Non è mai troppo tardi (per una tazza di tè al rum)

di albasilente
(/viewuser.php?uid=740642)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L’ultima persona al mondo che si sarebbe mai aspettato di vedere... ***
Capitolo 2: *** Gregorian Street, numero trentaquattro ***



Capitolo 1
*** L’ultima persona al mondo che si sarebbe mai aspettato di vedere... ***


L’ultima traccia di vapore svanì nell’aria autunnale. Il treno svoltò. La mano di Harry era ancora alzata in segno di saluto.

- Non avrà problemi- mormorò Ginny.

Harry la guardò e distrattamente abbassò la mano a sfiorare la cicatrice  a forma di saetta sulla fronte.

-Lo so-

La cicatrice non gli faceva male da diciannove anni. Andava tutto bene.

 

- Andrà tutto bene- ripeté ad alta voce Harry.

- Va tutto male! Come facciamo adesso?!- disse una voce alle spalle di Harry

- Ma, amore, non ti preoccupare, troveremo il modo … -

Harry si voltò e vide tra la folla che si stava diradando l’ultima persona al mondo che si sarebbe mai aspettata di vedere al Binario Nove e Tre quarti: suo cugino Dudley. Teneva per mano una ragazzina bionda e  alle sue spalle camminava frettolosamente una donna molto alta con dipinta in volto un’espressione ansiosa.

- Dudley! - esclamò Harry - ma che diamine … -

- Harry! Cavolo, dovevo immaginarlo che ti avrei trovato qui!-

- Io …- “non immaginavo di rivederti” pensò, ma non gli sembrava educato dirlo.

- Sono felice di vederti!- disse invece Dudley, con un gran sorriso; sembrava molto diverso da come se lo ricordava e, Harry stentava a crederci, sinceramente felice di vederlo.

-Ti presento mia moglie Petra e mia figlia Mary. Sai, ha ricevuto la lettera da Hogwarts, l’ho riconosciuta subito, mi ricordavo della valanga di lettere che ti erano arrivate. E non sono stato neanche tanto sorpreso. Comunque la professoressa Vector ci ha spiegato tutto, è venuta nel nostro salotto, e ha raccontato di Hogwarts… ma… sai… la mia piccola Mary ha fatto la prima magia da piccolissima: era in ospedale in incubatrice, perché era nata prematura e per poco non ha fatto prendere un colpo all’infermiera quando l’ha trovata su un altro lettino dall’altro lato della stanza e… -

- Dudley, amore, lo stai sommergendo di parole, ma abbiamo un problema ben più urgente: il treno è già partito!-

Mary scoppiò a piangere. Spontaneamente la piccola Lily Potter le si avvicinò per consolarla. Poi la signora Dursley si accovacciò davanti e le asciugò le lacrime con il fazzoletto.

- Non piangere, risolveremo tutto.-

- Manderemo un messaggio a Hogwarts - intervenne Hermione  decisa - con un Patronus avremo la risposta in meno di un minuto. -

Pochi secondi dopo si materializzò una colomba argentea che portò brutte notizie: “Non posso chiedere l’autorizzazione per la Metro Polvere e nemmeno per un Passaporta, la situazione, come sapete, è delicata; consiglio mezzi non ministeriali.”

Dudley e sua moglie avevano un’espressione interrogativa e Mary disperata, le si leggeva in faccia tutta la sua preoccupazione per essere una Nata Babbana e non conoscere nulla del mondo magico, e per di più che stava per arrivare in ritardo al suo primo giorno di scuola. Harry la osservò con tenerezza, comprendeva il suo stato d’animo, poi intercettò lo sguardo di Hermione e vide che anche lei pensava la stessa cosa e prese in mano la situazione.

- Non preoccuparti, ti porterò io - stabilì Harry, poi si rivolse a Ron.

- Arthur ha montato l’incantesimo di Disillusione sulla moto, vero?-

...

