Demolition Lovers

di zinzuleddha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Prima Parte ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Seconda Parte ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


"Bel quadro, vero?"
  Mi voltai per scoprire chi avesse parlato, vedendo al mio fianco un ragazzo dai lunghi capelli nero corvino, molto più alto di me, completamente vestito di nero.
 "Già" mi limitai a rispondere annuendo.
 Accese una sigaretta, portandola alla bocca; inspirò a pieni polmoni prima rilasciare il fumo in cerchi.
  E dopo averlo osservato per quelli che sembrarono anni posai nuovamente lo sguardo sul quadro mentre un imbarazzante silenzio calava nella stanza.
  "Vuoi?" mi distolsi dai miei pensieri non appena percepii un qualcosa pungermi il braccio quando, voltandomi  notai che mi stesse punzecchiando con il pacchetto delle sigarette mentre un enorme ghigno si fecaceva largo sul suo volto.
  "No, grazie. Non fumo" Annuì alla mia affermazione, per poi portare nuovamente la sigaretta alla bocca.
  Mi soffermai a osservare le sue mani; molte cose si potevano capire dalle mani di una persona. Erano ben curate, ciò significava che teneva molto a se stesso; le unghie sembravano addirittura limate. Domandandomi che lavoro facesse notai alcuni calli sul suo palmo e una grande cicatrice sul mignolo.
  Mi rivolse un sorriso, per poi voltarmi le spalle e iniziare a camminare lentamente verso il cestino della spazzatura distante qualche metro. Spense la sigaretta sull'asta di ferro che lo sosteneva, per poi avanzare nuovamente verso di me; distolsi lo sguardo istantaneamente, posandolo sul quadro.
  "Secondo il mio punto di vista.. rappresenta la fantasia" Schioccò mettendo su un enorme sorriso.
  Ci pensai su un istante; quel quadro non rappresentava nulla perché.. stava a noi immaginare ciò che potesse rappresentare?
 Alquanto confuso a riguardo udii il mio telefono squillare, prima di notare, tirandolo fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni, che fosse mia madre.
  Notai allora l'orario; mezzogiorno e un quarto, ricordai solo allora che sarei dovuto essere a casa entro mezzogiorno quella mattina a causa di alcune commissioni da sbrigare nel primo pomeriggio prima di recarmi al lavoro.
 Risposi. "Sto arrivando, mamma" sputai infastidito senza nemmeno darle il tempo di aprir bocca quando annuendo dall'altro capo del telefono e interrompeva la chiamata.
  "Devo andare" dissi sforzando un sorriso, mentre un terrificante senso d'imbarazzo s'impossessava adesso del mio corpo.
  "Ciao" dissi con un filo di voce, fissandolo nei verdissimi occhi; ti ci perdevi dentro.
 E feci per allontanarmi verso l'entrata quando venni fermato. "Aspetta!" esclamò, prendendomi per un braccio, quando voltandomi scoprii un enorme sorriso sul suo volto.
 "Io sono Gerard" disse porgendomi una mano. "Io Frank" risposi stringendola.
 Strinse la mia mano con talmente tanta forza da provocarmi quasi dolore quando, allontanandomi lentamente, udii un flebile "Arrivederci" alle mie spalle, giurando mi stesse fissando.
 "Ciao" risposi semplicemente, prima di spingere la porta e recarmi sulla strada di casa.

 

-Ciao a tutti! Chi vi parla è Danny, l'autrice di questa storia. Domani dovrei pubblicare il secondo capitolo che, conterrà un colpo di scena che stravolgerà definitivamente la vita di Frank. Spero la storia possa essere di vostro gradimento e, chiedo perdono per gli eventuali errori. Se avete domande o consigli, lasciate una recensione o contattatemi su twitter (sono @sussumella). A presto! x -






 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Prima Parte ***


Alzai lo sguardo verso l'orologio, erano le quattro e mezza, afferrai perciò il borsello e mi precipitai verso la porta, non era il caso di presentarsi nuovamente in ritardo.
Un'ondata di aria gelida si scontrò sul mio viso, rabbrividì, faceva più freddo di quanto avessi immaginato.
Arrivai giusto in tempo quel pomeriggio.
Faticai ad aprire il grande portone, quel giorno sembrava pesare il triplo.
"Buongiorno" esclamai alla vista del signor Lindemann che, come sempre, si limitò a rispondere con un cenno del capo. Sembrava sempre sulle nuvole.
Mi recai al piano di sopra, nel ripostiglio, a prendere il necessario per lavare i bagni. Misi tutto sul grande carrello, avete presente quelli che usano per servire il cibo negli ospedali? Era esattamente come quelli, ma grande il doppio.
Feci per prendere il camice quando un urlo e una serie di spari mi distolsero dai miei pensieri. Persi un battito non appena l'allarme cominciò a suonare.
Mi precipitai fuori dal ripostiglio, per poi realizzare, fin troppo tardi, che restare li dentro sarebbe stato decisamente più sicuro.
D'un tratto l'allarme smise di suonare e le luci si spensero; calò l'oscurita, qualcuno doveva aver staccato la corrente elettrica.
Innumerevoli spari risuonavano nell'aria, non sapevo come reagire, ne dove mettere i piedi.
Mi sentii afferrare per un braccio e nel giro di un secondo mi ritrovai a terra, con la schiena contro il muro e terribilmente dolorante.
Sentii un qualcosa di gelido sul mio collo e dei respiri affannati.
C'era qualcuno al mio fianco e, quel qualcuno mi aveva puntato addosso una pistola, sarei morto.
Mi lasciai sfuggire un singhiozzo e a quel punto non riuscii più a trattenere le lacrime.
Sussultai non appena quel qualcuno caricò la pistola, ancora puntata sul mio collo.
"Non farlo, ti prego" la voce tremante, puntualmente interrotta da continui singhiozzi, respirare mi risultava impossibile. Il panico si impossessò del mio corpo.
Restai di stucco non appena quel qualcuno indietreggiò, allontanando la pistola dal mio collo.
"Tu"
La mia bocca si spalancò, avevo già sentito quella voce prima d'ora.
Indietreggiò fino al raggio di luce che entrava dalla finestra più vicina, potei vedere i suoi occhi.
"Gerard" esclamai. Ero sorpreso e terribilmente terrorizzato allo stesso tempo.
Mi alzai di scatto quando qualcuno si precipitò verso di noi, o meglio, verso di me. Una mano guantata mi avvolse la gola e, presto mi ritrovai nuovamente a terra, questa volta senza fiato. Cercai di dimenarmi, ma ciò non fece che peggiorare le cose.
"No, non farlo!" l'urlo di Gerard ruppe il silenzio, la sua voce risultò più roca delle altre volte.
La stretta diminuì sempre di più, fino a sparire completamente. Ripresi affannosamente a respirare, la gola faceva un male terribile e i continui capogiri mi provocarono un conato di vomito; credevo sarei svenuto da un momento all'altro.
Mi sentii nuovamente afferrare per un braccio.
"Sbrigati" esclamò Gerard, strattonandomi il braccio per incitarmi a mettermi in piedi. Mi alzai, le gambe tremolanti, il volto ancora bagnato dalle lacrime.
"Corri" urlò, strattonandomi nuovamente, come se fossi un cane. Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare ciò che stava accadendo che mi ritrovai a correre.
Gerard continuava a trascinarmi e puntualmente a strattonarmi, facevo fatica a tenere il passo.
Notai che i loro volti erano coperti, indossavano dei passamontagna, mi chiesi chi potesse essere l'altra persona.
Arrivammo davanti al grande finestrone dell'ufficio di Lindemann, "Possiamo andare" disse l'altro; più che un affermazione sembrava una domanda. Gerard Annuì, aggiustandosi poi il passamontagna, notai che anche lui indossava dei guanti.
Mi rivolse uno sguardo, prima di arrampicarsi sul davanzale; l'altro prontamente lo imitò e io non potei che fare lo stesso.
Nel giro di un secondo mi trovai nel vuoto, una sensazione mai provata prima si fece spazio tra il terrore.
Un tonfo risuonò nell'aria, eravamo atterrati su un qualcosa di morbido.
Aprì gli occhi.
Spazzatura; Eravamo finiti in un cassonetto dell'immondizia.
Vidi Gerard al mio fianco, aveva tolto il passamontagna. Uscì dal cassonetto e mi porse una mano per aiutarmi a fare lo stesso, l'afferrai e uscì.
"Sbrigati, entra" disse sottovoce, spingendomi dentro la grande auto nera parcheggiata di fronte al cassonetto; il tizio che aveva tentato di strangolarmi doveva essere già dentro.
Realizzai che eravamo in un vicolo cieco. La fioca luce verde di un vecchio lampione  rendeva tutto più inquietante di quanto già lo fosse.
Non appena fummo tutti dentro la macchina sfrecciò, notai poco dopo altre figure nell'auto, oltre Gerard e lo sconosciuto che aveva tentato di uccidermi.
Alla guida c'era un ragazzo molto alto, con un ammasso di capelli ricci in testa mentre, alla sua destra, una figura mingherlina, più meno della mia altezza, non riuscì però a distinguere i loro volti.
"Chi è questo?" Esclamò il ragazzo alla guida, la sua voce era terribilmente squillante.
"Un mio amico" rispose prontamente Gerard. Io me ne stavo semplicemente rannicchiato contro lo sportello, mentre l'auto aumentava di velocità.
Stavo tremando come una foglia.
"Credevo di essere stato abbastanza chiaro sul fatto che.." Gerard interruppe lo sconosciuto  "Ne discuteremo dopo" disse semplicemente, "Dove sono i vestiti?" continuò, serio.
Non capivo di cosa stessero parlando, perciò ignorai il resto della conversazione, tentando con tutta la forza del mondo di non scoppiare nuovamente a piangere.
Non volevo dimostrarmi debole.
"Frank, stai bene?" mi distolsi dai miei pensieri, annuii.
"Metti questi" disse Gerard, lanciandomi dei vestiti; li osservai, mi aveva lanciato una camicia a quadretti rossi e bianchi e un paio di pantaloni verdi..vomito.
Mi voltai in cerca di spiegazioni, ma tutto ciò che vidi fu Gerard in mutande. Mi voltai terribilmente imbarazzato, giurai che stessi arrossendo.
Cominciai a svestirmi e, nel giro di mezzo secondo avevo già messo su i vestiti che Gerard mi aveva dato.
"Metti anche questi e, dammi i tuoi vestiti" Disse porgendomi un paio di scarponcini neri.
Gli porsi i vestiti e, dopo che le tolsi, anche le mie scarpe, notai che li stava riponendo in una busta.
Mise li dentro anche i suoi e quelli degli altri, per poi alzarsi e tirare su la parte del sedile sul quale era seduto, che si aprì a mo' di cassapanca.
Gettò la busta dentro e in fretta richiuse il sedile.
"Allora, siete pronti?" esclamò entusiasta il tizio alla guida.
Tutti annuirono, un grande sorriso si fece spazio sul volto di Gerard.
 Mi afferrò, per l'ennesima volta, per il braccio, questa volta più forte, era straziante.
Stavo per aprir bocca e lamentarmi quando Gerard aprì lo sportello e si lanciò, tirandomi con se.
Sbattei violentemente la testa al suolo, dopo, tutto nero.

. . .





- Ed ecco la prima parte del secondo capitolo, Cerchero di postarvi la seconda al più presto possibile!
Intanto, fatemi sapere cosa ne pensate lasciando una recensione o contattandomi su twitter (vi ricordo che sono @sussumella) -

Un abbraccio kawaii, -Danny x

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Seconda Parte ***


Udii delle voci, non riuscivo a comprendere cosa dicessero, aprì allora gli occhi per cercare di capire dove mi trovassi.
La vista annebbiata, la testa terribilmente dolorante.
"Si è svegliato" , riconobbi all'istante quella voce squillante, era il tizio che stava alla guida, "Peggio per lui" parlò qualcun altro.
Persi un battito a quell'affermazione.
Sbattei le palpebre innumerevoli volte, incominciavo a riacquistare la vista, così mi misi seduto nella speranza di capire cosa stesse succedendo.
Cosa avevano intenzione di farmi?
Vidi lo sconosciuto che aveva tentato di strangolarmi avanzare verso di me, il suo sguardo non prometteva nulla di buono.
Avvicinò il suo volto fin troppo al mio, la sua risata risuonò nell'aria, il terrore cresceva dentro di me.
"Hai paura?" sputò, non avevo paura, ero fottutamente terrorizzato.
Allontanò il viso dal mio, per poi portare nuovamente la sigaretta alla bocca, si avvicinò poi nuovamente, rilasciando il fumo sul mio viso.
Cominciai a tossire violentemente, detestavo il fumo della sigaretta.
Si allontanò nuovamente, ridendo.
"No" dissi a denti stretti, cercando di non lasciar trapelare il mio terrore e di non tossire.
"Dovresti." continuò con un enorme ghigno sul viso, facendomi raggelare il sangue. Stavo tremando.
Fece un giro intorno al tavolo, notai solo allora che mi trovavo dentro un vecchio capannone.
Diedi uno sguardo in giro, le alte finestre rotte, probabilmente prese a sassate, un materasso matrimoniale posto in fondo a sinistra e un grande tavolo posto più o meno al centro, poi, a destra, l'oscurità, la piccola lampadina posta a qualche metro dal materasso non era in grado di illuminare l'intero spazio, esattamente come io non ero in grado di sopportare quell'oppressione.
Avanzò poi per l'ennesima volta verso di me, notai che gli altri stavano fermi intorno al tavolo, in silenzio, perché nessuno faceva qualcosa?
Stavano forse pensando a quale tortura mi avrebbe procurato più dolore, ovvero sarebbe stata la più divertente da infliggermi? Mi distolsi dai miei pensieri non appena percepì un fastidioso bruciore sul collo, che si tramutò presto in dolore.
Aveva spento la sigaretta sul mio collo, come se fossi uno stupido posacenere, era terribile.
Mi morsi il labbro inferiore cercando disperatamente di trattenere le lacrime, ormai era più che ovvio che sarei morto.
"Smettila Bert!" Intervenne Gerard, il tizio, o meglio, Bert, si voltò ghignando, per poi spostare lo sguardo da me, a Gerard e, da Gerard a me.
"Ooh" esclamò, enfatizzando la voce e cominciando a saltellare intorno al tavolo.
Comincia a dubitare sulla sua sanità mentale.
Afferrò di scatto una pezza da sopra il tavolo e se la mise a mo' di gonna, tenendola su con una mano, per poi cominciare a sculettare e ad atteggiarsi, facendo smorfie e lanciando urletti.
Sembrava una di quelle dive di Hollywood montate di testa, che diavolo aveva fumato?
"Ooh Guardatemi" urlò, continuando ad enfatizzare la voce e passandosi una mano fra i capelli "Sono Gerard, mi piacciono i ragazzi"
Posai il mio sguardo su Gerard, che strinse i pugni e digrignò i denti.
Nel giro di un secondo era difronte a Bert, che si ritrovò sul tavolo con il labbro sanguinante.
Gli aveva sferrato un pugno talmente forte che per un attimo credetti gli avesse messo fuori posto la mascella.
Bert si alzò, il suo respiro pesante risuonava nell'aria all'unisono con quello di Gerard.
"Ragazzi, calmatevi" disse cautamente il ragazzo riccio, avvicinandosi a loro.
Prese Gerard per un braccio e lo portò verso il materasso, dove lo fece sedere, per poi poggiarli la mani sulle spalle e bisbigliarli un qualcosa di incomprensibile.
Voltai lo sguardo e notai che Bert mi stava fissando, un espressione schifata seguita da un ghigno si fecero spazio sul suo volto.
Il ragazzo riccio avanzò verso di me, ancora seduto immobile.
Si sedette al mio fianco, non sembrava una persona cattiva, non mi metteva terrore.
Mi poggio una mano sulla spalla e tirò un profondo respiro, poi cominciò a parlare.
"Vedi Frank," come diavolo faceva a sapere il mio nome?
"Abbiamo delle regole ben precise qui." Continuò.
"Arriva al sodo, Ray" disse il ragazzo mingherlino poggiato al tavolo, avvicinandosi a noi con le braccia strette al petto.
Posai la mia attenzione su di lui, per un attimo avevo creduto fosse muto.
"Okay" disse il riccio, per poi tornare a me.
Tolse la mano dalla mia spalla, passandola poi ripetutamente sul tessuto dei suoi pantaloni.
"O entri a far parte della società, o ti facciamo fuori"
Posai istantaneamente il mio sguardo su Gerard, mi aveva salvato già una volta, perché non lo faceva anche adesso?
Notò il mio sguardo, così si alzo dal materasso e cominciò a camminare verso me.
"Le cose stanno così, Frank. Abbiamo delle regole ben precise, io le ho già infrante una volta non facendoti fuori e, non posso infrangerle nuovamente. Ogni volta che infrangiamo un colpo, dobbiamo far fuori tutta la gente presente sul posto e, io non l'ho fatto. Sai così chi siamo e nessuno può saperlo oltre le persone della società, ovvero, noi.
Perciò, o ti unisci a noi, o saremo costretti a farti fuori." disse duramente, fissandomi negli occhi.
Mi sentì morire.
Annuii, non sapevo come reagire, non sapevo che dire, non sapevo a cosa sarei andato in contro.
"Avrei dovuto farti fuori prima.." disse sottovoce, ma fui in grado di sentirlo comunque.
Provai un'altra sensazione mai provata prima, come se mi stessero strappando il cuore da crudo a crudo.
Lo osservai mentre tornava a sedersi sul materasso, impassibile.
Le sue parole risuonavano nella mia mente, una lacrima scivolò sul mio viso.
L'asciugai in fretta, fortunatamente nessuno se ne accorse, erano troppo occupati a scambiarsi incomprensibili occhiatacce tra di loro, tranne Gerard, lui se ne stava seduto su materasso a testa bassa, con le mani congiunte.
Sembrava pentito, probabilmente del fatto di non avermi fatto fuori subito e di aver messo in pericolo l'intera società.
"Voglio che tu sappia, Frank" aprì bocca il riccio "che le persone che abbiamo fatto fuori erano tutti infiltrati della mafia.
Il signor Lindemann è..era" si corresse "un importante membro della mafia tedesca, lavorava in un agenzia che, tramite i social network invogliava la gente a comprare medicinali che causano gravi effetti collaterali come l'epilessia" si alzò, dirigendosi verso il tavolo "Devi decidere se continuare a vivere con sulla coscienza delle vite e un grande segreto sulle spalle o morire" calò il silenzio.
"Devo correggerti, Ray" cominciò a parlare il ragazzo mingherlino, notai che portava gli occhiali "Non dovrà avere delle vite sulla coscienza." fece una pausa, "Frank, noi uccidiamo gente che uccide perché, uccidere è sbagliato. Adesso ti risulterà difficile comprende ciò che ho detto, ma se accetterai di essere uno di noi, capirai. Tempo al tempo. Devi capire che, se noi non uccidiamo quella gente, quella gente ucciderà migliaia di gente innocente, tra i quali bambini. Noi lo facciamo per rendere il posto un mondo migliore"
Non avevo capito nemmeno mezza frase di ciò aveva detto, ma annuii, non volevo morire.
"Sarò uno di voi"
l'avevo detto, avevo deciso, ero troppo giovane per morire.
Si scambiarono degli sguardi, qualcuno annui, poi, il silenzio.
"Diamo allora inizio al rito" disse Bert ghignando, lanciandomi poi un occhiataccia.
Di cosa stava parlando?
 
