L'ira degli Eroi - The End Zone di darkronin (/viewuser.php?uid=122525)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una luce nel buio ***
Capitolo 2: *** Intrusi ***
Capitolo 3: *** Padri e figli ***
Capitolo 4: *** Ri-Evocazioni ***
Capitolo 5: *** Cuori traditi ***
Capitolo 6: *** Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano ***
Capitolo 7: *** Il Consiglio ***
Capitolo 8: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 9: *** Costretto ***
Capitolo 10: *** Delitto e castigo ***
Capitolo 11: *** Sentimento e Orgoglio ***
Capitolo 12: *** Conditions normal ***
Capitolo 13: *** Sì o no? ***
Capitolo 14: *** Le teste dell'HYDRA ***
Capitolo 15: *** Angeli metropolitani ***
Capitolo 16: *** Il laboratorio di Essex ***
Capitolo 17: *** Morte certa ***
Capitolo 18: *** Prigionieri ***
Capitolo 19: *** Truppe d'assalto ***
Capitolo 20: *** Il potere di Thor ***
Capitolo 21: *** Vita in morte ***
Capitolo 22: *** Le fiamme dell'inferno ***
Capitolo 23: *** X-Factor ***
Capitolo 24: *** I codici Xavier ***
Capitolo 25: *** Battibecchi ***
Capitolo 26: *** Di re e regine, di ombre e di gemme. ***
Capitolo 27: *** Esposti e vulnerabili ***
Capitolo 28: *** Immersi nell'oscurità ***
Capitolo 29: *** Piani occulti ***
Capitolo 30: *** Trappole ***
Capitolo 31: *** Welcome to the jungle ***
Capitolo 32: *** Six Pack ***
Capitolo 33: *** Altre realtà ***
Capitolo 34: *** Effetto Domino ***
Capitolo 35: *** Take me to the top ***
Capitolo 36: *** Akkaba ***
Capitolo 37: *** Zona Negativa ***
Capitolo 38: *** Versus ***
Capitolo 39: *** Simbionti ***
Capitolo 40: *** Umani, Superumani, Inumani ***
Capitolo 1 *** Una luce nel buio ***
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Stan
Lee, Chris Claremont, Jack Kirby, John Byrne, Dick Ayers e tutti gli
altri autori Marvel, della Marvel stessa, dei Marvel studio, Walt
Disney Pictures e chialtri mi fossi dimenticata per strada; questa
storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Terza
e Ultima
parte della saga L'ira
degli eroi.
1. Una luce nel
buio.
La
città sotterranea dei Morlock, al di là della
paventata somiglianza con fantomatiche basi aliene ipertecnologiche,
non era altro che un intricato dedalo puzzolente di canali fognari che
strisciavano nelle fondamenta di tutta la grande conurbazione che aveva
come fuochi le città di Los Angeles e San Francisco. Il
gruppo misto composto da Vendicatori, X-Men e Fantastici Quattro era
perplesso e affascinato. In men che non si dica avevano attraversato
mezzo pianeta e si erano affacciati alla mattina di una radiosa
giornata. Peccato che fossero ancora tutti troppo lontani da casa per
cantare vittoria.
“La
megalopoli pensata da Philip K. Dick per Blade Runner, abortita da
Ridley Scott e che è parsa credibile solo per quella
puttanata di Double
Dragon1, esisteva davvero... sotto
le due città ma ci aveva preso...”
borbottò Henry Pym a metà del viaggio
“Risparmiaci
le tue perle di cultura pop, Henry!” lo redarguì
Tony Stark, malmostoso per dover fruire di quegli accessi tutt'altro
che di livello luxury.
“Da che
pulpito la predica... Tu che lo hai come mito: uno che creò
un androide a sua immagine e somiglianza e poi fece lo scherzone al
mondo scientifico morendo prematuramente...2”
lo rimproverò lo scienziato di rimando.
Il portale aperto
dagli Agenti dell'Atlas ad Angkor Wat sfociava direttamente sotto il
Golden Gate di San Francisco. L'imbocco ai tunnel era camuffato da una
grata, la cui rimozione era autorizzata solo agli addetti comunali. La
scimmia Ken aveva spiegato che il cartello all'esterno era puramente
decorativo. In comune, infatti, nessuno ne sapeva nulla, in
realtà.
“E ora?
Qual è il piano?” aveva domandato Susan
affascinata dalla vista del fiume che scorreva placido sotto di loro.
“Ci
penso io!” aveva risposto entusiasta Janet facendosi
comparire tra le mani il proprio telefono cellulare con apertura a
libretto. Aveva avviato la chiamata a uno dei primi numeri in rubrica e
dopo pochi secondi di attesa era scoppiata in saluti gioviali e
calorosi. “Allora ti aspettiamo là... grazie! Ti
devo un favore! Ci vediamo dopo!!”
“Beh?”
aveva domandato Tony, per nulla convinto.
“Prego,
signori, da questa parte...” aveva esordito la donna
mettendosi a capo del gruppo neanche fosse stata una guida turistica
“Alla vostra destra potete ammirare...”
“Jan!”
sbottò anche Pym “Vuoi dirci che
succede?”
“Surprise!”
aveva ridacchiato lei, continuando a decantare le bellezze della
città, in cui erano sbucati come dal nulla, visibili da quel
punto.
Attraversarono
tutto il Golden Gate a piedi, sperando che nessuno prestasse loro
troppa attenzione. Insomma... erano le otto del mattino -li aveva
tranquillizzati Pepper che ben conosceva il traffico di San Francisco a
quelle ore, lei che per lavoro ci passava spesso (in macchina e non in
armatura volante!)- e la gente era assonnata e preoccupata
dall'arrivare in ritardo al lavoro.
Meta finale di
Janet Van Dyne in Pym era stata l'orrenda e gigantesca scultura in
acciaio dorato collocata accanto al Golden Gate. Secondo le intenzioni
dell'anonimo artista, che si era rifatto all'arte preistorica, la
scultura avrebbe dovuto rappresentare una qualche divinità
solare. Statua che era stata collocata giusto sopra uno dei principali
accessi ai tunnel dei Morlock al di là del fiume. I mutanti
facenti parte del gruppo avevano ben pensato di girare la cosa a loro
favore: vista la moltitudine di freak che andavano in visita al dio
solare, avevano deciso che la loro stranezza sarebbe stata un'ottima
copertura per avvicinarsi alla porta d'accesso principale indisturbati
poiché avrebbero potuto muoversi liberamente, mescolandosi a
quella folla di svitati.
Qualcuno,
probabilmente qualche vandalo o i Morlock stessi, aveva deturpato
l'obbrobrio artistico ricavando un passaggio sulla parete che dava
verso il bosco. Passaggio che, una volta richiuso, risultava
praticamente invisibile a chi non l'avesse cercato espressamente.
Da lì
era entrato anche il variegato gruppo di superumani.
Namor li aveva
salutati sulla soglia: avrebbe fatto ritorno a NeoAtlantide seguendo il
fiume. Li aveva salutati lasciando intendere che, in caso di
necessità, potevano contare anche sul suo aiuto.
Il resto del
gruppo si era quindi infilato discretamente all'interno, complice il
fatto che il parco, a quell'ora, fosse ancora deserto.
Si erano messi,
quindi, a cercare il modo per raggiungere Los Angeles e, ora,
sfrecciavano per quelle gallerie come un gruppo di bambini in gita,
divertendosi e esultando per ogni novità, con il gruppo del
Baxter Buiding in testa: il genio di Reed Richards sembrava essere
l'unico in grado di interpretare una semplice mappa, Johnny Storm era
tutto gasato dal fatto che il resto del gruppo sembrasse dipendere da
lui, per una volta, in quell'oscurità impenetrabile, mentre
Susan e Ben li affiancavano per sicurezza, una sondando i dintorni, in
cerca di potenziali minacce, l'altro pronto ad attaccare qualunque cosa
fosse guizzata nel suo campo visivo. Ma quelle gallerie sembravano
davvero vuote e abbandonate da diverso tempo.
“Non
capisco...” aveva borbottato Ororo Monroe a un certo punto,
mentre ancora cercavano un mezzo di locomozione per coprire i diversi
chilometri che li separavano dalla loro meta “Dove possono
essere spariti tutti quanti?”
“Rogue...?”
l'aveva interpellata Nightcrawler, sommessamente, avendo notato la
tensione della sorella. Quella aveva cercato di svicolare al suo
sguardo indagatore ma quando anche la principessa africana si era
avvicinata, richiamata dal teleporta, non aveva potuto far altro che
sbuffare e vuotare il sacco.
“Parte
dei Morlock è stata sterminata. Alcuni si sono salvati ma
sono stati catturati...”
“Come
lo sai?” aveva domandato Natasha raggiungendola. Il gruppo
aveva momentaneamente sospeso la ricercare e anche Jhonny Storm era
calato dal soffitto per ascoltare.
Rogue aveva
esitato un attimo. Lei sapeva qual era la verità. Ma poteva
dirla agli altri? Era già abbastanza atroce senza che tutte
le persone attorno a sé la compatissero... Avrebbe mantenuto
il segreto. Non per lui, ma per proteggersi da attenzioni insistenti e
non richieste. Aveva alzato lo sguardo sulla parete e individuato la
soluzione. Quindi aveva alzato un braccio e aveva indicato i vari
graffiti che, qua e là, facevano capolino sulle pareti
tondeggianti di cemento armato. Aveva poi spostato l'attenzione ad
alcune zone della struttura più scure che, dopo
l'applicazione di una maschera protettiva, sembravano esser state
soffiate con della fuliggine. Nessuno capiva a cosa potesse riferirsi
finché Tony non girò tutt'attorno al gruppo e
alzò la mano a livello, mimando il gesto di scaricare uno
dei suoi raggi palmari.
“Ha
ragione...” aveva detto dopo aver ripetuto la cosa un paio di
volte “Ma la sorgente dev'essere molto più grande
e potente di un normale lanciafiamme...”
“Un
atomizzatore...” Aveva azzardato anche Pym, inclinando la
testa nel tentativo di riuscire a vedere le cose da un altro punto di
vista. “Di circa trenta centimetri di diametro...”
“Se
installato su una mano...le proporzioni porterebbero a qualcosa alto
cinque metri... non potrebbe mai passare di qua! Non
agilmente...” aveva replicato Reed soppesando le variabili
“Se
avesse forma umanoide. Ma se fosse installato su una struttura
insettoide?” aveva ribattuto T'Challa, unendosi al dibattito
degli altri per la prima volta.
“Per
entrare qua dentro, solo qualcosa che richiami i rettili potrebbe
muoversi abbastanza agevolmente... in particolare, le serpi d'acqua.
Potrebbero essere risalite facilmente tramite questi
condotti!” aveva replicato Pym che non voleva essere secondo
a nessuno, neanche quando si parlava di cooperare.
“Chi
dice che abbiano scelto una sola forma di robot da mandarci
contro?” Rogue era sbottata tra l'incredulità
generale.
“Questo
non cambia la mia domanda. Tu come lo sai?” aveva insistito
Natasha
Rogue, a quel
punto, aveva sostenuto lo sguardo della rossa “Gambit era
nato ladro...” aveva appena cominciato che Kurt si era
illuminato di improvvisa comprensione “Maccerto! Conosce a
mena dito il linguaggio dei graffiti. Non ci vuole certo Chyper per
arrivarci...”
“E come
sai dei robot? Che non hanno una sola forma?” aveva rincarato
la dose la spia, pronta a uno dei suoi interrogatori da manuale.
“Perché...”
aveva cominciato la mutante che subito si era bloccata. Aveva tratto un
paio di profondi respiri, quindi aveva ripreso “Li ho visti,
nella sua memoria. Ho visto i disegni dei prototipi...”
“E lui
cosa ne sapeva?” aveva domandato Ororo il cui sguardo si era
fatto duro e tagliente come quello della spia.
“Remy
è... era...” aveva alitato sconvolta “Il
figlio di Nathaniel Essex. E' stato da lui di recente e quando... prima
che lui... che noi... che io perdessi il controllo...” quasi
aveva sputato quelle parole pur di trarsi d'impaccio
“Ok, a
noi non frega molto né di Beautifull né di
Dallas...” aveva tagliato corto Pym beccandosi l'ennesima
occhiata risentita dalla moglie. A quel punto si era voltato verso
Tony, chiedendo mutamente spiegazioni su cosa avesse detto di
sbagliato, e quello aveva levato gli occhi al cielo per tanta
dabbenaggine.
“Essex...”
aveva detto Ororo con una sicurezza e una freddezza invidiabile, tipica
di chi è abituato a comandare o a ridurre ai minimi fattori
cose molto complicate “E' il genetista che collabora coi
politici che hanno detto di voi...” aveva spiegato indicando
Tony “..che siete pericolosi, con il signor Norman Osborne,
che ha riorganizzato lo S.H.I.E.L.D., e con tutta quella gente
responsabile di progetti come Arma Plus. E' colui nelle cui mani sono
finiti i vostri brillanti progetti ed è sempre lui che
collabora con coloro che vogliono detronizzarvi...” aveva
aggiunto fissando i due sovrani.
“Ok.
Chiaro, limpido, cristallino... Siamo nella merda!” Tony era
sbottato “E allora?”
“E
allora...” Janet aveva risposto indispettita puntandogli un
dito al petto “Questa povera gente, già sfortunata
di suo, è stata usata come bersagli di tiro al piattello per
le esercitazioni!”
“Esercitazioni
per cosa?” aveva domandato Ben Grimm mostrando tutta la sua
perplessità
“Per
attaccare tutti i superumani!” aveva risposto Pepper
più intuitiva di altri supercervelloni nella sua
semplicità.
“Ma la
notizia è solo della settimana scorsa!” aveva
replicato ancora Tony
“Ancora
non lo capite? Quello è un pretesto! Chissà da
quanto tempo non aspettavano altro che poter dare quel tipo di
annuncio!” aveva sentenziato Janet
“Da
quanto non senti Callisto?” aveva domandato Kurt alla mutante
che era stata rappresentante dei Morlock
“Qualche
mese... Forse anche un anno...” aveva risposto la principessa
africana, sentendosi responsabile di quanto avvenuto.
Quelle tracce
erano fresche ma i Morlock non erano nuovi ad attacchi di quel tipo e
se anche Callisto era caduta, aveva pensato Rogue, la cosa che dava
loro la caccia doveva essere spietata. Si era data della stupida per
l'ennesima volta. Tante parole dolci, tante moine... tutto per
ingannarla bene... l'aveva distratta,
come diceva lui, alla perfezione. “Ci stanno braccando come souris!”
aveva sibilò frustrata. “Topi!” aveva
aggiunto, rendendosi conto di aver parlato con termini francesi
assorbiti dal Cajun.
“Eliminare
le difese della Terra, eliminando noi...” aveva ragionato
Rogers a voce alta “Dev'essere tutto vero: Loki deve aver
elaborato un piano con i potenti della Terra per poter tornare senza
trovare alcun ostacolo...”
“Continuo
a non essere convinto delle sue intenzioni... per quanto, devo
ammetterlo, il cervo malefico abbia giocato bene la sua
parte...” aveva replicato Tony
“Quale
parte del ti defenestro
per farti vedere che hai torto marcio non ti è
chiara?” lo aveva canzonato Pepper. Per tutta risposta lui si
era imbronciato.
A salvare la
situazione abbastanza tesa, era intervenuto Kurt che aveva individuato
una galleria secondaria dotata di un rudimentale binario sulle cui
rotaie viaggiavano surrogati anteguerra di vagoni riadattati a carrozze
passeggeri. Distratti da quel ritrovamento, l'argomento era caduto in
silenzio.
Nemmeno si fosse
trattato di un gruppo omogeneo di ragazzini in gita al parco
divertimenti, i convogli erano stati ripartiti istintivamente e senza
attriti: dopo i Fantastici Quattro, schierati in modalità
d'assalto, si erano schierati i più giovani, più
o meno avvezzi e, ciononostante, galvanizzati dall'avventura
elettrizzante (i fratelli mutanti e Janet Van Dyne); dietro di loro
venivano quelli indifferenti ma curiosi dell'esperienza che stavano
vivendo (Pepper, Natasha, Steve ed Henry Pym); seguivano, svogliati e
annoiati, quelli abituati alla velocità e dall'ego
così smisurato da non poter permettere la presenza di altri
individui in uno spazio così stretto (Warren e Tony). In
ultimo, separati dal resto del convoglio da un carrello che conteneva
le armature di Stark, viaggiavano i due africani. Più
precisamente, Ororo cercava di tenersi più impegnata di
quanto fosse necessario: dovendo sospingere tutta la carovana, grazie
al proprio controllo delle forze elementali, Ororo cercava di ignorare
il proprio compagno di viaggio e i discorsi lasciati in sospeso in
precedenza. Ma T'Challa non sembrava altrettanto intenzionato a lasciar
correre. Così, quando fu certo che lei stesse agitando
l'aria solo per mantenere l'aura della divinità impegnata,
aveva ridacchiato della messa in scena, aspettandosi la sua successiva
reazione.
“E'
tutta discesa, ora... puoi riposare un po'...” disse
tirandola a sé. “Come ti senti? E' stretto,
qui...” Domandò, alludendo alla claustrofobia di
lei ma giocando sul fatto che fossero in qualche modo costretti a un
contatto ravvicinato.
Ororo
incespicò sui propri piedi, ancora calzati dei tacchi
vertiginosi della sera prima, e, sbilanciata da quel mezzo non
propriamente stabile, gli rovinò addosso. Proprio come lui
aveva voluto. Il suo abbraccio era caldo e accogliente: quasi
dimenticava di trovarsi sottoterra, in cunicoli che, di quando in
quando, intersecavano canali fognari. Ma non era così
angusto da scatenarle il panico: avevano una libertà di una
mezza dozzina di metri per lato e non era più difficile che
restare chiusa in una stanza qualunque. Doveva solo cercare di evitare
di pensare al fatto che stessero avanzando in gallerie scavate decine
di metri sotto terra.
“Allora?
Che ne pensi?” domandò cercando di mantenere la
sua voce il più neutra possibile.
“Che
è una brutta situazione...” rispose lei,
imbarazzata
“Parlavo
di noi due...” replicò il re alludendo al bacio
che si erano scambiati prima che la sala da ballo si trasformasse in un
campo di battaglia.
“Non mi
pare il momento...” sibilò di rimando la mutante
“Ah
no?” lo sguardo scettico e divertito del re l'aveva rimessa
al suo posto “Io penso di sì. Abbiamo un paio
d'ore a disposizione. Dopo di che è probabile che ci
troveremo a viaggiare su una limousine... tanto per non dare
nell'occhio... tutti stretti gli uni agli altri, senza un minimo di
privacy”
“Ma
Callisto... i Morlock...” protestò ancora la donna
“Lo so,
hai ragione: è una brutta situazione. Ma ora non puoi farci
nulla...” disse aiutandola a sedersi accanto a lui su quella
specie di zattera.
“Tu
volevi friggere Warren!” protestò, quasi che,
tornando ad aggredirlo i suoi propositi potessero cambiare.
Lui scosse la
testa, deluso “Xavier non ti ha informato? Ha detto che
l'unico metodo per fermare Angelo, in caso di corto circuito,
è folgorarlo...”
“Te lo
stai inventando al momento!” protestò lei
“L'ha
detto il dottor McCoy. Ma mentre aspettiamo di risolvere la questione,
possiamo ritornare a noi? A dove ci eravamo interrotti?”
“Non
pensare di incantarmi con due moine!” replicò
Ororo volutamente tagliente. La sera prima gli aveva quasi perdonato
ogni cosa, sotto l'effetto degli ormoni che le impedivano di ragionare.
Ma ora era diverso. Fece appello a tutto il suo sangue freddo,
cercò di focalizzarsi sulla propria natura mutante in modo
da sentirsi orgogliosamente superiore e non cedere alle sue parole.
Ma lui, come
sempre, la spiazzò, forse leggendole l'anima. “Non
mi permetterei mai. Sei pur sempre una dea e considero già
un onore il fatto che tu mi rivolga ancora la parola. Capisco che tu
sia arrabbiata con me. Ne hai tutti i motivi. Ma vorrei che valutassi
le mie parole...” disse con la tranquillità che
contraddistingueva un sovrano abituato a gestire beghe di ogni levatura
e che non si lasciava facilmente impressionare. Neanche da una
divinità “...Darci una possibilità...
Non ti sto mica chiedendo di sposarmi seduta stante!”
sbottò a sottolineare l'innocenza dei suoi intenti
“O meglio. Te lo chiederei anche ma so che ti scalderesti
subito...” si corresse. Per tutto il tempo non aveva fatto
altro che guardare dritto davanti a sé, fiero e orgoglioso.
Non temeva la sua reazione, né cercava di compiacerla. Le
aveva esposto le sue intenzioni con lucida rassegnazione.
“Cos'è
che faresti tu?” replicò lei con un tono di voce
che, per la sorpresa, le sfuggì involontariamente inviperito.
T'Challa si volse
a fronteggiarla. La scrutò come se fosse la prima volta che
la vedeva davvero “Ti sposerei qui e ora, su questo malandato
vagone di fortuna. Ora posso. Sono re. Il consigliere reale
può solo sottoporre alla mia attenzione le candidate, ma la
scelta spetta a me. Certo, per ufficializzare la cosa dovrei rientrare
in Wakanda e seguire i protocolli, allestire una festa sontuosa che non
si prepara da sola e non dal giorno alla notte... Ma a parte questi
dettagli...”
“Chiamali
dettagli...” ironizzò lei
“...
Non vedo cos'altro dovrei aspettare. Quindici anni sono un tempo
abbastanza ragionevole, credo, per sbollire la carica ormonale,
riuscire a ragionare lucidamente sul partner e capire se la donna che
vuoi sia o meno adatta al ruolo che intendi proporle...”
“Quindici
anni sono proprio un'inezia...” sbuffò la mutante,
divertita
“E
dunque, mia unica dea, posso chiedertelo? O intendi folgorarmi per
averlo solo pensato?”
“Ti sei
comportato male...” recriminò lei, distogliendo lo
sguardo “Ma in quanto divinità, sono magnanima e,
soprattutto, sono superiore a certe paranoie tutte umane.”
disse facendo scendere la sua concessione dall'alto: che si sentisse un
pochino in colpa! Nonostante il giorno prima l'avesse quasi assolto da
ogni responsabilità per un comportamento tanto meschino, con
il nuovo giorno era rinsavita e tornata sulla propria posizione:
avrebbe potuto lottare un po' di più per lei, se davvero ci
avesse tenuto tanto.
Ma era inutile
prendersi in giro: non aveva smesso di pensare a lui per un istante in
tutti quegli anni, la ferita le bruciava ancora come appena inferta.
Quando Forge, poi, si era fatto avanti il mondo le era crollato sulle
spalle e si era voltata dall'altra parte: un altro si stava facendo
avanti, chiedendole di accompagnarlo per la vita, un altro uomo che non
era quello che aveva sempre amato e mai dimenticato. Quella
dichiarazione l'aveva precipitata nella realtà e nella
disperazione: era stata una stronza a frequentare Forge mentre il suo
cuore e la sua mente erano occupate da T'Challa ed era stata una
stronza anche se non aveva mai voluto ferire realmente l'altro mutante
con cui si sentiva così in armonia. Soprattutto, si era
svegliata bruscamente, rendendosi conto della situazione in cui si
trovava: come capita nei sogni, in cui un bisogno viene soddisfatto
anche per interposta persona, lei aveva curato il suo animo ferito
tramite il pacifico sciamano delle pianure per rendersi conto solo
all'ultimo che sovrapponeva a lui l'immagine del principe wakandiano,
illudendosi che fosse questi a darle tutto ciò che, in
realtà, le donava l'altro.
Ora, il suo cuore
non ce la faceva più a trattenersi dall'irrorare sangue in
ogni capillare, dandole un pericoloso senso di vertigine. Nonostante il
tempo trascorso, lui la desiderava ancora.
Poteva concedersi
a T'Challa? Certo che poteva, per la Dea! Era quello che voleva di
più al mondo, che aveva anelato con ogni fibra del suo
essere per anni. Aveva scoperto che non c'era malafede nelle sue azioni
ma solo un egual desiderio. Finalmente otteneva quanto desiderava. Ma
questa conquista non la stava ripagando con un senso di
tranquillità. Al contrario, si sentiva agitata e nervosa: lo
stava tenendo troppo sulla corda? Anno più anno meno, ormai,
cosa importava? Oppure era stata troppo precipitosa, ponendosi in
posizione di svantaggio rispetto a lui, dimostrandogli tutta la sua
debolezza?
Se non fosse
stata più che certa del tipo di persona che era il re dello
stato africano confinante con la sua terra natia sarebbe stata vittima
certa del panico. Non si stava illudendo: T'Challa era davvero buono e
non avrebbe mai infierito così meschinamente sulle debolezze
di chicchessia.
“Certo
non è il luogo e il momento in cui mi sono sempre immaginato
questa scena però... Ororo...” disse con tono
solenne, portandosi la mano di lei, stretta tra le sue, al cuore
“...vuoi sposarmi e condividere con me il peso della
corona?”
Lo sferragliare
assordante delle carrozze che imboccavano l'ennesima galleria coprirono
la risposta ma il re parve ugualmente soddisfatto: si tirò
addosso la donna e la baciò appassionatamente.
1
Double
Dragon e la conurbazione S.F.-L.A.
2
Philip
K. Dick è uno dei più grandi autori di
fantascienza mai esistiti. Pazzo
e visionario, nel 2005 fu creata una testa robotica -che
andò persa,
casualmente- e pochi anni dopo ne venne preparata una seconda versione
più avanzata che, addirittura, indossa gli abiti dell'autore
morto
ormai 30 anni fa.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ben ritrovati a
tutti.
Rieccomi qui,
come promesso, dopo la mia trasferta Irlandese.
Peccato solo
essere tornata e aver trovato un gran casino a casa e non avere,
quindi, tempo per postare come previsto... d'ora in poi
vedrò di organizzarmi meglio ma per un mesetto non
garantisco la consueta puntualità. Mi scuso profondamente
per questo!
Bene...
ricominciamo da dove avevamo lasciato: il viaggio verso casa ha inizio!
Non durerà molto, credetemi.
Per quel che
riguarda il titolo, se siete esperti della materia, troverete
interessante l'assonanza con la N-zone (in inglese si pronuncia EN... molto
simile a End). Altrimenti non perdeteci troppo la testa: capirete
strada facendo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Intrusi ***
2.
Intrusi
Quella mattina
Logan si svegliò relativamente presto. Il sole era appena
sorto e, se solo fosse stato a Westchester, si sarebbe fatto una corsa
tra i boschi. Erano quelli i momenti che odiava di più
perché gli ricordavano tutta la sua natura animalesca. In
città l'aria era sporca, grigia e dall'odore acre. Gli
mancava la fragranza dell'erba bagnata, della corteccia umida degli
alberi, il frullare d'ali di uccelli che s'involavano al suo passaggio.
Gli mancava l'aria che entrava fredda nei polmoni, bruciando tutto
lungo il percorso; gli mancava sentire il sangue pulsare in ogni sua
fibra appena si fermava o i muscoli guizzare rapidi. La
città non faceva decisamente per lui. Osservare l'alba da
dietro un vetro e vederlo sorgere nel paesaggio irregolare e spigoloso
dello skyline non dava la stessa sensazione di pace che vederlo nascere
in riva al mare o tra le montagne.
Un odore
conosciuto, suo malgrado, arrivò a disturbare ulteriormente
quel momento di pace, in cui ancora tutti dormivano e non
schiamazzavano: a ben pensarci era l'evoluzione dell'ambiente
scolastico in cui aveva passato gli ultimi anni e, in fondo, non gli
dispiaceva.
Ne
seguì la traccia fino ad approdare a un laboratorio, quattro
piani più in basso. Che cavolo ci faceva lì a
quelle ore?
- Howlet, James.
Alias: Logan. Affiliazione: X-Men. Nome in codice: Wolverine. Accesso:
Negato.-
Scandì
la voce sintetica di J.A.R.V.I.S. facendogli inarcare un sopracciglio
quando provò a varcare la soglia. Era uno scherzo?
- Perdona,
Logan...- cominciò l'altrettanto sintetica voce di Visione
comparendogli al fianco
“Non ti
preoccupare... sono abituato ai ninja...” rispose il mutante
senza scomporsi “Come mai sveglio?”
-Io non dormo.
Sono un sintezoide e, a meno che non mi venga staccata la corrente... -
la voce, per come uscì da quella maschera rossa
inespressiva, parve... imbarazzata
e interdetta.
-Ma mi hai frainteso: volevo chiederti se avresti gradito che ti
aiutassi a passare oltre -
“Puoi
far passare anche me?” domandò Logan, scettico.
Aveva studiato un minimo di fisica e sapeva che il potere di Visione
era completamente diverso da quello della giovane Kitty Pryde: uno era
come aria l'altra poteva allineare le molecole degli oggetti e del suo
corpo in modo tale da far scorrere le une tra gli spazi vuoti delle
altre, senza alterarne i legami chimici. A parte quando si trattava di
macchine elettroniche: quelle le mandava direttamente in tilt.
- Oh, no!- si
giustificò la macchina – Ma posso andare ad
aprirti dall'interno. O dialogare con il sistema informatico e vedere
se riesco a convincerlo...-
“Vada
per la prima!” accettò l'altro.
-Sai... - disse
la voce di Visione mentre la figura si faceva gradualmente evanescente
– Mi domandavo anch'io cosa ci facesse già in
piedi a quest'ora. Ma pensavo foste amici...-
“Amici?”
sbottò Logan non appena Visione ebbe aperto la porta e,
fattosi da parte, lo fece passare.
“Con
chi parli James?” domandò una terza voce dalla
sala.
“Non
con te!” sputò, riconoscendo l'intruso e marciando
all'interno, lasciandosi Visione, perplesso, alle spalle “Si
può sapere che diavolo combini?”
“Elaboro
un piano!” ribatté Mystica sollevando gli occhi
dal monitor di Stark
“Tsé...
Nemmeno ti chiedo come sei entrata...” ringhiò
lui, aggirando la scrivania e andandole alle spalle “Si
può sapere che cerchi? Sicura di non essere qui a fare
spionaggio industriale?”
La donna
levò gli occhi al cielo. “Non mi perdoni proprio
lo scherzetto, eh?” disse assumendo l'aspetto di Jean Grey.
Per tutta
risposta, lui le mollò un sonoro ceffone.
“Vogliamo andare avanti ancora a lungo con questa
storia?” domandò imperturbabile mentre lei
riassumeva le sue sembianze. Quel giorno vestiva un sobrio completo da
jogging composto da canotta e short rigorosamente bianchi. Non si
massaggiò la parte offesa né cercò di
restituire il colpo: sapeva di aver tirato troppo la corda. Si
riacconciò i capelli (quel giorno lunghi e setosi) con una
matita e riprese il suo lavoro: guardando in tralice lo schermo,
trafficava con pipette, provette, siringhe e protesi di silicone.
“Dove hai recuperato questo armamentario?”
“Siamo
in un laboratorio...” gli fece notare lei tornando a
focalizzarsi su quella sfoglia di silicone e mandando il canadese in
bestia per la mancata risposta.
- Ingegnoso...-
sciorinò Visione inclinando la testa per osservare meglio
l'operato della donna.
“Scusate
tanto se non sono un genio informatico...” sbottò
acido il mutante
“Non
c'entra niente l'informatica...” replicò lei
iniettando un liquido rosso nella membrana
“Fatto...” commentò facendo sparire gli
occhiali da vista e studiando da vicino il suo operato
“Vieni, James, dobbiamo svegliare tutti...”
“Ehi!”
Protestò lui “Eravamo d'accordo che avresti fatto
quello che ti dicevo io!”
“Sì,
certo...” rispose lei aggrottando le sopracciglia, non
riuscendo ad afferrare il motivo di tanto livore “Non ho
contravvenuto nessun ordine, mi pare. Mi son messa solo al lavoro e
questo è il ringraziamento...Cos'è? Ho minato la
tua autostima di grande boss? Pensi che uno come Fury non si sarebbe
mai fatto mettere i piedi in testa così, non è
vero?” domandò avvicinandoglisi e sfidandolo con
il suo sguardo dorato “Beh, mi spiace rovinarti il gioco, ma
Fury ama le donne intraprendenti e, più in generale, il
personale che anticipa le sue richieste e che si mostra
attivo...”
“Quando
puoi fidarti del personale...” replicò lui in un
ringhio
“Valentina
è proprio il mio omologo tra i genezero, non ti
pare?” ribatté lei stirando un sorriso
compiaciuto: Logan non aveva argomenti con cui ribattere.
Infastidito da
quella verità, la spintonò verso il corridoio
“Fuori di qui, prima che il maggiordomo robot di Stark ci
trovi... e non vorrei essere costretto a farlo a pezzi: lo stipendio di
insegnante non basta a comprare un sottobicchiere di questo
posto...” Quando furono abbastanza lontani dal luogo del
delitto, Wolverine chiese a Visione se poteva andare a svegliare chi
ancora dormiva “Anzi...” lo fermò prima
che si volatilizzasse “..comunica con Jarvis... che ci pensi
lui, è il suo lavoro...”
“L'hai
fatto per restare solo con me, non è vero?”
domandò Mystica dopo qualche istante, facendo le fusa
“Ma
figurati!” replicò lui staccandosela con uno
strattone dal braccio a cui si era appesa.
“Sei
proprio poco galante... ma mi piace quest'aspetto di te”
ghignò lei di rimando
“Non
vedo l'ora che tutta questa faccenda sia finita!”
ribatté lui alzando gli occhi al cielo “E prego di
fare in fretta perché non so quanto resisterò
ancora dal farti male...”
“Dimmi
che ho capito male e che Pyro non ci aveva preso...”
commentò la voce di Pietro alle loro spalle: il ragazzo,
probabilmente il primo a essersi o a esser stato svegliato, aveva
raggiunto il suo mentore in un batter d'occhio e aveva -evidentemente-
frainteso il discorso. La sua faccia (naso arricciato -come se si fosse
trovato in una fogna putrida- che storceva anche il labbro superiore e
occhi sgranati) esprimeva tutto il disgusto. Lentamente, nel suo
completo composto da t-shirt bianca e parigamba con un fulmine verde
giusto nel settore centrale (che lasciava Logan a domandarsi se anche i
suoi studenti fossero così esibizionisti – non che
in quell'accoppiata di simboli ci fosse qualcosa di cui andare
orgogliosi), il giovane figlio di Magneto si avvicinò a
Mystica quasi a volerla strappare dalle fauci del lupo che, nella sua
ottica, la stava importunando. Wolverine lasciò correre e
procedette per la sua strada.
Quando
raggiunsero la cucina, erano tutti riuniti attorno al tavolo e a tazze
fumanti di caffè.
Eccetto Thor, che
aveva già svuotato due boccali di birra. In compenso, Wade
si era messo a cucinare la sua solita montagna -letterale- di pan cake.
“Hanno il
profumo della vittoria” spiegava a chiunque gli
domandasse il motivo di tali quantità esagerate.
“Bene,
cocchi... il mattino ha l'oro in bocca, quindi..”
“Fate
attenzione! E se comincia a chiamarvi Wendy, scappate1!”
ridacchiò Peter
“Dunque...”
continuò quello scoccando al ragno un'occhiata di fuoco
“Visto che voi poltrivate, qualcuno ha fatto i compiti per
casa... Raven, vuoi illustrare?” disse fingendo ci fosse una
perfetta armonia tra loro.
Lei sorrise
complice e soddisfatta “E' presto detto!” disse
attivando il tavolo olografico “Dobbiamo entrare in questo
palazzo. Quando ci sono stata in visita il mese scorso, all'indomani
della tentata invasione dei Chitauri, mi sono premunita di scaricarmi
tutte le planimetrie e studiare i diversi congegni anti-intrusione.
Perché non si sa mai... Quindi, nel livello presumibilmente
adattato a detenzione, le misure di sicurezza sono notevolmente
più sofisticate...”
“Dì
loro cosa hai fatto” la incoraggiò il canadese,
come se sapesse tutto del suo piano e non ne fosse, in
realtà, completamente all'oscuro
“Per
accedere, i requisiti minimi sono impronte digitali e scansione della
retina. E a questo posso ovviare facilmente, è ovvio. Ma il
soggetto richiedente viene sottoposto anche a una scansione biometrica:
massa, volume... prelievo di sangue e campione di D.N.A.”
“E' peggio di
Rikers Island2!”
commentò Deadpool
“A
procurarmi il campione di sangue e D.N.A.3 ho provveduto
stanotte...” continuò lei, suscitando la
curiosità del fotografo
“Come
hai fatto?”
“Mi
sono avvalsa di una Starktech di cui avevo visto la presentazione
qualche anno fa: Stark aveva creato degli insetto-droni...”
cominciò a spiegare.
Ma Peter,
esaltato, la prevaricò “E' estate, in estate ci
sono le zanzare, le zanzare succhiano il sangue... e passano nei
condotti d'aerazione!”
“Precisamente!”
confermò lei “Ho già provveduto a
installare il materiale biologico in un apposita protesi. Il problema,
resta la rilevazione del peso: la bilancia pneumatica a cui
è collegata la soglia è molto sensibile e accetta
un intorno di un chilo al massimo prima di far scattare
l'allarme.”
“Semplice
e ingegnoso” concordò Peter.
“Perché
non puoi ingannarla?” domandò
Deadpool perplesso e sbigottito “Puoi assumere
l'aspetto di chiunque...”
“Ma non
posso variare la mia massa.” replicò lei
“E
quindi?” domandò Thor che non riusciva ad
afferrare termini tecnici e concetti fisici a lui completamente estranei
“Allora,
che lei sia grande come un drago o esile come un micio, il peso rimane
lo stesso.” spiegò il professorino di scienze al
liceo “Le molecole si dispongono solo in maglie
più larghe o in file più serrate a secondo della
necessità, giusto? E' lo stesso principio che regola
Visione, solo che lui può arrivare allo stato
gassoso...”
“Esatto!”
confermò la donna “Motivo per cui non potevo
essere io la zanzara che gli prelevava il sangue. Il peso di 56 chili
concentrati in mezzo centimetro quadrato è... come se ti
piantassero un coltello nella pelle...”
“Quindi
non puoi ingannare la bilancia...” concluse Logan meditabondo
“E io non posso prendere il tuo posto. Il mio scheletro pesa
un centinaio di chili da solo...”
-Ma posso farlo
io- disse Visione sbalordendo tutti quanti – Se mi mantenessi
a livello gassoso, creando una cortina attorno al suo corpo, e
mantenessi la forma solida solo in alcuni punti per raggiungere il peso
stabilito, la macchina non dovrebbe accorgersi dell'inganno.-
“Questa
sì che è una buona idea!”
commentò Peter “Quando ci muoviamo?”
domandò elettrizzato
“Questa
sera stessa” disse Logan, perentorio.
“Ma tu
non verrai!” lo corresse la donna
“Cosa?
E perché?” sbottò il canadese
“Per il
semplice motivo che alle porte ci sono i metal detector...”
elencò levando un sopracciglio, quasi lo considerasse
più ottuso di quanto apparisse “... gli ascensori
sono dotati di trasduttori piezoelettrici4. Il
tuo scheletro d'adamantio farebbe saltare tutto in un colpo.”
“E'
vero... me n'ero dimenticato!” concordò anche Peter
“Conosci
quel posto?” domandò Logan sospettoso, cercando di
guadagnare tempo per trovare una soluzione
“Norman
era il papà del mio migliore amico. Conoscevo quel posto
come le mie tasche. Prima di queste ultime novità... e a
proposito di novità, ora che ci penso... come facciamo a
entrare?” tutti lo osservarono perplessi. Che razza di
domanda era? “Okay, riformulo. Non pensate che dopo
l'annuncio della settimana scorsa quello sarà il primo posto
con un sistema mutant-detect?”
“Non
c'era quando sono andata io.” rispose Mystica, pensierosa
“Non ci avevo pensato, a suo tempo. Ma siamo passate io, Jean
Gray ed Emma Frost. E anche Kevin Sydney. E Sinistro”
“Se ci
stavano già lavorando, per renderlo commerciabile in tempi
brevi, non è irragionevole pensare che fossero
già installati e che fossero stati disattivati per
l'occasione: sarebbe saltato ogni due secondi, con tanti mutanti nei
paraggi...”
“Non ci
avevo pensato...” ammise la donna “Quindi
è da scartare anche l'idea alternativa, di infiltrarmi nei
condotti d'aerazione per aprirvi la strada da dentro...”
“Posso
andare io... Col vostro aiuto andrei direttamente al pannello di
controllo e disattiverei l'allarme” si offrì Pietro
“Dimentichi
che sei anche tu un mutante, cocco?” domandò
sarcastico Logan
“Ma
sono così veloce che nessun sensore riuscirà mai
a recepirmi!” protestò il ragazzo
“Scusate..
ma non posso andare solo io? Io e Thor, magari. Nessuno di noi due
è dotato di gene X. Io sono modificato ma...”
“E' un
rischio. Il tuo DNA sarà già presente nelle loro
banche dati. Risalire a Spider-man sarebbe il passo successivo. Thor
è l'unico che può passare per umano...”
concordò Logan “Disattiverà i primi
allarmi ed entreremo tutti. Poi ci recheremo al livello detenzione,
passando per i laboratori...”
1
Ovviamente, Peter sta citando Shinning.
2
Nel Marvelverse, Rikers Island è una piccola isola al largo
di New York su cui è edificata una struttura dotata di
misure detentive avanzate e che ospita i vari supercriminali, da
Electro all'Uomo Porpora. Nella realtà la sua intera
superficie è occupata da un carcere normale.
3 Mi sembra ovvio
e scontato ma mi spiego: il DNA prelevato sarebbe cmq quello di
Mystica, portatrice del gene X. Anche fosse che riuscisse a modellarlo
a livello cellulare, una volta prelevato il campione, tornerebbe ad
assumere l'aspetto originario e non sarebbe quindi adatto al test.
4
Trasduttore
Piezoelettrico
- Piezoelettricità
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Rieccomi qui, ragazzuoli, puntuale come promesso.
Fortunatamente son riuscita a sbrigare il grosso dei miei impegni e
posso postare con relativa calma il secondo capitolo. (Ora devo solo
trovare il tempo per rimettermi a scrivere, perché i molti
capitoli che ho di scorta non mi danno sufficiente sicurezza XD)
Come avete notato, la narrazione ora si è spostata
nuovamente a New York e, per qualche capitolo, le cose saranno divise
tra costa est e costa ovest (nella miglior tradizione fumettistica XD
anche se i gruppi e gli intenti non c'entrano nulla con gli originali).
E, finalmente, rendiamo Thor un pò partecipativo alla vita
dei Vendicatori xD può rendersi utile e fare il ladro XD
;)
alla prossima
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Padri e figli ***
3.
Padri e figli
“Biondo!
Cazzo! Potevi fartelo venire in mente prima un dettaglio del genere,
no? E' del tutto irrilevante! Non lo nota nessuno se uno è
biondo o moro...”
“E non
dimenticare la collanina con pendente a forma di fulmine
verde!” replicò sulla difensiva l'addetto alla
sicurezza arrancando dietro all'uomo che marciava a passo di carica
verso la sala da guerra. I passi dei due uomini rimbombavano
all'interno della struttura metallica dell'elivelivolo. Fury,
trattenendo a stento bestemmie e imprecazioni, quasi sfondava le porte
automatiche che gli si paravano davanti. Porte che, per i suoi gusti,
si aprivano troppo lentamente. “E' così
vitale?” domandò ancora il rosso alle sue spalle,
sulla difensiva
“Certo
che lo è, pezzo di cretino irlandese!”
sbottò ancora il guercio cercando di far partire i computer.
Innervosito per la mancata reazione tempestiva, pigiò
sull'interfono “Agente Druid a rapporto nella stanza da
guerra 3. Agente Druid....”
“Che
diavolo combini?” ringhiò Dum Dum andando ad
allentare la presa del superiore sul pulsante e coprendo il microfono
con la mano libera.
“Cerco
qualcuno che sappia far funzionare questa cosa senza che io debba per
forza andare al manicomio!” urlò indicando i
sofisticati computer che punteggiavano la stanza.
“Val!
Digli qualcosa!” Protestò ancora il fuciliere
volgendosi verso la risatina che li aveva interrotti sul più
bello.
“Io?
Interrompere una sfuriata di Nick? Giammai! Ci tengo alla
pelle!” ghignò divertita la donna, massaggiandosi
la tempia. Per tutta la longitudine della testa correvano le garze a
formare un anello bianco tra i suoi capelli neri striati. L'effetto era
bizzarro. Avvertendo dei passi pesanti riecheggiare in lontananza, la
donna si inarcò per poi lasciare il posto ai nuovi venuti.
“Ha
chiamato, Signore?” domandò Sebastian Druid
comparendo, ansante, sulla soglia, seguito da un'allarmatissima Daisy
che, sentito il tono minaccioso del comandante, si era fiondata alle
calcagna del compagno di squadra.
“Devi
cercarmi un file.” sibilò l'uomo indicando le
postazioni “Non ho la pazienza e la testa per mettermi a fare
'ste cose.”
“E se
fossero ancora in formato cartaceo la stanza sarebbe già
ridotta a una discarica...” commentò Val tornando
ad appoggiarsi allo stipite ricordando i bei tempi andati quando, dopo
le sfuriate di Nicholas, il metodo migliore per riordinare era armarsi
si scopa e paletta.
“Zitta
ed entra!” replicò lui sbrigativo.
“Non
senza di me!” ringhiò Maria Hill sgusciando dentro
mentre le porte scivolavano silenziose le une sulle altre.
“Si può sapere che combini, ora? Quel tono non
prometteva nulla di buono...”
“Cerca...”
continuò lui rivolgendosi all'agente amico di Daisy, senza
badare nessun altro dei presenti “Andreas Von Struker! Se ti
serve l'identikit dimmelo...”
“Perché
cerchi Andreas?” domandò Val sorpresa e confusa.
“Chissà
perché posso cercare uno di quelle due piccole
serpi...” replicò il Generale con una smorfia.
“E'
questo che cerca, Signore?” domandò Druid pochi
minuti dopo
“Perfetto...
ora, se non ti dispiace...” disse indicandogli la porta
“Ma
certo!” borbottò l'altro impacciato, la cui ultima
intenzione era di indisporre la leggenda dello S.H.I.E.L.D.
Quando la porta
si fu chiusa alle sue spalle, Fury studiò le persone rimaste
con sguardo scettico “E voi?” domandò a
Daisy e a Maria.
“Noi
cosa?” ringhiarono le due in coro.
“Non
è roba per voi...” replicò stringendo
lo schienale imbottito della sedia davanti a sé.
“Questo
lo decido io...” rispose Maria accomodandosi come se nulla
fosse “Sono comandante di Vascello, in questo momento, se
l'hai dimenticato. Non avrò un livello 10 come le tue
pupille... ma ho diritto di sapere cosa succede a bordo della mia nave. Specie dopo che ti
copro il culo.”
Fury
sbuffò e con un gesto della mano acconsentì.
“Ok...” disse, incapace di sbrogliare la matassa di
sentimenti contrastanti che lo agitavano. “Ok... Tim si
è ricordato di alcuni dettagli sul pilota del caccia
che ha sganciato la bomba...” disse senza tanti giri di
parole “E' lui, Tim?” disse girando il monitor
verso l'amico che annuì appena
“Fantastico...” sibilò Fury tra i denti.
“E tu, Val... ti dice nulla?” continuò,
mostrandole la foto di un bell'uomo dai lunghi capelli biondi e sguardo
da pazzo.
Val
strabuzzò “Nick... la somiglianza è
impressionante...”
“Di chi
parlate?” domandò Daisy, curiosa e agitata per
tutta quella segretezza e per la rete di sottintesi che non riusciva a
cogliere.
“I
Gemelli Andrea e Andreas Von Strucker.” cominciò a
spiegare Fury “Andrea l'avete intravista tra il personale di
Stark... nei filmati della convocazione parlamentare...”
disse aprendo un file di cui sapeva l'esatta ubicazione “Era
un'infiltrata, ovviamente, visto che lei e suo fratello sono i
successori del Barone Wolfgang Von Strucker, mio acerrimo nemico e
fondatore di HYDRA. Il fatto che proprio Andreas fosse alla guida di
quel dannato caccia è la prova finale che lo S.H.I.E.L.D.,
ai suoi vertici, è corrotto. Avevano soggiogato Dum Dum e,
per essere sicuri che un valoroso e intelligente pilota non mettesse in
discussione la decisione, Andreas si è preso la briga di
fare tutto da sé. Probabilmente è salito a bordo
insieme a Occhio di Falco e si è mimetizzato tra il
personale. Così, in caso di indagine, la forma era salva, la
colpa era mia, ovviamente, di quella testa calda di Fury, e del suo
vice. Fattualmente, inoltre, erano certi che non ci sarebbero stati
intoppi anche se Tim si fosse liberato dalla suggestione.”
“Cosa
vuoi fare, ora che sai che loro sono gli artefici di tutto
questo?” domandò Daisy che non vedeva alcuna
soluzione alla cosa.
Fury
ghignò “Dimmi Val... Qual era, esattamente, il tuo
compito, una volta tornata a bordo dell'Helicarrier? Perché
ci scommetto le mutande che quei due perversi si aspettavano che ti
trovassimo.”
“Drogarti
e portarti da loro...” rispose lei senza batter ciglio
“Come
sospettavo...” disse estraendo la pistola e armandola con una
fiala dal dubbio contenuto. Tutti sbarrarono gli occhi. Quindi, porse
al suo braccio destro il calcio dell'arma “Fa
pure...”
“Cosa?”
saltò su la Hill, spaventata e confusa “Non ti
permetto di fare scemenze simili! Siamo sulla MIA nave! E starai ai
MIEI ordini! O, quantomeno, mi fornirai una giustificazione
decente...”
Senza degnare la
Hill di un'occhiata, Fury la accontentò, tenendo lo sguardo
fisso sulla sua ragazza. O Ex. Ecco un altro dettaglio che avrebbero
dovuto chiarire quanto prima. “Non mi
anestetizzerà davvero! Mentre Val era svenuta l'ho
modificata un po'. Al loro segnale farà esattamente quello
per cui è stata programmata ma tornerò in me in
pochi minuti. So come ragiona Andrea. E so come pensa di fregarmi. Un
piano c'è già...” disse indicando con
la canna la propria tempia “Qui dentro... Ora qualcuno deve
solo spararmi questa cosa nel collo, non posso farlo da solo...
”
“Non
posso fartelo a sangue freddo!” si ritrasse l'ex vice
direttore.
Maria
incrociò le braccia al petto “Mi rifiuto di
assecondare questa follia. Arrangiati!”
Quando
toccò a lei, Daisy nascose le mani dietro la schiena e
abbassò lo sguardo sperando di sfuggire all'ordine insensato
della figura paterna e Fury sorrise cinico “Ricordi quello
che ti ho detto sul dovere e sul saper mettere da parte i propri
interessi? Avanti!” la incoraggiò.
Lei scosse la
testa violentemente, mordendosi il labbro: in quel momento
desiderò non esser stata così ostinata e
rimpiangeva di non esser stata sbattuta fuori dalla sala. Fury
insistette e lei accettò riluttante. “Non farti
tremare la mano o mi farai venire un embolo... presa salda e posizione
di sicurezza... non mi farai nulla!” le disse mentre lei gli
poggiava la canna della pistola sulla giugulare, gli occhi lucidi e
rossi di lacrime non ancora versate.
La giovane agente
chiuse gli occhi, si morse a sangue il labbro e, in un turbinio
concitato di voci che le urlavano di non farlo, obbedì e
sparò.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
La riunione era
stata sciolta da un pezzo quando Mystica si piantò davanti a
Logan che cercava di fare solo del sano zapping in tv, birra alla mano.
Cercando di ignorarla, reclinò appena la testa nel tentativo
di guardare oltre.
“Dov'è
Marie?” domandò lei, mani ai fianchi.
Ecco scoperto,
pensò Logan, il vero motivo per cui è qui!
Abbastanza scontato.
“Sarà
in giro col suo fidanzatino e coi suoi amichetti... Fury ha detto di
non preoccuparsi...” bofonchiò stendendosi sul
divano in tutta la sua lunghezza..
“E tu
credi a quell'uomo?” domandò lei agguerrita,
spostandosi nuovamente davanti a lui.
Logan
sbuffò e cercò di guardare la partita attraverso
le gambe divaricate della donna. Per tutta risposta, lei si
trasformò, facendosi comparire addosso il suo adorato Qipao
bianco. Lui non si arrese, sguainò un artiglio e
cercò di farlo passare tra la gamba e l'indumento per
scostarlo, poi, come una tenda. “Tagliami e ti
uccido!”
“Non
per dare ragione al ragazzo...” si intromise Peter passando
di là “... ma, effettivamente, visti da qui,
sembra che facciate qualcosa di sconcio...”
Logan
sbuffò ancora, ritrasse l'artiglio e si alzò dal
divano imprecando. Scansò la donna di mala grazia e se ne
andò per il corridoio.
“Una
cosa che mi son sempre chiesto...” intervenne Deadpool
“Sentiamo
quale altra curiosità cretina...” alitò
Peter rassegnato
“...ma
tu hai il potere di modificare anche gli oggetti che tocchi, oltre al
tuo corpo?” concluse rivolgendosi a
Mystica
“No...”
sibilò lei tornando alla sua micro-mise sportiva
“Ma
allora quello che indossi non è un vero vestito:
è la tua pelle modificata. In realtà, quindi sei
nuda!”
riuscì a gridare prima che Pietro arrivasse come una furia a
buttarlo gambe all'aria.
“Sta'
lontano da lei, maniaco!” urlò il ragazzo livido
“Che schifo!”
“Pietro
datti una calmata... sono una donna adulta e mi so difendere da
me...” replicò la donna all'eccessiva protezione
del ragazzo.
“Mi
fanno schifo! Tutti quanti! Maiali bavosi!” sputò
ancora lui lasciando perplesso Peter.
“Non
per fare il guastafeste... ma sei un maschio anche tu. E se non in
questo modo...” riuscì a dire prima che
un'occhiata gelida del ragazzo gli suggerisse di riparare sul soffitto
per precauzione “Dicevo..anche tu, prima o poi, avrai
pensieri simili...più o meno velati, e se non su una donna,
sarà un uomo... o un alieno... o...”
“Pervertito
anche tu!” strepitò il ragazzo pestando i piedi a
terra
“...succederà
anche tua sorella, se già non è
successo..” concluse Mystica dietro di lui con un sorriso
beffardo.
Pietro si volse,
una strana espressione in volto, tra il disgustato, l'incredulo e il
rabbioso “Non Wanda!”
“Tu
dici?” disse lei assumendo le sembianze della ragazza ancora
una volta. Così conciata ancheggiò fino a Wade
per aiutarlo a rimettersi in piedi “Beh... se non
sarà lei ad avere mire su qualcuno... saranno gli altri a
farlo...” disse parlando di proposito con voce bassa e
muovendosi come una pantera. “L'alternativa è che
tu la chiuda in un monastero o in manicomio... ma non sarebbe al sicuro
dalle tentazioni della vita nemmeno lì!” disse
riassumendo il suo aspetto e artigliando l'aria come una strega, a
mimare la pericolosità di quanto descritto.
“Cresci, Pietro...e svezzati da questo patetico complesso che
hai nei suoi confronti... lei l'ha fatto.. se n'è andata! E
a questo punto mi domando se non sia più giusto lasciarla in
pace...”
“La
troverò anche senza il tuo aiuto!”
sibilò lui “Dillo che vuoi solo star lì
a giocare al gatto col topo con Logan... va pure...”
“Tu e
Logan? Davvero?” domandò Peter dall'alto del
soffitto
“No!”
replicò lei gelida, inforcando la stessa strada che aveva
imboccato anche il canadese una manciata di minuti prima.
Senza prestare
più la minima attenzione al suo giovane protetto,
infilò sicura un corridoio dopo l'altro, neanche fosse stata
casa sua. Ma lei era una spia, abituata a memorizzare al primo sguardo
ogni strada percorsa o immaginata. Sapeva esattamente dove trovarlo
anche senza i supersensi che avevano quelli come lui.
Non appena
aprì la porta che dava sulla terrazza ultima della torre, fu
investita da una brezza agitata che le frustò i capelli in
faccia. A pochi metri, Logan era appollaiato a scrutare il mondo
sottostante come una bestia che attende che la preda gli passi sotto il
naso.
Sicuramente
l'aveva sentita arrivare ma non aveva battuto ciglio. Doveva
considerare già un privilegio il fatto che non fosse
scappato da lì ancora molti minuti prima.
“So che
ce l'hai con me...” cominciò senza ombra di
pentimento
“Ts...”
sibilò lui infastidito “Per usare un
eufemismo...”
“Ho
solo pensato al meglio per mia figlia!” replicò la
donna
“Rogue
non è tua figlia!”
“Nemmeno
tua!”
“Ho
più diritto di considerarmi suo padre di quanto tu possa
dire di essere madre sua e di Kurt... hai rovinato abbastanza quei
ragazzi. Lasciali stare. Continua a rovinare i pupilli di Eric,
perché non sono già abbastanza squilibrati di
loro..”
“Tu sei
proprio l'ultima persona sulla faccia della Terra che ha il diritto di
dirmi questo! Dovresti capirmi!”
“Per
Daken? Non scherziamo!”
“Come
puoi essere così disumano? E' tuo figlio!”
“E' mio
figlio solo biologicamente parlando. E' quanto mi resta di Itsu, se
vogliamo essere sentimentali. Ma non è mio figlio! Non ho
potuto crescerlo, non ho potuto amarlo. Come potrei avere nostalgia di
qualcosa che non è stato? Forse per te è diverso,
in quanto donna...” lei assentì brevemente
“So che la gestazione vi porta scompensi ormonali ed
emotivi... E con quelle che hai passato forse è
comprensibile che tu ti sia tanto attaccata a quei due...”
“Ho
cercato di ritrovare Kurt per tutti gli anni che siamo stati
separati... Avevo solo la parola di Irene che prima o poi l'avrei
ritrovato.” disse affiancandolo e perdendo il proprio sguardo
all'orizzonte ripensando a come l'amica e compagna riuscisse a scrutare
tra i futuri possibili.
“Ma
Rogue non ha niente a che vedere con te. Avrebbe potuto essere una tua
amica. Come tale, lasciala in pace, lasciala libera di fare le sue
scelte, di sbagliare, di... Santo cielo, nemmeno una madre vera
è così invadente... e la ragazza ha quasi
trent'anni!”
“Hai
molta esperienza, tu...” sibilò lei, astiosa.
“Ma
vogliamo parlare di Greydon? Il figlio di Sabretooth?”
domandò lui volgendosi, finalmente, a scrutarla mentre lei
sbarrava gli occhi per l'improvviso ribaltamento della situazione.
“Non
posso considerare un Genezero figlio mio. Non se è frutto
dell'unione con un mutante.” replicò stizzita.
“Se il
tuo partner fosse stato un umano, quindi, lo avresti curato come cerchi
di accudire i figli altrui? Non ti sembra crudele?”
“E'
stato dato in adozione, è cresciuto sereno in una famiglia
come la sua...”
“E'
cresciuto anche disturbato, se è per quello: stranamente
odia i mutanti...forse perché sua madre se n'è
sbarazzata quand'era in fasce...”
Lei scosse la
chioma rossa “I mutanti sono perseguitati, strappati alle
loro famiglie. Lui non ha bisogno delle mie cure. I miei figli
sì.”
A quelle parole,
Logan stirò un sorriso amaro “Sei contorta...
forse lo eri anche prima, ma di certo Arma X ti ha fatta andar via di
testa...”
“Certo,
Arma X mi ha fatto molto male...” disse portando
automaticamente una mano al ventre “Ma non mi ha cambiata
troppo rispetto a quanto già non ero prima, James... io sono
sempre stata odiata dagli umani... forse tu non puoi
capire...”
“No,
certo, uno che odia il proprio padre, generalizzando
l'umanità tutta nell'assimilarlo a lui cosa vuoi che ne
sappia di odio per gli umani...”
“Dimmi
di Rogue!” lo implorò lei, improvvisamente,
artigliandogli il braccio “Io... credo mi odi, dopo
Muir...”
“Certo
che ti odia... e non da dopo Muir, ma anche da prima... sei stata una
vera stronza...”
“Non
capisco cosa ci trovi in lui...” borbottò
abbassando gli occhi sulla mano dell'uomo, nel punto in cui,
generalmente, sbucavano le tre lame.
“Non
dicevi che era innamorata di me?” ghignò lui
tirando un sorso
“Anche...
certi difetti si passano di madre in figlia...”
replicò facendo spallucce e tornando a guardarlo dritto
negli occhi “Come Daken ti odia per quello che gli
è successo, esattamente come tu hai odiato tuo padre...
ringrazia di avere un fattore di guarigione estremamente potente...
perché il sangue di un patricida non si lava
facilmente...”
Logan
ghignò “Voi donne siete strane. Se sono
così terribile, com'è che cadono tutte ai miei
piedi?”
“Spirito
da crocerossina...” replicò lei in un'alzata di
spalle “E amanti del brivido...”
“Allora
non dovrebbe sorprenderti che Rogue punti all'esponente rinnegato della
setta dei ladri”
“Non mi
piace!” sentenziò ancora la mutaforma.
“Nemmeno
io sono contento, ma i tuoi metodi sono a dir poco
discutibili...”
“Se tu
non fossi intervenuto avrebbe funzionato!” replicò
lei con livore.
“Se non
ti fossi comportata in quel modo sconsiderato non avresti scatenato
l'ennesima faida tra X-men e Confraternita. E dire che Magneto aveva
quasi smesso di essere un pazzo terrorista, da che ha trovato il suo
scoglietto da comandare...”
“Non
doveva andare così...”
“E'
inutile piangere sul latte versato. Continua così e ti
affetto. Mi basta Scott che piange il morto per come sono andate le
cose... Non è stata solo colpa tua... è stata una
serie di casualità avvenute tutte insieme... anche se
è vero che tu c'hai messo il carico...”
“Da
quando credi alla casualità?” domandò
Mystica scettica
“Non ho
mai detto di crederci...”
“Hai
anche smesso di fumare... sei cambiato... In meglio...”
“Non ci
si libera mai del tutto da Arma X... e ho smesso perché ho
scoperto che nelle sigarette c'è polonio...”
“Tu
fumavi sigari...”
Wolverine
grugnì “Il tabacco in generale, come pianta, ha la
proprietà di attrarre il polonio. Il sigaro è
fatto unicamente di foglie di tabacco... ti risparmi l'ammoniaca
presente nelle cartine delle sigarette ma... credo che le radiazioni
siano l'unica cosa che possano davvero nuocere a quelli come noi... per
cui ho smesso... non voglio illuminarmi come una lampadina a
Natale” disse strappandole un sorriso prima di offrirle una
lattina di birra che lei rifiutò.
“Non
sei mai stanco di questa vita?” domandò lei dopo
un po', cullata dal vento che spazzava la cima della Stark Tower.
“A
volte. Ma penso di avere anche un'incredibile fortuna. E' vero che ho
perso molte persone care nel corso degli anni. Ma la mia vita eterna mi
ha permesso di conoscerne altre ancora e, alla fine, di stupirmi ed
emozionarmi grazie a loro...”
“Sì...
posso capirti...” disse appuntando nuovamente lo sguardo
sullo skyline “Per quello vorrei poter tornare indietro, in
modo da non farmi odiare da Rogue... cambierei tante cose, tante scelte
fatte... ”
“Mi
dispiace, cocca: ci hanno dato una vita eterna, non il potere di
tornare indietro nel tempo a sistemare i nostri casini. E anche se
fosse possibile mi han detto che sarebbe meglio evitare...”
“Ritorno al futuro?”
domandò la rossa con sarcasmo.
“Hank
McCoy!” tagliò corto lui
Dopo quella
precisazione, nessuno dei due parlò per un pezzo, ciascuno
immerso nei propri pensieri e nei propri ricordi.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Bene. Sono lieta
di annunciarvi che la fine di questo capitolo contiene un grosso
indizio (o meglio, per la serie “Le ultime parole
famose”) su come andrà a finire tutta questa
storia XD
Ed ecco che
abbiamo anche sistemato un grosso pezzo del puzzle, finalmente. Ovvero,
chi c'era alla guida del jet e perché. Spero sia chiaro che
anche il primo era un uomo soggiogato da Loki, così da non
poter avanzare proteste.
Oh, il fulmine
verde non è emblema solo del buon Pietro ma anche dei
Gemelli Von Strucker. Che, per altro, mi aspetto di vedere almeno
citati in Age
of Ultron.
Se alla fine di Cap-Soldato
d'inverno,
si vede Struker che ha 'creato' i gemelli, di sicuro non possono non
menzionare il fatto che lui stesso abbia due gemelli (e che un po',
forse, la cosa lo ossessioni).
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Ri-Evocazioni ***
4.
Ri-Evocazioni
Si era fatto,
ormai, mattino inoltrato quando la squadra di supereroi fece capolino
tra le palme di Echo Park, al centro dell'omonima isoletta.
Janet li
guidò sicura tra i vialetti del parco, tenendosi lontana dal
lago, la meta più ambita dalle mamme e dai fanatici del
fitness, fino a raggiungere uno spiazzo, crocevia della Park Avenue e
Lemoyne Street, giusto davanti alla Chiesa Unita Pentacostale Internazionale
dell'Angelus Temple.
Ad attenderli,
con gran sorpresa di tutti, c'era una limousine bianca con le porte
aperte e un maggiordomo in livrea che, come riconobbe la donna, si
prostrò in un inchino solenne.
Janet sorrise e
si infilò in auto senza indugio.
Gli altri
esitarono, sconcertati.
La prima a
seguirla fu Rogue, al grido di “Che figata, non sono mai
stata su una Limo!”, accompagnata da Jhonny Storm per il
medesimo motivo.
Rotto il
ghiaccio, gli altri seguirono a ruota. Per primo Nightcrawler,
preoccupato per quell'esagerata euforia della sorella, quindi Ororo,
accompagnata da T'challa e tallonata da Angelo. Fu poi il turno di
Tony, che mal sopportava di venir scavalcato a quel modo, e Pepper e,
infine, il gruppo del Baxter Building. Solo Henry rimase indietro,
offeso dal fatto che la moglie avesse chiesto aiuto a qualcun altro e
dal fatto che non gli avesse detto nulla del suo piano.
Quando cedette e
si accomodò all'interno, la trovò a ridere di
gusto con lo sconosciuto (beh, non proprio: tutti avevano
già visto il suo volto campeggiare sui manifesti
pubblicitari o in televisione) aitante padrone di casa. E la confidenza
che gli mostrava non gli piaceva proprio per nulla.
“10880
Malibu Point 90265” cinguettò all'autista con tono
fin troppo gioviale, facendo il verso a Tony. Tutti ricordarono subito
la faccia che aveva fatto il magnate quando, intervistato al riguardo,
aveva fornito con rabbia e disinvoltura a mezzo stampa il suo indirizzo
al terrorista che minacciava lui e i suoi cari.
La macchina si
mosse pigramente e si incanalò in Glendale Boulevard prima
di prendere definitivamente il largo tra le ampie e assolate strade di
Los Angeles.
Solo allora Janet
si ricordò di dover fare le presentazioni. Senza peli sulla
lingua informò quello che era evidentemente un amico di
vecchia data delle specificità di ciascuno dei suoi
accompagnatori mentre, indicandoli ad uno ad uno, glieli introduceva.
“Sì?”
domandò lui dopo un pò, rivolgendosi a una Rogue
imbambolata, che lo fissava con insistenza, più che
all'adombrato Henry “Vuoi un autografo?”
“Oh,
no, scusi... non era mia intenzione...fissarLa!”
“Cosa
c'è?” domandò Kurt, apprensivo,
essendosi accorto che qualcosa non andava nel comportamento bizzarro
della ragazza. Non che fosse propriamente strano per una ragazza
restare incantata davanti a un attore famoso, ma lo sguardo di Rogue
sembrava nostalgico e malinconico e, al tempo stesso, tormentato e
spaventato.
Rogue si
guardò attorno: tutti ormai attendevano una spiegazione.
“Ecco... è... un volto conosciuto..”
“Ah!”
sbottò Tony per poi tentare maldestramente di soffocare una
risata attirandosi occhiate velenose “E certo! L'ho visto
anch'io! Ti ho invitato, vero...?” cominciò a dire
per poi girarsi verso Pepper a chiedere conferma “L'abbiamo
invitato vero, alla festa di compleanno..”
“Quale?”
domandò lei, alzando gli occhi al cielo, come se lei potesse
ricordarsi delle centinaia di invitati a cui doveva mandare biglietti
ogni volta che lui organizzava un qualunque evento.
“Quella
grandiosa!”
Fu il turno di
Reed sogghignare sotto i baffi. E fu il suo turno attirarsi
l'attenzione dei presenti: era un uomo serio e giudizioso...era
così strano vederlo ridere. “Da che ho memoria,
Tony, cioè da quando sei nato, non hai mai fatto nulla che
non fosse grandioso”.
Tony
ignorò il commento e continuò, rivolgendosi a
Pepper, come se quella gli avesse risposto “Quella che
credevo sarebbe stata l'ultima... sai...” disse indicandosi
il petto
“Sì,
c'era...” confermò Natasha, la mano intrecciata a
quella di Rogers e le gambe accavallate in modo naturalmente sensuale
“L'ho spedito io, l'invito...”
Tony la
folgorò con lo sguardo “Hai mandato una copia
degli invitati anche a Coulson? No, perché non si sa mai,
con te, cosa combinate voi super agenti segreti...” ma la
spia non gli rispose.
In mezzo a quella
pantomima Kurt era riuscito a rassicurare Rogue a sufficienza per farla
sbottonare “So benissimo chi è il signor Simon
Williams!” disse lei con voce tagliente, stanca di sentirsi
trattata come una stupida cerebrolesa “Ma … mi
sembra che... si... di conoscerlo personalmente... e abbastanza
bene...”
“Non
è possibile, Rogue...” confermò Ororo.
Stava per aggiungere qualcosa che anche il diretto interessato
intervenne nella questione.
“Mi
dispiace, signorina... Mi avrà confuso con qualcun altro.
Sono certo mi ricorderei di...”
“Carol!”
sbottò Rogue alzando gli occhi, colpita dalla portata di
quella presa di coscienza. “E' un ricordo di Carol
Danvers...” disse, cercando una conferma negli occhi del suo
interlocutore che si fece improvvisamente vigile e attento.
L'uomo si
rabbuiò all'istante e ogni membro del gruppo ebbe la
sensazione che, se avesse potuto, il signor Williams li avrebbe
cacciati da lì in pochi secondi. Ma l'attore si
limitò a commentare, in un sibilo astioso “Carol
è morta!”
Rogue
abbassò lo sguardo, colpevole. “Lo so... sono
stata io ad ucciderla...” I lineamenti di Simon si indurirono
ulteriormente, gli occhi, iniettati di sangue, lasciavano trapelare
intenti omicidi e più d'uno ringraziò il fatto
che fossero rinchiusi in un'auto e stipati come sardine.
“Sei
stata costretta...” la interruppe subito Kurt che, con quelle
parole, intendeva proteggere la sorella. Fissava ora Simon Williams con
astio, quasi a sfidarlo di azzardarsi ad accusarla di qualunque cosa.
“Si
può sempre scegliere...” ringhiò
quello, infatti.
“Non
quando il tuo potere mutante...” disse il teleporta
disattivando il suo congegno olografico e rivelando la propria natura
demoniaca. L'attore scartò istintivamente indietro,
appiattendosi contro i sedili di pelle chiara. “...
è una maledizione che ti impedisce di avere un qualunque
contatto umano. A meno di non assorbire psiche, ricordi... e la vita
dell'altro, in caso di esposizione, forzata, per lunghi
tempi.” Le sue parole suonavano più una minaccia
che una giustificazione.
Passò
qualche istante in cui tutti trattennero il fiato, dubbiosi su come si
sarebbe risolta la vicenda. Il dramma di Rogue, ormai, era fatto noto.
Ma ciò non voleva dire che, per lei o per chiunque le stesse
accanto, fosse più facile da gestire.
“Cos'è
successo?” domandò l'attore, inorridito ma anche
più condiscendente, notando, solo allora, come il demone
tenesse stretta la mano guantata della donna fino a farsi sbiancare le
nocche.
Per lasciare loro
un po' di intimità, gli occupanti dell'auto scalarono in
modo che Rogue potesse prendere, momentaneamente, il posto di Janet, la
quale si ritrovò incastrata tra Kurt e Warren: entrambi i
mutanti seguivano la compagna con sguardo attento e preoccupato; Angelo
più curioso di Nightcrawler che, invece, la scrutava con
evidente apprensione. Alzando lo sguardo, Janet notò che
anche Virginia stava osservando i due giovani mutanti davanti a
sé. Le due amiche si scambiarono un'occhiata d'intesa e
stirarono un sorriso complice: c'era qualcosa su cui indagare e solo il
loro sesto senso femminile le aveva indirizzate verso un dettaglio che
tutti gli altri non avevano nemmeno percepito.
Per quanto
tragica fosse la situazione, la cosa le elettrizzava.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Il suo piano
procedeva con estenuante lentezza. Ma almeno, procedeva nella giusta
direzione.
Loki non amava i
piani mordi e fuggi, in cui bastava la minima variabile a far
naufragare il progetto. Si sdilinquiva tutto per i piani complessi e
contorti, in cui era fondamentale avere bene in mente il modus operandi
di ciascuna pedina in gioco, valutare possibili incidenti di percorso e
fare in modo che, con tanti personaggi in ballo, la palla rimbalzasse
adeguatamente nel verso giusto. Tanti paletti, per quanto mobili,
assicuravano la riuscita dei suoi accrocchi. L'aveva imparato nel corso
dei secoli. La pazienza era la virtù dei forti. E dei
sadici. E degli strateghi.
Tutto andava come
aveva previsto. Il trucco era prendere in considerazione le masse e non
i singoli individui. Perché anche se uno solo avesse
modificato improbabilmente il proprio atteggiamento, difficilmente
sarebbe riuscito a incidere su una massa e, anzi, la stessa l'avrebbe
riassorbito nei propri ranghi.
Stirò
un sorriso compiaciuto e si spazzolò dalle vesti la polvere
iridescente, ultimo residuo del ponte crollato. Ancora.
Doveva
complimentarsi con Heimdall. D'altronde, che motivo avrebbe avuto il
dio bianco per ostacolarlo? Lui, che tutto vedeva? Era un brav'uomo.
Come sua sorella, d'altronde. Era un vero peccato che quel cretino di
suo fratello avesse perso la testa per una terrestre. Anche se, si
disse, doveva trattarsi più di una curiosità, uno
sfizio. Lui non aveva rinunciato a Sif per vederla appassire
nell'attesa di quello zotico. Non appena la guerra fosse finita,
avrebbe dovuto provvedere anche a sistemare le cose sul fronte amoroso
di quell'imbecille del fratello. Probabilmente, quello stupido ottuso,
avrebbe pensato ancora una volta si sarebbe trattata di una cattiveria
gratuita. Presuntuoso.
Stava meditando
sulla cosa quando Hela irruppe nella tenda dell'accampamento a lui
riservata. “Padre...” si annunciò
rimuovendo l'elmo fittamente ramificato “Il dio Bianco
annuncia l'apertura di un portale proveniente dalla Terra...”
“E' ora
di tornare in scena...” confermò lui,
aggrappandosi ai braccioli fittamente intarsiati del sedile da campo
per rimettersi in piedi. “Hanno fatto in fretta...”
valutò osservando il cielo. “Ricordami di non
sottovalutare più i mezzi dei Guardiani”
“Sei
degno dell'appellativo di dio degli Inganni, Padre...”
replicò lei con un sorriso compiaciuto “A stento
riesco a seguire le fila del tuo diabolico piano...”
“E'
tutto quello che un padre può fare per una figlia, non
trovi..?” replicò lui accennando una carezza.
“Non
ingannarmi, Padre... Io sono solo un danno collaterale nei tuoi
piani... sono un'ottima pedina da giocare. E ciò avvantaggia
entrambi.” replicò lei, dura, accettando,
però, il gesto d'affetto dell'uomo “Non hai nulla
da temere. Asgard resterà in mano nostra. Non la
cederò a nessuno”
“La mia
speranza è che quell'idiota del tuo collega abbia capito
qual è il nostro piano e che gli dei se ne stiano alla
larga... o mi rovinerebbero la reputazione..”
“Credo
che solo se ti sacrificassi apertamente per salvare Thor potresti
macchiare la tua reputazione...”
“Cosa
che non accadrà mai!” sentenziò il dio
uscendo dalla tenda, scortato dalla dea degli Inferi.
“Certamente...
anche se mi domando se qualcuno non sospetti qualcosa, visto il mio
coinvolgimento...” lo rimbeccò puntualmente
Heimdall che stazionava fuori dalla tenda. Stirò un sorriso
enigmatico nel percepire su di sé lo sguardo contrariato di
Loki.
“Ricordi?
Sei stato soggiogato da Amora...” replicò secco il
dio avanzando orgoglioso davanti ai due, diretto al portale.
“Come
dimenticarlo...” lo canzonò l'altro, la cui
corazza riluceva al contrasto con la sua pelle d'ebano.
In pochi minuti
erano al portale: un eptagramma fiammeggiante, da cui esalavano vapori
verdognoli, stava al centro di uno spiazzo appositamente preparato in
precedenza. “Finalmente qualcuno che ne capisce qualcosa di
magia...” commentò soddisfatto il dio
dell'inganno, osservando -con una punta di stupore- il cerchio magico.
“Il
figlio di Satana sa quello che fa. E anche tutti quelli che lo
circondano. Forse il tuo diretto alleato avrebbe optato per un
banalissimo pentacolo...” replicò Hela,
compiaciuta dall'aver sorpreso l'augusto genitore. “Osborne
è un dilettante... mi ha fatto visita, una volta, quando mi
trovavo a Las Vegas... è un poveretto... chiunque
riuscirebbe a circuirlo...”
“E
pensa che uno come lui tiene in pugno il mondo intero...”
sbuffò affranto il padre
“Non
avviene così, di solito? Il mentecatto assurge al potere
perché incline al compromesso per ingraziarsi gli altri. Il
giusto si crea nemici, spaventa col suo pensiero indipendente
perché esce dalla massa e rimane affossato in posizioni
minori... Certo, non è sempre così, ma il
più delle volte...” replicò la figlia
“Non
adularmi, figlia... il buon Thor, per quanto ottuso, non è
meno ricco di virtù di me... sono solo... diverse. Stenta a capire quali
siano e non riesce a farle fruttare. Per mia fortuna.” disse
avanzando fino al centro dell'eptagramma che, percependolo, si strinse,
come un obiettivo, a formare una stella acuminata “Mi
raccomando, non distruggere casa mentre non ci sono, bimba
mia...” ghignò, prima che Heimdall azionasse il
portale in senso inverso.
Hela si
esibì in una smorfia offesa e lui scomparve in un turbine di
fumo denso.
L'eptagramma si
ritrasse poco dopo, verso il centro dove Loki si era posizionato,
scomparendo come se fosse stato attirato dal terreno, lasciando dietro
di sé solo l'ombra di marchio più scuro della
terra circostante.
Heimdall la
scrutò coi suoi occhi vacui ed Hela sentì che
l'uomo stava leggendo la sua anima. “Andiamo...ora tocca a
noi!” sbottò rabbiosa, per difendersi da
quell'invadenza.
“Sei la
degna figlia di tuo padre...” sorrise lui teneramente.
“Spero
di essere addirittura migliore di lui...” replicò
la donna, allontanandosi verso la sua tenda.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
:) E' ricomparso
Loki, guarda un po'... :D
Ma di
più, per ora, non vi dico ;)
Cominciate a
capire il suo piano? No? Vabbè, non disperate...
Per quel che
riguarda gli allegri villeggianti della Costa Ovest. Simon Williams,
alias Wonder Man, alias l'uomo dalla cui mente è nata la
Visione (motivo per cui c'è un gran bel dubbio sul
sentimento del sintezoide per Wanda Maximoff)... che c'entra con Carol
Danvers? Beh, i due, un po' a caso ma sicuramente prima/durante Secret
Invasion
si intrattengono amorevolmente. Nulla di profondo, cmq. Ma restano
compagni di squadra nei Vendicatori. In questo caso, il
ricongiungimento avviene tramite Rogue... ma pazienza...
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Cuori traditi ***
5.
Cuori traditi
La mente di Logan
e di Mystica vagava su quanto accaduto solo pochi mesi prima, tutto
ciò di cui pagavano le conseguenze ancora adesso. Sembrava
ormai già così lontano nel tempo eppure aveva
stravolto la vita di tutti
Con la primavera,
oltre alla bellezza della Natura, si erano risvegliate anche le menti
delle persone. In particolare, era il periodo in cui si sperimenta
qualcosa di nuovo, dal taglio di capelli alle discipline ginniche fino
a stravolgere le abitudini alimentari. Era qualcosa che si poteva
percepire anche in una città grigia e caotica come New York.
Ma nella
periferia di Westchester, allo Xavier Institute per giovani dotati,
quell'anno era stato stravolto da quella brezza profumata. Quell'anno,
nessuno era rimasto immune dal cambiamento annuale. Neppure la
tranquilla Jean Grey.
Era la stagione
del risveglio dei sensi ma anche degli istinti omicidi e, in breve
tempo, in tutto l'istituto si erano sviluppate situazioni critiche, in
alcuni casi allarmanti.
Tutto era
cominciato con un corso di Yoga. Nulla di allarmante, dunque. Anzi, era
sembrata la giusta valvola di sfogo per le emicranie sempre
più lancinanti e le visioni apocalittiche che si
manifestavano a tradimento. Forse, anche loro, sintomo del cambiamento
in atto.
Al programma
speciale partecipavano tutti i telepati della scuola: le Naiadi di
Stepford, un trio di sorelle gemelle dalla mente collettiva, la stessa
Jean, Quentin Quire, Elisabeth Braddock e il nuovo acquisto della
scuola, Emma Frost, una ex studentessa di Xavier che aveva tentato di
aprire una succursale della stessa scuola con scarsi risultati.
Ora, gli X-men
più vecchi e navigati come Logan e Mystica, un'idea di come
fossero andate realmente le cose, se l'erano fatta, anche se tutto si
basava su supposizioni, congetture e voli pindarici, e nessuno poteva
confermare o smentire con certezza quelle teorie: i telepati
più giovani erano stati tenuti all'oscuro di quelle
elucubrazioni, Betsy aveva rimosso del tutto quegli eventi dalla
propria memoria e la rossa si era allontanata spontaneamente (prima che
Emma la imitasse per motivi ancora poco chiari). Così non
era rimasto nessuno su cui indagare.
Che Emma avesse
delle mire sul capo degli X-men, Scott Summers, era parso palese sin
dal primo momento. Logan aveva sempre diffidato, inascoltato, di quelle
strane attenzioni di cui la telepate investiva il compagno di squadra.
E non per invidia.
Quando poi pure
Betsy si era buttata nella contesa dell'uomo, era scoppiato un casino
di proporzioni colossali.
“E'
stato allora, vero?” domandò Mystica cercando,
ancora una volta, di far combaciare i pezzi. Ora che il tempo era
passato e aveva calmato gli animi, ora che erano saltate fuori nuove
evidenze, poteva tentare di ragionare con quell'uomo così
sanguigno al suo fianco. Forse ora l'avrebbe ascoltata.
“Cosa?”
domandò lui, non riuscendo a seguire il suo ragionamento.
Non avevano più parlato dal loro ultimo scambio di battute
sui viaggi temporali.
“La
comparsa di Loki, il voltafaccia di Jean e... beh... quella storia che
mi vede coinvolta...”
“Sì...
e ora posso anche darti ragione... ma mettiti nei nostri panni. Chi
poteva pensare che ci fossero di mezzo gli alieni e la magia?
Già altre volte hai ingannato i miei sensi e in
quell'occasione ho preferito fidarmi di Rogue: tu non dai poi
chissà quali garanzie di fedeltà. Il tuo odore
era ancora relativamente fresco a scuola poiché te ne eri
andata da poco portando con te quei tre
delinquenti… Ammetto di aver sbagliato: Loki ha
confuso anche me, ha giocato quello scherzo di pessimo gusto e io ci
sono caduto... E di questo ti chiedo scusa...”
“Ora
vorrei proprio avercela, una macchina del tempo...” sorrise
la donna
“E
perché?” ringhiò l'altro voltandosi
verso di lei
“Hai
chiesto scusa... e non avevo mezzi per immortalare la cosa... un vero
peccato..”
“Faccio
sempre in tempo ad affettarti, cocca, lo sai!” Lei sorrise
alla sua minaccia e lui distolse lo sguardo, a disagio. “Fury
chiamò la scuola mentre eravamo a Muir...”
“Che
idea ti sei fatto di quello che è successo?”
“Stando
così le cose... vedendo quanto può essere
intricata la situazione, io penso che quello stronzo di un cerbiatto ci
abbia tirato un gran bello scherzo... per toglierci dai giochi mentre
attuava il suo piano di conquista della Terra... voglio dire... i
mutanti, e gli X-Men in particolare, sono la prima forza supereroistica
terrestre organizzata. Anche se la piramide di comando fa acqua da
tutte le parti. I Vendicatori non erano ancora nati quando i nostri due
gruppi si affrontavano senza quartiere in giro per mezzo
mondo...”
“Rogue
ti crederà?” domandò ancora la donna,
ignorando le valutazioni del canadese “Ho fatto di tutto per
cercare di farmi amare da lei... ma forse, il fatto che abbia sempre
cercato di forzarle la mano mi ha messa in una cattiva
luce...”
“Non
sono nella testa della bambina... Ma credo potrebbe capire.”
rispose lui, comprendendo l'ansia della donna. E anche
perché, ne era certo, le cose stavano come pensava lui.
Conoscendo le tempistiche, si poteva facilmente immaginare che Loki si
fosse introdotto nella scuola, avesse preso il controllo di Jean e,
tramite lei o per conto suo, avesse fornito a Rogue un'illusione tanto
convincente da spingerla a scappare.
“Non
capisco perché solo Jean...” confessò
Logan “I telepati erano tutti lì... e la scuola
pullula di mutanti... perché limitarsi a uno
solo...?”
“E se
Loki non c'entrasse nulla? Se fosse solo opera di Emma? Anche tu ti
fidi di lei ancor meno che di me... ”
Wolverine si
rabbuiò, pensieroso “Ammetto che almeno tu sei
lineare nella tua perversione... Tu dici che Emma è riuscita
a soggiogare la mente di Jean, tramite la quale avrebbe soggiogato
Betsy per inscenare un tradimento a cui la rossa potesse reagire come
una furia? Mi sembra un tantino contorto...”
“Hai
altre soluzioni? Davvero pensi che c'entri Loki in tutto quel casino di
corna...?” domandò la donna, assumendo le
sembianze del dio degli inganni.
“Emma
lavora per Essex. Essex ha mire su Jean e Scott da che abbiamo
memoria...” enumerò l'artigliato.
“E su
Rogue... anche se per motivi diametralmente opposti. Avrà
mandato Emma a cercare di reclutarla. Sono stata una spia, James... so
quanto possano farsi contorte certe situazioni.”
“Non mi
convince. Io ho il sospetto che ci sia lo zampino di Loki. Non ho
prove, ma i tempi coincidono in modo chirurgico. Forse è
addirittura in combutta con Sinistro, non solo per vie secondarie
tramite Osborne...”
“Quindi
Loki, come prima mossa, secondo te, sarebbe venuto a Westchester,
avrebbe seminato zizzania in modo da dividere il gruppo? Può
starci... ma Jean ed Emma?”
“Forse
non vediamo quant'è contorto il suo piano...”
biascicò lui appuntando lo sguardo sulla Os.Corp Tower
“Là dentro c'è il ricettacolo della
mala. Tutti che hanno guadagnato terreno dopo la guerra e la
destituzione di Fury... è quanto meno sospetto, non
trovi?”
“Dici
che ha cercato in Essex un alleato?”
“Dico
che gli alieni sono qui da molto più tempo di quanto
immaginiamo. Forse Essex è egli stesso un alieno... Cristo,
è più vecchio di me e sempre giovane... come lo
spieghi?”
“Loki
arriva a Westchester...” lo ignorò lei cercando di
ricollegare ancora una volta le cose “...Fa di Jean una sua
pedina tramite Emma e Betsy. Quindi fa si che la rossa si consegni
spontaneamente a Nataniel, provocando una scissione tra gli X-men e
assicurandosi la lealtà del genetista...”
“Emma
rimane a scuola per evitare che la sparizione simultanea di due
telepati dia nell'occhio...” proseguì lui, ora
infervorato dalla concatenazione degli eventi “...ma si
allontana non appena noi ce ne andiamo per recuperare Rogue. Rogue che
potrebbe essere stata messa in fuga proprio da un piano secondario e
parallelo a quello che vedeva coinvolta Jean... E, guarda caso, mentre
noi siamo in Scozia, qui a New York scoppia il finimondo...”
conferma Logan. “Quanto alla storia di Rogue... beh... quando
ne parli, sei sincera... non vedo altra soluzione che non sia un
inganno o una proiezione mentale che abbia confuso la ragazza...
Purtroppo è pressoché impossibile scandagliare la
mente del cajun, cosa di cui ancora non mi capacito ma sembra sincero
anche lui quando si difende... Dunque, Rogue scappa dalla scuola e ci
costringe all'inseguimento...” Logan si imbronciò,
valutando un piano così complicato.
“Se
solo non avessi parlato della possibilità che Pulse poteva
rappresentare per lei...” si rammaricò Mystica
dopo un po', ancora ossessionata dall'ennesimo errore che aveva scavato
il solco tra lei e la ragazza “...forse non sarebbe caduta
così facilmente in quel tranello... Dio! Sai quanto
può far male l'odio di una persona che ami?”
“Oh,
sì che lo so...” replicò l'altro
distrattamente. La birra era abbandonata a terra e lui si poggiava
malamente sui gomiti, tenendo lo sguardo ostinatamente perso
all'orizzonte, non avendo più nulla con cui impegnare le
mani. “E tieni conto che non ci sei andata di mezzo solo
tu... ma anche Gambit.”
“Può
marcire all'Inferno, per quel che mi riguarda. E' un ladro! Ed
è figlio biologico di Essex. Era nella base di Arma X quando
ci torturavano, faceva il palo durante il massacro dei
Morlock...”
“Ma
Rogue lo assolve. Non ci dice perché ma sai che lei
può sapere la verità al riguardo. E se lo perdona
lei, dovresti farlo anche tu... Anche tu sei stata graziata per i tuoi
atti terroristici...”
“Non
permetterò mai a quel verme di starle troppo vicino! L'ha
stregata, anche se non so come!”
“Non
entusiasma neanche me, lo sai... ma è una sua
scelta...”
Ma per Mystica il
ricordo delle ingiuste accuse di Rogue bruciava ancora come una ferita
fresca. Sua figlia l'aveva accusata di aver cercato di sedurre uno dei
pochi uomini che le riservavano attenzioni speciali -per quanto
all'epoca non volesse ammettere di esserne attratta- e di averle fatto
fare la figura della sciacquetta che si diverte a tenere sulla corda i
suoi pretendenti, oltre che col suo potere, anche con atteggiamenti
scostanti.
Rogue sosteneva
di averli beccati nel corridoio dell'ala est, quella inutilizzata e
frequentata solo di rado dagli studenti che cercano un po' di pace
all'interno del grande complesso pieno di vita.
Li aveva colti
sul fatto: lui, il viscido che non si accorgeva di una palese menzogna
(quando mai gli si sarebbe potuta avvicinare con tanta disinvoltura,
visto quello che comportava il suo potere), e lei, che aveva assunto le
sue sembianze per metterlo alla prova.
Questo era quello
che le aveva sputato in faccia Marie: era fortemente convinta che
Mystica avesse messo alla prova in modo così ignobile il suo
spasimante per rivelarle, poi, in un secondo tempo, quanto fosse poco
degno di strisciarle vicino.
La mutante era
scappata senza voltarsi indietro, diretta all'isola di Muir, dove
sperava che la dottoressa MacTaggart e la dottoressa Rao le lasciassero
vedere il famigerato -quanto inesistente- mutante di nome Pulse che il
centro avrebbe usato come cavia da laboratorio. Quando, infine, X-men e
confraternita l'avevano rintracciata e si erano affrontati nel
tentativo di difendere, ciascuno dal suo punto di vista, la reazione
della giovane, Rogue era riuscita a sedare gli animi solo ammettendo a
malincuore di essere scappata come una codarda davanti a quella scena
che solo lei aveva vissuto. Tutti si erano stupiti poiché,
normalmente, si aspettavano una reazione ben diversa: in qualunque
altro caso li avrebbe prendersi a pugni. Nel mentre, a New York ferveva
e finiva la battaglia con gli alieni invasori.
Così,
in piena primavera, due tra le donne più toste della scuola
sembravano capitolare sotto la scure del tradimento e reagivano
entrambe con la fuga.
Due tipi diversi
di fuga, in realtà. Mentre Rogue fece perdere le sue tracce,
dirigendosi in Scozia dove i suoi compagni si sarebbero diretti su
segnalazione della ex moglie del professore che aveva accolto la
mutante, Jean reagiva con un taglio drastico alla sua vita di prima.
L'esperienza sembrava averla indurita e aveva voluto salutare
l'abbandono dell'innocenza rivoluzionando il suo look. Lì
per lì nessuno si era preoccupato. Xavier non si era
allarmato nemmeno quando la donna aveva fatto i bagagli e aveva trovato
alloggio a Hell's Kitchen, giustificando le sue scelte con il bisogno
di rendersi indipendente un po' come una giovane donna, conclusa
l'adolescenza, sente il bisogno di mettersi alla prova e di
allontanarsi dall'ala protettiva dei genitori. Il professore non aveva
insistito per trascinarla nella missione di recupero di Rogue e le loro
strade si erano divise.
Scott era rimasto
a casa, disperato e depresso per quanto era successo: non poteva essere
di nessun aiuto alla squadra, in quelle condizioni. Emma si era offerta
di stargli vicino. E come erano poi finite le cose, tra i due, era cosa
ben nota a tutti e su cui tutti malignavano. Betsy, ignara di tutto,
con la mente stranamente vuota o resettata degli ultimi eventi, era
rientrata a casa da Warren ma, a giudicare dagli epiteti che lui le
aveva lanciato di recente, doveva esser venuto a conoscenza
dell'incidente occorso tra lei e Scott. Chissà se la ragazza
si era svegliata dalla sua trance e, sentendosi colpevole, aveva
vuotato il sacco, certa di un'assoluzione piena da parte del suo amante
o se le cose erano state riferite da terzi ad Angelo che, poi, aveva
preso da parte la donna e, insieme, com'era nel suo stile, avevano
provato a risolvere quel rompicapo.
Certo era che i
giovani telepati della scuola erano andati a Genosha insieme a Mystica,
la quale difficilmente avrebbe potuto trovarsi a Westchester il weekend
in cui tutto precipitò ma nessuno ci aveva fatto troppo caso.
“Se
solo Pulse non fosse stato che un progetto della Dottoressa McTaggart
ma un vero mutante...” alitò infine Mystica
“Cosa
avresti fatto? Non puoi costringere due persone a volersi bene contro
la loro volontà... Arma X non ti ha insegnato nulla, alla
fin fine...” borbottò Logan che si era ormai steso
a pancia in su a osservare il cielo.
Per tutta
risposta, Mystica, ancora in piedi, gli ficcò il tacco degli
stivali (comparsi magicamente ai suoi piedi in quel momento)
all'altezza dello stomaco “Non dirlo!”
sibilò
“Allora
smettila!” disse per nulla impressionato da quella
dimostrazione di forza “Pulse non era il mutante prodigio che
avevi cercato di vendere a Rogue e per colpa di questo casino ci siamo
trovati a combatterci ancora una volta a Muir...”
“Se
potessimo vivere in un mondo dove ogni nostro desiderio potesse
avverarsi...” replicò lei liberandolo e
accovacciandosi su di lui per guardarlo più da vicino
“Sarebbe
un mondo in cui non vorrei vivere...” borbottò
Logan “Verrebbe sicuramente fuori qualche casino, come
sempre. Le sconfitte fanno parte della vita ma in quel caso sarebbero
più dure da affrontare”
“Ma io
voglio solo l'amore di mia figlia! Dannazione!”
“Smettila
di essere così ossessiva... vedrai che mollando la presa la
cosa non potrà che migliorare... Mi pare sia la tecnica che
ha adottato anche Gambit, di recente... e mi sembrava stesse
funzionando...”
“Con me
non funziona, ci ho già provato!”
replicò tirandosi in piedi e scavalcandolo
“Incredibile...
Raven Darkhölme che non riesce a ottenere qualcosa? Mi sembra
impossibile...” ridacchiò tirandosi a sedere per
osservarsi la maglia strapazzata dallo stiletto della donna che, in
quel momento, gli dava le spalle e che non rispose alla sua
provocazione. “Sentiamo... cosa c'è di
così impossibile anche per una come te? Dio mio, sei stata
addestrata da Arma X, sei stata al soldo dello S.H.I.E.L.D., la partner
della calamita ambulante... dovresti essere la migliore in quello che
fai...”
“Quello
che faccio, come te, non è nulla di carino. E, per
rispondere alla tua domanda, solo un'altra vittima di Arma
X...”
“In
ogni caso, ciò non giustifica il tuo fallimento”
ridacchiò ancora lui, ormai incuriosito
“Sei
proprio stupido quando ti ci metti...” ringhiò lei
marciando verso la porta delle scale
“Ehi,
cocca! Ti ho fatto un complimento! A casa mia si dice Grazie... Suvvia... dovrebbe
essere il migliore del progetto per essere così ostico... e
non ce ne sono molti più bravi di te e me...”
disse per perdersi nei suoi ragionamenti e cercare di capire, chi tra
tutti potesse essere l'obiettivo così pericoloso e di alto
livello a cui puntava la donna.
“Appunto...”
sibilò lei, lasciandolo ai suoi ragionamenti.
E Logan ebbe il
terribile dubbio di aver infine capito chi fosse il migliore del
progetto Arma X e, onestamente, non sapeva cosa pensare della cosa. E
certo, la sua reazione istintiva, un brivido lungo la schiena e la
pelle d'oca, non contribuì a schiarirgli le idee.
AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV
Dunque, ecco
spiegato dove fossero i mutanti durante AV. Che tutti si aspettavano,
ragionevolmente, una loro comparsata. D'altronde, quando ci sono di
mezzo gli alieni, i mutanti ci vanno a nozze.
L'intera vicenda è, in realtà, un collage di
diverse cose realmente occorse nei fumetti.
A partire da Pulse (e il 'tradimento' di Remy con Mystica che, da vera
stronza, voleva dimostrare alla figlia quanto il Cajun NON facesse per
lei e come, invece, Pulse fosse pressocché perfetto.
GIà la sognava in bianco...).
In realtà, mutanti in grado di annullare le mutazioni altrui
è pieno il mondo... ma sono troppo giovani o sconosciuti.
Pulse è il più recente e quello che mi tornava
più comodo, detto onestamente. Ma nemmeno lo volevo in
squadra che sarebbe diventato difficile da gestire. Quindi l'ho
tradotto in un progetto (uno dei tanti) tesi a trovare una 'cura' alle
mutazioni.
In realtà
è un bel ragazzone
biondo di cui, dopo che Rogue lo respinse a causa di un commento sul
cajun, si sono perse le tracce (Mystica ha deluso pure lui). E riguardo
alla vicenda di Pulse è
legato anche il destino di Remy. Se non sapete cosa è
successo nei
fumetti, non temete: ci arriverò. Se lo sapete, avete
già capito tutto
ma non gongolate troppo.
