Every time I see your face my heart takes off on a high speed chase di Idra_31 (/viewuser.php?uid=36119)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Creep ***
Capitolo 2: *** Creepier ***
Capitolo 3: *** You're beautiful ***
Capitolo 4: *** Wonderwall ***
Capitolo 5: *** Take me out ***
Capitolo 6: *** Collide ***
Capitolo 7: *** Taking a chance ***
Capitolo 8: *** I'm yours ***
Capitolo 9: *** Completely mine ***
Capitolo 1 *** Creep ***
marcel
Chi
segue le altre mie storie probabilmente si sarà domandato che fine
abbia fatto. Eccovi la risposta: sto scrivendo un'altra storia! Vi
informo già da adesso che questa fanfic avrà pochissimi capitoli e
che ho quasi finito di scriverla, ergo non ci saranno mesi di attesa
tra un capitolo e l'altro e soprattutto è sicuro che non la lascerò
incompleta. Ok, sicuro è una parola grossa, ma giuro che l'ho quasi finita (così potrò finalmente dedicarmi ad altro).
Mi
sto divertendo un sacco a scrivere di Harry in versione Marcel perché
finalmente posso scrivere anche un po' di me stessa (e non per
gli occhiali il gel i gilet, nel caso ve lo stiate
domandando). (E neanche per il suo cervello super sviluppato).
Spero
che questa storia vi piaccia, che non sia scontata, che non somigli
alle altre mie storie, che mi lasciate qualche recensione etc etc.
PS: il titolo è tratto dalla canzone "Falling In" dei Lifehouse. Li sto ascoltando ininterrottamente.
PPS: se tutto va bene aggiornerò Flowers alla fine della prossima
settimana.
A
presto!
“When
you were here before
Couldn't
look you in the eye
You're
just like an angel
Your
skin makes me cry
Your
float like a feather
In
a beautiful world
And
I wish I was special
You're
so fucking special
(Creep
- Radiohead)
“Marcel!”.
Harry
incede a passo svelto lungo il corridoio della scuola diretto alla
lezione di Chimica, la testa bassa e le spalle leggermente incurvate
più per il fatto che è troppo alto per la sua età che per
l'effettivo peso dello zaino.
“Marcel!”.
La
campana è suonata da tre minuti buoni e lui ha perso tempo a cercare
il manuale di Chimica nell'armadietto - sepolto sotto libri di
Biologia, Matematica, quaderni con appunti, schizzi, abbozzi di
poesie - perciò copre correndo la distanza che lo separa dall'aula.
“Marcel,
che diamine!”.
Sulla
soglia della porta, Harry si sente afferrare per un braccio e si
morde la lingua per non imprecare. I suoi gli hanno insegnato che non
è educato e sono sempre stati molto severi a riguardo.
“Li
hai fatti i compiti di matematica?”, domanda colui che lo ha poco
gentilmente strattonato, impedendogli di entrare in classe e
rubandogli tempo prezioso.
Harry
si aggiusta gli occhiali che gli sono scivolati sul naso.
Improvvisamente ha le mani sudate e deve fare uno sforzo affinché la
voce non gli esca sotto forma di un miagolio indistinto.
“Certo
che li ho fatti”.
Il
ragazzo di fronte a lui sbatte le sue lunghe ciglia da bravo
affabulatore quale è.
“Me
li passi?”.
Harry
deglutisce il groppo che ha in gola. Perché Louis Tomlinson,
capitano della squadra di calcio, studente modello, ragazzo più
desiderato della scuola e – questo probabilmente dovrebbe stare in
cima alla lista – combinaguai di prima categoria, che gli ha
rivolto la parola sì e no tre volte in sette anni, vuole i suoi
compiti?
“Non
li hai fatti?”.
Louis
incrocia le braccia sul petto.
“Mi
pare ovvio di no se li sto chiedendo a te”.
Harry
non è abituato a essere scortese e neanche a negare un favore a
chicchessia, però tentenna.
“Coraggio,
Marcel, non lo scoprirà nessuno”, insiste Louis con un sussurro,
come se stessero complottando chissà quale crimine.
“Ok”,
cede Harry, togliendosi lo zaino dalle spalle e cominciando a cercare
il quaderno di matematica. Lui e Louis non sono amici, l'altro
ragazzo non sa neanche quale sia il suo vero nome, però Harry non ha
altra scelta. Passa spesso i compiti ai suoi compagni di classe e non
ha una scusa plausibile per rifiutarli proprio a lui, adesso.
“Perfetto”,
replica Louis quando Harry gli passa il quaderno. “Ci vediamo a
Matematica!”.
Harry
rimane imbambolato a fissare la schiena dell'altro ragazzo, che si
allontana sicuro di sé verso la parte opposta del corridoio.
Louis
non si è quasi mai fatto trovare impreparato in questi anni, Harry
lo sa perché lo ha osservato, sa che è uno degli studenti migliori
della scuola, tutti gli insegnanti lo amano nonostante la sua lingua
lunga e la sua faccia tosta e sono pronti a perdonargli qualsiasi
cosa, perché lui è Louis Tomlinson, uno che conquista tutti con un
sorriso e una battuta sarcastica. Per questo qualcosa non torna, ma
lui non ha tempo di scervellarsi sulla questione. Infatti, scrolla le
spalle ed entra in classe, mormorando una scusa per il ritardo al
professore – non sarà Louis ma si è guadagnato un occhio di
riguardo da parte degli insegnanti per il suo stacanovismo e il suo
quasi maniacale rispetto delle regole – e si siede accanto al suo
migliore amico.
“Dove
diavolo eri finito?”, bisbiglia Zayn, la testa sepolta tra le
braccia.
Harry
risponde senza staccare gli occhi dalla lavagna.
“Louis
mi ha chiesto i compiti di matematica”.
Anche
senza guardarlo in faccia Harry sa che Zayn ha gli occhi sgranati.
“Tomlinson?
Ha chiesto i compiti a te?”.
Il
riccio giocherella con la matita.
“Tutti
chiedono i compiti a me”.
Zayn
si mette dritto sulla sedia.
“Louis
Tomlinson non è tutti”, replica accoratamente. “Sei
sicuro che non sia una specie di scherzo?”.
Harry
si sistema gli occhiali sul naso per l'ennesima volta. Anche solo
parlare di Louis lo mette in agitazione.
“Che
genere di scherzo potrebbe architettare col mio quaderno di
matematica?”, domanda, incredulo.
In
qualsiasi altra situazione, Harry sarebbe la vittima principale degli
scherzi e delle cattiverie di gran parte della scuola. Tuttavia, in
questa situazione - quella cioè dove si ritrova per caso o per un
colpo di fortuna a essere il migliore amico di Zayn Malik – ha una
sorta di immunità, che gli ha risparmiato anni di angherie e prese
in giro. Certo, molti studenti gli parlano alle spalle, altri hanno
l'ardire di ridergli in faccia, la maggior parte lo ignora, però
nessuno si sognerebbe mai di mettergli una mano addosso pur di non
vedersela con Zayn. Questi emana un'aura di superiorità e
intimidazione – coi suoi giubbotti di pelle, gli anfibi,
l'immancabile sigaretta dietro l'orecchio - che gli ha fatto
guadagnare il rispetto di tutta la scuola. Poco importa se la
protezione di Zayn raramente si estende al di fuori dell'orario
scolastico, Harry raramente ha una vita sociale al di fuori
dell'orario scolastico.
Zayn
si stringe nelle spalle.
“Non
ne ho la più pallida idea”, ribatte. “Staremo a vedere”.
Zayn
è uno che tende a vedere il male dappertutto, Harry, d'altra parte,
è uno che troverebbe del buono in chiunque. Non c'è da stupirsi che
il più sospettoso tra i due sia proprio Zayn.
“Se
ti dovesse dare fastidio non esitare a dirmelo che ci penso io”,
continua.
Harry
ride tra sé e sé.
“Ok,
Batman”.
Zayn
sembra compiaciuto dal paragone col suo supereroe preferito e torna a
dormire.
*
A
Harry piace studiare, c'è poco da fare. Gli piace essere il primo
della classe, ama essere impegnato in innumerevoli attività
extra-curriculari, ed è particolarmente orgoglioso di aver condotto
la sua scuola alla vittoria delle Olimpiadi di Matematica per tre
anni di fila. In più, ha una passione per gli scacchi, i libri
di Jane Austen, la poesia di Whitman e la scrittura. Sa di essere un
adolescente atipico, ma non gliene importa. Sa che i suoi
gilet di lana, le sue cravatte, i suoi occhiali enormi e fuori moda,
i suoi capelli perennemente ingellati e pettinati da un lato sono
soliti suscitare l'ilarità generale, ma fanno parte di lui, perché
dovrebbe vergognarsene? Perché dovrebbe voler cambiare?
Però,
se c'è una cosa che non ama è lo sport. Ma Educazione Fisica è una
materia come un'altra, quindi non gli rimane molta scelta se non
indossare i suoi pantaloncini larghi e le sue calze di spugna sotto
al ginocchio per due ore a settimana. È un sacrificio che è
disposto a fare per il bene del suo rendimento scolastico.
Dopo
aver compiuto due giri del perimetro della palestra senza proferire
alcuna lamentela, Harry si siede sulla panca accanto a Zayn,
approfittandone per riprendere fiato.
“Ricordami
di nuovo perché tu sei esonerato dalla lezione di ginnastica”,
borbotta.
Zayn
sorride, fiero di se stesso.
“Problemi
respiratori”.
“E
scommetto che le sigarette te le ha prescritte il medico apposta per
curarli, giusto?”.
L'altro
ragazzo gli da una pacca sulla spalla.
“Di
questi tempi le sigarette possono fare miracoli, Hazza”.
Harry
si scrolla di dosso la mano di Zayn.
“Ti
detesto, Malik”.
Zayn
gli avvolge un braccio attorno alle spalle e lo attira a sé.
“Non
ne saresti capace neanche mettendoci tutto l'impegno possibile”.
Harry
si libera dalla stretta del suo amico.
“Torno
al mio dovere”, afferma, rimettendosi in piedi e sgranchendosi la
schiena. Gli farà un male cane per tutto il giorno, ne è sicuro.
“Io
nel frattempo mi dedicherò alla meditazione”, replica Zayn,
poggiando la testa sul muro dietro di sé e incrociando le mani sul
grembo.
“Ah,
è così che si chiama adesso il riposino di mezzogiorno?”, scherza
il riccio, prima di tornare a correre coi suoi compagni.
Harry
ha appena finito il suo ultimo giro quando Louis gli si avvicina con
un pallone in mano.
“Marcel!”,
esclama, facendo per tirargli il pallone in faccia.
Harry
chiude gli occhi e si prepara all'impatto. Impatto che non avviene.
“Mh?”,
mugugna, aprendo un occhio in via sperimentale.
Louis
gli rivolge un sorriso obliquo. Harry ha il fiatone e il cuore in
gola, in parte per la corsa e in parte per lo spavento che gli ha
fatto prendere l'altro ragazzo.
“Sicuro
di non aver bisogno di un respiratore?”, domanda Louis, fingendo di
essere in apprensione per lui.
Harry
si morde il labbro inferiore. Cosa vorrà Louis adesso? Non ha tempo
da perdere con lui, non quando ha la maglia incollata alla schiena e
le guance arrossate come se avesse preso un'insolazione. Un'altra
caratteristica di Louis – una di quelle che Harry trova
tremendamente fastidiose e tremendamente affascinanti allo stesso
tempo – è che è sempre perfetto, anche dopo un'ora di
palestra. A differenza dei comuni mortali sembra immune alla fatica e
al sudore.
“Sto
benissimo, grazie”, biascica, cercando di resistere alla tentazione
di asciugarsi la fronte con la maglia. Non sia mai che Louis veda la
canottiera che indossa sotto. Ne ha abbastanza delle sue occhiate di
compassione, che Louis crede di sapere nascondere così bene ma che
Harry ha imparato a riconoscere visto che ne ha ricevute parecchie
negli anni.
“Sicuro?
Sembri sul punto di sputare un polmone”.
Harry
rotea gli occhi.
“Sicuro.
Ciao, Louis”, dice, superandolo senza pensarci due volte.
“Stammi
bene, Marcel!”, lo saluta Louis.
Harry
non sa cosa sia preso all'altro ultimamente: dopo anni di silenzio,
adesso prima gli chiede i compiti – restituendogli il quaderno
pieno di scarabocchi e frasi di canzoni, peraltro - poi gli rivolge
la parola durante la lezione di Educazione Fisica. Forse Louis è
annoiato e ha deciso di sfidare il tacito divieto di 'non importunare
Harry Styles se non vuoi vedertela con Zayn Malik'. Harry non è
disposto a essere la sua prova di coraggio.
*
L'anta
dell'armadietto di Harry fa un rumore sinistro, simile
al verso di un gatto schiacciato da un'automobile.
“Potresti
provare a metterci un po' di quell'olio che usi per i capelli, sai?”.
Harry
vorrebbe essere quel tipo di persona che non salta letteralmente in
aria quando è colta di sorpresa. Invece è esattamente
quel tipo di persona.
“Non
uso nessun olio per i capelli”, risponde, cercando di ricomporsi.
Louis
si appoggia con una spalla all'armadietto accanto al suo.
“Davvero?”,
domanda, allungando una mano verso la sua testa.
Harry
fa un passo indietro, lanciando uno sguardo minaccioso alla mano di
Louis.
“Ehi,
Marcel, non mordo mica!”, si difende l'altro ragazzo.
Harry
decide che ne ha avuto abbastanza.
“Il
mio nome è Harry e dovresti saperlo”, sputa, “visto che
frequentiamo le stesse lezioni da anni. Se per tutto questo tempo ti
è sfuggito, o sei sordo o hai una soglia dell'attenzione molto
bassa”.
Louis
non si mostra per niente impressionato dall'orgoglioso discorso di
Harry e, anzi, gli regala un sorriso radioso.
“So
perfettamente chi sei”, ribatte. “Harry Styles: migliore studente
del nostro anno, presidente del club di scacchi, genio della
matematica, giornalista a tempo perso. Praticamente una superstar”.
Harry
cerca di passare sopra al tono canzonatorio di Louis.
“Allora
perché ti ostini a chiamarmi Marcel?”.
Louis
sembra studiarlo per un attimo.
“Perché
sei un Marcel”.
Harry
solleva un sopracciglio.
“Cos'è
un Marcel?”,
domanda, non tanto sicuro di volerlo sapere.
Louis
si gratta il mento.
“Un
Marcel è uno che si
veste come il mio bisnonno, usa talmente tanto gel da fare invidia al
cast di Grease,
indossa occhiali tre volte la sua faccia e non tira fuori il naso dai
libri neanche per andare a pisciare”, spiega, tutto d'un fiato.
“Avevo un compagno di classe alla elementari che era il prototipo
di un Marcel e che si chiamava, appunto, Marcel”.
Harry
chiude l'anta dell'armadietto con uno scatto ed è sorpreso lui
stesso da questo gesto impulsivo e stizzito.
“Meglio
essere un Marcel che una testa di cazzo”,
sbotta, girando sui tacchi senza guardarsi indietro. È sicuro che le
sue orecchie siano andate a fuoco, tanto le sente calde. Louis gli ha
fatto infrangere la sua regola del 'non dire parolacce', della quale
andava tanto fiero.
“Dannatissimo
Louis Tomlinson”, impreca, già che ci ha preso gusto.
*
Louis
è diventato una presenza costante nella vita scolastica di Harry. Se
già prima Harry era più che consapevole della sua esistenza –
Louis non si da pace se non può essere al centro dell'attenzione di
tutti – adesso fare finta che non esista è un'impresa. Durante le
lezioni alle quali Zayn non prende parte, si diverte a lanciargli
addosso palline o aeroplanini di carta per distrarlo. Quando Zayn è
presente, Harry si sente comunque gli occhi di Louis addosso tutto il
tempo. È faticoso e frustrante essere sotto il perenne
scrutinio di uno come lui. Harry si sente tre volte più impacciato e
imbranato da quando questa persecuzione è iniziata.
Zayn
si è offerto di 'risolvergli il problema', ma Harry è convinto che
deve riuscire a cavarsela da solo. Louis non è una minaccia vera e
propria, ma più che altro una spina nel fianco. Harry può gestirla.
Vuole sconfiggerlo con l'indifferenza.
Chiedere l'intervento di Zayn significherebbe dargli troppa
importanza.
Si
trova in Biblioteca quando riceve l'ennesima visita di Louis.
“Che
leggi?”, domanda questi e senza aspettare una risposta gli ruba il
libro dalle mani e comincia a sfogliarlo.
Harry
stringe le dita attorno al bordo del tavolo e si morde l'interno
della guancia per non urlare.
“Sembra
piuttosto noioso”, commenta Louis, continuando a voltare le pagine.
“Forse
letto dal verso giusto potrebbe risultare piuttosto
interessante. Perfino per te”, replica Harry, stupendosi del fatto
di essere riuscito a pronunciare davanti a Louis, per l'ennesima
volta, una frase con più di cinque parole, usando per giunta un tono
sarcastico del quale si sente particolarmente orgoglioso.
Louis
si accorge di stare guardando il libro al contrario ma piuttosto che
mostrare imbarazzo per essere stato colto in flagrante, come Harry
aveva sperato, lo lancia verso di lui attraverso il tavolo senza
battere ciglio.
“Sei
mai stato con una ragazza?”, chiede di punto in bianco.
Harry
arrossisce all'istante.
“Non
sono affari tuoi”, ribatte, riaprendo il libro e cercando di
riprendere la lettura da dove l'aveva lasciata.
“Deduco
di no”, dice Louis, gongolando.
Harry
lo fulmina con lo sguardo ma non ottiene alcun effetto.
“Posso
presentarti mia nonna”, afferma Louis. “È vedova da
qualche anno, comincia a sentirsi sola. Potresti piacergli visto che
ti conci come un settantenne”.
Harry
si sforza di ignorarlo.
“Ha
una certa esperienza in fatto di uomini, potrebbe farti da, come si
dice?, nave scuola”, insiste Louis.
“Credi
di essere divertente?”, lo interroga stancamente Harry.
Louis
poggia le gambe sul tavolo e si rilassa sullo schienale della sedia.
“Credo
di essere esilarante. Anzi, ne sono sicuro”.
Harry
si passa una mano sugli occhi da sotto le lenti.
“Cosa
vuoi da me? Perché mi stai sempre addosso?”.
Louis
ha iniziato a giocare con una gomma di Harry, tirandola in aria e
afferrandola con le mani poco prima che cada per terra.
“Ti
do fastidio, per caso?”, domanda Louis senza interrompere il suo
passatempo.
Harry
ignora del tutto la sua domanda.
“Fino
alla settimana scorsa non sapevi neanche che esistessi e adesso non
fai altro che ronzarmi intorno. Te lo chiedo un'ultima volta: cosa
vuoi da me?”.
Louis
lo guarda negli occhi per la prima volta da quando è arrivato.
“Ti
sbagli, Marcel”, dice con serietà, “in tutti questi anni non ti
ho perso di vista neanche per un istante”.
Harry
sbatte ripetutamente le palpebre mentre cerca di trovare un senso
alle parole dell'altro ragazzo. Louis gli fa l'occhiolino e si
congeda tirandogli la gomma in fronte. La gomma atterra sotto al
tavolo. Harry non la ritroverà più.
*
“Ho
una teoria”, annuncia Perrie a mensa, dopo aver ascoltato il
resoconto degli ultimi giorni di vita di Harry. “Louis ha una cotta
per te”.
Harry
improvvisamente ha la tachicardia e deve fare uno sforzo immenso per
riuscire a inghiottire il boccone che sta masticando. Non immaginava
che le parole 'Louis' e 'cotta' nella stessa frase potessero avere
questo effetto su di lui. Anche se l'idea è solo una fantasia
di Perrie.
Niall
scoppia a ridere rumorosamente, beccandosi delle occhiatacce da parte
di alcuni ragazzi seduti al tavolo accanto al loro. L'espressione di
Perrie rimane impassibile.
“Aspetta”,
dice Niall scrutando il volto della bionda, “non era una battuta?”.
Perrie
scuote il capo.
“Pensateci-”.
“Smettila”,
sibila Harry prima di bere un generoso sorso d'acqua.
“Almeno
ascolta quello che ho da dire”, insiste Perrie.
Niall
allontana il vassoio con il cibo per dedicarle la sua completa
attenzione. Perfino Zayn ha smesso di scarabocchiare il suo taccuino
e la sta guardando con aspettativa. Harry volta il capo dall'altra
parte. E ovviamente, ironia della sorte, il suo sguardo cade sul
tavolo di Louis e dei suoi amici.
“Louis
si sta comportando come uno di quei bambini che fanno i dispetti alla
bambina per la quale hanno una cotta solo per attirare la sua
attenzione”, spiega Perrie con un ghigno soddisfatto. “Sai, tipo
tirarle le treccine o alzarle la gonna”.
“Louis
non è più un bambino e, soprattutto, io non sono una
bambina”, dice Harry, asciutto.
“Secondo
me Perrie ha ragione”, interviene Niall. “Devi ammettere che
Louis trova scuse improbabili solo per avvicinarti e importunarti”.
“È
un bullo”, ribatte Harry.
“Un
bullo ti avrebbe infilato la testa nella tazza del cesso”, afferma
Niall. “Louis sta cercando di conquistarti”.
Harry
scoppia a ridere.
“Non
mi intendo di rapporti sentimentali ma non credo che funzioni così”.
Perrie
e Niall sollevano le sopracciglia all'unisono.
“Zayn!”,
chiama Harry, cercando il supporto di una persona ragionevole. “È
così che hai conquistato Perrie?”.
Zayn
passa un braccio dietro alla sedia della sua ragazza.
“Io
non ho avuto bisogno di ricorrere a certi trucchetti. Mi è bastata
un'occhiata per farla cadere ai miei piedi”.
Perrie
si allontana con un verso indignato.
“Mi
sei stato dietro per mesi prima
che accettassi di uscire con te, deficiente”.
“Eri
già cotta di me ma volevi fare la difficile”, si difende
Zayn.
“Comunque”,
taglia corto Harry, “la vostra teoria non ha fondamenta perché
Louis è etero”.
“Che
ne sai?!”, dicono Perrie e Niall insieme. Poi si battono il cinque
attraverso il tavolo. Harry si domanda se valga ancora la pena avere
degli amici se questo è quello che deve subire.
“Quello
che dite non ha senso”, insiste. “Io sono...io e Louis
è...un'altra cosa”.
Harry
lascia vagare lo sguardo sul tavolo dove Louis è seduto assieme al
suo migliore amico Liam e agli altri della squadra di calcio. Per la
prima volta dopo più di una settimana può prendersi la libertà di
osservarlo come faceva una volta, dal momento che Louis è impegnato
a costruire una piramide impilando vasetti vuoti di yogurt uno sopra
l'altro, mentre Liam controlla ogni sua mossa, forse nella segreta
speranza di vederlo fallire. Louis ha gli occhi socchiusi e la lingua
in mezzo ai denti, tutto concentrato nella sua missione di creare
un'opera d'arte contemporanea entro la fine del pranzo.
“Eh?
Non sono sicura di aver capito i tuoi vaneggiamenti”, lo sfotte
Perrie. “Mi domando come tu faccia ad avere sempre voti alti nei
compiti se ti esprimi come uno scimpanzé”.
“Gli
scimpanzé non parlano”, mugugna Harry.
“Quello
che voleva dire Hazza”, si intromette Zayn, “è che gli sembra
assurdo che uno come Louis, dietro al quale sbava tre quarti della
fauna femminile di questa scuola e un quarto di quella maschile,
possa ricambiare la sua cotta”.
“Cos-Zayn!”,
squittisce Harry. “Dici cose perfino più insensate della tua
ragazza!”.
Zayn
lo guarda fisso.
“Mi
stai dicendo che non hai una cotta per Louis tipo dal primo anno?”.
“No
che non ce l'ho!”, esclama Harry.
Non
che non ce l'ha, che sciocchezze. Louis è sicuramente bello da far
girare la testa e ha un fascino che non ha eguali in tutta la scuola
– per una serie di fattori che se Harry dovesse elencarli tutti
impiegherebbe il resto del pomeriggio – ma è un po' troppo pieno
di sé e ultimamente anche un po' troppo indisponente per piacergli.
E poi a lui interessano i tipi più riservati e sull'intellettuale,
ecco. Non quelli che definiscono “Il Grande Gatsby”
noioso, senza averne letto una singola riga.
“Se
fossi dell'altra sponda penso che anch'io avrei una cotta per Tommo,
quindi non me la sento di giudicarti, Haz”, lo informa Niall.
“Vuoi
abbassare la voce?”, piagnucola Harry.
“Ehi,
credevo che se tu fossi stato dell'altra sponda avresti avuto una
cotta per me”,
scherza Zayn. O forse parla sul serio. È facile che la frase
di Niall lo abbia toccato nell'orgoglio.
Proprio
in questo momento un boato proveniente dal tavolo di Louis cattura
l'attenzione di tutta la mensa: la piramide costruita dal ragazzo è
appena crollata e i vasetti di yogurt si sono dispersi sul tavolo e
per terra.
Louis
inizia a raccoglierli, ma piuttosto che gettarli nell'immondizia li
lancia addosso ai suoi compagni di squadra. Liam cerca di
intercettare più vasetti possibile per evitare che cadano di nuovo
per terra.
Liam
è un ragazzo assennato. Harry si domanda dove sarebbe finito Louis
se Liam non fosse stato il suo migliore amico. Probabilmente dove è
adesso, perché, come già accennato, a Louis viene perdonato tutto.
Perfino una lotta coi vasetti di yogurt nel bel mezzo della pausa
pranzo.
Harry
rimane qualche secondo a fissare Louis, le sue braccia scolpite, i
polpacci muscolosi che emergono da sotto i suoi pantaloncini da
calcio, il ciuffo che ogni giorno pende da un lato diverso, il suo
sorriso di quando sta facendo qualcosa di particolarmente pestifero
– come quando ha srotolato metri di carta igienica lungo il
corridoio, l'anno prima, a mo' di tappeto rosso per dare il
bentornato a un'insegnante tornata dopo mesi di malattia o quando ha
tappezzato la scuola di fotocopie del suo sedere – fino a quando
Louis non si volta e lo becca in pieno.
“Marcel!
Nessuno ti ha mai detto che è maleducazione fissare la gente?”.
Il
riccio emette una specie di grugnito e si sbatte la testa sul tavolo.
Niall
si avvicina per sussurrargli: “Haz, non lo vedi che è
completamente cotto?” e Harry gli infilza una forchetta
nella mano. Il segno dei denti gli rimarrà per giorni ma nessuno si
azzardi a dire che non se l'è meritato.
|
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Capitolo 2 *** Creepier ***
lm
And
how can I stand here with you,
And
not be moved by you?
(Everything
- Lifehouse)
Harry
è una persona ottimista ma comunque realista. Per citare una famosa
canzone degli anni '80, lui è uno che “spera per il meglio ma si
aspetta il peggio”. Motivo per cui non ha pensato neanche per un
attimo di credere alla teoria di Perrie. Non che Harry speri che la
teoria di Perrie sia valida. Non gliene importa nulla se Louis ha una
cotta per lui o meno. Ok, un po' gliene importa. Ma è meglio non
pensarci, tanto Perrie e Niall hanno le visioni perché non esiste
che Louis abbia una cotta per lui. La tintura bionda avrà dato alla
testa di quei due. E anche a quella di Zayn, a giudicare dal suo
nuovo ciuffo e dal fatto che abbia appoggiato i vaneggiamenti della
sua ragazza e del suo amico.
Tuttavia,
due episodi che gli sono capitati nei giorni passati gli hanno fatto
sperare che i suoi amici abbiano ragione. No, non sperare, perché
a Harry, come già detto, non importa assolutamente nulla se Louis
sia interessato a lui, dal momento che chiaramente lui non è
interessato a Louis. Neanche un po'. Più che altro questi due
episodi potrebbero dimostrare che i suoi amici non siano andati
completamente fuori di testa.
Episodio
numero uno: Harry e Liam al parcheggio della scuola.
“Ehi”,
esordisce Liam, andando incontro al riccio. “Harry, giusto?”.
Harry
e Liam hanno frequentato le stesse lezioni per anni, quindi è
impossibile che l'altro ragazzo non sappia il suo nome.
“Sì”,
mormora il riccio, in imbarazzo. Liam non fa parte della sua cerchia
di amici – considerato che la sua cerchia di amici è composta da
tre persone, quattro con l'occasionale aggiunta di Ed– e per di più
questa sarà la quinta volta al massimo che si rivolgono la parola.
Si consideri anche che Liam è il migliore amico di Louis ed ecco
spiegato perché Harry vorrebbe sotterrarsi. Liam però è una
persona troppo buona e onesta e non può averlo avvicinato solo per
perpetrare il giochetto di Louis. Non lo chiama neanche Marcel,
questo può pur voler dire qualcosa.
“Tutto
bene?”, chiede Liam con estrema gentilezza, come se Harry fosse in
uno stato psicologico precario.
Harry
annuisce, infilandosi nel frattempo due dita nel colletto della
camicia in un gesto che tradisce la sua ansia.
“Tu?”,
domanda per cortesia.
Liam
gli fa dono del sorriso più gentile mai visto addosso a un essere
umano.
“Tutto bene,
grazie”.
Harry
si guarda i piedi.
“Ehm-”.
“Senti”,
lo interrompe Liam. “Louis mi uccide se viene a scoprire che
abbiamo avuto questa conversazione ma-”. Liam sembra in preda a una
sofferenza fisica. “Volevo solo dirti...non essere troppo
duro con lui, ok?”.
O
Harry si è perso qualche passaggio o Liam lo sta prendendo in giro.
Che ne è stato della sua bontà?
“Scusa?”.
“Louis
è praticamente mio fratello e io gli voglio un bene dell'anima...”,
continua Liam, dritto per la sua strada.
“Quindi?”,
riprova Harry.
Liam
persiste nell'ignorare la perplessità di Harry.
“Però
è un tipo testardo e orgoglioso e si rifiuta di accettare i miei
consigli o quelli di chiunque altro e fa sempre di testa sua”.
Harry
batte un piede per terra ritmicamente, nervoso.
“E
cosa c'entro io in tutto ciò?”.
“Tu?”.
Liam sembra accorgersi in questo momento di avere un interlocutore.
“Oddio”.
Harry
teme che l'altro ragazzo stia per avere un collasso.
“No-,
non ti sei reso conto di niente, vero?”, balbetta Liam.
Harry
vorrebbe davvero riuscire a capirci qualcosa di questa assurda
conversazione.
“Louis
mi ucciderà”, afferma Liam.
“Non
verrà mai a sapere che abbiamo parlato”, lo rassicura Harry. Anche
perché se Louis lo scoprisse Harry non saprebbe cosa dirgli perché
non ha la più pallida idea di che cavolo abbiano parlato.
Liam
esala un sospiro di sollievo.
“Hai
ragione”, dice, più rilassato. “Comunque, uhm, sappi che Louis
non è quello che sembra. La sua arroganza è solo una maschera per
nascondere la sua insicurezza e-, cose così, ok?”.
Harry
annuisce come se stesse effettivamente seguendo il discorso di Liam.
“Ok,
cose così”, gli fa eco.
“Vuoi
un passaggio a casa?”, propone Liam, gesticolando verso la sua
auto.
Harry
non ha la minima voglia di essere coinvolto in altre conversazioni
criptiche.
“No,
grazie dell'offerta, ma preferisco prendere il bus”.
Liam
fa di nuovo quel suo sorriso inumano e lo saluta.
“Bella
cravatta, comunque!”.
Episodio
numero due: Harry e Louis negli spogliatoi della palestra.
Harry
è solito aspettare che i suoi compagni abbiano finito di lavarsi
prima di farsi la doccia a sua volta, dopo ogni lezione di Educazione
Fisica. Non vuole che gli altri vedano la sua vita stretta e i suoi
piedi troppo grandi o la sua quasi totale assenza di peluria. C'è
un motivo per cui indossa così tanti strati di vestiti, dopotutto.
Per questo sgattaiola in doccia quando ormai non è rimasto più
nessuno negli spogliatoi.
Compie
lo stesso rituale anche martedì mattina. Solo che questa volta c'è
qualcuno ad aspettarlo quando esce dalla doccia. Anche se la sua
visione è sfocata, Harry è quasi sicuro che la figura indistinta
che si trova davanti a lui in questo momento sia Louis Tomlinson. O è
particolarmente sfigato o Louis lo pedina. Istintivamente
cerca di schermarsi con le mani, ma per quanto grandi siano queste
non riescono a coprire il suo busto per intero.
“Louis”,
balbetta. “Mi passeresti gli occhiali?”.
Louis
non accenna a muoversi.
“Per
favore?”, pigola Harry. “Sono sulla panca...”. Si sente
vulnerabile senza il beneficio di dieci decimi di vista.
Louis
deglutisce sonoramente e il suono riecheggia nella stanza vuota.
“Ok”,
sussurra.
Harry
chiude gli occhi. Meglio non vedere nulla che non riuscire a
distinguere bene i contorni delle cose, consapevole che Louis sia
perfettamente in grado di vedere il suo corpo nudo, ossuto e
gocciolante.
Qualche
secondo dopo una mano si avvolge delicatamente attorno al suo polso.
“Tieni”,
dice Louis col tono più gentile che Harry abbia mai sentito uscire
dalla sua bocca, mentre lo invita ad aprire la mano per poggiarci
sopra gli occhiali.
Quando
Harry finalmente se li rimette sul naso, la realtà che lo circonda
ha di nuovo contorni netti e colori definiti. Louis è ancora in
piedi davanti a lui ed è l'immagine più netta e definita di tutte.
“Grazie”,
mormora Harry, pensando nel frattempo di meritare un premio per non
aver distolto lo sguardo da quello di Louis.
“Non
avrei mai immaginato che sotto tutto quel gel nascondessi dei ricci”,
osserva questi e non c'è ombra di derisione nel suo tono.
Harry
inspira dalla bocca. Improvvisamente gli sembra che tutta l'aria
nella stanza sia stata risucchiata via da Louis.
“È
un vero peccato che tu non li tenga liberi”, continua l'altro
ragazzo.
Il
cuore di Harry batte all'impazzata. Non ha mai desiderato tanto di
trovarsi dalla parte opposta della scuola. Città. Globo.
“Vorrei
vestirmi”, dice. Questo dovrebbe essere più facile che
teletrasportarsi.
Louis
ride sommessamente.
“Devi
proprio?”, domanda, percorrendo con gli occhi il corpo di Harry,
dalla testa fino ai piedi.
Harry
si sente nudo. No, un attimo, Harry è
nudo, fatta eccezione per l'asciugamano stretto in vita.
“Ehm,
le regole della scuola prevedono che non me ne vada in giro come
mamma mi ha fatto”, riesce a replicare.
Louis
sorride.
“Odio
le regole”.
Harry
arrossisce furiosamente.
“Io
invece sono un grande fan”, dice d'un fiato. “Cosa ci facevi qui,
a proposito?”, cambia discorso.
“Cercavo...qualcosa”,
risponde Louis vagamente.
Harry
decide di non indagare oltre.
“Ehm,
tu continua pure a cercare, io, uhm, andrò a vestirmi”.
Louis
fa un passo indietro.
“A
dire il vero ho già trovato quello che stavo cercando”, ammette.
“Ci vediamo in giro, Marcel”.
Ecco,
Harry è un asso in matematica, quindi è più che capace di fare due
più due. Però il risultato di questa operazione gli sembra così
sbagliato. Nessuno sano di mente si prenderebbe una cotta per
il più sfigato della scuola. Di certo non il più figo.
*
Approfittando
del fatto che le giornate siano diventate più miti, Harry decide di
pranzare all'aperto, sotto il suo albero preferito. Zayn e Perrie si
sono imboscati da qualche parte e Niall è dal dentista, perciò lui
può godersi un po' di tempo da solo. O meglio, può rivedere i
compiti Biologia senza essere disturbato.
È
appena arrivato alla fine della prima pagina, il suo pranzo dimenticato
sull'erba, quando sente urlare il suo nome. Non il suo vero
nome, ma fa lo stesso.
“Marcel,
attento!”.
Harry
registra l'avvertimento di Louis nello stesso momento in cui il
pallone lo colpisce in piena faccia. Il crack che ha sentito
potrebbe essere tanto il rumore del suo naso che si è spezzato quanto
quello dei suoi occhiali andati in frantumi.
“Oh
mio dio, stai bene?”, domanda Louis, correndo verso di lui.
Harry
non è sicuro di stare bene. Di certo i suoi occhiali non
stanno bene.
“I
miei occhiali non stanno bene”, dice infatti.
Louis
si inginocchia accanto a lui.
“Ho
provato ad avvertirti ma-, scusami”, balbetta. “Non volevo-”.
Harry
stringe tra le dita i suoi occhiali spaccati a metà.
“Merda”.
Le
imprecazioni si sprecano ultimamente. Di solito succede quando c'è
di mezzo Louis.
“Mi
dispiace così tanto”, biascica il ragazzo in questione,
poggiandogli una mano sul ginocchio.
Harry
si immobilizza. Louis è di nuovo troppo vicino e lui è di nuovo
troppo cieco per i suoi gusti.
“Possiamo
provare a ripararli”, suggerisce l'altro ragazzo.
“Come?
Conosci qualche incantesimo?”, replica Harry con asprezza. Non
riesce a leggere l'espressione di Louis ma sente perfettamente il suo
sospiro.
“Ci
mettiamo dello scotch”, propone l'altro, rialzandosi in piedi.
“Vieni con me”.
Harry
osserva la mano che Louis gli tende.
“Ok”,
cede dopo qualche secondo, accettando l'aiuto dell'altro ragazzo. La
sua mano copre interamente quella di Louis e Harry non dovrebbe avere
le farfalle allo stomaco per questo ma ce le ha lo stesso.
Louis
raccoglie il libro di Bilogia da terra e se lo sistema sotto il
braccio, poi prende Harry per mano e se lo tira dietro. Harry non
protesta, perché senza il suo ausilio non saprebbe dove mettere i
piedi.
“Mi
dispiace davvero”, continua a scusarsi Louis.
A
Harry non potrebbe importare di meno dei suoi occhiali in questo
momento.
“Non
lo hai fatto apposta”.
“Sì,
cioè, no”, incespica Louis. “Non miravo alla tua faccia,
almeno”.
Harry
si ferma di botto obbligando Louis a fare lo stesso.
“Mi
hai lanciato il pallone addosso intenzionalmente?”.
Questo
va un po' oltre il voler attirare la sua attenzione.
“Marcel,
scusami, sono un idiota, ok? Dimmi che sono un idiota”, piagnucola
Louis.
Harry
lo troverebbe tenero se non fosse che vorrebbe spaccargli la faccia.
“Sei
un idiota e il mio nome non è Marcel”.
Louis
stringe la presa sulla sua mano. Harry vorrebbe morire ma allo stesso
tempo non è mai stato così felice di essere vivo. Louis gli sta
incasinando il cervello.
“Giuro
che ti compro un paio di occhiali nuovi, ti compro quelli che vuoi
tu”, promette Louis. “Adesso però cerchiamo di riparare
temporaneamente al danno con quello che abbiamo”.
“Non
abbiamo niente”, ribatte Harry.
“La
scuola ha una fornitura di scotch tale che ci potremmo imballare
l'Inghilterra intera”, afferma l'altro ragazzo.
Harry
suo malgrado ride.
“Me
ne basta un dito”, dice.
“Facciamo
anche due”, replica Louis, trascinandolo verso l'edificio. Harry
cerca di non preoccuparsi del fatto che stiano camminando mano nella
mano potenzialmente davanti a tutta la scuola. Se non se ne sta
preoccupando Louis perché dovrebbe farlo lui?
“Qui”,
dice Louis a un certo punto, aprendo la porta di un'aula e
spingendolo dentro. Harry non è abituato a essere trattato come un
burattino, ma ha poche altre alternative visto come stanno le cose.
“Siediti”,
ordina l'altro ragazzo, lasciando andare finalmente la mano di Harry
e dirigendosi verso l'armadietto in fondo all'aula. Harry si appoggia
col sedere su un banco, rigirandosi gli occhiali rotti tra le mani.
Fortunatamente le lenti non si sono spaccate, ma questa è comunque
una magra consolazione. Sua madre gli ripeterà di nuovo quanto è
imbranato e probabilmente si rifiuterà di comprargli un paio di
occhiali nuovi almeno fino a quando la sua vista non peggiorerà
ancora.
“Eureka!”,
urla Louis con la testa infilata dentro l'armadietto.
“Non
parlo fluentemente il greco ma deduco che tu abbia trovato lo
scotch”, commenta Harry.
Louis
ridacchia.
“Non
parli fluentemente il greco?!”, esclama. “Mi deludi, Marcel”.
Harry
rotea gli occhi e si astiene dal rispondergli.
“Tieni
unite le due estremità”, ordina Louis, indicando gli occhiali in
mano a Harry, poi srotola una striscia di scotch e la spezza coi
denti.
“È
poco igienico”, gli fa notare il riccio.
“Ho
degli ottimi anticorpi”, ribatte Louis.
