, di capire perché il legame tra loro stesse andando in frantumi pezzo dopo pezzo, come niente.
Ci volle un po’ prima che raggiungesse la stazione di Ueno. Nonostante il fiato corto e la stanchezza continuò a correre a più non posso, incurante di urtare i passanti che, al contatto, lo guardavano male.
Arrivò in tempo record davanti al palazzo dove abitava il moro e dove, anche se per poco, aveva, in un certo senso, vissuto.
Fece la lunga rampa di scale e si diresse all’appartamento del giovane: quando fu davanti alla porta bianca, si bloccò di colpo, prendendo fiato. Aveva un leggero batticuore, ma non riusciva a capire se fosse per lo sforzo o per la “paura” di dover vedere Takahiro.
Quando si fu ripreso, sospirando, suonò il campanello.
Ovviamente non ci fu risposta.
Lo risuonò, ma ottenne lo stesso risultato. Allora decise di bussare, leggermente spazientito.
Ma anche dopo una serie di colpi, sembrava che non ci fosse nessuno in casa.
Eppure, aveva notato Naoya, le scarpe del ragazzo (probabilmente lasciate fuori perché troppo bagnate per via della pioggia) erano appoggiate al pianerottolo e di inoltre, se si metteva ad origliare per bene, poteva addirittura sentire la televisione accesa.
Takahiro era in casa, di questo ne era sicuro.
Cominciò davvero ad innervosirsi: era stufo di fare il gentile.
Allora, agguantò la porta e cominciò a bussare molto più forte su di essa, fino a tirare dei veri e propri pugni contro la superficie, provocando dei sonori tonfi.

-TAKAHIRO, SO CHE SEI IN CASA!- urlò –APRI SUBITO!!-

Ovviamente nessuno rispose.

-si può sapere che è successo?!- Esclamò poi abbassando il tono –sei arrabbiato con me? Ma per cosa?!-

Ancora nulla.

-guarda che non me ne vado!!! Rimarrò qua finché non ti deciderai ad aprire questa cavolo di porta!!!- continuò –tanto prima o poi dovrai uscire!!-

Non era sicuro che quella specie di scenata pubblica sarebbe servita a qualcosa, ma tentare non costava nulla, ed era arrivato ad un punto dove non gli interessava più di dover fare a tutti i costi una bella figura.

-TAKAHIRO!!- urlò di nuovo, sbattendo i pugni sulla porta –APRI, ACCIDENTI!!-

Dovette riprendere fiato per qualche istante, dato che non si era ancora ripreso del tutto dalla corsa appena fatta. Le gocce di sudore ancora gli ricadevano sulla fronte, nonostante il freddo di quel giorno di fine Gennaio.
All’improvviso, gli sembrò di sentire uno strano rumore, come di una serratura che si apriva, provenire dall’interno.
Subito staccò le mani dalla superficie della porta, facendo un passo indietro.
In quel momento, anche se piuttosto lentamente, l’uscio si aprì leggermente, non del tutto, poiché c’era la catena con la sicura ancora agganciata.
Una figura si fece avanti, che Naoya riconobbe praticamente subito. Era Takahiro.

-questo è un condominio- sbottò il moro, che si intravvedeva solo a metà –evitiamo tutte queste scenate per favore-

Doveva ammettere che, nonostante il pallore del volto, Takahiro sembrava in forma, almeno a prima vista.
Naoya comunque, cercò di mantenere un certo comportamento.

-se tu ti comportassi diversamente non sarebbero servite – disse infine, stizzito

-cosa ci fai qui?- domandò Takahiro, senza emozione

-e me lo domandi?!- rispose Naoya spazientito –su, fammi entrare, dobbiamo parlare!-

Il sensei fece qualche passo avanti, ma Takahiro rimase immobile, con la sicura della porta ancora attivata e con lo sguardo fermo, gelido.

-non c’è niente di cui dobbiamo parlare- si limitò a dire, negandogli l’entrata

-come sarebbe?! Takahiro, dimmi cosa sta succedendo!! Perché ti stai comportando così?!-

-quello che faccio non sono affari tuoi-

-sono arrivati ben due certificati medici…- spiegò Naoya, cercando di farsi strada tra le poche parole del moro –ma a quanto pare tu stai benissimo…si può sapere perché non vieni più a scuola?!-

Takahiro sembrava aver previsto quella domanda. Sorrise ironico.

-è molto semplice –rispose –ho solo deciso che non mi va, tutto qui-

Naoya rimase immobile a guardare il ragazzo, sconvolto da quelle parole. Lo guardò fisso negli occhi, sapendo che di solito Takahiro evitava di guardarlo se si sentiva in colpa o in imbarazzo. Ma il moro contraccambiava il suo sguardo, senza mostrare alcuna emozione.

-inoltre, se non ti è chiaro…- continuò, prima che il professore potesse replicare –non volevo più vedere la tua faccia-

Sentirlo dire da Chiaki non era stato particolarmente doloroso, forse perché in cuor suo sperava che si sbagliasse, che lo stesse solo prendendo in giro. Ma ora, che a dirlo era proprio Takahiro, sentì improvvisamente il cuore farsi in pezzi.

-è…è per via della mia partenza?! –chiese –ti ha fatto arrabbiare a tal punto?!-

Takahiro scosse il capo –no. Mi sono solo stancato-

-…-

-ti ricordi? Avevamo deciso di provare a stare insieme, di vedere cosa sarebbe successo- spiegò senza batter ciglio –ebbene, mi sono divertito abbastanza…-

-…cosa stai…?!-

-mi sei stato utile finché c’era Sato. Mi sei stato utile finché ne avevo bisogno –

-…mi stai dicendo, che per te non è stato nulla?!- sbottò Naoya incredulo

-ti sto dicendo di lasciarmi in pace- rispose Takahiro

-tsk…- sospirò Naoya –non posso crederci…è assurdo, completamente!-

-…-

-stai mandando all’aria la tua carriera scolastica solo perché non vuoi vedermi?!- disse il sensei, abbozzando un sorriso – sei proprio un moccioso…-

A quell’appellativo, Takahiro fece una lieve smorfia di disgusto, appena percettibile, ma che Naoya colse subito. Questa volta fu il professore ad assumente uno sguardo ironico e acido.

-cos’è? Ti fa fastidio essere chiamato “moccioso”?!- domandò –beh, uno che si comporta in questo modo infantile non può che essere un moccioso-

-…-

-ti credi grande, eh, Takahiro?- continuò –ma secondo il mio modo di vedere hai ancora tanta strada da fare per crescere…-

-tsk, la tua morale non mi tocca, sensei- sbottò il moro

-credi che me ne freghi qualcosa, a questo punto? – chiese nuovamente Naoya, arrabbiato

-…-

-tu hai deciso di non vedermi più, e per questo salti la scuola… certo, è un ragionamento davvero da persona adulta! –commentò sarcastico

-mi sorprendi. Stai dicendo che ti preoccupi di più della mia situazione scolastica che non del fatto che ti ho usato fino ad ora?!-

Naoya sorrise.

-mi preoccupo di ciò che conta davvero –

-…quindi non ti interessa?-

-ti conosco troppo bene, Takahiro –sospirò –e so quando menti-

-…-

-non ho idea del motivo che ti ha spinto a comportarti così, però –continuò –so per certo che non mi hai usato. Tu non sei così-

Erano parole che in fondo, nonostante l’arrabbiatura, pensava davvero.
Anche se Takahiro sosteneva il contrario, se ripensava ai momenti trascorsi insieme, Naoya non poteva proprio credere che negli occhi spensierati del ragazzo si nascondesse una persona capace di compiere quello che lui sosteneva di aver fatto. Era sicuro al cento percento che quei momenti felici fossero autentici e pieni di amore. Voleva davvero crederlo.

Notò negli occhi di Takahiro dell’incertezza che fino a pochi minuti prima non c’era. Il moro aveva fatto un leggero passo indietro, un po’ indeciso, ma comunque fermo sulla propria posizione.
Dapprima sembrò quasi voler aprire quella porta una volta per tutte, ma poi, sembrò rendersi conto di qualcosa e, immediatamente, tornò con l’espressione gelida di poco prima.

-tu non hai mai capito niente di me- sbottò –e questa ne è la conferma-

Il moro sorrise nuovamente. Ma era un sorriso finto, uno di quelli che faceva raggelare.
Naoya aveva creduto per un istante di essere riuscito a creare una crepa nel guscio che Takahiro si era nuovamente costruito. Ma a quanto pare era tutto inutile.
Il Takahiro che aveva lasciato quel giorno, prima di partire per Yamagata, sembrava aver fatto spazio ad un’altra persona, qualcuno che si serviva degli altri, che non aveva scrupoli nel raggiungere i propri obiettivi.
Com’era stato possibile che fosse cambiato così all’improvviso?

-posso farti una domanda?- chiese poi, sconsolato – quel giorno, quando mi hai chiamato…-

-…-

-avevi detto di amarmi. Per quale motivo me l’hai detto?-

Il moro si fece serio all’improvviso, sembrando indeciso su cosa rispondere.
Ma forse era solo una sensazione di Naoya, perché ad un certo punto, a seguito di una smorfia, Takahiro, guardandolo con profondo disgusto, disse -…perché mi facevi pena-

-…-


Era stato davvero così?.
Ogni cosa era stata una bugia?
Sapeva di doverlo accettare, che ormai la verità era quella, benché continuasse a cercare di credere il contrario. Perché gli sembrava tutto così tremendamente assurdo e senza alcuna logica…

-ora scusami, ma ho da fare- disse all’improvviso Takahiro

-e-eh?- balbettò Naoya colto alla sprovvista –n-no, aspetta un secondo…!!-

-…sayounara - esclamò infine, sorridendo e chiudendo la porta, proprio mentre il sensei aveva allungato il braccio urlando “ASPETTA!!”.

Naoya, senza pensarci riprese a battere i pugni sulla porta, con più violenza di prima.

-APRI, TAKAHIRO, APRI!!!- urlava, questa volta con molta più disperazione –NON PUOI PIANTARMI IN ASSO COSI’-

Era tutto inutile. Lo sapeva.

-a-apri…- disse con un filo di voce, appoggiando la fronte alla superficie liscia e fredda di ciò che li separava, anche in quello stesso istante

All’interno dell’appartamento, accucciato con la schiena appoggiata alla porta, Takahiro aveva le braccia intorno alla testa, nel disperato tentativo di non sentire nulla, di non sentire Naoya che urlava, cercando di capire, cercando una risposta che non gli sarebbe mai arrivata.
Mentre, sentiva i colpi che rimbombavano per tutta la casa, non poté fare a meno che scoppiare in un pianto silenzioso e solitario.
Voleva che tutto finisse. Voleva che Naoya se ne andasse, perché era tutto troppo difficile e doloroso da poter sopportare ancora. Lui stesso voleva solo sparire.
Ad un certo punto, sentì un ultimo tonfo secco, come di una manata, che lo fece leggermente sobbalzare.

-al diavolo!- aveva detto Naoya con un tono tra l ‘arrabbiato e il disperato –fai quello che vuoi, non mi interessa più niente!!! –

-…- trattenne i singhiozzi con molta fatica

-addio, Takahiro!-

-…-

Passarono altri istanti, il moro non sentì più nulla.
Naoya, arrabbiato, confuso, spaventato, irritato, disperato, se ne era andato finalmente. Nonostante fosse quello che aveva voluto e programmato fin dall’inizio, si sentì improvvisamente male. Il cuore continuava ad urlargli di aprire quella maledetta porta e di correre da Naoya, ma la coscienza invece, gli diceva che era meglio così.
Era inutile cercare di essere felici, quando il destino non avrebbe riservato altro che dolore.

-s-scusami…scusami…- sospirava sottovoce, piangendo -…scusami…-

Subito gli vennero alla mente tutte quelle volte in cui Naoya l’aveva rimproverato di scusarsi troppo spesso. Non riuscì a trattenere un mezzo sorriso, tra i singhiozzi.
Erano stati giorni felici. Lo erano stati davvero.
Ma ora, era arrivato il momento di crescere e di andare avanti.
Ormai era iniziato il conto alla rovescia.










**










1 Marzo



-come sapete, oggi sarà l’ultima volta che ci vedremo-

Urata Naoya, venticinque anni, supplente, aveva lo sguardo rivolto a quella che fino a pochi minuti prima era stata la sua classe per molti mesi.
Era una giornata piuttosto soleggiata e tiepida, nonostante fosse ancora inverno. Il giovane sensei guardava con orgoglio e con un po’ di commozione gli studenti della classe 3-A che, a loro volta, erano in silenzio, intenti ad ascoltare l’insegnante.
Per l’occasione, Naoya si era messo davanti alla cattedra, in piedi, visibilmente emozionato, proprio come il giorno in cui era apparso per la prima volta dalla soglia dell’aula.
Da allora erano successe tantissime cose, tutte più o meno felici, ma ugualmente importanti.

-devo ammettere che mi ero preparato un bel discorso, ma… -sospirò- in realtà me lo sono completamente dimenticato- sorrise passandosi una mano sui capelli

Ci fu qualche risata soffocata qua e la, tra gli studenti.

-voi siete stati la classe con cui ho iniziato questo cammino e…siete anche quella con cui, infine, lo concluderò – continuò

Lanciò una breve occhiata alla classe. Misako e Chiaki, che erano vicine di banco, sorridevano lievemente, in modo sincero.

-ho passato dei mesi fantastici, ed ho imparato molto –riprese –spero che anche voi abbiate imparato qualcosa da me!-

Tutti annuirono.
Naoya, dopo aver sorriso cercando di nascondere la commozione, lentamente, fece un inchino a novanta gradi, verso l’intera classe.
Gli studenti rimasero alquanto stupiti di tale gesto, poiché nessun professore si sarebbe mai sognato di fare una cosa del genere. Anche se in fin dei conti avevano imparato a capire che Naoya non era un professore come gli altri.

-grazie infinite!!- esclamò Naoya con più foga –grazie infinite a tutti! E vi auguro sinceramente buona fortuna per il vostro futuro, ragazzi-

Dapprima tutti rimasero in silenzio, incerti su cosa dire, mentre il sensei rimaneva lì, inchinato avanti a loro.
Improvvisamente, Shinjiro si alzò dal proprio posto e cominciò ad applaudire forte, gridando “sensei, lei è il migliore!!”. Ci furono dei mormorii generali. Misako e Chiaki, dopo essersi guardate, sorrisero e si alzarono a loro volta in piedi, applaudendo.
Pian piano, tutti gli studenti si alzarono e cominciarono ad incoraggiare il sensei e ad omaggiarlo, cercando di salutarlo nel migliore dei modi.
Naoya rimase immobile. Aveva paura che se si fosse alzato, gli studenti avrebbero potuto vedere la sua commozione.
Ma alla fine non poté resistere e sciolse quella pura formalità, ringraziando continuamente i ragazzi che fino a poco prima erano stati i suoi ragazzi.
Mentre la classe continuava ad applaudire, Naoya mostrò un enorme sorriso, felice. Guardò tutti, uno per uno.

Poi, improvvisamente, il suo sguardo cadde sull’unico posto vuoto dell’aula.
Era un banco spoglio, vicino alla finestra.
Un banco che aveva osservato a lungo e per molto tempo, nei mesi precedenti.
Continuò a sorridere, nonostante tutto, anche se con meno intensità di prima.

Da quando quel posto era stato occupato l’ultima volta, erano passati più di due mesi.





**





Quel pomeriggio, appena dopo la pausa pranzo, ci fu una piccola festa in aula professori, ovviamente all’insaputa di Naoya che, in quattro e qua trotto si ritrovò circondato dai colleghi con complimenti e regali di arrivederci.
L’artefice di tutto era stata Takahashi sensei, con la quale, in quell’ultimo periodo aveva instaurato un rapporto ancora più stretto che in precedenza.
Anche se non aveva particolare voglia di festeggiare, accettò di buon grado quel piccolo “svago” e passò due ore piuttosto piacevoli.
Una volta conclusasi la festa, mentre tutti tornavano a casa, Naoya decise di rimanere a scuola ancora un po’, per svuotare la propria scrivania.
Mentre toglieva i propri oggetti personali dal tavolo, ripensava a molte cose. A come quello stage come insegnante fosse servito a fargli capire cosa volesse davvero fare una volta laureatosi, e a quanta soddisfazione potesse dare l’idea di insegnare ciò che si sapeva agli altri, ed essere ricambiato.
Quando ebbe finito, si alzò dalla sedia e si stiracchiò leggermente. La stanza era vuota e silenziosa. Subito, provò una sorta di nostalgia nell’osservare il posto doveva lavorato per così tanti mesi, poiché ad esso erano legati anche tanti ricordi. Certo, sarebbe comunque dovuto tornare a scuola per firmare alcuni documenti e sistemare il registro, prima di passarlo definitivamente a Goto sensei, ma sentiva quel giorno come se fosse stata l’ultima volta che avrebbe messo piede lì.
Visto che si era fatto piuttosto tardi, decise che era l’ora di tornare a casa e, lentamente, si diresse fuori dall’aula insegnanti.
Camminava piuttosto lentamente, soffermandosi ad osservare anche le cose più insignificanti, a cui prima non aveva mai fatto caso, come ad esempio la bacheca dei premi o le foto degli studenti meritevoli della scuola, appese su alcune delle pareti.
Percorrendo i lunghi corridoi, poco prima delle scale che portavano al piano di sotto, passò proprio davanti alla classe 3-A.
Si fermò quasi subito, guardando con interesse la porta dell’ingresso, semi aperta. Diede un’occhiata in giro, controllando che non ci fosse nessuno, e poi, piano piano,la aprì, facendola scorrere.
L’aula ovviamente era deserta. Sulla lavagna c’erano ancora le spiegazioni dell’ultima ora svoltasi quel giorno. La luce del sole illuminava i banchi e parte delle pareti color ocra, Naoya fece qualche passo avanti e, non appena mise un piede dentro, venne pervaso da uno strano senso di nostalgia.
Sembrava ieri il giorno in cui era arrivato alla Hibiya High School, tutto spaesato e insicuro su come comportarsi. Se ci pensava adesso, gli veniva da ridere.
Diede un’occhiata alla cattedra dove fino a poche ore prima aveva preso posto, ai banchi dei suoi studenti, ad ogni singola cosa che gli ricordava solo cose felici.
Si mise a passeggiare in giro per l‘aula, com’era solito fare durante le lezioni, sospirando di tanto in tanto.
Poi, quasi senza volerlo, come se l‘istinto avesse fatto di testa sua ancora una volta, si fermò davanti ad un banco, vicino alla finestra che, a differenza degli altri, si vedeva che era inutilizzato da mesi.
Lo fissò attentamente.
Era passato così tanto tempo…
In tutto quel periodo aveva fatto del suo meglio per dimenticare, per andare avanti. E, in fin dei conti c’era anche riuscito, più o meno, a farsene una ragione. Ad accettare il fatto che aveva fallito miseramente laddove ci aveva messo tutto se stesso.
Ma allora perché, anche se Takahiro non c’era più, continuava a provare quella strana sensazione ogni volta che fissava quel posto vuoto?.

 

“lei non mi può aiutare! Nessuno può farlo!!”

“mi creda, ci finirebbe male pure lei, se le chiedessi aiuto… “

“grazie di tutto, grazie”

“sei il miglior senpai che potessi avere!!”

“Naoya!”

“…ti amo, ti amo tanto…”

” …perché mi facevi pena”





Gli vennero in mente così tanti ricordi che a stento si rese conto che aveva appoggiato la mano sulla superficie liscia del tavolo, sfiorandola con le dita.
Da quel giorno, dal giorno in cui si erano detti addio, non si erano più rivisti, neanche per caso.
Takahiro non era più venuto a scuola e lui, dal canto suo, aveva smesso di cercarlo, anche se a malincuore.
Aveva passato giorni e giorni a chiedersi perché fosse successo, perché il loro legame si fosse spezzato in quel modo, ma non aveva trovato risposte. Aveva pure pensato di continuare ed insistere affinché il giovane parlasse, ma poi si era reso conto che era inutile, che Takahiro aveva preso la sua decisione. E lui, anche se la trovava assurda, aveva deciso di rispettarla.
Così si era rimboccato le maniche e in quei due mesi aveva lavorato duramente per condurre i suoi studenti agli esami, preparandoli al meglio. Aveva cominciato ad uscire con i colleghi, facendosi anche qualche amico, e facendo del suo meglio per superare ogni cosa ed andare avanti, sicuro che anche Takahiro stesse facendo lo stesso, a modo suo, ovviamente.
Anche se c’era voluto tanto, poteva addirittura dire di essere felice, senza remore.
Eppure, se si fermava anche solo un secondo, se smetteva di vivere alla giornata, il volto, la voce, ogni cosa che era associata a Takahiro bussava alla porta della sua memoria con una tale insistenza che, la sera, aveva persino paura di addormentarsi.
Aveva imparato a non pensarci più, trovandosi qualcosa da fare, ma quando quel “qualcosa” finiva, ecco che puntualmente riaffioravano i ricordi.
Era certo, ovviamente, che in soli due mesi non avrebbe potuto scordare dei momenti così intensi ed importanti con la sola forza della determinazione.


-s-sensei..?-

Una voce lieve, lo fece sobbalzare dalla paura ed interruppe quella scia di ricordi più o meno felici. Naoya si voltò di scatto verso la porta, cercando allo stesso tempo di ricomporsi.
In piedi, a pochi metri da lui, proprio all’ingresso dell’aula, Misako e Chiaki si guardavano perplesse, indecise se entrare o meno.

-r-ragazze!- balbettò il professore togliendo la mano dal banco di Takahiro, più indifferente possibile –cosa ci fate qui?!-

Le due amiche si decisero ad entrare, chinando leggermente il capo.

-h-ho dimenticato un libro e sono venuta a recuperarlo…- spiegò Misako

Per tutta risposta, Naoya si allontanò dalle fila di banchi, mentre la ragazza faceva l’esatto opposto, verso il suo.
Chiaki era rimasta vicino alla cattedra e scrutava l’ormai suo ex insegnante.

-lei piuttosto…che ci fa ancora qui?- domandò ad un certo punto

Naoya fu sorpreso da quella domanda.
Con la fine della sua “storia” con Takahiro, anche con Misako e Chiaki si era creata una sorta di barriera, e il loro rapporto si era un tantino raffreddato, anche se ultimamente sembrava che le due studentesse avessero ripreso a considerarlo come facevano prima ,anche se non si poteva dire che le cose fossero tornate al loro posto. Anzi, se potevano, evitavano di parlarsi per più di cinque minuti.
Per questo, quando sentì la domanda di Chiaki, per qualche istante era rimasto a fissarla stranito.

-e-ecco…niente- rispose –passavo di qui e…-

Misako nel frattempo aveva trovato il libro e tornò dal’amica.
Ora che erano a tu per tu, da soli, avrebbero potuto salutarsi come si doveva, pensò Naoya ad un certo punto.
Ma visto che entrambe non sembravano intenzionate a prolungare la conversazione, il sensei dovette rinunciare e, sospirando pesantemente, fece un leggero inchino di saluto.

-beh, vi saluto allora!- disse sorridendo lievemente –mi raccomando, in bocca al lupo per gli esami-

Le due non risposero, si limitarono ad annuire.
Naoya si fece largo, nel tentativo di lasciare l’aula, ma non appena le superò, la voce di Chiaki lo bloccò a mezza via, e lo costrinse a fermarsi.

-cosa farà ora?- domandò la ragazza -…dove andrà?-

Non capiva molto il senso di quelle domande, ma rispose con la sua solita e pacata gentilezza.

-concluderò l’università –spiegò -…e poi…-

-…-

-…poi penso che lascerò Tokyo!- ammise infine

-per quale motivo?- chiese Misako all’improvviso, leggermente colpita da quella confessione –ha trovato un lavoro?-

-…no –sospirò Naoya –ma penso proprio di non avere più motivi per rimanere, al contrario di quanto pensavo prima…-

Chiaki sembrava, tutto sommato, tranquilla. Misako invece, non lo era altrettanto.
Fissava Naoya in modo strano, il più delle volte pareva sul punto di parlare, ma all’ultimo si zittiva all’improvviso, come ripensandoci. Era un comportamento che il sensei aveva notato essere ricorrente negli ultimi tempi.

-comunque…- riprese il ragazzo –ormai non sono più il vostro insegnante-

-…-

-quindi non serve che continuiate a chiamarmi “sensei”- sorrise lievemente

Tutti rimasero in silenzio. Misako, poco dietro l’amica, aveva improvvisamente deciso di guardare il pavimento.

-avrei…- continuò Naoya –avrei voluto che il momento dei saluti fosse stato leggermente diverso ma…-

Inevitabilmente, il pensiero andò subito a Takahiro e con altrettanta velocità cercò di scacciarlo, scuotendo la testa. Sembrava però, che anche le ragazze avessero pensato esattamente alla stessa cosa.
Naoya parve continuare il discorso, ma decise di fermarsi.

-scusatemi , sono un tipo nostalgico!- sospirò infine

-…-

-ciao, allora- disse il ragazzo, cambiando improvvisamente tono ed assumendone uno molto più colloquiale



-….siete assolutamente insopportabili-

Naoya, perplesso si voltò di colpo verso Misako, che aveva appena parlato. Anche Chiaki si girò verso l’amica, assumendo uno sguardo a dir poco perplesso.
La ragazza era immobile, con i pugni serrati e lo sguardo basso. Sembrava addirittura tremare di rabbia.

-Misako?- domandò Naoya, leggermente preoccupato

-tu e Takahiro siete assolutamente insopportabili!!- sbottò ancora, questa volta dando del tu, rivolto al sensei

-…?-

Chiaki osservava ogni gesto o reazione dell’amica, molto preoccupata.

-voi maschi siete tutti così!! vi sentite forti ed eroici, sopportando tutto da soli!! –esclamò arrabbiata – INVECE SIETE SOLO DEGLI STUPIDI!!!-

-Misako!!- intervenne l’amica, cercando di fermarla

Naoya rimase in silenzio, stupito dalla strana reazione di Misako ma, soprattutto, dalle sue parole che in quel momento non sembravano avere alcun senso.

-…cosa?- domandò incerto

La studentessa cominciò improvvisamente a piangere. Erano lacrime di rabbia, che sembravano essere uscite così, come se fossero state trattenute per tanto tempo. si mise le mani sugli occhi, per cercare di fermarle, mentre Chiaki non sapeva esattamente come comportarsi. Dal canto suo però, anche Naoya era incerto sul da farsi.

-M..Misako?- chiese

-i-io…sigh…non…vi sopporto più…- sospirò tra un singhiozzo e l’altro –s-sono stanca…-

Poi, puntò improvvisamente il suo sguardo verso il sensei: era tremendamente seria e decisa.

-tutta questa farsa deve finire!!- esclamò

-…farsa?!-

Naoya era sempre più sconvolto. Non ci stava davvero capendo nulla di cosa passasse per la testa della giovane, in quel momento.

-Misako…n-no…- provò a farla ragionare l’amica

-basta così, Chiaki!- la zittì –è…è ora che la piantiamo! Tutti quanti…-

-…-

-io…tu…- continuò poi tornando a fissare Naoya -…e Takahiro-

Takahiro.
Aveva impiegato così tanto tempo a cercare di dimenticare quel nome. Ci aveva messo tutte le sue forze e c’era anche quasi riuscito…perché ora, all’improvviso tornava a tormentarlo? Perché Misako voleva infierire ancora così tanto?.

-n-non so cosa stia succedendo tra voi… - esclamò Naoya indietreggiando

-…Naoya senpai…- provò a chiamarlo Misako, cercando di spiegarsi

-m-ma non ho alcuna intenzione di continuare a sentire quel nome! – continuò il ragazzo, ignorandola –dopo tutta la fatica che ho fatto per dimenticarlo…-

-n-no, non capisci…devi sapere una cosa!- Incalzò la ragazza –Takahiro…lui…-

-basta, accidenti!!- sbottò Naoya alzando improvvisamente la voce

-…-

-si può sapere perché lo tirate in ballo?! Io non centro più nulla con lui, chiaro?!-

-…-

-senza contare che siete state proprio voi a dirmi di lasciarlo stare!-

Chiaki era sembrata sul punto di dire qualcosa, ma si fermò all’improvviso, pentendosi. Pareva quasi che si fosse improvvisamente sentita in colpa per le parole appena dette dal sensei.

-…c-c’è un motivo se non viene più a scuola…- continuò a spiegare Misako, anche se Naoya era intenzionato a non ascoltare nessun’altra parola

-certo che c’è! Era per non vedere più la mia faccia- rispose il giovane, intercettando le parole della ragazza.

Misako però scosse la testa –n-no, ti sbagli…-

-mi sbaglio?!- domandò lui spazientito –in cosa esattamente?! Mel’ha detto chiaro e tondo: non ti voglio più vedere. Sono state parole sue-

-ti ha mentito!!-

-Misako…- provò ad intervenire Chiaki, ma venne bloccata di nuovo

-mentito?!-

-si!! L’ha fatto perché tu lo odiassi! L’ha fatto perché tu ti allontanassi da lui!- disse Misako tra le lacrime

-…-

-n-non c’è stato un solo, misero giorno…in cui lui non abbia pensato a te…a quello che ti ha fatto…nemmeno ora…-

-…ti prego, smettila…- sospirò Naoya

Era stanco, lo era davvero.
Non era certo di poter sopportare di nuovo una situazione simile. Non ora che aveva finalmente deciso di voltare pagina.

-non dire più una parola…-

-N-Naoya senpai…-

-ora… scusatemi…ma devo andare…-

-Naoya senpai!!-

Il ragazzo non volle sentire più ragioni. Si voltò e fece per uscire dalla stanza, sentendo però che Misako sembrava aver deciso di seguirlo.
A sguardo basso, decise di fare tutto d’un fiato il lungo corridoio della scuola, per allontanarsi il più possibile da quella classe, da quell’edificio, da tutto ciò che gli ricordava Takahiro. Ogni cosa.

-Takahiro!!- urlò Misako, inseguendolo lungo il corridoio

-…-

-TAKAHIRO STA MORENDO!!-



Cosa succede quando la realtà si rivela una menzogna?
Cosa succede quando tutto quello che credi all’improvviso ti si sgretola davanti agli occhi, e tu sei incapace di capire, di comprendere
che forse era sempre stata una bugia?
Che esiste qualcosa si anche peggiore. Che esiste la vera realtà.
E che da quella non si può fuggire.
Che prima o poi lei bussa alla tua porta.
E tu, pronto o meno, devi affrontarla.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***


Capitolo 12.




Naoya si era fermato lungo il corridoio deserto, a pochi metri dall’ingresso dell’aula da dove era scappato. Si bloccò, come se qualcuno gli avesse staccato la spina che teneva collegate le sue gambe al cervello.
Rimase immobile a fissare un punto indefinito del pavimento, incapace di compiere anche solo un altro passo, credendo per qualche istante di non aver capito cosa Misako aveva appena urlato, affinché lui l’ascoltasse una volta per tutte.
Dava loro le spalle, ma sentiva chiaramente che Chiaki, poco lontano, aveva improvvisamente cominciato a piangere rumorosamente, dopo che Misako aveva pronunciato quelle parole.

-Takahiro…sta morendo…è malato…- ripeté la ragazza, questa volta con molta meno enfasi

L’aveva detto nuovamente, un’altra volta.
Aveva pronunciato di nuovo quel nome che per lui, in quei mesi era diventato una specie di tabù, qualcosa da eliminare assolutamente.
Ma aveva detto anche qualcos’altro, di gran lunga peggiore. Qualcosa che Naoya, nemmeno nei suoi incubi, avrebbe mai potuto immaginare.

-…cosa…- disse con voce spezzata -…cosa stai dicendo?!-

Il giovane si voltò verso le due ragazze, ma rimase immobile sul posto.

-se…se questo è uno scherzo, è di pessimo gusto- aggiunse poi, incerto

Misako scosse il capo, mentre le lacrime silenziose le solcavano le guancie.

-come potrei scherzarci sopra?!- sbottò leggermente offesa

Era vero. Misako non era una persona calcolatrice, capace di dire una cosa del genere a qualcuno, specialmente se erano cose così serie e che riguardavano le persone a cui teneva.

-Takahiro…- intervenne ad un certo punto, Chiaki –ci aveva espressamente chiesto di non dirti nulla…-

-…-

-Naoya noi…- continuò Misako –avremmo davvero voluto dirti tutto, ad un certo punto ma…-

-…-

-quella era l’ultima volontà di Takahiro…la sua ultima richiesta…- spiegò singhiozzando –cosa potevamo fare?!-

Era tutto così tremendamente assurdo. Ogni cosa che aveva creduto fino a quel momento sembrava sul punto di sgretolarsi, rivelandosi solo un mare di bugie.
Takahiro stava morendo? Che assurdità stavano dicendo?! Takahiro non poteva morire: era la persona più testarda, cocciuta e tremendamente egoista che conosceva. Uno come lui non poteva morire, ne era assolutamente certo.

-…non…non è possibile…- sospirò, mettendosi una mano davanti alla bocca

-staccarsi da te l’ha fatto soffrire più di quanto immagini… -continuò Misako

-…-

-ti ha detto quelle cose perché voleva che tu lo dimenticassi, perché non voleva che tu lo vedessi in quelle condizioni…-

-…quanto…-

-mh?-

-…da quanto tempo è malato?- domandò Naoya con un filo di voce

-c-ci ha detto…- intervenne Chaki -…ci ha detto di averlo saputo a fine dicembre…-

Sentì un altro, improvviso colpo al cuore, questa volta molto più forte.
Come un turbinio di ricordi, la sua mente volò improvvisamente al giorno in cui aveva ricevuto la telefonata da parte del moro. Alle sue parole, alla sua voce roca, alla sua strana confessione…aveva sempre pensato che ci fosse stato qualcosa di anomalo in quel fatto. Ed in un certo senso aveva avuto ragione. L’unico problema è che non aveva capito nulla del resto. Quella mattina gli aveva sussurrato “sayounara” e lui, inizialmente non aveva compreso il perché di quel saluto che, però, gli era sembrato fin da subito un preludio verso qualcosa. Era stato stupido ed aveva preferito evitare di pensarci troppo, convinto che andasse tutto bene.
Mentre lui aveva passato i giorni accanto alla propria famiglia, ignaro, Takahiro aveva lottato da solo. E per tutto quel tempo aveva continuato a farlo, da perfetto egoista.
In fin dei conti, quel comportamento era tipico di lui.
Era talmente egoista da pensare di fare tutto da solo, senza alcun aiuto.
Tutto, in quell’istante sembrò crollare all’improvviso. In quei mesi aveva quasi finito per odiare Takahiro, per tutto quello che gli aveva fatto credere. Anche ora era arrabbiato, terribilmente arrabbiato.
Perché non si era fidato di lui? Perché aveva messo in piedi tutta quella sceneggiata? Per renderlo felice? Che stupidaggine.

-dove…dove si trova ora?- balbettò incerto

Misako ci pensò un istante prima di rispondere: non era certa di voler davvero rivelare anche quell’informazione.

-per favore, ditemelo…- le supplicò Naoya, cambiando tono improvvisamente

Le due si guardarono. Chiaki fece un cenno di consenso con la testa e Misako, dopo aver sospirato pesantemente disse –Yokohama-

-…Yokohama?- ripeté il ragazzo

La studentessa estrasse il cellulare e cominciò a scrivere, piuttosto velocemente. Poi, compose un numero ed inviò il messaggio che, pochi attimi dopo, arrivò al telefono di Naoya, che, leggermente perplesso, lo estrasse velocemente.
Aprì il messaggio di Misako: sembrava un indirizzo.

-la clinica dov’è ricoverato si trova lì…- spiegò

Naoya continuava a fissare il cellulare. Poi, lo chiuse bruscamente e lo rimise in tasca –grazie…- disse infine

Misako e Chiaki però, sembravano ancora mortificate. Non sapeva se fosse perché avessero appena rotto la promessa fatta a Takahiro o se, al contrario, si erano pentite di non averlo fatto subito.
Ad ogni modo, sentiva un grande bisogno di dire qualcosa per confortarle, almeno un po’.

-ragazze…- le chiamò dolcemente

Le due alzarono gli sguardi verso di lui.
Naoya sorrise lievemente.

-grazie infinite! Per tutto!- disse –se non aveste rotto la promessa, io probabilmente avrei commesso il più grande errore della mia vita…- ammise infine

-…-

Sulle loro labbra si disegnò un lieve sorriso, che non si addiceva affatto ai loro occhi inondati di lacrime.

-cosa hai intenzione…di fare ora?- domandò Chiaki con un filo di voce

-…-

-…?-

-vado da lui, assolutamente- rispose Naoya sorridendo





**





In certe situazioni bisogna pensare bene ed agire con coscienza. Bisogna ragionare ed essere prudenti.
Ma Naoya, al contrario, era letteralmente corso fuori dalla scuola, seguendo solo il suo istinto e le sue gambe, che lo portavano a tutta velocità verso la stazione dei treni più vicina.
Aveva con sé solo la sua ventiquattrore e null’altro.
Per raggiungere Yokohama doveva arrivare col treno fino a Tokyo, per poi prendere il primo Shinkansen disponibile. Erano le cinque e mezza del pomeriggio, di quel stranissimo giorno di inizio marzo.
Quella mattina si era svegliato con in testa alcune convinzioni che, nel giro di pochissimo minuti si erano sgretolate, rivelandosi solo un mare di bugie ben costruite.
Durante il tragitto verso Yokohama, seduto sul treno e guardando fuori dal finestrino la città che si muoveva velocemente, in un certo senso non riusciva ancora a crederci davvero: che Takahiro fosse lì, in un letto d’ospedale.
Che stesse davvero morendo.
Non capiva il motivo, ma non riusciva affatto a piangere o disperarsi per questo. Forse perché in cuor suo sperava che le ragazze avessero esagerato o, che fosse solo un’ennesima bugia per farli riavvicinare.
La verità era che provava nei confronti di Takahiro una profonda rabbia, per come si era comportato. A prescindere da tutti, non gli aveva detto nulla sulla effettiva gravità delle sue condizioni, aveva messo a punto tutta quella farsa solo per fare in modo che lui lo odiasse…per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a capire.
Il tragitto fu abbastanza breve in Shinkansen e non appena fu in stazione, decise di prendere un taxi, verso la clinica indicatagli da Misako.
Si chiedeva come avrebbe trovato Takahiro. Se era come nei suoi ricordi o se invece fosse cambiato, anche fisicamente.
Sentiva una profonda inquietudine dentro di lui, e tutta la voglia di correre dal ragazzo aveva man mano fatto spazio alla paura di incontrarlo. Cosa sarebbe successo quando si sarebbero rivisti? Cosa gli avrebbe detto? Non ne aveva la minima idea e il solo pensiero lo spaventava.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta e non era sicuro di come comportarsi; in realtà, non era più sicuro di nulla.
La clinica di Yokohama si trovava a meno di un chilometro dal mare. Era una grande ed imponente struttura, dotata di tanti servizi e comodità, nonché un viale privato che conduceva direttamente alla spiaggia, come svago per i pazienti. Non era, ovviamente, un ospedale normale, poiché lì, lesse su un opuscolo, vi risiedevano i malati terminali o le persone affette da malattie per le quali serviva un posto lontano dagli smog o dai ritmi frenetici della città.
Quando arrivò presso l’ingresso rimase per qualche istante a fissare la grande insegna, incerto se entrare o meno. Ormai però, era arrivato fino a lì. Takahiro era la dentro da qualche parte.
Improvvisamente, sentì il forte e tremendo impulso di incontrarlo, di vederlo, anche solo per un istante. Esattamente il contrario di quanto aveva sentito lungo il tragitto.
Così, armandosi di coraggio, si decise ed entrò ,diretto proprio verso la reception.

-cerco Nishijima Takahiro- disse una volta lì, all’infermiera

Una donna, dopo averlo salutato con rispetto, controllò il computer e disse –l’orario delle visite è terminato…lei chi è?-

-sono…- cominciò Naoya perplesso -…sono un amico- concluse quasi automaticamente

-mi dispiace…ma dovrà tornare un altro giorno… -spiegò la donna –in questo momento il paziente ha appena finito la chemio terapia e deve riposare…-

-c-chemio?-

L’infermiera lo guardò stranita, come se gli stesse dicendo “beh, cosa c’è di così tanto sconvolgente?”.
Naoya però non voleva perdere altro tempo e, cortesemente, fece un profondo inchino, che spiazzò un po’ la donna.

-le chiedo solo un attimo –la supplicò –la prego!-

La sua richiesta dovette parerle quasi commuovente, perché l’infermiera, dopo aver sospirato leggermente preoccupata, gli fece cenno di tirarsi su e gli indicò con l’indice uno dei corridoi.

-di lì c’è l’ascensore. La stanza è la numero 1313, terzo piano…- disse con un mezzo sorriso

-g-grazie!- esclamò Naoya

Si diresse subito nel corridoio e prese l’ascensore che portava al terzo piano.
Furono i secondi più lunghi della sua vita e una volta arrivato, improvvisamente gli venne una terribile ansia.
La prima cosa che riuscì a percepire era l’indescrivibile odore di medicinali che invadeva l’intero corridoio. Un odore che era sicuro di non aver mai, fortunatamente, avuto modo di sentire.
C’erano moltissime camere, alcune delle quasi con la porta aperta, dove anche fuori si potevano intravvedere i letti dei pazienti. Lungo il corridoio c’erano molte persone, alcune in carrozzina, altre accompagnate da un dottore…riusciva anche solo a sentire il dolore che c’era lì, in quel posto dove tutta quella gente andava a passare gli ultimi giorni della propria vita.
Mentre camminava, fissava costantemente il pavimento, ed ogni tanto controllava con la coda dell’occhio, il numero delle stanze.
1309…1310…1311…1312…1313.
1313.
Rilesse il numero per ben tre volte, quando alla fine capì che quella era la stanza che cercava.
Si fermò davanti alla porta, una delle poche chiuse.
L’istinto gli disse di bussare, ma proprio nell’intento, si bloccò a mezz’aria col braccio, appoggiandolo soltanto, alla superficie dell’ingresso.
Di nuovo, si trovò paralizzato lì, in piedi, proprio come in passato, davanti all’unica cosa che lo separava da Takahiro. Era già successo, tanto tempo prima, quando ancora non si “amavano”. Anche allora era rimasto paralizzato davanti quella porta.
Ma adesso le cose erano ben diverse: adesso, bussando, non sapeva cosa avrebbe trovato. Non sapeva nulla, cosa dire, cosa fare; nulla.
Aveva addirittura paura, quando avrebbe solcato quella soglia, di non riconoscerlo più, di rendersi conto che il ragazzo che ricordava fosse sparito.
In pochissime ore tutto era cambiato: aveva scoperto che Takahiro era malato, che lui aveva passato tutto quel tempo ad odiarlo per errore, e che ora stava morendo, in un letto d’ospedale. Era successo tutto così, all’improvviso. E altrettanto velocemente si era ritrovato lì, di nuovo davanti alla sua porta. Di nuovo, a chiedersi se buttarsi o rinunciare.
Si stava ancora chiedendo cosa fare, quando le sue mani sembrarono muoversi da sole e, lentamente, si rese conto che aveva aperto leggermente la porta, senza fare rumore.
Visto che ormai era in ballo, con il cuore in gola, continuò ad aprirla, tanto quanto bastava per farlo passare.
Subito si trovò di fianco ad un enorme armadio bianco, in una stanza bianca, con le pareti bianche. Accanto, c’era una porta semi-aperta, probabilmente il bagno.
Fece qualche passo lungo un brevissimo corridoio che sfociava nella stanza vera a propria. Subito si accorse che c‘era una televisione, sul soffitto, e una piccola scrivania spoglia, poco più in basso.
C’erano delle grandi vetrate, con le tende raccolte dolcemente in strani fiocchi, che lasciavano penetrare la luce del sole del crepuscolo.
Poi c’era un letto, piuttosto grande. E, tra le coperte, c’era qualcuno, una persona, mingherlina, sottile, quasi trasparente, che guardava fuori e che non sembrava essersi accorta dell’arrivo di Naoya, forse troppo assorta.
Indossava un pigiama semplice e, notò il ragazzo, aveva un berretto di cotone in testa. Il braccio destro era collegato ad una flebo.
No, non poteva proprio essere lui.

-…T-…Takahiro?- domandò Naoya, facendosi coraggio

Dapprima quella persona non reagì al richiamo. Anzi, parve non accorgersene nemmeno, tanto che il giovane pensò che forse aveva sbagliato stanza.
Ma poi, quella figura spenta e triste sembrò risvegliarsi da quella specie di coma e pian, piano, sembrò voltarsi, distogliendo lo sguardo dal tramonto.

-infermiere…- disse mentre si voltava –non è un po’ presto per la cena…?-

Avrebbe voluto continuare il discorso, ma quando fu completamente voltata, quella persona si pietrificò all’istante, spalancando gli occhi neri e vuoti, come se avesse visto un fantasma.
Naoya non se ne rese conto, ma anche lui aveva fatto esattamente lo stesso, nel medesimo istante in cui capì che quella persona era proprio quella che stava cercando.

-…t-tu…- balbettò Takahiro, non credendo ai propri occhi

Il giovane non aveva le energie per rispondere a quell’appellativo così gelido. Si limitò a guardarlo, per poi fissare un punto indefinito della stanza, come per evitare il contatto con i suoi occhi.

-…Naoya…- sospirò Takahiro con un filo di voce

Solo per aver detto quelle due parole, sembrava avere già il fiato corto.

-s-sono qui…- rispose il sensei annuendo nervosamente

-…p-perché?-

Ecco, tra tutte le parole che aveva programmato di sentirsi dire, quella era proprio l’unica a cui non si era preparato.
L’irriconoscibile Takahiro strinse il lenzuolo tra i pugni, visibilmente contrariato. Ma anche da lontano sembrava una stretta esile e delicata.
Sembrò pensare a cosa dire. Poi sospirò, come per cercare di calmarsi.

-come…come hai fatto a..?-

-hai dato un grande fardello alle tue amiche … -si limitò a dire Naoya

Il moro si limitò a fare una smorfia, abbassando lo sguardo: aveva intuito cosa fosse accaduto, indubbiamente.
Il sensei sentì un altro lungo sospiro provenire dalla bocca di Takahiro.

-beh…- disse con tono distaccato -…grazie per la visita…-

-…-

-…ora va…-

-…tutto qui?- domandò Naoya, leggermente scocciato

Takahiro si voltò lievemente verso il giovane, con lo sguardo basso

-non hai proprio nient’altro da dirmi, Takahiro?!- chiese ancora

-…-

-perché hai messo in piedi tutta questa farsa?! Perché non mi hai detto nulla di tutto quello che stavi passando?!-

-…-

-avevo il diritto di saperlo, di sapere cosa avessi…- continuò, questa volta con tono molto più flebile.

-…e cosa avresti potuto fare?!- domandò a sua volta Takahiro

-eh?-

-…sentiamo, cosa sarebbe cambiato se te lo avessi detto?!- esclamò alzando la voce

-…avrei potuto…- cominciò Naoya senza, in realtà, saper bene come rispondere

-te lo dico io: assolutamente niente – lo fermò Takahiro

Il sensei spalancò di colpo gli occhi e tornò a guardare quelli del ragazzo, i quali erano pieni di rammarico e di rabbia.

-forse non ti è…chiaro – riprese -…ma io sto morendo-

-…-

Ora, in quel preciso istante, sentendo quelle parole, Naoya poteva dire per certo di aver visto quel poco di inferno che uno come lui, vivo, poteva avere la possibilità di scorgere. Rimase immobile, senza dire una parola. Senza volerne dire nessuna.
Takahiro, visto che l’altro non sembrava intenzionato a parlare, alzò leggermente il braccio, e con un dito si indicò il capo. Naoya non capì subito cosa volesse dire con quel gesto.

-questo…di certo non lo metto per diletto…- spiegò, quasi con tono ironico, rivolgendosi al berretto che portava

Naoya fissò per qualche istante il volto del moro, ma distolse lo sguardo quasi subito, come per evitare a tutti i costi di immagazzinare nella sua mente quell’immagine così sofferente del ragazzo.

-la chemio mi sfinisce ogni volta…- continuava Takahiro –faccio fatica persino a raggiungere il bagno da solo…faccio continue flebo per avere la forza di farmi anche solo una doccia-

-…-


- non c’è niente che tu possa fare!- sospirò poi mettendosi la stessa mano sulla testa, che sembrava dolergli -…le ragazze non avrebbero dovuto dirti nulla…-

-…e le biasimi per caso?!- sbottò Naoya, riprendendo improvvisamente energia –cosa credi che provino loro a vederti così?! quando gli hai chiesto di mentire…cosa pensi che abbiano provato?!-

-…non le ho obbligate…loro hanno capito il perché l’ho fatto…-

-…per fare in modo che io potessi essere felice?!- azzardò Naoya

-…-

-perché se è così…beh, sei proprio un egoista-

Takahiro alzò di colpo la testa e guardò Naoya, sembrando voler ribattere. Ma non appena i suoi occhi si posarono sul volto del sensei, notò che le sue guance erano diventate rosse, tanto che Naoya sembrava quasi non essersi accorto di nulla, da quanto era stata improvvisa la cosa.
Il ragazzo tirò su col naso, ed usò la manica della giacca per asciugarsi il volto, anche se non sembrava umido di pianto, cercando in tutti i modi di non lasciarsi andare.

-…stai…piangendo?- domandò Takahiro,

Naoya scosse violentemente la testa –come potrei piangere…per un egoista come te?!- domandò mentendo, anche a se stesso

Takahiro sorrise lievemente, mortificato. Si sentiva molto stanco, tanto che decise di coricarsi ed appoggiare la schiena al cuscino, per alleviare quell’assurda stanchezza che non gli permetteva di agire come voleva.

-decidi tutto tu… -sospirò Naoya con un leggero singhiozzo –sei solo un egoista che dice agli altri cosa devono fare…-

-…-

-vuoi sempre fare tutto da solo, sempre…- continuò

-a quanto pare…- lo interruppe Takahiro -…il mio essere egoista non ha funzionato…- ammise amaramente

-…c-cosa?- domandò Naoya stupito da quelle improvvise parole

Si disegnò sulle sue labbra un sorriso esile, delicato, triste. Non era un sorriso che esprimeva gioia, solo tanta malinconia e risentimento, anche verso di sé.
Sospirò pesantemente.

-speravo che tu ora fossi felice…- disse –che odiandomi saresti stato in grado di dimenticare e andare avanti…-

-…-

-m-ma…a quanto pare ne tu ne io siamo ancora riusciti davvero a lasciare tutto alle spalle…- concluse mettendosi le mani sugli occhi, come per non far vedere a Naoya tutta la sua profonda tristezza.

Ci furono altri attimi di silenzio, durante i quali entrambi non si guardarono. Il sensei era concentrato a fissare fuori dalla finestra: ormai il sole del tramonto stava lasciando spazio al buio della sera. Poi si guardò un po’ intorno, posando gli occhi sulla stanza nella quale Takahiro aveva passato chissà quanto tempo durante tutti quei mesi. Era una stanza priva di qualsiasi svago, vuota, fredda.
Naoya era venuto fin lì per vedere il ragazzo ma ora, ora non sapeva proprio cosa fare. Era inutile dire a Takahiro di tirarsi su, di farsi coraggio, perché anche lui aveva ammesso a se stesso che era impossibile. Che non c’era speranza sufficiente per poter reagire.
Ma allora doveva semplicemente lasciare tutto così? doveva passare le giornate nell’indifferenza e guardare Takahiro che, giorno dopo giorno, si consumava fino all’ultimo?
Non si meritava tutto quel dolore. Non se l’era mai meritato eppure la vita aveva deciso di prendere di mira proprio lui, così indifeso, cresciuto troppo in fretta, tanto da compiere scelte così terribili come quella di rimanere segregato in quell’ospedale, in attesa di congedarsi definitivamente da quel mondo che non aveva mai avuto riguardi nei suoi confronti.
Era ingiusto, profondamente ingiusto tutto quello che stava succedendo.

-lo…lo sai?- disse ad un certo punto, rivolgendo lo sguardo all’amico

Takahiro non tolse le mani dal volto, ma Naoya capì che lo stava ascoltando.

-tutte quelle volte…in cui mi dicevi di lasciarti stare, che andava tutto bene, che non potevi essere aiutato…ricordi?- spiegò

-…-

-io…ho cercato sempre di assecondarti ma…ora non voglio più farlo…-

-…cosa?- domandò Takahiro con voce flebile, distogliendo finalmente le mani

Naoya si avvicinò al letto dell’amico.

-voglio…provare a darti speranza!- disse cercando di sorridere –voglio starti accanto e renderti felice!-

-…-

-anche se tu continuerai a respingermi, io non mollerò mai! Non farò come l’ultima volta …-

-…-

Takahiro sembrò commuoversi all’improvviso. La sua espressione sorpresa cambiò quasi completamente, lasciando spazio ad uno sguardo improvvisamente triste e mortificato. Scosse violentemente la testa.

-c-così rendi tutto più difficile…- sospirò sconsolato

-…-

-vuoi davvero passare le tue giornate con un moribondo come me?!- domandò –speravo davvero di essere riuscito ad evitarti tutto questo…-

-lo vedi?- interruppe Naoya –continui ad essere egoista!-

Il giovane non sapeva come ribattere. Si limitò ad abbassare lo sguardo, afflitto, e proprio per questo non si accorso che il sensei si era avvicinato ancora di più, sedendosi sul bordo del letto.
Delicatamente, stando attento a non urtare la flebo, piano, aprì le braccia e, sempre con molta dolcezza, accolse Takahiro in un tenero e caldo abbraccio.
Il ragazzo, anche se stupito da quel gesto improvviso ed inaspettato, si lasciò cingere senza dire una parola.
La prima cosa che riuscì a sentire, quando la sua fronte si appoggiò al petto di Naoya, fu il cuore del sensei che batteva forte.
Sentendo quei battiti così regolari e piacevoli, non riuscì a trattenere le lacrime, che solcarono le sue guance pallide e stanche.
Quella era la prova che Naoya era vivo. Era la prova che anche lui era vivo,che non era ancora arrivata la sua ora. Il suo cuore batteva ancora ed avrebbe continuato a farlo, anche se per poco tempo.
Si rese conto che fino a quel momento aveva pensato a se stesso con il termine “morte”. Aveva agito solo in funzione di aspettare la sua dipartita, quando invece, lui era ancora lì, vivo e poteva ancora godere della felicità, in un modo o nell’altro.
Aveva allontanato Naoya con l’unico scopo di fare in modo che potesse vivere felice e si era posto l’obiettivo di dimenticarlo a sua volta. Ma aveva miseramente fallito.
Ora il suo sensei era lì, accanto a lui, di nuovo. La logica gli imponeva di fare di tutto per allontanarlo, perché era fermamente convinto che, pur sembrando egoista, lui non meritasse di passare il resto delle sue giornate accudendo un malato.
Eppure, non sapeva come spiegarlo, ma averlo lì accanto gli aveva improvvisamente acceso nuovamente la voglia di vivere che aveva creduto di aver perso. Era bastato solo rivederlo.
Ed ora aveva paura di allontanarlo di nuovo. Aveva paura di rimanere solo ancora una volta.
Lentamente, quasi come un riflesso incondizionato, Takahiro rispose all’abbraccio, andando ad aggrapparsi con le sue esili braccia, alla schiena di Naoya che se ne accorse, e sorrise lievemente.

-…h-ho paura… - disse ad un certo punto, piangendo- ho davvero paura-

Ammetterlo anche a se stesso, era la cosa che lo faceva stare più male. Fino a quel momento aveva cercato di essere forte, ma la realtà era che si sentiva indifeso, inerme.

-…ci sono io qui…- cercò di consolarlo Naoya –e sta pur certo che non ti lascio più…-

Anche nella tristezza, Takahiro riuscì a mostrare un lieve sorriso, appena pronunciato

-..n-non è vero che mi fai pena… -continuò singhiozzando

-lo so…lo so…-

-…perdonami… -sospirava Takahiro tra le lacrime

-…-

-..ti prego, perdonami…- ripeté

-Takahiro- lo chiamò Naoya

-…?-

-…ti stai scusando troppo…- esclamò con una smorfia

Per tutta risposta, il moro affondò ancora di più la testa nel petto di Naoya e con tutte le forze che aveva, si strinse il più possibile nell’abbraccio.

