Il blackout

di Yokai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giovanni ***
Capitolo 2: *** Nicole ***



Capitolo 1
*** Giovanni ***


Giovanni Nicoletti, forse non il più bello o il più prestante che ci sia al mondo, magro, dai tratti affilati e con una massa di capelli castani e mossi che popolavano la sua testa e non ne volevano sapere di stare al loro posto. Però dietro quelle lenti sottili si trovano due occhi intelligenti, acuti, che sanno analizzare velocemente ciò che vedono. Questa sua attitudine all’analisi e al ragionamento veloce gli hanno fatto intraprendere la carriera universitaria nell’ambito informatico, e ogni volta che ha tra le mani un problema informatico, si sente a casa.

Erano ormai diverse ore che Giovanni era in quella stanza illuminata solo dallo schermo dei computer su cui stava lavorando. Sbuffando sonoramente, si rilassò su una poltroncina e prese un sorso dal bicchiere posto accanto a lui, lasciando che la bevanda frizzante gli rinfrescasse la gola. E’ sempre così: la gente fa casino con i computer e a lui tocca ripararli. Scrivendo un paio di righe di codice sul suo laptop, collegato al computer di Dario, lascia che il programma di scansione cerchi altri possibili errori. Ci vollè un po’, quindi si prese tutto il tempo per rilassarsi. Stirandosi e allungandosi verso la porta, potè sentire Dario parlare con sua madre. La discussione aveva toni seri e quindi Giovanni decise di smettere di origliare. Per quanto gli piacesse farsi i fatti degli altri, farseli dal vivo invece che dietro uno schermo lo metteva a disagio. Dario entrò nella stanza poco dopo, portando una bottiglia ed un paio di panini salutandolo con un sorriso un po’ colpevole. <> chiese Dario a Giovanni con un tono apprensivo. Giovanni gli rispose lanciando un’occhiata allo schermo e sospirando: <> Giovanni si girò lanciandogli un’occhiata, tra lo stanco e il contrariato. <> Lo rimproverò bonariamente. Dario distolse lo sguardo imbarazzato <> Le sue parole vennero interrotte, però, quando all’improvviso la stanza cadde nel buio più totale, tagliato solo dal fascio di luce proveniente dal portatile. Lanciando un’imprecazione nel vedere che il computer di Dario si fosse spento, andò per inveire ancora contro la sfortuna quando sentì una serie di sibili provenire dal laptop: sullo schermo scorrevano velocissime delle immagini, come se qualcosa fosse penetrato attraverso la rete wireless e avesse infettato il sistema! Sia Giovanni che Dario guardarono lo schermo con il fiato sospeso, finché l’immagine si bloccò: l’inquadratura mostrava un paesaggio alieno, dove un cielo rosso illuminava edifici cupi dall’architettura bizzarra, e strane creature indistinte si muovevano sullo sfondo. Giovanni fu tentato dal premere il tasto per catturare l’immagine ma il computer sembrava essere andato in sovraccarico. Le casse emettevano un lamento elettronico e da sotto la tastiera sembravano provenire delle scintille… Toccarlo sarebbe potuto risultare disastroso, ma non sapeva se avrebbe mai avuto altre occasioni per salvare quella cosa! Nonostante tutto Giovanni si allontanò un paio di metri dal computer mentre le scintille continuavano a lampeggiare sotto la tastiera e lo schermo trasmettere quelle immagini inquietanti. Il sibilo si fece via via più acuto, finchè un rumore elettronico forte, assordante, raggiunge le loro orecchie costringendoli a coprirle. Poi solo un attimo di silenzio, lacerato da un urlo di agonia, proveniente dalla stanza accanto. Sentendo sua madre gridare, Dario si alzò dalla sedia barcollando alla cieca in cerca dell’uscita e chiamando sua madre. Giovanni lo sentì sbattere contro