Legami

di Selene_1978
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Leghiamoci ***
Capitolo 2: *** II Capitolo- Chi c'è, c'è. ***



Capitolo 1
*** Leghiamoci ***


Sin dall’inizio dei tempi due casate molto antiche avevano controllato i poteri dei quattro elementi: acqua, fuoco, vento e terra.
Nei secoli questi poteri erano sempre stati divisi, in modo tale che nessuno potesse controllarne più di uno e di conseguenza che nessuno potesse essere più potente di un altro. Le persone che controllavano gli elementi erano definite “I guardiani”. Questi esseri magici erano immortali, arrivavano all’età di trentadue anni e il loro aspetto non mutava più. Nonostante questo, non erano del tutto immuni dalla morte, un colpo ben assestato al loro punto debole poteva ucciderli.
I guardiani dei quali vi racconterò corrisponderanno ai più giovani della storia. I più recenti, per intenderci.
Le famiglie che avevano dato inizio a tutto, le casate dalle quali discendono i nostri guardiani, erano la chiave dell’universo. La casata Yin e la casata Yang. La prima ebbe come discendenti due gemelle, due ragazze; Dafne e Nemesi. La seconda ebbe anch’essa due gemelli;  Caos e Ipno.
In  tanti secoli non si era mai verificato un evento simile, mai le famiglie avevano avuto contemporaneamente dei gemelli. I bambini dei quali vi parlerò non erano legati solo dagli elementi che avrebbero imparato a controllare, c’era un legame estremamente profondo tra loro, seppur ancora invisibile. Parlo di un equilibrio che loro quattro, da soli, potevano mantenere senza difficoltà. Ma per quanto possa essere positivo questo legame, bisogna tener conto di ogni sfaccettatura del diamante che osserviamo. Se uno di loro fosse stato più debole o emotivamente sconvolto, ne avrebbero risentito anche gli altri e l’equilibrio del quale vi ho accennato sarebbe venuto meno. Era una magia diversa da quella dei loro predecessori, era nel loro DNA, non l’avevano ereditata, e nascondeva capacità più forti di quando loro stessi immaginassero.
Consapevoli di questa forza, ma anche di questa debolezza, le famiglie passarono gli anni successivi a insegnare ai ragazzi le tecniche per tenere sotto controllo la loro magia.
Raggiunti i diciassette anni di età, furono ritenuti abbastanza forti da ricevere le armi specifiche per ogni elemento. Non che senza armi fossero deboli, ma con quelle il loro potere si amplificava molto.
Alle ragazze furono affidate Fencer, la spada di fuoco, destinata a Dafne, e  Whip, una particolare frusta d’acqua che rispondeva ai comandi di Nemesi. A Caos furono consegnati i Range, ventagli particolari capaci di creare forti raffiche di vento e dotati di lame incorporate per difendersi dagli attacchi ravvicinati, e a Ipno toccò Primacy, lo scettro della terra.
Tramite delle collane che avevano sempre con sé,  i genitori dei ragazzi controllavano a loro volta il potere del bene, ovvero lo Yang, e del male, cioè lo Yin. Qualora i ragazzi, in un momento di crisi non fossero riusciti ad aggiustare la situazione, i ciondoli del bene e del male, uniti, avrebbero riavvolto ciò che di brutto era avvenuto, rimettendo le cose nel loro ordine iniziale.
Compiuti vent’anni, Dafne, Nemesi, Caos e Ipno sarebbero stati mandati in missione per aggiustare le cose in un tempo e in un luogo comune, così da non indebolirsi mai a causa di un’ eventuale separazione.
Tutto questo richiedeva una certa preparazione, così tutti i giorni gli apprendisti si recavano al tempio degli elementi per esercitarsi e sperimentare lì le loro capacità.
Come in tutte le famiglie, però, c’era una pecora nera. Uno zio, molto più vecchio di loro.
Haru, un ex guardiano che era stato esiliato perché, accecato dal potere, aveva provato ad impadronirsi dei poteri dei suoi fratelli. Voleva tutta la magia per sé, ma non era abbastanza forte da sostenerne gli effetti perdendo così non solo i poteri che aveva provato a rubare, ma anche il proprio, facendoli disperdere nel cosmo.
Irato dalla sconfitta e non avendo più modo di difendersi a causa della perdita della propria magia, Haru accettò l’esilio seppur con riluttanza, ma, come tutti i cattivi, giurò che sarebbe tornato e che quando lo avrebbe fatto, sarebbero stati guai grossi.
Nei secoli passati in esilio Haru, studiò realmente un modo per assorbire gli attacchi dei suoi successori; se fosse riuscito ad assorbire quelli dei gemelli, sarebbe stato un bell’impiccio per tutti.
 
TRE ANNI DOPO
Ora che Dafne, Nemesi, Caos e Ipno avevano compiuto venti anni, crescendo avevano subito vari cambiamenti. Le ragazze, se prima erano simili, crescendo si erano differenziate parecchio essendo gemelle eterozigoti. Nemesi era nata con l’eterocromia dell’iride; un occhio color ghiaccio, l’atro verde smeraldo. Capelli neri, lunghi fin sotto le scapole. Corpo slanciato, le curve ai posti giusti.  Dafne invece aveva i capelli corti fino alle spalle, più chiari rispetto a quelli di Nemesi, gli occhi color nocciola. Più magra della sorella. Come tutte le ragazze, dava troppo peso al cibo. Entrambe molto dolci, chi lo mostrava di più, chi di meno. Avevano sempre indossato indumenti pratici per gli allenamenti, quali pantaloncini, stivali, canotte, quello che di più adatto a un combattimento riuscivano a trovare. Nemesi, la maggior parte delle volte, indossava un corsetto e dei pantaloncini corti fino a metà coscia, seguiti da stivali alti fin sopra il ginocchio. I capelli sempre raccolti in una treccia, per avere maggiore libertà durante gli allenamenti. Dafne,come la sorella, abbinava al corsetto dei pantaloni aderenti, terminando poi con un paio di stivaletti di un’altezza media. I capelli, che come ho già detto erano più corti di quelli di Nemesi, erano tenuti lontano dagli occhi da un semplice cerchietto. Dalle voci che giravano tra i mortali, erano bellissime.