Harry e Mary sfrecciavano nei cieli della Gran Bretagna da molte ore, aveva dovuto dare massima potenza alla moto per riuscire a farla arrivare in tempo allo Smistamento. Era già buio quando vide in lontananza le luci del villaggio di Hogsmeade; incominciò a rallentare e ad abbassarsi, fino ad atterrare davanti al cancello di Hogwarts, dove li aspettava Grop, il gigante.

- Ciao, Harry!- ruggì il gigante.

- Ciao, Grop- disse Harry smontando dalla motocicletta.

-  Tu, ragazza, seguimi - disse Grop, Harry vide Mary tremare e la aiutò a scendere.

- Non ti dispiace se vi accompagno fino alla porta vero?-

 Incrociò il suo sguardo pieno di gratitudine e le sorrise.

Mentre camminavano si rese conto che la ragazzina non era affatto piccola, era anzi piuttosto alta e notò che assomigliava moltissimo alla madre, anche se gli occhi, di un azzurro insignificante e acquoso, erano quelli di Dudley. Prima di entrare Mary si voltò e lo ringraziò educatamente, poi si aggiustò la punta del cappello che si era afflosciata ed entrò nel mondo della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Gregorian Street, numero trentaquattro ***


Harry atterrò invisibile e silenzioso nella via illuminata dai lampioni. Era notte inoltrata e Harry avrebbe preferito andare a casa a dormire, ma Dudley l’aveva pregato di raggiungerlo a casa sua, per ringraziarlo.

Era tutto intirizzito dalle numerose ore di volo nei cieli freddi e nuvolosi e sperò che Dudley gli potesse offrire qualcosa di caldo. Salì i gradini dell’anonima villetta a schiera, il numero trentaquattro di Gregorian Street, e bussò.

Subito Dudley gli aprì la porta, accogliendolo con un sorriso; Harry era quasi inquietato da questo atteggiamento così amichevole del cugino. Ma la cosa che lo sconcertò in assoluto di più fu vedere, quando entrò nel piccolo salotto, Petunia Evans che da una poltrona gli rivolgeva un mezzo sorriso.

- Zia Petunia!- esclamò Harry; gli sembrava stranissimo non vederla in coppia con lo zio di Harry e si chiese in un lampo se non fosse morto. Petunia sembrava avergli letto nel pensiero perché disse - Vernon non c’è da molto tempo, Harry. Esattamente da dieci anni … ma siediti e ti racconterò tutto- esitò un attimo prima di proseguire. 

 

Erano tutti molto perplessi del matrimonio di Dudley con Petra, una donna non convenzionale: era il tipo di donna forte sia nell’animo che nel fisico. Campionessa di basket femminile, alta molto più di Dudley e con un fisico muscoloso, da valchiria.  

Comunque, i due si amavano e presto ebbero una figlia, che rivelò già in fasce di avere dei poteri magici. O meglio, rivelò a chi sapeva riconoscerli: Petunia e Dudley riconobbero le stranezze come le stesse che avevano visto in Harry, ma lo tennero serbato nel cuore, fino a quando Petunia confidò a Vernon i suoi sospetti.

 

- Fu in quel momento che qualcosa cambiò, si ruppe... - aggiunse Petunia per poi mettersi una mano sulla bocca cavallina e rugosa, come a bloccarne il tremolio.

- Io… - fece Harry in imbarazzo.

- Vernon non capì, non ha mai capito… lui… ha cominciato a dire che era un mostro, che dovevamo farla sparire. Disse che aveva delle conoscenze, che potevamo dare in adozione la bambina… poi…- ancora una volta si interruppe Petunia, per asciugarsi le lacrime; Harry non sapeva cosa dire, era evidente che lei stesse ancora male per quei fatti, e una parte di lui davvero voleva sapere cosa ne era stato dello zio; un’altra avrebbe preferito non sapere, ringraziare per il tè e dimenticare quelle persone che erano state artefici dei brutti anni della sua infanzia. Non aveva più cercato gli zii da quando si erano detti addio a Privet Drive; da un messaggio di Dedalus Lux, che li aveva protetti e nascosti per tutta la durata della guerra, aveva saputo che erano vivi ed erano tornati a casa. Ma non si era interessato oltre.