 
 
 
 
- Ed ecco finalmente la seconda parte! Chiedo scusa per il ritardo e per gli eventuali errori -

..Quale pensate sia l'inspiegabile sensazione mai provata prima di cui Frank ha parlato?
Lasciate una recensione!

..Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e che la storia vi stia incuriosendo almeno un pochino.. :)

A presto
- Danny x <3
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Si diresse verso il tavolo, per poi sedersi e farmi cenno di imitarlo.
Feci come disse, dirigendomi esitante verso il tavolo, avevo paura di sapere a cosa stavo andando in contro.
Tirai la sedia, notai solo allora che non c'era il pavimento e, a giudicare dall'erbaccia per terra immaginai fossimo in una campagna, mi si contorse lo stomaco, dovevo essere molto lontano da casa e, essere molto lontano da casa, tenuto in ostaggio da quattro criminali, non è per niente rassicurante.
Mi sedetti, le mie mani non smettevano di tremare, non avevo idea di cosa intendesse per 'rito'.
"Allora, Frank" disse, alzandosi e cominciando a girarmi in torno con le mani congiunte dietro la schiena, sembrava molto irrequieto.
"Mettiamo in chiaro le cose, nessuno può sapere chi siamo. NESSUNO, ne i tuoi genitori, ne i tuoi migliori amici e soprattutto, ne la polizia" si voltò di scatto, facendomi sussultare, il suo sguardo mi fece raggelare il sangue.
"Per sapere chi siamo, dovranno passare sul tuo cadavere, intesi?", annuii, deglutendo rumorosamente.
"Bene. Poi, voglio che tu sappia che, se qualcuno cade, tu devi aiutarlo a rialzarsi, ma se qualcuno muore, non devi guardarti alle spalle" cominciò a gesticolare e ciò non faceva che innervosirmi.
 "Ad ogni colpo, è d'OBBLIGO, far fuori tutta la gente presente sul posto, cosa che, il nostro caro Gerard non ha capito" disse, lanciando un occhiataccia a Gerard, che stava ancora seduto sul materasso a testa bassa; iniziava a preoccuparmi.
"Non puoi MAI tirarti indietro, a meno che tu non abbia una valida motivazione."
Annuii una seconda volta, se non sarei morto quel giorno stesso, sarei certamente morto al primo colpo, ormai non avevo speranza, la mia vita era definitivamente rovinata.
"Chi tace acconsente, perciò prenderò il tuo silenzio come un 'si ho capito e non vi metterò nella merda' " disse ridacchiando "bene, allora brindiamo", continuò, per poi voltarsi su se stesso e incominciare ad avanzare verso il lato non illuminato del capannone, per poi riemergere dall'oscurità qualche minuto dopo, con in una mano una bottiglia di quello che sembrava vino e due bicchieri nell'altra.
"Mikey, va a prendere gli altri bicchieri" sputò acido, come se il ragazzo mingherlino, Mikey, fosse il suo cameriere.
Quello annuì e si diresse a passo svelto a prendere i bicchieri, sembrava temere Bert, ma, infondo, chi non temeva quel tizio?
I suoi occhi esprimevano malvagità e, notai allora le sue mani, ricordate? Dalle mani di una persona di possono capire molte cose e, le sue mani non mi piacevano.
Le sue dita storte e lunghe e le sue unghie sporchissime, delle quali una malata, erano disgustose, esattamente come lui che, non era una bella persona ne dentro, ne fuori. -Magari se si sarebbe preso un po' più cura di se stesso avrebbe potuto avere un aspetto più decente, infondo i suoi lineamenti facciali non erano tanto male.-
Poggiò la bottiglia sul tavolo e la stappò, per poi versarne il contenuto nei bicchieri che Mikey aveva appena portato, avevo ragione, era vino .. e se fosse stato avvelenato?
Scossi la testa al pensiero, passandomi una mano tra i capelli, ero terribilmente sudato.
Notai che tutti si erano avvicinati al tavolo, Gerard compreso, sembrava molto nervoso.
"Qui le mani" urlò Bert, enfatizzando la voce e distogliendomi dai miei pensieri, un largo sorriso si fece spazio sul suo volto, sembrava felicissimo e, lo sembrò ancora di più non appena estrasse un coltello dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni.
Sobbalzai, tirandomi indietro con la sedia e mettendomi in piedi, allerta; cominciai presto a tremare nuovamente, i miei presentimenti erano reali, voleva, o meglio, volevano uccidermi.
"Hey, rilassati" la sua risata risuonò nell'aria, facendomi venire la pelle d'oca, "Non ho intenzione di farti del male" tirai un lungo sospiro, forse avrei dovuto fidarmi
"O almeno credo" continuò, facendomi l'occhiolino, ero per l'ennesima volta nel panico.
"Risiediti" mi ordinò e così feci, non volevo avere grattacapi e soprattutto, non volevo morire, perciò obbedire ai suoi ordini sarebbe stato meglio.
Osservai attentamente i suoi movimenti e rabbrividì non appena passò la punta del coltello sul suo indice sinistro, provocandosi un profondo taglio.
Il sangue cominciò a scorrere sulla sua mano finche non incominciò a riversarne un pò in un bicchiere.
Potevo sentire l'odore del suo sangue, sentì lo stomaco contorcersi, avrei rimesso da un momento all'altro.
Poi ripetè l'azione sul ragazzo riccio, Ray e Mikey, il ragazzo mingherlino, che riversarono a loro volta delle piccole gocce di sangue nel bicchiere usato in precedenza, per poi passare a Gerard, notai che stava tremando.
"Tranquillo, questa volta non ho intenzione di squarciarti il dito a due" disse Bert sottovoce, rivolgendosi a Gerard che, a sua volta gli rivolse un occhiataccia.
Versò in fine anche lui un po' del suo sangue nel bicchiere e, non appena tutti gli sguardi furono puntati su di me, capì che era il mio momento.
Terrorizzato gli porsi una mano, i miei palmi erano sudatissimi, continuavo ad innervosirmi sempre di più, non riuscivo a stare fermo e la tachicardia non aiutava. Se avessi avuto un attacco di panico in quel momento mi sarei sotterrato, mi ero già dimostrato abbastanza debole e, non era il caso di farlo ulteriormente.
Bert afferrò una mia mano, stringendola fino a farmi male un dito, continuavo a non capire che piacere trovasse nel infliggere dolore alle persone.
Poggiò poi il coltello sul mio indice, chiusi gli occhi e non appena percepì la fredda lama mi morsi violentemente il labbro inferiore, quel tizio sarebbe stato capace di amputarmelo.
Fece meno male di quanto avevo previsto, ma ciò che vidi non appena aprì gli occhi fu disgustoso: un fiume di sangue aveva cominciato a scorrere sulla mia mano.
"Allora, che aspetti?" disse Bert, con ancora quel maledetto ghigno sul viso, mostrandomi gli altri quattro bicchieri messi da parte.
Dunque avrei dovuto versare il mio sangue in quattro bicchieri mentre loro ne avevano versato solo in uno, era una fottuta ingiustizia.
All'ultimo bicchiere premetti leggermente il dito per versarlo con più facilità visto che incominciava a scorrerne di meno, credo sarei morto dissanguato nel giro di cinque minuti.
Ebbi un conato di vomito e istantaneamente mi portai una mano alla bocca ma, da perfetto imbecille, mi portai alla bocca la mano insanguinata e ciò non mi fu affatto d'aiuto visto che, non appena mi accorsi di avere del sangue sul viso cominciai a rimettere sul pavimento.
Bert si piegò in due dalle risate e a quel punto non riuscì a trattenere le lacrime, mi sentivo maledettamente umiliato.
"Alzati coglione" sputò, avvicinandosi difronte a me.
Continuai a fissare per terra, con le braccia strette allo stomaco che cominciava a farmi un male cane "Hai sentito" continuò, alzando il tono della voce, per poi tirarmi una ginocchiata in piena faccia.
Gettai la testa all'indietro, lamentandomi e portandomi, questa volta la mano pulita, sul volto, notai che mi stava sanguinando il naso.
"Smettila Bert! Non ti ha fatto niente di male! I ragazzi della sua età stanno in giro a cazzeggiare, mentre lui si trova qui, è normale che abbia paura! E poi il nostro compito non è quello di picchiare ragazzi indifesi, ricordi? sei poco professionale! Mi sa che ti sei un tantino-troppo montato la testa, torna coi piedi per terra, mi sembri un coglione!" Gli urlò contro Ray, stringendo i pugni, finalmente qualcuno che mi difendeva.
"Zitto tu!" Gli urlo in risposta Bert "Ragazzi cazzo, smettetela, guardate che casino avete combinato" si intromise Gerard, portando l'attenzione di tutti su di me, che adesso me ne stavo con le mani insanguinate sul volto, poggiato nel tavolo.
Il silenzio calò nuovamente nella stanza, desiderai che avessero continuato ad urlare visto che adesso era possibile udire i miei singhiozzi.
Qualcuno cominciò ad accarezzarmi la schiena per cercare di confortarmi, ma lo ignorai, ero nel panico.
"Frank" mi sentii sussurrare all'orecchio, era Gerard "rilassati" continuò, come diavolo poteva pretendere che mi rilassassi?
Presi un respiro profondo e lottai per trattenere i singhiozzi e, lentamente riuscì a riacquistare la lucidità.
"Bene, tieni, bevi." alzai lo sguardo, mi porse il bicchiere in cui tutti avevano riversato il loro sangue e, senza altra scelta, lo afferrai, cercando di non rimettere nuovamente.
Ognuno prese il proprio bicchiere e lo alzò in aria così feci lo stesso "Bene" cominciò a parlare Bert, incominciavo a detestare la sua voce, ancora più di quella di Ray, "Sangue per sangue" continuò, facendo una pausa.
"Adesso siamo fratelli" disse, battendo un pugno sul petto "Adesso e per sempre fino alla morte più spietata, come i veri fratelli fanno, non ci tradiremo mai.
Fratelli coltelli: da infliggere nei cuori di cerca di farci fuori" Concluse.
Tutti brindarono, per poi bere il contenuto dei bicchieri; presi un respiro profondo e feci lo stesso:
ORMAI ERO IN BALLO E, DOVEVO BALLARE. 
 
 


- Salve a tutti, ed eccomi finalmente quà con il terzo capitolo!
Che ve ne pare? E, cosa pensate potesse turbare così tanto il nostro Gerard?
Chiedo perdono per gli eventuali errori, non ho avuto il tempo di rileggere il capitolo come si deve.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Vi aspetto fra le recensioni e, se vi va di seguirmi su twitter vi ricordo che sono @sussumella ! :)

