Unione d'affari

di Kaiyoko Hyorin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una misteriosa riunione ***
Capitolo 2: *** Madre degenera! ***
Capitolo 3: *** Una passione sopita ***
Capitolo 4: *** Una preghiera nella notte ***
Capitolo 5: *** Ne ho abbastanza... ***
Capitolo 6: *** Lato nascosto ***
Capitolo 7: *** Forza d'animo ***
Capitolo 8: *** Sei un vero casino ***
Capitolo 9: *** Sotto lo stesso cielo ***
Capitolo 10: *** Una barriera invisibile ***
Capitolo 11: *** Lavoro di squadra ***
Capitolo 12: *** Te l'avevo detto ***
Capitolo 13: *** Non è un appuntamento ***
Capitolo 14: *** Un passato da dimenticare ***
Capitolo 15: *** La risposta a quella preghiera ***
Capitolo 16: *** California, Stati Uniti d'America ***
Capitolo 17: *** Una sfida al PPB ***
Capitolo 18: *** Morte certa ***
Capitolo 19: *** Compagni di squadra ***
Capitolo 20: *** Dall'Italia alla Francia ***
Capitolo 21: *** Germania, Europa ***
Capitolo 22: *** Un matrimonio in stile occidentale ***
Capitolo 23: *** Inghilterra, Regno Unito ***
Capitolo 24: *** Il castello dei McGregor ***
Capitolo 25: *** Una questione d'orgoglio ***
Capitolo 26: *** Non sei solo.. ***
Capitolo 27: *** La prima neve ***
Capitolo 28: *** Un raffreddore per due ***
Capitolo 29: *** Dei nuovi componenti ***
Capitolo 30: *** In viaggio per la Cina ***
Capitolo 31: *** La Tigre e il Dragone ***
Capitolo 32: *** Una nuova linea d'azione ***
Capitolo 33: *** Una promessa ***
Capitolo 34: *** Lo scontro decisivo ***
Capitolo 35: *** Il ritorno a casa ***
Capitolo 36: *** Fra le pagine dei ricordi ***
Capitolo 37: *** Un'innegabile complicità ***
Capitolo 38: *** La decisione giusta ***
Capitolo 39: *** Il primo giorno ***
Capitolo 40: *** Il primo mesi-versario ***
Capitolo 41: *** Gelosia ***
Capitolo 42: *** Ti amo ***
Capitolo 43: *** Fra un saluto ed una bugia ***
Capitolo 44: *** Inquisizione familiare ***
Capitolo 45: *** Una serata diversa ***
Capitolo 46: *** Come uno specchio ***
Capitolo 47: *** Un epilogo infausto ***
Capitolo 48: *** My Selene ***
Capitolo 49: *** Il confronto decisivo ***
Capitolo 50: *** Il nuovo anno ***



Capitolo 1
*** Una misteriosa riunione ***





1. Una misteriosa riunione


Era una giornata come tutte le altre alla villa Hiwatari...
Come al solito, Kei non si trovava da nessuna parte ed il maggiordomo era in crisi, perché non sapeva cosa avrebbe detto di lì a poco al sig. Hiwatari, quando sarebbe tornato a casa. Ormai era questione di minuti.
Ironia della sorte, proprio in quel momento, la limousine del proprietario dell'Organizzazione Hiwatari e padre di Kei (ereditò la società dopo la morte del nonno, avvenuta per mezzo di un infarto), fece il suo ingresso dal cancello e percorse velocemente il viale, prima di frenare dolcemente innanzi al portone della sontuosa dimora. Quando il padrone scese dall'auto, il maggiordomo era già in principio di una crisi di nervi e sudava freddo, a causa del timore di una sua reazione alle nuove di cui doveva informarlo.
– B..Buonasera, signor Hiwatari – Balbettò l'anziano, rivolto ad un uomo di mezza età, dai capelli brizzolati e l'espressione austera, molto incline al cipiglio tipico anche del figlio.
– Salve, anche oggi Kei non si trova? – Volle sapere l'uomo, rivolgendosi all'altro in tono inespressivo; evidentemente aveva notato l'ormai consueto comportamento del maggiordomo.
– Sono desolato, signore... nonostante abbia preso tutte le precauzioni, è riuscito di nuovo a scappare – La sua mortificazione in quel tono di voce era tangibile, come ogni volta.
– Non ti preoccupare, non è stata colpa tua – Fece l'altro, passando oltre ed entrando nell'ampio ingresso, non senza suscitare un principio di stupore nel capo della servitù. Non era cosa da tutti i giorni che il Signor Hiwatari soprassedesse alla mancanza di disciplina del primogenito.
Facendosi togliere il cappotto, ciò che in realtà questi stava pensando era fonte di preoccupazioni ben più pressanti, a discapito della mancanza di emozioni dimostrata: "Devo trovare il modo di rendere mio figlio più responsabile... un giorno dovrà ereditare l'organizzazione e deve capire che non può sottrarsi ai suoi doveri."
Era ancora intento a camminare verso il proprio studio, dando ordine che venisse preparata la cena, quando improvvisamente gli venne in mente l'appunto che gli era stato reso noto di una società rivale, i cui sviluppi sul mercato gli erano stati resi noti quello stesso mattino. Si trattava di un'organizzazione in rapido sviluppo, che si stava espandendo in tutto il paese e che presto si sarebbe rivelata una pericolosa rivale, se non avesse trovato il modo di renderla inoffensiva... oppure, ancora meglio, rilevarla e inglobarla nella propria.
"Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?! Ho la possibilità di prendere due piccioni con una fava!" Pensò ad un tratto, illuminandosi e complimentandosi mentalmente con sé stesso. Scrisse una veloce lettera e la fece spedire all'organizzazione in questione, nota come la Natsuki Corporation...
Se le cose andavano come dovevano, avrebbe potuto godersi un tranquillo pensionamento anticipato.


– Su Yukiko, scendi! Dobbiamo andare – La incitò sua madre, aggirandosi per il piano terra come una fiera in gabbia, alla ricerca delle chiavi dell'auto parcheggiata davanti casa.
– Sì, arrivo! Ma mi vuoi dire perché ci devo venire anch'io a questa benedetta riunione? – Rispose la ragazza con una certa enfasi, scendendo le scale – ..e soprattutto perché mi sono dovuta vestire così?!
– Andiamo, stai benissimo! E poi non è la prima riunione a cui partecipi, perciò sai perfettamente quanto è necessaria la tua presenza: un giorno erediterai il mio posto alla N.C. e voglio che i nostri soci in affari imparino subito a vederti come un futuro capo degno di guidarli. Ormai hai l'età giusta – Le disse la madre, guardandola avvicinarsi ad un basso tavolino del salotto e raccogliere il mazzo di chiavi che stava cercando. Quando gliele porse la donna la ringraziò spiccia e si avviò.
– Ma perché per forza il vestito da cerimonia?! Non potevo mettermi qualcosa di meno... meno ingessato? I pantaloni bianchi? Neanche quelli mi stanno male – Protestò la ragazza, seguendo la madre fuori di casa.
– Smetti di lamentarti e sbrigati, che siamo in ritardo! – La redarguì allora lei, caricando l’ultima enorme valigia nel portabagagli.
– Dimmi almeno il perché di tutte queste valigie – Tentò Yukiko, spazientita.
– Perché alloggeremo in un albergo per un paio di giorni – Le rispose la madre contenendo l'esasperazione nel tono di voce, per nulla convincente: c'erano abbastanza bagagli da farle star via un intero mese. La donna tuttavia non voleva che la figlia sapesse adesso la verità, non prima che non fosse stata più in grado di svignarsela. La conosceva troppo bene.
– E allora come mai vedo solo la mia roba? – Insistette la ragazza, giustamente scettica, con le mani sui fianchi.
– Oh, basta con tutte queste storie! Ti verrà spiegato tutto a tempo debito. – Sbottò alla fine, salendo in auto e girando la chiave nel quadrante. L'auto rispose bene, avviando il motore con un basso rombo piuttosto vivace per una semplice utilitaria.


C’era una strana atmosfera nell'immensa dimora, quasi pesante, e Kei l'avvertiva piuttosto bene. Abituato com’era a notare ogni più piccolo cambiamento nello spazio circostante aveva subito notato, appena messo piede fuori dalla sua stanza, che c’era molta agitazione da parte della servitù. Quando arrivò in fondo alle scale comprese parte della causa di tanto trambusto: suo padre era rimasto a casa.
Che ci fa mio padre qui? Non dovrebbe essere già al lavoro?” Si chiese, osservandolo venirgli incontro con un insolito sorriso.
– Kei, non sei ancora pronto? William, per favore occupatene tu, fagli mettere qualcosa di appropriato, stiamo facendo tardi per la riunione! – esordì il capofamiglia, richiamando il maggiordomo.
– Riunione? – ripeté Kei, piuttosto confuso e contrariato.
– Sì figliolo, come mio futuro erede è necessaria la tua presenza. Si tratta di una riunione importante che deciderà le sorti non solo dell'azienda Hiwatari ma anche di una sua diretta concorrente.
– E perché sarebbe necessaria la mia presenza? Non puoi occupartene tu? – cercò di rispondere nel frattempo il dranzerblader, mentre un paio di uomini della servitù si ostinavano a girargli intorno con il cambio d'abiti in mano.
– No – risposta secca e lapidaria, degna di suo padre, il quale non si sprecò a dargli ulteriori spiegazioni.
A Kei non rimase altro da fare se non ubbidire, senza tuttavia riuscire a farsi passare la venuzza pulsante sul lato della tempia destra.


Yukiko varcò la porta in vetro opaco della sala delle riunioni alla Natsuki Corp. con in volto stampata un'espressione del tutto neutra. Durante il viaggio in auto non era più riuscita a estorcere una sola informazione a sua madre, che si era barricata dietro un ostinato silenzio retto con la scusa che doveva concentrarsi sulla guida.
Così alla giovane non era rimasto altro da fare se non infilarsi le cuffie del lettore mp3 nelle orecchie e avviare la playlist dal punto in cui questa era stata interrotta l'ultima volta, accantonando i propri pensieri in favore delle note di One last standing.
Stava ancora ripercorrendone i versi a mente, mentre prendeva posto accanto alla sedia di sua madre.
– Molti di voi già la conoscono: questa è mia figlia Yukiko, che oggi presenzierà con noi e prenderà parte alle decisioni che discuteremo sul futuro della N.C.
Gli uomini seduti intorno al tavolo, vestiti rigorosamente in giacca e cravatta, scambiarono qualche cenno e parola d'assenso e chi già l'aveva vista ad alcune delle riunioni precedenti le rivolse anche un cenno di saluto, che la futura presidentessa ricambiò con un educato sorriso di facciata.
La madre di Yukiko fece seguire una pausa di silenzio durante la quale lanciò uno sguardo alla porta d'ingresso e soltanto a quel punto la ragazza si rese effettivamente conto delle cinque sedie vuote dall'altro lato del tavolo.
– Chi stiamo aspettando? – le chiese, interrogativa.
La signora Natsuki stava per risponderle quando la porta si aprì di nuovo, calamitando l'attenzione dei presenti nella stanza. Quando Yukiko posò lo sguardo sui nuovi arrivati, si ritrovò a spalancarlo mentre ogni muscolo del suo corpo si irrigidiva.
Quello era il presidente dell'Organizzazione Hiwatari, i loro principali concorrenti! Che cos'erano venuti a fare?
Un movimento con la coda dell'occhio le rivelò che sua madre si era alzata per dar loro il benvenuto e un istante dopo entrò anche l'ultimo della fila, che si lasciò chiudere la porta alle spalle senza nemmeno toccarla.
Per una seconda volta, la giovane si ritrovò a spalancare gli occhi, impietrita sul posto, in uno stato confusionale che rasentava lo shock.
– Ben arrivati signori, vi stavamo aspettando.
– Le mie scuse per il ritardo.
– Oh non si preoccupi, signor Hiwatari. Per noi è un piacere presenziare a questo incontro. Prego, prendete pure posto – li invitò la presidentessa della N.C., indicando loro i posti liberi. Il signor Hiwatari ringraziò e prese posto di fronte a lei, mentre al suo fianco fece cenno a suo figlio, che con aria imperturbabile eseguì senza una sola parola.
– Questo è mio figlio, Kei Hiwatari, erede dell'organizzazione omonima – lo presentò suo padre.
Il diretto interessato non reagì in alcun modo e la signora Natsuki beneficiò i nuovi arrivati della presentazione dei presenti. Quando presentò Yukiko, la ragazza si riscosse e sussultò appena, ricordandosi del luogo in cui era e dell'occasione che l'aveva portata lì. Si alzò di scatto, tradendo in quel modo un'agitazione che l'aveva colta sin dal momento in cui aveva riconosciuto uno dei blader più popolari del Giappone varcare quella soglia e si ritrovò ad arrossire vistosamente mentre eseguiva un inchino formale.
Rimettendosi seduta scoccò di sottecchi uno sguardo al ragazzo in questione: era vestito di un paio di pantaloni neri ed una camicia dello stesso colore, in parte slacciata sul davanti, un aspetto che gli dava un'aria alquanto ribelle in quell'occasione. Non fece in tempo a realizzare quell'unico fugace pensiero che ella si accorse di avere i suoi occhi scuri puntati addosso, cosa che ne aumentò drasticamente la soggezione che provava nei suoi confronti ed a stento riuscì a impedirsi di sussultare nuovamente, preda di un imbarazzo senza pari.
P-perché mi fissa in quel modo?!


– Lei è mia figlia Yukiko.
A quelle parole la ragazza in questione sembrò cadere dalle nuvole perché si alzò di scatto dalla sedia e si piegò in avanti in un inchino impacciato.
Kei posò per la prima volta il suo sguardo su di lei, notandone l'aria nervosa in ogni suo movimento, cosa che gli fece inarcare appena un sopracciglio.
Era una ragazza dai lunghi capelli corvini, le cui punte sfumavano in un porpora acceso, di pelle chiara e lineamenti abbastanza delicati pressoché privi di trucco. Stimando ad occhio un'altezza nella media, ella indossava un tailleur blu scuro, la cui giacca era stata appesa allo schienale della sedia e permetteva alla camicia bianca di avvolgerle il busto con leggerezza, i primi due bottoni slacciati a lasciare intravedere una catenina dorata. Sembrava abbastanza carina.
Tuttavia, la cosa che lo fece bloccare momentaneamente furono i suoi occhi: di un chiaro verde smeraldo, limpidi, tremendamente espressivi. Incrociandoli per quella manciata di istanti Kei si rese immediatamente conto di essere la fonte di tanto nervosismo da parte della mora, cosa che lo incuriosì e lo indispettì al tempo stesso.
Erano ormai anni che non compariva più in televisione in occasione di eventi riguardanti i Beyblade, ma questo non vuol dire che avesse perso tutta la sua popolarità. Non che essere lasciato in pace gli dispiacesse, a dirla tutta.
– Ora che ci siamo tutti, possiamo iniziare questa riunione – esordì la voce della presidentessa della Natsuki Corporation, facendosi strada fra le sue riflessioni e guadagnandosi l'attenzione di tutti – Quest'oggi siamo qui riuniti per discutere dell'offerta del qui presente signor Hiwatari di unire le nostre rispettive aziende.
Kei non riuscì in alcun modo ad evitare ad un sopracciglio di scattare verso l'alto, ma la reazione della futura erede della N.C. fu più incisiva perché oltre a sgranare gli occhi chiari, spalancò la bocca in un modo tale da fargli credere che le sarebbe caduta la mascella sul tavolo.
– La Hiwatari ha offerto un'ingente somma per rilevare la nostra azienda – proseguì intanto lei senza badare alla figlia – ma, come già discusso per telefono, le ho già detto che la N.C. rappresenta non solo il duro lavoro del mio defunto marito, ma anche il futuro di mia figlia e per questo non posso accettare la vostra offerta.
– Rammento bene le vostre parole, presidentessa Natsuki – rispose l'uomo in questione con uno dei suoi sorrisi affabili da uomo d'affari. Uno di quei sorrisi che facevano storcere interiormente le labbra a Kei in una smorfia – ma le assicuro che nessuno dei due verrà messo da parte nel progetto che ho in mente.
– Sinceramente non vedo come potrebbe essere possibile, presidente – ribatté lei con altrettanta affabilità – Ho timore che se venissimo rilevati da un'importante azienda come la vostra, la N.C. finirebbe per perdere sé stessa.
– Questo non accadrà, perché ciò a cui stavo pensando è più un'affiliazione che una vera e propria rilevazione. È mio interesse mantenere la prosperità e l'identità della NC quali sono tutt'ora, senza modificare i ruoli che ricoprite all'interno della stessa se non di nome. Le garantisco che manterrebbe il suo posto al comando di questa nave, con la semplice differenza che farebbe poi riferimento a me per quanto riguarda la gestione delle pratiche burocratiche e le decisioni inerenti a variazioni di produzione e di personale. Inoltre sua figlia avrà la possibilità, qualora lo desideri, di succedere a lei dopo un periodo di praticantato presso la nostra sede ufficiale.
– Signor Hiwatari, lei mi sta dicendo che Yukiko sarà sfruttata da voi per dieci anni prima di ricoprire, se mai ci arriverà, un posto le cui soddisfazioni e la cui retribuzione non gioverebbero in alcun modo alla sua inesistente carriera all'interno di un'azienda che era destinata a lei..?
Quella domanda diretta, che alle orecchie di tutti parve più come un'affermazione, sembrò cogliere in contropiede persino il presidente, il quale tardò per una manciata di secondi a rispondere. Tempo sufficiente affinché sul volto della donna comparisse un sorriso più definito.
– Visto che siamo qui per discuterne, mi prendo la libertà di aggiungere una condizione alla sua proposta.
– Prego.
– Accetterò soltanto se verrà garantito a mia figlia un ruolo al vertice dell'azienda.
– Signora, come ho detto prima ella potrà prendere il suo post... – tentò di dire Hiwatari prima di venir interrotto.
– Non intendevo della N.C. Intendevo della Hiwatari.
Scese un silenzio talmente assoluto che Kei poté cogliere il rumore del traffico provenire dalle strade di Tokyo, molto più in basso.
– Ahah – suo padre si riscosse e drizzando un poco di più la schiena sembrò prenderla sull'ironico – Ma questo sarebbe possibile solo se entrasse nella famiglia Hiwatari.. – non finì nemmeno di completare quella frase che il tono gli si abbassò, in reazione al sorriso più ampio della signora Natsuki – Oh.
Quella donna faceva sul serio.
Lanciando un'occhiata fugace alla moretta sedutagli quasi di fronte, Kei la vide con lo sguardo fisso su sua madre, tanto spalancato da fargli credere che le sarebbero caduti gli occhi in grembo, mentre il suo viso si tingeva di una serie di sfumature diverse.
– Mh.. è sicura di ciò che mi sta proponendo? – la incalzò il presidente, con un tono tanto serio da far voltare anche Kei questa volta a fissarlo apertamente.
Non starà prendendo davvero in considerazione la cosa?!



...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Bene, eccomi qui con il primo capitolo. Non nascondo che sono un po' emozionata perché è la prima Fanfic che pubblico su EFP e spero verrà un bel lavoretto. Ho pensato di riprendere in mano questa storia perché è molto tempo che l'avevo scritta e poi cancellata, insoddisfatta del mio operato di allora. Fatemi sapere se sono riuscita ad incuriosirvi un poco ^.* nel frattempo tenterò di rispolverare le mie conoscenze di html per dare una buona impaginazione al tutto! A presto!!
Passo e chiudo, dalla vostra
Kaiy-chan

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Capitolo 2
*** Madre degenera! ***




2. Madre degenera!


Yukiko si sentiva come cristallizzata mentre fissava sua madre. Cos'aveva fatto di sbagliato per farle venire in mente di lasciarla? Di lasciare il nome dei Natsuki? Come poteva accettare una condizione del genere?
– Sicurissima – ribatté intanto lei in risposta al presidente dell'organizzazione Hiwatari.
– Mh – fece di nuovo questo, prendendosi il mento in una mano e posando lo sguardo su suo figlio.
La stessa cosa fece Yukiko, stringendo i braccioli della sedia nell'inquadrare di nuovo entrambi gli Hiwatari nel proprio campo visivo. Anche Kei sembrava sorpreso, per non dire contrariato, se così si sarebbe potuta definire quel suo volto solitamente inespressivo.
– E va bene.
– Padre! – esclamò a quel punto il dranzerblader, facendo sentire per la prima volta la sua voce in quella stanza.
– È ora che tu metta la testa a posto, figliolo – ribatté lui – E non c'è modo migliore per farlo se non quello di costruirti una tua famiglia, a partire dal trovare una buona moglie.
Il cervello di Yukiko iniziò ad elaborare.
..moglie.
Moglie.
Moglie?!?!
EEEH?? – scattò in piedi nel momento stesso in cui realizzò pienamente il significato di tutto quanto, non riuscendo in alcun modo a frenarsi dall'esclamare quell'unica parola, puntando l'iridi sul presidente della Hiwatari.
Starai scherzando! – esclamò a sua volta Kei, alzando la voce.
– Affatto.
– Allora è deciso – si introdusse la signora Natsuki, alzandosi a sua volta e ignorando tanto la figlia quanto gli altri.
– Contatterò il nostro avvocato e vi farò inviare le carte al più presto – disse il padre di Kei, alzandosi a sua volta.
A quanto pareva la riunione era giunta al termine, consapevolezza che non fece altro che far montare l'irritazione nella moretta, la quale non riusciva ad accettare un simile epilogo, nemmeno se fosse stato uno scherzo.
– Non è divertente – tentò di nuovo di rivolgersi a sua madre, accigliata.
– Avrai tutto il tempo di conoscerlo tesoro – le rispose con serietà la donna a quel punto.
– Potrà venire a stare da noi, con il suo permesso ovviamente, così da conoscersi meglio entrambi – esordì il presidente, di nuovo rivolto alla presidentessa.
– Naturalmente, è un'ottima idea – annuì lei – Ho già provveduto a caricare in macchina alcune valigie.
– Perfetto – il signor Hiwatari si rivolse a uno dei suoi uomini al seguito – Provvedete affinché vengano caricate sulla nostra auto.
Ehi vecchio! – la voce di Kei si levò di nuovo e questa volta era talmente carica di tensione da indurre la ragazza a credere che l'aria fosse sul punto di fare scintille intorno a lui – Che cazzo significa?!
– La giovane Natsuki da questo momento sarà la tua fidanzata e come tale tornerà a casa con noi oggi stesso.
Oh. Mio. Dio..” Si ritrovò a scandire mentalmente la diretta interessata, trovando difficile quasi respirare. Non poteva essere. Non stava accadendo sul serio.
Gli occhi del blader mandarono lampi, occhi che poi si volsero solo una volta su di lei, tanto penetranti e affilati da poter essere paragonati a una pugnalata in pieno stomaco, prima che questi si voltasse di scatto e si dirigesse con passo deciso e teso verso la porta.
Sotto lo sguardo dei presenti uscì da quella sala riunioni, talmente incazzato da sbattere la porta a vetri dietro di sé con tanta energia da rischiare di ridurla in pezzi. Il silenzio che poi seguì al botto fu talmente pesante da poter essere definito un silenzio tombale. Una definizione che, per Yukiko, calzava a pennello mentre si lasciava ricadere sulla sedia, bianca come un lenzuolo.


Il viaggio in macchina fu spettatore di un ostinato silenzio.
Certo, a parte il leggero ma distinto sottofondo proveniente dalle cuffie della moretta che sedeva con lui sui sedili posteriori. Scoccando uno sguardo in tralice alla ragazza, la vide appoggiata al finestrino alla sua destra, gli occhi verdi fissi ad ammirare un panorama che in realtà non vedeva.
Approfittando della totale assenza di attenzione, Kei si scoprì a squadrarla, non senza un certo fastidio. Aveva un bel profilo, con la camicia slacciata abbastanza da permettergli di intravederne da quell'angolazione la bratellina del suo reggiseno. Non era messa male al riguardo, certo non era troppo prosperosa ma nemmeno si poteva definire piatta. Ad occhio e croce, avrebbe dovuto avere una terza, decise. Scendendo ancora seguì con lo sguardo la linea del suo fianco, sino a soffermarsi sulle gambe avvolte in quel paio di pantaloni eleganti e poste accavallate.
Se si fossero trovati entrambi in un'altra situazione, avrebbe anche potuto farci un pensierino.
La ragazza lo trasse dalle sue riflessioni, abbassando lo sguardo sul lettore mp3 che teneva in grembo, interrompendo la canzone che stava iniziando per far andare avanti la playlist. Pochi secondi dopo Kei credette di cogliere le note d'inizio di This is War.
Appoggiò il capo contro il sedile, spostando il proprio sguardo nella direzione opposta, oltre i vetri del proprio finestrino, mentre un accenno di mezzo sorriso gli delineava le labbra. Almeno in fatto di musica non aveva gusti così pessimi.


Yukiko non riusciva a darsi pace. Per tutto il viaggio non era riuscita a rilassare un solo muscolo, men che meno quando si era sentita gli occhi del dranzerblader addosso. Non poteva credere a ciò che stava accadendole. Non poteva accettarlo.
Erano stati questi i suoi pensieri, nonostante cercasse di svuotare la mente una canzone dopo l'altra, per tutta l'ora che impiegarono ad arrivare a destinazione. Già percorrendo il lungo viale alberato le era stato chiaro che la sua nuova dimora provvisoria non poteva aver nulla di simile alla sua, ma appena scesa dall'auto, la ragazza rimase sbalordita dall’enorme villa cui si trovò innanzi. Dopo alcuni istanti di muta ammirazione per quell'opera di un architetto a lei sconosciuto e senza dubbio competente, spostò lo sguardo sulle persone che erano venute ad accoglierle e la sorpresa si triplicò nel vedere una schiera di domestici fare loro l'inchino in segno di benvenuto.
– Bentornati a casa.
– William – chiamò il padrone della villa e capofamiglia, rivolgendosi ad uno di quei servizievoli pinguini – fai scaricare le valigie della signorina e preparatele subito una stanza.
L'uomo in questione, un tipetto di terza età con i classici baffi grigi e un po' allampanato, annuì ossequioso prima di dar disposizioni in merito.
Yukiko non fece in tempo a muoversi tuttavia che Kei precedette sia lei che il padre, ignorando tutto e tutti nel guadagnare la porta con passo deciso. Un'andatura che lo fece ben presto sparire oltre l'ampio portone d'ingresso e il cui atteggiamento venne altrettanto ignorato sia dal genitore che dalla servitù. Come se fosse stato invisibile.
Quell'osservazione personale le fece provare quasi una nota di dispiacere, talmente inattesa da indurla a cancellare ogni pensiero al riguardo in un battito di ciglia, quando la voce del presidente Hiwatari tornò a farsi sentire.
– Spero che il tuo soggiorno presso di noi sarà di tuo gradimento, mi assicurerò che venga soddisfatta ogni tua necessità.
– Oh.. la ringrazio..
– William ti mostrerà la tua stanza, mi rincresce non poterti dare un benvenuto appropriato ma ho delle questioni da sbrigare – lapidario, non la lasciò nemmeno finire e dette quelle parole già si stava muovendo verso la macchina alle loro spalle.
Ancora frastornata, Yukiko osservò l'auto nera allontanarsi lungo il viale, lasciandola lì sull'atrio completamente in balia degli eventi. Lo smarrimento che provava dentro la giovane, non fece altro che accendere in lei il senso di rifiuto per tutto quanto, un rifiuto che non riuscì affatto a non esternare in una delle sue solite reazioni impulsive.
– Che cavolo succede?! – esclamò al cielo, prendendosi la testa fra le mani e inarcando la schiena.
Cosa che fece sobbalzare il povero William, fermo al suo fianco in attesa che lei lo notasse. Soltanto quando anche l'eco di quelle parole si perse nell'aria lattiginosa del primo pomeriggio, questi si azzardò ad attirarne l'attenzione.
– Signorina?
– Mh? – ricordandosi di non essere sola, tanto meno circondata da persone conosciute, Yukiko si affrettò a ritrovare un certo contegno e, schiarendosi la voce con un colpetto di tosse, gli si rivolse – Il mio nome è Yukiko Natsuki.
– Le mostro la sua camera, signorina Natsuki.
Lei annuì, cercando di smorzare il rossore causatole dall'imbarazzo della scena appena conclusasi e seguì il maggiordomo all'interno dell'edificio. Eppure, di nuovo, appena varcato l'ingresso la ragazza si ritrovò di nuovo a restare a bocca aperta. Già vista da fuori la villa le era sembrata esageratamente grande, ma l'interno ora che ce l'aveva davanti era paragonabile soltanto la Reggia di un Re. Si sentì sminuita lì, in quell'immenso atrio, e lanciò un’occhiata al pinguino che le fece strada verso l'ampia scalinata che portava ai piani superiori.
William si fece da parte soltanto raggiunta una scura porta in legno lucidato e intarsiato, che provvedette ad aprire per lei, rivelando l'interno di quella che lui chiarì essere la sua stanza.
– Se avesse bisogno di qualcosa, signorina, non esiti a chiedere.
– O-ok – mormorò appena lei, mentre varcava la soglia della sua nuova camera, non riuscendo nemmeno a sbattere le palpebre.
Era una stanza talmente grande da poter essere paragonata soltanto ad un salotto, con un ampio letto matrimoniale a baldacchino dalle tende rosse e una portafinestra che, a doppia anta, si apriva su quello che era un balconcino con parapetto in marmo. Sulla stessa parete alla quale era accostato il letto v'era una scrivania degna di un romanziere, in mogano levigato, mentre dall'altro capo della stanza si trovava un grosso mobile ricolmo di scaffali, al cui centro era stato disposto un altrettanto ampio televisore al plasma di ultima generazione, con lettore dvd integrato e casse per il dolby-surround ai lati.
– Ommioddio! – esclamò la ragazza a quella vista, sgranando di nuovo gli occhi verdi.
Doveva assicurarsene e scattò verso l'elettrodomestico, piegandosi per vedere tutti gli ingressi di cui disponeva, finché con sua delizia non riuscì a trovarla: la porta USB. Immediatamente venne colta da un brivido, elettrizzata a quella piacevolissima scoperta, ma fu l'eccitazione di un attimo. L'istante successivo si ricordò del luogo in cui era e del motivo che l'aveva fatta trovare lì e tornando a drizzare la schiena si lasciò sfuggire un sospiro. Non era il caso che si facesse abbindolare da tutti quegli accessori di ultima generazione, c'era in gioco la sua vita, il suo futuro.
Seccata per la propria leggerezza, deviò lo sguardo dal televisore a schermo piatto e in quel momento si accorse di un'altra porta lì accanto, a doppia anta, dipinta di un delicato color panna. Dopo un attimo di perplessità, non riuscì tuttavia a frenarsi dal porvisi di fronte con rinnovato slancio. La aprì con enfasi, ritrovandosi davanti una cabina armadio tanto spaziosa da farle rammentare per un istante le dimensioni della sua vecchia stanza.
– Non posso crederci..
Nel momento in cui mise piede all'interno, i sensori di movimento fecero accendere le luci sul soffitto, prendendola di sorpresa.
– Non posso crederci! – ripeté ancor più impressionata.
Questa volta ci mise quasi due minuti a ritrovare la propria lucidità ed uscire da quell'armadio, richiudendosi la doppia anta alle spalle. Poggiandovisi momentaneamente con la schiena, come se vi potesse essere un mostro pronto a balzar fuori, si lasciò andare ad un nuovo ed esausto sospiro di sconsolazione.
Non posso abbassare la guardia” si disse con un mezzo sorrisetto velato di amarezza “Non mi voglio sposare per affari… voglio una vita familiare piena di affetto e complicità, non ho alcuna intenzione di sposare quel... quel tipo!
Il pensiero di Kei, della sua reazione e del fatto che non le avesse mai nemmeno rivolto la parola per tutto il tempo, furono la causa di una nuova ondata di disperazione da parte della moretta, che scivolò sul pavimento con un lamento.
– Che diamine ti ha preso, mamma?! – esclamò di nuovo da sola.
Eppure quell'esclamazione fu l'origine del pensiero che la colse subito dopo. Alzandosi di scatto andò verso le proprie valigie e si mise a frugare dentro il trolley grigio fumo, finché non trovò il caricabatterie del cellulare. Soltanto a quel punto tirò fuori il piccolo apparecchio dalla tasca dei pantaloni, attaccandolo ad esso e inserendo la spina nella presa.
– Adesso mi sentirà – borbottò nuovamente fra sé e sé, mentre cercava il numero di sua madre nell'elenco. Sfiorò lo schermo in corrispondenza del simbolo verde, facendo partire la chiamata e impostando il viva-voce. Non dovette attendere molto prima di ricevere risposta dall'altro capo del telefono.
– Pronto?
Yukiko fece un bel respiro e poi, con tutto il fiato che aveva in corpo..
CHE CAVOLO STAI FACENDO, RAZZA DI MADRE DEGENERA!?!
Dall'altro capo del cellulare la signora Natsuki sussultò, assordata.
– Su, su tesoro, non parlare così..
STO CAZZO! MI HAI VENDUTA!
– Uhuh, l'ho fatto per te amore mio – le giunse dall'altoparlante – Sappiamo entrambe che non hai buongusto in fatto di uomini, così ho preso in mano la situazione! Uhuh, sono stata proprio brava.
Una vena iniziò a pulsare sulla tempia della moretta mentre fissava il telefono con sguardo omicida, furente.
Come, scusa?! – sibilò a quel punto.
– Yuki-chan, le decisioni della tua mamma non si discutono – le giunse con tono fin troppo leggero per essere nel bel mezzo di una discussione – ..e poi il figlio di Hiwatari è proprio un bel ragazzo, non poteva andare meglio di così.. – il suo tono compiaciuto le fece quasi perdere le staffe, non fosse per quel che la madre aggiunse subito dopo – ..e ti guardava in un modo, bambina mia! Ah, se solo tuo padre mi avesse guardata così...
Il viso di Yukiko si accese istantaneamente di un rosso tipicamente semaforico.
– M-Ma che stai dicendo?
– Uhuh, smetti di fare l'acida e vedi di socializzare. È per il tuo bene e di quello della N.C. – ribatté la signora Natsuki – Ora ti devo lasciare che sono con il nostro avvocato, ci aggiorniamo fra qualche giorno, ok? Baci!
*tuu-tuu-tuu*
La moretta si ritrovò a fissare allibita lo schermo del suo telefono, illuminatosi di nuovo sull'avviso di chiamata terminata. Un istante dopo dovette farsi forza fisica per impedirsi di scaraventarlo contro il muro in un eccesso di rabbia.
ME LA PAGHERAI, MAMMA!
Lo fece rimbalzare sul letto lì accanto con un gesto secco, ancora fissando l'oggetto adirata. Come si permetteva di essere così invadente?! D'accordo che l'ultima storia che aveva avuto non era finita nel migliore dei modi, ma arrivare a questo??
Improvvisamente priva di energie si lasciò ricadere sul letto a propria volta, allargando le braccia sulle morbide coperte mentre con lo sguardo si perdeva a osservare la scura stoffa del baldacchino sopra il suo capo.
No. Non era finita bene proprio per niente e questa era anche la causa del fatto che non avesse nessuno all'infuori di sua madre a cui rivolgersi. Il pensiero di quanto era accaduto le fece nascere una smorfia sulle labbra, mentre si copriva gli occhi con un braccio.
Dopo tutto quel tempo le faceva ancora male.
Era stata una stupida.
Probabilmente lo era ancora adesso.


...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Ta-dan! Sto cercando di dare un po' più di spessore alla povera Yukiko, cosa che nella prima stesura non mi era riuscita nemmeno un po'. Spero che vi siate divertiti a leggere questo capitolo, io mi sono divertita a riscriverlo ^.^ Incitandovi a lasciarmi una piccola recensioncina vi saluto..
Alla prossima mirabolante avventura!!

Kaiy-chan

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Capitolo 3
*** Una passione sopita ***




3. Una passione sopita


Kei era disteso sul proprio letto con le mani intrecciate dietro la nuca e lo sguardo perso sul soffitto. Si era disfatto di quegli abiti che non riusciva a farsi piacere, troppo da damerino per uno come lui, nonostante il modo in cui riusciva a indossarli non fosse minimamente paragonabile ad uno di questi.
La cosa gli procurava una certa soddisfazione, come si sentiva soddisfatto ogni qual volta che incrociava il disappunto di suo padre.
Che gli era saltato in mente a quel vecchio?! Una moglie??
È una totale assurdità!” esclamò fra sé e sé, corrucciandosi in volto.
Sin da piccolo la sua famiglia l'aveva indirizzato, obbligato a fare cose di cui con il passare del tempo si era pentito. A partire dall'esperienza in Russia.
Voltò appena il capo in direzione del comodino alla sua sinistra, all'interno del quale vi aveva posto Dranzer. Ormai era cresciuto e aveva smesso di partecipare a qualunque tipo di competizione sul Beyblade. Quello sport che da sempre era stata la sua unica passione aveva perso il suo fascino nel momento in cui, molto tempo prima, era riuscito a strappare la vittoria che aveva bramato da tempo all'odiato rivale.
Ormai, all'età di vent'anni, non provava più alcun interesse a disputare incontri. Una trottola che gira, per quanto 'magica', non suscitava più la stessa attrattiva di un tempo. Eppure, ancora dopo anni, era l'unica cosa che lo faceva sentire meno solo, meno oppresso da quel mondo in cui si era trovato sin dalla sua nascita. L'impero degli Hiwatari non era altro che una maledetta prigione dorata.
Una prigione che minacciava di chiuderglisi addosso, soffocandolo.
Non mi farò abbindolare da nessuno!” rifletté nuovamente, deciso a non cedere alle provocazioni del suo vecchio. Sollevandosi a sedere sul bordo del letto scoccò un'occhiata all'esterno della porta-finestra che dava sul suo balcone personale “No, non ci sto, padre!
Si allungò per aprire il cassetto e, raccolto il proprio bey, se lo infilò in una tasca dei jeans prima di avvicinarsi alla cassettiera e tirarne fuori una maglia a maniche corte, nera fatta eccezione per una scritta rosso sangue stampata a caratteri volutamente rovinati sulla schiena: I shall bend you.
Come spinto da un impulso a lui esterno si mosse quindi verso la porta della propria camera e stava per aprirla quando, dalla sua sinistra, captò il soffuso rombo dei bassi dell'impianto stereo che proveniva dalla camera accanto.
Esitò, mentre distinse l'attacco di una canzone che ben conosceva.


I feel shook
Everytime I close my eyes and travel into the place in the back of my mind
It's A place where memories hide and my thoughts combine
I see places and thousands of faces all at the same time..


Era Shook, una delle canzoni che sentiva rappresentarlo maggiormente, specialmente in quel momento. Inutile dire che fosse anche una di quelle in cima alla sua playlist personale.
– Tsk.
Non era il caso di sorprendersi per una coincidenza simile, lo sapeva. Con un movimento deciso aprì la porta e sgusciò all'esterno, passando oltre la stanza nella quale dovevano aver fatto accomodare la sua nuova fidanzata senza degnarne la porta di uno sguardo. Doveva uscire da quelle quattro mura, doveva respirare un po' d'aria. Era questo che continuava a pensare mentre scendeva le scale, diretto sul retro della sontuosa dimora di famiglia, cercando di soffocare l'iniziale senso di affinità che iniziava a farglisi spazio all'interno del petto.


Il vago chiarore del mattino filtrò attraverso le tende della porta-finestra, serpeggiando lentamente ma inesorabilmente sino al letto ove Yukiko ancora sonnecchiava. Quando il filo di luce arrivò a posarsi sul suo viso, non impiegò molto tempo la ragazza a destarsi, infastidita dal fascio luminoso e dalla sua invadenza.
Voltandosi dall'altra parte si accoccolò di nuovo sui cuscini, aspettandosi con una certa irritazione il precipitarsi di sua madre nella sua stanza, come ogni mattina. Quando ormai era trascorsa mezz'ora tuttavia, la mancata irruzione della donna e della sua voce alta e squillante le fece aprire un occhio, perplessa.
Quella non era la sua stanza.
Intontita si sollevò a sedere, abbracciando con lo sguardo di smeraldo la camera, visione che l'aiutò a ricordare.
Ah già. Allora non era stato solo un brutto sogno.
Facendo una smorfia rammentò la cena della sera prima, consumata da sola, seduta ad un enorme tavolo nella sala da pranzo. In realtà non era stata da sola, c'erano anche il signor Hiwatari e il figlio, ma fra il silenzio e la distanza a separare i commensali, era come se non vi fosse stato nessuno.
Si allungò verso il comodino, andando a prendere la trottola blu scuro che vi aveva appoggiato sopra il giorno precedente, dopo averla estratta da una delle sue valigie. Osservandola con sguardo malinconico, si lasciò sfuggire un sospiro, prima che i suoi stessi pensieri venissero interrotti da un improvviso bussare alla porta.
Sussultando il bey quasi le finì per cadere sul pavimento, ma fu abbastanza agile da rinsaldare la presa e nasconderlo di getto sotto il cuscino. Soltanto poi, con voce un po' incrinata dall'emozione, si rivolse al nuovo arrivato.
– Sì?
– Signorina Natsuki? Sono Shu, la cameriera.. le ho portato la colazione – fece una vocina gentile dall'altro lato della porta.
Yukiko si sorprese un poco della novità: colazione a letto. La stavano trattando proprio bene.
– Entra pure – le disse, tirandosi su la coperta sino al petto.
Non era sicura di voler mostrare a qualcuno il suo pigiama, nemmeno ad una cameriera, ed il motivo era piuttosto semplice: era un pigiama molto ampio e un po' vecchio, fuori misura per lei, con una stampa a topolini sulla maglia. Un abbigliamento che definirlo anti-sesso sarebbe stato un delicato eufemismo, ma lei ci era affezionata. Quello era il pigiama di suo padre.
Aveva fatto carte false per impedire a sua madre di buttarlo via, nonostante le toppe e il resto, ed era divenuto quasi fonte di conforto. Quando la ragazza sentiva il bisogno di un abbraccio come quelli che sapeva infonderle quell'uomo, se lo metteva addosso. E lo portava sempre con sé, ovunque andasse. Per questo se l'era messo la sera precedente.
La porta si schiuse permettendo a una ragazza non troppo più grande di lei di farsi avanti con in mano un vassoio colmo di vivande, che appoggiò sulla scrivania. Ben presto la mora venne di nuovo lasciata sola, mentre nell'ambiente andava diffondendosi un piacevole profumo di caffé appena fatto.
Tirò nuovamente fuori il proprio Beyblade, reggendolo sul palmo della propria mano destra mentre con lo sguardo lo guardava assorta.
– E adesso, Night?
Nessuna risposta, ovviamente, solo un riverbero del bit al centro e lei si lasciò sfuggire un nuovo sospiro. Avrebbe fatto meglio a cambiarsi e fare colazione. Poi, una volta che fosse stata a pancia piena, avrebbe deciso cosa fare quel giorno.


Non ne poteva più di quei domestici. Da tempo aveva la chiara convinzione che lo tenessero d'occhio, probabilmente sotto suggerimento di suo padre. Niente di improbabile, anzi, lo sarebbe stato il contrario.
Fece fare un giro per il prato a Dranzer, osservandolo segnare sul terreno umido dei solchi al suo passaggio. Doveva trovare il modo di mandare in fumo i piani del suo vecchio. Ma come?
Far girare Dranzer se non altro lo aiutava a calmarsi e fare mente locale. Era una situazione fin troppo spinosa tuttavia perché questo bastasse a fargli venire in mente qualcosa. Se non ci fosse riuscito, poteva dire addio alla sua già esigua libertà.
– Non scherziamo! – sbottò spazientito da quel pensiero.
Il volto della sua futura moglie gli balenò alla mente in un flash che ritraeva l'istante in cui si era soffermato a osservarla in macchina, con quello sguardo perso nel vuoto. Non credeva che gli sarebbe stata di qualche aiuto, nonostante fosse chiaro come il sole il fatto che nemmeno lei fosse d'accordo con lo svolgersi degli eventi.
– Da una ragazzina come quella non posso aspettarmi nulla.
– Chi sarebbe la ragazzina?!
Kei sobbalzò sollevando lo sguardo sull'oggetto di quell'ultima riflessione, richiamando istintivamente il proprio bey. La trottola gli tornò dritta in mano, come attratta da una forza invisibile, e il blader se lo ficcò in tasca mentre rivolgeva un'occhiata penetrante alla nuova arrivata.
– Che cosa fai qui?
Yukiko scese dal muretto a secco sul quale si era appollaiata, facendo tintinnare la catena che aveva allacciata ai jeans. Indossava una bandana rossa sulla fronte, mentre aveva legato i capelli bicolori in una coda di cavallo. Il modo in cui lo stava guardando, con quel leggero sorrisetto ironico, lo sorpresero quasi quanto il fatto di non averla sentita avvicinarsi. I muscoli gli si tesero automaticamente, sulla difensiva.
– A quanto pare la stessa cosa che avevi in mente tu.. – gli rispose lei con un'alzata di spalle, avvicinandoglisi di qualche passo.
A fasciarle il busto aveva una canottiera aderente di un grigio piombo, sopra la quale indossava una tuta dai polsini cremisi. Neri erano anche i suoi jeans, culminanti a zampa di elefante su un paio di scarpe da ginnastica nella Nile bianche e grigie.
Vestita in quel modo gli appariva totalmente diversa dal giorno precedente, cosa che contribuì ad innervosirlo ancor di più.
– Non so di cosa tu stia parlando.
– Mi spiace ma non me la dai a bere – ribatté lei, ampliando il proprio sorriso. In quel momento a Kei tornò in mente l'espressione che aveva avuto sua madre alla riunione, durante le trattative, e percepì un brivido salirgli lungo la spina dorsale.
Questa non può essere la stessa ragazza di ieri!
– Posso capire che tu sia sorpreso – continuò lei, imperturbabile, estraendo la mano destra da una delle tasche della felpa. Quando la sollevò, rivolgendogli il bey blu scuro che teneva fra le dita, i pezzi del puzzle iniziarono a combaciare gli uni con gli altri nella mente del dranzerblader – ..non sono molte le occasioni per me di far risvegliare Night dal suo sonno e quest'occasione è qualcosa di irripetibile, perciò.. battiti con me.
– Tsk, e perché dovrei? – ribatté lui di rimando, limitandosi a esternare un'espressione tanto fredda quanto scostante. Non gli piaceva la piega che aveva preso la cosa e non era intenzionato in alcun modo a perder tempo in uno scontro.
– Come perché? – ripeté lei, inarcando un sopracciglio e perdendo quel sorriso di sfida, cosa che se non altro permise al dranzerblader di riacquistare un po' più di fiducia in sé. Fiducia che aumentò quando la confusione dell'altra si fece strada nelle sue parole – Kei Hiwatari, fu campione mondiale di Beyblade, che non accetta una sfida?
– Esatto. Non ho interesse nel battermi con te – rimase fermo nella sua posizione, incrociando ambo le braccia sul petto. La fissò con uno sguardo che voleva sfidarla a contraddirlo – ..il Beyblade non è altro che un gioco da bambini.


Quelle ultime parole la congelarono sul posto.
Non poteva credere di avergliele sentite dire veramente. Sentì montare dentro di sé un'avversione verso il ragazzo che aveva di fronte tale da farla dubitare di aver mai provato qualcosa del genere in diciannove anni di vita.
E poi l'illuminazione le fece battere un pugno sul palmo dell'altra mano.
– Ma certo! Hai paura.
Lo vide spalancare appena un poco di più gli occhi color vinaccio, perdendo per quella frazione di secondo la sua proverbiale imperturbabilità, cosa che indusse la mora a rincarare la dose.
– Ahaha! Il grande Kei che ha paura di una ragazza! Non posso crederci! – esclamò ridendo, tenendosi la pancia per il divertimento.
Una barzelletta, ecco cos'era quel pensiero. Eppure il diretto interessato non rise affatto, anzi, la fissò con una serietà tale da smorzare quello scoppio d'ilarità.
– Bene! – esordì con fermezza, tornando a impugnare il suo Dranzer – Ti farò rimangiare ogni parola, mocciosetta! Preparati!
Yukiko sfoggiò un nuovo sogghigno, mettendosi in posizione.
– Fatti avanti, principino!
Quando si parlava di Beyblade, si sentiva quasi un'altra persona. Quella piccola trottola le infondeva una carica, un'energia che le davano la spinta per affrontare qualunque tipo di situazione. La consapevolezza di non essere affatto debole poi era quel che la portava a sfoggiare quel lato di sé che solitamente teneva accuratamente sottochiave in fondo al suo animo, un animo che rifiutava di venire soggiogato dal volere altrui. Quando si trattava di un incontro non le importava contro chi si stesse battendo, l'unica cosa che le importava era vincere.
Per questo non soffocò l'irritazione al tono del dranzerblader ma la sfruttò per dare slancio al proprio inizio, mettendo tutta la sua energia nel proprio lancio. Voleva toglierli  quel sorrisetto dalla faccia, vederlo sconfitto da lei stessa e ammirare l'espressione che gli avrebbe scorto sul volto, di sorpresa e sgomento, quando avrebbe compreso - troppo tardi - di averla sottovalutata.
– Vai Night, attacca! – gridò la ragazza, spronando il proprio Beyblade a fare la prima mossa.
– Dranzer, evitalo! – ordinò Kei di rimando. Un millesimo di secondo troppo lento: l'attacco dell'avversaria andò a segno, più veloce di quanto il moretto avesse previsto. Dranzer venne scalzato dalla sua posizione di una buona manciata di centimetri ed atterrò sul terreno erboso sbandando per un paio di rotazioni, prima di tornare stabile. Ripreso il controllo, lui ripartì al contrattacco, senza tuttavia a colpire l’avversaria, che si scansò all’ultimo secondo.


Di fronte a lei Kei si stava davvero innervosendo. Aveva sbagliato i suoi calcoli e questo avveniva molto di rado. Doveva tenere sempre alta la guardia, anche se era stato un campione mondiale. Il solo fatto di dover combattere di nuovo, per di più contro quella ragazza, gli faceva saltare i nervi. Le avrebbe fatto abbassare la cresta, non poteva permettersi di prenderlo per il culo in quel modo.
Fu questo a farlo decidere: non si sarebbe tirato indietro, avrebbe fatto sul serio.


– Che succede? Sei in difficoltà o sbaglio? – lo stuzzicò la ragazza, vedendolo in crisi.
Yukiko provava un senso di esultanza incontrollabile ed era su di giri, non riuscendo in alcun modo ad evitare di rivolgergli un sorriso del tutto compiaciuto di sé. Era comunque ben consapevole della necessità ti stare in guardia: in fondo, quello che aveva di fronte, era un avversario temibile e non sarebbe stato saggio fare il suo stesso errore…
Proprio in quel momento Dranzer sferrò la sua offensiva, che andò a segno. Night venne scaraventato contro la base del tronco di un albero, ma subì l’impatto molto meglio del previsto e subito dopo ritornò al centro della radura, dove stava fermo il suo avversario.
Accidenti… devo stare più attenta o un altro di quegli attacchi potrebbe mandarmi fuori gioco!” Pensò la blader, scrutando il volto del ragazzo che le stava a pochi metri di distanza.
– Non sei poi così male, devo ammetterlo… – se ne uscì lui di punto in bianco – …ma ci vuole ben altro per battermi! Attacca Dranzer, Tempesta di Fuoco!!! – esclamò Kei, sferrando il suo attacco decisivo.
– Adesso Night, attacco Stella Cometa! – fece Yukiko in risposta, sferrando a sua volta il suo attacco più potente.
I due bey si scontrarono con inaudita potenza e si sollevò un discreto polverone. I due dovettero ripararsi gli occhi con le braccia a causa dell’onda d’urto e solo dopo che il terriccio terminò di depositarsi al suolo, poterono avvedersi dell’esito dell’incontro. Si era formato una sorta di cratere poco profondo e i due bey erano al centro di esso, fermi entrambi, uno vicino all’altro.
La sfida era finita in parità.


– Allora? Niente male per una ragazzina, vero?
Kei celò ogni emozione dietro uno sbuffo infastidito, senza degnarla di un solo sguardo mentre si faceva avanti per recuperare il proprio bey. Con un saltello raggiunse il centro della depressione, chinandosi brevemente per raccogliere Dranzer.
Era in uno stato pietoso: l'anello d'attacco era scalfito in più punti e ad un esame più attento si scorgevano diverse crepe che avrebbero potuto ridurlo in pezzi se l'incontro fosse proseguito. Inoltre, il meccanismo motore era notevolmente incrinato ed andava al più presto risistemato.
Quando alzò lo sguardo sulla sua avversaria, notò che nemmeno la sua trottola era messa meglio: entrambi i bey non potevano disputare un altro incontro.
In realtà Kei non si sentiva irritato in alcun modo. Certo, era affezionato a Dranzer, ma poteva ripararlo con facilità. Inaspettatamente, durante quella sfida si era fatto prendere la mano, riassaporando quelle emozioni che da anni non lo avevano più sfiorato. Aveva percepito di nuovo la propria passione per quello sport, un sentimento che lo aveva colto impreparato e indotto a dare il massimo.
Era strano, ma era come se avesse ritrovato una parte di sé.
Un vago sorriso gli si delineò in volto, prima di dar le spalle alla ragazza e avviarsi di nuovo verso quella che era, suo malgrado, casa propria.
Non è solo una ragazzina, in fondo..




...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Ecco, come promesso, il nuovo capitoletto!
A gran voce era stato chiesto un incontro giusto? Ebbene, spero ne siate rimasti soddisfatti u.u l'ho tenuto a grandi linee tale e quale quello originale, fatta eccezione per alcune battute, quindi spero sia venuto bene.
Ne sta venendo fuori quasi una Songfic ma vi assicuro che l'intenzione non era quella! E' che di solito mi lascio ispirare un po' dalla musica e certe scene le vedo davvero bene con un po' di musica di sottofondo, quindi se avete voglia di provare, potete poi dirmi cosa ne pensate XD e se non vi convince è lo stesso, non siete obbligati insomma!
Ho cercato inoltre di dare un senso al Kei dell'età adulta, cosa che non so se mi sia riuscita proprio coerentemente in relazione al suo carattere originale, dal quale ho comunque cercato di non deviare. Fatemi sapere, mi raccomando!!
Intanto vi saluto, al prossimo capitolo! ^_*
Kaiy-chan

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Capitolo 4
*** Una preghiera nella notte ***




4. Una preghiera nella notte


Erano di nuovo tutti a tavola per consumare il pranzo, cosa non da poco visti gli impegni di lavoro del presidente. Tuttavia quel giorno doveva essere capitato qualcosa di particolare che aveva indotto il signor Hiwatari a far accomodare lei e il figlio l'uno accanto all'altra.
Yukiko aveva fatto appena in tempo a risistemare l'anello di attacco di Night prima che Shu la andasse a chiamare, e così aveva fatto il suo ingresso nella sala da pranzo con gli stessi abiti che aveva indossato quel mattino. Personalmente avrebbe preferito cambiarsi, non del tutto convinta di poter ignorare l'impressione avrebbe fatto al padrone di casa.
Tempo prima si era arrischiata a far spazio a quel suo lato di sé, ma i risultati erano stati tutto meno che positivi. Era questo che l'aveva convinta a non comportarsi più con così tanta leggerezza. Non che in effetti il parere del presidente dell'Organizzazione Hiwatari le importasse. In effetti, forse la cosa questa volta avrebbe potuto andare a suo favore, mandando a monte l'affare.
Non fu così, per l'appunto.
Nonostante l'espressione interrogativa e un po' indispettita del padrone di casa, l'aveva invitata ad accomodarsi accanto a Kei e aveva intrapreso una sorta di monologo che era durato sino a metà pasto. Gli era anche scappato detto qualcosa riguardo a quanto si somigliassero, ma l'argomento era stato interrotto da un deciso colpo di tosse del dranzerblader, palesemente seccato.
La cosa fu fonte di un certo divertimento da parte della mora, la quale faticò a non esternarlo e dovette abbassare lo sguardo sul piatto per riuscirci.
– Bene, è giunto il momento che vi informi sulla vostra situazione... – quelle poche parole furono sufficienti per calamitare l'attenzione di entrambi i blader sul capofamiglia degli Hiwatari, il quale con la massima educazione aveva appena posato la forchetta accanto al piatto vuoto – Purtroppo fra pochi giorni dovrò assentarmi per un viaggio d’affari molto importante e starò via per diverso tempo. Con me verranno anche la maggior parte dei nostri domestici.
A quell'affermazione, la ragazza alzò di scatto la testa, spalancando gli occhi verdi.
Significa che saremo praticamente da soli…” A quel pensiero, non riuscì ad evitarsi di arrossire.
– Per quanto tempo? – si informò, esitante.
– Non lo so ancora… probabilmente qualche mese – Rispose lui, senza fare una piega, prima di zittirsi e soffermarsi a squadrare i due ragazzi.
Yukiko aveva sgranato gli occhi e poi era avvampata, mentre il figlio, Kei, non aveva avuto alcuna reazione: aveva semplicemente smesso di mangiare in favore di un'immobilità assoluta che perdurò per diversi secondi.
– Bene… fai un buon viaggio – disse quest’ultimo freddamente, prima di sollevarsi di nuovo in piedi e, senza un'altra parola, uscire dalla stanza.
– Mi scusi, ma mi è passato l’appetito… – Fece a quel punto la ragazza, non riuscendo a sopportare quel silenzio. La situazione si stava facendo a dir poco critica.
S'alzò a sua volta, impacciata e rigida, guadagnando in fretta la porta.


– Sembrano proprio fatti l’uno per l’altra – si azzardò a commentare una delle cameriere a basso tono, piuttosto divertita.
Un divertimento che colse anche il padrone di casa a quel pensiero, mentre in silenzio si gustava il suo dolce alla vaniglia.


Roba da matti!” stava pensando fra sé e sé la ragazza mentre saliva le scale “Scommetto che è tutto architettato.. e probabilmente c'è pure lo zampino di quella disgraziata!” si disse, riferendosi a sua madre. Ce la vedeva fin troppo bene a complottare con il padre di Kei purtroppo, un altro soggetto non proprio rassicurante. Doveva trattarsi di una caratteristica peculiare delle persone d'affari.
Raggiunta la propria stanza aprì la porta senza degnar di uno sguardo all'ambiente circostante, prima di varcarla. Doveva restare calma. In fin dei conti quella casa era enorme, potevano tranquillamente ridurre i contatti al minimo indispensabile.
Sì, avrebbe fatto così.
Si era appena mossa verso il letto quando si accorse che in effetti quello era tutto meno che il suo letto. Inarcando un sopracciglio si guardò meglio intorno, constatando di non essere affatto nella propria stanza. Questa era arredata meno sontuosamente, con un ampio letto matrimoniale con la testiera in ferro battuto e due comodini ai lati. L'armadio dall'altro capo della parete la ricopriva quasi del tutto, ma era stato lasciato uno spazio per il televisore, più grande di quello nella sua stanza.
Quel piccolo particolare le fece inarcare un sopracciglio e arricciare le labbra con una certa contrarietà. Cavolo, avrebbero anche potuto assegnarle quella di stanza!
Con un sospiro si lasciò ricadere sull'ampio letto. L'ambiente era stato arieggiato da poco e la porta-finestra era ancora socchiusa a lasciar entrare una lieve brezza. Non le sarebbe dispiaciuto restare lì per un po', decise. Aveva bisogno di un po' di semplicità, ma soprattutto di quiete, e non le dispiaceva l'idea che quella cameriera non la disturbasse.
Abbozzò un sorrisetto sornione alla prospettiva di far un po' impazzire la servitù, la quale per un motivo o per l'altro non le era mai troppo distante. Un po' di solitudine era proprio quel che ci voleva.
Erano questi i suoi pensieri mentre si crogiolava su quel materasso, rilassandosi.
Sul punto di addormentarsi, preda di un sonno dovuto alla notte non perfettamente tranquilla che aveva trascorso, fece appena in tempo a constatare che il cuscino aveva proprio un buon odore.


Kei aveva avvertito il bisogno di confrontarsi con un'amica.
Non rammentava nessuna occasione che avesse spinto suo padre a portarsi dietro la servitù se non quando partivano per una vacanza. Probabilmente era tutta opera di un piano ben strutturato di quel vecchio bastardo.
Di ritorno dal luogo dell'incontro si premurò di non farsi vedere nel rientrare da una delle finestre sul retro, salendo in fretta le scale che l'avrebbero condotto al piano superiore. Soltanto una volta raggiunto il corridoio si rilassò abbastanza da procedere a passo più tranquillo, ficcandosi le mani in tasca mentre ancora era intento a rimuginare sulla situazione.
Passando davanti alla camera di Yukiko lanciò alla porta un'occhiata fuggevole. In fin dei conti quella ragazza era meno noiosa di quanto lui stesso avrebbe creduto. Nella mente si formarono nuovamente le parole che gli erano state dette pochi minuti prima.
Ti sei chiesto come si senta lei?
No, non se l'era chiesto, perché avrebbe dovuto?
Se provassi a conoscerla, lo capiresti
Che sciocchezze.
Sbuffando a labbra serrate poggiò una mano sulla maniglia della propria porta, facendola ruotare sui cardini ben oliati. Tuttavia, sollevando lo sguardo dal pavimento si bloccò al centro del passaggio, sgranando gli occhi scuri in un moto di sorpresa assoluta.
Lieve il vento che filtrava dalla finestra socchiusa gonfiava le tende grigio chiaro, scivolando poi a carezzare i capelli della ragazza che giaceva sul suo letto. Yukiko. Nel suo letto.
Il suo primo impulso tuttavia non fu quello di cacciarla di peso fuori dalla sua camera e la cosa che lo confuse maggiormente fu proprio quella. Impiegò una buona manciata di secondi a distogliere lo sguardo dalla ragazza e muoversi, entrando finalmente all'interno della propria stanza e richiudendo con delicatezza la porta dietro di sé.
Soltanto poi si avvicinò in silenzio al letto, fermandovisi accanto, in piedi, a fissare la mora priva di conoscenza. Era distesa a pancia in su con le lunghe gambe in parte divaricate, una mano poggiata sul ventre e l'altro braccio sollevato sopra la testa. I lunghi capelli scuri erano sparpagliati sul cuscino, ad incorniciarle quell'espressione assolutamente rilassata che le delineava il volto. Nel sonno la felpa le era scesa da una spalla, aperta sul davanti, quasi del tutto bloccata sotto la schiena di lei e lasciando così modo al dranzerblader di avere una netta visione della linea del seno e dei suoi fianchi. Quella canottiera lasciava giusto lo stretto indispensabile all'immaginazione, tanto più a causa del fatto che le si fosse sollevata sin sopra l'ombelico, lasciandole scoperta la pelle chiara.
Per la prima volta si degnò di guardarla bene, prendendosi il proprio tempo, indisturbato. Con sorpresa tuttavia non si soffermò tanto sul suo corpo, decisamente invitante, quanto sul suo viso. Aveva le labbra leggermente schiuse, rosee e apparentemente fin troppo morbide. Il suo nasino era delicato e dritto, vagamente a punta e contribuiva a donarle un'aria un po' più infantile di quella che in realtà doveva avere. La bandana che era prima sulla fronte ora giaceva aggrovigliata fra quelle ciocche bicrome, le punte cremisi che donavano un tocco di colore a quel quadretto.
Come assorto, salì sul letto a propria volta, appoggiandosi con ambo le mani sul materasso ai lati del corpo di lei. Issandosi maggiormente, incurante di aver ancora le scarpe ma spinto più da quella sua contemplazione che da altro, posò un ginocchio fra le gambe di lei prima di scavalcarla con lo stesso. Si ritrovò infine carponi sopra la ragazza, ascoltandone il respiro regolare.
Forse la sua amica aveva ragione. Forse, se l'avesse conosciuta meglio...
Non terminò di formulare quella frase che il capo della ragazza in questione si mosse. Fu solo un vago accenno di movimento, ma questo bastò per far tendere ogni muscolo al blader, facendogli trattenere il respiro per una nuova manciata di istanti. Questo finché non si accorse del rivoletto di bava che bagnava il lato destro del mento d'ella, accostato ad un sorriso quasi ebete che le era comparso in viso.
Quella visione fu talmente inattesa e in contrasto con l'impressione che aveva avuto di lei fino al momento precedente, che lo costrinsero a smorzare sul nascere uno scoppio d'ilarità, il quale gli sgorgò come uno sbuffo divertito senza che potesse frenarsi del tutto.
Era un'espressione troppo divertente.
Evidentemente dovette farsi sfuggire qualche suono di troppo, o probabilmente furono i sussulti trasmessi al materasso attraverso le braccia tese del ragazzo a causare il risveglio della mora, perché dopo un nuovo movimento del capo iniziò a schiudere le palpebre, rivelando quei suoi incredibili occhi di smeraldo.


La ragazza schiuse appena gli occhi verdi prima di riabbassare le palpebre e prendersi la briga di stiracchiarsi i muscoli. Quando tuttavia, dopo aver deglutito i rimasugli di saliva del sonno, tornò con più presenza di spirito a sollevare le palpebre, si ritrovò ad incrociare due sorprendenti occhi dai riflessi porpora. Sbatté più volte le palpebre, irrigidendo ogni muscolo per il senso di allarme che la colse in risposta ai messaggi dei suoi sensi.
Non era un sogno.
Quegli occhi erano di Kei, fermo lì sopra di lei, e la stava fissando con un malcelato sorrisetto che gli si accentuò in volto di pari passo al rossore che percepiva farsi strada sul proprio viso.
– Ben svegliata.
– K-Kei! Che..che ci fai qui?
– Sei nella mia stanza – ribatté lui fessurizzando il proprio sguardo – Mi sembra che tu abbia trovato il mio letto piuttosto comodo... – aggiunse, con una nota di malizia.
– Non l’ho fatto apposta, mi dispiace… è che non ci ho fatto caso e… – si scusò meccanicamente Yukiko, ancora più imbarazzata ed impacciata di prima. Era così vicino che poteva distinguere ogni singolo capello argenteo che gli contornava quegli occhi sfumati di porpora. Il cuore le batteva talmente forte che era sicurissima potesse sentirlo.
– Ah sì? – fece il dranzerblader in risposta, per nulla convinto. Anche nel suo imbarazzo totale la mora poteva cogliere il profondo divertimento che si celava dietro quello sguardo carico di malizia – Io non credo che si sia trattato d'una svista... – si abbassò tanto verso di lei da arrivarle a sfiorare la punta del naso con la propria, sempre occhi negli occhi – ...certo che non credevo potessi essere una tipa tanto spudorata. Neanche il tempo al vecchio di levar le tende...
– C..c..c..co..
Yukiko era entrata nel pallone. La percezione del suo respiro sulla pelle, il suo odore, la sua voce ora più bassa e sensuale, quasi roca. Pervasa da una scarica di brividi caldi chiuse strettamente gli occhi, deglutendo nervosamente. Soltanto così riuscì a spiccicare parola.
– Ti..ti stai sbagliando – lo disse in tono talmente flebile che finì per chiedersi se lui l'avesse sentita.
Lo percepì muoversi e avvertendo di nuovo l'aria fresca sulla pelle si arrischiò a schiudere un occhio, vedendo così il dranzerblader scendere dal letto.
– Per questa volta lascerò correre – affermò con indifferenza, un tono a cui ella era decisamente più abituata, dandole la schiena. Tuttavia, subito dopo, le scoccò un'occhiata da sopra la spalla accostata ad un mezzo sorrisetto che non lasciava presagire nulla di buono. Impressione avvalorata dalle parole che seguirono, di nuovo velate di una malizia senza pari – ..ma la prossima volta non sarai tanto fortunata.
Sussultando appena Yukiko riuscì finalmente a muoversi, l'improvviso blocco dei muscoli venutole meno in uno scatto che la portò in piedi in mezzo secondo.
– S-sì! – esclamò al culmine dell'imbarazzo.
Allora la ragazza cercò di raggiungere in tutta fretta la porta che dava sul corridoio, incespicando dall'agitazione che non riusciva a scrollarsi di dosso. Percepì una leggera risata provenire dalle sue spalle ed aveva già schiuso l'anta, quando gli rivolse un'ultima occhiata, il volto ancora in fiamme.
– Ovviamente stanotte preferirei dormire da solo, se non ti dispiace..
Quell'ultima frecciatina la convinse a chiudersi la porta alle spalle, dopo aver guadagnato il corridoio con la velocità di un fulmine. Il tonfo del battente fece seguire un silenzio pervaso soltanto dal suono del suo stesso cuore, che con insistenza ancora le batteva nelle orecchie.
Tremò, preda di emozioni di una tale intensità che le erano del tutto nuove, usando quella stessa maniglia per reggersi in quella manciata di secondi di silenzio quasi assoluto.
Che cazzo era?!
Rivide davanti agli occhi ancora spalancati l'immagine della schiena del blader, in un flash che ebbe come obiettivo quello di focalizzare la scritta sulla sua maglietta.
E percepì il proprio cuore sussultare.


Nella sua camera Kei rimase in ascolto, godendosi la melodia che, appena iniziata, proveniva dalla stanza accanto piuttosto chiaramente attraverso la finestra socchiusa. Probabilmente anche la ragazza dall'altra parte della parete aveva aperto la sua porta-finestra.

How can you see into my eyes
like open doors
Leading you down into my core
where I've become so numb

Si ritrovò a distinguere una tonalità diversa in sottofondo rispetto a quella della cantante e spalancò gli occhi sul soffitto nel rendersi così conto che era Yukiko che stava cantando, talmente forte da arrivare a farsi sentire persino da lui. Si alzò dal letto sul quale s'era sdraiato con nuovo slancio e con pochi rapidi passi si avvicinò alla parete accanto al letto, spegnendo la luce.

Without a soul
my spirit's sleeping somewhere cold
until you find it there and lead it back home

Quindi si accostò alla porta-finestra, schiudendola maggiormente. La voce della ragazza era più distinguibile di poc'anzi ora, tanto che già intuì dovesse essere accanto alla finestra. Gli bastò sporgersi appena per vederla, lì in piedi su quel balcone, con il profilo rivolto alla falce di luna luminosa e le mani appoggiate sul parapetto.

Wake me up
Wake me up inside
I can't wake up
Wake me up inside
Save me
Call my name and save me from the dark

Aveva una voce limpida, eppure a metà strofa ne percepì il tremito, come se si fosse incrinata improvvisamente. Quella variazione appena accennata gli sfiorò direttamente il cuore e con un sussulto sommesso si sporse nelle tenebre quel poco chi gli bastò per distinguere un riverbero su quel viso. Sgranò gli occhi scuri il blader, avvertendo il proprio respiro venir meno.
Stava piangendo.

Wake me up
Bid my blood to run
I can't wake up
Before I come undone
Save me
Save me from the nothing I've become.

Tornò a farsi indietro, appoggiandosi con una spalla allo stipite della finestra. Non riuscì a smettere di ascoltarla esprimere il suo dolore in quel modo del tutto simile ad una preghiera, sentendosi al tempo stesso alla stregua di un ladro. Eppure non riuscì a fare altrimenti, rimanendo immobile in quella posizione sino allo scandire dell'ultima nota, lo sguardo basso, celato nell'ombra che avvolgeva gran parte di quella casa.



...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Ve lo giuro, non è una Songfic >.<
fa tutto parte della trama, quindi non allarmatevi. Per ora non ne ho inserite altre di strofe e non so se ricapiterà mooolto più avanti, ma per ora (ho scritto parecchio fra ieri e oggi) non è così quindi tranquilli! Volevo ringraziare chi mi ha seguito così fedelmente fin'ora e mi ha recensito puntualmente nonostante siamo ancora praticamente all'inizio. Ah! Ne vedrete delle belle, ve lo posso assicurare!!!
Nel frattempo, augurandomi che anche questo capitolo non vi abbia deluso, attendo con pazienza di sapere il vostro parere!
Al prossimo aggiornamento! Muhahahahahah!!
Kaiy-chan

P.S. Allego qui in fondo il link alla canzone, approfittandone avendo trovato un video che è proprio attinente all'ambientazione! *CLICK!*

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Capitolo 5
*** Ne ho abbastanza... ***




5. Ne ho abbastanza...


Quando Yukiko riaprì gli occhi, quel mattino, lo trovò più arduo del solito.
Non aveva alcuna voglia di svegliarsi e ritrovarsi ad affrontare la dura realtà. Voleva solo dormire, dormire per il resto della giornata. Dormire per sempre.
Il suo cellulare squillò, avvertendola dal suo posto sul comodino dell'arrivo di un nuovo messaggio. Sbuffando la ragazza si decise a rotolare su sé stessa per dare un'occhiata a chi la stesse cercando, ma già sapeva, ancor prima di visualizzare il display, che non poteva essere altri che sua madre.
Per questo rimise giù il telefono, decidendo di ignorare anche lei.
Si sentiva malissimo, emotivamente parlando. Il sonno l'aveva aiutata a ricacciare in fondo all'anima la propria pena ma non era servito ad affievolire il senso di abbandono che l'aveva colta. Il motivo che l'aveva spinta a cadere in quello stato di sconforto era derivato in gran parte dalle emozioni del giorno precedente.
L'elettricità che aveva risvegliato in lei il dranzerblader l'aveva sconvolta più di quanto si sarebbe potuta aspettare. Le era sembrato di essere sballottata da un mare in tempesta. Una volta chiusasi nella sua stanza si era messa ad armeggiare con Night, facendolo girare al centro dell'enorme cabina-armadio ancora vuota.
Non aveva nemmeno svuotato le valigie.
I pensieri oppressivi e dolorosi che l'avevano fatta sprofondare erano arrivati solo dopocena. Durante il pasto il principino non le aveva rivolto neanche uno sguardo, come se non fosse successo nulla, e lei si era ritrovata a paragonarlo alla sua ultima esperienza. Era stato quello a fregarla.
Le era tornato in mente Manabe.
Lei stessa si era sorpresa che quel ragazzo fosse riuscito a ferirla a tal punto.
L'aveva avvicinata, l'aveva usata e alla fine si era rivelato per il mostro che era. Non l'aveva mai amata, non l'aveva mai desiderata sul serio. A fargli gola erano stati i soldi della sua famiglia e l'aveva sottovalutata credendo che lei non l'avrebbe scoperto. Quando la verità era venuta a galla, Yukiko aveva visto il suo mondo infrangersi come una vetrata di cristallo colpita da una mazza di ferro. Il suono prodotto dal suo cuore aveva avuto il medesimo eco.
– Gli uomini sono tutti uguali – mormorò a sé stessa sotto le coperte, affondando il viso nel cuscino.
Il suo telefono tornò a squillare, questa volta facendo partire la suoneria, segno di una chiamata in arrivo. Sbuffando seccata Yukiko, senza nemmeno degnarsi di guardare di nuovo il display, allungò una mano e toccando lo schermo si portò il dispositivo all'orecchio. Non riuscì in alcun modo a evitare di rispondere tradendo quel medesimo stato d'animo.
– Pronto?!
– Pronto, Yuki?? – le rispose una voce femminile dall'altro capo del telefono.
Lei conosceva quella voce e non soltanto perché fosse l'unica ad averla mai chiamata a quel modo. Il suo umore, già sul fondo di un cratere, caracollò ancora più in basso mentre i nervi le si tesero automaticamente.
– Uzumi...
– Yuki, quanto mi sei mancata. Perché sei sparita a quel modo? Che fine hai fatto??
La mora si strinse la stoffa del suo ampio pigiama con la mano libera all'altezza del cuore, come se con questo potesse farlo smettere di sanguinare, ma riuscì a mantenere un tono neutro seppur basso.
– Sono successe un po' di cose.
– Dove sei ora?
– È un po' complicato da spiegare – non voleva vederla.
– Posso venire lì? Ho voglia di vederti, Yuki!
– Non so...
– Eddai! – insistette l'altra all'altro capo del telefono.
La conversazione continuò così per un altro po', con la ragazza ancora a letto che balbettava le prime scuse che le venivano in mente e l'altra dall'altro capo che gliele smontava una dopo l'altra, continuando ad insistere. Alla fine la mora non poté far altro che cedere.
– Vediamoci al solito caffé fra due ore.
– Quello fuori dal centro?
– Sì esatto, quello all'angolo.
– D'accordo – esclamò vivacemente la ragazza – Allora a fra poco!
Yukiko riattaccò, lasciando scivolare l'apparecchio sul cuscino accanto al proprio capo.
Quella non era proprio la sua giornata.


Kei non l'avrebbe seguita se non fosse stato palese che era la stessa ragazza a non voler farsi seguire e lui per natura era uno di quelli che tendevano a fare il contrario di quanto gli veniva detto. Anche se tecnicamente lei non gli aveva detto proprio niente.
Era questo il motivo principale che l'aveva spinto a “prendere in prestito” le chiavi dell'auto di riserva: una Chevrolet Camaro Cabrio di un ordinario grigio piombo metallizzato. Non centrava affatto lo sguardo che le aveva visto in volto quando l'aveva incrociata in corridoio, né l'episodio della sera precedente.
Dannazione!” Sbottò, infilandosi gli occhiali da sole e avviando il motore “Non sono più molto bravo a mentire a me stesso..
Percorse il vialetto della villa a velocità moderata, prima di far il giro dall'altro lato. Fermò la macchina senza spegnere il motore ad un incrocio di distanza dalla ragazza, la quale stava aspettando a bordo strada. Ben presto si fermò un taxi, vettura sulla quale la mora salì senza indugio dopo aver scambiato un paio di parole con l'autista.
Dove sta andando?
Non poteva star scappando, non aveva nulla con sé se non lo stretto indispensabile. Era vestita come lui l'aveva vista due giorni prima, con quei jeans provvisti di catena e la felpa nera e rossa, ma in aggiunta aveva un berretto con visiera dei RedSox.
Accese la radio, guidando ad una distanza di sicurezza dietro al taxi, cercando di non farsi scoprire in quell'inseguimento lungo le vie della cittadina. Quando il mezzo uscì dalla periferia, ormai per il giovane Hiwatari era chiaro come il sole che la mora stesse tornando a Tokyo.
Accantonò una nuova serie di interrogativi, limitandosi a non perdere di vista l'auto. Erano passati quasi venti minuti dall'inizio di quell'avventura e Kei stava giusto iniziando a stancarsi di quel gioco, quando finalmente il taxi accostò per far scendere la sua passeggera. Si trovavano fuori dal centro della grande città, in una via piuttosto frequentata e lui, passando oltre, imboccò il primo vicolo sulla destra. Riuscì a trovare parcheggio appena svoltato l'angolo, cosa che gli permise di lasciare l'auto per poter proseguire a piedi, cosa decisamente più comoda al dranzerblader.
Dovevano essere prossimi alla loro destinazione.
Si assicurò di aver ben chiuso l'auto, con tettuccio rialzato e tutto, prima di voltarsi e affacciarsi al viale ove era sicuro fosse scesa Yukiko. Inizialmente non la vide subito, cosa che gli fece temere di averla persa, ma fu felice di ricredersi quando la scorse dall'altro lato della strada, che procedeva con le mani in tasca verso il centro.
Kei le rimase dietro, procedendo su quel lato della strada, ficcandosi a propria volta le mani nelle tasche della giacca in pelle che si era messo al volo. Era una giornata tendenzialmente uggiosa e il poco sole che filtrava dalle nubi non riusciva a scaldare l'aria di fine estate. Un'estate più fredda di quanto ci si potesse aspettare.
Procedettero entrambi per una trentina di metri, finché finalmente la mora non entrò in un caffé dalle ampie vetrate, attraverso le quali si riusciva a intravedere l'interno. Sembrava un posto come un altro, senza qualcosa di particolare da renderlo speciale. Nemmeno la gente all'interno era molta e il blader, notandola sedersi ad uno dei tavolini posti proprio accanto alla vetrata, inarcò un sopracciglio.
Che c'è venuta a fare fin qui?
La vide togliersi il berretto e appoggiarlo sul tavolo mentre si riavviava i lunghi capelli scuri, ed a quel punto gli venne l'illuminazione. Stava aspettando qualcuno. Questo almeno, a giudicare dal modo in cui gettava occhiate alla strada.
Non poteva restare lì impalato.
Attraversò a sua volta la strada, prendendo posto ad uno dei tavolini del bar accanto, in una posizione strategica. Riuscì anche a procurarsi un quotidiano, dietro le cui pagine poteva tener d'occhio la ragazza senza destare sospetti.
Si sentì un po' uno stalker dopo una manciata di secondi. In fin dei conti stava filando tutto liscio e si solleticò con l'idea di poterlo fare per mestiere. Suo padre avrebbe sicuramente avuto un infarto in quel caso.
Sorrise appena fra sé e sé finché non notò una ragazza prendere posto di fronte a Yukiko. Quella consapevolezza per un qualche motivo gli fece rilassare le spalle. Accortosene, sbuffò sommessamente, infastidito.
Tsk. Perché mai dovrei sentirmi sollevato?
Non si diede una risposta.
Invece da quell'angolazione gli era impossibile vedere il viso di Yukiko, pertanto non aveva alcuna possibilità di indovinare di cosa stessero parlando, figurarsi sentirlo. Tuttavia la sua amica sorrideva in continuazione, pertanto non sarebbe stato l'unico a presupporre che stessero affrontando uno di quei discorsi da ragazze, uno di quelli tipici fra amiche insomma. Fu soltanto dopo una manciata di minuti che si accorse che quel sorriso aveva un ché di strano: non era mai sfumato del tutto. Mai. Nemmeno quando la sconosciuta traeva un sorso della sua bevanda.
Inarcando un sopracciglio abbassò lo sguardo sul profilo della giovane Natsuki, fino a ché non lo soffermò sul suo braccio, appoggiato al tavolo a lato vetro e allora inarcò ambo le sopracciglia. Si ritrovò a spalancare gli occhi scuri dalla sorpresa nel notare la mano d'ella stringere l'alto bicchiere di carta con più energia del dovuto, tanta da accartocciarlo sotto i suoi stessi occhi.
– Maledizione! – si lasciò sfuggire in un tono sommesso, ripiegando il giornale e alzandosi dalla sua sedia.
Non poteva più starsene lì, doveva assolutamente sentire cosa si stavano dicendo quelle due. Perché Yukiko, per quanto potesse rappresentare una minaccia orchestrata da suo padre, non stava bene. Ed era una consapevolezza che non riusciva a lasciarsi scivolare addosso con la solita indifferenza.


Yukiko Natsuki si chiuse in bagno.
Stava diventando sin troppo penoso quell'incontro. Era partita con l'intenzione di rivelarle tutto, di mettere le cose in chiaro, ma ora che erano lì, faccia a faccia, la ragazza non riusciva a smettere di chiedersi come potesse l'altra continuare a sorriderle in quel modo, nonostante quello che le aveva fatto.
Si sciacquò la manica della giacca, macchiata di caffè-latte a causa della tensione che l'aveva portata a stringere con troppa forza il bicchiere. Quindi si lavò per bene anche il viso, come se il contatto con l'acqua fredda potesse bastare a risvegliare in lei la determinazione a chiudere con quella storia.
Era capace di affrontare solo un problema della sua vita alla volta ed ora aveva bisogno di concentrarsi soltanto sulla questione 'matrimonio combinato' organizzata da sua madre. Non poteva permettere al proprio passato di tornare a tormentarla come era successo fino a qualche ora prima. Come stava accadendo tutt'ora.
Inspirò guardando il proprio riflesso gocciolante nello specchio.
– Svegliati Yukiko.. – mormorò decisa a sé stessa.
Poteva farcela. Ce l'avrebbe fatta.
E poi sarebbe tornata a casa di quello stronzo di Kei e gliene avrebbe cantate anche a lui per i suoi stupidi giochetti del giorno precedente. Non si sarebbe fatta prendere in giro un'altra volta.
Il solo pensiero del dranzerblader le infuse una scarica di adrenalina che le fece credere di essere finalmente sulla buona strada, così si asciugò il viso e le mani con qualche salvietta e uscì da quello stanzino.
Tornò al tavolo con passo misurato, un po' più pesante di come se l'era augurato, ma si rifiutò di sollevare lo sguardo su quella che fino a pochi mesi prima aveva considerato la sua migliore amica. Quando le si accomodò di nuovo di fronte udì l'altra riprendere il suo chiacchiericcio a vanvera e allora finalmente sollevò l'iridi sul suo volto. Aveva quel suo tremendo sorriso, falso fin nel midollo, contornato da labbra di un rosso acceso. Tutto il suo volto, notò solo ora la mora, era ricoperto di una traccia di trucco pesante che fino a pochi mesi prima non rammentava fosse tipica di lei e se ne sorprese.
– Uzumi. Da quand'è che hai preso a truccarti in questo modo? – l'interruppe.
La ragazza dai corti capelli castani inarcò un sopracciglio, sorpresa a quella domanda a bruciapelo, ma non tardò troppo a rispondere, esordendo con una bassa risata di circostanza.
– Sto bene vero? Sai, ho capito che devi apparire al meglio se vuoi tenerti stretto un uomo.
– È per Manabe, vero?
Silenzio di tomba.
– Cosa dici, Yuki.. – quella replica, fattasi attendere, era tutto meno che convincente ed ebbe il potere di far crescere la sicurezza della nightblader. La mora infatti non vacillò affatto, mantenendo un'espressione seria quanto determinata mentre seguitava a fissarla negli occhi.
– Tu credi che conciandoti così eviterai di fare la mia stessa fine – la incalzò ancora.
– Y...Yuki... – sul volto carico dell'altra comparve finalmente la prima ombra d'incertezza, sintomo che aveva colpito nel segno.
Yukiko si ritrovò a sorridere, un sorriso velato.
– Non credevo che i vostri giochetti ti si sarebbero rivoltati contro – continuò imperterrita, appoggiandosi allo schienale della sedia e sostenendo lo sguardo sempre più sconvolto dell'altra – ..e scommetto che non ci avevi pensato nemmeno tu.
– Yu..
Smettila di chiamarmi in quel modo! – esclamò a voce più alta, non riuscendo a contenersi. Accortasi del proprio errore si morse il labbro, lo sguardo fisso sul tavolo. Aveva attirato l'attenzione di altri clienti di quel caffè, oltre ad averla fatta sussultare, ma tentò di non curarsene, proseguendo a tono più basso – So ogni cosa. Lo so da mesi della vostra storia, di ciò che facevate alle mie spalle. So persino della considerazione che avevate di me. Perché mai altrimenti avrei dovuto sparire in quel modo, senza più cercare quella che in teoria era la mia migliore amica? – era una domanda retorica, non si aspettava una risposta e sollevando lo sguardo sulla ragazza che aveva di fronte si accorse che non ne avrebbe potuto riceverne nemmeno se fosse stato il contrario – Mi avete tradita. Tutti e due. Lui, che era il mio ragazzo e tu, che dicevi di essere mia amica. Ed è una cosa su cui non riesco proprio a passare sopra.
Detto questo Yukiko si alzò e afferrò il proprio berretto, preparandosi ad andarsene. A quel movimento anche Uzumi parve riscuotersi e ritrovare la propria voce.
– A..aspetta, Yuki.. – cercò di attirarne l'attenzione, alzandosi a propria volta.
A quella supplica però la giovane Natsuki le scoccò un'occhiata ammonitrice.
– Non voglio più saperne, né di te né di lui – lapidaria quanto più riuscì a costringersi ad esserlo, dovette fare uno sforzo per impedire alla propria voce di incrinarsi. Avvertiva gli occhi iniziare a pizzicarle, segno che le lacrime erano prossime a prendere il sopravvento in reazione alla profonda amarezza che covava nel petto – Ne ho abbastanza di persone false intorno.
Nel breve silenzio che seguì, Yukiko riuscì a muoversi di qualche passo verso la porta del locale, ma venne bloccata dalla mano di Uzumi, che si era sporta ad afferrarle una manica, costringendola a ruotare parzialmente il busto verso di lei. In quei pochi secondi la mora vide il volto dell'ex amica contratto in una smorfia di sdegno talmente espressiva e in contrasto con i sorrisi falsi di poc'anzi da prenderla in contropiede.
– Come osi, stronza? Sei solo una sfigata piena di soldi che..
Fu a quel punto che nel suo campo visivo comparve un'ombra dai riflessi d'argento. Una mano si strinse intorno al polso di Uzumi, facendola sussultare e gemere di dolore mentre lasciava la presa.
– Faresti bene a fare ciò che ha detto e lasciarla in pace – la voce del ragazzo era talmente fredda, intrisa di una velata minaccia, che avrebbe fatto rabbrividire persino Yukiko se non fosse stata troppo sorpresa di trovarselo davanti.
– Kei! – esclamò a mezza voce, volgendosi verso di lui a fissarlo ad occhi sgranati.
In quella circostanza le sembrava ancora più alto, una figura imponente anche grazie all'effetto che gli donava il giubbotto in pelle che si era messo a sovrastare la maglia a manica corta. Vestito rigorosamente di nero, quell'abbigliamento non faceva altro che accentuare il colore luminoso dei suoi capelli d'argento, abbastanza lunghi da incorniciargli in maniera poco ordinata lo sguardo rubino. Sì, perché con quella luce e quell'intensità, le sue iridi sembravano sul punto di prendere fuoco.
– Chi sei? … C-cosa vuoi? … Lasciami – reagì la castana in risposta, la voce incrinata.
Kei la lasciò, rischiando di farla sbilanciare all'indietro per la repentinità del gesto, e quella stava ancora cercando di riprendersi quando il dranzerblader le rivolse le spalle, facendo un passo verso la moretta.
– Andiamocene.
Non le rivolse altra parola prima di afferrarla per la mano destra e condurla con decisione fuori dal locale. Ignorarono gli strepiti e le lamentele della ragazza che si lasciarono dietro, la mente di Yukiko che ancora faticava a ricollegare l'accaduto.
Procedendo lungo il marciapiede quasi incespicando, la mora si ritrovò a fissarne l'ampia schiena senza riuscire a capacitarsi di ciò che vedeva.
Cosa ci fa Kei qui?” Era davvero del blader di ghiaccio la mano che con quel tocco deciso e premuroso al tempo stesso stringeva la sua?
Attraverso quel contatto ella ne percepiva distintamente il calore. Era una stretta tale da trasmetterle un'emozione come un tacito messaggio e allora abbassò gli occhi verdi su di esso, trovando la propria mano più piccola di quanto ricordasse all'interno di quella di lui. Era una sensazione nuova, che le serpeggiò calda sino al centro del petto e non fece altro che aumentare la confusione della ragazza.
Una confusione che le rubò la voce stessa.


...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Ta-dah! Come promesso eccomi qui..mi sono appena svegliata ma non potevo rimandare, sono troppo entusiasta! Vi è piaciuto?
Ne approfitto e allego qui sotto l'auto presa da Kei, per farvela vedere come si deve u.u

Della serie: per fortuna era la macchina di servizio!! Muhahaha!

Angolo ringraziamenti:
Ne voglio approfittare per ringraziare pubblicamente, in occasione del quinto capitolo *le scende una lacrimuccia*
LadySilmeria e Keyra Hanako D Hono che continuano imperterrite a seguirmi e puntualmente continuano a recensire! Vi adoro. Sappiatelo.


Ed ora vi saluto, che per me è tempo di fare colazione e mettermi a studiare! Ci vediamo al prossimo capitolo...ovvero a domani! Muhahahahahaha..
Un bacio ^_*
Kaiy-chan

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Capitolo 6
*** Lato nascosto ***




6. Lato nascosto


La fece salire in macchina senza una parola e una volta richiuse le portiere Kei infilò la chiave nel quadrante, cercando di non pensare a ciò che era appena successo. Ora l'unica cosa che contava era tornare a casa.
Mise in moto e il rombo del motore riempì il silenzio dell'abitacolo. Si infilò di nuovo gli occhiali da sole, prima di fare manovra e lanciare alla fine un'occhiata alla sua passeggera, accomodatasi sul sedile accanto. Aveva lo sguardo rivolto alla strada ed un'espressione neutra, vivacizzata da una sfumatura di rossore di cui Kei non era comunque troppo convinto.
Non le rivolse nessuna parola ma si immetté in strada, facendo scendere il tettuccio e permettendo all'aria fredda di insinuarsi all'interno della vettura. Guidarono praticamente in silenzio, almeno per i primi dieci minuti buoni, il blader con lo sguardo fisso sulla strada di fronte a loro. Si era ormai messo il cuore in pace, nelle orecchie il rombo del motore e il rumore del vento, quando quel mutismo venne infranto.
– Perché mi hai seguita?
Per un primo istante il ragazzo non fu certo di averla davvero udita, ma quando quelle parole gli risuonarono chiare nella mente ci mise una manciata di secondi a realizzare di doverle rispondere. La cosa più sorprendente fu che, quando lo fece, un flash di quando l'aveva incrociata per il corridoio poche ore prima quasi lo spinse a dirle la verità. Quasi.
– Non ti ho seguita – “..ti stavo solo tenendo d'occhio
Il silenzio che seguì dopo una manciata di secondi lo indusse a credere che lei non avrebbe più detto nulla, cosa che gli permise di stringere con meno nervosismo il volante dell'auto. Stava per lanciarle una nuova occhiata quando quell'unica parola gli raggiunse le orecchie.
– Grazie.
La voce di lei lo raggiunse comunque nonostante l'avesse proferita a voce meno alta, ma da essa gli era comunque giunta quella sfumatura di spossatezza e liberazione insieme che lo indussero a scoccarle uno sguardo di sfuggita. La vide sorridere appena, i lunghi capelli scompigliati dal vento e la schiena abbandonata sul sedile. Teneva il suo berretto stretto fra le mani, posate in grembo, ed aveva gli occhi chiusi.
Quel sentimento di gratitudine così facilmente espresso arrivò a sfiorargli l'animo e quella fu una delle poche volte in cui non si pentì di aver ceduto alla propria impulsività.


Come misero piede sul selciato di fronte all'ingresso della villa, gli andarono incontro gli unici membri della servitù rimasti in quella casa dopo la partenza del padrone, compreso l'autista di servizio.
– Signorino!
– Signorino Hiwatari.
Il diretto interessato procedette come se niente fosse, lanciando le chiavi in mano all'autista. Yukiko si affrettò a seguirlo dentro, mentre questi ignorava le proteste, seppur contenute, dell'uomo assunto dalla famiglia per alleggerirne i membri dell'onere della guida. Il poverino temeva di vedersi togliere il posto.
– Umphf.
Kei sparì oltre la soglia senza aggiungere altro e la mora gli andò dietro, più per inerzia che per vera e propria intenzione di seguirlo. Infatti, una volta entrata nell'atrio a propria volta, lei si fermò a guardarsi intorno prima di notare la direzione intrapresa dal blader, per una volta del tutto diversa da quella che attraverso le scale conduceva al piano superiore.
– Kei. Dove vai?
– Ho fame – le rispose questi in tono atono, senza nemmeno scoccarle uno sguardo ma continuando a camminare con le mani ficcate in tasca.
L'ora di pranzo era passata da poco e le bastò quella considerazione per far rendere conto anche a lei della desolazione in cui versava il proprio stomaco. Sospirando si decise a seguirlo in cucina, ben lieta di non doverla cercare per conto proprio. In effetti non si era ancora prodigata ad esplorare quell'enorme e sontuosa casa, la quale nonostante tutto pareva come immersa in un'atmosfera tetra.
Sarà colpa dei tendaggi scuri” ipotizzò fra sé e sé lei, guardandosi intorno.
Entrando nelle cucine Yukiko inarcò un sopracciglio. All'interno v'erano due cuochi intenti ad armeggiare con pentole e stoviglie, i quali tuttavia si bloccarono appena si accorsero della loro presenza. Fu una scenetta quasi comica, perché subito scoppiò il caos.
– Signorina Natsuki!
– Singorino Hiwatari, cosa fate qui?
– Se lo venisse a sapere il padrone..!
Il dranzerblader li ignorò così come aveva ignorato i camerieri all'ingresso e senza una parola si fermò di fronte al frigorifero, aprendone lo sportello con un unico movimento fluido, che si interruppe nel momento in cui riuscì a inquadrarne il contenuto.
Anche Yukiko si accostò al frigo, restando tuttavia un paio di passi indietro. Tutto in quell'ambiente sembrava enorme e quell'elettrodomestico non faceva eccezione: ci sarebbe potuta entrare agevolmente senza nemmeno dover chinare la testa.
Fra i vari ripiani ricolmi di ingredienti freschi ci erano anche delle ciotole di ceramica ricoperte di un paio di strati di pellicola trasparente e non fu la sola a scorgerli. Uno dei cuochi trasalì.
– S-signorino! Ci scusi infinitamente, abbiamo pensato di mettere in fresco il pranzo preparato oggi per voi!
– Le prepareremo subito qualcos'altro di fresco, signorino!
La comicità della scena consisteva nel contrasto netto definito dall'indifferenza del ragazzo, direttamente proporzionale all'agitazione dei due cuochi. Più questi si affannavano, meno lui faceva caso a loro, tanto che a quel punto il dranzerblader si chinò appena e allungò una mano per tirar fuori una delle ciotole ricolme di cibo.
– Signorino..
– La prego, signorino..
Lo sconforto di quelle voci era accostato ad un pallore sui loro visi che aveva dell'assurdo. Erano più bianchi di un lenzuolo.
– Ti piace il curry?
– Eh? – Yukiko cadde dalle nuvole, sussultando per la sorpresa.
– Il curry – ripeté Kei verso di lei, scoccandole finalmente un'occhiata.
– Ah.. sì, certamente – gli rispose lei, riuscendo a ricollegare il cervello dopo quel momento in cui era stata presa alla sprovvista.
A quella risposta lo vide decidersi ed estrarre dal ripiano una ciotola il cui contenuto scuro e fluido ondeggiò, sfiorando il bordo interno a quello spostamento.
– Ehi, voi.. – si rivolse allora ai cuochi.
– S-sì? – esclamarono questi all'unisono, sobbalzando in un nuovo ritorno alla vita
– È rimasto del riso?
– G..gliene cuociamo subito dell'altro, signorino!
A quel punto il giovane Hiwatari sembrò cogliere qualcosa in un angolo della cucina ed, in silenzio, vi si avvicinò mentre i cuochi si agitavano indaffarati per la cucina per recuperare una pentola, riempirla d'acqua e metterla sul fuoco.
Fu così che Yukiko, seguendo con lo sguardo il blader, lo vide fermarsi accanto alla pattumiera e sollevarne il coperchio, sbirciandone l'interno. La mora inarcò un sopracciglio, senza dire una parola mentre lo osservò guardare quello che era effettivamente il mucchietto di riso candido che era stato riversato all'interno del sacco nero. L'espressione del ragazzo rimase impassibile per diversi secondi, prima di voltarsi e tornare verso il tavolo sul quale aveva riposto la ciotola contenente il curry avanzato.
– Niente riso – esordì senza alcun apparente sentimento.
La nightblader si fece ancora più perplessa. Che voleva dire "niente riso"? Come pensava di mangiarlo quel curry??
Domande alle quali ebbe ben presto una risposta, perché il blader in questione, afferrato un cucchiaio, si servì da sé riempiendosi una ciotola in bianca ceramica, prima di immergervi la posata e accostarsela imperturbabile alla bocca.
K-Kei?! – le venne la pelle d'oca e con uno scatto gli fu accanto, afferrandogli il braccio per bloccarlo.
Quel gesto, dettato dall'impulso del momento, le fece guadagnare un'occhiata perplessa da parte del ragazzo in questione. Un'occhiata che ben calzava su quel volto dall'aria soltanto in minima parte confusa, ma abbastanza da darle l'impressione di aver a che fare con un'ingenuità alquanto infantile.
– C-che stai facendo? Non puoi mangiarlo così!
– Perché no?
– Starai male se lo fai! – sbottò lei, sentendosi contrariata quanto scioccata.
Com'è possibile che un tipo del genere se ne esca con certe cose?! Cos'è, un bambino??
Il broncio che gli vide per un attimo sul volto le fece trarre la conclusione che sì, per certi versi era proprio un bambino.
– Non mi piacciono gli sprechi.
Ho detto che non puoi! – scattò la mora, scaldandosi per tanta cocciutaggine da parte dell'altro. Lo fissò con un'ostinazione talmente pressante da indurlo a distogliere lo sguardo ed, alla fine, egli parve cedere, con suo sommo sollievo – Su, non è così grave. Per quello andato perso non puoi più farci niente, ma cerca di non mettere in imbarazzo i tuoi stessi dipendenti – lo ammonì, tentando di restare il più accomodante possibile. Era ben consapevole di quanto potesse essere dura lavorare alle dipendenze di una famiglia tanto prestigiosa e pretenziosa come erano gli Hiwatari: il minimo errore poteva non essere dimenticato facilmente e se quello stesso errore avesse nuociuto ad un membro stesso di quella famiglia, avrebbe potuto segnare la fine della carriera dei suddetti – Fra poco avrai dell'altro riso – concluse, con un sorriso nervoso. Riuscì in qualche modo ad allontanarlo dalla ciotola di curry ancora da riscaldare e la diede ai due cuochi, che si affrettarono a metterla lontano dalle grinfie del dranzerblader.
– Ora stai buono qui, seduto, mentre i signori si occupano di tutto. Vero? – chiese lei ai due uomini in divisa bianca, ricevendo un nuovo assenso da entrambi.
– Umphf – sbuffò quello, incrociando le braccia sul petto e accavallando le gambe.
Quella posa orgogliosa non fece altro che confermare la sua impressione.
Eppure si ritrovò a sorridere divertita dopo una manciata di secondi: non avrebbe mai creduto che fosse tipo da preoccuparsi per gli sprechi o per il duro lavoro degli altri. Sedendogli accanto spostò gli occhi verdi di nuovo sui due uomini, ora indaffarati e motivati a predisporre loro qualcosa da mangiare ed il sorriso le si accentuò in volto quando notò le loro espressioni.
Erano l'esatta copia della sua.


Il giorno seguente si presentò alla porta della villa la signora Natsuki.
Trovandosi di fronte sua madre con appresso una serie di scatoloni, Yukiko avvertì come se sulla nuca le fosse comparsa un'enorme goccia di sudore freddo.
– Tesoro, sono passata a trovarti! – esclamò la signora dopo aver appoggiato il suo carico sulla scrivania della stanza della sua bambina – Mi sei mancata tanto, quando torni a casa?
Yukiko si ritrovò, allibita, stretta in un abbraccio soffocante che minacciò di farle schizzare gli occhi fuori dalle orbite, come se già non bastasse l'incredulità di sentirla dire una cosa del genere. L'attimo dopo una vena iniziò a pulsarle accanto alle tempie.
– Non è divertente – sbottò, guardandola malissimo quando lei allentò la stretta.
– Uhuh – se ne uscì la donna più vecchia, con quella sua risata tanto costruita quanto effettivamente divertita – Come sta andando con il tuo futuro marito? Ti ho portato un po' di cose che sono sicura apprezzerai!
Un'altra venuzza le comparve accanto alla prima.
Fu costretta a lasciar momentaneamente perdere la propria irritazione tuttavia perché la presidentessa della N.C. aprendo uno scatolone, ne trasse fuori una serie di CD ed un microfono, cosa che fece spalancare un po' di più gli occhi della figlia.
Avvicinandosi a quello scatolone Yukiko individuò il suo stereo preferito e un'altra serie di cd e dvd, ma cosa più importante, sua madre le aveva portato anche il suo notebook. Si sorprese certo ma l'istante successivo tornò scettica a fissarla, rammentandosi di doversi mantenere sulla difensiva.
Cosa più che giusta perché quella donna diabolica aveva preso a girare per la sua stanza, curiosando in giro e continuando a parlare a raffica.
– Ma che bella camera! Ti hanno sistemata proprio bene! E guarda che armadio! – sembrava fin troppo emozionata, rifletté la ragazza, incrociando ambo le braccia – Oh, ma guarda, ancora non hai finito di sistemare le valigie? Sei proprio la solita disordinata Yuki-chan!
E di nuovo quella venuzza prese a pulsarle sotto il cuoio capelluto.
– Ehi, e questa cos'è? – domandò la donna che poteva essere il ritratto del demonio in persona, avvicinandosi alla parete accanto al suo letto.
– Cosa? – ripeté lei di rimando, inarcando un sopracciglio, non notando nulla di particolare ove sua madre stava dirigendosi. Si avvicinò a sua volta di qualche passo, ma la signora Natsuki fu più veloce.
– Sembra una porticina.. sì, è una porta! Che emozione, chissà dove conduce?! Oh, è aperta.. – neanche il tempo di arrivarle alle spalle che quella la aprì sparendo oltre la stessa.
Yukiko si ritrovò a spalancare di nuovo lo sguardo, mentre la mascella minacciava di caderle sul pavimento. Che cavolo stava facendo adesso quella madre degenera?! Fece appena in tempo ad affacciarsi al passaggio segreto che la voce della donna tornò a farsi sentire.
– Ah ma guarda, ecco dove conduce! Uhuh, così questa è la tua stanza, giovane Kei!
Yukiko sussultò a quelle parole e si affrettò a infilare la testa nel passaggio, con le gote che le si accesero di botto.
Mamma!! Torna subito qui!
Il tempo di sbucare per metà oltre la parete, che vide sua madre ridere in quel suo particolarissimo moto fissando un Kei seduto alla sua scrivania che a sua volta scoccava ad entrambe le Natsuki un'occhiata fra il seccato e l'allibito.
– Scusaci tanto per il disturbo caro, a volte non so proprio trattenermi. Uhuh.
– Adesso basta, mamma! – esclamò nuovamente, preda di un imbarazzo senza molti precedenti. La raggiunse con passo deciso e l'espressione corrucciata, afferrandola per un braccio e tirandola di nuovo verso la porticina, già iniziando con la sua ramanzina – Devi smetterla di essere così inopportuna. Questa non è casa tua, non puoi fare così l'invadente entrando senza permesso nella stanza di un ragazzo!
Riuscì a riportarla in camera propria e richiudendo il passaggio la guardò furente mentre lei ancora se la rideva.
– Uhuhuh!
– Non c'è niente da ridere – le disse nuovamente, faticando a contenere la propria irritazione e finendo per irrigidirsi in tutto il corpo.
– Su su, non è successo niente, non reagire sempre così cara – sminuì lei, agitando una mano a mezz'aria mentre con l'altra si copriva la bocca. Lo sguardo che le rivolse era tanto inquietante quanto carico di sottintesi, cosa che fece salire un brivido dietro la schiena della mora – Ah, a proposito, quasi mi dimenticavo – continuò la presidentessa, più seria – Ti ho portato anche i moduli per l'università, mi raccomando, compilali e consegnali in segreteria entro due settimane, intese?
Yukiko non poté far altro che prendere in consegna il blocchetto di fogli fra le mani, di nuovo presa alla sprovvista.
– Ma..
– Scusami amore mio, ora devo proprio scappare, ero passata solo per vedere come stavi! Ci sentiamo presto e rispondi ogni tanto ai miei messaggi, ok? Baciii.. – e la porta si richiuse dietro di lei, lasciando la figlia di quella donna d'affari nuovamente sola e preda di uno stato confusionale non da poco.
– …
Per qualche motivo, nel silenzio che seguì, si sentì come se fosse stata appena travolta da un vero e proprio tornado in tailleur. Impiegò qualche manciata di secondi a riaversi abbastanza da ritrovare la propria voce.
A...ACCIDENTI, MAMMA!!


La situazione dall'altra parte della parete sembrò tornare tranquilla e Kei si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
La signora Natsuki era paragonabile a una calamità naturale. Ebbe compassione di Yukiko a quel pensiero.
Tornò ad armeggiare con Dranzer, sostituendo finalmente i pezzi danneggiati con quelli di riserva, pezzi che tempo addietro gli aveva spedito il suo fornitore di fiducia: il prof. K. Ormai era parecchi anni che aveva perso ogni contatto, pertanto avrebbe dovuto arrangiarsi da lì in avanti, se fosse capitato di nuovo qualcosa del genere.
Esaminando l'emblema dell'Aquila Rossa sul suo bit, il blader tornò con la mente al passato, a quando si affannava per diventare più forte del suo più odiato rivale. Il vago ricordo delle emozioni di allora tornò a sfiorargli l'animo, emozioni che aveva creduto dimenticate prima dell'incontro disputato con la mora.
Quella ragazza si era rivelata sorprendente.
L'aveva giudicata una ragazzina senza spina dorsale, viziata e anche un po' tonta, ma la realtà si era dimostrata ben diversa. Aveva rivelato di possedere un lato tanto combattivo quanto orgoglioso e dopo i fatti del giorno precedente era stato costretto ad ammettere che fosse tutto meno che stupida.
Si era sorpreso della sua forza di carattere.
Quasi nessun altro avrebbe avuto il suo stesso coraggio.
In quel caffé, due tavolini più indietro, era stato testimone di un confronto senza precedenti e suo malgrado era rimasto impressionato dal coraggio da lei dimostrato in quell'occasione. Ovviamente aveva ascoltato tutto, finché non era riuscito a non intervenire, nonostante si fosse ripetuto fino alla nausea che la pena d'ella non l'aveva nemmeno sfiorato.
Ti piace più di quanto tu voglia ammettere a te stesso
Kei sgranò appena gli occhi scuri, fissando il suo bey con una nota di fastidio.
– Quante sciocchezze – mormorò freddamente.
Eppure alla mente riaffiorò il ricordo di quando aveva sorpreso Yukiko addormentata beatamente sul suo letto.
Puoi mentire a te stesso ma non a me, Kei” risuonò nuovamente la voce dell'Aquila, velata di una sfumatura maliziosa.
Quel confronto venne interrotto dal singolo suono di avviso emesso dal suo cellulare, appoggiato lì accanto. Gli bastò un'occhiata per notare il nome sul display e a quella vista inarcò un sopracciglio. Si allungò per afferrare l'oggetto e sbloccando lo schermo aprì il messaggio appena arrivatogli.


Con una smorfia il dranzerblader si appoggiò allo schienale della sedia, in una mano il proprio bey e nell'altra il cellulare col display ancora attivo. Rimase a fissare alternativamente entrambi, prima uno e poi l'altro, finché alla fine non si decise. Riappoggiò Dranzer sul ripiano in legno e mandò rapida risposta a uno di quei ragazzi con cui ogni tanto si prendeva la briga di uscire.
Una serata simile non poteva fargli male e forse, se avesse scaricato i bollenti spiriti che avevano iniziato a prendere il sopravvento, avrebbe smesso di fare strani pensieri su quella ragazza. Era parecchio tempo che non si concedeva una serata del genere in effetti, probabilmente era tutto dovuto a quello. In fin dei conti, fino a due anni prima la frequenza delle uscite per lui era una ogni due giorni, il tempo per riprendersi dal dopo-sbornia in pratica.
Un sorrisetto gli si formò in volto al pensiero della serata che l'attendeva: si sarebbe scaricato e finalmente sarebbe tornato il solito, freddo e impassibile Kei di sempre.


...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Ecco il momento della verità! Cos'avrà in mente il nostro blader preferito?? Be', lo scoprirete nel prossimo capitolo! Io non intendo anticipare niente di più di quanto ho già scritto qui sopra, quindi mettetevi l'anima in pace, ecco u.u
Mi odierete per questo.
Credo di essere andata un po' più OC del solito..forse dovrei cambiare l'avviso nelle caratteristiche di questa FF, ma come sempre lascerò che siate voi a consigliarmi al riguardo (non sono molto sicura, in fondo il nostro adorato coprotagonista non è mai stato ritratto in un ambiente familiare, quindi le cose vanno a discrezione personale credo)
Però mi sono comunque divertita a immaginare e scrivere la scena. Insomma io ce lo vedo Kei a fare il burbero, ma in fondo è un bravo ragazzo no??? XD
Basta cianciare: dopo questa vi lascio. Sentitevi liberi di linciarmi.
Un baciotto a chi avrà cuore di farmi sapere il suo parere!
Kaiyoko


P.S. ho aggiornato il capitolo aggiustando il pezzo della trama che si svolge in cucina.. effettivamente a volte mi vengono degli input strani, ma sono riuscita ad accomodare l'idea che volevo trasmettere con una trama accettabile! Il tutto grazie a Lady Silmeria, che effettivamente aveva ragione in toto... grazie cara, il fatto che la tua opinione andasse a combaciare con parte della mia mi ha convinto a rimettere mano al capitolo per migliorarlo. Ti devo un favore!

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Capitolo 7
*** Forza d'animo ***




7. Forza d'animo


Yukiko rientrò nella propria stanza.
Era riuscita finalmente a sistemare tutte le proprie cose e aveva riposto le valigie vuote sugli scaffali alti del guardaroba, quindi finalmente la stanza poteva considerarsi un minimo ordinata. Certo, questo se escludessimo la presenza di vari CD sparsi sul pavimento accanto al suo stereo e la scrivania ingombra dei moduli lasciati da sua madre e dal notebook, lo schermo nero e il sistema in standby.
Da quando il signor Hiwatari era partito, raramente lei e Kei riuscivano a incrociarsi per la cena. Questa volta non era stata una di quelle, ma la cosa se non altro le aveva permesso di riflettere sugli ultimi avvenimenti. Faticava ancora a dare un senso al tutto e meccanicamente estrasse dalla tasca dei pantaloni il proprio bey, osservandone il bit con apprensione.
Cos'erano quelle improvvise emozioni che l'avevano travolta?
Aveva provato un senso di sicurezza, quasi di appartenenza, quando lui l'aveva portata via da quel caffé e condotta alla macchina. Inoltre, non riusciva a non guardarlo con una certa curiosità, chiedendosi quando le avrebbe mostrato un'altra sfaccettatura del suo carattere, ben più complesso e profondo di quanto ella stessa aveva creduto inizialmente.
Riconobbe con sé stessa l'intimo desiderio di conoscerlo un po' di più, di dargli una possibilità, e se ne stupì. Davvero poteva permettersi di pensare una cosa del genere, sapendo cosa i loro genitori si aspettassero da loro?
Sto di nuovo abbassando la guardia, dannazione!
Scosse il capo, cercando di scacciare i pensieri che l'avevano assalita e fatta dubitare di sé stessa. Non poteva cedere alle circostanze, avrebbe mantenuto la propria posizione e si sarebbe opposta fino all'ultimo. Ne andava del suo futuro.
A quel punto tuttavia, nella penombra del crepuscolo, le sembrò di scorgere con la coda dell'occhio un riflesso accanto al letto, ad altezza del pavimento. Inarcando un sopracciglio si spostò, avvicinandosi di qualche passo per poi ritrovarsi a fissare la porticina che, mimetizzata alla parete, dava sulla stanza del dranzerblader. Interrogativa si chinò, accostando il viso al pavimento e chiudendo un occhio rimase in attesa, finché non rivide di nuovo quell'impulso luminoso filtrare da sotto il battente.
E adesso che succede?” si chiese tirandosi nuovamente in piedi.
Si accostò pertanto alla porta segreta, aprendo le orecchie in attesa di qualche suono proveniente dall'interno. Dopo una manciata di secondi ancora, provò a bussare.
– Ehilà? Posso?
Nessuna risposta, ma il bagliore si ripeté, questa volta abbastanza forte da permetterle di distinguerlo senza problemi sul pavimento accanto alla propria scarpa destra. Perplessa e spinta da un groviglio di emozioni quali la curiosità e l'inquietudine, strinse Night nella mano sinistra prima di prendere la sua decisione. Aprì la piccola porta, sospingendola verso l'interno della camera del blader, immersa di nuovo nella penombra. Il silenzio era praticamente assoluto.
– Kei??
Niente. La stanza era deserta.
Raddrizzando la schiena e richiudendosi la porticina alle spalle, la giovane si guardò in giro alla ricerca della fonte della luce che aveva intravisto poco prima. Luce che ben presto si ripeté, scaturendo da un piccolo oggetto rimasto incustodito sul tavolo della scrivania.
Avvicinandosi alla stessa con un nuovo senso di aspettativa, Yukiko riconobbe ben presto come fonte di quel bagliore lo stesso Dranzer, il beyblade del ragazzo che la stava soltanto confondendo ultimamente.
– Ma come...? – non finì nemmeno di formulare quella domanda a voce che percepì un impulso di energia scuotere il suo stesso bey, che ancora stringeva in mano.
Sollevandolo, vide il bit al centro dello stesso rilucere allo stesso modo e sollevò un sopracciglio, non tanto sorpresa quanto confusa.
– Ehi Night, cosa..? – di nuovo non riuscì a completare quella domanda che i due beyblade presero a brillare contemporaneamente, come risuonassero fra loro, e una voce calda e gentile si fece strada fra i pensieri di Yukiko.
Trovalo
– Eh?
Trovalo, prima che faccia qualcosa d'irreparabile!” l'urgenza di quelle parole le si diffuse sottopelle, facendola percorrere da un brivido.
Prese d'impulso Dranzer con la mano libera e il beyblade blu e rosso parve tornare alla normalità. Fu a quel punto che la ragazza notò, nel punto in cui era sgorgata quella luce, l'emblema che fieramente era impresso sul bit. Sbatté un paio di volte le palpebre, sicura di non sbagliarsi.
Quello era l'emblema di un bitpower.
E raffigurava un rapace che pareva un'aquila dal piumaggio scarlatto.
Sollevò gli occhi verdi sulla porta-finestra leggermente schiusa, mentre la voce del maggiordomo si faceva sentire fino a lì.
– Signorino, dove sta andando?
– Sto uscendo. Farò tardi – la raggiunse la voce di Kei, prima di venir seguita dal suono di una portiera che si chiudeva senza indugi.
Doveva sbrigarsi.
Si cacciò entrambi i bey in tasca e voltandosi di scatto si precipitò fuori dalla porta, memore dell'urgenza dell'avvertimento ricevuto. Non aveva idea di cosa avesse in mente il blader in questione, ma era intenzionata a stargli alle costole, assolutamente!
– Signorina, anche lei..?
– Sì – esordì di getto lei, prima di atterrare sul selciato di fronte agli scalini che davano accesso alla villa con un unico salto.
Poteva ancora vedere la Cabrio del ragazzo allontanarsi a passo moderato lungo il viale alberato, poteva seguirlo.
– Presto, un'auto! – esclamò in preda allo slancio del momento, rivolta al cameriere che l'aveva intercettata. Questi sobbalzò appena prima di correre dentro, chiamando a gran voce. Pochi secondi dopo uscì trafelato l'autista della famiglia Hiwatari al quale la mora strappò le chiavi di mano senza troppe cerimonie.
Quindi corse alla macchina in questione, seguita dall'uomo che stava cercando di protestare.
– Su, non possiamo perderlo!
In meno di dieci secondi erano entrambi a bordo di un'Audi A4 nera che percorrevano il viale a una velocità tale da sollevare nubi di polvere, la moretta alla guida e il povero autista che si teneva aggrappato alla maniglia di sicurezza, bianco come un cadavere.
– Se dovesse accadere qualcosa.. – stava mormorando questo, in preda al panico.
– Non farò niente all'auto! – sbottò esasperata la giovane Natsuki, premendo sull'acceleratore – Tu pensa a non perdere di vista quel disgraziato del “signorino” Hiwatari mentre io penso a guidare!