Al contrario, Caos e Ipno erano sempre stati quasi uguali e col passare del tempo non si erano differenziati molto, ma per chi li conosceva bene erano molto diversi anche con una mezza occhiata. Alti, capelli corti e castani, Caos aveva le spalle larghe, il fratello un po’ meno. Mentre il primo aveva uno sguardo color miele, Ipno vantava uno sguardo ambrato, con la presenza del mosaicismo somatico; nello stesso occhio non aveva solo quell’ambra chiaro e dolce che valorizzava i suoi sguardi, ma una macchia d’azzurro spezzava quell’armonia all’interno dell’occhio sinistro. A quest’estetica così simile per quanto riguarda il punto di vista fisico, si contrapponevano due caratteri differenti. Mentre Caos era sempre stato deciso nelle scelte che faceva, Ipno si comportava testardamente, cambiando spesso idea sul da farsi e sulle decisioni da prendere. Diciamo che distinguerli, almeno la maggior parte delle volte, era molto semplice; bastava cercare una felpa verde, e avreste trovato Caos, oppure una felpa blu e avreste identificato Ipno. Erano molto diversi dalle ragazze, cercavano sì la comodità durante i combattimenti, ma distinguendosi attraverso uno stile a sé. Indossavano specialmente felpe col cappuccio, maglie larghe anche una taglia in più. A Ipno, per esempio, piaceva portare la L. Pantaloni larghi, che Caos tirava su fin sotto il ginocchio, e scarpe da ginnastica rigorosamente bombate.
Ritenuti pronti dalle due famiglie, per i guardiani era arrivato il momento di andare ad aggiustare le cose nel passato per avere un presente migliore.
Per evitare che i guardiani del passato, Zefiro, Egeria e Glauco, perdessero i poteri a causa di Haru, i genitori dei ragazzi decisero di mandarli nell’epoca in cui quest’ultimo aveva deciso di ribellarsi. Volevano impedire che lo zio rendesse i loro antenati umani senza un briciolo di magia. Se tutta la missione fosse andata a buon fine, avrebbero fermato l’armageddon che ne uscì fuori secoli prima.
Purtroppo però, era una spedizione che avrebbe richiesto parecchio tempo, dovevano fare le valigie.
Dafne pensò bene di portare con se un dispositivo in grado di comunicare con i genitori nel presente. Se fosse andato storto qualcosa le famiglie, sapendolo, avrebbero potuto agire con i ciondoli.
Ipno e Caos avevano passato i giorni che precedevano la partenza a meditare, e per meditare si intende spappolarsi di videogiochi nella prima metà della giornata e fare la lotta tra di loro nella seconda metà. Loro la chiamavano meditazione quella.
Le ragazze trascorrevano molto tempo nelle biblioteche, cercando notizie sul passato e studiando nuove tecniche di attacco e difesa da applicare su Fencer e Whip.
Dafne aveva migliorato il trasmettitore da portare nel passato, per una comunicazione ottimale con i genitori. Aveva ideato un codice che solo loro quattro potevano decifrare. In questo modo i genitori non rischiavano di avere notizie sbagliate dal passato, perché nessuno era in grado di usare il dispositivo se non i figli.
Nemesi aveva studiato un nuovo metodo di combattimento, che non si basava più sull’aggressività degli attacchi, ma sul muoversi quasi danzando, usando Whip come un nastro. I suoi attacchi erano improvvisi ed efficaci, confondevano il nemico e permettevano a Dafne di andare all’attacco con Fencer.
La strategia dei ragazzi era diversa, pensavano che “la miglior difesa fosse l’attacco”, quindi attaccavano contemporaneamente usando le armi come vedevano nei videogiochi, cercavano di fare una sorta di “combo”. Con i Range Caos sprigionava forti venti creando un turbine dentro il quale spingeva gli avversari, dando campo libero a Ipno , che con Primacy scatenava il potere del sottosuolo attaccando con massi, radici degli alberi, poteva dar vita a terremoti, far spaccare il suolo sotto i piedi del nemico o modellare la terra fino a creare delle armi. Avevano anche imparato a tirare con l’arco, si erano esercitati spesso tra di loro ed entrambi erano molto bravi.
I loro maestri cercavano di fargli capire che se fossero sempre stati uniti, sarebbero stati invincibili, difficili da spezzare, ma presi singolarmente diventavano vulnerabili. Essere sconfitti era il male minore,  la preoccupazione dei genitori stava nel fatto che, se Haru era preparato bene, avrebbe potuto far perdere i poteri anche ai figli.
La spedizione dei ragazzi aveva inizio nel tempio degli elementi, dove due spiritelli chiamati Trovo e Perdo, avevano il compito di fare da intermediari tra il mondo del passato e quello del presente. La prima volta che i guardiani incontrarono questi due spiriti, chiesero il significato dei loro nomi e ricevettero questa risposta:-“In un viaggio puoi trovare o perdere qualcosa, magari sarai capace di fare entrambe le cose, ma non sempre è facile lasciar andare quello che hai perso o tenere con te quello che hai trovato.
Fu deciso di comune accordo che i Guardiani avrebbero agito nel corso dell’anno 1978, un mese prima che Haru realizzasse il suo piano.
Arrivati nel mondo dell’epoca, prima di tutto decisero di controllare se la trasmissione con il mondo del presente era buona come speravano. Si era persa qualche vite durante il viaggio, ma nulla di irreparabile, Dafne non se ne curò più di tanto. Con disappunto però, si resero conto che non erano arrivati nel tempio dei loro antenati, ma in una cittadina apparentemente spoglia e priva di vita. Non si curarono molto dei pochi passanti che incrociavano, potevano rendersi invisibili agli occhi dei mortali.
Sulla strada del tempio incrociarono una ragazza. Diversamente dagli altri, pareva capace di vedere Ipno, il quale dopo essersene accorto, provò a passarle attraverso. A lei sembrò di sentir tirare qualcosa al centro del petto, nel punto esatto dello sterno, a lui parve quasi una tiepida carezza il passare della ragazza. Rimase sbigottito per qualche secondo, poi proseguì. Nonostante questa piccola esperienza inaspettata, i quattro raggiunsero il tempio,dove trovarono  Egeria e Glauco impegnati in esercitazioni spirituali. Zefiro si trovava infondo al tempio intento a parlare con quello che sarebbe stato il loro nemico. Agli apprendisti parve di cogliere un po’ di tensione in quell’ambiente. Non appena Haru si allontanò dai tre compagni, Caos e Dafne parlarono con i loro antenati degli avvenimenti che si sarebbero verificati nel caso avessero lasciato correre i comportamenti scorretti di Haru. Nemesi, intanto, ispezionava il tempio con Ipno. Quest’ultimo era il più seccato dalla situazione nella quale si trovavano.  Era convinto che parlare coi loro antenati non avrebbe portato a nulla, perché c’era un affetto di fondo che li legava, per cui non avrebbero mai tradito un loro compagno per stare a sentire il vociare di quattro piccoli ragazzini. Difatti Glauco ed Egeria s’infuriarono con Caos e Dafne, ritenendo che facendo determinate accuse, i due apprendisti stavano buttando veleno sulle loro origini. Zefiro, che in un primo momento sembrava condividere il punto di vista dei ragazzi, si rivelò d’accordo con Egeria e Glauco e Dafne, Caos, Ipno e Nemesi si ritrovarono a doversela cavare da soli, visto che nessuno dei guardiani del passato era stato disposto ad ascoltarli.