A presto
-Danny x

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


"Io"
Feci una pausa, avevo paura di come avrebbero potuto reagire.
"Adesso dovrei andare o.. mia mamma si preoccuperà" continuai, sospirando.
La loro reazione mi stupì, nessuno mi prese a calci in faccia o mi urlò contro, semplicemente annuirono.
"Ti accompagno io, vieni" disse Arthur, dirigendosi verso la porta del capannone, annuii e cominciai a seguirlo.
Dopo aver bevuto quel vino, la testa aveva ricominciato a girarmi terribilmente, sembrava quasi di stare sulle montagne russe. Non bevevo alcolici molto spesso e, quando lo facevo, anche se non ne bevevo grosse quantità finivo per barcollare e, infatti, nel giro di mezzo secondo, mi ritrovai per terra, con la faccia contro il tronco di un albero.
Gerard imprecò, aiutandomi poi a rimettermi in piedi.
"Non puoi tornare a casa in queste condizioni" disse, tenendomi per un braccio, così non sarei riprecipitato per terra. "Guarda, ti esce di nuovo sangue, se tua madre ti vede in queste condizioni siamo tutti nella merda, lo sai, vero?"
A quel punto non resistetti "Parli come se fossi stato io a ridurmi in questo stato" sputai acido, alzando il tono della voce e posando una mano sul naso, nella speranza che ciò avesse potuto farlo smettere di sanguinare.
Gerard sbuffò, non rispondendo alla mia affermazione.
 "Muoviti, ti porto più tardi a casa" sentii lo stomaco contorcersi, non avevo la minima intenzione di trascorrere dell'altro tempo in quel posto.
"No" urlai, cercando di dimenarmi dalla sua stretta, ma, tutto ciò che ricevetti in cambio fu un ceffone che mi fece finire nuovamente a terra.
Ero stanco, terribilmente stanco di essere trattato come un animale, non gli avevo fatto nulla di male, avevo accettato di far parte della loro società, avevo giurato di non aprir bocca, avevo bevuto quella porcheria e in cambio cosa ricevevo? ancora torture.
Che poi, in realtà, non erano tanto le torture fisiche a farmi stare male, ma quelle psicologiche; non ero una persona con una grande autostima, ed ero sensibile, terribilmente sensibile e, il fatto di averglielo dimostrato mi distruggeva.
Ero stanco di subire, ero stanco di ricevere sempre merda in faccia, non avevo mai fatto del male nella mia vita e non meritavo tutto ciò.
Un pianto disperato risuonò nell'aria, mi stavo dimostrando debole, un altra maledetta volta ma, almeno Bert non era li a deridermi.
Poggiai la testa dolorante sulle ginocchia, ero distrutto, sia fisicamente che psicologicamente; mi sentivo vuoto, come se mi avessero strappato il cuore.
Mi sentii alzare da terra, mi stava.. prendendo in braccio?
Cazzo, non ero un bambino e, i bambini si prendevano in braccio, non i ragazzi.
"Lasciami" urlai, dimenandomi e finendo nuovamente a terra.
Lo fissai un secondo negli occhi, poi, cominciai a correre.
Non avevo la minima idea di dove andare, l'unica cosa che volevo fare era scappare.
Scappare da tutto e tutti, dal sistema, dal mondo, da tutte quelle persone che nel corso degli anni mi avevano fatto del male, tutte quelle persone che avevano infranto i miei sogni. Volevo lasciarmi tutto alle spalle e ricominciare una nuova vita, con una nuova identità, una nuova faccia, un nuovo corpo, una nuova famiglia.
Ero stanco di essere io, ero stanco di tutto, ero persino stanco di vivere.
Corsi, corsi disperatamente, distruggendo tutto ciò che incontravo sul cammino, dai rami degli alberi alle lunghe erbacce, nella speranza che, prima o poi, avrei potuto distruggere con la stessa facilità tutti quei demoni che mi portavo dentro.
Inciampai e cominciai a rotolare, pestai la testa su innumerevoli sassi, fino ad arrivare agli argini di un ruscello.
Cominciai a bere, non bevevo acqua da ore ormai, lavai poi il sangue dal viso e, adesso, ero bagnato dalla testa ai piedi, ma ciò non mi importava.
Ricominciai a correre, più correvo, più, nonostante il dolore fisico, stavo meglio, mi sentivo.. libero.
Dopo metri e metri di corsa, esausto, caddi a terra.
Non mi sentivo più le gambe, il respiro affannato, avevo la faccia a pezzi, ma non mi importava, ormai non mi importava più nulla.
Lanciai un urlo, cominciai a strappare l'erba, poi, mi gettai all'indietro, cominciando a rotolarmi, a prendermi a schiaffi, avevo definitivamente perso il controllo.
"Frank, calmati cazzo" Mi si raggelò il sangue non appena udii nuovamente la sua voce e, mi si raggelò ancora di più quando realizzai che tutto ciò che desideravo non sarebbe mai divenuto realtà: sarei sempre stato io, intrappolato in questo corpo, in questa vita, in questo mondo.
Avevano ragione, ero solo un bambino, un fottuto illuso.
Non mi mossi di un centimetro, me ne stavo fermo immobile, con la faccia sull'erba, sperando fosse tutto uno stupido incubo 'adesso arriverà la mamma e mi sveglierà' cominciai a ripetermi.
Lo ripetei tante volte quante le lacrime che scorrevano sul mio viso, alzando sempre più la voce, fino ad urlare.
Non appena mi sentì toccare la spalla persi nuovamente il controllo. Cominciai a dimenarmi, a scalciare, ad urlare, tentai addirittura di strapparmi la faccia; non era un sogno, nei sogni non si provava dolore: era la fottuta realtà e, non appena me ne resi conto, scoppiai in un pianto isterico.
Cristo, mi facevo pena io stesso.
Mi stavo autodistruggendo.
"Calmati Frank" mi sentii sussurrare all'orecchio "Calmati, per favore, non costringermi a farti nuovamente del male"
Lo ignorai, non riuscivo a controllarmi, avevo perso il lume della ragione.
"Rilassati, Frank. Cazzo, non ti farò del male" continuò, stringendomi fra le sue braccia, sospirando.
"Shh, per favore, rilassati.. dai" disse, cominciando ad accarezzarmi i capelli bagnati.
Gli spasmi muscolari cominciarono a svanire e, con essi, anche il panico.
So che non avrei dovuto, ma mi sentivo al sicuro fra le sue braccia.
Ricominciai a respirare regolarmente e, cosa più importante, ricominciai a ragionare.
Avevo totalmente perso il controllo, non era la prima volta che accadeva; mi ero comportato da stupido, un'altra volta.
Ero un idiota.
"Tranquillo, con me sei al sicuro" sospirò.
La mia faccia contro il suo petto, il suo profumo mi inebriava, potevo contare i battiti del suo cuore che, alle mie orecchie, suonavano come la melodia più bella del mondo.
Ricambiai l'abbraccio; lo strinsi fino a provare dolore alla schiena, come per non farlo scappare, mi sentivo al sicuro fra le sue braccia e, non volevo che tutto questo finisse.
Cominciò ad accarezzarmi la schiena, tirai un lungo respiro, finalmente era tutto finito.. o almeno, così credevo.





- ..E rieccomi quì!
Ecco ciò che è venuto fuori questa volta.. Oggi ero a corto di ispirazione ;-;
Spero non ci siano molti errori e che possa essere di vostro gradimento.
Adesso mi ritiro, sono ancora sotto l'effetto collaterale della caffeina e la tachicardia mi sta uccidendo ;-;
Vi aspetto tra le recensioni! -

A presto
-Danny x

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


"Entra in macchina" sputò Gerard d'un tratto, interrompendo il silenzio. Notai solo allora che ci trovavamo dietro il capannone.
Non ci tenevo ad incontrare Bert nuovamente, perciò feci come mi disse ed entrai nell'auto grigia che mi era stata indicata, per poi allacciare la cintura. Mi si raggelò il sangue non appena Gerard chiuse le sicure, ero nuovamente in trappola.
Tirai un lungo respiro e cercai con tutta la forza del mondo di mantenermi calmo, nel giro di due secondi ci ritrovammo sulla strada, la macchina non faceva che aumentare di velocità e le stesse sensazioni provate qualche ora prima si fecero spazio nel mio corpo. "Rallenta, per favore" quasi lo supplicai.
"Chiudi quella cazzo di bocca" sputò acido, frenando di colpo; nonostante la cintura andai a sbattere leggermente la faccia contro il parabrezza.
Alquanto scosso, mi risistemai sul sedile e, alzando lo sguardo, notai dei semafori che riconobbi all'istante: erano i semafori della via principale.
Mi voltai, ebbi la conferma non appena vidi la piazzetta sulla destra.
Osservai per un attimo i ragazzi, alcuni giocavano, altri si scattavano foto a vicenda, c'era chi rideva con gli amici, chi passeggiava con la propria ragazza e, allora una domanda si fece spazio nella mia mente: Perché non potevo essere semplicemente come loro?
Ero così complicato e, cosa avevo fatto adesso per meritare tutto questo?
Sospirai, abbassando nuovamente lo sguardo.
"Devi svoltare a sinistra" dissi, indicandogli la via verso la quale avrebbe dovuto svoltare, qualche isolato e sarei stato nuovamente a casa.. non sapevo se esserne felice o meno.
Finalmente, dopo quelli che sembrarono anni, il verde s'illumino e, Gerard ricominciò a guidare, questa volta rispettando i limiti della velocità, per poi svoltare a destra.
"La sinistra sta dall'altra parte" lo informai, indicandogli nuovamente la via verso la quale avrebbe dovuto svoltare.
Mi afferrò il braccio, "Ficcatela in culo quella mano" esclamò, stringendo poi la presa fino a farmi contorcere dal dolore.
"Smettila" urlai, lasciò allora immediatamente il mio braccio, posando nuovamente la sua attenzione sulla strada.
"Sei fradicio, hai il viso sporco di sangue, non puoi tornare a casa in queste condizioni" ripetè, facendomi andare su tutte le furie.
"Avevi detto che mi avresti riportato a casa" gli urlai contro, ero stanco delle sue prese in giro.
"Ragiona per una buona volta, cazzo. So quello che ti ho detto e lo farò, ma non adesso" disse a denti stretti, stringendomi con una mano per la gola e facendomi finire nuovamente con la schiena contro il sedile.
Strinsi gli occhi, mollò lentamente la presa.
La macchina si fermò e Gerard scese, sbattendo la portiera.
Fece segno di seguirlo e così feci, notai che eravamo davanti una casa gialla, non molto grande; al piano superiore c'era un balcone con dei gerani e sul portone una grande girlanda, ricordai solo allora che eravamo sotto Natale.
Fui assalito dalla malinconia, mi mancava così tanto festeggiare il Natale..
Mi voltai, notai che Gerard mi stava fissando, non riuscì a decifrare il suo sguardo; sussultai non appena mi poggio una mano sulla spalla.
"Che succede?" interruppe nuovamente il silenzio, anche lui, adesso, stava osservando pensieroso la girlanda appesa alla porta.
"Non mi sembri molto felice del fatto che il Natale sia alle porte" continuò ghignando, non capivo cosa ci trovasse di tanto divertente.
Mi limitai ad osservarlo girare la chiave nella serratura, non avevo voglia di dargli delle spiegazioni, ne tanto meno di parlargli, volevo semplicemente tornare a casa, dove finalmente sarei stato al sicuro.
"Solitamente i tuoi coetanei sono così felici-"
"Io non sono come loro" lo interruppi infastidito, facendomi strada dentro la casa.
Era carina e accogliente, se non ci fossero stati vestiti ovunque sarebbe sembrata la casa di un ragazzo normale.
"Dovrei riordinare, lo so" disse ridendo, la sua risata mi irritava, avrei voluto prenderlo a pugni.
"Vieni al piano di sopra" continuò, rivolgendomi un sorriso; d'un tratto sembrava nuovamente la persona che avevo conosciuto alla mostra di quadri.
Mi feci coraggio e lo seguì, fino ad arrivare a quella che doveva essere la sua camera da letto, non appena entrai mi lanciò addosso dei vestiti- questa volta almeno non erano poi così orrendi come i precedenti.
Incominciai ad osservarli, mi aveva dato una camicia bianca, dei pantaloni neri e.. dei calzini, un paio di boxer e una cravatta.
Gli rivolsi uno sguardo confuso, sospirò e aprì nuovamente bocca.
"Tranquillo, sono lavati" disse ghignando "e, credo ti dovrebbero andare tutti, li puoi tenere, a me non vanno" continuò, massaggiandosi lo stomaco.
"Dovrei mettermi definitivamente a dieta" disse fra se e se, facendomi scappare una risatina, non sembrava più così terribile.
"Cosa dovrei farmene della cravatta?" chiesi, alzando in aria la cravatta, alzò le spalle in risposta.
"Puoi cambiarti li" disse poi, indicando quello che sembrava un bagno in camera.
Mi diressi verso la porta scorrevole ed entrai, per poi chiudermela alle spalle.
Mi poggiai al muro, per poi lasciarmi scivolare a terra, ero così maledettamente confuso. Mi passai una mano tra i capelli, per poi alzarmi e cominciare a cambiarmi.
Uscì dopo cinque minuti, notai Gerard affianco la porta; scossi la testa, me lo sarei aspettato.
Sentì squillare il telefono, vidi che reggeva fra le mani il mio borsello, fortunatamente non l'avevo perso.
Lo afferrai frettolosamente e ne tirai fuori il telefono, era mia madre; non mi stupì, erano passate molte ore dall'accaduto e doveva esserne venuta a conoscenza, doveva essere molto spaventata. Feci per rispondere ma Gerard mi fermò.
"Dille che sei a casa di un amico, fai finta di non sapere nulla di ciò che è accaduto. Se ti chiede, dille che non sei andato al lavoro perché mentre ci andavi, sei inciampato e ti sei fatto male al naso e che passavo da li io che, vedendoti in quelle condizioni, ti ho portato qui per darti del ghiaccio" spiegò velocemente, gesticolando.
Annuii, sembrava molto nervoso.
"Non fargli capire che sei agitato, muoviti" disse, dandomi un colpetto alla schiena.
Tirai un lungo respiro e risposi.
"Hey mamma" dissi, cercando di sembrare il più calmo possibile.
Era difficile, fottutamente difficile.
"Oddio, Frankie, come stai?"
"Frankie" ripetè Gerard sottovoce, ridacchiando; Cristo quanto detestavo quando mi chiamava così.
Sentii che stava singhiozzando, mi morsi il labbro inferiore per cercare di trattenere le lacrime, volevo così tanto raccontarle tutto e dirle di venire a prendermi.. non mi fidavo di Gerard, sapevo che, se lo avrebbe voluto, avrebbe potuto strozzarmi con la cravatta da un momento all'altro.
"Mamma, stai bene?" gli dissi, avevo il cuore in gola.
"Dove sei?" continuò lei, ignorando la mia domanda di cui, ovviamente, conoscevo già la risposta.
"Sono a casa di un mio amico, mi son fatto male al naso mentre andavo al lavoro, passava da li e mi ha portato a casa sua per darmi del ghiaccio"
"Oh santo cielo" esclamò dall'altro capo del telefono, sospirando "devi venire immediatamente a casa" continuò.
Mi sentii morire.
"P-perché? Mamma, stai bene?" il terrore mi assalì nuovamente.
"Si, ma sbrigati" disse infine, interrompendo la chiamata.
Mi gettai a terra, disperato, cominciando nuovamente a piangere, avevo potuto sentire delle sirene in sottofondo, era la polizia, erano venuti a prendermi.
Mi coprì il volto con le mani, rannicchiandomi affianco il grande comò.
"Hey, tranquillo, non ti succederà niente" disse Gerard a bassa voce, sedendosi al mio fianco.
"Questo lo dici tu!" gli urlai contro, ero sul punto di prenderlo a pugni quando si voltò, poggiando un dito sulle mie labbra.
"Sshh, fidati di me" continuò, il suo volto fin troppo vicino al mio, potevo sentire il suo respiro pesante sul mio collo.
Deglutì rumorosamente, prima di tirarsi indietro e mettersi in piedi, porgendomi una mano per aiutarmi a fare lo stesso.
Lo ignorai, non avevo bisogno del suo aiuto per mettermi in piedi.
"Probabilmente ti interrogheranno" la sua affermazione mi fece rabbrividire, cosa avrei dovuto dirgli?
"Vieni, siediti un attimo" continuò, facendomi segno di sedermi sul letto accanto a lui.
Mi sedetti pesantemente, poggiando poi le mani sudate sulle ginocchia.
"Allora- tu oggi ti stavi recando al lavoro quando, sei inciampato e hai preso una storta e, cadendo con il viso sull'asfalto ti sei fatto male al naso, che ha incominciato a sanguinarti. Passavo da quelle parti io e ti ho aiutato, portandoti a casa per darti del ghiaccio da mettere sul naso, in modo da fermare l'emorragia, okay?"
Annuii.
"Bene. Adesso andiamo e, quando sei li, cerca di sembrare calmo e soprattutto di non spifferare nulla." continuò, lanciandomi un occhiataccia. Sapevo che se avessi spifferato qualcosa su quel che era successo quel giorno sarei morto, perciò non l'avrei fatto.
Ci precipitammo giù dalle scale e in men che non si dica eravamo già in macchina.
Svoltò nella via che portava verso casa, eravamo ancora lontani, ma potevo già vedere i lampeggianti della polizia. Mi si raggelò il sangue.
"Sta tranquillo e non succederà nulla" disse, poggiando una mano sul mio ginocchio e rivolgendomi un sorriso.
Annuii nuovamente, ero nel panico.
Parcheggiò avanti casa, per poi catapultarsi fuori dalla macchina, restai sorpreso dalla sua azione, cos'aveva intenzione di fare?
"Cos'è successo?" esclamò con aria sorpresa.. come se non lo sapesse.
Lo seguì a ruota e scesi anch'io, correndo verso mia madre che stava sulla porta, con le lacrime agli occhi.
"Mamma, che succede?" gli chiesi a bassa voce, cercando con tutta le forze di rimanere forte ma, il problema era che io non ero forte.
"Non lo hai saputo?" mi chiese, corrugando la fronte, mi voltai, vidi due poliziotti avanzare verso di me, Gerard li seguì.
"Cosa? Cosa dovrei sapere?" continuai, sperando che apparissi minimamente credibile.
"Dove sei stato oggi?" Parlò un poliziotto, la sua presenza mi intimoriva.
Era un uomo di colore, molto alto e con dei lunghi baffi. Il suo sguardo non prometteva a nulla di buono.
"A casa di Gerard, il mio amico" risposi, abbassando lo sguardo e indicando Gerard.
I poliziotti si voltarono e gli lanciarono uno sguardo, lui gli sorrise. Come diavolo poteva, dopo ciò che aveva fatto, mantenersi così tranquillo difronte a dei poliziotti?
"Non dovevi essere al lavoro?" continuò, avanzando ancora di più.
Annuii, per poi aprire bocca nuovamente.
"Stavo andando al lavoro, ma nelle vicinanze ho inciampato e sono caduto, facendomi male al naso, che ha incominciato a sanguinarmi. Dalle vicinanze passava Gerard e, vedendomi in quelle condizioni mi ha invitato a casa sua, dandomi poi del ghiaccio da mettere sul naso in modo da fermare l'emorragia" dissi a voce bassa, sforzando un sorriso e lanciando un occhiata a Gerard che, a sua volta, mi stava sorridendo; sembrava soddisfatto della mia risposta.
"Capisco" disse il poliziotto, guardando prima me, poi Gerard e viceversa.
"Hai un minuto da dedicarci?" sputò duramente.
 "Si, certo" risposi annuendo.
"Sali in macchina" disse l'altro, indicandomi con un cenno della testa la macchina.
Feci come dissero, sentivo nuovamente il terrore crescere nel mio corpo.
Osservai da dietro il finestrino Gerard, che mi lanciò un occhiolino, avvicinandosi poi verso mia madre.
Arrivammo presto in centrale, osservai per un attimo la grande struttura, per poi seguire i poliziotti.
"Entra e accomodati" disse uno, osservai la stanza.
Era grande, immensa, ma dentro c'erano solo una scrivania con una piccola lampada sopra e una sedia.
Mi sedetti sulla sedia, osservando i poliziotti lasciare la stanza.
Mi avrebbero sicuramente interrogato e, ciò mi terrorizzava.
Entrò d'un tratto un uomo dai capelli bianchi, non molto alto, facendomi sobbalzare.
Poggiò pesantemente le mani sulla scrivania posta difronte a me, fissandomi negli occhi e, per la prima volta in vita mia sostenni un contatto visivo. Sapevo che, se non l'avrei fatto, avrebbero potuto intuire che mi mettevano timore e, che quindi avevo fatto/sapevo qualcosa.
"Salve" bisbigliai, mettendo su un sorrisetto.
"Salve" rispose, sedendosi e aprendo un agenda, la sua voce mi fece rabbrividire.
"Allora, come ti chiami?"
"Frank," risposi, porgendogli una mano, "cos- Cos'è successo?" continuai.
Mi ignorò, non alzando gli occhi dall'agenda nemmeno un secondo.
"Bene, Frank, cosa hai fatto oggi?" continuò, enfatizzando il mio nome e lanciandomi un occhiataccia.
"Ne ho già parlato con gli altri poliziotti-"
"Ti ho fatto una domanda" venni interrotto bruscamente.
"Stavo andando al lavoro, ma nelle vicinanze sono inciampato e, sono caduto, facendomi male al naso, che ha incominciato a sanguinarmi. Dalle vicinanze passava Gerard, un mio amico e, vedendomi in quelle condizioni mi ha invitato a casa sua, dandomi poi del ghiaccio da mettere sul naso in modo da fermare l'emorragia"
"Come hai fatto ad inciampare?"
Fui preso alla sprovvista, Gerard non m aveva preparato a queste domande, dovevo improvvisare.
"Oh, beh, non lo so nemmeno io. Io- stavo camminando quando ho preso una storta e son finito a terra sulla strada"
Annuì nuovamente, vidi che stava appuntando delle cose sull'agenda.
"Parlami un po' del tuo amico"
A quella domanda mi vidi il mondo crollare addosso per l'ennesima volta.
"Oh, l'ho conosciuto ad una mostra di quadri e, siamo diventati da subito buoni amici" non sapevo che altro dirgli.
"Che lavoro fa?"
"L'artista!" schioccai, mettendo su un sorriso.
"Oh, bene. Cosa fate quando siete insieme?"
Restai perplesso, "cosa dovremmo fare?" chiesi semplicemente, sforzandomi di capire il senso di quella domanda, ma non ricevetti alcuna risposta.
"Beh, quello che tutti gli amici fanno. Parliamo e, mi da lezioni di pittura"
"Di cosa parlate?" rispose prontamente.
"Un  po' di tutto .. voglio dire, del più e del meno"
"Bene. Cosa avete fatto oggi?"
"Niente di importante, dopo che il naso ha smesso di sanguinarmi abbiamo bevuto un drink, poi-" poi?
"Poi mi ha mostrato alcuni dei suoi quadri preferiti e, infine mi è arrivata la telefonata di mia madre."
"Posso avere il tuo cellulare?" disse, annuii, tirando il cellulare dal borsello e porgendoglielo.
"No, aspetta, dammi tutta la borsetta" continuò, "Okay, ma, è un borsello" ribattei, porgendoglielo.
Lo afferrò e uscì dalla stanza e, subito dopo si avvicinò un poliziotto alla porta.
Restò li fermo, senza aprire bocca, io feci la stessa cosa, restando incollato alla sedia.
Passarono ore dalla sua uscita e, finalmente, quando stavo per perdere la pazienza e mandare tutti a fanculo, compresa la mia vita, tornò nella stanza.
Avanzò questa volta verso di me, poggiandomi una mano sul viso e osservandomi attentamente il naso, come se fosse un dottore.
"Hai preso una bel colpo, eh?" disse, ridacchiando "la prossima volta ti conviene stare più attento" continuò, porgendomi il borsello e facendomi segno di alzarmi.
Mi poggiò una mano sulla spalla "Sei stato davvero fortunato. Adesso puoi andare" Annuii, mettendo su uno dei miei migliori sorrisi, ero così sollevato adesso, presto sarei finalmente potuto essere a casa.
"Grazie e, arrivederci" dissi, prima di lasciare la stanza.
Esattamente come quel pomeriggio, non appena aprì la porta, questa volta della stazione, un ondata di aria gelida si scontrò sul mio viso.
Ispirai a pieni polmoni, ero vivo, non potevo crederci.
Mi incamminai verso casa e, dopo qualche minuto arrivai.
Non fui stupito di vedere mia mamma sulla porta che, presto corse ad abbracciarmi.
"E' successa una strage al lavoro" disse, accarezzandomi i capelli.
"Lo so, me ne hanno parlato" ennesima bugia.
Sospirai, tirandomi indietro e sciogliendo l'abbraccio, per poi incamminarmi verso la mia camera.
"Dove vai?" esclamò con aria confusa.
"A fare una doccia, dopo vado a dormire, sono stanco, è stata una giornata pesante. Non ho voglia di mangiare"
Per la prima volta in vita sua fu comprensibile e mi fece andare, senza fare ulteriori domande o le sue solite ramanzine.
Presi il pigiama e mi diressi sotto la doccia.
Aprì il getto dell'acqua, era gelida, ma non mi importava, non avevo la minima intenzione di regolarla.
Lo aprì ulteriormente nella speranza che, insieme all'acqua, sarebbero potuti scorrere via anche tutti i ricordi e i pensieri che in quel momento mi passavano per la testa.
Osservai per un secondo i vestiti di Gerard, li gettai nella cesta dei panni sporchi, avrei deciso dopo cosa farmene, non mi andava di gettarli via.
Mi osservai per un attimo allo specchio, detestavo il mio aspetto.
Tirai un lungo sospiro e, dopo essermi finalmente asciugato, misi su il pigiama.
Asciugai i capelli con un asciugamano, non avevo voglia di usare il phon, era terribilmente rumoroso e, avevo bisogno di un po' di silenzio.
Mi diressi verso la mia camera, per poi gettarmi pesantemente sul letto.
Mi sforzai di chiudere le palpebre, ero ancora terribilmente agitato, non credo avrei facilmente preso sonno quella notte ma, nonostante ciò, avevo deciso che l'indomani sarei andato comunque a scuola.
Avevo voglia di rivedere i miei migliori amici, erano le uniche persone capaci di mettermi di buon umore che mi erano rimaste.
Abbracciai il cuscino, finalmente ero a casa.
Ero salvo.. o almeno, per adesso lo ero.