La fuga di Rogue (a ben pensarci, Rogue fugge un sacco nella sua vita),
invece, prende direttamente dai cartoni anni '90 quando la poveretta
scappa a Muir proprio seguendo il miraggio di una cura fornita dalla
Dott.MacTaggart (che altri non era che Sinistro...mi pare. Dietro c'era
pure Apocalisse e in quell'occasione Angelo divenne il pennuto blu che
tutti conosciamo).
Pulse, cmq, si presenta intorno all'M-day (non mi ricordo se prima o
dopo).
Altre citazioni ancora -mooooolto velate (sarcasm)- riguardano il
triangolo Jean-Scott-Betsy.
Nei fumetti (anni 90) è dovuto al casino che insiste su
Betsy: la bella inglesina, dopo esser stata data per morta ed essere
finita in Australia, insieme a un altro pugno di X-Men, varca il Seggio
Periglioso e ciascuno si trova a una nuova vita: Tempesta torna bambina
e lei, invece, si risveglia nel corpo della ninja asiatica Kwannon.
Successivamente si capisce cosa sia successo, quando le due Psylocke
identiche anche ai sensi di Wolverine, si in(s)contrano: due
corpi con due menti smezzate tra loro. In soldoni, chi faceva la corte
a Scott era quella metà della mente di Kwannon nel corpo
numero 1. (Il corpo numero 2 morirà per il virus Legacy)
Ancora, e chiudo, c'è un pesante riferimento ad House of M
(e quando mai) e, viste le recenti uscite dei fumetti, direi pure del
futuro (nulla vieta che prima o poi faccia la sua comparsa anche Raze).
Perché? Perché indipendentemente da tutto, i due
esperimenti di Arma X si "rincorrono" -se così si
può dire, in modo infantile dall'alba dei tempi. A parte la
parentesi di Destiny, con cui Mystica 'allevò' Rogue, la
mutaforma è zompata da un letto all'altro -sempre con
bestioni poco raccomandabili- ma quando ha avuto bisogno, è
sempre corsa a cercare 'protezione' dal canadese. E, ripeto, in fondo
non è cattiva. Per altro, la forza di una coppia del genere
è che sono entrambi contorti e sul limite tra
bontà e crudeltà. Anche se Mystica viene sempre
ricordata come cattiva e doppiogiochista, in realtà 1- ha
sempre cercato di proteggere sua figlia...e suo figlio 2- non
era lei che assassinò Graydon Creed (l'altro suo figlio)
anche se tutti gli indizzi la davano colpevole) 3- fatto parte di
X-Factor (anche se, appunto, nessuno si fidava di lei).
Il problema della rossa è solo che quando si incazza diventa
pericolosa e sadica.
E per oggi basta spiegoni. Spero non vi siate persi e... niente...alla
prossima settimana ;)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano ***
6.
Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano.
Il viaggio fino
alla casa di Tony fu relativamente breve. Quando la Limousine si
fermò nell'apposito spiazzo antistante la villa, Pepper
dovette trattenere un gemito.
“Si
può sapere cosa hai fatto?” urlò a Tony
prima che quello potesse sgattaiolare fuori dall'auto, lontano dalle
sue grinfie.
Al posto della
villa bianca, dal design circolare e dalle ampie vetrate intelligenti,
c'erano solo cumuli di macerie e blocchi ci calcestruzzo sbriciolato
sul patio. Nulla lasciava intendere che, fino a pochi mesi prima, ci
fosse stata una villa laddove una profonda voragine, che poteva
sembrare di origine meteorica, si estendeva per decine di metri.
“Non ti
preoccupare... l'aveva già mezza distrutta quando aveva
picconato le pareti interne per costruirsi un acceleratore di
particelle per creare l'elemento che ora alimenta i vostri generatori
Ark” commentò tagliente Natasha, per nulla
impressionata.
“Studiando
gli appunti di papà, che, guarda caso, partivano dal
Tesseract...” stava continuando lui quando un'occhiata in
tralice, gelida e rabbiosa della sua rossa assistente gli
suggerì che era meglio tacere all'istante.
“E' per
questo che negli ultimi mesi mi hai fatto fare il giro del globo come
una trottola e non mi hai mai fatto tornare a
Malibù?” strepitò lei, bianca di rabbia
“Beh,
ecco... in realtà...” balbettò lui
cercando una scusa convincente “C'era anche il progetto della
Torre a New York che....”
“E
pensavi di riuscire a sistemare questo macello nel frattempo?”
“Ehm....
sì...” disse lui, illuminandosi come uno
scolaretto “Stavo progettando un robot che fosse
autosufficiente e...”
“Hai
creato almeno 50 armature solo nell'ultimo anno!” lo
zittì lei, frustrata.
“Certo,
sono un genio! Mi son solo fatto un po' prendere la mano. Poi avevo
Fury sempre in mezzo ai piedi che mi rompeva le palle con le sue
consulenze idiote. E poi il Mandarino e poi i Chitauri...!”
“Ed
ecco spiegato perché hai bisogno di una segretaria che ti
stia alle calcagna come un mastino. Appena torniamo a New York
organizzo tutto io...” replicò lei con
professionalità apprestandosi a scendere dal veicolo.
D'altronde quello era il suo lavoro. E
quella era casa sua, di lui, non loro.
Simon Williams,
il proprietario della lunga vettura bianca, scese con i suoi ospiti per
osservare quella distruzione e per congedarsi da loro. “Ora
capisco in che razza di mondo vivi...” Scherzò con
Janet “Noi abbiamo gli stuntman... se penso che questo non
è un set ma era una casa vera...”
“Oh,
dovresti fare un film su di noi... prima o poi raccoglieremo le nostre
memorie...” replicò Janet rispondendo al gioco.
“Veramente
sul tuo amico il progetto è già in
cantiere” commentò lui, sovrappensiero,
riferendosi ad Iron Man.
“Cosa?”
starnazzò Tony Stark, sentendosi chiamato in causa
“Ho
sentito che si parlava di Jhonny Depp1...” concluse
l'attore facendo spallucce
“Ma
quello è pazzo! E pieno di tic!”
protestò quello come se avesse davanti il rappresentante dei
produttori. E l'attore non lo rispecchiasse in pieno.
“Anche
tu...” replicò Pepper per poi far finta di non
aver aperto bocca.
Janet
ridacchiò, dimostrandosi d'accordo con lei.
“Mandali pure da noi, se senti altre voci simili”
continuò, imperterrita, rivolta all'amico attore.
Offeso, Stark si
avvicinò a Pym, visibilmente innervosito dalla
giovialità che la moglie mostrava a un altro uomo
“Avanti, Hank!” disse prendendolo sotto braccio.
“Mostrami le tue dannatissime porte... così
potrò sprangartele una volta per tutte” aggiunse
con un ghigno. Sperava di distogliere l'attenzione dell'amico dal
simpatico quadretto pieno di fiori, arcobaleni e unicorni rosa che si
stava consumando su quel che rimaneva dei gradini della sua villa. Ma
Henry lo scansò di malo modo, estrasse dalla giacca un
microfono portatile, se lo installò sull'orecchio destro con
un movimento naturale per poi inoltrarsi tra le macerie, da solo.
“Che
cavolo ti prende?” sbottò Tony, lasciato indietro.
“Il
ragazzo è non poco geloso...” alitò
Reed comparendo alle sue spalle come un fantasma “E sta
ordinando alle formiche presenti di rintracciare i suoi congegni.
Chissà dove saranno sepolti...”
“Se non
saranno anche polverizzati...” borbottò Ben.
“Sono
preoccupata per Janet, Reed...” disse piano Susan,
avvicinandosi al gruppetto senza mai perdere di vista l'amica.
“Perché?”
domandò l'uomo, torcendo senza il minimo problema il collo
di 180° per poter osservare una raggiante signora Pym che si
congedava da un vecchio amico.
“All'università
giravano strane voci su Henry... non ci ho mai dato troppo peso. Si sa
come sia facile malignare su chi è nettamente superiore alla
media... però l'atteggiamento insofferente che sta tenendo
Henry...”
“Su di
me non c'è molto da malignare...”
scherzò Reed
“Che
voci?” domandò anche Tony curioso
“Beh..
girava voce che... ecco... che fosse un tipo violento. Soprattutto da
ubriaco. Voci di corridoio vogliono che Janet sia già stata
vittima di eccessive attenzioni da parte di Henry... prima che questo
si mettesse con Maria, quasi per ripicca...”
Ben
ridacchiò “E secondo te l'avrebbe sposato? Suvvia,
Susie... Jan è una donna forte e non ci metterebbe nulla a
mandare a cagare il marito. Soprattutto visto che è merito
delle sue conoscenze e del suo patrimonio se lui è potuto
arrivare dov'è. Con il suo solo genio non avrebbe fatto
nulla della sua vita”
“Credo
che questo dettaglio possa influire negativamente sul quadro
complessivo. Un uomo orgoglioso come Henry rischia di sentirsi un
totale fallito, in debito con la moglie...”
“Ma il
matrimonio è un continuo scambio! Si dà e si
riceve. Sarebbe un ragionamento meschino. E non mi pare che Janet
faccia pesare nulla” replicò l'uomo la cui pelle
era uno strato di roccia.
“Tu, io
e Reed possiamo pensarla così. Mettiti nella testa di un
uomo frustrato, che ha sempre pensato che gli altri volessero tarpargli
le ali e con un complesso d'inferiorità grande come una casa
rispetto chiunque incontrasse... Se non è già
successo, potrebbe succedere...”
“Sue,
amore... i litigi in una coppia sono normali, più o meno
accesi. Anche se, certo, c'è chi si lascia solo per
un'incomprensione su un'indisposizione momentanea...”
“Non
parlo di indisposizione, Reed!” sbottò la bionda
“E per risponderti, Ben, tu non hai idea di cosa possa
arrivare a sacrificare una donna innamorata... O vittima di un
complesso simile a quello di Stoccolma... che si può
instaurare anche sul lavoro, con il proprio datore di
lavoro...”
“Non
è che ti preoccupi troppo?” cercò di
sdrammatizzare Reed
“Se
fossi una donna non la prenderesti così alla
leggera...” ringhiò la moglie, offesa dal non
venir presa sul serio dai suoi compagni.
“Ma
quali sarebbero le attenzioni speciali che Henry le avrebbe
riservato?” domandò Tony, la cui
curiosità non era stata minimamente soddisfatta
“Non
essere morboso!” lo bacchettò Ben
“La
più pesante che ho sentito, e la fonte pare fosse la
compagna di dormitorio di Janet, vorrebbe che lui le avesse rotto la
mascella e incastrato la testa nella porta...”
“La
gente non sa inventarsi altre cattiverie per screditare la
gente?” domandò infastidito Reed
“Se
devono screditarti puntano alle cose peggiori che hai e le
enfatizzano...” replicò Sue “Tu sei un
caso a parte, così asociale da rasentare l'autismo, tanto
che l'unica cosa che potevano dire di te era che fossi un nerd maniaco
della precisione...”
“Ah ah
ah! Una bestia nella sua giungla di libri!” lo
canzonò Tony
“Di te,
invece, dicono solo che sei un alcolizzato che si attacca alla
bottiglia e si circonda di donne per nascondere la propria
inadeguatezza e la paura che provi nei confronti del gentil sesso...
Non si direbbe proprio, vero, conoscendoti? Uno che le cambia come
fazzoletti come te...”
Tony
sgranò gli occhi “Touché!”
Dicerie un corno!
Ci avevano preso in pieno e con più precisione di quanto non
vedessero i suoi amici più intimi. Che anche per Henry
fossero stati così accurati? Non poteva e non voleva
pensarci. Perché avrebbe voluto dire dover prendere
posizione in una questione privata tra due dei suoi migliori amici.
Amici che, pure, riuscivano a nascondergli dettagli così
importanti.
“Ehi!”
chiamò Henry dall'altra parte della villa, arrivando di
corsa, innocente, il nervosismo che l'aveva percorso in precedenza
sparito nel nulla “L'ho trovato! Ma mi servono le tue
armature per togliere i detriti...” Il suo comportamento
genuino strideva come gesso sulla lavagna paragonato al mostro che
Susan aveva appena dipinto.
“Arrivo
subito...” disse Tony, scrollandosi di dosso quell'orribile
idea. Non riusciva nemmeno a immaginare di trovarsi in una situazione
simile e poter fare del male a Pepper. Certo, riusciva a visualizzare
un'accesa discussione. Poteva anche capire uno schiaffone dato da uno
dei due in un impeto di rabbia. Ma lui non era proprio il tipo.
Piuttosto fuggiva dal conflitto usando l'ironia e tra i due era Pepper
quella violenta: più volte si era aspettato una cinquina in
faccia che, grazie al cielo, non era ancora mai giunta.
Immaginò l'imbarazzo e la vergogna di essere strapazzato
dalla donna amata.
Provò,
quindi, a pensarsi in una situazione frustrante come quella di Henry e
dovette dare mentalmente ragione a Susan: al suo posto si sarebbe
sentito un verme a venir maltrattato da una donna gracile come Janet e
probabilmente avrebbe aggiunto frustrazione su frustrazione.
Tuttavia, non
riusciva comunque a concepire la violenza perpetrata con
gratuità e con sistematicità. Insomma, una volta
che ti accorgi della cazzata, di aver alzato le mani, mica insisti, no?
Può capitare la volta dopo e la volta dopo ancora, come un
riflesso pavloviano, ma non tutte in una volta, no? E comunque mai fino
a conseguenze così estreme, giusto? Allora come giustificare
quelle miriadi di donne vittime di violenze, anche sessuale? Un brivido
gli corse lungo la schiena, cacciò l'idea con forza e si
ricordò dove fosse e cosa dovesse fare.
“Ohi!”
urlò di rimando verso le donne che si erano intrattenute con
l'attore hollywoodiano “Ci siamo!” disse avviandosi
e richiamando a sé le due armature perché
svolgessero il lavoro sporco della rimozione dei detriti.
Pepper
salutò e lo raggiunse subito.
Tony avrebbe
voluto chiederle se lei si fosse mai accorta di nulla... Lei e Janet
erano amiche da, praticamente, quando lo erano loro... magari una donna
aveva un occhio clinico più allenato. Ma come poteva
affrontare un argomento così delicato?
Alle spalle della
rossa sentì Janet salutare Simon con un giulivo
“Ti chiamo al più presto”.
Si volse in
direzione della scena per vedere che la donna non aveva nessuna strana
intenzione nei confronti del bell'attore che, invece, era rapito dalla
mutante che ospitava la psiche e i ricordi della sua vecchia amica
Carol Danvers.
E quella stessa
mutante, per quanto grande e grossa e potente, era guardata a sua volta
a vista dalla scorta di freak, lontana appena pochi passi.
In quel momento,
Simon le stava giusto consegnando un biglietto da visita con quanta
più grazia possibile. In quel gesto, Tony vide un grande
amore inespresso. Henry poteva stare tranquillo: l'attore era
interessato alla mutante... e neanche in quanto tale, probabilmente, ma
per i ricordi che quella donna custodiva al proprio interno.
Dio che brutta
situazione. Parlarne o non parlarne? E con chi? Ormai era inevitabile
pensarci...
Ma i casini
più assurdi dovevano capitare tutti a lui? Quasi avrebbe
preferito tornare nello spazio con un intero grappolo di bombe nucleari
al seguito che pensare alla plausibilità di quell'idea che,
ora, gli si era installata nel cervello come un cancro.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Quando Logan
decise che era tempo di rientrare (e solo perché gli era
venuta fame, non perché ardesse dal desiderio di affrontare
nuovamente Mystica e le sue frasi sibilline), ebbe la fortuna di
trovare la cucina completamente libera. Non c'era traccia di Thor
né di Wade. Era un'allucinazione o un miracolo?
Aprì
il frigo e lo trovò miseramente vuoto, stipato com'era di
soli alcolici. I padroni di casa mancavano appena un giorno e il loro
gruppetto era già riuscito a personalizzare negativamente
quel posto. Erano un branco di ubriaconi, dal primo all'ultimo.
Richiuse lo
sportello con un grugnito. Non fece in tempo a formulare il desiderio
di un po' di sano sushi da asporto che, da qualche parte nelle
vicinanze, proruppe un coro di voci che, di primo acchito, gli diedero
l'illusione che fosse scoppiato un temporale.
Incuriosito, e
intimamente convinto fosse Wade con il volume del maxi schermo a tutto
volume, si inoltrò per le stanze alla ricerca della fonte di
tanto trambusto.
Ma non poteva
trattarsi di Deadpool, visto che il mercenario lo raggiunse a
metà strada.
“Prima
che tu lo chieda, non è colpa mia. E le mie voci dovrei
sentirle solo io!”
“Non ho
detto che fosse colpa tua!” replicò il mutante
sguainando gli artigli. Se non era lui chi diavolo era?
“Ma
l'hai pensato! Lo so per certo, i nostri pensieri comunicano!” strepitò
l'altro prima che Logan gli cacciasse una mano sul volto per farlo
tacere.
Arrivati che
furono in quella che doveva essere la sala per i ricevimenti, in cui
non avevano mai passato più di cinque minuti e sempre di
passaggio, i due canadesi si trovarono davanti l'intero gruppo che era
sparito nel nulla due giorni prima. C'erano tutti anche se nell'aria
sentiva puzza di pesce marcio: Namor...
Logan scorse
rapidamente e istintivamente i volti di tutti i presenti e si accorse
che il numero era leggermente aumentato. C'erano Warren e Ororo, troppo
vicina al suo ex, T'Challa, ma mancava LeBeau. Fece una nuova
carrellata per avere conferma di quanto i suoi sensi gli avevano
suggerito con quella fastidiosa sensazione di déja vu. Era
successo qualcosa di brutto tra il francese e la piccola cavallerizza.
Meglio non farne parola con Mystica o quella scriteriata sarebbe stata
capace di andare in capo al mondo per cavare gli occhi al cajun.
“Vieni
qui!” intimò a Kurt, andando a prenderlo
letteralmente per la collottola. Lo strattonò in corridoio,
lontano da sguardi indiscreti, riuscendo a passare comunque inosservato
alla nuova folla. Al resto delle informazioni avrebbe pensato Wilson:
pettegolo come una comare, si sarebbe premurato di avere ogni dettaglio
su quell'assenza per poi correre a riferire. A lui bastava sapere che
erano tornati tutti sani e salvi. “Hai qualcosa da dirmi,
elfo?” quasi ringhiò, la rabbia, il nervosismo o
la preoccupazione trapelavano con facilità dalla sua voce e
dai suoi gesti. Ma, grazie al cielo, si confondevano tra loro e solo
lui sapeva cosa lo animava davvero.
“Mein
Heilige Gott! Was fürchte! Was passiert?2 Che ho fatto,
stavolta?”
“Cosa non
hai
fatto!” precisò il canadese “Rogue
è sconvolta e quella testa calda di un ladro non
c'è... ti sembra sufficiente? Esigo delle
risposte!” Il mutante demoniaco deglutì a vuoto,
terrorizzato. “Non pregare in tedesco..” lo
redarguì quando lui prese a salmodiare in quella lingua
senza senso, tagliente come un rasoio “... non ti
capisco!” Non era del tutto vero, ma voleva che il tedesco
facesse un piccolo sforzo.
“Non mi
squarterai, ja?”
“Se non
hai fatto nulla di male, no. E comincia a parlare prima che ti aizzi
contro tua madre...” minacciò lui imprigionandogli
il volto tra due dei suoi tre artigli, sempre tenendolo per il bavero:
se avesse provato a scappare teleportandosi, se lo sarebbe portato
dietro.
1
Vedere, per credere, la prima serie Ultimates.
2
in Tedesco (non so quanto accurato): Oh Santo Dio! Che paura! Che
succede?
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Riecco tutti a
casa :) Ma se credete che le sorprese siano finite qui, vi sbagliate di
grosso.
Che dire di
questo capitolo? Ho finalmente accennato alla natura violenta di Pym
(ma non alla zoccolaggine di Janet...voglio redimerla un pochino).
Per il resto, non
mi sembra ci sia granché da aggiungere...
Quindi oggi non
la tiro tanto per le lunghe e vi saluto subito.
Alla prossima! e
buona fine scuola a tutti!
non per gli
universitari che sono alle prese con gli ultimi esami ;)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Il Consiglio ***
7.
Il Consiglio.
Descrivere quanto
avveniva al Consiglio degli Dei, evento di per sé raro
quanto elitario, non era impresa facile anche per il più
assiduo dei suoi partecipanti.
La riunione dei
diversi olimpi si svolgeva in una dimensione al contempo comune ed
estranea ad ogni comunità interessata dall'evento. Le sale
in cui si svolgevano queste sporadiche riunioni, durante le quali le
reciproche divergente e ostilità venivano messe a tacere,
erano un connubio dei diversi stili architettonici iconici: i Tori
rossi giapponesi si scioglievano in colonne doriche, incisioni runiche
accompagnavano le figure maestose e statiche dell'antico Egitto, piume
variopinte delle popolazioni autoctone amerinde si affastellavano sui
vaporosi abiti delle divinità asiatiche e via dicendo.
Come avevano
notato molti archeologi e filologi terrestri, non c'era poi questa
netta differenza tra una civiltà e l'altra o tra un culto e
l'altro ma, opportunamente giustapposte, nell'insieme potevano dare
vita a una pellicola in cui storia e religione, cultura e geografia
trovavano un loro senso continuativo.
Nella sala
tondeggiante, ben illuminata e di ampio respiro, giaceva un tavolo di
forma circolare a cui erano seduti i maggiori rappresentanti dei
principali culti terrestri. Alle loro spalle, separati dal primo gruppo
tramite una recinzione che aveva funzione più decorativa che
protettiva o contenitiva, stanziavano tutte le figure di questi olimpi
che avessero deciso di assistere all'evento.
Una giovane
donna, vestita in abiti orientali, splendenti, che entravano in netto
contrasto con i serici capelli neri, si levò al di sopra dei
suoi colleghi che sedevano a quel tavolo e prese la parola per condurre
l'assemblea “Quanto ci riferisci, Nobile Odino, è
assai grave. Tutti noi, in misure diverse, abbiamo giurato di non
interferire con il progresso della civiltà terrestre.
Certo...qualcuno, come voi Aesir e Vanir, sprezzante delle regole
comuni, ha inviato i propri campioni tra gli uomini, i cosiddetti eroi,
affinché li proteggessero attivamente da ingerenze degli
altri gruppi. Come già detto in precedenza, per quanto al
fine di garantire neutralità, questa scelta è
essa stessa un'interferenza. Ma non siamo qui riuniti per recriminare
ancora una volta le nostre reciproche scelte. Siamo qui riuniti oggi
perché il Pianeta, che tutti noi abbiamo giurato di
sorvegliare e proteggere, è oscurato dalla più
grande delle minacce. Non si tratta di invasioni esterne alla lega dei
sette reami, né una regolare invasione di civiltà
provenienti da altre parti dell'universo. Sappiamo tutti
perché la protezione della Terra e il suo sviluppo
equilibrato sia di così vitale importanza. Come sappiamo,
Thanos, alleato e supportato dal tuo figliastro Loki, voleva estendere
il suo dominio proprio al pianeta Terra, portando un grave scompenso
negli equilibri universali ma i terrestri ne hanno respinto una prima
invasione. Ora, egli ha posto Asgard sotto assedio, tramite la sua
alleanza con Loki. Ritengo che il Consiglio non possa rimanere
indifferente a tutto questo dopo che lo stesso ha già
sterminato una vostra colonia su Urano e non si farebbe riguardi per la
piccola e splendente Asgard.”
“La
colpa è di Odino che ha mal gestito la cosa: si è
inimicato, tramite quell'avventato di suo figlio Thor, la
metà silente già soggiogata dei sette reami,
risvegliandone gli animi. In più l'altro suo figlio ha
condotto la discordia tra i regni e guidato il vendicativo Thanos alle
soglie di Asgard, conscio di quello che era già successo su
Urano. I Vanir hanno già pagato, su Urano, appunto! Che i
cugini Aesir si arrangino!” tuonò Zuras dal suo
posto. “Loki ha tradito, non solo gli Aesir che lo avevano
accolto ma tutti noi: ogni divinità di ogni pantheon! Egli
sedeva a questa mensa come dio legittimo e, per la sua ingordigia, ha
sacrificato non solo il bene comune ma tutti noi, suoi parenti,
alleati, amici, la sua famiglia e ogni essere a lui pari. Quella di
Loki è una presa di posizione ben precisa: egli muove guerra
a tutti noi! Pensa di essere più furbo di tutti noi, ma non
sa -o non ha capito- cosa lo aspetta! Quanto possa essere terribile
l'ira dei padri degli dei, dei figli degli dei e dei nostri eroi.
Terrestri quanto divini.”
Alle sue spalle
una donna bionda, nota sulla Terra come la coposezione agli armamenti
delle Stark Industries, Azura Eliot, scosse la testa, amareggiata
“E' sbagliato, padre...” sibilò dura,
prendendo la parola “La Terra è patrimonio di noi
tutti.” disse alzando la voce per farsi sentire da tutti,
nella cerchia esterna “Se Asgard cadesse, nulla impedirebbe a
Thanos di affrontare ciascun olimpo qui presente. Uno alla volta,
magari, sfruttando le falle delle nostre rivalità interne.
E' questa l'ora in cui dobbiamo mostrarci compatti. E' questa l'ora in
cui dobbiamo dimostrarci degni del titolo che gli umani hanno coniato
per noi. Siamo dei, onnipotenti, onniscienti e onnipresenti. Non siamo
e non dobbiamo essere, burattini della conquista di un pazzo. Quanto a
Loki, non sappiamo davvero in che gioco egli si stia dilettando. Loki
è il più abile tra tutte le divinità
dell'inganno. Conoscendolo, potrebbe risolversi tutto in una bolla di
sapone. O una mossa strategica preventivata a nostro vantaggio per
mettere nel sacco Thanos così da farsi bello agli occhi del
Consiglio e assurgere, di diritto, ai seggi degli dei.
Perché voi tutti, in questa sala, dimenticate un dettaglio
di primaria importanza. Egli fu adottato e vive con senso di
frustrazione il suo ruolo. Può essere che si senta a noi
superiore, come può benissimo essere che si senta manchevole
e non meritevole di questo onore, né per diritto di sangue,
come legittimo figlio di Odino, né come valoroso guerriero.
Di lui, in definitiva, non abbiamo colto che la superficie, come lo
specchio di un lago, liscio e placido, che può nascondere,
al di sotto del pelo dell'acqua, mostri e guerre intestine.”
“Sagge
parole, Thena. Non mi aspettavo di meno dalla dea della strategia e
della saggezza.” sorrise la donna che presiedeva la riunione
“Se c'è qualcuno che può riuscire a
intendere i piani di Loki e squarciare il velo polveroso delle menzogne
da lui tessuto, quella sei certamente tu”.
“Padre...Thena
ha ragione...” aggiunse una donna dai lunghi capelli neri
venati da striature verde smeraldo, rivolgendosi all'uomo che aveva
lasciato a intendere che gli Aesir dovessero arrangiarsi.
“Aesir e Vanir sono fratelli... non possiamo voltar loro le
spalle. Quello che successe su Urano doveva essere un avvertimento a
non distrarci, a mantenere i ranghi compatti e non portarci alla
divisione interna come sta accadendo.”
Zuras
sbuffò, scrollando le spalle, come a cacciare le parole
della figlioccia Sersi. Fissò Odino nell'occhio sano.
“Cosa proponete di fare? Portare tutte le nostre milizie ad
Asgard, lasciando sguarniti i nostri regni? Thanos e Loki potrebbero
non aspettare altro: potrebbero aver previsto questa mossa e l'assedio
ad Asgard potrebbe rivelarsi uno specchietto per le allodole, atto a
farci disarmare le nostre guarnigioni per poterci meglio
affossare.”
“Giammai...”
obiettò Amaterasu, risentita “Chiedo a voi tutti
la disponibilità a prendervi carico delle
difficoltà in cui versano i nostri fratelli, profughi della
loro stessa terra... Essi sono riuniti alle radici di Yggdrasill.
Sappiamo come viaggiare per i suoi rami sia molto più
difficile che affrontare i mari universali che separano i nostri mondi.
Ma è l'unica strada che abbiamo per evitare un
genocidio.”
“E
pensate di lasciare che Thanos conquisti la città e con essa
il regno?” tuonò, poco lontano, un uomo a torso
nudo, una ribelle chioma nera che segava in due il capo rasato ai lati.
“Non lo permetterò mai. Né credo,
alcuno degli dei della guerra possa o voglia, come me, sottrarsi a
questo scontro.”
“Ares
ha ragione!” acclamò improvvisamente la folla
attorno alle balaustre
“Per
facilitare il passaggio esiste l'antico espediente a doppio senso: una
vita per una vita. I guerrieri più valorosi prenderanno il
posto dei più deboli Aesir; con i loro guerrieri,
combatteremo l'invasore e questi troveranno rifugio nei luoghi
più tranquilli degli aderenti al Consiglio.”
“Non
c'è posto sicuro, ora come ora, Ares...” disse la
donna “Ma è una buona proposta. In questo modo
nessun regno resterà sguarnito e gli sfollati sapranno
ricompensare gli ospiti in caso di attacco. Nessuno si potrebbe
accorgere di uno scambio simile”
“Un
momento... E i terrestri? Lasciamo i terrestri a sbrigarsela da
soli?” sbottò Sersi, la donna dai capelli verdi e
neri, già intervenuta in precedenza.
“Hanno
dimostrato di saper tenere testa ai Devianti potenziati...”
la rimbeccò Zuras “Non hanno più
bisogno di noi...”
“Ora
più che mai hanno bisogno di protezione”
sbottò un altro omaccione, i ribelli capelli castani e
riccioluti, trattenuti appena da un diadema dorato, incorniciavano il
volto duro e barbuto “Sarò il più
stupido tra i presenti, ma non è difficile capire che,
sconfitti i Chitauri, i terrestri hanno dimostrato di essere pronti per
guerre intergalattiche e che non tarderanno a ricevere sgradite visite
da altri possibili conquistatori. L'intelligenza collettiva dei Kree,
la falange tecnorganica, i Badoon, la Covata... nessuno di questi
aspettava altro di potersi misurare alla pari con quelli che hanno
sempre considerato delle scimmie per le quali non valeva la pena
sporcarsi le mani...”
“Ercole
ha ragione!” acclamò la folla.
“Ercole
dimentica...” disse bonariamente la dea shintoista
“Che molti di noi sono già sulla Terra, in forma
anonima, per prevenire simili eventualità. Il nostro
compito, ora, è decidere cosa fare ad Asgard, quando anche
un dio come Heimdall, che in un primo momento sembrava essere cieco
alle macchinazioni di Loki, sembra palese come ora abbia
tradito...”
All'improvviso,
una nube rosso-nera, accompagnata, dal tipico odore sulfureo del regno
dei morti, interruppe la discussione. Amaterasu si ricompose, celando
la propria sorpresa, come se quell'apparizione non fosse stata casuale.
Al centro del tavolo, in posa arrogante, in posizione dominante
rispetto a tutti i presenti, comparve una tetra figura, armata di
forcone e ammantata di lugubre mantello nero.
“Lo so
io cosa sta succedendo ad Asgard!” proruppe l'uomo battendo
con violenza a terra il suo scettro mentre con un colpo secco del
mantello, che sembrava dotato di volontà propria, dipanava
la nube che ancora aleggiava attorno al suo corpo.
“Parla,
allora, nobile Plutone” lo invitò Amaterasu con un
inchino che fece tintinnare tutti gli ornamenti che aveva inanellati
tra i capelli.
“Hela...”
disse puntando il forcone verso Odino con fare rancoroso
“...Venne nel mio regno, con la sua pallida faccia nordica.
Venne non già a muovere guerra, come mi ero aspettato in un
primo momento, ma venne ad avvisarmi.”
“Avvisarti?”
domandò Odino, fattosi estremamente attento.
Nella sala scese
un silenzio tombale. Tutti sapevano il legame che intercorreva tra Hela
e Loki. E, più della preoccupazione, a zittirli era la
curiosità e la maldicenza pronta pronta a divampare appena
appreso il succulento pettegolezzo: Hela, dea della morte, aveva forse
tradito suo padre, il dio degli inganni?
Plutone
accennò una risposta affermativa col capo, digrignando i
denti “Delle sue intenzioni. Del piano che Loki le aveva
esposto e che si sarebbe andato compiendo nel giro di poco tempo. Anche
se al riguardo, è stata abbastanza vaga....”
“Figlio
di un cane!” tuonò una divinità egizia
brandendo la propria alabarda “Tu sapevi e non hai avvisato
nessuno.”
“Sapevo
e sono venuto subito..” lo corresse Plutone, la testa rasata
riflesse, minacciosa, un baluginio delle torce che pendevano lungo la
parete circolare “Non vi è meschinità o
inganno nelle mie intenzioni. A differenza di quanto si potrebbe dire
di voi e di quello che combina il vostro protetto El-Sabbath-Nur... Ma
non siamo qui per polemizzare su creature millenarie da voi
elaborate...” disse per sviare il dibattito. Fissò
negli occhi i presenti ad uno ad uno “Sono qui per dirvi che
abbiamo già un buon grado di controllo sulla situazione: il
figlio di Satana, Daimon, come voi tutti sapete, è sulla
Terra e collabora a una coalizione intergalattica di cui fa parte anche
un membro dei Guardiani...” Plutone tirò un
respiro enfatico “Hanno un contatto con Loki e lo hanno
evocato sulla Terra per ordine di uno dei terrestri responsabili della
sicurezza. Ma è Loki a manipolarlo e non il
contrario.”
Attirato ch'ebbe
l'attenzione della platea celeste, Plutone passò a
illustrare quanto gli era stato riferito dai due abitanti infernali e
di come il dio degli inganni avesse intrappolato Odino e avesse
sfruttato la sua nuova posizione per consegnare ai Guardiani preziosi
quanto pericolosi manufatti che avevano interessato la guerra
scatenatasi sulla Terra ad opera di Thanos e dei suoi Chitauri.
Riferì quale fosse il disegno finale del dio e di come si
aspettasse di portarlo a compimento.
Per un attimo,
quand'ebbe finito di esporre i fatti, il silenzio piombò
pesante sui presenti. Un silenzio carico di stupore e aspettativa e
ammirazione. Ma subito il vociare concitato tornò a riempire
la sala, animandola di dibattiti e scambi di opinione frenetici e
veementi.
“Dobbiamo
stabilire le misure di contenimento!” urlava uno
“Dobbiamo
mandare qualcuno sulla Terra o sarà lo sfacelo”
gridava qualcun altro
“Che le
Erinni facciano scempio dei loro corpi!”
“Ora
basta!” tuonò l'imperturbabile Amaterasu
“La Terra va sorvegliata. Se gli umani saranno latori della
loro stessa estinzione è una cosa che non deve
riguardarci.”
“Per
Hel, Amaterasu! Come puoi dire questo dopo i millenni che li
osserviamo?” sbottò Odino “Non ti piange
il cuore a vedere tanti talenti sprecati?”
“Tanti
talenti che l'uomo non sa gestire. Devono imparare o morire nel
tentativo, come abbiamo fatto noi. Aiutarli vorrebbe dire foraggiare le
loro debolezze” sbottò anche Thena, la dea saggia.
“Non
stiamo parlando di portarli sulle nostre spalle, sorella!”
tuonò Ercole “Ma di prenderli per mano e mostrare
loro la giusta via! Eravamo...siamo noi poi così diversi?
Loro trovano in noi gli stessi vizi e le stesse virtù che
loro paventano e ammirano. Noi siamo le pietre miliari del loro
comportamento. Siamo dunque così migliori?”
“Ha
ragione il Leone dell'Olimpo!” latrò Anubi alle
loro spalle
“Anche
noi siamo divorati da guerre intestine e fratricide! Anche noi abbiamo
grandi amori come grandi odi... perché nel cuore umano
dovrebbe albergare solo la bontà o solo l'odio
più feroce?” replicò un dio Atzeco
tutto ricoperto di piume colorate.
“Non si
tratta di bontà ma di giustizia!”
replicò anche Zuras, schierandosi con la dea nipponica.
“A ben
vedere...” intervenne serafico Shiva “Ognuno di noi
ha un concetto diverso di giustizia... perché il concetto
umano, a sua volta frammentato in una miriade di schegge diverse,
dev'essere l'unico discorde? Loro si uccidono per ciò che
ritengono giusto o sbagliato...”
“Allora
eleviamoli subito al rango di divinità” lo
schernì Plutone
“Non
dice questo: non sono pronti, oggettivamente...” disse Odino
“Ma concordo con il campione dell'Olimpo: dar loro una guida
non equivale a preservarli dalle sfide che dovranno
affrontare”
“Hanno
già i nostri racconti come guida!”
protestò qualcun altro, dal mucchio
“E in
nostro nome, infatti, si uccidono!” replicò Thena,
tagliando la testa al toro. “Pensiamo alle difese di
Asgard... agli umani penseremo poi...”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Una piccola pausa in tutto ciò che sta succedendo per
mostrarvi come le azioni di Loki -e il destino della Terra- non abbiano
avuto effetto solo sui due pianeti ospite e spiegare, così,
cosa succederà sul fronte di Asgard.
Ciò mi permetterà di far scendere in campo due
Vendicatori come Ares (Ares è tale solo sotto Osborne,
chissà poi perché) ed Ercole. Ricordo a tutti che
i babysitter del figlio di Ares, per altro, non sono altro che
alcuni tra i migliori agenti S.H.I.E.L.D. Così il dio ha una
voce diretta dal campo. Ma è una cosa che non
approfondirò, volevo solo farvelo notare.
Per ora basta così ;) Alla prossima settimana!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Vecchie conoscenze ***
8.
Vecchie conoscenze
“Sei sicuro di quello che fai, capo?”
urlò Dum Dum sopra il fragore delle turbine mentre i suoi
amici si imbragavano per prepararsi al lancio.
“Tranquillo, Tim!” rispose l'altro alzando la mano
a segnalare che erano pronti.
“Che Dio vi assista!” borbottò il
baffuto facendosi il segno della croce.
Val, nella stiva insieme a Fury, sorrise della scaramanzia dell'amico.
Diede uno sguardo fugace all'uomo che amava mentre la pancia del Quin
Jet si apriva davanti a loro, sotto i loro piedi. Tese la corda per
assicurarsi che fosse agganciata e saltò nel vuoto, certa
che lui avesse fatto lo stesso.
Sotto, dopo il momento di vuoto allo stomaco e di luce abbagliante
negli occhi, vide svettare il volgare, acuminato, post-futuristico
centro finanziario dell'HYDRA che emergeva dal terreno come una nota
stonata nel paesaggio circostante, una cuspide conica tondeggiante tra
i grattacieli verticali e rigidi di Kyoto. La Corona sembrava un
residuato bellico, scheggiato nei suoi tre livelli di rivestimento in
acciaio temperato e montato su quella struttura che ricordava -gonfiata
fino ad avere le dimensioni degli edifici adiacenti- l'alloggio per una
lampada o una spada laser.
La città giapponese non ferveva ancora della
vitalità caotica e colorata che la contraddistingueva in ore
più tarde della giornata. E quel giorno si sarebbero
svegliati con un edificio in fiamme, se tutto fosse andato secondo i
piani.
Scivolarono
come in caduta libera, accompagnati da un vento che avrebbe tagliato la
pelle se non fossero stati adeguatamente equipaggiati. Sfondarono i
lucernari con gli scarponi, si sganciarono dalle loro imbracature che
li avevano accompagnati in quella folle discesa e rotolarono, armi in
pugno, tra le schegge scintillanti di vetro satinato. Il velivolo sopra
di loro si allontanò all'istante: meno restava in posizione
vulnerabile, più possibilità avrebbe avuto di
rientrare alla base. I due veterani dello S.H.I.E.L.D. non persero
tempo in convenevoli e aprirono immediatamente il fuoco su tutti gli
agenti HYDRA che accorsero per arrestarli. Si muovevano in perfetta
armonia, schiena contro schiena a spazzare con le loro raffiche ogni
spicchio della sala in cui si trovavano. Una leggera pressione sulla
spalla e l'altro sapeva di dover modificare appena la propria
posizione, o muoversi lateralmente... il loro antico sistema di codici,
che non avevano più usato da Dio-solo-sapeva-quanto-tempo,
si impadroniva di loro con una naturalezza e un'istintività
che entrambi credevano perdute. Forse quella notte passata assieme
sulla brandina rigida e fredda dell'Helicarrier non era stata un errore
completo ma un buon riscaldamento preparatorio a una danza coordinata
più pericolosa e mortale che non lasciava spazio a errori di
sorta.
I loro attaccanti cadevano uno dopo l'altro, le grida di dolore
soffocate dalla detonazione continua di bossoli che cadevano a terra in
una lugubre pioggia tintinnante e cristallina.
Dopo un tempo che parve eterno, i loro assalitori erano tutti riversi a
terra in un lago di sangue e ammonticchiati in piccole cunette verde
marcio: gli uomini in divisa cachi dell'HYDRA avevano cercato di usare
i loro compagni già morti per proteggersi, come in trincea,
ma quell'espediente era servito a poco davanti alla furia dei due
migliori agenti dello S.H.I.E.L.D.
I due non fecero in tempo a complimentarsi vicendevolmente per essersi
salvati la vita che Fury sbarrò l'occhio digrignando i
denti, il volto contratto in una maschera di dolore, e, sotto la morsa
di una potente scossa elettrica, cadde a terra svenuto.
“Ottimo lavoro, Madame Hydra...” si
complimentò la voce di un giovane uomo, comparendo nella
sala da una porta nascosta in uno dei pannelli di cui erano ricoperte
le pareti. Il complimento era tutto per Val che osservava il taser che
stringeva in mano con una smorfia tra il disprezzo e l'orrore.
“Davvero eccellente.” Concordò
una donna al fianco dell'uomo “Ti sei rigirata Fury
come un calzino...”
I tratti somatici dei due erano inquietantemente simili: un uomo e una
donna simili come gocce d'acqua, entrambi alti, slanciati e biondi, il
naso dritto e aguzzo correva sul volto come un coltello e gli occhi
azzurri e torvi illuminavano di una luce sinistra il loro
già tetro pallore.
I gemelli Von Strucker, figli di uno dei più alti gerarchi
nazisti.
Andreas lui, Andrea lei.
Simili anche nel nome, in coppia prendevano il nome di Fenris1,il
terribile e spietato cane della mitologia norrena. E come quello,
promettevano ogni possibile nefandezza concepibile da mente umana.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
“Tornatene a casa tua, avanti, che poi sigillo 'sto
posto!” stava imprecando Tony Stark mentre la maggior parte
dei suoi amici, per niente
intenzionati a
lasciarsi scappare il finale di quel bisticcio furioso tra il padrone
di casa e il suo acerrimo amico-nemico, si accomodava
sulle poltrone di pelle.
Il suo interlocutore, però, non lo considerava minimamente,
più interessato a osservare di sottecchi la moglie.
“Devo riprendermi Visione!” replicò
atono Henry Pym, quasi a se stesso.
“Tony... Credo dovresti preoccuparti di problemi
più impellenti...” si intromise Pepper con una
smorfia costernata.
“Che altro succede?” domandò lui,
esasperato, roteando gli occhi
Lei gli mostrò il palmare sul cui monitor, sopra alla
sezione dell'edificio, lampeggiava una scritta “Stanno
arrivando...” sottolineò.
Tony, buttato un occhio al display, sbiancò di colpo.
“Su su, fuori di qui, tutti e due, alla svelta!”
cominciando a strattonare Janet e spintonare Henry.
“Perché tanta fretta, adesso?”
domandò Janet, piccata, rimpicciolendosi e sfuggendo alle
sue grinfie per volare sul display ancora illuminato.
“Oh-o... hai ragione...meglio andare, caro..” si
corresse tornando a dimensioni normali.
“Non lascio Visione in casa di questo depravato!”
replicò il marito sfidando l'altro e senza badare troppo la
moglie.
“Prenditelo e sparisci, allora!” ordinò
Tony, stremato.
“Chi è che sta arrivando?”
domandò anche Natasha, curiosa.
Pepper le rispose tendendo le labbra nel tentativo di fingersi
ventriloqua “Una squadra S.H.I.E.L.D. con cui potresti avere
problemi anche tu visto che tra loro c'è anche
…” disse lasciando la frase in sospeso e cercando
di comunicarle il nome con gli occhi
(nome
già immaginato dalla rossa alla prima lettera dell'acronimo
dell'Agenzia), prodigandosi in espressioni che oscillavano tra il
curioso e il grottesco.
“Scusa, Janet...” chiamò Ororo dal suo
divanetto non appena quella fu tornata alle sue dimensioni originali
“Posso chiederti di quale materiale è fatto il tuo
vestito? Asseconda le tue variazioni di dimensioni senza una
piega”
La stilista si osservò, sorpresa “E' una
tecnologia di Reed...” disse indicando il capo dei Fantastici
Quattro, tutto attorcigliato intorno a sua moglie in un quadretto di
effusioni diabetiche.
“Credi che sarebbe possibile modificarla in modo che si
adatti ai poteri mutanti?” domandò la dea dei
venti sporgendosi verso lo scienziato.
“Credo di sì...” rispose quello per poi
alzare lo sguardo su T'Challa “Penso che con l'aiuto di
tecnologie wakandiane sarebbe senz'altro fattibile...”
Ororo si illuminò e si voltò verso l'ex e nuovo
fidanzato. Stava per formulargli una domanda che lui la
anticipò “Sai già qual è la
mia condizione...”
Ororo, a quel punto, si imbronciò “Si chiama
ricatto!” protestò
“Atterrati!” annunciò Pepper con la
smorfia di un sorriso isterico che scopriva i denti e tirava i tendini
del collo. Picchiettò su palmare e chiuse la finestra di
dialogo. “Ora sono problemi tuoi... io devo recuperare il
lavoro perso...” disse a Stark prima di rivolgersi all'amica
“Jan, tu che fai, resti?”
“Vengo con te... non voglio esserci quando
scoppierà il casino...” disse allontanandosi dalla
sala “E poi noi due abbiamo una missione in
sospeso...” aggiunse strizzandole l'occhio.
“Che missione?” domandarono Tony e Henry in coro,
dimentichi, per un attimo, della loro discussione.
“Cose da donne...” ghignarono le due in coro.
“Io prevedo guai... Reed... andiamo a casa?”
domandò Susan facendosi scrocchiare il collo nel tentativo
di allentare la stanchezza.
“No, Susan!!! Fammi restare!” rispose Jhonny,
piagnucolando come un bambino.
“E resta, se vuoi giocare a guardie e ladri col tuo amico
Peter... io voglio una doccia...”
“Guarda che ce le ho -le docce- in questa
torre” replicò Tony, offeso
“Voglio le mie cose, Tony!” replicò lei
“Abbi pazienza...”
Ma lui la stava già salutando con un cenno disgustato della
mano. “Sì
sì, vai pure!”
“Siete
stati due cretini incoscienti!” Tuonò la voce di
Logan fuori campo. Nella sala calò il gelo e tutti si
volsero verso la parete che nascondeva i due mutanti. Pepper e Janet,
che stavano salutando i presenti e si accingevano a lasciare
l'ambiente, furono le prime a vedere come il teleporta Kurt fosse
trattenuto al muro da un più che alterato Wolverine.
Deadpool, al loro fianco, si era seduto per terra a lavorare a maglia,
quasi avesse dovuto ammazzare il tempo durante un lunghissimo riepilogo.
Accortosi di aver attirato troppi sguardi, il canadese
riportò a terra il compagno con poca grazia.
“Deficienti!” sibilò marciando dentro e
scandagliando tutt'intorno in cerca della mutante che tanto gli stava a
cuore. “E ora dove si è cacciata?”
ringhiò
“Se parli di Rogue è schizzata via appena siamo
arrivati...” replicò Janet, accucciatasi accanto a
Kurt e intenzionata a inondarlo di cure amorevoli.
Logan sbuffò e fece dietro front senza degnare nessuno di un
saluto. Wade fu subito al suo fianco, inopportuno come sempre. “Un bel bacio
risolve tutto!” sentenziò
Il canadese, per tutta risposta, sguainò gli artigli e
glieli conficcò in pancia senza tanti complimenti per poi
ritrarli lateralmente, squarciandogli tutto il fianco. Wilson
imprecò dal dolore e lasciò che l'altro sparisse
alla vista “Non
è carino!” starnazzò “E Tony mi
ammazza col suo uniraggio perché gli sto sporcando di sangue
la tappezzeria...”
“Naa...” lo tranquillizzò l'interessato
“Farò ricostruire l'intera sala per togliere la
tua puzza di cadavere e ti porterò in laboratorio per
sezionarti...” rispose serafico, per poi aggiungere, sotto la
minaccia dello sguardo di Pepper “Scherzavo!”
“Non sei
divertente!” piagnucolò Wade, come
spaventato.
Pepper fece un cenno compiaciuto e ordinò a Janet e Kurt di
seguirla al piano superiore.
“Ehi, Jan!” protestò Henry quando si fu
reso conto che la moglie non rimaneva, davvero, con lui. “Non
puoi farlo!”
“Non sei mio padre, Henry... torna pure a casa, ti raggiungo
subito!”
“Dov'è Rogue?” irruppe anche Mystica,
scarmigliata, il fiato corto e il volto stravolto dall'apprensione,
comparendo sulla soglia fiancheggiata da un Quicksilver stranamente
compiaciuto.
“Credo in camera sua...” rispose Tony che si
sentiva inspiegabilmente sotto tiro. Non a torto. D'altronde era per
fare la scorta a lui che i mutanti l'avevano seguito e, indirettamente,
era responsabile di quanto occorso alla ragazza... anche se, forse,
quel che era successo sarebbe
successo comunque,
indipendentemente dalle tempistiche e dal luogo.
Come Logan, la mutaforma girò sui tacchi e, senza una
parola, marciò verso l'appartamento della ragazza.
Quando l'eco del suo ticchettare sul marmo del corridoio fu solo ritmo
indistinguibile, il padrone di casa si permise di tirare un sospiro di
sollievo e di accasciarsi nuovamente sulla poltrona di pelle. Stava per
ordinare al suo maggiordomo il drink più potente che potesse
procurargli che il rumore di passi cadenzati e pesanti tornò
a colmare il silenzio assordante che si era venuto a creare dalla
scenata dei due mutanti. “E ora che c'è?”
-Da questa parte, prego...- Sentenziò la voce sintetica di
Jarvis, comparendo nella sala e indicando l'ambiente al nuovo gruppo.
“Oh, Dio...” gemette Tony “E questi chi
sono, ora? Jarvis, il mio grattacielo non è un
albergo.”
“Tony Stark, suppongo...” lo zittì,
tagliente, una bionda fasciata in una tuta bianco ghiaccio marchiata
S.H.I.E.L.D. che la
contraddistingueva come il capo-spedizione e le cui mostrine
recavano solo un numero. 13. “Sono l'agente Carter e Nick
Fury mi ha mandato come agente di collegamento tra i Vendicatori e quel
che rimane dello S.H.I.E.L.D. originario...” Dietro di lei,
in perfetto rigore marziale, due uomini e una donna si erano disposti a
V, in attesa di ulteriori ordini. “Credo che Lei
già conosca l'agente Barton...” disse volgendosi a
indicare l'uomo armato di spada e arco dietro di sé. A
quelle parole, Henry Pym, già insofferente,
sbuffò innervosito. Natasha, poco più in
là, aveva distolto lo sguardo dal gruppo, a disagio da
quelle presenze a cui non avrebbe potuto fuggire. Cap, invece, si era
proteso, come rapito, a studiare tutto il gruppo. “E l'agente
Drew...” disse indicando la donna alla propria destra, la
stessa che era venuta a prelevare Clint solo poche settimane prima ma
che era stata anche assistente di Pepper durante l'attacco dei Chitauri
“L'agente Barnes credo sia una conoscenza solo del Capitano
Rogers e dell'agente Romanoff...”
Se, fino a quel momento, Steve era rimasto rapito dalla bionda, il nome
della sua spalla ai tempi della Guerra fu come uno schiaffo che lo
riportò violentemente alla realtà.
Spostò subito la sua attenzione su quell'uomo fatto e
finito, massiccio quanto lui, i cui lineamenti erano stati induriti dal
tempo. Non sembrava invecchiato ma, certo, aveva perso la sua
innocenza. Come anche lui, del resto.
“Bucky?” domandò, quindi, tirandosi in
piedi e avanzando stentatamente verso quell'uomo dall'aspetto familiare.
L'uomo, dopo una fugace occhiata al suo superiore che, con un debole
sorriso, lo autorizzava a rispondere, si volse verso il Capitano e
stirò il più radioso dei sorrisi, così
sincero da arrivare a fargli socchiudere gli occhi. Allargò
le braccia, in un gesto di accoglienza, e disse solo
“Sì, Steve... sono io!”
L'abbraccio cameratesco che si scambiarono i due uomini fu qualcosa di
commovente. L'impettito Rogers che si scioglieva in un gesto tanto
umano, tremante di gioia, con le lacrime agli occhi, quasi fosse al
cospetto di un miracolo, manifestazione della grazia divina, e il
minaccioso cyborg Bucky Barnes che, anch'egli, mostrava una parvenza di
umanità, erano un'abbinata toccante.
“O mio Dio... Guardati...” Disse Steve
“Non sembri nemmeno tu!”
“Tu invece sei identico a come ti ricordavo l'ultima
volta...” replicò il Soldato d'inverno.
“Credevo che Natasha si stesse divertendo alle mie spalle
parlandomi di te in termini di criogenia, arti bionici, addestramenti
HYDRA...”
“E' questo che gli hai raccontato, Nat?”
domandò l'interessato, volgendosi verso la rossa che si era
alzata per affiancare Steve e fuggire lo sguardo sprezzante di Clint.
“Che altro dovevo raccontargli? Ho imparato dal
migliore...” commentò lei indifferente. Ma Steve
aveva notato lo sguardo che le aveva rivolto l'amico. Lo conosceva, non
era passato molto tempo dall'ultima volta che l'aveva visto...
cioè...non era passato molto tempo per lui... Decenni per
loro. Ma Bucky non era cambiato... e conosceva quello sguardo: ferito,
rassegnato... adorante. Aveva molto in comune con Clint,
constatò, sollevando lo sguardo confuso su quello
dell'arciere che, invece, li osservava infastidito. Cosa si era perso?
Cosa gli aveva taciuto Natasha?
“Certo...” replicò James, asciutto,
chiudendo il discorso quasi non volesse approfondire la conversazione.
Quasi temesse di restarne coinvolto.
Cap ricordò le parole della rossa. Sul finire della Guerra
Fredda il loro rapporto si era guastato e, alla fine, lei aveva vissuto
il ritorno di Barnes in America come un tradimento. Ma qualcosa non
quadrava: la rapidità di risposta dell'amico poteva passare
per fastidio solo a un occhio superficiale. A lui, invece, sembrava che
cercasse di trattenersi dal dire qualcosa di spiacevole o
compromettente. Quale tassello mancava per capire il quadro completo?
Si stava interrogando sui rapporti tra i due quando la sua attenzione
fu calamitata, ancora una volta dalla donna in bianco che stava
battibeccando con Tony.
“Non era Coulson l'Agente di Collegamento?”
“Coulson non è la tua balia personale,
Tony!”
“Meno confidenza, Agente! Posso capire che sia affascinata
dalla mia carismatica personalità ma io ora
sono....”
“E non tutte le donne sbavano ai tuoi piedi...”
replicava la donna con fare altero e sicuro, genuinamente divertita
dalla supponenza del magnate “Quindi vedi di rigare dritto se
non vuoi che ti sbatta dentro per il primo motivo che mi viene in
mente...”
“Scusa...” domandò Steve abbandonando a
loro stessi i due ex-agenti del KGB e infilandosi in quel battibecco
che sembrava troppo spontaneo e cameratesco per essere comportamento
consono per un ufficiale. Non che Tony potesse notare la
benché minima differenza... “Hai detto di
chiamarti Carter...”
“Sharon Carter...” confermò lei dandogli
una poderosa stretta di mano che lo lasciò esterrefatto.
“Sei, per caso, parente di...” cominciò
che la donna lo zittì, esibendosi in una posa compiaciuta e
strafottente.
“Sì! Sono la nipote di Peggy Carter... Era mia
zia...” confermò con un ghigno mentre attendeva
che Tony recepisse il messaggio
“Cosa?” strepitò quello, infatti
“Siamo cugini, scemo!”
1 Fenris, Fenrir o Fenrisúlfr.
Si tratta sempre dello stesso cane nero che abbiamo già
incontrato in precedenza.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Bene, come avete avuto modo di leggere, la squadra si è
definitivamente ricomposta. Fuochi d'artificio con Clint? Aspettate e
vedrete.
Quanto a Sharon beh... la cosa che sia cugina di Tony è una
forzatura tutta mia derivata dal fatto che ho fatto sì che
la madre fosse anche la Peggy Carter vista nel primo film di Cap. Il
rapporto di parentela tra le due non è una
novità, visto che lo status cambia di volta in volta da
sorelle, cugine, zia-nipote etc.
:) ecco... solo questa precisazione.
Fury? eh eh eh Ha beccato i figli del Barone Von Strucker e Val sembra
aver tradito come da disposizioni iniziali. Ma vedrete che la spia
delle spie se la caverà anche questa volta.
;) a presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Costretto ***
9.
Costretto
Una secchiata
d'acqua gelida lo risvegliò dal suo torpore.
Trasalì per un attimo, prima di ricordarsi dove fosse. La
stanza spoglia e buia, illuminata solo da una squallida lampadina al
centro del locale, sembrava voler essere una sala interrogatorio
vecchio stampo.
“Allora
è proprio vero... Niente L.M.D., 'sta volta!”
ghignò maligna una voce di donna.
Andrea.
Doveva
immaginarlo.
Quale doveva
essere l'effetto del siero? Ah sì, permettere loro di
stenderlo con un comando a distanza e, successivamente, renderlo inerme
ma vigile. Peccato per loro, che la seconda parte del loro piano fosse
del tutto inefficace. Cristo, però, la scarica l'aveva
sentita comunque!
Ma tutto era
andato secondo i piani e avrebbe avuto da ridire sulle convinzioni di
Andrea circa il pisolino che si era concesso dal momento in cui era
stato catturato.
Aveva alterato il siero un po' a caso e il risultato l'aveva portato a
risvegliarsi già durante il trasporto. Anche se non poteva
sapere se si trovavano ancora a Kyoto o chissà dove in giro
per il globo. Non potendo parlare e non potendo contemplare alcun
paesaggio, coperto come si era trovato da un telo di spesso cotone, si
era riaddormentato presto, annoiato.
Valentina era,
probabilmente, presente in sala, fingendosi ancora sotto il controllo
dei Von Strucker. D'altronde, perché avrebbero dovuto
dubitare di lei? Il segno dell'iniezione violenta, rosso e gonfio, era
ancora ben visibile sul collo esposto e la voglia di grattarsi era
tremenda: aveva dimenticato quanto fosse sensibile come parte del
corpo. E a proposito di corpo...ora che ci faceva caso notava come
fosse stato denudato quasi
completamente. Per decenza gli avevano lasciato solo la benda.
Bontà loro. Non si fidavano di lui, e a ragione. Ma era una
mossa che aveva calcolato. Così spogliato e perquisito non
si sarebbe potuto liberare neanche nel caso in cui fosse stato libero
dal loro condizionamento dato che i polsi erano ammanettati dietro la
schiena. Non che fosse un gran stratagemma per immobilizzarlo. A meno
che non si affidassero ancora al siero paralizzante. Probabilmente lo
avevano sottovalutato, ancora una volta, e ritenevano che il contorto
piano orchestrato ai suoi danni con la complicità di Loki,
del CSM, di Val e Dum Dum e di chissà chi altro, fosse
sufficiente a metterlo nel sacco.
Stirò
un sorriso compiaciuto.
“Lo
trovi divertente, Nick?” domandò ancora la donna,
affacciandosi nello spicchio di stanza illuminato. La particolare luce,
intensa e direzionata, che calava dall'alto come una mannaia, le
scavava il volto e le lasciava profonde occhiaie sulle guance.
“Oh,
credimi... dannatamente eccitante...” rise lui di rimando,
deciso a stare al suo gioco.
“Lo
penso anch'io... Andreas non è altrettanto
d'accordo...” Poco più in là,
dall'ombra, un grugnito infastidito arrivò in risposta.
Tombola! Erano
tutti lì. Se c'era Andreas c'era sicuramente anche Val.
Ottimo!
“Hai
così paura che possa aggredirti da arrivare togliermi tutto?”
replicò sarcastico il guercio “Sai che potrei
essermi fatto innestare un condensatore laser sotto la benda,
vero?”
“E tu
hai sempre così tanta voglia di scherzare...”
ghignò lei passandosi la lingua sulle labbra. Esattamente
come avrebbe fatto un serpente che annusasse la paura della preda
“...Sei pericoloso anche così, lo sai? Sei pur
sempre un uomo e sei pur sempre... armato...”
sibilò afferrandogli il mento con la mano artigliata di
lunghe unghie fresche di manicure e gli impose prepotentemente un bacio
violento. Un gesto di sfregio, di possesso, che di affettuoso non aveva
proprio nulla. Mancò poco che, per tutta risposta, lui le
mordesse quella sua linguaccia velenosa. Più che disgustato
da quel gesto, fu il pensiero di qualche brutta malattia a balenargli
nella mente. Paura idiota, visto che era coperto contro qualunque tipo
di infezione, anche quelle che, nel mondo comune, risultavano ancora
malattie incurabili.
Ma fu Andreas, il
fratello, a interrompere quella situazione sgradevole.
Strattonò la sorella, la trascinò lontano dal
guercio con un'imprecazione e la baciò di rimando con foga e
urgenza, quasi a cancellare il contatto che lei aveva avuto con
l'agente S.H.I.E.L.D.
A quel punto, fu
il turno di Val sbigottire. In quell'oscurità, Fury
avvertì distintamente la sua sorpresa e il suo respiro che
si interrompeva a metà. Per quel che lo riguardava, lui e
Dum Dum già sospettavano della cosa e non ne rimase
più di tanto sorpreso anche se vederlo dal vivo, a
differenza delle congetture tipiche delle chiacchiere da bar, gli diede
comunque un certo fastidio atavico.
Dio! Erano
fratelli!
E se quello era
ciò che si concedevano in pubblico, non osava pensare cosa
succedesse quando restavano da soli, soprattutto conoscendo gli
elementi in esame.
In ogni caso, a
fargli davvero specie fu più che altro vedere Andrea
sciogliersi a quel modo, lei, una novella valchiria gelida e crudele.
Sarebbe stato come vedere l'integerrimo Capitan America ubriaco e
delirante.
Andreas si
allontanò di dosso la sorella tirandole con una certa
gentilezza brutale i capelli biondi in cui aveva affondato la mano.
“Non farmi più di questi scherzi...”
ringhiò a monito, prima di retrocedere
nell'oscurità e lasciarli nuovamente soli.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
“O.MIO.DIO!”
urlò con la pelle d'oca additando disgustato la donna
“Tu sei QUELLA Sharon!” Tony Stark, evidentemente
colpito da singolari quanto traumatici ricordi, sedeva praticamente in
braccio a Henry Pym nel disperato tentativo di frapporre tra
sé e la bionda agente dello S.H.I.E.L.D. quanto
più spazio possibile.
“Ci
siamo persi qualcosa?” domandò Steve, dando voce
al pensiero di tutti.
“Tu sei
quell'odiosa marmocchia che mi ritrovavo per casa quelle rare volte che
tornavo a casa dal collegio!” aggiunse per dare
(più a se stesso che ai suoi ospiti) una collocazione nella
sua vita a quella sfrontata che lo osservava con raccapriccio.
“E tu
sei quello stupido viziato del mio cuginetto ricco e nerd...”
“Cosa
ci fai qui? Vattene subito! Non ti voglio qui!
Sciò!” urlò isterico mentre Pym roteava
seccato gli occhi, valutando se andarsene prima di gonfiare l'amico di
botte. Allora non ci sarebbe stata astronave di sorta che l'avrebbe
reso presentabile in poco tempo.
“Non ti
sembra una reazione un tantino esagerata?” domandò
Natasha, mani ai fianchi
“Questa
disgraziata mi mordeva!” precisò il magnate
“Come un cane! Ogni volta finiva che mi mozzicava! E la colpa
era sempre mia, ovviamente!”
“Chissà
tu cosa le facevi” la difese Steve immaginando un piccolo
Tony, mandrillo e arrogante già da piccolo.
“Mi
tirava le trecce” rispose quella, pacifica.
“E tu
sfasciavi le mie macchine!” protestò l'altro di
rimando “Eri un incubo!”
“Colpa
tua che non mi permettevi di giocarci... me le strappavi di mano e davi
la colpa a me se nella contesa i delicati
meccanismi uscivano fuori sede o allineamento”
replicò la bionda, fermissima e per nulla impressionata
“Non
erano comuni macchinine, erano... Dio!” boccheggiò
stremato passandosi entrambe le mani sul volto in un gesto nervoso
“Sei una strega! Sparisci! Vai a sfasciare gli Helicarrier,
va'!”
“Ci
pensano da soli a schiantarsi ogni martedì, non
temere...” replicò la donna accomodandosi sui
divanetti liberi dirimpetto a lui
“Cosa
fai??? Ti ho detto di sloggiare, parassita!”
“Me
l'ha ordinato Fury... neanche a me garba molto l'idea...”
“Me ne
fotto del cioccolatino col buco in faccia!”
“Non era il buco con la menta intorno?”
gracidò Wade disteso sulla soglia a guarire. Come sempre,
venne bellamente ignorato.
“Cugina...
mi pare che i tuoi agenti siano persone adulte e responsabili...che
sanno badare a loro stessi...”
Sharon
sollevò un sopracciglio, divertita “Chi? Due che
si son fatti soggiogare dagli alieni e uno a cui mezzo secolo fa fu
fatto il lavaggio del cervello?” Parole che fecero ghiacciare
il sangue a Tony. “No, caro! Io rimarrò qui,
insieme a loro. Che tu lo voglia o no. Quindi vedi di liberarci una
stanza.”
“Oh,
beh...” commentò Steve, colpito “Penso
che andremo molto d'accordo...”
“Sa
come mettere a tacere Tony...” concordò Natasha
“Che
schifo...” sibilò acido Clint, in disparte,
rompendo con quel commento la strana armonia di quel battibecco. Tutti
si volsero a osservarlo e lui non fece nulla per ricacciare quegli
sguardi. Jessica gli andò in contro, sperando di calmarlo
parlando con lui. Ma l'arciere la respinse in malo modo. “Non
crediate che, perché sono stato costretto a venire qui, sia
felice di questa situazione disgustosa!”
“Quella
è la porta, Legolas...” lo rimbeccò
Tony, già nervoso di suo, con un gesto stanco.
“Non mi
provocare, Stark...” lo avvertì quello sul piede
di guerra.
“Clint...”
lo redarguì anche Barnes, avvicinandosi.
“Ah,
taci, per cortesia... proprio tu vieni a farmi la predica? O sei solo
masochista?” disse staccandosi dalla parete, pronto a
rintanarsi nella sua nuova
stanza. Cercò di evitare il pensiero che, forse, ora non
esisteva più una stanza per Cap o per Nat,
perché, con ogni probabilità, lui aveva preso il suo posto.
“Sei davvero felice che il tuo idolo si sbatta la donna che
ami? E lo faccia davanti a te? Fantastico! Complimenti! Ottimo esempio
di sublimazione! Buon per te! Ma io non sono te!”
“Barton!”
ringhiò Barnes, visibilmente alterato ma anche spaventato.
Ma Bucky non fece
in tempo ad aggiungere altro che, leggera e silenziosa come una
farfalla, Natasha era comparsa tra loro. Un sonoro ceffone
riecheggiò nella sala, lasciando l'arciere col volto girato
di lato e un segno rosso sulla guancia.
“Se hai
qualcosa da dirmi, dimmela in faccia!”sibilò la
spia ancora vestita a festa, quasi irriconoscibile con quella parrucca
nera.
“Chi ti
dice che io abbia qualcosa da dire a una puttana come te?”
ringhiò lui di rimando, tornando a fronteggiarla con occhi
fiammeggianti. Le sue parole, così dure e offensive, fecero
trattenere il fiato agli astanti che temevano lo scatenarsi di una
rissa.
“Come...?”
alitò sorpresa la zarina.
“La
vecchiaia si fa sentire? Sei diventata sorda? Voi russe, slave
dell'est, siete tutte uguali, pronte a cambiare bandiera per
assecondare il miglior offerente e trarne il maggior profitto... Dimmi,
Natasha, io che vantaggi ti davo?” domandò con
fare volutamente provocatorio. Cercava lo scontro, era palese.
“Ora
basta, Clint!” intervenne Jessica, ma il collega non la
degnò della minima attenzione.
Se la
scrollò di dosso e, senza smettere di fissare la spia,
continuò. “Mi domando se tu un cuore non ce
l'abbia... usare così me,
Bucky....”cominciò a enumerare senza staccarle gli
occhi di dosso.
“Clint,
sta zitto!” intervenne ancora il Soldato d'Inverno.
“Non so
di cosa parli...” replicò la rossa, sicura, anche
se sembrava che quelle parole l'avessero destabilizzata. Usare Bucky?
Come? Di che parlava?
“...E
ora Steve.” concluse Clint senza freni “Il povero,
ingenuo e puro Capitano riemerso dai ghiacci e fermo al secolo scorso.
Dev'essere uno spasso usare i tuoi trucchetti su di lui... se ci riesci
tanto bene con noi, figurati cosa può succedere a una mente
tanto semplice e fragile...”
Clint era
giustamente arrabbiato. Lo sapevano tutti e nessuno lo biasimava. Aveva
il coraggio di lavare i propri panni sporchi in pubblico, mettendo
così in guardia tutti i presenti sulla
pericolosità della donna. Poteva scegliere, indubbiamente,
toni più pacati e un linguaggio meno offensivo, ma
l'emozione che sgorgava sincera, comprensibilmente lo travolgeva.
Era una cosa che
capivano tutti e per cui nessuno si scompose. Tutti tranne uno.
Clint non lo vide
arrivare, nonostante la sua visione perimetrale e la prontezza dei suoi
riflessi fossero leggendarie.
Un destro lo
scaraventò a terra, lasciandolo boccheggiante e dolorante.
Quando alzò lo sguardo, trovò Cap che troneggiava
su di lui. “Chiedile scusa!” Intimò.
“La
ragazza sa difendersi da sola, sai? Così sembri solo un
vecchio sciovinista...” sputò con arroganza verso
quello che era stato il suo idolo di ragazzino prima di rispondergli
per le rime con un gancio sotto il mento per allontanarselo di torno.
Incassato il
colpo, Steve si raddrizzò quasi non fosse successo nulla
“Ho detto: chiedile
scusa!” ripeté mentre con un dritto
centrava in pieno Clint, nonostante questo si fosse mosso rapidamente
per evitare l'impatto.
“Non
avresti spaccato il muso ai nazisti senza giusta causa ma sei pronto a
pestare me: fantastico! Devo averti proprio fatto
incazzare...” ironizzò l'arciere tenendosi il naso
sanguinante con una mano, barcollando lontano dal suo avversario.
“Sono
uomini come te, soldato, che mandano in malora questo Paese”
ringhiò Steve, disgustato, andando ad afferrarlo per il
bavero.
“Tieni
giù le mani...” replicò Clint con
occhio feroce, abbandonando ogni sarcasmo, e costringendo l'altro ad
allentare la presa “Non mi toccare, Cap, o, quanto e vero
Dio, ti denuncio per molestie!”
“Il
sexual harassment funziona anche sui maschi?”
domandò Tony, interessato, al suo maggiordomo
-Faccio una
rapida ricerca, signore-
“Se...
Che?” domandò Steve confuso e spiazzato da quel
cambio repentino d'argomento.
“E' un
atto dei diritti civili, riguardante la discriminazione sul posto di
lavoro, redatto nel 1964, quando tu eri Capitan Findus...”
spiegò Tony, più tranquillo ora che l'attenzione
di Sharon era stata calamitata dal confronto tra i due agenti.
-Signore...-
l'interruppe Jarvis, zelante -La legge fu inizialmente estesa per
correttezza ad ambo i sessi e mai rettificata, anzi si è
estesa ed evoluta... Invero, vi sono numerosi casi di denuncia anche da
parte di uomini, un fenomeno in crescente aumento. Al riguardo, trovo
strano che le Sue ospiti non abbiano mai sporto denuncia contro di
Lei...-
“Questo
commento gratuito te lo potevi risparmiare. E comunque io non faccio
nulla!” replicò Tony mettendosi a litigare col suo
maggiordomo “Mica le fischio per strada e non le
discrimino... la mia CEO è Pepper!”
“Ecco!”
stava ringhiando Clint “... non ti prendere tutta questa
confidenza solo perché abbiamo lavorato assieme!”
sentenziò arrogante “O perché lei te l'ha
data...”
“Non ho
capito... si riferisce alla confidenza o...?”
domandò Wade spezzando, con la sua battuta fuori luogo, la
tensione che aleggiava sul gruppo da quando gli agenti S.H.I.E.L.D.
erano piombati alla torre.
“A
parte gli scherzi... Credo proprio che voi due dovreste
parlarvi...” commentò Bucky beccandosi, in
risposta, un'occhiataccia dai due litiganti “Mi riferivo a
Clint e 'Tasha!”
“E cosa
vuoi fare? Chiuderli in uno sgabuzzino finché o si
chiariscono o si ammazzano?” replicò sarcastica
Jessica.
L'agente Barnes
si volse a guardarla, meditabondo “Potrebbe essere
un'idea...”
“James!”
protestarono in coro Steve e Natasha.
“Oh,
andiamo... finitela di fare i bambini tutti quanti...”
replicò Henry Pym che se ne era rimasto sbracato sul divano
per tutto il tempo
“Credete
seriamente che la nostra coppia di killer provetti possa resistere
anche solo cinque minuti senza ammazzarsi se lasciata a se
stessa?” gli fece eco Tony, scettico.
Fu il biondo
agente 13 a sbloccare la situazione di stasi che si venne a creare a
quelle parole. Marciò fino da Clint e, con poca grazia, lo
strattonò lontano dal gruppo, ignorando le sue proteste.
“Dannato vecchio!” sibilò, senza
spiegare con chi ce l'avesse, mentre estraeva un piccolo cilindro
metallico dalla tasca laterale dei pantaloni. Prima che chiunque
potesse intervenire spruzzò qualcosa in faccia all'arciere
che già si teneva il naso sanguinante e che, tossendo
convulsamente, smadonnò irritato allontanandosi dalla donna.
“Ecco, cugino... ora puoi lasciarli da soli..”
replicò serafica e soddisfatta Sharon Carter tornando ad
accomodarsi.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Eccoci alla resa
dei conti. :)
Dunque, Fury lo
lasciamo un po' nelle grinfie dei Von Strucker (ma ci sarà
davvero da fidarsi di Val?). Quanto ai ragazzi...beh... il confronto
Cap-Clint l'ho voluto più che altro per ricordare come Cap
abbia menato davvero Clint nei suoi primi giorni da recluta. Per
insegnargli che non può contare solo su arco e frecce e che
doveva imparare anche altre tecniche, ma questo è un
dettaglio.
Quello che
è più interessante è il fatto che si
avvicina il confronto tra l'arciere e la spia. La prossima settimana
capirete come mai Sharon ora si senta tranquilla a chiuderli in una
stanza assieme. :)
Quanto a Bucky,
non approfondirò troppo ma avete già avuto degli
accenni su quello che è successo a lui e a Nat... :)
E con questo
chiudo.
Buona settimana a
tutti voi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Delitto e castigo ***
10.
Delitto e castigo.
Nella sala il tempo sembrava essersi fermato. Gli astanti, chi
sbigottito, chi allarmato, chi semplicemente incuriosito, aspettavano che
l'agente 13 si degnasse di spiegare il suo comportamento. Ma la bionda
non sembrava interessata a fornire alcun tipo di giustificazione.
Tipico delle spie, pensò Tony con una punta di sarcasmo. Non
era comunque ancora chiaro cosa diavolo avesse spruzzato in faccia
all'agente Barton che, a sua volta, sembrava più seccato che
destabilizzato. Nulla di tossico dunque...o no?
“Che diavolo gli hai fatto, Sharon?” fu Jessica, la
cosiddetta donna-ragno per l'abilità innata che aveva di
sedurre uomini di ogni tipo e manovrarli come burattini a suo
piacimento, a spezzare quel muro di imbarazzato silenzio. Non si faceva
molti problemi a comunicare le sue emozioni, dall'ignoranza al disagio.
Era una donna schietta, diretta. A volte, però, il suo
atteggiamento sincero risultava troppo duro e insensibile e finiva per
allontanare le persone che la circondavano. Tanto meglio -pensava la
donna cercando di ignorare quanto quei comportamenti la ferissero,
mascherando il tutto con un manto impenetrabile di
superiorità: evitava di spendere energie in relazioni
fasulle o deboli che col tempo si sarebbero logorate comunque. E poteva
benissimo fare a meno di chi non l'apprezzava. Fortunatamente, era
brava nel suo lavoro e quindi non restava mai sola ma, per quanto
dispotica, risultava comunque avere ottime doti di comando. Al momento,
però, era allarmata dal comportamento scostante della
collega e la notizia che avesse dei sospesi con l'ospite di casa, non
la tranquillizzava: poteva pure avvelenare Clint tanto per fare
dispetto a Tony? No...ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
“Il famoso inibitore di aggressività che Fury usa
quotidianamente...” replicò lei tranquilla, un
ghigno sulle labbra che calmò Jessica e allarmò
Tony “Così, la Vedova è sistemata. E
dubito che l'agente Barton alzerebbe mai seriamente le mani sull'agente
Romanoff...”
“Chitauri a parte!” borbottò Tony poco
convinto dagli esperimenti della cugina. Ripensò ai filmati
di sorveglianza girati nei cunicoli dell'Helicarrier, tra il ponte di
comando e l'hangar, cunicoli usati solo dai tecnici per le riparazioni.
Li aveva visionati giorni dopo aver rispedito Loki a casa e aveva
notato come i due agenti riuscissero a muoversi con la grazia e la
fluidità di due ginnasti olimpionici, fluidità
dettata da anni di allenamenti, pur in un ambiente a loro ignoto.
Nessuno dei due, chi per il bene dell'altro, chi perché
soggiogato, si era trattenuto. Attaccato al monitor, era sbiancato. Se
non avesse saputo che le cose si erano risolte per il meglio, avrebbe
urlato per l'angoscia di non sapere come sarebbe finita quella
situazione così dannatamente equilibrata. Il colpo in testa
all'arciere gli aveva liberato i polmoni e l'aveva lasciato ansimante
alla console. Ironizzava sulla loro strana relazione ma quei due erano
così letali che dovevano per forza andare d'accordo. Se uno
dei due, minimamente, avesse sgarrato, l'altro non avrebbe esitato un
istante a rimetterlo al suo posto. Per questo si era stupito quando i
due avevano “rotto” a causa di Rogers: si aspettava
una reazione ben più sanguigna da parte di entrambi. Invece
erano riusciti a gestirla in maniera quasi normale.
Rabbrividì al ricordo: ecco un altro tipo di relazione che
non voleva assolutamente instaurare con Pepper. Dannazione.
Più si guardava attorno più notava come fosse
circondato solo da casi speciali e patologici. Oddio, lui non era poi
così normale e forse bastava a dare quel giro eccentrico al
loro sodalizio. Ma forse tutte le coppie, anche i normali civili che
abitavano al di là della sua torre adamantina, erano
fondamentalmente ciascuna un po' singolare e strana. Tornò a
fissare la spia dai capelli rossi e a valutare quanto sapeva della
donna per valutare le parole di Sharon: una volta ricevuto un incarico
lo avrebbe portato sicuramente a termine, a meno che il suo obiettivo
non indossasse quel particolare odore che agiva a livello subconscio,
preservandolo. Forse Clint era davvero al sicuro. Ma lei? Certo si
sapeva difendere e lui non era più soggiogato. Ma -come
suggeriva il tarlo che Susan Storm gli aveva piantato nel cervello-
anche l'amore poteva non trattenere un uomo dal fare qualcosa di cui si
sarebbe pentito successivamente.
“...Ora anche lei non andrà oltre un ceffone o
poco più...” stava dicendo Sharon con
professionalità, a corollario della sua spiegazione.
Tony lanciò un'occhiata sbilenca all'arciere che Sharon
intercettò. Spostò il peso del corpo sull'altra
gamba, a richiamare l'attenzione del magnate. Gli sorrise bonariamente,
lasciandogli intendere che aveva capito per cosa fosse preoccupato.
“Benissimo! Jarvis...” chiamò allora
Tony “Metti i nostri due agenti -una coppia di provetti
assassini, lo ricordo a tutti i presenti- in quarantena!”
- Signore...- rispose l'androide con fare puntiglioso -Noi non abbiamo
una cella detentiva per la quarantena-
“Beh, creala!” replicò il magnate con
aria di sufficienza, quasi il maggiordomo fosse uno scansafatiche e
lavativo.
Interdetto da quella richiesta, il robot impiegò qualche
secondo per ricalibrare il suo cervello positronico. Ai presenti
sembrò quasi potesse sbuffare, ma il maggiordomo,
semplicemente, stava valutando come ottemperare all'ordine del padrone.
- Se i signori volessero seguirmi, cortesemente...- disse quindi,
rivolgendosi agli agenti, prima di incamminarsi lungo i corridoi
“Prima donne, vecchi e bambini...”
ghignò Barton affettando un inchino.”A quale
categoria appartieni, 'Tasha? A tutte e tre...?”
Natasha lo fulminò con lo sguardo e, senza dire una parola,
ticchettò via sulla scia dell'androide, strappandosi la
parrucca nera e cominciando ad abbassarsi la zip posteriore dell'abito
nero da sera di cui non si era ancora liberata e che avrebbe mollato da
qualche parte dopo aver rubato a qualcuno una maglia e un paio di
pantaloni: a un robot mica servivano i vestiti, no?
“Oddio...che giornata...” commentò Tony
ributtandosi sul divano “Manca qualcuno all'appello? Deve
succedere qualcos'altro?”
“L'invasione aliena e la bomba atomica l'abbiamo
già avuta...” Commentò sarcastico Pym a
cui ancora rodeva il fatto che la moglie avesse tagliato la corda a
quel modo.
Tony non fece in tempo a rilassarsi e a chiedere al suo ferrovecchio di
fiducia un drink -il più forte che avessero in dispensa- che
un urlo animalesco proveniente da qualche piano sopra le loro teste,
scosse le pareti in cartongesso della sala in cui erano riuniti.
“E ora cosa cavolo succede?” Domandò
esausto. Nonostante dai piani superiori provenissero suoni di dubbia
origine, quasi fosse in corso un'altra invasione, Tony e Pym rimasero
comodamente stravaccati a sorseggiare i loro drink, immersi ciascuno
nei propri pensieri.
Fino a quando la loro quiete non venne disturbata prima dal rumore di
vetri infranti e quindi da un boato che nulla aveva di normale. I due
scienziati saltarono sul posto, insieme a quanti erano rimasti in sala,
e si guardarono perplessi mentre uno strano venticello andava a
scompigliare loro i capelli “Quello era il boato di un
oggetto che infrange la barriera del suono...”
commentò Stark tendendo l'orecchio.
Pochi minuti dopo, quando la calma si fu ristabilita e le tende
tornarono a penzolare placide lungo le finestre, un ticchettio nervoso
li raggiunse dalle scale. “Datemi qualcosa da
bere...” ringhiò Mystica ricomparendo in sala, il
volto corrucciato, i capelli arruffati e la pelle azzurrina screziata
da quello che sembrava essere sangue fresco. Nonostante la pelle blu,
gli occhi gonfi carichi di pianto e la voce roca e stridula non
lasciavano a intendere nulla di buono.
“Fai anche due...” aggiunse Logan comparendo come
un'ombra alle sue spalle, silenzioso come un felino. Non aveva gli
occhi lucidi, ma qualcosa nel suo modo di comportarsi (soprattutto nei
riguardi della donna, un fare quasi protettivo), nella sua voce, ferma
e secca, e nella postura (le spalle scese, quasi un dolore immenso
attanagliasse il suo cuore immortale, indicavano che fosse partecipe di
qualunque cosa agitasse la mutaforma.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
L'ampia stanza che accoglieva lo studio personale della donna era
ancora avvolto nella penombra quando vi penetrarono. Un interruttore
scattò morbido e un tenue ronzio si diffuse, accompagnando
il fluido e rapido movimento delle persiane che, nel giro di un minuto,
si erano impacchettate ed erano state fagocitate dal soffitto, nel
lungo e stretto alloggio predisposto. Un sole caldo e accogliente
penetrava ora nella stanza con un'inclinazione dolce che rendeva la
luce quasi soffusa “Accomodatevi...” disse
Virginia, indicando le poltroncine in un angolo della stanza, lontane
dalla scrivania laccata.
Janet e Kurt, che la seguivano dappresso, si inoltrarono nel ambiente
arredato con gusto nonostante le apparenze spartane. Un vaso,
contenente un paio di Fanfugium rossi come il fuoco, risaltava
immediatamente tra le pareti color crema della stanza e contribuiva a
delineare la personalità del suo occupante: forza e
semplicità, grazia e determinazione.
“Dunque... il kit, il kit... dovrebbe essere
qui...” farfugliò Pepper rovistando tra i cassetti
perfettamente ordinati.
“Ma no, sto bene, non ti devi preoccupare...”
protestò il teleporta improvvisamente a disagio per tutte
quelle premure.
“Su, siediti!” lo incalzò Janet,
dolcemente, accompagnandolo.
Kurt si strinse nelle spalle e lasciò che il peso gentile
della mano della donna sul suo braccio lo trascinasse in basso. La coda
guizzò e trovò rapidamente un anfratto
accogliente in cui insinuarsi tra i cuscini di pelle.
“Ecco qui!” esultò Pepper, tornando con
una raffinata scatoletta intarsiata e prendendo posto all'altro lato
del sofà. Quando aprì quello scrigno intarsiato,
il suo contenuto sorprese il mutante, che si aspettava rotoli di garze
e cerotti, creme e unguenti, siringhe e termometri.
Invece, non c'era altro che una sorta di carillon da cui si sprigionava
un intenso aroma di tiglio. E gelsomino. E forse lavanda. Ma lui non
era un segugio come Wolverine. Di profumi ne sapeva ben poco.
Pepper ne estrasse un panno e lo inumidì con il contenuto
della boccetta al suo interno, quindi lo porse a Kurt, la cui coda
tamburellava sulla pelle tesa in palese segno di curiosità.
“E'...caldo..” disse prendendolo in mano
“Una reazione chimica... L'effetto è quello delle
salviette dei ristoranti cinesi e giapponesi...”
“Sa di... sandalo...?” commentò ancora
il teleporta
“E' il mio trucco per sopportare Tony...”
replicò la donna poggiando la scatola sul piano d'appoggio
offerto da un basso tavolinetto di vetro dalla forma morbida e moderna.
“Credo che, dopo la tirata d'orecchi di Logan, possa
giovarti...”
“Grazie del pensiero.. ma siamo abituati a...”
replicò il teleporta che, però, non ritrasse la
mano dotata di sole tre dita, tozze e strane, quando Pepper la prese
quasi a volerla pulire con quella salvietta. Nessuno -nessun umano- era
mai stato così gentile nei suoi confronti e accolse
egoisticamente quel gesto benevolo.
“Riguarda Rogue, non è vero?”
domandò Janet, poggiando la mano su quella libera del
giovane mutante che giaceva abbandonata sulla gamba e stretta
involontariamente a pugno.
Kurt rilassò la stretta quando il tocco di lei gli
palesò la sua propria reazione a quel nome.
Accennò appena una risposta affermativa con la testa e,
preso il panno dalle mani di Pepper, se lo passò sul volto,
inalando la benefica essenza, sperando di cacciare i fantasmi che
aleggiavano nella sua mente. Avrebbe voluto scomparire, inghiottito da
quelle benevole volute ma, per il momento, si accontentava di
nascondervi la faccia da demone “Non volevo farle del
male...” disse in un rantolo angosciato.
“Ma certo che no!” sbottò Janet,
comprensiva.
“Credo che la reazione di Logan fosse solo il suo modo di
mostrare preoccupazione...” si aggregò anche Pepper
“Poteva esprimerlo in modo meno... meno!” la
rimbeccò Janet quasi Pepper fosse la portavoce del canadese.
“Credo che non lo si possa biasimare per aver avuto una
reazione così...violenta..” lo scusò
Kurt riemergendo dal pezzo di stoffa “Più di
altri, conosce le ombre che io e Gambit ci trasciniamo dietro.
Perché lui è il primo a vivere coi suoi
fantasmi...”
“Non vedo quali scheletri possa avere un ragazzo dolce come
te...” lo rimproverò Janet, sorridendogli e
posandogli la mano sulla guancia azzurrina, segnata dagli zigomi alti e
teutonici.
“Più di quanti tu non creda. La mia vita
è stata un continuo tentativo di redenzione... ma,
evidentemente, la mia anima è troppo macchiata per poter
sperare in un miracolo. E ciò si manifesta colpendo le
persone a me care...” notando lo sguardo spaesato delle due
donne, inalò ancora la sostanza che, ora, gli sembrava
stranamente calmante. “Io sono il frutto di un concepimento
contro la volontà di mia madre, Mystica... la donna che ha
fatto irruzione poco fa, chiedendo di Rogue... e di quello che
è considerato un demone, Azazel. E che scomparve nel
nulla.”
“Il tuo aspetto demoniaco non è specchio del tuo
animo..” lo corresse Pepper “O per primo
condanneresti all'estinzione le persone sfiguratesi per salvare la vita
a qualcuno? O chi nasce storpio per un difetto congenito? O,
semplicemente, chi è diverso, chi non corrisponde ai canoni?
Proprio tu fai un discorso simile? Un X-man?”
“No, certo che no... ma non sarei così sicuro
della mia indole. Mia madre mi abbandonò appena nato... non
voleva una creatura impossibile da nascondere agli occhi della gente:
lei non si sarebbe mai salvata, altrimenti, dal linciaggio di cui
rischiava di cader vittima. In più, le ricordavo la violenza
subita. Se anche non fossi un vero demone, forse avrei meritato davvero
di morire, quella notte. Le colpe dei padri ricadono sempre sui
figli” recitò assente
“Quante scemenze!” lo rimproverò Janet
“Ma il destino si oppose a una mia rapida dipartita: dovevo
espiare il mio tentativo di mimetizzarmi con gli uomini. Venni accolto
e cresciuto da una famiglia di nomadi circensi. Che mi crebbero con
amore... e che io ripagai con l'omicidio di uno dei loro
figli...” ammise in un sussurro, prima di continuare con la
sua confessione “Non intenzionale, certo. Fu un incidente e
loro mi perdonarono... soprattutto mia sorella Amanda...”
sospirò, affranto, e cercò ancora coraggio nella
salvietta tiepida e profumata “Scappai per la vergogna...e mi
ritrovai nuovamente braccato per il mio aspetto. Ma nulla poteva
cancellare la mia colpa. Più volte ho tentato il suicidio,
macchiando definitivamente e per l'ultima volta la mia anima, in cerca
di una pace momentanea, sperando di non dover vedere ancora altra gente
soffrire a causa mia. Ma, poiché fondamentalmente sono un
vigliacco, all'ultimo momento, istintivamente, mi teleportavo altrove,
qualunque fosse la modalità prescelta... Quindi finii nelle
mani di Arma X, pensai di aver trovato, in Terra, l'Inferno che mi
attendeva. Non mi sottrassi mai alle loro crudeltà: me lo
meritavo. Come meritai di condividere la cella con mia sorella e
vederla impazzire dal dolore. Era la mia punizione per il dolore
inferto ad altri...”
Pepper e Janet erano basite da quella confessione. Certo, conoscevano,
per sommi capi, la storia dei mutanti che ospitavano ma quella
particolare visione era a dir poco agghiacciante.
“Gambit, invece... Era un ladro, certo, è stato
sposato con un'assassina, un matrimonio d'interesse, combinato dalle
loro logge. Per quanto i ragazzi potessero essere attratti l'uno
dall'altra, Belladonna tradì, involontariamente, la fiducia
di Remy e lo costrinse all'esilio forzato, convinta di poterlo seguire.
Ma fu una rottura che li separò per sempre e in seguito fu
Belladonna ad accusare Remy di averla abbandonata e di non aver pensato
a portarla con sé. Non tutti lo sanno -è una
persona fondamentalmente riservata nonostante l'aria da spaccone- ma
è figlio di Sinistro, il genetista che sembra essere
nascosto tra coloro che hanno cercato di screditare Tony e che si
stanno muovendo per bandire mutanti e superumani... Sinistro, o meglio,
Nathaniel Essex, era a capo del progetto Arma X. Non sappiamo fino a
che punto Remy fosse consapevole del lavoro del padre. L'unica a
conoscenza di questo dettaglio è Rogue e lei non ha mai
aperto bocca al riguardo. Remy non è un santo, ma voleva
bene a mia sorella. O almeno... voglio sperare che fosse
così, altrimenti non l'avrei mai aiutato...”
“Certo...” lo interruppe Pepper, ancora frastornata
dalla lunga sfilata di assassini, ladri, scienziati pazzi e follie
generali di cui aveva appena sentito parlare.
“Quindi posso capire l'agitazione di Logan ma...”
continuò Kurt, flebilmente
“Ma non credi che Gambit le avrebbe mai fatto del male
volontariamente...” completò per lui Janet.
“No! Può ingannare altri... ma Logan lo avrebbe
smascherato subito se...” stava spiegando, cercando di
descrivere al meglio come i sensi di Wolverine coprissero anche la
gamma delle emozioni che filtrano attraverso il sudore, il battito
cardiaco, il calore corporeo e l'alito.
“Come ha fatto con te...” alitò Janet,
spezzando il filo dei suoi pensieri, prima di alzare, piano, gli occhi
su quelli del mutante, gialli come quelli di un gatto notturno.
“Non... non capisco...” tergiversò lui,
sentendosi preso in trappola, la coda ora ferma e rigida.
“Tu sei innamorato di Rogue, non è
vero?” domandò Pepper, più diretta, ora
abbandonata sullo schienale. Lasciava a Janet il ruolo della
crocerossina “Siamo donne, certe cose non ci sfuggono... non
quando siamo esterne alla vicenda, per lo meno...”
spiegò lei, tranquilla.
“Cosa?” sbiancò il teleporta
“No! Assolutamente, no! Io non... no!”
“Calmati, Kurt!” lo redarguì Janaet
vedendolo andare in iperventilazione “Non diremo nulla... non
a Logan, per lo meno. E se vorrai, nemmeno a Rogue... Anche
se...”
“No! No, vi prego, no! Lasciatela stare!”
Urlò rizzandosi in piedi e facendo oscillare pericolosamente
il tavolino d'appoggio, urtato con le ginocchia nel suo elevarsi
così di scatto “Non deve soffrire ulteriormente a
causa mia...”
“Quindi ci abbiam preso...” replicò
Pepper, per nulla impressionata. Kurt tacque, colpevole, e
abbassò lo sguardo “Sarai ben strano...”
sospirò la rossa “Hai aiutato in ogni modo il tuo
rivale e hai sempre fatto il buffone con lei... Posso capire la tattica
del ti offro una spalla
su cui piangere ma....”
“No!” sbottò lui “Rogue non
deve saperlo!”
“Perché no? Non siete fratelli né avete
mai vissuto realmente come tali, avete scoperto in età
adulta un collegamento tra voi, lei si fida di te e...”
“Soprattutto... ho un dubbio: toccandoti non assorbe questa
conoscenza?” si intromise Janet, ficcante. Ma lui non le
ascoltava.
“Non posso! Ho fatto un voto!” Kurt quasi
gridò. “E un giuramento...”
Pepper e Janet stavano per obiettare che, in epoca moderna, chi
più prestava attenzione a voti e giuramenti? Tutti si
rimangiavano la parola con abili sotterfugi – e talvolta
nemmeno quelli – poteva farlo anche lui, specie se aveva
giurato a un morto o a una qualche divinità.
Ma sentendolo sciorinare sommessamente un rosario, si rimangiarono
quanto stavano per dire. I morti non se ne facevano nulla dei
giuramenti: erano un modo che gli uomini trovavano per non fuggire alle
loro responsabilità, stratagemmi pensati in momenti di
lucidità per altri delle cui azioni, presto o tardi, ci si
sarebbe potuti pentire, un modo per non macchiare l'orgoglio e la
dignità.
Kurt riteneva che il suo affetto fosse qualcosa che doveva essere
tenuto segreto, a beneficio di qualcos'altro. Le due donne si
scambiarono una rapida occhiata e, insieme, desistettero: cosa ne
sapevano loro della vita che aveva condotto gente come lui, delle
sofferenze e degli orrori che avevano visto e di quali fossero le loro
scale di valore morale? Forse avevano sbagliato anche solo a
costringerlo allo scoperto: la loro curiosità aveva
scoperchiato un classico vaso di Pandora, ora richiuso a forza dalla
nenia del mutante. Con ogni probabilità, come nel mito, la
speranza era rimasta intrappolata all'interno mentre gli orrori
straziavano la sua mente.
Quel che era certo, comunque, era che i due fratelli, e i mutanti
più in generale, sembravano essere perseguitati dalla
malasorte, cosa su cui le due donne presero a meditare ciascuna per
conto proprio.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ah ah ah ah
Sorpresona! Su su, non arrabbiatevi per la poca logicità
della seconda parte. :) ma ho voluto fondere due storie in una. O
meglio, due personaggi. Kurt ha davvero amato (solo che poi lei l'ha
mollato) Amanda Shefton, sua sorellastra ai tempi del circo e
l'omicidio di cui si macchiò il demone risale proprio a quei
tempi. La cosa tra i due andò avanti -tra alti e bassi- per
parecchio tempo (a pensarci è sempre Amanda che tagliava la
corda). Quando Kurt era a capo degli X-men (prima del Seggio
Periglioso) e quando riprese il ruolo di leader nel gruppo di Excalibur.
Il suo sciorinare rosari è una strizzata d'occhio al momento
in cui, anni dopo, prese i voti. Mentre la relazione -inesistente,
voglio rassicurare tutti- con Rogue, è un'evoluzione di
quanto lasciato intendere da Claremont in X-Men Forever
(aspetto di leggere il seguito su cui ha lavorato di recente) ma nasce
da un'intuizione letta ancora quando Rogue era una novità in
squadra (siamo negli anni d'oro di Claremont, sempre lui, che per le
sue idee sulla fine degli X-men è stato cacciato di
malagrazia...sempre lui ha fatto prendere i voti a Kurt, anni dopo):
lei, Kurt e -mi pare- Colosso, erano al fiume a giocare allegramente e
Kurt fece un qualche scherzo alla mutante. In quello scherzo, non so
perché, io lessi un qualcosa di più (Kurt non si
prende certe confidenze se non con Kitty, con cui sono amici di vecchia
data e tra i due non c'è nulla): Rogue era nuova, le avevano
appena fatto dei complimenti e i due non sapevano ancora di avere una
donna di nome Mystica in comune nelle loro vite. Se poi teniamo conto
di come Claremont voleva far finire le cose (X-Men Forever)
viene il dubbio che la mia interpretazione fosse pure giusta.
Ad ogni buon conto, la cosa finisce qui. Ma serviva a giustificare
l'eccessiva apprensione nei confronti della donna.
