Like the sun we will live to rise [Interattiva]

di Fiamma Erin Gaunt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***
Capitolo 3: *** Cap 2 ***
Capitolo 4: *** Cap 3 ***
Capitolo 5: *** Cap 4 ***
Capitolo 6: *** Cap 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

 

 

We’re insane but not alone,
you hold on and let go
Like the sun we will live to rise
Like the sun we will live and die and then ignite again
Like the sun we will live to rise again

 

 

 

 

 

 

 

Katherine chiuse gli occhi quando l’ennesima scarica la colpì in pieno. Strinse i denti con vigore, decisa a non lasciarsi scappare il più piccolo gemito di dolore. Le onde castano scuro, solitamente morbide e lasciate libere di caderle lungo la schiena, erano madide di sudore e appiccicate alla fronte alabastrina.

- È impressionante la capacità di sopportazione che ha – considerò una delle scienziate, mentre il suo collega armeggiava con la manopola del macchinario per bloccare l’afflusso di elettricità.

- Hanno capacità di guarigione molto sviluppate, è per questo che abbiamo scelto loro per condurre l’esperimento. –

Cavie da laboratorio, non persone, era questo che quei pazzi vedevano in loro.

Se solo quelle cinghie non fossero state tanto strette, se avesse avuto la possibilità di liberarsi, glielo avrebbe fatto vedere lei di cosa era capace una figlia di Ares.

- Proviamo con una scarica più forte – aggiunse poi l’uomo, ruotando la manopola di mezzo giro.

- È sicuro spingere così tanto? – domandò la donna, dubbiosa, - Non corriamo il rischio di folgorarla definitivamente? –

Lo scienziato scrollò le spalle, indifferente alla sorte della ragazza legata sulla sedia.

- Possiamo sempre procurarci qualcun altro se l’esperimento dovesse fallire. –

Posò la mano sull’interruttore, pronto ad accendere nuovamente il macchinario. In quel momento si scatenò l’inferno. Certo, sempre ammesso che l’inferno fosse fatto di elettricità crepitante e folgori che cadevano dal cielo piuttosto che da fuoco e fiamme.

Il macchinario si fuse, lasciando una scia di puzzolenti fili carbonizzati ad aleggiare per la stanza, mentre la causa di tutto ciò entrava dalla finestra sfondata.

Un ragazzo dalla carnagione dorata, i capelli biondi come se fossero stati baciati dal Sole e gli occhi blu, in cui sembravano passare scintille elettriche, si avvicinò alla sedia. Studiò attentamente il corpo della ragazza, le bruciature che segnavano la carnagione alabastrina in corrispondenza degli elettrodi, e la liberò prendendola gentilmente tra le braccia.

Gli occhi azzurri, talmente chiari da sembrare schegge di ghiaccio, della semidea si posarono sul suo volto. Era bello come un angelo caduto e, ben conoscendo la sua storia, altrettanto dannato.

- Jace – sussurrò debolmente.

- Va tutto bene, tesoro, adesso ci penso io a te – la rassicurò, stringendola a sé.

Katherine annuì, chiudendo gli occhi e rilassandosi nella stretta delle braccia muscolose. Sapeva che sarebbe arrivato, che l’avrebbe salvata, perché questo era ciò che il suo migliore amico aveva sempre fatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Stavo leggendo un libro per l’esame di storia contemporanea e mi sono soffermata sugli esperimenti condotti dai nazisti nei campi di concentramento. Così da quelle pagine di terribile storia e crimini contro l’umanità, è nata quest’idea. Cosa dovete fare voi? Semplice: creare dodici OC (sei ragazze e sei ragazzi) che vivano in questo futuro apocalittico. Come sempre vi chiedo di essere celeri nella consegna delle schede e vi comunico che accetterò un solo figlio dei pezzi grossi (tranne Zeus che è escluso dalla scelta) e un massimo di due figli della stessa divinità. Potete prenotare un massimo di due semidei. La scheda la trovate qui sotto:

Nome:
Cognome:
Età:
Genitore Divino:
Genitore Mortale:
Descrizione Fisica:
Descrizione Caratteriale:
Storia:
Armi:
Abilità:
Poteri:
Paure o/e Fobie:
Prestavolto:
Curiosità:
Altro:

 

Per ora direi che è tutto. Alla prossima.

Baci baci,

                Fiamma Erin Gaunt

 

 

 

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Capitolo 2
*** Cap 1 ***


Cap 1

 

 

 

 

I'm a survivor
I'm not gon give up
I'm not gon stop
I'm gon work harder
I'm a survivor
I'm gonna make it
I will survive
Keep on survivin'

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Evanna giocherellava nervosamente con una ciocca di capelli candidi come la neve; gli occhi, di un azzurro talmente puro e incontaminato da ricordare quelli del freddo cielo invernale, puntavano insistentemente verso l’ingresso del palazzo che avevano occupato abusivamente.

Tre dei loro migliori semidei erano usciti in avanscoperta più o meno tre ore prima e da allora non avevano dato alcun segno di vita. Stava giusto per inviare il segugio di James, Shadow, a recuperarli quando la porta d’ingresso si aprì e fece capolino un ragazzo poco meno che ventenne con i capelli castano chiaro leggermente scompigliati e i suoi stessi incredibili occhi azzurri che, in quel momento, luccicavano come se la scarica di adrenalina fosse ancora in circolo nel suo corpo.

James Hale, figlio della Dea Ate e uno dei capi dell’Antàrtes, le rivolse un sorrisetto sghembo.

- Si può sapere dove accidenti eravate? Cominciavo a preoccuparmi – disse, lanciandogli un’occhiata tagliente.

- Abbiamo avuto un piccolo imprevisto. –

- Katty e Seth stanno bene? –

James annuì. – Loro sì. –

Evanna assottigliò lo sguardo, scrutandolo dalla testa ai piedi alla ricerca di qualche ferita che gli fosse sfuggita. – Jem, non farmi preoccupare, tu stai bene? –

- Stiamo tutti bene, sorellina, ma una dei ragazzi che abbiamo recuperato è un po’ acciaccata. –

Lo sguardo della figlia di Chione si fece subito più interessato.

- Un attacco di mostri? –

Jem scosse la testa, mentre le labbra si arricciavano in un’espressione disgustata. – Era stata catturata dall’ O.R.G., ma il suo amico l’ha portata in salvo. –

Di chiunque si trattasse, Eve era decisamente impressionata. In tanti anni aveva conosciuto solo un semidio che fosse riuscito a fuggire da quei laboratori: Seth.

- Katty se ne sta occupando, sono in infermeria. –

L’infermeria non era altro che una piccola stanza al secondo piano del palazzo in cui erano stati sistemati una decina di letti e qualche provvista e attrezzatura di pronto soccorso. La semidea ferita era sdraiata sul lettino più lontano ed era svenuta. Una figlia di Ares. In diciassette anni di vita Eve aveva imparato bene come distinguere la progenie delle varie divinità. Non importava di che nazionalità fossero, di quale etnia o se fossero maschi o femmine, tutti i semidei figli dello stesso genitore divino avevano un tratto in comune. Nella fattispecie, la ragazza aveva lo stesso bel viso dai tratti decisi di Seth. 

Appoggiato alla parete accanto al letto, con i tempestosi occhi blu che osservavano attentamente ogni minimo movimento, stava un ragazzo che doveva avere la stessa età di James. Il bel volto dai tratti virili era corrucciato e lo faceva sembrare più che mai un cupo angelo vendicatore.

- Sei assolutamente sicura di sapere ciò che fai? –

Katrine Sunlight, la quindicenne figlia di Apollo che aveva preso il comando dell’infermeria date le arti curative del padre, alzò lo sguardo su di lui. I penetranti occhi azzurri, leggermente a mandorla, fecero capolino da sotto i lunghi capelli biondi adornati da ciocche rosa.

- Certo che so cosa sto facendo. Adesso cerca di rilassarti o gira al largo, mi metti ansia e non riesco a lavorare se mi stai così addosso. –

Il ragazzo irrigidì la mascella. – Sarà meglio per te. –

Gli occhi color ossidiana di Seth si rabbuiarono mentre si avvicinava leggermente alla ragazza, come a sottolineare il fatto che Katty era sotto la sua protezione e non si sarebbe fatto problemi a vedersela con il nuovo arrivato.

- La puzza di testosterone si sente lontano chilometri, potete anche smetterla di giocare a chi è più macho – decretò Eve, avvicinandosi al lettino e studiando le bruciature sulla pelle della ragazza.

- Evanna Hale, figlia di Chione e una dei capi dell’Antàrtes. Lui è James, figlio di Ate, l’altro leader nonché mio fratello. Seth e Katty, rispettivamente di Ares e Apollo – concluse le presentazioni, indicando con un cenno del capo tutti i componenti del gruppo ribelle presenti.

Jace inarcò leggermente un sopracciglio, perplesso. – Come fa a essere tuo fratello e allo stesso tempo figlio di un’altra Dea? –

Era una buona domanda, una di quelle che ogni semidio le aveva rivolto la prima volta in cui l’aveva incontrata.

- Nostro padre non è mai stato un uomo particolarmente fedele. Diciannove anni fa ebbe una relazione e un figlio con Ate, due anni dopo con Chione – replicò, scrollando le spalle.

- Jace Armstrong, figlio di Zeus. Lei è Katherine Banks, figlia di Ares – aggiunse, guardando teneramente la figura elegante che cominciava a dare segni di ripresa.