Le
mani di Harry sono affette da un leggero tremore mentre Louis sistema
lo scotch sulla montatura dei suoi occhiali, ma l'altro ragazzo non
se ne accorge, o se se ne accorge non commenta.
“Io
direi di mettercene un altro po'”, suggerisce.
Harry
prova la resistenza degli occhiali e si dichiara d'accordo con lui.
“Hai
mai pensato di usare le lenti a contatto?”, domanda Louis mentre è
intento a passare un altro strato di scotch sugli occhiali.
“Mi
danno fastidio”, replica Harry.
“E
lo sai perché le hai provate o perché presumi che ti
darebbero fastidio se le usassi?”.
Harry
aggrotta la fronte.
“Le
ho provate”, afferma. Lui non è uno che presume, lui è uno che
ricava insegnamenti dall'esperienza.
“Peccato
che tu debba coprire gli smeraldi che ti ritrovi con questo
obbrobrio. Il mondo merita di vederli”.
Nessuno
a parte i suoi genitori e probabilmente i suoi nonni aveva mai fatto
apprezzamenti sugli occhi di Harry. Di certo non si aspettava che
sarebbe stato Louis il prossimo a complimentarsi. Il pensiero gli fa
arrossare le guance.
“Non
credo proprio”, biascica, facendo per rimettersi gli occhiali.
L'handicap di non vederci bene lo affligge particolarmente in
presenza di Louis.
L'altro
ragazzo gli blocca i polsi.
“Io
merito di vederli”.
Harry
non sa come replicare. Louis lo fissa con intensità – o almeno è
questo quello Harry che deduce considerata la sua vista limitata
- e lui comincia a sentirsi pizzicare la pelle per l'imbarazzo.
“Ti
sei fatto male”, dice Louis, risvegliandolo dal suo stato di
trance.
“Mh?”.
Loui
solleva una mano e gli sfiora delicatamente con un dito la porzione
di pelle in mezzo agli occhi, più o meno alla radice del naso.
“Qui”.
Harry
impiega tutto il suo autocontrollo per non indietreggiare, anche se
il cuore gli batte all'impazzata e gli si è seccata la bocca. Louis
gli sta decisamente incasinando il cervello. Non si è mai
sentito così idiota in vita sua, e ne ha vissute tante di situazioni
imbarazzanti in diciotto anni.
“S-saranno
stati gli occhiali”.
“Già”.
Harry
non riesce a valutare bene la distanza che lo separa da Louis ma
sicuramente non è molta. L'altro ragazzo gli stringe ancora
un polso con una mano e probabilmente è in grado di sentire i
battiti furiosi del suo cuore. Anche se Harry fosse uno bravo a
mascherare le proprie emozioni – e non lo è – a questo punto si
sarebbe comunque già tradito.
“Quando
vuoi andare a ricomprarli fammi un fischio, ok?”.
Harry
si irrigidisce.
“Non
voglio i tuoi soldi”.
Louis
molla la presa sul polso di Harry e si lascia cadere le braccia lungo
i fianchi.
“Cioè,
è stato un incidente, non devi sentirti in dovere di ricomprarmeli”,
si corregge Harry.
“No?”.
“No,
sul serio”, insiste il riccio. “E poi, uhm, penso che me li terrò
così. Sono personalizzati”.
Louis
ride e gli sfila gli occhiali dalle dita.
“Non
puoi fare a meno di distinguerti, eh?”, domanda,
rimettendoglieli sul naso.
Harry
abbozza un sorriso. La campana che annuncia la fine dell'ora di
pranzo lo salva dal replicare alla frase di Louis.
“Che
lezione hai adesso?”, chiede l'altro ragazzo che sembra non avere
alcuna fretta di andarsene.
“Chimica.
Tu?”.
Louis
si passa una mano tra i capelli. Harry deve distogliere lo sguardo
per non fissare i muscoli del suo braccio.
“Economia”.
Harry
si aggiusta gli occhiali sul naso. Il nastro adesivo gli gratta la
pelle, ma ci farà l'abitudine.
“Ci
vediamo in giro, ok?”, dice Louis, sfiorandogli un braccio.
Harry
sussulta. Stare vicino a Louis sta diventando abbastanza faticoso.
“Uhm,
ok”, mormora. “Grazie per-, tutto quanto”.
Louis
solleva un sopracciglio.
“Mi
stai ringraziando per averti rotto gli occhiali, Marcel? Credevo che
mi odiassi per questo”.
Harry
arrossisce.
“No,
per lo scotch”, spiega. “E no, non ti odio. Non quanto dovrei,
almeno”. Questa confessione lo lascia senza fiato. Ha proprio
bisogno di fuggire da lì, adesso.
Louis
sorride.
“È
un sollievo sentirtelo dire”.
*
Alla
fine della lezione di Matematica, il giorno dopo, Harry viene
chiamato in disparte dalla sua insegnante.
“Vorrei
parlarti di una cosa, Harry”.
Il
ragazzo ha già le mani sudate.
“Ho,
ehm, fatto qualcosa che non va?”.
La
professoressa ride.
“Assolutamente
no”, lo rassicura, poggiandogli una mano sulla spalla. “Vorrei
semplicemente chiederti un favore”.
Gli
insegnanti a volte lo fanno, di contare su di lui quando hanno
bisogno di qualcosa. È un ragazzo affidabile e quando prende un
impegno lo porta a compimento.
“Hai
presente Louis, no?”, domanda la donna.
Harry
spalanca gli occhi e si domanda cosa abbia combinato questa volta
l'altro ragazzo. E cosa c'entri lui, soprattutto.
“Tomlinson?”,
chiede stupidamente. Non che ci siano altri Louis in tutta la scuola.
La
professoressa non bada a questa inezia.
“Proprio
lui”, afferma. “Inspiegabilmente questo semestre sta avendo delle
difficoltà in matematica. Non so a cosa siano dovute, perché ha
sempre avuto i voti più alti della classe – dopo di te, ovviamente
– però è il suo ultimo anno e non vorrei che i suoi esami finali
venissero compromessi per questo motivo”.
Harry
ha uno strano presentimento. Un brutto presentimento.
“Quindi
mi domandavo se per caso ti andasse di aiutarlo”. La professoressa
conferma i suoi sospetti. “Non sei tenuto a farlo per forza, con
tutto quello che hai da fare, però sarebbe gentile da parte tua
dargli una mano, così da non costringerlo a prendere delle lezioni
private a pagamento”.
La
donna lo ha praticamente messo con le spalle al muro. Harry non si è
mai tirato indietro di fronte alla prospettiva di aiutare un compagno
in difficoltà. Sarà il suo spirito da buon samaritano o la sua
voglia di rendersi utile, di fare qualcosa di buono per qualcuno.
Anche quando questo qualcuno non farebbe lo stesso per lui.
“Ehm,
ok. Lo farò”.
La
donna gli sorride come se Harry le avesse dato la notizia migliore
della settimana.
“Non
avevo dubbi”, dice.
Harry
sposta il peso da un piede all'altro, ansioso di mettere fine alla
conversazione.
“Ti
lascio il suo numero di cellulare, così potete mettervi d'accordo”.
La
professoressa sfoglia velocemente la sua agenda fino a quando non
trova un fogliettino di carta, con un numero scritto a matita.
“Mi
ha detto che puoi chiamarlo quando vuoi”.
Allora
Louis sa di questa cosa, non è stata un'iniziativa della
professoressa. Per un attimo Harry aveva sperato che Louis non fosse
d'accordo a farsi aiutare da lui, e invece...
“Ok,
grazie”, balbetta, prendendo il pezzo di carta che la donna gli
porge e appallottolandoselo in tasca.
“Sono
sicura che anche tu ricaverai dei vantaggi da questa collaborazione”,
afferma la donna.
Harry
si trattiene dal manifestarle i suoi dubbi. È più probabile che ci
ricavi una serie di momenti imbarazzanti che gli assicureranno il
disprezzo perpetuo da parte di Louis. Se c'era una possibilità
che Louis avesse una – inspiegabile – cotta per lui, quando
l'altro ragazzo avrà la possibilità di conoscerlo veramente - coi
suoi modi impacciati, i suoi gusti anormali per un
adolescente, la sua difficoltà ad essere avvicinato senza rischiare
di avere un collasso a ogni sfioramento casuale – di sicuro ci
ripenserà. Nessuno sano di mente si prenderebbe una cotta per il più
sfigato della scuola, ma soprattutto, nessuno sano di mente
continuerebbe ad avere una cotta per lui dopo aver scoperto a che
livelli si estende la sua sfigaggine.
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Capitolo 3 *** You're beautiful ***
marcel
My
life is brilliant.
My
love is pure.
I
saw an angel,
of that I'm sure.
(You're
beautiful – James Blunt)
Harry
telefona a Louis non appena torna a casa. Fissa lo schermo del
cellulare per dieci minuti prima di decidersi a pigiare il tasto per
avviare la chiamata e gli ci vuole tutto il coraggio di cui è
dotato – poco - per non limitarsi a inviargli un semplice sms.
Louis
risponde al terzo squillo con voce annoiata.
“Ciao”,
dice Harry, quasi sussurrando.
“Marcel!”,
esclama Louis. “Sei proprio tu?”.
Harry
si schiarisce la voce.
“Sì,
chiamo per-”.
“Sai
che la tua voce sembra ancora più profonda al telefono?”.
Ok,
forse era meglio risolvere questa situazione via sms.
“Quando
possiamo vederci per studiare?”, taglia corto Harry.
Louis
sospira all'altro capo del telefono.
“Domani
pomeriggio, dopo scuola?”, propone con tono speranzoso. “Andiamo
a casa mia?”.
Harry
sperava di poter avere più tempo per abituarsi all'idea di dover
passare un numero indefinito di pomeriggi assieme a Louis.
“Ok”.
“Ci
vediamo al parcheggio e andiamo con la mia macchina”.
Bene,
ci mancava solo il viaggio in macchina con Louis fino a casa sua.
“Posso
raggiungerti in autobus”, suggerisce Harry con poca convinzione.
“E
arrivare tipo un'ora dopo? Ho così tanta sete di conoscenza che non
posso aspettare”.
Harry
ride, ma copre il microfono del cellulare con una mano per non farsi
sentire.
“Stai
soffocando, per caso?”, domanda Louis.
“No,
ci vediamo domani, Lou”.
Harry
si maledice mentalmente. Da dove salta fuori questo diminutivo?
Interrompe precipitosamente la telefonata anche se riesce a captare
l' awww di Louis e affonda il viso nel cuscino, sperando di
soffocare sul serio.
Il
pomeriggio seguente, Zayn si offre di scortarlo al parcheggio. Harry
gli assicura che non è necessario ma il suo amico lo segue lo
stesso.
Louis
è poggiato con la schiena alla sua auto e sta giocando
distrattamente al cellulare. Quando si accorge dei nuovi arrivati si
raddrizza e posa il telefono nella tasca del giubbotto.
“Non
c'era bisogno che venissi col body-guard”, commenta, guardando
Harry con aria vagamente offesa.
Il
riccio lancia un'occhiata in tralice al suo migliore amico. Zayn è
il ritratto della calma e della rilassatezza. Per adesso.
“Volevo
solo assicurarmi che non gli succedesse niente di...strano”.
Zayn
avrà anche abbracciato la scuola di pensiero di Perrie e Niall ma è
ancora diffidente nei confronti di Louis e sospettoso su quali siano
le sue vere intenzioni. E per dirla tutta, l'altro ragazzo non gli è
mai piaciuto particolarmente.
“Non
sono qui per rapirlo e vendere i suoi organi al mercato nero”, si
difende Louis.
“Non
era questo quello a cui mi riferivo”.
L'espressione
di Louis si trasforma da offesa ad arrabbiata.
“Non
gli ho mai fatto nulla di male in questi anni e lo sai”, sbotta.
“Adesso, se permetti, abbiamo da fare. Sei congedato dai tuoi
doveri di baby-sitter per oggi”.
Harry
avverte Zayn irrigidirsi, ma l'altro ragazzo si limita a stringere i
pugni e a guardare Louis in cagnesco.
“Zayn,
Perrie ti aspetta”, dice Harry, toccandogli un gomito e cercando in
tutti i modi di nascondere il proprio nervosismo. Se Zayn scoprisse
che è terrorizzato – e non per i motivi che pensa lui –
non lo lascerebbe mai andare.
L'altro
annuisce, poi gli sfiora brevemente la nuca.
“Mi
raccomando”, dice.
Harry
gli sorride per rassicurarlo e gli augura un buon pomeriggio. Zayn
sfila una sigaretta dal pacchetto che tiene nel taschino del
giubbotto e lo saluta con un cenno della mano, non prima di aver
lanciato un ultimo sguardo di avvertimento a Louis.
“Zayn
non è né il mio body-guard né il mio baby-sitter”, afferma Harry
arditamente, subito dopo aver preso posto in macchina. “È il mio
migliore amico e vuole solo proteggermi”.
Louis
gira la chiave ma si prende il tempo di chiedergli “proteggerti?”
prima di fare marcia indietro.
“Se
non te ne sei accorto sono un bersaglio piuttosto facile”, replica
Harry, rifiutandosi di guardare Louis. “Lo so che dovrei cavarmela
da solo ma sono quasi sicuro che senza di lui non sarei durato un
giorno in questa scuola”.
Louis
sbuffa.
“Punto
primo dovresti cominciare a credere un po' più in te stesso e punto
secondo Zayn non deve proteggerti da me,
visto che non ho intenzione di farti alcun male. Pensavo fosse
ovvio”.
Harry
si morde nervosamente le unghie: Louis riporta a galla tutte le sue
cattive abitudini.
“Pensavo
fosse ovvio”, ripete l'altro ragazzo, poggiandogli una mano sulla
coscia.
Harry
è tentato di aprire lo sportello e lanciarsi fuori dall'auto. Come
farà a resistere un pomeriggio intero?
“Ok”,
mugugna.
“Non
era mia intenzione tirarti il pallone addosso, ieri”.
Harry
vorrebbe dire a Louis di spostare la mano, di guardare la strada, di
smettere di parlare, qualunque cosa purché la sua attenzione non sia
focalizzata su di lui.
“Ok,
ho capito”, dice invece.
Louis
rimette la mano sul volante e Harry si accorge di aver smesso di
respirare per qualche secondo.
“Ho
notato che hai cambiato lo scotch”, osserva l'altro ragazzo.
Harry
si aggiusta istintivamente gli occhiali.
“Sì,
uhm, ne ho messo uno più resistente”.
“Li
terrai così davvero, allora?”.
Harry
non ha voglia di spiegargli che sua madre non gliene comprerà un
nuovo paio fino a che non sarà strettamente necessario.
“Sì”.
Louis
non fa altre domande e Harry non sa cosa dire per riempire
l'imbarazzante silenzio che inevitabilmente li accompagnerà fino a
casa. Per fortuna, l'altro ragazzo decide di accendere la radio.
Harry cerca di spegnere il cervello, di non pensare al fatto che
dovrà passare il resto del pomeriggio in compagnia di qualcuno che
lo rende nervoso come nessun altro prima d'ora, ma più si sforza di
non pensarci più il suo cervello continua a fornirgli tutti gli
scenari più imbarazzanti nei quali potrebbero trovarsi. Harry
potrebbe andare in black out e dimenticarsi tutta la matematica che
ha imparato fino a oggi, potrebbe impappinarsi durante una
spiegazione e confondere ancora di più le idee di Louis. Oppure potrebbe non
essere più capace di proferire parola o, ancora, potrebbe rendersi ridicolo di
fronte ai suoi genitori. Perché ha accettato? Perché gli è
fisicamente impossibile dire di no alla gente?
Harry
è talmente perso nelle sue elucubrazioni che non si accorge che Louis
ha parcheggiato e spento la radio finché l'altro ragazzo non gli
schiocca due dita davanti agli occhi.
“Ci
sei ancora?”, domanda, divertito.
“Sì”,
replica Harry. Di questo passo andrà avanti a monosillabi.
“Dubito
che tu voglia tenere la tua lezione in auto, quindi che ne
dici di scendere?”.
Harry
si slaccia immediatamente la cintura e si fionda fuori dalla macchina
prima ancora che Louis abbia rialzato i finestrini.
“Impaziente
di iniziare?”, domanda l'altro, chiudendo l'auto con il telecomando
e facendogli cenno di proseguire lungo il sentiero che porta a casa
sua.
Harry
crede di essere la persona più socialmente imbranata sulla
faccia della terra. Si sente a suo agio solo quando sta facendo
qualcosa che gli riesce veramente – e sono molte le cose che gli
riescono, per questo potrebbe dare l'impressione, a volte, di essere
sicuro di sé – o quando è in compagnia di persone che conosce
come le sue tasche. Le cose e le persone nuove gli mettono ansia, non
sa come gestirle ed è costantemente preoccupato di fallire. Il più
delle volte fallisce proprio perché ha troppa paura.
E in questo momento ha decisamente paura di Louis Tomlinson,
della sua sicurezza, del suo sorriso sfacciato, delle sue mani che
sembrano sempre trovare la strada per una qualche parte del suo
corpo. Ha paura di deludere le sue aspettative, ha paura di
incontrare la sua famiglia e fare, come spesso gli succede, la figura
del disadattato, ha paura di piacergli – per qualche strano
e assurdo motivo – e ha paura che Louis gli piaccia. E quando gli
piace qualcuno i suoi livelli di ansia e la sue prospettive di
fallire si alzano.
“Mia
madre e Mark lavorano fino a stasera e le ragazze non torneranno
prima di cena”, lo informa Louis. “Quindi saremo solo io e te”.
Questo
è perfino peggio di incontrare la sua famiglia. Harry potrebbe
svenire, potrebbe morire.
“Ok”,
biascica, asciugandosi i palmi delle mani suoi pantaloni,
approfittando del fatto che Louis sia impegnato a infilare la chiave
nella toppa.
Casa
di Louis non è ordinata come la sua, ma sa di vissuto e odora di
buono. Odora di casa. A sua madre verrebbe un infarto se
vedesse i giocattoli che sono sparsi sul tappeto del soggiorno o la
tazza di tè sporca sul mobile dell'ingresso. Harry cerca di
reprimere un'ondata di panico. Lui non è sua madre. Lui è
perfettamente in grado di vedere del disordine e non dare di matto.
Louis
si toglie le scarpe e gli intima di fare lo stesso, poi lo guida su
per le scale fino a quella che è presumibilmente la porta di camera
sua.
“Non
badare al casino, ok?”.
In
camera di Louis sembra che sia esplosa una bomba. Harry potrebbe
entrare nel panico sul serio, adesso, perciò si impone di respirare.
Non è camera sua, Louis ci vive benissimo e non è morto sepolto né
dai vestiti né dalla polvere, checché ne direbbe sua madre.
“Sentiti
libero di guardarti intorno, mentre io mi cambio”.
Louis
vuole cambiarsi mentre lui è dentro la stanza?
“Esco
un attimo, se vuoi”, balbetta.
Louis
si è già abbassato la zip dei pantaloni. Harry arrossisce e si
volta dall'altra parte.
“Dai
un'occhiata ai libri, visto che ti piacciono tanto”,
suggerisce l'altro ragazzo, indicando un enorme libreria che Harry
non aveva notato perché si trova alle sue spalle.
Il
riccio inciampa su un paio di pantofole prima di raggiungerla. Sugli
scaffali ci sono libri di tutti i tipi: manuali scolastici, romanzi
contemporanei, classici, saggi, raccolte di poesie.
“Sono
tuoi?”, domanda, stupito. “Sono veri?”.
Louis
scoppia a ridere.
“No,
in realtà sono finti”, afferma. “Sono cavi. Dentro ci ho
nascosto la mia invidiabile collezione di film porno”.
Harry
commette l'errore di voltarsi proprio nel momento in cui Louis è
senza maglietta e quasi soffoca con la sua stessa saliva. Ha già
visto Louis a petto nudo prima d'ora – Louis gioca nella squadra di calcio
della scuola – ma mai a una distanza così ravvicinata. Harry è
commosso dalla poesia dei peli sul petto di Louis e si
maledice mentalmente per essere così profondo. Meglio questo
che sbavare, comunque.
“Stavo
scherzando”, dice Louis. “Sei anche tu vittima del pregiudizio
che chi gioca a calcio e ha successo a scuola è una specie di
illetterato?”.
Harry
distoglie lo sguardo.
“No,
lo so che sei uno che studia, i tuoi voti-”.
“I
voti non sono tutto”, lo interrompe Louis. “Potrei essere
il primo della classe e non aver mai letto un romanzo in vita mia”.
Harry
deve ammettere che ha ragione e si sente in colpa per aver giudicato
Louis da quel poco che sa di lui.
“Per
tua informazione, non è che studi poi così tanto”, continua
l'altro, infilandosi – grazie a dio - una felpa. “Anche se non si
direbbe, in classe sto molto attento e ho un'ottima memoria”.
C'è
chi ha tutte le fortune del mondo, pensa Harry.
“Questo
lo hai letto?”, domanda, prendendo una copia de Il Grande Gatsby e
iniziando a sfogliarla. Ci sono un sacco di orecchie e di parti
sottolineate a matita.
“È
uno dei miei libri preferiti”, afferma Louis, sbirciando oltre la
sua spalla. Harry non si era accorto che si fosse avvicinato e deve
resistere alla tentazione di allontanarsi da lui.
“Quindi,
l'altra volta, in biblioteca...?”.
Louis
gli sfila il libro dalle mani.
“Ti
stavo prendendo in giro, sì”, ammette. “Studiamo?”.
Harry
annuisce e si guarda intorno alla ricerca della scrivania. Se questa
non fosse stipata di libri e quaderni potrebbe essere di una qualche
utilità. Louis si siede sul letto, con la schiena poggiata al muro,
e gli fa segno di accomodarsi accanto a lui. Harry sospira ed estrae
il libro di matematica dallo zaino.
“A
che punto hai cominciato a perderti?”, domanda, sedendosi a
debita distanza da Louis. L'altro ragazzo si fa più vicino e Harry
non è sicuro che riuscirà a parlare di numeri e problemi con la
spalla di Louis premuta contro la sua.
“Più
o meno dall'inizio dell'anno”, borbotta.
Harry
ne avrà di lavoro da fare.
“Mi
sembra strano visto che l'anno scorso eri così bravo”.
Louis
sospira in maniera esagerata.
“Che
ci vuoi fare? Mi sono fatto distrarre”.
Louis
gli da una spallata complice e Harry rischia di cadere dal letto per
la sorpresa.
“Hai
molto da recuperare, sarà meglio che iniziamo”, suggerisce. La
matematica è il suo campo, ha dimestichezza con le formule e i
calcoli, non gli mettono ansia, non gli fanno battere il cuore o
sudare le mani come Louis.
“Ai
tuoi ordini, Marcel”.
Harry
si blocca nell'atto di aprire il libro.
“No-,
non chiamarmi così”, prega.
“Scusami”,
dice Louis sinceramente. “Harry”.
Il
suo nome sussurrato con dolcezza, come se fosse una specie di
segreto, fa correre brividi lungo la schiena di Harry. A un certo
punto, tra ammirare Louis da lontano prima e cercare di evitarlo
poi, si è preso una vera e propria cotta. Una di quelle toste, pure.
Ormai è troppo tardi per negarlo.
Harry
si impone di non prestare la minima attenzione all'altro ragazzo e
immergersi nella matematica. Certo, è difficile ignorare il respiro
di Louis vicino al suo orecchio, il suo calore e il suo odore –
delicato ma allo stesso tempo deciso, come Louis stesso – però
deve farcela.
È
intento a spiegare da una buona mezz'ora ormai – Louis non l'ha
interrotto neanche una volta – quando decide che è il momento che
Louis provi a fare un esercizio, per verificare se effettivamente ci
abbia capito qualcosa.
“Prova
a risolvere questo”, propone, passando la matita al ragazzo al suo
fianco. Louis non dà cenno di averlo sentito. Harry alza lo sguardo e
scopre che gli occhi dell'altro ragazzo non sono puntati sul libro
come aveva immaginato, ma lo stanno fissando intensamente.
“Louis?”,
chiama.
Louis
gli sorride.
“Ciao”,
mormora e Harry non ha mai sperimentato un caso di 'farfalle nello
stomaco' così grave come in questo momento.
“Ehm,
l'esercizio”, balbetta.
“Hai
un modo rilassante di parlare”, dice Louis. “Come una
ninna nanna”.
Harry
arrossisce.
“Vuol
dire che ti sto annoiando? Parlo troppo lentamente?”.
Louis
ride.
“No,
assolutamente. Potresti parlare per ore e ascolterei ogni singola
parola che esce dalla tua bocca”.
Harry
non risponde e gli spinge in mano la matita.
“Vediamo
quello che hai imparato, allora”, biascica.
Louis
distoglie finalmente lo sguardo e Harry può tornare a respirare
normalmente. Più o meno.
Dopo
una serie di esercizi che Louis riesce a risolvere senza problemi –
sarà uno che impara in fretta - Harry propone di passare
all'argomento successivo.
“Basta
studiare!”, esclama Louis, chiudendo il libro. “Facciamo
qualcosa”.
Harry
lo guarda perplesso.
“Tipo?”.
“Non
lo so, cosa ti piace fare?”.
Harry
continuerebbe volentieri a studiare.
“Ehm”.
“Giochiamo
alla Play? Guardiamo un film? Giuro che non ho solo porno”.
Finiscono
per giocare a dama. Louis ha ammesso di non capire gli scacchi e si è
fatto promettere di farseli spiegare da Harry, un giorno o l'altro.
L'atmosfera
è più rilassata perché adesso Louis è seduto a gambe incrociate
di fronte a Harry, quindi non c'è possibilità di contatto tra i due
e il riccio può concentrarsi senza il timore di balzare in aria al
minimo sfioramento.
“Ehi!”,
urla Louis a un certo punto. “Non è legale quello che hai
fatto!”.
Harry
cerca di nascondere un sorriso di fronte all'espressione imbronciata
e indignata dell'altro ragazzo.
“Sì
che lo è”, si difende.
“Tu
bari”, protesta Louis. “Potevi dirmelo che si possono mangiare
due pedine alla volta”.
Harry
aggrotta la fronte.
“Te
l'ho spiegato tre volte, Lou”,
afferma. “Non è colpa mia se non stai attento”.
“Questo
gioco è troppo complicato, Haz”, ribatte Louis e lo stomaco
di Harry fa una capriola al nuovo diminutivo.
“Credevo
che ci sapessi giocare”, mormora.
“Questa
scacchiera - o damiera, come cavolo si chiama – è rimasta sepolta
sotto il mio letto per almeno due anni, ergo sono due anni che non
gioco. Non puoi biasimarmi se sono un po' arrugginito”.
Harry
sorride timidamente.
“Tocca
a te adesso”.
Louis
si morde il labbro inferiore e Harry vorrebbe distogliere lo sguardo
ma è più forte di lui.
“Mhhhh”.
Louis
fa la sua mossa e-
“Quella
è la mia pedina!”, dichiara Harry.
Louis
scoppia a ridere.
“Un
po' di anarchia non fa mai male”.
Harry
crede che le regole esistano per essere rispettate, contrariamente al
pensiero comune che vuole che esistano perché vengano infrante.
A Louis piace infrangerle e a Harry piace Louis. Questo non porterà
a nulla di buono.
“Mi
sono scocciato”, annuncia l'altro ragazzo, spingendo la damiera di
lato. “Sono troppo fuori allenamento”.
Harry
osserva con orrore i pezzi della dama sparsi sul letto.
“Ti
è così difficile ammettere che non sei in grado di giocare?”,
domanda, semi-serio.
Louis
spalanca la bocca esageratamente.
“Come
osi insinuare una cosa simile?”.
Prima
che Harry si renda conto di quello che sta succedendo, Louis gli è
addosso. Harry è costretto a stendersi sulla schiena, mentre Louis
gli blocca i polsi all'altezza della testa. Il riccio non è mai
stato così vicino ad avere un infarto.
“Non
tutti possiamo essere dei geni come te”, afferma il ragazzo a
cavalcioni su di lui. “La maggior parte di noi ha un cervello
normale”.
Harry
non ha abbastanza forza, o coraggio, per scrollarsi Louis di dosso.
“La
maggior parte di voi sa giocare a dama, comunque”, osserva
sarcasticamente. Gli rimane solo il sarcasmo come scudo, dopo essere
stato più o meno letteralmente messo al tappeto da Louis.
L'altro
ragazzo ride, gettando indietro la testa.
“Ok,
ok, sono una schiappa a dama”, ammette. “È un gioco troppo
statico, io sono un tipo dinamico”.
“Cadi
sempre in piedi”, borbotta Harry.
Louis
stringe la presa sui suoi polsi, schiacciandolo ancora di più contro
il materasso, e si piega su di lui. Harry non riesce a reggere il
blu intenso dei suoi occhi per più di tre secondi. Deve trovare un
modo gentile per dirgli di andare via senza tradire la sua ansia e il
suo imbarazzo, anche se è quasi sicuro di essersi già tradito.
Perché Louis non ha pietà di lui?
“Mi
hai rapito via l'anima con un potere cui non posso resistere, eppure
potei resistere finché non ti vidi”, declama Louis. “E anche
dopo averti veduto mi sforzai spesso di ragionare contro le ragioni
del mio amore”.
Harry
sbatte le palpebre, confuso.
“Keats?”,
squittisce.
Louis
sorride, tronfio.
“Dato
che pensi che io sia una specie di bifolco volevo sorprenderti con la
mia profonda conoscenza della poesia inglese”, spiega. “Coraggio,
battimi”.
Louis
lascia andare i polsi di Harry e si siede comodamente sulle sue
cosce, incrociando le braccia sul petto e guardandolo con
aspettativa. Harry non è solito tirarsi indietro di fronte a una
sfida, ma il suo cervello per adesso lavora più lentamente. Non è
facile pensare quando il ragazzo per il quale hai una cotta è seduto
su di te.
“Parla
piano, se parli d'amore”, mormora.
Louis
solleva un sopracciglio.
“Shakespeare?”,
domanda. “Troppo facile”.
Harry
rotea gli occhi. Louis si schiarisce la voce.
“Ho
visto un angelo, di questo sono sicuro”, inizia. Harry cerca di
nuovo di sfuggire al suo sguardo ma Louis gli afferra il mento con
due dita e lo costringe a guardarlo. “Mi ha sorriso sulla metro,
era con un altro uomo, ma non ci perderò il sonno, perché ho un
piano”.
Harry
scoppierebbe a ridere se non avesse voglia di essere inghiottito dal
letto e sparire per sempre.
“James
Blunt?”.
Louis
annuisce.
“Ma
non è un poeta!”, protesta Harry.
L'altro
ragazzo lo pizzica sul fianco.
“Chi
sei tu per giudicare chi è un poeta e chi non lo è?”, scherza.
Un
ciuffo di capelli di Harry è sfuggito al gel e minaccia di
accecarlo. Louis lo rimette al suo posto e sorride compiaciuto. Il
viso di Harry è in fiamme.
“Ho
vinto io”, sussurra Louis, piegandosi in avanti. Harry non trova la
voce per ribadire alcunché, con Louis così vicino al suo viso, più
vicino di quanto nessuno sia mai stato prima d'ora. Istintivamente
chiude gli occhi. Succeda quel che succeda lui non ha la forza di
guardarlo in faccia.
Qualcuno
sceglie proprio questo momento per suonare alla porta. Louis si
raddrizza improvvisamente e Harry è troppo sollevato per camuffare
il sospiro di sollievo che gli sfugge.
“Devono
essere le ragazze”, lo informa Louis, abbandonando la sua posizione
sulle cosce di Harry. “Quando i miei non ci sono le riporta a casa
la nostra vicina”.
Harry
si tira su e si aggiusta i pantaloni spiegazzati.
“Sarà
meglio che io vada”.
Louis
lo blocca mettendogli una mano sulla spalla.
“Perché
non ti fermi per cena? Ti riaccompagno a casa dopo con la mia
macchina”.
Harry
è combattuto. Stare con Louis è allo stesso tempo un piacere e una
tortura. O forse una piacevole tortura.
“Per
favore?”, prega l'altro ragazzo.
“Ok”,
cede Harry. Se Louis ci tiene tanto ad averlo tra i piedi forse non
ha smesso di piacergli. Prima stava per baciarlo o Harry ha le
visioni?
“Devi
sapere però che non so cucinare. Ordineremo qualcosa”.
“Potrei
cucinare io”, propone Harry, prima che possa ripensarci. “Me la
cavo piuttosto bene ai fornelli. Ehm, se non ti dispiace”.
Louis
emette un fischio.
“Cazzo,
Harry, sai fare proprio tutto tu”.
Harry
arrossisce all'istante. Cosa succederebbe se la cena gli venisse
fuori uno schifo? Ma non può più tirarsi indietro, adesso.
Il
campanello suona di nuovo. Louis lo afferra per un polso.
“Vieni,
ti presento le mie piccole pesti”.
Harry
ha paura dei bambini quasi più di quanta ne abbia dei suoi coetanei. I
bambini sono sempre onesti e sinceri, a differenza della maggior
parte degli adolescenti, e lui non sa come gestirli. Però, per
qualche motivo, i bambini sembrano adorarlo. Forse perché lo trovano
buffo, oppure perché tendono a considerarlo uno di loro. Harry non
sa se sentirsi lusingato o offeso.
Louis
ha quattro sorelle, vivaci e rumorose come lui.
“Loro
sono Lottie, Fizzy, Daisy e Phoebe”, dice Louis, dopo averle
aiutate a liberarsi dei cappotti ed essersi accertato che si siano
tolte le scarpe. “Ragazze, lui è Harry”.
Harry
le saluta con un cenno della mano.
“Non
preoccuparti se all'inizio non riesci a distinguere Daisy da Phoebe,
anche io ogni tanto le confondo”, scherza.
Harry
pensa che avrà problemi a distinguere anche Lottie e Fizzy, tanto si
somigliano.
“Come
è andata oggi a scuola?”, domanda Louis in generale.
“Molly
ha ucciso Toby”, risponde Fizzy (o è Lottie?).
Louis
si irrigidisce.
“Molly
ha ucciso chi?”.
“Il
criceto di classe”, spiega la ragazzina. “Questa settimana occava a lei tenerlo e si è dimenticata di
mettergli l'acqua”.
Louis
tira un sospiro di sollievo.
“Oddio,
giuro che stavo per chiamare mamma e dirle di iscrivervi a un'altra
scuola, una dove non venissero perpetrati brutali omicidi da parte di
bambini satanici”.
Harry
scoppia a ridere.
“Che
vuol dire satanici?”, domanda Daisy (o Phoebe?).
“Niente,
piccola, te lo spiegherò quando sarai più grande”.
“Lo
abbiamo seppellito in cortile”, continua Fizzy - Harry è quasi
sicuro che sia lei – con un tono piuttosto allegro per una che ha
assistito a un funerale. “Molly non la smetteva di piangere”.
“Sensi
di colpa”, osserva Louis. “Lottie, è successo qualcosa degno di
nota nella tua classe oggi? Omicidi? Rapimenti alieni?”.
Lottie
scrolla le spalle, senza distogliere lo sguardo dal suo cellulare.
“Matt
si è rotto il polso”.
Louis
aggrotta la fronte.
“Sto
cominciando a pensare che sarebbe meglio educarvi a casa. La scuola
non è più un posto sicuro”.
“Perché
hai dello scotch sugli occhiali?”, domanda Fizzy a Harry.
“È
l'ultima tendenza in fatto di occhiali”, taglia corto Louis.
Harry
ridacchia.
“O
tuo fratello ha una pessima mira”, afferma.
Louis
tossicchia.
“Dovresti
vederlo quando gioca a freccette”, interviene Lottie.
“Grazie,
Lottie”, replica Louis. “Adesso tu e Fizzy andate di sopra a fare
i compiti mentre io e Harry prepariamo la cena. Daisy e Phoebe, voi
potete giocare in soggiorno. Niente TV senza di me, mi raccomando”.
“Ceni
con noi?”, chiede Fizzy.
Harry
annuisce.
“Cucina
lui”, le informa Louis. “Se vi avvelena andremo tutti a trovare
mamma in ospedale”.
Harry
gli dà una gomitata e Louis ricambia con un pizzicotto. Sono passi
da gigante sul piano del contatto fisico. Dopotutto Louis è
rimasto appollaiato su di lui per un quarto d'ora buono e Harry è
riuscito a sopravvivere.
“Fizzy,
non ti venga in mente di giocare alla mia Play Station invece di
studiare sennò ti taglio le mani. Lottie, metti via quel cellulare
altrimenti è la volta buona che te lo scarico giù per il cesso”.
Lottie
sospira ma posa il cellulare in tasca, Fizzy mette il broncio ma è
la prima a salire le scale con lo zaino in spalla. Louis sa farsi
ascoltare.
“Devo
avvertire mia madre che mangio qui”, dice Harry.
“Ok,
io comincio a ispezionare il frigo”.
Cinque
minuti dopo Harry raggiunge Louis in cucina.
“Se
sai cucinare la pasta giuro che ti sposo”, dice questi, stringendo
in mano un pacco di spaghetti.
“Potrei
preparare una carbonara”, propone Harry.
Louis
si inginocchia ai suoi piedi.
“Harry
Marcel Styles, vuoi farmi l'onore di diventare mio marito?”.
Harry
si mette una mano davanti alla bocca per coprire le risatine
imbarazzate che minacciano di sfuggirgli.
“No,
ma vorrei che mi trovassi delle uova e della pancetta”, risponde.
“E il mio secondo nome è Edward, non Marcel”.
Louis
si rimette in piedi e gli porge una mano.
“William”.
Harry
sbatte un paio di volte le palpebre prima di afferrarla.
“Adesso
che abbiamo imparato i nostri rispettivi secondi nomi, possiamo
cucinare?”, domanda Louis. “O meglio, puoi?”.
“Sai
almeno sbattere le uova?”.
Louis
annuisce.
“Sì,
sono un professionista nello sbattere le uova”, ribatte. “Dovresti
assaggiare il mio eggnog qualche
volta”.
“Penso
che ne farò a meno se non voglio essere io quello a finire in
ospedale”.
Louis
sbuffa.
“Non
eri così sarcastico quando ti ho conosciuto”.
Harry
ride.
“Sarà
la tua cattiva influenza”, risponde, anche se è sicuro di essere
sempre stato sarcastico.
Stare
con Louis è un po' più facile adesso. Harry si sente più a suo
agio. Il cuore gli batte all'impazzata quando l'altro si avvicina
troppo e la bocca gli si asciuga ogni volta che si prende il lusso di
guardarlo mentre Louis è distratto, però adesso si sente meno
impacciato e non rischia di svenire a ogni suo battito di ciglia.
“P-posso
togliermi il gilet?”, chiede dopo un po'. Non vuole rischiare di
sciogliersi per il caldo mentre cucina.
“Non
ho nulla in contrario”.
Louis
lo osserva per tutto il tempo mentre si libera del gilet rimanendo in
camicia.
“Metti
questo”, ordina, passandogli un grembiule.
Harry
è intento a friggere la pancetta quando Louis fa capolino oltre la
sua spalla. Ci manca poco che il riccio cada con la faccia nell'olio.
“Ho
finito con le uova”, annuncia l'altro ragazzo, posandogli una mano
sul fianco.
“Bene.
Ehm, adesso metti a bollire l'acqua per la pasta”, balbetta.
“Ok,
ma non chiedermi di fare qualcosa di più difficile perché potrei
incendiare la cucina”, replica Louis. “Una volta ho dato fuoco a
una padella e non oso immaginare dove sarei adesso se non ci fosse
stato Liam a salvarmi”.
Harry
ride. Louis gli strizza il fianco prima di cominciare a cercare una
pentola adatta.
“Torno
tra un attimo. Vado a controllare che le gemelle non abbiano messo
sottosopra il soggiorno”, dice quando ha finito. “O peggio,
acceso la TV senza la mia supervisione”.
Quando
Louis ritorna, qualche minuto dopo, porta in braccio le sue sorelle
più piccole. Entrambe hanno in mano un foglio e dei pastelli a cera.
“Fate
vedere a Harry quante siete brave a disegnare”, dice, depositando
Daisy e Phoebe su due sedie libere, baciandole poi sulla testa. Harry
mostra loro i pollici in su e le bambine ricambiano sorridendo.
“L'acqua
bolle”, afferma Harry. “Butta la pasta”.
Louis
lo guarda impassibile.
“Metti
la pasta dentro l'acqua, per favore”, si corregge Harry.
“L'ho già pesata”.
Louis
prende il fascio di spaghetti che Harry ha pesato e si avvicina alla
pentola. La osserva per qualche secondo con sguardo diffidente e poi
– tenendo il corpo a debita distanza dalla pentola bollente – ci
versa gli spaghetti.
“Girali”,
ordina Harry. Louis gli lancia un'occhiataccia. “Non rischi di
prendere fuoco se giri la pasta”, lo rassicura, passandogli una
forchetta.
Mentre
aspetta che la pasta sia cotta, Harry si siede al tavolo con Daisy e
Phoebe, facendo loro domande sui disegni e dispensando complimenti.
Gli sembrano le cose giuste da fare, anche se ha il costante timore
di sbagliare qualcosa.
