Broken heart

di MarziQueen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sadness ***
Capitolo 2: *** Hope ***
Capitolo 3: *** A good news isn't always a good news. ***



Capitolo 1
*** Sadness ***


Broken heart
Chapter I - Sadness

Regina osservava imperterrita quella scena. La scena che non avrebbe mai voluto vedere: la famiglia di Robin riunita, lui, sua moglie Marian e il piccolo Roland.
Sapeva che lei stessa si trovava al centro dell’attenzione, perché, oltre ad essere nel bel mezzo della sala, tutti conoscevano la relazione che c’era tra lei e il ladro. Chissà quali cose si sarebbe inventata la gente ora…
La donna aveva abbassato lo sguardo e lentamente, ma con molta discrezione, scivolò verso la porta e uscì nella strada, entrando in contatto con il freddo pungente della piccola cittadina.
Il suo povero cuore aveva perso diversi battiti e sembrava che non ci fosse più nel petto. Era davvero una tristezza… Con le mani nelle tasche della giacca, aveva percorso il vialetto mantenendo lo sguardo abbassato, camminando molto lentamente, quasi non riuscendo a reggersi in piedi per lo shock.
Forse era destino, pensò. Forse era destino il fatto che lei non potesse essere felice ed avere il suo lieto fine. Evidentemente, tutti potevano averlo tranne lei. Che ingiustizia…
‹‹ Regina! ›› aveva urlato all’improvviso una voce familiare, troppo familiare. La mora trasalì, spaventata.
Dei passi veloci si erano mossi nella sua direzione fino a bloccarsi ad un certo punto. Un sospiro. La donna si fermò.
‹‹ Vai dalla tua famiglia, Robin… hanno bisogno di te ›› sussurrò senza voltarsi, con l’evidente tono di una donna distrutta che aveva perso l’ultima speranza per poter finalmente stare bene.
E poi se n’era andata, da sola, a casa. Appena entrata, si era chiusa la porta alle spalle ed era scivolata sul freddo pavimento, sul quale si era rannicchiata avvicinando le gambe al petto e appoggiandovi sopra la testa. Tutto veniva svolto lentamente: non aveva la forza per fare niente, neanche le azioni più elementari. Si sentiva un’impedita. Tanto nel corpo, quanto nel cuore.
Forse era lei che non era in grado di amare. O meglio lo era, ma aveva un modo sbagliato di farlo e questo modo allontanava le persone, facendole uscire dalla sua vita, a volte definitivamente.
Una lacrima le scivolò lenta sulla guancia, calda come lava.
Nessuna lacrima le uscì più, tanto era il dolore che provava. Le faceva male la testa, il cuore le batteva nel petto ad un livello disumano, la vista le si era offuscata e gli occhi bruciavano… bruciavano ancora alla vista di quell’incontro. Non aveva forze. Forse anche vivere sarebbe stato uno sforzo troppo grande da portare avanti.
                                                                                                             ***
Circa un’ora dopo, si era alzata, appoggiando le mani al muro non senza qualche difficoltà, e si era diretta verso lo scaffale dei liquori, dal quale estrasse una bottiglia di whisky un po’ invecchiato. Il sapore le dava il volto a stomaco, ma in quel momento, sembrava l’unico rimedio, l’unica cosa che la facesse stare bene con sé stessa.
Ne versò un bel po’ in un bicchiere di cristallo e lo bevve tutto di un fiato, trattenendo i conati di vomito. E dopo ne bevette un altro e poi ancora un altro e un altro… fino a quando non si accasciò a terra, sul punto di addormentarsi.
Ma nel momento in cui stava per chiudere gli occhi, l’immagine sfocata di un uomo che le andava incontro le aveva occupato tutta la vista.
Delle mani forti l’avevano sollevata e aiutata a rimettersi in piedi. Regina allungò una mano cercando di afferrare l’aria, ma perse l’equilibrio di nuovo. La testa le girava forte. Era ubriaca.
Barcollò ancora un poco, fino a quando sentì la necessità di andare a vomitare. Quell’uomo, che aveva riconosciuto essere Robin, l’aveva portata in bagno e le aveva tenuto i capelli, mentre lei curva rimetteva piegandosi in due dalla nausea.
                                                                                                              ***
Circa due ore dopo, Regina e Robin erano stesi sul letto. Lei, addormentata, apparentemente stanca e lui sveglio, vigilante, osservando la donna con sguardo preoccupato. Aveva vomitato parecchio fino a poco fa, aveva rimesso l’anima lì dentro. Poi l’uomo l’aveva stesa sul letto, mentre la mora cercava di opporsi con vana resistenza, per poi essere accolta dalle braccia di morfeo.