la parete, mentre le luci tremolavano e tornavano a risplendere. Era rimasto solo all’interno della stanza, e il suo computer aveva ormai smesso di comportarsi in modo strano. La porta che dava al salotto era socchiusa, riusciva solo ad intravedere Dario chino sulla figura stesa a terra, che imprecava tenendo in mano il proprio cellulare. Qualsiasi cosa fosse successa, era chiaro che il suo lavoro fosse finito: staccò il suo portatile e lo ripose, alzando la voce per farsi sentire. <> chiese cercando di riprendere la calma dopo quegli attimi così intensi. Appena uscì dalla stanza e raggiunse il salotto, l’immagine che gli si parò davanti era orrenda: Maria, il bel volto completamente sfigurato dalle crepe che le si erano aperte sulla pelle e gli occhi opachi, velati di morte, stringeva Dario in una morsa d’acciaio mentre affondava i suoi denti nel corpo del figlio! Dario cercò di divincolarsi dalla presa di sua madre, ma la donna, o qualsiasi cosa Maria fosse diventata, sembrava essere troppo forte per lui! Ebbe il giusto tempo di realizzare ciò che stava accadendo prima di lanciarsi in soccorso dell’amico. Non pensò neanche a cosa stesse facendo, era tutto troppo folle. Si gettò contro Maria, strattonandola e cercando di dividere madre e figlio, mentre Dario gridava dal dolore e dalla paura, una macchia rossa continuava ad allargarsi sulla sua maglietta. Tirando un calcio al ventre di quella creatura, riuscì finalmente a sottrarre Dario dagli artigli di sua madre, ansimando mentre lei cercava di riprendersi dopo il colpo ricevuto. <> lo incitò tentando di tirarlo per la maglietta, ma il suo amico sembrava sotto shock, e lo allontanò con uno spintone. <> Il tono di Dario era disperato, rotto dal dolore per le ferite e per ciò che stava accadendo. Ma quando fece un passo in più per avvicinarsi nuovamente a sua madre, Maria saltò alla gola di Dario, azzannandola violentemente. Il corpo del suo amico si accasciò, mentre una macchia rossa si allargò sul pavimento. La donna, o qualsiasi cosa fosse diventata, ringhiava e mugolava di piacere prima di posare gli occhi su Giovanni – si guardarono solo per un istante, lei balzò mirando alla sua gola… E peggio ancora, gli tagliò la via di fuga principale. Appena Maria balzò verso di lui, la evitò spostandosi indietro prima di scattare verso la cucina. Sentì il fiato di Maria sul collo mentre lo inseguiva emettendo ringhi e mugolii frenetici e carichi di una brama inumana! Raggiunse la porta della cucina e riuscì ad infilarsici dentro per pura fortuna, ma non riuscì a chiudersi la porta alle spalle! Maria gli fu subito addosso, e l’impatto con il muro dietro di lui gli tolse il respiro… La sua mano cercava a tentoni qualcosa con cui difendersi, mentre lottava per tenere a bada quel mostro che stava cercando di affondare i denti nel suo collo. Durante lo scontro, riuscì a darle uno spintone abbastanza forte da guadagnarsi qualche secondo! Mentre la donna era ancora scombussolata dal colpo che Giovanni gli infierì, egli si girò verso il banco e allungò le mani verso i cassetti. Riuscì ad aprirne uno prima che la creatura tornasse all’assalto, infilò la mano dentro mentre con l’altra tornò a combattere per la sua vita… Quando finalmente le sue dita si strinsero attorno a qualcosa di lungo ed appuntito, estrasse l’oggetto dal cassetto e lo infilzò con forza nelle costole di quella creatura! Sentì qualcosa di caldo scivolargli sulle dita, mentre la donna lasciò la presa e si esaminò la ferita, sorpresa. Sfruttando quel secondo momento, si lanciò verso l’uscita della cucina, dirigendosi verso l’ingresso per abbandonare quell’appartamento una volta per tutte!
