Like the sun we will live to rise [Interattiva] di Fiamma Erin Gaunt (/viewuser.php?uid=96354)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***
Capitolo 3: *** Cap 2 ***
Capitolo 4: *** Cap 3 ***
Capitolo 5: *** Cap 4 ***
Capitolo 6: *** Cap 5 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
We’re insane but not alone,
you hold on and let go
Like the sun we will live to rise
Like the sun we will live and die and then ignite again
Like the sun we will live to rise again
Katherine
chiuse gli occhi quando l’ennesima scarica
la colpì in pieno. Strinse i denti con vigore, decisa a non
lasciarsi scappare
il più piccolo gemito di dolore. Le onde castano scuro,
solitamente morbide e
lasciate libere di caderle lungo la schiena, erano madide di sudore e
appiccicate alla fronte alabastrina.
-
È impressionante la capacità di sopportazione che
ha – considerò una delle scienziate, mentre il suo
collega armeggiava con la
manopola del macchinario per bloccare l’afflusso di
elettricità.
-
Hanno capacità di guarigione molto sviluppate, è
per questo che abbiamo scelto loro per condurre
l’esperimento. –
Cavie
da laboratorio, non persone, era questo che
quei pazzi vedevano in loro.
Se
solo quelle cinghie non fossero state tanto
strette, se avesse avuto la possibilità di liberarsi, glielo
avrebbe fatto
vedere lei di cosa era capace una figlia di Ares.
-
Proviamo con una scarica più forte – aggiunse poi
l’uomo, ruotando la manopola di mezzo giro.
-
È sicuro spingere così tanto? –
domandò la donna,
dubbiosa, - Non corriamo il rischio di folgorarla definitivamente?
–
Lo
scienziato scrollò le spalle, indifferente alla
sorte della ragazza legata sulla sedia.
-
Possiamo sempre procurarci qualcun altro se l’esperimento
dovesse fallire. –
Posò
la mano sull’interruttore, pronto ad accendere
nuovamente il macchinario. In quel momento si scatenò
l’inferno. Certo, sempre
ammesso che l’inferno fosse fatto di elettricità
crepitante e folgori che
cadevano dal cielo piuttosto che da fuoco e fiamme.
Il
macchinario si fuse, lasciando una scia di
puzzolenti fili carbonizzati ad aleggiare per la stanza, mentre la
causa di
tutto ciò entrava dalla finestra sfondata.
Un
ragazzo dalla carnagione dorata, i capelli biondi
come se fossero stati baciati dal Sole e gli occhi blu, in cui
sembravano
passare scintille elettriche, si avvicinò alla sedia.
Studiò attentamente il
corpo della ragazza, le bruciature che segnavano la carnagione
alabastrina in
corrispondenza degli elettrodi, e la liberò prendendola
gentilmente tra le
braccia.
Gli
occhi azzurri, talmente chiari da sembrare
schegge di ghiaccio, della semidea si posarono sul suo volto. Era bello
come un
angelo caduto e, ben conoscendo la sua storia, altrettanto dannato.
-
Jace – sussurrò debolmente.
-
Va tutto bene, tesoro, adesso ci penso io a te –
la rassicurò, stringendola a sé.
Katherine
annuì, chiudendo gli occhi e rilassandosi
nella stretta delle braccia muscolose. Sapeva che sarebbe arrivato, che
l’avrebbe
salvata, perché questo era ciò che il suo
migliore amico aveva sempre fatto.
Spazio
autrice:
Stavo
leggendo un libro per l’esame di storia
contemporanea e mi sono soffermata sugli esperimenti condotti dai
nazisti nei
campi di concentramento. Così da quelle pagine di terribile
storia e crimini
contro l’umanità, è nata
quest’idea. Cosa dovete fare voi? Semplice: creare dodici
OC (sei ragazze e sei ragazzi) che vivano in questo futuro
apocalittico. Come
sempre vi chiedo di essere celeri nella consegna delle schede e vi
comunico che
accetterò un solo figlio dei pezzi grossi (tranne Zeus che
è escluso dalla
scelta) e un massimo di due figli della stessa divinità.
Potete prenotare un
massimo di due semidei. La scheda la trovate qui sotto:
Nome:
Cognome:
Età:
Genitore
Divino:
Genitore
Mortale:
Descrizione
Fisica:
Descrizione
Caratteriale:
Storia:
Armi:
Abilità:
Poteri:
Paure
o/e Fobie:
Prestavolto:
Curiosità:
Altro:
Per
ora direi che è tutto. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 2 *** Cap 1 ***
Cap 1
I'm a
survivor
I'm not gon give up
I'm not gon stop
I'm gon work harder
I'm a survivor
I'm gonna make it
I will survive
Keep on survivin'
Evanna
giocherellava nervosamente con una ciocca di capelli candidi come la
neve; gli
occhi, di un azzurro talmente puro e incontaminato da ricordare quelli
del
freddo cielo invernale, puntavano insistentemente verso
l’ingresso del palazzo
che avevano occupato abusivamente.
Tre
dei loro migliori semidei erano usciti in avanscoperta più o
meno tre ore prima
e da allora non avevano dato alcun segno di vita. Stava giusto per
inviare il
segugio di James, Shadow, a recuperarli quando la porta
d’ingresso si aprì e
fece capolino un ragazzo poco meno che ventenne con i capelli castano
chiaro
leggermente scompigliati e i suoi stessi incredibili occhi azzurri che,
in quel
momento, luccicavano come se la scarica di adrenalina fosse ancora in
circolo
nel suo corpo.
James
Hale, figlio della Dea Ate e uno dei capi
dell’Antàrtes, le rivolse un
sorrisetto sghembo.
-
Si può sapere dove accidenti eravate? Cominciavo a
preoccuparmi – disse,
lanciandogli un’occhiata tagliente.
-
Abbiamo avuto un piccolo imprevisto. –
-
Katty e Seth stanno bene? –
James
annuì. – Loro sì.
–
Evanna
assottigliò lo sguardo, scrutandolo dalla testa ai piedi
alla ricerca di
qualche ferita che gli fosse sfuggita. – Jem, non farmi
preoccupare, tu stai
bene? –
-
Stiamo tutti bene, sorellina, ma una dei ragazzi che abbiamo recuperato
è un
po’ acciaccata. –
Lo
sguardo della figlia di Chione si fece subito più
interessato.
-
Un attacco di mostri? –
Jem
scosse la testa, mentre le labbra si arricciavano in
un’espressione disgustata.
– Era stata catturata dall’ O.R.G., ma il suo amico
l’ha portata in salvo. –
Di
chiunque si trattasse, Eve era decisamente impressionata. In tanti anni
aveva
conosciuto solo un semidio che fosse riuscito a fuggire da quei
laboratori:
Seth.
-
Katty se ne sta occupando, sono in infermeria. –
L’infermeria
non era altro che una piccola stanza al secondo piano del palazzo in
cui erano
stati sistemati una decina di letti e qualche provvista e attrezzatura
di
pronto soccorso. La semidea ferita era sdraiata sul lettino
più lontano ed era
svenuta. Una figlia di Ares. In diciassette anni di vita Eve aveva
imparato
bene come distinguere la progenie delle varie divinità. Non
importava di che
nazionalità fossero, di quale etnia o se fossero maschi o
femmine, tutti i
semidei figli dello stesso genitore divino avevano un tratto in comune.
Nella
fattispecie, la ragazza aveva lo stesso bel viso dai tratti decisi di
Seth.
Appoggiato
alla parete accanto al letto, con i tempestosi occhi blu che
osservavano
attentamente ogni minimo movimento, stava un ragazzo che doveva avere
la stessa
età di James. Il bel volto dai tratti virili era corrucciato
e lo faceva
sembrare più che mai un cupo angelo vendicatore.
-
Sei assolutamente sicura di sapere ciò che fai? –
Katrine
Sunlight, la quindicenne figlia di Apollo che aveva preso il comando
dell’infermeria date le arti curative del padre,
alzò lo sguardo su di lui. I
penetranti occhi azzurri, leggermente a mandorla, fecero capolino da
sotto i
lunghi capelli biondi adornati da ciocche rosa.
-
Certo che so cosa sto facendo. Adesso cerca di rilassarti o gira al
largo, mi
metti ansia e non riesco a lavorare se mi stai così addosso.
–
Il
ragazzo irrigidì la mascella. – Sarà
meglio per te. –
Gli
occhi color ossidiana di Seth si rabbuiarono mentre si avvicinava
leggermente
alla ragazza, come a sottolineare il fatto che Katty era sotto la sua
protezione e non si sarebbe fatto problemi a vedersela con il nuovo
arrivato.
-
La puzza di testosterone si sente lontano chilometri, potete anche
smetterla di
giocare a chi è più macho –
decretò Eve, avvicinandosi al lettino e studiando
le bruciature sulla pelle della ragazza.
-
Evanna Hale, figlia di Chione e una dei capi
dell’Antàrtes. Lui è James, figlio
di Ate, l’altro leader nonché mio fratello. Seth e
Katty, rispettivamente di Ares
e Apollo – concluse le presentazioni, indicando con un cenno
del capo tutti i
componenti del gruppo ribelle presenti.
Jace
inarcò leggermente un sopracciglio, perplesso. –
Come fa a essere tuo fratello
e allo stesso tempo figlio di un’altra Dea? –
Era
una buona domanda, una di quelle che ogni semidio le aveva rivolto la
prima
volta in cui l’aveva incontrata.
-
Nostro padre non è mai stato un uomo particolarmente fedele.
Diciannove anni fa
ebbe una relazione e un figlio con Ate, due anni dopo con Chione
– replicò,
scrollando le spalle.
-
Jace Armstrong, figlio di Zeus. Lei è Katherine Banks,
figlia di Ares –
aggiunse, guardando teneramente la figura elegante che cominciava a
dare segni
di ripresa.
-
Figlio di Zeus, eh? Ecco perché hai l’aria di
essere così elettrico –
considerò Jem, sorridendo ironico.