La zia di Harry era in lacrime, si premeva la bocca con la mano, con un gesto che le aveva già visto fare altre volte, anche se di solito associato a un moto di disgusto.

La moglie di Dudley, Petra alleggerì l’imbarazzo proponendo un altro tè al rum, che Harry accettò di buon grado, dodici ore di volo non erano uno scherzo!

Petunia, bevve un sorso del suo tè e riprese, mentre Petra e Dudley ascoltavano in silenzio, come Harry:

- Quando ci disse che lui non la voleva, io capii che invece ero orgogliosa di avere una strega in famiglia. Harry! Harry, ti devo dire una cosa di cui mi vergogno molto, ma è giusto che tu la sappia: io ero invidiosa di tua madre, la odiavo perché lei era una strega ed io no. Mandai una lettera a Silente, sai. Oh, che stupida! Ma volevo andare anch’io a Hogwarts…- fece una pausa per tirare su col naso. Harry già sapeva quelle cose, ma non lo disse: stette in silenzio e aspettò.

- Così, quando Vernon ci disse che avremmo potuto darla via, mi sono messa davanti alla culla con le braccia spalancate, come una stupida- Petunia mimò il gesto e Harry si sentì trafiggere il cuore. Aveva già visto qualcuno fare quel gesto. Sentiva lo stomaco stretto in una morsa, non era più sicuro di voler sentire il resto della storia; ma la zia continuò.

 - Gli ho detto: “Dovrai passare sul mio cadavere!” Io, che alzo la voce con Vernon! Ma, capisci, non potevo permettergli di farle del male, la mia nipotina, una piccola streghetta! Io avevo già fatto quell’errore una volta, di lasciarmi prendere dall’invidia, dalla gelosia, da… - e a quel punto scoppiò a piangere.

- Harry, oh, Harry… potrai mai perdonarmi? No, non mi rispondere adesso, avremo tempo per riparlarne… io… scusate, devo andare a stendermi, sono molto stanca…- Petunia si alzò e salì le scale, con l’aiuto di Petra. Harry rimase solo con Dudley.

C’era un po’ di imbarazzo nell’aria, così Harry sorseggiò la sua bevanda calda, senza dare voce a quello che pensava, poi non si trattenne.

- Ma Vernon? È…-

- È andato via - rispose con semplicità Dudley -Ha fatto le valigie quella sera stessa e non si è mai più visto. -

- Non ti ha neanche salutato? È andato via così?- chiese Harry incredulo. Non aveva mai avuto molta stima dello zio, ma non lo credeva capace di lasciare così la famiglia.

Dudley rise amaramente.

- Non c’eravamo quella sera, eravamo in ospedale: Petra non stava bene. Avevamo lasciato Mary dai miei. Non so perché mia madre volle dirlo a lui, avevamo deciso di tenerlo nascosto, almeno fino a quando non fosse stata grande, ma… forse pensava che… mah- fece un gesto della mano come a dire “non pensiamoci”.

- Passiamo a qualcosa di più forte, che ne dici? - ammiccò Dudley, cambiando bruscamente argomento e avvicinandosi allo sportello degli alcolici ma Harry posò la tazza.

- Grazie, Dudley, non è per offendervi, ma vado a casa. Sono stanco. Io…-

- Capisco.- ribatté il cugino in fretta.

- Grazie, saluta tua moglie, ringraziala da parte mia. Ci vediamo - Aggiunse un po’ goffamente.

 

Harry uscì nell’aria fredda della notte con un gran mal di testa. Sedici anni di disprezzo non si dimenticano così in fretta, pensò con amarezza, ma sua zia sembrava veramente sincera nel suo dolore. Harry non sapeva cosa pensare. Si infilò il casco e filò via nella notte nera come la pece.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2778995