A
un certo punto, quella che dovrebbe essere Daisy gli chiede di
provare gli occhiali. Harry non è in grado di dire di no a un
adulto, figuriamoci a un bambino, perciò acconsente. La piccola
indossa gli occhiali con una certa difficoltà, visto che, se su di
Harry sembrano grandi, su di lei sono enormi.
“Come
sto?”, domanda, tenendoseli sul naso con entrambe le mani.
“Ce
ne vorrebbero un paio della tua misura”, replica Harry, sorridendo.
“Daisy,
restituisci gli occhiali a Harry”, interviene Louis, che sta
lavando le stoviglie che l'altro ha utilizzato per cucinare. “Non
sono un giocattolo, gli servono per vedere meglio”.
“Come
al nonno?”, si inserisce Phoebe.
Harry
scoppia a ridere.
“Più
o meno”, spiega.
“Anche
tu hai la dentiera?”, domanda Daisy, restituendogli gli occhiali.
“Oh
mio dio, D, non puoi chiedere alla gente se porta la dentiera!”,
esclama Louis, coprendosi il viso con una mano.
Harry
ride di nuovo.
“No,
non porto la dentiera. Guarda, sono veri”, dice, scoprendo i denti
e facendo finta di tirarseli via con le mani. Daisy allunga una mano
per toccarli ma Louis la intercetta giusto in tempo.
“Andate
a lavarvi le mani e chiamate Fizz e Lottie che è quasi pronto”,
ordina.
Le
due bambine si alzano da tavola e sgambettano nell'altra stanza.
“La
carbonara non sarà troppo pesante per loro?”, domanda Harry.
“Macché,
hanno lo stomaco d'acciaio quelle due”.
Harry
ride e si aggiusta gli occhiali sul naso. Louis prende uno spaghetto
dalla pentola con la forchetta, lo afferra con due dita e lo avvicina
alla sua faccia.
“Apri”,
dice, stringendogli il mento.
Harry
apre la bocca. Louis soffia un secondo sullo spaghetto e glielo
infila in bocca. Harry mastica piano mentre Louis aspetta il
responso.
“Cotta”,
dichiara.
Louis
gli strizza una guancia.
“Bene,
tu asciuga la pasta mentre io apparecchio la tavola”.
Harry
scoppia a ridere.
“Si
dice scolare non asciugare”.
Louis
scrolla le spalle.
“Quello
che è”.
Quando
Harry ha finito di condire la pasta le sorelle di Louis sono già
tutte a tavola.
“Lottie,
cosa ti ho detto prima a proposito del cellulare?”.
“Oddio,
Lou, ti rendi conto che non sei la mamma?”, si lamenta lei continuando ad armeggiare col telefono.
“E
tu ti rendi conto che abbiamo un ospite?”.
Lottie
si gira a guardare Harry. Il riccio vorrebbe sorriderle per
assicurarle che non ha problemi, ma così facendo metterebbe in
discussione l'autorità di Louis. Si sente in trappola.
“Scusami”,
mugugna Lottie. Harry fa spallucce.
“Tieni”,
dice Louis, passandogli il primo piatto da riempire.
Harry
ha appena finito di servire tutti e si sta lavando le mani, quando
Louis gli si avvicina, si mette sulle punte dei piedi e gli stampa un
bacio sulla guancia. Harry è troppo shockato per reagire.
“Me
l'ha detto il grembiule”, afferma l'altro ragazzo a mo' di
spiegazione.
Harry
si sfila il grembiule e vi scopre impressa la scritta Kiss The
Cook.
“E
se il grembiule ti avesse detto Kill The Cook?”, scherza,
cercando di resistere alla tentazione di toccarsi la guancia nel
punto dove Louis ha poggiato le sue labbra. Si sente ancora pizzicare
il viso.
“Non
avrei avuto altra scelta se non quella di ucciderti”, afferma
l'altro ragazzo. “Non davanti alle bambine però, tranquillo”.
Louis
si siede a capotavola, indicando a Harry di prendere posto al suo
fianco.
“Devi
fare una preghiera prima di iniziare?”, domanda.
Harry
aggrotta la fronte.
“No?”.
“Ok,
perfetto, buona cena!”, esclama Louis, girando una manciata di
spaghetti attorno alla forchetta e infilandoseli in bocca con un
rapido movimento della mano.
Harry
ha lo stomaco chiuso perché ha paura di aver combinato un disastro,
sebbene la carbonara sia uno di quei piatti che saprebbe cucinare a
occhi chiusi.
“Caz-spiterina!”,
esclama Louis. “Haz, questa pasta è-”.
Harry
inghiotte il groppo che ha in gola.
“È...?”.
“Non
mi viene altro termine in mente se non-”, Louis si interrompe di
nuovo. “Lottie tappa le orecchie a Fizzy, Fizzy tu tappale a Daisy,
Daisy tu tappale e Phoebe e, per favore, Harry, tu tappale a
Lottie”.
Dopo
aver messo su questa specie di coreografia – alla quale stranamente
le sue sorelle partecipano volentieri – Louis prosegue.
“Dicevo,
questa pasta è pornografica”.
Harry
arrossisce. Nessuno aveva mai chiamato pornografica la sua carbonara,
considerato che prima d'ora l'ha preparata solo ai suoi genitori e a
sua sorella.
“Possiamo
smetterla? Mi fanno male le braccia”, si lamenta Lottie.
Louis
annuisce. Lottie lascia andare la testa di sua sorella e le altre la
imitano.
“Che
vuol dire pronografica?”, domanda Daisy.
“Fizzy,
ti avevo chiesto di fare una cosa”, borbotta Louis.
Fizzy
abbassa la testa sul piatto e Harry le dà un colpetto col piede da
sotto il tavolo. La ragazzina solleva lo sguardo e lui le sorride.
“Harry,
mangia che si fredda”, gli intima Louis.
“Ti
piace veramente?”, domanda il riccio con titubanza.
“Harry,
è la cosa più buona che abbia mai mangiato al di fuori di un
ristorante”, dice Louis con enfasi. “E sono sicuro che piaccia
anche a questi mostricciatoli qui. Ragazze, cosa ve ne pare della
carbonara di Hazza?”.
Lottie
mostra il pollice in su, troppo impegnata a masticare per parlare,
Fizzy fa un eloquente verso di apprezzamento, Phoebe si lecca le
labbra prima di rispondere “è deliziosa” e Daisy replica
“buoniiiiiissima”.
Harry
china leggermente il capo e sorride.
“Grazie”,
sussurra, prima di decidersi finalmente a mangiare.
“Lou,
Harry ha le pozzette!”, esclama Daisy.
Louis
rimane un attimo interdetto.
“I
buchi. Qui”, spiega Daisy, toccandosi la guancia con la forchetta.
“Tesoro,
quelle si chiamano fossette”, la corregge suo fratello.
“Fossette”,
ripete Daisy tra sè e sè.
“Sì,
ce le ha”, continua Louis. “E sono parecchio adorabili. Lo
invidio da morire”.
Harry
diventa paonazzo.
“Non
sono niente di che”, balbetta.
“Dici
così solo perché ce le hai. C'è chi ha tutte le fortune del
mondo”.
“Già”,
mormora Harry.
A
cena ultimata Louis impone alle sue sorelle di aiutarlo a
sparecchiare.
“Posso
tornare di sopra a studiare?”, domanda Lottie quando ha finito, con un piede già
fuori dalla stanza.
“Studiare,
sì”, le fa eco Louis.
La
ragazzina alza gli occhi al cielo e, dopo aver salutato Harry e
averlo ringraziato per la cena, si fionda su per le scale.
“Io
posso giocare alla Play? Posso posso posso?”, implora Fizzy,
saltellando attorno al fratello.
“Solo
se hai finito i compiti e solo se non cancelli le mie partite
precedenti”, concede Louis.
“Oook”.
Fizzy
sorride al fratello poi, cogliendolo di sorpresa, avvolge le braccia
attorno alla vita di Harry e affonda la testa nella sua pancia.
“Torna
presto a trovarci, H”.
“D'accordo”,
afferma lui, scompigliandole i capelli.
“E
con torna presto a trovarci Fizzy intende torna presto a
cucinare per noi che mio fratello è un incapace”, precisa
Louis.
Fizzy
gli fa la linguaccia e Harry scoppia a ridere.
“Piccole,
volete guardare un cartone animato?”, domanda Louis alle gemelle.
“Sììì!”,
esclama Daisy.
“Ok.
Harry, vado un attimo di là a scegliere un DVD da far guardare alle
gemelle”.
Harry
decide di lavare i piatti per occupare il tempo. È intento a
insaponare le posate quando sente Louis nell'altra stanza esclamare
“il Re Leone 2 è un eresia!” e Daisy replicare “che significa
resia?”.
“Scusami
se ti ho fatto aspettare, le gemelle non sapevano decidersi”,
afferma Louis qualche minuto dopo, di nuovo in cucina. “Che diavolo
stai facendo?”.
Harry
gli sventola in faccia una mano inguantata.
“I
piatti..?”.
Luois
scuote il capo, contrariato.
“Lo
vedo, era una domanda retorica”, borbotta, prima di chiudere l'acqua
del rubinetto. “Non tocca a te fare i piatti visto che hai già
cucinato. Ci penserò io più tardi”.
Harry
cerca di protestare ma Louis gli mette un indice davanti alla bocca.
“Shhh,
non si discute”, lo zittisce. “Ti va del vino?”.
Harry
si gratta il capo in un gesto che palesa tutta la sua indecisione e
si ricorda troppo tardi di avere i guanti e che i guanti sono
bagnati. Era riuscito a non rendersi completamente ridicolo
tutto il pomeriggio, ma evidentemente adesso ha esaurito la sua
scorta di figaggine della giornata.
“Sei
astemio?”, chiede Louis quando non riceve alcuna risposta.
Harry
non è tecnicamente
astemio, si astiene solo dal
bere, tutto qui. Come spiegarlo a Louis senza fare la figura di
quello che non ha mai bevuto? Perché lui ha
bevuto. Non si è mai ubriacato, d'accordo, però ha ingerito
dell'alcool nella sua vita. Solo che non sente la necessità di
riprovare questa esperienza. Tuttavia, dopo qualche secondo di
riflessione, decide che un bicchiere di vino a stomaco pieno non può
fargli poi così male.
“No,
accetto volentieri il vino”.
“Ti
piace il bianco?”.
Harry
annuisce automaticamente. Bianco o rosso, che differenza può fare?
Louis
versa il vino in due bicchieri di vetro e fa cenno a Harry di
sedersi.
“Lo
avrei messo in tavola ma c'erano le bambine”, spiega, passandogli
un bicchiere.
Harry
lo ringrazia e assaggia subito il vino. Aspro, frizzante, forte.
Solo in un secondo momento gli viene in mente che forse Louis avrebbe
voluto fare una specie di brindisi.
“Che
te ne pare?”, lo interroga l'altro ragazzo.
Harry
si lecca le labbra.
“Ehm,
non sono un intenditore, ma mi sembra buono”.
“Neanche
io sono un intenditore, se ti può consolare. Ho preso una bottiglia
a caso”.
Harry
continua a sorseggiare il suo vino. Si sente già accaldato, ma
probabilmente questo è dovuto al fatto che Louis non gli ha staccato
gli occhi di dosso per tutto il tempo.
“I
tuoi sanno che...bevi?”, domanda.
Louis
prende un sorso di vino, continuando a fissarlo.
“Non
sono un alcolizzato,
non ho bisogno di nascondergli niente”.
Harry
arrossisce.
“Ok,
scusa”.
Louis
gli dedica un sorriso gentile.
“No,
scusami tu, non intendevo essere brusco”.
Harry
affonda il naso nel bicchiere.
“Ti
riaccompagno a casa quando torna mia madre. Non dovrebbe volerci
molto”, lo informa Louis.
“Le
tue sorelle mi piacciono”, dice Harry. Il vino sta contribuendo a
eliminare dal suo corpo ogni residuo di ansia. Potrebbe parlare a
ruota libera. Potrebbe lasciarsi toccare da Louis. Vorrebbe
tanto che Louis lo toccasse.
“Più
di quanto ti piaccia io?”, domanda l'altro ragazzo, fallendo nel
tentativo di mettergli il broncio.
Harry
ride.
“Chi
ti dice che tu mi piaccia?”.
Per
un attimo Louis sembra realmente colpito dalla frase di Harry, ma si
ricompone in fretta.
“Ti
piacerò, dammi tempo”.
Il
riccio scuote il capo e beve l'ultimo sorso rimasto sul fondo del
bicchiere. A quanto pare Louis è del tutto ignaro della cotta che
Harry ha per lui. Oppure fa solo finta?
“Ne
vuoi ancora?”, offre il padrone di casa.
Una
strano formicolio scorre nelle vene di Harry. Accetta dell'altro vino
perché non vuole che smetta.
“Ti
va di vedere Le Follie dell'Imperatore con le gemelle?”, propone
Louis.
“Certo”.
Harry
farebbe qualunque cosa che l'altro ragazzo gli proponga, in questo
momento. Il fatto che Le Follie dell'Imperatore sia uno dei suoi
cartoni animati preferiti è una fortunata coincidenza.
“Finisci
il vino e andiamo di là”.
Il
vino è fresco e gli pizzica la lingua in maniera piacevole, perciò
Harry non ha nessun problema a berlo tutto in un lungo sorso.
“Vacci
piano, Haz, non vorrei riconsegnarti a tua madre sbronzo!”, esclama
Louis.
Harry
si asciuga la bocca col dorso della mano.
“Andiamo”,
dice, mettendosi in piedi. Gli gira la testa, ma non è una
sensazione spiacevole. Si sente avvolto da una nebbia che rende i
suoi movimenti fluidi e gli fa da scudo contro le ansie. Chi
l'avrebbe mai detto che per la prima volta si sarebbe ubriacato a
casa di Louis Tomlinson? Zayn non lo dovrà mai sapere.
Louis
gli avvolge un braccio attorno alla vita. Se fosse lucido il primo
istinto di Harry sarebbe quello di scansarsi, invece si lascia andare
contro il corpo dell'altro ragazzo. Vorrebbe di più, di più, di
più...
Louis
lo guida in soggiorno – dove le gemelle sono sedute sul tappeto e
fissano lo schermo della TV senza fiatare – e lo fa sedere sul
divano.
Harry
si ritrova a trattenere il fiato nell'attesa che Louis gli sieda
vicino. L'altro ragazzo si lascia cadere accanto a lui e poggia un
braccio dietro alla sua testa.
“Dimmi
la verità”, sussurra Louis sporgendosi verso di lui, “non pensi
che Kuzco e Pacha formino una bella coppia?”.
Harry
scoppia a ridere, seguito a ruota da Louis. Daisy li ammonisce con
uno “shhh” e Harry si trattiene dal rispondere per evitare di
incorrere nell'ira della bambina.
Il
corpo di Louis emana calore e odora di qualcosa che Harry non riesce
a definire ma che gli fa venire voglia di poggiare la testa sul suo
petto e respirarlo a pieni polmoni. Harry non ha mai sentito così
intensamente il bisogno di stringersi a qualcuno, perché non è mai
stato a suo agio così vicino a qualcuno prima d'ora. Probabilmente è
il vino, probabilmente domani, quando sarà sobrio, Louis gli farà
paura come e più di prima, perciò vuole godersi questo momento.
Spinge indietro la testa fino a incontrare la mano di Louis. Questi
sembra subito afferrare le sue intenzioni, perciò comincia ad
accarezzargli la nuca e passare le dita tra i capelli che sono
finalmente sfuggiti al gel dopo essere rimasti in trappola una
giornata intera.
“Mi
ricordi un gatto”, sussurra Louis, solleticando la guancia di Harry
col fiato che sa di vino. “Sei schivo e diffidente e non abbassi
mai la guardia, ma adesso che ti ho dimostrato che sono tuo amico
accetti le mie le coccole”.
Harry
fa le fusa. O quasi.
“Ma
i gatti si stancano presto delle coccole e quando meno te lo aspetti
ti graffiano”, continua Louis. “Mi graffierai, Haz?”.
Harry
scuote il capo.
“Neanche
se, per esempio, facessi questo?”, domanda l'altro ragazzo, prima
di poggiare le labbra sulla sua guancia. Non è un bacio, Louis si
limita a sfiorare delicatamente il suo viso con le labbra.
Il
battito del cuore di Harry accelera esponenzialmente. Ha sempre più
caldo ed è sempre più confuso. Si ritrova a sperimentare due
desideri contrastanti: il desiderio che Louis la smetta di provocarlo
e lo baci sul serio, e il desiderio di allontanarlo, alzarsi dal
divano e ricostruire mattone dopo mattone quel muro che lo ha sempre
protetto dal resto del mondo e del quale adesso ha tanto bisogno per
proteggersi da Louis, da ciò che Louis vuole da lui ma soprattutto
da ciò che lui vuole da Louis. Harry capisce che non sempre quello
che desidera corrisponde a ciò di cui ha veramente bisogno.
“Sarà
meglio che faccia un passo indietro prima che mi ritrovi le tue
unghie conficcate nella carne. Metaforicamente parlando,
spero”, afferma Louis, allontanandosi e lasciando a Harry spazio
per respirare e pensare.
È
frustrante volere e non volere allo stesso tempo. Harry aveva
sperato che il vino fosse riuscito a confondere questa linea sottile,
invece la parte razionale – o irrazionale? - di lui è dura a
morire.
Qualche
minuto dopo la porta di casa si apre.
“Sono
tornati mamma e Mark”, annuncia Louis a beneficio di Daisy e Phoebe
che però continuano a guardare la TV.
Harry
teme questo momento da quando è arrivato a casa di Louis. Adesso non
solo dovrà i conoscere i suoi genitori ma dovrà conoscerli mentre è
ubriaco. O brillo, o qualunque altra cosa sia.
“Non
mi aspetto che stendiate il tappeto rosso per me, ma almeno
salutarmi!”, esclama la mamma di Louis, in piedi sotto la cornice
della porta, con le mani suoi fianchi.
Louis
dà una pacca sul ginocchio a Harry per intimargli di alzarsi.
“Ciao
ma', sono con un amico”.
Harry
si mette in piedi e inghiotte a fatica il groppo che ha in gola.
“Salve,
sono Harry”, dice, porgendo un mano alla donna.
La
donna gli sorride e gli stringe la mano.
“Io
sono Jay, piacere di conoscerti”.
“Harry
sa cucinare meglio di te”, afferma Louis con un ghigno.
“Non
è vero”, borbotta Harry.
Jay
sembra prenderla bene, infatti continua a sorridere.
“Hai
cucinato tu?”.
Harry
annuisce.
“Louis
ha sempre detto che sono la cuoca migliore del mondo, ma a quanto
pare adesso ho un rivale”
Il
riccio si sforza di sorridere. Non vede l'ora che questa
conversazione finisca. Non gli piace essere al centro
dell'attenzione, checché ne dicano i suoi compagni di classe. A lui
piace eccellere non per essere lodato, ma perché ogni successo
ottenuto è una vittoria su stesso.
“Il
coprifuoco di Harry sta scadendo, devo riaccompagnarlo a casa”,
dice Louis, poggiandogli una mano sulla spalla. “Ma non credere che
ti libererai di lui e del suo talento culinario tanto facilmente, è
il mio nuovo compagno di studi”.
“Ci
vediamo presto, allora”, dice la donna. “Spero di assaggiare uno
dei tuoi piatti, un giorno”.
Harry
saluta le gemelle – che gli prestano poca attenzione, essendo
troppo assorbite dal cartone animato - e ha un – per fortuna -
breve incontro con Mark prima di recuperare il suo zaino di sopra e
le sue scarpe all'ingresso.
In
macchina Louis non accende la radio. Harry si tiene occupato giocando
al cellulare. Se per quasi tutta la sera si è sentito a suo agio,
dopo quello che è successo sul divano e adesso che l'effetto del
vino sta scemando, l'atmosfera è di nuovo tesa. Lui è teso.
Probabilmente Louis è rilassatissimo. Non è colpa sua se Harry è
fatto così, se è complicato da trattare, se è difficile da
avvicinare. Finirà che Louis si stancherà di lui e smetterà di
provare a prenderlo dal verso giusto.
“Spero
che tu abbia passato una bella giornata”, dice l'altro ragazzo,
stringendo nervosamente il volante. Ok, forse Harry non è l'unico a
essere agitato e insicuro.
“Sì,
ho passato una bella giornata”, replica ed è la verità. Stare con
Louis lo rende sì nervoso, come se dovesse avere un colpo da un
momento all'altro, ma è un piacere passare del tempo assieme a lui,
un onore. Mai avrebbe immaginato che l'altro ragazzo potesse
essere interessato a lui, mai avrebbe pensato di poter essere
interessante per uno come Louis. Ha scoperto che loro due sono
compatibili e se solo Harry non fosse un adolescente con problemi
relazionali il loro rapporto potrebbe decollare, invece che
sfracellarsi come lui teme.
“Non
darai le dimissioni dal tuo ruolo di mio insegnante personale,
vero?”.
Harry
ride, un po' più calmo di quando è entrato in macchina, rassicurato
in qualche modo dalle insicurezze di Louis.
“No,
ma mi aspetto di essere pagato per le mie prossime prestazioni
culinarie”, scherza.
“Hai
avuto la tua ricompensa scalfendo l'orgoglio di mia madre, Haz. Non
essere troppo avido”.
I
due impiegano il resto del viaggio a discutere modalità di pagamento
alternative. Louis ha un senso dell'umorismo che si adatta
a quello di Harry ed è facile scherzare con lui. Harry deve solo
evitare di pensare a quanto l'altro sia bello, a quanto sia
espansivo, a quanto sia vicino, per non andare di nuovo in
corto circuito.
“Ci
vediamo a scuola”, lo saluta Louis, fermandosi davanti casa sua.
“Non fare finta di non conoscermi, mi raccomando”.
“Solo
se la smetti di tirarmi addosso palline di carta durante le lezioni”.
“Affare
fatto”.
NOTE:
I
versi che Louis declama a un certo punto appartengono a una lettera
d'amore scritta da Keats alla sua amata, Fanny, quella con le
famose parole "I cannot exist without you". Harry cita invece un
verso di Shakespeare tratto dalla commedia Much Ado About Nothing. Poi
Louis conclude con una frase da "You're beautiful" di James Blunt.
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Capitolo 4 *** Wonderwall ***
marcel
“Because
maybe
You're
gonna be the one that saves me
And
after all
You're
my wonderwall”
(Wonderwall-
Oasis)
Harry
va a casa di Louis come minimo due volte a settimana adesso. Non si è
più fermato a cena perché sua madre gli ha fatto storie dopo la
prima volta, però ormai è abituato a trascorrere parecchie ore in
presenza dell'altro ragazzo (e delle sue sorelle, delle quali adesso
non ha più paura). Louis sembra aver recepito il messaggio che Harry
non è un grande fan del contatto fisico, perciò fa lo sforzo
di trattenersi. Certo, le loro spalle si toccano costantemente quando
studiano sul letto e a Louis deve piacere veramente tanto infilare le
dita nelle fossette di Harry, di tanto in tanto, però non è niente che
Harry non possa gestire. Ci sono volte in cui Louis fa una qualche
battuta particolarmente ardita che fa infiammare il volto dell'altro ragazzo, però il resto delle loro conversazioni scorre su binari sui
quali è difficile che lui deragli. I loro cervelli pensano
quasi all'unisono e Harry crede sia un vero peccato che loro due non
si siano conosciuti prima.
La maggior parte del tempo studiano
matematica – Louis sembra aver fatto qualche passo indietro
rispetto alla prima lezione, dimostrandosi un po' meno recettivo,
però a Harry piace spiegargli le cose che non capisce,
fondamentalmente perché adora l'espressione confusa sul suo
volto – però quando si stancano, o meglio, quando Louis si stanca,
giocano alla Play Station, guardano un film o trascorrono del tempo
con le bambine, fino a quando non è ora che Harry prenda l'autobus o
che Louis gli dia un passaggio a casa.
Ogni
giorno che passa, Harry è sempre più infatuato di Louis. Gli
piace imparare sempre cose nuove su di lui, scoprire che hanno
interessi in comune o abitudini simili. Anche Louis ama Harry Potter,
ha una passione più o meno segreta per le commedie romantiche,
colleziona bastoncini di gelato coi quali vorrebbe costruire un
castello di Hogwarts che occupi un'intera parete, è un grande fan
del Manchester United del quale possiede tutto il merchandising
possibile e immaginabile e non porta mai i calzini tranne quando
gioca a calcio. Gli piace parlare – anche se tre quarti del tempo
dice idiozie – ma è anche un ottimo ascoltatore e non
interrompe mai Harry anche se parla lentamente facendo delle pause
che di solito gli altri trovano snervanti. Louis pensa che Harry sia
divertente, ride a ogni sua battuta e lo incoraggia a raccontare
aneddoti buffi della sua vita che Harry si vergognerebbe a raccontare
a chiunque altro.
Sono
amici, adesso, anche se a lezione non siedono mai vicini e a
mensa continuano a mangiare con le stesse persone di sempre, però
non si ignorano, parlano spesso nei corridoi, si incontrano ogni
tanto in cortile e Harry a volte segue i suoi allenamenti, quando ha
tempo. E non solo perché Louis è una visione con la divisa
della squadra di calcio o perché quando i muscoli delle sue cosce si
flettono Harry si sente ogni volta sempre più vicino al Paradiso.
Louis è un leader naturale e non si ferma un attimo sul campo, per
questo è un piacere guardarlo giocare e il fatto che i pantaloncini
da calcio mettano ancora meglio in evidenza il suo sedere è un
gradito effetto collaterale.
Harry
vorrebbe fare qualcosa o, in alternativa, vorrebbe che Louis facesse
qualcosa, perché è evidente che si piacciano. L'altro
ragazzo spesso si ferma a guardarlo con uno sguardo carico di
ammirazione o affetto o un qualche sentimento che fa avviluppare le
viscere di Harry e gli fa venire voglia di baciarlo e insieme di
trasferirsi in un altro continente, oppure lo riempie di complimenti
per il suo talento per la matematica, per la sua abilità con le
parole, per i suoi occhi o le sue mani, una volta perfino per
la forma delle sue sopracciglia. Se questo non è un chiaro
segno che Louis è interessato cosa altro può essere?
Ma
è solo colpa di Harry se nessuno dei due fa niente. Lui
neanche in un milione di anni si sognerebbe di fare il primo passo e
Louis probabilmente ha paura che facendo una qualunque mossa rischia
di far fuggire Harry.
Se
la vita fosse una partita a scacchi Harry probabilmente saprebbe come
uscire da questa impasse. Però la vita è, beh, la vita e
lui forse non ha mai capito le regole per giocarla.
*
“Ti
rendi conto che questa situazione è ridicola?”, domanda Perrie.
Stanno
pranzando all'aperto, sotto il famoso albero – che Zayn ha voluto
per forza marchiare coi loro nomi – e Harry non ha idea di
che cosa stia parlando la sua amica.
“Quale
situazione?”, ribatte, dopo aver masticato e deglutito la sua
insalata.
“Quella
tra te e Louis”.
Zayn
sbuffa.
“Ancora
con questa storia? Te ne viene in tasca qualcosa, per caso, se loro
due si mettono assieme?”.
Zayn
si fida un po' di più di Louis, adesso, ma a quanto pare non riesce
proprio a farselo piacere.
“Non
devo mettermi assieme a nessuno io”, borbotta Harry.
Perrie
lo ignora.
“Sei
geloso”, dice, punzecchiando il suo fidanzato con la forchetta. “Oh
mio dio, sei geloso ed è una cosa tenerissima”, squittisce.
Zayn
le rivolge uno sguardo a dir poco omicida.
“Ti
conviene rimangiarti quello che hai detto”, minaccia.
Perrie
non si fa intimidire.
“Non
ti preoccupare, è normale”, spiega. “Harry non ha avuto occhi per nessun
altro se non per te in questi anni, pensando che tu fossi la creatura
più figa che abbia mai calpestato il suolo terrestre, e adesso è
dura per te ammettere che gli piace qualcun altro”.
Harry
vorrebbe spaccarle il contenitore dell'insalata in testa. Sì, è
vero, c'è stato un periodo in cui ha avuto una piccola cotta per
Zayn, ma questo è successo anni fa, prima ancora che Zayn e
Perrie si conoscessero. Zayn è attraente e tutto quanto ma è il suo
migliore amico, che diamine.
“Tu
sei pazza”, dicono Harry e Zayn all'unisono.
“Ok,
magari ho un tantino esagerato, però non puoi negare che sei
geloso”, insiste la ragazza.
Zayn
prende la sigaretta che ha dietro l'orecchio e se la mette in bocca.
Non può fumare all'interno del perimetro scolastico – fatta
eccezione per il cortile – quindi deve essere parecchio frustrante
per lui non poter accendere la sigaretta in questo momento.
“Quella
che tu scambi per gelosia è semplice apprensione, mia cara”,
afferma.
“Oh,
ma piantala, non sei mica sua madre!”.
Zayn
è parecchio suscettibile quando si tratta del suo ruolo di
protettore di Harry. Difenderlo dagli altri è stata la sua
missione in questi anni. Harry stesso deve ammettere che è ora che
ci dia un taglio. Come dice Louis, deve imparare a credere in se
stesso e a cavarsela da solo. Non tutti là fuori vogliono fargli del
male e se qualcuno volesse fargliene lui deve riuscire a badare a se
stesso. E comunque, Louis è l'ultima persona della quale Zayn deve
preoccuparsi.
“Lascia
che Harry e Louis vivano la loro storia d'amore in santa pace”,
interviene Niall.
Harry
e Zayn lo fulminano con lo sguardo nello stesso momento.
“Non
sappiamo ancora quali siano le vere intenzioni di Louis”, dice
Zayn. “E Harry è ancora troppo inesperto per imbarcarsi in un
qualche tipo di relazione con qualcuno”.
Niall
si schiaffa una mano sulla faccia.
“Deve
pur iniziare da qualche parte”, osserva Perrie.
“Non
voglio che sia qualcuno come Louis il primo a spezzargli il
cuore”, replica Zayn freddamente.
“Chi
ti dice che Louis farà una cosa simile?”, continua Perrie. “Da
quello che racconta Harry, Louis mi sembra piuttosto preso”.
“Vuole
solo farselo”, replica Zayn. “Rubare la verginità a
quello sfigato è un vanto per quelli come lui”.
Harry
stringe i pugni. Non può essere come dice Zayn, Louis non è così,
non lo farebbe mai.
“Grazie
per lo sfigato, Zayn”.
Un
lampo di preoccupazione attraversa lo sguardo dell'altro ragazzo.
“Scusami,
Haz, non volevo offenderti, ma-”.
Harry
si volta dall'altra parte.
“Potresti
avere ragione se Harry fosse una ragazza”, dice Perrie. “Dubito
che sia un vanto rubare la verginità a un ragazzo, di questi tempi,
se sei un altro ragazzo”.
Zayn
non risponde.
“La
penso come Perrie”, afferma Niall, pulendosi la bocca con un
tovagliolo.
“Visto
che siete sempre d'accordo tutti e due perché non vi mettete
insieme?”, sbotta Zayn.
Perrie
gattona verso di lui e gli si inginocchia davanti.
“Sei
un cretino colossale”, dice con affetto, prima di afferrargli i
polsi per calmare il nervosismo che gli prende ogni volta che
vorrebbe fumare ma non può. “Noi vogliamo il bene di Harry come lo
vuoi tu, ma devi dargli più fiducia. Non è più un bambino, sa
quello che vuole, sa di chi fidarsi e di chi non fidarsi. Dobbiamo
solo aiutarlo a sbloccarsi”.
Harry
odia quando i suoi amici tirano fuori questo discorso.
“Non
voglio che si sblocchi con la persona sbagliata”, mormora Zayn.
“Io
penso che Louis sia la persona giusta, invece”, insiste lei.
“Se però le cose non dovessero andare tra di loro, questo errore
gli servirà a crescere”.
Harry
butta gli occhi al cielo.
“Potreste
evitare di parlare di me come se non ci fossi?”, prega. “E di
trattarmi come se fossi vostro figlio?”.
Perrie
lo zittisce con un gesto della mano.
“Lo
facciamo per te, Harry, per aiutarti”.
“Non
ho bisogno del vostro aiuto”.
Solo
lui può aiutare se stesso, di questo è fermamente convinto. Gli fa
piacere che i suoi amici si preoccupino per lui, ma non possono farci
nulla.
“Io
ti direi di buttarti”, interviene Niall. “Carpe diem”.
Zayn
ridacchia.
“E
se te lo dice Niall”, scherza. “In latino, poi”.
Harry
non risponde alla provocazione.
“Dove
lo trovi un altro come Louis?”, continua l'irlandese. “Buttati”.
La
fa facile lui.
“Cosa
ha di tanto speciale questo Louis, dio santo!”, esclama Zayn. “Lo
venerate tutti come una specie di divinità...”.
“Dici
così perché non lo conosci”, mormora Harry che è stanco di
sentir parlare male di Louis dal suo migliore amico. Forse un po'
geloso lo è veramente. Oppure è semplicemente testardo.
“Dai,
Zayn, Louis è simpatico, intelligente, carismatico”, elenca Niall.
“Ben messo”.
Zayn
butta gli occhi al cielo.
“Stai
cercando di fare coming out, Niall?”.
Niall
scoppia a ridere.
“Sì,
mi hai beccato, sono passato al lato oscuro”, scherza, facendo
l'occhiolino a Harry.
“Lato
oscuro?”, domanda questi.
“Lato
arcobaleno?”.
Harry
si prende la testa tra le mani ma non riesce a impedirsi di ridere.
“Temo
che tu non abbia tutti i requisiti adatti per passare dalla nostra
parte”, scherza.
“Ovvero?”.
“Ovvero
non ti piace l'uccello!”, gli suggerisce Perrie.
Niall
si imbroncia.
“Non
è detto”, afferma, cocciuto. “Che ne sapete che non ho avuto una
specie di illuminazione in questo ultimo periodo?”.
“Oh
mio dio”, dice Zayn guardando il suo amico con compassione. “Cosa
non faresti per avere un po' di attenzione...”.
Harry
ride. È sollevato che la conversazione si sia spostata da lui
alla presunta
omosessualità di Niall. O meglio, all'inesistente
omosessualità di Niall.
“Lui,
per esempio”, continua il biondo, “è un bel ragazzo”.
Harry
segue il suo sguardo.
“Liam
Payne?”.
“Dire
che qualcuno è un bel ragazzo non fa di te un omosessuale”,
osserva Perrie.
“Devo
andare lì a succhiarglielo per convincervi?”, sbotta Niall.
“Sei
ridicolo”, dice Harry, sorridendo.
“To',
non c'è bisogno che vada tu, sta venendo lui qui”, lo informa
Perrie.
Niall
arrossisce di botto. Harry e Perrie si scambiano uno sguardo
d'intesa.
“Ciao,
Harry”, lo saluta Liam allegramente.
Harry
osserva con la coda dell'occhio la reazione di Niall. Il suo viso ha
assunto tutte le sfumature del rosso. Ci sarà da divertirsi.
“Ciao,
Liam”.
“Tutto
bene?”, domanda l'altro ragazzo.
“Sì,
tu?”.
“Tutto
bene, grazie”.
Perrie
continua a pizzicare la coscia di Niall. Harry si morde il labbro
inferiore per non scoppiare a ridere. Liam sembra ignaro di tutto.
“Come
va con Louis?”, chiede. “Nel senso, con la matematica..?”.
Harry
aggrotta la fronte.
“Ehm,
bene, sta, ehm, facendo progressi”.
È
una mezza verità, ma non c'è bisogno che Liam sappia tutta
la verità (cioè che Louis potrebbe fare di meglio).
“Ottimo”,
dice Liam.
“Perché
me lo chiedi?”.
Liam
sembra colto di sorpresa.
“So
che la settimana prossima avrete un compito in classe e quindi...”.
“Non
ti preoccupare, se la caverà”.
Liam
sorride.
“Ok”,
mormora. “Sono molto contento che tu lo stia aiutando”.
Harry
annuisce.
“E io
sono contento di aiutarlo”.
“Davvero?
Non è una seccatura per te?”.
“No,
affatto”.
Il
sorriso di Liam si allarga.
“So
che Louis può sembrare un coglione, a volte, però quando lo conosci
meglio-”.
“Lo
sto conoscendo meglio”, lo interrompe Harry. Non capisce perché
Liam senta sempre il bisogno di giustificare il suo migliore
amico.
“Bene”.
“Ti
va di sederti a mangiare con noi?”, interviene Perrie. Harry è
sicuro che moriva dalla voglia di dirlo da quando Liam è arrivato.
“Veramente
ho già mangiato”, replica l'altro ragazzo.
Perrie
si limita a fissarlo.
“Però,
uhm, posso sedermi con voi lo stesso”, cede Liam.
Perrie
ghigna.
“Conosci
Niall?”, domanda.
Harry
non ha mai visto Niall così in imbarazzo in vita sua. Il fatto che
sia divertito dalla situazione fa di lui un pessimo amico?
“Sì,
siamo a Musica insieme”, risponde Liam.
“Niall
suona la chitarra”, lo informa Perrie.
“Lo
so”.
“Anche
se gli piacerebbe suonare il flauto”, continua la ragazza e
Zayn, che ha cercato di trattenersi da quando Liam è arrivato,
scoppia a ridere incontrollabilmente. Perrie lo segue a ruota ed
entrambi si accasciano sull'erba, tenendosi la pancia. Harry si copre
la bocca con una mano perché non gli sembra educato sbellicarsi
dalle risate davanti a un Liam più che confuso. Niall è così rosso
che potrebbe prendere fuoco da un momento all'altro.
“Siete
dei cazzoni”, borbotta, guardando dappertutto tranne che nella
direzione di Liam.
Probabilmente
cazzoni non è la parola adatta in questo momento perché
Perrie e Zayn cominciano a ridere ancora più forte. Harry sta
rischiando di soffocare pur di non lasciarsi andare come loro.
“Mi
sono perso qualcosa?”, domanda Liam, spostando lo sguardo tra tutti
i presenti. Se non fosse che metterebbe nei casini Niall, Harry gli
spiegherebbe volentieri cosa sta succedendo, per non rischiare che si
offenda.
“Scusaci”,
dice Perrie, asciugandosi le lacrime. “Non stavamo ridendo di te,
comunque”.
“Avete
finito?”, sbotta Niall. Zayn gli dà una pacca sulla spalla che
l'irlandese accetta con riluttanza.
Liam
scrolla le spalle.
“Tranquilli”,
dice con tono di scusa.
“Quando
fanno così basta ignorarli finché non la finiscono”, afferma
Niall, rivolgendo lo sguardo e la parola a Liam per la prima volta.
“Non
ti preoccupare”, ribatte Liam con un sorriso. “Tutto ok?”,
aggiunge poco dopo, probabilmente impressionato dal suo rossore.
Niall
annuisce.
“Sì,
questi qui che mi prendono per il culo è normale
amministrazione”.
Liam
ridacchia.
“È
quello che fanno sempre gli amici, no?”.
“Amici,
sì”, ribatte Niall prima di ingaggiare una lotta di pizzicotti con
Zayn.
Liam
passa il resto del pranzo con loro, parlando di musica con Niall –
mentre questi cerca di ignorare le battute di Zayn - e del più e
del meno con gli altri.
“Louis
ti ha parlato di quella cosa?”, domanda a Harry mentre tornano
verso la scuola, dopo che è suonata la campana.
“Quale
cosa?”, chiede il riccio, confuso.
“Ah,
ok, non te l'ha detto”.
Harry
si aggiusta gli occhiali.
“Mi
devo preoccupare?”.
“Assolutamente
no”, lo rassicura l'altro. “Però tu, ehm, ricordaglielo,
ok?”.
Harry
annuisce. Muore dalla curiosità di sapere, ma dovrà chiedere a
Louis stesso.
“Ci
vediamo in giro”, si congeda Liam.
“Ciao!”.
*
“Liam
mi ha detto che devi parlarmi di una cosa”, è la frase con la
quale Harry esordisce non appena entra in macchina di Louis.
L'altro
si blocca con la chiave a mezz'aria.
“Da
quando tu e Liam vi parlate?”.
L'espressione
di Louis è così buffa che Harry vorrebbe scoppiare a ridere. Non lo
fa, comunque. Louis potrebbe prenderla sul personale.
“C'è
una qualche legge della quale io non sono a conoscenza che mi vieta
di parlarci ?”, scherza. È facile ormai battibeccare
giocosamente con Louis, non c'è alcun rischio.
“Ovvio
che no”, replica l'altro, mettendo finalmente in moto. “È che mi
fa strano”.
Harry
stringe nervosamente la cintura.
“Allora?”,
domanda. “Che mi devi dire?”.
Se
deve essere sincero ha un po' di apprensione. Un po' tanta, se
vogliamo proprio dirla tutta. Non riesce a immaginare di cosa l'altro
voglia parlargli. Sarà qualcosa di serio? Sarà una sciocchezza
delle sue?
“Non
puoi aspettare che arriviamo a casa?”.
“Lou,
mi stai facendo preoccupare. Parla”, insiste Harry.