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Capitolo 2
*** Hope ***


Capitolo II - Hope
La mattina dopo Regina si era svegliata con un forte dolore alla testa. Era nel suo comodissimo letto matrimoniale e non era sola. E quel che era peggio era che non riusciva a ricordare cosa avesse fatto la sera precedente e come fosse arrivata fin lì e soprattutto, perché Robin si trovasse proprio accanto a lei e dormisse, assorto.
La donna si stropicciò gli occhi e si girò verso l’uomo… avevano forse fatto l’amore? Si pose quella domanda perché addosso aveva solo una maglietta larga comoda e l’intimo e Robin era di fianco a lei.
Che cosa voleva lui? Perché era lì? Sarebbe stato molto meglio se l’avesse lasciata in pace, almeno nel suo dolore.
Passò qualche minuto prima che anche il ladro si svegliasse. Appena sveglio, guardò Regina. Lei non seppe interpretare il sorriso che le rivolse, che in realtà era un sorriso di sollievo nel vedere la donna star bene.
‹‹ Buongiorno, come stai? ›› chiese, girandosi verso di lei, con lo stesso sorriso di prima e con fare premuroso.
‹‹ Confusa.. perché mi trovo qui e perché tu ti trovi qui? ›› domandò, cercando di reprimere uno sbadiglio distratto, gli occhi scuri puntati su di lui.
‹‹ Perché ieri hai bevuto un po’ troppo e ti sei sentita male e, sinceramente, ho preferito restare a dormire con te piuttosto che lasciarti da sola ›› disse, guardandola negli occhi seriamente, con un tratto di severità nel tono di voce.
Regina non sapeva cosa dire. ‹‹ Beh.. ti ringrazio ›› concluse, con un espressione di rammarico.
Si sedette sul letto e Robin fece lo stesso, come se l’uno volesse imitare i passi dell’altra. 
‹‹ Dovresti tornare a casa.. c’è tua moglie che ti aspetta ›› disse la donna, interrompendo quell’imbarazzante silenzio e tenendo lo sguardo puntato sulle proprie gambe al di sotto delle lenzuola.
‹‹ Dovrei… ma non credo che ti sia ripresa del tutto ›› alluse Robin.
Regina sbuffò. ‹‹ Chi sei, mio padre? ›› chiese, sprezzante e con una punta di acidità nella voce.
‹‹ Meglio che non ti racconti la condizione in cui ti trovavi ieri sera… non ti potevi reggere in piedi, non era uno spettacolo ›› continuò, con la stessa intonazione calma che però fece irritare Regina.
D’altro canto, era vero quel che stava dicendo: si era comportata da incosciente e gli aveva permesso di assistere ad una scena davvero penosa. Non poteva controbattere, perciò non rispose.
‹‹ Perché… sei venuto da me? ›› se era il momento di chiedere spiegazioni, tanto valeva farlo subito, prima di pentirsene amaramente.
‹‹ Perché mi ha fatto tristezza vederti così… e mi dispiace. Io ero convinto che mia moglie fosse morta e nel frattempo mi sono costruito una nuova vita, della quale anche tu hai cominciato a farne parte… con molto piacere da parte mia ›› aggiunse ‹‹ e non voglio che tutto finisca, anche se ciò significherà lasciare mia moglie ››.
Quelle parole avevano una punta di amarezza per Regina, ma costituivano anche una fonte di conforto. In fondo, sembrava che lui l’amasse e che non voleva abbandonarla, perché sapeva quanto aveva sofferto in passato. Lui, sì, aveva una famiglia, ma lei eccetto suo figlio non aveva nessun altro e Robin voleva assolutamente colmare quel vuoto incessante che la donna si portava dentro da fin troppo tempo. Forse avrebbero formato una nuova famiglia… e non si sarebbero separati mai più
.

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Capitolo 3
*** A good news isn't always a good news. ***