Kei procedette a media velocità, senza spingere al massimo l'auto sportiva, nonostante gli sarebbe piaciuto. Il luogo dell'incontro non era troppo lontano e poi da lì si sarebbe unito a quelli che si dilettavano a definirsi suoi 'amici', per dirigersi tutti quanti al locale suggerito da Jan.
Erano tutti figli di famiglie benestanti, più o meno della sua stessa età, e il motivo che li aveva spinti a far gruppo ed uscire alla ricerca di un po' d'eccitazione era lo stesso: la noia. In tutta franchezza aveva ben poco da spartire con quei quattro figli di papà, ma erano la miglior compagnia se eri alla ricerca di qualche emozione degna di questo nome. L'Aquila solo sapeva quante sbronze si era trovato a smaltire il giorno dopo, riverso come morto sul letto. Oppure quante volte si era soffermato a godere della comodità del letto di qualche sconosciuta, prima di rincasare all'ora di colazione.
Imboccò l'ingresso allo spiazzo che era il parcheggio concordato e li trovò già tutti lì ad attenderlo.
– Ehi, allora è venuto sul serio!
– Come butta, Kei?!
– Chi non muore..
Lui neanche scese dall'auto, limitandosi ad un cenno del capo – Andiamo?
Questi annuirono e in men che non si dica erano di nuovo tutti in strada, uno dietro all'altro, su tre auto sportive differenti, guidando verso nord.
Quando giunsero al locale in questione Kei scoprì che si trattava di un nuovo discopub all'aperto, con tavolini e divanetti disposti elegantemente sotto i gazebo e non troppo distante dalla pista da ballo. C'era anche un bancone con una serie di sgabelli, centro del locale stesso in quanto interessato da un continuo via-vai di persone che ordinavano da bere.
Varcando l'ingresso il dranzerblader seguì i suoi compagni fino al tavolino prescelto, un mobile piuttosto basso contornato da quattro diversi divanetti di varia larghezza in vimini.
– Jan, porta da bere! – esclamò Lou, il ragazzo che gli aveva scritto quel pomeriggio.
A quell'incitamento ben presto il diretto interessato si allontanò con le ordinazioni e i quattro ragazzi rimanenti iniziarono a guardarsi intorno alla ricerca della stessa cosa: ragazze.
– Ehi Kei, come stai messo in fatto di gusti?
– Già, non è che ci hai perso l'occhio??
Lui non reagì subito a quelle prese in giro, distratto da una tipa dai folti capelli rossi e con indosso un abitino striminzito, accoppiato ad un paio di calze a rete e stivali alti, in pelle. La rossa intercettò il suo sguardo e lui distinse il suo sorriso malizioso persino da quei dieci metri di distanza.
– Mh? Non saprei.. credo che lo scopriremo fra poco – rispose finalmente ai suoi cosiddetti amici, allargando ambo le braccia per stravaccarsi sul suo divano con la sua solita e costruita indifferenza.
In quel momento Jan tornò con gli alcolici e Kei prese in consegna il proprio, bevendone un buon sorso iniziale. Avvertendo il liquido fresco scivolargli giù per la gola, assaporò la sensazione di improvviso calore che gli si diffuse dal centro dello stomaco e si concesse un debole sorriso.
Sì, quella sera proprio era in vena di lasciarsi prendere fuoco, metaforicamente parlando.
E chissà che quella rossa dall'altra parte del cortile non gli avrebbe fatto dimenticare quella Natsuki Yukiko per il resto della nottata.


– È sicura, signorina? – gli chiese di nuovo l'autista, al posto di guida.
– Sì, sì.. vai pure, non dovrei aver bisogno. Tornerò con Kei.
– La prego, prenda il mio numero, nel caso dovesse servirle basterà chiamarmi e sarò subito da lei.
Yukiko non poté che accettare il compromesso e attese di vedere l'auto che l'aveva portata sin lì imboccare la strada del ritorno, prima di muoversi.
Ruotando su sé stessa tornò a fissare il luogo in cui era entrato il blader coi suoi amici e si aggiustò meglio il giacchetto di jeans sulle spalle. Era uscita senza sapere dove sarebbe finita ed aveva ancora indosso i vestiti del giorno appena trascorso: i suoi jeans preferiti, un semplice top bianco e le sue immancabili scarpe da ginnastica. Non le era passato neanche per l'anticamera del cervello che la meta del ragazzo potesse essere uno di quei locali all'aperto che andavano tanto di moda ultimamente.
La musica era forte, ma il solo fatto che potesse espandersi senza la costrizione di quattro mura in cemento la rendeva abbastanza sopportabile e permetteva anche ai clienti di riuscire a parlare fra loro senza sgolarsi troppo.
Lo spazio era delimitato da siepi e cespugli, ma non c'era una vera e propria recinzione, pertanto non fu difficile per Yukiko intrufolarsi all'interno senza passare dall'ingresso principale. Fermandosi il tempo necessario a individuare il suo obiettivo dai capelli d'argento, si spostò in modo da procedere fuori dal suo campo visivo, cercando un angoletto tranquillo dal quale poterlo tenere d'occhio. Alla fine, inquadrando un buon punto di osservazione, passò dal bancone: per passare inosservati è necessario mimetizzarsi. Ordinò una coca e dopo aver pagato raggiunse il posto che si era scelta, un po' in ombra ma posto in modo che potesse vedere il dranzerblader in viso senza impedimenti.
Se fosse stato da solo l'avrebbe avvicinato senza pensarci due volte, ma caso volle che era in compagnia di altri quattro ragazzi, tutti tirati a lucido. Persino Kei si era dato la briga di vestirsi bene: si era messo una maglia a maniche corte nera, con lo scollo a V e il marchio stampato in argento sul davanti, mentre al di sotto calzava un paio di jeans scuri, logorati in alcuni punti lungo il lato esterno delle gambe. All'orecchio sinistro poteva vedere il riverbero del suo orecchino circolare, mentre al collo si era messo una catenina che terminava con un pendente a forma di croce sul petto.
Doveva ammetterlo, nemmeno alla luce delle torce piazzate per dare un tocco scenico all'ambiente perdeva il suo fascino. Con le braccia allargate sulla sommità dello schienale del divanetto era tremendamente sexy.
Non so se sia il caso che tu rimanga qui a mangiartelo con gli occhi
Il sorso di coca che stava tirando su con la cannuccia le finì di traverso e dovette darsi qualche colpetto con una mano sul petto per evitare di strozzarsi del tutto. Quando si riprese abbastanza, respirando un'ampia boccata d'aria, col volto in fiamme si guardò intorno. Nessuno.
– Ma che...?
Sono qui” si fece udire di nuovo quella voce maschile, con una nota di impazienza, sovrastando il rumore di sottofondo dell'ambiente circostante.
Yukiko sollevò di scatto lo sguardo, sgranando gli occhi verdi alla vista del ragazzo che le stava sospeso sopra la testa bicolore. Proprio sospeso, non semplicemente chinato. In posa distesa sul nulla, questi se ne stava con il capo appoggiato con aria annoiata ad un braccio, il gomito anch'esso posizionato come se appoggiasse su un livello orizzontale di cui poteva usufruire lui soltanto. Il sorriso che le rivolse era caldo e amichevole, in netto contrasto con il colore dei candidi capelli e di quegli occhi di ghiaccio.
Per riflesso la moretta si appiattì un po' di più sul divano, soffocando un urletto di sorpresa per puro miracolo.
Ciao Yukiko” la salutò lui schiudendo le labbra.
Eppure questa volta la ragazza distinse chiaramente quel tono di voce come soltanto nella propria mente, troppo limpido per provenire da una fonte esterna. Sbatté più volte le palpebre, cosa che diede tempo al suo interlocutore di raddrizzarsi, andando finalmente a posare i piedi per terra accanto a lei.
Era contornato da un alone bluastro, una strana quanto lieve luminescenza che ne definiva i contorni della figura. La stessa luminescenza che la mora, con la coda dell'occhio, notò provenirle dalla tasca sinistra. Con un gesto nervoso si tolse la giacca per appallottolarla dietro la propria schiena e bloccarla lì, in modo che quella luce non potesse essere notata da nessun altro.
– Night, che stai...? Come hai fatto?!? – esclamò in preda all'agitazione ed allo stupore.
Quello era il suo bitpower, non poteva avere dubbi, ma questa era la prima volta che le si palesava in quella forma, per di più senza essere stato richiamato. Sino ad allora ella l'aveva sempre visto soltanto nelle sembianze di un grosso rapace dal piumaggio candido come la neve. Aveva fatto un paio di ricerche molto tempo addietro ed aveva scoperto trattarsi di un Anka, una creatura che faceva riferimento alla mitologia nordica occidentale. La cosa interessante che aveva scoperto era che aveva molti punti in comune con la classica Fenice, a parte ovviamente l'aspetto di un rapace artico.
Ho deciso di assistere con i miei occhi agli eventi di stasera... si preannuncia piuttosto interessante” le disse lui, volgendo lo sguardo verso il dranzerblader.
– Ma.. non c'è rischio che ti vedano?? – gli chiese ancora allarmata lei, faticando a digerire la novità.
No, non credo. Solo chi vanta un legame con uno di noi potrebbe...
– E questo vuol dire che Kei finirà per notarti di sicuro! Stai luccicando come una lampadina!
Ops” se ne uscì il bitpower di lei, ridacchiando “Scusa, è vero.. ecco, risolvo subito” detto fatto, quella luminescenza che lo contornava come una creatura ultraterrena si spense, dando modo alla ragazza di tirare un sospiro di sollievo. Ora sembrava un essere umano per lo meno.
– Siediti – lo invitò, riprendendo a sorseggiare la propria bevanda e tornando a scoccare un'occhiata verso il tavolo del dranzerblader. La situazione sembrava pressoché invariata e il suo obiettivo non sembrava essersi accorto di nulla.
Tirò un sospiro di sollievo.
Come mai te ne stai a spiarlo da qui?
– Perché non so bene cosa intendesse dire il bitpower di Dranzer, quindi...
L'Aquila Rossa
– Sì, lei. Quindi resterò qui a tenere d'occhio la situazione.
“Somigli proprio ad una fidanzatina gelosa
Yukiko rischiò di strozzarsi di nuovo.
– Non scherzare – sibilò, scoccandogli un'occhiataccia e cercando di sminuire l'improvviso imbarazzo causatole da quell'affermazione.
È solo quello che penso
– Be', ci sei lontano mille miglia – ribatté lei seccamente, tornando a distogliere lo sguardo dal compagno di battaglie – Dì un po', com'è che questa è la prima volta che ti presenti senza essere chiamato in quella forma?
Sei stata tu a permettermelo, prestandomi la forza della tua anima così come io durante gli incontri ti presto la mia
– Mh?
Senti, ma avevi già pensato a quando farti avanti oppure..?
– Quando sarà il momento – gli rispose, cercando di non spazientirsi.
Mh. Perché credo che il tuo momento sia molto vicino
A quelle parole la ragazza inarcò un sopracciglio prima di far saettare nuovamente lo sguardo sul dranzerblader, ritrovandosi l'istante successivo a strabuzzarlo. Accanto al ragazzo ora se ne stava una rossa, la quale si stava giust'appunto mettendo comoda sullo stesso divanetto. La sconosciuta aveva un buon decolté che lasciava davvero molto poco all'immaginazione, così come non ve n'era neanche lontanamente bisogno per quanto riguardava le gambe di lei, accavallate sensualmente mentre sbucavano dal bordo di un vestito che poteva definirsi 'inguinale'.
Adesso non farti andare il sangue alla testa” la esortò Night con il suo tono leggero.
Troppo tardi. In quel momento vide la sciacquetta esordire in una risata civettuola in reazione a qualcosa detto da Kei e la mora si irrigidì di colpo. Per riflesso strinse la mano destra a pugno, dimentica della presenza del bicchiere di plastica nella medesima, finendo per accartocciarlo e versarne il contenuto in parte sulla propria mano e in parte sul tavolino e per terra.
Sussultando l'istante successivo lasciò la presa, scuotendo la mano per togliersi la bibita appiccicosa sulla pelle, imprecando a denti stretti per l'inconveniente.
Te l'avevo detto” si fece sentire nuovamente il bianco, divertito.
– Seh seh, ridi pure.. tutti disgraziati gli uomini – borbottò lei, accigliata.
Si stanno muovendo” la avvertì lui senza badarle “..e stanno venendo da questa parte
– Cosa? – Yukiko sollevò di nuovo lo sguardo sulla coppia e, vedendone la direzione intrapresa, si sporse dall'altro lato, come se stesse cercando qualcosa in una borsetta che in realtà non aveva.
A posto, sono andati
La mora tirò un sospiro, prima di tornar seduta composta e adocchiare i due poco prima che questi si confondessero fra le varie persone sulla pista da ballo. Di nuovo accigliata, arricciò il naso in una smorfia, incrociando ambo le braccia sul petto, come se così potesse contenere l'improvviso fastidio che stava provando.
E così Kei era un tipo da 'una-botta-e-via'...


– Tsk. Kei si è già trovato una tipa niente male – sbottò Jan, seguendo il ragazzo con lo sguardo.
– Se la serata va avanti così, si concluderà in bellezza e la nostra piccola sfida l'avrà vinta lui – osservò Lou, guardandosi intorno.
Jan bevve un sorso del suo drink, prima di soffermare lo sguardo su una ragazza, seduta un po' in disparte rispetto a loro. Aveva capelli lunghi, sfumati di rosso, mentre indossava un semplice top bianco a bratelline sottili e un paio di jeans blu.
Sorrise.
– Non è ancora detto – intervenne, già sollevandosi in piedi.
I suoi amici voltarono lo sguardo nella stessa direzione in cui lo stava puntando lui e dopo un momento annuirono o gli ammiccarono con cameratismo.
– Torno fra poco – disse loro, piuttosto baldanzoso, avviandosi verso la moretta.
La serata era ancora giovane, poteva tranquillamente giocare le sue carte.



...continua


Curiosità!
ANKA o ANQA: compare nella mitologia araba. così come la fenice, anche questo uccello vive molto a lungo, 1500 – 1700 anni circa, e poi si immola per poi risorgere. la differenza con la fenice però sta nel fatto che si tratterebbe di un uccello artico gigantesco; inoltre la leggenda vuole che gli esemplari di ANKA erano così numerosi da non avere abbastanza prede di cui cibarsi, e cominciarono a divorare i bambini. Dio, vedendo ciò, fece in modo che gli ANKA non potessero più riprodursi (si dice che le uova degli ANKA impiegassero 25 anni per schiudersi, e che un esemplare non potesse figliare prima dei 300 anni).
Un’altra leggenda vuole che fu invece un profeta a maledire l’intera razza, facendola sparire, dopo che un esemplare rapì la sposa di un nobile arabo.


[ANGOLO AUTRICE]
Buongiorno a tutti! Oh, ora mi sento meglio.. dopo aver aggiustato lo scorso capitolo mi sentivo in animo di aggiornare con quello dopo e allora, eccomi di nuovo qui a tenervi con il fiato sospeso!
Che risvolti avrà la serata per la ragazza? E Kei? Riuscirà a concludere??
Cosa diavolo è questa novità dei bitpower?? XD Della serie, come mi sarà venuta in mente?! Mi spiace deludervi, ma non lo so nemmeno io. Mi piaceva l'idea e l'ho tenuta, anche se con qualche variazione, dalla prima stesura. Il prossimo capitolo sarà cruciale e dovrete dirmi sinceramente cosa ne pensate, se per come è venuto merita di far cambiare il tipo di Rating in Rosso oppure può restare arancione, come da programma.
Intanto vi allego un paio di immagini a cui mi sono ispirata per il locale:

Attendendo i vostri pareri più disparati, ne approfitto e ringrazio pubblicamente due nuove ragazze che si sono unite alla combriccola che mi segue (povere folli): hiwatari_k e Melian! Ora, insieme a Silmeria e Keyra, siete in quattro *_* sono commossa!
Va bene, finisco qui che altrimenti non vi lascio più!
Al prossimo capitolo ragazzi!
Kaiyoko

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Capitolo 8
*** Sei un vero casino ***




8. Sei un vero casino


Yukiko stava iniziando a stufarsi.
Resisti ancora un po', ora viene il bello” le disse con un sorriso divertito Night, con una di quelle espressioni che di solito stavano a sottolineare quanto in realtà fosse il contrario.
Lo sguardo interrogativo che lei gli lanciò ebbe presto risposta nella nuova voce che attirò la sua attenzione, questa volta proveniente da un ragazzo in carne ed ossa.
– Come mai una bella ragazza come te se ne sta qui tutta sola?
La mora sollevò lo sguardo sul biondino che le si era avvicinato, non potendo far a meno di notarne, con un certo fastidio, il sorriso smagliante. Non era proprio in vena per farsi abbordare, tentativo che le causò la comparsa di una nuova venuzza pulsante sulla tempia, in aggiunta alle altre due già presenti.
– Nessun motivo in particolare – gli rispose freddamente, deviando il proprio sguardo dallo sconosciuto.
Nel farlo tuttavia le cadde l'occhio sul tavolo degli amici di Kei e fu allora che notò le occhiate malcelate che questi lanciavano verso di lei. Per contro, ella li guardò apertamente questa volta, di nuovo perplessa mentre osservava mancarne un altro all'appello.
– Posso offrirti qualcosa da bere? – il biondino tornò alla carica.
La ragazza lo osservò meglio.
Non poteva sbagliare, quello era uno del gruppo di fighetti a cui si era unito il dranzerblader per la serata. Rifletté più attentamente a quel punto, cosa che indusse lo sconosciuto a credere di poter avere qualche possibilità.
– Se ti va puoi unirti a noi – le propose con affabilità, indicandole il tavolo dei suoi amici – ti presento i miei amici.
In quell'istante iniziò a formarlesi in mente un'idea, una di quelle che solitamente facevano sorridere in quella maniera così inquietante sua madre e quasi senza accorgersene sfoggiò uno di quei sorrisetti melliflui.
– Accetto il tuo invito con piacere.
Yukiko si alzò in piedi, avendo cura di prendere con sé la propria giacca di jeans prima di seguire il ragazzo al tavolino.
Ne vedremo delle belle” commentò Night con quell'espressione divertita di poc'anzi.
Lei dal canto suo poteva distinguere sotto il braccio il rigonfiamento causato dai bey che si era portata dietro in quell'avventura e la cosa l'aiutò a definire un piano d'azione. Ma prima di poterlo mettere in pratica doveva attendere che il suo obiettivo tornasse, perciò sfoggiò un quieto sorriso quando giunse al tavolino dei quattro ragazzi di buona famiglia, costringendosi in nome di uno scopo più grande a fare la carina.
Non è che prendere a calci nelle palle il tuo fidanzato possa essere messo sotto la voce 'scopo più grande'..” le fece notare il suo bitpower.
– Punti di vista – gli rispose lei in un sibilo.
– Hai detto qualcosa? – le chiese il biondino, scoccandole un'occhiata perplessa.
– No, affatto! – affermò lei automaticamente, sfoggiando un nuovo sorriso artificioso.
Prese posto, dopo aver ascoltato le presentazioni di ognuno dei membri dell'odiosa combriccola ed essersi presentata a propria volta, e si mise in animo di sostenere una conversazione che si basava più sull'intento di conoscersi un po'. Non eccessivamente, chiaro.
Durante quella parentesi scoprì trattarsi tutti di membri di famiglie benestanti, alcune delle quali rinomate nel mondo degli affari e tutti avevano la tendenza a sproloquiare su sé stessi. Tutti tranne Jan, che era troppo occupato a cercare un modo per starle addosso, cosa che alla fine, dopo averle procurato una coca come da pronostici, sfociò in un braccio intorno alle spalle.
Gli farai scontare anche questa?
– Puoi scommetterci le piume.


Kei buttò via il bicchiere di plastica appena svuotato in poco più di un sorso e, in preda al senso di ebbrezza che da un po' aveva iniziato a diffonderglisi in corpo, scoccò un'occhiata alla rossa che gli si stava quasi strusciando addosso.
– Che ne dici se ci mettiamo un po' più comodi? – le propose, facendo un cenno verso il tavolo che avevano lasciato da un po' di tempo.
– Mi sembra un'ottima idea – chiocciò quella, sorridendogli e premendogli il seno contro un braccio.
Non vedeva l'ora di togliersi la voglia e poi levarsela di torno.
La condusse di nuovo verso i divanetti, la musica che gli rimbombava nelle orecchie tanto sgradita quanto di pessimo gusto. Eppure poteva sopportarla, come ogni volta, al pensiero di ciò che sarebbe accaduto a fine serata. E forse con un po' di fortuna, anche prima.
Raggiunti i suoi 'amici' il blader stava per riguadagnare il suo posto, quando sollevando lo sguardo si pietrificò proprio di fianco al divanetto. Fu come se il fuoco che la vodka gli aveva acceso dentro fosse stato improvvisamente congelato in una scultura di ghiaccio, lasciandolo soltanto con un vago capogiro a confondergli la mente.
Non era possibile.
Il volto di Yukiko si volse verso di lui e la vide rivolgergli uno sguardo penetrante, mentre su quelle labbra rosee le si delineava l'inizio di un mezzo sorrisetto per ogni secondo che egli indugiava.
– Bentornati – lo accolsero i ragazzi.
– Bentornato Kei, lascia che te la presenti... – intervenne Jan, prima di venire interrotto.
Fu Kei a farlo, ignorando tutti tranne la mora che aveva seduta di fronte. Per quella breve manciata di secondi fu come se il resto del mondo perdesse nitidezza: la musica, le voci, tutto iniziò a scomparire ad eccezione di loro due.
– Cosa fai qui? – il tono che usò era insolitamente duro, forse a causa dell'alcol che iniziava a fargli effetto.
– Me l'ha chiesto una tua amica – ribatté lei senza batter ciglio, il suo viso un'espressione talmente seria da fargli inarcare un sopracciglio. Ella dovette intuire la sua iniziale confusione, perché aggiunse con tono più ironico e tagliente – No, non sto parlando di una come quella zoccola che hai sottobraccio. Sto parlando di una Vera amica.
Uh, questa era pesante” li interruppe una voce sconosciuta che gli parve risuonargli nelle tempie.
Spalancando maggiormente gli occhi scuri, il dranzerblader spostò lo sguardo sul ragazzo che aveva parlato in maniera fin troppo chiara, riuscendo suo malgrado a sovrastare il casino circostante. Era seduto al contrario su una delle poltroncine accanto, rivolto verso di loro, proprio dietro Yukiko, con stampato in volto un sorrisetto divertito. Era vestito prettamente di bianco, con un taglio degli abiti che lasciava quasi pensare ad un principe arabo, così com'erano bianchi i suoi capelli.
La diretta interessata gli scoccò a sua volta un'occhiata ammonitrice, accostata a parole che dovevano avere uno stesso significato ma che il blader non colse, i suoi sensi di nuovo attaccati dall'ambiente circostante. Quell'interruzione gli permise di far mente locale e l'irritazione che ne seguì era, suo malgrado, in parte causata anche da quel tipo: cos'è, si era portata dietro un amichetto?
– Come ti permet..!
Kei rinsaldò la presa sul corpo di quella sciacquetta, smorzandone la protesta a metà, cosa che se non altro gli diede la pace che cercava da quella fastidiosa voce, ormai divenuta fin troppo irritante al confronto di quella della mora.
– Quel che faccio non ti riguarda minimamente.
– A quanto pare mi riguarda se sei troppo stupido per accorgerti di quel che stai facendo – insistette lei.
– Tsk. E perché non dovrei sapere ciò che faccio? – sfoggiò un sorrisetto strafottente – Credi forse sia la prima volta?
Quella domanda ebbe l'effetto sperato perché la ragazza sembrò cambiare espressione, tradendo una certa sorpresa. Quella consapevolezza non fece altro che spronarlo a rincarare la dose, mantenendosi il più freddo possibile.
– Credi forse che la volontà di mio padre abbia valore? Non sei nessuno per dirmi cosa posso o non posso fare.
– Io forse non lo sono, ma lei sì – esclamò la mora a quel punto, alzandosi in piedi e tirando fuori dalla tasca del suo giubbotto di jeans un oggetto dai riflessi blu.
Nel momento in cui gli mostrò Dranzer, Kei ammutolì.
– Può darsi che il mio pensiero non abbia valore ma il suo ce l'ha eccome, non è così? – la moretta parlava con tono calmo ma abbastanza alto da essere caratterizzato da una nota di sfida che non gli fu indifferente.
Il blader serrò i denti, corrucciandosi in volto e perdendo quell'ultimo accenno di espressione distaccata che era riuscito a mantenere sino a quel momento. Era vero, non poteva ignorare gli avvertimenti della sua unica amica così come stava cercando di passare sopra all'impressione che sapeva star facendo alla moretta. Un'impressione che per certi versi era errata. Lui in realtà non era così, quella era solo una stupida maschera, una maschera che era stato costretto a indossare dalle circostanze.
– E Kei dovrebbe reagire in qualche modo di fronte a una stupida trottola? – la voce della rossa che ancora si ostinava a premerglisi addosso gli graffiò le orecchie come il suono più irritante dell'intero universo.
Provò l'impulso di scostarla da sé, ma si trattenne, distratto ancora una volta dalla giovane Natsuki lì di fronte a lui, che la ignorò a propria volta per rivolgersi soltanto al dranzerblader.
– Sono venuta solo per fartelo avere. Chissà che l'Aquila non possa aiutarti ragionare con il cervello e non con qualcos'altro – gli rifilò il beyblade in mano ed il suo peso familiare indusse il blader ad abbassare lo sguardo su di esso, stringendolo meccanicamente.
Poi notò con la coda dell'occhio che il tipo vestito di bianco che si era intromesso poco prima si era mosso, alzandosi in piedi a sua volta e ricambiare il suo sguardo con uno fin troppo orgoglioso. La cosa gli fece salire il sangue, già bello caldo a causa dei drink che si era scolato, al cervello, ponendo in secondo piano il fatto che lei sapesse dell'Aquila Rossa.
– Tsk. A parole ci sai fare ma vedo che non ci hai pensato due volte a trovarti un accompagnatore.
– Come? – Yukiko espresse una sorpresa e una confusione talmente chiare che lo fecero sbuffare, quasi divertito, senza dubbio ironico.
– Perché non la smetti di fare la finta santarellina e vi fermate con noi? – la incalzò, provocatorio, sfoggiando un ghigno che si sarebbe potuto definire senza remore crudele – Potrei decidere di dare una ripassata anche a te dopo essermi divertito. Scommetto che in realtà non aspetti altro...
Nel momento esatto in cui finì di pronunciare quelle ultime parole il bey che stringeva nella mano libera mandò una vibrazione che gli salì lungo il braccio, ma l'istante successivo venne completamente spiazzato dal forte ciocco che gli risuonò nelle orecchie, minacciando di assordarlo.
*SCIAFF!*
Lo schiaffo lo aveva preso in pieno volto, mandandogli una scarica di messaggi dritto al centro del cervello, annebbiato dai fumi dell'alcol. Lo stordimento fu assoluto e Kei si ritrovò a barcollare, libero dalla stretta di quella troietta che si era tenuto appresso sino a quel momento per ricadere pesantemente sul divanetto accanto.
Quando il mondo smise di girargli vorticosamente intorno, ad occhi sbarrati non poté far altro che fissare Yukiko rigida nella sua posa, la mano ancora sollevata e il suo sguardo che mandava lampi di furore. Il silenzio attonito calato improvvisamente intorno a quel tavolino venne infranto da una sola singola parola, ben scandita e colma di tutta una serie di sentimenti che egli stesso aveva innescato.
– Stronzo.
Non aggiunse altro. La vide voltarsi con decisione e andarsene, lasciandolo lì a cercare di ricomporre i pezzi del suo sistema nervoso.
– Ma che..? – gli giunse la voce di Lou.
– Che diavolo è preso a quella cretina? – questa invece era la rossa, che lo costrinse a voltar il capo e lo sguardo su di lei, prendendogli il viso fra le mani smaltate – Ti ha fatto male, dolcezza?
In un guizzo di lucidità dovuta all'adrenalina che gli era finita in circolo a quello schiaffo, Kei distinse chiaramente alcuni particolari della ragazza a cui in precedenza non aveva dato alcuna importanza. Dovette contenere un moto di disgusto davanti a quel trucco pesante, che non serviva a nascondere del tutto le imperfezioni di quel volto segnato dalla sua vita notturna. Il pesante profumo in cui si doveva essere fatta il bagno non riusciva più a coprirne l'odore naturale, misto a sudore e fumo, così come la musica di sottofondo non potesse camuffarne la voce fin troppo stridula. Percependone il respiro sulla pelle, il blader non riuscì a frenare una smorfia, ritraendosi di scatto da quel supplizio perdurato troppo a lungo.
– Levati dai piedi.
– Cos..?
Non la stette nemmeno più a guardare, mentre si alzava, sgusciando via dalla sua presa per nulla ferrea e combattendo il senso di vertigine causatogli dall'ebbrezza dell'alcol. Si sentiva come sporco, sensazione che non gli si attenuò molto nemmeno una volta riguadagnati i suoi spazi. Osservandola dall'alto in basso un'ultima volta la vide in tutto il suo complesso, non riuscendo affatto a non pensare a quanto fosse squallida.
Squallida quasi quanto stava per ridursi lui stesso.
Hai intenzione di perdere altro tempo?” gli risuonò nella mente la voce dell'Aquila Rossa.
Gli ritornò alla mente la figura di Yukiko che si voltava per andarsene, tremante di rabbia e indignazione. No, non avrebbe perso altro tempo. Ancora gli risuonavano nella mente le parole che le aveva sentito dire e si mosse, deciso più che mai ad andarle dietro. Ora era arrivato il suo turno.
Avrebbe messo in chiaro le cose una volta per tutte, che lei lo volesse o meno.


Yukiko cercò di far smettere alle proprie mani di tremare, mentre già si ritrovava a combattere contro le lacrime che le offuscavano la vista dello schermo del telefono. Doveva andarsene da lì, doveva chiamare l'autista degli Hiwatari e farsi riportare a casa.
Voleva solo andarsene da quel luogo.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo.
– Stupido idiota – si lasciò sfuggire a voce incrinata, ferma nel parcheggio del locale.
Quel che era incredibile era il fatto che, con quelle parole, il dranzerblader fosse arrivato a offenderla, a ferirla in una maniera che non poteva essere razionale. Aveva giurato a sé stessa che non avrebbe permesso più a nessuno di arrivare a tanto e invece, eccola lì, che tentava disperatamente di calmare il proprio respiro, senza per altro riuscire nell'impresa.
Persino Night aveva cessato di parlarle, tornando all'interno del Beyblade che aveva ancora in tasca, nel giacchetto che teneva sottobraccio. Il fatto che il suo unico vero amico non potesse aiutarla in quel momento le insinuò nel cuore un senso di solitudine che la fece cedere alla disperazione. Kei non poteva averle detto quelle cose, non dopo l'altro giorno.
– Maledizione!
In quel momento d'esasperazione una mano le si strinse intorno a un polso, facendola sussultare e costringendola a voltarsi su sé stessa con uno strattone. Sgranò gli occhi dalla sorpresa, boccheggiando alla cieca nel ritrovarsi davanti il ragazzo che altri non era che la causa di tutto quanto quel casino.
– Non abbiamo finito.. – sibilò minacciosamente verso di lei, facendo un passo avanti.
L'odore di alcol addosso al blader le fece storcere le labbra in una smorfia, ma il suo sguardo, così diretto e ferino, le fece venire la pelle d'oca. Per riflesso cercò di indietreggiare ma non servì a nulla perché lui le andò dietro, spingendola con decisione contro uno dei Suv parcheggiati lì vicino. Avvertendo il freddo metallo della fiancata contro la schiena, la nightblader si lasciò sfuggire un sussulto di sorpresa, ma la voce le morì in gola l'istante successivo nel tornare a incrociare gli occhi dell'altro.
Le sue iridi, con quei riflessi fra il violaceo ed il ramato, riflettevano lucide la fioca luce che filtrava nel parcheggio, giungendo dalla strada poco distante e dandole l'impressione di potervi precipitare dentro da un momento all'altro.
– K-Kei.. – ne mormorò il nome, combattendo l'improvviso brivido di paura che le risalì lungo la spina dorsale al ché lui le bloccò ambo le braccia contro la vettura, stringendole i polsi sin quasi a farle male.
– Il motivo che mi ha spinto a venire qui sei tu – quella prima affermazione le tolse il respiro; quell'accusa così sentita, così carica di furore nonostante non avesse alzato nemmeno di un po' quel tono, la spiazzarono – Credi sia facile per uno come me controllarsi, avendo a separarci solo una stupida parete?
– S..scusa?!
– Non puoi pretendere di frenare gli impulsi di un uomo senza pagarne le conseguenze. Vuoi forse che li sfoghi su di te, visto che ti da' così fastidio che lo faccia con qualcun'altra??
Yukiko già pietrificata dall'intensità delle emozioni del blader, sussultò appena quando questi le insinuò un ginocchio fra le gambe, premendosi contro di lei con tutto il suo corpo. Fu a quel punto, il respiro corto, il cuore che le galoppava nel petto a una velocità tale che la indusse a credere sarebbe scoppiato in pochi secondi, che ne percepì l'eccitazione.
Oddio..” quella che le premeva sulla stoffa dei jeans era chiaramente un'erezione.
Il telefono le sfuggì di mano, riversandosi nella ghiaia un metro e mezzo più in basso con un tonfo che passò del tutto inosservato ad entrambi, troppo presi l'uno dall'altra per osar fiatare. Quella vicinanza, quella provocazione le accesero una serie di vampate di calore che le si riversarono non solo sul viso, ma anche in mezzo alle gambe, facendole sfuggire un gemito d'incredulità. Chiuse gli occhi per riflesso, come se così facendo ogni cosa sarebbe scomparsa, speranza vana.
– È esattamente di questo che ho bisogno – insistette lui, a un palmo dalle sue labbra, rimarcando il messaggio con una nuova pressione dell'inguine e lei riaprì di scatto le palpebre. La sua voce roca le raggiunse le orecchie in un modo talmente sensuale da farle girare la testa – ..ed è qualcosa che non posso prendere da te.. – le sussurrò, finendo per ripetere in un ultimo soffio, quasi ché fosse un'ultima disperata preghiera – ..non da te.
Subito dopo le catturò le labbra in un bacio.
Oh. Dio.”
L'adrenalina, già in circolo in ogni parte del suo corpo, contribuì ad acuire nuovi forti brividi che non avevano nulla a che vedere con l'aria fresca della sera. Immobilizzata dalla sorpresa e con l'eco delle sue ultime parole ancora nelle orecchie, non riuscì a reagire a quella pressione sulla bocca, talmente passionale da renderla totalmente inerme. Spiazzata da lui quanto da sé stessa, dall'improvvisa arrendevolezza del proprio corpo, si lasciò sfuggire un nuovo gemito quando il suo sapore le inondò la bocca in una carezza vellutata e famelica al tempo stesso.
Eppure iniziò a perdere realmente sé stessa soltanto quando quel bacio si evolse in qualcosa di diverso, qualcosa di agrodolce, che le fece dolere il cuore. Kei le accarezzò le labbra con le proprie, assaporandola, sospirando profondamente mentre l'esplorava e la cercava con una dolcezza sempre maggiore. Anche la presa sui suoi polsi si allentò, sino a lasciarla andare del tutto per passare a delinearle i fianchi, in una carezza che ella percepì bollente sulla pelle sotto la stoffa del top.
Quello non era un bacio da sesso.
Il dranzerblader le si sistemò meglio in mezzo alle gambe, facendo combaciare perfettamente il proprio bacino contro quello di lei in una nuova pressione che le fece nascere altri brividi di piacere.
Un'altra carezza sopra la stoffa dei jeans, mentre la teneva avvinta con tutto il proprio corpo, spingendola contro la vettura in un contatto pressoché totale.
Quello era un bacio d'amore.
Non seppe mai quantificare la durata di quel bacio, ma quando esso finì la mora ci mise una buona manciata di secondi prima di ritrovare il modo giusto di respirare, sconvolta per il contrasto netto fra il calore del corpo febbricitante del blader e l'aria fredda della sera.
Il ragazzo dai capelli nero-argento indietreggiò da lei, chinando il capo e immergendo fra quelle ciocche chiare una mano, prima di scuoterlo, come a volersi schiarire le idee.
– Fermati... – soffiò, appoggiandosi pesantemente all'auto dietro di lui.
Inizialmente la giovane credette che si stesse rivolgendo a lei, cosa che la fece balbettare un'esclamazione contrariata, che si concluse in un sussurro e non ebbe un seguito, l'espressione dell'altro fin troppo espressiva. Non sembrava proprio nelle condizioni di guidare.
Rassegnandosi ad accantonare quanto era appena accaduto prese in mano la situazione, ma non prima d'aver giovato di una nuova boccata d'aria fresca, cosa che l'aiutò a schiarire la mente lo stretto necessario. Indi, si chinò a raccogliere il proprio telefono, ficcandoselo in tasca e soltanto poi si discostò del tutto dal Suv contro il quale era rimasta sino a quel momento, andando a posare una mano sull'avambraccio del blader.
– Dai, ti porto a casa.
Quelle poche semplici parole le uscirono dalle labbra con un tono talmente dolce che fu lei stessa la prima a sorprendersi, ma solo con una parte della mente. L'altra era troppo impegnata ad ammirare il viso del dranzerblader, arrossato, col fiato corto e gli occhi terribilmente lucidi.
Questi annuì dopo un istante, cercando di tirare fuori le chiavi da una delle sue tasche, ma la ragazza le prese in consegna appena ci riuscì. Non gli disse altro: al momento era quella più lucida dei due, il ché era tutto un dire, perciò era da escludersi che fosse lui a mettersi alla guida. Non aveva alcuna intenzione di provare altre emozioni forti quella sera.
Non fu difficile individuare la Camaro attraverso l'apertura delle porte a distanza e, una volta raggiuntala, lo aiutò a sedere al posto del passeggero, allacciandogli la cintura prima di fare il giro e salire a sua volta a bordo. Una volta al posto di guida con allacciata anche la propria cintura, si lasciò sfuggire un profondo sospiro nel tentativo di liberare i muscoli dal residuo di tensione che le era rimasto in corpo. Scoccò un'occhiata, sentendosi ancora tremendamente fuori fase, a colui che era stato la causa di una serata che non avrebbe mai potuto dimenticare, trovandolo appoggiato contro il vetro del finestrino con il capo, gli occhi chiusi e l'espressione da coma vegetativo più convincente che avesse mai visto.
Sorrise, emettendo un lieve sbuffo, cogliendo in quella scena l'ironia del momento, nonostante tutto.
– Sei un vero casino, Hiwatari Kei.
Ruotò la chiave nel quadrante, accogliendo con sollievo il deciso rombo del motore dell'auto, un suono che finalmente riempì il silenzio all'interno dell'abitacolo, sovrastando quello del proprio cuore che ancora non voleva rallentarle nel petto.




...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Ecco il capitolo cruciale!
Ieri sera ero indecisa se pubblicarlo subito o lasciarvi ancora qualche giorno di tempo per coltivare e macerare la vostra suspance, ma stamattina non ce l'ho fatta, anche perché mi è venuta un'idea per continuare la fiction di quelle che di solito verrebbe da stringercisi la mano da soli u.u vedrete molto più avanti di cosa parlo.
Spero che i vostri defibrillatori in dotazione al kit di EFP non abbiano problemi, non voglio perdere nessuno di voi per colpa di un qualche infarto.. Muhahahaha-cough, couff.. ok la smetto.
Vi è piaciuto?! Che ne pensate? Vi ha fatto schifo? Dite dite, io attendo con pazienza il vostro prezioso parere (e intanto sarà il caso che mi rimetta a studiare che ieri ho vagabondato fin troppo).
Un saluto dalla vostra diabolica autrice
Kaiyoko

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Capitolo 9
*** Sotto lo stesso cielo ***




9. Sotto lo stesso cielo


Il mattino dopo, quando Kei si risvegliò nel suo letto, comprese immediatamente cosa lo aveva riportato alla realtà. Non dovette neanche scomodarsi a guardare in basso per rendersi conto di quanto gli stesse tirando l'amico lì sotto.
Cazzo!
Digrignò i denti, sopportando la fitta di dolore che gli venne dall'inguine in reazione a tutta quella tensione, cosa che lo portò a tentare di alzarsi a sedere fra le lenzuola.
Pessima idea. Appena contrasse gli addominali e tentò di sollevare il capo, si ritrovò boccheggiante riverso di nuovo fra i cuscini, con un cerchio tremendo alla testa.
– Merda – imprecò a denti stretti il ragazzo.
Non rammentava quasi nulla della seconda metà della serata precedente, se non una Yukiko impettita di fronte a lui tanto arrabbiata da schiaffeggiarlo e lasciarlo lì per qualcosa che le aveva detto. Il pensiero gli fece avvicinare la mano sinistra alla guancia medesima, giurando di averla sentita formicolare.
Per quanto riguarda il resto, era tutto molto confuso ed evanescente.
L'aveva seguita.. e poi? Che era accaduto dopo?
Ad assalirgli la mente ancora intontita dal sonno e dai postumi della sbronza ci si mise il sogno che l'aveva svegliato in quello stato, cosa che gli fece soffiare fra i denti l'aria che aveva nei polmoni in un gemito sommesso di protesta alla pronta reazione, fin troppo pimpante, del suo amichetto. Si costrinse a spazzare via quella visione, per non peggiorare le cose.
Aveva assolutamente bisogno di chiudersi in bagno per un po', soltanto dopo essersi concesso una bella doccia avrebbe potuto sperare di stare un po' meglio.
Sì, una bella, lunghissima doccia fredda.


Yukiko se ne stava a far girare Night sulla sommità di una roccia, giovando dell'aria fresca del mattino. Sopra la sua testa il cielo era sereno, punteggiato di qualche nuvoletta bianca e lei non riusciva a far a meno di starsene sì, stesa con le mani intrecciate dietro la nuca, a osservarlo.
Io credo che dovresti iniziare a preoccuparti
– E per cosa, Night? – ribatté lei, ridacchiando.
Il suo compagno di battaglie era di nuovo accanto a lei, come la sera prima, sospeso a un metro da terra e contornato da quell'alone luminescente. Lo stesso che scaturiva dal bit al centro del suo bey. Il suo capo candido tornò a sbucare nel suo campo visivo e lei ne incrociò lo sguardo color azzurro ghiaccio.
Be', cosa pensi di fare dopo quanto è accaduto?” Si informò questo, scoccandole un'occhiata interrogativa.
Yukiko si lasciò sfuggire un sospiro.
– Non lo so.. – lasciò intercorrere una pausa, prima di cogliere il suono ritmico della trottola che ruotava liberamente sul terreno alla minima velocità concessagli per non sbandare e fermarsi. Quel sommesso sibilo la indusse a chiuder gli occhi verdi per un istante, prima di sfoggiare un ampio sorriso – ..ma forse mi è venuta un'idea.
Senza attendere una qualche risposta, la mora si sollevò di scatto a sedere e un attimo dopo era già in piedi.
– Andiamo, ci aspetta un bell'incontro – affermò convinta al suo bitpower.
La creatura in forma umana annuì con un unico cenno del capo prima di scomparire in un riverbero di luce ed un secondo dopo lei stringeva il suo bey dai riflessi d'argento saldamente in una mano. Non c'era incomprensione che non potesse essere superata con un buon incontro, lo sapeva. La volta scorsa era riuscita a percepirlo, l'animo di quel blader così introverso, attraverso quell'ultimo potente attacco.
Sapeva di non aver di per sé il coraggio di affrontarlo faccia a faccia in un discorso, men che meno dopo quanto accaduto la sera precedente, pertanto aveva solo una possibilità di rompere il ghiaccio. Una possibilità rappresentata dall'amore per quello sport. Perché per quanto ci si potesse provare, una volta che il Beyblade ti era entrato nel cuore, non c'era modo che ne uscisse.


Kei stava tornando nella propria stanza dopo quella doccia riabilitante.
Dovette ammettere con sé stesso di sentirsi molto meglio, mentre procedeva scalzo lungo il corridoio deserto. La casa era avvolta nella quiete, tutto grazie alla strampalata idea di suo padre di andarsene chissà dove con la quasi totalità dei domestici, e la cosa non gli dispiaceva affatto.
Il mal di testa si era attenuato giusto quel poco che bastava affinché fosse sopportabile.
Si sfregò un lato del capo con un lembo dell'asciugamano che portava sulle spalle, non troppo energicamente mentre toglieva umidità alle ciocche corvine dietro la nuca. Indossava soltanto un paio di pantaloni, gli stessi jeans della sera precedente, per di più col primo bottone slacciato, cosa che glieli faceva ricadere un po' più in basso sui fianchi.
In quel momento l'ultima cosa che si aspettava, preda di un rilassamento più che gradito, era quel che vide aperta la porta della sua stanza. Come il battente ruotò infatti sui cardini, il dranzerblader si bloccò sulla soglia mentre fissava ad occhi spalancati la ragazza che si ritrovò di fronte.
Il sorriso di Yukiko si accentuò, pendendo verso lo zigomo destro e donandole un'aria fra il furbetto ed il determinato.
– Eccoti qui! – esclamò quella, ponendo una mano chiusa a pugno sul fianco mentre l'altra la sollevava nella sua direzione, mostrandogli il suo bey – T-ti sfido!
Questa è una persecuzione” pensò lui di rimando, scoccandole uno sguardo significativo. Per un momento ebbe la chiara visione di sé stesso con una goccia in stile manga a scivolargli fra i capelli.
– S-su, principino.. È la giornata ideale per un incontro!
Quel tono squillante gli fece rimpiangere la quiete che si era goduto fino a pochi minuti prima, un tono che comunque racchiudeva in sé una nota quasi nervosa.
– Principino? – ripeté meccanicamente, rammentando che fosse già la seconda volta che osava chiamarlo in quel modo. Percepì la propria pazienza assottigliarsi pericolosamente, già messa a dura prova dal brusco risveglio di quel mattino, e una vena prese a pulsargli a lato della tempia sinistra.
– Hai paura di non riuscire a cavartela come l'ultima volta? – un'altra provocazione – Cos'è, la serata di ieri è stata troppo intensa per te? Non dirmi che dovrò iniziare a chiamarti Principessa!?
Questo era troppo persino per uno come lui.
– L'hai voluto tu – le disse lui freddamente a quel punto, riversando in quella gelida nota tutto il suo disappunto.
Si mosse, superandola in poche rapide falcate e nel farlo le sbatté l'asciugamano in faccia, prendendola alla sprovvista e lasciandola a dimenarsi, mentre lui si dirigeva verso il proprio comodino. Ne tirò fuori Dranzer ed il lanciatore e si ficcò entrambi in tasca prima di recuperare le scarpe dal balcone. Una volta infilate anche queste, si allacciò finalmente l'ultimo bottone dei calzoni e recuperò una delle sue maglie nere dalla cassettiera. Tornando sui propri passi, scoccò un'occhiata all'attaccapanni accanto alla porta e, senza una parola, allungò una mano per recuperare la sua vecchia sciarpa bianca.
Il senso di familiarità che lo colse nel momento in cui se la avvolse al collo, con i lembi della stessa a pendergli dietro la schiena come un tempo, gli infusero quasi un senso di completezza. Fu come se fosse tornato ad essere pienamente sé stesso soltanto in quel momento e la cosa gli infuse una nuova carica.
– Andiamo, mocciosa??
Non stette nemmeno ad aspettarne una reazione e varcò la soglia, immettendosi di nuovo nel corridoio. Le avrebbe finalmente fatto capire con chi aveva a che fare.


Yukiko si sentiva elettrizzata e piena di vita.
Poteva farcela, in quel modo potevano comunicare.
Osservò il campo di battaglia sul quale si stavano affrontando lei e il dranzerblader. Quest'incontro tuttavia non aveva niente a che fare con quello precedente, poteva capirlo subito notando il modo di porsi di Kei, il suo modo di giocare. Questa volta l'incontro era molto più che una mera prova di forza: si stavano affrontando con serietà e determinazione, cercando l'uno di penetrare le difese dell'altra senza la foga dimostrata in precedenza. Il blader che aveva di fronte ora la ragazza era diverso da quello contro cui si era battuta precedentemente. Avrebbe quasi potuto dire che fosse rinato.. No. Non rinato. Si era risvegliato.
Vai Aquila Rossa!
Fagli vedere, Night!
Dalle due trottole, intente a girare vorticosamente l'una verso l'altra, scaturì all'unisono un bagliore quasi accecante e un attimo dopo i due bitpower si fronteggiavano apertamente nella loro forma animale, ali spalancate e artigli protesi.
Yukiko notò di sfuggita l'espressione sorpresa del suo avversario a quella comparsa e non poté far a meno che sfoggiare un sorrisetto soddisfatto.
Stella Cometa! – urlò il suo attacco, approfittandone.
Dranzer, evitalo!
Il bey di una tonalità più chiara si mosse con agilità e l'offensiva della mora andò a vuoto.
– Sei finita.. Tempesta di Fuoco!
Fiamme di un intenso color rosso avvolsero il campo di gioco, che altro non era se non uno spiazzo erboso al centro del cortile posteriore della tenuta degli Hiwatari, costellato qua e là da qualche pietra.
Night!! – esclamò trafelata la mora.
Il suo beyblade blu scuro andò a urtare con la punta uno dei ciottoli del prato, cosa che gli permise di darsi una spinta verso l'alto in un salto che andò ad impattare sul bey avversario, contrastandone e annullandone la potenza di attacco.
Ci fu un nuovo lampo di luce dovuto allo scontrarsi dei due bitpower, avvenuto nello stesso momento e che costrinse i due blader a chiuder gli occhi e ripararsi con le braccia dall'onda d'urto. Quando Yukiko li riaprì, trovò la propria trottola ferma al limitare di una chiazza di terreno bruciato, Dranzer a sua volta riverso su un fianco dal lato opposto. L'incontro era nuovamente terminato in parità.
La ragazza non riuscì a far a meno di esternare un sospiro secco, andando a ravviarsi i capelli con una mano mentre l'altra se la mise a puntellare un fianco, sopra la stoffa dei jeans a vita bassa. Sentiva ancora l'adrenalina in circolo e dovette contenere l'euforia interiore che stava provando, limitandosi ad esternarla con un largo sorriso.
– Sei davvero forte.. – le sfuggì come commento verso il ragazzo, che si fermò a fissarla dopo aver recuperato il suo beyblade.
Lo sguardo di lui era vagamente lucido ma serio, penetrante, ed il motivo non si fece attendere.
– Non sapevo che avessi un bitpower.
Lei, riprendendo fiato, non gli rispose subito ma si avvicinò per chinarsi a recuperare Night. Sollevandolo nella mano destra ne esaminò le condizioni e fu sollevata nel notare che non aveva subito danni questa volta. Colpita da quel pensiero sorvolò quella considerazione per sincerarsi delle condizioni di Dranzer.
– Quell'attacco non avrebbe mai potuto danneggiarlo.. e non cambiare discorso.
Ridacchiando a quella risposta un po' seccata, Yukiko si lasciò cadere distesa sull'erba, allargando braccia e gambe in un abbandono più che legittimo. Era stato un gran bell'incontro e il suo Night si era comportato egregiamente, pensiero che la fece sorridere soddisfatta.
– Non lo stavo facendo – gli rispose senza guardarlo ma sollevando una mano sopra di sé per reggere il proprio bey davanti agli occhi – Mi stavo solo premurando che la conclusione dell'incontro non avesse danneggiato nessuno dei due. Non è facile per i nostri bitpower quando il bey in cui risiedono viene scalfito. Per fortuna questa volta ci è andata bene, vero Night? – chiese allegramente alla trottola, dando un bacetto a stampo all'emblema dell'Anka al centro del bit.
Kei non le rispose ma poco dopo ella sentì un fruscio accanto a sé e spostando gli occhi alla sua sinistra, vide il dranzerblader lasciarsi ricadere seduto a gambe conserte sul terreno lì vicino, lo sguardo dai riflessi di sangue persi a contemplare l'Aquila Rossa.
– Quindi è vero: sapevi dell'Aquila.
– Be', sì – indugiò un momento a proseguire, appoggiando la propria mano reggente il bey blu scuro sul ventre – L'ho scoperto ieri, prima di seguirti. È stata lei a mettersi in contatto con me e a dirmi che dovevo trovarti.
Il vento fece frusciare le fronde degli alberi vicini, carezzando le ciocche sfumate di rosso dei capelli di lei, al pari di quelle d'argento del blader che le sedeva accanto. Dopo una manciata di secondi in cui questi non accennò a dire altro, la mora si cimentò in un'altra domanda, una di quelle che l'avevano tormentata sino a quel momento.
– Dicevi sul serio la volta scorsa? Quando hai detto che il Beyblade è un gioco da bambini?
Lui sollevò lo sguardo incrociando il suo e in quel breve momento di attesa Yukiko rischiò di farsi trasportare da quegli occhi così enigmatici e profondi, cosa che avrebbe fatto se il pericolo non fosse stato scongiurato dalla voce del proprietario, quando finalmente si degnò di risponderle.
– Sì. Lo avevo detto sul serio – e lei ebbe un tuffo al cuore – ..ma mi sbagliavo.
Ne osservò il profilo mentre questi, sporgendosi un po' più indietro con la schiena e appoggiando ambo le braccia sul prato a mo' di sostegno, sollevò lo sguardo al cielo. In quella posizione, sfiorato dalla brezza di fine estate, le parve l'emblema della serenità. Il suo volto rilassato le sembrò talmente bello da risvegliare in lei il ricordo di come il dranzerblader l'avesse baciata meno di dodici ore prima e subito si sentì avvampare in viso. Scostando di scatto gli occhi verdi per portarli a sua volta a puntare la volta celeste, strinse meccanicamente la presa sul proprio bey, pregando il proprio cuore di rallentare i battiti. Fu grata al ragazzo quando riprese a parlare.
– Avevo dimenticato una cosa importante sul Beyblade. Qualcosa che mi hai fatto ricordare tu.
– E cosa? – credette di sentire la propria voce strana e deglutì, nervosa.
– Che anche le braci di un fuoco vanno ravvivate, se non si vuole che il fuoco si estingua.
Quell'affermazione fece sbattere un paio di volte le palpebre alla nightblader, giuntale talmente inattesa che finì per scoppiare a ridere, dapprima sommessamente e poi di tutto cuore, sinceramente divertita.
– E adesso perché stai ridendo? – la voce di Kei tornò a farsi udire, col solito timbro distaccato e freddo.
– Ahah.. perché non credevo che potessi uscirtene con qualcosa di così profondo! Non me l'aspettavo proprio! Ahahaha!
– Umphf.
Continuò a ridere ancora per almeno un paio di minuti, come una sciocca, ma quando finalmente riuscì a calmarsi, per la mora fu come se si fosse liberata di un grosso peso.
– Ehi, Kei – ne richiamò l'attenzione chiamandolo per nome, attendendo un paio di secondi prima di continuare – Credo che dovremmo fare squadra.
Spostando lo sguardo di nuovo a cercarlo, lo vide inarcare un sopracciglio e questo la spronò a dargli la spiegazione che probabilmente attendeva, continuando con tono una nuova serietà dovuta all'argomento trattato.
– Sto parlando della situazione in cui siamo finiti per colpa delle nostre famiglie.
A quella delucidazione il ragazzo in questione sollevò anche l'altro sopracciglio.
– Avremmo più possibilità se unissimo le nostre forze, non credi? – gli chiese in via retorica – In fin dei conti mi sembra che tutta questa storia non vada molto a genio a nessuno di noi due.
– Sicura di volerti opporre a tua madre? – le domandò lui con un sorrisetto strano in volto.
Lei raccolse i sottintesi che si celavano dietro quella domanda, ma si prese il suo tempo per riflettere sulla risposta seria che voleva dargli. Quando iniziò a parlare lo fece dopo un paio di secondi ma ponderò ogni parola prima di formularla sulle labbra, finendo in questo modo per rispondergli con un tono quieto e pieno di pause.
– Lei mi ha sempre detto che non ho buon gusto in fatto di uomini... e in fondo, credo che avesse ragione.. – permise alle proprie labbra di delinearsi in un leggero sorriso agrodolce – ..quanto sta accadendo ne è la prova lampante... per questo non posso permetterle di andare fino in fondo.
Perché la verità era che si stava innamorando, volente o nolente.
E l'oggetto di quell'acerbo sentimento era proprio il blader lì accanto.
Per questo non poteva permettersi il lusso di lasciarle fare quel che voleva, non questa volta: era pur sempre la sua vita.
– Va bene – acconsentì alla fine l'erede degli Hiwatari, tornando a osservare il cielo sopra di loro – Accetto la tua proposta.


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Senti, ma ieri sera com'è finita? –
 N-non ricordi..? –
 Non so.. –
 C-comunque mi hai seguita... –
 Ah. E poi? –
E... e poi niente! N-non ti reggevi in piedi e allora ti ho riportato a casa. –
Ah. –





...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Tah-dan! E siamo giunti al nono capitolo!
Inutile dire che la conclusione è ancora lontanuccia, vero? XD Molti di voi mi staranno odiando per il modo in cui sono andate le cose 'il mattino dopo' e spero che non ne siate rimasti troppo delusi. Tranquilli, arriverà il momento, a tempo debito. ^_*
Ve lo annuncio già da ora, questo capitolo sarà l'ultimo di questa serie di aggiornamenti "frenetici" perché per le prossime due settimane sarò un po' più oberata di lavoro (cose da fare) e quindi andrò un po' più a rilento. Almeno fino al 10 Settembre. Poi con un po' di fortuna e una bella spintarella dovrei riuscire a concludere più speditamente. 
Un baciotto a chi volesse farmi sapere cosa ne pensa di questo mio nuovo input di follia!
Kaiyoko

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Capitolo 10
*** Una barriera invisibile ***




10. Una barriera invisibile


Yukiko si guardò intorno.
Era tutto il giorno che esplorava la proprietà, a partire dall'interno della villa. Aveva scoperto un'ampia ala riservata alla servitù, ovviamente con la costernazione dei pochi domestici rimasti. Si era persino infilata in soffitta, un ambiente scuro e vuoto, fin troppo pulito per il suo ruolo da sottotetto, segno che i dipendenti della famiglia Hiwatari non tralasciassero nemmeno un angoletto quando si trattava di pulizie.
Eppure le era piaciuta quella parte della casa. Era costituita da un pavimento di assi di legno e lo spazio era delimitato regolarmente da travi di sostegno. L'unica fonte di luce naturale era una serie di finestre dall'intelaiatura a mezzo esagono che si aprivano su due lati dell'edificio. La mora si avvicinò ad una di quelle, aprendola e inspirando l'aria tiepida che spirava lieve a quell'altezza.
Si preannunciava una giornata calda, all'insegna del bel tempo, ma dopo un rapido sguardo all'orizzonte la nightblader si rese conto dell'avvicinarsi di un fronte di nubi grigio scuro.
– Entro stasera saranno qui – commentò fra sé e sé con una smorfia.
Abbassando lo sguardo sul paesaggio sottostante, notò per la prima volta le effettive dimensioni del terreno su cui era stata edificata quella villa in stile occidentale e spalancò gli occhi verdi, impressionata. Il giardino su cui affacciava quel lato della casa poteva essere definito come un vero e proprio parco, con alberi imponenti e sentieri ghiaiosi che serpeggiavano fra aiuole ben curate e prati tosati. C'era persino un laghetto le cui acque riflettevano l'azzurro intenso del cielo sopra le fronde più alte degli alberi. Ne notò uno in particolare, una grossa quercia dai rami ricolmi di foglie dai colori che variavano dal verde intenso all'arancio sbiadito, segno che l'autunno era realmente alle porte.
Seguendo l'impulso di andare ad esplorare anche quella parte, la mora richiuse la finestra alla quale si era affacciata e si affrettò a scendere la scaletta in legno che l'avrebbe portata al piano inferiore. Le erano sempre piaciute certe cose e dubitava di poter cambiare al riguardo: con un po' di fortuna aveva appena trovato un luogo diverso dalla sua stanza in cui poter passare parte delle sue giornate, giovando di una più intima tranquillità.
Un'improvvisa immagine le si affacciò alla mente, facendola incespicare proprio sugli ultimi gradini e rischiando di finire a faccia in giù sul pianerottolo. Mulinando le braccia alla cieca, riuscì ad evitare la rovinosa caduta soltanto grazie alla presenza del corrimano, al quale riuscì ad aggrapparsi all'ultimo secondo. Sospirò di spavento e di sollievo insieme soltanto quando riuscì ad appoggiarsi alla parete alla base di quelle scale, sollevando una mano al petto mentre inspirava ampie boccate d'aria, gli occhi strabuzzati nel vuoto.
– Oddio... me la sono vista brutta.
E la colpa era stata soltanto della sua stupida mente contorta.
Si diede un pugnetto sulla testa, imbarazzata e infastidita.
Che cavolo mi viene in mente! Stupida, stupida, stupida!” inveì contro sé stessa, chiudendo strettamente gli occhi.
L'immagine che tanto l'aveva turbata era allo stesso tempo la cosa più innocente che potesse esistere: si era vista sotto quel bellissimo e imponente albero sulle rive dello specchio d'acqua in compagnia del dranzerblader col quale era finita a convivere, con il vento a scompigliare loro i capelli mentre se ne stavano in silenzio ad ammirare il panorama. Una scena alla quale mancava solo la classica cornice di cuoricini rosa.
Che cazzo mi combini, stupido cervello!?
Da quella maledetta sera non era più riuscita a togliersi il ragazzo dalla mente, cosa che le causava un altissimo livello di agitazione, specialmente quando questi era nei paraggi. Tutto normale se si considerava il modo in cui lui l'aveva baciata nel parcheggio di quel locale. L'unico motivo per cui non era cambiato nulla fra loro era che lo stesso blader aveva ammesso di non rammentare nulla, cosa che a lei effettivamente andava benissimo.
La verità è che sei cotta a puntino” la sbeffeggiò la voce familiare di Night dall'interno del suo bey.
– N-non è vero – sbottò irritata la mora, imboccando la via per i piani inferiori. Scese velocemente le scale, spiccando una corsa che la fece quasi capitolare giù per l'ultima e maestosa rampa di scale.
Tuttavia la ragazza non si fermò, il cuore le batteva energicamente nel petto a quello sforzo fisico. La tensione le pervadeva ogni muscolo, mentre le gambe con rapide falcate bruciavano gli ultimi metri a separarla dalla porta che affacciava sul retro. Spalancandola, si immetté all'aria aperta con un senso di liberazione che durò poco, perché non si permise di soffermarvisi.
Non voleva pensare.
Non voleva ascoltare.
Aveva solo bisogno di correre.
E lo fece, con tutta la forza di cui era capace.


Kei si sedette sulla riva del laghetto, nei pressi di un vecchio gazebo mantenuto in ordine dalle cure dei giardinieri di suo padre, come il resto del terreno della sua famiglia.
Si aggiustò la sciarpa intorno al collo, mentre l'inconfondibile suono del beyblade che ruotava vorticosamente su sé stesso a un metro da lui si confondeva con il frusciare delle fronde degli alberi lì accanto. Ben più vicina era la proiezione della sua bitpower, che nella sua forma umana a lui ben nota, gli si spostò di fronte, rimanendo sospesa sul pelo dell'acqua e costringendolo a sollevare lo sguardo su di lei. Aveva lunghi capelli rosso fuoco, raccolti in una lunga treccia e occhi dorati, taglienti e fieri mentre lo osservavano. Dalla pelle ambrata, vestiva una tunica del color del sole ed i suoi piedi calzavano un paio di sandali alla schiava. Inoltre, tanto per mettere in chiaro la sua natura eterea, era avvolta da un caratteristico alone di luce che ricordava il bagliore delle fiamme.
Non credi che il fatto che lei sia stata capace di risvegliare una parte importante di te sia qualcosa da non sottovalutare?
Lui in risposta sbuffò, appoggiando un gomito al ginocchio sottostante e sostenendosi a quel modo il mento sul palmo.
– No – le rispose ostinatamente – Non vedo come potrebbe essere rilevante.
Sei proprio testardo!
– E tu sei un'impicciona.
..e uno stronzo” concluse la bitpower. Kei se ne rimase in silenzio, ignorando l'ultimo insulto dell'amica ma limitandosi a deviar con lo sguardo sul pelo dell'acqua, finché la stessa Aquila non si concesse un sospiro “Allora, che cosa intendi fare ora?
– Troverò un modo per annullare questa farsa del fidanzamento.
E dopo continuerai a fingere di non provare nessun interesse per lei?
– Non sto fingendo.
Sai vero, che se continuerai a trattenerti, finirai per esplodere..?” insistette imperterrita.
– Qualcosa come l'attrazione fisica è fin troppo facile da dominare.
Non alludevo all'attrazione fisica
Kei le scoccò un'occhiataccia – Allora non capisco di cosa tu stia parlando.
Mi riferisco ai tuoi sentimenti
Lui quasi scoppiò a ridere – Quali sentimenti? È solo una ragazzina fuori di testa con una passione esagerata per il karaoke – affermò senza indugio, sfoggiando un sorrisetto di scherno. Certo, anche se in fin dei conti quella stessa ragazzina era parecchio intonata ed espressiva quando cantava.
Ti ricordo che posso ascoltare i tuoi pensieri” lo riportò alla realtà l'Aquila, con un'espressione compiaciuta che lo colse in fallo.
– Tsk.
Seguì una lunga pausa di silenzio, infranta soltanto dallo stormire delle fronde degli alberi a poca distanza dietro di lui. Ne osservò l'effetto sulla superficie del laghetto, notando quelle lievi onde allargarsi e infrangersi sulle rive che lo delimitavano. Quando alla fine l'Aquila tornò a parlare, fu per donargli uno dei suoi saggi e spesso non richiesti consigli.
Dovresti provare ad ascoltare meglio il tuo cuore.. fidati del tuo istinto, Hiwatari Kei. Quanti dei blader che hai incontrato in vita tua avevano mai dimostrato preoccupazione per un beyblade che non fosse il loro?” quella domanda lo spinse a chiudere gli occhi, come se questo potesse bastare a non pensare affatto alle implicazioni di quel discorso, ma la voce di lei lo raggiunse comunque “Ha come compagno l'Anka Bianco e la cosa non mi sorprende: è una ragazza dal cuore gentile eppure è esattamente come te..
– Ed in cosa dovrebbe essere come me? – sbottò infastidito il dranzerblader, tornando a schiudere le palpebre per puntare un nuovo sguardo penetrante sull'amica – Lei non ha passato anni in quel maledetto monastero! Non è mai stata usata per degli scopi ignobili da un membro della sua stessa famiglia! Non venirmi a dire che è come me!!


Cos'era quella storia?
Le aveva sentite, le ultime parole del dranzerblader, portatele dal leggero venticello che increspava le acque del laghetto. Parole cariche di amarezza e risentimento, che le fecero salire il cuore in gola. Sollevò una mano per sfiorarsi quel punto, appoggiandosi al tronco dietro al quale aveva trovato riparo, tendendo le orecchie ed al contempo sentendosi una volgare spia. Non avrebbe voluto origliare, ma quando lo aveva visto in compagnia di quello che doveva essere il suo bitpower, non sapendo bene cosa l'avesse spinta a farlo, aveva preferito restare in disparte senza tuttavia allontanarsi.
– Che abbia imparato cosa significhi venire traditi da chi ti è vicino, non vuol dire niente. Anzi, meglio così, almeno avrà capito come funziona realmente il mondo.. – erano parole dure, insensibili, quelle che la voce del blader continuava a formulare e questo non fece altro che appesantire le gambe della diretta interessata – Farebbe meglio a starmi lontana quanto più possibile.
Nonostante le tue parole sei il primo a non volerla ferire” le risuonò in un angolo della mente la voce dell'Aquila, calda, avvolgente come un abbraccio.
– Tsk. Non ho alcuna intenzione di approfittare delle circostanze in cui ci hanno messo i nostri genitori solo per togliermi lo sfizio.
Di nuovo quell'orgoglio a mascherare la gentilezza di quell'unica affermazione. Inspirando prese coraggio e si sporse quel poco che bastava per scoccare uno sguardo verso il ragazzo in questione, trovandolo in piedi, sul punto di voltarsi. Tornò al riparo dell'albero giusto in tempo per non farsi scoprire e strinse le palpebre, sentendo la tensione dei propri muscoli raggiungere i massimi livelli.
Come pensi di riuscire a proteggerla se non ti apri con lei?
– Non ha bisogno di protezione, sa' badare a sé stessa.
Come vuoi” concluse alla fine la bitpower.
Nel silenzio che seguì la mora colse soltanto il suono del proprio cuore, il quale ancora non si decideva a rallentare i battiti e le risuonava nelle orecchie quasi più forte del frusciare del vento, ma non del canto delle cicale.
Restò immobile ancora per una manciata di minuti, temendo di venir sorpresa da un momento all'altro dal freddo blader con cui aveva deciso di collaborare per uscire da quella situazione. Alla fine, quando ormai fu chiaro che non era ancora stata scoperta, Yukiko si concesse un'altra occhiata oltre il tronco del suo albero, constatando in questo modo che non vi fosse più traccia del dranzerblader.
Tirando un sospiro di sollievo abbandonò una volta per tutte quel riparo, accostandosi alla riva dello specchio d'acqua, nel medesimo punto in cui aveva sorpreso Kei fino a pochi minuti prima. Si lasciò sfuggire un sorriso amareggiato: a quanto pareva il blader sembrava deciso a non lasciarla avvicinare. Probabilmente, una volta che avessero sistemato la questione del matrimonio, sarebbero andati ognuno per la propria strada, come se niente di tutto ciò fosse mai accaduto.
Non puoi fuggire da te stessa” le si rivolse Night, comparendole accanto.
Lo sapeva.
Ora lo sapeva.


La notte discese su villa Hiwatari, densa di nuvole cariche di pioggia. Quando il temporale iniziò a scatenarsi, i due blader erano profondamente addormentati in quello che era un sonno inquieto per entrambi.

Yukiko stava sognando.
Davanti a lei si estendeva un'alta parete a strapiombo al centro della quale si apriva una grotta. Come spinta da una forza di cui non comprendeva l'origine, la mora si fece avanti addentrandosi nel cuore della montagna. Seguì il percorso scavato nella roccia finché il buio intorno a lei non fu assoluto e giunse a dimenticarsi persino di quale fosse la propria forma.
Stava camminando, ma poteva esserne sicura? Aveva davvero delle gambe che la spingevano avanti? Poteva essere solo frutto della sua immaginazione, quella sensazione di continuare a muoversi. Poteva essere soltanto frutto della sua fantasia la mano che stava tendendo in avanti. In quell'oscurità assoluta, stava iniziando a perdersi, non ricordando più se stava procedendo in linea retta o se stava salendo o scendendo. Si fermò.
Stava per perdere sé stessa, ma quella consapevolezza non la allarmò. Invece si ritrovò a sorridere. Se avesse cessato di esistere, anche quello che provava sarebbe scomparso con lei. Anche i suoi sentimenti ancora incerti per Kei sarebbero scomparsi.
Fu questo a farla riscuotere.
Non poteva dimenticarsi di Kei, era semplicemente un'immagine troppo nitida nella sua anima per poter scomparire a quel modo. Ed era stata lei a permettergli di insinuarsi così in profondità nel suo cuore.
La lieve scintilla di calore che ne scaturì le si diffuse al centro del petto, sino a pervaderla lentamente ma inesorabilmente da capo a piedi, tornando a definire i suoi contorni in mezzo a quel buio assoluto. Aveva di nuovo gambe e braccia per andare avanti ed occhi per vedere dove stava andando. Sorrise e una luce più chiara comparve di fronte a lei. Soltanto a quel punto lo vide.
Era Kei, seduto nell'ombra, con il capo chinato verso il basso e i capelli argentei che gli offuscavano il volto.
Quando la ragazza tentò di raggiungerlo però, non ci riuscì, andando invece a impattare contro una barriera invisibile che soltanto poi si materializzò sotto forma di una spessa lastra di vetro. Posandovi una mano contro la ragazza la scoprì gelida.
Provò a cercare di chiamarlo ma la sua voce non prendeva forma nello spazio oscuro che li separava: era come se le corde vocali non avessero intenzione di funzionare. E poi i suoi occhi le videro, quelle forme d'ombra, lambire i contorni del blader, iniziando pian piano ad avvilupparlo.
Stava per scomparire. Stava per perdersi in quelle tenebre assolute.
Yukiko si sentì prendere dal panico. Kei non poteva scomparire così, non doveva farsi vincere da quel buio assoluto. Tentò di nuovo di chiamarlo, questa volta dando sfogo a tutto il fiato che aveva, ma non ottenne alcun effetto, alcuna reazione. Iniziò a picchiare i pugni sul vetro che la divideva da lui ma era talmente spesso che non vibrò nemmeno.
– Kei! Apri gli occhi! Kei, guardami! Sono io!
Il ragazzo che aveva di fronte non si mosse, la sua sagoma talmente tetra che presto anche l'argento dei suoi capelli sarebbe scomparso. Quel pensiero la riempì di una disperazione talmente tagliente che si sentì lacerare in due e lacrime fredde come la neve le scivolarono sulle guance.
– Ti prego Kei.. – singhiozzò la nightblader, chinando il capo – Ti prego, guardami.. sono qui, Kei..
Non poteva scomparire.
– Qualunque cosa ti abbiano fatto – aveva la voce talmente incrinata che le sembrò di sentir stridere le proprie corde vocali per lo sforzo – ormai non c'è più... non c'è più, è passato... ci sono io adesso, Kei. Ci sono io con te, adesso!
Non poteva lasciarlo solo in quel posto. Non lo avrebbe permesso.
KEEII!! – urlò con tutto il fiato che aveva in gola, lasciandosi vincere dai suoi stessi sentimenti.
E come a non voler tradire quell'ultima flebile speranza, il vetro si infranse in mille schegge.

Era buio ma a lui non interessava.
Si sentiva infinitamente calmo in quell'oscurità assoluta.
Non gli importava di non riuscire a vedere niente, non gli importava di non sentire alcun suono né di non percepire alcuna presenza. Stava iniziando a perdere la percezione persino di sé stesso. Era come se stesse fluttuando in un universo completamente vuoto, dove nulla avrebbe potuto raggiungerlo, in quel nulla assoluto.
Un riverbero si diffuse come le increspature d'acqua create da una singola goccia, caduta senza far rumore in quel mare nero. Quelle onde circolari si allargarono, attenuandosi sino a sfiorarlo appena, ma quando ciò accadde egli sollevò lo sguardo alla ricerca della fonte di quel mutamento.
L'eco di una voce e all'improvviso nacque in quell'oscurità una piccola stella, così flebile e candida da fargli credere che sarebbe presto stata di nuovo inghiottita dalle tenebre. Quella consapevolezza accese qualcosa dentro di lui: non voleva che quella luce scomparisse.
Non voleva tornare in quella fredda oscurità.
Bastò questo suo desiderio.
L'istante successivo il suono di vetri infranti si diffuse nell'ambiente, in risposta ad una serie di crepe che si aprirono come una fitta ragnatela tutto intorno a lui, lasciando entrare prepotentemente una luce tanto bianca quanto calda. Ed in quella stessa luce distinse la sagoma di una ragazza, protesa verso di lui a tendergli una mano, le labbra schiuse a chiamare il suo nome. Era Yukiko.
Assalito dal bisogno di stringere quella mano, il dranzerblader seguì il proprio istinto e si allungò verso di lei, finché non riuscì a sfiorarla con la punta delle dita. Poi, ogni cosa di quello scenario scomparve, inghiottito da nuove tenebre.


Kei spalancò gli occhi sul soffitto della sua stanza, il cui color bianco era a malapena rivelato dal riquadro più chiaro che definiva i contorni della finestra poco distante. All'esterno era notte fonda, il temporale si stava quietando ma il rumore della pioggia era ancora deciso in quel suo rintocco costante contro le vetrate.
Il sibilo del vento non riusciva a superare il suono del suo stesso respiro, affannoso dopo quell'incubo di cui rammentava sin troppo bene i particolari. Impiegò diversi minuti a calmarsi e anche quando riuscì a regolarizzare il respiro, nelle orecchie risuonava ancora la voce della ragazza che era riuscita a infrangere le barriere della sua anima, mentre invocava il suo nome.
Per questo impiegò diverso tempo prima di riuscire a riaddormentarsi, completamente ignaro del riverbero di luce che andava spegnendosi all'interno del cassetto del suo comodino, nel quale prima di stendersi a dormire aveva riposto Dranzer.


...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Come sono contenta! Il numero di lettori è aumentato e non posso che esserne entusiasta, nonostante non siate in molti a lasciarmi una recensione lo apprezzo lo stesso, perché vuol dire che questa fic non è così male :D inoltre a grande richiesta ho finalmente aggiornato e spero che ne sia valsa la pena (per voi intendo.. muhahahaha).
Siamo a un punto decisivo della nostra storia! Che cosa significherà quello strano sogno? Bho.
XD Lo scoprirete più avanti, come al solito! Intanto, augurandomi che anche questo capitolo sia piaciuto, vi saluto. Aggiornerò a occhio e croce mercoledì se le cose andranno bene, altrimenti dovrete aspettare il prossimo weekend purtroppo (speriamo di noooo x°D). Nel frattempo vi saluto e vi auguro una buonissima domenica e un discreto inizio settimana!
Ciau ciau <3
Kaiyoko

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Capitolo 11
*** Lavoro di squadra ***




11. Lavoro di squadra


Erano trascorse dodici ore da quando Yukiko si era svegliata madida di sudore nel proprio letto.
Sorprendentemente Kei quel mattino le aveva rivolto la parola a colazione, anche se soltanto per iniziare a parlare di cosa fare riguardo i loro genitori e la situazione in cui li avevano cacciati, concordando con lei sulla necessità di informarsi sullo stato attuale delle cose.
La mora aveva chiamato sua madre per informarsi sulla conclusione dell'affare in cui erano invischiate le rispettive aziende ed aveva scoperto che avevano ancora un po' di tempo. I due ragazzi ne stavano discutendo in quell'istante proprio nella stanza di lei, seduti sul pavimento.
– Dobbiamo farci venire subito in mente qualcosa – stava dicendo la nightblader, che dava segni di nervosismo.
Al contrario di lei, il dranzerblader riusciva a dare prova del suo perfetto autocontrollo anche in quel momento delicato, sfoggiando la sua solita indifferenza. Difatti non le rispose, limitandosi a riflettere attentamente, chiuso nel proprio silenzio. All'esterno il sole aveva già percorso 2/3 della parabola che tracciava ogni giorno nel cielo, cosa che in pratica voleva dire che erano circa le 3 del pomeriggio.
– Ci sarà pure qualcosa che possa convincere tuo padre a non voler rilevare la nostra azienda! – sbottò all'improvviso Yukiko, fissandolo con ostinazione.
Lui di rimando le lanciò un'occhiata di sufficienza.
– Non credi che se ci fosse quest'eventualità non ci troveremmo in questa situazione?
– Sì, però...
– Per quanto mi riguarda non mi interessa affatto che la vostra società venga o meno rilevata, il vero problema è la condizione imposta da tua madre – lo disse con assoluta freddezza, senza peli sulla lingua, cosa che sembrò quasi scandalizzare la sua interlocutrice.
– Che.. che freddo..
– Umphf – sbuffò lui di rimando, fregandosene altamente.
Seguì una nuova pausa di silenzio che durò diversi minuti, durante i quali il blader questa volta si distrasse a guardarsi attorno. Non aveva mai prestato troppa attenzione all'interno della stanza di una ragazza, ma era abbastanza incuriosito dagli effetti personali della giovane Natsuki. L'ambiente difatti non era particolarmente disordinato: il letto era fatto, la porta-finestra spalancata a far entrare un po' d'aria a smuovere le tende e le carte poste sulla scrivania. Sugli scaffali accanto al televisore erano stati disposti alcuni libri, una serie di CD e DVD e quello che sembrava un piccolo stereo, di quelli portatili provvisti di.. sì, eccolo lì, il microfono abbinato. Inarcò un sopracciglio, giusto un istante, prima di darsi la pena di far sparire quell'accenno di stupore dal proprio viso, giusto in tempo per evitare che la moretta lo notasse.
– Ehi Kei.. – lo richiamò, inducendolo a sollevar gli occhi scuri sul suo volto serio – ..che intenzioni hai riguardo la società di tuo padre? Sei tu a volergli succedere o è quel che vuole lui?
La domanda lo lasciò un momento spiazzato. Riflettendo sulla domanda, gli salì il familiare quanto intenso senso di contrarietà che ormai provava ogni volta che si soffermava a pensarci.
– Fosse per me non ci penserei due volte a mollare tutto – affermò incrociando ambo le braccia sul petto, abbassando leggermente il capo. Eppure non poteva limitarsi a quello come risposta, nemmeno con sé stesso, così si prese la briga di rifletterci più attentamente di quanto non avesse fatto in precedenza, aggiungendo – ..ma nel corso degli anni sono cambiate molte cose. L'impero costruito da mio nonno ha subito un cambiamento radicale dopo la sua morte e mio padre, per riscattare il buon nome della nostra famiglia, ha messo mano alle questioni burocratiche e finanziarie della società attuando cambiamenti che hanno modificato profondamente l'azienda – era stato difficile per suo padre, dopo aver saputo degli affari loschi del vecchio capofamiglia, accettare quanto scoperto e rimediare, ma in qualche modo c'era riuscito, cosa che se non altro gli faceva meritare un minimo di considerazione da parte del dranzerblader. Sbuffò dal naso, concludendo – Alla fine non posso lasciare semplicemente che tutti i suoi sforzi vadano in fumo.
– Molto maturo e responsabile da parte tua, principino.
Una vena gli comparve pulsante fra i capelli d'argento e scoccò un'occhiataccia alla ragazza che gli sedeva di fronte, già pronto a fulminarla, quando si accorse che quell'ironia che ne aveva caratterizzato il tono era soltanto un modo per sdrammatizzare. Sul suo viso aveva un delicato sorriso e il suo sguardo di smeraldo era puntato verso il pavimento, come se si sentisse a disagio. Così il dranzerblader deviò il proprio, deciso più che mai a far finta di niente. Il silenzio che seguì venne presto riempito nuovamente dalla voce di lei che, sommessa, prese a parlare.
– Da quando mio padre è scomparso è stata mia madre a prendersi cura della N.C. Ricordo ancora l'appartamento in cui vivevamo quand'ero una bambina – la sentì ridere, ma era un suono velato di nostalgia, cosa che lo indusse a far scivolare nuovamente lo sguardo su di lei – ..all'epoca non avevamo molti soldi, l'azienda era molto piccola e noi dovevamo arrangiarci come potevamo, ma non era male. Soltanto da due anni a questa parte gli affari sono andati così bene da poterci permettere una casa più grande e tutta una serie di comfort di cui prima non sapevo nemmeno potessimo aver bisogno. E tutto questo è nato dall'impegno che mamma ha messo nel non voler far scomparire il ricordo di mio padre – sulle labbra le nacque un debole sorriso – Ancora oggi utilizziamo la stessa macchina di allora e continueremo a farlo finché probabilmente non cadrà a pezzi... ma va bene così, per quanto mi riguarda, mi aiuta a ricordare da dove siamo partite. Ho sempre saputo che un giorno avrei preso il suo posto e mi sarei occupata io stessa degli affari della nostra famiglia e l'idea non mi aveva mai infastidita. Ai miei occhi mia madre era la persona più forte e affidabile del mondo e ho sempre sperato di poter essere come lei.. – l'atmosfera delicata che si era creata, nata dai sentimenti che le parole della mora trasmettevano, venne incrinata dalla piega che prese il suo breve monologo, mentre la voce di lei si faceva meno morbida e molto più tagliente, inquietante quanto il sorriso che le si formò a contrarle il volto in una smorfia di furore represso – ..ma quella maledetta ha osato stravolgere ogni cosa. Me la pagherà per avermi incastrata in questa cosa, non le permetterò di buttare la mia vita alle ortiche.
Il cambiamento improvviso e l'aspetto quasi demoniaco d'ella fecero suo malgrado correre un brivido gelido lungo la schiena di Kei, che si ritrovò con la bocca talmente secca da non riuscire nemmeno a deglutire. Quasi sussultò, quasi, nel momento in cui l'erede dei Natsuki si alzò di scatto in piedi, dirigendosi verso la sua scrivania.
– Dobbiamo fare delle ricerche e raccogliere dati – annunciò quella con decisione, degnandolo di metterlo a conoscenza di ciò che le passava per la testa. Lui per contro non si mosse ma attese che continuasse da sé, cosa che fece dopo essersi messa a sedere sul letto e aver acceso il suo notebook – L'unica possibilità che abbiamo per convincere i nostri genitori a ripensarci è metterli di fronte agli svantaggi che porterà quest'unione – mentre parlava sembrava caricarsi di nuova determinazione, la quale le si rifletté negli occhi verdi puntati sul monitor – ..e per farlo abbiamo bisogno di informazioni e di far leva sui timori delle rispettive parti – alzò di scatto il capo, fissandolo – Tu ti occuperai della Hiwatari, mentre io della Natsuki. Una volta raccolte abbastanza informazioni e preparato un discorso, indiremo un incontro delle due presidenze e daremo il via a una riunione ufficiale. Non potranno ignorarci.
Il povero dranzerblader si rimise in piedi, curandosi di non lasciar trasparire una sola emozione mentre ripassava brevemente la strategia messa in piedi dalla mora. Soltanto una volta che fu nuovamente in piedi si concesse di risponderle.
– Direi che è un buon piano – concesse alla fine – ma non abbiamo molto tempo.
– Allora direi di metterci in moto sin da subito – esordì lei, digitando qualcosa sulla tastiera – ..contatterò l'ufficio d'amministrazione della N.C. e mi farò mandare per e-mail tutti i dati riguardanti l'andamento dell'azienda negli ultimi anni e li metterò a confronto con la situazione economica del paese.
– Avrai bisogno anche di un bilancio delle azioni sul mercato. Di questo me ne posso occupare io.
– Perfetto. Ah, recupera anche i dati sulle recenti attività finanziarie della vostra organizzazione.
Kei annuì, avviandosi verso la porticina che collegava direttamente le due stanze contigue. Non era una cattiva idea in fin dei conti quella di indagare sugli affari delle due società: prima o poi avrebbero dovuto occuparsene direttamente, perciò non sarebbe stato strano che si informassero e seguissero gli affari di famiglia già in via preventiva. Inoltre, se potevano scoprire qualcosa che avrebbe poi fornito loro un vantaggio, perché no?


Quando il giorno fatidico arrivò, li trovò nervosi ma decisi, con la documentazione pronta per essere esposta ai destinatari di quell'evento.
– Kei, sei pronto? Dobbiamo andare, non abbiamo più tempo! – la nightblader, preda dell'agitazione, non si curò nemmeno di bussare ma fece irruzione nella stanza del ragazzo con la cartellina sottobraccio – L'elicottero sta aspettando!
Trovò il dranzerblader fermo di fronte allo specchio con un'espressione strana in viso, quasi una smorfia, mentre cercava di annodarsi la cravatta.
– Sei sicura che conciato così avremo più possibilità di convincerli? – le chiese lui, seccamente, senza nemmeno guardarla. Subito dopo con uno strattone sciolse l'intreccio che gli stava venendo fuori, che era tutto meno che il nodo di una cravatta.
Yukiko si lasciò sfuggire un sorriso e uno sbuffo divertito a quella scena e gli si avvicinò con poche e rapide falcate, i tacchi delle scarpe che rintoccavano sul pavimento ad ogni passo.
– Fidati. Bisogna dare una buona impressione di sé se si vuole essere presi sul serio.. il mondo degli affari si basa principalmente sulle apparenze – gli disse lei, fermandoglisi di fronte – Su, fammi vedere, faccio io.
Kei sbuffò ma ruotò appena su sé stesso, permettendole di armeggiare con la stoffa scura della cravatta. Si era vestito in maniera formale, con camicia bianca e completo grigio piombo, spronato dalle rassicurazioni della mora a dimostrare a suo padre che poteva essere un uomo affidabile e serio, se non altro quando si parlava di affari di famiglia. Era stato questo a convincerlo, ma già sembrava dell'idea di lasciar perdere, cosa che suscitò nella nightblader un mezzo sorriso divertito.
– Com'è che sai come si annodano 'ste trappole?
– Ne ho anche io un paio da qualche parte, nel mio vecchio armadio – le rispose lei, cercando di terminare in fretta il suo operato. Così vicina poteva facilmente captare l'odore del suo dopobarba e percepì le proprie gote iniziare a tingersi di un primo rossore, cosa che la fece deglutire. Tentò di ignorare il fatto che stesse allacciando la cravatta ad un ragazzo e spazzò via con un imbarazzato fastidio l'ideale impressione di sé stessa come una di quelle mogliettine stucchevolmente amorevoli che passavano alla televisione. Fino a quel momento la compagnia del blader era stata quasi una costante, mentre entrambi lavoravano a stretto contatto al progetto comune, che era per l'appunto evitare che lei finisse proprio in un ruolo del genere. Finalmente riuscì a stringere l'ultimo giro della cravatta e, dopo aver stretto il nodo con attenzione affinché il tessuto non si sgualcisse, glielo posizionò sotto il colletto della camicia – Fatto.
Si affrettò a fare un passo indietro, dando uno sguardo sommario al suo “compagno di squadra”, inspirando nuova aria fresca prima di constatare che, comunque, faceva la sua figura persino in quegli abiti.
– Possiamo andare – voltò letteralmente sui tacchi, recuperando la cartellina che aveva appoggiato da parte per aiutare il dranzerblader e avviandosi quindi verso la porta. Lei dal canto suo si era scelta una camicia bianca a sua volta, con maniche lunghe e piccole arricciature sulle spalle e dietro la schiena, che ben si infilava sotto una gonna blu scuro a tubino che le arrivava appena sopra le ginocchia, con un piccolo spacco laterale sul lato sinistro. A coronare il tutto, scarpe con un tacco non più alto di 6 cm e uno chignon in cui aveva raccolto i propri capelli in modo da non far risaltare le punte colorate.
Non avrebbe potuto pretendere tanto dall'altro se non si fosse data la pena di fare la stessa cosa.
Uscirono entrambi in corridoio, dirigendosi con decisione verso le scale che li avrebbero condotti sul retro della casa, nello spiazzo nel quale era atterrato già da alcuni minuti il loro mezzo di trasporto.
Li avrebbero fatti desistere. Non potevano fallire.


La riunione si stava tenendo all'interno della residenza estiva degli Hiwatari, come la definiva suo padre. Era una palazzina di tre piani che affacciava sulla baia, in una delle più belle località turistiche del Giappone. Ad attenderli sul tetto avevano trovato l'immancabile e servizievole William, che poi li aveva condotti dabbasso, in un salotto arredato in stile moderno, provvisto di sedie in pelle nera ed un lucido tavolo bianco. Avevano avuto anche a disposizione un enorme televisore per illustrare la loro presentazione ed ora, entrambi i ragazzi, erano costretti ad attendere in piedi fuori dalla porta.
Kei si era allentato la cravatta, cercando in quel modo di allentare anche la propria tensione in quell'attesa snervante. Avevano fatto del loro meglio, avevano attinto persino dalle loro conoscenze personali sulle rispettive aziende per dare spessore al loro discorso, perciò non potevano non aver lasciato il segno. Eppure il dranzerblader non riusciva a smettere di sudare, sebbene se ne stesse con la sua espressione più seria e indifferente appoggiato al muro che delimitava il corridoio.
Quando finalmente vennero richiamati dentro, la mora gli fece segno di rimettersi a posto quella trappola intorno al collo e lui strinse nuovamente il nodo, prima di seguirla. La linea delle sue spalle tradiva un moto di agitazione che si rifletteva anche nella posa delle braccia, ritte lungo i fianchi, mentre lo anticipava di qualche passo. Non poteva biasimarla: l'idea era stata sua e si era data molto da fare, sia per quanto riguardava l'elaborazione delle informazioni raccolte, sia l'esposizione. Nemmeno lui si era sentito troppo tranquillo quando era arrivato il suo turno di affrontare lo sguardo critico ed enigmatico del padre.
Ed ora il momento della verità era arrivato.
– Abbiamo raggiunto un nuovo accordo.. – la prima a intercedere fu la signora Natsuki, alla quale succedette l'uomo che le sedeva accanto.
– Tutto ciò che ci avete illustrato era già stato preso in considerazione e accuratamente soppesato da entrambi – il tono freddo e deciso del signor Hiwatari smorzò quasi totalmente ogni loro speranza e Kei si ritrovò a corto di fiato – ..pertanto non ritirerò la mia offerta per la N.C.
Il gelo calò sulla stanza.
– Tuttavia – esordì di nuovo la donna, sfoggiando un debole sorriso – ..abbiamo convenuto di rimandare la conclusione dell'accordo, ma ad una condizione – l'inflessibilità di quelle parole si trasmise sia dal suo tono di voce, sia dallo sguardo, che a turno si posò sui due blader – Tu, Yukiko, dovrai seguire un corso di formazione professionale da manager aziendale presso la Hiwatari ed inizierai uno stage della durata di un anno alla N.C.
– Mentre tu, Kei – si introdusse suo padre – presiederai ad ogni riunione della Hiwatari da ora in avanti ed affiancherai la giovane Natsuki presso il suo stage formativo – a quella notizia il dranzerblader inarcò un sopracciglio, preso totalmente alla sprovvista – Sarai sotto la diretta supervisione della signora Natsuki qui presente ed una volta terminato, mi affiancherai attivamente nella gestione degli affari di famiglia.
– Al termine di questo periodo rivaluteremo la questione alla luce della nuova situazione economica – aggiunse la madre di Yukiko, intrecciando ambo le mani di fronte a sé, sul tavolo – ..se davvero credete di poter gestire le rispettive aziende separatamente, dovrete dimostrarlo entro la fine del prossimo anno.


Ce l'avevano fatta: erano riusciti a farsi ascoltare ed avevano guadagnato abbastanza tempo per ribaltare la situazione. Yukiko tuttavia non era convinta: non erano riusciti a far loro cambiare idea, nonostante tutto, ma era anche vero che quell'assurda e pericolosa convivenza stava per giungere al termine, senza dubbio con il sollievo del dranzerblader.
– Questo significa che posso tornare a casa con te?
Le sue speranze vennero stroncate sul nascere, evaporate come neve al sole, dalla risata che scaturì dalle labbra di quella che avrebbe dovuto essere sua madre.
– Uhuhuh.. ma no cara, perché dovresti? Dopo tutta la fatica che ho fatto per farti avere le tue cose..
– Non c'è ragione perché tu non rimanga da noi, tanto più che pare proprio che la tua influenza abbia giovato a mio figlio! Dopo oggi sono ancor più convinto che saresti la mia nuora ideale! – si unì il padre di Kei, terminando a sua volta in una risata contenuta.
– Come..? – la nightblader assunse ogni colore possibile. Non poteva credere alle proprie orecchie e si ritrovò ad appoggiarsi ad una sedia per evitare di cadere, le ginocchia improvvisamente deboli.
Nemmeno il dranzerblader rimase imperturbabile alla notizia, spalancando gli occhi scuri e rimanendo immobile come una statua, talmente rigido che si sarebbe ipotizzato potesse andare in pezzi al minimo tocco.
– Be', cara Natsuki, direi che la questione è risolta – continuò il signor Hiwatari in direzione della presidentessa della N.C. – ..propongo di pranzare tutti insieme e poi, se vuole, posso accompagnarla a visitare le splendide spiagge di cui vanta questo tratto di costa!
– Che splendida idea! Yuki-chan, perché non vieni anche tu? Yuki-chan..?
Inutile, ormai Yukiko captava la voce di sua madre come un eco lontano, un sussurro sbiadito, perso in quel mare di incredulità che le aveva isolato ed annebbiato la sfera cognitiva.
Nella mente una sola frase: “Non è possibile!
E nell'aria risuonò un rintocco funebre.


...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Eccomi qui! Come promesso vi regalo un nuovo capitoletto <3 contenti?
Mi spiace solo che questo stia più un capitoletto di transizione che altro, ma spero vi siate comunque divertiti a leggerlo *_* fra poco si entra nel vivo! Sono emozionatissima, voi no?? Be' certo, se la piccola Yuki riuscisse a sopravvivere agli shock a cui va incontro piuttosto spesso ne vedrete delle belle. Vi anticipo che mi sono rivista qualche puntata di Beyblade (mamma mia non mi ricordavo praticamente più nulla!! Quanti anni dall'ultima volta che avevo fangirlato sull'originale Kei Hiwatari e il suo favoloso sorrisetto saccente!) e che mi sono lasciata ispirare anche da quelle nella mia raccolta di informazioni. Raccolta per cosa? Ah, lo vedrete. Per ora non aggiungo altro perché vi saluto e vi preannuncio che il prossimo aggiornamento lo vedrete fra sabato e domenica. Purtroppo non posso prima, starò via qualche giorno (Ah, così te ne vai in vacanza! nd Kei -.-) Ahaha sì esatto mi hai beccata. Vacanza-studio! Buon resto della settimana a tutti voi!!

Angolo ringraziamenti:
Prima di lasciarvi ringrazio pubblicamente Silmeria e Keyra per continuare a deliziarmi delle loro recensioni <3 vi lovvo e scusate se questa volta non vi ho risposto singolarmente ma ne approfitto in questo angoletto per dirvi che non posso che essere contenta del fatto che il precedente capitolo vi sia piaciuto così tanto! Mi ci sono messa d'impegno u.u

Detto ciò, un bacione a tutteH!
Kaiyoko

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Capitolo 12
*** Te l'avevo detto ***




12. Te l'avevo detto


Kei sollevò lo sguardo sulla luna, il cui disco d'argento in tutto il suo pieno splendore, rischiarava quella notte serena, accendendo di riverberi la spuma delle onde che andavano a infrangersi ritmicamente lungo il bagnasciuga.
In piedi sulla sabbia il blader afferrò al volo Dranzer, prima di ruotare il polso e poterne scrutare il bit al centro. L'Aquila Rossa non gli aveva più parlato da quel giorno presso le sponde del laghetto della villa Hiwatari e lui non poteva che sentirsi ancor più confuso e indispettito. Avrebbe avuto bisogno di sfogare parte del proprio stato d'animo con quella che era sempre stata per lui una buona amica, per avere un confronto se non per ascoltarla coscienziosamente, cosa che gli capitava di rado. Col pensiero tornò alla conclusione della riunione di quel pomeriggio.

[Flashback]
Il vostro stage avrà inizio i primi di novembre. Avete quasi due mesi per decidere se valga la pena sottostare a queste condizioni, ma tenete presente che anche se uno solo di voi due non dovesse arrivare fino in fondo a quanto vi state entrambi prefissando, allora sia io che il presidente Hiwatari concluderemo l'accordo originale – affermò senza batter ciglio la signora Natsuki.
Lui, vedendo che la sua compagna di squadra non accennava a riprendersi abbastanza dal dare una risposta, lo fece per entrambi e annuì a quelle condizioni. Il signor Hiwatari sfoggiò uno dei suoi sorrisi soddisfatti, prima di congedarli entrambi.
Allora questa riunione è ufficialmente conclusa. Resterete per la notte mi auguro – aveva detto sollevandosi in piedi con quella sua cortese affabilità che utilizzava quando gli affari si concludevano per il meglio – Vi ho fatto preparare due stanze e sui vostri letti troverete degli abiti più adatti.

Con una smorfia il dranzerblader si infilò la trottola in una delle due tasche dei suoi pantaloni scuri. Se non altro suo padre gli aveva procurato una semplice maglietta a maniche corte rossa ed un paio di jeans lunghi sino al ginocchio. Era anche riuscito a trovare un paio di scarpe da ginnastica, cosa che gli aveva fatto esternare pur non volendo un sospiro di sollievo. Nel complesso quell'abbigliamento non era proprio di suo gradimento, ma sempre meglio di camicia e cravatta.
Era parecchio tempo che ormai se ne stava sul litorale a far vagare i propri pensieri.
Aveva ripercorso mentalmente l'ultimo periodo, sin da quando si era ritrovato a presenziare alla riunione che era stata l'evento scatenante di ciò che poi era seguito. Era passato da un rifiuto totale verso la mora, all'accettazione di una collaborazione con lei per tentare di riprendere in mano il loro rispettivo futuro, cosa che era servita ma solo fino ad un certo punto. Non lo aveva liberato della presenza di lei, lo aveva solo impegnato a darsi da fare per succedere a suo padre, cosa che fino a quel momento aveva cercato di rimandare il più possibile. Anche se, dovette ammettere, almeno entrambi i presidenti delle due aziende avevano accantonato l'idea di un matrimonio, almeno per il momento.
Si sorprese nel constatare che, nel momento in cui era stato detto loro che la mora sarebbe rimasta alla villa, lui non avesse provato un netto rifiuto per quell'eventualità. Inarcò un sopracciglio, lasciando spaziare lo sguardo sull'orizzonte, il confine fra mare e cielo immerso nell'oscurità della notte ed appena distinguibile ad occhio nudo.
Da quando aveva fatto quel sogno, era cambiato qualcosa.
Da quando l'aveva sognata tendergli quella mano, lui aveva smesso di considerarla una presenza scomoda e non aveva più tentato di evitarla. Si era mosso semplicemente come avrebbe fatto altrimenti in casa propria. No, non era vero. Non si era mai trovato prima così a proprio agio fra quelle mura come invece gli era successo negli ultimi giorni.
Si voltò di mezzo giro, lanciando un'occhiata alla sagoma scura della loro residenza estiva, passando con lo sguardo su ognuna delle finestre e vetrate che, alcune illuminate e altre no, si affacciavano sulla spiaggia dove lui si trovava in quel momento.
Che fosse dipeso... da lei?
Quella domanda rimase in sospeso perché il suo eco si perse nel costante sciabordio delle onde del mare. Una parte di lui rifiutava di darsi una risposta e decidendo di lasciar perdere i propri futili ragionamenti si mosse, incamminandosi verso il pontile che si protendeva basso verso la distesa d'acqua e al quale portava un sentiero che si inerpicava verso l'interno della terra ferma, facendosi strada fra la vegetazione. Fu a quel punto che colse con la coda dell'occhio una debole luminescenza muoversi lungo quello stesso sentiero e per un attimo gli parve di scorgere, prima che scomparisse dietro le fronde di un albero, la sagoma di un ragazzo vestito di bianco.


Yukiko procedette lungo il sentiero ghiaioso finché non giunse in cima alla collinetta che le aveva indicato quel pomeriggio sua madre come un grazioso posticino per coppiette. In fin dei conti dovette ammettere che era vero: la vegetazione si schiudeva intorno a lei per permetterle una visuale terribilmente romantica dell'oceano. V'era a malapena un muretto di ciottoli ad impedire ai visitatori di rischiare di scivolare giù per la scarpata e finire sulla sabbia della spiaggia sottostante e lei vi si avvicinò, lasciando spaziare il proprio sguardo sull'orizzonte. La leggera brezza le scompigliò i capelli, insinuandosi sotto la candida stoffa del vestitino che aveva trovato nella stanza che le avevano preparato per quella notte. Era un abito senza maniche, con scollo squadrato e una serie di arricciature che ammorbidivano la parte che le avvolgeva il busto, all'altezza del seno. Sotto di questo infatti la stoffa di un tenue azzurro chiaro pendeva a seguire vagamente la linea dei fianchi, prima di allargarsi in una serie di pieghe a formare una gonna che non le arrivava nemmeno alle ginocchia.
Rabbrividì nell'avvertire un soffio gelido risalirle la spina dorsale.
Si sentiva combattuta e, dentro di sé, sapeva che il motivo di quanto stava provando era dovuto al ragazzo con cui aveva avuto a che fare negli ultimi tempi. Sin da quando aveva fatto quel sogno allarmante, era cambiato qualcosa fra loro. Ormai non riusciva più a vederlo solo come il ragazzo freddo ed enigmatico con cui doveva aver a che fare, l'ex campione mondiale di Beyblade. Dentro di sé sapeva di covare nei suoi confronti un desiderio di conoscerlo molto più a fondo di così. L'aver poi iniziato quella collaborazione per far fronte ai loro rispettivi genitori aveva dato modo ad entrambi di trascorrere molto tempo delle loro giornate a confrontarsi, cosa che le aveva permesso di osservare con più attenzione il modo di fare del dranzerblader.
Si sentiva una stupida.
La verità era che non era più stata la stessa cosa per lei sin da quella maledetta notte in quel parcheggio, una notte di cui il ragazzo tuttavia non sembrava aver conservato il ricordo. Sospirò. Quel giorno non avevano ottenuto il risultato sperato. Certo, avevano guadagnato del tempo e l'occasione che aspettavano per poter prendere in mano la situazione, ma lei era ben consapevole che il motivo principale che aveva indotto il blader a prestarsi a tutto quello era la speranza che lei potesse tornarsene a casa sua.
Non riusciva a non sentirsi in colpa per come stavano andando le cose. Un senso di colpa che, in minima parte, era dovuto al fatto che in realtà non le dispiaceva così tanto l'annuncio del proseguimento di quella convivenza. L'unica nota positiva era che, almeno, non avrebbe dovuto iscriversi all'università.
Dovresti essere contenta” la voce di Night le fece rendere conto della leggera luminescenza che egli stesso sprigionava, fermo alla sua destra. Lei non lo guardò direttamente ma si lasciò sfuggire un sospiro.
– Come posso essere contenta? Abbiamo fallito. Io ho fallito – si corresse amaramente – Non sono stata capace di convincere mia madre a lasciar perdere questa sua follia.
Il bitpower in forma umana si mosse, scivolandole di fronte in una posa a gambe conserte che gli permise di appoggiare un gomito su un ginocchio nel rivolgerle un morbido sorriso “Non dovresti essere così delusa da te stessa per una cosa del genere
– E come faccio? Anche lui lo sarà sicuramente di me – sbottò a quel punto la giovane Natsuki, abbassando lo sguardo un'altra volta nell'alludere al dranzerblader – Tutto inutile. Dopo tutto l'impegno... – la voce le morì in gola, risuonandole nelle orecchie leggermente incrinata. Non riuscì nemmeno a terminare quell'ultima frase.
– Ti stai sbagliando.
Quella voce così improvvisa e al tempo stesso familiare la fece sobbalzare e la costrinse a voltarsi di scatto, inquadrando così nel proprio campo visivo quello che fino a poco prima era stato l'oggetto dei suoi pensieri. Colta in flagrante ne incrociò lo sguardo tanto serio quanto intenso e si sentì morire.
– ..c-cosa?
– Non è stato inutile – quel tono inflessibile non ammetteva repliche e lei ammutolì, rimanendo a fissarlo col cuore in gola – Abbiamo guadagnato del tempo prezioso e non possiamo tirarci indietro ora, o davvero sarà stato tutto inutile – seguì una pausa durante la quale il blader le si affiancò, volgendo i suoi occhi scuri sull'oceano. Fu soltanto a quel punto che ella lo sentì mormorare – ..non mi hai deluso affatto.
Le gote di Yukiko si imporporarono vistosamente e distolse di scatto lo sguardo di smeraldo dal ragazzo accanto a lei per voltarsi a sua volta nuovamente verso il panorama, puntando gli occhi verdi in un punto indefinito in quella distesa d'acqua salata. A quel punto però incrociò gli occhi di ghiaccio di Night, il quale le sfoggiò un sorrisetto tanto compiaciuto quanto carico di sottintesi, tanto da non aiutarla affatto a far rallentare i battiti del suo povero cuoricino impazzito.
Te l'avevo detto
– Sei il suo bitpower? – chiese come se niente fosse Kei direttamente a lui, cosa che permise al discorso di prendere un'altra piega. Yukiko alternò nuovamente lo sguardo dall'uno all'altro, avvertendo un brivido d'inquietudine salirle lungo la spina dorsale.
Puoi chiamarmi Night
– Se non sbaglio ci siamo già visti.
Sì, la stessa sera in cui tu le infilasti la lingua in bocca
Il senso di panico improvviso che colse Yukiko in quel preciso istante, le fece schiudere le labbra in un'esclamazione istintiva mentre al contempo si sporgeva verso il suo infame bitpower, agitando le braccia davanti a lui come se davvero così potesse arrivare a tappargli la bocca. Cosa del tutto improbabile in quanto se avesse provato a toccarlo, gli sarebbe passata tranquillamente attraverso, data la sua natura incorporea.
Wuaaaaah!!! – quella sua reazione riuscì se non altro a far tacere entrambi e allora si volse in parte verso Kei, il quale era rimasto impietrito a fissarla, gli occhi leggermente più sgranati del solito e in viso un'espressione vagamente inquietata. Sotto quello sguardo quasi scioccato la mora scoppiò a ridere di una risata nervosa e con un movimento a mezz'aria di una mano esclamò – Ahah.. che divertente! Adesso basta scherzare, si è fatto tardi!
Si mosse senza aspettare neanche più un secondo, procedendo ad ampie falcate per imboccare nuovamente la via che l'aveva portata sino a quel luogo. Se c'era una cosa che poteva metterla in panico totale, ora che era assodato dovesse continuare a vivere sotto lo stesso tetto del dranzerblader, era che il loro già delicato rapporto potesse peggiorare a causa di quanto accaduto quella sera.
Tuttavia non fece più di due passi prima di sentirsi afferrare al braccio sinistro. Ruotò in parte su sé stessa in risposta a quel contatto, col cuore in gola già prima di tornare a fissare il blader che l'aveva fermata. Il silenzio che seguì era talmente denso che si sarebbe potuto tagliare con un coltello, riempito soltanto dal lieve rumore delle onde in sottofondo, occhi negli occhi.
Poi Kei parve riscuotersi e la lasciò andare, riaccostando il proprio braccio lungo il fianco e deviando il suo sguardo da lei, come se fosse improvvisamente in imbarazzo. Lei avrebbe supposto che in effetti fosse realmente così, se non fosse per la proposta che le fece subito dopo.
– Ti va un incontro?
Il suo tono era dei più sbrigativi e indifferenti che potessero esserci, cosa che rese quelle parole ancor più improvvise alle orecchie della mora. Questa, sbattendo un paio di volte le palpebre infatti impiegò un paio di secondi prima di annuire, presa del tutto alla sprovvista.
– O-ok...


Kei si richiuse la porta alle spalle, prima di dirigersi senza nemmeno accendere la luce verso il letto che gli era stato preparato in quella camera. Vi si buttò sopra con tutti i vestiti, intrecciando ambo le mani dietro il capo a mo' di cuscino prima di puntare gli occhi dai riflessi di brace sul soffitto.
Ripensò alla sfida che aveva disputato con Yukiko: era di nuovo finita in parità, cosa che gli faceva tornare alla mente i vecchi tempi, quando il suo unico pensiero era diventare più forte. Riassaporò quella sensazione di insoddisfazione, di desiderio di riscattarsi e si lasciò sfuggire un debole sorriso. Combattere gli liberava la mente, lo aveva sempre aiutato in tal senso ed alla fine doveva essere così anche per la sua attuale compagna-avversaria. Nel bel mezzo del combattimento aveva rivisto nei suoi occhi la sua naturale combattività e poco dopo era tornata a sorridere, e lui si era scoperto ad ammirare quel sorriso così spontaneo e ricco di vitalità.
Non avrebbe sorriso a quel modo se non ci fossi stato tu
– Chi non muore si rivede – la sfotté con noncuranza il blader, senza degnare di un solo sguardo la sagoma che gli era apparsa accanto al letto – Dov'eri due ore fa?
A lasciarti cuocere nel tuo brodo, ovviamente” ribatté l'Aquila Rossa, senza scomporsi minimamente. Kei non ribatté a quell'affermazione, preferendo mantenere il solito profilo indifferente, ma sebbene tenesse gli occhi chiusi aveva le orecchie ben tese e questo la sua amica lo sapeva bene, perché commentò “Ti stai affezionato a lei.
– Affatto.
Ma ti incuriosisce” ribatté imperterrita, senza batter ciglio.
Di nuovo il dranzerblader non le rispose e per un attimo perse la sua totale impassibilità, corrucciandosi. Non poteva negare che si stesse abituando alla sua presenza, nonostante i suoi stessi sforzi in senso opposto. Lo dimostravano gli eventi di quella sera, quando l'aveva trattenuta a quel modo quando lei stava per darsi alla fuga. Si era mosso d'istinto, non era riuscito a trattenersi e quando si era voltata di nuovo a guardarlo, ne aveva incrociato i sorprendenti occhi verdi ed aveva perso qualche momento di lucidità. Sì, lui, il blader di ghiaccio, rimasto momentaneamente spiazzato da un impulso che non era riuscito del tutto a controllare.
Hai intenzione di provare a conoscerla meglio ora?
A quella domanda Kei non riuscì a trattenere una smorfia – Può darsi.
La sentì sbuffare divertita e quando sollevò le palpebre lei era già sparita. Sapeva che si era trattenuta a stento dal rimarcargli un 'te l'avevo detto' e il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro al pensiero di non esser stato costretto a sorbirsi quella frecciatina. In fondo, non aveva niente di meglio da fare per le prossime otto settimane.


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...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Dodici! Siamo a dodici!
E la fiction è tipo a metà XD ommioddio sta venendo fuori una cosa lunghissima! Colpa dell'ispirazione, purtroppo non posso farci molto.. continuo a cambiare e ampliare la trama originale, ormai della vecchia fiction c'è rimasto ben poco! In ogni caso, ecco qua il vostro capitolo, come al solito spero che vi sia piaciuto e che mi darete il vostro parere (a prescindere se positivo o negativo ovviamente). Forse qualcuno si aspettava un capitoletto più movimentato, ma ahimé, questo è. Non preoccupatevi, le sorprese non sono finite! Come ho detto ne accadranno delle belle, dovrete solo aver un po' di pazienza! Fino a mercoledì prossimo non aggiornerò, ho un esame martedì e quindi non posso permettermi di andare ancora avanti per adesso: la vacanza-studio me la sono concessa, ora rimane solo lo studio!! Nel frattempo però vi lascio augurandovi un buon weekend a tutti!
Un saluto *frizzante* dalla vostra
Kaiy-chan

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Capitolo 13
*** Non è un appuntamento ***




13. Non è un appuntamento


Erano tornati da un paio di giorni. Giorni durante i quali avevano fatto ben poco altro a parte sfidarsi a Beyblade. Quando in campo c'era Night, la sua blader assumeva un modo di fare che divertiva il dranzerblader e lo spronava a dare il massimo, ed era una cosa che non gli capitava da moltissimo tempo. Il modo in cui quella ragazza dai capelli sfumati di cremisi era riuscita a ricordargli cosa fosse il Beyblade lo sorprendeva tutt'ora, sebbene non stesse soffermandosi troppo su quei pensieri oziosi. Ora aveva un incontro da vincere.
Sfrecciò attraverso gli alberi, lanciando uno sguardo alla propria destra e notando la nightblader fare altrettanto a quattro metri di distanza. Quando raggiunsero entrambi uno spazio aperto, subito dopo fra l'erba sfrecciarono le loro trottole, avvinghiate in un testa a testa che ebbe termine nel momento in cui raggiunsero il centro del prato. Piantando i piedi al suolo Kei frenò la propria corsa per fronteggiare l'avversaria.
– Attacca Dranzer!
– Fagli vedere, Night!
I due bey tracciarono nel terreno dei solchi semicircolari che terminarono l'uno contro l'altro, creando scintille che scomparvero ancor prima di sfiorare il suolo umido di pioggia. Il cielo sopra le loro teste era fitto di nubi, ma fra esse si stagliavano squarci di un cielo incredibilmente azzurro.
– Tutto qui quello che sai fare? – lo sbeffeggiò Yukiko con un sorrisetto strafottente.
– Adesso vedrai – le rispose Kei, ricambiandola allo stesso modo – Tempesa di Fuoco!
– Tsk. Non crederai di potermi vincere con sempre la stessa tecnica! – esclamò la mora, mandando avanti il suo beyblade a contrastare l'attacco avversario. Tuttavia, Dranzer all'ultimo momento si scansò talmente velocemente che parve come scomparire momentaneamente alla vista, cosa che prese alla sprovvista la sua avversaria – Ma cosa..?! – esclamò quella, confusa.
Intanto Kei esordì con uno sbuffo di soddisfazione – Adesso! – diede il segnale con un ampio gesto del braccio destro e in quel momento il suo bey ricomparve, fiondandosi contro Night dall'alto, avvolto in un vortice di fiamme.
Attento!
Fu tutto inutile, ormai era troppo tardi per reagire. Il beyblade blu scuro si prese l'attacco in pieno e venne scaraventato via con violenza, andando a conficcarsi direttamente nella corteccia di uno degli alberi accanto alla ragazza.
Questa rimase pietrificata una buona manciata di secondi, lo sguardo di smeraldo spalancato e fisso nel vuoto mentre tentava di farsi una ragione di quanto accaduto. Lui, da bravo bastardo il quale era, non gliene diede il tempo.
– Hai perso.
Yukiko sollevò soltanto a quel punto lo sguardo su di lui, riuscendo a metterlo a fuoco dopo un paio di battiti di ciglia. Quell'immobilità ormai infranta, si voltò verso lo sfidante e abbozzò alla fine un debole sorriso.
– Ora capisco perché eri un campione mondiale.
Kei allungò una mano, afferrando al volo Dranzer mentre questi obbediva a un tacito richiamo.
– Ho avuto modo di vedere coi miei occhi moltissime tecniche differenti durante i vari tornei – affermò a quel punto, muovendo qualche passo per avvicinarsi a lei.
La nightblader annuì con un cenno del capo prima di voltarsi e raggiungere l'albero in cui era rimasto conficcato il suo beyblade. Con un po' d'impegno e qualche esitazione a causa del calore del metallo, riuscì infine ad estrarlo dalla massiccia corteccia della pianta e, dopo un breve esame per valutarne i danni, se lo rimise in tasca affermando che non era nulla di grave.
– La prossima volta non riuscirai a prendermi di nuovo alla sprovvista.
Lui si limitò ad annuire a quell'affermazione orgogliosa, preferendo evitare di soffermarsi a sindacare su una cosa del genere e lanciandole invece una provocazione – Ti darò una dimostrazione di tutto ciò che ho imparato ogni volta che vorrai.
– Ci conto – ribatté tuttavia lei, ridacchiando.
Sì, in veste di blader quella ragazza era tutto men che banale.
Optarono per incamminarsi verso il laghetto e procedettero in silenzio sino alle sue rive, dove si sdraiarono per giovare della quiete e del bel tempo. La tenuta degli Hiwatari in quel periodo, grazie all'assenza di gran parte del personale, era abbastanza tranquilla da permettere persino a Kei di rilassarsi, perciò non gli riuscì difficile chiudere gli occhi e perdersi ad ascoltare il canto delle poche cicale che stavano risvegliandosi al sole.
– Ehi, Kei.. – quel suono venne nuovamente messo in secondo piano e lui riaprì un occhio, ruotando leggermente il capo per inquadrare il profilo della ragazza che gli stava seduta affianco – ..com'è stato, all'epoca, viaggiare per il mondo?
Quella domanda aveva una nota di malinconia che non gli sfuggì, nonostante la ragazza avesse tentato di mascherarla con della naturale curiosità ed un debole sorriso. Inarcò un sopracciglio, non aspettandosi un risvolto del genere, ma non avendo motivo di eludere la domanda, non impiegò troppo tempo nel rievocare quei vecchi ricordi.
– Un tormento.
– Mh?
– Dover sopportare Takao fu una delle cose più difficili della mia vita. Al confronto i nostri avversari mi sembravano fin troppo facili da sbaragliare – lo disse con un tono seccato che lasciava volutamente intendere alla mora il proprio stato d'animo di allora, ma la reazione che le sentì esternare era di divertimento.
– Ahah, davvero? Credevo che foste amici.
Kei ci pensò su un paio di secondi, prima di abbozzare un mezzo sorriso – Probabilmente è così.
Per un po' nessuno dei due parlò più e il dranzerblader credette che l'argomento ormai fosse stato accantonato, ma dovette ricredersi quando Yukiko tornò a schiudere le sue labbra rosee per dar così l'opportunità al vento di disperdere la sua voce.
– Sai, ti invidio molto – quelle prime quattro parole lo lasciarono spiazzato e lo indussero a spalancare entrambi gli occhi scuri per voltarsi a guardare chiaramente la sua interlocutrice. Ella aveva in viso un'espressione velata dello stesso rimpianto che stava esternando – Hai visto un sacco di luoghi diversi ed hai avuto l'opportunità di conoscere così tanti ragazzi con la stessa passione per il Beyblade. Anche a me sarebbe piaciuto fare quel tipo di esperienza.
Fu a quel punto che gli salì spontanea la domanda – Perché non ti sei mai iscritta ad un torneo?
– All'epoca era diverso... io ero diversa – esordì la mora, prima di spiegarsi – Non avevo ancora Night a combattere al mio fianco: non avrei mai potuto competere con qualcuno di voi.
Il dranzerblader si sorprese di quella confessione, non avendo preso in considerazione quell'eventualità. Che cosa intendeva con il dire che era una persona diversa? Avvertì l'impulso di porle direttamente quella domanda ma si trattenne. Eppure non riuscì più a scacciare il pensiero di quella conversazione per tutto il resto della giornata.


– Che storia è questa?
Fra i capelli d'argento del ciuffo anteriore di Kei si gonfiò pulsante una piccola vena, mentre l'irritazione finì per fargli stringere con forza il foglio del fax che avevano trovato appoggiato sul tavolo della cucina. Grazie al cielo, prima di venir spiegazzato a quel modo, Yukiko aveva fatto in tempo a leggerne il contenuto.