-
Non immagini neanche quanto – confermò, sorridendo
allo stesso modo.
Guardandoli,
Eve ebbe la netta sensazione che quei due messi insieme sarebbero stati
davvero
difficili da gestire. L’avrebbero fatta impazzire, questo era
poco ma sicuro.
*
Madeleine
aveva cercato Lissa per ogni angolo del Campo Mezzosangue, ma senza
alcun
risultato. La conosceva da quando aveva messo piede per la prima volta
al Campo
e sapeva che non era decisamente da lei sparire in quel modo. Si
diresse verso
le scuderie dei Pegasi. La progenie di Afrodite passava molto tempo in
quel
luogo, ammirando l’eleganza e la bellezza di quegli animali.
Anche
lì nulla.
Da
una delle scuderie fece capolino una testa dagli scompigliatissimi
capelli
castano scuro e gli occhi di un azzurro talmente intenso da sembrare
quasi
innaturale.
-
Ehy, Jude! Hai visto Lissa da queste parti? –
Il
ragazzo, apparentemente perso in chissà quali
considerazioni, si riscosse di
colpo e si voltò verso di lei.
-
No, da queste parti non si è vista. –
Madds
si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore.
C’era qualcosa che non andava
in quell’assenza. Non sapeva neanche lei perché
avesse quella sensazione, forse
per le storie che circolavano in quegli ultimi mesi. I semidei che
vivevano al
Campo sapevano relativamente poco della vita di coloro che avevano
preferito la
via del vagabondaggio, ma c’era qualcosa di anomalo in quel
periodo, di
allarmante, e la preoccupazione si stava stendendo a macchia
d’olio anche lì.
- Ne parlerò con Chirone, magari lui sa
che fine ha
fatto – decise, puntando verso la residenza del Direttore e
venendo seguita dal
figlio di Eros.
Jude era un ragazzo anomalo per essere il figlio
del
Dio dell’amore, ma lei non poteva fare a meno di apprezzarne
la riservatezza e
la spiccata intelligenza. Era una compagnia piacevole e da sempre i
figli di
Afrodite e quelli di Eros andavano d’accordo.
Raggiunsero lo studio privato del centauro in
pochi
minuti e lungo il tragitto Madds non potè fare a meno di
occhieggiare da una
parte all’altra nella speranza di individuare la chioma
bionda di Lissa.
Trovarono Chirone intento a confabulare con
Dioniso,
le teste tanto vicine che sembrava quasi che le loro chiome si fossero
fuse in
una. Parlavano sottovoce come se si trattasse di chissà
quale enorme segreto.
Madeleine riuscì a cogliere solo un
nome, Moros, prima
che i due si accorgessero del suo arrivo e interrompessero bruscamente
la
conversazione.
- Madeleine, posso fare qualcosa per te?
– domandò gentilmente
il centauro. Un’ombra di preoccupazione gli offuscava gli
occhi scuri e da come
muoveva l’anteriore destro si intuiva chiaramente che ci
fosse qualcosa che non
andava.
- È Lissa; non la trovo da nessuna
parte, sembra
essere sparita nel nulla. –
Se possibile, i suoi occhi divennero ancora
più cupi e
scambiò un’occhiata d’intesa con
Dioniso. Anche il Dio appariva strano, più
strano del solito, e la cosa non
lasciava presagire nulla di buono.
- Le è successo qualcosa, vero?
–
- Madeleine, ci è da poco giunto un
dispaccio dall’esterno
e la scomparsa della tua amica non fa che accrescere la mia
preoccupazione.
Siamo in una situazione pericolosa, non te lo nascondo, e le cose sono
peggiori
di ciò che sembrano – iniziò
cautamente, porgendole un foglio stropicciato, -
Questo l’ha consegnato poco fa il Divino Ermes, è
una lista stilata dagli Dei.
Sta a voi Eroi cercare di salvare la situazione. –
- C’entra Moros, vero? –
domandò, fissandolo con i
penetranti occhi castani.
Dioniso aggrottò la fronte. –
Cosa credi di saperne tu di Moros,
signorinella? –
- Nulla, ma magari potreste dirmelo voi di chi si
tratta. –
- Moros è semplicemente la cosa
più pericolosa che
incontrerete mai nell’arco della vostra vita. –
- Più pericoloso di Crono, dei Titani,
di Gea e dei
Giganti? – domandò Jude, dubbioso.
- Più pericoloso di tutti loro messi
insieme –
confermò Chirone con aria grave.
- Fantastico, sentivo proprio la mancanza di
un’impresa
suicida – borbottò il ragazzo.
- Chi guiderà l’impresa?
–
Una colomba, simbolo di Afrodite, comparve sul
capo di
Madds.
Dioniso emise un lieve verso di scherno.
– Una figlia
di Afrodite a capo di un’impresa come questa? Ora siete
ufficialmente
spacciati. –
La colomba fece un elegante volteggio e
depositò un
consistente e grigiastro escremento sulla testa del Dio.
Jude si mise una mano davanti al viso per
impedirsi di
scoppiare a ridere e, Madds poteva giurarlo, anche Chirone sembrava
nella
stessa situazione.
La ragazza prese la lista che le veniva porta,
scorrendo
velocemente i nomi presenti: Blake Lexington, figlio di Ecate; Evelyn
Prysons,
figlia di Ermes; Nathan Wallace, figlio di Ade; Jude Harrison, figlio
di Eros;
Velstand Fritjof, figlio di Ilizia; Marco Sunday, figlio di Era; Zoey
Martin,
figlia di Poseidone e Remus Taylor, figlio di Atena.
- Sembrerebbe che la regola del tre sia stata
ampiamente violata – considerò Jude.
- Circostanze estreme richiedono misure estreme.
–
- E anche così continuo a dubitare che
un gruppo di
mocciosi riesca nell’impresa; sarà già
una fortuna se non vi farete ammazzare
tutti quanti – rincarò Dioniso.
- È sempre bello sapere quanto abbiate
fiducia di noi,
Mr D. – ironizzò il ragazzo.
Il Dio non colse la provocazione e si
limitò ad
allontanarsi borbottando qualcosa sulla stupidità e la
mancanza di rispetto
della nuova generazione.
Madeleine tornò a rivolgersi al
centauro, ancora un po’
frastornata dalla quantità di notizie apprese in quei pochi
minuti. – Non c’è
altro che desideri dirci, Chirone? –
- Solo una cosa: sopravvivete. –
Spazio autrice:
Eccoci con il nuovo capitolo. Sono riuscita a
presentare solo sei OC, e me ne dolgo, ma ai fini della trama
presentarli tutti
insieme era davvero troppo e si rischiava di avere
un’accozzaglia di nomi e
descrizioni sterili. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia
incuriosito. Al prossimo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 3 *** Cap 2 ***
Cap
2
There's a hero
If you look inside your heart
You don't have to be afraid
Of what you are
There's an answer
If you reach into your soul
And the sorrow that you know
Will melt away
Katty
La
ragazza ferita si era ripresa in fretta,
addirittura prima di quanto avrebbe mai immaginato, e doveva ammettere
di
esserne contenta. Sì, perché quel figlio di Zeus
si stava rivelando di
un’insistenza e un’apprensione inaudita.
Si
asciugò la fronte con il dorso della mano,
sospirando, mentre finalmente usciva dall’infermeria.
Seth,
appoggiato distrattamente a una delle
pareti del corridoio, puntò le iridi scure su di lei.
-
Ehy, va tutto bene? –
Annuì.
– Sono solo un po’ stanca, nulla di grave.
–
Barcollò
leggermente, in preda alle vertigini.
Evidentemente aveva usato molto più potere di quanto
immaginava. Le mani forti
del figlio di Ares però erano pronte e la sorressero con
gentilezza.
-
Ti accompagno nella tua stanza, è meglio se ti
stendi un po’. –
-
Non serve, Seth, ce la faccio da sola –
protestò, ma con scarsa convinzione. La verità
era che non le dispiaceva
affatto che il ragazzo si mostrasse così interessato alla
sua salute.
-
Certo, come no, ce la fai da sola – le fece il
verso, chinandosi per prenderla tra le braccia e portarla fino alla
zona notte
della residenza.
-
Non sono un pacco che sballottoli da una parte
all’altra, sai? –
-
Questo lo vedo anche io. Tanto per cominciare
sei troppo carina per essere un pacco e poi non ne hai né la
forma né tantomeno
l’aspetto – replicò.
Katrine
sentì le guance tingersi di una lieve
tonalità di rosa a quelle parole.
-
Smettila di prendermi in giro. –
-
Lo farei se ti stessi prendendo in giro,
ma sono assolutamente serio. Ecco fatto, arrivata sana e salva.
–
Katty
stava cercando qualcosa con cui ribattere
quando vennero interrotti da un rumore di passi. Da dietro
l’angolo sbucò un
ragazzo dai capelli biondo cenere e gli occhi blu. Il nuovo arrivato
tossicchiò
leggermente, scambiandosi un’0cchiata d’intesa con
Seth di cui a Katty sfuggì
il significato.
-
Mi spiace interrompervi, piccioncini, ma Evanna
ha ricevuto un messaggio iride da Bellamy. Sembra che abbia trovato dei
semidei
dalle parti della zona industriale. Vuole che Seth vada a controllare
insieme a
Jem e al figlio di Zeus – spiegò.
Il
figlio di Ares sbuffò, passandosi una mano tra
i capelli scuri. – D’accordo, vado subito. Tu cerca
di riposarti, raggio di
Sole – aggiunse, rivolgendosi a Katty e facendole
l’occhiolino. Poi imboccò il
corridoio che portava verso la zona centrale del quartier generale.
Ethan
sorrise divertito davanti all’espressione
frastornata della ragazza.
-
Sei proprio cotta, eh Katty? –
Scosse
la testa, facendo ondeggiare i lisci
capelli biondi e creando per un attimo l’illusione che fosse
illuminata davvero
dai raggi del Sole.
-
Smettila di dire cretinate, Et. –
-
E tu smettila di chiamarmi come quel coso –
protestò piccato.