Intanto gli antenati avevano parlato con Haru di ciò che avevano detto i quattro “mocciosi”, come li aveva definiti Glauco. Comportandosi da spie avevano inavvertitamente fatto scattare nella testa di Haru un campanello d’allerta. Lui aveva agito di conseguenza rimandando i suoi piani, e screditando anche i ragazzi in quanto gli altri guardiani avrebbero creduto che le loro fossero solo menzogne.
Per evitare di essere colti impreparati, Nemesi propose nuovi allenamenti alla ricerca di nuove combinazioni tra i loro poteri. Nella fattispecie cercò di combinare il suo potere con quello di Ipno.
Il problema era che non riuscivano a far combaciare la loro magia, perché quella di Ipno era più densa e difficilmente malleabile tramite la magia di Nemesi. Ad ogni prova che facevano la magia della ragazza veniva respinta con forza verso la fonte dai colpi di Ipno, a volte fino a farle male.
Trovo e Perdo cercarono di spiegare al guardiano che doveva cercare l’essenza del suo potere, così come avevano fatto i suoi amici, continuando la spiegazione dicendo che non si trattava di forza fisica, ma di forza spirituale.  Doveva permettere a Dafne e Nemesi di cooperare con lui allo stesso modo in cui lo permetteva al fratello e doveva eliminare quella sorta di barriera magica il prima possibile, altrimenti affrontare Haru sarebbe stato molto più impegnativo se non impossibile. Combattere usando solo i propri poteri era rischioso per un singolo guardiano, ma combattere usando i propri poteri combinati a quelli dei compagni era distruttivo.
Una mattina, durante la meditazione quotidiana, Caos e Ipno fecero una scoperta inaspettata: voci caotiche riempivano le loro teste e uno sentiva i pensieri dell’altro e viceversa, ma ancora a tratti, non sentivano suoni puliti. Per la maggior parte erano pensieri frammentari di varie persone. Stavano acquisendo la telepatia, e setacciando nei pensieri di chi avevano intorno Caos s’imbatté in quelli di Dafne. Fu un colpo al cuore per il ragazzo scoprire che lo pensava. Che strano, che paradosso se solo Dafne avesse saputo che anche lui pensava a lei allo stesso modo.
Passarono i giorni. Dafne e Nemesi, con le spiegazioni dei compagni, erano riuscite a sviluppare per conto loro la telepatia. Tutti e quattro, insieme, provarono ad usare la mente per spostare gli oggetti, cercarono di sviluppare e padroneggiare la telecinesi. Fu un grosso sforzo, i primi giorni avevano fortissimi mal di testa ed erano costretti a terminare prima gli allenamenti. Ma dovevano farlo, con queste due nuove capacità combattere sarebbe stato molto più semplice. Se avessero perso un’arma durante la colluttazione avrebbero potuto recuperarla senza sforzo, e allo stesso modo avrebbero disarmato l’avversario. Avrebbero potuto comunicare le strategie senza dover aprire bocca e quindi senza giocare a carte scoperte.
Telepatia e telecinesi non facevano parte dei poteri di un normale guardiano, erano delle eccezioni rarissime. I loro predecessori, di fatto, non avevano questo tipo di magia. Quel legame particolare che teneva uniti i quattro gemelli cominciava a crescere e farsi sentire.
Caos e Dafne, attraverso la telepatia, avevano scoperto di avere una certa intesa. In parole povere, si stavano innamorando. Gli sguardi che si scambiavano erano molto più magici di quanto non fossero i loro poteri.
A proposito di questa situazione, Nemesi non perse tempo per esprimere il suo disappunto. Queste secondo lei erano distrazioni, e loro avevano altre cose a cui pensare, altre battaglie da vincere e nemici da abbattere. Non c’era tempo per questo genere di cose.
In realtà nel presente in cui vivevano i quattro amici c’era un umano al quale Nemesi pensava di continuo. Ma lei era una guardiana, era nata per fare altro, per avere obbiettivi più alti e la sua famiglia non riteneva appropriato innamorarsi di un mortale. La cosa che faceva riflettere la ragazza era che, essendo immortale, la sua vita sarebbe andata avanti in eterno mentre la vita dell’amato prima o poi sarebbe finita e lei non aveva nessun potere per tenerlo con sé da immortale. Preferiva proseguire per la sua strada senza interferire nella vita del ragazzo. Lui nel mondo di Nemesi non poteva sopravvivere e questo la faceva soffrire. Le creava degli tsunami dentro e lei doveva stare attenta a non affogarci.
Contrariamente all’opinione dell’amica con la quale aveva parlato della faccenda, per Ipno non faceva nessuna differenza se il fratello avesse avuto o meno una relazione con Dafne, anche perché era tormentato al pensiero di quella ragazza che sembrava capace di vederlo.
Nei giorni trascorsi dopo il loro incontro non aveva fatto altro che chiedersi perché quella ragazza  poteva vederlo nonostante fosse una mortale. Chi era? E perché l’invisibilità su di lei non aveva effetto? Ma soprattutto, perché nonostante fosse capace proprio di vedere il guardiano, gli era passata attraverso come una comune umana? 
Una sera, mentre il ragazzo era sul proprio letto e veniva tartassato da queste domande, pensò così intensamente a lei che sentì una strana pressione sul  petto accompagnata da un fracasso assordante nelle orecchie. Si ritrovò da un momento all’altro dalla sua stanza al luogo dove l’aveva incontrata la prima volta. Si guardò attorno con circospezione, non capiva cosa fosse successo. Miliardi di pensieri lo assalirono, chiassosi e petulanti. A un tratto una voce delicata interruppe quel vociare che Ipno aveva nella testa, zittendo la sua mente:-“Teletrasporto, notevole.” Ipno si voltò di scatto, era dietro di lui. Non era molto alta, pantaloni di jeans neri, maglia colorata e felpa col cappuccio alzato che lasciava vedere solo un ciuffo di capelli scuri. Scrutava lo sguardo di Ipno, ne era rimasta affascinata. Gli occhi di lei erano color cioccolato, valorizzati da una sottile linea di trucco. Semplici occhi scuri, ma dolci. Quelli di lui le parvero stupendi. Il guardiano decise di parlare a sua volta tramite il pensiero:-“Chi sei tu?