La mora sollevò lo sguardo sul ragazzo che pareva ancora immerso in oscure e silenziose maledizioni contro il genitore, inarcando un sopracciglio.
– Allora, che facciamo?
La domanda se non altro parve far tornare il dranzerblader a donarle attenzione, ritornando nel mondo dei comuni mortali, e dopo una rapida occhiata si diresse verso il frigo. Non degnandola ancora di risposta ne aprì con decisione il doppio sportello e, dopo un rapido esame, riprese a muoversi aprendo ogni scaffale della mobilia della cucina. Alla fine di quell'ispezione tutto ciò che era riuscito a trovare venne deposto sul tavolo.
– Abbiamo solo questo – affermò, alludendo al sacco di riso da un chilo che aveva appena appoggiato sul ripiano.
– Capisco – ribatté lei, non riuscendo a non sfoggiare una smorfia scettica. Una cena a base di riso in bianco era quanto di più deprimente e sfibrante potesse esserci in quel momento.
– Vuoi andare a mangiare fuori?
Quella nuova domanda la lasciò un momento interdetta e sollevando un sopracciglio si concesse un'occhiata prolungata al ragazzo che aveva di fronte. La stava invitando ad uscire? Prese in considerazione l'idea e dovette sopprimere sul nascere l'emozione che le stava nascendo nel petto.
– Per me va bene – affermò stringendosi nelle spalle – Tu?
– Ok.
Lo disse con una disinvoltura tale da indurla a pensare che per lui la cosa non avesse alcuna importanza, e quel pensiero l'aiutò a conservare il proprio sangue freddo finché non si richiuse la porta della propria camera alle spalle. Soltanto una volta rimasta sola, scoccando un'occhiata alla porta dell'enorme cabina-armadio, iniziò ad agitarsi.
– Night! – chiamò meccanicamente, cercando il proprio bey e tirandolo fuori dalla tasca per appoggiarlo sul comodino. Il bit al centro mandò un bagliore e pochi istanti dopo al centro della stanza comparve la figura familiare del suo bitpower in forma umana. Lei tuttavia non attese nemmeno che la sua immagine finisse di perdere trasparenza che si mosse, passando oltre e costringendolo a seguirla.
Perché così agitata?
– Devo uscire – proferì di getto lei, guadagnando il guardaroba con passo affrettato – Cosa mi metto?
Uscire con chi?” fece lui ancor più curioso.
– Con Kei. A cena.
Uuh.. capisco” il tono che ella percepì provenire dal bianco le fece intuire fin troppo bene il sorriso sornione che doveva aver stampato in volto e sentendosi avvampare, entrò in quella stanza a parte, alla ricerca di qualcosa da mettere. Nel frattempo le giunse una nuova domanda.
E dove?
Yukiko si fermò di botto, voltandosi finalmente a guardarlo ora che l'aveva raggiunta – Non lo so.
Il bitpower si schiaffò una mano in fronte, mormorando uno sconsolato “Tipico” che le fece mettere il broncio. Lo guardò male, incrociando ambo le braccia in quella posa d'attesa, cosa che alla fine diede i suoi frutti, perché il ragazzo dagli occhi di ghiaccio si degnò infine a darle un consiglio “Metti qualcosa di sexy!
Ora le sembrava di aver a che fare con quella cospiratrice di sua madre.
– Vabbé, ho capito, mi arrangerò in qualche modo!
Spazientita, Yukiko prese a scostare un appendiabiti dopo l'altro per esaminare i vari indumenti appesi e nel frattempo non riuscì ad impedire alla propria mente di divagare. Che genere di serata sarebbe stata? Era sicura che tutto ciò fosse causato da uno dei piani architettati dal padrone di casa, che per altro era rimasto alla residenza estiva con la chiara scusa di aver degli importanti affari di cui occuparsi. Che situazione...
Per qualche motivo le tornò in mente una frase particolare che aveva sentito dire al blader qualche tempo prima, una frase a cui non aveva dato troppo peso all'inizio: “Farebbe meglio a starmi lontana quanto più possibile.
Sospirò, avvertendo il proprio entusiasmo sfumare ed, iniziando a tener da parte un paio di vestiti, li appoggiò a lato prima di procedere ad una seconda selezione. Quando iniziò a frugare fra i pochi cassetti che era riuscita a malapena a riempire con le sue cose, cercando di trarne fuori qualcosa che potesse abbinarsi al resto, si ritrovò davanti ad una serie di possibili combinazioni adatte a diversi ed ipotetici ambienti in cui avrebbero potuto finire per passare la serata. Quando alla fine vide la pila di stoffe che si era andata a formare si mise le mani nei capelli.
– Argh! È troppo difficile!
Si può sapere che cosa c'è di difficile?” ribatté il suo bitpower con una smorfia, comparendo sulla soglia della cabina-armadio a braccia conserte “Sarà sufficiente che tu sia te stessa. Cercare di strafare non ti aiuterà a conquistarlo!
– Non voglio conquistarlo! – sibilò a denti stretti, avvampando in volto.
Rilassati e andrà bene” esordì a quel punto Night, con un sorriso sornione in volto. Lei in risposta arricciò le labbra in una smorfia un po' scettica, osservandolo muovere una mano in un gesto a mezz'aria che ricordava un ghirigoro e pochi istanti dopo una serie familiare di note musicali iniziarono a diffondersi nella stanza “Con questo dovrebbe essere più facile.
Il modo in cui l'amico riusciva a sorriderle la sorprendeva ogni volta. Come poteva l'emblema stesso del gelo far trapelare tanto calore in una sua espressione? Lei di rimando non poté non sorridere a propria volta, mentre le prime parole di Crush, diffuse nell'ambiente dalle casse dello stereo, le sfiorarono le orecchie.

I got a lot to say to you 
Yeah, I got a lot to say 
I noticed your eyes are always glued to me 
Keeping them here 
And it makes no sense at all 

Ritrovandosi a tenere il tempo Yukiko effettuò una rapida giravolta su sé stessa, prima di infilarsi fra gli abiti che aveva accumulato. A quel punto attaccò la strofa successiva e lei schiuse le labbra in un sorriso spontaneo, svuotando la mente mentre seguiva le parole.

They taped over your mouth 
Scribbled out the truth with their lies 
You little spies 

Cantando si ritrovò a riflettere su come parte dei propri sentimenti combaciassero così bene con i versi di quella canzone. Sembrava quasi fatto apposta e non una fortuita quanto casuale selezione del suo lettore mp3.

Nothing compares to a quiet evening alone 
Just the one-two of us, who's counting on 
That never happens 
I guess I'm dreaming again 
Let's be more than this 

Si decise e appoggiando gli abiti da parte, rimise velocemente e a ritmo di musica gli scarti al loro posto. Non riusciva più a toglierselo dalla mente, non con quella canzone in sottofondo, ed era stato questo a farle prendere la decisione. Persino ora, mentre recuperava il necessario ed usciva dal guardaroba, si figurò il viso di Kei nella mente, procedendo a passo sostenuto attraverso la stanza, calcando una delle ultime strofe.

Nothing compares to a quiet evening alone 
Just the one-two of us, who's counting on 
That never happens 
I guess I'm dreaming again 
Let's be more than 

L'ultimo assolo della chitarra elettrica contornò il momento in cui aprì la porta della propria camera per uscire in corridoio, fra le braccia il suo prezioso carico. Si diresse quindi in bagno, mentre alle proprie spalle il sommesso *click* dello stereo le faceva notare la diligenza del suo bitpower nello spegnerlo per lei. Intrisa di nuova carica, non poté non ringraziarlo mentalmente prima di chiudersi nell'ampia stanza che costituiva l'ambiente da toeletta a loro riservato.
Non doveva far altro che essere sé stessa, soprattutto perché sapeva bene che quell'uscita non fosse un appuntamento. Erano sempre loro, niente di più e niente di meno. Eppure nel profondo lei avrebbe desiderato qualcosa di più.


Il dranzerblader la stava aspettando all'ingresso. Quando la ragazza scese le scale lui se ne stava appoggiato allo stipite del portone, con le mani ficcate nelle tasche dei jeans e lo sguardo voltato verso il vialetto. Stava giusto per lanciare un'occhiata all'orologio che teneva al polso sinistro, quando udì i passi di Yukiko mentre si avvicinava.
Sollevando gli occhi scuri sulla ragazza però, si ritrovò a fissarla in un impeto di sorpresa. Aveva acconciato i lunghi capelli in una coda alta che esponeva in una piega ribelle le ciocche rosse, mentre un paio delle stesse le aveva arricciate e lasciar ricadere ai lati del viso. Sulle spalle, sopra una canottiera di cotone bianca dallo scollo tondeggiante, indossava un giacchetto a maniche lunghe nero, di jeans, adornato con una serie di borchiette e di cinturini che si rifacevano alla cintura in vita ed al paio di stivaletti con un tacco leggero ed in stile western. A fasciarle i fianchi portava una minigonna di jeans verde chiaro con cuciture sui fianchi e quattro tasche, due anteriori e due posteriori.
Lei abbozzò un tenue sorriso di scuse, con due labbra rosee sulle quali doveva aver passato un leggero strato di lucidalabbra, inducendolo a sbatter finalmente le palpebre per mettere a fuoco i suoi occhi verdi.
– Scusa, ti ho fatto aspettare! Andiamo? Ho una fame da lupo! – esclamò lei, ampliando quel suo sorriso luminoso e superandolo, per uscire nell'atrio della villa. Soltanto a quel punto si fermò, voltandosi appena per scoccargli un'occhiata.
Nonostante il primo momento di immobilità, Kei non la fece attendere a lungo perché subito si mosse, scostandosi dal suo appoggio e andando a tirarsi dietro la porta d'ingresso, che si richiuse in un morbido tonfo alle sue spalle.
Scesero i pochi gradini del portichetto ed il blader la affiancò, andando a tirar fuori da una delle tasche dei pantaloni le chiavi dell'auto, emettendo il segnale di apertura automatica delle portiere della Camaro. Soltanto una volta che furono entrambi a bordo, le rivolse la fatidica domanda.
– Dove andiamo?
La mora inarcò un sopracciglio – Non saprei... tu di cos'avresti voglia?
– A me sta bene tutto. Tanto paga il vecchio – le rispose con noncuranza. In fin dei conti non gli importava dove sarebbero andati, gli importava soltanto di mangiare qualcosa, anche perché ormai erano quasi le otto.
A quell'ultima affermazione la ragazza al suo fianco assunse un'espressione pensierosa, che non durò più di una manciata di secondi prima di venir rischiarata da un'idea.
– Che ne dici del sushi? – gli propose, tornando a sorridere e sollevando un dito della mano destra verso il tettuccio – Conosco un posto che potrebbe fare al caso nostro.
– Va bene – ribatté lui facendo spallucce. Quindi ruotò le chiavi, accogliendo con soddisfazione il rombo del motore che si avviava, prima di allacciarsi la cintura e far manovra. Con la coda dell'occhio vide la moretta fare altrettanto prima d'appoggiare il capo contro il poggiatesta del sedile.
Non si era fatta attendere eccessivamente, giusto quei dieci minuti in aggiunta al momento in cui lui si era fermato sulla soglia ad attenderla, eppure anche così il risultato non poteva dispiacergli. La semplicità del suo aspetto, compresa la scarsa presenza di trucco sul suo viso, non riusciva a disapprovarla. Gli dava un'impressione di genuinità, come se gli stesse dicendo “io sono così”. D'altra parte lui a sua volta non si era dato tanta pena: aveva infilato la prima maglietta a maniche corte che aveva trovato in camera ed era uscito portandosi appresso un giacchetto di jeans viola scuro e la sua immancabile sciarpa bianca.
Meglio essere sé stessi fino in fondo, anche se si tratta di un appuntamento” esordì nella sua mente l'Aquila Rossa, rilucendo appena al centro del bey dentro la sua tasca sinistra.
Kei si lasciò sfuggire con discrezione un secco sbuffo “Non è un appuntamento.



...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Finalmente la connessione ha deciso di fare il suo dovere!
Eccomi! Il giorno tanto atteso è arrivato!! Ho dato il mio ultimo esame e ora sono qui pronta per tuffarmi anima e corpo (metaforicamente) nel mio lavoretto! *.* contenti?? Io sì!
Volevo ringraziare chi ha deciso di seguirmi fin qui e sono molto contenta che il numero di lettori sia aumentato tanto, anche se non tutti mi fanno sapere cosa ne pensano è lo stesso, sono soddisfatta comunque *w* grazie mille a tutti.
Io cmq ci provo lo stesso a chiedere: allora, cosa ne pensare di questo capitoletto? Domani pubblicherò il seguito, quindi non dovrete aspettare molto per sapere che tipo di serata salterà fuori da quest'uscita "forzata dall'alto"! 
Intanto vi saluto e vi auguro una buona serata ^__^ baci
Kaiy-chan

P.S. non fatevi problemi a farmi notare errorini di distrazione, ho cercato di riguardare il capitolo ma può benissimo darsi che mi sia sfuggito qualcosa!

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Capitolo 14
*** Un passato da dimenticare ***




14. Un passato da dimenticare


Il ristorante in cui Kei entrò al seguito della nightblader era un semplice locale tradizionale giapponese, non troppo grande, diviso in due. La sala da pranzo era posta alla loro sinistra ed era caratterizzata da un rialzo in parquet con tavolini bassi e cuscini imbottiti su cui i clienti potevano accomodarsi per mangiare. Sulla destra invece, in bella vista, era stato posto il bancone dietro al quale sfrigolavano le piastre e si affaccendavano tre cuochi con tanto di cappellini e grembiuli. Uno di loro, un uomo di mezza età con una corta barbetta e il mento squadrato, al vederli entrare sollevò lo sguardo e, dopo un momento di sorpresa, sfoggiò un ampio sorriso di benvenuto.
– Che mi venga un colpo se non è la piccola Yuki-chan!
– Buonasera – salutò di rimando la ragazza con un certo divertimento – Come stai zietto?
Kei inarcò un sopracciglio “Zietto?!
– Gli affari vanno alla grande! Come sta tua madre? È un po' che non vi fate vedere!
– Mamma sta bene, grazie. Ultimamente abbiamo avuto qualche imprevisto, dopo la faccenda del trasloco e tutto il resto, e non abbiamo avuto modo di uscire spesso.
– Sono felice che tu sia riuscita a passare a trovarci, adesso ti faccio subito trovare un tavolo.. ehi, Reika! Fai accomodare la signorina ed il suo amico! – esclamò con quel suo fare gioviale e alla buona quello che ormai il dranzerblader aveva intuito fosse il proprietario.
Di fronte ai due ragazzi comparve una delle cameriere del locale, agghindata con un grembiule sopra un semplice chimono nero, le cui maniche erano state sollevate e fissate con un nastro di cotone bianco sin sopra i gomiti. Sembrava una ragazza poco più grande di loro e sorrise ad entrambi con cortesia prima di far loro strada. Li condusse ad un tavolino rettangolare posto in fondo all'ambiente, accostato alla parete da uno dei due lati più corti e dopo che si fu assicurata che fossero entrambi comodi e a loro agio prese le ordinazioni per il bere, che consistettero in una bottiglia d'acqua naturale, un tea caldo ed una birra alla spina per Kei.
Soltanto una volta che furono rimasti soli, il ragazzo si prese la briga di lanciarsi uno sguardo intorno, appoggiando un gomito sul tavolino. Il locale era abbastanza affollato ma non eccessivamente e l'atmosfera che si respirava in quel posto era quasi intima, questo grazie alle porte scorrevoli in carta di riso che celavano le pareti in cemento dell'edificio ed ai separé di bambù che dividevano l'ampia sala in zone più piccole.
– Allora, che te ne pare? – la domanda di Yukiko lo costrinse a voltarsi a guardarla, assumendo una delle sue solite espressioni impassibili.
– Non è male – ammise senza sbilanciarsi. Tuttavia era sorpreso delle dimensioni generalmente ridotte dell'intero locale: lui era abituato a ristoranti meno tradizionali e più ampi, quei posti il cui genere poteva essere classificato sotto la voce 'di lusso', per intenderci. Non che la cosa andasse a sfavore di quel posto, anzi: di per sé Kei detestava l'idea di uscire in certi posti pretenziosi.
– Probabilmente sei abituato a ben altro, vero? – gli chiese di nuovo lei, prendendolo alla sprovvista. Fu abbastanza bravo a non farsi cogliere in fallo, nonostante la sorpresa di quel commento, e lei proseguì come se non si fosse aspettata una risposta – Però qui fanno un sushi buonissimo, vedrai. Ho già l'acquolina in bocca!
L'espressione assunta dalla moretta gli fece nascere, suo malgrado, un sorrisetto divertito: aveva gli occhi verdi particolarmente luminosi e un'espressione trasognante, la stessa espressione che farebbe un assetato pensando ad un litro di limonata con ghiaccio.
Il vecchio ha fatto carriera dall'ultima volta: la sala mi sembra decisamente più grande” esordì Night, comparendo dal nulla accanto a Yukiko e facendola sobbalzare.
Che bel posticino: è così tipico!” commentò subito dopo l'Aquila Rossa, facendo quasi sussultare il suo blader nel ritrovarsela alla propria destra.
– E voi due che fate qui?!
Avevamo voglia di divertirci un po' anche noi” ribatté il bitpower della ragazza con un sorriso tanto candido quanto sornione.
– Lo sapevo che avrei dovuto lasciarti a casa – sospirò la mora, scuotendo il capo con fare rassegnato. Anche Kei, un po' contrariato, si lasciò sfuggire uno sbuffo dal naso.
Suvvia, che male c'è a vivacizzare un po' la serata?” ribatté divertita l'Aquila, beccandosi un'occhiata in tralice dal suo dranzerblader.
– C'è una cosa che volevo chiederti... – esordì dopo un attimo la mora, nei confronti della bitpower in rosso – Come mai ti fai chiamare Aquila Rossa, se in realtà sei una Fenice?
– Mh? – si lasciò sfuggire Kei. Che cavolo stava dicendo adesso? Stava per aprire bocca e riprendere la moretta, seccato per l'errore in cui era caduta, ma la diretta interessata bloccò ogni sua reazione sul nascere.
Oh, te ne sei accorta? Hai un ottimo spirito di osservazione” la lodò l'Aquila. Quelle parole, che non smentivano affatto la nightblader, lasciarono il ragazzo di stucco, voltato a fissare ad occhi spalancati la sua bitpower mentre proseguiva con un sorriso in volto “Vedi, è piuttosto semplice: quando mi mostrai a Kei per la prima volta era poco più che un bambino e il suo primo pensiero fu che fossi una grossa aquila rossa” rise, divertita “Avresti dovuto vederlo: era così carino! Mi fece tenerezza ed allora ho finito per accettare la cosa senza troppe storie.
Kei era assolutamente scioccato. Lo stava prendendo in giro, non c'erano altre soluzioni: non poteva essersi davvero sbagliato a tal punto, per tutti quegli anni. Era un colpo troppo duro persino per lui. Rimase a fissare il suo bitpower per una buona manciata di minuti, impietrito, come cristallizzato in un'espressione fra il corrucciato e l'incredulo, mentre al contempo tentava di rimettere ordine nella propria mente, all'interno della quale regnava il caos. Un errore simile sarebbe stato tipico di Takao, certamente non di lui. Sbatté per la prima volta le palpebre soltanto quando nel suo campo visivo, a pochi centimetri di distanza dal suo viso, l'immagine dell'Aquila Rossa gli venne oscurata.
– Kei, ci sei?
Voltando di scatto lo sguardo sulla nightblader, la vide essersi sporta sopra il tavolo per sventolargli una mano davanti agli occhi, cosa che gli fece comparire un vago rossore sulle guance. Lei lo guardava perplessa e preoccupata, cosa che non fece altro che acuirne l'inatteso quanto giustificato imbarazzo.
– Umphf – sbuffò, lasciandosi vincere da un moto di fastidio che gli fece istintivamente incrociare ambo le braccia sul petto e deviar il proprio sguardo verso sinistra, dal lato opposto a quello dove stavano gli altri.
Avvertì Yukiko uscirsene con uno sbuffetto divertito e la conversazione riprese anche senza di lui, mentre i loro bitpower si scambiavano informazioni ed aneddoti di vario genere. Ben presto il discorso verté sugli incontri di Beyblade di entrambi i blader e l'atmosfera tornò ad alleggerirsi in pochi minuti, mentre lo stesso Kei si ritrovò ad ascoltare con ben celato interesse, abbastanza da fargli abbandonare quella posizione sostenuta ed accantonare il pensiero di poc'anzi.
Con discrezione sbirciò il viso della mora che gli era seduta di fronte, notandone il sorriso tranquillo e lo sguardo vivace. Sembrava a suo agio, decisamente di buon umore, e la cosa contribuì a rilassarlo a sua volta. Se non altro la conversazione era tutto meno che stagnante o noiosa, il ché non poteva che essere un punto a favore per quella serata inattesa.
Probabilmente non era stata una cattiva idea, uscire a cena.


..e così lo abbiamo spazzato via senza nemmeno dar ai ricercatori americani il tempo di prendere informazioni su di noi” concluse l'Aquila Rossa. Aveva appena terminato di illustrare loro come Kei aveva fatto ad evitare che i loro avversari traessero vantaggio dai loro incontri e Yukiko spalancò maggiormente gli occhi verdi, fermando fra i denti le bacchette per slittare con lo sguardo dalla bitpower al suo blader.
Kei in risposta a quell'occhiata non ebbe alcuna reazione, ma continuando a mangiare come se niente fosse snocciolò con noncuranza – Un giochetto da ragazzi.
– Notevole per un ragazzino della tua età però – gli fece notare lei, troppo sorpresa per pensare a come quel commento potesse andare a incrementare l'eccessiva considerazione di sé di quel ragazzo che alle volte sapeva essere fin troppo arrogante.
– In America, quello di noi che diede il meglio di sé fu Max – ammise il dranzerblader.
Oh sì, ricordo!” intervenne l'Aquila, annuendo con un cenno del capo fra sé e sé “Scese in campo contro il capitano della squadra americana, dopo che la Tigre venne sbattuta fuori senza riuscire nemmeno a farsi vedere” la bitpower aveva conquistato da un po' il ruolo d'intrattenitrice e non mancava una sola occasione per calamitare l'attenzione dei tre presenti con le sue parole, cosa che non dava a Yukiko alcun fastidio “In quell'occasione Kei se ne uscì con una frase del tipo: Se avesse perso non gli avrei più rivolto la parola! Come se gliene abbia mai rivolte chissà quante! Ahah!
La moretta si unì a quella risata, seppur con fare più contenuto, scoccando un'occhiata al diretto interessato, che per contro pareva del tutto indifferente. Certo, se non si considerava la lieve increspatura delle sue sopracciglia.
– In ogni caso si è sempre dimostrato all'altezza dei Bladebreakers – sbottò il blader in questione, dando un sorso alla sua birra – Alla fine, in quel torneo, Takao ebbe la grande idea di raggiungere l'ultima tappa attraversando l'Europa.
Sì, ma grazie a questo incontrammo un sacco di blader e di bitpower molto forti” intervenne nuovamente l'Aquila “Anche tu ti divertisti, Kei.
– Vedere Takao in difficoltà valeva il disturbo – ribatté lui, restando impassibile – In quell'occasione ci sfidò un trio di ragazzi che si faceva chiamare il Team delle Tenebre e si rifaceva alle leggende locali della Transilvania.
E tu ti rifiutasti di batterti contro di loro, immagino” concluse Night.
– Non avevo alcun interesse a farlo: non erano alla mia altezza.
Anche se uno di loro ad esempio riusciva a permettere al suo beyblade di rimanere sospeso sul soffitto, e questo nonostante non potesse contare su un bitpower” esordì l'Aquila, attirando l'attenzione della moretta. Ne ascoltò il breve resoconto di quell'avventura, sorprendendosi all'apprendere che potessero esserci blader con abilità simili, che giovavano del supporto di entità che in realtà non erano affatto bitpower, come avrebbe potuto pensare.
La serata proseguì senza intoppi, mentre Kei e l'Aquila Rossa le raccontavano della squadra di rappresentanza europea e del modo in cui sfidarono i singoli membri uno ad uno, prima di giungere finalmente in Russia.
..così dopo che io e Kei fummo battuti, ci riprendemmo la nostra rivincita su Andrew!
– Umphf – sbuffò il dranzerblader, con un'alzata di spalle – Non è certo qualcosa di cui stupirsi.
Yukiko non riuscì a non scoppiare a ridere, per nulla sorpresa da quella reazione – Ahah! Evidentemente no, anche se mi sarebbe piaciuto assistere all'incontro!
In realtà le sarebbe piaciuto partecipare all'intero viaggio e quell'impressione non venne meno nemmeno quando le raccontarono dei tornei successivi. Fu quando il discorso verté sulla squadra spagnola che la ragazza venne colta da una considerazione e scoccò uno sguardo a Night, prima di rivolgersi ad entrambi i bitpower.
– Io però credevo che i bitpower fossero creature molto rare, eppure ne avete incontrati moltissimi.
È vero, ne abbiamo incrociati molti più di quel che ci saremmo mai aspettati, ma non tutti erano abbastanza forti da rivaleggiare con noi” iniziò a risponderle l'Aquila con un sorriso “C'è stato persino un periodo in cui ci trovammo a fare i conti con dei bitpower virtuali creati in laboratorio.
– Cosa?
– Sì, è vero. Un gruppo di scienziati riuscì in qualche modo a programmare e ricreare delle copie dei nostri bitpower.. – intervenne Kei, calamitando l'attenzione su di sé – ..ma i loro progetti fallirono miseramente, perché non erano in grado di controllarli né di contrastarci.
Yukiko faticava a crederci: dei bitpower creati in laboratorio? L'idea le fece salire un brivido gelido lungo la spina dorsale e scoccando un'occhiata al suo compagno di battaglie non poté far altro che domandarsi se, in caso quelle ricerche avessero proseguito il loro corso, avrebbero finito per clonare anche Night. L'espressione tranquilla e sicura di sé con cui lui le sorrise, ebbe un effetto rassicurante. No, non avrebbero mai potuto replicare l'unicità del suo amico.
– Ehi, ragazzi, tutto a posto?
La voce che li interruppe era del proprietario che, avendo lasciato momentaneamente la cucina, si era accostato al loro tavolo per sincerarsi se la cena stesse andando bene. Di fronte a quelle attenzioni la mora sorrise.
– Sì, grazie. Era tutto buonissimo, come sempre! – esclamò in risposta, prima di scoccare un'occhiata a Kei e notarne il semplice cenno d'assenso.
– Cosa vi porto per dolce? Offre la casa ovviamente.
Gli occhi della nightblader si illuminarono per riflesso – A me il solito! E tu, Kei?
– Un caffè, grazie.
Il proprietario annuì e tornò sui suoi passi, lasciandoli nuovamente soli. Fu a quel punto che lei si accorse che il locale si era praticamente svuotato e questo la fece render conto che probabilmente era quasi l'ora di chiusura. Era incredibile come fosse trascorso velocemente - e piacevolmente - il tempo. Scoccando un'occhiata al dranzerblader, lo vide intento a ribattere qualcosa a Night e sembrava abbastanza tranquillo tutto sommato. Aveva persino perso quella rigidità che gli aveva visto all'inizio della serata, perché ora poggiava un gomito sul tavolino e con la medesima mano si reggeva un lato della testa. Quella vista la fece sorridere.
Quando terminarono di cenare furono gli ultimi clienti a uscire ed, una volta in strada, Yukiko si sentì talmente piena che credette per un attimo di essere sul punto di scoppiare.
– Facciamo due passi? – propose al blader accanto a lei, mentre i loro compagni li seguivano dappresso, lasciandosi sfuggire una risatina – Credo di aver un po' esagerato.
Hai divorato una quantità sovrumana di sushi, lo sai questo?” la punzecchiò Night “Se continui così finirai per trovarti costretta a lavorare in un circo come 'donna cannone'!
Quelle parole fecero nascere sul viso della ragazza un'espressione contrariata ed offesa che, voltandosi verso il bianco, scoppiò in uno sbuffo – Sei un antipatico!
– Anche io credo che abbia ragione – commentò Kei a quel punto però, sollevando le braccia per porre ambo le proprie mani dietro la nuca e voltarsi dall'altro lato.
Quell'intervento da parte del ragazzo, prese in contropiede la diretta interessata, che tutto si sarebbe aspettata a parte quella presa in giro. Per questo ci mise un paio di secondi in più a reagire e alla fine sbuffò dal piccolo naso, scegliendo di ripagarli tutti con la stessa moneta usata solitamente da Kei: l'indifferenza. Eppure, ancora una volta ebbe l'impressione che il dranzerblader avesse perso gran parte della sua abituale freddezza. Questo anche dopo che lui si mosse, avviandosi senza curarsi di lei e punzecchiandola con una noncuranza che la fece scendere dal suo piedistallo.
– Su, muoviti. Non volevi fare due passi?
– Arrivo! – esclamò prontamente, affrettandosi ad affiancarlo.
Seguirono la strada che attraversava quel quartiere alla periferia di Tokyo, mentre il discorso tornava a vertere immancabilmente sul Beyblade. Si inoltrarono in un parco di modeste dimensioni, approfittando della quiete dell'area verde per fare quei due passi senza doversi preoccupare della direzione da prendere.
– ..credevo di essere spacciata, quando all'improvviso, dal nulla, vidi una luce talmente accecante da costringermi a chiudere gli occhi – stava raccontando Yukiko, rispondendo alla domanda dell'Aquila Rossa – e quando li riaprii ero a gambe all'aria, con in mano il mio bey ricoperto di brina ed, al centro del bit, l'emblema dell'Anka Bianco. Da quella sera abbiamo sempre combattuto fianco a fianco, vero Night?
Ovviamente” ribatté il bitpower con un cenno del capo in segno d'assenso.
– E voi? – domandò a quel punto la nightblader, lasciandosi vincere dalla curiosità, rigirando loro la domanda sul loro primo incontro. Tuttavia, a quella semplice domanda, Kei si fermò al centro della piazzetta che stavano attraversando e si chiuse in un silenzio cupo. Le negò il suo sguardo, volgendo il capo di lato e lasciando che la fioca luce dell'unico lampione del luogo gli proiettasse un'ombra tetra su gran parte del viso. Il suo silenzio costrinse, dopo un po', la sua bitpower a risponderle.
È stato dopo il ritorno di Kei dalla Russia” esordì l'Aquila, scoccando un'occhiata al suo blader.
Anche Yukiko ne seguì l'esempio e le parve che fosse più teso, più rigido nelle braccia accostate lungo i fianchi, cosa che le fece inarcare un sopracciglio con una certa perplessità. In effetti si ritrovò a considerare che anche a cena il discorso era rimasto sul vago, quando si era sfiorato l'argomento inerente all'esperienza del ragazzo in Russia. Non poteva trattarsi di una semplice coincidenza.
Prendendo l'iniziativa, la mora si avvicinò al dranzerblader, approfittando della titubanza dell'Aquila Rossa a continuare, e si rivolse direttamente a lui, sfoggiando un tenue sorriso nel momento in cui tornò a incrociarne gli occhi scuri, velati di un dubbio diffidente.
– Non sei obbligato a dirmi cosa ti è successo – quegli occhi dai riflessi di brace si spalancarono un po' di più, come se fosse stato preso alla sprovvista, e lei tentò di rassicurarlo, sostenendo quello sguardo tanto inquisitorio quanto profondo – Credo che ognuno di noi custodisca ricordi che preferirebbe dimenticare, quindi non fa niente.. e se un giorno vorrai parlarne con qualcuno, sappi che sarò felice di ascoltarti.
Avvertì le proprie gote imporporarsi e lei stessa, sotto lo sguardo sorpreso del dranzerblader e dei loro rispettivi bitpower, iniziò ad innervosirsi. L'imbarazzo per quanto appena detto, per il modo in cui aveva permesso al proprio cuore di prendere il sopravvento, la indusse a non lasciar passare troppo tempo prima di tornare a muoversi, infrangendo quella strana atmosfera che si era venuta a creare. Si voltò, dando le spalle ai presenti per incamminarsi verso i confini di quel parchetto, all'improvviso fin troppo tranquillo.
– B-be' direi che siamo rimasti fuori abbastanza! – esclamò, tentando di mascherare la nota nervosa nella voce se non l'acceso rossore che le stava dipingendo il viso – Questa passeggiata mi ha fatto proprio bene, possiamo tornare alla macchina!
Li precedette, procedendo ad ampie falcate sino a ché non raggiunse la via principale che delimitava il parco dall'area cittadina, ma una volta svoltato l'angolo si ritrovò a bloccarsi di colpo, gli occhi talmente spalancati da ridurre le pupille a due spilli in mezzo alle rispettive iridi color smeraldo.
Non poteva essere...
I muscoli le si tesero in tutto il corpo, dandole l'impressione che fossero divenuti improvvisamente di piombo, tanto pesanti da indurla a credere che l'avrebbero trascinata in basso mentre fissava senza riuscire a distogliere lo sguardo il ragazzo che stava camminando in direzione opposta alla sua, pochi metri più avanti. Lo riconobbe all'istante ed il respiro le si smorzò in gola in risposta ad una fitta che, dal centro del petto, le si diffuse in tutto il corpo, facendole fluire il sangue dal volto.
Non poteva essere lui.
Quante possibilità c'erano che fra tutti, incrociasse per caso proprio Lui?
Il ragazzo dai corti capelli castani sollevò quel suo sguardo color cioccolato, intercettando il suo, ed in quel momento Yukiko provò un intenso desiderio di sprofondare, di scomparire per poter sfuggire tanto al presente quanto al suo stesso passato. Un passato che, come doveva essere per Kei, lei stava cercando in tutti i modi di dimenticare. Un passato che aveva un nome ben preciso.
Ma..nabe...



...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Ta-dan! Che succede? Il momento del confronto è finalmente arrivato?
So che qualcuno di voi già mi aveva chiesto quando/se una delucidazione sul passato burrascoso di Yukiko ci sarebbe stata e sono felice di dirvi che il prossimo capitolo verterà proprio su questo! Siete curiosi? Lo spero bene! Io ce la sto mettendo tutta per continuare a un buon ritmo! Il mio obiettivo è riuscire a finire la fiction entro l'inizio di ottobre, se non prima (sta tutto nell'ispirazione per descrivere alcune scene che mi sto apprestando a buttare giù, ma capirete tutto il prossimo capitolo!).
Questo perché ho intenzione di restare salda sui miei propositi di quando ho iniziato a revisionare questa fiction: finirla in tempi brevi. Purtroppo l'ispirazione ha fatto anche troppo, ma capita XD soprattutto quando mi ritrovo a dover preparare esami! Il mio cervello sfrutta quel momento e si mette a girare come un beyblade (per restare in tema) su tutt'altro! Ahaha
Vabbè non fa niente, io torno a scrivere ^_* ci si legge - indovinate un po' - domani!
Buona giornata a tutti!
Kaiy-chan

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Capitolo 15
*** La risposta a quella preghiera ***




15. La risposta a quella preghiera


Kei arrestò il proprio passo di botto appena si affacciò oltre l'angolo della strada, ritrovandosi a fissare la schiena di una Yukiko completamente pietrificata sul posto, la vista del suo viso quasi completamente negatagli a causa dell'angolazione. A frenarlo in tal modo tuttavia non era stata la posa della ragazza, quanto in realtà il sussurro che aveva appena avvertito uscirle dalle labbra. Un nome che non gli era del tutto nuovo, proferito con un tono tanto basso quanto incrinato. Fu questo a farlo restare indietro, giovando dell'ombra che proiettava un albero su quel ristretto spazio, mentre spostava di scatto lo sguardo da lei al ragazzo che stava fissando.
Questi sembrava un tipo comune, con capelli e occhi castani ed indosso una maglietta a manica corta ed un paio di jeans. Stava procedendo verso di loro mentre parlava al telefono, l'espressione sul suo volto definita da un sorrisetto piuttosto arrogante, che sfumò in parte quando si accorse di colei che gli si era fermata a pochi passi di distanza.
– Yukiko.
Il silenzio che seguì parve pesante persino al blader, infondendogli una tensione sottopelle che gli fece stringere le mani a pugno. Accanto a lui, le anime di Dranzer e Night si fermarono a loro volta.
Questa non ci voleva” sentì mormorare il bitpower della mora.
È quel Manabe, vero?” domandò a quel punto l'Aquila, prima di ricevere un assenso dal bianco.
Quella conferma riportò alla mente del ragazzo l'episodio di qualche tempo prima, quando aveva seguito istintivamente la moretta, ed aveva assistito alla resa dei conti fra lei e quell'altra sgradevole ragazzina con la faccia sepolta sotto una maschera di trucco. La consapevolezza che quel tale fosse l'ex ragazzo di Yukiko gli fece nascere una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco e si ritrovò a fissarlo più intensamente di quanto razionalmente avrebbe voluto.
Non gli piaceva quel tipo.
No, si corresse, gli stava proprio sul cazzo.


– Non credevo che ti avrei rivista – quella voce suonava talmente familiare alla ragazza, che ebbe il potere di trascinarla indietro nel tempo ed un brivido le corse gelido su per la spina dorsale – ..non dopo il modo in cui sei sparita.
Manabe si infilò nuovamente in tasca il suo cellulare, sfoggiando un debole sorriso. Uno di quelli che dovevano sembrare contriti probabilmente, ma che ormai non la ingannavano più: troppe volte aveva visto quell'espressione sul suo viso, la facilità con cui compariva e scompariva su quei lineamenti.
Il ricordo le fece ribollire il sangue e l'irritazione che le montò dentro le diede la forza di reagire alla trance in cui era caduta, in favore di un'espressione tanto tesa quanto scostante. Così puntò i piedi, fissando negli occhi il ragazzo che un tempo aveva amato sinceramente e che si era invece preso così facilmente gioco di lei.
– Non avevo altro da dirti – fredda, gelida se non fosse stata costretta a chiudere gli occhi verdi per mantenere il pieno controllo di sé.
– Ma come? Non pensi di dovermi almeno una spiegazione?
– Non ti devo proprio niente – mormorò lei, prima di non riuscire più a restare ferma nello stesso posto. Non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione, di questo ne era convinta, quindi si mosse cercando di avanzare per aggirarlo e passare oltre, scopo che non riuscì a portare a compimento: Manabe le si parò di fronte, inarcando un sopracciglio e sfoggiando un mezzo sorrisetto alquanto supponente.
– Davvero? – le si rivolse, lasciando sospesa quella domanda retorica e costringendola a sollevar lo sguardo su di lui – Che sguardo truce – commentò questi senza lasciarsi minimamente impressionare – Ho saputo che hai tagliato i ponti anche con la tua cara amica Uzumi... sei rimasta sola.
Quella considerazione maligna le penetrò sino al centro del petto e per riflesso lei fece un mezzo passo indietro, messa a disagio dalla presenza così vicina dell'unica persona che avrebbe preferito sparisse dalla faccia della terra. Il ricordo ormai fin troppo vivido di ciò che era accaduto diversi mesi prima le fece pungere gli occhi e fu costretta ad allentare la tensione dei propri muscoli per evitare che le dolessero.
– Non lo sono – ribatté mentre alla mente le compariva l'immagine del suo bitpower. Infilando una mano in una tasca della giacca per stringere il suo bey, ne avvertì il debole tepore dovuto alla presenza in forma umana di Night, poco dietro di lei – Ed anche se fosse, meglio soli che male accompagnati.
Manabe la guardò con una certa sorpresa, non essendosi aspettato una reazione del genere da parte di lei, cosa che le infuse un altro pizzico di coraggio. La mora sfoggiò un debole quanto affilato sorrisetto.
– Credevi che non l'avrei scoperto, di te e Uzumi? Di come mi hai raggirata?
Il castano rimase a fissarla per una manciata di secondi, finché non riuscì a riprendersi abbastanza da scuotere il capo con fare sconsolato. Fece addirittura spallucce, prima di sollevare di nuovo i suoi occhi sul suo viso; occhi che tradivano un certo divertimento.
– Allora era per questo.. – una pausa mentre lui fece un nuovo passo avanti – ..non credi di aver avuto una reazione esagerata? In fondo mi sono solo divertito un po'.
Un vago senso di nausea tornò a salirle in gola, costringendola a deglutire mentre sosteneva a stento quello sguardo diretto, senza riuscire a celare nel proprio i molteplici sentimenti che l'animavano. Come trovava il coraggio di dirle quelle cose? Come poteva essere così incurante dei suoi sentimenti, dopo quel che c'era stato? Di fronte a sé lei aveva un Manabe di cui non aveva mai creduto possibile l'esistenza. Quel poco di buono che era riuscita a preservare mentalmente della loro storia, lui lo stava crudelmente mandando in frantumi con una facilità che quasi la confondeva. Non poteva credere che davvero non avesse significato nulla per lui, non riusciva a concepire di aver sbagliato a tal punto il proprio giudizio sul suo conto.
Perché?!
– Stai cercando di fare la dura ma in fondo sei ancora la stessa insicura ragazzina di allora – la sbeffeggiò senza pietà, sollevando una mano per allungarla verso il suo viso. Le sollevò il mento senza che lei riuscisse a muovere un muscolo, le gambe pesanti come piombo, mentre le parole che lui le rivolse subito dopo le fecero tremare le ginocchia – Peccato, a me serviva una donna e né tu né la tua amica lo siete abbasta...
Accadde tutto talmente in fretta che quando la mente di Yukiko elaborò l'accaduto, Manabe era a terra, con una mano premuta sul naso e lo sguardo stralunato, con le prime gocce di sangue che gli colavano dal mento per macchiargli la maglietta. La mora stessa faticò a riprendere fiato, fissando inaspettatamente la schiena del dranzerblader ancora fermo in quella posa leggermente protesa di lato, il braccio destro teso e fermo dopo aver sferrato il colpo, la mano chiusa a pugno e lo sguardo di brace fisso sul castano.
– Figlio di..
– Non ti azzardare mai più a toccarla – la voce di Kei era poco più alta di un sussurro, ma tanto minacciosa da aiutare la stessa nightblader a riscuotersi dal senso di torpore che l'aveva avvolta, in reazione all'assoluto stupore per quanto accaduto.
– E tu chi cazzo sei?!
Il ragazzo dai capelli d'argento si raddrizzò e, ponendosi di fronte alla mora, la costrinse a sollevar lo sguardo sulla sua nuca corvina. Avvertendo il proprio cuore accelerare i battiti, si accorse per la prima volta di quanto questi fosse effettivamente alto, così come quanto le sembrassero improvvisamente ampie le sue spalle, lei che a stento riusciva a intravedere qualcosa oltre la sua figura.
– Non sono affari tuoi – ribatté con freddezza il blader, prima di voltarsi appena verso la moretta – Andiamo – non disse altro, quasi non la guardò mentre parte del suo volto rimaneva celato allo sguardo di lei a causa dell'ombra proiettata dalla sua frangia d'argento. La afferrò per un polso e, presa alla sprovvista, lei non poté far altro che incespicargli dietro quando lui la tirò in avanti, iniziando a muoversi con passo deciso.
Passando oltre il malcapitato ne ignorarono le proteste e, soltanto dopo una decina di metri, Yukiko riuscì a smettere di farsi trascinare a quel modo, affiancando il dranzerblader già sul punto di rivolgergli la parola. Eppure, quando finalmente riuscì a vederne distintamente l'espressione, ogni cosa che avrebbe voluto dirgli le morì in gola: lo sguardo puntato avanti sembrava sul punto di mandare lampi mentre la piega del tutto seria delle labbra tradiva una certa tensione della mandibola.
Sì, era decisamente arrabbiato.
Per non dire furioso.


Kei la condusse senza fermarsi un solo momento sino all'auto.
– Sali – le si rivolse seccamente, senza aggiungere altro.
Non attese nemmeno di vederla fare come le aveva detto, prima di muoversi e raggiungere lo sportello opposto, aprendolo senza troppi complimenti. Sedendosi al posto di guida, infilò la chiave nel quadrante sotto il volante, prima di ruotarla e avviare il motore nello stesso momento in cui avvertì la seconda portiera richiudersi.
Facendo manovra uscì dal parcheggio e si immetté nel traffico. Guidò in silenzio e nemmeno la ragazza sedutagli accanto parlò, cosa che lo aiutò a raccogliere le idee nel cercare di capire che cavolo gli era appena successo. Uscendo dalla città il blader imboccò una strada che si inerpicava su una serie di alture, avvertendo una tensione latente che non accennava a volersi sciogliere nei suoi muscoli e che lo induceva ad affondare con rabbia il piede sull'accelleratore. A favore di Yukiko andava riconosciuto che, per tutto il tempo, non fiatò nemmeno ed un'occhiata fuggevole rivelò al ragazzo che lei teneva lo sguardo abbastanza basso da permettere ad alcune ciocche scure di adombrarle il viso.
Lo stesso viso che quella feccia aveva osato sfiorare.
Il pensiero gli fece stringere con più forza le mani sul volante, ma a quel punto notò una rientranza a lato strada e la imboccò senza pensarci due volte, frenando e accogliendo con una certa soddisfazione le proteste dell'auto, che sgommò sulla ghiaia prima di arrestarsi del tutto. Spento il motore, scese dalla vettura nello stesso modo carico di slancio con cui ci era salito ancor prima che quella nuvola polverosa che aveva sollevato con i suoi modi irruenti si schiarisse. Si mosse come rispondendo ad un bisogno fisico, ficcandosi le mani nelle tasche dei pantaloni e affacciandosi al bordo di quell'area di sosta immersa nella penombra. Di fronte a sé si apriva la piana edificata, costellata di luci e vegetazione, messa in secondo piano soltanto dalle spesse nubi, lampeggianti di fulmini, che si stagliavano all'orizzonte. Alcuni alberi adornavano quel lato del pendio, limitando la vista altrimenti decisamente suggestiva, ma a Kei non importava un accidente del panorama in quel momento.
La mano destra gli formicolava ancora, come se non gli fosse bastato il singolo colpo inferto.
Che diavolo è successo?” si chiese nervosamente, svuotando i polmoni in uno sbuffo a labbra serrate. Non riusciva nemmeno a distendere completamente la propria espressione, con quelle sopracciglia pericolosamente aggrottate che lasciavano sin troppo intendere il suo stesso disappunto.
– Si può sapere che ti è preso?
Quella domanda formulata con voce tanto bassa quanto calma lo indussero a voltar appena lo sguardo dalla parte opposta, ignorando la nightblader mentre questa gli si affiancava sul lato destro. Ne percepì lo sguardo addosso e per riflesso si irrigidì maggiormente, ma non abbandonò la propria posizione né il proprio silenzio, non prima di sentirla emulare un leggero sospiro. Quel singolo suono racchiudeva una certa rassegnazione, almeno lui lo interpretò così sebbene in esso vi fosse molto di più, per questo si ritrovò a sussultare leggermente quando avvertì quella leggera pressione dietro la schiena. Spalancò gli occhi dai riflessi violacei, assolutamente preso alla sprovvista sia dal gesto, sia dall'unica flebile parola che gli giunse alle orecchie,
– Grazie...
Yukiko non disse altro, semplicemente rimase con il capo appoggiato contro il centro della sua schiena e Kei avvertì l'imbarazzo iniziare a tingergli fastidiosamente il viso. Atteggiò le labbra in una smorfia, messo a disagio da quella situazione in cui si era cacciato con le sue stesse mani, ma non si mosse. Inspiegabilmente, contro ogni suo più razionale ragionamento, se ne rimase lì in piedi, con lo sguardo perso nel temporale che si scatenava lontano da lì ed allo stesso tempo proprio dentro il suo animo, mentre l'irritazione che l'aveva dominato sino a pochi minuti prima scivolava via, lasciandolo in balia di emozioni ben diverse. Un groviglio che egli stesso non tentò minimamente di districare.
Non seppe dire in seguito quanto tempo rimasero in quella posizione, ma quando finalmente si mossero, il dranzerblader era tornato completamente padrone di sé. O almeno così credette, prima di cedere ad una nuova tensione dei muscoli quando la mora, dopo averlo liberato di quel contatto indiretto, fece udire la sua voce.
– Sono una stupida. Lo sono sempre stata – esordì inaspettatamente, inducendo il ragazzo a tendere le orecchie per ascoltare il seguito – Non c'è altra spiegazione per la facilità con cui mi sono fatta ingannare da un tipo del genere – esternò un verso di scherno, probabilmente associato ad un sorrisetto carico di amarezza che il blader non poteva vedere, dandole ancora le spalle – Avevo riflettuto spesso su come avrei reagito se mai mi fossi trovata a doverlo affrontare, ma le cose sono andate molto diversamente da come mi ero prefissa. Credevo di aver superato questo mio lato debole, eppure.. – una pausa, come se cercasse di non far tremare la voce. Kei credette che fosse stata solo una sua impressione, perché quando proseguì, era tornata ad un timbro più fermo – Eppure non sono stata capace di dirgli chiaramente ciò che pensavo di lui.
Era la prima volta che permetteva a qualcuno di aprirsi in quel modo con lui.
Era la prima volta, in assoluto, che voleva ascoltare.
La confusione che gli suscitò quell'unica certezza contribuì a non fargli muovere un solo muscolo, attendendo con le orecchie tese che lei continuasse, che si confidasse: così come la nightblader diversi minuti prima si era offerta di fare, ora lui l'avrebbe ascoltata. Solo questo.
Perché in momenti come quello, ne era ben consapevole, non serviva nient'altro.


Yukiko avvertì le lacrime pungerle gli occhi verdi ed abbassò le palpebre, lasciando che quelle gocce le scivolassero incandescenti sulle guance arrossate. Respirava con la bocca, talmente piano che il più flebile tremito sarebbe passato inosservato, o almeno era questo che ella si augurava mentre se ne rimaneva lì, in piedi dietro al dranzerblader, appoggiata al cofano della macchina ancora caldo. Una leggera brezza le sfiorò le guance, rinfrescandola e portandole l'odore di lui, fermo a un paio di passi di distanza. Il suo odore le piaceva, le piaceva tanto da darle la forza di sorridere mentre il dolore sordo al centro del petto le fece tremare le spalle, rigide per lo sforzo di puntellare le braccia alla lamiera della Camaro. Si aggrappò con tutta sé stessa a quell'odore confortante, usandolo come un appiglio per evitare di venir trascinata indietro dai ricordi che stava risvegliando lei stessa, riuscendo soltanto grazie ad esso a controllare il tremito della propria voce.
– Eravamo nella stessa classe, io e lei – mormorò, cercando di seguire il filo logico dei propri pensieri – Diventammo amiche sin da subito, nonostante fossimo così diverse. Se mi avessi vista non credo mi avresti riconosciuta: mi riusciva difficile parlare con i miei coetanei, giravano voci non troppo lusinghiere su di me e venivo evitata abbastanza facilmente. Uzumi iniziò a parlarmi di punto in bianco – si lasciò sfuggire uno sbuffetto ironico al pensiero di quei tempi – Stravolse il mio mondo. Credevo che saremmo state amiche per sempre.. ma poi arrivò Manabe.
Per un attimo le sembrò di rivivere quella giornata di un anno e mezzo prima, coi ciliegi in fiore e la dolce brezza primaverile a sussurrare fra le fronde ricolme di petali rosa. Si era trattato di un incontro casuale, dovuto ad una folata di vento che si era appropriata del fazzoletto di Uzumi. A recuperarlo era stato lui. A ripensarci, si era trattata proprio di una classica combinazione di eventi che, nei manga, preannunciano un incontro con il destino. Nel suo caso, un destino infausto.
– La prima cosa che pensai di lui fu che fosse molto gentile – ironia della sorte, tutto l'opposto del blader con cui stava confidandosi. Quel pensiero l'aiutò a sorridere, eppure un'altra lacrima le scivolò giù dalle ciglia – Molto più tardi scoprii che era stata tutta una messinscena.. che la mia amica e quello che credevo fosse il mio ragazzo mi avevano tradita. Dopo che con fatica ero riuscita a uscire dal mio guscio, ed avessi persino confidato loro della mia passione per il Beyblade, si presero gioco di me e di Night alle mie spalle... ne fui talmente sconvolta che non li affrontai nemmeno – strinse i denti, cercando di contenere il tormento e la vergogna che percepiva essere sul punto di sopraffarla – Scappai come una codarda, come se fossi stata io ad aver fatto qualcosa di male. Cambiai persino scuola... mi sento così... così...
Tacque, mordendosi il labbro inferiore senza riuscire ad esprimere il groviglio di emozioni che le si agitava nel petto. Rabbia, rimorso, dolore, incredulità, risentimento. Probabilmente stava sbagliando tutto anche in quel momento: non credeva che a Kei potesse importare qualcosa di tutta quella storia, eppure non era riuscita a frenarsi. Una volta scesa dall'auto e avergli rivolto quella domanda, nel silenzio che era seguito aveva percepito l'ultimo pilastro che aveva eretto lei stessa crollare miseramente sotto il peso di ciò che provava. Una volta iniziato, le parole si erano susseguite una dopo l'altra senza che lei potesse dar loro un freno. Aveva ceduto completamente al bisogno di sfogarsi, un bisogno tanto intenso da farla alla fine capitolare, senza che riuscisse più a contenere il tremito della voce.
– Vorrei... vorrei... – quasi non riuscì a terminare quelle ultime parole, incrinate a causa della stretta alla base della gola, la tensione talmente alta da farle credere di poter soffocare. Odiava quella situazione, odiava il modo in cui non riusciva a farsi forza in quel momento. Odiava sé stessa ed il proprio essere così debole, tanto da cercare un minimo di comprensione dallo stesso ragazzo che più volte l'aveva sentito ammettere di non provare alcun interesse per lei e che tutt'ora non poteva non chiedersi se ne avesse mai provata in vita sua. Lo stesso ragazzo che l'aveva umiliata in quel locale e poi l'aveva baciata con trasporto in preda agli effetti dell'alcol. Lo stesso ragazzo pieno di contraddizioni di cui, chissà poi per quale macabro scherzo del destino, aveva finito per prendersi una bella cotta. Quella consapevolezza, accostata al senso di impossibilità che le trasmetteva, le permise di esprimere il proprio pensiero in un sospiro doloroso – ...vorrei poter andarmene lontano da tutto questo.
Non ebbe nemmeno il tempo di rendersi effettivamente conto di aver realmente pronunciato quelle parole, che il silenzio a seguire venne infranto senza indugi.
– Se è quello che vuoi allora lo faremo.
L'assoluta sorpresa che la colse all'udire quella semplice frase le fece spalancare gli occhi verdi di scatto, lo sguardo perso nel vuoto mentre la voce del dranzerblader le risuonava nella mente. Sollevò di scatto il capo, drizzando la propria schiena per poter inquadrare la nuca del ragazzo, i suoi capelli scuri in netto contrasto con il colore chiaro della sciarpa che aveva al collo.
– ..cosa?
– Se è quello che vuoi allora ce ne andremo per un po' – il tono inflessibile con cui lo disse la aiutò a prendere atto di quella proposta tanto folle quanto inspiegabilmente dolce – Soltanto io e te.
Stava dicendo sul serio? Non la stava prendendo in giro?
Davvero aveva intenzione non solo di assecondarla, ma di accompagnarla in quella follia?
– Sul serio?
Lui a quella domanda si voltò a guardarla e lei poté finalmente vederne l'espressione assolutamente seria che gli dipingeva il volto, accostata ad uno sguardo carico di determinazione – Per come stanno le cose ogni singolo rimpianto può rivelarsi una bomba ad orologeria e non ho intenzione di permetterti di mollare, tua madre è stata chiara su questo: se uno di noi si dovesse tirare indietro allora l'accordo salterebbe e non potremmo più opporci alle loro decisioni.
– M-ma..
– L'hai detto tu stessa che avresti voluto la possibilità di partecipare ai tornei mondiali di Beyblade e di girare il mondo – la interruppe lui, incrociando le braccia e fissandola con ostinazione da quella posizione in parte profilata alla città sottostante – Abbiamo quasi due mesi a disposizione e per me possiamo partire anche subito.
Yukiko non credette alle proprie orecchie.
– Perché? – quell'unica domanda le sfuggì dalle labbra prima che lei potesse frenarsi, tanto spontanea quanto velata da confusione e curiosità.
Sotto quel suo sguardo, Kei deviò il proprio con fare quasi seccato – Perché sono stufo di sentirti frignare.
Yukiko quasi scivolò per terra dalla sorpresa – Eh?
Sempre gentile lui..” sbottò la familiare voce di Night.
Come al solito!” si unì in tono divertito l'Aquila.
La comparsa dei due bitpower fece di nuovo voltare entrambi i ragazzi verso le apparizioni, trovandoli avvolti nella loro caratteristica luminescenza, il bianco con le braccia incrociate e la rossa con le mani sui fianchi, entrambi con un sorrisetto sornione in volto.
– Ma che...? – la mora non fece nemmeno in tempo a finire quell'esclamazione che venne nuovamente interrotta.
L'idea mi piace” esclamò l'Anka Bianco nella sua forma umana “Affronteremo sfide degne di questo nome!
Yukiko lo fissò cercando di non sembrare troppo stupida. Aveva l'impressione che gli eventi le stessero sfuggendo di mano, trascinandola con sé, e dovette fare un enorme sforzo di volontà per accantonare la profonda incredulità che la stava sopraffacendo e pensare all'aspetto pratico di tutta quella storia. Esaminando il bianco, lei tentò di comprenderne il pensiero: stava parlando seriamente? Era davvero una buona idea quella di accettare la strana proposta del dranzerblader?
Il suo compagno di battaglie le donò un cenno d'assenso del capo in risposta a quelle domande non formulate e lei, a quella conferma, mise finalmente da parte ogni dubbio.
– Va bene – tornò a voltarsi verso Kei, asciugandosi la pelle ancora umida del viso con un unico movimento di una mano, prima di rivolgergli un'occhiata dedita a trasmettergli la propria decisione – Visto che la metti così, accetto.
Non poteva tirarsi indietro: se una cosa del genere era fattibile poteva essere la sua unica occasione. Poteva sfruttare quell'esperienza fantastica per maturare un altro po', per cercare di diventare abbastanza forte da non doversi più piegare di fronte a nessuno, nemmeno al suo stesso passato. Poteva approfittarne per crescere sia come persona che come blader, insieme a Night.
Ed insieme a Kei.
Quel pensiero le fece nascere un sempre più ampio e spontaneo sorriso sulle labbra.


Perché?
Quella domanda gli risuonava ancora in testa, nonostante fosse nuovamente chiuso nel silenzio della sua stanza. Perché le aveva fatto quella proposta? Perché si stava dando la pena di rintracciare i suoi vecchi compagni ed organizzare la partenza?
Si disse che l'aveva fatto per sé stesso, perché, memore delle condizioni a cui i loro genitori li avevano sottoposti tre giorni prima, era ben consapevole che non poteva permettersi di avere una 'compagna di squadra' con dei possibili ripensamenti. O peggio, dei rimorsi.
Sai, ti invidio molto” quelle parole gli si riaffacciarono alla mente, insieme al loro significato.
No, non poteva proprio permettersi il rischio di vedere il loro reciproco impegno andare in fumo.
La verità è che ti bruciava il fatto di averla vista così vulnerabile per colpa di un coglione come quello” lo rimbeccò la voce dell'Aquila, arrivando a lui attraverso il bagliore sprigionato dal bit. Kei spostò lo sguardo dal suo computer sino al bey, posto sulla scrivania accanto ad esso, increspando le labbra in una smorfia contrariata, cosa che non impedì alla sua amica di continuare, imperterrita e saccente “Non puoi sopportare il modo in cui si è sminuita, proprio perché tu stesso hai avuto prova del suo valore.
– Tsk.
Non ti sei divertito stasera con lei?
Quella domanda a tradimento gli fece scostare di nuovo gli occhi dai riflessi d'ametista sul monitor, come se così facendo potesse arrivare magicamente quella risposta che stava attendendo da un'ora. Nel mentre si sforzò di non pensare a nient'altro, picchiettando le dita della mano destra sul legno dello scrittoio al quale era seduto ad un ritmo che gli impegnava l'intera sua parte cognitiva. Dopo una manciata di minuti in cui la voce dell'Aquila Rossa non lo raggiunse, lui lasciò sfumare quel rintocco fin troppo monotono e restò momentaneamente in ascolto.
Niente.
Il bit al centro di Dranzer era inerte.
Tirò un sospiro, constatando di essere riuscito a tagliare fuori dalla sua mente quell'amica a tratti fin troppo invadente. Il loro legame era talmente profondo che la bitpower poteva tranquillamente percepirne i pensieri senza che lui li formulasse a parole, quando erano in contatto, cosa che per certi versi lo infastidiva: nessuno sarebbe stato entusiasta di non poter giovare di un minimo di privacy nemmeno per ciò che gli passava per la testa.
Eppure, aggiornando la pagina delle e-mail, ora che era di nuovo solo, non poté non ripensare alle parole che la rossa gli aveva rivolto. Sì, si era sorprendentemente divertito quella sera a cena, in compagnia di Yukiko e di quei due disgraziati dei loro migliori amici. Era stata una serata fin troppo piacevole perché il ricordo potesse essere contaminato dall'incontro sciagurato con quell'emerito idiota dell'ex della nightblader. Il pensiero di quanto ci era andato vicino gli faceva tornare voglia di spaccargli il naso una seconda volta.
Per quello e per aver fatto piangere lei.
Per averla insultata e aver affermato che non fosse abbastanza donna.
La verità era che Yukiko lo era fin troppo, per uno come quell'imbecille.
Alla mente gli tornò il ricordo di quel sogno a luci rosse che lo stava di tanto in tanto tormentando e la reazione del suo corpo fu quasi troppo repentina, tanto da costringerlo a cambiare posizione sulla sedia mentre si aggiustava i pantaloni in modo che non gli tirassero. Eppure non era più tanto sicuro che fosse solamente un sogno, a causa della strana allusione che tempo prima aveva fatto il bitpower di lei ed a cui si era rifiutato di dare importanza.
Venne distratto dai suoi pensieri dalla notifica del suo portatile: nuova posta.
Cliccando sull'icona, il blader aprì la finestra e le poche righe che scorsero i suoi occhi gli fecero nascere una nuova smorfia sul volto: a quanto pareva le cose non sarebbero andate così lisce come sperava.
– Dannato vecchio!



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Forse sto andando troppo veloce... mamma mia siamo già al quindicesimo capitolo!
Ne approfitto per ringraziare chi ha inserito questa fiction fra le seguite e le preferite, la cosa mi riempie di gioia, non lo nego, perché forse sta a significare che non sto facendo proprio un pessimo lavoro, no? Vi prego ditemi che è così XD
Con questo capitolo c'è stato un bel BOOM, vero?! Insomma, i nostri due blader che partono per un viaggio soli soletti? Che succederà? Sarà la fine del mondo? Probabile... Muhahahaha!
No, ancora non ci sono arrivata, ma sono a buon punto, quindi non è poi da scartare quest'ipotesi!
Vi lascio e vi mando un abbraccio, sghignazzando pure un po'.
La vostra pazza autrice
Kaiy-chan

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Capitolo 16
*** California, Stati Uniti d'America ***




16. California, Stati Uniti d'America


Natsuki Yukiko teneva lo sguardo fisso oltre il finestrino alla sua destra, scrutando la distesa di nubi che a tratti lasciava intravedere le acque color zaffiro dell'oceano pacifico. Ormai erano in volo da almeno sei ore e il ragazzo che le sedeva affianco sembrava essersi appisolato da una mezz'oretta abbondante.
La ragazza ne sbirciò l'espressione rilassata, mentre ripensò agli avvenimenti di quel mattino.

[Flashback]
Il bussare deciso alla porta della sua stanza le fece sollevare di scatto il capo, indirizzando gli occhi verdi, che fino a un attimo prima stavano scorrendo le righe che le aveva scritto sua madre, sull'anta lignea.
Avanti.
Sbatté più volte le palpebre nel constatare che quello che stava entrando in camera sua con tanta fermezza era proprio Kei.
Partiamo fra un'ora, hai già preparato la valigia?
Yukiko inarcò un sopracciglio – Non proprio...
Sbrigati. Abbiamo il volo prenotato, quindi farai meglio a non tardare se hai davvero intenzione di partire – ribatté il dranzerblader senza scomporsi ma fermandosi a pochi passi dalla scrivania alla quale la ragazza era seduta, fissandola con quel suo sguardo imperscrutabile – Ho informato mio padre della cosa ed ha provveduto alla prenotazione del volo per la nostra prima tappa.
E dove andiamo?
In America.
Sicuro che possiamo permetterci un viaggio simile? – gli domandò lei, esternando il proprio scetticismo senza distogliere lo sguardo da lui, indagandone l'espressione – Davvero tuo padre è stato così accomodante?
Il dranzerblader deviò quei suoi incredibili occhi di brace, corrucciandosi leggermente, espressione che già di per sé lasciava intendere che ci fosse qualcosa sotto – Più o meno – la mora attese che si spiegasse, cosa che avvenne una manciata di secondi di silenzio dopo – Si è offerto di ricaricare regolarmente la mia carta di credito, ma a meno di quanto mi sarei augurato: saremo costretti a razionalizzare le spese.
Fin lì Yukiko non ci aveva trovato nulla di strano ed il ragazzo dai capelli d'argento dovette intuire la sua perplessità, perché con uno sbuffo aggiunse – Inoltre siamo obbligati a fare tappa negli alberghi convenzionati con la nostra società. Se mancheremo una notte allora il vecchio ci taglierà i fondi e rimarremo totalmente al verde.
E immagino che questo voglia dire che... – lo invitò lei, muovendo una mano per fargli cenno di terminare la frase lasciata in sospeso.
Che in tutta probabilità ci ritroveremo a condividere la stessa stanza – sbottò infastidito l'altro, incrociando ambo le braccia sul petto.
Ah. – la notizia lasciò la nightblader momentaneamente spiazzata, avvertendo già le proprie gote imporporarsi, cosa che le fece nascere un sorriso teso sulle labbra nel tentare di minimizzare – Be', io non russo e, se non lo fai nemmeno tu, allora non è tutto questo gran problema! Ahah.. pensavo peggio con la faccia che hai fatto!
Kei inarcò un sopracciglio, abbandonando quel cipiglio in favore di un'aria vagamente interrogativa, prima di chiederle – Non ti da' fastidio?
No.

La prospettiva non le aveva dato fastidio, né le dava fastidio ora mentre ci ripensava. Certo, la metteva in imbarazzo sapere che avrebbero condiviso la stessa stanza, ma questo non voleva dire che sarebbero stati costretti a condividere lo stesso letto!
Percorse con l'occhi verdi il profilo del dranzerblader, ritrovandosi a sfoggiare un mezzo sorriso fra l'incredulo ed il divertito, nel posare la propria attenzione sui due fregi triangolari che adornavano le guance del ragazzo, di un bel colore blu scuro. Al vederlo conciato così quando era stato il momento della partenza, era rimasta quasi spiazzata ed aveva ceduto all'impulso di additarlo e scoppiare a ridere, preda di un'ilarità che il giovane Hiwatari non aveva dato l'impressione né di comprendere, né di condividere. Non che quell'aspetto non gli donasse, tutt'altro, ma era anche la prova dell'esistenza di quella sua parte più infantile che lui negava tanto strenuamente di avere.
Non che non esistesse un bambino in ognuno di noi.
Forse era proprio grazie a quel lato del suo carattere che ora lei si ritrovava a bordo di quell'aereo, diretta a Los Angeles, con il sole ormai alle loro spalle ed il resto del mondo ad attenderli. Il pensiero di poter conoscere in prima persona blader eccezionali come quelli di cui aveva sentito solo parlare le impedivano di rilassarsi abbastanza da riuscire a prendere sonno. Il pensiero dell'avventura in cui aveva accettato così facilmente di imbarcarsi continuava a tener vivo l'entusiasmo che era andato risvegliandosi dal momento in cui ne aveva avuto la conferma.
Forse, in fondo, stava solo scappando dai suoi problemi.
Forse stava rimandando l'inevitabile.
Eppure aveva capito di essere esattamente dove voleva: lontano da Tokyo, lontano dal proprio passato e dall'ombra opprimente del proprio futuro. Poteva considerarla la sua ultima vacanza, la sua ultima boccata d'aria prima di immergersi nella vita piena di responsabilità e oneri che da sempre sapeva attenderla. Una vita a cui aveva creduto di essere preparata, ma che gli avvenimenti degli ultimi mesi avevano contribuito a fargliela vedere sotto una luce più pressante, quasi di fatalità. Aveva bisogno di capire se davvero era pronta ad esaudire le aspettative che gli altri riponevano in lei in quanto erede dei Natsuki, e sperava che quelle poche settimane le sarebbero bastate.
Non poteva permettersi tentennamenti.


Sbarcarono che il sole era ormai prossimo a toccare l'orizzonte e l'aeroporto si era acceso da poco di lunghe scie di luci ai lati delle varie piste di atterraggio. Lui e Yukiko erano fermi in attesa davanti al rullo sul quale sfilavano le valigie dei passeggeri del loro stesso volo, quando una voce familiare li distolse dalla loro contemplazione.
– Kei! Quanto tempo!
Il dranzerblader si voltò verso il biondino che si stava ancora avvicinando a loro, una mano sollevata in segno di saluto, e non riuscì a non ricambiarne del tutto il sorriso.
Max. Credevo fossi già alla Berkeley.
Le lezioni inizieranno la settimana prossima e, dopo aver ricevuto il tuo messaggio, non ci ho pensato due volte a rimandare la partenza di qualche giorno! gli rispose l'ex membro dei Bladebrakers, mentre entrambi si stringevano la mano. La cordiale amicizia del biondo era rimasta la stessa, così come era sincero il suo sorriso nel momento in cui la sua attenzione scivolò dal dranzerblader alla ragazza che sostava dietro di lui Tu devi essere la ragazza di cui Kei mi ha parlato.
Spostando a propria volta lo sguardo scuro sulla mora, Kei ne notò il leggero sussulto delle spalle prima di piegarsi in un nervoso ed esagerato inchino di presentazione.
P-piacere! Sono Natsuki Yukiko! È un onore conoscerti!
Di fronte all'emozione della ragazza, il dranzerblader inarcò un sopracciglio ma si limitò semplicemente a fissarla a quel modo, senza commentare nulla, cosa che non sembrò aiutarla a ritrovare una parvenza di naturalezza. Per contro Max esternò una risata divertita, per nulla messo a disagio dal fare formale della mora.
Nice to meet you, Yukiko la chiamò direttamente per nome, probabilmente avendo fatto propri i modi più diretti degli occidentali, porgendo anche a lei la propria mano Il mio nome è Max Mizuhara.
La nightblader in questione parve essere presa in contropiede da quella spontaneità, ma ben presto si riscosse sfoggiando un ampio sorriso e ricambiando la stretta con decisione e un filo di imbarazzo a colorarle le gote.
Well! esordì il nippoamericano, di nuovo rivolto all'ex compagno di squadra Se il viaggio non vi ha stancato troppo, possiamo uscire a mangiare un boccone stasera, dopo che avrete sistemato le valigie propose con un ampio sorriso.
Kei annuì con un cenno del capo prima di scoccare un'occhiata alla moretta che se n'era rimasta tranquilla affianco a lui, cosa che parve farla riscuotere.
Oh, sì.. sì, certamente. Sarebbe fantastico!
Great! Allora andiamo, ho già l'acquolina in bocca! esclamò Max, sollevando ambo le braccia per porre le mani intrecciate dietro la nuca.
Il dranzerblader si voltò verso il rullo trasportatore, dovendo riconoscere con una nota di nostalgia che il suo vecchio compagno sembrava non essere cambiato per niente. Certo, fisicamente era cresciuto, sembrava più robusto del gracile ragazzino con cui si era scontrato ed allenato a Beyblade in passato, ma caratterialmente aveva conservato la sua espansività.
Distrattamente, il blader di ghiaccio si chiese se avesse conservato anche quella sua inspiegabile passione per la maionese.


Sì, la passione per la maionese gli era rimasta.
Erano seduti tutti e tre ad un tavolino rettangolare contornato da un paio di panche imbottite e rivestite in pelle rossa, il tipico arredo di un Fastfood per intenderci, e il biondino si era dato la pena di spremere la bustina di quella salsa giallognola fino all'ultima goccia, prima di addentare il suo hamburger.
Seduti di fronte a lui, la mora spulciò qualche patatina dal proprio vassoio, mentre il dranzerblader accanto a lei stava illustrando la brillante idea del suo vecchio di “fargli mettere la testa a posto”, citandone le esatte parole di due settimane prima.
Il grande Kei fidanzato. Non credevo che questo giorno sarebbe mai arrivato! esclamò con un pizzico di malizia il dracielblader, scoccandole un'occhiata.
Sotto quegli occhi blu così indiscreti e velati di ironia, Yukiko si sentì andare l'ultima patatina di traverso e dovette piegarsi leggermente sul tavolo per evitare di tossirgli in faccia.
Il pericolo è passato, non preoccuparti. Abbiamo trovato il modo di scamparla ribatté con tono impassibile il diretto interessato, ignorando tanto i sottintesi dell'amico quanto la reazione di lei.
Scamparla per così dire, perché i loro genitori ancora non volevano darsi per vinti: nonostante avessero abbandonato l'idea di procedere ufficialmente infatti, la giovane Natsuki si era già ritrovata a dover fare i conti con la prospettiva di dividere la stanza con quel ragazzo dai modi tanto distaccati quanto, il più delle volte, scostanti. Appena erano arrivati in hotel infatti, la ragazza della Reception aveva passato loro un'unica chiave con un sorriso smagliante e le fatidiche parole “Vi stavamo aspettando con ansia, signori. La vostra stanza è al terzo piano, speriamo che la vostra permanenza qui sarà di vostro gradimento.
Il tempo di salire a sistemare le valige, con Max che li attendeva all'ingresso dell'edificio, che i due blader si erano fatti coraggio ad aprire la porta di una camera che, con una buona dose di sollievo, si era rivelata avere due letti singoli. Tuttavia avevano concordato di non dire nulla al riguardo né a Max, né a nessun altro, per evitare congetture e frecciatine scomode.
Il biondino la riportò al presente scoppiando a ridere Non mi sarei aspettato niente di meno da te, Kei: proprio non ti ci vedo a fare la parte del figlio accondiscendente!
Umphf sbuffò il dranzerblader, addentando a propria volta l'hamburger che si era preso.
A quel punto Yukiko ritenne che fosse il caso di intervenire, cambiando discorso Allora, Max. Se non sbaglio è già da qualche anno che ti sei stabilito qui in America.
Yeah. Ho deciso di venire a vivere con mia madre e studiare qui, collaborando al tempo stesso con il centro di ricerca del PPB. Domani se volete posso farvi fare un giro propose, spostando lo sguardo su Kei – ..dall'ultima volta abbiamo apportato diverse modifiche.
Il PPB, il centro di ricerca e sviluppo tecnologico di Beyblade più all'avanguardia. Lo stesso centro che aveva messo in campo blader molto forti, tanto da arrivare a partecipare ai tornei mondiali ogni singolo anno. Il solo pensiero le fece accapponare la pelle in risposta ad un brivido di eccitazione che le era salito su per la spina dorsale.
Per me è indifferente esordì il dranzerblader, risposta che fece saltare su dal divanetto la nightblader.
Volentieri! esclamò d'impulso lei, sorreggendosi con ambo le braccia al bordo del tavolo.
La sua reazione sembrò sorprendere un poco il biondino, che comunque sfoggiò un sorriso compiaciuto Well! A che ora passo domattina?
Alle nove andrà benissimo ribatté di nuovo Kei, senza interpellarla.


Il giorno seguente, dopo una notte di sonno piuttosto breve, Kei si richiuse la porta della loro camera alle spalle prima di procedere verso le scale. La nightblader lo anticipava di qualche passo, cosa che la costrinse una volta raggiunto il pianerottolo, a fermarsi ed a voltarsi in sua direzione, in volto un'espressione che tradiva una certa impazienza.
Scesero le scale in silenzio, così come non parlarono molto nemmeno durante la colazione. Per lo più la mora gli pose qualche domanda sul PPB e sugli incontri che aveva disputato nell'ultimo campionato mondiale a cui aveva partecipato, tutte cose alle quali il dranzerblader rispose senza dilungarsi, ma in maniera mirata e sintetica.
Avevano fatto un giro per la città dopo cena, con Max che raccontava loro delle sue esperienze in suolo americano e dei suoi progetti: si era iscritto all'università di Berkeley un anno prima con l'obiettivo di laurearsi in Applied Science and Technology. Questo grazie all'interesse che aveva dimostrato per i metodi di ricerca di sua madre, motivo per cui passava molto tempo al Centro del quale ella era responsabile.
Quando poi si erano salutati, verso mezzanotte, ed i due ragazzi si erano ritirati nella loro stanza, avevano usato il bagno per cambiarsi a turno. Eppure, nonostante si fosse fatto una doccia calda e rilassante, il dranzerblader non era riuscito a prendere sonno facilmente, scoprendosi ad ascoltare il respiro della mora dall'altro capo della stanza che si affievoliva e regolarizzava.
Solo con i propri pensieri, Kei si era perso a riflettere sulla loro situazione e ancora una volta si chiese cosa stava facendo. Non era propriamente da lui starsene tranquillo nella stessa stanza con una ragazza carina quanto era la moretta, senza dilungarsi in provocazioni di sorta. Non era mai stato quel che si potrebbe definire 'un gentiluomo', eppure se ne stava voltato su un fianco, dando le spalle al centro della camera, ben fermo nelle sue intenzioni di non superare il limite immaginario che avevano silenziosamente definito e che divideva l'ambiente in due porzioni speculari. D'altra parte, era oltremodo determinato a non darla vinta a suo padre e questo voleva dire non avvicinarsi a lei nemmeno per sbaglio. Soprattutto per sbaglio.
L'avrebbe tenuta a distanza al meglio delle sue possibilità.
Non aveva alternative: era una questione di principio.
Poco importava se a separare questo ed il suo istinto vi fosse un baratro.
Ne era oltremodo convinto anche il mattino dopo, mentre uscivano dalla sala da pranzo dell'albergo e si immettevano nella hall, andando incontro al biondino che, entrato da poco, li salutava con un ampio sorriso ed un cenno della mano.
Pronti ad andare? chiese loro appena lo raggiunsero.
rispose senza farsi attendere la moretta, sfoggiando un sorriso luminoso. Di fronte all'entusiasmo d'ella, al riverbero di eccitazione nel suo sguardo, il dranzerblader non fece una piega, come se gli fossero bastate quelle dodici ore scarse ad abituarlo a lei.
Quella riflessione lo colse tanto ovvia quanto inaspettata e non poté non indispettirsene.
Che sciocchezza.
Ehi, Kei l'oggetto delle sue riflessioni lo chiamò dall'auto ferma qualche metro di fronte a lui, a lato strada, le portiere aperte Non vieni?
Il dranzerblader sbuffò, non potendo non notarne nuovamente il sorriso spontaneo, questa volta rivolto proprio a lui. La vista del modo in cui quell'espressione le donasse gli diede l'occasione di accantonare quei pensieri oziosi e privi di importanza, per muovere passo e raggiungere il loro mezzo di trasporto. Non poteva perdersi dietro simili sciocchezze o si sarebbe rovinato il viaggio, cosa che era intenzionato a non permettere in alcun modo.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buongiorno ragazzi! Finalmente ecco arrivato lunedì e quindi non potevo sottrarmi dall'aggiornare la fic con un nuovo capitolo, tutto per voi ^_^ 
Che ne pensate? Forse ora le cose saranno sicuramente più chiare ad alcuni di voi XD So che morivate dalla voglia di sapere che ideona avesse colto il nostro Stimatissimo singor Hiwatari e spero che la sua fama di Genio del Male sia risultata meritata anche stavolta! Anche se, in realtà, gli effetti veri e propri di questa sua imposizione li leggerete più avanti.. Muhahahahaha!
Nel frattempo, ne approfitto per cercare di invogliare qualcuno di voi a darmi un parere, ricordando - se nel dubbio non si era capito - che potete anche scrivermi privatamente xD non mi offendo di certo.
Vi saluto e vi auguro un buon inizio settimana! Aggiornerò col prossimo capitolo domani, credo, quindi come al solito non dovrete attendere molto!
Un abbraccio
Kaiy-chan

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Capitolo 17
*** Una sfida al PPB ***




17. Una sfida al PPB


Scendendo dalla macchina Yukiko sgranò gli occhi verdi, fermandosi dinanzi all'ampio ingresso dell'alto palazzo che costituiva il centro di ricerca e sviluppo del PPB. Max le aveva spiegato che lo scopo del centro era duplice: si occupava di sviluppare e testare nuove tecnologie che potessero portare un miglioramento sia nel campo del Beyblade, sia nei confronti del loro più importante collaboratore, la NASA. I blader del PPB non solo erano i più forti ed i più equipaggiati, ma collaboravano attivamente nel testare queste tecnologie, ideate per essere utilizzate non solo sulla Terra ma anche nello Spazio.
Il dracielblader li guidò oltre la porta d'ingresso, già illustrando loro con semplicità i vari reparti che occupavano i singoli piani dell'edificio. Era un tipo abbastanza carino, i cui tratti orientali erano addolciti dal suo sorriso gioviale, gli occhi azzurri ed i capelli biondi. Non sembrava esattamente il suo tipo però e in tutta franchezza la nightblader si chiese se ne avesse realmente uno, prima di spazzar via quei pensieri oziosi - e l'ombra di un viso che ormai pareva intenzionato a non abbandonarla mai del tutto - dalla mente.
Osservando l'abbigliamento di Max, ella dovette ammettere che era abbastanza alla mano, costituito da una maglietta a maniche corte e piuttosto ampia di colore arancione ed un paio di pantaloni lunghi sopra al ginocchio di jeans blu. Il tutto incorniciato da una catenina d'argento ed un paio di scarpe da ginnastica. Sì, il suo modo di vestire trasmetteva la medesima impressione che davano i suoi modi, una coerenza che la mora non poteva non apprezzare.
Lungo il corridoio che stavano percorrendo si fece loro incontro una donna in camice bianco, i cui passi rintoccavano sul pavimento mentre procedeva accanto ad una ragazza dai capelli rossicci e gli occhiali. Al vederli, la prima interruppe ciò che stava dicendo per donar attenzione al biondino, di cui ne condivideva il colore dei capelli e degli occhi, rivelando una qual certa somiglianza dei tratti soltanto quando il suo viso si schiuse in un sorriso discreto quanto affettuoso.
– Max, ti stavo cercando – gli si rivolse, in perfetto inglese.
– Stavo facendo fare un giro ai miei amici – le rispose lui nella stessa lingua, fermandosi di fronte alla donna e tornando all'utilizzo del giapponese – Lei è la ragazza di cui ti avevo parlato ieri sera – indicando la moretta, che presa alla sprovvista dovette costringersi a non fare un mezzo passo indietro – Yukiko, ti presento mia madre, la dottoressa Judy Mizuhara.
Quella presentazione inattesa fu sul punto di farla piegare in un nuovo inchino, ma all'ultimo la ragazza dai capelli bicolori si bloccò, deglutendo ed infine optando per un sorriso ed una mano tesa – Molto lieta, io sono Natsuki Yukiko.
Judy le strinse la mano senza indugio – Piacere mio. A quanto ho capito sei un'amica di Kei – e nel dirlo scoccò un'occhiata al diretto interessato, provocando nella mora un lieve sussulto, prima di cambiare discorso e presentarle la ragazza che le si era fermata accanto – Lei è la mia assistente: Emily Watson.
La ragazza con gli occhiali le fece un cenno del capo ed un sorriso cordiale in risposta a quella presentazione, senza sbilanciarsi troppo, prima di esordire in inglese – Io e la dottoressa stavamo parlando del nuovo campo di gara e abbiamo bisogno che tu, Max, lo provi. Rick è già là ad aspettarti – concluse, scoccando un'occhiata strana, penetrante, a Kei, cosa che non passò inosservata alla mora.
– Ok – ribatté il biondino, voltandosi verso i due giapponesi – Volete venire con me? Volevo giusto proporre a Yukiko un incontro – affermò spontaneamente.
Quell'affermazione fece inarcare un sopracciglio alla mora, traendola dai propri interrogativi e trovandola preda di un improvviso disagio dovuto non tanto allo sfidante, quanto al luogo in cui si trovavano. Quell'ambiente, pieno di ricercatori e macchinari, pronti ad acquisire dati, la mettevano in soggezione e ne sminuirono il naturale entusiasmo, almeno sul momento. Per questo tardò un paio di secondi, prima di annuire, seppur non troppo convinta.
– C-certo.. molto volentieri..
S'infilò una mano in tasca mentre procedevano di nuovo lungo quel corridoio, diretti all'ascensore, stringendo nel pugno Night. La forma familiare e fredda del suo beyblade a contatto con la pelle del palmo l'aiutò a scacciare il leggero senso di inquietudine dovuta al 'giocare fuori casa' e di lì a poco ci si mise anche il suo bitpower a farsi sentire, attraverso il loro legame.
Non hai di che preoccuparti: ci faremo valere!
Yukiko sorrise impercettibilmente.
Quello di cui era certa era che non si sarebbe fatta sopraffare tanto facilmente. Ne andava del suo orgoglio di blader.


L'aveva notata anche lui l'occhiata velata di sottintesi di Emily e non aveva faticato, a differenza della moretta che lo anticipava di un passo lungo il corridoio, a dare un senso all'espressione dell'americana. Probabilmente sperava di avere una nuova occasione per raccogliere dati su di lui in particolare, augurandosi che decidesse per qualche arcano motivo di scendere in campo in un incontro.
Manderemo in tilt i loro strumenti” affermò nella sua mente l'Aquila.
Quelle parole lo spinsero a chiedersi quando mai aveva acconsentito all'idea di scendere in campo, ma dovette correggere il tiro quando la volontà del suo bitpower di sgranchirsi un po' gli risuonò in un angolo della testa, tanto imperativa quanto irruenta. Proprio come lo era lei.
Una Fenice, si corresse.
Un nome non cambia ciò che sono, non lo ha mai fatto. Se così non fosse non ti avrei scelto” lo interruppe la sua migliore amica, trasmettendogli un calore che lo aiutarono a distendere i muscoli della fronte. Rassicurato e convinto ad accantonare definitivamente la questione, arrivò alla conclusione che avrebbe continuato a chiamarla Aquila Rossa, così come ella stessa gli aveva appena suggerito.
– Ma guarda chi si vede – la voce del grosso americano raggiunse le sue orecchie appena varcarono la soglia della stanza, al centro della quale li stava aspettando Rick. Il bisonte aveva, stampata in volto, un'espressione saccente di quelle che Kei ricordava avergli visto spesso durante il suo ultimo campionato mondiale e nemmeno nell'aspetto era cambiato molto: pelle abbronzata, capelli quasi bianchi legati in una coda dietro la nuca, occhi penetranti e grigi, stazza considerevole – Così è vero che ti sei rammollito – gli si rivolse, incrociando le braccia sull'ampio petto.
I nervi del dranzerblader si tesero, ma scoccandogli uno sguardo penetrante, non lo diede a vedere, conservando la solita indifferenza anche nel tono di voce.
– Che vuoi dire?
– Esattamente quel che ho detto – ribatté imperturbabile Rick.
Kei comprese ciò che l'americano stava facendo: cercava di provocarlo per farlo scendere in campo contro di lui. Sfoggiò un debole quanto ironico mezzo sorriso in sua direzione, incrociando a propria volta le braccia. Se era davvero ciò che voleva, allora l'avrebbe accontentato.
– Ehi! – la voce di Yukiko, carica di contrarietà, gli forò un timpano, facendolo quasi sussultare nel riportarla nel proprio campo visivo – Che cos'è, una festa privata? Guardate che ci sono anche io.
– E tu chi saresti, ragazzina?
– Lei è Natsuki Yukiko, la compagna di viaggio di Kei – intervenne il biondino, facendosi avanti con uno dei suoi soliti e cordiali sorrisi per fare le presentazioni – Lui è Rick Anderson, degli All Starz.
– Rimangiati subito quel che hai detto, se non vuoi che ti faccia il culo a strisce! – sbottò contrariata la mora.
Eccolo, quel fuoco che quella ragazza aveva dentro, che tornò ad ardere impetuoso in quegli occhi di smeraldo.
La cosa lo fece sorridere, soprattutto in reazione al pensiero che quel bisonte avesse appena trovato pane per i suoi denti.
– Come ti permetti?! – l'ambiente stava scaldandosi relativamente in fretta.
Un leggero fischio uscì dagli altoparlanti prima che la voce di Emily si diffondesse nell'ambiente, interrompendo la discussione.
Risparmiate le energie per sfidarvi in un incontro di Beyblade, invece di perdere tempo come foste dei ragazzini. Il nuovo campo aspetta di essere testato.
Quelle parole anticiparono il ronzio che invase la stanza, proveniente dal meccanismo a motore che azionò l'aprirsi di un'ampia porzione circolare nel pavimento fra loro quattro. Non appena le due lastre d'acciaio furono scomparse, nel buco prese posto, alzandosi al livello necessario, il campo da gioco.
Kei inarcò un sopracciglio.
Si trattava di un terreno disseminato di spuntoni e pozze d'acqua. Eppure la roccia di cui era costituito, annerita e plasmata da un calore che doveva essere fra i più alti mai riprodotti, brillava di quelle che non potevano essere altro che sferette metalliche incastonate qua e là.
– Un meteorite – mormorò Max sorpreso, prima che la voce dell'assistente di sua madre tornasse a farsi sentire.
Questo campo da gioco rappresenta la superficie di un asteroide, compresa la gravità, molto minore rispetto a quella del nostro pianeta. Ci è stato commissionato per sperimentare le condizioni a cui si troverebbero gli astronauti in caso di uno sbarco su un corpo celeste di tali dimensioni, quindi fate il vostro dovere.
– Da quando è diventata così acida, la quattrocchi? – si informò abbastanza annoiato il dranzerblader.
Max sorrise, facendo spallucce – Da quando ha scoperto che il Prof. K non potrà venire a trovarla prima del prossimo mese.
E tu Max devi smetterla di raccontare i fatti miei in giro!! – urlò nel microfono la diretta interessata, massacrando i timpani dei presenti e inducendoli a cambiare discorso.
Mizuhara ridacchiò nervosamente, prima di spostarsi di qualche passo, per porsi dal lato del suo vecchio compagno di squadra, un dito ancora premuto su un orecchio nel tentativo di stapparlo.
– Ahah.. meglio fare come dice o finiremo per diventare tutti sordi – affermò il biondino, prima di riuscire nel suo intento e abbassare il braccio, sfoggiando un nuovo sorriso più pacato – Chi vuole scendere in campo per primo?
– Io – intervennero all'unisono la mora e l'armadio, facendo un passo avanti prima di sussultare dalla sorpresa.
– Ehi mocciosa, fatti da parte, il mio avversario è lui – sbottò Rick irritato, indicando il dranzerblader senza alcuna remora.
– Non chiamarmi così, razza di buzzurro troppo cresciuto – esclamò di rimando la ragazza, stringendo un pugno a mezz'aria e cercando di fulminarlo con lo sguardo verde smeraldo.
Nel fissare i due mandare lampi dagli occhi, Kei inarcò un sopracciglio ma si ritrovò a sorridere leggermente con una nota di divertimento. La tensione nell'aria non faceva altro che caricarlo e fargli crescere nel petto la sua naturale combattività, rimasta sopita fino a due settimane prima. Scoccò un'occhiata a Max ed, incrociandone lo sguardo cobalto, intuì perfettamente che i pensieri di lui erano perfettamente in linea con i suoi. Fecero entrambi un passo avanti, affiancando i due litiganti.
– Che ne dite di una sfida a quattro? – propose il biondo.
– Per me va bene – rincarò la dose il dranzerblader, prima di posare lo sguardo sulla sua compagna di viaggio.
Ne vide l'espressione interdetta, traditrice di un certo stupore ma anche di una nota più indefinita e che le fece comparire su quelle guance candide un velo di rossore, prima che si affrettasse a distogliere lo sguardo per portarlo al campo di gara.
– Per me non ci sono problemi – disse il bisonte a quel punto, scoccando un'occhiata di sfida alla nightblader che, per contro, fu lesta a ricambiarlo fessurizzando i suoi occhi di smeraldo nel tentativo di lanciargli una scarica elettrica.
– Ci sto! – esclamò infatti, quasi di getto. In quanto a combattività non era facile da battere e Kei ne era divenuto fin troppo consapevole durante il tempo speso insieme.
Allargando le gambe, si mise in posizione, impugnando il lanciatore che aveva tenuto appeso in cintura, nella rispettiva fondina, sino a quel momento. Un nuovo sguardo a Yukiko, vedendola fare altrettanto alla sua destra, e poi fu il momento di concentrarsi, i loro avversarsi che nel mentre li avevano imitati, posizionando i rispettivi bey nell'aggancio apposito.
La voce dell'americana risuonò di nuovo dall'altoparlante, scandendo il tempo.
Tre. Due. Uno. – la tensione si fece palpabile – Pronti. Lancio!
Le quattro trottole sfrecciarono delineando scie di quattro colori diversi a mezz'aria, atterrando poi nel campo di gara e roteando vorticosamente su sé stesse. Dranzer e Night sollevarono meno polvere di quanto il giovane Hiwatari si sarebbe atteso, poi rammentò la differenza di forza di gravità esercitata all'interno del campo. Non aveva mai avuto occasione di sperimentare un terreno simile, l'unico ad esservisi avvicinato era stato Rei molti anni addietro, proprio in un'occasione del genere. Ne rammentava fin troppo bene la sconfitta rovinosa.
Ma lui non si sarebbe fatto battere allo stesso modo.
E questo dovevano saperlo anche i loro avversari.


La mente di Yukiko vorticava alla stessa velocità del suo bey, preda di una serie di ragionamenti uno a seguito dell'altro, come il modo in cui ruotava Night su quel campo di gara estremamente tecnologico, la composizione così dura del terreno, la stabilità di cui i loro avversari parevano giovare.
Si sentiva come elettrizzata, percorsa da continue scariche di adrenalina in tutto il corpo, ed era un'emozione che la inebriava come avrebbe fatto soltanto del buon vino. O il bacio di qualcuno.
La mora scoccò uno sguardo al suo compagno di squadra, avvertendo la stessa emozione che poc'anzi l'aveva quasi fatta arrossire nel pensare alla possibilità di combattere fianco a fianco. Una nuova scarica di eccitazione le si diffuse nelle membra, pompata dal battito furioso del suo cuore contro la cassa toracica. Avrebbe dovuto mantenere la concentrazione, lo sapeva bene, non poteva farsi distrarre da simili considerazioni, se non voleva farsi umiliare.
– Vediamo cosa sai fare! – esclamò il gorilla dall'altra parte del campo, lanciando all'attacco il suo beyblade.
Dranzer incassò bene l'assalto, mentre scintille incandescenti si sprigionarono all'impatto. Intorno ai due sfidanti, Night e Draciel, il beyblade verde del nippoamericano, ruotavano in circolo, studiando la situazione. Se Yukiko rammentava bene dall'ultimo torneo che aveva seguito in televisione, il bey del biondino era basato sulla difesa.
– Sei migliorato – constatò la voce di Kei nel frattempo, impassibile come al solito, verso il suo avversario.
– E questo non è ancora niente!
Dranzer venne sbalzato indietro, perdendo stabilità sul terreno di gioco e finendo incolume a ruotare sulla cima di uno degli spuntoni di roccia scura che costellavano il campo, molto simile ad un'aquila appollaiata su un costone di roccia intenta a scrutare con pazienza la propria preda.
Quel paragone la fece sorridere.
– È il nostro momento, Night!
Si gettò contro la trottola di Rick, mandando il proprio bey alla massima velocità di cui era capace, ma un attimo prima dell'impatto intervenne Draciel, contrastandola e sbalzandola a sua volta indietro, nel centro di una delle pozze d'acqua presenti sul terreno, svuotandola e cospargendo il campo di gioco di schizzi.
– Non così in fretta – la redarguì il biondino, la cui affabilità sembrava scomparsa in favore di una serietà ed una combattività che non avrebbe mai sospettato possedesse. Aveva in volto un sorrisetto che la indusse a ricambiarlo con la stessa moneta, mentre un angolo delle labbra le si sollevava.
Era in gamba, proprio come ci si sarebbe aspettato da uno dei fu Bladebreakers.
Osservò Night ruotare leggero sul suolo umido, senza che questo ne rallentasse la velocità di rotazione. Questo era senza dubbio dovuto alla minor gravità a cui erano sottoposti i loro beyblade, eppure non sembrava che quel campo di gioco avesse le stesse ripercussioni sui loro avversari, la cui stabilità era praticamente perfetta.
Avrebbero dovuto trovare il modo di destabilizzarli. Il riverbero delle pozze d'acqua colse l'attenzione di Yukiko e in quel momento le venne un'idea.
– Kei! – lo chiamò di slancio, incrociandone lo sguardo scuro – Quando te lo dico io, salta!
Lui non ribatté nonostante il guizzo di sorpresa nella sua espressione.
Non entrando nel dettaglio e temendo che i loro avversari li anticipassero, la mora mandò avanti Night, facendogli innescare il meccanismo motore interno per aumentarne ulteriormente la velocità di rotazione, prima di sfrecciare sul terreno impervio. Il bey passò da una pozzanghera all'altra, spargendo schizzi e diffondendo il liquido cristallino per tutto il campo. Rick tentò di contrastarla, innervosito da quella strana tattica, ma lei lo evitò brillantemente, giovando della sua maggiore velocità. Soltanto quando svuotò l'ultima depressione diede il segnale al suo compagno.
Adesso!
Dranzer prese lo slancio e si lanciò nel vuoto ad un'altezza tanto maggiore quanto le stesse forze in campo lo portarono a sfrecciare. Fu quello il momento di Yukiko di agire.
Glaciazione, ora!
Immediatamente dal bey blu scuro, sprigionando una chiara luminosità dal centro del bit, si diffuse una ventata d'aria gelida e sotto la sua punta una spessa lastra di ghiaccio prese forma, diffondendosi radialmente intorno ad esso. Con velocità e precisione Night percorse il campo intorno ai loro avversarsi, congelando il suolo senza apparente sforzo per poi lanciarsi proprio fra essi, facendoli sobbalzare in direzioni diverse, prima di prendere lo slancio necessario e saltare a propria volta da uno spuntone di roccia più elevato. Si lanciò così all'attacco di Draciel dall'alto, imitata da Dranzer che si avventò invece sul bey di Rick, il quale sembrava sbandare sul ghiaccio, instabile quanto potrebbero essere degli zoccoli sulla gelida e scivolosa lastra cristallizzata.
Stella Cometa!
Tempesta di Fuoco!
L'impatto fu violentò e costrinse entrambi i giapponesi a sollevare le braccia incrociate di fronte al volto, per ripararsi dall'onda d'urto. Yukiko dovette chiudere gli occhi, il bagliore emesso dai loro rispettivi attacchi risultato troppo accecante per permetterle di fare altrimenti.
Il contrasto fra il caldo delle fiamme di Dranzer ed il gelo della neve di Night generò un forte spostamento d'aria e fece condensare le microscopiche gocce di vapore acqueo in sospensione, dando vita ad una sorta di tempesta di pioggia e fulmini che si scaricò violentemente sul campo e verso le pareti della stanza, il tutto per la durata di una manciata di secondi.
Quando la situazione si placò e la nightblader si azzardò, richiamata dal sibilo emesso dai bey ancora in gioco, ad aprire di nuovo gli occhi, in mezzo a nuvole di fumo e polvere si trovavano ancora tre trottole soltanto, due blu e una verde. Il beyblade del bisonte giaceva riverso fuoricampo, così come il suo blader stava cercando di riprendersi, sollevandosi a sedere con aria frastornata e acciaccata, i vestiti pieni di taglietti e qualche bruciatura.
Rockbison era fuori gioco, sì, ma Draciel stava ancora girando stabilmente sul terreno ghiacciato.
Il sorriso che le scoccò il biondino, abbassando a sua volta le braccia, le fece salire un brivido di inquietudine lungo la schiena. Com'era possibile che non avesse accusato danni? Fin dove si spingeva il potere difensivo di quel blader?
– Era parecchio che non avevo occasione di disputare un incontro tanto avvincente – commentò fra l'euforico ed il soddisfatto il dracielblader – Ora tocca a me – annunciò, facendo un passo avanti ed appoggiando un piede sul bordo del campo, muovendo con un gesto secco e rapido il braccio destro in un chiaro segno di sfida – Draciel! Controllo di Gravità!
– Cosa?! – si lasciò sfuggire Yukiko, spalancando gli occhi.
Di fronte a lei fu come se l'impeto del beyblade avversario fosse pari a un'onda delle dimensioni di uno tsunami e le andò incontro con una potenza che solo per il fronte d'aria che l'anticipava fece sbandare pericolosamente Night. Il suo bey dai riflessi d'argento venne come incatenato al suolo, avvolto da un cono di energia, impossibilitato a schivare quell'offensiva dirompente ed ormai la sua blader credette di non aver scampo. Fu Kei a salvarla.
Dranzer comparve nel loro campo visivo come una saetta andando a colpire lo stesso Night per deviarlo dalla traiettoria d'attacco dell'avversario, evitando che quell'impatto, all'apparenza inevitabile, avvenisse.
Riprendendosi dalla sorpresa la mora scoccò un'occhiata al blader che aveva accanto, trovandolo con il respiro pesante quasi quanto lo era quello di lei, ed una luce in quegli occhi scuri da illuminarli di una sfumatura di brace tanto intensa da farle accapponare la pelle: era uno spettacolo.
– Non distrarti!
Quell'esclamazione impetuosa la fece sussultare e riportare con l'attenzione alla sfida in corso, riprendendo il controllo della situazione e concentrandosi su ciò che vedeva. Draciel stava facendo il giro del perimetro del campo ad una velocità tale da sbrinare il terreno, dando quasi l'impressione che stesse cavalcando un'onda e per un istante la mora distinse come un bagliore iniziare ad irradiarsi dal centro del suo bit.
La situazione non preannunciava nulla di buono e le fu lampante il non poter farsi sorprendere un'altra volta da quello strano attacco. L'unica soluzione, comprese, era fare la prima mossa e non lasciargli il tempo di riprendere il controllo.
Attacca, Night! – urlò, sollevando una mano al soffitto per richiamare il suo bitpower.
Questo rispose, sprigionando una luce dai riflessi blu dal centro del bit che ben presto aumentò di intensità tanto da permettere alla figura dell'Anka Bianco di materializzarsi sopra le loro teste. A quel colpo di scena vide Max sollevare ambo le sopracciglia, preso di sorpresa, e quello era senz'altro il momento migliore per buttarlo fuori gioco.
Resisti Draciel! – esclamò a propria volta il biondo però, riprendendosi velocemente.
Anche dal centro del bit del bey verde si sprigionò un fascio di luce intenso che, dai riflessi violacei questa volta, materializzò la figura del suo bitpower: la Tartaruga Nera.
Dranzer! – si unì il comando di Kei, immischiandosi in quel confronto.
La calda ed intensa luce dell'Aquila Rossa avvolse per intero il campo di gara, asciugando i vestiti e la pelle della ragazza, che si ritrovò di nuovo a cercare di ripararsi con le braccia sollevate. Questa volta fu tutto inutile: si sentì sbalzare indietro allo stesso modo in cui doveva essere stato per Rick poco prima. L'impatto col pavimento le svuotò i polmoni in un unico sospiro che la fece gemere di dolore e sorpresa, prima che una serie di stelline danzanti le comparisse davanti agli occhi.
Udì l'eco del rintocco di un beyblade accanto a sé ed, in un angolo remoto della mente, intuì che quel suono era stato prodotto dal suo Night, che giacque - immobile come la proprietaria - su un fianco.


Emily aprì di scatto la porta della sala degli allenamenti, precipitandosi all'interno trafelata.
Che diamine era appena accaduto? Ciò che le si presentò davanti agli occhi castani le diede la risposta che cercava. Rick era ancora seduto a terra, gli occhi sbarrati nel nulla e l'espressione scioccata di chi ha appena assistito ad una potenza fuori dal comune. I suoi abiti avevano qualche segno di bruciatura ma niente di preoccupante, lui sommariamente sembrava star bene, nonostante avesse subito in pieno la Tempesta di Fuoco di Kei.
Il suo compagno di squadra dai capelli biondi era ridotto in ginocchio, un pugno chiuso premuto sulle mattonelle del pavimento e ricoperto di quella che ad un esame più attento della giovane assistente sembrava proprio brina. Il resto degli abiti del dracielblader era ricoperto di piccoli tagli e bruciature, così come era graffiata la pelle di braccia e gambe.
Dall'altro lato del campo, il quale era ridotto ad un ammasso di terra nera e bruciata e sul quale stava ancora ruotando solitario Dranzer, Kei Hiwatari stava abbassando in quel momento le braccia, perfettamente saldo sulle gambe, e le lanciò uno sguardo di superiorità che le fece serrare la mascella.
Lui sapeva.
Sapeva che i loro strumenti erano andati in corto circuito dall'improvvisa elettricità che era nata dalla prima combinazione di attacchi di lui e della sua compagna. Quella consapevolezza le fece stringere con frustrazione le mani a pugno, mentre si fermava a fissarlo: era riuscito a vanificare i loro sforzi di raccogliere qualche informazione utile anche stavolta. Maledetto.
Poi gli occhi scuri del dranzerblader slittarono da lei e si posarono sulla ragazza dai capelli bicolori con la quale aveva combattuto fianco a fianco, cosa che indusse la ricercatrice a far altrettanto.
Yukiko era stata sbalzata più indietro ed ora stava tentando di rimettersi seduta, una smorfia sul viso segnato da un graffio superficiale che le correva sotto l'occhio destro. I suoi lunghi capelli scuri, precedentemente legati in una coda alta, erano liberi e sciolti a ricaderle sulle spalle senza un ordine ben preciso, la fascia scarlatta che portava in fronte apparentemente in buone condizioni. I suoi vestiti, costituiti da un paio di pantaloni di jeans ed una canottiera grigio piombo, sormontata da una felpa nera e rossa, erano molto meno logori di quelli degli All Starz e presentavano giusto qualche leggera traccia di abrasione. A parte la botta che doveva aver accusato nella caduta, sembrava stare bene.
Il gesto di cui fu spettatrice pochi istanti dopo tuttavia, fece spalancare ancor di più gli occhi di Emily, che non poté far altro se non accantonare ogni altro pensiero che non fosse ciò che stava osservando. Kei si avvicinò alla moretta, porgendole una mano guantata per aiutarla a rimettersi in piedi.
Hiwatari Kei, il freddo ed impassibile dranzerblader.
Lo stesso ragazzo - uomo, si corresse - che ora sfoggiava un mezzo sorriso nei confronti della giapponese che lo accompagnava, mentre la tirava su praticamente di peso senza una sola parola. Erano i suoi occhi a parlare per lui, lasciando trasparire una nota di orgoglio e soddisfazione, insieme a qualcos'altro... rammarico? Possibile che le stesse silenziosamente chiedendo scusa per l'epilogo dell'incontro?
No, si rese conto, quello non era lo stesso blader che aveva avuto occasione di incrociare più volte diversi anni prima. Era cambiato ed Emily si ritrovò a chiedersi, con curiosità accademica, se ad attuare quel cambiamento fosse stata proprio la ragazza che lo accompagnava.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Sono un'autrice degenera.
Alla fine ieri sera non sono andata avanti di una virgola, anzi. Pensate un po', mi sono messa a spolverare il ripiano della scrivania. Io. Bah, sicuramente sarò impazzita perché, non contenta, stamattina ho sgomberato allo stesso modo il primo scaffale della stessa. Certo, sono soddisfatta del risultato, ma la cosa mi ha impedito di scrivere più di una singola riga del nuovo capitolo. Me tapina. Spero di rimediare nel pomeriggio ovviamente, così che domani non dobbiate rimanere in attesa del prossimo capitolo.
Avrete notato che questo, come il prossimo, è più lungo del solito (è quasi il doppio delle mie paginette di word XD) ma non potevo proprio tagliarlo! E poi scommetto che la cosa non vi dispiace!
Allora, che ne dite? Sperando che vi sia piaciuto il contenuto, vi lascio, che ho fame e vorrei davvero continuare a scrivere! Vi mando un saluto con la manina intanto!
baci
Kaiy-chan

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Capitolo 18
*** Morte certa ***




18. Morte certa


Yukiko si stendette sul proprio letto, la camera rischiarata soltanto dalla luce della lampada posta sul comodino accanto, mentre alle orecchie le giungeva chiaramente il rumore scrosciante della doccia provenire da oltre la porta del bagno. Era il turno di Kei.
Ripensò alla giornata appena conclusasi, sollevando al contempo la mano destra sopra il capo, tenendola sospesa per scrutarne il palmo con aria pensierosa. Il ricordo di come lui gliel'aveva stretta per aiutarla a rimettersi in piedi era qualcosa che non voleva abbandonarla, nemmeno a distanza di diverse ore dall'accaduto. Lei aveva perso, ma il dranzerblader aveva vinto, dimostrando a lei ed agli altri ciò di cui era realmente capace. Strinse quella stessa mano a pugno.
Anche lei ora fremeva per dimostrare il proprio valore in campo. Voleva rivedere il sorriso che lui le aveva rivolto. Voleva leggere in quegli occhi così magnetici sentimenti quali fierezza e rispetto nei suoi confronti, come la blader che era.
È stata una battaglia indescrivibile” le comunicò Night, il cui beyblade era riposto sul comodino.
– E la prossima volta faremo anche meglio, vedrai – sussurrò lei al suo bitpower, con un sorriso in volto.
Il loro viaggio era appena agli inizi.
Chissà quali altri blader avrebbero incontrato ed affrontato dal giorno seguente.
Il solo pensiero le infuse un entusiasmo che le fece venire la pelle d'oca dall'euforia. Eppure gran parte di quel buon umore era dovuto al fatto di aver combattuto per la prima volta affianco al dranzerblader e non contro di lui. Avevano cooperato, collaborato come una squadra. Si erano fidati l'uno dell'altra ed avevano prevalso sia sui loro avversari, sia sulle apparecchiature di quel centro di ricerca e sviluppo chiamato PPB, rendendo vano il loro tentativo di accumulare dati su di loro.
Una fortuna: se fosse stato altrimenti, lei non sarebbe certamente riuscita a riposare tranquilla. Come se la sola presenza del blader dai capelli d'argento in quella stanza non potesse bastare a intralciare i suoi tentativi di riposare in maniera soddisfacente!
Il suono dell'acqua corrente si spense, facendole scoccare un'occhiata in tralice alla porta del bagno ancora chiusa e la parte di lei che ormai era partita per la tangente si figurò nuovamente il ragazzo dall'altra parte di quell'anta lignea, ricordando il suo sapore, il suo odore, la sensazione che le avevano lasciato sulla pelle le sue carezze.
Chiuse strettamente le palpebre, cercando di soffocare il brivido di calore che le aveva provocato un formicolio inatteso dietro la nuca. Il ricordo di quella sera l'avrebbe fatta diventare pazza, ne era più che certa. Si sistemò meglio sul materasso, intrecciando le mani dietro al capo, un ginocchio sollevato mentre l'altra gamba, di nuovo fasciate entrambe dai suoi adorati jeans anche dopo la doccia che si era concessa, restava distesa sulle coperte. Inspirò a fondo, gonfiando il petto e avvertendo la carezza della canottiera sulla pelle nel seguirla in quel leggero movimento. Bandana e giacca erano appese alla sedia poco distante, quella accanto alla stessa scrivania ai cui piedi i due ragazzi avevano posto le loro due borse. Sì perché, chissà come, lei era riuscita a limitarsi ad una semplice quanto capiente sacca da viaggio e la stessa cosa era stata per Kei, il quale aveva portato con sé soltanto uno zaino.
In quel momento la porta si aprì e lo spiraglio di luce che si proiettò sul pavimento venne oscurato dall'ombra del ragazzo, il quale la calpestò senza riguardo. Riaprendo gli occhi di smeraldo, Yukiko si maledisse interiormente per averlo fatto: il dranzerblader appena uscito dal bagno le si mostrò in controluce, indossando soltanto un paio di pantaloni malamente allacciati in vita e sbilenchi sui fianchi ben definiti. La pelle ancora umida del busto era costellata di goccioline che rilucevano lungo il suo profilo, così come sulle braccia, tenute sollevate a sfregarsi l'asciugamano sui capelli. Capelli d'argento e di tenebra, due colori tanto opposti da sposarsi fin troppo bene fra loro, che gli ricadevano dinanzi agli occhi, adombrandoli, filtrando la luce che li illuminava nel vagare per la camera, alla ricerca di qualcosa.
La mora trattenne il fiato, mantenendo le palpebre semichiuse senza tuttavia riuscire a distogliere lo sguardo dallo stesso fisico che l'aveva tenuta avvinta contro quell'auto nel parcheggio ormai parecchi giorni prima, senza riuscire a non immaginarsi la sensazione che potevano avere quei muscoli nello stringerla contro il petto scolpito di quel blader di ghiaccio.
Sentiva caldo.
Doveva darsi una controllata.
Con uno sforzo che le parve sovrumano richiuse gli occhi, lasciando che le palpebre calassero totalmente a impedirle quella vista, dandosi della stupida per indugiare su certe fantasie. Era senz'altro solo una stupida ragazzina, se perdeva tempo ad immaginare qualcosa che non sarebbe mai potuto accadere. Ad immaginare qualcosa che neanche conosceva così bene.
No, non era vergine. Aveva già dato la sua virtù a quella serpe di Manabe, ma era proprio per questo che il pensiero di Kei era tanto irresistibile quanto colmo di incognite. Lui era così diverso dal suo ex ragazzo, da portarla a chiedersi come sarebbe stato fare l'amore con lui. Con le gote in fiamme, colse il fruscio emesso dal muoversi del blader nella stanza, attraversandola con passo deciso ma privo di qualsivoglia fretta. Sembrava l'andatura di un ragazzo privo di incertezze, sicuro di dove andasse e cosa stesse facendo, privo della classica frenesia che accomunava l'inesperienza. L'andatura di un uomo.
Sono una pervertita!” si ritrovò ad esclamare mentalmente, al colmo dell'imbarazzo.
Era solo la seconda sera e già si ritrovava a dover avere a che fare con simili fantasie.
Come avrebbe fatto le prossime settimane che si prospettavano loro? Sarebbe morta, si disse senza la benché minima incertezza.
Esagerata” la sbeffeggiò divertito Night.


I giorni successivi, trascorsi a Los Angeles, passarono più in fretta di quanto la stessa moretta avesse intimamente sperato, sentendosi sballottata da un luogo all'altro quasi senza sosta. Max accompagnò l'amico e la ragazza in giro per la città, facendo loro da guida. Qualche volta si unì a loro anche Rick, fatta eccezione per il quinto giorno, quando andarono ad assistere ad una delle partite di baseball di Michael, il quale aveva intrapreso seriamente la carriera di lanciatore professionista.
Una bella partita, per quanto quello sport non entusiasmasse il dranzerblader. Tuttavia non poté evitare di passare, alla fine della stessa, dagli spogliatoi della squadra per salutarlo insieme agli altri.
– Ehi Max. Sei venuto a vedere la partita? – esclamò amichevole l'americano al compagno di squadra, in inglese.
Il biondo sorrise – Yes, ne ho approfittato visto che per una volta giocavate in casa. Inoltre volevo presentarti una persona – ruotò leggermente su sé stesso e a quel punto fece cenno ai due giapponesi, rimasti in disparte, di farsi avanti.
Kei rimase esattamente dov'era, appoggiato alla parete del corridoio di schiena, le braccia incrociate sul petto e l'espressione indifferente. Yukiko invece abbozzò un pacato sorriso e si fece avanti mentre il biondino la presentava.
– Molto lieto – fece il giocatore di baseball, sfoggiando un ampio sorriso nel stringere la mano alla mora. Uno di quei sorrisi che solitamente riservava alle sue fan, per ammaliarle. Il dranzerblader scoccò al trio un'occhiata in tralice, rammentando fin troppo bene l'ego che aveva dimostrato in passato l'ex capitano della squadra americana.
– Che ne dite se andiamo a mangiarci un boccone?
– Great idea! Mi sta giusto venendo fame – acconsentì il dracielblader con un ampio sorriso.
– Sì, anche per me va bene – accettò persino Yukiko, con fin troppa facilità per quanto riguardava il suo compagno di viaggio, prima di esser interpellato dal medesimo oggetto dei suoi pensieri – Kei?
Lui, preso momentaneamente alla sprovvista, sollevò chiaramente lo sguardo in loro direzione, fissandoli senza remore prima di riabbassare del tutto le palpebre.
– Nessun problema.
Eppure non riuscì in alcun modo a farsi passare totalmente il cipiglio che gli incurvava le sopracciglia verso il basso, mentre si incamminava al seguito degli altri verso l'uscita dello stadio, procedendo accanto alla sua compagna di squadra. E lo stesso fu in seguito, dopo l'essersi accomodati in una delle pizzerie del centro ed essere stati raggiunti da Rick, Steve, Eddy ed Emily. Fu una cena a base di pizza, all'insegna di aneddoti e chiacchiere generali, ma per qualche strano motivo l'argomento andava sempre a ricadere sulla nuova ragazza, la quale dovette destreggiarsi fra diverse domande e curiosità.
– Com'è che sei finita a farti accompagnare da uno come Kei? – le chiese Eddy.
– Ehm... storia lunga.
Fatti gli affari tuoi!” sbottò fra sé e sé il diretto interessato.
– Avete fatto un bel casino al centro l'altro giorno – intervenne Steve.
– Le apparecchiature sono andate tutte in cortocircuito – si lamentò Emily.
Sul volto di Kei comparve un sogghigno soddisfatto al pensiero dell'incontro disputato al PPB e di come era andato a finire.
– Ma come fai a resistere in compagnia di questo qui? – intervenne divertito il lanciatore, indicando il dranzerblader – Non ti fa saltare i nervi?
Kei gli scoccò un'occhiata di fuoco, inarcando un sopracciglio, prima di spostare il proprio sguardo inquisitorio su Yukiko, che in quel momento sfoggiò una risatina piuttosto nervosa.
– Non troppo – fu la sua risposta diplomatica.
Il ragazzo in questione inarcò anche l'altro sopracciglio, prima di esternare uno sbuffo infastidito e non commentare alcunché, ripristinando la propria facciata di assoluta indifferenza. Se le cose stavano così avrebbe anche potuto pensarci meglio, prima di accettare la sua proposta impulsiva di quel viaggio. Aveva pronta una frecciatina sulla punta della lingua ma scelse il silenzio, essendovi troppi spettatori indesiderati intorno a loro.
La serata proseguì così, fra i tentativi di Michael di attirare l'attenzione della nightblader, quelli di Max di fare da pacere e gli interventi di Eddy e Steve a variare e animare la conversazione. Lui in tutto ciò disse poco e niente, limitandosi a restarsene sulle sue, infastidito da non sapeva bene nemmeno lui cosa. Alla fine concluse che era probabilmente la compagnia, che non gli andava troppo a genio.
Fu così che quando finirono di cenare, dopo neanche dieci minuti, Kei si alzò da tavola, annunciando che sarebbe tornato in albergo e soltanto a beneficio della mora con cui condivideva la camera. Voleva solo uscire, così da non essere costretto a sopportare per un altro minuto quella scena, protrattasi fin troppo a lungo per i suoi gusti. Lo sguardo che gli scoccò Yukiko gli fece chiaramente comprendere che il suo parere era nettamente in contrasto col suo, soltanto per lo smarrimento che vi lesse negli occhi verdi e che lui fu ben attento ad ignorare. Che se ne restasse pure lì con quelli, lui avrebbe giovato per un po' della solitudine che gli era mancata sin dal momento in cui era salito su quell'aereo.