Anche
se hanno fatto pochi metri dal parcheggio della scuola Louis decide
di accostare. Deve essere una cosa seria se ha dovuto per
forza fermare la macchina. Forse è la volta buona che Harry svenga.
“Haz,
non c'è bisogno che ti agiti, non sono incinto o robe
simili”, cerca di tranquillizzarlo l'altro ragazzo.
Harry
è ben lontano dall'essere calmo, a questo punto.
“N-non
hai deciso di lasciare la scuola, vero? Se pensi che verrai bocciato
in matematica possiamo studiare di più, possiamo-”.
Louis
scoppia a ridere.
“Che
stronzate dici? Come ti salta in mente?”.
Harry
si blocca nel bel mezzo delle sue farneticazioni e lo guarda di
sottecchi, vagamente offeso.
Louis
dimentica per un attimo la regola che si è auto imposto e gli
accarezza una guancia.
“Non
voglio lasciare la scuola e sono sicuro che non verrò
bocciato in matematica”, afferma.
Harry
rimane immobile a fatica sotto il suo tocco.
“E
allora?”.
“Quello
di cui voglio parlarti riguarda me e te”.
Harry
se è possibile si agita ancora di più. Ci siamo, pensa, e
improvvisamente si pente di avere chiesto.
“Ti va di venire con me da una parte?”, sussurra
Louis, incerto.
Ok,
non è quello che Harry si aspettava, però adesso può smettere di
stare quasi in apnea.
“Cioè?”.
Louis
giocherella nervosamente con le chiavi.
“Lottie
e Fizzy sono state invitate a una festa in piscina e io dovrò fare
praticamente il baby-sitter”, spiega. “Ti va di farmi
compagnia?”.
L'ultima
cosa che Harry desidera è farsi vedere in costume da Louis, però
l'altro ragazzo lo ha visto quasi nudo, che differenza può fare? In
più ha veramente voglia di passare del tempo con lui al di fuori
della sua camera e lontano dai libri.
“Quand'è?”,
temporeggia.
“Questo
sabato”, risponde Louis. “Se hai altri impegni non ti
preoccupare. Avrei chiesto a Liam ma è un migliore amico di merda e
so che piuttosto che passare il sabato in piscina con un'orda di
ragazzini si castrerebbe”.
Harry
ride.
“Dubito”,
mormora. Louis lo pizzica sulla spalla. “Comunque, va bene, verrò
con te”.
Louis
agita un pugno in aria in segno di esultanza.
“Grazie,
mi hai salvato la vita”.
“Per
così poco?”.
“Non
ne hai idea”, dice Louis con enfasi. “Mi ci vedi a stare un
intera giornata con dei mocciosi senza dare di matto all'ennesimo
gavettone?”.
Harry
sorride.
“Più
che altro non riesco a immaginare te che ti trattieni dall'unirti a
loro”.
Louis
lo schiaffeggia sulla spalla.
“Sono
una persona matura e responsabile io”.
Harry
non vuole infierire, perciò lascia correre.
“Ricordati
di portare la crema solare”, lo ammonisce Louis. “Non vorrei che
ti scottassi”.
“È
Aprile”, replica Harry con ovvietà. “Piuttosto dovrei portarmi
un maglione”.
Louis
sgrana gli occhi.
“Ti
prego, Hazza, non venire in maglione o in gilet o in qualche
altra diavoleria che ti piace tanto”.
È
il turno di Harry di pizzicarlo.
“Verrò
in giacca e cravatta, per chi mi hai preso?”.
“Oh
mio dio”, geme Louis, lasciandosi cadere con la testa sul volante.
Harry
ride.
“Che
ne dici se andassimo a casa tua adesso...?”, suggerisce
“Non
voglio fare sesso con te, non dopo averti immaginato in giacca e
cravatta”, scherza Louis. Poi sembra ripensarci. “No, aspetta, te
in giacca e cravatta, oddio”.
Harry
sta per morire dall'imbarazzo. Louis non era mai stato così
esplicito prima d'ora.
“Possiamo
andare a studiare? Ti prego?”.
Louis
rimette in moto.
“D'accordo”,
acconsente. “Comunque, ti consiglio di fare qualcosa per questa tua
dipendenza dallo studio. Che ne dici di un rehab a base
di videogiochi?”.
Harry
incrocia le braccia sul petto.
“Zitto
e guida”.
“Oook”,
dice Louis. “Secchione”.
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Capitolo 5 *** Take me out ***
marc
Take
me out tonight
Take
me anywhere, I don't care
I
don't care, I don't care
And
in the darkened underpass
I
thought Oh God, my chance has come at last
(But
then a strange fear gripped me and I
Just
couldn't ask)
(There Is A Light That
Never Goes Out – The Smiths)
Harry
sta aspettando Louis sul marciapiede di fronte casa sua, lo zaino in
spalla e un impellente desiderio di sfregarsi l'occhio destro per la
terza volta in due minuti. L'auto dell'altro ragazzo accosta davanti
a lui proprio quando stava quasi per cedere alla tentazione.
“Hai
messo le lenti a contatto o dovrò farti da cane guida per tutto il
giorno?”, è la frase col quale lo accoglie Louis.
Harry
saluta Lottie e Fizzy, sedute sui sedili posteriori, prima di
rispondere.
“Ho
messo le lenti, sai, per fare il bagno in piscina”, mugugna.
“Quindi
sarai autonomo e tutto quanto? Meno male”.
Spogliarsi
dei suoi soliti abiti e indossare una tuta e in più rinunciare agli
occhiali in favore delle lenti a contatto è stata una scelta
piuttosto sofferta, ma Harry non aveva molta alternativa. Un uomo
deve fare quello che un uomo deve fare.
“Mi
auguro tu abbia un costume lì sotto”, dice Louis poco dopo.
“Potevi
dirmelo che mi sarei dovuto mettere il costume!”, esclama Harry,
cercando di trattenersi dal ridere. “Non ho indossato nulla
sotto ai pantaloni e adesso non potrò entrare alla festa perché
non ho rispettato il dress code!”.
Louis
gli dà uno scappellotto sulla nuca.
“Cretino,
per un attimo ti avevo creduto”, borbotta. “E comunque, dubito
che qualcuno si sarebbe dispiaciuto nel vederti nudo”.
Harry
arrossisce, ma in fondo se l'è cercata.
La
festa alla quale Lottie e Fizzy sono state invitate si svolge in una
piscina all'aperto. Harry pensa che chiunque l'abbia organizzata sia
stato fortunato a beccare una bella giornata, senza una nuvola in
cielo né un alito di vento. Aprile solitamente non è di certo uno
dei mesi più miti dell'anno in Inghilterra.
“Non
capisco perché tutti gli altri bambini siano venuti coi genitori e
io sia stato l'unico fratello coglione che abbia accettato di
accompagnare le proprie sorelle”, si lamenta Louis non appena messo
piede alla festa.
“Non
usare quella parola con la C”, lo ammonisce Lottie. “E sai
benissimo che mamma e Mark non potevano venire perché lavorano tutto
il giorno”.
Per
tutto risposta Louis sbuffa.
“Ogni
tanto mi sorge il dubbio che sia lei la sorella maggiore”,
lo prende in giro Harry.
Louis
punta il mento in alto con fare borioso e lo supera, dirigendosi
verso un gruppo di sdraio libere.
“Porta
il tuo culo secco qui, Styles, e non farmi pentire di avere invitato
te piuttosto che Liam”.
Harry
ride e prende per mano le due ragazzine, guidandole verso il
fratello.
“Credevo
avessi detto che Liam non sarebbe mai venuto”, osserva.
“So
essere molto persuasivo quando mi ci metto di impegno”, risponde
Louis senza guardarlo, impegnato com'è a stendere l'asciugamano
sulla sdraio.
“Lou,
posso fare il bagno?”, domanda qualche minuto dopo Fizzy, che si è
già liberata dei vestiti ed è rimasta in costume.
“Prima
piega i vestiti che ti sei tolta e metti l'asciugamano sulla sdraio”,
ordina Louis. “Stessa cosa vale per te, Lottie”.
Le
due sorelle roteano gli occhi all'unisono.
“Ricordatevi
cosa vi ha raccomandato mamma: non cercate di annegarvi a vicenda,
non toglietevi il costume davanti agli altri bambini, non fate il
bagno dopo aver mangiato, non fate pipì in acqua e non cercate di
annegarvi a vicenda”.
“È
una cosa che fanno di solito?”, domanda Harry quando le ragazzine
hanno raggiunto i loro amici in acqua. “Cercare di annegarsi a
vicenda?”.
Louis
si stringe nelle spalle.
“No,
ma sai come si dice? Meglio prevenire che morire”.
Harry
ride.
“Sono
quasi sicuro che il proverbio non finisse così”.
Louis
non replica e inizia a spogliarsi. Harry è tentato di distogliere lo
sguardo ma si rende conto che non ha senso. Non può mica ignorare
Louis tutto il pomeriggio. Certo che Louis avrebbe potuto rendergli
le cose più facili se solo non avesse deciso di indossare degli
slip.
“Tu
rimani vestito?”, domanda l'altro ragazzo. “Guarda che non mi
offendo se sotto sei veramente nudo, spogliati pure”.
Harry
interrompe la contemplazione dei fianchi di Louis – è riuscito con
successo a non far cadere lo sguardo più in basso –
e comincia a giocherellare con la zip della propria felpa.
“Uhm”.
“Non
è niente che non abbia già visto”, dice Louis con malizia.
“Ti
ho già detto che non sono nudo!”, esclama Harry facendo voltare
alcune teste.
Louis
ride.
“Peccato”.
Harry
fa un respiro profondo. O la va o la spacca. Louis conosce già
il suo petto pallido e le sue gambe magre perciò temporeggiare non
ha più senso.
“Adesso
va molto meglio”, commenta l'altro ragazzo, facendo scorrere lo
sguardo sul suo corpo, gli angoli della bocca piegati in un mezzo
sorriso.
Harry
non è abituato a essere guardato in questo modo e non
desidera altro che rivestirsi. Cosa ci troverà di attraente Louis in
lui è ancora un mistero.
“Che
ne dici di buttarci anche noi in acqua?”, propone Louis.
Harry
ha la pelle d'oca, più per gli occhi di Louis che ancora viaggiano
sul suo corpo che per la frizzantezza dell'aria, però si
dichiara d'accordo. In acqua Louis non potrà vedere oltre al suo
petto.
L'altro
ragazzo prende la rincorsa e si butta in piscina, incurante del
rischio di atterrare sulla testa di qualcuno. Harry opta per usare la
scaletta.
L'acqua
della piscina è riscaldata e nonostante sia abbastanza profonda lui
riesce a toccare. Fa qualche bracciata cercando di scansare gli altri
corpi che galleggiano e si mette alla ricerca di Louis. Questi sbuca
alle sue spalle e gli sputa dell'acqua sulla nuca.
“Spero
per te che qualcuno non abbia già fatto pipì in acqua”, afferma
Harry.
Louis
corruga la fronte.
“Nessuno
può fare pipì in acqua, è contro le regole”.
“E
da quando ti interessano le regole?”.
Louis
gli spruzza l'acqua addosso con una mano. Harry risponde
spruzzandogliene una quantità maggiore. Le sua mani grandi si
rivelano di una qualche utilità, ogni tanto.
Continuano
questo gioco fino a quando Fizzy non si avvicina a loro, sua sorella
al seguito.
“Facciamo
la lotta?”, propone.
Louis
si illumina.
“D'accordo,
facciamo vedere a questi qui come ci si diverte!”, esclama,
indicando gli altri natanti, per la maggior parte bambini. “Haz, tu
prendi Lottie, io prendo Fizzy”.
Detto
questo sparisce sott'acqua e si carica sulle spalle la sorella. Harry
lo imita.
“Non
è giusto, Lottie sta più in alto, è avvantaggiata”, protesta
Fizzy.
“Continua
a girare il dito nella piaga della mia bassezza, Fizz”,
brontola Louis.
“Non
conta l'altezza, ma la forza delle braccia”, lo rassicura Harry,
che non ha mai giocato a questo gioco ma che si sente in dovere di
incoraggiarla.
“Non
ci fanno paura i vostri centimetri in più”, afferma Louis. “Vi
faremo mangiare la polvere. O il cloro. O quello che è”.
Harry
stringe le mani attorno alle gambe di Lottie.
“Paura,
Styles?”, domanda Louis.
“Ti
piacerebbe”.
Il
loro combattimento presto attira un bel po' di spettatori. C'è chi
fa il tifo, chi urla strategie, chi prega i propri genitori di
prenderli sulle spalle per fare lo stesso gioco.
“Lou,
Fizzy graffia!”, si lamenta Lottie.
“Tutto
è lecito in amore e in guerra”, replica Louis.
Dopo
un attacco particolarmente violento Harry sente Lottie scivolargli
giù dalle spalle.
“Abbiamo
vinto!”, esclama Louis, battendo un pugno sull'acqua.
“Tutto
bene?”, domanda Harry quando Lottie riemerge.
“Giocano
sporco quei due”.
Harry
ride.
“Abbiamo
lottato fieramente, non c'è vergogna nella nostra sconfitta”, dice
con tono grave.
“Zitto,
Shakespeare, e accetta il fatto che avete perso
clamorosamente”, dice Louis.
“Ci
rifaremo la prossima volta”, replica Harry allungando una mano
verso il proprio avversario.
Louis
la stringe, attirandolo a sé con uno strattone.
“Non
ci sarà una prossima volta, non voglio umiliarti di nuovo”,
sussurra a pochi centimetri dal suo viso.
Harry
si divincola e gli dà le spalle per farsi una nuotata. Louis lo
raggiunge poco dopo e lo afferra per una spalla.
“Stavo
scherzando, lo sai?”, afferma con apprensione.
Harry
gli sorride.
“Lo
so”.
Restano
un altro po' in ammollo fino a quando Louis non inizia a lamentarsi
dell'eccessivo affollamento della piscina. Dopo essersi accertato che
le sue sorelle siano al sicuro l'altro ragazzo esce dall'acqua
aiutando Harry a risalire la scaletta.
“Sai
quanti bei tatuaggi potresti farti sul quel busto chilometrico che ti
ritrovi?”, osserva.
Harry
si era ipnotizzato un attimo a fissare i rivoli d'acqua sulle sue
braccia e ci mette qualche secondo a capire le parole di Louis.
“Un
tatuaggio?”, domanda. “Ti piacciono i tatuaggi?”.
“Non
su di me, ma avrei qualche idea su cosa mi piacerebbe che ti
tatuassi tu”.
Harry
si avvolge l'asciugamano attorno alle spalle coprendosi anche il
petto e la pancia.
“È
fuori discussione che io mi tatui”.
“Dicono
tutti così prima di trasformarsi in una specie di lavagna”.
Harry
ride e si siede sulla sua sdraio.
“Non
mi tatuerò mai”.
“Mai
dire mai”.
Harry
comincia a sfregarsi le braccia con le mani per riscaldarsi ma non
riesce a fermare il tremore che scuote il suo corpo.
Louis
si accorge che sta battendo i denti.
“Freddo?”.
Harry
annuisce.
“Sì,
ora passa”.
Louis
si para davanti alla sua sdraio.
“Fammi
spazio”.
Harry
è sul punto di protestare ma l'altro ragazzo non gliene dà il tempo
perché scivola dietro di lui, circondandolo con le gambe e coprendo
entrambi col proprio asciugamano.
“Ti
aiuto a riscaldarti”, afferma, attirandolo contro il proprio petto.
Harry
oppone istintivamente resistenza, spaventato dall'improvvisa
vicinanza e dall'improvviso contatto.
“Voglio
solo aiutarti a riscaldarti”, ripete Louis, accarezzandogli le
braccia e le spalle con le mani.
Harry
si impone di calmarsi. Non sta succedendo niente di grave.
Louis è caldo e le sue cosce avvolte attorno alla sua vita hanno una
presa ferma e rassicurante.
“Rilassati”,
dice Louis, appoggiandosi allo schienale. Harry si lascia andare
contro il suo petto e poggia i gomiti sulle sue ginocchia.
L'altro
ragazzo continua a sfregargli le braccia e Harry è così concentrato
a non essere teso e rigido che non sente più freddo.
“Va
meglio?”, domanda Louis dopo un po', soffiandogli inavvertitamente
sul collo.
Harry
annuisce.
“Bene.
Vuoi che me ne vada?”, mormora Louis.
Il
problema principale di Harry quando è con Louis è che passa quasi
tutto il tempo a sognare
che l'altro ragazzo gli stia vicino e lo tocchi
– perché gli piace sentirsi desiderato, gli piacciono le mani di
Louis e il loro tocco gentile e mai pressante, gli piace il suo
odore - ma poi quando questo avviene prova improvvisamente il bisogno
opposto, perché si
sente vulnerabile e acutamente consapevole di se stesso e del suo
corpo. È un'ambiguità che lo dilania.
“No,
resta”, decide. Deve resistere, deve sbloccarsi, come dicono
i suoi amici. Lui vuole Louis, lo vuole così tanto che gli viene da
piangere perché se non può averlo è solo colpa sua.
“Ok.
Posso toccarti i capelli?”.
Harry
fa cenno di sì con la testa.
“Odio
quel maledetto gel, perché lo usi?”, domanda Louis, passando le
dita tra i suoi capelli umidi. “Guarda qua che bei ricci”.
“Il
gel mi aiuta a tenerli a bada”, spiega Harry.
“E
perché dovresti tenerli a bada? È una roba da matti”.
Harry
non risponde. Sta cercando di non pensare al fatto che Louis sia
premuto contro di lui e che le sue dita vaghino tra i suoi capelli.
Vuole solo godersi la sensazione,
che è incredibilmente piacevole e gli manda brividi lungo la
schiena.
“Vedi
quella donna lì?”, domanda Louis dopo un po'. “Ti guarda da
quando siamo arrivati. Sapevo che oggi avresti fatto conquiste”.
Harry
guarda dall'altro lato della piscina dove una donna, seduta su una
sdraio come loro, li sta osservando. Deve essere la madre di uno
degli invitati.
“Chi
ti dice che non stia guardando te?”.
“Non
dire sciocchezze. Le piaci tu”, sussurra Louis, le labbra che
sfiorano l'orecchio di Harry.
“Però
forse non ha recepito il messaggio”, continua l'altro ragazzo. “Tu
sei solo mio”.
Louis
lo bacia dietro l'orecchio e Harry viene scosso da un brivido così
forte che, data la vicinanza, non può essere sfuggito all'altro
ragazzo. Il cuore gli batte all'impazzata e deve combattere l'urgenza
di allontanarsi e insieme quella di chiedergli di farlo di
nuovo.
Louis
sospira – forse cosciente di aver scavalcato un qualche tipo di
confine - e riprende a giocare con i capelli di Harry,
divertendosi a scompigliarli il più possibile. Quando glieli
spiaccica in faccia impedendogli di vedere il riccio gli afferra i
polsi.
“Basta”,
ordina.
Louis
fa per ritirare i polsi e Harry non solo stringe la presa su di essi
ma se li poggia sul petto. È un altro piccolo
passo avanti e Harry si sente orgoglioso di se stesso. Vuole Louis,
lo vuole vicino, lo vuole addosso, lo vuole ovunque e deve smetterla
di avere paura di averlo.
Louis
incastra il mento tra il collo di Harry e la sua spalla.
“Pare
che la MILF se ne sia andata”, dice, indicando con la testa l'altro
lato della piscina.
Harry
scoppia a ridere, poi, quando si è calmato, passa il pollice
attraverso il braccialetto di stoffa che Louis indossa, cominciando
ad accarezzargli il polso. È un gesto che a chiunque altro sarebbe
venuto spontaneo ma lui invece lo fa consapevolmente,
perché vuole sforzarsi diprendere
confidenza con Louis, con la sua pelle, col suo corpo - col proprio
corpo – un pezzo alla volta.
“Come
siete carini”, dice Lottie, appena uscita dalla piscina,
guardandoli con una luce di divertimento negli occhi. I raggi del
sole alle sue spalle
formano un'aureola attorno alla sua testa e
fanno brillare le gocce d'acqua che le scorrono lungo il corpo.
“Vuoi
qualcosa o sei qui solo per farci ombra?”, domanda Louis,
leggermente seccato.
“La
mamma di Mandy vuole sapere se volete qualcosa da bere”, risponde
la ragazzina. “Ci sono anche delle birre per voi maggiorenni”.
Louis
stringe un pollice di Harry per attirare la sua attenzione.
“Ti
va della birra, Haz?”.
Harry
fa cenno di no con la testa. Vuole evitare l'alcool fintanto che è
con Louis.
“Ok,
berremo del succo di frutta”, dice l'altro. “Va bene?”.
Harry
annuisce. Louis gli sfiora una tempia col naso e sembra che stia per
poggiarci un bacio ma all'ultimo secondo ci ripensa.
Al
tavolo delle bibite incontrano la donna che li stava guardando prima.
Harry si premura di non separarsi dal fianco di Louis neanche per un
attimo, affinché lei – come ha detto l'altro ragazzo – recepisca
il messaggio. Lui è di Louis, non importa se l'altro sia – per
ora - ancora un amico che lui ha troppa paura di toccare figuriamoci
di baciare o col quale fare altro. E Louis lo sa che Harry
ormai è suo, ed è questo quello che conta.
Louis
versa per lui e per Harry del succo d'arancia in due bicchieri di
plastica e prende due di quelle cannucce lunghe e colorate che Harry
trova particolarmente affascinanti, anche se deve piegarle per poter
bere.
“Ti
va di giocare al biliardino?”, propone Louis quando hanno finito.
“Sono,
ehm, una frana, ma va bene”, acconsente il riccio, sfilando il
bicchiere vuoto di Louis dalle sue mani e dirigendosi verso un
cestino dell'immondizia. “Torno subito”.
“Che
gentiluomo”, commenta l'altro ragazzo.
Harry
sta per gettare via la sua cannuccia fucsia assieme al
bicchiere quando gli viene un'idea.
“Ce
ne hai messo di te-”, inizia Louis, interrompendosi bruscamente
quando Harry – senza riuscire a guardarlo negli occhi – gli passa
la cannuccia alla quale ha cercato di imprimere la forma di un cuore.
Sembra più che altro un fegato, ma basta il pensiero, no?
“Oh”.
Louis
arrossisce. Louis Tomlinson
arrossisce! Harry la considera una vittoria personale.
“Andiamo
a giocare?”, cerca di tagliare corto per non morire di imbarazzo.
Si sente un scolaretta delle elementari. I ragazzi della sua età ci
provano con le persone alle quali sono interessati mandando sms
provocanti, allungando le mani, o usando chissà quale altro
stratagemma. Lui invece modella cuori di plastica. Spera
almeno che Louis abbia colto la metafora del ti faccio dono del
mio cuore o qualcosa del genere.
“Grazie,
Haz, nessuno mia aveva mai regalato una cannuccia a forma di
non-so-che prima d'ora”.
Harry
abbassa la testa. Certo che Louis poteva essere un po' più-
“Lo
so che è un cuore”,
dice l'altro ragazzo. “Ti prometto che avrò cura del tuo cuore
finché avrò vita”.
Ok,
stavolta Harry va in tachicardia. Perché Louis riesce a dire
queste cose e lui non è neanche in grado di sostenere il suo
sguardo?
“Vado
a posarlo nello zaino, tu aspettami al biliardino”.
Harry
raggiunge il biliardino che però è occupato da un gruppo di
ragazzini. Louis fa la sua comparsa dopo qualche minuto, sfiorandogli
un fianco per rendere nota la sua presenza.
“Ehi,
vedete quell'uomo là?”, dice ai ragazzini, indicando una specie di
clown che sta intrattenendo un gruppo di bambini poco lontano.
“Distribuisce biglietti del circo gratis, perché non andate a
prenderli prima che finiscano?”.
I
ragazzini interrompono la partita e si guardano l'un l'altro per
qualche secondo prima di fiondarsi verso il clown.
“Ok,
il biliardino è tutto nostro”, annuncia Louis.
“Sei
crudele”, afferma Harry.
Louis
si stringe nelle spalle e lancia la pallina sul tavolo da gioco.
Harry
conosce le regole basilari ma il suo problema è che in tutti gli
sport – o pseudo tali – manca di riflessi e coordinazione, per
questo Louis mette a segno tre goal senza che lui sia riuscito a
sfiorare la palla neanche una volta. In più continuano ad
andargli i capelli negli occhi ed è estremamente fastidioso.
“Ok,
aspetta un attimo”, dice Louis, fermando il gioco.
Harry
lo segue con lo sguardo: l'altro ragazzo ruba un foulard a
fiori annodato a una delle sdraio e glielo porta con un sorriso
orgoglioso.
“Mh?”.
Louis
sbuffa e gli fa segno di girarsi di spalle e di piegare un po' le
ginocchia, poi gli lega il foulard attorno alla testa. Harry non ha
il coraggio di protestare, anche perché Louis ha avuto l'idea
migliore per evitare che il ciuffo gli cada continuamente sugli
occhi.
“Ti
sta bene”, commenta. “Sembri un hippy”.
Harry
sorride impacciato e lo invita a continuare la partita.
Visto
che il foulard non gli ha conferito un qualche tipo di super
potere Harry è ancora una schiappa. Louis lo prende in giro ma
non ha intenzione di smettere di giocare.
Sono
giunti alla loro terza partita quando Louis si blocca nell'atto di
lanciare la pallina sul tavolo. Il suo sguardo è fisso sul petto di
Harry.
“C'è
qualcosa che non va?”, domanda il riccio, nervoso.
“Hai
tre, no aspetta, quattro
capezzoli?!”, esclama Louis.
Harry
incrocia le braccia sul petto. Ecco un'altra delle cose che lo
rendono insicuro riguardo al proprio corpo, anche se dopo anni ci ha
fatto l'abitudine e tende a dimenticare questa sua particolarità. A
meno che qualcuno non gliela faccia notare.
“Ehi,
è una cosa fighissima”, lo rassicura Louis, vedendo che
l'espressione del suo volto esprime disagio.
“Sembro
una mucca”, borbotta Harry.
Louis
scuote il capo.
“Hai
mai pensato di fare un piercing a ogni capezzolo e unirli tutti e
quattro con una catenina?”, domanda.
Harry,
suo malgrado, ride.
“Perché
dovrei fare una cosa del genere?”.
“Non
lo so, io la farei”.
Harry
insiste affinché abbandonino l'argomento capezzoli
e tornino a giocare. Continuano fino a quando Louis ne ha abbastanza
di vincere e Harry di perdere, perciò cedono il biliardino a un
gruppo di ragazzine che è in attesa da almeno dieci minuti.
“Non
è che ti stai scottando?”, domanda Louis. “Ho della crema
solare, se vuoi”.
“Il
sole non è per niente forte”, replica Harry semplicemente.
Stanno
camminando a bordo piscina diretti alle loro sdraio quando qualcuno
piomba addosso a Louis e lo scaraventa in acqua.
Lottie
mostra a Harry i pollici in su, orgogliosa del suo scherzo.
Harry
ride. Louis gli spruzza dall'acqua dalla piscina.
“Pensi
di buttarti anche tu o vuoi continuare a sghignazzare?”.
Harry
si tuffa in piscina senza pensarci due volte. Louis continua a
spruzzarlo, offeso.
“Non
sono stato io!”, protesta il riccio.
“È
uguale”.
Harry
non si rende conto che gli si è sfilato il foulard fino a quando
Louis non lo recupera dall'acqua e lo agita come un lazzo contro di
lui. Harry cerca di sfuggire all'altro ragazzo, ma Louis riesce a
spingerlo verso il muro della piscina, non lasciandogli alcuna
possibilità di fuga.
“Cosa
vorresti fare?”, domanda Harry, a metà tra il divertito e il
preoccupato.
Louis
gli si avvicina fino a che le loro ginocchia non si sfiorano
sott'acqua, poi gli circonda il collo col foulard e tenendone i lembi
attira Harry verso di sé.
“Preso”,
dice trionfante. “Sei mio”.
L'espressione
di Louis è seria e c'è un punto di domanda nei suoi occhi e nel
tono della sua voce. Harry vorrebbe dirgli sì,
sono tuo, non lasciarmi andare, sono tuo.
“Dovremmo
restituire il foulard alla legittima proprietaria”, dice invece.
Louis
osserva le sue labbra come se stesse pensando ad altro e non
lo avesse neanche sentito. Harry vorrebbe essere una di quelle
persone che fanno quello che vogliono quando lo vogliono, invece
evidentemente è uno di quelli ai quali piace collezionare rimpianti
e ricordi di cose che sarebbero potute succedere ma non sono
successe perché è uno stupido codardo.
“Se
la proprietaria lo avesse voluto indietro lo avrebbe cercato”,
afferma Louis.
Harry
non se la sente di contraddire l'inoppugnabile logica della sua
affermazione (dove per inoppugnabile si intende inesistente).
Louis lascia il foulard a galleggiare sull'acqua e esce fuori dalla
piscina usando la scaletta. Il riccio si concede il lusso di ammirare
il suo leggendario sedere e le sue cosce scolpite. Nonostante il suo
invalidante problema col contatto fisico, Harry ha degli istinti
sessuali come qualsiasi altro adolescente, per questo non gli
dispiacerebbe affatto palpare il culo di Louis o mordere quelle sue
cosce che lui definirebbe peccaminose. Nella sua fantasia
tutto è possibile, nella realtà invece riesce a malapena a stargli
vicino senza andare in iperventilazione.
Harry
allontana questi pensieri dalla propria testa e segue Louis fuori
dalla piscina. L'altro ragazzo si lascia cadere sulla sdraio con un
sospiro. Harry lo imita.
Rimane
un po' a crogiolarsi al sole – sempre più basso in cielo e sempre
meno caldo, ma lui stranamente non sente freddo come prima – fino a
quando non sente la sdraio di Louis scricchiolare, indizio che
l'altro ragazzo si è mosso. Harry segue il suo sguardo e assiste
alla stessa scena alla quale Louis sta assistendo a bocca aperta:
Lottie ha appena svuotato una caraffa di tè freddo - ghiaccio
compreso - in testa a un altro bambino.
“Charlotte!”,
esclama Louis, saltando in piedi e correndo verso la sorella. Harry
lo segue, con l'ansia che gli monta nel petto.
“Sei
impazzita?”, domanda Louis, afferrando la sorella per un braccio.
Lottie
ha gli occhi lucidi e il labbro inferiore tremolante. Il ragazzino
davanti a lei la guarda con gli occhi sgranati mentre cerca di
asciugarsi la faccia col dorso della mano.
“Cosa
ti è saltato in mente?”, insiste Louis, strattonandola.
Lottie
deglutisce, cercando evidentemente di ricacciare indietro le lacrime.
“Che
ti ha fatto?”, interviene Harry, preoccupato. Sa che i bambini sono
dispettosi, crudeli anche, a volte, e lo sa per esperienza. Ed
è quasi sicuro che deve essere successo qualcosa di grave per
aver spinto Lottie a reagire a questo modo. Forse Louis non è della
stessa opinione, visto che continua a stringere il braccio della
sorella con violenza.
“Ha
chiam-chiamato”, balbetta Lottie con uno sguardo spaurito che fa
stringere il cuore di Harry. “Ha chiamato Louis frocio”.
Louis
molla la presa sul suo braccio e rivolge la sua attenzione al
ragazzino.
“Davvero?”,
domanda, assottigliando gli occhi. Il ragazzino fa un passo indietro,
scontrandosi con una donna – probabilmente sua madre – che gli
avvolge le braccia attorno alle spalle.
“Che
succede qui?”, domanda la donna.
“Avresti
dovuto spaccargli la brocca in testa, allora, altro che”, continua
Louis, ignorandola, parlando invece a sua sorella, con un tremore
nella voce che tradisce il suo nervosismo.
“Cosa
stai dicendo?!”, esclama la donna. “Cosa è successo?”, chiede
poi al figlio, asciugandogli il viso con un asciugamano. “Perché
ti ha fatto questo?”.
Il
ragazzino non parla ma continua a guardare Louis terrorizzato.
“Tom
è un imbecille!”, esclama coraggiosamente Lottie, stringendosi
alla vita del fratello.
“E
tu sei una maleducata!”, replica la donna.
Louis
alza una mano per zittirla.
“Dovrebbe
insegnare a suo figlio a non usare certe parole”, dice, cercando di
mantenersi calmo. “Mia sorella è stata fin troppo buona con lui”.
La
donna stringe le labbra, come se volesse trattenersi dall'urlargli
contro.
“Cosa
avrebbe detto mio figlio da giustificare un simile comportamento da
parte di tua sorella?”.
Louis
sostiene il suo sguardo fieramente.
“Ha
detto che sono frocio”.
Ci
manca poco che la donna gli scoppi a ridere in faccia.
“E
non è forse la verità?”.
Louis
stringe i pugni e le sue spalle si irrigidiscono. Harry vorrebbe fare
qualcosa per calmarlo, ma non sa come l'altro potrebbe reagire in
questo momento.
“Ok”,
dice Louis, poi sposta lo sguardo sul ragazzino. “Non mi stupisco
che tu abbia usato un termine del genere, essendo stato educato da
questa persona qui. Spero tu riesca a emanciparti presto dalla tua
famiglia perché, se crescendo scoprirai di essere frocio anche
tu, non avrai vita facile in una casa di omofobi del cazzo”.
La
donna emette una specie di squittio ed è pronta a replicare, ma
Louis le volta le spalle, trascinandosi dietro sua sorella.
Harry
rimane un attimo indietro.
“Quella
che hai usato è una brutta parola”, spiega al ragazzino, ignorando
le proteste della madre. “Una parola che ferisce la gente, ok? Non
usarla mai più”.
Il
ragazzino annuisce ripetutamente.
“Molte
persone la dicono senza pensarci, oppure lo fanno di proposito per
ferire qualcuno perché sono cattive, e tu non vuoi essere una
di quelle persone, giusto?”, continua Harry. “La parola da
utilizzare in questi casi è gay,
ma non va usata come un'offesa perché devi sapere che non c'è
niente di male a essere gay, checché ne dicano gli altri”.
Il
riccio accarezza la testa del ragazzino e gli sorride.
“È
sbagliato anche versare il tè sulla testa della gente, comunque,
checché ne dica Louis”, conclude, perché vuole fare le cose per
bene.
Quando
raggiunge Louis, poco più avanti, questi sta abbracciando la
sorella, che ha la testa affondata sul suo petto e sta piangendo.
“Shhh,
va tutto bene”, sussurra. “Non è successo niente”.
Le
parole di Lottie sono inframmezzate da singhiozzi.
“Nessuno,
nessuno ha il diritto di
chiamarti così”, balbetta.
Louis
le accarezza i capelli.
“Lo
so, ma non possiamo farci niente, succede”.
Lottie
piange ancora più forte. Nel frattempo i due sono stati affiancati
da Fizzy e alcune amiche.
“Ero
così arrabbiata”, mormora Lottie. “Dovevo farlo”.
Louis
le asciuga le lacrime e la bacia sulla fronte.
“Grazie
per aver difeso il mio onore”, le dice con dolcezza. “Sono
orgoglioso di te”.
La
ragazzina finalmente sorride.
“Farei
di tutto per il mio fratellone”, afferma, stringendosi di nuovo
alla vita di Louis.
Il
ragazzo nota la presenza di Fizzy e allarga le braccia per invitare
anche lei a unirsi all'abbraccio.
“Ho
sentito quello che è successo”, dice la bambina. “Posso dire che
Tom è uno stronzo?”.
Louis
si acciglia.
“Solo
per questa volta”, borbotta, prima di sorridere e fare l'occhiolino
a Harry che sta osservando la scena con sguardo ammirato. L'armonia e
l'affetto tra Louis e le sue sorelle è qualcosa di commovente.
“Adesso
tornate a giocare con le vostre amiche”, continua Louis. “E
cercate di trattenervi dall'uccidere Tom sennò poi chi la sente
mamma?”.
Lottie
si mette sulle punte per dargli un bacio sulla guancia, poi prende
Fizzy per mano e si ferma davanti a Harry.
“Possiamo
abbracciare anche te?”, domanda, arrossendo.
Il
sorriso che nasce sul volto di Harry è sorpreso e sincero.
“Certo”.
Le
bambine lo circondano con le braccia e Harry vorrebbe piangere. Sta
assaporando un assaggio di quella che è una famiglia calorosa,
di quello che è l'affetto fraterno e di quello che è il supporto di
persone che ti amano nonostante tutto.
“Mi
dispiace che tu abbia dovuto-, non lo so”, balbetta Louis, quando
rimane solo con Harry. “Io cerco di lasciarmele scorrere addosso
certe cose, ma a volte non riesco proprio a trattenermi. Immagino che
Lottie abbia ereditato il mio stesso temperamento”.
Harry
gli sorride.
“Hai
fatto quello che dovevi fare”.
“Tu
avresti fatto la stessa cosa?”, domanda Louis.
Harry
si morde il labbro inferiore. Probabilmente non avrebbe fatto
la stessa cosa. Nonostante il suo discorso al bambino, non è sicuro
che sarebbe riuscito a fronteggiare sua madre come ha fatto Louis.
Gli è capitato spesso che a scuola alcuni suoi compagni lo
insultassero sotto voce – una volta qualcuno gli ha pure scritto
finocchio sull'armadietto, armadietto che Zayn ha sfondato con
un pugno, per la rabbia, mandando a tutti l'inequivocabile messaggio
non fatelo mai più se non volete che la prossima volta tocchi
alla vostra faccia – o che facessero delle battute di un certo
tipo al suo indirizzo, però lui non è mai riuscito a difendersi,
a difendere il proprio diritto a essere quello che è. A scuola solo
Zayn, Perrie e Niall sanno con certezza che è gay, quindi le offese
dei suoi compagni sono completamente gratuite. Harry non vuole
ostentare la sua omosessualità ma allo stesso tempo non vuole
neanche nasconderla. Sono fatti suoi, cosa gliene importa a gente che
non conosce della sua sessualità? Deve essere la stessa situazione
in cui si trova Louis, perché Harry non avrebbe mai sospettato che
l'altro ragazzo fosse gay. Eppure Louis sa come difendersi con
orgoglio e dignità e Harry lo invidia e lo ammira per questo.
“Sì”,
mente.
Louis
improvvisamente lo avvolge con le proprie braccia.
“Le
mie sorelle ti hanno abbracciato e io ho abbracciato le mie sorelle,
però noi non ci siamo ancora abbracciati”, mormora contro la sua
spalla.
Harry
preme le mani sulle sue scapole. Sono a petto nudo entrambi e la
pelle di Louis e liscia e fresca e profumata e invitante. Sarebbe uno
sciocco se non approfittasse di questo momento e lui è stato sciocco
per troppo tempo ormai.
“È
un problema per te farlo davanti a tutti?”, chiede Louis. La sua
barba appena accennata graffia il petto di Harry ma allo stesso tempo
gli fa venire le farfalle allo stomaco.
“È
solo un abbraccio”, ribatte Harry, strusciando la guancia sui suoi
capelli.
“È
proprio questo il problema, è solo un abbraccio”, afferma
Louis semi-serio, staccandosi da lui. “Oh, guarda, è arrivata la
torta”.
Harry
e Louis aspettano pazientemente che tutti gli invitati facciano le
foto con la torta prima di fiondarsi al tavolo.
“Questa
è la torta più rosa che abbia mai visto in vita mia”,
commenta.
“Quindi
non ne vuoi?”, domanda sarcasticamente la madre della festeggiata,
che è intenta a tagliarla.
“Scherza?”,
esclama Louis. “Io amo il rosa!”
I
due ragazzi prendono le loro fette di torta e si siedono a bordo
piscina, con le gambe in ammollo.
“Questa
torta è talmente dolce da essere quasi nauseabonda, però,
uhm, mi piace”, afferma Louis.
“Non
ci riesci proprio a non lamentarti, mh?”, lo prende in giro Harry.
Louis
gli fa la linguaccia.
“Hai
un po' di panna qui”, dice poco dopo.
Harry
si tocca istintivamente la faccia.
“Dove?”.
“Qui,
sulla fossetta”, replica Louis, prima di infilare un dito nella
propria fetta di torta e sporcare di panna la guancia di Harry.
“Ehi!”,
protesta il riccio, poi prende un po' di panna e gliela spalma sulle
labbra. Ottima scusa per toccargli la bocca. Louis si lecca le labbra
mentre Harry contempla rapito il movimento della sua lingua.
“Hai
dell'altra panna qui”, dice Louis, sporcandogli la fronte.
La
torta non era poi così buona e a Harry non dispiace sprecarla in
questo modo, perciò procede a spiaccicare un altro po' di panna sul
mento di Louis.
“Sono
tutto appiccicoso”, commenta pulendosi la faccia con una mano,
quando hanno finito il loro gioco. Forse.
“Sei
ancora sporco”, lo informa Louis.
Harry
gli lancia un'occhiataccia.
“Dico
sul serio”, afferma Louis, ridendo.
Harry
guarda con diffidenza la mano che l'altro ragazzo allunga verso il
suo viso. Louis passa un pollice sul suo zigomo e poi, come se niente
fosse, lecca via dal proprio dito la panna che ha tolto dalla faccia di Harry. Al
riccio sembra una cosa talmente intima che gli si annoda lo
stomaco.