-s-scusami…- rispose

-ehi, lo stai rifacendo…- sorrise l’altro con un buffetto

-…-

Sembrava che in fin dei conti nulla fosse davvero cambiato, nemmeno dopo tutto quel tempo.
Quegli abbracci, quei sorrisi, quelle stesse esilaranti scene…ogni cosa sembrava aver ripreso posto laddove era sempre stata.
Quei mesi passati a chiedersi se la cosa giusta era stata fatta, o se invece era stato tutto un errore fin dal principio.
Un’ altra cosa però era certa: nonostante tutto erano riusciti a ritrovarsi, ancora.
Takahiro improvvisamente si sentì felice, dotandosi di un’improvvisa forza che si contraddiceva invece con le sue reali condizioni fisiche.
Lui stava morendo, e questo lo sapeva perfettamente.
Ma aveva capito anche che non per questo doveva smettere di cercare la felicità. Perché quella prima o poi arriva, quando meno te lo aspetti.
E lui l’aveva aspettata per tutto quel tempo, nonostante avesse cercato di fare la cosa giusta, di comportarsi da adulto.
Quella felicità che lo avrebbe accompagnato fino alla fine.



 

 

Alla fine per quanto avessi cercato di allontanarlo da me, Naoya aveva trovato il modo di tornare.
La verità, e questo lo capii solo in seguito, era che non se ne era mai andato.
Era sempre stato li, accanto a me. Ci eravamo pensati costantemente.
Ed io, in quel momento, avevo ripreso a vivere.








 

**








Presente












**







-tutto bene?-

Il dottor Kazuki fissava senza dire una parola il cranio aperto che aveva sul lettino, mentre, indeciso, si era bloccato proprio a metà del lavoro.
Erano passate ormai cinque ore e la tensione era sempre alle stelle, perché qualunque passo falso poteva essere fatale.
Voltò leggermente lo sguardo verso un secondo dottore, che lo fissava a sua volta un po’ perplesso.

-questa fase è molto delicata…forse la peggiore- spiegò poi l’uomo

-dottore, che si fa allora?- chiese l’altro chirurgo

-tentiamo, ovviamente!- rispose Kazuki accennando ad un sorriso, nonostante la mascherina non lo lasciasse nemmeno intravvedere.

Con molte delicatezza, avvicinò gli strumenti chirurgici nella zona in cui doveva lavorare. Con la massima cautela,cominciò pian piano ad incidere, stando attento a tutto, persino alla lunghezza del taglio.
Quella era la parte più difficile: cercare di estrarre il tumore senza danneggiare le altre parti del cervello. E non era nemmeno sicuro di riuscire ad estrarlo tutto.
Sapeva che se avesse tolto la massa danneggiando anche solo un millimetro di tessuto sano, il paziente avrebbe subito danni permanenti. Se, al contrario, il trauma dovuto all’esportazione si sarebbe rivelato troppo grande, quello sarebbe morto in meno di cinque minuti.
C’erano pochissime possibilità di riuscirci senza che quelle due ipotesi potessero accorrere. Questo il dottor Kazuki lo sapeva bene, ma per lui tentare quell’operazione valeva molto di più che rimanere senza far niente. Anche se questo voleva dire accelerare la morte di una persona. Ma poteva voler dire anche salvarla.
Pian piano cominciò ad estrarre la massa, aiutato dai colleghi. Era molto più grossa di quello che pensava e dovette bloccarsi più volte per capire cosa fare.
Continuò il lavoro sempre in modo minuzioso, un po’ rincuorato dal fatto che il fisico del paziente sembrava reggere bene.

-dottore, la pressione scende!!- esclamò all’improvviso l’infermiera

Kazuki si bloccò all’improvviso, controllando uno dei monitor, che segnava il numero che indicava la pressione, sempre più basso.

-accidenti!!- sbottò ad alta voce, cercando di fare il più veloce possibile con l’esportazione

-dottor Kazuki, è troppo rischioso continuare!- cercò di dire uno dei colleghi –è in arresto cardiaco!-

-dobbiamo subito richiudere!! – disse un’ altro –altrimenti ci morirà qui sul tavolo!-

-sta scendendo ancora!- puntualizzò l’infermiera cominciando a preoccuparsi

-dottor Kazuki!!-

-finitela, e lasciatemi lavorare!!!- esclamò quasi urlando l’uomo –ho quasi finito!!

-è troppo rischioso!!- concordavano gli altri

Kazuki scosse la testa, continuando a lavorare- ho promesso a questo ragazzo che ci saremmo rivisti più tardi!!-

-…-

-non intenzione di mollare!- spiegò –provate col defibrillatore, ORA!!-

Nonostante fossero ancora perplessi, uno dei medici si avvicinò al paziente e senza perdere altro tempo cominciò a far defibrillare il paziente, mentre il dottor Kazuki cercava di muoversi ma allo stesso tempo di essere il più delicato possibile.
Per un istante, mentre tutta quella confusione non gli permetteva bene di focalizzare dei pensieri concreti, posò il suo sguardo sul volto addormentato del ragazzo, completamente ignaro di ciò che stava accadendo.

-resisti Takahiro!- esclamò ad alta voce –devi resistere assolutamente!!-

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***


Capitolo 13.







Quando Takahiro aprì gli occhi, la mattina seguente, scoprì che Naoya era già lì in ospedale, che lo stava vegliando seduto alla piccola scrivania della stanza, intento a mangiare un leggero spuntino mattutino. Subito si chiese se non fosse per caso stato li tutta la notte, ma poi notò che gli indumenti che indossava non erano gli stessi.
Il sole tiepido di quel giorno filtrava nonostante le tende fossero tirate e dava al ragazzo una strana sensazione di benessere che, era sicuro, in tutto quel tempo in ospedale non aveva mai provato, nonostante giornate calde come quella non fossero rare in quel periodo.
Al suo risveglio, gli sembrò quasi che tutto quello che avevano passato fosse stato solo un sogno, che si trovasse ancora a casa sua, con Naoya che lo aspettava per mangiare insieme. Quando, però, facendo il gesto di passarsi una mano fra i capelli si rese conto che indossava il berretto, capì che invece la realtà era ben diversa: lui era malato e si trovava all’ospedale.
La felicità che lo aveva pervaso in quei pochi attimi sembrò svanire quasi all’improvviso, anche se avere Naoya lì accanto, lo rincuorò un poco, visto che almeno lui sembrava reale. Si mise supino, ancora un po’ intontito dal sonno.
Quando il sensei si accorse che Takahiro si era svegliato, si alzò dal proprio posto e gli si avvicinò con dolcezza.

-buongiorno!- sorrise dandogli un piccolo bacio sulla fronte

-c-ciao...- rispose il ragazzo con voce spezzata, tentando di abbozzare un sorriso

Naoya fece sventolare quello che pareva essere un giornale –ti ho comprato qualche rivista! – disse appoggiandogliela sul comodino

-…- Takahiro lo guardava un po’ perplesso

-ah! E poi l’infermiera mi ha detto di dirti che i controlli sono stati spostati alle undici… -spiegò- dato che dormivi ancora ho chiesto se potevano fare uno strappo!-

-…mi hanno lasciato dormire?- domandò il giovane

Naoya annuì contento, per poi tornare a sedersi dove aveva lasciato il piatto con qualche avanzo.

-vuoi che ti accenda un po’ di tv? O vuoi qualcos’ altro?- chiese poi, sembrando quasi una macchina “fabbrica domande”

Takahiro, non sapendo cosa dire, per tutta risposta si ributtò esausto sul cuscino, sospirando pesantemente.
Il sensei si fermò di colpo e tornò nuovamente accanto a lui, visibilmente preoccupato.

-Che c’è? Stai male? Vuoi che chiami qualcuno?-

Il moro amava il modo in cui Naoya si prendeva cura di lui: era talmente dolce e rassicurante che solitamente quel genere di attenzioni non gli avevano mai dato fastidio. Ma in quel momento, sentiva come se la testa gli stesse per scoppiare da un momento all’altro.

-n-no… disse cercando di rassicurarlo -…solo…-

Guardò il sensei per qualche istante, come cercando le parole giuste alla sensazione che stava provando.

-solo che non ero più abiutato…-

-abituato? - ripeté Naoya perplesso

-…ad essere al centro delle attenzioni di qualcuno… - spiegò, sorridendo lievemente

-…-

Naoya si zittì all’improvviso. Sembrava quasi che le parole del moro, dall’intento benevolo, invece avessero sortito l’effetto contrario su di lui. Aveva capito che, in un certo senso, stava infastidendo Takahiro, il quale probabilmente l’unica cosa che voleva era quella di riposare in pace, visto che sembrava non avere neppure la forza di andare a piedi verso il bagno.
Abbassò lo sguardo, come per scusarsi, ma Takahiro allungò la mano e gli sfiorò la spalla.

-non devi preoccuparti…- spiegò cercando di tirargli su il morale

-scusami –sorrise lievemente Naoya –probabilmente vuoi solo riposare!-

Takahiro scosse il capo –no…sono molto felice delle tue attenzioni, invece!- disse –forse non lo sembro…è che mi sento parecchio stanco…-

-…-

-tra un po’ mi dovrebbero fare una flebo e..starò meglio!- concluse

-…o-ok…-

In realtà quell’ok gli era suonata subito una risposta stupida e senza senso, ma non era riuscito a pronunciare altro, in quanto non sapeva davvero cosa dire.
Doveva ammettere che non si era ancora davvero reso conto di quanto grave fosse la malattia di Takahiro. Il giorno prima, dopo avergli fatto visita, era tornato a casa verso le nove di sera. Non aveva mangiato ed era subito andato a letto ma per tutta la notte si era rigirato sotto le coperte, con un solo pensiero fisso: quello di tornare il prima possibile dall’amico.
Aveva pensato e ripensato ad un sacco di cose. Continuava a ripetersi che la realtà era quella, che Takahiro stava male e stava morendo.
Nonostante tutto però faceva una fatica enorme ad accettarlo. Più che altro, gli sembrava tutto così assurdo che aveva pensato più volte che fosse solo un sogno.
Era felice di aver ritrovato Takahiro, ma sapeva bene che prima o dopo avrebbero di nuovo dovuto separarsi, questa volta senza alcuna possibilità di tornare indietro. E questo lo faceva sentire sempre più male, ma aveva deciso di cercare di non darlo a vedere il più possibile: doveva essere sereno, anche per Takahiro, che ne aveva più bisogno di lui.

Poi, in quel momento, qualcuno bussò alla porta.
Naoya si alzò frettolosamente in piedi, mentre l’amico sembrò non essersi nemmeno accorto dell’accaduto.
Si sentì un leggero cigolio, seguito da un “permesso...” appena sussurrato.
Era un’infermiera che aveva tra le mani quello che sembrava un vassoio. La donna entrò nella stanza e si stupì di trovare Naoya, che la salutò con rispetto.

-oh, hai visite oggi, Nishijima kun?- sorrise lei

Takahiro si limitò a sorridere.

-buon giorno!- salutò cortese il sensei

-ecco la colazione!- continuò l’infermiera allungando il tavolo portatile attaccato al letto del ragazzo che, anche se controvoglia, dovette sollevarsi e mettersi supino –cerchiamo di mangiare qualcosa oggi?- domandò poi con tono apprensivo

-si, si…- sospirò il moro

Naoya notò come l’espressione di Takahiro era mutata drasticamente alla vista di quella che doveva essere la colazione. Non aveva la minima idea di cosa fossero tutti quegli strani intrugli, ma non avrebbe mai provato ad assaggiarli nemmeno per tutto l’oro del mondo e l’amico sembrava dello stesso parere.

-tra poco passeranno con la flebo!- spiegò l’infermiera –e poi per qualche ora non potrai ricevere visite – disse poi, rivolgendo lo sguardo a Naoya

-certo, lo so bene!- annuì Takahiro

Il sensei capì che quei “controlli” di cui gli avevano parlato quella mattina, mentre il moro dormiva, non erano altro che la chemio terapia alla quale Takahiro si sottoponeva da chissà quanto tempo. Ed era quella la principale causa del suo essere così affaticato e stanco.
L’infermiera si inchinò leggermente ad entrambi i ragazzi, per poi uscire, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando se ne fu andata, il moro, dopo aver dato un occhiata a quello che gli avevano portato, si ributtò nuovamente nel cuscino e cominciò a guardare fuori dalla finestra con insistenza, cercando di evitare il minimo contatto con la sua “colazione”.
Naoya ben presto si sentì in colpa. Takahiro probabilmente avrebbe voluto fare un pasto decente, proprio come aveva fatto lui poco prima. Si chiese se quel cibo fosse specifico per il moro o se in realtà appioppavano quella schifezza a tutti i pazienti, indistintamente. Era certo, comunque, che un pezzo di croissant non avrebbe di certo fatto star male il ragazzo più di quanto non lo fosse già.

-scusami, puoi appoggiare il vassoio sulla scrivania..?- domandò ad un certo punto il ragazzo –non sopporto questo odore…-

-…certo- rispose Naoya, facendo esattamente come indicatogli -… anche se…forse dovresti sforzarti un po…no?-

-…-

Non ci fu replica, anzi, il moro sembrò accigliarsi leggermente, tanto che gli si leggeva in faccia che avrebbe voluto rispondere a malo modo.
Naoya decise che forse era il caso di lasciarlo stare e di fargli fare semplicemente quello che voleva. Con molta nonchalance, tornò a sedersi ed estrasse quello che poi si rivelò un libro, dalla propria ventiquattrore.
Sospirando pesantemente cominciò a leggere, anche se ogni tanto lanciava qualche occhiata verso Takahiro, che continuava a guardare fuori dalla finestra, sembrando piuttosto giù di morale.
Forse, pensò, non era stata una buona idea quella di venire così presto, quella mattina. Si erano ritrovati così all’improvviso, che per Takahiro doveva essere stato piuttosto stressante l’avere qualcuno piombato così, di punto in bianco.
Dal canto suo Naoya voleva stare il più possibile con lui, in modo da “alleviargli” un po’ la noia di quelle giornate d’ospedale tutte uguali, però si rese conto che forse non era di quello che Takahiro aveva davvero bisogno, e lo comprendeva.
Come poteva anche solo pensare che il ragazzo avesse voglia di essere allegro, quando sapeva bene che non c’era proprio nulla per cui essere felici? Nel suo egoismo, Takahiro non aveva torto quando aveva cercato di interrompere tutti i contatti con lui: perché far durare una felicità alla quale in poco tempo si sarebbe dovuto rinunciare?.
Solo ora riusciva a capire davvero il motivo per cui lo aveva fatto.
Così, passarono un’altra ora nel silenzio, interrotto solo ogni tanto da qualche richiesta di Takahiro. Naoya continuava a prestare più attenzione all’amico che verso il proprio libro, tant’è che ad un certo punto lo appoggiò, stanco di cercare di concentrarsi senza successo. L’altro, dal canto suo, non faceva altro che slittare il proprio sguardo dalla televisione accesa alla finestra, in continuazione. Sembrava piuttosto giù di morale.
In quello stranissimo clima, arrivarono finalmente le undici, ovvero l’ora in cui Takahiro avrebbe dovuto avere i suoi “controlli”.
Difatti, puntuali come non mai, all’ultimo rintocco dell’orologio che si trovava appeso al muro, i due ragazzi sentirono nuovamente bussare.
Questa volta però non era stata l’infermiera a farsi avanti.
Naoya squadrò per bene quello che era un uomo, piuttosto distinto, dall’aria più o meno severa. Doveva essere un dottore, uno di quelli che non lo erano solo di professione, per intenderci.
Si era portato appresso una carrozzina vuota.

-Takahiro kun, com’è che oggi hai fatto il dormiglione?- domandò ad un certo punto con un tono, tutt’altro che severo

-…- lui non rispose alla battuta, ma si limitò a sospirare

Fu in quel momento che il dottore si accorse di Naoya,

-oh, finalmente una presenza in questa stanza!- esclamò cortese –piacere, sono Kazuki Hiroto, il medico di Takahiro kun-

-p-piacere, Urata Naoya!- rispose il ragazzo, con un inchino –sono un amico!- disse incerto

L’uomo sorrise, poi tornò a fissare Takahiro.

-a quanto vedo nemmeno oggi hai mangiato…- sospirò indicando il vassoio ancora pieno

-…mi fa schifo quella roba…- sbottò il moro –è il mio cervello ad essere malato, non il mio stomaco!-

Anche se l’intento era stato quello di fare una battuta, a Naoya non venne da ridere nemmeno un po’. Al contrario, per un istante s’incupì leggermente nel vedere come il ragazzo scherzasse su una cosa del genere.
Il dottore invece sembrò prenderlo meno sul serio, perché sorrise.

-Bene, è ora di andare! – disse poi –vuoi una mano?-

-…me la cavo da solo…. –

Takahiro, anche se con estrema fatica, si alzò dal letto. Prima di sollevarsi del tutto però, volle essere sicuro che le gambe riuscissero a sorreggerlo, e si attaccò con una mano, alla spalliera del letto. Si fece forza e si allungò il più possibile per raggiungere la sedia a rotelle, sotto l’occhio vigile del medico, ma anche di Naoya, incerto se intervenire o meno per dargli una mano.
Ci vollero un paio di minuti prima che il moro riuscisse a sistemarsi. Una volta a posto, alzò lo sguardo verso i due presenti, che sembrava quasi voler dire “ce l’ho fatta, avete visto?”. Ma ovviamente non proferì parola e si limitò ad accasciarsi sullo schienale della sedia, mentre il dottor Kazuki cominciò a spingerlo verso l’uscita della stanza.
Ad attenderli, appena fuori c’era l’infermiera di prima, alla quale Kazuki disse inizialmente un paio di cose e poi lasciò il ragazzo nelle sue mani.

-beh….t-ti aspetto più tardi allora –propose Naoya prima che l’amico se ne andasse

Ma Takahiro ebbe una stranissima reazione, infastidita.

-ci vorrà qualche ora- sbottò a malo modo

-..non c’è problema!- provò a rassicurarlo

-va a casa- tagliò corto il moro, severo –non serve che stai qui tutto il giorno-

-…-

Naoya non rispose. Guardò per un istante gli occhi arrabbiati di Takahiro ed annuì, anche se con poca convinzione, ben sapendo che sarebbe stato inutile provare a ribattere. Takahiro poi venne accompagnato dall’infermiera.
Il sensei rimase impalato lungo il corridoio finché non furono spariti entrambi in ascensore. Non aveva la minima idea di cosa fare e si sentiva tremendamente frustrato.
Fino al giorno prima gli era sembrato che l’amico, tutto sommato, fosse quello di una volta, ma ora si era reso conto che non lo era più. Sembrava davvero che fosse incapace di provare anche solo un briciolo di serenità.
Il dottor Kazuki, che aveva assistito alla scena in disparte, per un po’ rimase in silenzio. Poi, notando che Naoya sembrava intento a non volersi muovere dal corridoio, sospirò e gli si avvicinò leggermente.

-…Naoya kun, giusto?- domandò con cortesia

Il giovane, sentendosi chiamare, sorrise lievemente, annuendo con la testa.

-…se hai tempo, ti va di fare due chiacchiere?- propose poi

-…-






**







Quando era arrivato di fretta e furia il giorno prima, non aveva fatto in tempo ad ammirare la zona in cui si trovava la clinica.
Yokohama era un posto incantevole, lo era sempre stato e anche in quel contesto rimaneva comunque affascinante.
Il dottor Kazuki lo condusse lungo il viale che conduceva alle spiagge private della struttura, circondato da un grandissimo parco dove molti pazienti passeggiavano in tranquillità, magari accompagnati da qualche infermiere o dai parenti. In un certo senso rappresentava un piccolo svago alla loro triste condizione.
Per un po’ il ragazzo non fece che guardarsi intorno colpito dal panorama che gli si mostrava ad ogni passo ma poi, il dottor Kazuki si decise a parlare.

-…tu devi essere una di quelle persone alle quali Takahiro Kun non ha detto nulla, vero?- domandò in modo molto diretto

-…- Naoya non rispose subito, limitandosi a guardarlo un po’ perplesso da quella domanda -…l’ho saputo da poco- concluse

-scusami, forse sono un po’ invadente- sorrise lievemente il medico –ma la tua espressione stranita e il tuo modo di comportarti l’hanno reso piuttosto evidente-

-…cosa?-

-non fraintendere!- si affrettò a dire –è una situazione che hanno dovuto affrontare in molti…è difficile sapere come comportarsi, almeno all’inizio…-

-…-

Il ragazzo scrutò l’uomo da cima a fondo, indeciso su come comportarsi.
Poi tornò a guardare il paesaggio circostante, sospirando pesantemente. In quel momento una leggera brezza dal sapore già primaverile gli scompigliò leggermente i capelli.

-Takahiro…è cambiato molto…- ammise infine

Non sapeva perché, ma sentiva che con quell’uomo poteva in un certo senso “confidarsi”, visto che sembrava molto vicino all’amico.
Kazuki lo guardò, serio. Poi sorrise un po’ tristemente.

-è naturale- disse

-…era arrabbiato, ma fino a ieri mi era sembrato quasi sereno – spiegò Naoya –sono confuso-

-gli sbalzi di umore sono frequenti...bisogna imparare a comprendere che per queste persone, per Takahiro kun, non c’è più niente da perdere…-

-…non la seguo!- rispose Naoya voltandosi all’improvviso verso l’altro

-un giorno è felice, un giorno è triste…un giorno è arrabbiato col mondo intero – spiegò il medico –ogni giorno si pensa di essere riusciti ad accettare la propria condizione, ma quando arriva la mattina seguente e ci si rende conto nuovamente di cosa sta succedendo…-

-…-

-è come se iniziasse un nuovo processo di “assimilazione” – continuò –ma noi non siamo più gli stessi del giorno prima, anche se sembra assurdo… le reazioni non sono mai le medesime…-

-credo di capire…- sospirò Naoya

Adesso intuiva meglio il perché di quello strano comportamento che aveva avvertito nell’amico quella mattina.

-Takahiro kun è sempre stato un ragazzo che prima di pensare a se stesso, si curava degli altri- riprese il dottor Kazuki, continuando a passeggiare

-ne so qualcosa…!- sorrise Naoya, leggermente ironico

-questo suo lato l’ha preso da sua madre, indubbiamente-

-…la conosceva?-

-…eravamo molto amici!- annuì il dottore – ho visto Kyoko, sua madre, crescere Takahiro kun con amore e dedizione, nonostante i problemi tra lei ed il marito…-

-…-

-Kyoko faceva di tutto per non far preoccupare chi le stava intorno, ed odiava farsi vedere debole –

-…-

-Per Takahiro kun è la stessa cosa…- spiegò –la chemioterapia lo sfinisce parecchio. Per qualche ora dipende totalmente dagli altri e per uno come lui…beh, capirai che non dev’essere facile. Se è stato scontroso con te, è solo perché non vuole che tu lo veda in quello stato…Inizialmente lo era anche con le sue amiche…-

-Misako e Chiaki..?- lo anticipò Naoya

-Già…- sospirò Kazuki –ha passato un periodo piuttosto turbolento, durante le prime sedute-

-…-

-quando ha cominciato a perdere i capelli a seguito della terapia, ha espressamente chiesto che tutti gli specchi venissero coperti o tolti dalla sua stanza, ed ha iniziato ad indossare solo cappelli…-

-…beh ma…- intervenne Naoya, un po’ confuso da quella mole di notizie –non è normale essere…imbarazzati?-

Il medico si fermò all’improvviso, con lo sguardo fisso per terra.
Naoya non se ne era accorto ed aveva fatto qualche passo in più, per poi voltarsi verso l’uomo, stupito dal fatto che si fosse come imbambolato in mezzo al viale.
Il dottore poi, cercando le parole giuste, tornò a fissare il ragazzo.

-…Naoya kun, posso chiederti una cosa?-

-c-certo, mi dica pure…-

-…tu hai intenzione di restare con Takahiro kun ?- chiese -…intendo, fino alla fine-

-…-

Doveva ammettere che la domanda lo aveva spiazzato, e parecchio anche. Di prima non seppe cosa replicare, anzi, si mise a pensare di punto in bianco, mentre Kazuki aspettava una sua qualche reazione, anche negativa.
In quei due giorni, tra una cosa e l’altra, non era riuscito a riflettere per conto suo nemmeno per un momento. Erano successe così tante cose che non aveva trovato tempo per se stesso ed ora, ad una domanda così semplice, non trovava alcuna risposta.
Il medico gli aveva chiesto se aveva intenzione di rimanere al fianco di Takahiro. La prima cosa che gli venne in mente di dire fu un “si” secco e diretto, ma sapeva che al contrario, serviva un’accurata valutazione su quello che avrebbe fatto da lì in avanti.
Per mesi si era chiesto cosa provasse per Takahiro e proprio quando aveva scoperto di volergli davvero bene, di amarlo sul serio, si erano separati a causa della malattia dell’amico. In quell’arco di tempo in cui aveva creduto di odiarlo, non sapeva se il suo sentimento si fosse affievolito o meno, e si era reso conto, ora più che mai, che di nuovo, i suoi sentimenti sembravano non coincidere con ciò che pensava.
D’altro canto, se era tornato da lui, non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro: Takahiro lo amava ancora e gliel’aveva dimostrato. L’unica cosa che voleva, era di farlo sentire bene, di rasserenarlo almeno un poco; di renderlo felice.
Mentre lui, col tempo avrebbe di nuovo trovato chiarezza nei suoi sentimenti, ne era assolutamente certo.

-…io voglio solo…farlo stare bene il più possibile- si limitò a dire

Il dottor Kazuki sorrise –mi basta, come risposta-

-…-

-…Takahiro kun ultimamente mi ha parlato spesso di una persona importantissima per lui – osservò l’uomo

-mh?-

-…sono quasi sicuro che stesse parlando di te, Naoya kun!- concluse







**







Naoya, contrariamente a quanto gli aveva espressamente chiesto Takahiro, non tornò a casa, ma rimase lì, nelle vicinanze dell’ospedale, passando dalla spiaggia al centro della cittadina di Yokohama a piedi, senza una meta precisa.
Dopo aver pranzato con il dottor Kazuki, disponibilissimo a spiegarli un po’ come avrebbe dovuto comportarsi con l’amico d’ora in avanti, aveva deciso di fare due passi nell’attesa che il moro finisse la chemioterapia e nel frattempo, aveva avuto modo di riflettere un po’ sul da farsi.
Fortunatamente il suo lavoro alla Hibiya High School era terminato e l’unica cosa di cui doveva occuparsi era lo scrivere la tesi per la laurea. Cosa che poteva fare tranquillamente anche in ospedale.
Pensò anche che sarebbe stato opportuno farsi un abbonamento per lo Shinkansen, visto che l’avrebbe utilizzato spesso in quel periodo, spostandosi tra Tokyo e Yokohama, anche se non aveva completamente escluso l’idea di utilizzare la macchina, di tanto in tanto.
Il dottor Kazuki gli aveva anche accennato alla possibilità di poter portare a casa Takahiro per il weekend, ma nel suo caso, essendo minorenne, serviva l’autorizzazione di un genitore, e Takahiro non ne aveva.
O meglio, c’era suo padre che però, per volere del moro, non sapeva nulla della gravità della malattia del figlio. Tuttavia, l’idea di poter fargli cambiare un po’ d’aria lo allettava ancora, nonostante fosse quasi impossibile attuarla. Fin dal primo momento in cui lo aveva visto, aveva notato una certa apatia in tutto quello che il ragazzo faceva. Lo vedeva annoiato, anche se cercava di non farlo vedere, con scarsi risultati, visto che quello che pensava lo si capiva anche solo guardandolo negli occhi.
Seguendo quella scia contorta di pensieri, tra una passeggiata e l’altra, arrivarono le cinque del pomeriggio. Il sole stava cominciando già a tramontare, anche se le giornate si stavano allungando sempre di più.
Il ragazzo, prima di tornare a Tokyo, decise di passare prima in clinica, a vedere come stava Takahiro e di che umore era.
Quando arrivò davanti alla reception, trovò la stessa infermiera del giorno prima che, ovviamente, lo bloccò.

-Nishijima san sta riposando!- obiettò

-me ne vado via subito!- la pregò Naoya

-c’è un regolamento in questo ospedale! –spiegò –e non ci sono eccezioni-

-per favore, solo un momento!- insisté il ragazzo

La donna aveva sicuramente da ridire, ma alla fine, forse per la tenacia dimostrata dal giovane, decise di fare un altro strappo alla regola.

-finiranno per licenziarmi…- sbottò agitando il braccio, come segno di lasciapassare

Naoya sorrise e si inchinò, per poi dirigersi dall’amico, qualche piano più in alto.
Una volta arrivato, si ritrovò davanti alla porta della stanza, incerto se bussare o meno. Sapeva che se Takahiro l’avesse visto ancora lì si sarebbe arrabbiato tantissimo, perciò in cuor suo, sperava che stesse dormendo, così non si sarebbe agitato ulteriormente.
Confidando sulla parola dell’infermiera dunque, Naoya decise di entrare silenziosamente in camera,cercando di fare il minimo rumore.
Si chiuse la porta alle spalle, tentando di non farla cigolare, e si diresse all’interno della stanza.
Le tende delle finestre erano tirate ed era piuttosto scuro. L’unica luce flebile accesa era quella della lampadina del comodino.
Fece qualche passo verso il letto dell’amico: Takahiro stava dormendo profondamente, con le coperte tirate fino al volto.
Un braccio era scoperto a causa della flebo, ma lui non sembrava sentire freddo. I suoi respiri erano regolari e tranquilli. Indossava il suo solito cappello, anche se doveva essersi leggermente spostato, dato che si intravvedeva parte della nuca, senza capelli.
Anche dormendo, sembrava piuttosto provato. Il suo volto era stanco e, addirittura, più scarno rispetto a qualche ora prima.
Sempre con molta cautela, si avvicinò accanto al letto, stando attento ad ogni movimento che faceva.
Rimase a fissarlo in silenzio, per un po’.
Altre volte aveva avuto modo di osservare Takahiro mentre dormiva, e a primo impatto, sembrava tutto esattamente come lo ricordava.
Eppure sapeva che non era affatto così. Si chiese per quante volte ancora avrebbe potuto osservare Takahiro dormire così profondamente, anche se con la paura di non vederlo svegliarsi più da un giorno all’altro. Si chiese anche cosa provasse mentre dormiva, se sognava cose belle o solo incubi.
Si chiese se il countdown della sua vita potesse in qualche modo bloccarsi o se era destinato davvero a finire.
Sentì un’ improvviso tuffo al cuore, che gli dolse per qualche istante.
Per istinto gli venne da allungare le braccia e stringerlo forte, per permettergli di svegliarsi al riparo, protetto. Ma rimase immobile, senza fare nulla. Si limitò ad osservarlo in silenzio, ma qualcosa sentiva che stava cambiando anche in se stesso: doveva assolutamente fare qualcosa per Takahiro.
Quello studente preso di mira dagli Yenkee, timido ma tenace, impacciato ma terribilmente sicuro delle sue scelte: Takahiro non lo aveva mai saputo, ma al contrario di quanto pensasse, era stato proprio lui a salvare Naoya. L’aveva salvato dalla monotonia della sua vita, gli aveva fatto riscoprire anche quel dolce sentimento che era l’amore e l’aveva fatto sentire importante.
Aveva un grande debito verso di lui e si sentiva in dovere di ricambiare, assolutamente.







**






Il giorno dopo, Takahiro venne svegliato piuttosto presto dall’infermiera.
Il ragazzo prima di rendersi contro che si trovava completamente solo, si guardò intorno per vedere se Naoya era lì, come la mattina precedente: ma lui non c’era.
Un po’ giù di morale, lasciò che la donna gli sistemasse la flebo e gli portasse la colazione, ovviamente col solito menù che, lo sapeva, avrebbe lasciato lì senza nemmeno provare ad assaggiarlo.
Come tutte le altre volte, per passare il tempo decise di guardare un po’ di televisione, ma i canali disponibili non davano programmi che gli interessavano anzi, a dirla tutta si sentiva piuttosto annoiato. Naoya era stata una dolce parentesi alla vita monotona dell’ospedale, ma ovviamente non poteva essere sempre lì ad assecondare ogni suo capriccio da malato, e questo lo sapeva perfettamente.
Inoltre, si sentiva molto in colpa per come lo aveva trattato il giorno prima. Non era più abituato ad avere qualcuno al suo fianco e non voleva farsi vedere dal sensei in quello stato, però si era reso conto che quel suo atteggiamento a tratti aggressivo, Naoya non se lo meritava. Proprio per questo, trovava che non fosse poi così strano che il ragazzo non fosse venuto a salutarlo, quella mattina.
In fondo, a ben pensarci, lui avrebbe fatto la stessa identica cosa.
Guardò fuori dalla finestra, il cielo era piuttosto grigio, tanto che sicuramente da lì a poche ore avrebbe piovuto. Le giornate come quelle lo rendevano molto più triste di quanto già non fosse, e lo stare segregato lì dentro, di certo non lo aiutava a tirarsi su di morale.
Mentre pensava e ripensava ad un modo o ad una attività per passare quell’ennesimo giorno, sentì qualcuno bussare alla porta.
Pensando che si trattasse di un dottore o di un ennesimo infermiere, esclamò “avanti” con pochissimo entusiasmo, che però ben presto si riaccese, quando scoprì che quello che aveva bussato era niente meno che Naoya.

-e-ehi, ben svegliato!- salutò il sensei entrando con cortesia

Aveva il fiatone, probabilmente dovuto ad una corsa che Takahiro sinceramente non riusciva a spiegarsi. Aveva con se uno strano sacchetto di carta.

-c..ciao! –salutò un po’ indeciso su come comportarsi

Naoya si avvicinò alla scrivania e si tolse la giacca, accompagnato dallo sguardo costante di Takahiro.

-…è già passata l’infermiera?- domandò il sensei guardandosi intorno

-un’ora fa… -sospirò il moro -…perché?-

L’altro sorrise compiaciuto e si sedette accanto al letto dell’amico, portandosi anche il sacchetto. Non prima di aver dato un’ultima occhiata in giro, quasi si soppiatto, estrasse dalla busta quello che si rivelò essere un croissant da pasticceria.
Takahiro guardò stranamente prima il dolce e poi Naoya, leggermente perplesso. Il sensei spezzò in due il croissant e lo porse all’amico, incitandolo a prenderlo.

-facciamo una cosa rapida, ok?- disse un po’ preoccupato

-…è..è per me?- domandò il moro incredulo

Naoya sorrise –il dottor Kazuki dice che non ci sono problemi! Lui è un medico e non può certo portarti roba da mangiare… -spiegò –ma io posso! Quindi ho pensato di correre a comprare qualcosa di commestibile per colazione!-

Adesso era tutto chiaro. Ecco perché Naoya sembrava aver corso.
Abbassando lo sguardo senza dire una parola, Takahiro allungò la mano e prese il dolce. Poi, lentamente, ancora incerto e impaurito, lo portò alla bocca e lo addentò: era ancora caldo.
Dapprima lo assaporò lentamente, come a voler ricordare che sapore potesse avere un croissant, in seguito, sembrò letteralmente divorarlo, sotto gli occhi sorpresi di Naoya.
In quel momento, si sentì gli occhi pieni di lacrime involontarie.

-g-grazie!- esclamò tirando su col naso ed asciugandosi con le maniche del pigiama

-ehi…- cercò di consolarlo Naoya –la mia idea non era quella di farti piangere!- disse, un po’ preoccupato

Takahiro scosse il capo –n-no, sono felice…- sorrise, singhiozzando -…io mi sono comportato così male ieri…-

-sssh, non dire sciocchezze!- sbottò Naoya – la colpa è stata anche mia, troppa invadenza…-

-sono io che cambio umore all’improvviso…non…non so cosa mi prende ogni volta…- sospirò l’altro amaramente

Ma allora Takahiro era consapevole del suo repentino cambio di stato?

-…-

Il moro non parlò più, limitandosi semplicemente a mangiare e, contemporaneamente, ad asciugarsi le lacrime dalle guancie.
Come aveva detto il dottor Kazuki, gli sbalzi di umore erano del tutto naturali, anche se Naoya doveva ammettere che la trovava una cosa ancora piuttosto difficile da gestire. Takahiro diceva di essere felice, eppure piangeva. Non che non fosse mai successo in passato, eppure questa volta non aveva la minima idea di come comportarsi.
Sospirando pesantemente, ebbe l’istinto di accarezzare i capelli dell’amico, come aveva fatto innumerevoli volte, ma bloccò il braccio a mezz’aria, ricordandosi che Takahiro indossava il berretto. Il suo gesto strano fu colto dal moro, che lo guardò leggermente perplesso, senza intuire cosa volesse fare.
Naoya si rese conto che ritirare ora quella mano avrebbe significato “rinnegare” quello che era Takahiro e ciò, l’avrebbe fatto sentire ancora più triste.
Forse il Takahiro che aveva lasciato aveva ancora i suoi capelli lucenti e neri, ma quello che si trovava davanti a lui ora, era la stessa identica persona. Era sempre lui.
Cercando di non farlo preoccupare inutilmente, Naoya sorrise. Poi, appoggiò l’arto sulla testa di Takahiro, che solo allora capì cosa il sensei aveva voluto fare. Per un attimo sembrò che il moro volesse “allontanarsi” dal gesto, ma alla fine rimase immobile, sospirando pesantemente, consapevole al cento percento del suo hadicap.
Ma Naoya fece quello che aveva sempre fatto: con molta delicatezza, in modo da non spostare troppo il berretto, accarezzò la testa di Takahiro amorevolmente.
Questi rimase stupido da con quanta naturalezza Naoya aveva compiuto quel gesto, così incurante dei dettagli che sembravano invece così palesi.
Ecco, proprio in quel momento gli sembrava davvero di essere tornato indietro, ai giorni in cui erano felici.
Ai giorni che fino a quel momento aveva creduto non sarebbero più tornati.
Era felice, lo era davvero.
E sperava che Naoya potesse rendersene conto.

-l’importante è che siamo insieme…- concluse il sensei dandogli un bacio sulla fronte.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***


~~Capitolo 7.

 

 

 

Con l’arrivo del mese di Aprile, e con la conseguente vicinanza alla scadenza della consegna della tesi di laurea, Naoya si era ritrovato a dover fare una montagna di cose in pochissimo tempo. il ragazzo andava e veniva dall’ospedale di continuo, portandosi dietro il proprio lavoro e allo stesso tempo facendo compagnia a Takahiro, il quale, preoccupato, gli aveva ripetuto più volte che non serviva venire ogni giorno, che tanto da lì non scappava.
Naoya però non aveva la minima intenzione di ascoltarlo, un po’ perché gli faceva comunque piacere stare con il moro e un po’ perché aveva notato che con la sua presenza il ragazzo sembrava essere più sereno, tanto che anche fisicamente pareva essersi ripreso un po’.

Durante il primo week end in ospedale, erano venute anche Chiaki e Misako, in pausa dai compiti che la scuola gli imponeva. Con loro, a sorpresa, c’era anche Shinijiro, che aveva saputo della malattia di Takahiro dalle due ragazze, che ormai avevano deciso di smetterla di mentire, specialmente alle persone a loro vicine.
L’incontro era stato, secondo Naoya, un misto tra il drammatico e l’esilarante: Shinjiro aveva cominciato ad insultare Takahiro, ma tra un insulto e l’altro, oltre che un mare di lacrime, c’erano state anche tante parole di incoraggiamento.
Gli aveva urlato di essere uno stupido, e che avrebbe dovuto pensarci due volte prima di mettere in scena tutta quella farsa.
In un certo senso, Naoya si rivedeva in lui, dato che la pensavano più o meno allo stesso modo e anche Takahiro doveva essersene accorto, perché era rimasto in silenzio, a prendersi tutti quegli amorevoli insulti, leggermente stupito.
Misako aveva chiesto più volte scusa a Takahiro per aver rotto la loro promessa, ma lui, al contrario di quanto la ragazza aveva pensato, aveva scosso il capo, dicendo semplicemente – se non l’avessi fatto, sarei stato infelice fino alla fine-
Dapprima era rimasta perplessa, cercando di cogliere il significato di quelle parole, ma quando diede uno sguardo a Naoya, che osservava la scena da un angolo della stanza, in disparte, infine capì.
Le amiche, insieme a Shinjiro, decisero che d’ora in avanti si sarebbero trovati ogni weekend, per andare a trovare il ragazzo; e così fecero, portandosi di tanto in tanto i libri per studiare in vista degli esami.
Per fare in modo che il ragazzo non si sentisse troppo trascurato, lo coinvolgevano nello studio e, se non era troppo stanco, gli chiedevano di interrogarli, uno dopo l’altro. Takahiro in quei momenti sembrava davvero felice, nonostante in fin dei conti si trattasse semplicemente di studiare.
La presenza dei tre studenti comunque, era un toccasana anche per Naoya, che poteva dedicarsi maggiormente alla propria tesi.

Purtroppo però, non sempre i week end erano all’insegna del divertimento: negli ultimi tempi, Takahiro avvertiva sempre più disturbi, e aveva dovuto cambiare molteplici farmaci, per capire quale fosse il più adatto a lui.
 Addirittura, per due giorni non aveva fatto altro che dormire, sotto sedativo, a causa dell’eccessivo dolore. Preoccupato, Naoya aveva chiesto consiglio al dottor Kazuki.

-sono disturbi normali –aveva spiegato con una sorta di rassegnazione –da qui in avanti, potrà solo che peggiorare…-

Per Naoya, a cui sembrava che in realtà Takahiro stesse anche meglio, fu un durissimo colpo. Non lasciò il moro nemmeno per un istante, dormendo in ospedale, temendo il peggio ogni qualvolta che gli sembrava respirasse più lentamente. Per fortuna però, la sera del secondo giorno, sembrò riprendersi. Non era sicuro che l’amico conoscesse il proprio stato di peggioramento così, decise di far finta di niente, anche per non farlo preoccupare.
Quando il moro si era svegliato, dopo quei giorni di sonno forzato, si erano ritrovati nuovamente faccia a faccia, ma Naoya aveva evitato di spiegargli cosa fosse successo nel dettaglio.
Takahiro comunque, avvertiva che qualcosa stava cambiando. Non sapeva se fosse solo una strana sensazione, ma era sicuro che la sua malattia stesse peggiorando sempre più, com’era previsto d’altronde.
Quando la situazione fu nuovamente sotto controllo, Misako, Chiaki e Shinjiro poterono riprendere ad andare a trovarlo. Anche loro cercavano di fare buon viso al cattivo gioco, fingendo di non essere troppo preoccupati per ciò che era accaduto e per distrarsi, si impegnavano ancora di più nella preparazione degli esami.
Il moro li guardava studiare con serietà e dedizione, non potendo fare a meno di notare una certa vicinanza tra Shinjiro e Chiaki, che, era sicuro, non aveva mai visto prima di quel momento.
Se ci pensava, la sua mente tornava ai giorni prima delle vacanze natalizie, quando tutto era ancora normale e quando l’unica cosa che lo preoccupava era lo scegliere l’università alla quale accedere dopo il diploma.
Per tanti mesi aveva scacciato quel “futile” pensiero dalla testa, consapevole che per lui non ci sarebbe stata la possibilità nemmeno di metterci il piede in università, eppure, vedendo gli amici così impegnati per raggiungere i loro obiettivi, si sentì improvvisamente carico di nostalgia e di voglia di farsi valere ancora.

Il pomeriggio del tre aprile, una domenica, quando i tre se ne erano andati dopo la giornata in ospedale, Takahiro si rivolse a Naoya, che leggeva un libro seduto alla scrivania.

-…stavo pensando ad una cosa…- aveva detto

La sua voce era diventata molto più flebile che in passato, e scandiva le parole con molta lentezza.
Naoya si voltò appena, per ascoltarlo.

-cioè?- domandò

Il moro abbassò lo sguardo leggermente in imbarazzo, costringendo Naoya ad interrompere la lettura per concentrarsi solo su ciò che doveva dire.

-…so che…forse è una follia…- spiegò

-…-

-…p-però…mi piacerebbe…-

-…-

-riprendere…a studiare!- concluse infine, con un lungo sospiro

Naoya rimase piuttosto spiazzato da quella pseudo notizia. Non che non ne fosse felice, ma non poteva fare a meno di chiedersi se Takahiro fosse consapevole o meno di cosa avrebbe comportato quella scelta.
Tuttavia, nascose la propria preoccupazione, sorridendo.

-è bello quello che stai dicendo… -disse -…però…-

Non sapeva come formulare bene la parole.

-…siamo già ad Aprile; Giugno ormai è alle porte e poi… -continuò –non dovresti sforzarti – concluse un po’ insicuro

Takahiro sembrava aver previsto esattamente quelle identiche parole, perché non sembrò particolarmente scoraggiato, al contrario, pareva avere la risposta pronta già da un bel po’.

-…posso…farcela!- esclamò

-Takahiro…-

-il programma lo conosco. Devo…recuperare gli ultimi due mesi..e tornare in pari…- sospirò -…posso farcela…-

-…-

Naoya fissò l’amico negli occhi: sembrava molto determinato, nonostante la stanchezza.

-…s-so che…è sciocco volersi diplomare…in questo modo ma…- continuò -…sento di…voler concludere tutto nel migliore dei modi -

-…sai cosa vuol dire questo, vero?- domandò il sensei

Il ragazzo non rispose ed annuì. Naoya si alzò dalla sedia e si mise accanto al letto del moro. Si abbassò quanto bastava e gli prese dolcemente la mano e la strinse nella propria.

-molti sapranno la verità… - sospirò infine, leggermente afflitto

Takahiro però pareva sereno, dopotutto

–lo so –rispose con tono incoraggiante –ma sono davvero stanco…davvero stanco…-

Quell’ultima frase sembrava piuttosto sconnessa con il resto del discorso. Naoya aveva notato altre volte quello strano modo di esprimersi che Takahiro aveva assunto nelle ultime settimane. Si chiedeva se anche quello fosse uno dei sintomi della malattia che lo stava consumando. E soprattutto, si domandava se, continuando in quel modo, sarebbero arrivati alla fine senza riconoscersi più, entrambi.
Tentò di scacciare quei cattivi pensieri dalla testa ed ignorare quello che era appena successo.
Al di là di tutto, Takahiro sembrava davvero volerlo con tutte le sue forze. Voleva davvero diplomarsi e forse, facendo due calcoli, avrebbe anche potuto farlo mentre era ancora più o meno in salute, visto che il peggio, stando a quanto aveva detto il medico, sarebbe cominciato solo durante l’estate inoltrata.
Il sensei sorrise, cercando di rassicurare il moro.

-se è questo che vuoi, faremo così- annuì

Sulle labbra di Takahiro si disegnò un ampio sorriso.

-farò del mio meglio!- rispose felice

-lo so…- sospirò Naoya –ti aiuterò anche io…-

-tu puoi darmi ripetizioni di letteratura, no?- esclamò Takahiro riprendendo improvvisamente grinta e colore

-domani passerò a scuola e parlerò con i tuoi insegnanti! –spiegò Naoya -sono certo che troveremo un modo per farti studiare senza doverti affaticare troppo…-

-…grazie…grazie davvero –

Il sensei lo guardò leggermente stupito.
Poi, scosse la testa.

-ringrazi davvero troppo spesso, lo sai vero?- domandò ironico

-ehm, g-già…scusa- rispose Takahiro leggermente imbarazzato

-basta ringraziare e basta scusarsi! –ordinò Naoya ridendo sotto i baffi –ti aspettano due mesi di fuoco, prima degli esami!-

-…certo che sai essere proprio incoraggiante…- sbottò il moro

-beh, è una delle mie doti più grandi!-

-oh, certo, sensei!- sospirò lo studente, sentendosi offeso

Entrambi, dopo quello scambio di battute, iniziarono a ridere all’improvviso, come due ragazzini.
Takahiro sembrava davvero, davvero felice e Naoya a stento ricordava i momenti passati, l’ultima volta in cui avevano riso così di gusto, prima di quel periodo buio e turbolento.

 

 


**

 

 


Proprio come stabilito, la mattina seguente Naoya si recò alla Hibiya High School alla buon’ora.
Sapeva che non essendo più un professore non aveva le autorizzazioni per poter parlare con i docenti e, tantomeno, col preside, ma era anche vero nell’ambiente Urata Naoya aveva saputo farsi rispettare, tanto che quando si presentò all’ingresso dell’aula insegnanti, tutti gli ex colleghi lo accolsero con un grande entusiasmo, specialmente Takahashi sensei, che era corsa ad abbracciarlo, mettendo in imbarazzo il giovane.
Dopo qualche preambolo, all’ovvia domanda “ma cosa ci fa qui a scuola?”, Naoya si mise a spiegare la situazione dall’inizio alla fine.
Man mano che il racconto andava avanti, gli sguardi dapprima allegri degli insegnanti lasciarono il posto allo sgomento e alla preoccupazione, finché non cominciarono a darsi occhiate nervose a vicenda.

-….sta dicendo sul serio, Urata sensei?- domandò Yuri con un filo di voce

Naoya notò che gli ex colleghi utilizzavano ancora l’appellativo di ‘sensei’, forse perché non sapevano bene come chiamarlo, ora che era tornato un semplice studente universitario.
Il giovane annuì, tristemente.

-purtroppo si- disse –la situazione è molto seria…Nishijima kun però desidera ardentemente diplomarsi!-

-mancano meno di due mesi!- esclamò un professore, preoccupato

-ne sono consapevole…- rispose Naoya cortese –per questo occorre agire alla svelta…-

-al massimo…al massimo possiamo trascrivere il programma completo per il ragazzo!- propose Yuri

Alcuni annuirono, altri rimasero ancora un po’ perplessi.

-ma per il resto, appunti e quant’altro…dovranno essere i compagni ad aiutarlo –spiegò la donna

-certo, mi assicurerò di parlare con la classe 3-A- annuì Naoya sorridendo lievemente

-i ragazzi sono già impegnati con la propria preparazione…- osservò un altro insegnante

-lo capisco benissimo e non verranno in alcun modo forzati! –confermò il ragazzo, deciso –lasceremo scegliere a loro ovviamente!

-…bisognerà informare il preside…- intervenne un altro collega, poco lontano –mettendo il caso che riesca a recuperare, occorrerà che qualche docente gli faccia un esame a parte…-

-non è nelle condizioni di poterlo sostenere qui a scuola, vero?- domandò Yuri

Naoya scosse la testa –è molto debole- spiegò –e più passa il tempo, più peggiora-

Tutti i professori si diedero un paio di occhiate, visibilmente indecisi sul da farsi. Alcuni sembravano voler aiutare Naoya, altri probabilmente pensavano che era una cosa troppo assurda perché potesse essere possibile. Naoya lo comprendeva, non era affatto semplice e avrebbero dovuto smuovere un bel po’ di difficoltà per attuarla.
Poi però, forse convinti dall’importanza che poteva avere per il loro studente il potersi diplomare come stabilito, alla fine sembrarono trovare un accordo.

-crediamo…che si possa fare!- disse infine Yuri –certo, prima occorre sapere il parere del preside, ma da parte nostra ci sarà aiuto-

Il giovane sorrise ampliamente. poi fece un lungo e profondo inchino davanti a tutti, visibilmente commosso. –grazie – esclamò –grazie mille-

 

 

**

 

 

La voce che Urata sensei fosse a scuola in quel momento, raggiunse ovviamente un gran numero di aule, tra cui quella dei suoi ex studenti, la 3-A.
Fu Shinjiro a captare i primi segnali, ed andò subito ad informare i compagni, specialmente Misako e Chiaki, durante la ricreazione.
Entrambe, oltre che il resto della classe, sembrarono parecchio stupite dalla notizia.

-come mai è qui?- domandò Misako preoccupata

-…vorrà riprendere a lavorare?- propose Chiaki pensierosa

-è venuto solo a parlare con gli altri professori…- spiegò Shinjiro –sembra che riguardi Takahiro…-

Entrambe rimasero basite e smisero immediatamente di fare merenda, spaventando leggermente il povero Shinjiro.

-eh?! Takahiro?!- esclamarono quasi all’unisono

-s-sono solo voci…- spiegò l’amico –non è confermato…-

-ci faremo spiegare, non appena saranno finite le lezioni…- sospirò Misako

 

Ma in realtà, non ci fu affatto bisogno di aspettare la fine della scuola, perché i tre studenti potessero capire cosa stava succedendo. Difatti, quando entrò il docente successivo, che in quel caso era Goto sensei, venne annunciato che la lezione sarebbe terminata dieci minuti prima, perché c’erano alcune comunicazioni urgenti da dare agli studenti.
Ovviamente l’atmosfera di quei cinquanta minuti fu piuttosto elettrizzante fino alla fine, poiché tutti erano ansiosi di sapere cosa c’era di così urgente da concludere la lezione addirittura prima del previsto.
Quando Goto sensei sembrò aver finito di spiegare, ripose i libri nella propria borsa ed uscì per qualche momento dall’aula. Al suo rientro, notarono che con lui c’era anche Urata sensei.
Non appena lo videro, ci fu qualche urletto di gioia, piuttosto contenuto, e gli studenti cominciarono a guardarsi a vicenda, stupiti.
Misako e Chiaki si erano lanciate un’occhiata nervosa, non appena Naoya era entrato.
Poi, Goto sensei prese la parola.

–Urata Naoya, che mi ha gentilmente sostituito nei mesi in cui ero assente, ha qualcosa di importante da dirvi –esclamò –vi prego di ascoltarlo. Prego-

L’uomo si spostò leggermente, lasciando spazio a Naoya che, fino quell’istante era rimasto immobile, senza dire una parola, nemmeno di saluto.
Prima di tutto, s’inchinò verso la classe. Poi, alzò lo sguardo verso gli studenti, un po’ indeciso su come cominciare il discorso.

-Goto sensei mi scuserà di aver interrotto così la sua lezione…- cominciò –ma sono qui per parlarvi di una cosa molto importante-

Nell’aula non volava una mosca.

-…quello di cui voglio parlarvi, tratta di una persona. Era...anzi, è, un vostro compagno di classe – continuò

-…-

-sto parlando di Nishijima Takahiro –

Cominciarono a sentirsi una serie di bisbigli e gli studenti iniziarono a guardarsi intorno, come spaesati. Qualcuno addirittura, lanciò un’occhiata al banco vuoto vicino alla finestra, come per istinto.
Misako e Chiaki erano col cuore in gola, preoccupate.

-Nishijima kun sta male –spiegò senza tradire alcuna emozione –a causa di una malattia degenerativa non può muoversi dall’ospedale-

I brusii diventarono molto più insistenti, tanto che Goto sensei richiamò all’attenzione.

-Nishijima kun non voleva che la verità si venisse a sapere e d’altro canto mi dispiace davvero che l’abbiate scoperto così, in questo modo…-

-..-

-tuttavia, il vostro compagno ha espresso il desiderio di potersi diplomare, come tutti voi, questo Giugno-

-…-

-…ma per farlo, ha bisogno anche del vostro aiuto-

Shinjiro guardò Chiaki, poco distante, chiedendole con il solo sguardo “ma ne sapevate qualcosa?!”. La ragazza d’istinto aveva scosso la testa, ancora troppo incredula, mentre Misako evidentemente pensava di non aver capito bene, perché fissava costantemente il volto di Naoya, che per un attimo aveva pure contraccambiato.
Ci furono una serie di commenti sottovoce, più o meno stupiti: ”ma allora stava male?!”, “in effetti mi sembrava strano che uno come lui non frequentasse più”, e simili.

-…so che prima di tutto dovete pensare ai vostri di esami- continuò Naoya imperterrito –nessuno vi costringerà a dargli una mano, se non avete tempo o voglia di farlo-

-…-

-vi chiedo solo di pensarci- concluse con un filo di voce

Goto sensei sospirò pesantemente, aspettando che Naoya finisse di dire tutto quello che doveva.
L’intera classe sembrava abbastanza sconvolta, com’era prevedibile. Tutti sembravano più o meno dispiaciuti della situazione, ma nessuno pareva farsi avanti, forse per timore.
Chiaki, Misako e Shinjiro si guardarono intorno, come per cercare il supporto dei compagni. Loro ovviamente ce l’avrebbero messa tutta per aiutare Takahiro, ma da soli sarebbe stato davvero difficile.