- Ed eccomi di nuovo qui (finalmente) ! Per scrivere questo capitolo ci ho impiegato 2 giorni, che ve ne pare?
Chiedo perdono per gli eventuali errori. :)
E, cosa più importante, che ne pensate della storia? Vi piace? Vi sta incuriosendo?
O trovate che la trama sia poco originale e la storia sia ''priva di emozioni'' ?
Vi aspetto tra le recensioni :) -

A presto
- Danny x

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Un suono assordante mi distolse dai miei pensieri, era la sveglia.
Mi voltai, era già ora di alzarsi e, non avevo ancora chiuso occhio.
Mi alzai, dirigendomi verso il bagno, quasi mi spaventai non appena vidi il mio riflesso nello specchio, non avevo una bella cera.
Lavai la faccia con l'acqua gelida, per poi dirigermi nuovamente in camera.
Presi i primi vestiti che mi vennero per le mani e, barcollando li indossai, per poi correre al piano di sotto: volevo arrivare in anticipo quella mattina, così avrei potuto trascorrere più tempo insieme ai miei amici, o meglio, insieme alle uniche due persone che si degnavano di rivolgermi la parola dentro quel fottutissimo istituto.
Afferrai lo zaino e una fetta biscottata e, cercando in tutti i modi possibili di evitare mia madre uscì di casa.
Mi fermai un attimo ad osservare il cielo, era terribilmente cupo quella mattina, rispecchiava alla grande il mio umore.
Il mio sguardo si posò su un auto parcheggiata dall'altro lato della strada, qualche metro distante da casa mia, mi giurai di averla già vista prima e, mi si raggelò il sangue non appena ricordai che la macchina di Gerard era esattamente identica. Cercai di convincermi che non poteva essere lui e, a passo svelto mi diressi verso la scuola.
Mi ritrovai presto difronte al grande istituto, c'era ancora poca gente nei dintorni e, non vedendo i miei amici, decisi di andare a sedermi in una delle panchine poste sui marciapiedi dietro l'angolo.
Stavo per gettare lo zaino sulla panchina quando, qualcuno mi spinse e presto mi ritrovai a terra.
"Chad, che cazzo vuoi ancora?" fui sollevato dal vedere che quel qualcuno non era Gerard, ma, di certo, vedere Chad non mi rendeva felice.
Detestavo quel ragazzo, ero la sua vittima preferita.
Al contrario dei soliti bulli, Chad era grasso, portava gli occhiali, aveva le lentiggini e, cosa peggiore, aveva i capelli ricci e arancioni.
Detestavo i suoi capelli tanto quanto il fatto che fosse molto più alto di me.
Mi afferrò lo zaino e, in me che non si dica lo ridusse a brandelli.
Feci per alzarmi ma un calcio allo stomaco mi fece finire nuovamente a terra, questa volta piegato in due dal dolore.
"Perchè non te la prendi con quelli della tua stazza?" alzai lo sguardo, Gerard.
Lo afferrò dai capelli, scaraventandolo sulla panchina, poi gli sferrò un pungo talmente forte che per un attimo credetti gli avesse messo la mascella fuori posto.
Voltai lo sguardo, vidi nuovamente quell'auto e, realizzai che avevo avuto ragione, un quarto d'ora prima, di fronte casa mia, era lui.. ma cosa diavolo voleva?
Mi rimisi in piedi, Chad fece lo stesso, spostando lo sguardo da me, a Gerard, per poi scappare a gambe levate non appena Gerard fece nuovamente un passo verso di lui.
Sembrava sul punto di piangere, un enorme ghigno di fece spazio sul mio volto, ma presto finì per scomparire non appena posai lo sguardo sullo zaino, finito in pezzi.
Era già il secondo, non credo che mia madre l'avrebbe presa poi così bene questa volta.
Se la prima volta l'avevo scampata con una semplice ramanzina delle sue, questa volta mi avrebbe sicuramente privato della televisione, del cellulare, della mia ''''''vita sociale''''' e, sopratutto, della cena per chissà quanti giorni.
Se era vero che il buon giorno di vedeva dal mattino, bene, questo non era decisamente un buon giorno.
"Vieni" disse d'un tratto Gerard; mi voltai, si stava dirigendo verso l'auto.
"No, devo andare a scuola" dissi, chinandomi per raccogliere tutti i miei libri che adesso erano sparsi ovunque.
Fui sorpreso non appena mi voltai e vidi Gerard fare lo stesso e, lo fui ancora di più non appena mise i libri sui sedili posteriori della sua auto.
Li sorreggeva con un braccio come se fossero la cosa più leggera al mondo mentre a me risultava impossibile persino reggerne tre, quei libri pesavano più del piombo, infatti, puntualmente, tornavo a casa con la schiena a pezzi.
Lo seguì fino all'auto, "Perchè mi stavi seguendo?" gli chiesi, alzando il tono della voce per cercare di farmi sentire, si trovava già in macchina.
Mi rivolse uno sguardo infastidito, facendomi cenno di salire in macchina.
Sospirai e aprii la portiera.
"Devo.Andare.A.Scuola" ripetei, scandendo parola per parola.
"Non.Hai.Uno.Zaino" rispose, gesticolando, scandendo a sua volta parola per parola.
Mi afferrò per un braccio, strattonandomi verso il sedile, "Muoviti, sali e non fare storie" disse duramente; ancora una volta, mi stava trattando come se fossi un cane.
Salii in macchina, sbattendo violentemente la portiera.
Mi lanciò l'ennesima occhiataccia, per poi partire verso una meta a me sconosciuta.
Non avevo voglia di chiedergli dove stessimo andando, non avevo nemmeno voglia di parlargli e sopratutto, non avevo voglia di vederlo.
"Buongiorno" disse ghignando; "Buongiorno un cazzo" sputai acido, incrociando le braccia al petto.
"Non hai bella cera" disse, osservandomi attentamente "Non hai dormito stanotte?" continuò.
Scossi la testa, sbadigliando.
Per il resto del viaggio restammo in silenzio, fin che la macchina si fermò e i miei occhi si posarono sull'insegna del grande negozio difronte.
"Che diavolo ci facciamo qui?" esclamai sorpreso, eravamo difronte ad una cartolibreria.
"Che diavolo ci facciamo qui?" ripetè, enfatizzando la voce e ridacchiando.
"Cosa dovremmo fare qui?" continuò serio, scendendo dalla macchina, "muoviti, scendi" disse poi, chiudendo la portiera.
Scesi dall'auto e mi diressi al suo fianco, lo seguì poi dentro al negozio.
Non appena entrammo salutò cordialmente i commessi che, come uccelli del malaugurio stavano dietro alle casse a fissarci dalla testa ai piedi.
Ovviamente, io non aprii bocca, salutavo raramente la gente che conoscevo, quindi, perchè mai avrei dovuto salutare della gente che non conoscevo e che, d'altronde mi fissava come se fossi un mutante?
Lo seguì a testa bassa, sbuffando.
"Sbaglio o era così?" 
Alzai lo sguardo, vidi che reggeva fra le mani uno zaino, esattamente come il mio.
Gli lanciai uno sguardo confuso, poi annuii.
"Sicuro?" disse, fissandolo meglio; annuii nuovamente.
"Bene" affermò poi, dirigendosi verso le casse.
"Aspetta-"
"Sta zitto" mi interruppe, poggiando lo zaino su una delle tre casse.
Porse i soldi alla commessa che, più che una commessa sembrava una befana, per poi afferrare lo zaino e dirigersi verso l'uscita.
Aprì la portiera posteriore, vidi che stava sistemando i libri dentro lo zaino, mi sentivo in imbarazzo, perchè mi aveva comprato uno zaino? Non volevo avere ulteriori debiti con lui. Non volevo avere debiti con nessuno.
Salì in macchina e, ovviamente feci lo stesso.
Sospirai, "Se mi accompagni un attimo a casa ti ridò i soldi" dissi, lanciandogli uno sguardo.
"Quali soldi?" chiese, intento a fare manovra per uscire dal parcheggio.
"Quelli dello zaino", mi rivolse uno sguardo confuso, "Non fare il coglione" disse poi, ghignando.
Sospirai, "Non voglio avere ulteriori debiti con te" sputai acido.
"Tranquillo, ti sdebiterai in seguito, non voglio i tuoi soldi" disse stiracchiandosi, si sistemò poi sul sedile, passandosi una mano sul viso, sembrava anche lui molto stanco.
Mi poggiai alla portiera, sorreggendomi la testa con un braccio; le palpebre pesanti, facevo fatica a tenere gli occhi aperti.