- Figlio di Zeus, eh? Ecco perché hai l’aria di essere così elettrico – considerò Jem, sorridendo ironico.

- Non immagini neanche quanto – confermò, sorridendo allo stesso modo.

Guardandoli, Eve ebbe la netta sensazione che quei due messi insieme sarebbero stati davvero difficili da gestire. L’avrebbero fatta impazzire, questo era poco ma sicuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Madeleine aveva cercato Lissa per ogni angolo del Campo Mezzosangue, ma senza alcun risultato. La conosceva da quando aveva messo piede per la prima volta al Campo e sapeva che non era decisamente da lei sparire in quel modo. Si diresse verso le scuderie dei Pegasi. La progenie di Afrodite passava molto tempo in quel luogo, ammirando l’eleganza e la bellezza di quegli animali.

Anche lì nulla.

Da una delle scuderie fece capolino una testa dagli scompigliatissimi capelli castano scuro e gli occhi di un azzurro talmente intenso da sembrare quasi innaturale.

- Ehy, Jude! Hai visto Lissa da queste parti? –

Il ragazzo, apparentemente perso in chissà quali considerazioni, si riscosse di colpo e si voltò verso di lei.

- No, da queste parti non si è vista. –

Madds si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore. C’era qualcosa che non andava in quell’assenza. Non sapeva neanche lei perché avesse quella sensazione, forse per le storie che circolavano in quegli ultimi mesi. I semidei che vivevano al Campo sapevano relativamente poco della vita di coloro che avevano preferito la via del vagabondaggio, ma c’era qualcosa di anomalo in quel periodo, di allarmante, e la preoccupazione si stava stendendo a macchia d’olio anche lì.

- Ne parlerò con Chirone, magari lui sa che fine ha fatto – decise, puntando verso la residenza del Direttore e venendo seguita dal figlio di Eros.

Jude era un ragazzo anomalo per essere il figlio del Dio dell’amore, ma lei non poteva fare a meno di apprezzarne la riservatezza e la spiccata intelligenza. Era una compagnia piacevole e da sempre i figli di Afrodite e quelli di Eros andavano d’accordo.

Raggiunsero lo studio privato del centauro in pochi minuti e lungo il tragitto Madds non potè fare a meno di occhieggiare da una parte all’altra nella speranza di individuare la chioma bionda di Lissa.

Trovarono Chirone intento a confabulare con Dioniso, le teste tanto vicine che sembrava quasi che le loro chiome si fossero fuse in una. Parlavano sottovoce come se si trattasse di chissà quale enorme segreto.

Madeleine riuscì a cogliere solo un nome, Moros, prima che i due si accorgessero del suo arrivo e interrompessero bruscamente la conversazione.

- Madeleine, posso fare qualcosa per te? – domandò gentilmente il centauro. Un’ombra di preoccupazione gli offuscava gli occhi scuri e da come muoveva l’anteriore destro si intuiva chiaramente che ci fosse qualcosa che non andava.

- È Lissa; non la trovo da nessuna parte, sembra essere sparita nel nulla. –

Se possibile, i suoi occhi divennero ancora più cupi e scambiò un’occhiata d’intesa con Dioniso. Anche il Dio appariva strano, più strano del solito, e la cosa non lasciava presagire nulla di buono.

- Le è successo qualcosa, vero? –

- Madeleine, ci è da poco giunto un dispaccio dall’esterno e la scomparsa della tua amica non fa che accrescere la mia preoccupazione. Siamo in una situazione pericolosa, non te lo nascondo, e le cose sono peggiori di ciò che sembrano – iniziò cautamente, porgendole un foglio stropicciato, - Questo l’ha consegnato poco fa il Divino Ermes, è una lista stilata dagli Dei. Sta a voi Eroi cercare di salvare la situazione. –

- C’entra Moros, vero? – domandò, fissandolo con i penetranti occhi castani.

Dioniso aggrottò la fronte. – Cosa credi di saperne tu di Moros, signorinella? –

- Nulla, ma magari potreste dirmelo voi di chi si tratta. –

- Moros è semplicemente la cosa più pericolosa che incontrerete mai nell’arco della vostra vita. –

- Più pericoloso di Crono, dei Titani, di Gea e dei Giganti? – domandò Jude, dubbioso.

- Più pericoloso di tutti loro messi insieme – confermò Chirone con aria grave.

- Fantastico, sentivo proprio la mancanza di un’impresa suicida – borbottò il ragazzo.

- Chi guiderà l’impresa? –

Una colomba, simbolo di Afrodite, comparve sul capo di Madds.

Dioniso emise un lieve verso di scherno. – Una figlia di Afrodite a capo di un’impresa come questa? Ora siete ufficialmente spacciati. –

La colomba fece un elegante volteggio e depositò un consistente e grigiastro escremento sulla testa del Dio.

Jude si mise una mano davanti al viso per impedirsi di scoppiare a ridere e, Madds poteva giurarlo, anche Chirone sembrava nella stessa situazione.

La ragazza prese la lista che le veniva porta, scorrendo velocemente i nomi presenti: Blake Lexington, figlio di Ecate; Evelyn Prysons, figlia di Ermes; Nathan Wallace, figlio di Ade; Jude Harrison, figlio di Eros; Velstand Fritjof, figlio di Ilizia; Marco Sunday, figlio di Era; Zoey Martin, figlia di Poseidone e Remus Taylor, figlio di Atena.

- Sembrerebbe che la regola del tre sia stata ampiamente violata – considerò Jude.

- Circostanze estreme richiedono misure estreme. –

- E anche così continuo a dubitare che un gruppo di mocciosi riesca nell’impresa; sarà già una fortuna se non vi farete ammazzare tutti quanti – rincarò Dioniso.

- È sempre bello sapere quanto abbiate fiducia di noi, Mr D. – ironizzò il ragazzo.

Il Dio non colse la provocazione e si limitò ad allontanarsi borbottando qualcosa sulla stupidità e la mancanza di rispetto della nuova generazione.

Madeleine tornò a rivolgersi al centauro, ancora un po’ frastornata dalla quantità di notizie apprese in quei pochi minuti. – Non c’è altro che desideri dirci, Chirone? –

- Solo una cosa: sopravvivete. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con il nuovo capitolo. Sono riuscita a presentare solo sei OC, e me ne dolgo, ma ai fini della trama presentarli tutti insieme era davvero troppo e si rischiava di avere un’accozzaglia di nomi e descrizioni sterili. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito. Al prossimo.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 3
*** Cap 2 ***


Cap 2

 

 

 

 

 

 

 

 

There's a hero
If you look inside your heart
You don't have to be afraid
Of what you are
There's an answer
If you reach into your soul
And the sorrow that you know
Will melt away

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Katty

 

 

 

La ragazza ferita si era ripresa in fretta, addirittura prima di quanto avrebbe mai immaginato, e doveva ammettere di esserne contenta. Sì, perché quel figlio di Zeus si stava rivelando di un’insistenza e un’apprensione inaudita.

Si asciugò la fronte con il dorso della mano, sospirando, mentre finalmente usciva dall’infermeria.

Seth, appoggiato distrattamente a una delle pareti del corridoio, puntò le iridi scure su di lei.

- Ehy, va tutto bene? –

Annuì. – Sono solo un po’ stanca, nulla di grave. –

Barcollò leggermente, in preda alle vertigini. Evidentemente aveva usato molto più potere di quanto immaginava. Le mani forti del figlio di Ares però erano pronte e la sorressero con gentilezza.

- Ti accompagno nella tua stanza, è meglio se ti stendi un po’. –

- Non serve, Seth, ce la faccio da sola – protestò, ma con scarsa convinzione. La verità era che non le dispiaceva affatto che il ragazzo si mostrasse così interessato alla sua salute.

- Certo, come no, ce la fai da sola – le fece il verso, chinandosi per prenderla tra le braccia e portarla fino alla zona notte della residenza.

- Non sono un pacco che sballottoli da una parte all’altra, sai? –

- Questo lo vedo anche io. Tanto per cominciare sei troppo carina per essere un pacco e poi non ne hai né la forma né tantomeno l’aspetto – replicò.

Katrine sentì le guance tingersi di una lieve tonalità di rosa a quelle parole.

- Smettila di prendermi in giro. –

- Lo farei se ti stessi prendendo in giro, ma sono assolutamente serio. Ecco fatto, arrivata sana e salva. –

Katty stava cercando qualcosa con cui ribattere quando vennero interrotti da un rumore di passi. Da dietro l’angolo sbucò un ragazzo dai capelli biondo cenere e gli occhi blu. Il nuovo arrivato tossicchiò leggermente, scambiandosi un’0cchiata d’intesa con Seth di cui a Katty sfuggì il significato.

- Mi spiace interrompervi, piccioncini, ma Evanna ha ricevuto un messaggio iride da Bellamy. Sembra che abbia trovato dei semidei dalle parti della zona industriale. Vuole che Seth vada a controllare insieme a Jem e al figlio di Zeus – spiegò.

Il figlio di Ares sbuffò, passandosi una mano tra i capelli scuri. – D’accordo, vado subito. Tu cerca di riposarti, raggio di Sole – aggiunse, rivolgendosi a Katty e facendole l’occhiolino. Poi imboccò il corridoio che portava verso la zona centrale del quartier generale.

Ethan sorrise divertito davanti all’espressione frastornata della ragazza.

- Sei proprio cotta, eh Katty? –

Scosse la testa, facendo ondeggiare i lisci capelli biondi e creando per un attimo l’illusione che fosse illuminata davvero dai raggi del Sole.