-…perché no?-

Quella frase fece voltare quasi tutti i compagni, compresi i tre studenti e Naoya, che improvvisamente aveva alzato lo sguardo in direzione della voce che aveva parlato.
In ultima fila, sedevano due yenkee, ex compagni di scorribande di Sato. Entrambi, avevano ascoltato in silenzio il loro ex insegnante, senza batter ciglio, ed era stato uno di loro, al quale in passato Naoya aveva anche dovuto fare un richiamo ufficiale, ad essere intervenuto, anche se senza particolare entusiasmo. Dati gli sguardi straniti di compagni ed insegnanti, il ragazzo, leggermente scocciato, esclamò di nuovo –perché no?-

L’amico, di fianco a lui, annuì con poco interesse ed aggiunse –con gli appunti di tutti dovrebbe venir fuori una cosa studiabile – esclamò ironico

Gli altri però inizialmente non li presero sul serio. Allora, visto che nessuno osava dire una parola in più, Shinjiro decise di intervenire e si alzò in piedi, incitando i compagni.

-Mitsuhiro e Shuta hanno ragione –esclamò in favore dei due yenkee –ci possiamo dividere in gruppi e sistemare gli appunti di ogni materia! –

Tutti, nonostante la perplessità, sembrarono leggermente rincuorati dal fatto che a parlare fosse stato Shinjiro.
Misako e Chiaki si guardarono e poi, seguendo Shinjiro si alzarono a loro volta, annuendo.

-se lo facciamo tutti insieme risulterà meno impegnativo e molto più utile!- esclamò Misako

-…Takahiro avrebbe fatto lo stesso per ognuno di noi!!- disse Chiaki, convinta

Naoya sorrise lievemente, felice di vedere tanto entusiasmo da parte delle ragazze e, ovviamente, per il fatto che gli studenti probabilmente avrebbero accettato, nonostante tutto.
Pian piano, anche se titubanti, uno, due, cinque, dieci e così dicendo, studenti cominciarono ad alzarsi dai propri posti finché, in qualche minuto, tutta la classe fu praticamente in piedi. Goto sensei, che era un uomo ligio al dovere, non se la sentì di far sedere tutti quanti, anzi, si ritrovò d’accordo, annuendo di tanto in tanto e complimentandosi con Naoya che, a prima vista, pareva commosso. E lo era davvero.
Gli sguardi straniti dei ragazzi lasciarono il posto a sorrisi di complicità. Shinjiro notò che i due yenkee avevano sorriso sotto i baffi, soddisfatti, e cordialmente, li ringraziò con un leggero cenno.

Il periodo concesso da Goto sensei andò a sforare di una ventina di minuti, durante i quali Misako e Chiaki presero le redini della classe e cominciarono già a dividersi in gruppi, con ad ognuno la propria materia di cui occuparsi.
Naoya decise di restare a dare una mano, coordinando qua e lì, aiutato da Shinjiro. Vennero coinvolti anche i due yenkee che, per la prima volta si ritrovarono integrati quasi perfettamente al gruppo.

Era strano come tutto fosse mutato in così poco tempo.
Se Naoya ripensava a tutto quello che era successo dall’inizio di quell’autunno, si rendeva conto di quanto strano fosse ritrovarsi lì, tutti insieme, aiutandosi a vicenda. Coloro che fino a pochi attimi prima erano considerati degli “esclusi”, coloro che avevano sempre ammirato in silenzio e che erano entrati a far parte di quella famiglia che era l’amicizia: erano tutti li, infine.

 

 

**

 


In una settimana la classe 3-A, con l’impegno da parte di studenti ed insegnanti, era riuscita a creare una sorta di libro, pieno di appunti di tutte le materie che avevano fatto fino a quel momento.
Takahiro, dopo aver mandato i ringraziamenti da parte sua ai suoi compagni, stupendosi dell’alleanza che si era creata con gli yenkee, poté cominciare a studiare, aiutato da Naoya e, quando potevano, anche dai suoi amici.
Solitamente studiava la mattina, poiché il pomeriggio la chemio terapia si faceva sentire, ed era assai raro che trovasse la forza di continuare.
Tuttavia, aveva notato Naoya, le sedute erano drasticamente diminuite in quel periodo, ma al contrario di quanto si poteva pensare, ciò non era affatto segno di guarigione. Al contrario, voleva solo dire che stavano esaurendo il loro effetto, e che sarebbe stato inutile continuare a sottoporre il fisico del ragazzo ad un tale stress. Sforzandosi di non pensarci, il sensei metteva tutto se stesso nell’aiutare il moro con le materie. Era davvero ammirevole la forza di volontà con la quale si impegnava, nonostante la stanchezza. Ma soprattutto, era felice di vederlo sereno. Ogni volta che studiavano insieme, Takahiro sorrideva e non lo faceva solo per non dargli preoccupazioni; lo faceva semplicemente con naturalezza.
Le belle giornate comunque aiutavano il ragazzo a concentrarsi maggiormente, anche se ogni tanto, guardando fuori dalla finestra, Naoya era certo che stesse pensando di voler uscire, per godere di quel bel tempo.
Erano passati mesi ormai, ma Naoya non aveva affatto abbandonato l’idea di voler portare fuori l’amico, anche solo durante i weekend, consapevole però del fatto che serviva l’autorizzazione del padre.
Una volta aveva addirittura toccato l’argomento, un po’ per caso, ma anche per vedere la reazione del ragazzo.

-tuo padre…ti ha mai chiamato?- aveva domandato con molta nonchalance

Takahiro aveva assunto uno sguardo cupo tutto all’improvviso.
Leggermente scocciato, aveva risposto seccamente –è da anni che non lo sento, di certo non inizierò oggi-

In realtà quella gli era sembrata quasi un esclamazione, più che una vera risposta. Era chiaro che il moro non aveva alcuna intenzione di parlare del padre, così come fino a quel momento aveva evitato di dirgli alcunché sul suo attuale stato.
Naoya non sapeva che tipo di persona fosse il padre di Takahiro, ma era certo che avrebbe potuto essere pure un pessimo padre, ma aveva il diritto di sapere che il figlio stava morendo.
Questo pensiero, ovviamente era rimasto nella sua testa.


Ad ogni modo, grazie alla sua determinazione ed all’aiuto prezioso di amici e compagni di scuola, a metà Maggio Takahiro aveva praticamente raggiunto il livello degli altri.
Misako, Chiaki e Shinjiro decisero di festeggiare quella sorta di evento, andando a trovare il ragazzo al sabato, subito dopo la scuola.
Mentre erano in shinkansen, tuttavia, ricevettero una chiamata da Naoya: la sua voce era calma e controllata, eppure si percepiva lo stesso una sorta di paura dal tono con cui parlava.
Circa tre ore prima, Takahiro aveva avuto un malore improvviso ed era stato subito portato a fare molteplici esami. Da quanto diceva il dottor Kazuki, era davvero debolissimo e, nonostante sembrasse comunque fuori pericolo, lo avrebbero tenuto in osservazione per un periodo non stabilito.
Con il cuore in gola e passata improvvisamente la voglia di festeggiare, i tre raggiunsero l’ospedale più in fretta che poterono.
Quando arrivarono nella stanza dell’amico, Naoya era lì, seduto accanto a lui: il moro sembrava cosciente, anche se aveva il tubo respiratorio attaccato alla bocca.

-T-Takahiro!!- esclamò Misako accorrendo insieme agli altri

Il ragazzo si accorse della loro presenza e sorrise, anche se era difficile da vedere, a causa della mascherina di gomma che indossava.
Visto che Chiaki stava facendo l’impossibile per non piangere, tenendo stretta la mano di Shinjiro, Naoya decise di intervenire.

-è fuori pericolo…- spiegò cercando di rassicurarle – si è affaticato molto…-

Anche se la notizia doveva essere rincuorante, Misako praticamente si avventò moralmente contro l’amico, contrariata.

-ecco cosa succede a strafare!!!- sbottò –sei uno stupido, Takahiro!!-

Il moro continuava a sorridere, e sussurrò –scu…sami!-

Parlava malissimo.
Proprio in quell’istante, arrivò l’infermiera e Misako si ricompose leggermente. La donna monitorò la situazione e poi sospirò pesantemente.

-potete uscire per favore?- domandò ad un certo punto –è fuori pericolo, devo togliergli il tubo respiratorio-

Senza dire una parola, tutti e quattro uscirono senza fiatare, chiudendosi la porta alle spalle ed andando ad aspettare lungo il corridoio.
Nessuno sembrava in vena di parlare: Chiaki guardava un punto indefinito del pavimento, Misako non faceva altro che camminare avanti ed indietro, preoccupata, mentre Shinjiro, tutto sommato sembrava tranquillo, almeno in apparenza.
Ci vollero un po’ di minuti, prima che l’infermiera uscisse dalla stanza. Una volta fuori, tutti si precipitarono da lei.

-Nishijima san ha bisogno di riposo!- spiegò –fareste meglio a tornare a casa ragazzi, tutti voi- aggiunse poi, rivolgendosi anche a Naoya

Era chiaro che avrebbero voluto almeno salutarlo, ma la donna sembrava irremovibile.
Li guardò uno per uno, sembrando indecisa; poi parve come ricordarsi di una cosa, e prima di andarsene, si rivolse nuovamente ai quattro amici.

-prima che andiate…- cominciò –Nishijima san ha espresso il desidero di parlare con…”Shinjiro”-

Chiamato in causa, il giovane assunse uno sguardo stupito, mentre gli altri si erano voltati verso di lui, anche più perplessi.

-con…me?- domandò per esserne certo

La donna annuì –solo cinque minuti però, non uno di più-

Anche se titubante, Shinjiro annuì cortesemente. L’infermiera si allontanò, mentre il ragazzo lanciò un’occhiata a Naoya prima di entrare nella stanza. Lui lo incoraggiò con lo sguardo e lo studente si fece d’animo e varcò la soglia, lasciando gli altri tre ragazzi fuori ad attendere.

Quando fu dentro la stanza, non sapendo bene come comportarsi, rimase impalato davanti al letto del moro, che nonostante la debolezza, si era accorto del suo arrivo ed aveva sorriso lievemente. Non aveva più il tubo attaccato alla gola, però indossava una maschera per l’ossigeno, temporanea.
Incerto, Shinijiro lo salutò.

-m-mi volevi vedere..?- chiese, anche se gli sembrava stupida una domanda del genere

Takahiro annuì con la testa. Poi, piano, si fece forza nelle braccia e lentamente si aiutò per appoggiare la schiena alla ringhiera del letto, sul cuscino, in modo da sembrare quasi seduto.

-ultima…mente rovino parecchie feste…eh?- domandò a sua volta, quasi ironicamente

Shinjiro scosse il capo violentemente –assolutamente no. Non pensarlo neanche!-

In realtà non sapeva cosa dirgli. Pensava che incoraggiarlo con qualche battuta fosse scorretto, ma anche rimanere in silenzio lo faceva sentire a disagio.

-ti chiederai…perché ti ho chiamato…- continuò il ragazzo

-…-

Takahiro guardò fuori dalla finestra. Il sole caldo di Maggio picchiava sui vetri che emanavano calore.

-In questo periodo…mi sono domandato spesso una cosa- riprese

-una cosa?- ripeté Shinjiro

-…secondo te, come mai siamo diventati amici così tardi…?-

Era una domanda strana ed insolita. Shinjiro guardò immobile Takahiro, che però continuava a fissare fuori, il panorama. Aprì la bocca ma poi ci ripensò e rimase in silenzio.
Provò davvero a riflettere su cosa significava quella domanda, su cosa avrebbe dovuto rispondergli.

-penso…- cominciò –penso che sia stato per colpa mia…-

-…-

-lo sai no? Io amo Chiaki da tantissimo tempo…in questi anni non mi sono mai avvicinato a lei per timidezza…e allo stesso tempo non ho mai avuto rapporti con nessuno di voi. Vi ho sempre ammirato però-

-…-

-ho sempre ammirato la vostra amicizia così salda e leale. Vi guardavo spesso ridere e scherzare. Penso che sia così. Che il motivo per cui non ci siamo conosciuti prima è stato il mio carattere- spiegò –a dire il vero me ne vergogno molto…-

Takahiro sembrava assente con lo sguardo, ma stava ascoltando attentamente in realtà. Non appena Shinjiro ebbe finito di parlare, il moro scosse la testa contrariato.

-io…non mi sono reso conto…di quello che avevo fino all’ultimo…- esclamò per consolarlo –eheh, siamo uguali forse…-

Shinjiro abbozzò un sorriso.

-una…delle cose che rimpiangerò quando me ne sarò andato…si, probabilmente sarà l’essere diventato amico tuo così tardi…- sospirò con amarezza

-…-

Il moro capì di aver esagerato con le parole, perché Shinjiro si era incupito all’istante ed aveva abbassato violentemente lo sguardo a terra, senza sapere cosa fare o dire.

-scusami- si affrettò a dire

L’amico scosse il capo.

-comunque, c’è un’altra cosa per la quale ti ho voluto chiamare…-

-s-si certo…dimmi pure!- rispose il ragazzo colto leggermente alla sprovvista

Takahiro fece un lungo sospiro e Shinjiro non capì se era perché respirava male o perché quello che doveva dire era particolarmente difficile da spiegare. In ogni caso, rimase col cuore in gola, ad attendere.

-…quando arriverà il momento…- cominciò con grande forza d’animo -…vorrei che stessi vicino alle ragazze…-

-…cosa?-

-Misako fa tanto la forte, ma ha bisogno di qualcuno che continui a sostenerla…che non la faccia mai inciampare…dovrai…farlo tu al posto mio…-

-…-

Quello sembrava tanto un testamento. Shinjiro, quasi mosso dall’istinto, indietreggiò di pochi millimetri, anche se cercò di farsi vedere più o meno tranquillo. Guardò l’amico, seduto sul letto, che gli aveva appena chiesto di fare una cosa importantissima. Proprio a lui.

-p-perché mi stai dicendo queste cose?!- domandò balbettando

Takahiro sorrise con molta dolcezza, sembrando rassegnato –non temere –disse –non sto morendo…e non lo sarò nemmeno domani- lo rassicurò

-…-

-…mi hanno detto che da qui in avanti, potrei dimenticarmi delle cose…quello che faccio, quello che vorrei dire…tsk, probabilmente quando me ne andrò non ricorderò nemmeno più chi sono… -spiegò con un filo di voce che tradiva la calma con la quale stava parlando –per questo, ti chiedo di scusarmi, ma ho preferito dirtelo ora…che so cosa sto dicendo…-

-..i-io…non…-

-…-

-non capisco!- disse Shinjiro -…perché io? Ti fidi così tanto di me?!-

-…non lo so- ammise sorridendo

Shinjiro lo guardò perplesso, cercando di capire cosa volesse dire con quelle parole.

-però so che saprai guidarle a dovere…-

-…tu sei insostituibile per loro, dovresti sapere anche questo…- sospirò l’amico

Ma il moro scosse la testa –nessuno è insostituibile. Questo l’ho capito molto tempo fa’.-

-…-

- Shinjiro io…-

-farò del mio meglio!- lo interruppe prima che potesse dire qualsiasi cosa –t-te lo prometto! -

Takahiro sembrò rasserenarsi tutto d’un colpo. Pareva addirittura che si fosse anche ripreso dal malore di qualche ora prima e che avesse la forza di alzarsi e fare anche centinaia di chilometri a piedi. Ma la realtà era che solo la sua mente, in quel momento, avrebbe potuto compiere un simile sforzo. Perché il moro, esausto, si ributtò sul cuscino, allo stremo delle forze e senza il minimo rumore.


-non dirlo alle ragazze…- sospirò infine, chiudendo gli occhi e col sorriso sulle labbra

 

 

**

 

 


Shinjiro mantenne la sua parola e, quando uscì, non raccontò praticamente nulla su quanto si erano detti in quei pochi ma intensi minuti. Nessuno comunque lo forzò a farlo.
Oramai mancavano poche settimane all’inizio degli esami, e per tutti, compreso Naoya i giorni cominciarono a diventare pesanti e pieni di cose da fare, tutte piombate così, all’improvviso.
Una mattina il giovane venne chiamato dalla Hibiya High School, dal preside in persona e gli venne comunicato che Takahiro Nishijima avrebbe potuto partecipare ad una sessione straordinaria di esami, presidiati da due docenti che sarebbero venuti a Yokohama apposta. L’esame, com’era ovvio, sarebbe stato scritto e salvo necessità di altro tipo, si sarebbe svolto esattamente allo stesso orario degli altri studenti.
Naoya fu molto felice di comunicare la notizia a Takahiro, che sembrò quasi tornare in forze, dopo averlo saputo.
Chiaki, Misako e Shinjiro smisero di venire in ospedale, poiché troppo impegnati con il proprio studio, ma non mancavano mai di telefonare al moro, per incoraggiamenti e anche qualche dubbio da discutere insieme. Takahiro, lasciando da parte la stanchezza, faceva tutto come meglio poteva, anche se il dottor Kazuki aveva categoricamente bocciato l’idea del ragazzo, ovvero quella di sostenere l’esame.
Tuttavia, aveva dovuto cedere davanti alla forza di volontà del giovane e dopo aver discusso un po’ anche con Naoya. Il sensei sosteneva che distrarsi un po’ poteva solo giovare allo stato d’animo di Takahiro.
Così, ora che avevano avuto anche il consenso del dottore, poterono concentrarsi esclusivamente sullo studio.

 


Giugno arrivò senza troppa fretta.
Fortunatamente, Takahiro sembrava piuttosto in forma, nonostante ogni tanto sembrasse assente. Ma questo accadeva raramente, e il ragazzo poté dedicarsi alla sua preparazione senza particolari difficoltà, ovviamente con la giusta moderazione.
L’esame si svolse il 7 Giugno. Era un giorno caldo.
I docenti incaricati di presidiare accanto al ragazzo arrivarono alle nove precise del mattino. Takahiro, per l’occasione, aveva voluto a tutti i così indossare la divisa da studente, così Naoya il giorno prima era andato apposta a recuperarla alla casa del ragazzo, dopo aver ricevuto le chiavi.
Purtroppo la sfortuna aveva voluto che proprio quella mattina, il moro non si sentisse bene per la prima volta in quei giorni, ma quando i professori solcarono la soglia della stanza, cercò di fare buon viso al cattivo gioco, ovviamente sotto l’occhio vigile di Naoya, che si era seduto in un angolo, in disparte, per tenere sotto controllo l’amico.
Contemporaneamente, Misako, Shinjiro e Chiaki, come molti altri, erano arrivati in aula, a scuola, ed avrebbero iniziato a breve.
Il tutto non durò più di un ora e mezza.
Takahiro rispose al quiz senza particolari esitazioni, anche se ad un certo punto era stato costretto a fare una pausa, leggermente spossato.

-…se vuoi possiamo rimandare, ragazzo –aveva detto uno dei professori

Ma il moro aveva scosso la testa ed aveva risposto –i miei compagni non hanno questa possibilità…-

Entrambi si erano dati un’occhiata leggermente colpiti, e non dissero più nulla, anche se erano evidentemente preoccupati per il ragazzo, che sembrava avere una brutta cera.
Continuarono nel silenzio finché non fu scoccata l’ora stabilità, quando uno dei due, dopo aver controllato l’orologio disse –l’esame è finito-
Takahiro, ed insieme a lui tantissimi altri, anche se lontani ed in altre circostanze, consegnò praticamente senza nemmeno accertarsi di aver risposto correttamente: un po’ perché era certo di aver fatto un buon esame, un po’ perché si sentiva tremendamente stanco.
Una volta che i due ricevettero il foglio, si alzarono in piedi, si sistemarono e, poco prima di uscire si rivolsero al ragazzo.

-buona fortuna, Nishijima Takahiro –dissero

Il moro chinò il capo in segno di rispetto e i professori, un attimo dopo, scomparirono dalla porta.

 

 

 

**

 

 

 

Per sapere i risultati del test ci volle qualche giorno. Molti avrebbero potuto pensare che il peggio fosse passato e che adesso tutti gli studenti avrebbero potuto godersi un po’ di meritato risposo, ma la verità era che quella era la parte peggiore: l’attesa.
Fino al giorno prima che uscissero i voti, con annessa comunicazione di promozione o bocciatura, Misako non fece altro che chiamare Takahiro al telefono, tremendamente in ansia.
Il ragazzo era felice di sentirla, e cercava d intrattenere delle conversazioni quantomeno decenti, anche magari non avendone particolarmente voglia. Non se la sentiva di buttarle giù il telefono dicendo “non mi sento molto bene”, perché ormai aveva capito che ogni momento, da lì in avanti, sarebbe stato prezioso. E voleva goderselo appieno, anche se gli fosse costata fatica.
Naoya intanto dovette allontanarsi un po’ dall’ospedale, sia perché l’università richiedeva più tempo di prima, sia perché aveva avuto quasi l’obbligo morale di andare a far visita ai genitori, a Yamagata, che non lo sentivano da tanto.
Il moro passò il weekend completamente da solo: nemmeno i suoi compagni vennero a trovarlo, troppo impegnati con le proprie famiglie, visto che lunedì si sarebbero saputi i risultati. Sapeva di non doversene meravigliare, che era perfettamente normale, eppure si era abituato ad avere quasi sempre qualcuno accanto ed ora che era tornato ad essere solo, anche se per poco, si sentiva tremendamente in ansia, tanto da non riuscire ad addormentarsi. Aveva paura di chiudere gli occhi e di non riaprirli più, il giorno dopo, senza poter vedere ancora il sorriso di Naoya che lo svegliava dolcemente la mattina. In passato li avrebbe chiusi senza problemi, ma si era reso conto che adesso era quasi impossibile senza avere la certezza che qualcuno fosse lì, accanto a lui.
Questo pensiero, a tratti ossessivo, lo accompagnò per tutta la durata di quel lungo weekend.

 


**

 

 

Quando Naoya tornò, il martedì mattina, trovò Takahiro piuttosto strano.
Il dottor Kazuki gli aveva consigliato di farci piano, poiché era di umore più o meno irascibile, ma quando entrò nella stanza, in realtà gli sembrava solo terribilmente svogliato: fissava un punto indefinito del soffitto ed ogni tanto sospirava. Non si era nemmeno accorto della presenza del suo sensei.

-Takahiro!- aveva esclamato il giovane, tentando di “rianimarlo” –Takahiro, ho una notizia fantastica!!-

-…- quest’ultimo si era limitato a voltarsi in direzione di Naoya, ma senza dire una parola e, tantomeno, sorridere

Per tutta risposta, senza perdersi d’animo, Naoya si sedette sul bordo del letto ed estrasse quello che sembrava essere un foglio stampato. Glielo porse, ma il moro rimase immobile, a fissarlo.

-sono passato a scuola ieri!!- esclamò senza remore –e, indovina un po’?-

-…-

-promosso!!- continuò Naoya, sorridendo ampliamente –ce l’hai fatta, hai visto? guarda!!-

Takahiro guardò quel foglio con scarso interesse, anche se ad un certo punto aveva sorriso, o così almeno era parso all’amico.

-hai preso sessanta…- spiegò il giovane, cercando di incuriosirlo –certo, la tua media era più alta, ma hanno dovuto tenere conto delle assenze…-

-…-

-è comunque un risultato degno di lode, no? Sei stato bravissimo!-

-…-

-Takahiro, mi stai ascoltando?!-

Il ragazzo non proferì parola. Naoya sospirò pesantemente e ,sconsolato, appoggiò il foglio sul comodino del moro, mettendolo però in bella vista.
Fissò ancora Takahiro, che sembrava completamente assente. Proprio in quel momento, il dottor Kazuki, che aveva assistito alla scena dall’ingresso della stanza, gli fece cenno di seguirlo, e Naoya si alzò dirigendosi fuori, da lui.

-torna domani, credo sia meglio! – spiegò il medico quando furono soli

-…cosa gli sta succedendo?!- domandò Naoya, mostrando tutta la sua preoccupazione, ora che non era più davanti all’amico

Kazuki scosse la testa –ha passato gli ultimi giorni così. Ieri i suoi amici l’hanno chiamato e lui si è fatto negare-

-…è…è colpa mia?! L’ho lasciato da solo…-

-non darti colpe che non hai, Naoya kun…- sospirò il dottore –anche tu hai una tua vita, dopotutto…Takahiro kun lo sa-

-…io ho promesso che sarei sempre stato accanto a lui…sono stato un’idiota…- sisourò –non dovevo lasciarlo solo così a lungo…-

-…-

Il medico non rispose, si limitò a fissare il pavimento –va a casa e riposa…- disse poi

-m-ma io…-

-torna domani!- lo interruppe Kazuki –vedrai che sarà diverso! Ricordi cosa ti ho detto?-

-…?-

-ogni giorno è come ricominciare da capo…basta un minimo cambiamento!-

-…-

-vedrai che Takahiro kun, domani sarà un altro –

 

 


**

 

 


In effetti, quando il moro si svegliò, la mattina successiva, trovando Naoya già a vegliarlo, sembrava quasi completamente un'altra persona.
Anzi, sorprendentemente, Takahiro sembrava non ricordare quasi nulla di ciò che era successo negli ultimi giorni, come se avesse sempre dormito per tutto il tempo. Naoya cercò di non chiedersi come fosse possibile una cosa del genere, e, pazientemente, disse al ragazzo le stesse identiche cose del giorno prima, tralasciando ovviamente il fatto di avergliele già esposte.
La reazione al voto finale fu piuttosto esaltata.

-solo sessanta?!- domandò stizzito –e come mai?-

Naoya sorrise lievemente –le tue assenze hanno pesato parecchio sul voto finale!- spiegò –ma è comunque un ottimo voto! –

-uff, speravo in qualcosa di più…- sospirò il giovane

-dai, su! Va più che bene! Sei stato bravissimo!- lo incoraggiò il sensei, accarezzandogli la testa

A Takahiro non passò inosservato quell’ennesimo gesto a danno della sua capoccia. Si staccò volontariamente dal braccio di Naoya, il quale lo fissò un po’ stupito.

-che c’è?- domandò perplesso

-mi sento trattato come un cane- brontolò Takahiro

-...pensavo che ti piacesse…?-

-essere trattato come un cane?!-

-ovvio che no!- sbottò Naoya –intendevo…quando faccio così!-

-s-si ma…-

-…ma?-

Takahiro arrossì vistosamente. Probabilmente stava pensando a qualcosa di strano, lo si capiva dall’improvvisa espressione carina che aveva assunto in quel preciso istante.
Gli prese la mano e la tinse forte, lasciando Naoya un po’ perplesso. Avvertiva una strana atmosfera in quel momento.

-m-mi piace molto di più…- continuò il moro cercando di trovare le parole -…quando mi baci- concluse sprofondando nella vergogna

-…-

Naoya rimase immobile, stupito dalle parole del ragazzo. La sua testa improvvisamente cercò di fare mente locale e di codificare una per una la frase di Takahiro, lettera per lettera, per essere certo che fossero uscire proprio dalla sua bocca. Per un attimo si era pure domandato se per caso fosse stato davvero “lui” a parlare.
Istintivamente, si guardò intorno, come per paura che qualcuno potesse aver sentito ogni cosa. Ma erano soli, e la faccia stranita di Takahiro diceva la stessa identica cosa.

-guarda che siamo solo io e te!- bisbigliò Takahiro stando al gioco

-q-questo lo so benissimo!!-

Stavolta era il turno di Naoya di arrossire. Non sapeva bene come comportarsi in quel momento. Era da tanto che non pensava seriamente a cose quantomeno romantiche, l’ultima volta che era successo…beh, era stato molto tempo prima.
Probabilmente da quando si erano ritrovati, per Takahiro era tornato tutto esattamente come prima, ma per lui non era proprio la stessa cosa.
Certo, voleva molto bene a Takahiro, ma non capiva più fino a che punto. Si era detto che forse sarebbe stata solo questione di tempo, che presto avrebbe capito cosa provava, ma per il momento, era completamente all’oscuro dei suoi sentimenti.
E si sentiva un verme per questo.
Ad ogni modo, Takahiro era lì, accanto a lui, e si aspettava che Naoya facesse qualcosa. “forza Naoya, muoviti!!” gli diceva il cervello. Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa!.
Così, senza pensarci ancora, si avvicinò delicatamente al moro che, tutto contento, socchiuse gli occhi e attese.
Aveva addirittura arricciato le labbra. Ma il bacio non arrivò, o meglio arrivò, ma non come se l’era aspettato il ragazzo che, leggermente interdetto, riaprì gli occhi e si ritrovò a guardare praticamente il mento di Naoya.
Il sensei aveva appoggiato le labbra sulla fronte di Takahiro, dandogli un dolce bacio. Rimasero in quella posizione per qualche attimo, poi Naoya si staccò, sorridendo lievemente.
Il moro, per istinto si passò una mano sulla fronte. Poi guardò l’amico sempre più perplesso, ma il ragazzo non ci fece troppo caso, come se avesse appena fatto la cosa più normale del mondo.

-scusami- disse infine Naoya –devo fare una telefonata!-

-…o-ok!- balbettò Takahiro non sapendo cosa dire

Vide il giovane alzarsi dal letto e mettere le mani nelle tasche. Una volta che ebbe trovato il telefono, decise di uscire dalla stanza, e lasciò Takahiro lì, solo, ancora stupito da quello pseudo bacio che gli aveva appena dato.
Continuò a fissare perplesso la direzione della porta della stanza, con ancora la mano che premeva sulla fronte.

 


**

 

 


Contrariamente a quanto si poteva pensare, quella della “chiamata” non era stata una scusa per allontanarsi da quella strana situazione con Takahiro, o almeno lo era solo in parte.
Naoya aveva saputo, quando era andato a ritirare l’attestato per l’amico, che la cerimonia del diploma si sarebbe svolta quello stesso sabato mattina, nella palestra della scuola.
Per ovvie ragioni, Takahiro non sarebbe potuto essere presente e Misako era stata incaricata direttamente dal preside, di portarglielo di persona, una volta conclusasi la cerimonia. Proprio la ragazza, il giorno prima, aveva contattato Naoya al cellulare, preoccupata del fatto che Takahiro non rispondesse al telefono: il ragazzo non se l’era sentita di mentirle e così le aveva raccontato quello che era successo. Era stato proprio in quel momento che la studentessa aveva avuto un’idea, benché un po’ folle.
Gli studenti della classe 3-A, dopo aver saputo della cerimonia, avevano discusso un po’ tra loro. L’argomento principale di cui avevano parlato era stato Takahiro. L’idea di Misako prevedeva di andare a trovare il ragazzo insieme a tutto il resto della classe, partendo da Tokyo in shinkansen, subito dopo la consegna del diploma. Molti compagni sembravano aver accolto di buon grado la proposta, ma era anche vero che organizzare una cosa del genere non era facile, e soprattutto, avrebbero dovuto convincere i genitori di ognuno, che già si pregustavano di festeggiare l’evento con i parenti.
Naoya dal canto suo aveva appoggiato l’idea della ragazza, se non altro perché così Takahiro avrebbe passato un paio d’ore divertendosi, e la cosa non poteva fargli che bene.
Così, senza esitazioni, decise di chiamare l’amica, per sapere qualche novità.

-guarda, credo sia tutto a posto!- aveva detto Misako, con tono allegro

-…quindi pensate di venire?- domandò Naoya rincuorato

-è stata una faticaccia, senpai!!- sospirò la ragazza

A Naoya faceva uno strano effetto sentire nuovamente la parola “senpai”. Da quando le cose erano tornate a posto tra loro, Misako aveva ripreso a chiamarlo con quel nomignolo, e lo stesso aveva fatto Chiaki.

-lo immagino, ma ti ricordo che l’idea è stata tua- rise, rispondendo

-e tu l’hai appoggiata! Quindi praticamente abbiamo la stessa responsabilità!- sbottò lei –a parte gli scherzi, spero che non gli causi troppo stress…-

-mh, no, non penso- disse Naoya capendo che si stava rivolgendo a Takahiro –anzi, ne sarà felice!-

-partiremo non appena finisce la cerimonia! Salteremo la festa, siamo già d’accordo-

-ottimo! –annuì il sensei –io vi aspetto fuori dalla scuola, così ci avviamo insieme…basta che mi sappiate dire un orario, più o meno…-

-ti manderò un messaggio!- si limitò a dire Misako

-i genitori erano tutti d’accordo?-

-…si e no!. Pensavamo di evitare di dare troppi dettagli, ma alla fine abbiamo dovuto raccontare tutto...-

-sanno di Takahiro?-

-veramente ormai lo sa tutta la scuola…- sospirò Misako –è meglio non dirglielo-

-certo, tranquilla!-

La conversazione continuò più o meno in quel modo, finché la ragazza non dovette interromperla per “cause maggiori”.
Si salutarono, ricordandosi a vicenda dell’appuntamento e interruppero la chiamata.

 

 


**

 

 

Il sabato arrivò con una velocità impressionante.
Quella mattina Naoya non andò in ospedale, ma si curò di telefonare di buon ora a Takahiro, in modo che potesse stare tranquillo, dicendogli che l’avrebbe raggiunto un po’ più tardi.
“non preoccuparti”, aveva detto il moro, ma dal tono con cui aveva parlato, era certo che in realtà fosse piuttosto triste di non vederlo. Ultimante accadeva sempre più spesso: Takahiro si intristiva molto di frequente, ogni volta che rimaneva troppo da solo.
Naoya non era nemmeno sicuro che il ragazzo fosse cosciente della cosa, perché era certo che il Takahiro che conosceva, davanti ad una scena così pietosa, sarebbe rimasto letteralmente schifato.
Invece, si recò alla Hibiya High School.
Quel giorno si sarebbe svolta la cerimonia di consegna del diploma e quando arrivò sul posto, c’erano già tantissime persone, tra professori e parenti degli studenti maturandi.
La palestra era stracolma di gente e Naoya non entrò. Intravide alcuni insegnanti che conosceva, tra cui Takahashi sensei. Ma non vide Misako, ne Chiaki e nemmeno qualche altro studente della sua ex classe.
Così, decise di aspettare davanti ai cancelli che davano sul giardino, fin da subito, onde evitare.
La cerimonia, come scritto, iniziò alle nove precise. Nonostante fosse relativamente lontano dal luogo in cui si svolgeva, Naoya riusciva a sentire la voce del preside, al microfono, che introduceva l’evento. Faceva tremendamente caldo quella mattina e il ragazzo, prima di arrivare, si era comperato una bottiglia di acqua, che ora stava sorseggiando, in realtà più per passare il tempo che per placare la sua sete.
Dopo un po’ gli sembrò di sentire i nomi di vari studenti, che, immaginava Naoya, secondo il programma dovevano alzarsi dal proprio posto ed andare a ritirare l’attestato davanti a tutti, direttamente dalle mani del preside; un processo piuttosto lungo e pieno di formalità, che sarebbe durato almeno un’altra ora e mezza.
Così, per ingannare l’attesa, decise di andare a fare quattro passi al vicino Hibiya Park. Ci era passato anche lui tempo addietro, e sapeva perfettamente gli orari di quelle lunghe e, a volte pure noiose, cerimonie.

 

 

**

 

 


Misako Uno era una ragazza molto solare e, stando a quanto dicevano i suoi genitori, anche fin troppo impulsiva. Aveva diciotto anni ed abitava appena poco più in là dal distretto di Hibiya. I suoi genitori possedevano un ristorante che si trovava proprio sotto l’appartamento dove vivevano, perciò Misako era sempre stata abituata a stare a stretto contatto con la gente, fin dalla più tenera età.
Era un’eccellente studentessa, ed il suo hobby preferito era disegnare; amava molto prendersi cura dei bambini, tanto che i vicini spesso le lasciavano i propri figli in custodia per qualche ora; era giovane, ma si fidavano completamente di lei.
Inoltre, fin da quando ne aveva ricordo, aveva sempre condiviso tutto con Chiaki e Takahiro, i suoi miglio amici. Nonostante avessero la stessa età, lei li considerava un po’ come dei fratellini da proteggere ed incoraggiare.
Erano praticamente inseparabili e anche le litigate si risolvevano sempre in poco tempo. Avevano passato l’intera infanzia insieme.
Ed era sempre stato così, almeno fino all’inizio di quel travagliato ultimo anno scolastico alla Hibiya High School, dove studiavano tutti e tre. Quello era stato il momento esatto in cui tutte le convinzioni di Misako avevano cominciato pian piano a vacillare, ed il momento in cui ognuno di loro aveva scoperto di poter cavarsela da solo, con le proprie forze.
Se ci pensava affondo, non riusciva davvero a credere come le cose fossero cambiate così radicalmente in pochissimi mesi: Chiaki era diventata una ragazza molto più forte di lei, mentre takahiro stava lottando da solo in attesa della morte. Era talmente assurdo che ogni tanto capitava che la mattina, quando si svegliava, si guardasse intorno chiedendosi se quello era stato solo un sogno. Poi però, la sua mente capitombolava nel presente, e si rendeva nuovamente conto che era tutto vero.
Anche quel giorno, dopo il quale era sicura che molte altre cose sarebbero cambiate, Misako si ritrovò distesa su letto con gli occhi spalancati, in attesa di doversi alzare.
Durante la cerimonia del diploma sarebbe toccato a lei ritirare l’attestato di Takahiro.
Certamente, riflettendoci, quell’ avvenimento speciale se l’era immaginato del tutto diverso in passato. Tante volte lei, Chiaki e Takahiro ci avevano scherzato sopra, su come si sarebbero ubriacati in un bar per festeggiare la promozione e di come avrebbero passato la nottata al karaoke. Invece, i fatti si erano rivelati ben diversi: non si sarebbero ubriacati, non avrebbero cantato al karaoke e Takahiro non c’era. Niente di quello che avevano programmato si era avverato, salvo il diplomarsi.
Senza particolare entusiasmo, si era diretta a scuola e lungo la strada aveva incontrato anche Chiaki e Shinjiro, il loro nuovo amico. I due erano lì che parlavano quasi sottovoce del più e del meno, addirittura arrivando a bisticciare per delle assurdità. Misako si divertiva ad osservarli ed era sicurissima che per la compagna, il ragazzo non fosse “solo” un amico, e sembrava che tutti si fossero accorti della cosa, tranne i diretti interessati.
Con largo anticipo, si unirono al resto della classe, una volta arrivati in palestra. Presero posto dopo aver salutato i professori e attesero, finché il preside non iniziò a parlare, da un palchetto appositamente allestito per l’occasione.
Misako, poco lontano, aveva notato una sedia vuota nella fila dedita alla classe 3-A. Era indubbiamente il posto di Takahiro.
Il suo sguardo fu seguito da quello di Chiaki e Shinjiro, che fu uno dei primissimi studenti ad essere chiamati.
Man mano che gli studenti andavano a ritirare il diploma, ci furono una serie di applausi, seguiti da qualche urlo di incoraggiamento o dai bisbigli fieri dei genitori.
Ad un certo punto, il preside pronunciò il nome “Nishijima Takahiro”.
Al contrario di quanto successo fino a quel momento, ci fu un innaturale silenzio quando Misako, sapendo che toccava a lei farsi avanti, si era alzata in piedi per andare a prendere l’attestato. Cercò di non guardarsi intorno, di percorrere i metri che la separavano dal palco senza batter ciglio, come si era ripromessa di fare. Nonostante la calma apparente, dentro di se però sentiva un sacco di sentimenti contrastanti tra loro. Provò ad immaginare l’amico, in piena forma, essere lì al posto suo, felice di ricevere il proprio diploma, e non con un misero sessanta, ma con il voto che si era meritatamente conquistato in quei tre anni di studio.
Se si sforzava, riusciva anche a vedersi, seduta accanto a Chiaki e Shinjiro, ad applaudire forte in modo che tutti avessero potuto sentire. In modo che il ragazzo non si sentisse solo. Sua madre sarebbe stata fiera. Era certa che lo fosse anche adesso, per il modo con cui stava lottando.
Inseguendo quella scia di pensieri, si ritrovò davanti al preside, che dopo qualche parola, consegnò il diploma a Misako, che si inchinò leggermente, per poi tornare accanto agli amici.
In seguito venne chiamata anche Chiaki, che non poté nascondere l ‘emozione e poi, dopo dell’altra attesa, inevitabilmente toccò di nuovo a lei, ma questa volta da vera protagonista.
Non appena la ragazza si alzò, l’accolse un boato di urla e di applausi. Le sembrò tutto terribilmente finto e illogico.
Perché applaudivano così forte lei, che era semplicemente una studentessa normale, e non Takahiro che dava il massimo in tutto quello che faceva? Che aveva sofferto così tanto in quegli anni? Che anche ora era lì, in un letto d’ospedale ad immaginare di esserci?. Davvero non riusciva a capire tutta quella ipocrisia.
Senza dire una parola più del necessario, sorridendo solo per compiacere i genitori commossi, prese in mano quello che rappresentava un nuovo inizio, e tornò a sedersi per la seconda volta.
L’intero evento non durò che un’altra ora. Non appena tutti gli studenti ricevettero il diploma dal preside, fu dato il permesso di alzarsi e di andare in giardino, dove era stato preparato un piccolo banchetto per la festa del diploma.
Misako si guardò in giro, cercando con lo sguardo tutti i compagni di classe. Avevano un compito da fare, che andava ben oltre il festeggiare allegramente.

 

-Takahashi sensei!- domandò il preside, avvicinandosi alla donna, quando furono in giardino

-mi dica!- sorrise lei

L’uomo stava scrutando in lungo e in largo, come per cercare qualcosa. Poi, sottovoce, si rivolse nuovamente alla professoressa.

-come mai non vedo la classe 3-A?- chiese –è successo qualcosa?-

-…-

Takahashi sensei rimase un po’ stupita da quella domanda che non si aspettava. Dopo qualche tentennamento però, alzò lo sguardo in direzione dei cancelli dell’ingresso, poco lontano, e sospirò mostrando un leggero sorriso.
Il preside la squadrò perplesso da quella strana reazione.

-sono andati a festeggiare tutti insieme…- si limitò a dire

-…tutti insieme?- domandò ancora - così? nel bel mezzo della cerimonia?!-

-già…tutti insieme – concluse la professoressa, continuando a sorridere

 

 


**

 

 

Quella mattina era stata particolarmente noiosa per Takahiro.
Dopo aver ricevuto la chiamata da Naoya, era rimasto tutto il tempo a fissare il soffitto, disteso sul letto con la flebo che pian piano di svuotava. In televisione non facevano praticamente nulla, salvo un piccolo segmento sullo show mezamashi, che parlava di un prossimo album della sua cantante preferita, Takamina.
Stando a quanto dicevano, il disco sarebbe uscito nei prossimi mesi. Dapprima Takahiro non ci aveva fatto troppo caso, poi però si rese conto che quei “prossimi mesi” sarebbero stati piuttosto incerti per lui. Non era nemmeno sicuro di essere ancora vivo per quel momento.
Una smorfia ironica gli si disegnò sul volto, provando ad immaginare la faccia di Naoya se soltanto glielo avesse detto.
L’amico non amava che Takahiro scherzasse sulla sua malattia. Lui d’altro canto, poteva addirittura dire di esserci abituato a dover contare i giorni che mancavano. In verità, doveva ammettere che tutto sommato si sentiva piuttosto bene. Aveva immaginato quell’attesa in maniera del tutto diversa, con atroci sofferenze ed una lenta agonia. Al contrario, nonostante il tempo passasse inesorabile, lui non si sentiva più “malato” di prima.
Certo, probabilmente questo era dovuto anche al fatto che le sedute di chemioterapia erano drasticamente diminuite. Ogni tanto capitava che avesse dei vuoti di memoria; ad esempio non si ricordava bene cosa aveva fatto il giorno prima, e a volte aveva solo sprazzi di ricordi nitidi, il resto era confuso e privo di senso. Gli sembrava più che altro di dormire in continuazione.
Nonostante questo, comunque, poteva tranquillamente affermare di essere in ottima forma. E questo non sapeva se lo rendeva felice o solo più triste, perché significava che da un giorno all’altro le cose sarebbero improvvisamente cambiate, anche nella più semplice delle situazioni.
Qualcosa però, interruppe quella serie di contorti pensieri; ad un certo punto gli parve di sentire, provenienti dal corridoio, dei bisbigli piuttosto insistenti. Dapprima pensò che si trattasse solo di qualche infermiere nei paraggi, ma quei bisbigli presto divennero brusii veri e propri e la cosa lo incuriosì non poco. Fece finta di niente e per qualche minuto si limitò solo ad ascoltare, con la coda dell’occhio tesa verso la porta. I bisbigli non cessavano.
Poi, improvvisamente tutto tacque e tornò il silenzio assoluto, quasi surreale.

-…ma cosa…?- si chiede ad alta voce Takahiro, facendo il gesto di alzarsi dal letto

 


-SOOOORPRESAAA!!!!-

-e-eh?!-

 

Takahiro non ebbe il tempo di dire o fare nulla, che all’improvviso l’ingresso della camera si aprì e letteralmente “un mare” di persone entrò alla rinfusa, andando a disporsi praticamente in ogni angolo della stanza.
Il ragazzo spalancò gli occhi, credendo di non essere del tutto sveglio; la prima ad irrompere era stata Misako, che era corsa subito accanto a lui, tutta pimpante e allegra. Poi aveva notato anche Chiaki e Shinjiro, che l’avevano seguita a ruota. Ma non erano gli unici: entrarono almeno altre dodici, tredici persone, tutte rigorosamente in divisa scolastica.
Sgranò gli occhi dallo stupore: riconobbe quelli che erano stati i suoi compagni di classe per la durata di quei tre anni alla Hibiya High School. Non ci poteva davvero credere.

-m-ma…voi?!- balbettò incerto

-abbiamo pensato di farti una sorpresa!!- sorrise Chiaki –con la collaborazione di tutti-

-era un peccato festeggiare il diploma senza tutta la classe al completo!- spiegò una compagna

Takahiro la riconobbe: era Suzuki Mayu, una ragazza molto timida ed impacciata, che portava spessissimo i capelli legati ad un fermaglio, ogni giorno di colore e forma diversi. Ogni tanto avevano parlato insieme ed era piuttosto simpatica.

-Takahiro, questo è il tuo diploma!- aggiunse Misako, frugando nella cartella e tirando fuori l’attestato dell’amico –congratulazioni!!-disse infine con un sorrisone

Il moro, anche se leggermente titubante, allungò il braccio e lo prese. Lo fissò per qualche istante: era più grande di un normale foglio A4. Aveva il bordo dorato e la calligrafia con cui era scritta l’intestazione era in corsivo e ben curata.
Poi distolse lo sguardo dal diploma e, cercando di non lasciarsi prendere dalla commozione, guardò Misako, accanto a lui che sorrideva.

-g-grazie infinite…- sospirò abbozzando un sorriso timido

Misako però scosse la testa –e di cosa? Hai fatto tutto tu….-

-adesso possiamo festeggiare- intervenne shinjiro –ora che siamo tutti insieme! Vero ragazzi?-

Tutti annuirono con foga.
Qualcuno era talmente eccitato che non riusciva a stare fermo un secondo. I ragazzi avevano pensato proprio a tutto: alcuni compagni avevano portato dei pasticcini, probabilmente comprati in qualche konbini; e c’era anche del succo. Inoltre, non mancavano nemmeno i bicchieri di plastica. Era una festa a tutti gli effetti.
Takahiro non sapeva dove guardare, intorno a lui c’erano tutti i suoi compagni che ridevano e scherzavano tra loro, brindando alla fine della scuola. Anche se quella festa del diploma non era esattamente come l’aveva immaginata, era ugualmente felice. Si sentiva felice dal profondo del suo cuore, forse perché aveva dimenticato cosa si provasse ad assaporare la normalità, che per lui in quei mesi era del tutto mutata.
Tra la folla, il moro notò che c’erano anche Mitsuhiro e Shuta, due amici di Sato che in passato l’avevano, non poco, tormentato. Sembravano piuttosto intimiditi ad essere lì, come due pesci fuor d’acqua. Tuttavia, non appena incrociarono i propri sguardi, entrambi mostrarono un leggero sorriso e alzarono il bicchiere, come per brindare. Takahiro sorrise a sua volta e rispose al gesto. Era davvero incredibile come le cose fossero cambiate.
Era riuscito a provare felicità anche durante la malattia. E questo lo doveva a Naoya, a Misako, a Chiaki, a Shinjiro ed a tutti loro che erano lì, in quel momento. avevano scelto di essere lì e lo avevano fatto per lui.
Era così strano ma così bello che, davvero, in quell’istante smise completamente di pensare ai propri problemi, alla malattia, alla sua morte imminente.
Immaginò la stessa identica scena, ma in quel pensiero lui stava bene ed era in piedi, con i suoi compagni, a festeggiare la fine di quel cammino.
S’immaginò pieno di vita e con un futuro roseo davanti.

 

 

 


Naoya era rimasto fuori dalla stanza, con la schiena appoggiata al muro accanto alla porta, ed ascoltava i discorsi e le risate degli studenti con gli occhi leggermente socchiusi, divertito. Coloro che passavano lungo il corridoio si fermavano incuriositi a sbirciare dall’ingresso; il “baccano” dei ragazzi però non sembrava fonte di fastidio. Al contrario, i passanti, che fossero infermieri o pazienti, sorridevano sotto i baffi e trovavano tutto molto divertente e rilassante. Era raro che ci fosse tanta allegria da quelle parti.

-non entri, Naoya kun?-

Il ragazzo si sentì chiamare e alzò lo sguardo. Il dottor Kazuki era sbucato da chissà dove e, nonostante fosse rivolto verso di lui, aveva gli occhi puntati verso l’interno della camera, dove riusciva anche ad intravvedere Takahiro che rideva.

Naoya scosse la testa –è il loro momento! –disse –io il mio l’ho avuto-

-ed era stato divertente?- domandò il dottore sorridendo

-diciamo che è stato memorabile, si -annuì

-penso che sia stata una buona idea, mi sembra molto felice –continuò Kazuki cambiando discorso

-si meritava una giornata in piena normalità, per quanto possibile!- spiegò Naoya –sembra che col sorriso gli sia tornata anche la forma!- sorrise

Il dottor Kazuki distolse l’attenzione dalla stanza e posò i suoi occhi su Naoya, che sorrideva a sguardo basso, sembrando quasi compiaciuto. Si sistemò leggermente il camice, sospirando un po’ pesantemente. Poi tornò a fissare la camera numero 1313.

-perdonami, so di ripetermi…- disse poi –ma il compito di noi medici è anche quello di non alimentare le false speranze…-

Naoya non disse una parola, ma stava ascoltando.

-…lo sai vero, che Takahiro kun non guarirà? – domandò –se sembra in forma è solo perché le cure mediche gli permettono di passare il tempo che gli resta senza ulteriori sofferenze…-

-…-

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, come immaginando di trovarsi all’aperto. Ma l’unica cosa che vedeva chiaramente era il soffitto color pesca e la luce al neon che a tratti gli provocava fastidio. Fece un lungo sospiro sconsolato e si passò una mano tra i capelli. Il dottor Kazuki notò solo in quel momento che nell’altra teneva una borsetta di plastica, piuttosto piccola.

-a volte vorrei davvero cercare dimenticarlo questo dettaglio- ammise infine –è colpa mia, sono un inguaribile ottimista!-

Abbozzò un leggero sorriso che Kazuki sulle prime non seppe come interpretare. Si limitò a fissarlo.

-è che mi sembra sempre che tutto sommato stia bene. Sorride, scherza, parla esattamente come prima… -

-è un bene cercare di pensare positivo- lo interruppe il medico –non solo per noi stessi ma anche per Takahiro kun. Ha bisogno di ridere e di pensare ad altro-

-…-

-hai comprato qualcosa?- domandò all’improvviso Kazuki, fissando la busta che il giovane teneva in mano

-ah! Si…- annuì Naoya, come ricordandosene in quel preciso momento –prima, mentre aspettavo che i ragazzi finissero mi sono fermato in un konbini…-

Aprì la borsa ed estrasse quello che si rivelò essere una specie di libro. Era poco più grande di una mano; non era un libro qualunque perché non aveva nessuna scritta. Ma non era nemmeno un’agenda perché le pagine erano color latte.

-…un diario…?- azzardò il dottore –tu scrivi?-

-in realtà no- spiegò -non so nemmeno perché l’ho preso-

-curioso!- sorrise Kazuki

-diciamo che in quel momento mi piaceva l’idea di avere “qualcosa” su cui affiggere i miei pensieri e le mie fantasie-

-quindi pensi di scriverci qualcosa d’ora in poi?-

Naoya non rispose. Fissò quel diario senza saperne bene il motivo. Non aveva la minima idea se ci avrebbe scritto o meno qualcosa. Amava leggere, leggeva anche dieci libri alla settimana, ma doveva ammettere che scrivere non era mai stato il suo forte. Più che altro, non aveva mai sentito il bisogno di farlo.
Almeno fino a quel momento.

-chi lo sa?- sospirò infine –le pagine sono bianche. C’è sempre tempo per farlo-

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. ***


Capitolo 15.

 

 


Dopo quella memorabile festa che aveva fatto dimenticare a tutti i cattivi pensieri, i giorni di tranquillità si alternarono sempre più con frequenza, ai giorni dove il malessere di Takahiro prevaleva, costringendo il ragazzo a letto, sotto sedativo ed il più delle volte con il tubo respiratorio collegato alla trachea.
In quei momenti, Naoya non sapeva davvero cosa fare; capitava che passasse in ospedale anche intere notti, perché preferiva di gran lunga stare accanto all’amico piuttosto che tornare a casa, senza riuscire a chiudere occhio.
Stava seduto di fianco al letto, lo guardava, gli parlava, cercava di riportarlo in qua. Ma Takahiro dormiva e non era sicuro che percepisse la sua presenza.
Nei giorni in cui stava bene invece, sembrava trovare ogni giornata estremamente noiosa, nonostante Naoya cercasse in tutti i modi di coinvolgerlo in qualche attività, che avesse anche a che fare con la propria tesina. Capiva perfettamente lo stato d’animo del ragazzo: stare a letto tutto il giorno, tutti i giorni, doveva essere davvero frustrante, specialmente in piena estate.
In questo modo, era arrivato Luglio senza quasi che nessuno se ne fosse accorto. Anche il carattere di Takahiro stava mutando, insieme alla sua malattia. Molte volte capitava che avesse sbalzi di umore molto più improvvisi rispetto che in passato. A volte si arrabbiava anche per delle sciocchezze, facendo a sua volta innervosire anche il sensei, che, in questi casi, preferiva uscire dalla stanza, farsi un giro per i corridoi e scaricare la propria “frustrazione” in quel modo. Sapeva che quello non era Takahiro, quindi non aveva senso fare scenate e litigare con lui, cercando di farlo ragionare. Si sarebbe calmato da solo, ormai era quasi una routine.
Infatti, dopo una mezz’oretta di solito ritornava, e il moro era tranquillo, a volte senza nemmeno rendersi conto di quello che era successo.
In ogni caso, Naoya era convinto che quei repentini cambiamenti di umore fossero in parte dovuti alla noia che il giovane provava nel fare sempre le stesse cose.
E così, dopo mesi in cui credeva di averla del tutto abbandonata, gli balzò nuovamente in testa l’idea di portarlo a casa durante i weekend, come facevano tanti altri pazienti .
Ne parlò col dottor Kazuki, un pomeriggio.

-serve il consenso di un tutore se il paziente è minorenne…- aveva ribadito l’uomo –e nel caso di Takahiro kun, si tratta di suo padre-

-la cosa è irrilevante- sbottò Naoya –lo chiamiamo e gli chiediamo di firmare quello stupido foglio-

Quel giorno non era particolarmente di buon umore e sentire nuovamente un’altra negazione, l’aveva fatto leggermente alterare. D’altronde cosa c’era di così complicato nel chiamare quell’uomo al telefono?!. L’unica cosa che impediva loro di farlo era la volontà di Takahiro di non far sapere nulla a suo padre.
Ma arrivati a quel punto, quando ormai praticamente l’intero quartiere di Hibiya sapeva della sua malattia, gli sembrava una cosa priva di senso quel silenzio ostinato.

-…parlane prima con Takahiro kun…- propose il dottore

-parlare con lui è come parlare al muro. È cocciuto ed ostinato, piuttosto preferirebbe morire –sospirò il giovane –cosa che, date le circostanze, avverrà a breve-

Si faceva schifo da solo per quella battuta davvero di pessimo gusto, ma gli era venuta fuori dalla bocca senza che se ne fosse reso conto. Anche se in fin dei conti era quello che pensava, ed era stufo di tutta quella situazione.
A dirla tutta non capiva nemmeno il comportamento del dottor Kazuki. Che il padre di Takahiro non fosse uno stinco di santo l’aveva sentito e risentito dire centinaia di volte, ma aveva comunque il diritto di sapere una cosa così importante come quella, anche solo per avere la possibilità di chiedere perdono a suo figlio o di vederlo un’ultima volta. Si poteva davvero negare una cosa del genere al sangue del proprio sangue? Lui era certo di no.