Si allontanò dalla palazzina il più velocemente possibile, guardandosi continuamente alle spalle per paura che quella cosa possa essere ancora lì ad inseguirlo. Inizialmente non pensò troppo a ciò che fosse successo – l’adrenalina scorreva nelle sue vene, e l’unico pensiero che aveva era quello di sopravvivere. Ma ora che, in teoria, era fuori pericolo, l’enormità di tutto lo colpì come un macigno. Aveva perso uno dei suoi migliori amici, e sua madre aveva cercato di ucciderlo… Per non parlare di ciò che aveva fatto a Dario. Si appoggiò al muro, si lasciò scivolare a terra e  si prese il capo tra le mani cercando di riprendere fiato. Si costrinse a pensare al presente. Dallo stradone gli giunsero voci confuse, e capì che la sua situazione non era migliorata affatto. Altre grida come quelle di Maria riecheggiavano tra gli edifici, mescolandosi al rumore di auto che frenavano e si schiantavano e alle grida di paura della gente. Giovanni si diresse velocemente verso la strada principale, sentendo il caos attorno a se farsi sempre più forte, sempre più assordante. C'erano clacson di macchine, persone che urlava0no e correvano in preda al panico, inseguite da branchi di quelle creature fameliche. Se da una parte quella vista lo atterriva, il suo istinto gli diceva che poteva essere un’occasione: con tutto ciò che stava accadendo, era facile passare inosservati. Si guardò velocemente attorno per capire in che direzione era meglio procedere… Si incamminò verso la stazione di polizia, guardandosi attorno e pregando di passare inosservato nel caos generale. La situazione era apocalittica: vedeva persone correre cercando riparo, e più di una volta assistì impotente  alla visione di creature che assaltavano i fuggitivi. Sentì il morale a terra, ma per lo meno aveva un obiettivo, e da lì aveva più possibilità di sopravvivere. Mentre si avvicinava alla stazione di polizia, vide altre persone che si dirigevano nella stessa direzione, e che cercavano rifugio lì. Le forze dell’ordine avevano allestito un cordone con le vetture, e i poliziotti, in divisa antisommossa, puntavano le loro armi verso la folla e si assicuravano che non vi erano pericoli prima di lasciarli passare. Tenendo le mani alzate, con il cuore in gola, Giovanni si avvicinò per farsi riconoscere come umano ed entrare nel complesso. L’interno della stazione era un continuo via vai di agenti che facevano l’impossibile per mantenere il perimetro saldo e tenere i rifugiati al sicuro. L’agente guidò il gruppo di Giovanni verso la zona degli uffici, conducendoli ad una grande stanza con le finestre protette da sbarre. All’interno vi erano già altri rifugiati, persone disperate che come lui avevano perso tutto. L’atmosfera era greve, ma almeno Giovanni sapeva di essere in un posto sicuro. I pochi paramedici che erano riusciti ad arrivare erano già al lavoro sui feriti. L’inserviente se ne andò, chiudendo la porta con una chiava elettronica e dicendogli che era per la loro sicurezza. C’erano delle creature fuori dalla finestra, ma per lo meno sembrava che le sbarre li tenessero a debita distanza. Stava appena cominciando a rilassarsi, scambiando parole con gli altri sopravvissuti, quando uno di loro gridò. Tutti i presenti nella stanza si voltano verso il ferito, con gli occhi bassi. Ma quando un altro grido, ancora più forte, riecheggiò nella stanza, capirono che qualcosa non andava. Giovanni fu uno dei primi ad accorgersi del cambiamento della pelle, che andava ingrigendosi e crepandosi, di fronte ai suoi occhi, mentre quella che sembrava un’aura rossa risplendeva fievolmente attorno al corpo del ferito. Il panico si scatenò quando questi si alzò e aggredì l’inserviente. Bisognava trovare un modo per uscire da li. Il panico si impossessò velocemente di tutti i presenti, mentre le creature cominciarono ad assaltare i sopravvissuti. Giovanni non sapeva perché nessuno stava accorrendo per aiutarli, ma al momento l’unico modo per salvarsi era uscire da lì. Si avvicinò alla porta, cercando disperatamente di trovare un modo per aprirla, ma proprio mentre stava per tirare fuori dalla sua borsa il cacciavite, per forzare la serratura, qualcosa lo afferrò per una spalla. Si sentì strattonare, mentre le persone nel panico neanche si girarono per aiutarlo. Si dimenò, fece l’impossibile per sciogliere quella presa mortale, fino a vedere la creature accasciarsi a terra dopo un rumore assordante emesso da una pistola. Sentì le grida degli altri, ma lui aveva altro per la mente. Staccò la scatola di controllo della serratura e con le dita tremanti, si sbrigò a scoperchiare il circuito stampato, vedendo subito, a colpo d’occhio cosa fare. Le urla delle persone che lottavano contro quelle creature gli mettevano fretta, ma finalmente riuscì a trovare il giusto contatto e, mandandolo in corto, riuscì a sbloccare finalmente la porta. Richiamando tutti, la aprì e scappò il più velocemente possibile. Però mentre tutti andavano verso la porta principale, Giovanni si rese conto che c’era qualcosa che non andava. Dei rumori sospetti provenivano dall’entrata principale, cercò invano di convincere gli altri. Una volta uscito, si ritrovò in un parcheggio buio e desolato. Diede una rapida occhiata alle carcasse delle auto prima di notare con piacere che non era solo.