-
Oh, ma dai, è talmente carino. Ti ci vedo
proprio bene nei panni dell’alieno coccoloso –
rise, prendendolo amichevolmente
in giro.
-
Okay, Sunlight, credo proprio che sia ora che
tu vada a fare la nanna – disse, spingendola delicatamente
dentro la sua stanza
e chiudendole la porta alle spalle.
Mentre
si dirigeva nuovamente verso l’infermeria,
scosse la testa in un misto di divertimento ed incredulità.
Possibile che fosse
perennemente circondato da gente senza qualche rotella?
Bellamy
Lanciò
un’occhiata ai semidei che aveva
trovato. Fino a pochi giorni prima era ritenuto il segugio
più in gamba dell’
Antàrtes e adesso si ritrovava a fare da baby sitter a dei
fuggiaschi che non
avevano la minima idea di come si sopravvivesse in strada. Okay, forse
il
ragazzo sapeva cavarsela da solo, ma era un miracolo che quelle due non
si
fossero ancora fatte ammazzare.
“Pensaci
tu, Bell, sei il nostro
migliore segugio. Nessuno sa muoversi nell’ombra come te, sei
il più adatto per
questo compito”.
Dannazione
ad Evanna e alla sua
capacità di far sembrare ogni ordine come la cosa migliore
in questo mondo. Ah,
ma questa volta la stramaledetta figlia di Chione
gliel’avrebbe pagata.
-
Credo che stiano arrivando. Ho paura –
l’informò la figlia
di Atena, gli occhi grigio verdi leggermente sgranati.
-
Lo so, ragazzina, adesso perché non stai un po’
zitta? –
L’unico
ragazzo del terzetto, un moro dagli occhi verdi in
cui guizzava una scintilla di furbizia, gli lanciò
un’occhiata eloquente e si
mise in ginocchio per riuscire a guardare negli occhi la più
piccola.
-
Va tutto bene, Alessandra, non gli permetterò di farti del
male – assicurò, scompigliandole affettuosamente i
capelli castani.
Poi
si rivolse al figlio di Tanato. – Cosa ti hanno detto i
tuoi amici? –
-
Dovrebbero mandare una squadra di recupero a darci una
mano. Arriveranno tra poco, viaggiano nell’ombra. –
-
Per caso hanno un grosso cane? – domandò Annelise,
indicando con un cenno del capo il segugio infernale che stava
trotterellando
verso di loro.
Il
cane si fermò davanti ad Alessandra, leccandole le mani e
facendo ridacchiare la tredicenne. Quando si mise su due zampe,
uggiolando
contento, il suo padrone lo richiamò con voce ferma.
-
Shadow, cuccia bello. –
Sempre
scodinzolando, Shadow tornò verso Jem e chiuse gli
occhi quando il figlio di Ate lo ricompensò con una bella
grattatina dietro le
orecchie.
-
Ve la siete presa comoda. –
-
Non pensavamo che bastassero un paio di semidei a renderti
la vita complicata – replicò Seth, con un ghigno
beffardo.
-
Non alzare troppo le penne, ragazzino, non vorrai costringermi
a prenderti a calci proprio davanti a tutti? –
-
Già, vorrei proprio vedere se ci riesci. –
James
si frappose tra loro, fulminando entrambi con
un’occhiataccia.
– Vi pare questo il momento di mettervi a discutere? Portiamo
questi ragazzi al
quartier generale, poi potrete scannarvi quanto vi pare. –
Seth
si fece indietro, alzando le mani con aria innocente,
mentre Bellamy lanciava un’occhiata in direzione di Jace e
Dean.
-
Si può sapere che gli prende a quei due? –
Jace
Aveva
accolto l’idea di una spedizione di salvataggio con
entusiasmo. Non era il tipo di persona a cui piaceva l’idea
di starsene con le
mani in mano, ma quando aveva raggiunto il gruppo di semidei era
rimasto senza
parole. E no, non era per la figlia di Eris che portava i segni della
prigionia
nel centro dell’O.R.G. e nemmeno per la sorpresa nel trovare
una figlia di
Atena così giovane. Quello che l’aveva
letteralmente lasciato senza fiato era
la sensazione di conoscere il ragazzo che si trovava davanti. La cosa
era
assurda perché lui non dimenticava mai una faccia conosciuta
né tantomeno
avrebbe potuto scordare l’incontro con un semidio
così potente. Eppure sentiva
di conoscerlo, di essere in qualche modo unito a lui.
-
Chi è il tuo genitore divino? – chiese,
continuando a
girargli intorno con circospezione.
Dean
resse bene la sua occhiata, per nulla intimorito, e ciò
era un grosso punto a favore.
-
Zeus. –
Gli
occhi blu si sgranarono, increduli. Trovare dei figli
dei Pezzi Grossi era di per sé molto difficile, ma il fatto
di avere un
fratellastro era qualcosa di impensabile.
-
Jace, figlio di Zeus … suppongo che questo faccia di noi
dei fratellastri. –
Lo
sguardo di Dean passò per un attimo dallo sconcerto
all’allegria.
Si fece avanti, porgendogli l’avambraccio in un saluto
virile. Jace lo strinse,
accompagnando il gesto con una pacca sulla spalla.
-
Quando sei nato? – domandò il moro.
-
Due gennaio di diciannove anni fa, e tu? –
-
Il quindici luglio, stesso anno. –
Il
sorriso di Jace si trasformò in un ghigno malandrino.
–
Quindi farai bene a darmi retta, fratellino.
–
Jem
tossicchiò leggermente. – Tutto ciò
è veramente carino,
ma abbiamo una squadra di scienziati pazzi alle calcagna, nel caso ve
lo foste
dimenticati. –
-
Ciò che Jem vuole dire è che è ora di
muovere il culo e
rimandare queste scene da femminucce all’arrivo al quartier
generale – chiarì Bellamy.
Fece
schioccare le dita, aprendo un portale
nell’oscurità
mentre Jem e Shadow facevano la stessa cosa.
Si
divisero in due gruppi mentre la piccola figlia di Atena
puntava i piedi. – Io non ci vado con lui. Posso stare con
te, Dean? – domandò,
sgranando gli occhioni cangianti e atteggiandosi a damigella in
pericolo.
-
Sembra che qualcuno qui faccia conquiste. Dimmi,
fratellino, non sei un po’ troppo grande per avere una
ragazza così giovane? –
lo prese in giro Jace, ricevendo per tutta risposta una leggera
spallata.
-
Di immortales, prenditi questa mocciosa e facciamola
finita – sbottò Bellamy, entrando
nell’ombra insieme ad Annelise e Seth.
Katherine
Ci
aveva messo circa un’ora per convincere Ethan che era
perfettamente in grado di alzarsi e fare un giro per il quartier
generale e
tutto ciò solo per scoprire che Jace era uscito insieme agli
altri per
recuperare dei semidei e a lei non era stato permesso di andare con
loro.
Così
si era trovata qualcos’altro da fare e aveva chiesto ad
Evanna delucidazioni sull’organizzazione ribelle e
sull’O.R.G.
La
figlia di Chione era stata felice di rispondere a tutte
le sue domande e ora non le restava che metabolizzare tutte le
informazioni.
-
Quindi l’Antàrtes al momento ha tagliato tutti i
contatti
con il Campo Mezzosangue? –
-
Quasi nessuno di noi è mai stato al Campo. Alcuni, come
Ethan, provengono da distaccamenti ribelli che sono stati annientati.
Altri,
come Seth e te, sono stati catturati dagli scienziati e si sono uniti a
noi
dopo essere riusciti a fuggire. Poi ci sono quelli come Bellamy e
Katrine,
perennemente in fuga, che qui hanno trovato un rifugio sicuro. Siamo
una
popolazione eterogenea, ma mi piace pensarci come una grande e
confusionaria
famiglia. –
Katherine
sorrise. Lei non ce l’aveva mai avuta una
famiglia, se si escludeva Jace, e l’idea che tutti quei
ragazzi potessero
diventarlo le piaceva.
-
Dell’O.R.G. invece che mi dici? –
Evanna
si battè un dito sul labbro inferiore, pensierosa.
–
A dire la verità non ne sappiamo poi così tanto.
È un’organizzazione di ricerca
genetica che studia e manipola i nostri geni, ma non abbiamo idea di
quale sia
lo scopo finale. Quello che sappiamo per certo è che si sta
preparando qualcosa
di grosso e dobbiamo farci trovare pronti. Una delle nostre fonti mi ha
fatto
sapere che anche al Campo è sparita una semidea, credo sia
una figlia di Afrodite,
e che è stata organizzata una squadra per andare a cercarla.
–
La
figlia di Ares stava giusto per fare un’altra domanda
quando uno scalpiccio lungo il corridoio annunciò
l’arrivo dei ragazzi.
Uscirono alla svelta e non le sfuggì l’espressione
ansiosa dipinta sui tratti
dalla gelida eleganza di Evanna.
Jem
fu il primo a voltare l’angolo e raggiunse la sorella,
stringendole delicatamente una mano come a volerle silenziosamente
comunicare
che andava tutto bene e non c’era stato alcun problema.
Subito dopo fece
capolino Jace.
Katherine
corse da lui, saltandogli in braccio e sorridendo
quando avvertì la stretta dell’amico chiudersi
intorno ai suoi fianchi e
sorreggerla.
-
Quindi ti hanno dimesso? –
-
Più o meno. Diciamo che in realtà ho quasi fatto
impazzire
Ethan e così ha deciso di farmi uscire. –
-
Chissà perché la cosa non mi sorprende affatto
– rise il
ragazzo.
Quando
l’ebbe messa giù, sentì Dean che si
chinava a
sussurrargli all’orecchio: - Ti prego, dimmi che quella non
è la tua ragazza né
una figlia di Zeus. –
Jace
scosse la testa, divertito.