Voleva assolutamente mettere fine, una volta per tutte, a quella assurda storia. E visto che nessuno sembrava disposto ad aiutarlo, lo avrebbe fatto da solo. Sapeva che sarebbe stato un bene per tutti, soprattutto per Takahiro.

 

 

**

 

 


L’occasione di fare qualcosa di concreto arrivò esattamente due giorni dopo.
Era una mattina particolarmente tranquilla e anche il moro sembrava di ottimo umore. Visto che faceva molto caldo, la finestra della stanza era aperta ed essendo al terzo piano, c’era abbastanza aria che circolava silenziosamente. Naoya aveva ben chiaro cosa doveva fare: contattare il padre di Takahiro, in qualunque modo. Non aveva mai osato chiedere come si chiamasse quell’uomo o che genere di lavoro facesse, e questo complicava notevolmente le cose. Sapeva solo che il nome di battesimo era Takuya. Era impossibile che avesse lo stesso cognome di Takahiro, poiché “Nishijima” era quello della madre ed il figlio l’aveva a sua volta acquisito da lei dopo il divorzio.
Il problema era che in quei due giorni non aveva avuto modo di “investigare” a dovere. Aveva addirittura pensato di chiedere a qualche ex collega della Hibiya High School, se potevano controllare nei documenti relativi a Takahiro, ma poi ci aveva rinunciato; primo, perché non era più un insegnante e di conseguenza non potevano dargli certe informazioni, e secondo, il ragazzo ormai risultava diplomato e le scartoffie che riguardavano i vecchi studenti venivano spedite chissà dove. Inoltre si ricordò che la scuola era chiusa, quindi era inutile anche solo pensarci.
Così, quella mattina si era proposto di contattare Misako e Chiaki, che sicuramente ne sapevano di più ed avevano molti mezzi per poterlo scoprire, in ogni caso.
Durante la colazione, mentre Takahiro mangiava controvoglia la sua porzione di riso, Naoya estrasse il cellulare con il preciso scopo di telefonare a Misako. Tuttavia, notò che l’apparecchio era spento. Senza particolare apprensione provò ad accenderlo, ma quello rimase esattamente com’era. Lo guardò perplesso per un attimo. Riprovò, ma ottenne lo stesso risultato.

-ma cavolo…- sospirò ad alta voce, buttando il cellulare nuovamente in borsa

-…che succede?- domandò Takahiro accortosi dell’accaduto

-il cellulare…dev’essersi scaricato questa notte. Che stupido, avrei dovuto ricaricarlo…-

In altre circostanze non sarebbe stato un grosso problema. Non era un tipo particolarmente legato al telefono ed a volte capitava addirittura che si dimenticasse di averlo. Ma in quel momento gli serviva per chiamare Misako ed era una cosa che non voleva rimandare.
Fu in quel momento che, involontariamente, Takahiro gli porse davanti la soluzione più inaspettata.

-usa il mio- propose il ragazzo

-eh? il tuo?-

-si, se è così urgente…-

Takahiro aveva osservato la reazione sconsolata dell’amico alla scoperta del proprio cellulare scarico e così, dopo aver allungato il braccio verso il comodino, gli pose il proprio senza troppi complimenti.
Naoya non aveva ancora capito che quella era un’opportunità da non sprecare assolutamente.

-se non è di disturbo, grazie!- disse il sensei

Il moro scosse la testa sorridendo lievemente –che vuoi che sia!-

Naoya si alzò dalla sedia su cui era stato seduto fino a quel momento, e si avvicinò al ragazzo, prendendo il cellulare che gli aveva gentilmente prestato.

-chi devi chiamare?- domandò Takahiro

-oh, un professore. E’ per la questione della tesina –mentì Naoya

Se gli avesse detto che aveva intenzione di chiamare Misako, sicuramente l’amico avrebbe domandato dell’altro, quindi tanto valeva non proferire troppi dettagli.
Avendo quasi paura che Takahiro avesse potuto leggere in qualche modo i suoi pensieri, Naoya, svelto, si coricò leggermente verso il ragazzo e gli diede un piccolo bacio sulla fronte.

-grazie! – disse sorridendo –faccio in un lampo!-

-…o-ok!- arrossì Takahiro

Il sensei si diresse verso l’uscita della stanza, per parlare privatamente. Takahiro lo guardò scomparire, ancora un po’ colpito dal bacio che aveva appena ricevuto.

 

 

**

 

 


Anche sapendo che l’amico non poteva muoversi dal letto, Naoya decise di andare a telefonare in reception per essere sicuro di essere solo o, comunque, circondato da persone che non sapevano nulla di lui.
Nonostante si trattasse solo di una telefonata a Misako, tutti quei sotterfugi lo facevano sentire a disagio. Controllò per sicurezza che nei paraggi non ci fosse il dottor Kazuki e, non sapendo il numero dell’amica a memoria, cercò il contatto nella rubrica.
Era la prima volta che utilizzava un oggetto di Takahiro. Doveva ammettere che trovava strana l’idea di “frugare” nel suo cellulare, anche solo per una telefonata.
Tra i numeri presenti, compreso il suo, notò anche quello di “mamma” e lì, si bloccò di colpo, perplesso.
Capì che quello doveva essere il numero di sua madre e che non l’aveva ancora cancellato dall’elenco, nonostante fosse passato molto tempo dalla sua scomparsa. Cominciò davvero a sentirsi a disagio, ma cercò di non pensarci troppo e continuò, cercando “Misako”.
Lo trovò quasi subito, ma prima di cliccarci sopra per far partire la chiamata, si fermò nuovamente alla vista del nome sotto quello della ragazza: “Miura” e, subito accanto “ufficio”.
Fissò quel contatto con molta perplessità. Non sapeva dove, ma aveva già avuto modo di leggere quel cognome.
Cercò di fare mente locale. Miura era un cognome molto diffuso, poteva averlo trovato dovunque.
Finché non gli venne in mente, all’improvviso.

-ma certo!- esclamò ad alta voce! – Miura Takuya! Che stupido!!-

Si ricordò di aver letto quel cognome quando il dottor Kazuki gli aveva fatto vedere alcuni esami di Takahiro. In quel foglio erano scritti anche i nomi dei genitori del giovane, “Nishijima” e “Miura”. E quel Miura era ovviamente il padre di Takahiro, Takuya. Incredibilmente, tutto tornava!. Come aveva fatto a non pensarci prima? Aveva avuto sotto il naso la risposta per tutto quel tempo e non se ne era mai accorto!. Sentì all’improvviso il bisogno di sorridere. Continuò a fissare quel numero con l’espressione di uno che aveva appena vinto l’oro alle Olimpiadi, scacciando completamente dalla testa l’intenzione di chiamare Misako.
Era tentato di contattare subito quel Miura Takuya, ma non era certo di volerlo davvero fare: prima di tutto, non poteva certo telefonare e dire “tuo figlio sta morendo” così, su due piedi. La situazione andava analizzata con calma. D’altro canto però lui aveva piuttosto fretta e non sapeva nemmeno quando sarebbe potuta ricapitare una possibilità dl genere. Ora che sapeva il nome completo dell’uomo sarebbe stato più semplice contattarlo, magari andando a parlarci di persona. Quello che a Naoya serviva era solo una firma. Poi, se Miura avesse voluto o meno vedere suo figlio, questa era una scelta sua. Aveva sempre sentito parlare male di quell’uomo, anche se Takahiro aveva in un certo senso “compreso” il perché avesse abbandonato lui e la madre. Era un uomo che aveva deciso di lasciare la famiglia per rifarsi una vita, disinteressandosi persino di avere un figlio rimasto solo al mondo. Era un comportamento a dir poco deplorevole, ma sentiva che Miura Takuya avrebbe avuto ben altro da raccontare, se solo gliene fosse stata data la possibilità. Il fatto era che non riusciva credere che avesse tagliato i ponti in quel modo con la sua famiglia. Era venuto anche al funerale della ex moglie, sebbene per poco, quindi voleva dire che in fondo ci teneva. Già il fatto che pagasse vitto e alloggio a Takahiro, voleva dire che a modo suo voleva occuparsi del figlio. O forse era lui ad essere troppo ottimista?.
Alla fine, senza darsene troppo peso, decise di provarci.
Inviò la chiamata ed attese. Magari non l’avrebbe nemmeno trovato.
Non aveva la minima idea di cosa dire o con che qualifica presentarsi. Forse era meglio rimandare ad un momento in cui sarebbe stato più lucido?.

 

-pronto. Saizu Corporation-

Ad un certo punto l’attesa finì e la voce di un uomo, molto profonda ed autoritaria, fece sussultare leggermente Naoya, che fino a pochi attimi prima aveva pensato di interrompere la telefonata.

-p-pronto –rispose subito –Miura…Takuya?- azzardò timoroso

-è il mio ufficio. Mi dica-

Aveva fatto centro, indubbiamente.
La cosa che lo colpì all’istante, era che quell’uomo non aveva la minima idea di parlare con il numero di cellulare del proprio figlio. Probabilmente non aveva nemmeno visto il contatto su quello che, era sicuro, fosse un apparecchio fisso. Senza perdersi d’animo deglutì e riprese.

-sono…sono Urata Naoya –spiegò –chiamo…per conto di suo figlio-

-…mio figlio- domandò Miura senza punto interrogativo. Sembrava che la cosa gli fosse del tutto indifferente

-Takahiro- disse Naoya pensando che avesse capito male –questo è il suo numero…-

Ci fu un breve silenzio. Al giovane parve di sentire un colpo di tosse provenire dalla parte opposta della cornetta, ma non ci fece troppo caso.

-ah, Takahiro- rispose infine l’uomo –che ha combinato stavolta?-

“come sarebbe, stavolta?”. Questa fu la prima cosa che Naoya pensò, però si trattenne del dirla, sapendo di dover utilizzare un linguaggio molto attento con quell’uomo. Cercò con cura le parole da usare, ma Miura lo interruppe.

-se vuole altri soldi dovrà aspettare fine mese. Non sono una banca- sbottò l’uomo con tono leggermente irritato –sono molto impegnato, non ho tempo per stargli dietro come se avesse cinque anni-

-…-

Naoya era a dir poco perplesso. Aveva sentito dire anche del pessimo carattere di Miura Takuya, ma questo andava oltre le sue aspettative. Cominciò a credere che non sarebbe stato facile parlarci.

-non…non ho chiamato per queste questioni- incalzò –sono faccende che non mi competono-

-allora sia breve, come le ho già detto, sono impegnato al momento-

Stava cominciando davvero ad arrabbiarsi, ma doveva cercare di trattenersi, per quanto possibile.

-non so quanto le possa interessare quello che sto per dirle, visto il suo comportamento – esclamò tutto d’un fiato

-…- non ci fu alcuna risposta. Forse Miura era troppo sorpreso per poter dire qualcosa.

-ma sappia che suo figlio, in questo momento è alla clinica specialistica di Yokohama-

Tornò di nuovo il silenzio. Tuttavia Naoya poteva sentire distintamente il rumore percettibile di una penna che colpiva nervosamente una superficie liscia, con repentini colpetti.

-che sta dicendo, a Yokohama? Da quando?- domandò l’uomo

-guardi che ha firmato lei il consenso per il ricovero!- sbottò Naoya

-certamente. Si trattava semplicemente di un’operazione. Ed è successo a Gennaio- disse Miura senza lasciar trasparire alcuna emozione –non so lei chi sia, ma se stava cercando di usare il nome di mio figlio per ottenere qualcosa, la informo che ne dovrà parlare con i miei avvocati-

Sembrava intenzionato ad interrompere lì la conversazione, ma Naoya fu più veloce –suo figlio sta morendo!- esclamò

-…-

Il ragazzo si rese conto di averlo quasi urlato, tant’è che molta gente, attorno a lui, si era voltava per vedere cosa stesse succedendo. Naoya cercò di controllarsi, appoggiando una mano accanto alla bocca e riprendendo a parlare sottovoce.

-mi dispiace doverglielo dire in questo modo, ma lei non mi ha dato molta scelta…- sospirò

-…cosa diavolo sta dicendo?. Lei chi è?!- sbottò Miura dall’altra parte

-sono l’amico che si sta prendendo cura di Takahiro al posto suo, signore- spiegò Naoya -e proprio per questo la sto chiamando-

-…-

-suo figlio sta male, molto male. E ormai non ha più molto tempo…-

-…-

Si sentiva male nel parlare dello stato dell’amico. Ma essere diretto era il solo modo che aveva per sperare di essere ascoltato.

-…e crede forse che me la beva?!-

-…non credo a niente- sospirò sconsolato -vorrei soltanto parlarle-

-non ho alcuna intenzione di parlare con lei-

-…c-come?!-

Naoya, tra tutte le reazioni che si era immaginato, doveva ammettere di non aver previsto quel rifiuto così secco e deciso. Rimase immobile con il cuore in gola, spiazzato da quelle sprezzanti parole.

-ora mi scusi, ma come le ho ripetuto varie volte, mi trovo al lavoro e non posso trattenermi oltre-

-a-aspetti! Cosa vuol dire, che ignora quanto le ho detto?!- esclamò Naoya cercando di trattenerlo al telefono

-arrivederci- continuò imperterrito l’uomo dall’altro apparecchio - …grazie della chiamata-

-e-ehi! Un momento!! – disse il ragazzo –s-signor Miura!!-

Ma l’uomo mise giù la il telefono, e l’unica cosa che riuscì a sentire fu il fastidioso tuu tuu dell’apparecchio che squillava a vuoto.

Dapprima fissò sconvolto il cellulare, incapace di dire una sola parola. Era a dir poco sconcertante tutta quella situazione. Si era davvero sbagliato? Miura Takuya sembrava davvero essere l’uomo che tutti gli avevano descritto, senza un minimo di interesse verso Takahiro, nemmeno dopo aver saputo che suo figlio stava morendo. Come poteva esserci gente del genere?
Gli venne un’improvvisa rabbia e strinse forte i pugni. Alla fine non era servito proprio a niente. Miura non avrebbe mai firmato il foglio per il trasferimento del ragazzo a casa, era stato tutto inutile.
Era stata davvero una inutile perdita di tempo. Si era illuso e basta.


“…grazie della chiamata…”


-…-

Non sapeva bene il perché, ma proprio in quell’istante gli tornarono alla mente le ultime parole di quell’uomo. Nella sua freddezza ed acidità, quelle parole sembravano assolutamente prive di significato e si contraddicevano con tutto quello che aveva affermato in precedenza. Sembrava folle, ma pensò che forse, in fin dei conti, non tutto poteva dirsi perduto.
Aveva imparato a conoscere Takahiro cogliendo dai suoi comportamenti contraddittori i suoi reali sentimenti, a volte nascosti dalla maschera di “ragazzo forte” che aveva deciso di indossare.
Fu proprio in quel momento che si rese conto di una cosa fondamentale: Takahiro, per quanto cercasse di reprimerlo, era figlio di Miura Takuya ed a sua volta, egli era suo padre. Erano uniti dal legame più profondo di tutti: quello di sangue. Potevano sforzarsi finché volevano, ma era chiaro che si somigliavano. E sapendo questo, Naoya si convinse che forse, non era ancora scritta la parola fine, su quella faccenda. Ci sperava se non altro.

Inseguendo quei pensieri e sospirando un po’ sconsolato, si apprestò a tornare di sopra da Takahiro, ma non prima di essersi ricordato di pulire l’elenco delle chiamate effettuate dal cellulare dell’amico.

 

 


**

 

 


Passò un’altra lunga settimana, dove praticamente non successe nulla. I giorni si svolgevano secondo la solita routine, interrotta solo ogni tanto dalle sempre più fugaci visite di Chiaki, Misako e Shinjiro.
Per quanto cercassero di fare il possibile, i ragazzi non riuscivano più a venire in ospedale frequentemente come prima, questo perché erano tutti impegnati con le iscrizioni e i documenti relativi alle proprie università, e certe cose richiedevano parecchio tempo. Inoltre erano indaffarati a cercare degli alloggi, per gli eventuali trasferimenti nelle città dove vi erano i corsi che interessavano a loro.
Takahiro non parlava quasi mai, salvo quando veniva espressamente interpellato ed anche per questo motivo, gli amici non sapevano mai cosa fare quando erano insieme. Anzi, sembravano sentirsi sempre più a disagio, incontro dopo incontro.
Un giorno, Naoya li aveva incoraggiati, dicendo loro che era normale sentirsi così, che ci era passato anche lui. Ma dovevano, proprio per questo, cercare di essere sereni il più possibile, per aiutare Takahiro a sentirsi meno “malato”.
Misako, tra tutti, era quella che si sentiva più in colpa. Si sentiva male con se stessa perché per quanto volesse stare accanto all’amico, non poteva trascurare i suoi doveri. Era una situazione difficile per ognuno di loro, indubbiamente.

-se io morissi presto…sarebbe un bene per tutti…- aveva detto Takahiro, una mattina, quando gli amici se ne erano andati

Naoya, a quelle parole, smise leggere un libro che si era portato per passare il tempo, e lo guardò perplesso.

-non dire sciocchezze- disse severo- non pensi a quanto ci renderesti tristi?-

Il moro non aveva ribattuto. Si era limitato solo a sospirare pesantemente ed a volgere il proprio sguardo verso la finestra, verso il paesaggio esterno. Osservava con interesse quelli che da lontano parevano essere gabbiani e, tristemente, cercava di immaginarsi fuori da quelle quattro mura. Libero.

Naoya sapeva che ormai stava arrivando al limite. Forse fisicamente sembrava stare bene, ma era certo Takahiro si stesse lasciando andare sempre di più.

-scusami- esclamò all’improvviso il giovane, leggermente mortificato

Il sensei scosse il capo ed appoggiò il libro sulla scrivania. Abbozzò un leggero sorriso.
Poi si alzò ed andò verso l’amico, sedendosi ad un lato del letto. Prese la mano di Takahiro e gliel’accarezzò dolcemente.

-È tutto a posto- disse cercando di confortarlo –come ti senti oggi?- domandò poi, cambiando discorso

Forse aveva solo bisogno di parlare un po’.

-stanco. Come tutti i giorni- sospirò il moro – e in colpa anche-

-…-

-gli altri fanno finta di nulla, ma so che stanno facendo i salti mortali per riuscire a venire a trovarmi….- spiegò

-lo fanno perché ti vogliono bene- lo interruppe Naoya

-lo fanno perché si sentono mortificati- incalzò a sua volta il ragazzo

-…-

Entrambi rimasero in silenzio. Takahiro abbassò lo sguardo fissando le lenzuola bianche, sconsolato. Naoya invece non sapeva cosa fare. Si guardò intorno, come per cercare qualche passatempo o altro, ma quella stanza era vuota.
Ad un certo punto gli venne in mente una cosa e sorrise tra se, avvicinandosi poi all’amico.

-ehi, Takahiro!- disse

-mh?-

-io devo ancora fare colazione…che ne dici se facciamo un piccolo strappo alla regola?-

-…cosa?!- domandò il ragazzo perplesso

-se mi fai un sorriso, ti porto di sopra un bel croissant! -

-…cos’è un ricatto?-

Naoya non rispose, ma si limitò a sorridere e a fare smorfie con la faccia, in modo che Takahiro seguisse esattamente i suoi gesti.
Dapprima il ragazzo lo fissò sempre più perplesso, ma poi le facce buffissime del sensei risultarono davvero essere troppo esilaranti per riuscire a tenere il broncio.
Così, sulle labbra del moro si disegnò un bel sorriso, uno di quelli che sapeva fare solo lui. Uno di quei sorrisi che Naoya non vedeva più da tanto tempo.

-ma quanto stupido sei…?- disse ridendo lievemente

Il sensei, soddisfatto, si ricompose –bene, affare fatto!-

-eh?-

-vado al bar! –spiegò Naoya –quando torno voglio vederti sorridere, altrimenti mi mangio tutto io, intesi?-

-…-

Takahiro sorrise sotto i baffi, lievemente incoraggiato.
Naoya era davvero una persona fuori dal comune. Lo sapeva, ma ogni volta se ne stupiva.

 

 

**

 


Come promesso, il ragazzo si diresse con tranquillità fuori dalla stanza per raggiungere il bar che si trovava al piano terra, proprio accanto alla reception.
C’era un po’ di movimento lungo i corridoi, poiché quella era l’ora delle visite e molti parenti erano andati a trovare i propri cari che si trovavano ricoverati in clinica. Naoya salutò un paio di pazienti con i quali aveva instaurato una specie di amicizia durante quei mesi di assistenza a Takahiro.
Proprio nel salutarli, urtò accidentalmente una persona che si stava dirigendo dalla parte opposta alla sua. Ci fu’ un piccolo scontro contro quello che si rivelò essere un uomo, non particolarmente alto, ma tutto d’un pezzo, decisamente.
Naoya si apprestò a chiedere subito scusa, con un mezzo inchino.

-mi scusi, è colpa mia- disse mortificato

L’uomo lo guardò solo per un attimo ed annuì –nessun problema-

Il tono della sua voce incuteva un certo rispetto. Era vestito in giacca e cravatta, una mise piuttosto fuori dal comune per una visita in ospedale.
Ma la cosa che colpì il ragazzo, furono i suoi occhi. Li vide solo per pochi istanti, ma quell’uomo aveva uno sguardo che era certo di aver già visto. Erano occhi a lui famigliari.
Scosse leggermente il capo, pensando che probabilmente la stanchezza gli stava dando alla testa. Dopo un’ altro inchino di congedo, si apprestò a raggiungere l’ascensore, poco distante. Quando vi entrò, premette il pulsante di discesa ed aspettò che le porte si chiudessero. Dato che era un ascensore piuttosto vecchio, ci volevano una manciata di secondi perché questo avvenisse.
Intanto l’uomo tutto d’un pezzo che aveva urtato poco prima, si era fermato da uno dei pazienti che aveva salutato Naoya.

-…saprebbe dirmi dov’è la camera 1313?- aveva domandato cortesemente

Non era sicuro di aver sentito bene; l’uomo aveva parlato quasi sottovoce e sembrando quasi vergognarsi di aver chiesto aiuto.
Naoya rimase perplesso per qualche istante, ma proprio nell’intento di uscire per capire chi fosse quell’uomo che stava cercando proprio la camera 1313, le porte dell’ascensore si chiusero.

 

 

**

 

 


E’ curioso.
Ci sono cose, avvenimenti, che ti aspetti; ma più li attendi , più questi sfuggono alla tua portata e non arrivano mai. Al contrario, ciò che non pensi possa accadere, all’improvviso ti si presenta davanti. Sia un evento triste, sai qualcuno che credevi perduto per sempre, la tua reazione è sempre la medesima: Stupore.
Takahiro aveva pianificato tutto dopo aver saputo di dover morire. Aveva allontanato Naoya con lo scopo preciso di lasciare che lo dimenticasse, si era praticamente rinchiuso in quella clinica senza dirlo ad anima viva ed aveva costretto le sue migliori amiche a mentire per coprirlo.
Tuttavia, niente di tutto quello che aveva previsto era andato secondo i suoi piani. infatti, Naoya era riuscito a tornare da lui ed ormai, molti sapevano della sua malattia. L’unica persona che fino a quel momento era rimasta allo scuro di tutto, era suo padre.
Ma anche in quel caso, sembrava che il destino si divertisse a rimescolare le carte a proprio piacimento.

 

-tu…qui?-

Pochi minuti dopo che Naoya era uscito per andare al bar, era entrato un uomo nella stanza di Takahiro. Aveva un portamento fiero ed uno sguardo severo, che il moro avrebbe riconosciuto anche a centinaia di metri di distanza. Era l’unica persona sulla faccia della terra che non avrebbe mai pensato di dover vedere, e che invece era lì, sbucata dal nulla e senza preavviso, come un fulmine a ciel sereno.
L’uomo scrutava il ragazzo da cima a fondo, con un espressione strana. Sembrava fare di tutto per non lasciar trasparire le proprie emozioni, tanto che i suoi occhi sembravano vuoti. Era in piedi, immobile.

-Takahiro- disse quell’uomo

Il giovane sentì quel richiamo quasi come un’accusa, ed abbassò violentemente lo sguardo, stringendo forte le lenzuola bianche con i pugni, per il nervosismo. C’era un silenzio quasi irreale in quel momento.

-guardami- ordinò

Takahiro non disse nulla. Con molta fatica, alzò il volto in direzione dell’uomo, che continuava a guardarlo come si guarda qualcuno che ti ha appena fatto un enorme torto.

-papà –esclamò con un filo di voce

Questa volta fu l’uomo a non dire una parola. Alla parola “papà” sembrò sussultare, ma la reazione fu appena percettibile. Sembrava una persona abituata a non mostrare mai nulla di più di quanto voleva.

-cos’è questa storia?- chiese Miura Takuya, senza batter ciglio –cosa significa tutto questo?!-

-…-

-non provare a prendermi in giro- continuò –ho parlato col dottor Kazuki poco fa-

-come l’hai saputo?- domandò Takahiro ignorandolo quasi completamente

-non ha alcuna importanza- sbottò il padre, severo

Takahriro sembrò quasi provare paura e si tenne per se quello che avrebbe voluto dire. Non riusciva a guardare quell’uomo negli occhi. Erano troppo accusatori, come sempre del resto.

-sono tuo padre, come hai potuto mentire così spudoratamente?! – continuò

-…-


-perché mi hai fatto questo?!- chiese nuovamente

-…-

-esigo una risposta!-

-perché, perché, perché…- sospirò Takahiro quasi ironicamente –mi stai chiedendo il perché?!- domandò

In quell’istante trovò la forza di guardare negli occhi quell’uomo. Improvvisamente cominciò a ribollire dentro di lui una profonda rabbia, scaturita anche da quell’atteggiamento così ostile del padre.
Era sempre così, ogni volta che si vedevano. Lui avrebbe anche potuto morire, ma suo padre non avrebbe mai cambiato carattere per questo. Sarebbe rimasta la persona fredda e cinica di sempre.

-cos’è, all’improvviso ti interessa sapere quello che faccio?!-

-…-

-dovevo essere in punto di morte perché tu mostrassi un minimo di interesse nei miei confronti?-

Questa volta, dopo quelle parole pesanti, fu Miura Takuya a distogliere lo sguardo dal figlio. Abbassò il volto, sospirando pesantemente. Fece un paio di passi avanti ed indietro, indeciso sul da farsi, mentre Takahiro osservava ogni suo movimento, furioso come non mai .

-vattene via, papà- disse il ragazzo –non capisco perché tu sia venuto…-

Di nuovo tornò il silenzio carico di disagio e di rancore di poco prima.
L’uomo parve quasi decidere di ascoltare le parole del figlio, perché in quel momento, sembrò volgere il proprio corpo in direzione della porta che dava sul corridoio. Takahiro aveva addirittura il fiatone, per lo sforzo.
Miura Takuya fece qualche passo, ma poi si fermò di colpo. Il giovane lo sentì mugugnare qualcosa di incomprensibile. Forse quelle frasi così pungenti gli avevano fatto tornare alla mente qualche ricordo lontano?

-…mi hai sempre accusato di tutto, vero?- disse ad un certo punto, tornando improvvisamente allo stato di prima

-…-

-hai sempre visto in me il ‘cattivo’ della situazione, in qualunque circostanza-

-…-

-…tu credi davvero di sapere come mi sono sentito, quando ho lasciato te e tua madre?-

-lascia stare la mamma, non hai il diritto di parlare di lei- sbottò Takahiro, che aveva gli occhi lucidi per il nervosismo

-lo so, non sono stato un buon padre – sospirò l’uomo –e nemmeno un buon marito-

-…-

-ma quello che ho fatto, aveva l ‘unico scopo di rendere di nuovo felice Kyoko!-

-…cosa stai farneticando?!- domandò il ragazzo incredulo –tu…tu ci hai abbandonato così, su due piedi!! Lei ti amava!! E tu l’hai lasciata!-

Il padre si voltò nuovamente verso Takahiro, ancora con quel suo sguardo severo, ma dal quale questa volta, per la prima volta, sembrava trasparire anche un velo di tristezza che il moro era certo di non aver mai colto prima, in lui.

-se me ne sono andato, l’ho fatto solo per darle la possibilità di ricominciare daccapo- spiegò cercando di controllarsi –dovevamo entrambi riprenderci le nostre vite!-

-l’hai fatta solo soffrire!!- sbottò Takahiro

-in realtà…speravo che riuscisse a dimenticarmi- rispose, disegnando sulle proprie labbra un sorriso che aveva in sé una punta di ironia –lei era davvero una donna forte. Ma forse, non quanto credevo-

-…-

Il ragazzo non seppe che dire. Guardava l’uomo che probabilmente aveva odiato più di ogni altra persona, ed ora gli sembrava tutto confuso. Non avevano mai parlato faccia a faccia in tutti quegli anni, probabilmente per colpa di entrambi, ed ora erano lì, ad addossarsi le colpe l’uno sull’altro. Takahiro in cuor suo cominciava a mettere insieme i pezzi della sua infanzia costellata da litigate e fughe al parco per allontanarsi da tutto quel dolore. Aveva dato per scontato che quell’uomo fosse la persona più egoista e crudele che avesse mai conosciuto, ma ora, davanti a lui, Miura Takuya sembrava diverso; sembrava quasi un padre.

-comunque sono venuto qui…non per parlare di Kyoko…- sospirò ad un certo punto Miura

-…-

-se avessi saputo che stavi male…-

-non sarebbe cambiato nulla- lo interruppe il moro

-lasciami finire!-

-…-

-forse non ho il diritto di avanzare pretese ma…- continuò –pensavo di trasferirti-

-…cosa?!-

-potresti stare a casa mia…-

-…?!-

Cosa diavolo stava cercando di dire?.

-mia moglie è d’accordo. Avevamo già preparato la tua stanza, accanto a quella del piccolo -

Takahiro rimase letteralmente a bocca aperta. Provò ad analizzare a mente fredda ogni singola parola che quell’uomo aveva appena pronunciato.
Poi fece una smorfia; si era quasi dimenticato che Miura Takuya si era fatto una nuova vita, e che si era risposato. In passato aveva addirittura immaginato come avesse potuto essere quella donna e se fosse stata a conoscenza di che persona squallida fosse.

-…il piccolo?- domandò senza volerlo

-Hiro, ha quattro anni…-

Aveva un fratello?
Probabilmente, se solo si fosse interessato di domandarlo, l’avrebbe saputo da molto prima. Ma non si era mai preoccupato della nuova vita di suo padre, quindi il fatto di avere un fratellino, lo lasciò letteralmente di stucco.
Com’è che Miura Takuya era riuscito nel suo intento, mentre Kyoko era diventata cenere, sola e disperata?. Com’era possibile che lui fosse felice, con una moglie che probabilmente amava e con un figlio , mentre lei era bruciata, cancellando la sua intera esistenza in pochissimi attimi?. Lui esisteva, era vivo; mentre Kyoko ormai era solo un ricordo fugace, aveva perso la sua consistenza, il suo essere “in carne ed ossa”. Di lei non erano rimaste altro che foto. In effetti, forse l’unica cosa che legava ancora Miura Takuya e Kyoko, una prova tangibile dell’esistenza di sua madre, era proprio Takahiro.
Ma ben presto anche lui sarebbe diventato polvere, scomparendo senza lasciare alcuna traccia. E così quell’uomo sarebbe stato libero.
Eppure anche avendo saputo ciò, suo padre si era preso la briga di venire fino a lì, e di chiedergli di diventare una famiglia, così all’improvviso.
Non sapeva come considerare quel gesto inaspettato.

-tu lo stai facendo perché sto morendo- sospirò Takahiro

-…sai con è vero questo... - provò a rispondere Miura, ma venne interrotto

-e comunque come spiegheresti la mia presenza al “piccolo”?-

-….Hiro sa di te. Sa di avere un fratello più grande- spiegò l’uomo leggermente in imbarazzo

-…-

-è tardi –sospirò –ma vorrei che…fossimo una famiglia. Te ne avrei comunque parlato, dopo il diploma. Era tutto pronto ormai…-

Subito, Takahiro si rese conto che suo padre non aveva la minima idea del fatto che lui si fosse diplomato nonostante la malattia. Probabilmente il dottor Kazuki non glielo aveva accennato.
Takahiro non sapeva cosa provava . Fino a dieci minuti prima aveva odiato Miura Takuya con tutto se stesso. Ma ora che i loro sguardi si incrociavano con una certa fierezza, capì che in fondo era solo un uomo, con le proprie debolezze e pregi. Non era il mostro che aveva dipinto in tutti quegli anni. Forse, non lo era mai stato.
Poteva quasi dire di provare un certa compassione per quella persona.
La malattia aveva deciso di manifestarsi nel momento peggiore. Chissà, se avesse scoperto di essere malato un anno dopo, forse avrebbe potuto davvero vivere con accanto una vera famiglia. Magari avrebbe addirittura perdonato suo padre. Sarebbe andato a vivere a casa sua, avrebbe conosciuto la sua matrigna, che magari era pure simpatica, e avrebbe passato il tempo libero a giocare con Hiro, il suo fratellino. La domenica sarebbero usciti per andare a fare le gite tutti insieme. Probabilmente sarebbe stato felice, per la prima volta, senza sua madre.
Poi però gli venne in mente tutto quello che aveva passato con Naoya. I momenti belli, i momenti brutti, ogni cosa. Si ricordò di tutti quei mesi in ospedale, pensando a lui, si ricordò della felicità provata al suo ritorno e di come si fosse preso cura di lui fino ad oggi.
Forse era strano, anormale. Ma si sentiva felice anche adesso.

-saremmo una famiglia solo per poco tempo- disse ad un certo punto, con un velo di tristezza che si stupì di riuscire a provare

-…ma lo saremmo almeno…- sorrise lievemente Miura

Ma a malincuore, Takahiro scosse il capo.

-sono successe troppe cose. Forse, se non mi fossi ritrovato qui, avrei anche potuto provare felicità per questo ma…- spiegò –per me non c’è più tempo per scegliere-

-…quindi….- azzardò l’uomo – vuoi dire che non verrai a stare con me?-

-…-

Il giovane esitò per qualche istante, ma poi annuì, abbassando lo sguardo.
L’uomo fu sul punto di ribattere, ma si fermò all’improvviso, serrando le labbra in una strana smorfia.

-c’è una persona…che si sta prendendo cura di me da prima che mi ammalassi –spiegò il ragazzo – mi ha fatto sentire amato. Non voglio lasciarla-

-…capisco- sospirò il padre con un tono piuttosto pacato.

Probabilmente avrebbe voluto dire anche dell’altro, ma Takahiro, sempre fermo sulla sua decisione, fu più veloce di lui

-grazie della visita- esclamò

-…-

-ma ti prego di…non tornare più- concluse

-cosa?!- domandò Miura perplesso

-Torna a casa e vivi la tua nuova vita. Passa il tuo tempo libero giocando con Hiro!-

Sembrava quasi una supplica.

-non lasciarlo mai solo!- chiese il ragazzo

-…fai sul serio?-

-…-

-…ho capito-

Miuta Takuya guardò suo figlio negli occhi. Tuttavia Takahiro aveva lo sguardo rivolto verso le lenzuola bianche stropicciate, ancora strette tra le mani. Fece qualche passo con l‘intento di avvicinarsi, ma poi sembrò ripensarci e rimase fermo.
Attese qualche momento, come aspettando che il giovane potesse ripensarci. Ma Takahiro non disse una sola parola e l’uomo, sconsolato, sospirò pesantemente.
Si passò una mano fra i capelli, che però non si arruffarono.
Capì che ormai era ora di andare.
Si voltò, dirigendosi verso la porta della stanza, e fu proprio in quel momento che il ragazzo alzò lo sguardo. Vide la schiena di quell’uomo che aveva sempre odiato, allontanarsi. Quella schiena che gli era sempre sembrata grande ma che ora, vedeva nelle sue effettive dimensioni.
L’uomo però, quando fu praticamente davanti alla porta, si bloccò improvvisamente. Ma non si voltò, al contrario continuò a volgere le spalle al figlio.

-voglio solo…dirti che…- cominciò cercando di trovare le parole giuste –i problemi fra me e Kyoko erano iniziati ben prima della tua nascita. Tu non sei mai stato un peso.-

-…-

-io ti ho sempre voluto bene, anche se non sono mai stato in grado di dimostrartelo-

Takahiro sentì un tremendo dolore al cuore. Un dolore che aveva provato pochissime volte nella sua vita e che proprio suo padre, tra tutti, gli aveva procurato. Cercò di controllarsi, di non lasciar trasparire nulla. Doveva essere un addio fatto come si doveva. Senza lacrime, senza sensi di colpa.
Probabilmente suo padre aspettò che lui dicesse qualcosa, ma dalla sua bocca non uscirono parole. Non riusciva a dire nulla.

-ciao, Takahiro…- salutò infine quell’uomo, spalancando la porta.

Vide quella schiena ancora per pochi attimi, e quando fu sparita continuò ad immaginarsela, grande, ampia, come se la ricordava dalla più tenera età.

All’improvviso ripensò a Kyoko, che era morta da sola; a Miura Takuya, che aveva riscoperto essere un “padre”; e a se stesso, che era stato così stupido da rinchiudersi nel suo mondo, senza possibilità di uscirne.
Il suo mondo delle favole.

-addio papà….-

 

 

**

 

 

 

-mi scusi, ci vorrà ancora un attimo-

Naoya alzò lo sguardo verso la barista, una donna rotonda ma molto graziosa. Erano passati almeno dieci minuti da quando era sceso, e dopo aver ordinato un caffè e dei croissant, appoggiandosi al bancone, aveva continuato per tutto il tempo a fissare gli ascensori, poco lontano, controllando chiunque uscisse. Ma l’uomo che aveva visto al terzo piano, non si era ancora fatto vivo.
Distrattamente, quando la barista gli parlò, lui annuì sorridendo lievemente, e disse -nessun problema!-.
Proprio quando era arrivato avevano infornato la seconda portata di croissant, perciò aveva dovuto attendere pazientemente che si cuocessero.
Ad un certo punto, dall’ascensore più lontano, uscì la persona con la quale si era scontrato in precedenza, che si diresse con una certa fretta verso l’uscita principale, proprio davanti alla reception ed al bar. Aveva l’aria piuttosto abbattuta, ma camminava velocemente. Prima di fare mosse avventate controllò che fosse proprio l’uomo che stava cercando, e quando ne fu totalmente sicuro, prima di perderlo di vista, si staccò dal bancone e corse per qualche metro, proprio mentre l’uomo era sul punto di uscire dall’ospedale.

-mi scusi!- esclamò ad alta voce

A dire il vero, si girarono almeno tre persone a quel richiamo. Compreso anche l’indiretto interessato, che guardò perplesso in direzione di Naoya. Vedendo che quel ragazzo stava fissando proprio lui, l’uomo si fermò, mentre tutti gli altri, capendo che non si stava rivolgendo a loro, tornarono a ciò che stavano facendo. L’uomo si guardò intorno, cercando di assumerne un’aria del tutto indifferente.

-lei…lei è Miura Takuya?- azzardò Naoya senza troppi mezzi termini

Aveva avuto quella strana impressione di aver già visto quell’uomo, ma sapeva che era una cosa impossibile. Eppure, aveva un qualcosa di familiare. Scendendo al paino terra in ascensore, aveva riflettuto molto attentamente, ed aveva intuito che potesse essere proprio il padre di Takahiro, anche se la cosa, doveva ammetterlo, lo lasciava parecchio turbato. Miura sapeva della malattia del figlio, ma dalla loro “chiacchierata” sembrava aver fatto capire che non avesse alcuna intenzione di interessarsi alla cosa. Eppure, quello poteva essere proprio lui! Cos’era venuto a fare in ospedale?.
Visto che l’uomo, che continuava a fissarlo perplesso, non rispondeva, Naoya proseguì.

-sono Urata Naoya...l-lamico di Takahiro!- spiegò –ci siamo sentiti al telefono, ricorda?-

Al nome “Takahiro”, l’uomo sembrò sobbalzare, senza dare però troppo nell’occhio. Anche se titubante, squadrò dal basso verso l’alto Naoya e poi, con cautela, si avvicinò a lui, pur mantenendo almeno due metri di distanza. Le persone che passavano di lì, lanciavano occhiate incuriosite ai due.

-…ricordo- ammise infine con un tono piuttosto solenne

Naoya sospirò rincuorato, felice di non aver fatto una figura barbina, scambiandolo per un’altra persona.

-è lei che si prende cura di Takahiro? – domandò Miura

-s-si!- balbettò Naoya

Ora che erano faccia a faccia, non doveva assolutamente lasciarsi sfuggire l’occasione di parlarci seriamente.

-la ringrazio molto- continuò il padre di Takahiro

-cosa?-

-la prego di stare vicino a mio figlio…- sospirò l’uomo

Il suo tono sembrava piuttosto sconsolato, nonostante cercasse di rimanere impassibile. Subito, Naoya si domandò cosa fosse successo in quei dieci minuti, dove padre e figlio si erano ritrovati l’uno davanti all’altro. Inevitabilmente, pensò a Takahiro, ed ebbe il desiderio di correre subito da lui.

-s-signore io…io dovrei parlarle!- incalzò Naoya

Ma Miura Takuya scosse il capo –so già quello che vuole dirmi-

-eh?-

-poco fa ho parlato con il dottor Kazuki. Avevo intenzione di portare mio figlio a casa con me ma... –spiegò –Takahiro non ha voluto saperne-

-…cosa- domandò Naoya perplesso –cosa significa?-

-perciò, il consenso che ho firmato, credo possa valere anche per i fine settimana…-

-…-

Naoya fissò l’uomo senza dire una sola parola. Si accorse si essere rimasto praticamente a bocca aperta e cercò di mettere insieme i pezzi di quello strano discorso di Miura: era venuto per portare via Takahiro dall’ospedale? Ma Takahiro, e la cosa non lo sorprese più di tanto, aveva rifiutato. Aveva parlato col dottor Kazuki, ma quando lo aveva fatto? E soprattutto, come mai aveva la netta sensazione che quell’uomo gli stesse lasciando una specie di lascito, un compito da portare a termine? Perché gli aveva appena chiesto di prendersi cura del figlio, se fino a poco prima era interessato a lui?.
Riflettendo, non si era nemmeno reco conto che con quelle parole, Miura Takuya aveva annunciato di aver finalmente firmato il consenso per poter portare Takahiro fuori da quel posto, cosa per la quale l’aveva contattato, giorni prima.
Provò a dire qualcosa, ma l’altro fu più veloce.

-nel caso ci fossero altre cose che necessitino della mia autorizzazione…- riprese l’uomo, mettendo una mano all’interno della giacca –questo è il mio biglietto da visita- concluse estraendo un pezzo di cartoncino plastificato

Si avvicinò a Naoya e glielo porse.
Il ragazzo esitò un istante ma poi lo prese, inchinandosi profondamente, anche se ancora un po’ stupito. Fissò il biglietto da visita dell’uomo e lo mise in tasta con molta cautela, quasi fosse stato un tesoro.
Poi il suo sguardo tornò verso Miura che per tutto quel tempo non aveva fatto altro che rimanere immobile, come paralizzato sul posto.
Tutte quelle cerimonie e quegli inchini…si, sembrava davvero un addio.
Naoya non lo sapeva, ma Miura Takuya si stava domandando molte cose. Chi fosse davvero quel ragazzo che stava aiutando suo figlio, dove si erano conosciuti, vista l’età; se faceva davvero bene a fidarsi delle scelte di Takahiro.
Erano quesiti che avrebbe voluto esporre, ma rimase in silenzio. Quel giovane gli ispirava fiducia ed in fondo, era stato lui a prendersi cura di Takahiro. Lui era arrivato, ancora una volta, troppo tardi.
L’uomo sospirò pesantemente e s’inchinò leggermente, in segno di saluto.
Poi si voltò, facendo per andarsene.

-a-aspetti!!- lo chiamò Naoya

Miura si fermò. Si girò nuovamente verso il ragazzo.

-l’ho giudicata male. Mi perdoni, signor Miura- esclamò Naoya

-…-

-s-se vuole, la chiamerò. La chiamerò ogni giorno se necessario!- continuò –le parlerò di suo figlio, di come sta…qualsiasi cosa! –

-…-

L’uomo sembrò colpito da quelle parole. Naoya era sincero, lo avrebbe fatto davvero. Aveva intuito che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto in carne ed ossa Miura Takuya. Le parole gli uscirono dalla bocca istintivamente.
Forse era un azzardo, ma voleva che quell’uomo sapesse cosa succedeva al proprio figlio. Sentiva di dovergli restituire il favore, in un certo senso.
Miura lo fissò ancora per qualche istante, poi, inaspettatamente, gli si disegnò sulle labbra un lieve sorriso.
Annuì leggermente con il capo e poi, forse con un peso in meno nel cuore, si diresse verso l’uscita dell’ospedale.

Naoya rimase a guardarlo finché l’uomo non scomparve dalla sua visuale. Il ragazzo sospirò pesantemente, ricordandosi a stento di avere i croissant da portare in camera.
Si chiese se era il caso di andare subito da Takahiro o se era meglio aspettare. Non sapeva come avrebbe trovato il ragazzo. Forse però, aveva bisogno di conforto in quel momento e così, dopo aver pagato al consumazione al bar, andò agli ascensori, ma con molta calma.

 


**

 

 

Quando arrivò di sopra, notò che la porta della stanza era rimasta aperta. Subito gli balenò nella mente la possibilità che Takahiro fosse uscito da solo, ed accelerò il passo, cominciando ad essere in ansia.
Entrò in camera piuttosto di fretta e puntò lo sguardo direttamente sul letto: era vuoto.
Un panico improvviso lo colse immediatamente, in seguito però si rese conto che il giovane c’era.
Takahiro era in piedi, scalzo, davanti alla finestra aperta, che osservava il paesaggio circostante. Si sorreggeva appena sul davanzale. Sembrava non essersi accorto che Naoya era tornato.
Il sensei sospirò sollevato, ed appoggiò i croissant sul tavolo della scrivania.

-scusami!- disse –ci ho messo più tempo del previsto!-

-…-

Takahiro non disse una parola, né si degnò di guardarlo. Rimase immobile a fissare fuori.
Naoya sorrise lievemente, chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare. Avrebbe dovuto domandare di suo padre o lasciare che fosse Takahiro a dirgli del loro incontro? Doveva fingere di non aver incontrato Miura all’uscita dell’ospedale o era meglio dirglielo subito?

-…cosa ci fai fuori dal letto?- domandò poi, apprensivo –potresti cadere…-

-…-

-dai, ti aiuto- esclamò avvicinandosi per riportarlo a letto

Fu in quel momento che Takahiro parlò.

-è venuto mio padre poco fa- disse senza emozione

Naoya si bloccò nell’atto di cingergli le spalle. Le sue braccia rimasero a mezz’aria per qualche istante finché, lentamente, non le abbassò, colto di sorpresa.
Cercò di guardare Takahiro negli occhi, ma il giovane era ancora voltato e non riusciva a percepire nulla dal tono della sua voce.
Ad un certo punto però, il moro sorrise lievemente.

-ci crederesti?!- domandò –è venuto davvero…-

-…-

Il sensei continuò a rimanere in silenzio. Non sapeva davvero cosa dire in un momento del genere. Vide l’amico serrare i pugni sul gelido marmo bianco e disegnare sul viso una strana smorfia, quasi di disgusto.

-…io lo detesto…- sospirò afflitto

-…-

Naoya abbassò violentemente lo sguardo, sentendosi colpevole. Takahiro non lo sapeva, ma era stato lui a contattare suo padre. Ma mai si sarebbe immaginato che Miura takuya sarebbe venuto fino a lì pur di parlare col figlio; o almeno, non il Miura Takuya che gli avevano sempre descritto fino a quel momento.
“forse…forse dovrei dirgli la verità” pensò tra sé, indeciso. Sapeva per certo che l’amico si sarebbe arrabbiato però si sentiva talmente responsabile, che quell’idea gli balenò senza esitazioni.

-Takahiro…- cominciò –io…-

-fino ad oggi ho sempre creduto che fosse la persona peggiore del mondo- lo interruppe improvvisamente Takahiro – l’ho odiato talmente tanto…-

-…-

Il moro per la prima volta in quei minuti, volse il volto in direzione di Naoya: i suoi occhi erano tristi e colmi di malinconia. Non era di certo lo sguardo di qualcuno che riusciva ad odiare.

-…non mi sono mai reso conto che ero io ad allontanarlo da me…- concluse abbozzando un sorriso ironico

-…-

-lui…lui mi voleva chiedere di diventare una famiglia –spiegò amaramente –voleva chiedermi perdono…-

-Takahiro…-

-s-sai cos’è che mi fa più rabbia?!- domandò poi, rivolto al sensei

Naoya scosse il capo, senza dire nulla. Takahiro continuava a sorridere, pieno di spavalda ironia.

-io sono esattamente come lui…- sospirò sconsolato -…siamo uguali, maledizione…-

Takahiro in quel momento chiuse gli occhi, cercando di trovare la forza di non piangere. Provò a ricordare il momento esatto in cui Miura Takuya era uscito dalla vita sua e di Kyoko. Riusciva a stento a rimettere insieme i pezzi di quei dolorosi ricordi che aveva sempre cercato di rimuovere. Vide quell’ampia schiena davanti alla porta di casa, Kyoko che urlava e piangeva e se stesso, in un angolo della cucina, che fissava la scena da lontano, con la paura negli occhi. Ogni volta che pensava a suo padre, era quello il momento che gli veniva in mente in modo più nitido: lui che se ne andava, lasciando sola sua madre.
Non si era mai chiesto nient’altro, aveva sempre osservato quell’evento dal suo punto di vista. E l’odio per suo padre era perdurato in quel modo.
Eppure ora poteva addirittura immaginare di vedere quell’uomo crogiolarsi nella sua stanza, a cercare una soluzione, un modo per cercare di salvare la sua famiglia. Di salvare Kyoko. Vide la sua tristezza e la sua angoscia di assistere al tracollo della sua esistenza e di quella di coloro ai quali voleva bene.
Si domandò quanto ci avesse pensato prima di scegliere.
Era successa esattamente la stessa identica cosa. Lui e Miura Takuya avevano scelto entrambi di sparire, come se non fossero mai esistiti; e tutto per il futile tentativo di fare in modo che i loro cari fossero felici, che dimenticassero. Che cosa assurda.
Alla fine non era cambiato nulla: Naoya e Kyoko avevano continuato a vivere nel rimorso di non aver capito, domandandosi dove avevano sbagliato. L’unica differenza era che il sensei, grazie al suo carattere forte e determinato, era stato in grado di rimboccarsi le maniche e di andare avanti. Kyoko invece aveva smesso di farlo nel preciso istante in cui aveva capito che non c’era più nulla per cui vivere. Che nemmeno suo figlio valeva la sua esistenza, per quanto l’amasse, forse più di se stessa. Anzi, non era nemmeno certo che ci avesse mai davvero provato a ricominciare.
Aveva passato anni ed anni a cercare di non essere uguale a suo padre, di somigliargli il meno possibile ma, alla fine, aveva compiuto la stessa scelta. Per quanto avesse cercato di cancellarlo dalla sua vita, Miura Takuya era suo padre.

-p-prima…l’ho incontrato…-

Takahiro spalancò gli occhi all’improvviso, sentendo la voce di Naoya che lo distasse dai suoi pensieri.
Si voltò di colpo verso il sensei, che fissava un punto indefinito del pavimento, sorridendo lievemente.

-ho capito che era lui….perchè vi somigliate molto…- spiegò continuando a sorridere

-…-

Naoya appoggiò la propria mano sopra quella del moro, ancora stretta sul davanzale.

-mi…mi è sembrata una brava persona. Una persona che ha fatto degli sbagli…- sospirò –mi è sembrato…triste –

-…-

Takahiro dopo aver fissato Naoya, tornò a volgere il proprio sguardo verso il panorama che si poteva pregustare fuori dalla finestra. In lontananza si poteva addirittura scorgere il mare. In quel momento un leggera brezza andò a sfiorargli la guancia e lui sentì una specie di tepore davvero piacevole. Non poté fare a meno di sorridere, anche se lievemente.

-ho…anche un fratellino!- esclamò con una smorfia

-…davvero?- sorrise Naoya

Il ragazzo annuì, sentendosi stranamente sereno.

-avrei…tanto voluto conoscerlo –

Appoggiò la testa sulla spalla di Naoya, che accolse il gesto senza batter ciglio. Rimasero immobili, appoggiati al davanzale, in totale silenzio.
Non c’erano bisogno di parole in quel momento.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***


~~Capitolo 16.

 

 

Il dottor Kazuki era una persona molto riservata ma anche estremamente cordiale. Non perdeva mai la calma ed aveva sempre un sorriso per ogni circostanza, che fosse buona o cattiva. Chiunque avrebbe potuto dire che era davvero un brav’uomo e dedito fino in fondo al suo lavoro.
Naoya questo lo sapeva perfettamente; in quei mesi aveva imparato a conoscerlo molto da vicino, anche grazie al suo rapporto con Takahiro. Eppure, quella mattina, quando il giovane era andato nel suo ufficio per discutere del trasferimento del moro dall’ospedale a casa durante i fine settimana, l’aveva trovato piuttosto agitato, anche se in fin dei conti, intuendone il motivo, non ne era poi così sorpreso.

-Naoya kun, che ti è saltato in mente, eh?!- aveva esordito non appena il ragazzo si era presentato davanti alla porta

Lui, sospirando pesantemente si era limitato a fare un cenno di saluto ed a sedersi sulla poltrona, proprio di fronte alla scrivania dell’uomo. C’erano da sistemare gli ultimi dettagli del trasferimento, e voleva farlo il più in fretta possibile.

-ho fatto solo quello che ritenevo giusto!- sbottò Naoya cogliendo subito il senso di quelle parole– non vedo dove stia il problema…-

-avresti dovuto parlarne con me e con Takahiro kun- brontolò l’uomo –l’altro giorno, quando sono arrivato, ho trovato Miura Takuya seduto esattamente dove sei tu ora!-

Naoya non poté fare a meno di guardarsi.

-era furibondo! Diceva che un “tizio” l’aveva contattato urlandogli in faccia che suo figlio stava morendo!- spiegò

-mi avrebbe buttato giù il telefono!- si difese il ragazzo –non ho avuto scelta! e comunque se non l’avessi fatto, adesso non avremmo la sua firma…-

Dopo quelle parole, il dottor Kazuki fece un lungo sospiro e cercò di calmarsi, sedendosi finalmente al proprio tavolo.

-piuttosto mi tolga una curiosità…- aggiunse Naoya –il signor Miura mi ha detto che aveva proposto a Takahiro di portarlo a casa “definitivamente”-

-…vi siete incontrati?!- domandò l’uomo, perplesso

-stava andando via dall’ospedale- tagliò corto –non sapevo che si potessero portare i pazienti fuori dalle strutture perennemente…-

-infatti non è consigliato- rispose Kazuki –i pazienti devono sempre essere seguiti, ci sono numerose terapie da svolgere…-

-…-

-ma se i parenti lo ritengono opportuno, nessuno vieta loro di far trascorrere la degenza a casa, ben sapendo di dover tornare in ospedale per le cure, anche giornalmente…-

-capisco…- sospirò Naoya

-…a dirla tutta mi sono davvero sorpreso!- continuò il medico –Miura Takuya era addirittura disposto ad accompagnare personalmente il ragazzo qui in clinica ogni qualvolta fosse servito-

-davvero?- domandò il giovane, colpito

L’uomo annuì –lui, così dedito al proprio lavoro…non mi aspettavo che facesse questo per Takahiro kun, anche se in fin dei conti, è pur sempre suo figlio…-

Naoya rimase in silenzio.
Sapeva bene che il dottor Kazuki non aveva grande considerazione verso Miura Takuya anzi, forse sotto sotto, personalmente doveva ritenerlo responsabile di molti dei mali che avevano colpito quella famiglia così disastrata. Per questo, si limitò ad annuire discretamente, anche se non condivideva quelle considerazioni.
Lui aveva avuto modo di capire che quell’uomo non era il mostro di cui aveva sentito parlare per tutto quel tempo e anche Takahiro se n’era accorto, quando si erano incontrati, pochi giorni prima. A quanto pareva però, il moro non aveva detto nulla al dottor Kazuki di quanto si erano detti lui ed il padre. Quindi anche lui aveva deciso di tenere per sé i suoi pensieri.