Perché questi sentimenti non arrivano a Rogue? Semplice,
perché quando Kurt vuole farle riprendere il controllo, si
concentra su pensieri positivi, sull'affetto che nutre per lei -lo
stesso fa Logan- e la consapevolezza di un sentimento così
forte la riporta in qua. Proprio il fatto che si concentrino su
sentimenti positivi non ha mai fatto dubitare la mutante della loro
buona fede, tutto qui.
Ora non restano che due domande: cosa succederà tra Clint e
Natasha? E cosa è successo a Logan e Mystica? :) continuate
a leggerlo per scoprirlo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Sentimento e Orgoglio ***
11.
Sentimento e Orgoglio
Kurt gli aveva fatto un ottimo resoconto. Fin troppo dettagliato.
Avrebbe volentieri ammazzato di botte quell'elfo deficiente se non
fosse stato l'ultimo congiunto rimasto a Rogue. O meglio, l'ultimo di
cui le importasse qualcosa.
Arrivato sul pianerottolo, si era fermato, non sapendo bene come
comportarsi.
Come stava reagendo la ragazza?
E lui? Come avrebbe dovuto comportarsi? Non era proprio la persona
più indicata per consolare una giovane donna ferita, per
quanto forte come Rogue. Anche con Betsy era stato difficile. Ma
l'inglesina era in uno stato confusionale tale che aveva potuto
permettersi di essere rude. E tra loro non c'erano particolari legami.
Rogue, invece, era quasi come una figlia. Erano troppo simili e aveva
paura di rompere irrimediabilmente qualcosa. Così come era
già successo a lui stesso.
Rimase un paio di minuti imbambolato davanti alla porta
della camera, non sapendo bene cosa fare, il pugno alzato per
bussare sospeso a mezz'aria. Dall'altra parte arrivavano i bassi dello
stereo da cui fuoriuscivano canzoni di vario tipo a tutta potenza. Una
voce angosciata, strascicata, rotta, smozzicata, straziata e disperata
emergeva tra i bombardamenti ritmati e cori melodiosi storpiando con
cattiveria le parole della canzone di cui cavalcava il ritornello con
crudele sarcasmo o a cui rispondeva a tono: Rogue era irrimediabilmente
stravolta. I stole your
love, urlava con rabbia e lui riconosceva in quelle urla
tutto il dolore che può provare un essere umano. La mutante
non era certo persona che cedeva facilmente ai sentimentalismi ma quel
particolare tipo di sofferenza gli era troppo familiare per poterlo
ignorare. Ringraziò una qualche divinità a caso
di avere un groppo in gola altrimenti avrebbe ceduto a ululati
animaleschi per solidarizzare con la ragazza.
Scosse la testa, cercando di snebbiarsi la mente. In quelle
situazioni, per riportare
la gente alla lucidità e farle ragionare, ci voleva
polso fermo. Il più delle volte un ceffone ben assestato
contribuiva a scatenare l'isteria ma anche a incanalare la rabbia e la
frustrazione verso l'aggressore, portando la persona colpita a
scaricarsi e a rinsavire più rapidamente.
“Aspetta!” tuonò la voce di Mystica alle
sue spalle. Lo affiancò quasi subito e gli
artigliò un braccio. Logan sollevò appena un
sopracciglio, turbato dal comportamento rigido della mutaforma che, a
occhio e croce, aveva una paura dannata di quello che li attendeva
dall'altra parte. Raven aveva già visto Rogue debole e
bisognosa di cure. Ma quello che era avvenuto ad Arma X era nulla al
confronto di un cuore spezzato. E anche lei lo sapeva bene. Tutti loro
ci erano già passati.
Tranne il pivellino arrogante, figlio di cotanto padre, che li
accompagnava con un sorrisino canzonatorio.
“Io entro!” la avvisò prima di calare le
nocche sulla porta.
I colpi suonarono pieni e sicuri e, dall'altra parte, la voce strozzata
si zittì di colpo. Un lampo, in cui immaginava Rogue col
trucco colato, i capelli scarmigliati e lo sguardo confuso da
cerbiatto, gli passò rapidamente per la mente e lo mosse a
compassione. “Rogue, sono io, Logan...” si
annunciò con quanta più dolcezza potesse
esprimere la sua voce gutturale.
“Va' via!” rispose quella urlando con voce rauca.
“Non voglio vedere nessuno, va' via... va' via...”
supplicò con voce sempre più flebile e non ci
volle un grande sforzo nell'immaginarla mentre si rannicchiava su se
stessa, scossa dai singulti.
“Ora entro, che tu lo voglia o no...” disse
beccandosi un'occhiataccia da Mystica.
“Anna, tesoro!” intervenne la donna appoggiando i
palmi aperti delle mani sulla porta che le separava quasi ad annullare,
con quel gesto, la barriera fisica che si frapponeva a loro
“Vogliamo solo parlare... assicurarci che tu stia
bene...”
Dall'interno la musica si era ridotta a un sussurro leggero, mentre
andava scivolando verso il brano successivo. “Non voglio
vedere nessuno... lasciatemi in pace!” borbottò
l'altra in un borbottio appena percettibile.
Logan ruotò gli occhi “Dio, quante
storie...” alitò esasperato. Ok essere gentili ma
ora stavano diventando ridicole tutte e due “Dai,
Rogue...” disse facendo pressione sulla maniglia e
apprestandosi a entrare “Era uno stronzo... amen. Lascia
perdere... evidentemente non era destino. Non che noi non te l'avessimo
detto, beninteso...”
“Non essere sgradevole!” lo rintuzzò la
mutaforma, più allarmata dalle parole del canadese che dalla
violazione della richiesta legittima di Rogue alla solitudine
“Rispetta il suo dolore!”
“Il suo
dolore per chi?”
sbottò spalancando la porta “Per un Casanova come
quel Cajun?”
“Voi siete gli ultimi che dovrebbero aprire bocca sulla
questione!” sputò Rogue vedendoli entrare
nonostante le sue preghiere.
E fu così che la videro rimanendo congelati per un lungo
istante sulla distruzione impregnata in ogni cosa al di là
della porta: la stanza da letto era completamente sfasciata con le
tende che pendevano asimmetriche, divelte dal loro supporto e strappate
come stracci vecchi, la libreria che giaceva su un fianco, ogni pianale
scardinato e ogni volume scompaginato a terra, il letto che sembrava
accartocciarsi su se stesso e una spolverata di piume che imbiancava
tutto il pavimento.
Al centro della stanza, inchiodata davanti allo stereo compatto
miracolosamente incolume su cui era affastellato quel che rimaneva di
un grande specchio, Rogue sedeva con un rasoio di sicurezza (che Logan
riconobbe immediatamente come proprio) aperto tra le mani abbandonate
in grembo, il trucco -più pesante di quello che chiunque le
avesse mai visto indossare- effettivamente colato dagli occhi in tristi
rigagnoli torbidi. Rogue si era cambiata: l'abito da festa giaceva in
un mucchietto appallottolato in un angolo della stanza, quasi avesse
voluto nasconderlo o distruggerlo. Ora aveva un look decisamente
più nel suo stile quotidiano anche se troppo aggressivo
anche per lei. Nonostante fossero capi già in suo
possesso, il loro nuovo abbinamento contribuiva a darle un aspetto
diverso: stivali bassi da motociclista; calze a rete mai messe e per
questo già danneggiate, che lasciavano profonde voragini
punk sulle gambe comunque protette da calze sottostanti più
leggere; una maglia sformata di un designer giapponese, in perfetto
stile wabi-sabi, su un corsetto verde petrolio che arrivava a lambire
il bordo della gonna di cotone con lacci laterali di sapore
squisitamente fetish.
“Si può sapere cosa aspetti?”
urlò Mystica, con un tono improvvisamente isterico nella
voce, spintonando Logan all'interno. Lui si volse appena, perplesso, a
guardarla, confuso “Le vene! Valle a cicatrizzare le vene,
che non faccia qualche follia! Sei l'unico con un fattore di guarigione
decente! Il mio non è altrettanto rapido!”
Capita l'apprensione della donna, anche il canadese si
lasciò prendere dal panico. Si volse subito verso l'X-woman
e, cercando di ammansirla come fosse stata una belva feroce o un
micetto spaventato e parlandole dolcemente e con fermezza mentre si
muoveva con cautela verso di lei, si avvicinò alla ragazza
che, però, si stava rimettendo in piedi.
“Ma quali vene! E dire che dovresti conoscermi!”
urlò Rogue, in tutta risposta “Ti sembro
così fragile da ammazzarmi per un uomo?”
“Io ci sono andato vicino, cocca... e direi che tra i due
sono io quello più resistente...” rispose Logan
con un sorriso triste “Su... ridammi il mio rasoio e usciamo
a prendere una cioccolata calda, no meglio, un gelato... che non
è stagione di cioccolata... ti va?”
“Al diavolo voi e il rasoio!” Urlò
quella lanciando la lama aperta che si piantò come una
freccetta da tiro al bersaglio nella parete già distrutta.
“Oh...” Mystica dovette trattenere un gemito
angosciato e spaventato mentre scorgeva l'uso che la ragazza aveva
fatto della lama. “Rogue...i tuoi capelli...” disse
con una punta di disappunto nel marasma che era la sua preoccupazione.
“Ricresceranno...” sibilò lei, scoprendo
orgogliosamente la rasatura laterale che si era procurata, nel
tentativo di acconciarsi la chioma in una cresta selvaggia che,
però, le ricadeva morbida ai lati del volto coprendo lo
scempio sospeso a metà.
“Anna...” gorgogliò la donna
“Parliamone... ti prego... siamo tutti preoccupati, non lo
vedi? Kurt... io e Logan abbiamo messo da parte le nostre divergenze...
e sicuramente anche Ororo, giù di sotto... stai male...
quando una donna si massacra a quel modo i capelli...” disse
cercando di avvicinarla mentre quella arretrava gradualmente verso
l'ampia vetrata.
“Se fosse così preoccupata, Ororo sarebbe qui con
voi e non a flirtare col suo ex. Si vede che si fida di me
più di quanto non facciate voi: non sono più una
bambina! Lasciatemi in pace, ho bisogno di star sola... fatemi sfogare!
Lo sapete che devo sfogarmi o divento ancora più isterica!
Andatevene!!! Vi prego!” Urlò Rogue con le lacrime
agli occhi “Perché non lo capite mai?”
“Vuoi un bagno caldo? Ti coccoleremo, tesoro... Faremo quello
che vuoi... vuoi che ce ne andiamo? Benissimo... ma ora vienici in
contro... coraggio...” replicò esitante la
mutaforma
“Ho detto: andatevene!
Ora!” urlò la donna prima di emettere una violenta
scossa che fece tremare le pareti e il pavimento della stanza. Logan e
Mystica, destabilizzati, caddero a terra. “Se non ve ne
andate voi...” sibilò la giovane “Me ne
andrò io!”
Con un semplice tocco alla superficie trasparente alle sue spalle, la
sgretolò sotto il suo tocco e, più rapida del
vento, si lanciò all'esterno.
“Dannazione!” urlò Wolverine
affrettandosi, quindi, alla voragine frastagliata appena aperta sulla
giungla metropolitana.
“Fermo!” replicò Mystica aggrappandosi
al suo braccio “Lanciandoti al piano terra e spappolandoti
sul marciapiede non risolverai nulla... Pietro...” disse al
giovane che, per tutto il tempo, aveva assistito alla scena,
apparentemente disinteressato, dalla soglia della porta
“Seguila in capo al mondo. E portamela intera! A costo di
portarmela moribonda!”
“Certo, zia Mysty” ridacchiò il
velocista sparendo immediatamente alla vista.
“Cosa facciamo ora?” domandò la donna,
accasciandosi al suolo, disperata per la fuga di quella che riteneva
sua figlia. Cielo... lei l'amava più di un'amica e di una
figlia... ma dopo lo scherzetto giocatole a Westchester quella la
odiava a morte. Aveva rovinato tutto e solo per il suo bene.
Perché aveva cercato di metterla in guardia sul Cajun dai
terrificanti occhi rossi. “Te l'avevo detto che dovevi
intervenire!” sbraitò quindi a indirizzo di Logan
“Non è figlia mia! E' un'amica...”
replicò quello osservando la distruzione lasciata dalla
giovane nella stanza. “Se tu non fossi stata così
asfissiante forse si sarebbe resa conto di che razza di persona era
Gambit e invece ci si è incaponita per ripicca.”
“E' colpa tua, Dannazione!” urlò la
mutaforma saltandogli addosso con rabbia cieca armata di un frammento
di vetro che piantò nel corpo del canadese con tutta la
forza che aveva in corpo “Tua!” replicò
ancora estraendo e conficcando nuovamente il vetro trasparente zuppo di
sangue nello squarcio che già andava ricomponendosi. Ma
all'ennesimo colpo, Wolverine la disarmò, infastidito
dall'essere usato come un puntaspillo “Era sotto la tua
protezione! Aveva scelto gli X-Men e tu mi avevi promesso di tenerla
d'occhio! Dovevi proteggerla!” Ora quella isterica, che
-disarmata- cercava di schiaffeggiare o graffiare il mutante, era
Mystica. Schizzi scarlatti le screziavano il viso inasprendo l'aria
folle che albergava nei suoi occhi fluorescenti. Logan respinse con
facilità i suoi assalti istintivi e per niente coordinati
-nonostante la donna fosse perfettamente addestrata nel corpo a corpo-
finché, stanco, non ribaltò la situazione con un
colpo di reni, imprigionandola a terra col proprio corpo.
Sbuffò rassegnato mentre lei continuava a dimenarsi
“E' colpa tua! E' tutta colpa tua!” Urlò
ancora Mystica con le lacrime agli occhi “E' colpa
tua...” alitò sciogliendosi in un pianto
incontrollato. Fu allora che, mosso a pietà, la
liberò. Le mani che prima gli avevano martoriato il
petto con pugni violenti ora le nascondevano l'espressione stravolta
sul viso. Donne!
Logan alzò gli occhi al cielo e si rimise a sedere. Prese la
donna nel suo abbraccio e la cullò come una bambina.
Raven ora non era altro che una madre disperata per la propria figlia.
Lei non respinse quella gentilezza ma, anzi, si aggrappò a
lui come a un'ancora, nascondendosi nel suo abbraccio sicuro.
Logan l'aveva già vista affranta quando, dopo lo scherzetto
giocato a Rogue sul conto di Gambit, la Bella del Sud le aveva urlato
contro tutto il suo odio prima di sparire diretta a Muir, nella
speranza di annullare il proprio potere.
Ma quell'episodio non era nulla, al confronto, rispetto a quanto
stavano vivendo ora quelle due...
E, come il dolore di Rogue, conosceva a menadito anche il sentimento
che ora lasciava latrante l'altrimenti algida mutaforma.
Perché lo stava provando anche lui, in quello stesso momento.
L'unica differenza (a parte quella di genere che, quindi, comportava
una diversa reazione fisiologica ad alterazioni emotive per via del
diverso patrimonio ormonale e per la diversa conformazione fisica)
stava nel fatto che lui non si era mai posto, nei confronti di Rogue,
come un padre.: lui, fondamentalmente, non era così
coinvolto emotivamente come la sua amica/nemica.
“Andiamo, cocca... ti serve un drink!” disse
dandole un paio di pacche sulla schiena perché si alzasse,
quando si fosse sentita pronta. “Che situazione di merda...”
pensò tra sé
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Erano sigillati in quella che sembrava essere una stanza in disuso o
uno sgabuzzino. Forse, più semplicemente, era uno dei pochi
ambienti che non avevano ancora ricevuto il trattamento modernizzante
operato da Stark poche settimane prima, all'arrivo dei mutanti da
Westchester.
Dall'ingresso nella sala Clint non aveva più
badato la compagna e si era diretto a una poltrona aggettante
sulla vetrata da cui si scorgeva la Oscorp Tower mentre Natasha,
recuperato qualcosa da indossare durante il percorso, si stava
rivestendo di un jeans e una sobria camicetta, a spanne, tutta roba
parecchio costosa.
Era intercorso qualche minuto, nel silenzio e nella calma assoluti.
“Sentiamo... cosa dovresti dirmi?”
sbuffò l'arciere “Perché mi sembrava
che, l'ultima volta, ci fossimo chiariti a sufficienza. Non credevo ci
fosse altro da aggiungere.” disse senza cercarla con lo
sguardo. I suoi occhi restavano fissi sulla torre di
proprietà di Norman Osborne ma Natasha sapeva bene come
l'amico potesse sfruttare ogni superficie minimamente specchiante per
studiare il suo obiettivo e le sue reazioni.
“Sei tu che hai ricominciato...” precisò
lei andando alla vetrata per osservare ciò che aveva
catturato la sua attenzione, anche se dubitava di riuscire a scorgere
alcunché.
“Perché son riuscito a dare un pugno a
Capitan Perfezione? Forse il suo
scongelamento è ancora troppo recente perché
l'Unesco lo includesse nell'aggiornamento della lista delle opere
protette. Scusa tanto se ho
attentato a tale patrimonio dell'umanità. E in modo alquanto
maldestro, me lo devi riconoscere.” si lagnò lui
abbandonando rumorosamente le braccia sulla seduta del mobilio che lo
accoglieva.
Natasha si premette le dita sulle tempie, per cacciare un nauseante mal
di testa: aveva voglia di prenderlo a ceffoni, ma già il
siero inibitore si faceva sentire. E l'infantilismo del collega non
aiutava. Ingoiò l'orgoglio, la vergogna e ogni altra cosa le
fosse da freno in quel momento e, decisa a una piena confessione, si
spostò davanti al compagno, impedendogli di continuare a
distrarsi con solo lui sapeva cosa.
“Ti ho mentito...” disse senza preamboli. Dura,
glaciale, tagliente, precisa, concisa. Come una lama. Come il ghiaccio
siberiano.
“Che novità...” replicò lui,
infastidito da quella mossa, buttando la testa all'indietro
“Ma immagino tu alluda a un qualche fatto recente... cosa mi
sono perso?”
“Non sono mai stata incinta...” rispose lei,
cercando un ostinato contatto visivo. Se fosse riuscita a parlare con
addosso i suoi occhi cristallini e la sua espressione tradita si
sarebbe sentita automaticamente assolta. Ma lui non la guardava. Anzi,
ora si copriva gli occhi con la mano senza nascondere un sorriso stanco
di scherno.
“Tutto qui?”
Natasha si sentì, sinceramente, presa in contropiede: ogni
sicurezza sparita insieme al colorito delle guance. Panico. La
conversazione non stava andando come doveva... come voleva lei. Che
diamine voleva dire 'Tutto
qui?'?
“Non puoi avere figli, Nat. Non solo per l'isterectomia
totale ma anche per tutta la merda che ti ha reso l'immortale Vedova
Nera che sei. Quindi, ti prego, non offendere la mia intelligenza, per
quanto misera essa sia, e dimmi qualcosa che già non
sappia.” Ma Natasha era così sconcertata da non
riuscire ad aprire bocca. Clint si decise a osservare la sua reazione
e, trovandola basita, specificò “Budapest. Dalla
tua cattura avevo fatto i compiti diligentemente e avevo voluto sapere
l'impossibile sulla mia matricola... un po' come uno stalker... ma
sai...ti avevo scoperta
io...” L'espressione della donna tradiva, però,
ancora sconcerto. Decise, quindi, di concludere fornendole l'ultima
informazione che le serviva per completare il quadro “Fui io
a dare a James il fascicolo che ti riguardava... lui mi aveva solo
fornito informazioni parziali di quello che ricordava...”
“James sa cosa lo aspetta per questo...”
sibilò Natasha, gelida, afferrando tutti i sottintesi di
quella situazione.
“Per l'amor del cielo, non ricominciare! Era disperato, quel
poveretto! E tu vuoi pure fargliela pagare?”
“Disperato?” fu il suo turno schernirlo con rabbia
“Disperato per cosa? Per avermi abbandonata? Sì,
già, ce lo vedo a versare lacrime di
coccodrillo...”
“Come vuoi... Non siamo qui per parlare di te e
James...” sentenziò l'arciere. Un po' si
vergognava per essere sempre stato schifosamente contento che la
collega non ricordasse nulla dell'amore viscerale che la legava
all'agente che era stato la spalla di Rogers. Doveva solo ringraziare
quelle diaboliche intrusioni che il cervello della rossa aveva subito
nel corso degli anni.
Rogers... il problema, però, era sempre lui...
“Dunque?” domandò, sperando di riportare
il discorso sui binari prestabiliti. “Perché mi
hai raccontato una balla colossale come questa?”
La rossa sperava bastasse il dettaglio della gravidanza inesistente per
spiegare tutto. Invece, ora, si trovava costretta a vuotare il sacco
come chiunque altro.
“Ti volevo tenere al sicuro...” tentò,
impacciata, sperando che la posa rigida e marziale in cui si
costringeva potesse nascondere il tremore della voce come le mani
improvvisamente sudate: non avrebbe mai cincischiato con la cerniera o
con una ciocca di capelli come una comune donnetta. Mai!
“Grazie del pensiero ma so badare a me stesso... e come vedi,
Fury ci vuole sul campo insieme, perché siamo ottimi agenti
entrambi... quindi risparmiami la pietà...”
E ora? Che gli diceva?
I minuti passavano lenti.
Da qualche piano più in alto (o era più in
basso?) avvertirono urla isteriche seguite da un rumore come di vetri
in frantumi. Nessuno dei due, però, vi prestò
attenzione.
Dopo quello, nient'altro turbò il silenzio in cui erano
immersi. Clint non le faceva alcun tipo di pressione. Di tanto in
tanto, si controllava il naso, per essere sicuro di averlo rimesso in
sesto dopo il pugno che si era beccato da Cap.
Erano passati pochi minuti, o forse ore, quando Natasha si
schiarì nuovamente la voce.
“Ero d'accordo con Jessica...” cominciò
“Ero sicura che... beh... tra tante, meglio lei...”
“Perché ha un debole per me?” rise
l'arciere “Cara mia... Forse non ne
sei stata informata: era sotto il
controllo di Loki anche lei... Ma non hai risposto alla domanda.
Perché mi hai mentito e perché mi volevi lontano?
Bastava dirlo che non mi volevi più tra i piedi e ti davo
fastidio, sarei tornato al mio appartamento e dal mio cane che non
scalcia come te, la notte... Ammesso che quella peste di Kate1
non abbia cambiato la serratura all'appartamento. Bah.. pazienza, in
quanto proprietario dello stabile dovrei avere un passepartout,
giusto?”
“Sei un dannato idiota!” ruggì la rossa.
In poche falcate lo raggiunse, con una spinta lo mandò a
sbattere contro lo schienale e, prima che lui potesse reagire per
quell'aggressione gratuita, gli impose un bacio che non sapeva se lui
avrebbe gradito. Ci mancava solo che proprio uno come lui, noto donnaiolo,
seppur più o meno involontario, la denunciasse per molestie.
1 Kate Bishop, coinquilina e partner di
Clint e novella Occhio di Falco nei Giovani Vendicatori.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ben ritrovati ragazzi.
Prima di cominciare vi devo avvisare che la prossima settimana rischio
di aggiornare in anticipo o in ritardo di un giorno. Giusto
Martedì ho la bella rogna del TFA (questa lotteria per
l'abilitazione all'insegnamento...). Il test comincia alle 10 e non ce
la faccio nemmeno se mi impegno a essere puntuale.
Come vedete, continuo a essere solidale con tutti coloro che in questo
momento stanno affrontando esami all'università o hanno
appena finito la maturità. Per tanto, non affannatevi!
A proposito, colgo l'occasione per ringraziare davvero di cuore la
carissima Lovecraft Kane
che, cascasse il mondo, è sempre qui capitolo dopo capitolo
a sostenermi. Non amo molto fare ringraziamenti pubblici (penso di
averlo fatto solo all'inizio, quando la storia ha preso il via) ma lei
lo merita davvero perché non salta nemmeno mezzo capitolo
nonostante gli impegni (e glielo ripeto pure qui: prenditela con calma
che per me è già tanto se leggete!)
Ma ora basta melensaggini.
Dunque. Rogue da una parte Clint e Nat dall'altra. Struggimento e
disperazione VS orgoglio e sentimento (sì lo so che erano Orgoglio e Pregiudizio e Ragione e Sentimento...amo
mescolare i titoli, specie quando sono formati in modo speculare). In
misura diversa sono gli elementi che compongono entrambe le parti di
oggi.
Rogue.. non potevo farle accorciare ulteriormente la chioma (ricordo
che partivo da un'acconciatura tipo caschetto e non dalla folta leonina
degli anni'90). Lo stratagemma per farle fare qualcosa e renderla
attuale era rasarla. Solo ai lati (non ha avuto tempo di fare
altro...anche se -onestamente- io sarei partita dal centro. Per motivi
scenici, cioè che non la volevo come un bonzo con la pelata
in cima, le ho fatto fare l'operazione nel modo mento intuitivo...)
così ha adempiuto alla sua voglia di cambiare ma senza
scempiarsi totalmente. Il look gotico-fetish etc, invece, l'ho preso
pari pari dalla versione del cartone X-Men Evolution.
Che Raven, invece, potesse essere così melensa...
sì, lo so, un po' OOC. Ma ci tenevo a mostrare un aspetto di
lei che viene solitamente ignorato. Cioè, è un
essere umano anche lei e, per quanto stronza, avrà dei
sentimenti. Qua e là nei fumetti la si vede con gli occhi
lucidi ma non si indaga mai. Di solito si attacca a Logan come una
sanguissuga, se lo scopacchia e addio tristezza. Cmq non ce la mostrano
mai nei momenti di debolezza (ecco, forse giusto alla morte di
Destiny... e neanche: si incazza ma è presa da altro... non
viene mostrato il momento in cui, a sangue freddo, le arriva la bordata
dell'evento). Ed è così che la immagino. Mostra
questo lato di sé solo a chi conosce davvero.
Tant'è che quando torna in sala è semplicemente
scarmigliata con gli occhi gonfi. Nulla più.
Anche Rogue, dal canto suo, è una persona apparentemente
forte (anche se ultimamente nei fumetti la stanno dipingendo come una
povera sfigata). Mentre in persone buone e calme immagino reazioni
disperate e molto romantiche (nel senso ottocentesco del termine), che
si struggono e rimuginno, la reazione che immagino per persone
dure come loro è quella di sbottare di colpo (avendo tenuto
duro fino a quel momento) e di far sfociare il tutto in una sorta di
isteria. Mentre i primi si lagnano/hanno paura costantemente e quindi
nel momento di vero dolore sembra solo un'amplificazione del normale, i
secondi -secondo me- perdono la tramontana di colpo e possono diventare
anche violenti (non per nulla, se sono così forti da reggere
alla lunga, prima o poi questa forza deve pur uscir da loro).
Quanto al pianto...per quanti non lo sapessero, le donne piangono
più facilmente perché, tanto per cominciare,
hanno i dotti lacrimali più "deboli" e quindi le lacrime non
vengono trattenute come negli uomini. La differenza fisica non si ferma
lì (basta pensare a come i due cervelli siano diversi) ma
buona parte delle reazioni emotive è dettata dal mix
ormonale che governa gli uni o le altre. Tant'è che, in base
allo stesso principio, nemmeno tutte le donne sono frignone. E qui
è il caso di piantarla col femminismo da quattro soldi che
vuole donne e uomini uguali. No, da donna dico, porca vacca, non siamo
uguali, abbiamo conformazioni e competenze diverse, rispettiamole senza
volerci per farza plasmare gli uni sulle altre e viceversa. Poi il
rispetto è un altro paio di maniche e non vedo
perché si debbano fare distinzioni sulla volontà
o l'efficienza. Ma, se anche la medicina ci dice che siamo diversi
(pensate alla pletora di malattie/stravolgimenti che colpiscono gli uni
e non le altre e viceversa: osteoporosi, menopausa, tumori al seno o
alle ovaie VS prostata etc), cacchio, rispettiamoci anche in questo
senza volerci snaturare. Non per questo dico che le donne debbano
essere tutte sceme che pensano solo a farsi belle e gli uomini solo
zotici trogloditi. Diamo a Cesare, semplicemente, il proverbiale quel
che è di Cesare.
Ok, basta spiegoni su perché ho scritto quello che ho
scritto.
Nat e Clint... Che dire? La storia di Bucky amante di Natasha la
sapevate già, sì? Solo che -come nella storia de Il soldato d'Inverno
dove la sua amnesia è selettiva e voluta da un ex-alleato
ora nemico di Bucky- ho fatto in modo che lei dimenticasse
tutto di Bucky e rimanesse solo lui a ricordare il loro amore.
Sennò non sarebbe più finita.
Cosa succederà ora? XD eh eh eh aspettate e vedrete.
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Conditions normal ***
12.
Conditions normal
Con sua grande
sorpresa, nonostante il desiderio che le cose andassero in quel verso e
a dispetto di quanto lui le aveva lasciato intendere in precedenza,
Clint rispose al suo bacio, tirandola a sé. Non servirono
parole per spiegare le scuse di una e la comprensione dell'altro.
Sapevano tutto di come ragionavano e, svelato il tassello mancante che
era stato sostituito con una patetica menzogna, ogni cosa andava al suo
posto.
“Non
devi preoccuparti per me...” la rassicurò lui
quando si staccarono per riprendere fiato.
“Non
è facile non pensarci...” cercò di
giustificarsi lei
“Ci
penserai più in là... prendila come viene...
magari Normie mi ammazza domani e ti liberi del mio peso mortale...”
scherzò lui strappandole un sorriso tirato.
“Scemo!”
rispose prima che lui tornasse ad annullare lo spazio tra loro.
Il contatto, ora,
si era fatto più violento, selvaggio e animale, forte di
anni repressi a negare una chimica innegabile. I corpi di due agenti
così ben addestrati avevano, in quel frangente, un'autonomia
e una precisione uniche nel loro genere nel cercare quanto bramavano.
In un lasso di
tempo incredibilmente breve furono mezzi nudi: le mani di lui che
accompagnavano ogni movimento del corpo sinuoso di lei, quelle di lei
che cercavano un appiglio tra i corti capelli del biondo e, non
trovandolo, ripiegavano sulla larga schiena, affondandovi le unghie
come a cercare la salvezza.
Un mugolio, tra
il dolore e il piacere, sfuggì alle labbra dell'arciere
mentre Natasha si irrigidiva improvvisamente. Di scatto lo
allontanò da sé, ponendo tra loro tutta la
distanza di cui erano capaci le sue esili quanto forti braccia.
Nemmeno il tempo
di capire cosa stesse succedendo, Clint la vide alzarsi, allontanarsi
di qualche passo prima di piegarsi su se stessa e, cercando di
trattenere i propri ricci ribelli, vomitare il contenuto del suo
stomaco che si contraeva a intervalli regolari.
“Oddio...”
alitò Clint reclinando la testa all'indietro, realizzando
cosa fosse successo “Potevi dirmelo che ti facevo
così schifo...” aggiunse quindi con fare
melodrammatico.
“Deficiente!”
sputò la rossa quand'ebbe finito e si fu tirata lentamente
in piedi.
“Serve
una salvietta, 'Tasha?” la canzonò lui
“Che
cosa ci trovo in te è un mistero...”
ringhiò lei “Dammi una mano a pulire...”
“E' il tuo vomito!”
rispose lui mettendosi comodo a osservare la scena dell'infallibile
Vedova Nera alle prese con un compito così terreno e ingrato.
“Che
cavaliere...” replicò lei, roteando gli occhi. E,
per ripicca, prese la maglia di lui, che giaceva abbandonata poco
lontana, e si adoperò a usarla al meglio come straccio
d'emergenza.
“Sei
davvero una serpe!” allibì lui
“Non mi
dire che era la tua preferita...” strabuzzò lei,
fingendosi ingenuamente sorpresa e imbarazzata per l'errore
“Mi pareva che il tuo armadio fosse colmo di magliette nere
identiche a questa...”
“E' il
siero di Fury che ha come effetto collaterale tanta
stronzaggine?” replicò lui di rimando alzatosi
dalla sua postazione. Con sadismo non indifferente, afferrò
la camicetta di lei e la lasciò cadere nella pozza residua.
Subito Natasha gli scoccò un'occhiata carica d'odio ma un
conato minacciò subito di tornare a farla piegare in due
“Non vorrai mica lasciare la stanza in queste condizioni:
Stark ti uccide...” ghignò ancora Clint.
“Aspetta
che passi l'effetto del siero e vedrai...”
minacciò la rossa
“Uuuuh...
devo prepararmi a una seduta sfiancante di sesso selvaggio,
'Tasha?” domandò schernendola.
“No, a
dormire all'addiaccio!”
“E'
estate..” precisò lui con un sorrisetto poco
convinto.
“Non
importa... chiederò a Ororo di far nevicare... sai...
solidarietà femminile!”
“E'
giocare sporco” si imbronciò il cecchino.
“Più
di questo?” cercò di intimorirlo lei mostrandogli
la maglia sporca con la chiara intenzione di sbattergliela in faccia in
caso la reazione di lui non le fosse piaciuta.
“Mi
farò costruire una tenda termo-resistente da
Tony...” replicò Clint scoccandole un bacio a
stampo, dichiarando così cessata ogni ostilità.
“Solidarietà maschile!” La prese per
mano, aiutandola ad alzarsi, e si avviò all'uscita. Premette
un pulsante a parete e J.A.R.V.I.S. si attivò
automaticamente. “Sono Clint Barton, Agente S.H.I.E.L.D.,
codice...”
- So chi
è, Agente Barton...- sentenziò la voce sintetica
-Come posso aiutarla?-
Perplesso dalla
risposta del robot e domandandosi se fossero già stati tutti
schedati, si chinò verso quello che credeva un microfono per
rispondere al suo interlocutore cibernetico “Ecco... pensavo
che per uscire di qui dovessi provare un qualche codice...”
- No, Signore...
Anche se il signor Stark stava pensando di tesserarvi tutti...-
Clint
ignorò il discorso del tesseramento, immaginando una carta
di credito che fungesse da chiave d'accesso: sarebbe stata molto comoda
in quei frangenti. Doveva parlargliene. “E come facciamo a
uscire di qui, allora?” domandò nell'evidenza di
non avere alcun passepartout e nessuna credenziale da esibire.
-Perché
vuole uscire, signore?-
“Come
perché? Perché abbiamo finito di chiarirci e la
condizione per uscire era questa: non ci siamo ammazzati e abbiamo
fatto pace. Più o meno...”
-Interessante
definizione per una copula mancata-
“Insomma,
Jar! Ci fai uscire o no?”
-Certo, Signore:
la porta è aperta-
“Ah,
Jarvis... non è che puoi dare una pulita? Natasha
è stata male... nel caso il dettaglio ti fosse
sfuggito”
-Ho
già provveduto a mobilitare gli elettrodomestici
interessati...-
“Ah...
e, Jarvis, puoi evitare di riferire a qualcuno quello che è
successo? Anche a Tony, se possibile... Non ho visto telecamere ma non
si sa mai... E' un po' imbarazzante...”
- La mancata
copula o l'espulsione di succhi gastrici da parte dell'agente Romanoff?-
Clint
squadrò l'occhio rosso di guardia all'ingresso e poi
Natasha, quasi a chiederle il permesso “Entrambe!”
sibilò prima di allontanarsi.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Davanti agli
occhi si estendevano, come le onde schiumose di un mare in tempesta
bloccato nella sua violenza da una fotografia, le cime delle montagne
più basse e ugualmente innevate che incoronavano il picco da
cui osservava la valle al tramonto. Gli ultimi raggi di sole lasciavano
pennellate ora rosse, ora oro, ora violacee sulle pareti che salivano
al cielo come gigantesche torce accese per fugare i presagi della notte.
Faceva freddo.
Nonostante fosse
estate, si trovava comunque, letteralmente, in cima al mondo, con la
neve onnipresente sotto di sé: le nuvolette di vapore che si
condensavano uscendo dalla sua bocca erano la prova lampante della
temperatura che regnava in quel posto da sogno. Ma non percepiva il
freddo, non era un problema per il suo corpo -praticamente nudo per
quelle latitudini- come non lo era l'aria rarefatta.
E lì,
senza anima viva che potesse compatire il suo dolore o essere
disturbata dai suoi sfoghi, Rogue continuava a cullarsi in un abbraccio
desolato, cantando sulle note delle canzoni proposte dal suo lettore
Mp3: ogni canzone che le arrivava nelle cuffie suonava canzonatoria o
deprimente, nonostante, fino a pochi giorni prima, le fossero sembrati
i brani più allegri, capaci di darle la carica quando si
sentiva stanca. Ora non riusciva a vederne altro che il retrogusto
amaro come la bile.
“Certo
che hai dei gusti orridi... Prima assordi tutti con Survivor, poi piangi sentendo Gambler che è allegra
e non depressiva come quell'altra porcata di In
the Shadow
che ti sei sparata... e ora ti spacchi le corde vocali con Zombie... Anche se sembri
straziata come Sia in She
Wolf1...e in questo sembri la
versione femminile di Wolverine... dì, non ti starai
compiacendo della tua situazione?” domandò, con un
sarcasmo irritante, la voce beffarda di Pietro, il mutante che stava
alle costole di Mystica.
Stava a un paio
di metri di distanza, a un'altezza tale che, semplicemente volgendo lo
sguardo alla sua destra, Rogue l'avrebbe visto osservarla dal basso
verso l'alto. Che ragazzino odioso. Alzò lo sguardo,
risentita da quell'intrusione.
“Se te
lo stai domandando, mi hanno spedito loro sulle tue tracce... e, a
meno che tu non vada sulla Luna, posso seguirti ovunque...”
ghignò ancora Pietro, braccia conserte.
Rogue
tornò a posare lo sguardo su di lui. Lo fissò a
lungo, non sapendo bene cosa dire.
“Se sei
preoccupata per me, non esserlo...” replicò ancora
il mutante, senza essere interpellato. “A te sembro fermo, ma
in realtà mi muovo così rapidamente da tenermi
caldo...”
E, in effetti, a
ben vedere, la neve ai suoi piedi si era ormai sciolta. Quel ragazzino
era un portento. Fastidioso ma comunque in gamba.
Inibita dalla sua
presenza, ora Rogue non riusciva più né a urlare
né a piangere, anche se l'ennesima canzone, al posto di
tirarle su il morale la stava facendo sentire piccola piccola. Si
limitò, per tanto, a seguire, muta, scandendo solo con le
labbra, il testo che conosceva a memoria.
“Tanto
prima o poi ti finiranno le batterie...” riprese Pietro,
imperterrito “Lo sai, vero, che più fa freddo
più rapidamente si consumano?” domandò
con un ghigno saccente che si trasformò in uno radioso di
trionfo quando lei si lasciò sfuggire un'espressione
sgomenta. “E non credere che tenermi il muso possa farmi
cambiare idea...” continuò “Sono
abituato a star da solo, quindi per me non è affatto un
problema farti compagnia. O meglio, star solo accanto a te che rimani
convinta di esser da sola...”
“Finiscila!”
sbottò allora la mutante strappandosi le cuffie di dosso e
alzandosi in piedi.
“Perché?
Che mi fai altrimenti?” la sfidò lui.
“Ti
faccio vedere io!” ringhiò quella saltandogli
letteralmente addosso.
Quando
atterrò, tuttavia, si ritrovò ad affondare i
pugni nella neve. Si guardò attorno, sconcertata
“Non credere che sia così scemo da farmi toccare
da te... mi basta già quel fastidiosissimo canadese di
Northstar, come rivale... Tu sei veloce, certo, ma gradirei restare io
quello più rapido tra noi due” replicò
Pietro, seduto nel punto lasciato vacante dalla donna, quasi a
rispondere alla domanda che lei non aveva posto. “Ti
avviso... possiamo andare avanti in eterno con questo giochino stupido
finché non sarai così stanca da cadere
addormentata. Allora, ti prenderò e in dieci minuti sarai di
nuovo a New York. Quindi, te lo chiedo per cortesia, perché
non risparmi tempo e fatica a entrambi?”
Ma Rogue non
accolse la richiesta del ragazzo e spiccò un altro balzo
verso di lui.
Pietro
sospirò affranto “Mai uno che capisca al primo
colpo quant'è fastidioso tutto ciò...”
In un batter di
ciglia, Rogue si ritrovò nuovamente al posto di Pietro ma
l'istante successivo era schiacciata a terra dal peso del ragazzo che,
non si sa come, era riuscito ad atterrarla. Fisica, probabilmente.
Avrebbe dovuto stare più attenta quando spiegavano certe
cose a scuola.
“Vogliamo
tirarla per le lunghe? E' inutile che tu provi ad afferrarmi,
perché nell'istante in cui tu dovessi quasi riuscirci io mi
sposterei fuori dalla tua traiettoria... sei come un film visto a
rallentatore.”
Sbattendo il muso
contro la propria impotenza davanti a quel ragazzino sfacciato e
sentendosi veramente inerme forse per la prima volta in vita sua, Rogue
abbozzò un cenno con la testa. Si arrendeva.
“Ora
sì che ragioniamo...” commentò
soddisfatto il giovane
“Sei
irritante quanto Quentin Quire...” replicò lei
“Saremo
pur amici per qualcosa...” replicò lui in tono di
sfida. “A parte gli scherzi, ora che finalmente mi parli...
te la senti di tornare?”
Rogue, per tutta
risposta, scoppiò in una risata isterica, in parte colpita
da quella strana gentilezza che lui le dimostrava “Hai fatto
tutta questa strada per chiedermi questo? Non per trascinarmi via di
peso?”
“Preferirei
un minimo di collaborazione...” replicò il
velocista facendo spallucce “Hai disturbato abbastanza la
meditazione dei bonzi pelati? Sai che solo per questa cosa potresti
starmi simpatica? Anzi... già il fatto che tu non sia nella
Confraternita depone a tuo favore... un po' meno il fatto che tu sia la
figlioccia dell'artigliato e di Mystica... ma non posso pretendere la
perfezione dalla vita, no?”
“Ehi,
ragazzino... non provarci!” sillabò
Fu il turno di
Pietro rimanere momentaneamente sbalordito per quell'uscita che proprio
non capiva da dove traesse spunto. “Figurati se ci provo con
una vecchia come te... e poi mia sorella sarebbe gelosa...”
replicò, quindi, avendo capito con che tipo di donna aveva a
che fare. Una tsundere: forte fuori, tenera dentro. Bastava un accenno
di complimento e donne come quella, poco avvezze alle carinerie e forse
induritesi esteriormente per questo, perdevano completamente la testa.
Pensò a quanto gli aveva raccontato Mystica. Sì,
corrispondeva alla perfezione. E, se il cajun era stato attento la
metà di lui, era facile intuire perché la
mutaforma temesse un comportamento scorretto da parte del giovane ladro
di New Orleans.
“Ah!”
sbottò invece quella, mani ai fianchi, sentendosi finalmente
in terreno sicuro “Cresci, mocciosetto... Tua sorella non ti
resterà attaccata per sempre... comincia a farti una vita
tua, prima che sia troppo tardi... poveretta quella che ti prende...
dovrà essere una lunatica... come te.”
“Non ti
permettere!” Pietro, viola di vergogna e imbarazzo,
urlò così velocemente che la mutante
percepì solo uno scoppio vuoto nell'aria. In compenso,
l'incarnato paonazzo, incassato tra i candidi capelli troppo simili a
quelli del padre ed enfatizzati dalla felpa verde e dal niveo biancore
tutt'intorno, era uno spasso colossale che il ragazzo ignorava
completamente.
“Tu
guarda se doveva capitarmi uno col complesso per la
sorella...” borbottò Rogue scuotendo la testa,
ormai in parte dimentica del proprio dolore.
“Guarda,
carina, che, se solo volessi, potrei farti di tutto e il tuo potere non
avrebbe la minima influenza su di me!” sbottò
Pietro sempre più incollerito.
“Come
no! Tremo di paura...” ribatté lei, godendo nel
canzonarlo.
“Il mio
sistema accelerato mi permetterebbe di toccarti quanto voglio... per te
non sarebbe passato nemmeno un secondo e il tuo potere non si sarebbe
nemmeno attivato”
“Fai
sul serio?” domandò, allora, perplessa e
incuriosita. Paura e speranza erano sentimenti troppo facili da vedere
nelle sue reazioni.
E Pietro se ne
accorse “Certo! Ma, come ho detto, non mi piacciono le
MILF”
“Senti,
mocciosetto.. ora mi hai stancata! Non ti stavo insidiando, se
è di questo che hai paura. Tu o l'anima di tua sorella...
Era solo curiosità...”
“Non
intenderai mica ammazzarmi per avere il mio potere e poter
così avere una vita pseudo normale...?”
“No!”
replicò esasperata “Ma la voglia di tirarti un
pugno sul muso, quella sì, è una gran
tentazione...”
Pietro
stirò un sorriso beffardo, intravedendo la soluzione alla
sua missione. “Prima devi riuscire a prendermi!”
gridò, già lontano, mentre l'eco della sua voce
si propagava tra le montagne.
La mutante
osservò la scia di foschia sollevata dal ragazzo al suo
passaggio sulla neve fresca e sorrise. Inutile commiserarsi. Remy non
sarebbe tornato, che l'avesse abbandonata, tradendola, o che fosse
morto. E se, invece, era vivo e vegeto e davvero l'amava, sarebbe
tornato e di certo non avrebbe gradito trovarla in quello stato
pietoso. Nello sciagurato caso fosse sano e salvo ma privo di memoria
non avrebbe saputo da dove cominciare le ricerche. Sarebbe dovuta
tornare a Westchester e chiedere di utilizzare Cerebro anche se quella
macchina si era già dimostrata difettosa in un paio di
occasioni e sempre quando era coinvolto il Cajun. Nel peggiore dei casi
sarebbe stato vivo, con la memoria al suo posto, ma minimamente
intenzionato a contattarla. Motivo in più per non darsi pena
per lui.
Non sarebbe stato
semplice superare la perdita ma doveva provarci. Lei era forte, era il
sostegno di mezza scuola. Ciò non voleva dire che non
potesse avere i suoi momenti di debolezza ma che sapeva come
riprendersi, come affrontare il dolore e razionalizzare era la sua
strada. Certo... fino a quel momento aveva svicolato, anche troppo,
nascondendo sotto il tappeto la polvere generata dal suo animo in
frantumi. Ma sapeva fare i conti con se stessa.
“Se
non muovi quelle chiappe flaccide da vecchia trentenne, cara la mia
Bella del Sud, ci penso io a prenderti a calci...” cominciò una
voce nella sua testa.
Già.
In fondo lei, a differenza del resto del mondo, non era sola: aveva una
personalità ospite che un tempo aveva odiato ma che ora,
forse, poteva rivelarsi un balsamo per la sua sanità
mentale. La forte personalità di Carol Danvers condivideva
con lei il corpo in cui era stata riversata. Preservare quel corpo che
avevano in comune, cercare di non far soffrire troppo il cuore che
condividevano lo doveva anche a lei. Logorarlo con struggimenti come
quello non era da loro, da nessuna di loro due. Quel cuore forte del
sud non si sarebbe spezzato facilmente, né metaforicamente
né fisicamente. Ma doveva a Carol un certo riguardo: era suo
dovere conservarsi sana nel caso in cui, un giorno molto lontano,
avesse deciso di cedere il posto alla Danvers. E la bionda aveva tutto
il diritto di trovare un corpo non rovinato dagli eccessi
perché era colpa sua e del suo potere mutante se Carol non
aveva più un suo proprio corpo di cui prendersi cura ma
doveva accontentarsi di guardare la vita di un'altra scorrerle sotto
gli occhi da dietro un vetro insonorizzato.
Rogue aveva la
responsabilità di due vite. Per quanto potesse definirsi
tale un'esistenza ingabbiata in un corpo come quello.
“Allora???”
urlò dalla vallata la voce baritonale di Pietro
“Ti arrendi subito, schiappa?”
Quel demente
avrebbe potuto provocare una valanga se avesse continuato a zigzagare
tra la neve e a emettere urla del genere. Rogue sbuffò:
altri bambini a cui tener testa.
Riprese il
lettore mp3, osservò il titolo che scorreva sul piccolo
schermo e sorrise.
La invitava alla
velocità, alla vita e alla distruzione, alla gioia e allo
strazio. Fino a dieci minuti prima, lo sapeva, sarebbe rimasta a
crogiolarsi nell'idea di essere latrice di morte, una mietitrice di
anime2. Ora, la attendeva una
sfida più grande, gravida del peso di questa sventura.
Un'avventura che, presto o tardi, sarebbe finita per tutti e tanto
valeva affrontarla pienamente, nella speranza di guadagnarci
più di quanto avrebbe perso: la vita continuava suo
malgrado. E come non passava giorno senza che pensasse a Cody e Carol
di certo non avrebbe mai dimenticato il suo personale demone dagli
occhi di fuoco.
“Je
arrive!” urlò di rimando, orgogliosa di
sé, mentre le note ipnotiche e il fremito dello xilofono
accompagnavano la sua improvvisa picchiata. Lei la sua bomba l'aveva
lasciata, inesplosa, sull'Himalaya. Magari si sarebbe rivelata solo
un'illusione e presto sarebbe tornata a deprimersi. Sorrise cercando di
non pensarci e canticchiò per farsi coraggio
“Conditions
normal and you're coming home”3
Avrebbe raggiunto
Pietro e, come un rapace, l'avrebbe afferrato per le spalle mentre lui,
erroneamente convinto di riuscire a prevedere ogni sua mossa, si
sarebbe dibattuto come un topo in trappola; quindi avrebbe fatto rotta
alla volta di New York, per tornare, entrambi, a casa. In volo. Per
grande gioia del piccolo albino.
1 Questa canzone
è uscita ad agosto, pochi mesi dopo il film (che
cmq è
ambientato a fine primavera). A conti fatti, più o meno
dovremmo essere
arrivati davvero ad agosto anche noi, in questa fic. Se
qualcuno è pignolo può
controllare... io ho perso il conto XD
Il testo si
adatta
alla perfezione "Mi hai cacciato come un lupo [...] Mi sono sentita
come un cervo davanti a dei fanali […] il brivido
dell'uccisione/ sai
che è peccato/ Giacio con i lupi/ sola, sembra/ pensavo di
essere parte
di te"
2 Nome che, per
altro, ha in Age
of X
3 Enola
Gay è
il celebre singolo del 1980 degli Orchestral Manoeuvres in the Dark il
cui testo recrimina lo sgancio della bomba atomica su Hiroshima
dall'omonimo bombardiere americano.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Eccomi, scusate
il ritardo preannunciato ma ieri son tornata stanca morta: alle 8
l'ingresso -per la conta- a mezzogiorno ne sono uscita. Pranzo veloce e
poi tornare a casa @_@
Abbiate
pietà ma son reduce di quel carnaio (e io me ne cucco solo
uno...)
PS: il sito è stato out tutto il giorno, chiedo scusa per il
ritardo.
Ed
ecco, finalmente, ripristinata la Clintasha :D siete contenti? io
sì ù_ù
Per tutto il
resto... Solo una cosa... quando Rogue profetizza l'incontro di Pietro
con una Lunatica a caso, il riferimento
è tutto per sua (ex)moglie Crystal. Sti due si son presi e
rimollati tante di quelle volte da far invidia ad Havoc e Polaris... oh
già... Lorna -Polaris- Dane è sua sorella
(sorellastra a esser precisi)... mi sa che è nel sangue dei
Maximoff-Lensher... Solo non mi risulta che Lorna abbia fatto le
stronzate di Pietro (tipo conficcarsi le scegge dei Cristalli Terrigeni
nel torace...)
Cmq Crystallia
Amaquelin è un'Inumana. E' stata fidanzata storica di Johnny
Storm (la torcia umana dei F4) e ha avuto flirt con Sentry e il
Cavaliere Nero... Ah già...è stata data in sposa
anche al Kree Ronan l'accusatore durante la guerra segreta. Ora,
piccola considerazione personale. Nei Guardiani della Galassia di
prossima uscita Ronan sembra essere il nemico principale. In AV
c'è Pietro... non è che in uno dei due film
tirano finalmente in ballo gli Inumani? Avevo letto di voci che
volevano il film su di loro -oltre che su Namor, Pantera Nera e il
Dott.Strange- Vabbè, vedremo...
Crystal
è sorella di Medusa (moglie del re Freccia Nera) ed
è sempre stata Vendicatrice. I suoi poteri riguardano la
manipolazione dei 4 elementi (anche se, a ben guardare, si tratta
dell'influsso che esercita sulle molecole di Ossigeno).
Gli Inumani sono
esseri umani geneticamente modificati dai Kree -di cui sopra- che li
crearono per risolvere la loro stagnazione genetica oltre che per avere
potenti soldati da sguinzagliare contro gli Skrull. Queste modifiche
comportavano una vita di 150 anni, superforza, riflessi prontissimi
etc. Più evoluti dei terrestri, si isolarono. In seguito si
scoprì che l'esposizione alle nebbie terrigene attivava i
loro poteri inumani. Mutati, dunque e non mutanti.Ogni mutazione
è diversa dalle altre. Sorprendente quanto il confine sia
labile e più volte ricorra nei racconti della Marvel.
In Silent War,
addirittura, qualcuno viene esposto due volte alle nebbie e le nuove
modifiche sono qualcosa di grottesco.
Perché,
però, parlo di Lunatici? Perché Attilan, la
capitale, è stata spostata dalla Terra alla zona Blu della
Luna (unico posto in cui si possa respirare) anche se attualmente si
trova su Hala, Madre Patria dei Kree (è stata trasformata in
astronave...)...
Cmq, Crystal e
Pietro hanno una figlia che, manco a dirlo, si chiama proprio Luna.
Domanda
legittima: vedremo mai Crystal in azione (se non abbiamo mai visto gli
Inumani)?
:) continuate a
leggere e lo scoprirete.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Sì o no? ***
13. Si
o no?
Non vedendola tornare, Tony si era allontanato dal soggiorno, certo che
nessuno avesse realmente bisogno della sua compagnia, per cercare
Pepper. Non che fosse un tipo possessivo, tutt'altro, ma non gli
piaceva troppo l'idea di saperla sola con quella fastidiosa di Janet.
Era vero che quella era stata la prima vera amica della rossa da quando
era entrata a far parte delle Stark Industies ma lui continuava a
trovarla insopportabile e, potendo, avrebbe voluto evitare di
frequentarla.
Erano state le prime donne, loro due, insieme a Sue Storm Richards, a
introdursi di prepotenza in ambienti prettamente maschili dove anche
una semplice segretaria era guardata con aperto disprezzo per la sua
presunta inferiorità (anche se Tony sapeva benissimo come le
donne, ora che avevano accesso a un'istruzione superiore, stessero
erodendo solidi confini in campi un tempo considerati appannaggio
prettamente maschile).
Neanche l'avesse richiamata col pensiero, l'irriverente Janet comparve
nel corridoio civettando garrula con quel demone blu dall'aria
così afflitta e depressa che un angolo del suo cervello gli
avrebbe voluto suggerire di farsi un goccetto. I due gli passarono
accanto, salutandolo appena. Ma accidenti! Quella era casa sua e tutti
si sentivano in diritto di fare quello che più gli pareva.
Ecco un'altra cosa di cui discutere con Pepper. Volevano giocare agli
eroi? Avevano bisogno di uno statuto che stabilisse regole e confini. E
tessere. E lui sarebbe stato il capo di quel gruppo di folli. Lui
avrebbe messo casa e soldi, lui avrebbe dettato legge. Non Rogers con
la scusa che era il più vecchio del gruppo anagraficamente
parlando, non per vita vissuta realmente. Anche perché a
voler essere sinceri c'era il mutante, Logan, dall'età
imprecisata. E come gruppo avrebbero dovuto anche discutere delle loro
interazioni coi governi mondiali. Non esisteva che gli Stati Uniti
legassero loro le mani solo perché erano nati e vivevano sul
suo territorio. Avevano un potere che doveva essere messo al servizio
di tutti. Ma Fury aveva ragione: il popolino li avrebbe visti come una
minaccia. Dovevano giocarsi bene le loro carte.
Era immerso in quei pensieri quando, dopo averla cercata a lungo,
trovò Pepper nella sua camera da letto, vestita di verde (un
colore che adorava, su di lei: le metteva in risalto gli occhi e le
conferiva una luce particolare, rilassata e radiosa), intenta a
rimirarsi nello specchio.
“Dobbiamo parlare” dissero in contemporanea quando
i loro sguardi si intercettarono.
Mentre Tony si imbronciò, a quella simultaneità,
Pepper ne sorrise e gli fece cenno di proseguire. “Dove stai
andando?” domandò lui, completamente dimentico di
quello di cui voleva discutere. Si era cambiata e aveva imbracciato una
di quelle orrende borsette più lunghe che alte in cui
stavano quattro cose in croce.
“Christine Everhart” disse solo lei con un sorriso
smagliante, esibendo un bigliettino da visita.
“No!” fu la pronta quanto secca risposta del magnate
“No?” domandò la rossa, divertita.
“No!” replicò lui come se lei fosse
scema “Eravamo d'accordo!”
“Non eravamo d'accordo proprio su nulla, invece!”
protestò lei, cominciando a innervosirsi.
Non si era irritata immediatamente e la cosa avrebbe dovuto
insospettirlo ma il suo cervello multitasking ora era in overload per
un unico pensiero. “Non voglio scandali!”
“Perché basti tu, no?”
“Perché il tuo nome è correlato al mio!
E finché sono io che danneggio me stesso è un
conto ma che tu mi ficchi nei casini, questo non posso
permetterlo...”
Lei aggrottò le sopracciglia “Quindi...? Vuoi
dirmi che dovrei fare il contrario di quello che voglio
fare?” si accertò esibendosi in una perfetta
litote degna del miglior oratore avesse mai varcato aule di tribunale.
Donne!
Lui la squadrò per un attimo, in cerca di un qualche
trabocchetto o possibile fraintendimento.
“Esattamente!” confermò
Solo allora lei parve rabbuiarsi e Tony la scrutò perplesso.
Da quando era così intraprendente ed esibizionista da non
vedere l'ora di finire mezza nuda sulle copertine dei peggiori
rotocalchi?
“Signor Anthony Stark” sillabò lei,
prendendo le distanze. Alzò il mento sfidandolo altera
“Il suo atteggiamento è quello del vero e perfetto
stronzo quale Lei è sempre stato. Troverà la mia
lettera di dimissioni domani mattina, sulla sua scrivania... Non si
preoccupi, in concomitanza troverà anche la mia stanza
completamente liberata dai miei effetti personali”
Ma che diamine stava succedendo? Aveva bevuto? Era così che
appariva agli altri quando lo faceva lui?
Preoccupato, la strattonò e, tra le sue proteste, le
annusò l'alito “Non hai bevuto...”
constatò cercando di scrutarle le pupille.
“Ma ti sei drogato?” protestò lei
“Tu, piuttosto, che vuoi andare a farti fotografare come...
come... nuda! Dannazione!”
“Cosa?” sbalordì lei, più
arrabbiata che sorpresa.
“Santo cielo... non ti ho ancora visto nemmeno io nuda... se
escludiamo la volta che eri sotto i ferri. Non te l'ho mai detto
perché non credevo fosse importante, ma te l'ho innestato io
il generatore. Certo i medici ti hanno aperta e ricucita
però io... io... io... giuro che non ho guardato! Non avevo
tempo e testa! Ero concentrato dalle tue interiora, ok?” Lei
lo studiava perplessa, sconvolta da quella dichiarazione come se non
c'entrasse nulla coi loro discorsi o come se non gli credesse
“Pepper, rifiuto le tue dimissioni e, come eravamo d'accordo,
tu non andrai da Vanity per nulla al mondo.” le
intimò
“Tony...” cominciò lei, guardandolo ora
come se fosse stato un cretino matricolato.
“Nulla di quello che dirai potrà farmi cambiare
idea!” la minacciò
“Ma sei scemo?” sbottò la rossa, alzando
la voce di un'ottava per prevaricare l'uomo “Stavo andando a
dire che rifiutavo. Mi sembrava educato declinare di persona. E qua non
abbiamo molto da fare....”
“Non stavi andando a...?” allibì lui,
rivedendo tutta la conversazione in ottica diversa. Pepper aveva avuto
tutte le ragioni per essere furiosa: dal suo punto di vista l'aveva
trattata niente di più di un corpo da esibire, come una
delle tante che avevano avuto accesso alla sua camera da letto. Si
dette mentalmente dell'imbecille.
“Beh...vista la foga con cui ti sei espresso al riguardo,
potrei acconsentire solo se davvero mi accompagnassi... Sarebbe anche
un'ottima strategia per tutti coloro che volessero trovare un punto
debole in Iron Man.” Celiò lei “Fornendo
un punto debole che non c'è più, un Mandarino si
concentrerebbe a invalidare quel sistema che sarebbe collocato solo
come specchietto per le allodole...”
“Sei un genio...” alitò Tony. Forse
aveva ragione. Avrebbe dovuto convincere l'opinione mondiale di essere
un povero malato di cuore che sopravviveva solo grazie alle sue
scoperte scientifiche. E nessuno aveva la più pallida idea
di quanto aiuto potesse aver bisogno la scienza in tempi come quelli,
dove metodi provati in laboratorio e teorie sensate erano attaccate dai
primi ciarlatani che, privi di basi storiche o sperimentali che
fossero, convincevano le masse ignoranti di colossali cazzate. Erano
tempi di fobia scientifica in una continua caccia alle streghe. Streghe
che si mettevano da parte solo quando tornava comodo, per arrestare un
assassino o inchiodare un uomo libertino alla sua paternità.
Per il resto, l'importante era demolirne la credibilità a
favore di magie e complotti alieni.
Non che negli ultimi anni tutto ciò non si fosse rivelato
vero, ma lo era stato in modo completamente svincolato dalle panzane
spacciate per sacrosanta verità nei circoli esoterici.
Teorie così complesse e corrette che anche la gente di
Asgard -e quindi alieni- basavano la loro magia su una forma
avanzata ed evoluta di scienza.
Gente ignorante, quella che parlava per sentito dire, senza dati reali,
fidandosi del presunto esperto (che sistematicamente si rivelava non
essere mai tale e che argomentava in modo capzioso) a cui,
però, tornavano comode le auto elettriche, aerei sempre
più sicuri o gli smartphone, frutto di decenni di ricerche
tanto quanto ogni altra branca della scienza. Che poi alle loro spalle
ci fosse una Big Pharma o un cartello delle armi che calcavano la mano
sugli acquisti, ciò non voleva dire che i prodotti non
fossero tutti e in toto genuini nelle intenzioni dei loro creatori.
Certo... Gente come lui aveva contribuito non poco al aspetto demoniaco
dell'evoluzione.
Sbuffò, desiderando poter tornare sui suoi passi e
accorgersi prima dell'insensatezza del suo operato: non bastava la
nuova rotta impressa all'azienda, doveva affondare di più la
lama nell'opinione pubblica e non importava se per raggiungere lo scopo
doveva servire il suo corpo a una rivista, in un'ideale sacrificio
umano. Era un po' meno sicuro di dover vendere la propria relazione,
vendere l'allure della love story V.I.P., della Bella Cenerentola che
conquista la Bestia Capitalistica.
“Se mi spogliassi anch'io?” domandò Tony
riemergendo dal film che si era fatto in testa.
“Da quando sei così esibizionista?”
replicò lei preoccupata, salvo ritornare immediatamente sui
suoi passi “Domanda scema...Quando mai non lo sei
stato?”
“Cosa ne pensi?”
“Che allora io posso restare a casa...” rispose la
donna, incrociando le braccia al petto “Basti tu a rubare
tutta la scena”
“Io da solo non ci vado in quel covo di vipere allupate e
isteriche!” protestò l'uomo improvvisamente
capriccioso.
“Sai cosa ti chiederò in cambio!” fu la
risposta di lei, che suonava quasi come una sfida.
“Eh?” domandò come inebetito.
Quand'è che avevano stabilito un compenso per una cosa che
lui voleva evitare a tutti i costi?
Ma la domanda gli scivolò di mente quando lei gli
posò le labbra delicate sulle sue.
Il contatto fu breve e intenso, al punto da lasciarlo boccheggiante e
affamato: ne voleva ancora. Perché diamine lei si comportava
in quel modo? Da perfetta sadica? Lo sapeva, no, che la cosa lo
sconvolgeva? E lui perché diamine non riusciva a lasciarsi
andare, perché cercava quasi di fuggire quei contatti,
concedendosene pochissimi, come se fosse stato un obeso a dieta ferrea.
“Preferirei avere un anticipo... ma troveresti qualche
scusa” lo informò lei con un ghigno divertito
“... Certo anche un bel brillante non mi farebbe
schifo...”
“Vuoi un altro generatore Ark?” domandò
lui ancora rintronato.
Per tutta risposta, lei gli scoccò un'occhiata risentita
“Si chiamano anelli, Tony... gioielli di fine oreficeria,
tanto perché non ti vengano in mente strane
scappatoie.”
Quello per poco non si strozzò con la saliva, intuendo a
cosa alludesse l'amica-collega-compagna. Davi alle donne un'unghia e si
prendevano tutto il braccio, comprese le chiavi dell'auto e della
casa... parassiti!
Pepper sorrise vittoriosa “Niente Torre, niente doppio
cognome...” elencò “Non ti sto chiedendo
nulla di così vincolante, in fondo, non trovi?”
disse tornando a baciarlo ma ora “E un gioiellino da Tiffany
non ti manderebbe certo in bancarotta. E' triste doversi fare i regali
da soli”
Ma Tony era ora completamente lucido e quella manifestazione d'affetto
gli scivolava addosso come acqua fresca anche se doveva ammettere che
aveva ragione.
Poteva farcela. Non gli chiedeva nulla di impegnativo.
A meno che lei non intendesse condurcelo un passo alla volta.
“Ne parliamo al nostro rientro...giuro...”
tagliò corto, scansandola appena, pronto ad andarsene da
quella iena di Christine. Donne! Figlie del diavolo tutte quante.
“Tony...” lo richiamò Pepper
“Sì?” ubbidì prontamente lui
facendo retromarcia come un burattino ubbidiente
Lei gli posò una mano sulla guancia rasata “Non
voglio forzarti ma voglio che tu capisca anche il mio punto di vista...
soprattutto se faccio -e, credimi, viene naturale- un paragone con le
altre...”
“Pepper... io...” cercò di giustificarsi
lui, sentendosi improvvisamente colpevole
“Shh...” lo rincuorò lei prima di
allontanarsi verso la porta, e quindi verso l'ascensore, con aria
soddisfatta “Janet mi ha detto tutto del tuo complesso di
Edipo...”.
Ancora una volta Tony strabuzzò. Ma quale complesso? Cosa
aveva raccontato a Pepper quella deficiente? E perché lei
sembrava così soddisfatta, ora? Alla prima occasione
l'avrebbe fatta vedere a quella stupida figlia di papà
amante del futile e dell'inutile!
“No, ferma un attimo!” intimò andando ad
afferrarle il polso per costringerla ad ascoltarlo “Non
è così!” disse solo dopo aver cercato
inutilmente di mettere ordine nella sua testa “Non
è così, chiaro? So che può sembrare
strano, soprattutto a te...” continuò sotto il suo
sguardo indagatore “...ma... ho paura di fare un casino,
d'accordo?”
“E dov'è il problema?”
domandò lei trattandolo con un po' troppa condiscendenza
“Il problema è che non voglio fare casini... con
te... ti basta?” domandò imbarazzato
“Sì, insomma, non mi sono mai dovuto confrontare
davvero con cose del genere. Di solito mi svegliavo e me la battevo in
officina e che quelle si arrangiassero a trovare la strada di
casa...”
“Sì, ricordo...” convenne lei,
divertita. Era lei ad accompagnarle alla porta, abiti freschi di
tintoria espressa alla mano.
Era divertita? Dannazione! Lui cercava di essere serio e sincero: non
aiutava affatto!
“Sai che sono un pelo iperattivo...”
“Appena un po'...”
“... e sai che odio perdere più tempo del
necessario in cose inutili come dormire...”
“Certo, dormire non serve proprio a nulla...” lo
canzonò lei
“... io vorrei solo essere sicuro di non tagliare la corda, dopo, come faccio
di solito... o per lo meno di non offenderti nel caso accadesse. E
io..”
“Tony...” lo zittì lei dolce e
comprensiva posandogli un dito sulle labbra e fermando quel fiume in
piena. “Sei ansioso, lo sai?”
“Non sono affatto ansioso!”
Lei roteò gli occhi “Come vuoi... Comunque, dopo
Happy sono forse la persona che ti conosce meglio... quindi non devi
preoccuparti...”
“Non penserai che sono uno stronzo e che ti sto solo
usando?”
“Se metterai il mio nome sul contratto della
torre...” cominciò. Vedendo come quello si stesse
di nuovo agitando, si affrettò a precisare “Stavo
scherzando... anche se... sai... non tutte la pensano così e
di certo -spero tu questo lo sappia- io non voglio approfittarne...
ma... sai... per quanto io sia brava a capirti, tu non è che
sia proprio il massimo della chiarezza di uomo e...” fece una
smorfia, cercando di darsi coraggio “A volte avrei bisogno di
qualcosa che mi ricordi dove stiamo andando... cosa vogliamo da noi?
C'è un noi?”
Tony rimase interdetto per un attimo “Ti ho fatto pensare
questo?” allibì
“Beh, sai... per quanto una si aspetti poco da te... la
speranza è sempre che tu molli i tuoi giocattolini per
cinque minuti...”
“No no no no! Pepps... No...voglio dire... Mi sto riducendo
come Reed?”
“Un po'...” ammise lei facendo spallucce
“No!” alitò prendendola tra le braccia,
quasi volesse consolarla. La rossa era seriamente confusa dal suo
comportamento ma non protestò: mai rifiutare gesti spontanei
d'affetto da parte di Tony Stark “Come... voglio farti capire
che... non è così! Sei importante!”
aggiunse allontanandosela appena di dosso per poter allacciare i loro
sguardi. Le mani le carezzavano ritmicamente le spalle
“Voglio dire... se non ci fossi stata tu a sostituirmi il
primo generatore forse sarei anche morto... nonostante i tuoi urletti
da donna isterica schifiltosa...”
Pepper non si offese e, anzi, ridacchiò al ricordo. Nessuno
a parte lei sapeva del difetto di Tony, il suo punto debole... si era
esposto solo con lei. Anche se sempre col suo fare arrogante.
“Baciami, scemo!” lo rimproverò lei col
sorriso sulle labbra
“Subito” gli scappò prima di chinarsi su
di lei, cosa che la divertì ancora di più.
Dopo qualche minuto di sbaciucchiamenti ed effusioni varie, Tony si
ritrasse di colpo e negli occhi di Pepper balenò la
delusione.
“Ma non dovevi andare?” domandò affannato
“Mi stavo solo preparando... l'appuntamento è nel
pomeriggio...” disse demoralizzata, pronta a sciogliere
l'abbraccio.
Ma lui la trattenne. “Cosa stai facendo?”
domandò confuso
“Beh...” cercò di argomentare lei,
imbarazzata
“Credevo che volessi...” cominciò lui
per arrestarsi subito, improvvisamente imbarazzato a sua volta
“Sì, insomma...”
“Ma non eri tu che...” balbettò lei
“Beh...” fece con un'alzata di spalle e un sorriso
sghembo, come se quello giustificasse tutto.
Non riuscì ad aggiungere altro che lei gli saltò
al collo, baciandolo con foga.
“Lo prendo per un sì?”
domandò poco dopo, riemergendo dai suoi capelli ramati
“Non rovinare tutto!” sbuffò lei
ricacciandolo in camera e chiudendosi la porta alle spalle.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Scusate il ritardo di oggi ma ho avuto in impegno improvviso.
Dunque, finalmente sistemato anche Tony. Lui, i suoi complessi, le sue
paure.
Forse l'ho fatto più fragile e attento di quanto possa
essere in realtà ma spero di aver compensato adeguatamente
coi suoi momenti di distrazione. Proprio non ci arriva, a volte.
Dal prossimo capitolo torna tutto normale. O quasi. Rientrano i
mutanti, rientrano Clint e 'Tasha e vedremo chi incontreranno Tony e
Pepper nella sede di Vanity... nel loro pomeriggio :)
Per ora, passo e chiudo.
A presto
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Le teste dell'HYDRA ***
14.
Le teste dell'HYDRA
La donna si
ricompose e tornò a essere la stronza che Fury conosceva
bene. Tuttavia, negli occhi le permaneva un languore residuo del tocco
del fratello. Se non si fosse trattato di Andreas, che le assomigliava
come una goccia d'acqua, ne avrebbe quasi sorriso. Invece erano due
depravati incestuosi, probabilmente due narcisisti pompati dal padre
che, fondamentalmente, erano spaventati dal confronto con qualcosa di
diverso da se stessi. Insomma, il tipico atteggiamento dei razzisti
“Allora,
Nick....” disse Andrea, affabile. “Sei qui per un
motivo ben preciso...”
“Non lo
dubito... darsi tanta pena per elaborare un piano così
contorto deve nascondere intenzioni incommensurabili...”
replicò lui divertito e schifato.
“Oh,
non sono così oscure... si tratta, in verità, di
una cosa molto modesta... Io e mio fratello, ritenendoti il
più valido degli avversari, volevamo proporti di entrare
nelle file di Hydra.” annunciò Andrea alzando il
mento orgogliosa della propria proposta.
Ma Fury
agrottò le sopracciglia, perplesso “Me? Un nero?
Con voi, pazzi ariani, innaturalmente tendenti all'albinismo? Gran
bello scherzo, bella. Dai... ora che hai rotto il ghiaccio, puoi dirmi
di cosa si tratta. Davvero.”
“La
nostra proposta è serissima.” Replicò
Andrea “Non a caso ti abbiamo fatto terra bruciata attorno.
Nel corso di tutti questi anni ci siamo resi conto che sei uno di quei
personaggi che è preferibile avere al proprio fianco... E
penso che si possa trovare un accordo.”
“Io coi
Von Struker? Il padrino di Capitan America con gli alleati di Teschio
Rosso? Il miglior agente S.H.I.E.L.D. con HYDRA? No, grazie!”
Ma lei non perse
il suo aplomb “Pensaci, Nick... Cosa ci rende
diversi?”
“Il
fatto che siete nazisti in testa e ignorate le più basilari
nozioni storico-biologiche?”
“Oh,
Nick... non capisci che le differenze etniche sono questioni
sorpassate? Ebrei, neri, zingari... A chi importa
più?”
“Magari
a tutti quelli che ancora oggi vengono linciati in nome di queste
differenze?”
Andrea
arricciò il naso “Le masse sono stupide. Arrivano
con mezzo secolo o più di ritardo a ciò che le
grandi menti hanno già teorizzato e sviluppato... Sono, per
definizione, simili alle mandrie animali. Anche se il singolo
può ergersi nel mare dei suoi simili ne viene subito
inglobato di nuovo. Per quello servono pastori che le
guidino!”
“E
quindi? Qual è la nuova frontiera di resistenza? I
superumani?” replicò scocciato
“Perché, nel caso non lo sapessi sono anche in
quel circolo elettivo”
Andrea rise di
gusto “Oh no, caro Nicholas... anche questa è
storia vecchia... tu, io... siamo già superumani. I nazisti
cercavano di ottenere proprio questo. E lo stesso gli americani col
progetto Rinascita, e i russi con una miriade di progetti, non ultimo
il celebre Vedova Nera. No... dobbiamo fare fronte comune.
L'umanità tutta. Contro gli invasori alieni che vengono per
colonizzarci e sfruttarci!”
“Oh
certo, le teorie di Icke e di Sitchin1 mi mancavano davvero
all'appello.”
“Vogliono
insozzarci con la loro mostruosità, sottrarci le risorse
energetiche infiltrandosi in tutte le organizzazioni mondiali che
detengono il potere...”
“E cosa
vi fa pensare che, se sono così superiori a noi e
così malintenzionati, l'umanità intera possa
respingere queste minacce, tanto per cominciare? O meglio. Respinti una
volta, potremmo resistere ancora a lungo? Se loro sono arrivati fin
qua, forse non è così assurdo pensare che ci
avrebbero già sterminato se solo avessero voluto.
Soprattutto, come potremmo competere con una tecnologia che non
può minimamente reggere il confronto?”
domandò, sorvolando sul fatto che gli alieni fossero sulla
Terra ormai da almeno un secolo -se non anche qualche millennio- e che
loro, HYDRA, ne erano stati i principali sfruttatori. O forse, l'idea
gli venne solo allora, le armi che i nazisti avevano elaborato
avrebbero dovuto servire proprio a contrastare le ondate invaditrici e
non agevolarle? Poco importava, comunque. Erano pazzi come cavalli.
“Non
era questo lo scopo dell'Area 51....?” domandò di
rimando la donna, puntando l'attenzione sulle malefatte nordamericane
“Come di tutte le diverse versioni del vostro progetto Arma
Plus? Lo scopo non era farsi la guerra tra noi, ma per noi! Nemmeno la
minaccia di attacco a tutta la Terra può sciogliere le
riserve del primo agente segreto del pianeta?”
domandò affabile e suadente. Come una serpe. Una delle molte
che si ramificavano dal corpo centrale di HYDRA. Ne uccidevi una, e due
ne prendevano il posto.
In ultimo,
ragionò Fury, ci aveva preso, insomma, solo che Andrea era
troppo accecata dalla sua prospettiva per ammetterlo. Così
rispose diversamente, spostando ancora una volta il discorso su un
altro fronte “Si tratta sempre di un noi e un loro! Se
vengono in pace non c'è motivo di attaccarli...”
“Lo
dicevano anche i nostri vecchi degli ebrei...”
replicò lei facendo spallucce.
“Non
avrete mai la mia collaborazione per questo.” fu la secca
risposta dell'uomo. Una risposta che aveva trattenuto fino a quel
momento.
“Giusto...
dimenticavo che la tua cara amica e direttore dello S.W.O.R.D., su al
Vertice, ha sangue alieno nelle vene...”
“Evita
di farmi la predica... Che tanto dietro al nuovo direttore, Osborne, ci
siete voi. E Osborne opera con quel sociopatico di Loki...”
“Non
insultarci!” sbottò la donna “Noi non
lavoriamo con quel pazzo. E, tanto meno, lavoreremmo con quel rifiuto
cosmico che ha lanciato l'attacco alla Terra! A parte non prendere
ordini da nessuno, tutt'al più ci si può accusare
di fraternizzare col Club Infernale!”
“Oh,
certo! La più pia delle associazioni di Boy
Scout...” sbuffò Nick roteando l'occhio
“Razzisti che cercano di proteggere la purezza della razza
umana da contaminazioni mutanti, quando i loro vertici ne sono
impregnati come spugne e commerciano schiavi terrestri con tecnologie
aliene”
“Vedo
che non sei aggiornato, Nick...” gongolò ancora
lei “Il Club Infernale ha subito un drastico rinnovamento.
Diciamo pure che ora tra questo e il CSM non c'è
più alcuna differenza: sono le stesse quattro persone a
comandare l'una e l'altra cosa...”
A quella
rivelazione, Fury non poté non sbigottire mentre molti
tasselli andavano a incastrarsi al posto giusto. Usando un induttore di
immagini che li aveva sempre mostrati nella loro versione futura e
invecchiata. Non suonava, quindi, più tanto strano che
avessero sempre preferito incontri virtuali: temevano che lui potesse
svelare l'inganno. Ed erano loro che non volevano una squadra di
Vendicatori e che, in quel senso, avevano fomentato il clima generale
di odio per i mutanti e per i superumani in generale! Erano loro che
avevano lanciato l'ordine di un attacco nucleare a New York, la cui
concentrazione di anomalie era ben nota a tutti e non solo allo
S.H.I.E.L.D. Erano sempre loro che stavano dietro alla sparizione della
tecnologia custodita nei laboratori delle più grandi menti
mondiali. Loro avevano sabotato la stazione orbitante dello S.W.O.R.D.
nel tentativo di impedire agli agenti del Vertice, troppo impegnati a
sistemare i propri problemi, di intervenire in soccorso degli Inumani
che vivevano nel lato Blu della Luna. Al riguardo, Nick doveva
ringraziare Maria di aver avuto l'intuizione giusta al momento giusto e
che il dottor Henry McCoy fosse stato nello spazio con la fidanzata per
individuare e correggere immediatamente il problema, contenendone i
danni. Tuttavia, assieme a molti morti, diversi Inumani erano dati per
dispersi: non vi era alcuna traccia di loro in alcun angolo di Attilan,
la loro città incastonata in un cratere, unica zona in cui
fosse possibile la vita. Nemmeno se messi alle strette si sarebbero
avventurati fuori dalla bolla e avrebbero abbandonato i cristalli
terrigeni, parte integrante della loro cultura e della loro mutazione,
nelle mani degli invasori.
I membri del CSM
o Club Infernale, ormai era lo stesso, erano sempre stati alle spalle
di tutti i progetti schifosamente eugenetici in cui si torturavano la
popolazione umana e mutante al fine di creare guerrieri che potessero
competere con le forze di invasione aliene. Loro avevano creato ibridi
umano-alieni. E se erano in combutta con Essex, che aveva contribuito
allo sviluppo della razza inumana, considerata ora aliena, non doveva
più meravigliarsi che questi esseri, tenuti segreti agli
occhi di tutti i terrestri, fossero stati attaccati.
Avevano torturato
gli stessi visitatori extraterrestri, fornendo loro un casus belli che
poteva anche giustificare le azioni di Loki, per quel che ne sapeva lui.
Ma, ancora, erano
loro che avevano messo il pianeta intero nelle mani di quello stesso
pazzo psicopatico pur di guadagnare il potere sulla Terra, come
vassalli di un impero intergalattico, magari contrabbandando merci
terrestri, dai materiali preziosi alle specie più esotiche,
ivi compresa l'umanità stessa. Non era un mistero di come
già nella tratta degli schiavi ci fossero stati neri che
lavoravano al fianco dei bianchi in quel tipo di commerci. Se i Fenris
fraternizzavano con il Club Infernale, automaticamente erano alleati di
Loki e lacchè alla pari di Osborne, checché ne
dicessero loro.
Avevano cercato
di fronteggiare l'invasione per giustificarla, eventualmente in un
secondo tempo, come tentativo di mostrarsi degni di una seconda chance,
in modo che il pianeta venisse risparmiato dallo sterminio ma potesse
rivelarsi un'efficace arma nelle mani dei conquistatori. Per ottenere
la qual cosa avevano dovuto dividere i compiti tra buoni e cattivi in
un perfetto e coordinato gioco delle parti: quelli che volevano salvare
il mondo e quelli che volevano dominarlo; quelli che volevano
proteggere i civili grazie a un potenziamento genetico contro coloro
che volevano contrastare quelle stesse aberrazioni per mantenere quel
potere nelle mani di pochi eletti. Tutto faceva parte di un piano
contorto e meticoloso.
Possibile che
Loki, in tutta la sua astuzia di dio dell'inganno, si fosse fatto
intrappolare in una rete di complotti tutta umana? No, non lo credeva
davvero possibile. Ma non aveva nemmeno prove che dimostrassero il
contrario.
Il CSM era
l'altra faccia del Club Infernale e, a sua volta, ciascuna
manifestazione della stessa moneta pilotava le azioni ora dello
S.H.I.E.L.D., ora dell'Hydra con tutte le rispettive ramificazioni. Da
una parte, geni scientifici, carismatici armaioli e modesti filantropi
sostenevano la comunità superumana che si auto difendeva
come poteva ora nella platea pubblica con accorati discorsi e ora in
campo con i loro poteri non umani a cui si contrapponeva una politica
vessatoria sostenuta dalla ricerca dell'A.I.M., dalle fonti energetiche
della Roxxon, dagli armamenti dell'HAMMER, da scienziati folli quanto
geniali come Essex o Zola2, tutti protetti dal
corpo di assassini della Mano, ninja addestrati a proteggere tutti
questi segreti. E tutti, dal primo all'ultimo, più o meno
consapevolmente, si rifacevano allo stesso grande burattinaio. Ecco
perché la pretesa ostilità tra le due agenzie gli
era sempre parsa troppo sospetta: qualcosa, istintivamente, non gli
tornava.
Il gioco delle
parti che conducevano gli interessati si svolgeva comunque sulla pelle
della popolazione civile, più o meno indifesa, che fosse
umana, superumana o aliena. Ed era una situazione che andava fermata al
più presto.
“Allora...
visto che alla fine stiamo dalla stessa parte, Nicholas...”
sorrise Andrea mentre con l'unghia dell'indice percorreva i tratti
somatici dell'uomo, ignara delle sue elucubrazioni “Non trovi
sia meglio allearsi? Saremmo una bella squadra...”
“Andrea
cara...” rispose lui sorridente “Va pure a dare il
culo al tuo incestuoso fratello e risparmiami queste
puttanate!” replicò fermissimo e serafico.
L'offesa
arrivò più violenta di una frustata e la bionda
si ritrasse quasi scottata. “Ti pentirai della tua
scelta” replicò altera, cercando di non dare a
vedere quanto fosse imbufalita. Schioccò le dita e Val
emerse dalle ombre, alle sue spalle “Ti farò un
ultimo regalo, in memoria della nostra lunga amicizia... Non sperare di
ricorrere alla capsula di cianuro nei molari: te l'abbiamo
già rimossa. Come vedi, S.H.I.E.L.D. e HYDRA usano, ancora
una volta, gli stessi accorgimenti. Lascerò che sia la tua amata a straziare le tue
carni. Gli italiani non hanno le palle per fare le cose, neanche con
l'acqua alla gola: hanno bisogno di una spinta e, quando sono
già affogati, se qualcuno di esterno dà loro un
pretesto, allora scatenano tutta la loro brutalità. E
credimi, la storia insegna che sanno essere dei veri macellai... Oh!
Già... tu eri presente al vilipendio del cadavere del loro
dittatore settant'anni fa...” Sorrise cinica “La
tua cara contessina non è da meno. Tanto più se
è stata manipolata da noi... Oh, dimenticavo... sono cose
che già sai...”
“Giusto,
i tedeschi mangiapatate, invece, sono degli esperti in abomini,
frustrati come sono da un clima rigido e una storia che li ha visti
privati dei loro tre quarti di nobiltà, del loro impero
plurisecolare seppur sempre frammentato in tanti regni
diversi...”
“Non
sprecherò altro fiato con te, Nick!”
sibilò lei, raddrizzandosi, colpita nel vivo.
“Lasciami
indovinare? Sono uno sporco negro cresciuto nelle piantagioni di cotone
e non so far altro che ubbidire, Sì,
Sahib?
E non dovrei, quindi, alzare troppo la cresta?”
ghignò lui, per nulla intimidito da quella situazione.
“Come
dicevo, abbiamo superato la fase di odio razziale. Come la moderna
psicologia giustifica in parte le teorie Lombrosiane3, a sua volta,
l'antropologia associata alla geografia, allo studio delle lingue e
delle religioni4, conferma che l'ambiente
e la cultura determinano le persone per quelle che sono e gli
stereotipi sono più che validi, in generale. Salvo sfumare
nei bordi per coloro che sono cresciuti in ambienti culturalmente
più ricchi”
“Oh
certo... voi siete passati dalla Germania alla Svizzera, immagino,
passando per Vienna per il ballo delle debuttanti, giusto? Chi era il
tuo cavaliere? Andreas o …....”
“La tua
insolenza è qualcosa che, lo ammetto, mi ha sempre
affascinato. E che mi mancherà. Addio, Nick... noi dobbiamo
andare... i trattati intergalattici ci aspettano...” lo
salutò la donna, dandogli le spalle per lasciarlo solo con
Val.
Non era sicuro
che i Fenris se ne fossero andati, quindi continuò a
recitare la sua parte. Alzò lo sguardo sulla compagna e vide
che i suoi occhi brillavano di rabbia e desiderio di vendetta. La sua ragazza.
Inclinò
la testa di lato, a sfidarla “Bene, Val... vediamo quanto
odio represso hai nei miei confronti...”
Per tutta
risposta l'ex vice direttore dello S.H.I.E.L.D. si sfilò un
bowie dallo stivale e lo fece roteare in mano con l'abilità
di un giocoliere mentre, con un'occhiata, gli indicava l'altro stivale.
Là c'era un secondo coltello. D'altronde, il piano l'avevano
elaborato assieme. Ammesso che il ragionare dando per scontato di
sapere come l'altro avrebbe reagito potesse essere considerato tale.
Quando una luce
diversa balenò nello sguardo della donna, Fury si
preparò all'impatto. Tutto avvenne così
rapidamente che i gemelli Von Strucker non ebbero tempo di realizzare
che la seduta di torture si era evoluta nella liberazione dell'ostaggio.
Val diede un
pugno al suo superiore, mandandolo gambe all'aria. Nick si
rannicchiò in posizione fetale per far scivolare i polsi
sotto di sé e oltre le gambe. Quindi alzò i
polsi, continuando l'ideale rotazione delle braccia, appena in tempo
per intercettare con la fascetta da elettricisti, che gli ancorava i
polsi in una morsa rigida e tagliente, la lama che Val stringeva nel
pugno che l'aveva colpito. Come la plastica si fu spezzata, la super
spia invertì la direzione di rotazione delle sue braccia,
proprio mentre Val spiccava un salto in alto per oltrepassarlo e
lasciargli, così, la visuale libera. Le sue mani scivolarono
sul corpo della donna fino a raggiungere con la mano libera lo stivale
e sfilare il pugnale assicurato in posizione inversa rispetto al
normale utilizzo.
Val
atterrò rotolando alle sue spalle in una capriola perfetta
mentre lui riguadagnò la posizione di sicurezza rotolando a
sua volta sulla schiena assecondando il moto impressogli dalla donna
col suo pugno. Come si arrestò, con un poderoso colpo di
reni che avrebbe potuto dargli lo slancio per un'altra capriola in
avanti, le braccia oscillarono naturalmente in avanti a causa del
contraccolpo e il guercio ne sfruttò la spinta per lanciare
il coltello di cui si era appena armato.
Un movimento
naturale, dettato da ore di allenamenti. La fluidità era
diventata parte integrante del suo istinto e sapeva che non avrebbe mai
mancato il bersaglio.
Avvertì
un gemito soffocato, subito seguito da quello sorpreso e sgomento del
suo bersaglio e seppe che, sia il suo colpo sia quello di Val, avevano
centrato il loro obiettivo: due agenti S.H.I.E.L.D., i vertici, contro
due leader di HYDRA, i gemelli Von Strucker.
“Per
essere un vecchio, nudo come un verme e stordito dalle droghe, te la
cavi bene col lancio dei coltelli...” si
complimentò Valentina raggiungendolo alle spalle, le mani
piantate sui fianchi, il peso del corpo che gravava tutto su una gamba
sola.
Fury si rimise in
piedi come se avesse appena colto una semplice margherita e non
assassinato una persona e, nonostante la situazione tutt'altro che
idonea, si esibì in una posa marziale e superiore, alzando
il mento e incrociando le braccia al petto. “Mia cara, sono
fermo all'età di quarant'anni, non dimenticarlo!”
ghignò per poi darle un buffetto sulla guancia.
Si volsero,
quindi, entrambi, per vedere il risultato della loro azione coordinata.
Le teste dell'HYDRA erano cadute. Ne sarebbero spuntate altre? Era
presto per dirlo. E al da farsi avrebbero pensato dopo. Ora dovevano
tornare a guidare le loro truppe.
1
Se vi interessa la connessione tra le teorie complottiste aliene (di
cui David Icke e Zecharia Sitchin sono due dei principali esponenti) e
i riferimenti di cui il è infarcito il Marvelverse, vi
invito a leggere questo post.
2
Essex ormai lo conoscete, Zola, invece è uno degli acerrimi
nemici di Cap e solitamente appare come un grottesco robot sul cui
monitor campeggia il suo bel faccione. Lo si è visto anche
in Cap:
Soldato d'inverno.
3
La moderna medicina ha determinato una stretta relazione tra tratti
somatici e malattie genetiche (familiarità o affezione alle
stesse). Se
la cosa può essere evidente laddove i tratti siano
fortemente
riconducibili all'una o all'altra malattia, con l'aiuto di tecnologia e
software avanzati si è arrivati a determinare, con un
accuratezza del
99,7% , partendo solo da una fotografia di una persona 'normale' e
sana, tutte le malattie di cui può soffrire o di cui
può essere
portatore quel dato soggetto. Determinate malattie, inoltre,
determinano anche parte del carattere ed ecco come le teorie
Lombrosiane tornano alla ribalta.
4
Non è infatti un caso che le
religioni monoteiste, che aspirano a un aldilà migliore si
siano
sviluppate in zone aride e altre, cicliche e caratterizzate da
reincarnazioni, in zone monsoniche.
Lo stesso vale
per il linguaggio
associato alla geografia: parlate dure, caratteri duri e climi rigidi,
parlate morbide e melodiose, caratteri allegri (e cialtroni) a climi
che invitano all'ozio (o meglio, dove non puoi lavorare se non vuoi
morire per colpi di calore o disidratato). E da questo si determina la
società: da una parte famiglie che si formano precocemente,
dall'altra
reti allargate e tardive. Sono questioni affascinanti.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Ta-dan! Ecco
finita, finalmente, la parentesi SHIELD/HYDRA. Il quadro comincia a
essere un po' più chiaro? Lo spero.
Che altro dirvi?
Per il momento credo non serva aggiungere altro.
A presto!!
(e per chi riesce
a vederli, buoni Guardiani
della Galassia:
io non so quando riuscirò ad andare...)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Angeli metropolitani ***
15.
Angeli metropolitani
“Cosa
diciamo, ora?” domandò quand'ebbero girato
l'angolo.
“Dobbiamo
dir loro qualcosa?” replicò la rossa levando un
sopracciglio, scettica: se pure avevano confidato qualcosa a qualcuno
era evidente come nessuno avesse mai spifferato nulla o collegato i
fatti. Quindi che motivo c'era di rendere improvvisamente tutti quanti
partecipi del loro chiarimento? L'avrebbero fatto singolarmente,
così come, allo stesso modo, in passato, solo alcune persone
erano a conoscenza dei loro segreti. “Saranno fatti nostri
come ci siamo chiariti...”
“Come
se bastasse a tacere quelle comari... Poi ci vedono arrivare
così...” disse indicandola: era in pantaloni e
reggiseno. “Almeno a Cap lo dovresti dire...”
Natasha
sbuffò in quello che era uno strano tentativo di reprimere
una risata “E' stato lui a costringermi a
questo...” sibilò lei
“Sennò
non mi avresti mai spiegato
nulla, giusto...?” replicò offeso stringendola in
un abbraccio tra il cameratesco e il possessivo. Lei assentì
appena “Allora lo sanno già...”
“Clint...”
replicò lei, guardandolo in tralice, lasciando a intendere
che non doveva farsi scrupoli, se voleva, a tenere segreta la cosa:
tanto li canzonavano già da tempo e su di loro circolavano
le peggiori leggende e aspettative. Infrangere certi sogni, pur
confermandoli, poteva avere pericolose ripercussioni.
Quando fecero il
loro ingresso nella sala da cui si erano allontanati più di
mezz'ora prima, trovarono Steve che conversava amabilmente con la
nipote del suo primo amore; Janet seduta accanto a suo marito,
addormentato in posizione scomposta sul divano, che discuteva
animatamente con Ororo di moda, schizzando bozzetti su un blocco notes
che poi mostrava sistematicamente al re wakandiano che dava segno di
non afferrare i concetti espressi; Mystica che cercava di parlare con
suo figlio, offeso dalla presenza della donna, con la mediazione del
canadese che se ne stava tra i due pelle blu, una gamba accavallata
mollemente sull'altra, a sorseggiare una birra. Deadpool sedeva per
terra, davanti a loro, a seguire la vicenda, fazzoletto alla mano come
se fosse stato davanti a una telenovelas sudamericana di seconda
categoria; James e Jessica stavano appollaiati alla vetrata, scrutando
lo skyline della città che si estendeva come un tappeto di
mattoncini colorati sotto di loro.
Johnny Storm e
Peter Parker non erano presenti in sala, probabilmente infrattati da
qualche parte a provare un qualche programma di simulazione di
realtà virtuale, così come Tony e Pepper,
probabilmente impegnati a rilasciare qualche comunicato stampa dopo
l'attacco al Triskelion. Altra assenza, altrimenti ingombrante
presenza, era il pennuto X-Men dalla pelle cianotica.
Inizialmente,
nessuno sembrò accorgersi dell'ingresso in sala dei due
agenti, ma dopo pochi istanti, sentirono Logan annusare l'aria
“Dio, Wade!” sospirò “Puzzi di
vomito...”
“Non sono
io!” protestò il mercenario colto di
sorpresa.
“Come
mai vi presentate in cotal guisa, semi ignudi?”
domandò Thor comparendo magicamente alle spalle dei due
agenti, calamitando su di loro l'attenzione di tutti gli altri.
“Natasha
è stata male...” spiegò asciutto Clint
“Qualcuno sa dove posso trovare la lavanderia?”
chiese mostrando la palla di cotone sporco che teneva in mano.
“Ti ha
aggredito?” domandò l'agente 13 alzando appena lo
sguardo
“Ci ha
provato...” replicò lui facendo spallucce
“Tutto
a posto?” domandò James squadrandoli con occhio
attento
“Diciamo
di sì...” rispose l'arciere cercando di fuggire
allo sguardo del collega che, però, sembrava saperla lunga.
D'improvviso,
qualcuno bussò alla finestra e tutti si volsero a osservare
il giovane Worthintong in tenuta pressoché adamitica che, le
ali spiegate a tenerlo sospeso all'altezza dei loro sguardi,
urlò l'avviso che arrivò ovattato
“Stanno arrivando!”
“Chi
è che arriva?” domandò Clint mentre i
mutanti presenti in sala schizzavano su per le scale senza batter
ciglio. Lanciò un'occhiata alla rossa e si mise a correre
alle calcagna del gruppo. Solo Pym fu abbandonato in sala, beatamente
nel mondo dei sogni perché anche T'Challa seguì
Ororo: ciò che angustiava lei era anche affar suo.
Fecero appena in
tempo ad accalcarsi tutti nella sala con l'angolo bar al piano
superiore, tanto amata da Stark, che videro Rogue atterrare
delicatamente sul pavimento di marmo scuro, lasciando rotolare a terra
il giovane e imprecante Pietro Maximoff.
“Dannata
strega!” urlò a indirizzo della mutante
“Mi vien da vomitare!”
“No, ti prego,
che ci ha già pensato qualcun'altro, oggi”
se ne uscì Wade
“Odio
le Montagne Russe” sibilò il ragazzo
strattonandosi lontano da Rogue. “Anche se sono lente come
lumache!”
“Mocciosetto!”
ghignò la mutante responsabile di tanto malessere mentre
Kurt le saltava al collo “Tranquillo...” disse al
fratellastro per rassicurarlo “Sto bene... più o
meno..”
“Mai
più!” sbraitò ancora il ragazzino dai
capelli argentini
“Si
può sapere che tutto è successo?” lo
rimproverò burbero Logan.
“Questa
pazza che viaggia più veloce di un jet si è messa
a fare i giri della morte perché ascoltava canzoni stupide
dei Beach Boys, dei Pet Shop Boys o dei Rednex1”
“Sei
proprio un rammollito!” si schifò Mystica
“Ci credo che sei la delusione di tuo padre”
“Ma
andate un po' a farvi un giro tutti quanti!”
Sbraitò infastidito “E poi cosa sono queste tenute
discinte?” la sua voce si alzò di un'ottava mentre
indicava, disgustato, Warren, Clint e Natasha “Quanta
promiscuità... ha proprio ragione Quentin, quando dice che
la cosa che vi riesce meglio è...2”
“E
finiscila!” lo rimbeccò Mystica dandogli uno
scappellotto sul coppino.
Era ormai ora di
pranzo e, finito di rampognare Pietro, tutti avevano cominciato i
preparativi personali per il pasto: chi andava a lavarsi, chi a
rivestirsi, chi ancora doveva pregare prima di avvicinarsi al cibo e
così via.