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Capitolo 2
*** Nicole ***


Nicole Williams, giovane ragazza che ha le idee ben chiare su ciò che vuole. Appassionata di serie tv, sin da piccola ne fece un’ossessione. Pur proseguendo nei suoi studi e prendendo dei buoni voti non ha abbandonato la sua passione, la musica. Infatti riuscì a diplomarsi in uno dei più prestigiosi conservatori al mondo. Questo però la portò a non curarsi molto della sua sfera sociale: talmente impegnata a raggiungere i suoi obiettivi che la realtà a volte passa in secondo piano, il suo sguardo determinato inquietava gli sconosciuti. Come ogni giovedì pomeriggio Nicole era in conservatorio assieme alle sue compagne, dove a volte si tratteneva fino a tarda sera. Erano da poco passate le dieci, e il suo corpo, stanco dai continui cambi di accordo gli chiedeva un meritato riposo. Hayley, la loro istruttrice, vedendole provate, richiamò la loro attenzione, la sua voce bassa e gentile echeggiava nell’ampio ambiente illuminato al neon. <> annunciò seria, tutte annuirono. Era una delle gare più importanti dell’anno, e Nicole non voleva assolutamente rischiare di perdere per qualche sciocchezza. Assieme a delle sue amiche, si stava avviando nei bagni quando all’improvviso, con un rumore secco, tutte le luci si spensero… Nel buio più totale, si irrigidì, non sapendo dove girarsi. Non riusciva a vedere ad un palmo dal naso, allungò le mani facendo un paio di passi incerti per riprendere il controllo, assicurandosi che tutto fosse a posto. Attorno a lei sentì i gemiti di paura delle sue compagne, e la cosa non fece che peggiorare la sua agitazione. La voce di Hayley, per qualche istante, sovrastò il chiacchiericcio impaurito. <> un rumore umido e inquietante taglia di netto le parole rassicuranti dell’istruttrice, e il chiacchiericcio si tramuta improvvisamente in grida e scalpicciare sul pavimento, mentre il panico si scatenò tra le ragazze. Bloccata sul posto dalla paura, Nicole non riuscì a distinguere le grida di dolore da quelle di paura, finché la luce, tremolante, non si riaccese. La scena che ebbe di fronte fu agghiacciante: Hayley giaceva in una pozza vermiglia, il suo corpo straziato e contorto in una posa innaturale, e come lei, altre sue compagne. Tremando, fece qualche passo indietro, ma all’improvviso accadde qualcosa di impossibile. Con un secco rumore di cartilagini spezzate, Hayley alzò lo sguardo verso di lei, e gli occhi opachi e famelici la puntarono con una bramosia che la riempì di terrore. Lara, che come lei non riusciva a staccare gli occhi da quella donna che rispettavano tanto, si mise a piangere, ma i suoi singhiozzi durarono poco. Un’altra delle loro compagne si avventò con un grido inumano contro di lei, mordendole il collo e facendo finire il suo urlo di dolore e di spavento in un gorgoglio orrendo… La sua mente corse veloce, pur essendo sotto shock il suo subconscio sapeva bene che, se non voleva fare quella fine doveva muoversi. Presa dal panico, scattò immediatamente verso la prima porta che vide, quella che dava al bagno. Scartando di lato riuscì ad evitare Hayley di un soffio, sentendo la sua mano artigliarli il braccio e strappandogli un grido più di terrore che di dolore. Entrata nel bagno, chiuse velocemente la porta alle sue spalle, ma invece del rumore dell’uscio sbattuto sentì qualcosa di umido: la mano di Hayley , riconoscibile dal suo anello, gli impedì di chiuderla. Singhiozzando, provò di nuovo, ma dall’altra parte sentì solo grida di rabbia e di frustrazione, talmente innaturali che non riuscì a credere che provenissero dalla stessa persona che poco prima provò a calmarla. Lanciando a sua volta un grido di disperazione, Nicole, sbattè ancora e ancora la porta, nella speranza che quell’essere lasciasse la presa. Dopo un paio di tentativi, il rumore secco delle ossa