-forse…- cominciò dopo aver riflettuto un attimo –forse non è la persona che sembra, non crede?-

Come previsto, il dottor Kazuki rimase in silenzio, aggrottando le sopracciglia. Lanciò uno sguardo verso Naoya, per poi tornare alla propria scrivania, leggermente imbronciato.

-forse- si limitò a dire senza particolare emozione

Silenziosamente, si mise a compilare alcuni fogli per alcuni minuti. Naoya rimase a fissare la mano dell’uomo che si muoveva, rimanendone quasi ipnotizzato, finché quest’ultimo non ebbe finito e si schiarì la voce con un colpo di tosse.

-bene, è tutto a posto!- disse alzandosi

-ottimo – rispose Naoya facendo altrettanto

-sei venuto in macchina, giusto?-

Il giovane annuì con un leggero sorriso. Poi entrambi uscirono dall’ufficio e si incamminarono lungo i corridoi del piano terra della clinica.
Fecero quattro passi, scanditi ogni tanto da qualche commento come “mi raccomando” e “stia tranquillo”, finché non arrivarono all’ingresso principale della struttura.
Ad attenderli, c’erano un’infermiera e Takahiro, seduto su una sedia a rotelle. Quando li videro arrivare, la donna salutò con cortesia, chinando il capo, mentre Takahiro mostrò un sorriso radioso. Tra le braccia teneva stretto un borsone. Indossava una maglietta a maniche corte, ed una tuta leggera, nonostante fuori ci fossero almeno trentacinque gradi.

-è tutto sistemato, possiamo andare!- disse Naoya quando fu davanti all’amico

-Takahiro kun, come ti senti?- domandò il dottor Kazuki, apprensivo

-bene! Mi sento in forma!- sorrise il ragazzo

-direi che è ottimo!- rispose il dottore, appoggiandogli la mano sulla spalla

L’infermiera lasciò la carrozzina nelle mani di Naoya che, accompagnato dal dottor Kazuki, si accinse a raggiungere la macchina, parcheggiata poco lontano, dove iniziava il viale che conduceva alla spiaggia. Entrambi lanciavano occhiate un po’ insicure a Takahiro, che però sembrava davvero di buon umore.
Quando furono arrivati, Naoya cominciò a sistemare il veicolo, mentre Takahiro osservava leggermente divertito la scena.
Non appena fu tutto pronto, il sensei aprì la portiera del posto accanto al conducente, per far salire l’amico.

-Naoya kun, queste sono le medicine da prendere- spiegò il dottor Kazuki dandogli una piccola busta di carta con tanto di ricetta –se ci sono problemi chiamatemi immediatamente!-

-ricevuto!- rispose il giovane –grazie mille!-

Poi l’uomo si rivolse al moro –e tu, Takahiro kun, cerca di non strafare, intesi?!-

-dottore, la vedo dura sinceramente!- obiettò Takahiro ironico, dando un’occhiata alla sedia a rotelle

-so per certo che non appena sarai a casa cercherai in ogni modo di non usarla!- sbottò Kazuki ridendo

Talahiro si limitò a sorridere.
Naoya si avvicinò al ragazzo, per aiutarlo ad alzarsi, ma il moro con un cenno gli fece di lasciare che facesse da solo. Pian piano, anche se con un po’ di fatica, Takahiro si mise in piedi e, goffamente, si sedette in auto, lanciando uno sguardo di sfida al dottore.
Il medico, poi si rivolse a Naoya, che andò a posizionare la carrozzina sul baule della macchina. Lo seguì nei movimenti.

-Lunedì verso le undici dovrebbe tornare, se non è un problema- disse

-certo, saremo puntuali!- annuì il giovane

-…-

Il dottor Kazuki sembrò voler dire qualcosa. Si guardò le spalle, come per evitare di essere sentito, tanto che Naoya sembrò preoccuparsi leggermente e si avvicinò all’uomo, in modo che potesse sentirsi più “sicuro”.
Il medico, stando bene attento che Takahiro non sentisse, mise una mano davanti alla bocca e sussurrò un semplice “grazie”.
Il ragazzo lo fissò perplesso, chiudendo il porta bagagli della vettura.

-grazie davvero, Naoya kun- ripeté l’uomo

Fu in quel momento che Naoya capì esattamente il significato di quelle parole.
Tuttavia non rispose; al contrario, fece un semplice cenno con la testa e, dopo aver sorriso lievemente, si apprestò a salire in macchina.

 

 


**

 

 


Il tragitto non durò più di una quarantina di minuti. Yokohama distava più o meno quaranta chilometri da Tokyo e poiché avevano usufruito dell’autostrada, non trovarono particolare traffico. La giornata era davvero afosa ma Takahiro sembrava non percepire tutto quel caldo, nonostante indossasse la tuta e il fazzoletto sulla testa.
Ogni tanto, mentre guidava, lanciava occhiate al moro con la coda dell’occhio per coglierne i comportamenti. Era una situazione strana in un certo senso: aveva passato così tanto tempo in ospedale durante quei lunghi mesi, che vedere l’amico seduto in macchina accanto a lui, lo faceva sentire quasi a disagio. Takahiro guardava costantemente fuori dal finestrino il paesaggio che continuava a muoversi velocemente. Sembrava che tutto quel tempo rilegato a letto gli avesse fatto dimenticare cosa volesse dire “vivere”, tanto che anche le cose più insignificanti, parevano avere un valore importante per lui. Nonostante non proferisse parola, Naoya era sicuro che il ragazzo fosse sereno: ogni tanto sorrideva tra sé, ed era in quel momento che il sensei provava ad immaginare a cosa stesse pensando.

Naoya, che non aveva mai perso la speranza di portare Takahiro fuori dalla clinica, aveva preparato tutto addirittura un paio di mesi prima. La cosa migliore era quella di portare il giovane in un luogo che potesse essergli famigliare e così aveva optato per condurlo al suo appartamento, a Ueno, decidendo a sua volta di trasferirsi li con lui durante tutti i fine settimana. Quando furono arrivati però, sorse subito il primo problema.
Una volta parcheggiata l’auto, e dopo aver fatto qualche metro a piedi, con la carrozzina, entrambi si fermarono davanti all’ingresso del palazzo, osservandolo leggermente perplessi.

-…e adesso?- domandò Takahiro

-…non ci avevo pensato- si limitò a dire Naoya, scoraggiato

Il palazzo era piuttosto vecchio e non aveva ascensori. L’appartamento di Takahiro si trovava al quinto piano e con la carrozzina risultava praticamente impossibile salire le scale.

-posso camminare…- esclamò il moro cercando si sollevarsi

-assolutamente no- sbottò il sensei –non puoi fare cinque piani!-

-allora trova un’altra soluzione, genio- brontolò il ragazzo che, in quella giornata speciale sembrava aver ritrovato anche il suo vecchio sarcasmo

Takahiro in quel momento si ricordò di avere il fazzoletto in testa e, delicatamente, si mise il cappuccio della giacca della tuta, cercando di coprirsi.
Naoya invece sembrò aver trovato la soluzione voluta. Appoggiò il borsone dell’amico, che fino a quel momento aveva tenuto in mano, per terra e poi, si mise in ginocchio con la schiena rivolta verso il giovane.

-…che stai facendo?!- domandò

-ti porto in spalla fino a casa!- spiegò Naoya- poi torno giù e recupero la nostra roba-

-non scherzare, sono cinque piani!- gli ricordò il moro –ti spacchi la schiena!-

-Sali senza fare storie, su!- insisté il sensei

Takahiro rimase incerto sul da farsi finché, arrendendosi all’evidenza della situazione, non si fece forza sulla gambe e scivolò, letteralmente sulla schiena di Naoya, sentendosi improvvisamente il volto in fiamme.
Era una sensazione che non sentiva da parecchio tempo, ma il sensei al contrario, pareva piuttosto tranquillo. Pian piano si sentì sollevare da terra. Naoya cominciò a fare, passo dopo passo, i gradini che li separavano dal quinti piano, senza mai aprire bocca.

 

 

 

 

**

Ci vollero circa cinque minuti prima che potessero finalmente dire di essere arrivati. Pensando di dover scendere, Takahiro aspettò che l’amico si fermasse, ma non lo fece. Notò che dal collo si intravvedevano già alcune gocce di sudore, dovute alla fatica ed al caldo.
Naoya, facendo grandi respiri regolari, si diresse verso l’appartamento del moro; goffamente cercò le chiavi di casa che gli aveva dato Takahiro il giorno prima e poi, finalmente, la porta si aprì.
Takahiro, che si era aspettato di trovare l’appartamento in perfetto disastro, a causa dei mesi in cui era stato via, fu invece invaso da uno strano senso di benessere, non appena misero piede in soggiorno.
La casa era illuminata e non c’era nemmeno un pizzico di polvere. Si sentiva uno strano profumo invadere l’intera stanza del soggiorno e, notò in seguito, l’altarino con le ceneri di sua madre era perfettamente ordinato, con fiori freschi.
Si guardò intorno con stupore, mentre Naoya andò verso il divano, per farlo sedere.

-eccoci- disse sorridendo

Takahiro, ancora stupito, scese dalla schiena dell’amico

-…come…?- provò a domandare, ma Naoya fu più veloce ed intercettò le sue parole

-la signora Tanaka è così gentile da venire a pulire la casa due volte alla settimana!- spiegò –ed ogni tanto vengo anche io ad aiutarla!-

Tanaka Mizumi era la sua vicina di casa, una signora molto gentile, sposata e con due figli che lavoravano fuori città. Ogni tanto era capitato che Takahiro andasse a cenare a casa sua, quando non riusciva ad arrangiarsi da solo.

-c-capisco…- sospirò –devo ringraziarla!-

-aspettami qui, vado a recuperare le altre cose!- disse Naoya –lascio la porta aperta!-

Il moro annuì lievemente ed il sensei uscì dal salotto, scomparendo lungo il corridoio.
Rimasto solo, anche se per pochi minuti, Takahiro si mi se ad osservare ogni angolo di quella che era stata casa sua fino a pochi mesi prima. In effetti, a prima vista sembrava che non fosse cambiato niente. L’unico elemento di diversità erano i fiori posti in onore di Kyoko, che questa volta erano gigli. L’ultima volta l’aveva lasciata con delle piccole orchidee, che fino a poco prima sarebbe stato sicuro di trovare marcite. Dal divano puntò il suo sguardo sulla foto di sua madre che sorrideva.
Erano cambiate molte cose durante la sua assenza. L’evento più sconvolgente di tutti, probabilmente era stato l’aver incontrato suo padre ed aver scoperto che Miura Takuya era una persona fondamentalmente diversa da quella che aveva sempre immaginato. E proprio per questo aveva compreso perché sua madre avesse continuato ad amarlo anche dopo il suo abbandono.

-perdonami- disse poi, congiungendo le mani –ti ho lasciata sola…-

Era stato così impegnato a piangersi addosso, dopo aver scoperto della sua malattia, che non aveva mai pensato a Kyoko in quel periodo. E si sentiva un mostro per questo. Il desiderio di andare verso di lei ed inginocchiarsi per una preghiera era molto forte, ma si rese conto le gambe non lo avrebbero sorretto, se ci avesse provato. Era maledettamente bloccato lì.
In quel momento, sentì Naoya rientrare in casa e disgiunse le mani all’improvviso, voltandosi verso l’amico.

-uff- esclamò Naoya chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo –anche questa è fatta!-

-scusami- disse Takahiro un po’ in colpa- basterebbe che camminassi…-

-non è colpa tua!- sorrise il sensei –e poi un po’ di moto mi fa solo bene!-

Era chiaro però, che Takahiro la pensava diversamente.
Naoya sembrò leggergli nella mente, perché ad un certo punto gli sorrise dolcemente ed andò a sedersi sul divano, accanto a lui, cingendogli le spalle con un braccio.

-siamo a casa finalmente…- sospirò sollevato

-già…- sorrise Takahiro –devo ammettere…che pensavo di non ricordare nulla di questo posto…-

-…-

-invece è esattamente come l’ho lasciato!- sorrise

-abbiamo due giorni, possiamo fare tutto quello che vogliamo!- spiegò Naoya

-già il fatto di essere fuori dalla clinica…mi fa sentire bene!- lo rincuorò il moro

Sentì la mano del sensei che, dolcemente, gli accarezzava la testa, com’era solito fare.

-la sai una cosa?- domandò all’improvviso il ragazzo

-mh?-

-…mi sembra di essere tornato indietro- disse con aria serena –a quando tu venivi tutti i week end…-

Naoya lo fissò, colpito da quelle parole.
Non ci aveva proprio pensato, ma a ben rifletterci, forse Takahiro non aveva tutti i torti. In quel momento la sua mente cominciò a fare dietro front, nel passato. Gli vennero in mente parecchie cose; la loro prima uscita insieme, l’imbarazzo che provavano l’uno di fronte all’altro, il primo giorno di convivenza…tantissimi avvenimenti che sembravano lontanissimi nel tempo, ma che in realtà erano successi meno di un anno prima.
Inevitabilmente, il pensiero della malattia di Takahiro lo invase insieme a tutti quei ricordi, tant’è che cercò subito di cancellarli e di concentrarsi su altro.
Takahiro sembrava essersi accorto della brusca reazione, e Naoya, per non farlo preoccupare, gli sorrise dolcemente, baciandogli la fronte.

-si, è vero…- si limitò a dire

-…-

Ma se era davvero tutto come allora, perché Takahiro aveva la sensazione che Naoya fosse cambiato, invece? Perché quei baci che gli dava sembravano tremendamente distaccati? Era davvero rimasto tutto come prima?
Perché era quasi convinto di essere solo lui a provare amore, in quel momento?
Voleva chiederglielo, voleva parlargli di quello strano presentimento che lo disturbava già da un po’ di tempo. ma se invece erano solo paranoie? Naoya sicuramente gli avrebbe chiesto il motivo per il quale dubitasse così di lui. E cosa avrebbe potuto rispondere in quel caso?.
Forse per le troppe emozioni che stava provando, sia spiacevoli che serene, si sentì mancare all’improvviso la forza. Si sentì stanco e spossato tutto ad un tratto.
Con la mano si aggrappò alla maglietta del sensei, per attirare la sua attenzione.

-v-vorrei riposare…- sospirò col fiato corto –sono stanco…-

-eh?!- domandò Naoya, accorgendosi dell’improvvisa brutta cera del’amico- stai male?- disse preoccupato

Takahiro scosse il capo –no- rispose- ma…sono d’avvero stanco. Potresti accompagnarmi?-

-…certo!-

Era chiaro che Naoya era molto preoccupato, ma lo era ogni volta che il moro cambiava improvvisamente stato, temendo sempre il peggio. Aveva imparato a portarsi dietro il cellulare dappertutto, per ogni eventuale necessità. Questo Takahiro lo sapeva bene e gliene era grato.
Sembrava davvero tutto normale, in apparenza.
Si alzarono dal divano e piano, si avviarono in camera da letto. Il ragazzo insisté a voler camminare da solo, quindi Naoya si limitò a sorreggerlo per le spalle, in modo che non si affaticasse troppo.
Quando arrivarono nella stanza, Takahiro ebbe nuovamente una sensazione nostalgica: anche lì, non era proprio cambiato nulla. Addirittura, sopra la sua scrivania c’erano ancora i libri che aveva utilizzato durante il primo semestre, ovviamente spolverati. La sua vecchia divisa scura era appena su un’anta dell’armadio, perfettamente pulita e stirata. Notò il proprio diploma appeso ad una delle pareti; Naoya aveva pensato proprio a tutto.
Diede un’occhiata al futon: era ancora quello che avevano comprato insieme, prima di cominciare la loro strana “avventura”. Al ricordo delle litigate fatte al centro commerciale, al momento dell’acquisto, non riuscì a trattenere un sorriso; l’unica cosa che mancava, era uno dei due cuscini.
Naoya, gentilmente, lo aiutò a coricarsi sotto il lenzuolo. Poi aprì la finestra ed attaccò il ventilatore portatile, in modo che circolasse un po’ d’aria, in quella torrida giornata estiva.

-s-scusami, volevo un primo giorno diverso…- disse Takahiro, mortificato

-…ne avremo tanti altri!- si limitò a dire il sensei, sorridendo –La cosa più importante è che tu stia bene!-

-…-

Dopo aver controllato che ogni cosa fosse a posto, Naoya fece per uscire, ma proprio in quell’istante, Takahiro sentì il bisogno di fermarlo, per accertarsi almeno di una cosa.

-a-aspetta!- disse, quindi

-dimmi?- rispose dolcemente

Non sapeva se fosse davvero il caso di dirglielo, ma ormai era troppo in ballo per rimanere in silenzio.

-…non…non dormiamo insieme?- domandò con il cuore in gola

-…-

Naoya sembrò cambiare all’improvviso colore, tanto quanto era accaduto a lui, poco prima.
Pensando che avesse frainteso, si apprestò subito a correggersi.

-…intendo, la sera- aggiunse

-…-

Lo sguardo che fece in seguito, se possibile, tolse a Takahiro ogni dubbio.
Il sensei sembrava preoccupato di trovare qualsiasi risposta plausibile, che non fosse scontata. Poi lo vide sospirare pesantemente.

-hai bisogno dei tuoi spazi –spiegò –io dormirò nell’altra stanza!-

Come scusa, doveva ammetterlo, era piuttosto convincente.
Abbassò violentemente lo sguardo, deluso. Aspettò che Naoya dicesse qualcos’altro, ma lui in quel momento sparì, uscendo dalla stanza, lasciando in sospeso quel discorso.
Non dubitava dell’affetto che il sensei provava nei suoi confronti. Naoya gli voleva bene, questo lo sapeva perfettamente. Ma un conto era voler bene, ed uno era amare; c’era una bella differenza!.
Che non fosse un grande amante della compagnia in quel periodo, lo sapeva bene e se ne vergognava. Ma stava morendo.
Pian piano sentiva che il suo corpo cominciava a non rispondere più alle sue esigenze, che si stava spegnendo, ogni giorno di più.
Non aveva più tempo per pensare. Aveva bisogno di sapere, una volta per tutte.

 

 

**

 

 


La giornata praticamente si concluse in quel modo, nonostante le promesse di fare qualcosa di diverso.
Takahiro si alzò dal letto verso le sei, prese le sue medicine e si mise a guardare la televisione, mentre Naoya si dilettava in cucina. Ogni tanto gli lanciava un’occhiata per vedere se aveva difficoltà, ma in quei mesi il sensei sembrava essersi parecchio esercitato, o almeno così gli pareva.
Proprio come auspicato qualche ora prima, quella sera dormirono separati.
Ok, in effetti a ben pensarci, era da mesi che non passavano la notte insieme, ed era la cosa più ovvia del mondo, visto quanto stava succedendo. Eppure, adesso erano a casa, da soli, e lui aveva tanta voglia di un abbraccio, o qualunque altra cosa che lo facesse sentire un po’ meno solo.
Naoya non sembrava capire questo suo stato d’animo, ma la colpa probabilmente era anche sua, che non gli lasciava modo di farsi comprendere.
Durante la notte si girò e rigirò nel letto, un po’ perché non era più abituato a dormire sul futon, ed un po’ perché non faceva che concentrarsi focalizzando ogni possibile rumore, anche il solo respiro che proveniva dalla stanza dove dormiva Naoya, per convincersi che lui era ancora lì.


Fu proprio per questo che la mattina seguente si alzò molto tardi.
Stranamente infreddolito, nonostante la temperatura esterna fosse altissima, raggiunse la cucina e vide Naoya, indaffarato a sistemare alcuni affetti personali. Si salutarono e il sensei gli andò incontro, con la sua solita gentilezza.

-…ti ho preparato la colazione!- sorrise felice

-davvero?- domandò Takahiro sorpreso

-vieni dai!!-

Naoya lo condusse al tavolo che, solo ora l ‘aveva notato, era apparecchiato: c’era addirittura del succo! Entrambi si sedettero e Takahiro si mise ad osservare il tavolo, fissando poi la sua scodella, che conteneva latte. In ospedale aveva sempre e solo fatto colazione con menù tradizionale giapponese, cosa che non gli era mai piaciuta.

-guarda un po’ cosa sono riuscito a trovare, al konbini?– domandò Naoya indicando una scatola rettangolare

Il moro la prese, per esaminarla –mh? Cereali?!-

-è raro trovarne!-

-…-

Takhiro assunse uno sguardo un po’ disgustato ed appoggiò la scatola di nuovo sul tavolo, lasciando un po’ interdetto Naoya

-…che c’è?!- chiese

-…non mi piacciono!- sbottò Takahiro

-…cosa?!- domandò perplesso il sensei –stai scherzando?! Da quando?!-

-da sempre!!- spiegò il ragazzo –li detesto!!-

-non prendermi in giro, sono i tuoi preferiti!-

-ti ripeto che non mi piacciono!!-

-…-

Naoya squadrò Takahiro da cima a fondo, cercando di capire se l’amico lo stesse prendendo in giro o se invece era del tutto serio.
Di certo sapeva di non essersi sbagliato: a Takahiro piaceva molto fare la colazione all’occidentale, e si ricordava chiaramente delle parole che aveva detto una mattina di molto tempo prima, quando ancora vivevano insieme alle prime armi.
“io adoro i cereali!” aveva esclamato con tono buffo.
Ma al Takahiro che era davanti a lui, non piacevano affatto, anzi, li detestava.
Lo pervase uno strano senso di agitazione, ma cercò di non darlo troppo a vedere, e tentò di analizzare la situazione con calma e razionalità.
Senza dire una parola, afferrò la scatola rifiutata dall’amico e, con decisione, ne versò un po’ del contenuto sulla tazza di quest’ultimo, che lo guardò malissimo.

-ehi, che fai?!- sbottò

-provali almeno!- lo esortò Naoya –su, forza!-

-ti ho detto che non mi piacciono!-

-…non puoi saperlo finché non li assaggi, no?!-

-…-

Entrambi sembrarono dare il via ad una strana sfida di sguardi ma alla fine, come al solito, fu Takahiro a cedere e sospirò sbuffando.
Controvoglia e sotto gli occhi seri del sensei, il ragazzo prese il cucchiaio, lo immerse nel latte e perciò qualche fiocco di cereale. Prima guardò Naoya, poi si concentrò solo sul cibo.
Velocemente, con un’aria disgustata, inghiottì tutto d’un fiato l’intero contenuto del cucchiaio.
Poiché doveva ammettere di non aver sentito bene il gusto, decise di provarne un altro, e questa volta masticò velocemente; poi ne assaggiò un altro, ed un altro ancora, masticando sempre più lentamente e con tranquillità.
Naoya continuò ad osservarlo per qualche minuto, mentre sembrava non voler smettere di mangiare. Addirittura, se ne versò ancora quando ebbe finito.
Incuriosito, il sensei si rivolse all’amico.

-allora, ti piacciono?- domandò

Takahiro, fino a quel momento concentrato sulla sua scodella, alzò lo sguardo verso Naoya e lo fissò con aria perplessa

-…ovvio!- disse

-…?-

-sono i miei preferiti!- continuò tranquillamente –non dovrebbe stupirti!-

-…-

Naoya tentò di analizzare quanto aveva appena detto il moro, sillaba per sillaba.
Dallo stupore fece per far cadere una delle posate con cui fino a quel momento stava giocando.

-...c-cosa hai…detto?- balbettò incerto

-mh? Che ti prende?!- domandò Takahiro

-…-

Il sensej rimase con la bocca mezza aperta, sconvolto.
Guardò più volte l’amico, per poi passare ad osservare la tazza dentro la quale non c’erano più cereali.
Era davvero successo quello che il dottor Kazuki aveva profetizzato? Takahiro aveva dimenticato davvero un istante della sua vita? Dal canto suo, il ragazzo sembrava non essersi accorto di nulla, perché era piuttosto tranquillo. Quindi, anche lui doveva cercare di calmarsi.
Deglutendo amaramente, scosse il capo, provando ad assumerne uno sguardo tranquillo più convincente.

-n-no scusami –disse controllandosi- è che mi sono sorpreso di vederti mangiare così tanto!- concluse con un lieve sorriso

Takahiro, per tutta risposta, sorrise, prese la tazza e cominciò a bere il latte, sotto gli occhi, ancora preoccupati del sensei.

 

 

**

 

 

Per tutto il giorno, Naoya non lasciò mai un momento da solo il moro. Lo accompagnava dappertutto, benché la casa non fosse particolarmente grande. Dopo il fatto accaduto la mattina, il sensei avendo paura che potesse ricapitare, magari in modo più grave, lo sorvegliava quasi come fosse un cane da guardia.
Takahiro non capiva il motivo di quel suo “fastidioso” attaccamento anzi, lo trovava piuttosto irritante, visto che lo spazio era piuttosto ristretto.
Un attimo di tregua lo ebbe quando per forza di cose, Naoya fu costretto ad uscire di casa, per andare a fare la spesa, al konbini vicino.
Ovviamente, l’idea di lasciare solo l’amico non lo esaltava tantissimo, mentre Takahiro non sembrava avere nulla in contrario.

-tieni sempre alla portata il telefono di casa, intesi?- si raccomandò prima di uscire- basta che schiacci il tasto verde, ho già inserito il numero dell’ambulanza-

-…ho capito, ho capito…- sospirò Takahiro

-non fare niente di strano, va bene?-

-cosa vuoi che faccia?! – sbottò il ragazzo, un po’ esasperato

-torno in meno di mezz’ara, mi raccomando!- disse infine

-vai, altrimenti qui facciamo notte…- lo esortò il moro –non mi succederà nulla in mezz’ora, tranquillo…-

Naoya gli diede il “solito” bacio sulla fronte e poi venne praticamente sbattuto fuori, ritrovandosi nel giro di cinque secondi, a fissare la porta dell’appartamento, imbambolato.
Sospirò un po’pesantemente. Nella sua mente c’era ancora il film di quanto era successo poco prima e la cosa lo inquietava tantissimo. Per tutto quel tempo, Takahiro non aveva mai mostrato segnali così gravi, benché fossero del tutto normali, e questo lo portò immediatamente a pensare che ormai, i giorni in cui avrebbero potuto stare insieme felicemente, non sarebbero durati ancora a lungo.
Se ci rifletteva, provava uno strano senso di magone allo stomaco. Si era abituato ad avere Takahiro sempre; nel bene e nel male lui era sempre lì, ormai era parte costante della sua vita. Probabilmente era anche per questo che era riuscito a resistere tutti quei mesi, tra casa ed ospedale. Invece adesso, minuto dopo minuto, si rendeva conto che le cose sarebbero presto cambiate, sotto i suoi occhi, senza la possibilità di fare qualcosa per sistemare le cose. Ogni tanto si guardava allo specchio, la mattina, prima di andare in ospedale, e ripeteva ad alta voce “Takahiro sta morendo. Takahiro morirà. Tu lo sai”, cercando di convincere se stesso che era tutto maledettamente vero. Ma stranamente non riusciva a piangere per questo. Nonostante ci avesse provato innumerevoli volte, anche in passato, evidentemente non aveva lacrime da versare, tanto che si chiedeva se quel giorno, quando si sarebbero dovuti dire addio, i suoi occhi avrebbero finalmente deciso di lasciarsi andare insieme alle proprie emozioni.
Come faceva fin troppo spesso in quel periodo, cercò di scacciare dalla mente quei brutti pensieri e si decise a muoversi. Dando un’ultima occhiata alla porta, con un leggero scatto si voltò e prese a camminare velocemente lungo il corridoio, già cominciando a guardare l ‘orologio da polso per controllare i minuti che passavano.
Naoya non poteva saperlo, ma dall’altra parte di quella porta che aveva a lungo osservato, Takahiro aveva sospirato quasi all’unisono con il sensei, dopo essere rimasto solo.
Il giovane si era guardato intorno, come spaesato, nell’istante in cui si era reso conto che per mezz’ora, avrebbe avuto modo di pensare un po’ per sé.
Sapeva che Naoya si preoccupava perché gli voleva bene, ma ogni tanto esagerava, decisamente.
Pian piano, raggiunse il divano per guardare un po’ di televisione, con il telefono sempre alla portata, come si era raccomandato il sensei.
Prima di accendere l’apparecchio, diede uno sguardo all’altare di sua madre e disse una preghiera, in silenzio. Tuttavia, una volta finito, non fece in tempo a guardare cosa facevano in televisione, che sentì il telefono di casa, squillargli all’improvviso nelle tasche.
Leggermente spaventato, abbassò il volume col telecomando, ed estrasse il l’apparecchio, facendo una smorfia scocciata.

-nemmeno dieci minuti sono passati. Se è Naoya giuro che mi sente!!- sbottò ad alta voce prima di rispondere -…pronto?-

-…senpai?-

Takahiro improvvisamente cambiò stato d’animo. Non era Naoya.

-Misako?- domandò il ragazzo

-…Takahiro?!- sbottò la ragazza dall’altra parte della cornetta

-hai chiamato il numero di casa mia!- sorrise lui, scherzando

-s-scusami!!! Pensavo che ce l’avesse il senpai, il telefono!- spiegò la ragazza mortificata – è in casa?-

-Naoya è uscito a fare la spesa…ma tornerà molto presto- sospirò takahiro soffermandosi piuttosto chiaramente sulle parole “molto” e “presto”

Sentì Misako ridere.

-ti sta sempre vicino, eh?- disse

-tsk, solo quando vuole- sbottò Takahiro senza pensarci

-…tutto bene?- domandò Misako, cogliendo l’improvvisa amara battuta

-s-si, scusa- si corresse l’amico –è che in questi due giorni non mi ha lasciato un attimo, non mi ci abituerò mai…- spiegò

-lo sai, il senpai è fatto così! ti vuole bene!-

-si, lo so…- sospirò -…a proposito, volevi parlargli?- domandò poi

-in realtà volevo parlare con te! Come stai?-

- tutto sommato non posso dire di lamentarmi…-

-…hai sentito Chiaki di recente?-

-mh?- Takahiro provò a fare mente locale -…si! Tre giorni fa, in clinica! Perché?-

-come l’hai trovata?-

-? b-bene..credo! sai com’è al telefono non è che l’ho vista!- esclamò con una battuta

Ma questa volta Misako non rise, o almeno a lui sembrò così

-…ma perché, è successo qualcosa?- aggiunse poi -…avete litigato?-

-con me no- si limitò a dire Misako -presumo che non te l’abbia raccontato-

Doveva ammettere che in quel momento l’ansia si era impossessata di lui e pregava che Misako fosse un tantino più esplicita nello spiegare.

-raccontato cosa?-

-…di lei e Shinjiro, meno male che non c’eri – disse –hanno discusso di brutto-

Takahiro sospirò leggermente sollevato. Non che non fosse preoccupato di quanto gli avesse appena raccontato l’amica, ma aveva per un momento creduto il peggio.

-tu l’avevi capito che a Shinjiro piace Chiaki, vero?- domandò Misako

Il moro sorrise –beh, era piuttosto evidente!-

-Chiaki ha deciso di andare ad Osaka- continuò –Shinjiro non l’ha presa benissimo-

-…-

-hanno avuto una piccola discussione…poi la cosa è un po’ degenerata e lui le ha praticamente urlato in faccia la propria dichiarazione d’amore!-

-…cosa?!- esclamò Takahiro a stento trattenendo una risata –e Chiaki?-

-…oh, lei gliene ha dette di tutti i colori, di quanto sia stupido, di quanto non capisca nulla…pensavo non fosse niente di serio, ma è da giorni che non si sentono. Ho provato a fare qualcosa, ma lei non vuole sentire ragioni-

-secondo me si sistemerà tutto, Chiaki la conosciamo entrambi no?- disse il ragazzo –non sa stare arrabbiata a lungo-

-…-

-e in quanto a Shinjiro, beh…diciamo che la tempistica non è il suo forte-

-eheh, già!-

Takahiro rimase in silenzio, aspettando una risposta dall’amica che, però, sembrava non arrivare. Passò qualche attimo, finché il moro non decise di parlare.

-Misako, ci sei?- domandò in apprensione

-si, scusa! Stavo riflettendo!- intervenne la ragazza dall’altra parte –…Takahiro, tu riesci sempre a trovare una soluzione per tutto eh?-

-cioè?-

-qualunque sia il problema, cerchi sempre di vedere tutto con positività- esclamò, a tratti sembrando commossa –anche quando eravamo piccoli…-

Takahiro sorrise lievemente a quelle parole.
Per un breve istante, ripensò ai momenti in cui Misako e Chiaki, da bambine, litigavano per un pupazzo e lui arrivava sempre puntuale a calmarle spiegandogli che potevano giocarci un po’ per ciascuna. Probabilmente anche Misako stava rimembrando qualcosa del genere, perché la sentì sospirare.

-sono il vostro fratellone, no?- rispose il moro

-…è vero- si limitò a dire la ragazza

Ci furono altri attimi di silenzio. Poi Misako riprese

-comunque, volevo dirti che mi dispiace…-

-eh? per cosa?- domandò Takahiro, sorpreso

-…in questo periodo non ci sono mai stata. È venuto anche tuo padre e non c’ero. Mi ero ripromessa che non ti avrei mai lasciato solo ma…-

-Misako…-

-sono davvero una pessima amica, eh?- sospirò amaramente -non so nemmeno da dove cominciare. Avevo persino paura di chiamarti. E se poi penso…-

-…-

-se penso che sto perdendo tempo prezioso..mi viene ancora più rabbia!-

-basta così, ti prego- la bloccò Takahiro –non dire più certe sciocchezze-

-…-

-tu e Chiaki ci siete sempre state per me, sempre. Anche quando dovevate mentire per coprirmi, rammenti?. Solo perché adesso stai vivendo la tua vita non devi sentirti in colpa con te stessa- spiegò

-s-si ma io…-

-ascoltami- la interruppe nuovamente –se davvero pensi a tutte queste cose tristi, come posso andarmene serenamente?-

-…-

Aveva detto quella frase con il cuore in gola , ben sapendo che Misako, dall’altra parte, avrebbe iniziato a piangere in silenzio, magari cercando di fare l’impossibile per non farsi sentire.
Ne era consapevole, ma aveva deciso ugualmente di dirla perché, secondo lui, era un buon modo per spronare l’amica a reagire.
In effetti sembrava che tutti quanti stessero facendo del loro meglio per far finta che andasse tutto bene, che fosse tutto normale. Takahiro era grato a tutti di questo, ma era arrivato il momento di cominciare a pensare a quella che era la realtà dei fatti; e per questo, sentiva il dovere morale di non incoraggiare ulteriormente Misako.
Sentì una serie di respiri regolari provenire dall’altra parte della cornetta. Misako stette in silenzio per un po’ e anche lui, in ogni caso, preferiva non dire nulla.
Poi ad un certo punto, la ragazza tornò a parlare.

-…sono davvero pessima eh?- esclamò, ripetendosi

-…-

-t-ti verrò a trovare, non appena ho un po’ di tempo, va bene?- continuò cercando in tutti i modi di trovare un argomento meno pesante

-non vedo l’ora!- sorrise Takahiro

Anche Misako aveva abbozzato un leggero sorriso in quel momento

-m-magari…prova a parlare con Chiaki…di solito ti ascolta…- propose la ragazza

-la chiamerò!- annuì il moro -…tu magari fa lo stesso con Shinjiro-

-…bene!-

Takahiro aprì bocca, come per dire qualcosa, ma questa volta le parole non gli uscirono. Ad un certo punto, mentre cercava invano qualcosa da comunicarle, Misako si decise di concludere lì la conversazione.

-beh, ci..ci vediamo, ok? –esclamò con un filo di voce –ho un po’ da fare, non posso stare molto al telefono…-

-o…ok, si va bene!- annuì il ragazzo, un po’ tristemente

-…ciao eh!-

-ciao…-

Prima che Takahiro potesse dire qualunque altra cosa, la giovane aveva già interrotto la telefonata.
Il moro tolse il telefono dall’orecchio e lo fissò per qualche istante, leggermente affitto.
Forse, pensò, non avrebbe dovuto parlare a Misako in quel modo. Lei era una ragazza molto forte, ma anche terribilmente fragile e sapeva di averla turbata. Avere speranza faceva parte del suo carattere e in quel momento si sentì improvvisamente un mostro, ad averle detto quelle cose.
In fondo lui ormai si era abituato all’idea di morire, mentre per lei, per Chiaki, per Shinjiro, per Naoya…per ognuno di loro era una cosa ancora impossibile da accettare. Non si erano mai dati per vinti, al contrario suo.
Lui, dal primo momento in cui il dottor Kazuki gli aveva annunciato la malattia, si era abbattuto, con l’idea di dover morire, senza un se e senza un ma. Aveva addirittura evitato l’operazione che forse avrebbe potuto salvargli la vita. Forse, ecco.
Lui non aveva paura di morire, anzi, non gliene era mai importato davvero. Tutto quello che aveva fatto, aveva avuto l’unico scopo di cercare di rendere felici gli altri. In un primo momento non voleva nemmeno dire a Chiaki e Misako della sua malattia, ma alla fin aveva dovuto farlo, per un motivo o per l’altro. Ed era stato egoista. Aveva chiesto loro di mentire a tutti, senza preoccuparsi di quanto male avrebbe fatto loro.
Secondo Misako, lui vedeva tutto con occhi positivi, nel bene e nel male. Ma non era proprio d’accordo. Se davvero fosse stato capace di pensare in quel modo, non si sarebbe mai lasciato abbattere dal fatto di avere un tumore al cervello e, al contrario, si sarebbe fatto operare già da molto tempo. invece era ancora lì, a pensarci su.
Aveva pensato di non dover vedere mai più Naoya ed invece le cose erano andate esattamente all’opposto; in quel periodo ogni tanto ci aveva riflettuto sul fatto di rischiare l’operazione e di “provare” a vivere. Guardava il sensei, che si occupava di lui cercando di renderlo felice, e non poteva fare a meno di provare una sorta di nostalgia. O forse era solo paura.
In quei mesi, doveva ammetterlo, ogni volta che Naoya non c’era e passava le notti da solo l’improvvisa paura di morire si era manifestata di punto in bianco. Il timore di essere solo, di chiudere gli occhi e non riaprirli più…tutte preoccupazioni normali, ma alle quali lui non aveva mai dato troppo peso, almeno fino a quel momento.
Desiderava averlo al suo fianco ed essere felice. Lo desiderava davvero. Ma non era ancora più egoista dare ai suoi amici altri fardelli da sopportare? se lui non fosse stato più “se stesso” dopo l’operazione, cosa sarebbe successo a tutti loro? Cosa sarebbe successo a Naoya?.
Non era meglio morire e basta, senza dover dare altro dolore alle persone a lui più care?.
Sapeva di non aver più tempo per decidere. Sapeva che il tempo stava per scadere.
E proprio per questo, doveva assolutamente capire.
Capire innanzi tutto se quell’amore con il quale voleva stare con tutto se stesso era ancora come l’aveva lasciato.

 

 

**

 

 


Quando Naoya era tornato, esattamente mezz’ora dopo, aveva trovato Takahiro seduto sul divano, con la televisione accesa ed immerso nei suoi pensieri. In un primo momento, per timore di un’altra improvvisa perdita di memoria, gli si era avvicinato lentamente ed aveva cominciato a fargli alcune domande, scollegate tra loro.
Takahiro, scocciato, gli aveva risposto male diverse volte, tanto era che alla fine si rese conto che il ragazzo stava bene e che era tutto nella norma, anche se l’umore dell’amico non era dei migliori.
Pranzarono senza dirsi una parola, in totale silenzio, scandito soltanto dalla voce dei giornalisti del telegiornale.
Poi, visto che il moro sembrava non aver voglia di fare niente di particolare, il sensei decise di dedicare un po’ di tempo a sistemare la tesina, che ormai poteva dirsi quasi pronta. Il tutto mentre Takahiro, annoiato, non faceva altro che guardare la televisione senza interesse, appisolandosi di tanto in tanto.
Fu in quel modo che arrivò finalmente la sera. Naoya, dopo tre ore passate a leggere e rileggere innumerevoli fogli, si era messo di punto in bianco a fare da mangiare, cercando allo stesso tempo di non infastidire l’amico.
La stessa scena muta si ripeté anche a cena.
Naoya guardava Takahiro che mangiava con lo sguardo fisso sul proprio piatto; sembrava preoccupato per qualcosa ma non aveva il coraggio di chiedergli che cosa. Sapeva che quando il giovane era di malumore, la cura migliore era lasciare che gli passasse, senza intervenire.

 

-…come procede la tesi?-

Di punto in bianco, Takahiro aveva finalmente deciso di rompere il silenzio durato praticamente tutto il giorno.
Lui ed il sensei si erano ritrovati sul divano a guardare un programma di intrattenimento. Erano seduti l’uno di fianco all’altro ma in totale distacco. Naoya si voltò leggermente verso l’amico, colpito da quella sua improvvisa voglia di conversare.
Sorrise, lievemente rasserenato.

-bene, ormai l’ho finita!- rispose –in questi giorni la porto all’Università-

-sono contento- esclamò Takahiro abbozzando un sorriso un po’ forzato

-…-

non lo sembri affatto” avrebbe voluto dire Naoya. Ma si limitò a fissarlo in silenzio, annuendo col capo.
Sapeva che gli sbalzi di umore erano normali e che doveva portare pazienza, eppure ogni tanto si fermava a pensare che Takahiro fosse, in fin dei conti, davvero arrabbiato con lui. Era solo una sensazione, ma quella strana idea gli era balzata in testa più volte, specialmente nell’ultimo periodo.
E forse, riportarlo a casa non gli aveva giovato come sperato.
Lentamente, cercando sempre di mantenere una certa “distanza”, provò ad avvicinarsi al ragazzo, il quale rimase immobile a guardare la televisione, sembrando non accorgersi di nulla. Facendo un leggero sospiro, allungò il braccio verso Takahiro con l’intento di metterglielo intorno al collo, come gesto amorevole.

-non farlo, se ti è troppo difficile- disse all’improvviso il moro, lasciando il sensei interdetto e con l’arto ancora a mezz’aria

-…cosa?- domandò un po’ perplesso

Takahiro si voltò verso Naoya: aveva lo sguardo piuttosto crucciato.

-se non senti niente, non serve che tu lo faccia! Che mi abbracci!- esclamò con più veemenza

-…-

Il sensei fissò il moro esterrefatto. Sì sentì mancare per una frazione di secondo, senza sapere cosa fare.
Si era sbagliato a quanto pare, era ancora di cattivo umore.

-…scusami- si limitò a dire tristemente

Il giovane continuava a fissare il sensei con insistenza.

-…vado…a preparare le borse per domani!- continuò poi, facendo per alzarsi.

-…tsk-

In realtà, proprio nel momento in cui aveva sollevato le gambe per rimettersi in piedi, Naoya si sentì all’improvviso tirare nuovamente verso il basso, con una forza incredibile.
Dapprima non si rese subito conto di cosa era successo, sapeva solo che qualcosa lo aveva costretto a ributtarsi sul divano, quasi lungo disteso, ed uno strano peso gli comprimeva parte della pancia.
In quattro e qua trotto si ritrovò con il viso di Takahiro a circa trenta centimetri dal suo.
Fece per alzarsi nuovamente, ma qualcosa gli impediva di farlo.
Poi capì che l’amico, con una forza che probabilmente anche lui si era stupito di possedere ancora, l’aveva buttato di nuovo sul divano, mettendosi a cavalcioni sopra di lui.
Takahiro aveva le braccia che tremavano, forse per l ‘eccessivo sforzo, mentre il nodo del fazzoletto che gli proteggeva la testa ricadeva in avanti. I suoi occhi sembravano impauriti, ma allo stesso tempo tremendamente seri e consapevoli; ansimava leggermente.
Naoya rimase immobile, sentendo premere le mani di del moro contro le proprie braccia. Non riusciva a fare altro che guardarlo.

-cosa stai facendo- chiese, senza particolare enfasi

-…-

Takahiro non rispose, lo fissava e basta

- …fammi alzare, dai…- disse nuovamente tentando di divincolarsi

Ma l’amico, per tutta risposta, premette ancora di più e nonostante non fosse particolarmente forte, sentì una delle spalle dolergli un poco.

-perché continui a fare così?!- esclamò Takahiro con voce rotta –come se tutto fosse normale!!-

-…m-mi stai facendo male- disse il sensei, un po’ preoccupato da quella stranissima situazione

-i-io devo sapere!- continuò l’altro –devo sapere!!-

Naoya assunse un’espressione interrogativa

-non so cosa fare!! Non so proprio cosa fare!!-

-…c-calmati- propose il sensei, cercando di mantenere il controllo a sua volta

-p-perché ho la sensazione…di amarti solo io?! – domandò il ragazzo, sembrando sul punto di piangere –spiegamelo!!-

-…cosa…stai dicendo?!- chiese a sua volta Naoya, spalancando all’improvviso gli occhi

-se tu stai con me solo per pietà…se per te sono solo un amico…ho bisogno che tu me lo dica! –continuò –non posso continuare a vivere con questo dubbio…-

Naoya aprì la bocca, per poi richiuderla quasi subito.

-adesso cerca…cerca di calmarti…parliamone con calma, eh?-

Ma Takahiro scosse violentemente la testa

-credevi che non me ne accorgessi?! – sbottò il ragazzo –una…una volta riuscivo a capire cosa sentivi…per me-

-…-

-mentre adesso non lo so più!! non…più sto vicino a te…e più mi sembra di sentirti distante!!-

-Takahiro…-

-voglio sapere una volta per tutte se mi ami ancora! –disse –ho il diritto di saperlo!-

-…-

Naoya, per quanto possibile, cercò di distogliere lo sguardo dal ragazzo.
La verità era che quell’improvvisa domanda l’aveva spiazzato, indubbiamente. Perché anche lui se l’era domandato spesso, poco dopo l’essersi rincontrati. Aveva più volte tentato di capire cosa provasse, ed aveva pensato che col tempo ci sarebbe riuscito, ma adesso erano lì, alla resa dei conti, e non riusciva ad aprire bocca. La sola cosa alla quale riusciva a pensare, erano quegli occhi che lo supplicavano di rispondere, che gli chiedevano aiuto. Gli stessi di quello studente un po’ impacciato che aveva lasciato quel giorno di Dicembre, sulla banchina della fermata del treno.
Cosa provava davvero per Takahiro? L’aveva amato, l’aveva odiato, e poi? Cosa sentiva adesso? Perché non riusciva a capire fin dove si spingeva il suo affetto per lui?

-rispondi!!- lo esortò il moro, un po’ spazientito

Si sentì strattonare da quelle mani che non avevano alcuna energia, ma che sembravano quasi fargli male. In realtà gli faceva male dappertutto, anche il cuore. lo sentiva schiacciarsi dentro di sé, e succedeva ogni volta che Takahiro era triste od arrabbiato.
Faceva di tutto per farlo sorridere, perché il suo sorriso era bellissimo e lo faceva sentire bene. Takahiro, quello che adesso si trovava davanti a lui, era fragile, delicato e legato alla vita da un filo sottilissimo. Più volte aveva provato paura in quei mesi; paura di romperlo, lui, così debole che si poteva spezzare così facilmente…anche solo con un bacio.

-…paura…- sospirò con un filo di voce

-e-eh?!- domandò il moro, colto alla sprovvista

-…quello che provo è…paura- ripeté il sensei –non ne ho mai provata tanta in vita mia-

-…-

Naoya, cercò di allungare il braccio verso l’alto, verso il volto di Takahiro, umido di pianto. Riuscì appena a sfiorargli una guancia.

-…ho paura…di romperti – spiegò affranto –di toccarti e di immaginare il momento in cui non potrò più farlo-

-…-

-tu sei…così fragile-

Takahiro continuava a fissarlo, e per un istante, si morse le labbra.
Il sensei sentì allentare leggermente la presa sulle sue braccia.

-m-mi stai dicendo cose senza senso…senza senso…- esclamò il moro –i-io voglio che tu mi tocchi!! Voglio proprio questo…l’ho sempre voluto…-

-…-

-Naoya!!- lo chiamò con insistenza –permettimi di stare con te…!-

-…cosa?!-

-ti do il permesso di amarmi!! Te lo do, hai capito?!- disse singhiozzando –io voglio solo…ricordarmi di quanto bella è stata la prima volta. Di quanto mi sono sentito…vivo-

-non provocarmi, ti prego…- sospirò il sensei chiudendo gli occhi quasi forzatamente, pur di non vedere il volto dell’amico

Pur di cercare di essere razionale.

-tu non puoi rompermi –sorrise Takahiro –Non lo faresti mai. Perché tu sei tu –

-T-Takahiro io…-

-prima che io dimentichi chi sono, voglio ricordare cosa si prova. Voglio farlo finché sono in grado di amarti consapevolmente- spiegò –p-prima che io…-

-…-

-prima che io muoia!!- continuò –prima che…-

-non dire più niente- lo zittì Naoya

Takahiro venne preso un po’ alla sprovvista, ed il sensei ne approfittò per liberarsi della presa. Riuscì a mettersi seduto e, senza alcun preavviso, abbracciò il ragazzo, stringendolo al proprio petto. Il moro, sussultò leggermente a quel gesto ed un brivido gli corse lungo la schiena.
Da quanto tempo non succedeva che stessero così?; non riusciva più a ricordarlo.

-io ti ho odiato…- riprese Naoya –sono addirittura arrivato a questo-

-…-

-poi ti ho visto lì, su quel letto, che guardavi fuori dalla finestra. Non sapevo se avrei potuto rivedere il Takahiro che avevo amato. Ma ogni volta che tu sorridevi, anche in queste condizioni…mi sentivo rincuorato perché quell’altro “te” non era stato altro che una facciata. Volevo proteggere quel tuo sorriso, preservare quello che tu sei in realtà…-

-m-mi dispiace…mi dispiace…- ripeté il moro, sconsolato

Ma Naoya scosse il capo –no, è stata colpa mia. Non mi sono reso conto che cercando di proteggerti ho finito per allontanarmi da te-

Il cuore di Takahiro, in quel momento ebbe un tuffo.

-…potrai mai perdonarmi, Takahiro?- domandò Naoya, con occhi leggermente lucidi

Il giovane non rispose. Le lacrime offuscavano la sua vista e non gli permettevano di mettere a fuoco niente. Odiava piangere, specialmente davanti agli altri, ma per quanto cercasse di trattenersi, i suoi occhi sembravano fare tutto da soli.
Un po’ titubante, sollevò leggermente il volto, per cercare quello di Naoya; allungò le braccia, sfiorandogli i capelli. Era così bello.
Il sensei accolse amorevolmente il gesto dell’amico e gli si avvicinò ancora di più. Per un attimo sembrò esitare, come avendo paura di fare qualcosa di sbagliato, ma il sorriso di Takahiro gli fece un po’ di coraggio e così, delicatamente, posò le sue labbra su quelle dell’altro, unendosi in un bacio.
Entrambi chiusero gli occhi e si strinsero, lasciando che l’unico suono percettibile fosse quello dei loro respiri.
Poi, Takahiro si fece cullare e posò la testa sul bracciolo del divano. Naoya gli era sopra, ma non lo sentiva appoggiarsi a lui: sembrava indeciso su come comportarsi e per un po’ si limitarono a fissarsi a vicenda.
Ad un certo punto il sensei decise di prendere in mano la situazione e, con cautela, sollevò leggermente la maglia dell’amico e posò la mano sul suo petto gelido, sfiorandolo con delle dolci carezze. Takahiro ebbe un sussulto e Naoya, per paura di avergli fatto “male”, si bloccò, ritirando l’arto.
Il moro, però, sorrise lievemente e gli prese la mano che aveva riposto, portandosela al cuore.

-i-io non so se…- cominciò Naoya, un po’ intimorito

Takahiro continuava a sorridere -…andrà bene!- esclamò

-…-

-andrà bene, vedrai!- lo incoraggiò ancora

Naoya sorrise lievemente e lo baciò, con un po’ più di veemenza, rispetto a prima.
L’amico aveva ragione: In quel preciso momento decise di non seguire più la razionalità. Voleva ascoltare solo il suo cuore, che per un così lungo periodo aveva dormito senza che se ne rendesse conto.
Takahiro era la persona più importante per lui, ormai ne era assolutamente certo. E voleva trascorrere il tempo che avevano insieme con pienezza e amore, lasciandosi andare, per una volta.
Dovevano smettere entrambi di sprecare tempo.
Già, ormai non ce ne era rimasto più molto.

 

 

**

 

 

Quella notte, Takahiro e Naoya rimasero insieme. Era stata la loro seconda volta, anche se la prima, in realtà, era avvenuta in circostanze del tutto fuori dal comune e, nonostante per loro fosse stata memorabile, all’epoca non avevano la minima idea di come comportarsi l’uno con l’altro.
Durante la sera del loro primo appuntamento si era trattato perlopiù di baci e carezze, il tutto un fatto in maniera un po’ goffa e dettata più che altro dall’istinto.
Mentre ora, che sapevano entrambi cosa fare e cosa volevano, si era rivelato tutto molto diverso. Takahiro, mentre Naoya lo viziava di coccole, si era sentito per la prima volta, dopo tanto tempo, di nuovo vivo e un po’ meno malato. Aveva provato nuovamente l’emozione dell’amare e lo aveva fatto ancora “consapevole” e sicuro che era davvero quello che voleva.
Dal canto suo, Naoya stava bene attento a far provare all’amico solo cose piacevoli. Voleva vedere solo il suo sorriso, anche nell’oscurità della notte e voleva fare in modo che per lui fosse indimenticabile, così come per se stesso.


Fu un leggero ma efficace colpo di vento che, verso le quattro del mattino, riuscì a svegliare il sensei, che spalancò gli occhi all’improvviso, leggermente spaventato.
Non capendo cosa fosse successo, si guardò un po’ intorno, sbadigliando e si accorse che avevano lasciato la finestra aperta. Il chiarore della luna filtrava dalle tende che ondulavano lievemente. Sospirò sollevato, poi si voltò quasi automaticamente alla sua sinistra, dove dormiva beatamente Takahiro.
In quell’istante si ricordò tutto quanto: avevano fatto l’amore quella notte.
Nonostante le preoccupazioni iniziali, era stato tutto magnifico. L’amico respirava regolarmente, sembrava molto tranquillo. Aveva il fazzoletto sulla testa leggermente allentato, tanto che, cercando di fare il possibile per non svegliarlo, provò a sistemarglielo un poco.
Takahiro si mosse leggermente, ma non si accorse di nulla.
Naoya lo osservò per un po’, rimanendone quasi incantato, senza rendersi conto che erano passati ormai diversi minuti. Poi, ributtandosi sul cuscino, cercò più volte di prendere sonno, ma con scarsi risultati; tant’è che dopo una decina di minuti si mise la maglia che era rimasta accanto al futon, e si ritrovò seduto a fissare l’armadio della stanza dell’amico.
Visto che ormai era praticamente sveglio, decise di alzarsi per andare a sgranchirsi un po’ le gambe in salotto, ma prima di farlo diete una lieve carezza al moro, che continuava a dormire beato.
Poi, senza fare rumore, si scoprì e sgattaiolò fuori dalla stanza, dopo aver controllato ancora una volta che Takahiro stesse bene.