. . . 

Aprii gli occhi, mi ritrovai in un letto.
I miei occhi vagarono per la stanza, l'avevo già vista prima d'ora: era la stanza di Gerard.
Mi strofinai gli occhi, mettendomi seduto, notai di non avere le scarpe.
Mi sdraiai nuovamente, cercando di mettere a fuoco la situazione ma, distratto dal buon odore del cuscino e delle coperte, tutto feci tranne che cercare di capire cosa potesse essere successo. Profumavano di ... gelsomino e miele.
Fui distratto da un rumore, notai Gerard sulla porta, si stava strofinando i capelli, adesso fradici, con un asciugamano, "Finalmente!" esclamò, rivolgendomi un sorriso.
Mi voltai, notai una sveglia sul comodino alla destra del letto, segnava le tre e un quarto del pomeriggio, persi un battito non appena realizzai di aver dormito per ben sei ore nel letto di un assassino.
Mi alzai di scatto, sistemandomi i capelli e cercando le scarpe, erano vicino alla porta, nonché vicino a Gerard.
Mi avvicinai e le raccolsi, mettendole poi ai piedi, "Devo andare, scusa" dissi, prima di precipitarmi verso le scale.
"Hey, aspetta, lo zaino" esclamò, raggiungendomi quasi di corsa.
Quasi persi l'equilibrio non appena lo afferrai, era pesantissimo e, mi sentivo terribilmente debole.
"Dammi un minuto, ti accompagno io" disse serio, fissandomi dritto negli occhi.
Abbassai istantaneamente lo sguardo, "Vieni" continuò, scendendo le scale e dirigendosi verso la cucina.
Mi invitò a sedermi in una delle sedie del tavolo, tirando poi da uno stipetto un pacco di biscotti al cioccolato e dal frigo una bottiglia di latte, per poi appoggiare tutto sul tavolo e prendere un bicchiere da un altro stipetto.
"Asciugo i capelli e ti accompagno, nel frattempo mangia qualcosa" mi sorrise, salendo poi al piano di sopra.
Aprii il pacco dei biscotti prendendone una manata, per poi osservarli un istante; ero molto affamato, ma non sapevo se avevo voglia di mangiare il cibo di Gerard.
Scacciai via le mie preoccupazioni e iniziai a mangiarli, versando poi del latte nel bicchiere.
Infilai la mano nel pacco e, mi accorsi solo allora di aver consumato tutti i biscotti. 
"Tranquillo, tanto a me fanno schifo", mi voltai di scatto, Gerard era sulla porta, adesso con i capelli asciutti, in una mano teneva le chiavi della macchina.
Annuii, feci fatica a mandare giù quel quintale di biscotti che tenevo in bocca ormai da cinque minuti.
Portai una mano alla bocca, mi resi conto di avere la faccia piena di briciole, ero terribilmente in imbarazzo e Gerard non smetteva di ridere. 
A testa bassa mi diressi verso la porta, aspettando che Gerard si facesse avanti ad aprirla visto che non avevo la minima idea di dove mettere le mani.
Arrivò poco dopo, notai che fra le mani aveva un altro pacco di biscotti e che su una spalla portava quello che adesso era il mio nuovo zaino.
"Lo stavi dimenticando di nuovo" disse ghignando, aprendo la portiera posteriore e gettandolo sui sedili, per poi entrare in macchina e metterla a moto.
Mi chiusi la porta alle spalle e lo seguì, entrando in macchina.
"Tieni, te li regalo" disse, un altro ghigno di fece spazio sul suo volto mentre mi lanciava addosso il pacco di biscotti che poco prima teneva fra le mani.
Arrossii, mi sentivo terribilmente a disagio.
Finalmente calò il silenzio e, nel giro di cinque minuti mi ritrovai a casa.
Mi precipitai giù dall'auto, ma presto fui fermato; mi voltai, Gerard mi teneva per un braccio.
"Grazie" gli dissi, sperando che ciò bastasse per fargli mollare la presa, sforzai un sorriso, prima di voltarmi nuovamente.
"Stasera passo a prenderti" ammiccò, ghignando nuovamente.
"Perchè?" esclamai, dimenandomi dalla sua presa "no, non posso" continuai.
"Si invece che puoi. Passo stasera, alle nove e mezza. Festeggeremo il colpo riuscito e pianificheremo il prossimo." fece una pausa, osservandomi dalla testa ai piedi; "Non puoi mancare" sputò acido, prima di chiudere la portiera e partire sgommando. 
Avvertì nuovamente quella sensazione di vuoto, giurai che stessi per vomitare.
Entrai in casa, fortunatamente mia madre doveva essere al lavoro; non avevo voglia di farmi vedere in quello stato, non avevo voglia di darle ulteriori spiegazioni, visto che, non sapevo nemmeno io che spiegazioni darle.
Non capivo più nulla, cosa stesse succedendo, tutte quelle sensazioni, quel susseguirsi di emozioni che mi facevano contorcere lo stomaco.. l'unica cosa che capivo, l'unica cosa che sapevo, era che la mia vita non sarebbe stata più la stessa e ciò mi turbava.
Gettai lo zaino, poi gettai il pacco di biscotti sul tavolino, osservarli non faceva che causarmi continui conati di vomito.
Mi lasciai cadere pesantemente sul divano, per poi sdraiarmi.
Mi rannicchiai, portando le ginocchia al petto e poggiandoci il viso sopra.
Cominciai a mangiucchiarmi l'unghia del pollice e a guardarmi intorno inquieto e, in men che non si dica mi ritrovai a piangere, come un fottuto bambino.
Più i miei singhiozzi risuonavano nella stanza, più mi sentivo morire dentro.
Ero un perdente.





- Guess who's back?! 
Ecco finalmente il sesto capitolo! Che ve ne pare?
Chiedo perdono per gli eventuali errori e vi invito, come sempre, a lasciare una recensione. :)
Spero che la storia vi stia piacendo e vi stia suscitando almeno un minimo di curiosità. :) -

A presto
- Danny x

P.S. sto già scrivendo il settimo capitolo! :)
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Alzai per l'ennesima volta lo sguardo verso l'orologio, erano le otto, tra un po' sarebbe rientrata mia madre, perciò decisi di andare a fare una doccia, non avevo voglia di farmi vedere in quello stato.
Salì al piano di sopra, precipitandomi in camera mia, sul letto c'erano dei vestiti puliti, notai tra essi anche quelli che mi aveva dato Gerard.
Decisi che quella sera avrei indossato quelli, perciò li afferrai e mi diressi in bagno. Dopo mezz'ora ero già asciutto, sussultai non appena qualcuno suonò al campanello.
Mi precipitai al piano di sopra, vidi mia madre alla porta che invitava Gerard ad entrare in casa, erano ancora le nove meno un quarto, cosa diavolo ci faceva già qui?
"Ciao Frank" esclamò alla mia vista, mi limitai a rispondergli con un cenno del capo, "Uscite?" domandò mia madre, entrando in cucina.
"Si, stasera non mangio" dissi ad alta voce, per farmi sentire, trascinando poi Gerard in salotto.
"Che ci fai già qui?" gli chiesi sorpreso, lui alzò le spalle.
"Disturbo?" chiese, guardandosi attorno, "Si" sputai infastidito, avanzando verso di lui che, adesso, stava osservando le fotografie sulla parete.
Mi fissò dalla testa ai piedi, avanzando poi verso di me, adesso seduto sulla testiera del divano.
Mise su un enorme ghigno, tirandomi verso se dal colletto della camicia, detestavo quando si comportava così.
"Guarda, non sai nemmeno abbottonarti la camicia" disse mettendo su un enorme ghigno, indicando la camicia abbottonata male e avanzando ulteriormente, per poi cominciare a sbottonarla.
Mi balzarono gli occhi fuori dalle orbite, gli lanciai uno spintone, indietreggiando nuovamente verso il divano.
Avanzò nuovamente verso di me, ridendo.
"Hey, tranquillo, voglio solo aggiustarti la camicia" fece una pausa, continuando a sbottonare gli ultimi bottoni "non credo di volerti stuprare" continuò, ghignando.
Abbottonò nuovamente la camicia, per poi spostarsi e dirigersi verso la cucina; scosso, lo seguì, lanciando un occhiata a mia madre, che stava ai fornelli.
"Allora, andiamo?" ammiccò, notai che si era seduto al tavolo; annuii, salutando mia madre e dirigendomi verso la porta.
"Non fare tardi" mi aveva raccomandato, prima che salissi in macchina.
Non appena anche lui salì, partimmo; mi lasciai allora sfuggire un sospiro, non avevo la minima voglia di vedere nuovamente Bert, ne il resto della compagnia, sapevo che si sarebbero presi nuovamente gioco di me.
D'un tratto svoltò in una strada di campagna, notai in lontananza il capannone in cui, l'ultima volta, ero stato ridotto a sangue.
Mi si contorsero le budella non appena ci trovammo davanti al grande portone.
Gerard bussò due volte e, nel giro di due secondi mi trovai difronte Bert.
Abbassai lo sguardo, avevo voglia di scappare.
"Hey, piccoletto" esclamò dopo aver salutato Gerard, lanciandomi un pugnetto sulla spalla con fare giocoso; ovviamente, non reagii, non sapevo come comportarmi in quel posto.
Non appena entrammo, un terribile odore d'alcool e fumo assalì le mie narici, facendomi quasi vomitare.
Vidi il ragazzo riccio steso a terra, vicino al materasso, sul quale era steso il ragazzo mingherlino, avevo già dimenticato i loro nomi.
Notai poi innumerevoli bottiglie d'alcool ai loro fianchi, "Mi dispiace, ma siete arrivati in ritardo" annunciò Bert, ridendo e afferrando una bottiglia di Vodka dal tavolo, portandola poi alla bocca e bevendone un lungo sorso, "abbiamo già pianificato tutto, adesso vi spiego" continuò, lanciando la bottiglia contro il muro. Essa finì in pezzi, esattamente come il resto delle bottiglie sul tavolo che, nel giro di un secondo, Bert scaraventò per terra, "Yay" esclamò non appena anche l'ultima finì in pezzi.
"Bert" esclamò Gerard, afferrandolo per le spalle e facendolo sedere in una delle sedie poste intorno al tavolo, "torna in te" continuò poi, tirandogli un schiaffo e facendolo quasi finire a terra.
Indietreggiai, poggiando le spalle al muro di fianco la porta.
"Allora, che avete deciso?" disse duramente afferrando Bert dai capelli, facendogli alzare il volto. Quello rise, cominciando a spiegare "Frank farà il Drag Queen, distraendo MM, mentre noi metteremo in atto il colpo, DOMANI"
"Cosa?" urlai, avanzando verso di loro, "NO" esclamai, spingendolo dalla sedia. In un attimo mi trovai nuovamente con le spalle al muro, il viso di Gerard vicinissimo al mio, era infuriato, potevo capirlo dai suoi occhi.
Mi lanciò uno schiaffo, poi uno più forte che mi fece quasi girare la testa e infine mi tirò su per la gola, facendomi andare in panico.
"Ascolta" disse, il suo respiro pesante risuonava nell'aria, mollò la presa, facendomi finire a terra, "Ti stiamo salvando il culo nuovamente, perciò non lamentarti" fece una pausa, scostandosi i capelli dal viso.
"Devi semplicemente travestirti, salire su quel fottuto palco per dieci minuti e atteggiarti, niente di più, faremo fuori tutti, nessuno verrà mai a conoscenza della tua identità, ma per fare ciò, abbiamo bisogno che tu li distragga".
Annuii, massaggiandomi la gola, "Non dovrai sporcarti le mani di sangue, perciò non lamentarti" continuò.
"Si, vero" esclamò Bert, mettendosi in piedi "Allora, il piano consiste in questo: Frank, alle otto e dieci tu salirai sul palco del JCS, indosserai dei guanti, così non potranno ricorrere alle tue impronte digitali. Gerard sarà tra gli spettatori, esattamente in prima fila, nel secondo tavolo a destra; il tuo compito consiste in stuzzicare MM, eccolo, è lui" mi porse la foto di un uomo sulla cinquantina dai lunghi capelli grigi; la osservai attentamente, non l'avevo mai visto prima d'ora.
"Ammiccagli e, dopo, distrailo strusciandoti con Gerard.. ecco, devi come.. farlo ingelosire, e, di conseguenza distrarlo, capisci? Devi farlo entro le otto e trenta, quando entreremo in gioco. C'è un grande orologio sulla parete difronte al palco, tieni d'occhio l'orario, ma non farti notare, "
Annuii nuovamente "Guarda il lato positivo, Frank, quelli che rischiano siamo noi, a te non succederà niente"
"Okay, va bene" dissi a voce bassa, sospirando.
"Ci occuperemo noi dei vestiti, tu presentati qui alle sette. Alle sei, io e Mikey faremo fuori il vero Drag Queen che dovrebbe fare lo show. In poche parole, tu dovrai spacciarti per lui. Sarai BlackVenom."
"Passo a prenderti io da casa" si intromise Gerard che, nel frattempo era andato a prendere una bottiglia di vino dal frigo, "Questa è l'unica superstite, vuoi?" continuò, porgendomi la bottiglia.
Scossi la testa, "Mi dispiace, ma siete arrivati in ritardo" disse Bert ridendo, indicando le bottiglie adesso in frantumi sul pavimento; accese poi una sigaretta, "Ah e.. ricorda, apri bocca e ti faccio secco" continuò, avanzando verso di me e schiaffeggiandomi giocosamente.
Annuii, "Adesso posso andare a casa?" chiesi, abbassando lo sguardo.
"Andiamo" disse Gerard, rivolgendomi un sorriso.