- Smettila di dire cretinate, Et. –

- E tu smettila di chiamarmi come quel coso – protestò piccato.

- Oh, ma dai, è talmente carino. Ti ci vedo proprio bene nei panni dell’alieno coccoloso – rise, prendendolo amichevolmente in giro.

- Okay, Sunlight, credo proprio che sia ora che tu vada a fare la nanna – disse, spingendola delicatamente dentro la sua stanza e chiudendole la porta alle spalle.

Mentre si dirigeva nuovamente verso l’infermeria, scosse la testa in un misto di divertimento ed incredulità. Possibile che fosse perennemente circondato da gente senza qualche rotella?   

 

Bellamy

 

 

 

Lanciò un’occhiata ai semidei che aveva trovato. Fino a pochi giorni prima era ritenuto il segugio più in gamba dell’ Antàrtes e adesso si ritrovava a fare da baby sitter a dei fuggiaschi che non avevano la minima idea di come si sopravvivesse in strada. Okay, forse il ragazzo sapeva cavarsela da solo, ma era un miracolo che quelle due non si fossero ancora fatte ammazzare.

“Pensaci tu, Bell, sei il nostro migliore segugio. Nessuno sa muoversi nell’ombra come te, sei il più adatto per questo compito”.

Dannazione ad Evanna e alla sua capacità di far sembrare ogni ordine come la cosa migliore in questo mondo. Ah, ma questa volta la stramaledetta figlia di Chione gliel’avrebbe pagata.

- Credo che stiano arrivando. Ho paura – l’informò la figlia di Atena, gli occhi grigio verdi leggermente sgranati.

- Lo so, ragazzina, adesso perché non stai un po’ zitta? –

L’unico ragazzo del terzetto, un moro dagli occhi verdi in cui guizzava una scintilla di furbizia, gli lanciò un’occhiata eloquente e si mise in ginocchio per riuscire a guardare negli occhi la più piccola.

- Va tutto bene, Alessandra, non gli permetterò di farti del male – assicurò, scompigliandole affettuosamente i capelli castani.

Poi si rivolse al figlio di Tanato. – Cosa ti hanno detto i tuoi amici? –

- Dovrebbero mandare una squadra di recupero a darci una mano. Arriveranno tra poco, viaggiano nell’ombra. –

- Per caso hanno un grosso cane? – domandò Annelise, indicando con un cenno del capo il segugio infernale che stava trotterellando verso di loro.

Il cane si fermò davanti ad Alessandra, leccandole le mani e facendo ridacchiare la tredicenne. Quando si mise su due zampe, uggiolando contento, il suo padrone lo richiamò con voce ferma.

- Shadow, cuccia bello. –

Sempre scodinzolando, Shadow tornò verso Jem e chiuse gli occhi quando il figlio di Ate lo ricompensò con una bella grattatina dietro le orecchie.

- Ve la siete presa comoda. –

- Non pensavamo che bastassero un paio di semidei a renderti la vita complicata – replicò Seth, con un ghigno beffardo.

- Non alzare troppo le penne, ragazzino, non vorrai costringermi a prenderti a calci proprio davanti a tutti? –

- Già, vorrei proprio vedere se ci riesci. –

James si frappose tra loro, fulminando entrambi con un’occhiataccia. – Vi pare questo il momento di mettervi a discutere? Portiamo questi ragazzi al quartier generale, poi potrete scannarvi quanto vi pare. –

Seth si fece indietro, alzando le mani con aria innocente, mentre Bellamy lanciava un’occhiata in direzione di Jace e Dean.

- Si può sapere che gli prende a quei due? –

 

 

 

 

 

Jace

 

 

Aveva accolto l’idea di una spedizione di salvataggio con entusiasmo. Non era il tipo di persona a cui piaceva l’idea di starsene con le mani in mano, ma quando aveva raggiunto il gruppo di semidei era rimasto senza parole. E no, non era per la figlia di Eris che portava i segni della prigionia nel centro dell’O.R.G. e nemmeno per la sorpresa nel trovare una figlia di Atena così giovane. Quello che l’aveva letteralmente lasciato senza fiato era la sensazione di conoscere il ragazzo che si trovava davanti. La cosa era assurda perché lui non dimenticava mai una faccia conosciuta né tantomeno avrebbe potuto scordare l’incontro con un semidio così potente. Eppure sentiva di conoscerlo, di essere in qualche modo unito a lui.

- Chi è il tuo genitore divino? – chiese, continuando a girargli intorno con circospezione.

Dean resse bene la sua occhiata, per nulla intimorito, e ciò era un grosso punto a favore.

- Zeus. –

Gli occhi blu si sgranarono, increduli. Trovare dei figli dei Pezzi Grossi era di per sé molto difficile, ma il fatto di avere un fratellastro era qualcosa di impensabile.

- Jace, figlio di Zeus … suppongo che questo faccia di noi dei fratellastri. –

Lo sguardo di Dean passò per un attimo dallo sconcerto all’allegria. Si fece avanti, porgendogli l’avambraccio in un saluto virile. Jace lo strinse, accompagnando il gesto con una pacca sulla spalla.

- Quando sei nato? – domandò il moro.

- Due gennaio di diciannove anni fa, e tu? –

- Il quindici luglio, stesso anno. –

Il sorriso di Jace si trasformò in un ghigno malandrino. – Quindi farai bene a darmi retta, fratellino. –

Jem tossicchiò leggermente. – Tutto ciò è veramente carino, ma abbiamo una squadra di scienziati pazzi alle calcagna, nel caso ve lo foste dimenticati. –

- Ciò che Jem vuole dire è che è ora di muovere il culo e rimandare queste scene da femminucce all’arrivo al quartier generale – chiarì Bellamy.

Fece schioccare le dita, aprendo un portale nell’oscurità mentre Jem e Shadow facevano la stessa cosa.

Si divisero in due gruppi mentre la piccola figlia di Atena puntava i piedi. – Io non ci vado con lui. Posso stare con te, Dean? – domandò, sgranando gli occhioni cangianti e atteggiandosi a damigella in pericolo.

- Sembra che qualcuno qui faccia conquiste. Dimmi, fratellino, non sei un po’ troppo grande per avere una ragazza così giovane? – lo prese in giro Jace, ricevendo per tutta risposta una leggera spallata.

- Di immortales, prenditi questa mocciosa e facciamola finita – sbottò Bellamy, entrando nell’ombra insieme ad Annelise e Seth.

 

 

 

 

 

Katherine




Ci aveva messo circa un’ora per convincere Ethan che era perfettamente in grado di alzarsi e fare un giro per il quartier generale e tutto ciò solo per scoprire che Jace era uscito insieme agli altri per recuperare dei semidei e a lei non era stato permesso di andare con loro.

Così si era trovata qualcos’altro da fare e aveva chiesto ad Evanna delucidazioni sull’organizzazione ribelle e sull’O.R.G.

La figlia di Chione era stata felice di rispondere a tutte le sue domande e ora non le restava che metabolizzare tutte le informazioni.

- Quindi l’Antàrtes al momento ha tagliato tutti i contatti con il Campo Mezzosangue? –

- Quasi nessuno di noi è mai stato al Campo. Alcuni, come Ethan, provengono da distaccamenti ribelli che sono stati annientati. Altri, come Seth e te, sono stati catturati dagli scienziati e si sono uniti a noi dopo essere riusciti a fuggire. Poi ci sono quelli come Bellamy e Katrine, perennemente in fuga, che qui hanno trovato un rifugio sicuro. Siamo una popolazione eterogenea, ma mi piace pensarci come una grande e confusionaria famiglia. –

Katherine sorrise. Lei non ce l’aveva mai avuta una famiglia, se si escludeva Jace, e l’idea che tutti quei ragazzi potessero diventarlo le piaceva.

- Dell’O.R.G. invece che mi dici? –

Evanna si battè un dito sul labbro inferiore, pensierosa. – A dire la verità non ne sappiamo poi così tanto. È un’organizzazione di ricerca genetica che studia e manipola i nostri geni, ma non abbiamo idea di quale sia lo scopo finale. Quello che sappiamo per certo è che si sta preparando qualcosa di grosso e dobbiamo farci trovare pronti. Una delle nostre fonti mi ha fatto sapere che anche al Campo è sparita una semidea, credo sia una figlia di Afrodite, e che è stata organizzata una squadra per andare a cercarla. –

La figlia di Ares stava giusto per fare un’altra domanda quando uno scalpiccio lungo il corridoio annunciò l’arrivo dei ragazzi. Uscirono alla svelta e non le sfuggì l’espressione ansiosa dipinta sui tratti dalla gelida eleganza di Evanna.

Jem fu il primo a voltare l’angolo e raggiunse la sorella, stringendole delicatamente una mano come a volerle silenziosamente comunicare che andava tutto bene e non c’era stato alcun problema. Subito dopo fece capolino Jace.

Katherine corse da lui, saltandogli in braccio e sorridendo quando avvertì la stretta dell’amico chiudersi intorno ai suoi fianchi e sorreggerla.

- Quindi ti hanno dimesso? –

- Più o meno. Diciamo che in realtà ho quasi fatto impazzire Ethan e così ha deciso di farmi uscire. –

- Chissà perché la cosa non mi sorprende affatto – rise il ragazzo.

Quando l’ebbe messa giù, sentì Dean che si chinava a sussurrargli all’orecchio: - Ti prego, dimmi che quella non è la tua ragazza né una figlia di Zeus. –

Jace scosse la testa, divertito.