Rogue stava
seguendo il flusso di persone davanti a sé, che da
lì a pochi metri si sarebbe diviso, lasciandola sola coi
propri sensi di colpa (e con una stanza distrutta da rimettere in
sesto), quando una voce che ben conosceva la fece fermare e voltare.
“Magnifica
creatura...” la apostrofò Warren spiegando, nella
sala ormai vuota, le sue ali metalliche in una sorta di inchino.
Le
scappò un ghigno. Il bell'angelo doveva sempre esagerare
nelle sue dimostrazioni d'affetto. La sera prima non aveva avuto modo
di osservarlo bene, presa com'era dal vortice di emozioni che stava
vivendo al fianco di Gambit... Un nodo alla gola si serrò
così improvviso che faticò a deglutire e a
ricacciare indietro le lacrime. Sarebbe stata forte, si
ricordò. Forte per se stessa, per Carol, che viveva in lei,
per Kurt, per Logan e Mystica che l'amavano come una figlia, per Pietro
che si era dato tanto da fare e per tutti gli altri che aveva fatto
quasi morire di spavento.
Riportò
l'attenzione sull'uomo davanti a sè che sembrava perplesso e
la scrutava con curiosità e apprensione. E che continuava a
starsene mezzo nudo con tutta la disinvoltura di questo mondo. Tanto
lei non era affatto in imbarazzo, proprio no. Non tanto
perché era davvero un bel vedere, ma per l'idea che lui
potesse concedersi una tale libertà che a lei, pudore a
parte, era preclusa.
Era davvero un
bell'uomo e non c'era da stupirsi che la frigida Betsy avesse perso la
testa per lui. Certo, adesso aveva quella sfumatura malaticcia che
faceva sembrare i suoi capelli d'oro una cascata di fibre ottiche. Ma
Warren era altro oltre che un bell'involucro. Era di una
bontà sconcertante, limpido come un cristallo.
Ora appariva
così sereno, eppure Rogue ricordava le immagini del
notiziario che aveva visto al Baxter Building quando, quella sera di
poche settimane prima, il mutante aveva attaccato le industrie di suo
padre in preda a una rabbia cieca. Era livido, furibondo, non lo aveva
mai visto in quello stato. Era l'angelo della vendetta in persona.
“Warren
sei un bell'adulatore ma io ho già i miei pensieri con un
altro...” disse con un sorriso triste.
“Non
capisco, creatura del cielo...” disse lui serio “Ci
conosciamo?”
Rogue si
sentì mancare la terra sotto i piedi. Quella sera non aveva
prestato troppa attenzione al mutismo dell'angelo, né al suo
sguardo sperduto e confuso. Logan e Kurt gli avevano accennato solo
brevemente quanto era avvenuto alla villa. Se lei si sentiva
così disperata, come poteva sentirsi Bets, la sua fidanzata?
Warren aveva
perso la memoria. Completamente.
Avrebbe dovuto
capirlo dal suo nuovo modo di porsi: quella prosopopea, quella
bontà così affettata... Per quanto fosse
tranquillo e pacato, era un uomo deciso, combattuto tra il suo essere
mutante e il suo essere figlio di un uomo che cercava con ogni mezzo di
nascondere quella verità.
“Sì,
Warren... ci conosciamo... da tanto tempo..” disse guardinga
“Siamo
amici?” domandò ancora lui, lo sguardo acceso di
nuovo interesse
“Direi
di sì.” rispose orgogliosa “Di solito ci
alleniamo insieme. Tu, io e Tempesta...”
“Perché
sai volare anche tu?”
“Sì...”
“E come
fai?” domandò ancora quello, curioso. Le ali si
erano ritirate a un ingombro minimo e lui ora le stava girando attorno
come un rapace che cercasse di scoprire il punto debole della preda.
“Non lo
so... è un potere che ho rubato, Warren...”
“Non si
deve rubare...” replicò lui, corrucciato
“Lo so,
caro... Per questo devi starmi lontano... e non toccarmi...”
lo avvertì lei, notando come le braccia di lui si fossero
alzate istintivamente, pronte a scrutarla più da vicino,
perché solo toccando si poteva dare peso a un'idea, a
un'immagine.
“Forse
posso curarti...” si offrì il biondo protendendo
ulteriormente le mani “Ho un potere... un dono...”
“Credimi,
Warren... è come se avessi accettato, davvero... non voglio
farti del male...”
“Ma...”
la incalzò lui
“Niente
ma... ti
ringrazio, ma non posso rischiare...”
“Sei
buona, dunque...” non voleva essere una dimostrazione di
precedente mancanza di fiducia ma Rogue non poté fare a meno
di sentirsi dipinta come un demone. Come succedeva a suo fratello.
“Non avrei mai pensato di incontrare una simile tormentata
bellezza...” aggiunse ancora l'angelo.
“Ah,
no, Warren, stammi lontano!” disse lei stendendo il braccio
in avanti. Ma Angelo, che sembrava avere problemi a recepire il
messaggio, le afferrò la mano guantata e se la strinse al
petto, come fosse stata un peluche, cullandola tra le sue.
“Ci mancava solo un Angelo marpione...”
sbottò la donna ritirando bruscamente la mano e frapponendo
tra loro ancora più spazio, spiccando un salto e mettendosi
a galleggiare in aria: Warren non avrebbe potuto fare altrettanto. O
sì? Forse era una mossa stupida, dato che il vecchio Warren
poteva manovrare agilmente anche in poco spazio. Se aveva un po' di
fortuna il nuovo angelo non aveva ancora piena padronanza dei suoi
poteri. Ma, al momento, non le veniva in mente nulla di meglio e non
voleva essere troppo dura con un povero smemorato.
“Decisamente
sei più una Valchiria...” sorrise compiaciuto
quello estendendo le proprie ali metalliche. Erano così
lisce e specchianti che Rogue poteva vedere lo skyline alle proprie
spalle.
“Ah,
no, Mein Freud!” l'esternazione di Kurt congelò
Warren sul posto “Stalle alla larga!” disse
raggiungendoli in un banf fumoso. Quindi si volse verso Rogue
“Tutto bene?” Lei annuì appena,
distogliendo imbarazzata lo sguardo da quello del fratello: quanti
altri grattacapi gli doveva dare? “Avanti, caro
Cupido...” ringhiò ancora Kurt un po' troppo
veemente, la coda lanceolata che frustava l'aria “La signora
vuole essere lasciata in pace...”
“Io
non....” cercò di giustificarsi l'angelo.
Alzò lo sguardo su Rogue, quasi cercando di farsi capire e
perdonare da lei “Io non volevo turbarti o metterti in alcun
modo a disagio... spero tu possa concedermi la tua fiducia...”
“Sì,
Warren, lo so... ma è colpa mia... sono io che sono molto
suscettibile, negli ultimi tempi...”
Così
dicendo, tornò a poggiare i piedi a terra, facendo
però in modo di venirsi a trovare alle spalle di Kurt. E
quel giorno non aveva davvero più la forza di allontanare
qualcuno che cercava solo di essere gentile con lei. Non quel giorno.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Mano nella mano,
Tony e Pepper avanzavano impacciati per i corridoi lucenti e
accoglienti di Vanity. Ciò che avevano condiviso non li
aveva cambiati minimamente: Tony continuava ad essere l'arrogante e
presuntuoso di sempre e Pepper continuava a rintuzzarlo istericamente
ogni due secondi, allibendo per i sempre nuovi e inesplorati livelli di
demenza che poteva raggiungere il suo capo/amante/supereroe personale.
Era qualcosa che, in fondo, la faceva vergognare. Ma era anche parte
consistente del suo amore per lui.
Attendevano ormai
da cinque minuti fuori dall'ufficio di Christine. Tony era
così annoiato e pentito della sua scelta che faceva di tutto
per dare una cattiva impressione. Pepper, dal canto suo, si sentiva
come una madre con un figlio intrattabile in un luogo in cui non sta
bene alzare la voce.
Quando,
finalmente, la porta si aprì, Tony non fece in tempo ad
alzarsi in piedi che andò a sbattere il naso contro un
armadio d'uomo comparso dal nulla. Stava già per attaccare
briga con quella scimmia scesa dagli alberi e calatasi in sobri abiti
da bodyguard che una voce nota gli impedì di farsi
trasformare in sottiletta sotto i pugni del bestione.
“Anthony?”
chiamò il biondino sulla soglia dell'ufficio
“Daniel?”
domandò lui di rimando.
“Vi
conoscete?” domandarono in coro Pepper e Christine per poi
sorridersi vicendevolmente a quella coincidenza.
“Diamine
se ci conosciamo!” il sorriso sul volto del giovane Daniel si
allargò fino a diventare abbacinante “Luke,
lascialo andare...” disse al gorilla di poche parole che
folgorò Tony con uno sguardo, considerando chiuso il
contenzioso.
Ma Tony, che non
sapeva quando smetterla, aggiunse, rivolto all'agente di sicurezza
“Guarda che con me i tuoi trucchetti Jedi non funzionano,
Power Man!”
Luke
lanciò un'occhiata d'approvazione al suo datore di lavoro,
affinché gli desse l'autorizzazione a polverizzare
quell'uomo arrogante all'istante. “No, Luke... lascia
perdere! So che è difficile...” rispose quello di
rimando, un po' come si fa con un cane non troppo ubbidiente, per poi
andare a dare una pacca sulle spalle a Tony a mo' di saluto.
“Sono
difficile?” replicò Stark con fare innocente,
cercando l'appoggio della sua accompagnatrice che, però, si
limitò a guardarlo trucemente. “A-ehm...
ok...” bofonchiò cercando di rimettersi in
carreggiata “Qual buon vento ti porta qui, Rand?”
“Un
intervista, che altro?” replicò quello,
ridendosela per la domanda stupida
“E
così avrà due pezzi grossi sullo stesso
numero?” sbottò Iron Man verso la giornalista, rea
di cercare di guadagnarsi il pane infilando due calibri da novanta (o
meglio...uno da novanta e uno a salve) nel suo giornaletto.
“Mettiti
calmo, Tony!” lo rabbonì il biondo
“Erano solo quattro chiacchiere. La vera intervista si
terrà più avanti, in occasione della
presentazione in borsa uno dei nostri nuovi prodotti...”
“A-Ehm...”
fece quindi Christine alle loro spalle, richiamandone l'attenzione.
“Mi dispiace interrompere la rimpatriata ma io ho un'agenda
zeppa di impegni...Vogliamo procedere?”
“Peps...?”
domandò Tony inclinando il capo verso la giornalista,
invitando il suo amministratore delegato a procedere all'interno mentre
lui si intratteneva ancora qualche minuto all'esterno.
La rossa
alzò gli occhi al cielo: come sempre toccava a lei
sbrogliarsela.
“Senti,
Danny...” disse allora il miliardario in armatura agguantando
il collega e portandolo lontano dal suo bestione “Sai nulla
di Stephen?”
“Strange?”
domandò l'altro confuso, non comprendendo appieno
perché di tanta segretezza. Fece comunque cenno a Luke di
restare dov'era. “L'ultima volta che l'ho visto era diretto
in Nepal o da qualche parte nelle montagne Himalayane. Sai, dopo
l'incidente alle mani le ha provate tutte per ritrovare il suo posto
nel mondo. Gli incubi che ha cominciato ad avere subito dopo di certo
non hanno aiutato. Visto che io ne avevo tratto beneficio, gli ho
consigliato la via della meditazione e gli ho dato una mano in quel
senso.”
“Sì...
beh, mi dispiace non esserci stato ma io ho avuto altre cose a cui
pensare...come saprai... E, in ogni caso, il miglior consiglio che
avrei potuto dargli sarebbe stato di attaccarsi alla bottiglia,
quindi...” replicò Tony, valutando quanto fosse
meschino e di poco aiuto agli amici in confronto al buon Daniel. Anche
se la Rand-Meachum Corporation non era neanche lontanamente ai livelli
della Stark, a livello umano, tra lui e Danny, c'era un abisso. Tony,
in qualche modo, rivedeva se stesso in Stephen Strange e forse per
quello non si era fatto in quattro per aiutarlo. Se mai, all'epoca dei
fatti, il suo ego gli avesse concesso di concentrarsi su qualcun altro
all'infuori di se stesso.
Conoscendolo e
conoscendosi, nessuno dei due avrebbe voluto l'aiuto dell'altro. E poi
lui, di recente (qualche annetto), era cambiato e non sapeva davvero
come relazionarsi coi suoi vecchi amici. Forse, imporre la sua
presenza, come sempre, era la strada da seguire.
“Tu e
Stephen siete molto simili e credo che sia arrivato al metodo Stark per
conto suo” lo consolò il biondo. “Cosa
ti serve da Stephen? Posso provare a contattare il maestro da cui l'ho
mandato...”
“In
realtà sono io che ho un'informazione per te... Pare... e
sottolineo PARE, che sia prigioniero di Norman Osborne”
“Il tuo
migliore amico, quello che ora è direttore dello
S.H.I.E.L.D.?” Ironizzò Daniel che si teneva
più informato di lui su quanto avveniva nel mondo.
“Normie
non è mio amico!” precisò il magnate in
un ringhio.
“Lo so,
scemo!” ridacchiò nervosamente il biondo
“E quindi? Che intendi fare? Nel caso fosse provato,
ovvio...”
“Prima
di tutto, voglio scoprire se è vero. Dopodiché,
se confermato, intendo liberarlo!”
“Se
serve una mano, fammi un fischio.” si offrì
l'altro. “Anche se non credo vorrei essere coinvolto in una
delle tue risse da bar.”
“Con
tutto il rispetto, Danny. Ma non credo che il tuo amico Mace Windu
possa fare molto di più che intimidire la gente con lo
sguardo, né tu confonderla con i tuoi trucchetti marziali
dalla Bruce Lee... e comunque le mie non sono risse da bar!”
Ma Daniel, al
posto di offendersi, ridacchiò “Giusto, sono
più uno sparatutto demenziale. Ma, amore di mamma... tu non
sai cos'è il Pugno d'Acciaio, vero? Non preoccuparti. E
credimi che anche Cage può fare parecchio male. Non a caso
abbiamo messo su una società di eroi in affitto.”
“Eroi
in affitto?” Stark storse il naso “E che roba
è?”
“Diciamo
che cerchiamo di coprire quella fetta di mercato che i Super, troppo
impegnati con minacce internazionali o cosmiche, sono costretti a
ignorare. Sai, le minacce dei criminali da strapazzo: la gente
è ben disposta a darci qualcosa in cambio, anche se non ci
serve. Da lì, l'idea!”
“Sarà...”
bofonchiò Stark, scettico.
“Signor
Stark, se permette, ora ci serve anche la sua persona...”
Comunicò la giornalista con un sorriso irritato,
interrompendo l'allegra riunione, con la testa appena fuori dallo
spiraglio della porta..
Il magnate
sbuffò. Che altro c'era? Pepper non aveva sbrigato tutto?
Christine aveva parlato della necessità di avere la sua persona. Che
servisse il suo corpo?
Un brivido gli corse lungo la schiena ma irritare Pepper in generale
non era una buona idea, figurarsi in una giornata strana come quella.
Non era il caso di riuscire a rovinare tutto nonostante le mille cose
fatte dall'alba fino a quel momento.
Lasciò
andare Danny Rand e la sua truce guardia del corpo e si
addentrò nella sala, paventando di entrare nella tana di
qualche bestia feroce: aveva lasciato due donne da sole e, per quanto
poco potessero essere amiche, era facile che avessero stretto una
qualche subdola alleanza contro di lui.
1
Per la precisione Surfin
USA,
Go
West
e Old
Pop in an Oak
2
“Oltre ai viaggi
nel tempo e al tornare dai morti, la cosa che facciamo più
spesso è
intrallazzare tra noi” Quentin Quire alla nuova/giovane Jean
Gray
(Wolverine
e gli X-men
18, Non
è un peccato essere felici di essere
vivi)
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Dunque, ecco
ricomposto il gruppo alla Stark Tower.
E citiamo anche
Danny Rand e Luke Cage, ovvero Iron Fist e Power Man. Al riguardo,
volevo spiegare i giochi di parole di Tony.
Luke è
anche il nome del protagonista di Guerre
Stellari,
mentre Mace Windu è il Jedi interpretato da Laurence
Fishburne (Morpheus di Matrix, per intendersi).
Che dire? Devo
scappare a lezione, ci risentiamo con più calma
più avanti.
Baci a tutti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Il laboratorio di Essex ***
16.
Il laboratorio di Essex
Un fumo
impercettibile alla vista ma denso e penetrante all'olfatto impregnava
ogni angolo di quell'asettico laboratorio. L'odore era dolce e al
contempo acre, come se qualcosa di zuccherino avesse preso fuoco. Ma
tutto giaceva intatto sui banconi e una miriade di spie led rosse e
verdi lampeggiavano placidamente, incuranti dei due visitatori.
A un occhio non
abituato alle stranezze le cose potevano sembrare stridere tra loro.
L'uomo conduceva
il ragazzino curioso tra file di scaffali in cui erano stipati libri di
medicina e ampolle con animali in formaldeide, i cui corpi deformati
dalla curvatura del vetro e gonfiati dal liquido in cui erano immersi
facevano capolino qui e là, come mostri che sbucavano dalle
nebbie dei calderoni delle streghe medievali.
Il ragazzino era
divertito da quel Gran Tour e osservava con distacco le attrezzature
che si lasciava alle spalle: tecnologie antiquate e sorpassate da eoni
ma che, in quel luogo, sembravano essere l'ultimo ritrovato
scientifico. Si domandava come facessero a essere ancora tutti vivi con
quella miseria e con quella arretratezza culturale. E c'era chi
difendeva e amava quelle patetiche creature bipedi. Era come coccolare
e proteggere delle formiche! Ce n'erano anche troppi.
Selezione
naturale, aveva detto qualcuno.
Perché
dovevano prendersi la briga di non interferire con quelle
scimmie? Adulti... chi li capiva era bravo.
Certo, c'era
qualche esemplare che poteva assurgere al ruolo di animale da
compagnia. Ma nulla più. Come i suoi amichetti. Erano dei bravi
cagnolini ubbidienti. A volte un po' indisciplinati ma, proprio come i
cani, pendevano dalle sue labbra e cercavano di compiacerlo convinti
che lui non sospettasse dei loro traffici.
Sogghignò.
Bambini. Erano una variabile trascurabile nel suo piano più
grande ma molto più utili degli adulti di cui si era
circondato. Avrebbero potuto essere una valida spina nel fianco per i
suoi oppositori ma non erano nemmeno così terrificanti da
compromettere definitivamente i suoi piani.
Il Club Infernale
poteva continuare a esistere. Lui di certo non li avrebbe distrutti.
Erano troppo divertenti. E un ottimo lasciapassare per futuri scherzi
di cattivo gusto ai danni dell'intera galassia.
L'uomo davanti a
sé, all'inizio del loro giro, gli aveva raccomandato di non
toccare nulla (come se un ammonimento verbale potesse dissuaderlo da
fare qualunque cosa, ivi compreso usare la magia). Norman Osborne era
convinto di essere un grande esperto in fatto di arti mistiche e
occulte ma tutto il merito della sua -scarsa- conoscenza andava al suo
alleato latveriano che ben comprendeva la portata di un'invocazione
simile e che, giustamente, si era tenuto in disparte. Chi l'aveva
colpito profondamente, invece, erano i pezzentelli che avevano lavorato
per aprire il portale.
Non si
meravigliava del Figlio di Satana che, per altro, da bravo attore,
aveva finto di non averlo mai incontrato prima. O forse la sua stazza
ridotta l'aveva confuso realmente lasciandogli quell'indecifrabile
quanto fastidiosa sensazione di déjà vu.
Non si
meravigliava nemmeno dell'uomo dallo sguardo vacuo, i capelli
attorcigliati tra loro -e per questo probabilmente luridi-, con un
marchio stampigliato in fronte.
Chi lo aveva
piacevolmente sorpreso erano gli altri. Le due ragazzine -una
più spaventosa dell'altra, positivamente parlando-, il
vecchio guaritore storpio e il delinquente in cui si rispecchiava con
nostalgia.
Interruppe le sue
valutazioni quando quel viscido di Norman si fermò davanti a
una porta che sembrava sprangata dall'interno.
“Io ora
ti lascio..” disse quasi avesse paura di quello che si celava
dall'altra parte.
Loki si accorse
che le mani dell'uomo erano sudate, anche se non gliele aveva toccate,
e che tremavano impercettibilmente. A confermare quella sensazione, nel
giustificare la sua assenza all'incontro, Norman prese a gesticolare
nervosamente, in un modo di cui, forse, non si rendeva nemmeno conto:
mani in tasca prima, tra i capelli un secondo dopo e a stirarsi il
bavero della giacca quello seguente ancora. Per non parlare della voce
secca e gracchiante con cui aveva difficoltà ad articolare
una semplice frase di commiato. Dettagli che tradivano, comunque, anche
una certa propensione alla scissione della personalità:
quelli come lui li riconosceva ad occhi chiusi e, se possibile, se ne
teneva alla larga poiché, nella follia, c'era un oceano di
verità. Verità che lui voleva tenere celata. E
solo un matto avrebbe potuto capire il suo diabolico piano.
Tant'è che proprio la piccola Wilhelmina Kensington,
particolarmente folle e crudele, era, paradossalmente, la sua
interlocutrice più brillante.
Il Loki
ragazzino, impertinente come i suoi amichetti del Club Infernale (e, lo
sapeva, Norman ne era infastidito), congedò l'uomo con un
gesto sprezzante della mano.
Quando fu solo
fulminò il massiccio portone d'acciaio domandandosi
perché il suo ospite avesse così a cuore la
segretezza di quella struttura.
Non dovette
aspettare molto che le paratie presero a scorrere su binari, seppur ben
oliati, con un sibilo sinistro. Scardinarli era pressoché
impossibile: al posto di un una traversina sporgente dal terreno, vi
erano tre solchi, spessi diversi centimetri e profondi almeno una
spanna, in cui lastre, altrettanto grosse, estrudevano percolanti dal
fondo delle porte e scorrevano senza sforzo, probabilmente agevolate da
ingranaggi alla fine dei piccoli pozzi.
Una luce soffusa
si fece strada ai suoi occhi non appena le paratie la lasciarono
filtrare. E con essa una strana musica esotica, ipnotica e sensuale. Il
suono del Sitar, incalzato dalla Tabla e accompagnato dal Bansuri, era
inconfondibile. E gli ricordava fastidiosamente quello che poteva
essere il suo pallido corrispettivo Hindu: il cianotico Krisha che
però, al massimo, era stato ladro di burro da bambino.
Varcò
la soglia e una penetrante quanto pungente zaffata di incenso lo
investì, strappandogli un colpo di tosse.
“I
bambini non devono fumare...” sorrise una voce melliflua tra
le nebbie.
Loki
evitò di precisare che lui non era propriamente un bambino
ed evitò anche di rimbeccare quello squinternato sul fatto
che il fumo proveniva dalla stanza e che forse qualcosa era andato a
fuoco, più precisamente il suo cervello.
L'importante, in
fondo, era che lavorasse. Se cominciavano a battibeccare, quello scemo
sarebbe andato in crisi mistica e avrebbe smesso di fare il suo dovere.
Si addentrò nello strano laboratorio, domandandosi se avesse
operato la propria scelta con saggezza.
Tutt'intorno era
un proliferare di cristalli, piramidi, acchiappasogni e amuleti di ogni
tipo.
Uno scienziato
che credeva nella magia. O erano sulla stessa lunghezza d'onda o si era
affidato a un ciarlatano.
“Siamo
curiosi, eh?” domandò lo strano figuro
avvicinandosi, i lunghi capelli neri lasciati ricadere setosi sulle
spalle. Sembrava un fantasma, tanto era pallido.
“Non
dite che lo sono tutti i ragazzini?” replicò lui,
pronto.
Nathaniel Essex
sorrise, compiaciuto “Ne conosco solo uno che, finora, mi
abbia risposto così a tono...” lo sguardo folle
del genetista parve adombrarsi per un attimo. “Volevate
sapere dei risultati conseguiti, giusto?” disse, cambiando
argomento senza aspettarsi risposta e guidandolo per le stanze di
quella seconda parte di laboratorio.
Il fatto che
quelle stanze fossero piene di drappi colorati, incensi e candele,
nonostante fossero laboratori, templi della ragione e della
sistematicità, dava a Loki una strana sensazione: quella
porta divideva due mondi, due approcci alla scienza completamente in
antitesi tra loro.
Camminavano in
silenzio quando il ragazzino si fermò di colpo, attirato da
un oggetto insolito.
“Bello,
vero?” commentò orgoglioso il suo ospite con occhi
che brillavano di un'emozione incommensurabile.
Dietro una teca
tetragonale di vetro stava la statuetta recante l'effige di quelli che
per gli umani non erano che divinità egizie: immortali,
onnipotenti...
Su un lato,
quello rivolto allo spettatore, si stagliava il massiccio En Sabah Nur.
Alle sue spalle, altrettanto orgoglioso e fiero, il faraone Rama-Tut.
Entrambi erano armati dandosi le spalle a vicenda in un precario
equilibrio di forze. Nessuno dei due prevaricava sull'altro.
“Coraggio...
proseguiamo...” lo invitò l'uomo poggiandogli una
mano sulla schiena.
Loki si
lasciò guidare senza protestare ma la presenza di qualcosa
che ricordasse l'esistenza dell'X-terno e del viaggiatore temporale
più noto come Kang il conquistatore o Immortus gli dava da
pensare. Le stesse divinità Egizie si erano pentite di aver
interferito con l'evoluzione terrestre, dando a quei due uomini i mezzi
per equipararsi agli dei. Nei circoli divini, c'era anche chi sosteneva
che questi due singoli uomini avrebbero potuto compromettere l'intero
continuum spazio-temporale e, di più, l'integrità
non solo del loro ma di tutti gli universi, del cosiddetto Multiverso.
Cose come questa
non favorivano nessuno ed erano forse l'unico motivo per cui tutte le
entità dell'universo intero, al di là delle
piccole e fisiologiche scaramucce tra i singoli, cercavano di cooperare
pacificamente. Ed era per quello che esistevano i Guardiani della
Galassia.
Quando finalmente
furono nell'ultima stanza notò subito ciò che
più gli interessava. Le capsule che contenevano i corpi
addormentati erano appoggiate alla parete in posizione reclinata e la
curiosità lo spinse innanzi: da Asgard li aveva visti tutti
con largo anticipo, li conosceva bene ed ora erano così...
irriconoscibili. Alle sue spalle, Essex sogghignò.
“A
volte dimentico quanto possiate essere curiosi e pericolosi voi
bambini...”
“Motivo
per cui non hai mai avuto figli?” replicò Loki.
Non voleva essere una domanda ma una constatazione.
Il genetista
chinò la testa, divertito “Già... mi
tollero a mala pena da me. Non oso pensare cosa possa essere avere
delle mie copie più giovani in giro per casa...”
Il giovane dio
asgardiano appuntò lo sguardo sulla capsula alla sua destra,
pensando all'assurdo modo, molto ingegnoso, che il genetista aveva
utilizzato in quel secolo per riprodursi. Non si riproduceva come ogni
essere umano per trasmettere il proprio patrimonio genetico al tempo,
accoppiandosi con un essere di sesso opposto che potesse accogliere
quel lascito. Lui si riproduceva nel vero senso del termine: si
clonava. Creava una versione di sé più giovane,
quel tanto che bastava a fargli comprendere in breve tempo i progressi
raggiunti fino a quel momento ma non troppo adulta in modo da
risparmiare, per in ogni generazione, un paio d'anni. Miracoli della
scienza, in quel posto non tanto dimenticato dagli dei, ottenuti con
una tecnologia ancora sperimentale. Si domandava come avesse fatto quel
genio folle ad attuarla un secolo prima, quando tutto ciò
era ancora fantasia. Le arti magiche, certo, glielo avrebbero permesso,
ma dubitava che Essex, uomo di scienza terrestre che ancora non
coglieva il sottile confine tra scienza e magia, si potesse essere
affidato a simili rimedi.
In compenso gli
piaceva fare di se stesso quello che i terrestri, riferendosi alle
macchine, chiamavano upgrade. Gli innesti, gli incroci e le selezioni,
tanto nelle piante quanto negli animali, erano cosa nota
all'umanità dall'alba dei tempi ma nessuno aveva mai osato
procedere su un essere umano. Tanto meno con successo.
Con quel pensiero
in mente si domandò ancora una volta come lo scienziato
avesse potuto manipolare a quel modo quello che lui considerava solo un
altro suo corpo mentre nella realtà era più un
figlio, dotato di carattere, volontà e desideri propri.
Nemmeno lui sarebbe arrivato a un tale livello di perfidia.
“Dunque...”
cominciò Essex, ignorando il vortice di pensieri nella testa
del dio “Questi sono la mia selezione. Ammetto di esserne
fiero e non mi capita spesso. Di certo sono migliori del mio
più riuscito insuccesso, grazie al cielo confinati sulla
Luna e, se Dio vuole, anche sterminati. Lo so che sembra una
contraddizione in termini ma quelli che io definisco Inumani sono tutto
fuorché un vanto scientifico. Si sono evoluti per schemi
erratici e casuali. La scienza, per essere tale, deve essere
replicabile e affidabile. In una parola, dimostrabile. E con loro
quattro...” disse indicando le vasche amniotiche
“... ho ottenuto il pieno sviluppo di altrettanti
processi.” Si schiarì la gola e passò a
illustrargli i suoi vanti, tre maschi e una femmina. “Tu sai
come io abbia una predilezione per la famiglia Summers...”
cominciò “...e, quindi, per le donne che i due
eredi hanno scelto come compagne di vita. Di conseguenza, sono
riuscito, grazie al tuo aiuto, a impadronirmi degli uni e delle altre
senza sforzo. L'allontanamento volontario, la depressione o la rabbia
hanno fornito la giusta copertura. Scott e Alex sono ora le mie fidate
guardie del corpo. Mi piace chiamarli prelati. Un po' di misticismo
non guasta mai. Il contributo di Jean è stato fondamentale
per portare a termine la fase 3 del mio piano che li riguardava:
così, ecco Cable. Ma ne parleremo più avanti. Il
fantolino è di là che dorme con sua madre o
meglio... col suo clone. Per quel che riguarda la giovane Lorna,
dunque... ho scoperto delle cosine interessanti che possono
giustificare l'attrazione di Alex. La cosa mi elettrizza!”
cinguettò giulivo. Loki levò un sopracciglio. Ci
mancava solo che cominciasse a parlare in falsetto e a strepitare come
una donnetta... povero pazzo geniale. “Non sto qui a
spiegarti ma, posso assicurarti che la piccola Lorna è una
terza figli di Lord Magnus in persona.” vomitò in
un colpo solo il genetista estasiato ed emozionato. La notizia
incuriosì notevolmente il giovane dio che cercò,
però, di non mostrarsi colpito. “Se ti stai
domandando come ho fatto a farle accettare il ruolo di
Pestilenza...”
“Quale
fantasia aveva quest'uomo...” pensò tra
sé, sarcastico, Loki “Copiare pari pari tutta
l'apocalisse di Giovanni...”
“...Prima
l'ho convinta di essere afflitta da un nuovo e incurabile male che
colpisce solo i mutanti...” Proseguì lo scienziato
“Quindi l'ho manipolata in modo tale che ora il suo potere
influisca direttamente sulla biologia ospite e induca sintomi
paragonabili a questo fantomatico Virus Legacy. Per quel che riguarda
Carestia... beh.. il giovane Shiro è rimasto vittima di un
malaugurato incidente stradale con la moto il giorno stesso in cui mio
figlio è venuto a trovarmi. Perdette le gambe. Troncate di
netto. Mi ha scongiurato di salvarlo, in qualunque modo. Era uno dei
miei migliori Marauder e valeva la pena tentare. Ironico come un
innesto da cellule di Salamandra, l'animale che secondo il mito vive e
si nutre di fuoco, quale il potere dello stesso Shiro, lo abbia
salvato. Inoltre, sono riuscito a modificare il suo potere di
combustione in modo che acceleri il metabolismo altrui e,
così facendo, renda i suoi attaccanti deboli e
affamati...” elencò mentre si spostava verso gli
altri due involucri.
Loki
sbarrò gli occhi e digrignò i denti. Sorpreso,
forse impaurito. Di certo, colpito.
Al di
là del vetro, nella sostanza vischiosa e giallognola, il
volto coperto dal respiratore, giaceva inerme e privo di sensi il suo
più acerrimo e stupido nemico terrestre nella sua forma
umana. Un brivido gli corse lungo la schiena all'idea che quell'uomo,
più gracile di lui, potesse aprire improvvisamente aprire
gli occhi, liberarsi dalle imbracature e, spaccando il vetro, emergere
da quella placenta artificiale sotto la sua altra forma. Non era quello
scienziato un po' vile a preoccuparlo ma il mostro verde che ora
appariva di uno spento grigiastro che poteva prenderne il posto: non
temeva il dottor Banner ma il suo violento alterego chiamato Hulk.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Sorpresi? spero
di sì. Avevo promesso che, mio malgrado, avrei fatto
rientrare HULK dalla finestra e voilà.
Dunque, in questo
capitolo ci sono un paio di cosine da spiegare per coloro che non hanno
mai letto i fumetti o visto i cartoni.
Kang il Conquistatore, il cui vero nome è Nathaniel Richards
(un altro Nat... quando dico che hanno tanta fantasia...) e che
è preso direttamente dal padre di Reed Richards dei F4,
è un viaggiatore spazio-temporale che, nel corso della sua
esistenza, ha assunto diversi nomi e identità arrivando a
scontrarsi con se stesso più volte. Kang solitamente ha
questo vestito pseudo medievale verde e viola e il volto blu. Le altre
incarnazioni sono Rama-Tut, faraone egizio la cui Sfinge nascondeva una
macchina del tempo, e Immortus, cioè un Kang più
vecchio che cerca di rimediare alle cazzate fatte nella sua
gioventù (per i lettori semplicemente compaiono ora qua ora
là senza apparente filo logico).
L'altro Nathaniel, invece, è -a seconda delle versioni- ora
alleato ora fedele servitore di Apocalisse, un bestione blu e viola che
si intravede nella scena extra dopo i titoli di coda del film Giorni
di un futuro passato. En Sabah Nur risulta
essere il primo mutante della storia (è nato nel 3000 a.C.)
e acerrimo nemico di Rama-Tut. Se non ricordo male -e in caso mi
concedete la classica licenza poetica- è un X-terno (un
essere pressoché immortale) come lo erano Samuel
-Cannonball- Guthrie e altri nemici del primo gruppo di X-Force (che,
erroneamente, ce l'avevano con Sunspot, il suo migliore amico).
Ed è Apocalisse che fornisce a Essex i suoi strani
marchingegni alieni. Insieme i due combineranno grandi casini, tipo
clonare Jean Grey in Madelyne Pryor. In tutto questo, Cable. Figlio di
Scott e Madelyne, spedito nel futuro per salvarlo dal virus
tecnorganico che ne invade il corpo (con cui proprio il caro Apocalisse
l'aveva infettato) ed allevato da Rachel Grey, ipotetica futura figlia
di Scott e Jean, Cable risulta essere il classico eroe -Edipo, Zeus,
etc-, allontanato o nascosto per evitargli la morte preventiva (le
solite profezie che poi si avverano), destinato a sconfiggere il
cattivo.
In tutto sto
casino, NON vi parlerò di Stryfe, perché vorrebbe
dire che vi voglio male e voglio annodarvi il cervello.
Essex, dunque. In una realtà alternativa continua
imperterrito coi suoi giochetti, ma quel che è interessante
de L'Era
di Apocalisse (oh,
guarda, che caso) è che lui, insieme alla Bestia Nera (un
McCoy proprio stronzo), giocano con i DNA altrui con molta leggerezza.
In questa realtà, oltre a essere il rovesciamento di Giorni
di un fururo passato, in cui sono gli umani a
essere perseguitati (Una versione precedente di House
of M,
insomma) Nathan (noto nell'universo classico 616 come X-MAN)
è costruito in laboratorio, Scott e Alex Summers sono fedeli
alti ufficili di Apocalisse. E sono cattivi (poi qualcuno si redime,
ovviamente, ma è sintomatico perchè son sempre
loro a sbroccare spesso e volentieri), Jean e Logan sono sposati,
Quicksilver sta con Ororo e -_- Rogue e Magneto hanno un figlio... il
Cajun? Ripiega (perché continua cmq a provarci) con Lila
Cheney, teleporta e cantante.
Spiegati i
prelati, veniamo ai poveretti intubati in vasche amniotiche: non sono
altro che uno dei ripetuti tentativi di Essex di creare dei
superguerrieri. Li ho presi un pò a campione, nel senso che
nella realtà non coesistono mai tutti insieme ma
appartengono a generazioni diverse di cavalieri.
Quindi, Sole
Ardente e Polaris sono stati spiegati (e presi pari pari da com'erano
in realtà) e ricoprono il ruolo di Carestia e Pestilenza. La
giustificazione dei loro poteri, però, è
più o meno inventata. Nel senso che mi son messa a ragionare
come Essex e dato A (i personaggi) e dato C ( i cavalieri) ho ricavato
B (come cacchio ci sono arrivati).
Nell'originale a
cui faccio riferimento (una delle tante generazioni di Cavalieri,
appunto), il ruolo di Guerra è ricoperto da Gazer, mutante
sconosciuto ai più. Perché metterci Hulk, dunque?
Per diversi motivi (a parte che non ci volevo anonimi o sconosciuti):
1- Banner finisce
spesso nelle mani di scienziati crudeli che vogliono replicare-rubare
il suo DNA e i poteri di HULK (anche qui, approfondirò, non
temete)
2- In questo
modo, scagliandolo contro i Vendicatori (nel più classico
degli scontri), strizzo l'occhio non solo alla prima formazione
(quando, cioè, ne persero il controllo e dovettero riformare
il gruppo) ma anche al ciclo di World War Hulk.
3- Molto
banalmente, Gazer era un mutante (e non un mutato) grigio che poteva
reggere le radiazioni senza venirne danneggiato tanto da essere
ingaggiato dalla NASA per una missione in orbita che solo lui poteva
sostenere. Hulk, come detto in uno dei capitoli iniziali di Preludio,
in origine era grigio ma il suo era un colore difficile e che,
soprattutto, ricordava troppo il mostro di Frankenstein.
Sostanzialmente, inoltre, è figlio delle radiazioni,
quindi...
4- In
realtà HULK è stato davvero Guerra (ed era verde)
ma la cosa non compare nelle pagine degli X-Men né in quelle
dei Vendicatori ma solo nelle pagine dedicate al Gigante di Giada.
Motivo per cui in Vendicatori:
l'età degli eroi insieme a Wanda,
Spiderman e Wolverine.
E ora
preparatevi. Chi può mai essere l'ultimo cavaliere, detto
Morte?? un grande assente, avanti, si accettano scommesse :D
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Morte certa ***
17.
Morte certa.
“Bene”
sibilò divertita la voce dell'uomo che si faceva chiamare
Sinistro mentre Loki impietriva davanti allo scienziato intrappolato
nella vasca amniotica “Conosci già il nostro
Guerra...”
“Chi
non lo conosce?” replicò secco, celando con la sua
saccenza il terrore per l'ultimo ricordo traumatico che aveva, ancora
troppo recente per essere stato già dimenticato, della Terra.
“Giusto...”
concesse l'uomo, portandosi i lunghi capelli neri come la pece dietro
l'orecchio “Hai ragione! Hulk è tra i superumani
più amati. Ancora mi domando perché...”
“Possiamo
procedere oltre?” domandò Loki, impaziente,
fingendo di essere più interessato agli sconosciuti che a un
banale e ben noto fenomeno da baraccone urlante. O almeno,
così sembrò al genetista. In realtà,
voleva solo togliersi dalla portata di quelle orrende manone e mettersi
a una distanza di sicurezza il più presto possibile.
Essex si
imbronciò ma gli fece cenno di procedere. Al dio,
però, sembrò che il genetista volesse aggiungere
qualcosa al riguardo e, all'ultimo momento, si fosse trattenuto quasi
per fargli dispetto “Ed ecco qui il mio capolavoro. Morte.
D'altronde non poteva essere diversamente. La materia prima,
modestamente, è la migliore sul mercato, ben arricchita dai
principi attivi del sangue dei Summers, come ti ho già
spiegato...”
“Come
lo hai convinto? Il nostro piano non ha funzionato come
speravamo...” domandò Loki, curioso, occhieggiando
l'uomo nella vasca.
Essex
indugiò con lo sguardo sul volto troppo simile al suo al di
là del vetro o forse sul proprio riflesso. L'unica
differenza rimarchevole tra lui, che stava al di qua del vetro,
asciutto, in raffinati abiti preziosi, e l'altro giovane uomo
intrappolato in quella gabbia soffocante, trattenuto da cinghie e
respiratore, era il marchio rosso splendente che il primo recava in
fronte, in omaggio ad antichi culti orientali.
Anzi... ora che
prestava attenzione, uno sembrava il negativo dell'altro e non si
trattava solo di uno strano gioco di luci: i capelli del prigioniero
erano così chiari e la sua pelle così scura che
sembrava avesse trascorso la sua vita nel deserto del Sahara, il cui
sole implacabile e l'aridità perenne soli potevano avergli
cotto la pelle e schiarito i capelli a quel modo. O un bagno in
chissà quale sostanza tossica e corrosiva.
“Ha
fatto tutto da solo.” Rispose il genetista, più
che soddisfatto “Anche lui come gli altri. Non ho minimamente
interferito, proprio come avevi chiesto. Mi si è avvicinato
in un primo momento, per chiedermi uno dei miei gingillini. Il fatto
che si fosse abbassato a chiedere aiuto proprio a me, significava che
il passo era quasi compiuto. Gli serviva solo un incentivo. L'ennesima
dimostrazione che i suoi soli sforzi non sarebbero bastati a coronare
il suo stupido sogno romantico. Beh... avrà pur preso da
qualcuno, no?” ridacchiò Essex, orgoglioso delle
proprie origini ottocentesche “E' un clone un po' troppo
intraprendente ma, in fondo, agisce proprio come mi aspetto da lui.
Così ho fatto in modo che trovasse ciò che
cercava ma opportunamente camuffato per servire i miei
scopi.”concluse inclinando la testa di lato, come a concedere
una grazia benevola a quello sciocco.
“Mi fa
quasi pena...” commentò il ragazzino, rivedendo se
stesso in quel giovane mutante. Lui aveva giocato scherzi molto pesanti
a Sif nel tentativo di farsi notare e aveva ottenuto solo di farsi
odiare. Con Sygin era addirittura dovuto ricorrere alla magia per farsi
accettare. Sapeva bene cosa volesse dire essere disperati. Per amore o
per affetto. Di una donna o dei genitori. Lui lo era stato per tutta
una vita lunga millenni.
“Oh,
è solo carne da cannone!” sentenziò
l'altro, liquidando la sciocchezza come un mero accidente e frantumando
l'animo del dio sotto i tacchi scintillanti, ignaro delle forti
emozioni che potevano governare il piccolo grande ingannatore
“Ti ho già detto che sono restio a vedere mie
piccole copie starnazzanti. Con lui, l'eccezione alla regola, ho deciso
di agire diversamente: ha avuto una vita normale, un'infanzia, amori
tragici e odi profondi. Ma come tutti gli altri suoi predecessori
è un mio strumento e servirà i miei
scopi.” Loki tacque e non replicò oltre. Ora
più che mai desiderava che tutto il suo complicato piano
prendesse la giusta via, tanto su Asgard quanto su Midgard. Essere
fautore del dolore altrui non lo toccava affatto. Ma rispecchiarsi in
una delle sue pedine cambiava tutto. “Quando ha visto
vanificato anche il suo ultimo ed estremo tentativo di
autonomia...” riprese il genetista “...Io ero
là, pronto ad accoglierlo, in tutti i sensi. Quando ha
aperto gli occhi e gli ho spiegato come fossero andate le cose,
mostrandogli come avesse rischiato la vita inutilmente, il disgraziato
si è messo a piangere. Non l'aveva mai fatto...era sempre
stato così... forte, scanzonato, intraprendente. Sembrava
che nulla potesse ferirlo e me ne compiacevo. Era perfetto! Era come
avrei dovuto essere. Certo, un po' troppo buono per i miei gusti, ma
aveva tutto ciò che io non avevo. E poi quel pianto. Ha
rovinato tutto!” concluse seccato
“E
tu?” lo interrogò il dio degli inganni con fare
meschino.
“Io
cosa?” replicò lo scienziato quasi infastidito,
riemergendo dai ricordi.
“Hai
mai pianto?”
Essex
esitò “Sì” disse dopo un po',
quando il peso di quella verità sembrò minacciare
di schiacciarlo “Sì. Quando ho avuto modo
di...” gli occhi scarlatti, privi di espressione, si velarono
di lacrime “...E' una cosa stupida, voi ragazzini non potete
capire quanto un uomo, per quanto dedito a una materia fredda e logica
come la scienza, possa cedere davanti alla propria umanità.
E' una contraddizione in termini, ma ci sono dei momenti in cui anche
noi siamo irrazionali. E speravo che lui fosse diverso”
“Perché
non l'hai salvata come salvavi te stesso?” domandò
Loki capendo che la donna era morta di vecchiaia mentre quello strano
uomo le era sopravvissuto.
Essex scosse la
testa “Scoprì i miei esperimenti, il mio
laboratorio: vide l'uomo che ero realmente e non la facciata pulita
della nobiltà di cui si era innamorata. Fuggì nel
cuore della notte. All'epoca non avevo i mezzi per ritrovarla. La
rincontrai solo in quello che fu, infine, il giorno della sua morte.
Era fragile, in un modo molto diverso rispetto a quando la conobbi.
Era... vecchia, esile...sembrava fatta di... carta. Spirò
tra le mie braccia, nell'illusione di un ultimo valzer, un mio dono per
lei. Quella fu l'unica occasione in cui piansi. Ma, comunque, non lo
feci come questo coniglio rammollito. Io mantenni la mia
dignità difronte alla morte. Lui si è
raggomitolato su se stesso pregando di essere morto davvero. Razza di
stupido e ingrato!”
“E
dunque?”
“Dunque?”
strabuzzò lo scienziato, lo sguardo interrogativo stampato
in volto. Evidentemente pensava che le conclusioni, che solo lui
conosceva, fossero arrivate al suo interlocutore per via telepatica
“Gli ho semplicemente detto che la mia offerta era ancora
valida. Gli ho ricordato che potevo renderlo potente. Questo cretino!
Con quel pianto idiota mi stava gettando in faccia la mia stessa
offerta: era la prova che non l'aveva mai considerata seriamente, che
non se la ricordava nemmeno! Pensava al qui e ora, al senso di
abbandono e tradimento. Non so neanch'io perché ho voluto
riproporgliela...” Essex sbuffò e
folgorò l'uomo inerme nella vasca “Si è
raddrizzato e, in pratica, mi ha detto di fare di lui quello che
volevo. A patto che fosse in grado di toccare, senza subire danni, la
sua bella...”
Il ghigno sadico
che si estese sulle labbra dello scienziato fu talmente sinistro, in
onore del suo nome, da inquietare lo stesso Loki “Povero
sciocco...”
“Perché?”
domandò il dio in un soffio. Si malediceva per non aver
avuto abbastanza tempo, in quel periodo, da spiare la vita sulla Terra
e sapere, così, in anticipo le mosse fatte dagli altri
concorrenti. Odiava essere nell'ignoranza.
“Perché,
mio giovane amico... cosa vuoi che comporti l'essere Morte?”
domandò con fare complice, come se fosse ovvio
“Non desidererà altro che ucciderla! Tragico, non
trovi? I nostri novelli Romeo e Giulietta...”
esplicò con fare teatrale “E se non bastasse ora
potrà certamente toccarla senza che lei gli rechi danno...
ma sarà lui, le Diable Blanc, a nuocere gravemente a
chiunque avrà la sventura di trovarsi sul suo
cammino.”
In quel momento
Loki non invidiò l'uomo nella teca e quasi si
sentì un graziato. Quale sciagura doveva essere vivere un
amore come il suo ed essere una marionetta nelle mani di un padre pazzo
e sadico quanto lo era Nathaniel Essex? Al confronto, la
stupidità di Odino, che pretendeva che entrambi i suoi figli
divenissero re, risultava la tenera e debole illusione di un vecchio
rincoglionito. Ora vedeva in un'altra luce anche la rivalità
con Thor. Almeno lui aveva qualcun altro con cui prendersela e
talvolta, forse, confidarsi. Ma quell'uomo, figlio, e al tempo stesso
clone, di Sinistro, non aveva nessuno che lo aiutasse in quella follia
che era la sua vita, nessuno che controbilanciasse il vortice di
assurdità che lo risucchiava. L'unica relazione che aveva
era con un proprio doppio, malvagio ed esperto, che tutto era
fuorché suo pari, che lo manipolava e lo vergava con la
frusta per poi promettergli ricompense misere. Era un doppio negativo,
riflesso in uno specchio deformante: dove uno, pur con un trascorso
burrascoso, era fondamentalmente una brava persona, l'altro
all'apparenza di successo, era un pazzo psicopatico come tutti i suoi
alleati.
Nathaniel Essex e
Remy le Beau, due facce della stessa medaglia.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Nella torre
situata al centro di New York, fervevano i preparativi, i piani, le
discussioni, per l'azione programmata per quella sera stessa.
Sharon Carter
aveva preso la situazione in pugno e, supportata da Rogers e gli altri
agenti S.H.I.E.L.D., aveva rivisto e migliorato il piano grezzo, seppur
eccellente, di Mystica.
La sera
arrivò rapidamente e i diversi gruppi si prepararono a
entrare in azione.
Dalla loro
avevano solo la modalità con cui condurre il maggior numero
di persone nei pressi della Os.Corp Tower senza farsi notare.
L'edificio, infatti, traboccava rilevatori di anomalie ma all'esterno
ne era spoglio per evitare agli agenti della sorveglianza di impazzire
con tutte le segnalazioni che sarebbero potute arrivare da parte di
quelli che erano, di fatto, semplici cittadini e non malintenzionati.
Rogue, Ororo e
Warren, dunque, avevano il compito di trasportare e celare i cinque
agenti più il loro infiltrato, Thor, il quale, avviluppato
nel bozzolo etereo di Visione, si sarebbe identificato come dottor
Donald Blake.
Tony aveva
cercato di contattare Rand, per avere un umano vero da propinare alle
macchine di Osborne, ma il cellulare risultava staccato: forse era
impegnato e, sempre forse, con un preavviso così stringente,
non si sarebbe dato comunque disponibile. Lui e il suo potente gorilla.
Doveva reclutarlo quando l'aveva incontrato alla sede del giornale.
Dannate giornaliste bionde dal tempismo inappropriato.
Avevano scelto
quel mezzo di trasporto inusuale, il volo, non solo per evitare
problemi connessi al parcheggio ma anche per consentire un'azione lampo
sia in penetrazione che in estrazione, qualora le cose fossero andate
storte.
Kurt, Peter e
Johnny (che aveva voluto partecipare a tutti i costi a quella specie di
sabotaggio) avrebbero seguito a debita distanza.
Il re del Wakanda
aveva istruito Thor sulle procedure da adottare per eludere la
sorveglianza: lui, Tony e Hank (che, insieme alla moglie, non aveva
più voluto allontanarsi da quel posto, ora che le cose
cominciavano a farsi divertenti) avrebbero monitorato lo svolgersi
della missione dall'attico della Stark Tower, pronti a intervenire in
caso di problemi.
Infine, Mystica,
Logan, Wade e Pietro avrebbero presidiato le strade e comunicato ogni
attività sospetta.
Quando il gruppo
si mosse era già un nuovo giorno. Ma a New York
difficilmente si poteva assistere a un reale avvicendamento con la
notte: era una metropoli che non dormiva mai, con luci sfavillanti che
dissipavano le tenebre a qualunque ora; macchine che sfrecciavano lungo
le strade con gli altoparlanti a tutto volume con più
frequenza che durante le ore diurne; gente in strada, chiassosa e
allegra, sempre in giro come novelli vampiri. A metà
novecento, New York aveva preso di prepotenza il testimone di Città
delle luci
che era stato di Parigi fino a quel momento.
Infine, giunse il
momento di mettersi all'opera.
Il gruppo
aerotrasportato atterrò davanti all'ingresso principale con
un soffio. Il viaggio era stato piacevole per alcuni e naturale per
altri mentre gli agenti federali, addestrati a ogni evenienza, avevano
provato l'ebrezza di un volo libero senza imbracature. A condizione che
non fossero troppo concentrati sulla loro missione per prestare
attenzione a un dettaglio così insignificante.
Toccata terra, i
tre mutanti si riposizionarono a distanza di sicurezza, nei pressi del
tetto di un palazzo fatiscente gestito dalla mafia russa. Rimasero
sospesi in aria, pronti a lanciarsi all'interno, sulla scia di Thor.
Quello era il
momento della verità.
Davanti
all'ingresso principale della torre, il dio norreno lanciò
appena uno sguardo preoccupato alla sua protesi, domandandosi quanti
controlli di quel tipo avrebbe dovuto superare prima di poter
disinnescare la rete antimutanti che, nei rapporti recuperati da
Mystica, era denominata Bastion. Perché tutto quello che
sapevano era che c'era un controllo all'entrata, un dispositivo per
rilevare le anomalie genetiche e un pannello di controllo per
disinnescare il tutto. Ma la quantità precisa di questi
sbarramenti era un'incognita e Thor si trovò a sperare che
il sangue contenuto nei polpastrelli di silicone fosse sufficiente a
sopperire alla domanda degli stessi. La sua apprensione era dovuta,
più che altro, alla sua incompatibilità con la
missione: privo dei suoi poteri divini era solo un debole umano che
qualunque cosa avrebbe potuto danneggiare. Ma era circondato da gente
in gamba e ciò lo rincuorava quanto bastava da non avere
nessuna esitazione.
Prima di
procedere oltre, lanciò un'occhiata agli agenti che si erano
disposti a raggiera attorno a lui, quasi a proteggerlo.
Sharon
accennò un sorriso e lui avanzò verso la grande
porta a vetri scorrevole. Subito, in risposta a un sensore di
fotoelettrico, un raggio verde lo investì in tutta la sua
altezza e lui si fermò di colpo: questo non era previsto.
-Richiesta
conferma firma biologica- gracchiò una voce femminile
sintetica. Quindi la luce mutò aspetto. Dapprima si
trattò di un'unica linea orizzontale a cui se ne aggiunse
una verticale a formare una croce. Quindi, una dopo l'altra, doppioni
di quelle che si andarono a organizzare in una rigida scacchiera. Un
secondo dopo era tutto finito.
-Soggetto: Umano.
Potete accedere.-
Thor si
voltò, ora allarmato, a cercare il sostegno degli altri.
Natasha gli riservò un sorriso di sufficienza. Quindi, per
loro, era tutto calcolato? Erano cose così ovvie per i
mortali?
Avanzò
ulteriormente e le porte di vetro lo ingoiarono nel buio dell'androne.
Un passo e
violenti luci azzurrine presero a sfrigolare isteriche nei neon che si
accedevano in minimi punti strategici. Davanti a sé il banco
ovale d'accoglienza. A separarli solo un'altra porta di vetro.
Lì venivano gestiti i permessi agli accessi: inutile
costringere i vertici della piramide aziendale ad attivarli dall'alto
che non potevano avere la certezza del momento dell'accesso del singolo
esentato dalla restrizione 0T; molto meglio dare istruzioni dettagliate
alla reception e che se la sbrigassero loro al momento opportuno.
Un altro passo e
sentì qualcosa scattare.
-Non ti
muovere...- intimò una voce distorta nell'auricolare. Poteva
essere chiunque di quelli rimasti a casa.
Passò
qualche istante e Thor cominciò a sudare freddo per la
preoccupazione.
-Ancora...
ancora... un altro pò!- commentava la voce al di
là del microfono, dapprima una supplica quindi un ringhio
infastidito -Visione, appesantisci appena il carico! Incredibile a
dirsi, il caro Normie pesa più del possente Thor.-
Il biondo dio
norreno non si rese nemmeno conto di quello che stava facendo il
sintezoide, avviluppato come una nuvola eterea attorno al suo corpo.
Sapeva solo che, alla torre dove viveva, c'erano tre brillanti menti
impegnate ad auscultare il terreno sotto i suoi piedi tramite una sorta
di stetoscopio molto sensibile e incastonato nei tacchi delle sue
scarpe lucide. Come novelli scassinatori (a quanto pareva, l'esperto
era T'Challa, il quale a sua volta aveva imparato tutto dalla regale
Ororo. Un dettaglio che aveva lasciato i più sbigottiti,
ritenendo che l'unico ladro nel gruppo fosse il ben noto assente) erano
in attesa del segnale che decretava il raggiungimento del peso ideale,
in modo da evitare armamento di qualunque dispositivo di sicurezza
fosse stato messo a guardia dell'edificio.
-Ci siamo!-
commentò la voce -Visione, mantieniti in questo stato. Thor,
procedi!-
A terra non
c'erano segni di variazioni nella pavimentazione e dovevano supporre
che l'intero piano fosse costituito da una gigantesca piastra
piezoelettrica e che, quindi, la questione di variazione di peso fosse
costantemente monitorata e messa in discussione.
Thor
alzò guardingo un piede, poi l'altro e poi l'altro ancora,
avanzando guardingo. Anche se non c'erano evidenze e la cosa non
portava alcun miglioramento si sentiva più tranquillo
così, dato che aveva l'impressione di camminare sulle uova.
Raggiunse la
seconda porta di vetro e, per farsi strada, fu costretto a poggiare una
mano sulla superficie liscia e trasparente. Sapeva quello che lo
attendeva e, stavolta, si protesse gli occhi con la mano libera. Una
luce sfolgorò nell'atrio e un nuovo scanner
esaminò le impronte digitali della mano dell'uomo poggiata
sul vetro.
Luce verde. Via
libera.
Thor raggiunse,
quindi, con lentezza esasperante, la postazione di comando.
Il tavolo era
liscio e sgombro di carte, quasi asettico nella sua perfezione. Un paio
di rettangoli neri giacevano qui e là sulla sua lunghezza
come altrettanti mousepad dimenticati dai rispettivi proprietari.
Poggiò la mano a palmo aperto su uno di questi.
Un'altra
scansione.
E, questa volta,
una puntura al dito indice.
-Firma: Norman
Osborne. Rriconosciuta. Attivato comando vocale...- tornò a
gracchiare da altoparlanti nascosti chissà dove tutt'intorno
la voce sintetica.
Thor
deglutì a vuoto visibilmente nervoso. Si toccò
istintivamente la gola, sperando che quella diavoleria umana, a cui non
era abituato, facesse il suo dovere. Si sarebbe sentito molto
più sicuro con un incantesimo, ma doveva forzatamente
fidarsi della tecnologia locale. Essere umano lo rendeva
particolarmente nervoso.
“Disattivazione
Sistema Difensivo Bastion” disse con voce sicura e stentorea
che, però, gli suonò completamente estranea:
un'ottava più bassa, viscida e gracchiante. Nemmeno Loki
aveva un timbro simile. “Autorizzazione: accesso mutanti e
mutati” continuò, seguendo quanto gli veniva
suggerito in cuffia.
-Comando: Errato.
Riprovare-
Il panico si
impadronì di lui per poi defluire subito dopo: era stato
riconosciuto come Osborne. Non c'erano problemi. Era notte fonda. Anche
il creatore del sistema poteva sbagliarsi a quelle ore, no?
Semplicemente doveva evitare di dire cose di cui poteva pentirsi.
-Riprova
così...- gli suggerirono in cuffia.
Thor
poggiò nuovamente la mano sulla piastra e una nuova puntura
gli bucò, questa volta, il dito medio.
“Disattivazione
Sistema Difensivo: Bastion. Accesso consentito a sette mutanti, sette
superumani e un cyborg. In aggiunta altri due individui da
definire.”
-Comando:
Accettato. Protocollo: Zero Tollerance: non operativo. Sistema
Difensivo Bastion: disattivato-
Non contento,
Thor poggiò la mano per una terza scansione e puntura.
“Disattivazione
registro firma biologica per chiunque si trovi all'interno della
struttura”
-Comando:
… Attendere, prego. Elaborazione in corso...-
sentenziò la voce. Dopo qualche istante, in cui la macchina
sembrò pensare alla richiesta, questa tornò a
parlare -Disattivare registro firma biologica anche per... Norman?
...Osborne?-
“Disattivazione
registro firma biologica per tutti i presenti, ivi compreso me stesso,
il sottoscritto, Norman Osborne” comunicò il dio
che cominciava a stancarsi di quel dialogo sterile.
-Comando:
Accettato. Vuole documentazione di questa richiesta?-
“No,
non conservarne traccia negli archivi. E rimuovi i blocchi di sicurezza
all'area detentiva.”
-Comando:
Accettato. Blocchi di sicurezza area detentiva, rimossi. Progetto:
Ultron, disattivato.-
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Scusate il
ritardo ma sono rientrata ieri da Londra e domani riparto. Ho smontato
un bagaglio, devo finire di fare la segnalazione del danneggiamento
dello stesso e ho reimpacchettato tutto.
Abbiate
pietà
Ma veniamo a noi.
Ah ah ah ah ah :D
mi volete bene vero?
Dopo Hulk ho
fatto tornare Remy. :) il mio preferito. Solo che come al solito faccio
la stronza... vabbè, ormai lo sapete.
Ma bando alle
ciance e spieghiamo.
Di LeBeau
c'è poco da dire (a parte che Le Diable Blanc è
uno dei suoi soprannomi e qui l'ho utilizzato in connessione al colore
dei capelli e al suo ruolo di Morte)
Per quel che
riguarda, invece, l'operazione da Osborne. Beh... Bastion è
uno dei villain più famosi degli X-men. Sentinella umanoide,
perse la memoria dopo il passaggio nel Seggio Periglioso (quando gli
X-men furono creduti morti) e al suo risveglio non ricordava
più cosa fosse e quale fosse il suo scopo finché
non incrociò Graydon Creed e ricordò il suo
imperativo di salvare l'umanità dal gene mutante. Quale modo
migliore se non sradicarlo del tutto, terminando i mutanti?
La sua
Operazione: Zero Tollerance, nata dalla morte di Creed e dalla
sconfitta del potentissimo Onslaught (fusione di Xavier e Magneto che
ha portato tutti gli eroi della Terra NON mutanti a sacrificarsi per fermarlo) ha
rischiato di fare casini davvero seri. Ogni tanto, ovviamente, come in
tutti i plot Marvel, torna dalla tomba..se così si
può dire. (perché i cretini non possono
lasciare in pace i resti di Bastion). Zero Tollerance aveva lo scopo di
annullare ogni potere mutante del pianeta. Sfruttando i Protocolli
Xavier scritti in Shi'ar, Bastion è anche riuscito, come
prima cosa, ha mettere fuori gioco tutti gli X-men. Almeno, quelli
'principali'. Gli altri erano in giro per lo spazio con Deathbird.
Mi piacevano i
nomi, quindi li ho adottati a metafora del programma di protezione. Il
bastione e la tolleranza zero contro tutti i non umani.
E, alla fine, la
chicca. Preparatevi.
Eh sì,
sta arrivando XD Addolcito ma arriva.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Prigionieri ***
18.
Prigionieri
In sala di
controllo, Henry Pym era sbiancato non appena la voce sintetica della
OsCorp aveva finito di parlare.
“Ha
proprio detto Ultron, vero?” borbottò atono e
sconvolto.
“Mmmm”
fece Tony, volgendosi per osservare Janet e capire se lei ne sapeva di
più su quella strana reazione. Ma la donna scosse la testa.
“Sì... mi pare proprio di sì...
Qualcosa non va?”
“Quello
stronzo!” sbottò allora lo scienziato
“Ha rubato anche il mio progetto di sorveglianza!”
“Il tuo
cosa?” domandò anche T'Challa perplesso
Ma Pym non badava
nessuno “Falli uscire di lì!” disse a
Tony prima di cercare di strappargli il microfono per la sua
inoperosità. “Falli uscire di lì,
subito! Cazzo!”
“Si
può sapere che ti prende?” domandò
Janet andando a stringergli le spalle nel tentativo di calmarlo. Lui,
però, se la scrollò di dosso di malagrazia.
“Non ho
tempo per spiegarvi. Tony, T'Challa... il Progetto: Ultron era ancora
in fase di elaborazione e già nella sua terza versione era
predisposto per non venire mai disattivato. Ogni tentativo di farlo,
rende il sistema di sorveglianza più implacabile. Si
arresta, questo è vero, ma solo per pochi minuti e solo per
attirare la preda in trappola, al centro della ragnatela.”
A quel punto, fu
il turno di Tony impallidire. Agguantò il microfono e
attivò la comunicazione “A tutti i Vendicatori in
area, convergere immediatamente sull'obiettivo. C'è un
dettaglio che abbiamo scoperto solo ora. Gli ostaggi e Thor sono in
pericolo. Il Programma: Ultron, appena disattivato, è una
trappola. O fate uscire Thor immediatamente oppure andate a parargli il
culo. Muovetevi!”
“Quanto
è potente questo sistema difensivo?”
domandò Janet, allarmata
“Inarrestabile.
L'avevo progettato addirittura con uno scheletro adamantino per
proteggere i circuiti. L'unica via di uscita che vedo, nel caso
dovessero incontrare quelle guardie robotiche, è
disassemblarlo per trazione o riuscire a infilare qualcosa di
microscopico al suo interno che poi riesca a sabotarlo...”
Pym era disperato. Si prese la testa tra le mani nel tentativo di
calmarsi “Forse riesco a riprogrammarlo a
distanza...” stava borbottando “...se inserissi una
stringa nel codice di...”
Janet e Tony si
fissarono “Pensi quello che penso io?”
“Miniaturizzazione!”
commentò Tony “Le particelle Pym possono ridurre
tutto a dimensioni nanometriche. Ma io non ho tempo di progettare un
drone con quelle misure specifiche. I droni insetto presentati ala
fiera internazionale di Hong Kong tre anni fa non sono adatti al lavoro
di chirurgia...”
“Ma io
potrei farlo... e potrei operare con semplici forbici
ridimensionate...” ghignò Janet che già
pregustava l'avventura.
“Te la
senti davvero?” domandò Tony, preoccupato. Lei gli
strizzò l'occhio, complice.
“Non
esiste!” sbottò Henry, svegliandosi d'improvviso.
I loro discorsi, relegati a un brusio di sottofondo, erano balzati in
primo piano non appena aveva intuito le intenzioni della moglie e come
volesse fare qualcosa di estremamente stupido.
“Henry...
cosa vuoi fare? Lasciare lì tutti i tuoi amici? Almeno
guadagneremo un po' di tempo, in questo modo...”
replicò lei con tono calmo e pacato. Affrontarlo di petto
ora era la cosa più sbagliata da fare. Lui si morse le
labbra, per niente convinto da quella soluzione rischiosa
“Vedi altre soluzioni?” rincarò ancora
lei “Ti darò tutto il tempo di elaborare il codice
ma devo essere pronta a intervenire...guadagnare tempo per mettere
tutti al riparo. Me la saprò cavare...”
“Dì
che in realtà non vedi l'ora di indossare una tutina
corazzata e poter fare la spaccona...” borbottò
Tony, divertito. Lei gli rifilò un'occhiata di ghiaccio, che
nascondeva un certo divertimento.
“Fai
attenzione...” disse solo Pym tornando a fissare i monitor.
“Vado e
torno...” giubilò la donna.
“Dov'è
che vai?” domandò Tony
“A casa
tramite le nostre porte: mi serve il mio costumino. Sapevo che mi
sarebbe tornato utile. Come le nostre porte... vedi che sono
utili?” replicò ancora lei, divertita.
Tony
roteò gli occhi al cielo. “Spicciati. Poi ti ci
porto io a velocità luce, alla torre. Che più
siamo meglio è...”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Thor non aveva
fatto in tempo ad ascoltare tutta la comunicazione di Tony che
già gli agenti S.H.I.E.L.D. erano tutti all'interno
dell'edificio, schierati, armi in spianate, come mantidi piegate su
loro stesse e pronte all'attacco. Visione si scorporò e,
allontanatosi da lui, si ricompose al suo fianco.
-Credo sia
opportuno apportare una modifica al codice di accesso del
personale...anche se per sicurezza abbiamo dato un lasso di giusto due
persone- commentò -Non avevamo calcolato l'intervento di
Wasp e Iron Man...o forse vengono solo loro per questo motivo?-
“E chi
è Wasp?” domandò Jessica Drew da dietro
il suo visore domandandosi quanti altri svitati dovessero unirsi alla
festa.
-La signora Janet
Van Dyne in Pym- replicò il sintezoide che, per uniformarsi
alla tenuta dei soldati presenti in sala, aveva optato per l'assunzione
di un guardaroba totalmente mimetico in cui spiccavano un visore rosso
rubino e fregi oro.
“Muoviamoci!”
ordinò Mystica irrompendo nella sala come se fosse stata lei
a comandare. “Abbiamo poco tempo!”
-Non ti
preoccupare, Visione...- interferì la voce di Tony
nell'auricolare di tutti -Attenderemo che scatti la trappola per
intervenire. Inutile farla scattare anzitempo con un'intrusione
così sconsiderata. Magari ce la fate da soli...-
“Di
qua...” ringhiò Wolverine dopo aver fiutato per
bene la sala.
“Quicksilver,
vai in perlustrazione!” Ordinò Sharon Carter,
prevenendo la mutaforma e ristabilendo la piramide di comando.
“Logan, tu sei un segugio... stagli dietro.”
Logan le
scoccò un'occhiata divertita mentre un gentile venticello
all'interno di quell'ambiente chiuso scompigliava i capelli di quanti
non li avessero raccolti. “Certo, cocca... come faccio a star
dietro a chi viaggi a queste velocità? Andiamo,
Pietro!” disse poi, agguantando il ragazzo “Dimmi
se hai visto qualcosa di strano!”
Si inoltrarono,
tre a tre, lungo i corridoi bui che si illuminavano man mano che
avanzavano e si addentravano nella torre. I sotterranei erano un
labirinto di vicoli ciechi, stanze che si affacciavano tutte uguali su
budelli infiniti e anch'essi identici gli uni agli altri. Ma Logan li
guidò con sicurezza anche quando persero il segnale GPS e
cominciarono a non ricordare da quale parte erano venuti.
Dopo un tempo che
parve eterno, il segugio si fermò davanti al muro che
delimitava uno dei tanti vicoli ciechi
“Ci
siamo persi?” domandò Steve perplesso, osservando
la parete liscia. Al suo fianco, invece, Bucky si preparò in
posizione di attacco. Clint, Natasha e Jessica lo imitarono subito,
come tutti i mutanti. Solo lui, Sharon e Warren restarono immobili e
perplessi.
“Sono
qui dietro..” commentò il canadese.
Senza attendere
istruzioni, Visione affondò nel muro senza lasciarvi alcun
segno del suo passaggio, trapassando la parete come un vero fantasma.
“E noi
come passiamo?” domandò anche Sharon che dubitava
potessero passare tutti in quel modo.
“Nightcrawler?”
“Nein...
Se non so dove vado non posso farlo... potrebbe esserci un mobile o un
nuovo muro non segnato nella piantina in cui mi
rimaterializzerei...”
Per tutta
risposta, Logan sguainò gli artigli “Con
questi!”
-I prigionieri
sono da questa parte...- confermò Visione ricomparendo dal
muro e scomparendovi nuovamente dentro subito dopo.
“Il
muro è spesso almeno quaranta centimetri,
James...” replicò Mystica affiancando il canadese,
per nulla turbata dalla strana visione del sintezoide che passava i
muri come uno spettro. “I tuoi artigli misurano meno della
metà.”
“Hai
altre soluzioni, sorella?” domandò quello,
sprezzante.
“Le
mie Katane sono di Carbonario... forse possono qualcosa...” si intromise Wade
“Anche
le mie ali pare possano fare abbastanza danno... fatemi tentare... non
abbiamo molto tempo...” aggiunse Warren.
Con un mezzo
inchino, Logan si fece da parte e lasciò tentare i due
strambi.
“Non
sarebbe più facile se rompessi il legame tra le molecole
creando con le mani un'onda disarmonica che...”
cominciò Pietro, irriverente, irritato da quelle lungaggini.
“Così
ci crollerebbe l'intero palazzo addosso, genio! Un onda del genere non
può essere concentrata, a meno che la superficie su cui
insisti non sia separata da ciò che la circonda”
sbuffò l'uomo ragno dall'alto del suo essere insegnante di
materie scientifiche “Ma non gliel'insegnate un po' di fisica
a questi ragazzi?”
Logan
ringhiò e il ragno capì di dover tacere.
Nel frattempo,
Wade, fascia in fronte, si era lanciato contro la parete al grido di
“Banzai”. La spada era riuscita a trapassare il
muro ma ora il mercenario non riusciva a estrarla. Dopo vani tentativi,
Logan lo scansò di malagrazia e cedette il passo a Warren.
L'angelo
cianotico spiegò le ali in tutta la larghezza del corridoio
e, assicuratosi che tutti si fossero messi al riparo,
scagliò una raffica di lame taglienti contro la parete.
Il muro ne
risultò scalfito brutalmente ma non compromesso in modo
definitivo. Qua e là le lame erano riuscite a perforare il
calcestruzzo armato e da quei fori filtrava aria fresca e umida.
“Ora
farei intervenire Rogue...” commentò Ororo. Tutti,
tranne Peter Parker che annuì concorde, si volsero a
guardare stralunati la dea dei venti “Beh..”
replicò facendo spallucce “Qualcosa l'ho imparato
da T'Challa...”
“'Ro ha
ragione...prego, bimba...” aggiunse Logan.
Warren cedette il
posto a Rogue con un innato fare cavalleresco per il quale la mutante
sarebbe anche potuta arrossire, un tempo. Ma ora aveva ancora
incatenata addosso la mente del cajun e quella gentilezza,
paradossalmente, le suscitò un moto d'invidia. Era lei che
invidiava Betsy per essere costantemente al centro di quelle gentilezze
o era Remy che si dimenava geloso? Guardò la parete,
cercandone il punto più indebolito da quella raffica di
colpi, quindi ci si scagliò addosso con una spallata.
L'impatto, che parve violento e che generò un boato che
scosse le pareti tutt'intorno, non sembrò intaccare
minimamente la ragazza che, invece, volò letteralmente
attraverso lo squarcio e atterrò malamente nella sala
adiacente.
La temperatura
era più bassa che nel resto dell'edificio, quasi i suoi
gestori volessero preservare i corpi di quegli sfortunati prigionieri
che ora riuscivano a vedere chiaramente: sembravano privi di sensi,
appesi come erano, più simili a quarti di bue in circolo in
una cella frigorifera. Le catene che li trattenevano erano delle
trappole tra le più tecnologiche che la mutante avesse mai
visto, dall'aria più moderna e letale di quelle che aveva
sperimentato come soggetto di Arma X.
A terra, attorno
a uno strano pentacolo a sette punte con scritte in un alfabeto che non
conosceva e in netto contrasto con il mobilio circostante, spuntavano
come stalagmiti mozziconi di ceri ormai esausti. L'odore di incenso
impregnava la sala.
“Wanda!”
urlò Pietro e in un batter di ciglia era già al
fianco della ragazza mora.
“Illyana?”
sbottarono in sincrono Logan e Kurt. Il primo si affrettò a
scavalcare i calcinacci mentre il secondo si teleportava accanto alla
bionda. Per quanto fosse sorella dell'uomo che aveva ferito la sua
migliore amica, Kurt sapeva benissimo che la giovane Rasputin non aveva
nulla a che fare con il comportamento scorretto del colosso d'acciaio.
E poi, in qualche modo, apparteneva pur sempre alla loro strana
famiglia allargata, mutante o umana che fosse. Ma era bello poterla
considerare come una sorella genetica, unita a loro anche in
quell'avventura o disgrazia che era l'essere mutanti.
Alla spicciolata,
la sala si riempì e tutti si affaccendarono intorno a quelle
strane manette, tentando di capire come operare per la rimozione.
I prigionieri non
sembrarono nemmeno rendersi conto delle nuove presenze, del brusio
concitato attorno a loro e dei tentativi di liberarli. Erano deperiti e
fiacchi, privi di volontà alcuna, come se non avessero
mangiato o dormito a sufficienza per settimane. Molto più
probabilmente, invece, era stata l'evocazione a cui erano stati
costretti a deprivarli di ogni briciolo di energia. Perché
erano semplici esseri umani e non potenti dei norreni abituati a queste
cose.
“Allora,
elfo...che ci dici?” borbottò Logan poco dopo,
visto che, secondo lui, il teleporta e tecnico del gruppo se la stava
prendendo con la dovuta calma.
“Non
riesco a capire come funziona e vorrei evitare casini come quello
dell'ultima volta...” disse feroce fissando il compagno
dritto negli occhi. Logan addolcì l'espressione, ricordando
quale fosse lo sciagurato evento di cui Kurt si sentiva responsabile, e
cercò di calmarsi: il demone blu stava facendo del suo
meglio ma il peso dell'errore occorso al bracciale inibitore di Rogue
lo faceva esitare più del normale perché il
compagno di squadra non era il primo scemo che passava per strada,
avendo imparato un sacco di cose dal tecnopate Forge. “Ci
servirebbe uno dei geni scientifici rimasti alla torre...”
continuò Kurt, meditabondo “O di McCoy che
è a spasso nello spazio profondo con la fidanzata”.
Al centro del
macabro cerchio, intanto, Thor osservava l'eptagono e le scritte
relative “Loki...” sibilò dopo un
pò.
“Prego?”
domandò Steve avvicinandolo, circospetto e perplesso: il
nome familiare l'aveva messo in guardia.
“Loki
è di nuovo su Midgard...” lo informò il
dio, spiccio.
“Chi
è che può fare una cosa tanto barbara?”
intervenne Sharon affiancando i due, studiando il cattivo gusto di
quella specie di altare sacrificale “Pensavo di averle viste
tutte... invece li hanno lasciati vivi per... non capisco per cosa, se
hanno ottenuto il loro scopo, evocando questo dio delle
malefatte...”
“Ricordiamoci
che è una trappola...” commentò Jessica.
“E che
dovremmo muoverci...” aggiunse anche Bucky tenendo d'occhio
l'orologio.
“A meno
che non aspettino proprio che i dispositivi vengano
rimossi...” fu la fredda analisi di Natasha
“Odierei aver ragione in questo caso...”
Sharon si volse a
studiarla. Dopo pochi istanti, valutato ch'ebbe il sottotesto della
rossa ordinò a Kurt di teleportarsi all'esterno, contattare
la base e di aspettare il segnale per condurre in quella stanza Iron
Man e Wasp, perché probabilmente mancava davvero poco a un
loro intervento riparatore.
“Chi
può essere così folle da voler, spontaneamente,
evocare mio fratello a discapito dell'intera
umanità...arrivando a servirsi anche di bambini
innocenti?” continuò Thor ringhiando, i pugni,
stretti lungo i fianchi, tremanti di rabbia repressa.
“Di
matti ce ne sono tanti al mondo...” commentò
ancora Sharon, incurante di quello che potevano scatenare le sue parole.
Un'improvvisa
scarica elettrostatica spazzò la sala, facendo saltare
lampade e sfrigolare isterici i led di sicurezza. Ororo, l'unica che
sapesse generare e leggere quel tipo di segni, riconobbe in Thor il
generatore di tale rabbiosa elettricità azzurrina che aveva
frustato l'area circostante. Da quello che sapeva lei, al dio era
interdetto per supremo ordine reale l'utilizzo dei suoi poteri. Forse,
però, l'azione dettata dal desiderio di vedere una Terra
migliore, di proteggerla, erano la chiave per la reintegrazione nei
ranghi. Il dio, da parte sua, sembrava non esserne conscio, concentrato
com'era a capire come potessero, gli uomini, odiarsi l'un l'altro a
quel modo. Le parole di sberleffo del fratello gli risuonavano nelle
orecchie crudeli: secondo lui gli uomini erano una razza inferiore che
andava guidata con fermezza. In quei momenti, Thor faticava a non
trovarsi solidale con lui. Ma Loki aveva stretto alleanze con quelle
bestie, almeno apparentemente. Perché il fratellastro non
era tipo da lasciare tracce non volute dietro di sé. Era un
uomo che non si fidava di nessuno e per nessuno si sarebbe fatto
incastrare. Era un uomo dalla mente contorta i cui piani erano sempre
ammantati dalle bugie, le quali, a loro volta, erano avvolte nelle
spire venefiche dell'inganno. Era quello che gli umani chiamavano
scatole cinesi o matriosche. Con lui non si sapeva mai a quale
interpretazione dei fatti credere perché, probabilmente,
quella corretta non era nemmeno contemplata nel novero.
Ma quella
semplice scarica di elettricità, frutto del nervosismo per
l'impotenza in cui versava il dio, fu sufficiente a far scattare il
sistema difensivo.
Una batteria di
led rossi si attivò in rapida successione e un ronzio sordo
salì lentamente dalle pareti metalliche tutt'attorno.
“Qualcosa
non va...” sibilò Logan, i cui sensi
iper-sviluppati avevano registrato il cambiamento nella stanza.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Chiedo scusa per
il ritardo con cui posto ma mi son presa via a cercare materiali per
Lucca Comics (ecco, spoilerone...se qualcuno di voi ci viene, rischia
di incrociarmi XD) e ho dimenticato di aggiornare, complice anche il
fatto che son stata via tutta la settimana e ho perso la cognizione del
tempo.
Per il
resto...ecco che Ultron torna alla ribalta. E Logan scopre l'acqua
calda.
Il capitolo
è un po' affollato ma, trattandosi di vendicatori, quando
mai non lo è? Ecco perché di solito loro -come
gli x-men- si dividono in squadre...
Che altro dirvi?
Niente... spero non sia stato troppo pesante come capitolo...ma siamo
sempre in fase di transizione (per me lo è ogni capitolo che
separi l'inizio dalla fine).
Un abbraccio a
tutti e scusate ancora il ritardo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Truppe d'assalto ***
19.
Truppe d'assalto
Come fantasmi scheletrici, letali e silenziosi, un plotone di robot
raccapriccianti invase la prigione. Il ronzio dei loro processori e il
movimento meccanico dei servo pistoni ben oliati era appena
percepibile.
- Identificazione intrusi: Mutanti. Affiliazione: X-Men. Operazione:
Contenere o Terminare.
- Identificazione intrusi: Superumani. Affiliazione: Vendicatori.
Operazione: Terminare.
- Identificazione intrusi: Umani. Affiliazione: S.H.I.E.L.D.
Operazione: Ignorare.
“Adoro quando i robot ti spiegano le loro
intenzioni!” ghignò Logan prima di saltare al
collo di quello più vicino. Sfoderò i suoi
artigli ma quelli, come lame senza filo, scivolarono sulle curve
metalliche del robot senza intaccarlo. “Fanculo!”
sbottò
“Mi hanno
classificato come X-Men??? Finalmente qualcuno che capisce
qualcosa” giubilò Deadpool
“Fanculo anche a te!” ringhiò Logan tra
i denti, allarmato dalla loro situazione e infastidito dalla
stupidità del compare.
“Che succede?” domandò Rogue allarmata
“Adamantio...” replicò lui con un
grugnito. “Si va di forza bruta.” la
incitò. Mentre lei prendeva il volo, Logan si volse agli
agenti dotati di pochi o nulli poteri “Ci pensiamo noi, voi
state al riparo finché potete...” Ma le parole gli
morirono in gola quando vide un secondo plotone di esseri robotici
avanzare nella sala. “Ok, voi liberate gli ostaggi... tanto
dovrebbero ignorarvi, per il momento. Forse il computer centrale sta
cercando nella banca dati se siete con Osborne o contro di
lui”
Nel frattempo, il primo plotone si era ormai attivato e da diversi
altri pertugi filtrava un'inquietante luce rossa. Mentre Logan e Ororo
impartivano ordini, gli altri aveano cominciato a cercare punti deboli
in quelle strutture. Pietro aveva provato a fare entrare in risonanza
quelle stupide macchine, rompendole dall'interno, ma non riusciva a
trovare la giusta frequenza.
“Giù!” gli urlò Rogers a un
certo punto, dall'altra parte della sala. Al velocista bastò
una frazione di secondo per capire -e vedere- le intenzioni del
Capitano. Il disco gli appariva fermo, sospeso nello spazio buio della
sala. Non capiva cosa potesse quello scudo da eroe da cartolina, ma lo
assecondò: un'istante prima che lo scudo si abbattesse sul
robot, lui si allontanò di un passo, mettendosi al sicuro.
L'istante dopo, la testa dotata di antenne e dall'inquietante ghigno di
una zucca di Halloween rotolava per terra, distaccata dal corpo: lo
scudo era entrato nella giusta risonanza per indebolire il metallo.
Certo, il Vibranio non avrebbe mai incontrato alcun tipo di ostacolo.
Ma il robot, in risposta a quell'aggressione, stava già
protendendo le mani dal cui palmo si stava sprigionando un intenso
bagliore sanguigno, tutto rivolto verso Roger.
“Continua a funzionare!” Urlò il
capitano sopra la calca.
Dall'altra parte della sala, anche Rogue era arrivata alla medesima
conclusione. La donna usava gli arti disarticolati del robot contro di
lui come clave ma quello continuava ad avanzare impietoso.
“Anche la testa è armata!”
urlò di rimando, pronta a proteggersi con le braccia di
adamantio strappate al robot, avendo notato uno strano bagliore in
quell'orrenda fessura che fungeva da bocca e, probabilmente, da
altoparlante. Ma la fornace che stava per scaricare la potenza di un
megawatt contro la donna fu distratta dal contraccolpo di un laser che
lo sbalzò lontano.
“Si chiama Enchephalo-Beam...
e quello stronzo sta usando le mie armi!” ringhiò
Stark comparendo nella mischia. “Ok! L'ho copiato dal
distruttore Asgardiano mandato al seguito di Thor qualche anno
fa...” si giustificò poco dopo, sentendosi lo
sguardo penetrante del dio pungergli la schiena.
“Sai cosa è successo?”
domandò Rogers raggiungendolo. Per quanto poco potessero
contro quelle macchine da guerra, gli agenti S.H.I.E.L.D. si erano
rifiutati di mettersi al riparo. Jessica, Sharon e Raven armeggiavano
intorno alle manette dei prigionieri, protetti da un campo di
impenetrabile generato da scariche ininterrotte prodotte da Ororo.
“Osborne ha rubato progetti, idee che avevamo anche solo
nella testa a me, Pym, Reed e Dio solo sa a chi altro”
“C'è un modo di fermare queste
macchine?” domandò ancora Rogers mentre Bucky,
lì affianco, non lesinava i colpi sferrati dal suo arto
bionico: Cyborg contro Robot, difficile prevederne l'esito.
“Certo!” replicò l'altro osservando il
lavoro di squadra tra Rogue, Pietro e Logan: i primi due staccavano a
forza pezzi della macchina, chi a colpi di pugni, chi svitando i fermi
che tenevano insieme la corazza, mentre il secondo recideva tutto
ciò che svolgeva il compito di tendini e muscoli. Nonostante
tutto, i singoli pezzi restavano attivi e cercavano di colpire gli
aggressori con quei maledettissimi fasci di energia.
“Apritemi un varco al torace!”
“Fosse facile...” ringhiò qualcuno dalla
folla.
“Io, io,
io!” si sbracciò Deadpool “Una spada al
carbonadio può tutto!”
“Cretino! Tutto contro un mutante! Nulla contro un robot di
Adamantio! Serve il vibranio! Per quello lo scudo di Cap, dove passa,
recide come un bisturi!” lo rimbeccò Wolverine che
insisteva nello scontro tra la lega adamantina dei suoi artigli e
quella della corazza del robot.
“Detto, fatto!” sbottò Clint.
“Vibranio, giusto?” chiese mentre caricava una
punta al suo arco, dopo aver riposto la katana.
La freccia sibilò in aria, lasciando la corda tesa a vibrare
per il contraccolpo. Il cuneo si aprì un varco nella
corazza. Prima che il robot avesse modo di capire cosa stesse
accadendo, il motore in miniatura issato sulla scocca
cominciò a emettere un leggero ronzio e la vibrazione
così scaturitane riuscì ad amplificare le crepe
che si erano venute a creare nella corazza.
A quel punto, Tony si scagliò contro il robot danneggiato,
assestò un pugno direttamente nella spaccatura e
penetrò all'interno con uno sbuffare di stantuffi e pistoni
che gli conferivano maggiore potenza distruttiva. Quindi
aprì il palmo e liberò la fatina, in cui si era
trasformata Janet, che stringeva in pugno “In bocca al
lupo” mormorò prima di ritrarsi.
Non era chiaro se bastasse infettare un androide o dovessero operare
singolarmente per ciascuno nello stesso modo: l'avrebbero scoperto
presto.
All'interno del robot, Janet si fece strada tra cavi, schede madri,
microprocessori, fusibili e condensatori. Una giungla tecnologica
rischiarata appena dagli inquietanti relè che, qui e
là, si accendevano secondo un complicato schema coreografico
ma che riuscivano a schiarirle la via quanto bastava. L'essere
così piccola, inoltre, la rendeva quasi cieca ed Hank aveva
studiato dei dispositivi di supporto alle loro forme miniaturizzate:
occhiali dalle lenti composite, dispositivi audio che amplificassero le
loro voci e rendessero la frequenza umana percepibile anche dalle loro
piccole orecchie. L'esempio che le aveva fatto il marito, nello
spiegarle la necessità di quei dispositivi, era stato di
tipo biblico. La pupilla o il canale auditivo erano come la mitologica
cruna dell'ago in cui sarebbe dovuta entrare la famigerata corda e non
il più famoso cammello -come aveva replicato lei a suo
tempo- che, invece, era diventato sinonimo di ignoranza.
La cosa che era stata poi ripresa dagli appartenenti a quella strana
cricca del club dei piccoli geni della scienza -a cui appartenevano
Henry, Tony e Reed- e che usavano per insultarsi vicendevolmente al
punto che gli estranei non capivano perché illustri
scienziati si dessero del cammello a vicenda al posto di usare
improperi molto meno velati. Janet sorrise al ricordo e
riportò la mente alla spiegazione offerta dal marito.
Bisognava, quindi, far sì che la corda in questione si
assottigliasse alle dimensioni di un filo, per poter essere ingugliata
e, quel tipo di conversione, era ciò che la loro tecnologia,
studiata su imitazione degli organi degli insetti -che erano fatti a
quel modo per un motivo ben preciso- rendeva possibile.
Le forme che avevano ripreso avevano un che di artistico e Janet si
sorprendeva sempre nello scoprire come la natura avesse tanti pattern
così tecnologicamente avanzati e moderni, belli ed eleganti
e funzionali. Non serviva guardare all'arte per avere ispirazione. I
campioni di Henry erano più che sufficienti a stuzzicare la
sua fantasia. I prototipi stessi, per quanto nulla avessero di
artistico, avevano una certa armonia pur nella loro
semplicità funzionale. Principio che era poi alla base della
natura stessa.
Anche il paesaggio alieno e metallico in cui si era infilata aveva
qualcosa di affascinante. Non fosse stata concentrata a cercarne il
cuore per sabotarlo, avrebbe apprezzato la simmetricità
degli elementi, la ripetitività degli schemi,
l'apparentemente casuale fioritura di cavi e il loro intrecciarsi e
diramarsi. Hank parlava spesso anche di come lo stesso schema delle
connessioni sinaptiche si potesse trovare nella ramificazione di un
albero o in un diagramma sullo studio delle attività sociali
umane. Era davvero affascinante come la casualità potesse
essere, alla fine, ordinata in schemi precisi e ripetitivi, sempre gli
stessi, dal macrocosmo al microcosmo.
Finalmente, individuò la piattaforma quadrata, il cui bordo
era frastagliato da innumerevoli zampette saldate a una piastra
smeraldina, venata da ruscelli di un verde più chiaro.
Come previsto dal marito, Osborne aveva davvero poca fantasia e aveva
lasciato inalterato ogni più piccolo dettaglio, nel timore
che questo potesse compromettere l'esito finale delle sue macchine. Il
cuore della struttura continuava a chiamarsi Alkema.
Janet si inginocchiò e posò a terra (o era su una
parete? A quelle dimensioni la gravità diventava relativa)
lo zainetto che aveva assicurato sulle spalle e ne estrasse un
dispositivo grande come un atlante e che, nella sua forma, ricordava un
pettine gigantesco dove il vuoto tra i denti era colmato da strisce
metalliche. Era ironico pensare che, in dimensioni reali, non era
più grande e leggero di un tasto del suo portatile.
Non perse tempo a contemplare l'oggetto (a casa, davanti a un
microscopio, avrebbe avuto tutto il tempo che voleva): cercò
l'alloggiamento e incastrò il pettine-flashdrive nella sua
fessura. L'unico segno che confermò che quella cosa stava
funzionando in qualche modo, fu il leggero ronzio che, dopo un sussulto
d'assesto, soppiantò quello originale.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Il momento era arrivato. Lo sentiva sibilare nell'aria e nel rombo del
terreno sotto i suoi piedi. La quiete prima della tempesta stava
cedendo il posto a quell'ansia ficcante, quell'adrenalina positiva,
quella prontezza di riflessi che precedeva la battaglia.
Dopo ci sarebbe stato solo l'istinto forgiato da duri allenamenti e da
anni di pratica oltre a una naturale propensione alla calma ragionata.
Si sarebbe fatta scudo della sua nomea anche se, contro il suo
avversario, sarebbe stato del tutto inutile: Thanos era superiore a
questioni di facciata come un ruolo o un'appartenenza razziale.
Stava assicurando il mantello sulle spalle quando Heimdall si
annunciò e, dopo il suo invito, si manifestò
nella stanza. A differenza dell'alloggio del padre, arredato con il
gusto e la raffinatezza propri degli Aesir che, per quanto lui
professasse il contrario, trasparivano da ogni suo gesto, quello di
Hela era ridotto al minimo: le pareti erano tinte di rossi cupi e
drappeggiate con pesanti tende di lana, abbinate che rammentavano il
calore dell'inferno nonostante la sua dimora affondasse nelle nebbie
impenetrabili. Ma era il meglio che poteva ottenere in quel posto per
sentirsi a proprio agio.
Altri inferni avevano la caratteristica di essere perennemente
ghiacciati ma tutti avevano in comune una sola cosa, come i deserti:
erano vuoti, sterminati, claustrofobici nella loro
spaziosità. Invitavano alla disperazione o alla meditazione
coatta, l'una e l'altra o l'una causa dell'altra a seconda dei
soggetti. La sua stanza rispecchiava questo modo di vedere la vita, al
di là del colore e dei materiali scelti per decorarla.
Heimdall le porse l'elmo ricco di ramificazioni come il palco di un
cervo. Maggiori erano le ramificazioni, maggiore il valore della bestia
“Thanos è qui!” le disse solo.
Lei annuì. Lo sapeva. Ed era pronta.
Si era preparata a quell'incontro e sapeva che solo uno di loro ne
sarebbe uscito vincitore. Ma prima aveva un altro incarico, affidatole
da suo padre. Strinse le labbra cianotiche per la determinazione. Se
questo era il desiderio di suo padre, il re degli inganni, fare
chiarezza nella propria posizione ad Asgard, l'avrebbe accontentato.
Sua madre non le aveva detto nulla, al riguardo, ma serviva fedelmente
la casata reale degli Aesir. A lei non era mai stato fatto alcun male.
Eppure era una Jotunn e ora la curiosità divorava anche lei:
chi aveva sconvolto in quel modo gli Jotnar, storicamente assoggettati
alla bella Freyia, la Vanir fattasi Aesir, a cui era stata dedicata
addirittura una statua nel centro di Utgardr, la capitale di
Jötunheimr.
Hela uscì dal suo accampamento e vi trovò le
truppe schierate in ranghi precisi e ordinati. Aspettavano solo lei.
Vide la bella e bionda Amora occhieggiare il suo accompagnatore. Non
per reale interesse, come poteva esercitarlo su di lei un uomo
scostante e irrequieto come Thor, ma solo perché il dio
Bianco rappresentava la più magnifica delle sfide: era
l'unico Aesir che non si piegava ai suoi sortilegi. Questo da un lato
la rendeva furiosa, dall'altra alimentava il suo spirito competitivo.
Davanti ad Amora, nella fila opposta, Surtr, il nano demoniaco che
aveva contribuito a produrre le loro armature di invincibile Uru.
Il volto cereo di Hela non lasciava trasparire alcuna emozione e
l'elmo, che le copriva parzialmente la faccia, le infondeva il coraggio
dato dal poter celarsi ad occhi indagatori.
Giunta alla fine del lungo corridoio umano, avvertì un
frusciare di mantelli, tramestio di armi e cozzare di corazze, mentre
le truppe si volgevano, in sincrono, a seguirla. Si fermò
sul crinale formato dai resti del Bifröst, la via tremula dai
molti colori, o, come amava chiamarlo lei, Asbru, il ponte degli dei. E
attese.
Lo spazio infinito dei tre fiumi cosmici (Kormt, che lambiva Asgard,
Kerlavgar, il fiume centrale e principale, maestoso e pieno di vita, e
del suo effluente Ormt) si estendeva, spettrale e placido e sensuale
davanti a lei. Adorava quel paesaggio, scuro come la pece e rischiarato
da luci vive di una miriade di colori lontane anni luce. Amava tutto
ciò, così diverso dalla sua dimora, e avrebbe
protetto il gioiello che era Asgard dall'ingerenza di Thanos a
qualunque costo.
La quiete del luogo ormai disabitato che era Asgard venne turbata
dall'improvvisa apparizione di una singola nave aliena. La fusoliera
era affilata ma i bordi erano morbidi e sinuosi, come se fosse stata
scolpita dal flusso di innumerevoli correnti cosmiche che l'avevano
modellata a piacimento per renderle il più possibile agevole
il passaggio nei loro meandri in un tempo pressoché infinito
di eoni.
Non avanzò oltre. Non si diresse al cuore del recinto degli
dei con intenzioni ostili, come già tempo addietro aveva
fatto il suo predecessore, l'elfo oscuro Malekith di Svartalfaheimr,
anche se era palese la volontà di conquista da parte
dell'invasore.
La nave si abbassò e attraccò. Dal fianco di
metallo si snodò una passerella organiforme costellata di
scintillanti luci azzurre a delinearne la sagoma, nera su fondo nero.
Dal varco appena creatosi la figura possente di un uomo dalla pelle
violacea ci materializzò con sublime atteggiamento
sfrontato. Avanzò di un passo, lasciando che la luce delle
stelle ne delineasse i tratti massicci e quasi grotteschi. Alle spalle
di Hela, l'esercito spianò le armi, pronto a intervenire al
minimo cenno di pericolo. Per ora, forse, i due avrebbero solo
parlamentato.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Ok, io sto finendo i capitoli di riserva e qui, tra una cosa e l'altra,
non riesco a trovare il tempo per sedermi e scrivere un capitolo... -_-
Non temete, non vi lascerò a secco!
Dunque...
Lasciando i Vendicatori a sbrogliarsela (e tanto per non far fare la
figura del fesso, ecco che pure Tony è stato turlupinato),
rivolgiamo la nostra attenzione a Hela per un attimo -così
chiudiamo un altro GRANDE discorso lasciato in sospeso dal film-
Che dirvi? :D aspettate e vedrete :3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Il potere di Thor ***
20.
Il potere di Thor
All'esterno il combattimento infuriava. Mystica e Ororo erano riuscite
a sbloccare le manette dei prigionieri senza far loro saltare gli arti.