-
Katherine, figlia di Ares, ti presento Dean, figlio di
Zeus. –
Kat
lo scrutò attentamente. Era alto quanto Jace, ovvero
intorno al metro e ottanta, e aveva un fisico allenato. Per il resto le
somiglianze con il fratello finivano lì. Dean era moro,
dagli incantevoli occhi
verdi screziati d’oro, la carnagione olivastra che gli
derivava dalle sue
origini brasiliane e il sorriso dolce e smagliante come quello di un
bambino.
-
Piacere di conoscerti – disse, accettando la mano che le
porgeva.
Dean
la trattenne un po’ più del dovuto, facendo
tossicchiare Jace. Era un attacco di tosse che nascondeva una risata,
Kat ne
era più che sicura, e pertanto si voltò a
fulminarlo con gli occhi chiari.
-
Ehy, fratello, hai rovinato l’atmosfera –
protestò il
moro, assestandogli una spintarella giocosa.
-
Ma quale atmosfera, fammi il piacere – rise a sua volta.
-
Stavo pensando che voi due non vi assomigliate poi molto,
ma evidentemente mi sbagliavo – commentò
Katherine, alzando gli occhi al cielo
tra l’esasperato e il divertito. Due figli di Zeus con cui
combattere, che gli
Dei l’aiutassero.
Madeleine
- É tutto pronto? –
Blake
sospirò, alzando gli occhi al cielo.
-
Sì, Madds, così come lo era due secondi fa,
quando l’hai
chiesto per la centesima volta. –
La
ragazza si voltò verso il figlio di Ecate, lanciandogli
un’occhiata omicida.
-
Ascoltami bene, Lexington. Trovare Lissa è la
priorità di
quest’impresa, quindi tutto deve essere perfetto in ogni
minimo dettaglio. –
-
Credevo che la priorità fosse impedire che questo Moros
prendesse il potere e ci distruggesse tutti – intervenne
Remus, arrivato in
quel momento insieme a Zoey e Marco, figli rispettivamente di Poseidone
ed Era nonché
suoi migliori amici.
-
Quello è scontato, Rem, ma la vita di Lissa è una
nostra
responsabilità. –
Il
figlio di Atena fissò le iridi castane della ragazza,
annuendo in silenzio. Malgrado Madeleine fosse entrata in
modalità sergente
istruttore, riusciva a leggere la preoccupazione nel suo sguardo. Non
si
sarebbe mai perdonata se alla sua amica fosse accaduto qualcosa per
colpa di un
loro stupido errore.
Zoey
si avvicinò alla figlia di Afrodite, posandole una mano
sulla spalla e sorridendole fiduciosa. – La troveremo, Madds,
ne sono sicura. –
-
Certo che la troveremo. Lissa è uno schianto di ragazza,
non possiamo mica permettere che le accada qualcosa di male –
confermò Marco.
Madeleine
osservò uno ad uno i volti dei ragazzi intorno a
lei. Sapere che così tante persone avevano fiducia nella
riuscita dell’impresa
la rincuorava.
-
Blake, va a cercare gli altri e dì loro di darsi una mossa
– ordinò, rivolgendosi all’albino.
Stranamente
il figlio di Ecate non obbiettò nulla, anzi si
dipinse un ghigno divertito sulle labbra sottili e puntò in
direzione della
Capanna numero Undici in cui alloggiavano i figli di Ermes e tutti
coloro che
non avevano ancora una loro Capanna.
Blake
Bussò
piano alla porta, stando attento a non farsi
travolgere da una mandria di ragazzini che scelsero proprio quel
momento per
spalancarla e uscire fuori come se avessero Crono alle calcagna.
Fermò
l’ultimo del gruppo, ignorando lo sguardo impaurito
con cui il dodicenne fissava i suoi capelli albini e le iridi scure e
profonde
come due buchi neri. Faceva questo effetto a molte persone
lì al Campo e la
cosa non gli dispiaceva particolarmente.
-
Prysons, Fritjof e Harrison sono qui dentro? –
-
Solo … Solo Jude. Lyn e Vel sono andati alla Capanna
tredici da Nathan – mormorò, prima di defilarsi
rapidamente verso i suoi amici.
Un
nuovo ghigno divertito si dipinse sulle sue labbra.
Quando si diceva il caso. Entrò piano nella Casa, stando
attento a fare il
minor rumore possibile, e individuò facilmente il ragazzo
che stava cercando.
Era seduto sul bordo del suo letto e stava armeggiando con alcune
frecce. Non era
un mistero per nessuno il fatto che fosse bisessuale, del resto con una
madre
come Ecate sarebbe stato strano il contrario, e Jude Harrison era
proprio il
tipo di bocconcino che faceva al caso suo.
-
Ehy, angioletto, non dovresti aver già finito di preparare
le tue cose? –
Jude
sussultò, preso alla sprovvista, e si voltò a
folgorarlo con un’occhiataccia.
-
Non farlo mai più. –
-
Cosa, sorprenderti o chiamarti angioletto? –
Le
gote del figlio di Eros assunsero una tonalità di rosa un
po’ più acceso e allo stesso tempo provocarono un
moto di soddisfazione nell’albino.
-
Tutte e due le cose. –
Gli
si avvicinò lentamente, con l’andatura sinuosa di
un
grosso felino a caccia. – Se ti dessi retta non ti vedrei
più arrossire e
sarebbe un peccato perché diventi ancora più
carino quando sei imbarazzato,
sai? –
Jude
deglutì nervosamente, alla ricerca di qualcosa con cui
ribattere. Fortunatamente l’arrivo di Lyn e Vel lo tolse
d’impaccio.
-
Lexington, non starai importunando Jude di
nuovo?! – domandò Evelyn,
avvicinandosi al figlio di Eros e incrociando le braccia con aria
risoluta.
-
Io non importuno proprio nessuno, Prysons. –
-
Voglio sperarlo, o sarò costretta a riempirti il letto di
serpenti un’altra volta – disse, sorridendo con
aria fintamente angelica.
Il
ragazzo rabbrividì. I serpenti erano una mossa scorretta
e la figlia di Ermes lo sapeva bene.
-
Madeleine ci sta aspettando, sarà meglio darsi una mossa
–
tagliò corto.
Spazio
autrice:
Ho
quasi presentato tutti gli OC, me ne mancano un paio ma
nel prossimo capitolo li troverete sicuramente (così come ci
sarà finalmente un
po’ d’azione). Spero di essere riuscita a renderli
tutti come volevate. Fatemi
sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 4 *** Cap 3 ***
Cap
3
'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter
Dean
Il
centro d’addestramento del quartier generale era diverso
da come se l’immaginava, per molti versi era una specie di
Campo in miniatura e
per altri era infinitamente più attrezzato. La zona scherma
era formata da un
ovale e su una delle pareti in fondo era appesa una rastrelliera con
ogni tipo
di armi, alcune delle quali non sapeva neanche esistessero.
-
Dean, concentrati – la voce di Jace lo riportò
alla realtà
un attimo prima che la spada di bronzo celeste calò sulla
sua spalla.
Era
un colpo di piatto, pertanto non riportò alcuna ferita,
ma la botta fu sufficiente a fargli stringere i denti per impedire al
minimo
lamento di uscire dalle sue labbra.
-
Ehy, non vale, ero distratto – protestò,
massaggiandosi la
spalla.
-
Pensi forse che mostri e scienziati ti diano il preavviso
prima di attaccarti? Devi concentrarti, fratellino. –
-
Lo so, lo so, è solo che sono stanco –
borbottò.
Jace
rinfoderò la spada, scrollando le spalle. – Cinque
minuti
di pausa, poi riprendiamo. –
Raggiunse
una delle panche e vi si lasciò cadere sopra
stancamente.
-
Ti sta mettendo sotto, eh? –
La
voce femminile lo spinse a voltarsi verso colei che aveva
parlato. Katherine gli stava davanti, l’espressione
divertita, e faceva roteare
con un movimento preciso del polso la sua spada.
-
Non dovresti aspettare ancora un po’ prima di riprendere
ad allenarti? –
-
Dovrei? Sì, certo. Lo farò? Ovviamente no.
–
Dean
si lasciò scappare uno sbuffo divertito. – E io
che
pensavo fossi una figlia di Ares piuttosto anomala; evidentemente mi
sbagliavo.
–
-
Perché “anomala”? –
domandò, mettendosi subito sulla
difensiva. A quanto pareva non le piaceva quando qualcuno metteva in
dubbio il
suo essere all’altezza del padre.
-
Perché non ho mai visto una figlia di Ares così
bella, non
credevo potesse esistere – replicò candidamente,
rivolgendole il migliore dei
suoi sorrisi smaglianti.
-
Ma davvero? – domandò, avvicinandoglisi e
piegandosi per
portare i loro volti più vicini.
-
Certo. Non mi stupirei se tu fossi addirittura più bella
della Divina Afrodite. –
Dean
si sporse un po’ in avanti, provando ad annullare del
tutto la distanza che li separava. Una frazione di secondo e si
ritrovò a
terra, sdraiato sulla schiena.
-
Mi hai spinto giù? – domandò incredulo.
-
Però, sei proprio un fulmine.
Va’ a provarci con qualche figlia di Afrodite che magari si
beve queste
idiozie. Figli di Zeus, tutti uguali – disse, allontanandosi
a passi rapidi e
cominciando ad allenarsi.
Jace
scoppiò a ridere, avvicinandosi e aiutandolo a rialzarsi.
-
Forse avrei dovuto dirti che Katherine non è una che ci
sta facilmente. –
-
Bè, grazie per avermi avvertito, eh fratellone? –
-
Coraggio, torniamo ad allenarci. Magari dopo
quest’umiliazione
ti concentri un po’. –
Evanna
-
Sei assolutamente sicuro di quello che hai visto, Destin? –
Il
ragazzo dall’altra parte annuì. Aveva capelli
mossi e
biondo scuro, gli occhi erano di un azzurro vagamente elettrico e le
occhiaie
profonde lasciavano intendere che non doveva aver dormito molto in quei
giorni.
Non per questo, tuttavia, appariva meno bello ai suoi occhi.