Naoya non sapeva che con quella sua ultima carezza, il moro si era pian piano svegliato. Aveva aperto leggermente gli occhi ed allungato istintivamente un braccio dalla parte opposta alla sua, non trovando l’amico.
Pensando che fosse andato al bagno, attese in silenzio il suo ritorno per una buona manciata di minuti, ma dopo un quarto d’ora il sensei non era ancora arrivato.
Piuttosto assonnato, si stiracchiò e, sentendo improvvisamente freddo, si rimise gli indumenti del giorno prima, sparpagliati lì vicino. Fece il gesto istintivo di passarsi una mano fra i capelli, ma quando si ricordò di avere il fazzoletto di cotone, ritirò subito l’arto, con un leggero sussulto di paura. Cercando di calmarsi, si mise in piedi con una certa cautela, non sapendo se le gambe sarebbero riuscite a sorreggerlo.
Tuttavia, sembrava che stesse bene fisicamente. Non si sentiva nemmeno particolarmente stanco e al pensiero di quello che era successo qualche ora prima, non riuscì a trattenere una smorfia compiaciuta.
Non sapendo bene perché, decise di andare a vedere che fine aveva fatto Naoya e, con molta nonchalance si apprestò ad uscire dalla camera.
Era buio, e per non inciampare con una mano si sorreggeva alle pareti del corridoio che portavano al salotto, sbirciando qua e là.
Ad un certo punto gli parve di sentire dei rumori ed accelerò leggermente il passo finché non fu praticamente all’ingresso del soggiorno. Fece per uscire allo scoperto quando all’improvviso vide Naoya che, completamente assorto nei propri pensieri, guardava il panorama notturno dalla piccola terrazza, appoggiato al parapetto.
Takahiro indietreggiò all’istante trattenendo il respiro, e nascondendosi, dietro la porta scorrevole, aperta solo a metà. Non sapeva perché si stava nascondendo ed era piuttosto stupida come cosa, ma in quel preciso momento gli era sembrato che Naoya stesse riflettendo su qualcosa di importante e non se l’era sentita di andare oltre.
Rimase così per un paio di attimi e poi, sempre con cautela, si mise a sbirciare: il sensei era tornato dentro ed aveva tirato le tende. Si guardava intorno con un po’ di apprensione, sembrando indeciso su qualcosa.
Era piuttosto scuro in volto. Takahiro pensò di uscire allo scoperto e allungò la mano per aprire del tutto la porta, ma decise nuovamente di bloccare l’atto, perché Naoya aveva fatto qualcosa che lo lasciò leggermente stupito.
Il sensei, si era inginocchiato per terra.
Dapprima sembrava non fare nulla, poi il moro si rese conto che stava osservando pensieroso il piccolo altare dedicato a sua madre.

Naoya fissava la foto di Kyoko in silenzio, senza sapere di avere Takahiro a pochi metri da lui. Poi, fece un lungo sospiro e, dopo essersi guardato le spalle quasi per timore di essere visto, congiunse le mani in preghiera e chiuse gli occhi.
Rimase in quella posizione per un po’ di minuti. Ad un certo punto, alzò lo sguardo e staccò le mani, portandosele alle ginocchia.

-io non ho il diritto di dire nulla…- sospirò rivolto alla foto

Takahiro trattenne nuovamente il respiro, anche se a fatica.

-so che non posso avanzare pretese…- continuò- io non sono nessuno alla fine…-

All’improvviso, il tono della sua voce parve cambiare, trasformando quel monologo in una vera e propria preghiera.

-Kyoko san, lei ama tantissimo Takahiro. È suo figlio ed ha tutti i diritti del mondo verso di lui- esclamò con voce rotta –questa mia preghiera forse potrà sembrarle inappropriata …p-però…-

Naoya congiunse nuovamente le mani, questa volta però, inchinandosi verso il basso.

-l-la prego, non porti con sé Takahiro! – supplicò –ha ancora…tutta la vita davanti, non me lo porti via p-proprio ora…-

Il moro intanto, nascosto nell’oscurità, si era messo una mano davanti alla bocca nel disperato tentativo di limitare il più possibile il mezzo grido di stupore che aveva fatto senza volerlo.
Indietreggiò nuovamente, sentendo le gambe molli all’improvviso. Fu costretto ad appoggiarsi alla parete del corridoio mentre a stento riusciva a contenere le emozioni contrastanti di quel momento.
Naoya era lì, che stava chiedendo a sua madre di non portarselo via, di lasciarlo vivere. Lo stava davvero chiedendo con tutto il cuore.

-c-ci lasci un po’ di tempo…ancora un po’, la prego…- continuava a dire Naoya con voce flebile –proprio ora c-che…di nuovo…-

Ma non riuscì a finire quella frase. La voce smise di uscirgli e rimase con una moltitudine di parole in bocca, in attesa.
Continuava a fissare la foto di Kyoko, sperando che in qualche modo lei riuscisse a sentirlo, a sentire la sua supplica.
Era una cosa stupida parlare ad una foto, lo sapeva perfettamente. Eppure gli era sembrata l’unica cosa da fare, alla quale aggrappare le propri speranze.
Era bastato davvero poco perché lui e Takahiro si ritrovassero, chiarendo ogni dubbio. L’aveva sempre amato, ed il cuore l’aveva capito ancor prima di lui. Si malediva per averci messo così tanto a rendersene conto, facendo soffrire anche l’amico.
Ora però le cose erano mutate nuovamente. Era consapevole di quello che voleva e conscio del fatto che ormai era troppo tardi.
Perché Takahiro non ci sarebbe più stato.
Era solo questione di tempo.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. ***


Capitolo 17.



La mattina, Takahiro si svegliò ancora una volta non trovando Naoya al suo fianco: aprì gli occhi quando erano ormai le nove passate. Non aveva dormito praticamente mai durante la notte; dopo aver spiato Naoya era tornato di corsa in camera, per farsi trovare lì, dopodiché non era più riuscito ad addormentarsi. Inoltre, certo che anche il sensei facesse fatica a chiudere occhio, era rimasto tutto il tempo nella stessa posizione, cercando di fargli credere di non essersi svegliato, con il risultato che si ritrovò con la schiena più che indolenzita.
Sentì alcuni rumori provenire dal soggiorno e decise di alzarsi, per fare colazione.





Naoya era seduto sul divano, leggermente assonnato. Aveva appoggiato un borsone sopra il piccolo tavolino al centro della stanza e stava controllando che ci fosse tutto: quella mattina avrebbero dovuto tornare in clinica per le undici e dovevano sbrigarsi.

-b-buongiorno!- aveva esclamato qualcuno

Il sensei alzò lo sguardo. Era Takahiro, in piedi accanto alla porta, che osservava cosa stesse facendo. Sorrise e si alzò dal divano, correndo incontro al moro.
Si diedero un piccolo bacio sulle labbra.

-ciao!- disse –stavo per venire a svegliarti…come ti senti?- domandò Naoya apprensivo

Takahiro arrossì vistosamente.

Poi annuì con la testa –bene!- e aggiunse –mai stato meglio, in verità-

Il sensei lo accolse tra le braccia, in un caldo abbraccio. Sembrava particolarmente in vena di fare coccole e il giovane non poté fare a meno di ripensare a quanto era successo quella notte, quando l’aveva visto pregare davanti alla foto di sua madre.
Non era certo che Naoya fosse allo scuro del fatto di essere stato praticamente spiato, tuttavia il sensei sembrava piuttosto tranquillo e lui, in ogni caso, non aveva alcuna intenzione di dirgli che lo aveva visto. Non gli sembrava corretto.
Quindi, preferì godersi quel gesto amorevole senza farsi troppe domande.
In fondo, si erano appena ritrovati ed era stata una notte memorabile: voleva che le cose andassero bene, almeno per un po’.





**





Dopo la colazione, si vestirono e partirono, con una certa fretta.
Takahiro venne aiutato da Naoya a scendere le scale a piedi, nonostante il sensei avesse insistito per caricarselo su di sé come all’andata.
Rischiando quasi di litigare, alla fine si ritrovarono seduti in macchina, percorrendo autostrada, diretti a Yokohama.
Nessuno dei due sembrava particolarmente in vena di parlare anzi, Takahiro si sentiva anche lievemente a disagio e cercava in tutti i modi di non darlo troppo a vedere. Continuava a riflettere su quanto era accaduto, sentendosi un po’ anche colpevole: gli sembrava di aver ascoltato qualcosa di intimo e proibito, qualcosa che non avrebbe dovuto sentire. In effetti era davvero così. Ed ora che era conscio di cosa provava Naoya, non sapeva più cosa fare o come comportarsi; le sue convinzioni sembravano essersi disintegrate all’improvviso.
Arrivarono a Yokohama verso le dieci e mezza. Andarono al parcheggio e fermarono la vettura.
Sentì Naoya sospirare pesantemente.

-eccoci- disse con un mezzo sorriso –siamo arrivati pure in anticipo. Di certo non ci prenderemo le ramanzine del dottor Kazuki-

Takahiro rise lievemente alla battuta. E capì anche che Naoya, proprio come lui, non aveva affatto voglia di ritornare in quella clinica.
L’idea di rimettersi a letto, chiuso fra quelle quattro mura, lo faceva sentire male. Certo, in quei due giorni a casa non aveva fatto altro, ma era diverso: era un luogo pieno di calore, un luogo “proprio”. Le differenze tra quello ed una stanza d’ospedale erano molteplici.

-senti…- lo chiamò

-dimmi?- rispose Naoya

Il moro scrollò le spalle e fece una piccola smorfia –non è che possiamo…fare qualcos’altro prima? In fondo abbiamo mezz’ora…-

-cioè? cosa ti va di fare?- domandò il giovane, leggermente incuriosito

Takahiro alzò un braccio ed indicò un punto ben specifico, dove iniziava il viale che portava alla spiaggia privata della clinica.

-il mare…- disse –ti va di andarci?-




**




La clinica di Yokohama, oltre che essere una struttura davvero all’avanguardia, offriva anche alcuni spazi per lo “svago” dei pazienti, uno di questi era sicuramente la spiaggia privata alla quale l’intero edificio si affacciava. Nonostante avesse percorso in lungo ed in largo l’intera zona in quei mesi, Naoya non si era mai recato in quella spiaggia, per un motivo o per l’altro, quindi era molto curioso di vederla da vicino.
Visto che il viale era parecchio lungo e che faceva molto caldo, Takahiro preferì, stranamente, essere accompagnato con la sedia a rotelle. Probabilmente, anche se non lo dava a vedere doveva essere davvero molto stanco, perché ogni tanto chiudeva gli occhi, come per riposarli.
Percorsero tranquillamente il sentiero, circondato da un bel giardino con panchine all’ombra degli alberi sparse un po’dappertutto.
Una volta arrivati allo sbocco della spiaggia, notarono che il viale continuava, con loro sorpresa, anche in mezzo alla sabbia, fino ad arrivare a, circa, cinquanta metri di distanza, dove vi erano alcuni ombrelloni, probabilmente di proprietà dell’ospedale. Alcuni erano già occupati dai pazienti con le famiglie.
Takahiro fece un lungo sospiro, come per assaporare meglio l’atmosfera frizzante ed il profumo del mare, che era abbastanza tranquillo quel giorno.
Tirava una leggera brezza che fece sentire subito meglio anche Naoya.
Sempre con la carrozzina alla mano continuarono a camminare, fino ad arrivare alla fine del percorso che si districava tra gli ombrelloni, dopo il quale, iniziava ad esserci solo sabbia.
Fermarono la sedia a rotelle. Takahiro credendo di essere arrivato si mise ad osservare silenzioso il mare, un po’ rammaricato nel non poter andare oltre.
Naoya però, senza pensarci troppo, si levò le scarpe e le appoggiò di fianco alla carrozzina, incuriosendo il moro.

-che stai facendo?- domandò perplesso

-siamo al mare, mi rifiuto di stare qui! – spiegò –che ne dici? Andiamo sul pontile?-

-m-ma io…- cominciò Takahiro fissando la sedia a rotelle

Naoya si abbassò, dando le spalle al giovane, che non capì subito cosa voleva fare.

-ti porto io!- disse

-…-

Takahiro sorrise e, prima di montare sulle spalle del sensei, si tolse le scarpe, lasciandole accanto a quelle del compagno.
In altre circostanze avrebbe sicuramente preferito evitare di dover stare aggrappato alla schiena di Naoya, ma il desiderio di poter “vedere” il mare un po’ più da vicino, lo spinse a non lamentarsi; non questa volta, almeno.

Quando furono pronti, com’era già accaduto in precedenza, si sentì sollevare e ripresero il cammino, in mezzo alla sabbia, per raggiungere il puntile poco distante.
Ogni tanto, qualche buca faceva leggermente barcollare il sensei, che però non dava segni di cedimento, al contrario, sembrava piuttosto energico.
Inoltre, più si avvicinavano al mare e più il vento si faceva insistente, sbilanciando ancora di più i due ragazzi.

-…peso tanto?- domandò Takahiro, ad un certo punto

Naoya, per tutta risposta disse –niente affatto! Il mio Takahiro è così leggero…- sospirò sorridendo lievemente

Il moro fece una smorfia divertita e non disse più nulla.
Dopo qualche minuto raggiunsero il pontile e decisero di fermarsi proprio all’estremità, dove le onde s’infrangevano contro gli scogli.
Con delicatezza, il sensei fece scendere l’amico ed insieme, si sedettero per terra.
Takahiro appoggiò la testa sulla spalla di Naoya, i cui capelli erano tutti scompigliati a causa del vento che, però, sembrava non dargli affatto fastidio.
Si misero ad osservare il mare in assoluto silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
Ad un certo punto si presero la mano, senza dire una parola e senza preoccuparsi di eventuali passanti che avrebbero potuto trovare “strano” quel gesto. Takahiro aveva smesso di preoccuparsi di queste cose: preferiva di gran lunga far vedere alla gente quanto era felice piuttosto che rinnegare tutto solo per cercare di sembrare uguale agli altri.
Nonostante si sentisse improvvisamente spossato, la brezza fresca e l’odore del mare erano cose alla quale non voleva assolutamente rinunciare, anche se a fatica riusciva a tenere gli occhi aperti.

-…stai bene?- domandò Naoya, un po’ preoccupato

Takahiro sembrava leggermente impallidito, nonostante sorridesse.
Lui scosse il capo.

-sono un po’ stanco, ma è tutto ok- disse

-…-

-grazie per avermi portato qui…- sospirò con un filo di voce

Naoya sorrise –ti piace il mare?-

-…io e mia madre venivamo spesso a Yokohama, in gita…- spiegò –lo facevamo anche per rifugiarci lontano dai problemi. Lei era molto felice-

-capisco…-

-il mare è un posto che mi è caro. Mi fa sentire bene…- concluse Takahiro

-ti ci porterò quante volte vorrai- esclamò il sensei –d’ora in poi faremo un sacco di cose!-

-…-

-andremo dovunque vorrai, e staremo insieme!- continuò euforico

Takahiro sapeva fin troppo bene che tutto quell’entusiasmo di Naoya non era una buona cosa. Si sentiva lusingato di ricevere tutto quell’amore da parte sua, ma era chiaro che il sensei aveva anche una sua vita. Aveva un futuro che sarebbe iniziato con la sua laurea, a breve. Non voleva rallentare il suo cammino e fare in modo che perdesse ancora tempo prezioso solo per stargli accanto.
Sentendosi sempre più stanco, chiuse gli occhi: adesso diventava davvero difficile per lui mantenere il controllo dei sensi.
Naoya, non sentendolo più parlare, ebbe un leggero tuffo al cuore e si voltò verso di lui, che, appoggiato alla sua spalla, sembrava stesse dormendo.

-e-ehi, Takahiro! – lo chiamò con il cuore in gola

-mmmh…- rispose il moro, con un mezzo sorriso

Il giovane si calmò, dopo il leggero spavento –n-no niente! È che pensavo…-

Poi, rendendosi conto di quello che stava per dire, si bloccò e sospirò pesantemente aggiungendo semplicemente un –uhm, no niente-

-non sto morendo…- disse subito Takahiro in tutta tranquillità –sarebbe troppo da film, vero?-

Naoya si limitò a sorridere nervosamente. Non sapeva come rispondere a quella sottospecie di battuta.
Fu il moro a riprendere parola, dopo aver riaperto, piano, gli occhi.

-…a dire la verità, non ho più molta voglia di morire…- disse sconsolato

Poi, cercando di sollevarsi fin quanto poteva, incontrò gli occhi del sensei, che continuavano a fissarlo dolcemente.

-e…se io…mi operassi?-

-…-

Difficile spiegare cosa provò Naoya nel preciso momento in cui Takahiro pronunciò quelle parole.
Era certo, tuttavia, di non essere pronto ad una cosa del genere, tanto quanto non lo era di aspettare che il tempo consumasse l’amico, giorno dopo giorno.
Lo fissò incredulo, ma Takahiro sembrava davvero molto serio.

-cosa…vuoi dire?- domandò incerto

Il moro distolse lo sguardo, volgendolo al mare

-ho riflettuto molto…- cominciò –quando ho saputo della mia malattia avevo deciso che non avrei fatto nulla. Ero così sicuro di morire che…non ho pensato a nessun’altra possibile eventualità …-

-…-

-poi sono successe tante cose…tu sei tornato!- disse con una smorfia buffa – il diploma, mio padre, i miei amici…non avrei mai creduto di poter essere felice, anche in questo modo –

-Takahiro…-

-non fraintendere!- lo fermò subito il ragazzo –so che la percentuale di riuscita di questa operazione è del 20%...e so anche che potrei avere danni permanenti se qualcosa va male…-

-potresti morire!- lo corresse Naoya- anzi, è quasi scontato!!-

Sembrava piuttosto sconvolto e la sua voce aveva tremato: sembrava davvero spaventato e non l’aveva mai visto così prima di quel momento

-e se invece ci riuscissi?- domandò il moro –p-potrei vivere…potremmo stare insieme…-

-e…e cosa faccio se…-

Le parole, ancora una volta non gli uscirono dalla bocca. Rimasero lì, a mezz’aria: non aveva il coraggio di pronunciare quella maledetta parola, che al contrario, Takahiro usava molto spesso, forse perché ormai era diventato inevitabile.
Appena la sera prima aveva chiesto aiuto a Kyoko san; le aveva chiesto di lasciargli Takahiro ancora un po’, di lasciarli essere felici. Ed ora, in men che non si dica, c’era la più concreta possibilità che l’amico potesse morire prima del previsto. Era tutto così tremendamente assurdo.
Non solo la sua preghiera era stata vana, ma a quanto pare forse aveva accelerato la fine di tutto.
Cercò di mantenere il controllo, se non altro per dare a Takahiro la sensazione di non essere disperato e di vedere la questione con razionalità.

-i-io voglio stare con te…- riprese il moro, visto che il sensei sembrava in difficoltà -e proprio per questo, voglio tentare-

-…-

-Ho bisogno del tuo sostegno…altrimenti non ce la faccio…-

Si guardarono intensamente per qualche istante. Poi, non riuscendo più a farcela, Naoya distolse il suo sguardo, abbassando il volto, affranto.
Rimase così per un po’, sospirando di tanto in tanto, mentre Takahiro aspettava ancora una risposta.
Forse a prima vista sembrava tranquillo, ma in realtà aveva davvero paura. Aveva paura di compiere quel passo che avrebbe anche potuto portarlo alla fine, più velocemente. E per questo sperava che Naoya gli rimanesse accanto in quella scelta.

-…ti ricordi quando ci siamo incontrati la prima volta?- domandò all’improvviso il sensei, sempre con gli occhi puntati verso il basso.

I capelli arruffati gli ricadevano in avanti, non lasciando capire che espressione avesse.
Takahiro annuì, sorridendo lievemente al ricordo.

-si…- disse –io ero arrivato in ritardo…-

-mi avevi dato subito l’impressione di dover essere aiutato –spiegò –i tuoi occhi erano sempre spaesati, ma cercavi sempre di fare tutto da solo…-

-…-

Naoya sospirò pesantemente.

-mi rendo conto…che sei cresciuto davvero, Takahiro- ammise infine

Dapprima il moro lo fissò perplesso, aspettando di incrociare il suo sguardo. Ma il sensei continuava a tenere il volto basso, seminascosto dai capelli che sembravano quasi agevolare la sua voglia di non far trasparire nessuna emozione. Di sparire, letteralmente.
Sapendo che per Naoya era molto più difficile che per lui, sapendo anche che non era affatto preparato al dovergli dire addio prima del previsto, Takahiro si limitò a sorridere lievemente appoggiando la testa sulla spalla del sensei che non si mosse ed accolse il gesto in silenzio, lasciando che fosse il mare a parlare per lui.
Il mare, che in quel preciso momento con irruenza s’infrangeva sugli scogli, sembrando quasi gridare parole a primo impatto comprensibili solo da lui.





**





-ammetto che la cosa mi lascia…di stucco!-

Dopo la sosta alla spiaggia i due ragazzi erano tornati in clinica. Poco dopo che si furono sistemati in stanza erano arrivati gli infermieri, pronti per tutti gli esami della giornata ed a seguire, era entrato anche il dottor Kazuki, per salutare.
Fu proprio in quel momento, dopo molteplici convenevoli, che Takahiro disse chiaro e tondo “voglio operarmi”, così, come se niente fosse.
L’uomo, dopo quelle parole, squadrò dal basso verso l’alto il giovane, seduto a gambe incrociate sul letto, con il volto tremendamente serio. Al suo fianco, Naoya continuava a guardare il pavimento un po’ affranto.

-voglio operarmi- ripeté il moro con voga – sempre…se è ancora possibile- aggiunse poi

Il medico, che non capiva fino a che punto il giovane fosse convinto di quello che diceva, rimase leggermente spazzato e sulle prime esitò a rispondere.

-…b-beh…gli esami della scorsa settimana erano ancora buoni- spiegò poi, colto alla sprovvista –ma dovremo verificare che il tuo corpo riesca a resistere all’intervento…te l’ho spiegato, no?-

Takahiro annuì –certo. 20% di possibilità, possibili danni permanenti; morte in caso di fallimento…conosco ciò che mi aspetta-

-…-

In tutto questo, Njaoya sembrava stesse cercando di evitare l’ascolto il più possibile, fingendosi interessato a ciò che stavano facendo alla televisione, accesa ma con il volume appena percettibile.
Kazuki, un po’ apprensivo, si avvicinò al ragazzo.

-ne sei davvero sicuro? So bene che non eri affatto convinto di farlo- chiese –forse dovresti pensarci ancora un po’…-

-ci ho pensato!- lo interruppe il moro –inoltre, più aspetto e meno possibilità avrò di farcela, non è così?-

-…-

-dottore, sono certo di quello che voglio fare. So esattamente come la pensavo- riprese –ma ho deciso di fare un tentativo! Non ho nulla da perdere in fondo…-

Non era nemmeno del tutto convinto di quanto stesse dicendo in quel momento, ma le parole gli uscivano praticamente da sole, come se avessero sempre voluto farlo, nonostante il suo categorico rifiuto di anche solo prendere in considerazione quell’ipotesi.
Kazuki lanciò uno sguardo verso Naoya, aspettandosi qualche commento, ma lui continuava a fingersi disinteressato e capì che dovevano averne sicuramente parlato a sufficienza da soli.

Sospirando pesantemente disse –ho capito. Provvederemo subito a fare gli esami che occorrono-

-va bene!- annuì il diretto interessato

-ti avverto però, che l’intervento verrà eseguito il prima possibile. Non appena ci sarà l’ok – spiegò il dottore

Naoya in quel momento aveva alzato lo sguardo.

-quando pensa che potrò farlo?-

Il dottor Kazuki sembrò incerto se rispondere o meno. Non tanto perché si sentisse a disagio nel comunicarlo in quel modo a Takahiro, ma era molto più preoccupato della reazione di Naoya, che si era momentaneamente ridestato per ascoltarlo.

-prima è, meglio sarà –disse –diciamo, al massimo entro tre settimane, non una di più. Ma ti saprò dire meglio, Takahiro kun-

Il moro ebbe un leggero tuffo al cuore ed istintivamente strinse le coperte con i pugni, gesto che però non fu colto da nessuno dei presenti.
Lo sapeva, se l’era immaginato, ma l’idea di dover operarsi entro così poco tempo, era comunque molto difficile da accettare.
Sospirò pesantemente ed annuì senza però dire nulla. Si voltò verso Naoya, che fino a quel momento era rimasto in silenzio: dopo le parole del dottore, sembrava essere sbiancato all’improvviso.
Lo vedeva chiaramente mentre cercava di controllare le proprie emozioni come faceva sempre, ma questa volta chiunque avrebbe potuto capire cosa provava in quel momento.
Infatti, dopo pochi istanti, sembrò non farcela più.

-s-scusate- esclamò con un filo di voce –dovrei andare in bagno. Continuate pure senza di me…-

Era una frase stupida e senza senso; una di quelle che si dicono quando vuoi a tutti i costi liberarti dalla presenza di qualcuno che ti sta antipatico e che non sopporti. Eppure non gli importava nulla di quello che avrebbe potuto pensare il dottor Kazuki; al contrario, sentiva solo l’immediato bisogno di uscire da quella stanza.
Senza aggiungere altro, a sguardo basso, sgattaiolò fuori dalla camera, sotto lo sguardo triste di Takahiro, che rinunciò al desiderio di fermarlo e lo osservò finché non fu scomparso.
Kazuki era rimasto a fissare dapprima la porta da dove era uscito Naoya e poi il moro, come per chiedergli se ne sapesse qualcosa.
Takahiro non sembrava particolarmente sorpreso.

-..non l’ha presa troppo bene, pare- sospirò il medico

-no…- rispose il ragazzo, afflitto

-la cosa non ti ha sorpreso- osservò Kazuki

-…-

Sapeva che per Naoya era stato un duro colpo. Aveva passato mesi e mesi a prendersi cura di lui, a contare i giorni che mancavano alla sua dipartita con l’angoscia che aveva sempre cercato di nascondere. Col passare del tempo si era rassegnato a quello che era il destino, ma adesso, in meno di ventiquattruore, si era ritrovato a chiedere un miracolo a Kyoko san, per poi scoprire che probabilmente Takahiro sarebbe morto anche prima del previsto.
Aveva accettato di stargli accanto in quella scelta, ma non poteva assolutamente chiedergli di esserne felice. Gli sembrava ancora più egoista.
Per questo, forse, il vederlo uscire in quel modo senza nemmeno rivolgerli la parola non lo aveva disturbato più di tanto.
Perché sapeva cosa provava.

-non lo biasimo…- si limitò a dire infine, con un lungo sospiro






**





Una volta uscito, Naoya non aveva pensato nemmeno per un secondo di andare davvero al bagno anzi, a dirla tutta non aveva la minima idea di dove rifugiarsi in quel momento.
L’unica cosa di cui era assolutamente certo era quella di allontanarsi il più possibile dalla stanza di Takahiro e non sentire più una parola riguardo la futura operazione.
si rese conto che quel comportamento era equivalente a quello di un bambino capriccioso: l’amico aveva decisamente molto più coraggio di lui, nonostante fosse compito suo stargli accanto. Benché sapesse questo, aveva deciso ugualmente di scappare ed ora si trovava lì, appoggiato al muro del corridoio, a sguardo basso.
Si chiese di cosa stessero parlando in quel momento il dottor Kazuki e Takahiro ma non aveva alcuna intenzione di tornare per scoprirlo; non ce la faceva.
Non sapeva nemmeno lui perché la cosa lo sconvolgesse così tanto. Avrebbe dovuto esserne felice, in fin dei conti: c’era una possibilità che l’amico potesse vivere.
Ma il solo pensiero di poterlo perdere, questa volta per sempre, anche prima del previsto, aveva cancellato ogni possibilità che l’operazione potesse funzionare.
Aveva detto di si a Takahiro per farlo stare meglio e per incoraggiarlo, ma proprio in quell’istante comprese che, da perfetto egoista, lui non voleva che l’amico si operasse.
Che, piuttosto, avrebbe preferito che morisse qualche mese più tardi.
Era davvero un mostro.



-ci hai messo un po’ ad andare al bagno-

Una voce, leggermente autoritaria, lo fece ridestare dai propri pensieri e, spaventato, alzò lo sguardo in direzione di colui che aveva parlato.
Il dottor Kazuki, dopo essere uscito dalla camera dell’amico ed aver fatto qualche metro, lo trovò lì immobile e gli si era avvicinato, un po’ in apprensione. Non sembrava arrabbiato, al contrario il suo volto era rilassato e tranquillo.
Non si era accorto che tra il dire ed il fare erano passati una decina di minuti.

-non ci sono andato- si limitò a dire Naoya distogliendo nuovamente lo sguardo

-lo sospettavo!- sorrise Kazuki

Attese che il ragazzo dicesse qualcosa, ma visto che sembrava intento a rimanere in silenzio, decise di riprendere.

-ho finito di parlare con Takahiro kun. Ha dato un paio di disposizioni!- spiegò

-…disposizioni?- domandò Naoya, interessato

-riguardo la riuscita o meno dell’intervento…-

-…-

-ha chiesto di essere lasciato andare, se le cose dovessero mettersi male- concluse con un filo di voce

Naoya provò un dolore lancinante al petto e per qualche attimo gli parve che le gambe avessero magicamente smesso di sorreggerlo; si accorse però, che era solo la sua immaginazione.

-non vuole passare il resto della sua vita con un handicap. Quindi, se l’intervento dovesse andare male, non attueremo nessun trattamento speciale. Morirà sul tavolo operatorio-

-…-

-ho preferito dirtelo prima io, così non sarà traumatico quanto te lo sentirai dire da lui –

Il ragazzo fece una smorfia quasi di disgusto, che il medico colse al volo, anche se si trattò di un attimo. Sospirò pesantemente e, lentamente gli posò una mano sulla spalla.

-non devi vederla in questo modo!- gli disse, quasi come fosse stato un ordine

-…cosa? –domandò Naoya perplesso

-non devi vedere questo intervento come un qualcosa di male!- ripeté con altre parole –adesso puoi avere la speranza alla quale aggrapparti-

-speranza?!- sbottò l’altro –…questo è un suicidio!! Che speranze ci possono essere?!-

-…-

-è tutto così…-

“assurdo”, stava per dire. Ma in quel momento, il dottor Kazuki parlò, lasciandolo interdetto.

-dov’è finito tutto il tuo ottimismo?- si limitò a dire

-…-

L’uomo, senza saperlo, aveva colto il punto.
Naoya guardo dapprima il medico, per poi posare gli occhi anche su se stesso. Era la stessa identica domanda che si era posto in quelle ore: che fine avesse fatto il Naoya sempre positivo e speranzoso. Sembrava sparito all’improvviso.

-È che…- provò a rispondere, infine –in questi ultimi due giorni sono successe tante, troppe cose-

-…-

-avevo addirittura chiesto a…-

Ma si bloccò, pensando che in fondo, era meglio se quella preghiera che aveva
Chiesto a Kyoko san rimanesse solo per sé, quasi per non intaccarne la possibile riuscita. Sospirò pesantemente, con le parole ancora tra le labbra.

-niente…- concluse, con un lieve sorriso –le chiedo scusa, mi sto comportando proprio come un bambino-

-…Naoya kun…-

Cercando di darsi un po’ di contegno, decise di rimettersi in ‘piedi’, staccando la schiena dal muro e stiracchiandosi leggermente. Il dottor Kazuki lo fissò leggermente perplesso.

-vorrei solo chiederle una cosa- esclamò poi il giovane

-certo, dimmi!- rispose Kazuki

-…vorrei essere io a contattare il signor Miura. Gli avevo promesso che lo avrei fatto, per qualsiasi cosa riguardasse Takahiro-

Un’espressione di meravigliata sorpresa si disegnò sul volto del medico. Sulle prime sembrò voler dire qualcosa, magari per ribattere alla volontà di Naoya, ma poi parve rinunciarci all’improvviso e fece una buffa smorfia di consenso.

-…mi sembra giusto!- rispose

Naoya annuì.
Decise poi, che era arrivato il momento di tornare in camera; non voleva far preoccupare troppo Takahiro. Sapeva quello che doveva fare.
Fece per andarsene, quando il dottor Kazuki, non appena ebbe fatto qualche passo, lo fermò.

-Naoya kun!- lo chiamò

-dica?- rispose lui, voltandosi

-…quello che volevo dirti –cominciò –è che non devi sentirti in colpa. Hai fatto tantissimo per Takahiro kun-

-…-

-In qualunque modo andrà a finire, hai fatto tutto quello che potevi. Ti prometto che farò del mio meglio anche io-

Naoya fissò l’uomo dritto negli occhi.
I loro sguardi complici si incrociarono per qualche istante e poi, con l’ombra di un sorriso ancora impressa nel volto, il dottor Kazuki sospirò e riprese a camminare lungo il corridoio, accennando ad un gesto di saluto con la mano.





**





I giorni che seguirono furono caratterizzati da molteplici faccende da sbrigare, sia per Takahiro, che doveva sottoporsi a continui esami, sia per Naoya che quel martedì aveva portato la sua tesi in Università giusto in tempo per permettergli di laurearsi in quella sessione.
I due avevano chiarito ogni dubbio circa l’operazione imminente ed il sensei, dopo averne parlato a lungo, aveva cominciato ad essere leggermente più sereno: Takahiro era felice di quella scelta ed aveva fiducia. Di conseguenza doveva averne anche lui, assolutamente.
Il moro aveva anche contattato le amiche al telefono. Per prima aveva chiamato Chiaki, che era ancora piuttosto arrabbiata. Avevano chiacchierato a lungo, soffermandosi prima sui problemi sentimentali della ragazza, che non aveva la minima idea di come comportarsi.

-fai un po’ di chiarezza “dentro”- le spiegò Takahiro –Shin è un bravo ragazzo, ma devi capire se ti piace o meno-

-Shin mi piace!- aveva obbiettato la ragazza –il punto è che è solo uno stupido!! Una dichiarazione nel bel mezzo di una discussione?! È uno stupido, ecco!-

Erano andati avanti così per almeno una buona mezz’ora, scandita di tanto intanto da qualche battuta di spirito o cambi di discorso.

Ad ogni modo, il moro riuscì a parlare anche della propria operazione: le due amiche, fin da quando gli aveva parlato del suo tumore al cervello, erano sempre state favorevoli a quell’intervento e glielo avevano detto chiaro e tondo. La loro e quella di Naoya erano state reazioni piuttosto differenti.
Proprio per questo motivo, quando raccontò a Chiaki ogni dettaglio sulla faccenda, lei non disse altro che un “finalmente ti sei deciso”.
Pronunciò quella frase quasi sussurrandola: che non fosse al settimo cielo lo si percepiva benissimo, ma lei, così come Misako, era dell’idea che se ci fosse stata anche una sola possibilità alla quale aggrapparsi, l’avrebbe accolta senza esitazione. Quello era l ‘atteggiamento tipico della maggior parte dei Giapponesi, che non credevano in Dio ne a tutte le concezioni sulla morte tipiche delle religioni monoteiste. A quanto sembrava, invece, Naoya credeva. Non gli aveva mia chiesto nulla sul suo orientamento religioso, ma forse era proprio perché credeva in Dio, qualunque esso fosse, che non riusciva ad accettare serenamente il fatto che Takahiro potesse morire. Lui, dal canto suo, non ne aveva mai avuto paura, ma l’amore, la voglia di vivere, in quei mesi avevano preso il sopravvento ed aveva deciso di provarci.

Dopo aver salutato Chiaki, tentando anche di convincerla a parlare con Shinjiro, mise giù il telefono e per qualche istante fissò l’apparecchio, leggermente perplesso. Aveva la netta sensazione di dover fare qualcosa, ma non riusciva a ricordare che cosa.
Poi, proprio mentre cercava di fare mente locale ignaro che in quell’istante la malattia aveva dato segno di essere ancora lì, annidata in lui, arrivò Naoya e, con un sorriso, appoggiò il cellulare sul comodino.





**





Anche se con un po’ di fatica, dopo una settimana piuttosto intensa, arrivò venerdì e con esso, il dottor Kazuki aveva anche annunciato che Takahiro avrebbe smesso di fare la chemio terapia, perché il proprio fisico potesse riprendersi un po’ in vista dell’intervento.
Il ragazzo apprese la notizia con un sorriso smagliante, felice al solo pensiero che presto avrebbe potuto togliersi il fazzoletto che portava sulla nuca ormai da mesi: aveva sempre preferito nascondere la perdita dei capelli e, incapace di guardarsi in quello stato, aveva fatto eliminare ogni specchio, sia in ospedale che a casa.
In vero, solo gli altri potevano guardarlo e vedere come fosse. Lui non aveva mai avuto il coraggio di osservare se stesso, più per paura di vedere come si era ridotto.
Ma presto, pensava, le cose sarebbero cambiate. I capelli sarebbero ricresciuti ed anche lui, pian piano sarebbe tornato se stesso.
Naoya era colpito nel vedere Takahiro così pieno di energie in quella situazione. Non accennava mai al fatto di avere davvero poche speranze di sopravvivere, era sempre positivo e felice, tant’è che quel suo atteggiamento faceva stare bene anche lui; e poi, come aveva detto il dottor Kazuki, adesso c’era la speranza alla quale potersi aggrappare, anche se lieve.
Quel pomeriggio l’afa era davvero insopportabile, tanto che le finestre aperte da sole non bastavano a far circolare l’aria.
Takahiro soffriva parecchio il caldo, alternando momenti in cui invece sentiva addirittura freddo.
Naoya non capiva cosa doveva fare per farlo sentire bene e così, nel tentativo di distrarlo, cercava sempre di parlare del più e del meno.


-wow, davvero?!- aveva esclamato Takahiro, al settimo cielo

Naoya annuì con un leggero sorriso –la tesi va bene! Mi devono confermare la data della laurea!- spiegò

-È stupendo! sono felice!- disse il moro – e la festa?-

-più o meno dovrebbe essere fra due settimane!-

-woow…magari potessi venire a vederti…- sospirò Takahiro

-oh, non penso di andare alla cerimonia, in ogni caso…- spiegò Naoya

-…cosa?! Scherzi?!-

Il sensei, assumendo uno sguardo un po’ rassegnato, come se non avesse davvero voluto arrivare a doverne parlare per forza, si appoggiò con la schiena al davanzale della finestra. Prima si limitò a guardare il pavimento e poi, alzò lo sguardo verso l’amico.

-voglio assicurarmi di essere qui quando ti operi!- disse

Takahiro però non sembrava affatto contento –sei impazzito?! La cerimonia di laurea è una cosa importantissima!-

-…è solo una cerimonia!- ribatté Naoya

-è quello per cui ti sei impegnato fino ad oggi! – obiettò Takahiro

-…-

-Sono certo che i tuoi genitori ci tengono molto! E ci tieni pure tu, anche se fai finta che non sia così-

-tengo molto di più a te!- disse il sensei un po’ esasperato –preferisco stare con te. In fondo si tratta solo di uno stupido pezzo di carta! Non occorre che ci sia. Andrò a ritirare l’attestato in un’altra occasione-

-...Naoya…-



-T A K A H I RO –

Le lettere del suo nome vennero scandite una dopo l’altra, ognuna con una certa enfasi.
Il diretto interessato, quasi spaventato dall’improvviso richiamo, si voltò in direzione dell’ingresso della stanza, e Naoya fece altrettanto, leggermente perplesso.
In pochissimi istanti apparve, quasi dal nulla, la figura esile e minuta di Misako: aveva l’aria molto arrabbiata e sembrava in procinto di fulminare chiunque con lo sguardo. Dapprima guardò il sensei, accennando ad un saluto e poi si fiondò su Takahiro, che non sapeva se essere felice o meno di vedere l ‘amica, in quel momento.

-M-Misako chan!- balbettò Naoya, sorpreso

-Misako!- sorrise il moro, non sapendo bene come comportarsi

-ma quale “Misako”?!- sbottò la ragazza

-che…che succede?- domandò Takahiro un po’ spaventato

-sono venuta qui, mi sono fatta mille ore di treno, ti ho portato pure qualche dolce- esclamò indicando la borsa che teneva in mano- e vengo a sapere dal signor Kazuki che ti operi?!-

-…cosa?!-

Takahiro sembrava un po’ confuso. Naoya fissava la scena, indeciso se intervenire o meno.

-non fare quella faccia da pesce lesso!- continuò Misako –quando avevi intenzione di dirmelo?!-

-…-

Il sensei, velocemente, si alzò di scatto dal davanzale, puntando il suo sguardo sul moro, che continuava a non capire nulla di tutta quella situazione.

-..guarda che te l’ho detto!- obiettò Takahiro

-…stai scherzando?!- sbottò la ragazza perplessa

-ti ho telefonato, l’altro giorno!- spiegò il ragazzo

-…e-eh?!-

-…Misako…- intervenne Naoya, visto che la situazione stava un po’ degenerando

Inoltre, Takahiro stava cominciando ad agitarsi leggermente.

-guarda che non mi hai mai chiamata!!- continuava la ragazza, imperterrita

-…-

-MISAKO!-

Questa volta, Naoya alzò la voce e finalmente, la ragazza si bloccò, voltandosi verso di lui. Il sensei era parecchio serio in volto, tant’è che la giovane decise di non ribattere al richiamo.

-scusa, puoi venire un momento di là?- domandò poi, gentilmente, cercando di non far preoccupare Takahiro –devo dirti una cosa!-

-…-



Misako, senza dire una parola in più, annuì e seguì Naoya fuori dalla stanza, lasciando il moro da solo, ancora leggermente confuso per l’accaduto.
Quando furono in corridoio, la ragazza cominciò a fare mille domande e Naoya dovette aspettare qualche momento per calmarla.

-si può sapere che sta succedendo?! Cos’è questa storia?!- domandò un po’ agitata

-si dimentica le cose ultimamente!- spiegò Naoya –è peggiorato nell’ultimo periodo!-

-…cosa?!-

-devi cercare di assecondarlo, capito?- disse –altrimenti si agita ed è peggio…-

-…-

Fu in quel momento che Misako smise di agitarsi. Era da molto che non vedeva l’amico e, stupidamente, non aveva mai chiesto nulla a Naoya su quali fossero le sue condizioni attuali. Si sentì improvvisamente in colpa, non solo per essere stata praticamente assente per tutto quel periodo, ma anche per il comportamento di poco prima. Ad ogni modo, colse nelle parole di Naoya, una triste e pacata rassegnazione, come se parlare dell’operazione fosse stata una cosa da evitare, se possibile.

-s-scusa senpai –disse infine, mortificata- …tu stai bene?- domandò

Naoya non capì al volo il senso della domanda, ma poi, quando Misako accennò alla stanza del moro, tutto fu chiaro e sorrise lievemente.

-sto sicuramente meglio di Takahiro…- sospirò con tristezza

-…-

Poi, in quell’istante il cellulare di Naoya vibrò nelle tasche dei pantaloni. Il ragazzo si sbrigò a prendere l’apparecchio e controllò chi fosse: era il numero dell’università di Tokyo.
A bassa voce disse “è una telefonata importante, va pure da Takahiro!”.
Misako, annuì in silenzio, intimandogli di andare e lui, con un cenno di ringraziamento, si allontanò rispondendo al telefono.



Rimasta sola in corridoio, Misako si decise a rientrare dall’amico, cercando di trovare qualche buona scusa per l’escandescenza precedente.
Con una smorfia un po’ forzata, decise di fare finta di niente e non appena fu di nuovo davanti a Takahiro, gli mostrò semplicemente uno dei suoi soliti sorrisi.

-oh, Misako! - esclamò Takahiro quando lei fu tornata- Naoya?-

-aveva una telefonata!- rispose lei, insicura

Si fissarono per qualche istante. Misako non sapeva cosa dire, e Takahiro, dal canto suo, sembrava piuttosto tranquillo, quasi non fosse successo niente. Che avesse già dimenticato tutto?.
Il solo pensiero di quell’eventualità la fece trasalire e senza volerlo, si apprestò a scusarsi.

-n-non ricordavo della tua chiamata! Scusami –spiegò con il cuore in gola

Takahiro scosse la testa- no, so che hai tante cose alle quali pensare, non preoccuparti!-

Il tentativo di tirarle su il morale però, sembrò non dare i frutti sperati. Tuttavia Misako continuò a sorridere, mantenendo il controllo delle proprie emozioni.
Si avvicinò al tavolo della scrivania ed appoggiò la borsa che conteneva dei dolcetti presi in una pasticceria, a Yokohama.

-ti…ti ho portato un po’ di mochi!- disse allegramente

-grazie! Li adoro!-

-eheh, lo so bene!-

Di nuovo cadde il silenzio. Misako si sentiva leggermente a disagio e non riusciva a capire perché. Diede uno sguardo a Takahiro, che sembrava sempre sé stesso, eppure in lui percepiva che qualcosa era cambiato.
Non sapeva come spiegarlo, ma ora che lo vedeva, non riusciva più a riconoscere il suo migliore amico. Era come se fosse un’altra persona, persino nel suo modo di sorridere era diverso; ne aveva quasi paura.
Dato che la situazione sembrava prendere una piega strana, decise nuovamente di rompere il silenzio ostentato.

-ah, la sai l’ultima?-

-mh?-

-Chiaki e Shinjiro hanno fatto pace!- sorrise -a quanto pare la nostra strigliata è servita!-

-meno male!- rispose Takahiro, contento- speravo davvero che le cose si sistemassero…-

-eeeh, chi l’avrebbe mai detto? Chiaki è diventata davvero forte!- disse Misako sorridendo tra sé

-secondo me…siamo cambiati tutti! –

-…tu dici?- sospirò la ragazza

Il commento del moro parve incupirla tutto d’un tratto, tant’è che smise di sistemare i mochi in un piatto di plastica che aveva portato insieme ai dolci.
Sospirò pesantemente. Takahiro aveva ragione, erano cambiati tanto in quel periodo. Ma questo, secondo lei, non valeva per sé. Misako non si sentiva affatto più “adulta”; al contrario, aveva potuto osservare la timida Chiaki farsi improvvisamente forte e volenterosa, aveva visto Shinjiro trovare finalmente il coraggio di confessarsi. Aveva anche visto Takahiro lottare per la vita con grande determinazione e coraggio. Lei invece era rimasta lì, ai giorni ormai passati del Liceo di Hibiya.

-beh, Chiaki è riuscita a trovarsi un fidanzato! – spiegò Takahiro –sinceramente sono sollevato che si tratti di un amico!-

-ma dai?- rise lievemente Misako– sembri un fratello geloso!-

-ehi, io sono il vostro fratellone, ricordalo!- sbottò Takahiro facendo finta di essersi offeso- è compito mio assicurarmi che siate in buone mani!- sorrise

-…scemo!-

-Perciò!- continuò il moro –quando troverai qualcuno, dovrai prima presentarlo al sottoscritto, intesi?!

-…-

Misako spalancò violentemente gli occhi dopo quelle parole.
Rimase immobile a fissare fuori dalla finestra in panorama; si poteva vedere anche il mare da quell’altezza, non l’aveva mai notato. Di nuovo, con una velocità quasi impressionante, la sue espressione mutò, divenendo triste. Strinse forte i pugni sul tavolo, facendo il possibile per mantenere il controllo.

-sarà difficile…- si limitò a dire con una smorfia

-beh, non è che sono un mastino!- riprese Takahiro, ridendo –anche se consiglierei al tuo futuro fidanzato di stare attento!-

-…non penso che potrò presentarti la persona che mi piace!- sbottò Misako, leggermente esasperata

Si voltò verso l’amico, che in quell’istante, quando la ragazza aveva alzato la voce, si era zittito all’improvviso, colpito da quell’improvvisa enfasi.
Takahiro squadrò Misako e vide che i suoi occhi sembravano essersi fatti lucidi all’improvviso. Ma non stava piangendo, sembrava però sul punto di esplodere.
Forse, pensò, aveva esagerato con gli scherzi.

-s-scusami, stavo scherzando…- disse per consolarla

Ma la giovane scosse il capo -non è per quello!!- sbottò

-…-

-…tu non ti sei mai accorto di nulla, eh?- domandò Misako -non ti sei mai domandato niente?-

Takahiro cominciò ad essere davvero confuso. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo all’amica.
La vide accennare ad una smorfia sfacciata, che pensò di non aver mai visto disegnata in lei.

-beh, in fondo ho fatto tutto il possibile perché non te ne rendessi conto, sono stata brava…-

-…Misako, che stai dicendo?!-

-…-

Non sapeva perché, ma era come se la bocca si muovesse da sola, indipendentemente dalla sua volontà. Si era tenuta dentro ogni emozione per così tanto tempo, che all’improvviso non ce l’aveva più fatta. Con la malattia di Takahiro erano cambiate tante, troppe cose, e ne era consapevole. Sapeva di essere nel torto, che doveva assolutamente fermarsi prima di commettere un ennesimo errore, eppure il pensiero di dover continuare a nascondere ogni cosa, anche in funzione del fatto che Takahiro forse sarebbe morto anche prima del previsto, glielo rese impossibile.

-c’è…c’è sempre stata una persona che mi piace- spiegò tristemente –una persona che a conti fatti, non mi ricambierà mai…-

-…-

-Takahiro – esclamò con decisione

Non riusciva a spiegarlo, ma in quel momento, il moro aveva il cuore in gola.

-…io ti ho sempre amato- concluse la ragazza

Questa volta, fu il turno dell’amico ad assumere uno sguardo vuoto, quasi perso nel nulla.
In un decimo di secondo tutte le sue convinzioni, ogni cosa, si sgretolarono lì, in un istante. Misako tremava dal nervosismo, immobile; e lui non poteva davvero credere a ciò che aveva appena sentito.

-M-Misako, non scherzare dai!- esclamò incerto

-sono seria –rispose –io…io ti amo, Takahiro-

-…-

-d-da sempre…probabilmente- spiegò –mi ero ripromessa di dirtelo prima o dopo. Volevo capire se avrei potuto avere qualche speranza…-

-…Misako…- provò ad intervenire il moro

Ma venne interrotto, dal singhiozzo della sua migliore amica

–p-poi però è arrivato Naoya senpai. Ed ho capito che per te, io sarò sempre e solo una “sorellina”-

-…-

-all’inizio mi sono chiesta se fosse stata colpa mia, se il tuo attaccamento a lui fosse scattato dopo che io mi sono messa in mezzo. Ho pensato “se non l’avessi fatto, lui sarebbe potuto diventare mio?”-

La ragazza fissò Takahiro, incapace di dire anche solo una parola, fermo su quel letto, senza possibilità di poter fare niente, come in trappola, costretto a dover ascoltare quella confessione.

Tra le lacrime, Misako sorrise amaramente –perdonami! –disse –so di essere un’egoista! Avrei dovuto tenere tutto per me-

-m-Misako io…-

Takahiro voleva davvero, davvero fare qualcosa in quel momento. ma il suo corpo era pesante, come accadeva fin troppo spesso, e le sue gambe sembravano quasi paralizzate.

-o-ora scusami. Devo andare…- sospirò la ragazza, non facendocela più

-Misako!- la chiamò il moro

-…-

La giovane fece qualche passo verso la porta, rimasta spalancata, dopo che Takahiro ebbe pronunciato il suo nome.
Lui sembrava parecchio affaticato.

-t-ti prego, non andare via!- la supplicò

Ma quella richiesta, come se fosse stata una preghiera, fu davvero troppo per Misako. Senza dire una parola, se non un semplice “perdonami”, non si voltò nemneo a guardare l’amico e corse fuori dalla stanza, senza indugio.

-M-Misako!!! –disse nuovamente Takahiro -Misako!!-

-…-




Decisa più che mai a non rimanere lì un minuto di più, uscendo dalla stanza urtò quello che si rivelò essere Naoya,
il sensei sembrava sorpreso di trovarsela davanti così all’improvviso, ed aveva un’aria leggermente sconvolta nonostante, dopo aver visto Misako, avesse cercato di nasconderlo.
Lei capì tutto al volo.

-…hai sentito tutto, immagino…- sospirò con amarezza

Naoya si sentì mortificato ed abbassò lo sguardo, colpevole.

-scusami ma…la porta era aperta, non ho potuto farne a meno…-

Misako sorrise lievemente, asciugandosi le lacrime

-meglio così, non serve che mi inventi nessuna scusa- sbottò -…a presto, senpai-

Fece per andarsene, ma Naoya la bloccò –Misako chan!- esclamò

Lei, questa volta, forse perché consapevole che non si trattava di Takahiro, si fermò, ma non guardò il sensei. Rimase con le spalle voltate, accennando solo un sospiro.

-perdonami… -disse –probabilmente in parte è colpa mia, non avevo capito…-

-…-

Quando aveva saputo della storia tra Takahiro e Naoya, Misako aveva provato a cercare una qualsiasi ragione per poter odiare il sensei che le aveva rubato ciò che li era più caro. Ma alla fine si era dovuta arrendere all’evidenza: Naoya era una persona buona ,gentile, leale…era impossibile provare odio nei suoi confronti. Ed anche in quel momento, non sentiva altro che una profonda gratitudine verso di lui, per aver sempre protetto il ‘suo’ Takahiro, anche quando lei non c’era stata.
Ed era proprio questo che le faceva venire ancora più rabbia. Probabilmente sarebbe stata meglio se fosse riuscita ad odiare.
Fece una smorfia di disgusto che però, ovviamente, Naoya non poté vedere.

-tutti che mi chiedete perdono- sospirò -…quando l’egoista che pensa solo a sé stessa…sono io-

-cosa stai dicendo…?- rispose Naoya, cercando di farla ragionare

-…ciao senpai…-

Senza aggiungere altro, la ragazza riprese a correre lungo il corridoio, per poi scomparire dalle scale che portavano ai piani inferiori.




**





Quando Naoya era tornato, aveva trovato Takahiro per terra, di fianco al letto. Preoccupato l’aveva subito aiutato a rialzarsi, e capì che probabilmente il ragazzo aveva voluto provare a seguire Misako. Tuttavia, il suo fisico, le sue gambe, come ogni cosa ormai, erano diventati quasi dei macigni da sopportare, più che un aiuto per poter fare ciò che voleva.
Per molte ore era rimasto in silenzio, senza dire una parola. Ogni tanto distoglieva lo sguardo dalla televisione e si metteva a fissare il piatto pieno di mochi, ancora mezzi incartati.
Le uniche parole che il sensei riuscì a strappargli, furono a cena.
Sospirando sconsolato, Takahiro aveva esclamato, tra i denti “ho sempre cercato di rendere felici le mie amiche. Ma riguardo Misako, non avevo capito di essere proprio io a renderla infelice”.
Naoya non aveva risposto a quella specie di confessione, al contrario era rimasto zitto, senza sapere cosa fare per consolare l’amico. Quella era davvero una situazione complicata e a dirla tutta, in quel momento particolare, non ci voleva proprio altro stress per Takahiro.
D’altronde però non ce la si poteva prendere con Misako; anche lei aveva sofferto tanto, forse più di quando avessero immaginato. La sua era stata una scelta quasi forzata.



Il giorno dopo,fu nuovamente la volta di tornare a Tokyo.
Il moro non era di umore particolarmente brillante, ma quando gli fu chiesto se avesse preferito rimanere in ospedale, aveva scosso la testa, con decisione.
Naoya quindi, con infinita pazienza, si era messo di buon ora a sistemare i bagagli dell’amico. Poi gli disse che sarebbe andato fuori in parcheggio a caricare la macchina.
Takahiro, rimasto solo, ripensava a quanto successo il giorno prima, a come non riuscisse a credere che Misako gli avesse davvero detto quelle parole. Che lo amava.
Aveva provato a riflettere bene, ricordando alcuni comportamenti piuttosto strani dell’amica, specialmente dopo aver saputo di lui e Naoya. E solo ora che le cose gli erano chiare, riusciva a comprendere in pieno cosa dovesse aver provato Misako. E nonostante tutto aveva fatto finta di nulla, supportandolo e mettendo da parte i suoi sentimenti.
Dal canto suo, l’aveva sempre vista come una sorellina da proteggere, di cui prendersi cura. Non aveva mai pensato a Misako come una “ragazza da poter amare”.
Però adesso che le carte erano scoperte, rimembrando la figura esile dell’amica, mentre scartava i mochi con un sorriso triste, riuscì, per la prima volta, a pensare a lei come una “donna”: senza la divisa scolastica, con un vestito leggero, i capelli lunghi che le ricadevano dolcemente sulle spalle, il trucco un po’ più pensante rispetto al passato ma assolutamente naturale…era cresciuta sotto i suoi occhi, ancora fermi all’immagine di lei che gli passava i compiti di matematica sottobanco, durante gli anni di liceo.

La malattia, e probabilmente anche la sua ingenuità, non gli avevano fatto aprire gli occhi fino alla fine. Misako era una donna ormai, e come tale non aveva esitato a confessarsi. Lui invece era rimasto, a conti fatti, uno studente del terzo anno, ignaro di quanto il mondo avesse in riservo per sé. E un ulteriore prova di ciò era che pensava a Naoya ancora come un “sensei”.
Non era cresciuto, era lui il “fratellino”, adesso.

Il rumore di una porta che si apriva lentamente e cigolando, lo distolse dai suoi pensieri e, con un po’ di nonchalance, fece finta di guardare la televisione.
Dall’ingresso vide comparire il dottor Kazuki, che salutò con un cenno di mano. L’uomo contraccambio con un lieve sorriso; tra le mani aveva alcuni fogli di carta.