Ancora storditi e mezzi incoscienti, Hellstorm, Drumm e Strange avevano
cercato di racimolare un po' di energia per scagliare qualche
sortilegio ma erano troppo esausti per riuscire a concentrarsi
adeguatamente.
“Tu sei
il figlio di Odino...” biascicò sfinito il giovane
antropologo ed esorcista scorgendo Thor che cercava di darsi da fare
come poteva.
Il biondo dio
norreno gli si avvicinò “Mi conosci?”
“Non
direttamente...” sputacchiò “Ma conosco
Hela e Loki. E Odino. Un nostro amico...” disse lanciando
un'occhiata al giovane psicologo haitiano che diede un cenno della
testa, a conferma delle sue parole, mentre scrutava il biondo con
occhio clinico “...è membro dei Guardiani della
Galassia, credo tu li conosca...”
Prima che Thor
potesse anche solo fiatare per replicare a quell'asserzione e
prodigarsi in solenni promesse di reciproco aiuto e stima, lo stregone
lo anticipò “Il tuo potere non è
perduto. Aiutare l'umanità è la condizione. Ma
è un'esigenza che è ormai tua come una seconda
pelle. Proteggere Midgard è importante quanto proteggere
Asgard...” disse con gli occhi velati dalla patina di
un'improvvisa cataratta “Puoi vendicare qualunque torto mosso
agli umani mediante il tuo potere. Il vincolo di Odino era un pretesto
capzioso nascosto in una bailamme di doveri. Crescere prima di
rivendicare qualunque diritto al trono. Ma il padre degli dei aveva
capito quale fosse il tuo più grande desiderio. Ed egli sa
meglio di te cosa è meglio per te... scusa
l'anafora...” si giustificò quello con un
imbarazzo così umano che strideva con il tono trascendentale
onnisciente usato fino a quel momento “Prestagli ascolto
quando vi incontrerete di nuovo, a fianco di Loki, per proteggere
Asgard dall'invasore... Egli sa qual è stato il motivo
primigenio che ti ha spinto a difendere la Terra ma sa anche che, ora,
non è che un pretesto anch'esso. Tu ambisci alla gloria
della battaglia. Ma per quel che riguarda gli affetti, non
c'è nulla come casa...” così dicendo,
allo stesso modo con cui si era intromesso nel discorso di Daimon
Hellstorm, Jericho Drumm tacque, esausto dalla sua visione o dalla
comunicazione avuta, probabilmente, sul piano astrale.
Thor sembrava
turbato, i rumori della battaglia ormai ridotti a un brusio attutito in
sottofondo. Le parole dello stregone l'avevano confuso e avrebbe dovuto
analizzarle con calma, non appena fossero riusciti a mettersi in
sicurezza. Ora, però, i suoi amici avevano bisogno di lui,
gli scontri infuriavano e lui non era di alcuna utilità.
Pretesto
capzioso,
aveva detto.
I suoi amici
avevano bisogno di lui. Amici umani. Per combattere una
minaccia non umana. Nel breve termine. Ma già nel medio
termine, l'umanità tutta era messa a repentaglio da un
manipolo di altri uomini che volevano soggiogarla. Che fosse questo il
ragionamento che non aveva fatto fin dal principio e che l'aveva
precipitato nello sconforto? Odino non aveva messo restrizioni sugli
avversari. Robot o umani che fossero, per difendere Midgard poteva
ricorrere al potere del tuono. Strinse i pugni lungo le gambe e si
ritrovò a fissare il giovane Hellstorm dritto negli occhi,
come ipnotizzato. Intorno a loro si levò un forte vento.
Violente scariche elettriche si diramarono repentine dalla zona
circostante.
“Che
cosa succede?” domandò Sharon Carter volgendosi
verso Ororo che si giustificò con un'alzata di spalle.
“Non
sono io!” replicò la donna prima di volgere,
incredula, gli occhi verso il dio rapito da una sorta di trance. Thor
levitava a mezz'aria e i lunghi capelli biondi gli frustavano il volto.
D'un tratto un
bagliore accecante costrinse i presenti a ripararsi gli occhi.
Quando il piccolo
uragano cessò, davanti a loro Thor svettava vestito di tutto
punto con la sua armatura lucente, l'elmo alato calcato in testa, il
mantello di lana rossa che pendeva nervoso dalle spalle... e
Mjöllnir stretto saldamente in pugno. Con un movimento tanto
naturale quanto violento, Thor si lasciò scivolare a terra
e, nel farlo, lasciò che il peso del braccio portasse il
martello contro il pavimento. La deflagrazione che ne seguì
mandò in tilt i macchinari tutt'attorno e fece saltare la
luce.
Solo gli Ultron
0.5 si muovevano ancora e, in quell'impenetrabile oscurità,
facevano saettare i solo laser come le lame delle luci iridescenti e
sincopate delle discoteche.
“Ho
davvero di nuovo i miei poteri...” si stupì
osservandosi le mani.
Il suo stupore
non durò a lungo. Uno sguardo determinato e divertito gli
balenò negli occhi e in un lampo fu sul campo a combattere
spalla a spalla con quelli che lui riteneva i suoi compagni.
“Ho
fatto!” esultò a un certo punto Janet, ritornando
a grandezza naturale in mezzo a quel mucchio di rottami ambulanti.
“Non mi
pare sia cambiato nulla...” commentò l'Uomo Ragno
piroettando in aria e sparando le sue ragnatele ormai quasi esauste.
Aveva provato a ingabbiare quei robot in ogni modo ma quelli trovavano
stratagemmi sempre nuovi e creativi per liberarsi.
“No,
guarda!” lo corresse Stark sotto la morsa di un Ultron.
Il robot da cui
era emersa Janet sembrava essersi disattivato e svettava immoto al
centro della sala mentre tutt'intorno continuava a infuriare lo scontro.
“Beh,
è fantastico! Ne abbiamo sistemato uno... ne mancano solo
altri novantanove...” commentò sarcastico il ragno.
“Strano...”
disse Janet osservando da vicino il robot. “Dovrebbero essere
tutti collegati da un unico microprocessore. Come gli animali, cervello
collettivo...”
“Se
è come gli animali siamo fregati!”
commentò ancora il ragno “Perché
cervello collettivo vuol dire che ognuno è indipendente e
fanno solo sistema. Eliminato uno il gruppo si riassesta e continua
sulla sua strada, imparando dagli errori del singolo... Diverso sarebbe
se fosse come le piante. Cervello centrale e diverse propaggini. Uccidi
il centro e muore il resto. L'esempio che cerchiamo noi è
l'idiozia su cui solo la società umana può
reggersi. Tolto un cervello a caso crolla l'intero sistema.”
“Ma
è risaputo che Hank è stupido...” commentò
Deadpool non lontano
“Non ti
permettere di insultare mio marito, sgorbio!”
replicò Janet lanciando una scarica elettrica sul sedere di
Wade che saltellò sul posto tra l'indispettito e il
compiaciuto.
Distratto da
quella mossa, tuttavia, Deadpool perse l'equilibrio e finì
schiacciato da un robot che non perse tempo a caricare il suo Enchepalo
– Beam “Oh,
cacchio! Dai ragazzi, datemi una mano... non voglio perdere la testa
per un robot...non sono ancora così pazzo... Perdere la
testa, l'avete capita? Ah ah ah ah”
Ma nessuno lo
badava e anzi, Janet, ripreso a combattere come poteva gli altri robot,
continuò a battibeccare con l'arrampicamuri “E per
essere precisi, Spidey, intendevo dire che dovrei avergli installato un
virus e col cervello collettivo si dovrebbero passare l'informazione
l'un l'altro”
“Pregate
perché sia così” commentò
Kurt bamfando da una parte all'altra.
Dopo aver
assestato l'ennesimo e inutile pugno di metallo contro metallo, fu
Bucky a far fermare il gruppo “Il mio si è
spento!” urlò sopra la mischia.
Ad uno ad uno i
robot andavano disattivandosi e si bloccavano con pugni a mezz'aria,
armi in caricamento e sguardo vacuo.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Da canto suo, la
dea non mutò posizione né espressione: Thanos non
sarebbe avanzato oltre.
“Ti
porgo i miei omaggi, Hela, regina di...”
“Non so
cosa farmene dei tuoi omaggi, Thanos. Possiamo pure chiuderla qui. E tu
puoi pure tornare a imbarcarti e sloggiare di qui prima che ti
annichilisca. Non sei il benvenuto!” lo interruppe lei,
brusca.
Ma l'altro non
sembrò impressionato. Non retrocesse ma si concesse di
studiarla a fondo. “Fai sul serio?”
“Non
avanzerai oltre. Dovrai passare sul mio cadavere. Mio e di tutti quelli
che si sono radunati attorno a me!” replicò lei,
arcigna.
“Vedo...”
cominciò il titano lasciando scorrere lo sguardo sulle
truppe “...che ci sono anche diversi Aesir al tuo
fianco...”
“E
molti altri ne verranno. Vanir, innanzitutto. Non siamo soli, Asgard
non è indifesa.”
“Vanir...quindi
la città è stata evacuata...”
commentò l'uomo massiccio appuntando lo sguardo
impenetrabile sulle cinta murarie a protezione della città.
“Evacuata
a misura cautelativa...”
“E ci
sei tu a difenderla...” ghignò l'uomo trovando la
cosa ridicola.
“Ho
voluto io lo scontro alla pari. Non volevo darti altri pretesti per la
tua miserabile sconfitta. Devi solo girare sui tacchi e tornare da dove
sei venuto. Sei una delusione e non meriti nulla di quello che questo
posto ha da offrire.”
“Tutto
perché Midgard non si è arresa?”
domandò lui, ora la sicurezza e la tracotanza che lo
caratterizzavano stavano svanendo.
“Non
è Midgard che mi interessava, lo sai. Il nostro patto era il
Tesseract, il cubo cosmico. Che ora è in mano ai Guardiani
della Galassia. Mi hai deluso.”
“Loki,
tuo padre, ha sbagliato e ha fallito!” ringhiò
l'uomo con fare minaccioso.
Ma lei non si
lasciò distrarre né intimorire. Lo
zittì con un gesto della mano, come se quella non fosse
altro che la patetica scusa di un inetto. “C'è un
umano che mi serve quasi meglio di te. E non è conquistando
Asgard in mio nome che pagherai il tuo pegno. Come vedi, posso
benissimo arrangiarmi. Così, ho dimostrato ancora una volta
di esserti superiore e di non aver alcun bisogno dei tuoi servigi.
Vattene, prima che dia l'ordine di attaccare.”
“E'
vero che non ho né il Tesseract né il dominio su
Midgard e che Tarene è sfuggita alla cattura. Ma tutto
perché tuo padre ci ha fornito dati sballati. Gli umani
dovevano essere preda facile, Loki doveva averli dispersi, aver
seminato zizzania tra loro e invece si sono radunati più
forti che mai, coesi e compatti, con poteri simili a quelli degli dei.
Addirittura con armi simili al vostro potente Distruttore. Non
è mio l'errore, Hela!”
“Non
scaricare la tua frustrazione su altri, tanto meno se questo
è mio padre. Sei un incompetente. E questa ne è
l'ennesima prova. Non sei degno di me. E Tarene è al sicuro,
ibernata in un corpo umano ospite, su Midgard, e presto il suo potere
passerà a chi è più degna di lei di
sopportarlo, vincolando Thore il suo potere al suo fianco. E quella
persona non sei tu: non sei tu che siederai alla tavola degli Aesir,
guidandone le truppe. Le norne hanno parlato, Odino l'aveva predetto e
Heimdall l'ha confermato.”
“Chi,
allora? Chi può avere il potere di Tarene?”
ruggì l'uomo umiliato.
“Chi
è così degno da essere stato posto a guardia
delle Valchirie dei Falchi Rossi da Odino in persona?”
“Sif?”
allibì l'altro
“Lady
Sif è l'erede del potere di Tarene. E sia Thor che mio padre
Loki ti impediranno di farle del male. Non è un potere che
puoi offrirmi. Come vedi, se lo volessi, ancora una volta, potrei
arrangiarmi e andare io stessa dai Falchi Rossi. Non sarai mai mio
alleato. Vattene, Titano. E' inutile ingaggiare battaglia.”
“Inutile
per chi ha qualcosa da perdere...” ringhiò lui,
sommessamente “Io ho perso tutto! Chiedevo una sola cosa e
l'avrò, col ferro e col fuoco, se necessario.
Sarò re di Asgard.”
“Dove
sono le tue truppe di Chitauri, Thanos?” lo
schermì lei.
“Chi ti
dice che non siano già tra le tue fila, pallida
Aesir?” replicò lui con un ghigno. Quindi, alzando
la mano guantata di splendidi gioielli, diede il segno d'attacco.
In un batter di
ciglia, tra le fila a guardia del Bifröst si
scatenò l'inferno. Amici si tramutarono in aguzzini e,
nell'impossibilità di distinguere il nemico,
cominciò un tremendo massacro fratricida.
“Tecnologia
Skrull...” commentò Thanos “Induttori di
immagini così sofisticati da passare l'esame del
più attento scanner. Scacco. Ti arrendi?”
“Hai
aperto con i pedoni... e sono i miei pedoni che stai massacrando... ma
sei ben lontano dal re.” ghignò lei di rimando,
per nulla intimidita, nonostante l'attacco a sorpresa. Thanos
restò stupefatto dalla sua reazione: stava decimando le sue
truppe e lei rideva come se fosse stata in netta superiorità
numerica. “Dimmi solo una cosa, prima che passi al
contrattacco e ti massacri. Chi ha tradito gli Aesir con gli Jotnar?
Quale Aesir ha scatenato tutto questo che, in definitiva, è
opera tua...?”
Thanos
stirò le labbra, ermetico. “Ti sei resa conto che
anche quella era una mia macchinazione?”
“Sono
figlia del dio degli inganni. Riconosco odore di trappola lontano anni
luce. E anche lui. Il tuo trucco ti si è ritorto contro
perché è stato usato a vantaggio degli Aesir, che
hanno riconfermato il loro ruolo predominante e cardine sugli altri
otto regni... Voglio solo un nome...”
“Una
pedina senza volto non è degna di nome...”
“Lo
è se la pedina era un alfiere del regno
splendente...”
“E'
solo un rinnegato, un morto senza tomba alcuna...”
Hela ridusse gli
occhi ferini a due fessure “Vali...”
“Se
preferisci chiamarlo così...” replicò
Thanos facendo spallucce.
Soddisfatta della
risposta ottenuta, Hela picchiò a terra il proprio scettro
da cui si dipanò istantaneamente un reticolo magico che la
intrappolò col suo nemico. Thanos, confuso da quella mossa,
la fissò perplesso.
Un altro tocco
dello scettro tagliente e una colonna di fumo verdastro si
levò dal suolo come un uragano. Quando si placò,
alle loro spalle le porte di Asgard venivano spalancate.
Thanos, nella sua
arroganza, stava per ringraziarla del dono. Ma il largo mento deforme
rimase abbassato, incredulo, da quello che i suoi occhi gli stavano
mostrando.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Ed ecco svelato
un altro tassello che risale addirittura al primo film di Thor.
Chi ha aperto il
varco agli Jottun? Secondo me, Loki ne ha solo approfittato per girare
la cosa a suo favore nel contorto piano di accettazione genitoriale...
Vali è
quel fratello di Thor di cui Odino non sapeva che fine avesse fatto -ve
l'ho detto ancora nella prima parte della Saga-. Nel mito Vali nasce
con lo solo scopo di vendicare la morte di Baldr che, lo ricordo,
è stata causata proprio da Loki. Ed ecco che faccio quadrare
il cerchio. Vali, dato per morto o disperso, ha cercato di incastrare
Loki nella sua stessa rete di menzogne al solo scopo di vendicare la
morte del fratello.
Per quel che
riguarda Tarene -che nei fumetti è poi Thor Girl- la tratto
come pura entità cosmica molto potente che al
momento si è incarnata -guarda guarda, giustifichiamo anche
le malefatte di Malekith- in Jane Foster e Thor ne è
affascinato a livello inconscio. E dunque, volendo io far tornare Thor
con Sif (come poi anche nel
fumetto e nel film -si capisce dai che prima o poi lasceranno a casa la
Foster), ecco che ho fatto sì che Tarene fosse solo un
potere che
andasse associato a Thor e al suo potere. Quando il potere
andrà a Sif,
anche lui tornerà ad Asgard.
Ma che c'entra
Thanos? Tra le varie cose, per conquistare Morte (come ha ben
indovinato qualcuno di voi, faccio coincidere Morte con Hela), Thanos
aveva cercato di usare i poteri preveggenti di Tarene per annullare la
vita nell'universo. Al poveretto, però, è andata
buca. Diciamo, quindi, che in questa storia voleva fare 2 al prezzo di
1: prendersi Tarene e pure il potere/la vita di Thor e conquistare
Asgard (sempre per offrirla poi a Hela). Hela-o meglio, Morte- che,
però, nonostante gli sforzi, continua a rifiutarlo
categoricamente. Per il momento.
Che altro? :) vi
rimando alla prossima settimana. Baci a tutti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Vita in morte ***
21.
Vita in morte
Dai portoni
dorati, una torma di guerrieri variegati si stava riversando sul campo
da guerra. Tra essi, Thanos riconobbe eroi terrestri e
divinità dei nove regni, stretti gli uni agli altri, fianco
a fianco, a respingere la sua avanzata.
“Traditrice!”
sibilò con sguardo furente, pronto a colpire la sua
interlocutrice. L'incantesimo appena formulato, però, si era
serrato attorno ai suoi arti, impedendogli qualunque movimento. Hela
era cosciente che lui l'avrebbe uccisa se solo ne avesse avuto la
possibilità.
La dea
sollevò il mento, altera, e ghignò
“Cosa avrei tradito? Non c'era alcuna alleanza tra noi. Mi
hai perseguitata con la tua presenza e mi hai sfidato a prenderti in
sposo se mi avessi consegnato il Tesseract o la Terra. Non hai fatto
né l'uno né l'altro. Mentre io difendo un regno
che è mio di diritto...”
“Non
è tuo, sgualdrina!” rantolò furente il
titano
“No,
è vero. Hai ragione. Ma, se io sterminassi la discendenza di
Odino... allora sì, lo sarebbe...”
replicò lei con un ghigno “...e mi sarebbe
così semplice, se solo lo volessi... Io ho ereditato
momentaneamente il governo del regno mentre mio padre è
impegnato altrove. Sono disposta ad ogni patto per non lasciarlo nelle
tue mani”
“Anche
ad allearti coi tuoi nemici?” Thanos schiumava di rabbia.
“Oh,
Thanos...” lo canzonò lei, girandogli intorno
“La mente del dio degli inganni è troppo
complicata perché un cervello fino come il tuo possa
afferrarlo. Per te il suo pensiero è
inintelligibile” replicò stirando un sorriso nero
come la pece ma così dolce che non le aveva mai visto su
quel viso pallido e crudele.
Ben presto la
rivolta fu sedata e Plutone, divinità infernale dell'olimpo
Vanir, accorse al loro cospetto a comunicarle il cessare delle
ostilità.
“Siete
una famiglia di matti...” sibilò il dio
dell'oltretomba affiancandola “...tu e tuo padre andreste
rinchiusi, per il bene di tutti!”
“Oh,
caro Ade... forse ora capite che non è il caso di averci
come nemici e di non farci mai arrabbiare...”
replicò lei mentre, senza sforzo, si trascinava appresso il
titano inerme, reso leggero e fluttuante dalla sua magia.
“Hela...”
si inchinò Makkari il messaggero andandole in contro.
E così
fecero tanti altri dei dei più disparati olimpi. Tutti
accorsi a proteggere l'equilibrio dei nove regni.
Thanos vide
Ercole, il campione dell'Olimpo, bello e selvaggio anche se un po'
stupido, che non si piegava al loro passaggio, diffidente. Al suo
fianco il compagno Ares, lordato di sangue dei nemici da testa a piedi
e orgoglioso della sua bravura, al contrario, strizzava l'occhio alla
loro conduttrice norrena mentre si scarmigliava il lugubre moicano che
gli tagliava in due il cranio. A quel gesto, anche Hela, distante e
protetta, avvertì Thanos fremere di rabbia. Passarono oltre
e incrociarono Thena che li studiava con voluta sufficienza. La bionda
dea della guerra e della strategia era orgogliosa di quel piano
perfettamente congegnato anche se ne discuteva la violenza. E poi,
ancora, altre divinità dagli olimpi egizi, nipponici,
sudamericani, gli elfi lucenti del regno Shi'ar capeggiati dal loro
campione Gladiator e i nani meccanici di Muspell, tutti stretti
assieme. I Chitauri, e gli Skrull da cui originavano, non erano affatto
nemici facili da abbattere e quella vittoria dava a tutti una ventata
di ottimismo in caso di nuovo scontro con quegli esseri. Tutti erano
più che consapevoli che, nell'ottica degli eoni delle loro
vite, quella appena vinta non era stata che una delle molte battaglie.
Si erano mobilitati in molti nel dubbio che le truppe disponibili non
bastassero a reggere l'assalto. Ora avrebbero ricalibrato la loro forza
offensiva, al momento, sicuramente esagerata.
Giunta che fu
sulla soglia, Hela si volse un'ultima volta verso il suo prigioniero e
davanti a tutti rilasciò la sua sentenza “Thanos
di Titano, araldo della Morte, che, come primo tributo al tuo amore hai
versato la vita della tua stessa madre alla tua nascita, io ti condanno
a un'esistenza solitaria, lontano da tutti e da tutto. Anche se ora
dovessi evadere da questa prigionia, non ci saranno poteri o doni che
acquisirai che renderanno reversibile questa sentenza. Né il
Cubo Cosmico né Urano né la Terra, con la
sconfitta dei suoi eroi, né la compensazione del grande
squilibrio tra il regno dei vivi e quello dei morti, a cui hai fornito
un significativo contributo, sono doni sufficienti ad attirare
l'attenzione di colei che brami. Finora l'hai solo infastidita e per
questo ella ti punisce. La Morte non ti rivolgerà mai
più la parola e se l'ha fatto fino ad ora, in particolar
modo in questo frangente odierno, è stato solo per la pura
cortesia con cui si può ripagare un vecchio servitore. Non
sarà sufficiente spegnere tutte le stelle dell'Universo.
Nonostante porti nel tuo nome il suo vessillo, sei a lei inferiore e
per questo ne sei indegno. E, qualora tu diventassi talmente potente da
spegnere la luce del Creato saresti troppo potente perché
lei, a sua volta, possa parlarti. Ella ti ama per il contributo che
apporti alla sua causa ma dovresti ubbidirle ciecamente, evitando ogni
iniziativa personale tesa a surclassarla o a compromettere i suoi
piani. Finché l'arroganza albergherà nel tuo
cuore, finché cercherai di oscurare il ruolo di Galactus,
quale uccisore di stelle, contribuendo alla spaccatura tra il regno dei
vivi e quello dei morti anziché sanarla, tu sei bandito dai
nove regni e dall'Universo intero e non ti resta che la prigionia della
realtà arida e sterile della zona negativa. A questo
destino, noi, rappresentanti di tutti gli olimpi terrestri, ti
condanniamo con il beneplacito dei Guardiani della Galassia: morte in
vita e vita in morte”
Nell'udire quel
nome Thanos sbiancò, la condanna era definitiva: aveva
torturato la figlia di uno di loro, Dragoluna figlia di Drax. Poteva
aspettarselo che avrebbero dato il via libera alla sentenza di Hela. E
tutto perché aveva cercato di farsi notare da quella stessa
donna che amava e che mai, prima di allora, gli aveva prestato la
benché minima attenzione. Aveva sovvertito l'ordine naturale
delle cose per lei e questo, al posto di impressionarla, l'aveva
così irritata da condannarlo a un'esistenza da eremita per
la quale non c'era possibilità alcuna di riscattarsi.
Due lancieri lo
affiancarono, pronti a scortarlo al suo castigo. Ma Odino si fece largo
tra la folla e, dopo un violento brusio iniziale dovuto alla sorpresa,
tutto tacque.
“Propongo...”
disse con fare solenne, lanciando un'occhiata benevola alla nipote
adottiva che lo osservava con un'espressione neutrale che non tradiva
sorpresa né irritazione né curiosità
“... di concedere al prigioniero la possibilità di
fare ammenda per le sue colpe.” Hela lo guardava, ora,
allarmata e con aperto stupore, così come molti altri dei:
Odino era forse impazzito? Loki le aveva detto quanto le decisioni del
Padre degli dei potessero essere folli. Eppure, dalle sue parole,
traspariva anche un senso di orgoglio e appartenenza, forse
riconoscendogli la lungimiranza e correttezza delle stesse. Eppure, ora
più che mai, sembrava una richiesta assurda. Da sempre
Thanos mirava ad Asgard o a Midgard per far crollare l'equilibrio
dell'Universo e ora il padre degli dei lo difendeva? Perché?
“C'è qualcosa che vuoi forse dire, Thanos di
Titano, fratello Eterno Vanir che, per il tuo aspetto più
simile agli Eterni Devianti, hai scelto l'auto reclusione tra gli
Skrull e, tra le cui fila. ti sei distinto al punto da riuscire a
prendere il comando del gruppo denominato Chitauri e a conquistare il
trono di re degli elfi oscuri e degli orchi Dvergar di
Svartalfaheimr?”
“Io...”
disse raddrizzando il più possibile la schiena
già impeccabilmente dritta in un rigore marziale
“...sì.” disse solo cercando di
scegliere con cura le parole “Io...desidero solo la Morte.
Nulla di più. Tutto ciò che a ogni Eterno
è negato, se non in modo violento, io lo desidero. Mi sono
eretto sopra i miei nemici non per desiderio di sfida, né
per testare la nostra resistenza. In principio, sì, volevo
mi fosse riconosciuta la sua ammirazione. Ora, se non posso averla,
chiedo solo di morire come uno dei comuni mortali a cui ho dato la
caccia fino a oggi. Non v'è pena più grande di
sapere di essere disprezzati dall'oggetto del proprio amore.
L'indifferenza, la ritrosia, il silenzio. Tutto è
sopportabile. Ma il disprezzo no. Sapere che mai ti amerà e
che, al posto di allietarla, la tua sola presenza la infastidisce... se
siete così misericordiosi come vogliono gli umani di
Midgard, di cui forse non ho compreso appieno l'importanza e il
potenziale, se mettete tutti da parte le reciproche rivalità
per far fronte comune contro di me per proteggere loro, allora chiedo
l'esaudimento di un ultimo desiderio, quello definitivo, che
accontenterebbe ambo le parti: poter commutare la mia natura e poter
morire come un terrestre.”
Odino lo
fissò con il suo tipico sguardo impenetrabile e a tratti
inespressivo. Fece poi scivolare il proprio sguardo su Hela, quindi su
tutti gli dei lì riunitisi. Thanos lo avvertì
appena pronunciare una specie di rimbrotto, una maledizione per avere a
che fare sempre con gente stupida e ottusa che non vedeva al di
là del proprio naso. Quindi, con voce stentorea, il padre
degli dei parlò alla folla “Avete sentito tutti la
richiesta del nostro consanguineo?” un muto borbottio si
propagò come un'onda marina che si abbatte sulla battigia
mugghiando. “Accettiamo di ottemperare alla sua unica
richiesta?”
“Non vi
sono alternative?” domandò Hela, improvvisamente
ansiosa.
Odino le
scoccò un'occhiata, forse risentita forse divertita. Non
avrebbe saputo dirlo. “Solo quelle da te pronunciate nella
tua condanna... morte in vita e vita in morte”
Quella che
chiedeva Thanos, però era solo Morte. Morte pura e semplice,
l'annichilimento totale. Di Thanos sarebbe rimasto solo uno spirito
etereo senza corpo. Un processo irreversibile.
Normalmente
irreversibile. Perché, ovviamente, le eccezioni esistono
sempre, anche in casi limite come quello. Certi umani, umani mutati o
mutanti, infatti, erano particolarmente sagaci e scaltri nel trovare
cavilli per tornare in possesso del proprio corpo. Al momento,
però, Hela non era in grado di confezionare nessun
stratagemma per un uomo che, in fondo, l'aveva servita bene e che non
disprezzava più di tanto. Non al punto di condurlo alla
Morte dolce di cui reclamava il diritto. La Morte di un Eterno non era
poca cosa.
Ed egli era, di
certo, il miglior servitore che avesse trovato nell'Universo. A pari
suo c'era solo quello sfortunato terrestre un po' folle e dotato di
estrema -anche se altalenante- longevità. Ma Wade,
d'altronde, desiderava solo l'idea di lei, non la conosceva affatto,
mentre Thanos addirittura la stimava.
Tutto dipendeva
da lei, ora. A testa alta, l'uomo fiero come un condottiero e crudele
come pochi, attendeva senza paura alcuna il verdetto. Il suo verdetto.
“Scusate...”
si intromise anche Plutone “Ma tutto questo casino
è venuto fuori perché Hela non ha saputo gestire
degnamente il suo corteggiatore. Non sarebbe giusto che pagasse anche
lei uno scotto?”
Un coro unanime
d'assenso ruggì potente, questa volta, tra le fila degli
dei, frustrati e umiliati, stanchi e manipolati per una disputa
così futile. Fu subito chiaro a chi avrebbero prestato
ascolto. Odino tuonò con lo scettro per terra e la platea
inferocita tacque all'istante. Solo lo scorrere uniforme e ininterrotto
dei fiumi cosmici al di là del Bifröst distrutto
accompagnava i loro respiri.
“Il
verdetto è dunque unanime...” disse il Padre degli
dei come se si stesse consultando telepaticamente con i capogruppi dei
diversi olimpi. Ora Zuras, ora Amaterasu, tutti chinarono il capo a
conferma. Anche se, per un attimo, ad Hela sembrò una
decisione già concordata in precedenza. Possibile che, sul
loro castello dalle pareti contorte, gli dei fossero riusciti a
costruire un nuovo e assurdo livello di macchinazioni?
“Thanos, il Consiglio degli Dei ti condanna alla
schiavitù nelle nebbie di Niflhrimr e sarà
responsabilità della sovrana di Helheimr assicurarsi che tu
non costituisca più un pericolo per l'equilibrio dei nove
regni e dell'Universo stesso e impiegarti come meglio
riterrà. Vita in morte.”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
“Meno
male, non ne potevo più!” sbuffò
Jessica osservando i robot ridotti a vuote armature raccapriccianti.
“Io
cominciavo a scaldarmi...” ridacchiò Logan mentre
dava il cinque a Rogue, che la pensava esattamente come lui
“Incorreggibile...”
lo zittì Mystica
“Non
per fare il guastafeste...” esordì l'Uomo Ragno
avendo notato un sinistro lampeggiare tra le macchine.
“Lo sei sempre!
Ma è per questo che mi piaci tanto, amore mio!”
lo rimbeccò Deadpool
- Si stanno
riattivando!- commentò lo spettrale Visione studiando i suoi
simili con occhio clinico.
“Cosa?
Sono ancora vivi?” domandò isterica Jessica
“Ecco!
Grazie per avermi tolto la curiosità...” replicava
Peter nel frattempo con tono disperato
“Esseri
robotici, tecnicamente, non possono essere vivi... anche se nella
comunità scientifica c'è un gran dibattito su
ciò che discrimina una vita o una non vita...” si
accavallò anche Tony, per rimbeccare l'agente S.H.I.E.L.D.
“Oh,
per favore, piantala!” sbottò Peter
“Come diavolo li fermiamo? Questo era solo quel colpo
d'assestamento di cui stavo parlando! Pensa a una soluzione,
genio!”
“Non
usare quel tono strafottente con me, ragazzino!”
ribatté Iron Man.
- Mi correggo:
non si stanno riattivando...- si sbilanciò il sintezoide,
inserendosi nel battibecco -Si è innescato il sistema ultimo
difensivo: Alkema!-
“Ah,
certo! Ora sono molto più sollevato...”
commentò Kurt.
“Contatta
tuo marito!” rinsavì Stark, rivolgendosi alla
signora Pym
“Non
posso, è una zona coperta!” replicò
Janet che, senza perdere tempo, si avviò all'uscita per
cercare di comunicare con Hank.
“Tagliamo
la corda!” suggerì saggiamente Natasha
“Non
puoi fare nulla, elfo?” domandò Logan andando a
strattonarlo per la collottola
“Nein
mein freund, non so assolutamente nulla di come è concepita
questa lattina di Halloween. Avessi almeno uno schema tecnico... Stark
ne può sapere più di me..”
Sotto il tiro di
sguardi incrociati, Tony alzò le mani rassegnato
“E' roba di Pym, io non ne so nulla... anch'io avrei bisogno
dello schema tecnico...”
“Potevate
farvelo dare, geni!” li rintuzzò il canadese
“Scusate
l'ignoranza..” domandò Rogue mentre il gruppo
cominciava a defluire e i designati cercavano di trasportare i
prigionieri con garbo “...in cosa consiste questo
Alkema?”
-Una bomba a
neutrini...- rispose Visione, asciutto.
“Una
cosina da niente, insomma...” ringhiò Natasha che
odiava le sorprese. Soprattutto quelle mortali.
“Hai
idea di quanto tempo abbiamo?” domandò Clint
mentre aiutava Bucky, impegnato a scavalcare il muro di mattoni
crollato trattenendo tra le braccia quell'eccentrico di Hood.
- Non molto,
credo. Sarà stato tarato in modo che non possiamo
raggiungere la superficie in tempi brevi... siamo molto sotto il
livello stradale e non c'è modo di scappare a un'onda di
neutrini...-
“Geniale...
qualunque cosa siano i neutrini!” ringhiò Steve
“Kurt, non puoi teleportarci fuori? Ora conosci la
strada...” domandò quando il gruppo era ormai
compatto e tutto in marcia accelerata lungo i corridoi
“Nein.
Posso trasportare solo due persone alla volta e devo fare dei salti
intermedi: non ce la faccio ad arrivare con un balzo unico in
superficie”
“Siamo
nella merda!” ringhiò Stark “Dio,
pensavo di aver scampato una morte orribile! E non sarebbe nemmeno la
prima volta...”
“Ho
un'idea!” sbottò Deadpool
“Non
ora, Wade!” lo zittì Rogue
“Ma
se Petey li legasse un attimo, i robot, tanto per essere sicuri che non
si mettano a inseguirci tipo zombie?”
“Ci ho
già pensato, testa vuota!” replicò
l'interessato.
“Che
intelligente che sei...”
commentò ammirato “E
allora perché non usiamo Stark come carretto, ci saliamo
sopra tutti quanti e Quickie ci spinge tutti fuori a
velocità luce?”
“Piantala
o ti affetto!” ringhiò anche Logan
“Era
un'idea carina!” si lagnò
quello
“Come fa ad aver voglia di scherzare, e di parlare, in questo
frangente?” domandò Sharon a Steve che fece
spallucce
“Per
te, bella, potrei avere voglia di fare tante altre cose, anche in
questo momento...anzi... forse sarebbe pure più eccitante.
Pensaci, io e te, la fine del mondo, un tramonto di sangue...”
“Boccaccia
mia!” imprecò l'Agente 13
“Oh,
accidenti!” urlò Peter
“E ora
che c'è!” sbottò Tony, i nervi a fior
di pelle. Mancavano ancora tre piani. Non ce l'avrebbero mai fatta.
“Il mio
senso di ragno pizzica tremendamente. Ho come idea che non ci rimanga
molto tempo.” Non ebbe il tempo di finire la frase che una
potente deflagrazione scosse i muri dell'edificio.
“FUORI!”
urlò Sharon a squarcia gola mentre il rombo di pareti che
collassavano si faceva sempre più violento.
Correvano a
perdifiato ma, più delle pareti che crollavano, consumate da
loro stesse, temevano l'ondata di neutrini. Piccoli e invisibili,
avrebbero distrutto tutto senza che loro potessero avere tempo di
rendersene conto. Era una corsa disperata e inutile. Tutti ne erano
coscienti. Ma non c'era altro da fare se non tentare.
Infine, un lampo
bianco investì il campo visivo, le pareti divorate, i rumori
attutiti. La fine era giunta silenziosa ma non inaspettata. Almeno, non
negli ultimi minuti. Nessuno, però, si sarebbe aspettato di
fare quella fine quando si era svegliato quella mattina.
E morire in casa
del nemico era forse la cosa più fastidiosa che potesse
capitare.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Scusate il
ritardo ma qua sto avendo un sacco di problemi e mille altri impegni
che mi distolgono dai miei doveri (tra cui, tipo, anche continuare a
scrivere...non ho davvero più molti capitoli di scorta).
Chiedo miseramente il vostro perdono.
Dunque. Finito il
capitolo di Hela e Asgard e spiegati tutti i retroscena, ho sistemato
anche le vicende in base all'Universo 616.
Per quel che
riguarda Ultron, avete notato che ho citato, così a caso,
Alkema come programmazione nascosta? In realtà, dopo Jocasta
ispirata a Wasp -non potevo inserire anche lei-, Alkema era ispirata a
Barbara Morse -che io ho fatto morire preventivamente- ex moglie di
Clint Barton.
E
dunque...liberati gli ostaggi...come si salverà il nostro
nutrito gruppo da una bomba ai neutrini (che manco so bene come
funziona)?
Dovrete aspettare
una settimana ;)
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Le fiamme dell'inferno ***
22. Le
fiamme dell'inferno
“Sono
morto! Sono morto! Sono morto!”
La nenia di Wade Wilson era un misto di esultanza e disperazione che
difficilmente si sarebbero accostate bene assieme nello stesso
frangente. Ma, per un uomo che non poteva morire e che non desiderava
altro che metter fine alle proprie sofferenze, la paura atavica del
trapasso e l'accoglienza delle sue preghiere si fondevano in un unico,
contraddittorio, desiderio.
“Dici che dobbiamo svegliarlo?” domandò
T'Challa a Pym con un ghignò cattivo sul bel volto d'ebano.
Ma l'attenzione di Pym era tutta rivolta alla moglie che si stava
rimettendo in piedi tenendosi la testa tra le mani. “Te
l'avevo detto che era rischioso! Che noi siamo scienziati, non
supereroi!” prese a rimproverarla. Vedendola,
però, stanca e affaticata, le parole gli morirono in gola e
la strinse a sé, irritato con se stesso, per averla messa in
pericolo non prendendone il posto, e con lei, per essersi ficcata in
una situazione pelosa.
Il gruppo di Vendicatori, materializzatisi alla Stark Tower, sembrava
alquanto confuso ma, sostanzialmente, incolume.
“Non so se lo voglio fare un altro giro su questa
giostra...” commentò Tony levandosi l'elmetto.
“Si può sapere cos'è
successo?” sbraitò Sharon Carter. Evidentemente,
il suo ruolo come agente S.H.I.E.L.D. non l'aveva vaccinata a
sufficienza contro le stranezze. Forse, realizzò Tony, fino
a quel momento era stata una semplice passacarte che ora Fury aveva
spedito sul fronte con un bel calcione su quel didietro -troppo
perfetto per un soldato- abituato agli agi delle poltrone di pelle
imbottita e non al fango della trincea.
“Chi è stato, soprattutto...?”
sputò con livore Jessica, i lunghi capelli neri scarmigliati
la rendevano attraente nonostante l'aria stanchissima.
Per tutta risposta il gruppo di mutanti scoppiò in una
fragorosa risata collettiva. L'unico che non si unì ai
festeggiamenti fu l'angelo dalla pelle cianotica che guardava i
compagni con aria stralunata.
“Oddio... un'altra teleporta... stavamo scarsi...”
biascicò Rogue con le lacrime agli occhi
“Dobbiamo chiamare Piotr!” saltò su
Nightcrawler bamfando da una parte all'altra della stanza, euforico.
Chi avesse guardato con attenzione, avrebbe notato come la giovane
Illyana si ergesse al centro del gruppo degli appassionati di
esoterismo con una mezza armatura calata addosso e una spada luminosa
stretta in pugno. Lo sguardo della giovane Rasputin era,
però, freddo e duro come nessuno l'aveva mai visto: il
grazioso fiocco di neve della campagna russa appena sbocciato nella sua
adolescenza aveva lasciato il posto a una donna precoce e crudele,
almeno all'apparenza.
“Non c'è nulla di cui gioire...”
replicò la ragazza facendo scomparire l'armamento in uno
sciabordio luminoso.
“Non solo ci hai salvati tutti ma... wow! Hai dei poteri
tutti tuoi!” saltellò il piccolo demonio blu
esagitato. Il desiderio di abbracciarla era palese come la sua
istintiva paura nel farlo.
“Non è un bel potere. Non faresti a cambio con
me!” replicò la ragazzina dandogli le spalle e
riavvicinandosi a Wanda.
Kurt sbuffò divertito “Certo, per non
traumatizzarti! Non è stato un bel vivere con l'aspetto di
un demonio, all'inizio. Tante torce accese e tanti forconi pronti a
infilzarmi sul falò come uno spiedino... un vero inferno,
insomma...”
Ma l'occhiataccia che la piccola Illyana gli riservò fece
ghiacciare il sangue nelle vene dei mutanti prima ancora che lei si
spiegasse “Allora non faresti davvero a cambio col mio, che
mi ha relegata all'inferno, quello vero, per un periodo di otto anni
condensati in poco meno di una settimana...”
spiegò rannicchiandosi accanto a Wanda, l'unica che non
sembrava spaventata da quei discorsi luciferini e che sembrava capirla
“Non mi crederesti nemmeno se ti dicessi che ora sono la
regina del limbo e che la mia seconda mutazione, perché come
molti di noi ne ho una seconda, mi trasformo in un mostro mezzo
caprino...”
Un silenzio pesante calò su tutti i presenti che, nel dubbio
si trattasse della verità e non del frutto della mente di
una ragazzina particolarmente creativa quanto disturbata, preferirono
evitare ogni discorso: al momento qualunque cosa sembrava rientrare in
un campo minato che era preferibile evitare. L'unica presenza che si
aggirava tra i presenti con fare disinvolto era il maggiordomo robotico
che distribuiva coperte e bevande calde a tutti.
“E dunque, come ci siamo arrivati qui?”
domandò Clint Barton, l'unico abbastanza coraggioso -o
avventato- da azzardarsi a porre la domanda cruciale.
“Illyana …” spiegò Wolverine
con fare bonario “... ha creato un disco abbastanza grande da
comprenderci tutti... hai presente Star Trek? Ecco, una piattaforma
abbastanza grande da includerci tutti e che ci smaterializzati e
ricomposti qui allo stesso modo in cui uno scanner cattura un'immagine.
Come sapesse dove andare, però, non lo so. Né
credo di volerlo sapere...”
“Non ci vuole un genio...” ringhiò
ancora la biondina folgorando Stark con un'occhiata. Era l'ultima
arrivata in tutti i sensi ma metteva più paura dei veterani.
“E adesso cosa facciamo?” domandò Kurt
“Abbiamo recuperato i nostri amici...”
“Sappiamo che Norman li voleva per evocare Loki... ma
qualcosa mi fa pensare ci sia sotto qualcosa di più
grande...” commentò T'Challa mentre stingeva in un
tenero abbraccio la fidanzata.
“Abbiamo un altro problema, prima, temo...” Pietro,
comparso ad accoccolarsi accanto alla sorella che, però, non
lo badava per niente, intenta com'era a studiare i suoi salvatori.
Quicksilver, già vestito di pigiama pulito e coi capelli
umidi di una doccia appena fatta, stava chiudendo il suo cellulare e
stava guardando in cagnesco quel piccolo dispositivo elettronico.
“Zia Misty... puoi provare tu?”
“Che succede?” domandò la mutaforma
ruotando gli occhi al cielo.
“Papà non risponde...” disse solo, con
fare grave.
“Ah!” sbottò Logan
“Paparino... fa un certo effetto sentire il vecchio chiamato
con tanto affetto...”
“Come padre non è un
granché...” gli stava rispondendo la mutaforma
“E detto da te...” commentò Rogue acida
“...ma è un ruolo biologico molto più
naturale di quel che si pensa... che molta gente non direbbe adatto
nemmeno a te...” terminò Mystica, rispondendo a
Logan e ignorando la figliastra, mentre componeva il numero sul suo
telefono “E' stato giovane e in preda alle passioni anche
lui, anche se pare incredibile...”
“Doveva essere anche un bell'uomo...”
commentò Rogue facendo mente locale.
“Dio, Rogue! Ti butti sui vecchi ora?”
scherzò Kurt bamfando al suo fianco “Remy
è già finito nel dimenticatoio?”
“Dico solo che si vede!” protestò
“Il carisma non l'ha perso. Quindi, posso solo immaginare
come abbia fatto a conquistare la loro madre...”
sbuffò la mutante con un cenno della testa.
“Ti prego!” strillò Pietro tappandosi le
orecchie “Ancora con questi discorsi cretini! Che schifo!
Piantala! Dio, è mio padre!”
“Ma smettila!” replicò Mystica chiudendo
il telefono e squadrandolo preoccupata “Effettivamente non
risponde...”
“Grazie della fiducia...” replicò Pietro
“Cos'è? Pensavi che se non rispondeva a suo figlio
avrebbe risposto alla sua amante?”
Mystica gli rifilò un'occhiata di fuoco ma tacque, impegnata
a capire come aggirare il problema.
“Tu e la lattina?” ghignò allora il
canadese “Dio... quante cose mi son perso?”
“Al posto di dire cazzate anche tu, prova a chiamare il tuo
mentore!” replicò la mutaforma
“Perché dovrei chiamare casa?”
replicò lui divertito. Nel dubbio agguantò il
telefono di lei e compose il numero a memoria. “Niente:
segreteria...”
“E' normale?” domandò la donna
“No che non lo è...” si intromise
Tempesta, abbandonando il caldo e sicuro rifugio delle braccia del Re
del Wakanda. “Ero lì fino a due giorni
fa...” commentò guardando prima Logan e poi Kurt.
Sembrava si parlassero con gli occhi. Non servirono altre parole
perché, dopo qualche istante di silenzio, i tre giunsero
alla stessa conclusione “Dobbiamo tornare a
Westchester...”
“Stark, ce l'hai un aereo da prestarci?”
domandò Logan con fare spiccio.
“Che succede?” domandò quello
riemergendo dai fumi dell'alcol in cui si era rifugiato nel mentre.
Nessuno stava più badando i mutanti da quando si erano messi
a bisticciare tra loro e tutti erano crollati dalla stanchezza.
“Temiamo sia successo qualcosa alla scuola...” si
fece avanti Rogue. Una donna: serviva una donna a convincerlo.
“Dovrei saperne qualcosa...” disse Sharon
intromettendosi. “Coulson era andato alla scuola proprio per
fare da collegamento con me... Datemi un momento...” fu il
turno dell'agente dello S.H.I.E.L.D. estrarre il telefono e comporre un
numero. Attese qualche minuto finché dall'altra parte una
voce di donna non rispose imprecando. Erano le due di notte.
“Valerie? Scusa l'ora ma ho un'urgenza... Sì, lo
so che è sempre così ma davvero... Oh, avanti!
Quando è stata l'ultima volta che ti ho buttato
giù dal letto per un problema
mutante?”
“Problema mutante? Da quando siamo un problema?” si
indispettì Kurt.
Ma Sharon gli fece cenno di tacere “Sì... va' alla
scuola e dimmi se è tutto a posto... i mutanti che ho qui
non riescono a contattare nessuno dei loro capi... o meglio, nessuno
nell'edificio. E dicono sia strano... sì, ecco, grazie!
Grazie Valerie... sì. Ok, fa con calma...d'accordo...
Sì... Come?” Sharon tacque, ascoltando la domanda
che l'altra donna le stava ponendo “Sì, grazie...
sì sì... mi affido a te... ok, a dopo.
Ciao”
“Dunque?” domandò Kurt ansioso
“Valerie è la nostra responsabile governativa, la
responsabile del gruppo di analisti cosiddetto X-factor. Ovunque ci
siano problemi legati ai mutanti, lei c'è. In particolare,
studiano le abitudini, gli elementi e gli schemi di una varie
situazioni. E' una delle maggiori esperte di mutanti... anche se non in
settori medico-culturali-antropologici. Se ne intende di statistiche e
sociologia. Ora si veste e va a vedere anche se ha farfugliato di
qualcosa occorso recentemente che non hanno avuto modo di analizzare a
dovere: domattina i documenti saranno pronti: avete tutto il tempo di
mettervi comodi mentre io vedo di risolvere un altro
casino...” disse buttando l'occhio fuori dalla finestra. In
molti seguirono il suo esempio e ciò che videro li
lasciò sgomenti. O elettrizzati, i più
borderline. Il palazzo di Norman Osborne era divorato dalle fiamme.
L'esplosione si era fatta largo fino al livello stradale dove il fuoco
divampava violento, sollevando scure, quanto invisibili nella notte,
volute di denso fumo nero.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Mentre Sharon si riattaccava al telefono, Pepper affiancava Tony e gli
altri nell'assistenza ai prigionieri. Il più strano di
tutti, Hood, aveva chiesto di essere lasciato andare. In quanto
malavitoso non voleva essere coinvolto negli affari di due uomini
così potenti e avversari tra loro. Recuperato un minimo di
forze, ringraziò e cercò di darsela alla
chetichella. Solo quando le porte dell'ascensore si furono chiuse sulla
sala lussuosa si permise di prendere un respiro di sollievo.
“Deve far proprio male...” commentò una
voce dal soffitto. Parker Robbins saltò sul posto per lo
spavento. “Non temere!” aggiunse Spider-Man calando
dall'alto “Non voglio farti nulla... avremo modo di
incontrarci per le strade di New York. O forse no... dipende da come ti
comporti, caro Gene Simmons... A parte gli scherzi...” si
affrettò ad aggiungere, notando come il pallore e il terrore
del delinquente stessero raggiungendo livelli critici
“...Volevo solo darti un consiglio da amico...”
disse tirando fuori il portafogli e, da quello, un biglietto da visita
“Vai qui a farti ricucire. O estrarre i bossoli se non
l'hanno già fatto i macellai di Osborne...”
“Io non sto...” stava cominciando quello che Peter
lo interruppe piroettando a terra dal suo filo..
“Oppure...beh, tienilo buono per il futuro... Sono gentile
con te solo perché siamo omonimi....”
spiegò rimettendosi in piedi, fraintendendo lo sguardo
allucinato dell'altro “Questo è il numero
dell'Infermiera di Notte... vai... esercita proprio per quelli come
noi. E non pensare cose strane: è solo un'infermiera! Le
cosacce le fa solo col Dottore quando fanno i loro giochini... ah ah
ah... L'hai capita... divertente... poi si scopre che sta davvero con
un dottore1... Sai, questo alone di mistero che
l'avvolge e quella mise un po' succinta... Dio... e sono un uomo
sposato... Tu sei sposato?” Ed Parker annuì
appena, tenendo il cartoncino stretto tra le dita e tentando di
svicolare dalle porte ormai aperte sull'ampia, quanto vuota, hall di
vetro “Vedi? Siamo l'uno la copia dell'altro...forse in
barricate diverse... però, insomma, vacci! Ok? E'
brava!” aggiunse con un grido supplementare mentre Hood si
allontanava a gambe levate. “Simpatico...” sorrise
tra sé.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Quando Peter rientrò, trovò il dottor Strange che
sbraitava, bianco in volto, parole pressoché incomprensibili
a una Sharon Carter dall'aria annoiata o allarmata. Non era chiaro.
Quello che era sicuro era il fuoco che continuava a divampare dal
grattacielo davanti a loro e che, a causa della pareidolia, sembrava
recasse al suo interno un gigantesco volto demoniaco.
“E' Dormammu, ti dico!” urlò ancora,
isterico il dottore. “E' opera di Hood! Dove si è
cacciato quel cretino che combina questi casini?”
A quel punto, seccata seppur stremata, la giovane Illyana si
alzò in piedi e sbottò “Ci penso io...
vecchio!”
In un batter di ciglia era sparita e altrettanto rapidamente il fuoco
al di là del vetro era sparito lasciando tutti a fissarsi
stupefatti e sbalorditi. Solo Daimon Hellstorm non sembrava
impressionato più di tanto. L'amica della mutante e sorella
di Pietro, Scarlett, invece, sembrava essersi rabbuiata alla scomparsa
della bionda.
“Sarà il caso di proteggere questo
posto...” mugugnò Jericho Drumm affiancando l'uomo
che fino a pochi secondi prima starnazzava incontrollato
“Avanti Stephen...dammi una mano...son troppo stanco per
farcela da solo...” disse tirando il collega per un braccio.
“Mi hai dato del vecchio?”
domandò stordito lo stregone, lasciando che l'haitiano lo
trascinasse in centro alla sala.
“Eh sì!” sbottò giulivo Stark
per un goccetto di troppo, riemergendo, sporco di grasso, da dietro la
sua armatura per la quale, sbronzo com'era, aveva appena trovato una
qualche miglioria da apportare immediatamente e che non poteva
aspettare il giorno dopo “I capelli bianchi donano solo a
George Clooney! Bevici su!” disse, mostrandogli la bottiglia
quasi vuota, invitandolo a unirsi a lui.
E così come era scomparsa, Illyana Rasputin tornò
in un bagno di luce. Mentre il portale scompariva ai suoi piedi, si
accasciò al suolo, esausta.
Il giovane esorcista, dal petto scarificato con il pentacolo
rovesciato, si fece trovare nelle vicinanze e la sorresse quando le
cedettero le gambe. “Sei stata in gamba...”
mormorò reggendola per le spalle. La giovane mutante era
così debole che non si oppose e, addirittura,
lasciò che lui la prendesse in braccio. Daimon fece per
rivolgersi a Stark ma, trovandolo totalmente inaffidabile, si rivolse
all'agente 13 per sapere dove poteva far stendere la ragazza. Sharon lo
guidò tra i corridoi come se il palazzo fosse casa sua.
Quando l'ebbero spogliata sommariamente e le ebbero rimboccato le
coperte leggere, l'agente della squadra paranormale annunciò
alla donna che l'indomani mattina sarebbe tornato a Las Vegas dalla
sorella “Per quanto siano tesi i nostri rapporti, penso che
ne sappia qualcosa...e se non dovesse saperlo, ritengo di doverla
informare...” si era giustificato e la bionda non aveva
aggiunto altro. Non sapeva nemmeno se lei stessa dovesse informarne
Fury poiché poteva benissimo essere che l'uomo davanti a lei
avesse già riferito.
“Avresti anche una moglie da avvisare...” fece,
allora, Sharon, sovrappensiero, senza alcuna intenzione di creare
polemiche o spiegare a chicchessia come comportarsi.
“Oddio!” imprecò quello
“Quella stupida donna invadente... Tu non dire nulla a Patsy,
ok? Sennò mi perseguiterà coi suoi conigli
rosa...”
Sharon evitò di indagare sugli strani animali da compagnia
degli Helstorm-Walker e, accompagnato Hellstorm in un'altra stanza
perché riposasse, tornò nella sala dove i
Vendicatori erano tutti riuniti come bambini in campeggio che tirano
tardi a dispetto degli adulti controllori. Al di là del
vetro, la torre di Osborne si confondeva nella notte, nera di fuliggine
e distruzione “Tutti a letto! Non c'è
più niente da vedere!” disse con un tono di voce
abbastanza alto da farsi udire da tutti ma non tale da costringerla ad
urlare “Domani ci aspetta un'altra giornata interessante,
avanti!” li incoraggiò sentendosi più
una mamma che una collega per tutti loro.
Ora capiva cosa intendeva dire Coulson: loro, gli agenti regolari come
loro, erano tagliati fuori da quel genere di beata stupidità
che contagiava anche agenti esperti ma particolari come potevano
esserlo gli agenti Drew, Barnes, Barton, Romanoff. All'inizio, forse,
quei quattro erano riusciti a resistere a quel carisma magnetico ma,
alla fine, ne erano stati risucchiati in brevissimo tempo.
Tirò un sorriso dispiaciuto: d'altronde loro erano tutti
superumani.
Le persone normali, per quanto venissero coinvolte da
personalità eccentriche, erano escluse dal club da un muro
invisibile quanto involontario. E non erano i poteri in sé a
delineare quel muro quanto l'incoscienza e le soluzioni a dir poco
creative che li caratterizzavano.
Quella doveva anche essere, con ogni probabilità, la
spiegazione al cameratismo mutante.
Non era nulla di nuovo sul fronte psicologico: persone che vivevano
insieme eventi traumatici seppur brevi, proprio per la loro
intensità ne erano legati come se lo fossero stati dalla
nascita. E non esistevano racconti affascinanti di zie e nonne che
potessero tenere il passo: per quanto leggerne o sentirne parlare
attivasse i neuroni specchio, la scarica adrenalinica che
caratterizzava l'evento vissuto di persona non poteva essere replicato.
Sfortunatamente per i comuni mortali come lei.
1 Infatti è l'amante del
Dottor Strange.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Eccomi eccomi eccomi
Scusatemi per l'assenza improvvisa ma è stata una settimana
intensa e assurda. La prima parte di settimana son stata
così impegnata da non avere il tempo nemmeno per andare in
bagno. Quando si era ormai fatto mercoledì -e volevo
aggiornare- ecco che mi ammalo. Son stata a letto con una stupida
febbriciattola che mi impediva di capire che cavolo stessi leggendo,
figurarsi correggere e postare.
Venerdì sera ero guarita ma son stata risucchiata di nuovo
in eventi familiari che mi han vista libera solo sabato sera. A quel
punto... =_= aggiornavo oggi.
Vi chiedo immensamente scusa... e vi ringrazio per la pazienza.
Dunque. Son tutti salvi, Illyana si è dimostrata una mutante
coi controfiocchi... che succede a Westchester? :D dai dai...ci stiamo
avviando al finale... provate a immaginare :3
E per ogni rigerimento all'accoppiata (che aborro) Rogue+Magneto non
c'è nulla di casuale: era una strizzata d'occhio
all'universo 616. Ma tale resterà, sia chiaro!
Alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** X-Factor ***
23.
X-Factor
Il mattino dopo,
di buon'ora e dopo una sostanziosa colazione, gli ospiti alla Stark
Tower si erano divisi nuovamente in due squadre. Una, composta dagli
agenti S.H.I.E.L.D. sopraggiunti il giorno prima, impegnata
nell'assistenza delle vittime di Osborne; l'altra diretta a Westchester
che riaccompagnava a casa il nutrito gruppo di mutanti, preoccupati per
lo strano silenzio radar da parte dei leader dei due movimenti
contrapposti come di tutti loro studenti e accoliti.
“Ripetimi
perché state venendo anche tutti quanti voi, in pompa
magna”
Piagnucolò Wade, legato come un salame sul fondo del
QuinJet, quasi fosse l'unico autorizzato a essere incluso nel gruppo
mutante.
“E
diglielo, Nat...” gli fece eco l'agente Barton che non ne
poteva più delle insistenze del mercenario.
“Va
bene, Wade...” ghignò la rossa sporgendosi sadica
verso il canadese chiacchierone “Veniamo tutti
perché non abbiamo assolutamente di meglio da fare. Ti va
bene come risposta?”
“A
parte gli scherzi...” cominciò Logan squadrando il
piangente Wade tra il divertito e l'irritato “...non c'era
bisogno...”
“Io
dico di sì...” intervenne Steve Rogers, avanzando
tranquillo nel corridoio dell'aereo senza servirsi delle apposite
maniglie per mantenere l'equilibrio. “La cosa è
sospetta...”
“Disse
lo stratega...” commentò Iron Man prima di
rituffarsi nel suo sacchetto di carta.
“E tu
perché non voli all'esterno, visto che stai tanto male a
viaggiare chiuso in una scatola come questa?”
domandò petulante Pietro, come sempre facilmente irritabile.
“Non
volevo perdermi i pettegolezzi...” replicò
sarcastico il magnate prima di lanciare un'occhiataccia al fondo del
velivolo dove la sua armatura giaceva immota in autoriparazione,
accoppiata a una Visione apparentemente ibernata che ne controllava i
sistemi operativi. Chi l'avrebbe mai detto che i ruoli si sarebbero
invertiti a quel modo?
“Come
dicevo...” continuò Rogers, folgorando Tony con lo
sguardo, il quale gli rispose con un sorrisino innocente “E'
sospetto che non risponda proprio nessuno... E la dottoressa Cooper non
ha ancora dato sue notizie...”
-Preparatevi
all'atterraggio- comunicò Kurt, dall'altra parte del
velivolo tramite l'interfono.
“La
scuola c'è ancora?” domandò Rogue al
fratello, urlando dal fondo della carlinga.
“E tu
perché non sei fuori in ricognizione? Così lo
sapresti e non assorderesti tutti coi tuoi modi da grezza contadina del
sud...” replicò ancora Pietro.
Rogue
tirò un gran respiro prima di rivolgersi al figlio di
Magneto “Non so se meriti risposta... e non credo tuo padre
ti abbia educato così...”
“Infatti...”
rispose ancora lui, polemico “Se n'è ben lavato le
mani, il grand'uomo...”
“Pietro!”
lo riprese Mystica assumendo l'aspetto dell'uomo in questione
“Basta così!”
Pur sapendo di
aver a che fare con la mutaforma, Pietro calò immediatamente
le penne.
Nel silenzio del
ventre dell'aereo, cullati solo dal rombo dei motori, la suoneria di un
cellulare squillò prepotente e inopportuna.
“E'
mio, scusate, scusate...” disse Tony, riemergendo dal suo
sacchetto. “Vivavoce, grazie.” disse sfilandoselo
appena dalla tasca dei pantaloni.
-Tony, dove
diavolo sei?- sibilò la voce di Pepper, chiaramente alterata.
“Ehm....
sono a prendere una boccata d'aria...”
- Con l'armatura?
Proprio quella distrutta?-
“Senti,
Peps...”
- No, non voglio
sentire le tue scuse...- lo zittì lei -Tanto sarebbero
patetiche bugie... Piuttosto, voglio che tu mi spieghi che
cos'è quest'odore di bruciato che impregna ogni stanza
dell'attico. Che cavolo hai combinato, 'sta volta? Il laboratorio
è più in basso...-
“Ehm...
Pep... come? Non ti sento...” disse mordendosi le labbra
“Non c'è..... ampo. La ...inea è
dis...bata. De... anda... Ciao.”
“Patetico”
commentò Natasha quando Tony ebbe riagganciato
“Avevi
idee migliori?” replicò lui folgorandola con lo
sguardo e tornando a nascondere il viso nel suo amato sacchetto.
“Non
trovo corretto mentire così alla propria compagna”
“Ha
parlato la regina della trasparenza” replicò
quello, la voce ovattata. Natasha gli scoccò un'occhiata
glaciale ma non replicò.
Un silenzio teso
e nervoso calò nuovamente nella stiva.
Pochi minuti
dopo, il suono tipico del cellulare per i messaggi in entrata
riecheggiò allegro e quantomai fuori luogo.
“Non
sono io!” ringhiò Tony, sentendosi gli sguardi dei
compagni puntati addosso.
Invece, la
maggior parte dei presenti, incuriositi, stavano osservando la sua
vicina che si stava affaccendando sul suo dispositivo portatile con
dita leggere che volavano veloci sul piccolo monitor.
“Tony...”
mugugnò Janet poco dopo, richiamando l'attenzione del
magnate. Quello levò appena lo sguardo dal suo sacchetto e a
lei, che pure non lo guardava, bastò come dimostrazione di
interesse “Hai presente Simon? Quello che solo ieri ci ha
dato uno strappo a casa a L.A.?” Senza aspettare una vera
risposta, la signora Pym continuò per la sua strada
“Beh, mi ha appena scritto che un nostro amico comune, Marc
Spector, quello che non riuscivo a raggiungere al telefono,
è rientrato dai suoi viaggi... sai che lo dava per disperso
e si stava preoccupando?” ancora una volta, Janet non diede
nemmeno il tempo a Tony di elaborare un qualunque pensiero e
continuò “...Vorrebbe mandarlo in terapia... da
noi... 'che siamo esperti di cose strane. Dice che è
ritornato... eccentrico. Più del
solito. Blatera qualcosa al riguardo di Lune ed Egitto... ti pare abbia
senso?” domandò infine, poggiando il telefono
sulle gambe con fare seccato.
“La
risposta è: Sailor Moon!” cinguettò
Deadpool
“Taci,
una buona volta!” ringhiò Clint, ormai al limite
della sopportazione, tentando di rifilargli un calcio nel costato.
“Egitto
non mi dice nulla...” replicò a stento Iron Man.
“A te,
Clint...?” domandò Janet avendo notato come
l'arciere si fosse irrigidito e fatto nervoso.
Quello
sbuffò e si volse a fissarla “Non c'entra
nulla...”
“Ne sei
sicuro?” domandò ancora la donna, ora
più curiosa.
“Scusate...di
cosa parlate?” domandò Thor dopo aver levato
educatamente la mano.
Janet
lanciò un'occhiata sbieca all'arciere che restò
ostinatamente muto, quindi a Natasha che, anche lei, taceva noncurante.
Quindi appuntò lo sguardo su Wade che rotolava per terra,
isterico ed euforico al contempo. “La moglie di Clint
è morta in Egitto, in una delle basi S.H.I.E.L.D. ancora
diversi anni fa...”
“Janet!”
intimò il biondo. Il ricordo era ancora doloroso, nonostante
non l'amasse più -o non l'avesse mai amata-. Bobbi era morta
in modo stupido. Stupido per un agente abituato a tutto. Per qualche
strano motivo ci si aspetta che agenti ed eroi andassero per forza in
contro a morti eroiche ed onorevoli. Ma Bobbi era stata colpita alle
spalle da agenti HYDRA infiltrati nella base egiziana sotterranea,
nascosta tra le dune del deserto e invisibile anche ai radar. Era da
quel momento che lo S.H.I.E.L.D. aveva abbandonato definitivamente le
basi terrestri, preferendo singoli velivoli grandi come
città volanti ma inespugnabili in quanto, seppur in piena
vista ed isolate, come roccaforti medievali, dominavano l'orizzonte e
ogni attaccante sarebbe stato prontamente neutralizzato.
L'attacco era
stato portato in un momento di calma relativa, quando i migliori agenti
erano impegnati altrove, a Parigi, nel tentativo di impedire ad HYDRA,
in possesso delle avanzate tecnologie della MARS Industries, di radere
al suolo mezza Europa. Teatro dello scontro principale,
nonché epicentro della tentata annichilazione europea prima
e globale poi, Parigi e il suo simbolo, la Torre Eiffel. Era in
quell'occasione che Natasha e Wade avevano collaborato l'ultima volta:
impedire la letterale corrosione del simbolo della Francia ad opera di
nanomacchine divoratrici di sostanze ferrose.
Il QuinJet
atterrò delicatamente e distolse gli interessati dai loro
pensieri e dai loro cupi ricordi. Uno dopo l'altro, Vendicatori e X-men
scesero alla spicciolata e si allargarono a ventaglio sotto il muso del
velivolo.
“Beh?”
domandò Logan, risentito
“Beh,
cosa, nanerottolo?” replicò Pietro
“Chiamami
ancora così, Speedy
Gonzales,
e, quant'è vero Dio, ti faccio ingoiare tutti i
denti...” ringhiò quello di rimando
“Devi
prima riuscire a prendermi...” replicò quello
“Fatela
finita tutti e due...” tuonò stanco il Dottor
Strange che non era voluto tornare al suo attico a Greenwich Village in
nome dell'amicizia con Xavier. “Dicevi, Logan?”
“Nessun
missile, nessuna bomba... nessuna imboscata... è
strano!” commentò Ororo, anticipando l'artigliato.
“Scusa...
ma che razza di scuola lancerebbe razzi?” domandò
stordito e inorridito Cap.
La mutante
stirò un sorriso mesto ma orgoglioso al contempo
“Beh, sai, siamo abituati a essere temuti
e odiati.
Ci proteggiamo, semplicemente. Soprattutto da attacchi aerei.”
“Anche
le scuole del Wakanda hanno simili sistemi difensivi...”
minimizzò anche T'Challa, contribuendo, però, a
dipingere un quadro di stranezze moderne che il capitano faticava a
metabolizzare.
Rogers avrebbe
voluto replicare ancora ma il rombo di un motore lontano lo trattene.
Si era abituato a tutto, ormai. Ma che una scuola per gente diversa dovesse adottare quel
genere di misure cautelative gli sembrava decisamente eccessivo.
Il rombo di
un'auto sportiva crebbe con il profilarsi all'orizzonte del mezzo
governativo, nero e scintillante: uno strano contrasto tra la
rumorosità delle prestazioni e l'anonimato della carenatura.
Il gruppo di
Vendicatori non si mosse da sotto il QuinJet. Era una posizione che
dava loro un'istintiva sensazione di sicurezza: in caso d'attacco,
prima sarebbe stato colpito l'aereo.
L'auto dai
finestrini scuri inchiodò davanti alla punta del jet, quasi
volesse sfidare il mostro d'acciaio con il suo rostro corazzato.
Dal mezzo ne
discese una donna, altrettanto anonima, vestita di anonimi abiti neri,
il cui volto era celato da anonimi e banali occhiali da sole dalla
foggia tutt'altro che innovativa. Una serpentina ritorta, incapsulata
in una guaina di gomma, faceva capolino all'altezza della basetta
sinistra per poi scomparire all'interno del padiglione auricolare.
“Valerie
Cooper, Dipartimento Affari Mutanti” si annunciò
con professionalità stringendo l'anonima ventiquattrore nera
in pugno a cui era legata da un paio di manette, come se da quella
cartella dipendessero le sorti mondiali. Data la sua serietà
-e gli uomini, armati fino ai denti, che erano scesi dall'auto a
proteggerla- sicuramente lei riteneva fosse davvero così.
“Il nostro gruppo di analisti, X-factor, come l'agente Carter
vi avrà già informato, ha il compito di
monitorare le attività mutanti sospette, stilare profili e
delineare possibili scenari futuri: in pratica, antiterrorismo. Nulla
di più e nulla di meno di quello che fanno altri enti in
modo molto più capillare e quotidiano. Chiarito questo
dettaglio, così che non corriate subito a protestare dai
vostri avvocati per intentarmi causa per razzismo o specismo o
qualunque altra puttanata vi salti in testa, passo a fornirLe i dati
raccolti.” disse fissando Capitan America. “Lei
solo ha l'autorizzazione per consultarli.”
“Come
se poi non li condividesse con tutti noi...”
farfugliò Stark indispettito.
Valerie lo
squadrò con un'occhiata glaciale, tipica delle donne come
lei. La battuta, ammesso che volesse essere tale, non era divertente.
C'erano due tipi
di donne, nella mente di Anthony Stark: quelle che possono essere
conquistate, più o meno agevolmente, per fini più
o meno ludici, gretti e opportunisti e quelle che, invece, belle o
brutte che fossero, erano dotate di un'autostima così forte
o di una sicurezza così salda in loro stesse che nessuna
lusinga le avrebbe mai piegate. C'era da dire che tante, che
apparentemente sembravano appartenere alla seconda categoria, erano
quelle che, invece, si piegavano più facilmente di tutte le
altre, vinte da un complimento mai ricevuto o frainteso, pur se
oggettivamente stupende, brillanti, interessanti e simpatiche. Valerie
apparteneva sicuramente alla seconda categoria. E non perché
fosse fresca di divorzio consensuale che l'aveva lasciata in ottimi
rapporti con l'ex marito, di cui la fede al collo era un chiaro
segnale. Semplicemente, non era il tipo di donna che avrebbe mai preso
sul serio (o anche solo in considerazione) una persona frivola come lui.
La dottoressa
Cooper consegnò la valigetta, da cui non intendeva
separarsi, al capitano Rogers che si spostò sul cofano della
macchina ancora caldo per consultare le carte con una certa agevolezza.
“Ci
farebbero proprio comodo dei giovani come voi...” disse a un
certo punto la donna, spostando lo sguardo tra Rogue e Pietro che si
guardarono perplessi “Nel nostro gruppo, intendo. Qualche
mutante che sappia leggere i comportamenti dei suoi simili...”
“Non
siamo traditori della nostra razza!” sibilò Pietro.
Valerie
assottigliò lo sguardo, divertita “No, certo. Ma
avete contatti, seppur indiretti quando non proprio privilegiati, con
le persone più potenti se non pericolose di questo mondo.
Nathaniel Essex, Eric Lensherr... Charles Xavier... solo per citarne
alcuni.” scandì appuntando lo sguardo su ciascuno
di loro. “E tutti possono diventare un problema per i loro
simili... figurarsi le figure che emergono nel panorama attuale. Lo
sapevate che esistono dei protocolli, scritti in lingua Shi'ar, che
descrivono nel dettaglio la strategia da adottare per annientare i
poteri di qualunque mutante sia noto al professor X? Ma, la domanda
più ficcante è: chi controlla il controllore?
Esiste una strategia per fermare anche l'ideatore dei protocolli X,
Charles Xavier?”
“Senti
bella, son stato a sentirti anche troppo... Chuck non farebbe mai una
cosa del genere!” tagliò corto Logan, infastidito.
“Non mi
sorprende che tu sia stato tenuto all'oscuro di tutto dato che sei
quello di cui si fida di meno...” replicò la
bionda zittendolo e tornando a concentrarsi sui più giovani.
“Allora? Che ne dite? Avreste un vostro ruolo sociale,
coordinereste altri come voi... Per non parlare delle agevolazioni di
cui godreste...”
“Io...
io devo pensarci...” bofonchiò Pietro, le cui
parole scatenarono le ire della sorella
“Tradiresti
tutti noi?” tuonò Wanda, i capelli neri
improvvisamente elettrici.
“Proteggerei
tutti noi...” replicò quello nel tentativo di
calmarla “Pensaci... potrei tenere d'occhio questi burocrati
senza che nemmeno se ne accorgano. E papà sarebbe finalmente
fiero di me...”
“Io ci
sto...” disse Mystica infilandosi nel discorso.
“Non
farci ridere Raven...” replicò Logan
“Sei l'ultima persona di cui il governo potrebbe fidarsi. E
non sei giovane...”
“Effettivamente
il tuo passato ti precede ma saresti davvero un'ottima
talpa.” concordò Valerie.
“Ma per
favore! Allora io sono uno dei più potenti eroi della
Terra...” replicò ancora Logan
“Onestamente...
sì. Sei praticamente immortale e, Magneto a parte, nessuno
può fermarti... credo che saresti stato utile contro l'orda
di alieni spaziali che si è abbattuta su New York qualche
tempo fa”
“Ma
sentite che stronzate!”
“A
questo punto è ovvio che Rogue sarebbe una
raccomandata!” scherzò Pietro, già
immaginandosi in una scintillante uniforme austera e intimidatoria
“Con mammina superspia e papino brutale vendicatore, non
poteva venire fuori nulla di meglio...”
“Tappati
quella bocca” replicò la Bella del Sud.
“Altrimenti
cosa?” la sfidò ancora Pietro, impertinente.
“Però
devi dargliene atto, zucchina...” concordò Logan
che se la stava rideva di gusto “Sei brutale quanto me... e
puoi ottenere le stesse informazioni di Raven. Se non anche di
più. Io ci farei un pensierino...”
“Già,
così cambio aria, conosco nuova gente... e magari mi tolgo
anche un certo Cajun dalla testa, vero? Hai dimenticato un dettaglio:
non posso!” sbottò nevrastenica la mutante
indicandosi gli occhi completamente neri con la mano da cui guizzava
incontrollato il potere cinetico del ladro.
Logan e Mystica
non si lasciarono impressionare e, con un'alzata di spalle, risposero
in sincrono “L'hai detto tu...”
“Io
dico solo che devi pensare prima di tutto a te stessa...”
commentò Logan “Se cambiare aria ti facesse stare
semplicemente un po' meglio, allora fallo!”
“Se
abbiamo finito con le riunioni familiari...” tossì
Valerie, per richiamare l'attenzione di tutti, avendo notato come Cap
fosse alla fine dei suoi documenti. Si frugò nella tasca
interna della giacca e ne estrasse dei sobri biglietti da visita
governativi e li porse ai mutanti. “Nel caso cambiaste
idea...” aggiunse mentre Roger si rimetteva in piedi e
riconsegnava gli incartamenti alla legittima proprietaria e custode. Il
capitano salutò cordialmente con una salda stretta di mano
la dottoressa, ringraziandola della gentile condivisione.
Stark, dal suo
cantuccetto, ancora una volta, faceva loro il verso, scatenando ilari
reazioni tra gli agenti S.H.I.E.L.D. più sfaticati e genuini
del gruppo, rimasti con lui nelle retrovie, e domandandosi dove potesse
essere nascosta la gentilezza in quella dannata sanguisuga governativa
che tutta si credeva.
Valerie e i suoi
uomini risalirono in macchina e, con una violenta accelerata,
così come erano arrivati, altrettanto rapidamente, se ne
andarono.
Quando la nube
sollevata dal passaggio dell'auto si fu depositata nuovamente al suolo,
Cap si rivolse a tutti con aria solenne. In quelle carte aveva trovato
qualcosa di terrificante che necessitava dell'attenzione di tutti e di
menti diversamente abili.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Raga, poco da
dire sto giro.
Sto soffrendo
quanto basta per l'estrazione di un dente del giudizio e non ce la
faccio a connettere. Soprattutto sono di nuovo con la connessione 56k
in quanto, col fratello, non si sa come, abbiamo esaurito il traffico a
disposizione...vabbé capita.
Solo una cosa su
Barbara-Bobbi-Mimo- Morse. Non mi è mai piaciuta. Mai. E mai
ho capito cosa ci trovasse Clint in una zitella simile. Cmq. A parte
questo, voglio ricordarvi che tutta la storia della morte di Barbara (e
della storia Egitto/Parigi/MARS industries) l'avevo presa
volontariamente come crossover con il primo film dei G.I. Joe.
Riguardatevi i primissimi capitoli e capirete.
Tutto qui
Ci sentiamo
decentemente quanto prima. ;)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** I codici Xavier ***
24.
I codici Xavier
Steve stava
ancora osservando, ipnotizzato, la scia di polvere sollevata dall'auto
di Valerie Cooper quando Stark, sbottò, inquieto e
impaziente. “Si può sapere cosa diamine c'era
scritto su quei fogli, Mister For
your eyes only?”
Roger si
riscosse, come risvegliandosi da un sogno
“Scusate...” disse a giustificazione, passandosi la
mano tra i corti capelli biondi. Quando avvertì su di
sé lo sguardo penetrante e carico di interesse ed
aspettativa della giovane mutante che rispondeva al nome di Wanda, il
nervosismo e l'imbarazzo crebbero all'istante “Dunque...
sembrerebbe che due giorni fa... o meglio.. trentasei ore fa,
più o meno nelle stesse ore in cui anche noi, al Triskelion,
eravamo sotto attacco da parte di...” si interruppe,
ricordandosi di come Rogue fosse inconsapevolmente colpevole di troppe
cose. Si schiarì la voce, a disagio, e continuò
“Il rapporto parla di un'operazione repentina e
chirurgica.”
“Che
diavolo vuol dire?” grugnì Logan già
all'erta.
Cap si volse a
fissarlo dritto negli occhi e, quando parlò, le sue parole
suonarono lapidarie come una condanna a morte “Non
c'è rimasto nessuno...”
“Sono
tutti morti?” Rogue, la voce più acuta di
un'ottava per l'angoscia, sbiancò all'idea.
“No...
cioè... non sanno dirlo. Nella scuola non c'è
nessuno. Come se, all'improvviso fosse stata fatta evacuare. Dai
rilevamenti, però, non risulta nulla di tutto
ciò. Sembrerebbe siano stati tutti narcotizzati
contemporaneamente ed estratti ad uno ad uno senza spostare
nulla.”
“O
teleportati” commentò qualcuno dal mucchio
“O
teleportati...” concordò Steve “Non ci
sono segni di lotta, di effrazione, di tentata fuga... nulla. E, sempre
secondo i rapporti, non manca nulla nell'inventario: non sono scappati
portando con sé solo il minimo indispensabile. Per il gruppo
di analisti di X-factor, il tutto rimane un mistero”
“Ma di
chi stiamo parlando? Alieni? Oddio... anche voi vi siete fatti un giro
in disco di recente e ancora nessuno non mi ha spiegato
nulla...” domando l'agente Barton, accusando implicitamente
Natasha di avergli taciuto notizie essenziali. “ E ormai non
dovrei più sorprendermi di sentir parlare di alieni... E
dove li avrebbero portati, poi? Voglio dire...se non ricordo male
stiamo parlando di almeno un centinaio di ragazzi”
domandò allibito.
“Duecentosessantuno,
per la precisione” lo corresse Logan “Sono docente
e li conosco tutti...”
“E cosa
può mai insegnare uno come te? Tecniche di
sopravvivenza?” Lo canzonò, spavaldo, Pietro.
“Come
dissi già anni fa ai genitori del tuo amico Drake, dei
W.A.S.P. fino al midollo e altrettanto scettici... Arte” lo
rintuzzò con un sorriso tirato, sfoderando gli artigli con
noncuranza, lasciando sottintendere a quale arte si riferisse.
D'altronde, quella della guerra e del combattimento, in diverse parti
del mondo era considerata una vera e propria arte. E lui seguiva
strettamente i precetti del Bushido.
“Per
rispondere alle tue domande, Clint...” continuò
Cap “... queste sono alcune delle domande a cui non sanno
rispondere.”
“Insomma,
non sanno un accidenti” commentò seccato Kurt,
incrociando le braccia al petto e frustando l'aria con la coda
lanceolata.
“Possiamo
entrare a casa nostra e dare un'occhiata? Magari cogliamo cose che quei
burocrati guardoni non hanno notato...” domandò
Wolverine.
“Veramente
sarebbe tutto transennato...” replicò Cap
lasciando intendere quanto desiderasse dargli il via libera.
“Nessuno
parla di infrangere i sigilli...” commentò Mystica
con un ghigno, supportando il collega “Abbiamo ben due
teleporta...”
-Tecnicamente i
sigilli sono messi per evitare che la gente entri in un dato ambiente e
lo contamini...- replicò la Visione che, da lontano, aveva
immagazzinato tutti i dati dei documenti consultati da Rogers e cercava
di analizzarli sotto un'ottica più analitica.
“Spegni
quella lattina...” replicò Rogue, rivolta al
fratello che sghignazzò in risposta ma non si mosse.
“Facciamo
così...” propose Natasha “Lasciamo che
siano i mutanti a tornare a casa... e a contaminare le prove... noi li
aspettiamo qui...”
“Bel
modo per lavarsene le mani, principessa!” replicò
Logan
“E' un
modo intelligente per pararci il culo tutti quanti, zietto”
rispose altera la rossa. “Se siete stati voi... noi non ce ne
siamo accorti... Non possiamo testimoniare né per voi
né contro di voi... e poi è casa vostra: le
vostre impronte saranno già ovunque in ogni caso.”
“Mi sta
bene!” replicò quello agguantando Rogue per il
braccio e trascinandosela dietro “Avremo bisogno dei tuoi
poteri...” l'avvertì mentre chiamava a raccolta
gli altri. “Ororo, tu no. Tu e Warren dovrete fare una
ricognizione aerea, valutare qualunque cosa fuori posto si possa notare
solo dall'alto. Chi è stato qui non è certo
stupido e di sicuro non ha lasciato tracce evidenti per i federali...
che, in una visione più estesa, magari raccontano tutt'altra
storia.” Non appena i due gruppi furono ben distinti,
lanciò un'occhiata alla piccola Illyana “Te la
senti di portarci tutti dentro?”
La bionda lo
osservò con sguardo vacuo per alcuni istanti, quindi
annuì. Subito una spada lucente le comparve in pugno e, dopo
aver mormorato qualche frase incomprensibile ai più, un
luminoso disco lucente comparve ai piedi del gruppo mutante. Quel disco
di luce si alzò rapidamente verso l'alto, cancellando al suo
passaggio ogni traccia dei suoi occupanti.
“Non
era meglio una smaterializzazione alla Star Trek? Dio, sembra siano
stati cancellati dalla faccia della Terra, come la gomma su
Photoshop...” mugugnò Janet esterrefatta
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Quando i mutanti
si rimaterializzarono all'interno della villa, un silenzio soffocante
avvolgeva l'ambiente. Ogni stanza, solitamente invasa dalla
vitalità esuberante di ragazzi in pieno sviluppo, rimbombava
tetra dei loro passi mentre si aggiravano guardinghi in cerca di
qualunque prova o traccia avessero potuto trovare.
“Ha
qualcosa di inquietante...” commentò Kurt, quello
più avvezzo alle ombre dell'animo umano. Al suo fianco, la
sorellastra annuì sovra pensiero.
“Tu non
senti nulla?” domandò, quasi ringhiando, Pietro,
nervoso e impaziente.
Logan scosse la
testa “Avrò bisogno di una mano...”
disse tendendo la mano nuda verso la giovane mutante dalla ciocca
argentina e gli occhi come tizzoni ardenti che lo seguiva dappresso.
Rogue, al gesto del canadese, si ritrasse immediatamente nonostante ci
fosse un metro buono a separarli. “Avanti, Rogue... So che
non è piacevole avermi in testa... ma possiamo dividerci e
semplificarci il lavoro...”
“Io
direi che potrebbe fare anche tutto lei...”
replicò Mystica, mani ai fianchi.
“Scansafatiche!”
la rimproverò l'artigliato beccandosi in risposta
un'occhiata di sufficienza.
Con estrema
grazia, Raven agguantò Pietro per il colletto della camicia
e, senza soffocarlo con lo stesso, lo costrinse a voltarsi verso la
figliastra, come non fosse altro che un gattino preso per la
collottola. “Si chiama ottimizzazione delle risorse...
perché fare da solo se lei può fare tutto in
dieci secondi?”
“Ehi!”
cominciò a scalciare il giovane albino nel tentativo di
liberarsi “Che c'entro io?”
“Non
farci perdere tempo inutile!” lo rintuzzò la donna.
“Ho
capito cosa stai pensando! Ma non ci penso proprio a farmi toccare da
quella!” strepitò isterico a una
velocità appena udibile.
“Quanto
sei infantile...” replicò Mystica roteando gli
occhi. In tutto quel trambusto notò che anche Wanda, la
sorella taciturna del velocista, sembrava infastidita dal casino che
quello produceva ogni volta che apriva bocca. “Wanda... ti
dispiace?” le domandò con fare complice e un
sorriso incoraggiante.
Sentendosi tirata
in causa, la strega gitana sbarrò gli occhi e nascose le
mani dietro la schiena “Meglio di no...”
biascicò “Succedono cose strane
quando...”
“Oh,
suvvia... non credo che tuo fratello si sottrarrebbe mai al suo ruolo
di cavia, visto quanto tiene a te... e quanto rompe a noi ogni volta
che si parla di te... facci un favore...vuoi?”
Wanda
sembrò meditare sulla richiesta mentre Pietro imprecava
rivolto alle tre donne che cospiravano contro di lui, povero santo, e
che dovevano avere seri problemi col genere maschile in generale per
essere così acide e sadiche. Ma quando se ne uscì
recriminando sul fatto che la strana coppia madre-figlia era composta
da pervertite che si concedevano con facilità mentre la sua
adorata sorella sarebbe rimasta al riparo da viscidi lupi libidinosi se
non altro perché aveva ricevuto ben altra educazione, Wanda
sibilò un “Cuciti la bocca!” inviperita
e paonazza.
“Se non
ti spiace, Anna, io ne approfitterei...” commentò
Mystica, divertita mentre Pietro realizzava, sconcertato, di avere
improvvisamente le labbra incollate e letteralmente cucite tra loro.
Rogue
sbuffò ma si tolse un guanto e appoggiò appena il
palmo sulla guancia del giovane, ricevendone immediatamente tutta la
carica adrenalinica e la sensazione che il mondo girasse al
rallentatore. Il contatto fu più fugace del solito ma
altrettanto potente. Il potere di del fulmine d'argento aveva
velocizzato anche il suo potere primario: se il contatto si fosse
prolungato secondo i tempi a lei noti, probabilmente l'avrebbe ucciso.
“Coraggio,
cocca... almeno mi conosci... non posso essere tanto peggio di
Pietro...” ridacchiò il canadese, porgendole
ancora la mano che lei sfiorò appena con la punta delle
dita. “Tutto qui?” domandò perplesso
lui, osservando la brevità del contatto.
Lei
annuì e sorrise. “Ci mettiamo al
lavoro?”
“Dammi
un po' di vantaggio...” replicò lui
“Ti do
cinque minuti... fatteli bastare...” rispose con un ghigno
mentre sfilava veloce tra le stanze che erano la loro casa.
“E noi
stiamo solo qui ad aspettare?” domandò Kurt,
sedendosi a gambe incrociate per terra.
“Puoi
metterti anche tu a cercare qualcosa di utile... visto che è
il tuo pane: computer, macchine...?” replicò
Mystica
“Mmm...sì...
meglio che dia un'occhiata... Illyana, vieni con me?”
domandò rivolto alla biondina inquietante che
annuì e, sfoderata nuovamente la sua spada, scomparve in un
disco lucente. “Mi ha preceduto...”
imprecò, attonito, bamfando via in una nuvola di zolfo nera.
Nel lungo
corridoio, i mutanti originari della Confraternita erano rimasti soli.
Soli a casa degli avversari. Quale preziosa occasione si profilava
all'orizzonte.
“Direi
che ora puoi pure liberarlo...” disse la mutaforma a quel
punto, essendosi divertita a sufficienza a vedere Pietro angosciato e
disperato che cercava di liberarsi dal suo magico bavaglio. Wanda
l'osservò accigliata, quindi lo liberò con un
emplice gesto della mano.
Pietro
continuò a grattarsi la bocca rabbiosamente per qualche
secondo prima di rendersi conto di essere tornato normale.
“MA
SIETE PAZZE?!” urlò non appena si accorse di
essere tornato normale. “Ti rendi conto che potevo morire
soffocato??”
“Volesse
il cielo...” replicò Mystica, già
pentitasi del contrordine. Ma anche Wanda si era ricreduta e, con un
leggero movimento del polso, imbavagliò stretto il fratello,
lasciandolo cadere su un fianco, incaprettato da una corda misteriosa e
impossibilitato dal liberarsi tanto facilmente.
“Mi
piaci, ragazzina...” commentò la mutaforma
“E ora facciamoci un po' i fatti degli X-men,
vuoi?” domandò allontanandosi in direzione
diametralmente opposta a quella presa dal suo compagno di Arma X e
dalla figliastra.
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Stranamente, i
computer non rispondevano ad alcun comando da lui conosciuto. E dire
che era uno dei pochi capaci di lavorare sul sistema di raccolta e
classificazione dati chiamato Cerebro. Kurt inclinò la testa
di lato, meditabondo. Nessuna password sembrava funzionare e anche il
riavvio manuale forzato aveva dato esito negativo. Sembrava quasi che
la memoria del super computer fosse stata cancellata. O meglio,
formattata più volte per impedire un qualunque ripristino.
Quindi erano ciechi, sordi e muti: nessun filmato di sorveglianza
perimetrale, nessun dato ambientale... niente di niente. Nemmeno se gli
sciacquoni erano ancora in funzione.
“Non
oso pensare cosa voglia dire entrare nella stanza del pericolo in
queste condizioni. Nel migliori dei casi è sigillata o non
operativa. Nel peggiore, inarrestabile. Vabbè che
né Anna né Logan avrebbero problemi...
però...”
“Se
provassimo a entrare in ambiente DOS cambierebbe qualcosa?”
suggerì la bionda al suo fianco che aveva assistito in
silenzio a tutte le operazioni dell'elfo blu.
“Com'è
che una fraulein
come te conosce una cosa preistorica come DOS?”
domandò Kurt, sorpreso.
“In
Russia, i fortunati che possiedono un pc... i fortunati della classe
borghese, si intende... non i ricchi ricchi... sono tali se possiedono
un pc con una vecchia versione Chicago.
Whistler
è ancora troppo recente e quelle intermedie facevano schifo.
I contadini come i miei genitori non sanno nemmeno cosa sia un pc. Ma a
scuola riusciamo a venire in contatto con modelli scartati dal ricco
occidente. E impariamo a programmare...”
“E a
fare le spie...” scherzò Kurt “O i
terroristi... vedi Ivan Vanko”
“Con
quello che guadagna qui il più povero di un vostro
insegnante, da noi quasi potrebbe comprarsi una dacia tutta
sua...” continuò la ragazzina “...Quando
cresci con un'idea, non è facile togliersela di testa. E
anche se appartieni a una generazione libera, i tuoi nonni sono
cresciuti con il Comunismo più spietato, hanno trasmesso
questo sentimento ai tuoi genitori... e tu ne vedi la conferma quando
varchi i confini e ti trovi davanti a eserciti di donne sfruttate che
fanno lavori che gli occidentali snobbano. Ma Piotr mi ha spiegato che
è una percezione deformata e mi ha insegnato a leggere le
differenze. Mi piacerebbe che anche voi capiste che, sì,
può essere che facciamo le spie... per voi è
qualcosa di negativo ma la vostra intelligence ficcanasa negli affari
di tutto il mondo... allo stesso modo e con la stessa retorica noi lo
facciamo per il nostro paese.”
“Ti
ricordo che io sono tedesco...” sorrise Kurt “E
anche la Germania ha le sue gatte da pelare quanto a passato.”
“Lo
so...” disse Illyana “L'abbiamo studiato. La
rivolta degli studenti quando hanno scoperto che genitori e nonni erano
stati, se non nazisti, aperti collaborazionisti di un crimine poi
condannato da tutti... l'ipocrisia umana a volte mi fa
vomitare...”
“Non
credi di essere troppo dura?” domandò l'elfo
riprendendo a smanettare sui tasti, in un lampo di intuizione, il volto
tirato dalla preoccupazione e dall'urgenza.
“Parafrasando
un film che piace tanto a mio fratello... Ho visto cose che voi umani...
Un momento... che cos'è quella cosa?”
domandò indicando lo schermo.
“Bella
domanda... vorrei saperlo anch'io” bofonchiò il
teleporta osservando preoccupato il monitor su cui campeggiava lo stato
della memoria di tutti gli hardware della scuola.
“Soprattutto...com'è possibile?”
“Il
sistema centrale non era protetto?” replicò
Illyana, ora curiosa come una normale ragazzina della sua età
“Da un
codice crittografico Shi'ar, sì. Quello che più
mi preoccupa è che siano spariti alcuni dati specifici...
Nessuno può decifrarli ed erano ben nascosti nelle memorie,
in modo che, anche in caso di immediata evacuazione, potessero rimanere
confinati al sicuro. La procedura standard, per sviare l'attenzione
dalle memorie, prevedeva l'attivazione di un'apparente pulizia totale
dei dischi. In caso contrario i file erano sigillati e impossibili da
trovare a meno di non conoscerne l'esatta ubicazione. E solo io e
Charles sappiamo dove siano.”
“Erano
così importanti?” domandò ancora la
bionda, ansiosa dopo il mutismo tombale in cui si era calato il demone.
Kurt, facendo
perno sui gomiti, poggiò i sei polpastrelli tra loro davanti
al volto, pensieroso. “Decisamente. Si trattava dei Codici Xavier.
Ovvero, le chiavi universali per netralizzare qualunque mutante Chuck
abbia mai incontrato... Quelli di cui parlava Valerie. Forse per lei
questi codici sono solo qualcosa di mitologico e chimerico... ma
c'è solo da pregare che, chiunque li abbia presi, non riesca
a decifrarli...” alitò angosciato.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Torno
a citare Ivan -MioPappagallo
e DroniMelio-
Vanko dopo un'infinità di tempo. Mi mancava...
Ah, ricordo che per non fare pubblicità ho usato i nomi in
codice (controllate su Wikipedia) di Windows 95 e XP, rispettivamente
Chicago e Whistler, già trovati sempre nella prima parte di
questa saga (capitolo 25, si parlava di Budapest)
A
parte questo, cominciate a capire dove stiamo andando a parare?
No? Peggio per
voi XD
Scherzo.
Non ho molto da
aggiungere: sono capitoli intermedi, preparatori al gran finale. Dovete
solo pazientare un pochino.. :)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Battibecchi ***
25.
Battibecchi
I Vendicatori si erano messi comodi per affrontare l'attesa che li
aspettava mentre i mutanti scomparivano nel loro personale sopralluogo,
a caccia di indizi che solo loro avrebbero potuto rilevare.
Dapprima osservarono incuriositi le direttive che la dea dei venti
impartiva al giovane angioletto malaticcio, quindi ne osservarono per
un pezzo le evoluzioni aeree, i più affascinati, curiosi e
perplessi. Per molti di loro quello era un'ottima occasione per cercare
di trovare nuovi spunti per le proprie invenzioni o soluzioni ottimali
a problemi riscontrati in precedenza. Come tutti gli ingegneri e
designer in generale sanno bene, la natura è la
più prolifica delle muse. E cos'erano i mutanti se non
meraviglie della natura le cui peculiarità loro -scienziati
e militari- cercavano di riprodurre con le più moderne
tecnologie?
Accampati alla meglio sulla rampa d'accesso al Quinjet, i restanti
agenti S.H.I.E.L.D. bivaccavano sbracati e annoiati, Tony finiva di
registrare la sua armatura coadiuvato dalla Visione, Janet schizzava,
sul suo blocco per appunti, nuovi vestiti più simili a
costumi teatrali -la maggior parte apparivano importabili anche per il
palco- ispirati dai due mutanti aviari. Rogers ne approfittava,
spulciando via internet sul tablet di Tony, per depennare dalla sua
lista personale le cose che avrebbe dovuto approfondire per completare
la sua cultura generale.
“Ma
insomma...” sbottò a un certo punto
Wade, tra un burrito e una fajita, la maglia, tirata su fin quasi allo
sterno, da cui sbocciava una pancia tonda e ripugnante “Voi due state
assieme o no? Che con tutti gli scambi di coppia che ci sono nel
Marvelverse uno si perde. Anche se poi, a ben vedere, tutto torna
sempre su binari storici prestabiliti...”
“Devo ammettere che questa è davvero un'ottima
domanda!” si accodò giuliva Janet, mollando i suoi
disegni e ruotando il busto di centottanta gradi
“Dunque???” domandò sbattendo
ostentatamente le lunghe ciglia.
“Jan...” la folgorò Clint con un
ringhio. La distanza tra lui e Natasha non era niente di inusuale: non
stavano appiccicati come adolescenti in calore né come
perfetti estranei. Erano colleghi e basta. Come sempre. E nessuno aveva
indagato oltre sulle vicende del mattino precedente.
“In effetti sono curioso anch'io.”
rincarò Tony, mollando l'armatura e avviandosi
giù per la rampa, la figura interamente sporcata di grasso
meccanico qua e là, la parte superiore del toni da lavoro
blu legata in vita e una canotta a coste leggermente deformata al
centro del petto, dove un tempo era alloggiato il generatore Ark. Ma
all'occhiataccia gelida di Natasha rispose con un'alzata di spalle
“Ok, ok, regina delle nevi: se non vuoi dirmelo...
STEVE!!!”
“Cosa?” domandò Cap, annoiato e
sovrappensiero, immerso nella lettura.
Lo sguardo della spia si fece, se possibile, ancor più
minaccioso. Tony sogghignò sardonico e continuò
in un modo che lei non poteva prevedere “Carina l'agente 13,
Sharon Carter, nonché mia cugina, eh?”
“Uh?” domandò il Capitano come
svegliatosi da uno stato letargico che solo il nome della bionda aveva
potuto infrangere. Abbassò le mani che reggevano il
dispositivo elettronico e sollevò lo sguardo verso il
collega “Sì, carina. E seria. Donne come lei non
fanno per te” disse con troppa enfasi “E nemmeno si
direbbe che avete qualcosa in comune. Tanto meno che quel qualcuno
fosse Peggy. Dev'essere tutta colpa di Harold, ne sono certo”
sorrise al ricordo dell'amico.
“Oh...” sghignazzò il magnate
“Svicoli? Chissene frega che è mia cugina, so
riconoscere una bella donna... Ma, sbaglio o siamo sulla difensiva...
per caso? No, perché io non sto mica insinuando
nulla...”