spezzate riempì l’aria, e la mano si ritrasse, facendogli così sbattere l’uscio. Ansimando, cercò di riprendere fiato mentre fuori dalla porta le grida si facevano più numerose. Anche se era riuscita a chiudere la porta del bagno, dal vociare che proveniva da fuori, sapeva benissimo che non aveva molto tempo prima che quelle creature facessero breccia. Doveva pensare a qualcosa, e in fretta! Tenendo gran parte del tuo peso contro la porta riuscì ad allungarsi e, grazie alla sua flessibilità, agganciò con un piede una delle panche. Un colpo più forte degli altri la spinse in avanti, strappandogli un grido e rischiando di farle perdere l’equilibrio, ma la porta non aveva ancora ceduto. Pregando disperatamente di non cadere proprio ora, riuscì a tirare la panca abbastanza vicino da prenderla con le mani, la spinse velocemente contro la porta, creando così una rozza barricata. Non sarebbe durata a lungo, ma almeno aveva guadagnato un po’ di tempo per riflettere. La situazione non era delle migliori. Nel panico non aveva ragionato, e si era andata ad infilare in un vicolo cieco. La barriera sembrava donargli un po’ di tempo prezioso, quindi si lanciò verso gli armadietti, si accorse però che erano chiusi. Utilizzando una tecnica appresa in un telefilm riuscì a scassinarli, ma trovò solo borse e zainetti, nulla che potesse veramente aiutarla a sopravvivere ora come ora. Raccolse per buona misura una bomboletta di lacca per capelli: non aveva la minima idea se potesse funzionare o no, ma almeno gli metteva sicurezza sapere di avere qualcosa di potenzialmente utilizzabile con se. In mezzo agli armadietti trovò anche una cassetta del pronto soccorso. Rabbrividì nel rivedere l’immagine di Lara morsa alla gola da una delle sue ex compagne, ricacciò le lacrime e la prese con se, assicurandola alla vita tra i pantaloni ed il suo corpo. Non poteva mai sapere se gli sarebbe servito. Si rese conto di essere in un vicolo cieco, ma non aveva alcuna intenzione di arrendersi. La determinazione che l’aveva resa una delle migliori chitarriste della zona riuscì nuovamente a far presa su di lei, ora che aveva un momento per riprendere fiato. I colpi continuavano ad abbattersi sulla porta, che già cominciava a cedere. Il pannello di plastica si crepò e le lascio intravedere le sue assalitrici. Non sapeva se ne sarebbe uscita viva, ma non aveva altre vie di fuga. Dopo aver preso il coraggio a due mani, diede un deciso strattone alla barricata, preparando il suo corpo allo scatto e tenendo la porta chiusa con il suo peso. Doveva muoversi in fretta. All’improvviso lasciò andare la porta. Questa si spalancò di scatto, sbattendo contro il muro, ma ancora prima che quelle creature potessero aggredirla, scattò contro di loro, sfruttando la velocità per spingerle lontano da lei. Non ci volle molto che le creature tentarono di afferrarla, tirandole i capelli, strattonandola e graffiandola. Qualcosa le morse la gamba, ma l’adrenalina le permise di ignorare il dolore, menando colpi a caso e uscendo finalmente dalla bolgia. Non si voltò indietro, e proseguì verso il salone principale del conservatorio, cercando di uscire da quella trappola mortale. Facendosi strada tra quegli esseri mostruosi, sforzandosi di non pensare a cosa erano prima di quel “cambiamento”, scattò velocemente verso la porta a due ante. A quell’ora non c’erano altre persone oltre a loro, una fievole nota positiva nell’incubo ad occhi aperti che stava vivendo. Col cuore in gola, avanzò tra le luci tremolanti chiedendo alle sue gambe di fare ancora uno sforzo. Pensò che se solo fosse riuscita ad arrivare all’esterno, avrebbe avuto la possibilità di pianificare una fuga. Uscire di lì era una priorità. Ma davanti a lei vide anche qualcos’altro, una cesta con degli attrezzi. Lì forse poteva trovare qualcosa di più efficace per difendersi da quelle cose. Decise