-come ti senti oggi?- domandò

-bene! Grazie…- rispose Takahiro

Il dottore, che sapeva quando il ragazzo mentiva spudoratamente, sospirò e si guardò intorno -...Naoya kun dov’è?- aggiunse

-è andato a sistemare la macchina! –

-oh...-

-…ha novità riguardo il mio intervento?- azzardò il moro

Kazuki si stupì, ancora una volta, di quanto Takahiro poteva essere acuto, specialmente riguardo certe cose. Non poté trattenere un piccolo risolino, anche per sdrammatizzare un po’ la situazione. Fece sventolare il foglio che aveva in mano.

-abbiamo una data!- disse

Takahiro sembrò trasalire un po’, ma fu appena percettibile. Cercò di mantenere una certa calma e, tra i denti, chiese -…e sarebbe?-

-l’intervento sarà il ventinove!- rispose Kazuki senza esitare- abbiamo già prenotato la sala!-

-…due settimane, quindi- sospirò Takahiro

-…-

Fino a qualche giorno prima avrebbe sicuramente gioito. Si era esaltato molto all’idea di operarsi, ma soprattutto all’idea che potesse riuscire a sopravvivere al suo destino. Eppure ora che glielo avevano detto, non sentiva nient’altro che un magone allo stomaco. Ma non era la paura.
Il medico, a seguito di quella reazione, si avvicinò ai piedi del letto.

-lo sai, siamo ancora in tempo per fermare tutto…- gli ricordò

-…non ho paura!- sorrise il ragazzo –e non ho più nulla da perdere-

-…capisco!- esclamò l’uomo -…andrò a dirlo anche a Naoya kun!-

-no! –lo bloccò Takahiro –lasci che sia io a dirglielo!-

Kazuki fissò il moro con stupore; non si era aspettato una risposta del genere.

-vorrei…essere io a farlo- ripeté

-…molto bene, dunque!- annuì il dottore –ora devo andare, ho il giro di pazienti da visitare-

Takahiro annuì

-grazie!- disse sorridendo





**





Naoya tornò circa cinque minuti dopo che il dottor Kazuki se ne era andato. Era rientrato con molto più entusiasmo di prima, che venne colto quasi subito da Takahiro.
Il sensei, dopo aver preso la sua ventiquattrore, si voltò verso il moro, sorridendo ampliamente.

-mi fai senso, lasciatelo dire!- sbottò il ragazzo perplesso

-scusami, ma non posso farne a meno!- esclamò Naoya

-è successo qualcosa?- domandò Takahiro, incuriositosi

-in realtà…si!- spiegò –ti dovrei parlare!-

-oh, anche io in effetti avrei una cosa da dirti…- azzardò il giovane, visto che l’altro era di buon umore

Naoya si avvicinò a Takahiro e si mise di fianco a lui, nell’altra metà del letto.

-come facciamo? Chi inizia?- sorrise

-sei di buon umore…inizia tu!-

–mi ha appena chiamato l’università! Proprio poco fa! Hanno una data, finalmente!-

Takahiro, non aspettandosi di certo una cosa del genere, saltò quasi su dal proprio letto.

-davvero?! Fantastico!!- disse allegro –quando?-

-il ventinove agosto! Tra due settimane!!-

-…-

Era curioso.
Quando voleva, il destino sapeva davvero essere imprevedibile e crudele. In quel preciso istante, Takahiro si domandò perché, proprio fra tutti i giorni a disposizione, qualcuno aveva fatto in modo di combinare le gli eventi in modo così…preciso, perché potessero entrare in conflitto.
Il ragazzo, smise di sorridere e deglutì amaramente, stringendo forte il lenzuolo, per il nervoso. Naoya era talmente felice che non accorse di nulla, al contrario, era tutto euforico.

-sono felice…- sospirò il sensei –anche se non potrò andare alla cerimonia, finalmente mi laureo…-

Lo disse in un modo talmente dolce e speranzoso, che Takahiro si sentì improvvisamente in colpa. Era consapevole che Naoya voleva andare a quella cerimonia estremamente importante, ma non lo faceva per causa sua. Perché voleva stargli accanto. Aveva sperato fino all’ultimo di potersi operare dopo la laurea dell’amico, ma adesso, che tutte le sue speranze erano sfumate, non sapeva davvero cosa fare.

-beh, questo…è perfetto direi!- esclamò Takahiro fingendosi felice

-cioè? Che vuoi dire?-

Naoya era sempre stato con lui, tutti quei lunghi mesi erano stati meno insopportabili solo grazie al sensei. Aveva perso tutto il suo tempo accudendolo e facendo il possibile per farlo sentire ancora “vivo”. Di questo gliene era profondamente grato, ma sapeva anche che non poteva assolutamente permettere che questa storia andasse avanti. Non questa volta, almeno.

-ho saputo…io giorno della mia operazione!- disse con un filo di voce

Com’era prevedibile, Naoya aveva assunto uno sguardo a metà tra il triste e il sorpreso. Aveva smesso di agitarsi e lo fissò per un istante negli occhi, per poi distogliere lo sguardo quasi subito. Takahiro allungò la mano verso quella dell’altro e gliela strinse dolcemente.
Era compito suo, impedire che Naoya perdesse altri ricordi che sarebbero diventati preziosi in futuro.

-avverrà il trentuno!- mentì

-…-

In quel momento pregò con tutto se stesso che l’amico non capisse dai suoi occhi che stava mentendo spudoratamente. Lo vide rattristarsi leggermente e proprio per questo, capì di aver fatto la scelta giusta.

-quindi promettimi una cosa, per favore!- continuò il moro

-…c-certo!- rispose Naoya , cercando di essere positivo

-tu andrai a quella cerimonia!- ordinò

-…ma, Takahiro io…-

-so che ci vuoi andare! E so anche che lo stai facendo per me!- spiegò –ma dato che mi opererò dopo quella data…non c’è nulla che ti impedisca di andarci –

Se solo Naoya fosse stato consapevole dell’enormità della menzogna che si stava improvvisamente costruendo tra loro, probabilmente si sarebbe infuriato tantissimo e lo avrebbe odiato nuovamente. Ne era consapevole.
Però questa volta, a costo di essere di nuovo un egoista, era disposto a tutto per regalare a Naoya una giornata che fosse interamente sua.
Era l’ultima cosa che avrebbe potuto fare per lui

Il sensei, inizialmente perplesso, mostrò poi uno dei suoi soliti caldi sorrisi e disse –sembra proprio che ogni cosa abbia deciso di combaciare, eh?-

Takahiro fece una smorfia.

-…a quanto pare!-

Era vero. Tutto combaciava perfettamente.
Era tutto come doveva essere.








NOTE:

MOCHI: è un dolce tradizionale nipponico costituito da riso glutinoso tritato e pestato ad ottenere una pasta bianca, morbida ed appiccicosa che viene poi foggiata in una tipica forma tondeggiante.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***


Capitolo 18.




Takahiro era perfettamente consapevole che per portare avanti quell’enorme bugia, occorreva prendere delle precauzioni piuttosto drastiche.
Non poteva sperare che Naoya non venisse a sapere della vera data dell’intervento dai suoi amici o dal dottor Kazuki, perciò decise di fare semplicemente in modo che nessuno potesse in parlagliene.
Durante il week end a casa aveva contattato sia Chiaki che Shinjiro al telefono: raccontò loro che avrebbe effettuato l’intervento il ventinove Agosto, ma che sarebbe stato meglio se non ne avessero parlato troppo con Naoya. Gli disse che il sensei era particolarmente sensibile all’argomento e che preferiva di gran lunga evitare il discorso. I due ragazzi ovviamente non sospettarono nulla, e promisero che ne avrebbero parlato il meno possibile. La stessa cosa la spiegò anche al dottor Kazuki, quando venne per i soliti controlli il lunedì mattina.
Lui, come aveva previsto, fu più difficile da convincere. Era un uomo estremamente intelligente, e gli bastò guardare Takahiro negli occhi per capire che stava escogitando qualcosa.
Tuttavia, benché le parole del moro lasciassero trasparire ben più di quello che volesse, quando ebbe finito di parlare il dottore si limitò a dire: “beh, penso sia un bene”.
Takahiro aveva capito fin troppo bene che Kazuki sapeva, o se non altro intuiva, ciò che voleva fare. Infatti, nel salutarlo, poco prima di uscire, dandogli le spalle si fermò proprio davanti all’ingresso.

-riflettici, però!- esclamò prima di congedarsi

Face quasi finta di niente e, quando fu di nuovo solo, fece un lungo sospiro sconsolato: aveva ottenuto quello che voleva, ma adesso sarebbe arrivata la parte difficile.
Si chiese come avrebbe fatto a guardare Naoya negli occhi durante quei quindici lunghi giorni. Gli aveva mentito già un’altra volta, quando aveva scoperto il tumore. Allora si era rimboccato le maniche e l’aveva affrontato, ma le cose adesso erano leggermente diverse. Non era più sicuro di riuscire a mentire con una convinzione del genere.
Fortunatamente, pensò in seguito, Naoya in quei giorni sarebbe stato meno presente a causa delle commissioni che doveva sbrigare in vista della laurea. A detta sua, doveva andare e venire dall’università diverse volte; ed inoltre doveva tornare a Yamagata per parlare con i suoi genitori circa la cerimonia e un sacco di altre faccende che lui a stento immaginava. Se non altro questo avrebbe aiutato a rendere la bugia meno pesante da sopportare, anche se voleva dire non vedersi.
Ovviamente si sentiva anche molto in colpa nel giocare in quella maniera con i sentimenti dell’amico. Aveva approfittato della sua preoccupazione per mentire non solo a lui, ma anche ai propri amici, a conti fatti. Eppure, la netta convinzione di fare solo il meglio per Naoya, di potergli restituire in un certo senso il favore, era più grande di qualsiasi altra cosa.


Poco dopo che il medico se ne fu andato, Takahiro venne colto improvvisamente da un magone allo stomaco nel preciso istante in cui diede uno sguardo per caso al cellulare, sul comodino.
Il pensiero andò subito all’unica persona alla quale non aveva ancora detto del suo intervento.

Per tre giorni, dalla mattina alla sera, aveva provato invano a contattare Misako al telefono.
Continuava senza sosta a chiamarla sul cellulare, ma questo squillava sempre a vuoto. Senza perdersi d’animo, aveva provato anche a telefonare al ristorante dei genitori. La madre di Misako era una donna estremamente gentile e più volte, l’aveva fatto mangiare nel suo locale senza pagare, specialmente durante il primo periodo senza sua madre, dove sembrava un pesce fuor d’acqua e non era in grado di arrangiarsi da solo. Quando la chiamò fu molto felice di sentirla: avevano chiacchierato un po’; lei gli aveva ribadito che per qualunque cosa, su di loro poteva sempre contare e che ogni giorno andava al Meiji Jingu a pregare per la sua guarigione. Takahiro ne fu davvero commosso.
Poi però quando l’oggetto della conversazione divenne “Misako”, la voce della donna sembrò incupirsi.

-non so davvero cos’abbia quella ragazza- spiegò –sta tutto il giorno in camera, non mi aiuta nemmeno qui al ristorante. Posso provare a chiamartela, se vuoi-

Takahiro però rifiutò –…no, non serve, la ringrazio-

-ma avete litigato?-

Il moro esitò a rispondere. Poi,disse solamente –magari fosse solo una litigata – ed interruppero la telefonata, salutandosi

Subito dopo, senza perdersi d’animo, provò a chiamare l’amica altre tre volte, ma non ci fu nulla fa fare.
Misako era una persona estremamente testarda, e se non voleva parlargli, non ci sarebbe stato verso di costringerla a farlo. Rammaricato, decise allora di inviarle qualche sms: quelli li avrebbe letti di sicuro, pensava.
Così, senza perdere altro tempo, si appresto a scriverle.

Nello stesso momento, Misako, a casa sua, distesa sul letto guardava il soffitto, tenendo stretto tra le braccia il cuscino. Il telefono, che fino a pochi attimi prima aveva squillato incessantemente, si trovava proprio di fianco a lei e ogni tanto vibrava per la mole di chiamate senza risposta che aveva ricevuto.
Sua madre era venuta fino alla sua stanza, le aveva bussato e detto:” guarda che Takahiro kun ha chiamato poco fa!”. Lei aveva mugugnato un semplice “non mi interessa” e la donna, sconsolata, era tornata al suo lavoro.
Misako non si era mai sentita così egoista ed arrabbiata nello stesso momento. il suo era un comportamento irragionevole e lo sapeva. Però non riusciva proprio a confrontarsi con Takahiro. Aveva paura anche solo di sentire la sua voce e anche se avesse provato ad ascoltarlo, non avrebbe saputo da dove cominciare, per parlare.
Si era spinta davvero troppo oltre ed aveva messo in difficoltà non solo l’amico, ma anche il senpai, che, in un certo senso si sentiva responsabile.
Non aveva nemmeno la forza di uscire e fare due passi. Era davvero distrutta.
In quell’istante, un suono, diverso dagli altri, la riportò per un breve momento a quella che era la realtà: aveva ricevuto un messaggio sul cellulare. Non fece in tempo a prenderlo, che suonò altre due volte.
Con il cuore in gola, vide chi glieli aveva mandati. Si trattava di Takahiro .
Ben sapendo di non poterlo vedere ne sentire, si calmò leggermente e decise di non ignorarli.
Aprì il primo:

 

“Misako, avrei davvero bisogno di parlarti. ”


Sospirò pesantemente. Era vero, Takahiro non c’era, però poteva addirittura sentire la sua voce rimbombargli nelle orecchie. Facendo finta di nulla, si apprestò a leggere anche l’altro.

 

“Il mio intervento sarà il ventinove agosto.
Volevo fartelo sapere”


Ed in seguito, lesse l’ultimo


“ti voglio bene”


-…-

Istintivamente, la ragazza fissò il calendario a muro, tutto scarabocchiato, accanto allo specchio della parete. Mancavano due settimane. Si alzò bruscamente dal letto, gettando su di esso il telefono, ancora col messaggio aperto.
Le venne il forte impulso di andare subito a Yokohama, da lui. Quando però, con lo sguardo, cercò la borsa, si bloccò in piedi, di nuovo, frenata dalla paura.
Con che faccia l’avrebbe guardato? Non si era fatta viva per tre lunghi giorni, e adesso voleva andare da lui? Con che coraggio lo stava facendo? Ne aveva davvero il diritto?.
Tutte quelle domande al assalirono in un colpo solo, tanto che dovette risedersi forzatamente sul letto.
Lanciò un’occhiata al cellulare, poi lo prese nuovamente in mano. Rilesse ancora una volta il messaggio e, con gli occhi lucidi di pianto, lo spense.




**




Takahiro non sperava di ricevere una risposta. In cuor suo gli bastava che lei avesse almeno letto quei messaggi e che capisse di non sentirsi in colpa, che lui non ce l’aveva con lei per il non essersi fatta sentire. Aveva esitato un po’ prima di scrivere “ti voglio bene”, ma alla fine aveva sentito semplicemente il bisogno di farlo. Perché era quello che provava.

Nei giorni successivi, Naoya andava e tornava dalla clinica con più frequenza e non mancava mai di raccontare al moro ogni dettaglio sulla sua preparazione. Era davvero molto felice e più lo vedeva, più Takahiro credeva che, tutto sommato, avesse fatto la cosa giusta. Come aveva sospettato, il sensei era contento di poter partecipare alla cerimonia di Laurea e la sua allegria riusciva a contagiare anche lui, dimenticandosi per un po’ tutti i problemi con Misako.
Ogni tanto, al pomeriggio, quando c’era più tranquillità, se ne stavano in silenzio a rilassarsi, magari guardando un po’ di televisione.
Naoya, notò il moro un giorno, era impegnato a scrivere qualcosa su una specie di diario.
Glielo aveva visto fare qualche volta, ma non si era mai soffermato ad osservarlo mentre scriveva con così tanta curanza. Si incuriosì.

-…che scrivi?- domandò

Il sensei si fermò e si voltò verso l’amico –oh, niente di importante! Solo qualche pensiero!-

Tipica risposta di uno che voleva tenere nascosta ogni cosa. Takahiro fece una smorfia. Si scoprì il lenzuolo e cominciò a gattonare sul letto, fino a raggiungerne l’estremità, in modo da poter essere più vicino al sensei, seduto alla scrivania.

-N a o y a kun!- esclamò con una vocina stridula, cercando di sembrare carino –sarò molto, molto felice se mi dici cosa stai scrivendo!-

-fare il kawaii non ti si addice!- rise Naoya –sei spaventoso, più che altro!-

Takahiro sbuffò, sconsolato.

-non ti ho mai visto scrivere! –commentò poi, tornando normale –cioè, è da poco che lo fai!-

-scrivo solo quando ne sento il bisogno!- spiegò Naoya– comunque si, non è da molto che l’ho iniziato –concluse riferendosi al diario

Il moro sorrise nuovamente, questa volta con più intensità.

-…Naoya kuun?- domandò ancora

-non attacca, non te lo faccio leggere!- lo interruppe il sensei, chiudendo improvvisamente il libro

-uffaaa!! Hai detto che non c’è nulla di importante! –

-ciò non vuol dire che sia aperto al pubblico!-

-…che noioso…-

Rassegnato, Takahiro fece dietro front e si rimise sotto le coperte, con lo sguardo imbronciato, a guardare la televisione.
Naoya sorrise sotto i baffi e mise a posto il diario nella propria ventiquattrore .
Poi si voltò di nuovo verso il ragazzo.

-la sai una cosa?- domandò

-mh?- rispose il moro

-vorrei che tu potessi venire. Alla mia laurea, intendo!-

Takahiro si sentì improvvisamente a disagio. Distolse violentemente lo sguardo dal sensei, continuando però a sorridere, per evitare di insospettirlo. Si morse il labbro inferiore.

-a-anche io!- disse –ma sarà come se ci fossi!-

-sarebbe stata una buona occasione per farti conoscere i miei genitori! – sospirò Naoya

-…-

Fu in quel momento che si accorse di aver detto troppo.

-ah! No, scusami. –si apprestò ad esclamare- forse non è l’idea più brillante che mi sia venuta in mente…-

Il moro capì che doveva aver detto quelle cose senza pensarci, con assoluta naturalezza. In fondo, era del tutto naturale che due persone che stavano insieme andassero a conoscere i genitori di ognuno. Fu allora che si chiese in che tipo di famiglia fosse cresciuto Naoya. Provò ad immaginare il volto di sua madre, che aveva intravisto in qualche foto, o quello della sorella minore.
Certo, era tutto molto complicato: riuscì a malapena a pensare alle loro facce sconvolte quando si sarebbe presentato davanti a loro. Prima di tutto era un ragazzo, per giunta ancora minorenne.
In effetti, annuì in seguito, forse sarebbe stato il caso di aspettare.

-un giorno me li farai conoscere!- disse infine

Quella frase speranzosa e rivolta al futuro, colpì profondamente Naoya, più di quanto avesse immaginato.
Assunse una faccia stupita e poi, sospirando lievemente, annuì con la testa.





**




Durante tutti quei lunghi otto mesi il tempo era passato lento ed inesorabile, scandito insistentemente. Ogni ora, ogni secondo, Takahiro li aveva sentiti tutti su di lui, come presagio della sua imminente dipartita.
Eppure, dopo aver saputo la data del suo intervento, malauguratamente il tempo aveva deciso di correre più in fretta che poteva e, senza che il ragazzo se ne rendesse conto, le due settimane che anticipavano l’evento, passarono quasi in un batter di ciglio, con tutti i loro pro e contro.
Naoya era sempre più indaffarato e, benché fosse contento, d’altra parte era rammaricato nel lasciare troppo da solo Takahiro. Ma il moro l’aveva rincuorato, dicendogli di non preoccuparsi, che ormai non aveva più attacchi di panico dovuti alla solitudine. Poteva sembrare solo una scusa, ma la realtà era che Takahiro si sentiva davvero bene.
Chiaki lo chiamava spesso al telefono, per sapere come stesse, e Shinjiro faceva lo stesso, quando poteva. L’unica che non chiamava mai era Misako.
Ormai, dal giorno dei messaggi, non si erano più sentiti e il ragazzo aveva perso le speranze di poter chiarire ogni cosa con lei. Cercava di non pensarci, perché se lo faceva, l’angoscia lo pervadeva e non riusciva ad essere lucido: doveva stare molto attento a non tradirsi, specialmente davanti a Naoya. La sua bugia doveva perdurare, almeno fino a quando sarebbe entrato in quella sala operatoria.


Il vent’otto Agosto era un caldo lunedì.
Takahiro quella mattina si era svegliato piuttosto presto ed aveva trovato Naoya al suo fianco che sonnecchiava seduto sulla sedia. Doveva essere rimasto a vegliarlo tutta la notte, come aveva fatto nei primi periodi, quando non se la sentiva di lasciare solo l’amico. Per Takahiro quei momenti era molto importanti e cercava di viverli con pienezza, sapendo per altro cosa sarebbe accaduto il giorno dopo.
Nel ridestarsi, cercò di non svegliare anche Naoya e controllò le ore. Erano le otto e mezza, ci voleva ancora un po’ per la colazione. Si mise ad osservare il volto rilassato e pacifico del sensei e non poté fare a meno di sorridere: era buffo quando dormiva.
Incredibilmente erano arrivati alla vigilia dell’operazione senza che sospettasse nulla.
Takahiro lo sapeva, che Naoya si fidava ciecamente di lui, ed era proprio per questo che era andato tutto liscio; anche gli amici ne avevano parlato poco.
Aveva ansia, ne aveva davvero tanta. L’indomani, mentre Naoya avrebbe festeggiato la sua laurea, lui avrebbe cercato di provare a vivere e di sfidare quell’astuto destino che mai una volta gli era stato amico nella sua vita. Tutto quello che aveva fatto, gli amici che aveva incontrato…ogni cosa l’aveva scelta lui, impegnandosi per ottenerla. Il destino si era sempre messo in mezzo, ma finora Takahiro aveva sempre vinto; e sperava di poterlo fare ancora nella battaglia più importante.

Poco a poco, forse a causa dei movimenti un po’ irrequieti del giovane, Naoya sembrò svegliarsi, perché cominciò a bofonchiare qualcosa.
Aprì gli occhi quasi a rallentatore e subito sbadigliò, facendo ridere Takahiro.

-yaaaawn…-

-buongiorno!- esclamò il moro

Il sensei riprese conoscenza e, quando ebbe focalizzato bene dove si trovava, si portò una mano sul collo, stiracchiandosi.

-c-ciao…- sospirò stanco

-…sei stato qui stanotte…- osservò Takahiro

-mi sono addormentato di colpo, credo- spiegò l’altro -…è da giorni che dormo poco…-

-agitato?-

-diciamo!- sorrise –tu piuttosto…sei mattiniero oggi!-

-nemmeno io ho particolarmente sonno ultimamente- sospirò Takahiro

Non poteva certo dirgli di essere in ansia per l’operazione.
Naoya si alzò dalla sedia e fece qualche passo intorno alla stanza, per far ripartire un po’ il proprio corpo indolenzito.

-ah, è vero!- esclamò all’improvviso –devo passare in tintoria e fare la spesa oggi…e passare in appartamento per pulirlo un po’…sai, i miei vengono stasera-

-…capisco-

Takahiro non si rese conto di aver detto quella parola con un tono quasi sconsolato. Naoya si fermò di colpo e lo guardò, leggermente sorpreso: per quanto cercasse di sorridere, l’amico sembrava davvero triste.
Fece un lungo sospiro e si avvicinò al letto, rimettendosi seduto sulla sedia. Poi cercò la mano di Takahiro con la propria e la prese. Il ragazzo però era voltato dall’altra parte.

-…va tutto bene?- chiese

-…mh!- annuì il moro

Naoya continuò a fissarlo, un po’ incerto sul da farsi. Poi gli venne un lampo.

-senti, facciamo così!- disse –tutte queste cose le posso fare anche un’altra volta!-

-eh?-

-in tintoria ci passo domani mattina. Quanto alla casa…in fondo non è così sporca!- sorrise –oggi lo dedico completamente a te! Che ne dici?-

Takahiro lo guardò stranamente.

-n-non devi! Hai tanto da fare…- esclamò mortificato

il sensei scosse la testa –in questi giorni ci sono stato poco…voglio rimediare!-

-ma…-

-voglio passare una giornata con il mio Takahiro!- insisté –non è giusto che solo io sia felice!-

-…-

Senza esserne consapevole, Naoya in realtà aveva colto proprio nel segno. Lui non lo sapeva, ma per Takahiro quello sarebbe stato il suo ultimo giorno. E anche se sembrava egoista, sentiva il forte desiderio di passarlo con il sensei; ma non aveva avuto il coraggio di dirglielo, anche per paura di risultare troppo seccante e fuori luogo. Fortunatamente non c’era stato bisogno di dire nulla e, anche se si sentiva un po’ in colpa a trattenere Naoya lì con lui, era felice di poter trascorrere quella giornata insieme.




**




Quel pomeriggio, subito dopo i controlli che in quei giorni erano triplicati (e Takahiro aveva lottato duramente con le infermiere, perché non si lasciassero sfuggire niente), decisero di uscire ed andare a fare due passi lungo il viale davanti alla clinica, per poi passare qualche ora affittando un ombrellone alla spiaggia privata.
Chiacchierarono, risero e riuscirono anche a divertirsi un po’ con altri pazienti che si trovavano lì per rilassarsi. Naoya era molto in vena di parlare e di distrarsi, forse per l‘ansia dovuta all’indomani e Takahiro, dal canto suo, aveva i nervi decisamente più sciolti, anche se inconsciamente non faceva altro che guardare l’ora sull’ orologio da polso che portava l’amico.
Quando vennero le sei, dovettero rientrare in stanza: il sensei doveva prepararsi per tornare a casa, visto che a breve sarebbe arrivata tutta la sua famiglia a Tokyo.
Takahiro, leggermente sudato, era molto stanco e quasi non proferì parola al loro ritorno.
Si coricò sul letto e si passò una mano sulla fronte, come per assicurarsi di non avere la febbre; Naoya era preoccupato.

-va davvero tutto bene?- domandò all’improvviso, mentre sistemava le proprie cose

-…c-certo!- sorrise Takahiro cercando di non tradirsi – perché non dovrebbe?-

-oggi sei un po’ strano –osservò il sensei –sembri nervoso. Controlli le ore ogni cinque minuti, sei distratto…-

-…-

-…non è che c’è qualcosa che vuoi dirmi?-

Fu in quel preciso istante che Takahiro spalancò gli occhi di colpo, mettendosi a fissare Naoya, per poi distogliere subito lo sguardo e posarlo sul lenzuolo bianco dal quale si intravvedeva la forma delle sue gambe.
Non si era nemmeno accorto che Naoya si era avvicinato pericolosamente a lui. Di certo, se l’avesse guardato anche solo una volta, non sarebbe più riuscito a nascondere niente.

-non mi guardi nemmeno più, ultimamente- disse il sensei, un po’ tristemente

-…-

Doveva assolutamente fare qualcosa. Naoya non doveva sospettare niente.

-n-no!- rispose infine balbettando –non è come pensi. È solo…solo che volevo dirti una cosa e…beh, forse è stupida!-

L’espressione dell’amico mutò leggermente, ma mantenne quella punta di sospetto ben evidente –e cioè…?- disse

-…domani! Domani è un grande giorno per te, no? – spiegò –conoscendoti però cercherai di chiamarmi ogni due secondi per sapere come sto e come va! Non ti godrai niente!-

-…-

- quindi vorrei che mi facessi un favore!...un altro-

-s-sarebbe?- domandò Naoya perplesso


-tieni spento quel dannato cellulare!- esclamò ridendo lievemente –voglio che la giornata di domani sia solo tua! Perciò tieni spento il telefono, non chiamarmi e non lasciare che gli altri chiamino te!-

-…m-ma che stai dicendo?- rise il sensei, senza fare troppo per nasconderlo

-si lo so, è stupido ma…promettimelo!!- insisté

Naoya si rese conto, ancora una volta, che Takahiro era davvero una persona fuori dal comunque. Aveva imparato a conoscerlo piuttosto bene, eppure ogni volta che pensava di sapere tutto di lui, riusciva sempre a colpirlo.
Smise di ridere e si avvicinò leggermente verso il moro, facendo leva appoggiando una mano sulla superficie del letto. Senza preavviso, allungò il volto verso quello di Takahiro e gli diede un piccolo bacio sulle labbra.
Takahiro arrossì vistosamente ma, subito dopo che Naoya si fu staccato, fu lui ad esporsi ed a dargli un altro bacio, molto più passionale di quello del sensei.
Naoya, che non si era aspettato quella reazione, ricadde sul letto, fino a ritrovarsi quasi sopra l’amico, che sembrava non avere intenzione di sciogliere il bacio.
Sembrò durare una vita, finché, per riprendere fiato, Takahiro dovette fermarsi.
Si staccarono, ansimando entrambi. Il moro per la prima volta in quella giornata guardò Naoya e i loro occhi si incrociarono per lungo tempo.

-…forse mi ripeto ma..oggi sei strano- sorrise il sensei – baciarmi in questo modo in ospedale…-

-mi andava di farlo!- si limitò a disse Takahiro – consideralo il mio regalo di laurea-

In realtà, quello aveva l’aria di essere più che altro, un bacio d’addio. Anche Naoya doveva avere avuto la stessa impressione inizialmente, ma rimase in silenzio, pensando che forse era solo la sua immaginazione.
Sentendo qualche voce provenire dal corridoio, per paura che fosse qualche infermiere che doveva entrare in camera, Naoya si alzò velocemente dal letto e si ricompose, sotto gli occhi di Takahiro, che lo seguiva in ogni movimento che faceva .
Dopo aver preso la propria borsa, il sensei fu pronto per andare.

-ricorda quello che mi hai promesso!- gli rammentò takahiro

-si, niente cellulare…ricevuto!- rispose l’altro

-…-

Takahiro sembrava piuttosto provato in quel momento. aveva gli occhi leggermente lucidi, ma non sembrava sul punto di piangere. Naoya si chiese se non fosse solo la luce del sole che pian piano tramontava, a donare quello strano effetto.

-È stato bello!- esclamò il moro

-si, oggi mi sono divertito molto!- sorrise Naoya

Il ragazzo però, scosse la testa –è stato bello averti incontrato- precisò

-…-

-questi mesi sono stati…davvero felici!- sospirò con un po’ di tristezza –se non ci fossi stato tu…chissà dove sarei adesso-

Naoya era immobile, colpito da quelle parole che in quel momento sembravano quasi fuori luogo. Non capiva perché Takahiro stesse dicendo quelle cose in una situazione come quella. Non riusciva a capire.

-Takahiro…- provò a dire

-vai adesso!- lo interruppe il giovane –in bocca a lupo per la cerimonia!- sorrise

-…domani sera sarò di nuovo qui. E ti racconterò tutto!- annuì Naoya

-ti aspetto!-

Si guardarono ancora una volta. Takahiro non aveva alcuna intenzione di distogliere i suoi occhi da quelli del sensei. Voleva aver ben chiaro il suo volto, ogni lineamento, ogni cosa, per poterselo ricordare anche nel peggiore dei casi.
Vide di nuovo il sorriso disegnarsi su quel volto dolce che aveva imparato ad amare. Naoya lo salutò con la mano, finché non scomparve, uscendo dalla stanza.
Fu in quel preciso momento che Takahiro fu cosciente del fatto di essere rimasto solo. Per qualche istante continuò a fissare l’ingresso della camera, e rendendosi conto che il sensei non sarebbe più tornato, cercò di pensare solo al suo volto che era riuscito a memorizzare quasi alla perfezione.
Senza preavviso sentì un irrefrenabile desiderio di piangere.
Quello, con molta probabilità sarebbe stato il suo ultimo giorno. Si sarebbe addormentato con la consapevolezza di svegliarsi per l’ultima volta.
Capì di avere ancora così tante cose da fare: chiedere scusa a Naoya per avergli mentito di nuovo, poter chiarire tutto con Misako e, perché no? Provare a fare pace con suo padre e conoscere il suo fratellino. Era rimasto tutto in sospeso, quasi come la sua vita, che ora più che mai era in bilico nel vuoto.





**





Il giorno seguente Naoya si svegliò di soprassalto.
Aveva fatto un incubo, che però non riuscì a ricordare. L’unica cosa di cui era certo è che aveva dormito davvero poco quella notte. Non sapeva se fosse per l’ansia o per qualche altro motivo, ma era molto preoccupato. Fin da quando aveva lasciato l’ospedale, una strana sensazione si era impossessata di lui e ancora non se ne era andata: la chiara sensazione di non dover lasciare Takahiro da solo; non quel giorno almeno.
Tuttavia, ebbe poco tempo per riflettere in quanto, qualche istante dopo che si fu alzato, il campanello di casa suonò insistentemente e fu costretto a ricevere montagne di parenti ed i genitori, che si stupirono di vederlo ancora in pigiama a quell’ora.
Aveva fatto accomodare la famiglia nel piccolo salottino, mentre lui era volato di corsa a prepararsi: suo padre era passato gentilmente in tintoria al posto suo.
La cerimonia si sarebbe svolta a mezzogiorno, ma tutti i laureandi dovevano essere lì almeno un’ora prima.
Ci volle un po’ perché potesse ritenersi presentabile, e dopo che ebbe finito di pettinarsi i capelli, passò al setaccio della roba da portarsi dietro: fu in quel momento che notò il cellulare sopra il comodino. Sospirando lievemente lo prese in mano per metterlo in tasca del completo, ma prima di farlo, si mise a fissarlo per qualche istante, un po’ indeciso.
Si ricordò della ‘promessa’ fatta a Takahiro, il giorno precedente.
tieni spento il telefono, non chiamarmi e non lasciare che gli altri chiamino te!”, aveva detto.
Sapeva molto bene che Takahiro teneva tanto a quella cerimonia, forse addirittura più di lui, e che non voleva che venisse rovinata per nessun motivo. Spegnere il cellulare era un modo un po’ drastico, ma non aveva tutti i torti in fondo.
Senza perdere altro tempo decise infine farlo, immaginando che non sarebbe successo nulla di così importante, in quelle ore, perché dovesse tenerlo acceso.
Fatto ciò, quando sentì il padre chiamarlo dal salotto, si apprestò a raggiungerlo, dopo essersi dato un’ultima occhiata allo specchio.





**





Se Naoya non aveva dormito quasi per niente quella notte, Takahiro era stato costretto a farlo grazie al calmante che gli avevano iniettato.
La sera prima, intorno alle dieci, il ragazzo aveva avuto un leggero attacco di panico, dovuto probabilmente all’ansia, tanto che gli infermieri, per sicurezza, avevano preferito farlo dormire ‘artificialmente’.
Così si era svegliato di punto in bianco alle nove del mattino, con la testa che gli martellava incessantemente a causa delle medicine.
Fortunatamente nessuno aveva pensato di contattare Naoya, tant’è che il suo piano sembrava stesse andando nella direzione giusta.
L’operazione sarebbe avvenuta a mezzogiorno e sarebbe durate almeno sette ore. Pensare a come sarebbe potuto essere quella sera, vivo o morto, lo fece leggermente rabbrividire e cercò di concentrarsi su altro, adocchiando delle riviste sulla scrivania.
Decise di alzasi dal letto per recuperarle e così, un po’ goffamente ed aiutandosi sorreggendosi al muro, riuscì a raggiungere il tavolo dove erano appoggiate. Nel farlo però, ne fece cadere un paio, che sbatterono con un tonfo sul pavimento.
Sbuffando, Takahiro si apprestò a raccoglierle, quando si accorse che insieme alle riviste, c’era un libro leggermente più grosso e piccolo.
Incuriosito, lo prese in mano e lo osservò: era il diario che Naoya scriveva di tanto in tanto.

-…se lo sarà dimenticato…- esclamò ad alta voce

In un primo momento decise di rimetterlo sulla scrivania, ma poi l’impulso di darci un’occhiata ebbe il sopravvento e, prendendo anche le riviste che gli occorrevano, si coricò nuovamente a letto.
Fissò il diario, al quale una penna biro faceva da segnalibro, ma non era certo di volerlo davvero aprire. Se Naoya l’aveva tenuto per sé, un motivo ci doveva per forza essere.
Deciso più che mai a non essere invadente, fece per appoggiare il libro sul comodino, ma facendolo, urtò invece lo spigolo del mobile e il diario cadde.
Maledicendo lui e sua imbranataggine, Takahiro allungò il braccio per recuperarlo,e si accorse che cadendo, si era aperto proprio dove la penna separava le pagine scritte da quelle ancora bianche.

-…-

Rimase con il braccio a penzoloni per qualche istante, osservando l’elegante calligrafia del sensei e non potendo fare a meno di leggere le prime righe.
Lo raccolse, controllando che non si fosse rovinato.

-“5 Luglio” – lesse a bassa voce –“oggi Takahiro non è di buon umore. Adesso mi trovo in corridoio, aspettando che gli passi.”-

Con il cuore in gola, il moro continuò a leggere, sfogliando quelle che in tutto, erano più o meno una quindicina di pagine.

-“16 Luglio. Vedo Takahiro più sereno, da quando ha parlato con suo padre. Sono molto felice che le cose si stiano sistemando.

Il dottor Kazuki continua a ripetermi che Takahiro non può migliorare. Però io voglio credere che si sbagli.
“-

In alcune pagine, le note non avevano la data.

-“Finalmente fuori dall’ospedale!”- e ancora –“Quella di ieri, è stata la notte più bella della mia vita”-

Rilesse diverse volte alcune frasi che Naoya doveva aver scritto di getto, come per liberarsi un po’ di certi pensieri per far spazio ad altri. Uno, scritto piuttosto di recente, lo colpì in maniera particolare.

Avevo perso ogni speranza. E mi sento egoista per questo. Ma adesso essa è diventata una cosa concreta. Ho ripreso a sperare perché posso finalmente farlo.”

-…-

Takahiro fissò quel punto del diario, smettendo improvvisamente di parlare. Molte emozioni pervadevano il suo animo in quel momento. Gli sembrava di avere, in un certo senso, sondato nella mente del sensei e di essere riuscito a capire fino in fondo cosa provasse e per quale motivo; c’erano cose che aveva voluto annotare, forse per ricordarsene in seguito.
Contrariamente a quanto aveva previsto, non si pentì di aver letto quelle righe. Provò un vero senso di gratitudine ed ammirazione nei confronti di Naoya, molto più grande di prima. Istintivamente, prese una delle riviste che si era portato sul letto e cercò una pagina che avesse del bordo bianco. Quando l’ebbe trovata, strappò la parte non scritta con un po’ di cautela e subito dopo prese la penna di Naoya.
Ci pensò un attimo e poi, con un po’ di apprensione, vi scrisse sopra qualcosa.
Nel farlo, sorrise lievemente, in modo nostalgico.
Quando ebbe finito, rimise la penna al suo posto, collocò il pezzo di carta all’interno del diario, e lo chiuse definitivamente.




**





-eccoci arrivati!-

Chiaki fissò la grande insegna posta sullo stipite dell’ingresso di un locale.
Quella mattina c’era un grande viavai di gente in centro città e tutti i negozianti erano indaffarati per la grande mole di clienti che pullulava in quasi ogni negozio. Anche se la fine di Agosto era ormai alle porte, moltissime persone erano ancora intenzionate a comprare il costume più alla moda mentre, d’altro canto, gli studenti di medie e liceo erano alla ricerca delle divise da portare per il nuovo anno scolastico.
La ragazza, nonostante indossasse solo un vestito leggero a fiori, tentava di farsi aria con la mano, mentre Shinjiro, accanto a lei, faceva ombra con un ombrello bianco, per il sole.

-sei sicura che sia una buona idea?- domandò il ragazzo, perplesso –forse avremmo dovuto avvisare-

Chiaki si voltò verso il fidanzato, fulminandolo con lo sguardo.

-avvisare non serve a nulla, tanto si farebbe negare!- sbottò -l’unica soluzione è piombare in casa e stanarla!-

-dobbiamo essere in clinica per mezzogiorno!- le ricordò il giovane –e poi non possiamo costringerla…-

-Misako è la mia migliore amica!- spiegò Chiaki, trascinando Shinjiro in mezzo alla strada, quando il semaforo fu verde –qualunque cosa sia successa, la risolveremo! Inoltre…-

-…?-

-sono certa che se non venisse, lo rimpiangerebbe per il resto della sua vita!- concluse un po’ tristemente.

Shinjiro non disse più nulla e si limitò ad annuire.
Avevano più volte provato a parlare con Misako in quei giorni, ma l’amica si era sempre fatta negare o aveva evitato accuratamente di farsi trovare in casa . Non sapevano cosa fosse successo, ma era chiaro che dovevano fare qualcosa per sistemare tutto. Takahiro non aveva detto nulla riguardo a quella situazione, ma Chiaki aveva capito fin troppo bene che doveva essere successo qualcosa di serio.
Quando furono davanti al locale dei signori Uno, prima diedero un’occhiata dall’esterno, attraverso la vetrina, finché non si decisero ad entrare.
A quell’ora non c’erano molte persone e i proprietari erano più che altro indaffarati a pulire il negozio ed a preparare il menù del giorno.
I due ragazzi salutarono rispettosamente e la madre di Misako, che si accorse della loro presenza, andò ad accoglierli calorosamente.

-buongiorno signora!- salutarono in coro Chiaki e Shinjiro

-ragazzi, quanto tempo!- esclamò la donna, contenta –Chiaki, sei sempre più carina!-

La giovane arrossì.

-siete venuti a trovare Misako?- domandò la donna

-ehm, più o meno!- disse Chiaki un po’ a disagio

-…dobbiamo andare in ospedale!- si affrettò a dire Shinjiro, vedendo l’amica in difficoltà

La signora Uno smise di sorridere e capì al volo ogni cosa. Appoggiò sopra uno dei tavolini della sala, lo strofinaccio che fino a quel momento aveva usato per spolverare, e sospirò un po’ amaramente. Sembrava mortificata.

-Takahiro kun…?- domandò

I due ragazzi annuirono, senza dire niente.

-capisco…- continuò la donna –ancora non posso credere che sia successo proprio a lui…un così bravo ragazzo…-

-…-

-b-beh, Misako è in camera sua ora! Vado a chiamarvela…- riprese la signora Uno, cercando di cambiare discorso

-se non le dispiace, vorremmo andare noi a parlarle!- spiegò Chiaki

Lei sorrise ed annuì –certo! Accomodatevi pure di sopra!-

Entrambi ringraziarono con un inchino e si diressero in fondo alla sala. Proprio di fianco all’ingresso della cucina, c’era un’altra porta con su scritto “PRIVATO”.
La aprirono e si trovarono subito davanti ad una serie di scale che portavano a quello che era l ‘appartamento vero e proprio della famiglia Uno.
L’entrata dava proprio sul piccolo soggiorno fatto interamente di tatami. Si tolsero le scarpe ed entrarono. Senza troppi preamboli, Chiaki puntò subito verso la camera dell’amica ma quando fu davanti alla porta, si fermò un po’ timorosa.

-...Misako?- esclamò infine, bussando

Non ci fu risposta.

-Misako, siamo noi!- disse Shinjiro

-apri un attimo, dobbiamo parlarti!- insisté la ragazza

Dapprima non percepirono ne rumori e ne risposte, tanto che si guardarono leggermente affranti. Fu in quel momento che sentirono qualcuno avvicinarsi probabilmente alla porta e, lentamente, questa si aprì.
La testa di Misako, che era ancora in pigiama, sbucò all’improvviso: sembrava assonnata e non aveva una bella cera. Guardò perplessa i due amici.

-oh, siete venuti…- sbadigliò, aprendo definitivamente

Sia Chiaki che Shinjiro non erano certi sul da farsi, ma entrarono ugualmente nella stanza della ragazza. Era la prima volta che Shinjiro veniva in camera di Misako, difatti si mise in un angolo immobile, un po’ a disagio, mentre Chiaki appoggiò la borsa di fianco al tavolino basso sul tatami, al centro della stanza. Le finestre erano aperte e, nonostante ci fosse pochissima aria, le tende ondulavano dolcemente.
Misako, senza dire una parola, si era seduta sul letto.

-….di cosa volete parlarmi?- domandò la giovane

-…- Chiaki era a dir poco incredula -…stai scherzando vero? Che domande sono?!-

-…-

-piuttosto, che ci fai ancora conciata così?! vestiti, dobbiamo andare a Yokohama!- spiegò l’amica, aprendo l’armadio di Misako e cominciando a darci un’occhiata

-io non vengo- si limitò a rispondere

-cosa?!- parlò Shinjiro per la prima volta

-…-

Chiaki rimase con lo sguardo rivolto all’armadio.

-si può sapere cosa ti è preso?!- chiese in seguito, rivolgendosi alla ragazza –non ti riconosco più!-

-…-

-non so perché tu ce l’abbia così tanto con Takahiro ma…-

-non ce l’ho con lui!- sbottò Misako alzando il tono della voce -…ce l’ho con me stessa…-

-eh?-

La ragazza si alzò dal letto, guardando il pavimento. Scalza, si avvicinò alla finestra e si mise a fissare il panorama circostante. Si vedevano innumerevoli palazzi e, se si sforzava, si riusciva a notare anche l’altissima Tokyo Tower o la ruota panoramica di Odaiba. Sospirò pesantemente, mentre gli amici la osservavano in silenzio.

-…gli ho detto…una cosa- disse infine -…una cosa che ho sempre tenuto per me-

-…-

-e avrei dovuto continuare a farlo –continuò con una smorfia quasi di disgusto

Chiaki provò a consolarla -…beh ma…cosa puoi mai avergli detto, dai…-

-…Takahiro mi è sempre piaciuto!!- esclamò Misako rabbiosamente

Shinjiro in quel momento fece una faccia a dir poco stupita, in perfetta sintonia con quella di Chiaki, che però sembrò impallidire a differenza sua.

-…come…- si limitò a dire l’amica

-nessuno doveva saperlo!- la interruppe Misako –ma io, stupidamente gliel’ho praticamente urlato in faccia. Lui voleva solo qualcuno con cui confidarsi e ridere, in un momento così triste…-

-…-

-ed io l’ho messo in difficoltà con la mia stupida arroganza!! sono proprio un’egoista…- spiegò –non ho nemmeno il coraggio di chiamarlo…-

-Misako…- sospirò Chiaki

-quindi, per favore, andate voi in ospedale- supplicò la giovane –io non voglio che la mia presenza lo faccia sentire peggio di quanto non stia già…-

-…-

La stanza piombò nuovamente nel silenzio.
L’unico suono che si sentiva era quello del traffico mattutino lungo le strade della città, accompagnato di tanto in tanto dal canto di qualche uccellino nei paraggi.
Misako aveva gli occhi lucidi e sembrava che stesse tremando, perché a stento riusciva a frenare le proprie emozioni.
Chiaki dal canto suo, diede prima uno sguardo a Shinjiro, ancora in disparte e un po’ abbattuto, e decise di prendere in mano quell’assurda situazione.
Lentamente, chiuse le ante dell’armadio e sospirò. Poi si avvicinò all’amica, ancora immobile.
Quando furono l’una di fronte all’altra, e vedendo che Misako non sembrava essere intenzionata a guardarla, Chiaki per istinto le diede un sonoro ed inaspettato schiaffo.
Si sentì lo schiocco della mano che colpiva la guancia della ragazza, che fissò Chiaki incredula.

Shinjiro scattò in direzione delle due ragazze -Chiaki!- esclamò presagendo il peggio

La giovane però non lo stette a sentire. Guardava Misako con rabbia e tristezza impresse negli occhi.

-…te ne darò un altro se non cominci ad usare il cervello!- sbottò la giovane

-C-Chiaki…- disse Misako con un filo di voce

-ma tu pensi davvero che il nostro Takahiro sia una persona del genere?! Che si faccia abbattere così da queste cose?!- esclamò arrabbiata –mi meraviglio di te!!-

-…-

-non capisci che è il non vederti che lo fa soffrire?! - spiegò –Takahiro sta…-

E lì, sembrò che la parola facesse fatica ad uscirle.

-…sta morendo! –concluse –e sta cercando in tutti i modi di combattere contro questo assurdo destino! Ma ha bisogno di noi per farlo! Di tutti noi!-

-…-

-vuoi davvero rimanere qui, ad aspettare senza fare niente?! Senza nemmeno salutarlo?-

-…i-io…-

-torna ad essere quella che eri!! Tu non sei mai stata così…-

Questa volta, Chiaki concluse la frase con un singhiozzo, tenendo il braccio ancora a mezz’aria, pronto a colpire: aveva praticamente urlato tutti i suoi sentimenti e tutto quello che provava. Misako continuava a guardarla, incredula che proprio lei, fra tutti, fosse diventata una ragazza così forte e risoluta. Chiaki era davvero cambiata in meglio, mentre lei aveva percorso la strada inversa. Era diventata una persona di cui non era fiera, ed aveva davvero rischiato di peggiorare, chiudendosi in se stessa. Sentendosi colpevole della cosa sbagliata.
L’unica cosa che non voleva era che Takahiro fosse infelice e per questo aveva erroneamente pensato di allontanarsi da lui. Che errore che aveva commesso! Era stata talmente cieca che non aveva capito niente.
E adesso, che aveva nuovamente aperto gli occhi lo voleva. Voleva davvero vedere Takahiro, chiedergli scusa per il suo comportamento. Voleva vederlo, anche solo un’ultima volta.

-…v-voglio vederlo…- sospirò piangendo

-e-eh?- domandò Chiaki

-…voglio vederlo! Voglio vederlo ancora una volta!!- ripeté la ragazza andando ad abbracciare all’improvviso l’amica

Chiaki rimase immobile stupita. Sentì la testa di Misako appoggiarsi alla sua spalla

-s-scusatemi…scusatemi…- singhiozzava

-...Misako…- sorrise Chiaki commossa

Shinjiro, poco distante, fece un lungo sospiro di sollievo e scosse il capo.
Poi si avvicinò alle due ragazze, ancora abbracciate.

-andiamoci tutti insieme…?- chiese flebile, abbozzando un sorriso

-…-

-andiamo tutti insieme a salutare Takahiro!-





**




In quelle interminabili ore da solo, in ospedale, ad aspettare che gli infermieri arrivassero per portarlo chissà dove, Takahiro si era fatto molte domande e considerazioni. Si era chiesto, per esempio, se avesse fatto la scelta giusta, se fosse stato un bene operarsi. Da un lato poteva avere la certezza di morire entro qualche mese, mentre dall’altro poteva aggrapparsi ad una lieve speranza di poter continuare a vivere.
Si era inoltre chiesto se per caso il suo comportamento nei confronti di Naoya e dei suoi amici non fosse stato in qualche modo “scorretto”, se aveva veramente fatto tutto il possibile per loro, così da non avere nessun rimpianto.
Era arrivato addirittura a pensare che i giorni trascorsi a scuola, preso di mira da Sato, fossero stati tutto sommato felici e che piuttosto che morire lì in ospedale, avrebbe di gran lunga preferito tornare indietro e riviverli altre cento volte. Divagando un po’ con la mente, aveva provato ad immaginare i suoi ex compagni di Liceo e di dove fossero in quel momento, di che persona fosse diventato Sato; se era cambiato o rimasto lo stesso.
Si rese conto che erano pensieri ai quali normalmente non avrebbe mai dato importanza, ed era proprio perché era ad un passo dalla fine che aveva cominciato a ricordare tutte quelle cose.
Si ricordò anche di non aver mai scritto nessun testamento o disposizione, in caso di morte. Erano tutte ‘scartoffie’ che spettavano a suo padre, quindi non ci aveva mai dato troppo peso. Anche perché non aveva proprio nulla da lasciare in quel mondo, per coloro che gli erano stati vicini. Non possedeva niente se non se stesso. Era un po’ triste pensare di poter scomparire da un giorno all’altro così, in un attimo. Non aveva paura della morte fine a sé stessa, ma dell’esatto momento in cui chiudendo gli occhi, non era certo di riaprirli ancora. Era l’incertezza il suo vero timore.
E proprio con essa nel cuore, a Gennaio di quell’anno mai si sarebbe immaginato di riuscire a diplomarsi e di rivedere Naoya, quello strambo professore che lo aveva così tanto protetto e, si, anche amato. Fino alla fine era stato certo che sarebbe morto in solitudine, senza che nessuno venisse a saperlo, ma alla fine le cose non erano andate come aveva programmato. E anche lui, rincuorato da tutto l’amore che aveva ricevuto, aveva deciso di provare a cambiare il suo destino. Ed era per questo che si trovava lì: solo ed esclusivamente per vivere, anche se con il rammarico di non aver potuto salutare il ‘suo’ sensei.

-Nishijima san, siamo pronti-

Non si era nemmeno reso conto che l’infermiera era entrata già da qualche attimo, poiché troppo intento ad osservare, forse per l’ultima volta, il panorama che si poteva pregustare dalla clinica.
Un po’ spaventato, si voltò verso la donna vestita di bianco, dallo sguardo dolce: era lei l’infermiera che si era presa cura di lui durante quegli ultimi otto mesi di degenza. Sorrise ampliamente, contento di vederla.
Dopo qualche esitazione, il giovane si scoprì dal lenzuolo, mentre la donna lo raggiunse con un altro lettino munito di ruote, per trasportarlo in sala operatoria.

-grazie mille!- esclamò sorridendo, aiutato dall’infermiera

Quel nuovo ‘letto’ era gelido e le lenzuola erano color menta erano ruvide. Sentì improvvisamente freddo.
La vide annuire con un cenno, in risposta alle parole di ringraziamento, per poi spingerlo fuori dalla stanza numero 1313, che era stata in un certo senso sua fino a quel momento. Non riusciva a vedere altro che il soffitto.
Non appena furono nel corridoio, notò che ad attenderli c’erano anche altre persone, probabilmente dottori; dovevano essere in molti a lavorare sul suo cervello, pensò con una smorfia.



-a-aspettate un momento!!!-

Takahiro sentì il lettino fermarsi con un leggero scatto mentre il volto dell’infermiera si contrasse, e la donna si voltò nella direzione opposta a quella dove stavano andando. Il giovane non poteva sollevarsi, ma aveva sentito distintamente quel richiamo e quella voce così famigliari.
Chiaki, Shinjiro e Misako arrivarono così, di punto in bianco, comparendo da uno degli ascensori e piombarono di corsa verso il lettino di Takahiro.
Vide per primi i due neo fidanzati, che dalla fatica avevano addirittura il fiatone. Erano arrivati giusto in tempo, a quanto pareva.

-cos’è…- esclamò Chiaki riprendendo fiato –credevi di filartela senza nemmeno salutarci?!- scherzò

-…r-ragazzi….- sospirò Takahiro, felice –siete qui-

-come potevamo non esserlo?- lo incoraggiò Shinjiro –andrà tutto bene, vedrai!-

Sembrava davvero convinto di quelle parole. Fu per questo che il moro non riuscì a smettere di sorridere.

-T-Takahiro…-

Una voce flebile chiamò il suo nome.
Chiaki e Shinjiro fecero spazio all’unica persona che Takahiro non aveva ancora visto. Ed era sorpreso di trovarla proprio lì.
Misako, visibilmente commossa, si fece avanti timidamente.
Dapprima sembrò non voler nemmeno guardare in faccia il ragazzo ma poi, incoraggiata anche dal suo sorriso, pian piano alzò lo sguardo.

-hey!- rise Takahiro, cercando di fare lo spiritoso –mi sei mancata…- disse allungando la mano

La giovane, senza esitare, gliela prese dolcemente.
Solo ora Takahiro si rese conto che stava piangendo.

-p-perdonami…perdonami….- sospirò Misako

-…-

-a-anche io ti voglio bene!- continuò la ragazza, ricordandosi delle parole scritte sull’sms che aveva ricevuto giorni prima –te ne ho sempre voluto!

-…non chiedermi perdono…- la interruppe il moro –sono io che non avevo capito…-

Ma lei scosse il capo –la cosa più importante è quella di averti accanto a me! Non importa come!!- disse – sei il mio fratellone!!- aggiunse poi cercando di asciugarsi le lacrime

-vedi di non fare scherzi!- intervenne di nuovo Chiaki

Takahiro rise -…assolutamente! Non appena mi ricresceranno i capelli, tornerò ad essere figo e andremo a farci un giro a Shibuya!-

Tutti, compresa l’infermiera ed i medici si guardarono con una smorfia divertita.

Poi il moro si rivolse a Shinjiro –la cosa che ti ho detto…- cominciò

-eh?-

-sono certo che saprai fare del tuo meglio!- Gli disse serenamente

Shinjiro per un attimo divenne serio. Poi, cercando di fare in modo che le ragazze non si accorgessero del suo turbamento, sbuffò e tirò una leggera pacca sulla spalla a Takahiro.