-
Non sarei certo qui a dirtelo altrimenti, no? Fidati di
me, Eve, è una pista sicura. –
E
lei si fidava di quella voce calda e rassicurante. Destin
le era stato accanto ogni volta in cui ne aveva avuto bisogno e senza
le sue
preziose dritte probabilmente l’Antàrtes non
sarebbe neanche esistito.
-
Quando tornerai al quartier generale? Mi manchi – ammise,
mordendosi la lingua subito dopo. Erano in pieno conflitto e Destin era
un
informatore perfetto, aveva occhi e orecchie ovunque, non era lontano
da lei
per sua libera scelta.
-
Presto, tesoro. Ora devo andare, credo che stia arrivando
qualcuno – tagliò corto, lanciandole uno di quei
suoi sorrisi sghembi in grado
di farla sciogliere e chiudendo la conversazione.
Si
ricompose velocemente, tornando a indossare la maschera
da fredda ed efficiente leader, per poi affacciarsi in corridoio.
-
Jem, fai venire qui Bellamy. –
Il
fratello fece capolino dalla sua stanza, i capelli
stropicciati e l’aria assonnata.
-
Non puoi andartelo a chiamare da sola? Stavo dormendo –
protestò.
-
James Matthew Hale, muoviti e va’ a chiamarlo. Forza,
scattare! –
-
D’accordo, d’accordo. Sto andando, sto andando
– brontolò,
incamminandosi verso la stanza del figlio di Tanato e mormorando un
udibilissimo: - Io non ho una sorella, ho una strega despota dai
capelli
bianchi. –
-
Ti ho sentito! –
-
Buon per te, significa che non sei sorda. –
Alzò
gli occhi al cielo. Certe volte non riusciva proprio a
credere che fosse lui il maggiore; Jem aveva
l’abilità di trasformarsi in un
ragazzino nel giro di un paio di secondi per poi tornare a vestire i
panni del
guerriero.
Se
solo Destin fosse stato lì a darle una mano.
Scacciò quel
pensiero con forza. Non era quello il momento di piangersi addosso
né di
pensare al suo … come poteva definirlo? Luogotenente? Amico?
Quasi pseudo
ragazzo?
Non
ebbe il tempo di giungere a una definizione
soddisfacente che Bellamy le si parò davanti, facendola
sussultare.
-
Calma, principessa, sembra quasi che tu abbia visto un
fantasma – la canzonò.
-
C’era proprio bisogno di fare un viaggio ombra per
attraversare un semplice corridoio? –
-
Probabilmente no, ma in quale altro modo avrei potuto
farti prendere un colpo? –
Decise
d’ignorarlo. Trattare con Bellamy Black diventava una
cosa possibile solo quando non gli si dava la soddisfazione di fargli
capire
quanto sapesse essere irritante.
-
Destin dice che i semidei del Campo sono partiti da poco
per un’impresa: vogliono ritrovare la figlia di Afrodite che
è stata rapita.
Sono diretti alla sede del O.R.G. di New York. Dobbiamo allestire una
squadra e
andare a dar loro una mano. L’unico modo per affrontare
ciò che sta accadendo è
essere uniti. –
-
Bè, se lo dice Destin
allora cambia tutto – disse sprezzante, prima di aggiungere,
- Chi vuoi che mi
porti dietro? –
Evanna
scrollò le spalle, piccata per il modo in cui aveva
pronunciato il suo nome. Bellamy era un attaccabrighe, questo lo sapeva
bene,
ma non riusciva proprio a capire perché Des gli stesse tanto
antipatico.
-
Lascio a te la scelta, ma che sia un gruppo ristretto,
darete meno nell’occhio – decretò.
Bellamy
annuì brevemente, scomparendo nuovamente
nell’ombra.
Madeleine
L’ingresso dell’ O.R.G. non sembrava molto diverso
da un
qualsiasi istituto medico. Era una costruzione imponente, di circa nove
piani,
interamente realizzata in acciaio e vetro e persino da fuori si
riusciva a
vedere che ogni cosa era di un bianco accecante.
-
Lissa deve essere tenuta nei sotterranei, le celle saranno
sicuramente lì – decretò Rem,
osservando con aria concentrata la piantina che
Evelyn era riuscita a “prendere
in
prestito” dal catasto della città.
-
Possiamo dividerci e ispezionare varie ale del centro –
propose Jude.
Madeleine
annuì. – È una buona idea. Io, Rem ed
Evelyn andiamo
a dare un’occhiata all’ala Est. Jude, Blake e
Nathan prendono quella Ovest. –
-
E noi che facciamo? – domandò Zoey, seccata per
non essere
stata messa al centro dell’azione.
-
Tu, Marco e Velstand rimanete qui e ci fate da copertura
nel caso ci sia qualche problema. È un compito abbastanza
dignitoso per te? –
replicò seccamente la figlia di Afrodite.
Zoey
annuì, prendendo da parte Remus un attimo prima che
entrassero in azione.
-
Cerca di stare attento, okay? –
Il
figlio di Atena annuì, accarezzandole una guancia e
portandole una ciocca dietro all’orecchio. Le iridi grigie
incrociarono quelle
verdemare della ragazza e parvero perdersi in esse.
-
Tornerò tutto intero, non preoccuparti –
sussurrò.
-
Rem, andiamo, datti una mossa! –
Raggiunse
Madds e il resto della sua squadra, varcando l’ingresso
posteriore del centro con ogni cautela possibile.
Avevano
esaminato i primi tre piani senza ottenere alcun
risultato quando lo sentirono. Era un urlo femminile e decisamente
familiare.
-
Lissa, è da questa parte. –
Sfrecciarono
verso la stanza da cui provenivano le urla,
spiando dallo spioncino della porta. La scena che si trovarono davanti
era
qualcosa di agghiacciante.
Lissa
era stata agganciata a una sedia di metallo e veniva
scossa da quella che sembrava una specie di crisi epilettica. La sedia
tremava
sotto i suoi movimenti, le cinghie sembravano sul punto di cedere e una
specie
di schiuma biancastra cominciava a fare capolino tra le labbra ben
definite
della ragazza.
-
Il siero non sta avendo la reazione desiderata – disse uno
degli uomini in camice, prima di rivolgersi ad un altro dei suoi
collaboratori.
– Blocca la simulazione subito, rischiamo di perderla prima
del tempo. –
Davanti
a quell’immagine Madds non potè fare a meno di
lasciarsi prendere dall’istinto e lanciarsi dentro la stanza
come una furia
distruttrice.
-
Madds, aspetta – le gridò dietro Remus, ma fu
tutto
inutile e al ragazzo ed Evelyn non restò che correre dietro
all’amica per
darle manforte.
Jude
-
Da questa parte non c’è proprio niente –
decretò Nathan, scuotendo
la testa infastidito, prima di aggiungere: - Vado a dare
un’occhiata da quella
parte. Voi continuate a cercare qui. –
Jude
si trattenne dal richiamarlo. Non solo non gli sembrava
una buona idea quella di separarsi,
ma per giunta non
aveva alcuna voglia di rimanere solo con Blake, tantomeno se si
trattava di un
luogo angusto e buio come quello.
-
Che c’è, angioletto, non dirmi che hai paura di
me? Ti
assicuro che non mordo … bè, non quando non sono
a letto – si corresse,
sorridendo malizioso.
-
Non è proprio il momento, Blake. E poi non so che idea tu ti
sia fatto, ma io … -
-
Tu vorresti farmi credere che non ti senti minimamente
attratto da me? – concluse per lui, inarcando un sopracciglio
albino con aria
di sfida.
Lo
osservò dalla testa ai piedi. I capelli candidi come la
neve, gli occhi scuri come buchi neri, gli zigomi alti e il volto dai
tratti
poco pronunciati. Era di una bellezza androgina che difficilmente
sarebbe
potuta essere eguagliata da qualcun altro.
E
in quel momento si stava avvicinando a lui, stringendolo
sempre più contro la parete dei sotterranei. Era a un soffio
dalle sue labbra
quando il boato di una porta che veniva buttata giù li fece
sussultare.
-
No, Bell, da queste parti ci sono solo due ragazzi che
stavano per darsi da fare. Tra parentesi, sono felice di essere entrato
quando
entrambi avevate ancora tutti i vestiti addosso. –
Jude
si voltò verso il ragazzo che aveva parlato. Aveva i
capelli biondi, gli occhi blu in cui guizzavano scintille elettriche ed
era
avvolto da una specie di aria elettrica, il genere di esperienza che
preannunciava una tempesta di quelle grosse.
-
Tu sei … -
-
Bello, affascinante, perfetto? – suggerì il nuovo
arrivato, sorridendo sfrontato.
-
No, stavo per dire: sei un figlio di Zeus –
ribattè.
-
Ah, quello. Bè, sì, tra le mie altre meravigliose
qualità
c’è anche l’essere un figlio di Zeus.
Jace Armstrong – disse, porgendo la mano
a entrambi.
-
Jude Harrison, figlio di Eros, e lui è Blake Lexington,
figlio di Ecate. –
Gli
altri ragazzi con lui si fecero avanti, rivolgendo loro
un cenno di saluto.
-
Siete amici del tizio di “a spasso con i morti” che
abbiamo incontrato poco fa … Nathan, giusto? –
domandò Jem.
-
Sì, siamo qui per ritrovare una nostra amica. –
Blake
tossicchiò leggermente.
-
D’accordo, un’amica di tutti tranne che sua.
Così va bene?
– si corresse, fulminando l’albino con
un’occhiataccia.
-
Sì, angioletto, così è perfetto.
–
Vennero
interrotti da un tonfo sordo proveniente da diversi
piani sopra di loro.
-
Bell, tocca a te. –
Il
figlio di Tanato schioccò le dita e fece comparire il
consueto passaggio.
Riapparvero
sul pianerottolo del terzo piano, dove era in
corso una specie di bolgia infernale.