di non perdere altro tempo, e continuò a scattare verso la reception. Cominciò a sentire il fiato corto per la paura che l’attanagliava e per lo sforzo che stava chiedendo al suo corpo, ma ormai c’era quasi. Poteva già vedere le ampie vetrate del conservatorio, e avendo un secondo decise di fermarsi per controllare se c’era qualcosa di utile al banco della reception. Sfortunatamente non notò nulla, non gli rimase altro che andarsene. Dall’esterno le giunse il rumore del caos che regnava sovrano indisturbato per le strade. Urla di persone, stridii di gomme e vociare… Una volta lasciata quella trappola mortale, chiuse la porta della palestra alle sue spalle, allontanandosi di corsa dall’edificio. Ma il mondo che l’aspettava non sembrava essere affatto clemente: macchine mezze distrutte ingombravano le carreggiate, e il vociare di persone prese dal panico si diffuse nell’aria. Vide alcune sagome in lontananza mentre l’aria fredda della sera le faceva accapponare la pelle. Non aveva il tempo di ragionare: doveva continuare a muoversi. Dietro di se sentiva già i colpi sordi sul vetro delle sue vecchie compagne –noncipensare- si ripeteva. Con il rumore dei suoi passi soffocato dalle grida e dai ringhi che la circondavano, riuscì a trovare un vicolo abbastanza deserto per poter prendere fiato e decidere la sua prossima mossa… Decise che il modo migliore di agire era quello di passare per i vicoli secondari, ed evitare di attirare troppo l’attenzione. Muovendosi con cautela, spostandosi di nascondiglio in nascondiglio, fece velocemente il punto della situazione per capire qual’era la strada migliore da prendere per raggiungere un luogo sicuro. Attorno a lei, il caos continuava a dilagare, sempre più persone urlavano in preda al panico, e poteva vedere sporgendosi dai suoi nascondigli diverse figure soccombere ai loro aggressori. Versi inumani si mescolavano alle grida dei sopravvissuti, alimentando la sua inquietudine. Si infilò velocemente in un vicolo, mentre altre di quelle creature stavano già arrivando verso la sua direzione. Ne vide alcune anche di fronte a se, e valutò in fretta le opzioni… Prendendo al volo l’occasione per evitare le strade che pullulavano di creature, prese il coraggio a due mani, saltò su pezzo d’acciaio e si arrampicò su un cornicione che portava su un tetto. Nonostante tutto quello che aveva passato, riuscì a mantenere la calma e la concentrazione necessarie a misurare ogni suo passo. Una volta arrivata sul tetto, avvolta nell’oscurità, capì subito che poteva tirare il fiato e riposarsi un po’. Sembrava il momento giusto per rimettersi in forze, senza nessuno che potesse disturbarla. In lontananza riuscì a riconoscere la stazione della polizia. Si chiese se poteva raggiungerla passando di tetto in tetto, e almeno per il momento sembrava che potesse fare un bel tratto di strada senza dover affrontare altre di quelle odiose creature. D’altra parte, una delle cose che avrebbe voluto fare era fuggire lontano…. Forse, se sarebbe riuscita a raggiungere la periferia della città, non avrebbe avuto di che preoccuparsi. Avrebbe potuto anche nascondersi tra i boschi e cercare un posto più tranquillo dove organizzarsi meglio. Nicole si diresse velocemente verso la strada principale, sentendo il caos attorno a se farsi sempre più forte, sempre più assordante. Si udivano clacson di macchine, persone che urlavano e correvano in preda al panico, inseguite da branchi di quelle creature fameliche. Colse l’occasione per passare inosservata, si guardò intorno e decise di continuare a correre per raggiungere la stazione di polizia il prima possibile, ne vide la figura emergere dal fumo degli incendi che erano divampati in città. Sentì il rumore secco dei colpi di pistola farsi sempre più forte, e dinnanzi a se vide un cordone di agenti di polizia che continuavano a sparare verso