Dopo
la rituale apertura dei regali il sole è ormai tramontato.
“Sarà
meglio che recuperi Lottie e Fizzy”, dice Louis, alzandosi in piedi
e offrendogli una mano.
“È
già ora di andare?”.
Louis
annuisce.
“Abbiamo
il coprifuoco”.
Lungo
la strada tra la piscina e l'auto Louis passa una mano attorno alle
spalle di Lottie.
“Tutto
ok? Ti sei divertita?”.
Sua
sorella annuisce.
“Sì,
a parte quel piccolo incidente”.
Louis
le stringe una spalla.
“E
tu, Fizz?”.
Fizzy,
che saltella davanti a loro ancora piena di energia, risponde
entusiasticamente.
“Sì,
a parte quando Charlie ha vomitato la torta sul mio asciugamano”.
Louis
ride.
“Quella
torta conteneva troppo zuccheri per essere digerita normalmente”,
dice, poi si rivolge a Harry. “E tu, Haz, tutto ok?”.
Harry
annuisce e può vedere con la coda dell'occhio il sorriso di Louis.
Camminano così vicini che le loro mani si sfiorano continuamente.
D'istinto, il riccio accarezza un dito di Louis. Il sorriso
dell'altro ragazzo si allarga quando lo prende per mano, intrecciando
le loro dita.
È
tutto quello che Harry può offrirgli per adesso - per fargli capire
che lo vuole, che è suo, che non va da nessuna parte – e glielo
offre volentieri.
Le
dita piccole e sottili di Louis si incastrano perfettamente in
mezzo alle sue. Il cuore di Harry fa le acrobazie. Lui
e Louis condividono qualcosa
che non può ancora essere definito, che non ha un nome, ma è un
qualcosa pieno di promesse.
“Accompagno
prima le ragazze altrimenti si addormentano e poi lascio te”, gli
comunica Louis una volta in macchina.
“Non
abbiamo mica sonno!”, protesta Fizzy. “Sono le otto!”.
“Mamma
vi vuole a casa”, la zittisce Louis.
Harry
è convinto che Louis voglia lasciare prima le sorelle per rimanere
un po' solo con lui.
Ed
è infatti quello che succede dopo che Lottie e Fizzy scendono dalla
macchina.
“Non
ti sei annoiato, oggi, vero?”, domanda Louis, speranzoso.
Probabilmente
Harry non si è mai divertito tanto in vita sua.
“No
che non mi sono annoiato, perché fai domande stupide?”.
Louis
lo guarda in tralice.
“Fare
domande stupide è la mia specialità”.
Harry
ride.
“Avevo
intuito”.
Louis
fa per accendere la radio ma poi ci ripensa.
“Non
mi dispiacerebbe uscire con te qualche altra volta”, mormora.
“Senza le ragazze”.
Harry
arrossisce. Per fortuna che fuori è buio.
“Neanche
a me dispiacerebbe”.
“Ok”.
Harry
si aspettava che Louis gli chiedesse esplicitamente un
appuntamento, eppure non lo ha fatto. Forse è meglio così, non
saprebbe gestire l'ansia di un appuntamento. Un uscita da solo con
Louis senza l'etichetta di 'appuntamento' è più facile da
sopportare.
Louis
ferma l'auto davanti casa sua e la spegne. Harry si slaccia la
cintura, una mano giù sulla maniglia.
“Harry”,
lo chiama Louis in tono serio.
Il
riccio comincia ad allarmarsi.
“No-,
non ho fatto niente che ti abbia messo a disagio, oggi, giusto?”,
domanda l'altro.
Qualunque
cosa Louis faccia lo mette a disagio, ma non è colpa sua. Harry però
non può dirglielo.
“Giusto”,
mente.
Louis
si slaccia la cintura e si sporge verso il suo sedile.
Improvvisamente l'atmosfera è carica di tensione. Harry spera che
Louis non stia per fare quello che lui pensa che stia per fare, ma
allo stesso tempo è come se non aspettasse altro. Però ha paura, è
presto, lui non è pronto, non ce la può fare.
“Sai
quanto è difficile non riuscire a pensare ad altro che a fare una
cosa ma non poterla fare?”, sussurra Louis. Le luci dei
lampioni gli illuminano il volto ed è l'immagine più bella che
Harry abbia mai visto.
“Credo
di sì”, balbetta. La frase di Louis è praticamente la storia
della sua vita.
L'altro
ragazzo si sporge in avanti e Harry volta il viso giusto in tempo, in
modo che le labbra di Louis si poggino a metà strada tra la sua
bocca e la sua guancia.
È
il suo primo bacio ed è un primo bacio a metà. Gli viene da
vomitare. Riesce a rovinare sempre tutto.
“Scusa,
ehm, ci vediamo domani”, balbetta, aprendo la portiera dell'auto.
Mentre
cammina a capo chino verso il portone di casa, cerca di dimenticare
l'espressione ferita sul volto di Louis quando lui ha rifiutato il
suo bacio.
ANGOLINO:
Avete notato che ho inserito una citazione da Harry Potter, vero? Vero?
Alla prossima!
|
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Capitolo 6 *** Collide ***
mr
Aggiorno da Londra, per questo l'orario è improponibile. Abituatevici, visto che non so che orari avrò in futuro (SE avrò un futuro qui) (evviva
l'ottimismo).
Spero che il capitolo vi piaccia ma soprattutto spero di finire la
stesura dell'altro capitolo prima di farvi perdere le speranze.
Ah, dovrebbero mancarne due o tre alla fine della storia.
Grazie a tutti e alla prossima!!!
I'm
quiet, you know
You
make a first impression
I've
found I'm scared to know
I'm
always on your mind
(Collide
– Howie Day)
Le
cose non vanno per niente bene. Anzi, a dirla tutta, le cose vanno
da schifo. Dopo il suo Primo Mezzo Bacio – o il suo Mezzo
Primo Bacio, Harry ancora non ha deciso come chiamarlo – Louis lo
ha tempestato di sms chiedendogli ripetutamente scusa e ha pure
provato a chiamarlo, ma Harry non ha voluto rispondergli. Il mattino
dopo Louis gli ha scritto di nuovo per domandargli se il loro
pomeriggio di studio, previsto per il giorno dopo, fosse confermato.
Harry ha continuato a ignorarlo.
Il
punto non è che Harry non voglia più vedere Louis o dimenticarsi
della sua esistenza, il punto è che se lo rivedesse dovrebbe
parlargli e spiegargli che ha paura perché lui gli piace
troppo e non è sicuro che
Louis possa capire. Il corso naturale degli eventi prevede che quando
due persone si piacciono facciano qualcosa
a riguardo. Harry perciò crede di essere contro natura,
perché ha paura, paura, paura, non ha mai avuto tanta paura perché
nessuno gli è mai piaciuto così tanto ma, soprattutto, lui non è
mai piaciuto a qualcuno così tanto da spingere questo qualcuno a
volerlo baciare. Per
questo è intenzionato a ignorare Louis, perché come fa a spiegargli
che è lui è fatto di paura e che questa paura è una malattia
che gli ha invaso le ossa il cuore e il cervello e che non ha cura?
Fedele
al suo piano, lunedì salta la lezione di Matematica – cosa che non
aveva mai fatto in vita sua – per non incontrare Louis. Martedì
decide di pranzare in bagno perché Louis lo ha intercettato lungo la
strada verso la mensa e l'unico modo per sfuggirgli era eclissarsi in
un posto dove nessuno immaginerebbe mai che un essere umano sano
di mente si metta a mangiare.
Mercoledì le cose si sono complicate perché Harry si è accorto che
anche Liam Payne sta cercando di braccarlo, probabilmente per aiutare
il suo migliore amico. Giovedì non ha potuto saltare di nuovo
Matematica per non perdersi il test e Louis ha passato quasi tutto il
tempo a lanciargli addosso palline di carta – Harry ha impiegato
almeno dieci minuti per togliersele dai capelli dopo – senza
ottenere il risultato sperato, cioè costringerlo a voltarsi e
parlargli. Venerdì pomeriggio Harry raggiunge l'apice del
ridicolo: mentre si sta
dirigendo verso la lezione di Biologia nota Liam dall'altro lato del
corridoio e per evitare di incrociarlo si infila nella prima stanza
disponibile, vale a dire uno sgabuzzino.
È
qui che Zayn lo trova, rannicchiato in un angolo e con una scopa
premuta fastidiosamente contro la schiena.
“Come
hai fatto a trovarmi?”, domanda, cercando di riabituare gli occhi
alla luce, dopo che il suo migliore amico ha premuto l'interruttore
per illuminare lo stanzino immerso nell'oscurità.
“Liam
Payne è venuto a dirmi che ti eri nascosto qui dentro e che se fosse
venuto a chiamarti lui sicuramente non saresti mai uscito”, spiega
Zayn stancamente.
Harry
si toglie gli occhiali e iniziare a pulire le lenti con una manica
del maglione. La polvere dello sgabuzzino glieli ha appannati,
rendendogli difficile vedere quello che ha davanti a sé.
Zayn
si siede a gambe incrociate di fronte a lui.
“Rispondi
a una semplice domanda e non provare a mentirmi: è necessario che io
spacchi la faccia a Louis Tomlinson?”.
Harry
si porta le ginocchia al petto e nasconde la testa in mezzo alle
gambe. Gli bruciano gli occhi e c'è talmente tanta polvere che
inizia ad avere difficoltà a respirare.
“Zayn,
tu mi vuoi bene?”, domanda.
Zayn
si batte un pugno sulla coscia.
“Certo
che ti voglio bene!”, esclama. “Adesso, te ne prego, mi diresti
cosa è successo? Sono giorni che sei strano e non credere che non
abbia capito che c'entri Louis”.
Harry
inspira forte dal naso ma questo peggiora solo le cose perché
respira un sacco di polvere.
“Per
favore, Zayn, per favore, se mi vuoi bene, mi
uccideresti?”, piagnucola. Non
è mai stato così vicino alle lacrime davanti a qualcuno prima
d'ora.
Zayn
si mette in ginocchio improvvisamente, cogliendolo di sorpresa e
facendogli sbattere la testa contro il bastone della scopa dietro di
lui.
“Cosa.
Cazzo. Stai. Dicendo?”, scandisce il suo amico. “Non ti permetto
di dire una cosa del genere, non-”.
“Zayn,
per favore”, si lamenta Harry. Per favore liberami da
questa condanna, per favore lasciami stare, per favore dì a Louis
che ho paura paura paura ma lo voglio lo amo lo-
Harry
sente un peso sul petto che diventa sempre più insopportabile ogni
secondo che passa. Prova a prendere fiato ma più cerca di incanalare
aria nei polmoni più il suo petto sembra stringersi e farsi pesante, pesantissimo. Il suo fiato
ormai è ridotto a un sibilo e gli gira la testa. Sta per morire ma è
doloroso e non
liberatorio come aveva immaginato e sperato.
“Harry,
stai male? Harry?”.
Zayn
gattona verso di lui ed è pallido e preoccupato. Harry sta
morendo e non può dirgli niente
di quello che vorrebbe dirgli.
“Harry,
dov'è il tuo inalatore?”.
Il
suo inalatore è dove Harry ha preso l'abitudine di lasciarlo quando
le sue crisi asmatiche hanno cominciato a diventare sempre meno
frequenti, ovvero nel cassetto del comodino di casa sua.
“Cazzo,
merda”, impreca Zayn.
Harry
lo afferra per la maglia e la stringe fino a farsi sbiancare le
nocche.
“Dobbiamo
andare in infermeria”, ordina Zayn, cercando di farlo alzare in
piedi.
Harry
vuole aria, vuole ossigeno, vuole respirare. Harry vuole morire e
vuole rinascere una persona diversa, migliore. Harry non vuole
continuare a vivere così. Però non vuole morire in questo modo,
lento doloroso soffocante.
“Resisti
per favore ti prego”, implora Zayn, tirandolo su di peso e
trascinandolo verso la porta.
Harry
non vuole essere Harry, non vuole essere Marcel, non vuole essere sé
stesso, non vuole allontanare Louis, non vuole vivere senza di lui,
non vuole morire, non vuole morire.
*
Harry
si risveglia in infermeria. Lo capisce subito che è in infermeria e
che non è morto,
perché è circondato dai suoi amici. Se fosse morto non ci sarebbe
niente e nessuno.
“Secondo
voi posso picchiarlo adesso che è cosciente?”, domanda Zayn.
Harry
si schiarisce la voce.
“Perché
vorresti p-picchiarmi?”, balbetta.
“Dove
cazzo tieni l'inalatore?”, sbotta il suo amico.
“A
casa”, mugugna Harry. “Erano anni che non avevo un attacco del
genere”.
“Forse
se non ti fossi nascosto dentro uno sgabuzzino pieno di polvere...”,
interviene Niall.
Harry
non riesce a vederlo bene, essendo senza occhiali, però gli fa un
gesto di saluto con la mano.
“Rimettetegli
gli occhiali, per favore, che è praticamente cieco”, dice Zayn.
Una
figura bionda – Perrie – troneggia sopra di lui e gli poggia
delicatamente gli occhiali sul naso.
“Abbiamo
chiamato tua madre. Tra un po' dovrebbe venire a prenderti”, lo
informa.
Harry
si lecca le labbra.
“Posso
avere un po' d'acqua?”, domanda, mettendosi seduto.
Perrie
estrae dal proprio zaino una bottiglietta e gliela passa.
“Ci
hai fatto preoccupare da morire”, mormora, sedendosi sul letto.
“E
tu non c'eri”, le dice Zayn con enfasi. “Pensavo sarebbe morto
tra le mie braccia”.
“Esagerato”,
ribatte Harry, dopo essersi scolato mezza bottiglietta d'acqua.
“Vaffanculo”,
sputa Zayn, prendendo posto dall'altro lato del letto. “Non avevo
idea di cosa fare, deficiente che non sei altro”.
Harry
si rende conto di essere inzuppato di sudore nonostante qualcuno lo
abbia spogliato del maglione, lasciandolo in canottiera.
“Mi
dispiace”, dice, liberandosi nel frattempo delle coperte.
“Dove
credi di andare?”, domanda Niall, alzandosi di scatto dalla sedia.
“Da
nessuna parte, mamma, sto semplicemente morendo di caldo”.
Niall
si risiede.
“L'infermiera
ha detto che devi rimanere a letto finché non arriva tua madre”,
gli comunica.
“Voi
non dovreste essere a lezione?”, chiede Harry.
Niall,
Zayn e Perrie sbuffano all'unisono.
“Scusami
se non ti ho lasciato soffocare in quello sgabuzzino per non perdermi
Letteratura Inglese”, lo prende in giro Zayn, stringendogli un
ginocchio.
Harry
gli deve molto, in effetti. Chissà quanto. Forse sarebbe
morto in uno stanzino pieno di scope. O forse no. Per fortuna non lo
scoprirà mai.
“Grazie”,
mormora, offrendogli un sorriso.
L'espressione
di Zayn si addolcisce.
“Finché
ci sarò io in giro, non potrà succederti niente di male”.
Harry
si sente invadere il petto da un'ondata di affetto e gratitudine. Se
li merita davvero degli amici così?
Perrie
gli aggiusta un ciuffo di capelli sfuggito al gel. La sua
“acconciatura” rischia di cedere considerato quanto ha sudato.
“Ti
va di parlarci di quello che sta succedendo?”, domanda gentilmente.
“Cosa c'è che non va?”.
Harry
non ha raccontato a nessun del bacio – mezzo bacio – tra
lui e Louis, non solo perché si vergogna da morire per come è
fuggito a gambe levate dall'occasione della sua vita, ma anche
perché non ha la minima voglia di sentirsi fare dei discorsi di
incoraggiamento da parte dei suoi amici. Gli diranno le solite
cose – sbloccati, non c'è niente di cui aver paura, ormai hai
diciotto anni, è ora che tu faccia qualcosa – e lui non ha
voglia di ascoltarli. Se non ce la fa non ce la fa, punto.
“Va
tutto bene”, sussurra. “Non c'è niente che non vada”.
Perrie
gli afferra una caviglia.
“Allora
perché tu e Louis non vi vedete più? O meglio, perché stai facendo
di tutto per evitarlo?”.
Harry
abbassa il capo.
“Non
ne voglio parlare, ok?”.
Perrie
sospira.
“Sapevo
che sarebbe finita male”, borbotta Zayn. “Ve lo avevo detto”.
Harry
vorrebbe avere l'ardire di contraddirlo, perché non è colpa di
Louis, come pensa lui, ma solo colpa sua, sempre e solo colpa
sua.
“Quando
avrai voglia di parlarne noi ci saremo, va bene?”, dice Perrie.
Harry
annuisce. Avere degli amici è bello, avere degli amici è la cosa
migliore del mondo, ma ogni tanto lui ha bisogno di spazio e
tempo e solitudine.
Qualcuno
bussa alla porta. Harry si irrigidisce.
“Posso?”,
domanda Liam, facendo capolino sull'uscio.
“Certo!”,
trilla Perrie.
Liam
si avvicina al letto.
“Come
va?”.
“Adesso
bene”, risponde Harry.
Liam
gli sorride.
“Meno male”,
dice. “Hai avuto un attacco d'asma?”.
Harry
annuisce.
“Sì”,
risponde. “Zayn mi ha salvato la vita...credo”.
Liam
si rabbuia.
“Mi
sento in colpa”, afferma. “Se non ti avessi, ehm, spaventato non
ti saresti mai nascosto in quello sgabuzzino”.
Harry
arrossisce.
“Non
è colpa tua se Harry è scemo”, lo rassicura Niall.
“Non
è colpa tua”, ripete Harry. “Poteva succedere in qualsiasi
momento”, mente.
Liam
si guarda nervosamente alle spalle.
“Ehm,
c'è qualcuno che vorrebbe vederti”, balbetta. “Posso farlo
entrare?”.
Il
cuore di Harry accelera i battiti. La presa di Zayn sul suo ginocchio
si stringe.
“Ok”,
acconsente il riccio. Non può dirgli di no, non avrebbe alcuna scusa
plausibile. E poi ci sono tutti i suoi amici, non è solo.
Liam
esce un attimo dalla stanza e ritorna con un Louis così pallido che
sembra debba svenire da un momento all'altro.
“Ehi”,
mormora questi a disagio. Gli occhi di tutti sono puntati su di lui e
probabilmente deve sentirsi giudicato. Di sicuro è così che
vorrebbe farlo sentire Zayn.
“Ciao”,
dice Harry.
Louis
è bello anche quando ha le spalle incurvate, il viso
cianotico e le occhiaie. Louis è bello sempre ed è troppo per
Harry, troppo.
“Mi
fa piacere che sei ancora tra noi”, prova a scherzare.
Harry
non riesce a sorridergli, non riesce a guardarlo, non riesce a
parlargli.
“Ok”,
dice con voce roca.
Louis
si tortura le mani.
“Poss-,
potremmo parlare?”, domanda. “Da soli?”.
Harry
rischia di avere un altro attacco di asma. Non vuole stare solo con
lui, non vuole assolutamente.
“Mia
madre sta venendo a prendermi”, dice, risoluto.
“Per
favore?”, implora Louis con un filo di voce.
“Dai,
usciamo”, dice Perrie, afferrando il proprio ragazzo per il gomito.
Harry
la guarda con tanto di occhi ma Perrie si ostina a evitare il suo
sguardo. Non è giusto, i suoi amici non possono abbandonarlo.
Zayn
non sembra intenzionato a muoversi.
“Non
vado da nessuna parte finché non me lo dice Harry”.
Harry
sta per dirgli di rimanere ma lo sguardo di supplica negli occhi di
Louis lo fa desistere dal suo intento. Forse glielo deve, dopo
essersi comportato da insensibile con lui. Solo che non ha
idea di come affrontare una conversazione che non aveva pianificato
di avere.
“Puoi
andare”, dice a Zayn, deglutendo il groppo che ha in gola.
Lousi
fa un sospiro di sollievo e Liam gli mette una mano sulla spalla a
mo' di conforto.
“Come
vuoi”, afferma Zayn. “Siamo qui fuori se hai bisogno”.
Perrie
lo prende per mano e lo guida fuori dalla porta. Liam dà una pacca
sulla spalla al suo migliore amico e aspetta che Niall si alzi dalla
sedia prima di uscire assieme a lui.
“Grazie”,
sussurra Louis, trascinando la sedia dove era seduto Niall più
vicino al suo letto.
Harry
torna a coprirsi fino al petto. Non gli importa del caldo, adesso, ha
bisogno di uno scudo, di un qualcosa che gli dia l'illusione
di essere protetto.
Louis
rimane in silenzio per qualche secondo. Harry sposta lo sguardo da
lui alla porta, come se sperasse di essere salvato da un momento
all'altro dall'arrivo di sua madre.
“Ti
devo delle scuse”, esordisce Louis.
Harry
non lo ha mai sentito usare un tono così dimesso prima d'ora. Louis
parla a voce alta ed entusiasta, il più delle volte, oppure, quando
gli sta confidando qualcosa, a voce bassa e soffice. Non gli aveva
mai parlato così.
“Per
cosa?”.
Louis
si schiarisce la gola.
“Per
sabato. Non avrei dovuto fare...quello che ho fatto”.
Harry
non risponde. Louis non ha nessuna ragione per scusarsi, non ha fatto
niente di male, ha fatto quello che doveva, quello che voleva, quello
che volevano entrambi. Non lo si può biasimare per averne
avuto il coraggio.
“Sono
un idiota”, continua Louis, poggiando i gomiti sulle ginocchia e
prendendosi la testa fra le mani. “Credevo che tu-, credevo che-”.
Harry
si porta le ginocchia al petto. Quello che sta facendo a Louis non è
giusto, neanche un po'. È crudele. Ma che alternativa
ha?
“Mi
credo tanto intelligente e furbo, invece non avevo capito un cazzo”,
dice l'altro ragazzo. “Ho visto quello che volevo vedere e ho visto
male”.
Invece
ha visto benissimo. Solo che Harry non può dirglielo perché
altrimenti dovrebbe spiegargli che nonostante siano sulla stessa
lunghezza d'onda, lui rimarrà sempre un po' più indietro.
“Ho
rovinato qualcosa di bello solo perché sono stupido”, si lamenta
Louis.
“Non
sei stupido”, interviene Harry.
“Invece
sì”, insiste Louis. “Sono stupido e senza speranza”.
Una
parte remota dentro di Harry vorrebbe piangere, però lui non piange
davanti agli altri, non perché non vuole ma perché non può.
Louis
continua ad asciugarsi i palmi delle mani sui jeans. È
nervoso e serio e forse anche terrorizzato.
“Non
voglio metterti ancora di più in difficoltà, ma devo dirtelo.
Lasciamelo dire, ok?”.
Harry
trattiene il fiato. Dove sono i suoi amici? Dov'è sua madre?
“Lo
avrai già capito ma...mi piaci da morire”, ammette Louis. “Da
morire. Non faccio altro che pensare a te, continuamente, e non
riesco a concentrarmi su nient'altro che non sia tu. Sto diventando
pazzo”.
Harry
vuole sparire. Perché il letto non lo inghiotte?
“Mi
ero illuso che anche io ti piacessi ma mi sono sbagliato e ho
combinato una cazzata”, continua Louis, senza distogliere lo
sguardo. Come si fa a dire certe cose a una persona guardandola negli
occhi? Harry lo invidia. Tutto quello che desidera in questo momento
è sparire.
“Però
ti giuro, te lo giuro, che non proverò mai più a fare una
cosa del genere, te lo prometto”, afferma Louis. “Voglio
continuare a essere tuo amico perché non voglio smettere di vederti.
Per favore?”.
Non
è possibile, non è fattibile. Harry non è abbastanza
coraggioso neanche per questo. Verrà il giorno in cui riuscirà a
essere una persona normale ma quel giorno è ancora molto
lontano.
“Non
penso sia una buona idea”, dice infatti.
Louis
fa un verso di sorpresa. Probabilmente non si aspettava questa
risposta. Forse non ha capito fino a che punto sia sbagliato e
mal funzionante Harry. Forse gli ha dato troppa fiducia. E
proprio per non deluderlo che Harry deve troncare questa cosa. Non è
bravo a gestire i fallimenti e non vuole essere il più grande
fallimento nella vita di Louis Tomlinson.
“Harry,
non puoi farmi questo”, prega Louis, guardando il soffitto e
sbattendo ripetutamente le palpebre, come a voler impedire alle
lacrime di uscire dai suoi occhi. “Per favore”.
L'istinto
di conservazione di Harry spesso lo costringe a essere egoista e
insensibile, perfino con le persone alle quali tiene di più.
Louis
allunga un mano per toccarlo ma ci ripensa e si blocca a mezz'aria.
“Perché?”,
domanda, con voce rotta. “Ti prometto che non farò niente che ti
metta a disagio, non ti toccherò nemmeno. Harry, ti prego, ti
prego”.
Harry
riesce a essere freddo come il ghiaccio quando vuole, anche se la la
lacrima che sfugge da un occhio di Louis mette a dura prova la sua
artificiale indifferenza.
“È
meglio che tu vada”, mormora.
Louis
si passa un braccio sugli occhi e inavvertitamente gli scappa un
singhiozzo.
“Come
faccio..?”.
Harry
non risponde. Cosa dovrebbe dirgli? Se per te sarà dura per me
sarà praticamente insopportabile? Vivere costantemente di
rimpianti è peggio, molto peggio che avere il cuore spezzato.
È meglio soffrire che non provare mai niente per paura di
soffrire.
“Mi
stai facendo malissimo, lo sai?”, balbetta Louis e c'è un
sottofondo di rabbia adesso nelle sue parole.
“Mi
dispiace”, dice Harry.
“Se
ti dispiacesse davvero non ti comporteresti così”.
“Louis,
vattene, ti prego”.
Louis
si alza dalla sedia di scatto.
“Quindi
è finita?”.
Non
è mai iniziata, vorrebbe rispondere Harry ma sarebbe cattiveria
gratuita, a questo punto.
“Troverai
qualcun altro”, ribatte. Meno male che non voleva essere cattivo.
“Non
hai capito niente”, sbotta Louis. “Addio, Harry”.
Harry
guarda Louis uscire a passo svelto dalla stanza e sprofonda nel
letto.
“Che
hai combinato?”, domanda Perrie, esasperata, entrando in camera un attimo dopo.
“Non
ti ci mettere anche tu”, replica Harry, aspro.
“Signor
Styles, è arrivata sua madre”, lo informa l'infermiera, facendo
ingresso nella stanza.
La
mamma di Harry fa irruzione in camera e, prima che lui possa
realizzare quello che sta succedendo, lo stringe in un abbraccio che
gli toglie il fiato. Non succedeva da mesi. Doveva essere in
punto di morte perché accadesse una cosa simile?
“Amore
mio, come stai?”.
Harry
affonda il naso tra i suoi capelli. Adesso potrebbe piangere.
Le braccia di sua madre gli sembrano quasi estranee. Harry ha
un vago ricordo di un periodo – c'è stato veramente questo
periodo nella sua vita o lo ha solo immaginato? - in cui le
braccia di sua madre erano il suo habitat naturale.
“Bene.
Possiamo andare a casa?”.
Sua
madre lo bacia sulle guance.
“Sì,
andiamo, andiamo”.
Harry
vorrebbe dormire nell'abbraccio di sua madre per giorni. Forse questa
potrebbe essere la cura della quale ha tanto, tanto bisogno.
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Capitolo 7 *** Taking a chance ***
ml
Looking
at you
Holding
my breath
For
once in my life
I'm
scared to death
I'm
taking a chance
Letting
you inside.
(First
Time - Lifehouse)
Quando
ci si abitua alla presenza di qualcuno nella propria vita è
difficile riabituarsi quando questa diventa improvvisamente
un'assenza, una di quelle ingombranti, per di più.
Louis
gli manca così tanto che Harry quasi non sopporta i suoi amici
perché non gli sembrano abbastanza. Eppure prima gli
bastavano, poi è arrivato Louis e ha cambiato tutto. Non sarebbe dovuto succedere.
“Giuro
che se non ti togli quel muso lungo dalla faccia ti prendo a
schiaffi”, minaccia Zayn mentre aspetta che Harry recuperi le sue
cose dall'armadietto.
“Zayn,
per favore”.
Il
suo migliore amico rotea gli occhi.
“Per
favore che? Cazzo, sei insopportabile con questa faccia da
funerale”.
Harry
chiude l'armadietto.
“Dovresti
essere al settimo cielo adesso che io e Louis non siamo più amici”,
afferma. Il nome dell'altro ragazzo è un macigno e ha un sapore
amore sulla sua lingua.
“Certo,
non vedi come sono estasiato?”, dice con sarcasmo Zayn.
Harry
lo ignora e si dirige verso l'aula di Chimica.
“Niall
mi ha detto che Liam gli ha detto che Louis è messo male”,
continua Zayn.
Harry
ha una fitta al petto.
“Niall
si fida di Liam e io mi fido di Niall, quindi sono sicuro che non
abbia detto una cazzata”, afferma Zayn. “Forse mi
sbagliavo su Louis”.
Harry
si ferma in mezzo al corridoio.
“Vaffanculo,
Zayn, sinceramente”, sbotta.
Al
diavolo Zayn e le sue epifanie in ritardo! Tanto ormai non gli
serve più il suo parere o la sua approvazione.
“Chi
ti ha insegnato le parolacce, Haz?”.
Harry
continua il suo percorso verso la classe. Zayn lo afferra per un
braccio.
“Senti”,
inizia, “non ce la faccio a vederti così, mi fa male il cuore,
giuro. Se per caso il tuo allontanamento da Louis è colpa mi
fustigherò a vita-”.
“Tu
non c'entri niente”.
“Ok,
va bene. Allora quale è il problema? Che è successo?”.
Harry
non risponde.
“Harry,
certe cose capitano solo una volta nella vita, lo sai?”.
Il
riccio si volta di scatto.
“Cosa?
Che qualcuno si interessi a me?”.
Zayn
scuote il capo.
“No,
mi riferivo al trovare la tua anima gemella”.
Dov'è
Zayn e che ne hai fatto di lui?, vorrebbe chiedergli Harry.
“La
mia anima gemella non esiste”, risponde invece.
Zayn
gli conficca un dito nel petto.
“Non
immagini quanto sia stanco, dopo anni, di sentirti dire cazzate
simili”, scandisce. “Parli sempre di te stesso come se tu fossi
una specie di alieno e sai che c'è? Mi dispiace deluderti ma devi
sapere che sei pateticamente uguale a tutti noi, quindi per favore
scendi dal tuo cazzo di piedistallo. Grazie”.
Harry
è senza parole. Zayn è sempre stato una persona cinica e diretta ma
non gli ha mai parlato così prima d'ora.
“Louis
potrebbe essere quello che stavi aspettando, Haz. Dagli
un'opportunità. Se non provi non sai, giusto?”, aggiunge,
aggiustando il tiro.
Harry
sospira. Nessuno può capirlo. Nessuno può mettersi nei suoi panni.
Quello che per gli altri è facile per lui è un'impresa titanica.
“Muoviti
che sta per suonare la campana ”, replica, sperando di mettere un
punto alla discussione.
Zayn
sbuffa e lo supera correndo.
*
Le
parole di Zayn gli ronzano in testa per tutto il giorno. Se i suoi
amici lo vedono come una persona normale, può darsi che lo
sia veramente? Eppure nessuno può conoscerlo meglio di come si
conosce lui e, soprattutto, nessuno può provare quello che prova
lui.
In
più, il fatto che Zayn adesso gli abbia dato la sua benedizione su
di Louis non fa che peggiorare le cose. L'unico ostacolo alla loro
relazione è Harry stesso. L'unico da biasimare è lui. L'unico che
verrà roso dai sensi di colpa e divorato dai rimpianti è lui.
Ma
una relazione con Louis sarebbe troppo difficile.
Cosa succederà quando l'altro ragazzo si accorgerà che Harry è una
persona piena di insicurezze, insicurezze invalidanti, insicurezze
che non gli permettono di vivere una vita normale in mezzo agli
altri, insicurezze che gli rendono impossibile relazionarsi con la
gente? Louis ha visto solo una parte di lui, una parte superficiale,
se scavasse scoprirebbe una persona incapace di amare come si deve,
incapace di esprimere i propri sentimenti, incapace di lasciarsi
andare perché è così che è cresciuto, è così che ha vissuto per
diciotto anni. Gli sembra di essere sempre stato amato con
riserva ed è questo l'unico
modo di amare che conosce, un modo di amare che non prevede carezze
abbracci ti voglio bene. Nessun gesto d'affetto da parte della sua
famiglia ha mai spazzato via le sue insicurezze o forse in primo
luogo è proprio questa mancanza che le ha generate, coltivate,
innaffiate. Quello che gli resta è solo la paura di sbagliare, di
amare male, di
abbracciare male, di baciare male, perché nessuno gli ha mai
insegnato quale è il modo giusto.
I suoi amici hanno cercato di farglielo capire ma hanno sempre
trovato uno zoccolo duro.
Quanto
ci vorrà prima che Louis si stanchi e molli tutto? Harry non è
pronto a farsi spezzare il cuore, Zayn aveva ragione. Harry non è
pronto a ricevere un rifiuto ed è per questo che continua a
rifiutare.
*
Alla
fine dell'ultima lezione Harry incontra Louis in bagno. In un istante
di panico valuta l'opportunità di uscire dal bagno senza lavarsi le
mani ma essendo questo contro le norme igienico-sanitarie che si è
auto-imposto per condurre una vita libera dalla paura di contrarre
una malattia – ok, chiamatelo pure ipocondriaco
– decide che un'operazione del genere non gli ruberà più di un
minuto e lui può
passare un minuto accanto a Louis senza il rischio di svenire per
l'ansia, giusto?
Louis
si accorge della sua presenza solo quando alza lo sguardo dal
lavandino e incrocia quello di Harry nello specchio. La sua
espressione volge repentinamente dal sorpreso al triste. Non è
un'espressione che gli dona, questa. Il blu delle sue iridi è fatto
per brillare di gioia e l'assenza delle pieghe agli angoli dei suoi
occhi – assenza interamente imputabile a Harry – è un crimine
contro l'umanità.
“Non
entrare nel panico, me ne sto andando”, mugugna Louis chiudendo il
rubinetto e scrollandosi l'acqua in eccesso dalle mani.
Harry
apre la bocca per parlare ma la sua voce si rifiuta di uscire.
Louis
fa per superarlo senza prestargli attenzione quando ci ripensa e si
ferma sulla porta.
“S-sei
felice adesso, senza di me?”, balbetta e nonostante si stia
sforzando di mantenere un'espressione neutra dal suo sguardo
trapelano delusione e disapprovazione.
Il
cuore di Harry accelera i battiti quando in un attimo di auto
consapevolezza realizza che non vuole
ricevere questo sguardo dalle persone che ama per tutta la vita ma
che è questo il rischio che corre se continua a comportarsi come si
è sempre comportato.
“Lou,
io-”, inizia ma viene bruscamente interrotto da Louis.
“Se
devi rispondere con qualche cazzata è meglio che stai zitto, ok?”.
Harry
impallidisce. Non si aspettava questa asprezza da parte dell'altro
ragazzo, ma dopotutto se l'è meritata. Anche se saperlo non rende le
parole e il tono di Louis meno dolorosi.
“Ecco,
immaginavo”, sbotta Louis di fronte al silenzio di Harry.
“Non
potrò mai essere felice”, mormora il riccio. Senza di
te, vorrebbe aggiungere ma –
come al solito – non ne ha il coraggio.
“Forse
hai ragione”, mormora Louis con gli occhi bassi.
Harry
ha un tuffo al cuore. Louis non dovrebbe assecondarlo, giusto?
Louis dovrebbe inculcargli un minimo di senno, no?
Il
riccio allunga una mano verso l'altro ragazzo ma Louis non lo nota e,
senza aggiungere altro, esce dalla stanza.
Harry
si appoggia al lavandino con tutte e due le mani e fa un respiro
profondo. Non un altro attacco d'asma per favore non adesso per
favore no no no. Solo quando è sicuro di non stare per morire -
di nuovo – si rimette dritto, si guarda allo specchio e scruta la
propria immagine riflessa. Oltre agli occhiali troppo grandi per il
suo viso, i capelli fuori moda e il gilet con le trecce...non ha
niente di diverso dagli altri. Se il suo cuore si spezza come quello
di tutti gli altri allora lui non può essere diverso da tutti
gli altri. Nessuno ama in modo perfetto eppure tutti ci
provano lo stesso. Nessuno è perfetto eppure tutti meritano
di essere amati, con le loro insicurezze le loro paure le loro
imperfezioni.
Deve
fare qualcosa e deve farla prima che, per l'ennesima volta, sia
troppo tardi. Basta coi rimpianti, da oggi in poi vuole solo rimorsi.
Se con Louis dovesse andare male nessuno potrà dire che lui non ci
abbia almeno provato.
*
Harry
raggiunge Zayn al parcheggio. Senza avvertirlo della sua presenza
apre lo sportello dell'auto del suo migliore amico e prende posto sul
sedile.
“Devi
darmi un passaggio”, afferma perentorio.
“Devo?”,
domanda Zayn. “Sto aspettando Perrie”.
“Dille
di farsi accompagnare da Niall, per oggi”, implora Harry. “Per
favore. Voglio che mi accompagni a casa di Louis. Subito”.
Zayn
sgrana gli occhi.
“Che
diavolo sta succedendo? Che devi fare?”.
“Devo
dirgli tutto quello che si merita di sentirsi dire, cioè che mi
piace e che il problema sono io e non lui, che se sono scappato
quando mi ha baciato è perché avevo paura e non perché non lo
volessi-”.
“Ehi,
frena un attimo! Ti ha baciato?”.
Harry
arrossisce.
“Sì,
sabato scorso-”.
“Allora
ecco quale era il tuo cazzo di problema. Sei un cagasotto”.
“Grazie,
Zayn”, sbotta Harry. “È proprio per questo che-”.
Zayn
lo interrompe di nuovo.
“Quindi
lui ti ha baciato e tu hai deciso di chiudere qualunque cosa ci fosse
tra di voi perché hai sclerato?”.
“Più
o meno”, risponde Harry. “Zayn, ho rovinato il mio primo bacio
perché avevo troppa paura-”.
“Di
cosa?”.
“Non
lo so, cioè, lo so”,
balbetta Harry. “Ho paura che mi conosca meglio e scopra quanto
sono imbranato coi sentimenti e con i gesti di affetto. Ho paura di
non poterlo ricambiare come si merita. Ho paura di spaventarlo con la
mia stramberia”.
Zayn
lo schiaffeggia sulla nuca.
“Ahi!”,
si lamenta Harry. “Che problemi hai?”.
“No,
tu che problemi hai?”.
Harry
si massaggia la nuca.
“Lo
sai benissimo che problemi ho”.
Zayn
estrae una sigaretta dal pacchetto e usa l'accendino dell'automobile
per accenderla.
“Te
l'ho già detto prima e te lo ripeto: non sei niente di speciale.
Sei come tutti noi. Mettitelo in testa”.
Harry
vorrebbe protestare ma Zayn non ha finito il suo monologo.
“Ti
sei creato un'immagine di te stesso che non corrisponde alla realtà
e la stai usando come alibi”,
afferma. “Anche il tuo modo di vestire è una specie di scudo per
te. Vuoi passare per quello strano solo perché non vuoi essere
notato. Per un po' ha anche funzionato, poi è arrivato Louis. Adesso
è ora di smetterla con questa storia e di uscire le palle”.
Harry
incrocia le braccia sul petto. Zayn ha in parte
ragione ma ha fondamentalmente torto.
Lui non vuole passare per quello strano, lui è
quello strano. E non perché gli piace studiare e ama i gilet di
lana, ma perché ha paura di essere toccato perché essere toccato
significa dover toccare
di conseguenza e nessuno gli ha mai spiegato come si fa; perché ha
paura ad esprimere i propri sentimenti dal momento che non sa farlo nel modo
giusto; perché odia sentirsi vulnerabile poiché
essere vulnerabile significa essere alla mercé degli altri,
significa essere aperto e nudo.
Ok, forse Zayn ha più ragione di quello che pensava: i suoi vestiti,
i suoi capelli, il suo riserbo, la sua indifferenza non sono altro che
uno scudo.
“Se
Louis ti ha detto che gli piaci vuol dire che gli piaci, punto”,
continua Zayn. “Nonostante tutti i tuoi accorgimenti ti ha notato
e gli sei piaciuto e se vuole stare con te è perfettamente
consapevole di ciò a cui va incontro. Quindi le tue sono tutte
scuse”.
“Tu
e gli altri avete origliato la nostra conversazione, vero?”.
Zayn
si stringe nelle spalle.
“Non
abbiamo avuto altra scelta”.
Harry
si aggiusta gli occhiali.
“Se
non quella di spiarci?”.
Zayn
getta la sigaretta fuori dal finestrino.
“Non
cambiare argomento, furbone”,
dice. “Dicevo, Louis ormai avrà capito come sei fatto e nonostante
tutto vuole stare con te. E sai perché? Perché non c'è niente che
non vada in te. Non sei strambo, sei solo insicuro ed emotivamente
costipato ma non è una
cosa irrimediabile. Però se continui così potrebbe
diventarlo”.