- Katherine, figlia di Ares, ti presento Dean, figlio di Zeus. –

Kat lo scrutò attentamente. Era alto quanto Jace, ovvero intorno al metro e ottanta, e aveva un fisico allenato. Per il resto le somiglianze con il fratello finivano lì. Dean era moro, dagli incantevoli occhi verdi screziati d’oro, la carnagione olivastra che gli derivava dalle sue origini brasiliane e il sorriso dolce e smagliante come quello di un bambino.

- Piacere di conoscerti – disse, accettando la mano che le porgeva.

Dean la trattenne un po’ più del dovuto, facendo tossicchiare Jace. Era un attacco di tosse che nascondeva una risata, Kat ne era più che sicura, e pertanto si voltò a fulminarlo con gli occhi chiari.

- Ehy, fratello, hai rovinato l’atmosfera – protestò il moro, assestandogli una spintarella giocosa.

- Ma quale atmosfera, fammi il piacere – rise a sua volta.

- Stavo pensando che voi due non vi assomigliate poi molto, ma evidentemente mi sbagliavo – commentò Katherine, alzando gli occhi al cielo tra l’esasperato e il divertito. Due figli di Zeus con cui combattere, che gli Dei l’aiutassero.

 

 

 

 

 

 

Madeleine


 

 

- É tutto pronto? –

Blake sospirò, alzando gli occhi al cielo.

- Sì, Madds, così come lo era due secondi fa, quando l’hai chiesto per la centesima volta. –

La ragazza si voltò verso il figlio di Ecate, lanciandogli un’occhiata omicida.

- Ascoltami bene, Lexington. Trovare Lissa è la priorità di quest’impresa, quindi tutto deve essere perfetto in ogni minimo dettaglio. –

- Credevo che la priorità fosse impedire che questo Moros prendesse il potere e ci distruggesse tutti – intervenne Remus, arrivato in quel momento insieme a Zoey e Marco, figli rispettivamente di Poseidone ed Era nonché suoi migliori amici.

- Quello è scontato, Rem, ma la vita di Lissa è una nostra responsabilità. –

Il figlio di Atena fissò le iridi castane della ragazza, annuendo in silenzio. Malgrado Madeleine fosse entrata in modalità sergente istruttore, riusciva a leggere la preoccupazione nel suo sguardo. Non si sarebbe mai perdonata se alla sua amica fosse accaduto qualcosa per colpa di un loro stupido errore.

Zoey si avvicinò alla figlia di Afrodite, posandole una mano sulla spalla e sorridendole fiduciosa. – La troveremo, Madds, ne sono sicura. –

- Certo che la troveremo. Lissa è uno schianto di ragazza, non possiamo mica permettere che le accada qualcosa di male – confermò Marco.

Madeleine osservò uno ad uno i volti dei ragazzi intorno a lei. Sapere che così tante persone avevano fiducia nella riuscita dell’impresa la rincuorava.

- Blake, va a cercare gli altri e dì loro di darsi una mossa – ordinò, rivolgendosi all’albino.

Stranamente il figlio di Ecate non obbiettò nulla, anzi si dipinse un ghigno divertito sulle labbra sottili e puntò in direzione della Capanna numero Undici in cui alloggiavano i figli di Ermes e tutti coloro che non avevano ancora una loro Capanna.

 

Blake






Bussò piano alla porta, stando attento a non farsi travolgere da una mandria di ragazzini che scelsero proprio quel momento per spalancarla e uscire fuori come se avessero Crono alle calcagna.

Fermò l’ultimo del gruppo, ignorando lo sguardo impaurito con cui il dodicenne fissava i suoi capelli albini e le iridi scure e profonde come due buchi neri. Faceva questo effetto a molte persone lì al Campo e la cosa non gli dispiaceva particolarmente.

- Prysons, Fritjof e Harrison sono qui dentro? –

- Solo … Solo Jude. Lyn e Vel sono andati alla Capanna tredici da Nathan – mormorò, prima di defilarsi rapidamente verso i suoi amici.

Un nuovo ghigno divertito si dipinse sulle sue labbra. Quando si diceva il caso. Entrò piano nella Casa, stando attento a fare il minor rumore possibile, e individuò facilmente il ragazzo che stava cercando. Era seduto sul bordo del suo letto e stava armeggiando con alcune frecce. Non era un mistero per nessuno il fatto che fosse bisessuale, del resto con una madre come Ecate sarebbe stato strano il contrario, e Jude Harrison era proprio il tipo di bocconcino che faceva al caso suo.

- Ehy, angioletto, non dovresti aver già finito di preparare le tue cose? –

Jude sussultò, preso alla sprovvista, e si voltò a folgorarlo con un’occhiataccia.

- Non farlo mai più. –

- Cosa, sorprenderti o chiamarti angioletto? –

Le gote del figlio di Eros assunsero una tonalità di rosa un po’ più acceso e allo stesso tempo provocarono un moto di soddisfazione nell’albino.

- Tutte e due le cose. –

Gli si avvicinò lentamente, con l’andatura sinuosa di un grosso felino a caccia. – Se ti dessi retta non ti vedrei più arrossire e sarebbe un peccato perché diventi ancora più carino quando sei imbarazzato, sai? –

Jude deglutì nervosamente, alla ricerca di qualcosa con cui ribattere. Fortunatamente l’arrivo di Lyn e Vel lo tolse d’impaccio.

- Lexington, non starai importunando Jude di nuovo?! – domandò Evelyn, avvicinandosi al figlio di Eros e incrociando le braccia con aria risoluta.

- Io non importuno proprio nessuno, Prysons. –

- Voglio sperarlo, o sarò costretta a riempirti il letto di serpenti un’altra volta – disse, sorridendo con aria fintamente angelica.

Il ragazzo rabbrividì. I serpenti erano una mossa scorretta e la figlia di Ermes lo sapeva bene.

- Madeleine ci sta aspettando, sarà meglio darsi una mossa – tagliò corto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Ho quasi presentato tutti gli OC, me ne mancano un paio ma nel prossimo capitolo li troverete sicuramente (così come ci sarà finalmente un po’ d’azione). Spero di essere riuscita a renderli tutti come volevate. Fatemi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

                 Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 4
*** Cap 3 ***


Cap 3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter

 

 

 

 

 

 

Dean

 

 

Il centro d’addestramento del quartier generale era diverso da come se l’immaginava, per molti versi era una specie di Campo in miniatura e per altri era infinitamente più attrezzato. La zona scherma era formata da un ovale e su una delle pareti in fondo era appesa una rastrelliera con ogni tipo di armi, alcune delle quali non sapeva neanche esistessero.

- Dean, concentrati – la voce di Jace lo riportò alla realtà un attimo prima che la spada di bronzo celeste calò sulla sua spalla.

Era un colpo di piatto, pertanto non riportò alcuna ferita, ma la botta fu sufficiente a fargli stringere i denti per impedire al minimo lamento di uscire dalle sue labbra.

- Ehy, non vale, ero distratto – protestò, massaggiandosi la spalla.

- Pensi forse che mostri e scienziati ti diano il preavviso prima di attaccarti? Devi concentrarti, fratellino. –

- Lo so, lo so, è solo che sono stanco – borbottò.

Jace rinfoderò la spada, scrollando le spalle. – Cinque minuti di pausa, poi riprendiamo. –

Raggiunse una delle panche e vi si lasciò cadere sopra stancamente.

- Ti sta mettendo sotto, eh? –

La voce femminile lo spinse a voltarsi verso colei che aveva parlato. Katherine gli stava davanti, l’espressione divertita, e faceva roteare con un movimento preciso del polso la sua spada.

- Non dovresti aspettare ancora un po’ prima di riprendere ad allenarti? –

- Dovrei? Sì, certo. Lo farò? Ovviamente no. –

Dean si lasciò scappare uno sbuffo divertito. – E io che pensavo fossi una figlia di Ares piuttosto anomala; evidentemente mi sbagliavo. –

- Perché “anomala”? – domandò, mettendosi subito sulla difensiva. A quanto pareva non le piaceva quando qualcuno metteva in dubbio il suo essere all’altezza del padre.

- Perché non ho mai visto una figlia di Ares così bella, non credevo potesse esistere – replicò candidamente, rivolgendole il migliore dei suoi sorrisi smaglianti.

- Ma davvero? – domandò, avvicinandoglisi e piegandosi per portare i loro volti più vicini.

- Certo. Non mi stupirei se tu fossi addirittura più bella della Divina Afrodite. –

Dean si sporse un po’ in avanti, provando ad annullare del tutto la distanza che li separava. Una frazione di secondo e si ritrovò a terra, sdraiato sulla schiena.

- Mi hai spinto giù? – domandò incredulo.

- Però, sei proprio un fulmine. Va’ a provarci con qualche figlia di Afrodite che magari si beve queste idiozie. Figli di Zeus, tutti uguali – disse, allontanandosi a passi rapidi e cominciando ad allenarsi.

Jace scoppiò a ridere, avvicinandosi e aiutandolo a rialzarsi.

- Forse avrei dovuto dirti che Katherine non è una che ci sta facilmente. –

- Bè, grazie per avermi avvertito, eh fratellone? –

- Coraggio, torniamo ad allenarci. Magari dopo quest’umiliazione ti concentri un po’. –


Evanna

 

 

- Sei assolutamente sicuro di quello che hai visto, Destin? –

Il ragazzo dall’altra parte annuì. Aveva capelli mossi e biondo scuro, gli occhi erano di un azzurro vagamente elettrico e le occhiaie profonde lasciavano intendere che non doveva aver dormito molto in quei giorni. Non per questo, tuttavia, appariva meno bello ai suoi occhi.