Jace
I
ragazzi del quartier generale si lanciarono nello scontro
all’istante, colpendo tutto ciò che riuscivano ad
afferrare. Una delle sue
scariche colpì in pieno l’uomo più
vicino alla finestra, che stringeva tra le
braccia una ragazza dai capelli rossi che scalciava e si divincolava
con tutta
la forza che aveva in corpo. Lo scienziato la lasciò andare
con uno strillo,
portandosi una mano sul volto bruciacchiato.
-
È lui, il figlio di Zeus che ha attaccato l’altro
centro –
esclamò, puntandogli un dito contro.
-
Sembra che ti conoscano bene da queste parti –
osservò la
rossa, accettando la sua mano per rimettersi in piedi.
-
Sì, sono una specie di celebrità. Del resto
guardami, con
un aspetto come questo non posso certo passare inosservato, no?
– disse,
ammiccando, per poi gettarsi nuovamente nello scontro.
Dean
lo affiancò, scambiando con lui un’occhiata
d’intesa.
-
Rossa, fossi in te uscirei alla svelta, l’ambiente si sta
facendo davvero elettrico – la avvertì Jace.
Una
volta che furono certi che tutti i semidei se ne fossero
andati, concentrarono i loro poteri in un attacco all’unisono
e scatenarono la
potenza dei loro fulmini in tutta la stanza.
Raggiunsero
il resto del gruppo solo quando furono certi che
tutti gli scienziati erano stati messi almeno temporaneamente ko.
Davanti
all’ingresso dell’istituto, Jace si concesse
un’occhiata
ai palmi delle mani. La scarica di fulmini era stata molto
più forte e duratura
rispetto a quelle a cui era abituato, ma le ustioni stavano lentamente
guarendo
e scomparendo senza lasciare la minima cicatrice.
-
È tutto ok, fratellino? –
Dean
annuì. – A meraviglia, perché non si
vede? –
Ridacchiarono,
scuotendo la testa.
Doveva
ammettere che questa cosa di avere un fratello gli
piaceva sempre più ogni momento che passava.
-
Ehy, voi due siete tutti interi? –
La
rossa che aveva salvato si fece avanti, scrutandoli con i
profondi occhi castani. D’un tratto ebbe
l’impressione di averla già vista da
qualche parte, ma non riusciva proprio a ricordare dove. Era strano
visto che
era un vero e proprio schianto e non era affatto da lui dimenticarsi di
una
ragazza così.
-
Interi e splendidi come sempre. Sono Jace e lui è il mio
fratellino, Dean – si presentò, abbagliandola con
il migliore dei suoi sorrisi
da “lo so che non puoi fare a meno di pensare che sia
stupendo”.
-
Madeleine, figlia di Afrodite. Ora, mr macho, perché non
ci dai una mano con la mia di
sorella? –
Ecco,
ora sì che aveva capito dove l’aveva
già vista. L’intera
New York era tappezzata con cartelloni delle sue pubblicità:
Madeleine Dubois.
L’aveva sempre saputo che era troppo
bella per
essere una semplice umana.
Lanciò
un’occhiata in direzione della ragazza svenuta.
Effettivamente non aveva una bella cera e sembrava che Ethan e Katty
avrebbero
dovuto fare un vero e proprio miracolo per rimetterla a nuovo.
-
Forza, si torna al quartier generale, così rimetteremo in
sesto la vostra amica – decretò Bellamy,
preparandosi a una nuova partenza.
-
Aspetta, quale quartier generale? –
Madeleine
si era fatta immediatamente più sospettosa.
-
Bellamy parla del quartier generale dei ribelli. Semidei strafighi
dal 2014 – spiegò, facendola ridere.
-
D’accordo, mi hai convinta, veniamo con voi –
assentì.
Destin
E
anche quella era andata. La figlia di Afrodite era stata
portata in salvo e i ribelli si erano uniti ai ragazzi del Campo
Mezzosangue.
Le cose stavano andando esattamente per il verso giusto e il suo lavoro
era
stato ben ripagato.
-
È ora di tornare al quartier generale –
mormorò tra sé e sé.
Spazio
autrice:
Sì,
mi sono impazzita e ho pubblicato due capitoli in un
giorno. La verità era che non resistevo all’idea
di scrivere qualcosina in più
e così mi sono fatta trasportare. Spero che il capitolo vi
sia piaciuto e che
vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
P.S.
Sto
facendo dei banner con i prestavolto dei vari personaggi,
ma devo vedere se l’editor me li prende. Ergo, se tutto va
bene qui sopra
dovrebbe comparire l’immagine di come sarebbe Jace.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 5 *** Cap 4 ***
Cap 4
You could go the distance
You could run the mile
You could walk straight through hell with a smile
You could be the hero
You could get the gold
Breaking all the records
that thought never could be broke
Do it for your people
Do it for your pride
Never gonna know if you never even try
Do it for your country
Do it for you name
Zoey
La
figlia di Poseidone aveva scoperto ben presto
che in quel quartier generale la vita non era poi così male.
Tanto per
cominciare le ragazze ribelli, anche se poche, sapevano decisamente
come
divertirsi e stringere amicizia con Alessandra e Katty le era venuto
facile
come respirare. Erano nella sala allenamenti e lei e Ale stavano
cercando di
insegnare a Katty come si tirava di scherma. La giovane figlia di
Apollo,
infatti, sebbene con arco e frecce e con i poteri curativi facesse
faville,
sembrava sprovvista della coordinazione mano occhio necessaria per
maneggiare
una lama.
L’aveva
appena disarmata per la terza volta
quando il suo sguardo venne attratto dal passaggio di un semidio che
era certa
di non aver mai visto nella sua seppur breve permanenza lì
dentro.
-
Quello chi è? –
Alessandra
scrollò le spalle, provando un paio di
fendenti contro un avversario immaginario. – Suppongo
qualcuno dei ribelli in
missione. –
Katrine
si voltò per lanciargli un’occhiata e un
sorriso intenerito si stese sul suo volto.
-
Quello è Destin, finalmente è tornato. Eve
sarà
contenta di poterlo riabbracciare; non lo dice mai, ma sono sicurissima
che
abbia una bella cotta per lui. –
-
Come quella che hai tu per Seth? – domandò la
tredicenne, dando prova una volta per tutte che le figlie di Atena non
erano in
gamba solo con le strategie militari, ma si accorgevano di ogni minimo
dettaglio.
-
Io non ho nessuna cotta per nessuno – protestò
la bionda, ma le guance rosse lasciavano intendere perfettamente che
nemmeno
lei credeva alle sue parole.
-
Mi hai preso per stupida? Sarò anche una
tredicenne, ma so riconoscere una persona innamorata –
replicò, con l’aria di
chi la sapeva lunga.
-
Non stavamo parlando di scherma? Torniamo ad
allenarci – disse Katty, deviando abilmente
l’argomento e tornando su un
terreno più familiare.
Lì
almeno, se avesse fatto una figuraccia,
sarebbe rimasta una cosa solo tra loro tre.
Ripresero
a duellare finchè l’arrivo di Remus,
che si sedette lungo gli spalti e le fissò interessato, non
costrinse Zoey a
distrarsi e finire con il farsi disarmare da Katrine.
-
Ce l’ho fatta, ci sono riuscita. –
-
Ero distratta, non vale – protestò, recuperando
la spada e premendo il bottone per farla tornare una semplice molletta
per
capelli. L’appuntò tra la chioma color cioccolato
e puntò un dito contro il
figlio di Atena. – È tutta colpa tua, Remus James
Taylor – decretò.
Rem
sgranò gli occhi, incredulo.
-
Colpa mia? Non sono mica stato io a dirti di
lasciarti disarmare come una principiante –
ribattè.
-
A chi hai dato della principiante? – disse,
gonfiando le guance con espressione fintamente minacciosa e
rincorrendolo lungo
la sala allenamenti.
Remus
aumentò l’andatura, ridendo: - Tanto non mi
prendi, razza di lumaca marina. –
-
Staremo a vedere, topo di biblioteca – replicò
la figlia di Poseidone.
I
semidei presenti interruppero momentaneamente
gli allenamenti per assistere a quella scena comica, chi unendosi alle
risate,
chi facendo il tifo per uno dei due, e chi scuotendo la testa incredulo.
Katherine
-
Stupido arco, stupide frecce e stupido
bersaglio – borbottò, chinandosi a recuperare le
decine di frecce che aveva
scoccato e che non avevano neanche lontanamente centrato il bersaglio.
L’arco
era un’arma da donnicciole, suo padre lo
diceva sempre, quindi perché doveva imparare a usarlo?
Semplice, perché non
sopportava l’idea che potesse esserci un’arma per
lei astrusa e, inoltre, aveva
bisogno di qualcosa che andasse bene a lunga gittata.
-
Prova con questa. –
La
voce di Dean la colse di sorpresa. Il figlio
di Zeus le stava porgendo la sua arma preferita, una balestra
dall’aspetto
agile e maneggevole. L’aveva visto usarla durante gli
allenamenti e doveva
riconoscere che era una validissima alternativa all’arco.
-
Mi potresti … sì, insomma, mi mostreresti come
funziona? – domandò, sentendosi arrossire per
l’imbarazzo.
Fortunatamente
Dean non fece alcun commento e si
limitò a fargliela imbracciare, sfiorandole il braccio nudo
per cercare di
posizionarlo correttamente. Una lievissima scossa si propagò
a causa del
contatto tra le loro pelli.
-
Scusa, non volevo – mormorò, imbarazzato, per
poi toglierle l’arma dalle mani. – Forse
è meglio se guardi prima come la uso
io – disse, mostrandole la posizione corretta e il modo in
cui bisognava
incoccare e poi rilanciare il dardo.
La
freccia centrò in pieno il bersaglio, seguita
dallo sguardo affascinato della figlia di Ares.
-
Adesso lascia provare me – ordinò, stendendo la
mano in modo autoritario.
Fece
scattare il meccanismo e colpì il cerchio
poco sotto il centro. Si lasciò andare a un verso
soddisfatto mentre un sorriso
orgoglioso si dipingeva sul bel volto dagli zigomi alti.