Steve stava per ribattere a tono quando un'idea improvvisa
sembrò bloccarlo. Levò gli occhi al cielo, quasi
a leggere un suggerimento, quindi tornò a fissare il suo
interlocutore con un sorriso furbo “Non vedo
perché dovrei... Mi pare che Sharon sappia metterti al tuo
posto bendata e con un braccio legato dietro la schiena!”
Sorrise ulteriormente, vittorioso, e si rituffò nella
lettura.
Indispettito, Stark non era affatto pronto a vedersi liquidare a quel
modo e in così breve tempo “Sì,
decisamente devi avere qualche complesso se ti piacciono quelle
così, un po' rigide e frigide... come Sharon, Peggy
…” Cominciò a enumerare ma alla
successiva si interruppe e, notata la reazione del Capitano, si
affrettò a riportare il discorso sui binari da cui si era
appositamente allontanato “Ma ti ringrazio... hai risposto
alla mia domanda...”
Basito, Steve non sapeva chi guardare né riusciva a capire
cosa avesse combinato.
“Non capisco il senso di questa manfrina...”
confessò Janet, guardandolo scettica.
“Certo... sei abituata al cervello di tuo marito, cosa puoi
capire dei piani che navigano in una delle menti più
brillanti del pianeta?” domandò retorico Tony
“Il punto è che la qui presente Natasha ha fatto
un gran casino per accalappiarsi il qui presente Steve. Cose che la
suddetta spia per poco non si metteva a lanciare i piatti del mio servizio buono
contro il qui presente Clint e viceversa. Tu non c'eri ma si respirava
tanta tensione...” disse con fare teatrale mentre Natasha
cominciava a innervosirsi. Clint, al suo fianco, ascoltava quasi
ammirato la teatralità con cui il magnate descriveva il
tutto. “...sessuale, sopra e nonostante tutto.”
“Continuo a non capire..” ammise la donna
“E' semplice. Tutto sto casino e poi uno dei due si dimostra
così poco interessato all'altro?”
domandò indicando Steve con entrambe le braccia, esasperato,
come se la cosa fosse lampante anche agli occhi dei più
ottusi “La cosa non quadra... e quindi ho ragione
io!”
“Ovvero?” domandò Natasha cogliendo una
falla nel suo ragionamento, sfidandolo a riempirlo con un azzardato
volo pindarico.
“Cioè che...” cominciò lui
spavaldo per poi terminare con un borbottio, essendosi reso conto che
gli mancavano più di metà dei dettagli per capire
quale fosse la vera natura della relazione tra i due mastri assassini:
magari avevano solo fatto pace, magari si erano beccati solo per una
questione di fiducia reciproca... Eppure, ne era certo, c'era qualcosa
sotto, sennò perché darsi tanta pena a escogitare
sotterfugi con la complicità di Capitan Serietà?
Ora aveva un nuovo obiettivo nella vita: smascherare e rendere la vita
impossibile alla superspia. C'era riuscito con Nick Fury, cosa avrebbe
mai potuto il suo braccio destro dai capelli rosso fuoco?
L'improvviso arrivo del gruppo mutante al completo lo trasse d'impiccio.
“Scoperto qualcosa di utile?”domandò
subito T'Challa piroettando a terra, rimasto per tutto il tempo di
vedetta sul tetto del jet, perfettamente mimetizzato. Più
probabilmente, si era perso nel contemplare la sua amata.
“Emma Frost, l'algida e provocante regina bianca del Club
Infernale, se non indossa completi da professionista,
adora le mutande della nonna... e pare sbavi di notte, dormendo in pose
assurde e per niente sexy.” commentò Mystica,
serissima, osservando una polaroid rubata chissà dove.
“Non interessa a nessuno!” replicò
Pietro, inviperito per lo scherzo che gli aveva giocato la sorella.
“A me
sì. E ti dirò che ora ha guadagnato qualche punto
sulla scala della sensualità. Anche se non
batterà mai la mia amata Bea Arthur...”
“Chi?” domandò il velocista quasi
schifato.
“Una vecchia cariatide di cui si son perse le tracce... e di
cui è più che naturale e sano che un marmocchio
come te non abbia memoria” commentò Mystica
assumendo le forme della donna: una signora di una certa
età, il volto segnato dalle rughe di espressione di una vita
di emozioni non cancellate dal botulino, capelli bianchi candidi dalla
piega perfetta e portamento elegante.
“Non
offendere Bea!” strepitò Wade,
offeso. Poi, giunto istantaneamente a più miti consigli,
modulò il tono di voce in una richiesta adorante “Puoi mantenere
ancora un po' il suo aspetto? Please! ♥”
“No!” fu la lapidaria risposta della mutaforma che
riprese immediatamente il proprio aspetto, lasciando il mercenario a
disperarsi.
E mentre i due discutevano, gli altri mutanti avevano riferito delle
tracce, seppur impercettibili, che avevano individuato.
“Dall'alto non abbiamo notato nulla. Se fossero atterrati
degli aerei nel bosco ci sarebbe stato un pertugio, per quanto piccolo,
lasciato dal loro atterraggio o decollo. Ammesso che fosse
verticale..” stava illustrando Ororo, per prima, spiegando
quale fosse la situazione all'esterno “Ma non sono atterrati
nemmeno nei dintorni della scuola. Nessuna traccia, bruciatura,
alone... niente di niente.”
“In casa c'era un odore penetrante di deserto. Lo senti nella
secchezza dell'aria...” annuì Logan quando la
donna ebbe finito, a segnalare che aveva recepito le sue osservazioni,
e prendendo la parola in risposta.
“E non dimenticare il profumo pungente di sale e
spezie” interloquì Rogue
Logan grugnì “Non ne hai la conoscenza ma, mentre
quella fragranza di spezie puoi trovarla un po' ovunque per il mondo,
la particolare nota terrosa di cui parlo io è tipica del
deserto del nord Africa. Ororo potrebbe confermarti se avessimo un
telepate a connetterci... E ti dico che è Egitto, e non
Marocco, per via del sotto tono di acqua, limo e pietra. Ci scommetto
il fattore rigenerante.”
“Ad ogni modo, io ho individuato anche un altro odore...
strano... asettico.” Continuò la mutante dai
capelli rossi screziati dalla vistosa ciocca bianca.
“Ricordava i laboratori di Arma X..”
confermò il canadese “Ma era qualcosa di
completamente diverso... dobbiamo andare e verificare. Forse quando
raggiungeremo la meta capiremo...”
“E come sapete dove dovete andare?”
domandò Natasha, scettica
“Sottolineo il come?”
interloquì Stark “Solo tre di voi sanno volare e
solo due sono teleporta... e non su lunghe distanze, credo...”
“Considerato poi che non avete l'X-Jet...”
insistette anche Stephen Strange che, con quell'uscita, aveva
calamitato su di sé l'attenzione del gruppo. “Lo
sanno tutti che gli X-men hanno il loro jet privato. E, se fosse ancora
nell'hangar, Kurt l'avrebbe fatto volare...”
replicò calmissimo.
“Illyana è una teleporta... in qualche modo
faremo!” replicò Logan
“Ma non può offrirvi la protezione e la potenza di
fuoco di un Quinjet!” replicò Cap
“Rubato!”
precisò Wade
“Preso in prestito...” sorrise Stark di rimando
“Dio, Rogers... non sapevo che avessi radici
latine...” bofonchiò Logan alla
generosità del reduce “Siete già al
centro dell'attenzione senza che vi immischiate nel casino
mutante...”
“Perché
rubare un QuinJet non attira attenzione... anche se con la
complicità di agenti interni... Per caso, Jessica era ancora
sotto l'effetto dello scettro di Loki?”
“La puoi smettere una buona volta?”
domandò Stephen Strange, esasperato.
“Concordo con il dottore...” ridacchiò
Thor, rimasto in disparte fino a quel momento “Vorrei capire
cosa stanno dicendo”
“Al posto di dibattere inutilmente sul come raggiungere
l'Egitto -è chiaro che la spunteremo noi- perché
nessuno si domanda come fanno a sapere dove
andare?” insistette Natasha
“E cosa ti fa credere che la spunterai tu, bella? E che ti
riveliamo i nostri trucchi?” domandò Rogue
“Ma sono sempre così litigiosi i tuoi
amici?” domandò T'Challa con un sorriso alla
fidanzata che teneva stretta tra le braccia.
Ororo, per tutta risposta, si liberò dalla stretta, stizzita
e si schierò anche lei, aggiungendo la propria voce al coro
cacofonico di voci esagitate “I miei amici litigiosi? Ma li
vedi i tuoi?”
“Si tratta di ospitalità, Ororo... ma sembra che
tu abbia dimenticato cosa sia”commentò
indispettito il re del Wakanda.
“Dimentichi che sono una superspia?” ghignava
intanto Natasha
“E tu dimentichi che la mia matrigna è
più superspia di te?” replicò Rogue
“E che io posso essere più superspia di tutte e
due messe assieme, se solo volessi?”
“La Madonna che casino che fanno, questi... adulti,
dicono...” commentò Pietro, estraneo alla mischia.
“Anche il Capitano... ha perso tutto il suo contegno..
vergognoso. E dire che sembrava tanto figo quando ha pianificato il
vostro salvataggio... e ora è lì che starnazza
come tutti gli altri. Faccia
di pomodoro, laggiù, è quello che ha
più aplomb di tutti questi nevrotici. Messi assieme e
narcotizzati a valeriana, si intende...”
“Mi hanno stancata...” sibilò Wanda,
stritolando la mano del fratello nel tentativo di calmarsi.
“Sì, concordo. A ben guardare, escluso il robot,
l'unico che si salva è l'arciere che si sta facendo un pacco
di fatti suoi...” Pietro ridacchiò del nervosismo
della sorella.
“Basta....!” ringhiò quindi la giovane
gitana con i nervi a fior di pelle. Non appena ebbe pronunciato quella
parola, tutti si congelarono al proprio posto. Quella baraonda
improvvisamente sedata aveva un ché di inquietante. Che
fosse il suo potere magico o che gli adulti fossero
stupiti di essere riusciti a far alterare una creatura così
scostante, poco importava: il risultato era stato raggiunto.
“Non mi piace il caldo.” esordì dopo
aver attirato l'attenzione dei litiganti “...gradirei sapere
perché dovremmo andare proprio in Egitto...”
“Perché qualcuno ha perso questo...”
spiegò Raven estraendo dalla tasca dei pantaloni chiari una
targhetta metallica tutta graffiata.
Subito Natasha gliela strappò di mano. “HYDRA
...” commentò “Ma... la tecnologia
è S.H.I.E.L.D.” disse con una strana
consapevolezza negli occhi, restituendo il cimelio alla mutaforma.
“E allora?” domandò Tony, pinzandosi
l'attaccatura del naso con fare stanco.
“E allora viene da una base specifica. Ogni base ha un codice
identificativo. Terra, Aria, Acqua, Subacqueo o Sotterraneo. Quindi
c'è l'identificativo regionale. E le basi sotterranee in
Nord Africa si contano su una mano. Se Logan dice di sentirci odore
d'Egitto e non di Tunisia, così è.”
“Avevo detto Marocco...” precisò il
mutante
“Ma l'altra base è in Tunisia. Che dovrei farmene
del Marocco...?” replicò la spia.
“Mi sto perdendo...” ammise Janet
“Io no.” sibilò Clint digrignando i
denti “Quelli di HYDRA sono così micragnosi che
risparmiano anche sulla componentistica... oltre a insediarsi in una
base nemica dopo aver ammazzato tutti gli occupanti, usurpandone il
posto come volgari assassini. O come beceri parassiti virali”.
“In realtà è molto peggio.”
replicò la spia “Come si diceva qualche tempo
fa... il confine tra la nostra agenzia e la sua nemesi è
molto sfumato. HYDRA è lo S.H.I.E.L.D. E in Egitto
c'è sicuramente stato un avvicendamento tra le due. Un po'
plateale, forse...”
“O forse serviva solo a salvare le apparenze...”
imprecò l'arciere pensando al motivo per cui sua moglie era
stata uccisa. Un motivo davvero stupido da un verso. Terribilmente
sensato nell'ottica dei capi dell'operazione. Gli agenti non erano che
numeri e certe transazioni la sola cosa davvero di valore.
“Quindi
Egitto?” domandò Wade per
ricapitolare.
“Egitto...” confermò Logan mentre Ororo
sbarrava gli occhi e rabbrividiva impercettibilmente. Ma non abbastanza
per i suoi sensi ipersviluppati “E poi vedremo dove andare da
lì in poi” Il sollievo che percepì
irrorare le gote della compagna gli fecero strizzare gli occhi. Lui e
la regina dei venti dovevano farsi una chiacchierata.
“Che
figata! Sembra una caccia al tesoro!!”
“Sorella, ti prego... se mai dovessi scegliere un uomo, ti
prego, non qualcuno come Wade. E in assoluto, non Wade!”
“Hai detto bene...” commentò Wanda,
lasciando scivolare lo sguardo sull'arciere, per il quale, dopo
quell'impeto di rabbia più che giustificata, aveva perso
ogni interesse, pur ritenendolo ancora un ottimo esemplare umano. E il
fatto che fosse solo
umano giocava a suo svantaggio a differenza di Cap che, almeno, era un
superumano.
“Eh?” domandò stranito il velocista
“Cosa?”
“Chi ti dice che io non abbia già scelto? E chi ti
dice che sia un uomo?” domandò enigmatica,
lasciandolo solo a riflettere su quanto aveva appena rivelato.
Forse per la prima volta in vita sua, da che i suoi poteri mutanti
l'avevano trasformato in un proiettile d'argento, Pietro
sperimentò la sensazione straniante che tutto andasse al
rallentatore. Ma non come gli succedeva in continuazione. Tutto
scorreva inesorabilmente, senza che lui ne avesse alcun controllo,
lentamente per i propri sensi ma a velocità supersonica per
le sue reazioni. Il cervello non connetteva. O meglio, lo faceva fin
troppo bene e le soluzioni che proponeva non erano minimamente
accettabili, cosa che, in qualche modo, lo mandavano in tilt, bloccando
ogni altra reazione fino alla soluzione successiva.
“Ehi!” lo chiamò Illyana andando a
prenderlo per il braccio “Tutto bene? Andiamo?”
“Non mi toccare! Pervertita!” ringhiò
scartandola immediatamente nemmeno fosse stata lava incandescente.
“Ti ho capito, piccola adoratrice del demonio! Ho capito cosa
hai fatto a mia sorella!” disse con un tono di voce
così alto che gli altri lo sentirono da dentro il jet in cui
avevano già cominciato a infilarsi “Già
avevate fatto amicizia e la cosa mi puzzava... con un'X-men... ma
quando mai! E poi sta cosa di pentacoli e incantesimi...”
“Veramente Wanda è più grande di me ed
ha i suoi poteri mutanti da molto tempo prima che io sviluppassi i
miei. Cioè, all'incirca...un mese fa.”
replicò il piccolo fiocco di neve con la
tranquillità di una donna matura che affronta una formica.
“Puttanate! Tu sei cresciuta a pane e t.A.T.u.! Inutile
nascondersi dietro un dito!” Pietro, ormai decisamente fuori
di sé, blaterava incontrollato senza alcun filo logico
“Siete voi russe che avete lanciato il movimento delle Femen
che se ne vanno in giro a fare le scostumate in topless! Guarda anche
la rossa che è con noi, un'altra svergognata!”
“Ce l'ha con me?” domandò Natasha,
perplessa, affacciandosi con aria interrogativa, più
incuriosita che infastidita dai deliri del ragazzino.
“Veramente il movimento era ucraino...”
precisò Illyana con freddezza. Non c'era nulla di peggio
degli ignoranti che confondevano la nazionalità di una
persona con gli stati confinanti tanto,
più o meno siamo là.
“E tu non sei ucraina? Chernobyl e le radiazioni hanno reso
voi Rasputin tutti strani..”
“Vengo da un klchoz vicino al lago Baikal, in
Siberia...” rispose roteando gli occhi, infastidita da tanta
ignoranza. “Chernobyl...”
“Stessa roba...”
“L'hai finita di dire stupidaggini?” intervenne
serafica Wanda che, come una sorella maggiore, tollerava a stento i
capricci del piccolo di casa.
Indispettito e umiliato, Pietro trattenne la lingua con una smorfia che
gli storpiò i lineamenti. Infine, conscio di non poter
realmente interferire con le decisioni della sorella e non sapendo come
replicare, con le lacrime agli occhi sputò con livore,
additandola “Ricordati che per te farei tutto. E per tutto
intendo letteralmente tutto. Vuoi ardere il mondo? Ti porterei la
benzina. Tutta la benzina che riuscirei a trovare. Vuoi uccidere
papà? Beh...cercherei di aiutarti. Almeno a non finire in
galera. Tutto, Wanda, ricordalo. Ma mi sembra il minimo essere messo a
parte delle tue decisioni... per quanto possa non
condividerle”
“Tu vorresti interferire...” precisò
quella, un sorriso commosso nascosto tra le increspature delle labbra
imbronciate.
“Io... voglio quello che è meglio per
te...” si giustificò l'albino mentre Illyana
raggiungeva il resto del gruppo, scrollando le spalle demoralizzata
“E pensi di sapere cos'è meglio per me non essendo
me?”
“Io sono il tuo gemello, Wanda. Sono l'unico che
può rimandarti un'immagine di te stessa sufficientemente
oggettiva. Non ti loderò mai come i maiali che cercheranno
solo di portarti a letto né ti sminuirò come le
oche invidiose. E sì: ricorda che non si può
ammirare un affresco se ci pianti contro il naso.”
“Ma non puoi notarne le crepe se lo osservi da una distanza
eccessiva...” replicò lei
“Appunto. Io sono a mezza strada. Fidati di me, Wanda, ogni
cosa che dico o faccio, anche se ti sembra arrogante o egoista, la
faccio per te...” piagnucolò. “Sei la
sola sorella che ho...”
“Ne riparleremo...” concluse lei dopo un po',
indecisa se aprirsi o meno. Gli prese la mano e, con dolcezza, lo
condusse fino al Jet, i cui motori ormai rombavano assordanti, pronti
al decollo alla volta del nord Africa.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
E come dice Wade “sembra una caccia al tesoro!”
Non avete idea di dove vi condurrò, muahahahah.
Tornando per un attimo a fare le persone serie, vi avviso che la
prossima settimana e quella dopo ancora NON aggiornerò per
via di Lucca Comics. La prima settimana starò smadonnando
per finire gli ultimi dettagli del costume (chissà chi
farò... si accettano scommesse XD Cercate una Rogue a caso e
mi troverete ;) ) e la seconda mi starò
riprendendo/riorganizzando.
E, beh, scusate il ritardo ma, appunto, lavorando sul costume, ho perso
di vista la data e quindi l'ora... =_= abbiate pazienza...
E... niente... aspetto i vostri commenti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Di re e regine, di ombre e di gemme. ***
26.
Di re e regine, di ombre e di gemme.
“'Ro...?”
chiamò Logan torreggiando sulla regina dei venti,
accoccolata in un angolo del velivolo, stretta nel tenero abbraccio del
fidanzato T'Challa “Tutto bene?”
“Cosa
vuoi che sia viaggiare in aereo per una che soffre di
claustrofobia...” commentò sarcastico il re
Wakandiano rispondendo per la donna. Ororo sciolse dolcemente la presa,
forse infastidita da quel fare troppo protettivo. Diamine! Era una
donna fatta e finita e sapeva mettere a posto i propri amici! Non si
faceva certo scrupoli al riguardo.
“Non
parlavo con te...” lo rimbeccò Wolverine,
sbuffando e senza staccare gli occhi da quelli azzurrini della donna, i
cui lineamenti erano un attraente, quanto bizzarro, miscuglio dei
tratti somatici peculiari delle diverse razze umane: il taglio degli
occhi a mandorla ricordava gli sguardi misteriosi delle donne
orientali, i capelli chiari e le iridi cristalline sembravano esser
stati rubati alle terre dei ghiacci perenni, il naso piccolo e grazioso
era quello che la nobiltà europea incipriava continuamente,
la bocca carnosa e invitante emanava tutto il calore delle terre
amerindie. Solo il corpo e la carnagione d'ebano la identificavano come
Kenyota: alta, slanciata, le curve ben tornite e i muscoli scattanti.
Al mutante,
tuttavia, non sfuggì come la stretta sul polso della donna
da parte di T'Challa si fosse serrato in un moto di inappropriata
gelosia. Scettico, inarcò un sopracciglio, quindi sorrise di
quel sentimento. Lui e Ororo? Ma quando mai? Lei era alta due metri e
lui... beh... il suo essere diversamente alto era stato fonte di
sberleffi per decenni, secondo solo al nano Puck. Ma almeno, quello
aveva validi motivi per essere grande come un barilotto di whisky. E
pelato. Logan, semplicemente, non era mai cresciuto molto e, almeno,
manteneva tutto il suo pelo animale.
D'altronde, rimuginò tra sé, era nato un secolo
prima. E tra i suoi simili era nella norma.
“Tutto
bene” rispose la donna alla sua precedente domanda
“Perché?” domandò, alzando
fiera lo sguardo su di lui.
Seriamente. Come
poteva essere balenata a T'Challa una simile idea in testa? Non
sarebbero stati credibili nemmeno come amici di letto. O forse quello
sì?
“Cosa
c'è in Egitto che ti fa paura?” Istantaneamente
Ororo si irrigidì. Era fiera, indomabile. Solo il re
wakandiano era riuscito ad aprire un varco nella sua volontà
adamantina. In questo, in fondo, non era dissimile da lui. Entrambi si
aprivano il minimo indispensabile agli altri e, nonostante questo (o
forse proprio in virtù di questo atteggiamento) radunavano
attorno a loro gli altri mutanti e, ovunque andassero, diventavano
subito capipopolo.
T'Challa stava
già per replicare qualcosa di stupido che lei, abbassati gli
occhi per la vergogna improvvisa di esser stata smascherata tanto
facilmente dal compagno canadese, rispose in un alito “Il re
delle Ombre...” Un nome che lasciò il suo amante
totalmente indifferente. Segno che lei non gliene aveva mai parlato.
Logan strinse
ancora gli occhi, studiando la coppia. Forse non era poi un bene, e lei
lo sapeva, che la Pantera Nera le girasse attorno. La rendeva debole e
ne sminuiva l'importanza pur senza volerlo. Lei era innamorata di un
re. Già l'amore rende stupidi, ma quando l'oggetto del
desiderio è un uomo di potere -o comunque qualcuno di rango
superiore e non paritario- l'unica reazione è l'adorazione:
non si può restare oggettivi.
A ruoli
invertiti, cioè al posto suo, lui si sarebbe azzerbinato
completamente. E l'aveva fatto. Per Mariko. Ma la sua indole si era
presto ribellata al suo stesso giogo trovando soffocante l'ambiente
frequentato da lei.
“E chi
sarebbe?” domandò mentre lei si muoveva a disagio
a fianco del fidanzato.
Appena fosse
finita quella storia, avrebbe dovuto fare quattro chiacchiere con la
dea dei venti. Ricordarle che lei era libera come l'aria tanto quanto
lui poteva diventare sanguinario, selvaggio e incontrollato come un
lupo rabbioso. Doveva ricordarle come l'altro, T'Challa, le avesse
già spezzato il cuore in passato. Doveva informarla che, per
quanto una persona cambi e maturi, in fondo, il canovaccio su cui
recita è sempre lo stesso.
Ed era un
discorsetto che avrebbe dovuto rifare anche a Rogue. Benedetta ragazza!
Non poteva cadere nella rete di qualcuno che non fosse legato a doppio
filo a così tanti delinquenti e delinquente lui stesso?
Logan si sorprese
per un attimo. Forse ora riusciva a cogliere i dettagli che muovevano
la gelosia di T'Challa. Lui e Ororo erano più simili di
quanto non potesse sembrare a colpo d'occhio. Di quanto, fino ad
allora, non fosse sembrato anche a lui.
“E'
stato il mio protettore...” alitò la donna prima
di vuotare il sacco “Quando ero piccola, prima di sviluppare
i miei poteri e incontrare Charles, Farouk era colui che mi offriva
vitto e alloggio...”
“In
cambio dei furti al bazar...” completò
l'artigliato per lei “E' stato il tuo maestro?”
“Anche...”
confermò lei.
Ecco
perché, a differenza di lui e Raven, lei aveva sempre visto
di buon occhio il giovane Cajun. Forse si riconosceva in lui, nella sua
vita riscattata. Forse, tra simili, riusciva a scorgerne la
bontà. Forse si immedesimava con lui e voleva vedere il lupo
solitario circondato da sciacalli. Alla faccia del detto che vuole non
ci sia onore tra ladri.
“E
perché hai paura di tornare in Egitto?”
indagò ancora il mutante
“Prima
di incontrare T'Challa per la prima volta...” disse prendendo
un gran respiro “Io vivevo con Farouk e la sua banda di
monelli. Sapeva essere spietato e crudele con chi non rispettava le
consegne o con coloro che disattendevano le statistiche giornaliere...
ma era la mia famiglia. L'unica altra famiglia, prima degli X-men, che
abbia mai avuto dalla morte dei miei genitori.” Logan
annuì, incitandola a proseguire “Ma eravamo legati
a lui da un patto. O minaccia, scegli tu... Se mai ci fossimo
allontanati, l'avessimo abbandonato o tradito, lui si sarebbe
vendicato.”
“Minacciava
il vostro futuro... tattico...” si complimentò il
canadese, meravigliato
“Minacciava
le nostre vite” precisò la donna “Se mai
ci avesse ritrovati, saremmo morti all'istante.”
“E per
questo hai una paura boia... comprensibile... Ma ti terremo al
sicuro...” commentò l'altro, convinto di poter
concludere e tornare a sedersi.
“Non
capisci...” replicò lei facendo un cenno stanco di
diniego con la testa “E' un telepate potentissimo, secondo
solo a Charles. E ha il potere secondario di tramutarsi in nebbia
senziente. Così tiene sotto scacco una zona molto
più vasta di quello che potrebbe fare con la sua semplice
telepatia...”
“E noi non abbiamo un
telepate...chiaro...” affermò l'artigliato
serrando i pugni “E Dio solo sa cosa può combinare
un telepate mal intenzionato...” sbuffò irrequieto
e impotente.
“Potrei
offrirti la soluzione...” interloquì T'Challa,
ostentando un sorriso di superiorità.
Logan lo
guardò storto: per caso, si stava vantando di riuscire a
proteggere 'Ro meglio di lui? Erano arrivati a quello? E in
così poco tempo? Il ragazzo doveva essere molto insicuro o
messo molto male. A occhio e croce si sarebbe detto divorato dai sensi
di colpa, per avere quel genere di alzate. Con tutto che era un re e
quindi doveva essere abituato a gestire situazioni spinose.
Sospirò e cercò di dimostrarsi il più
gentile possibile ma quello che ne uscì risultò
un ringhio minaccioso “Sentiamo...”
T'Challa lo
squadrò a sua volta, cercando di capire cosa aspettarsi da
lui “Tu sai come il Wakanda sia tecnologicamente
avanzato...” cominciò prendendole le mani tra le
sue, quasi a delimitare un possesso e un confine invisibili. Logan
dovette trattenersi dal sorridere a quel gesto infantile “Per
ogni evenienza... tutti i sovrani, tutte le Pantere Nere del Wakanda,
devono indossare una tiara. Ma questa...” disse indicandola
“Non è una corona qualunque. E' un dispositivo
schermante per impedire che il re sia soggetto a questo genere di
attacchi e apra le porte ai nemici o consegni loro i nostri giacimenti
di Vibranio...” disse sfilandosi l'anello dalle tempie per
posarselo in grembo. Lo osservò per qualche istante come
soppesandolo. Quindi proseguì mentre con le mani faceva
pressione sul disco e uno scatto meccanico si produceva dallo stesso
“Tutti i re... e le regine...” precisò
alzando appena gli occhi sulla mutante “Nel Wakanda
c'è parità di genere e ciò che sa il
re, sa la regina. Il volere dell'una è la volontà
dell'altro... Due tiare per due sovrani...” disse liberando i
due anelli, incastrati uno nell'altro, un maschio e una femmina, l'uno
con una protuberanza che correva tutto intorno all'anello, l'altro con
una piccola scanalatura al centro “Un unico disco per un
unico regno...”
La spiegazione
era stata abbastanza chiara ma Ororo sembrava non afferrare il
concetto. Logan stirò un sorriso divertito e stava per
intromettersi quando alle sue spalle arrivò un commento a
mezza voce che fece sobbalzare il gruppetto.
“Questa
si che si chiama dichiarazione!” fu il commento di
Nightcrawler, appollaiato nell'ombra poco lontano, a testa in
giù.
“Kurt!”
lo rimproverò la donna, colta di sorpresa.
“Avanti,
sorella!” commentò anche Rogue comparendo affianco
al fratello, le iridi, ora, stranamente dorate ma sempre su fondo nero,
a testimoniare come si fosse indelebilmente impregnata del potere
assorbito da Gambit.
Con una piroetta,
atterrò accanto a Logan, esibendo una momentanea pelle blu
pelosa e una coda lanceolata che scattava nervosa alle sue spalle: la
curiosità era stata tale da spingerla a sfoderare di nuovo i
poteri del fratellastro, tanto per essere sicura di non perdere alcun
dettaglio della succosa storia sul più bello. “Si
può sapere che aspetti?”
Ororo, presa in
contropiede, spostò lo sguardo dall'amica all'artigliato per
poi tornare a scrutare il suo fidanzato. Trovandosi i suoi occhi
puntati addosso, svicolò e cercò quelli lucenti
di Kurt. Alla fine non poté non ritornare a guardare il re
wakandiano, una domanda inespressa sulle labbra.
“Lo
sai, Ororo... te l'ho già detto e chiesto... E sai anche
cosa spererei di sentire in risposta...” la
incoraggiò lui.
Per tutta
risposta, la dea dei venti drizzò la schiena e lo
squadrò improvvisamente scettica. “E' un
ricatto!” commentò e più che una
domanda, era un'affermazione. Lui le avrebbe dato quella tiara di cui
ora bramava il possesso solo a una condizione. Solo se fosse diventata
la sua regina.
“Cosa?”
sbalordì T'Challa “No! Non hai capito...
cioè... no! Non fraintendere!” compreso, troppo
tardi, il pensiero che era balenato in testa alla mutante, le
consegnò il disco, cacciandoglielo tra le lunghe dita
affusolate, per poi voltarsi dall'altra parte, offeso. “Non
sono quel tipo d'uomo. E quello puoi tenerlo. Qualunque sia la tua
risposta.”
Incerta se
ringraziarlo o meno per quel gesto, Ororo alzò lo sguardo
sui suoi compagni che, però, capita l'aria che tirava, si
erano dileguati nuovamente in testa all'aereo, lasciandoli soli.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
-Io mi sto
rompendo... Com'è che non succede nulla di interessante?-
ringhiò la voce nell'interfono.
Il pilota,
dall'altro lato della cuffia, sogghignò
“Cos'è? Preferiresti che J-Son di Spartax tornasse
a stuzzicare Kallark?”
-Gli Shi'ar sono
dei pazzi...- interloquì una voce femminile.
“Anch'io
sono pazzo...” ridacchiò il giovane
condiscendente, sapendo che l'avrebbe mandata su tutte le furie.
E infatti...
-Già... non mi sorprende che quei volatili abbiano tanta
passione per voi terrestri... e viceversa...- sputò con
livore.
-Sei solo
invidiosa, Gamora!- replicò ancora la prima voce mentre, in
sottofondo, si avvertiva il rumore tipico scaturito dalla manutenzione
delle armi da fuoco. Quella, per tutta risposta, si rifiutò
di ribattere. Ma il suo interlocutore non sembrava averlo notato
-Già... hai visto che razza di sventole arrivano dalla
Terra?-
“Tu per
loro sei solo un roditore, Rocket!” commentò
ancora il pilota
-Non sono un
dannatissimo criceto... o koala.... come si chiama...-
“Procione,
Rocket... procione”
-Senti, Peter...
supremo Starlord del mio cannone fasico... quando fai così
lo stronzo ti manderei volentieri...-
-Io sono Groot!-
lo rimproverò una nuova voce, bassa e cavernosa.
-E io cosa stavo
dicendo?- lo rimbeccò l'altro -..Il D'ast... lo manderei a
Il D'ast... un posto stupendo...- continuò sarcastico
“Rocket...
lo sai che per noi non contano le misure...” cercò
di tranquillizzarlo Peter
-Così
non è che mi fai stare meglio!-
“Ma per
le terrestri... beh... quelle non sanno nemmeno cosa sia lo spazio
profondo... avanti! Begli involucri.. ma vuoi mettere Angela o
Gamora...”
-Angela mi ha
già dato un bel due
di picche,
come dici tu... e Gamora è di là da ogni
tentazione...-
-Lo prendo come
un complimento- si inserì quella, veloce.
“Vi
rendete conto che è da idioti parlare nelle cuffie quando
siete tutti in stanze attigue?” domandò l'uomo
dalla pelle verde, tatuata con quello che sembrava sangue fresco,
parandosi davanti al capitano della nave che stava sbracato con le
gambe incrociate sulla plancia di comando.
“Avanti,
Drax...” sbuffò quello “... E' tutto
tranquillo... abbiamo consegnato il Tesseract alla Nova Corps... che
altro dovrebbe succedere?”
-Io non lo
chiederei due volte, guardiano...- crepitò una nuova voce.
Quill saltò sul sedile all'istante ma qualcosa gli diceva
che poteva evitare di agitarsi.
In un lampo,
tutto l'equipaggio era già radunato in sala di comando. Alla
vista della nave argentata dai propulsori purpurei, lo Starjammer,
Rocket imprecò e Gamora si chinò sull'interfono.
“Salve,
Corsaro... avete problemi?”
“Ehi!”
sbottò Quill andando a coprire il microfono con la mano
“Non siamo mica l'assistenza autostradale...” allo
sguardo laconico della donna, il capitano lasciò la presa,
alzando gli occhi al cielo.
-Tutto bene, lady
Gamora...- una donna dalla voce suadente e vellutata rispose per il
capitano dell'altra nave -Volevamo solo scambiare quattro chiacchiere
con gente civile...siamo in viaggio da eoni...-
-Esagerata...-
replicò qualcuno in sottofondo che si beccò, in
risposta, un -Cuciti la bocca, Raza!-
“Salite
a bordo, allora...” li invitò Gamora
“Cosa?”sbottarono
in coro Rocket e Quill. “Perché prendi queste
decisioni senza consultarci?”
“Perché
so che quando si tratta di Hepzibah..” disse alludendo alla
donna felina dall'altra parte del microfono “Siete sempre
d'accordo con me... Non ho forse ragione?”al silenzio dei
due, Gamora si rizzò in piedi e si volse a osservare Drax
“E poi possiamo barattare informazioni sulle gemme... E
Corsaro è più che bendisposto a trattare con
noi...”
“Non
ricordarmi il compito ingrato che ci ha appioppato quella dannatissima
strega!” strepitò Quill mentre l'altra andava ad
trafficare sui comandi di apertura portelloni.
“Io
sono Groot!”
“Tu
saresti capace di mangiartele, le gemme!”
piagnucolò Rocket
“Parlavate
delle Gemme?” domandò Corsaro, facendo capolino,
sorridente, nella pancia della nave, la zazzera scompigliata come se
fosse stato esposto alle correnti galattiche, e la fascia in fonte come
un hippie degli anni '70.
Oddio. Quill
aveva poco da criticare, lui, un reduce e sopravvissuto degli anni '80.
Chissà quante cose erano cambiate sulla Terra, in tutti
quegli anni. Erano andati molto vicini al tornarvi una volta o due, ma
il contatto più diretto che avevano avuto era stato per
mezzo di Loki, non molto tempo prima.
“Maggiore...”
Quill salutò con poca convinzione il nuovo venuto
“Sì... quello era l'argomento...”
“Oh...”
l'altro si finse sorpreso mentre prendeva posto, accavallando le gambe
davanti a sé e buttandole sulla plancia dei comandi
“E io che me lo riservavo per più
avanti...”
“Sapete
qualcosa?” domandò Angela, una specie di valchiria
mezza nuda, appoggiata allo stipite del portellone che dava al
corridoio.
“Sono
state localizzate tutte... tranne una... anche se noi sospettiamo di
aver capito chi ce l'abbia e come mai sia così...
sfuggente...” spiegò l'uomo con fare misterioso.
“E dove
sono le altre?” domandò Drax, confuso
“Una ce
l'ha la Nova Corps; una è tenuta in custodia dal consiglio
degli dei; una la custodisce, gelosamente e secondo tutti i crismi, il
Collezionista; una è nascosta da un collettivo di una
manciata terrestri, che conoscono i rischi connessi all'uso
sconsiderato di determinati poteri e che si fanno chiamare Illuminati;
una è stata localizzata come nucleo pulsante di una stella,
ribattezzata Phoenix. L'ultima, la più sfuggente, quella che
permette la manipolazione del tempo, neanche a dirlo, continua a
comparire e scomparire dai radar, modificando costantemente le mappe
storiche di picchi energetici della galassia. Lo so perché
li abbiamo noi e stiamo cercando di capirci qualcosa...”
“E
perché proprio voi? Che autorità
avete?” sbroccò Rocket
“Il
possessore è un terrestre...” rispose Corsaro con
un sorriso sghembo ma triste “Per quanto possibile, voglio
proteggere il pianeta su cui dovrebbero ancora vivere i miei figli e
vorrei evitare che la nostra razza fosse additata come responsabile di
tremende atrocità che potrebbero scaturire dal possesso
della pietra.”
“Insomma,
avete un nome per questo irresponsabile che si diverte a girovagare per
lo spazio-tempo?” si animò Rocket, impaziente.
“Risulta
avere diversi nomi. O meglio, mi spiego. Sono state identificare tre
persone di tre età diverse. E' opinione diffusa che si
tratti sempre della stessa persona che, in determinati momenti della
sua vita, ha cambiato nome.”
“Questo
vuol anche dire che nessuno è mai riuscito a sottrargli la
pietra...” commentò Gamora, attenta
“Forse
perché da questa conclusione, in altre epoche ci siamo
arresi all'inevitabile...” commentò Raza, un uomo
dall'aspetto di uno spaventoso guerriero.
“E
avete idea di come voglia sfruttarla? Voglio dire..per il passato non
possiamo fare nulla, ma per il futuro...”
“Di
certo in modo egoistico e avventato...” rispose Corsaro
“Il ché è strano, dato che la versione
di Nathaniel Richards che ho conosciuto io, Immortus, è il
primo che condanna l'abitudine di fare i viaggi nel tempo...”
“Aspetta...”
sbottò Rocket mentre già faceva volare le
zampette prensili sulla tastiera. “Richards è un
nome che ho già sentito...”
“E' il
nome del padre di Reed Richards, un altro con la fissa dei viaggi
temporali. Immortus, da giovane, si ribattezzò col suo nome
come tributo al suo genio.”
“Fantastico...”
alitò Quill, conscio di non poter fare granché ma
altrettanto consapevole di essersi cacciato, ancora una volta, in guai
più grandi di lui.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Rieccomi, scusate
la lunga attesa. Meno male che vi avevo avvisato perché dopo
Lucca son stata letteralmente sommersa di lavoro. Neanche volendo sarei
riuscita ad aggiornare.
Cmq, rieccoci
qua. Io sono ancora in preda ai fumi della fiera e ora che finalmente
cominciato -perché ho trovato compagnia, non per altro.
Andare in fiera con amici ed essere l'unica vestita che viene fermata
non è bello- sono completamente drogata e
continuerò a farlo in eterno.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Esposti e vulnerabili ***
27.
Esposti e vulnerabili
“Vedi
di farla finita...” sibilò l'uomo dallo sguardo
truce, sperando che la sua minaccia sortisse l'effetto desiderato.
Ma il suo
interlocutore, al posto di quietarsi, fu scosso da un'ulteriore
convulsione nel tentativo di trattenere le risate. “O mio
Dio...” sospirò quando riuscì a
riprendere fiato “Ti ci immagino...”
commentò prima di ricominciare a ridere.
“Buttate
fuori dalla nave questo cialtrone di un irlandese!”
sibilò il guercio alle giovani reclute che componevano il
gruppo di cui faceva parte anche la figlioccia. “A calci nel
sedere e zavorrato a dovere... siamo in prossimità della
Fossa delle Marianne, no?”
“Smettila,
Nicholas...” sospirò la donna al suo fianco,
passandosi una mano tra i capelli corvini segnati da una ciocca
argentata “E no, siamo nei pressi di Nazca...”
“Tanto
meglio...” ringhiò sommessamente quello, le mani
puntellate a permettergli di protendersi sul tavolo lucido.
“Non
dovrei stupirmi che il tuo gruppo di eroi si comporti come un branco di
bambini in gita. Tu fai lo stesso...” commentò
Maria Hill appoggiata con le braccia allo schienale di una delle
poltrone disposte lungo l'altro lato del tavolo.
“Sei tu
il comandante della nave, Maria...” replicò Fury
squadrandola “Ti inoltro domanda formale di espulsione di quel soggetto dal tuo
equipaggio..”
“Oh,
finiscila!” lo zittì quella prendendo posto
davanti a Valentina. “Hai paura che si diffonda il germe
della consapevolezza che anche Fury è umano?”
“Ho
già fallito con Loki...” ringhiò lui.
“Lo hai
rispedito a casa...” precisò la Hill “E
hai reso i tuoi eroi popolari, sovvertendo il destino che il CSM aveva
già decretato per tutti noi... Non è
abbastanza?”
Fury tacque un
attimo, indeciso se accendersi o meno un sigaro, facendo
così saltare tutti gli allarmi di quella dannata bagnarola
supertecnologica.
“Io
ritengo...” cominciò Valentina “...che
tutta questa storia non possa far altro che consolidare i miti che ti
circondano... Nick Fury e HYDRA...” disse usando le mani a
indicare uno spazio vuoto in cui sarebbe idealmente campeggiata una
scritta, sulla falsariga delle insegne pubblicitarie “Un po'
epico... come gli eroi della classicità... o un moderno film
d'azione...”
“Anche
nell'antichità lottavano nudi... non c'è nulla di
cui vergognarsi!” rincarò la Hill
“Smettetela...”
sibilò l'uomo, livido di rabbia.
“Avanti
Nick! Eri il più inerme possibile e hai messo a nanna
un'intera base HYDRA...” ghignò ancora Timothy
Dugan.
“La
prossima volta vedi di portarmi almeno un paio di mutande...”
ringhiò il guercio alla sua amante.
Val, per tutta
risposta e con un sorrisetto furbo, replicò con un'alzata di
spalle “Non saresti... non saremmo stati credibili. Sei evaso
e hai combinato quel putiferio in quattro e quattr'otto. Non avresti
avuto il tempo per indossare nulla...” disse lasciando
scorrere uno sguardo carico di sottintesi lungo il suo torace, ora
ricoperto da un lupetto e dall'inseparabile giubbotto di pelle.
Fury avrebbe
voluto replicare che, portare via i fascicoli (tutti i fascicoli) che
avevano trovato con le pudenda al vento, non era stata la cosa
più edificante, consona e virile che avesse fatto in vita
sua. Né che avrebbe mai voluto fare.
Certo,
l'espressione sbalordita che aveva scorto attraverso le maschere degli
agenti HYDRA, mentre veniva apparentemente scortato da Val lungo i
corridoi dall'aspetto malsano, malamente illuminati da neon esausti e
sfarfallanti, era stata impagabile. Il grande Nick Fury ridotto
all'impotenza, privato di ogni arma -eccetto il suo stesso corpo- e
ridicolizzato, esposto in tutta la sua umanità e in tutta la
vulnerabilità della sua nudità, aveva suscitato
forti emozioni in quelle guardie che, pur sul fronte opposto, ne
ammiravano le imprese, l'arguzia e la sagacia. Per quanto potesse
essere odiato e temuto, era comunque una figura leggendaria e molti non
avrebbero mai accettato il fatto che un così valido
avversario fosse capitolato così facilmente. L'umiliazione
gratuita a cui era stato sottoposto, e su cui Val aveva calcato la
mano, aveva turbato la maggior parte di loro perché
rappresentava la fine di qualcosa a cui nessuno voleva dar credito
nonostante tutto. E si sa che tutto ciò che chiude qualcosa
crea disagio.
E loro due,
stronzi come pochi, avevano approfittato bassamente di questo
turbamento per farsi strada in una delle basi HYDRA più
protette del pianeta.
“Ora
finitela di sghignazzare tutti come idioti!”
replicò la super spia guercia “E mettetevi al
lavoro per capire che cavolo avevano in mente quei due decerebrati dei
Fenris. Avanti! Spulciate 'ste carte e trovate qualcosa di
utile!”
“Anche
perché la cosa è ributtante...”
commentò Daisy “Con tutto il rispetto, Nick,
Val...” disse la ragazza.
“Oh, ma
come l'abbiamo tirata su per bene...” fischiò
sarcastico Dugan a commento di quella reazione “...tutta per
benino...l'esatto contrario di te... si sconvolge per poco...
cos'è, non hai mai visto un uomo nudo?”
buttò lì, fin troppo volgarmente.
“Timothy!”
ringhiò furente Fury. Tutto era concesso ma il fuciliere
doveva capire quand'era ora di smetterla. Anche perché Daisy
non era che una bambina.
“Onestamente...”
si inserì anche la Hill, dura e tagliente “Sarei
stufa anch'io di sentir parlare di come Nick se ne andava in giro col
batacchio al vento. E non è un'immagine che vorrei
ricordare...”
“Paura
che ti turbi il sonno?” ghignò Val dall'altra
parte del tavolo
“Ti ci
metti pure tu, ora?” sbraitò Fury, livido,
pentendosi di non averla uccisa, quella notte di poco tempo prima, dopo
il loro ultimo amplesso. Altro che farla rinsavire. Non poteva che
restare la serpe che era. “Si presuppone che tu sia
gelosa...” disse, avendo esaurito convinzione e pazienza.
“Io
sono superiore, bello...” gli sorrise la donna
“Posso far morire le altre di invidia quanto
voglio...”
La Hill la
squadrò dal basso, come se avesse a che fare con una pazza.
Quindi, preso un plico di documenti e battutolo un paio di volte sul
pianale del tavolo per pareggiarne il contenuto, si alzò,
facendo strisciare rumorosamente la sua poltroncina sul linoleum della
stanza “Io torno nel mio ufficio. Non riesco a lavorare nel
reparto asilo infantile...”
“Zitella...”
replicò Val, facendole la linguaccia.
Il comandante,
per tutta risposta, si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
Aprì la porta di vetro e si lasciò quei dementi
alle spalle.
“Noi
andiamo in camera a lavorare?” domandò Val con
fare innocente facendo andare il sangue alla testa a Fury.
A rispondere per
lui fu, però, la giovane Daisy che, con cipiglio da donna
adulta, sorprese tutti “Capisco che l'avventura ti abbia
messo... appetito... ma non riesci a
controllarti un minimo? Sembri una bambina viziata. Oh, scusa,
dimenticavo che è quello che sei...” disse con
noncuranza, rituffandosi nelle scartoffie.
Mai ricordare
alla contessina Valentina de Fontaine il suo retaggio nobiliare.
L'agente, come previsto dalla furba ragazzetta, si zittì
immediatamente, indispettita, lasciando che Fury agguantasse un
fascicolo. Il guercio squadrò Dugan per sicurezza, nella
speranza di invogliarlo, per mezzo del suo sguardo truce, a mettersi al
lavoro ed evitare ulteriori alzate d'ingegno.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Ogni strada
polverosa de Il Cairo era affollata come se in ciascuna si trovasse un
suq, un bazar, un mercato. La folla era una massa mobile e viva che
penetrava in ogni intercapedine, costringendo l'ignaro turista a
seguire un percorso a zig zag come se si trovasse immerso in un corso
d'acqua. Camminare in gruppo si era rivelato da subito impresa
impossibile e gli eroi, abbandonati gli abiti tattici per tenute che
dessero meno nell'occhio, si erano fatti largo in quel marasma umano.
Wade, ovviamente,
era l'unico che si era travestito da classico turista fuori di testa e
che, per questo, rendeva credibile il gruppo composto altrimenti di
persone anonime. Nonostante la loro eccentricità, la sua
collana di fiori hawaiana, le sue ciabattine infradito e il suo panama
nuovo di zecca scomparivano nel mare delle bancarelle ricche di stoffe,
spezie, ortaggi e tappeti.
Clint, Natasha e
Steve fendevano la folla spalla a spalla, come un cuneo che si scava la
strada in una spaccatura rocciosa.
Ororo viaggiava
al centro del corteo, preceduta da Logan e seguita da T'Challa, nel
timore che il Re delle Ombre si facesse vivo e la reclamasse. La
vicinanza dei due uomini a cui teneva di più le dava
sicurezza e dissipava l'angoscia che la scarsità di spazio
le procurava. Rogue e Kurt chiudevano la lunga fila in quanto era il
luogo in cui la possibilità di andare addosso ad altre
persone e ferirle inavvertitamente era inferiore. Con loro viaggiava
anche un sempre più spaesato Warren che osservava tutto con
occhi rapiti e che, troppo spesso, rallentava il passo per studiare gli
oggetti esotici che incontravano lungo il cammino.
Dopo aver
girovagato per il centro, in cerca di un ingresso diretto alla
struttura paragovernativa, Natasha e Clint avevano ordinato il rientro
al loro mezzo di trasporto, lasciato camuffato dietro una duna di
deserto nei pressi delle tre piramidi che tutti i turisti credevano
lontanissime dal centro abitato, isolate nel centro del deserto.
Una volta
riparati tra le pareti di metallo del Quinjet, Natasha si
lasciò andare su quello che considerava il suo seggiolino
personale mentre Kurt si teleportava ai comandi e si apprestava a
scaldare i motori, se non altro per avere l'aria condizionata.
“Che
succede?” domandò Iron Man raggiungendola.
La Vedova Nera e
Occhio di Falco si scambiarono un'occhiata con cui sembrò
stessero riassumendo ore di conversazione. Alla fine la rossa
sospirò, lasciandosi andare sullo schienale “La
base è in disuso. E da parecchio tempo.”
“Lo
dicevo io che quell'odore veniva da un'altra parte”
borbottò Logan in disparte.
“Abbiamo
trovato diversi accessi, tutti bloccati dal codice di evacuazione
forzata che si usa nei casi di abbandono della struttura.”
continuò Clint
“In
pratica non si può entrare...” terminò Wade
che era stato, anch'egli, per quanto imprevedibile, un agente
S.H.I.E.L.D.
“Ma se
non si può entrare non si può nemmeno
uscire...” continuò Clint, confermando con un
cenno della testa le parole di Wade.
“L'unico
ingresso rimane l'hangar, 50 miglia più a sud di
qua...” concluse Natasha
“Mi
state dicendo che dobbiamo andare ad assaltare una base HYDRA senza
sapere se sia effettivamente piena o vuota? Ci rovescerebbero addosso i
caricatori non appena entrassimo nel loro spazio aereo...”
“E che
problema sarebbe per te, scusa, armato di tutto punto come
sei?” replicò Natasha
Tony stava per
replicare ancora ma tacque all'improvviso, la mano sospesa a mezz'aria.
La spia aveva ragione. Non c'era proprio il minimo problema a infilarsi
in un covo di vipere come quello guidato da Norman Osborne...
“Decolliamo?”
domandò Kurt già al posto del pilota.
L'oloproiettore, ancora in funzione, gli dava l'aspetto di un bucaniere
uscito da un film degli anni 50.
“Arrivo...”
disse Natasha alzandosi e raggiungendolo al posto del copilota.
“Se non
vi secca, io viaggerei all'esterno...” disse Ororo, pronta a
sgusciar fuori dal portellone che si stava richiudendo.
“Ti
accompagno, sorella...” rispose Rogue alzandosi in piedi
mentre ancora si stava liberando degli abiti protettivi ma soffocanti.
Era cresciuta al Sud, certo, ma quel caldo era troppo anche per lei.
“Warren, dolcezza... ci fai compagnia?”
domandò andando a liberare il compagno dall'oloproiettore
che faceva apparire le sue ali metalliche come uno zaino da montagna,
carico all'inverosimile e perfettamente credibile per un turista
occidentale a caccia di souvenir esotici.
Warren si
riscosse e, imitando Rogue, si liberò in breve tempo di
quasi tutti gli indumenti che seminò senza riguardo sul
pavimento metallico. “Warren!!” ringhiò
la Bella del Sud mettendosi a raccogliere la scia che il bell'angelo
aveva lasciato lungo tutta la carlinga come traccia del suo percorso
verso l'esterno.
AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Bene, i ragazzi stanno
facendo un po' il giro dell'oca intorno al pianeta. Ma la cosa non
sorprenderà nessuno, visto che le cose vanno così
anche nei fumetti.
Che dire? al momento sono a corto di argomenti sulla fic (parla da
sè) forse perché la mia attenzione è
tutta calamitata dal post-Lucca che sta rivoluzionando la mia vita. Mi
resta solo da trovare clientela per i cosplay e poi sono a cavallo XD
Abito in un posto sfigatissimo e dimenticato da Dio dove il cosplay non
sanno manco cosa sia. Poi uno si domanda perché, dopo un
primo timido tentativo, avevo rinunciato. :3 ma visto il successo di
quest'anno ora non mi ferma più nessuno. Vi terrò
aggiornati, anche se non ve ne frega nulla XD
A presto fanciulli.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Immersi nell'oscurità ***
28.
Immersi nell'oscurità
Si trovavano in
un luogo che non conoscevano. Che nessuno di loro conosceva. Ne era
certo. Tutt'intorno era buio, la percezione del mondo esterna ovattata
e attutita. Si sentiva stordito come da una qualche droga potentissima.
Non riusciva a vedere né sentire alcunché. Prima
che il panico si impadronisse di lui, fece dei grandi respiri. O almeno
pensò di averlo fatto. Gridare, lo sapeva per esperienza,
sarebbe stato inutile. Anzi, avrebbe galvanizzato chiunque ci fosse
stato dietro tutto quello.
Cercò
di raccapezzarsi mentre estendeva i propri sensi, nel tentativo di
riprendere almeno il controllo del proprio corpo. Dovevano essere
immersi in una qualche vasca di deprivazione sensoriale e immobilizzati
in modo scientifico e pressoché perfetto. Quindi, doveva
esserci una grande quanto perversa mente dietro tutto quello. Per un
altrettanto grande quanto perverso scopo.
Doveva pensare a
uno scienziato malato. E lui ne conosceva solo uno tanto folle da
arrivare addirittura a rischiare di scatenare le sue ire.
Cercò di evocare il suo potere ma niente si mosse attorno a
lui. Forse gli avevano cacciato addosso uno di quegli odiosissimi
collari del M.R.D. E se era così, era pressoché
inutile tentare di chiamare aiuto telepaticamente.
In quella
situazione assurda quanto sconosciuta, un pensiero gli
attraversò potente la mente. I suoi figli. Sperava che
almeno loro fossero in salvo. Sperava che non capitasse loro nulla di
quanto era già successo a lui.
Riaprì
gli occhi, più per riflesso condizionato che per reale
bisogno. Continuava a esserci un buio così fitto che non
avrebbe saputo dire se era sospeso in aria in posizione verticale od
orizzontale, se fosse al centro di una stanza o a ridosso di un muro.
Non c'era nulla che gli offrisse il benché minimo appiglio
per decifrare quella nuova realtà.
Un gemito
contrariato gli sfuggì dalle labbra. Chiunque fosse stato,
avrebbe pagato con la vita quello scherzo di cattivo gusto.
“Sei
sveglio? Riesci a sentirmi?” domandò una voce
così flebile e ovattata che la percepì appena e
quasi pensò di averla sentita solo nella sua testa. Come
sempre.
“Se
stai giocando col mio cervello, sappi che è uno scherzo di
pessimo gusto” disse dopo essersi schiarito la voce, incerto
sul fatto che sarebbe uscita o meno o che fosse un ringhio catarroso.
“Ho
provato a chiamarti per evitare di attirare
la loro attenzione...” continuò la voce dell'amico
“...ma credo ci abbiano fregati tutti e due...”
“Non
è molto signorile, da parte tua, parlare in questo modo,
Charles” bofonchiò l'altro.
“Non ho
idea di cosa stia succedendo, ma non dev'essere nulla di buono... Sono
troppo ben organizzati, Erik, per coglierci così di
sorpresa... Per cogliere noi due e tutta la mia scuola, così
di sorpresa...”
“E
detto da te... Dì, non sei contento di non avere
più voci in testa? Quello che molti dei tuoi perseguono
è questo assurdo annichilimento dei sensi...”
“Alcuni
non possono farne a meno...altri non sono abbastanza
forti...” si scusò il suo interlocutore senza
rispondere alla sua frecciata velenosa.
“Non ti
rispondo come al solito solo perché, in questo momento, mi
sentirei come quello che ci ha messo in questo pasticcio. E tu sai a
chi mi riferisco...E' l'unico che può aver osato
tanto...”
“Spero
solo che i ragazzi che ho a New York non siano rimasti coinvolti... e
che si accorgano della nostra scomparsa...”
“Per
una volta concordo con te. Anche se il mio fare affidamento su Wanda
potrebbe essere quanto meno... infantile...”
“Quanto
la tireranno per le lunghe, secondo te?”
“Non
sappiamo nemmeno da quanto tempo siamo in questo stato... ma conoscendo
i folli che fanno queste cose, il tempo è l'ultimo dei loro
pensieri, amico mio... mettiti comodo... ammesso che tu riesca a
sentire la stanchezza...” celiò sarcastico il
signore del magnetismo mentre la sua mente vagava al mondo che
conoscevano e che avevano lasciato. Inutile quanto inevitabile era
porsi domande su cosa fosse successo quanto su dove fossero,
perché e come fosse la situazione all'esterno. Ovunque fosse
questo esterno.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Kurt e Natasha
pilotarono il Quinjet fino alle coordinate impostate dalla spia. Si
erano isolati in cabina di comando per non venir disturbati dal
chiacchiericcio infantile e sconsiderato del loro seguito. Solo un
pugno di loro comprendeva dove si stessero recando e quanto potesse
risultare pericolosa l'intera manovra.
All'esterno del
velivolo, i tre mutanti amici del teleporta fendevano l'aria, guidando
il mezzo nell'azzurro luminoso del cielo del deserto. A vederli da
dietro il vetro del Quinjet sembravano tre creature mitologiche e
sovrannaturali, spiriti protettori degli eroi in viaggio che li
accompagnavano in quella missione assurda privi di qualunque pensiero.
Warren viaggiava
in posizione di punta. Coi suoi colori e con quelle ali aguzze il
biondo miliardario era, dal punto di vista visivo, naturalmente
predisposto a quel ruolo: sembrava tagliare la densità
dell'aria senza il minimo sforzo, manteneva lo sguardo fisso come un
rapace predatore. Al suo fianco correvano, altrettanto veloci, le due
donne, in una coreografia perfetta e simmetrica. Tutti e tre erano
incredibilmente rapidi e sembrava impossibile che potessero tenere
testa a quel jet supersonico. Alla minima fluttuazione del velivolo, i
mutanti si disponevano immediatamente in modo tale da anticiparne la
rotta.
A cinque miglia
dalla meta, entrambi i piloti avevano preso ad asciugarsi ripetutamente
i palmi delle mani sugli indumenti. La tensione era palpabile e i sensi
erano all'erta nel captare un qualunque eventuale minimo segnale di
allarme che la strumentazione avesse rivelato. Ma il Jet si avvicinava
e gli allarmi non scattavano.
Certo, i velivoli
in dotazione dello S.H.I.E.L.D., tanto quanto il Blackbird o il
Midnight Runner degli X-men, erano invisibili ai radar ed erano
equipaggiati di tecnologia mimetizzante e i tre mutanti all'esterno
erano troppo piccoli per essere considerati una minaccia, ma questo non
giustificava quella totale inattività da parte del loro
nemico.
Scesero piano
fino a dove Natasha sapevano esserci i portelli circolari che,
aprendosi tra le dune del deserto in costante movimento, permettevano
il decollo verticale dei mezzi della base. A quel punto, chiunque fosse
all'interno doveva averli rilevati ma ancora nessuna controffensiva era
scattata.
La rossa
armò la cloche sotto lo sguardo sgomento del teleporta
“In qualche modo dobbiamo pur entrare...”
commentò mentre stabilizzava i reattori verticali e
configurava tutti i parametri del caso.
Kurt
deglutì “Potessi mi teleporterei
dentro...” alitò nervoso. Non dovette nemmeno
avvertire la sorella si scansarsi dalla traiettoria. Aprendosi, i
portelloni in cui erano custodite le armi, dovevano aver fatto
abbastanza baccano da farsi sentire anche dai tre esterni.
“Oh,
non darti troppa pena... ho il vago sospetto che il posto sia
disabitato.” disse Natasha, stirando un sorrisetto.
“Pronta a far fuoco..” disse tornando di colpo
fredda e professionale.
Kurt diede un
cenno d'assenso, la cloche stretta tra le mani tripartite
“Quando vuoi!”
“Fuoco!”
disse solo la donna prima di premere il grilletto. Il teleporta ne fu
in qualche modo stupito: si aspettava un urlo da assalto in battaglia,
come nei film. Anche i pirati urlavano. Invece, la realtà
era ben diversa. A pensarci, nemmeno loro, in tutte le scaramucce con
la Confraternita, si erano mai esposti in ululati cinematografici.
Né l'avevano fatto i segugi di Arma X quando li catturarono.
Tenne salda la presa, impedendo che il rinculo del mitragliatore
potesse in qualche modo destabilizzare il velivolo e colpire i compagni
che pure si erano spostati in zona di sicurezza.
In breve tempo,
una breccia, un pozzo nero e infinito che catturava lo sguardo in
maniera ipnotica si aprì sotto di loro.
“Non mi
piace...” commentò notando come non riuscissero a
vedere nulla sotto di loro.
“Io non
sono poi tanto dispiaciuta...per ora...” commentò
la spia, mordicchiandosi l'interno della guancia. Avevano evitato uno
scontro frontale ma il fatto che la base -da cui provenivano le tracce
lasciate a Westchester- non fosse operativa aveva qualcosa di
inquietante e poco chiaro.
Calarono il
velivolo con ulteriore cautela, illuminando l'hangar con i potenti fari
di dotazione.
Non una luce,
neanche d'emergenza, né una spia led rischiarava quel luogo
tetro e abbandonato da anni. Probabilmente, calcolò
mentalmente Natasha, da quando il commando S.H.I.E.L.D. che lo
presidiava era stato annientato. Sperava solo che i corpi fossero stati
rimossi. Perché, oltre all'odore insostenibile, voleva
evitare che Clint trovasse il cadavere della moglie -o ciò
che ne restava- ancora scomposto dopo l'assalto nemico.
Fortunatamente,
però, il luogo sembrava pulito. Impolverato, pieno di
ragnatele, arrugginito, con la sabbia del deserto che percolava dalle
invisibili crepe dei portelloni ma, fondamentalmente, intonso.
Atterrarono delicatamente, sollevando un leggero spostamento della
polvere circostante.
Natasha
sganciò l'imbracatura mentre Kurt scompariva nella carlinga.
Non si era nemmeno raddrizzata che già stava armando la
pistola. Raggiunto il resto del gruppo trovò i veterani
già pronti all'assalto. “Tranquilli...”
sibilò passando in testa e spostandosi al fianco di Clint
“Il posto è deserto!” disse mentre
l'arciere attivava i portelloni.
Scesero alla
spicciolata, silenziosi e letali. Prima i due agenti che puntarono le
armi in tutte le direzioni prima di allontanarsi di qualche passo.
Quindi Logan e Steve. Tutti gli altri seguirono, con molta prudenza,
solo in seguito.
Intanto, anche il
reparto aviario dei mutanti era atterrato. I volti delle donne erano
tirati per la tensione mentre Warren sembrava in uno stato di trance.
Le ali metalliche, inoltre, gli conferivano uno sguardo quanto mai
sinistro e crudele.
“Avremmo
bisogno di un po' di luce...” commentò Stark
azionando il suo uniraggio in modo che producesse una luce soffusa.
“La
delicatezza in persona!” sbottò Wade,
un'ottava oltre il normale tono della voce “Bel
modo per attirare l'attenzione!”
“Tu
stai facendo lo stesso...” replicò Natasha da un
punto imprecisato nel buio. Nella cavità risuonò
secco il suono della sicura che veniva inserita nuovamente.
“Se volevano ci avrebbero già
attaccato...”
“Lo
sapevo...” commentò asciutto Tony con strafottenza.
“Gne
gne gne...”
“E
Stark ha ragione... ci serve luce... se ben ricordo, gli interruttori
dovrebbero essere...” stava ragionando la spia quando un
potente bagliore inondò la sala.
Sorpresa, si
voltò verso la fonte luminosa come tutti gli altri. Sospesa
a mezz'aria, Rogue ardeva come la Torcia Umana. “Se fate un
po' di casino forse riesco ad attivare anche il potere di
Dazzler...”
“MJ
è in tour con Lila ed Alison...”
commentò Spidey affascinato.
“Puoi
usare il potere di Jubes, cocca...” replicò
Wolverine, sorridendo di quella trovata “Per quello non ti
serve il rumore”.
“Giusto...”
commentò la ragazza mentre dal fuoco del suo corpo si
dipanavano una serie di fuochi d'artificio, spettacolari e bellissimi
“Non so quanto riuscirò a resistere,
dolcezza...datti una mossa a trovare quegli interruttori. Quando tutto
'sto casino sarà finito replicherò lo spettacolo,
se vorrai”
Natasha,
riscossasi come da un sogno, batté le ciglia un paio di
volte, quindi girò sui tacchi e, nella luce tremolante delle
fiamme e intermittente dei giochi pirotecnici, si affrettò
nel ridare vita a quel posto.
Ricordava
vagamente dove fosse il generatore di corrente e sperava che l'impianto
elettrico non si fosse deteriorato completamente. E che quei pezzenti
di HYDRA non si fossero fregati anche le lampadine. Trovò il
quadro generale e attivò tutti i relè. Subito i
neon, assonnati ed esausti, sfarfallarono ora pigramente ora
istericamente in tutto l'hangar. Qua e là si
sentì una piccola esplosione, come di un palloncino
già mezzo sgonfio che veniva bucato. Complessivamente,
comunque, c'era luce a sufficienza per addentrarsi un po' ovunque nella
base.
Ora si
distinguevano netti i segni di sfregio portati dall'agenzia avversaria:
l'aquila stilizzata, marchio dello S.H.I.E.L.D., era stata ora
crociata, come a cancellare un errore dal foglio, ora trafitta da
frecce stilizzate, ora resa più simile a un polipo da
vandali armati di semplici bombolette spray verdi. Un gesto infantile
quanto deplorevole che marcava il senso di inferiorità di
cui erano vittime gli agenti di HYDRA, il cui unico modo per darsi un
valore era imbrattare le effigi nemiche. Perché non
sarebbero mai riusciti a fare di meglio nello scontro diretto.
“Sono
sicuramente passati di qua...” grugnì Logan dopo
aver pesantemente annusato l'aria “... Ma non è da
qui che provengono. Questo dev'essere una tappa intermedia. Non
chiedetemi perché. Io so solo cosa mi raccontano i miei
sensi.”
“Riesci
a rintracciare una scia che ci guidi nel punto giusto?” si
affrettò a domandare Ororo, preoccupata.
Il canadese
sbuffò “E' tutto vago... gli odori si sono
mescolati... ma, sì, riesco a sentire una traccia appena
più penetrante delle altre anche se sono sicuramente passati
diversi giorni.”
“Io
continuo a non percepire nulla...” li informò
Stephen Strange che, per tutto il viaggio, era rimasto in uno stato
semi-comatoso che Wanda aveva definito trance dovuta all'accesso al
piano astrale. La cosa sembrava indebolire vistosamente il corpo ospite
ed era stato il motivo per cui a Il Cairo, Illyana, Wanda e Pietro
erano rimasti a bordo del jet: le due avevano ricevuto i rudimenti
delle arti magiche e Pietro si era rifiutato di allontanarsi dalla
sorella, ora che l'aveva ritrovata.
“Chiunque
sia stato non ha usato la magia per far sparire i nostri
amici...” terminò per lui Thor una strana ombra
gli segnava il bel volto nordico.
A quella notizia,
i Vendicatori originari si guardarono tra loro. Se non era magia si
trattava di scienza. E doveva trattarsi sicuramente di qualche altro
trucchetto rubato ai laboratori Pym-Richards-Stark.
Tacitamente
d'accordo, Rogue e Logan si misero in testa alla carovana, cercando di
captare la traccia che li avrebbe condotti alla meta.
Mentre loro si
inoltravano nelle viscere della base, gli altri li seguivano
sparpagliandosi in giro, cercando ulteriori indizi che potessero essere
di qualche utilità.
“Per
quanto mi piaccia gironzolare per la città quando
è notte, ho una paura boia del buio...”
commentò tra sé e sé Peter Parker,
curiosando in giro.
“Fossi
in te starei col gruppo principale, allora...” ghignò
Deadpool accanto a lui. “Non
si sa mai cosa può nascondersi nell'ombra... o quali siano
le intenzioni di quella sadica dell'autrice...”
Un brivido gli
scivolò lungo la schiena al solo pensiero dello scenario
più roseo che le parole di Wade ventilavano. O era il suo
senso di ragno che pizzicava? Se era così, la minaccia non
doveva essere imminente. Forse era il residuo di pericolo che aleggiava
in quella base...forse erano solo paturnie che si faceva lui.
Allontanarsi da
quel posto inquietante era decisamente la cosa più saggia.
Anche perché lui aveva esperienza diretta di cosa volesse
dire cacciarsi in luoghi non autorizzati. Una volta gli era andata,
tutto sommato, bene. Non poteva certo dire se avrebbe avuto
così tanta fortuna una seconda volta.
Fece per
allontanarsi quando, inavvertitamente, urtò con il piede dei
cocci di vetro e avvertì, sotto la suola, qualcosa di
viscido. La sensazione di disagio tornò prepotente ma la
curiosità lo spinse a indagare. A terra non c'era nulla,
solo vetri infranti. Si allontanò con circospezione,
prestando attenzione a dove poggiasse la punta delle scarpe: ci mancava
altro di prendersi delle schegge. E, come era venuta, l'idea di aver
toccato qualcosa di umido e appiccicaticcio se ne era andata. Quel
posto era inquietante e lui voleva andare altrove. Anche tra le fauci
del nemico. L'importante era che fosse chiaro contro cosa combattevano.
L'indeterminazione lo infastidiva.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Buondì,
fanciulli. Mi scuso per la brevità dei miei interventi a
fine capitolo ma non ho molto da aggiungere alla storia in
sé, nonostante sia strapiena di impegni e pensieri (tutti
positivi, si intende).
Spero che continuiate a gradire mentre ci avviciniamo inesorabilmente
verso la fine (e all'ovvio mega scontro di rito).
Baci a tutti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Piani occulti ***
29.
Piani occulti
Percorsero i
corridoi della base abbandonata in lungo e in largo fino a quando,
rassegnati, tornarono al punto di partenza.
“Non
c'è un accidenti di nulla!” tuonò
Pietro, insofferente. “Sei sicuro che questo sia il posto
giusto?”
“Sicurissimi...”
ribatté Rogue, eccessivamente suscettibile.
“E
allora dove diavolo sono tutti quanti?” sbottò
anche Clint “Voi cervelloni avete detto che se non si tratta
di magia, allora si tratta di scienza... che vuol dire?”
Tutti si
voltarono verso Thor e Tony che gli stava accanto. Fu il magnate a
rispondere per il dio “La magia di cui fanno uso sia Thor che
Loki non è altro che un avanzato concetto di scienza. Stiamo
parlando di cose che nella nostra realtà sono come rette
parallele...”
“Non si
incontrano mai...” continuò T'Challa, riassumendo.
“Ma come sosteniamo da tempo noi, in Wakanda, magia e scienza
non sono necessariamente antitetiche. E come due rette, all'infinito, o
cambiando piano di riferimento, arrivano a incontrarsi...”
Notando le facce
per lo più perplesse del loro pubblico, Tony si
affrettò a spiegare “Fidatevi. Due rette
parallele, disegnate su superficie curva, si incontrano. Vi basti
questo. Ora...nel mondo da cui viene Thor, è la stessa cosa:
magia e scienza si incontrano. Se è difficile per me
accettarlo, non dovrebbe esserlo per dei miscredenti come
voi...” disse gesticolando in aria.
“Bada a
come parli, dolcezza!” sbottò Rogue, mani ai
fianchi.
“Quello
che voglio dire è che... oh, dannazione!”
imprecò nervoso “Non abbiamo trovato nulla di
strano, giusto? Giusto! Nulla di magico o di fuori posto. Ergo deve
trattarsi di qualcosa di meccanico, scientifico, tecnologico o qualcosa
di simile, fate voi.”
“Scusa
la domanda stupida...” interloquì Peter
“Ma se i nostri sensi, le nostre...arti magiche... non
riescono a individuare questa cosa...che sospetto sia una porta che
conduce a un altro ambiente... tecnologia per tecnologia... non
conviene far svolgere il compito a una macchina, i cui sensi non si
fanno ingannare come i nostri?”
“...
Stavo arrivando proprio a questo punto...” replicò
indignato Stark, avanzando verso il QuinJet. “Avanti,
T'Challa, dammi una mano con questi affari...” disse
indicando la sua armatura e il sintezoide Visione, assicurato alla
carlinga da robuste -quanto inutili- cinghie di Kevlar.
“Non
chiamarli affari...”
sibilò Wanda, rimasta fino a quel momento, in totale
silenzio. “Sono senzienti. Cosa definisce il confine tra una
vita e una non vita? Sei uno scienziato, dovresti sapere meglio di me
che esistono creature che non rispondono al parametro dell'ossigeno ma
a quello dell'ammoniaca... Allo stesso modo, non credo che il carbonio
possa essere una discriminante rispetto al silicio. Porta rispetto per
una forma di vita intelligente che non riesci a capire!”
Tony
levò gli occhi al cielo. Come diceva il detto “A
padroni e matti non si comanda...” e lui padroni non ne aveva
mai avuti quindi pensò fosse meglio lasciare la marmocchia
delirante a crogiolarsi nel suo insoluto problema dissociativo con le
macchine. Problema che, a dirla tutta, avevano sempre avuto sia lui che
Hank. Certo poteva dire di capirla, ma scattare a quel modo...
“E noi cosa
facciamo nel frattempo?” domandò Wade
buttandosi per terra “Qui
non hanno nemmeno la tv via cavo...figurati la
pay-per-view...”
“Mangia,
Wade! Hai fatto scorta di Kebab... mangia e taci...”
replicò Logan.
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Scivolò
nel buio di una sala appartata e pressoché invisibile
dall'ambiente principale, così vasto che i suoi confini si
perdevano all'orizzonte. Quel posto era meravigliosamente ingegnoso. Ci
si poteva nascondere all'infinito. E la stanza in cui si era ritirato
non era che una finestra sullo spettacolo che andava profilandosi
nell'immediato futuro.
Da lì
poteva vedere tutti i sarcofagi, i macchinari, le sostanze che
servivano allo scopo abbastanza perverso del suo ospite. E i paesaggi
olografici sulle pareti che mostravano l'ambiente d'origine. E poi
ancora le celle ad alveare in cui erano rinchiusi i soggetti dei test,
quelli in attesa di collocazione, e gli esperimenti che sembravano
procedere nel verso giusto. Il suo ospite, inoltre, aveva classificato
alcuni di questi con il caratteristico rombo rosso, a denotare che
erano progetti di vecchia data, già avviati nel passato e di
cui intendeva controllare o accelerare lo svolgimento.
Tutto procedeva
esattamente come lui
aveva previsto.
I meccanismi che
aveva azionato per godimento personale e, in secondo luogo, nel
tentativo un po' vano di dare una svegliata al fratello -amava le cose
complicate e le missioni pressoché impossibili- si erano
rivelati più gustosi, soddisfacenti, sorprendenti e comici
di quanto non avesse previsto.
Gli esseri umani
erano così pateticamente prevedibili ma così
dannatamente essenziali per l'equilibrio dell'universo. Non gli Shi'ar,
non i Kree... razze potentissime e così avanzate da
risultare, talvolta, un obiettivo irraggiungibile per gli stessi
Asgardiani: razze che avevano messo a ferro e fuoco l'intera galassia
si inginocchiavano, in attesa, davanti a quei patetici vermetti rosati.
Poco importava
che alcuni si ergessero sopra la massa, arrivando a stabilire preziosi
contatti commerciali con mezzo universo. Contatti commerciali che lui
si era preso la briga di preservare: era folle, non stupido e quei
ragazzini gli servivano. Erano stati dei partner fantastici: da una
parte avevano consolidato il mercato interplanetario, dall'altra erano
stati grandi burattinai nella sua maestosa pantomima. Tramite loro era
arrivato ai vertici delle organizzazioni che governavano Midgard e da
quelle a tutte le sue pedine.
Una delle quali
era sorprendentemente cinica e disinteressata a tutte le
velleità terrene, focalizzato unicamente sul suo desiderio
di studiare, capire, sezionare, ricreare, raggiungere la perfezione
degli eroi.
Aveva lasciato
Nathaniel Essex in quella che risultava essere l'ultima stanza in fondo
al labirinto che aveva sapientemente predisposto per gli eroi della
Terra. Li aveva bastonati e umiliati (anche se riteneva di esser stato
ancora molto magnanimo rispetto ai suoi standard) e quelli non si erano
né spezzati né piegati. Avevano incassato ogni
suo attacco, che venisse dall'opinione pubblica, dai loro diretti
superiori o da loro stessi. E ancora non si mettevano in discussione,
si ostinavano a testa bassa, come muli cocciuti. Ma era per questo che
li trovava tanto divertenti. Al posto di arrendersi, scoppiare in
lacrime, compatirsi o scaricare la responsabilità dei loro
mali sul mondo circostante, se ne erano assunti la
responsabilità, se l'erano caricata sulle spalle senza
fiatare, come il pesante bagaglio di uno sherpa nepalese.
Ma lui sapeva che
a tutto c'è un limite. E che, raggiunta la soglia, la
classica goccia avrebbe fatto tracimare l'altrettanto classico vaso.
Sarebbe stato
meraviglioso.
Aveva predisposto
tutto con cura e intendeva godere fino all'ultimo dello spettacolo
così sapientemente architettato. Le in gioco variabili non
erano schegge impazzite ma tutto rigorosamente monitorato, seppur con
un buon margine di autonomia dei singoli. Era un esito scontato, in
fondo. Ma sarebbe stato comunque divertente vederlo concretizzarsi
sotto i suoi occhi. Oh, come avrebbe goduto nel vederli perdere tutti
il controllo, diventare furibondi.
Perché
i cosiddetti eroi erano disposti a sacrificare tutto, a perdere ogni
cosa, compresi loro stessi, per un bene superiore.
Tutto.
Con delle
eccezioni. Ammesso che non fossero dei folli psicopatici come lo erano
i suoi alleati. Ma erano eroi, appunto. E come tali, pur con le loro
imperfezioni umane, incarnavano, maldestramente e spesso
involontariamente, le virtù che ispiravano a un
comportamento migliore.
E lui sapeva bene
come bambini innocenti e vecchi paralitici potessero muovere gli animi
più induriti. Se a tutto questo si aggiungeva il fatto che
folli scienziati erano incaricati di torturare e sperimentare su questi
soggetti... per non parlare del sadismo nell'infierire, aggravare e
fomentare situazioni già particolarmente traumatiche...
Il tutto,
ovviamente, all'insaputa del prescelto.
Riuscire a
scatenare l'ira degli eroi sarebbe stato a dir poco galvanizzante.
Uno spettacolo
per cui si era assicurato un posto in prima fila e che gli avrebbe reso
gli onori che il padre gli doveva. Anzi, non solo il padre ma
l'universo tutto.
Con il suo genio,
lui, Loki di Laufey, avrebbe fatto compiere alla Terra quel balzo
evoluzionistico in avanti che ancora gli mancava per confrontarsi alla
pari col resto dell'universo civilizzato. I terrestri si sarebbero
potuti proteggere da soli dalle incursioni di predatori interstellari,
lasciando il tempo e il modo agli Aesir, e a tutti gli altri coinvolti
nel mantenimento dell'equilibrio della loro maturazione genetica e
intellettiva, di dedicarsi ad attività ludiche
più pragmatiche e interessanti.
Il Ragnarok, ad
esempio, era uno dei tanti eventi che avrebbe gradito si svolgessero
quanto prima.
Oh, certo, non
ultimo, in questo modo avrebbe anche preservato sua figlia dalla
grinfie di quell'orrendo e deforme Vanir che era Thanos.
Perché sapeva che il castigo a cui il gigante era stato
relegato non poteva che essere temporaneo. Quando sarebbe tornato alla
carica, deciso a sterminare il gioiello dell'universo, avrebbe trovato
chi, in sua vece, avrebbe indirettamente protetto la figlia da promesse
sconsiderate.
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il suo assistente
era inquieto e nervoso. Avvertiva distintamente il suo nervosismo anche
se quello rimaneva immobile come un telamone davanti alle vetrate.
Paradossalmente, la cosa gli impediva di concentrarsi a dovere. Anzi,
cominciava a dargli decisamente sui nervi. Levò gli occhi
dalla sua cartellina e gli piantò lo sguardo accigliato
sulla schiena. “Cosa c'è... Prelato Summers?
Qualcosa ti disturba?”
Quello non diede
segno di averlo sentito ma poco dopo si voltò, dando le
spalle al paesaggio virtuale quanto lussureggiante che si estendeva a
perdita d'occhio al di là del vetro. Il suo personale
giardino dell'Eden, gentile concessione del suo mecenate.
“Non
concordo con la vostra tolleranza...” sibilò
appena mentre i capelli ormai troppo lunghi gli ondeggiavano davanti
agli occhi.
Lo scienziato si
prese qualche istante per osservarlo e valutarlo. L'aspetto trasandato
che aveva all'inizio era stato soppiantato dalla sfumatura selvaggia
che -ne era certo- brillava anche nei suoi occhi roventi. La passione
che gli ardeva in petto era stata a lungo repressa dall'errata
convinzione di dover essere più che responsabile per
proteggere il fratello. Quello che nessuno dei due aveva mai capito era
il fatto che la sorte era stata crudele nei confronti di entrambi. I
pochi mesi che li avevano separati alla nascita avevano delimitato un
confine invisibile tra il maggiore e il minore, con stupide
ripercussioni su entrambi: erano entrambi solo dei bambini quando erano
rimasti orfani in uno sfortunato incidente aereo.
Nonostante i suoi
sforzi di rimuovere quelle barriere mentali che la vita aveva
sedimentato nel loro animo, certi atteggiamenti permanevano.
Così Scott rimaneva ligio al dovere e insofferente alla
leggerezza con cui Alex, protetto dalla sua ombra che al contempo gli
gravava addosso come un modello soffocante e irraggiungibile,
affrontava la vita.
“Credimi...sono
un tipo ben poco tollerante... Ma è meglio lasciare che Alex
si sfoghi o potrebbe riversare il suo malumore nel lavoro...”
commentò lo scienziato andando alla balconata poco distante
da cui, per mezzo di altri schermi olografici, poteva avere
l'impressione di osservare il cuore della loro città segreta.
A una discreta
distanza, sotto di loro, più in là nella vasta
sala dell'immenso laboratorio, il secondo Prelato Summers era impegnato
in un vivace incontro ravvicinato e del tutto smaliziato con la sua
compagna di una vita, uno dei suoi più alti ufficiali,
l'attuale Cavaliere Pestilenza. Anche Lorna, in fondo, non era cambiata
poi molto: le medesime passioni continuavano a legare i due giovani ora
come allora. Al riguardo, Essex si trovò a sogghignare,
poiché trovava del tutto inappropriato il livore di Scott.
Il suo senso del dovere lo frenava ma in realtà...
“Non
credo...” disse tornando a guardare i propri appunti
“Che tu sia nella posizione più indicata per
criticare Alex...Tu hai addirittura un harem...”
lasciò cadere pensando alla bionda e alle due rosse che gli
girovagavano per i laboratori, chi come complice chi come cavia.
“Ma non
lascio che ciò interferisca col mio lavoro...”
ribatté subito quello, colto nel vivo.
“Ti
dirò...quasi preferirei vedervi...cioè...sapervi
all'opera più frequentemente...”
confessò il genetista quasi stesse valutando i pro e i
contro di quella proposta: più attività da parte
loro, più materiale genetico da studiare per lui.
“Signore...”
li interruppero altri due cavalieri comparsi dal nulla e vestiti
completamente di nero e rosso com'era la loro nuova divisa. Shiro e
Remy si erano fatti ancora più silenziosi e circospetti da
che erano diventati Cavalieri. Non che dovesse sorprendersi: il primo
era giapponese e, con ogni probabilità, le doti da ninja
erano connaturate nel suo D.N.A. Mentre Remy... beh...era stato
cresciuto dal capo della confraternita dei ladri, quindi il suo
addestramento non poteva che venire acuito da quella trasformazione.
“Ditemi,
miei cari...” li invitò mentre, con occhio clinico
osservava la camminata del giapponese. Dopo l'incidente e la perdita
delle gambe, ora camminava forse meglio di prima. Poteva dirsi
più che soddisfatto. E doveva ringraziare solo la sua
piccola creaturina artigliata. Più tardi sarebbe passato
anche da lei a vedere come stava.
“I
Vendicatori sono arrivati alla base in Egitto...” disse Shiro
con serietà e senza mezzi termini.
Il disappunto si
dipinse rapidamente sul volto cereo del genetista e si
trasformò quasi istantaneamente in rabbia. Come era stato
possibile? A chi doveva attribuire la colpa? Sapeva che, prima o poi,
l'assenza di tutti gli occupanti della scuola di Westchester
-così come di altre strutture sparse per il mondo che
accoglievano mutanti e superumani- sarebbe stata notata. Ma non che gli
interessati giungessero a destinazione. E, sicuramente, non in
così breve tempo.
Serrò
la mascella nervoso e poi subito si rilassò. Non aveva nulla
da temere. Erano al sicuro, protetti come in una botte di ferro. Anche
ammesso che quelli fossero riusciti ad arrivare fin lì (cosa
altamente improbabile anche se con gli eroi più potenti
della Terra a piede libero non si poteva mai essere sicuri di nulla)
non ne sarebbero mai usciti. Non vivi, per lo meno.
E anche nel
malaugurato caso si fossero rivelati così estremamente
inarrestabili lui si era predisposto una scappatoia. Bisognava sempre
prevedere il più terribile degli scenari per essere pronti a
farvi fronte nel caso si fosse mai realizzato. Era da stupidi romantici
credere che il predisporre uno o più piani di riserva
volesse dire non credere sufficientemente nell'idea principale. Era
l'atteggiamento di chi agisce sull'onda dell'istinto, di chi non
è abituato a guardare lontano a pianificare, l'atteggiamento
del soldato semplice, non del Generale.
Essex si
guardò attorno, lasciò scivolare uno sguardo di
tenero compiacimento a tutti i suoi esperimenti. Gli sarebbe
dispiaciuto perdere tutto. Ma avrebbe avuto sempre i suoi rapporti e
referti. Storse appena il naso all'idea. Avrebbe dovuto effettuare dei
back-up con maggior frequenza, fintanto che l'allarme non fosse
passato. In caso di attacco, salvare il possibile e distruggere ogni
documento, cartaceo o virtuale che fosse, sarebbe stato più
complicato, avrebbe richiesto più tempo. Diede le spalle ai
suoi accoliti, meditabondo. Doveva trovare una soluzione che gli
permettesse di guadagnare tempo prezioso e non correre gli stessi
inutili rischi corsi con Arma Plus.
Ma la soluzione
era semplice e a portata di mano, come in una partita di scacchi.
Per salvare il
re, si sacrificavano tutte le pedine. E anche gli alfieri e i cavalli.
E le torri financo la regina.
Ecco cosa avrebbe
fatto. Semplice, brillante. Nessuno avrebbe mai sospettato nulla.
Né dei suoi avversari né delle sue stesse pedine.
D'altronde, in quel posto era l'essere più intelligente e
chi lo superava ampiamente era ridotto al silenzio.
Sorrise.
Avrebbe portato
un tributo trionfale al suo signore e l'era di Apocalisse sarebbe
finalmente scesa sulla Terra proclamando la fortuna e la
superiorità dei più geneticamente avanzati.
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Insomma, eccoli
qua, finalmente chiariti in modo inequivocabile, i piani di Loki.
Perché tutto è nato e perché tutto si
è evoluto in questo pippotto da 100 e rotti capitoli.
Ora sapete cosa aspettarvi dai prossimi capitoli :)
Non dite che non siete stati avvertiti ;)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** Trappole ***
30.
Trappole
“Lune ed Egitto....” bofonchiò Janet, lo
sguardo rivolto al soffitto.
L'aria, all'interno della base nascosta, si stava facendo gradualmente
ma inesorabilmente secca e graffiante dato che il portellone sventrato
non tratteneva più l'umidità all'interno. Anzi,
dalla sua voragine filtrava, eterea e traslucida, con ritmo casuale e
irregolare, la sabbia dorata e calda del deserto e gli impianti di
condizionamento -prima cosa che Natasha si era preoccupata di
controllare appena aveva capito che ci sarebbe stato da aspettare-
sembravano essere tutti fuori uso. Il caldo e l'afa stavano invadendo
ogni angolo della base e ben presto stare lì non sarebbe
stato molto diverso che stare all'esterno. L'unico sollievo era portato
dal buio in cui avevano fatto calare nuovamente la base per impedire
che i neon scaldassero troppo rapidamente l'aria fresca residua e in
cui trovavano la protezione dai raggi roventi del sole.
“Cosa c'è?” domandò Tony
sovrappensiero, intento a stringere una valvola di sicurezza che
grondava olio. Era sudato come non l'aveva mai visto. Certo, Tony prima
di essere un grande ingegnere sapeva essere un grande meccanico. Non si
tirava indietro davanti alla sfida rappresentata da un motore e si
immergeva fino alla cintola in ingranaggi sporchi e pericolosi. Ma, per
quel che lo conosceva, aveva sempre mantenuto un certo distacco con la
materialità di quello che faceva: era sempre pulito,
profumato, coi capelli ingellati. Praticamente inappuntabile anche con
un toni lurido legato in vita. Lo aveva visto ridotto in condizioni
simili solo nelle riprese dei notiziari, quando era riuscito a scappare
dal covo dei Dieci Anelli, anni prima. Quando, per salvargli la vita,
gli avevano piantato in petto una miniaturizzazione del generatore Ark.
“Marc Spector...” alitò lei in risposta.
In quello era rimasto lo stesso di sempre: quando lavorava si
estraniava completamente dalla realtà circostante. Salvo
tornare coi piedi per terra al minimo accenno di determinate parole
magiche. Che lei, ovviamente, non aveva mai scoperto. Dio solo sapeva
come facesse Pepper a reggere, e addirittura desiderare un uomo del
genere. Non che lei fosse in una posizione particolare per poterla
giudicare, visto l'uomo, geloso e a tratti violento, che si era scelta
per marito “Ricordi cosa ti ho detto prima? Rientrato a L.A.
farneticava sull'Egitto...”
“E dunque...?” domandò ancora l'altro
trafficando sulla sua armatura. Era evidente che non la stava
ascoltando. Abbastanza prevedibile, in fondo.
“Noi siamo in Egitto... e so che non credi alle
coincidenze...” sbuffò lei tornando a fissare il
soffitto. Nessuno, nel loro gruppo, ci credeva. Lei era l'unica che
portava un po' di brio e magia in quel gruppo di nerd: lei, con le sue
stoffe, i suoi colori, i suoi argomenti apparentemente frivoli, l'amore
per il gossip, si era scavata in quel modo una nicchia particolare.
Perché quando avevano bisogno di informazioni su qualcuno
era da lei che andavano. E lo stesso quando avevano bisogno di un punto
di vista esterno, non vincolato alla rigida e fredda
logicità di menti matematiche. Lei, e in minima parte anche
Susan, rappresentava la parte più creativa e flessibile di
quel team di scienziati invasati.
“No, e allora...?” Questa volta Tony fu costretto
ad alzare lo sguardo dal suo lavoro. La parola coincidenza gli
suscitava sempre un certo prurito.
“Guarda là...” disse la donna con
un'alzata del mento.
Il magnate fu costretto suo malgrado ad alzare la testa verso il cielo
azzurro che si stagliava sopra di loro, filtrando dallo squarcio che
avevano prodotto nel portellone per entrare. Non riusciva a capire cosa
volesse dire Janet.
“Non avendo nulla da fare mi sono guardata attorno... Tu sai
come il mio occhio da designer sia allenato a riconoscere forme,
motivi, colori...”
“Sì sì, la storia della donna
preistorica raccoglitrice...” tagliò corto l'uomo
riprendendo a pasticciare con olio e cacciaviti.
Janet ignorò la punzecchiatura e proseguì
“Ammesso che Marc non si riferisse ad altro, e può
sempre essere... trovo curioso il fatto che i portelloni di questa
base, nascosta sotto le dune del deserto egiziano, quando si aprono
vadano a formare delle mezze
lune...”
Piccola vespa. Sapeva di aver attirato la sua attenzione. “E
quindi?” domandò ancora Tony, riportando
l'attenzione al discorso di lei mentre alzava lo sguardo su uno dei
portelloni chiusi. Effettivamente, dal modo in cui erano composti, si
poteva desumere che l'apertura asincrona dei portelloni determinasse
una luna crescente a partire dalla totale oscurità della
luna nuova, rappresentata dal portellone chiuso, fino a giungere alla
sua massima estensione nella figura della luna piena una volta che il
passaggio fosse stato completamente sgombro, con l'apertura del secondo
portellone “Pensi che anche lui sia stato rapito come i
ragazzi di Westchester? E che sia riuscito a fuggire? Non vedo un
collegamento. Quelli sono ragazzi e anche contando i loro tutori si
tratta comunque pur sempre di mutanti. Io direi di guardare a qualcuno
che ce l'ha a morte con loro... Marc è una persona normale:
il caldo dell'Africa gli avrà cotto il cervello. Non ci sono
prove che sia passato di qua.”
Janet lo guardò scettica “Anche tu appariresti
normale se non avessi sbandierato ai quattro venti la tua
identità. Marc può benissimo essere un
superumano... d'altronde non esiste nessun registro al
riguardo...”
“Non tocchiamo questo argomento, per favore... Pare che io e
Steve abbiamo due opinioni diverse al riguardo... non vorrei inimicarmi
anche te per quello che sono dei semplici discorsi da bar... quindi non
dirmi come la pensi...in nessun caso, chiaro?”
Janet lo guardò confusa: era una cosa tanto ovvia. Il
governo doveva
avere un elenco, una lista di superumani su cui poteva o non poteva
contare. Fece spallucce e continuò “Ad ogni
modo... Trovo strano che Marc fosse qui e sia rientrato delirando di
lune ed Egitto... se fosse un superumano potremmo avanzare l'ipotesi
che una grande mente, forse anche malvagia, stia tramando contro quelli
che potremmo definire eroi
della Terra...”
Come se Janet gli avesse appena versato addosso una secchiata d'acqua
gelata, Tony si raddrizzò di colpo. “Hai
ragione...” disse con occhi sgranati e in qualche modo
trasognati “Un genio del male... Loki può fare
questo ed altro...ed è da quando abbiamo respinto la sua
invasione che i media battono su questo tasto, cercando di convincere
la popolazione civile che i superumani sono un pericolo...
Steve!” urlò in modo che il Capitano lo
raggiungesse. Ma quello era impegnato in chissà quale
stupida e sterile discussione con Stephen Strange... omonimi...
chissà di che altro potevano mai parlare se non del
significato storico ed esoterico del loro nome? “Capitan
Mistero!! Vieni qui un attimo!” aggiunse quando quello non
diede nemmeno cenno di aver sentito la chiamata. Insultare Steve era
una strategia che sembrava vincente: quanto meno, aveva girato la testa
nella loro direzione.
“Per favore...” aggiunse sottovoce Janet, come un
grillo parlante.
“Per favore...” ripeté lui con poca
convinzione, a denti stretti.
Dopo poche parole di commiato, il Capitano si congedò dalla
sua cricca e raggiunse Stark “Mi volevi?”
domandò con velato sarcasmo quando fu a meno di due metri da
lui.
“E' una trappola...” tagliò corto il
magnate, ignorando che, senza preamboli, l'altro non avrebbe capito
nulla del suo ragionamento.
“Cosa?” domandò, infatti, il soldato
senza capire
“Uomini col dono della sintesi...” celiò
Janet, restituendo la stoccata a Tony, e prese la parola in vece
dell'amico.
“Donne che sparano parole più di un
mitragliatore...” replicò Tony che voleva avere
sempre l'ultima battuta.
La signora Pym levò gli occhi al cielo
“Presumiamo...anzi, presumo, dato che Tony è
scettico al riguardo, che la comunità mutante, e superumana
più in generale, sia vittima... non tanto di persecuzione...
quanto piuttosto di...”
“Crede ci sia una grande mente dietro a tutto questo che
avrebbe rapito anche diversi rappresentanti non ancora identificati dei
superumani...” tagliò corto Tony ancora una volta,
impaziente.
Steve si prese qualche istante per riflettere su quello che i due gli
avevano appena detto “E perché noi saremmo ancora
a piede libero?”
“Voi siete conosciuti e il gruppo che vi circonda
è un bersaglio troppo evidente che, scomparendo nel nulla
dall'oggi al domani, solleverebbe troppe domande..”
spiegò Janet mentre Steve prendeva posto accanto
all'amico/nemico “Dovevate scavarvi la fossa con le vostre
mani, screditarvi da voi, in modo che l'opinione pubblica vi ritenesse
un pericolo e fosse contenta di relegarvi ella stessa in qualche campo
o di marchiarvi con un chip identificativo o bandirvi per sempre dalla
sua vita. Ora... lasciamo perdere perché
sono fermamente convinta che la minaccia non si limiti ai mutanti, che
incutono terrore perché la cosa risulta congenita e non
opzionale, ma che si estenda più in generale alla
comunità superumana nella sua interezza e che tutti i diversi siano in
pericolo, quello che mi preme farti notare è che si tratta
di un disegno di ampio respiro. Qualcuno -e Tony dice che sicuramente
dietro c'è Loki, viste le tempistiche- ha organizzato tutto
questo. Quindi, la strada che stiamo percorrendo alla ricerca dei
vostri-nostri amici non sarebbe altro che una trappola ben
congegnata.”
“Abbiamo alternative?” domandò Cap
quando lei ebbe finito.
“In che senso, scusa?”
“Nel senso che le persone scomparse sono scomparse davvero,
giusto? Non è una messa in scena” rispose
tirandosi in piedi e riafferrando lo scudo, precedentemente posato a
terra.
“Beh, sì...” rispose lei, guardando
Tony, perplessa, cercando di afferrare il ragionamento del soldato.
“Allora c'è poco che possiamo fare. Dobbiamo
continuare su questa strada. Poco importa che si tratti di una trappola
o di un'imboscata e che usino dei ragazzi come esca. Sappiamo di dover
prestare attenzione nelle prossime fasi, è già
qualcosa. Ma non possiamo assolutamente sottrarci a questo incarico che
noi stessi abbiamo scelto di portare avanti. Se non difendiamo prima di
tutto i nostri simili, come potremmo mai sperare di difendere tutto un
Pianeta? Terremo gli occhi aperti... vigileremo... Ma io non torno
indietro. E il gruppo mutante di sicuro sarà con
me...”
“Che discorsi stupidi...” sbottò Tony,
avviando la sua armatura “E' ovvio che siamo tutti con
te...”