Capitolo III
Robin era rimasto a casa di Regina tutto il giorno. Suo dovere era quello di prendersi cura della donna, in preda a sbalzi d’umore continui e malori tipici del post-sbornia. D’altronde lei non aveva scelta, se non sopportare quell’uomo in casa sua, che tra l’altro era stato la causa del suo debole stato fisico e mentale.
Era rimasta tutto il giorno a letto e lui non le aveva fatto mancare niente, preparandole anche un pranzo niente male, leggero ovviamente.
‹‹ Ti senti meglio? ›› chiese l’uomo, sedendosi sul letto accanto a lei. La donna annuì.
Regina aveva capito che Robin teneva davvero a lei, ma non voleva cedere e perciò cercava di mostrarsi più forte che poteva… tranne, però, quando doveva andare a vomitare.
Durante la giornata, era venuto anche Henry, rimasto però poco tempo, perché la madre non voleva che la vedesse in quelle condizioni. E nonostante il ragazzino cercasse di rimanere più tempo possibile, lei lo esortava ad andare via.
‹‹ Grazie per tutto, ora mi sento molto meglio… forse è meglio che torni da tua moglie e tuo figlio ›› mormorò la donna, seduta sul letto e tenendo la testa abbassata.
‹‹ Non me ne vado fino a quando non ti sentirai meglio… hai rischiato grosso, resterò ancora un po’ ›› disse, con l’espressione in volto serissima.
Regina sbuffò. ‹‹ Non ti voglio qui, ladro ››. Le sue parole erano dure e quasi sprezzanti. Era notevole come la donna cambiasse umore da un momento all’altro. Era una delle sue tante peculiarità.
‹‹ Renditi conto dell’idiozia che hai fatto e poi ne riparliamo ›› pronunciò lui, cominciando a perdere la pazienza.
‹‹ Non ho fatto niente di male… volevo bere, non di certo star male. E poi a te che importa? ›› disse, alzando la testa e facendo una smorfia di disgusto. Quasi a nessuno era mai importato qualcosa di lei, figuriamoci quando stava male. Anzi, la gente godeva a vederla star male.
Lui la guardò malissimo. Come se avesse pronunciato qualcosa di orribile. Regina abbassò il capo, arrossendo per la vergogna.
‹‹ Voglio solo aiutarti ›› disse Robin, pesantemente. ‹‹ E non me ne andrò fin quando non starai bene… non mi importa cosa pensi o se mi vuoi o meno ››. Le sue intenzioni erano buone, quelle di Regina no.
‹‹ Comunque, te lo volevo dire ma… data la situazione ho preferito di no. Ma te lo dirò lo stesso… ›› seguì un sospiro profondo. ‹‹ Sono incinta. ››
Quelle parole risuonarono a Robin come una bomba che provoca una forte esplosione. Ecco il perché del suo stato fisico, nonostante l’alcool, e mentale. Ecco il perché degli sbalzi d’umore. Tutto tornava.
Robin voleva essere felice per quella bella notizia, ma ora che la sua famiglia era al completo come poteva esserlo? Come avrebbe gestito la situazione? Come avrebbe detto a sua moglie che aspettava un figlio da un’altra donna? E cosa avrebbe fatto Regina se lui l’avesse lasciata sola e fosse andato a vivere con Marian e Roland? Era tutto un perché, uno dopo l’altro. Era una situazione disperante, dalla quale si doveva trovare una via d’uscita.
‹‹ Chiudi quella bocca sennò entrano le mosche ›› aveva detto Regina, a mo’ di presa in giro.
‹‹ Io… non so che dire, davvero ›› furono le uniche parole che uscirono dalla bocca di Robin.
‹‹ Ti fa tanto schifo il fatto che io stia aspettando un figlio tuo? ›› esplose la donna, infuriata e ferita allo stesso tempo.
‹‹ No, no! Assolutamente, io… ›› sussurrò Robin, scuotendo la testa, confuso. ‹‹ Perdonami, questo dovrebbe essere un momento felice e… lo sto rovinando, scusami ››.
‹‹ Non c’è niente di felice… aspetto un figlio da un uomo sposato e con la moglie viva e vegeta. Non c’è niente di felice in tutto questo… ›› disse Regina, calmandosi un poco e abbassando la voce, sul punto di scoppiare in lacrime.
‹‹ Risolveremo la situazione, non ti preoccupare ››.
‹‹ Non risolveremo niente! E sai perché? Perché tu tornerai a vivere da tua moglie e mi lascerai sola e io, se sopravvivrò, dovrò crescere il bambino senza nessuno accanto, come sempre... da sola! ›› ormai piangeva. Sembrava che ci trovasse gusto a piangere, per quante volte lo facesse.
Tutta la situazione gravava su di lei e lei, d’altro canto, doveva pure uscirne in qualche modo. Era stata sola tutta la vita… ma sapeva che rimanere così ancora un po’ l’avrebbe uccisa. Tutto aveva un limite. Anche lei.

Lui fece la cosa più naturale possibile. Si avvicinò con cautela e l’abbracciò dolcemente. Regina cercò di dimenarsi in qualche modo, muovendo le braccia disperatamente, ma alla fine cedette alla forza dell’uomo e si lasciò cullare tra le sue braccia, senza mai smettere di piangere.

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