- Non sarei certo qui a dirtelo altrimenti, no? Fidati di me, Eve, è una pista sicura. –

E lei si fidava di quella voce calda e rassicurante. Destin le era stato accanto ogni volta in cui ne aveva avuto bisogno e senza le sue preziose dritte probabilmente l’Antàrtes non sarebbe neanche esistito.

- Quando tornerai al quartier generale? Mi manchi – ammise, mordendosi la lingua subito dopo. Erano in pieno conflitto e Destin era un informatore perfetto, aveva occhi e orecchie ovunque, non era lontano da lei per sua libera scelta.

- Presto, tesoro. Ora devo andare, credo che stia arrivando qualcuno – tagliò corto, lanciandole uno di quei suoi sorrisi sghembi in grado di farla sciogliere e chiudendo la conversazione.

Si ricompose velocemente, tornando a indossare la maschera da fredda ed efficiente leader, per poi affacciarsi in corridoio.

- Jem, fai venire qui Bellamy. –

Il fratello fece capolino dalla sua stanza, i capelli stropicciati e l’aria assonnata.

- Non puoi andartelo a chiamare da sola? Stavo dormendo – protestò.

- James Matthew Hale, muoviti e va’ a chiamarlo. Forza, scattare! –

- D’accordo, d’accordo. Sto andando, sto andando – brontolò, incamminandosi verso la stanza del figlio di Tanato e mormorando un udibilissimo: - Io non ho una sorella, ho una strega despota dai capelli bianchi. –

- Ti ho sentito! –

- Buon per te, significa che non sei sorda. –

Alzò gli occhi al cielo. Certe volte non riusciva proprio a credere che fosse lui il maggiore; Jem aveva l’abilità di trasformarsi in un ragazzino nel giro di un paio di secondi per poi tornare a vestire i panni del guerriero.

Se solo Destin fosse stato lì a darle una mano. Scacciò quel pensiero con forza. Non era quello il momento di piangersi addosso né di pensare al suo … come poteva definirlo? Luogotenente? Amico? Quasi pseudo ragazzo?

Non ebbe il tempo di giungere a una definizione soddisfacente che Bellamy le si parò davanti, facendola sussultare.

- Calma, principessa, sembra quasi che tu abbia visto un fantasma – la canzonò.

- C’era proprio bisogno di fare un viaggio ombra per attraversare un semplice corridoio? –

- Probabilmente no, ma in quale altro modo avrei potuto farti prendere un colpo? –

Decise d’ignorarlo. Trattare con Bellamy Black diventava una cosa possibile solo quando non gli si dava la soddisfazione di fargli capire quanto sapesse essere irritante.

- Destin dice che i semidei del Campo sono partiti da poco per un’impresa: vogliono ritrovare la figlia di Afrodite che è stata rapita. Sono diretti alla sede del O.R.G. di New York. Dobbiamo allestire una squadra e andare a dar loro una mano. L’unico modo per affrontare ciò che sta accadendo è essere uniti. –

- Bè, se lo dice Destin allora cambia tutto – disse sprezzante, prima di aggiungere, - Chi vuoi che mi porti dietro? –

Evanna scrollò le spalle, piccata per il modo in cui aveva pronunciato il suo nome. Bellamy era un attaccabrighe, questo lo sapeva bene, ma non riusciva proprio a capire perché Des gli stesse tanto antipatico.

- Lascio a te la scelta, ma che sia un gruppo ristretto, darete meno nell’occhio – decretò.

Bellamy annuì brevemente, scomparendo nuovamente nell’ombra.

 

 

 


Madeleine


L’ingresso dell’ O.R.G. non sembrava molto diverso da un qualsiasi istituto medico. Era una costruzione imponente, di circa nove piani, interamente realizzata in acciaio e vetro e persino da fuori si riusciva a vedere che ogni cosa era di un bianco accecante.

- Lissa deve essere tenuta nei sotterranei, le celle saranno sicuramente lì – decretò Rem, osservando con aria concentrata la piantina che Evelyn era riuscita a “prendere  in prestito” dal catasto della città.

- Possiamo dividerci e ispezionare varie ale del centro – propose Jude.

Madeleine annuì. – È una buona idea. Io, Rem ed Evelyn andiamo a dare un’occhiata all’ala Est. Jude, Blake e Nathan prendono quella Ovest. –

- E noi che facciamo? – domandò Zoey, seccata per non essere stata messa al centro dell’azione.

- Tu, Marco e Velstand rimanete qui e ci fate da copertura nel caso ci sia qualche problema. È un compito abbastanza dignitoso per te? – replicò seccamente la figlia di Afrodite.

Zoey annuì, prendendo da parte Remus un attimo prima che entrassero in azione.

- Cerca di stare attento, okay? –

Il figlio di Atena annuì, accarezzandole una guancia e portandole una ciocca dietro all’orecchio. Le iridi grigie incrociarono quelle verdemare della ragazza e parvero perdersi in esse.

- Tornerò tutto intero, non preoccuparti – sussurrò.

- Rem, andiamo, datti una mossa! –

Raggiunse Madds e il resto della sua squadra, varcando l’ingresso posteriore del centro con ogni cautela possibile.

Avevano esaminato i primi tre piani senza ottenere alcun risultato quando lo sentirono. Era un urlo femminile e decisamente familiare.

- Lissa, è da questa parte. –

Sfrecciarono verso la stanza da cui provenivano le urla, spiando dallo spioncino della porta. La scena che si trovarono davanti era qualcosa di agghiacciante.

Lissa era stata agganciata a una sedia di metallo e veniva scossa da quella che sembrava una specie di crisi epilettica. La sedia tremava sotto i suoi movimenti, le cinghie sembravano sul punto di cedere e una specie di schiuma biancastra cominciava a fare capolino tra le labbra ben definite della ragazza.

- Il siero non sta avendo la reazione desiderata – disse uno degli uomini in camice, prima di rivolgersi ad un altro dei suoi collaboratori. – Blocca la simulazione subito, rischiamo di perderla prima del tempo. –

Davanti a quell’immagine Madds non potè fare a meno di lasciarsi prendere dall’istinto e lanciarsi dentro la stanza come una furia distruttrice.

- Madds, aspetta – le gridò dietro Remus, ma fu tutto inutile e al ragazzo ed Evelyn non restò che correre dietro all’amica  per darle manforte.

 

 

 

 

 

Jude





- Da questa parte non c’è proprio niente – decretò Nathan, scuotendo la testa infastidito, prima di aggiungere: - Vado a dare un’occhiata da quella parte. Voi continuate a cercare qui. –

Jude si trattenne dal richiamarlo. Non solo non gli sembrava una  buona  idea quella di separarsi, ma per giunta non aveva alcuna voglia di rimanere solo con Blake, tantomeno se si trattava di un luogo angusto e buio come quello.

- Che c’è, angioletto, non dirmi che hai paura di me? Ti assicuro che non mordo … bè, non quando non sono a letto – si corresse, sorridendo malizioso.

- Non è proprio il momento, Blake. E poi non so che idea tu ti sia fatto, ma io … -

- Tu vorresti farmi credere che non ti senti minimamente attratto da me? – concluse per lui, inarcando un sopracciglio albino con aria di sfida.

Lo osservò dalla testa ai piedi. I capelli candidi come la neve, gli occhi scuri come buchi neri, gli zigomi alti e il volto dai tratti poco pronunciati. Era di una bellezza androgina che difficilmente sarebbe potuta essere eguagliata da qualcun altro.

E in quel momento si stava avvicinando a lui, stringendolo sempre più contro la parete dei sotterranei. Era a un soffio dalle sue labbra quando il boato di una porta che veniva buttata giù li fece sussultare.

- No, Bell, da queste parti ci sono solo due ragazzi che stavano per darsi da fare. Tra parentesi, sono felice di essere entrato quando entrambi avevate ancora tutti i vestiti addosso. –

Jude si voltò verso il ragazzo che aveva parlato. Aveva i capelli biondi, gli occhi blu in cui guizzavano scintille elettriche ed era avvolto da una specie di aria elettrica, il genere di esperienza che preannunciava una tempesta di quelle grosse.

- Tu sei … -

- Bello, affascinante, perfetto? – suggerì il nuovo arrivato, sorridendo sfrontato.

- No, stavo per dire: sei un figlio di Zeus – ribattè.

- Ah, quello. Bè, sì, tra le mie altre meravigliose qualità c’è anche l’essere un figlio di Zeus. Jace Armstrong – disse, porgendo la mano a entrambi.

- Jude Harrison, figlio di Eros, e lui è Blake Lexington, figlio di Ecate. –

Gli altri ragazzi con lui si fecero avanti, rivolgendo loro un cenno di saluto.

- Siete amici del tizio di “a spasso con i morti” che abbiamo incontrato poco fa … Nathan, giusto? – domandò Jem.

- Sì, siamo qui per ritrovare una nostra amica. –

Blake tossicchiò leggermente.

- D’accordo, un’amica di tutti tranne che sua. Così va bene? – si corresse, fulminando l’albino con un’occhiataccia.

- Sì, angioletto, così è perfetto. –

Vennero interrotti da un tonfo sordo proveniente da diversi piani sopra di loro.

- Bell, tocca a te. –

Il figlio di Tanato schioccò le dita e fece comparire il consueto passaggio.

Riapparvero sul pianerottolo del terzo piano, dove era in corso una specie di bolgia infernale.