– Ma che gli è preso? – domandò Michael, rompendo il silenzio sceso dal momento in cui Kei aveva scostato la sedia dal tavolo e si era avviato verso l'uscita.
Yukiko, che ne aveva seguito l'allontanarsi con un'espressione perplessa, rivolse lo stesso sguardo al lanciatore americano, inclinando il capo verso la spalla sinistra prima di assumere un'aria fra il pensieroso e il corrucciato.
– Non è cambiato molto in questi ultimi anni – commentò Max, apparendo tutto men che preoccupato.
La mora, dal canto suo, sentì come un sapore amaro in bocca e sfoggiò una smorfia eloquente. Non le piaceva il modo in cui Kei se n'era appena andato. Ai suoi occhi il comportamento del dranzerblader in quell'ultima ora era andato incupendosi di minuto in minuto, come se ci fosse stato qualcosa a indispettirlo. Si sorprese di quella considerazione, seppur era certa di non sbagliarsi, presa alla sprovvista dall'eventualità di iniziare forse a capire in minima parte il complesso carattere del suo compagno di stanza.
Una parte di lei - quella più egocentrica, si disse - le suggerì che, qualunque cosa avesse indispettito Kei, in qualche modo potesse centrare proprio con lei stessa.
Si alzò a sua volta dal tavolo, prendendo la sua decisione e facendo sussultare Emily, che le stava seduta praticamente accanto per quel movimento improvviso.
– Ehi, Yukiko!? – la apostrofò l'altra ragazza infatti, inarcando un sopracciglio.
Stessa aria interrogativa si rifletté sui volti degli altri presenti, ai quali la nightblader sorrise in segno di scuse.
– Sorry guys, mi sono appena accorta che è abbastanza tardi e credo che rientrerò anche io – annunciò senza mezzi termini, tralasciando il vero motivo che l'aveva spinta a desiderare di seguire il dranzerblader – Mi sono divertita un mondo stasera, sono stata davvero felice di conoscervi – affermò con un ampio sorriso, sincera su quel frangente, posando per ultimo lo sguardo su Max – ..e spero avremo ancora occasione di sfidarci.
– Of course! Ti farò sapere la prossima volta che tornerò in Giappone – le assicurò il biondino, pollice alzato.
Anche gli altri All Starz la salutarono più o meno brevemente e lei riuscì a svicolare senza troppi problemi sino all'uscita della pizzeria. Una volta sul marciapiede si guardò in giro: l'hotel non era troppo lontano e lei dubitava che Kei avesse preso un taxi per tornare. Si incamminò speditamente verso l'albergo, cedendo all'impulso di mettersi a correre quando, dopo una decina di metri, ancora non vedeva traccia del dranzerblader. Riuscì a scorgere la sua immancabile sciarpa immacolata soltanto dopo una manciata di minuti, poco prima che girasse un angolo, e fece un ulteriore scatto in avanti, bruciando le ultime distanze che li dividevano in una manciata di secondi.
– Kei, aspettami!
Quel richiamo ebbe il potere di farlo voltare a guardarla, ma solo il tempo di scoccarle un'occhiata in tralice, prima di tornare a voltarle le spalle e riprendere a camminare. Sembrava intenzionato ad ignorarla, cosa che le pompò in circolo un'ondata di adrenalina che le diede la forza di fare gli ultimi passi che le mancavano per raggiungerlo.
– Kei! – lo chiamò di nuovo, potendo rallentare finalmente alla sua andatura non troppo rapida ma nemmeno così lenta, le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni. Incespicando cercò di riprendere fiato, piegandosi leggermente in avanti per dare sollievo agli addominali, e questo la fece fermare un istante sul posto. Il ragazzo non sembrò calcolarla minimamente nemmeno questa volta e con la coda dell'occhio lei ne vide la figura continuare a muoversi, passando oltre il suo fianco destro.
La cosa la fece muovere d'istinto e determinata a fermarlo agì d'impulso, allungando una mano per trattenerlo e stringendo meccanicamente le dita su un lembo della candida sciarpa che sino a quel momento gli aveva ondeggiato dietro la schiena. Trattenendolo per questa, vide la parte superiore del suo corpo sussultare, mentre la gamba destra si sollevava senza tuttavia portare a termine quella falcata, il proprietario che finalmente si arrestò, momentaneamente sbilanciato indietro. Non gli ci volle molto per riprendere l'equilibrio e quando si voltò di nuovo verso di lei, la ragazza si sentì trafiggere da quegli occhi scuri, giusto un attimo prima che il suo avambraccio le colpisse il polso, costringendola a lasciare la presa in modo tanto brusco quanto scostante.
– Che vuoi? – e lo stesso si rifletté nel tono gelido di quell'unica domanda.
Spiazzata da quella reazione, Yukiko impiegò un paio di secondi per riprendersi abbastanza da poter pensare di avere a sua volta una qualche reazione che non fosse quella di rimanere lì impalata a fissarlo. Quando finalmente gli ingranaggi del suo cervello ripresero a girare, l'indignazione prese il sopravvento.
– Che cavolo hai? – sbottò a quel punto, senza celare la propria irritazione.
– Nulla che ti riguardi – le rispose freddamente lui, già cercando di voltarle le spalle.
La mora non si lasciò prendere alla sprovvista, muovendosi rapidamente per pararglisi davanti e bloccargli ogni possibilità di riprendere ad avanzare, allargando appena le braccia e sostenendone lo sguardo con decisione.
– E allora perché sembra che tu stia cercando di evitarmi? – lo incalzò, implacabile.
Sul volto del dranzerblader si dipinse una nota di fastidio che gli fece corrucciare l'espressione, prima che deviasse il suo sguardo a lato, chiudendosi in un ostinato silenzio. Quella reazione diede il tempo alla mora di riflettere, la mente che frenetica ripercorreva gli avvenimenti di quella serata. Finché non ci pensò il suo interlocutore a chiarire.
– Ho solo pensato di darti un po' di pace dalla mia presenza, non vorrei mai che ti saltassero i nervi.
I pezzi del puzzle si incastrarono magicamente tutti al loro posto e quelle parole, pronunciate in quel tono tanto gelido quanto strafottente, le diedero l'impressione di una sferzata di vento invernale, facendole sgranare gli occhi dallo stupore.
Allora era quello il motivo.
Rammentò fin troppo bene il motivo che l'aveva portata a rispondere in quel modo a Michael, motivo che le fece tingere le gote di un nuovo rossore. Non si lasciò abbattere dall'imbarazzo però, non questa volta, perché era per lei un equivoco troppo stupido per concedergli di persistere un solo altro minuto. Scosse il capo in segno di diniego, esternando uno sbuffo a labbra serrate e ponendo ambo le braccia conserte sotto il seno puntò i propri occhi dritti in quelli di Kei.
– Non era quello che intendevo.
– E allora cosa intendevi? Sentiamo.
– Che anche se ci sono momenti come questo, in cui ti prenderei volentieri a sberle, sommariamente non ti trovo così irritante – gli rivelò, cercando di non arrossire come un peperone. Tentativo vano: ammettere una cosa del genere, seppur molto genericamente, era alle sue orecchie molto simile ad una confessione involontaria. Una confessione che l'altro parve non cogliere per lo meno, perché se ne uscì con uno sbuffo ironico.
– Ah, ecco.
– Senti – Yukiko sollevò ambo le mani in segno di resa, spazientita, il cuore in petto che le batteva furiosamente senza che lei potesse farci niente, quasi esasperata da quella situazione – Che ne dici di permettermi di rimediare? – gli domandò a quel punto con un mezzo sorriso, cercando di andargli un po' incontro vista la naturale propensione del suo interlocutore a non farlo – Domani ci prendiamo la giornata per noi, per allenarci un po' per conto nostro.. – sentì distintamente il sangue affluirle prepotentemente sul viso, un attimo prima di citare le sue stesse parole di qualche sera prima, con la voce che quasi le tremò mentre pronunciava quelle poche parole – Soltanto io e te.
Si sarebbe tranquillamente aspettata che lui le scoppiasse a ridere in faccia, per quella proposta: era stata fin troppo presuntuosa. Cosa l'aveva portata a credere che lui gradisse la sua compagnia fino a quel punto? Anche se l'idea di partire era stata sua, se non si era tirato indietro nemmeno quando si era trovato di fronte ai complotti del padre, questo non voleva dire niente.
Farebbe meglio a starmi lontana quanto più possibile
Quell'unica frase le risuonò nella mente sorprendentemente nitida, ripescata da un ricordo ancora fresco, suggerita da quegli occhi di brace che parevano volerla sondare nel profondo.
– Va bene – mormorò il ragazzo dai capelli d'argento, interrompendo il contatto visivo e spiazzandola con quelle due semplici parole.
– Eh? – la nightblader si sentì come cadere dalle nuvole.
– Domani ci alleneremo per conto nostro – ribadì con nuova fermezza lui, tornando a puntare il suo sguardo penetrante su di lei. Accennò a fare qualche passo per aggirarla, ma non le passò oltre, si fermò ad aspettarla scoccandole un'occhiata penetrante – Ma non ti azzardare mai più a tirarmi per la sciarpa, o patirai le pene dell'inferno.
Lapidario, inflessibile, le lanciò quell'avvertimento ed attese che lei annuisse, dando segno di aver recepito il messaggio, prima di decidersi a voltarsi verso la direzione da intraprendere. Quando lui si mosse, la mora ebbe abbastanza presenza di spirito da far altrettanto, procedendogli affianco con movimenti un po' rigidi a causa dell'animo in subbuglio: quella minaccia era risuonata tanto inquietante quanto ineluttabile, mentre il fatto che avesse accettato la sua proposta senza scoccarle una sola frecciatina le aveva causato una confusione tale da stordirla, facendola camminare quasi come un automa.
Kei le aveva detto di sì.
Avrebbero passato l'intera giornata successiva insieme, solo loro due.
Quel pensiero le diffuse nel petto una sensazione impalpabile, facendole sussultare il cuore.
No, non aveva possibilità di uscire sana e salva da tutta quell'esperienza.




...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Inutile negare, mi sono divertita decisamente a scrivere questo capitoletto, ma vi anticipo che per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare venerdì. Sono rimasta un po' indietro infatti e mi scuso per chi mi segue così assiduamente quanto assiduamente io riesco ad andare avanti, ma sto avendo qualche contrattempo. Vi assicuro che le cose stanno per farsi interessanti comunque XD certo, non tanto presto quanto forse vi augurerete, ma comunque non farete in tempo ad invecchiare, ecco.
Ringraziandovi per il vostro sostegno vi auguro una buona giornata di sole u.u
alla prossima!
Kaiy-chan

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Capitolo 19
*** Compagni di squadra ***




19. Compagni di squadra


Così, il 16 Settembre di quell'anno lo passarono insieme, per quasi ogni singolo minuto.
Si svegliarono e alzarono senza fretta, non avendo l'entusiasmo di Max a metterne loro sull'uscire e fare un giro da qualche parte. E, se le giornate precedenti si erano rivelate capricciose e volubili, almeno per quel singolo giorno il sole sembrò l'unico vero padrone incontrastato della volta celeste.
Kei ritirò il proprio beyblade, tracciando nella sabbia un solco fra i tanti, prima di lanciare un'occhiata alle onde che si infrangevano, poco distanti da loro, sul bagnasciuga. Si erano diretti in spiaggia, ma il calore di quella splendida giornata iniziava a farsi sentire ora che il sole era ormai alto nel cielo, rendendo invitante l'idea di un tuffo persino al dranzerblader.
Sollevò allora lo sguardo sulla ragazza con cui aveva accettato, senza troppe remore, di passare la giornata. La vide piegata in due, i lunghi capelli sfumati di rosso e legati in quella coda alta pendente in avanti sul capo chino, le braccia nude che puntellavano le gambe fasciate dai suoi immancabili jeans blu, ad altezza delle ginocchia. Stava cercando di riprendere fiato, la pelle chiara che iniziava ad arrossarsi a causa della luce del sole sotto cui erano rimasti sino a quel momento, accaldata e sudata. Poteva coglierne il respiro affannoso sino a lì, confuso con il rumore delle onde.
– Pausa – propose la mora, sollevando finalmente il capo e puntando quei suoi occhi verdi su di lui.
Kei di rimando annuì con un semplice cenno del capo, inspirando certo con più descrizione ma a sua volta in moto accelerato rispetto al normale. Era stato un buon allenamento, un po' sfibrante forse, ma soddisfacente. Le propose di mangiare qualcosa e mentalmente si appuntò l'idea di farla togliere dal sole, per evitare che si prendesse una bella scottatura su braccia e spalle, lasciate scoperte dalla canotta color piombo che sembrava prediligere. Probabilmente sarebbe stato anche il caso di procurarle una crema idratante, giusto per andare sul sicuro.
Il grande e freddo Kei Hiwatari che si da' tanta pena per una ragazza.
Quell'osservazione su sé stesso gli fece serrare le labbra in una smorfia, mentre calcava con i piedi nudi la finissima sabbia del litorale, avvicinandosi alle proprie scarpe per recuperarle con un unico movimento fluido. Raggiunse il duro selciato della strada che costeggiava la spiaggia, cogliendo con la coda dell'occhio Yukiko fare altrettanto. Comparendo infatti alla sua destra, ella aveva le gote arrossate e le labbra leggermente schiuse nell'esternare uno sbuffo, gli occhi luminosi contornati da un'espressione corrucciata mentre esaminava e ripuliva le sue scarpe da ginnastica, assicurandosi che non vi rimanesse della sabbia all'interno.
Quando la mora si accorse del suo sguardo, lui si affrettò a deviarlo, guardandosi brevemente attorno, preda dell'improvvisa necessità di decidere da che parte andare per mettere qualcosa nello stomaco. Ignorò l'intimo quanto istintivo desiderio di tornare a guardarla, un desiderio che non aveva né nome né forma, ma era alla stregua di un mero impulso, tanto labile da venir accantonato nello spazio di un semplice battito di ciglia.
– Come siamo messi a fondi?
La voce della nightblader lo trasse dai suoi oziosi pensieri, dandogli modo di scoccarle una nuova e giustificata occhiata mentre, al contempo, era chinato a infilarsi la seconda scarpa. Gli ci volle un istante per elaborarne la domanda, fare mente locale e poi darle una risposta esauriente quanto concisa.
– Domani il vecchio dovrebbe fare il versamento – le disse – nel frattempo ci rimangono un totale di circa 96 dollari sulla carta di credito.
Terminò di allacciarsi la scarpa e la mora nel frattempo gli rispose con un mugugno pensieroso, prima di esprimersi in un commento più articolato.
– Credo che dovremmo tenerci un po' più di margine per la prossima volta, non si sa' mai. Per ora propongo di trovare un carretto di hotdog e procurarcene un paio.
Kei annuì con un semplice cenno del capo, raddrizzandosi. Non era mai stato un tipo di grandi pretese, il più delle volte gli bastava si trattasse di qualcosa di commestibile, ma questo non voleva dire che non avesse anche le sue preferenze. Sommariamente comunque, gli hotdog non gli dispiacevano.
Trovarono il suddetto carretto di fronte all'ingresso di un parco e alla nuova proposta della moretta di fermarvisi, il blader non ebbe di nuovo nulla in contrario. Dovettero girare un paio di minuti prima di trovare un luogo adatto, ma alla vista dell'albero contorto ed isolato, provvisto di un'ampia chioma ricolma di foglie, non ebbero alcuna esitazione. Yukiko vi si abbandonò sotto, lasciandosi ricadere sull'erba all'interno dell'ombra proiettata dalla pianta stessa, facendosi sfuggire un sospiro di sollievo. Kei dal canto suo fu più discreto, ma non appena ebbe guadagnato la protezione da quel sole battente si rilassò e si dedico a finire il proprio pranzo, cosa che gli impiegò trenta secondi a dir tanto: non si era minimamente reso conto di quanto fosse stato vuoto il suo stomaco, prima del primo boccone.
Concentrato com'era stato sull'allenarsi, gli era nuovamente capitato di perdere la cognizione di sé stesso, come gli accadeva spesso fino a qualche anno prima. La ragazza, che lo fece riemergere dai suoi pensieri, gli porse la bottiglia dell'acqua che avevano acquistato al supermarket lì vicino e lui ne bevve un lungo sorso, prima di restituirgliela e osservarla fare la stessa cosa. Inarcò un sopracciglio, seguendo con lo sguardo una goccia d'acqua scivolare dall'angolo delle labbra di lei e tracciare una linea umida sino al mento. Questo prima di voltarsi di scatto verso un'altra parte, appena si rese conto di quanto quella vista lo attraesse.
Stava ancora tentando di riprendere il pieno controllo dei propri impulsi, cercando di giocare la carta della razionalità, quando un movimento con la coda dell'occhio lo informò del cambio di posizione della nightblader, che si distese con ambo le braccia sopra il capo, le mani intrecciate a far da cuscino dietro la nuca. Ancora una volta allora si soffermò a scrutarne i lineamenti del viso, approfittando del fatto che ella avesse chiuso gli occhi, notandone il sorriso leggero che le delineava le labbra. Aveva un'espressione che trasudava serenità e soddisfazione, le ciocche scure carezzate da un alito di vento di quel primo pomeriggio. Lo stesso alito di vento che si insinuò anche fra i suoi capelli argentei.
Poi venne distratto dal proprio cellulare, che vibrò per avvertirlo di un messaggio. Sfilandolo dalla tasca anteriore dei pantaloni il blader sfiorò lo schermo e immediatamente questo si illuminò, rivelandogli il mittente: Max. Ciò che lesse gli fece inarcare un sopracciglio, cosa che ultimamente gli capitava fin troppo spesso. Una parte di lui si chiese cosa saltasse in mente al biondino di punto in bianco, mentre l'altra già stava domandandosi se il suggerimento che gli era pervenuto fosse abbastanza buono da poter essere preso in considerazione. Ripose il telefono in tasca.
– Ti va? – la voce della nightblader lo costrinse a tornare a guardarla con fin troppa rapidità, per scoprirla porgergli una delle due cuffiette degli auricolari del suo lettore mp3, il suo viso atteggiato in un'espressione interrogativa.
Il dranzerblader ci impiegò un paio di secondi buoni prima di avere una reazione, preso alla sprovvista da quell'invito, ma quando si riebbe non riuscì a far altro che allungare una mano per prendere in consegna quel mezzo auricolare. Scivolò in avanti, stendendosi a propria volta sull'erba, una mano dietro il capo e l'altra poggiata sul ventre mentre le prime note di chitarra elettrica gli penetravano nell'orecchio sinistro. Dal medesimo lato la mora si era rimessa nella stessa posizione di prima, allungata in obliquo rispetto a lui a formare un angolo di circa sessanta gradi, il cui vertice erano le loro teste, vicine tanto basta da non tendere il filo delle cuffie ma non abbastanza da sfiorarsi.
The Art of Breaking accompagnò i suoi pensieri, un'altra canzone a lui nota nel repertorio di quella ragazza. Si chiese se non iniziassero ad avere troppe cose in comune: i gusti musicali, il Beyblade, il tipo di genitori.. eppure, stranamente la cosa non gli causò il minimo fastidio e se ne sorprese lui stesso. Perdendosi a fissare la distesa di quel cielo completamente terso, ripensò ancora una volta alle aspettative di suo padre, agli oneri che lo attendevano in Giappone ed a quanto lontano da tutto quello fossero.
Quel Futuro a loro imposto ora gli appariva tanto distante quanto impalpabile in quella placida giornata estiva, messo in secondo piano dal Presente in cui si erano buttati a capofitto entrambi, scegliendo di prendersi quella pausa da tutto e tutti.
Sorrise, rendendosi conto che quella era la prima volta che si concedeva una vacanza come si deve.
E fin'ora non si era ancora rivelata una cattiva idea.


– Tre – scandì la voce del ragazzo di fronte a lei.
– Due – seguì Yukiko, con il medesimo tono.
– Uno..
– Pronti.
– Lancio! – esordirono all'unisono, azionando il lanciatore nello stesso momento e mandando i loro rispettivi beyblade a sfrecciare sul terreno erboso.
La nightblader osservò la propria trottola dal caratteristico blu scuro fendere il suolo, piegando steli d'erba e lasciando solchi decisi al suo passaggio. Premette il tasto 'play' del proprio lettore a quel punto, già cogliendo le note di attacco della canzone prescelta. Aveva deciso di provare una nuova tattica e l'ispirazione l'era venuta soltanto qualche minuto prima, ripensando al torneo disputato fra i rappresentanti della BBA e della BEGA, fra cui il suo attuale avversario.
Scoccando un'occhiata carica di sfida al dranzerblader, per una frazione di secondo soltanto si chiese come avesse fatto a sopportare tutto il tempo la sciarpa che portava al collo, col caldo avvolgeva Los Angeles quel giorno.
– Vai Dranzer!
Kei prese l'iniziativa, cosa che non la sorprese e per contro lei fece un passo di lato, movimento che venne imitato da Night poco più in là e che gli permise di schivare quel primo assalto. Sulle labbra le si delineò un debole sorriso, avendo ottenuto quel primo risultato positivo.
Si era ritrovata a riflettere, constatando con sé stessa che spesso la musica la aiutava a caricarsi, ad affrontare le proprie giornate a testa alta. Si era chiesta se questo non potesse essere applicato anche agli scontri di Beyblade e allora le era venuta in mente la tattica di gioco di quell'idol che era stata tanto in voga fino a tre anni prima, quella che era entrata a far parte della squadra della BEGA appunto.
Destra. Sinistra. Destra. Avanti. Seguendo un ritmo che poteva udire soltanto lei attraverso gli auricolari, Night si mosse sul terreno, rapido e preciso nelle oscillazioni, colpendo Dranzer un paio di volte prima di ritirarsi di nuovo.
La falla nella tecnica di quella ragazzina si era rivelata una sola: dandosi il tempo da sé nel cantare lei stessa le proprie canzoni, allora anche gli avversari potevano regolarsi ascoltando il suo show e quindi prevenire le sue mosse. Un problema che la blader dai capelli bicolori credeva di essere riuscita ad aggirare, tenendosi una cuffia in un orecchio e l'altra a penzolare nel vuoto.
Un ampio arco per aggirare l'avversario e poi, allo scandire della batteria, ecco stringere l'angolo e accelerare, attaccandolo direttamente. Dranzer sembrava non riuscire a fare molto altro a parte resistere stoicamente ai suoi assalti, cosa che fece nascere un mezzo sorriso sulle labbra di lei, mentre sollevava di nuovo lo sguardo su Kei. Il ragazzo dai capelli d'argento stava fissando con espressione concentrata lo scontro, l'aria corrucciata, gli occhi scuri che non si perdevano un solo movimento. Non lasciava intuire alcunché di ciò che stava pensando, ma la cosa non la preoccupò.
Ora! – l'improvvisa esclamazione di lui la fece sussultare.
Il bey blu e rosso intercettò mirabilmente quello dai riflessi argentei di lei, in uno stridio di metallo contro metallo che si prolungò per diversi secondi mentre lo spingeva indietro. Yukiko spalancò gli occhi chiari: l'aveva anticipata senza problemi, prendendola in contropiede.
Com'è possibile?
Solo lei poteva sentire il ritmo che stava seguendo, possibile che il suo avversario fosse già riuscito a prendere il tempo delle sue mosse? Sì, rifletté, era più che probabile. Avrebbe dovuto aspettarselo dall'ex campione mondiale.
In quel momento le risuonò attraverso l'auricolare il breve esordio di chitarra e lei ne cavalcò le note, approfittandone per disimpegnarsi e riprendere fiato. Una canzone, per quanto basata su un tempo preciso e regolare, aveva una melodia che poteva differire in cadenza e attacchi, e lei poteva usare quelle caratteristiche a proprio vantaggio. Il ritornello le diede il segnale, la musica ormai sul punto di terminare e lei schiuse le labbra, mormorandone le strofe in un impulso di combattività.
When I feel numb, I'll let you know.
Night sfrecciò accanto a Dranzer, congelando il terreno sotto di esso, cristallizzando la piega degli steli d'erba intorno a loro e ricoprendoli di brina.
I wont become what I was before.
Gli tagliò la strada, impedendogli di uscire dalla sottile lastra di ghiaccio che già si stava sciogliendo, aumentandone al contempo lo spessore. Dranzer oscillò.
You cannot kill what's not your creation.
Un ampio movimento del braccio e Night si scostò bruscamente dal suo accerchiamento, tracciando sul terreno un nuovo solco ad U.
This is the Art of Breaking.
Presa la rincorsa a quelle parole tanto flebili quanto decise, il bey blu scuro si lanciò all'attacco, con la medesima rapidità e precisione dimostrata poco prima. Fioco il bagliore che avvolse la trottola, in risposta all'attivazione del suo attacco migliore, scagliandosi impetuoso contro Dranzer.


Kei afferrò il suo bey al volo, ringraziando mentalmente la propria ostinazione nell'essersi infilato i guanti in pelle anche quel mattino. Credeva di essere riuscito a prendere il ritmo degli attacchi della sua avversaria, ma l'offensiva decisiva lo aveva preso in contropiede, non tanto per il modo in cui si era ripresa, ma per il modo in cui aveva conciliato il suo modo di combattere con l'ispirazione che le era venuta dalla musica che le risuonava nelle orecchie.
Sembrava essere migliorata all'improvviso, sfoggiando movimenti più precisi e puliti rispetto a quello stesso mattino. Inoltre aveva colto l'occasione per destabilizzare Dranzer con quella sottile patina ghiacciata sotto la sua base e lo aveva scagliato fuori gioco con un'offensiva rapida e potente come poteva essere soltanto il suo attacco Stella Cometa.
Sfoggiò un sorrisetto. Non male per un primo esperimento.
Con una rapida occhiata quantificò i danni al proprio bey, notando con una certa soddisfazione che non ve n'erano: si era trattato di un incontro rapido ed indolore, basato sull'effetto sorpresa ma, dopotutto, era stato soltanto un allenamento.
– Allora? – la voce di lei ne catturò nuovamente l'attenzione.
– Sei migliorata, ma credo che tu sappia già di poter fare di meglio – le disse lui, lanciandole quella provocazione con assoluta noncuranza. Si infilò la mano libera in tasca, mentre sotto il suo sguardo vide l'espressione di aspettativa di lei sfumare in favore di una più critica e riflessiva, vagamente corrucciata. Sollevò un angolo delle proprie labbra in un mezzo sorrisetto al vederla annuire, apprezzandone la capacità di essere oggettiva – Vuoi riprovarci?
A quella domanda lei annuì nuovamente e il dranzerblader spostò la mano libera dietro la schiena, estraendo dalla fondina il lanciatore, avvertendo dentro di sé l'entusiasmo all'idea di battersi nuovamente con un avversario degno della sua attenzione, per forza e inventiva. Si chiese che cosa avrebbe escogitato per cercare di aver di nuovo la meglio su di lui, in quanto doveva essere ben consapevole che la stessa tattica non avrebbe funzionato una seconda volta.
Così fu, sebbene la mora riuscì a dargli ancora una volta del filo da torcere. Quando quel nuovo incontro terminò, Kei avvertì il sudore scivolargli dietro la schiena e dovette concedersi un momento per riprendere fiato, approfittando della medesima necessità della sua avversaria. Scrutandola, la ritrovò nella stessa posizione di quel mattino, piegata in avanti a puntellare le ginocchia con le braccia, il capo reclinato e contornato di ciocche nere e rosse, le spalle arrossate e frementi in risposta al respiro irregolare. Inarcò un sopracciglio.
– Yukiko – il chiamarla per nome ebbe l'effetto sperato, perché la ragazza sollevò il capo verso di lui, mostrandogli nuovamente quell'iridi color verde smeraldo piene di interrogativi – Ti interessano le stelle?


Quella proposta l'aveva colta di sorpresa, una sorpresa che era andata aumentando da quando aveva messo piede fuori dal taxi che li aveva portati sin lì. L'osservatorio di Griffith era un edificio imponente, con due ali laterali a far da cornice all'alto soffitto a cupola, posto su una collina che affacciava direttamente e senza impedimenti sulle luci di Los Angeles. Mentre i due ragazzi procedettero con passo misurato lungo il vialetto che li avrebbe condotti all'entrata, Yukiko lasciò spaziare lo sguardo tutt'attorno, finendo per fare un giro su sé stessa, tentando di trattenere almeno nell'espressione la propria ammirazione.
L'ultima volta che aveva visitato un osservatorio, accompagnata da suo padre, era stato quand'era ancora una bambina.
Ora invece il ragazzo che non solo si era offerto di accompagnarla, ma dal quale era partita l'iniziativa, le camminava un passo indietro, lo sguardo volto a fissare un punto alla sua destra e le mani ficcate in tasca. Questi rappresentava quanto di più distante dal suo defunto genitore potesse esserci al mondo.
Quando furono di fronte alla porta a doppia anta che dava sulla sala interna, la mora scoccò un'ultima occhiata al giardino che avevano appena attraversato e che era illuminato da una serie di lampioni, mettendo in risalto la candida pietra da cui era formato il monumento che era stato eretto al centro dello spiazzo. Al di sopra di questo, la volta celeste era oscurata dall'inquinamento luminoso, cosa che le fece storcere le labbra in una piccola smorfia.
Le parve il colmo: un osservatorio le cui luminarie oscurano le stelle del cielo notturno.
Pignola” le risuonò nella mente la voce di Night, proveniente dal suo bey.
Lei lo ignorò, domandandosi come trovasse la forza di comunicare con lei dopo tutto l'allenamento che avevano affrontato quello stesso giorno. Probabilmente le risorse di un bitpower erano più estese delle sue, che a stento riusciva a non sbandare ad ogni passo. Si sentiva esausta, se avesse avuto un letto a disposizione vi si sarebbe abbandonata senza esitazione, ma non si era sentita minimamente disposta a rinunciare a quella serata. Il pensiero di trovarsi davvero in visita al famoso Griffith Observatory di L.A. bastava per riempirla di entusiasmo. Che poi con lei vi fosse anche il dranzerblader con cui aveva trascorso gli ultimi giorni quasi ininterrottamente, era stato un incentivo a non lasciarsi scappare l'occasione. Quando avrebbe avuto modo altrimenti, di fare qualcosa di diverso dal solito in sua compagnia?
Il protagonista di quelle riflessioni, ignaro di tutto, la anticipò all'interno e lei si affrettò a seguirlo, immettendosi ben presto nella saletta che ospitava alcune arcate per le varie ali del palazzo e la biglietteria. Un poster era affisso alla loro destra e su di esso vi era l'annuncio con gli orari per gli ingressi al planetario. Bastò un'occhiata ai due blader perché concordassero di procurarsi due biglietti per quell'evento, riuscendo per un colpo di fortuna ad accaparrarsi gli ultimi due posti disponibili per lo 'spettacolo'.
Una volta dentro, si accomodarono nell'ultima fila di poltroncine color caffé, nei due posti a ridosso del passaggio centrale. La stanza del planetario era un'ampia sala circolare, con le poltroncine disposte in più file a semicerchio, tutte rivolte verso l'oratore che avrebbe loro illustrato di lì a poco le meraviglie dell'universo, assecondando le proiezioni che si sarebbero susseguite sulle loro teste, tenendo gli spettatori tutti con il naso all'insù.
Così fu per Yukiko, la quale una volta terminata la visita, si ritrovò a massaggiarsi il retro del collo con una mano mentre guadagnava, accanto a Kei, l'esterno.
– Sono tutta un dolore – si lamentò, uscendo nell'ampia terrazza che fungeva da posto panoramico. Appena se ne accorse difatti, la mora spalancò gli occhi chiari, bloccandosi sul posto alla vista dell'enorme distesa di luci della città ai piedi dell'altura.
Alle sue spalle, il suo compagno di viaggio si spostò, aggirandola e accostandosi al parapetto in cemento, come se niente fosse. Il tempo che il ragazzo dai capelli d'argento si fermasse, ché Yukiko si riscosse e senza riuscire a sminuire l'ampio sorriso che le si aprì in volto, lo raggiunse quasi di corsa.
– Wow! – si lasciò sfuggire in un sussurro, appoggiando ambo le mani sul parapetto e sporgendosi parzialmente in avanti, come se così potesse giovare di una vista migliore. L'entusiasmo malcelato le fece dimenticare il torcicollo e la spossatezza accusata fino a un istante prima, mentre spostava lo sguardo a destra ed a sinistra, colmandosi gli occhi di quel panorama. La città si stendeva sino all'orizzonte, la zona del centro che si distingueva sin troppo facilmente grazie ai grattaceli che si stagliavano contro il cielo oscuro. Per quanto anche Tokyo fosse una città di tutto rispetto, quella era la prima volta che la nightblader si ritrovava di fronte a qualcosa del genere.
E Kei era parte integrante di quella 'prima volta'.


Hiwatari Kei scoccò un'occhiata di sottecchi alla mora che se ne stava silenziosa a mirare il panorama, i lunghi capelli scuri carezzati da una leggera quanto costante brezza. La vista di quel suo sorriso, caratterizzato da una sfumatura infinitamente dolce, gli fece sbattere le palpebre, sentendosi come risucchiato in una dimensione lontana da quello spazio e tempo. Stordito e confuso, non riuscì a far altro che guardarla per una manciata di secondi buoni, distinguendo senza alcun problema le luci della città riflesse nei suoi occhi verdi.
Si riebbe soltanto quando lei sembrò accorgersi di quello sguardo, voltandosi a guardarlo con una nota di perplessità che lo fece voltare di scatto dall'altro lato, preda di un disagio che non gli era familiare. Che diavolo gli stava prendendo?
Ti sei imbambolato” gli sussurrò la vocina dell'Aquila Rossa, in tono malizioso.
– Umphf – sbuffò lui in tutta risposta, corrucciandosi in volto e dando sfoggio del proprio fastidio.
L'imbarazzo del momento gli stava facendo battere il cuore più velocemente di quanto avrebbe dovuto ed impiegò alcuni minuti per riuscire a calmarsi abbastanza da rilassare la propria espressione corrucciata. Non abbastanza tuttavia da azzardarsi a schiudere nuovamente le palpebre, non fidandosi del proprio lato irrazionale, il quale pareva del tutto incline a voler dire la sua sin dal primo mattino. Cosa che lui non era assolutamente intenzionato a permettere.


E adesso che gli era preso?
Era questo che si stava chiedendo la nightblader, mentre scoccava qualche occhiata con fare interrogativo al ragazzo che le stava accanto. Le era sembrato che la stesse guardando e quell'impressione si era rafforzata, trovando la sua conferma, nel momento in cui, voltandosi, lo aveva visto voltarsi bruscamente dall'altra parte.
Stava ancora cercando di rimettere sotto controllo il proprio cuore, partito in un galoppo forsennato che le inondò - ne era sicura - il viso di un rossore fin troppo evidente. Così, la stessa moretta cercò un istante dopo di dare un freno alle proprie emozioni, fissando ostinatamente il panorama di fronte a loro senza fiatare.
Los Angeles. La città degli angeli.
Erano arrivati fin lì eppure, perdendosi a mirare quelle luci, soltanto in quel momento Yukiko prese realmente coscienza della cosa, rendendosi effettivamente conto di aver vissuto quegli ultimi giorni come circondata da una bolla di sapone che aveva reso il mondo intorno a lei sfuocato, quasi irreale. Lo scoppio di quella bolla, avvenuto pochi istanti prima, le diede modo di guardare quello spettacolo di luci e ombre con occhi diversi.
Non si trovava all'interno di un sogno. Quella era la realtà. E a portarla fin lì era stato Lui.
La sensazione di calore che le si sprigionò dal petto la fece arrossire nuovamente, ma era troppo presa dai propri pensieri per dar peso a quell'emozione.
Non ci avrebbe creduto se le avessero detto, due settimane prima, che fra lei e il dranzerblader si sarebbe venuta a creare quella sorta di... cosa? Che cos'era quel rapporto che li legava? Non sapeva nemmeno come definirlo, perché chiamarlo amicizia le sembrava totalmente inappropriato. Eppure, ripercorrendo tutto ciò che era successo negli ultimi venti giorni col pensiero, non trovò una definizione che potesse adattarsi a quella strana complicità venutasi a creare.
A parte la parola 'compagni'. Sì, rifletté, compagni di squadra. Sembrava suonare bene.
– Ehi Kei – lo chiamò, infrangendo quel silenzio fin troppo ostinato e ricevendo in cambio un'occhiata in tralice alla quale rispose con un mezzo sorriso – Noi siamo compagni di squadra..
Quella che non era una domanda ma una semplice affermazione parve prendere in contropiede il dranzerblader, facendogli sbattere più volte le palpebre sotto l'attenzione di lei, che si godette con una nota di soddisfazione quel guizzo di stupore che gli comparve sul volto segnato di blu ed a lei profilato. Questo per pochi secondi soltanto, finché non lo vide richiudere gli occhi e sfoggiare un sorrisetto placido quanto ironico, che ben si accostò allo sbuffetto divertito che gli sfuggì.
– Si direbbe di sì.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buona sera! Chiedo un attimo scusa per il ritardo.. cioè di solito aggiorno al mattino ma oggi ho avuto altri incarichi da eseguire (sì, proprio così, non sn stata impegnata per mia volontà) e sono letteralmente distrutta. Distrutta. Mamma mia. Non so nemmeno se avrò la forza di andare un po' avanti e già vi anticipo che dovrete attendere pazientemente fino a lunedì sera per il prossimo capitoletto! (Perché lunedì mattina ho il primo giorno di lezione XD)
Non vi nego che questa volta scrivere questo capitolo è stato un po' più difficile - noterete che è un po' più lunghetto poi - ma spero che i miei sforzi abbiano dato i loro frutti! Fatemi sapere se non è così che ci metto una pietra sopra xD no, al momento non ho la forza di pensare di cambiare qualcosa, scusatemi. Forse in un futuro prossimo.
Intanto vi allego un'immagine dell'osservatorio di Los Angeles, perché è davvero spettacolare e non so se sono riuscita a dare un'idea.



Sperando che sia stata comunque una buona lettura, vi mando un saluto!

baci
Kaiy-chan

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Capitolo 20
*** Dall'Italia alla Francia ***


20. Dall'Italia alla Francia


Il loro volo atterrò all'aeroporto di Roma la mattina di giovedì 18 Settembre.
Al momento della partenza i ragazzi del PPB erano stati gentili ad andare a salutarli e Yukiko ne era scioccamente rimasta un po' impressionata. Il Beyblade aveva rapidamente fatto sì che potessero crearsi le fondamenta di nuove amicizie, una cosa a cui lei non era abituata né portata naturalmente. La cosa non poteva far altro che metterla di buon umore persino dopo una nottata di volo e di sonno non proprio riposante. Le era dispiaciuto partire, ma al contempo era stata impaziente di continuare quel loro viaggio intorno al mondo, per poter fare nuove conoscenze e disputare altrettanti incontri.
Quel suo intimo desiderio venne esaudito quello stesso giorno, per puro caso.
Lei era uscita a fare due passi, senza la compagnia del dranzerblader che, per una volta, aveva affermato di aver qualcosa da fare e se n'era andato in giro per conto suo. La cosa non l'aveva infastidita, ma solo incuriosita e, spinta da quel suo modo di fare, la mora aveva finito per fare altrettanto. Così ora si lasciò ricadere seduta sulle scale di Piazza di Spagna, il cellulare attaccato all'orecchio mentre la voce di sua madre le giungeva fin troppo chiaramente dal dispositivo.
..l'Italia, un sogno che si avvera!
– Non è un brutto posto – ammise la ragazza, senza sbilanciarsi troppo.
Ma, quindi, sta andando tutto bene?
– Sì, come ti ho già detto è tutto a posto. E no, prima che tu me lo chieda, non è successo niente – sbottò, ben intuendo dove volesse andare a parare il suo unico genitore. Sicuramente stava pensando a cose che prevedessero come conclusione una sontuosa cerimonia e, in un futuro non troppo distante, un nipotino. La risata che le risuonò nell'orecchio le diede la sua conferma.
Uhuh! Be' ma non devi abbatterti tesoro, vedrai che l'occasione giusta arriverà presto!
Yukiko sussultò, impacciata e contrariata a quell'affermazione e, scostando il cellulare da sé, lo fissò con aria truce – Non dire assurdità, devi smetterla di dare per scontati i miei sentimenti!
Ma car-.. – la nightblader non la lasciò nemmeno finire che, sfiorando lo schermo, interruppe la chiamata, in corpo un'irritazione che aveva dell'oltraggiato. Quando l'avrebbe finita quella donna di impicciarsi di cose che non la riguardavano?
Infilandosi il telefono in tasca, ignorò l'imbarazzo che covava dentro di sé al pensiero che i pronostici che si augurava sua madre potessero avverarsi. In quel caso non era più sicura di come avrebbe potuto reagire, sentendosi estremamente combattuta fra il proprio orgoglio ed i sentimenti che, ancora incerti eppure così intensi, le suscitava l'erede della prestigiosa famiglia Hiwatari.
Sappiamo entrambi che non lo respingeresti” la distrasse la voce di Night.
Trovandosi ad osservare il sorriso sfacciato del suo bitpower, la mora piegò le labbra in una smorfia, senza tuttavia trovare qualcosa da ribattere: aveva perfettamente ragione. Si lasciò sfuggire uno sbuffo dal naso, le labbra ermeticamente serrate e in viso ancora quell'espressione imbronciata mentre il suo amico badava a ridersela sotto i baffi.
Ignorandolo alla meglio, Yukiko allora tentò di trovare una distrazione valida a quell'argomento spinoso. In quel momento due donne le passarono davanti, attirando la sua attenzione non tanto per il loro aspetto, per nulla insolito, quanto per il nome che le sentì pronunciare fra una parola italiana e l'altra.
– Ma quello non è il famoso chef Olivier Bouringer?
– Sì è proprio Olivier!
Seguendo lo sguardo delle due, la giovane Natsuki inquadrò un ragazzo che poteva aver circa la sua stessa età, con i capelli di un'insolita sfumatura di verde, lunghi fino a metà schiena e ben curati. Indossava quelli che parevano abiti all'ultima moda francese e stava attraversando il centro della piazza, incurante degli sguardi che attirava su di sé.
La nightblader rifletté un istante: quel nome non le era nuovo, ma non perché avesse sentito parlare di lui come chef. No, aveva sentito parlare di lui da Kei qualche tempo prima, quella sera in cui erano usciti a cena e le aveva raccontato qualcosa degli incontri disputati durante i vari tornei di Beyblade.
Scattò in piedi meccanicamente, non riuscendo a contenere del tutto l'emozione di trovarsi di fronte ad uno di quelli che erano stati i rappresentanti europei ai tornei mondiali. Che colpo di fortuna! Chissà cosa faceva in Italia, il francese più popolare del continente? Decise che lo avrebbe scoperto. Non poteva lasciarsi sfuggire un'occasione simile.
Le bastò un'occhiata per notare il sorrisetto di Night, il quale le comunicò silenziosamente la sua approvazione: era arrivato il loro momento.


– Non mi sarei mai aspettato che, nel caso passassi da queste parti, ti saresti disturbato a venire a salutare.
– Non avevo nulla di meglio da fare.
– E la ragazza di cui mi hai accennato centra qualcosa? – gli chiese il biondino, sfoggiando un sorrisetto carico di sottintesi – Non è che voi due state insieme?
La domanda a bruciapelo fece saettare un sopracciglio del dranzerblader verso l'alto, mentre sul suo viso si faceva largo una delle sue espressioni corrucciate – No, non c'è niente fra me e lei.
– Sarà come dici, ma sembra che tu sia diverso da come ti ricordavo – sostenne imperturbabile Gianni, continuando a camminare accanto all'altrettanto imperturbabile giapponese.
Kei non ribatté a quell'osservazione, giudicandola priva di importanza. Giancarlo Tornatore, detto Gianni, non poteva vantare in alcun modo una conoscenza particolare del suo modo di essere e quindi quelle parole non lo sfiorarono nemmeno, sebbene il giovane Hiwatari rammentasse ancora la prima impressione che l'italiano gli aveva fatto, all'epoca del loro primo incontro. Un'impressione abbastanza favorevole, per i suoi canoni di allora.
Stavano attraversando una delle piazze dell'antica città quando, ai loro piedi, rimbalzò un beyblade dal colore rosa pallido che andò a fermarsi proprio contro una delle scarpe di Kei. Quando i due sollevarono lo sguardo nella direzione da cui la trottola era venuta, il dranzerblader si sorprese di riconoscere Olivier.
– Non è possibile – la nota trafelata nella voce di Gianni, gli fece spuntare un mezzo sorriso in volto.
A pochi metri di distanza, proprio al centro della piazza, il francese e Yukiko stavano guardando in loro direzione, il primo con in viso un'espressione attonita, mentre la seconda sfoggiando uno di quei suoi sorrisetti soddisfatti e sornioni che le comparivano solitamente sulle labbra dopo una vittoria.
Kei le si avvicinò con passo misurato e privo di incertezze, voltandosi poi verso i due europei per fare le presentazioni.
– Gianni, ti presento Yukiko Natsuki, la mia compagna di squadra.
Quell'appellativo gli fece guadagnare tre paia d'occhi puntati addosso, fra cui quelli della diretta interessata, che aveva reagito soltanto all'uso di quell'appellativo. Lui ne ricambiò lo sguardo senza batter ciglio, restando serio e fermo sulla sua posizione, e lei di rimando, dopo un istante di stupore malcelato, tornò a sfoggiare quel sorriso di poc'anzi ai due blader.
– Sei molto forte, i miei complimenti – esordì Olivier, raccogliendo il suo beyblade e sorridendo di rimando.
Gianni, affiancando l'amico, si fece avanti – Piacere di conoscerti, Yukiko.
La mora, ormai avvezza a quelle poche formalità, ricambiò con un leggero inchino del capo, prima di aprire la mano destra e afferrare al volo il suo beyblade.
– Non hai perso tempo vedo – le si rivolse allora Kei, piuttosto direttamente, alludendo all'incontro appena disputato. Sorprendentemente il campo da gioco che avevano utilizzato era ancora intatto, incassato nel selciato della piazza e splendente al sole di quella tarda estate.
– Non ho saputo resistere – affermò lei con una nota di imbarazzo, ridacchiando.
Olivier, apparentemente tranquillo nonostante la sconfitta, si fece avanti porgendo la mano alla sua avversaria, la quale dopo un istante di sorpresa la strinse con piacere.
– Era molto che non scendevo in campo – stava dicendo il francese – ..ma ammetto che la soddisfazione di un buon incontro riesce ancora a superare quella che mi da' il mio lavoro.
Quelle parole fecero inarcare un sopracciglio al dranzerblader e la sua perplessità sembrò passare inosservata, sebbene fu soddisfatta subito dopo dalle parole della stessa ragazza.
– Sei uno chef di successo, se non sbaglio.. Ho sentito che hai aperto una tua catena di ristoranti in tutta Europa.
Lui annuì – È vero ed ormai il mio lavoro non mi lascia molto tempo da dedicare al Beyblade. E devo ammettere che la cosa un po' mi disturba.
– Caro Olivier, se si vuol mangiare, tocca lavorare! – esclamò a quel punto l'italiano, parafrasando un detto piuttosto comune che fece ridere il francese.
– Ahah! Ma sentitelo: come se uno di noi due avesse bisogno di soldi!
Era vero, le famiglie dei rispettivi blader erano fra le più influenti e ricche dei loro rispettivi paesi e se c'era qualcosa che non mancava loro erano “i soldi per mangiare”.
– Sentite – esordì a quel punto il biondo, attirando l'attenzione degli altri tre – Per celebrare la vostra visita vi invito a mangiare in un ristorante tipico qui vicino! Offro io. ovviamente.
La sua proposta venne comunemente accettata di buon grado, perché fra una cosa e l'altra era già passato mezzogiorno senza che i due giapponesi avessero avuto modo di mettere qualcosa nello stomaco.


Passarono i giorni a Roma approfittando della bella stagione tipica di quella zona, più calda e soleggiata rispetto alla parte settentrionale del paese. Visitarono la città da cima a fondo, giovando della compagnia e della guida di Giancarlo che, di tanto in tanto, trovava il tempo di accompagnarli in qualche luogo di interesse storico a cui la sua antica famiglia era legata. A quanto aveva capito la mora, la casata dei Tornatore aveva origini antichissime, addirittura risalenti ai tempi dell'Impero Romano, cosa che tuttavia non aveva ancora avuto modo di verificare.
In due giorni visitarono il Colosseo, il Foro Romano, i Templi di Venere e Giove, e Yukiko ebbe anche occasione di sbirciare attraverso la famosa serratura del cancello del Priorato dei Cavalieri di Malta, cosa che le diede uno scorcio incredibilmente suggestivo della Basilica di San Pietro, svettante contro un cielo punteggiato di vaporose nuvolette.
Il blader e chef pluristellato francese non fu dei loro in quell'occasione, essendo dovuto ripartire la sera stessa del giorno in cui lei l'aveva conosciuto e sfidato, scusandosi per non poter fare altrimenti ed approfittandone per invitarli invece a raggiungerlo a Parigi.
– Vi farò assaggiare le specialità del miglior ristorante della Francia – aveva affermato.
Lo stesso Kei, a quell'affermazione, aveva ammesso che la capitale francese costituiva la loro prossima tappa di quel loro viaggio ed avevano finito per accettare l'invito.
I giorni che passarono in Italia non furono sempre caratterizzati dal bel tempo però, soprattutto quando i due ragazzi, lasciata definitivamente la capitale senza essere riusciti - con sommo dispiacere della nightblader - a strappare un incontro a Gianni, il quarto giorno della loro presenza su quel suolo giunsero alla stazione di Torino. La città, che vantava una storia altrettanto affascinante e piena di significato per gli abitanti di quella regione, era avvolta dal grigiore del maltempo autunnale. Avevano deciso di spezzare il viaggio di andata in Francia, approfittando della presenza di uno degli alberghi convenzionati all'Organizzazione Hiwatari per passare la notte in quella zona.
Yukiko tuttavia si rifiutò di lasciarsi scoraggiare da un po' di pioggia - testuali parole - e ne approfittò per trascinare il suo compagno di viaggio in giro per musei tutto il pomeriggio, accogliendone le rimostranze malcelate soltanto quando la cosa iniziò ad annoiare anche lei. Un paio di musei infatti le erano risultati interessanti, ma la maggior parte di essi contribuì a smorzare il suo già forzato interesse, nato soltanto dalla prospettiva di un qualche rimorso futuro per non aver colto l'occasione di apprendere qualcosa di quella città così diversa da quelle a cui lei era abituata.
– Sei soddisfatta? – le chiese quella sera il ragazzo, apparentemente indifferente come al solito.
– Per così dire – gli rispose lei, arricciando la punta del naso. Erano nuovamente chiusi nella loro camera d'albergo, questa divisa in due stanze attigue ed entrambe provviste di un letto singolo, dettaglio che aveva soddisfatto entrambi i due ragazzi. Recuperando un cambio dalla propria sacca, la mora si mosse verso la porta del bagno, annunciando – Vado a farmi una doccia.
– Ti aspetto di sotto – ribatté con noncuranza il dranzerblader, prima di uscire e lasciarle un po' più di intimità.
Quel gesto le fece nascere un leggero sorriso, indirizzato alla porta della loro stanza, ormai richiusasi dietro le spalle del ragazzo. Piuttosto premuroso da parte sua, non c'era che dire. Niente di cui stupirsi, ormai aveva capito che, in fondo, non poteva essere un cattivo ragazzo.
Anche per questo ti piace” rimarcò la voce di Night dal suo bey, cogliendola in fallo e facendola sussultare.
– Saccente e inopportuno come al solito – sbottò, infastidita e imbarazzata.


Parigi era un sogno.
Questo ovviamente quando il sole si degnava di fare capolino oltre la coltre di nubi che sembrò, ai loro occhi, stanziata fin troppo ostinatamente sul cielo parigino sin dal momento del loro arrivo. Questo tuttavia non impedì loro, la sera del 23 Settembre, di recarsi a cena in uno dei ristoranti di lusso di Olivier, con il quale intrattennero un'interessante conversazione su ciò che aveva da offrire la capitale francese. Interessante in termini di Beyblade, ovviamente.
– Avrei bisogno di procurarmi qualche pezzo di ricambio – affermò senza farsi troppi problemi Yukiko, guadagnandosi un'occhiata dal blader giapponese. Effettivamente, dopo tutti gli incontri difficili che aveva disputato, si era ritrovato a sorprendersi dell'apparente indistruttibilità di Night. Evidentemente qualche danno lo aveva accusato anche lui, se ora la sua proprietaria si preoccupava di rinfoltire le proprie scorte.
Olivier, informatissimo sui negozi di quel genere, ne indicò un paio ad entrambi, dando sfoggio di una cortesia e un'etichetta impeccabile, degna di un padrone di casa. Il modo in cui sedeva al tavolo pareva proprio suggerire che si sentisse il padrone della città e non solo del ristorante in cui si trovavano, con la schiena appoggiata alla sedia e le gambe accavallate elegantemente. Kei ne ignorò con facilità il modo di fare, non trovandolo particolarmente irritante, tutto sommato.
Questo perché nemmeno Yukiko ne è impressionata” lo stuzzicò l'Aquila Rossa.
Quell'affermazione gli fece comparire un'espressione corrucciata in volto, cosa che non sfuggì all'attento osservatore che era il francese in loro compagnia.
– Qualcosa non va, Kei?
– No, affatto – replicò lui con decisione, cercando di ritrovare la tranquillità che lo aveva colto a fine pasto, senza troppo successo, cosa che lo spinse a dare una breve spiegazione – Stavo solo ripensando a quanto fosse inopportuna certe volte una mia amica.
Il ragazzo dai capelli di quel particolare color verde chiaro scostò lo sguardo sulla giapponese, perplesso e sorpreso al tempo stesso, come ipotizzando che potesse centrare qualcosa. Lei stessa tuttavia, sfoggiando un sorriso, si premurò di chiarire scuotendo il capo in segno di diniego.
– Non preoccuparti, non si riferiva a me.
– Meglio così, allora.
Kei le scoccò un'occhiata indagatoria, sorpreso del fatto che probabilmente avesse intuito tanto facilmente a chi lui si fosse riferito con quel commento. Era una ragazza intelligente e con un buon spirito d'osservazione, a quanto pareva, molto migliore di quel che aveva presupposto inizialmente. Per una frazione di secondo non seppe se sentirsene minacciato o essere soddisfatto di non dover perdere tempo in eventuali quanto noiose spiegazioni.


L'ultima sera che trascorsero a Parigi, Yukiko insistette, se così si poteva definire il modo esuberante di quella sua unica richiesta, per salire sulla Tour Eiffel.
Fortuna volle che, almeno quella volta, le nuvole si squarciassero per lasciar intravedere uno spicchio di luna riflettersi argenteo sulle placide e implacabili acque della Senna. Ai lati di questa, le luci della capitale francese risplendevano come tante piccole fiammelle, contribuendo a definire il dedalo di strade che si diramavano per tutta l'estensione del territorio sottostante.
Accostati al tubo in ferro che costituiva la parte superiore al parapetto, i due blader giapponesi se ne rimasero per lo più in silenzio, come accadeva spesso fra loro. Eppure non si poteva dire che fosse un silenzio pesante o forzato, tutt'altro. Kei si scoprì essere il primo ad apprezzare quei momenti, sorprendendosi a considerare la compagnia di lei tutto men che insopportabile. Si sentiva a proprio agio con quella ragazza, come avrebbe potuto soltanto con l'Aquila Rossa, come se non vi fosse altro luogo in cui avrebbe dovuto trovarsi in quel momento.
Scosse il capo per scacciare quei pensieri tanto strani, di cui l'ultimo era solo la ciliegina sulla torta.
– Dove andremo?
La domanda della mora, prendendolo alla sprovvista, lo indusse a spostare lo sguardo su di lei.
– Sarai tu a deciderlo – le rispose dopo un istante, tornando a cercare con gli occhi scuri la linea dell'orizzonte – Da qui possiamo intraprendere tre diverse direzioni: Spagna, Germania ed Inghilterra. Per me è indifferente – ammise, illustrandole le alternative e facendo spallucce.
– Oh – quell'unica sillaba sfuggita quasi per errore dalle labbra della ragazza, indusse il dranzerblader a scoccarle un'occhiata di sottecchi, vedendola imitarlo nel tornare a scrutare con espressione pensierosa il panorama. Il silenzio che seguì ebbe breve durata, perché ella sembrò volerlo mettere a parte delle proprie riflessioni – Che cosa difficile da decidere. La Spagna mi tenta ma è dalle parole di Olivier che non faccio altro che pensare all'eventualità di conoscere Ralph ed Andrew.
Kei sapeva a quali parole in particolare ella alludesse: “Gianni non è mai stato ansioso di battersi, ma non posso affermare la stessa cosa di Ralph. Sebbene è un bel po' che non lo sento, credo che non abbia mai abbandonato il Beyblade e so che lui ed Andrew sono rimasti in contatto.
– Possiamo tranquillamente partire per la Germania e poi dirigerci nel Regno Unito – le fece notare lui a quel punto, facendole così presente che una cosa non escludesse l'altra. Lei sfoggiò uno dei suoi sorrisi allegri, uno di quelli che ultimamente le vedeva in volto piuttosto spesso e che gli infondevano una strana e - forse - piacevole sensazione alla bocca dello stomaco.
– Allora andremo in Germania – gli rispose, senza più alcun tentennamento.
Nemmeno lui indugiò prima di annuire con un singolo cenno del capo. Ormai la decisione era stata presa.
Un vago senso di inquietudine lo colse al pensiero di ciò che lo attendeva in un prossimo futuro, ma scacciò quella sensazione dalla mente con un battito di ciglia. Aveva preso la sua decisione ed era qualcosa di cui avvertiva la necessità, anche per provare a sé stesso che, quanto accaduto, non avesse più alcuna importanza.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Ciao a tutti! Ed ecco che finalmente il nostro/loro viaggio continua!
Ho scelto di dare uno spazio diciamo minore a questa fase perché sostanzialmente non è che succeda qualcosa di particolare, come avrete notato... colpa mia, non ero abbastanza ispirata, ma il prossimo capitolo dovrebbe andare un po' meglio! Spero che vi sia comunque piaciuto questo ^_^ almeno quanto mi sono divertita io nel scriverlo. Ma cosa avrà in mente Kei secondo voi? Ehh lo scoprirete fra qualche capitoletto!
So inoltre che alcuni si domandano cosa abbia scritto Max al nostro dranzerblader! Ah, forse lo scoprirete, forse no, dipende se mi ricorderò di specificare XD Muhahahahaha!
Intanto vi allego una nuova immaginetta della vista dalla serratura citata nel testo: se vi capita di andare a Roma, cercate il cancello del priorato, ne vale la pena!



Come sempre vi esorto a farmi sapere cosa ne pensate e nel frattempo vi mando un saluto, già anticipandovi che dovrete attendere un paio di giorni (?) per il prossimo aggiornamento (non lo so se ci metterò due giorni, potrei anche metterci meno, non ne ho la certezza matematica! Domani ho lezione fino a sera quindi in caso potrei aggiornare domani notte! XD quindi bho).
Buon inizio settimana a tutti dalla vostra entusiastica
Kaiy-chan

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Capitolo 21
*** Germania, Europa ***




21. Germania, Europa


Il cielo tedesco era di un intenso azzurro ceruleo, completamente privo di nubi, il giorno in cui i due giapponesi approdarono a Berlino. La bella giornata tuttavia non li accolse con lo stesso calore delle terre italiane, quanto invece spazzandoli con un freddo vento di ponente, carico di umidità, cosa che fece intuire loro quanto potevano essere scampati solo momentaneamente al maltempo che sembrava volerla fare da padrone sull'Europa Settentrionale.
Non appena i due ragazzi misero piede in città tuttavia, appresero ben presto che l'intera regione si stava preparando per un evento importante e Yukiko, incuriosita, si avvicinò ad una delle vetrine di un'edicola che metteva in mostra le prime pagine dei quotidiani più importanti. Ad attirarla fu una foto in particolare, ritraente una bella ragazza in compagnia di un giovane uomo dai lineamenti duri quanto lo era la sua espressione. Inarcando un sopracciglio, tentando di leggere il titolo in grassetto si ritrovò a sbuffare, incrociando le braccia sotto il seno in una posa infastidita.
– Cavolo, non ci capisco niente! È tutto scritto in tedesco!
Le sue invettive, accompagnate da una venuzza pulsante sul lato della tempia destra, vennero interrotte dall'affiancarsi di Kei, il quale esaminò a sua volta l'articolo con una rapida occhiata.
– Quello è Ralph.
Quell'affermazione ebbe il potere di far svaporare il senso di frustrazione della mora, in favore di uno sguardo più attento alla fotografia in bianco e nero. Così era quello l'ex campione europeo affrontato dai Bladebrakers diversi anni prima. E la ragazza che gli stava accanto? Yukiko tenne per sé la propria curiosità sull'identità di questa, non rammentando di aver sentito di una qualche parente, dagli accenni che le erano stati fatti sul rampollo tedesco sino a quel momento.
– Qualunque cosa stia succedendo, non ci resta che aspettare che sia lui a farsi vivo. Olivier deve averlo già informato – commentò in tono atono Kei, allontanandosi dall'edicola con lo zaino in spalla.
Yukiko, rimettendosi la sacca a tracolla, si affrettò a stargli dietro cercando di non incespicare troppo sul selciato di quel viottolo del centro, diretti entrambi all'albergo. Sperava solo di potersi stendere un po' dopo quel lungo viaggio in treno, magari in un letto coperto di morbidi cuscini e coperte color crema, vaporose come nuvolette.
Stai vaneggiando” le fece notare il suo bitpower con fare divertito, affiancandola.
– Oh, lasciami sognare! – sbottò lei a mezzo tono, per non attirare troppo l'attenzione – Sono a pezzi.
– Tra poco potrai riposare quanto vuoi – le si rivolse inaspettatamente Kei, senza darle apparentemente attenzione ma continuando a camminare un passo avanti a lei, con quel tono un po' scocciato che aveva l'abitudine di assumere ogni qualvolta alle orecchie gli arrivava una lamentela di qualche genere.
– Sì, sì! – ribatté lei di rimando, con una smorfia, troppo stanca per non indispettirsi di quel suo modo di fare – E comunque stavo parlando con Night – borbottò subito dopo, mettendo in chiaro le cose. Lui si lasciò sfuggire un chiaro sbuffo divertito prima di ruotare il capo e scoccarle un'occhiata in tralice.
– L'avevo capito.
Il generale buon umore, se così si poteva definire, evaporò come neve al sole quando giunsero all'hotel e si fermarono di fronte al banco della reception. Dietro di esso se ne stava un uomo dai corti baffetti impomatati ed una divisa bordeaux con tanto di cappellino squadrato, che nel fissarli parve attraversato da un guizzo di comprensione ancor prima che loro aprissero bocca.
– Hiwatari e Natsuki.
– Yes, yes. Vi stavamo aspettando – esordì il receptionista in un inglese dai suoni piuttosto rudi, altalenando lo sguardo da loro al monitor del portatile sul quale stava lavorando, prima di tirare fuori una chiave con portachiavi numerato – Questa è la vostra camera. Ci auguriamo che il vostro soggiorno qui sia piacevole.
Kei prese in consegna la loro chiave e si avviò senza una sola parola, eppure alla mora parve che prima di dar loro le spalle avesse scoccato uno sguardo inquisitorio al dipendente dell'hotel, uno di quegli sguardi che solitamente si riservano ad una persona sospetta. Un comportamento piuttosto strano in effetti ai suoi occhi, abituata com'era a vederlo sempre così incurante degli altri da ignorarli quasi continuamente.
Comunque mise ben presto da parte quelle riflessioni, risistemandosi la sacca su una spalla mentre il campanello dell'ascensore annunciava loro il momento in cui si sarebbero dischiuse le sue porte scorrevoli, permettendo ai passeggeri di uscire sul pianerottolo. Percorsero in silenzio il corridoio rivestito di moquette verde rame, finché non raggiunsero la porta di quella che doveva essere la loro stanza.
Yukiko ormai aveva perso quella sensazione di incognita e tensione che aveva anticipato in precedenza momenti come quello, così senza indugiare oltre, avendo preso di mano la chiave dal suo compagno di squadra, la infilò nella serratura e la fece scattare. Un attimo dopo diede una leggera spallata all'anta per non dover far la fatica di sospingerla con il solo braccio sinistro, il destro impegnato a sorreggere la pesante sacca, facendola ruotare sui cardini ben oliati senza un solo rumore. Varcato l'ingresso della loro camera tuttavia, dopo neanche un passo si bloccò sul posto, venendo spintonata in avanti dal corpo stesso del dranzerblader che le finì inevitabilmente addosso.
– Ma che..? Ehi! – quell'esclamazione interrogativa natale sulle labbra venne interrotta da quel contatto improvviso e subito venuto meno, costringendola a ripristinare l'equilibrio lasciandosi scivolare di dosso il proprio bagaglio, che atterrò sul pavimento con un tonfo sordo.
Kei non proferì una singola parola ma anche lui rimase momentaneamente immobile a fissare la mobilia di quella camera. O meglio, un mobile in particolare, di quella camera: il letto. Ampio, apparentemente soffice. E matrimoniale.
– Dannato vecchio bastardo – soffiò il ragazzo dietro di lei, infrangendo la stasi nella quale sembrava essere precipitata la situazione, attirando finalmente gli occhi verdi della mora sulla sua espressione altamente contrariata. Per un vago momento le parve che il blader stesse per mandare lampi dall'iridi d'ametista, come ogni tanto le sembrava quando era palesemente di pessimo umore, prima che questi abbandonasse con un unico movimento il suo zaino sul pavimento e ruotasse su sé stesso, procedendo ad ampie e rigide falcate lungo quello stesso corridoio. Yukiko tornò ad affacciarsi alla porta ancora aperta.
– Dove vai?
– Ad oppormi a questa stronzata!
– Senza mezzi termini, immagino – mormorò ironica la mora, assolutamente consapevole dell'espressione stralunata sul proprio viso.


Inutile dire che le proteste del giovane Hiwatari non avevano sortito l'effetto sperato, nemmeno quando la mora si era decisa a raggiungerlo per assistere all'esecuzione che il giapponese sembrava del tutto intenzionato ad eseguire al povero receptionista. A detta sua non potevano assolutamente cambiar loro la stanza né fornirgliene una seconda, perché “sfortunatamente” erano al completo. Alla fine avevano dovuto desistere dal far pervenire le loro rimostranze e si erano diretti nuovamente in camera, con l'obiettivo di organizzare quella nuova convivenza.
– Tu prenderai il letto. Io il divano – le disse bruscamente Kei una volta ispezionata da cima a fondo la stanza. Ancora seccato per l'accaduto e determinato a contattare il suo unico padre per fargli passare un brutto quarto d'ora, il dranzerblader si reputò minimamente soddisfatto soltanto quando la vide annuire con un cenno del capo.
A quel punto si avvicinò al mobile designato, afferrando il telecomando della tv prima di lasciarvisi ricadere seduto. Estraniando un ultimo sbuffo a labbra serrate, puntò il piccolo dispositivo di comando verso l'ampio riquadro nero, avviandone l'accensione. Visto che all'apparenza avrebbero dovuto attendere ancora un bel po', avrebbe ingannato il tempo facendo zapping, alla ricerca di qualche canale interessante e, possibilmente, almeno in lingua inglese.
Il nervosismo che avvertiva sottopelle al pensiero dell'ennesimo tiro mancino di suo padre, tardò abbastanza a sfumare, cosa che gli impedì di concentrarsi totalmente nella sua ricerca. Vigile per quanto riguardava l'ambiente circostante, colse ogni movimento di Yukiko, mentre la ragazza gli passava più volte dietro la schiena, sistemando presumibilmente le sue poche cose. Soltanto quando ebbe finito, alcuni minuti dopo, e lui ebbe trovato nel frattempo un vecchio film americano in lingua originale, lei sembrò riuscire a mettersi comoda sull'ampio letto matrimoniale per armeggiare con il suo cellulare.
– Credo che centri anche mia madre... – esordì lei dopo una manciata di secondi, piegando le labbra in una smorfia.
Per riflesso Kei si lasciò sfuggire uno sbuffo – Non mi sorprende.
Non aggiunse altro e da parte di Yukiko fu altrettanto, cosa che gli permise di tentare di ammazzare il tempo distraendosi con la televisione. Non che i programmi che passassero fossero particolarmente interessanti o comprensibili: dovette cercare programmi americani in lingua originale, cosa non facile e quasi deprimente. In pratica, finì per annoiarsi per quasi tutto il pomeriggio, prima che la sua stessa compagna di stanza cedesse all'insofferenza di quel 'far niente' e gli proponesse di fare un giro a piedi.


Che razza di idea le era venuta!
Yukiko stava cercando, per l'ennesima volta, di tornare sui suoi passi, ma di fronte all'ennesimo incrocio si sentì più sperduta che mai. Si era persa! E non aveva la minima idea di che direzione prendere né per tornare all'hotel, né per ritrovare Kei.
Non importa che ti faccia presente quanto sia da perfetta svampita perdersi il primo giorno, vero?” gli si rivolse Night, che procedeva accanto a lei, avvolto in quell'abituale alone bluastro e luminoso.
– No. E guarda che non sei di alcun aiuto.
Non potrebbe essere altrimenti, me ne son rimasto buono buono come mi avevi chiesto finché non ho avvertito la presenza dell'Aquila scomparire” le fece notare lui, incrociando le braccia sul petto con quell'espressione neutra che assumeva quando faceva il finto offeso.
– E te ne sono infinitamente grata – ribatté a quel punto la mora, sfoggiando un sorrisetto sghembo.
Il suo bitpower finì per ricambiarlo, come se non riuscisse a tenerle il broncio ma si divertisse di più a punzecchiarla, cosa che infatti riprese a fare l'istante successivo “Comunque sia non è il massimo dell'impressione da dare al tuo Kei..
Non è il mio Kei! – saltò su lei, come una molla, mentre l'imbarazzo le tingeva le gote di un bel rosso peperone per quella semplice allusione.
– Excuse me? – una voce femminile la fece sussultare e voltare di scatto, inquadrando nel proprio campo visivo la ragazza che aveva parlato. Era una ragazza dai lunghi capelli biondi, la pelle non troppo chiara, sfoggiante un'abbronzatura rosea, ed un paio di chiarissimi occhi azzurri trapelanti una certa perplessità – Are you ok?
– Yes! – esclamò per riflesso la nightblader, avvampando ancora di più. Era fin troppo consapevole dell'impressione da povera pazza che doveva averle dato, tale da costringere la sconosciuta a sincerarsi di come stesse, a quanto pareva. Avrebbe desiderato sprofondare e sfoggiò un sorrisetto nervoso e incerto – Ehm.. The thrut is... I'm lost.
– Oh, of course! Where do you want to go?
A quella domanda per poco Yukiko cedette a una nuova risatina nervosa. Dove doveva andare? Non ne aveva la minima idea, non sapeva di preciso come fare per raggiungere il suo compagno di viaggio né se fosse il caso di continuare a girare a vuoto per la città.
Torniamocene all'hotel, probabilmente Kei è già tornato lì” le suggerì Night, aiutandola a trarsi d'impiccio.
Così la mora comunicò, sempre in inglese, il nome dell'albergo ove alloggiava e la bionda sembrò illuminarsi a quelle parole, offrendole di accompagnarla sino a destinazione. Offerta che la nightblader accettò volentieri, lieta di aver qualcuno a guidarla in quel dedalo di strade e vicoli.
Durante il tragitto ebbero modo di parlare, cosa che sminuì di minuto in minuto l'impressione iniziale che aveva avuto di lei come un volto noto. La tedesca si chiamava Alexis ed era la figlia del proprietario di un'importante azienda vinicola... e stava per sposarsi.
– Sposarti? – ripeté sorpresa Yukiko a quella notizia, sempre in inglese.
– Yes. Anche io non ci avrei mai creduto, eppure ha saputo conquistarmi totalmente – le confessò la ragazza, nella stessa lingua, con un sorriso imbarazzato ma felice al tempo stesso – Ormai le nozze sono alle porte, mi sento così agitata.
– Ci credo – mormorò la mora, prima di inarcare un sopracciglio – Scusami se te lo chiedo, ma quanti anni hai?
– Ne avrei ventidue...
– Allora si può dire che siamo quasi coetanee visto che presto ne farò venti! – esclamò, spalancando gli occhi verdi – ..e sei già convinta di volerti sposare?
Alexis ridacchiò – Sì. Ci ho pensato molto prima di dargli una risposta: l'ho tenuto in attesa per quasi due mesi, ma alla fine mi sono buttata – affermò lei, pacatamente, con quell'aria angelica che sembrava esserle propria sin dal primo momento in cui l'aveva incontrata – L'ho incontrato appena sei mesi fa, ma da allora non sono più riuscita a togliermelo dalla testa.
Yukiko si lasciò sfuggire un mezzo sorriso e un verso ironico, ritrovando in quelle parole la perfetta sintesi del suo ultimo mese – So cosa vuoi dire.
– Anche tu stai per sposarti?
– Ahah! No, no! – si affrettò a chiarire scoppiando brevemente a ridere, seppur non riuscì a sfumare quel mezzo sorriso un po' amaro dal proprio volto – Anche se, scommetto, che mia madre ne sarebbe fin troppo entusiasta.
– E tu? Cos'è che vuoi, tu?
Quella domanda, tanto innocente quanto significativa, la colse talmente impreparata da farla fermare sul posto e la giapponese si ritrovò a fissare ad occhi ben spalancati la figura di quella ragazza, che nel mentre si arrestò a sua volta e voltandosi verso di lei inarcò un sopracciglio.
Sotto quegli occhi chiari la sua ultima domanda continuava a fluttuarle nella mente: cosa voleva lei? Si rese conto di non saperlo affatto.


– Non ti conviene sottovalutarla.
– Non preoccuparti di questo: imparo sempre dai miei errori – ribatté fieramente il tedesco al dranzerblader, probabilmente alludendo all'ultima volta che si erano affrontati lui e Takao.
Kei si posizionò a lato del campo da gioco. Non era cambiato molto dall'ultima volta che era stato in quel luogo: era sempre la solita vecchia alta segreta, la stessa dove la sconfitta lo aveva colto impreparato contro quell'inglese spocchioso di Andrew.
Quel mattino, di buon'ora, uno dei pinguini al servizio degli Jurgens si era presentato direttamente davanti alla loro camera d'albergo e li aveva condotti senza possibilità di replica al castello. Una volta arrivati tuttavia, con sorpresa Ralph non li aveva accolti da solo, ma in compagnia di una ragazza. La stessa ragazza che il giorno precedente aveva aiutato Yukiko a tornare all'hotel. Lo stupore dei due ragazzi era stato tale da incrinare entrambe le loro espressioni solitamente neutre ed entrambe le loro compagne avevano così deciso di spiegare come si erano conosciute.
Il giovane Hiwatari scostò lo sguardo dalla figura del blader tedesco per posarlo sulla sua compagna di viaggio. Aveva scelto un paio di jeans neri, ai quali era appesa l'immancabile catena, sovrastati da una maglia verde petrolio dal collo a barca sbilenco a scoprire la spalla sinistra. Il viso, la cui espressione lasciava trapelare la stessa combattività che sfoggiava ogni volta si preparava ad affrontare un incontro, era incorniciata da ciocche scure lasciate sciolte, le punte rosse che creavano un degno contrasto con la maglia, seppur non altrettanto si potesse dire della carnagione: stava ancora cercando di riprendersi dalla lieve scottatura alle spalle presa in California.
La bionda invece, il cui nome al momento sfuggiva al dranzerblader, era in attesa a pochi passi di distanza, le mani giunte in preghiera e l'espressione un po' tesa. Il ché era comprensibile, viste le intenzioni di entrambi gli sfidanti di fare sul serio, così come era comprensibile anche grazie al fatto che quella ragazza dall'aspetto quasi dorato era niente di meno ché la fidanzata di Ralph.

[Flashback]
..quindi è lui il tuo fidanzato? – chiese Yukiko, indicando l'erede degli Jurgens.
Alexis annuì con un cenno del capo e un sorriso radioso quanto pudico.
Kei inarcò un sopracciglio – Ti sposi?
Fra qualche giorno – aveva annuito il diretto interessato, prendendo sottobraccio la sua futura moglie, spostando lo sguardo su di lei. In quegli occhi, che il dranzerblader rammentava duri quanto severi, vide una sfumatura del tutto diversa appena incrociarono quelli azzurri della ragazza. Non poté in alcun modo negare l'amore che notò addolcirne i lineamenti spigolosi e velargli le labbra di un leggero sorriso. Gli parve una visione del tutto fuori dal mondo, ma riuscì a riprendersi in fretta.
Allora è a causa tua se gli alberghi della città hanno fatto il 'tutto esaurito' – aveva sbottato con una nota di fastidio nata dalla prima notte trascorsa sul divano, rimanendo impassibile ed incrociando le braccia, di fronte ai futuri sposi.

Il giapponese lasciò sfumare il ricordo risalente a poche ore prima, concentrandosi sul suo ruolo di giudice della sfida.
– Tre. Due. Uno – scandì a voce chiara – Pronti. Lancio!
I due beyblade saettarono l'uno contro l'altro, atterrando al centro della stanza con un ronzio metallico che si diffuse nella segreta. I due blader non indugiarono un secondo, ingaggiando subito battaglia con una serie di scintille per ogni attacco sferrato. Griffolyon si accanì senza riserve su Night, il quale sostenne ogni assalto con mirabile tenacia, riuscendo a tener testa al suo avversario.
Non passò molto tempo, prima che dalle due trottole iniziassero a sprigionarsi delle onde d'urto per ogni attacco parato dall'una o dall'altra parte, segno che nessuno dei due aveva in mente di tirarla troppo per le lunghe. Eppure i minuti si protrassero, mentre Yukiko sollevava le braccia per pararsi ogni volta una folata di vento la raggiungeva e altrettanto era costretto a fare il tedesco, limitandosi a sollevare un solo braccio, finché non fu quest'ultimo a decidere di dare una svolta all'incontro.
Griffon!
Griffolyon a quell'unico richiamo perentorio sprigionò un fascio di luce violacea dal quale prese forma il suo bitpower, dalle sembianze di un possente grifone. Il grido di battaglia di quest'ultimo risuonò sino al soffitto, ma la mora non sembrò affatto lasciarsi impressionare.
Night! – urlò a sua volta, all'alta volta della sala.
Il blu si unì al viola, mentre la sagoma dell'Anka Bianco prese forma di fronte a loro.
I due bitpower si fronteggiarono senza alcun indugio, lanciandosi l'uno contro l'altro con una forza tale da generare una nuova onda d'urto, tanto potente da costringere entrambi i blader a puntare i piedi per non essere sbalzati indietro. Artigli contro artigli, Night tenne nuovamente testa a Griffon nonostante l'apparente superiorità in fatto di dimensioni di quest'ultimo e Kei si ritrovò a pensare che Ralph fosse migliorato ancora dall'ultima volta e che avesse non solo perfezionato il controllo sul suo bitpower, ma fosse anche riuscito ad incrementarne la potenza.
Inoltre non sembrava più essere dell'idea che quelle stupende creature fossero solo delle armi, non dal modo in cui lo mandava a combattere: non lo lanciava più implacabilmente contro l'avversario, a testa bassa, ma dava quasi l'impressione di combattere con lui, guidandolo e aiutandolo con le sue indicazioni. Cosa, che sembrava cercar di fare anche la ragazza dall'altro lato.
In picchiata! – esclamò questa in quel momento, facendo in modo che l'Anka schivasse l'ennesimo assalto del grifone – Stella Cometa, ora!
Il segnale venne dato e Night, il beyblade come l'entità che vi risiedeva all'interno, venne avvolto da quel bagliore caratteristico che raggiunse il culmine quando andò a colpire in pieno Griffolyon, sollevando un'onda d'urto tanto fredda quanto intensa. Lo stesso dranzerblader fu costretto a sollevare ambo le braccia per ripararsi e, nel momentaneo fragore dell'impatto, udì anche il grido spaventato di una ragazza, probabilmente la tedesca, pochi passi più indietro.
Lo spazio chiuso amplificò il rumore di quell'ultimo attacco, cosicché ci volle qualche manciata di secondi prima che la pressione ai timpani calasse e lui potesse tentare di riaprire gli occhi sull'arena. Il campo di battaglia, in precedenza costituito da un semplice pavimento di pietra, era dissestato e percorso da crepe colme di ghiaccio, al cui culmine ruotava vittorioso Night. Griffolyon, il beyblade color grigio-azzurro, era bloccato in una di queste vene cristalline, sconfitto.
Yukiko ce l'aveva fatta.
– Ce l'ho fatta..
Il sussurro sorpreso ed euforico della moretta in questione lo spinse a voltare lo sguardo su di lei, già avvertendo dentro di sé la soddisfazione per quella vittoria meritata, nonostante non fosse neanche sua, ma si sentì gelare il sangue nelle vene quando la vide. La nightblader si reggeva a fatica in piedi, la mano sinistra sollevata a stringere il braccio destro poco sotto la spalla medesima, la maglietta stracciata in quel punto come era costellata da una moltitudine di piccoli tagli. Nemmeno i jeans erano messi molto meglio, sebbene il danno maggiore l'avesse assorbito la sua catena, che pendeva come lacerata da uno dei passanti, la maggior parte degli anelli deformati e riversi sul pavimento ai suoi piedi. Fece meccanicamente un passo verso di lei.
Alexis si precipitò dal suo amato, riverso su un ginocchio – Ralph!
Yukiko!” la voce che risuonò al contempo non era di nessuna delle persone presenti.
Fu Night ad andare a soccorrere la mora, infrangendo quella bolla che sembrava aver avvolto il dranzerblader in quei pochi secondi solo per farlo precipitare in un abisso di confusione. Il bitpower bianco, assunta la sua ormai abituale forma umana, si fermò di fronte a lei allungando una mano luminosa per sfiorarle la spalla lesa. Immediatamente un vago chiarore filtrò da sotto le dita della ragazza e Kei sgranò gli occhi quando, pochi secondi dopo, questa abbassò l'arto per rivelare un riquadro di pelle chiara e intatta.
– Grazie Night – disse lei al suo compagno di battaglie, con un sorriso di gratitudine ed affetto.
Un sorriso che il blader dai capelli d'argento si accorse di desiderare per sé.
Quanta scena per un graffietto..” sbottò fintamente offesa l'Aquila Rossa, comparendo a sua volta all'interno di quella segreta, canzonatoria “Come se lui fosse l'unico a saper fare certe cose!
Kei collegò subito quel commento con l'accaduto a cui il suo bitpower si riferiva e si ritrovò a scuotere il capo fra sé e sé, incerto se essere divertito dal tentativo della sua amica di stemperare l'atmosfera, oppure seccato per l'essersi scoperto geloso del sorriso della giapponese. Incrociò le braccia sul petto.
– La vincitrice è Natsuki Yukiko – annunciò brevemente, con tono impersonale, avvertendo l'Aquila al limitare del suo campo visivo ridersela sotto i baffi.
Lo sconfitto si accostò alla vincitrice a sua volta, affiancato dalla fidanzata, dopo aver recuperato il suo beyblade, e porse in quel momento la mano tesa alla ragazza.
– Complimenti – deviò lo sguardo da lei alla creatura in bianco che le stava ancora accanto – Non credevo che foste abbastanza in gamba da aver raggiunto un livello simile – e nel dirlo scoccò un'occhiata anche a Kei e Dranzer, rendendo palese il fatto che si stesse riferendo alla forma assunta dai loro bitpower.
A quel punto il giapponese si avvicinò a sua volta, senza concedersi un minimo cambiamento d'espressione che non fosse quell'aria di superiorità nella quale si sentiva tanto a proprio agio, ribattendo – Non vedo perché avresti dovuto esserne sorpreso.
– Anche Griffon può assumere questa forma? – chiese la mora, interessata e incuriosita.
Ralph annuì con un cenno del capo, dandole quella semplice conferma.
Quel dettaglio fece riflette il dranzerblader, mentre in silenzio seguì con lo sguardo l'avvicendarsi degli eventi. Se Ralph era riuscito a raggiungere quel livello, allora questo poteva voler dire che non erano gli unici ad averlo fatto. Probabilmente altri, oltre a loro, erano diventati abbastanza forti da permettere ai loro bitpower di evolversi a tal punto. Si lasciò sfuggire una smorfia al pensiero che lo stesso Takao avrebbe potuto raggiungere quel risultato, poi si ricordò che si parlava pur sempre di quel fannullone di Takao e scacciò quel pensiero.
– Scusa Alexis, non volevo causare preoccupazioni – stava dicendo la giapponese alla tedesca con un sorriso contrito.
– Oh, no. Non devi scusarti – si affrettò a dire quella, prima di scoccare un'occhiataccia al suo fidanzato – Non è colpa tua se questo zuccone non si risparmia nemmeno quando mancano solo pochi giorni della cerimonia!
Le ire della biondina verso il fidanzato, sul quale ricadde all'improvviso tutta la colpa per l'accaduto, stemperarono gli ultimi brandelli di tensione nell'aria, in favore di qualche tentativo del diretto interessato di rimediare alla cosa con qualche scusa sull'importanza di affrontare sempre al meglio una sfida, per non mancare di rispetto all'avversario. Tentativi che fecero ridere più di una persona, Kei compreso - seppur abbastanza in sordina - il quale si ritrovò a pensare, stupito una volta di più, quanto il tempo e le circostanze potessero cambiare persino uno come Ralph Jurgens.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buona sera! E' un po' tardi lo so, ci ho messo un po' per finire il capitoletto e correggerlo.
Questo è un po' più lungo, spero che vi piaccia u.u
vi anticipo che non riuscirò ad aggiornare di nuovo prima della prossima settimana, mi spiace.. fooorse forse forse se domani mi prendo bene e riesco ad andare avanti abbastanza potrei lasciarvi un nuovo capitolo con cui passare il weekend, ma più di così non riuscirò a fare.
Spero che cmq fin qui le cose vi stiano piacendo ^_^ come avete visto, ecco che ritorna un po' d'azione! Ero particolarmente ispirata per questo incontro XD spero sia venuto bene.
Vi saluto e vi mando un bacione, approfittandone per ringraziare ancora una volta chi ha deciso di aggiungere la suddetta fanfiction fra le seguite *.* vi lovvo tutti!
Un saluto veloce dalla vostra immancabile
Kaiy-chan

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Capitolo 22
*** Un matrimonio in stile occidentale ***




22. Un matrimonio in stile occidentale


Rimasero al matrimonio ovviamente, non potendo rifiutare l'invito ufficiale dei due sposi. Nemmeno Kei era riuscito ad opporsi, nonostante Yukiko fosse la prima a pensare che la faccia tosta necessaria non gli sarebbe dovuta mancare. Probabilmente la causa era proprio l'identità dei due innamorati, personaggi di spicco non soltanto in Germania ma in tutto il continente Europeo.
Persino suo padre si era complimentato con lui per l'assennatezza di non creare attriti fra le loro famiglie, lodandolo per aver iniziato a pensare al bene dei rapporti interpersonali fra persone di rilievo nel mondo degli affari.. il loro mondo.
La mora, quando il dranzerblader le aveva borbottato infastidito quelle poche parole, aveva ridacchiato di una risatina amara, ritrovandosi a pensare che, per quanto potessero trovarsi lontani da casa loro e dalle loro vite, queste continuavano a perseguitarli comunque.
– Allora, Yuki? – le giunse la voce della biondina dall'altra parte del tendaggio del camerino – Hai deciso?
La ragazza in questione si diede un ultimo sguardo attraverso l'immagine riflessa dello specchio. Le suonava strano il sentirsi chiamare nuovamente così, dopo quanto accaduto con Uzumi, ma con un pizzico di soddisfazione si sorprese a constatare che non le dava fastidio il modo in cui l'aveva soprannominata Alexis. Quella ragazza così genuina e diretta le piaceva e quel pensiero le fece nascere un mezzo sorriso sulle labbra.
– Sì, ho deciso: prendo quello blu! – esclamò, ruotando su sé stessa e scostando il drappo, per mostrarle l'abito.
Il sorriso che le vide comparire sul volto roseo la spinse a ricambiarlo con facilità.
– Perfetto!
Alexis l'aveva trascinata fuori quel giorno, rapendola dalla sua stanza d'albergo per portarla in giro per negozi, a scegliere un nuovo abito che le avrebbe regalato per farla partecipare alla cerimonia. Non era riuscita a farla desistere in alcun modo ed ogni posto dove l'aveva portata aveva prezzi sempre più alti, così la nightblader si era trovata a capitolare di fronte la cocciutaggine della tedesca.
– Ora mancano le scarpe ed una borsetta! – affermò questa per l'appunto, dopo aver pagato con la carta di credito il loro acquisto e averle passato la borsa con il vestito.
Yukiko sospirò, ma non poté non sorridere: non le era mai piaciuto più di tanto fare shopping, ma Alexis rendeva quell'esperienza piuttosto divertente con il suo buon umore ed i suoi complimenti. Pranzarono in un bar, sedute ad un tavolino rotondo che dava sulla piazzola sulla quale affacciava il locale, e nel pomeriggio impiegarono considerevolmente poco tempo per trovare un paio di scarpe adatte, da abbinare ad una pochette terribilmente carina di cui la giovane Natsuki non poté non innamorarsi.
Ovviamente Kei non era con loro. Aveva subito una sorte simile a quella della moretta, trascinato fuori dall'hotel da quell'allampanato del maggiordomo degli Jurgens, che lo aveva fatto salire a forza sulla limousine e lo aveva portato via sotto lo sguardo esterrefatto dei dipendenti dell'albergo. Non aveva idea di dove Ralph lo avesse portato, né del motivo di tanto interesse, da parte di entrambi i futuri sposini, affinché partecipassero: non le sembrava di ricordare che fra i due blader scorresse poi tutto questo buon sangue, sinceramente. Persino il dranzerblader aveva confessato di esserne sorpreso, la sera precedente, al loro ritorno dal castello del tedesco.
– Sarai un sogno con quell'abito! – le disse ammiccante Alexis, facendole andare il sorso di succo di frutta di traverso. Riuscì a ribattere qualcosa soltanto diversi secondi dopo, quando si fu ripresa abbastanza da smettere di tossire.
– Ma come? Sei tu quella che dovrà essere un sogno domani, non io!
La tedesca ridacchiò – Oh, non preoccuparti di questo! Non mancherò di certo – quella spontaneità e quel pizzico di vanità, che fin'ora era rimasto nascosto agli occhi della giapponese, uniti all'occasione, la fecero ridere a sua volta, unendosi alla voce della bionda, prima che questa aggiungesse – Sono sicura che però Kei non riuscirà comunque a distogliere troppo a lungo il suo sguardo da te.
Se la nightblader avesse ripreso a bere, le sarebbe andato di traverso un'altra volta. Diventò rossa come un pomodoro maturo, accendendosi d'imbarazzo e sgranando gli occhi per quell'allusione. Che diavolo stava succedendo? Ce l'aveva scritto in faccia che provava qualcosa per lui??
– È per questo che hai insistito tanto per comprarmi un nuovo vestito? – le chiese a quel punto, indecisa se esserne delusa o semplicemente emozionata, per quella libertà che si era presa la bionda. Iniziava a sentirsi una sorta di bambola.
Questa ridacchiò di nuovo – Non arrabbiarti, ci tenevo affinché non ti sentissi a disagio alla cerimonia di domani. Sarà piuttosto pomposa – ammise, con un sorriso un po' meno sereno, come se l'idea non la entusiasmasse – ..e poi non ero mai andata a fare shopping con un'amica.
Quella confessione la sorprese più di tutto il resto – Sul serio?
– Sì.
Yukiko la osservò con più attenzione, riuscendo a vedere la ragazza dal volto d'angelo sotto una luce nuova. Dopo una manciata di secondi le sorrise – Allora anche un angioletto come te ha un lato oscuro – la prese in giro.
La risata di Alexis le valse più di mille parole.


Il fatidico giorno arrivò, caotico come potrebbe essere solo un evento tanto importante.
Il matrimonio di Ralph e Alexis, previsto per le ore 10:30 del mattino del 29 Settembre, si sarebbe svolto presso il famoso Duomo di Berlino.
Kei diede l'ennesima occhiata all'orologio appeso alla parete della hall: segnava le 9:48.
Era sceso, almeno venti minuti prima ormai, dopo aver finito di infilarsi negli abiti affittati da uno dei negozi di fiducia degli Jurgens. Non aveva potuto evitare di ripulirsi il viso, né di lasciare in camera la sua sciarpa, ma almeno aveva evitato la cravatta ed ogni possibile sostituto. Aveva scelto, se così si poteva definire, un completo nero dal taglio classico accostato ad una camicia, sempre nera, che aveva ostinatamente tenuto slacciata di due bottoni sul davanti.
Tuttavia, in quel momento, iniziava a pentirsi della propria galanteria nel lasciare l'intera camera alla sua compagna di squadra, per farla preparare con comodo. Venne distratto dalle proprie riflessioni dall'ombra oltre l'ampia porta vetrata dell'ingresso dell'hotel, che gli rivelò l'arrivo dell'auto che Ralph aveva mandato loro per portarli a destinazione.
Sbuffò a labbra serrate, le mani ficcate in tasca mentre se ne stava accanto al bancone della reception, in attesa. Yukiko ci stava mettendo troppo.
Ad una ragazza vuole il tempo che ci vuole per farsi bella” lo redarguì, prendendo le difese della mora, il suo bitpower.
Kei scoccò un'occhiata alla figura dell'Aquila, comparsa da qualche minuto al suo fianco, inarcando un sopracciglio con aria scettica. Come se la diretta interessata avesse davvero bisogno di tutta quella preparazione per farsi 'bella'.
– E tu che ne sai? – la rimbeccò lui invece in tono bassissimo. Francamente, dubitava che la sua compagna di battaglie avesse mai sperimentato la cosa.
Che screanzato” si offese la Rossa, tornando a chiudersi in un silenzio che il blader non riuscì ad apprezzare a dovere.
Pochi secondi dopo infatti, ecco finalmente il campanello dell'ascensore suonare ed annunciare l'immediata apertura delle porte. Appena la nightblader uscì nella hall, definendosi nel suo campo visivo, il dranzerblader dimenticò per un istante tutto il tempo che ella l'aveva fatto aspettare. Incrociandone lo sguardo, non riuscì più a distogliere il proprio, costringendo la ragazza a farlo per prima con fare piuttosto imbarazzato, mentre lo raggiungeva di buon passo. Incurante di quel disagio il ragazzo invece non riuscì proprio ad evitarsi di fissarla, in quell'abito che lasciava scoperta una buona porzione di pelle e ne celava la restante con strati di stoffa blu scura. Era un abito abbastanza semplice, privo di spalline e dallo scollo a cuore impreziosito da strass. Il tessuto: una serie di veli di seta semi-trasparenti e sovrapposti l'uno sopra l'altro, erano arricciati sulla sommità del ventre prima di aprirsi in una serie di onde, a formare una gonna che le arrivava decisamente sopra al ginocchio. A coprirle le spalle aveva indossato uno scialle dello stesso colore, mentre le sue gambe, prive di calze, erano slanciate dalle scarpe con tacco dello stesso color argenteo della pochette che ella reggeva fra le mani. Aveva acconciato i capelli in una serie di morbide onde, lasciandoli sciolti a incorniciarle il viso, il quale era impreziosito da un velo di trucco i cui colori si rifacevano al suo vestiario.
– Scusa il ritardo!
La voce di lei lo fece tornare in sé, abbastanza da ricordarsi della situazione e voltarsi verso la porta con un movimento meccanico, del tutto privo di volontà.
– Andiamo.
Non aggiunse altro, ma galanteria volle che si ricordasse di aprirle la porta, prima di seguirla all'esterno, verso la macchina. Non ebbe alcun bisogno di guardare la proiezione dell'Aquila Rossa poco distante per intuirne il sorrisetto sornione, perché lo stesso Night li stava guardando con quell'espressione saccente e ironica allo stesso tempo.
Maledetti saputelli.


Giunti alla chiesa, scoprirono di non essere fra gli ultimi. Sebbene Ralph fosse già presente, accanto a parenti più stretti e testimoni, l'interno risultava vuoto per metà quando i due giapponesi fecero il loro ingresso.
Yukiko, cercando di non infilare i tacchi delle decollette fra gli spessori cementati delle pietre del pavimento, seguì dappresso il ragazzo che l'accompagnava tentando di non sembrare troppo impacciata su quelle scarpe di pochi centimetri più alte di quanto fosse abituata.
Varcando l'alto portone di quello che era a tutti gli effetti un monumento di considerevole prestigio, la ragazza procedette a passo misurato lungo la navata, stringendo nervosamente la propria borsetta di forma ellittica fra le mani. Ed il motivo di tanta agitazione le procedeva accanto, silenzioso come non mai. Sospirò. Per lo meno le entità di Night e Dranzer erano tornate all'interno dei rispettivi beyblade, anche se era una magra consolazione.
Dopo quella breve considerazione, la mora si concentrò principalmente sullo sposo e chi lo attorniava in quel momento, non potendo evitare di notare quanto anch'egli paresse teso in quello smoking nuziale. In Giappone i matrimoni all'occidentale non erano rari, spesso le coppie preferivano quella versione alla più tradizionale della loro terra d'origine, ma assistere ad un matrimonio simile in uno dei paesi ai quali apparteneva era un'esperienza nuova e curiosa per lei. Abbozzò verso il tedesco un mezzo sorriso incoraggiante, prima di deviar lo sguardo sul giovane uomo che gli stava accanto e che doveva essere, questo a giudicare dall'abito, uno dei testimoni.
Questi, più basso del tedesco, aveva una folta capigliatura scura, dai riflessi color vinaccio, ed occhi di una sfumatura simile ma molto più chiara, che la fecero sussultare interiormente: la stavano fissando con un'aria fra il sorpreso e l'interrogativo. Lo sconosciuto altalenò quello sguardo indagatorio su entrambi i giapponesi, prima di dire qualcosa allo Jurgens, che gli rispose con rapidità senza che la nightblader potesse intuire una singola parola.
– Siete arrivati – si rivolse loro Ralph a quel punto, accogliendoli abbastanza amichevolmente per i suoi standard, quando entrambi li raggiunsero.
– Dopo tutto quello che mi hai fatto passare non potevo fare altrimenti – ribatté Kei, ricordandogli i loro trascorsi – Ti avevo dato la mia parola, mi par di ricordare.
– Questo è vero – dovette riconoscere lo sposo, sistemandosi un nodo della cravatta già perfetto.
Yukiko sorrise: sì, era proprio nervoso.
– Il fatto che tu abbia dato la tua parola non lo vedo come qualcosa di rilevante – ribatté il ragazzo dai capelli scuri accanto al tedesco, rivelando un tipico accento inglese.
– Puoi pensarla come ti pare, Andrew, non mi interessa – gli rispose a tono Kei, con quella cordialità che non gli impediva in alcun modo di risultare irritante.
L'aria fra i due ragazzi si accese di scintille in un batter d'occhio e la nightblader si strinse lo scialle sul petto, a disagio di fronte a quella dimostrazione di rivalità. Per questo collegò quel nome ad un'identità ben precisa soltanto dopo una manciata di secondi, quando Ralph adempì alle presentazioni formali.
– Andrew, lei è Yukiko Natsuki.
– Molto lieto, io sono Andrew McGragor, il testimone dello sposo – fece questi, rivolgendole finalmente la giusta attenzione. Un'attenzione che, tuttavia, la mise in un discreto imbarazzo, perché l'inglese si piegò in un inchino che culminò con un galante baciamano. Un comportamento da perfetto gentiluomo, insomma – È un vero piacere conoscerti.
– P-piacere – balbettò lei, abbozzando un inchino dopo essersi riappropriata del proprio arto.
– Ci siete già tutti, vedo – affermò una voce a lei familiare, che li fece voltare verso la navata che avevano appena percorso.
Una coppia di ragazzi sorridenti, identificati immediatamente come Gianni ed Olivier, si fece avanti, bruciando le ultime distanze in poche falcate eleganti. Alla vista dei due, Yukiko riuscì a ritrovare un po' della propria sicurezza ed a rilassarsi abbastanza da non rischiare di sembrare il manico di una scopa, riuscendo ad ampliare le labbra in un sorriso più rilassato quando il francese replicò il gesto dell'inglese e le baciò la mano.
– Non ero certo che vi avremmo rivisti, ma sono contento che Ralph vi abbia invitati a restare per il matrimonio – affermò questi, i cui modi galanti le erano un po' meno inaspettati di quelli di Andrew.
– Stavo per chiedere come mai voi due non foste nei paraggi – commentò il dranzerblader, riportando l'attenzione su di sé.
Un'occhiata veloce le rivelò che pareva quasi seccato, non fosse stato per quell'aria costantemente imperturbabile che aveva in volto.
– Non potevamo mancare, soprattutto dopo aver ricevuto l'invito – ribatté di buon umore l'italiano di rimando, passando oltre per porsi affianco all'inglese – Ti trovo bene, Andrew.
– Non potrebbe essere altrimenti, Gianni – gli rispose questi con quella superiorità che portò Yukiko a chiedersi se non gli fosse propria – E tu non sei da meno. Non sei venuto in dolce compagnia?
Osservando la scena, la giapponese si ritrovò a considerare il fatto di aver di fronte i quattro membri dell'European Dream e si sentì scioccamente eccitata all'idea di poterli osservare l'uno vicino all'altro. Nonostante il tempo passato, erano rimasti comunque buoni amici e la cosa le aveva permesso di poterli immaginare ai tempi in cui Kei ed i Bladebreakers li avevano sfidati come squadra.
Persa in quelle riflessioni che minacciavano di commuoverla, la nightblader si perse il resto della conversazione e dei convenevoli fra i presenti, finché pochi minuti dopo non venne invitata a prendere posto ad una delle panche nelle prime file, fra l'italiano e Kei, l'interno del Duomo ormai ghermito di persone in attesa della sposa.
L'attesa non si protrasse a lungo, l'ora fatidica ormai prossima quando, seguendo il suggerimento dello sposo, si accomodarono al loro posto. E quando Alexis, accompagnata dalla sinfonia dell'organo della chiesa, fece il suo ingresso, ogni timore che la giapponese potesse aver avuto il giorno precedente sull'eventualità di mettere in ombra la protagonista di quella cerimonia scomparve, disperso come fumo nel vento di aprile.
La bionda, avvolta in un abito color avorio che le si arricciava intorno alla vita per poi aprirsi in una gonna a campanula, era bellissima. Di una bellezza radiosa, messa in risalto non tanto dal taglio comunque sensuale e al contempo pudico del vestito, quanto dal suo luminoso sorriso. Raggiante nel suo velo di seta bianca, percorse elegante tutta la navata, accompagnata da quello che non poteva essere altri che suo padre, un uomo di mezza età i cui lineamenti occidentali erano addolciti da una commozione che quasi non lasciava spazio ad altri sentimenti. Nemmeno quando procedette al gesto rituale di cedere la sua amata figlia all'uomo che di lì a poco sarebbe stato suo marito, consegnandone la mano fra le sue, riuscì a compattare la propria espressione in stoica fierezza.
Ralph, al colmo dell'emozione, annuì con un discreto cenno del capo al futuro suocero, prima di spostare i suoi occhi in quelli azzurrissimi di lei e rilassarsi leggermente in favore di un leggero sorriso spontaneo. Affascinata da quella scena, Yukiko non poté far altro che osservare ammirata ogni passaggio, ogni espressione, ritrovandosi ad arrossire dalla meraviglia. Sembrava l'epilogo di una fiaba: Alexis era stata fortunata ad aver trovato qualcuno che la guardava in quel modo ed ora poteva capire perché aveva deciso di accettare la proposta di matrimonio di lui. Si chiese se un giorno avrebbe avuto la stessa fortuna di quella ragazza dai capelli finissimi come l'oro, prima di scacciare quel pensiero dalla mente in un moto di amor proprio. Meglio non rigirare il dito nella piaga.
Non dovresti farti prendere da simili pensieri...” rincarò la dose Night dall'interno della borsetta, prima di chiarire “Potresti essere più fortunata di quel che credi!
Il silenzio che seguì da parte del suo bitpower, la lasciò in balia di una confusione e una perplessità tali da impedirle di seguire il resto della cerimonia, ma non di notare a un certo punto quanto le previsioni maliziose proferitele da Alexis il giorno precedente non si fossero discostate troppo dalla realtà: gli occhi di Kei sembravano non riuscire a discostarsi mai di molto da lei.


La cerimonia religiosa durò un'ora, al termine della quale gli invitati si spostarono per presenziare al ricevimento, che si tenne subito dopo e che durò per tutto il pomeriggio.
Kei, seduto ad una delle lunghe tavolate poste perpendicolarmente a quella dei due sposi e dei rispettivi genitori, dovette sopportare un pranzo di dodici portate fra antipasti, primi, secondi e contorni, accanto ad un Olivier stranamente propenso al dialogo e di fronte ad una Yukiko incredibilmente sveglia, nonostante la cerimonia. Sì, perché il dranzerblader non aveva mai rimpianto tanto l'aver ceduto alle insistenze di Ralph ed aver acconsentito a presenziare a quell'evento. Le parole dell'uomo di chiesa che aveva officiato al matrimonio, pronunciate tutte in latino, gli erano risuonate nelle orecchie tanto incomprensibili quanto soporifere.
Una noia apocalittica, che non gli aveva impedito in alcun modo di cedere all'impulso di sbirciare di tanto in tanto la figura della nightblader al suo fianco, studiandone quel particolare o quell'altro, a seconda del momento.
Stessa cosa stava prospettandosi il ricevimento. L'unica cosa che lo faceva restare sveglio era la presenza della sua compagna di squadra, seduta ora di fronte a lui, che aveva deviato il discorso principale su un argomento decisamente più interessante: i bitpower.
– Più di uno in verità ha tentato di ricreare dei bitpower – stava dicendo Gianni, seduto alla destra della mora, di fronte a Olivier – ..a partire dai russi.
– I russi? – domandò Yukiko, inarcando un sopracciglio.
Kei si irrigidì meccanicamente, già sapendo dove l'italiano volesse andare a parare.
– Sì, si trattava di un'organizzazione chiamata Borg.
– Ah, ho capito – esclamò a quel punto la ragazza, illuminandosi di comprensione – Era l'organizzazione della quale era a capo Vorkof, l'ex presidente della BEGA, vero?
– Esatto – intervenne Olivier – ..e ci era pure riuscito. I bitpower dei finalisti del torneo mondiale in cui hanno esordito i Bladebreakers provenivano da quella stessa organizzazione.
Un brivido colse il dranzerblader, risalendogli gelido lungo la schiena e facendogli rizzare i capelli sulla nuca. Tenne lo sguardo puntato verso il pavimento al centro della sala, fissando un punto del mosaico di mattonelle come se non avesse di meglio da fare, ostinato a non partecipare al discorso. Con la rapidità con cui aveva ringraziato il cielo per l'iniziativa presa dalla sua compagna di viaggio, ora lo maledisse silenziosamente per lo stesso motivo. Non le aveva rivelato molto di quella parentesi della sua vita, di quanto era accaduto in Russia o di quel che lui stesso aveva avuto a che fare con i ragazzi della Borg, e non era intenzionato a farlo in quell'occasione. Aveva bisogno di qualcosa che deviasse la piega che stava prendendo la conversazione, prima che uno dei due blader seduti con loro dicesse una parola di troppo.
Quelle creature, anche se le avete chiamate bitpower, non erano come noi e non lo saranno mai” la voce inflessibile dell'Aquila Rossa fu la distrazione tanto desiderata.
Il silenzio che calò momentaneo nel gruppetto venne infranto da un'altra voce, ormai familiare al dranzerblader.
Il loro potere non è minimamente paragonabile al nostro” concluse Night.
Sollevando lo sguardo scuro sui due bitpower, li vide in piedi accanto al bordo del tavolo, l'uno accanto all'altra in un bellissimo contrasto di bianco ed oro, rosso fuoco ed azzurro ghiaccio, privi per una volta di quell'alone luminoso chi li avvolgeva solitamente. Sarebbero potuti sembrare dei comuni esseri umani, se non fosse stato per i loro vestiti, ovviamente.
Gianni e Olivier impiegarono una buona manciata di secondi, prima di riprendersi dal moto di stupore che li aveva fatti rimanere impietriti, al pari di due statue di sale. Con un sorrisetto soddisfatto, Kei incrociò ambo le braccia sul petto mentre si appoggiava allo schienale della sedia, scoccando un'occhiata al tavolo accanto, notando lo stesso Andrew bloccarsi a metà frase e scoccare nella loro direzione un'occhiata perplessa.
Il suo sorrisetto si accentuò un altro po', soddisfatto della piega inattesa che stava prendendo la cosa.
– Ragazzi, vi presento Night – disse Yukiko intanto ai due europei seduti con loro.
Salve a tutti!”
– Lei è l'Aquila Rossa – fece a propria volta Kei, con assoluta noncuranza.
Chiamatemi Dranzer” esordì a sua volta l'Aquila.
– Sono davvero i vostri bitpower? – domandò incredulo Olivier, fissando il blader dai capelli d'argento.
Fu Yukiko a rispondere, specificando – Sì. Sono i nostri compagni.
In quel momento la musica di sottofondo cambiò, la banda che, dal palco presente in giardino, approfittò della pausa che separava il sopraggiungere delle portate dalla cucina dal momento del taglio della torta, per invitare con quella nuova melodia i commensali a fare due giravolte sulla pista da ballo. Nella sala si diffusero le note di un valzer e l'Anka Bianco porse una mano all'Aquila, in un invito teatrale degno di un principe, che venne accettato senza remore dalla Rossa.
Osservandoli allontanarsi verso la pista da ballo come fossero davvero due persone normali, Kei inarcò un sopracciglio prima di scambiare uno sguardo con la sua compagna di squadra, altrettanto sorpresa da quella novità. Poi la vide esternare uno sbuffetto divertito, accostato ad un'alzata di spalle, e lui accettò quel suggerimento sottinteso in quel suo modo di fare, accantonando ogni dubbio per riportare la sua attenzione ai due europei.
– È una cosa incredibile – affermò Gianni, riprendendosi solo in quel momento.
– Lo è davvero – concordò il suo amico francese, lanciando uno sguardo alla pista da ballo in giardino, visibile grazie alle ampie vetrate.
– Quindi non sapevate niente della capacità di Ralph di materializzare il suo bitpower in forma umana – specificò la mora a quel punto, come a voler mettere i puntini sulle I.
A quella notizia si voltarono entrambi a fissare con occhi spalancati il loro antico leader, prima di guardarsi di nuovo fra loro e scuotere il capo in segno di diniego. No, non ne avevano saputo nulla fino a quel preciso momento, ma affermarono di non essere sorpresi della mancata informazione: in fin dei conti si erano un po' persi di vista in quegli ultimi tempi.
La stessa cosa era toccata a lui ed ai suoi vecchi compagni di squadra, si ritrovò a riflettere fra sé e sé il dranzerblader. Da quanto i Bladebreakers si erano sciolti definitivamente, dopo la Justice Five, nemmeno lui si era più premurato di mantenere costanti contatti con quelli che avrebbero dovuto essere i suoi amici, per tutta una serie di motivazioni inerenti alla sua sfera privata.
Ripensando a quei tempi, gli parve che fosse passata una vera eternità.
– ...Kei?? – la voce della ragazza che aveva di fronte lo riportò al presente, inducendolo a sollevare lo sguardo per incrociare quello di lei, inarcando un sopracciglio – A che cosa stavi pensando?
– Niente di particolare.
– Sembravi piuttosto concentrato – ribatté Olivier.
– Eh già – rincarò la dose l'italiano, accostando con aria cospiratoria una mano alla bocca, delineata in un mezzo sorriso, per evitare che altri cogliessero qualcosa delle parole che sussurrò subito dopo – Piuttosto concentrato a puntare la scollatura della nostra Yukiko.
Quell'affermazione lo fece irrigidire, mentre la diretta interessata sussultò sulla sedia, assumendo immediatamente una colorazione che avrebbe fatto invidia ad un semaforo. Olivier se la rise tranquillamente, seguito a ruota dal suo compare, ignorando l'esclamazione di protesta della nightblader e le occhiatacce che lo stesso Kei scoccò loro.
– Scusaci Yukiko, non volevamo metterti in imbarazzo – si premurò di dire infine il francese, alzandosi dal suo posto, le braccia tese a puntellare il bordo del tavolo – Permettimi di farmi perdonare: mi concedi un ballo?
L'audacia di questi venne premiata, sotto lo sguardo per nulla convinto del dranzerblader, perché dopo qualche balbettio imbarazzato la ragazza dai capelli bicolori si alzò a sua volta, accettando l'invito e allontanandosi poco dopo dal tavolo, accompagnata dal suo cavaliere.
Kei seguì meccanicamente l'ondeggiare della gonna del vestito della moretta, interdetto dallo strano effetto che gli fece la vista di lei accanto al francese. In realtà era tutto il giorno che si sentiva un po' strano nei suoi confronti, sin da quando avevano messo piede in quell'enorme chiesa. Il suo tentativo di scacciare simili pensieri dalla propria mente ebbe esito negativo quando vide Andrew alzarsi dal suo posto e, nel momento in cui venne superato dalla giapponese, seguirla per un poco con lo sguardo. Questo per il tempo di un paio di secondi - intervallo più che sufficiente perché a Kei si gonfiasse più di una vena fra i capelli argentei - prima che l'inglese si muovesse in sua direzione, raggiungendo lui e Gianni ed accomodandosi ove prima era seduta la nightblader.
Il dranzerblader considerò l'idea di sporgersi quel che bastava per sferrargli un pugno da sopra il tavolo. Si trattenne soltanto al pensiero della risata dell'Aquila Rossa e delle sue parole canzonatorie sull'evidente prova di quanto fosse diventato geloso di quella che, fino a poche settimane prima, aveva erroneamente bollato come una semplice 'ragazzina'. Dannazione, il solo aver pensato di rompergli il naso era, già di per sé, una prova più che sufficiente!
Andrew, completamente all'oscuro del conflitto interiore del giapponese, sfoggiò la sua miglior espressione da stratega, prima di rivolgerglisi direttamente – Ho una proposta da farti..


Natsuki Yukiko non si limitò a un solo ballo.
Dopo Olivier, a invitarla a danzare ci pensarono un altro paio di invitati, parenti della sposa a giudicare dalle rassomiglianze, e dopo di questi ebbe a malapena il tempo di scambiare con la biondina qualche parola, prima che si facesse avanti Gianni.
Ebbe più fortuna, riuscendo a guadagnare una sedia, soltanto al momento dell'entrata in scena della torta nuziale, costituita da cinque piani di pandispagna e farcitura ricoperti da una glassa candida come la neve. Dopo l'assaggio e un altro paio di chiacchiere, più una serie di brindisi con lo champagne, che contribuirono ad alleggerirle la mente di quel costante velo d'ansia che l'attanagliava ogni volta posava lo sguardo sul dranzerblader, venne il turno di Ralph, lo sposo, rimasto senza dama grazie al tradizionale ballo fra sposa e testimone. Così lei non poté rifiutarsi, nonostante la voglia pressante di stendersi sull'erba e disfarsi di quelle scarpe, ora divenute fin troppo scomode per i suoi piedi stanchi.
– Ancora congratulazioni ad entrambi – disse la mora fra un passo e l'altro a tempo di musica, ringraziando mentalmente l'insistenza di sua madre sul frequentare quelle noiosissime lezioni serali di ballo.
Questi la ringraziò, abbozzando un vago sorriso, e nonostante l'aspetto piuttosto rigido, la nightblader si ritrovò a pensare che fosse un ottimo ballerino. Un'altra prova di quanto le apparenze potessero trarre in inganno su una persona.
La musica cambiò ed alcune coppie si fermarono. Così fecero loro, solo per permettere ai due novelli sposi di congiungersi di nuovo in una piroetta dietro l'altra. Yukiko stava per uscire dalla pista da ballo quando venne intercettata proprio dal testimone dello sposo. L'inglese le porse cavallerescamente una mano, l'altra chiusa a pugno dietro la schiena, in una posa leggermente chinata in avanti con il busto. Quel modo di fare, così gentile e galante al tempo stesso, non molto diverso da quello di Olivier, ridusse al silenzio la moretta ed ogni risposta negativa che era pronta a dargli. In fondo, rifletté quasi sconsolata fra sé e sé, non le sarebbe mai più capitata una situazione simile e, con tutto quel che aveva mangiato, poteva pur sempre concedersi un altro ballo, no? Già sentiva la vocina di Night rinfacciarle ogni portata che era riuscita a far sparire dal piatto.
Sorrise, lasciando trapelare un accenno dei propri pensieri da quell'espressione e ricevendo un cortese sorriso incoraggiante in risposta, prima di venir rapita nuovamente e condotta a passo di danza verso il centro della pista. L'inglese si rivelò un ballerino eccezionale, attento a condurla con leggerezza, e da perfetto gentiluomo si premurò di scambiare con lei qualche parola. Questo prima di rivelarle il vero motivo che l'aveva spinto a chiederle di ballare.
– Approfitto di questo ballo per chiedertelo senza interferenze – esordì Andrew, senza incertezze – Ho saputo da Ralph che ti piacciono i castelli antichi, pertanto volevo proporre a te ed al tuo compagno di viaggio di venire a visitare la proprietà dei McGregor, in Inghilterra. Kei mi ha detto poco fa che sarebbe già stata vostra intenzione venire nel mio paese.
– Be', sì è vero – ammise lei, sorpresa delle informazioni di cui l'inglese era entrato in possesso così facilmente – Mi piacerebbe..
– Avevo in mente di far ritorno a casa domani, se lo desiderate potete venire con me, sareste miei graditi ospiti ovviamente.
Yukiko inarcò un sopracciglio, lieta di quella proposta e quella premura che avrebbe fatto risparmiare loro i soldi del viaggio – Prima di darti una risposta dovrei parlarne a Kei – disse tuttavia, rammentandosi fin troppo facilmente del suo compagno di viaggio e della tensione che era intercorsa fra i due antichi rivali fino a poche ore prima.
– Certamente. Ho già provveduto a comunicargli le mie intenzioni io stesso e ha detto la stessa cosa, così eccomi qui – le rivelò il suo attuale cavaliere.
– Oh – la mora girò su sé stessa – Allora non credo ci saranno problemi...
Nemmeno il tempo di finire di dirlo che una mano batté qualche colpetto sulla spalla del McGregor, facendoli fermare. Ringraziando mentalmente quel fuori programma, la mora fece un passo indietro, di nuovo libera, prima di rammentarsi che quel gesto stava a significare soltanto un cambio di cavaliere e non il termine di quella sua maratona di ballo. Appena riguadagnate le distanze, sollevando lo sguardo di smeraldo su colui che aspirava ad essere il suo nuovo compagno, sentì il respiro bloccarsi in fondo alla gola.
In piedi accanto ad Andrew, scambiando con questi un'occhiata penetrante, v'era Kei.
– Posso?
– Prego – si fece da parte l'inglese, alludendo a lei con un elegante gesto della mano.
Quando il dranzerblader abbassò i suoi occhi dai riflessi d'ametista, la mora avvertì le ginocchia minacciare di farsi di gelatina. Ebbe a malapena il tempo di realizzare che fosse davvero lui il ragazzo che le stava di fronte, in quella sua camicia nera così simile a quella che gli aveva visto addosso la prima volta che si erano incontrati a quella riunione d'affari, prima che questi le porgesse la mano sinistra in un chiaro invito.
Allungando la propria, si ricordò di respirare soltanto quando avvertì il tocco di lui sulla pelle, caldo e fin troppo piacevole nel modo in cui, dopo aver fatto un passetto avanti, le appoggiò l'altra mano sul fianco opposto.
Nemmeno il tempo di fare il primo di una serie di passi di danza che il suo cuore ebbe un nuovo guizzo di energia, iniziando a pomparle furiosamente sangue nelle vene, mentre quella vicinanza mise improvvisamente in secondo piano ogni altra cosa, adombrando persino la stanchezza delle gambe ed il fastidio che le causavano ormai ininterrottamente quelle scarpe. Fu come se, stretta delicatamente fra le braccia del ragazzo di ghiaccio, il resto del mondo perdesse di consistenza, come se fosse sul punto di scomparire.
Volteggiando sulla pista, Kei si rivelò un ballerino che non aveva nulla da invidiare al rampollo dei McGregor, cosa che la sorprese non poco. Il suo volto era tremendamente serio, quelle sue iridi scure imperscrutabili, tanto magnetiche da costringere la ragazza a faticare per sostenere il suo sguardo.
– Andrew ti ha detto del suo invito?
L'infrangersi di quel silenzio fra loro per mezzo di quella domanda la prese in contropiede, ma l'aiutò a far mente locale e dare un ordine ai propri pensieri.
– S-sì – riuscì ad annuire, prima di compiere un mezzo giro. A quel movimento la testa impiegò una manciata buona di secondi, prima di rallentare il capogiro e lei si ritrovò a incespicare sui suoi stessi passi, senza tuttavia cadere o fermarsi. Ci pensò il suo cavaliere a sostenerla ed evitarle la figuraccia, rafforzando la presa su di lei in un modo che la fece interiormente sussultare una seconda volta. Aggrappata a lui, abbassò lo sguardo su uno dei bottoni della sua camicia, sentendosi la pelle del viso bruciare dalla quantità di rossore che la colorava sino alla punta stessa dei capelli.
Non è possibile una cosa del genere” si ritrovò a pensare al colmo dell'agitazione “Questo è solo un sogno.. Deve essere un sogno!
Imbarazzata ed a disagio per il mare di emozioni che le suscitava quel semplice contatto diretto quanto casto, pregò il proprio cuore di smettere di battere tanto forte e le proprie gambe di non mettere in atto la continua minaccia di cedere. E pregò con tutta sé stessa che la testa smettesse di girarle a quel modo. Maledetto champagne.
– Sei molto bella stasera.
Quel sussurro le smorzò il fiato, facendole spalancare di nuovo gli occhi di colpo prima di sollevarli in un moto di incredulità. Quando incrociò quelli scuri del blader però, ogni dubbio sul coretto funzionamento dei suoi sensi venne meno e si ritrovò a deglutire a vuoto, prima di ritrovare un poco di voce.
– Grazie.. – mormorò appena, tornando ad abbassare lo sguardo sulla sua camicia.
Le aveva appena fatto un complimento. Un complimento. E che complimento!
La musica si fermò e così fecero i ballerini, cosa che permise alla moretta di fuggire dalla pista da ballo e da tutta quella folla. Raggiunse rapidamente l'ampia sala del ristorante e, cercando di non far trapelare alcun tremito nella voce, chiese informazioni ad uno dei camerieri sul bagno delle signore, prima di chiudercisi dentro.
Quando si voltò verso lo specchio sopra i lavandini, la sua immagine riflessa le rimandò indietro la figura di una ragazza dai lunghi capelli mossi e l'aria stravolta, proprio tale e quale si sentiva lei stessa. Stravolta da tutte quelle emozioni così intense ed inaspettate, in un intervallo di tempo irrisorio. Non poteva uscire da lì in quello stato.
E non ne uscì finché la voce dello sposo non annunciò, senza mancare i ringraziamenti per la partecipazione di tutti, il congedarsi di entrambi i nuovi coniugi in favore di un volo che li attendeva per portarli a godersi la loro luna di miele. La festa era giunta al termine.
Torniamo in albergo?” le chiese con tono stranamente dolce il suo compagno di battaglie.
Yukiko annuì con un moto di sollievo – Torniamo in albergo.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Ehilà! Visto? Ce l'ho fatta a non lasciarvi a digiuno per tutto il weekend!
Ed è venuto anche un capitolo bello lungo! Spero ne sia valsa la pena! ^_^
So che c'è almeno una di voi che sta invocando a gran voce delucidazioni su cosa sta passando per la testa del nostro dranzerblader e mi spiace dovervelo dire, ma dovrete attendere ancora un po'. Abbiate pazienza, il suo momento deve ancora arrivare, ma vi assicuro che non manca molto. Giusto un paio di capitoletti *_* e allora faremo un viaggio nel mondo interiore del nostro carissimo e fighissimo Kei!
Nel frattempo mi sono divertita a tirar fuori un paio di situazioni degne di nota :D spero che siano di vostro gradimento e nel frattempo vi auguro un buon weekend! Ci si legge la prossima settimana!
Saluti
Kaiy-chan

P.S. vi allego qui sotto il vestito a cui mi sono ispirata per la piccola Yuki u.u (la modella è carina ma non le assomiglia, quindi nn fatevi idee strane xD)


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Capitolo 23
*** Inghilterra, Regno Unito ***




23. Inghilterra, Regno Unito


Kei aveva lasciato la sua compagna di stanza, accomodata sul divano della loro camera, intenta a fare zapping, e lui si era preso del tempo per sé. Girovagando per le strade di Berlino con le mani ficcate in tasca e la sciarpa al collo, aveva lasciato correre la propria mente, senza tuttavia riuscire a dare un filo logico ai molteplici pensieri che si susseguivano l'uno dopo l'altro. Era ancora piuttosto teso quando rientrò, a causa di ciò che stava tentando di reprimere con tutto sé stesso in fondo all'anima. Un tentativo che non sempre gli riusciva, e la prova era appunto l'aver ceduto alla tentazione di stringere - anche se soltanto per un ballo - l'oggetto di tali emozioni fra le braccia.
Richiudendosi con cautela la porta alle spalle, corse con lo sguardo al divano, non riuscendo a distinguerne la sagoma nella penombra, rischiarata dal televisore ancora acceso. Attese qualche secondo, ma non spuntò alcuna testolina mora da sopra lo schienale, né qualche altro cenno di saluto. Inarcando un sopracciglio e non vedendo traccia della ragazza nel resto della camera, si avvicinò al mobile foderato di pelle color bordeaux, inquadrando ben presto nel proprio campo visivo l'obiettivo della sua ricerca. La nightblader era distesa su un fianco, rivolta verso lo schermo senza tuttavia vederne il susseguirsi di immagini. Si era messa abiti più comodi dopo la doccia, costituiti da una maglietta a maniche corte ed un paio di pantaloni della tuta che le aveva visto addosso altre volte in quelle ultime settimane. Il viso rilassato era stato ripulito da ogni traccia di trucco ed il dranzerblader, approfittando del sonno in cui era immersa, si appoggiò con gli avambracci sulla sommità dello schienale di quel divanetto e si perse a seguire con lo sguardo i lineamenti di lei, le ciglia scure, la forma del naso, le labbra leggermente socchiuse, il tutto senza realmente studiarla a fondo. Ripensò nuovamente alla prima volta che l'aveva incontrata, al contrasto fra l'impressione che si era fatto di lei in quell'occasione ed a quella che invece aveva ora. L'aveva trovata carina appisolata nel proprio letto, ma ora, nella fioca luminosità azzurrina dello schermo piatto, non poté evitare di ricredersi.
Era bella.
Era dolorosamente bella.
Dolorosamente, perché si stava rivelando una tortura continua averla così vicina eppure così lontana. Lei, che per uno come lui era irraggiungibile, e non soltanto a causa del limite che si era imposto lui stesso. Non era sicuro dei propri sentimenti, ma quel poco che aveva capito era che lei gli piaceva non poco. Gli piaceva come persona, non soltanto come ragazza. Il tempo che avevano passato insieme sino a quel momento gli aveva dato modo di scoprire piccoli lati del suo carattere, lati che avevano contribuito a rafforzare in lui la volontà di non doverla avvicinare. La volontà di non volerla ferire. Perché realtà voleva che fosse tutto men che portato ad essere il 'ragazzo ideale' che lei si meritava. Quello che non l'avrebbe mai fatta piangere. Quello che non avrebbe avuto bisogno di proteggerla da sé stesso e dai demoni che si portava dentro.
Non hai pensato che forse non cerca un ragazzo così?” gli sussurrò l'Aquila, prendendo forma umana dietro lo schienale del divano accanto a lui. Kei ne intercettò lo sguardo dorato, inarcando un sopracciglio con scettica superiorità “Forse sei proprio tu ciò che sta cercando..
Il dranzerblader a quell'implicazione raddrizzò la schiena, staccandosi dal suo appoggio con un unico movimento, prima di dirigersi meccanicamente verso il bagno. Era determinato a ignorare le supposizioni del suo bitpower, la quale non demordette ed, imperterrita, lo seguì fino alla soglia dello stanzino.
Sicuro di volerti costringere a rinunciare a lei ancor prima di aver capito cosa provi davvero?” tentò di nuovo.
– Non cambierò idea – sbottò a quel punto, rompendo il silenzio in cui si era chiuso ermeticamente e sbattendo la porta del bagno fra sé e lei con più forza di quanta ne sarebbe realmente bastata. A quel tonfo sordo la moretta nell'altra stanza mandò un'esclamazione, svegliandosi di soprassalto.
Era caduta dal divano.