gli aggressori, riparati dietro le portiere delle vetture disposte lungo la strada. C’erano già diversi corpi stesi a terra, e poteva sentire il vociare degli uomini e delle donne che difendevano la posizione. Proprio quando stava per avvicinarsi ai poliziotti e dire a loro di essere ancora umana, una macchina arrivò alle sue spalle, sterzando bruscamente di lato e andando a sbattere contro un palo della luce, accartocciandosi. Dall’interno della vettura ne emerse un ragazzo giovane dai capelli neri e ricci e dall’aspetto trasandato. Si guardò attorno, agitato, stringendo al petto una borsa. Indossava una maglia degli AC/DC, si agitò quando i poliziotti si voltarono verso di lui con le armi in pugno. <> esclamò alzando l’unica mano libera, mentre i poliziotti fecero cenno ad entrambi di muoversi e passare oltre la barricata. Pensò che finalmente poteva stare un po’ tranquilla. Ora erano in un luogo con tante persone a guardia, anche se la vista di diversi ufficiali di polizia a terra, gli infondeva inquietudine. Un ufficiale li accompagnò all’interno di una zona sicura, gli uffici al pian terreno. Le finestre erano sbarrate da delle inferriate, e anche se le giungevano le voci delle creature che infestavano la zona, sapeva benissimo che da lì fuori non potevano venirla a prendere. Una volta che l’ufficiale la lasciò con il resto del gruppo, tornò alle sue mansioni. Una coppia di paramedici si stava occupando dei vari feriti, cercando di medicarli alla meglio con il poco che era stato messo loro a disposizione. Nonostante l’atmosfera tesa, riuscì a riposarsi, ma più si riposava più sentiva il peso dell’enormità della situazione. Il mondo è cambiato improvvisamente, e niente è più sicuro. Quello che davano per scontato fino a qualche ora prima era diventata una trappola mortale. Tentando di non farsi prendere dallo sconforto, si presentò. Il ragazzo disse di chiamarsi Giovanni, e per stemperare la tensione parlarono un po’ della loro vita prima del blackout. All'improvviso udirono delle grida, si scatenò il panico generale: alcuni dei feriti stavano urlando dal dolore, e di fronte a loro videro qualcosa di impossibile. I loro corpi vennero scossi da tremiti violenti, mentre il colorito si ingrigiva. La loro pelle si crepava e i loro occhi si velarono di morte mentre coi muscoli tesi dallo sforzo si inarcavano sul terreno… Un lieve alone rossastro avvolgeva i loro corpi, e si avventarono famelici sugli operatori del pronto soccorso. Ora le finestre non sembravano più un elemento di che gli dava sicurezza, erano le sbarre di una gabbia mortale. L’unico modo di uscire era dalla porta da dove erano entrati. Giovanni stava venendo aggredito da alcune di quelle creature, e un fievole grido, una richiesta d’aiuto, echeggiava nella stanza. Se nessuno l’avrebbe soccorso sarebbe stato spacciato. Nicole non potè far a meno di pensare che anche lui era estraneo a tutto ciò, esattamente come lei, quindi decise di aiutarlo. Prese una pistola poggiata su un bancone lì vicino, e con le mani che tremavano fece partire un colpo che attraverso il cranio della creatura. Giovanni appena si rialzò si diresse alla porta bloccata, era stata chiusa con una chiave elettronica dall’ufficiale, dopo aver manomesso il pannello di controllo, e aver sbloccato la porta scappò verso l’uscita. Nicole provò a seguirlo ma altri sopravvissuti le impedivano la visuale fino a quando lo vide gridare invano dicendo che l’uscita principale non era la via d’uscita sicura, lo vide correre in un corridoio e decise di seguirlo quando vide accasciato su se stesso una ragazza, la prese per un braccio, la tirò su e la costrinse a seguirla. Alla fine del corridoio vi era una porta che conduceva in un parcheggio semi deserto, con poche carcasse di auto e Giovanni che scrutava la zona.

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