- .. E rieccomi qui! :)
Il capitolo è molto corto, chiedo perdono ma non avevo altro da scrivere.
E bene si, è arrivato per Frank il momento di entrare in azione, anche se.. in un modo alquanto bizzarro! Che ne pensate?
Vi aspetto tra le recensioni!
Un'altra cosa che ci tenevo a dirvi è che ho definitivamente stravolto il finale della storia e, se non cambierò nuovamente idea, oltre all'epilogo ci dovrebbe essere anche un sequel di più o meno cinque capitoli! :)
Spero continuerete a seguire la storia, non potete minimanete immaginare quanto mi rende felice sapere che apprezzate ciò che scrivo, significa davvero molto per me! :) -

Se siete arrivati fin qui vi ringrazio e vi ricordo che, se vi va di seguirmi su twitter sono @sussumella

A presto
- Danny x <3

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Mi decisi, finalmente, di mettermi a studiare quando qualcuno suonò al campanello. Imprecai, alzandomi goffamente e dirigendomi verso la porta.
Aprii, ritrovandomi difronte Gerard, di nuovo.
Si precipitò in casa senza nemmeno salutare, per poi stiracchiarsi e posare la sua attenzione sugli oggettini posti sul mobile del corridoio.
Ne prese uno, osservandolo più da vicino e, prontamente glielo strappai dalle mani, rimettendolo al suo posto nella speranza che mia madre non si accorgesse che era stato sposato; non avevo voglia di subirmi un'altra ramanzina, mi sarebbe bastata quella che mi avrebbe fatto per il bel due che mi ero beccato a scuola, visto che, scosso da tutto ciò che era successo, il giorno prima tutto feci tranne che studiare.
"Sei solo in casa?" domandò, guardandosi intorno.
"Si, ma.. sono ancora le 5 e mezzo, Gerard, perché sei già qui? Devo studiare"
Non ricevetti alcuna risposta.
"Che stai studiando?", mi chiese; se solitamente si comportava in modo strano, oggi si stava comportando da perfetto idiota.
"Anatomia" risposi, dirigendomi nuovamente in cucina e prendendo posto al tavolo.
Mi seguì e tirò una sedia, mettendosi seduto e osservandomi attentamente "A me faceva schifo l'anatomia" disse poi, prendendo una mela dal cesto della frutta posto difronte a noi e portandola alla bocca, prendendone un morso.
"Ne vuoi?" disse sputacchiando e quasi strozzandosi.
"No" dissi ridacchiando, cercando di riportare la mia attenzione sui libri, "Fai bene, fa schifo, dove posso buttarla?" continuò poi, ingoiando.
Gli strappai anch'essa dalle mani, lanciandogli un occhiataccia e dirigendomi verso il cestino della spazzatura, gettandola, "Perché sei qui?" chiesi poi, nuovamente.
"Volevo assicurarmi stessi bene" disse, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi; annuii, perché avrei dovuto star male?
"Sei pronto?", lo osservai, confuso, "A cosa?"
Mi lanciò un occhiataccia, "Stasera, ricordi, vero?" sputò acido, mettendosi in piedi e facendo quasi finire la sedia per terra; annuii nuovamente, "Ma ancora.. non è presto?" dissi indicandogli con un cenno della testa l'orologio sulla parete difronte a noi.
"No, anzi, se andiamo adesso è meglio. Ray ha già disattivato tutte le telecamere del posto, comprese quelle della strada e, contro ogni aspettativa Bert e Mikey hanno già fatto fuori il vero BlackVenom. Dobbiamo ripassare il piano e prepararti, perciò, meglio anticipare e non arrivare in ritardo. Sai, due minuti di ritardo potrebbero mandare tutto a puttane."
"Okay" mi limitai a rispondere, infondo, non avevo voglia di continuare a studiare, perciò chiusi i libri e afferrai la giacca, seguendo Gerard verso la macchina.
"Sai, Gerard, non capisco una cosa", sospirai, "perché mai MM dovrebbe ingelosirsi? Voglio dire, io non lo conosco e, lui non conosce me, non ha alcun motivo per provare gelosia nei miei confronti, credo dovreste apportare qualche modifica al piano" ammisi, maledicendomi poi per averlo fatto.
"MM è il proprietario del locale e, di conseguenza, è convinto di essere il proprietario di tutti i Drag Queen che fanno gli show. Se ne fa uno ogni sera e, beh, non sopporta di essere rifiutato e di non avere tutta l'attenzione su di lui, soprattutto se chi a rifiutarlo è un ragazzo carino", fece una pausa, mettendo su un sorriso sghembo, "E' un fottuto pedofilo" continuò, cominciando a picchiettare nervosamente le dita sullo sterzo.
"Come fai a saperlo?" gli chiesi confuso, "Esperienze personali" rispose, rivolgendomi un sorriso.
Tutt'un tratto sembrava triste, non l'avevo mai visto sotto questo aspetto, sembrava.. debole.
"Per cosa sta MM?" me l'ero chiesto per tutta la giornata.
"Marky Monroe, o meglio ancora, Mangia Merda" disse, scoppiando a ridere mentre, io, non ci trovavo niente di divertente; l'idea che avrei dovuto assistere al tutto mi terrificava.
"Comunque, alla destra del palco c'è un uscita d'emergenza che porta ad un parcheggio sotterraneo, un parcheggio privato, per precisione. Finita la missione, li ci aspetterà Mikey, saliremo in macchina e, come la volta scorsa, cambieremo vestiti e scarpe, gettandoli come sempre nel sedile dell'auto, per evitare eventuali intralci, capisci? ..Ricordi, vero?"
Annuii, il ricordo di quella sera mi fece contorcere lo stomaco.
"Da li, usciremo in una strada privata e, Bert conosce una scorciatoia che porta ad una campagna, allora saremo al sicuro e torneremo al capannone. Non credo avremo la polizia tra i piedi. Le persone che frequentano quel locale son tutti pieni di merda, perciò nessuno sarà tanto idiota da chiamare la polizia e, la polizia solitamente si tiene lontana da quel locale. L'unico intralcio saranno perciò le guardie."
"Okay" mi limitai a rispondere, posando lo sguardo fuori dal finestrino.
"Sai, Frank, non capisco una cosa" disse poi, voltandosi, "Perché hai paura di me?" continuò, fissandomi.
Abbassai lo sguardo, "Io non-" venni interrotto, il suo viso nell'incavo del mio collo "Non devi aver paura di me. Devi essere terrorizzato".
Riportò la sua attenzione sulla strada, persi un battito a quell'affermazione, "Perché dovrei?"  dissi, rischiai l'infarto non appena svoltò di colpo verso il guardrail, per poi sgommare e rimettersi in carreggiata, frenando di colpo.
"Perché io posso fare questo e, nel giro di un secondo farci fuori tutti e due" un enorme ghigno si fece nuovamente spazio sul suo volto, il suo sguardo mi faceva raggelare il sangue, "..Ma non credo lo farò, non adesso" continuò poi, partendo nuovamente.
Il mio respiro affannato risuonava nell'aria, strinsi gli occhi, stringendo le spalle nel sedile.
La sua risata mi distolse dai miei pensieri, notai solo allora che eravamo già difronte al capannone.
Scesi dalla macchina, Mikey, Ray e Bert ci aspettavano sulla porta.
"Era ora!" esclamò Bert, roteando gli occhi e afferrandomi per un braccio, "Dai piccoletto, adesso arriva il bello" disse entusiasta, trascinandomi dentro il capannone. Notai poi dei vestiti e una trousse sul tavolo.
"Allora, vediamo che abbiamo.." disse tra se e se, osservando i vestiti e aprendo la trousse. "Ho trovato solo quella" disse poi Ray, indicandola.
Bert annuì, "Mettiti questi" disse, lanciandomi dei vestiti che, essendo distratto dalla risata di Gerard, non afferrai, facendoli finire a terra.
Mi chinai, osservandoli, notai solo allora che erano semplicemente un paio di boxer neri con cucite sotto della calze a rete.
"Allora, che aspetti? Non abbiamo tutto il tempo del mondo, sai? Va li dietro e cambiati" sputò Bert, indicandomi una lamiera poggiata al muro infondo al capannone.
Non avevo la minima voglia di indossarli, ma mi diressi comunque dietro la lamiera e mi cambiai; non osai immaginare quanto orrendo potessi essere.
Terribilmente imbarazzato, uscì, dirigendomi verso il tavolo, tutti cercarono invano di trattenere le risate.
"Dai siediti" disse Gerard, piegandosi poi in due dalle risate, seguito a ruota da tutti gli altri. Mi sentivo terribilmente a disagio e.. umiliato.
Mi sedetti, Gerard mi osservò attentamente il viso e, dopo avermi squadrato per quelli che sembrarono anni, prese in mano la trousse. Osservò per un attimo i colori, afferrando poi uno dei pennellini dal tavolo.
Dopo dieci minuti, annunciò di aver finito, mettendomi infine il rossetto nero sulle labbra.
"Okay, guardati" disse poi, girando la trousse, notai che aveva uno specchietto e, quasi mi stappai la faccia non appena vidi com'ero conciato.
Ero truccato davvero molto bene ma, cristo, sembravo una ragazza ed ero a dir poco orrendo. Il rossetto nero, l'ombretto blu notte, l'eyeliner e quintali di cipria; mi resi conto solo allora che le ragazze indossavano ogni giorno tutta quella roba, come diavolo facevano a sopportarla? E, soprattutto, come aveva fatto, Gerard, a mettermi tutta quella roba in faccia, d'altronde anche bene, in soli dieci minuti?
Notai infine sullo zigomo destro un cuoricino nero disegnato con l'eyeliner, "Adesso ti sistemo i capelli" affermò poi, prendendo delle piume che, qualche secondo prima, Mikey aveva tirato dalla sua borsa in cuoio.
Vidi che teneva in una mano un pugno di forcine e, nel giro di due minuti, mi ritrovai la testa piena di piume.
"Okay, sei perfetto" disse, infine, ridendo e porgendomi un paio di stivali glitterati, dal tacco altissimo.
"Sono ancora le sei e mezza, che facciamo?" disse Ray, osservando l'orologio.
"Aspettiamo" disse Bert stiracchiandosi e sedendosi pesantemente sul materasso, per poi sdraiarsi. Lo seguì anche Mikey mentre Ray prese posto al tavolo, poggiandoci la testa sopra e Gerard cominciò a sgranocchiare dei crackers del giorno prima che aveva trovato per terra.
Arrivarono, fin troppo presto, le otto e, nel giro di un secondo ci ritrovammo davanti al locale. Scendemmo dalla macchina solo io, Ray e Gerard che, dopo essersi scambiati svariati sguardi, mi tirarono per un braccio verso loro, quasi facendomi precipitare a terra; stare in equilibrio, su quei trampoli, mi risultava più che impossibile.
"Allora, io sono il tuo manager, okay? Ti accompagno fino alla reception, parlerò io con il tizio che si occupa degli show. Dopodiché, ti dovrò lasciare solo e, sai già cosa devi fare". Annuii, seguendo Ray.
Lanciai un ultima occhiata a Gerard, che mi osservava dalla testa ai piedi, questa volta serio, aveva un aria piuttosto pensierosa.
Entrammo nel locale, Ray si avvicinò al grande bancone sulla destra, cominciando a parlare con il tizio della reception. Lo raggiunsi, tenendomi miracolosamente in equilibrio, i piedi mi facevano un male cane.
Il tizio mi lanciò un occhiata, poi annuì, "Vieni" mi disse, indicandomi una porta. Guardai Ray, "Ci vediamo dopo" mi disse, dandomi una pacca sulla spalla, per poi, lasciare il locale.
L'ansia s'impossessò del mio corpo, i palmi delle mani cominciarono a sudarmi terribilmente, il cuore in gola.
"Bene, tra cinque minuti in scena" disse, indicandomi la via d'uscita verso il palco.
Passarono, fin troppo in fretta, anche quei cinque minuti, "Muoviti, che aspetti!" mi sentì urlare alle spalle, mi voltai, era nuovamente il tizio della reception, era il momento. Annuii e mi precipitai sul palco.
Scostai il sipario, le luci quasi mi accecarono. Goffamente, mi avvicinai al palo posto al centro del palco, cercando di fare il punto della situazione.
Notai Gerard, esattamente in prima fila nel secondo tavolo a destra, come mi era stato detto, poi, notai MM, era esattamente come in fotografia.
Udì in sottofondo della musica soul, cominciai allora ad atteggiarmi, strusciandomi contro il palo, cercando di risultare convincente, per poi dirigermi, meno goffamente possibile, verso MM.
Mi era stato detto di ammiccargli, ma come?
Feci una giravolta, per poi sdraiarmi a terra, mi voltai, vidi che mi stava fissando con un enorme ghigno sul viso.
Mantenni il contatto visivo, per poi passarmi una mano sul petto e fargli l'occhiolino.
Mi mandò un bacio, giurai stessi arrossendo.
Mi diressi poi verso Gerard, sentii il cuore scoppiarmi.
Era li, seduto, con un enorme ghigno sul volto; indossava degli occhiali neri e una giacca grigia a righe rosse, esattamente come i pantaloni.
Deglutii, scendendo dal palco e dirigendomi verso di lui.
Lanciai un'occhiata all'orologio, erano le otto e cinque minuti, dovevo sbrigarmi.
Feci un giro intorno al tavolo, poggiandogli una mano sulla spalla.
Mi chinai alle sue spalle, poggiando il viso nell'incavo del suo collo; il suo profumo mi inebriava.
"Sbrigati, Frank" disse a denti stretti, poggiandomi una mano sul viso.
Gli presi la mano, poggiandomela sul petto, per poi mettermi difronte a lui; ero in tilt, non sapevo come agire.
Mi gettai fra le sue braccia, "Che devo fare?" gli sussurrai all'orecchio.
"Baciami" sussurrò a sua volta, poggiandomi una mano sul fianco.
Indietreggiai, fissandolo dritto negli occhi.
Poggiò anche l'altra mano, quest'ultima sul mio fianco sinistro, facendomi inginocchiare fra le sue gambe, "Sii sensuale, devi distrarlo, abbiamo poco tempo", mi sussurrò all'orecchio, chinandosi.
Annuii, totalmente nel panico, poggiando le mani sul suo petto e rialzandomi, strusciando poi nuovamente il viso nell'incavo del suo collo. Mi afferrò poi per la nuca, mi precipitai sulle sue labbra.
Persi un battito non appena percepii la sua lingua dentro la mia bocca; volevo staccarmi, ma non lo feci, almeno finché un rumore assordante mi fece sobbalzare.
Ray e Bert si precipitarono nella stanza, cominciando a sparare in piena testa a chiunque incontrassero lungo il cammino.
Gerard sobbalzò dalla sedia, tirando fuori dalla giacca dei guanti che si affrettò ad indossare, poi una pistola, cominciando a sparare alle guardie che, adesso erano dappertutto.
Nel giro di mezzo secondo mi ritrovai con le spalle al muro, difronte a una strage.
Ogni tre secondi morivano cinque persone, le loro urla mi mandavano fuori testa e, alla vista del sangue non resistetti. Finì per terra, sul punto di vomitare.
Una mano guantata mi tappo la bocca, facendomi quasi soffocare visto che stavo per rimettere.
"Non adesso" riconobbi quella voce, era Gerard.
Mi mollò, correndo verso le ultime persone rimaste vive che cercavano di sbloccare le porte e scappare, facendomi finire nuovamente a terra.
Abbassai lo sguardo, fui sconcertato da quello che vidi.
Sangue. Enormi pozze di sangue ovunque e gente in fin di vita.
C'era chi sanguinava dalla bocca, chi con un enorme buco in piena fronte e, restai ancora più sconcertato non appena Ray correre verso di me, crollandomi d'un tratto addosso.
La giacca inzuppata di sangue, un enorme buco sulla gola.
Lo mollai, facendolo finire a terra, un rumore terribile di ossa rotte risuonò nella stanza, "corri" mi aveva detto, prima che lo scaraventassi a terra.
Un enorme pozza di sangue si fece spazio tra i suoi ricci, urlai.
Urlai come mai feci prima d'ora.
Urlai fino a perdere il fiato, fino a farmi schizzare gli occhi fuori dalle orbite.
Urlai talmente forte che mi si contorse lo stomaco, finendo poi a terra, in totale stato di shock.
"E' andato" mi sentii sussurrare all'orecchio, era nuovamente Gerard; realizzai solo allora di essere tra le sue braccia, nel parcheggio. Per un attimo ero stato totalmente fuori dal mondo, avevo perso la cognizione del tempo, ero totalmente in trance.
Realizzai solo allora che avevano lasciato il suo corpo li.
Come avevano potuto? Era un loro amico, era anche causa loro se era morto e, che facevano? Lo lasciavano li, a terra, scappando a gambe levate, come se non fosse stato nessuno per loro, come fosse stato un fottuto animale.
Mi poggiò sul sedile posteriore della macchina, realizzai che di stare piangendo.
"Frank, cambiati, cazzo" imprecò Gerard, ma non reagii minimamente, non riuscivo a muovermi.
Ero totalmente immobilizzato, con il cuore sul punto di esplodere, nuovamente.
Rendendosi conto che non avrei reagito ancora per molto, si fece avanti, cominciando a svestirmi. Realizzai solo allora di essere completamente nudo, ma non importava. In quel momento non mi importava più nulla, esattamente come mi importava tutto; tremila pensieri mi passarono per mente, ma non riuscì a focalizzarne nemmeno mezzo.
Ero in panico, in tilt, non riuscivo a ragionare.
Mi resi conto che Gerard mi stava struccando, mi stava anche parlando, ma non riuscivo a capire cosa stesse dicendo.
Volevo urlare, urlare a squarciagola, ma non riuscivo, ne avevo le forze per farlo. Mi sentivo debole, terribilmente debole. Non riuscivo a smettere di singhiozzare, mi sentivo strozzato, facevo fatica a respirare.
Sentivo le forze pian piano abbandonarmi.
Mi sentivo così vuoto che persino i vestiti risultavano pesanti.
Come se mi avessero strappato anima e cuore, quell'orrenda sensazione di vuoto si impossessò nuovamente di me e, questa volta, sapevo che non me ne sarei liberato così facilmente.