“Zayn,
non ho mai avuto un ragazzo prima d'ora. Non ho mai baciato
un ragazzo prima d'ora”.
Zayn
sbuffa.
“Perrie
ha ragione: devi pur iniziare da qualche parte. E Louis è la persona
perfetta per te in questo momento”.
Harry
aggrotta la fronte.
“Preferivo
quando tu e Perrie eravate in disaccordo”.
Zayn
lo colpisce di nuovo sulla nuca.
“Preferivo
quando non dovevo picchiarti ogni due minuti per infilarti un po' di
sale in quella zucca vuota che ti ritrovi”.
Harry
rimane in silenzio per un po'.
“Ho
paura”, mugugna.
“E
fin qui ci eravamo”, ribatte stancamente Zayn.
“No,
sul serio, ho paura di quello che devo fare adesso.
E se Louis fosse talmente arrabbiato con me da non volermi più
vedere? E se io fossi così imbranato da non riuscire a spiegargli
quello che provo?”.
“E
se e se e se”, gli fa eco Zayn. “Louis non ha avuto paura ad
aprirti il suo cuore nonostante tu glielo abbia praticamente
spappolato. Prendi
esempio da lui, abbi un po' di coraggio! Glielo devi”.
Harry
si appresta a fare la cosa più spaventosa
che abbia mai fatto in vita sua: aprire il suo cuore. Lui stesso sa a
malapena quello che ci sia dentro, a parte il nome di Louis impresso
come una cicatrice che lui non può - non vuole
- cancellare.
“Sai
dove abita Louis?”.
ANGOLINO:
Vi amo tutti anche se non rispondo alle vostre recensioni
singolarmente. Dimostratemi il vostro amore - se mi amate ancora -
lasciandomi un commento, pls. Oggi ho particolarmente bisogno di belle
parole perché ho iniziato a lavorare e vorrei che qualcuno mi
tirasse su di morale. Ovviamente potete scrivermi anche "brutte parole"
se lo ritenete strettamente necessario.
Alla prossima!
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Capitolo 8 *** I'm yours ***
marcel
Every
time I see your face
My
heart takes off on a high speed chase
Now,
don't be scared, it's only love
That
we're falling in
I
would never do you wrong
Or
let you down or lead you on
Don't
look down, it's only love
Baby,
that we're falling in
(Falling
In – Lifehouse)
Quando
Harry suona al campanello di Louis spera con tutto sé stesso che in
casa non ci sia nessuno a parte lui. Non è mai stato così ansioso
prima d'ora, nessun compito in classe, nessuna gara di matematica,
niente lo ha mai messo tanto in difficoltà. Sta per giocarsi tutto
ed è solo, non ha una squadra, non ha degli amici a supportarlo.
Zayn ha già fatto abbastanza e Harry probabilmente non lo ha
ringraziato come merita.
Louis
è la cosa più bella che gli sia mai capitata e lasciarsela sfuggire
significherebbe portarsi dietro questo rimpianto per tutta la vita.
Harry ha la sensazione di non aver mai vissuto
neanche un giorno. Dopo diciotto anni sprecati ad avere paura è
giunto il momento di prenderla a pugni, questa paura, e di farle
vedere che lui può batterla. Ha trovato un pretesto
per farlo e questo pretesto ha appena aperto la porta.
“Harry?”.
Trovandosi improvvisamente al cospetto dell'altro ragazzo, Harry
scopre di non essere pronto al grande atto di coraggio che si
appresta a fare, ma da qualche parte ha letto che, dopottutto, non
esiste qualcosa come “essere pronti”. Esiste solo la volontà di
fare una cosa o di non farla, tutto il resto è inutile
procrastinazione. E lui ha deciso di smettere di procrastinare –
che poi non è che un altro modo di avere paura - e di prendere le
cose di petto. Si sente una persona nuova anche solo per aver preso
questa decisione.
Solo
che Louis - così piccolo sotto
l'alto arco della porta di casa sua - con indosso una t-shirt di
Superman, dei pantaloni costellati di buchi e dei calzini con gli orsacchiotti,
invece che un ragazzo normale – che lui ha reso vulnerabile e al
quale ha spezzato il cuore - gli sembra un gigante
impossibile da affrontare.
È
per questo che invece di esordire con un “sono un deficiente”,
come aveva pianificato di fare, o di chiedergli “posso entrare?”,
Harry opta per una divagazione, che gli esce spontanea come se non
fosse, appunto, solo una strategia per distrarre l'avversario. Da
quando Louis è diventato un avversario?
“Sapevi
che qualcuno ha abbattuto la vostra cassetta delle lettere?”.
Louis
sembra colto di sorpresa. Come se l'arrivo di Harry non lo avesse
sorpreso abbastanza.
“Cos-ehm,
uhm, sì, lo so, deve essere stato il figlio del vicino con la sua
fottuta Range Rover. A quanto pare non ha ancora affinato l'arte
della marcia indietro”.
Harry
fa una smorfia compassionevole. Brutta roba i vicini distratti e
incompetenti.
“Volevi
qualcosa?”.
La
domanda di Louis, fatta in tono freddo e distaccato, lo riporta alla
realtà. Non si aspettava certo che Louis lo accogliesse a braccia
aperte però la sua maschera di indifferenza mina le riserve di
coraggio di Harry. Il cuore gli batte all'impazzata, lo sente fino in
gola.
“Ehm”,
balbetta. Posso parlarti?, non è una frase troppo difficile
da formulare però gli occhi glaciali di Louis sembrano avergli
gelato i muscoli.
“Sei
venuto qui solo per darmi la notizia della dipartita della mia
cassetta delle lettere o c'è dell'altro?”, insiste Louis. “Hai
per caso avuto un qualche tipo di epifania e non vedevi l'ora di
rendermi partecipe della tua scoperta?”.
Ho
scoperto che non voglio perderti, vorrebbe dire Harry e sarebbe
anche una gran bella dichiarazione, da commedia romantica
adolescenziale, una di quelle in cui i due protagonisti, nel giro di
cinque minuti, si confessano il proprio amore reciproco, perdonano,
dimenticano e si lanciano l'uno tra le braccia dell'altro baciandosi
appassionatamente, lì sulla porta di casa, perché entrare dentro
non avrebbe soddisfatto le manie voyeuristiche dei vicini di casa (e
degli spettatori). Però la vita non è un film – soprattutto la
sua – e non è partita nessuna colonna sonora melensa a fare da
sottofondo a questo momento carico di pathos e....Harry è ancora lì
impalato sotto lo sguardo interrogativo ma diffidente dell'altro
ragazzo.
È
come se stesse vivendo una specie di esperienza extra-corporea, come
se il suo corpo fosse lì e la sua mente da tutt'altra parte, come se
si stesse guardando da fuori, perché non ci può credere che è
veramente lui quello che ha pregato il suo migliore amico di
accompagnarlo in tutta fretta a casa della persona alla quale deve
dichiararsi prima che sia troppo tardi e che questa persona sia
proprio davanti a lui che aspetta delle risposte. Lui non fa queste
cose.
Il
panico si sta di nuovo impadronendo di lui e la tentazione di
correre via senza guardarsi indietro rischia di prendere il
sopravvento. Non può rientrare in questa spirale, non può.
Louis
sembra avvertire il suo disagio (o puro terrore, che dir si
voglia).
“Entra,
possiamo parlarne in casa”, gli dice in tono gentile, apprensivo
quasi, ma un po' troppo formale.
Harry
annuisce, sorridendo debolmente e, dopo essersi aggiustato gli
occhiali sul naso, supera l'altro ragazzo che gli sta tenendo la
porta aperta. Come di consueto – l'ha fatto decine di volte – si
toglie le scarpe e le sistema vicino a quelle di Louis. Non ci sono
altre paia di scarpe, indizio che Louis deve essere solo. Almeno una
cosa sta andando come aveva sperato.
“Posso
offrirti qualcosa da bere?”, domanda Louis, senza incrociare il suo
sguardo. “Un tè? Un caffè? O magari del vino?”.
Un
po' di vino aiuterebbe Harry a rilassarsi, a rilasciare la tensione
che lo tiene in ostaggio. Però, d'altro canto, bere dell'alcool
potrebbe essere rischioso: non può permettersi di affrontare la
conversazione per la quale è venuto brillo o addirittura sbronzo.
“No,
grazie”, rifiuta gentilmente.
Louis
lo guarda un attimo negli occhi, poi distoglie di nuovo lo sguardo.
Harry lo osserva mentre si morde le labbra, la fronte aggrottata.
Sembra perso, incerto sul da farsi.
“Senti,
possiamo andare in camera tua?”, gli viene in soccorso Harry.
Dopotutto è lui quello che ha bussato alla porta di Louis,
irrompendo in casa sua e nella sua vita d'improvviso, dopo avergli
fatto più o meno chiaramente intendere di non volere avere più
niente a che fare con lui, ed è lui che deve prendere in mano
la situazione.
“Uhm,
ok”, acconsente l'altro ragazzo, rivolgendogli una breve occhiata
per poi fargli strada su per le scale senza un parola in più.
Harry
lo segue, aggrappandosi al corrimano come se da questo dipendesse la
sua vita. Louis gli sta rendendo le cose difficili, ma Harry sa che
non lo sta facendo di proposito, per ferirlo. Non lo avrebbe
accolto in casa se fosse stato così, giusto?
Una
volta in camera sua, Louis si siede sul letto. Harry valuta per un
attimo l'idea di prendere posto sulla sedia della scrivania,
stranamente sgombra, però decide che così facendo manderebbe
all'altro un messaggio sbagliato. Lui è venuto per riavvicinarsi
a Louis non per mettere tra di loro ulteriore distanza, perciò si
siede sul letto di fronte a lui.
Louis
si agita sul posto, come se l'improvvisa vicinanza di Harry lo
turbasse. Una volta era il contrario, pensa il riccio
amaramente.
“Ehi,
Lou, po-potresti guardarmi in faccia per favore?”, balbetta.
Louis
rimane immobile per qualche secondo, poi sospira e si risolve a
rivolgere la sua attenzione a Harry.
“Grazie”.
Louis
gli fa dono di un sorriso tirato e per adesso può bastare.
“Quindi...di
cosa volevi parlarmi?”, domanda dopo qualche secondo di silenzio.
“O sei venuto solo per farti guardare?”.
Harry
può leggere chiaramente il pentimento per essere stato così aspro
sul volto di Louis.
“Scusami”,
dice, infatti, l'altro ragazzo.
“Fa
niente”, replica Harry, stringendosi nelle spalle. In fondo se lo
merita. “Hai
tutto il diritto di avercela con me”, aggiunge, infatti.
I
lineamenti di Louis si contorcono in un'espressione...amareggiata?
“No,
non è-”, comincia, poi si interrompe. “Posso sapere perché sei
venuto? Ci stai girando intorno da quando sei arrivato e francamente
vorrei sapere cosa hai da dirmi prima di-”. Louis si passa una mano
tra i capelli. “ Per come la vedo io, la nostra futura conversazione può avere solo due
esiti, uno decisamente negativo o uno decisamente positivo, quindi
prima che me la faccia sotto dalla paura o, peggio, prima che mi crei
delle false aspettative, parla”.
Harry
ha perso il filo, Louis ha detto troppe cose e le ha dette troppo in
fretta.
“Paura?”,
gli fa eco. È
lui
quello che dovrebbe avere paura dell'esito di questa conversazione.
Louis non può essere così ingenuo da credere che si sia presentato
alla porta di casa sua per dargli di nuovo
picche.
Louis
butta gli occhi al cielo.
“Smettila
di fare lo gnorri, Harry”, prega. “E sputa il rospo”.
Il
riccio è messo alle strette però gli manca ancora quel briciolo di
coraggio per fare il passo definitivo, per dirgli perdonami e
voglio stare con te e ti amo e baciami e
tutte le altre cose che sperava di avergli già detto a questo punto
(se non tutte, almeno metà di esse). Perché anche se vuole dirle
queste cose – glielo deve – prima ha bisogno di sapere se le dirà
invano o se c'è ancora speranza. Quindi si appresta a fare la
domanda più difficile di tutte. Perciò prende fiato e
stringe la coperta con entrambe le mani, per aggrapparsi a qualcosa
ed evitare si svenire.
“Quello
che mi hai detto in infermeria...vale ancora?”.
Louis
rimane un attimo congelato, come un animale sorpreso dai fari di una
macchina in autostrada, ma meno spaventato e più sbalordito.
“Mi
stai chiedendo se mi piaci ancora, Harry?”, mormora, strizzando gli
occhi come se improvvisamente non riuscisse a mettere a fuoco il
ragazzo di fronte a sé.
Harry
deglutisce, china il capo e annuisce. Non è nemmeno in grado di fare
una domanda diretta, come pretende di riuscire a dichiararsi?
“È
ovvio che
mi piaci ancora, non è che può passarmi da un giorno all'altro”,
risponde finalmente Louis, con un tono a metà tra lo stupefatto e il
seccato.
Harry
è così sollevato
che improvvisamente gli gira la testa. Ci sono il cinquanta per cento
di probabilità che non torni a casa col cuore in frantumi, adesso.
Tocca a lui assicurarsi che le probabilità aumentino fino a
diventare certezze.
“P-posso
chiederti perché?”, domanda. “Perché ti piaccio?”.
Harry
dovrebbe imparare che a
caval donato non si guarda in bocca,
però...
Louis
piega la testa di lato e lo osserva per interminabili secondi senza
parlare. Harry sente uno stormo di farfalle nello stomaco perché gli
occhi di Louis sono così carichi di...qualcosa. Nessuno,
nessuno, neanche sua madre, lo aveva guardato così prima d'ora, come
se riuscisse a vedere dentro di lui qualcosa di meraviglioso
celato al resto del mondo. Harry è quasi certo che non ci sia
proprio niente di meraviglioso in lui, eppure Louis gli fa sperare il
contrario.
“Non
riesci a vederlo, vero?”, domanda Louis con voce soffice,
vellutata, ed è come se gli avesse letto nel pensiero. “Non riesci
a vedere quanto sei bello e speciale ed è per questo che-”. Il
ragazzo si lecca le labbra e continua a fissare Harry così
intensamente che questi viene attraversato da una vampata di calore e
affetto da capo a
piedi. “È per questo che
ti nascondi”.
Le
parole di Louis rievocano quelle di Zayn e Harry si ritrova a pensare
che forse, forse,
i due ragazzi abbiano ragione. Zayn ha formulato il suo discorso in
maniera diversa – gli ha detto che non è niente
di speciale, l'esatto
contrario di quello che ha detto Louis - ma il punto è sempre lo
stesso: Harry è convinto che in lui ci sia qualcosa di diverso, di
storto,
di vergognoso e per anni non ha fatto altro che avallare questa tesi,
col suo atteggiamento, col suo modo di vestire. Ha sempre indossato
un'armatura per nascondere tutto ciò che di orribile
ci fosse sotto, ha sempre cercato di non mostrare niente di sé: il
vero colore dei suoi occhi, celato dalle grosse lenti; la vera natura
dei suoi capelli, domati dal gel; il suo busto sottile, i suoi
fianchi sporgenti, le sue gambe secche e vagamente femminili,
imprigionando tutto ciò dentro vestiti sformi e fuori moda; i suoi
veri sentimenti, i suoi desideri,
reprimendoli per paura di non essere compreso o di non essere
all'altezza.
E
poi arriva Louis che gli dice che è bello
e speciale,
facendo vacillare pericolosamente le sue mura
protettive.
“Farei
tutto ciò che è in mio potere – se me lo permettessi – per
farti capire che non c'è bisogno di nascondere nulla e non c'è
bisogno di avere paura”, continua Louis, sentendosi autorizzato dal
silenzio di Harry a proseguire. “Ne avrei di lavoro da fare, per
rimuovere uno per uno tutti gli strati dietro ai quali ti sei
barricato, però ne varrebbe dannatamente la pena”.
Louis
gli offre un sorriso fiducioso e triste allo stesso momento,
sperando che Harry accetti la sua proposta ma temendo, allo stesso
tempo, che l'altro ragazzo rifiuti.
Harry
sarebbe uno sciocco se dicesse di no, eppure ha così tanti dubbi
sull'effetiva riuscita del piano di Louis. L'affetto non basta: con
lui servono pazienza e comprensione. Louis è davvero disposto a
lottare contro le sue ansie e le sue paure? È
davvero disposto ad aspettare che Harry si senta pronto a “rimuovere
uno per uno gli strati dietro i quali si è barricato”?
“Forse
non mi credi quando ti dico che sei bello”, va avanti Louis. Meno
male che era Harry quello che doveva parlare. “Però lo
sei, Harry. Mi dispiace solo non averlo notato prima, però
quando me ne sono reso conto non sono più riuscito a staccarti gli
occhi di dosso”.
“Uhm,
sì, è parecchio difficile crederti”, borbotta Harry e vorrebbe
schiaffeggiarsi per aver una volta ancora messo in dubbio le parole
dell'altro ragazzo. Ha perso un'altra occasione per starsene zitto.
Louis
rotea gli occhi, spazientito.
“Harry,
cazzo, taci”, sbotta. “Scusa”, si affretta ad aggiungere un
attimo dopo, carezzandogli un ginocchio. Harry non sente
l'urgenza di scanzarsi.
“Ok”,
acconsente.
“Sei
il ragazzo più bello che abbia mai visto e non mi riferisco solo
alla bellezza esteriore, se è questo che stai pensando”, prosegue
Louis. “Sei intelligente ma non sei presuntuoso e questo è raro in una persona con le tue doti, sei educato
senza essere affettato, sei generoso ma non pretendi mai niente in
cambio, sei premuroso e accorto e gentile e divertente e...un milione
di altre cose che non mi vengono in mente in questo momento perché,
scusa, ma non avevo preparato questo discorso visto che mai mi sarei
aspettato che mi avresti voluto parlare di nuovo”. Louis fa una
pausa. “Sei tutto ciò che ho sempre desiderato – senza
saperlo – e non ho potuto fare a meno di innamorarmi di te”.
Harry
è sul punto di avere un infarto e di morire nel momento più
importante della sua misera vita e, tra tutte quelle che gli sono
toccate in sorte, questa sarebbe l'ingiustizia più grande di
tutte. Louis è innamorato di lui?
Quasi
non sente il resto del discorso – monologo? - di Louis, troppo
occupato a cercare di controllare i battiti del suo cuore e i mille
pensieri che si rincorrono nel suo cervello.
“Non
so se lo sono sempre stato o se è successo dopo che ti ho
conosciuto, però, uhm, diciamo che ero condannato sin
dall'inizio. Altrimenti non si spiega perché io abbia fatto le cose
più assurde e ridicole del mondo per farmi notare da te e diventare
tuo amico”, conclude Louis con un sorriso imbarazzato.
Harry
cerca di rispondere al suo sorriso meglio che può, col cuore che gli
batte all'impazzata, il respiro corto e la mani sudate. È
sicuro che la smorfia sul suo viso è ben lontana dal sorriso che
aveva intenzione di rivolgere a Louis.
“Tipo
lanciarmi palline di carta a ogni lezione?”, domanda, cercando di
allentare la tensione.
“O
romperti gli occhiali”.
“O
chiedermi i compiti di matematica e restituirmeli pieni di
scarabocchi?”.
Louis
spalanca le palpebre.
“Non
erano scarabocchi!”, protesta. “Ti ho scritto frasi di canzoni
che mi facevano pensare a te nella speranza che le le leggessi e le
ascoltassi e ti rendessi conto che fossi pazzo di te”.
“Oh”.
“Non
lo avevi capito?”.
“Come
avrei potuto capirlo?”.
Louis
ridacchia, più per la sua stessa ingenuità che per quella di Harry.
“In
effetti...”, ammette, poi, con grande sorpresa di Harry, inizia a
cantare. “I listen close for I'm not smart, you wrap your
thoughts in works of art, and they're hanging on the walls of my
heart”.
La
sua voce è così...così Louis. Harry non sapeva sapesse
cantare e adesso muore dalla voglia di sentirlo ancora e ancora.
Louis
è di tutt'altro avviso, però.
“È
una canzone degli Script, si intitola I'm
Yours”, spiega.
“Quand'ero in classe e ti sentivo parlare, mi veniva sempre in
mente”.
Harry
si ripromette di andarla ad ascoltare (o di obbligare Louis a
cantargliela).
“Quindi
è per questo che hai chiesto i compiti proprio a me?”,
domanda, in un istante di realizzazione.
“E
per farti credere che avessi problemi in matematica”.
Harry
apre e chiude la bocca a ripetizione per qualche secondo, come un
pesce moribondo. Non riesce a credere alle sue orecchie.
“Scusa?”.
Louis
si nasconde il viso dietro le mani.
“Te
l'ho detto che ho fatto cose assurde e ridicole”, mormora.
“Hai
rischiato di essere bocciato solo per-”.
“Per
prendere ripetizioni da te, sì”.
Harry
è combattuto tra l'essere lusingato e il voler prendere Louis a
schiaffi.
“Questa
è la cosa più stupida che qualcuno abbia mai fatto per me”,
afferma, ma non riesce a impedirsi di sorridere. “O, meglio,
l'unica cosa stupida che qualcuno abbia mai fatto per me...più
o meno”.
“Cosa
non si fa per amore”, replica Louis, scrollando le spalle.
Harry
ride. Si sente la testa leggera e il cuore pieno di...riconoscenza
per questo idiota che ha messo a rischio la propria carriera
scolastica solo per conoscerlo.
“Credevo
che non avresti mai accettato di passare del tempo con me se non
avessi trovato un pretesto che ti obbligasse moralmente a
farlo”.
“Probabilmente
hai ragione”.
Louis
sorride.
“Allora
il mio sacrificio non è stato vano”.
“No...però
hai fatto comunque una cosa stupida e immatura-”.
“Lo
so, shhh, non me lo ricordare”.
Louis
lo fissa in silenzio e il suo sorriso comincia a scemare dopo qualche
secondo, sostituito da un'espressione tesa.
“Allora?”,
domanda. “Io ho detto tutto quello che volevo dire, adesso tocca a
te. Spara”.
L'altro
ragazzo spalanca le braccia, come a lasciare a Harry campo libero per
affondare una spada affilata nel suo cuore. Come se non lo
avesse già fatto.
“No,
aspetta”, dice Harry precipitosamente. Tutto quello che aveva da
dire è passato in secondo piano, non perché non sia importante, ma
perché c'è qualcosa che gli preme di più in questo momento,
qualcosa che vale più di mille parole, per far capire all'altro
ragazzo che si fida. E poi perché lo vuole, veramente, come
non ha voluto niente prima d'ora in vita sua. “P-potresti baciarmi?
Ti prego”.
Louis
è così sorpreso che fa un piccolo salto sul posto, che fa sobbalzare il materasso e il cuore di Harry.
“Sei
sicuro?”, domanda.
Harry
non riesce a parlare, tanto è teso, perciò si limita ad annuire.
“Ho
bisogno di sapere una cosa prima”, dice Louis. “Questo è bacio è
determinante, nel senso che ti sevirà a capire delle cose, o hai già
capito...?”.
Harry
deglutisce a fatica.
“Ho
g-già capito”, ammette.
“Quindi
è solo, uhm, l'inizio di qualcosa?”.
Harry
fa cenno di sì.
“Sei
sicuro di volerlo questo qualcosa?”.
Harry
non è mai stato più sicuro in vita sua ma sta morendo di ansia.
Neanche dovessero scambiarsi le promesse di matrimonio.
“Sono
sicuro, Lou, adesso baciami, per favore”.
Louis
fa un sorriso da un orecchio all'altro.
“Guai
a te se ti rimangi tutto”, minaccia, prima di inginocchiarsi
davanti a Harry, che si ritrova il suo viso a pochi centimetri dal
proprio in una frazione di secondo.
“Pronto?”,
sussurra Louis ed è così bello che Harry non si capacita di
come abbia potuto essere così fortunato a fare innamorare un ragazzo
come lui.
Louis
si avvicina sempre di più e alterna lo sguardo tra i gli occhi e le
labbra di Harry, che rischia di diventare strabico per non perderlo
di vista.
Sta
per succedere, pensa il riccio. Il suo Primo Bacio – tutto
intero - dista solo un battito di ciglia.
Le
labbra di Louis sono così vicine a quelle di Harry che questi riesce
a sentire il fantasma di un bacio sulla bocca anche se il contatto
non è ancora avvenuto.
“Aspetta”.
Louis
si immobilizza, trattenendo il fiato.
“V-voglio
togliere questi”, spiega Harry, allontanandosi e liberandosi degli
occhiali, che ripiega e poggia sul letto accanto a sé.
Louis
esala un sospiro di sollievo, poi gli poggia una mano sulla coscia e
si piega di nuovo in avanti.
“Devo
tenere gli occhi aperti?”, domanda stupidamente Harry.
“Come
preferisci”, risponde pazientemente Louis, leccandosi le labbra.
Se
Harry pensa che queste labbra saranno sulle sue in poco, pochissimo
tempo...Non vede l'ora ma è terrorizzato, però è la voglia di
essere baciato che ha la meglio.
“Ok”,
mormora, chiudendo gli occhi.
Un
attimo dopo sente di nuovo il fiato di Louis sulle labbra ma non fa
in tempo a farci l'abitudine che Il Bacio arriva.
Dura
tre secondi al massimo, giusto il tempo di un piccolo schiocco.
Sarebbe durato anche di meno se Louis non avesse deciso di indugiare
un attimo di più e se le loro labbra non fossero rimaste incollate
per un secondo nel momento in cui Louis ha tirato indietro la testa.
E
questo bacio è stato tutto il contrario di ciò che si era sempre
aspettato: vale a dire meravigliosamente fantastico, anche se
Harry si è limitato a ricevere e non ha mosso un muscolo.
Potrebbe sembrare un cliché, ma ha davvero sentito i
proverbiali fuochi d'artificio dei quali ha sempre sentito
parlare ma ai quali non aveva mai creduto, proprio all'altezza del
petto e una sensazione di calore - una vampa, più che altro -
gli ha attraversato il corpo, dalla punta dei capelli alla punta
delle dita. Ha la testa leggera e vuota come se avesse bevuto dieci
bicchieri di vino, ma il vino non avrebbe mai potuto farlo sentire
così. L'euforia che prova è quella che si prova quando si fa
un salto nel vuoto col paracadute: la paura di schiantarsi al suolo
non esiste quando sai che ci sarà qualcosa a salvarti e il pensiero
che il paracadute all'ultimo momento possa non aprirsi è relegato in
un angolo recondito della tua mente.
“Harry”,
lo chiama dolcemente Louis e Harry si rende conto di avere ancora gli
occhi chiusi. Quando li riapre, inaspettattamente, una lacrima gli
sfugge dall'angolo di un occhio. Louis la asciuga con un dito e gli
sorride. “Tutto ok?”.
“Sì”,
sussurra Harry ed è così...felice. Non credeva si potesse
essere tanto felici e in così poco tempo ma soprattuto per così
poco. “Grazie”.
Louis
poggia una mano sulla sua guancia e gli accarezza con un pollice la
porzione di pelle sotto l'occhio.
“Allora
ti piaccio anch'io?”.
Harry
gli scoppia a ridere in faccia, mentre un'altra lacrima sfugge al suo
controllo.
“Puoi
dirlo forte”, risponde, ed è come se qualcosa si fosse
impossessato di lui, perché quello che fa subito dopo - cioè
lanciarsi sulle labbra di Louis come se da questo gesto dipendessero
le loro vite, o la salvezza dell'universo - è qualcosa che non
avrebbe mai immaginato di fare prima di questo pomeriggio. Se non
addirittura prima di cinque minuti fa. Il
risultato è che Louis viene sbilanciato all'indietro, ma non sembra
dispiacergli, visto che si tira addosso Harry senza tanti
complimenti.
L'unico
problema è che il riccio non sa bene cosa fare quando le sue
labbra "atterrano" su quelle dell'altro ragazzo, perciò rimane
immobile, la bocca incollata a quella di Louis, respirando dal
naso.
Dopo
qualche secondo Louis scoppia a ridere, con le labbra strette e le dita
serrate attorno alle braccia di Harry, che tira indietro la testa e lo
guarda con un'espressione sconsolata.
"Riproviamoci, ok?", suggerisce Louis, incoraggiante.
Harry
si perde per un attimo nel blu dei suoi occhi - il colore intenso degli
occhi di Louis è l'unica cosa che riesce a distinguere con
chiarezza, data la sua vista limitata
- e annuisce, chinando il viso per andare incontro a quello dell'altro
ragazzo. Ha paura di schiacciarlo col proprio peso, ma Louis non si sta
lamentando e lui teme che qualsiasi movimento possa in qualche modo
rompere l'incantesimo.
Piegando
leggermente la testa di lato, con esitazione accosta il volto a quello
di Louis, fino a che i loro nasi non si sfiorano. Lo sbuffo d'aria che
scappa dalle labbra di Louis potrebbe essere facilmente assimilabile a
una risata ma Harry non ha voglia di indagare, perciò chiude gli
occhi e preme le labbra contro quelle dell'altro. Stavolta passano solo
pochi secondi prima che Louis prenda l'iniziativa, aprendo leggermente
le proprie, invitando Harry a fare lo stesso.
Il
riccio non sa esattamente cosa fare, perciò decide di
fare quello che crede che si debba fare quando si sta baciando
qualcuno: lasciarsi andare. E non pensare che qualcosa stia andando storto, anzi non pensare e basta.
Una mano di Louis risale dalle spalle al suo viso, esercitando una leggera pressione, ed è tutto così piacevole: le
labbra di Louis sono piacevolmente soffici, il filo di baffi proprio
sopra al suo labbro superiore strofina piacevolemente contro la bocca di Harry e anche il fatto che l'insieme sia piacevolmente bagnato è un piacere.
Sto baciando un ragazzo!,
urla il cervello di Harry, mentre il suo cuore è impegnato a ballare una
danza fuori tempo, rimbalzando violentemente contro la sua gabbia
toracica, così rumorosamente che il riccio ha paura che si possa
sentire. Nonostante il suo sconvolgimento interiore, però, Harry è stranamente calmo.
È
solo quando Louis stuzzica il suo labbro inferiore con la lingua che
Harry si blocca e, mezzo secondo dopo, stacca le proprie labbra da
quelle di Louis, tirandosi su, facendo leva su un braccio.
“Scusa”, mormora
Louis, spostandogli un ciuffo di capelli dagli occhi. “Mi sono
fatto trascinare e non ho pensato-”.
“No,
scusami tu, non fa niente, io-”, balbetta Harry, mortalmente
imbarazzato per la sua improvvisa reazione dovuta al panico di aver
scoperto che, beh, a volte nei baci sono coinvolte anche le lingue.
“Abbiamo
tempo, sarà per la prossima volta”, lo rassicura Louis. “Se
avrai ancora voglia di baciarmi”.
Avrò
voglia di baciarti fino all'ultimo giorno della mia vita,
vorrebbe rispondere Harry.
Louis
sorride all'espressione sconvolta del riccio e, schioccandogli un
ultimo bacio sulle labbra, poggia il proprio peso su un gomito, spronando l'altro ragazzo a sollevarsi.
Harry
si rimette seduto e, tastando il materasso, ritrova gli occhiali. Si
era così abituato a una visione sfocata della realtà che quando è
finalmente in grado di mettere a fuoco Louis è come se lo vedesse
per la prima volta.
“Ti
ricordi Francis Turner?”, chiede all'improvviso, rendendosi conto
di averci pensato tutto il tempo senza esserne stato consapevole.
Le
labbra di Louis si muovono come se volessero formulare una domanda
(“Chi?”), ma Harry non gliene dà il tempo.
“Edgar
Lee Masters, Antologia
di Spoon River”,
spiega. “Baciandola
con l'anima sulle labbra, all'improvviso questa prese il volo”.
Louis
annuisce cautamente.
“Oh, certo, la poesia sul malato di cuore che muore
dopo aver dato il suo primo bacio”, osserva. “Harry, stai bene?”,
domanda un attimo dopo, mettendo una mano sulla spalla del riccio e
guardandolo con più di un briciolo di apprensione.
Harry
scoppia a ridere.
“Oddio,
sì”, lo rassicura. “Stavo pensando che nonostante abbia sempre
creduto di avere qualcosa in comune con lui, sono sopravvissuto al
mio primo bacio”.
“Quanto
sei idiota!”, esclama Louis, slanciandosi per abbracciarlo.
Harry
gli poggia le mani sui fianchi, poi, abbandonando ogni residuo di
esitazione, circonda la sua schiena con entrambe le braccia.
“Ti
amo”, afferma Louis, affondando il naso dentro il suo orecchio e
facendogli involontariamente il solletico.
Harry
non vuole lasciarlo andare mai più.
“Scusami”,
mormora. “Scusami se sono stato cattivo, se ti ho mentito, se ti ho
trattato male, se ti ho fatto credere che non mi importasse niente di
te”.
Louis
sospira ma non dice una parola. Harry se lo stringe ancora di più
contro il petto. Dio, se pensa che stava per rinunciare a tutto
questo...
“Avevo
paura e ho reagito come ho sempre fatto: scappando”, continua.
“Potrai mai perdonarmi?”.
Louis
scioglie l'abbraccio e, poggiandogli entrambe le mani sulle spalle,
lo guarda con serietà: “Sono stato male come mai in vita mia,
Harry, ma non potrei mai fartelo pesare”.
“E
invece dovresti!”, protesta Harry.
“E
che senso avrebbe? Non lo hai fatto di proposito”.
Harry
distoglie lo sguardo.
“Mi
dispiace davvero”.
Louis
gli prende una mano e la stringe tra le sue.
“Quello
che conta è che sei qui con me adesso”, dice con trasporto. “E
sei qui per restare. Giusto?”.
Per
tutto il tempo che vuoi, per sempre, se mi vorrai.
“Sono
qui per restare”, conferma Harry, la sua voce estranea alle sue
stesse orecchie. Sta succedendo veramente?
“Non
ti faccio più paura?”, domanda Louis.
Un
lampo di senso di colpa attraversa il volto di Harry.
“Non
mi hai mai fatto paura”, ammette in un attimo di
auto-consapevolezza. “Era di me che avevo paura. Che ho
paura”.
“Per
tua fortuna, io sono una persona molto coraggiosa”, dichiara
Louis. “Spero di poterti aiutare a capire che non c'è niente di
spaventoso nell'amare qualcuno e nel lasciarsi amare”.
Harry
annuisce, sopraffatto. Non è spaventato in questo momento però è
preoccupato che la paura riprenda il sopravvento, un giorno, e che
tutte le sue insicurezze rovinino quello che Louis vorrebbe costruire
per loro.
“Ti
fidi di me, Harry?”.
E
come potrebbe non fidarsi quando Louis lo sta guardando con questi
occhi?
“Sì”,
ammette. Vuole provare a fare questo atto di coraggio, per
Louis, per entrambi.
“Harry
Edward Styles", esordisce Louis
solennemente. "Alla luce di quanto dichiarato, vuoi diventare il mio ragazzo?”.
“Sei
sicuro?”, domanda Harry prima di riuscire a trattenersi.
Louis
sta chiaramente combattendo il bisogno di buttare gli occhi al cielo.
“Mai
stato più sicuro di qualcosa in vita mia”, dice quando ha finito la sua
battaglia contro le proprie espressioni facciali, optando per un
sorriso a trentadue denti. Accecante.
Harry
ridacchia.
“Okay”.
“Mi
aspettavo qualcosa di più solenne e altisonante di un okay”,
si lamenta Louis mettendo il broncio.
“Okay,
Louis William Tomlinson, voglio diventare il tuo ragazzo”, dice
Harry. “Non ti accontenti mai”.
“Ehi,
sto cercando di fare le cose per bene, io”, protesta Louis,
aggrottando le sopracciglia.
Harry
allunga una mano verso il suo viso e passa l'indice lungo le pieghe
sulla sua fronte.
“Anche
tu sei b-bello e speciale, ma probabilmente già lo sai”, sussurra
timidamente, senza riuscire a incontrare gli occhi di Louis.
“L'ho
sempre sospettato, a dire il vero”.
Harry
schiaffeggia l'altro ragazzo sulla coscia.
“Ma
modestia e umiltà non sono le tue doti principali”, scherza.
Louis
blocca la sua mano e se la porta alle labbra.
“È
per questo che ci completiamo, Harry”, mormora, semi-serio, prima
di baciarne il dorso.
Harry
è così grato al mondo per questo ragazzo e così grato a questo
ragazzo per aver scelto
lui e non aver mollato.
“Ehi,
Lou”, lo chiama, col cuore gonfio di quello che – non si può
sbagliare – è sicuro sia amore. “Anch'io potrei-anch'io sono-”.
“Anche
tu sei?”, lo incoraggia Louis, sollevando un sopracciglio,
un'espressione divertita sul volto.
“Anch'io
sonoinnamoratodite”.
Louis
è raggiante.
“Ti
chiederei di farmi lo spelling
ma non voglio infierire”.
Harry
gli getta le braccia al collo ed è così felice, perché non
ha paura. È
profondamente consapevole di tutti i punti in cui i loro corpi si
stanno toccando ma, per la prima volta nella sua vita, probabilmente,
desidera
il contatto con un altro essere umano più di quanto lo tema.
“Grazie”,
mormora, baciando Louis sulla guancia. “Grazie di esistere”.
***
NOTE:
Se
ripenso a quando vi ho detto che avrei finito questa storia in fretta
perché avevo scritto quasi tutti i capitoli mi viene da ridere. No,
non è vero mi viene da piangere perché sono una persona cattiva e
poco affidabile, CHIEDO VENIA. Ma passiamo oltre....
Questa
storia è giunta a una conclusione, finalmente. Se devo essere
sincera mi aspettavo che il capitolo venisse fuori meglio, che fosse
più lungo e dettagliato etc., però questo è quanto sono riuscita a
partorire, quindi pace.
Vi
anticipo che ci sarà un piccolo (?) capitolo extra. Non credetemi se
vi dico che lo pubblicherò presto, però lo sto scrivendo quindi,
salvo imprevisti, non dovrebbe vedere la luce il prossimo anno, ecco.
Vi
lascio il link della canzone alla quale fa riferimento Louis, I'm Yours, così
che possiate conoscerla se non la conoscete già e ascoltarla.
Secondo me è una bellissima canzone d'amore però mi mette un po' di
tristezza, anche se non so perché (onestamente non mi viene in mente
una canzone dei The Script tra quelle che conosco che non mi metta
tristezza)
Questa è la poesia citata da Harry. Non vorrei fare la maestrina, ma
leggetela. Leggete tutto il libro se potete (prima o poi,
nella vita).
Al
prossimo e (questa volta sul serio) ultimo capitolo!
|
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Capitolo 9 *** Completely mine ***
Marcel last chap
Siamo
finalmente giunti all'ultimo capitolo di questa storia. Spero che
possiate apprezzarlo, nonostante non sia esattamente “nelle mie
corde”.
Avvertimenti: salto temporale in avanti di qualche anno rispetto allo scorso capitolo,
fluff, probabili spoiler di Cime Tempestose anche se è stato
pubblicato quasi duecento anni fa, fluff, probabilmente fastidiosi
link YouTube nel bel mezzo della storia, probabile mistificazine
(uao, che parolona) di alcune tradizioni inglesi che, ahimé, conosco
poco (capirete leggendo).
Ah,
continuo ad avere difficolta col layout della pagina, perdonatemi. Non
riesco a capire perché e non imparerò mai. Spero non vi
dia fastidio (so che ve lo darà ma sono proprio incapace,
scusate).
“We
are gonna build a life together
You
and I for ever and ever
And
we'll, we'll make babies on the beach
Under
the stardust
And
I'll hear your voice come through the door
A
thousand times, maybe more
And
I'll smile inside to know you're mine
Completely”
(The
Wedding Song – Angus & Julia Stone)
Harry
è stanco, no, è più che stanco, è esausto, sfinito,
spossato e il suo unico desiderio è quello di dormire per almeno
due settimane e dimenticarsi del resto del mondo. La sessione di
esami è quasi finita, ma è proprio quel quasi che gli fa
venire voglia di strapparsi i capelli e mollare tutto. Per
fortuna – o purtroppo – lui non è uno che si arrende.
Percorrendo
il tragitto che dal campus porta agli alloggi degli studenti, Harry
si fruga nelle tasche per cercare le chiavi del piccolo appartemento
che condivide con Louis. Lui e l'altro ragazzo hanno in programma di
cenare con Zayn e Perrie, ma è tutto il pomeriggio che Harry si sta
scervellando per trovare una scusa plausibile per non andare. Magari
Louis potrebbe venirgli in soccorso, inventandosene una delle sue.
Dopotutto è lui quello bravo con le parole, con la sua quasi
laurea in Letteratura e tutto quanto. A Harry è sempre piaciuto
scribacchiare, poesie più che altro, ma è Louis che ha sempre avuto
fantasia.