“Allora occhi aperti..” annuì Cap.
“Tony...” lo apostrofò T'Challa
avvicinandosi “Io ho finito. Sono riuscito a impostare
Visione secondo i parametri concordati. Ti serve una mano?”
domandò vedendolo con le mani in mano, la chiave inglese
inerte tra le dita sporche di olio motore, lo sguardo perso nel nulla,
come se fosse stato immerso in chissà quale ragionamento
profondo.
“No..tutto a posto...ho finito anch'io..” disse
richiudendo un ultimo sportello della sua armatura. Si prese qualche
istante per studiarla: era un bell'oggetto, potenzialmente mortale. Era
tutta ammaccata e strisciata. Come ogni altra sua armatura, l'amava
più di una figlia.
Si rimise in piedi con una certa fatica e si sgranchì gambe
e schiena: starsene rannicchiato per tutto quel tempo gli aveva
rattrappito i muscoli e intorpidito le membra.
Il magnate e il re del Wakanda fecero eseguire alle due macchine due
scansioni diverse dell'intera struttura e, mentre quelle si inoltravano
nelle viscere della base abbandonata, i Vendicatori ne approfittarono
per ripulirsi e vestirsi, pronti a ogni evenienza.
Dopo un tempo relativamente breve, le due macchine tornarono sui loro
passi e fecero rapporto: invisibile all'occhio umano -e ogni altro tipo
di diagnostica esplorativa condotta fino a quel momento- c'era
effettivamente quella che sembrava essere una botola, un portellone, un
macchinario dalla dubbia funzione.
Lasciato il QuinJet parcheggiato nel luogo dell'atterraggio, che Wade
insisté per mettere in sicurezza, come fosse un'automobile
con allarme elettronico, il gruppo si lasciò guidare dalle
due intelligenze artificiali.
Furono condotti in una grande sala, apparentemente svuotata di tutta la
sua strumentazione. Sulle pareti, infatti, aleggiavano le ombre
lasciate dal tempo, dall'uso e dal mobilio che, una volta rimosso,
aveva lasciato le sagome distinte degli oggetti che proteggevano i muri
dal loro naturale decadimento.
“Siamo già stati qui...”
interloquì Stephen Strange, avanzando dal gruppo con
Wolverine alle calcagna che fiutava l'aria. “Mi pareva
avessimo concordato ci fosse stato un trasloco massiccio di
strumentazione preziosa e sensibile...”
-E' esatto...- concordò Visione -Ma davamo per scontato che
fosse stato fatto con mezzi convenzionali...camion e facchini...-
“Non è così?”
domandò Clint stupefatto
-No, Agente Barton...- rispose il sintezoide voltandosi appena verso
l'arciere
“Spiegati...” ordinò Tony con un cenno
del capo, le braccia incrociate sul petto.
-L'intera sala è stata trasformata relativamente di recente.
Ci troviamo su una piastra teleportante.-
Steve lanciò un'occhiata a Tony che, a sua volta,
interrogò T'Challa con uno sgurdo mentre poneva la domanda
successiva al sintezoide “Sai dirmi anche a chi
hanno rubato questa tecnologia? No, perché ormai ho come il
forte sospetto che...”
-Il progetto appartiene a Victor Von Doom- rispose subito Visione,
impassibile.
“C'è qualcosa o qualcuno che non è
stato vittima di plagio, furto o simili?” sbottò
esasperato. Prima si erano imbattuti nelle sue armature che avevano
dato il via al progetto Sentinelle e al prototipo che Visione
rappresentava. Poi avevano scoperto come il progetto di Pym fosse stato
usato per creare un superesercito di droidi semisenzienti. Ora sbucava
il teletrasporto di Von Doom. A quando qualche strabiliante colpo di
scena con mirabolanti tecnologie wakandiane? A quando qualcuna delle
assurdità di Reed? Non c'era un singolo progetto, custodito
da quelle menti geniali, che non fosse pericoloso e che non correva il
rischio di essere rubato da delinquenti malintenzionati che, con ogni
probabilità, avevano in libro paga qualche telepate o
qualche strano congegno atto a sondare le menti dei più
grandi scienziati della Terra.
“Sai attivarla?” domandò Natasha,
pratica e chirurgica.
-Certo.- rispose il robot senza scomporsi.
Chissà qual era il trucco. Non voleva saperlo. O forse
sì? Forse era meglio informarsi, per essere sicuri di
riuscire a rientrare , nel caso avessero perso il sintezoide per una
qualche sciagura inimmaginabile.
-Devo impostare l'ultima destinazione?-
“Certo...” replicò Tony con sufficienza.
Era da stupidi mettersi a cercare nella cronologia (ammesso ce ne fosse
una) di quella tecnologia Latveriana, di cui continuavano a sapere poco
o nulla, la destinazione specifica se, tra l'altro, nemmeno avevano
idea di cosa cercare. Non fece in tempo a domandare quale fosse la meta
più recente e a domandare ai suoi compagni di avventura se
fossero tutti pronti al nuovo viaggio che il sintezoide, accoppiatosi
con il macchinario, aveva già attivato il congegno.
Stupide, stupide, stupide macchine.
Mai che capissero le sfumature della voce umana.
A volte si sorprendeva ad amarle tanto.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
XD sì, il giro dell'oca non è finito. Ma siamo
quasi giunti a destinazione. Onestamente non amo particolarmente far
vagare in lungo e in largo i personaggi (Pietro mi ruberà le
parole quanto prima..). Purtroppo il Marvelverse insegna che a volte
tutto sto girotondo è necessario. D'altronde, spesso, anche
nella vita di tutti i giorni, non ci capita sempre di arrivare subito a
destinazione, in quella vera, nel luogo giusto dove troveremo quanto ci
serve.
Chi indovina dove sono diretti i nostri amici non vincerà
cmq nulla, mi dispiace dirvelo :P
Ma le scommesse sono aperte. Ricordate...gli indizi li avete avuti e
sapete che non posso tirarla ancora troppo per le lunghe: mancano una
decina di capitoli, sì e no...
Detto ciò, ho buttato lì un altro riferimento a
Civil War (di cui faranno presto il film...non so come, visto che gli
manca Spidey). Infatti, Janet si schiera con Tony a favore della
registrazione dei superumani. E' un tema che non ho approfondito (per
evitare di sollevare un vespaio) ma che resta strisciante in sottofondo.
Che altro?
Spiegherò mai se e come abbia fatto Marc Spector (alia Moon
Knight) a scappare? :)
Continuate a leggere. Tanto non vi ammorberò ancora a lungo
;)
Alla prossima
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** Welcome to the jungle ***
31.
Welcome to the Jungle
La piattaforma, dal contorno apparentemente irregolare, si
illuminò di una tenue luce dorata sotto i loro piedi. In un
batter di ciglia il mondo attorno a loro cambiò
radicalmente: le tetre viscere della solida base S.H.I.E.L.D.
abbandonata sfumarono in quelle altrettanto cupe di una caverna dalle
pareti muschiose ed umide.
“Spero per voi che sia l'ultima tappa di questo viaggio
assurdo! Mi sono stancato di rimbalzare da un posto
all'altro...” borbottò Pietro, indignato per
quell'ennesimo spostamento.
“Finiscila!” lo rimbeccò Mystica
“Dove siamo?” domandò Tempesta
“Mi sembra un clima familiare...” concluse
scrutando con sguardo perplesso T'Challa che, in tutta risposta,
alzò le spalle sorpreso. Il caldo umido di quel posto stava
già facendo boccheggiare alcuni di loro.
“Possiamo avere delle coordinate?”
domandò Natasha, seccata, come se avesse a che fare solo con
bambini ritardati che non riuscivano a porre la domanda giusta nel modo
più corretto. Odiava il caldo e odiava, ancora di
più, non avere il controllo delle situazioni in cui si
trovava coinvolta.
-85 gradi e 50 primi Sud, 65 gradi e 47 primi Est. Antartide. Polo Sud.
Più precisamente Polo sud dell'inaccessibilità.-
“E' normale che al Polo faccia questo caldo?”
domandò Illyana, sorpresa.
Per tutta risposta Pietro le rifilò un'occhiataccia mentre
uno sprezzante commento a mezza voce gli scappava dai denti
“Ma questa non dovrebbe essere abituata alle nevi
perenni?”
La piccola Rasputin levò appena un ciglio, superiore a quel
commento sarcastico. “Sai..? All'inferno può fare
così freddo che ti si congelerebbe il sangue in meno di un
minuto. In alternativa può fare così caldo da
farti esplodere per aver raggiunto e superato il punto d'ebollizione
dei tuoi liquidi corporei...”
“No, che non è normale...” rispose
pacatamente il suo mentore, il dottor Strange, apprestandosi a uscire
da quel posto, seguendo la flebile luce che scorgeva più in
fondo. In quel branco di pazzi ed esagitati si sentiva il
più normale di tutti anche se si rendeva conto che essere lo
stregone supremo non lo collocava, nell'ottica altrui, in una posizione
di miglior sanità mentale. Avanzò guardingo
insieme a Rogers e a Stark che, a modo loro, stavano esplorando quel
posto.
“A nessuno interessa sapere cos'è il polo sud
dell'inaccessibilità?”
domandò Janet vedendo come tutti si fossero messi, alla
spicciolata, alle calcagna di Strange.
“Siamo a Sud, bella... il resto del nome è tutto
un programma...” celiò Rogue, suscitando il
disappunto della stilista che, vestita di tutto punto com'era, non era
ben disposta nei confronti di quel luogo inaspettato e inesplorato.
Una grotta! Al polo Sud. Lontani anni luce dalla civiltà.
Non sarebbe stata una facile scampagnata. “Potremmo anche
lasciarti qui, sai? Così diventeresti sicuramente LA bella
del sud... dubito ci siano tanti altri esseri umani al
Polo...” sbuffò caustica Janet quando la mutante
fu abbastanza lontana da non sentirla. L'aveva vista in azione e voleva
evitare ogni possibile confronto con lei. Non era così
stupida da sfidarla.
Si inerpicarono verso l'uscita e quando furono sulla soglia un silenzio
estasiato calò sul gruppo.
Polo Sud, aveva detto Visione.
Fossero stati in qualche grotta vicino al nucleo terrestre... o
semplicemente in qualche grotta riparata, la cui luce fosse stata
determinata da organismi bioluminescenti, quel calore avrebbe avuto
senso. Ma la vegetazione rigogliosa e primordiale che si estendeva a
perdita d'occhio al di là del varco nella roccia era
qualcosa che nessuno aveva neanche lontanamente immaginato. Quella era
una giungla tropicale a tutti gli effetti.
Sbalorditi da quella vista, i Vendicatori si protesero esitanti
all'esterno.
“Non ha senso...” borbottò Tony, assorto
“Ma certo!” sbottò Cap poco dopo
osservando la natura selvaggia. “Lo Shangri-la dei
diari di Byrd...ricordi che ne abbiamo parlato?”
Tony lo guardò storto, invitandolo tacitamente a non
continuare su quella strada. Anche perché doveva ammettere
che quelle panzane ufologiche, in questo caso, tornavano. In
realtà cominciavano a tornare tutte e la cosa era
pressoché inaccettabile per la sua mente scientifica.
“Rogue...?” chiamò Logan avendo notato
come la mutante si fosse appartata in modo tutto sommato insolito anche
per lei. Ed era l'unica che non si era sorpresa nel constatare come le
parole Polo Sud e Vegetazione selvaggia non stridessero tra loro
“Tutto bene?”
“Non mi piace.” sibilò mentre lo sguardo
verde e scuro come il petrolio correva tutt'intorno alla ricerca
disperata di qualcosa.
“Cosa c'è?” si impose l'artigliato.
“Ho un brutto presentimento. Karl... questa è casa
sua...” Wolverine non le domandò come facesse a
saperlo. Era una domanda troppo stupida. E attese “Dobbiamo
andarcene... o meglio...dobbiamo trovare la nostra destinazione e
correre...”
“Cosa c'è che ti preoccupa?”
domandò anche Warren, avvicinandosi circospetto, le ali
metalliche ritratta rigide e nervose sulla schiena. Quel posto aveva un
che di familiare anche per lui.
“Che
strano ponte...” gorgogliò Deadpool
dalla cima della grotta su cui si era arrampicato per cercare di
scorgere l'orizzonte.
“Ci sono ponti in questo posto dimenticato da Dio?”
domandò Wanda, scettica.
“Uuuu si
muove...” continuava il mercenario “Sembra... oddio,
è strano davvero... sembra la brutta copia di Jurassic
Park... Anche perché -lo sapevate, vero?- i dinosauri che
c'erano nel film erano inventati di sana pianta...”
“Dinosauri?” sbottarono Steve e Tony, per una volta
unanimi nel loro stupore
“E
laggiù sembra pure esserci un qualche edificio...una
piramide, a occhio e croce, tipo quelle Maya, con una torre di
avvistamento...”
“E' meglio avviarsi...” sibilò Logan.
Polo Sud, in un luogo definito inaccessibile, oggettivamente fuori
contesto. Una costruzione doveva essere per forza la loro meta. Solo
non capiva perché porre la piastra teleportante
così distante e nascosta. In previsione di una fuga
rovinosa? Per intrappolare in quel luogo i nemici? Non aveva senso e
non voleva perderci il sonno.
“Posso dirvi che il mio senso di ragno pizzica
all'impazzata?” domandò Peter con voce allarmata
“Non dovremmo essere qui...ci siamo ficcati in un gran
casino...”
“Quando ti sei cambiato il costume?” chiese Natasha
con occhio clinico, cogliendolo in contropiede e non dando minimamente
credito alla sua preoccupazione.
“Cosa...? Di che diavolo parli? Ho detto che siamo in
pericolo...” replicò l'uomo ragno
“E io ti ho chiesto quando hai perso tempo a
cambiarti..”ribatté la spia
“Io non...” stava cominciando a inveire quando,
all'improvviso, qualcosa lo afferrò e lo sollevò
in aria.
“Benvenuti nella Terra Selvaggia!”
gracchiò una voce con una risata inquietante che fece
accapponare la pelle a ogni membro del gruppo.
“L'autrice
ti ha preceduto e già dal titolo -un po' abusato, a dire il
vero- del capitolo l'avevamo capito!”
bofonchiò Wade offeso
“Gambe!” urlò Logan quando l'ombra si
abbatté di nuovo su di loro.
Un enorme pterodattilo teneva il buon Peter stretto tra gli artigli.
“Un
lucertolone alato!”
“Andate! Ci penso io!” replicò Rogue
sfoderando artigli ossei. “Karl è mio!”
sbraitò mentre si levava in volo, senza prestare ascolto
alle parole dei compagni di squadra che avrebbero voluto tenerla a
terra e combattere con lei. Era abbastanza ovvio, però, che
quello sarebbe stato uno scontro aereo e loro sarebbero stati di troppo.
“Mi dispiace, Bella...” replicò Karl
“Questa volta non mi batterai...”
“Tra moglie e
marito non mettere il dito...” recitò
Peter mentre lo pterodattilo, battendo le ali per prendere quota, lo
faceva sobbalzare su e giù “Ma se posso
permettermi ugualmente, e non so come stiano le cose tra di voi
né quali siano i vostri trascorsi, vorrei farti notare che
la fanciulla non è sola...” Karl stava
già per scoppiare a ridere quando una ragnatela densa e
appiccicosa andò a imbavagliargli il becco frastagliato e
adunco. Per la sorpresa, Karl quasi non mollò la presa sulla
sua preda. “E io che speravo ti arrendessi con le
buone...” replicò il ragno, indispettito.
Scoprendo una forza insospettata, fece leva con le braccia e
riuscì a liberarsi più facilmente del previsto
dalle sue grinfie. “Oh, cacchio!”
bofonchiò quando si rese conto di essersi liberato in cielo
aperto, senza il sostegno dei palazzi nelle vicinanze su cui lanciare
la propria ragnatela e di essere, di conseguenza, in caduta libera. Ma
qualcosa più forte di lui -comunemente denominato spirito di sopravvivenza-
gli fece estendere le braccia e sparare comunque le sue ragnatele.
Stranamente, la gittata di queste si estese per una lunghezza doppia
rispetto al normale.
“Siamo di nuovo io e te, Karl..” ringhiava intanto
Rogue, andando a colpire lo pterodattilo con un destro sul muso mentre
quello, ancora sorpreso dalla reazione di Peter, cercava di liberarsi
dai legamenti che Parker gli aveva lanciato contro.
Precipitò a terra, ruzzolando malamente tra la fitta
vegetazione. Incassato il colpo e liberatosi una volta per tutte della
schifezza appiccicosa che aveva sul muso, alzò lo sguardo,
pronto a spiccare il volo, imprecando. “Mi chiamo Sauron!
Smettila di usare il nome del mio alterego umano... non sono umano...
sono il potente Sauron, Re della Terra Selvaggia!”
tuonò, convinto che lei se ne fosse rimasta al sicuro, in
cielo, lontana dalla sua portata. Ma la mutante svettava davanti a lui,
a pochi metri di distanza. Le gambe ben piantate per terra.
“Hai qualcosa di diverso...” bofonchiò
studiandola con sguardo attento mentre si trascinava in posizione
eretta. Le ali, che si protendevano dalle braccia come vele di una
nave, davano l'impressione che indossasse un mantello di pelle.
“E non parlo del tuo ridicolo taglio alla finta
moicana...” disse occhieggiando lo scempio che la mutante si
era autoinflitta.
“Non sfidarmi...” replicò lei,
chinandosi a terra e per prendere un sasso e caricarlo dell'energia
cinetica che le sfrigolava in mano.
“Oh...” ghignò quello di rimando. Non
sembrava particolarmente sorpreso da quella mossa, anzi. “Mi
sembra alquanto familiare...”
“Lasciaci andare Karl. Non sono... non siamo venuti qui per
te. Stiamo seguendo una pista e...”
“Sì, sì...lo so chi e cosa cercate...
Ma vedi...” disse protendendo le proprie ali con fare
minaccioso “Questo è il mio compito, ora.
Proteggere la Terra Selvaggia da quelli come voi.”
“Ci sono Ka-Zar e Shanna per questo..”
replicò ancora la donna
“Oh, sì...quell'omuncolo... Vuoi assorbire i miei
ricordi per sapere cosa succede?” la sfidò lui
“Prego, accomodati...sai qual è il
prezzo...” ghignò con cattiveria
“Non ti lascerò entrare nella mia
testa!” replicò la mutante non senza un briciolo
di paura a punteggiare la sua rabbia.
“Come vuoi... ma non conterei sull'aiuto di Ka-Zar, ora che
è ai ceppi. Lui e tutta la sua gente...” un
sorriso malvagio trapelò, in qualche modo, da quel becco
rapace e le diede una pessima sensazione, quasi di
ineluttabilità. “Ad ogni modo... tu ti fermerai
qui... insieme al tuo amico ragno...”
“E di me cosa dici?” sibilò ferale
Warren, atterrato silenzioso alle spalle del lucertolone. Le ali
metalliche erano spiegate e protese in avanti come armi senzienti e in
un lampo andarono a cingergli la gola. “Fermerai anche me,
bestiaccia demoniaca?”
Alla vista del biondo mutante alato, Karl sembrò perdere la
sua verve combattiva. Anzi, sembrò quasi arretrare
terrorizzato al suo cospetto pur rimanendo congelato dove stava.
“Non ho paura dell'angelo della Morte...”
sibilò lo pterodattilo con un accenno di ritrovato coraggio.
Rogue avrebbe voluto dire al povero Warren smemorato e confuso di non
prestare ascolto alle parole di quel rettile e avrebbe voluto cacciare
un pugno in quel suo rostro che aveva per becco. Ma il biondo non
sembrava essere rimasto turbato. Anzi, sembrava essere scivolato in una
condizione simile a una trance aggressiva e feroce. A un suo cenno,
liberò la giugulare del mutante, così da poterlo
affrontare liberamente senza coinvolgere il bell'angelo.
A toglierli definitivamente dall'impasse, una palla vischiosa di fibra
di ragnatela andò a colpire in pieno muso il sauro parlante.
Un gridò di vittoria seguì l'impatto.
Parker arrivò in un salto, atterrando davanti a Karl Lycos e
poco alla destra di Rogue.
“Cosa si fa, intrepido capo?” domandò
volgendosi verso la ragazza che lo guardò come se si fosse
ubriacato. Ma quello la anticipò “Sembri conoscere
questo posto... E mister ali taglienti non mi sembra molto a
posto...”
“Nemmeno tu, con quel costume...”
replicò lei, non sapendo come sviare il discorso e i suoi
sospetti.
“Ti ci metti pure tu? Cos'ha il mio costume che non va,
tutt'a un tratto?” sbottò quello esasperato. Prima
Natasha, poi lei...
“A parte che nero è lugubre anche se
sfila?” si intromise lo pterodattilo come se fosse un
problema anche suo.
“Nero?” strabuzzò Parker sotto la
maschera allargando le braccia come a esporsi alla vista dei presenti
“Ma siete tutti daltonici? E' blu e rosso....e...oh...avete
ragione...” disse osservandosi meglio “Da
quand'è che sono diventato nero?”
“Ti sarà scaduto il costume... Hai usato tessuti
biologici fai da te?” replicò Lycos sarcastico,
dall'alto della sua laurea, mentre cercava di portarsi, lentamente, in
una posizione di sicurezza rispetto a Warren che pure continuava a
puntarlo come un falco.
“Sì, io... ehi!” si fermò di
colpo “Ma stiamo dialogando come nulla fosse con quello che
ha cercato di farmi fuori? Chissene frega del mio costume! Non ho usato
super nano particelle instabili. E allora? Funziona? Sì,
pure meglio di prima. E' di te che dobbiamo preoccuparci!”
“Comunque è strano...”
mormorò la mutante lì accanto
“Sì, lo so, ma avrò tempo per
pensarci...dopo!” replicò l'uomo ragno.
“Dimmi, Karl...”
cominciò Rogue avvicinandosi al rettile con Warren alle
calcagna come fedele cane da guardia personale. Aveva sottolineato di
proposito il nome umano del suo interlocutore, sapendo bene di
irritarlo “Cosa ti lega a Ka-Zar, a Warren e.... a
Remy?”
“A-ah...lo sapevo...” ghignò quello che
non aveva perso la sua tracotanza, nonostante la presenza dell'angelo
di cui pure aveva un evidente terrore.
Per tutta risposta, Rogue fece un cenno a Warren che
artigliò la gola dello pterodattilo in un lampo. Lycos
cominciò a dibattersi, impazzito di paura, tentando di
spiccare il volo. Ma l'angelo, le cui ali metalliche si erano spiegate
a contrastare la forza di quelle membranose che cominciarono a sbattere
nervosamente, isteriche e senza coordinazione alcuna, non si
lasciò intenerire e aumentò la stretta.
“Anche ammesso che ora voglia parlare, non credo ce la
farebbe...” bofonchiò Peter, sarcastico e
meditabondo, cacciandosi le mani sulla gola e fingendo di strozzarsi da
sé.
“Lascialo, Warren...” ordinò Rogue. Ma
quello non sembrò sentirla. “Warren!”
quasi urlò, leggendo la follia nei suoi occhi: lo avrebbe
ucciso!
Lo chiamò una terza volta e quando, ancora, quello non diede
segno di averla udita, si affrettò a sfilarsi un guanto. Non
ci pensò due volte e poggiò le dita sul collo
dell'angelo, in modo da fermarlo nel tempo più rapido
possibile.
Una scarica di visioni confuse e frammentate le inondarono la mente, un
turbinio di emozioni violente e primitive. All'inizio, tutto era
confuso. Gradualmente, i ricordi divennero meno caotici e si
delinearono. Un laboratorio, una vasca amniotica...dei tubi... un
conato minacciò di farsi strada nel suo petto ma lo
trattenne. Non era la prima volta che osservava cose del genere. Aveva
visto di peggio quando aveva scoperto il passato di Logan. Lei stessa
aveva vissuto atrocità simili anche se, a ben vedere, in
tutte e tre le esperienze c'era un filo conduttore, un leitmotiv... una
firma comune.
Quando Warren fu finalmente sedato, la mole di informazioni che le
vorticava in testa era tale che non avrebbe potuto resistere un secondo
di più senza assorbire i tratti peculiari dell'angelo, si
apprestò a staccarsi dal compagno ma una nuova ondata di
ricordi, violenta e distruttiva, arrivò a invaderle la mente
con tutta la sua brutalità. Si trattava di una serie di
ricordi completamente diversi dai precedenti. Come se appartenessero a
qualcun altro.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Innanzi tutto, scusatemi per il bidone della settimana scorsa. Non ho
avuto un attimo di pausa e non ho praticamente mai nemmeno acceso il
pc. Figurarsi correggere e postare il capitolo. Ma penso che, tra
lavori dell'ultim'ora e regali, siate stati impegnati anche voi.
(Regali? o li ho presi 4 mesi fa oppure mi sveglierò
dopodomani...)
Dunque.
Di Byrd e del Polo sud con la sua strana Shangri-la avevo
già accennato nel capitolo 16 di Rien ne va plus.
Ecco quindi che, come vedete, continuo a chiudere le varie parentesi
lasciate aperte.
La Terra Selvaggia. E chi c'è sempre al polo sud? :D eh eh
eh Purtroppo per voi e per Pietro, il viaggio non è finito e
le scatole cinesi non sono state ancora aperte tutte. Ma ci siamo
quasi.
Quanto alla piattaforma l'ho messa in mezzo alla giungla
perché così appare nella minisaga crossover
dell'anno scorso di Age
of Ultron. Un luogo dimenticato da tutti e -normalmente-
immutato nel tempo. Quindi quale che sia l'epoca in cui viaggiano i
nostri eroi possono star sicuri di trovarsi in un luogo protetto
(diversamente dall'utilizzare un edificio o un luogo in zona coperta
dalla cività che oggi è così, domani
non si sa. Non a caso è lo stesso principio che seguono
anche nella saga di Rubinrot)
Detto questo... :) al prossimo capitolo e al prossimo anno (Metto le
mani avanti: dubito che in questi prossimi giorni, tra Natale, feste,
parenti, mangerecci vari, riuscirò a riaccendere il pc. E
pure voi)
Auguri a tutti.
E spero davvero che sia un bell'anno. Almeno...a me comincia a
prospettarsi così. Ma vi terrò informati, non
temete!
Intanto, gioia e serenità a tutti voi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 32 *** Six Pack ***
32. Six
Pack
Nonostante il corridoio aperto dal passaggio del velocista come un
rasoio cauterizzante, avanzavano infermi tra la vegetazione ingombrante
e invadente che invano tentava di arpionare loro gambe e braccia. A
stento riuscivano a scorgere la loro meta, in mezzo a tutto quel verde.
Correvano a perdifiato, con una certa dose d' ansia che attanagliava il
petto e con il ritmo del sangue che pompava nelle orecchie.
Dinosauri...
Chiunque, persino Rogers, sapeva che i dinosauri erano estinti.
Non potevano esistere.
Erano un anacronismo.
Qualcuno doveva aver viaggiato nel tempo e dislocato parte
dell'Antartide in...
Antartide. Erano in Antartide! La terra dei ghiacci e delle nevi
perenni. Solo ora, davanti a un'assurdità ancora
più grande, se ne rendevano conto. Tuttavia, c'era un caldo
umido tropicale. Il sudore che colava copioso dalle loro fronti e
l'affanno che accompagnava la loro fuga era qualcosa di innegabile.
Forse, a ben vedere, i dinosauri non erano nemmeno la più
eccessiva delle stranezze, in quel posto.
E se non fossero stati tutti terrorizzati dalla paura di venire
divorati da qualche T-Rex, forse si sarebbero addirittura goduti quella
scampagnata come un'avventura.
Avanzavano frenetici e di corsa, per lasciarsi alle spalle quel
bestione alato di cui non capivano la natura.
All'ennesimo intrico di liane in cui si facevano strada, sarebbero
sicuramente ruzzolati giù dalla scarpata che si apriva come
una voragine sotto i loro piedi se Pietro non fosse tornato subito
indietro a sbarrare loro la strada. Lì, in una radura che
sembrava esser stata piallata da una vanga d'immani dimensioni, si
ergeva una piramide a gradoni grande quanto una piccola
città. I blocchi che ne rivestivano le pareti esterne
sembravano antiche e futuristiche insieme, percorse com'erano da
muschio stratificato e sensori così avanzati da costringere
Tony e T'Challa, che sbirciavano tra il fogliame quella meraviglia
della tecnica, a guardarsi stupiti.
Il clima, la vegetazione, quella strana costruzione persa nel tempo e
abbandonata in quel luogo lontano dall'umanità, davano
l'impressione di essere in Sud America, in una sorta di parco tematico.
A completare il quadro mancavano giusto un paio di figuranti con
copricapo piumato e multicolore e brutali rituali sanguinolenti in cima
all'edificio stesso. Per il resto c'era tutto, strane incisioni dal
dubbio significato comprese.
Forse erano i dinosauri a essere nel luogo e nel tempo sbagliati. O
forse Visione si era sbagliato: la piattaforma li aveva dislocati con
una tecnologia simile al teletrasporto e questo doveva aver bruciato i
microprocessori del sintezoide che, per questo, forse, sragionava ed
erano finiti davvero in un parco tematico. In quel caso, allora, i
dinosauri non sarebbero stati che meravigliosi marchingegni iper
realistici che erano sembrati così spaventosi solo
perché avevano colto il gruppo di sorpresa.
“Perché ci hai trattenuto dall'andare
oltre?” domandò seccata e incuriosita Ororo,
percependo la curiosità mal celata del suo compagno
wakandiano. Pietro non le sembrava il tipo che potesse tirare strani
scherzi. Certo, era arrogante e presuntuoso e anche dispettoso. Ma in
quel frangente...
“Ho come
idea che siamo arrivati...” bofonchiò
Wade in risposta.
“Cosa te lo fa credere, genio?” replicò
Wolverine mentre fiutava l'aria. C'era un odore familiare che gli
faceva accapponare la pelle della nuca.
Prima che Wolverine potesse informare in gruppo, Pietro
parlò, scostandosi una ciocca chiara dagli occhi azzurrini
con gesto affettato “Ci sono due guardie armate. Non mi hanno
visto perché i loro sensi sono troppo lenti per
percepirmi... ma non ci metteranno molto a notare la presenza di
intrusi”
Wade si protese, nel tentativo di scoprire chi fossero ma Logan lo
trattenne bruscamente.
“Li conosci già...” sibilò
l'artigliato, stendendo il braccio e indicando due figure solitarie,
vestite di nero dalla punta dei capelli alla para degli scarponi
appollaiati su una terrazza della costruzione: Domino e il Punitore.
“Nena
♥” sproloquiò Wade
“Quindi?” domandò Illyana visibilmente
seccata “Li conosciamo già, cosa c'è da
sapere al riguardo?”
“Niente che vi interessi, cocca!”
replicò il canadese, tornando a scrutare tra il fogliame.
“Ci penserò io... voi proseguirete non appena
saranno entrambi distratti. Tutta questa storia mi piace sempre
meno.”
“Non andrai da solo!” protestò Mystica
con arroganza
“Facevano parte del Six Pack. Io ne ero membro... chi altri
dovrebbe andare?” replicò lui, insofferente
“Ti porti Wade, tanto per cominciare!” impose la
mutaforma.
“Da quando comandi tu, qui?” replicò
lui, arricciando il naso. Wade era una palla al piede. Ma doveva
ammettere che il suo lavoro sapeva farlo bene. Ed era stato un Six Pack
anche lui.
“Da quando le persone di buon senso si sono trovate spaesate
davanti a tutto questo...” rispose lei, alludendo al buon
capitano alle sue spalle. Tutto quello, per gente non avvezza alle
stranezze come lo erano i mutanti, era troppo da capire o sopportare.
“Cocca... guarda che c'è qualcuno più
indicato di te a dare delle direttive..”
“Ah sì?” domandò la mutaforma
incrociando le braccia al petto “E chi sarebbe?”
Logan puntò il pollice alle proprie spalle “Ororo.
Ha diversi precedenti come vertice della catena di comando ed
è quella più indicata per guidare il gruppo su un
terreno imprevedibile come questo. Lei ha visto cose....”
“Allora mi prenderai nel tuo gruppo. Se temi che io possa
essere una pedina di Essex e portare i tuoi amici a morte
certa”
Logan la squadrò un attimo, incerto se fidarsi di lei.
Certo, lui e Wade si rigeneravano. E anche lei. Quindi, anche se li
avesse condotti in trappola, aiutando Nena e Frank, avrebbero avuto
comunque qualche possibilità di cavarsela. Lasciarla con
quel gruppo di bambocci, composto da tre adolescenti, un umano in
armatura, uno armato solo di arco e frecce, uno pieno di steroidi, un
altro con visioni mistiche e uno che si credeva mezzo pantera, una
donna letale, ma pur sempre umana, e una frivola totalmente inutile e i
suoi due migliori amici... beh... forse era la scelta peggiore che
potesse fare: c'era già quello strano robot che lo
impensieriva, nemmeno fosse stato una mina vagante già
armata. Con un cenno della testa, acconsentì ad averla con
sé.
“Sei stata una Six Pack anche tu.” disse caustico
“Ma tradisci la mia fiducia e sarà l'ultima cosa
che farai... te lo garantisco.”
“Quanto testosterone...” bofonchiò
Pietro, schifato da quelle smancerie da primitivi rituali
d'accoppiamento. Che solo lui vedeva come tali.
“Gli X-men saranno a capo del gruppo!” impose
Logan, guardando il resto del drappello e fissando poi lo sguardo su
Kurt e Ororo “Problema mutante, soluzione mutante”
aggiunse rivolgendosi a Tony e Steve, quasi a scusarsi.
“Mi sta bene” disse Stark mentre Rogers storceva il
naso. Dal suo punto di vista, la presa di posizione di Tony era
sembrata un volersi sbarazzare della responsabilità di
quella faccenda mentre lui avrebbe voluto rendersi utile alla causa dei
suoi nuovi amici.
“Kurt, quando sarete al sicuro, potrai venire a vedere se
puoi recuperarci. Per ora pensa a portarli tutti dentro”
continuò l'artigliato mentre il demone annuiva serio.
“Allora noi andiamo.” disse mentre Wade si separava
a malincuore da una delle sue pistole per porgerla a Mystica.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Mentre avanzavano nel corridoio, tutti quelli che incontravano si
scansavano, allarmati e ammirati. Lo scalpiccio confuso rivelava quale
metà del drappello fosse composta da agenti operativi e
quale da tecnici più adusi al silenzio inquietante dei
laboratori. Come tutti i loro compagni d'agenzia, erano vestiti
interamente di nero, motivo per cui l'uomo in bianco tra loro spiccava
come una macchia di sugo su una tovaglia immacolata.
Si riversarono nella sala conferenze con sicurezza, scegliendo ciascuno
il proprio posto con naturale istintività. Solo l'uomo in
bianco rimase in piedi, le mani intrecciate tra loro davanti a
sé, in attesa, come se fosse stato davanti a un plotone
d'esecuzione le cui armi fossero state caricate a salve.
“Un altro dei tuoi...” sibilò la donna
dai corti capelli neri entrando dall'altra parte della sala. L'uomo al
suo fianco ignorò il commento pungente e sarcastico e
andò a stringere calorosamente la mano al suo amico mentre
con l'occhio sano folgorava i due scienziati del gruppo “Non
avete installato nessun acquario sull'aereo, vero?”
domandò tagliente.
“No, signore...” rispose l'altro con un sorriso che
si stendeva da un orecchio all'altro
“Solo una vasca di coltura per alghe Kree geneticamente
modificate” continuò la ragazza dai lunghi capelli
color cioccolato e dal sorriso innocente di una bimba di tre anni.
Sentendo di aver calamitato l'attenzione del guercio, si
affrettò a giustificarsi “Così dicono
loro, coi loro roboanti nomi scientifici... sa come sono
fatti...no?” continuò, nella convinzione di star
peggiorando le cose.
“Vasche di coltura, Coulson?” domandò
Nick Fury senza mollare la presa della stretta di mano dell'altro e
lanciando un'occhiata enigmatica alla ragazzina, ultima arrivata nel
gruppo “E' così che aggiri le mie
direttive?”
“Fitz e Simmons ne avevano assolutamente bisogno...sai...
T.A.H.I.T.I.” disse con fare cospiratorio.
L'altro strinse l'occhio, accigliato, più per la
strafottenza dell'amico che per la bravata stessa “Avete
fatto progressi?” domandò ai due scienziati che,
nel frattempo, erano rimasti allibiti dalla confessione spontanea della
loro ingenua collega livello 1 “Abbiamo ancora un bel po' di
superstiti del Vertice e della Zona Blu da ricucire... dopo New
York”
“Ci siamo quasi, signore... ma abbiamo avuto
questo...contrattempo...” disse Jemma Simmons, adocchiando il
loro ospite spettrale.
“Giusto...” convenne Fury, prendendo posto al
tavolo e invitando quello strambo figuro, munito di un pass
provvisorio, a sedersi al suo tavolo “Veniamo al dunque...
Marc Spector...”
“Agente Marc Spector...” precisò quello,
impettito.
“Sai, Marc...” cominciò Maria Hill
“Ti è stata ritirata la licenza dopo che sei teoricamente morto
in Egitto...”
“Anch'io sono teoricamente
morto...” intervenne Coulson
“Il tuo M.L.D. è morto...”
precisò la Hill squadrandolo gelida mentre quello faceva
spallucce.
“Ero morto... e Khonshu mi ha riportato alla
vita...” rispose Marc Spector.
“Ti rendi conto che il tuo DDI non ti rende compatibile con
il servizio attivo, vero?” replicò acida la Hill
non facendo mistero del fatto che ce l'avesse davvero a morte con i
tizi in calzamaglia.
Ma Spector la ignorò e continuò “Mi ha
riportato in vita e, lui e altre due divinità egizie, hanno
infuso in me i loro spiriti...”
“Questo è un delirio, te ne rendi
conto?” borbottò Fury, rivolto a Coulson, mentre
con il braccio puntellato sul tavolo di reggeva la fronte, perplesso,
quasi a volersi schermare dall'uomo in bianco davanti a loro che
continuava a restare in piedi. Il suo interlocutore e amico si
prodigò nel suo solito sorrisino enigmatico che invitava a
continuare l'ascolto.
“Il suo DDI...” ricominciò l'agente
Simmons
“Disturbo
dissociativo d'identità per le persone
normali...” precisò la giovane Skye con un
sorrisetto indisponente quanto quello di Coulson.
“... indica che il suo stato di alterazione mentale ha scisso
la sua personalità in quattro, di cui una è
quella originale di Marc Spector.”
“E le altre tre?” la incalzò Fury
“Sono compatibili con il suo racconto...”
asserì la scienziata prima di cedere la parola ai colleghi.
“Khonshu, che si manifesta nella sua abbastanza ovvia
qualità di Moon Knight...” disse Skye
“Un alter ego...” confermò Simmons,
quasi a volerne avvalorare la veridicità: in quanto
matricolina le sue parole potevano suonare sciocche ma aveva studiato
il caso assieme a loro e fornito interessanti punti di vista e
soluzioni quantomeno creative.
“Il Dio della Luna trasforma l'uomo sua marionetta nel
proprio cavaliere, giustamente. Mi sembra un pessimo incrocio tra
cartoni giapponesi degli anni 80-90” replicò Fury
alzando l'occhio al cielo.
“Non sapevo ti guardassi ancora i cartoni, Nick”
frecciò la Hill “Il tipo nostalgico è
Coulson”
“Sono il mio piccolo segreto...” disse invitando la
squadra a finire il proprio rapporto.
“Gli altri due, a cui ancora non siamo riusciti ad associare
un'identità, sono la creatura En Sabah Nur e il faraone
Rhama-Tut.”
“Che non sono divinità...”
replicò Fury seccato “Non hai insegnato loro
nemmeno a fare i compiti per casa?” domandò
ancora, rivolto verso Coulson.
“Lo sappiamo che non sono divinità...
Signore...” intervenne Skye, l'impertinente matricola
protetta dall'ala di Coulson. Si morse le labbra per la propria
impulsività. Quindi, notando lo sguardo del suo protettore,
prese coraggio. Aprì il laptop sul tavolo lucido e
cominciò ad armeggiare con tasti e comandi touch del lungo
pianale che si trasformò immediatamente in un gigantesco
schermo olografico.
“Come fa un agente livello 1 a saper far funzionare
quell'affare?” domandò Fury, stupito
“Non ci riesci nemmeno tu!”
“Ora sì” replicò l'agente col
suo sorriso bonario. “Hai presente Lady Sif? L'amica di Thor?
Beh, pare che nel regno dei cieli ci sia qualche casino galattico e
lei, nella sua nuova qualità di Valchiria Falco Rosso -la
guardia d'élite di Odino- è scesa a recuperare
una fuggiasca alquanto pericolosa di nome Lorelei. In quell'occasione
ci ha rivelato quanto la nostra tecnologia sia obsoleta, rispetto alla
loro...”
“Cristo...”
Frattanto, Skye aveva innalzato schermate su schermate di videate
tridimensionali e si apprestava a illustrarle “En Sabah Nur,
in egiziano, vuol dire il
primo... Ci siamo interrogati su cosa volesse dire e
abbiamo scoperto che egli non è solo una figura mitologica
frutto della fantasia popolare. Non è, cioè, una
sorta di fanfiction del popolo, una divinità creata dalla
mente degli egiziani assuefatti al loro pantheon. Egli risulta
essere... il primo mutante della storia della Terra. La tecnologia che
utilizzava all'epoca è classificabile a tutt'oggi come uno
0-8-4. Sconosciuto. Quindi, alieno.”
“Va avanti...” la invitò Fury,
incuriosito e sorvolando sulla terminologia bizzarra e colorita usata
dalla ragazza.
“Noi non ne abbiamo grande memoria ma questa mancanza
potrebbe essere giustificata dal fatto che, ammesso di voler credere
alla teoria, fosse un viaggiatore temporale...” disse lei,
con lo sguardo angelico di chi sa di aver detto qualcosa di allucinante
ma che spera ugualmente venga ritenuto plausibile dagli altri.
“Come c'entra con Spector e con
l'altro...Ramses...?” domandò la Hill,
già affetta da un lancinante mal di testa per tutte quelle
teorie che lei reputava cretinaggini farneticanti.
“Rhama-Tut” precisò Simmons alle spalle
di Skye per poi cedere di nuovo la parola all'amica.
“Rhama-Tut, nato Nathaniel Richards, conosciuto anche come
Kang il conquistatore e Immortus...”
Fury quasi si strozzò con la saliva, sentendo quei nomi
“Nathaniel Richards?”
Skye annuì, orgogliosa “Ho già detto
che entrambi sono crononauti? Viaggiatori temporali? E' il motivo per
cui noi non ne avremmo memoria. Modificando il nostro passato eliminano
automaticamente ogni traccia di sé nella storia. In questo
caso, Rhama-Tut sarebbe nato molti anni avanti nel futuro...”
“Trentunesimo secolo, per la precisione” si
inserì anche Fitz, l'inseparabile compagno di Simmons.
“Esattamente” gli sorrise Skye “E in una
realtà parallela alla nostra...”
“Comincio ad aver mal di testa...chiamatemi Banner e Stark...
che mi traducano di cosa stanno blaterando...”
bofonchiò Fury
“Come se loro sapessero parlare la lingua dei
mortali” replicò la Hill scuotendo la testa.
“Oh, ma è molto semplice...” si
affrettò l'agente di livello 1 mentre l'agente braccio
destro di Fury smanettava sul suo tablet “Rhama-Tut si
è autobattezzato col nome del padre di quello che per lui
era il più grande scienziato della Terra per rendergli
omaggio...” precisò sotto lo sguardo acquoso del
guercio “Comunque...” aggiunse, per togliersi la
fastidiosa sensazione di camminare sui carboni ardenti
“Sembrerebbe che sulla Terra ci sia almeno un uomo che
conosce tutta questa storia e venera i due di cui sopra come vere e
proprie divinità.”
“Almeno un uomo?” domandò sempre
più scettico Fury
“Sì...” rispose la ragazza, sentendo
puzza di trabocchetto logico. “Nathaniel Essex, alias
Sinistro.” si affrettò a precisare “Ed
è abbastanza ovvio che, con la sua fissa per la purezza e
potenza genetica di mutanti e superumani, abbia idolatrato
Apocalisse... E che ci sia lui dietro la sparizione dei superumani del
pianeta.”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ragazzi, rieccomi.
Scusate la lunga assenza. Non mi sono dimenticata di voi.
Semplicemente ho un po' -tanti- casini con la sistemazione di casa (per
cui per un mesetto ancora non garantirò la
puntualità della pubblicazione) che mi assorbe ogni energia
e una connessione che fa sempre più schifo: la 56k (pare che
la canaletta interrata sia stata danneggiata e vi sia entrata acqua
-che gioia) ha cominciato a viaggiare dapprima a 26k e ora sono a un 9k
costante... se trovate primitiva la 56k figuratevi quanto posso
lavorare ora. La chiavetta, invece, ha ben deciso che può
viaggiare sulla frequenza dei 4G. Solo che la zona non è
servita nemmeno dai 3G. Risultato? Se prima andava a una
velocità decente ora si sforza per nulla e mi va
più piano della linea analogica. Non vedo l'ora che tirino
l'adsl anche qui. Ma pare ci siano non pochi casini da risolvere...
A parte questo, spieghiamo un attimo il capitolo per chi fosse digiuno
di Marvelverse.
Ho finalmente integrato anche la serie di Agent of S.H.I.E.L.D. nel
racconto. Io sono ferma alla prima stagione (grazie DVD) ma un paio di
cose si intuiscono e un altro paio le ho cercate.
Nel mio racconto c'è un'ovvia discrepanza (per chi sa) tra
Daisy e Skye. Nel telefilm saranno la stessa persona: le giovincelle
reclutate dal direttore dell'agenzia. Da una parte Fury dall'altra
Coulson. Ha senso. Però, da purista e avendo cominciato la
storia prima di AoS, ho dovuto scindere le due figure. Daisy resta
Daisy, Skye resta Skye. Sulla strana natura di Skye tornerò
nel prossimo capitolo ma non dovrebbe essere un gran mistero per
nessuno (e se l'ho capito io...). Spiegherò per chi non
segue il telefilm.
Così ho giustificato anche il fatto che Coulson sia sparito
dalla fic per un po'. Aveva di meglio da fare che star dietro a Tony e
Cap.
Sempre da AoS ho preso la discesa di Sif su Midgard. Come
già detto precedentemente (capitolo 10 di Rien ne va plus e
20 di questa stessa), Sif è una Valchiria dei Falchi Rossi:
scendere sulla Terra a caccia di pericolosi ricercati fuoriusciti dalle
prigioni asgardiane nonostante la guerra in atto, rientrava nelle sue
mansioni.
Quanto a Marc Spector, il mio amato Moon Knight, se ne è
già accennato nei capitoli precedenti...e ora, eccolo qui ;)
Il Six Pack. Qua siamo quasi alle origini dei mutanti, roba anni '90.
Originariamente era formato da Domino e Deadpool oltre che dai meno
noti Hammer, Anaconda, Solo e all'amico/nemico storico di Cable,
l'agente S.H.I.E.L.D. G.W. Bridge. A seconda dei tempi e delle
versioni, il Six Pack, annovera tra le sue fila anche lo stesso Cable,
Garrison Kane, Grizzly e il Costrittore oltre al ben più
noto mutante e naufrago temporale, Alfiere.
Ripassino per chi non conosce il mondo mutante: Domino è una
donna pallidissima, sempre vestita di nero, con una voglia/macchia nera
su un occhio il cui potere mutante è che tutto vada secondo
la sua volontà. Un potere idiota che non ho mai capito,
molto simile a quello di Longshot. E' stata amante e/o migliore amica
di Cable, un altro viaggiatore temporale figlio di uno degli storici
X-Men, Ciclope, e del clone (Madeline) di sua moglie (Jean Grey,
un'altra degli X-Men originali). A essere onesti, Cable è in
realtà il clone del figlio di Ciclope che, da piccolo, fu
infettato da un virus tecnorganico. Cable risulta il buono e
l'originale, Stryfe, il cattivo (di solito i cattivi sono sempre i
cloni). Ad ogni modo, entrambi se ne vanno a zonzo tra passato e
presente e non si sa mai bene se finiscono nel futuro o in UN futuro.
Lo stesso dicasi per Alfiere, di cui abbiamo avuto un piccolo
contentino nel film Giorni di un futuro passato. Le incongruenze che ci
sono fanno paura e sorvolerò. Cable e Alfiere, comunque, si
conoscono benissimo soprattutto perché il secondo, in preda
alla follia e convinto di essere nel giusto, ha cercato di uccidere la
figlia adottiva del primo. Peccato non ci sia riuscito.
Ma torniamo al Sic Pack.
Dati i primi due membri qui citati e prendendo spunto dalle diverse
formazioni di X-Force (un gruppo 'segreto' di mutanti fuoriusciti e
fuggiaschi col compito di occuparsi dei compiti sporchi), ho deciso
arbitrariamente di riciclare il nome Six Pack (per non usare, appunto,
X-Force) e di sostituire i meno noti con mutanti altrettanto letali. Il
Punitore, ovviamente, continua a non entrarci nulla ma il Six Pack
originale non era composto di soli mutanti. E comunque chi è
più letale di Wolverine e il Punitore? Passatemi la
libertà. Nel gruppo ho inserito anche Mystica, in quanto
storico membro di X-Factor (gruppo, invece, alle dipendenze
governative, tramite tra i mutanti -ricercati- e il mondo 'normale') e
agente S.H.I.E.L.D. e/o vittima di Arma X, sempre a seconda delle
versioni da cui si pesca.
Apocalisse, Rhama-Tut e Kang? :) continaute a seguire e capirete
|
Ritorna all'indice
Capitolo 33 *** Altre realtà ***
33.
Altre realtà
Aveva sganciato la bomba ma sembrava che nessuno fosse particolarmente
colpito da quella sua deduzione. Il signor Sinistro era così
noto agli uomini in nero?
“Apocalisse?” domandò la Hill scettica,
levando un sopracciglio. Forse era semplicemente disgustata dall'idea
che il genetista, uomo di scienza, si perdesse in fantasie
superstiziose.
Ma Skye diede un'altra interpretazione alla sua smorfia
“Sì, un po' troppo... troppo...come nome
anche secondo i miei gusti... ma En-Sabah-Nur si prefigge di eliminare
ogni traccia di Homo Sapiens dalla Terra...” rispose,
stringendosi nelle spalle nemmeno fosse lei la colpevole della scelta
di quel nome e sentendosi sempre più alle corde e in colpa
per il messaggio catastrofico che le sue parole, per quanto fossero
solo un ragionamento (il più lineare e convincente che fosse
riuscita a elaborare) che riusciva a giustificare tutto
“...quindi mi pare abbastanza azzeccato come
nickname...”
“Nickname...”
sibilò l'agente Mei, rimasta fino a quel momento in
silenzioso riposo al fianco di Coulson, levando gli occhi al cielo.
Un'operativa come tutti gli altri. Inquietante quanto letale. E che non
capiva appieno il suo cervello creativo.
“Scusa una domanda...” domandò Fury,
sorvolando sul neologismo della giovane matricola. Strano che fosse
arrivata così lontana sana e salva e al contempo
così stupidamente innocente “Se quel deficiente di
Sinistro è l'unico uomo ad avere queste informazioni, che
per quel che mi riguarda sono un mucchio di scemenze con cui potrebbe
aver fatto il lavaggio del cervello a Spector, come fai a
convalidarle?”
“Qua entra in ballo T.A.H.I.T.I.” intervenne
Coulson protendendosi sul tavolo.
“Il Kree?” domandò scettico Fury
“Siete riusciti a decrittare la mente e il linguaggio del
Kree?”
“Skye può questo ed altro...” rispose
orgoglioso Coulson, strizzando l'occhio al suo capo. Avevano un'arma in
più e non sarebbero più stati costretti ad
affidarsi più ai soli Vertice e S.W.O.R.D. D'altronde, Skye
era anch'ella uno 0-8-4 e c'era una validissima quanto ovvia ragione
per cui riuscisse a interfacciarsi così facilmente con un
Kree. Piuttosto, la loro priorità, ora, era proteggerla
dalle grinfie di quelli che stavano facendo sparire tutti i superumani.
Anche se la sua copertura, che era ignara di impersonare, risultava
sottotono, nonostante tutto. “Comunque, pare che questi due
-non Khonshu, che è roba nostrana- siano figuri
già tristemente noti alle autorità
galattiche.” terminò Coulson con un sorriso tra il
triste e l'amareggiato.
“Se non hanno lasciato traccia di sé nel nostro
passato, in quanto crononauti, dovrebbe essere lo stesso in ogni altro
punto dell'universo” replicò Maria Hill che,
avendo cominciato a lavorare con Stark saltuariamente, iniziava a
capire qualcosa di fisica quantistica. O almeno... le sembrava di
afferrare concetti leggermente più complicati della fisica
classica. Anche se, doveva ammetterlo, anche Pepper sembrava capire
qualcosa di più degli sproloqui del magnate.
“Del nostro universo...sì...”
confermò l'agente “Ma non per il
Multiverso.” disse, lasciando appena qualche secondo
perché la notizia appena condivisa, facesse presa sulla
mente confusa del suo superiore come un gas venefico che si insinui
negli alveoli. “Ci sono realtà che riusciamo a
mala pena ad immaginare. E se gli scienziati hanno teorizzato il
multiverso e gli studi di Stark sul Tesseract ne hanno dimostrato
l'esistenza, ciò che non avevamo neppure immaginato potesse
esistere è che ci sia un'organizzazione, superiore a noi e
allo S.W.O.R.D. e superiore anche ai Guardiani della Galassia, che
controlla e monitora ogni
multiverso. Abbiamo osservatori silenziosi e pacifici che scorrazzano
liberamente sulle nostre teste come veri e propri gendarmi e sui quali
non abbiamo alcun potere.”
Lo sguardo spento e stordito di Fury si riaccese di colpo
“Excalibur! Non è una fregnaccia!”.
Coulson scosse la testa a confermare la sua intuizione.
Dopo qualche minuto di silenzio, Fury tornò a sondare la
squadra eterogenea (una delle tante) che lui stesso aveva autorizzato.
“Ok, Multiverso. Chiaro. Dunque?”
“Dunque, a questi nomi corrispondono effettivamente persone
molto potenti. Essex lo sa e li ha presi a modello. E sempre Essex ha
lavorato sulla mente di Spector.”
“Ammesso e non concesso che creda alla cazzata che uno come
Essex sia riuscito ad acciuffarti... Come ti saresti liberato? Le
vittime di Arma Plus lo sono state per anni prima che riuscissimo a
intervenire...” domandò Fury rivolgendosi all'uomo
in bianco.
“E anche in quel caso si liberarono
dall'interno...” borbottò Coulson “Noi
intervenimmo solo a tamponare il danno, smantellare le strutture e
portare soccorsi...”
“Non ho idea di come mi sia liberato. O perché mi
abbiano lasciato andare. Io so quello che ho visto e voi mi confermate
che non è tutto solo frutto della mia fantasia.”
fu la risposta laconica di Spector.
“E' come se qualcuno avesse voluto mandarci un segnale
dall'interno...” replicò Skye, volgendosi verso
Fury e facendo oscillare la lunga chioma color cioccolato dorato.
“C'è dell'altro? Dubito ti saresti scomodato solo
per farmi sapere che sei vivo e vegeto...” ringhiò
il guercio dopo aver rifilato alla matricola un'occhiataccia. Marc
Spector stava per rispondere quando la Hill, fattasi bianca in volto,
afferrò la manica del suo superiore e gli mostrò
il tablet. “E questo che vuol dire?”
“Bruce Banner non è più sui nostri
radar...” disse quella, appena.
“Impossibile... il marcatore tracciante lo rende
localizzabile ovunque sulla faccia della Terra... Non può
essersi accorto che lo stiamo monitorando né può
aver elaborato una strategia di risposta senza che noi ce ne
accorgessimo..”
“Da Banner puoi aspettarti questo e altro..”
meditò Coulson lì accanto.
“Non lo potete trovare su questa Terra... ma se fosse
altrove?” domandò Fitz, chiedendo il sostegno
delle sue amiche con lo sguardo.
“Altrove
dove? Nello spazio?” Fury quasi abbaiò
“Sottoterra?” domandò cinico e
aggressivo. Tutta quella situazione lo stava mandando fuori di testa e
i bambini non contribuivano certo a tenere calme le acque.
Fitz cercò lo sguardo di Simmons, che annuì, e,
stringendole la mano, deglutì e prese coraggio
“C'è una teoria di cui il dottor Reed Richards ci
ha parlato, una volta, in accademia... era una speculazione che aveva
appena partorito, senza alcun dato oggettivo a suffragarla..”
“Perché sento un ma in
arrivo?” domandò quello quasi divertito. Quasi.
“Ma...” balbettò incerto.
“Il Kree nella vasca di coltura ha ricordi di questa... realtà”
intervenne Skye, spavalda, meno intimorita dei colleghi dalla leggenda
vivente.
“Di cosa stiamo parlando, precisamente?”
domandò Fury, ormai fuori dai gangheri.
“Della Zona Negativa, Signore... della Zona
Negativa...” replicò incerta, come se a ripetere
la sua risposta si fosse resa conto dell'assurdità che le
era uscita di bocca.
Fitz e Simmons stavano per lanciarsi in una pedante descrizione di cosa
fosse quella cosa
ma il guercio li congelò sul posto con un occhiata.
“Già il nome non è
promettente...” disse per poi spostare l'attenzione
sull'agente Spector “E' da lì che sei
scappato?”
Marc Spector annuì appena.
Fury stava già imprecando quando il telefono
squillò. Lo estrasse, seccato, dalla tasca della giacca.
“Valerie...” sibilò. E quando chiamava
l'agente Cooper non era mai qualcosa di buono.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Il Six Pack era stato, come diceva il nome stesso, un gruppo composto
da sei persone, impiegato dalle più disparate organizzazioni
o governi per missioni altamente rischiose, in cui le doti e le
abilità dei suoi componenti risultavano decisive. Tra le sue
fila si contavano, originariamente, una certa ripetitività e
metodicità. Erano presenti due tiratori scelti, due segugi,
due donne, due mercenari, due agenti federali (ufficiali) e due umani.
Nel caso mezza squadra fosse stata indisponibile o compromessa, le
missioni risultavano ancora comodamente fattibili in quanto i membri
erano intercambiabili tra loro.
Ma una situazione come quella non era mai capitata: due contro tre di
loro se non anche una metà contro l'altra metà.
“Non darei per scontato il fatto di essere in
superiorità numerica” aveva sibilato Mystica in
risposta all'occhiataccia scettica di Logan.
E, in effetti, l'artigliato aveva ragione: era in atto la caccia al
superumano e, se anche Frank Castle era stato accalappiato, cosa
impediva che anche il sesto membro fosse stato soggiogato?
Preferiva non pensarci. Anche perché, doverci avere ancora a
che fare non sarebbe stato piacevole. Avrebbe potuto usare la mutaforma
come scudo umano...anche se sapeva in partenza che non avrebbe mai
funzionato.
“Come
pensi di agire, intrepido capo?”
domandò Wade scrutando oltre la boscaglia mentre il resto
del gruppo scompariva, inghiottito dalla vegetazione, per cercare di
infilarsi nell'entrata non appena loro avessero distolto l'attenzione
dei cecchini.
“Attacco frontale? Possiamo permettercelo...”
bofonchiò Logan in un'alzata di spalle.
“Che cosa stupidamente maschile...”
ringhiò Mystica. “Comunque, conviene
muoverci alla svelta, prima che lo facciano loro... Chiamalo intuito
femminile, ma lui
è qui..”
“Preferisco chiamarlo doppio
gioco...” sibilò il canadese
sfoderando gli artigli e puntandoli contro la donna.
“Mi credi in combutta con chiunque ci sia dietro tutto
questo?” replicò lei, stizzita e offesa.
“Cosa ne so di quali squilibri ti trascini dietro dopo Arma
Plus” replicò lui “Tu, come tutti noi.
Solo che, almeno noi, siamo onesti nell'ammettere le nostre
colpe.”
“Continuate
pure come se io non ci fossi” si
inserì Wade, studiandoli curioso.
Per tutta risposta, la mutaforma scosse la folta chioma fiammante
“Voglio solo proteggere i miei figli...”
“Ciò non nega nulla. Potresti intendere il
venderti al nemico come lasciapassare per loro... sei tremendamente
perversa, poco chiara e poco lineare” continuò lui
mentre lei studiava la struttura.
“A Frank posso pensare io...” replicò la
donna, cambiando discorso “Dovrei riuscire a distrarlo quanto
basta... Ma Domino è tutto un altro paio di
maniche..”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
D'improvviso, come se fosse stato strattonato a forza, sbalzato fuori
dalle onde scure e vorticose che minacciavano di affogarlo, l'aria
fresca gli frustò il bel viso, riportandolo di colpo al
presente. Si sentiva debole e confuso, aveva le vertigini e un
lancinante mal di testa. Il verde circostante, che sembrava volerlo
fagocitare, gli feriva gli occhi con la sua vitalità.
Avvertì un paio di mani gentili correre a sorreggerlo per le
spalle mentre una serie di grugniti e gemiti strazianti, che sperava
non provenissero da lui stesso, riempivano l'aria.
“Vieni via...” bisbigliò il suo
salvatore. Mani nere, lucide, lo sollevarono senza il minimo sforzo e
senza fargli male... non ricordava nessuno con quelle
caratteristiche... aveva un vuoto di memoria. Quando si
sentì abbastanza saldo da non vomitare nel ruotare la testa,
scrutò il volto mascherato. Non aveva ricordi che l'Uomo
Ragno indossasse un costume nero come la notte.
“Che è successo?” domandò,
cercando di rialzarsi.
“Eri impazzito. Rogue ti ha calmato ma ora nei guai
c'è lei... anche se sembra gestirla bene, tutto
sommato...” rispose l'altro con voce confusa.
Warren si puntellò sui gomiti e si scostò le
ciocche bionde e ribelli dal volto tirato. Poco oltre, lo pterodattilo
Sauron e Rogue si fronteggiavano, le mani artigliate intrappolate le
une nelle altre. Eppure c'era qualcosa di strano che strideva con il
ricordo che aveva dei due. A Sauron erano spuntate piccole piume sulle
punte delle ali carnose mentre Rogue...
Un brivido gli corse lungo la schiena.
La ragazza era totalmente irriconoscibile: una lunga e possente coda
sbucava da sotto la gonna, le calze si erano smagliate per far posto a
polpacci rostrati, incastrati negli stivali militari che non
accennavano a cedere sotto la pressione del corpo troppo cresciuto,
mentre, dalla schiena, un paio di ali membranose e piumate insieme si
erano propagate ed estese lungo tutte le braccia; la carnagione aveva
assunto un aspetto leggermente cianotico e a tratti squamoso. Il volto,
infine, era una commistione di tratti umani e rapaci insieme e da cui
gli occhi rossi scintillavano come pietre laviche.
“Cosa le è successo?”
balbettò spaventato.
“Ti ha toccato per calmarti. Quindi, prendendola alla
sprovvista, Karl l'ha afferrata per il collo, forse intimamente
convinto di poterla strangolare, non lo so...”
“E' … mostruosa...”
Peter storse il naso e avrebbe voluto rimbeccare il pennuto di
guardarsi allo specchio. “E' semplicemente regredita allo
stadio precedente...” bofonchiò offeso. Notando lo
sguardo perplesso del biondo belloccio, sbuffò e
spiegò “Le teorie evolutive dimostrano che si
è passati dai pesci agli anfibi e da questi ai rettili,
quindi agli uccelli e ai mammiferi... se osservi lo sviluppo degli
embrioni si passa per tutti gli stadi evolutivi... è
affascinante...” stava commentando quando il feroce bestione
alato atterrò malamente lì vicino, scagliato
dalla forza sovrumana della donna i cui vestiti erano ormai
completamente sporchi e laceri.
“Non puoi sperare di battermi, Karl!”
ringhiò quella avanzando pesantemente nell'erba alta mentre
il rettile si puntellava a stento nel tentativo di fronteggiarla. Sul
volto stravolto campeggiava un'espressione crudele e ferina.
“Avrai assorbito le mie energie, Karl, ma ora ti ho in
testa...” disse indicandosi la tempia con un dito uncinato
“E ho in testa anche Warren... non puoi sperare di vincermi.
So tutto, non ostinarti e lasciaci andare!”
“Sai, Bella...
potresti anche pensare che il mio sia un atto di cortesia...”
ghignò quello di rimando, faticando per ritrovare una
posizione consona “Per risparmiarti una morte dolorosa e
sofferta più avanti...”
Rogue ghignò di rimando “Sì, ho
visto...” commentò “Ma la tua mente
è disturbata e, quindi, anche per niente
affidabile...”
“Di che parlano?” domandò Peter,
confuso. Gli mancavano dei tasselli per comprendere appieno le
esperienze del gruppo mutante.
“Ne so quanto te... evidentemente sono ricordi che si sono
scambiati” commentò Warren.
“Non ve ne andrete di qui...” sibilò
Sauron tirandosi in piedi tremante “E quando ti
avrò abbattuta, toccherà a loro, che nei miei
confronti hanno ben poche protezioni. In più hai sfiancato
il tuo amico pennuto che, però, a ben vedere, potrebbe pure
rivoltarvisi contro...” aggiunse lasciando sottintendere di
saperla lunga sulla natura mostruosa e violenta dell'angelo
“Ti tocca finirmi... assassina!”
“Non mi paragonare a te!” urlò lei
scagliandoglisi contro, confermando al contempo le sue parole.
Il tonfo dei due corpi che si incontravano fu un sinistro stridore di
ossa che si incrinavano e muscoli che si comprimevano sotto la spinta
dell'impatto. Ruzzolarono in un turbinio di ali, code e artigli, e i
suoni della lite si protrassero a lungo, attutiti appena dall'alto
fogliame.
Un ultimo colpo, dal suono più inquietante dei precedenti, e
il successivo silenzio tombale, decretarono la fine dello scontro.
Peter deglutì a vuoto, spaventato. Si sarebbero accompagnati
a un'assassina o avrebbero avuto a che fare con un folle pluriomicida.
Non sapeva quale scenario preferire.
Chi si rialzò, però, fu Sauron che li
squadrò con occhi iniettati di sangue, galvanizzato dal
sangue appena versato.
“Ce la fai a volare?” domandò Peter
tirando Warren in piedi. Dovevano fuggire e alla svelta.
Quello scosse la testa “Sono troppo debole...” si
giustificò il biondo.
“Beh, prova a correre.” disse lasciando la presa e
ponendosi in atteggiamento di difesa “Non so quanto
riuscirò a trattenerlo.”
“Per andare dove? Ad avvisare gli altri che non ce l'abbiamo
fatta?” lo rimproverò il mutante stirando piano le
ali metalliche alle sue spalle per sembrare minaccioso. Ma facevano un
male cane all'attaccatura. Era un dolore orribilmente noto, come se
qualcuno gli stesse strappando, ancora una volta, le sue amate
propaggini “Non devono tornare indietro per noi! Il piano mi
sembrava abbastanza semplice: guadagnare tempo perché loro
riuscissero a scoprire dove si trovano gli altri e tirarli fuori dai
guai.” Sorrise mestamente “E' così che
si comportano gli X-Men”
Quelle parole lasciarono il reporter sorpreso e perplesso. Il tono
stesso, quanto la postura, indicava che non aveva più a che
fare con il Warren svampito che aveva imparato a conoscere in quei
giorni. Sembrava normale... rinsavito. Che diavolo gli aveva fatto il
tocco di Rogue?
“D'accordo, allora. Uno
per tutti e tutti per uno...” disse per poi
fermarsi a pensare, divertito dalla sua stessa battuta “Tu
chi fai? Mi ricordi molto Atos... di certo non sei un mangione
né un pio devoto.” Warren lo guardò
interdetto e Peter capì cosa ci trovava di divertente Wade
nel fare battute anche nei momenti meno adatti “Tu, invece,
mi sembri viscido come il cardinale” continuò il
ragazzo, additando il lucertolone che ormai troneggiava su di loro.
“Ma la pianti mai di blaterare?” ringhiò
quello dandogli una zampata che il ragazzo schivò con un
agile colpo di reni e una capriola all'indietro, così
rapidamente da sorprenderlo, dato che superava di molto i suoi stessi
tempi di reazione standard.
“Effettivamente, la stupidità di Deadpool deve
avermi contagiato...” stava bofonchiando quando la coda del
lucertolone lo investì in pieno petto con tutta la potenza
di una frusta quale era il suo corpo sbilanciato dopo che il Ragno ne
aveva scansato il primo attacco.
Questa volta, era stato decisamente colto alla sprovvista. Eppure, il
vuoto d'aria che si aspettava di trovarsi nei polmoni a seguito
dell'impatto non lo raggiunse mai: niente apnea, bruciore, senso di
soffocamento... Il colpo, la botta, il dolore fisico, però,
quello sì lo aveva avvertito.
Ma era strano.
Normalmente, le due cose coincidevano.
Normalmente.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Scusate il ritardo -ancora- ma sto uscendo pazza a star dietro a tutto.
Abbiate pazienza. Ora cominciano i lavori e non dovrei più
avere grosse sorprese.
Dunque, chiariamo quanto lasciato in sospeso la volta precedente. Skye
è un'Inumana (perché sì e
perché gli spoiler mi confermano). E gli Inumani sono stati
geneticamente modificati dai Kree molto tempo fa. Ecco
perché faccio finta che lei riesca a capire (non so cosa si
siano inventati nel telefilm ma sembra che il sangue Kree dia poteri di
percezioni extra...). Cmq non approfondirò oltre.
Quanto a Excalibur
(in realtà uno dei gruppi mutanti più famosi, la
costola inglese degli X-men, capitanata da Kurt Wagner ma la cui
peculiarità era proprio Capitan Bretagna, fratello di
Psylocke), in realtà la realtà di cui parlo
è Altromondo.
Ma potete continuare a ignorare la cosa. Semplicemente -cito da Marvel
Insanity Wiki- "non è che un enorme dimensione di sogno,
dove il potenziale diventa reale". Ora, io faccio finta che il gruppo
millantasse questa conoscenza di Altromondo
e che nessuno ci credesse. Stop.
Oh... ;) tenete d'occhio Warren e i suoi dolorini ;) ci sarà
un'altra svolta (chi sa, taccia)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 34 *** Effetto Domino ***
34.
Effetto Domino
La conosceva. La
conosceva meglio di chiunque altro. Il suo acuto spirito di
osservazione, unito al fatto che avevano convissuto per anni nelle
stesse baracche abbandonate durante le loro missioni, la collocava in
quella metà del gruppo capace di notare intrusi tra loro.
Uno degli altri
le stava coprendo le spalle.
Sperava solo
-davvero- di non dover aver a che fare anche con l'altro. Sapeva che poteva
trovarselo di fronte da un momento all'altro. Tutti i mutanti che
conoscevano erano scomparsi dalle loro residenze: perché lui
avrebbe dovuto essere un'eccezione? Avanzò sicura, fasciata
dalla tuta di pelle nera che Domino indossava sempre: sperava solo di
aver notato e riprodotto correttamente ogni suo dettaglio.
A conti fatti
avrebbe dovuto avere almeno il tempo di mettere Frank fuori
combattimento. Cosa complicata di per sé.
Perché
se lui fosse stato
lì, sarebbe stato rapido quanto spietato.
Soprattutto visti
i loro trascorsi.
Forse doveva
piantarla di andare a letto sempre e solo con gente potenzialmente
letale.
Nonostante non
l'avesse detto a Logan, sapeva che anche il canadese sospettava che i
loro ex commilitoni, a differenza di Lycos, fossero trattenuti in quel
posto contro la loro volontà. E che ci fosse, di
conseguenza, una qualche forza magica o psichica a condizionarli. Come
era successo a New York e a Muir, in concomitanza, non molto tempo
prima.
Mystica aveva
aspettato che Domino si allontanasse per un giro di ronda e, una volta
lontana dalla loro portata, aveva finto di essere tornata sui propri
passi o di esser stata più veloce del previsto. Nel caso
fosse stato Frank ad allontanarsi per la ronda, avrebbe finto di averlo
seguito.
In ogni caso,
avrebbe avuto davvero poco tempo per stordirlo e prenderne il posto.
Prima che Domino tornasse o prima che lui la percepisse e
accorresse sul posto.
Perché
sopraffare Domino con la sua dannata fortuna era cosa tutt'altro che
semplice. Quanto meno, era più difficile che stendere Frank,
il che la diceva lunga. Ma affrontarli tutti insieme era
pressoché impossibile.
Avanzava con il
passo tipico di Domino da quando ne aveva preso le sembianze, in modo
da non essere tradita dal fine udito del Punitore. E al modo di Domino,
senza una parola, gli si buttò accanto, con fare disinvolto
e incurante, i gomiti puntellati sulla balconata, le braccia protese
all'esterno, lo sguardo perso nel vento.
Frank, accanto a
lei, si mosse appena, volgendosi a studiarla con la coda dell'occhio.
Aprì bocca come per dire qualcosa ma la richiuse subito,
sovrappensiero. L'aveva sgamata? Forse sì, a giudicare da
come il tiratore aveva le braccia in tensione. Doveva agire in fretta.
Ma come si abbatteva Frank Castle senza ucciderlo? Stava per risolversi
a squarciargli la gola quando lui parlò, impacciato,
sorprendendola.
“Posso
dire di essere sorpreso di questa tua scelta?” disse duro.
L'aveva
smascherata, senza ombra di dubbio. Il terrore le attraversò
lo sguardo ma lei si ostinò a tenere lo sguardo fisso:
avrebbe approfittato dell'istante in cui lui l'avesse attaccata,
abbassando la guardia di conseguenza.
“E'
vero che c'è un filo comune...”
continuò lui, girando lo sguardo verso la giungla,
imitandola “...Ma... come dire... non pensavo proprio di
essere il tuo tipo...”
Mystica si
congelò sul posto. Di cosa diavolo stava parlando? Era
rivolto a Domino, questo era ovvio ma... come erano arrivati a quello?
Quando? E chi dei due aveva cominciato quella schermaglia? Si era
infilata in un ginepraio più grande di lei, nel momento meno
opportuno. O forse era meglio così? Soprattutto... cosa gli
avrebbe risposto? Non aveva la più pallida idea di come si
comportasse Domino con gli uomini. Non le era mai interessato. Sapeva
solo che amava bere allegramente in loro compagnia. E, forse, dopo
averli storditi, se li portava nella tana. Per un'istante sovrappose
all'amica l'immagine della Vedova Nera. No... sbagliava. Domino sapeva
che tutto sarebbe andato secondo i suoi desideri... doveva convincersi
di quello e giocarci abilmente.
Stirò
un sorriso compiaciuto e, parafrasando Wade, si volse appena verso il
cecchino con un sorriso malizioso sulle labbra tinte di nero “They
call me, Domino1”
Lui
sgranò appena i piccoli occhi chiari, infossati in
lineamenti duri e spigolosi da mercenario consumato
“Tecnicamente la prima mossa l'ho fatta io...”
sorrise poco convinto per poi abbassare lo sguardo sulla sua dotazione
“Capisco... Non un gran merito, insomma. Tutto va sempre come
desideri, no?”
Fortunatamente
aveva optato per una risposta il più nebulosa e neutra
possibile. Ora, che aveva decisamente la guardia abbassata, doveva
sbarazzarsi di lui. Teoricamente, a conti fatti, Domino era
già sulla strada del ritorno. Si spostò sotto di
lui con una mossa audace quanto provocatoria. Il povero stupido, che
ignorava il tranello in cui era caduto con tutti gli scarponi, aveva
abboccato come un merluzzo e si protese subito, vorace, sulle labbra
della donna. Per una frazione di secondo, Mystica fu tentata di
respingerlo, non avendo lei la più pallida idea di come
baciasse Domino. Ma subito si ricordò che, forse, se aveva
fortuna (e impersonando Domino pretendeva di averne almeno un pochino),
nemmeno lui.
Frank fu
esattamente come Mystica se l'era sempre immaginato: grezzo, irruente,
possessivo, invadente, indelicato. Qualità che, in altri
frangenti, le sarebbero pure garbati, abituata com'era a partner
animaleschi.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Aprì
piano gli occhi, sigillati non appena il colpo l'aveva raggiunto al
petto, e rimase senza parole per quello che si trovò davanti
“Che è successo?” alitò
sconvolto guardandosi intorno in cerca di una spiegazione.
Warren fece
spallucce, più confuso di lui “Se non lo sai tu...
E' opera tua, quello...” disse.
Peter si guardò sconvolto. Cosa diamine era successo? Lui
non aveva fatto proprio nulla eppure Karl giaceva ai suoi piedi in una
posa scomposta quanto grottesca, privo di sensi. “Sei stato
velocissimo... e strano...”
“Che
vuol dire strano?”
domandò il ragazzo, improvvisamente attento.
L'angelo si
rialzò barcollando “E' come se fossi ...esploso...
e ti fossi poi riaddensato, ricomposto. Eri una macchia di inchiostro
viva e letale...”
Peter
osservò la propria tutta, dubbioso. Era la prima volta che
capitava qualcosa del genere. Era strano e inquietante, certo, ma al
momento non avevano tempo da perdere a interrogarsi su quelle
bizzarrie. Si trovavano in un luogo assurdo in cui, forse, tutto era
concesso.
Si
chinò sul rettiloide per prendergli le pulsazioni mentre una
parte di sé si canzonava per averla solo pensata, un'idiozia
simile. C'era qualcosa di spaventoso nella sua tuta e non sapeva da
cosa dipendesse né da quanto durasse. Certo era che le
stranezze, a partire da un'aumentata prontezza reattiva, si erano
manifestate in contemporanea col cambiamento di colore della sua mise.
Che avesse davvero pasticciato una volta di troppo con la chimica?
Trovato il sauro
ancora vivo, si avviò veloce a cercare Rogue per scoprire
che fine avesse fatto. “Dimmi di te, invece..”
disse a Warren mentre avanzava tra l'erba alta, seguendo la scia di
distruzione che i due mutanti avevano lasciato nella loro lotta,
scendendo un dolce dislivello del terreno. “Mi sembri...
più in forma di prima...”
Il biondo scosse
la testa, come confuso “Sì...” ammise
“Mi sembra di aver vissuto in una bolla fino ad ora...
ricordo tutto quello che è successo...” disse
coprendosi gli occhi quasi a nascondere un improvviso senso di vergogna
e orrore “Tutto. Ma in qualche modo è come se non
fossero ricordi miei... come se avessi vissuto in un incubo per tutto
questo tempo... intrappolato nel mio corpo...”
“E'
stata lei a... sbloccarti?”
domandò sempre più addentro nella vegetazione.
“Sì...
e mi dispiace per lei... si è fatta carico di ogni... cosa...” disse con
voce incrinata da un divertimento nervoso “Se penso che mi
sono comportato come un idiota anche con lei, pur non volendo
ferirla... Non solo Betsy...”
“Che
sarebbe?” chiese l'altro corrucciato.
“La mia
fidanzata... in quelle condizioni... prima che tu mi incontrassi, ho
fatto di tutto per allontanarla... sono stato un vero stronzo. E poi...
nel candore successivo, mi son comportato in modo tale che sembrava ci
provassi... povera Rogue...” si commiserò
scuotendo i bei riccioli d'oro.
Peter tacque,
facendo finta di aver capito qualcosa di quello che gli aveva appena
spiegato il pennuto e continuò a cercare finché,
a un certo punto, una forza invisibile sembrò trascinarlo
sulla destra, guidandone i passi. Sembrava quasi che la sua tuta fosse
dotata di volontà propria e cercasse di aiutarlo.
Pochi metri
più in là, nella direzione suggerita da quel
nuovo istinto, Rogue giaceva svenuta a pancia in giù, con le
ali membranose a farle da coperta. “L'ho trovata!”
disse ad alta voce “E ora vediamo di portarti fuori di qui,
bellezza...” commentò piano, cercando di
afferrarla per le braccia e trascinarla nella radura, aggirando
l'impiccio rappresentato dalle ali e sperando di non lussarle una
spalla. Eppure, quando fece per afferrarle i polsi, il suo corpo
agì autonomamente e in un batter di ciglia si
trovò a portarla in spalla con una facilità
insospettata, soprattutto visto che era un peso morto di oltre ottanta
chili. Le braccia pendevano sulla sua schiena, solleticandogli il
sedere con la punta delle ali mentre avanzava incerto, intento a
schivare la grossa coda coperta di scaglie.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
“Rotta
sud-sud ovest!”abbaiò frustrato affacciandosi
sulla sala comandi. Perché non ne aveva avuto sentore? Era
convinto di aver intravisto il gioco di scatole cinesi in cui volevano
ingabbiarlo e, invece, l'avevano distratto con cose solo apparentemente
più importanti...si era lasciato fregare come un novellino.
“Rotta
sud-sud ovest!” ripeté il suo secondo
all'interfono. Poco più in là, qualcuno
ripeté nuovamente l'ordine che venne rimbalzato ancora una
volta, frammentandosi tra i vari reparti in un'eco confusa e sbiadita.
“Dannazione!”
ringhiò picchiando il palmo aperto sulla balaustra di
metallo.
Valerie Cooper
aveva riferito della scomparsa dei mutanti a Westchester. Nulla che
potesse insospettirlo: erano spariti anche alla vigilia della guerra
coi Chitauri, quegli inaffidabili! Solo in seguito aveva scoperto che
il responsabile rimasto a tenere sotto sorveglianza la villa, Scott
Summers, era in profonda depressione per essere stato scaricato dalla
fidanzata (oltre che a essere nell'occhio del ciclone per una serie di
triangoli amorosi che lo vedevano -a suo dire- involontario fulcro di
tutto) motivo per cui aveva lasciato che i telefoni squillassero a
vuoto. Quanto ai membri della Confranternita, non aveva preso nemmeno
in considerazione l'idea di contattarli.
Ora,
però, Valerie chiamava per comunicargli altre due gran
brutte notizie.
Da un lato si
erano perse le tracce di Banner. Cosa auspicabile dal dottore ma
pressoché impossibile, visto il marcatore che gli scorreva
in corpo. Appena indirizzato l'Helicarrier avrebbe provveduto a
contattare chi poteva saperne qualcosa e a sguinzagliargli di nuovo
alle calcagna la Vedova Nera. Ma quello che lo lasciava senza fiato,
sgomento, inchiodato davanti a quel disegno più complesso e
intricato di quanto avrebbe mai potuto immaginare, era la notizia
dell'oceano pacifico tinto di rosso. Rosso sangue, come l'avevano visto
lui e Logan lungo la costa giapponese, durante la mattanza dei delfini.
Rosso fino all'orizzonte: una vista che lasciava intravedere nei
più suggestionabili un'imminente fine del mondo. Ma tutto
quel rosso, questa volta, si trovava al largo di San Francisco.
E c'era un'unica
spiegazione.
Le
comunità atlantidea e lemuriana erano state attaccate in
modo barbaro e violento.
Valerie gli aveva
mandato alcuni filmati raccapriccianti girati sul luogo ma lui doveva
vedere di persona: tra le onde salmastre galleggiavano, privi di vita,
centinaia e centinaia di corpi umanoidi privi di vita, la pelle
coriacea e squamosa normalmente azzurrina o verdastra era ora tumefatta
e gonfia, l'oro che ne decorava gli arti riluceva sinistro in
quell'acqua scarlatta, le chiome nere ondeggiavano come alghe strappate
al loro fondale.
Nonostante non si
fosse mai visto nulla del genere, la concomitanza dell'evento cruento,
lasciava supporre a Nick Fury che quell'attacco fosse stato portato per
stanare, catturare o uccidere Namor, il principe dei mari. Gli
indiziati che avevano mezzi e possibilità per scatenare un
simile pandemonio non erano poi molti, anche nel caso si fossero
alleati tra loro. Non si trattava di microcriminalità o di
lotta razziale né di tratta di superumani per potenze
occulte o di sequestro di menti brillanti. C'era qualcosa di
decisamente sinistro e perverso in tutto quello. Come se non bastasse,
dal Vertice, Abigail Brand, direttore dello S.W.O.R.D., gli aveva
comunicato i risultati definitivi del censimento della popolazione
Inumana dopo la guerra dei Chitauri.
Una guerra che
aveva coinvolto anche lo S.W.O.R.D. e la Luna, più
precisamente nella Zona Blu, l'unica parte vivibile del satellite
roccioso, all'insaputa dei media terrestri grazie al riserbo delle
parti coinvolte che avevano rispettato l'assoluto silenzio stampa in
cui era avvolto l'evento.
Infatti, se
già lo S.H.I.E.L.D. era un'organizzazione segreta, lo
S.W.O.R.D., sua costola spaziale, era un progetto autonomo e
classificato. E altrettanto confidenziale era l'esistenza della colonia
di alieni che vivacchiava proprio sulle loro teste: il mondo non era
pronto a sapere tutto ciò altrimenti sarebbe stato il panico
totale. Bastavano i folli esaltati che si inventavano cospirazioni
dietro a ogni ombra in regime normale, figurarsi cosa sarebbe successo
nel momento in cui la presenza aliena sul Pianeta fosse stata
comprovata, al di là dei film hollywoodiani. Ora, dopo
quella carneficina, non dubitava più ci fosse un disegno per
destabilizzare il mondo e sospettava che dietro a tutto ci fosse
Osborne. L'attacco era stato trasversale. Terra, spazio e oceani.
Mutanti, superumani e alieni. Se qualcuno fosse riuscito a screditare
definitivamente lo S.H.I.E.L.D., reo di operare in segreto per la
protezione di tutti, tramite attacchi mirati e alla portata dei media
convenzionali, che non sarebbero potuti essere tutti censurati dagli
hacker di turno come Skye, chi ne sarebbe uscito definitivamente
vincitore sarebbe stato proprio lui. Dubitava potesse abbassarsi a quel
livello ma, a essere maliziosi, era il miglior indiziato.
E gli Inumani
avevano pagato caro, perdendo anche buona parte della loro
élite regale ma non il loro re.
Il problema era
che quelle... persone...sembravano essere
disperse poiché non comparivano nemmeno nel conteggio dei
morti. Ma essere dispersi, sulla Luna era un fatto praticamente
impossibile.
Blackagar, il re,
era sconvolto.
Era suo fratello,
Maximus il folle, a fargli da interprete. E per una volta tanto non
sembrava coinvolto nella congiura -anche se con quello non si poteva
mai sapere anche perché ricordava a Fury un certo dio
norreno cornuto con cui avevano avuto a che fare di recente- ma, anzi,
sembrava sconvolto quanto il re della sparizione dei suoi consanguinei.
Atlantide e la
Luna.
Ci mancava solo
qualche disordine a Mandipoor e una sollevazione popolare in
Latveria e sarebbero stati al completo.
1. Mi rifaccio
alla canzone dei Kiss, Domino, tratta dall'album Revenge che parla di una donna
che ottiene sempre quello che vuole. Come la nostra Domino ;)
Nell'originale è "They
call her Domino",
cioè, La
chiamano/è detta Domino. Io l'ho trasformata in "Mi
chiamano Domino"
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Non
credo ci sia bisogno di aggiungere molto :D
Quindi :) vi lascio subito e ci sentiamo al prossimo capitolo! baciotti
a tutti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 35 *** Take me to the top ***
35.
Take me to the top
Rispose
meccanicamente a quell'assalto, senza provare il minimo piacere,
pensando a come sbarazzarsi di lui che, nonostante tutto, non si
accorgeva dell'inganno.
Gli uomini! Erano
così patetici quando si facevano dominare dagli istinti.
Perdevano ogni capacità di raziocinio. Poveri stupidi e
manipolabili. Forse era per quello che non se li cercava dotati di
maggiore intelletto: avrebbe significato partner meno malleabili e
più reattivi. Cosa che a lei proprio non andava
giù.
Gli fece
scivolare le mani lungo tutto il corpo, in cerca di qualcosa con cui
stordirlo, mossa che lui scambiò per apprezzamento e invito
a procedere oltre, tant'è che cominciò a
prendersi delle libertà che lei non aveva preventivato. Non
che le dispiacesse, solo non era quello il momento. Ma lui non poteva
saperlo. In realtà, ignorava molte cose.
Valutò
come bloccargli la trachea sarebbe stata forse la scelta più
rapida e indolore.
Mentre ancora
passava in rassegna le altre opzioni, sentì d'improvviso il
peso dell'uomo gravarle tutto addosso. L'istinto, frutto di anni di
addestramento, le diceva che erano stati scoperti. Si
sbarazzò del corpo inerme rotolando su un fianco e
sfoderando l'unica vera pistola che possedeva e per la quale doveva
ringraziare Wade. L'istante prima di premere il grilletto, ritrasse
l'arma e mise la sicura.
“Take me to the top...” gracchiò il
mercenario, esibendo il martello di legno (che a suo dire aveva rubato
ad altri fumetti) prima di beccarsi un pugno dal canadese.
“Vuoi
farci scoprire, idiota?” sibilò “Ora ti
accolli tu il compito di spostare Frank”
“Ma
pesa!!!” piagnucolò
l'altro
“Fila!”
ordinò prima di rivolgersi a Mystica che aveva
già riassunto le sue sembianze “Complimenti...
anche se devo dire che sei un po' ripetitiva e
prevedibile...” commentò l'artigliato con un
sorriso divertito.
“Vero?
Credo anch'io!” ringhiò una voce dall'alto della
gradinata alle loro spalle che fece rizzare a entrambi i peli della
nuca. Non ebbero il tempo di voltarsi ad affrontarlo che quello gli fu
addosso.
“Oh,
cazzo!” si lamentò
Wade mollando Frank Castle in mezzo al pavimento per buttarsi nella
mischia. Fece appena in tempo a sguainare le spade che una gragnola di
proiettili piombò su di loro. “Fanculo,
Domino! Siamo già impegnati in un'altra danza!” sbottò in
risposta il mercenario.
Mentre Wade
cercava di proteggersi dalla pioggia di piombo della vera Domino,
apparentemente abbastanza alterata, Logan e Mystica cercavano di
liberarsi della mole del loro aggressore, un uomo biondo e grosso come
un lottatore di Wrestling, tutto coperto di pelle e pelliccia sui toni
dorati.
“Cosa
pensi di farmi, tappo?” ringhiò quello dopo aver
lasciato a entrambi segni sanguinolenti e averli afferrati per il collo
mentre il canadese, paonazzo in volto, si dibatteva con gli artigli
sguainati. Più Logan si contorceva, più l'uomo
serrava la presa. Si rivolse quindi alla donna che, in evidente
difficoltà, mutava forma come uno schedario impazzito
consultato da un bambino annoiato, mostrando un volto dopo l'altro
senza soluzione di continuità, alla ricerca istintiva di una
forma che le potesse salvare la vita “Domino!”
urlò il lupoide fulvo distraendosi un attimo dalle sue prede
“Fa attenzione a dove spari!” ringhiò
ancora quando un paio di proiettili lo raggiunsero alla schiena.
Quella, silenziosa quanto spietata, corresse il tiro, acconsentendo
mutamente a quella spartizione dei compiti, concentrando sempre di
più il suo fuoco sul mercenario chiacchierone che, nel
frattempo, continuava a discorrere con lei del più e del
meno, quasi lei non stesse cercando di ammazzarlo. “Lo
sappiamo tutti che tra noi non può esserci nessun vero
morto, ma questo non mi può impedire di farvi soffrire le
pene dell'inferno insieme a tutti gli altri. Prima, però,
voglio sapere che cazzo ci fate qui!” sibilò con
la bava alla bocca come un cane rabbioso.
“Victor...
lasciami andare...” lo supplicò la mutaforma
tornata al suo aspetto di quando era umana: una ragazza bionda dai
lineamenti delicati, la pelle di porcellana, occhioni dell'azzurro
cristallino dei mari incontaminati in cui lasciarsi affogare e la
chioma fluente e soffice “Ti ho portato Logan...”
“Non mi
incanti, vacchetta!” ringhiò Victor per tutta
risposta “Il nano sarebbe venuto qui comunque.” Non
gli sfuggì lo sguardo tradito del canadese. Che si fosse
davvero fidato di lei? James Howlett che si fidava di Raven Darkholme?
Si era rammollito più di quanto avrebbe mai tollerato da uno
come lui, da uno che considerava suo pari, lo specchio in cui
riflettersi, che gli rimandava un altro sé, quello che aveva
preso decisioni che l'avevano condotto su una via più retta
della sua, quello a cui guardava come a un fratello per tenere il passo
e migliorarsi costantemente e che, per questo, doveva stare dall'altra
parte della barricata. La rabbia per quel cedimento del suo doppio lo
pervase, gli fece stringere ulteriormente la presa sul collo
dell'amico/nemico e le pulsazioni sotto il suo palmo schizzarono
all'impazzata nell'ultimo tentativo di mantenere in vita un corpo ormai
esanime, al cui cervello non arrivava più ossigeno. C'era
una teoria secondo cui i lupoidi immortali come loro sarebbero morti
solo se soffocati o annegati, quasi la carenza di ossigeno fosse
l'unica cosa irreparabile anche per i loro superorganismi.
Era il momento
giusto per scoprirlo. Un morto in più sulla coscienza,
seppure di un certo peso, non gli avrebbe tolto di certo il sonno:
strattonò il canadese come se fosse un sacco colmo d'acqua
da svuotare delle ultime preziose gocce vitali.
“Ti
prego..” piagnucolò Raven con le lacrime agli
occhi “Voglio solo proteggere i miei figli!”
Ma Sabretooth si
esibì in una fragorosa risata di scherno prima di
avvicinarsi al volto della donna con un ghigno ferino
“Davvero, Raven...?” disse, lasciandole un barlume
di speranza “Davvero pensi che tu o i tuoi bastardi sarete
risparmiati da questo grande progetto?”
“Beh...
ci ho provato...” si giustificò quella, cambiando
repentinamente espressione, facendosi di colpo seria e delusa, prima di
esplodergli un colpo in pieno petto “Cretino” disse
rimettendosi in piedi e svettando sul lupoide che latrava lamentoso per
la ferita.
Logan era
scivolato dalla sua presa ed era caduto a terra come morto ma non aveva
dubbi che si sarebbe rialzato nel giro di pochi minuti. Si
affiancò a Sabretooth mentre Neena e Wade continuavano a
spararsi addosso: avrebbero finito i proiettili, prima o poi? Si
chinò accanto al lupoide e gli puntò gelidamente
la pistola sulla fronte “Di quale grande progetto parli, tesoro?”
“Crepa,
vacca!” ringhiò lui, astioso.
Senza scomporsi
per l'insulto si tirò in piedi e, osservandolo senza alcuna
emozione, gli scaricò addosso la scorta di munizioni,
sfigurandolo irrimediabilmente.
“Che
diavolo fai?” strepitò
Wade, più in là, attirato da quel rumore che,
teoricamente, dovevano produrre solo lui e Domino.
“Abbiamo
sempre Neena, che può informaci...”
ghignò Mystica di rimando, mentre Wade e Domino spostavano
il loro scambio di opinioni in uno dei corridoi terrazzati laterali,
accomodandosi sul petto dell'uomo che aveva appena ucciso. O meglio,
che avrebbe appena ucciso se si fosse trattato di una persona normale.
“Anzi... ci spicciamo a darci un taglio?”
“Non
credi dovresti domandarlo a me?” gridò Domino
offesa, inserendosi in quello scambio di battute, sporgendosi appena
dal suo nascondiglio.
Lei e Wade
esplosero ancora una serie di colpi, alternativamente,
finché Wade non rimase senza munizioni. Domino aveva fatto
bene i suoi conti dato che ora erano tutti disarmati. Che fortuna
sfacciata.
“Voltati
Wade... e raggiungi la tua degna compagna...”
ordinò la donna, emergendo trionfante dalla colonna che
aveva usato come scudo e tenendo entrambi sotto tiro. Quello,
sbuffando, alzò le mani e si avviò verso Mystica
che lo guardava allibita. “E ora, in ginocchio!”
impose, insistendo con la canna sul cranio del mercenario.
“Niente scherzi, Mystica! Anche tu!” si corresse,
spostando il tiro tra i due.
“Senti,
Neena... da quando pensi di essere la migliore?” domandò
offeso Wade.
“Non ti
ho detto che puoi parlare...” ringhiò lei in
risposta calciandogli l'incavo delle ginocchia per costringerlo a terra.
“Sai,
cara la mia dalmatina... credo che tu faccia troppo affidamento sul tuo
potere fortunello” replicò lui
divertito mentre anche Mystica si accomodava accanto a lui e lo
guardava esterrefatta: che avesse ancora proiettili? La vedeva come una
cosa molto improbabile.
“Hai
parlato una volta di troppo, Wade” ghignò la
donna, scoprendo una fila di denti lucenti tra le mezzelune nere delle
sue labbra. Quindi esplose il colpo.
Ma la pistola
scattò a vuoto.
Istintivamente,
Neena premette ancora e ancora il dito sul grilletto ma quello suonava
irrimediabilmente nello stesso modo. Deadpool approfittò di
quel momento di distrazione, estrasse le sue katane e
disarmò la donna con un gesto fluido quanto rapido. “Non
ti sei accorta della variazione di peso? Male, molto male... Pensa che
l'agente Ward si accorge di una differenza di 30 grammi... ed
è passato ad Hydra... mentre tu, forte del tuo fattore C, ti
sollazzi convinta di essere in un videogioco con armi e vita
infinite... Ma vedi, ti sbagli! Non siamo in un videogioco! Nossignori.
Siamo in una maledettissima fan fiction che non accenna a voler
finire!”
“Che
cos'è il fattore C?” domandò Mystica,
pentendosi all'istante della domanda idiota.
“Fattore
Culo, come
lo chiamiamo in Canada... Logan confermerà appena si
sarà ripreso...”
Mystica
levò gli occhi al cielo per la stupidità della
cosa e, mentre Wade rideva della sua stessa battuta, Domino ne
approfittò. Lo disarmò delle spade con un un
calcio rotante che sorprese il mercenario. Non a caso era un'esperta di
arti marziali.
“Stupido!”
infierì la mutaforma dandogli uno scappellotto sulla nuca.
“Ahi!” protestò
quello prima che un altro calcio di Neena gli facesse girare,
letteralmente, la testa. “Ma
che vi ho fatto?”
“Taci
una volta tanto!” sibilò Mystica proteggendosi
dall'assalto della mercenaria che, messo fuori combattimento Wade,
aveva puntato a lei.
“Ho
il collo girato innaturalmente, riesco a vedermi le chiappe!! Mi sento
come un droide protocollare dorato, sigla D-3BO, in originale C-3PO,
rimontato da un Wookie ubriaco e incapace dopo essere stato
disassemblato da un colpo di...”
“VUOI
TACERE?” urlarono le due donne in coro col fiato corto,
raggiunta una posizione di stasi nel loro accapigliarsi.
“Vi
distraggo, per caso? Continuate pure, non fate caso a me... ma se
trovaste una pozza di fango in questa giungla umida in cui rotolarvi
sarei più felice...” continuò a
sproloquiare
“Quanto
mi fai incazzare!” ringhiò Mystica. Chiuse gli
occhi, irritata, e si lasciò scivolare a terra, strusciando
con la spalla sul balcone e tirando Neena con sé.
Impreparata a una mossa di quel tipo, a danno della controparte, Domino
scivolò in avanti trascinata dal peso della mutaforma e
picchiò la tempia sullo spigolo del corrimano. Quindi
scivolò a terra svenuta.
“Già
finito?” si lagnò
quello mentre, a tentoni, cercava le sue armi.
La mutaforma,
sospirò, esasperata, lo raggiunse e lo scavalcò.