- Ed ecco l'ottavo capitolo, in cui vediamo Frank nei panni di un Drag Queen!
Che ve ne pare? E, sopratutto, che ne pensate del comportamento di Gerard e Bert dopo la morte di Ray? Sono stati tanto insensibili come pensa Frank, o forse è Frank ad essersela presa fin troppo?
Vi aspetto tra le recensioni!
Spero non ci siano molti errori :)
Dal prossimo capitolo in poi la storia prenderà una svolta ben precisa e, molte, molte cose, cambieranno definitivamente. -

A presto!
- Danny x <3

P.S. Domani ho molti impegni, perciò non potrò aggiornare. Posterò quindi il prossimo capitolo il 17 :)

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Cinque mesi trascorsero da quel giorno, mille cose erano cambiate.
Tutti quelli che erano divenuti miei amici incontrarono fini tragiche. Mikey era stato ritrovato senza vita in un bosco, nessuno sa cosa accadde quella sera mentre Bert, non riuscendo a rinunciare al suo orgoglio e accettare il fatto di aver pianificare male un colpo, finì per beccarsi una pallottola in piena faccia.
Centinaia di vite sulla coscienza che, dopo una dura pratica, imparai ad ignorare ma, non riuscii comunque a scacciare quella sensazione di vuoto che, oramai, aveva preso il sopravvento.
Abbandonai definitivamente la scuola, facendomi così odiare da mia madre che, fortunatamente, era via e lo sarebbe stata per altri undici giorni, giusto il tempo necessario per mettere in atto gli ultimi due grandi colpi, questa volta in Spagna. Avremmo vendicato i nostri amici.
E mi trovavo quella mattina seduto in una panchina del parco, a riflettere sulla mia vita.
Due colpi e quell'inferno sarebbe definitamente terminato, ognuno avrebbe preso la propria strada, la mia vita sarebbe divenuta nuovamente normale.. o almeno, così speravo. Faticavo a credere che la mia vita sarebbe tornata normale dopo tutto ciò che avevo fatto.
Oramai in città mi ero guadagnato la reputazione del cattivo ragazzo, nessuno osava avvicinarsi a me, si limitavano tutti a lanciarmi occhiatacce e, ciò non mi dispiaceva affatto.
Venni distratto da una presenza al mio fianco, alzai lo sguardo, Gerard.
Mi porse un pacchetto, ma mi rifiutai d'accettarlo, voltando lo sguardo.
"Ho saputo che qualche giorno fa hai compiuto gli anni" fece una pausa, poggiando il pacchetto sulle mie gambe, per poi rimettersi seduto.
Osservai per un attimo il pacchetto, era leggerissimo.
"Perchè non me l'hai detto?" continuò, sospirando e abbassando lo sguardo.
"Tua madre mi ha detto che non hai voluto festeggiare e che, negli ultimi giorni, ti comporti in modo strano" Alzò nuovamente lo sguardo, fissandomi dritto negli occhi, "Frank, stai bene?" sospirò.
Quelle parole mi fecero contorcere lo stomaco, annuii, non avevo voglia di dargli delle spiegazioni, non avrebbe capito.
"Quando te l'ha detto?" Gli chiesi sorpreso, cercando di deviare il discorso.
"Quella sera che hai dimenticato il cellulare a casa mia ha telefonato e, non volevo si preoccupasse, perciò ho risposto io, dicendole che stavi bene. Non te l'ha detto?" Scossi la testa, era da molto tempo che non mi telefonava, probabilmente era troppo impegnata con il suo nuovo ragazzo.
"Allora, che aspetti? Non lo apri?" mi rivolse un sorriso sghembo, scossi la testa, stava forse cercando di farsi perdonare l'ultima litigata in cui mi aveva spaccato una bottiglia in testa?
"Mi dispiace, ma non posso accettarlo" affermai, alzandomi e facendo finire il pacchetto per terra.
"Fanculo" urlò alle mie spalle, lanciando il pacchetto contro l'albero difronte la panchina. Non risposi, avevo imparato ad ignorarlo.
Oramai non parlavamo più nemmeno, semplicemente non ne avevamo più bisogno, bastava uno sguardo e ci capivamo al volo.
Salì in macchina, gettando, prima di allacciare la cintura, la valigia nei sedili posteriori. Gerard fece lo stesso, prima di partire verso l'aeroporto, dove, una volta arrivati a destinazione, avremmo dato inizio al grande colpo.
Come prima cosa dovevamo far fuori degli uomini che, per facilitare le cose, Gerard si era fatto amici e, dopo essersi guadagnato la loro fiducia, si era guadagnato un posto d'onore alla grande cena tra ''colleghi'', nella quale avrei fatto irruzione facendo fuori tutti, tranne Gerard, ovviamente.
Dopo di che, sarebbe stata l'ora di mettere in atto l'ultimo grande piano che si sarebbe svolto al Casinò di Mr. Jordison.
Essendo la prima volta che viaggiavo, all'aeroporto fece tutto Gerard e presto ci ritrovammo a bordo dell'aereo.
Terrorizzato all'idea di volare, chiusi gli occhi, cadendo dopo pochi minuti in un sonno profondo.

. . .

La voce squillante dell'Hostess mi fece sobbalzare, ci stava comunicando che eravamo atterrati. Una mezz'oretta dopo eravamo già fuori dall'aeroporto.
Gerard si diresse verso una macchina rossa, per poi estrarre delle chiavi dalla valigia e aprirla.
"Me l'hanno lasciata quegli uomini" mi informò, mettendo a moto. Contro ogni mia aspettativa non accadde nulla, perciò mi decisi ad entrare.
"Ho procurato delle pistole e tutto il necessario, sono già in hotel e, in più, ho già provveduto a far disattivare tutte le telecamere del locale e dei dintorni. Mi presenterò in ritardo alla cena, in modo da poterti accompagnare al locale. Alle nove e trenta fa irruzione e fa fuori tutti. Porta una pistola e dei guanti anche per me, ovviamente ti aiuterò, non potrei mai starmene con le mani in mano" fece una pausa, grattandosi il naso "Infine usciremo dall'uscita posteriore, parcheggeremo l'auto dietro il locale. Ho fatto innestare una bomba nell'auto, la innescheremo in una campagna nei dintorni, in modo da eliminare definitivamente tutte le prove che potrebbero incriminarci. Quei bastardi ci avevo infilato una cimice"
Annuii stupefatto. Mi chiesi come faceva a conoscere così tante persone disposte ad aiutarci.
Arrivati all'Hotel ci preparammo e, prima del previsto, si fecero le nove e un quarto. Mi si raggelò il sangue non appena mi trovai difronte al ristorante e, mi raggelò ancora di più non appena Gerard sparì tra i tavoli.
Osservai l'orologio, segnava le nove e venticinque, era arrivato il momento di entrare nuovamente in azione.
Feci irruzione nel locale, iniziando a sparare a chiunque incontrassi sulla mia strada e, restai terribilmente sorpreso non appena tutti gli uomini seduti al tavolo estrassero delle pistole dalla giacca.
Cominciai a sparare all'impazzata, ne feci fuori tredici su quindici quando un urlo mi fece perdere un battito. Mi voltai, Gerard era a terra, in un lago di sangue. Mi affrettai a far fuori gli ultimi due tizi, facendo a pezzi la faccia dell'uomo che aveva sparato contro Gerard, come se averlo ucciso non mi bastasse.
Mi precipitai verso lui, notai che, fortunatamente, era stato colpito alla spalla.
"Corri" bisbiglio, il suo respiro pesante mi mandava in panico.
"Andiamo insieme o non ci andiamo per niente" gli dissi estremamente serio, poggiandogli le mani sul viso e facendolo voltare verso di me. Mi rivolse un sorriso, poi lo trascinai fino alla macchina.
"Ti porto all'ospedale, non mi importa" dissi nel panico, se l'avrei portato in ospedale saremmo finiti, o meglio, sarei finito, nella merda, ma non m'importava, sarebbe stato comunque meglio che vederlo morire dissanguato.
"No" mi urlò, la sua voce, adesso terribilmente roca, mi fece rabbrividire, "Portami a casa, non ho bisogno di un dottore, mi aiuterai tu" disse poi, sistemandosi sul sedile. Annuii, sfrecciando sulla strada di casa.
"L'auto, Frank. Dobbiamo innescare la bomba" Annuii nuovamente, "Gira a destra" mi disse, indicandomi la stradella di campagna nella quale avremmo dovuto far esplodere l'auto.
Lo aiutai a scendere, infilandomi poi, come mi aveva raccomandato, sotto l'auto e premendo il bottone rosso.
Lo trascinai di corsa il più lontano possibile, ebbi una stretta al cuore non appena si lamentò, notai solo allora di avergli fatto pestare la testa contro innumerevoli sassi.
Stremato, lo aiutai a mettersi in piedi, "Fingiti ubriaco e, nascondi la ferita con questa" gli raccomandai, porgendogli una sciarpa, annuì e, dopo quelli che sembrarono anni, arrivammo alla camera.
Lo aiutai ad adagiarsi sul letto, entrando poi nel panico. Cosa avrei dovuto fare adesso? Ero solo un ragazzo, non un dottore.
Ero un ragazzo, non un eroe, non ero capace di compiere i miracoli.
Mi mangiucchiai le unghie in cerca di una risposta, "Ci sono dei medicinali nel mobiletto del bagno, prendili tutti e, prendi anche la forbicetta" Annuii, facendo come mi disse.
"Bene, prendi una pillola dal pacchetto blu e, prendimi un bicchiere d'acqua. Dopo disinfettami la ferita e estrai il proiettile con la forbice"
Annuii, affrettandomi a prendergli dell'acqua. Inghiottì la pillola, indicandomi poi la bottiglia di disinfettante adesso sul letto.
Dopo averlo aiutato a cacciarsi la camicia, cominciai a gettarne sulla ferita, restai di stucco non appena quasi urlò, contorcendosi e tappandosi la bocca con il cuscino che, precedentemente, aveva sotto la testa.
"Muoviti" mi incitò, indicandomi la forbicetta, Annuii, facendomi coraggio.
Cominciarono a tremarmi terribilmente le mani mentre l'avvicinavo alla ferita, avrebbe sicuramente fatto male e, nonostante tutto ciò che mi aveva fatto e il rancore che provavo nei suoi confronti, non volevo fargli del male.
"Dai, sbrigati, Frank. Estrai il proiettile con la forbice" Annuii, avvicinandomi alla sua spalla e infilando lentamente la forbice nella ferita. Riuscii, dopo svariati tentativi, ad afferrare il proiettile e, dopo un lungo respiro, lo estrassi. Non appena lo estrassi gettai la forbicetta piena di sangue sul pavimento, mi si contorse lo stomaco, ero sul punto di vomitare nuovamente.
"Frank" poggiandomi una mano sul viso, mi distolse dai miei pensi, voltai lo sguardo, notai che aveva scostato il cuscino e che adesso era appoggiato contro la lettiera, "Calmati, non è successo niente. E' solo un po' di sangue, mi è successo altre volte. Adesso, però, aiutami a disinfettarmi nuovamente" disse, non si era mai rivolto a me con quel tono di voce, sembrava quasi avesse dei sentimenti.
Invidiavo, ovviamente in senso buono, Gerard per questo. Lui era forte, non gli importava realmente di nulla, non aveva ne cuore, ne sentimenti e, di conseguenza, nemmeno una coscienza, perciò viveva felice.
Afferrai nuovamente il disinfettante, avvicinandomi alla sua spalla, osservando poi attentamente la ferita.
Si contorse dal dolore, mordendosi violentemente il labbro inferiore per cercare di non urlare, sembrava fare ancora più male della prima volta.
Mi alzai dal letto, andando a cercare qualcosa con cui fasciarlo; la prima cosa che mi venne fra le mani fu la mia maglietta preferita. Non ci pensai due volte, comincia a strapparla, in modo da ricavarne delle strisce, per poi precipitarmi nuovamente sul letto. Mi distesi, cercando di fasciarlo al meglio.. non ero molto bravo con queste cose.
Dopo ben dieci minuti, portai a termine la fasciatura, rivolgendogli uno sguardo, mi resi conto solo allora di essere praticamente sdraiato su di lui. Feci per alzarmi, ma mi fu impedito, visto che mi poggio una mano sulla schiena, o meglio, quasi sul sedere, spingendomi verso se.
Osservo poi la fasciatura, prima di aprire nuovamente bocca, "Frank.." fece una pausa, osservandola nuovamente "Ma, quella, non era la tua maglietta preferita?" Chiusi gli occhi, eravamo così terribilmente vicini.
La sua fronte contro la mia, i nostri petti l'uno contro l'altro, si alzavano e si abbassavano contemporaneamente, il suo respiro pesante sulle mie labbra.
Annuii, tirando un lungo respiro. Si inumidì poi le labbra, quasi sfiorando le mie con la lingua, per poi gettare la testa all'indietro, ridendo.
"Frank" ruppe l'imbarazzante silenzio che era venuto a crearsi, poggiandomi una mano sul petto, "E' tardi, vai a cambiarti, non abbiamo tempo"
Annuii nuovamente, alzandomi dal letto e, scosso da tutto ciò che nell'arco di due ore era avvenuto, mi cambiai, poggiandomi poi al muro, fino a farmi scivolare a terra, come mi era d'abitudine fare, riflettendo nuovamente in quel giorno, sulla mia vita e ciò che avrei voluto fare.




- Ladies and Germs, sono tornata! :)
Avrei dovuto pubblicare questo capitolo ieri ma non sono stata a casa, perciò, eccolo oggi.. :)
La storia sta volgendo al termine e, che dire, spero con tutto il cuore che vi stia piacendo. Ho già in mente il sequel che, però, sarà narrato sotto il punto di vista di Gerard.
Chiedo perdono per gli eventuali errori :)
Vi invito, come sempre, a lasciare una recensione; se avete domande, non avete capito qualcosa della storia o avete notato qualche errore, non esitate a scrivermi!
Potete contattarmi anche su twitter, vi ricordo nuovamente che sono @sussumella -

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, sto cercando, ogni volta, di fare del mio meglio.
 