Dopo qualche minuto che a lui sembrò eterno, rispose:-“Il mio nome è Selene. E tu? Tu chi sei?”. Non c’era nessun tono particolare nella sua voce, forse solo un po’ di timidezza. Lui rimase fermo a guardarla con un sorriso smorzato, quasi da scemo, che lei ricambiò. Dopo un po’ Ipno si rese conto della domanda e disse:-“Il mio nome è Ipno. Perché puoi vedermi?”, ma con dispiacere non ricevette la risposta che cercava:-“Io osservo, non vedo. Tu puoi vedermi, ma non osservi. Apri la mente, e gli occhi.” Nel sentire queste parole Ipno vide il cielo annuvolarsi all’improvviso sopra di loro e un tuono colpì Selene in pieno portandola via, lasciandosi dietro solo l’eco del tintinnio dei bracciali che indossava. Ipno rimase lì per le successive due ore, e con il terreno fece la sagoma di un tuono lì dove era scomparsa Selene.
Tornato nella sua stanza, fu subito convocato dai compagni. Avevano sentito i pensieri di Haru.
Durante gli allenamenti dei ragazzi lo zio li aveva spiati e aveva provato ad apprendere a sua volta la telepatia e la telecinesi, con scarsissimi risultati. Trovandosi svantaggiato, aveva deciso di assoldare una sorta di stregone capace di annullare, tramite incantesimi di magia nera, i poteri dei ragazzi. Era chiamato Ogre, ed era già stato al servizio dei guardiani tempo addietro, ma usava il suo ‘dono’ per fare del male e quindi venne cacciato. Servendosi di nuovo del suo aiuto, Haru stava ulteriormente trasgredendo le leggi che le famiglie originali avevano stipulato. Tramite i suoi pensieri quindi , Nemesi riuscì a scoprire il giorno in cui lo zio si sarebbe incontrato con Ogre, comunicandolo in seguito agli altri tre. Scoprì anche che improvvisamente, Haru aveva riacquistato della magia che però non gli apparteneva, e non ne aveva scoperta la fonte. La situazione era grave, perdere tutti i poteri e nella fattispecie gli ultimi due che avevano acquisito sarebbe stata una catastrofe. Come si sarebbero difesi? -:"Ci vorrebbe una specie di scudo, una difesa." pensò Caos :-"Si potrebbe creare uno scudo di pensiero?" chiese Dafne, sempre riflettendo per una soluzione. Presero la decisione di muovere il pensiero per creare una barriera invisibile agli occhi degli altri, ma protettiva e indistruttibile per l’incolumità della loro magia. Perdo condusse i ragazzi nella sala sottostante al tempio, dove si svolgevano gli allenamenti nei giorni di pioggia. Era lì che potevano testare questa nuova tecnica, ma si resero conto che per tenere lo scudo attivo prolungato nel tempo c'era bisogno di un contatto fisico più che un contatto mentale. L'unica eventualità possibile  era tenersi per mano, ma combattere in queste condizioni era complicatissimo. Dovevano utilizzare anche la telecinesi, altrimenti non avrebbero potuto reagire né ai colpi di Haru, né a quelli di Ogre. Ogni volta che provavano a creare lo scudo, Ipno sentiva nella testa la voce di Selene:-"Apri la mente. Apri gli occhi.". Alle volte gli parve quasi che anche lei gli tenesse la mano, durante le esercitazioni. 
Era come se fosse lì con lui sempre. Assillante, no? I suoi compagni sentivano i suoi pensieri e vedevano come la situazione fosse strana e stressante, ma lasciavano correre perché era una cosa che riguardava solo lui e non sarebbe stato giusto intromettersi. La telepatia, da un lato, era una cosa seccante. Non c'era più privacy perché ognuno sentiva la mente degli altri, ma grazie a questa continua comunicazione, Nemesi riuscì a usare per sé il teletrasporto e rivedere il ragazzo che amava. Fu qualcosa di brevissimo, ma se lo fece bastare.
 Poi Selene decise di "rivelarsi" a Caos e Dafne, limitando il raggio dei pensieri di Ipno e Nemesi così da non fargli ascoltare quello che diceva ai primi due. Spiegò loro che non era un'umana come le altre, ma che era la guardiana della luce. Era quello il motivo per cui poteva vederli e parlare telepaticamente con loro. Li informò del fatto che Haru aveva strappato i poteri a suo fratello, Erebo, il guardiano dell'ombra 
dicendo di Haru che:-"Quando non sei niente, cerchi di essere qualcun altro."
Ora si spiegavano tante cose, tutti i pensieri che avevano ascoltato i ragazzi erano stati modificati. Haru sapeva che loro ascoltavano e aveva volutamente omesso delle informazioni per non permettere che loro potessero difendersi nel modo giusto. Aveva fatto sapere che era in grado di usare un nuovo potere, ma non aveva mai accennato che genere di potere fosse. Selene aveva dato una grande mano ai ragazzi, ma stava anche svanendo dai pensieri di Ipno. Un’umana, una ragazza tanto bella quanto crudele, occupava i pensieri del guardiano da qualche settimana. L’aveva vista passeggiare per le strade del paesino che faceva da cornice al tempio. Era bellissima, i suoi capelli erano lisci, castani e arrivavano un po’ più giù della clavicola. Gli occhi erano freddi, ma ammalianti, magnetici. La corporatura era minuta, graziosa. Sembrava quasi una bambola. Dafne l’aveva vista, tutti l’avevano vista nei pensieri di Ipno, anche Selene. Sembrava quasi che ne fosse innamorato. Aveva perso a tal punto la testa che decise di farsi vedere da lei e di rivelarle chi era. Quando lo fece, quando si decise a parlarle, scoprì il suo nome: Atropo. Più le si avvicinava, più gli sembrava bella.  Il fatto è che era una ragazza velenosa, non trattava Ipno come avrebbe dovuto, ma appreso il potere che poteva sprigionare il ragazzo, cercò di tenerlo tutto per sé. Voleva arrivare anche a Caos usando Ipno come tramite per impadronirsi anche dei poteri del fratello. Chi si trovava al di fuori della situazione, come Dafne e Nemesi, vide chiaramente che l’obbiettivo di Atropo era la magia dei due fratelli, ma nonostante ciò il suo bell’aspetto non prese piede su Caos perché era troppo innamorato di Dafne. Piuttosto riuscì a incantare Ipno, il quale aveva smesso di ricevere consigli da Selene.
La guardiana della luce, per quanto potesse volergli veramente bene, aveva deciso di uscire di scena; in un primo momento per rabbia, ma dopo lo fece perché riteneva che non c’era più bisogno di lei. Si congedò dicendo a Nemesi:-“Non avete bisogno di me. Solo attenti alle bambole.”, una frase che la ragazza inizialmente non capì.
Il giorno della battaglia Nemesi ebbe una sorta di flash del momento esatto in cui i nemici sarebbero arrivati alle porte del tempio. Mancava solo un guardiano all’appello: Dov’era Ipno?!