 

 

 

 

Jace

 

 

I ragazzi del quartier generale si lanciarono nello scontro all’istante, colpendo tutto ciò che riuscivano ad afferrare. Una delle sue scariche colpì in pieno l’uomo più vicino alla finestra, che stringeva tra le braccia una ragazza dai capelli rossi che scalciava e si divincolava con tutta la forza che aveva in corpo. Lo scienziato la lasciò andare con uno strillo, portandosi una mano sul volto bruciacchiato.

- È lui, il figlio di Zeus che ha attaccato l’altro centro – esclamò, puntandogli un dito contro.

- Sembra che ti conoscano bene da queste parti – osservò la rossa, accettando la sua mano per rimettersi in piedi.

- Sì, sono una specie di celebrità. Del resto guardami, con un aspetto come questo non posso certo passare inosservato, no? – disse, ammiccando, per poi gettarsi nuovamente nello scontro.

Dean lo affiancò, scambiando con lui un’occhiata d’intesa.

- Rossa, fossi in te uscirei alla svelta, l’ambiente si sta facendo davvero elettrico – la avvertì Jace.

Una volta che furono certi che tutti i semidei se ne fossero andati, concentrarono i loro poteri in un attacco all’unisono e scatenarono la potenza dei loro fulmini in tutta la stanza.

Raggiunsero il resto del gruppo solo quando furono certi che tutti gli scienziati erano stati messi almeno temporaneamente ko.

Davanti all’ingresso dell’istituto, Jace si concesse un’occhiata ai palmi delle mani. La scarica di fulmini era stata molto più forte e duratura rispetto a quelle a cui era abituato, ma le ustioni stavano lentamente guarendo e scomparendo senza lasciare la minima cicatrice.

- È tutto ok, fratellino? –

Dean annuì. – A meraviglia, perché non si vede? –

Ridacchiarono, scuotendo la testa.

Doveva ammettere che questa cosa di avere un fratello gli piaceva sempre più ogni momento che passava.

- Ehy, voi due siete tutti interi? –

La rossa che aveva salvato si fece avanti, scrutandoli con i profondi occhi castani. D’un tratto ebbe l’impressione di averla già vista da qualche parte, ma non riusciva proprio a ricordare dove. Era strano visto che era un vero e proprio schianto e non era affatto da lui dimenticarsi di una ragazza così.

- Interi e splendidi come sempre. Sono Jace e lui è il mio fratellino, Dean – si presentò, abbagliandola con il migliore dei suoi sorrisi da “lo so che non puoi fare a meno di pensare che sia stupendo”.

- Madeleine, figlia di Afrodite. Ora, mr macho, perché non ci dai una mano con la mia di sorella? –

Ecco, ora sì che aveva capito dove l’aveva già vista. L’intera New York era tappezzata con cartelloni delle sue pubblicità: Madeleine Dubois. L’aveva sempre saputo che era troppo bella  per essere una semplice umana.

Lanciò un’occhiata in direzione della ragazza svenuta. Effettivamente non aveva una bella cera e sembrava che Ethan e Katty avrebbero dovuto fare un vero e proprio miracolo per rimetterla a nuovo.

- Forza, si torna al quartier generale, così rimetteremo in sesto la vostra amica – decretò Bellamy, preparandosi a una nuova partenza.

- Aspetta, quale quartier generale? –

Madeleine si era fatta immediatamente più sospettosa.

- Bellamy parla del quartier generale dei ribelli. Semidei strafighi dal 2014 – spiegò, facendola ridere.

- D’accordo, mi hai convinta, veniamo con voi – assentì.

 

 

 

 

 

 

Destin


 

E anche quella era andata. La figlia di Afrodite era stata portata in salvo e i ribelli si erano uniti ai ragazzi del Campo Mezzosangue. Le cose stavano andando esattamente per il verso giusto e il suo lavoro era stato ben ripagato.

- È ora di tornare al quartier generale – mormorò tra sé e sé.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Sì, mi sono impazzita e ho pubblicato due capitoli in un giorno. La verità era che non resistevo all’idea di scrivere qualcosina in più e così mi sono fatta trasportare. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

P.S.

Sto facendo dei banner con i prestavolto dei vari personaggi, ma devo vedere se l’editor me li prende. Ergo, se tutto va bene qui sopra dovrebbe comparire l’immagine di come sarebbe Jace.

Baci baci,

                 Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 5
*** Cap 4 ***


Cap 4

 

 

 

You could go the distance
You could run the mile
You could walk straight through hell with a smile
You could be the hero
You could get the gold
Breaking all the records
that thought never could be broke
Do it for your people
Do it for your pride
Never gonna know if you never even try
Do it for your country
Do it for you name

 

 

 

 

 

 

Zoey

 

 

La figlia di Poseidone aveva scoperto ben presto che in quel quartier generale la vita non era poi così male. Tanto per cominciare le ragazze ribelli, anche se poche, sapevano decisamente come divertirsi e stringere amicizia con Alessandra e Katty le era venuto facile come respirare. Erano nella sala allenamenti e lei e Ale stavano cercando di insegnare a Katty come si tirava di scherma. La giovane figlia di Apollo, infatti, sebbene con arco e frecce e con i poteri curativi facesse faville, sembrava sprovvista della coordinazione mano occhio necessaria per maneggiare una lama.

L’aveva appena disarmata per la terza volta quando il suo sguardo venne attratto dal passaggio di un semidio che era certa di non aver mai visto nella sua seppur breve permanenza lì dentro.

- Quello chi è? –

Alessandra scrollò le spalle, provando un paio di fendenti contro un avversario immaginario. – Suppongo qualcuno dei ribelli in missione. –

Katrine si voltò per lanciargli un’occhiata e un sorriso intenerito si stese sul suo volto.

- Quello è Destin, finalmente è tornato. Eve sarà contenta di poterlo riabbracciare; non lo dice mai, ma sono sicurissima che abbia una bella cotta per lui. –

- Come quella che hai tu per Seth? – domandò la tredicenne, dando prova una volta per tutte che le figlie di Atena non erano in gamba solo con le strategie militari, ma si accorgevano di ogni minimo dettaglio.

- Io non ho nessuna cotta per nessuno – protestò la bionda, ma le guance rosse lasciavano intendere perfettamente che nemmeno lei credeva alle sue parole.

- Mi hai preso per stupida? Sarò anche una tredicenne, ma so riconoscere una persona innamorata – replicò, con l’aria di chi la sapeva lunga.

- Non stavamo parlando di scherma? Torniamo ad allenarci – disse Katty, deviando abilmente l’argomento e tornando su un terreno più familiare.

Lì almeno, se avesse fatto una figuraccia, sarebbe rimasta una cosa solo tra loro tre.

Ripresero a duellare finchè l’arrivo di Remus, che si sedette lungo gli spalti e le fissò interessato, non costrinse Zoey a distrarsi e finire con il farsi disarmare da Katrine.

- Ce l’ho fatta, ci sono riuscita. –

- Ero distratta, non vale – protestò, recuperando la spada e premendo il bottone per farla tornare una semplice molletta per capelli. L’appuntò tra la chioma color cioccolato e puntò un dito contro il figlio di Atena. – È tutta colpa tua, Remus James Taylor – decretò.

Rem sgranò gli occhi, incredulo.

- Colpa mia? Non sono mica stato io a dirti di lasciarti disarmare come una principiante – ribattè.

- A chi hai dato della principiante? – disse, gonfiando le guance con espressione fintamente minacciosa e rincorrendolo lungo la sala allenamenti.

Remus aumentò l’andatura, ridendo: - Tanto non mi prendi, razza di lumaca marina. –

- Staremo a vedere, topo di biblioteca – replicò la figlia di Poseidone.

I semidei presenti interruppero momentaneamente gli allenamenti per assistere a quella scena comica, chi unendosi alle risate, chi facendo il tifo per uno dei due, e chi scuotendo la testa incredulo.

 

 

 

 

Katherine

 

 

- Stupido arco, stupide frecce e stupido bersaglio – borbottò, chinandosi a recuperare le decine di frecce che aveva scoccato e che non avevano neanche lontanamente centrato il bersaglio.

L’arco era un’arma da donnicciole, suo padre lo diceva sempre, quindi perché doveva imparare a usarlo? Semplice, perché non sopportava l’idea che potesse esserci un’arma per lei astrusa e, inoltre, aveva bisogno di qualcosa che andasse bene a lunga gittata.

- Prova con questa. –

La voce di Dean la colse di sorpresa. Il figlio di Zeus le stava porgendo la sua arma preferita, una balestra dall’aspetto agile e maneggevole. L’aveva visto usarla durante gli allenamenti e doveva riconoscere che era una validissima alternativa all’arco.

- Mi potresti … sì, insomma, mi mostreresti come funziona? – domandò, sentendosi arrossire per l’imbarazzo.

Fortunatamente Dean non fece alcun commento e si limitò a fargliela imbracciare, sfiorandole il braccio nudo per cercare di posizionarlo correttamente. Una lievissima scossa si propagò a causa del contatto tra le loro pelli.

- Scusa, non volevo – mormorò, imbarazzato, per poi toglierle l’arma dalle mani. – Forse è meglio se guardi prima come la uso io – disse, mostrandole la posizione corretta e il modo in cui bisognava incoccare e poi rilanciare il dardo.

La freccia centrò in pieno il bersaglio, seguita dallo sguardo affascinato della figlia di Ares.

- Adesso lascia provare me – ordinò, stendendo la mano in modo autoritario.