Nella penombra che avvolgeva la stanza, risuonò il trillo di un telefono, seguito da uno scalpiccio di passi ed una figura avvicinarsi lesta all'apparecchio, zittendolo nel sollevare la cornetta. Alle spalle di costui, i vetri dell'alta finestra risuonavano di lievi rintocchi a causa delle gocce di pioggia che vi si riversavano contro.
– Pronto?
Sono io.
– Oh, signorino..
Ho un compito da affidarvi.
L'uomo che aveva risposto al telefono rimase in ascolto in religioso silenzio, assimilando attentamente le istruzioni del suo interlocutore dall'altro capo del filo.
Tutto chiaro?
– Certamente, signore.
Bene. Assicurati che sia tutto pronto per domani sera.
– Sarà fatto.
Dall'estremità del ricevitore posta accanto all'orecchio gli giunse il familiare quanto ripetitivo *tu-tu-tu* che segnava il termine di quella conversazione e poco dopo la stanza tornò ad essere avvolta dal silenzio, infranto soltanto dal rumore del maltempo all'esterno dell'edificio.


Il 30 Settembre, i tre ragazzi lasciarono la Germania a bordo dell'aereo privato dei McGregor, alla volta del suolo britannico. Ad accoglierli tuttavia si presentò una fitta pioggerellina che, attraverso i vetri dell'auto sulla quale salirono per raggiungere la loro destinazione, pareva dilavare i colori del paesaggio circostante.
Il grigiore di quella giornata non si attenuò affatto una volta giunti nei pressi del castello della famiglia di Andrew, il quale venne accolto da un paio di maggiordomi, che si affrettarono a ripararli dal maltempo appena misero piede fuori dall'auto. Reggendo l'ombrello che le era stato gentilmente offerto, Yukiko sollevò lo sguardo sull'antica costruzione che si protendeva massiccia verso il cielo, spalancando gli occhi verdi.
Si trattava di un castello di pianta squadrata, circondato da alte mura di pietra grigia, provviste di merli a riparare i camminamenti, ed ai cui vertici si stagliavano implacabili una serie di torrioni a base cilindrica. Il complesso all'interno, completamente distaccato da quella struttura difensiva, vantava un'altezza di ben quattro piani, con mura spesse almeno un metro e provviste da una serie di finestrelle tanto strette quanto numerose ed un unico torrione al centro, anch'esso squadrato, che spiccava fra le forme più tozze che lo circondavano come un austero e silenzioso guardiano sulla piana circostante.
– Prego, signori, da questa parte – la raggiunse la voce di uno dei maggiordomi fermi all'ingresso.
Tornando a prestare attenzione a questi, vennero condotti tutti all'interno, in un ambiente piuttosto tetro a causa della scarsa luce filtrante dall'esterno. A stento la scarsa luminosità era infatti compensata da una serie di luminarie artificiali, che apparivano nettamente fuori posto. La mobilia, così come gli arredi ed i colori, richiamavano alla mente un'epoca passata, fatta di battaglie, pericoli, fatiche e morte.
– La cena sarà servita a breve – esordì un altro membro della servitù lì presente.
Andrew annuì – Attenderemo nel mio studio.
La nightblader drizzò le orecchie a quelle parole, ben rammentando quando, in volo sopra lo stretto della manica, lo stesso inglese avesse accennato loro qualcosa al riguardo. Avrebbero giovato della sua ospitalità presso quella sua antica dimora per tutto il tempo che sarebbero rimasti nel suo paese, ma al riguardo c'erano alcune accortezze che avrebbero dovuto tenere per “evitare spiacevoli incidenti”, come lui stesso aveva asserito. Accortezze di cui avrebbe parlato loro soltanto al loro arrivo, con calma, nel suo fantomatico studio.
Così lo seguirono, lei e Kei, quest'ultimo con quella solita aria fra l'annoiato ed il noncurante stampata in viso. Dalla sera scorsa non avevano parlato molto e tutt'ora Yukiko poteva percepire una certa tensione presente fra loro, un'emozione che le impediva di guardarlo come al solito. Le aveva detto che era bella, che diavolo! Questo non voleva forse dire che gli piaceva? No, vero? Era un'eventualità totalmente fuori dal mondo, che quel ragazzo di ghiaccio si potesse interessare a lei in quel senso! Avrebbe dovuto prenderla come un semplice commento, buttato lì senza nessun senso nascosto, perché non ve n'erano, ne era sicura. Eppure, nonostante le ore passate in un'assidua pratica di autoconvincimento, ancora riusciva a malapena a sostenerne lo sguardo per qualche secondo, prima di distogliere il proprio.
Salirono una scala in pietra, i passi attutiti dal tappeto rosso e logoro che la adornava, guidati dal padrone di casa finché non li fece accomodare oltre una porta in legno massiccio, perfettamente oliata. La stanza in cui entrarono era squisitamente arredata, con un'ampia scrivania in mogano che costituiva il fulcro di quell'ambiente, attorno alla quale erano disposte alcune sedie dallo schienale imbottito. Le pareti erano ricoperte da scaffali di libri e stendardi, intervallati da qualche lampada a muro in perfetto stile rinascimentale. Il pavimento, coperto da un bel tappeto persiano, scricchiolò appena sotto il loro peso, un cigolio sano e appena sommesso, pervenuto da solido legno incerato e tirato a lucido del parquet.
– Accomodatevi pure – suggerì loro il McGregor, avvicinandosi ad uno degli scaffali per prendere un grosso tomo rilegato in pelle.
Kei si mosse per primo, accomodandosi in una delle poltroncine che attorniavano un basso tavolino, mentre la ragazza scelse il divano accanto, sedendo in una posa meno 'stravaccata' rispetto a quella del suo compagno di squadra. Quando Andrew appoggiò il libro sul basso mibile, risultò subito agli occhi della mora che si trattasse di un testo piuttosto antico, i cui caratteri dorati erano stati dipinti a mano sulla copertina brunita.
– La mia famiglia risiede in questo castello da generazioni, dopo averlo conquistato e proclamato come un proprio dominio nel tredicesimo secolo. Tuttavia, da addirittura prima di quel tempo, sembra che vi siano diverse leggende che circolano su questo posto. I miei stessi predecessori sembra che non vi abbiano dimorato per decenni, utilizzandolo come avamposto e successivamente come mera residenza estiva, ed i motivi mi vennero svelati nel dettaglio soltanto tre anni fa – annunciò il rosso con voce greve, segnata dal forte accento e, prendendo posto di fronte a loro in una delle poltrone ed incrociando le mani fra loro, continuò – In quel libro sono riportate molte cose di un passato di cui abbiamo conservato a fatica il ricordo. Vi è, in particolare, un accenno su alcuni passaggi segreti particolarmente angusti e la presenza di meccanismi la cui ubicazione non è riportata con precisione, che potrebbero ancora essere in funzione nonostante il tempo trascorso. Per questo vi chiedo di non andare in giro ad esplorare aree del castello per conto vostro, sebbene io non ritenga che le voci che circolano tutt'ora sull'aggirarsi di strane presenze in questo posto siano veritiere, potreste inavvertitamente innescare qualche meccanismo segreto. Io stesso ho trascorso piacevoli vacanze fra queste mura con la mia famiglia senza incorrere nell'ira di qualche vaga entità spettrale.
Yukiko, che era rimasta tutto il tempo a fissare con occhi sempre più spalancati il loro padrone di casa, lanciò per la prima volta da quando erano arrivati un'occhiata carica di perplessità al dranzerblader. Questi, dopo quello scambio di sguardi, si rivolse per la prima volta senza batter ciglio all'inglese, con le braccia incrociate sul petto e le gambe accavallate.
– Se è solo questo ciò che ti preoccupa, allora puoi metterti il cuore in pace – gli assicurò, con quel suo tono indifferente – Non andremo in cerca di guai. Ti ricordo che è con me che stai parlando.
Yukiko optò per unirsi a quelle rassicurazioni, seppur esordendo con una risatina un po' nervosa – Sì, infatti. Per quanto mi riguarda, io la notte la uso per dormire, quindi non ci saranno problemi.
– Meglio così – ribatté soddisfatto Andrew, prima di venir interrotto dal bussare di uno dei camerieri, venuto per avvisarli che la cena era in tavola – Grazie, arriviamo subito – disse all'uomo in questione, alzandosi.
La mora si mosse per ultima, aggirando il tavolino e rimanendo in coda al trio. Stava per uscire a sua volta in corridoio quando si fermò, cogliendo un alito di vento gelido dietro il coppino, lasciato scoperto dalla coda alta in cui aveva raccolto i capelli, che le fece accapponare la pelle. Si fermò, voltandosi di nuovo verso lo studio del McGregor, spostando lo sguardo dapprima sulle finestre, ben chiuse, e poi per il resto dell'ambiente. Per un fugace momento le tornarono alla mente le implicazioni esposte loro da Andrew sulla natura di quel castello e venne colta dall'inquietante impressione di essere osservata. Sentendo i muscoli tendersi automaticamente, sussultò alla voce del dranzerblader che la richiamò dal corridoio, infrangendo quel momento di immobilità che aveva pervaso la ragazza. Ella si affrettò ad uscire da quella stanza allora, richiudendosi la porta alle spalle.
Soltanto una volta che la pesante anta in legno si frappose fra lei e lo studio appena lasciato, riuscì a scacciare quella sensazione.


Kei iniziava per la prima volta a rimpiangere una ciotola di semplice riso bianco, da quando era partito. Avrebbe volentieri fatto a meno di quella zuppetta che gli era capitata nel piatto quella sera, così come non lo aveva impressionato il pollo alla cacciatora con contorno di patate e broccoli servito per secondo, né il budino per dessert. Ora come ora era convinto che avrebbe potuto cedere a qualunque ricatto per una capatina al ristorante di sushi al quale lo aveva portato Yukiko, ormai diverso tempo prima.
Procedendo lungo il corridoio lanciò un'occhiata in tralice alla moretta in questione, la quale gli era risultata strana sin dal loro arrivo, quasi tesa. Nemmeno lei aveva mangiato molto in verità, ma il dranzerblader non poteva in alcun modo stabilire se fosse perché non stesse bene o per altri motivi. Dalla sera precedente, la ragazza gli era sembrata diversa dal solito, almeno nei suoi riguardi. Kei non era stupido, aveva collegato senza problemi quel comportamento a quanto era accaduto al ricevimento del matrimonio del rampollo tedesco, e lui stesso non poté evitare di ammettere fra sé e sé di essersi slacciato un po' troppo con lei in quell'occasione, cosa che non era da lui. D'altra parte gli era risultato impossibile contenersi quando quel pallone gonfiato di Andrew si era fatto avanti, strappandole un ballo. Sì, si era accorto dell'apparente stanchezza lasciata trapelare dal sorriso di lei in quell'occasione, quando non era riuscita a rifiutare, motivo che si aggiungeva ai precedenti nell'essere la causa del fastidio che aveva provato in quel frangente.
Se c'era qualcuno che non voleva si avvicinasse a lei, quello era Andrew McGregor.
– Queste sono le vostre stanze – annunciò loro il maggiordomo, indicando le porte poste una di fronte all'altra che affacciavano al corridoio.
I due giapponesi ringraziarono e, augurandosi uno spiccio “buonanotte”, si separarono, ognuno nella propria camera. Richiudendosi l'anta alle spalle, il dranzerblader rammentò la facilità con cui aveva strappato a suo padre il permesso per quella sistemazione, dovuta senza dubbio alla notizia sul fatto che fosse proprio la famiglia McGregor ad ospitarli. Supponeva che il motivo fosse lo stesso per cui si era congratulato riguardo alla decisione di presenziare al matrimonio di Ralph Jurgens: rapporti sociali.
La sua stanza era un ambiente piuttosto spoglio, con un armadio a doppia anta alla parete sulla sinistra ed un letto singolo sulla destra. Due pesanti drappi contornavano la finestra incassata nel muro e l'unica fonte di luce era data da una serie di lampade a muro. A parte questo, Kei dovette ammettere che il livello di pulizia era impeccabile e, avvicinandosi al suo giaciglio, poté perfino coglierne l'odore caratteristico di detersivo che doveva essere stato utilizzato per il lavaggio.
Per questo si limitò a mettersi a letto, ignorando l'unico imponente quadro presente sulle pareti della camera e lasciandosi ricadere sulle coperte con uno sbuffo. Si sentiva spossato, incredibilmente stanco dopo una giornata che gli era parsa fin troppo lunga, e non ebbe nemmeno il tempo di pensare di infilarsi sotto le coperte o togliersi per lo meno le scarpe, prima di sprofondare in un sonno che avrebbe dovuto essere ristoratore e dal quale venne strappato troppo presto.
Si destò nel bel mezzo della notte, esattamente nella stessa posizione supina di quando, poche ore prima, si era addormentato inavvertitamente, i nervi inspiegabilmente tesi mentre tentava di capire la causa della sua improvvisa veglia. La mente già sin troppo reattiva, non colse alcun suono provenire dall'esterno ed un'occhiata rapida alla finestra gli rivelò che le nubi avevano lasciato uno spiraglio per permettere ad un raggio di luna di insinuarsi sul pavimento della camera.
Espirò piano, iniziando a rilassarsi dopo una manciata di minuti in quel totale silenzio, quando l'istante successivo un urlo di donna lo fece balzare in piedi, rischiando di cadere per la repentinità del gesto, dal letto. Senza pensarci, riconoscendo la voce di Yukiko, si precipitò alla porta, spalancandola e immettendosi nel corridoio con l'intenzione di raggiungere l'uscio della camera della ragazza, solo per essere anticipato. Questo infatti gli venne spalancato davanti con lo stesso slancio che lui aveva utilizzato nel precipitarsi fuori, per permettere all'occupante della camera di finirgli dritta fra le braccia.
Urtato al petto, Kei riuscì a malapena a non farsi sbilanciare indietro ed istintivamente la cinse per le spalle, avvertendone il tremore sotto la presa ferrea nei brevi secondi a seguire. Un tremore che vide riflesso nei grandi occhi di lei, nel momento in cui li sollevò sul suo volto, pallida come un lenzuolo nella fioca luce del corridoio.
– Che è successo?
– Ho.. ho visto qualcosa.. – la ragazza deglutì, cercando di riacquistare un po' di sicurezza almeno nel tono di voce, ma nel dirlo gli si aggrappò meccanicamente alla giacca di pelle e lanciò un'occhiata alle proprie spalle, verso lo scorcio della sua stanza, apparentemente vuota – ..c'era qualcosa fuori dalla mia finestra.
Ormai completamente sveglio e consapevole del tepore che avvertiva giungergli dalla vicinanza di lei, il dranzerblader spostò la propria attenzione verso la finestra in questione, determinato ad appurare quanto affermato dalla mora. Si staccò da lei entrando nella sua camera e avvicinandosi alle vetrate, senza tuttavia riuscire a scorgere nulla di strano nell'oscurità del cortile. Voltandosi di nuovo sulla sua compagna, scosse il capo.
– Non c'è nulla lì fuori – le disse spiccio, con una piega incerta delle labbra. Si chiese se la ragazza non avesse sognato tutto, quando, dopo un battito di ciglia, si accorse che era completamente vestita. Inarcò un sopracciglio – Perché sei vestita a quel modo?
– Ehm.. – la vide arricciarsi una ciocca di capelli scompigliati – ..diciamo che sono facilmente impressionabile per certe cose e che ho faticato a prendere sonno..
Bene, se lei non stava dormendo, l'eventualità che avesse sognato tutto era da scartare.
Stava per aprire di nuovo bocca e dirle qualcosa che avrebbe dovuto risultare incoraggiante, se non rassicurante, quando un vago cigolio li fece voltare entrambi di scatto verso la porta aperta sul corridoio. Con le orecchie tese e i nervi a fior di pelle, rimasero in attesa finché, pochi secondi dopo, quel rumore non si ripeté, questa volta più vicino.
Le mani della nightblader scattarono ad afferrargli un braccio.
– ..catene?! – sussurrò fra l'incredulo e l'allarmato.
– Uno scherzo decisamente di cattivo gusto – bofonchiò deciso lui in compenso, con una nuova smorfia, prima di fare un passo avanti – Andiamo. Non ho intenzione di farmi prendere in giro.
Più che mai deciso a smascherare l'autore di quel gioco infantile, si ritrovò ad uscire a passo deciso di nuovo nel corridoio, seguito dappresso da una Yukiko che lo supplicava di non lasciarla indietro ma che aveva comunque avuto la presenza di spirito di lasciargli il braccio.
Procedendo con cautela al centro del passaggio, le orecchie tese a captare di nuovo quel rumore troppo poco originale per non essere causato apposta, dopo pochi passi si sorprese di vedere la moretta affiancarlo con in viso un'espressione corrucciata. Inarcando un sopracciglio non commentò nulla sul suo cambiamento emotivo, registrando semplicemente la novità con un moto di sorpresa per la rapidità con cui era riuscita ad avere la meglio sui suoi timori irrazionali.
Giunti dappresso alla rampa delle scale si fermarono, cercando di distinguere i dettagli dell'ambiente avvolto nell'oscurità. Stavano per convenire che non vi fosse anima viva quando un rintocco metallico venne accompagnato da un tonfo. Non poteva sbagliare, proveniva dalla base delle scale.
– Kei!
Il dranzerblader ignorò quel richiamo, già precipitandosi giù per i gradini in una corsa che, al buio, rischiò di farlo rovinare a terra quando urtò qualcosa con un piede che gli fece perdere l'equilibrio. Riuscì ad evitare la caduta soltanto grazie alla provvidenziale presenza vicina del corrimano, al quale si aggrappò con una mano per riflesso involontario, facendolo gemere sotto la forza di quello strattone. Col respiro affannoso ed imprecando mentalmente, raggiunse il pianerottolo e si fermò per riprendere fiato. Tentò di fare mente locale, cercando nella penombra il suo fantomatico fantasma in carne e ossa, quando l'ambiente venne rischiarato dall'accendersi di un'improvvisa luce artificiale.
– Che succede?
Accanto ad un interruttore, sul quale il proprietario di quella voce aveva ancora premuta la mano destra, comparve Andrew con indosso una vestaglia verde scuro ed un paio di ciabatte ai piedi. Kei fulminò l'inglese con un'occhiata di sufficienza, già sospettando che dovesse esserci dietro lui a quanto stava accadendo.
– Dovrei essere io a chiederlo a te – gli sibilò, lasciando spazio alla propria irritazione – Certi scherzi non mi divertono!
– Non ho idea di cosa tu stia parlando – sbottò, apparentemente infastidito l'inglese, assumendo quella sua solita aria di superiorità. Eppure qualcosa in quella sua espressione da schiaffi, suggerì al dranzerblader che stava mentendo.
– Non è il caso di mettersi a discutere – intervenne piuttosto decisa Yukiko, scendendo gli ultimi scalini.
Inutile dire che non venne minimamente considerata da nessuno dei due, i quali dopo una muta sfida di sguardi decisero di passare ai fatti. Il sorrisetto strafottente di Andrew venne ricambiato da uno altrettanto velato di astio del giapponese, che già pregustava dentro di sé la resa dei conti.
– Non ti permetterò di rivolgermi certe accuse senza reagire..
– Non vedo l'ora di sapere come pensi di impedirmelo – ribatté Kei, fulminandolo con lo sguardo. Si sarebbe potuto scatenare un piccolo temporale in quell'atrio, se i loro occhi fossero davvero stati in gradi di sprigionare elettricità. Entrambi si piegarono leggermente in avanti, il dranzerblader spostando dietro la schiena il braccio destro, pronto a tirar fuori dalla fondina il proprio lanciatore, mentre il giovane McGregor impugnò, sganciando da una delle pareti, una delle alabarde lì appese, sbloccandola dai sostegni e rivelandone il dispositivo di lancio.
– Non vorrete combattere qui?! – esclamò la ragazza lì presente, con una nota palesemente contrariata nel tono di voce.
Kei e Andrew la ignorarono un'altra volta, presi dall'idea di mettere in chiaro una volta per tutte chi fosse dei due il migliore.
– Tre. Due. Uno.. – scandirono all'unisono.
La luce venne a mancare in quel preciso momento, interrompendoli e facendo piombare di nuovo quella sala nell'oscurità. Un'imprecazione nel buio, dal tipico accento inglese, si fece sentire ed Andrew, dopo una manciata di secondi, snocciolò un nuovo commento.
– Dovrebbero entrare in funzione le luci di emergenza.
Attesero, tutti e tre immobili, che la fioca luminosità delle lampadine in questione comparisse, cosa che non avvenne. Dopo un'attesa di un minuto buono, il McGregor fu il primo a muoversi ed il *clack* che si udì poco dopo li informò che doveva aver riposto sui ganci il suo particolare lanciatore.
– Dovrebbe esserci uno sportello dietro ad uno degli arazzi con gli interruttori della corrente – li informò di nuovo la voce del padrone di casa, assolutamente calma. Lo scalpiccio dei suoi passi venne ben presto seguito dal fruscio emesso dai due giapponesi quando si mossero a loro volta, per cercare di raggiungere una delle pareti in questione e trovare il quadrante.
Riabituandosi meno velocemente di quanto avrebbe voluto a quella nuova oscurità, Kei riuscì a posare una mano sulla fredda pietra del muro alla sua sinistra e, seguendone il profilo, iniziò a percorrerne il perimetro. Un riflesso gli comunicò appena in tempo della presenza di una delle armature che erano parte dell'arredamento di quel castello medievale, evitando che andasse a sbattergli contro. Eppure prese male le misure per aggirarla, perché urtò con un piede il piedistallo della stessa e rischiò di perdere l'equilibrio. Con un'imprecazione, riuscì ad evitare di cadere ancora una volta grazie alla sua prontezza di riflessi, che lo portarono a serrare una mano su quello che doveva essere il pomo della spada che il cavaliere reggeva verticalmente fra i guanti vuoti. Il suo momentaneo ed involontario appiglio tuttavia, nonostante avesse adempiuto al suo provvisorio compito di sostegno, si spostò con un suono secco sotto quella leggera tensione e l'arma finì per inclinarsi in avanti. L'urlo che seguì gli fece gelare il sangue nelle vene.
KYAAAh!
Yukiko!
La lampada a basso voltaggio della luce d'emergenza si accese in quel momento, rivelando l'erede dei McGregor fermo accanto al quadrante di cui egli stessi aveva accennato prima, dall'altra parte della sala, ed un buco squadrato sul pavimento esattamente nel mezzo di questa.
Una botola segreta.
E Yukiko ci era appena caduta dentro.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buona sera! Che bello, ho visto che lo scorso capitolo ha totalizzato parecchie visualizzazioni in pochissimo tempo *_* sono molto contenta e sono abbastanza sicura che anche questo non vi deluderà. Finalmente le cose iniziano a movimentarsi! Spero che vogliate farmi sapere cosa ne pensate ovviamente, ma già ne approfitto per ringraziare chi ha inserito la mia storia fra i preferiti o quelle da seguire. Come già detto, sono molto contenta di questo!
Ora, visto che sono piuttosto carente di sonno, non vi anticipo niente, neanche una domanda di suspance, e me ne vado a dormire XD
Ovviamente prima di andare vi mando un abbraccio e un saluto
Arrivederci al prossimo aggiornamento!!
Kaiy-chan

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Capitolo 24
*** Il castello dei McGregor ***




24. Il castello dei McGregor


Yukiko era appena precipitata in una botola di dubbia profondità e l'unica cosa che Kei, sporgendosi oltre il bordo del riquadro oscuro, riuscì a vedere era completa oscurità. Che la luce intermittente e fin troppo fioca delle lampade di emergenza non lo favorisse era secondario.
– Yukiko! – la chiamò di nuovo.
Niente.
– Non può essere – commentò Andrew a mezza voce, attirandosi l'attenzione del giapponese lì accanto. Lui lo fulminò con lo sguardo, ignorandone l'espressione evidentemente sconcertata mentre fissava il trabocchetto segreto, finché non ne incrociò lo sguardo – Quella botola era sigillata.
– Che stai dicendo? – gli ringhiò, cercando di non cedere all'impulso di afferrarlo per il bavero di quella sua stupida vestaglia.
– Sto dicendo che non si sarebbe dovuta aprire! – esclamò questi di rimando, senza farsi intimidire.
Il dranzerblader non perse la sua espressione corrucciata, mentre la sua mente intanto elaborava le informazioni – Mi stai dicendo che qualcuno l'ha riattivata? – assurdo. Chi avrebbe avuto interesse nel fare una cosa del genere, se non i padroni di casa?
– Non ci sono altre spiegazioni. Si tratta di un accesso rapido alle segrete, che generalmente veniva utilizzato per spedire in cella i prigionieri, ma da diversi anni ormai la parte relativa a segrete e fondamenta è stata chiusa ai più, perché giudicata troppo pericolosa.
– E perché dovrei crederti? Potrebbe benissimo essere tutta opera tua.
A quell'accusa l'inglese drizzò le spalle, punto sul vivo – Volevo solo spaventarvi un po', mica uccidervi!
Ah, ecco. Ora si spiegavano molte cose.
Kei non si sorprese di quella confessione involontaria e si alzò nuovamente in piedi con calma, la sua attenzione ora tutta su un problema più urgente del farla pagare al suo antico rivale: recuperare la sua compagna di squadra il più in fretta possibile e assicurarsi che stesse bene. Il fatto che non desse ancora segni di vita gli causava un'ansia che a stento gli permise di non scaraventare giù per il buco il padrone di casa.
– Qual'è l'altra via per i sotterranei? – gli domandò, spiccio.
– Ce n'è due, ma sono entrambe state murate – gli rispose Andrew, muovendosi con passo deciso. Il dranzerblader lo seguì senza parlare, osservandolo aprire una porta incassata nel sottoscala vicino per mettere a nudo il varco in questione, completamente murato da una serie di mattoni pieni e dalla tonalità brunastra. L'inglese allora richiuse l'anta lignea con un cigolio, prima di voltarsi a guardarlo direttamente – Chiunque abbia attuato questo scherzo non è passato di qua. Questa era la via più diretta per l'ala dei sotterranei in cui dovrebbe trovarsi Yukiko, l'altra è una porticina secondaria che si trova nelle cucine – detto questo si mosse, avviandosi nell'ala del castello adibita a tale scopo, entrando in un'ampia stanza squadrata, dalle pareti intonacate e ritinteggiate di bianco. Dietro uno degli scaffali in compensato dell'angolo adibito a dispensa, i due ragazzi trovarono ciò che cercavano: la porticina. Quando provarono ad aprirla, la trovarono ermeticamente sigillata.
– Questa era l'unica alternativa – affermò apparentemente calmo l'inglese.
– Se davvero quella botola è stata sbloccata, allora chi l'ha fatto deve aver utilizzato un'altra via per accedere ai sotterranei – affermò impassibile Kei dopo un attento esame di quell'accesso. Non avrebbe lasciato la mora in fondo a quel buco, di questo era più che sicuro – Hai delle torce?
– Sì, dovrei averne nel vecchio studio.
– Allora vedi di procurarcene almeno un paio – gli si rivolse senza mezzi termini, muovendosi per tornare ad ampie falcate nell'atrio – e vediamo di risolvere in fretta questo mistero.
Non era disposto a perdere altro tempo.
Sarebbe andato laggiù, anche a costo di saltare lui stesso in quella dannatissima botola.


Quando si riprese, la ragazza ci mise una manciata di secondi buona, per collegare il senso di stordimento al volo che aveva fatto prima di perdere i sensi. L'oscurità quasi totale intorno a lei era rischiarata da un vago chiarore proveniente dal trabocchetto nel quale era caduta e che ancora permaneva dischiuso sopra la sua testa, ad un'altezza di circa quattro metri.
Gemendo, si tirò a sedere, portandosi poi una mano alla testa per cercare di attenuare invano il dolore della botta. Le sarebbe venuto un bel bernoccolo, ma a parte questo sembrava tutto in regola. Stabilite le proprie condizioni, la mora tentò di guardarsi intorno, ritrovandosi a distinguere una stanza in spessa pietra grigia, di cui una parete era occupata da quelle che sembravano vecchie sbarre arrugginite. Sotto il palmo delle mani, polvere e ruggine si confondevano dandole una sensazione simile a quella del terriccio contro la pelle del palmo. L'odore inoltre non era dei migliori, conservando una fragranza piuttosto acre, tipica di ambienti scarsamente arieggiati.
Reprimendo una smorfia, la nightblader fessurizzò gli occhi verdi per distinguere meglio i contorni di quell'ambiente in penombra, trovandolo totalmente vuoto a parte la sua stessa presenza. Inoltre, fra quelle sbarre fin troppo esili, sembrava esservi un varco che dava sul corridoio adiacente.
– Vedi di recuperare qualche antica mappatura del castello – la voce perentoria di Kei le fece di nuovo alzare lo sguardo verso l'alto, sussultando ed avvertendo al contempo un sentimento di commozione per quella presenza conosciuta a pochi metri da lei.
– Kei!
– Yukiko! – la chiamò lui di rimando, affacciandosi oltre il varco. Le puntò un fascio di luce giallastra negli occhi, cosa che la costrinse a pararsi con una mano – Stai bene?
– Sì, sto bene – esordì lei, cercando di vedere oltre il proprio arto i visi dei due ragazzi – ..ho solo fatto un bel volo.
La breve pausa di silenzio che seguì finalmente la vide tornare a rilassarsi, sollevata dal cambio di direzione della luce della torcia. Sbattendo più volte le palpebre, le ci volle un po' perché le pupille tornassero ad adattarsi alla penombra circostante e non ci riuscì del tutto, la fonte luminosa proveniente dalla botola che non riusciva a liberarla del tutto della sua presenza.
– Yukiko – di nuovo la voce del dranzerblader si fece sentire, inducendola a sollevare di nuovo lo sguardo verso l'alto – Ti lancio la torcia: prendila.
La nightblader annuì di rimando con un cenno del capo e, dopo essersi sollevata cautamente in piedi ed essersi spazzata le mani sui pantaloni, si predispose a quel compito. Afferrò la torcia al volo per miracolo, soltanto grazie alla buona mira del ragazzo, il quale gliela lasciò cadere fra le mani, ma una volta appropriatasi di quello strumento provvidenziale avvertì un nuovo guizzo di coraggio animarla. Non che si fosse sentita così spaventata in precedenza, doveva ancora riprendersi del tutto dal susseguirsi di avvenimenti frenetici di quella nottata, ma ora che aveva una fonte di luce stabile poteva anche azzardarsi a cercare un modo per uscire da lì.
Non ebbe nemmeno il tempo di fare un passo che dietro di sé avvertì un tonfo sordo ed uno spostamento d'aria così vicino da farla sobbalzare. Con un urletto si scostò, ruotando su sé stessa con un balzello e puntando il fascio di luce dritto sull'erede della famiglia Hiwatari. Questi, raddrizzandosi come niente fosse, la guardò con apparente e perplessa sufficienza.
– Ma che cazzo fai? – sbottò infastidita la ragazza, premendosi una mano sul petto.
– Pensavi che ti avrei lasciata girovagare qui sotto da sola? – fece lui in tutta risposta, rivolgendole quella domanda retorica con un velo di strafottenza nel tono di voce.
Presa alla sprovvista, Yukiko si ritrovò combattuta fra l'offesa suscitatale dal modo in cui lui le si era rivolto e l'impressione favorevole della premura intrinseca in quell'accortezza. Optò per la seconda, seppur si curò di non darlo a vedere, e approfittò del momento in cui i due ragazzi tornarono a parlarsi per puntare la luce verso la loro via d'uscita.
– Vedete di non andarvene in giro a vuoto – si raccomandò Andrew – Io cercherò un'altra via.
– Non preoccuparti, troveremo senz'altro un'uscita – lo rimbeccò a tono il blader dai capelli d'argento.
La mora ebbe l'impressione che fra i due fosse in atto una rivalità molto simile a quella che aveva visto in qualche documentario fra due leoni dello stesso branco, pensiero che la fece ridacchiare sommessamente e le fece così guadagnare un'occhiata in tralice piuttosto perplessa da parte di entrambi. Ovviamente lei ammutolì e, facendo finta di niente, si incamminò verso l'arco fra le sbarre.
– Vediamo di uscire da qui in fretta.
Kei non le rispose ma le fu subito accanto, procedendo al passo con lei in quell'oscurità e affacciandosi sul corridoio che si snodava oltre quella stanza spoglia. Puntando il fascio di luce lungo lo stesso, la mora individuò alcune aperture che dovevano essere stanze simili a quella da cui erano appena usciti, prima che il passaggio svoltasse in un angolo retto verso sinistra. Il soffitto alto quanto quello delle celle contribuì a rendere ancor più macabro quell'ambiente dimenticato dall'uomo, dando l'impressione di uno spazio stretto e continuo, dal quale non si potesse uscire facilmente.
Proprio confortante, insomma!
Sospirò. Non era più molto sicura di apprezzare gli antichi castelli medievali.


Procedendo a passo misurato lungo il passaggio, i due giapponesi effettuarono alcune svolte prima di arrivare ad un bivio. Da una parte saliva una rampa di scale a chiocciola che scoprirono condurre alla prima delle due porte murate che erano l'accesso al piano superiore, mentre dall'altra il corridoio si snodava nell'oscurità in una serie tre diversi passaggi. Non fu facile per loro determinare la giusta direzione da prendere, nemmeno sul pavimento sembrava esservi traccia di un passaggio recente, cosa piuttosto strana agli occhi del dranzerblader: doveva per forza essere passato qualcun altro lì sotto recentemente, oltre a loro due.
Era ancora immerso nei propri pensieri quando la voce della sua compagna di viaggio lo riportò alla realtà.
– Ehi, hai sentito?
Lui inarcò un sopracciglio, tendendo le orecchie. Poco dopo colse un rumore in sottofondo.
– Sembra un corso d'acqua – commentò a mezza voce, per non disturbare il silenzio che pareva avvolgere l'intera struttura. Si accostò alla parete dietro la quale sembrava provenire quel nuovo suono e, dopo aver confermato per mezzo dell'udito la presenza di un qualche torrente dietro la parete rocciosa, tornò a cercarla con lo sguardo – Proseguiamo.
Lei annuì semplicemente con un cenno del capo prima di avanzare, precedendolo di mezzo passo in virtù del fatto che era proprio lei a reggere la loro unica fonte di luce. Approfittando della cosa, il dranzerblader ne studiò la sagoma di schiena: pareva procedere senza troppe incertezze, tenendo saldamente il fascio di luce puntato in avanti a illuminare loro il cammino. Non c'era traccia della paura che le aveva visto riflessa nello sguardo quando gli era finita fra le braccia diversi minuti prima, cosa che lo sorprese.
Ficcandosi le mani in tasca, il ragazzo assunse una smorfia. Quella ragazza riusciva ancora a sorprenderlo continuamente, in qualche modo.
Nell'oscurità proseguirono per diversi metri, seguendo le varie svolte e ritrovandosi ancora una volta a dover decidere che direzione intraprendere quando giunsero ad un nuovo bivio.
– Questo posto sembra un labirinto – si lamentò Yukiko.
Kei non le rispose, convenendo con quanto da lei detto soltanto fra sé e sé e limitandosi a ripiegare sulla destra. Aveva già perso la cognizione del tempo, potevano essere lì sotto da pochi minuti come da più di un'ora e si chiese che fine avesse fatto Andrew. Era casa sua quella, almeno una delle tante, se lui non era stato in grado di trovare quel terzo accesso ai sotterranei allora c'erano poche probabilità che potesse riuscirci qualcun altro.
In quel momento, dopo aver effettuato l'ennesimo passo, Kei avvertì qualcosa sotto la suola della propria scarpa cedere, seguito da un sommesso clangore metallico e da un rumore raschiante. Fu un istante, prima si sentirsi spintonare di peso da un lato e schiacciare contro la parete. La torcia rimbalzò per terra, un secondo prima che davanti agli occhi del blader passasse quella che sembrava una lama, che falciò in un arco l'aria esattamente dove era stato lui l'attimo precedente.
Premuto contro il muro di schiena, il ragazzo rimase a fissare quella falce di ferro arrugginito con occhi sgranati, ricordandosi di riprendere fiato soltanto quando percepì i polmoni bruciargli per la mancanza di ossigeno. Col cuore ancora in gola, cogliendo con la parte razionale della mente la pressione che gli gravava ancora sul petto, abbassò lo sguardo e si rese effettivamente conto della presenza della mora che, con la sua prontezza di riflessi, gli aveva appena salvato la pelle. Lei stessa stava cercando di riprendersi dallo spavento, piuttosto pallida persino in quella penombra, appoggiata a lui con tutto il suo peso. Il suo odore gli solleticò le narici e lui ne distinse la vaga fragranza di gelsomino, quasi completamente messa in secondo piano dall'odore proprio di lei. Gli piacque, inutile nasconderlo, e lo aiutò a riemergere da quello stato di torpore dovuto all'accidente che si era preso soltanto per catapultarlo in una trance differente.
La vide sollevare lo sguardo alla ricerca del suo e si perse all'interno di quegli occhi di smeraldo, il suo viso così vicino da poter distinguere il contrasto fra iride e pupilla; così vicino, da poter cogliere il suono del suo respiro, tanto flebile quanto irregolare. L'adrenalina ancora in circolo contribuì ad acuire le sue percezioni, i sensi talmente all'erta da riuscire a captare la tensione nei muscoli di lei, che era pari alla sua.
Così vicina, che avrebbe potuto facilmente rubare un bacio a quelle labbra leggermente schiuse, tanto invitanti persino in quel particolare frangente. Il silenzio intorno a loro era assoluto, fatta eccezione per il battito dei loro cuori, tale da dar l'impressione di non doversi calmare mai più. La stessa cosa era per le innumerevoli sensazioni che stavano correndo sottopelle al dranzerlader, tutte intense allo stesso modo e pulsanti nei punti in cui lei premeva le proprie piccole mani sul suo petto, oppure dove la pressione contro il suo bacino combaciava con il basso ventre di lei ed una gamba sfiorava l'interno della sua.
Eppure, a prescindere da tutto questo, a mandarlo alla deriva delle proprie emozioni era quella coppia d'iridi luminose, liquide quanto profonde, le quali esercitarono su di lui una forza magnetica che non tentò nemmeno di contrastare. Con lentezza quasi esasperante la distanza fra i loro volti si accorciò sempre più, il tempo scandito soltanto dal battito dei loro cuori, finché persino questo parve fermarsi quando lui ne sfiorò la punta del naso con la propria, reclinando leggermente il capo verso destra.
Ancora pochi millimetri e avrebbe dato pace all'intenso desiderio di assaporare quelle labbra.
Ancora pochi istanti e avrebbe potuto dar sfogo al profondo sospiro di sollievo che racchiudeva nel petto, al pensiero di soddisfare quell'intimo desiderio.
Le loro labbra si sfiorarono... e la parete, contro la quale Kei era poggiato di peso, cedette.
Il muro di massiccia pietra si scostò, ruotando su cardini invisibili e facendo sbilanciare entrambi i ragazzi all'indietro, causandone la rovinosa caduta sul pavimento del nuovo passaggio segreto. La botta che diede di schiena alla dura pietra gli tolse il respiro, in aggiunta al peso della ragazza che gli finì addosso ed il cui urletto di sorpresa si sommò al senso di vertigine che gli aveva fatto girare la testa e chiudere la bocca dello stomaco.
Ci impiegò un paio di secondi ancora, prima di schiarirsi abbastanza la mente da aprire gli occhi e visualizzare nel proprio campo visivo un volto ben noto.
– Eccovi, finalmente! Ho trovato una serie di passaggi segreti che fa al caso nostro – annunciò loro Andrew, con stampata in volto un'espressione sorniona – Lo so che ci ho messo un po', ma io vi avevo detto di non muovervi.
Kei sbuffò, scoccandogli un'occhiataccia di fuoco, prima di avvertire finalmente il peso della mora venire meno e potersi rialzare a propria volta. Una volta in piedi, si spazzò la polvere dai vestiti e si rimise a posto la sciarpa, per poi incrociare ambo le braccia sul petto e rivolgersi direttamente all'inglese, che pareva aver trovato anche il tempo di vestirsi.
– Allora, come facciamo ad uscire da qui?
Non riuscì in alcun modo a mascherare il fastidio della propria voce, dovuto al pessimo tempismo di questi: aveva ancora il cuore in tumulto per ciò che era appena accaduto fra lui e la nightblader al suo fianco, qualcosa che era destinato a rimanere in sospeso.
– Seguitemi – Andrew fu piuttosto bravo ad ignorare quella sua reazione, sebbene sembrò sfoggiare uno strano sorrisetto che contribuì ad irritare maggiormente il dranzerblader, sicuramente non famoso per la sua pazienza.
Yukiko, rimasta in silenzio sino a quel momento, ricomparve accanto a loro con la sua torcia stretta in una mano, miracolosamente funzionante dopo essere caduta sul pavimento a quel modo pochi minuti prima. Fu la prima a seguire il blader inglese, aiutandolo a far luce lungo il cammino mentre i tre avanzavano lungo il passaggio, largo appena da permettere a due persone di procedere affiancate.
In quel nuovo silenzio, percorsero qualche metro quando Kei tornò a far sentire la propria voce.
– Hai notato segni di un passaggio recente?
Andrew sembrò rifletterci un istante – Si può dire di sì, visto lo stato piuttosto pulito di alcuni cunicoli. È così che vi ho trovati.
Yukiko si voltò a scoccargli un'occhiata carica di sottintesi e lui annuì di rimando, leggendovi i suoi stessi dubbi: se l'inglese aveva constatato lo status in buone condizioni di alcuni passaggi piuttosto che altri, così come sembrava vigere quello che stavano attualmente percorrendo, ciò voleva dire che il meccanismo che aveva azionato l'ultima trappola in cui erano incappati era stato riparato per l'occasione. E probabilmente, quel qualcuno non era troppo distante da loro.
In quel momento arrivarono ad un incrocio che si apriva in tre direzioni diverse, ma prima di riuscire a imboccare una via, lungo i condotti si diffuse di nuovo uno strano suono molto simile ad uno stridio di catene, tanto vago quanto di breve durata. Nel silenzio a seguire, Kei si scoprì piuttosto nervoso e non fu l'unico ad accusare la tensione del momento: il rumore precedente era sembrato provenire da ognuna delle direzioni in cui si diramavano i passaggi.
– Per di qua – esordì a basso tono Andrew, facendo loro strada.
Imboccarono il cunicolo sulla destra seppur, prima di chiudere la fila, il dranzerblader si ritrovò a rabbrividire a causa di un umido alito di vento che gli sfiorò la nuca. Gli si rizzarono persino i capelli neri e riuscì a malapena a contenere la tensione relativa alla situazione in cui si erano cacciati.
Che nel bel mezzo di tale situazione vi fosse anche quello che doveva essere il loro anfitrione poi, aveva quasi del ridicolo.
L'oscurità era totale all'infuori del raggio delle torce, l'aria immota in quella nuova via, finché non sbucarono in una camera dall'alto soffitto a cupola. Illuminandola, notarono subito gli anelli in pesante acciaio affissi alle pareti, così come alcuni strumenti di metallo arrugginito, a ridosso di alcuni resti in legno di quello che probabilmente era stato il mobile in cui dovevano essere stati riposti. Al centro, alcune assi di legno marcio e delle catene.
Kei intuì subito che stanza fosse, ma ci pensò l'inglese a esternare quel pensiero a parole.
– Questa doveva essere una sala degli interrogatori...
Sembrava del tutto indifferente alla cosa, ma il modo in cui non soffermava la luce su nulla in particolare gli fece intuire quanto in realtà quell'ambiente dovesse inquietarlo. Si sentì un po' più sollevato nel constatare che non era l'unico a provare simili sentimenti per quel luogo piuttosto lugubre e non riuscì in alcun modo a frenare una smorfia, nel pensare agli orrori a cui quelle pareti dovevano aver assistito nel corso dei decenni.
– Da che parte? – domandò spiccio alla loro guida.
– Dovrebbe esserci una porta più avanti.. – stava dicendo l'inglese, voltandosi appena in sua direzione e bloccandosi, nel momento in cui posò il suo sguardo sul compagno.
Il dranzerblader in quel momento avvertì nuovamente un brivido gelido corrergli su per la schiena e per riflesso si aggiustò meglio la sciarpa sotto il mento, inarcando al contempo un sopracciglio nell'osservare il volto del blader europeo. Questi aveva smesso improvvisamente di parlare e, il fascio di luce puntato verso il basso, sembrava improvvisamente pallido quanto un lenzuolo nel fissarlo ad occhi sgranati. Perplesso, Kei scoccò uno sguardo alla sua compagna di viaggio apparentemente ignara di tutto e la vide indugiare un secondo nell'osservare il resto della sala, prima di voltarsi a sua volta verso di loro, mostrando un sopracciglio inarcato con aria palesemente interrogativa. Un'aria che mutò nel preciso istante in cui inquadrò il dranzerblader nel proprio campo visivo, il quale poté così vederla sgranare a sua volta quegli occhi verdi che, fino a pochi minuti prima, l'avevano attratto così prepotentemente. Si rese conto che i due ragazzi non stavano guardando lui soltanto in un secondo momento, quando avvertì un tocco tanto leggero quanto gelido sulla spalla sinistra.
Gli bastò ruotare leggermente il capo per inquadrare la sagoma scheletrica di quella mano avvolta da una debolissima luminescenza azzurrognola, così come l'attimo seguente gli si gelò letteralmente il sangue nelle vene nell'affondare gli occhi scuri in un fosco cappuccio al di sotto del quale intravedeva appena, nella penombra, dei lineamenti ossuti e spigolosi, all'apparenza quasi spettrali.
KYAAAh!!!!
Il grido di Yukiko rimbombò per tutta la sala, sommato a quello di Andrew, facendogli prendere letteralmente un colpo prima che entrambi lo afferrassero, uno per braccio, e lo trascinassero via di peso. Corsero via a gambe levate, imboccando il primo passaggio a loro disposizione ancor prima che l'eco di quell'urlo si spegnesse, tutti e tre egualmente spaventati, nonostante l'adrenalina in circolo nelle vene di Kei fosse dovuta più alla reazione comune che al resto. Se si fosse fermato a ragionare un secondo, probabilmente avrebbe capito che sotto quelle spoglie immortali si celava una creatura umana in tutto e per tutto mortale, ma non riuscì nemmeno a pensare di rallentare mentre procedevano come frecce impazzite lungo il cunicolo un po' più largo dei precedenti.
Io non ho paura! Io non ho paura! Io non ho paura!
Ad aprire la fila una Yukiko più veloce di quanto ci si sarebbe aspettato, che continuava a proferire quell'unica frase a ripetizione in un tono tanto terrorizzato da rendere vano quel tentativo di autoconvincimento da parte della moretta.
Subito dietro c'era lui, ovviamente, che era troppo preso a riempire i polmoni d'aria per pensare di dire o pensare qualunque cosa, mentre accanto a lui Andrew riusciva a mantenere il loro passo fin troppo bene, con le braccia che seguivano il moto di quella corsa a perdifiato nell'oscurità.
Corsero più velocemente che poterono, senza risparmiarsi nemmeno quando il terreno iniziò a salire sotto di loro e la strada che stavano seguendo raggiunse il suo epilogo contro quella che parve loro come una massiccia botola in legno rinforzato. Non ci pensarono su un solo istante, vi si gettarono contro di peso e questa cedette con fin troppa facilità sotto quell'improvvisa pressione, spalancandosi. Si ritrovarono fuori, lanciandosi letteralmente sul pendio erboso sotto quell'uscita di fortuna, finendo a ruzzolare sul terreno umido ed intriso di pioggia con un gran chiasso di imprecazioni e urla.
Dietro di loro la botola si richiuse da sé a causa del contraccolpo con le mura sotto le quali si stagliava, nascosta fra i cespugli, isolando un'altra volta quei sotterranei dal mondo esterno.


Quando Yukiko si riebbe dal volo fatto nello sbucare da quel passaggio, si ritrovò piena di graffi all'interno di quello che doveva essere un folto cespuglio carico di foglioline. Dolorante, riuscì a liberarsene a fatica ed una volta riversa carponi sul prato, cercò con lo sguardo i suoi due compagni di disavventura, il cuore che ancora le risuonava nelle orecchie per lo spavento presosi pochi minuti prima.
Andrew non era messo meglio: era riverso su quel pendio a braccia spalancate, gli occhi sgranati sul cielo volto all'albeggiare e il fiato altrettanto corto degli altri. Kei invece era seduto con ambo le mani a puntellare il terreno intriso di pioggia sul quale doveva essere scivolato - questo almeno a giudicare dalla quantità di fango che gli macchiava i pantaloni - col capo riverso all'indietro ed il petto che si gonfiava prepotentemente ad ogni inspirazione.
La volta celeste sopra le loro teste era punteggiata di nubi, ma un vago chiarore stava tingendo gli squarci nel manto nuvoloso di sfumature quali l'azzurrino, il rosa e l'oro: l'astro diurno doveva essere già in procinto di sbucare all'orizzonte, oltre il profilo delle colline circostanti.
Quando la nightblader tornò a guardare i due ragazzi a poca distanza da lei, intercettò lo sguardo ancora stralunato del figlio dei McGregor e quello magnetico del suo compagno di viaggio, cosa che le suscitò un nuovo brivido lungo la schiena, uno di quelli che non avevano nulla a che fare con la paura sperimentata poc'anzi.
– Che diavolo era? – chiese, la voce ancora spezzata dal respiro irregolare.
Lo vide scuoter il capo in segno di diniego, in un modo che le sembrò più sconsolato che confuso in realtà, come se non avesse alcuna intenzione di affrontare l'argomento. Qualunque cosa fosse successa là sotto, meritava di rimanerci. Lo sguardo di Andrew le fece comprendere che era della stessa idea se non di più, mentre sul suo viso dai lineamenti occidentali era ancora presente quel pallore da morto di paura che lo aveva assalito sin dal momento in cui si era accorto di quella presenza dietro al dranzerblader.
Sospirando, la mora reclinò il capo verso il basso, lasciando che i propri capelli le pendessero in avanti in un drappeggio scomposto, così come era scomposto il resto di lei. Lo risollevò soltanto un paio di secondi dopo, quando alle orecchie le giunse un suono che non credeva avrebbe mai avuto occasione di sentire. All'inizio fu talmente lieve che, scoccando un'occhiata al diretto fautore, dovette scrutarne il viso delineato in un sorriso per convincersi che non si stava sbagliando.
Kei scoppiò a ridere sotto i suoi stessi occhi.
Una risata che crebbe in volume, liberatoria quanto potrebbe esserlo una corsa sfrenata in reazione ad una felicità incontenibile, riempiendo il silenzio calato nell'aria del primo mattino, che lo costrinse ad abbandonare il capo d'argento fra le sue ampie spalle, scosse da quel moto d'ilarità. Quella reazione la lasciò spiazzata, completamente, assolutamente priva della possibilità di avere una qualsiasi reazione per un paio di minuti buoni oltre al fissarlo a bocca aperta.
Kei stava ridendo. Stava ridendo di cuore.
A quel suono si unì ben presto anche la voce di Andrew, il quale scoppiò a ridere a sua volta in una risata nervosa e poi sempre più divertita e fine a sé stessa. L'improvvisa ed incomprensibile esternazione di tutto quel buon umore contagiò ben presto anche Yukiko che, in preda al sollievo comune di essere uscita da quell'avventura da brivido, si unì alla comitiva.
L'incredulità tuttavia non scemò affatto in lei, ridendo mentre la sua mente ancora non riusciva a ricollegare il blader con cui aveva passato l'ultimo mese a quello che ora se ne stava lì, seduto a terra, a bagnarsi i vestiti ed a ridersela di quanto era appena accaduto loro. E poi comprese.
Comprese di essersi sbagliata sino ad allora.
Comprese di aver preso una cantonata colossale dal momento in cui l'aveva definito come un blader di ghiaccio.
In realtà il potere del suo bitpower gli calzava a pennello: lui era un blader di fuoco. Era come un vulcano dormiente sotto un ghiacciaio e pronto ad eruttare da un momento all'altro. Era l'emblema stesso della passionalità e dell'istintività, l'unico motivo per cui le era sembrato il contrario era la sua capacità di contenersi e dominarsi, di far prevalere la sua parte razionale. Ma quella impulsiva era sempre lì, sottopelle, pronta ad esplodere appena le difese che il ragazzo aveva accuratamente eretto intorno a sé avevano un cedimento.
Con la franca risata del blader ad accompagnare le loro, avvertì al centro del petto una sensazione di calore che si sprigionò prepotentemente verso l'esterno, dolce e amara al tempo stesso, talmente inattesa da lasciarla senza difese di fronte all'evidenza dei suoi sentimenti.
Comprese di essersene irrimediabilmente innamorata.
Non aveva idea di come fosse accaduto di preciso, di quando quella semplice attrazione si fosse evoluta in qualcosa di più profondo, ma non ebbe alcun dubbio al riguardo: lo amava.
Lo amava con tutta sé stessa.
Amava quel suo lato distaccato e scontroso, così come amava quella parte gentile e premurosa che le aveva mostrato nei giorni precedenti, ed ancor di più amava quella sua anima passionale quanto poteva essere il fuoco più rovente.
Lo amava come non aveva mai amato nessun altro, tanto da sentir dolere il cuore al centro del petto, ed in quel momento comprese che ciò che provava era destinato ad essere un sentimento a senso unico.
Rise di sé stessa, piegandosi sino a posare la fronte sull'erba bagnata.
Rise appoggiando ambo gli avambracci accanto a sé per sostenersi, mentre calde lacrime le scivolarono roventi sulla pelle, ricadendo fra quegli steli verdi, confondendosi con la rugiada del mattino. In quel momento di comprensione totale, non ebbe più alcun dubbio su sé stessa: era davvero una stupida.





...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Ho rischiato di non farcela, perché sono piuttosto di corsa, quindi scriverò giusto due righette!
Ringrazio chi mi segue e chi si è aggiunto fra i lettori di questa mia opera, che ormai ha preso una piega tutta nuova XD L'originale era decisamente diversa. Credo che ormai della fanfic precedente siano rimasti soltanto i personaggi. Fine. Ahah!
Vabbè, sperando che questo capitolo sia piaciuto vi saluti e vi mando un bacio, rimandandovi al prossimo aggiornamento! Fatemi sapere che cosa ne pensate per favore!
Kaiy-chan

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Capitolo 25
*** Una questione d'orgoglio ***




25. Una questione d'orgoglio


Non è da te arrenderti così” la voce di Night le risuonò limpida nella mente, nonostante il vento le fischiasse costantemente nelle orecchie.
Era affacciata alla merlatura dei camminamenti del castello dei McGregor, lo stesso castello in cui la notte passata aveva passato dei pessimi momenti. E non era stata l'unica.
Sotto di lei, nel cortile interno si stavano sfidando il dranzerblader ed il rampollo inglese, in un incontro che tutto pareva, tranne che un'amichevole. Vestito di tutto punto con quella sua particolare armatura scarlatta, Andrew impugnava fra le mani l'arma che era il suo lanciatore e governava il suo bey con maestria e decisione. Altrettanto si poteva dire di Kei, il quale sferrava un attacco dopo l'altro senza risparmiarsi in potenza e velocità.
Yukiko li osservò un momento, prima di tornare a fissare il paesaggio oltre quelle mura, costituito da colline i cui colori autunnali erano affievoliti dal grigiore del cielo e da alcuni sprazzi di verde spento. Non aveva piovuto per tutto il giorno, cosa positiva per il paese in cui si trovavano, ma il sole si era fatto piuttosto desiderare e lei di certo non era riuscita a dormire. Il sonno arretrato si stava facendo sentire sui suoi nervi, lo sapeva, che erano fin troppo tesi dall'avventura trascorsa nei sotterranei.
Alla fine il maggiordomo alle dipendenze di Andrew si era fatto avanti, accogliendoli per la colazione e rivelando loro che erano stati proprio gli uomini al servizio dei McGregor ad inscenare quello scherzo. In realtà era stato lo stesso blader inglese a dare disposizioni in merito, ma pareva che ci avessero preso un po' troppo la mano e vi si fossero impegnati fin troppo seriamente, tanto da riuscire a spaventare anche il mandante. Le scuse del maggiordomo erano tutto men che contrite, con la scusante che il suo 'Signorino' non era solito invitare amici a passare a casa qualche giorno ed era loro ferma convinzione che, alla fine, fosse stata una bella esperienza per il principale erede dei McGregor.
Andrew si era inalberato, Kei lo aveva guardato piuttosto scocciato e lei.. non aveva detto niente. Esatto, non aveva proferito una singola parola né aveva avuto alcuna reazione al riguardo. Aveva semplicemente preso nota della finzione di tutto quel teatrino e l'aveva accantonato, presa da problemi decisamente più pressanti che la riguardavano da molto più vicino. Gli stessi che la impensierivano in quel momento.
Non hai nemmeno provato a fare qualcosa al riguardo” nuovamente il suo bitpower tentò di farla ragionare, guadagnandosi un'occhiata in tralice da parte della mora.
Sapeva a cosa si stava riferendo, sapeva che in fondo aveva ragione, ma era spaventata. Temeva che, se avesse osato avvicinarsi troppo a quel blader di fuoco - come lo aveva ribattezzato - ne sarebbe rimasta bruciata.
Sbuffò, ironica. In realtà era qualcosa di inevitabile, perché aveva già passato il punto di non ritorno.
Ne sarebbe sicuramente uscita distrutta emotivamente, ma poteva ancora salvare il proprio orgoglio cercando di risolvere la cosa da sola, senza accennare ai suoi sentimenti con lui. Un proposito piuttosto arduo da mantenere, in quanto il semplice fatto di essersene innamorata cambiava drasticamente ogni cosa. Lo sforzo di reprimere ciò che sentiva nel cuore, aveva per lei lo stesso effetto di una ferita che sanguinava di continuo, dilaniata costantemente. Eppure, la necessità di non fargli capire quanto tenesse a lui era talmente intensa da poter essere paragonata ad un bisogno fisico.
No, non gli avrebbe detto nulla.
Avrebbe continuato a fare come se niente fosse ed, una volta tornati in Giappone, avrebbe fatto l'impossibile per dimenticarlo.
Perché sei convinta che ciò che avete vissuto non abbia alcun significato?” rincarò la dose Night, fissandola seduto a mezz'aria, con le gambe incrociate.
Yukiko sospirò di nuovo – Perché è così – inutile dire che lo sguardo che lui le lanciò di rimando le disse palesemente che non era stata esauriente, così la mora espose meglio quel pensiero senza riuscire in alcun modo a mascherare l'amarezza nel sorriso che gli rivolse – Il fatto che sia stato gentile con me non vuol dire nulla. Ciò che è successo la scorsa notte.. non posso permettermi di illudermi al riguardo. Anche se dovesse essersi trattato di qualcosa di più di un semplice impulso del momento, ciò non cambia le cose: non può finire bene. Ed il motivo di questa cosa è uno solo e corrisponde a quello che ci ha fatti incontrare – deviò di nuovo lo sguardo di smeraldo verso l'orizzonte, cogliendo l'ironia della situazione in cui si era andata a cacciare, finendo per esternare uno sbuffetto divertito e malinconico al tempo stesso – La volontà dei nostri genitori è qualcosa a cui non possiamo piegarci. Kei sicuramente non è disposto a farlo, non se il prezzo dello stare con me è il suo stesso orgoglio. E non potrei in alcun modo dargli torto.
È davvero più importante l'orgoglio della vostra felicità?
– Per due persone come noi, sulle quali grava costantemente l'ombra del nome delle nostre famiglie, sì.
Il silenzio che seguì si protrasse tanto da farle dubitare che Night fosse ancora al suo fianco, ma voltandosi a cercarlo lo vide esattamente nella stessa posizione di prima, lo sguardo distante a osservare un paesaggio che non vedeva realmente, perso nei suoi pensieri. Quando alla fine parlò, lo fece con un tono tanto serio quanto greve, carico di significato.
Si tratta di una vostra scelta, ma cerca di tener presente che non c'è mai un'unica strada da poter seguire
Non aggiunse altro, prima di abbozzare a lei un mesto sorriso e scomparire in un riverbero di luce bluastra, dopo aver impiantato in lei con le sue parole un piccolo seme.
Il seme del dubbio.
Il seme di una speranza.


Un freddo incredibile, ecco cosa trovarono appena misero piede a Mosca.
Dall'estate californiana erano passati all'autunno inglese, per finire ad affrontare le rigide temperature russe.
Kei, che già aveva avuto modo, in passato, di confrontarsi con quel clima, si era premurato per tempo ed ora era oltremodo contento di aver ripreso ad indossare la sua amata sciarpa bianca. Con le mani in tasca ed il busto avvolto dal suo nero giubbotto in pelle, non soffriva particolarmente il freddo, cosa del tutto prevedibile per uno che, come lui, aveva già avuto a che fare con un clima del genere.
Guardandosi intorno, mentre procedeva accanto alla moretta lungo una delle strade di Mosca, il dranzerblader si ritrovò a confrontare i ricordi che aveva con ciò che poteva vedere ora, trovando tutto praticamente immutato. Tutto, tranne le masse di ragazzini appassionate di Beyblade. Quelle sembravano meno presenti, un effetto dovuto a quanto probabilmente era accaduto in quel posto parecchi anni prima, all'organizzazione di Vorkof.
Venne distratto dalle sue riflessioni dall'improvviso fermarsi di Yukiko, cosa che gli fece render conto di essere finalmente arrivati di fronte all'hotel.
Si guardarono un momento, già prevedendo fra sé e sé di dover dividere - come l'ultima volta - una camera matrimoniale. Il ché non avrebbe causato poi tutti questi problemi in lui, se non fosse stato quasi sul punto di baciarla, in quei sotterranei in Inghilterra. Da quel momento aveva avvertito una costante tensione sottopelle, una sensazione che non lo aveva più abbandonato, nonostante fossero trascorsi quasi due giorni da allora. La cosa non era migliorata affatto da quando si era ritrovato sull'aereo per la Russia, a causa di quanto si era prefissato di fare una volta giunto a destinazione.
– Direi che è il caso di entrare – azzardò la nightblader, infrangendo il silenzio.
Kei annuì, concentrandosi sul presente e facendosi finalmente avanti per varcare la soglia dell'albergo che li avrebbe ospitati per tutto il loro soggiorno. Purtroppo, i loro timori si rivelarono fondati, poiché ad attenderli trovarono una camera provvista di letto a due piazze ed angolo adibito a salotto, non molto diverso dall'arredo tedesco. L'unica differenza era la caratteristica un po' sfarzosa della mobilia, in netto contrasto con il televisorino di vecchia generazione posto sulla cassettiera, ed un'ampia vetrata che forniva una splendida vista della città grazie all'altezza a cui si trovavano, corrispondente al nono piano.
A quanto pareva, il vecchio non aveva recepito il messaggio l'ultima volta che aveva fatto loro quello scherzo.
– Andare a protestare non servirà a nulla immagino – esordì con una smorfia la sua compagna di viaggio, senza una particolare inflessione nella voce.
Kei sospirò, dovendo concordare con lei, e poi si mosse per appoggiare il proprio zaino accanto al divano. Diede per scontata la suddivisione dei ruoli, tenendo per buona quella decisa l'ultima volta, e l'altra non sembrò aver qualcosa da obiettare, anche se indugiò parecchio sulla porta prima di farsi avanti e posare la propria sacca sul letto.
Il dranzerblader lanciò un'occhiata all'orologio: segnava le 18:37.
Avevano un'ora prima di presentarsi al ristorante dell'albergo per la cena.
– Com'è la gente da queste parti?
– Mh? – la domanda della sua compagna di stanza lo prese alla sprovvista e ciò lo indusse a scoccarle un'occhiata interrogativa.
– Mi chiedevo soltanto come fossero i russi – tentò di spiegare lei, seppur con una certa riluttanza, senza nemmeno guardarlo. Teneva il viso rivolto dall'altra parte, negandogli la vista dei suoi incredibili occhi verdi, cosa che fece nascere un moto di contrarietà nel petto del blader.
– Non sono molto diversi da tutti gli altri – commentò a quel punto, deviando il proprio sguardo sullo scorcio di cielo che si intravedeva dall'ampia finestra, senza riuscire ad evitare di corrucciarsi. Non riuscì a capire il motivo di quella strana domanda da parte di lei e la cosa non fece altro che alimentarne l'inquietudine, persino a cena.
E le cose non migliorarono molto nemmeno il mattino seguente.
Fecero colazione con calma prima di uscire, optando per fare un giro per la città.
Ripassando in vecchi posti a lui conosciuti, Kei si sentì come ricatapultato indietro nel tempo e non si sorprese più di tanto quando, intravedendo un giubbotto color azzurro chiaro, per un attimo gli apparve davanti agli occhi il ricordo della prima visita dei Bladebreakers in quel paese, in occasione della finale del loro primo torneo mondiale.
Attraversando una delle piazze che all'epoca aveva visto gremita di ragazzini intenti a giocare, si fermò nello scrutare lo spiazzo vuoto, avvertendo in sé un sentimento che era fin troppo simile alla nostalgia. Che fine avevano fatto tutti quei blader? Che ne era stato dello sport che aveva conquistato milioni di ragazzini in quella parte del mondo?
Erano semplicemente cresciuti, abbandonando quella che per loro era stata quasi un'ossessione giovanile?
– Kei? – la voce interrogativa e preoccupata di Yukiko lo fece tornare in sé, permettendogli di riprendere a camminare, senza tuttavia voltarsi a guardarla.
– Siamo quasi arrivati – le disse soltanto, procedendo senza indugio, le mani in tasca e la sciarpa strattonata da una folata di vento.
Le strade erano tutto sommato affollate e non v'era ancora traccia di neve sui bordi dei marciapiedi o nelle aiuole. Inoltre, il sole splendeva pallido ma vivo nel cielo privo di nubi, aiutandoli a combattere il gelo dell'aria che si insinuava fra gli edifici e lungo le vie. Si sarebbe potuta definire una bella giornata, quella che li vide presentarsi davanti all'immensa struttura che aveva ospitato il torneo mondiale di Beyblade.
Quando vi si fermarono dinanzi, il dranzerblader si voltò a osservare la ragazza che lo accompagnava. Yukiko, di fronte all'ingresso dello stadio, spalancò gli occhi e per un attimo parve illuminarsi, l'iridi accese da un raggio di sole, prima di voltarsi a guardarlo incredula. La sua espressione lo fece sorridere.
– È quel che penso io?
Lui annuì – È lo stadio che ha ospitato i campionati mondiali di Beyblade di otto anni fa.
– E possiamo entrare?!
Non le rispose direttamente ma si limitò ad avanzare verso l'ingresso, recintato da un'altra rete metallica. Il cancello era chiuso, ma lui non ebbe alcun indugio nell'aggrapparsi alle maglie della rete per saggiarne la stabilità.
– K-Kei! Che vuoi fare? – la domanda della mora lo fece voltare a guardarla. Gli parve allarmata e ansiosa, soprattutto a causa del modo in cui si guardava intorno, comportamento che gli fece nascere un mezzo sorriso divertito sulle labbra.
– Entriamo – esordì fermamente.
– Ma non possiamo!
– E chi potrebbe impedircelo? Non c'è anima viva – le rispose senza batter ciglio – Eri tu quella che avrebbe voluto assistere dal vivo alle finali – le fece notare, cosa che suscitò nella ragazza un moto di contrarietà che lui fu lesto a sopprimere sul nascere con una nuova incitazione che non ammetteva repliche – Su, sbrigati. Ti aiuto a scavalcare.
Dopo un momento ancora di incertezza, alla fine la mora si risolse a fare come le aveva detto e lui la sospinse verso l'alto dopo aver intrecciato ambo le mani per crearle un sostegno temporaneo. Una volta che ella fu dall'altra parte, gli ci volle poco per imitarla, puntellando la rete con mani e piedi e arrampicandosi sino a saltare oltre.
Quindi, rialzatosi dalla posa accucciata con cui era atterrato e ben consapevole della presenza di qualche tipo di sorveglianza che comprendesse telecamere a circuito chiuso, afferrò per un polso la nightblader e la condusse a passo rapido verso l'ampio arco che costituiva l'ingresso vero e proprio all'edificio di pianta semi-circolare.
Col cuore che batteva all'impazzata e l'adrenalina in circolo, Kei si trovò per un momento a considerare di aver già sperimentato una situazione simile appena pochi giorni prima, con l'unica differenza che non stavano scappando da qualcosa e che le parti sembravano essersi invertite. La cosa gli causò un battito stonato al centro del petto, che ignorò magnificamente mentre correva con lei lungo il corridoio deserto, accompagnati dallo scalpiccio delle loro scarpe da ginnastica.
Si fermò soltanto quando giunsero oltre l'arco che dava accesso al Beyblade-Stadio, uno dei due ingressi adibiti all'entrata in scena degli sfidanti, ma una volta arrestato il passo impiegò un secondo in più del dovuto a lasciarla andare. Cercando di controllare il proprio respiro affannoso, lanciò alla sua compagna di squadra un'occhiata da sopra la spalla, cedendo alla curiosità di vederne di nuovo l'espressione del viso. E ne rimase piuttosto soddisfatto.
Yukiko aveva gli occhi talmente spalancati da mostrare completamente i bordi circolari dell'iridi, in contrasto con il bianco circostante, mentre ammirava a bocca aperta lo spazio circolare al cui centro era fissato il semplice campo di gara di default. Notò un bel colorito sulle sue guance, mentre avanzava di qualche passo, sorpassandolo e guardandosi intorno con tutta l'aria di non poter credere ai suoi occhi.
Imitandola, il dranzerblader sollevò gli occhi scuri per abbracciare gli spalti ed un'ombra minacciò di avvolgerlo, al ricordo dell'ultima volta che aveva messo piede in quel luogo. Un'ombra che venne prepotentemente scacciata dalla voce di lei.
– Ehi Kei – lo chiamò la mora, voltandosi su sé stessa per cercarlo. Intercettandone lo sguardo, il ragazzo dai capelli d'argento si ritrovò a trattenere il respiro, alla vista del luminoso sorriso che lei gli stava rivolgendo, un sorriso che lasciava trasparire tutto il suo entusiasmo – Ti va un incontro?!
Preso alla sprovvista, lui di rimando inarcò un sopracciglio – Qui?
– Perché no? È pur sempre un Beyblade-Stadio – confermò, senza batter ciglio ma facendo anzi qualche passo per avvicinarsi alla piattaforma rialzata riservata ai combattenti – Già che siamo qui, è stupido non approfittarne!
Il giovane Hiwatari la guardò salire gli scalini con rapide falcate, sorprendendosi nel comprendere di star valutando seriamente la sua proposta. Quella poteva essere una buona occasione per cercare di costruirsi nuovi ricordi legati a quel posto, ricordi che non gli infondessero alcun rimorso. Certo, questo era possibile solo se non si facevano beccare, ma a conti fatti non stavano facendo nulla di male. In fondo, sarebbe bastato fare in fretta e non distruggere tutto.
Sorrise – Non ci andrò leggero.
– Non chiedo di meglio – ribatté lei, con uno dei suoi mezzi sorrisi di sfida.
Kei si mosse, raggiungendola e posizionandosi di fronte a lei, dall'altro lato del campo da gioco. Bastò uno sguardo per entrare nel vivo del loro spirito combattivo, mentre la tensione che in passato lo aveva pervaso più volte di fronte ad una sfida ufficiale tornò a farsi strada in lui, innescata dall'ambiente circostante. Fu come se fosse stato catapultato nel passato, con l'unica differenza che di fronte a lui non c'era Boris, ma Yukiko. Per un fugace momento fu come se stesse ancora una volta per disputare la finale per il titolo di miglior blader del mondo e si tenne stretta quell'impressione, incatenandola nella propria mente con lo scopo di saggiare le stesse emozioni di allora.
– Tre.
– Due.
– Uno.
– Pronti...
Lancio! esclamarono all'unisono.
I beyblade sfrecciarono l'uno contro l'altro andando a impattare esattamente al centro dello spiazzo che li separava, ancor prima di toccare terra. L'onda d'urto che sollevarono costrinse entrambi a socchiudere gli occhi, sollevando un braccio per ripararsi dalla polvere. Nella mente di Kei risuonò la voce di DJ-Man, il giudice di gara ufficiale dei tornei, ripescata da un angolo del suo stesso subconscio.
Si prospetta un incontro senza esclusione di colpi, gente! Il match è iniziato con un esordio incandescente, che ha visto i due beyblade avversari scagliarsi l'uno contro l'altro senza nemmeno aspettare di toccare terra!
Staccandosi, Night e Dranzer sfrecciarono in due direzioni opposte nel campo di gara, solo per concludere con una traiettoria ad U che li vide lanciarsi di nuovo l'uno contro l'altro. Le scintille che ne seguirono si spensero ancor prima di adagiarsi sul rivestimento in metallo della pavimentazione, il quale diffondeva le vibrazioni delle due trottole come un'antenna parabolica.
Dranzer! – urlò, richiamando il potere del suo bitpower, determinato a concludere.
Night! – lo imitò lei, sollevando un braccio al soffitto.
Il familiare fascio di luce rossastra seguì quello bluastro del bit della ragazza, un attimo prima che le due creature prendessero forma sulle loro teste. L'Aquila e l'Anka si scagliarono l'una contro l'altro con un grido che risuonò per tutto lo stadio, esprimendo la combattività dei due blader di cui erano i compagni di battaglia.
Tempesta di Fuoco!
Stella Cometa!
Finì tutto così com'era iniziato.
I due bey si scagliarono nuovamente l'uno contro l'altro, avvolti rispettivamente da fiamme e vento gelido, culminando in un'onda d'urto tanto forte da sbalzare indietro lo stesso dranzerblader. Il colpo che diede con la schiena al pavimento gli tolse il respiro dai polmoni e l'urto si aggiunse al contraccolpo dato dallo spostamento d'aria, talmente intenso da poter paragonarlo ad un assalto fisico. Il contrasto fra caldo e freddo rese per pochi secondi l'aria talmente pesante da dargli l'impressione di sentirla scricchiolare. Ci mise un attimo ancora per riuscire a fermare il giramento di testa e ad aprire gli occhi sul soffitto, e quando ciò accadde, non fu sorpreso di distinguere delle stelline ammiccanti ai bordi del proprio campo visivo.
Il silenzio che era calato nuovamente nello stadio venne infranto da un gemito sommesso, proveniente dal lato opposto al campo di gara, e Kei si rammentò della presenza di Yukiko. Ignorando la protesta dei muscoli del busto, si sollevò a sedere, cercando subito la ragazza con lo sguardo. La trovò che stava cercando di sollevarsi a sua volta, dopo essere stata sbalzata giù dalla piattaforma, a due metri dal punto in cui si trovava prima di quell'ultimo attacco. I suoi abiti recavano i segni di quel loro confronto, così come egli sapeva che costellavano i propri, segni costituiti da un paio di usure da calore e qualche incrostazione di quella che doveva essere brina.
Dopo essersi assicurato con lo sguardo che stesse bene, il dranzerblader posò la propria attenzione sul campo di gara, finendo per sgranare gli occhi.
Una conclusione spettacolare, signore e signori! Questa finale del mondo si conclude con un pareggio!” esordì la sua immaginazione con la voce di DJ-Man.
Night e Dranzer giacevano infatti al centro del campo di gara, l'uno riverso contro l'altro, al centro di quella che gli parve una pioggerellina di stelle che si dissolse in fretta sotto il suo sguardo. I due bit al centro, di nuovo inerti e spenti, erano l'uno rivolto verso l'altro, come se gli emblemi su di essi raffigurati si stessero guardando reciprocamente.
Lo stesso sguardo che si scambiarono i due ragazzi nel momento in cui riuscirono a scendere al centro del campo di gara per recuperare le loro trottole. Kei, soffermandosi a fissarla, lesse negli occhi della mora le sue stesse emozioni, una cosa che continuava a lasciargli in bocca un sapore agrodolce, che gli ricordava un passato in cui non aveva avuto altre preoccupazioni se non quella di diventare più forte. Per quel singolo momento, ogni suo proposito, ogni sua preoccupazione o ansia che lo accompagnava scomparve, lasciando soltanto la soddisfazione ed il senso di complicità che aveva trasmesso loro quell'incontro.
Ed ancora una volta lo assalì l'impulso di baciarla.
Un impulso che venne accantonato l'istante successivo, giacché si ricordò del luogo in cui erano e della necessità di non attardarvisi oltre. Raccolse pertanto Dranzer, rimandando ad un altro momento l'esame dei danni subiti, e dopo aver atteso che Yukiko facesse altrettanto si avviò nella direzione da cui erano arrivati diversi minuti prima.
– Dobbiamo andare – le disse soltanto, superandola con passo spedito.
Lei parve sorprendersi un poco ma non ribatté nulla, limitandosi a scattare a sua volta ed a raggiungerlo con un salto giù dalla piattaforma. A quel punto ne intercettò l'espressione fra l'interrogativo e l'apprensivo e lui, istintivamente, le scoccò un mezzo sorrisetto velato di ironia, prima di afferrarla per un polso e trascinarsela dietro.
Corsero fuori, giusto in tempo per sentire il suono di una sirena in lontananza.
– Per di qua!
Raggiunsero in fretta la rete ed il dranzerblader quasi scaraventò la compagna dall'altro lato, prima di issarsi a sua volta aggrappandosi alle maglie metalliche e scavalcare la recinzione. Col cuore in gola, se la diedero a gambe, finché non raggiunsero un parchetto della zona e optarono finalmente per fermarvisi, ormai lontani dalla “scena del crimine”.
Piegato in due per riprendere fiato, Kei avvertì le proprie spalle tremare in reazione ad una leggera risata che gli nacque in petto, nata dall'esultanza di essere scampati ad un epilogo piuttosto sfortunato. Eppure la prima a ridacchiare ad alta voce fu proprio la moretta che, pochi secondi dopo, finì con il tenersi le braccia sullo stomaco nel ridere di gusto.
– Sei un pazzo! Un pazzo! – esclamò, continuando a ridersela della grossa.
Fra il perplesso ed il divertito per quella sua ilarità, lui finì per unirsi a lei senza ribattere alcunché, assaporando quella sensazione di libertà che gli dava il poter scoppiare a ridere liberamente a quel modo, senza avvertire minimamente la necessità di frenarsi o limitarsi. Con lei, comprese, si sentiva proprio così: libero di essere sé stesso.
Bastò quel pensiero per far scemare il buon'umore nato da quell'avventura.
No, non poteva essere completamente sé stesso. Non con lei.
Non avrebbe potuto in alcun modo rivelarle quella parte del suo passato che egli stesso aveva tentato di lasciarsi alle spalle in ogni modo. Un passato che doveva affrontare una volta per tutte, per capire se realmente era riuscito ad accantonarlo come aveva creduto sino a quel momento.
Per questo motivo, dopo aver mangiato qualcosa in una paninoteca per pranzo, si decise a fare ciò che si era ripromesso ormai da tempo e si alzò dal tavolino.
– C'è una cosa che devo fare – annunciò serio, quasi cupo.
– Non vuoi che ti accompagni..?
– No. È una questione personale – affermò senza mezzi termini, già muovendosi per allontanarsi dal tavolo – Non mi ci vorrà molto.
Ne ignorò lo sguardo interrogativo, ben consapevole che lei aveva capito che non si trattasse di uno dei suoi soliti giri in solitaria.
Ne apprezzò la discrezione quando comunque ella annuì solamente, senza fargli domande o lanciargli qualche commento fine a sé stesso.
Sarebbe tornato entro un paio d'ore, si ripromise.
Eppure, una parte di lui già sapeva che non sarebbe stato così semplice mantenere quel proposito.




...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Boom! Che cos'avrà mai intenzione di fare Kei?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo ;D non vi anticipo nulla.
Ultimamente mi ritrovo un po' a corto di commenti da fine pagina XD chiedo venia se alcuni di voi si aspettavano qualcosa di più - anche se dubito che ci sia davvero qualcuno che rimpianga i miei papiretti di quest'angolo! Devo dire che cmq, trovare un titolo per questo capitolo è stata dura e non sono convintissima del tutto nemmeno di questo, quindi se vi va potete sempre suggerirmene uno migliore.. anzi, fatelo vi prego! Stasera non ero proprio ispirata!
Sperando che, oltre a propormi titoletti sostitutivi, mi facciate sapere cosa ne pensate, vi saluto..
un 'ciao-ciao' con la manina dalla vostra
Kaiy-chan

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Capitolo 26
*** Non sei solo.. ***




26. Non sei solo..


Sulle note di In the Middle of the Night, Yukiko lasciò vagare per l'ennesima volta lo sguardo verso l'orizzonte di tetti, oltre l'ampia vetrata della finestra della sua stanza. La loro stanza, si corresse.
Peccato che del dranzerblader non vi fosse ancora nessuna traccia dopo quasi cinque ore da quand'era sparito. Ormai la luce diurna si era fatta abbastanza fioca da lasciar intuire che, oltre il suo campo visivo, il sole fosse quasi alla fine del suo percorso giornaliero. Ad occhio e croce mancava ancora un'ora al tramonto, ma la penombra in cui stava precipitando la città era dovuta al semplice fatto che il cielo fosse completamente coperto di spesse nubi di un pesante grigio piombo.
Le ultime note della canzone le risuonarono nelle orecchie attraverso le cuffie degli auricolari e la mora si voltò, raggiungendo il letto e sollevando in una mano il proprio telefono. Sul display comparvero data ed ora: 17:28 di Sabato 4 Ottobre.
E di Kei ancora nessun segno: né un messaggio, né una chiamata.
Avevano concordato di scambiarsi i numeri di telefono dopo che lei aveva rischiato di perdersi a Berlino, ma per quante volte cercasse ora di contattarlo, nell'orecchio le era risuonato il messaggio dell'operatore che l'informava dell'irraggiungibilità del numero chiamato. Imprecò a denti stretti quando, provando un'ultima volta, ottenne il medesimo risultato.
Con passo deciso attraversò di nuovo la stanza per afferrare la maglia della felpa ed il giubbotto in pelle, entrambi appesi all'attaccapanni dietro la porta, quindi lanciò un'ultima occhiata alla finestra. Le era appena sembrato di intravedere un lampo con la coda dell'occhio.
Sbuffò infastidita, risolvendosi ad infilarsi anche i propri guanti senza dita in lana nera, prima di imboccare la porta ed uscire da quella camera. Riponendo la chiave in tasca, si premurò di aver ben allacciato cerniere e bottoni, mentre scendeva le scale con uno slancio dettato dall'inquietudine che provava dentro sé stessa. Sapeva che non avrebbe dovuto preoccuparsi, sapeva che il suo compagno di viaggio era più che capace di badare a sé stesso ed il fatto che ci stesse mettendo così tanto poteva voler dire tutto e niente. Lei sperava ardentemente che non volesse dire niente, ma era sempre meglio assicurarsene, piuttosto che stare rintanata in hotel a far nulla.
Alla reception si procurò una cartina tascabile della città, ben intenzionata a non perdersi di nuovo da sola, specialmente visto il motivo per cui stava uscendo e, già che c'era, prese in prestito uno degli ombrellini dell'albergo, approfittando dell'omaggio che sarebbe spettato loro per aver usufruito di una delle camere matrimoniali migliori, unica cosa positiva dell'intera faccenda.
Quindi, una volta in strada, si fermò per guardarsi brevemente intorno.
Da dove hai intenzione di cominciare?” le chiese Night dall'interno del suo bey.
– Non lo so – gli rispose meccanicamente, spiegando la cartina e dando un'occhiata – Tu non sei in grado di percepire la presenza di Dranzer?
Guarda che non sono un power-detector..” ribatté sarcasticamente l'Anka.
– Era solo per chiedere – bofonchiò la mora, prima di decidersi e muoversi verso sinistra – Proverò da questa parte. Non credo sia negli stessi posti che abbiamo attraversato oggi – rifletté, ripiegando la cartina e ficcandosela in una delle tasche dei jeans.
Infilando le mani in tasca prese a camminare di buon passo, tenendo a mente le varie svolte delle strade e ringraziando la propria sorte, che in un momento di indecisione le aveva fatto mettere in borsa un paio di calze invernali in più. Già dopo dieci minuti di vagabondaggio per le strade di Mosca, avvertì sin troppo chiaramente il calore nell'aria diminuire e, a venti minuti, il primo rombo di tuono in lontananza risuonò attraverso l'aria altrimenti immota.
All'ennesima perlustrazione inconcludente di una serie di viottoli secondari, ritornando su una delle strade principali Yukiko si fermò, chiudendo strettamente gli occhi in un moto di frustrazione che le fece sbattere i piedi per terra.
Per quanto ancora hai intenzione di girare a vuoto?” le chiese con tono accomodante il suo compagno di battaglie.
– Quanto sarà necessario per trovarlo. Non intendo arrendermi prima che faccia buio – gli rispose lei a mezzo tono, corrucciata mentre tentava di dare una nuova occhiata alla piantina per decidere da che parte andare ora.
Non manca molto” le fece notare Night.
Lei in tutta risposta sbuffò, infastidita da quella precisazione non richiesta. Sapeva che presto avrebbe dovuto darsi per vinta, sapeva che non aveva avuto nessuna possibilità sin dall'inizio, eppure non era riuscita ad impedirsi di tentare. In fondo ci aveva sperato davvero, di riuscire a ritrovare Kei e così aver la scusa di affrontarlo. Perché non era riuscita in alcun modo a non preoccuparsi per lui, non ci riusciva nemmeno in quel momento ed era una sensazione orribile. Avvertì gli occhi pungerle a causa delle lacrime e, stringendo i denti, le ricacciò indietro: era ancora presto per lasciarsi andare allo sconforto ed all'autocommiserazione.
Con un brusco gesto della mano scacciò quei veli umidi e riprese a camminare a passo di marcia, finendo per sbucare alla base di uno dei ponti che scavalcavano il fiume Moscova. Attraversando la carreggiata, la nightblader si affacciò al parapetto prima di guardarsi intorno, senza risultato. Da che parte avrebbe dovuto ripiegare ora? Batté un pugno sulla pietra del muretto.
– Maledizione, come diavolo faccio a trovarlo in una città così grande?!
Nessuno le rispose, nemmeno Night, che reputò più saggio lasciarla sbollire per conto proprio. Una decisione che Yukiko non riuscì ad apprezzare appieno, dovendo fare i conti con sé stessa e la propria frustrazione. Un nuovo tuono rimbombò sopra di lei, più vicino di quello udito precedentemente diversi minuti prima, ma comunque non eccessivamente forte. Si sarebbe messo a piovere, ormai era assodato. Proprio una fortuna sfacciata!
Scacciando quei pensieri inconcludenti si voltò di scatto, procedendo ad un passo sostenuto lungo il viale che affiancava il fiume, finché non mutò in una vera e propria corsa. Rallentando in prossimità di ogni incrocio, la mora girò un angolo per buttarsi in una delle vie laterali, senza in qusto modo poter evitare alla propria impulsività di metterla d'impiccio.
Andò inavvertitamente addosso ad un ragazzo, sbattendo contro il suo petto con tanto impeto da barcollare lei stessa all'indietro, totalmente presa alla sprovvista dalla comparsa di quell'ostacolo sulla sua strada. Sbilanciata all'indietro, evitò di ritrovarsi lunga distesa sul selciato soltanto grazie ad una mano che la afferrò al volo, con presa ferrea, al braccio destro. Trattenuta in bilico il tempo necessario affinché potesse ristabilire il proprio equilibrio, la mora si raddrizzò, ricordandosi di respirare soltanto quando fu in grado di non pesare più sullo sconosciuto.
– M-mi scusi! – esclamò istintivamente in giapponese, ancor prima di sollevar l'iridi sullo sfortunato a cui era finita contro.
Quando lo fece, si trovò a fissare un paio di occhi della stessa tonalità del ghiaccio, incastonati in un volto pallido che metteva ancor più in risalto una chioma ribelle di un particolarissimo rosso scarlatto. Si pentì subitaneamente di non aver fatto più attenzione, ritrovandosi a doverne sostenere a fatica lo sguardo diretto quanto penetrante; uno sguardo che, per certi versi, le ricordò quello che aveva visto a volte assumere al dranzerblader. Il silenzio che seguì iniziò a farla sudare freddo, soprattutto a causa del fatto che lui non le lasciò subito il braccio, nonostante lei fosse ora ben stabile sugli arti inferiori.
– I'm so sorry – riprovò con un sorriso teso, questa volta in inglese, resasi conto di non averlo usato in precedenza.
– Una ragazza come te non dovrebbe girovagare da sola per le strade di questo quartiere – le si rivolse finalmente lo sconosciuto, con tono tanto freddo da farla rabbrividire. A causa di questo impiegò un istante, prima di rendersi conto che questi aveva appena parlato la sua stessa lingua, ed inarcò un sopracciglio.
– Allora parli giapponese! – esordì, un po' meno nervosa e più sorpresa di poc'anzi, prima di abbozzare un sorriso mortificato – Non conosco la città, sono arrivata solo ieri e non ho avuto il tempo di farmi un'idea.
– Ti sei persa?
– No, ho una cartina – gli rispose lei, facendo un mezzo passo indietro e tirando fuori la piantina ripiegata su sé stessa da una delle proprie tasche, mentre il rosso sembrò decidersi a lasciarla andare. Gliela mostrò reggendola fra due dita, piegando le labbra in una smorfia nel vedere le sopracciglia del ragazzo saettare entrambe verso l'alto, come se non si aspettasse davvero che avesse tutto sotto controllo. L'aveva davvero giudicata con un solo sguardo come una di quelle ragazzine 'tutto fumo e niente arrosto'? Ricacciando indietro uno sbuffo spazientito, incrociò ambo le braccia dinanzi al petto – Scusa ma non ho tempo adesso, sto cercando una persona.
A quell'affermazione tuttavia, lo vide sbatter una volta le palpebre prima di tornar ad un'espressione totalmente imperturbabile, solcata da un leggerissimo mezzo sorrisetto – Sicura che quella persona voglia farsi trovare da te? – le chiese, vagamente ironico.
Quell'atteggiamento non fece altro che indispettire ancor di più la moretta, che per poco non tentò di incenerirlo con lo sguardo – Avete tutti un pessimo senso dell'umorismo, voi russi? – lo rimbeccò lei, prima di tornare a concentrarsi sul suo obiettivo primario e tentare il tutto per tutto, seppur completamente sfiduciata – Sto cercando un ragazzo giapponese all'incirca della mia età, vestito con un giubbotto in pelle e una lunga sciarpa bianca. Ha i capelli neri e tinti d'argento e sul volto sfoggia due segni blu per guancia.
Il russo si corrucciò in volto, mentre il suo sguardo si assottigliò a quella descrizione – Hai detti che ha dei segni blu sul viso?
Yukiko annuì, spalancando appena lo sguardo. Possibile che la fortuna iniziasse a girare per il verso giusto?
– Stai parlando di Kei?
– Sì – esclamò lei, abbandonando definitivamente quell'aria sostenuta per lasciar spazio a un largo sorriso – Hiwatari Kei. Lo conosci?
Il rosso non ricambiò quel sorriso ma, se possibile, si fece ancor più freddo nei modi e nello sguardo che le rivolse – Sì, lo conosco – il tono velato di amarezza ed ironia che usò, le fece salire un brivido su per la schiena – Non sapevo che fosse tornato in Russia.
Per riflesso la nightblader fece un nuovo mezzo passo indietro, avvertendo i propri nervi tendersi sino allo spasimo in una reazione difensiva. Improvvisamente di nuovo in guardia, non riuscì in alcun modo ad evitare alla domanda che gli rivolse di suonare flebile quasi quanto un sussurro – ..chi sei?
– Il mio nome è Yuri Ivanov.


Quando la prima goccia di pioggia cadde ai suoi piedi, Kei pensò che avrebbe dovuto far ritorno all'hotel, eppure non si mosse. Rimase seduto su quel muretto senza riuscire a smettere di rivedere il sé stesso della propria infanzia allenarsi insieme agli altri ragazzini in quello stesso cortile, con l'unico intento di diventare più forte.
Appollaiato su quel parapetto di mattoni e cemento con, come unica protezione dal gelo di quella stagione, il giubbotto di pelle e la sua sciarpa bianca, rimase a guardare la struttura del monastero di Vorkof, dopo non aver trovato nemmeno il coraggio di entrarvi. Era andato lì apposta, eppure, appena messo piede in quel cortile, non era riuscito ad andare oltre, assalito da ricordi che non avrebbero dovuto avere più alcun effetto su di lui, non dopo tutti quegli anni. Peccato che le cose avessero preso una piega del tutto diversa da quella che egli stesso si era augurato: aveva avuto l'intenzione di mettersi alla prova e dimostrare a sé stesso di aver superato quanto era accaduto, ma oramai era evidente che si fosse sbagliato.
Lasciando vagare lo sguardo sul selciato cosparso di ribelli ciuffetti d'erba secca, con un braccio appoggiato sul ginocchio destro, tenuto sollevato al petto, il dranzerblader si godette l'intensa sensazione di freddo mentre una leggera pioggerellina mista a neve iniziava a picchiettare con regolarità sul terreno e gli edifici vicini. Non si curò di iniziare a bagnarsi, mentre la sensazione di quelle gocce d'acqua e ghiaccio gli si riversava addosso con lo stesso effetto di piccoli spilli gelidi; anzi, l'accolse come se fosse un balsamo lenitivo, sperando che lo aiutasse a scacciare quel suo tormento interiore. Speranza vana.
L'unica cosa che ottenne fu di ritrovarsi in pochi minuti impregnato d'acqua, mentre quel freddo iniziava a penetrargli nelle ossa. Un basso rombo di un tuono seguì l'inizio di quello scroscio di pioggia che si abbatté tagliente sulla città, sferzandolo senza ritegno e senza che egli stesso riuscisse a darvi importanza, come cristallizzato in sé stesso. Le ciocche d'argento iniziarono ad appesantirsi d'acqua, così come questa gli inumidì i vestiti, sciarpa compresa.
Tutte cose che lui ignorò, sentendosi come risucchiato da vecchi ricordi e antichi rancori in una dimensione parallela.
Una dimensione dalla quale riemerse soltanto una trentina di secondi dopo che l'ombrello di un colore viola scuro venne posto sopra il suo capo, riparandolo dal maltempo. Quando se ne rese conto, risalì con sguardo apatico la piccola mano guantata che lo reggeva, senza riuscire a sorprendersi più di tanto nel ritrovarsi a incrociare due occhi di un intenso verde smeraldo, avendo ormai imparato a riconoscerli fra mille.
– Come sapevi dove trovarmi?
Yukiko, ferma al suo fianco e dietro quel basso muretto, abbozzò un mesto sorriso – Me l'ha detto Yuri.
Il sentire quel nome pronunciato dalla mora lo fece quasi sussultare e, preda di un nuovo moto d'ansia, tornò a far vagare i propri occhi scuri su quella desolazione, immerso in un nuovo silenzio. Un altro borbottio del cielo lo infranse, ma la voce di lei impiegò ancora qualche minuto prima di tornare a farsi strada sino alle sue orecchie, flebile quanto poteva esserlo il fruscio stesso del vento.
– Ero preoccupata – quella semplice confessione gli fece spalancare gli occhi scuri dalla sorpresa, prima che lei continuasse – Così sono uscita a cercarti e l'ho incontrato per caso mentre tornava a casa dal lavoro.
E così Yuri aveva un lavoro.
Non disse nulla di rimando a quella rapida spiegazione ed il silenzio che seguì gli parve ancor più pesante. Sorrise amaramente fra sé e sé, pensando che alla fine quel passato da cui voleva tenerla lontana era comunque riuscito ad incrociare la sua strada. Non aveva idea di cosa il russo le avesse detto ed ormai si sentiva troppo demoralizzato per curarsene. Non gli importava più nulla del fatto che lei sapesse: era stanco di tenerle nascosta quella parte della sua vita; stanco di sforzarsi di tenerla ad una certa distanza; stanco di fingere che non fosse diventata importante per lui.
Quasi sussultò nel momento in cui lei gli posò una mano sulla spalla sinistra, infondendo attraverso quel semplice contatto una pulsazione di calore che creò un netto contrasto con il freddo che avvertiva dentro di sé. Quel calore spazzò via anche gli ultimi resti di ciò che erano state le sue difese, ormai così antiche da frammentarsi in mille pezzi. Proprio come era successo in quel sogno di tanto tempo prima, un sogno che erroneamente aveva giudicato privo di importanza e che, invece, ora pareva calzare fin troppo a pennello, infondendogli una sensazione di deja vu che lo stordì.
Stringendo i pugni, chiuse strettamente gli occhi ed indurì la linea della mascella, ma non poté in alcun modo resistere all'impulso che gli salì dal petto. Fu proprio perché preda di quell'impulso istintivo che iniziò a parlare, raccontandole dell'origine di quel luogo e di ciò che aveva a che fare con lui. Le raccontò ogni cosa, da ciò che aveva osato tentare di fare suo nonno al modo in cui l'aveva usato, con voce tanto bassa quanto greve. E con le parole, esternò il suo rimorso, il suo rancore e la sua delusione per quanto era avvenuto realmente; ma non si limitò a quello, andando oltre quei semplici fatti, rivelandole cose che non aveva mai confidato a nessuno, nemmeno all'Aquila Rossa.
– ..credevo che fosse finita, di essermi liberato dell'influenza che aveva su di me. Mi sbagliavo – mormorò, sfoggiando un sorriso amaro alla desolazione derivante l'abbandono del cortile in cui si era allenato a Beyblade anni e anni prima – Alla fine sono esattamente come lui: per i due anni successivi non ho pensato ad altro che a soddisfare il mio desiderio di diventare il migliore. Quello stesso desiderio che mi ha fatto tradire più di una volta i miei amici e che ormai era divenuta un'ossessione... quando Vorkof si ripresentò, io me ne approfittai e credetti di poter utilizzare quell'occasione per sconfiggere una volta per tutte Takao. Le cose non andarono come avevo previsto.. – le raccontò dell'incontro contro Brooklin, delle conseguenze a cui aveva rischiato di andare incontro e dell'epilogo di quella faccenda – ..alla fine avemmo la meglio sui blader della BEGA, ma nonostante avessimo finalmente sventato i piani di quell'uomo la mia ossessione finì con il consumarmi. Quando finalmente sconfissi Takao, mi accorsi della verità: non mi era rimasto più nulla. Non provai la men ché minima esultanza o soddisfazione quando ebbi la meglio sul mio ex capitano. Tutto ciò che avevo fatto, compresi, non era servito ad altro che ad allontanarmi da quelli che erano sempre stati miei amici – chinò il capo e chiuse gli occhi, il senso di profonda sconfitta talmente intenso da opprimergli il petto nel momento in cui concluse – In quel momento persi ogni cosa, anche la passione per il Beyblade.
Nel silenzio che seguì poté distintamente cogliere il ticchettio costante della pioggia sull'ombrello ancora sollevato sul suo capo ed esternò un secco sospiro in una nuvoletta candida, aspettandosi di avvertire da un momento all'altro quelle gocce d'acqua tornare a riversarglisi sul capo, immaginandosi la mora dietro di lui che indietreggiava con espressione inorridita. Non si sorprese quindi, nel momento in cui avvertì la prima di quelle gocce colpirgli una spalla, accogliendola al pari del tonfo che ebbe il suo cuore. A sorprenderlo ed a fargli trattenere il respiro furono una coppia di esili braccia che egli avvertì cingerlo intorno al collo, sopra le spalle, mentre sentì contro la schiena il corpo di lei mentre vi si appoggiava. La sensazione di calore che gli trasmise quell'abbraccio inaspettato lo colse in fallo e l'ondata di profondo sollievo gli tinse il viso di un rossore che non aveva nulla a che fare con l'aria fredda della sera.
Sgranando gli occhi dai riflessi d'ametista, la visuale del selciato scuro gli si appannò in pochi secondi a causa di un sottile velo di lacrime, il quale gli causò un fastidioso pizzicore che lo fece corrucciare. La prima lacrima che gli bagnò la guancia tuttavia non era sua, ma della ragazza che lo stava abbracciando, ed il sentirla tremare gli causò un nuovo sussulto di smarrimento. Incredulo per ciò che stava accadendo, per le emozioni che stava provando, avvertì un nodo stringerglisi in gola.
– Tu non sei così – il sussurro d'ella gli sfiorò e orecchie, la sua voce incrinata – Non sei come tuo nonno.. non lo sei – ripeté, saldando quella stretta mentre la sentì soffocare un singhiozzo in fondo alla gola – ..non li hai mai traditi realmente e anche loro lo sanno di sicuro. Non sei rimasto solo. È normale perdersi di vista fra amici, ma non per questo si smette di considerarsi tali. Tu non sei solo, Kei – quelle ultime parole gli risuonarono simili ad una supplica che giunse dritta al cuore – Ci sono io con te, adesso..
E quell'ultima frase colse nel segno. Gli argini che con fatica aveva tenuto in piedi si ruppero e lui, avvertendo la fitta al petto sul punto di soffocarlo, sollevò di scatto ambo le mani per afferrare gli avambracci di lei, trattenendola lì e cedendo all'intenso bisogno di quel contatto consolatorio. Tremò, per il freddo e per il vuoto che aveva covato per tanto tempo in fondo al cuore. Un vuoto che, attraverso il tepore di quell'abbraccio, si colmò completamente, così come si colmarono di lacrime i suoi occhi. Le lasciò sgorgare, affondando il viso fra le maniche del giubbotto di lei, incapace di fare altrimenti, sfogando ogni delusione, ogni rimpianto in quelle gocce silenziose che, insieme alla pioggia, contribuirono a inzuppare anche i suoi abiti, non riuscendo a fare altro.
Perché c'era lei, adesso.





...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buon sabato a tutti!
Eccomi qui con questo nuovo capitoletto, in cui abbiamo la comparsa del mitico Yuri e finalmente la rivelazione delle intenzioni del nostro dranzerblader, tanto decantate lo scorso capitolo! Probabilmente vi starete chiedendo che diavolo è successo... be' come avete visto il nostro Kei è crollato. Sì, perché tenersi tutto dentro per anni può fare davvero male e poi una cosa tira l'altra.. insomma, mica è finita qui!!
Uhuhuhuh <3 personalmente non vedevo l'ora che arrivasse questo momento e so che non sono esattamente l'unica a pensarla così, vero? ;D Quanti fan del russo dai capelli rossi ci sono a seguire questa fiction??? Una sicuramente (io) anche se il primo della mia lista è Kei, ovvio!
Non preoccupatevi, non sarà la sua unica apparizione, devo ancora farvi scoprire di che lavoro si occupa u.u
Nel frattempo, gongolando come una scema (xD sì, perché è tipo 10 capitoli che aspettavo questo momento) vi saluto e vi auguro una buona serata. Non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo, forse domani, tutt'al più lunedì, se proprio proprio. Lo so che sto andando un po' in fretta, ma ci tenevo a finire questa ff entro l'ultima di ottobre, perché poi dovrò seriamente buttarmi nello studio in vista della sessione invernale. Ergo, ancora un po' di pazienza, tanto una volta che i capitoli sono pubblicati, potete leggerli quando volete con tutta calma ^____^
un saluto veloce
Kaiy-chan

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Capitolo 27
*** La prima neve ***




27. La prima neve


Faceva freddo sulla bianca distesa innevata di quella piana.
Kei sapeva perfettamente dov'era e non si sorprese delle profonde crepe che si stavano aprendo sotto i suoi piedi, nel ghiaccio che ricopriva il lago Bajkal. BlackDranzer ruotava rapido sulla superficie cristallina e frastagliata, sollevando schegge di ghiaccio tutt'intorno mentre si lanciava contro l'avversario.
Il blader dai capelli d'argento tentò di controllarlo, di impedirgli di attaccare, ma il beyblade nero non era più sotto il suo controllo. Sferrò il suo attacco contro Night con una potenza tale che avrebbe dovuto ridurre il suo anello d'attacco in pezzi, cosa che non avvenne: a finire in pezzi, fu proprio l'attaccante. Il bit stesso al centro si crepò, lasciandone uscire una luce che si disperse nel cielo terso sopra di loro.
Abbassando lo sguardo sulla sua avversaria, sussultò nel vedere che le crepe si erano ingigantite sotto le sue scarpe da ginnastica, isolandola e allargandosi, riempiendosi d'acqua scura. Quando la ridotta lastra su cui la mora si teneva in equilibrio iniziò a sprofondare, Kei avvertì il panico attanagliargli la bocca dello stomaco in una morsa.
Yukiko! – la chiamò, cercando di scattare in avanti per raggiungerla.
Le gambe gli risultarono pesanti come piombo, rallentandolo, costringendolo a lottare contro quella forza contraria ed inspiegabile. Quando finalmente arrivò a sporgersi sul bordo di quel varco frastagliato, l'acqua aveva ormai raggiunto l'altezza delle ginocchia di lei.
Presto, afferra la mia mano! – la incitò allungandosi al massimo delle sue possibilità, ben consapevole che fosse troppo lontana.
La nightblader non ci provò nemmeno a raggiungere quell'appiglio, rivolgendogli un triste sorriso che gli lacerò il cuore e fece montare in lui la disperazione. Non poteva perderla, non poteva arrendersi e lasciarlo solo. Non poteva scomparire così dalla sua vita.
Sei tu che hai detto che avresti rinunciato a lei – l'Aquila Rossa comparve accanto alla ragazza, sospesa sul pelo dell'acqua come una figura eterea nella sua forma umana, avvolta in quell'alone rossastro che creava un netto contrasto con la freddezza dell'espressione del suo volto austero.
Kei si ribellò a quell'accusa – Non per questo la lascerò andare!
Hai detto che non avresti cambiato idea.
Mi sbagliavo! – urlò al colmo della disperazione, stringendo i pugni – Non posso farlo.. non Voglio farlo!
Cocciutamente, tentò di allungare di nuovo la mano verso la mora, supplicandola con lo sguardo di fare altrettanto – Afferrala!
Lei scosse il capo in segno di diniego. Ormai l'acqua le arrivava sotto i fianchi.
Ti prego! – un cieco terrore lo assalì con tutta la sua irruenza – Ti prego, prendi la mia mano! Giuro che non ti lascerò andare! Non ti lascerò, mi hai capito? – la vide spalancare gli occhi verdi, quei suoi bellissimi occhi verdi e, sotto quello sguardo incredulo, abbandonò ogni remora – Ora che ti ho trovata non ti lascerò mai più, per nessun motivo!
E finalmente lei sollevò il braccio, allungando la mano destra a sfiorare la sua.


Oltre le vetrate della finestra, piccoli fiocchi di neve cadevano silenziosi sulla capitale russa, ovattando il già sporadico suono del traffico. Sul display del cellulare di Yukiko, rimasto appoggiato sul tavolino appresso al divano, i numeri si illuminarono al singolo segnale d'avviso di un messaggio in arrivo, rivelando le 02:18 del mattino.
La mora schiuse le palpebre, sbuffando appena ed allungando una mano per leggere il mittente: era sua madre. Con un sospiro, riappoggiò il telefono da dove l'aveva preso, voltandosi dall'altro lato. Era un po' che non riusciva a prendere sonno, nonostante le rassicurazioni fatte al dranzerblader perché le lasciasse quel divano. Non avrebbe potuto permettersi diversamente, viste le condizioni del ragazzo nel momento in cui erano tornati all'hotel.
Avvertendo il fruscio delle coperte del letto matrimoniale ed il respiro pesante dell'oggetto del suoi pensieri, si sollevò a sedere, lanciando uno sguardo per la stanza finché non lo soffermò sul fagotto in cui pareva giacere Kei. In realtà, ad una seconda occhiata, notò che quelle coperte erano scivolate più in basso a causa di un sonno tanto inquieto da tormentarlo anche in quel momento.
Sospirando, Yukiko si decise ad alzarsi in piedi, avvicinandosi al bordo del letto e fermandosi proprio nel momento in cui il blader tornava a ruotare su sé stesso, rivolto verso di lei. Osservandolo giacere sul fianco sinistro, ne distinse chiaramente l'espressione corrucciata nella penombra, accostata ad un velo di sudore freddo che gli imperlava la fronte.
Corrucciandosi a sua volta, in preda ad un moto di preoccupazione, la mora scostò un paio di quelle ciocche argentee con tocco leggero e gli posò la mano sulle tempie: scottava ancora. Imprecando fra sé e sé, tentò di raddrizzar la schiena con l'intenzione di coprirlo nuovamente delle lenzuola, finite appresso alla sponda del letto, quando venne bloccata sul nascere da una stretta della mano d'ei sul polso. Lo strattone con cui la trascinò giù fu talmente inatteso da sbilanciarla, facendole scappare un'esclamazione sommessa dalle labbra, prima che il respiro le si smorzasse in gola e ricadesse distesa su quel letto.
Impiegò una manciata di secondi nel riaversi abbastanza da comprendere come fosse finita in quella posizione supina, braccia spalancate ed una gamba ancora pendente oltre il bordo del materasso, a fissare ad occhi sbarrati il soffitto mentre il braccio del suo rapitore le cingeva con stretta possessiva la vita ed il capo di lui le pesava sulla spalla destra. L'aveva letteralmente placcata.
Sentendolo rinsaldare la presa e mettersi più comodo, la nightblader dovette reprimere un sussulto quando lui, affondandole il volto contro l'incavo del collo ed intrecciando una gamba alle sue, le si strusciò contro ed inspirò a fondo. Il sospiro che le scivolò l'attimo dopo sulla pelle era caldo e profondo, la percezione di quella sua vicinanza quasi rovente, e si ritrovò a rabbrividire di un'inopportuna eccitazione nel pesante silenzio che permeava la camera.
Col cuore in gola che minacciava di soffocarla, immobilizzata da quella sorta di abbraccio apprensivo che tanto le ricordava il modo in cui da piccola era solita stringere il suo peluche, Yukiko non poté far altro che rimanere ad ascoltarne, tesa sino allo spasimo, il respiro che si regolarizzava, facendosi più profondo, contemporaneamente al rilassarsi delle membra. Sbattendo più volte le palpebre, assolutamente spiazzata, con una parte della mente si rese effettivamente conto dello sfumare di quella tensione nel corpo del blader soltanto una manciata di secondi dopo, cosa che le permise di iniziare a far altrettanto grazie all'insperato sonno in cui egli sprofondò, decisamente più quieto e sereno a discapito della febbre che ancora lo pervadeva.
Fu questa consapevolezza a permetterle di tornare a respirare, intenerendosi di fronte a quell'involontaria richiesta di rassicurazione da parte dell'inconscio di lui, tanto da farle battere il cuore in un moto differente, pervasa da una rara commozione. Avvertì ancora una volta l'intensità dei propri sentimenti per lui pervaderla e rendere nuovamente difficoltoso il suo stesso respiro, ma non riuscì in alcun modo a frenare il proprio sorriso al pensiero di tutta quella tenerezza. Probabilmente questa era dovuta soltanto al fatto che il dranzerblader stesse male, ma sapeva che quel suo lato nascosto era comunque qualcosa di prezioso, all'apparenza tanto fragile da farle nascere un istinto di protezione che la portò istintivamente a ricambiare quell'abbraccio, affondando la mano destra fra i suoi fantastici capelli.
Riuscì a rilassarsi a propria volta avvertendone la consistenza setosa sotto le dita, cosa che le permise di iniziare finalmente ad accusare la fatica di quella giornata, mentre si perdeva in quella carezza delicata, guidata dall'impulso irrazionale di rassicurarlo. Avvolta nella penombra della notte, forte della consapevolezza che il ragazzo stretto fra le sue braccia stesse dormendo, gli depositò un dolce bacio sul capo, prima di reclinare il proprio e posare la guancia in quel medesimo punto.
Struggendosi in quel suo folle amore che le fece dolere il cuore al centro del petto, si diede della sciocca: in quel momento, era la ragazza più felice del pianeta.