Quando
Harry ha scelto il suo corso di laurea, quasi due anni prima, era
psicologicamente preparato per quello che gli sarebbe toccato –
Chimica non è una passeggiata – solo che non aveva messo in conto
la stanchezza fisica. Onestamente non si sarebbe aspettato che
otto, dieci ore di lezione al giorno, più intermibabili ore in
laboratorio sparse lungo il corso della settimana, più fare il
bucato, cucinare, rassettare, mettere a posto la casa, lo avrebbero
distrutto. Per fortuna che c'è Louis ad aiutarlo (se non
proprio con le faccende di casa, almeno ad allentare la tensione).
Massaggiandosi
gli occhi con le dita, Harry estrae le chiavi dalla borsa – erano
lì e non in tasca, dopotutto – e le inserisce nella toppa. Per un
attimo indugia con la fronte appoggiata sulla porta, ma si riprende
in fretta, per non correre il rischio di addormentarsi in piedi.
“Lou,
sono tornato!”, annuncia, appena messo piede in casa, ma non riceve
alcuna risposta. Louis sarà in camera a studiare. O a guardare
Breaking Bad, visto che è quello che fa quando vuole
rilassarsi. Harry è riuscito a togliere dalla testa di Louis l'idea
che, con le sue abilità e il proprio fiuto per gli affari, tutte e
due avrebbero potuto mettere su un laboratorio per “cucinare”
droghe se le cose con l'Università fossero andate storte.
“Vado
in bagno a togliermi le lenti a contatto che mi stanno uccidendo e
vengo da te”, continua il riccio, consapevole di non avere un
ascoltatore.
Dopo
essersi liberato di quelli che lui definisce “aggeggi infernali”
- Louis lo ha convinto a indossarli a tempo pieno – Harry si reca
in camera.
“Lou,
non trovo gli occhiali!”, esclama, aprendo la porta. La stanza è
immersa nella semi-oscurità, le persiane sono chiuse e l'unica fonte
di luce proviene da una piccola abat-jour sul comodino.
Avvicinandosi
a letto, Harry scopre che Louis sta dormendo su un fianco in
posizione fetale, una mano sotto la guancia e un libro aperto stretto
nell'altra mano.
“Louis”,
lo chiama Harry, mentre un sorriso si fa strada sul suo volto. Lui è
appena tornato da un pomeriggio infernale in biblioteca e il suo
ragazzo è qui che dorme come un angioletto, come se non avessero una
sfilza di esami da preparare in tempo record. Però Louis è così
tenero, mentre russa leggermente, come un bambino, pacificamente
appisolato come se non avesse alcuna preoccupazione al mondo.
Harry
si inginocchia per essere all'altezza del viso di Louis e riuscire a
vederlo meglio. Lo sveglierebbe con un bacio sulle labbra, a mo' di
principe Filippo che sveglia da un sonno secolare la sua Bella
Addormentata, se Louis non avesse un filo di bava che gli cola da un
angolo della bocca.
Il
riccio ridacchia, estasiato dalla visione che ha davanti agli occhi,
prima di sporgersi verso l'altro ragazzo e baciarlo sul naso.
Louis
si sveglia di soprassalto – Harry fa appena in tempo a spostarsi
per evitare di beccarsi una testata sul mento – e, dopo essersi messo a
sedere, si asciuga la saliva col dorso della mano, osservando Harry
con un'espressione offesa.
“Stavo
dormendo”, piagnucola.
“L'ho
visto”, replica Harry con un sorriso. “Non dovevi studiare?”.
“Stavo
studiando!”, protesta Louis, sventolandogli il libro che ancora
stringe in mano davanti alla faccia.
Harry
poggia le braccia sul letto, intreccia le mani e ci si appoggia col
mento.
“Cime
Tempestose è nel programma d'esame?”, domanda, tenendo gli
occhi semi-chiusi per mettere meglio a fuoco il ragazzo davanti a sé.
Louis
annuisce.
“Devo
scrivere un saggio sul significato della brughiera e-”. Il ragazzo
sbuffa e si lascia di nuovo cadere su un fianco. “Non ne ho voglia,
Haz. Non ne ho dannatamente voglia”.
“Hai
visto i miei occhiali?”, chiede Harry che non ne può più di
strizzare gli occhi e di vedere Louis come un ammasso di colori senza
contorni.
“Sono
dove li lasci sempre, sul lavandino. Sei proprio cieco tu, eh?”,
risponde prontamente Louis. “E grazie per la considerazione, ti
stavo raccontando le mie disgrazie e tu pensi ai tuoi occhiali!”.
Harry
ride e scuote il capo.
“Fammi
spazio”, ordina, mettendosi in piedi. Non ha voglia di trascinarsi
di nuovo fino al bagno, e poi, se tutto va come deve andare, tra poco
si sarà addormentato e gli occhiali per dormire, fortunatamente, non
gli servono.
Louis
si sposta verso il centro del letto, senza cambiare posizione. Harry
si stende accanto a lui, dandogli le spalle.
“Devo
continuare a parlare con la tua nuca?”, domanda Louis.
“Mh-mh”,
replica il riccio, cercando a tentoni dietro di sè il braccio
dell'altro ragazzo e avvolgendoselo intorno al petto. “Parla pure,
ti ascolto con le orecchie, non con gli occhi. E poi, comunque, non
ci vedo”.
Louis
si fa più vicino, aderendo col petto alla schiena di Harry e
infilando una gamba in mezzo a quelle del suo ragazzo.
“Comodo?”,
mormora.
“Sì”,
sospira Harry, soddisfatto. “Dicevi?”.
“Dicevo
che non ho voglia di scrivere questo saggio”, continuna Louis come
se non vedesse l'ora di riprendere il discorso. “E poi odio
Heathcliff”.
“Heathcliff
è sexy”, mormora Harry, chiudendo gli occhi.
“Heathcliff
è un pazzo furioso!”, esclama Louis, con tale foga che a Harry
prende quasi un colpo. “E Catherine è una psicopatica con manie di
controllo!”.
“Non
ti piace proprio questo libro, eh?”, mugugna il riccio.
“No,
al contrario, lo adoro”, dice Louis con trasporto. “Solo
che ho qualcosa da ridire su come Heathcliff e Catherine abbiano
gestito la loro relazione”
Harry
ridacchia.
“Quiei
due sono pazzi e scusami se non ci trovo niente di romantico nel modo
in cui si sono distrutti a vicenda”, insiste Louis.
“Sono
pazzamente innamorati”, offre Harry che è sempre uno che cerca di
trovare il lato positivo nelle cose.
“Anche
io sono pazzamente innamorato di te, ma non per questo la
nostra deve essere una storia d'amore tragica”, ribatte Louis. “Più
che pazzi d'amore loro sono pazzi e basta, secondo me. Tutto questo
amore sprecato...”.
“Triste,
vero?”, mormora Harry, sonnecchiante, giocherellando con le dita di
Louis.
“Devastante”,
risponde accorato l'altro ragazzo. “Questo libro è snervante. Non
ho mai letto un libro che mi abbia fatto sentire più...impotente
di questo. Sei costretto ad assistere allo spettacolo di Heathcliff e
Catherine che volontariamente sabotano la loro felicità e non
puoi farci niente”.
“Non
puoi mai farci niente, quando leggi un libro”, replica
Harry. “Che tu lo voglia o no, devi accettare il destino che
l'autore ha scelto per i suoi personaggi”.
Louis
sospira contro la nuca di Harry, provocandogli la pelle d'oca.
“Però
speri sempre in un lieto fine, no?”.
“Nella
vita come nella letteratura il lieto fine non è assicurato, lo sai”.
Louis
esita un attimo.
“Non
è per questo che leggiamo? Perché abbiamo bisogno del nostro lieto
fine assicurato?”.
Sentendo
il fiato caldo di Louis sulla pelle e la pressione del suo
braccio sul petto, Harry ha la certezza di aver già trovato
il suo lieto fine.
“Credo
che ognuno abbia un motivo diverso, se per leggere ci sia bisogno di
un motivo, si intende”, replica Harry. Per essere uno che ha
studiato fino a mezz'ora prima e che rischia di crollare addormentato
da un momento all'altro, ha un cervello piuttosto sveglio. “I
miei libri preferiti, per esempio, hanno tutti un finale triste”.
“Questo
succede perché sei una persona cattiva, Harry, che augura ai
personaggi di un libro tutto il male del mondo”, lo prende in giro
Louis, stringendoselo al petto.
“Allora
è colpa mia se Heatcliff e Catherine non riescono a coronare il loro
sogno d'amore?”.
“No,
è solo colpa di Emily Brontë che era una zitella acida”, replica
Louis.
Harry
ride silenziosamente, troppo stanco pure per trovare la forza di
manifestare come si deve la propria ilarità.
“Scherzo,
amo Emily”, aggiunge subito dopo Louis. “Solo che darei qualunque
cosa pur di non scrivere questo saggio. Scrivilo tu per me”.
Harry
alza gli occhi al cielo. Inutilmente, visto che Louis non può
vederlo.
“E
tu prepara l'esame di Biochimica per me”, gli fa eco
prontamente.
Louis
appoggia la fronte sulla sua spalla, emettendo un lamento di
frustrazione.
“Non
vedo l'ora che arrivi il giorno del matrimonio, almeno avremmo finito
con gli esami”.
Harry
accarezza le dita ossute del suo ragazzo, dalla base fino alla punta.
Quando se le avvicina al viso – per indagare sul motivo per cui
sembrino macchiate di qualcosa – scopre che è gli rimasta una
traccia di inchiostro sui polpastrelli. A lui succede spesso quando
legge, che l'inchiostro della pagina stampata gli sporchi le dita.
Gli è sempre piaciuta l'idea che i libri possano lasciare una
traccia sulla pelle, per quanto labile. È
come se si instaurasse un'ulteriore connessione
tra lui e loro.
“Mi
fai il solletico”, mormora Louis.
“Mh-mh”,
replica Harry noncurante, continuando a giocherellare con le sue
dita.
In
due anni di relazione con Louis, Harry ha fatto passi da gigante nel
campo del contatto fisico.
All'inizio è stato difficile lasciarsi andare, ma Louis non gli ha
mai, mai
fatto pressioni di alcun genere. Ci hanno messo due mesi prima di
scambiarsi qualcosa di più di un semplice bacio, e nove mesi prima
di fare l'amore. A Harry serviva tempo per ottenere fiducia in Louis
e soprattutto in sé stesso e Louis ha saputo aspettare senza
mettergli alcuna urgenza. Harry non poteva trovare persona migliore.
Certo,
agli occhi di chi non è Louis, Harry può sembrare ancora il solito
ragazzo freddo e impacciato, però se si guarda alle piccole
cose il cambiamento è
evidente: quegli abbracci che ogni tanto regala al suo migliore amico
– Zayn se ne stupisce ogni volta - e i ti
voglio bene che
dispensa ai suoi cari ne sono la prova. Louis lo ha aiutato a trovare
un equilibrio e a superare le sue paure e insicurezze, proprio come
aveva promesso di fare e non passa giorno che Harry non gliene sia
grato. Non è che l'altro ragazzo lo abbia cambiato,
gli ha solo dato una mano per far emergere la persona che si celava
dietro Marcel.
“Hai
deciso che camicia indossare per il matrimonio?”, domanda il riccio
dopo qualche istante di silenzio, più che altro per il timore che
l'altro si sia addormentato. E no, questo non può succedere se lui
è ancora sveglio.
“La
tua,
no?”, replica Louis, dimostrandogli di essere ancora vigile.
“Dopotutto l'ho comprata io”.
Da
quando Harry ha deciso di dare un tocco più moderno al suo
guardaroba, Louis è diventato una sorta di personal stylist
per lui. Harry non glielo lascia fare perché la parola di Louis è
legge ma perché lui stesso è pigro e preferisce lasciarsi
guidare dal fiuto di qualcun altro piuttosto che scervellarsi a
trovare un abbinameno adeguato o un capo di abbigliamento che non gli
stia tre volte più grande.
“Mi
sembra la scelta migliore, visto che non abbiamo tempo per fare
shopping, impegnati con lo studio come siamo”, concorda.
“Non
abbiamo tempo per fare niente”, protesta Louis, facendo
scivolare una mano verso l'addome di Harry in maniera allusiva.
Il
riccio scoppia a ridere e gli blocca il polso.
“Dove
credi di andare?”.
Louis
gli morde una spalla. Harry sente la puntura dei suoi denti
attraverso la maglia e stringe la presa sul suo polso, riportandolo
all'altezza del proprio petto.
“Adesso
ho troppo sonno per fare qualunque cosa”, borbotta,
tracciando i contorni della corda tatuata sul polso di Louis con le
dita.
Questo
è solo uno dei tatuaggi di Louis che si “abbina” a uno di Harry.
I loro corpi raccontano la loro storia d'amore meglio di come
potrebbe fare qualunque libro. Contrariamente a quanto ci si aspetti,
è stato Harry il primo a entrare nel tunnel dei tatuaggi. Louis lo
ha seguito a ruota e adesso i due hanno ingaggiato una specie di gara
a chi ne ha di più. Harry è attualmente in vantaggio.
“L'università
sta logorando la nostra vita sessuale. Dovremmo sporgere denuncia”,
si lamenta Louis.
Harry
ride.
“Fai
pure”, lo incoraggia. “Poi fammi sapere come va a finire”.
Louis
lo bacia sulla nuca.
“D'accordo”.
Harry
sbatte le palpebre ripetutamente, per combattere la tentazione di
chiuderli e addormentarsi. Sta
così comodo, col corpo dell'altro ragazzo a fargli da coperta e il
suo respiro a cullarlo.
“Harry?”, lo chiama
Louis dopo qualche secondo, allarmato.
Harry si irrigidisce
immediatamente.
“Sì?”.
“Dimmi che non è
stasera la cena con Zayn e Perrie”.
“Te
lo direi volentieri, Lou, ma è proprio
stasera”.
Louis
si lascia sfuggire un verso che è quasi un ruggito. Harry lo sente
vibrare nella propria cassa toracica.
“Dobbiamo
inventarci qualcosa, non ho voglia di andarci”, piagnucola l'altro
ragazzo.
Harry
è felice che lui e Louis siano così in armonia da desiderare – o
non desiderare – le stesse cose.
“Pensa
a una scusa”.
Louis
poggia il mento sulla spalla di Harry e la sua barba di una settimana
gli punge la pelle.
“Potremmo
dirgli che abbiamo contratto una malattia altamente contagiosa e non
possiamo uscire perché il rischio di contagiare qualcuno è
veramente alto”, suggerisce. “Oppure potremmo inventarci
l'improvviso decesso di un nostro prozìo a caso”.
Harry
sospira, improvvisamente pervaso dal senso di colpa.
“Oppure
potremmo dire la verità”, afferma. “Cioè che siamo stanchi e
preferiremmo rimanere a casa”.
“Ci
odieranno per sempre”.
“L'onestà
è sempre la soluzione migliore”.
“Hai
ragione, saggio Harold”, ammette Louis. “Manda un sms a Zayn”.
Harry
corruga la fronte.
“Perché
io?”.
“Zayn
è il tuo miglioe amico”.
“E
Liam è il tuo ma avresti fatto comunqe disdire me”.
Louis
grugnisce.
“Ok,
gli scrivo io”, si arrende. “Dammi cinque minuti e vado a
prendere il cellulare”.
Harry
sorride.
“E
già che ci sei ordina una pizza che non ho voglia di cucinare”.
Louis
lo morde di nuovo sulla spalla.
“Cosa
faresti se non ci fossi io?”.
“Probabilmente
starei già dormendo come sogno di fare da quando sono tornato a
casa”.
Louis
si solleva su un gomito improvvisamente e afferra il viso di Harry
con una mano, obbligandolo a voltarsi verso di lui.
“Scusami
se sono un ostacolo al tuo riposo”, scherza, prima di stampargli
un bacio sulla bocca. “Mi tolgo dai piedi così puoi dormire”.
Harry
arriccia il naso.
“No,
cretino, dobbiamo mangiare prima”.
La
presa di Louis è ancora salda sul suo viso e Harry comincia a fare
male il collo.
“Avverto
Zayn e chiamo la pizzeria”, lo rassicura Louis. “Ti amo”,
conclude con un ultimo bacio prima di lasciarlo andare.
C'era
una volta, i primi tempi, in cui Harry rispondeva a ogni ti amo
di Louis con un impersonale idem o anch'io, quando era
ancora restìo a manifestare vocalmente i propri sentimenti,
preoccupato di rendersi troppo vulnerabile. Ma quei tempi sono
finiti e non c'è niente che lo trattenga adesso dall'aprire il suo
cuore.
“Ti
amo”, replica infatti senza esitazione. “Adesso vacci a procurare
la cena”.
*
Il
fatto che Louis sia nervoso sta rendendo Harry nervoso.
“Ehi,
Lou”. Il riccio attira l'attenzione del proprio ragazzo toccandogli
un gomito. “Calmati, andrà tutto bene”.
Louis
si sbottona l'unico bottone della giacca poi, ripensandoci, lo
riabbottona.
“Oggi
è un giorno importante”, afferma. “Come sono i miei capelli?”.
Harry
rimane perfettamente immobile per qualche secondo mentre Louis cerca
di specchiarsi nei suoi occhiali da sole.
“I
tuoi capelli sono perfetti, Lou”, dichiara, afferrandogli le
spalle. “Non c'è niente che non vada in loro. O in te”.
Louis
chiude gli occhi, inspira ed espira.
“Va
meglio?”, domanda Harry.
“No,
voglio vomitare”.
Harry
gli prende il viso tra le mani. La pelle di Louis non è mai stata
così liscia. Ci voleva un matrimonio per farlo sbarbare
completamente.
“Non
ti sembra di stare esagerando?”.
Louis
cerca di evitare gli occhi di Harry.
“Oggi
è un giorno importante”, ripete. “Aspetta, non è che la giacca
mi sta troppo corta dietro?”.
Harry
grugnisce mentre Louis si divincola dalla sua presa e si volta
affinché lui possa esaminare la lunghezza della giacca. Il riccio si
gode per un istante l'immagine del sedere del suo ragazzo fasciato
nei pantaloni eleganti che Louis ha scelto per il matrimonio, prima
di rispondere.
“Non
è troppo corta”, dice seccamente. “Altre paranoie?”.
Louis
si rigira, sconsolato.
“Ho
la nausea, forse ho bevuto troppo all'addio al celibato”.
Harry
si passa una mano sul viso.
“È
stato due giorni fa”.
Louis
si asciuga i palmi delle mani sui pantaloni.
“Mi
ami?”, domanda con un filo di voce.
Harry
solleva un sopracciglio.
“Ti
sembrano domande da fare?”.
Louis
fa un passo verso di lui e gli afferra tutte e due le mani.
“Rispondimi”.
Harry
getta gli occhi al cielo.
“Certo
che ti amo, non c'è biso-”.
Louis
lo sorprende con un bacio, mettendolo a tacere. Harry gli poggia le
mani sui fianchi per non rischiare di essere sbilanciato
all'indietro.
“Perfetto”,
sussurra l'altro ragazzo, posando la testa sulla sua spalla. “Avevo
bisogno di sentirtelo dire”.
Harry
ridacchia, passandogli una mano tra i capelli. Louis si allontana
improvvisamente.
“Mi
spettini”, si giustifica.
Harry
si morde la lingua per non imprecare.
“Sei
insopportabile”.
“Però
mi ami lo stesso, giusto?”.
“Non
sarei qui con te a sorbirmi le tue paranoie se non ti amassi,
giusto?”.
Louis
fa un sorriso tirato.
“Okay”.
“Perché
hai questi dubbi proprio oggi?”, domanda Harry. L'altro ragazzo non
è mai stato così insicuro, qualcosa non va.
Louis
si stringe nelle spalle.
“Che
ne dici di sbottonare questa camicia, Harold?”, propone, cambiando
discorso.
Harry
si porta istintivamente le mani al petto quando Louis allunga le
proprie verso la sua camicia.
“Sbottonare?”,
gli fa eco. “Non esiste che io entri in chiesa con le tette al
vento”.
Louis
scoppia a ridere e Harry si sente sollevato. La tensione non ha
abbandonato le spalle dell'altro ragazzo ma con la sua risata sembra
averne rilasciato un po'.
“Aprila
almeno durante il ricevimento”, implora.
Harry
non è sicuro che andarsene in giro con la camicia aperta a un
matrimonio sia di buon gusto. Il suo stesso outfit –
assemblato da Louis – gli sembra già abbastanza fuori luogo.
Potesse almeno liberarsi della sciarpa! Ma gliel'ha regalata la madre
di Louis quindi è fuori discussione.
“Louis,
Hazza!”, esclama una voce.
Harry
osserva Perrie incedere verso di loro, una mano a tenere il vestito
per evitare che strofini per terra e l'altra a schermarsi il viso
affinché le piume del suo fascinator non le cadano sugli
occhi.
“Bel
cappello, Harry”, commenta la ragazza quando li raggiunge,
leggermente a corto di fiato.
“Uhm,
grazie”, replica il riccio, che odia il suo cappello ma che
si rifiuta di togliere perché lo protegge dal sole. Almeno una parte del suo abbigliamento si sta rivelando utile sotto il sole di Luglio.
“Louis,
tu non dovresti essere da qualche altra parte a fare qualche altra
cosa?”, domanda la bionda, il cui rossetto rosso dona al suo viso
un'aria aggressiva.
“Tipo?”,
ribatte Louis, sulla difensiva.
“Tipo
supportare Liam nei suoi ultimi minuti da uomo libero?”.
L'espressione
di Louis è quasi sofferente.
“Andrà
tutto bene”, ripete Harry per l'ennesima volta.
L'altro
ragazzo si mette gli occhiali da sole sul naso ed esibisce
un'espressione decisa. La sua trasformazione in una sorta di James Bond
determinato a far funzionare il matrimonio del proprio migliore amico
ha richiesto solo qualche secondo e un paio di Ray-Ban.
“Ok,
raggiungo il mio uomo”, dichiara. “Ci vediamo in chiesa”.
“Ehi,
credevo di essere io il tuo uomo!”, protesta Harry.
Louis
si solleva sulle punte e gli stampa un bacio sulla bocca.
“La
gelosia ti dona”, osserva. “A dopo, ti amo”.
“Non
sono geloso”, borbotta Harry, parlando alla sua schiena.
“Sbaglio
o Louis è un po' acidello oggi?”, domanda Perrie, tirandosi su il
vestito e mettendo in mostra i suoi tacchi vertiginosi. Perché abbia
scelto un abito così lungo è incomprensibile a Harry.
“È
solo...nervoso”, ribatte il riccio, scrollando le spalle. O almeno
questo è quello che gli piace ripetersi. L'atteggiamento di Louis
gli ha fatto annodare lo stomaco in maniera spiacevole.
“Neanche
dovesse sposarsi lui!”, esclama la ragazza.
“Sì,
ma Louis è il testimone dello sposo, è normale che sia un po' in
ansia. Credo”, mormora, incerto.
“Tra
un po' tocca a te, lo sai?”, squittisce Perrie agitandogli il suo
anello di fidanzamento sotto il naso.
“Questo
lo dici tu”, replica Harry. “Zayn non mi ha mai chiesto di
fargli da testimone”.
“Non
te lo ha ancora chiesto, vuoi dire”, lo corregge Perrie,
arricciando le labbra. “Chi altri potrebbe scegliere? Sei tu il suo
migliore amico”.
Harry
non sa cosa rispondere all'obiezione della ragazza.
“Accompagnami
da Zayn e Niall”, ordina Perrie, prendendolo sotto braccio.
“Dove
sono?”.
“All'ingresso
della chiesa. Li ho lasciati lì a parlare con Andy”.
Harry
la scorta lungo il prato guardando ostinatamente per terra, per paura
di calpestarle accidentalmente il vestito.
“Ehi,
guardate chi vi ho portato?”, annuncia la bionda, sventolando una
mano verso il suo ragazzo e l'irlandese.
Zayn
e Niall si voltano verso di loro. Il moro piega la testa di lato,
accigliato.
“Amico,
come diavolo ti sei conciato?”.
Harry
si sente avvampare. Già di per sé non si sente granchè a suo agio
con il proprio abbigliamento, se poi qualcuno gli fa notare di essere
conciato come un hipster scappato da un manicomio (di hipster) la
situazione non può che peggiorare. Ammettere che è stato Louis a
scegliere i suoi vestiti, però, lo metterebbe ancora di più in
imbarazzo.
“Dai,
non è male”, interviene Niall, il cui abbigliamento formale –
con tanto di giacca e cravatta – rende Harry ancora più
consapevole di essere un tantino fuori luogo col suo cappello da
ebreo ortodosso, il suo foulard vagamente femminile e i suoi stivali
da motociclista.
“Sicuro
di non esserti buttato nell'armadio stamattina ed esserne uscito con
le prime cose che ti sono rimaste attaccate addosso?”, lo prende in
giro Zayn.
“Zayn,
piantala”, lo rimprovera Perrie. “Smettila di prenderti
gioco dell'eccentricità del nostro Harold”.
Harry
le lancia uno sguardo di disapprovazione.
“Così
non aiuti”.
Niall
scoppia a ridere e Perrie stringe le labbra per evitare di emularlo.
Harry
era convinto che, da qualche parte, nel manuale del “buon amico”
ci fosse scritto che gli amici vanno supportati in tutto e per tutto
e soprattutto non vanno presi per il culo nei momenti di maggiore debolezza.
Ma forse i suoi di amici non lo hanno mai letto. E se lo hanno
fatto lo hanno sicuramente dimenticato.
“Andy
ci ha detto che dovremmo entrare in chiesa”, li informa Zayn. “La
sposa dovrebbe arrivare tra poco e Liam è già dentro”.
Con
uno scatto che fa temere a Harry che con i tacchi che indossa avrebbe
potuto prendere una storta, Perrie li supera.
“Potevi
dirlo prima!”, si lamenta. “Sbrigatevi!”.
Harry,
Zayn e Niall le arrancano dietro mentre Perrie percorre la navata
principale – i suoi tacchi fanno un rumore che attrae l'attenzione
di tutti – fino alla panca in terza fila indicata loro dall'usciere, Andy, appunto. La
chiesa è adornata di fiori bianchi e profumati, in maniera sobria e
non pomposa. Di pomposo però ci sono i cappelli di alcune
delle invitate sedute proprio davanti a loro quattro.
Liberandosi
del proprio di copricapo, Harry rivolge la sua attenzione all'altare,
dove Louis sta parlando all'orecchio di Liam. Quest'ultimo ha le mani
giunte dietro la schiena e, a giudicare da come le stringe, sembra
terrorizzato.
Sentendosi
gli occhi di Harry addosso, Louis si volta a guardarlo. Il riccio gli
sorride incoraggiante e l'altro ragazzo gli rivolge un cenno del capo
per poi girarsi di nuovo verso lo sposo. Tutto qui?
“Secondo
me Louis vuole lasciarmi”, è la frase che sfugge dalle labbra di
Harry quando il nodo che Louis gli ha annodato allo stomaco diventa
troppo stretto.
“Che
cazzo dici?”, esclama Perrie al suo fianco, facendo voltare quasi
tutta la fila davanti.
Harry
le lancia uno sguardo shockato, più per l'epifania che ha appena
avuto che per l'esternazione della ragazza.
“Perrie,
siamo in chiesa, per dio!”, sussurra Zayn, peggiorando la
situazione con la sua imprecazione. Gli invitati della fila davanti –
tutti parenti di Liam – continuano a rivolgere sguardi di
disapprovazione al loro indirizzo.
“State
dando spettacolo”, li avverte Niall.
“Harry
dice caz-volate”, si giustifica Perrie.
“Louis
è convinto che non lo ami abbastanza e ha capito che non vale la
pena stare con me e vuole lasciarmi”, piagnucola Harry.
Il
matrimonio del migliore amico del proprio ragazzo non è il posto –
o il momento – ideale per avere una crisi,
ma Harry non può farci niente. È
iniziata.
“Harry,
sei proprio un coglione”, dice Perrie, mollandogli un pugno sul
braccio.
“Oh
mio dio”, geme Harry prendendosi la testa fra le mani. Era solo
questione di tempo prima che Louis si accorgesse che lui fosse una
causa persa.
Tuttavia, non capisce dove
abbia sbagliato e cosa
abbia fatto esattamente per dare al suo ragazzo l'impressione di non
amarlo abbastanza.
“Potreste
evitare di usare certi termini in un luogo sacro?”,
interviene una voce, appartenente a una donna della fila davanti, che
si è voltata con tutto il corpo e che adesso li sta guardando
dall'alto in basso.
“Mi
perdoni, signora, ma la situazione è tragica”, afferma
Perrie, pallida in volto.
“Posso
sapere qual è il tuo problema?”, domanda Zayn, scavalcando la sua
ragazza e afferrando Harry per una manica.
“Harry
è impazzito”, lo informa Perrie.
“Impazzito
in che senso?”, si intromette Niall, sbucando oltre la spalla di
Zayn.
“Ti
ricordi quando ci ha comunicato la sua decisione di votarsi a una
vita di castità permanente perché pensava che non sarebbe mai
riuscito ad andare a letto con Louis?”, risponde la ragazza. “
Questa volta è peggio”.
Stavolta
sono in tre a voltarsi, due donne e un uomo. Harry sarebbe
mortalmente in imbarazzo se non fosse che ha altre preoccupazioni ad
affliggerlo.
“Usciamo
un attimo”, propone Niall.
“Il
matrimonio sta per iniziare”, afferma Zayn.
“Harry
ha perso il senno”, dice Perrie. “Dobbiamo intervenire”.
Niall
scatta in piedi e, chiedendo scusa a tutte le persone sedute sulla
loro stessa panca, si fa strada verso la navata laterale.
Perrie
e Zayn trascinano Harry fuori dalla chiesa.
“Se
mi fai perdere l'ingresso della sposa ti uccido”, minaccia Perrie.
“Nessuno
vi ha chiesto di mettere su una squadra di pronto intervento”,
sbotta Harry che è già abbastanza fuori di sè per aver realizzato
che la sua relazione è agli sgoccioli. L'unico amore della sua vita
vuole lasciarlo, come potrà andare avanti?
Perrie
lo colpisce in testa con la borsetta.
“Allora,
che cosa si è inventato questa volta?”, domanda Niall, guardando
Harry come se fosse mentalmente instabile.
“Questo
deficiente si è convinto che Louis voglia lasciarlo”, lo informa
Perrie.
Zayn
scoppia a ridere. Harry è nel bel mezzo della crisi esistenziale più
grave della propria vita e il suo migliore amico gli ride in
faccia?
“Zayn”,
lo chiama Perrie a mezza bocca.
L'altro
ragazzo è piegato in due dalle risate.
“Voglio
andare a casa”, annuncia Harry.
“Tu
non vai da nessuna parte”, sentenzia Perrie, afferrandolo per un
braccio.
“Hai
sbattuto la testa?”, domanda Niall, seriamente preoccupato.
“Niall,
avresti dovuto vederlo, Louis oggi è stranissimo”,
piagnucola Harry. “Non so cosa ho fatto, ma credo gli siano venuti
dei dubbi e penso che voglia lasciarmi”.
Il
riccio è consapevole di sembrare un pazzo vaneggiante ma è
terrorizzato, non ha mai avuto tanta paura nella sua vita. Niente può
competere col terrore di perdere la persona che più si ama al mondo.
Perrie
si aggrappa al braccio di Niall – Zayn ha ancora un ghigno dipinto
sul volto e sembra ancora più matto di Harry – e sospira.
“Harry,
Louis ti ama più della sua stessa vita, cazzo”, afferma
l'irlandese. “Anche un cieco lo vedrebbe”.
“Appunto
per questo non può più stare con me”, ribatte Harry. “Il
problema sono io che non sono in grado di amarlo come si deve”.
Niall
lo fissa in silenzio, a corto di parole.
“Probabilmente
questo matrimonio gli ha fatto capire che io e lui non possiamo
funzionare”, continua Harry. “Lui merita qualcuno che lo ami come
Sophia ama Liam”.
“E
cioè?”, interviene Perrie.
“Come
una persona normale ama un'altra persona normale”.
“Ricomincia
con questa storia”, borbotta Zayn, accendendosi una sigaretta.
“Pensavo avesse superato questa fase”.
“Perché,
tu come lo ami Louis?”, indaga Perrie.
“Pazzamente”.
In
fin dei conti, pensa Harry, la storia d'amore tra lui e Louis è
tragica come quella di Heathcliff e Catherine e, come la loro, non è
destinata ad avere un lieto fine.
“Fammi
capire, secondo la tua logica Louis dovrebbe lasciarti perché lo ami
troppo?”, domanda Niall.
“No,
perché lo amo male!”, esclama Harry.
“Che
cazzo vuol dire?”, insiste l'irlandese.
“Non
lo so”, mormora Harry. Ed è vero, non ha la più pallida idea di
cosa sia andato storto ma qualcosa è decisamente andato
storto.
“Perrie,
dammi la borsetta”, ordina Niall.
Harry,
per un attimo, teme che il suo amico voglia dargliela in testa, ma
l'altro ragazzo la apre e ne tira fuori una fiaschetta.
“Bevi,
ne hai bisogno”.
Harry
guarda la fiaschetta con orrore.
“Come
potrebbe aiutarmi?”.
“Fidati,
l'alcool aiuta sempre”.
Harry
ingolla un sorso di quello che sembra essere rum e si sente un po'
meglio. O, comunque, non è più sull'orlo dello svenimento.
“Harry,
ascoltami bene”, gli intima Zayn, schiacciando col piede il
mozzicone di sigaretta. “Louis non ti lascerà mai,
capito? Mai. Fidati di me, che sono il tuo migliore amico e
non ti ho mai detto una bugia in vita mia. E adesso, per favore,
rientriamo che è arrivata la macchina della sposa”.
Il
muso di un automobile è appena sbucato alla fine del vialetto. È
solo questione di minuti prima che il mezzo giunga all'ingresso della
chiesa.
Perrie
si morde le unghie, chiaramente combattuta tra il tornare subito in
chiesa e mollarli tutti lì e rimanere a supportare il suo amico.
Quando si rende conto di essersi sporcata le dita di rossetto,
impreca.
“Sei
sicuro?”, mormora Harry senza staccare gli occhi dal proprio
migliore amico.
Zayn
lo fissa, serio e irremovibile.
“Te
lo prometto, Harry”.
Qualcosa
nello sguardo e nel tono dell'altro ragazzo fa sì che il corpo di
Harry venga attraversato da un'ondata di sollievo.
“Ok”.
“Perfetto,
disastro scampato, possiamo rientrare?”, implora Perrie.
Harry
monitora con la coda dell'occhio l'avanzare dell'auto.
“Posso
avere un altro sorso di quello prima?”.
Perrie
strappa dalle mani di Niall la fiaschetta e se la rimette in borsa.
“No,
andiamo dentro!”, ordina. “Adesso”.
Con
un ultima pacca sulla spalla di Harry, Zayn lo congeda e si affretta
dietro alla propria ragazza, che in poche falcate supera la soglia
della chiesa e sparisce dalla sua vista.
“Se
non ti va di entrare adesso posso rimanere qui fuori con te per un
po'”, offre Niall.
Il
rumore del freno a mano risveglia Harry dal suo stato di trance.
“No,
tranquillo, sto meglio, andiamo”.
Ed
è vero che Harry si sente meglio, anche se i capelli sulla sua nuca
sono umidi di sudore, per l'ansia e la corsa fuori - e dentro - la
chiesa. Lui e Niall non fanno neanche in tempo a risedersi sulla
panca che le note della Marcia Nuziale di Mendelssohn annunciano agli invitati
l'imminente ingresso della sposa, imponendo a tutti di alzarsi in
piedi.
Harry
non può impedirsi di sentirsi un po' in colpa per aver allarmato i
suoi amici, mentre osserva Perrie – il rossetto leggermente sbavato
e qualche ciuffo di capelli fuori posto – che ha lo sguardo
ostinatamente rivolto verso l'entrata. Il suo momento di panico gli
sembra improvvisamente stupido e immotivato, anche se la stretta allo
stomaco non si è del tutto allentata. C'è comunque qualcosa
che non va in Louis e lo stress per essere il testimone dello sposo
giustifica solo in parte il suo strano atteggiamento.
Quando
Sophia mette piede dentro la chiesa, a braccetto del padre e col suo
seguito di damigelle e paggetti, Harry sente Niall fremere al suo
fianco.
“Chi
è quella?”, domanda.
Harry
è sul punto di rispondere “la sposa, cretino”, prima di rendersi
conto che il suo amico non si sta riferendo a lei.
“La Damigella d'Onore”, replica, seguendo il suo sguardo. “Credo sia
la sua migliore amica”.
“Accidenti”,
mormora Niall e Harry è sicuro che abbia fatto un grande sforzo
per non usare un imprecazione più colorita. “Come si chiama?”.
“Barbara,
è una mo-”.
Perrie
lo zittisce prima che Harry possa finire la frase.
Sophia
non è solo bella ma è raggiante.
Sembra che un alone dorato le circondi il capo e le faccia
risplendere il viso. I capelli sciolti le ricadono sulle spalle nude
e a ogni passo la gonna del suo abito di raso color avorio ondeggia
dolcemente. È una visione
che commuove.
Harry
rivolge uno sguardo allo sposo: il volto di Liam esprime un
caleidoscopio di emozioni. Tra queste, prevalgono orgoglio e
incredulità. Il riccio riporta l'attenzione su Sophia, i cui
occhi sono fissi sulla figura dell'uomo che la aspetta all'altare. Il
suo brillare non è dovuto ai gioielli, al vestito o alla luce, ma nasce dal desiderio di congiungersi all'uomo che ama e alla
prospettiva di ciò che li aspetta. Harry si è sempre domandato cosa
rendesse gli sposi così belli ai matrimoni e adesso crede di
aver trovato la risposta.
Osservando
le peonie del bouquet di Sophia, si domanda che profumo abbiano. Non
si ricorda se ha mai avuto l'opportunità di annusarle.
“Penso
di essere diventata lesbica”, afferma Perrie a un certo punto,
sovrappensiero, con un tono di voce abbastanza sostenuto da farsi
udire da un po' di gente. Qualcuno - Harry non è sicuro se della
fila davanti o di quella di dietro – tossicchia.
“Potevi
pensarci prima”, ribatte Zayn, mentre Niall se la ride.
“Sul
serio, l'hai vista?”, insiste Perrie, indicando la sposa col mento.
“Mi
dispiace, ma è già impegnata”, replica Zayn, scrollando le
spalle.
I
colpi di tosse diventano più insistenti.
“Dateci
un taglio”, prega Harry. È
un miracolo se non li abbiano già buttati fuori dalla chiesa.
“Devo
farmi presentare quella Barbara”, afferma Niall.
“Chi?”,
domanda Zayn.
“Ragazzi”,
implora Harry.
Quando
Sophia raggiunge Liam all'altare, questi si sporge in avanti, come se
volesse baciarla, si rende conto dell'errore, fa un passo indietro,
inciampa. In chiesa scoppia un boato di risa.
Sophia
si nasconde il viso dietro al bouquet, ridendo garbatamente, poi
allunga una mano per stabilizzare il suo futuro marito.
Louis
si volta verso il quartetto e fa l'occhiolino a Harry. Questi
avvampa. So
quello che stai pensando, vorrebbe dirgli. Forse la sua crisi di
prima è stata davvero insensata. Forse Harry ha qualcosa che non va
nel cervello.
“Se
tu facessi una cosa del genere il giorno del nostro matrimonio ti
mollerei sull'altare”, afferma Perrie all'indirizzo del suo
fidanzato, nascondendo la minaccia dietro un sorriso.
“Prendo
nota, grazie”, ribatte Zayn, chinando il capo.
Perrie
gli poggia una mano sulla spalla e si sporge per parlargli
all'orecchio.
“Stavo
scherzando”, sussurra. “Me la vedrei con te dopo la
cerimonia”.
“Uh-uh”,
fischia Niall, col risultato di attirare l'attenzione di sposi,
testimoni, damigelle e via dicendo.
“Non
badate a me, iniziate pure!”, esclama, rosso come un pomodoro.
Sophia
e Liam scrollano le spalle e Barbara ride. Un punto per Niall.
“Vi
odio”, borbotta, rivolgendosi a Zayn e Perrie.
Harry
gli dà di gomito.
“Almeno
ti sei fatto notare da qualcuno”.
“Bella
figura di merda!”, esclama l'irlandese. Questa volta ci manca poco
che qualcuno degli invitati gli lanci in testa il libro delle
preghiere.
*
Harry
sta ancora cercando di liberarsi degli ultimi chicchi di riso che gli
sono rimasti attaccati ai capelli – come hanno fatto ad arrivare
fino a lui, poi? - quando Louis si avvicina a lui e agli
altri.
“Sembro
un panda, vero?”, si lamenta Perrie mentre cerca di ripulirsi dal
mascara che le è colato sulla faccia.
“Se
non avessi frignato tutto il tempo”, le fa eco Niall.
“Scusa
se sono una persona emotiva e non un pezzo di ghiaccio come
te”, ribatte la ragazza.
Zayn
le circonda le spalle con un braccio.
“Sembri
un adorabile panda, sì”.
Perrie
mette il broncio.
“Tutto
ok?”, domanda Louis a Harry, aiutandolo a staccare un chicco di
riso intrappolato in uno dei suoi ricci. “Questi cosi sono il male.