-
È la prima volta che vedo una ragazza
entusiasmarsi così tanto per una balestra. –
-
Probabilmente perché hai sempre conosciuto solo
ragazzine viziate timorose di rompersi un’unghia. –
Ridacchiò
divertito. – Mi sa che hai ragione. È
bello vedere che c’è sempre un’eccezione
alla regola. –
-
Non male per essere la prima volta che usi una
balestra – commentò una voce sconosciuta.
I
due ragazzi si voltarono verso il nuovo
arrivato, che li osservava con un sorrisetto divertito che gli
increspava le
labbra.
-
Devi essere la figlia di Ares di cui ho sentito
tanto parlare. Una vera e propria forza della natura – disse,
offrendole una
mano.
Katherine
la prese, sorprendendosi quando invece di
stringerla se la portò al volto e vi depositò un
casto bacio sul dorso.
Dean
si fece avanti, inarcando un sopracciglio e
scrutandolo dalla testa ai piedi. – E tu chi saresti?
–
-
Destin Stark, figlio di Tyche e luogotenente di
Evanna. –
-
Quindi alla fine hai deciso di mostrare
nuovamente quella tua faccia da cazzo in giro per il quartier generale
–
esclamò Bellamy, mollando immediatamente il tomhawk con cui
si stava
esercitando e avvicinandosi al terzetto.
Fissava
il figlio di Tyche come se non chiedesse
nulla di meglio che staccargli la testa a morsi.
-
Certo, Black, mi mancava il prenderti a calci
durante gli allenamenti. –
Jem,
che si allenava con il figlio di Tanato, si
frappose tra i due semidei. – Ragazzi, non ricominciate, per
favore. Destin,
mia sorella ti sta aspettando nella sala riunioni, vedi di fare in
fretta. –
Quando
il ragazzo ebbe annuito e si fu
allontanato, il figlio di Ate si rivolse all’amico.
-
Devi proprio attaccare briga ogni volta che lo
incontri? –
-
Lo sai che quel tipo non mi piace. –
-
Non piace neanche a me, se è
per questo – intervenne Dean, ricevendo un’occhiata
d’apprezzamento da parte di Bellamy.
Katherine
alzò gli occhi al cielo, sospirando.
Con così tante prime donne riunite in un posto solo dubitava
seriamente che
sarebbero mai riusciti ad avere una giornata priva di risse o
discussioni.
-
Visto che non sono proprio dell’umore per
sentirvi discutere, penso che mi andrò a riposare un
po’. –
-
Sicura di non volere compagnia? – domandò Dean,
ammiccando.
-
Sicuro di non volere che ti faccia un occhio
nero? – domandò per tutta risposta.
Si
allontanò seguita dalle risate di Jem e, poteva
giurarlo, persino Bellamy se ne era lasciato sfuggire un accenno.
Evanna
Nel
momento stesso in cui lo vide entrare nella stanza sentì
una sensazione di gioia assoluta assalirla. Era quasi un mese che non
si
vedevano e stava letteralmente morendo dalla voglia di correre tra le
sue
braccia e lasciarsi stringere fino a sentire il respiro mozzarsi.
-
Ehy, tesoro. –
Destin
allargò le braccia, come se sapesse perfettamente
cosa le stesse passando per la testa e volesse invitarla ad assecondare
i suoi
desideri.
Evanna
si avvicinò lentamente, appoggiando la testa
nell’incavo
del collo e assaporando il profumo pungente del suo dopobarba.
Le
accarezzò una guancia alabastrina, facendola fremere, e
si chinò a baciargliela dolcemente. Sospirò,
alzandosi in punta di piedi e
fissando quegli occhi ammalianti circondati da occhiaie marcate.
-
Devi essere stanco – mormorò, seguendo con un dito
il
profilo della mascella marcata.
-
Non abbastanza da privarmi così presto della tua compagnia
– replicò, accarezzandole le guance con le labbra
sottili e fredde.
Si
chinò un po’, catturandole le labbra in un bacio
dolce
che la fece sciogliere come neve al sole. Baciarlo era sempre un
gradevolissimo
shock e il pensiero di dover fingere che tra loro non ci fosse nulla
quando si
trovavano in pubblico la infastidiva. Però era prima di
tutto una leader e non
voleva dare l’impressione di fare preferenze per il suo
ragazzo.
-
Dimmi che non hai intenzione di allontanarti di nuovo dal
quartier generale. –
Destin
scosse la testa. – Non me ne vado da nessuna parte.
Per il momento abbiamo risolto tutto e poi non ho alcuna intenzione di
lasciarti di nuovo da sola. –
Annelise
Aveva
deciso di andare un po’ in esplorazione per il
quartier generale. Era stata chiusa dentro al centro per interminabili
settimane e l’idea di poter essere finalmente libera di fare
ciò che voleva le
piaceva un sacco.
Aprì
una porta in pesante legno di quercia, trovandosi
davanti un’immensa biblioteca. Seduto a uno dei tavoli,
quello più in disparte,
stava un ragazzo dai capelli ricci e scuri sotto cui brillavano due
iridi
verdi. Era intento a sfogliare pigramente un libro che dalla copertina
riconobbe come “L’arte della guerra”.
Alzò appena lo sguardo quando la sentì
entrare, poi tornò a leggere come se niente fosse.
-
Ciao – disse, ma non ottenne alcuna reazione.
-
Ehy, ce l’ho con te – insistè.
Ancora
nulla.
-
Sei forse sordo? –
Il
figlio di Ade alzò gli occhi su di lei, visibilmente
irritato. – Non sono sordo. Ti ho sentita, ti stavo
semplicemente ignorando.
Cosa c’è, sei troppo stupida per capirlo?
–
-
Di immortales, sei per caso in “quel periodo del
mese”?
Almeno si spiegherebbe perché sei così
insopportabilmente acido – replicò a
tono.
Nathan
rimase in silenzio, alla ricerca di qualcosa di
arguto e pungente con cui controbattere. Non riuscì a
trovare nulla e si limitò
a chiederle l’unica cosa che non avrebbe mai pensato.
-
Come ti chiami? –
-
Annelise, figlia di Eris. E sono abbastanza certa che tu
non sia il figlio del dio delle buone maniere. –
Nathan
dovette lottare per impedirsi di sorridere a quelle
parole. – Nathan, figlio di Ade. –
Annelise
annuì come se ora tutto le fosse più chiaro.
Effettivamente i figli del Dio dei morti non erano dei grandi
compagnoni.
-
Pensi che possa rimanere qui a leggere oppure è di troppo
disturbo, sua infernale maestà? –
Stavolta
rise davvero.
-
Va bene, miss simpatia, puoi rimanere –
acconsentì, come
se le stesse
facendo il piacere più
grande di tutta la sua vita.
Madeleine
Lissa
era sdraiata su uno dei letti dell’infermeria, ancora
svenuta, e lei le era rimasta accanto per tutto il tempo.
Ethan
finì di esaminarla con occhio esperto, oscultandole
nuovamente il petto. – Sembra che si stia riprendendo e non
ci sia nulla di
grave. –
-
Quando pensi che riprenderà conoscenza? –
Il
ragazzo si passò una mano tra i capelli biondo cenere.
–
Non saprei, credo dipenda da quanta forza di volontà ha.
–
-
Lissa ha un sacco di forza di volontà –
replicò, piccata.
Ethan
alzò le mani come in segno di resa. – Ehy, non
stavo
dicendo che la tua amica è debole o chissà cosa.
Il fatto stesso che si stia
già riprendendo è un ottimo segno. –
Madds
annuì. – Scusa, non volevo aggredirti, ma mi sento
responsabile per lei. Al Campo ero la sua Capocabina –
spiegò.
Il
figlio di Asclepio annuì, voltandosi poi verso la soglia
dell’infermeria e scorgendo la figura possente del figlio di
Zeus. Scambiò un’occhiata
d’intesa con Jace e recuperò le sue cose.
-
Ti lascio un po’ con lei, devo andare a recuperare delle
cose. Dovessero esserci problemi non farti problemi ad avvertirmi
– disse,
infilando la porta alla velocità della luce.
-
Sta meglio? –
La
voce del ragazzo la spinse a voltarsi e incrociare un
paio di occhi blu che fissavano il lettino con aria corrucciata.
-
Ethan dice che sta migliorando a vista d’occhio. Piuttosto,
che ci fai qui? –
-
Ho sentito che sei rimasta chiusa qui dentro per tutto il
tempo, così ho pensato che avessi fame. –
Jace
le porse un piccolo cestino in vimini, aprendolo a
mostrare alcuni panini e delle lattine di Diet Coke.
-
Niente insalata, spiacente, ma cibo da super modelle non
ce n’era. –
Madds
rise, pescando un panino a caso dalla cesta e
scartandolo. – Tonno e pomodoro? Come facevi a sapere che
è il mio preferito? –
Jace
sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga. –
Diciamo che
ho fatto un po’ di indagini. –
-
Ah, sì? –
-
Certo. –
Le
si avvicinò un po’, spingendola a indietreggiare.
– Che …
che stai facendo? –
Questa
volta fu il turno di Jace di scoppiare a ridere. –
Rilassati, rossa, hai solo un po’ di maionese sul labbro.
–
Le
accarezzò il labbro inferiore, mostrandole la striscia
bianca di salsa. Portò il dito alla bocca e lo
ripulì rapidamente.
-
Uhm, maionese e rossetto, accoppiata interessante. –
Continuarono
a mangiare il silenzio finchè la figlia di
Afrodite non prese la parola.
-
Sai, non devi restare per forza tutto il tempo qui – disse
quando entrambi ebbero finito di mangiare.
-
Ma io voglio e poi mi piace la vista che c’è qui.
–
Madds
inarcò un sopracciglio, perplessa. –
Cioè? –
-
Te – rispose semplicemente.
-
Funziona questa tecnica di rimorchio? –
-
Non saprei, con te sta funzionando? – chiese,
avvicinandolesi nuovamente.