Iniziando a riaffiorare dal mondo dei sogni, la prima cosa che percepì fu un piacevole tepore avvolgerlo. Tentò di ruotare sul fianco sinistro e nel farlo, si ritrovò a stringersi contro la fonte di quel calore piuttosto gradevole, così come considerò gradevole l'odore che gli si insinuò nei polmoni. Serrando la presa su quello che era evidentemente il corpo di una ragazza, vi strusciò contro il viso, affondandolo fra una massa di scomposte ciocche setose.
Sospirò, rilassato seppur un poco confuso, iniziando ad emergere da quello stato di dormiveglia soltanto una manciata di secondi dopo, quando finalmente iniziò a collegare ciò che aveva fra le braccia alla schiena di una ragazza ben precisa. La stessa ragazza che lo aveva spinto, malgrado i suoi ferrei propositi ed i suoi timori, a confidarle ogni cosa la sera precedente. Schiudendo le palpebre quasi di scatto, il suo gingillo dentro i boxer ebbe una reazione altrettanto repentina, che non lo aiutò affatto a riacquistare la propria lucidità.
Completamente immobile, teso come una foglia, attese che il proprio cuore tornasse a piazzarglisi al centro del petto ad un ritmo più umano, seguendo con attenzione il suo battito frenetico rimbombargli nelle orecchie in un modo talmente insistente da fargli temere potesse destarla. Eppure, nonostante la sua parte razionale gli gridasse di scivolare lontano da lei, quando tentò di farlo, venne frenato dal subitaneo ruotare su sé stessa di Yukiko, la quale gli si strinse maggiormente contro, circondandolo con un braccio all'altezza dei fianchi.
Il modo in cui gli accostò il capo al petto, strusciandosi contro la sua maglietta, gli infuse all'altezza del cuore un moto di tenerezza che lo mise quasi a disagio, facendolo arrossire. Se avesse potuto vedersi dall'esterno, con l'attrezzo bello in tiro e il volto della stessa tonalità di un peperone, sarebbe sicuramente scoppiato in una fragorosa e incontrollata risata. Peccato che ogni messaggio che gli giungeva dal proprio corpo fosse tutto men che divertente. L'eccitazione alla parte bassa del ventre infatti salì nel momento in cui la mora intrecciò una gamba alle sue, provocando un effetto strusciante di pelle contro pelle involontario quanto inevitabile ed, in quel momento, il dranzerblader si rese effettivamente conto del reciproco abbigliamento, limitato alla semplice biancheria.
Deglutì, cercando di osservarla in viso senza per altro riuscirci come si deve a causa dei capelli che le adombravano i lineamenti. Non subito almeno. Rifiutando di arrendersi, dovette contorcersi un poco con la schiena per riuscire nell'impresa, movimento che non fece altro che far rinsaldare la presa della moretta e farle mugugnare qualcosa. A quel suono Kei si immobilizzò di nuovo, tendendo le orecchie per tentare di comprendere se si stesse svegliando. Udendone il respiro regolare e ancora piuttosto profondo tipico di chi è immerso in un sonno piuttosto caparbio, riuscì a rilassarsi un poco, prima che la voce di lei tornasse a farsi sentire, flebile quanto un sospiro. E questa volta, ciò che le uscì dalle labbra ebbe un suono ben preciso.
– Kei..
Il diretto interessato spalancò gli occhi scuri per la sorpresa: lo stava chiamando per nome.
Istintivamente, spinto da qualcosa che non provò nemmeno a definire, la strinse a sé, fregandosene bellamente della sua erezione, cercando di farle sentire la sua presenza senza tuttavia svegliarla dal suo sonno. In un flash gli tornò in mente il sogno che aveva fatto quella stessa notte, rammentando la paura che l'aveva attanagliato al pensiero di poterla perdere e la promessa che le aveva fatto. Nonostante il momento delicato per i suoi stessi nervi, si lasciò sfuggire un mezzo sorriso velato di un affetto che solo lui sapeva provare nei suoi confronti, carezzandone la schiena sopra le pieghe della canotta da lei indossata.
Rilassandosi sul cuscino, con tocco dapprima leggero passò dalle spalle al fianco sinistro, beandosi di poterla stringere finalmente a sé e della sensazione che gli dava quel corpicino premuto contro il proprio, insinuandosi poi sotto quella morbida stoffa di cotone grigio chiaro e godendosi la sensazione di quella pelle liscia e vellutata mentre risaliva la spina dorsale di lei. Peccato che quel suo passatempo mattutino si rivelò ben presto una tortura a cui non riuscì in alcun modo a resistere: ad ogni centimetro di pelle sfiorata si sorprese a bramarne di più, cosa che contribuì ad ottenebrare la sua piena lucidità mentale. Si lasciò guidare dalle emozioni, quasi assorto a contemplarne le ciocche sfumate di rosso riverse sul cuscino e la sua stessa spalla, il profilo di quel suo naso vagamente a punta, le ciglia scure e lunghe. Ne respirò l'odore familiare, saggiando al contempo la morbidezza di quei fianchi per poi non resistere oltre e scendere ancora, facendo scivolare le dita lungo le gambe di lei e nell'interno-coscia.
Avvertendo il proprio autocontrollo al limite, cedette nel momento in cui la sua erezione fremette nei boxer, tesa allo spasimo, e con un unico movimento strinse la presa sotto il ginocchio sinistro di lei per sollevarne e schiuderne maggiormente la gamba. Al contempo, facendo perno con il gomito sinistro sul materasso, si sporse su di lei infilandosi in quel nuovo spazio e premendo l'inguine contro il suo in una frizione che gli strappò un gemito gutturale dal fondo della gola. Al pari di lui la mora parve rispondere, inarcando la schiena e accogliendo quell'invasione del suo spazio come se fosse una visita più che gradita.
– K-Kei..?
A quel gemito sussurrato in tono interrogativo e desideroso al tempo stesso, il blader sollevò di scatto lo sguardo sul suo viso, incrociandone gli occhi verdi socchiusi e lucidi, languidi quanto potevano esserlo soltanto i suoi. Alla vista delle sue gote arrossate e delle labbra rosse, socchiuse in un respiro che aveva perso ogni traccia di regolarità, non resistette: si chinò a baciarla, svuotando i polmoni in un profondo sospiro di sollievo alla sensazione che gli pervenne da quel contatto, come se non avesse bramato altro per mesi.
Perso oltre il punto di non ritorno, la assaporò insinuando la lingua nella bocca di lei, traendo soddisfazione nel tornare a premere il bacino verso il basso, schiacciandola contro il materasso senza che la moretta mandasse alcun segno di contrarietà. Ne avvertì anzi la stretta delle mani sulla stoffa della sua maglia, prima di sentirne il tocco sulla pelle della schiena scendere sino alle natiche. Quell'intraprendenza lo sorprese e lo divertì al contempo, aumentandone l'eccitazione e facendolo sorridere contro le labbra di lei, dalle quali si staccò giusto quel poco che bastava per poterla guardare ancora una volta.
– Te l'avevo detto che non avrei lasciato correre – le disse a mezza voce, sorridendole maliziosamente nel rievocare quel ricordo.
Lei si morse il labbro inferiore, combattuta da ciò che doveva star provando in quel momento, ma bastò quel singolo gesto, che probabilmente era il semplice preludio di una qualche risposta, a far tornare Kei sui suoi passi, catturandone nuovamente la bocca in un bacio più irruento del precedente. La voleva, la voleva con tutto sé stesso ed avvertendo la consistenza vellutata della lingua di lei intrecciarsi alla propria avvertì un brivido d'eccitazione talmente intenso da fargli girare la testa, in una sensazione molto simile all'ubriachezza.
Ebbro di lei, del suo sapore, del suo odore, spostò la mano destra dalla coscia al fianco sinistro della ragazza, sollevandole la canottiera sino a ché non arrivò a sfiorarne la rotondità del seno. Ne saggiò la pienezza come se la stesse reclamando per sé, come se fosse un suo diritto, mentre un nuovo brivido gli salì lungo la spina dorsale quando sentì premere il capezzolo di lei contro la pelle del palmo, talmente invitante da indurlo a stuzzicarlo con le dita. In reazione a quelle attenzioni, Yukiko si lasciò sfuggire un gemito a cui lui rispose con l'ennesima pressione della sua erezione contro il sesso d'ella, prima che lei gli stringesse le gambe intorno ai fianchi.
Oddio..
Una parte di lui avrebbe voluto assaporarne ogni centimetro di pelle, ascoltarne ogni gemito e sospiro mentre ne carezzava le forme morbide, sentirla inarcarsi mentre affondava in lei con le dita in quel pozzo caldo e umido che aveva fra le gambe, ma già sapeva che non avrebbe resistito a tanto.
Si staccò da lei una seconda volta, solo per sollevare il busto quanto era necessario affinché riuscisse a liberarla di quell'indumento grigio chiaro, aiutandola a sfilarselo da sopra la testa. Quando la canottiera in cotone venne gettata senza troppo riguardo in un punto imprecisato della stanza, la stessa fine fece la sua maglietta a maniche corte nera, prima che il dranzerblader tornasse a sostenersi sopra di lei, con ambo i gomiti a puntellare il materasso ai lati di quel corpo che si era trovato a sognare più di una volta. Nella fioca luce del mattino, Kei trattenne il respiro, facendo scivolare lo sguardo dalla linea del collo sino alla curva dei seni, sulla cui pelle chiara spiccava l'aureola del rosa più marcato dei capezzoli, scendendo ancora per ammirarne la forma dei fianchi ed il ventre, la cui lieve pendenza terminava a ridosso del bordo di un paio di mutandine azzurre.
La sua personale opinione venne definitivamente confermata: era dolorosamente bella.
Sollevando lo sguardo per tornare a osservarla in volto, colse un guizzo d'ansia in quegli occhi lucidi, così come notò la piega stretta e tesa delle labbra, accostata ad un acceso rossore delle gote, cosa che lo indusse chissà come a sorriderle con dolcezza e desiderio.
– Sei bellissima..
A quell'unica affermazione esternata con voce roca, il viso di lei si accese ancor di più, prima di ricambiarne il sorriso con uno più ampio e luminoso. Gli cinse le braccia intorno al collo, prima di tirarlo di peso verso di sé, movimento che il blader assecondò senza remore, sprofondando di nuovo fra quelle labbra morbide ed invitanti, chiudendo le palpebre per immergersi completamente nelle sensazioni dategli dagli altri quattro sensi, concentrandosi su di lei finché il suo amichetto, miracolosamente ancora nei boxer, glielo permise, non senza minacciare di farlo impazzire di desiderio.
In quel mattino, in cui silenziosi fiocchi di neve si adagiavano sui tetti e per le strade della capitale russa, fece l'amore con lei per la prima volta, dando sfogo ai suoi sentimenti più profondi. Gli stessi sentimenti che non osava ancora esternare a voce, ma su cui non aveva più alcun dubbio.
Non l'avrebbe lasciata a nessun altro. Mai.


Inspirando a pieni polmoni l'odore che aveva impregnato le lenzuola, Yukiko si raggomitolò fra queste mentre alle orecchie le giungeva costante il rumore dell'acqua corrente. Kei si era chiuso la porta del bagno alle spalle, lasciandola con il solo intento di farsi una doccia, e la mora si crogiolò nella sensazione lasciatale dall'amplesso provato ormai diversi minuti prima.
Avvampò d'imbarazzo e felicità allo stato puro, ripensando al particolare buongiorno che l'aveva destata. No, non era riuscita a resistergli, non ci aveva nemmeno provato quando aveva incrociato quei suoi occhi di brace e vi aveva letto il profondo desiderio insito in essi. Ed ora si sentiva... completa. Possibile? Come se non avesse aspettato altro per tutta una vita all'infuori di lui. Davvero si poteva provare un'emozione del genere dopo essere stata con qualcuno?
Schiuse gli occhi sulla parete verso la quale era voltata, seguendo sovrappensiero le pieghe delle lunghe tende che, parzialmente schiuse, lasciavano intravedere una parte del paesaggio esterno. No, si corresse, lui non era un qualcuno qualsiasi. Lui era Kei.
Un istante dopo si accorse effettivamente di un riflesso bianco sulla distesa di tetti della città, visione che le fece inarcare un sopracciglio.
Neve?
Si sollevò a sedere, scrutando meglio attraverso quella fessura fra i due lembi di stoffa purpurea, ma l'istante dopo venne scossa un brivido di freddo talmente intenso da indurla a sprofondare nuovamente sotto le coperte, tirandosele sin sopra al capo. Anelando una doccia bollente, cercò a tentoni le proprie mutandine, trovandole in fondo al materasso, mentre nella ricerca della canottiera che solitamente usava per la notte, si ritrovò infine combattuta fra la necessità di lasciare quel caldo giaciglio per recuperarla e quella di abbandonarla invece lì sul pavimento, restandosene al coperto. Scelse la seconda opzione, mentre con una parte della mente si chiedeva se il dranzerblader non le avesse malauguratamente attaccato il raffreddore.
E poi sbuffò Ma chissene importa!
L'eventualità non riusciva proprio ad impensierirla, non con quelle fastidiose farfalle allo stomaco che ancora non volevano smetterla di svolazzare, incitate dal piacevole indolenzimento che avvertiva tutt'ora ai muscoli e le impediva di rilassarsi sino in fondo. Diamine, aveva il battito del cuore ancora accelerato per quanto era accaduto in quella stanza!
In quel momento la porta del bagno si riaprì e la nightblader lanciò un'occhiata da sopra il bordo della coperta al ragazzo che ne uscì, incrociandone lo sguardo e abbozzando un sorrisetto in risposta a quello di lui. Indossava un semplice asciugamano intorno alla vita e un altro sulle spalle, che in precedenza doveva essergli servito per tamponarsi i capelli, questo almeno a giudicare dalla piega scomposta in cui giacevano quelle ciocche d'argento e tenebra.
– Il bagno è libero – annunciò con quella sua voce pacata e priva di qualunque inflessione particolare.
Yukiko annuì di rimando con un cenno del capo, risolvendosi a sgusciare fuori da sotto le coperte. Appena mise piede sul pavimento però, oltre ad abbracciarsi il busto per combattere i brividi, dovette attendere per un momento che il lieve capogiro che la accolse a tradimento scemasse, associandolo al fatto di essersi rimessa in piedi troppo in fretta. Quindi, ancora in parte in imbarazzo per il fatto di mostrarsi con indosso soltanto le mutandine, attraversò la stanza, chinandosi per afferrare al volo la canottiera grigia quando giunse accanto al divano.
Stringendola al petto con un braccio, passando accanto al dranzerblader fece appena in tempo a rivolgergli un cenno del capo in segno di ringraziamento, prima di essere costretta ad arrestarsi di botto. Kei, afferrandola per un polso, la fece ruotare su sé stessa prima di tirarla verso di sé, costringendola a fare quell'unico passo che separava i loro corpi e ad appoggiarsi a lui con ambo le mani, cosa che la fece sussultare dalla sorpresa.
Presa alla sprovvista, la ragazza sentì smorzarsi il proprio respiro quando lui la baciò con trasporto, in una carezza pressante delle labbra che le fece sbattere più volte le palpebre, prima di avvertire una nuova ondata di brividi correrle sottopelle in tutto il corpo, traducendosi in una bassa pulsazione in mezzo alle gambe che le fece ricambiare quel bacio fin troppo prontamente. Quando esso sfumò, tornò allora a schiuder le palpebre ed incrociò gli occhi di brace del blader a cui aveva finito per aggrapparsi, percependo il cuore sussultarle scompostamente nel petto e la propria coscienza venir risucchiata in quell'iridi tremendamente magnetiche. Per non parlare del suo sorriso.
– In questo momento non mi dispiacerebbe fare un'altra doccia.. – le sussurrò malizioso a fior di labbra.
Imbarazzata ed eccitata al tempo stesso, non ancora abituata a quel lato del suo carattere, la mora ridacchiò, costringendosi di malavoglia a fare un passo indietro.
– Ne sono convinta – affermò, stupendosi del fatto di star effettivamente prendendo in considerazione la proposta, prima di deglutire e costringersi a riconsiderare l'aspetto pratico – ..magari la prossima volta.. – ma che stava dicendo?! Subito! – Ricordati che stanotte hai avuto la febbre alta.
– Non basta certo così poco per mettermi K.O. – ribatté lui con quella sua aria imperturbabile.
Yukiko fece un altro passo indietro, giungendo sotto il vano della porta, ridacchiando nuovamente – Sì, ho notato – non aggiunse altro, facendogli l'occhiolino prima di frapporre fra loro quell'anta lignea, richiudendosi dentro a quel bagno.
L'idea di una replica di quanto era appena accaduto sotto le lenzuola l'aveva allettata più di quanto avrebbe potuto immaginare, ma ora che era di nuovo in piedi iniziava ad accusare una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Reprimendo un nuovo intenso brivido di freddo, si affrettò a liberarsi della biancheria e ad infilarsi sotto il getto d'acqua bollente, sospirando di sollievo nonostante poco dopo prese a infastidirla una lieve pulsazione delle tempie. Si ripromise mentalmente di provarsi la temperatura, ma soltanto dopo aver messo qualcosa nello stomaco. L'ultima cosa che voleva era scambiare un raffreddore per carenza di zuccheri.




...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Ta-dan! Sorpresa!!!
Uhuhuh.. no dai, non era così sorprendente.. o sì? Bho, Silmeria secondo me aveva già nasato XD vero cara?
Con sorprendente maestria sono riuscita a completare anche questo capitoletto! Siete contenti? Lo spero u.u è stata piuttosto dura per me descrivere certe cose, nonostante non sia poi entrata nel dettaglio. Non per niente avevo optato per un Rating Arancione..
Credo di essere geneticamente incapace di scrivere un rapporto completo, dovrete lavorare di fantasia! u//u
Allora, bando alle cavolate, che ne pensate di questo capitolo?? E' orribile? E' stupendo? E' da cavarsi gli occhi e bruciarli?? Vi prego, fatemi sapere qualcosa ç_ç sono troppo ansiosa certe volte e che siano commenti positivi o negativi va bene lo stesso, mi basta non rimanere appesa come una scema!
Coff-coff.. ok, mi dileguo, perché è ancora pomeriggio e il file del nuovo capitolo mi sta chiamando!
Intanto vi auguro una buona domenica ^_^ saluti e baci
Kaiy-chan

P.S. Ah, chiedo scusa nel caso mi sia sfuggito qualche errorino di distrazione, appena avrò un momento lo correggerò senz'altro ^^

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Capitolo 28
*** Un raffreddore per due ***




28. Un raffreddore per due


Il pomeriggio del 5 ottobre lo passarono in fila, presso il pronto soccorso.
Yukiko sussultò a causa di uno starnuto, attirando l'attenzione dei vecchietti presenti in sala d'attesa, e per riflesso tentò di farsi ancor più piccola. Non le piaceva attirare troppo l'attenzione già di per sé, figurarsi quando stava male, e men che meno quand'era una semplice febbre da colpo di freddo.
– Salute..
Sollevando lo sguardo sul ragazzo che le sedeva accanto, lo vide deviare il suo verso la porta dello studio del dottore di turno, come se non avesse detto niente. Il suo volto sembrava più pallido del solito, fatta eccezione per un rossore diffuso intorno al naso e gli occhi lucidi, un aspetto che le rammentò di non essere l'unica a vigere in quelle condizioni. Era stato Kei a passarle il raffreddore e, nonostante l'apparente vitalità di quel mattino, non gli era affatto passato, cosa che li aveva convinti a rivolgersi ad un medico per farsi prescrivere qualche medicina.
Appoggiò stancamente il capo al muro dietro di sé, sentendosi le tempie come intasate, nell'attesa che arrivasse il loro turno di farsi visitare. Grazie al cielo il dranzerblader conosceva qualche parola di russo, altrimenti avrebbero avuto molte più difficoltà nel farsi indirizzare nel luogo giusto. Malgrado tutto, la mora si lasciò sfuggire un lieve sorriso, assurdamente felice per il semplice fatto di essergli seduta accanto.


Kei tenne aperta la porta per permettere alla sua compagna di squadra di uscire per prima, quindi la seguì all'esterno dell'edificio che ospitava il pronto soccorso, reggendo in mano la ricetta che il dottore aveva lasciato loro. Scorrendo con lo sguardo i segni in cirillico, si ritrovò a sospirare contro la stoffa bianca della sciarpa, non riuscendo a leggere un solo nome di quelli che l'uomo aveva pronunciato in un inglese stentoreo. Avrebbero dovuto affidarsi al farmacista.
– La farmacia se non sbaglio dovrebbe essere di qua – commentò sovrappensiero la moretta, attirando nuovamente la sua attenzione.
Lui, guardandola, inarcò un sopracciglio prima di seguire la direzione in cui ella teneva puntato il dito della mano sinistra. Piuttosto intontito - il dottore aveva misurato loro la febbre, riscontrando una temperatura di 38.6 gradi per lui e 37.9 per lei - annuì distrattamente con un cenno del capo, per poi avviarsi in quella direzione. Se non altro non dovettero fare molta strada, prima di individuare la croce luminosa e varcarne l'ingresso a porte scorrevoli.
Procuratisi i farmaci, pagati con gli ultimi contanti che erano riusciti a prelevare il giorno precedente, si fermarono una volta raggiunto il limitare delle strisce pedonali, attendendo che il semaforo desse loro il permesso di attraversare. Le strade, nonostante la neve caduta in nottata ed in mattinata, erano piuttosto pulite grazie all'azione congiunta di spazzaneve e macchine spargi-sale già in funzione dal primo mattino, cosicché rimanevano solo cumuletti di cristalli di ghiaccio sporco a ridosso della carreggiata.
L'aria piuttosto fredda ridusse in condensa il suo fiato, nonostante filtrasse attraverso la sciarpa che aveva intorno al collo in quell'attesa silenziosa. Deviando lo sguardo sulla nightblader accanto a sé, tornò ad inarcare un sopracciglio: aveva le braccia strette sui fianchi, le mani ficcate in tasca e le spalle rigide, fra le quali teneva incassato il capo, come tentando invano di affondare nel colletto del suo giubbotto di pelle. Non gli ci volle una seconda occhiata per comprendere che la compagna avesse freddo.
Quasi non ci pensò nel farlo e, sollevando una mano, si tolse la sciarpa, per avvolgergliela senza una parola intorno al collo, in un paio di giri che le coprirono la parte inferiore del viso. Quando lei si voltò a fissarlo con quei suoi occhi verdi e terribilmente lucidi, lui le rivolse un debole sorriso di incoraggiamento prima di iniziare ad attraversare l'incrocio, in contemporanea allo scattare del segnale verde del semaforo pedonale.
In fondo, non riusciva a non sentirsi un po' in colpa per il fatto che ella si fosse ammalata a sua volta.
E poi, l'idea che lei indossasse qualcosa di suo non gli dispiacque per niente.


– Vado a chiedere per la cena – annunciò Yukiko, scivolando, suo malgrado, fuori dalle coperte.
Il fruscio che seguì l'avvertì per tempo del muoversi del dranzerblader, il quale si sollevò su un braccio per allungare l'altro e afferrarle il bordo inferiore della felpa. Voltandosi a guardarlo, la moretta lasciò sfumare la propria aria interrogativa in favore di un sorriso rassicurante, notandone l'espressione terribilmente contrariata. Sotto l'effetto di quella febbre era più espressivo del solito.
– Torno subito, non preoccuparti.
Un po' riluttante, lui acconsentì silenziosamente con un cenno del capo, richiudendo gli occhi e lasciando la presa per farsi ricadere sul materasso. Libera di muoversi, la ragazza si infilò le scarpe da ginnastica, prima di attraversare la stanza, recuperando durante il tragitto il proprio cellulare.
1 messaggio non letto.
Rammentò di non aver ancora visto cosa le aveva scritto sua madre e, una volta in corridoio, sbloccò lo schermo e scorse le poche parole della signora Natsuki.


Quella frase la fece bloccare sul posto, sussultando nel rammentare la conversazione a cui si riferiva.

[Flashback]
Yukiko stava parlando con sua madre, aggiornandola sul suo soggiorno in Inghilterra, l'ultima sera prima del volo che avrebbe condotto lei e Kei in Russia.
..non so come gli sia venuto in mente di cercare di spaventarci, ma alla fine anche lui si è preso un bel colpo – le stava dicendo, piuttosto ironica.
Sono così contenta che vi siate divertiti – affermò la signora Natsuki dall'altro capo del telefono – Certo che il tuo Kei ha proprio degli amici particolari.
Al sentirla dire una cosa del genere, l'umore di Yukiko ebbe un drastico calo – Non è il 'mio' Kei, mamma – le ribadì in tono fermo, ormai stanca di quell'insistenza inopportuna da parte di lei, soprattutto a causa dei suoi veri sentimenti al riguardo – Perché non la smetti con questa storia? Non ci sarà mai niente fra me e lui ed, invece di sperare il contrario, potresti avere un po' più di considerazione per i sentimenti della tua unica figlia! – si era sentita stanca di quel teatrino ben orchestrato, di sentirsi una marionetta, e non si frenò affatto dal dirglielo chiaramente questa volta – Se davvero mi avessi un minimo a cuore me lo dimostreresti permettendomi di tornare a casa mia! Devi smetterla di cercare di controllare la mia vita e rispettare le mie decisioni!

Non le aveva lasciato nemmeno il tempo di rispondere, prima di interrompere la chiamata.
Dopo di ché non aveva avuto più sue notizie sino a quel momento e, a dirla tutta, aveva finito per dimenticarsene.
Ora, in preda alla febbre, non si sentì in grado di determinare se quell'evolversi degli eventi andasse a suo favore oppure se, uno di quei giorni, avrebbe finito per ritorcerlesi contro.
Già provando una fitta di rimorso, scacciò i propri dubbi e si affrettò a raggiungere le cucine, riuscendo a chiedere in inglese che le fornissero qualcosa di caldo da bere, da portare in camera. Quando le consegnarono un vassoio con un paio di tazze ed una teiera fumante, contornata da un sacchetto di biscotti, lei sfoggiò un ampio sorriso di gratitudine e tornò su, prendendo l'ascensore. Avrebbe potuto chiedere il servizio in camera, ma era un costo aggiuntivo che non era certa potessero permettersi, non dopo la spesa imprevista costituita dall'antibiotico.
Una volta che si fu richiusa la porta della loro camera alle spalle, la moretta si fece avanti, frenandosi dall'annunciare la propria presenza. Lanciando uno sguardo al letto infatti, trovò il dranzerblader addormentato sotto le coperte, con un'espressione a metà fra il rilassato ed il corrucciato. Sorrise fra sé e sé, appoggiando il vassoio sul proprio comodino e soffermandosi ad ammirarne i lineamenti.
Fu con un certo disappunto che si accorse, una volta accostata al letto, del suo respiro pesante e, andando a recuperare una delle pezzuole del bagno, la inumidì prima di posizionarla con cura sulla sua fronte, fra quelle ciocche d'argento. Abbozzò un mezzo sorriso, ripensando a quanta strada avevano fatto ed ai progressi che avevano interessato il loro rapporto. Certo, in realtà non aveva la minima idea di cosa questo fosse diventato. Cos'era diventata per lui?
Scacciò con un moto di stizza quel pensiero controproducente, ripetendo a sé stessa di non provare nemmeno lontanamente a farsi qualche illusione sui sentimenti di lui. Eppure, una parte di lei era convinta che si fosse instaurato fra loro un legame molto più profondo, che in qualche modo egli potesse ricambiare i suoi sentimenti. Lo aveva intuito dal modo in cui, di tanto in tanto, lo scopriva a guardarla, dalla frequenza con cui la cercava e dal modo in cui la reclamava come sua quando la trovava. Tutto questo le aveva dato la conferma di piacergli. Almeno, si disse, era quello che si augurava.
Accortasi della stranezza di quelle riflessioni, si accostò una mano alla fronte, rimproverandosi per continuare a rimuginare su certe cose: doveva essere l'effetto della febbre!
Accantonando ogni pensiero non fosse quello di rimettersi al caldo, scivolò sotto le coperte a propria volta, dal proprio lato del letto, prima di versarsi un po' di Tea in una tazza e sorseggiarlo, finché non si intiepidì abbastanza da poterlo finire senza scottarsi la lingua. La piacevole sensazione di avere qualcosa di caldo nello stomaco la fece sospirare di piacere e, per placare la vaga sensazione di fame, mangiò anche un paio di biscotti al cioccolato.
Stava per sporgersi con l'intento di spegnere la luce quando il ragazzo accanto a lei si spostò, ruotando verso la sua parte e allungando una mano per cercarla. Quel gesto minacciò di farla sciogliere e, dopo aver sfiorato un momento il dorso di quella mano, si affrettò a mettere da parte biscotti e tazza ed a raggiungere l'interruttore accanto al comodino. Spenta la luce, si distese sotto le coperte e scivolò abbastanza vicino da poter posare la propria mano sulla sua, poco sotto il cuscino. Chiuse gli occhi, cercando quindi di rilassarsi, rinfrancata da quel leggero contatto, ma ben presto dovette ricredersi dal pensiero che potesse bastare, quando lui tentò di tirarla più vicina, avvicinandosi a propria volta finché non riuscì a circondarla interamente in un abbraccio.
Yukiko, dopo un primo istante, non si sorprese troppo della repentinità di quel gesto e si ritrovò a sorridere proprio come le era successo la notte precedente, prima di accoccolarsi meglio contro il petto del dranzerblader e lasciarsi sfuggire un sospiro. A pensarci ora, il fatto che Kei fosse riuscito ad ammalarsi così bene era di per sé una cosa incredibile: conoscendolo, non sarebbe mai riuscita a figurarselo nella mente. Eppure questa era la conferma che, malgrado le apparenze, anche un ragazzo orgoglioso e inavvicinabile come lui avesse bisogno di qualcuno che gli stesse vicino.


Rimasero chiusi in camera per i tre giorni successivi, fatta eccezione per qualche boccata d'aria presa durante le ore più calde della giornata.
Yukiko stabilì la fine della quarantena l'8 Ottobre e, per festeggiare, Kei la trascinò a cena fuori.
In realtà non la portò in un ristorante, entrambi fin troppo stanchi della cucina del posto a causa del regime alimentare mantenuto rigorosamente insapore, ma si fermarono in un fastfood americano e ordinarono una valanga di cibo strafritto, dagli hamburger alle crocchette, per finire con una doppia porzione di patatine ed una bibita grande a testa.
Quando consegnarono loro i vassoi ricolmi delle loro ordinazioni, alla mora brillarono gli occhi.
– Pensavo che questo giorno non sarebbe mai arrivato!
A quella considerazione il dranzerblader inarcò un sopracciglio, abbozzando un mezzo sorriso ironico, prima di domandarle – Ma non eri tu quella che ci ha costretti a pappette insipide per gli ultimi tre giorni, con la scusa del raffreddore?
– Che ingrato, grazie a me ora stai una meraviglia! – sbottò lei di rimando, sfoggiando un'espressione offesa, la quale scomparve l'istante successivo, appena mise in bocca una delle patatine della sua porzione.
Kei si lasciò sfuggire uno sbuffo, prima di nascondere la piega divertita delle labbra dietro il proprio panino a doppio hamburger e bacon. L'esplosione di sapore che gli inondò le papille gustative al primo morso minacciò di farlo commuovere: non era tipo da ammalarsi spesso e la cosa che più detestava di quei momenti era il venir costretto a mangiare zuppette che non avrebbe ingurgitato neanche un neonato. Non che il resto di quella reclusione con lei gli fosse dispiaciuto così tanto comunque, vista la frequenza con cui era riuscito a spogliarla nelle ultime 72 ore.
– Per domani.. – esordì nuovamente la voce della moretta, inducendolo a sollevare lo sguardo dal suo vassoio – ..sei sicuro di volerlo fare?
Il dranzerblader comprese subito a cosa ella si stava riferendo ed annuì con un cenno del capo.
– Ok – concluse lei di rimando, prima di chiudersi in un nuovo silenzio.
Non tornarono più sulla questione, dedicandosi al sacro compito di riempirsi la pancia. Quando uscirono dal locale, Kei si sentì lo stomaco talmente pieno da costringerlo ad accogliere la proposta di lei di sedersi su una delle panchine del parchetto che stavano attraversando in quel momento. Una volta adagiato su di essa, si lasciò sfuggire un sospiro che prese forma di fronte al suo volto in una nuvoletta bianca e, in reazione all'impulso di mettersi comodo, allargò le braccia sopra lo schienale in legno, finendo per occupare tutta la panchina.
– Comodo?
La domanda retorica della moretta lo indusse ad inarcare un sopracciglio, prima di rendersi effettivamente conto di non averle lasciato effettivamente molto spazio. Allora sfoggiò un sorrisetto malizioso in risposta all'espressione di lei, indicandosi il grembo con un vago cenno della mano destra.
– Prego.
La reazione d'ella fu istantanea e, con un certo divertimento, egli la vide dapprima arrossire, e poi schiuder le labbra rosate fra il sorpreso ed il combattuto. Infine, riprendendosi abbastanza da soprassedere sul lato malizioso di quella sua proposta, la ragazza arricciò le labbra in un'espressione ancor più buffa.
– Spiritoso! – sbottò alla fine, mantenendo un profilo sostenuto.
Kei si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito, senza comunque muoversi di un solo centimetro mentre reclinava il capo all'indietro. Si sentiva bene, abbastanza da potersi considerare di ottimo umore, per questo quando sollevò lo sguardo sulla volta celeste si soffermò a mirare le poche stelle che riuscivano a vincere l'inquinamento luminoso cittadino. Era una bella serata, serena e non troppo umida, nonostante il tempo instabile dei giorni passati, e non ebbe alcuna esitazione quando finalmente la nightblader gli si sedette accanto, piegando il braccio destro per cingerle le spalle e farla appoggiare a lui.
Tuttavia, soltanto quando avvertì il capo di lei posarglisi sulla spalla, riuscì a rilassarsi veramente.


Si fermò accanto al 'blader di fuoco', quando questi fece altrettanto, arrestandosi al centro del cortile di quel vecchio monastero.
Erano le dieci del mattino ed il sole splendeva appena tiepido sulle loro teste, creando un effetto di luci ed ombre sulle pareti di pietra grigia che costituiva i confini di quell'edificio in disuso. A limitare l'accesso: un semplice cartello scritto in cirillico, il cui significato doveva essere qualcosa come “proprietà privata”, oppure “vietato l'accesso”. Un cartello che avevano del tutto ignorato, ovviamente.
Guardandosi intorno, Yukiko cercò di farsi un'idea su come dovesse essere stato ai tempi in cui, quel luogo, era frequentato da ragazzini manipolati e sfruttati dall'uomo di nome Vladimir Vorkof. Lo stesso che aveva fondato la BEGA ed aveva complottato con il nonno di Kei per un progetto tanto scontato quanto megalomane: la conquista del mondo. A mente fredda la mora non era riuscita a non chiedersi come certa gente potesse davvero sperare di raggiungere un traguardo simile. Insomma, era scontato che fosse una cosa impossibile, un cliché in cui ricadevano soltanto gli antagonisti più famosi e meno fantasiosi di anime e manga.
Scoccando un'occhiata al ragazzo che le stava accanto, lo vide intento a fissare un punto preciso più avanti, in una posa austera che tradiva una certa rigidità nella linea delle spalle. Abbassando lo sguardo di smeraldo lungo il suo braccio, non si sorprese di trovare la sua mano stretta a pugno e, dopo un istante di incertezza, la sfiorò con la propria. Il suo cuore ebbe un moto di energia quando lui lasciò sfumare quella tensione ed intreccio le dita alle sue, i suoi bellissimi occhi scuri che tornarono a focalizzarsi sul presente e si posarono su di lei, accostati ad un lievissimo accenno di sorriso.
– Andiamo.
La moretta annuì, soffocando la propria naturale preoccupazione per tutto ciò che riguardava il blader che le era affianco e muovendosi a sua volta per non rimanere indietro. Attraversarono quel cortile deserto, fermandosi davanti all'ampio portone di quello che, dall'esterno dava l'idea di un semplice chiostro privo di finestre.
– Questo è l'accesso all'ala dei sotterranei – le annunciò Kei col suo solito tono distaccato.
Non si sorprese di riuscire a interpretare quella sua cadenza della voce, comprendendone la funzione di semplice maschera a celare ciò che realmente doveva star provando in quel momento. Per questo non disse nulla, ma si limitò a un altro cenno del capo in segno d'assenso, prima di lasciarlo libero di avanzare per saggiare la resistenza del chiavistello. La serratura si dimostrò arrendevole, cedendo alla pressione esercitata dal dranzerblader sul battente e permettendo ad esso di ruotare sui cardini con un cigolio sinistro.
Dai sotterranei del castello dei McGregor ai sotterranei del monastero di Vorkof. Di bene in meglio!
Inspirando a pieni polmoni l'aria fresca del cortile, la ragazza avanzò quando il suo compagno si voltò a cercarla con lo sguardo, sopprimendo ogni possibile indizio di quanto l'idea di addentrarsi in quell'edificio abbandonato non la entusiasmasse. Non poteva tirarsi indietro, non dopo aver proposto lei stessa di accompagnarlo, per aiutarlo con la sua presenza a chiudere una volta per tutte con il suo passato. Un passato che lo aveva segnato fin troppo profondamente e che era tempo potesse lasciarsi alle spalle, in favore di un futuro più sereno. Era stata un po' presuntuosa forse nel ritenersi all'altezza di quel compito, ma sorprendentemente Kei aveva accettato la sua proposta senza remore.
Così, stoicamente, entrò in quell'antro di fantasmi, tirando fuori la torcia che si erano portati dietro e indirizzandone il fascio luminoso di fronte a loro. L'ambiente in cui si ritrovarono non aveva nulla di ciò che ci si aspetterebbe da un semplice chiostro di pianta circolare: all'interno era completamente spoglio, fatta eccezione per una depressione che doveva essere stata un campo di gara al centro del pavimento e la porta dall'altro lato, spalancata sulla parete più lontana come un inquietante paio di fauci pronto a richiudersi su di loro in un sol boccone.
Andiamo bene!” commentò ironicamente fra sé e sé, immaginandosi addirittura la voce del proprio bitpower.
Scesero la rampa di scale che li avrebbe portati al piano inferiore, lei facendo luce sulla strada da intraprendere e lui avanzandole subito dietro, almeno fino a ché non scesero l'ultimo scalino e si ritrovarono all'estremità di un lungo corridoio. I loro passi risuonarono come echi soffusi in quel dedalo di vie sotterranee, seppur con una nota desolata caratteristica, diversa da quella che le era giunta quando si erano trovati nei sotterranei in Inghilterra. Tornando a porsi di un passo avanti a lei, il dranzerblader le fece strada, dimostrandosi sicuro e privo di incertezze nel condurla per mano attraverso quello che poteva considerarsi a tutti gli effetti un piccolo labirinto. Procedendo in quella via di mezzo dalle pareti di roccia umida e fredda, calpestarono strati di polvere deposti in quegli ultimi anni, che ovattarono il vago scalpiccio di suole in gomma delle loro scarpe da ginnastica. Yukiko, avvertendo uno strano senso di oppressione al petto, optò per dedicarsi completamente al blader che le camminava accanto, rivolgendogli qualche sguardo di sottecchi ben sapendo di non poter mascherare la propria ansia nei riguardi del suo stato d'animo.
Ogni tanto lui ricambiava quegli sguardi con un intensificarsi di quella stretta, altre volte semplicemente sembrava non accorgersene o ignorarli egregiamente, passando da una serie di stanze alle altre senza mai soffermarvisi troppo a lungo. Con voce pacata e impersonale, le illustrò i dormitori dei ragazzi, le sale di allenamento intensivo, i laboratori in cui venivano eseguiti gli esperimenti sui bitpower e sui beyblade. Ogni stanza era risultata vuota ed incredibilmente simile alle altre, fatta eccezione per l'ultima: la sala controllo.
In questa, appena ne varcarono la soglia, videro abbandonati macchinari ormai superati la cui moltitudine di schermi era ridotta in pezzi sul pavimento. Una sorte non troppo dissimile era stata riservata alle console dei computer ed al loro rivestimento in metallo, sui quali spiccavano ancora i segni anneriti di quelle che dovevano essere state delle esplosioni di entità lieve ma efficace.
Con occhi spalancati su ciò che vedeva in quella penombra, la nightblader si sentì risalire il cuore in gola mentre ripercorreva mentalmente tutto ciò che il suo compagno di squadra le aveva raccontato sino a quel momento, la cui prova lampante era ora proprio dinanzi a lei. Comprese con stupore di aver nutrito nel proprio inconscio qualche riserva che, di fronte all'evidenza di ciò che vedeva in quel momento, la abbandonò definitivamente, lasciando in lei solo un vago senso di smarrimento.
– Esattamente come l'ultima volta – mormorò cupamente Kei alle sue spalle.
Yukiko si voltò a guardarlo, inarcando un sopracciglio – Sei stato tu?
Lui in risposta fece spallucce – Era un avvertimento.
La mora si lasciò sfuggire uno sbuffo ironico, accostato ad un mezzo sorriso. Focalizzando la propria attenzione su quel ragazzo dai capelli bicolori, dovette rammentarsi di chi aveva di fronte: non v'era niente di strano che, all'epoca, Kei avesse tentato di distruggere quei macchinari in un impeto fin troppo comprensibile di rabbia. Anzi, sarebbe risultato inverosimile il contrario.
Tornando sui propri passi e tenendo la torcia rivolta verso il basso, gli si fermò di fronte, sostenendone lo sguardo con una serietà che si rifletté nella sua stessa domanda.
– Come stai?
Il blader, di fronte a quell'interrogativo che ne racchiudeva in sé molti altri, all'inizio non ebbe alcuna reazione, limitandosi a fissarla di rimando dritto negli occhi, senza per questo lasciar trapelare qualcosa dai propri. Nella manciata di secondi di assoluto silenzio che seguì, la mora iniziò a dubitare che le avrebbe risposto qualcosa e già provò un lieve disagio sotto quello sguardo impenetrabile, chiedendosi se non si fosse spinta troppo oltre. Eppure, quando fu sul punto di lasciar perdere e ritirare ogni cosa, lui bruciò la ridicola distanza che li separava con un passo e la circondò con un braccio, stringendola contro il suo petto con una forza che tradiva una certa tensione.
– Sto bene ora – sussurrò al suo orecchio, serrando quella stretta dietro le sue spalle.
Per riflesso lei fece altrettanto, circondandogli la vita con il braccio sinistro e appoggiando il capo sotto il suo mento, l'orecchio posto ad ascoltare il battito del suo cuore ed il suo odore, forte abbastanza da eclissare quello di aria stantia dell'ambiente, che le si insinuava nei polmoni. Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalla sua presenza, pregando in cuor proprio di essere per quel ragazzo orgoglioso e testardo l'appiglio che gli serviva. Perché niente le avrebbe dato uno scopo più alto in quel momento, se non quello di essergli di qualche conforto, anche solo per poco.
In quella penombra, colse il proprio cuore battere all'unisono con il suo, come se fossero direttamente collegati l'uno all'altra.
Un'impressione che non si affievolì nemmeno quando, finito quel giro, uscirono alla luce del sole, che li scoprì tenersi ancora per mano.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Eccomi qui! Vi sono mancata?
Sono molto contenta di riuscire ad aggiornare oggi, confesso che ho avuto qualche problema con questo capitolo, ma credo di averlo aggiustato al meglio delle mie attuali possibilità ^.^° la mattina è sempre il mio momento più produttivo se non altro e ho potuto dedicarmici soltanto perché ho bellamente perso il bus. Bello eh? Devo aver preso anche io del freddo, perché non mi sento troppo bene ç_ç
Maaaa comunque, rimango di buon umore ^_^ perché la storia finalmente sta andando avanti un po' da sola e l'unica cosa che mi resta da fare è scriverla! Mh... a pensarla così però non è che suoni proprio facilissimo. Si scrivesse da sola.. XD ma vabbè, non intendo mollare quindi non spaventatevi (oppure non tirate un sospiro di sollievo, a seconda di come la volete vedere insomma u.u). Ci vorrà ancora un po' per vedere la fine di questa ff, e non sapete cosa mi costi non fare spoiler al riguardo!
Poco a poco, arriveremo alla fine, vedrete.
Nel frattempo vi auguro un buon martedì e vi incito - come sempre - a farmi sapere il vostro parere!
Un saluto
Kaiy-chan

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Capitolo 29
*** Dei nuovi componenti ***




29. Dei nuovi componenti


Con espressione interdetta, Kei esaminò l'insegna del negozietto davanti al quale si erano fermati, inarcando un sopracciglio. Rivolse lo stesso sguardo alla sua compagna, la quale gli scoccò di rimando un sorrisetto furbo ed incoraggiante al tempo stesso.
– Non fare quella faccia – esordì piuttosto allegramente, prima di ammiccare in sua direzione e aggiungere – Sono sicura che troveremo qualcosa di interessante qui!
– Un mucchio di cianfrusaglie datate vorrai dire – la rimbeccò lui senza pietà con una smorfia.
Yukiko non parve ascoltarlo, facendosi avanti per sospingere la porta verso l'interno ed entrare, cosa che costrinse il dranzerblader a seguirla, ma non senza rivolgere uno sguardo rassegnato al cielo invernale. Una volta dentro, la prima cosa che notò furono i poster appesi alle pareti, ritraenti diversi blader i cui volti non gli erano familiari: era un po' che non seguiva più l'evolversi di quello sport e non era l'unico della vecchia generazione, stando a quanto aveva potuto intuire sino a quel momento. Una serie di scaffali era collocata ordinatamente in quel locale, sfoggianti su diversi ripiani confezioni al cui interno erano presenti pezzi imballati di beyblade, vari per forma e colore e tutti attentamente classificati in base alle loro caratteristiche e potenzialità. Alla sinistra dell'ingresso v'era il bancone dietro il quale avrebbe dovuto esserci il proprietario di quel negozio, o comunque chi ne faceva le veci, e che riscontrarono invece deserto, come il resto di quell'ambiente stipato di mercanzia ed illuminato dalle fioche luci al neon appese al soffitto.
– Ehilà! – chiamò Yukiko, cercando di attirare l'attenzione del responsabile, ovunque egli fosse.
Voltato di spalle al bancone e impegnato a guardarsi intorno con sguardo critico, Kei colse un rumore di passi provenire dal retro e raggiungere il culmine quando, finalmente, il tizio che doveva essere di turno si decise ad accogliere i suoi nuovi clienti.
– Ma chi si vede..
Quella voce familiare, proferita in quel tono gelido e strafottente al tempo stesso, lo fece irrigidire sul posto per un istante, prima di ruotare il capo e scoccare alla zona del bancone uno sguardo penetrante da sopra la spalla. Nel momento in cui inquadrò il rosso nel proprio campo visivo non ebbe alcun dubbio: era proprio Yuri, il quale sfoggiava uno di quei suoi sorrisetti arroganti tutti rivolti a lui.
Ricambiando quell'occhiata, con calma il dranzerblader si voltò per porsi di fronte all'ex compagno di squadra, fermandosi soltanto a causa della presenza del bancone fra loro prima di incrociare ambo le braccia sul petto e sollevare il mento, in una posa ed un'espressione di sfida.
– Allora è vero che hai un lavoro.
– Allora è vero che ti trucchi ancora come una ragazzina – ribatté l'altro, facendo sussultare la ragazza lì presente – Ehi, Boris! Vieni un po' a vedere chi si è fatto vivo!
Pochi secondi dopo, sulla porticina che dava sul retro, comparve la figura del russo in questione, il quale dovette chinarsi per riuscire a passare nell'altra stanza senza sbattere la testa. Quando si raddrizzò di nuovo con la schiena, i suoi occhi grigi si spalancarono nel posarsi sul giapponese. Boris Kuznestov era cresciuto un bel po' in quegli ultimi anni, mettendo su una buona altezza, che superava di un paio di spanne quella del concittadino. Aveva anche i capelli grigi più lunghi, raccolti dietro la nuca da una coda ispida che gli pendeva in mezzo alle scapole. Sul suo viso tuttavia, era dipinta la stessa espressione seria che gli aveva visto l'ultima volta, la quale era una fotocopia di quella di Yuri.
In quel momento la porta dietro le spalle dei due visitatori si aprì, attirando l'attenzione di tutti e vedendo fare il suo ingresso l'orso dai capelli castano chiaro che rispondeva al nome di Sergej.
– Ragazzi, mi spiace ma non sono riuscito a contattare quel fornitore.. – esordì in russo, ancor prima di posar lo sguardo sugli astanti accanto al bancone, bloccandosi nello stesso istante in cui inquadrò le figure di Kei e della compagna. Inizialmente parve come essersi tramutato in una statua di sale, ma dopo una manciata di istanti ed uno sguardo scambiato con il proprietario del negozio, mosse qualche passo avanti, abbastanza da arrivare a incombere con la sua stazza sul dranzerblader. Eccolo lì, Sergej Petrov, l'ultimo membro ufficiale della NeoBorg, ancor più grosso di quanto potesse ricordare. Gli anni avevano contribuito nell'allargargli ancora un po' quelle spalle da toro che si era ritrovato da ragazzo, senza riuscire a fargli perdere l'abitudine di tenersi una fascia di lana intorno alla testa, nel tentativo di mantenere abbastanza raccolto il cespuglio che si ritrovava.
La tensione nella stanza crebbe man mano che i secondi scorsero lenti, mentre nessuno dei due mostrava l'intenzione di far cadere quello scambio di sguardi, tanto seri da far trapelare senza possibilità di errore la sfida racchiusa in essi. Per nulla intimorito dalla stazza dell'ex compagno di squadra, Kei rimase in attesa senza muover un solo muscolo, non lasciando intuire il minimo cedimento dalla sua posizione. Quella situazione non si protrasse ancora a lungo, infranta proprio dal nuovo arrivato, che sollevò una delle sue grosse mani e, dopo un istante di suspance generale, gliela poggiò dritta fra i capelli bicolori, sfoggiando un sorriso sghembo.
– Vedo che gli anni ti hanno fatto restare piccoletto, eh Kei?!
La tensione all'interno del negozio si infranse, ed il blader incassò un poco il capo fra le spalle a quel peso non richiesto, avvertendo il familiare fastidio gonfiargli una vena a lato della tempia mentre il vecchio Sergej si prendeva gioco di lui a quella maniera scherzosa, non troppo dissimile a quella che un tempo aveva riservato agli amici più stretti, quali Yuri e compagnia.
– A quanto pare i giapponesi non crescono molto in altezza – rincarò la dose Boris, sfoggiando un sorriso provocatorio e unendosi a quel quadretto.
L'ultimo a farsi avanti fu il rosso, che aggirando il bancone gli si accostò, porgendogli la mano destra. A quel gesto il dranzerblader protese la propria, ricambiando la stretta dei rispettivi avambracci e rilassandosi nel constatare la solidità del loro legame. Non aveva avuto molte occasioni di rimanere in contatto con i ragazzi russi, ma il rapporto di reciproca collaborazione instaurato negli ultimi mondiali a cui avevano partecipato insieme, unito all'esperienza comune di aver avuto a che fare con Vorkof, aveva costituito una base piuttosto solida di quella sorta di fratellanza. Questo anche se, all'epoca, nessuno di loro aveva ammesso di considerar gli altri come tali.
– Sarà anche così, ma sono comunque ancora in grado di prendervi tutti e tre a calci nel sedere – ribatté finalmente verso i tre, sfoggiando a propria volta un mezzo sorrisetto provocatorio.
Un leggero sbuffetto divertito attirò l'attenzione generale sulla fonte di quel suono, ricordandogli la presenza della nightblader lì accanto. Sotto quattro paia di occhi penetranti, la mora parve pietrificarsi, mentre il suo sorriso assumeva una piega nervosa e più accentuata rispetto a poc'anzi, finché Kei non la vide cercarlo con lo sguardo in una muta richiesta di soccorso. Una richiesta che il dranzerblader, dopo un istante, accolse spostandosi di un paio di passi per fermarsi accanto a lei e presentarla come si deve.
– Lei è Yukiko Natsuki.


Completamente presa alla sprovvista da quegli sguardi di ghiaccio tutti fissi su di lei, Yukiko si era sentita improvvisamente talmente a disagio da arrivare a cercare un qualche tipo di sostegno dall'unico blader che si sarebbe aspettata negarglielo. Per questo era stata completamente colta di sorpresa quando lui le si era avvicinato a quel modo e l'aveva presentata formalmente.
– Lei è Yukiko Natsuki.
Iniziando ad arrossire, la nightblader tentò di inquadrare nuovamente i russi nel proprio campo visivo, notandone le espressioni curiose e vagamente interdette, fatta eccezione per il ragazzo dai capelli rossi di nome Yuri, che aveva avuto occasione di conoscere qualche giorno prima. Lui la stava scrutando con un pizzico di malizia ed un accenno di sorriso che non mitigava affatto l'aria gelida che sembrava caratterizzarlo. Era il più basso dei tre, sebbene risultasse un po' più alto di Kei di qualche centimetro buono, ma da lui irradiava il classico carisma da leader che distingue un vero capitano, il quale non venne sminuito nemmeno al commento che esternò poco dopo, carico di ironia.
– E così ti sei davvero trovato una ragazza in grado di sopportare il tuo pessimo carattere.
– Così sembra – rispose in tono piuttosto piatto il dranzerblader.
– È piuttosto piccola, sembra una bambolina – commento il tipo grosso quanto un armadio, facendole arricciare il naso in una smorfia.
– È vero – si aggiunse il ragazzo di nome Boris, dandogli ragione – Non è che te ne approfitti perché è così minuta, vero, Kei?
Una venuzza prese a pulsarle fra i capelli scuri a quell'ultima frase, facendola corrucciare in volto prima di fare un passo avanti e raddrizzare la schiena. Si impettì letteralmente di fronte a quei tipi che avevano osato sottovalutarla e classificarla alla stregua di una nanetta; cosa del tutto ingiusta, in quanto era alta ben 1.66 m, un traguardo di tutto rispetto per una ragazza giapponese.
– Tsk – sbottò contrariata, puntellandosi i fianchi con ambo le mani e mantenendo un certo contegno orgoglioso – Posso tranquillamente prendervi tutti a calci nel sedere, quanto e meglio di lui! – indicando con un cenno del capo lo stesso Kei, che a quell'affermazione rimase a fissarla interrogativo e sorpreso al contempo.
I tre ragazzi russi a quella dimostrazione di carattere rimasero un momento di stucco, prima che Yuri allargasse il proprio sorriso con un certo divertimento e si rivolgesse direttamente al ragazzo dai capelli bicolori lì accanto.
– Mi era proprio sembrato che fosse un tipetto interessante, la tua ragazza!
– Tsk. E la cosa ti sorprende?
– Non molto – ribatté il rosso, facendo spallucce.
In mezzo a tutta quella confusione i presenti continuavano a definirla come “la ragazza di Kei” e la cosa non poté passare inosservata alla mora, la quale sbirciò l'espressione del dranzerblader con discrezione. L'aria tranquilla che sembrava aver assunto non lasciava intuire alcuna traccia di un'eventuale contrarietà, né qualche tipo di disagio per il fatto che l'avessero classificata a quel modo. Inoltre, il semplice fatto che lui non li avesse affatto contraddetti ma, anzi, lasciasse trasparire una quieta fermezza nello sguardo, poteva voler dire solo una cosa: la considerava davvero come la sua ragazza.
La cosa non avrebbe dovuto sorprenderla, non dopo gli ultimi cinque giorni, ma Yukiko non riuscì comunque ad evitarsi di emozionarsi mentre elaborava quella nuova definizione di sé stessa. Avvertendo il cuore accelerarle nel petto, si sentì assurdamente emozionata e, quando per caso incrociò lo sguardo del giapponese, finì per avvampare in viso come un semaforo.
– Ce ne hai messo di tempo per passare da queste parti – stava dicendo Boris.
– Non ci hai neanche avvisati del tuo ritorno – aggiunse Yuri.
– Prima c'era una cosa che dovevo sistemare – gli rispose il dranzerblader.
Il ragazzo dai capelli rossi annuì di rimando e, per la seconda volta, alla nightblader parve che fra i due vi fosse una comprensione reciproca particolare, di quella che si viene a creare soltanto quando si vivono determinate esperienze in comune. Per qualche ragione, si ritrovò a sorridere, intimamente rasserenata dalla consapevolezza che Kei potesse vantare un'amicizia del genere. Alla fine aveva avuto ragione: lui non era rimasto solo.


Più osservava il suo antico compagno di squadra, più Yuri lo trovava diverso da come lo ricordava.
Non gli ci volle molto per capire che dava l'impressione di essere più rilassato di un tempo, come se fosse riuscito a liberarsi della costante rabbia che era stato solito portarsi dentro da adolescente e che aveva trovato il modo di sfogare soltanto attraverso il Beyblade.
Mentre si occupavano in maniera informale delle presentazioni, il russo dai capelli rossi osservò con occhio critico anche la ragazza che lo accompagnava, senza lasciar trasparire alcunché dalla propria espressione, tenendosi accuratamente per sé i propri pensieri al riguardo. La moretta appariva in imbarazzo, ma non per questo aveva rinunciato a dire la sua poco prima, cosa che determinava un certo carattere. Kei se l'era scelta piuttosto bene da quel lato.
– Comunque siamo qui anche per un altro motivo – interloquì la giapponese a quel punto, attirando su di sé l'attenzione di tutti e voltandosi per contro proprio verso l'ex vicecapitano della NeoBorg – Abbiamo bisogno di qualche pezzo di ricambio – annunciò, infilandosi la mano in tasca ed estraendo un beyblade color blu scuro, con l'anello d'attacco dipinto d'argento e sul bit al centro un emblema piuttosto particolare. Il suo sguardo sembrava deciso e carico d'aspettativa mentre glielo mostrava – Night ha bisogno di un meccanismo motore nuovo.
Yuri prese in consegna il bey, esaminandolo più da vicino con occhio critico, mentre nella sua mente scorrevano una serie di dati estrapolati sul momento. Gli ci volle meno di dieci secondi per trarre le sue conclusioni e dare una diagnosi – Direi che un M64-C01 dovrebbe andare – e nel dirlo scoccò un'occhiata a Sergej, il quale sembrò cadere momentaneamente dalle nuvole e annuire di rimando, in un muto segno che stava a significare che ne avevano qualcuno in magazzino, prima di aggiungere – ..ad occhio, anche l'anello che adempie a contrappeso andrebbe cambiato. Se vuoi posso tranquillamente fornirtene uno nuovo, più stabile e resistente ma meno spesso.
Quando sollevò gli occhi di ghiaccio sulla ragazza, riconsegnandole la sua trottola, la vide intenta a fissarlo con un certo stupore malcelato, prima di riaversi e schiudere le labbra in un sorriso.
– Te ne sarei grata.
Quando fu il turno di Kei, saltò fuori che Dranzer non era messo meglio ed, oltre alla necessità di sostituire il meccanismo motore, notò anche le crepe che iniziavano ad aprirsi nell'anello d'attacco. Ne discussero per un po' prima di convenire che fosse meglio sostituirlo anziché tentare di ripararlo alla meglio, così si spostarono tutti nel retro, mentre lui e Boris iniziarono a frugare fra i vari scatoloni per trovare ciò che serviva.
Non ci volle molto per mettere insieme tutti i pezzi e, dopo aver lasciato i due giapponesi in compagnia dei suoi due soci, Yuri si sedette al suo banco da lavoro e si mise all'opera, calibrando pesi e baricentro con attenzione. Non gli ci volle molto, non dovendo apportare modifiche sostanziali ai due beyblade, e quando tornò nella stanza principale del suo negozio, glieli porse.
– Finito. Dovrebbero andare – affermò, restituendo Night alla moretta, la quale lo esaminò a sua volta con una certa serietà – Dovreste provarli però – aggiunse con professionalità.
Fu Kei a rispondergli, inarcando un sopracciglio – Dove?
– Abbiamo un campo nel cortile interno del palazzo a cui si accede passando dal retro – intervenne questa volta Boris, indicando con il pollice nella direzione citata.
A quel punto a Yuri venne un'idea – Possiamo confrontarci in un'amichevole, così da poter vedere subito se è tutto a posto – in realtà la sua proposta era ben diversa e il sorrisetto del dranzerblader gli comunicò che aveva colto il significato nascosto delle sue parole.
– Per me va bene.
– Perfetto – si aggiunse Yukiko, incamminandosi nella direzione del cortile.
Di fronte all'impazienza di lei, tradita dal passo deciso che la condusse fuori, il russo si ritrovò a sorridere lievemente nell'osservare come il suo vecchio compagno di squadra non si allontanasse mai troppo da lei, né distogliesse a lungo la propria attenzione a ciò che quella faceva o diceva. Non che fosse un tipo ciarliero comunque, da quando era entrata nel negozio l'aveva vista aprir bocca, sì e no, quattro volte soltanto ed una di queste era stata per affrontare l'argomento Beyblade. L'aver scoperto che fosse una blader inoltre, era un punto a suo favore che, unito alla primissima impressione che aveva avuto di lei, lo indusse a riflettere. Non era sorpreso comunque di constatare che il caro Hiwatari si fosse avvicinato per la prima volta ad una ragazza che, coincidenza, era un'appassionata di quello sport. E se era stata capace di colpirlo, doveva essere anche piuttosto in gamba.
No, convenne con sé stesso, non era il caso di sottovalutarla.


Yukiko ritirò il proprio bey sotto gli sguardi increduli dei loro spettatori, sfoggiando uno dei suoi immancabili sorrisi accattivanti per la vittoria appena conseguita.
Il suo Night era stato fantastico: aveva risposto egregiamente ad ogni comando e si era rivelato anche più scattante del solito, scaraventando Falborg fuori campo in meno di due minuti.
– Ottimo lavoro – cinguettò ancora euforica al suo compagno di battaglie, scoccando un rapido bacio al centro dell'emblema del suo bitpower, senza per altro averne richiesto l'intervento. Posando quindi lo sguardo sul suo sfidante, vide Boris ancora fermo nell'esatta posizione in cui si era trovato quando lei aveva sventato la sua ultima offensiva, le palpebre tanto spalancate da sembrare sul punto di farsi cascare gli occhi sul terreno.
Lì vicino, Kei se ne stava a braccia incrociate sul petto e gli occhi chiusi, accanto agli altri due russi, con in volto stampato un mezzo sorrisetto dei suoi.
– Il prossimo – incitò allora i due prossimi sfidanti a farsi avanti, dirigendosi verso questi.
I due blader in questione si mossero a sua volta all'unisono, diretti verso le due parti opposte del modesto campo di gara e, quando il dranzerblader fu sul punto di passarle accanto e superarla, la mora sollevò la mano sinistra. Si scambiarono un cinque degno di due veri compagni di squadra ed ancora una volta il cuore di lei si riempì di esultanza nel veder ricambiato il suo sguardo, leggendo in quegli occhi scuri una muta soddisfazione che scomparve l'istante seguente, quando passarono l'uno oltre l'altra.
La sensazione di formicolio alla mano non riuscì a farla smettere di sorridere nemmeno raggiunto il fianco di Sergej.
Ah, l'amore!
Yukiko sussultò violentemente sul posto, facendo un salto a lato nel voltarsi di scatto verso Night, saltato fuori all'improvviso dal beyblade che aveva riposto in tasca con quel suo commento.
– Sh-Sssht – sibilò, avvampando come un peperone e portandosi l'indice alle labbra, in preda all'agitazione.
Il suo bitpower rise, restando in piedi accanto a lei nella sua forma umana, privo di quell'alone etereo che era solito avvolgerlo il più delle volte. Quel suono, ben distinguibile nella mente di tutti i presenti, li fece voltare verso il ragazzo vestito di bianco, e la mora si accorse dei loro sguardi perplessi e inquisitori. Night invece, splendidamente, fece finta di niente.
Non c'è legame più forte” commentò imperterrito, incrociando le braccia sul petto e annuendo fra sé e sé “Né qualcosa che infonda altrettanta forza.. abbiamo concluso bene questa volta, ma la prossima ricordati che anche io ho voglia di divertirmi!” le fece notare, ammiccando nel riferirsi al loro incontro appena concluso.
– Tu chi sei? – intervenne Boris, ponendosi ambo le mani sui fianchi.
Yukiko sospirò, rassegnata alle iniziative poco propizie che ogni tanto il suo compagno di battaglie si prendeva, avendo ormai perso ogni traccia di quell'entusiasmo che l'aveva animata sino a un minuto prima – Lui è Night.
Ciao a tutti” salutò lui, accostandosi due dita alla fronte e donando loro quel particolare cenno di saluto tipicamente marinaresco. Nemmeno il tempo di un battito di ciglia, e scomparve.
– Ma..?! – esclamò Sergej, esternando a quel modo il suo profondo sconcerto.
– Cazzo – sentì soffiare un agghiacciato Boris.
Yuri non aveva fatto una piega, all'apparenza. Non aveva nemmeno battuto ciglio appunto, rimanendo in un'immobilità tale da sembrare una statua di sale. Era quest'impressione a tradire il suo stato d'animo profondamente spiazzato, che concluse il particolare quadretto raffigurante i tre russi. Kei per contro scosse il capo con un pizzico di aria rassegnata, un accenno soltanto, sempre discreto nelle sue impressioni.
Yukiko, riscuotendosi, ridacchiò nervosamente – Ahah.. sì, be'.. capita! I bitpower.. ahah.. al solito.
– Quello era il suo bitpower?! – chiese finalmente il rosso al suo avversario, emergendo dal suo status di 'scultura di ghiaccio' solo per spalancare gli occhi un po' di più di prima.
– Sì – confermò Kei, piuttosto indifferente.
– Eheh – si lasciò sfuggire la nightblader, grattandosi una guancia con l'indice della mano destra, mentre l'altra se ne stava a puntellare il fianco sinistro.
Certo che il suo bitpower sapeva anche essere un po' troppo infame certe volte...


– Hai preso tutto?
Kei le rivolse un cenno del capo in segno affermativo, caricandosi lo zaino in spalla. Avevano pianificato di viaggiare in treno, il quale li avrebbe portati sino in Cina e la cui partenza era prevista da lì a un'ora presso la stazione. Il programma era piuttosto semplice: una volta raggiunta Urumqi avrebbero continuato a spostarsi con i mezzi a loro disposizione per gran parte del paese, utilizzando le due settimane che avevano a disposizione per girovagare a loro piacimento, prima di imbarcarsi sul volo per il Giappone. Il tutto razionando meticolosamente le spese, in quanto non avrebbero alloggiato in nemmeno uno degli hotel affiliati all'organizzazione di suo padre.
La raggiunse presso la porta della camera, accanto alla quale si era fermata ad aspettarlo, cosa a cui il dranzerblader non era ancora riuscito ad abituarsi del tutto: era da sempre stato il primo ad esser pronto a muoversi, sacca in spalla e tutto il resto, quando si era trovato in viaggio con i suoi vecchi amici, e ciò che più lo faceva rimanere interdetto era il fatto che a batterlo in velocità questa volta fosse una ragazza. La stessa che la sera precedente, ad un'uscita in gruppo con i vecchi componenti della NeoBorg, aveva finito per accusare più di tutti loro i bicchierini di vodka che aveva bevuto. Alla fine avevano dovuto portarla in spalla sino all'albergo, compito che era toccato a Sergej per la maggior parte del tempo. Divertito dal controsenso di quanto accaduto - in quanto la giapponese era stata quella che aveva bevuto meno, rispetto a loro quattro - così come lo divertiva l'espressione impaziente di lei, si lasciò sfuggire un sorrisetto.
– Possiamo andare – affermò la mora, già iniziando a voltarsi per allungare una mano verso la maniglia.
Lui la fermò sul nascere, appoggiandosi di peso all'anta in legno con un braccio, impedendole di farla ruotare sui cardini e sovrastandola con la sua stessa vicinanza. Lei, per contro, finì per schiacciarsi contro quella stessa porta con la schiena, sollevando leggermente il volto per guardarlo in viso, proprio come lui s'era augurato facesse. Per questo non gli fu difficile chinarsi e catturarne le labbra con un bacio, mordicchiandole leggermente il labbro inferiore, per poi di raddrizzare la schiena e godersi la sua espressione. La nightblader sbatté più volte le palpebre, fissandolo con un paio di occhi particolarmente lucidi, il volto rosso come un pomodoro maturo e le labbra leggermente schiuse a causa di quel gesto inaspettato.
Piuttosto soddisfatto di sé stesso, non poté negare di averci preso gusto nello stuzzicarla a quel modo.
Se avessero avuto più tempo, probabilmente si sarebbe spinto più in là, fino in fondo. Letteralmente.
– Ora – sottolineò con fermezza ed un pizzico di malizia, sfoggiando un sorrisetto provocatorio – possiamo andare.
Le sopracciglia di lei ebbero un fremito, riprendendosi piuttosto rapidamente dallo stupore che l'aveva bloccata solo per permetterle di reagire con ostentato fastidio – Andiamo – sbottò, mentre lui le permise di riguadagnare i suoi spazi e spalancare quindi la porta. Kei non riuscì a far sfumare il proprio sorriso divertito al vederla atteggiarsi a quel modo, avendo già imparato quanto in realtà quella fosse soltanto una posa per mascherare ben altri sentimenti. La conferma gli venne data quando, in corridoio, lei si voltò e gli fece la linguaccia, senza per altro riuscire a restare del tutto seria. Finì per scoppiare in una breve risata e Kei, sorridendo fra sé e sé, pensò che non gli dispiaceva affatto quel suono.


Raggiunta la stazione, Yukiko inarcò un sopracciglio intravedendo la massiccia sagoma di Sergej spiccare fra la folla. In quel medesimo istante il balder russo li indicò agli altri due ragazzi che aspettavano con lui, facendoli voltare in loro direzione. Era la NeoBorg al completo.
– Finalmente! – si lamentò Yuri.
– Cosa fate qui? – gli chiese Kei, diretto come al solito nel fermarsi di fronte a lui.
– Vi stavamo aspettando – affermò il rosso con un sorrisetto per certi versi inquietante.
– Siamo passati a salutarvi – chiarì per lui Boris, facendosi avanti in quella posa sostenuta, con le mani ficcate in tasca.
Ancora una volta, così com'era accaduto negli ultimi tre giorni, la mora assistette a quell'insolito scambio di frasi più o meno glaciali che consistevano nel loro speciale rituale di saluti, il tutto concluso con quella stretta di mano fraterna, salda e carica di significato, che la fece sorridere. Aveva avuto occasione di assistere per un po' ad un legame singolare, ormai l'aveva capito, e parte del calore di questo era riuscita a percepirlo lei stessa, a discapito dell'apparenza fredda emanata da quel gruppetto. Uno di fronte all'altro, Kei e Yuri apparivano quasi simili a chi non era capace di cogliere le sottigliezze ed i particolari del loro modo di fare. La nightblader invece, dopo un paio di tentativi, era riuscita a comprendere il delicato equilibrio del loro rapporto: perché se il primo era il blader di fuoco, l'altro poteva essere considerato senza alcun dubbio il blader di ghiaccio per eccellenza.
Non per niente Wolborg, come Night, dominava un potere legato al freddo.
– A fra 10 anni – concluse Yuri, con quel mezzo sorriso provocatorio di poc'anzi.
– Alla prossima – ribatté Yukiko semplicemente, con tono di sfida a contraddirla, attendendo che il dranzerblader finisse di salire sulla carrozza.
– È quel che ho detto – ribatté imperturbabile il russo, distogliendo lo sguardo da lei con aria annoiata.
– Umphf – la moretta arricciò la punta del naso in una piccola smorfia, senza replicare nient'altro prima di issarsi a sua volta sul vagone. Si voltò nuovamente verso i tre russi, appoggiandosi alla parete per permettere a Kei di giovare a sua volta di una buona visuale e donare loro un ultimo cenno, prima che le porte si chiudessero definitivamente ed il treno iniziasse a muoversi.
– Torneremo, vero?
– Mh?
Prendendo coraggio, la nightblader sollevò lo sguardo, cercando il suo e ripetendo la sua richiesta – Mi piacerebbe tornare, un giorno..
Lo vide ricambiare il suo sguardo con uno dei suoi, penetranti ed imperscrutabili, prima di vedergli finalmente schiuder le labbra in un sorriso che gli addolcì i lineamenti. Annuì con un semplice cenno del capo alla sua richiesta, sollevando una mano per posargliela fra i capelli scuri. Fu un contatto rapido e lieve, che durò un solo istante, ma fu uno di quelli che solitamente si imprimono a fuoco nel cuore delle persone.
E Yukiko si sarebbe portata dentro il ricordo di quel momento per molto, molto tempo.




...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Ce l'ho fatta anche stavolta!
Come promesso non vi ho fatto aspettare troppo, né?
*_* Con lo scorso capitolo il numero di lettrici è aumentato ancora e non riesco proprio a tenere per me la contentezza! Perciò un ringraziamento speciale a Lucy e Siana, che hanno trovato il tempo di farmi sapere, insieme all'immancabili Keyra e Silmeria, il loro parere. Uhuhuh! Non riesco ad evitare di ridacchiare, scusate, anche perché sta per arrivare un'altra parte che non vedevo l'ora di scrivere.
Allora, questo è un altro capitoletto di simil-transizione, il prossimo capitolo sfiorerà un argomento che più d'uno scommetto non vede l'ora di leggere! ^.^
No, niente spoiler. Non posso, sarebbe imperdonabile per me. E poi vi toglierei la sorpresa (sempre che di sorpresa si possa parlare!!) Non vi trattengo oltre, ma vi invito come sempre a lasciarmi un parere, di qualunque genere, anche su questo nuovo aggiornamento!
Nel frattempo vi saluto e vi mando un baciotto *_* ancora grazie!
la vostra instancabile autrice
Kaiy-chan

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Capitolo 30
*** In viaggio per la Cina ***




30. In viaggio per la Cina


Con il vento a soffiarle contro, la giovane Natsuki attese il conto alla rovescia.
– Tre.
– Due.
– Uno...
– Pronti.. Lancio! – esclamarono all'unisono, prima di avviare il lanciatore con tutta la loro forza.
I due beyblade schizzarono in avanti come fulmini, atterrando sulle massicce pietre che costituivano la base dell'ampio camminamento della Grande Muraglia Cinese, prima di sfrecciare lungo la merlatura dei parapetti in un inseguimento che contrastava la forza di gravità. In contemporanea, i due blader si mossero all'unisono, scattando in una corsa che aveva come obiettivo quello di star dietro alle due trottole di due tonalità di blu differenti.
Scansando eventuali visitatori in uno slaloon colmo di cambi di direzione repentini, Yukiko - come d'altra parte lo stesso Kei - si concentrò sul suo Night, al quale riusciva a star dietro a fatica. Eppure trovò quell'allenamento abbastanza divertente da spingersi a dare il massimo, ben intenzionata ad aumentare la propria resistenza e velocità grazie ad esso. L'aria fredda della Cina settentrionale le penetrò nei polmoni, frizzante abbastanza da vivacizzare la sua naturale combattività e ignorò la protesta dei muscoli delle gambe finché ne fu in grado. Passando accanto ad un gruppetto di turisti ed alla loro guida, ne fecero addirittura sussultare qualcuno di spavento e stupore, cosa che la costrinse a trattenere una risata spontanea.
Si fermarono alla sommità di una salita, a non troppa distanza da una delle torri di segnalazione poste fra una vetta e l'altra, talmente esausti che la mora dovette appoggiarsi al parapetto di pietra per non abbandonarsi sul pavimento. Piegata leggermente in avanti e con un rivolo di sudore a impregnarle la maglietta sotto la felpa, perse di vista il proprio compagno di viaggio per una manciata di secondi, troppo dedita al compito di far entrare quanta più aria possibile in petto. Quando finalmente riuscì a sollevar lo sguardo, lo spostò sulla figura voltata ancora di spalle del dranzerblader, fermatosi due passi davanti a lei. Ritto con la schiena, le ampie spalle che s'alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro ancora parzialmente irregolare, teneva le braccia allungate lungo i fianchi e il capo leggermente reclinato all'indietro. Una folata d'aria fece ondeggiare quei suoi capelli d'argento, le ciocche nere, più corte sulla nuca, gli pendevano in una lunghezza che era andata leggermente aumentando in quelle ultime settimane, finendo per sommarsi in un contrasto netto al colore bianco della sciarpa che portava al collo.
Quelle braccia, coperte dalle maniche del suo giubbotto in pelle, l'avevano stretta più di una volta.
Quelle finissime ciocche bicolori, fra le quali aveva affondato le mani, giocandovi e beandosi della loro consistenza setosa, stavano venendo scompigliate da quell'alito di vento.
Quelle spalle rammentò si erano parate in sua difesa ormai diverso tempo prima.
Un pensiero la colse, improvviso quanto tormentato: come avrebbe fatto quando non l'avrebbe più avuto così vicino? Come avrebbe convissuto con l'intenso desiderio di vederlo, di baciarlo, di fare l'amore con lui, quando al loro ritorno avrebbero finito per doversi separare? Quelle domande, nate dal ricordo di quell'ultimo messaggio di sua madre, le serrarono la bocca dello stomaco in una morsa. Sentì le membra percorse da un tremito e chiuse di scatto gli occhi, nel tentativo di dominarsi.
Non voleva separarsi da lui.
Non voleva affatto tornare a casa propria, perdendo la possibilità di averlo così vicino come era accaduto in quell'ultimo mese e mezzo.
Peccato che non poteva più tornare indietro, ora che la signora Natsuki sembrava aver iniziato ad ascoltarla seriamente. Inoltre, non meno importante, non avrebbe potuto tornare sui propri passi da sola: aveva bisogno di parlarne con Kei, dovevano confrontarsi sull'argomento, ma il solo pensiero la riempiva d'ansia e aveva sempre finito per rimandare ad un secondo momento.
Codarda.
– Stai bene?
La voce del dranzerblader la trasse dalle sue riflessioni, facendola sobbalzare leggermente nel raddrizzare la schiena e schiuder le palpebre. Incrociandone lo sguardo, vi lesse lo stesso interrogativo espresso a parole, intenso come solo quegli occhi di un profondo castano scuro sapevano essere. Assalita da una punta di disagio, la mora riuscì comunque ad annuire con un cenno del capo, seppur del tutto consapevole di non poter apparire convincente quanto avrebbe voluto.
– Tutto a posto – asserì, sottolineando la cosa senza comunque ottenere un risultato migliore. L'unica reazione d'egli fu un battito di palpebre singolo, che seguì soltanto un silenzio d'attesa di alcuni secondi, tempo sufficiente per metterla alle corde e costringerla a correggere il tiro, confessandogli – ..è che stavo pensando ad una cosa..
Silenzio.
Distolse lo sguardo da lui con il pretesto di cercare Night, fermo a pochi passi da loro, appresso a Dranzer, mentre invece approfittò di quel momento per tentare di raccogliere le idee e decidersi ad affrontare il discorso. Non vi riuscì in pieno, non prima di chinarsi a cogliere dalla pietra i due beyblade, stringendo ognuno in una mano con delicatezza. Voltandosi verso il blader che le stava vicino, gli porse il suo, attendendo che lo prendesse in consegna.
Quando lui se lo infilò con un cenno del capo in tasca, lei si ritrovò a stringere con più forza il proprio, avvertendo le lame smussate dell'anello di attacco di Night premerle contro la pelle dei guanti senza dita che indossava. Si schiarì la voce, notandone l'espressione di paziente attesa e, grazie ad essa, inspirò, decidendosi una volta per tutte a vuotare il sacco.
– Quando eravamo ospiti di Andrew McGregor ho avuto una discussione con mia madre – iniziò, tutto d'un fiato, abbassando lo sguardo dopo quella prima affermazione per posarlo sul panorama che si allargava alla loro destra. Impedì comunque piuttosto egregiamente al proprio nervosismo di trapelare nel tono di voce, che riuscì a mantenere inflessibile e colloquiale, seppur non privo di una certa serietà – In un moto di rabbia le dissi che avrebbe dovuto smetterla di cercare di controllare la mia vita.. e sembra che abbia recepito il messaggio – deglutì, la gola troppo impastata, mentre con espressione che sapeva tradire il proprio tormento continuò, sollevando finalmente lo sguardo sul volto altrui. Incrociandone gli occhi scuri, capì di avere la sua completa attenzione – Non l'ho più sentita per giorni. Poi, non molto tempo fa mi ha mandato un messaggio – le sopracciglia di Kei saettarono verso l'alto, curioso, e lei concluse – ..annunciandomi che aveva fatto riportare le mie cose a casa nostra.
Silenzio, di nuovo.
Nel momento in cui terminò di formulare quell'ultima frase, le sembrò come se l'intero universo che racchiudeva il dranzerblader si fosse cristallizzato, congelato in quel determinato istante in cui aveva proferito quell'ultima frase, scacciando l'impressione sorpresa che ella ne aveva avuto inizialmente. Nel silenzio che seguì, lui rimase a fissarla per una manciata buona di secondi senza muovere un solo muscolo, assolutamente serio, apparendo indecifrabile e terribilmente incomprensibile persino al suo sesto senso tipicamente femminile che ogni tanto le andava in aiuto. In quei secondi, Yukiko formulò ogni ipotesi possibile e inimmaginabile, dal fatto che fosse rimasto scioccato a quella, più accreditata dai suoi timori, che ne fosse rimasto del tutto indifferente.
E poi quella stasi ebbe termine, infranta da un secco sbuffo che sfuggì al ragazzo stesso, mentre ficcava le mani in tasca con un movimento rigido e sfuggiva contemporaneamente il suo sguardo.
– Immagino che le cose saranno meno facili allora.. – commentò, infastidito e laconico al tempo stesso, prendendola alla sprovvista.
Confusa, la nightblader schiuse le labbra una prima volta invano, per poi richiuderle senza che ne fosse uscito alcunché. Ripeté quel tentativo una seconda volta, prima di riuscire a decidersi su cosa chiedergli, e quando lo fece temette di non riuscire a udirne la risposta a causa del frastuono che le provocava nelle orecchie il proprio stesso cuore.
– In che senso?
– Vederci – chiarì lui in una singola parola, senza tornare a guardarla ma apparendo invece più interessato ad ammirare l'orizzonte. Il paesaggio, definito da quella successione di montagne e colline sulle quali la Muraglia si inerpicava stoicamente, dando l'impressione di un serpente addormentato, era ravvivato dal tiepido sole che aveva deciso di dominare il cielo di quella giornata tipicamente autunnale.
La mora, di fronte a quella pausa di silenzio, inarcò un sopracciglio e, incoraggiata da quel suo comportamento fin troppo insolito, gli rivolse la domanda che aveva iniziato ad assillarla da giorni – Cosa c'è tra noi?
Fu talmente diretta che lei stessa ne sorbì gli effetti, formulata così come le era apparsa nella mente, facendola quasi sussultare al pari dello scatto che fece lui quando si voltò di nuovo a fissarla, con quei suoi occhi scuri spalancati dall'incredulità per quanto gli era appena giunto alle orecchie. Un'incredulità intimamente condivisa da lei stessa, che le delineò le labbra in una smorfia tesa mentre ricambiava quello sguardo con quanta più determinazione era in grado di racimolare dentro di sé. La stretta su Night si fece ferrea in contemporanea al suo stesso stato d'animo, infilandosi la mano in tasca per nascondere la propria tensione a lui ed al suo fin troppo buono spirito di osservazione. In quelle ultime settimane aveva dimostrato di possedere sia buona memoria, sia un'incredibile attenzione ai particolari, due caratteristiche che la ponevano in svantaggio in momenti come quello, in cui avrebbe desiderato soltanto sprofondare in un buco nel terreno.
Eppure, a differenza della percezione che ne ebbe la ragazza, quel muto confronto durò soltanto un paio di secondi, prima che Kei all'improvviso facesse quel passo avanti che gli necessitò per allungare una mano e afferrarla per un gomito. La tirò in avanti, sbilanciandola e spostandola verso destra e la merlatura di quelle mura imponenti. Incespicando, la mora si sentì tirare a lato e sospingere contro la superficie dura della pietra del parapetto, prima che lui la afferrasse con presa ferrea in vita e la sollevasse di peso. Lasciandosi sfuggire un urletto di sorpresa, la nightblader si aggrappò con forza alla pelle del suo giubbotto, il cuore che le balzò in gola per quel breve istante che precedette la sensazione della pietra sotto il sedere. Il suo inconscio, sempre molto fantasioso, si era aspettato che lui stesse per buttarla di sotto. Niente da dire al riguardo, avrebbe anche potuto capirne l'impulso, causato dalla sua stupida domanda da ragazzina insicura. Domanda di cui si era pentita l'istante successivo all'averla proferita a voce, per inteso.
Per questo si ritrovò a spalancare gli occhi verdi nell'avvertirne la presa salda intorno alla vita spostarsi dietro la schiena, cingendola in un abbraccio protettivo che permise, allo stesso ragazzo che l'aveva posta su quel massiccio muretto fra i due merli adiacenti in una posizione più alta di quella di cui aveva giovato poco prima, di stringerlesi contro, insinuandolesi fra le gambe, rigide e divaricate a fornire un saldo appiglio contro la pietra. Avvenne tutto in un paio di secondi, ancor prima che si rendesse effettivamente conto che non avrebbe fatto un voletto di qualche decina di metri. Perse completamente la capacità di metterne a fuoco quel suo viso segnato da due triangoli blu e da una determinazione che ne aveva fatto rilucere lo sguardo nel momento stesso in cui lui, sollevando il volto e sporgendosi in avanti, la baciò. Fu un bacio imperioso e morbido al tempo stesso, dapprima quasi rude e poi delicato, che le smorzò il respiro e la fece inevitabilmente sciogliere, al punto da farle dimenticare luogo e tempo, se non addirittura il proprio stesso nome.
Quando lui si staccò, fissandola da pochi centimetri più in basso, lei colse dalla sua espressione mortalmente seria che stava cercando di dirle qualcosa che, a parole, non sembrava riuscire ad esprimere appieno. Qualcosa che, malgrado tutto, continuava a sfuggirle, ancora troppo confusa dalla piega inaspettata che aveva preso quella discussione. Il dranzerblader parve rendersene conto e, con un breve sospiro che si accostò seccamente all'aria combattuta che gli comparve in volto, incatenò il suo sguardo al proprio con nuova determinazione.
– Non rinuncerò a te – lo disse con lo stesso tono con cui si annuncia un dato di fatto immutabile, facendole battere il cuore con un forza tale da farle credere che le avrebbe sfondato la cassa toracica – Non credo di esserne più in grado, ormai.. sei diventata troppo importante e la distanza non cambierà ciò che provo.
Il significato di quelle parole le penetrò nella mente e nel cuore, facendole sgranare progressivamente gli occhi di smeraldo.
Non avrebbe rinunciato a lei.
Non sarebbe cambiato nulla.
Sondando il volto altrui, Yukiko non vi scorse alcuna traccia di incertezza, né di ironia: era mortalmente serio, di una serietà che la spinse a trattenere il respiro, intuendo che non avesse ancora finito.
– Ci ho messo un po' a capirlo e ad accettarlo – ammise il dranzerblader, con voce di un'ottava più bassa, che lasciava trapelare parte del conflitto interiore in atto nel suo animo – ..ma oramai non intendo sminuirlo in nome di un orgoglio che in passato mi ha fatto rimpiangere diverse scelte.
– Ma.. – mormorò con un filo di voce lei, sentendosi le gote in fiamme e la testa fin troppo leggera a causa di quella confessione inaspettata, dando voce ai propri timori – ..per quanto riguarda gli accordi fra le nostre famiglie? E i nostri genitori?
– La nostra vita privata non è affar loro – concluse lui seccamente, irremovibile come la struttura sulla quale lei era seduta, cosa che la fece irrigidire in un moto di perplessità. Egli sembrò accorgersene, perché aggiunse – Non devono saperlo per forza – in tono più morbido, come a correggere il tiro, senza smettere di sondarle l'animo con quello sguardo dai riflessi di brace – Niente mi vieta di stare con te comunque, a prescindere da quanto abbiamo deciso a quella riunione informale.
– Quindi non intendi più scaricarmi per andare a spassartela con quel branco di tuoi 'amici' pieni di soldi o qualche gatta morta dai capelli rossi? – gli chiese per conferma, buttandola sull'ironico con un mezzo sorriso.
Lui parve cogliere l'ironia di quella punzecchiatura, ricambiandola a sua volta con un sorrisetto sghembo nello stringersi un po' più contro di lei – Direi di no.. – le rispose a fior di labbra, reclinando leggermente il capo per sfiorargliele in un nuovo, breve contatto, che durò il tempo di un respiro e dopo del quale mise in chiaro una cosa – ..e, tanto per essere precisi, nemmeno quella sera sono riuscito a scacciarti dai miei pensieri.
Yukiko, ritornando con la mente all'accaduto, ridacchiò – Lo credo bene!
Quell'affermazione non fece altro che incuriosire ancora una volta il dranzerblader, che non si trattenne dal chiedere spiegazioni – Che vuoi dire?
– Be' – esordì lei in risposta, sistemandosi meglio fra le braccia di lui per cingerlo a propria volta intorno al collo e tenerselo in tal modo vicino, sfoggiando un sorrisetto carico di malizia e mistero – Diciamo che l'avevo intuito..
– E da cosa?
– Me l'hai detto tu stesso – gli chiarì finalmente – Prima di spingermi contro un'auto e baciarmi.
Un po' sadica, la nightblader si godette l'improvviso mutamento del viso altrui, che da vagamente malizioso si fece all'improvviso incredulo, sgranando lo sguardo e acquisendo, dopo un rapido defluire di sangue, un rossore più convinto mentre si faceva sfuggire un ansioso – ..come?
Faticando a trattenere la propria soddisfazione, lei annuì con un minimo movimento del capo – Mi hai baciata – lui sbatté le palpebre una volta sola – Con tanto di lingua.
– Ah.
– E il tuo amichetto lì mi ha chiaramente fatto intuire quanto tu fossi preso da me in quel momento.
Kei strinse le labbra in una linea sottile, corrucciato in volto, fissandola non più negli occhi ma sulle labbra ancora delineate in quel sorrisetto.
– Mi hai gettata nel caos più completo per giorni, sappilo.
Finalmente lo vide sbuffare, prima di tornare a sfoggiare uno dei suoi sorrisetti sghembi – Capisco.
– Come tu abbia fatto a resistermi per così tanto tempo è un mistero – scherzò lei, sfoggiando una mancata modestia che non sentiva realmente.
Ebbe comunque l'effetto sperato, inducendo il dranzerblader ad allargare quel sorriso – Merito di un ferreo autocontrollo.
– A-ah..
– Ed un caparbio istinto di negazione – aggiunse, con un velo di autoironia.
Yukiko rise di nuovo, sommessamente e per pochi secondi, prima di sollevare nuovamente gli occhi verdi in quelli di lui. Adorava quella particolare complicità che si era venuta a creare fra loro, così com'era accaduto poche altre volte nel corso degli ultimi giorni passati insieme. Era in momenti come quello che avvertiva il peso dei propri sentimenti farsi oppressivo nel petto, scalpitando per trapelare all'esterno, e questa volta credette per un istante di non riuscire a trattenersi dal rivelarglieli, a discapito dei timori e delle incertezze che li accompagnavano. Peccato che ormai fosse abbastanza grande e non più così ingenua da buttarsi a capofitto in quel genere di confessioni senza un valido “paracadute”. In altre parole, pensò, era una codarda.
Kei si sporse nuovamente, posandole un nuovo bacio, morbido e caldo, sulle labbra, che riuscì a distrarla da quei pensieri autolesionistici e la indusse a rilassarsi un'altra volta, facendosi trasportare dal senso di protezione e sicurezza che lui riusciva ad infonderle con così poco. Lo amava profondamente, ma non era ancora pronta a dirglielo a parole, pertanto si accontentò di lasciar trapelare i suoi sentimenti in quel semplice ed intimo contatto prima che sfumasse.
In quel tiepido tardo pomeriggio si ritrovò a sorridergli, prima di rimarcare le sue parole di poco prima, cercando una conferma a quanto appena avvenuto – Quindi sono importante..
Il dranzerblader non si tirò indietro, fissandola dritto negli occhi, seppur donandole un accenno di sorriso nel darle quella conferma – Sei la mia Compagna.
E quella parola non le era mai sembrata così dolce e carica di significato come in quel momento.


– Eccolo là – le comunicò il ragazzo dai capelli d'argento, alludendo a quell'assembramento ordinato di casette ai piedi della valle.
La ragazza al suo fianco si fermò a sua volta, facendo spaziare lo sguardo dalle creste delle montagne che lo circondavano, sino al villaggio della Tribù della Tigre Bianca.
– E Rei vive qui?
Un cenno del capo in segno d'assenso fu tutto ciò che lui le donò in risposta, prima di riprendere a camminare. Seguirono il sentiero, scendendo dall'altura sulla quale esso si inerpicava per raggiungere il fondovalle, attraversando una folta macchia di sempreverdi, prima di attraversare il ponte in legno di un torrentello e finalmente giungere alle porte del villaggio. Kei non c'era mai stato prima, ma era sicuro di non sbagliarsi, avendo seguito meticolosamente le indicazioni che l'ex compagno di squadra gli aveva fatto pervenire tempo addietro per arrivare sino a lì.
Si trattava di una serie di casupole dall'architettura caratteristica, in vecchio stile orientale, con i tetti dal profilo ricurvo e le finestre in vetro alternate a paraventi di carta di riso. Scoccando un'occhiata alla moretta che gli procedeva con passo misurato accanto, ad una distanza tale che se avesse allungato un braccio avrebbe potuto tranquillamente arruffarle i capelli, mascherò a stento la propria soddisfazione nel notarne la luminosità dello sguardo mentre osservava il villaggio posto poche decine di metri più in basso. D'altra parte, non era più un mistero che quella regione la affascinasse, così simile e così diversa al tempo stesso dal loro paese. Se non altro il cibo era subito risultato meno pesante, vista l'abitudine di quel popolo di mangiare regolarmente riso, proprio come i loro vicini nipponici.
– Hai detto che è un bravo cuoco.. – esordì a un certo punto la nightblader, dandogli per un momento l'impressione che potesse leggergli nel pensiero.
– Un tempo se la cavava piuttosto bene – le confermò, scoccandole un'occhiata dubbiosa – Perché?
Il sorriso luminoso e colpevole di lei gli fece intuire il seguito – Inizio ad avere una discreta fame.
Kei si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito. In effetti l'ora di pranzo era prossima ed erano ore ormai che erano in cammino, tempo sufficiente per risvegliare l'appetito di più di una persona normale. Nemmeno a lui avrebbe fatto dispiacere mettere qualcosa sotto i denti, soprattutto se si fosse trattato di uno dei piatti di Rei.
– Allunga il passo tesoro, o ti lascio indietro! – lo richiamò alla realtà la moretta, calcando ironicamente quell'appellativo ed approfittandone per anticiparlo di qualche passo, prima di voltarsi a guardarlo da sopra una spalla, con un sorriso furbesco stampato in volto. Un sorriso che lui ricambiò con un'espressione fra il sorpreso e lo scettico, provvista di provvidenziale sopracciglio inarcato.
– Illusa – la sbeffeggiò, allungando la propria falcata in uno scatto.
Quel cambio di andatura non durò molto, solo il tempo di una risata cristallina e l'arrendevolezza di lei lo indusse a rallentare a sua volta per non allontanarsi dal suo fianco, ormai prossimi a raggiungere la loro destinazione. Quando superarono il confine del boschetto che si inerpicava sul pendio dal quale stavano scendendo, il dranzerblader notò la presenza di alcuni abitanti per le strade, che nel notarli avvicinarsi scoccarono loro qualche occhiata curiosa.
Stavano per superare il limitare esterno, definito dalla prima casa alla loro destra, quando un ragazzo bloccò loro il cammino, ponendosi a gambe larghe e mani chiuse a pugno sui fianchi nel bel mezzo della strada principale, esclamando qualcosa in cinese che dava tutta l'impressione di una domanda provocatoria.
Guardandolo meglio Kei si accorse di trovare quel tipo piuttosto familiare a causa del modo in cui aveva raccolti i capelli di un color verde scuro dietro la nuca, fatta eccezione per un ciuffo che gli copriva l'occhio sinistro. Quegli occhi, di un pallido castano dorato, li fissavano con una nota di irriverenza che era indiscutibile. Gli ci volle una manciata di secondi, ma poi rammentò il ragazzino che aveva ricoperto il ruolo di riserva della squadra dei White Tigers, e gli rivolse un sorriso sghembo altrettanto sfrontato.
– Ma guarda, non pensavo che sarebbero bastati pochi anni per farti alzare la cresta quel tanto che basta da metterti sulla mia strada!
Il cinese in questione perse quella sua espressione strafottente, inarcando dapprima un sopracciglio e poi abbandonando quell'aria confusa in favore di una ben più incisiva, pallida e allarmata al tempo stesso.
– Tu sei Hiwatari Kei!
Il sorriso di colui che rispondeva a quel nome gli si accentuò in volto, carico di oscure promesse – In persona.
Kiki fece due passi indietro, il dito ancora puntato verso di lui e la bocca aperta, probabilmente chiedendosi come avesse fatto a non riconoscerlo subito – V-vado a chiamare Rei! – esclamò in giapponese, voltandosi su sé stesso e sfrecciando via.
Compiaciuto per la reazione del ragazzino, il dranzerblader scoccò un'occhiata alla ragazza accanto a sé, non aspettandosi l'occhiata in tralice che lei gli rivolse. Inarcando un sopracciglio, le chiese silenziosamente spiegazioni, ma lei si limitò a scuoter il capo e sospirare con una certa rassegnazione, prima di muovere qualche passi in avanti.
Non fecero molta strada, giusto il tempo di arrivare al limitare di una piazzetta il cui suolo era formato da terra battuta e ghiaia, prima di veder venire loro incontro il detentore del bitpower della Tigre Bianca.
– Kei! – lo chiamò il draigerblader, facendosi avanti – Non pensavo che ti saresti davvero scomodato a venire fin qui.
Si fermarono l'uno di fronte all'altro ed il giapponese assunse una delle sue espressioni indifferenti.
– Speravo di far nevicare – replicò, in tono serio che avrebbe confuso qualcun altro sull'ironia di quell'affermazione.
Non indugiò tuttavia un solo istante prima di stringere la mano protesa dell'amico, in una stretta ferrea che il cinese ricambiò senza indugio. Scrutandolo brevemente, ritrovò sul suo volto uno dei suoi vecchi sorrisi tranquilli e fermi al tempo stesso, così come notò che i suoi gusti in termini di abbigliamento non avevano subito grossi cambiamenti: teneva ancora i lunghi capelli neri legati in una coda dietro la schiena, raccolti da una fascia sulla quale spiccava il simbolo dello Ying e dello Yang al centro della fronte. I suoi abiti, costituiti da un paio di pantaloni neri in tessuto larghi sino alle caviglie ed una tunica a maniche lunghe bianca e rossa, non ne sminuivano affatto il fisico prestante, tipico di quella vita fra le montagne.
All'improvviso un suono gorgogliante attirò l'attenzione di entrambi, facendoli voltare verso colei dalla quale era provenuto quel rumore. Yukiko, oggetto di tutta quell'attenzione, avvampò in volto tenendosi una mano ad altezza dello stomaco, mentre l'altra era intenta a reggere ancora la sua sacca dietro una spalla.
– Ehm...
– Ti presento la mia compagna, Yukiko Natsuki – incedette per lei il giapponese, occupandosi delle presentazioni formali e lasciando libera la mano del cinese – Yukiko, lui è Rei Kon.
Lui dopo quel momento di perplessa sorpresa tornò a sorridere, cordiale e incuriosito al tempo stesso – Piacere di conoscerti, Yukiko.
– P-piacere mio – balbettò la mora, tardando un momento prima di stringerne la mano.
Kei di fronte a tanto imbarazzo da parte di lei venne colto da un dubbio e, preda di questo, scoccò un'altra occhiata al suo vecchio compagno di squadra. I lineamenti erano mutati leggermente rispetto ad otto anni prima, risultando più maturi senza sminuirne il fascino, cosa che non ne mitigava affatto il naturale carisma di leader. In quella frazione di secondo, il dranzerblader si chiese se lei lo trovasse attraente e provò un certo fastidio a quell'eventualità, che fece sfumare parte del suo buon umore.
– Immagino siate affamati – esordì il cinese, calamitando l'attenzione di entrambi – Venite, sarete miei ospiti.
Accettarono l'invito, prima di seguirne la figura fino ad una casupola in una posizione un po' rialzata rispetto al resto del villaggio, dando loro l'impressione di un guardiano silenzioso. Per raggiungerla dovettero attraversare il resto dell'abitato, costituito più o meno dallo stesso tipo di edifici. Ad un certo punto Kei si decise a porre all'amico una domanda che si stava facendo da un po', interrompendo il colloquiale discorso in cui si stavano cimentando lui e la moretta.
– C'è una locanda o una pensione in cui potremo alloggiare?
Quell'interrogativo fece voltare lo sguardo dorato dell'altro in sua direzione, da sopra una spalla, accostato ad un sorriso quieto – Non dovete preoccuparvi: potrete stare da noi per tutto il tempo che vi tratterrete qui. Purtroppo non abbiamo molti visitatori da queste parti e fino ad alcuni anni fa la nostra Tribù era del tutto isolata dal resto del mondo, perciò non vi è alcun luogo adibito ad ospitare gente estranea.
Il blader di fuoco inarcò un sopracciglio, rammentandosi soltanto in quel momento di aver sentito qualcosa al riguardo in passato. Se non andava errato era proprio per questa politica restrittiva che Rei aveva finito per ritrovarsi ad affrontare i suoi vecchi amici d'infanzia durante il loro primo torneo mondiale di Beyblade. Sebbene fosse passata quasi un'eternità da allora, si sorprese di riscontrare, almeno all'apparenza, una certa chiusura nei confronti della modernizzazione, almeno ad una prima occhiata.
– È molto gentile da parte tua, Rei – intervenne Yukiko, prima di aggiungere – In effetti ci farebbe comodo risparmiare un po'.
Incontrando lo sguardo di lei, Kei rammentò perfettamente a cosa quelle parole fossero dovute e di fronte all'occhiata interrogativa del cinese, annuì con un cenno del capo.
– Ti spiegherò meglio dopo, per ora ti basti sapere che, fino al momento in cui lasceremo la Cina, abbiamo i soldi contati.
– Naturalmente ci sdebiteremo per il disturbo! – si affrettò ad aggiungere la giapponese.
Rei annuì a sua volta, allargando quel suo sorriso spontaneo – Non preoccupatevi di questo, potrete rimanere tutto il tempo che vorrete.
La nightblader lo ringraziò ancora per entrambi, prima che lui li anticipasse all'interno di casa sua, annunciando il loro rientro.




...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Anche se raffreddata (Terribilmente raffreddata) sono riuscita ancora una volta a rispettare la mia scadenza!
Allora, cosa ne dite? Sembra che finalmente la questione del "come affrontare la cosa al loro rientro" sia stata chiarita ^_^ voi cosa ne dite? Vi aspettavate qualcosa di più drammatico?? A dirla tutta anche io quando mi è venuto in mente il problema, ma poi ho pensato al modo di risolvere i problemi che poteva avere il dranzerblader e mi è venuta fuori una cosa così XD
Avrei voluto metterci meno tempo comunque, ma dovendo soffiarmi il naso ogni tre secondi mi è risultato difficile scrivere con un buon ritmo. In realtà sono stata piuttosto lenta ^.^° e mi lacrimano in continuo gli occhi, quindi credo che vi saluterò in fretta e tornerò a cercare un nuovo pacchetto di fazzoletti!
Un baciotto a chiunque mi delizierà della sua recensione!
la vostra malaticcia autrice
Kaiy-chan

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Capitolo 31
*** La Tigre e il Dragone ***




31. La Tigre e il Dragone


Appoggiando la ciotola del riso ormai vuota di fronte a sé, Kei lasciò vagare lo sguardo sui componenti di quella tavolata. In realtà erano soltanto in quattro, di cui l'unica nuova conoscenza era Yukiko. Insieme a loro sedevano Rei e Mao, che si era rivelata ben presto la cuoca che aveva adempiuto a preparare il loro pasto appena conclusosi nel migliore dei modi: non era rimasto niente.
– Tutto ottimo – affermò la nightblader con palese soddisfazione, sorseggiando la propria tazza di tea verde, prima di rivolgere un ampio sorriso alla ragazza cinese – Sei davvero un'ottima cuoca, Mao.
La diretta interessata ricambiò quella gentilezza con un sorriso altrettanto ampio – Grazie mille, Yukiko. Sai, fino a pochi anni fa non potevo competere con Rei.
Il draigerblader, chiamato in causa, abbozzò un mezzo sorriso – Be', ma sei migliorata davvero molto. Ormai non sono più abituato a prendere in mano un coltello da cucina.
– Questo è perché fai sempre cucinare me e ti stai impigrendo – affermò l'altra con un sorrisetto ironico, prima di volgersi di nuovo verso Yukiko con lo sguardo, ammiccandole – E poi è risaputo che la via per il cuore di un uomo passa per il suo stomaco!
La giapponese ridacchiò a quel commento, mentre Kei inarcò un sopracciglio, osservando il suo vecchio compagno di squadra. Il moro sfoggiò un sorriso piuttosto imbarazzato, cosa che gli ricordò quanto fosse realmente stato riservato sulle questioni di cuore, specialmente quelle che lo riguardavano. Non gli aveva mai dato l'idea, in passato, che potesse provare qualcosa per la galuxblader e quando avevano saputo che convivevano ormai da tre anni, ne era rimasto un po' sorpreso.
Come rimase sorpreso quando Mao, iniziando a sparecchiare, venne momentaneamente fermata dalla moretta lì con loro, che si offrì di aiutarla. Dopo un istante di stupore collettivo, il volto della cinese dai brillanti capelli fucsia si schiuse di un luminoso sorriso commosso, accettando quella generosa offerta. Probabilmente non amava molto quell'incombenza, impressione che gli venne confermata quando Rei, una volta che entrambe le ragazze si furono ritirate in cucina, gli confessò che solitamente i piatti toccavano a lui e che la loro presenza lo aveva salvato da quell'onere domestico non troppo amato.
Per quanto lo riguardava da vicino, Kei non aveva mai nemmeno dovuto avvicinarsi ad un piatto sporco, quindi non commentò alcunché, sorseggiando la sua tazza di tea.
Fu a quel punto, rimasti soli, che il suo vecchio amico ne approfittò per incominciare a parlare.
– Sai, se non ti conoscessi almeno un po' avrei detto che tu avessi una relazione seria con la tua compagna di viaggio!
Il tea gli andò quasi di traverso a quelle parole, pronunciate in quel modo tanto incurante e divertito da lasciar intuire quanto lo stesso cinese non vi desse alcun credito. Dovette ricomporre la propria espressione accigliata in una nuovamente neutra, abbassando un'altra volta la tazza sul tavolo, prima di poter sollevare gli occhi scuri in quelli dorati dell'altro e schiarirsi la voce in un singolo colpetto di tosse.
– In realtà – esordì, assolutamente serio – ..è così.
A quella conferma il volto dell'amico si fece simile ad una maschera di assoluto stupore, prima che riuscisse a riprendersi abbastanza da farsi sfuggire un semplice – Ah – accortosi della gaffe in cui era caduto, tentò di rimediare, ma non ci riuscì, rivolgendogli una richiesta di conferma – Sul serio?
– Sì.
Rei parve cogliere la serietà di quella conferma, cosa che lo indusse a lasciar intercorrere una pausa di silenzio, durante la quale lo osservò con un nuovo malcelato interesse. Quando aprì di nuovo bocca, sembrava ancora leggermente sorpreso, ma al tempo stesso più accorto, come se avesse compreso qualcosa che fino a poco prima gli era sfuggito – Rivederti così simile all'ultima volta mi ha indotto in errore, facendomi credere che non fossi cambiato... mentre è evidente che il tempo sia passato anche per te – si lasciò andare ad un sorriso piuttosto sicuro, concludendo – ..in meglio, a quanto pare.
Kei non commentò nulla su di sé, proferendo invece con noncuranza – Anche tu non sembra che te la stia cavando male.
Rei annuì di rimando, annunciandogli – Da sei mesi a questa parte sono stato nominato Capo del Villaggio.
Questa sì che era una novità inaspettata. Il dranzerblader inarcò un sopracciglio – Congratulazioni.
– Grazie. Non ti nascondo che è una grossa responsabilità, ma Lai e gli altri sanno essere un buon sostegno nei momenti critici – qualcosa nell'espressione del draigerblader indusse Kei a pensare che vi fosse qualcosa che non gli avesse ancora detto, qualcosa che aveva il diritto di sapere.
– Siamo capitati in un brutto momento?
– Niente di troppo serio mi auguro – ribatté, tentando di minimizzare, l'altro, seppur non riuscì a mascherargli la sua preoccupazione nel continuare – Recentemente abbiamo avuto alcuni problemi con gli abitanti del villaggio vicino. C'è sempre stata una certa rivalità fra noi, ma da qualche settimana un gruppo ha causato diversi problemi, complicando la vita solitamente tranquilla della nostra gente per mezzo di un potere che è in grado di contrastare quello della Tigre Bianca.
– Mh? – Kei sbatté le palpebre, incuriosito.
– Riescono a far perdere le loro tracce fra le montagne ogni volta, ti lascio immaginare come la cosa si stia ripercuotendo su Lai, che è a capo della guardia del nostro villaggio.
Il giovane Hiwatari rammentava fin troppo bene il temperamento facilmente irritabile dell'amico d'infanzia di Rei, nonché fratello maggiore della cinese nell'altra stanza. Che fossero fratelli, lui e Mao, in realtà poteva essere intuibile più dal carattere che dall'aspetto, in quanto non è che si assomigliassero granché in realtà.
– Se ricapiterà vi aiuteremo, almeno per il tempo che ci tratterremo qui.
– Ma sì, certamente. Il vostro aiuto non può che farmi piacere – acconsentì, apparentemente un po' più sollevato il giovane capo-villaggio – Quanto pensavi di restare?
– Una settimana – gli rispose – ..ma eventualmente, se servisse, possiamo anche posticipare la partenza a dieci giorni da oggi.
– Tu e la tua ragazza siete i benvenuti – gli disse, rinnovando quell'offerta di ospitalità con un sorriso franco, uno di quelli che rispecchiavano il suo carattere diretto e pragmatico.
Un sorriso che gli ricordò il motivo per cui, da sempre, lo aveva considerato il più simpatico dei Bladebreakers.


A Yukiko quasi sfuggì la ciotola che stava asciugando in quel momento, rischiando che andasse a infrangersi in decine di schegge sul pavimento. Grazie al cielo la riagguantò al volo, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo quando si rese conto del mancato pericolo, riprendendo a respirare una volta appoggiato l'oggetto insieme agli altri. Soltanto successivamente tornò a cercare con lo sguardo la ragazza con cui stava intrattenendo una conversazione dai toni decisamente femminili, rammentando la domanda che era stata la causa di quel suo intimo sussulto.
– Be'.. ecco.. direi di sì.
Gli occhi color del miele della ragazza si illuminarono – Sapevo di non sbagliarmi! Il mio fiuto per certe cose è infallibile!
Yukiko ridacchiò, nervosa di tutto quell'interesse sulla sua vita privata, cosa che non passò inosservata alla cinese, che sembrò imbarazzarsi.
– Scusa, è che non mi capita mai di confrontarmi con una ragazza della mia età sulle questioni di coppia. L'idea che fra te e Kei ci sia davvero qualcosa mi ha fatta sentire meno sola – le confidò con un sorriso un po' più spento, riprendendo a sciacquare uno dei piatti ancora nel lavello.
Quella confessione fece inarcare un sopracciglio alla moretta, che dedicò una nuova manciata di secondi per studiare la persona che aveva accanto. Era una ragazza decisamente carina, con occhi dal taglio felino e il naso leggermente rivolto all'insù. Teneva i lunghi capelli di un particolarissimo rosa scuro acconciati in una doppia crocchia ai lati del capo, dando l'impressione di un paio di orecchie feline che sbucavano fra quelle ciocche lucide e per la maggior parte libere di ricaderle sulle spalle. Indossava un vestito di foggia tipicamente cinese, con colletto alto e chiusura obliqua, di un arancione chiaro dai ghirigori neri e giallo-dorati, che si apriva in un modesto spacco laterale la cui sommità arrivava poco sopra il ginocchio sinistro. Le maniche, lunghe e strette, erano state tirate su sugli avambracci, per evitare alla ragazza di bagnarle durante quell'incombenza domestica.
– Non hai qualche amica? – le chiese, prima di realizzare quanto quella domanda potesse risultare scortese e mordersi il labbro inferiore – Scusa, non volevo essere inopportuna..
Mao parve accorgersi immediatamente del suo rimorso, perché le sorrise accondiscendente – Non preoccuparti. Purtroppo non ci sono molte ragazze della mia età qui al villaggio e da sempre sono stata circondata dalla presenza di mio fratello e dei suoi amici. Non ho mai avuto occasione di legare con le mie compagne di scuola, né in passato mi interessava – le rivelò con naturalezza, come se per lei non avesse alcun peso – Certo, nemmeno ora mi ispira l'idea.. ho provato a conoscerle un po' meglio, ma non sono riuscita affatto a trovarmi a mio agio. In fondo, credo di essere un po' troppo maschiaccio per loro.
Yukiko inarcò un sopracciglio a quelle ultime parole – Maschiaccio? – ripeté, incredula, prima di squadrarla da capo a piedi e veder confermata la propria opinione su di lei – So' che potrebbe risultarti strano, detto da una che hai appena conosciuto, ma sei la ragazza più femminile che abbia mai incontrato. Delle due, il maschiaccio qui sono io.
Di fronte a quel complimento, la cinese si illuminò di un nuovo sorriso – Ti ringrazio del complimento, davvero – le rispose, sincera in quella sua gratitudine, che fece per qualche motivo arrossire la mora – ..ma comunque la mia intolleranza verso certi argomenti non cambia, temo.
– Tipo?
– Ad esempio i rimedi naturali contro le doppie-punte. Oppure quale sia la crema migliore per rendere la pelle più morbida. O altrimenti quale smalto dovrebbe essere il più adatto per ogni giorno della settimana.. – elencò Mao, con una smorfia che tradiva il suo scarso entusiasmo per certi discorsi, già precedentemente confessato.
Yukiko si ritrovò a ridacchiare, prendendo in consegna la nuova stoviglia in attesa di essere asciugata – Posso capire – commentò con un mezzo sorriso un po' forzato, dovendo concordare sulla mancanza di fascino di certi argomenti. Questo, prima di rammentarsi di non aver avuto molte occasioni di sopportarli. Le tornò in mente Uzumi e quel bagliore di buon umore scomparve, lasciandola in un flebile sospiro – Nemmeno io ho mai avuto molta fortuna con le amicizie femminili.
Quella confessione sembrò attirare l'attenzione di Mao, che sembrò osservarla con attenzione, cosa di cui la ragazza presa in esame si accorse dopo una manciata di istanti. Sentendosi quasi sotto esame, strinse le labbra in un'espressione tesa, cercando di concentrarsi sulla tazza che aveva fra le mani per evitare che le scivolasse anche quella. Questo finché sul volto della cinese non comparve un nuovo sorriso dolce e amichevole.
– Sei una blader vero?
Quel cambio di argomento, unito all'intuizione che l'aveva causato, prese un momento alla sprovvista la mora, che inarcò un sopracciglio prima di risponderle – Sì.
– Più tardi, ti va un incontro?
Quella proposta ebbe il potere di far tornare il sorriso sulle sue labbra – Volentieri!
In fondo, entrambe erano ben consapevoli che non vi fosse niente di meglio di un incontro di Beyblade per risollevare gli animi.


– Vai Galux! Attacco Felino!
– Non mi batterai!
Le voci delle due ragazze risuonarono nello spiazzo adibito a campo da gioco appena fuori dal villaggio, richiamando una serie di curiosi.
Ad assistere v'erano anche Rei e Kei, l'uno accanto all'altro, il cui appoggio silenzioso arrivava comunque a sfiorare il cuore delle due blader in campo in quel momento. Mao, determinata a farsi valere ed a non perdere, trasse la propria forza dai sentimenti che la univano al Capo della Tribù della Tigre Bianca, ma al contempo era perfettamente consapevole che sentimenti simili sostenevano la sua avversaria. Poteva leggerle quei sentimenti negli occhi, e nonostante la conoscesse da poco, provò una certa affinità con la giapponese.
Un fascio di luce scaturì contemporaneamente dai due bit, mentre i loro rispettivi bitpower prendevano forma sopra le loro teste. La Lince Rosa ruggì di sfida, lanciandosi all'attacco, ma la creatura sacra della mora lo schivò con un battito possente d'ali. La ragazza dai capelli rosa, superando l'iniziale sorpresa, studiò l'entità apparsa in contemporanea alla sua. Non aveva mai visto niente di simile: contornato da un alone bluastro, aveva il piumaggio bianco come la neve e due occhi da rapace che ricordavano il colore del ghiaccio. Il becco fiero ricordava uno di quei grandi rapaci del nord che aveva visto in un documentario, mentre gli artigli sembravano altrettanto affilati e pronti a scattare per ghermire la preda.
– Vai Night!
Il bitpower rispose prontamente all'incitamento della sua compagna, mandando un grido che per un istante le fece gelare il sangue, prima di lanciarsi all'attacco di Galux. La cinese avvertì un rivolo di sudore freddo scivolarle fra le scapole, mentre la consapevolezza di non poter evitarne l'attacco si impossessava di lei.
Eppure lo scontro non avvenne.
Quando i due bey stavano per entrare in contatto, imitando i rispettivi bitpower, una vibrazione nell'aria anticipò un sibilo sommesso e l'incontro venne interrotto dall'intromissione di una lama, che nel momento in cui andò a conficcarsi nel terreno venne lambita da scintille di un rosso sangue. Da esse, innalzandosi verso il cielo al pari di una singolo fulmine incandescente fra i due contendenti, comparve la sagoma serpeggiante di un dragone, il cui ruggito di sfida risuonò assordante fra le rocce.
– Che succede? – esclamò Yukiko, sussultando.
– Ancora loro! – sbottò infastidita la cinese, cercando con lo sguardo i responsabili.
Incontrando la sagoma di Rei, lo vide far altrettanto nell'affiancarla, l'espressione tesa che ne tradiva il reale stato d'animo ansioso e arrabbiato al tempo stesso. Aveva già calzato i suoi artigli in metallo e gli bastò un secondo per richiamare il potere della Tigre Bianca ad alta voce.
Davanti ai loro occhi il potere del protettore della loro Tribù si palesò in un fascio di luce che partì direttamente dalla sommità dei polsi del loro Capo, facendo indietreggiare con la sua sola presenza i bitpower delle due ragazze. Mao richiamò a sé Galux, notando distrattamente quanto rapidamente lo stesso dranzerblader si fosse affiancato alla sua compagna, prima che una risata si facesse strada sino a loro, proveniente dalla sommità di una formazione rocciosa a pochi metri da loro.
Ancora faticando a riaversi dalla sorpresa, la cinese sollevò lo sguardo sui loro rivali, coloro che stavano causando tutti quei problemi al loro villaggio.
– I Red Dragons!
Il tipo a cui sapeva appartenere quella lama conficcata nel terreno sfoggiò un ghigno strafottente.
– Sono sorpreso che in quella tua testolina ci sia abbastanza spazio da essere rimasto impresso il nostro nome – la sbeffeggiò.
Mao si sentì assalire dall'irritazione, avvertendo più d'una vena gonfiarsi fra i propri capelli. Tentò di fulminare con lo sguardo quel tipo irriverente, così come i tali che gli stavano accanto. Erano in cinque in tutto, quattro uomini ed una ragazza, tutti agghindati allo stesso modo: una lunga tunica verde scuro e pantaloni neri, larghi lungo le gambe e stretti intorno al ginocchio.
Quello che ormai era evidente fosse il loro capo, fessurizzò quel suo sguardo di un castano talmente scuro da apparire nero, tradendo una muta soddisfazione.
– Cosa volete? – chiese Rei, fronteggiandoli.
Una domanda che aveva posto loro ogni volta che si erano fatti vivi. Una domanda che, come le volte precedenti, non ebbe una risposta chiara. Anzi, questa volta non ebbe proprio risposta.
Rei! Mao!
Quella voce li fece voltare subito verso colui che li aveva chiamati e la cinese non si sorprese di vedere il suo fratellone correre in loro direzione, raggiungendoli in pochi istanti per porsi accanto al suo ragazzo. Con discrezione, anche i due giapponesi si posero accanto a quel gruppetto venutosi a formare, rivelando alla galuxblader come il loro atteggiamento difensivo fosse in realtà una reazione alla precisa volontà di combattere nel caso ciò si fosse rivelato necessario, cosa che la sorprese non poco: non molti altri avrebbero dato loro un qualche appoggio, soprattutto per questioni che non li riguardavano.
– Facciamoli scendere da lì – propose con un sorriso gelido la giapponese, in un sussurro che fece sussultare la rosa e spalancare gli occhi.
La ragazza con cui fino a poco prima aveva sentito una certa affinità aveva dipinta in viso un'espressione che ne lasciava trasparire le intenzioni di rivalsa, senza che su di esso vi fosse traccia di timore o incertezza.
Soltanto a quel punto Mao si rese conto che il bey di lei era ancora in campo.
Un istante dopo Night si mosse, avvolto in un bagliore talmente accecante da darle l'impressione di lasciarsi dietro scie colme di riverberi. Le ci volle un momento, prima di rendersi conto che quelle scie luminose erano sottili lastre di ghiaccio.
– Night!
La trottola color blu notte della blader nipponica sfrecciò con impeto verso la base rocciosa, sferrando il suo attacco con un'irruenza che gli permise di risalire la ripida parete, aprendovi al suo passaggio una serie di profonde crepe, che si colmarono all'istante di ghiaccio. Di fronte a quell'assalto i Red Dragons saltarono giù, ognuno in una direzione diversa, presi alla sprovvista da quell'attacco frontale, che culminò in una parabola che permise alla moretta di afferrare il suo bey al volo. A quella dimostrazione di potere, la galuxblader si sentì spiazzata al pari dei loro avversari, che tuttavia apparvero lesti a riprendersi da quel colpo di scena, perché si raccolsero tutti dietro la lama del coltello dal quale si era materializzato quel dragone scarlatto.
– Questa è una cosa fra la vostra Tribù e la nostra. Non accetto intromissioni – affermò con una nota di rimprovero il capo, stagliandosi in tutta la sua figura un passo davanti agli altri. Il profilo fiero era messo in evidenza dalla fascia che ne raccoglieva i capelli all'indietro, di un castano scuro e lunghi sino alle spalle.
– Siete voi ad esservi intromessi nel nostro incontro! – ribatté prontamente Mao, facendo istintivamente un passo avanti, prima di venir bloccata dalla presenza di Lai. Suo fratello, da sempre il più robusto, riusciva tranquillamente a farle da scudo col suo corpo e a stento, anche a causa della presenza di Rei al suo fianco, la cinese riusciva a inquadrare nel proprio campo visivo i loro attuali avversari.
– Come se uno stupido gioco potesse avere tutta questa importanza – la sbeffeggiò un altro dei dragoni.
Sentendo montare la collera per quella risposta, Mao strinse i pugni lungo i fianchi, desiderando di aver con sé i propri sai per far rimangiare loro quanto appena detto. Con la coda dell'occhio si accorse di non essere l'unica ad essersi irrigidita, mentre Kei posava una mano sulla spalla della sua compagna di squadra, stringendola appena in una tensione il cui scopo fu chiaramente quello di trattenerla, cosa del tutto comprensibile, visto il suo sguardo. Da quegli occhi verde smeraldo, Mao notò scaturire una serie di lampi di puro astio, che la aiutarono a mantenere la calma di sé.
L'unica ragazza del gruppo si avvicinò al loro capo, mormorandogli qualcosa, e lui sembrò reagire con una smorfia di disappunto, prima di volgersi di nuovo verso di loro.
– A quanto pare dovremo rimandare – esordì, chinandosi a recuperare la propria arma – ..ma ci rivedremo presto.
Detto questo, scattarono ognuno in una direzione diversa, in una ritirata precipitosa che loro non riuscirono a seguire, scomparendo fra le rocce e la vegetazione un attimo prima che Kiki e Gao potessero raggiungerli e dar manforte ai difensori.
Non provarono nemmeno a seguirli, fermati dallo stesso Rei.
Fermi! – la sua voce imperiosa fece bloccare tutti, inducendoli a voltarsi a fissarlo, combattuti e confusi.
Quando tuttavia il loro capo scosse il capo in senso di diniego, ne accettarono la decisione, ben consapevoli che anche se ci avessero provato, non sarebbero andati lontano. Non era la prima volta che quei tizi davano loro problemi per dei motivi che tutt'ora non erano chiari. Mao si lasciò sfuggire una smorfia al pensiero di come fosse terminata quella che si era prospettata sin dall'inizio come una bella giornata.
Sospirò.
Evidentemente non potevano aspettarsi di passare un intero giorno da tranquilli.