Atropo, la bambolina della quale vi ho parlato prima, dopo essere riuscita a farsi dare parte della magia da Ipno e avergli “promesso” di rimanere sempre al suo fianco, aveva deciso di lasciarlo ed era andata via. Solo dopo ore dall’accaduto Caos trovò il fratello. Era seduto vicino al tuono che aveva sagomato quando era sparita Selene:-“Aveva detto di aprire gli occhi, e io li ho chiusi.” pensò. Il guardiano del vento non disse nulla che Ipno non sapesse già. Si caricò il fratello e lo portò al tempio.
 Era giunto il momento della battaglia. Ogre fu il primo a presentarsi. Alto due volte i ragazzi, portava dietro la schiena due katane. Indossava una maglia sporchissima della quale non si riconosceva più il colore, dei pantaloni di pelle tutti rovinati e degli anfibi neri. Le mani erano munite di tirapugni, e le spalle, il torace e la schiena erano protetti da un’armatura parziale che lasciava le braccia scoperte. Dopo pochi minuti arrivò Haru, completamente protetto da un’armatura d’acciaio che non lasciava intravedere nulla, solo le mani erano libere. Neanche il più piccolo fascio di luce poteva oltrepassarla. Con l’intenzione di attivare lo scudo, Caos, Nemesi, Dafne e Ipno si presero per mano, ma l’ultimo dei quattro non riusciva a svilupparlo. Atropo aveva portato via più potere di quanto il guardiano fosse consapevole. Il loro equilibrio si stava spezzando, crepe profonde cominciavano ad attraversarlo. Nonostante gli altri tre facessero di tutto per far riprendere l’amico, il ragazzo era in panico totale. Non si aspettava una tale debolezza da parte sua.
Decisero di combattere comunque, avrebbero provato a sconfiggere i due avversari in tre. Nemesi usò Whip più volte provando ad immobilizzarli, ma il ghiaccio che cristallizzava si scioglieva e il getto d’acqua che lanciava si vaporizzava. Fencer era fredda, pesantissima e non rispondeva più ai comandi di Dafne. I Range erano bruciati e le loro lame si erano spezzate. I guardiani erano in una brutta situazione. Neanche il dispositivo di Dafne dava segni di vita, i genitori non rispondevano. Riuscivano a malapena a schivare gli attacchi di Haru e Ogre. Pensarono addirittura di aver perso i poteri, che fosse stato lo stesso stregone a impadronirsene con la magia nera. :-“Siamo finiti.” Urlò Nemesi nella testa.
Caos alzò lo sguardo su Ogre, si rimise in piedi e, prendendo Fencer dalle mani di Dafne, sferrò un colpo contro di lui, ferendolo al braccio. Con stupore, non fu sangue quello che uscì dall’arto dello stregone, solo una serie di cristalli neri. Il suo essere era così cattivo che anche il sangue, come il cuore, era quasi di pietra. Poi prese una freccia dalla faretra che portava Ipno dietro la schiena e tendendo il suo arco la fece scoccare, procurando una ferita alla mano destra di Haru.
Ipno era sempre più spaventato, tanto che non riuscì a schivare due attacchi dello zio. Non li vide neanche arrivare perché non erano attacchi fisici, ma attacchi lanciati col potere di Erebo. Fu in quel momento che il guardiano risentì la voce di Selene:-“Potete usare la mia luce. Non c’è un altro modo per sconfiggere l’ombra di mio fratello.” E nel dire queste parole diede ai quattro ragazzi quattro frammenti della sua luce, perdendone una parte e indebolendosi un po’ per questo.  Con quei frammenti i guardiani sprigionarono una luce potentissima che a loro, nella fattispecie a Ipno, parve una carezza come quella che sentì il primo giorno che incontrò Selene, ma ai loro avversari sembrò un calcio dritto nello stomaco.
Dopo quest’attacco, Ogre e Haru furono scaraventati nel tempio e attraverso il portale che veniva usato per viaggiare nel tempo, finirono nel limbo. Non morirono, perché era contro il modo di pensare dei ragazzi uccidere, ma sarebbero tornati, questo era ovvio. Tornare nella loro epoca era la prima cosa da fare. Dovevano ristabilire l’equilibrio che avevano spezzato. Ipno però non voleva partire senza salutare Selene. Nessun bacio, nessun abbraccio,  nessun saluto particolare perché lei non c’era più, era scomparsa dietro un tuono come aveva già fatto in precedenza. A farlo capire al ragazzo fu l’eco del tintinnio lontano dei bracciali di lei, sempre gli stessi. Aveva lasciato ai guardiani parte della sua forza ripetendo nelle loro menti:-“Ci rivediamo nel presente.
Questa frase dava speranze al guardiano della terra. Dopo aver salutato Glauco, Egeria e Zefiro ed essere stati ringraziati da loro per gli sforzi fatti, i ragazzi si avviarono al portale che Trovo e Perdo avevano già impostato sull’anno esatto dal quale erano arrivati. Attraversatolo, si ritrovarono nelle loro stanze. Sentirono subito che qualcosa era mutato profondamente, non era più il presente che avevano lasciato. In quel momento risentirono Selene dire:-“Non è detto che cambiare il passato porti un futuro migliore. Ricordate: è con quel passato che avevate quel presente.