A presto
- Danny x <3 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


"Frank, sbrigati" Mi distolsi dai pensieri non appena udì la voce di Gerard.
Aprì la porta del bagno, trovandomelo davanti, a testa bassa, "Devo parlarti" disse, dirigendosi verso il letto. Dei flashback si fecero spazio nella mia testa, ricordai la sera in cui ci incontrammo, successe praticamente la stessa cosa, solo che finii per essere interrogato dalla polizia mentre, adesso, avevo il brutto presentimento di non tornare nuovamente a casa.
Lo seguii, sedendomi sul letto.
"Frank, voglio che tu sappia che, questo colpo non sarà come gli altri. Dobbiamo agire senza un piano e, ci sono migliaia di guardie la dentro, stessa cosa per la polizia nei dintorni. Non ho intenzione di far fuori tutti, solo Jordison e la sua stretta compagnia, abbiamo a disposizione delle pistole silenziate per farlo e, penso sia meglio agire in fretta che cercare di passare all'occhio, capisci cosa intendo?"
Fui all'istante assalito dall'ansia, annuii, cominciando a martoriarmi le mani.
"Bene. Volevo dirti che, se non te la senti non devi farlo per forza" Quelle parole mi lasciarono di stucco, mi voltai per osservarlo meglio, i suoi occhi brillavano.
Sospirai, non dandogli alcuna risposta, era l'ultimo colpo, non avrei mollato, non adesso, oramai eravamo agli sgoccioli.
Aprii la valigia, tirando fuori una camicia nera e una giacca che andai ad indossare, notai allora che Gerard era già pronto e che sembrava terribilmente ansioso; non l'avevo mai visto in quelle condizioni, mi sentivo a disagio.
Ci lanciammo uno sguardo, capimmo che era arrivato il momento. Presto tutto sarebbe finito, questa poteva essere l'ultima volta che ci vedevamo.
Annuì, afferrando le chiavi della macchina e tirando fuori dal comodino due pistole, delle quali una aspettava a me.
Ne mise una nella giacca, lanciandomi l'altra e, in men che non si dica, ci ritrovammo in macchina, sfrecciando verso il casinò.
Un brivido mi percorse la schiena non appena fummo li davanti, lo stomaco mi si contorse, ma ignorai queste sensazioni, adesso avevo ben altro a cui pensare.
Scendemmo dalla macchina, un altro sguardo prima di cominciare a correre verso una meta a me sconosciuta.
Credo notò la mia confusione quando mi afferrò una mano, guidandomi.
"E' al piano di sopra" disse, nonostante il casino che si venne a creare riuscii a sentirlo, degli spari cominciarono a risuonare nell'aria.
"Spara a chiunque cerchi di aggredirti" continuò, cominciando a sparare contro le innumerevoli guardie che ci erano venute in contro, armate fino ai capelli. La sua voce terribilmente roca.
Tirai dalla giacca la pistola, cominciando a fare come mi era stato detto e, se Gerard non avesse avuto la prontezza di farmi finire a terra con uno spintone, mi sarei beccato una pallottola in faccia.
Continuavo a chiedermi cosa potesse essermi preso, tutto a un tratto sembrava essere nuovamente alle prime prese: ero in tilt. Non sapevo come agire, che fare e il panico mi stava assalendo, ma riuscii ad ignorare anche quella sensazione non appena Gerard mi prese nuovamente la mano, cominciando a correre su per le scale.
"Cazzo, aiutami" imprecò, continuando a sparare contro le guardie che continuavano a venirci incontro, cominciai così a sparare contro quelle alle nostre spalle, mentre lui continuava a sparare contro quelle che trovava lungo la strada.
Ci ritrovammo così, dopo una lunga mezz'ora e centinaia di cadaveri, difronte una porta che Gerard, prima di caricare nuovamente la pistola in fretta, spalancò con un calcio violento, cominciando poi a sparare nuovamente.
Ricaricai anch'io, impacciatamente, la pistola. La caricai giusto in tempo per sparare contro delle guardie che stavano salendo su per le scale e che, nel giro di un secondo mi avevano già puntato le pistole contro.
"Frank" l'urlo di Gerard mi fece raggelare il sangue, mi precipitai nella stanza, "lanciati" mi urlò, afferrandomi per un braccio e lanciandosi dalla finestra, tirandomi poi con se.
Fui assalito nuovamente dai flashback, più quel giorno trascorreva, più mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo, alla prima volta in cui lo incontrai.
Andai a sbattere violentemente con lo stomaco contro una ringhiera di ferro, qualche metro più sotto di noi, mentre Gerard cadde perfettamente in piedi. Era abilissimo, peggio dei gatti e, poi c'ero io, che finivo sempre per cadere, farmi male o mandare mezzo piano a puttane.
Non ebbi nemmeno un secondo di tempo per cercare di riprendere fiato che, dolorante, mi trovai nuovamente a correre, questa volta verso la macchina.
Non feci nemmeno caso se riuscimmo ad uccidere Jordison & Co.
Notai delle macchine venirci incontro, capii solo allora che questa volta non sarebbe stato per niente facile uscirne vivi: avevo sottovalutato fin troppo le parole di Gerard. Ci sarebbe stato un inseguimento, mi sentii morire. Sarebbe significato che avremmo dovuto guidare a velocità doppia delle altre volte e, guidare a quella velocità non portava a nulla di buono.
Salii in macchina, feci per allacciare la cintura ma Gerard mi fermò, mettendo poi in modo e sgommando nuovamente verso una meta a me sconosciuta.
"Abbiamo bisogno di muoverci, sarebbe pericoloso mettere la cintura" disse a denti stretti, sistemandosi sul sedile.
Annuii, voltandomi in dietro, vidi tre auto inseguirci.
La macchina aumentava di velocità, esattamente come i miei battiti cardiaci.
Mi accucciai nel sedile, sentii un bisogno che non sentivo ormai da mesi: sentivo il bisogno di piangere.
Fui assalito da una strana sensazione mai provata prima ma, sapevo una cosa: quella sensazione non significava nulla di buono, esattamente come gli spari che cominciarono a risuonare nell'aria, mentre Gerard continuava a scendere il pedale dell'acceleratore.
Afferrai la pistola, cominciando a sparare contro le macchine quando Gerard frenò di colpo. Andai a sbattere contro il parabrezza, poi feci per voltarmi, ma Gerard mi scaraventò giù dal sedile.
"Stai giù" mi urlò, prima di sfrecciare a sinistra e frenare nuovamente di colpo.
Alzai lo sguardo, eravamo circondati da auto dalle quali cominciarono a scendere degli uomini.
Ingranò la retromarcia scontrandosi contro una macchina, per poi sfrecciare, mentre ulteriori macchine sbucavano dappertutto.
Una lacrima scivolò sul suo pallido viso.
Era la fine.
'Non ci prenderanno mai vivi' esclamò a denti stretti.
Lo ripeté tante volte quante le lacrime che in quel momento stavano lasciando il suo viso; riuscivo quasi a sentire il rumore quando cadevano sullo sterzo e si riducevano in mille pezzi, esattamente come la mia speranza.
Era la fine.
Tese una mano tremante verso di me.
Mi sarei aspettato di tutto in quell'istante ma non un gesto del genere.
Non era una persona del genere e, fu allora che capì che proprio come le sue lacrime e la mia speranza, anche il suo orgoglio era finito in pezzi.
Mi tirò verso se, con lo sguardo fisso nel vuoto mentre spingeva sempre di più il pedale. Sarebbe presto finito anch'esso in pezzi, esattamente come i nostri corpi.
Mi abbracciò disperatamente facendomi quasi perdere il respiro. Potevo sentire le sue lacrime scorrermi lungo le spalle.
Mi lasciò un lieve bacio sulla nuca, accarezzandomi la schiena con la mano libera, mentre la macchina non faceva che aumentare di velocità.
"Mi dispiace di averti messo in tutto questo" ammise, cercando con tutta la forza del mondo di trattenere i singhiozzi.
L'avevo visto sotto innumerevoli aspetti, ma questo mi era decisamente sconosciuto. "Ti amo" si lasciò sfuggire.
Alzai lo sguardo per tentare di scoprire il suo. Avemmo mezzo secondo di contatto visivo, ma questa volta non come i precedenti. Questa volta era diverso.
Non esprimeva rabbia, confusione, delusione, tristezza, orgoglio o felicità.
Dentro quello sguardo ti ci perdevi, dentro quello sguardo potevi vedere la sua anima.
E fu solo allora che capì che, la persona con cui avevo trascorso gli ultimi 5 mesi della mia vita non era quella che credevo.
Non era pazzo. Non era presuntuoso. Non era cattivo.
Era una persona umile che era stata costretta a nascondersi dietro una falsa personalità per cercare di andare avanti e, ciò lo aveva portato all'autodistruzione. In quel momento, avevo davanti il vero lui: non quello che si era costruito e che aveva lottato per tenere vivo, ma quello che nessuno aveva mai conosciuto e che, in quel preciso momento, io stavo avendo la fortuna di osservare.
Portò gli occhi alla strada e in quel preciso istante il suo sguardo divenne vuoto.
La mia attenzione fu catturata dal finestrino posteriore che nel giro di mezzo secondo si ridusse in pezzi e dagli innumerevoli spari che risuonavano nell'aria, come il mio respiro pesante.
L'ansia si impossessò di me per l'ennesima volta non appena realizzai che erano di nuovo dietro di noi, ci stavano raggiungendo.
Abbassò nuovamente lo sguardo verso di me che, adesso, stavo stretto contro il suo petto ricoperto di sangue nella speranza di non udire gli spari.
I nostri sguardi si incrociarono ulteriormente.
''Ti amo anch'io'' sussurrai con quel poco di voce che mi era rimasta.
L'idea che sarei morto con chissà quante pallottole in testa mi terrorizzava. Era doloroso, non mi piaceva il dolore.
Mise su un sorriso sghembo, stringendomi più forte a se.
''Ti amo'' ripeté, prima di sterzare di colpo.
Si girò di scatto facendomi finire contro il sedile, abbracciandomi come per proteggermi, abbracciandomi come se ciò potesse rendere la morte meno dolorosa.
Un rumore assordante, dopo, tutto nero.
Non riuscivo a vedere, ma capivo perfettamente ciò che stava accadendo.
Un rumore assordante e poi, poi un colpo in piena faccia su quello che sembrava l'asfalto.
Raccolsi tutte le forze che mi erano rimaste e che lentamente sentivo scivolare via dal mio corpo e mi capovolsi.
Sentivo il sangue scorrermi lungo il viso e le braccia e un calore terrificante.
Pensai per un attimo di essere andato a finire all'inferno ma, una spiegazione più logica si fece spazio nella mia mente: la macchina aveva preso fuoco e, presto sarebbe esplosa.
Mi distolsi dai miei pensieri non appena percepii un fastidioso formicolio alla testa che si spinse fino alle braccia, per poi arrivare ai piedi.
Realizzai solo in quel momento di essere totalmente paralizzato.
Il mio corpo non rispondeva più agli impulsi celebrali, la testa sembrava esplodermi.
Ebbi ripetuti conati di vomito; mi era impossibile muovermi e, adesso anche respirare ma mi fu però possibile percepire un peso morto sulla mia mano adesso gelida e una leggera stretta.
La stretta aumento, capì solo allora ciò che stava accadendo.
Potei udire un 'Non ci prenderanno mai vivi'
Dopo, uno scoppio.






- Ed ecco l'ultimo capitolo ma, LA STORIA NON E' ANCORA FINITA.
Cercherò al più presto possibile di pubblicare l'epilogo e, si, ci sarà un sequel ricco di colpi di scena.
Che dire, se siete arrivati fin qui, vi ringrazio dal più profondo del cuore e, vorrei ringranziare anche tutte quelle persone che mi supportano, recensiscono e seguono la storia. Spero continuerete a seguirmi perchè ho in serbo una bella sorpresa.
Il sequel, se non cambierò nuovamente idea, dovrebbe intitolarsi "I brought you my bullets, you brought me your love" e vi ricordo sarà narrato sotto il punto di vista di Gerard.
Vi invito, come sempre, a lasciare una recensione e dirmi che ve ne pare e, se avete domande o non avete capito qualcosa della storia, non esitate a scrivere, risponderò a tutti!
Vi ringrazio ancora una volta per l'attenzione -

A presto
- Danny x

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - EPILOGO ***


EPILOGO


Fu gioia nell'ospedale non appena il suo cuore ricominciò a battere.
Fu gioia non appena, Frank, il ragazzo coinvolto in un incidente stradale, diede il primo segno di vita dopo ben due settimane di coma, aprendo gli occhi. Presto quella gioia fu però smorzata non appena i medici, dopo svariati controlli, si resero conto della gravità della situazione.
Un grave trauma celebrale, la perdita della vista. Supposero non sarebbe più stato lo stesso di prima, supposero che adesso ragionasse come un bambino. Supposero che non avrebbe superato la notte, supposero che era stato miracolato.
Fecero milioni di supposizioni in quei tre mesi, nei quali, dopo la morte di sua madre, fu trasferito in un orfanotrofio, finendo per essere badato dalle suore, che, restarono stupite alquanto quando, in un freddo giorno d'autunno un uomo dal viso sfigurato si presentò alla porta, chiedendo del ragazzo e, restarono ancor più stupite non appena l'uomo disse di volerlo adottare.
Dopo essersi accertate che l'uomo dai lunghi capelli corvino fosse una persona affidabile, decisero che si, era arrivato per Frank il momento di ricominciare a condurre una vita normale, nonostante le sue disabilità.
Alla vista del ragazzo dallo sguardo perso nel vuoto, adagiato su un lettino al fianco di una grande finestra, gli occhi dell'uomo si illuminarono. Felicità, mista a tristezza. Si sentì morire, ma non crollò. Il suo sentimento per lui era forte, ma il bello della vita è che noi siamo ancora più forti dei sentimenti che proviamo, perciò, dopo un lungo respiro che risuonò nella stanza per quegli attimi che sembrarono anni, si avvicinò al ragazzo, poggiando una mano sulla sua.
Osservò per un istante il suo viso scarnito, prima di precipitarsi sulle sue labbra. Quelle labbra che oramai desiderava da mesi, quelle labbra di cui non avrebbe mai potuto dimenticarne il dolce sapore.
Milioni di ricordi affiorarono nella sua mente, una lacrima scivolò lungo la sua guancia, finendo sul viso del giovane ragazzo, immobile.
Il suo sguardo si posò allora sui suoi occhi, il mondo gli cadde addosso. Perso nel vuoto, non esprimeva nulla, esattamente come la sua espressione. Il suo sorriso era scomparso, portandosi con se anche quel briciolo di speranza che, per quei tre mesi trascorsi in ospedale, l'uomo dal viso sfigurato aveva tenuto vivo.
"Qui ci sono i suoi vestiti" La voce roca dell'anziana suora lo distolse dai suoi pensieri e, dopo ulteriori accertamenti, lo trasportarono su una sedia a rotelle verso la macchina.
"Sta attento, ha le ossa delicate" raccomandò la suora, mentre, con tutta la dolcezza che da anni aveva tenuto da parte, l'uomo lo sollevava.
Un braccio sotto le ginocchia, uno dietro la spalla, la testa del giovane ragazzo adagiata nell'incavo del suo collo. Il suo cuore si riempì di gioia non appena percepì il respiro del ragazzo sul suo collo, la sua speranza si riaccese. Ce l'avrebbe fatta, lo sapeva. Frank era un ragazzo forte, insieme ce l'avrebbero fatta.
Dopo averlo adagiato sui sedili posteriori e avergli allacciato la cintura, si avvicinò nuovamente al ragazzo, molte cose erano cambiate in quei tre mesi, ma il suo inebriante profumo era rimasto sempre lo stesso.
Gli lasciò una carezza prima di salire in macchina e, lentamente, dirigersi verso casa, dove presto molte cose sarebbero cambiate.
Dove presto, per i due avrebbe avuto inizio una nuova vita: la vita che si meritavano.
"Andiamo insieme o non ci andiamo per niente" disse sottovoce l'uomo, un enorme sorriso si fece spazio sul suo volto.
Un enorme sorriso genuino; un enorme sorriso speranzoso che avrebbe portato gioia anche alle anime più scure.
Si voltò, poté giurare di aver visto il ragazzo sorridere. Sapeva che aveva capito, sapeva che ciò che i dottori avevano detto erano solo un mucchio di stronzate, sapeva che infondo, Frank, era lo stesso.
Sapeva che la loro vita sarebbe cambiata nuovamente, ma questa volta, in modo positivo.
Sapeva fin troppe cose, ma quella sensazione che lo assaliva quando trascorreva del tempo con il giovane ragazzo non gli permise di mettere a fuoco i suoi pensieri. O almeno finché non si ritrovarono a casa, dove il suo alter ego crollò definitivamente, sfoderando quello che era il vero se: un ragazzo bisognoso d'affetto tanto quanto bisognoso di donarne.




- Salve a tutti! Ecco l'epilogo.
Ebbene, siamo giunti al termine della storia e, che dire, vi ringranzio di cuore per tutto il supporto e l'affetto che mi avete dimostrato.
VI RICORDO NUOVAMENTE CHE C'E' PERO' UN SEQUEL, NARRATO SOTTO IL PUNTO DI VISTA DI GERARD  ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2783750&i=1 ) e, che dire, spero continuerete a sguirmi!
Se avete delle domande o semplicemente dei dubbi sulla storia, non esitate a scrivermi! (potete contattarmi anche su twitter, sono @sussumella)

Vi aspetto tra le recensioni -

A presto
- Danny x <3
 


 

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