Fece scattare il meccanismo e colpì il cerchio poco sotto il centro. Si lasciò andare a un verso soddisfatto mentre un sorriso orgoglioso si dipingeva sul bel volto dagli zigomi alti.

- È la prima volta che vedo una ragazza entusiasmarsi così tanto per una balestra. –

- Probabilmente perché hai sempre conosciuto solo ragazzine viziate timorose di rompersi un’unghia. –

Ridacchiò divertito. – Mi sa che hai ragione. È bello vedere che c’è sempre un’eccezione alla regola. –

- Non male per essere la prima volta che usi una balestra – commentò una voce sconosciuta.

I due ragazzi si voltarono verso il nuovo arrivato, che li osservava con un sorrisetto divertito che gli increspava le labbra.

- Devi essere la figlia di Ares di cui ho sentito tanto parlare. Una vera e propria forza della natura – disse, offrendole una mano.

Katherine la prese, sorprendendosi quando invece di stringerla se la portò al volto e vi depositò un casto bacio sul dorso.

Dean si fece avanti, inarcando un sopracciglio e scrutandolo dalla testa ai piedi. – E tu chi saresti? –

- Destin Stark, figlio di Tyche e luogotenente di Evanna. –

- Quindi alla fine hai deciso di mostrare nuovamente quella tua faccia da cazzo in giro per il quartier generale – esclamò Bellamy, mollando immediatamente il tomhawk con cui si stava esercitando e avvicinandosi al terzetto.

Fissava il figlio di Tyche come se non chiedesse nulla di meglio che staccargli la testa a morsi.

- Certo, Black, mi mancava il prenderti a calci durante gli allenamenti. –

Jem, che si allenava con il figlio di Tanato, si frappose tra i due semidei. – Ragazzi, non ricominciate, per favore. Destin, mia sorella ti sta aspettando nella sala riunioni, vedi di fare in fretta. –

Quando il ragazzo ebbe annuito e si fu allontanato, il figlio di Ate si rivolse all’amico.

- Devi proprio attaccare briga ogni volta che lo incontri? –

- Lo sai che quel tipo non mi piace. –

- Non piace neanche a me, se  è per questo – intervenne Dean, ricevendo un’occhiata d’apprezzamento da parte di Bellamy.

Katherine alzò gli occhi al cielo, sospirando. Con così tante prime donne riunite in un posto solo dubitava seriamente che sarebbero mai riusciti ad avere una giornata priva di risse o discussioni.

- Visto che non sono proprio dell’umore per sentirvi discutere, penso che mi andrò a riposare un po’. –

- Sicura di non volere compagnia? – domandò Dean, ammiccando.

- Sicuro di non volere che ti faccia un occhio nero? – domandò per tutta risposta.

Si allontanò seguita dalle risate di Jem e, poteva giurarlo, persino Bellamy se ne era lasciato sfuggire un accenno.

 

 

 

Evanna


Nel momento stesso in cui lo vide entrare nella stanza sentì una sensazione di gioia assoluta assalirla. Era quasi un mese che non si vedevano e stava letteralmente morendo dalla voglia di correre tra le sue braccia e lasciarsi stringere fino a sentire il respiro mozzarsi.

- Ehy, tesoro. –

Destin allargò le braccia, come se sapesse perfettamente cosa le stesse passando per la testa e volesse invitarla ad assecondare i suoi desideri.

Evanna si avvicinò lentamente, appoggiando la testa nell’incavo del collo e assaporando il profumo pungente del suo dopobarba.

Le accarezzò una guancia alabastrina, facendola fremere, e si chinò a baciargliela dolcemente. Sospirò, alzandosi in punta di piedi e fissando quegli occhi ammalianti circondati da occhiaie marcate.

- Devi essere stanco – mormorò, seguendo con un dito il profilo della mascella marcata.

- Non abbastanza da privarmi così presto della tua compagnia – replicò, accarezzandole le guance con le labbra sottili e fredde.

Si chinò un po’, catturandole le labbra in un bacio dolce che la fece sciogliere come neve al sole. Baciarlo era sempre un gradevolissimo shock e il pensiero di dover fingere che tra loro non ci fosse nulla quando si trovavano in pubblico la infastidiva. Però era prima di tutto una leader e non voleva dare l’impressione di fare preferenze per il suo ragazzo.

- Dimmi che non hai intenzione di allontanarti di nuovo dal quartier generale. –

Destin scosse la testa. – Non me ne vado da nessuna parte. Per il momento abbiamo risolto tutto e poi non ho alcuna intenzione di lasciarti di nuovo da sola. –

 

 

 

 

Annelise

 

 

Aveva deciso di andare un po’ in esplorazione per il quartier generale. Era stata chiusa dentro al centro per interminabili settimane e l’idea di poter essere finalmente libera di fare ciò che voleva le piaceva un sacco.

Aprì una porta in pesante legno di quercia, trovandosi davanti un’immensa biblioteca. Seduto a uno dei tavoli, quello più in disparte, stava un ragazzo dai capelli ricci e scuri sotto cui brillavano due iridi verdi. Era intento a sfogliare pigramente un libro che dalla copertina riconobbe come “L’arte della guerra”. Alzò appena lo sguardo quando la sentì entrare, poi tornò a leggere come se niente fosse.

- Ciao – disse, ma non ottenne alcuna reazione.

- Ehy, ce l’ho con te – insistè.

Ancora nulla.

- Sei forse sordo? –

Il figlio di Ade alzò gli occhi su di lei, visibilmente irritato. – Non sono sordo. Ti ho sentita, ti stavo semplicemente ignorando. Cosa c’è, sei troppo stupida per capirlo? –

- Di immortales, sei per caso in “quel periodo del mese”? Almeno si spiegherebbe perché sei così insopportabilmente acido – replicò a tono.

Nathan rimase in silenzio, alla ricerca di qualcosa di arguto e pungente con cui controbattere. Non riuscì a trovare nulla e si limitò a chiederle l’unica cosa che non avrebbe mai pensato.

- Come ti chiami? –

- Annelise, figlia di Eris. E sono abbastanza certa che tu non sia il figlio del dio delle buone maniere. –

Nathan dovette lottare per impedirsi di sorridere a quelle parole. – Nathan, figlio di Ade. –

Annelise annuì come se ora tutto le fosse più chiaro. Effettivamente i figli del Dio dei morti non erano dei grandi compagnoni.

- Pensi che possa rimanere qui a leggere oppure è di troppo disturbo, sua infernale maestà? –

Stavolta rise davvero.

- Va bene, miss simpatia, puoi rimanere – acconsentì, come se  le stesse facendo il piacere più grande di tutta la sua vita.

 

 

 

Madeleine

Lissa era sdraiata su uno dei letti dell’infermeria, ancora svenuta, e lei le era rimasta accanto per tutto il tempo.

Ethan finì di esaminarla con occhio esperto, oscultandole nuovamente il petto. – Sembra che si stia riprendendo e non ci sia nulla di grave. –

- Quando pensi che riprenderà conoscenza? –

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli biondo cenere. – Non saprei, credo dipenda da quanta forza di volontà ha. –

- Lissa ha un sacco di forza di volontà – replicò, piccata.

Ethan alzò le mani come in segno di resa. – Ehy, non stavo dicendo che la tua amica è debole o chissà cosa. Il fatto stesso che si stia già riprendendo è un ottimo segno. –

Madds annuì. – Scusa, non volevo aggredirti, ma mi sento responsabile per lei. Al Campo ero la sua Capocabina – spiegò.

Il figlio di Asclepio annuì, voltandosi poi verso la soglia dell’infermeria e scorgendo la figura possente del figlio di Zeus. Scambiò un’occhiata d’intesa con Jace e recuperò le sue cose.

- Ti lascio un po’ con lei, devo andare a recuperare delle cose. Dovessero esserci problemi non farti problemi ad avvertirmi – disse, infilando la porta alla velocità della luce.

- Sta meglio? –

La voce del ragazzo la spinse a voltarsi e incrociare un paio di occhi blu che fissavano il lettino con aria corrucciata.

- Ethan dice che sta migliorando a vista d’occhio. Piuttosto, che ci fai qui? –

- Ho sentito che sei rimasta chiusa qui dentro per tutto il tempo, così ho pensato che avessi fame. –

Jace le porse un piccolo cestino in vimini, aprendolo a mostrare alcuni panini e delle lattine di Diet Coke.

- Niente insalata, spiacente, ma cibo da super modelle non ce n’era. –

Madds rise, pescando un panino a caso dalla cesta e scartandolo. – Tonno e pomodoro? Come facevi a sapere che è il mio preferito? –

Jace sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga. – Diciamo che ho fatto un po’ di indagini. –

- Ah, sì? –

- Certo. –

Le si avvicinò un po’, spingendola a indietreggiare. – Che … che stai facendo? –

Questa volta fu il turno di Jace di scoppiare a ridere. – Rilassati, rossa, hai solo un po’ di maionese sul labbro. –

Le accarezzò il labbro inferiore, mostrandole la striscia bianca di salsa. Portò il dito alla bocca e lo ripulì rapidamente.

- Uhm, maionese e rossetto, accoppiata interessante. –

Continuarono a mangiare il silenzio finchè la figlia di Afrodite non prese la parola.

- Sai, non devi restare per forza tutto il tempo qui – disse quando entrambi ebbero finito di mangiare.

- Ma io voglio e poi mi piace la vista che c’è qui. –

Madds inarcò un sopracciglio, perplessa. – Cioè? –

- Te – rispose semplicemente.

- Funziona questa tecnica di rimorchio? –

- Non saprei, con te sta funzionando? – chiese, avvicinandolesi nuovamente.