-non ce ne sarà bisogno, vedrai!- disse

-…già!- sorrise il ragazzo

Adesso però era arrivato il momento di andare. I tre amici si allontanarono lievemente dal lettino, lascando che i dottori sistemassero un paio di flebo temporanee.
Poi, tutto fu pronto.

-…ci vediamo dopo!- lo salutò Chiaki, commossa

-t-tivoglio bene Takahiro!- ripeté Misako –ti aspettiamo!! -

-…grazie…-

-buona fortuna, amico!- sorrise Shinjiro proprio nell’esatto momento in cui il ragazzo si stava allontanando lentamente

Takahiro, che poteva guardare solo il soffitto, sentì le voci dei suoi amici farsi sempre meno nitide e percettibili.
Quasi per istinto, strinse forte i pugni sul lenzuolo, improvvisamente resosi conto di essere nuovamente da solo, senza il sostegno di nessuno.
Quella reazione venne colta subito dall’infermiera, che dopo che ebbero svoltato l’angolo, non poté fare a meno di parlare.

-Nishijima san, se non ti senti pronto possiamo rimandare! – esclamò un po’ preoccupata

Lui però, scosse il capo violentemente

-no, va bene così –disse mostrando un leggero sorriso

-capisco… -

–morirei comunque. E’ così che sarebbe dovuta andare, in fin dei conti-

La donna non disse più nessuna parola, limitandosi solo ad annuire, forse colpita da quelle parole così forti uscite dalla bocca di un ragazzino quasi diciannovenne.
Takahiro in fondo si sentiva pronto. Non aveva senso rimandare ancora quell’agonia. Era davvero arrivato il momento di fargliela vedere, a quel destino infame.
L’unica sua speranza, che sapeva non si sarebbe mai avverata, era quella di poter vedere di nuovo Naoya, prima di compiere quel lungo passo. Ma sapeva anche che ciò era impossibile e che era stato proprio lui a fare in modo che fosse così.
Sospirò e chiuse gli occhi, sentendo le porte dell’ascensore che si aprivano con un suono che gli sembrò quasi fastidioso. Provò a concentrarsi e ricordare il volto del suo sensei, rimembrare ogni suo tratto e tutti quei sorrisi che, sperava, l’avrebbero accompagnato nel suo viaggio verso la vita. O nel suo ultimo viaggio, prima della fine.



Nel frattempo, Misako, Shinjiro e Chiaki erano rimasti in corridoio, indecisi sul da farsi. Sapevano di dover scendere al piano terra, in sala d’attesa, perché erano lì le sale operatorie. Eppure sembrava che nessuno di loro fosse in vena di muovere un dito.
Misako stava cercando di asciugarsi le lacrime con un fazzoletto, mentre Chiaki era ancora immobile a fissare la porta della stanza numero 1313.
Fu il ragazzo ad interrompere quell’innaturale quiete.

-…andiamo giù –disse –stare qui non ha senso…-

L’aveva detto cercando di far reagire le amiche, ma nemmeno lui era convinto di ciò che diceva. Avevano cercato di essere forti per incoraggiare Takahiro, ma tutti e tre sapevano che le speranze erano davvero appese ad un filo, un misero 20%; praticamente nulla.

-…scusate ma…?- domandò Misako in quel momento, come ricordandosi di qualcosa

-Misako?- domandò Chiaki

La giovane cominciò a guardarsi intorno, cercando qualcosa. Poi si rivolse nuovamente agli amici.

-…Naoya senpai non è qui- osservò incerta

-…-

Istintivamente, Chiaki e Shinjiro si dettero un’occhiata perplessa, diventando improvvisamente nervosi. Anche loro, proprio come l’amica, troppo presi nel salutare Taahiro, non si erano resi conto che in effetti, Naoya non c’era. Anzi, non c’era mai stato.
Un’ennesima infermiera responsabile del reparto, dal volto familiare, passò loro davanti e prima che potesse andarsene gli domandarono quasi in coro se per caso “Urata Naoya si fosse fatto vedere quella mattina”. La donna scosse il capo, dicendo che non lo vedeva dalla sera precedente.
Senza perdere altro tempo, con apprensione, decisero di andare al piano di sotto, anche per chiedere se in reception avevano avuto notizie.
Erano inconsapevoli del fatto che il sensei si trovava ancora a Tokyo, ignaro di tutto quello che stava succedendo.




**




Per Naoya, la laurea era stata da sempre un chiodo fisso, una specie di ‘punto di arrivo’ che doveva assolutamente raggiungere e superare. Non per niente, già da quando era alle elementari, aveva espresso ai genitori la chiara intenzione di volersi laureare, anche se all’epoca non sapeva minimamente cosa volesse dire. Col tempo quello strano desiderio era diventato una sorta di assoluta certezza di volerlo davvero fare, e così si era ritrovato di punto in bianco tra i banchi dell’università di Tokyo, a studiare letteratura. Non era una facoltà particolarmente rinomata come lo potevano essere Medicina od Ingegneria, ma la trovava affascinante in egual modo, ed aveva imparato ad apprezzarla grazie ad un suo insegnate delle superiori, che gliel’aveva fatta amare a tal punto da spingerlo verso quella strada. E sempre ricordando con piacere quei momenti, aveva in seguito deciso di cercare di diventare professore, per poter insegnare a sua volta quell’affascinante materia con la stessa bravura.
Quando, dopo un lungo discorso, il rettore dell’Università di Tokyo cominciò a consegnare gli attestati ai laureandi, non appena ebbe ricevuto il suo sentì un tale senso di soddisfazione e di gratitudine che ringraziò uno per uno, senza indugi, tutti i membri della commissione ed i suoi professori, riservando per ognuno un profondo inchino.
Sua madre aveva cominciato a piangere ininterrottamente non appena Naoya si presentò con la sua bella laurea stampata nero su bianco. Mari chan aveva iniziato a prenderlo in giro scherzosamente, mentre suo padre, che solitamente era una persona piuttosto restia a mostrare emozioni, non riuscì a trattenere troppo la propria commozione.
Era stata un’ottima occasione per passare un po’ di tempo con la sua famiglia ed anche per staccare la spina dall’ultimo periodo, passato per lo più in ospedale.
Aveva solo accennato della situazione di Takahiro, quando era tornato a Yamagata a Giugno, ma non ne aveva mai spiegato i dettagli anche perché questo significava raccontare anche di ‘cosa’ fosse per lui il ragazzo, ed era un argomento che voleva evitare.
Dopo la consegna, l’evento prevedeva un piccolo rinfresco nella piazzetta davanti alla sede centrale Universitaria. C’erano dei lunghi tavoli imbanditi di stuzzichini e bevande. Naoya si divertì molto a farsi le foto con i propri compagni di corso e chiacchierò del più e del meno, mentre i genitori non facevano altro che guardarsi intorno un po’ spaesati: nonostante cercassero di sembrare ‘signorili’, erano persone semplici ed abituate alla vita di campagna; tutte quelle cerimonie li facevano sentire a disagio.

Verso le due del pomeriggio, quando il sole cominciò davvero ad essere insopportabile, tutti i presenti si trasferirono nei giardini, adornati di panche sotto i grandi salici che facevano da contorno suggestivo, circondati di tanto in tanto da dei piccoli laghetti. Naoya andò a sedersi proprio sotto le fronde di uno di questi alberi, un po’ in solitudine e cercando di non farsi vedere. Amava la compagnia, ma voleva pensare cinque minuti anche a se stesso.
Era molto felice quel giorno eppure, adesso che si trovava da solo, l’inquietudine che l’aveva accompagnato nel risveglio tornò all’improvviso a bussare alla sua porta. Quasi istintivamente mise una mano nella tasca destra dei pantaloni ed estrasse il cellulare, spento.
Lo fissò un po’ perplesso.




**




Il telefono da lei chiamato potrebbe essere spento o non raggiungibile

-…accidentaccio!!-

Misako aveva voglia di colpire il muro a forza di calci in quel momento. Con il proprio cellulare attaccato all’orecchio andava avanti ed indietro nella sala d’attesa, con Chiaki e Shinjiro che, seduti, seguivano con ansia ogni suo movimento.
Takahiro era entrato in sala operatoria da almeno due ore e per tutto quel tempo i tre ragazzi avevano cercato di contattare Naoya, ma senza successo.

-…niente da fare?- domandò Shinjiro

-macchè! continua ad essere spento!!- sospirò la ragazza, arrabbiata -è la quinta volta che provo…-

-f-forse ha il telefono scarico, ha trovato traffico…- provò ad ipotizzare Chiaki

-…non è da lui –spiegò Misako- uno preciso come il senpai non lascerebbe mai il telefono in certe condizioni, sapendo di Takahiro!-

-mica starai pensando che l’ha spento apposta?- intervenne nuovamente Shinjiro

-…-

Misako guardò il telefono, indecisa sul da farsi. Tutta quella situazione era assurda: come poteva Naoya essere sparito nel nulla proprio quel giorno? Era pur vero che non si sentivano da un bel po’, anche perché da quanto gli avevano raccontato gli amici, era stato spesso impegnato con la sua famiglia. Si chiese se per caso non gli fosse successo qualcosa, ma tentò in ogni modo di scacciare quei pensieri dalla sua mente e, senza perdere altro tempo, riprovò a chiamare.




**




Naoya aveva continuato a fissare il cellulare per un bel po’ di minuti, riflettendo un po’. Aveva promesso a Takahiro di tenerlo spento fino alla fine della giornata ed aveva tutta l’intenzione di mantenere quella promessa.
Però, in quel momento s’immaginò il volto del ragazzo, e venne colto improvvisamente dall’irrefrenabile desiderio di sentire di nuovo la sua voce.
Ebbe l’impulso di accendere il telefono, giusto il tempo per fargli una breve telefonata, per chiedergli come stesse. Quella sera si sarebbero rivisti, ma pensò che in fondo, Takahiro non se la sarebbe sicuramente presta troppo se si fossero sentiti un po’ prima.

-massì, solo una chiamata…- disse a bassa voce il ragazzo, decidendo finalmente di accendere l’apparecchio

Fu allora che il cellulare, dopo l’accensione, cominciò improvvisamente a vibrare una, due, tre, quattro e più, numero di volte, tanto che Naoya si spaventò leggermente. Erano tutti avvisi di chiamata non risposta.
Controllò un po’ ansioso e vide che erano addirittura cinque e tutte provenienti dallo stesso numero.
Quello di Misako.
Di nuovo, quella strana sensazione spiacevole tornò ad invaderlo e si rimise in piedi velocemente, con il cuore in gola. Come mai Misako l’aveva chiamato così tante volte? Era forse successo qualcosa?.
Senza perdere altro tempo, digitò il numero dell’amica e la richiamò.
Inaspettatamente fu un fulmine a rispondere.

-senpai?!- aveva esclamato la giovane

Sembrava piuttosto agitata.

-Misako chan!- salutò Naoya –ho appena visto le chiamate! Che succede?! –

-si può sapere dove sei?! è da ore che ti cerco!- sbottò lei ignorando la domanda

-s-sono a Tokyo ora…-

-…come?! A Tokyo?!-

-Perché? è successo qualcosa?!- ripeté Naoya preoccupato –sei in ospedale? …Takahiro sta bene? –

-Takahiro è in sala operatoria adesso!!- rispose Misako

Naoya rimase letteralmente senza parole. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non uscì alcun suono, solo uno strano mormorio di stupore.

-c-cosa?! – chiese –che diavolo stai dicendo?!-

-tu piuttosto!!dovresti essere qui!- rispose la ragazza un po’ stizzita –perché sei a Tokyo?!-

-…-

-senpai?-

-…i-io non…lo sapevo!- spiegò il giovane, con un filo di voce

-..eh?!-

-mi…mi ha detto che l’operazione è il trentuno!!-

-…-

Misako, dall’altra parte doveva essere rimasta anch’ella senza parole.

-l-l’operazione è oggi senpai…- disse, questa volta con meno veemenza

-…-

Naoya si sentì mancare. Le gambe cominciarono a tremargli e dovette metterci tutto il proprio impegno per non cadere.
Cercò subito di fare mente locale, di rimanere lucido il più possibile, chiedendosi se non fosse stato semplicemente un terribile incubo. In lontananza sentiva le chiacchiere dei suoi compagni.
Ad un certo punto si ricordò che Misako era ancora in linea e si apprestò a risponderle.

-s-sarò lì il prima possibile!- esclamò, mettendo giù di colpo il telefono

Rimise l’apparecchio nelle tasche e cercò con lo sguardo la propria famiglia. Quando li vide, seduti a rilassarsi poco lontano, corse verso di loro senza sapere minimamente cosa dirgli.
La madre si accorse subito che qualcosa non andava, perché non appena il figlio si presentò davanti a lei, la donna si alzò preoccupata.

-Naoya, tutto bene?- chiese –sei pallido!-

-d-devo andare a Yokohama! –spiegò il ragazzo- adesso-

-eh?!-

Come previsto, i genitori ci rimasero di stucco. In effetti non era normale che ad una cerimonia importante come quella, si chiedesse una cosa del genere così su due piedi, e comprese in pieno gli sguardi perplessi della sua famiglia.
Il padre soprattutto, scattò in piedi come una molla.

-che significa?- domandò con severità

-è una cosa urgente! Non ho molto tempo per spiegare…se non fosse importante non sarei qui a supplicarvi di lasciarmi andare…-

-m-ma è la tua festa!- obiettò la madre, non capendo –ti sei impegnato tanto per questo…-

-…lo so –sospirò il giovane – ma c’’è…c’è una persona che ha assolutamente bisogno di me, adesso-

Naya fissava i genitori con un’espressione speranzosa ed allo stesso tempo assolutamente decisa. Sapeva che l’unico difficile da convincere era suo padre, e per cercare di ammorbidirlo, fece un profondo inchino di novanta gradi, sotto gli occhi di molti presenti che stavano osservando la scena incuriositi.
L’uomo, fino alla fine sembrò restio e non capiva le reali motivazioni che stavano spingendo suo figlio a comportarsi in quel modo.
Tuttavia, dopo averlo guardato a lungo, sospirò pesantemente.

-ho avuto la fortuna di avere un figlio diligente e dedito al dovere – spiegò

-…-

-Naoya, se dici che è importante a tal punto, ti credo – concluse infine, con un mezzo sorriso

Il ragazzo si rimise in piedi, leggermente incredulo dalle parole del padre. Anche la consorte lo era, ed annuì discretamente, sollevata dal fatto che il marito sembrava aver preso bene quella decisione, appoggiandola.

-grazie!!- esclamò Naoya –s-scusatemi, davvero…-

L’uomo scosse la testa. Poi mise una mano all’interno di una delle tasche della giacca ed estrasse un paio di chiavi di metallo. Gliele porse.

-…hai detto che devi andare a Yokohama? Con l’autostrada non dovresti metterci molto!-

-p-papà, ma voi come fate senza macchina?!- chiese Naoya con profonda gratitudine

-chiederemo un passaggio agli zii!- sorrise la madre –ora vai! –

-…-

Anche se ciò significava perdere qualche altro istante, Naoya non poté fare a meno di inchinarsi nuovamente verso i suoi genitori e pensò, ancora una volta, di essere stato davvero fortunato ad averli.
Poi, senza indugiare oltre, strinse tra le mani quelle chiavi e si mise a correre, più veloce che poteva.





**




Nel frattempo Misako, dopo che il sensei le aveva praticamente buttato giù il telefono, era rimasta imbambolata con l’apparecchio che continuava a squillare a vuoto, decisamente perplessa.

-allora? Ci hai parlato?- domandò Chiaki avvicinandosi all’amica

-che cosa gli è successo?- chiese anche Shinjiro

La ragazza si voltò verso i due amici -non…non lo sapeva- disse senza giri di parole

-eeeh?!-

-Takahiro gli aveva detto che era il trentuno l’operazione…- esclamò ripetendo le esatte parole che aveva sentito

-…-




**




Per tutta la durata del viaggio da Tokyo a Yokohama tramite l’autostrada, Naoya non riuscì a pensare ad altro che a quanto fosse stata assurda tutta quella situazione. Mantenendo anche una certa lucidità, si rese conto che le parole di Misako acquistavano senso man mano che ricordava gli atteggiamenti di Takahiro in quelle due ultime settimane ed in particolare, dopo che gli aveva detto la data della sua laurea.
A ben rifletterci era la stessa identica cosa che era accaduta dopo le vacanze di Natale, quando l’amico aveva fatto di tutto per depistalo e non fargli capire che stava male, arrivando persino a mentire sui suoi sentimenti reali. Aveva davvero creduto che dopo tutto quello che era successo non ci sarebbero più stati segreti così terribili da nascondere, ma a quanto sembrava, Takahiro aveva ancora una volta, preferito lottare da solo.
Da quanto gli sembrava di aver capito, a differenza della volta precedente, Misako e gli altri non erano a conoscenza del piano di Takahiro e si convinse che il moro doveva aver escogitato tutto con la massima cura nei dettagli, in modo che gli amici e chi ne sapeva qualcosa, non parlassero più del dovuto.
Sentiva di provare una grande rabbia.
Più della paura di non rivedere mai più Takahiro, di aver perso le sue ultime ore inconsciamente, sentiva il profondo desiderio di entrare in quella sala operatoria e prenderlo a pugni.
Poi si rese conto che l’amico si trovava effettivamente lì, e non osò immaginare cosa gli stavano facendo.
La sensazione di inquietudine che l’aveva accompagnato tutto il giorno si era rivelata qualcosa di ben più grande. Un’ assoluta certezza.

Una volta arrivato in clinica parcheggiò di fretta e furia l’auto di suo padre e si diresse correndo all’interno della struttura. La receptionist lo salutò cordialmente, ma lui, troppo preso nel cercare la sala d’attesa, non la vide neanche.
Diede uno sguardo alle indicazioni sul tabellone appeso ad uno dei muri e, dopo aver letto dove si trovava il reparto che cercava, ci si fiondò.
La strada fu più breve di quanto avesse immaginato, e dopo pochi minuti riuscì ad intravvedere la stanza dove erano seduti, in silenzio, Misako, Shinjiro e Chiaki.
Non appena fu entrato, con fiato corto, i tre amici balzarono in piedi all’improvviso.

-s-senpai!- esclamò Misako

Naoya salutò solo con un cenno; non aveva il cuore di parlare in quel momento. La sola cosa che fissava costantemente, erano le porte che conducevano alla sala operatoria, chiuse. Una luce rossa di un monitor indicava che era in corso un intervento.
La ragazza, senza dire nulla di più, andò verso Naoya e lo abbracciò, lasciandolo un po’ colpito.

-senpai!!- ripeté, avvolgendolo con le sue esili braccia.

-…-

-l-l’ha rifatto –disse ad un certo punto il ragazzo

-…eh?- Misako si staccò e fece un passo indietro

La rabbia che fino a quel momento aveva cercato in tutti i modi di tenere rinchiusa dalla propria ragione, finì quasi per esplodere. Si sentiva ribollire man mano che continuava a guardare l’ingresso di quella sala, dove si trovava Takahiro.

-lo sapevo, è rimasto tale e quale…!!!- esclamò

-Naoya senpai…- sospirò Chiaki

-…SEI PROPRIO UN MALEDETTO EGOISTA!!- urlò all’improvviso, rivolto laddove si trovava il moro

I tre amici, che non si aspettavano quella reazione, rimasero quasi pietrificati. Non avevano mai visto Naoya così infuriato, i suoi occhi non facevano che riflettere la pura rabbia. Coloro che in quel momento passavano da quelle parti, si erano voltati a vedere cosa stesse succedendo, compreso qualche medico, indeciso se intervenire o meno.

-MI HAI SENTITO, TAKAHIRO?! SEI SOLO UN EGOISTA!!!- urlò ancora con tutto il fiato che aveva in corpo

-Naoya..!- intervenne Shinjiro, cercando di calmarlo

La gente stava cominciando a preoccuparsi e Shinjiro, con una certa risoluzione, prese il sensei per un braccio, costringendolo a guardarlo in faccia. Naoya non fece nulla per divincolarsi.

-…qualunque cosa Takahiro abbia fatto…- spiegò ad un certo punto –l’ha fatta solo ed esclusivamente in funzione di te!-

-…-

Shinjiro sembrava piuttosto deciso e risoluto, come non l’aveva mai visto prima. Forse fu proprio per quella sua improvvisa forza, che Naoya sembrò calmarsi tutto d’un tratto. Quando fu sicuro che non avrebbe più dato in escandescenza, l’ormai suo ex studente mollò la presa e lasciò che si ricomponesse.

-s-scusatemi…- sospirò Naoya mortificato

Chiaki scosse la testa –n-non potevi farci nulla…-

-Takahiro è sempre il solito…- intervenne Misako con una punta tristezza

-la colpa è anche nostra…- spiegò Shinjiro rammaricato –se non fossimo stati così ingenui…Takahiro ci aveva detto di parlarne il meno possibile perché l’argomento era piuttosto delicato. L’abbiamo preso fin troppo alla lettera…-

-…in questi giorni era sempre strano…- continuò poi il sensei –era ansioso, nervoso…avrei dovuto insistere e farmi dire tutto…se c’è qualcuno che doveva fare qualcosa…quello sono solo io…-

-senpai…-

Senza dire un’altra parola, Naoya, molto lentamente, decise di lasciare di punto in bianco la sala d’attesa. Ora più che mai aveva bisogno di pensare seriamente sul da farsi. Aveva bisogno di un po’ di solitudine.
Vedendo che stava uscendo, Shinjiro fece qualche passo verso di lui, perplesso.

-Naoya, dove vai?!- domandò

-…-

Il sensei si voltò verso i ragazzi, che lo fissavano preoccupati. Lui, per la prima volta in quei minuti intensi, mostrò un lieve sorriso, quasi di incoraggiamento, che lì colpì.
Era un sorriso triste, ma anche speranzoso: non sapevano bene come interpretare quello strano gesto.

-…tornerò!- disse semplicemente, prima di uscire.






**





In realtà Naoya non aveva la minima idea di dove andare. Aveva solo sentito il bisogno di allontanarsi il più possibile, dopo essersi sfogato con Takahiro. L’attesa di sapere se il suo compagno sarebbe sopravvissuto o meno era snervante e a tratti terribilmente opprimente. Invidiava molto il modo di pensare di Misako e Chiaki, sedute in silenzio ad attendere senza segni di cedimento.
Lui non ci riusciva.
Si mise a passeggiare in lungo e largo per l’ospedale, senza una meta precisa, molti degli infermieri ormai lo conoscevano e si incrociarono diverse volte, salutandosi.
Quasi istintivamente fece la stessa identica strada che ormai si era abituato a percorrere da quasi otto mesi, e dopo un po’, quando le porte dell’ascensore si aprirono, si ritrovò a vagare tra le camere dei pazienti. Alcune avevano la porta aperta e ogni tanto vi guardava dentro: alcuni malati erano con i familiari venuti in visita, altri stavano dormendo beatamente, altri ancora erano talmente fuori dal mondo che probabilmente non si rendevano nemmeno conto di esistere ancora.
Arrivò in silenzio davanti a quell’unica stanza che aveva solcato più e più volte, in quel periodo. I numeri ‘1313’ stampati sulla porta sembravano quasi brillare.
Con un po’ di esitazione, decise di entrare, solcò l’ingresso di quella camera, quasi con il desiderio, o meglio la speranza, di guardare e trovare ancora Takahiro lì, che sorrideva al solo vederlo.
Ma non c’era nessuno in quel letto, ad attendere il suo arrivo. Con timore e lentamente, osservò quella stanza con un po’ di nostalgia e notò che, nonostante tutte le cose dell’amico fossero ancora lì, probabilmente come le aveva lasciate, il letto era stato interamente rifatto, quasi fossero stati certi che Takahiro non ci si sarebbe mai più sdraiato. Un magone improvviso lo costrinse a fermarsi ed a riprendere fiato. Fissò le lenzuola bianche che aderivano perfettamente alla forma del materasso, ed allungò una mano, sfiorandole. Gli sembrò addirittura di sentire ancora l’essenza di Takahiro in quel posto, nonostante lui non fosse lì.
L’ultima volta che lo aveva visto, il moro gli aveva confessato quanto bello fosse stato l’averlo incontrato.
Era successo tutto per puro caso, in un normale giorno di scuola, e da allora niente era stato più come prima, ne per uno ne per l’altro. In un certo senso era stato il destino ad aver voluto che non si separassero, di questo ne era assolutamente certo. Quello stesso destino che aveva teso brutti scherzi al moro, aveva comunque cercato di farli stare insieme; quali fossero le sue reali intenzione, Naoya non lo sapeva.
Fu in quell’istante che sul comodino, notò una serie di riviste. Dapprima non ci fece troppo caso quando, aguzzando la vista, scorse qualcosa che era troppo piccolo e spesso per essere un giornale. Si avvicinò e per poco non gli venne un colpo.

-ma questo…?- esclamò a voce alta

Si trattava del suo diario.
Subito si chiese dove e quando Takahiro avesse potuto prenderlo; poi si ricordò che probabilmente, nella fretta, l’aveva dimenticato lì la sera prima.
Timidamente, allungò la mano e lo prese. Nel farlo però, notò che ‘qualcosa’ scivolò fuori dal libro e, ondeggiando come una piuma, andò a depositarsi proprio di fianco al letto, per terra.
Perplesso per quello che si era rivelato essere un piccolo pezzo di carta, sospirò e si accucciò per prenderlo e vedere cosa fosse.
Sembrava un pezzo di foglio di rivista, e subito si domandò come avesse fatto a finire lì in mezzo. Lo guardò con attenzione, rigirandolo.
E fu allora che si accorse che sulla superficie di quel foglietto c’erano scritte alcune parole.
La calligrafia era molto ordinata e precisa. Naoya la riconobbe subito: era quella di Takahiro.
Con il cuore in gola, lesse quelle poche righe che erano state impresse da quella mano esile e senza energie:

 

あなたを愛して幸せになった。[Anata wo ai shite shiawase ni natta]
ありがとう。ごめんなさい。[Arigatou. Gomennasai]




-“…Sono stato felice di amarti” – lesse a voce alta, incredulo –“Grazie. Scusami”-

Perché le cose erano andate così, in quel modo triste e silenzioso?
Perché nonostante tutte le promesse che si erano fatti, Takahiro aveva deciso ancora di lasciarlo fuori dai suoi problemi? Era stata forse colpa sua, che non era riuscito a capire subito cosa accedeva nella testa dell’amico?
Rilesse almeno cinque volte quelle righe, scritte probabilmente poco prima di entrare in sala operatoria, in totale solitudine, quasi a presagire che probabilmente non si sarebbero mai più rivisti.
Sentì le gambe tremargli all’improvviso di dovette sedersi sul letto, con quel foglio ancora tra le mani, stretto stretto.
Alzò gli occhi al cielo, tentando in tutti i modi di non farli lacrimare. Non aveva mai pianto, non ci riusciva nemmeno in quel momento, a dire il vero. Eppure sentiva il bisogno di guardare in alto, perché in un certo senso, se Takahiro era già dall’altra parte, forse avrebbe potuto essergli più vicino. E con il timore che potesse vederlo, non doveva assolutamente lasciarsi andare con i sentimenti. Doveva essere forte.

-s-sei uno stupido…- sospirò con voce rotta -…ti ho detto mille volte di non ringraziare e di non chiedermi scusa…-

In quel momento i due ragazzi era lì, vicini ma lontani. L’uno stava lottando per la vita, l’altro stava pregando per la sua salvezza. Respiravano ancora la stessa aria, erano ancora sotto lo stesso cielo. Erano vivi entrambi, lo sentiva. Sentiva che Takahiro era ancora lì con lui, con tutti loro, che lottava con le unghie e con i denti per rimanere attaccato alla vita. A quella stessa vita che lo aveva ignorato fino a quel momento, dandogli prove enormi da affrontare.
La rabbia verso l’amico in quell’attimo cessò, e gli sembrò addirittura di vederlo, mentre scriveva quelle parole, con il volto contratto e la paura nel cuore di non svegliarsi più. Benché, lo sapeva, fosse l’egoista più forte e coraggioso che avesse mai incontrato. Una persona così testarda come lui non poteva darla vinta alla malattia.
Senza rendersene conto si ritrovò con le mani congiunte, a chiedere aiuto non a Dio, ma a Kyoko san. A chiederle di nuovamente di non portarsi Takahiro con sé, di lasciargli una speranza di poter ricominciare.
Sperò con tutto sé stesso che potesse ascoltare le sue preghiere.
Ora che erano giunti alla fine del viaggio, bisognava decidere da che parte svoltare: se verso il nulla o verso la luce.




**





Il sensei tornò dagli altri amici dopo all’incirca un’ora. Si era portato dietro il diario, con il foglietto scritto da Takahiro fra le sue pagine.
I tre furono felici di vederlo e soprattutto, di vedere che il suo umore era piuttosto sereno.
Si sedette su una delle sedie a disposizione e lì vi rimase, in totale silenzio, assorto nei suoi pensieri. Chiaki e Shinjiro si consolavano a vicenda, stringendosi la mano, mentre Misako non riusciva a stare ferma e continuava a camminare, nervosa.
Quando furono passate altre quattro ore, alcuni infermieri vennero a domandare se volessero qualcosa da mangiare o da bere, ma nessuno di loro era in vena. Di tanto in tanto, a turno avevano fatto un giro fuori dall’ospedale, per prendere una boccata d’aria, ma l’attesa era davvero snervante, in quanto nessuno si era degnato di dirgli come stesse andando l’intervento. Secondo le previsioni comunque, non doveva mancare molto. Da un certo punto di vista, il fatto che non sapessero nulla forse voleva dire che tutto stava andando bene.
Naoya si sentiva davvero stanco, totalmente a pezzi. Lanciò uno sguardo agli altri, e parevano anche più distrutti di lui. Nessuno aveva parlato per tutto il tempo quando, improvvisamente, non sapeva bene come spiegarlo, ma sentì il bisogno di farlo.
Raccontò loro qualche episodio divertente accadutogli insieme a Takahiro durante l’inverno passato, per poi soffermarsi sulla sua laurea e sul fatto che l’amico aveva escogitato tutto quello stratagemma solo per impedirgli di non parteciparvi.
I tre, che non erano a conoscenza del fatto che quel giorno Naoya si fosse laureato, gli fecero gli auguri.

-Takahiro…pensa sempre prima agli altri…- sospirò Misako –quello stupido…-

Naoya si limitò a sorridere, lievemente affranto.
Era indubbiamente vero.

-avevo capito che era coraggioso- intervenne Shinjiro –ma non pensavo che lo fosse fino a questo punto. Cercare di sopportare tutto questo da solo…io non ce la farei-

-Kyoko san…sarà sicuramente fiera di lui!- annuì Chiaki

Certamente, Kyoko probabilmente non avrebbe mai potuto sperare di avere un figlio migliore di Takahiro che, come lei, aveva sempre messo gli altri davanti a sé stesso. Forse sbagliando, forse sembrando egoista, lui aveva fatto ogni cosa solo con lo scopo di rendere la vita più facile agli altri, magari facendoli soffrire inizialmente, ma di una sofferenza che si poteva superare in un modo o nell’altro.

In quel momento la luce del monitor divenne verde all’improvviso; come un lampo i quattro ragazzi si alzarono dai propri posti e si voltarono verso l’ingresso della sala operatoria.

-h-hanno finito?- domandò Misako

Erano passate ormai otto ore.
Attesero impazienti qualche minuto, ma da quelle porte non usciva nessuno. Si guardarono un po’ perplessi ed allo stesso tempo preoccupati. Chiaki si era stretta attorno a Shinjiro che fissava ancora la luce verde che lampeggiava.

-quanto ci mettono…?- chiese Naoya, spazientito

-…-

Dopo un altro paio di minuti, finalmente quell’entrata si spalancò davanti a loro. Ma a differenza di quanto avevano pensato, non uscì Takahiro, ne la moltitudine di infermieri e medici che avevano visto quando erano venuti a salutare l’amico.
L’unico che si presentò d’innanzi a loro fu un uomo, vestito di un camice verde menta, con un fazzoletto del medesimo colore sulla nuca e una mascherina che non faceva capire chi fosse. Anche se non c’erano dubbi al riguardo.
I quattro si precipitarono verso il dottore.

-dottor Kazuki!!- esclamò Chiaki

Il medico si tolse la mascherina. Sembrava molto spossato.

-ragazzi- sorrise –siete tutti qui…- esclamò guardando anche Naoya

-Takahiro come sta?!- domandò il sensei – ci dica tutto!-

-non ci tenga sulla spine!!- aggiunse Misako

-…-

Kazuki sembrava non sapere da dove cominciare a parlare, tanto che per un momento tutti pensarono subito al peggio. Naoya vide Misako congiungere le mani istintivamente.
L’uomo sospirò, per poi parlare.

-….ci sono state delle complicazioni…- spiegò

-…complicazioni?-

-…-

-la massa tumorale era più estesa di quello che pensavamo –continuò – è andato in arresto cardiaco ben due volte…-

-c-cosa significa?!- obiettò Naoya con veemenza –aveva detto che l’intervento si poteva fare!-

-il tumore è andato ad annidarsi ancora più all’interno. Le macchine non hanno potuto trovarlo, sono cose che capitano molto spesso.-

-…T-Takahiro…- singhiozzò Chiaki, che venne abbracciata da Shinjjiro

-d-dov’è …dov’è Takahiro…?- domandò Misako sul punto di piangere

-…-

Il dottor Kazuki dapprima guardò ognuno dei ragazzi con molta serietà. Nei loro occhi riusciva a percepire la paura e l’angoscia che il loro amico fosse andato via per sempre. La loro, pensò, era davvero un’amicizia che andava al di là di tutto. Takahiro nella sua vita aveva perso molte persone care ma, al tempo stesso, era riuscito a trovarne altre che gli volevano bene. E questa era la cosa che contava di più.
Sorrise lievemente dopo aver vagato con la mente. Il suo sguardo sembrò trasparire una certa commozione.

-…Takahiro kun ha così tanta forza dentro di sé, che forse non riesce nemmeno ad immaginarlo – spiegò –nonostante tutto siamo riusciti a togliere il tumore!- esclamò

Naoya non si rese subito conto di quanto aveva detto il medico. Rimase imbambolato a fissare l’uomo senza cambiare espressione, troppo occupato a cercare di codificare quelle parole. Gli altri sembravano in trance quanto lui.

-l-l’operazione è riuscita, ragazzi miei!- sorrise, questa volta più ampliamente

-…-

-…s-sta dicendo…- balbettò il sensei con il cuore che sembrava un martello pneumatico impazzito -…che Takahiro…lui…-

Kazuki annuì –si, Takahiro non ha più motivo di pensare di dover morire tanto presto!-

-…-

All’istante, Naoya sembrò estraniarsi improvvisamente da tutto. In un primo momento sentì ancora la voce del dottore che diceva “sta dormendo ora. potete andare a trovarlo.“; poi però cominciò a non udire più nulla, riuscì solo a vedere ciò che accadeva intorno a lui: Misako e Chiaki che si abbracciavano in lacrime, saltando di gioia, Shinjiro che un po’ in disparte si era messo le mani sul volto tirando un sospiro di sollievo, e il dottor Kazuki che rideva felice.
Cosa voleva dire tutto questo? Che Takahiro era ancora lì? Che non era scomparso lasciandoli soli? Avrebbe potuto rivedere il suo sorriso quante volte voleva? Era davvero accaduto quel miracolo che aveva a lungo sperato che avvenisse?
Sentì qualcuno prenderlo per un braccio, strattonandolo lievemente: erano le ragazze che, commosse, gli stavano dicendo di correre da Takahiro.
Se per tutti quei mesi aveva dovuto metabolizzare il lutto imminente, dicendo a se stesso che Takahiro sarebbe morto, adesso la sua mente non faceva altro che ripetere:”Takahiro è vivo, è vivo” con insistenza, perché capisse che non era solo un sogno od una lieve speranza. Ma la semplice realtà.

Mentre si avviarono alla stanza dove riposava l’amico, Kazuki spiegò loro che i danni al cervello sarebbero stati minimi. In un certo senso, sarebbe diventato leggermente più smemorato, ma non era un handicap così evidente e probabilmente col tempo ed una buona dose di allenamento, il difetto sarebbe pressoché scomparso. Quello che però non era certo, era la condizione con la quale si sarebbe svegliato dopo l’operazione. C’erano buone possibilità che di non ricordare certi momenti, periodi o addirittura anni interi della sua vita. Magari ciò non sarebbe accaduto, però i quattro ragazzi avrebbero dovuto essere pronti. Naoya non volle nemmeno pensare a quell’eventualità. Takahiro non poteva assolutamente dimenticarsi di lui. Ne avevano passate talmente tante…no, era categoricamente impossibile che potesse cancellare ogni cosa.

Quando furono arrivati, il medico li fece entrare silenziosamente.
Uno dopo l‘altro, si disposero di fianco al letto dove giaceva Takahiro. Una grossa benda gli copriva praticamente tutto il cranio e veniva aiutato a respirare con il tubo. Ma per l’appunto, respirava, era vivo. Sembrava dormire piuttosto serenamente e a prima vista non pareva una persona che era appena stata ad un passo dal morire.
Naoya si avvicinò lievemente e con una mano gli sfiorò una guancia. Era così bello, pensò senza distogliere lo sguardo.
Ci sarebbero volute un altro paio d’ore prima che potesse svegliarsi, ma i ragazzi, per quanto fossero stanchi, decisero di rimanere lì, ad assistere l’amico .
Così il dottor Kazuki fece portare loro delle sedie e stettero lì, in silenzio, ad attendere.
Alla fine sembrava che quel misero 20% di possibilità fosse stato più che sufficiente e che Takahiro, con la sua incredibile forza, fosse riuscito a ribaltare il suo destino. Naoya voleva credere che sarebbe andato tutto per il meglio, che sarebbero presto usciti insieme, che avrebbero viaggiato, riso e goduto di ogni momento da lì in avanti. Voleva credere che l’incubo era finalmente finito.
Ad un certo punto sembrò che la mano di Takahiro si fosse mossa lievemente. Naoya, che l’aveva tenuta stretta tutto il tempo, lo percepì chiaramente quel movimento e scattò in piedi, attento.

-T-Takahiro!- esclamò, avvisando gli altri

-si sta svegliando?- domandò Misako

-…-

Dapprima sembrò solo un falso allarme un movimento involontario. Poi però l’espressione sul volto del moro sembrò cambiare lievemente. Tutti si misero attorno a lui.

-…mh…- bofonchiò il ragazzo, svegliandosi

-Takahiro?- lo chiamarono gli amici

Aprì gli occhi piuttosto velocemente. La prima cosa che sentì distintamente, fu un tremendo dolore alla testa, ed una strana sensazione di stanchezza. Percepì che qualcuno gli stava tenendo una mano, ma non riuscì ad alzarsi per capire chi fosse. Sentì delle voci che pronunciavano il suo nome con insistenza, e si accorse di non essere affatto solo.
C’erano delle persone accanto a lui, che inizialmente parve non riconoscere, ma che poi, lentamente, cominciò a ricordare. E cominciò a ricordare anche chi fosse lui.

-s….siete….voi…?- cercò di parlare, ma gli uscivano solo parole a metà

-Takahiro, ci riconosci?!- chiese Shinjiro

Il giovane fissò una per una, ogni faccia. Poi annuì, sorridendo lievemente.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo.

-Shin…M-Misako…Chiaki….- esclamò Takahiro dicendo uno per uno tutti i loro nomi

I tre annuirono. Le due ragazze erano letteralmente in lacrime.
Poi lo sguardo del moro si posò sull’unica persona che non aveva intravisto bene.

-…Takahiro…- esclamò il sensei con un po’ d’ansia

-…N…Naoya –sorrise il ragazzo, salutandolo

Fu la volta sua di poter finalmente rilassarsi: si ricordava ancora di lui. Takahiro sembrava un po’ frastornato e non capiva bene dove si trovasse.

-…non..non sono morto?- domandò

-sei vivo Takahiro!- rispose Naoya –s-sei vivo, ce l’hai fatta…-

-e sei sano come un pesce, aggiungerei!- rise Chiaki

-è tutto finito!! Tutto!- annuì Misako

-bentornato tra noi, amico!- concluse Shinjiro

Ora riuscì a distinguere chiaramente i dettagli del volto di tutti, eccetto quello di Naoya, che aveva memorizzato talmente bene prima di addormentarsi, che non servì impegnarsi per sapere che fosse davvero lui.
Cominciò a ricordare diverse cose ed a capire cos’era successo: aveva deciso di fare l’intervento, si era operato ed era riuscito a farcela. Era vivo, lo era davvero.
Per un breve istante gli era sembrato di essere morto. Era stata una sensazione durata giusto un attimo, ma ci aveva davvero creduto, tanto che l’essere vivo e vegeto in quel momento gli parve più una cosa triste che felice.
Guardò i volti dei suoi amici che erano rigati di lacrime, che però erano di gioia. Poi posò i suoi occhi su quelli di Naoya, del suo Naoya. Lui non stava piangendo, ma sorrideva, ed era bellissimo.

-s-scusami…Naoya…scusami…- esclamò

Il sensei scosse la testa –sei uno stupido, devi smetterla di scusarti-

-non ti ho…detto nulla…rchè volevo…volevo che…- provò a dire, con molta fatica

-so perché l’hai fatto- lo fermò –adesso non ha più importanza…-

-…-

-…adesso avremo tutto il tempo che vogliamo-


Takahiro aveva sempre pensato che sopportare il dolore in solitudine fosse molto meno crudele che farlo sopportare anche agli altri, a tutti quelli che gli volevano bene.
E sempre in funzione di questo, aveva vissuto e programmato le sue scelte con il massimo impegno e precisione.
Ma forse, sopportando tutti insieme le avversità che la vita mette davanti, non è più semplice continuare il proprio cammino? Aiutandosi l’uno con l’altro non facilita le cose?.
Aveva imparato tutto questo semplicemente sbagliando, commettendo innumerevoli errori, come tanti altri prima di lui aveva creduto che la cosa migliore fosse quella di liberarsi degli affetti, grandi o piccoli che fossero.
Ma nessuno può vivere senza un amico che piange per te, senza una persona disposta a tutto pur di farti sentire amato, senza qualcuno al quale aggrapparsi dopo una caduta.
Il destino gli aveva dato una nuova opportunità di vivere e di rimediare ai propri sbagli. Che fosse stato tutto programmato fin dall’inizio? quello stesso destino al quale Kyoko non era riuscita a sottrarsi, lui invece l’aveva soggiogato all’ultimo secondo, riuscendo a vivere. Era riuscito a fare quello che probabilmente sua madre aveva rinunciato: andare avanti nonostante tutto, nonostante ogni cosa andasse male.

-Takahiro- esclamò Naoya con la voce che tremava ancora per la commozione

Lui si voltò in silenzio,verso il suo sensei.
Non riusciva ancora a credere che avrebbe potuto continuare a vederlo, sentirlo, toccarlo. Sarebbe riuscito a fare tante cose insieme a lui.

-….Naoya…- lo chiamò dolcemente

Il ragazzo sorrise alla chiamata.
Delicatamente si abbassò tanto quanto bastava per raggiungere la testa bendata di Takahiro e, con una dolcezza quasi immaginaria, posò le sue labbra sulla fronte dell’amico, baciandolo.
Misako, Chiaki e Shinjiro osservarono la scena commossi. Misako sorrise lievemente, con un aria leggermente sconsolata: anche per lei, a quanto sembrava, era arrivato il momento di voltare pagina, una volta per tutte.

-ti amo, Takahiro- disse il sensei

Il giovane riuscì appena a rispondere, sussurrando semplicemente “anche io”, prima di richiudere gli occhi e sprofondare nuovamente nel sonno.
Naoya, istintivamente gli prese la mano e gliela strinse forte, come se avesse avuto paura che Takahiro potesse in qualche modo andarsene lo stesso, in un modo o nell’altro.
Quando i respiri regolari del ragazzo cominciarono ad essere calmi e scanditi, capì che era davvero tutto finito: che Takahiro era davvero vivo e che non avrebbero più dovuto preoccuparsi del futuro. Che sarebbe bastato semplicemente vivere il presente con amore e serenità, giorno dopo giorno.
Se il filo rosso del destino esisteva davvero, allora Naoya era certo di essere legato indissolubilmente a Takahiro, da un legame talmente profondo che erano stati capaci di ritrovarsi anche nelle avversità.
Ed era certo che, nonostante tutto, le cose sarebbero andate per il verso giusto.
Sarebbero stati insieme al suo risveglio.
Ed era questo ciò che più contava.
Essere insieme.


 
 

nligRxe







**









Io e Takahiro trascorremmo quattro anni meravigliosi. Con molto più amore, di quanto altri ne abbiano avuto in una vita intera.
Dopo la laurea riuscii ad ottenere un posto presso l’Università di Tokyo, come insegnante di letteratura. Takahiro, poiché non poteva accedere a nessuna facoltà importante, trovò lavoro come assistente di un direttore di una nota casa editrice di manga. Girava il Giappone in lungo e in largo, dai rispettivi autori per ritirare i manoscritti da pubblicare.
Nonostante non fosse ciò che aveva sognato, era felice e si divertiva a viaggiare. Poco tempo dopo la sua guarigione andò a trovare la famiglia di suo padre; si perdonarono e lui conobbe finalmente il suo fratellino. Durante i fine settimana andavano spesso via insieme e la cosa non mi dava assolutamente fastidio. Anzi, ero davvero felice che le cose si fossero sistemate.
Takahiro aveva sempre sostenuto che gli fosse stata concessa una possibilità in più per provare ad essere felice e che per questo, doveva dare il massimo, per non sprecarla. Io, dal canto mio, ero certo che Kyoko san avesse esaudito il mio desiderio, che ci avesse concesso una nuova opportunità per stare insieme.
Ma inconsciamente sapevo che quel tempo sarebbe finito, prima o dopo. Che Kyoko san avrebbe deciso di riprendersi Takahiro e di portarlo infine, con sé, com’era stato stabilito.
E ciò accadde in un giorno di fine inverno.
Si trovava in Hokkaido, per lavoro. Aveva noleggiato una macchina in modo da raggiungere l’aeroporto di Sapporo, per tornare a Tokyo. Le strade di montagna erano ghiacciate. Takahiro ebbe un malore, perse il controllo dell’auto, andò a sbattere contro un platano che si trovava nei pressi della strada che stava percorrendo.
E fu così che se ne andò.
Ricordo vagamente i giorni che seguirono quell’incidente. Ero troppo preso dal consolare Misako e Chiaki da rendermi conto di cosa fosse successo davvero. Rammento solo sprazzi di quello che facevo e di quello che facevano gli altri: Shinjiro che fissava un punto indefinito del pavimento, senza espressione. Questa è una di quelle cose che mi sono rimaste nella mente.
Il medico che fece l’autopsia, confermò quella che in un certo senso, era stata la mia prima intuizione, subito dopo aver saputo la notizia: il malore che aveva causato l’incidente, era dovuto ad una nuova metastasi al cervello, che si era formata di recente.
Quel male contro il quale Takahiro aveva lottato con tutto se stesso, era infine tornato, a distanza di quattro anni. Non ero certo che fosse cosciente di essere malato, ma mi consolò sapere che non aveva sofferto. Era svenuto ancor prima di rendersi conto di morire. Per questo, ringraziai Kyoko san di averlo stretto fra le sue braccia in quell’attimo.

Alla cerimonia funebre parteciparono gli amici più stretti, compreso il dottor Kazuki, i vecchi compagni di scuola della Hibiya High School ed il padre, Miura Takuya con la propria famiglia. Dentro quella bara aperta, Takahiro sembrava dormire profondamente, sereno. Molte lacrime furono versate, io non ricordo nemmeno cosa provavo. Fissavo quel volto che sembrava quasi lo spettro della morte, in silenzio, senza dire una parola. Mi sentivo come se qualcuno mi avesse strappato via il cuore. Non avevo la forza nemmeno di piangere. Non l’avevo mai fatto, ad essere sincero.

Ci volle poco; Takahiro divenne cenere bianca, leggera, silenziosa. Tutto ciò che era stato da vivo era sfumato, pian piano. Mentre vedevo quella bara bruciare, mi resi finalmente conto che Takahiro, in quel preciso momento aveva smesso di esistere. Che non c’era più in quel mondo. Che non avrei più rivisto il suo sorriso. Era diventato come Kyoko san. Era finalmente tornato da lei.

Miura Takuya dopo il funerale mi chiese di tenere le ceneri di Takahiro. Mi disse che era più giusto. Io però sapevo ciò che andava fatto.
Pochi giorni dopo, decidemmo di comune accordo di recarci a Yokohama. Chiaki, Misako, Shinjiro e il dottor Kazuki vennero con noi. Noleggiammo una barca e andammo al largo, in mare. Dopo aver pregato a lungo, lasciammo che il vento, tristemente, trasportasse ciò che era rimasto di Takahiro e Kyoko san, lontano, dove avrebbero potuto stare insieme, senza che la morte li separasse.
Fu allora che, per la prima volta dopo l’incidente, piansi. Fui colto da uno strano senso di disagio, mi sembrò che il cuore stesse per scoppiare da un momento all’altro, pesante come un macigno. Il vento mi scompigliava i capelli, e le lacrime solcavano le mie guancie. Finalmente avevo trovato la forza anche di piangere.
Era una calda giornata di fine marzo.
Ed infine, lì diedi il mio addio a Takahiro, che aveva salutato quel mondo prima di me, ed a tutto quello che eravamo stati.


Sono passati cinque anni da allora.
Da quel giorno a Yokohama non ho più rivisto il signor Miura. Le nostre strade non si sono più incrociate benché sia rimasta intatta la stima che provavamo a vicenda.
Il primo periodo senza Takahiro fu molto duro, ma mi feci coraggio, come ero sicuro che mi avrebbe detto di fare lui. Non ho mai mollato ed ho continuato a lavorare con impegno e dedizione finché, tre anni fa’, non ho deciso di abbandonare l’Università. Insegnare era sempre stato il mio sogno più grande, ma sentivo che quello non era il mio posto. Avvertivo una strana sensazione, che mi spinse a cambiare improvvisamente rotta, e dopo tanto tempo, guardai al passato.
Tornai là, dove avevo provato gioia, felicità e si, anche dolore. Tornai alla Hibiya High School, laddove tutto era cominciato. Quando solcai di nuovo quella soglia mi pervase un senso di nostalgia tale, che non potei fare a meno di sorridere. In un certo senso, ero tornato a casa. Ritrovai molti colleghi che avevo conosciuto nell’anno dello stage, e rividi anche Yuri che, nonostante gli anni fossero passati, era diventata sempre più bella. Per la prima volta la vidi sotto una luce nuova.

Adesso sono felicemente sposato; ho due splendide bambine ed una moglie con la quale condividere tutto. Sono riuscito ad essere felice.
Non ho mai detto nulla a Yuri riguardo al mio rapporto con Takahiro. Non che non mi fidassi di lei, semplicemente, non ho sentito il bisogno di parlarne. Erano cose che ormai appartenevano ad un passato che si era dissolto per sempre, quel giorno nell’oceano. Certamente, che fossimo molto legati l’ha capito da sola ad un certo punto, ma non si è mai chiesta nient’altro. Tra noi c’è una fiducia reciproca molto speciale, ed è questo che più mi fa sentire bene del nostro rapporto. Con Yuri non sono mai servite parole superflue, basta il semplice sguardo per capire cosa proviamo entrambi.
Molti in seguito mi hanno domandato se sposarsi fosse stato solo un modo per fuggire dalla realtà. Dal fatto che Takahiro non c’era più. Lui era stato la prima vera persona che mi abbia fatto battere il cuore. Ma mia moglie però è stata capace di farlo battere ancora, anche quando pensavo che mi fosse stato portato via. A lei devo tanto, sento di avere tanto amore da darle. La guardo e vedo il suo volto, non quello di un qualcun’altro. Non quello di Takahiro.
E fortunatamente, non sono l’unico ad essere riuscito a ricominciare, dopo quell’incidente.
Misako finalmente ha trovato una persona da amare ed ha messo al mondo un bambino meraviglioso non poco tempo fa. L’ha chiamato Takahiro. Ha seguito il suo cuore ed è diventata una maestra d’asilo. Shinjiro e Chiaki, che dopo essersi laureata ha aperto una clinica veterinaria a Shinjuku, sono una coppia ormai sposata e stanno pensando di allargare la loro famiglia. Sono diventate due donne sagge e leali, di cui Takahiro sarebbe stato davvero fiero.
Nonostante il tempo sia passato, siamo rimasti molto uniti e ci vediamo spesso. I nostri bambini giocano insieme, felici, senza pensieri. Tutti noi siamo riusciti ad andare avanti nonostante tutto. Nonostante le cose inevitabilmente non siano andate come le avevamo programmate.

Lo sai, Takahiro?.
Ci sono volte in cui, quando varco la soglia di quell’aula, mi immagino di tornare indietro. Ed allora mi volto verso la porta, sperando di vederti comparire da un momento all’altro, timido ed impacciato, con i capelli neri che ti ricadono sugli occhi; e la divisa sporca di terra.
Ogni tanto ci penso. Penso a come sarebbe stata la nostra vita se tu non fossi morto, se il sentimento che ci legava sarebbe durato per sempre. Ma poi, penso che ora sono un padre di famiglia, che mia moglie conta su di me. E tutto questo l’ho scelto io, è la vita che mi sono costruito.
Durante il mio percorso ho incontrato numerose persone. Tu ne hai fatto parte, e continuerai ad esserne parte, nei miei ricordi. Sei arrivato nella mia vita con la dirompenza di un uragano, e con la stessa forza te ne sei andato, lasciandomi stordito. Ma mi hai lasciato dentro più di quanto avessi potuto immaginare. Davanti all’altare in tua memoria, in cimitero, prego perché le mie figlie crescano sane e forti, che la nostra felicità possa durare ancora per tanti anni. A volte mi sono sentito un egoista: perché io sono qui, sono vivo e sto pregando per poter continuare ad essere felice. Tu invece non ci sei più, nonostante la tua lotta contro il male più grande. Mi sono chiesto più volte che diritto avessi di essere felice al posto tuo, che te sei andato via così giovane e pieno di speranze.
E’ stato difficile farsene una ragione, accettare il fatto che tu ormai non esisti più, che sei solo aria. Non hai potuto realizzare niente di quello che avresti voluto, e continuo a domandarmi se il tempo che hai vissuto sia stato sufficiente per poter essere felice, se io abbia fatto del mio meglio per renderti sereno.
L’unica cosa che posso sperare, è che tu sia fiero di me, laddove ti trovi.
Finita la malattia avevamo programmato tante cose; una vita insieme, un futuro, e molti viaggi. I quattro anni passati insieme sono stati importanti e speciali, con momenti che non potrò mai dimenticare.
Mi hai insegnato cosa vuol dire non arrendersi, che ognuno di noi può essere padrone del proprio destino, se lo desidera. Ogni tanto chiudo gli occhi e provo ad immaginare il tuo volto, come saresti diventato da uomo. I tuoi capelli neri, i tuoi lineamenti, ogni cosa di te mi è ancora perfettamente chiara, nonostante sia passato del tempo.


Dopo l’incidente non ho più scritto in questo diario. Avevo paura che facendolo, avessi potuto in qualche modo cadere in un baratro senza fine, fatto di ricordi e rimpianti. Avevo bisogno di ritrovare me stesso, prima di poter rileggere quelle righe con la giusta serenità.
Ci ho pensato molto, chiedendomi se fossi stato pronto. E proprio perché in questo momento sto scrivendo queste parole con la gioia nel cuore, so che è finalmente così.
Tu, che lottavi sempre da solo, inconsapevole di quanta forza possedessi.
Tu, che non facevi altro che scusarti e ringraziare per ogni cosa.
Sento che prima o poi, Takahiro, noi ci rincontreremo. Fino ad allora, io sono certo di voler continuare a vivere, come mi hai insegnato.
Per la mia famiglia, per te e, si, anche per me stesso.

Per la persona che sono diventato.

ありがとう









NOTE:
MEIJI JINGU: santuario shintoista che si trova a Tokyo, nei pressi del distretto di Harajuku.
KAWAII: letteramente' carino'. Viene utilizzato soprattutto rivolgendosi alle ragazze.

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