Quindi, prendendogli la testa tra le gambe, gliel'afferrò
saldamente con le mani e gliela fece girare ancora, per riportargliela
nella sua sede naturale. “Meglio?” lo
folgorò con occhi lampeggianti.
“Se
mi lasci restare così, sì...” disse alzando le mani
per palparle il sedere.
Per tutta
risposta lei gli assestò un calcio nei genitali con la punta
dello stivale “Peccato che tu sia immortale...”
replicò calma, più seccata per non avergli fatto
irrimediabilmente male.
“Sei
sadica!” gemette quello rotolando
a terra per il dolore.
“Smettila
di lagnarti e vieni a darmi una mano a legare questi tre. Vorrei aver
finito prima che si risveglino”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Rogue su una
spalla, Warren appoggiato pesantemente all'altra; due paia d'ali in cui
inciampare oltre a quella fastidiosa coda semovente. Seguì
il solco nell'erba lasciato da chi lo aveva preceduto. L'angelo non
parlava, probabilmente immerso ad analizzare quello che era stata la
sua vita negli ultimi tempi e le ripercussioni che le sue azioni
avevano avuto su chi gli stava attorno. Dal canto suo, Peter si
permetteva di contemplare quel bizzarro paesaggio, conscio del fatto
che qualcuno gli avesse spianato la strada da eventuali minacce. Ad un
certo punto l'erba piegava in due direzioni diverse: una traccia,
più marcata, proseguiva e costeggiava l'immensa struttura
precolombiana, l'altra vi andava a sbattere contro. Decise per la via
più breve e si avviò verso quello strano edificio
a gradoni.
Al suo fianco,
riconoscendo evidentemente il luogo, Warren tremò.
“Tutto
bene?”
Quello si
limitò ad annuire. “Sto ancora recuperando la
memoria... ma credo potrei guidare tutti dentro a questo inferno... ho
lampi e frammenti di … cose...” aggiunse
quasi stesse sputando quella parola velenosa. Chissà cosa
gli era successo.
“Ce ne
aspettano di brutte, là dentro, vero?”
domandò il fotografo mentre si risistemava il peso di Rogue
sulla spalla.
“Molto
brutte, temo...” rispose il biondo adombrandosi.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
“Are you, are you ♪ Coming to the
tree ♫ They strung up a man ♪ They say who murdered three. ♫ Strange
things did happen here ♪ No stranger would it be...1” canticchiava Deadpool
per darsi il ritmo mentre trascinava il peso morto dei tre suoi ex
colleghi ancora svenuti e prontamente incaprettati dagli altri due
mutanti, X-Men e Vendicatori come lui, che lo seguivano dappresso lungo
le balconate dell'edificio a gradoni “Se
a qualche lettore viene in mente di polemizzare sul fatto che, nel
2012, anno di uscita di The
Avengers, Hunger
Games: Il Canto della Rivolta - parte 1 non era ancora
stato girato, devo ricordare loro che il libro, invece, era
già uscito da un pezzo (in America, nel 2010, per la
precisione, e in soluzione unica come nel resto del mondo) e in Italia
il 15 maggio 2012 (fonte Wikipedia). Inoltre, l'autrice mi ricorda che
il film dei Vendicatori è uscito in Aprile. Quindi, anche se
pubblicato dopo, per la cronologia della fanfiction siamo comunque
perfetti, qualunque sia la versione a cui volete appoggiarvi. In ogni
caso mentre lei scrive, il film di Hunger
Games è già uscito e io lo so: sono
il solo che possa abbattere la quarta parete e ogni distanza con la
realtà. Fa un po' Matrix a pensarci... E comunque voi non lo
sapete se cantavo a tempo o meno. Nel libro, come nella fanfic,
è solo scritto!!”
“Smettila
di parlare da solo e lavora!” sbottò Logan
infastidito qualche metro più indietro.
“Puoi
gentilmente ricordare ai lettori perché il lavoro sporco
tocca a me?”
“Perché
ti è capitata la pagliuzza più corta!”
lo zittì Mystica tendendo l'orecchio a suoni strascicati che
percepiva poco più in là e che non erano prodotti
da Deadpool.
“Oh,
siete voi! Grazie al cielo!” li salutò Peter
Parker comparendo dal nulla. Lasciò che Warren si
appoggiasse alla balconata di mattoni, quindi depositò il
corpo della ragazza per terra.
“Rogue!”
Strepitò Mystica correndo verso il corpo esanime e
irriconoscibile riverso a terra.
Logan le fu
accanto in un lampo e, prima ancora che il senso di ragno di Parker
potesse cominciare a pizzicare, agguantò il giovanotto per
il costume “Cos'è successo alla
ragazza?” ringhiò sfoderando gli artigli,
minaccioso.
Peter non ebbe
nemmeno il tempo di cominciare ad accennare delle scuse che, sotto lo
sguardo esterrefatto di entrambi, assalito e assalitore, la tuta si
dileguò dai pugni del canadese, sciogliendosi come
foss'altro che acqua o sabbia, scorrendogli inesorabilmente tra le dita
per poi riaggregarsi insieme sul petto del ragazzo dove, nemmeno per un
istante, la pelle era rimasta esposta e vulnerabile. Sembrava viva e
sembrava non gradire il contatto col mutante.
L'attimo
seguente, come uno tsunami in pieno oceano scatenato da un terremoto in
montagna a miglia di distanza, lo stesso elemento plastico della tuta
eruppe come una colonna fibrosa e animata che, in un batter di ciglia,
scagliò violentemente l'artigliato lontano dal corpo del
giovane. L'impatto del corpo zavorrato di adamantio di Logan contro il
muro di mattoni risuonò nell'aria ferma della giungla di
un'eco simile a quella prodotta da un gong giapponese a capodanno.
“Scusa
scusa scusa scusa” stava sproloquiando il fotoreporter mentre
gli correva incontro per aiutarlo ad alzarsi.
“Che
diavolo è successo?” ringhiò quello
mettendosi carponi e scuotendo veementemente la testa per snebbiarsi la
vista.
“Non ne
ho la più pallida idea, ma, giuro, non sono stato
io!” piagnucolò l'uomo ragno da dietro la maschera.
“Ci
sarebbero testimoni che potrebbero affermare il contrario” sentenziò
Wade.
Quello si volse
verso gli altri, l'espressione sgomenta dietro la maschera.
“Sento
puzza di simbionte lontano un miglio, tappo! Ma tu non sai nemmeno cosa
sia...” ringhiò una voce cavernosa alle spalle del
gruppetto. “E liberatemi da queste corde prima che decida di
bere il vostro sangue a colazione...” Victor Creed ghignava
di gusto, rabbioso e divertito, dalla sua posizione capovolta e
impotente, appaiato ai suoi due colleghi e altra metà del
Six Pack.
“Non
sperarci, Sabretooth...” sibilò Mystica, levando
appena lo sguardo da sua figlia.
“Ho
picchiato abbastanza forte la testa da essere libero dal
condizionamento di quello stronzo...” replicò
quello cominciando a innervosirsi come ogni buon animale selvatico
preso alla catena “E, dato che vorrei farla pagare a chi mi
ha ridotto così, posso guidarvi dentro...”
1
Come spiega DP, è la colonna sonora di Hunger
Games – Mockingjay part
1
“Stai
tu, stai tu / venendo all'albero?/ Dove impiccarono un uomo/
dissero che ne aveva uccisi tre/ Strane cose accadono qui/ non ci
sarà
alcun estraneo”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Ecco finalmente
sdoganato anche il discorso Simbionte. Troverete la soluzione tra
qualche capitolo :3
Chiuso il
discorso Six Pack e Lycos, ora ci dedicheremo a questa benedetta
piramide :) aspettate e vedrete :D
PS: Victor che
dà della Vacca a Mystica non
è una gran novità. Negli anni novanta sembrava
essere l'unico epiteto che contenesse il suo vocabolario per rivolgersi
alle donne. Vacchetta quando era in buona. Un
pò ripetitivo...
|
Ritorna all'indice
Capitolo 36 *** Akkaba ***
ARG!!!
Ragazzi vi devo
chiedere scusissima!!! Me ne sono appena accorta!!!
Come avrete
notato ho fatto un po' di casino: al posto del 36 avevo postato il 37
(oltre a essere in super ritardo con gli aggiornamenti...oggi mi son
messa di buzzo buono e a mozzichi, un pò ora un
pò dopo, son riuscita a venirne a capo).
Quindi in qualche modo vi siete beccati uno spoiler -_- abbiate
pazienza. L'ho detto che è un periodo un po' così.
Riposto tutto
nell'ordine esatto...
E.. dai... tra un
mese dovrei aver finito i lavori a casa ed essere più serena
per riprendere la regolare pubblicazione...
Intanto buon Age of Ultron a
tutti
36. Akkaba
Un rapido
sguardo, un cenno della mano, l'espressione corrucciata.
Ororo rimase
impassibile mentre Steve si prodigava in gesti assolutamente
incomprensibili che, alla meglio, lei aveva visto solo di striscio in
qualche sequenza di film d'azione in TV, saltando da un canale e
l'altro in cerca di qualche commedia. Steve ripeté il gesto,
ora apparentemente innervosito e, come Ororo, anche gli altri rimasero
a fissarlo incuriositi.
L'espressione sul
volto del Capitano si stava trasformando rapidamente in una maschera di
rabbia: rabbia rivolta espressamente contro due del gruppo che a quel
punto sbuffarono e, ridacchiando, si tirarono in piedi.
“Possiamo
andare...” disse Natasha, traducendo i segnali del capitano
che si stava avvicinando a passo di marcia.
“Se
faccio segno di via libera, voi...” stava ringhiando Rogers
che Tony già gli rispondeva a tono. “Non abbiamo
fatto la naja con te, sessant'anni fa...”
“Tu,
forse! Ma per loro due questo linguaggio è pane
quotidiano...” replicò quello mettendosi in testa
al gruppo insieme alla mutante e a T'Challa.
“Non so
te...” borbottò complice il magnate all'amica
stilista, fingendo di nascondersi dietro il dorso della mano
“Ma io avverto una certa tensione tra quei tre... non so se
mi capisci...” Quella, per tutta risposta,
ridacchiò e basta.
Prima di
infilarsi lentamente nella struttura a gradoni, Strange li fece
fermare, tra lo scetticismo generale, come davanti a un confine
impercettibile. Incrociò davanti a sé le mani un
paio di volte, borbottando qualcosa di incomprensibile, prima di cedere
il passo agli altri, apparentemente stremato. Solo Illyana e Wanda lo
guardavano quasi con venerazione, cercando di assorbire ogni stilla di
sapere magico, impressionate dallo sforzo -invisibile e quindi inutile
per la mente limitata dei più- dell'uomo.
La prima linea di
guardia esterna era stata messa fuorigioco. Ora dovevano valutare
eventuali guardie poste all'interno di quello strano luogo.
Se da fuori
sembrava una piramide precolombiana, l'interno rivelava un cuore nero e
lucido, superfici lisce e asettiche, quasi tombali. Sottili guide
luminose e azzurrine guidavano diversi percorsi in quella grotta dal
tetto a gradoni: la piramide sembrava cava all'interno.
Ma
perché mettere delle guardie armate lungo il perimetro se
non c'era nulla da proteggere?
Attesero qualche
minuto e, quando furono certi di potersi muovere liberamente senza
essere spiati da indiscreti occhi elettronici, si addentrarono alla
spicciolata, le suole delle scarpe che toccando terra producevano
un'eco cacofonica simile a un applauso. Quel posto aveva decisamente
una pessima acustica e il suo valore scendeva vertiginosamente man mano
che scorreva il tempo.
“Dobbiamo
andare al centro...” disse T'Challa all'improvviso, la cui
voce bassa e ruggente riecheggiò tutt'attorno come un'onda
marina che si rifrange sugli scogli più e più
volte “Da lì si irradia una potente
energia...” spiegò rispondendo così
alle molteplici domande che tutti avevano in mente.
“I miei
strumenti non rilevano nulla..” replicò Tony
“Non
sai cosa cercare... “ rispose misterioso il re
“Questa è tutta tecnologia wakandiana...”
A quelle parole,
Tony aguzzò la vista. E un altro tassello di quel complicato
puzzle andò al suo posto. Un'altra brillante mente era stata
saccheggiata delle sue idee.
“La
sala centrale, come nelle tombe egizie, è la chiave di
tutto...”
“Si
irradia, hai detto... come fa il router?” domandò
Steve, cercando di afferrare il concetto.
Quello
annuì. “Sospetto ci sia qualcosa che funzioni in
modo analogo. Il centro di un edificio, sia in verticale che in
orizzontale, è sempre il luogo ideale per irradiare e
coprire più omogeneamente una superficie maggiore. Inutile
mettere il ripetitore in un angolo, dove le onde andrebbero all'esterno
e quindi perse.”
Si addentrarono
ancora, guardinghi, nelle viscere di quel posto fiocamente illuminato,
fino a sfociare nel centro dell'edificio che, più che una
stanza, appariva come un'immensa vasca delle dimensioni mastodontiche
di un paio di isolati. Eppure la struttura era decisamente
più piccola. T'Challa e Tony si interrogarono se, per caso,
non vi fosse un dispositivo di curvatura spaziale.
La vasca era
riempita da bassi palazzi chiari, alti al massimo due piani, separati
da strette viuzze affollate di bancarelle sudicie da cui si
diramavano gli schiamazzi tipici dei mercati rionali. La gente che ne
animava le strade era vestiti in modo insolito con tuniche, zoccoli,
cappucci e alte cinture, in un incrocio tra medioevo europeo e
giapponese .
Ricapitolando:
erano al polo Sud, c'era vegetazione tropicale e c'erano i dinosauri
non estinti, c'era una piramide precolombiana ma ipertecnologica al
contempo e c'era una città nella piramide popolata di
creature sbucate da qualche assurda saga fantasy.
Tony scosse la
testa, per snebbiarsi la mente. Quelli, probabilmente, erano solo gli
operai e le relative famiglie, che mandavano avanti quell'assurda
baracca. Baracca che ora si rivelava essere un poliedro duale, una
bipiramide per metà affondata nel terreno. Una vera
navicella spaziale.
“Dobbiamo
mirare al cuore...” disse Thor, rimasto in silenzio fino a
quel momento e indicando il centro della vallata da cui si innalzava
una torre che richiamava l'acropoli di Atene nella sua altezza e la
Città Proibita nei suoi fasti e nella sua
inaccessibilità.
Quella era
sicuramente la loro destinazione.
Ed era collegata
al resto della struttura tramite due ponti sottili che insistevano
sugli spigoli della struttura e che la tenevano sollevata e
galleggiante sul borgo caotico. Spigoli posti a livello del terreno e
che dall'esterno erano sembrati la base della piramide.
Si ritirarono
lungo il perimetro che costeggiava tutta la vallata di quello strano
posto e si mossero cautamente per non attirare l'attenzione,
rannicchiati nell'angolo meno illuminato e più lontano dagli
sguardi della folla sottostante.
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Quei pochi trilli
a vuoto, normale tempo di attesa in una qualunque chiamata telefonica,
sembravano essere un tempo così esasperatamente lungo che
avrebbe voluto, potendo, teleportarsi lì, se solo fossero
riusciti a metterne a punto la tecnologia. La preoccupazione ora lo
divorava come un tarlo affamato.
Avevano preso
anche loro? Stark non rispondeva – o meglio la sua
segretaria/amante/amministratore delegato ne aveva perso completamente
le tracce –; sui mutanti non avrebbe mai potuto fare
affidamento visto che, una volta intercettati da Valerie, si erano
dileguati nel nulla, come sempre; Pym non rispondeva e nemmeno sua
moglie; per quel che riguardava Rogers e Thor era pressoché
impossibile rintracciarli per motivi abbastanza ovvi. Ma il fatto che
anche Natasha e Clint fossero irreperibili l'aveva allarmato
più di ogni altra cosa.
“E'
tempo di distruzione!” riecheggiò il vocione di
Ben al di là della cornetta, lasciando Fury esterrefatto:
che razza di segreteria aveva installato anche quel gruppo di
squinternati?
Stava per
riattaccare quando si rese conto di essere stato catapultato nel bel
mezzo di una lite familiare, dove il bestione di roccia aveva un
diavolo per capello per qualcosa che doveva avergli fatto il giovane
scapestrato Johnny Storm, dato che fu lui a rispondere, giulivo e
irriverente, al ricevitore con la frase di rito che avevano al Baxter
Building.
Al silenzio
basito del chiamante, Johnny dovette chiedere un paio di volte chi ci
fosse dall'altra parte prima che Fury si riscuotesse: il mondo stava
andando nuovamente in pezzi e i suoi campioni o erano spariti o
giocavano ignari e sereni come bambini in un asilo.
“Sono
Fury... ho bisogno di parlare con...” non aveva fatto in
tempo ad annunciarsi che quello, senza nemmeno coprire la cornetta,
aveva chiamato a gran voce il loro capofamiglia.
In un attimo,
Nick sentì il passaggio di mano del ricevitore e si
immaginò l'uomo di gomma protendersi da qualche
tana-laboratorio fino all'altro capo del palazzo. Perché,
per menti brillanti come le loro, avere più di un
apparecchio telefonico o un cordless, doveva essere, evidentemente
un'inutile perdita di tempo.
“Scusa
il ragazzo...” si annunciò Reed
“Johnny!”
strepitò anche la voce di Sue Storm, la sorella della Torcia
Umana, scatenando la fantasia e la curiosità del guercio.
Chissà che diavolo aveva combinato quel giovinastro quella
volta? Una ne faceva e cento ne pensava...
Come contemplando
i disastri del ragazzo, Reed continuò “...Dimmi
tutto. E' insolito che sia tu a chiamare. Soprattutto da quando hai
ufficiosamente abbandonato lo S.H.I.E.L.D....”
“Sai
nulla dei tuoi colleghi?” si riscosse Fury, tornando l'uomo
imperscrutabile e tagliente di sempre.
“Pym
è qua da me a gli altri li ho visti... ieri o l'altro ieri,
al più tardi... quand'è che si è
tenuta l'inaugurazione
del Triskelion?” rispose con velata ironia.
“Perché?”
“Ti
invio un documento... Non farlo vedere a Sue...” disse mentre
smanettava con il computer di bordo e inviava allo scienziato il breve
filmato girato al largo di San Francisco. Dopo qualche minuto di
paziente attesa, Reed tornò a rivolgergli tutta la sua
attenzione. Il brusio alle sue spalle era sparito, segno di come l'uomo
si fosse ritirato in un ambiente appartato. Gli bastò un suo
respiro, appena più profondo, a fargli capire che l'aveva
visionato e che aspettava solo che lui continuasse la conversazione
“Oltre ad Atlantide, anche la comunità Inumana ha
subito un duro colpo. Il dottor Banner è sparito dai nostri
radar come anche... tutti i mutanti. Dei superumani presenti al
Triskelion l'altra sera, solo voi avete risposto alla chiamata. Il
prossimo e ultimo sarebbe stato T'Challa ma...”
“Il
Wakanda sa essere sfuggente, quando vuole.. non sarebbe garanzia di
nulla...” concluse per lui lo scienziato.
“Precisamente”
Seguì
un lungo silenzio, costellato da flebili pigolii di apparecchiature
elettroniche intente a svolgere le loro mansioni, durante il quale Mr.
Fantastic valutò la portata della rivelazione di Fury. Il
guercio poteva quasi vederlo, corrucciato, in cerca di una soluzione.
“Un
paio dei miei, che tempo fa assistettero a una qualche tua lezione
all'accademia...” ricominciò Fury
“...hanno accennato a una teoria che avevi
partorito...qualcosa riguardo una certa Zona Negativa...”
“Era
solo un'idea passatami per la mente come mille altre. Non ci ho mai
perso nemmeno cinque minuti del mio tempo, figurarsi elaborarne una
teoria!” protestò l'altro, puntiglioso.
“Come
che sia. Devi spiegarmi in cosa consiste la tua idea.”
“Non
l'ho mai realizzata, non credo sarebbe nemmeno lontanamente
fattibile... perché ti sei puntato su questa cosa?”
Nicholas trasse
un profondo sospiro “Stark aveva avanzato l'ipotesi che
qualcuno potesse aver copiato o preso in prestito le idee
più interessanti degli scienziati più formidabili
del pianeta. Abbiamo rinvenuto evidenze di ogni tipo. Armi di Tony,
robot sentinella di Pym...”
“E'
vero...” gracidò una voce dall'altra parte del
telefono. Una voce flebile e acuta, come distorta da una boccata di
elio. Ma era inconfondibilmente quella di Pym. Probabilmente Hank aveva
seguito il suo ospite nella sua forma miniaturizzata e aveva seguito la
conversazione nascosto in qualche piccolo anfratto per
rivelare solo ora la sua presenza a entrambi. “E'
vero...” ripeté con voce adulta e stentorea.
“Ultron... Alkema... te ne ho parlato, Reed, ricordi? Ed
erano progetti che nessuno, né telepate né altro,
potevano scoprire. I pochi appunti che avevo al riguardo, aborti o
embrioni di idea erano nel silo miniaturizzato che ho in un angolo del
laboratorio, sorvegliato dalle formiche, che si fidano solo di
me...”
Nicholas
continuò “E ora, col fatto che stanno sparendo
tutti i superumani, salta fuori l'ipotesi della tua realtà
alternativa...”
“Non si
tratta di realtà alternativa ma di un vero e proprio spazio
fisico ricavato dalle pieghe del tessuto quantistico”
cominciò Reed piccato e offeso.
“Sì
sì, quella roba là...” lo
silenziò l'agente S.H.I.E.L.D. “Il punto
è: se sono finiti là dentro... tu sapresti
recuperarli? Riusciresti a stabilire un collegamento con qualcuno di
loro?”
“Se non
ho un campione da usare come marcatore per indirizzare il
segnale-segugio è praticamente...” stava dicendo
lo scienziato quando Pym lo interruppe.
“Janet...”
alitò appena “Janet era rimasta con Tony. Se Tony
non risponde...”
“Pensavo
fosse con te e che entrambi foste spariti...rapiti”
confessò Fury.
Il silenzio
calò nuovamente tra i tre mentre i due scienziati, con ogni
probabilità, si studiavano vicendevolmente e comunicavano
tra loro con il solo sguardo.
“Se
Janet è nella Zona Negativa insieme a Tony, abbiamo una
possibilità.” cominciò Reed.
“Janet
ha sempre con sé una delle porte che abbiamo creato per
poter passare da un posto all'altro annullando lo spazio
intermedio...” continuò Pym
“In
questo caso, se passare fisicamente dovesse rivelarsi troppo
pericoloso, potremmo almeno far passare un messaggio. Le onde radio non
dovrebbero aver problemi...”
“Ci
mettiamo subito al lavoro”
“Pensate
di riuscire ad aprire un varco per far passare delle truppe?”
domandò Fury, pratico.
“Temo
sia molto difficile. Se fosse un mio progetto, che parte da zero, mi
organizzerei in modo da creare un varco che non strappi il tessuto
spazio-temporale cercando di sfruttare al massimo la sua
elasticità senza comprometterla. Ma devo introdurmi nella
realtà di qualcun altro. E non ho la più pallida
idea di quale sia il grado di resistenza della struttura creata
né quanto sia grande questo ambiente...”
“Ci
avranno caricato migliaia di superumani e tu ti preoccupi per qualche
manipolo di uomini?” replicò Fury.
“E'
fisica, Nick. Anche la struttura più solida ha un punto
debole. Ora... immagina un vetro di cristallo tutto traforato. Un'opera
d'arte. Se l'artista forasse una volta di più l'intera
statua crollerebbe. Come il vetro del parabrezza. Un sassolino e addio
vetro anteriore. E' solo un foro eppure compromette tutta la struttura.
E noi non stiamo parlando di un vetro ma di una realtà vera
e propria. Potrei farla collassare su se stessa e addio missione di
recupero.” Reed era evidentemente agitato e allarmato. Non
aveva mai parlato a quel modo e a quella velocità. O meglio,
le sue dissertazioni sulla teoria delle stringe si avvicinavano
tremendamente a quel tipo di sproloqui ma, questa volta, usava esempi
banali e cadeva in assurde ripetizioni di termini.
“Vedete
di far passare un segnale. Se è vero che i superumani sono
prigionieri, allora ci sono due considerazioni da fare. Uno. Chiunque
li abbia catturati -e un così gran numero- è
scaltro, intelligente e molto potente. Può trattarsi anche
di una trappola sofisticata elaborata da una manciata di
supercriminali. Comunque sono astuti. Due. Per quanto possano essere
scaltri, i loro prigionieri sono tutti, senza eccezione alcuna, armi
viventi. Se non possiamo intervenire direttamente, dobbiamo far
sì che loro stessi si attivino. Coordinarli ed essere pronti
ad accoglierli qualora tornassero nella nostra realtà,
preparare un luogo per farli evacuare tutti quanti. Questi è
il nostro compito. Forza. Mettetevi al lavoro. Trovateli!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 37 *** Zona Negativa ***
A
distanza di una settimana riposto il capitolo già
precedentemente pubblicato in vece del 36. Abbiate pazienza. Almeno ora
li avete nell'ordine giusto...
37. Zona Negativa
Il cuore della
cittadella appariva non più grande di una delle tante
abitazioni sulle quali si ergeva così vertiginosamente da
sembrare quasi galleggiare su di esse. L'ombra proiettata dalla
piattaforma che la ospitava lo manteneva in ombra e occultato rispetto
al piano interrato in cui la vita brulicante si dipanava per le strette
viuzze di stampo mediterraneo e che rilucevano di calde luci aranciate,
in netto contrasto con i profili blu elettrico della struttura
futuristica.
Uno dopo l'altro,
i superumani, scivolarono in quello che poteva definirsi a ogni buon
diritto un cortile, decorato da un ordinato giardino zen, che
circondava la struttura di stampo nipponico come il fossato colmo di
coccodrilli dei castelli medievali.
Da lì
avevano una visione completa della città sottostante,
incastonata miracolosamente nella piramide a gradoni che era, a sua
volta, collocata, fuori dal tempo e dallo spazio in una foresta
equatoriale popolata di dinosauri dislocata al polo. Nessuno si sarebbe
sorpreso se, oltrepassata la soglia, si fossero trovati all'interno
dell'ennesima scatola cinese coi suoi paradossi fisico-spaziali.
L'essere al di
sopra di tutta quella gente dava un senso di vertigine, metaforico
oltre che fisico. Il potere e l'importanza che calava come un mantello
su chi osservava quel panorama, dominandolo dall'alto, avrebbero fatto
sentire chiunque al pari di un Dio.
Avanzarono
guardinghi, senza mai dimenticarsi di essere in territorio sconosciuto
e certamente pericoloso se non anche ostile. Il gruppo si divise e i
membri militarmente più esperti si diramarono istintivamente
a perlustrare la struttura fino a tornare a incontrarsi.
“C'è
una sola porta...” disse T'Challa che, al fianco di Rogers,
aveva ispezionato il lato che restava maggiormente in ombra e quasi
addossato alla parete spiovente della piramide.
Il varco,
evidentemente era quello individuato dal duo Barton-Romanoff, sulla
facciata esposta alle luci della città.
“L'unica
è procedere all'interno...” disse Ororo
drizzandosi in tutta la sua regale statura di kenyota. Quasi soggiogati
da un suo potere mutante secondario che non possedeva, il gruppo le si
dispose attorno, rapito dal suo cipiglio sicuro e dal suo carisma.
“Dottore...” chiamò gentile rivolgendosi
a Stephen Strange “... può dirci se...”
“La via
è libera...” rispose subito quello che, non visto,
aveva già scandagliato la zona alla ricerca di possibili
trappole di natura mistica.
“Nessun
sensore... né meccanismo di alcun genere” aggiunse
anche Visione, non interpellato, che, invece, aveva scansionato
l'edificio in completa autonomia, cercando qualcosa che solo lui, ed
eventualmente Tony Stark con le sue attrezzature, avrebbe potuto
rivelare.
“Allora
entriamo...” disse la donna a comando del gruppo salendo i
pochi gradini che la separavano dal patio; Kurt era alla sua destra,
fedele compagno di mille battaglie, pronto a bamfare addosso a chiunque
si fossero trovati davanti.
Ororo
posò la mano d'ebano sulla maniglia laccata che incorniciava
la parete scorrevole di carta di riso e la fece scorrere sul suo
supporto. Dapprima aprì di uno spiraglio sottile, giusto lo
spazio per buttare un'occhiata dall'altra parte. Sorpresa da quello che
aveva visto, si arrischiò ad aprirla fino ad ottenere il
giusto spazio per passare con tutto il corpo. Quindi scivolò
dentro, silenziosa come un felino. T'Challa fu subito dietro di lei,
riuscendo ad anticipare anche il buon Nightcrawler che pure la seguiva
dappresso.
Quando anche
l'ultimo fu passato, Thor, si richiuse con garbo la porta alle spalle.
All'interno, come
previsto, l'ambiente era molto più vasto della minuscola
casupola a due piani nella quale erano penetrati.
In
realtà, si trovavano in una stanza che sembrava avere tutta
l'aria di un ufficio dismesso. Ma dalla parete davanti a loro, quasi si
trattasse di una vetrata che dava sul corridoio che collegava tutti gli
uffici e che abbracciava un cortile interno, si estendeva, per le
dimensioni di un campo di calcio, un gigantesco laboratorio open space
diviso, probabilmente, per genere di esperimento. Ancora scombussolati
per quel repentino e assurdo cambio di scena, si riversarono,
ammutoliti da quella situazione, nel corridoio e da lì
studiarono il nuovo ambiente. C'erano assembramenti di macchinari e
capsule con conseguenti derivazioni di cavi che subito calamitarono
l'attenzione degli scienziati del gruppo.
Il gruppo intero
reagì con stupore e ribrezzo a quella vista non appena i
loro cervelli ebbero elaborato lo scopo a cui era destinato quel luogo.
L'unico che mantenne un certo contegno fu Kurt, sconvolto dal
ritrovarsi davanti ai suoi incubi peggiori, il Progetto Arma Plus
redivivo e più operativo che mai. Le dita strette a pugno e
la mascella contratta, però, rivelavano il suo tormento
interiore.
“Questa
cosa non è stata certo tirata su in un giorno...”
commentò Tony dopo un po'.
“Sicuramente
siamo nel posto giusto...” commentò anche Pietro
“Posso andare?” domandò educatamente,
forse annichilito da quella vastità.
“No!”
fu la lapidaria risposta che gli diede la sorella che, invece, voleva
attenersi ai piani e tenersi sotto l'ala protettiva degli adulti.
In lontananza,
dall'altra parte dell'ovale (di cui loro dovevano occupare
l'estremità diametralmente opposta), sembrava esserci una
specie di palco, una zona rialzata, probabilmente gli alloggi personali
di chiunque fosse dietro a quella roba. Per il resto, gli ambienti che
potevano ricordare la disposizione degli spalti degli stadi erano
divisi in due zone distinte. Al piano terra correva il corridoio in cui
erano riparati loro, il cui vetro rifletteva ciò che si
trovava al centro del vasto ambiente, proteggendo chiunque o qualunque
cosa si trovasse al di qua. Non era da escludere che ci fossero
laboratori di altro tipo e che quelle stanze andassero ispezionate ad
una ad una per evitare di lasciare anche solo uno di quei poveretti
nelle grinfie dei delinquenti che li avevano sequestrati.
Nella fascia
superiore, invece, si intravedeva nuovamente la folta vegetazione della
foresta da cui erano appena penetrati, quasi si trattasse di larghe
vetrate.
“Non
c'è dubbio che quelli siano schermi...” stava
commentando Kurt, rapito.
“Potrebbero
essere anche vere finestre addossate alla parete della piramide, per
quel che ne sappiamo. Immagina una finestra a doppia camera: un vetro
affaccia sulla giungla, uno è quello su cui poggiamo noi e,
in mezzo, al posto dell'intercapedine d'aria, un sofisticato sistema
che annulli e pieghi lo spazio, permettendo l'esistenza della
cittadella da cui siamo appena entrati.” ribatté
Stark affascinato quanto lui.
“Dio!”
sbottò Janet “Ho lasciato Hank a casa per non
dover sentire assurdità di questo tipo!”
-E' possibile?-
domandò Visione, incuriosito. Tutto ciò che
sembrava piegare le normali leggi della fisica sembrava affascinarlo.
Forse perché la sua stessa esistenza era difficilmente
giustificabile secondo i normali parametri dell'umanità
mediamente istruita.
“Teoricamente
sì...” rispose Tony, sovrappensiero “Ora
che ci penso... una cosa simile, di un mondo dentro un mondo dentro un
mondo...”
“Matrioska”
commentò Natasha, rispolverando il suo perfetto accento
russo.
“Sì...quella
roba lì... Beh... Se non sbaglio Reed avrebbe voluto
lavorare a una cosa del genere ma non ne ha mai avuto il tempo. Un
mondo incastrato nelle pieghe dello spazio-tempo: la Zona
Negativa.”
“Che
brutto nome” commentò Janet arricciando il naso.
Tony
roteò gli occhi, esasperato. Fu T'Challa ad andargli
incontro “E' una normale dicitura sia in matematica che in
fisica. Si tratta solo di una valida e concisa definizione della
realtà per come dovrebbe essere...”
“Qualcuno
ricordi questa stanza, ne tenga in mente l'ubicazione...”
disse Ororo ritrovando la lucidità “O meglio...
chi di voi ha dei mezzi... la marchi in modo che, se le cose dovessero
andare male, sapremo subito dove fuggire... Non credo sarà
una passeggiata.”
“Nulla
di più semplice...” rispose Strange, facendo cenno
a Illyana di procedere, visto che Wanda, invece, sembrava troppo restia
sull'uso del suo nuovo dono.
La bionda
sguainò una spada brillante di potere magico che nessuno le
aveva visto pendere dalla cinta. Chiuse gli occhi e lanciò
un incantesimo che si impresse come un marchio a fuoco sulla porta a
vetri che dava sul budello in cui centinaia di porte identiche aprivano
un identico varco. “E' visibile solo a noi... diversamente,
avremmo appena rivelato l'intrusione” spiegò.
Con un cenno
della testa, Ororo fece capire che la scelta le stava bene. A quel
punto, studiò la disposizione delle uscite più
vicine e come raggiungere indisturbati ogni silo in cui corpi non
meglio identificati giacevano in animazione sospesa dentro a strani
liquidi aranciati.
Non sembravano
esserci guardie ma, per precauzione, i soldati furono mandati per
primi, Capitan America in testa, a coprire la coppia di agenti
S.H.I.E.L.D. con il suo scudo.
Procedettero
silenziosi e accorti, le armi da fuoco (e l'arco, armato di frecce
stordenti) spianate, pronte a vomitare proiettili.
Prima di esporsi,
avevano controllato se ci fossero sensori e solo in seguito si erano
lanciati al sicuro del primo pilone che si ergeva nel terreno, un misto
tra un prato naturale e una pavimentazione di linoleum che risultava
straniante e perturbante.
Cap si sporse
appena dal suo riparo per vedere se la via era libera: appena fossero
stati nuovamente al riparo avrebbe fatto avanzare il resto del gruppo
al primo stadio. E questa volta T'Challa, unico che sembrava capirne
qualcosa mimica d'assalto, avrebbe guidato il resto del gruppo.
Stava studiando
l'intorno quando una risata bassa e gutturale lo sorprese alle spalle,
facendo sobbalzare lui quanto gli altri due agenti. Eppure avevano
fatto attenzione.
“Hai
visto chi abbiamo qui?” domandò l'uomo dai capelli
castani, il taglio incolto e strani occhiali dalle lenti rosse calzati
sul viso, comparendo sugli spalti dal lato della Vedova Nera.
“Ora
sappiamo proprio che la nostra talpa è
affidabile...” convenne una seconda voce il cui proprietario
si palesò subito su un altro spalto poco lontano ma in
posizione speculare, un ragazzo fortemente somigliante al primo ma
biondo, più curato e più giovane anche se non di
molto. Non li avevano attaccati e i tre agenti non avevano la
più pallida idea di chi avessero davanti né di
come contrastarli.
“Posso
metterli K.O.?” domandò piano Clint, pronto a
mollare la presa dalla sua freccia già incoccata.
Scott Summers,
l'uomo con gli occhiali rossi, rispose prima che Cap avesse modo di
dargli il via libera con un cenno qualunque del corpo
“Azzardati e mio fratello vi friggerà le budella
all'istante. Hai una sola freccia, monodose. Non ci freghi. Siamo
preparati, noi...”
“Al
diavolo!” sibilò Natasha aprendo il fuoco su
quell'arrogante davanti a lei. Clint, capite le sue intenzioni, si
concentrò sul biondo.
Prima che
potessero esplodere i loro colpi, agli agenti sembrò che sul
volto dei loro avversari fosse comparso un sorriso divertito per una
mossa che avevano già calcolato.
I proiettili
della rossa sparirono nel nulla, inghiottiti o dirottati da un fascio
di luce rosso intermittente che sembrava vaporizzarli nell'istante
stesso del contatto, mentre le frecce dell'arciere venivano deviate o
distrutte una dopo l'altra come da invisibili frustate di vento.
Nessuno dei due sembrava riuscire ad avere la meglio sul proprio
avversario.
“Dietro
di me!” ordinò Cap, avendo avuto una brillante
idea e avendo anche calcolato che le munizioni della Vedova si
sarebbero presto esaurite inutilmente come anche le frecce di Clint.
Concentrato il fuoco dei due su di sé, fece in modo che lo
scudo riflettesse vicendevolmente i due poteri e che i due uomini si
abbattessero tra loro, risparmiando a loro la fatica.
AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV
“Che
diavolo combina il nonno?” ruggì Logan, comparso
nel medesimo corridoio in cui si era riversato il resto del gruppo,
facendo sobbalzare i presenti per la sorpresa. Nessuno li aveva sentiti
arrivare ma, ovviamente, Domino, Castle e Creed sapevano bene, essendo
stati dall'altra parte, come penetrare indisturbati nella struttura.
“Rogue!”
urlò Kurt bamfando al fianco del canadese per sostenere la
sorellastra.
“Grazie,
sono viva anch'io!” replicò Mystica passandogli
accanto stizzita.
“No,
davvero... 'Ro!” sbraitò Logan contro la dea dei
venti. “Cosa combina?”
“E'
appena successo... non sapevo ci fossero Scott e Alex a guardia di
questo posto...” si giustificò lei, presa in
contropiede.
“Di
questo passò attireremo troppo l'attenzione...”
sibilò sguainando gli artigli.
“Ehi,
tappo...” lo apostrofò il lupoide che aveva
liberato a malincuore “Vuoi una mano a mettere a nanna quei
due bambocci?”
Quello
stirò un sorriso teso “Non ho bisogno del tuo
aiuto, Creed!”
“Potete
spiegarci cosa sta succedendo?” domandò Thor
confuso. Il loro amico aveva avuto un'ottima intuizione, ridirezionare
i colpi ricevuti e sfruttarli a suo vantaggio, eppure il gruppo mutante
sembrava in fermento.
“I due
poteri si equivalgono...” fece notare T'Challa.
“E si
annullano tra loro...” concluse Tony che stava analizzando i
parametri biometrici segnalatigli dalla sua armatura.
“E'
ovvio... sono fratelli!” ringhiò Logan.
“Ah,
sì?” domandò sorpreso il magnate. Cosa
poteva saperne lui di genetica mutante? Era la prima volta che si
interessava alla questione.
“Lo
scudo terrà...” si inserì T'Challa
“Il vibranio assorbe ogni vibrazione e l'annulla”
“Tutto
ha un punto critico di rottura, la goccia che fa traboccare il vaso.
Anche il vibranio, ci scommetto la testa” ghignò
il canadese.
“Allora,
tappo, vogliamo andare?” disse Creed avviandosi alla porta.
“Non mi
faccio dare ordini da te, cocco!” ribatté Logan in
un certo qual modo, divertito. “Io mi tengo il
coglione!” precisò poi.
“Quale
dei due?” volle sapere Creed.
Logan storse il
naso. Il fatto che anche a Victor stessero antipatici i fratelli
Summers non glielo rendeva più simpatico. Anzi, gli urtava i
nervi, nemmeno detenesse l'esclusiva e loro fossero un osso conteso.
“Tienti pure Havok... Almeno avrò una valida scusa
per pestare Ciclope” disse, usando i nomi in codice. Con uno
come Victor come partner, era già una fortuna che li
conoscesse e non si avventasse alla cieca sul proprio bersaglio,
seguendo solo l'istinto. Pretendere che tenesse a mente anche i nomi di
battesimo era effettivamente eccessivo. Scosse la testa per rimuovere
un pensiero sgradevole: lui non era poi molto meglio. Sarebbe stato la
sua copia esatta se non avesse mai incontrato un gruppo da considerare
come sua famiglia, che gli desse altri obiettivi e priorità
che non fossero quelli di sgozzare i suoi bersagli e procurarsi un
pasto caldo.
AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV
Ragazzi, io sono
mortificata, davvero. Mi piacerebbe postare ai ritmi a cui vi ho
abituato ma sono in una situazione davvero fuori di testa.
Per aggiornare
oggi ho fatto letteralmente i salti mortali, ancora non sono convinta,
e solo questo so che mi procurerà un sacco di rogne e
ritardi come ripercussioni nei lavori ma non potevo farvi attendere
oltre.
:( Vi chiedo
scusissima. Non è cattiveria, ma il cantiere di casa mia
dev'essere seguito (e ora sto pure personalmente contribuendo, trapano
alla mano, alla pulizia di alcuni dettagli). Sì, casa, ho
comprato casa, va ristrutturata ma non è che gli operai
possano fare tutto da soli, io devo star lì con loro per le
decisioni e per i problemi che si manifestano corso durante.
Poi devo aiutare
in casa (bella la vita della disoccupata) e pure mio padre al lavoro.
Non parliamo dei miei due lavori 'principali'. Ripetizioni il
pomeriggio, tutti i pomeriggi tutto il pomeriggio, e la mattina, nei
ritagli del cantiere, procedere con i progetti di costumi vari. Mi sono
rimaste solo due settimane e sono ancora in alto mare.
ç_ç non so come e se ne uscirò.
Per questo vi
chiedo scusissima. In realtà quello che mi ha fregato su
tutti i fronti è stato il cantiere. Non pensavo sarebbe
stato così impegnativo starci dietro, prendere decisioni che
mi sembravano ovvie in partenza etc.
Torniamo
rapidamente a noi e alla storia.
Dunque, con Scott
e Havok prelati, striziamo apertamente l'occhio all'Era di Apocalisse.
Non temete, ci saranno altre chicche al riguardo.
Inoltre, in
questo modo, ho riproposto il classico Wolverine VS Ciclope. Che senso
ha Havok VS Sabretooth? Beh...tra i due non corre buon sangue ed
entrambi hanno fatto parte di X-Factor. Malanimo portami via.
Ah! ultima
cosa... sì, lo scudo di Cap può effettivamente
rompersi ;)
Ora scappo, torno
ai miei lavori forzati.
Baci, e scusatemi
ancora!
Dai...perdonatemi
;) son sempre stata puntuale :P
|
Ritorna all'indice
Capitolo 38 *** Versus ***
38.
Versus
“Quanto
hanno intenzione di tirarla per le lunghe, ancora?”
sbottò Domino ormai annoiata da quanto succedeva al di
là della protezione offerta da quella strana struttura che
ospitava stanze tutte uguali le une alle altre.
“Potrei
andare a dar loro una mano...” sibilò T'Challa che
venne fermato ancora una volta da Tony, troppo spaventato che una
regale maestà wakandiana a caso si potesse fare male in
qualche modo durante una missione guidata da lui e che, per quello,
perdesse i propri favori diplomatici con quella ricca terra africana
che lo riforniva di Vibranio.
“Dom...
ne hai un paio?” domandò Frank Castle a quel punto
con fare pratico, armando il fucile.
Nonostante il
giochetto di Mystica non sembrava esserci alcun imbarazzo tra i due: o
erano abili attori o, riacquistando i sensi, avevano dimenticato quello
che poteva essere intercorso tra di loro. Oppure entrambi lo volevano
davvero ed erano intimamente grati di quell'accelerata in avanti.
La donna si
tastò le tasche e scosse la testa “Devo averli
usati tutti su Wade...”
“Io ho l'arsenale
pieno, se ti interessa” rispose garrulo quello
anche se non interpellato “Sapete...
Matrix...
basta chiedere e l'autrice può soprassedere sulla coerenza
di certi dettagli...”
Castle tese la
mano, silenzioso quanto letale, rifilandogli un'occhiataccia e
chiedendogli di essere così gentile da condividere le sue
scorte e tacere ulteriori vaneggiamenti. Deadpool, per tutta risposta,
gli mollò l'intero cinturone e si apprestò a
spogliarsi anche dei caricatori che portava in spalla. Il cecchino
vagliò le scorte del mercenario e, quand'ebbe trovato i
proiettili che cercava, ne passò uno a Domino con suprema
indifferenza. O non ricordava davvero o stava cercando di non pensare a
quello che aveva cercato di fare sotto il controllo di qualche dio
cornuto.
D'altro canto, la
donna dall'incarnato pallido e dalla voglia sull'occhio sinistro, che
la facevano sembrare più simile a un panda o a un dalmata,
si comportava pressoché nello stesso modo freddo e
professionale.
Come rodate
ballerine, i due, caricarono le loro armi con movimenti sincronizzati,
di eguale rapidità e forza. Gli scatti meccanici cadenzati
che risuonarono nel corridoio, precisi al millesimo di secondo, davano
l'impressione di una sola arma caricata. Il gruppo originario dei
vendicatori, vedendo i due tiratori in azione, non poté non
fare un parallelismo con la coppia di provetti assassini che
conoscevano da più tempo e che, al momento, erano
bersagliati dal fuoco nemico.
In contemporanea,
seguendo quell'innata coreografia, caricarono e puntarono e altrettanto
rapidamente e simultaneamente esplosero i loro colpi.
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il raggio ottico
di Ciclope rimbalzava sullo scudo e colpiva Havok, esattamente come
facevano le scariche al plasma di quest'ultimo.
Le divise da
prelati, blu con dettagli oro, si erano ben presto lacerate ma i loro
possessori non sembravano aver subito alcun danno. Era come se semplice
aria fresca scivolasse sui loro fisici scolpiti.
Erano fratelli e,
evidentemente, qualcosa nel loro D.N.A. riconosceva ed risultava immune
al potere dell'altro.
“E'
tutto inutile!” constatò Rogers.
Scott rise
sguaiatamente a quelle parole, come se fino a quel momento si fosse
trattenuto davanti al più vano e sciocco dei tentativi, e
Rogers si domandò come potesse essere che quell'arrogante
venisse considerato il suo corrispettivo nel mondo mutante, il leader
da seguire in battaglia ad occhi chiusi.
Logan, visto il
dossier su cui si stava documentando a suo tempo, aveva commentato
serafico “In effetti, siete egualmente retorici, buonisti e
pallosi...”
Dovevano aggirare
il problema. Se rimbalzare i poteri tra i due non funzionava, dovevano
ricorrere a stratagemmi più convenzionali.
Stava cercando
furiosamente di trovare una soluzione a quel pasticcio, come riuscire a
lanciare il proprio disco contro uno in modo che rimbalzasse contro
l'altro cercando, però, di evitare che il loro poteri li
raggiungessero, che due ruggiti cavernosi si propagarono per tutta la
radura.
D'improvviso,
quasi fossero sbucati dal terreno sottostante come giunchi di
bambù, due lupoidi sbavanti, artigli sguainati e zanne al
vento, si fiondarono sui loro attaccanti.
Così
come era iniziato l'assalto dei due prelati altrettanto rapidamente si
estinse, l'attenzione di entrambi dirottata sui nuovi venuti e con i
quali, ciascuna parte in causa, sembrava esserci un conto in sospeso.
La potenza
sprigionata dai due fratelli aumentò esponenzialmente e, al
confronto, gli attacchi portati agli agenti dello S.H.I.E.L.D.
sembravano essere stati un riscaldamento, un giochetto.
Ora, la furia, la
violenza e la rapidità dei raggi, che saettavano
sopra le loro teste a intervalli sincopati alla ricerca dei lupoidi che
si acquattavano in questa o quella nicchia sopra i piani degli uffici o
sopra le colonne che eruttavano dal terreno tutt'intorno prima di
aggredire i due fratelli, dimostravano quanto si fossero trattenuti
fino a quel momento.
Stordito
dall'energia emanata da quegli individui, Rogers cercò il
resto del gruppo con lo sguardo, chiedendo supporto o indicazioni sul
da farsi da quel momento in poi.
Stava per
ritornare sui suoi passi che Logan atterrò malamente al
suolo poco distante da loro e il tonfo pesante del suo corpo zavorrato
da uno scheletro di adamantio suonò lugubre tutt'attorno.
Nemmeno il tempo
di chiedergli se stesse bene che quello rotolò su un fianco
e scansò il raggio rosso emesso dagli occhi del mutante,
tecnicamente suo compagno di squadra. Con un colpo di reni all'indietro
e un'agilità insospettata per la figura bassa e tozza del
canadese, questo si riportò in posizione di attacco e
scagliò un salto verso l'alto, pronto a pugnalare il suo
avversario con i pugni artigliati protesi in avanti.
Poco distante da
loro, Sabretooth e Havok, imitavano quel mortale balletto solo che, a
differenza di Logan e Scott, tra i quali scorrevano fiumi di insulti
personali legati a tradimenti, donne e inadeguatezza al comando, loro
si rinfacciavano mancanze di tipo tecnico e di rispetto di protocolli,
regole condivise e sottoscritte come se entrambi avessero fatto parte
di una stessa squadra1.
Gli artigli dei
due lupoidi sembravano sibilare nel vuoto senza mai centrare il
bersaglio mentre i raggi energetici dei prelati rimbombavano assordanti
come tuoni in quell'ambiente comunque limitato. Suoni che si
alternarono ciclicamente finché un sibilo sottile e
più acuto degli artigli dei mutanti, sfrecciò
nell'aria.
Il tonfo di due
corpi che cadono al suolo privi di coscienza, simile a quello prodotto
da un grosso sacco di patate che viene abbandonato dal suo portatore,
riecheggiò lugubre.
“Era
ora...” ringhiò Logan tornando a terra con un
balzo e spolverandosi la tuta con fare seccato.
“Scommetto
che è stato Wade a far perdere tempo...”
concordò Sabretooth “Niente morti... aspettiamo che
li sedino...” baccagliò scimmiottando
il canadese mentre l'altro sbuffava spazientito.
“Tutto
bene?” domandò Logan rivolgendosi al Capitano e
deciso a ignorare Victor.
Quello
annuì appena. Quindi, dalla porta da cui si erano
scapicollati loro, il resto del gruppo si riversò in quella
specie di radura. Rogue era ancora svenuta ma le ali e la coda erano
scomparse, segno che di lì a poco si sarebbe svegliata.
“Qual
è il piano, intrepido capo?” domandò
T'Challa, sarcastico, rivolgendosi alla sua ragazza.
Ororo lo
squadrò accigliata, soppesando la sua battuta. Affare
mutante e i mutanti decidono.
“Siamo
circondati da macchinari e capsule con gente in stasi. A un rapido
esame risultano essere tutti mutanti. O mutati, se preferite. Non ho
Cerebro con me e non so dirlo con certezza”
“Direi
che vanno liberati...” sibilò Illyana,
già armata di spada e mezz'armatura.
Ororo si
dimostrò concorde con un cenno della testa “Forse
è meglio dividersi in gruppi... o meglio, in coppie.
Più siamo, più ne liberiamo.”
“Abbiamo
affrontato Scott ed Alex...” si inserì Frank,
solitamente taciturno ma che, in quel tipo di situazione, rispolverava
istintivamente tutte le sue conoscenze di tattiche militari.
“I Cavalieri non tarderanno a raggiungerci.”
Notando lo
sguardo perplesso della folla, Domino si affrettò a spiegare
“Sono in quattro. Mutanti, mutati, non lo so. Una donna, tre
uomini. Sono dotati di poteri terribili. Possono uccidere a
distanza...”
“Come quasi tutti
noi...” replicò Ororo divertita. “Forse
non sanno che siete liberi dal condizionamento mentale. Potete cercare
di sopraffarli con l'inganno”
“Noi
siamo in tre... loro in quattro... e se la matematica non è
un'opinione...” ringhiò Victor Creed alludendo a
una loro rapida sconfitta per inferiorità numerica.
“Prendete
nella vostra squadra anche Logan e Wade. E Mystica. Loro non muoiono,
quindi possono affrontare praticamente chiunque. E sanno come
lavorate.”
“Grazie
'Ro...” celiò il canadese in risposta: i lavori
sporchi toccavano sempre a loro.
“Ah!”
sospirò teatrale l'altro lupoide “Il Six Pack
nuovamente unito!”
“Ma
finiscila...” sibilò il canadese, irritato,
accendendosi un sigaro. E chi se ne fregava più del polonio
e di illuminarsi come una lampadina per via delle radiazioni, in quel
momento.
“Io non ci
sto!” replicò Wade “Io sto col
gruppo principale. Voglio fare coppia con Spidey!”
“Fai
come vuoi...” alitò Logan, stanco.
“Tutti
gli altri si scelgano un compagno con cui lavorano bene: andiamo a
liberarli...” disse cedendo la parola a Kurt che
avanzò di un passo, sotto il peso della sorella, per farsi
notare dalla piccola folla riunita. “Non c'è molto
da dire sulla tecnologia di queste bare: tengono in animazione sospesa
i loro ospiti. In caso di mancato afflusso di corrente, si spengono e
gli occupanti si svegliano come da un lungo sonno... Se c'è
un vetro, rompetelo e fate uscire quanto più liquido
possibile finché i ragazzi non riescono a respirare
autonomamente. Se c'è un collare, un bracciale, qualsiasi
dispositivo esterno, distruggetelo pure: inibiscono i poteri dei
mutanti per poterli trattare con tutta comodità. Non
c'è molto altro da aggiungere a parte il fatto che... non so
se ci sia un allarme collegato...” disse quasi volesse
sciogliere l'assemblea e sbolognare la patata bollente di come
procedere a qualcun altro.
“Allora
dateci il tempo di capirlo...” si offrirono Tony e T'Challa
dopo essersi consultati rapidamente con gli sguardi: avevano avuto la
stessa idea.
Fu quindi compito
di Ororo, battendo le mani tra loro, segnare il rompete le righe. Unica
aggiunta fu che si sarebbero sparpagliati, pronti a intervenire non
appena gli esperti di tecnologia avessero capito come liberare tutti
senza attirare troppo l'attenzione.
Mentre la piccola
folla si disperdeva, la donna si rivolse a Kurt “Come
sta?” domandò osservando la compagna ancora priva
di sensi.
“Pochi
minuti e dovrebbe riaversi...” rispose il demone blu senza
indugi.
Ororo
annuì, pensierosa. Quindi rivolse la sua attenzione alla
radura. Pensava di essere rimasta sola, invece, accanto a lei, T'Challa
si ergeva massiccio e sicuro. Con la sua vista acuta, teneva sotto
controllo i dintorni, dandole modo di affrontare serenamente quella
conversazione. “Noi procediamo insieme agli altri... voi
raggiungeteci appena potete...”
“Ororo...
una cosa...” la fermò Kurt prima che lei si
levasse in volo “Come facevano Scott e Alex a sapere della
nostra presenza? E perché non si sono portati dietro i
rinforzi?”
“Non lo
so Kurt... ma dobbiamo stare in guardia. Se loro, i prelati, lo
sapevano, probabilmente ci stiamo ficcando in una trappola. Ma non
possiamo fare diversamente” e, così dicendo,
spiccò il volo mentre la sua ombra nera la seguiva, rapida e
guizzante, da terra.
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Alla fine erano
rimasti loro tre.
I perni della
squadra.
Il vecchio, il
nuovo e l'atemporale; il misurato, lo spensierato e l'avventato.
Erano antitetici
e proprio per questo motivo quella situazione poteva considerarsi
così dannatamente prevedibile.
Tony
sbuffò. Stare in coppia con il buon Capitano gli pesava
parecchio ma forse, per una volta, sarebbero riusciti a mettere da
parte le loro divergenze. Forse.
In fondo, c'era
pur sempre Thor a stemperare gli animi e a distrarli.
Clint e Natasha
si erano dileguati quasi all'istante.
Ovviamente.
Anche se non
aveva capito come e perché si fosse rotto, risolto e
ricomposto il triangolo tra la coppia di assassini e il suo partner
uscito direttamente da una cartolina del secolo appena trascorso, il
fatto che quei due fossero stati culo e camicia fino a quella
divergenza non poteva essere cancellato così rapidamente. E
questa ne era la prova. Divergenze o no, lavoravano tremendamente bene
assieme.
Aveva escluso di
fare coppia con T'Challa praticamente all'istante, tutto preso com'era
dalla sua dolce metà e fare il terzo incomodo era l'ultima
cosa che gli passava per il cervello.
Stephen era
finito, in modo assurdo, demenziale, vorticoso e ineluttabile, a fare
da balia ai ragazzini mutanti: dapprima gli si era affiancata Illyana,
avendolo riconosciuto come Maestro spirituale. La moretta schizzata,
Wanda, aveva seguito a ruota la sua strana amichetta e Pietro aveva
tallonato la sorella come un cagnolino fedele, vittima di quello strano
-e abbastanza equivoco- complesso nei suoi confronti che solo certi
fratelli potevano sperimentare.
Che bella cosa
essere figli unici! Nessuno che avesse mai fatto la spia e nessuno che
lo avesse mai stalkerato, autorizzato dalla sua stessa famiglia, per
giunta. Si era risparmiato pure il peggiore dei casi in cui quello
stesso parassita consanguineo tradisce la tua fiducia. Motivo per cui
non invidiava affatto il suo biondo compare. Lanciò
un'occhiata a Thor, pensando al suo rapporto con Loki.
Chissà come la viveva lui, davvero. Il fratellastro era
così contorto, a tratti malvagio e imperscrutabile. E
l'affetto che dominava il biondo, e che dilavava le colpe di quello che
considerava parte della sua famiglia, era innegabile.
Rimaneva Janet,
ma Visione l'aveva raggiunta pressoché all'istante:
d'altronde era la moglie di quello che lui poteva considerare, alla
lontana, il suo creatore. Era plausibile credere che volesse stabilire
un contatto con la sua storia: ogni forma di vita intelligente lo
faceva, guardava al proprio passato per determinare il proprio
sé e orizzontarsi verso il futuro. Una I.A., una forma di
vita intelligente quanto qualunque altra e meritevole del dovuto
rispetto, non faceva eccezioni né c'era niente di strano in
questo.
Ecco...
più che con la piccola zanzara, Tony avrebbe fatto
volentieri coppia con il sintezoide. Una forma di vita artificiale. Il
suo sogno. E invece si trovava a fare il paio con due idioti che non
sapevano nemmeno dove stesse di casa il pulsante d'accensione della TV,
seppure per motivi assai diversi tra loro.
Per quel che
riguardava gli altri, Warren, forse ricordando qualcosa, si era
innalzato in volo ancora prima che Ororo gli avesse dato il permesso.
Sembrava rapito, come incantato da qualcosa. Non sapeva dire se era
stato nuovamente posseduto e Tony si trovò a pregare
segretamente di non aver mai a che fare con la versione bellicosa
dell'angelo di cui aveva visto solo frammenti di filmati.
I mutanti
rimanenti erano rimasti indietro, uno a proteggere l'altra: li
avrebbero raggiunti non appena Rogue avresse ripreso i sensi: lui di
star fermo ad aspettarli non ne aveva la minima intenzione.
E poi c'erano
Peter e Wade. La migliore delle accoppiate. Meglio perderli che
trovarli. Entrambi.
1. In effetti è così. Alla primordiale squadra
guidata da Alex, che comprendeva originariamente Polaris, l'Uomo
multiplo, Forzuto e Wolfsbane, si aggiunsero personaggi come Mystica,
Sabretooth, Forge e Shard (sorella di Alfiere in versione olografica).
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Rieccoci con il consueto
appuntamento settimanale. I miei casini a casa non sono diminuiti
affatto, anzi...
Spero, però, di essere nuovamente in grado di offrirvi la
consueta continuità... ci tengo davvero.
Un abbraccio a tutti quelli che hanno sopportato e pazientato fino ad
ora.
Grazie mille!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 39 *** Simbionti ***
39.
Simbionti
Quel posto lo
rendeva tremendamente nervoso. Nonostante su di loro splendesse un
bellissimo sole -sicuramente artificiale anche se i sensi, tratti in
inganno dagli ologrammi, volevano fargli credere diversamente-, sentiva
freddo fin nelle ossa. Quelle capsule di animazione sospesa gli
provocavano i brividi e il suo senso di ragno pizzicava all'impazzata,
rendendogli praticamente impossibile capire se c'era una qualche
minaccia che incombeva su di loro e da dove provenisse.
“Ti vedo agitato,
Petey” gracidò Wade al suo fianco,
passando da una teca ad un'altra.
“Qualcosa
non va...” commentò l'altro.
“Sì,
il tuo look si è fatto particolarmente funereo... ti
preferivo con una tutina in technicolor”
Peter
roteò gli occhi nascosti dalla maschera ma doveva ammettere
che, per quanto sobrio, quel nuovo costume -non voluto- non
entusiasmava nemmeno lui. “Mi riferivo al fatto che non sia
arrivato nessun altro a fermarci...”
“Beh...
non abbiamo fatto saltare altri allarmi... che ne dici di cominciare a
rompere un po' di questi gingillini dall'aria supercostosa.”
“Non
dovremmo avere un criterio? E aspettare che i geni dell'informatica ci
diano il via libera?” replicò il giovane che
avrebbe volentieri cominciato a liberare tutti indiscriminatamente. Ma
se nel farlo avessero compromesso in qualche modo i bioritmi delle
persone intrappolate?
“Ehi!”
sbottò il mercenario a un certo punto. “Guarda questa...
che sventola!”
“Non
è un catalogo per trovarti moglie, Wade...”
replicò l'Uomo Ragno.
“Mi dà
l'idea del tipino peperino... con quei capelli rossi e
ricci...” commentò l'altro mentre
leggeva le specifiche della ragazza “Theresa Rourke,
alias Siryn, mutante, affiliata agli X-men, origine irlandese, figlia
di Sean Cassidy, nipote di... uuuuh questa è bella... Black
Tom Cassidy. Potere...vediamo un po'.... volo e urlo sonico persuasivo
con relativa forza d'urto associata. Fantastica. Una che, quando ci
litighi, ti riduce a polpette solo urlando, senza lanciare piatti. E
sei anche contento che lo faccia. E' il mio tipo!”
Peter scosse la
testa e si guardò ancora attorno, cercando di memorizzare
quanti più volti e nomi possibile, in caso fosse servito
svegliare qualcuno prima di altri. Mentre Wade sproloquiava sulla bella
irlandese dal nome in codice che rievocava uno delle più
potenti creature della mitologia mediterranea, il mostro che stregava i
naviganti con la sua voce fino a farli uccidere, notò che la
sua tuta sembrava più viva di quanto avesse dimostrato fino
a quel momento. La sentiva muoversi sulla sua pelle, a tratti quasi
sollevarsi, lasciando al suo posto una piccola intercapedine d'aria.
Nemmeno il tempo
di rendersene conto e si stava muovendo. Solo che non era lui a far
muovere le proprie gambe. “Wade...”
balbettò spaventato. La tuta, come un esoscheletro, aveva
preso il controllo del suo corpo e si stava dirigendo solo lei sapeva
dove. L'unica facoltà rimasta al fotoreporter era quella
della parola. Per chiedere aiuto. “WADE! Smettila di
trastullarti con una che non te la darà mai! Dammi una
mano!!”
“A
far cosa?”
“La
tuta sta facendo quello che vuole lei...”
“Figo!!!
Come in The Host!”
“Aiutami,
idiota!”
“E
che cosa vuoi che faccia? Che mi metta a spingerti in senso contrario?
Devo legarti e incaprettarti? Sai che la cosa mi
piacerebbe...”
“Smettila
di dire cretinate!”
“Io
propongo di aspettare e vedere dove va. E di elaborare contromisure
solo allora”
“Andata...”
alitò l'altro, angosciato da quella situazione.
Wade
trotterellò alle spalle di Peter per circa cinque minuti nei
quali la tuta li guidò tra quegli inquietanti sarcofagi,
facendo loro scavalcare strane barricate, fino a condurli nuovamente
all'interno del circolo di stanze dal quale erano penetrati
inizialmente e, quindi, davanti a una serie di quattro teche che
contenevano nove corpi addormentati come tutti gli altri. Fuori dalla
porta, la targhetta SIMBIONTI identificava l'esperimento. Non ci fu
bisogno di spiegazioni: su otto corpi uno strano fluido, viscido e
oleoso, ma al contempo aeriforme e compatto, aleggiava, si aggrappava e
tornava a scostarsi dal corpo ospite come cercassero di adattarsi alla
nuova situazione, di trovare la giusta posizione prima del sonno. Ibridazione fu la
parola che venne in mente al ragazzo. E quei così di certo
non erano terrestri.
Il nono corpo era
l'unico, stranamente, inerte. Al di sopra delle teche, in cui ferveva
la strana attività aliena, stavano altrettanti contenitori
cilindrici vuoti.
La tuta nera di
Peter cominciò a mostrare segni di insofferenza e
cominciò ad agitarsi come i fluidi all'interno delle teche:
cercò di protendersi; si animò tutta, come
ribollendo di nervosismo e irrequietudine; quindi cercò di
estendere una sorta di tentacolo gelatinoso nel tentativo di
raggiungere ora i suoi simili ora il corpo ospite in sua attesa. Quella
lingua viscida guizzava stordita e confusa tra i suoi obiettivi e, in
qualche modo, rimandò a Peter l'immagine di un cane che
rivede i padroni dopo una seppur breve separazione, eccitato e indeciso
su chi riversare le proprie attenzioni.
“Direi che vuole
liberare i suoi amici...tu che dici?”
domandò Wade andando a consultare il display a lato delle
teche. “Uhm...simpatici...si
tratta di amorfi parassiti extraterrestri. Avevamo dubbi che in questa
fic non sarebbero comparsi gli alieni? No, davvero? Chi è il
deficiente che ne dubitava? D'altronde abbiamo già Thor...
Ma dicevamo... questi cosi incrementano i poteri di base dei corpi
riceventi, donano velocità, resistenza e forza. Sono anche
autorigeneranti. Che culo! Ad ogni modo il tuo dovrebbe chiamarsi
Venom... Magari se lo chiami per nome e lo culli si tranquillizza...
Gli altri sono Carnage, Toxin, Scream, Hybrid, Lasher, Phage, Agony,
Riot...tutti nomi molto graziosi, non trovi?1”
“Non
capisco cosa dovrei fare...”
“Sai?
Per una volta tanto mi vien da pensare che, se sono rinchiusi
là dentro, un motivo c'è. E, forse, andrebbero
lasciati dove stanno...”
“COSA
HAI DETTO?” stridette una voce che non apparteneva a Peter ma
che le assomigliava molto e che proveniva dal volto deformato dello
stesso. La maschera, originariamente priva di tagli, si era aperta in
uno squarcio sfilacciato e raccapricciante che percorreva la testa del
ragazzo da un orecchio all'altro in una sorta di ghigno malefico.
“Petey, se fai
così mi spaventi...”
flirtò Wade, non afferrando la vera natura del suo
interlocutore.
“Non
sono io, cretino!” replicò quello prima che la
voce aliena tornasse a soffocare quella del ragazzo “Aiutami
a liberarli!” gracchiò subito la seconda voce,
supplichevole.
“Di'...soffri
di schizofrenia anche tu? E' così bello sapere che siamo
più simili di quanto sembri a prima vista”
“SMETTILA
DI DIRE IDIOZIE!” ordinò il simbionte affondando
le mani nel collo del mercenario e cominciando a stringere.
“Lascialo andare!” ordinò a sua volta
Peter, cercando di contrastare il controllo che il simbionte esercitava
sul suo corpo: le dita si staccarono e subito si strinsero a pugno.
“Collaborerò...” disse ancora il ragazzo
“Ma lascialo stare...”
Raggiunta una
specie di accordo, il simbionte liberò definitivamente il
mercenario.
Wade
rotolò via, lontano dai tentacoli viscidi della creatura.
Alzando lo sguardo su quello che lui considerava un amico, lesse la
disperazione che può provare solo chi vede il proprio corpo
usato contro la propria volontà. Fino a quel momento il
simbionte, Venom, aveva collaborato con l'Uomo Ragno, ciò
poteva non perdurare in eterno. Aveva avuto ragione lui nella sua
precedente uscita di spirito. Doveva liberarlo. Ma come? Quella cosa
era viva, scostante e sfuggente. E dove l'avrebbe o li avrebbe ficcati
una volta estirpati dai corpi? In un lampo di intuizione, si
ricordò cosa aveva letto nella scheda tecnica. E di quale
potesse essere la possibile soluzione ai loro problemi.
Uscì
di corsa dalla stanza, quasi scappando a rotta di collo: Peter avrebbe
capito. O almeno così sperava.
“Bell'amico
che ti ritrovi...” commentò la voce strisciante
del simbionte, rivolgendosi al suo ospite. Quindi, insieme, diedero le
spalle all'ingresso.
Peter masticava
un po' di informatica e di elettronica e questo il simbionte
probabilmente lo sapeva visto che lo condusse direttamente al pannello
di controllo: voleva che hackerasse il sistema.
Se non fosse
stato più che attento, non solo sarebbe stata rilevata la
loro intrusione virtuale ma anche quella fisica, sarebbe scattato
l'allarme e, a quel punto, sarebbero stati tutti nel mirino di quei
pazzi che erano riusciti a fare tutto quello.
Perché
su una cosa non c'erano dubbi: chi era riuscito ad allestire tutto
quello senza che nessuno notasse niente o si preoccupasse aveva i
mezzi, le capacità e la volontà di fermare un
gruppetto come il loro. Dopo tutto, compreso il Six Pack, erano solo
una ventina di sparuti superumani mentre in quel posto sembravano
essere raccolti tutti i restanti dotati dell'intero pianeta. E nessuno
poteva dar loro la certezza che fossero, ancora e soltanto, in uno
stato di animazione sospesa. Per quel che ne sapevano loro, potevano
aver già subito un eventuale lavaggio del cervello ed essere
pronti ad aggredire in massa il mondo per dominarlo, come specie
evoluta e superiore.
-Nessuno tocchi
le teche!- Nightcrawler, il mutante demoniaco blu, urlò
all'improvviso nell'auricolare con tono feroce.
Peter stava
ancora cercando il prompt per aggirare il sistema e si fermò
in attesa di spiegazioni quando una sirena risuonò nell'aria
lamentosa come un bambino furioso. “Cosa hai
fatto???” sibilò la voce del simbionte, rabbiosa e
terrorizzata, mentre il fluido vischioso si animava agitato, gonfiando
a dismisura le proporzioni del suo corpo. “Non sono stato
io!” riuscì a protestare debolmente il ragazzo
mentre il suo corpo abbandonava stizzito la postazione e si avventava
contro i vetri temperati delle capsule.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
“Era
ora...” alitò sollevato Kurt quando Rogue,
finalmente, riaprì gli occhi e si guardò attorno,
confusa.
“Dove
sono?” domandò quella tirandosi a sedere e
prendendosi la testa tra le mani “Dio che mal di
testa...”
“Hai
messo fuori combattimento sia Angelo Nero che Sauron... non mi
meraviglia...” commentò l'elfo scostandole una
ciocca di capelli bianchi che le erano ricaduti sugli occhi che stavano
perdendo il bagliore innaturale del Cajun. Un segno di speranza: forse
Gambit, non era morto, dopo tutto. Forse era stato recuperato da
chiunque fosse dietro a tutto quel progetto e, se si fosse trattato
effettivamente di Essex, non potevano dire se l'avrebbero trovato al
suo fianco, come un cavaliere Sith al fianco dell'imperatore o come
vittima, in una teca insieme a tutti gli altri. Il paragone con Guerre
Stellari gli piacque a prescindere, se non altro per il lieto fine che
vedeva Darth Fener tornare a essere un Jedi. In punto di morte. Quella
parte gli piaceva di meno e scacciò il pensiero.
“Siamo penetrati in una fortezza all'interno di una
piramide.”
“Nella
Terra Selvaggia? O ci siamo spostati ancora?”
“Terra
Selvaggia. Non chiedere, non so. Sono tante realtà una
dentro l'altra. Apri una porta e sei nella jungla, ne apri un'altra e
sei in un mercato di Bangkok...”
“Gli
altri?” domandò ancora la donna notando come
fossero rimasti solo loro due.
“Avanti.
Cercano di capire come liberare tutti dalle loro capsule. Abbiamo
trovato il luogo di raccolta. Il vero problema è che non
sappiamo come reagiranno al risveglio. Con noi o contro di
noi?”
“Perché
dovrebbero aggredirci? Sono qui contro la loro
volontà...” commentò, pensando al
sollievo provato quando loro erano stati liberati dalle gabbie di Arma
Plus, mentre si tirava lentamente in piedi e osservava i propri vestiti
laceri. Sbuffò. Pazienza: ormai era abituata a perdere
guardaroba interi in scontri inaspettati.
“Non
è detto.” rispose Kurt “Siamo stati
aggrediti da Scott e suo fratello Alex”
“Cosa?”
sbiancò quella, riportando immediatamente l'attenzione al
fratellastro.
“Sembravano
posseduti...”
“Qualche
idea di dove possa essere lui?”
Detto con quel
ringhio, Nightcrawler non ebbe dubbi che si stesse riferendo a Sinistro
e non a Gambit. Conosceva la rabbia che le leggeva negli occhi e non
era nulla rispetto a quella cocente, mista a frustrazione e delusione,
che l'aveva portata a fuggire a Muir solo pochi mesi prima. Quella che
le guizzava sottopelle era rabbia distruttiva pura. Ed era inutile
tacerle quei miseri brandelli di informazioni. “Crediamo si
trovi dall'altra parte di questa stanza
ma... Rogue!” urlò, nel vano tentativo di
fermarla, vedendo come si fosse messa subito a levitare in attesa di
orizzontarsi e partire all'attacco. Impulsiva come sempre, non gli
aveva dato il tempo di spiegarsi e quello si configurava come un vero e
proprio suicidio: era ancora debole ma la conosceva e sapeva che non si
sarebbe mai fermata. Sarebbe stato compito suo impedire che si facesse
male inutilmente.
Nemmeno il tempo
di urlare il suo nome, quella partì come un proiettile verso
l'estremità opposta di quella strana struttura ovoidale.
Doveva bamfarle
addosso e farsi trasportare con lei nella baraonda che ne sarebbe
seguita. Starle dietro a quella velocità, da terra, sarebbe
stato impossibile.
Il problema
sarebbe stato calcolare esattamente dove materializzarsi per evitare di
precipitare nel nulla o di trovarsi fusi l'uno con l'altra. Era appena
partita e la cosa era ancora fattibile con minimo rischio. Pregando che
tutto andasse per il verso giusto, strizzò gli occhi e si
smaterializzò in una nuvola di fumo e zolfo.
Un attimo dopo,
come preventivato, si trovò a precipitare sulle teche e, se
non avessero attirato l'attenzione in altro modo, distruggerle
piombando dall'alto sarebbe stato sicuramente un modo creativo per
farlo.
“Non
devi seguirmi per forza...”lo rimbrottò la
sorellastra indispettita ma che, accortasi delle sue intenzioni ed
eseguendo un loop perfetto, era andata a recuperarlo come aveva
già fatto diverse volte.
“Essex
non ha fatto male solo a te, ricordalo...” replicò
Kurt, in parte stanco che la donna si pensasse al centro
dell'attenzione dello scienziato -anche loro avevano sofferto e non
erano meno speciali di lei-, in parte geloso e un po' spaventato dalla
sindrome di Stoccolma che la sorella stava sviluppando nei confronti di
quell'uomo.
Perché,
in fondo, scegliere come oggetto del proprio amore un uomo ambiguo e
pericoloso come Gambit era già di per sé una
scelta discutibile.
Che quello, poi,
fosse il figlio (o meglio... il clone buono) dell'uomo
che era stato dietro agli esperimenti e alle torture che avevano
subito, complice o meno che fosse delle sue follie, per quanto Rogue lo
giustificasse sempre avendo un accesso privilegiato ai suoi ricordi
(che potevano pure essere impiantati), restava una dinamica allarmante.
E lui si sentiva
in dovere di tutelare la fragilità nascosta di quella donna
apparentemente così forte.
1
In ordine, il significato di ciascun simbionte menzionato è:
Veleno,
Carneficina, Tossina, Urlo, Ibrido, Frustata, Batteriofago (virus che
uccide -o meglio, mangia- i batteri), Agonia, Rivolta.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Ciao,
ragazzi. Qui i problemi perdurano e davvero... non c'ho testa per star
dietro a tutto.
Prossima settimana, poi, parto pure per l'Etna
Comics... e con i voli low cost sarò costretta a mollare a
casa il pc. Quindi niente aggiornamento. Scusate!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 40 *** Umani, Superumani, Inumani ***
40.
Umani, Superumani, Inumani
Si aggiravano
circospetti in quella landa desolata punteggiata da bare trasparenti,
scrutando i volti immersi nel sinistro liquido aranciato al di
là del vetro, nella speranza di scorgere qualcuno di loro
conoscenza.
Giovani e meno
giovani, uomini e donne. Non sembrava esserci uno schema fisso nei
raggruppamenti. Solo ogni tanto si erano imbattuti in gruppi
eterogenei, per aspetto e poteri, di individui classificati con una I
al posto di una M ma, in ogni caso, alcuni sembravano semplici umani,
altri creature uscite dalle pagine di un libro di fiabe.
Avendo
individuato qualcuno con una S nella sua scheda, Strange aveva
suggerito ai ragazzi al suo seguito che quest'ultima fosse l'iniziale
di un gruppo difficilmente suddivisibile in categorie, quello dei
Superumani, composto da esseri umani vittime di incidenti di
laboratorio o potenziati artificialmente, in modi diversi tra loro. A
quel punto la M diventava automaticamente l'emblema dei Mutanti.
“E la
I?” aveva domandato Illyana
“Credo
stia per Inumani...” aveva risposto l'ex chirurgo.
“Inumani?”
aveva domandato Wanda, confusa.
“Da
quello che so, dovrebbe trattarsi di una sorta di ingegnerizzazione
genetica della razza umana ad opera degli alieni Kree, dalla galassia
di Andromeda” aveva risposto vago il dottore.
“E
quindi? Cosa cambia da tutti gli altri?” l'aveva incalzato
Pietro
“Il
D.N.A. In un caso è stato ingegnerizzato dagli esseri umani,
in un altro è una mutazione naturale mentre quello degli
Inumani è stato ingegnerizzato, sì, ma da mani
aliene. Una cosa certa, infatti, è che i poteri e le
mutazioni degli Inumani non sono geneticamente trasmissibili alle
generazioni successive mentre le prime due danno una certa
ereditarietà. Pensate a Nightcrawler e ai suoi genitori: con
i Mutanti e con i Superumani si può avere un certo grado di
prevedibilità statistica mentre gli Inumani il fenomeno
è totalmente randomico. Ecco perché rappresentano
un interessante soggetto di studio”
Umani,
Superumani, Inumani.
Mutanti e mutati
a diversi stadi, gli eredi o l'evoluzione gli uni degli altri.
“E un
mutante con un'inumana?” domandò Pietro,
appoggiando involontariamente una mano sul vetro di una bara al di
là della quale una giovane donna dai lunghi capelli biondi
giaceva immobile nel suo sonno farmacologicamente indotto, rapito dalla
sua bellezza. La targhetta di riconoscimento la identificava come
Crystal e la identificava come posseditrice di pirocinesi, idrocinesi,
geocinesi e aerocinesi, oltre ad altre abilità non
specificamente menzionate.
Pietro
digitò distrattamente sul dispositivo, per scoprire qualcosa
di più su quella che era, a
tutti gli
effetti, una creatura aliena, distante da lui eoni genetici. Eppure era
così fisicamente simile a qualunque altro essere umano... Ne
era affascinato.
Forse
perché era l'unica giovane Inumana, l'unica giovane aliena,
bloccata in quel posto. Gli altri erano adulti fatti e finiti, alcuni
con un aspetto massiccio e spaventoso, altri avevano l'aspetto di
mostruose chimere, raccapriccianti ibridi umano-animale. Uno,
addirittura, aveva uno strano dispositivo dall'aspetto osceno che gli
ricordava tremendamente volgari attrezzature per giochi erotici al
limite della perversione, che lo immobilizzavano e gli impedivano
l'articolazione di qualunque tipo di suono.
“Credo
che il D.N.A. Kree risulterebbe dominante...” stava valutando
il dottore “Quindi il potere non sarebbe la somma di
quello dei genitori”
Pietro accedette
al file che illustrava l'albero genealogico della donna e vide che gli
esseri accanto a lei facevano parte della sua famiglia.
Passò, quindi, a quello che sembrava essere il capofamiglia,
quello immobilizzato da orribili cinghie, Blackagart.
L'attesa del
caricamento della pagina era, per i suoi sensi ipervelocizzati, una
vera agonia. Quando riuscì ad aprire la pagina, il lamento
della sirena si alzò tutt'attorno quasi volesse avvertire
dell'intrusione subita, lasciando lui, il dottore e le loro
accompagnatrici, attoniti.
Possibile che
fosse stata colpa sua? La banale consultazione di un file elettronico?
AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV
Sorvolato
ch'ebbero quel mare di teche, ora disposte in gruppi, ora allineate in
righe compatte, quasi impattarono contro la tribuna che era la loro
meta.
Sembrava una
sorta di laboratorio sopraelevato open space da cui si dominava tutta
la situazione nello sterminato cimitero tecnologico alle loro spalle.
Come mai non era
intervenuto nessun altro oltre Scott e Alex? Possibile che davvero non
nessuno si fossero accorto di nulla? Che tutti quelli che lavoravano in
quel posto avessero tagliato la corda per tempo anche quella volta? Che
si trattasse di una trappola?
Era una storia
che avevano già vissuto.
La rabbia
combattiva di Rogue sembrò scemare rapidamente alla vista
dell'ambiente vuoto: se il motivo di tanto odio non era presente, che
senso aveva far perdurare quel sentimento che non faceva altro che
farle ribollire inutilmente il sangue nelle vene? Rodersi il fegato se
non poteva massacrare il responsabile di quello schifo?
“Ci
è sfuggito anche 'sta volta?” domandò
retorica avvicinandosi a uno dei tavoli che facevano bella mostra di
sé al centro dell'ambiente e sfogliandone distrattamente le
carte abbandonate sul pianale.
Kurt non sapeva
se essere contento di quella situazione o meno. Avrebbero controllato
di essere effettivamente soli e poi avrebbe comunicato il via libera a
Rogers.
Anche se...
Un orrendo
pensiero gli attraversò velocemente la mente. In quel posto,
secondo le loro stime, dovevano essere radunati tutti i Mutanti e i
Mutati del pianeta...alla cui conta mancavano solo loro.
E se non fosse
stato un progetto di Essex? L'avevano dato per scontato. Ma se,
chiunque fosse stato dietro a tutto quello, non avesse aspettato altro
che gli ultimi superumani, sfuggiti alla cattura silenziosa, si
consegnassero di loro sponte?
Sbarrò
gli occhi al pensiero. E se non avessero aspettato altro che
un gruppo di stolidi paladini, gli ultimi rimasti sulla terra,
intervenissero per salvare i loro simili e si intrufolassero
volontariamente all'interno di una realtà dimensionale in
cui l'esplosione di una testata atomica non avrebbe comportato alcuna
ripercussione nel mondo reale? Se avessero già caricato
l'arma che avrebbe sterminato i superumani per mano dei loro simili?
“Nessuno
tocchi le teche!” sbraitò furioso nell'auricolare
prima che chiunque altro pensasse di aver via libera. Kurt fece appena
in tempo a lanciare il comunicato che il silenzio di quell'ambiente
venne squarciato dall'urlo assordante di una sirena.
“E
così siete arrivati fin qui...” sibilò,
divertita, una voce che ben conoscevano. Non sembrava sorpresa dalla
loro presenza né dal raglio isterico dell'allarme.
A entrambi i
mutanti si accapponò la pelle per il ribrezzo e l'orrore
mentre Essex scivolava fuori dall'ombra e si palesava loro con quello
strano sorrisino che lo contraddistingueva, a metà tra il
divertito e l'ubriaco. Notando lo sguardo allarmato e al contempo
sollevato dei due mutanti, stirò il migliore dei suoi ghigni
compiaciuti e agghiaccianti. “Non è colpa
vostra...” disse schioccando le dita in aria e subito il
sibilo si spense e lui continuò “...ma
sì, vi stavo aspettando.” Vista la reazione di
Rogue, fattasi immediatamente scura in volto, sembrava stesse per
aggiungere qualcosa ma la mutante non gliene diede il tempo. Si
limitò a un sorrisetto condiscendente mentre lei scattava in
avanti, i pugni serrati, pronta a colpire, finalmente, il mostro che da
troppo tempo popolava i suoi incubi.
Kurt
osservò la scena col cuore in gola, in parte sperando che la
donna riuscisse finalmente a compiere la sua vendetta, in parte
desiderando che la sorella non si trasformasse in un'omicida.
Il suo sogno
controverso fu stroncato praticamente sul nascere.
Era
più che prevedibile.
Essex non si
sarebbe mai esposto a quel modo se non fosse stato più che
certo di essere al sicuro. E, a pensarci in quel momento, nemmeno la
sua misteriosa apparizione dal nulla era poi così strana:
doveva aver avuto un dispositivo schermante che lo aveva reso
invisibile fino al momento in cui non avesse voluto palesarsi. In
pratica erano caduti in una trappola tra le più elementari.
Rogue
impattò violentemente contro la sagoma confusa e inaspettata
di un uomo, comparso all'improvviso a far da scudo al genetista. Una
figura che, Kurt l'avvertì da distante, traboccava odio e
rabbia da ogni poro.
“In
particolare, aspettavo proprio te, Annamarie...”
continuò Essex con un sorriso divertito come niente fosse,
aggirando la sua guardia del corpo come se non fosse altro che una
statua piazzata nel punto sbagliato del giardino “Ho
preparato questa sorpresa appositamente, specificamente per te. Ci
tenevo tanto a incontrarti, credo tu lo sappia... Ma Remy era
così...come dire... geloso.” disse mentre
gesticolava teatralmente “Ti voleva tutta per sé.
Ma io non mordo mica...” disse sfoggiando un sorriso
smagliante e denti aguzzi nemmeno fosse stato un vampiro. Anche la sua
giovinezza risultava sospetta. Che si facesse davvero il bagno nel
sangue di vergini sacrificate alla sua sete di vanità?
Vedendolo, ai due fratellastri era sembrato che non fosse passato un
solo giorno da quello della loro liberazione: aveva lo stesso identico
aspetto d'allora.
L'uomo, che si
era parato in difesa del genetista e che aveva scaraventato Rogue
giù dal laboratorio a cielo aperto, aveva qualcosa di
familiare ma, di primo acchito, Kurt non riuscì a capire chi
gli ricordasse. Lunghi capelli bianchi e pelle nera come l'ebano: dai
colori poteva sembrare un anziano afroamericano ma i lineamenti (il
naso adunco, gli zigomi alti e scolpiti, le labbra sottili) erano
caucasici. E non c'era alcun segno di decadimento fisico. Quanto agli
occhi... avevano un'innaturale bagliore rossastro. Era troppo strano e
insolito.
Al mondo non
erano molte le persone a possedere una caratteristica simile anche
se... possibile che si trattasse di Gambit? Se sì, cosa gli
era successo per essere arrivato a un risultato simile?
Inebetito, lo
osservò allontanarsi e dovette ammettere che, visto di
spalle, colore dei capelli a parte, il corpo snello e asciutto
così come la camminata erano i suoi. E sembrava fermamente
intenzionato a uccidere Rogue.
“Oh
sì...” ghignò Essex alle sue spalle,
intuendo, o leggendo nella sua mente, l'angoscia del demone per
quell'assurda situazione. “I nostri novelli Romeo e
Giulietta... non ti sembra carino?”
Kurt
reagì d'istinto. Per quanto avesse giurato a Dio che avrebbe
cercato di restare sulla retta via, quelle parole, le conseguenze che
prospettavano, la spregiudicatezza che sottintendevano e che ne erano
alla base, gli diedero alla testa. Bamfò sul genetista
intenzionato a ucciderlo con le proprie mani. Ma Essex -l'aveva
dimenticato, accecato com'era dalla rabbia- le pensava sempre tutte. Un
campo elettromagnetico che lo sbalzò lontano al contatto si
era alzato a protezione prima ancora che lui si smaterializzasse per
aggredirlo.
Essex
stirò un sorriso di divertimento perverso e
l'osservò rimettersi in piedi, fumante, prima di avviarsi a
indicargli, orgoglioso, una teca speciale: un sarcofago del quale era
impossibile determinare il contenuto. Sulle pareti del freddo metallo
grigio campeggiavano due lettere rosse come il sangue.
Una X e una M.
Sopra
l'inamovibile baldacchino, un display, sul quale scorrevano i valori di
due soggetti distinti, indicava che l'esperimento aveva il nome di Onslaught. Essex, con fare
magnanimo, fece cenno a Kurt di riavvicinarsi: lo invitava a indagare.
Riluttante, mentre la sorella affrontava la sua lotta personale, si
avvicinò a quell'armadio dal design futuristico. Cercando di
tenere Essex sempre davanti a sé, come temendo di poter
essere aggredito alle spalle, studiò il marchingegno. Ma non
poté impedirsi di abbassare la guardia, per la paura, lo
sconforto e la disperazione, quando lesse i nomi coinvolti in
quell'operazione.
Essex era
protetto da nient'altro che dalla fusione dei poteri delle menti
più pericolose del pianeta: Charles Xavier ed Erik Lansher;
il professor X e Magneto.
X e M.
Ecco cosa
indicavano quelle lettere poste così sfacciate sulla paratia
esterna di quella che ora si rivelava essere, in tutto il suo orrore,
una tomba claustrofobica e sigillata.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Dopo aver
duramente impattato col suolo, capito all'istante che quello strano e
losco figuro ce l'aveva con lei, Rogue scappò all'assalto
spiccando un salto: inutile coinvolgere suo fratello. Il piccolo demone
blu se la sarebbe cavata nonostante lei non desiderasse altro che
tornare tra le sue braccia sicure e affrontare l'uomo che tanto odiava.
Volare di nuovo al punto di partenza, però, non avrebbe
risolto nulla. La guardia del corpo di Essex sembrava essere un mastino
e se lo sarebbe trascinato dietro inutilmente: la seguiva come un'ombra
e riusciva ad anticipare tutte le sue mosse, nemmeno la conoscesse come
le sue tasche. Per prima cosa doveva liberarsi di lui.
Con piccoli salti
si portava a distanza di sicurezza, cercando di smarcarsi da
quell'inquietante individuo dall'aspetto stranamente familiare ma che
non era ancora riuscita a osservare attentamente, concentrata com'era a
scappargli e convinta di riuscire a sbarazzarsene in fretta. Quello,
però, si era rivelato uno dei peggiori ossi duri
mai incontrati. E ancora non aveva rivelato il suo potere: si limitava
ad anticiparla, come uno specchio, quasi godesse nel vederla affannarsi
a cercare un'inesistente via di fuga.
Aveva provato,
quindi, più volte, ad attaccarlo e ne era uscita sempre
gambe all'aria, ammaccata e frustrata. Non le era mai capitato nulla
del genere.
Alzò
lo sguardo per studiarlo e capirne le intenzioni. La posizione in cui
tratteneva il fisico, i lineamenti... Tutto le rimandava dolorosamente
l'idea che a fronteggiarla ci fosse Gambit. Ma era un'idea impossibile.
O l'aveva ucciso o lui era scappato approfittando del disastro al
Triskelion. E il pensiero di essere stata presa così
abilmente in giro le rodeva fin nelle viscere. Era arrabbiata, furiosa
con se stessa e contro quel damerino finto francese. Di cui conservava
ancora gli occhi roventi come braci.
Accecata dal
ricordo, attaccò ancora, quasi avesse davanti proprio l'uomo
responsabile delle sue sofferenze e una volta ancora finì
lunga distesa dopo essersi scartavetrata la pelle sulla pavimentazione
ruvida.
“Inutile
che insisti tanto, Chère...”
gorgogliò la voce cavernosa dell'uomo, così
simile e così distante da quella che la rossa conosceva.
Inevitabilmente
quanto involontariamente, un tuffo al cuore le scosse le viscere.
Quello era Remy
LeBeau. Il suo Gambit.
Il clone e il
figlio di Nathaniel Essex, il folle genetista.
E ora appariva...
non solo diverso... proprio stravolto.
Come un schiaffo,
le tornarono in mente le parole di Sauron: i ricordi di Karl non erano
i vaneggiamenti di un folle.
Sentì
gli occhi inumidirsi: non aveva creduto -non aveva voluto farlo- a
quello che la mente del mutante preistorico le aveva mostrato.
E ora lui era
lì.
Vivo, vegeto... e
vendicativo.
Cosa gli era
successo?
“Non
puoi vincermi... in realtà non hai mai potuto. Ho sempre
giocato con te.” confessò l'uomo con un sorriso
genuino e orgoglioso, lasciandola più confusa di prima.
Cosa intendeva?
L'uomo si
guardò distrattamente le unghie perfette, quasi godendo
dell'agitazione suscitata. Sembrava sapere esattamente cosa la
agitasse. “Unisciti a me” disse infine, tendendole
la mano nuda senza esitazione alcuna.
Rogue non sapeva
come reagire. Si era bevuto completamente il cervello?
Perché offrirle la mano sguarnita? Voleva dimostrarle che
non la temeva? Che in realtà poteva toccarla liberamente?
Voleva confermare che aveva sempre giocato, che aveva fatto
sì che lei dipendesse da lui?
Oppure... beh...
la odiava al punto che la voleva morta. Tutte le moine in cui si era
prodigato per farla capitolare e lei aveva continuato a nicchiare fino
alla fine erano state una strategia per portare a quel momento? A
mostrarle come lui fosse immune al suo potere e potesse eliminarla
senza che lei si opponesse?
Ma
perché continuare a flirtare? Aveva vinto lui. Voleva farla
capitolare definitivamente? A quale scopo? Presa in giro o vero
innamoramento?
Il solo pensiero
le mandò il sangue alla testa. Brutto stronzo! Prendersi
così gioco di chi aveva un problema come il suo. Chi poteva
mai volere una come lei con un potere così invalidante? Se
lui ne era sempre stato immune, era stato crudele a giocare
così con lei, facendole desiderare l'impossibile.
Forse voleva
farle pagare il fatto di essersi sottratta al suo giochino, di non aver
voluto farlo divertire a sufficienza lasciandosi cadere nella sua rete
seduttiva come tutte. Immaginava il divertimento di lui nel metterla
così in difficoltà. Più è
ostico l'avversario più è soddisfacente vederlo
cadere nella polvere. E lui era il figlio di Essex. O meglio, il suo
clone. Come aveva potuto essere così ingenua? Probabilmente,
anche lui conosceva piccoli trucchetti mentali con cui circuire i suoi
poteri. Era evidente che le aveva mostrato solo parte della sua mente.
Bastardo.
E ora, in un
ultimo tentativo di far finire i giochi come voleva lui, in ginocchio e
supplichevole, arrivava a proporle quel tipo di accordo? Passare al
nemico?
“Sono
un X-men... e teoricamente lo eri anche tu...”
replicò lei con voce tagliente. Cercò di
drizzarsi in tutta la sua statura di un metro e settantasei, il mento
sollevato in segno di sfida, gli occhi smeraldini che guizzavano vivaci
della fiamma di lui da dietro le lunghe ciglia.
“E' un
rifiuto?” sibilò l'altro, riducendo gli occhi a
due fessure ardenti e ritirando la mano in un pugno stizzito.
“Vorrei
ben vedere! Altro che non
ne so nulla.
Avevano ragione gli altri. Avrei dovuto dar loro ascolto! Invece, come
una stupida, ho pensato che fossi come me! Che avessi davvero solo
bisogno di una chance! Invece, tu hai aiutato tuo padre con le
sentinelle contro i Morlock e contro noi stessi!”
urlò puntandogli il dito contro “Dannazione! Tu ci
hai schiaffato in questi cosi! Tu ci hai messo i collari! Tu hai
contribuito alla merda che ci hanno fatto! Non sei stato solo un
palo!”
“Chère...”
sibilò lui, con tono minaccioso, avvicinandosi lentamente ma
inesorabilmente. Un brivido istintivo le corse lungo la schiena. Sembra
la personificazione della Morte: aveva un'aura minacciosa come quella
che aveva intravisto in Warren.
“Fatti
da parte, Cajun. Non voglio farti del male. Non sono come
te.” disse ritrovando un po' di orgoglio, di amor proprio e
anche la forza sufficiente per far avanzare rigidamente le gambe che le
tremavano come budini liquidi e dimenticando come, fino a quel momento,
lui avesse abilmente eluso i suoi attacchi.
Nessuno dei due
si scansò e finirono muso a muso un'altra volta. Nessuno dei
due sembrava intenzionato a cedere.
“Libera
questa gente... non far passare loro quello che ho subito io... ti
prego...” lo supplicò in un ultimo, disperato,
tentativo di redimerlo “Sei migliore
di...questo...” disse lasciando scorrere lo sguardo su di lui.
“Non
posso...” rispose lui, la voce sardonica improvvisamente
incrinata da quella che sembrava nostalgia o dispiacere “Ho
venduto la mia anima a Sinistro...” confessò
subito dopo “Ho promesso a Essex che, in cambio del mio
aiuto, lui mi avrebbe reso immune al tuo potere...”
alitò tornando ad allungare la mano al volto di lei.
Prima che potesse
rendersene conto, prima che potesse fermarla, una lacrima
rotolò sul suo volto sconvolto dalla rivelazione. Non se ne
curò. Al momento non le interessava nulla se non
ciò che si nascondeva dietro alle parole del bel ladro.
Lasciò che quella goccia d'acqua salata continuasse la corsa
verso il terreno.
Per lei. Per
poterla toccare, Remy aveva venduto la sua anima a quel delinquente di
suo padre. E non una volta. Quando c'erano problemi, quel cretino
tornava sempre all'ovile, in cerca di una qualunque soluzione. Prima il
collare, ora questo...
Lasciò
che la sua mano si avvicinasse al suo volto, desiderando egoisticamente
poterlo toccare ancora, poter sfiorare ancora le sue labbra fino ad
annegarvi.
Ne voleva ancora
ma sapeva di doversi ritenere fortunata ad aver avuto almeno
un'occasione per provare quello che per le altre era routine. Ne voleva
ancora anche se sapeva perfettamente che avrebbe potuto ucciderlo
definitivamente, privi com'erano entrambi di protezioni.
Lasciò
che il Cajun le si avvicinasse, sopraffatta dai ricordi e dal desiderio
che aveva di lui. C'era qualcosa di oscuro e sbagliato in tutto quello
ma non poteva, non riusciva e forse non voleva negare l'attrazione che
la spingeva verso di lui. Inutilmente, cercò di riscuotersi
per allontanarlo ma il suo cervello sembrava essere in un loop
impossibile da spezzare. La razionalità era sparita in un
lampo, al punto da farle sospettare che lui stesse usando i suoi poteri
secondari su di lei.
Quando, infine,
la sua bocca si posò sulle sue labbra, il mondo
sembrò scomparire, inghiottito da un buco nero.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Rieccomi
di rientro da Etnacomics. In questi giorni, poi, mi stanno montando la
cucina. Spero quindi di avere una certa tranquillità a breve
per riuscire a riprendere il normale ritrmo di aggiornamento.
Un bacio e scusate ancora il disagio!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2585619
|