...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Per prima cosa mi scuso per il tempo che ho impiegato ad aggiornare questa volta.
Immagino che ormai vi stavate chiedendo che fine avessi fatto... ho dovuto prendermi qualche giorno di pausa perché non sn stata molto bene e mi spiace di non essere riuscita a concentrarmi come si deve su quest'opera. Sono riuscita ad andare avanti di un paio di capitoli, ma in modo talmente grossolano che erano da revisionare completamente da capo prima di poter anche solo pensare di pubblicarli! Purtroppo, nel mio stato attuale, non mi soddisfa molto nulla di ciò che riesco a buttare giù e mi sento terribilmente non-ispirata ç_ç
Oggi però ho pensato di approfittare del fatto di sentirmi abbastanza bene per guardarci seriamente e provare ad aggiornare, così eccomi qui, con la prima puntata al villaggio di Rei! Il nostro caso draigerblader sembra aver accettato ufficialmente il suo ruolo di capo, prendendo finalmente il comando del suo villaggio! Chi non se l'aspettava? XD Era quasi scontato direi.. ma era una caratteristica troppo determinante del nostro cinese preferito.
E Mao! Vi assicuro che all'inizio neanche mi ricordavo della sua dichiarazione durante le semifinali del torneo della prima serie in Cina, quando ha affrontato Rei e l'ha quasi battuto! Rivedendomi la puntata ero tutta emozionata come se la vedessi per la prima volta!!

Approfitto di questo angolino per ringraziare ufficialmente tutte le mie ragazze che continuano a recensire e a cui, per la seconda volta, non sono riuscita a rispondere singolarmente: Keyra Hanako D Hono, LadySilmeria, Lucyvanplet93, Siana e Baghera7690 (il cui commento mi è pervenuto come messaggio privato). Sono contenta che lo scorso capitolo vi sia piaciuto e spero che anche questo non vi deluderà ^^

un saluto dalla vostra acciaccata
Kaiy-chan

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Capitolo 32
*** Una nuova linea d'azione ***




32. Una nuova linea d'azione


Quella sera si tenne una riunione fra il capo della Tribù e i suoi, alla quale parteciparono anche i due ospiti nipponici.
Yukiko, seduta accanto a Kei, alla propria sinistra aveva quel ragazzino che si era posto sul loro cammino quel mattino; quello a cui il dranzerblader aveva fatto rizzare i capelli sulla nuca e che ora, per tutta la sera, aveva tenuto lo sguardo fisso sulle proprie mani, raccolte intorno alla piccola tazza circolare. I toni erano tesi e ansiosi, le frasi per lo più comprensibili in quanto tutti si sforzavano di parlare in giapponese, a beneficio loro.
Lai, il giovane con quegli occhi così simili ad un felino e la chioma nera talmente ispida da poter essere paragonata ad una vera e propria criniera, sbatté il pugno sul tavolo, facendo sobbalzare le tazze di tea dei suoi due vicini di posto. A quel gesto, per nulla imprevisto, nessuno batté ciglio, essendo ormai la terza volta che il braccio destro del capovillaggio si lasciava andare ad uno di quegli eccessi.
– Non importa quali siano i loro reali scopi – ringhiò, quasi letteralmente, dando l'impressione di voler incenerire qualcuno con il solo sguardo – ..non gli permetteremo di passarla liscia dopo tutti questi affronti!
Al suo fianco, il grosso tizio che corrispondeva al nome di Gao, con un fisico piuttosto corpulento ma non per questo meno allenato, annuì con un semplice cenno del capo.
– Cerca di ragionare – lo redarguì la sorella minore, in un tono ed una posa che ne tradivano l'umore piuttosto seccato.
Gli occhi dorati di Lai scattarono verso la ragazza, ma un istante dopo era tornato seduto ed apparentemente calmo, padrone delle proprie azioni.
– Mao ha ragione, non dobbiamo perdere la testa – affermò Rei, passando lo sguardo su ognuno dei presenti in quel soggiorno – Probabilmente è proprio quello che tentano di fare: provocarci per farci reagire.
Yukiko si chiese ancora una volta quale fosse il motivo scatenante. Li avevano messi al corrente di ogni cosa, dopo che Rei aveva ribadito la loro legittimità a presenziare a quella riunione grazie all'offerta che gli aveva fatto il suo stesso ex compagno di squadra. Offerta di cui lei era rimasta all'oscuro sino a quel momento, ma che in fin dei conti non l'aveva sorpresa così tanto come era stato per alcuni di loro. In particolare, Lai sembrava aver messo il muso per quella novità, ma non aveva comunque avuto molto da ridire al riguardo, segno che evidentemente erano piuttosto frustrati da quella situazione.
– Anche se così fosse, le cose non cambiano – insistette il cinese dallo sguardo ferino – Dobbiamo rispondere. Non possiamo continuare a subire queste rappresaglie senza far niente.
– No – lo frenò subito Rei, fissandolo con un'intensità ed una serietà che racchiudevano una nota di comando – Non ci abbasseremo al loro livello prendendocela con gente innocente. I Red Dragons ormai è evidente siano un gruppo che agisce autonomamente, non c'è motivo di coinvolgere l'intera Tribù a cui appartengono.
Kei, rimasto in silenzio fino a quel momento, sollevò le palpebre, posando finalmente lo sguardo dai riflessi d'ametista sui presenti a quel tavolo.
– Fin'ora ogni tentativo di catturarli è andato a vuoto – ricordò con tono assolutamente indifferente, facendo nascere una smorfia sul volto di Lai ma senza lasciargli il tempo di ribattere qualcosa – ..ma questo è stato prima del nostro coinvolgimento – specificò, cosa che indusse la nightblader a inarcare un sopracciglio, attendendone la spiegazione successiva – Ritengo che siamo in un numero più che sufficiente per provare a tendere loro un'imboscata sulle montagne.
A quelle parole, al limitare del suo campo visivo, le parve di cogliere un cambiamento lievissimo nella postura di Kiki e la mora non si sorprese di credere che anche lui finalmente iniziasse a prestare attenzione a quella riunione.
– E chi dovrebbe fare da esca? – si intromise, brusco, il secondo in comando della Tribù della Tigre Bianca.
Alla domanda prevedibile di Lai, il giapponese lanciò alla sua compagna di squadra un'occhiata in tralice, il cui significato le fu chiaro in un istante. Quegli occhi le stavano chiedendo di farsi avanti. Tentando di reprimere un guizzo di tensione che minacciò di bloccarle ogni muscolo, la moretta si lasciò sfuggire un leggero sospiro di rassegnazione a labbra serrate, prima di sollevar un po' di più il mento in una posa orgogliosa e priva di incertezze.
– Posso farlo io.
Cinque paia di occhi a mandorla si voltarono a fissarla contemporaneamente, spalancati in volti parimenti attoniti per ciò che aveva detto. Il silenzio che seguì comunque ebbe vita breve.
– Non se ne parla – esordì per primo Rei, fermamente convinto a negarle il suo consenso.
Dopo quelle semplici parole, i membri intorno a quel tavolo parvero rianimarsi all'unisono.
– Non ha senso..
– È troppo pericoloso per una ragazza!
– Non funzionerà mai.
– Non sa nemmeno combattere!
– Non è neanche della nostra Tribù! Non abboccheranno mai!
La voce di Mao si levò sopra quel miscuglio di toni concitati così come tentò di farlo con la propria figura, alzandosi improvvisamente in piedi e sbattendo ambo le mani sul bordo del tavolo, esclamando – Andrò io con lei!
Bastò quell'unica frase a far calare una seconda volta un silenzio attonito, prendendo in contropiede ognuno dei membri della Tribù. Apparendo soddisfatta della reazione dei suoi compagni, la ragazza dai capelli rosa non permise che si riavessero abbastanza da osare contraddirla e non attese di vedere quali argomentazioni avrebbero sollevato, perché continuò.
– Yukiko non è così debole e se ci sarò io con lei non ci succederà niente – affermò con risolutezza, poggiando ambo le mani sul tavolo dopo essersi sollevata in piedi – Inoltre, questo dovrebbe risolvere il problema dell'appartenenza alla Tribù della Tigre Bianca.
– Finirà tutto in un buco nell'acqua – si lamentò Lai, non rinunciando alla propria negatività – E anche se così non fosse, è un rischio troppo grande da sottoporre a due ragazze. Specialmente – sottolineò quella parola con il tono di voce, scoccando un'occhiata penetrante alla giapponese – se una delle due non è addestrata alle arti marziali.
Di fronte a quell'accusa, la moretta si sentì piuttosto infastidita, quasi punta sul vivo. Eppure non era disposta a farsi mettere i piedi in testa e ad essere accantonata in un angolo, come sola spettatrice di quella vicenda. Aveva piena fiducia nel piano di Kei, qualunque esso fosse, e se le aveva rivolto quella silenziosa richiesta un motivo doveva pur esserci.
– Se è tutto qui il problema, allora addestratemi voi! – ribatté, incrociando le braccia sotto il seno con un'espressione di sfida.
– Le arti marziali cinesi non sono qualcosa che si può imparare in pochi giorni – si fece finalmente avanti Gao, con una serietà che non creava quasi alcun mutamento su quel suo faccione rotondo.
– Non devo diventare una maestra, devo solo affinare i miei riflessi – insistette senza batter ciglio, cercando con lo sguardo Rei. Sperava di aver qualche possibilità in più se fosse riuscita a insinuare il dubbio in lui – Se tutto quello che mi si richiede è che non mi faccia male, non vedo quale sia il problema.
Il volto del capo della Tribù della Tigre Bianca rimase contratto in un'espressione che ne lasciava chiaramente trapelare il conflitto interiore al quale era sottoposto. Quando anche lui scoccò un'occhiata a Kei, Yukiko era sicura che a darle il vantaggio del beneficio del dubbio era il fatto che fosse stato proprio il dranzerblader ad aver lanciato la proposta. L'impercettibile cenno d'assenso del giapponese indusse il suo ex compagno di squadra a posare lo sguardo sugli altri, prima di scendere ad un compromesso con sé stesso.
– Credo che valga la pena di ascoltare nel dettaglio la proposta di Kei.
In contemporanea al quasi invisibile sorrisetto del giapponese, sul volto di Lai comparve una smorfia più che evidente.


Non avrebbe potuto fare diversamente, lo sapeva.
Guardandosi intorno nell'oscurità della notte, il ragazzo si premurò che non vi fosse nessuno in giro, prima di attraversare la strada e girare l'angolo, scendendo rapido lungo la stradina che conduceva fuori dal villaggio. Si sentiva malissimo per ciò che stava facendo, per il modo in cui stava tradendo la loro fiducia, ma non si sarebbe mai perdonato il contrario.
Con un sorriso amaro, il cinese sgattaiolò oltre il perimetro che delimitava il territorio della Tribù della Tigre Bianca, agevolato dalla familiarità di quel sentiero se non dall'oscurità circostante. La luna, alta e argentea nel cielo punteggiato di nubi, forniva lui la luce necessaria per raggiungere con sicurezza ogni appiglio nella sua ascesa, sino al luogo dell'incontro.
Sperava ardentemente di trovarla al suo arrivo.
Sperava di poterla vedere un'ultima volta per metterla in guardia e scongiurare il peggio.
Non voleva che le accadesse nulla di male.
Era stato talmente preso da certi pensieri, da non accorgersi affatto di un paio d'occhi che si erano posati sulla sua figura furtiva, dietro il vetro una delle finestre buie della casa che aveva appena lasciato. Occhi che seguirono i suoi spostamenti finché ciò fu possibile nella scarsa luce delle stelle.


Kei si tenne in disparte rispetto al resto del gruppo che si era raccolto in quella piccola radura erbosa, osservando con celato interesse la prima sessione di allenamento a cui Yukiko stava per essere sottoposta. Intorno alla moretta stavano raccolti Mao, Lai, Gao e Kiki, intenti a decidere chi per primo avrebbe avuto la ragazza come insegnante.
Rei invece, nel suo ruolo di supervisore e spettatore imparziale, se ne stava a braccia conserte accanto al dranzerblader con un'espressione pensierosa.
Non hanno ancora iniziato?” quella voce familiare gli risuonò nelle tempie, con un accento piuttosto seccato che gli fece inarcare un sopracciglio.
Scoccò un'occhiata in tralice all'Aquila Rossa ferma al suo fianco, avvolta in quel suo consueto alone rossastro, con le braccia conserte e gli occhi dorati puntati sul gruppetto distante pochi metri. Era bella e altezzosa come sempre, con quei capelli del colore del fuoco più scarlatto in contrasto con la veste dorata e la carnagione abbronzata. Levitava a pochi centimetri dal terreno, in una postura eretta che per un normale essere umano sarebbe risultata quasi scomoda per la sua rigidezza.
L'iniziale moto di stupore che colse il ragazzo dai capelli d'argento però venne moltiplicato dalla comparsa del profilo di Night proprio dietro quello della sua bitpower, che per contro si prese la briga di risponderle con un tono piuttosto divertito e rilassato.
La riempiranno di lividi appena inizieranno” commentò l'Anka, sospeso a mezz'aria nella sua posa a gambe incrociate.
Povera cara” mormorò, per nulla sarcastica, la Rossa, prima di decidersi a scoccare un'occhiata in tralice al suo blader e abbozzare così un mezzo sorrisetto divertito e malizioso al tempo stesso “Dovrai compensare in qualche modo tutte quelle botte, Kei..
Quell'affermazione, unita all'espressione della bitpower, gli fecero tendere ogni muscolo del corpo in reazione ad un imbarazzo più che lecito. Non faticò affatto a coglierne i sottintesi infatti e, rammentandosi della presenza di Rei alla propria sinistra, si voltò a scoccargli uno sguardo di sottecchi.
Il cinese li fissava apertamente con occhi fin troppo spalancati, altalenando lo sguardo dai bitpower a lui senza riuscire a soffermarsi troppo a lungo su nessuno in particolare. Dalla posa delle braccia lungo i fianchi, terminanti in un paio di pugni ben stretti, Kei comprese senza difficoltà il livello di tensione che gli stava tendendo i muscoli in quella manciata di istanti, quasi pari a quella che sentiva pervaderlo dalla testa ai piedi.
Corrucciato, sbuffò a labbra serrate in una smorfia, optando per tentare di ignorare le due creature in forma umana dall'altro lato e fingendo di prestar attenzione a ciò che stava per svolgersi al centro del prato. Inutile, anche se dentro di sé pregava che sparissero, l'Aquila e l'Anka proseguirono il discorso come se niente fosse, ignorando i due esseri umani lì accanto.
Non sei preoccupato per la tua blader?” stava chiedendo la Rossa.
Nah. È tosta, anche se non sembra” affermò tranquillamente il Bianco con un sorriso sornione “Non l'avrei scelta altrimenti.
Oh sì, dev'essere così..” commentò a quel punto l'altra con un sorrisino strano, prima di aggiungere “..altrimenti non si spiegherebbe la facilità con cui ha fatto breccia nel cuore di Kei!
Quella frecciatina fece sobbalzare le spalle del diretto interessato, mettendo a dura prova la sua decisione di ignorarli e facendogli affondare le dita nelle maniche del giubbotto, in quella posa conserta delle braccia. Da quando la sua compagna di battaglie si lasciava andare a quel genere di commenti? Una vena iniziò a pulsargli sulla tempia sinistra, mentre frustrato teneva fisso lo sguardo sul terreno.
– Ehm.. – l'esordio di Rei gli fece sollevare di scatto gli occhi dai riflessi d'ametista sull'ex compagno di squadra, in un modo talmente repentino e penetrante che il cinese accentuò il suo sorriso imbarazzato, grattandosi la tempia destra con una mano – ..mi spiace chiedertelo Kei, ma che sta succedendo?
Un'altra vena gli comparve fra le ciocche d'argento.
– Nulla di importante – ribatté ostentando un'indifferenza che in realtà sapeva benissimo essere solo di facciata. Non degnò i due bitpower nemmeno di una qualche presentazione, cosa che l'Aquila parve cogliere al volo, perché non attese un secondo di più per porre rimedio alla mancanza.
Siamo i loro bitpower” affermò, piuttosto infastidita, incrociando le braccia in una posizione che era lo specchio di quella del dranzerblader “Dranzer..”
“..e Night” concluse il Bianco, mantenendo invece quella sua aria divertita e imperturbabile.
– Ah.. piacere – ribatté il capo dei White Tigers.
Kei si chiese che diavolo era preso a tutti e due per saltare fuori a quel punto, ma non osò porre la domanda, cercando invece di domare la propria irritazione per essere stato messo a disagio a quel modo. Non gli risultò nemmeno troppo difficile indovinare il motivo che avesse spinto l'Aquila e L'Anka a farsi così audaci in mezzo a tutti quegli sconosciuti. L'unica attenuante era che, per ora, ad essersi accorti della loro presenza era stato soltanto Rei, gli altri troppo impegnati a illustrare le nozioni di base a Yukiko per accorgersene.
Sembra che sarà Mao a farle per prima da avversaria..” udì risuonargli nella mente, da una voce totalmente diversa da quelle che fin'ora gli avevano martellato le tempie.
Rei sussultò, perdendo quell'aria vagamente divertita che aveva assunto sino a pochi istanti prima.
Il dranzerblader scoccò un'occhiata in tralice all'ultima apparizione, che aveva preso forma in quell'istante dall'altro lato del cinese. Avvolta in un alone di luce dai riflessi verdi, con le mani chiuse a pugno sui fianchi e le gambe leggermente divaricate, se ne stava un'entità femminea dai lunghi capelli bianchi raccolti in una treccia e gli abiti di foggia tipicamente orientale. Gli occhi, ad un esame più attento, erano di uno spiccato verde scuro, minimizzato dalla linea stretta mantenuta dalle palpebre. Sulla pelle di viso e braccia delle linee nere sbucavano da oltre i lembi della tunica bianca senza maniche, al cui centro spiccava il simbolo dello Ying e dello Yang. Ma non era l'unica.
Sapevo che non avresti resistito, Draiger” la salutò l'Aquila con palese soddisfazione.
Se combatte Mao, allora dobbiamo fare il tifo per lei!” esclamò una quarta voce, più vivace delle precedenti.
Accanto alla Tigre Bianca prese forma la sagoma di una ragazzina dai lunghi codini rosa chiaro ed una coda maculata dello stesso colore, con orecchie da lince e le forme acerbe avvolte in un paio di pantaloni a sbuffo ed una fascia per il petto, di colore rosso. Gli occhi, particolarmente grandi, erano anch'essi di un bel rosso intenso.
Non è un combattimento, ma un allenamento” fece notare impassibile la Tigre alla sua piccola amica.
E Galux. Ora davvero non manca più nessuno” annunciò Night ironico.
Rei si portò una mano alla fronte, sconsolato, esternando un sospiro rassegnato.
Intanto, il giapponese, rimasto a fissare lo scambio di battute fra i quattro bitpower, sbatté un paio di volte le palpebre prima di realizzare che, sia Mao, sia Rei, erano in grado di far materializzare i loro compagni a loro piacimento. La consapevolezza di questo lo colse impreparato, ma gli bastò una manciata di secondi per arrivare alla conclusione che non aveva un motivo serio per esserne sorpreso: qualche tempo prima aveva constatato che lui e Yukiko non erano gli unici ad aver raggiunto un livello simile. In fin dei conti, non era così sorprendente che anche il suo vecchio amico ci fosse riuscito.
Stanno iniziando!” esclamò ancora Galux, vivace come solo una scimmietta avrebbe potuto essere.
Quel paragone lo fece sorridere leggermente, divertito di quella involontaria presa in giro per il bitpower della ragazza cinese. D'altra parte, non sempre la natura di qualcuno rispecchiava le similitudini convenzionali.
Rammentandosi del giorno precedente, Kei ricordò un particolare che gli era saltato all'occhio durante l'assalto dei Red Dragons e ne approfittò per sollevare il discorso.
– Tu e la Tigre Bianca combattete ancora fianco a fianco, ho notato – commentò inizialmente, all'indirizzo di Rei.
Lui, tardando un momento per riaversi dall'effetto che gli faceva la materializzazione in forma umana di tutte quelle creature, sembrò grato di aver una distrazione dal sorriso che gli delineò le labbra.
– È vero, nonostante non si tratti più solo di incontro di Beyblade – mentre parlava parve rilassarsi un poco di più e andò avanti, spiegandogli – Da quando sono diretto responsabile della sicurezza del villaggio, la Tigre Bianca mi presta la sua forza contro ogni minaccia diretta.
Sono la protettrice della nostra Tribù, mi sembra il minimo” commentò impassibile la bitpower.
– Già – convenne Rei, prima di aggiungere, verso il suo interlocutore – Anche se questo in realtà non sarebbe stato possibile, senza un adeguato inserto per il bit nella coppia di artigli che uso di solito.
– Mi ero giusto chiesto se fosse un'arma con poteri particolari..
– Soltanto quelli che vi infonde la Tigre, di per sé si tratta solo di comune acciaio – affermò Rei.
Kei registrò l'informazione e la accantonò, volgendosi un'altra volta a seguire l'allenamento della mora, dalla quale non riusciva a distogliere troppo a lungo la propria attenzione nemmeno quando l'argomento trattato era particolarmente interessante come in quel momento. Si ripromise di riprendere quella conversazione più avanti, già meditando su un possibile addestramento analogo per sé. In fin dei conti, ne avrebbe avuto bisogno se voleva proteggerla, come aveva pianificato di fare la sera precedente.


Il primo giorno di allenamento Yukiko si ritrovò a fronteggiare un'avversaria tutt'altro che debole.
– Impegnati al massimo o non concluderemo niente!
Quell'incitazione provocatoria non fece altro che far tendere i muscoli della moretta, posta in una posizione difensiva che la stessa cinese poco prima le aveva illustrato. Un attimo dopo Mao si fece avanti, partendo all'attacco e caricando un calcio che andò a fendere l'aria con una discreta velocità. Vedendolo arrivare, la mora scattò all'indietro in un paio di passi, evitando il colpo per un soffio e avvertendo lo spostamento d'aria sulla pelle del viso, mentre la scarpetta della sua maestra le passò davanti al naso, terribilmente vicina.
Stava per lasciarsi sfuggire un'imprecazione fra i denti ma non ne ebbe il tempo, perché Mao prese a incalzarla, costringendola ad indietreggiare ancora, finché al quinto attacco non ne parò il colpo laterale, serrando l'avambraccio ad altezza della spalla destra. L'impatto le fece sfuggire una smorfia di dolore, ma non si permise un solo gemito.
Yha! – esclamò la cinese, abbassando la gamba solo per sferrarle un pugno in pieno ventre.
La nightblader lo accusò in pieno, non riuscendo ad abbassare abbastanza in fretta la guardia né a schivare, e si ritrovò piegata in due sul terreno erboso, con le braccia strette sullo stomaco.
– Cerca di non scoprirti così tanto – le giunsero le parole dal tono completamente impietoso d'ella- Yukiko sollevò lo sguardo, incrociando quello severo della sua avversaria che, senza batter ciglio, la fissava dall'alto della sua posizione – Devi essere più veloce e cercare di non farti incalzare a quel modo, mantenendo le distanze e trovando poi il momento giusto per contrattaccare.
La giapponese, per farle capire di aver ascoltato quanto da lei detto, annuì appena con un cenno del capo, mentre sbatteva ripetutamente le palpebre per cercare di ricacciare indietro il velo di lacrime che le aveva appannato la vista.
– Su, riprendiamo.
La mora non poté far altro che stringere i denti e rimettersi in piedi, determinata a non dare alcuna soddisfazione a coloro che avevano dubitato di lei sino a quel momento.





...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buonasera a tutti! ^_^
Questa volta ci ho messo davvero meno del previsto, cosa che spero vi faccia piacere, come spero sia per la notizia che sto per darvi: mi sono ripresa e sono riuscita ad andare avanti abbastanza da dirvi che potete tirare un bel respiro di sollievo!! XD da oggi in poi aggiornerò abbastanza regolarmente ogni 2/3 giorno al massimo, almeno fino alla fine di ottobre. Dopodiché vi anticipo che dovrò mettermi seriamente a studiare, quindi il ritmo rallenterà, se non sarò ormai arrivata alla fine, cosa che mi auguro vivamente!
Dal canto mio ce la sto mettendo davvero tutta, quindi incrociate le dita per me ç_ç
Comunque, parlando di cose serie: il capitolo! Come vi è sembrato? Purtroppo la conclusione è quella che è, perché in realtà sono 3 capitoli consecutivi, che ho dovuto dividere alla bell'e-meglio perché mi era venuta fuori una cosa di tipo 20 pagine di documento! Ma non preoccupatevi XD il prossimo stacco è decisamente meno traumatico!
Come sempre vi invito a farmi sapere sinceramente cosa ne pensate e accetto volentieri qualsiasi critica costruttiva - non ho fatto nemmeno in tempo a riguardarlo attentamente, quindi probabilmente troverete qualche errore di distrazione ç_ç I'm sorry! Segnalatemeli e io li correggerò subito!
Intanto vi saluto e vi auguro una buonissima domenica :*
al prossimo aggiornamento
Kaiy-chan

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Capitolo 33
*** Una promessa ***




33. Una promessa


Rei seguì con lo sguardo il proprio ex compagno di squadra che si avvicinava alla sua compagna, mentre quella si lasciava scivolare a terra in corrispondenza ad una delle pause che seguivano la fine di una sessione di allenamento con uno dei suoi severi maestri. Aveva appena affrontato Lai e, per tutto il tempo, lui e Kei si erano sorbiti i commenti dei bitpower, ai quali si era aggiunto persino il Leone Nero, affermando lui stesso di come quella scena gli ricordasse un gatto che gioca col topo. Commento che non aveva suscitato un apprezzamento unanime.
Negli ultimi due giorni Yukiko era migliorata, ma la severità dei suoi maestri non era calata per quello e il draigerblader poteva capire sin troppo facilmente il motivo dietro al comportamento del suo vice. Non avrebbe potuto permettersi alcun errore quando fosse arrivato il momento, nessun calo di attenzione né la minima distrazione.
L'aveva vista impegnarsi giorno dopo giorno ed era una cosa che lo aveva sorpreso intimamente, più di quanto si sarebbe aspettato. Oramai era chiaro che la giapponese non intendesse affatto mollare, a discapito delle difficoltà che stava incontrando e superando progressivamente. Il suo stile rimaneva grezzo e istintivo, ma i suoi riflessi stavano lentamente migliorando, così come la postura e le capacità di tener una buona guardia, ed era quanto di più positivo potessero aspettarsi da lei. Eppure, ciò non era ancora abbastanza per fargli pensare al ruolo che ella aveva nel loro piano d'azione con tranquilla fiducia per la sua realizzazione. Se non vi fosse stata Mao insieme a lei, non avrebbe permesso a quella ragazza di correre un rischio simile, nemmeno col giudizio favorevole del dranzerblader.
Il cinese studiò il suo vecchio amico, il modo con cui la aiutò a rimettersi in piedi e l'attenzione che sembrava rivolgerle. Lo sguardo che gli vide in quel momento sembrava suggerire che non vi potesse essere nient'altro di suo interesse all'infuori di lei, ma non perché avesse stampata in volto un'espressione particolare. Esteriormente, ad un altro, sarebbe sembrato il solito vecchio blader dall'animo di ghiaccio di anni fa. Soltanto pochi avrebbero notato l'attenzione con cui lui si soffermava sui lineamenti d'ella, sui suoi occhi, sulla sua bocca quando sorrideva, persino sui suoi capelli scompigliati. Quando le scostò una di quelle ciocche bicolori da davanti al viso, Rei sbatté più volte le palpebre mentre tentava di dare un senso a ciò che vedeva. Poi comprese da cosa derivasse la familiarità che traspariva da quella scena: gli ricordava i suoi momenti in compagnia di Mao.
La verità era che Kei era innamorato di lei.
Quella consapevolezza gli fece spalancare gli occhi ambrati in un'espressione incredula. Non riuscì a capacitarsene completamente, cosa che gli diede da riflettere. Il motivo del suo stesso stato d'animo probabilmente derivava dall'intima convinzione avuta sino ad allora che il dranzerblader non potesse affezionarsi così facilmente e profondamente a qualcuno. Non aveva mai pensato che ci sarebbe stato per lui qualcosa di più forte del legame di sincera amicizia che, con gli anni, si era consolidato fra i Bladebreakders. Faticava ancora a considerare tutto ciò reale, nonostante ne avesse le prove davanti agli occhi.
Si accorse di aver fatto qualche passo avanti soltanto quando colse i discorsi dei due.
– ..non intendo farlo – stava dicendo Yukiko, contrariata, affrontando il compagno a testa alta.
– Stai chiedendo troppo a te stessa – affermò senza batter ciglio Kei.
– Nient'affatto – ribatté caparbia l'altra.
L'atmosfera notata da Rei poco prima era svanita, completamente evaporata per lasciar il posto ad una certa tensione nell'aria nata da quella breve discussione, a tal punto da fargli dubitare di averla soltanto immaginata. Non fosse stato così sicuro di sé, avrebbe creduto di aver preso un abbaglio, eppure la posa irrigidita del giapponese non lasciava dubbi.
– Ho bisogno di sapere che hai fiducia in me, Kei.
– Non è di te che non mi fido – sbottò infastidito lui, scoccando un'occhiata accusatoria a Lai.
– Ehi, hai qualche problema? – ribatté quest'ultimo con un'arroganza che Rei riconobbe: Kei non gli era mai andato a genio e dall'occhiata che il dranzerblader gli scoccò, il sentimento era reciproco.
Si prospetta un risvolto interessante” commentò Night, trovando il consenso degli altri quattro bitpower.
Con sorpresa, Rei si rese conto che effettivamente mancava un nonnulla per far scoppiare il finimondo: non aveva mai visto Kei perdere il controllo di sé, mai, nemmeno una volta, ma ora sembrava sul punto di incendiare l'aria intorno a sé per autocombustione mentre fissava con sguardo penetrante il cinese dalla criniera corvina. Fece per fare un passo avanti quando, rapidamente tanto quanto s'era scaldata, l'aria in quella piccola radura si raffreddò nuovamente e il giapponese volse le spalle sia a Lai, sia a Yukiko, tornando senza una parola sui propri passi.
– Kei..? – la voce della moretta si levò senza suscitare una sola reazione.
Il ragazzo proseguì, con lo sguardo basso, raggiungendo il capo della Tribù della Tigre Bianca e, prima di passare oltre, rivolgendogli un'unica parola.
– Andiamo.
Rei si voltò tenendo per sé il proprio stupore, seguendolo senza una parola.
D'altronde, non ve n'era alcun bisogno: aveva colto perfettamente la sua richiesta implicita e non pensò nemmeno per un istante di rifiutargli quel favore.


Yukiko si sentiva irrequieta e dolorante al tempo stesso. La stanchezza di quella giornata si sommava alla sensazione di ansia dovuta alla discussione avuta con Kei quel mattino. Da allora non aveva più incrociato né lui né Rei, ed ora lei e Mao se ne stavano fuori casa ad aspettarli, con la scusa del bucato da stendere.
Appendendo una delle proprie canottiere al filo più basso, la mora lanciò l'ennesima occhiata al sentiero che un'ora prima lei e la cinese avevano risalito.
– Non stare troppo in pensiero – le si rivolse Mao, comprensiva – Capita di litigare qualche volta.
Quelle parole non fecero altro che farle nascere in volto una smorfia – Non è una bella sensazione. Mi sono sentita malissimo tutto il pomeriggio.
– Ho notato – commentò la cinese, senza entrare nello specifico.
Sapeva perfettamente quanta fatica le era occorsa per concentrarsi sulle nozioni impartitele da Gao.
Nella calda luce del tramonto finalmente si stagliarono due ombre sul terreno umido e, poco dopo, i due ragazzi aggirarono lo steccato che separava la proprietà dal viottolo d'ingresso. La mora tardò a muoversi a causa degli occhi dai riflessi d'ametista del suo compagno, avvertendo nel momento in cui li incrociò i muscoli del proprio corpo bloccarsi istintivamente sotto l'intensità di quella coppia d'iridi. Si sentì pervadere da un brivido gelido e rovente insieme, una sensazione talmente intensa e inattesa che le smorzò il fiato in gola e le impedì di far altro a parte ricambiare quello sguardo, mentre dentro di sé percepiva infuriare una tempesta.
Aveva bisogno di scusarsi con lui, di sentirsi dire che non era successo niente o qualunque altra rassicurazione le avrebbe concesso. Eppure non si mosse, né lui sembrò far altro a parte guardarla con un'espressione tremendamente seria.
I pochi secondi che permeò quella situazione di stallo trascorsero tremendamente lenti alla sua percezione, finché ella non credette di vedere in quegli occhi di brace una nota tormentata che non fece altro che conficcarle la lama del senso di colpa ancor più a fondo al cento del petto, acida e rovente al tempo stesso.
Poi, finalmente, quel momento passò, spazzato via dal frapporsi di Rei nel suo campo visivo.
– Avrei bisogno di parlarti – le disse, sostandole di fronte e attirando l'attenzione su di sé.
Presa in contropiede, come cadendo dalle nuvole, Yukiko sollevò lo sguardo sul volto del cinese, inarcando un sopracciglio nel notarne il quieto sorriso sulle labbra. Impiegò un paio di secondi, incerta, prima di annuire con un cenno del capo a quella richiesta.
– Sì.. d'accordo.
Il draigerblader si spostò, facendole strada verso il retro della casa e quando la mora posò nuovamente lo sguardo su Kei, ne distinse chiaramente l'occhiata con cui seguì l'amico mentre gli passava davanti. In quel singolo istante, alla ragazza parve di scorgere in quegli occhi un guizzo di irritazione, subito soffocato da un movimento brusco che lo vide procedere verso la porta d'ingresso. Scomparve in una manciata di secondi all'interno della casa, senza aver sprecato una sola parola per nessuno. Il modo in cui sbatté l'uscio non lasciò più spazio a dubbi di sorta: si era arrabbiato.
Tesa, la nightblader cercò allora Mao, ricambiandone il sorriso incoraggiante con uno non altrettanto spontaneo, prima di muoversi. Nel seguire una volta per tutte Rei, alla mente tornò a farsi strada dubbio e curiosità riguardo all'argomento di cui il draigerblader voleva parlarle in privato, incognita a cui non riuscì a dare risposta in quel breve lasso di tempo che impiegarono a raggiungere quell'angolo di proprietà più silenzioso. Soltanto a quel punto il cinese si volse in sua direzione e la serietà dei suoi lineamenti la indusse a scrutarlo con una nuova attenzione, nata da un inatteso istinto di autodifesa. Qualunque cosa avesse intenzione di dirle, dubitava che le sarebbe piaciuta.
– So che non dovrebbero essere affari miei – iniziò lui, tutt'altro che incerto. Doveva essersi immaginato quella conversazione più d'una volta, dal modo in cui riusciva a tener alto lo sguardo dorato – ..e ti chiedo scusa per quanto sto per dirti, non sono il tipo che si intromette in cose che non lo riguardano, ma Kei è un caro amico e non voglio vederlo soffrire.
Yukiko a quell'esordio già iniziò a sentirsi girare la testa in preda ad un presentimento, ma corrugando la fronte si concentrò su quanto il capo della Tribù della Tigre Bianca stava cercando di dirle.
– Ho notato che è molto.. preso da te e ciò che è accaduto oggi me ne ha dato la conferma – le disse, prima di chiarirsi – Non l'avevo mai visto reagire a quel modo ad una provocazione. Non so se sai cos'ha passato, ma ti prego di tenere presente che non è un tipo che lascia avvicinare a sé gli altri.. – man mano che il draigerblader continuava, il senso del suo discorso iniziò a penetrare nella mente della mora, facendole spalancare sempre più gli occhi verdi, totalmente spiazzata.
Non poteva crederci: le stava facendo la predica!
Quel pensiero le fece stringere i pugni lungo i fianchi talmente forte da far gemere la pelle dei guanti che indossava, ma non lo interruppe, lasciandolo continuare.
– Io non ti conosco, ma volevo solo dirti che oggi era seriamente preoccupato per te e che, con lui, dovresti tenere a mente che c'è sempre qualche motivo più profondo di quanto potrebbe sembrare, a muovere le sue azioni – insistette, addolcendo i propri lineamenti con un sorriso di scuse – ..e ti prego di non offenderti per quanto ti ho appena detto, ma mi è sembrato più giusto che lo sapessi, piuttosto che tenermi il dubbio.
Troppo tardi..” pensò Yukiko amaramente.
Sapeva che non avrebbe dovuto prendersela per quella ramanzina, che le intenzioni di Rei erano buone, ma la stanchezza della giornata e la tensione di quelle ultime ore le avevano fatto saltare i nervi a fior di pelle. Per questo non riuscì in alcun modo a non sentirsi punta sul vivo, di fronte alle supposizioni del moro, finendo per scoccargli un'occhiataccia di quelle che avrebbero fatto rabbrividire un tizzone ardente.
Rei parve accusare il colpo, perché sussultò e quel suo sorriso di scuse gli si ampliò in volto, seguito da una constatazione nervosa – Ah.. ti sei offesa.
La nightblader sbuffò, corrucciata in viso, riuscendo con quel gesto a scacciare parte della propria irritazione e mantenendo in quel modo gran parte del proprio autocontrollo – Hai detto bene, tu non mi conosci – affermò senza mezzi termini, in modo più scostante di quanto razionalmente avrebbe voluto – Apprezzo la lealtà che stai dimostrando nei suoi confronti e credimi – sbottò, sottolineando quell'ultima parola con il tono di voce, prima di continuare – se riesco a dire questo è perché so' perfettamente cos'ha passato.
Il capovillaggio inarcò un sopracciglio, come se l'eventualità che lei sapesse realmente dell'infanzia di Kei non gli fosse mai passata per la testa. Quel pensiero le fece nascere un sorrisetto carico di amarezza sulle labbra rosee, mettendo a repentaglio il suo sangue freddo.
– Hai mai pensato che potrei essere io quella che rischia di rimanere maggiormente ferita? – Rei non rispose, ma rimase a fissarla in silenzio, così lei continuò, cedendo all'impulso di riempire quel vuoto; dando sfogo a ciò che teneva custodito nella parte più profonda di sé stessa, senza nemmeno rendersene realmente conto se non quando ormai fu troppo tardi per impedirselo – Mi sono innamorata di lui senza nemmeno rendermene conto e, per qualche motivo, sembra che io gli piaccia abbastanza da stare con me – si batté una mano aperta al centro del petto per indicarsi e sentì distintamente l'incredulità della propria voce, prima che questa si incrinasse – Eppure.. ho sempre il terrore di rovinare tutto – si sentiva così stanca, così disperata. Il sorriso tremò e cedette. Un nodo le si strinse in fondo alla gola, riempiendole gli occhi di calde lacrime e rendendo la figura del suo interlocutore terribilmente sfuocata – Se mi fermo a pensarci rischio di impazzire – perse del tutto la padronanza del tono di voce e deglutì, mentre la prima lacrima scivolò incandescente oltre le ciglia, rigandole la pelle del viso. Soffocando un singhiozzo in fondo alla gola, sollevò ambo le mani per tentare di spazzare via quel piccolo torrente in piena, senza riuscire a frenarlo in alcun modo. Continuò a piangere ed a cercare di asciugarsi gli occhi con il dorso di una o dell'altra mano con gesti rabbiosi e agitati, finché non si arrese e chinò il capo, il volto adombrato dai capelli che le erano scivolati in avanti a quel movimento.
Intanto, Rei sembrò come impietrito e il suo maldestro tentativo di rimediare a quanto scatenato non fece altro che peggiorare le cose, perché al suo incerto – ..ehm.. – la mora gli scoccò un'occhiata di fuoco tanto incandescente da creare un netto contrasto con lo sguardo gelido di poco prima.
– Lasciami sola... il tempo di riprendere il controllo e tornerò dentro – gli disse, trovando miracolosamente la forza di non far tremare di nuovo la voce, attingendo alla rabbia di sé e desiderando solo che lui la lasciasse in pace – Tu vai.
Il ragazzo sembrava sinceramente combattuto dal rimorso e dal senso di impotenza, ma dopo un paio di secondi di indecisione finalmente annuì e si mosse per passarle oltre. Tuttavia, quando fu sul punto di farlo, le posò una mano su una spalla, stringendola appena in un tentativo piuttosto impacciato di darle un qualche sostegno morale. Lei a quel gesto non poté evitare di rivolgergli un mezzo sorriso, riuscendo ad apprezzarne in minima parte il tentativo dal sapore cameratesco, prima che lui lasciasse scivolare l'arto dalla sua spalla e girasse l'angolo.
Solo a quel punto Yukiko si lasciò ricadere sulle ginocchia, nascondendosi il viso fra le mani, lasciando libero sfogo a ciò che per tutto il giorno era stato un mero presentimento presente sottopelle, troppo sfuggente per poter essere afferrato ed analizzato dalla sua coscienza. C'era voluto Rei a rendere quella sensazione abbastanza tangibile - abbastanza reale - da darle un nome ed una forma. C'era voluta quella presa di coscienza improvvisa per affrontare il terrore che l'aveva attanagliata fastidiosamente per tutto il pomeriggio.
In realtà, non ce l'aveva affatto con lui, ce l'aveva con sé stessa.
Come ogni volta che si scopriva così debole e insicura.
Codarda.


Kei vide rientrare Rei e la sua espressione non fece altro che aumentare il malumore che provava.
Che cos'era passato per la testa del cinese?
Da quel pomeriggio, da quando gli aveva raccontato per sommi capi come l'aveva conosciuta, durante l'allenamento a cui l'aveva sottoposto sembrava a tratti ansioso, a tratti sovrappensiero. Non che questo avesse intaccato la sua guardia o sminuito la precisione dei suoi attacchi. Nei due minuti che seguirono il ritorno dell'amico, attendendo che la mora facesse altrettanto, il dranzerblader avvertì distintamente la propria pazienza assottigliarsi pericolosamente. Stava per cedere al proprio stato d'animo e uscire da quella porta con il preciso intento di andare a cercarla quando, finalmente, l'anta si dischiuse una seconda volta. Dalla sua posizione abituale, appoggiato di schiena al muro e con le braccia incrociate sul petto, alla vista dell'oggetto delle sue ansie, il suo cuore perse un battito e non gli ci volle più di un istante per indovinare che qualcosa non andasse in lei.
– La cena è pronta, Yukiko – si fece avanti Mao con un'espressione ansiosa. La ragazza in questione alzò lo sguardo sulla rosa, uno sguardo che gli parve fin troppo lucido nella luce artificiale della stanza.
– Scusate, ma non ho molta fame – esordì la nightblader, con un tono di voce velato e l'espressione mortificata – ..mi farò una doccia e andrò a dormire.
Non potevano esserci più dubbi, non per lui: c'era qualcosa di profondamente sbagliato in quel comportamento. Quando Yukiko lasciò la stanza senza avergli rivolto nemmeno un'occhiata, la rabbia lo colse talmente intensa da smorzargli il respiro in gola e fargli volgere uno sguardo carico di accuse al suo ex compagno di squadra.
Staccandosi dalla parete, gli bastarono un paio di falcate ampie e rapide per andare incontro a Rei e, ancor prima di realizzare ciò che stava facendo, lo afferrò per il bavero della sua tunica rossa e lo spinse indietro, contro la parete della sala principale. Il cinese a quel gesto sembrò del tutto impreparato, finendo soltanto per sussultare e sollevare lo sguardo su di lui. La consapevolezza che gli lesse negli occhi dorati gli fece stringere la presa sulla stoffa del bavero, mentre il moro serrava di rimando le labbra in un'espressione contrita e tesa.
– Kei! – la voce di Mao si alzò l'attimo seguente, allarmata, ma il dranzerblader la ignorò.
– Che diavolo le hai fatto?! – ringhiò verso il cinese, tenendolo lì.
– Abbiamo solo parlato.
Al di fuori della sua sfera cognitiva, il suo cervello registrò un nuovo suono di passi, ma era troppo furioso, troppo carico di adrenalina, per badare a qualcos'altro non fosse l'espressione del draigerblader di fronte a lui.
– E di cosa?!
– Le ho chiesto un favore.. – fu la risposta evasiva dell'accusato, una risposta che non fece altro che peggiorare il suo umore.
– Kei, smettila – questa volta quella voce non poté ignorarla, men ché meno la sensazione di un paio di braccia sottili che gli cinsero il petto. Yukiko non tentò di staccarlo da Rei, ma gli si premette contro, aderendo perfettamente alla sua schiena e nascondendo il viso fra le pieghe della sua maglia, cosa che non gli impedì affatto di comprenderne il dire seguente, nonostante il tono pesantemente incrinato – Non è colpa sua, lascialo Kei.
Come poteva non essere colpa sua? Era sicuro che, nel momento in cui erano tornati, lei non avesse avuto in viso quell'espressione!
Nonostante le proprie convinzioni, il blader giapponese lasciò finalmente la presa sulla stoffa rossa dell'amico, abbassando le braccia lungo i fianchi senza però indietreggiare di un solo passo. Soltanto quando, un secondo dopo, abbassò lo sguardo e rilassò vagamente i muscoli del corpo, la mora rinsaldò quell'abbraccio a senso unico, e lui ne colse distintamente il tremito.
Ancora abbastanza teso da poter essere paragonato ad una corda di violino, non seguì con lo sguardo lo spostamento del cinese, ma rimase a fissare la parete nel punto in cui l'aveva spinto, lo sguardo un po' più basso ed adombrato da alcune ciocche d'argento. Passarono altri trenta secondi, prima che la stretta di lei si allentasse abbastanza da permettergli di voltarsi senza forzarla e, sotto gli sguardi degli altri, la afferrò con quanta più delicatezza possibile per un polso e la condusse verso il corridoio senza proferirle parola.
– Teneteci qualcosa da parte – disse soltanto ai loro padroni di casa, prima di sparire con lei oltre l'angolo.
Avevano bisogno di un po' di privacy, determinato com'era a chiarire una volta per tutte la situazione.
E l'arrendevolezza di lei nel seguirlo gli fece intuire che non era l'unico ad avvertire quel bisogno.


Non ricordava l'ultima volta in cui si era sentita così tesa in sua presenza, eppure non si sottrasse a quel contatto, né si oppose alla direzione da lui intrapresa. Lo seguì sino alla porta della camera che Mao e Rei avevano offerto loro per la notte, ma quando lui la superò senza nemmeno guardarla, la mora inarcò un sopracciglio, riemergendo da quella sensazione di torpore che l'aveva avvolta sino a quel momento.
La loro meta si rivelò presto con l'essere il bagno, all'interno del quale non aveva nemmeno fatto in tempo a mettere piede prima di tornare di corsa sui propri passi, richiamata dall'esclamazione di Mao. Si sentì come cristallizzata in un'espressione interrogativa che non ebbe alcun mutamento, finché il dranzerblader, dopo averla trascinata all'interno di quella stanzetta, richiuse la porta e, lasciandola finalmente andare, si mosse ed aprì il rubinetto della doccia. Il rumore dell'acqua corrente infranse il silenzio venutosi a creare, un silenzio che non avrebbe comunque avuto vita breve, perché lei si ritrovò a premere la schiena contro l'anta in legno della porta, gli occhi spalancati a fissare con sorpresa il suo compagno. Il suo volto era avvolto nella penombra della stanza, ma la fioca luce che ancora giungeva dalla finestra lì accanto le permise di cogliere il tormento interiore che trapelava da quegli occhi scuri. Si sentì mancare il fiato mentre questi la legava con catene invisibili a quel suo sguardo penetrante, negandole ogni possibilità di fuga a causa delle sue braccia, tese ai lati del capo bicolore di lei, i palmi appoggiati al legno di quell'anta.
– Così non ci sentirà nessuno – annunciò il blader in poco più di un sussurro, facendole spalancare gli occhi verdi in una nuova comprensione – perciò ti prego, dimmi cos'hai.
Quella supplica, per nulla accorata ma talmente seria e controllata da sortire un effetto anche maggiore di quanto sarebbe stato altrimenti, le penetrò fino all'anima, insinuandosi al centro del petto della mora in una sensazione che le causò una fitta dritta al cuore. Avvertì una nuova ondata di lacrime pungerle gli occhi, mentre il senso di colpa riaffiorava, nato dalla consapevolezza che quanto dettole da Rei era vero: era solo preoccupato per lei. Non c'era altro che un intimo tormento su quel viso segnato di blu, una preoccupazione il cui unico oggetto ora era lei, e questo in quell'istante fu troppo da sopportare.
– Ho paura.. – parlò senza riuscire a far altrimenti, la voce che nuovamente minacciò di spezzarsi, e dovette inspirare dalla bocca prima di riuscire a continuare, la vista che già iniziava ad appannarsi – ..ho paura di rovinare tutto.. io non ti merito.
Kei a quelle parole sembrò rimanere spiazzato, ma fu rapido a reagire perché si corrucciò in volto un istante dopo – Come puoi pensare una cosa del genere?
Yukiko abbassò gli occhi sulla sua sciarpa – È così.. sicuramente finirò per rovinare tutto. Oggi ci sono andata pericolosamente vicino.
– Non è vero.
– Sì invece! – scattò la mora, sollevando per un momento di nuovo gli occhi nei suoi, prima di mordersi il labbro inferiore e optare per chiuderli – Non hai idea di come mi sia sentita dopo che te ne sei andato.. ero arrabbiata con te e al tempo stesso mi sentivo andare in pezzi – soffocò un sussulto delle spalle, continuando – ..e adesso mi sento anche peggio, perché l'ultima cosa che voglio è che tu finisca per allontanarti da me... Vorrei.. vorrei dimostrarti che non ti sei sbagliato, che puoi contare su di me per qualunque cosa.. – deglutì, sforzandosi di cercare di nuovo quegli occhi dai riflessi d'ametista nella fioca luce del bagno – ..ho bisogno che tu abbia fiducia in me.
La prima lacrima le scivolò sulla guancia, tracciando un sentiero umido sulla pelle arrossata, e appena catturò un riflesso nella penombra Kei se ne accorse. L'istante successivo era di nuovo stretta fra le sue braccia, schiacciata contro il suo petto, con il suo odore che le penetrava a fondo nei polmoni, avvolgendola al pari di quell'abbraccio. Un abbraccio talmente forte da minacciare di incrinarle le ossa, che la convinse irrimediabilmente ed istintivamente ad aggrapparglisi a sua volta con uno slancio di pari intensità, finendo per affondare il viso nella stoffa candida di quella preziosa sciarpa, impregnandola per questo di calde lacrime salate.
– Come posso restare a guardare? – le giunse di nuovo la voce di lui, bassa e tesa, in una domanda sofferta – Come posso permettere che ti riempiano di lividi per causa mia?
– Non è a causa tua.. – cercò di dire lei, reclinando un po' di più il capo per poggiare solo la fronte all'incavo del suo collo, prima di modulare il respiro e continuare, un po' più controllata – ..e sono determinata a dimostrarti che avevi ragione: posso farcela. So badare a me stessa.
Lui non rispose e il silenzio che seguì durò il tempo di un paio di battiti del loro cuore, prima di venire nuovamente infranto.
– Ti prometto che quelli di oggi saranno gli ultimi lividi che mi vedrai addosso.
Quelle parole non sembrarono sortire qualche effetto, non subito almeno. Trascorse un'altra manciata di secondi prima che i polmoni del blader si svuotassero in un sospiro e che la sua voce tornasse a sfiorarle le orecchie.
– D'accordo – acconsentì, in un tono talmente basso che per un momento la mora credette di aver capito male, prima che lui le sfiorasse la sommità del capo con le labbra, donandole un bacio fra i capelli – Hai vinto – e le parole successive fecero fare al suo cuore un balzo in avanti – Ho sempre avuto fiducia in te.
Sapeva che era vero, ma quella conferma la fece sentire infinitamente più leggera, cavandole un peso dal petto che fino a un istante prima aveva minacciato di soffocarla. La felicità che sentiva iniziare a pervaderla era tale che le fece bruciare la gola e pervadere i muscoli di un brivido di tensione. Si era risolto tutto, non c'era più nulla a incrinare il loro rapporto perché era riuscita a farsi comprendere.
– Ma non posso impedirmi di preoccuparmi – aggiunse poco dopo Kei, scostandola con gentilezza da sé quel poco che bastava a permettergli di sollevarle il viso con una mano, con il solo scopo di poterla guardare negli occhi. Sotto quello sguardo intenso e magnetico, la nightblader si ritrovò ad annuire.
– Lo so – mormorò in un soffio, finendo per abbozzare un tenue sorriso nel confessargli – La stessa cosa vale per me.
Poteva accettare quanto lui le aveva detto perché sapeva che, se le situazioni fossero state invertite, lei non avrebbe saputo tenere a bada la propria ansia nei suoi confronti. Per un attimo se lo figurò pieno di lividi e tagli, e la sensazione che le nacque in petto le fece credere che avrebbe potuto facilmente morirne.
Il sollievo che la inondò quando lui si chinò a baciarla scacciò via quell'ombra, inducendola a ricambiare quel contatto ed a cercare di renderlo più profondo e intimo. Insinuando la lingua nella sua bocca, avvertì un brivido di calore pervaderla da capo a piedi quando avvertì la sensazione vellutata che l'accolse e la respinse, ricambiando quella visita con un'irruenza che le smorzò di nuovo il fiato in fondo alla gola.
Le carezze di lui si insinuarono sotto i suoi vestiti, i quali ricaddero uno ad uno sulle pietre levigate del pavimento prima di venire seguiti dalla maggior parte di quelli del blader stesso. Quando lui la spinse verso la doccia però non si infilò sotto il getto d'acqua con lei, arretrando di un passo quando le prime gocce fredde la fecero rabbrividire.
– Aspetta – mormorò con voce roca, voltandole la schiena nella penombra, per poi accostarsi alla parete accanto alla porta.
Yukiko approfittò di quel momento, intuendo ciò che cercasse, per regolare la temperatura dell'acqua e si rilassò quando, pochi secondi dopo, quella assunse una temperatura accettabile. Mettendosi sotto il getto caldo, fece appena in tempo a scacciare il ricordo dell'ultimo brivido di freddo, prima che la luce si accendesse. Pochi istanti dopo il dranzerblader scostò la tenda di plastica e la raggiunse, infilandosi nell'abbraccio che lei gli rivolse e che si concluse in un nuovo bacio. Un bacio più breve di quanto intimamente si sarebbe aspettata, che durò il tempo di venir scostata da sotto il getto della doccia abbastanza da avvertire la fredda parete sfiorarle la pelle della schiena.
Kei a quel punto si tirò indietro, lasciando che quelle miriadi di goccioline gli si riversassero sulle spalle mentre i suoi occhi si tennero ostinatamente fissi su di lei. Incrociandoli, la mora avvertì distintamente il proprio viso accendersi, mentre lo sguardo altrui scendeva sulla sua pelle umida. Non capì subito cosa stesse cercando di fare e, preda di un improvviso imbarazzo, tentò di coprirsi in qualche modo con le braccia, tentativo che venne bloccato da una stretta decisa ma morbida che le circondò i polsi.
– Hai promesso – le disse soltanto, rammentandole le parole che lei stessa gli aveva detto pochi minuti prima. Bastò questo per farle capire una volta per tutte a cosa si riferisse e cosa stesse cercando con quell'iridi così attente e cariche d'ansia, inducendola ad arrenderglisi e continuare.
Lo osservò soffermarsi con lo sguardo su ogni ombra, ogni macchia scura che decretava la presenza di un livido sul proprio corpo, preda di un disagio che le fece credere per l'ennesima volta che avrebbe potuto farle balzare il cuore fuori dal petto. Arrivò persino a sfiorare con tocco lieve i segni più recenti, come se temesse di farle male ma al tempo stesso non potesse credere di vederla in quello stato. Quando terminò, dopo aver tracciato il contorno di un ultimo livido che spiccava sulla parte esterna della gamba destra, sollevò di nuovo gli occhi di brace a cercare quelli di lei, tradendo il proprio stato d'animo dall'espressione corrucciata e combattuta che aveva in viso.
– Non uno di più – mormorò.
Yukiko annuì mordendosi il labbro inferiore sino a sentire dolore, siglando così il loro patto, prima di far un passo avanti e avvertire le braccia di lui richiudersi dietro la propria schiena. Ne cercò le labbra, di nuovo ammessa sotto il getto d'acqua calda, scaldandosi grazie ad esso ed al contatto diretto di pelle contro pelle. Gli si aggrappò, cingendogli il collo e le spalle con le braccia, ignorando la protesta dei muscoli che aveva sforzato durante il corso della giornata. Soffocò il disagio precedentemente provato in quel contatto, crogiolandosi nella sensazione - tanto familiare da apparirle sempre nuova - che da esso traspariva, incontrando di nuovo le sue labbra in un bacio tenero e passionale al tempo stesso.
Ben presto il ricordo di quelle ultime ore cariche di ansie e preoccupazioni venne spazzato via, messo in ombra da un presente infinitamente più piacevole per entrambi.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
E così finisce anche il 33° capitolo! Cosa ne pensate??
So che non è successo niente XD è un capitolo di transizione, ma ci tenevo a scriverlo perché mi sembrava brutto passare subito alle conclusioni, ecco. E poi doveva pur capitare qualcosa del genere, no? Era praticamente d'obbligo, con tutto il tempo a disposizione!!!
Non ho risposto a nessuna delle vostre domande suscitate nei precedenti capitoli, lo so. Chi era il ragazzo che sgattaiolava nel buio? Che piano avrà architettato Kei? Riuscirà Yukiko a migliorare abbastanza da poter affrontare quella misteriosa minaccia? Ma cosa altrettanto importante, riuscirà a mantenere la sua promessa?
Lo scoprirete, ora posso dirlo, nel prossimo capitolo!! Promesso, non uno di più!! (citando un blader a caso)
Nel frattempo ringrazio tantissimo il vostro sostegno <3 siete carinissime, mi fate sempre stra-felice con le vostre recensioni e spero di non aver fatto storcere il naso a nessuno nemmeno questa volta! Non saprei cosa fare senza voi ragazze! E ovviamente, anche chi continua a seguirmi in silenzio è molto importante per me, non dubitatene! Vedere il contatore di visite che continua a salire di capitolo in capitolo è sempre una gioia *_* grazie grazie grazie!
Per oggi è tutto, vi lascio e vi mando un baciotto, augurando a tutti un buon inizio settimana!
A prestissimo!
la vostra ispiratissima
Kaiy-chan

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Capitolo 34
*** Lo scontro decisivo ***




34. Lo scontro decisivo


Il piano era stato discusso più volte ed ormai non avevano più tempo per rivederne i dettagli: sperava soltanto che andasse tutto liscio per l'indomani.
Varcando la soglia al seguito di Rei, Kei lasciò al padrone di casa il compito di annunciare il loro rientro e si mosse invece nella sala, cercando automaticamente con lo sguardo la sua compagna. Yukiko era abbandonata su una delle sedie al tavolo che lei e Mao avevano appena finito di allestire per la cena. Tardò un paio di secondi per drizzare il capo dalla posa reclinata all'indietro in cui si era attardata, ma la sua espressione si illuminò di un sorriso spontaneo quando lo vide. Un sorriso che Kei si ritrovò fin troppo pronto a ricambiare, seppur senza abbandonare lo sguardo critico con cui ne esaminò l'aspetto: la ragazza aveva raccolto i capelli bicolori in una coda alta ancora lucida ed appesantita di umidità, indossando una delle magliette sformate che ultimamente le aveva visto prediligere dopo ogni doccia rilassante. Gli parve piuttosto stanca, cosa che gli fece nascere ancora una volta i classici “dubbi dell'ultimo minuto”.
Avrebbe dovuto andare tutto bene l'indomani. Assolutamente.
Il dranzerblader non era mai stato facilmente preda dell'ansia o del nervosismo, ma ora, nonostante tutte le proprie convinzioni sull'assoluta sicurezza del ruolo che doveva ricoprire la mora, iniziava a sentirsi terribilmente inquieto. E se qualcosa fosse andato storto? E se si fosse sbagliato? E se...
– Com'è andata?
La domanda lo trasse da quegli interrogativi autolesionistici e lo costrinse a prestare attenzione alla sua compagna, alla quale rispose con un'alzata di spalle, prima di domandarle a sua volta – E il tuo allenamento?
– Oh, tutto a posto – affermò lei, raddrizzando la schiena per mettersi seduta un po' più composta – Domani me la caverò alla grande, vedrai.
Era la stessa cosa che lui, pochi minuti prima, aveva ribadito a Rei.
Cenarono tutti e quattro insieme. L'atmosfera, dopo l'accaduto di quattro sere prima, si era rasserenata dopo che i due ragazzi si erano chiariti, a modo loro.

[Flashback]
Il mattino seguente Kei si era alzato all'alba e per puro caso si era ritrovato a incrociare il cammino di Rei in corridoio. Era bastato loro uno sguardo per comprendersi e dirigersi entrambi in cucina ed, una volta lì, mentre il cinese tirava fuori il necessario per la colazione, avevano parlato. Anche se forse tale termine potrebbe risultare un po' troppo pretenzioso, per la conversazione che era avvenuta fra i due.
Mi ha spiazzato – aveva detto di punto in bianco il moro mentre gli dava le spalle, eppure il dranzerblader non ebbe bisogno di chiedergli a chi si riferisse – ..è una ragazza in gamba.
L'altro annuì con un cenno del capo, deviando gli occhi scuri sul lavandino.
Vi devo delle scuse.
Questa volta il cenno fu di diniego – Yukiko mi ha detto che eri solo preoccupato.
Non avrei dovuto impicciarmi comunque.
Ed io non avrei dovuto appenderti al muro.
Il cinese gli rivolse un tenue sorriso, che il blader di fuoco ricambiò con uno quasi identico.
Cerca solo di non rompere il naso a nessuno dei miei, prima del fatidico giorno.
Non ti prometto niente.
E la cosa era finita lì.

Ormai era passata una settimana dal loro arrivo inaspettato al villaggio.. sette giorni in cui si erano raccolti tutte le sere intorno a quel tavolo, approfittando del momento per scambiarsi impressioni sui progressi di Yukiko e sulla linea d'azione migliore da intraprendere, sui percorsi e le caratteristiche della zona. Eppure, anche se quella sera si astennero dal rivangare certi dettagli, il tempo per apportare modifiche decisamente scaduto, quella di vedere le due coppie sedute vicine con, in mano, una ciotola di riso a testa, era divenuta una scena dai connotati decisamente familiari e rassicuranti. Durante la permanenza dei due giapponesi, Rei aveva dato il cambio a Mao di tanto in tanto, per quanto riguardava la preparazione della cena, ma la differenza era risultata sottile al palato del dranzerblader ed aveva dovuto ammettere che le abilità culinarie della ragazza avevano finito per eguagliare quelle dell'amico.
Cenarono chiacchierando del più e del meno, senza sfiorare più di una volta l'argomento che riguardava il giorno seguente ed, una volta terminato il pasto, Kei approfittò della scusa fornitagli dalla stanchezza della nightblader per congedarsi con lei e ritirarsi nella loro stanza. Richiusa la porta dietro di sé, si soffermò un istante a percorrere le pareti della camera degli ospiti messa a loro disposizione, ritrovandola delle stesse dimensioni ridotte che ricordava. Di pianta rettangolare, era provvisto di un letto a una piazza e mezzo, posizionato sotto una piccola finestra scorrevole celata dietro un paio di tendine color panna, mentre alla parete sulla destra era accostato un armadio, unico mobile adibito – escludendo il comodino – ad ospitare i loro averi, ancora per lo più stipati dentro le rispettive borse. La ragazza al suo fianco attirò la sua attenzione, puntando con uno sbadiglio direttamente al loro giaciglio, raggiungendolo e lasciandovisi cadere distesa in diagonale, in una posizione che risultò occuparne tutta l'ampiezza. Il sospiro che le sentì esternare ne accompagnò il sollevare delle braccia sopra il viso, movimento che, oltre a nasconderglielo per metà, contribuì a scoprirle un frammento di pelle ad altezza dell'ombelico abbastanza grande da fargli notare l'ombra di un livido giallastro sotto il lembo di quella maglietta. Niente di nuovo, era uno degli ultimi che le aveva visto quella sera, sotto la doccia. Quel ricordo gli fece inarcare un sopracciglio.
– Hai bisogno del bagno?
– Mmhmnuh..
L'altro sopracciglio di Kei si accostò al fratello, completando l'espressione sul volto del ragazzo dai capelli d'argento in una decisamente sorpresa, nata più dalla facilità con cui ne aveva dedotto il significato negativo al primo tentativo che dal resto. Aveva assistito a tale scena già quattro volte e sembrava già in grado di fare da traduttore simultaneo per le repliche monosillabiche che uscivano di bocca alla mora in quelle occasioni. A dirla tutta, era una cosa che trovava piuttosto buffa di lei e che gli fece salire l'impulso di prenderla in giro anche in quell'occasione.
– Peccato che tu non ti regga in piedi – esordì con indifferenza, attraverso la camera per recuperare un cambio di vestiti senza guardarla – Non eri stata tu a dire che questo non era affatto troppo per te? Se non fosti così stanca, avrei anche potuto proporti una piacevole serata per ricompensarti a dovere.
Non aggiunse altro e nel silenzio che seguì gli parve di udire un vago fruscio di stoffa provenire da dov'era distesa la nightblader. Non faticò affatto a immaginarsi il suo sguardo color smeraldo puntatogli addosso, ma lui la ignorò, tornando sui suoi passi senza batter ciglio. Stava per schiudere nuovamente l'uscio quando la voce di lei lo raggiunse, facendolo fermare con la mano destra posata sulla maniglia.
– Farai meglio a sbrigarti a tornare – quelle parole gli giunsero in un tono piuttosto sostenuto, che gli fece immaginare fin troppo facilmente la sua espressione imbronciata.
Eppure quella era una reazione un po' diversa, più sicura rispetto a quelle che aveva ottenuto a frecciatine simili in passato; una reazione che lo indusse a lanciarle un'occhiata da sopra la spalla sinistra. Nell'istante in cui la inquadrò di nuovo nel proprio campo visivo tuttavia, avvertì il proprio cuore accelerare i battiti mentre le parole di lei acquistavano per lui un nuovo significato. Si era mossa, in modo da giacere distesa supina sulle coperte, il braccio sinistro ripiegato su di esse mentre la mano destra era adagiata indolentemente sul ventre, sottolineando a quel modo la curva del fianco. Era voltata verso di lui, il viso incorniciato da una massa scomposta di capelli scuri e atteggiato in un'espressione talmente seria da far risultare penetranti i suoi occhi, seppur li tenesse leggermente socchiusi. Non c'era traccia di rossore sulle sue gote, né di imbarazzo nel modo in cui lo stava guardando, solo un muto incitamento che gli fece nascere un brivido d'eccitazione dietro la nuca e l'impulso di fare esattamente come lei gli aveva detto.
Strinse le labbra, ben consapevole della tensione che gli stava rendendo difficile persino distogliere lo sguardo da lei, preso totalmente alla sprovvista da quella mancanza di pudore inattesa per i sottintesi che aleggiavano nell'aria. Un paio di secondi dopo, in quel silenzio, giunse finalmente ad una conclusione e si staccò dalla porta, abbozzando un sorrisetto malizioso mentre tornava sui propri passi e si accostava a quel letto. Senza mai perdere il contatto visivo con lei, salì sul materasso insinuando un ginocchio fra le sue gambe e ponendo ambo le mani ai lati del suo corpo, le braccia tese a sostenersi in quella posa a carponi. Sopra di lei la sovrastò senza problemi, mentre il pensiero di ciò che gli stava passando per la mente lo costrinse a sorridere maggiormente, in un'espressione che sapeva perfettamente quanto poco rassicurante apparisse.
– Ho un'idea – le disse a basso tono, scrutandola in viso e notando il sospetto trapelare in quegli occhi verdi: stava iniziando a non riuscire più a nascondergli quel suo lato più impacciato, a cui lui era decisamente più abituato in quel genere di momenti così intimi, cosa che contribuì a divertirlo alquanto. Soddisfatto di iniziare a vederla accusare un certo effetto, si abbassò sino a sfiorarle la guancia destra con la propria, prima di farle la sua proposta, illustrandole in maniera sintetica ma non priva di dettagli il modo in cui l'avrebbe convinta di lì a poco a spostarsi da quella camera al bagno.
Il gemito soffocato che le sfuggì dalle labbra lo interpretò come un “”.


Non c'era nulla di cui preoccuparsi: il piano avrebbe funzionato come doveva.
Continuava a ripeterselo da una mezz'ora buona, mentre camminava lungo quel sentiero fra le montagne accanto alla ragazza di Rei. Il sole era ormai alto nel cielo, l'ora di pranzo passata da neanche due ore, e finalmente era giunto il tempo per cui si stavano preparando da tutta la settimana.
– Siamo sicuri che abboccheranno? – chiese a bassa voce Mao, scoccandole un'occhiata nel procedere verso la loro meta.
– Non c'è motivo di pensare il contrario, non dopo il resoconto che ci avete dato degli attacchi precedenti – le rispose Yukiko.
– E se Kei si fosse sbagliato? – insistette lei – ..ormai è parecchio che giriamo e non si sono ancora fatti vivi.
Quelle parole cariche di una malcelata preoccupazione sfiorarono un nervo sensibile della moretta e la costrinsero a fermarsi lì, al centro di quella che sembrava una piccola radura fra le montagne, stringendo i pugni lungo i fianchi in un moto di tensione. Per un attimo prese in considerazione l'eventualità che il suo compagno si fosse sbagliato, che qualcosa nel suo ragionamento avesse una falla, ma quando risollevò lo sguardo sulla sua nuova amica, scacciò quel dubbio inconcludente: Kei era un osservatore troppo attento per travisare certe cose.
– Non può essersi sbagliato.
– Eppure sembra così – l'interruppe una voce sconosciuta.
Sussultando, Yukiko sollevò di scatto lo sguardo su chi aveva parlato, inquadrando la sagoma comparsa all'inizio del loro stesso sentiero. Era uno dei Red Dragons ed aveva stampato in volto un ghigno saccente che si ricollegava piuttosto bene alle parole che aveva proferito loro poco prima. Un vago rumore giunse alle loro spalle e si voltarono di scatto, vedendo un altro tizio della stessa Tribù bloccare la via da cui erano venute. Con un rapido sguardo tutt'attorno a loro, la giapponese si appurò che non vi fossero altri avversari nei paraggi, cosa che le fece progressivamente delineare le labbra in un mezzo sorrisetto vittorioso.
Il piano stava funzionando.


– Eccoli – mormorò Rei, restando nascosto.
– Sembra siano soltanto in due – gli rispose a bassissimo tono il dranzerblader, tenendo d'occhio la situazione da dietro il loro riparo.
– Gli altri... – il suo ex compagno di squadra non finì la frase, lasciandola in sospeso, e lui gli rispose con un semplice cenno d'assenso.
Gli altri membri dei Red Dragons stavano sicuramente cercando di aggirare il gruppo di Lai e prenderli alle spalle, nello spiazzo soprastante al pendio che delimitava un lato di quella piccola radura. Lo scambio fra le ragazze e i due avversari continuò, scandendo il trascorrere inesorabile del tempo: era quasi l'ora di entrare in azione.
– Solo in due? Non crederete di poterci tenere testa?! – stava dicendo Mao, con una nota velenosa.
Uno di loro ridacchiò, prima di ribattere – Per voi bastiamo e avanziamo!
– Mao se li mangerebbe a colazione – sussurrò, divertito, un'altra volta Rei.
Kei non faticava a credergli: la cinese quando ci si metteva sapeva tirar fuori un caratterino che non aveva nulla da invidiare a quello di una tigre infuriata.
Eppure non potevano permettersi di lasciarla divertire, quei due dovevano essere messi fuori gioco in fretta per poter passare alla seconda fase del piano.
Peccato che, un paio di secondi dopo, accadde qualcosa di non proprio previsto. Yukiko, mettendosi in posizione difensiva, fece un passo indietro, ma sotto il suo piede il terreno cedette, aprendosi in una buca che la inghiottì con un grido di sorpresa. Kei la vide scomparire e, prima di poter muovere anche un solo muscolo, Mao la seguì, spinta da uno dei loro assalitori. Rei scattò in avanti senza dargli il tempo di battere ciglio, innescando nel giapponese una pronta reazione che lo fece saltare in piedi a propria volta, per sgusciare da dietro il proprio nascondiglio e avventarsi sul tizio che aveva puntato sin dall'inizio.
– Mao!
Il draigerblader scaraventò nella buca il suo avversario con una spallata dietro la schiena, mentre Kei si gettò di peso sul suo compare, facendogli fare la stessa fine. Riuscì ad evitare di condividerne il destino soltanto all'ultimo istante, frenando lo slancio sul bordo della trappola. In quella manciata di secondi, esclamazioni e urla rauche riempirono l'aria, mentre dal fondo della stessa si levarono due voci femminili che urlarono di protesta.
Quando si affacciarono per poter assicurarsi della buona salute delle loro compagne, Kei non si sorprese più di tanto degli sguardi truci delle due ragazze, che cercavano di liberarsi del peso dei corpi dei tizi che erano loro finiti praticamente addosso, troppo frastornati per opporsi.
– Tirateci fuori!
– Faccio ancora in tempo a raccontarlo a Lai e allora sì che ci sarà più di un occhio nero!
– Scusa tesoro, ma dovrete fare da babysitter a questi due – ribatté il capo della Tribù della Tigre Bianca ammiccando, decisamente meno in pensiero di poc'anzi, prima di stendere una rete sulla sommità di quel buco profondo più di due metri.
– Cosa?! – esclamò Yukiko, spalancando gli occhi e incrociando quelli del dranzerblader.
Questi sfoggiò un sorrisetto in sua direzione, lasciando cadere verso di lei un paio di corde – Usate queste. Torneremo presto.
La voce della moretta gli giunse senza problemi, mentre quella si lanciava in invettive e minacce, talmente infervorata da fargli nascere un sorrisetto divertito sulle labbra, a causa della prospettiva concreta di dover rimanere fuori dall'azione. Che le cose avessero preso una piega del genere non era stato del tutto previsto nemmeno da lui, ma ci aveva segretamente sperato sino a quel momento.
Non attese un solo istante di più, prima di allontanarsi in tutta fretta, facendo uno scatto per star dietro al suo ex compagno di squadra. Si inerpicarono sullo stretto sentiero che serpeggiava sul pendio cosparso di vegetazione, mentre ad ogni passo i rumori di una lotta in corso si facevano più distinti. Quando finalmente sbucarono nel luogo prestabilito, Kei non si sorprese affatto di trovare i White Tigers in minoranza numerica, sul punto di venir sopraffatti.
Lo spazio era piuttosto ristretto, di un diametro di circa cinque metri e circondato su tre lati da pareti a strapiombo. Lai, Gao e Kiki si stavano supportando spalla a spalla, circondati da cinque persone agghindate con gli stessi colori scuri. Sulle schiene delle loro tuniche verdastre spiccava, rosso come il sangue, il profilo di un dragone rampante.
A quella vista, lui e Rei si mossero all'unisono, mettendo mano alle bolas che avevano con sé e, dopo averle sganciate dalle rispettive cinture, facendole roteare in aria, mirando alle gambe dei due nemici più vicini. Il primo cadde con un'esclamazione e il secondo lo seguì a ruota, le caviglie improvvisamente legate da quelle corde annesse a sfere di metallo pesante, avvolte in una morsa salda attorno alle loro gambe. Sei paia d'occhi si voltarono verso di loro, ma due di essi fra tutti furono altrettanto rapidi a reagire e prendere quell'occasione al volo.
Lai e Gao si gettarono come delle furie sui loro assalitori e Kiki si mosse per difendersi da un assalto frontale, senza troppo successo. Venne spedito con il sedere a terra, mentre un taglio mediamente profondo sulla guancia destra gli lasciò scivolare una goccia di sangue sulla pelle abbronzata. L'unica ragazza che faceva parte del gruppo antagonista, a quella piega inattesa degli eventi, parve sul punto di reagire ma il suo avversario la anticipò. Rei corse in aiuto del compagno, lasciando al dranzerblader il compito di rendere innocui i due che avevano momentaneamente messo a terra, che lo stordì entrambi.
Le cose stavano volgendo velocemente a loro favore ma, come ogni volta, accadde qualcosa che cambiò le carte in tavola.


Kiki si guardò intorno senza riuscire a mascherare la propria espressione combattuta.
Allarmato, vide la ragazza dei Red Dragons venire messa alle strette e agì d'impulso, senza riuscire ad impedirselo. Si frappose fra lei e Lai, che la stava minacciando con uno dei suoi pugnali, provocando nel suo antico compagno un moto di stupore che lo immobilizzò. Quando ne incrociò lo sguardo dorato del tutto simile a quello di un grosso felino, il più giovane dei White Tigers digrignò i denti sotto il peso del senso di colpa, ma non si mosse di un solo centimetro.
– Kiki! Cosa diamine stai facendo?!
Quelle parole fecero bloccare anche gli altri.
Lui non si guardò intorno per capirlo, ben consapevole anche così di aver tutti gli occhi puntati addosso, compresi quelli della ragazza che stava proteggendo in quel momento. Tenne il proprio sguardo puntato in quello di Lai, restando in una posizione difensiva, senza mostrare alcun cedimento. Ormai non poteva più farsi da parte e far continuare quella follia, non poteva rischiare che qualcuno si facesse male sul serio.
– Basta! Fermatevi!
Nessuno si mosse, cosa che lo indusse a cercare con lo sguardo i due capi delle due Tribù nemiche.
– Dovete finirla qui – esclamò, ignorando il nodo che gli si era formato in gola, prima di rivolgersi direttamente al capo dei Red Dragons, evitando accuratamente di incrociare gli occhi del draigerblader – Sono io quello che cercate.
– Credo che tu ci debba delle spiegazioni, Kiki – esordì a quel punto la voce impassibile di Rei.
Il più giovane dei White Tigers annuì con un cenno del capo, abbassando lo sguardo sul terreno.
Fece un respiro profondo, prima di iniziare a raccontare come era realmente iniziata tutta quella storia. Nel confessare i propri sentimenti, nati circa un mese prima, avvertì un senso di mortificazione quasi soffocante, ma al tempo stesso riuscì ad assaporare la liberazione del non doverli più nascondere ai suoi compagni. Cercando lo sguardo della sua amata, lei gli si spostò accanto e lo sorprese, prendendogli la mano fra le sue e stagliandosi a sua volta sotto quegli sguardi attoniti e fissi. Quando terminarono la loro spiegazione, il primo a reagire fu il fratello maggiore d'ella, che fece un passo avanti e puntò il dito contro di lei.
– Linmei! – la chiamò per nome, facendola sobbalzare – Mi hai mentito per tutto questo tempo?
La ragazza annuì con un cenno del capo, abbassando a sua volta lo sguardo – Scusa, Liang.
– La colpa è solo mia. Ero troppo spaventato per assumermi la responsabilità delle mie azioni – intervenne Kiki prendendone le difese, combattendo la tensione che ormai minacciava di bloccargli ogni muscolo e affrontando con un coraggio che non sapeva nemmeno di avere il capo dei Red Dragons – Nessuno ha rubato il vostro prezioso amuleto: non ho saputo fare la dovuta attenzione ed è andato rotto.
Un movimento al limitare del suo campo visivo gli rivelò che ad avanzare di un passo questa volta era stato il dranzerblader, lo stesso ragazzo che continuava ancora ad inquietarlo con quel suo sguardo penetrante e l'atteggiamento indifferente. Tuttavia, questa volta sul suo viso era delineato un mezzo sorrisetto saccente.
– Non sei davvero cambiato in questi ultimi otto anni.
Quella presa in giro gli fece inarcare un sopracciglio, mentre si rendeva conto che il giapponese non sembrava affatto sorpreso della storia che aveva raccontato loro. Spostando lo sguardo su Rei, finalmente ne studiò i lineamenti e ancora una volta non vide traccia di stupore negli occhi del suo capovillaggio.
– Lo sapevate? – domandò in un soffio, preso completamente alla sprovvista.
Il capo della Tribù della Tigre Bianca annuì con un cenno del capo, prima di spiegare.
– Kei ti ha visto sgattaiolare di nascosto fuori dal villaggio la settimana scorsa – annunciò, incrociando ambo le braccia e proseguendo – ..così abbiamo capito che ci stavi nascondendo qualcosa ed abbiamo deciso di modificare il piano originale senza dirvi nulla, non sapendo se aspettarci o meno qualche fuga di informazioni. Con uno stratagemma avevamo intenzione di farti uscire allo scoperto una volta concluso lo scontro, ma a quanto pare non ve n'è stato bisogno.
Guardandosi attorno, Kiki notò lo stesso sconcerto che l'animava riflettersi nello sguardo di Lai e nell'espressione di Gao. Erano stati entrambi esclusi.
Quella consapevolezza sembrò non andare giù al secondo in comando.
– Perché non me l'hai detto, Rei?!
– Perché non saresti riuscito a far finta di niente: sei come un libro aperto, Lai.
Il detentore del bitpower del Leone Nero digrignò i denti ma non aggiunse altro, combattuto a causa della verità insita in quelle parole. La sua irritazione non fece altro che aggravare l'atmosfera che aleggiava fra i presenti, appesantendola, finché non fu il capo della Tribù della Tigre Bianca a porre fine a quella pausa di silenzio, rivolgendosi a Liang.
– In qualità di capo dei White Tigers ti porgo ufficialmente le mie scuse per i guai che vi ha causato il più giovane dei miei compagni – di fronte a tanta formalità, l'altro sembrò venir preso in contropiede e, riemergendo dalle sue riflessioni, fece per ribattere qualcosa, ma venne frenato sul nascere dalle parole che seguirono, rivolte proprio al responsabile di tutta quella storia – Kiki. Non ti nascondo che sono deluso dal tuo comportamento. Dovrai porre rimedio a quanto accaduto e cercare di risarcire l'amuleto che hai rotto, questo nel modo ritenuto più appropriato dalla stessa famiglia che hai danneggiato.
Quella decisione fece spalancare gli occhi sia a lui, sia a Linmei, con la quale scambiò una rapida occhiata.
– Che significa? – chiese il capo dei Red Dragons a quel punto, direttamente a Rei.
– Significa che spetterà a te decidere una punizione adatta che possa porre rimedio al torto che vi ha fatto – spiegò impassibile il moro.
Questo parve soddisfare il capotribù avversario, che sfoggiò un sorrisetto sornione, che fece correre un brivido dietro la schiena del giovane penitente.
– Allora dico che dovrà prestare servizio alla nostra famiglia sino all'arrivo della prima neve come tuttofare, ogni giorno, dall'alba al tramonto – decretò.
Rei annuì, dando il suo consenso e siglando con la sua parola quel nuovo accordo.
E la decisione sembrò essere definitivamente presa.


Yukiko si sentiva presa in giro.
Alla fine non soltanto non aveva messo in pratica ciò che aveva imparato durante quell'ultima settimana, ma era stata lei stessa artefice del suo destino, cadendo come un'allocca in quella trappola. Quando ne era uscita, aiutata dai loro compagni, aveva capito dalle loro pose rilassate che era già tutto finito. La presenza dei Red Dragons aveva fugato ogni dubbio: sembravano aver raggiunto una sorta di compromesso, perché nessuno sembrava guardarsi in cagnesco. Non troppo almeno.
Soltanto poi, sulla via del ritorno, lei e Mao erano state messe al corrente degli sviluppi di quella storia, apprendendo con stupore quanto fatto da Kiki e decretato infine da Rei per fare ammenda al torto di cui il giovane cinese si era macchiato.

[Flashback]
Cosa? – aveva esclamato Mao, sgranando gli occhi color miele sulla figura del suo amico d'infanzia più giovane.
E così finisce, senza che io abbia avuto occasione di prendere a calci nessuno – sbottò infastidita la mora, serrando i pugni lungo i fianchi.
Rei tentò di fare da mediatore, rivolgendosi a loro due con ambo le mani sollevate ad altezza delle spalle in universale segno di resa ed un sorriso conciliante – In fondo è andata meglio così, non credete? – chiese loro in una domanda che suonò retorica ad entrambe.
Nessuna delle due ragazze gli rispose affermativamente, infastidite nell'orgoglio, e assunsero entrambe la stessa identica posa a braccia conserte, una scena che fece scoppiare a ridere sia i White Tigers che i Red Dragons.

Un paio di colpi alla porta la distrassero e la voce della sua nuova amica cinese la fece riemergere da quel ricordo.
– Yukiko, sei pronta?
La mora terminò di allacciarsi l'abito che le aveva procurato la ragazza dai capelli rosa. Si trattava di un vestito di raso lucido, color verde scuro, di foggia orientale con le maniche strette e la gonna che si apriva in un paio di spacchi che, dalle caviglie, risalivano i lati delle gambe di lei sino ad oltre metà coscia. La stoffa era impreziosita di ricami floreali sul lato destro, sfumati dal giallo al rosa e contornati da piccole foglioline di un verde brillante. Gli orli erano messi anch'essi in risalto da un filo color ocra che li rinforzava sia lungo i polsi, sia alla sommità del colletto alto, per poi scendere da esso in diagonale dinanzi al petto in una chiusura a piccoli bottoncini in vetroresina.
– Quasi – le rispose, dandosi una veloce controllata allo specchio – Entra pure.
La porta di aprì l'istante successivo e la rosa fece il suo ingresso, sfoggiando un abito molto simile a quello di lei, dai colori che variavano dal bianco al rosso cremisi. Appena ne incrociò sguardo di miele della cinese, quella parve illuminarsi.
– Ti sta davvero benissimo, sembra fatto apposta per risaltare il colore dei tuoi occhi! – quel complimento, oltre a prendere in contropiede la moretta, la fece arrossire violentemente e non le permise di ribattere alcunché, dandole così modo di riprendere a parlare senza interruzioni – Ti ho portato le scarpette che ti avevo detto – le annunciò, sollevando la mano destra e mostrandogliele.
Erano un paio di ballerine di stoffa nera del tutto simili a quelle di lei, lisce e dalla morbida suola in cuoio, il tacchetto non più spesso di due centimetri. L'ampio sorriso che le vide in viso non sfumò un solo istante, mentre si faceva avanti, annunciandole che l'avrebbe aiutata volentieri con i capelli.
Non potendo far altro che accettarne l'offerta, Yukiko si rimise a sedere su una sedia, permettendole di mettersi all'opera. Mao era senz'altro la più esperta in acconciature e sembrava non aver nulla in contrario quando le chiese di restare sul semplice, sebbene la moretta per un istante si chiese silenziosamente se i suoi standard di semplicità rispecchiavano quelli che aveva in mente lei. Mentre la cinese armeggiava con le sue ciocche bicolori, al sentirla affermare quanto fosse felice di aver potuto aiutarla a mettersi in tiro per quell'occasione, Yukiko si lasciò andare ad una risata sommessa.
– Be', sei tu l'esperta di tradizioni cinesi e ti sono grata di avermi prestato un abito adatto.
– Oh, ma non te lo sto prestando, è un regalo! – chiarì allegramente l'altra, prendendola in contropiede – Era di mia cugina, prima di crescere di un'altra manciata di centimetri sia di altezza, sia di circonferenza. Lei me l'ha ceduto ma per me era troppo lungo, sono contenta che ti stia così bene – cinguettò. Era proprio al settimo cielo e la giapponese, seppur combattuta, non ebbe cuore di contraddirla o rifiutare quel dono inaspettato, così la lasciò continuare, osservandola attraverso il riflesso dello specchio e ripromettendosi di trovare un modo per ricambiare quel gesto. Mao intanto continuò – Sono sicura che anche Kei farà la sua figura, con gli abiti che gli ha dato Rei.
Quell'osservazione fece inarcare un sopracciglio alla mora, che sentì nascere dentro di sé una nuova curiosità e una certa impazienza.
Chissà che effetto le avrebbe fatto vederlo vestito di quegli abiti orientali? Una parte di sé era convinta totalmente dell'impossibilità del dranzerblader di sfigurare in qualsiasi vestito, ma sospettò che quel giudizio terribilmente di parte fosse dovuto ai sentimenti che provava per lui e che avevano, in sua presenza, lo stesso effetto di una calamita.
Mao la aiutò anche col trucco, spolverandole le palpebre di un tenue color oro, prima di terminare con una linea di ombretto rosso che richiamava il colore delle punte dei suoi stessi capelli. Un tocco di rossetto scarlatto e fece un passo indietro, ammirando con un sorriso soddisfatto la sua creazione.
– Ora sei perfetta. Su, la festa sta per cominciare!
A Yukiko non restò altro da fare che annuire e seguirla, ignorando lo specchio quanto l'improvviso nodo di tensione che le si strinse alla bocca dello stomaco.


La festa indetta dal capo della Tribù della Tigre Bianca era stato un espediente di Rei per appianare gli ultimi disaccordi fra White Tigers e Red Dragons. Ovviamente anche quest'ultimi erano stati invitati e la loro presenza attorno a quel tavolo aveva gettato un velo di tensione sui vari presenti che ora, dopo una mezz'ora buona, finalmente stava alleggerendosi.
Fra il gruppo di ragazzi e ragazze raccolti in quell'ampia sala che normalmente adempiva al ruolo di palestra per i giovani membri della Tribù, mancava ancora un discreto numero di gente, fra cui le ragazze. Guardandosi intorno, Kei non mutò espressione, sebbene dentro di sé si chiedesse che fine avesse fatto Yukiko. Si sentiva un po' impacciato in quegli abiti che gli aveva prestato il suo vecchio amico, seppur non fossero troppo dissimili da quelli degli altri presenti. Una ben magra consolazione!
Il capotribù gli aveva procurato un paio di pantaloni in stoffa neri, larghi lungo la gamba e stretti intorno alle caviglie. Sopra questi indossava una giacca di foggia orientale senza maniche e di un discreto blu notte, con i bordi in grigio perla e la chiusura allineata lateralmente rispetto al centro del petto. Se non altro, era riuscito a tenersi la sciarpa, unica consolazione per quella che considerava una sciocchezza a cui non aveva comunque potuto sottrarsi per non mancare di rispetto alle tradizioni del popolo dell'amico.
Rei lo trasse dalle sue riflessioni, facendolo sussultare con una gomitata dritta fra le costole, che gli fece guadagnare una prima occhiata penetrante in risposta. Il cinese non parve nemmeno accorgersene perché teneva lo sguardo fisso verso la porta d'ingresso, serio come un morto, indicandogliela con un cenno del capo ed inducendolo a voltarsi in quella direzione. Appena posò gli occhi scuri sul vano della soglia, non poté però far a meno di assumere un'espressione del tutto simile a quella dell'altro, rifiutandosi addirittura di sbattere le palpebre per non perdersi un solo istante di ciò che vedeva.
Era lei ovviamente, accompagnata da Mao, con un abito verde scuro che ne esaltava la corporatura slanciata senza sminuirne per questo le curve. Quando la mora si accorse di lui un istante dopo, vide i suoi occhi verdi spalancarsi dopo un battito di ciglia, lasciando spazio ad un'emozione sorpresa e meravigliata che le dipinse i lineamenti e la piega delle labbra rosse e ammalianti.
La vide arrossire e scostarsi per riflesso una ciocca di capelli dietro un orecchio, la maggior parte della sua chioma sfumata di rosso acconciata in una crocchia fissata dietro la nuca da un paio di bastoncini color mogano, laccati e intarsiati. Quel vestito le donava, nonostante fosse lontano dal suo solito stile quanto lo era per lui quello prestatogli dall'ex compagno di squadra, e questo lo aiutò a dimenticare istantaneamente il disagio provato sino a un attimo prima. La sua attenzione ormai era tutta incentrata sulla ragazza che gli stava venendo incontro, un passo più indietro della galuxblader.
– Sei bellissima – sentì dire Rei, ai bordi del suo campo visivo.
– Grazie – rispose Mao, con una voce che lasciava tradire una nota di imbarazzo per quel complimento.
A quel punto lui e la nightblader furono faccia a faccia e le sue labbra si schiusero per prime in un timido sorriso.
– Stai davvero bene – era stata lei a parlare, sebbene il giapponese avesse appena immaginato nella propria mente un apprezzamento molto simile.
Preso in contropiede, Kei avvertì il sangue salirgli in viso nel rendersi finalmente conto di esser rimasto impalato a fissarla per tutto quel tempo, senza riuscire a mostrare neanche un briciolo della solita indifferenza. La verità era che, ogni volta che la moretta sfoggiava un abbigliamento diverso da quelli con cui era abituato vederla, lo lasciava completamente spiazzato: qualunque vestito fosse, egli aveva avuto come l'impressione che non avesse mai indossato altro sino a quel momento.
Fu costretto a distogliere lo sguardo da lei per ritrovare la padronanza della propria voce – Anche tu.
Non l'avesse mai fatto. L'occhio gli cadde ad altezza delle gambe di lei e l'accorgersi dello spacco vertiginoso che le lasciava intravedere fu un colpo ancor più duro da digerire. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto far risalire le proprie mani attraverso quell'apertura sino ad arrivare al bordo delle mutandine di lei, sfilandogliele senza alcuno sforzo.
Rei gli corse in aiuto, perché propose a tutti di prendere posto intorno alle varie tavolate imbandite per l'occasione, dandogli una scusa per muoversi e rivolgere la propria attenzione su qualcos'altro che non fossero certe fantasie. Fantasie che tornarono a tormentarlo di tanto in tanto per tutta la serata e che nemmeno il liquore servito in tavola contribuì a mitigare, sebbene lo aiutò a sciogliere i muscoli, dandogli l'opportunità di godersi la festa, il cibo e la musica, oltre alla compagnia della ragazza alla sua destra.
Verso la fine di quel banchetto, il capo della Tribù della Tigre Bianca si alzò in piedi, attirando l'attenzione di tutti i presenti prima di fare il suo discorso. Ribadì l'importanza di gettare solide basi di amicizia fra i membri del loro villaggio e quelli di quello vicino, ringraziando i Red Dragons ufficialmente per aver acconsentito a presenziare a quella serata e aver così dimostrato l'intenzione di onorare quel proposito.
– C'è anche un altro motivo per cui ho indetto questo banchetto.. – aggiunse, cercando per la prima volta lo sguardo del dranzerblader, rimasto seduto dall'altro lato del tavolo. Kei indovinò subito cosa stesse per dire, inarcando un sopracciglio quando tuttavia il suo vecchio compagno di squadra lo indicò a tutti – ..ed è quello di salutare come si deve un vecchio amico, che ci ha aiutati a rendere tutto questo possibile. Con questo.. – aggiunse, voltandosi direttamente in sua direzione – ..è nostra intenzione salutarvi e celebrare la vostra ultima sera presso il nostro villaggio. Spero, a nome di tutti, che sia tu che la tua compagna tornerete a trovarci, prima o poi.
Nel silenzio che seguì Kei si sentì stringere la mano destra sotto il tavolo e quando si voltò a cercare la ragazza che aveva osato tanto, ancora faticando a riprendersi dalla sorpresa, ne incrociò gli occhi verde smeraldo, brillanti di una silenziosa richiesta. Una richiesta che le aveva già sentito esternare qualche tempo prima, su quel treno in partenza da Mosca, e per questo non faticò affatto a comprenderla. Ricambiando quella stretta, le donò un leggero sorriso che ebbe l'effetto di ampliare quello di lei in un modo talmente spontaneo e irrefrenabile che gli causò uno strano moto d'orgoglio per essere riuscito ad arrivare a quel risultato con così poco. La felicità che le vide nello sguardo in quei pochi secondi di silenzio lo indusse a volgersi nuovamente verso Rei e gli altri, dando loro la risposta tanto attesa.
Sì, sarebbero tornati senz'altro in futuro.
E l'avrebbero fatto insieme.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Tah-daan! Eccomi, come promesso ho aggiornato u.u
Tra l'altro - ormai è una settimana buona che volevo scriverlo ma poi per una cosa o per l'altra mi sono sempre scordata - ma avete notato anche voi che il sito ha cambiato modo di visualizzazione delle FF seguite?? Che ne pensate? Io, dopo un primo momento di stupore/confusione, credo sia piuttosto carino!
Ok, comunque, tornando al capitolo... con questo si chiude ufficialmente la parte dedicata al villaggio della Tigre Bianca e alla Cina in generale! Che ne pensate? Siete rimasti delusi dalla rapidità con cui è finita?? Ve l'aspettavate?! No, non credo XD
Spero di non aver toppato con questo capitoletto - per di più decisamente lunghetto - e che aspetterete con me di vedere come sarà il rientro a casa dei nostri due blader preferiti.
Nel frattempo, oltre a esortarvi a dirmi cosa ne pensate, vi saluto ^_* già annunciandovi che aggiornerò Venerdì!!
un baciotto
Kaiy-chan

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Capitolo 35
*** Il ritorno a casa ***




35. Il ritorno a casa


Il display del suo cellulare segnava le 15:39 del 29 Ottobre, quando l'aereo atterrò sul suolo nipponico presso Tokyo.
Un'ora e mezzo dopo, Yukiko era ferma davanti casa propria, lo sguardo a seguire il contorno dell'edificio contrapposto al cielo plumbeo. La luminosità lattiginosa del pomeriggio rendeva quella giornata ancor più deprimente, in aggiunta al fatto d'essersi dovuta separare dal suo compagno di viaggio.
Le parve passata un'eternità dall'ultima volta che aveva messo piede in casa propria, nonostante fossero passati a malapena due mesi. Due mesi durante i quali era cambiato tutto. Inspirò a pieni polmoni l'aria di quel quartiere non troppo vivace, costituito da case indipendenti del tutto simili alla sua, ed ignorò una coppietta di liceali di ritorno da scuola, prima di decidersi a superare il cancello di ferro battuto incassato in una parete in cemento del tutto grigio ed anonimo.
Tirando fuori le chiavi, dopo una manciata di secondi raggiunse la porta d'ingresso e l'aprì, passando attraverso il vano della porta con una certa difficoltà dovuta al borsone che reggeva ancora in spalla.
– Sono a casa..
Silenzio. Proprio come s'era aspettata.
Un nuovo sospiro le sfuggì dalle labbra, sconsolata e sollevata al tempo stesso all'idea che non vi fosse nessuno a darle il bentornata. Sua madre era ad un'importante riunione di lavoro e ci voleva ancora un'ora prima del suo ritorno, con tanto di cena da asporto recuperata dal ristorantino take-away più vicino.
Richiusa la porta alle spalle, Yukiko si tolse le scarpe e attraversò il corridoio centrale senza volgere il capo né a destra, verso la sala, né a sinistra, alla cucina. Tirò dritto sino alle scale in legno incerato, salendole a due a due nonostante il peso della propria sacca le stesse distruggendo la spalla destra. Non si fermò fino a quando non giunse di fronte all'uscio della propria camera, bloccandosi un istante prima di posare la mano sulla maniglia. Di fronte alla prospettiva di aver le prove di quanto sua madre le aveva scritto, si sentì improvvisamente combattuta. Davvero avrebbe potuto tornare? Le sembrava davvero un secolo dacché era uscita da quella porta, sebbene non dovesse sorprendersi della nostalgia provata sin da quando era scesa dall'auto che l'aveva accompagnata sin lì, considerato che due mesi di tempo fossero comunque un periodo piuttosto lungo per star lontani dalla propria dimora. Dopo una manciata di secondi inspirò, trattenendo il fiato nei polmoni e finalmente esercitando la giusta pressione per ruotare la maniglia e far scattare la serratura.
Così entrò, trattenendo il respiro, avvolta in una bolla d'ansia che scoppiò l'istante successivo, quando nel suo campo visivo comparvero una serie di scatoloni ancora chiusi e abbandonati ai piedi del letto.
L'odore di chiuso le pizzicò il naso quando si ricordò di tornare a respirare e, sollevando lo sguardo sulla finestra, lasciò ricadere una volta per tutte la propria sacca sul pavimento in legno, prima di avvicinarsi alle imposte e spalancarle. Una folata d'aria fresca le penetrò nei polmoni, carezzandole la pelle del viso e scostandole qualche ciocca di capelli da davanti agli occhi. La familiarità dell'odore che le si insinuò nei polmoni e nella mente le fece abbassare lo sguardo su quella che era la propria scrivania. Su quel ripiano giaceva una scatola di dimensioni ridotte, accanto a quello che non poteva esser altro che il pacco che aveva spedito lei stessa dalla Germania, al cui interno vi aveva riposto gli abiti che aveva indossato al matrimonio di Ralph Jurgens.
Il ricordo di quella cerimonia ne richiamò immediatamente molti altri, in una catena che si susseguì rapida nell'intervallo di un solo secondo e che le causò una pungente sensazione di disagio al centro del petto.
Già le mancava.
Frugando all'interno di quella scatola, ne tirò fuori lo stereo e alcuni CD. Non impiegò troppo tempo per sceglierne uno e inserirlo nell'apposito ingresso, collegando il tutto alla corrente elettrica. Nel preciso istante in cui premette play, il lettore entrò in funzione, selezionando una canzone casuale del disco che aveva a disposizione. Il suono della chitarra elettrica uscì immediatamente dalle casse, familiare quasi quanto ciò che la circondava. Sorrise, mentre le prime parole di Your Heroes Are Dead si diffondevano fra quelle quattro mura.

I don't know who you are
In the mirror I see you still a mask

Era a casa propria.
Nella propria stanza, con la propria musica.
Tolse il proprio beyblade dalla tasca del giubbotto e lo ripose sulla scrivania, prima di dare le spalle alla finestra e guardarsi attorno. Il letto, sulla destra, era posto a ridosso del muro, le lenzuola prive di una sola grinza, mentre dal lato opposto v'era il suo unico armadio a tripla anta, che insieme alla cassettiera accanto alla porta conteneva tutti i suoi vestiti, sia estivi che invernali. Alcuni scaffali appesi alle altre pareti invece sfoggiavano apertamente dei vuoti, in attesa di una mano che avrebbe restituito loro gli oggetti che sua madre vi aveva prelevato impunemente, per farglieli avere presso Villa Hiwatari.
Avrebbe dovuto adempiere a quel compito al più presto, rifletté, nonostante non ne avesse alcuna voglia.

All the darkness, all the pain
Was it really all in vane?
Now tell me who you are
Now tell me who you are

Le sfuggì uno sbuffo divertito e amaro al tempo stesso mentre quelle strofe la riportavano al presente. Non era più sicura di ciò che avrebbe dovuto rispondere. Chi era lei? Cos'era diventata? Era possibile per una persona cambiare a tal punto in sole nove settimane?
Perché, se c'era una cosa di cui era certa, era che qualcosa in lei era cambiato irrimediabilmente.. eppure non se ne sentiva affatto sconfortata. Anzi, quella consapevolezza la riempiva di un entusiasmo incoraggiante. Era come se ora fosse sicura di aver la forza per andare avanti ed affrontare a testa alta ciò che la vita le avrebbe riversato addosso. Perché in qualche modo non era più sola.
Non lo sei mai stata veramente” le fece notare Night, comparendole accanto.
Lei sfoggiò un mezzo sorriso al suo bitpower, prima di farsi sfuggire un sospiro – Ho voglia di vederlo..
Chiamalo” le suggerì lui.
Per un istante la mora si fece stuzzicare dall'idea, ma appena prese fuori il proprio cellulare dalla tasca, constatò il livello di batteria inesistente e sbuffò.
– Posso sopravvivere – affermò, sebbene spinta dalle circostanze, già attraversando la stanza per cercare il caricabatterie e intanto lasciando trapelare a voce i propri pensieri – Dovrò comunque farci l'abitudine, quindi tanto vale iniziare oggi stesso.
Come se non ti portasse fuori, domani..” la sbeffeggiò ironico lui.
Quella constatazione le fece nascere un nuovo piccolo sorriso sulle labbra, mentre ancora era chinata sul suo borsone e ne frugava l'interno con un braccio. Era vero, l'indomani Kei le aveva promesso che avrebbero trascorso l'intera giornata insieme, sebbene non aveva voluto rivelarle quale fosse la loro meta. Il pensiero contribuì a far riaffiorare il buon umore.
Non sarebbe stato così difficile adattarsi alla loro nuova condizione di 'coppia normale', escluso l'anonimato che avrebbero dovuto mantenere nei confronti dei loro genitori. Bastava che non si facessero scoprire, in fondo erano entrambi abbastanza grandi da poter mantenere un certo riserbo per quanto riguardava la vita privata, no?
Certo, che sua madre fosse una di quelle che avevano la mania di sapere tutto dei propri figli era un dettaglio trascurabile. Se la sarebbe vista lei con la signora Natsuki, il dranzerblader avrebbe soltanto dovuto far attenzione a non farsi vedere troppo spesso da quelle parti.


Dopo aver riaccompagnato Yukiko, la limousine che suo padre gli aveva mandato all'aeroporto ci mise poco più di mezz'ora per varcare i cancelli della villa di famiglia. Kei pensò distrattamente che con la Camaro ci avrebbe impiegato, sì e no, 20 minuti, un tempo decisamente più accettabile da trascorrere nell'attesa di vederla salire nell'abitacolo, sul sedile del passeggero.
Quando mise piede a terra, gli andò incontro il caro William, alla cui cortese domanda su come fosse andato il viaggio rispose con una parola monosillabica e imparziale. Lo superò senza battere ciglio, assumendo l'abituale contegno di facciata che era solito esternare nei confronti di chiunque fosse alle dipendenze di suo padre.
Tenendosi lo zaino su una spalla rifiutò di cedere il bagaglio quando glielo chiesero, salendo i pochi gradini che conducevano al portone d'ingresso. Attraversando l'atrio, puntò direttamente alle scale, ma una voce che non si aspettava certo di sentire lo bloccò a metà della sala.
– Kei, bentornato.
Quell'unica parola, proferita con quel tono particolarmente sentito, lo fece irrigidire come una statua e gli ci volle tutto il suo autocontrollo per rivolgere a suo padre una mera occhiata indagatoria, a discapito del reale stupore suscitatogli da quel saluto. Che faceva il vecchio a casa? Possibile che non avesse qualche riunione importante o un incontro d'affari a cui presenziare? Non era forse mercoledì 29 ottobre, un normalissimo giorno infrasettimanale?
– Spero che tu abbia fatto buon viaggio, nonostante le ristrettezze economiche delle ultime due settimane – gli si rivolse l'uomo in giacca e cravatta, andandogli incontro con un sorriso quieto. Come se quella condizione non l'avesse causata lui stesso, con quella sua assurda condizione posta all'inizio del suo viaggio. In fin dei conti aveva preteso un po' troppo da loro, per quanto riguardava il territorio cinese infatti non v'erano più di due alberghi affiliati alla sua società. E non vi avevano messo piede nemmeno una volta.
– Ce la siamo cavata – affermò apatico, omettendo che era stato così soltanto grazie ai soldi risparmiati dalla giovane Natsuki.
– Sono contento di sentirtelo dire – gli rispose il signor Hiwatari, piuttosto pragmaticamente – ..è importante per te, come futuro erede della nostra famiglia, imparare a razionalizzare le spese.
Kei si lasciò sfuggire una smorfia a quella sorta di ramanzina: non era certo stato lui fin'ora a gestire in maniera a volte discutibile le spese di famiglia.
– La cena sarà pronta alle 19:30 – proseguì l'altro nel frattempo, già volgendosi per mostrare l'intenzione di chiudere quel breve scambio – Ci sono alcune cose di cui voglio parlarti, riguardo al corso presso la NC ed al tuo ruolo nelle riunioni a cui presenzierai dalla prossima settimana in avanti.
Il ragazzo dai capelli d'argento si corrucciò leggermente in volto ma non ribatté nulla più che un assenso monosillabico, prima di incedere verso la rampa di scale che l'avrebbe condotto di sopra. Dando le spalle a suo padre, nessuno dei due aggiunse altro e ignorò automaticamente la voce dell'uomo che era il capofamiglia mentre questi si rivolgeva al maggiordomo, dandogli disposizione per il pasto serale, allontanandosi rapidamente.
Soltanto una volta che si richiuse la porta della propria camera alle spalle, il dranzerblader si lasciò scivolare lo zaino di dosso e permise ai suoi nervi di rilassarsi abbastanza da godere di quella nuova solitudine. Un attimo dopo tuttavia, mentre ancora era appoggiato alla porta, come spinto da un impulso che non aveva nulla di razionale, volse lo sguardo verso la propria destra, alla ricerca della porticina che attraverso il muro collegava la sua stanza a quella che aveva occupato un mese e mezzo prima la sua compagna di viaggio.
Inarcò un sopracciglio, rendendosi conto della verità insita in quel gesto: gli mancava.
Dovette far ricorso a tutta la propria razionalità per evitare di avvicinarsi a quella piccola anta mimetizzata e aprirla, per assicurarsi di persona dell'assenza della moretta. Come se il fatto di averla riaccompagnata lui stesso a casa meno di un'ora prima si fosse trattato di un sogno un po' troppo realistico. Il silenzio assoluto che proveniva dall'altro lato di quella parete avrebbe dovuto già di per sé costituire una prova schiacciante della nuova piega che avevano preso gli eventi.
Una svolta che lui stesso non aveva previsto in nessun modo.
Non aveva mai immaginato di affezionarsi tanto a qualcuno ed il ricordo del malinconico sorriso che le aveva visto in volto durante il volo continuava ad insistere nella sua mente, inducendolo a cercare un pretesto per contattarla.
Perché allora non lo fai?
La voce dell'Aquila Rossa lo indusse a voltare lo sguardo dai riflessi di brace sulla sua bitpower, che aveva preso forma al centro della stanza.
– Avrà senz'altro da fare – le rispose, sebbene fu chiaro persino a lui quanto patetica fosse come scusa.
Lo sguardo della sua compagna di battaglie gli procurò una smorfia e, senza aggiungere altro, tirò fuori il proprio cellulare dalla tasca.
In fin dei conti non c'era nulla di male a sincerarsi delle sue condizioni, no?