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Capitolo 2
*** II Capitolo- Chi c'è, c'è. ***


Silenzio. Era l’unica cosa che i ragazzi percepivano intorno a loro, assoluto silenzio. Nelle loro teste invece c’era un frastuono assordante, gli fischiavano le orecchie. Selene, dopo aver parlato ai ragazzi, non aveva detto più nulla. Era rimasta lì, ferma a guardarsi intorno, in silenzio come tutto ciò che li circondava. Sembrava quasi che nei dintorni non ci fosse più nessuno, perché in quel caso, i ragazzi ne avrebbero percepiti i pensieri. Nulla. Uscirono dalle loro camere e s’incontrarono nel corridoio, o quello che una volta lo era. I vetri delle finestre erano opachi e rotti, rigati da svariate venature nere che quasi sembravano linee con punti di sutura, come se fossero lì per riparare qualcosa di rotto. I muri erano segnati dalle stesse cicatrici, crepati e fatiscenti. Il pavimento era diventato come le finestre, chiazzato di grigio scuro e attraversato da enormi spaccature e buchi profondi, come se ci fosse caduto dell’acido. La villa sembrava avvelenata. Selene rimase scioccata nel vedere in che condizioni era stata ridotta l’abitazione dei ragazzi. Le foto e i quadri della casa erano stati danneggiati, come se un coltello li avesse trapassati da parte a parte. Chiamarono i genitori più volte, ma non ci fu nessun cenno della loro presenza, non ebbero risposta di alcun genere. Uscendo fuori fu come attraversare una barriera magica. Densa, pesante, viscida. Spingersi oltre essa parve faticosissimo ai quattro. Difficile, quasi come se non volesse lascarli uscire veramente. Ipno ci mise più tempo degli altri ad attraversare la barriera, si sentiva debole e Caos dovette tirarlo con sé. Nemesi fu la prima a uscirne, la prima a rabbrividire. Quando venne raggiunta dagli altri, ebbero tutti la stessa reazione. Sembrava che qualcuno avesse bruciato tutto ciò che circondava la villa. Non era un “qualcuno” qualsiasi però. Una figura si parò davanti a Dafne, Nemesi, Ipno e Caos. La videro per poco tempo e fu una tetra sorpresa scoprire di chi si trattava: Atropo, ancora lei. Quando aveva lasciato Ipno senza poteri, era andata nell’epoca del ragazzo per impadronirsi del potere dello yin e yang, approfittando del fatto che coloro che avrebbero potuto difendere i possessori di questa magia erano lontani. Il bene, lo yang, però era troppo forte per lei, quindi riuscì a portare via solo il male, lo yin. Quest’ultimo, combinato ai poteri di Ipno, rese Atropo abbastanza forte da mettere in ginocchio i genitori dei ragazzi. Loro, tornando indietro nel tempo per fermare Haru, avevano sì eliminato la minaccia che rappresentava lo zio, ma avevano cambiato il futuro rendendo Atropo partecipe del loro presente. Si erano indeboliti e avevano permesso alla ragazza di creare delle spaccature nel loro legame attraverso il suo veleno. Adesso era proprio di quello che avevano bisogno, di un legame, saldo stavolta. Selene, vista la difficoltà dei ragazzi, prese una decisione difficile: avrebbe consegnato gran parte dei suoi poteri a Ipno, così avrebbe potuto difendersi da Atropo e recuperare i propri. Tenne per sé solo la magia necessaria alla propria sopravvivenza, e il resto lo consegnò al ragazzo. Dopo aver imparato a padroneggiare la luce, Ipno promise all’amica che le avrebbe restituito ciò che lei gli aveva prestato, e l’abbracciò. La guardiana della luce rimase impietrita durante l’abbraccio che non restituì, non se l’aspettava, e appena lui si distaccò lei scomparve, come al solito. Non sapendo dove poter stare al riparo dai nuovi poteri di Atropo, i guardiani si rifugiarono in una vecchia struttura che si trovava in prossimità del tempio. A proposito del tempio degli elementi, Ipno scoprì di non poterci più entrare come guardiano della terra, ma solo come “visitatore”. Poteva unicamente usare il portale e parlare con Trovo e Perdo. Ora che aveva il potere di Selene non era più considerato il possessore dell’elemento terra, di conseguenza non poteva più prendere il suo posto nel sacro edificio come tale. Sorse nuovamente il problema del far combaciare i vari elementi. Neanche col potere della luce, Ipno riusciva a combinare la sua magia a quella dei compagni. Ma qual’era il problema? Di certo la difficoltà non si trovava nel suo potere, perché se fosse stata lì, cambiando elemento il problema si sarebbe risolto. Era Ipno il problema, non la magia. Era lui che non dava possibilità agli altri di combattere insieme, non i poteri che possedeva. Quelli erano semplici da far combaciare, ma lui tirava su una barriera che nessuno riusciva a oltrepassare. Come se volesse proteggersi. Ma da cosa? Col fratello combatteva tranquillamente, creava combo su combo, ma con le ragazze niente. Quando Caos provò a capirci qualcosa disse:-“Forse non riesci a fidarti di loro due e quindi neanche la magia che possiedi lo fa.” DUE MESI PIU’ TARDI, MAGGIO. Dopo allenamenti e meditazioni giornaliere durate mesi, Ipno era sempre fermo sullo stesso punto. Anzi, non c’era stato nessun miglioramento. Senza capire come, Dafne si era resa conto di un pericoloso riavvicinamento di Ipno ad Atropo e di un conseguente allontanamento da loro e da Selene. Il guardiano si stava trasformando, non era più la stessa persona, non era più quello con il quale i ragazzi erano cresciuti e avevano combattuto. I guardiani avrebbero tanto voluto capire cosa gli stesse succedendo. Ma Selene era stanca di voler capire e stanca di volerlo giustificare. Dopo varie discussioni e confessioni tra i due, Ipno aveva deciso di non rivolgerle la parola. Come se non ne fosse più degna, come se, invece di fargli del bene, la ragazza gli avesse fatto del male. Il potere che Selene gli aveva dato si indebolì dopo il loro allontanamento cominciando gradualmente a tornare in possesso della giovane e lei, ormai vuota, decise di riempirsi di altro. Decise di cambiare aria. Di andare dove nessuno pensava di poterla trovare. Cinisi, stazione ferroviaria. Selene si sedette su una panchina appena davanti al binario 4, quasi come se stesse aspettando qualcuno. Ma stava aspettando veramente qualcuno? Con lo sguardo fisso verso le persone che si preparavano ad intraprendere un nuovo viaggio, vide qualcuno, tra la folla, con un aspetto familiare. Panico si presentò davanti agli occhi di Selene molto cambiato rispetto a quello che era anni prima, 300 per essere precisi. Capelli scuri e corti, occhiali da sole dietro ai quali si nascondevano due occhi grandi e marroni, maglia a mezze maniche grigia con un teschio sul davanti, jeans stracciati e scarpe da ginnastica verde militare. Le mani nelle tasche dei pantaloni. Arrivato davanti a lei si sfilò gli occhiali da sole. Molto serio, a volte troppo. Dopo alcuni episodi che avevano segnato la sua vita, i suoi occhi erano diventati un pozzo senza fondo, persi, neri, bui. Nonostante avesse pochi anni più della guardiana che aveva di fronte, i suoi erano gli occhi