Rimase incantata a fissare quegli occhi blu, così profondi e ammalianti che davano l’impressione di riuscire a leggerle dentro. I loro volti erano tanto vicini che era certa che Jace riuscisse perfettamente a distinguere ogni sfumatura dei suoi occhi nocciola.

Il momento venne interrotto da un rumore proveniente dal piano di sotto. C’era in corso una rissa, era più che evidente.

Jace scattò in piedi, visibilmente scocciato.

- Sarà meglio che vada a vedere cosa sta succedendo. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con l’ennesimo aggiornamento. Eh no, non mi sono drogata, tranquilli. Sempre nuove ship e come al solito non si può stare tranquilli neanche per un attimo lì dentro. Piccola domanda: per il momento che coppie shippate e quali OC preferite?

P.S.

La ragazza nel banner è Katherine.

Alla prossima.

Baci baci,

                    Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 6
*** Cap 5 ***


Cap 5

 

 

 

 

 

 

Maybe I'm insane
Cause I keep doing the same damn thing
Thinking one day we gonna change
But you know just how to work that back
And make me forget my name
What the hell you do I won't remember
I'll be gone until November
And you'll show up again next summer

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Jace






veva raggiunto il piano di sotto il prima possibile, maledicendo mentalmente chiunque avesse avuto la brillante idea di cominciare a fare a botte proprio quando era a un soffio da quelle labbra. E adesso che era arrivato lì cosa aveva scoperto? Che Bellamy, sai che sorpresa, aveva pensato bene di lasciarsi andare a una specie di incontro alla coreana con un tizio che non aveva mai visto prima e che sembrava aver urgentemente bisogno di farsi una bella dormita, questo quantomeno a giudicare dalle occhiaie a dir poco mostruose che aveva sotto gli occhi.

- Che accidenti sta succedendo? – ringhiò, separandoli e fronteggiando a brutto muso il figlio di Tanato.

Bellamy si liberò dalla presa con uno strattone mentre Destin si divincolava dalla morsa in cui l’avevano stretto Dean e Jem.

- Ha iniziato lui, mi ha provocato. –

- Non m’interessa chi ha cominciato, non siamo all’asilo. Qui dentro siamo tutti dalla stessa parte, quindi vedete di darvi una calmata. Immediatamente – aggiunse, stringendogli la spalla con un po’ più di forza tanto per chiarire meglio il concetto.

- Sono stato abbastanza chiaro, tizio di cui non so il nome? –

Destin abbozzò un sorrisetto gelido. – Cristallino. –

- Bene, anche perché dovrei fulminarvi per avermi interrotto con le vostre stronzate – borbottò, osservandoli mentre prendevano ognuno una direzione diversa e si allontanavano senza aggiungere altro.

Dean gli rivolse un’occhiata perplessa. – Si può sapere che stavi facendo di tanto importante? –

- Un picnic in infermeria. –

Il fratello aggrottò la fronte, se possibile ancora più confuso.

- Madeleine non si stacca dalla sua amica, quindi siamo rimasti lì – spiegò disinvolto.

Dean scosse la testa, divertito, e gli affibbiò una pacca sulla spalla.

- Quindi la cosa urgente era provarci con quella figlia di Afrodite? –

- Riesci a immaginare qualcosa di più urgente? – replicò, inarcando un sopracciglio con aria ironica e causando a entrambi un attacco di risate.

Stavano ancora ridendo quando il suono di una sirena riecheggiò per la palestra e in ogni anfratto del quartier generale dell’Antàrtes.

 

 

 

 

 

 

Katherine




Aprì gli occhi di scatto, svegliata da quel suono fastidioso che le rimbombava nelle orecchie. Infilò gli stivali e si affacciò in corridoio giusto in tempo per vedere Seth che usciva dalla sua stanza a passo di carica.

Si affiancò al fratellastro.

- Che succede? –

- È l’allarme della residenza, deve esserci qualche intruso – spiegò.

Raggiunsero il punto d’incontro, che altro non era se non il salotto centrale del quartier generale, l’unica stanza in grado di ospitare agevolmente tutti i semidei presenti.

Evanna stava in piedi, al centro della stanza, intenta a dare ordini a tutti coloro che le capitavano a tiro.

- Jace e Dean, voi andrete in perlustrazione visto che siete in grado di volare. Bellamy, tu prendi Katherine, Blake e Jude e formate l’avanguardia. Destin, Velstand, Seth e Evelyn formeranno la retroguardia. Jem, Nathan, Zoey e Katty restano dentro a pattugliare. Tutti gli altri con me, isoliamo Ethan e l’infermeria. –

Non era abituata a combattere senza Jace, non l’aveva mai fatto, ma si fidava abbastanza delle capacità di Bellamy da accettarlo come compagno di battaglia. Si avvicinò ai due figli di Zeus, incontrando gli occhi blu dell’amico di sempre.

- Cerca di non farti ammazzare, okay? –

- Okay, lo stesso vale per te, piccoletta. –

Sbuffò quando le scompigliò affettuosamente i capelli, ma non potè impedire alle sue labbra  di stirarsi in un sorriso sentendo quel nomignolo affettuoso.

- Ehy, a me non dici di non farmi ammazzare? – intervenne Dean, scrutandola con cipiglio fintamente offeso.

Arricciò il labbro inferiore, fingendosi pensierosa. – Hai ragione. Non farti ammazzare, fulmine, perché quello di toglierti la vita è un privilegio che spetta solo a me. –

- Se me lo dici così dolcemente non posso fare a meno di obbedire – rise.

- Spiacente di interrompere questo momento di flirteggiamento, ragazzi, ma noi dobbiamo andare – disse Jace, schiarendosi vistosamente la gola.

Dean annuì, rivolgendole un ultimo sorriso sghembo e seguendo il fratello lungo il corridoio che portava verso l’uscita del quartier generale.

 

 

 

 

 

 

Dean





Stavano per prendere il volo quando si rese conto di una cosa assolutamente sconvolgente. Non aveva la sua radio. Niente radio equivaleva a niente cuffie, quindi niente musica … in poche parole? Panico totale.

La cosa più imbarazzante di tutta la sua vita? Essere un figlio di Zeus, per di più avere il dono del volo, e soffrire terribilmente di vertigini.

Jace gli lanciò un’occhiata penetrante. – C’è qualcosa che non va? –

- No, è tutto okay – mentì rapidamente.

- Dean, te lo hanno mai detto che sei un pessimo bugiardo? –

- Non di recente. –

Lo sguardo di Jace si fece improvvisamente serio. – Sii sincero, qual è il problema? –

Deglutì rumorosamente. Sii sincero. Certo, lui la faceva facile, ma come avrebbe potuto affrontare un’ammissione così imbarazzante? Aveva da poco scoperto di avere un fratello, per di più uno di quei tipi incredibilmente fighi che fanno sfigurare qualsiasi ragazzo nel raggio di chilometri, e lui doveva confessargli una fobia così imbarazzante? No, era escluso.

Tuttavia non aveva fatto i conti con il gruppo di avanguardia che stava uscendo proprio in quel momento e che sembrava decisamente sorpreso di non trovarli già in volo.

- Quale parte del concetto di “perlustrazione” non vi è chiara? – domandò Bellamy, inarcando un sopracciglio.

- Stavamo per andare … più o meno – replicò Jace, soppesando le parole e lanciandogli un’occhiata di sottecchi. Era una specie di richiesta di conferma.

Il problema era che lui non aveva mai volato senza cuffie e non credeva affatto di esserne capace.

Katherine gli si avvicinò, alzandosi in punta di piedi per potergli sussurrare all’orecchio. – Soffri di vertigini, vero? –

Dean sgranò gli occhi verdi, sorpreso. – Come l’hai capito? –

La ragazza si strinse nelle spalle. – Era un’impressione e me l’hai appena confermata. Credo di avere una soluzione – aggiunse, prendendogli il volto tra le mani e tornando ad alzarsi in punta di piedi.

Dean corrugò la fronte, perplesso: - Che stai … -

Non riuscì a terminare la frase, però, perché le labbra della figlia di Ares si poggiarono sulle sue. Chiuse gli occhi, gustandosi a pieno quel contatto, e quando li riaprì si ritrovò a volteggiare a una decina di metri dal suolo.

Katherine si separò sorridendo. – Hai visto? Dovevi solo pensare a qualcos’altro. –

 

 



Blake






Il figlio di Ecate acclamò la scenetta con un paio di fischi di ammirazione, per poi rivolgersi al ragazzo accanto a lui.

- C’è qualche fobia che desideri confidarmi, angioletto? Se vuoi, posso sempre offrirmi volontario per aiutarti a risolverla. –

Jude lo guardò dall’alto in basso, scuotendo la testa.

- No, non direi proprio. –

Blake gli venne più vicino, fissandolo intensamente con quei suoi occhi tremendamente penetranti. Riusciva quasi a fiutare la tensione nel corpo del ragazzo davanti a lui e la cosa contribuiva ad accrescere l’attrazione che provava per quell’angioletto.

- Peccato – sussurrò, a fior di labbra, ridendo quando il figlio di Eros scattò all’indietro come se fosse stato folgorato.

- Blake, piantala di molestarlo e datti una mossa – ordinò Jem.

Annuì, scoccando un’occhiata d’intesa al ragazzo davanti a lui.

- Ne riparliamo più tardi. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci, dopo un’assenza scandalosa, con l’aggiornamento. Spero che vi piaccia, anche se scandalosamente corto, e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

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