Rimase
incantata a fissare quegli occhi blu, così profondi e
ammalianti che davano l’impressione di riuscire a leggerle
dentro. I loro volti
erano tanto vicini che era certa che Jace riuscisse perfettamente a
distinguere
ogni sfumatura dei suoi occhi nocciola.
Il
momento venne interrotto da un rumore proveniente dal
piano di sotto. C’era in corso una rissa, era più
che evidente.
Jace
scattò in piedi, visibilmente scocciato.
-
Sarà meglio che vada a vedere cosa sta succedendo.
–
Spazio
autrice:
Eccoci
con l’ennesimo aggiornamento. Eh no, non mi sono
drogata, tranquilli. Sempre nuove ship e come al solito non si
può stare
tranquilli neanche per un attimo lì dentro. Piccola domanda:
per il momento che
coppie shippate e quali OC preferite?
P.S.
La
ragazza nel banner è Katherine.
Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
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Capitolo 6 *** Cap 5 ***
Cap 5
Maybe I'm insane
Cause I keep doing the same damn thing
Thinking one day we gonna change
But you know just how to work that back
And make me forget my name
What the hell you do I won't remember
I'll be gone until November
And you'll show up again next summer
Jace
veva
raggiunto il piano di
sotto il prima possibile, maledicendo mentalmente chiunque avesse avuto
la
brillante idea di cominciare a fare a botte proprio quando era a un
soffio da
quelle labbra. E adesso che era arrivato lì cosa aveva
scoperto? Che Bellamy,
sai che sorpresa, aveva pensato bene di lasciarsi andare a una specie
di
incontro alla coreana con un tizio che non aveva mai visto prima e che
sembrava
aver urgentemente bisogno di farsi una bella dormita, questo quantomeno
a
giudicare dalle occhiaie a dir poco mostruose che aveva sotto gli occhi.
-
Che accidenti sta succedendo?
– ringhiò, separandoli e fronteggiando a brutto
muso il figlio di Tanato.
Bellamy
si liberò dalla presa
con uno strattone mentre Destin si divincolava dalla morsa in cui
l’avevano
stretto Dean e Jem.
-
Ha iniziato lui, mi ha
provocato. –
-
Non m’interessa chi ha
cominciato, non siamo all’asilo. Qui dentro siamo tutti dalla
stessa parte,
quindi vedete di darvi una calmata. Immediatamente –
aggiunse, stringendogli la
spalla con un po’ più di forza tanto per chiarire
meglio il concetto.
-
Sono stato abbastanza chiaro,
tizio di cui non so il nome? –
Destin
abbozzò un sorrisetto
gelido. – Cristallino. –
-
Bene, anche perché dovrei
fulminarvi per avermi interrotto con le vostre stronzate –
borbottò,
osservandoli mentre prendevano ognuno una direzione diversa e si
allontanavano
senza aggiungere altro.
Dean
gli rivolse un’occhiata
perplessa. – Si può sapere che stavi facendo di
tanto importante? –
-
Un picnic in infermeria. –
Il
fratello aggrottò la fronte,
se possibile ancora più confuso.
-
Madeleine non si stacca dalla
sua amica, quindi siamo rimasti lì –
spiegò disinvolto.
Dean
scosse la testa,
divertito, e gli affibbiò una pacca sulla spalla.
-
Quindi la cosa urgente era
provarci con quella figlia di Afrodite? –
-
Riesci a immaginare qualcosa
di più urgente? – replicò, inarcando un
sopracciglio con aria ironica e
causando a entrambi un attacco di risate.
Stavano
ancora ridendo quando
il suono di una sirena riecheggiò per la palestra e in ogni
anfratto del
quartier generale dell’Antàrtes.
Katherine
Aprì
gli occhi di scatto,
svegliata da quel suono fastidioso che le rimbombava nelle orecchie.
Infilò gli
stivali e si affacciò in corridoio giusto in tempo per
vedere Seth che usciva
dalla sua stanza a passo di carica.
Si
affiancò al fratellastro.
-
Che succede? –
-
È l’allarme della residenza,
deve esserci qualche intruso – spiegò.
Raggiunsero
il punto
d’incontro, che altro non era se non il salotto centrale del
quartier generale,
l’unica stanza in grado di ospitare agevolmente tutti i
semidei presenti.
Evanna
stava in piedi, al
centro della stanza, intenta a dare ordini a tutti coloro che le
capitavano a
tiro.
-
Jace e Dean, voi andrete in
perlustrazione visto che siete in grado di volare. Bellamy, tu prendi
Katherine, Blake e Jude e formate l’avanguardia. Destin,
Velstand, Seth e
Evelyn formeranno la retroguardia. Jem, Nathan, Zoey e Katty restano
dentro a
pattugliare. Tutti gli altri con me, isoliamo Ethan e
l’infermeria. –
Non
era abituata a combattere
senza Jace, non l’aveva mai fatto, ma si fidava abbastanza
delle capacità di
Bellamy da accettarlo come compagno di battaglia. Si
avvicinò ai due figli di
Zeus, incontrando gli occhi blu dell’amico di sempre.
-
Cerca di non farti ammazzare,
okay? –
-
Okay, lo stesso vale per te,
piccoletta. –
Sbuffò
quando le scompigliò
affettuosamente i capelli, ma non potè impedire alle sue
labbra di stirarsi
in un sorriso sentendo quel
nomignolo affettuoso.
-
Ehy, a me non dici di non
farmi ammazzare? – intervenne Dean, scrutandola con cipiglio
fintamente offeso.
Arricciò
il labbro inferiore,
fingendosi pensierosa. – Hai ragione. Non farti ammazzare, fulmine,
perché quello di toglierti la vita è un
privilegio che spetta solo a me. –
-
Se me lo dici così dolcemente
non posso fare a meno di obbedire – rise.
-
Spiacente di interrompere
questo momento di flirteggiamento, ragazzi, ma noi dobbiamo andare
– disse
Jace, schiarendosi vistosamente la gola.
Dean
annuì, rivolgendole un
ultimo sorriso sghembo e seguendo il fratello lungo il corridoio che
portava
verso l’uscita del quartier generale.
Dean
Stavano
per prendere il volo
quando si rese conto di una cosa assolutamente sconvolgente. Non aveva
la sua
radio. Niente radio equivaleva a niente cuffie, quindi niente musica
… in poche
parole? Panico totale.
La
cosa più imbarazzante di
tutta la sua vita? Essere un figlio di Zeus, per di più
avere il dono del volo,
e soffrire terribilmente di vertigini.
Jace
gli lanciò un’occhiata
penetrante. – C’è qualcosa che non va?
–
-
No, è tutto okay – mentì
rapidamente.
-
Dean, te lo hanno mai detto
che sei un pessimo bugiardo? –
-
Non di recente. –
Lo
sguardo di Jace si fece
improvvisamente serio. – Sii sincero, qual è il
problema? –
Deglutì
rumorosamente. Sii
sincero. Certo, lui la faceva facile, ma come avrebbe potuto affrontare
un’ammissione così imbarazzante? Aveva da poco
scoperto di avere un fratello,
per di più uno di quei tipi incredibilmente fighi che fanno
sfigurare qualsiasi
ragazzo nel raggio di chilometri, e lui doveva confessargli una fobia
così
imbarazzante? No, era escluso.
Tuttavia
non aveva fatto i
conti con il gruppo di avanguardia che stava uscendo proprio in quel
momento e
che sembrava decisamente sorpreso di non trovarli già in
volo.
-
Quale parte del concetto di
“perlustrazione” non vi è chiara?
– domandò Bellamy, inarcando un sopracciglio.
-
Stavamo per andare … più o
meno – replicò Jace, soppesando le parole e
lanciandogli un’occhiata di
sottecchi. Era una specie di richiesta di conferma.
Il
problema era che lui non
aveva mai volato senza cuffie e non credeva affatto di esserne capace.
Katherine
gli si avvicinò,
alzandosi in punta di piedi per potergli sussurrare
all’orecchio. – Soffri di
vertigini, vero? –
Dean
sgranò gli occhi verdi,
sorpreso. – Come l’hai capito? –
La
ragazza si strinse nelle
spalle. – Era un’impressione e me l’hai
appena confermata. Credo di avere una
soluzione – aggiunse, prendendogli il volto tra le mani e
tornando ad alzarsi
in punta di piedi.
Dean
corrugò la fronte,
perplesso: - Che stai … -
Non
riuscì a terminare la
frase, però, perché le labbra della figlia di
Ares si poggiarono sulle sue.
Chiuse gli occhi, gustandosi a pieno quel contatto, e quando li
riaprì si
ritrovò a volteggiare a una decina di metri dal suolo.
Katherine
si separò sorridendo.
– Hai visto? Dovevi solo pensare a qualcos’altro.
–
Blake
Il
figlio di Ecate acclamò la
scenetta con un paio di fischi di ammirazione, per poi rivolgersi al
ragazzo
accanto a lui.
-
C’è qualche fobia che
desideri confidarmi, angioletto? Se vuoi, posso sempre offrirmi
volontario per
aiutarti a risolverla. –
Jude
lo guardò dall’alto in
basso, scuotendo la testa.
-
No, non direi proprio. –
Blake
gli venne più vicino,
fissandolo intensamente con quei suoi occhi tremendamente penetranti.
Riusciva
quasi a fiutare la tensione nel corpo del ragazzo davanti a lui e la
cosa
contribuiva ad accrescere l’attrazione che provava per
quell’angioletto.
-
Peccato – sussurrò, a fior di
labbra, ridendo quando il figlio di Eros scattò
all’indietro come se fosse
stato folgorato.
-
Blake, piantala di molestarlo
e datti una mossa – ordinò Jem.
Annuì,
scoccando un’occhiata d’intesa
al ragazzo davanti a lui.
-
Ne riparliamo più tardi. –
Spazio
autrice:
Eccoci,
dopo un’assenza scandalosa, con l’aggiornamento.
Spero che vi piaccia, anche se
scandalosamente corto, e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
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