di una persona costretta, per forza di cose, a crescere troppo in fretta. Di un guardiano cresciuto troppo in fretta. Guardiano di cosa, vi chiederete? Non si sapeva più. Lui non lo sapeva più. Controllava praticamente tutto, manipolava la materia pur non essendone il guardiano vero e proprio. A volte avrebbe voluto manipolare il proprio cervello, manovrarne i pensieri e i ricordi. Peccato che quelli non fossero fatti di materia. Anche se controllava la stessa magia degli altri ragazzi, non poteva prendere le sue memorie e bruciarle, annegarle, sotterrarle o buttarle nel vento. Erano diventate come un mostro che al buio gli mangiava l’anima. Con una sigaretta nella mano e un accendino nell’altra pensò:-”Ciao 11.” e fece un tiro. Separati da un potere più forte di loro ma che, anche se più forte, gli era sconosciuto, i due erano stati slegati a lungo. Molto spesso capitava che, attraversando il portale nello stesso momento, si trovassero faccia a faccia. Vicini, ma non abbastanza da potersi toccare realmente. Anche se c’era uno sforzo da entrambe le parti, allungare il braccio verso l’altro non bastava per poterlo sfiorare. Quando Selene si trovava di fronte Panico sentiva scaldarsi il cuore e aveva sempre pensato che anche il cuore di lui si scaldasse, proprio come accadeva al suo. Lo pensava, ma non ne era certa. Per qualche oscuro motivo l’anima di Panico era l’unica che non riusciva a leggere del tutto e lo stesso valeva anche per lui. Riuscivano a leggersi nel pensiero e a parlare tramite la telepatia, ma con un limite. Oltrepassato quello non erano capaci di andare oltre, come un muro. Era l’unico libro ancora chiuso, per lei. “Ciao 13.” Rispose lei, tirandogli via dalla mano la sigaretta accesa e bruciandosi il palmo:-“Sei in anticipo.” Disse con una smorfia di dolore sul viso, dovuta alla bruciatura. Non rispose. Lei partì istintivamente in un abbraccio, ma le sembrò quasi come se lui non lo volesse. In principio era rigido, poi si sciolse. Uno stomaco affamato ruppe la stretta:-“Andiamo a mangiare?” chiese 13. Prendendo la mano di lui, quella senza sigaretta, catapultò se stessa e il compagno altrove. Intanto al tempio Nemesi cercava Selene. Ipno era cupo e silenzioso e mentre Caos non riusciva a fare nulla che denotasse un qualche cambiamento positivo, l’altro continuava a peggiorare. Ipno si sentiva come se non avesse più luce nella sua vita, era tutto buio adesso. Non riusciva a capire, però, se questa sensazione dipendesse da Atropo o da Selene. Dalla presenza di una o dall’assenza dell’altra. Nonostante un dispiacere iniziale, per Selene fu meraviglioso riavere indietro la sua magia, non si era mai sentita meglio. Non si era mai sentita più se stessa, se non in quel momento. Forse il suo posto non era con Ipno, forse non era così che doveva andare. Forse non doveva condividere realmente qualcosa con il guardiano, se non quel poco che c’era stato e che al contempo si era rotto senza possibilità di tornare intatto. La guardiana dell’acqua aveva cercato quella della luce nella mente, setacciando i pensieri delle persone nel suo raggio d’azione senza riuscire a trovare quelli dell’amica. In compenso, nella testa di qualcun altro era riuscita a trovare il nome che cercava. Selene aveva limitato i suoi pensieri ma non quelli di Panico, e fu lì che Nemesi la trovò. Teletrasportarsi dove aveva identificato il segnale le fu difficile perché non conosceva il luogo, ma tutto sommato non le fu così complicato come pensava in principio. Giunta anche lei a Cinisi, trovò chi cercava in una gelateria. “E questo chi è?!” chiese quando si trovò di fronte i due ragazzi, come arrabbiata del fatto che Selene fosse lì con quel tizio sconosciuto piuttosto che al tempio ad aiutare loro. Era un tono severo quello nella voce di Nemesi. Quando alzò gli occhi e ritrovò quelli inflessibili della compagna d’avventure, 11 sbiancò tutta in una volta. “Tu cosa ci fai qui?” le venne da chiedere a sua volta. Panico accese un’altra sigaretta, fece un tiro e buttò fuori ciò che non poteva tenere dentro. Selene avrebbe voluto essere capace di farlo con le emozioni; buttarle fuori quando non puoi tenerle dentro. Quando bruciano come un medicinale. Eppure fino a pochi minuti prima dell’arrivo di Nemesi lei stava bene, non le interessavano più le condizioni di Ipno. In fin dei conti a lui non interessava come stava lei. Perché avrebbe dovuto suscitarle interesse lo stato d’animo dell’amico? “Che parolone “amico” ”, pensò. Ultimamente era dell’idea che loro non erano mai stati veramente amici. Erano solo due persone con dei destini distinti e separati, mai in grado di toccarsi, come gli asintoti. I loro destini erano degli asintoti. E poi, si ripeteva Selene nei momenti in cui dubitava di aver agito bene, lei aveva provato a “mettere in salvo” Ipno e lui non aveva voluto essere salvato. Quindi perché scomporsi? Perché aggrapparsi a quell’insignificante ricordo che era l’Ipno conosciuto prima di tutte le vicissitudini che li aveva “uniti”? Perché se dovessimo dire tutta la verità, le avversità che avevano vissuto non li avevano mai legati per davvero. Probabilmente perché non le avevano vissute insieme sul serio come, invece, aveva sempre pensato lei. “Lui è…” cominciò Selene, facendo una pausa per prendere tempo. “Sono Panico.” L’interruppe lui. La guardiana si girò di scatto, avrebbe voluto fulminarlo con i suoi occhi color cioccolato, invece dal suo sguardo trapelò un silenzioso e allo stesso tempo frastornante “Ma quando impari a stare zitto?!” L’amica alzò un sopracciglio con fare sospettoso e squadrò Panico. Contemporaneamente la testa della guardiana della luce si riempiva di qualcosa di soffice e ingombrante, come ovatta. Forse era ovatta sul serio, oppure erano solo dei pensieri che prendevano troppo spazio e, se vogliamo, inutili in una circostanza come quella. Nemesi intravide negli occhi di Selene la frase severa che aveva rivolto a Panico e facendo finta di non averla notata, ignorò la risposta del ragazzo, e ripeté “Chi è questo?”. A lui partì un’imprecazione. “Questa è scema.” Immaginò 13, ma lo aveva pensato così a bassa voce che la frase si perse nel nulla della sua mente. “C’è bisogno di te al tempio, Selene.” Aveva detto Nemesi “Ipno ha bisogno di te.” specificando dopo. “Ma io non ho bisogno di lui, e quando ne avevo bisogno lui ha fatto finta di niente. Egoisticamente parlando, potrei far finta di niente anch’io adesso..” rispose lei guardando negli occhi eterocromi Nemesi, ma fu lei stessa la prima a non credere a una sola delle parole che aveva pronunciato. Eppure ci si era impegnata tanto nel metterle insieme, voleva che ferissero, che fossero taglienti come le lame dei Range di Caos o come le katane di Ogre, ma non ci riusciva. Non era cattiva, la malizia che metteva nelle frasi che formulava veniva meno appena le terminava, fino a farle tornare semplicissime espressioni dette da una persona un po’ ferita, ansiosa solo di ricevere delle scuse sincere. Chi la conosceva, ormai, non dava tanto peso alle frasi che Selene faceva quando cominciava a irritarsi. Piano piano la sua ferita sarebbe guarita e tutto sarebbe tornato nel suo ordine iniziale senza che lei se ne rendesse immediatamente conto. “Non ti credo.” Rispose l’altra, sostenendone lo sguardo e poi guardando un punto indefinito alle spalle di Panico. “Neanche io.” Fece Selene, abbassando lo sguardo fino a guardarsi le scarpe. In un battito di ciglia furono tutti e tre al tempio. Niente gelato per Panico e Selene, l’avrebbero preso più tardi. Nel momento esatto in cui arrivarono Ipno scattò in piedi e si diresse verso Panico, e non con l’intenzione di stringergli la mano per dire “Piacere”. Quando si trovarono faccia a faccia il primo guardò dall’alto in basso Panico e disse “Chi sei e che diavolo ci fai qui?!”