Penso che mi siano arrivati fin dentro alle mutande”.
Harry
ride, sollevato.
“Sì,
tu?”.
“Diciamo
di sì”, risponde Louis. “È
stato un lavoraccio calmare Liam prima della cerimonia, ma penso di
aver fatto un buon lavoro”.
“Hai
fatto un ottimo lavoro”,
lo rassicura il riccio.
“Peccato
che Liam abbia fatto quella gaffe
all'inizio”, interviene Niall.
“Ehi,
non posso fare miracoli”,
ribatte Louis. “Gli ho spiegato per filo e per segno tutto quello
che avrebbe o non avrebbe dovuto fare, ma quando uno è scemo è
scemo”.
“Povero
Liam, era emozionato!”, esclama Harry.
“A
proposito di gaffe...vi
siete fatti notare, voi quattro”, afferma Louis. “Sbaglio o a un
certo punto siete perfino spariti,
poco prima dell'inizio della funzione?”.
Harry
lancia uno sguardo di supplica ai suoi tre amici, una silenziosa
preghiera per non farli parlare.
“Avevo
bisogno di prendere un po' d'aria”, mente. “E loro mi hanno
accompagnato”.
Louis
corruga la fronte.
“Come
mai?”, domanda, accarezzandogli il viso.
“Non
lo so”, mormora Harry. “Ma non ti preoccupare, sto bene”.
Gli
occhi di Louis indugiano sui suoi per qualche secondo.
“Meno
male”, dice infine. “Adesso andiamo che ci aspettano per le
foto”.
L'altro
ragazzo prende Harry per mano e lo guida verso il retro della chiesa,
dove si terrà il ricevimento. Un gigantesco tendone bianco, eretto
al centro dell'ampio prato, ospiterà il banchetto.
“Lou”.
Harry tira il suo ragazzo per il braccio, imponendogli di fermarsi e
voltarsi verso di lui. Perrie, Zayn e Niall li superano, senza
prestare loro troppa attenzione.
“Qualcosa
non va?”, domanda Louis, con un leggero tremore nella voce.
“No,
è che-”. Harry si interrompe, fissando per un attimo gli invitati
oltre le spalle di Louis. “Io ti amo, ok?”.
Louis
impallidisce. Harry riesce chiaramente a vedere il colore abbandonare
di botto il suo viso.
“Mi
stai lasciando?”, squittisce Louis, ritraendo la mano ancora
stretta a quella del suo ragazzo. “Mi stai lasciando oggi”.
Un fulmine colpisce
Harry. O almeno questo è quello che prova lui nell'udire le parole
del suo ragazzo.
“No, tu mi
stai lasciando!”, accusa.
“Ci stiamo
lasciando?”, domanda Louis, con gli occhi sbarrati.
Harry sente le
ginocchia cedere. Vorrebbe accasciarsi per terra. Non ha idea di
quello che sta succedendo.
“Io non voglio
lasciarti”.
“Neanche
io!”, esclama Louis.
Il
cuore di Harry manca un battito.
“Ah,
no?”.
“No,
come ti salta in mente? È
proprio l'ultimo
dei mie piani”
Harry
si lancia addosso a Louis e lo stringe tra le braccia. Quelle di
Louis sono intrappolate tra i loro due corpi, privandolo della
possibilità di ricambiare l'abbraccio.
“Ti
amo, Louis. Ti amo! Non ne dubitare mai!”.
Louis
scoppia a ridere.
“E
io ti odio, mi hai fatto prendere un colpo”.
“Tu
mi hai fatto prendere un colpo”.
“Io
non ho fatto niente”.
Harry
fa un passo indietro.
“Hai
ragione, sono un idiota”.
Louis
gli prende il viso tra le mani.
“Io
sono più idiota di te, fidati”.
Harry
si sporge in avanti.
“Sicuro
che non vuoi lasciarmi?”, domanda sulle sue labbra.
“Chiedimelo
un'altra volta e ci faccio un pensierino”, replica Louis, poi
stringe la presa sul suo viso. “Sto scherzando. Baciami, idiota”.
Harry
ridacchia prima di premere le labbra su quelle di Louis.
“Adesso
andiamo che dobbiamo fare le foto con gli sposi”, dice questi. “E
poi ho bisogno di bere qualcosa di forte perché devo essere
adeguatamente preparato per quello che ho progettato di fare durante
il banchetto”.
“Cioè?”.
“Lo
vedrai”.
“Lou,
eravamo d'accordo che non avresti messo troppo in imbarazzo
Liam nel tuo discorso da testimone”.
Louis
scoppia a ridere.
“Fidati,
non sarà Liam quello a sentirsi in imbarazzo”.
Dopo
le foto di rito, gli invitati sciamano dentro al capannone per
consumare il banchetto. Harry ha preferito farsi sistemare allo
stesso tavolo dei suoi amici piuttosto che sedersi accanto a Louis,
il cui posto d'onore è al tavolo degli sposi. Il riccio si sarebbe
sentito a disagio seduto al lungo tavolo con gli sposi, i loro
genitori, il testimone e le damigelle, perciò, con la scusa di non
voler abbandonare Zayn, Perrie e Niall – i quali non conoscono
prarticamente nessuno a questo matrimonio – ha chiesto a Liam di
fargli un favore.
“Ho
fame”, brontola Perrie, togliendosi il fascinator e
poggiandolo sul tavolo. “Quando si mangia?”.
“Perrie,
hai vent'anni non cinque, controllati”, la rimprovera Zayn.
“Anch'io
ho fame”, si intromette Niall.
Lo
stomaco di Harry si trova d'accordo con loro.
“Tutto
bene qui?”, domanda Andy, fermatosi al loro tavolo.
“Abbiamo
fame”, lo informa Perrie, beccandosi un'occhiataccia da parte del
suo ragazzo.
“Oh,
temo che ci vorrà ancora un po' prima di mangiare”. Andy frantuma
il loro sogno di riempirsi lo stomaco. “Comunque, se non vi va di
starvene qui ad aspettare potete uscire fuori e ingannare l'attesa
passeggiando sul prato o giocando a cricket”.
“Cricket?
Perchè dovrei voler giocare a cricket?”, domanda Niall quando Andy
se n'è andato.
“Non
lo so, ma Liam ha pensato che qualcuno avrebbe voluto farlo, al suo
matrimonio”, ribatte Zayn, versandosi un bicchiere d'acqua.
“Solo
perché a lui piace il cricket non significa automaticamente
che debba piacere a tutti”, protesta Niall. "Fosse stato il golf...".
“Non
è che gli piaccia il cricket, Liam è nella squada di cricket
dell'università, praticamente ne è ossessionato”,
interviene Perrie.
Niall
si stringe nelle spalle.
“Penso
che me ne starò qui ad aspettare, voi andate se volete”.
“Guarda
che non prendi in giro nessuno”, lo avverte Harry. “ Tu vuoi
rimanere qui a sbavare su Barbara”.
“Oh,
sta zitto”, replica Niall ma la direzione del suo sguardo lo
tradisce. Barbara è in piedi di fronte al tavolo degli sposi che
parla con Louis, nell'attesa che gli sposi tornino da chissà dove si
siano andati a cacciare per poter dare inizio al pranzo.
Harry
non vuole fare il fidanzato appiccicoso – anche se tutto ciò
a cui riesce a pensare in questo momento è mettere le mani su Louis
e non lasciarlo più andare, per scongiurare un'altra crisi -
perciò opta per farsi un giro fuori dal capannone.
Versandosi
un bicchiere di vino, il riccio si congeda dai suoi amici.
Non
conoscendo quasi nessuno e, soprattutto, non avendo voglia di
ingaggiare una conversazione con qualcuno, Harry tira fuori il
cellulare con l'intento di fare qualche foto interessante da caricare
su Instagram (Louis non la smetterà mai di prenderlo in giro per
questa sua fissazione).
Mentre
si guarda intorno alla ricerca del suo prossimo soggetto, la sua
attenzione viene attirata da una familare testa rossa, che si sta
guardando intorno con aria smarrita.
“Ed!”,
esclama.
Il
destinatario del suo richiamo si volta di scatto verso di lui.
“Che
ci fai qui?”, domanda Harry quando l'altro ragazzo lo ha raggiunto,
con una chitarra in spalla e un abbigliamento ancora più bizzarro
del suo. “Non sapevo venissi”.
Ed
si guarda le scarpe.
“Ehm,
è stata una cosa dell'ultimo minuto, a dire il vero”, afferma.
“Credevo
che Liam avesse affittato una band per la festa”, osserva Harry, lo
sguardo fisso sulla chitarra del suo amico.
Ed
si gratta il capo.
“In
realtà mi ha chiamato Louis”, ammette.
“Louis?”.
Harry è perplesso. “Perché?”.
“Diciamo
che aveva bisogno di un altro musicista”.
L'atteggiamento
di Ed è sospettoso, però la sua spiegazione è plausibile.
Louis, in quanto testimone, ha avuto una sua parte
nell'organizzazione del matrimonio, quindi è comprensibile che abbia
pensato lui all'intrattenimento musicale. Quello che è strano, però,
è che non abbia accennato a Harry della presenza di Ed.
Come
per magia, Louis compare alle sue spalle.
“Ecco
dov'eri!”, esclama, poggiandogli una mano su un fianco. “Il
banchetto è appena iniziato e ti consiglio di affrettarti dentro se
non vuoi rimanere a digiuno. Oh, ciao, Ed, bene arrivato”.
Ed
sposta lo sguardo alternativamente tra Harry e Louis, stranamente a
disagio. L'ipotesi che i due nascondano qualcosa diventa certezza.
“Ciao,
Louis”.
“Il
tuo concetto di eleganza mi...sbalordisce”, commenta l'altro
ragazzo, ispezionando l'abbigliamento del rosso, che indossa una
giacca nera su un paio di jeans e porta ai piedi delle Converse.
Ed
non batte ciglio.
“Disse
quello che sta insieme a questo qui”, replica, indicando
Harry.
Il
riccio ha finalmente la certezza che non avrebbe dovuto seguire i
consigli di moda del proprio ragazzo. Soprattutto quando suddetto
ragazzo lo ha obbligato a sbottonarsi la camicia.
Louis
scuote il capo, ignorando le parole di Ed.
“Voi
non avete fame?”.
Una
volta dentro al capannone, Louis saluta Harry con un bacio sulla
guancia, prima di dirigersi al tavolo degli sposi, dove molti stanno
già mangiando. Sembra che sia cresciuta di nuovo un po' di distanza
tra di loro e Harry non riesce a scrollarsi questa sensazione di
dosso. È tutto il giorno che
i suoi sentimenti nei confronti dell'altro ragazzo sono altalenanti.
Quando sembrava che tutto si fosse aggiustato ecco che l'ansia che
qualcosa non vada ritorna.
Tornato
al proprio tavolo, Harry trova i suoi amici intenti a fissare i
propri piatti vuoti.
“Credevo
aveste già iniziato a mangiare”, dice, stupito.
“Aspettavamo
te!”, ribatte Niall, scattando in piedi.
Mentre
stanno colmando i loro piatti di cibo, al tavolo del buffet, Harry
avverte una presenza al suo fianco.
“Quelle
sembrano buone”, afferma una voce sconosciuta, indicando delle
patate lesse che non sembrano buone affatto.
Il
riccio ci mette qualche secondo per realizzare che Barbara non si sta
rivolgendo a lui ma a Niall. L'irlandese si blocca con il cucchiaio
col quale si stava servendo a mezz'aria.
“Uhm”.
“Le
proverò”, decide la ragazza, regalando a Niall un sorriso,
nonostante il ragazzo sia troppo sconvolto per articolare una frase
di senso compiuto.
“Stai
bene?”, domanda Harry, dopo che Barbara si è spostata di qualche
passo.
Niall
la sta ancora fissando intontito, mentre il cucchiaio che tiene in
mano sgocciola il suo contenuto sulla tovaglia.
“Quell'essere
angelico mi ha parlato o è stato tutto un sogno?”.
Harry
ridacchia.
“Sei
messo male”, commenta, come se lui di solito sia messo meglio.
“Harry,
tu non capisci, la mia vita ha appena acquistato un senso e adesso
devo mangiare, ciao”.
Il
riccio non fa neanche in tempo a rispondergli che Niall fugge verso
il loro tavolo.
“Barbara
sarà felice di sapere che Niall l'ha definita un essere
angelico”.
Harry
si volta verso il suo nuovo interlocutore.
“Liam!”,
esclama sorpreso, come se la presenza dello sposo al buffet sia un
evento straordinario.
L'altro
ragazzo sorride.
“Dobbiamo
presentarli”, continua.
Harry
adocchia il roast-beef con l'acquolina in bocca.
“Sì,
ti prego, fa qualcosa”, risponde distrattamente.
Liam
scoppia a ridere.
“Volentieri”.
Harry
gli dà una pacca sulla spalla.
“Ti
ringrazio a nome di Niall”.
“Mi
inventerò qualcosa”, promette Liam.
Harry
prende una generosa quantità del tanto agognato roast-beef.
“Non
ho fatto colazione”, si giustifica.
Liam
aggrotta la fronte.
“Oh,
tranquillo, mangia tutto quello che vuoi”, lo rassicura. “Io non
ho molta fame”.
Il
riccio lo guarda con la coda dell'occhio.
“Ti
capisco, anche a me si chiude lo stomaco in certi momenti”.
Liam
ridacchia.
“Vedremo
il giorno del tuo matrimonio”.
Harry
distoglie l'attenzione da alcuni ortaggi bolliti che è indeciso se
mettere nel piatto o meno.
“Penso
che il giorno del mio matrimonio non riuscirei neanche a bere
dell'acqua”, ammette, con le farfalle allo stomaco. Non che ci
abbia pensato molto, al giorno del suo matrimonio, però...ci ha
pensato abbastanza, soprattutto dopo l'annuncio del
fidanzamento di Zayn e Perrie. Sembra che tutti i suoi amici si siano
sposati o siano sul punto di farlo. Pensare che sono così giovani.
La
loro conversazione è interrotta dall'arrivo di Perrie.
“Liam,
è tutto buoni-ssimo!”, dice, masticando e parlando senza
premurarsi di mettersi una mano davanti alla bocca.
“Grazie”,
replica Liam, compiaciuto.
“Pare
che tu abbia apprezzato particolarmente anche il vino”,
afferma sarcastico Harry.
“No,
è che Niall ci ha versato dentro un po' del suo rum”. Perrie
arrossisce, lanciando uno sguardo in tralice a Liam. “È
buono anche senza”, si corregge.
Lo
stomaco di Harry si contorce al pensiero di un cocktail di vino e
rum. Come facciano i suoi amici a ingurgitare cose simili va al di là
della sua comprensione.
“Non
ne dubito”. Liam sorride, divertito. “Torno dalla mia consorte,
adesso. Buon proseguimento”.
“Ha
detto consorte!”, squittisce Perrie. “Che carino!”.
Harry
la afferra per un braccio e se la tira dietro fino al loro tavolo, al
quale si è aggiunto anche Ed.
“Hazza,
chi è questa Barbara della quale Niall non smette di parlare?”,
domanda il rosso.
“La
Damigella d'Onore”, lo informa Harry.
“Ma
non è tipo una modella?”.
Harry
annuisce.
“Sì,
è una modella di intimo. Credo che di recente abbia firmato un
contratto con qualcuno di famoso”.
Niall
si strozza col purè. Zayn gli versa da bere.
“Sai
per chi ha lavorato prima?”. Ed non demorde. “Non mi
dispiacerebbe vedere qualche suo...lavoro”.
“Ehi,
l'ho vista prima io!”, protesta l'irlandese. “E mi ha pure
parlato”.
Harry
fa cenno di no con la testa verso Ed.
“Le
hai almeno risposto?”, domanda Perrie.
Niall
scuote il capo, sconsolato.
“Mi
ha colto di sorpresa”.
“Sei
un deficiente”, lo prende in giro Ed.
Harry
decide di auto-escludersi dalla conversazione, rivolgendo la propria
attenzione al tavolo degli sposi. Per quanto possa essere patetico,
Louis gli manca. E pensare che lui è sempre stato un tipo al
quale è sempre bastata la compagnia di se stesso.
Ma
questo era prima che arrivasse Louis, prima che si innamorasse, prima
di scoprire che condividere la propria vita con qualcun altro non
significa necessariamente rinunciare alla propria individualità e
indipendenza. Louis gli ha sempre concesso i suoi spazi e Harry si è
sempre più spesso ritrovato a desiderare di voler colmare questi
spazi
con la presenza di Louis. Dopo più di due anni insieme questo
desiderio non si è ancora sopito, anzi, si è amplificato. Forse non
è sano, ma è
quello che è.
Gli viene in mente una frase di Cime
Tempestose,
che ha riletto assieme a Louis dopo gli esami: “Lui
è sempre sempre, sempre nella mia mente: non come una gioia, non più
di quanto io lo sia per me stessa, ma come il mio stesso essere”.
Harry rabbrividisce.
Quando
tutti, o quasi, hanno finito di consumare il proprio pasto, il padre
della sposa attira l'attenzione dei commensali picchiettando un
coltello su un bicchiere di vetro. È arrivato il momento del
brindisi agli sposi e dei discorsi.
Harry prova una fitta di ansia in vece di Louis.
Dopo
che il padre della sposa e quello dello sposo si sono espressi in
discorsi brevi, concisi e poco carichi di emozione – bisogna
ammetterlo – è il turno del testimone.
Harry
cerca di apparire il più rilassato possibile, nel caso Louis decida
di puntare lo sguardo verso di lui e, di conseguenza, farsi prendere
dal panico. Perrie batte le mani in maniera eccitata, Zayn ha un
ghigno preoccupante sulla faccia, Niall è distratto da Barbara e
Ed...è sparito.
“Salve,
sono Louis”, inizia il ragazzo, armeggiando con un foglio in mano.
Harry lo osserva con un misto di preoccupazione e tenerezza mentre
cerca di aprirlo. Il fruscìo della carta riverbera per tutta la
stanza – amplificato dal microfono – immersa in un silenzio
carico di aspettativa.
“Scusate”,
dice Louis, con un sorriso imbarazzato, prima di fermarsi un attimo a
prendere fiato. Quando riprende a parlare sembra essere tornato se
stesso: sicuro di sé e impenetrabile. “Dicevo, sono Louis e quello
che tengo in mano è il discorso che ho scritto per Liam e Sophia. Ho
promesso al mio migliore amico che non ci sarei andato giù pesante e
l'unica ragione per la quale ho mantenuto la mia promessa è che il
mio ragazzo ha supervisionato il processo di stesura e mi ha impedito
di scrivere il, diciamo, novanta per cento di quello che avrei voluto
scrivere. Quindi, Liam caro, è lui che devi ringraziare se non ho
menzionato quella volta in cui ti sei ubriacato e hai cantato al
karaoke Wrecking
Ball in
mutande cavalcando una banana gigante.
Il che è avvenuto due giorni fa al tuo addio al celibato”.
L'intera sala scoppia a ridere. Harry si schiaffa una mano sulla
faccia. Non ha il coraggio di sbirciare la reazione dello sposo, men
che meno quella della sposa. “Oops”.
Louis
continua raccontando di quando e come e dove ha conosciuto Liam.
“Per
farvi capire quanto Liam sia una persona fantastica,
vi basta sapere che quando, a quindici anni, gli ho confessato di
essere gay – è stata la prima persona alla quale l'ho detto e
anche l'unica, per un po' – lui mi ha baciato.
Scusami Sophia, spero tu non sia gelosa”. Louis si ferma per
saggiare la reazione della ragazza. Sophia sta sorridendo senza
alcuna riserva. Louis lo considera come un incentivo a continuare.
“Lo ha fatto per dimostrarmi che non ci fosse niente di male e per
farmi sentire meglio, sebbene per colpa di questo suo gesto
disinteressato e istintivo io mi sia preso una cotta durata
un'estate. Però non smetterò mai di ringraziarlo, perché, forse
lui non lo sa, ma mi ha aiutato tantissimo e a volte penso che la mia
vita avrebbe preso un corso diverso se in quel momento così delicato
Liam non mi avesse fatto sentire immediatamente accettato e amato
per quello che sono”.
Harry
era un po' incerto su questa parte del discorso, però, dopo che
Louis gli ha assicurato che Liam non si vergogna di quello che ha
fatto e che, anzi, spesso è lui stesso a raccontare questa storia,
ha dato all'altro ragazzo la sua approvazione.
Dopo
una digressione su come Liam abbia conosciuto Sophia e di come Louis
abbia capito che lei fosse quella giusta (“Liam è sempre stato uno
fissato con le apparenze,
ma quando una volta ha accolto in casa sua Sophia senza cambiarsi
d'abito ma rimanendo in tuta e pantofole, ho capito che lei sarebbe
rimasta nei
paraggi per
un po'”), il ragazzo conclude il suo discorso con l'ennesimo
brindisi agli sposi.
Tuttavia,
contrariamente alle aspettative di tutti, Louis non sembra
intenzionato a mollare il microfono.
“Spero
che adesso non si metta a cantare”, dichiara Niall, lanciando
un'occhiata al posto lasciato vuoto da Ed. Harry pensa che in fondo
c'era da aspettarselo: la presenza del rosso al matrimonio era
alquanto sospetta. Forse Louis non si sentiva a suo agio a cantare
spalleggiato da una band sconosciuta e, dal momento che lui e Ed
hanno cantato insieme qualche volta, gli sarà sembrato naturale
proporre all'altro ragazzo di farlo assieme a lui.
“A
riprova del fatto che sia il migliore migliore amico che potessi
desiderare, Liam mi ha consentito di rubargli le luci della ribalta
per qualche minuto”, annuncia Louis. “Grazie, Liam, ti voglio
bene. E grazie, Sophia, anche se tu, come tutti gli altri, non hai la
più pallida idea di quello che sta per succedere”.
Louis
sposta indietro la sedia, aggira il tavolo e si sistema al centro
della sala. Le luci si abbassano nello stesso momento in cui Ed
prende posto su uno sgabello accanto a lui.
“Harry”,
esordisce.
Il
cuore di Harry fa una capriola. Anzi, due. Forse anche tre. Gli
invitati seguono lo sguardo di Louis e uno dopo l'altro spostano la
loro attenzione su Harry, che è combattuto tra la voglia di sentire
quello che ha da dirgli – cantargli? - Louis e quella di
sotterrarsi. Lui odia essere al centro dell'attenzione. Il suo
ragazzo
lo sa.
“Non
è mia intenzione metterti in imbarazzo, ma, conoscendoti è
inevitabile”, continua. Harry decide che vuole sotterrarsi.
“Però ti prego di ascoltare quello che ho da dirti prima di
fuggire a gambe levate. Per
favore”.
Harry
annuisce debolmente, tenendo gli occhi fissi su Louis, perché non ha
il coraggio di voltarsi e vedere gli occhi di tutti puntati su di
lui.
“Ti
amo, ti ho sempre amato – non dal primo
momento che ti ho visto, perdonami, ma è perché non ti avevo visto
bene
– e ti amerò sempre. Mi piace pensare che sia stato il destino a
metterti sulla mia strada, perché non avrei trovato una
corrispondenza
migliore neanche se mi fossi impegnato a cercarla. Forse non mi
merito la fortuna che ho avuto, però chi sono io per ribellarmi al
destino? Però penso che mi sarei volentieri ribellato al destino se
non avesse scelto te ma qualcun
altro.
Nessuno mi avrebbe fatto sentire me stesso come te, nessuno mi
avrebbe completato
come te e nessun mi avrebbe amato
come te. Per citare la nostra amata Emily: di qualsiasi cosa siano
fatte le nostre anime, la mia e la tua
sono identiche. Per questo non vorrò mai nessun altro. Non potrei
volere nessun altro. Lo so che anche tu mi ami, perché il destino
non potrebbe essere stato così stronzo da farmi innamorare di una
persona che non avrebbe potuto ricambiarmi, e ti assicuro che non ne
ho mai dubitato. Se ogni tanto ti chiedo se mi ami è perchè temo
che tu
ne possa dubitare e fare qualcosa di sconsiderato.
Non che io non abbia fiducia in te, ne ho più di quanta immagini, ma
a volte sei tu che non ce l'hai e questo mi addolora terribilmente.
Però io credo in te, credo in noi e ti amo come si sono amati
Heatcliff e Catherine: fino
alla fine del mondo.
Eccetto che voglio stare con te in questa vita e non nell'altra,
possibilmente. Cioè, anche
nell'altra. Però, uhm, non mi va di fare piani per l'aldilà
mentre siam nell'al-di-qua, ecco”.
Il
silenzio che si è creato all'inizio del discorso di Louis viene
spezzato da qualche risata. Harry pensa che, se Louis gli avesse
fatto questa “dichiarazione” in privato, a questo punto lui
sarebbe stato in lacrime. Ma c'è troppa gente e le sue emozioni
sono, in qualche modo, bloccate.
Questo non gli impedisce di essere profondamente toccato, e
rassicurato, dalle parole dell'altro ragazzo. Adesso aspetta con
ansia di sapere cos'altro ha in serbo Louis per lui, non senza una
certa apprensione.
“Voglio
cantarti questa canzone perché mi sembra un modo carino e originale
per, uhm, farti una richiesta particolare”, dice Louis.
Harry
si rende conto di essersi perso nella sua mente per qualche secondo.
Richiesta
particolare?
Ed
inizia a suonare la sua chitarra, accompagnato da una violinista
della band ingaggiata da Liam. Le luci si concentrano su Louis e i
musicisti. Nel capannone nessuno osa fiatare, tutti pendono,
silenziosi e immobili – come il cuore di Harry – dalle labbra di
Louis.
Zayn
poggia una mano sulla gamba del riccio per arrestarne il tremito.
“Rilassati,
ok?”.
Harry
posa una mano su quella del suo amico e annuisce, nello stesso
momento in cui Ed fa il conto alla rovescia prima che Louis inizi a
cantare.
(Love Is On The Radio)
I
was alone and my stomach was twisted,
But
I can get up now, the dark clouds have lifted
Back
in the old life, before you existed,
I
couldn't see right, my windows were misted
Said
one word, made me feel much better,
Starts
with L and it's got four letters
Harry
riconosce vagamente la canzone, anche se non sa attribuirle un
titolo. Louis canta con la sicurezza di uno che lo fa di mestiere e il suo talento innato si nota.
Things
are looking up, looking up
There's
magic everywhere you go
Strangers
stop to say hello
So
turn it up, turn it up
As
loud as you can make it go
'Cause
love is on the radio
Ed
ogni tanto accompagna Louis con la voce e sembra divertirsi un mondo.
Now
that I've found you, my heart's beating faster,
We
could be happy forever and after
We
could be married, like Mr
and Mr,
We'll
have a son and we'll give him a sister
Just
one thing holding us together,
A
four letter word and it lasts forever
Harry
ci impiega tutto il ritornello per ricollegare le parole richiesta
particolare
con il pezzo che Louis ha appena cantato e ci manca poco che svenga
per l'ondata di amore e felicità che lo pervade. Gli sembra di
annegare
e quasi non si rende conto che Louis si è avvicinato per cantargli
in faccia l'ultima strofa, con un sorriso che va da un orecchio
all'altro. Il resto della stanza non esiste più, è tutto un Louis
Louis Louis e we could be married...
Funny
one thing led to another,
You
came along, filled my days with colour
And
its been an everlasting summer,
Since
we found each other
Louis
fa un giro su se stesso e continuna a cantare, coinvolgendo gli altri
invitati. Harry è in uno stato di shock tale che, anche se sa che
Zayn gli sta parlando all'orecchio, non riesce a capire una singola
parola.
Quando
Louis finisce di cantare è accolto da un scroscio di applausi
assordanti. Il ragazzo fa un breve inchino prima di rivolgere la sua
attenzione a Harry, poggiare il microfono sul tavolo e inginocchiarsi
davanti a lui. Per la prima volta nella sua vita, senza mettercisi di impegno,
Harry riesce a dimenticare
l'esistenza del resto del mondo e a concentrarsi sul momento, su
Louis.
“Harry
Edward Styles, alla luce di quanto cantato, vuoi diventare mio
marito?”.
Harry
ha un momento di deja-vu
e
ripensa a quel momento di quasi tre anni prima, quando, nella sua
cameretta, Louis gli ha proposto di diventare il suo ragazzo.
Senza
la minima esitazione – e
come potrebbe esitare?,
è tutto quello che ha sempre desiderato, anche se fino a questo
momento non ne aveva idea – Harry risponde:
“Okay”.
Louis
finge indignazione, anche se ha un ghigno che gli deforma la faccia.
Harry
scoppia a ridere, sebbene sia una risata bagnata
di lacrime.
“Okay,
Louis William Tomlinson, voglio diventare tuo marito”.
Zayn,
Perrie, Niall e gli invitati seduti ai tavoli vicini – quelli che
effettivamente siano stati in grado di udire lo scambio di battute
tra i due – applaudono.
Louis
si rimette in piedi e si piega in avanti per circondare Harry in un
abbraccio.
“Ti
amo da impazzire”, dice questi, da qualche parte nei pressi
dell'orecchio di Louis.
“Solo
un pazzo avrebbe accettato di sposarmi”, ribatte il suo futuro
marito,
sedendoglisi in grembo.
Harry
gli stringe la vita, appoggiando la testa sul suo petto.
“Ovviamente
non c'è nessuna fretta”, continua Louis. “Non dobbiamo sposarci
domani. E per quanto riguarda i figli,
insomma, possiamo parlarne-”.
Harry
ridacchia.
“Mi
va bene tutto, Lou, voglio fare tutto
con te”, afferma, strusciando la faccia sulla camicia di Louis.
“Possiamo aspettare o possiamo sposarci domani,
se lo vuoi. E possiamo avere tutti i figli che vuoi”.
Louis
gli prende una mano.
“Davvero?”.
“Davvero
sullo sposarci domani o
sull'avere
figli?”.
“Non
c'è bisogno di sposarci domani, Harry caro, vorrei finire
l'università prima”, lo rimprovera Louis. “Ma davvero vuoi avere
dei figli con me? Anche se siamo così giovani?”.
Sebbene
non abbiano mai affrontato l'argomento bambini,
Harry ha sempre fantasticato su un futuro assieme a Louis comprendente dei
figli. E poi loro due ci sanno proprio fare, altrimenti la loro amica
Lou non li avrebbe nominati baby-sitter ufficiali della figlia Lux.
“Sì”,
risponde semplicemente Harry.
Louis
gli afferra il mento con due dita e lo bacia sulle labbra.
“Ti
amo”.
“Scusate”,
li interrompe Perrie. “È
stato tutto fantastico e commovente, ma non vi pare che manchi
qualcosa?”.
I
due la guardano con sospetto. La ragazza agita le dita della mano
sinistra. Louis impallidisce.
“L'anello”,
mormora. “L'ho...l'ho dimenticato a casa”.
Harry
gli stringe un fianco con le dita.
“Non
importa, me lo darai dopo”, lo rassicura. Non aveva minimamente
pensato all'anello e, comunque, non gli importa davvero.
“Che
stupido che sono, inginocchiarmi, farti la proposta e dimenticare
l'anello”.
“Lou,
sul serio, non fa niente, hai avuto tante cose a cui pensare, oggi”.
“Vuoi
davvero sposare uno che si dimentica anche delle cose più
elementari?”.
Harry
lo pizzica sulla coscia. Louis scatta in piedi, rimuove una
margherita dal vaso di fiori al centro della tavola, ne accorcia il
gambo coi denti e si inginocchia di nuovo ai piedi di Harry.
“Dammi
la mano”.
Harry
allunga la mano sinistra e aspetta pazientemente che Louis avvolga il
fiore al suo anulare.
“Va
meglio?”.
“È
il migliore anello di fidanzamento di sempre”, commenta Harry,
sventolando la mano di fronte alla faccia corrucciata di Perrie.
Mentre
loro erano impegnati in questo siparietto, gli sposi si sono
preparati per il primo ballo insieme. Harry, con Louis di nuovo in
braccio, osserva Liam e Sophia danzare. Liam sembra una tavola di
legno e il riccio prova un moto di compassione per lui, misto a
comprensione.
Quando
l'invito a ballare è esteso al resto della sala, Louis si alza in
piedi e offre una mano a Harry.
“Non
puoi dirmi di no”, implora.
Harry
sospira e accetta la sua proposta. In fondo, è solo un lento, non
può fare peggio
di Liam. O forse sì.
Louis
lo trascina al centro della sala e gli poggia le mani sui fianchi.
Harry unisce le mani dietro la sua testa e si guarda i piedi.
“Non
è poi così difficile”, lo incoraggia Louis.
“È
la prima volta che balliamo insieme”, ribatte Harry, mentre le note
di A
Thousand Years risuonano
per tutto il capannone. “Anzi, per me è la prima volta che ballo,
punto”.
“Considerala
come la prova generale del nostro primo ballo al nostro matrimonio”,
replica Louis con un ghigno.
Quando
Harry riesce a rilassarsi scopre che, in effetti, non
è poi così difficile.
“Ehi”,
lo chiama Louis, dopo un po'. “Puoi sempre ripensarci, lo sai? Il
fatto che tu abbia accettato subito la mia proposta non è una
garanzia di-”. Louis si morde le labbra. “Insomma, non hai
esitato un attimo prima di accettare di passare il resto della tua
vita con me quindi magari è stata una decisione affrettata e, uhm”.
Harry
lo guarda fisso finché Louis non solleva lo sguardo.
“Ho
sempre saputo che avrei voluto passare il resto della mia vita con
te, Louis”, afferma convinto. “Matrimonio o meno. Voglio stare
con te per il resto della mia vita e, te lo giuro, non ho il minimo
dubbio”.
Louis
si rilassa.
“Ero
così agitato, oggi”, ammette. “Tra le mie responsabilità da
testimone e l'ansia per come avresti reagito...stavo impazzendo”.
Harry
accarezza la nuca di Louis con le dita.
“Ho
notato”, afferma. “Quando io e i ragazzi siamo usciti dalla
chiesa, prima dell'inizio della cerimonia, è stato perchè ho avuto
una specie di attacco di panico. Credevo fossi strano
perché volessi lasciarmi”.
Louis
aggrotta la fronte.
“Solo
tu puoi farti dei film
del genere, lo sai?”.
Harry
ride.
“Ehi, anche tu hai creduto che io stessi per lasciarti, prima!”.
Louis
non ha la possibilità di rispondere perché Liam spunta al loro
fianco.
“Congratulazioni!”,
esclama, poggiando una mano sulla spalla di Louis e l'altra su quella
di Harry. “Anche se da laggiù non ho sentito molto qualcosa mi
dice che adesso siete ufficialmente fidanzati”.
Fidanzati, io e Louis siamo fidanzati,
pensa Harry. Ha promesso all'uomo che ama che, prima o poi, lo
sposerà e, nonostante sia un passo importante, Harry sente che
poco è cambiato tra loro due. Davvero ha sempre saputo
che loro avrebbero passato insieme il resto della vita, stupide
crisi a parte. Tuttavia, non vede l'ora di informare i suoi amici. Aspetta, i miei amici lo sanno già, sono tutti qui!,
pensa, rimproverandosi mentalmente per la propria stupidità.
Deve dirlo a sua madre e sua sorella. Forse è la volta buona che
Anne si complimenti con lui per qualcosa.
“Perdonami
se ho rovinato il tuo ricevimento, Payno. Porgi le scuse a Sophia da
parte mia”, dice Louis, semi-serio.
“Scuse?”,
domanda Liam, incredulo. “Sophia non solo si è commossa ma ha
anche ripreso tutto col cellulare. Presto sarai una star di
YouTube!”.
“No,
ti prego”, mormora Harry, che non ci tiene particolarmente a essere
il co-protagonista di un video virale.
“Bell'anello”, scherza Liam. "Comunque...Harry Tomlinson o Louis Styles? Quale suona meglio?".
Harry strabuzza gli occhi. Non ha la minima idea di come funzioni la storia dei cognomi. Dovranno parlarne. Ci sono una montagna di cose delle quali dovranno parlare, ma non è questo il momento.
"Louis Styles sembra il nome di un pornodivo", commenta Louis.
Liam si piega in due dal ridere.
Mentre Harry contempla l'idea di dare a Louis, o a Liam, una rispostaccia, una mano si poggia sull'altra sua spalla.
“Ragazzi,
Perrie è ubriaca”, annuncia Zayn. “Posso partecipare al vostro
strano ballo?”.
Harry
realizza che lui e Louis stanno ancora ballando e che anche Liam sta
ondeggiando
insieme a loro.
“Accomodati
pure”, afferma Louis, mettendogli una mano sulla nuca.
“Come
va, Harry?”, domanda Zayn. “Piaciuta la sopresa di Louis?”.
Harry
assottiglia gli occhi.
“Tu
lo sapevi!”,
esclama. “Ecco perché oggi ridevi!”.
Zayn
fa spallucce.
“Chi
altri lo sapeva?”, domanda il riccio a Louis.
“Solo
Liam e Zayn”, risponde. “Mi servivano due persone dalla mia
parte”.
“E
Ed?”.
“Sapeva
della canzone – l'abbiamo preparata qualche giorno fa – ma non
che volessi chiederti di sposarmi”.
“Ehi,
che succede qui?”, interviene Niall, sbucando alle spalle di Zayn.
“Perché mi sento tagliato fuori da qualcosa di importante?”.
Liam
scoppia a ridere.
“Stiamo
solo ballando, non stiamo facendo niente di importante”,
spiega. “Ma sei comunque il benvenuto”.
Niall
si posiziona tra Harry e Zayn.
“Louis,
non ho avuto il tempo di dirtelo perché tu e Harry eravate una cosa
sola
su quella sedia, ma sei stato fenomenale, prima”, dichiara.
“Quando?
Io sono sempre
fenomenale”.
Louis
viene fulminato da quattro paia di occhi.
“Quando
fa così basta ignorarlo”, consiglia Harry.
“Ehi!”,
protesta Louis, pestandogli un piede. “Non sono ancora tuo marito e
già mi maltratti”.
“Aspettati
una vita di maltrattamenti, allora!”, ribatte Harry, facendogli la
linguaccia.
“Perché
perdiamo ancora tempo con questi due?”, si lamenta Liam.
“Non
lo so, io sono qui per nascondermi da Perrie”, risponde Zayn,
lanciando uno sguardo alla sua ragazza che sta ballando con
un'anziana signora.
“Niall
quella è una fiaschetta di alcool o sei felice di vederci?”,
domanda Liam.
Niall
scoppia a ridere e si tocca la tasca dei pantaloni.
“Ne
vuoi un po'?”.
Liam
scuote il capo.
“No,
ma se vieni con me ti presento qualcuno a cui farebbe piacere berne
un sorso”.
Niall
arrossisce.
“Vai”,
ordinano in coro Harry, Louis e Zayn.
“A
dopo, ragazzi!”, si congeda Liam seguito da uno zompettante Niall.
“La
situazione è diventata imbarazzante”, afferma Zayn, spostando lo
sguardo da Louis a Harry. “Vado a salvare la nonna di Liam dalle
grinfie di Perrie”.
“Finalmente
soli”, scherza Louis quando Zayn se n'è andato.
Harry
rimane qualche secondo in silenzio a osservarlo, sulle note di All
Of Me.
My
head's under water but I'm breathing fine, you're crazy and I'm out
of my mind.
“Grazie”,
sussurra, alzando una mano per accarezzargli il viso.
“Di
che?”.
“Mi
rendi felice”.
Louis
sorride, con un velo di timidezza.
“È
il mio scopo nella vita”, afferma. “Spero di non fallire mai la mia missione”.
Harry
ricambia il suo sorriso.
“Non
lo farai, ne sono certo”.
THE
END (!!!)
So
che di solito le dediche si fanno all'inzio, però avrei rischiato di
spoilerarvi qualcosa, quindi le faccio adesso: dedico questo capitolo
a M., che mi ha fatto conoscere i McFly, mi ha “portato” a un
loro concerto e mi ha consigliato di superare il “blocco dello
scrittore” ascoltando le loro canzoni (ha funzionato) e che mi
manca tantissimo, e a B., che inconsapevolmente mi ha dato l'idea per
scrivere questo capitolo e che è la più grande Sophiam
shipper che esista, probabilmente. Grazie mille a tutte e due, care!
E
grazie a voi che avete letto e/o recensito questa storia. Vi voglio
bene!
Ah,
avrete notato che mi sono divertita a prendermi gioco
dell'abbigliamento di Harry al matrimonio di Jay. Non possiamo negare
che stesse da dio, ma onestamente non ho mai visto qualcuno conciato
così a un matrimonio. Forse solo in qualche episodio di Four Weddings, a pensarci meglio.
E un'ultima cosa: per coloro che shippavano Niam nella mia storia, mi dispiace!
Ps:
non vorrei rompervi le scatole, però vi consiglio di ascoltare i
McFly, se non li conoscete già. Sono tutto ciò che vorrei fossero i
One Direction (o che mi auguro diventino un giorno), ovvero liberi
e al sicuro dai, come dire, drammi, nei quali, ammettiamolo,
troppo spesso si ritrova coinvolto il fandom dei 1D.
Alla
prossima storia!
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