. L’altro non replicò; vide Selene avviarsi verso l’entrata del tempio e decise di seguire lei. Si scansò con un movimento fluido e armonioso continuando a camminare senza guardarsi indietro e senza ascoltare quello che urlava Ipno alle sue spalle. L’indifferenza di Panico fece innervosire Ipno, tanto che il ragazzo non poté fare a meno di prendere Primacy e cominciare ad avviarsi verso 13, nonostante lo scettro ormai non avesse nessun tipo di magia che gli permettesse di fronteggiare un’eventuale scontro con Panico. Ipno non ebbe ciò che cercava, lo sconosciuto mosse lentamente la mano destra come se stesse disegnando nel vuoto e fermò Ipno a due metri da lui, tenendogli i piedi incollati all’erba ancora bagnata di rugiada. Usando il suo potere, portò via dalle mani del ragazzo Primacy e lo ripose nelle mani di Nemesi, senza voltarsi neanche per un secondo. Poi ricominciò a camminare verso il tempio e solo una volta entrato lasciò che Ipno potesse muoversi liberamente. “Cosa mi ha fatto?” domandò a Nemesi, ma rispose Selene dall’interno del tempio “Lui controlla la materia.” Gradualmente il guardiano della terra si calmò, placò i bollenti spiriti e tornò pacifico. Porse le sue scuse a Panico e andò a stendersi sull’amaca appena fuori il tempio, posizionata tra un albero e l’altro rivolta verso ovest. Panico si chiese che problemi avesse Ipno nei suoi confronti; alla fine neanche conosceva il suo nome, come poteva essere così scontroso senza sapere nemmeno cosa spingesse lo stesso Panico a trovarsi lì? Quando si ritrovarono soli Selene esordì ancora una volta “Sei in anticipo. Non è la notte tra l’8 e il 9, è il 3 maggio, come fai a essere già qui?”. Senza smettere di guardare la luna lui pensò “Sentivo il bisogno di tornare alle origini e mi sei venuta in mente tu, ho provato a raggiungerti e incomprensibilmente sono riuscito a farlo. Avevo bisogno di staccare un po’. Sapevo di poterti trovare a Cinisi. Ne ero certo.” Sorrise con l’angolo della bocca. “Sono pochi i posti dove cercarmi.” Ricambiò il sorriso. Quando lo faceva, quando Selene sorrideva, le ridevano anche gli occhi. Come le era mancato quello di lui. Come le era mancato lui. Magari anche a lui era mancata lei. Quante ipotesi. Da quella sera Selene cambiò radicalmente, anche con Ipno. Se c’era da aiutarlo lo faceva e basta, era solo il suo dovere di guardiana. Nessun legame, nessun sentimento per lui. Solo dovere. Con Panico invece anche il dovere si trasformava in piacere. Era come quando erano piccoli, come se nulla fosse cambiato. Chissà, forse non era cambiato niente per davvero. Forse il loro legame persisteva nel tempo anche se si erano persi un po’ di vista, senza però mai perdersi veramente. Dafne rimase colpita da questa cosa, lei stessa non conosceva nessuno che fosse legato a un’altra persona in quel modo. Non era solo amicizia, ma non era tanto da essere amore. UN ANNO DOPO Ipno li aveva abbandonati, ormai seguiva solo ed esclusivamente Atropo. Non aveva più un proprio modo di pensare, ma assorbiva ciò che lei gli inculcava quasi meschinamente. Era perso. Panico parlò coi guardiani, Dafne e Nemesi gli spiegarono la situazione; l’infatuazione di Ipno, la perdita dei suoi poteri, i genitori scomparsi, il potere di Ipno disperso da qualche parte. C’era disperazione nel loro modo di spiegare. La guardiana del fuoco c’era rimasta così male che l’amico si fosse rivelato così scontroso e distaccato con lei. Prima erano così legati, si parlavano sempre. Non riusciva proprio a capire cosa fosse cambiato. Nemesi tornò dal ragazzo che amava, Mattia. Aveva deciso che tutte le tensioni che stava vivendo dovevano scivolarle via di dosso, e quella più “semplice” della quale sbarazzarsi era proprio la tensione che provava nel dover parlare con lui. Mattia sapeva di Nemesi, ma era cambiato anche lui e non provava più le stesse cose per la ragazza. Per quanto potesse farle male, al rifiuto del ragazzo la giovane esordì “Bene. Era esattamente quello che pensavo anch’io.” Quanto le riusciva male dire le bugie, quanto era chiaro che era solo una frottola, una frase buttata lì a caso per autoconvincersi che fosse tutto ok. Andò via senza guardarlo, senza salutare. Non le andava di farlo. Una volta in casa e poi in bagno, si specchiò. Osservò le occhiaie che le segnavano il viso, troppo stanche anche loro. Era ora di cambiare un po’ di cose. Radunati gli amici, più Panico, chiese di prendere di sorpresa Atropo durante la notte e provare a tirarle via i poteri tramite la magia dell’ultimo arrivato. La magia della loro nemica era molto densa e pesante. Se Panico controllava la materia poteva tirarle via la magia proprio grazie a questo fattore, tanto più che nel sonno non se ne sarebbe accorta minimamente. Decisero di entrare nella sua camera, quella che prima apparteneva ai genitori delle ragazze, e di controllare che nessuno interferisse. Ormai irriconoscibile, la stanza dove Dafne e Nemesi giocavano da bambine era diventata un cumulo di mobilia distrutta e polvere nera. Le venature rigavano i muri sempre di più e non era più possibile vederne il colore iniziale. Non era semplice per 13 tirare via da un corpo una materia così forte come quella di Atropo, quindi ogni distrazione era tempo in più che si perdeva e possibilità sempre crescenti di essere scoperti. Panico cominciò, ma più assorbiva potere più il potere stesso gli faceva del male. “E’ velenosa, velenosa vi dico! Panico, smetti di tirare via quella schifezza!!” urlò Selene. Come vorrei potervi dire che Panico riuscì a resistere, Atropo divenne inoffensiva e Ipno tornò ad essere quello di un tempo. Come mi farebbe piacere raccontarvi una storia come questa. La verità è che Selene non fece in tempo a finire la frase perché nel pronunciarla Panico vacillò, cadde a terra privo di sensi ed entrò Ipno ad attaccare quelli che prima considerava compagni. Inaspettatamente non era solo, un nuovo tizio lo affiancava armato di nunchaku. Continuava a farli roteare davanti a Dafne, Nemesi, Caos, Selene e Panico. Poi il buio.

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