– Yuki-chan!
La mora saltò su dal letto, stringendo meccanicamente la presa sulla cover del telefono – È lei.. – annunciò a voce un po' più bassa al suo interlocutore – Devo andare.
– Allora a domani – le rispose Kei dall'altro capo, spiccio.
– A domani – ripeté, riagganciando prima di udire ancora una volta la voce di sua madre.
– Cara, sono a casa!
– Bentornata, mamma! – le rispose finalmente, alzandosi rapidamente dal letto e raggiungendo la ringhiera del vano scala.
Non dovette attendere molto prima di vedere far capolino il viso familiare della signora Natsuki dal piano inferiore, illuminato di un largo sorriso.
– Com'è andato il viaggio? Scendi, voglio che mi racconti ogni cosa!
Quell'affermazione le fece inarcare un sopracciglio, ma non si fece desiderare troppo prima di fare come le aveva detto e raggiungerla sul pianerottolo, preda di una certa perplessità mista a incredulità. Per un istante credette di essere stata colta in flagrante e che lei sapesse già tutto di lei e Kei, ma la sua razionalità le venne in soccorso l'istante successivo, ricordandole che era impossibile. Soltanto grazie a questo riuscì a ricambiarne il sorriso una volta scesa l'ultima serie di gradini, ma quell'uragano che era sua madre non attese nemmeno di vederla appoggiare tutti e due piedi sul pavimento del pian terreno prima di avvilupparla in un abbraccio stritolatore.
– Oh Yukiko, mi sei mancata tantissimo! – le esclamò nell'orecchio, rintronandola e quasi tentando di soffocarla, cosa che le fece strabuzzare gli occhi nel vuoto – Stasera usciamo, dobbiamo festeggiare il tuo ritorno! Mi sono sentita tanto sola in quest'enorme casa senza di te, tesoro mio!
La malcapitata tentò di districarsi da quella stretta per riprendere fiato, presa totalmente alla sprovvista dalla reazione della donna. Sembrava di ottimo umore, cosa che probabilmente era dovuta anche al suo rientro, ma non poteva essere l'unica causa di quel comportamento esagerato.
– Mamma.. allenta.. soffoco..
– Oh, scusa!
La stretta venne meno e la moretta fu di nuovo libera di raddrizzare la schiena e riempire completamente i polmoni d'aria. Si dedicò un paio di respiri, spazzando via un lacrima nata da quel principio di asfissia con un gesto della mano destra, prima di tentare di prestare attenzione al fiume di parole che le stava riversando addosso il suo unico genitore.
– ..è moltissimo tempo che non andiamo al Kippei. Sei d'accordo? Devi cambiarti?
– A-ah.. – annuì lei, cercando di controllare il battito del cuore. Il Kippei era lo stesso ristorante dove aveva portato Kei l'unica volta che erano usciti a cena, un mese e mezzo prima, e quel pensiero la portò inspiegabilmente ad arrossire.
– Su vai a prepararti, io ti aspetto in macchina! – la incitò sua madre, con quell'atteggiamento esuberante a cui la ragazza di tanto in tanto si scopriva del tutto impreparata.
Quando fu di nuovo nella propria stanza, Yukiko si rese conto dell'agitazione che le faceva battere il cuore nel petto; un'agitazione che in parte le era stata trasmessa dalla donna che si aggirava al piano di sotto. Sospirò, rassegnata a quella sensazione di lievissimo disagio dovuta alla necessità di tenere per sé alcuni dettagli - i più importanti - del viaggio appena concluso, quindi si avvicinò all'armadio, cambiandosi la maglia e recuperando il proprio giubbotto di jeans dall'appendi-abiti in cui l'aveva riposto da meno di venti minuti.
Sapeva che, passata quella prima serata, sarebbe stato tutto più facile.
Doveva soltanto stringere i denti e comportarsi normalmente, niente di troppo difficile.
L'importante è che tu ti ricordi di respirare” la prese in giro Night, dall'interno del suo bey.
Spostando lo sguardo sulla trottola blu e argento, la blader si concesse uno sbuffo ironico.
– Grazie tante, non saprei proprio come fare senza di te – gli rispose sarcasticamente, affiancandosi alla scrivania.
– Yuki-chan, sei pronta?
– Arrivo! – esclamò in risposta lei, voltandosi di scatto senza per questo dimenticarsi di afferrare il suo beyblade. Infilandoselo in tasca, si diresse di nuovo verso le scale, scendendole con uno slancio che le permise di raggiungere in pochi secondi la porta d'ingresso accanto alla quale la stava aspettando la signora Natsuki, le chiavi già in mano.
Uscirono di casa insieme e durante tutto il viaggio in macchina la donna che l'aveva messa al mondo non fece altro che parlarle di tutta una serie di avvenimenti che avevano interessato la NC, ricordandole che cinque giorni dopo sarebbe iniziato il suo stage formativo.
– A proposito, domani hai da fare? – le chiese, mentre parcheggiavano.
– Ehm.. – indugiò un solo istante prima di sfoggiare un sorriso rammaricato – In realtà sì, avevo programmato di andare in un posto. Starò via tutto il giorno.
– Ah – si sorprese l'altra, spalancando un po' di più gli occhi scuri – E dove vai?
Yukiko ricordò brevemente la scusa a cui aveva pensato – Ad un evento di Beyblade.
– Oh – esordì inizialmente sua madre, prima di mostrarle un nuovo sorriso comprensivo – Divertiti allora. Pranzerai fuori?
– Mi preparerò il bento domattina – annuì la moretta, aprendo la portiera e scendendo dall'auto, per tentare di terminare lì il discorso.
Ci riuscì, perché la donna sembrò accontentarsi di quella prima impressione sul fatto che la figlia avesse tutto sotto controllo e scese a sua volta dall'utilitaria, affermando di non veder l'ora di mettere qualcosa sotto i denti. Lo stomaco della giovane Natsuki si unì a quell'acclamazione di cibo, inducendo la proprietaria a schiarirsi la voce con un colpetto di tosse prima di affiancare la madre.
Era davvero passata un'eternità dall'ultima volta che aveva percorso quella strada insieme a lei e la sensazione che le sfiorò il cuore al pensiero le fece nascere un nuovo sorriso sulle labbra. Le era mancata un po' sua madre, nonostante le avesse causato una lunga serie di imbarazzi a cui non era riuscita del tutto a passare sopra, l'ultimo senz'altro il più devastante di tutti. Eppure sembrava pentita di quell'iniziativa, almeno dal modo in cui la stava ricoprendo di attenzioni. Si scusò persino quando il telefono le squillò nella borsetta e fu costretta a rispondere, per accertarsi che non fosse accaduto nulla di grave in azienda. Non impiegò più di trenta secondi a chiudere la conversazione e far scomparire il cellulare, volgendole un nuovo sorriso a trentadue denti ed invitandola ad entrare.
Il fiume in piena che era la signora Natsuki sembrò riuscire ad arginarsi nemmeno quando misero piede nell'atrio del ristorante, permettendo alla ragazza di guardarsi intorno. Tutto era esattamente lo stesso dall'ultima volta che si era ritrovata lì con lui.
– Ma guarda, sembra che il nostro Kippei abbia apportato qualche modifica!
– Eh già.. – la figlia sfoggiò un sorrisetto.
Subito dopo, da dietro il bancone, si fece avanti il proprietario, spazzandosi le mani robuste nel grembiule e sfoggiando un'aria tanto compiaciuta quanto sorpresa.
– Natsuki!
– 'Sera Kippei, come stai? – lo salutò sua madre, andandogli incontro.
– Bene, sono contento che tu sia finalmente passata! L'ultima volta ho chiesto alla nostra Yuki-chan di portarti i miei saluti – esclamò gioviale il cuoco, prima di rivolgersi direttamente alla ragazza – Sei riuscita a tornare con tua madre! E quel tuo amico come sta?
La domanda diretta quanto indiscreta ebbe lo stesso effetto di una secchiata d'acqua gelida. Il sangue le si pietrificò nelle vene, bloccandola in ogni muscolo e rendendo teso e innaturale il sorriso che le si formò sulle labbra.
– T-tutto a posto, grazie – balbettò, assalita da un'ondata di panico. Non aveva affatto previsto una domanda del genere e per un primo istante fu certa di non aver alcuna scampo, specialmente quando incrociò lo sguardo perplesso di sua madre. Ridacchiò nervosamente sotto gli occhi castani della donna, cercando freneticamente di pensare ad una qualche scusa che potesse scongiurare il pericolo che l'altra si facesse un'idea che risultasse terribilmente esatta.
– Sono contento – affermò intanto Kippei, sovrastando con la sua voce il sibilo delle piastre dietro il bancone, prima di far loro strada – Prego, seguitemi. Vi faccio subito accomodare!
Questo se non altro giunse a suo favore, perché costrinse la signora Natsuki a rimandare eventuali domande ad un secondo momento, dandole il tempo di trovare un'idea che le permettesse di uscire indenne da quell'incresciosa situazione. Eppure, per quanto cercasse di inventarsi qualcosa, la sua mente in quell'intervallo di tempo concessole dalla provvidenza, le parve il set polveroso e desolato di un film western, con tanto di sterpaglia secca rotolante.
Fu solo all'ultimo momento, quando, una volta accomodate, sua madre le rivolse la fatidica domanda, che un neurone le andò in soccorso.
– Ecco.. la verità è che.. – deglutì – ..sono stata qui a cena con un mio ex compagno di scuola.
– Un tuo compagno di scuola? – si sorprese la donna.
– Sì sì – mentì, con un cenno affermativo del capo – ..lo ho incontrato per caso circa due mesi fa e pochi giorni dopo mi ha chiesto di uscire, così siamo venuti qui.
– Ah.. e com'è andata? – le chiese, ancora faticando a mettere da parte quell'aria stupita.
– Bene, direi.. – esitò Yukiko, prima di cogliere con la coda dell'occhio un movimento.
La cameriera si avvicinò al loro tavolo per prendere le ordinazioni delle bevande e, dopo che si fu allontanata, la signora Natsuki finalmente abbassò lo sguardo sul menù, senza tuttavia rinunciare a interrogare la sua unica figlia sul presunto ragazzo in questione.
– E lo rivedrai? – indagò con un malcelato interesse la donna, suscitando nella mora una risposta istintiva che le morì sulle labbra, perché lei l'anticipò nettamente con un'occhiata carica di sottintesi ed un sorrisetto furbetto – Ora capisco perché eri così reticente nei confronti del figlio di Hiwatari.
Quell'affermazione la fece avvampare in volto, confusa e spaesata dal ragionamento che doveva aver attraversato la mente di sua madre. Sbatté più volte le palpebre, optando per non negare quella conclusione decisamente affrettata da parte di lei, ma cogliendo invece la palla al balzo per giustificare l'uscita del giorno seguente.
– In effetti, è con lui che passerò la giornata di domani..
– Oh.. e non ha avuto nulla da ridire sul tuo ultimo viaggio?
Di nuovo sua madre la prese in contropiede, costringendola a far spallucce e pensare rapidamente ad una risposta – Non molto. Siamo usciti una volta sola.
L'altra parve un po' sorpresa della cosa, ma constatò a voce che in effetti era del tutto ragionevole come motivazione per impedire a questo qui di farle qualche sorta di pressione. Poi sorrise, commentando che doveva essere un bravo ragazzo se evitava di assumere atteggiamenti inopportuni e accaparrarsi diritti che ancora non aveva. Il discorso continuò perché lei volle saperne nome e carattere e la moretta si lanciò in una descrizione che si rese conto, in un secondo momento, combaciare con quella di Rei, almeno caratterialmente. Le saltò così fuori la descrizione di un tipo alto, dai capelli corti neri e occhi scuri, con un fisico da atleta grazie alla sua passione per il tennis e il sorriso sempre pronto e gentile. Riuscì così in qualche modo a soddisfare la curiosità di sua madre e ad indurla a cambiare discorso, prendendo a parlare del periodo di lontananza e delle esperienze vissute in America e in Europa, rilassandosi abbastanza da poter tirare metaforicamente un sospiro di sollievo.
Il peggio ormai era passato.
Chiese intanto mentalmente scusa alla sua amica Mao, rammentandosi poi della promessa di scriverle.
Decise che l'avrebbe fatto quella sera stessa, prima di andare a dormire. Le avrebbe raccontato di quelle ultime ore e il solo pensiero di aver finalmente qualcuna della sua età da chiamare amica e con cui potersi confidare la fece sorridere.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Eccoci qui, finalmente i nostri due blader sono tornati in Giappone!
Come prime ore di separazione direi che la cosa si sta mettendo comunque abbastanza bene, no?
Voi che dite? Cosa ne pensate? Eh sì, alla fine pure questo si è risolto essere come un capitoletto di transizione, in attesa del prossimo! Cosa mai avrà in mente di fare Kei? Ehhh.. lo scoprirete nella prossima puntata!!
Nel frattempo vi anticipo purtroppo che da settimana prossima dovrò rallentare il ritmo e che questo weekend non potrò aggiornare, quindi mi duole lasciarvi così, ma non ci sono alternative ç_ç Spero di riuscire a postare qualcosa mercoledì prossimo ma vedremo! Dipende quanta ispirazione e quanto tempo mi resteranno martedì! Se la memoria non mi inganna purtroppo, non molte: sarò in uni tutto il giorno T_T
Vi saluto e ringrazio tanto chi continua a seguirmi ancora, nonostante questa FF si stia rivelando piuttosto prolissa XD scusate, non era mia intenzione.. sono le idee che continuano ad assalirmi!
Buon weekend a tutti/e!
un abbraccio dalla vostra impegnatissima

Kaiy-chan

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Capitolo 36
*** Fra le pagine dei ricordi ***




36. Fra le pagine dei ricordi


– Non vuoi proprio dirmi dove stiamo andando?
– No – le rispose Kei, impassibile, continuando a camminare.
Si erano dati appuntamento per quel mattino in stazione, di comune accordo, per prendere poi il treno. Erano scesi entrambi la stazione di Akebono dopo un viaggio non troppo lungo ed ormai erano quindici minuti che il dranzerblader le faceva da guida presso quel reticolo di viuzze tipicamente di periferia.
Di fronte alla testardaggine del suo compagno di squadra, la mora non poté far altro che emulare un sospiro e lasciar perdere, tenendosi la curiosità. In fin dei conti, anche se non aveva idea di cosa avesse in mente Kei, lei era contenta di avere un'ultima possibilità per passare una giornata intera in sua compagnia ed in tutta tranquillità. Chissà quando avrebbero avuto un'altra occasione del genere?
Abbassando lo sguardo, l'occhio le cadde sulla sua mano destra abbandonata lungo il fianco e, spinta da un desiderio istintivo, spostò con una certa esitazione la propria per cercare di intrecciare le dita con le sue. Non arrivò sino in fondo: rinunciò l'istante successivo, bloccando il gesto e riaccostando il proprio braccio a sé e volgendo gli occhi verdi nella direzione opposta. Si sentì arrossire in viso dall'imbarazzo ed il disagio, dandosi silenziosamente della scema per tutta quell'insicurezza a rigor di logica immotivata.
Era già capitato che si tenessero per mano, sebbene non in pubblico e sotto gli occhi di tutti. La prima volta ad esempio era capitata in autobus, durante il loro viaggio in Cina, poco prima che lei rischiasse di addormentarsi nel bel mezzo della corsa. Un'altra volta fu quando, sempre in Cina, il dranzerblader la aiutò a superare un sentiero particolarmente impervio, tenendole la mano per diverso tempo anche dopo aver superato quell'ostacolo, lungo la strada per il villaggio della Tribù della Tigre Bianca.
In entrambi i casi precedenti era risultato un gesto naturale, come lo era continuare a respirare, mentre ora Yukiko non riusciva a non sentirsi agitata al solo pensiero. Analizzando il proprio stato d'animo, non impiegò molto ad ipotizzare che la causa fosse da imputare all'ambiente circostante, in un certo senso fin troppo familiare ed ordinario. La consapevolezza di essere tornati in Giappone, alle loro rispettive vite, sembrava impedirle di comportarsi con la naturalezza e la spontaneità conquistate sino a pochi giorni prima, non dandole modo di lasciarsi andare ai propri sentimenti.
Arricciò il naso in una smorfia, infastidita per quel blocco interiore e, cocciutamente, stava per forzarsi ad allungare un'altra volta la propria mano sinistra quando lui si fermò di colpo, prendendola alla sprovvista.
– Siamo arrivati – le annunciò, scoccandole un'occhiata da sopra la spalla.
Quasi sobbalzando, la blader ci impiegò un istante per ricordarsi il modo corretto di respirare e, dandosi un contegno, si schiarì la voce con un colpetto di tosse prima di prestar attenzione all'ingresso accanto al quale s'erano fermati.
L'enorme cancello in legno era aperto a lasciar intravedere il cortile interno di una villa in perfetto stile giapponese antico, costruita in legno e mattoni, con il pavimento rialzato e le porte scorrevoli. Per un primo attimo alla ragazza parve di udire il caratteristico rintocco provocato dalla mezza canna di bambù di una fontanella. Inarcando un sopracciglio, cercò di nuovo lo sguardo di Kei e non riuscì a trattenere la propria confusione mista a curiosità nel notarne il sorrisino sornione che aveva stampato in volto. Non ebbe il tempo di chiedergli alcunché tuttavia, perché lui tornò a muoversi, avanzando e varcando l'accesso a quella proprietà privata, con la stessa naturalezza che avrebbe avuto se si fosse trattato di casa propria.
Non si annunciarono, né aspettarono che qualcuno della casa venisse loro incontro.
Yukiko non poté far altro che seguire il suo compagno, mentre questi attraversava il cortile della proprietà, affiancando l'edificio principale e seguendo quelle che ella distinse come due voci differenti. Quando fu palese che di lì a poco avrebbero incontrato i proprietari di quelle voci, l'impazienza si aggiunse alle altre due emozioni che la stavano pervadendo, causandole una manciata di secondi di ritardo quando si trattò di dover seguire Kei sotto il porticato, sino all'ingresso di quello che aveva tutta l'aria di essere un dojo.
Eppure, nel momento in cui si decise a salire sulla pavimentazione rialzata, mai si sarebbe immaginata di trovarsi nel luogo in cui otto anni prima, secondo una delle tante versioni, era iniziata ogni cosa.


Come ogni giovedì mattina, l'ultimo discendente dei Kinomiya si stava prendendo cura del dojo di famiglia. E, come ogni volta, suo nonno era lì pronto a rimproverarlo con la solita burbera vitalità per ogni angolo di parquet rimasto indietro.
– Devi darci più olio di gomito! Fai lavorare i muscoli, nipote!
Takao si rimangiò una rispostaccia e, prendendo lo slancio, utilizzò l'energia infusagli dall'irritazione che il suo anziano mentore riusciva a instillargli per accelerare il passo e sfrecciare da una parte all'altra della palestra, con lo straccio premuto contro il pavimento da ambo le braccia, aprendo la bocca in un'esclamazione combattiva e frustrata al tempo stesso.
– Bravo, continua così – approvò suo nonno, osservandolo sgobbare in nome della sua veneranda età, rigirando il dito nella piaga – Se la tua Hilary ti vedesse adesso non dubiterebbe della tua buona volontà e a quest'ora sarei già bisnonno!
– Non voglio sentire!! – esclamò di rimando l'ex capitano dei Bladebreakers con quanto fiato aveva in corpo per sovrastare la voce del vecchio e le sue frecciatine. Continuò a imprecare mentalmente per tutto il tempo che impiegò a far risplendere quelle assi di legno, correndo da una parte all'altra come una massaia piena di steroidi, talmente preso dall'ignorare ciò che lo circondava da non accorgersi di una figura appostata all'ingresso del dojo, finché questi non aprì bocca.
– Alcune cose non cambieranno mai, vedo.
Quella voce sprezzante e ironica lo fece sussultare e per riflesso sollevò gli occhi scuri dal pavimento, scoccando un'occhiata alla propria destra, verso la porta. Questo tuttavia, gli fece scivolare un piede sul parquet, causandogli una perdita d'equilibrio che lo portò ad una caduta rovinosa su un fianco, con la stessa grazia di una pera cotta.
Ouha!
– Ma cosa combini Takao! – lo redarguì il nonno Jey.
– Ahi ahi ahi – si lamentò sommessamente il ragazzo, tirandosi su a sedere e massaggiandosi la parte dolorante, prima di ricordarsi del motivo che era stato la causa della sua sventura. Alzando nuovamente il capo e l'attenzione su colui che aveva parlato, spalancò gli occhi scuri nel fissare il volto del suo vecchio amico e rivale.
Kei era appoggiato di schiena allo stipite della porta, le braccia conserte ed in volto quel mezzo sorrisetto arrogante che gli aveva visto spesso anche in passato ogni qualvolta trovasse qualcosa di abbastanza divertente da suscitargli quell'espressione. Completamente spiazzato, per un attimo il dragoonblader si chiese se non stesse avendo un'allucinazione da troppo lavoro a quella vista, riconducendo quella sciarpa bianca ed i segni sulle guance all'ultimo ricordo che aveva di lui, così com'era per quelle ciocche d'argento a calargli sulla fronte, in netto contrasto con i riflessi color vinaccio dei suoi occhi.
– Sei proprio tu Kei? – chiese, sentendosi gelare il sangue nelle vene – Non è che sei un fantasma, vero?
Si rasserenò un poco quando lo vide muoversi, abbandonando l'appoggio di quella parete per stagliarsi nel vano dell'ingresso e guardarlo dall'alto in basso con un'espressione di sufficienza che gli diede un'impressione nettamente umana.
– Dovresti sapere che i fantasmi preferiscono l'oscurità della notte – gli rispose, beffardo.
Questo aiutò il giovane Kinomiya a scacciare quella sorta di inquietudine irrazionale per fargli nascere un sorriso sul volto, indubbiamente contento di rivedere il vecchio compagno di squadra dopo tutto quel tempo.
– Che sorpresa! – esclamò tirandosi in piedi e muovendo qualche passo in sua direzione – È passata un'eternità dal... – le parole gli morirono in gola, ricacciate indietro dalla comparsa di un'altra figura al fianco del dranzerblader, che gli fece inarcare nuovamente un sopracciglio – Uh?
Sbattendo un paio di volte le palpebre nel tentativo di schiarirsi la vista, si ritrovò a fissare con una certa perplessità una ragazza, fattasi avanti in quel momento. Il suo aspetto era particolare, con quella chioma corvina sfumata di rosso sulle punte e legata dietro la nuca in una coda alta e scompigliata, che contrastava col color verde intenso dei suoi occhi. La pelle chiara era parimenti evidenziata dalla maglietta nera e dal giubbotto e i pantaloni di jeans blu, ai quali era appeso il moncone di una catena in acciaio. Gli parve di intravedere, in quel poco tempo a disposizione per riprendersi, la fondina di un lanciatore dietro il fianco destro, appeso in cintura, ma la sua attenzione venne subitaneamente richiamata da un inchino formale della sconosciuta.
– Scusate l'intrusione.
L'educazione di lei, in netto contrasto con l'impressione ribelle che ne aveva avuto ad una prima occhiata, contribuirono a mandare il moro in confusione per un primo istante, non aspettandosi certo una tale divergenza di opinioni nel lasso di tempo di quei due secondi scarsi.
– È davvero passato molto tempo dall'ultima volta che sei stato nostro ospite Kei – intercedette suo nonno, facendosi avanti e facendo gli onori di casa – Da allora sei cresciuto, ora sembri proprio un uomo – affermò giovialmente, prima di spostare l'attenzione sulla ragazza – ..e sembra anche che tu abbia trovato una buona compagnia.
La moretta arrossì vistosamente a quei complimenti.
– Lei è Natsuki Yukiko – la presentò il dranzerblader.
Takao inarcò un sopracciglio, non ricordando un solo evento in cui il suo vecchio compagno di squadra si fosse scomodato a fare qualche presentazione e, tornando a guardare la mora mentre abbozzava un tenue sorriso imbarazzato, una domanda gli salì spontanea alla mente.
Chi era quella ragazza?


Erano seduti tutti e tre in veranda, intorno ad un basso tavolino in attesa del tea promesso da nonno Jey.
Kei non si sorprese molto del ritrovare tutto quasi uguale a come lo ricordava. Certo, ora che la grande casa d'epoca non era più abitata da un'orda di ragazzini che passavano da una sfida di Beyblade all'altra, l'ambiente sembrava averci guadagnato in tranquillità.
Takao si era lanciato in uno dei suoi vecchi aneddoti, non avendo saputo resistere alla tentazione di rivangare le glorie passate dopo aver saputo che anche Yukiko era una blader. La cosa sorprendente era che anche lei sembrava interessata ai racconti dell'ex campione mondiale, cosa che non faceva altro che alimentare l'ego del soggetto in questione, facendolo somigliare a un pallone gonfiato.
– ..non potrò mai dimenticare la sensazione che lascia un buon incontro, disputato con un avversario degno di questo nome.
– Come mai non partecipi più ai tornei organizzati dalla BBA? – chiese la moretta a quel punto, inarcando un sopracciglio.
– Perché mi sono impegnato a portare avanti l'attività di famiglia – le spiegò lui, rivolgendosi ad entrambi con un largo sorriso – Mio padre e mio fratello maggiore sono sempre in giro per il mondo e l'onere di occuparmi delle lezioni di kendo che teneva fino a pochi anni fa mio nonno è passato direttamente a me.
– Allora non ti stava solo sfruttando per far risplendere come uno specchio il pavimento della sala – commentò, mantenendo la stessa aria impassibile di sempre, il dranzerblader.
Takao si lasciò andare ad una breve risata contenuta – No, infatti.. – annuì, prima di aggiungere con una nuova ombra di un antico entusiasmo – ..ma non ho smesso di far girare Dragoon per questo. Con Daichi di tanto in tanto salta sempre fuori qualche pretesto per una sfida, quando non è impegnato con la scuola e gli incontri ufficiali.
Yukiko assunse un'espressione pensierosa – Mi pare di averne visti un paio, recentemente, di suoi incontri, in televisione..
Il dragoonblader si sfregò il naso con un dito, sfoggiando un sorriso sornione dei suoi – Sì, è diventato davvero fortissimo. D'altra parte, non poteva essere altrimenti, con un maestro come me! Ma ne ha ancora molta di strada da fare per sperare di superarmi!
– Certo che non ti smentisci mai, Takao!
La voce che interruppe quei discorsi anticipò lo scivolare a lato della porta scorrevole, lasciando delinearsi sullo sfondo del cortile una figura ben nota, che fece sobbalzare il diretto interessato, preda di uno spavento ben comprensibile.
– Hilary! Non.. non avevi detto che saresti stata via tutta la settimana?
– Siamo tornati qualche giorno prima.. – affermò quella senza batter ciglio e facendo un passo avanti per fare il suo ingresso definitivo. Quando i suoi occhi color nocciola si posarono sui presenti, sembrò perdere quell'espressione accusatoria e irritata, in favore di una più stupita – Kei.. che cosa fai qui?
Takao, riavutosi in fretta dallo stupore, parve reagire con un certo fastidio a quella nuova intrusione, appoggiando un gomito sul tavolino e dando le spalle alla nuova arrivata nel sostenersi il capo con la medesima mano – Lui e Yukiko sono passati a salutare – sbottò, decisamente imbronciato.
La ragazza apparve piuttosto rapida a reagire a quell'informazione, perché finalmente distolse lo sguardo dal dranzerblader e lo posò sulla mora che gli sedeva affianco. Per un attimo Kei credette di intravedere una nota di smarrimento in quella coppia d'iridi castane, ma non se ne curò affatto, messa in secondo piano dalla pronta reazione dell'altra.
– Ah, ecco spiegato il motivo per cui stavi cercando di metterti in mostra – tornò ad accusare il dragoonblader, scoccandogli un'occhiata carica di significato.
Quell'allusione dovette sortire l'effetto sperato perché, nel momento in cui Takao raddrizzò la schiena e tornò a rivolgersi all'ex compagna di classe, il blader dai capelli d'argento scorse una punta di soddisfazione sul sorriso di Hilary.
– Non è affatto vero!
– Ti conosco troppo bene perché tu possa sperare di darmela a bere, Takao – gli ricordò lei.
– Su su, ragazzi smettetela di fare i piccioncini o finirete per mettere in imbarazzo i nostri ospiti – li richiamò all'ordine il più anziano dei Kinomiya, facendo la sua comparsa nella stanza, recando con sé un vassoio con quattro tazze cilindriche ed una teiera colma di tea appena fatto.
A quell'affermazione i due in questione si voltarono di scatto all'unisono, come un'unica entità, esclamando in un moto di imbarazzo e contrarietà: – Non è così!
No, Kei ne ebbe così la conferma, non era cambiato quasi nulla rispetto a sei anni prima. Le scenette comiche che erano in grado di metter su quei due continuavano ad alleggerirgli l'umore e ad infastidirlo al tempo stesso.
La franca risata di Yukiko attirò l'attenzione di tutti e spezzò la tensione venutasi a creare, cosa che lo indusse a ringraziarla silenziosamente per quel piccolo miracolo.
Non poteva essere più lieto di così di averla con sé in quella gabbia di matti.


Quando Yukiko smise di ridere, l'imbarazzo che provava in fondo all'animo non si alleggerì, lasciandole una sensazione strana alla bocca dello stomaco. Una sensazione che l'aveva assalita da quando quella ragazza di nome Hilary aveva fatto la sua comparsa, rivolgendo al dranzerblader quell'unica domanda diretta. Questi, per contro, non aveva fatto una sola piega, sostenendo lo sguardo sorpreso di lei con una delle sue espressioni impassibili.
Per un attimo, prima che i battibecchi fra la moretta e Takao prendessero piede, costringendo il nonno di questi a intervenire per sedare quello scambio continuo, le era sembrato di scorgere qualcosa sul volto dell'altra ragazza, qualcosa che le aveva suscitato quella sorta di disagio nei suoi confronti ancor prima che la voce di lei iniziasse a striderle nelle orecchie.
Persino quando ebbe in mano una tazza di tea caldo, la nightblader non riuscì ad evitarsi di scoccare occhiate di sottecchi all'ultima arrivata, studiandone con discrezione l'espressione e gli atteggiamenti, senza notare nulla di particolare in questi. Maledizione, possibile che avvertisse solo lei quella strana tensione sospesa nell'aria fra loro due, che le impediva di rilassarsi abbastanza da prestare la dovuta attenzione a ciò che stava dicendo Takao?
In quel momento non v'era nessun indizio nei modi della moretta che confermasse quel suo infido sospetto, niente che potesse essere definito in qualche modo 'strano' nei loro confronti. Che si fosse semplicemente confusa?
– Ho trovato questo in uno degli scaffali in cui mio nipote tiene le sue targhe ed i premi vinti a Beyblade – esordì il nonno di Takao, rifacendo la sua comparsa dopo una decina di minuti di assenza, recante con sé un raccoglitore di discrete dimensioni che si rivelò essere un album fotografico quando lo appoggiò sul ripiano in legno in mezzo a loro – Sapevo che l'avevamo da qualche parte e ho pensato che sarebbe valsa la pena mostrarlo alla nostra ospite.
Il dragoonblader sollevò ambo le sopracciglia, sorpreso – Me n'ero completamente scordato!
– Grazie nonno, è una bella idea – si accodò Hilary, sorridendo.
Appena la copertina rigida venne sollevata, le foto posizionate in prima pagina rivelarono una coppia di ragazzini sorridenti, di cui quello sulla sinistra non poteva essere altri che una versione più infantile di colui a cui apparteneva quell'album.
– Queste risalgono al primo torneo nazionale di Beyblade – spiegò loro Takao, indicandogliela con una certa nostalgia – Io e il Professor K ci eravamo appena conosciuti.
Il fantomatico professore doveva essere quello scricciolo posto accanto al dragoonblader. Quando, poche pagine più avanti comparvero le prime immagini di Kei, Yukiko si ritrovò a spalancare gli occhi verdi, avvertendo un sussulto all'altezza del cuore nel riconoscerlo.
– Ahah, dalla tua espressione corrucciata in questa foto Kei, si vede troppo quanto la sconfitta ti bruciasse – lo prese in giro Takao, beccandosi un'occhiataccia dal diretto interessato, che oltre a questo non fece una piega, mantenendo un'aria sostenuta con la schiena perfettamente dritta e le braccia conserte.
– Ci sono anche Rei e Max – osservò la nightblader, attirando l'attenzione su di sé mentre si sporgeva sul tavolino per guardare meglio quegli scatti, non riuscendo in alcun modo a sminuire il proprio sorriso entusiasta. I due erano cresciuti molto dall'epoca che stava sbirciando in quel momento, com'era anche per gli altri componenti dei Bladebreakers, eppure qualcosa nelle loro espressioni la rimandava ai ragazzi che aveva conosciuto di recente di persona. Quel dettaglio la aiutò a sentirsi in qualche modo legata a quelle immagini di un passato di cui aveva solo sentito parlare.
– Sì, esatto. Stavamo per partire per la Cina – annuì Takao, prima di domandarle – Come sai chi sono?
– Oh, è perché li ho conosciuti poco tempo fa – affermò senza pensarci la mora, suscitando una nota di stupore sul volto del suo interlocutore. Un'espressione simile era stampata anche sul viso di Hilary, lì accanto, anch'essa appoggiata al bordo del tavolino per vedere meglio le foto in questione.
– Ah – ribatté solamente Takao, faticando a ricomporsi. Ci pensò la sua amica a girare pagina, rivelando uno dopo l'altro scorci di quelle che erano state le loro tappe in giro per il mondo, durante quel loro primo torneo mondiale.
In ognuna delle foto, Kei le appariva sempre con la stessa espressione severa e irriverente, leggermente corrucciata. Quella versione molto più giovane del suo compagno di squadra rassomigliava molto al ragazzo che aveva imparato a conoscere e di cui aveva finito per innamorarsi, soprattutto a causa di quella sua sciarpa bianca e dei segni blu che sfoggiava sulle guance. All'ennesima foto, questa volta scattata in Russia, non riuscì a reprimere una risatina che le nacque in fondo alla gola e le fece sussultare le spalle. Quel suono attirò di nuovo l'attenzione di tutti e tre i presenti e lei, incrociando lo sguardo dai riflessi d'ametista del suo ragazzo, non poté evitare di rivelare il pensiero che l'aveva divertita tanto.
– Ora capisco perché Yuri ti ha salutato a quel modo. A quanto pare è da parecchio che hai l'abitudine di “truccarti come una ragazzina” – lo punzecchiò, riprendendo a ridacchiare fra sé e sé.
Kei non sembrò prenderla troppo bene, perché il suo sguardo si fessurizzò, divenendo penetrante come una lama e lei credette di poter distinguere fra i suoi capelli un paio di vene affioranti e pulsanti di un'irritazione più che evidente nella tensione insita nella piega delle labbra. Un attimo dopo, quando ancora lei cercava di soffocare quello scoppio di ilarità dietro la mancina, il blader sollevò una mano verso di lei e le pinzò con due dita una guancia, iniziando a tirarla verso di sé in una ripicca che le fece lacrimare gli occhi di dolore.
– Ahii.. – gemette la mora, sbilanciandosi in avanti tanto da doversi sostenere con un braccio sul pavimento, con voce distorta dal fatto di non riuscire a muovere le labbra come avrebbe voluto. Dopo una manciata di istanti durante i quali l'altro non sembrò minimamente accennare ad allentare la presa ma, anzi, sfoggiò un sorrisetto piuttosto sadico, Yukiko con le lacrime agli occhi cedette – ..shcusha shcusha.. nohn vo'hevo..
Kei la lasciò e la sua povera guancia tornò al suo posto, rossa e dolorante, costringendola a massaggiarsela con la mano sinistra, indecisa se ridere o piangere per quel dispetto appena subito e che purtroppo era del tutto meritato. Se l'era decisamente cercata: sapeva bene che il suo compagno non era il genere di persona che apprezza troppo simili commenti ironici, eppure non era proprio riuscita a trattenersi. Il pensiero rischiò di farla ridacchiare di nuovo.
Stava ancora cercando di far passare l'indolenzimento alla parte sinistra del viso quando si accorse degli sguardi stralunati di Hilary e Takao, fissi su di loro. Quella mancanza di pudore la mise nuovamente a disagio, facendola sorridere di sbieco un'altra volta, dimentica del male residuo e rimpiangendo il proprio tempismo discutibile. Non si sentiva molto a suo agio sotto quegli sguardi indagatori che si alternavano fra lei e il dranzerblader, il quale per contro era tornato perfettamente impassibile.
Cercando di darsi a sua volta un contegno, ancora rossa in viso per l'imbarazzo di quella situazione, dovette ringraziare la sua buona stella perché, a un certo punto, finalmente gli occhi castani della moretta ricaddero su una nuova foto, fornendole la distrazione di cui necessitava per lasciarsi l'accaduto alle spalle.
– Mi ricordo di questa – affermò con un certo entusiasmo, indicandola agli altri – Ero entrata da poco nel gruppo e volevo disperatamente vedere uno di quei vostri fantomatici bitpower coi miei occhi.
– Sì – rincarò la dose Takao, riprendendosi – E ci facesti perdere la concentrazione con i tuoi strepiti da gallina.
Quel commento gli fece guadagnare un bernoccolo fra i capelli scuri, provocato da un ventaglio di carta che la ragazza aveva tirato fuori non si sa bene da dove.
– E adesso ci riesci? – le domandò a quel punto Yukiko.
Il sorriso vagamente malinconico dell'altra anticipò la sua risposta – No.
– Oh..
La nightblader, osservando quell'immagine in cui erano stati immortalati i quattro Bladebreakers, provò un moto di dispiacere per lei.
Non ebbe comunque modo di rifletterci a lungo, perché Takao voltò di nuovo pagina e l'argomento venne accantonato, in favore di una nuova miriade di ricordi. Un ragazzo ritratto insieme a Takao, dai lunghi capelli verde acqua e gli occhi dello stesso colore, le suscitò un nuovo moto di curiosità.
– E questo chi è?
– Lui è Zeo – le rispose Kei, parlando per la prima volta da quando era stato aperto l'album.
Quel nome le rammentò ciò che il ragazzo le aveva precedentemente raccontato su di lui e la mora annuì di rimando, rendendosi conto che l'argomento poteva sollevare ricordi spiacevoli nei ragazzi seduti lì a quel tavolo, specialmente in Takao, così nel silenzio che seguì voltò di nuovo pagina.
– Oh.. – si lasciò sfuggire una seconda volta, affrettandosi a tapparsi la bocca, alla vista della nuova immagine.
Quando capì di aver di nuovo attirato l'attenzione di tutti e tre, i quali attendevano che si esprimesse con in volto una serie di espressioni più o meno interrogative, si maledisse silenziosamente per non riuscire a contenere parte dell'entusiasmo che le suscitava ogni scatto in cui era stato immortalato il suo dranzerblader.
Deglutendo si schiarì la voce, prima di scuoter il capo in segno di diniego – Niente, niente.
Grazie al cielo il nonno di Takao tornò ad interessarsi delle loro condizioni e ne approfittò per chiedere a lei e Kei se avevano intenzione di mangiare con loro. Lì per lì la mora pensò che fosse un invito piuttosto gentile e non le sarebbe dispiaciuto accettare, ma l'istante successivo si rammentò dei bento che aveva preparato quel mattino, alzandosi alle sette praticamente apposta per adempiere a quel compito.
– Sì, restate – rincarò la dose Takao, rivolto sia a loro, sia ad Hilary – ..fra poco dovrebbe tornare anche Daichi, sembrerà di essere tornati ai vecchi tempi!
– Accetto, ma solo per questa volta – acconsentì la ragazza, prima di spostare gli occhi color nocciola su lei e Kei, in attesa della loro risposta.
– Anch.. – come il dranzerblader aprì bocca, la mano di Yukiko partì d'impulso, calando con forza sul braccio destro di lui, aggrappandoglisi letteralmente alla manica. Le parole che gli stavano uscendo di bocca in quel momento gli morirono in gola, evidentemente preso alla sprovvista da quell'interruzione, tanto da scoccarle un'occhiata interrogativa a cui la ragazza rispose con una tanto intensa quanto implorante. Lui di rimando inarcò un sopracciglio e, nella manciata di secondi che seguì, la nightblader si morse il labbro inferiore, avvertendo le proprie guance arrossarsi per l'improvvisa consapevolezza di aver agito d'istinto, guidata dal proprio egoistico desiderio. Lo stesso desiderio che ora, nonostante gli sguardi perplessi dei quattro, non riusciva ad accantonare in nessun modo.
Inspirando, afferrò il proprio coraggio con ambo le mani e, sollevandosi in ginocchio, si sporse per accostare le labbra all'orecchio del suo ragazzo, coprendole agli sguardi altrui con una mano.
– Ehm.. – gli sussurrò, preda di un'agitazione che le dipingeva le guance di un rosso sempre più acceso ad ogni secondo che passava – ..veramente.. ecco, stamattina.. avrei preparato il pranzo per entrambi e speravo che.. che l'avremmo mangiato insieme.
Tirandosi indietro sulle ginocchia per affrontare lo sguardo del compagno, era perfettamente consapevole della propria espressione combattuta e tesa, così come lo era del colorito che doveva aver assunto, ormai pari soltanto a quello di peperone. Eppure si rifiutò di abbassare lo sguardo dal volto di Kei, sforzandosi di sostenere il peso di quegli occhi così magnetici e limpidi, distinguendone il moto di stupore che li attraversò in una frazione di secondo. Gli bastò un battito di ciglia per far sparire ogni traccia di quel sentimento, spazzato via in favore di una nuova serietà rivolta di nuovo verso il suo ex capitano ed il nonno di lui, per rispondere al loro invito.
– Ci dispiace, ma abbiamo altri programmi.
Il sollievo provato da Yukiko al sentirgli dire quelle parole fu talmente intenso da spazzar via ogni rigidità dei muscoli e si ritrovò a sorridere come una bambina a cui avevano appena concesso di uscire a giocare in una giornata di sole. Avrebbe pranzato con Kei e lui avrebbe mangiato ciò che gli aveva preparato con tanta cura, loro due soli. L'emozione e la felicità minacciarono di farle scoppiare il cuore nel petto.
– Capisco – disse Takao, ancora faticando a riprendersi dalla sorpresa.
– Peccato..
Quel commento a seguire risuonò talmente sincero che smorzò parte della felicità della nightblader per indurla a posare lo sguardo di smeraldo su colei che l'aveva mormorato. Hilary sembrava non riuscire a mascherare la delusione del suo viso, nonostante tenesse lo sguardo puntato da tutt'altra parte, in un punto imprecisato della stanza, e la cosa risvegliò quella fastidiosa sensazione che l'aveva colta inizialmente alla bocca dello stomaco. Con una nota di risentimento per il tempismo del proprio sesto senso, Yukiko allora tentò di rimediare in qualche modo.
– Ma ripasseremo lungo la strada del ritorno.. – affermò, attirando di nuovo l'attenzione dei due, prima di esternare una proposta venutale in mente in quel preciso momento – ..e magari potresti concedermi un incontro, Takao.
Il sorriso che tornò sul volto del dragoonblader venne accompagnato da un gesto del pollice, che lui sollevò per sfregarsi una volta la punta del naso prima di darle una risposta affermativa.
– Più che volentieri! È da un po' che Dragoon non scende in campo contro un nuovo avversario.
Alla mora venne spontaneo ricambiare il franco sorriso dell'altro con uno molto simile, carico di sfida.
– Preparati allora, perché ti darò del filo da torcere.
– Eheh.. Non vedo l'ora!




...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Lo so, sono in ritardo di almeno 24 ore da pronostici, ma ieri proprio non ce l'ho fatta.
Mi spiace, spero di essermi fatta perdonare con questo capitoletto però ^__^ come avete visto, abbiamo finalmente il momento della conoscenza fra Takao e Yukiko, e guarda caso c'è pure Hilary nei paraggi! Ho notato che la coppia HilaryxKei è stata molto gettonata in ognidove, cosa che fin dall'inizio a me faceva e fa tutt'ora storcere il naso - XD eh già, nn posso farci niente, mi fa venire l'orticaria! - ma devo ammettere che in fin dei conti non sarebbe così strano, tutto a causa di quella puntata in cui Kei la salva non ricordo in che ambito. Voi cosa ne pensate? In questa fic Hilary proverà davvero qualcosa per il nostro dranzerblader o sono solo supposizioni di una improvvisamente gelosa Yuki?? Oppure c'è qualcos'altro sotto?!
E Takao?! E Daichi?? Sembra proprio che ci siano tutti insomma XD
Ahimé, oramai mi ritrovo a dover rallentare seriamente la pubblicazione: se tutto va bene dovrei riuscire ad aggiornare mercoledì prossimo, quindi non disperatevi troppo! Non vi abbandonerò! E ne approfitto sin da subito per ringraziare tutti coloro che continuano a seguirmi, nonostante tutto, e che mi fanno sempre presente le loro impressioni! Senza di voi probabilmente questa ff sarebbe stata decisamente più corta (il ché non so dire se sia un male o un bene XD)!!
Vi lascio, un saluto dalla vostra ritardataria
Kaiy-chan

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Capitolo 37
*** Un'innegabile complicità ***




37. Un'innegabile complicità


La spiaggia era spazzata da un tenue venticello carico di umidità, che li accolse scompigliando loro i capelli e gonfiando rispettivamente la giacca di jeans di Yukiko e la sciarpa di Kei. Quest'ultimo, le mani in tasca e il viso rivolto all'orizzonte, stava percorrendo il litorale con lo sguardo alla ricerca di un luogo adatto, quando la voce della mora ne richiamò l'attenzione.
– Questa è la stessa spiaggia dove venivate ad allenarvi?
Quella domanda gli fece inarcare un sopracciglio, sorpreso ancora una volta del buono spirito di osservazione di cui la sua compagna era dotata.
– Sì – le rispose dopo un istante di silenzio, tornando a osservare l'infrangersi delle onde alcuni metri più avanti con un debole sorriso stampato in volto. I ricordi legati a quell'ambiente erano molteplici e tutti legati alla sua appartenenza alla squadra dei Bladebreakers. Si accorse di essere rimasto assorto fra i propri pensieri più a lungo di quanto avrebbe voluto dopo più di un minuto di silenzio, infranto soltanto dal costante rifrangersi delle onde e dal sibilo del vento. Sulle loro teste le nuvole si rincorrevano nel cielo, oscurando a tratti i raggi di un tiepido sole autunnale e Kei comprese che quella sarebbe stata una delle ultime giornate di bel tempo di cui avrebbero potuto giovare per il prossimo futuro.
Scoccando un'occhiata alla sua compagna, il dranzerblader la vide intenta a guardare il panorama nella direzione diametralmente opposta alla sua, cosa che gli insinuò il dubbio che stesse cercando di evitarlo. Cocciutamente allora la fissò per un po', osservandone il profilo in attesa che si voltasse finalmente verso di lui e gli prestasse attenzione e, nel frattempo, rammentando la richiesta che lei gli aveva fatto poco prima, a casa di Takao. Per qualche motivo, persino uno come lui era capace di provare qualcosa al pensiero di poter mangiare il pranzo preparato appositamente per lui dalla ragazza che gli piaceva.
Per questo, quando la mora si voltò finalmente a guardarlo, alla sua espressione impacciata rispose con l'ombra di un sorriso.
– Troviamoci un posto un po' riparato – le propose, senza aspettare oltre prima di avanzare e scendere gli scalini in cemento armato, sino ad affondare la suola delle scarpe sulla sabbia umida. Procedettero sul lungomare per una trentina di metri, fianco a fianco, finché non trovarono un baraccotto in legno che aveva tutta l'aria di un magazzino da spiaggia. Vi si sedettero appresso, utilizzandone la parete in assi di legno come schienale e paravento fortuito.
La nightblader a quel punto tirò fuori dal piccolo zaino, che si era portata appresso per tutta la mattina, un oggetto dalla forma bassa e tipicamente squadrata, coperto da un fazzoletto verde chiaro annodato sulla sommità di quella che doveva essere evidentemente una scatola per il bento. Quando lei gliela porse, sfoggiando un'espressione quasi sostenuta in un palese tentativo di mascherare il proprio imbarazzo, Kei avvertì nuovamente quell'insolito formicolio alla bocca dello stomaco. Fu inutile il suo tentativo di sopprimerlo, prendendo in consegna l'oggetto del suo turbamento interiore, ed il fatto che lei non indagò la sua espressione gli permise di sentirsi meno a disagio di quanto sarebbe stato altrimenti, mentre faceva i conti con sé stesso. Rimase a fissare la sommità di quella scatolina, completamente avvolta dalla stoffa di cotone monocolore, cercando di venire a patti con l'assurda impazienza e la curiosità che gli causava il pensiero del contenuto di quel pacchetto.
In quel momento ebbe conferma del motivo per cui non aveva avuto alcuna esitazione nel rifiutare l'invito a pranzo del suo ex capitano, cogliendo al volo l'alternativa che gli si era prospettata: la verità era che voleva mangiare quel bento e voleva farlo in compagnia della ragazza che gliel'aveva preparato, senza nessun altro intorno.
– Buon appetito – gli augurò la mora a quel punto, traendolo da quelle conclusioni e inducendolo ad iniziare ad armeggiare con il nodo del fazzoletto.
Questo non oppose troppa resistenza, permettendogli di tener il contenitore appoggiato fra le gambe incrociate finché, raggiunto il suo scopo, non lasciò riversarsi ai lati dello stesso i quattro lembi di stoffa. Quando finalmente poté sollevarne il coperchio, badando che il paio di bacchette non gli scivolasse di mano, sbatté un paio di volte le palpebre alla vista del contenuto magistralmente ordinato e ricco di colori che gli si palesò davanti agli occhi.
Nella metà destra della scatola erano stati disposti dei bocconcini di carne impanati e ricoperti di una salsa rossastra, adagiati sopra un piccolo letto di insalata fresca ed affiancati da un paio di rotolini di omelette e qualche wurstel intagliato a forma di polpo, alternati a dischetti arancioni e verdi di quelle che dovevano essere rispettivamente carote e zucchine. La metà sinistra invece era ricolma di riso bianco, sopra il quale, con striscioline di nori, era stata creata in kanji la scritta “Buon appetito”.
Kei impiegò più di una manciata di secondi buona per riprendersi abbastanza dalla sorpresa per anche solo pensare di mangiare qualcosa da quel piatto.
– Se..se c'è qualcosa che non ti piace buttalo pure!
L'improvvisa esclamazione della mora quasi lo fece sussultare e sollevò di scatto lo sguardo, voltandosi a guardarla con una certa confusione. Lei non lo stava guardando ma teneva gli occhi bassi sulla propria scatola, le bacchette nella mano destra. Il suo pranzo era la copia esatta di quello che aveva passato a lui.
– Se non ti piace, non devi mangiarlo per forza – ripeté in tono un po' meno teso, talmente seria che credette di vedere quelle labbra delinearsi di una smorfia ansiosa – Non sapendo quali fossero i tuoi gusti ho provato a tirare ad indovinare.. ma non fa niente, davvero, non..
Kei smise di ascoltarla e optò per ficcarsi in bocca un pezzo di carne. Come previsto, bastò quel gesto esageratamente enfatizzato per far zittire la ragazza che gli sedeva accanto e, nel silenzio che seguì, masticò con la stessa esagerata attenzione, prima di deglutire.
– ...a-allora? – pigolò l'altra a quel punto, con voce tanto bassa quanto interrogativa. La sua espressione corrucciata e combattuta gli fece quasi venir da ridere – Com'è?
Mantenendo il solito contegno altezzoso, il dranzerblader mascherò accuratamente le proprie reali emozioni e sollevò il bento con la mano libera per avvicinarselo alla bocca, prima di risponderle in un borbottio sostenuto che era soltanto un tono di facciata.
– Buono.
Non le disse altro prima di riempirsi di nuovo la bocca, avvertendo una nota di fastidio che gli fece corrugare le sopracciglia quando, in quel medesimo istante, sentì affiorare in volto un leggero imbarazzo. Eppure, nonostante il disagio suscitatogli da quell'atmosfera venutasi a creare, percepì un piacevole calore diffonderglisi al centro del petto.
Di quel bento non ne avanzò un solo chicco di riso.


Hilary volse lo sguardo verso il cortile, perfettamente visibile attraverso la porta scorrevole spalancata, nel quale Takao e Daichi erano intenti ad allenarsi. Come il rosso aveva saputo della visita di Kei e della misteriosa ragazza che l'accompagnava, aveva ribadito di volersi battere con lei per primo, cosa che aveva fatto scattare subito la lite. Ora stavano risolvendo la cosa a modo loro: con una sfida a beyblade.
La moretta dal canto suo invece era rimasta seduta sul pavimento, allo stesso tavolino che li aveva visti raccolti tutti e quattro poco meno di due ore prima a sfogliare quel vecchio album fotografico. Facendo scivolare gli occhi castani sino al libro in questione, rimasto chiuso dall'altro capo del mobile che ella stessa stava utilizzando per studiare gli appunti del giorno precedente, rinunciò a concentrarsi sui testi universitari e appoggiò il viso sul palmo della mano destra, lasciandosi sfuggire un sospiro.
Rivedere Kei le aveva fatto uno strano effetto. Per i primi minuti le era sembrato quasi che il tempo non fosse passato affatto, che fossero ancora gli stessi ragazzini di allora, fanatici per il beyblade. Sapeva perfettamente che ad averla tratta in inganno era stato il suo aspetto, così simile a quello a cui si era abituata anni addietro, con quelle guance segnate di blu e la sciarpa bianca, l'aria imperturbabile di sempre..
Tranne che al momento dell'ardita presa in giro di Yukiko. In quell'occasione non si era trattenuto affatto dallo sporgersi verso di lei e pinzarle così una guancia, come se fosse stato un gesto del tutto naturale per un tipo come lui, rigido e distaccato.
Sospirò appena.
Credeva di aver superato quella cotta adolescenziale a senso unico, specialmente dopo gli ultimi cinque anni, eppure non poteva negare a sé stessa di aver accusato una certa agitazione nel momento in cui l'aveva visto seduto di fronte a Takao. Era rimasta così sorpresa che aveva notato soltanto dopo un po' una seconda presenza femminile oltre il dranzerblader, cosa che le aveva fatto nascere nella mente un unico interrogativo: chi era quella ragazza?
– Ehi Takao, ma secondo te Kei si è davvero trovato una ragazza?! – la voce di Daichi la fece sussultare, rispecchiando i suoi dubbi e facendola voltar di scatto verso il cortile, gli occhi spalancati.
– Mah.. – ribatté il dragoonblader al suo piccolo rivale – ..è possibile. Di certo sembravano essere piuttosto in confidenza.
Hilary accusò il colpo con una smorfia, seppur scettica. Takao non era mai stato bravo a capire il suo vecchio compagno di squadra. Nessuno di loro lo era mai stato più di tanto, fatta eccezione forse per Rei. Ripensando agli ultimi tempi in cui avevano avuto a che fare con lui, rammentò fin troppo bene il blader che alla fine aveva sconfitto una volta per tutte il suo più acerrimo rivale. Il ragazzo che anni prima l'aveva salvata si era trasformato, con l'andare avanti dei mesi, in una persona diversa, per lo più interessata soltanto alla vittoria ed a nulla era valsa la compagnia di tutti loro. Nemmeno lei era mai riuscita ad attirarne l'attenzione, nonostante non potesse dire affatto di averci provato assiduamente. Quella sorta di ossessione del “diventare il più forte” lo aveva divorato dall'interno e la moretta non aveva potuto non accorgersene. Quel Kei di allora era stato la causa di un tormento che aveva finito per farle rinnegare la propria infatuazione e non aveva avuto difficoltà a dimenticarlo del tutto dopo la sua partenza. Non s'era più fatto vivo, non l'avevano più visto né Takao aveva saputo più nulla da lui, così aveva finito per guardarsi intorno e trovare nel suo vecchio compagno di scuola una presenza più che gradita. Ma ora, esattamente come l'argenteo era stato solito fare, eccolo comparire di nuovo senza avvisare nessuno, prendendo tutti in contropiede. Dal canto suo,Hilary era assolutamente convinta che lo facesse apposta e ci provasse pure un certo gusto nello spiazzare le persone.
Sospirò, di nuovo, giocherellando con la matita che aveva nella mano destra, facendola roteare fra le dita finché non perse la presa e questa andò a rintoccare prima sul tavolo e poi sul pavimento. Allungandosi a raccoglierla, non terminò mai quel movimento perché una voce distinta si levò sopra il ronzio di beyblade in gioco, zittendo i due sfidanti.
– Vi spiace se ci uniamo alla festa?!
Sollevando di getto il capo e lo sguardo, Hilary spalancò gli occhi nel vedere Kei e Yukiko nuovamente lì, spalla a spalla, la seconda con un sorrisetto stampato in volto.


Le facce di Takao e Daichi, fermi in mezzo al cortile, erano una visione talmente identica da meritare l'entrata in scena che si erano disturbati a fare. Una parte di lei condivideva totalmente la predilezione del dranzerblader per certe cose, ora che ne aveva provato a sua volta gli effetti, e per un attimo pensò ironicamente che quel ragazzo la stesse deviando progressivamente a quello comunemente definito come il 'lato oscuro'. Eventualità che, sinceramente, non le dispiacque affatto.
– Allora? – li incalzò, facendo un paio di passi avanti con in volto un sorriso carico di sfida: non vedeva l'ora di scendere in campo.
Vide Takao ricambiare quell'espressione, piegando leggermente le ginocchia, come se si stesse mettendo in guardia, prima di rispondere – Fatti sotto! Sarò io il tuo avversario!
– Non è vero, Takao! Non abbiamo ancora finito la nostra sfida per decidere chi l'affronterà per primo! – saltò subito su Daichi, contrariato e indispettito.
A quanto pareva era in corso un incontro per stabilire una classifica.
Yukiko a quella consapevolezza avvertì un certo imbarazzo al pensiero di essere l'oggetto della contesa, lusingata dell'entusiasmo dimostrato da entrambi nel volerla sfidare. All'idea di aspettare ancora un po' fece spallucce, senza perdere il proprio sorriso a quell'eventualità, ancora in balia della rilassante sensazione di pienezza del proprio stomaco.
– Finite pure, aspetterò di vedere un vincitore allora.. – affermò tranquillamente, già spaziando lo sguardo per il cortile. Intravedendo il portico e oltre questo la sala dove avevano bevuto il tea, inarcò un sopracciglio quando scorse, oltre la porta scorrevole in legno, la figura di Hilary, seduta al tavolino e intenta a fissarli.
La salutò con un cenno della mano, al quale l'altra sembrò riaversi abbastanza da rispondere con un tenue sorriso.
Soltanto poi la nightblader si mosse, avviandosi in quella direzione, non senza prima aver scoccato un'occhiata a Kei ovviamente, trovandolo presente al proprio fianco. Rassicurata dalla sua presenza, eppure nervosa al contempo, salì sulla pavimentazione in legno e si sedette a gambe incrociate a ridosso del vano della porta.
– Ti disturbo se mi metto qui? Stai studiando? – chiese direttamente all'amica di Takao, sollevata nello scoprire quanto ora le fosse più facile essere amichevole nei suoi confronti. Probabilmente, rifletté, questo era dovuto all'emozione piacevole che ancora le albergava al centro del petto dopo che il suo compagno aveva gradito il bento che gli aveva preparato. Il solo pensiero la mandava al settimo cielo.
La moretta le rispose con un sorriso altrettanto cordiale e solare, un'espressione che contribuì a far sciogliere il ghiaccio residuo che aveva avvertito fra loro.
– No.. ci ho rinunciato, con quei due lì fuori! – ribatté, indicando con un sospiro rassegnato gli abitanti di quella casa.
Come a rimarcare quanto da ella detto, i diretti interessati levarono le loro voci in una serie di esclamazioni e provocazioni l'uno verso l'altro, che fecero nascere nella nightblader un sorriso fin troppo comprensivo.
– Non posso darti torto..
Yukiko fece scivolare lo sguardo di smeraldo sul tavolo occupato dall'altra ragazza, notando l'album di foto ancora lì presente, chiuso e abbandonato a sé stesso. Un istante dopo però un movimento al limitare del suo campo visivo la distrasse, inducendola a sollevar lo sguardo su quello che era il suo ragazzo, inarcando un sopracciglio. Kei era salito a propria volta sul pavimento in legno rischiarato da qualche raggio di sole, sdraiandosi come se niente fosse nel verso della lunghezza del passaggio, di traverso rispetto alla porta accanto alla quale si era messa la mora poco prima. Per completare il quadro ovviamente aveva intrecciato le mani dietro la nuca a mo' di cuscino, talmente vicino alla sua gamba sinistra da sfiorarle i jeans con alcune ciocche d'argento.
Sembrava del tutto a suo agio, tranquillo e soddisfatto, seppur sul suo viso permanesse quell'aria tremendamente seria ed “indifferente a tutto e tutti” che lo distingueva solitamente. La nightblader si ritrovò allora a sorridere, osservandone i lineamenti e ripensando meccanicamente un'altra volta al modo in cui lui aveva apprezzato il pranzo che lei gli aveva preparato. Non aveva ricevuto nessun complimento particolare, ma a lei era bastato l'evidente slancio con cui aveva finito fino all'ultimo chicco di riso per cogliere il messaggio. In passato non l'aveva mai visto mangiare un boccone dietro l'altro come era accaduto in quell'occasione, era sempre stato composto e apparentemente indifferente al cibo che gli entrava in bocca, mentre stavolta l'era apparso diverso.
Le era sembrato.. felice.
Che scema che era a pensare certe cose!
Rammentandosi di essere in compagnia di altre persone, venne distolta dalle proprie riflessioni da una folata di vento che, proveniente dal campo di gara, le si insinuò sotto il giubbotto di jeans e scompigliò i capelli dell'indifferente dranzerblader. Dovette soffocare l'impulso di accarezzargli quelle ciocche ribelli e chinarsi a baciarlo ed, arrossendo in viso per quel pensiero, sollevò gli occhi verdi per scoccare un'occhiata alla sfida in corso.
Sembrava vigere una situazione di stallo, con i due beyblade intenti a cercare di sopraffarsi a vicenda. Avrebbe dovuto restare a studiarne gli attacchi, prestare attenzione al loro modo di combattere, ma era una giornata troppo tranquilla per lasciar sfumare del tutto il torpore indottole dalla digestione in corso, così si voltò di nuovo verso Hilary.
– Ti spiace allungarmi l'album fotografico? – le domandò, sorridendole debolmente.
Lei parve riaversi da qualche pensiero perché sussultò appena e si voltò a guardarla con espressione interrogativa, prima di registrare la sua richiesta ed annuire – C-certo.. – le disse soltanto, ricambiando il sorriso e afferrando ciò che le aveva chiesto.
Prendendo in consegna l'album, Yukiko sentì le proprie labbra schiudersi maggiormente in un sorriso tanto contento quanto soddisfatto, sistemandosi il tomo sulle gambe e aprendolo all'incirca a metà del suo spessore. Immediatamente le foto che le comparvero davanti agli occhi la divertirono e la emozionarono al tempo stesso, sentendosi come attratta dai ricordi che custodivano quelle immagini statiche. Il piccolo Daichi, decisamente più infantile della versione che stava combattendo a pochi metri da loro, spiccava in più di una fotografia, insieme a Takao e gli altri. Dovette soffocare una risatina sul nascere, traducendola in uno sbuffo divertito ad uno scatto in cui i due venivano ritratti intenti a mangiare un tramezzino. Erano così buffi, con quelle espressioni praticamente identiche!
E in diverse foto c'era anche Hilary, a volte imbronciata, a volte sorridente, altre intenta ad ascoltare o a riflettere su qualcosa.
Man mano che la nightblader continuava ad andare avanti, arrivò ben presto alle foto risalenti al terzo torneo mondiale di Beyblade, nel quale i membri originari dei Bladebreakers avevano partecipato in squadre separate. Kei e quelli della NeoBorg, Rei e i White Tigers, Max e gli All Starz... e poi Takao, con Daichi e gli altri. Soffermandosi ad osservare alcuni scatti del dranzerblader, le parve quasi di riuscire a comprendere la profonda determinazione ad arrivare sino in fondo e coronare quello che era stato il suo sogno.
Le piaceva quel Kei, il modo in cui non dimostrava alcuna incertezza né prestava troppa attenzione a cose futili, come la mano che aveva scattato la foto in cui lui e Yuri venivano immortalati uno accanto all'altro. Persino da ragazzo il russo era stato un po' più alto del dranzerblader al suo fianco.
Si lasciò sfuggire una risata sommessa, che le fece incassare un poco il capo fra le spalle, alla quale l'oggetto dei suoi pensieri sembrò non riuscire a farsi gli affari suoi.
– Cos'hai da ridere a quel modo?
Yukiko, presa alla sprovvista ma senza per questo perdere il proprio sorriso divertito, spostò lo sguardo dal Kei del passato a quello del presente, trovando gli stessi occhi scuri dai riflessi d'ametista della foto che aveva sotto mano a fissarla dal vivo.
– Niente di ché.. – affermò, sebbene non riuscì proprio ad evitarsi di punzecchiarlo, sfoggiando un sorriso sornione – ..è che pensavo che sei troppo carino in queste foto! Guarda! – e sollevò l'album per permettergli di dare un'occhiata alla pagina in questione – Proprio un amore! – rincarò persino la dose, ridacchiando nuovamente – E si vede che eri già piuttosto musone all'epoca.. sì sì – continuò – un piccolo scorbutico davvero adorabile..
Abbassando il volume, la ragazza venne interrotta nel momento stesso in cui lanciò una nuova occhiata al volto del suo compagno, trovandolo delineato di un sorrisetto carico di minacce non troppo sottintese.
– Continua pure.. te le farò pagare tutte, sappilo – le promise, in tono mellifluo e serio al tempo stesso.
Yukiko scoppiò a ridere, non dubitando per nulla della veridicità di quelle parole che, per contro, non riuscivano affatto a spaventarla. L'aveva appena portato dove voleva - metaforicamente parlando - e questo le poteva bastare, tanto da chiuder lì il discorso e smettere di tormentarlo.


L'unica non-blader dei presenti assistette alla scena senza riuscire a non arrossire d'imbarazzo, cogliendo i significati più profondi della minaccia esternata dal blader dai capelli d'argento verso la mora. Sembravano essersi dimenticati di lei, cosa che per certi versi non le dispiacque, perché era appena stata testimone di qualcosa che non avrebbe dimenticato facilmente.
Qualcosa che le aveva appena fatto intuire quanto profondo potesse essere il legame fra quei due, un dettaglio sul quale avrebbe rimuginato per tutto il pomeriggio a seguire. A quanto pareva, quella ragazza era riuscita in qualcosa che la stessa Hilary aveva creduto impossibile fino a quel momento: scherzare con Kei Hiwatari.


Nella manciata di minuti a seguire, Yukiko si dedicò alle ultime pagine di quell'album, in cui si vedevano comparire anche i ragazzi della Justice Five. Stava per tornare all'inizio quando finalmente un grido di esultanza fece alzare gli occhi di tutti e tre verso il campo di gara in cui si era appena disputata una sfida.
– Ho vinto! Rassegnati Takao, ci sono prima io!
– Non vale..
– Non è certo colpa mia se tu ti sei distratto nel momento decisivo.. dovresti saperlo che in un incontro bisogna stare concentrati fino alla fine!
Be', a quanto pareva era stato decretato chi sarebbe stato il suo primo sfidante.
Quella consapevolezza riaccese il fuoco che aveva lasciato quietare nell'animo, avvertendo la familiare sensazione di entusiasmo pervaderla da capo a piedi. Riponendo l'album accanto a sé, si sollevò in piedi con un unico movimento, prima di saltar giù dalla pavimentazione di legno con un balzo e farsi avanti, la mano destra già alla ricerca del lanciatore, pronta a procedere.
– Forza, il mio Night sta fremendo dalla voglia di scendere in campo! – esclamò, con un ampio sorriso a trentadue denti, tenendo sollevato il proprio beyblade per mostrar loro la parte superiore, al cui centro sfoggiava il bit con l'emblema dell'Anka Bianco.
Daichi ricambiò il suo sorriso con uno anche più ampio, con uno sguardo combattivo che non aveva nulla da invidiare a quello di lei, dello stesso color verde smeraldo.
– Preparati ad una cocente delusione: non hai speranze di battermi!
Questo, rifletté la mora, lo avrebbero appurato presto.


Takao si sarebbe mangiato le mani per il proprio errore, se avesse saputo che gliene sarebbero ricresciute un altro paio entro i prossimi dieci minuti. Si era distratto all'ultimo momento a causa della risata schietta di quella nuova e misteriosa ragazza e non era riuscito a non voltarsi a guardarla, rimanendo come scioccato nel comprendere che a farla ridere doveva essere stato qualcosa dettole da Kei. Che lui ricordasse, il dranzerblader non era mai stato tipo da battute, né aveva mai dato loro motivo di ridere così di gusto. Per questo aveva perso la concentrazione e si era fatto battere dal rosso.
Allontanandosi imbronciato dal campo di gara, si chiese se il suo vecchio compagno di squadra non si fosse ammorbidito. Un'occhiata alla sua espressione assolutamente indifferente gli diede una risposta negativa a quella domanda.
Accostandosi al porticato, Takao si voltò a osservare in direzione dei due sfidanti, ora entrambi in posizione di lancio. Dopo Daichi sarebbe toccato a lui e sapeva che, per avere una risposta alle infinite domande che la comparsa di quella blader aveva suscitato, non v'era niente di meglio di un incontro di beyblade.
Il dragoonblader si preparò quindi ad assistere alla sfida fra il suo compagno più giovane e Yukiko, prima di accorgersi della posizione distesa del ragazzo dai capelli d'argento, completamente disinteressato a ciò che stava per accadere. Quella vista, seppur per certi versi fin troppo familiare, gli fece inarcare un sopracciglio.
– Non segui l'incontro?
Lui nemmeno aprì un occhio – So già come andrà a finire.
Quella risposta gli fece sollevare anche l'altro sopracciglio, perplesso e confuso al tempo stesso. Per un secondo credette di ritrovarsi catapultato indietro nel tempo ed avere di nuovo a che fare con il blader che aveva dato tutto per sconfiggerlo e che, una volta raggiunto il suo obiettivo, si era eclissato dalla loro vita. Rammentava sin troppo bene la fine di quell'incontro, il sorriso vittorioso dell'altro e l'espressione vuota che era seguita per un attimo, prima che voltasse loro le spalle e si allontanasse come se niente fosse. Quel ricordo, che il moro credeva di aver sepolto e dimenticato, gli creò un disagio tale da indurlo a prendere una decisione al riguardo.
– Kei..
Il dranzerblader aprì un occhio.
– Puoi venire un momento con me? Vorrei parlarti.
L'altro non fece domande, ma si sollevò un secondo più tardi senza apparente sforzo, pronto a seguirlo, e Takao si ritrovò a considerare che nemmeno in quello fosse cambiato molto.




...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buon mercoledì piovoso a tutti!!
Eccomi qui, finalmente aggiorno, come promesso! Mi spiace non potermi dilungare molto ma ne approfitto visto che ho un po' di calma per prendere in mano il nuovo capitolo. Intanto mi auguro, come sempre, che le vostre aspettative non siano state deluse e vi ringrazio tanto per il supporto che mi state dando, seguendomi *_* grazie davvero! Per questo capitolo ci avevo preso gusto ad armeggiare con la grafica quindi ho pensato di inserire qualcuna delle foto descritte nella storia, spero che il risultato sia piacevole, a me ha fatto tornare indietro nel tempo in un modo assurdo!!
Cosa avrà in mente Takao ora? Di che vorrà parlare con Kei?? Lo scoprirete nella prossima puntata XD
Nel mentre non vedo l'ora di sapere cosa ne pensare di questo capitolo, quindi fatevi pure sotto!
Un bacio dalla vostra
Kaiy-chan

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Capitolo 38
*** La decisione giusta ***




38. La decisione giusta


Kei sapeva già di cosa voleva parlargli il suo ex capitano. L'aveva previsto ancor prima di decidere di andare davvero a trovarlo, per dare modo alla propria compagna di conoscere anche lui e concludere così quella loro piccola parentesi vacanziera.
Ed ora che il momento del confronto era arrivato, non si sentiva minimamente ansioso.
Lo seguì sino all'angolo opposto del cortile, seguendo il porticato sino a fermarsi accanto alle mura di cinta della proprietà dei Kinomiya, accanto a quello che era un albero dal tronco nodoso ed i rami ancor in parte ricoperti di fogliame dai colori autunnali. Soltanto a quel punto, mani in tasca e sguardo fermo, il dranzerblader imitò il moro ed arrestò il passo, dando le spalle al resto del giardino anteriore ed ai due sfidanti.
– Credo che ci siano un paio di cose che dovresti spiegarmi, Kei – esordì l'ex campione del mondo, del tutto serio.
Aveva in volto un'espressione che in qualche modo aveva scacciato del tutto qualsiasi impressione infantile dai suoi lineamenti, facendoglielo apparire come una versione più matura e pacata del Takao che conosceva e ricordava. Un po' se ne sorprese, ma non fece altro che attendere con pazienza che l'altro continuasse, arrivando al punto.
– Da quando sei sparito non abbiamo più avuto tue notizie.. in nome della nostra vecchia amicizia, se davvero non mi sono sbagliato a considerarla tale fino a questo momento, vorrei che mi fornissi una spiegazione per quanto accaduto.
Una folata di vento passeggera arrivò a scompigliare loro i capelli e gonfiare i vestiti, ma nessuno dei due si mosse, rimanendo a fronteggiarsi l'uno di fronte all'altro in un silenzio che si protrasse per una manciata di secondi. Il blader dai capelli d'argento ripensò al passato per l'ennesima volta da quando Yukiko era entrata nella sua vita, e fu proprio il pensiero di lei a farlo decidere a farsi avanti e dare all'amico la spiegazione che meritava. Così come lei era riuscita ad affrontare il suo passato, così avrebbe fatto lui stesso: non poteva essere da meno, non se sperava di poterla ancora guardare negli occhi.
– Non ho mai messo davvero in dubbio la nostra amicizia – gli disse inizialmente, appoggiandosi con la schiena al tronco dell'albero ed incrociando le braccia sul petto, in una posa che lo aiutò a sentirsi un po' più a suo agio – ..nemmeno quando ho iniziato a vederti soltanto come un rivale e nient'altro.
– Perché allora..? – provò Takao, prima che l'altro lo interrompesse sul nascere.
– Perché non ero più lo stesso blader – lo disse in tono talmente brusco e privo di incertezza che sortì l'effetto sperato, facendo ammutolire il moro. Questo gli diede il tempo che gli serviva per continuare e spiegarsi una volta per tutte – Ero ossessionato dall'idea di batterti a tal punto da arrivare a dimenticarmi della ragione per cui per me era così importante e quando, in quell'ultimo incontro, ci sono riuscito, non ho provato alcuna reale soddisfazione.
Takao lo ascoltava senza parlare, fissandolo con un'espressione che lasciava tranquillamente intuire il suo stato d'animo completamente spiazzato.
– Mi sono ritrovato senza più nulla per cui battermi.. così me ne sono andato e basta.
– Ma.. – l'iniziale contraddizione del giovane Kinomiya ebbe un momento di incertezza, prima che lui riuscisse a formulare il pensiero che l'aveva colto – Come mai non ce ne hai parlato?
Quella domanda gli fece nascere un sorrisetto sulle labbra – Ti sei scordato con chi stai parlando, Takao? – gli chiese in via del tutto retorica, prima di concludere – Non avrei mai potuto ammetterlo nemmeno a me stesso, figurarsi a qualcuno di voi.
– Ed ora? – insistette lui, più curioso che altro – Ora cos'è cambiato?
Kei si ritrovò a sorridere debolmente all'immagine del volto della ragazza che, ad appena una decina di metri da loro, stava scatenandosi contro Daichi. Ne udì l'esclamazione di combattività mentre lanciava all'attacco il suo beyblade, prendendo alla sprovvista il rosso a giudicare dalla sua imprecazione, e quei suoni lo indussero a scoccare un'occhiata oltre la propria spalla, dietro di sé, inquadrandola per un fugace istante nel proprio campo visivo. Non vi fu bisogno di altro, perché anche uno naturalmente ottuso come Takao comprese.
– Lei? – chiese, spalancando gli occhi scuri – È stata lei a cambiarti?
Kei nuovamente non gli rispose, limitandosi a tener lo sguardo sulla ragazza concentrata nella propria sfida. Si stava divertendo, a giudicare dal sorriso che le delineava le labbra, mentre metteva in pratica una tattica che avevano provato insieme soltanto una volta, con quella singola cuffia in un orecchio a pomparle nel timpano sinistro un ritmo che solo lei poteva sentire.
– Mi spieghi una cosa? – gli chiese di punto in bianco il dragoonblader, incuriosito, inducendolo a tornare a fissarlo in volto prima di continuare – Che cosa c'è fra voi? State davvero insieme?
Il dranzerblader a quella domanda diretta si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito, arrivando a pensare che c'era più di quanto quella parola da lui proferita potesse esprimere, fra lui e la nightblader.
– È la mia compagna.
– Eh? – Takao sembrò del tutto impreparato a quella risposta, reazione che il blader di fuoco aveva previsto, ma che gli suscitò comunque un certo intimo divertimento. Alla sorpresa iniziale infatti seguì una certa confusione che gli delineò il volto in un'espressione interrogativa – In che senso? Non credo di capire..
Kei si staccò dal proprio appoggio, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi nel voltarsi di profilo all'amico mentre, con un sorrisetto ironico e saccente al contempo, gli rispose – Nel senso che preferisci – e, detto questo, si incamminò.
– Ma..ma come? – gli giunse la voce del dragoonblader, prima di richiamarlo in tono supplicante – Kei?!
Mentre Takao si affannava a raggiungerlo, Kei si ritrovò a considerare che quella era una scena che avevano ripetuto più di una volta in passato, eppure continuava a procurargli sempre la stessa sensazione. Sì, far arrovellare il suo ex capitano invano era sempre piuttosto gratificante.


Yukiko ritirò il proprio beyblade, afferrandolo al volo con la mano sinistra, prima di riprendere fiato. Le era occorsa tutta la sua forza per resistere agli assalti di Gaia Dragoon, ma aveva scoperto che il punto debole del rosso non era venuto meno: si ritrovava ancora in difficoltà ad affrontare qualcuno che seguisse schemi d'attacco scanditi da un ritmo musicale. Anche se, di strada, ne aveva fatta parecchia il piccolo Daichi. O, per meglio dire, quello che un tempo era stato il 'piccolo' Daichi. Il ragazzo che, con aria sbalordita e insofferente, raccolse il suo beyblade nel punto in cui lei stessa l'aveva scagliato con il suo ultimo attacco era piuttosto alto, con due spalle robuste e una folta zazzera scarlatta che ondeggiò all'ennesimo soffio di vento.
– Com'è possibile?
La nightblader sfoggiò un sorrisetto sghembo, ignorando lo strappo che le aveva appena rovinato l'ultimo paio di jeans di cui disponeva poco sotto il fianco destro, graffiandole la pelle della gamba.
– Mi sono solo limitata a non rendere convenzionali i miei movimenti – gli disse, senza tuttavia riuscire a sminuire la propria soddisfazione per aver scelto di eseguire quella tattica.
Un movimento con la coda dell'occhio le rivelò che Kei era tornato ad appoggiarsi ad una delle colonne del porticato e incrociandone lo sguardo, dopo un istante, gli fece segno col pollice alzato. Lui ricambiò con un accenno di sorriso compiaciuto, dando l'idea di non essere per nulla sorpreso di quell'epilogo, e lei non riuscì proprio a non sfoggiare un sorriso sornione di rimando, orgogliosa. Certo, aveva notato che il dranzerblader e il suo ex compagno di squadra si erano allontanati per qualche minuto, ma le cose sembrava fossero tornate al loro posto fra i due, quindi non le riuscì difficile accantonare il pensiero di ciò che potevano essersi detti per concentrarsi su altro.
– Avanti il prossimo! – affermò allegramente, ponendo le mani sui fianchi e spostando l'attenzione su Takao.
Questi sfoggiò uno dei suoi sorrisetti sornioni e combattivi al tempo stesso, prima di scoccare un'occhiata al blader con cui aveva parlato in privato poco prima.
– Se però sei d'accordo preferirei prima sfidare Kei.
Il diretto interessato inarcò un sopracciglio, un'espressione che Yukiko ci mise una frazione di secondo ad imitare, inclinando per di più il capo verso la spalla destra. Il dragoonblader non impiegò molto per avvalorare la sua proposta.
– È parecchio che aspetto di avere la mia rivincita.
Finalmente il dranzerblader sembrò comprendere appieno le intenzioni dell'amico perché sulle sue labbra si delineò un mezzo sorrisetto accondiscendente, prima che si staccasse dalla trave a cui si era appoggiato sino a quel momento e si rivolgesse direttamente a lei.
– Ti dispiace?
Nonostante si sentisse ancora un poco sorpresa per la piega che stava prendendo la cosa, la mora non poté assolutamente evitare a sé stessa di iniziare a sentirsi emozionata al pensiero di poter assistere di persona ad uno degli scontri fra i due membri più forti dei Bladebreakers e annuì con un cenno del capo.
– Fai pure.
– Non è giusto! – saltò su Daichi, ancora fermo accanto al campo di gara – Anche io voglio una rivincita!
– Perché non fate un incontro a quattro? – suggerì Hilary inaspettatamente, interrompendo quel susseguirsi di repliche e ricordando a tutti la sua presenza.
– Mh? – Takao assunse un'espressione interrogativa a quel punto, prendendosi il tempo di rifletterci su un paio di secondi, prima di lasciar spazio ad un ampio sorriso – Perché no? L'idea non mi dispiace – affermò, prima di rivolgersi alla sua suggeritrice – Ottima idea.
Quella sollevò la punta del naso verso l'alto in un atteggiamento di superiorità – Naturale.
– Allora? – li interpellò direttamente Takao, ignorando la sua amica e tornando a rivolgersi a loro.
Presa alla sprovvista dal susseguirsi degli eventi, Yukiko impiegò un secondo in più per elaborare quelle ultime parole ed infine annuire.
– Per me va bene – affermò convinta, accompagnando quelle parole con un cenno del capo, cercando poi con lo sguardo il proprio compagno.
Questi, approfittando di quell'intervallo di tempo per affiancarla, annuì a propria volta e Daichi sembrò ritrovare la propria vitalità e le energie, stringendo i pugni e accodandosi al dranzerblader nell'affermare il suo consenso.
– Non avete speranze di batterci, io e Takao nel gioco di squadra siamo imbattibili!
Quell'affermazione non fece altro che far nascere un sorrisetto ironico sul volto della nightblader, che inarcò un sopracciglio con un'aria piuttosto furbesca quando, l'istante seguente, diede voce ai propri pensieri.
– Ah sì? – esordì, incrociando le braccia sotto il seno e scambiando uno sguardo carico di sottintesi con Kei – Allora che ne dite di rendere la cosa ancor più interessante?
Vide Daichi farsi perplesso e fu Takao a farsi avanti – Cos'hai in mente?
– Aggiungiamo qualcosa in palio.. – propose avanzando a propria volta sino a fermarglisi di fronte, sfoggiando un nuovo sorriso accattivante.
Il ragazzo dai capelli d'argento non si mosse, tradendo solo una vaga curiosità nello sguardo, fisso su di lei.
– Mmh.. – Takao assunse un'aria pensierosa, ma prima di poter dire alcunché Daichi lo precedette.
– Va benissimo! – esclamò, puntando il dito verso di loro – Se vinciamo noi, voi due dovrete fare dieci giri di corsa intorno alla casa!
– Sei proprio un bamboccio – si intromise Hilary – Solo a te poteva venire in mente una punizione del genere! Scommetto che è solo per ripicca per la sconfitta di poco fa!
– Non ti intromettere ochetta! – saltò su il rosso.
La situazione minacciò di degenerare in fretta, ma Takao si mise in mezzo prima che ciò potesse accadere e dopo una rapida occhiata, anche Yukiko aprì bocca.
– Va bene – affermò con sicurezza – Tanto non perderemo.
– Sicuri? – chiese il dragoonblader, rivolto all'amico.
Kei annuì con un cenno del capo e l'espressione indifferente.
– Se però vinciamo noi.. – iniziò a quel punto la mora, prima di sporgersi un poco di più verso il moro e abbassare il tono di voce abbastanza da non farsi udire da nessun altro – ..voglio una foto del tuo album.
Takao, preso alla sprovvista, spalancò gli occhi scuri e raddrizzando la schiena, scoccò un'occhiata verso Hilary e il tomo accanto alla quale era seduta. Questa sembrò venire presa altrettanto alla sprovvista, inarcando un sopracciglio, ma il blader fu altrettanto rapido a distogliere lo sguardo dall'amica per tornare ad abbassarlo sulla ragazza in attesa – E quale, scusa?
Yukiko si infilò le mani in tasca con un'aria rilassata – Ah non lo so, non ho ancora deciso.
– Su Takao, sbrigati ad accettare, non ne posso più di aspettare! – si levò nuovamente la voce di Daichi alle spalle del moro.
– Va bene, va bene! – sbottò esasperato a quel punto lui – E sia.
A quella conferma, la nightblader non riuscì in alcun modo a trattenere un ampio sorriso, sentendosi al settimo cielo al pensiero di poter scegliere una delle foto che aveva visto poco prima. Tornando sui propri passi, ci mise una manciata di secondi per accorgersi dell'espressione stampata in volto di Kei, del tutto sfiduciata e contrariata, e quando lo fece, parte del proprio buon umore sfumò.
– Cosa c'è?
– Che gli hai chiesto? – le domandò il dranzerblader, in tono quasi seccato.
– È un segreto – ribatté lei, ammiccandogli – Non preoccuparti, non è niente di ché.
Il suo compagno di squadra voltò lo sguardo di fronte a sé, chiudendosi nel suo silenzio e scegliendo di concentrarsi sull'incontro che stava per iniziare. Questo le rese vita facile, perché la sua compagna fece altrettanto, spostandosi di un passo di lato per metter mano al proprio bey.
– Cominciamo!
Il *click* che seguì le annunciò che anche l'ultimo sfidante si era messo in posizione ed a quel punto iniziò il conto alla rovescia.
– Tre – scandì, seguita ben presto da Takao.
– Due.
– Uno..
– Pronti... lancio!! – esclamarono all'unisono, facendo sfrecciare contemporaneamente i beyblade verso il centro di quello che era il terreno del campo di gara.
Le quattro trottole, appena toccarono il suolo in terra battuta, si lanciarono l'una contro l'altra, andando a scontrarsi nel punto esattamente equidistante alle due parti appena scese in campo. L'impatto sollevò immediatamente un'onda d'urto che costrinse la ragazza ad assottigliare lo sguardo, insieme ad una serie di scintille nei punti in cui gli anelli d'attacco entrarono in contatto. L'incontro, iniziato da subito al meglio, vide le trottole staccarsi le une dalle altre dopo una manciata di secondi, sfrecciando in quattro direzioni diverse. A quel punto Dranzer e Dragoon, in una stretta curva, tornarono indietro, urtandosi a vicenda in una serie di attacchi che venne interrotta da Gaia Dragoon. Il bey del rosso si scagliò a propria volta contro Dranzer, ma Night intervenne e lo sbalzò via, prima di avventarsi a propria volta sulla trottola bianca del moro, decretando uno scambio di avversari. Continuarono così per un po', mentre Yukiko studiava la situazione e le reazioni delle due trottole avversarie.
Dragoon rispondeva con una certa rapidità alle offensive, senza per questo accusare i colpi ricevuti sino a quel momento. Gaia Dragoon, che aveva già fronteggiato pochi minuti prima, era leggermente più impreciso nelle traiettorie, ma ne arrivava al culmine con una potenza che non aveva niente da invidiare a Dranzer.
Bene, era il momento di mettere alla prova le loro reali capacità.
– Night! – chiamò a sé il potere del proprio bitpower.
– Dranzer! – seguì a ruota il suo compagno – Tempesta di Fuoco!
Stella Cometa!
I due bey di due diverse tonalità di blu sprigionarono in contemporanea una luce dal centro dei loro bit, prima che il primo diventasse simile ad un proiettile luminoso ed il secondo venisse avvolto da lingue di fuoco e si scagliassero all'unisono contro gli altri due.
Resisti Dragoon!
Gaia Dragoon!
La collisione fra le quattro trottole creò una nuova onda d'urto che fece sollevare ambo le braccia agli sfidanti per tentare di ripararsi in qualche modo, anticipata da una luce che li costrinse a chiudere gli occhi per evitare di venire abbagliati. Quando polvere e vento si placarono, il suono distintivo dei bey ancora in gioco preannunciò loro che sia Dragoon che il suo compagno avevano resistito a quella combinazione d'attacchi. Takao e Daichi, dall'altro lato del campo, abbassarono di poco le braccia e sui loro volti era delineato lo stesso sorriso soddisfatto.
Un sorriso che non diminuì la combattività della mora, né quella dell'argenteo, mentre i loro bey tornavano a tracciare una curva a parabola sul terreno cosparso di solchi, sollevando polvere e terriccio al loro passaggio.
– Adesso tocca a noi! Vai Dragoon! – esclamò Takao, mandando all'attacco il suo beyblade – Attacco Tornado!
Il vento intorno al beyblade bianco aumentò mentre un fascio di luce si sprigionò una seconda volta dal centro del suo bit, più intenso del precedente, tanto da far apparire finalmente il Drago Azzurro sulle loro teste. Ma Yukiko non si lasciò impressionare e, mentre la colonna d'aria iniziava a formarsi, mandò il suo Night all'attacco richiamando a propria volta il suo bitpower.
Night! Glaciazione!
Quel semplice comando, accostato ad un movimento ampio del braccio destro, fece azionare il meccanismo motore della trottola color blu scuro, mentre questa si gettava in avanti, anticipando gli altri bey in gioco. Seguendo la rotazione del vento per sfruttarne l'energia di risucchio, Night formò sul campo una lastra di ghiaccio che circondò Dragoon, prima di arrivare ad estendersi per inerzia sin sotto di lui, rendendo scivoloso il suolo sul quale ruotava vorticosamente, prima di venir finalmente staccato da terra dalla tromba d'aria venutasi a creare dall'attacco ad effetto dell'avversario.
Adesso! – esclamò verso Kei.
Questi non se lo fece ripetere due volte, spronando Dranzer a lanciarsi in avanti con un unico comando imperativo – Tempesta di Fuoco!
Le fiamme avvolsero nuovamente la trottola blu, insieme ad un alone rosso che si sprigionò dal centro del bit e dal quale ne uscì l'Aquila Rossa. Il grido di sfida che la creatura lanciò, dispiegando le ali del colore del fuoco, risuonò nel cortile vittorioso e implacabile al tempo stesso, mentre Dranzer si scagliava direttamente contro l'avversario con una potenza ed una velocità che resero inutili le folate di tempesta create da Dragoon.
Il confronto rese l'aria più calda, in un'ultima ondata che annullò il tornado venutosi a formare, sul campo di gara, facendo schizzare il bey che ne era il fautore alle spalle del proprietario, mancandolo di poco sopra la testa e facendolo sussultare di sorpresa e sgomento.
Adesso Gaia Dragoon!
La voce di Daichi tornò a farsi sentire e il suo beyblade, rimasto a ruotare in un cerchio intorno agli sfidanti ad una distanza sufficiente a non farsi trascinare dalla tromba d'aria di poc'anzi, sfrecciò minaccioso verso Dranzer, sprigionando tutta la sua potenza in quell'attacco a sorpresa che mirava a fargli fare la stessa fine di Dragoon.
Yukiko si lasciò sfuggire un sorrisetto, intenzionata a non permettergli di riuscire nel suo intento.
Stella Cometa! – esclamò, sollevando gli occhi verdi per puntarli sul proprio bey.
Night, rimasto sospeso in aria sino a quel momento, ora che il vento di Takao si era placato ricadde in picchiata, avvolto da un alone freddo e brillante. L'Anka Bianco, proiezione dei movimenti della trottola che aveva scelto come dimora, lanciò il suo grido di battaglia e si scagliò contro il bitpower del Drago Dorato, il becco proteso e le candide ali raccolte intorno al corpo piumato.
La luce invase di nuovo il campo di battaglia quando i due beyblade si scontrarono, con una potenza che sollevò un'onda di energia tale da minacciare di sbalzare all'indietro la mora stessa, che aveva nuovamente sollevato le braccia in un inutile tentativo di ripararsi in qualche modo. Avvertendo le scarpe da ginnastica perdere la presa sul terreno, la nightblader si lasciò sfuggire un'esclamazione che venne stroncata dall'impatto che accusò con la schiena l'istante successivo, appena un passo più indietro. Un paio di forti braccia la strinsero intorno alle spalle, sostenendo il suo peso e impedendole di ricadere all'indietro, resistendo con lei a quella forte folata. Quando l'onda d'urto si esaurì e la luce si spense, la mora sbatté più volte le palpebre cercando di sollevare il capo sul ragazzo che l'aveva presa al volo e le aveva fatto da sostegno col suo corpo, sorridendogli in un moto di affetto e riconoscenza quando ne incrociò l'iridi dai riflessi color vinaccio che ormai le erano così familiari. Kei le sorrise di rimando allentando la presa per far scivolare le mani poco sotto le sue spalle, tenendole appoggiate lì sulle sue braccia senza per questo rinunciare subito al contatto fra il suo petto e la schiena di lei.
Entrambi invece tornarono a fissare il campo di gara, sul quale si stava posando la nuvola di polvere sollevata dagli attacchi decisivi dei loro bey.
Il ronzio che raggiunse le loro orecchie le anticipò, prima che riuscissero a vederlo, che almeno una della trottole era rimasta in gioco e, dall'altro lato del campo, Daichi e Takao se ne stavano parimenti immobili a fissare il polverone che andava diradandosi con esasperante lentezza.
E poi finalmente, l'aria appresso al terreno si diradò, lasciando così modo a tutti di vedere un bey blu ruotare piuttosto stabilmente accanto ad un altro che, a differenza di Dranzer, sembrava faticare a mantenere dritto l'asse di rotazione, di una tonalità più scura di quello stesso colore.
Gaia Dragoon mandò un riverbero dal punto in cui era andato a conficcarsi nel muro di cinta del cortile, a poca distanza dal suo proprietario, il quale era stato sbalzato indietro allo stesso modo della nightblader e non si era affatto reso conto della trottola mentre quella gli era sfrecciata poco prima accanto come un proiettile colorato.
– Abbiamo.. perso – mormorò il ragazzino dai capelli rossi, con gli occhi verdi talmente spalancati da sembrare messi in secondo piano rispetto al bianco del bulbo.
Yukiko pensò all'esatto opposto: avevano vinto.
Lei e Kei avevano vinto su tutta la linea!
Quella consapevolezza le fece fare un passo avanti per voltarsi verso il suo compagno di squadra e sfoggiare un sorriso carico di soddisfazione. L'entusiasmo era tale da sollevare la mano destra chiusa a pugno a mezz'aria, in un tacito invito che il dranzerblader accolse un paio di secondi dopo, battendole nocche contro nocche.
Ce l'avevano fatta. Avrebbe ottenuto quella foto.
Ora non le restava altro da fare che decidere quale sarebbe stata!


Hilary rimase con un sopracciglio inarcato a fissare la coppia vincitrice dell'incontro appena concluso, dopo aver assistito al gesto che s'erano scambiati. In realtà, le poche volte in cui in passato aveva assistito ad un incontro a coppie a cui aveva partecipato Kei, non l'aveva mai visto esultare in nessun modo, nemmeno in qualche semplice gesto di soddisfazione.
Osservando l'oggetto delle proprie riflessioni, allungò una mano per agguantare l'album fotografico che aveva accanto e lo aprì, sfogliandolo velocemente, guardando una foto dopo l'altra. In nessuno scatto in cui era ritratto il dranzerblader, questi aveva stampato in volto lo stesso leggero sorriso che gli delineava in quel momento le labbra. Un sorriso che era rivolto tutto alla sua compagna di squadra.
Fu a quel punto che la moretta non ebbe più dubbi: Yukiko era importante per lui.
Quella rivelazione le fece perdere un momento di lucidità, mentre avvertiva nel cuore l'eco dei sentimenti che aveva provato in passato dissolversi nel nulla, pronti per venire finalmente accantonati. Fu una sensazione strana, malinconica e definitiva al contempo, che le lasciò un piccolo vuoto al centro del petto e le fece abbassare lo sguardo sul terreno del cortile.
– Scegli quella che preferisci – la voce di Takao si insinuò prepotentemente nelle sue riflessioni, facendole sollevare il capo un attimo dopo averlo reclinato.
Il dragoonblader si stava rivolgendo alla sua avversaria, indicando proprio nella sua direzione e l'istante successivo Hilary vide la ragazza voltarsi a guardarla. Come presa da un brivido d'ansia, ci impiegò un momento per realizzare di cosa stessero parlando, rammentandosi della scommessa che avevano fatto soltanto dopo una manciata di secondi. Perplessa e curiosa sull'oggetto richiesto dalla mora, la vide avvicinarsi insieme a Takao e sorriderle, seguita dagli sguardi perplessi di Kei e Daichi, del tutto inconsapevoli di ciò che avevano concordato gli altri due.
Quando la giovane Natsuki si avvicinò abbastanza da non lasciarle più dubbi sulla sua meta, Hilary non riuscì a mantenere neanche l'ombra di un sorriso, prima che lei le si fermasse di fronte e indicasse l'album che ancora reggeva in grembo.
– Ti dispiace?
Presa alla sprovvista, non poté far altro che porgerle il volume, mormorando un – Oh no, figurati..
Yukiko sfoggiò un sorriso spontaneo di gratitudine che contribuì ad attenuare il disagio che provava dentro di sé, quindi le si sedette proprio al suo fianco, iniziando a sfogliare l'album che teneva fra le mani, del tutto incurante degli sguardi che le erano puntati addosso.
Persino Kei, freddo e impassibile, si era accostato al gruppo che si era raccolto accanto al porticato in legno, incrociando le braccia e fissando la sua compagna con un'espressione vagamente perplessa per i suoi standard. Daichi invece era salito sulla pavimentazione in legno e si era messo a sbirciare da sopra il capo delle ragazze, come un corvo appollaiato su un ramo.
Quando la nightblader parve trovare ciò che cercava e l'indicò a Takao, Hilary riuscì ad allungare abbastanza il collo da vedere la foto incriminata e si ritrovò a sbattere più volte le palpebre, perplessa dalla scelta della ragazza. In effetti, non la sorprese affatto il soggetto dello scatto in questione, quanto la foto in sé: si sarebbe aspettata che ne avrebbe scelta una dove il dranzerblader aveva un'espressione meno scorbutica e più rilassata, se non proprio sorridente, invece nell'immagine stampata su carta plastificata era immortalata l'espressione esattamente contraria alle sue aspettative.
Sollevando lo sguardo su Kei, la moretta lo vide inarcare un sopracciglio prima di assumere un'aria quasi seccata e volger il capo in un'altra direzione, dopo aver visto quale premio l'altra avesse scelto per la loro sudata vittoria. Per quel primo istante ad Hilary sembrò quasi imbarazzato. Un'altra stranezza da attribuire a quella giornata.
– Be', che fate? Restate per cena? – intervenne Daichi, calamitando l'attenzione della moretta sul discorso in atto.
– Negativo – rispose Yukiko, sovrapponendo le braccia ad X davanti a sé – Ho promesso a mia madre che avremmo cenato insieme.
– Tornerete a trovarci spero – aggiunse Takao, sfoggiando un sorriso solare dei suoi e ponendo le mani sui fianchi – Dovrete concederci la rivincita.
– Si può fare – concesse magnanimamente Kei, prima di voltarsi verso il cancello.
Meccanicamente, come richiamata da una forza invisibile, anche Yukiko si alzò e si mosse in quella direzione, come se non potesse allontanarsi troppo dal dranzerblader.. come se questi fosse il suo unico centro gravitativo.
– È stato un piacere conoscervi – stava dicendo la mora – ..spero che avremo altre occasioni – e poi stranamente il suo sguardo di smeraldo si posò su di lei, insieme ad un accenno di sorriso – Mi ha fatto davvero piacere, Hilary.
Quelle parole la presero in contropiede, perché la ragazza le era sembrata tutto meno che propensa ad instaurare un rapporto amichevole con lei. Un leggero senso di colpa l'assalì il momento successivo, nel rendersi conto che buona parte di quel muro invisibile fra loro l'aveva tenuto in piedi lei stessa. Per questo esitò, e ciò diede l'opportunità all'altra di continuare.
– Spero potremo essere buone amiche, un giorno – lo disse con un tono particolare, accostato a quel tenue sorriso ed uno sguardo indagatorio, e lei capì.
Capì che Yukiko aveva forse uno spirito di osservazione ed un intuito decisamente superiori alla media che le avevano permesso di analizzare la tensione nell'aria, e che le stava offrendo un'opportunità per cambiare le cose. La scelta ora spettava solo a lei: poteva decidere di lasciarsi il passato alle spalle e conoscere meglio quella ragazza tanto particolare da essere entrata nelle grazie del dranzerblader, oppure ignorare la cosa e continuare esattamente come aveva fatto sino a quel momento.
Istintivamente spostò lo sguardo su Takao, come se lui avesse potuto aiutarla in qualche modo. Negli ultimi anni aveva finito per trovare in lui un qualche tipo di punto di riferimento la cui natura non aveva indagato, né era riuscita ad ammettere in qualche modo a sé stessa. Eppure ora che si ritrovava per l'ennesima volta in difficoltà, non poteva far altro che posare i suoi occhi color nocciola sul dragoonblader.
Questi era cresciuto dai tempi in cui partecipava attivamente ai tornei di Beyblade, si era fatto più alto, con le spalle più larghe ed i lineamenti più maturi. I suoi occhi neri, nel momento in cui incrociarono quelli di lei, le trasmisero un messaggio indecifrabile ma di un'intensità tale da riempire quel vago vuoto che le si era aperto poco prima al centro del petto e, per qualche motivo, finì per arrossire.
Si voltò di nuovo verso la nightblader allora, preda di una strana agitazione, ma seppe d'istinto cosa risponderle.
– Volentieri – le disse di getto, ritrovandosi a sorriderle con fare impacciato ma incoraggiante.
Il sorriso di lei in risposta sembrò illuminarla in viso, talmente spontaneo e sincero da contagiarla, e per Hilary fu come se le venisse tolto un peso dall'animo.
Nei minuti a seguire l'ultimo saluto dei due, fu sempre più sicura di aver preso la decisione giusta.




...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Questa volta sono riuscita ad aggiornare in meno di una settimana! Che ne dite? Siete contenti?
Io abbastanza! Finalmente avete avuto risposta alle vostre domande! Non mi dilungo, non credo che questo capitolo abbia bisogno di un commento troppo lungo della sottoscritta, quindi lascerò a voi il compito di farmi notare i punti che più vi hanno colpito e dirmi cosa ne pensate!
Nel frattempo vi auguro una buona domenica, spero di riuscire ad aggiornare presto, ma non sono sicura di quando sarà, vi chiedo scusa in anticipo!!
un saluto
Kaiy-chan

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Capitolo 39
*** Il primo giorno ***




39. Il primo giorno


Lunedì 3 Novembre: primo giorno di stage formativo alla N.C.
Contemporaneamente, era anche il primo giorno del corso di formazione professionale che avrebbe dovuto seguire presso l'organizzazione Hiwatari, eppure la giovane Natsuki sin dal momento in cui aveva aperto gli occhi sul soffitto della propria stanza, non si era sentita così nervosa come lo era stata i giorni precedenti. Lei e Kei non erano riusciti a vedersi spesso dopo la giornata passata ad Akebono e questo era anche in parte il motivo per cui si sentiva un po' più insofferente del dovuto.
Avvicinandosi alla propria 'scatola dei tesori' ne sollevò il coperchio di cartone per prendere con una mano la foto che era stata il trofeo vinto in quell'ultima giornata di sole passata in sua compagnia. Sorrise al viso imbronciato e dai caratteri più infantili del proprio ragazzo, mentre il pensiero di avere per sé uno scorcio del Kei del passato la rimetteva di buon umore.
L'impazienza e la felicità di poterlo rivedere, anche solo per poco tempo, in un ambiente comunque di lavoro, si aggiunse all'irrequietezza suscitata dalla consapevolezza che quello fosse anche il 'primo giorno' di quello stesso cammino che entrambi avevano scelto di intraprendere. Un cammino che, se tutto andava come doveva, li avrebbe visti procedere fianco a fianco per il prossimo anno.
Passando accanto allo specchio, diede al proprio riflesso un'ultima occhiata prima di scendere di corsa dalle scale ed entrare in cucina. Sua madre, già sveglia da un pezzo ed intenta a sparecchiare, le indicò il suo piatto, accanto al quale aveva depositato il bento, già chiuso ed impacchettato da portar via. Quell'accortezza le fece rammentare dell'ultima volta che aveva consumato un pranzo al sacco, evento avvenuto in compagnia del dranzerblader, e si ritrovò a sorridere, sebbene si ripromise nel metterlo in borsa che il giorno dopo avrebbe fatto in modo di procurarne uno anche per lui - se questi ne avesse avuto bisogno, ovviamente.
– Yuki-chan, ma non mangi?
– Non voglio arrivare tardi il mio primo giorno – disse la ragazza, afferrando un paio di fette di pane tostato e addentandole nello spostarsi per l'ambiente, prima di raccogliere le chiavi dalla mensola accanto alla porta ed aggiungere – Allora la prendo io la macchina..
– Sì certo, prendila pure, io andrò in taxi.. dobbiamo iniziare a pensare ad una seconda auto: in fin dei conti ne avrai bisogno – commentò la signora Natsuki alla figlia, asciugandosi le mani allo straccio appeso accanto al lavello e voltandosi in parte a guardarla.
– Non scordarti che avrò io l'ultima parola sul modello – le rammentò lei di rimando, scivolando oltre la soglia che dava sul corridoio e fermandosi nell'atrio per calzare le proprie scarpe. Si era vestita di tutto punto, con quello stesso tailleur blu scuro che aveva indossato l'ultima volta ormai più di due mesi prima, accostato ad una camicia bianca sfiancata. Non aveva affatto raccolto i capelli, che avevano miracolosamente conservato la piega che la parrucchiera aveva dato loro il giorno precedente, quando vi si era recata sotto costrizione materna per spuntarli. Ne aveva approfittato per cambiare colore, cambiando la sfumatura delle punte in un bel viola scuro, il quale aveva finito per piacerle quanto, se non più, del rosso precedente.
– Certo cara – la raggiunse ancora una volta la voce dell'altra donna.
Infilate le scarpe con tacco basso, la nightblader afferrò la cartella professionale che molto tempo addietro era appartenuta a sua madre ed uscì sul vialetto, diretta verso l'utilitaria parcheggiata lì accanto, senza per questo dimenticare la formula di rito.
– Sto uscendo.
– Buona giornata – le rispose sua madre, prima che la porta si richiudesse dietro le sue spalle.
Con passo rapido, Yukiko si accostò all'auto dal lato del guidatore, già pronta con le chiavi in mano a inserirle nella serratura e aprire la portiera, quando alle orecchie le giunse un rumore che stonava terribilmente con ciò che la circondava: il rombo del motore di un'auto sportiva.
Inarcando un sopracciglio, la ragazza si voltò verso il cancellino in ferro battuto, riuscendo a scorgere soltanto un angolo posteriore della macchina da cui proveniva quel suono caratteristico, sebbene fu abbastanza a lei per distinguerne il colore grigio piombo metallizzato della carrozzeria.
Il cuore le sussultò nel petto e, presa da un sospetto improvviso, la blader si mosse automaticamente per sporgersi oltre il muro di cemento che definiva il confine fra il loro cortiletto e la strada. Appena ci riuscì, uscendo sul marciapiede, aveva già ambo gli occhi verdi spalancati alla vista della Chevrolet Camaro Cabrio che aspettava proprio lì davanti, col tettuccio alzato ed i finestrini abbassati.
Accostandosi al lato del guidatore non si sorprese più di quanto già lo fosse nel vedervi seduto Kei, che ricambiò il suo sguardo con un'aria del tutto impassibile e un po' scocciata, come se l'attesa lo avesse messo di malumore. Impressione che, nel profondo stupore che ancora non voleva saperne di farla tornare lucida, venne meno l'istante successivo perché dagli occhi dai riflessi di brace del blader trasparì una nota di sorpresa che ella non ci mise un secondo a collegare al suo nuovo colore.
– Che cosa ci fai qui?? – si ritrovò ad esclamare di getto.
– Ti porto al lavoro – le rispose lui con un sorrisetto sghembo dei suoi.
– Ma..! – sbottò inizialmente la mora, completamente presa alla sprovvista. Mossa dall'agitazione di un pensiero dopo l'altro, sollevò lo sguardo verso casa propria, corrucciata in viso, prima di sospirare a labbra serrate – Aspetta qui – gli disse soltanto, tornando indietro e raggiungendo velocemente la porta di casa. Apertala, non diede nemmeno il tempo a sua madre di affacciarsi in corridoio che lei esclamò – La macchina la puoi prendere tu, io ho trovato un passaggio! Ci vediamo alla NC, ciao! – lasciandole le chiavi sul mobiletto accanto all'uscio.
– Yu-chan..?
Ignorando quel principio di domanda, la moretta richiuse l'anta del portone e corse verso la strada, perdendosi il resto delle parole di sua madre e affrettandosi a raggiungere la Camaro del suo ragazzo. Sì, perché quello che continuava a sorprenderla era proprio quel pazzo del suo compagno.
Raggiunta la portiera a lato passeggero, la aprì e vi si infilò dentro di slancio, richiudendola un istante dopo.
Parti, parti, parti!
Il rombo del motore si ravvivò sotto la sollecitazione del dranzerblader e l'auto fece un balzo in avanti, costringendo la ragazza a schiacciarsi contro il sedile mentre questa si immetteva in strada e sfrecciava via. Spiazzata, riuscì a riprendere fiato soltanto una manciata di secondi dopo, che in termini di strada corrispondeva all'isolato adiacente, sebbene il cuore non volesse saperne di tornare ad un battito normale.
Ancora stralunata dalla piega che aveva preso quella mattina, si voltò allora verso il suo autista, senza riuscire ad evitarsi di esclamare – Sei completamente fuori di testa! – il vederlo incassare il capo fra le spalle e cercare di smorzare un sorriso divertito la fece continuare con il medesimo tono accusatorio – Non dovevamo tenere un basso profilo? E se mia madre ti avesse visto?!
L'ultima frase ebbe il potere di attirare abbastanza attenzione da indurre il blader a scoccarle finalmente un'occhiata in tralice nel fermarsi ad un incrocio, prima di tornare a prestare attenzione alla strada.
– Credevo ti avrebbe fatto comodo un passaggio.
Yukiko piegò le labbra in una smorfia, spostando lo sguardo a propria volta oltre il parabrezza – Comunque, avremo presto una seconda auto.
– Buongiorno a te.
La mora a quella risposta non troppo entusiastica si lasciò sfuggire uno sbuffo quasi divertito, iniziando a calmarsi abbastanza da riuscire a vedere il lato positivo della situazione, e rispose – Buongiorno, tesoro. Grazie per essere passato – e senza pensarci troppo si sporse dal sedile per scoccargli un bacio sulla guancia immacolata.
Quel mattino persino Kei si era vestito a modo, con quella sua camicia nera ed i pantaloni del medesimo colore, e si era finalmente ripulito il viso. L'orecchino che gli decorava il lobo era l'unico vezzo che aveva mantenuto, insieme alla piega dei capelli assolutamente casuale, come al solito.
– Come mai vestito così?
– Mio padre ha indetto una riunione per presentarci ufficialmente.
– Ah. Capisco – commentò la mora, scivolando nuovamente composta e ricordandosi soltanto in quel momento della necessità di allacciare la cintura di sicurezza. Ora era piuttosto chiara anche la sua presenza sotto casa sua: le era sembrato un po' troppo strano che Kei si fosse svegliato apposta per passare a prenderla a quell'ora.
– Non proprio.
– Eh? – la giovane Natsuki cadde dalle nuvole, reclinando il capo verso destra.
– Ti passerò a prendere tutte le mattine, finché non avrai un'auto tua – affermò senza batter ciglio lui, svoltando ad un bivio. La guida del dranzerblader in città risultò essere meno spericolata dell'ultima sera in cui lei era salita a bordo di quell'auto e permetteva ad entrambi di avere una conversazione civile, nonostante il rumore del motore.
La mora inarcò un sopracciglio, chiedendosi come avesse fatto ad indovinare ciò che stava pensando, ma l'istante dopo la prospettiva di vederlo ogni mattina sotto casa le insinuò un brivido di emozione al centro del petto, cosa che non le impedì di tentare di dire – Non importa..
Tentativo reso vano dalla replica dell'altro – Non ci provare – la bloccò, con tono che non ammetteva repliche – A me importa eccome.
Sentendosi arrossire per quella confessione, ma ragazza rammentò fin troppo chiaramente la discussione affrontata quasi tre settimane prima sulla Muraglia cinese e le parole che le aveva detto all'epoca. A ripensarci ora, quell'episodio stava già assumendo nella sua mente le connotazioni di un evento passato, ma la fece sorridere ugualmente.
– Anche a me – disse soltanto, puntando lo sguardo oltre il finestrino.
Non proferirono più una sola parola per il resto del tragitto, che ebbe una durata di un quarto d'ora scarso, sino al parcheggio privato del personale dell'azienda. Passando sotto la transenna, la mora ebbe finalmente una chiara visuale del palazzo che ospitava l'organizzazione Hiwatari. La visione del grattacielo di architettura all'avanguardia, posto accanto ad una costruzione gemella dall'altro lato del parcheggio, le fece spalancare gli occhi verdi dall'incredulità mentre arrivava ad appoggiarsi al vetro per riuscire a scorgerne la sommità.
– Quanti piani sono destinati agli uffici? – domandò meccanicamente.
– Tutti e ventidue.
Yukiko si voltò di scatto a fissare il suo ragazzo, sempre più sbalordita, cercando una conferma – Tutto il palazzo?
Kei sfoggiò un sorrisetto ironico e divertito al tempo stesso – Entrambi.
– Scusa??
– Anche quello accanto appartiene alla Hiwatari.
Di nuovo la mora sentì le forze abbandonarla. Sul serio sua madre aveva creduto che lei potesse avere tutte le capacità per gestire gli affari di un'azienda tanto grande da occupare gli uffici di due grattacieli di ventidue piani ciascuno? Anche ammesso che lei e Kei avrebbero finito per dividersi i compiti, questo voleva comunque dire ventidue piani a testa.
Quella donna nascondeva dentro di sé un pericoloso lato da megalomane.
Decisamente pericoloso.
– Pronta ad andare? – la voce del dranzerblader le venne in soccorso e la ragazza deglutì, realizzando che l'auto era ferma ed era giunto il momento di scendere e affrontare il suo destino.
– No – gli rispose meccanicamente, già mettendo mano alla portiera – Andiamo.
Udì senza problemi il distinto sbuffo divertito del suo compagno, cosa di cui non si sorprese più di tanto ormai: sembrava trovare divertente la maggior parte delle cose che diceva, cosa di per sé assurda, perché ricordava sin troppo bene i motivo per cui nei primi tempi lo aveva battezzato come blader di ghiaccio.
– Non stai dimenticando qualcosa?
Quella domanda a bruciapelo la fermò prima di far scattare la serratura, inducendola a voltarsi con un'espressione interrogativa in pieno volto. Stava per domandargli di cosa stesse parlando quando se lo ritrovò ad una distanza irrisoria dal proprio volto. Il tempo di frenare istintivamente il proprio respiro che avvertì le sue labbra sulle proprie, in un bacio rubato a tradimento che durò una manciata di secondi ma non mancò di farle sobbalzare il cuore nel petto.
Quando lui si tirò di nuovo indietro, Yukiko era fin troppo consapevole del proprio sorriso ebete stampato in faccia e lui ricambiò il suo sguardo con un'espressione maliziosa che lasciava intendere quanto anche lui l'avesse notato. Avvertendo le proprie gote colorarsi di una tonalità simile a quella di un pomodoro maturo, la nightblader allora deglutì, voltandosi verso la portiera e aprendola meccanicamente per saltar fuori senza una sola parola.
Nell'aria fredda del mattino, inspirò un paio di volte a fondo prima di ritrovare il controllo della propria espressione, se non delle proprie emozioni, ed attese come nulla fosse che il suo accompagnatore le facesse strada, seguendolo poi senza indugio verso l'ingresso del grattacielo alla loro destra. Non era più tempo di tentennamenti: la sua nuova vita di aspirante manager aziendale la stava aspettando.


Tutto sommato la giornata non era iniziata male per Kei ed, al di là di quella noiosa riunione formale indetta da suo padre, il resto della mattinata trascorse rapidamente sino all'ora di pranzo. Rapidamente perché - dopo aver presentato lui e la giovane Natsuki a colleghi e soci ed aver contribuito ad indirizzare la seconda al suo responsabile per il corso di formazione professionale a cui ella partecipava insieme ad un ristretto numero di persone selezionare fra le varie domande d'iscrizione - il presidente lo aveva trattenuto in quella stanza per discutere di affari ed assistere alla presentazione del bilancio aziendale mensile, onere a cui, gli aveva spiegato, avrebbe dovuto adempiere ogni primo lunedì mattino del mese.
Dopodiché lo aveva condotto ad una delle scrivanie da lavoro provviste di separé dell'ufficio accanto, spiegandogli che quella sarebbe stata la sua postazione di lavoro e che il responsabile del reparto gli avrebbe spiegato ciò che avrebbe dovuto fare in sua vece. Inoltre, avrebbe cambiato reparto di riferimento ogni due settimane, per poter avere così una panoramica completa di ogni settore amministrativo e del ruolo ricoperto nell'azienda.
In pratica, aveva passato le ultime tre ore ricontrollando alcuni documenti per conto del suo supervisore e facendo fotocopie, ma dopo neanche mezz'ora aveva iniziato a perdere qualunque interesse per quell'incarico monotono, così la sua mente aveva iniziato a divagare. Comprendendo di sentirsi annoiato ed insofferente, attribuì la causa del suo umore all'unica possibile: lei. Se non c'era lei nei paraggi a tener viva la sua attenzione, non riusciva a provare alcun interesse, non importava con chi stava parlando o cosa stesse facendo. Si permise di esternare un fugace sospiro a labbra serrate, graffettando una pila di fogli che erano la copia di una relazione appena uscita dalla fotocopiatrice. Al posto delle parole in grassetto del titolo, davanti agli occhi gli comparve l'immagine di lei quel primo mattino, con indosso il tailleur color blu scuro e i capelli neri e viola. La prima cosa che aveva pensato era che le donavano, la seconda che non gli sarebbe dispiaciuto sentire la loro consistenza setosa sulla pelle.
Accorgendosi di star tergiversando tornò alla propria scrivania temporanea, appoggiando lì le due distinte pile di fogli prima di lanciare uno sguardo all'orologio appeso alla parete dall'altro capo dell'ufficio. Erano le 12:02.
– Ah, eccoti qui – lo apostrofò il dirigente che avrebbe dovuto affiancare per quelle prime due settimane, comparendogli accanto – Ottimo lavoro. Per oggi è tutto.
La pausa decretava per lui la fine dei suoi oneri verso la società per quel giorno, cosa che gli procurò una sensazione di sollievo che non si lasciò sfuggire. Annuì semplicemente con un cenno del capo e, recuperando la propria giacca, si avviò verso la porta che dava sull'atrio di scale e ascensore.
Anche se non potevano far sapere in giro della loro relazione, questo non gli avrebbe impedito di passare ogni minuto libero con lei.
La incrociò fuori dalla sala ristoro mentre cercava di trovare un posto a sedere, l'espressione preoccupata che si rischiarò di un sorriso quando si accorse di lui. Avvicinandosi alla ragazza allora, Kei abbassò lo sguardo sulle sue mani, notando che reggeva in mano un involto squadrato dalla forma tipica: si era portata il bento da casa.
– Stavo cercando un posto libero.. – affermò, voltandosi verso il resto dell'ambiente. Non c'erano molte sedie adatte allo scopo, nonostante quella non fosse l'unica sala adibita a quel compito all'interno del palazzo. Persino al bancone, nonostante la relativa calma della clientela, v'era un discreto numero di persone intente ad attendere il loro turno per prendersi qualcosa da mangiare.
– Io cercavo te – le disse d'impulso con voce bassa, cosa che fece voltare di nuovo di scatto la ragazza a guardarlo con occhi spalancati. Quella reazione lo fece sorridere leggermente, soddisfatto di averla presa ancora una volta in contropiede – Vieni.
Non aggiunse altro, prima di voltarsi. Aveva già un'idea su dove poter mangiare qualcosa in santa pace, nell'attesa di salire di nuovo in macchina e fare rotta verso la sede della Natsuki Corporation.
La condusse verso l'ascensore, salendo con lei sino al diciottesimo piano, per poi proseguire lungo un breve corridoio incredibilmente silenzioso. Solo una donna incrociò il loro passo, non riuscendo ad evitarsi di guardarli entrambi con un'espressione perplessa nel momento in cui la superarono senza una parola. Probabilmente quella che doveva essere una segretaria si stava chiedendo cosa facessero lì, ma non aprì bocca nemmeno quando, con sicurezza, il dranzerblader tirò fuori il proprio badge e lo strisciò sul lettore magnetico accanto all'unica porta a vetri posta in fondo al corridoio.
Questa si schiuse senza problemi con un clangore ovattato di metallo, dandogli modo di sospingerla verso l'interno e far entrare Yukiko. Prima di seguirla, scoccò un'occhiata penetrante alla donna rimasta accanto all'ascensore e questa sussultò, prima di affrettarsi ad entrare nel vano di quest'ultimo e far richiudere le porte scorrevoli. Soltanto una volta che il corridoio fu di nuovo sgombro il blader si concesse di lasciar richiudere la porta a vetri dietro di sé e si voltò verso l'ampia stanza in cui era appena entrato.
– Dove siamo? – la voce della nightblader lo indusse a prestarle attenzione e la sua aria ingenuamente interrogativa lo fece quasi sentire a disagio. Quasi, perché in fin dei conti non aveva nulla da rimproverarsi se non il desiderio di stare da solo con lei in tranquillità, senza il brusio di voci e la presenza di altre persone che gli avrebbero impedito di comportarsi in modo spontaneo.
– Questa è la sala riunioni privata del presidente – le spiegò semplicemente, volgendo lo sguardo verso l'ampia vetrata che dava su un modesto terrazzo baciato da un pallido sole.
Era una stanza piuttosto ampia, delimitata su tre lati da mura in cartongesso e sulla quarta da una parete di doppi vetri, oltre la quale si poteva ammirare il panorama cittadino, nei limiti del possibile fra i grattacieli adiacenti ed i tendaggi sintetici a strisce verticali. L'ampio tavolo, anch'esso in vetro, era circondato da dieci seggi in pelle con tanto di rotelle, mentre il resto dell'arredo era limitato ad un quadro impressionistico, un divanetto, un paio di poltroncine abbinate ed un basso tavolino fra queste, più quattro felci, una ad ogni angolo della sala. Sul terrazzo erano presenti alcune sedie ed un altro tavolino rotondo.
– E possiamo stare qui? – chiese di nuovo la ragazza al suo fianco, preoccupata.
– Nessun problema – le rispose, facendosi avanti per avvicinarsi alla porta che dava sul terrazzo. Appena la aprì una folata di vento gelido gli si insinuò sotto i vestiti, ma appena fece qualche passo sotto il sole di novembre, i pochi brividi che gli avevano fatto venire la pelle d'oca scomparvero. Voltandosi verso la giovane Natsuki, la vide ferma al centro di quella soglia e le fece un cenno del capo, invitandola così a prender posto.
La vide indugiare un momento prima di abbozzare un tenue sorriso e avvicinarsi ad una delle due sedie poste accanto al parapetto e appoggiare il proprio pranzo sulla superficie in metallo del tavolino. Soltanto quando lui fece altrettanto, traendo a sé la sedia libera e accomodandosi come se niente fosse, lei parve venir colta da un pensiero improvviso proprio mentre stava cercando di armeggiare con il nodo del fazzoletto monocromatico.
– Tu non ti sei preso niente?
– No.
– Perché?
Quella domanda lo fece corrucciare un poco in volto, ben consapevole della risposta che, a causa del suo orgoglio, non le avrebbe dato: se n'era dimenticato. In mensa aveva visto tutta quella confusione al bar e non ci aveva pensato due volte a girare i tacchi, pensando soltanto all'intento di portarsi dietro la mora che ora sedeva lì con lui. Dovette aver assunto un'espressione particolare perché l'altra non insistette sull'aver una risposta e si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito, prima di sospirare con enfatizzata rassegnazione.
– Sei un caso perso, Hiwatari – lo sbeffeggiò, scuotendo il capo.
Kei inarcò un sopracciglio, non riuscendo comunque a sentirsi più infastidito di quanto in realtà non fosse in imbarazzo per la propria mancanza. Che poi lei avesse capito subito la situazione era qualcosa che continuava a lasciarlo spiazzato, motivo per cui continuava di tanto in tanto a cercare di ricambiarle il favore ogni volta che poteva.
– Non ho fame – mentì spudoratamente, con la sua solita impassibilità.
– Dovrai fare di meglio, se speri di darmela a bere.
Tornando a incrociarne lo sguardo di smeraldo, pronto ad accontentarla, ogni parola o pensiero divennero troppo inconsistenti per poter essere formulato adeguatamente e lui dovette abbandonare quel proposito, comprendendo con una nota di disappunto di non poter “fare di meglio” con lei. Non in quel momento per lo meno. Rimanendo corrucciato in viso allora, incrociò le braccia sul petto e tornò a far divagare lo sguardo sulla città, in un silenzio sostenuto che non lasciò durare a lungo.
– Com'è andata?
– Mh? – la mora, che aveva appena finito di aprire il coperchio del suo bento, sollevò di nuovo lo sguardo su di lui, prima di rispondergli – Oh be', direi bene.. stasera dovrò dare una sistemata ai miei appunti, ma il corso mi è sembrato piuttosto semplice. Bene o male sono tutte cose di cui avevo già avuto un'infarinatura da mia madre – una piccola pausa di silenzio, prima che arrivasse il suo turno – E tu?
– Niente di ché: una noia mortale – ribatté semplicemente, brutalmente sincero.
– Oh – mormorò quella soltanto, senza entrare nel dettaglio.
Quella reazione lo indusse a cercarla di nuovo con lo sguardo dai riflessi di brace, inarcando un sopracciglio nel vederla alzarsi e spostarsi con la sedia in modo da finirgli accanto. Spalancando le palpebre ne notò il leggero rossore sulle guance e lo sguardo sfuggente, così come il sorrisino che aveva a delinearle le labbra, mentre si dedicava ad afferrare con le bacchette un pezzo di omelette. Quando glielo porse, il blader si ritrovò a deglutire, immobilizzato in ogni muscolo da un intenso imbarazzo che rischiò di fargli dimenticare il modo giusto di respirare. Allora aprì la bocca, ma non per farsi imboccare, bensì per protestare.
– Ho detto che non ho fame – affermò, seccato.
Per contro, il suo stomaco ritenne invece doveroso dire la sua, perché borbottò talmente forte da fargli nascere una smorfia in volto.
Quel suono fece inarcare un sopracciglio alla ragazza, mentre quel suo sorrisetto sghembo le si accentuò, velato di sottintesi. Quell'espressione, così sicura e furbetta al tempo stesso, lo fece capitolare senza che l'altra dovesse aggiungere una sola parola ed arrendendosi, si chinò verso quelle bacchette, prendendo in bocca il cibo che lei gli stava offrendo senza per questo abbandonare la propria aria corrucciata.
Il buon sapore, accentuato dal senso di fame, contribuì a farlo deglutire piuttosto velocemente prima di aprire di nuovo le fauci ed accettare la nuova offerta senza fare storie. Al terzo boccone si rese conto di prestarsi più volentieri del previsto a quella scena, essendosi rilassato piuttosto velocemente, e non ci mise molto a comprendere che dovesse essere dovuto al luogo appartato che aveva scelto lui stesso. Non c'era nessuno ad assistere, erano soltanto loro due, e quella consapevolezza gli fece nascere un nuovo mezzo sorriso in viso prima di fessurizzare lo sguardo sulla sua compagna.
– A che ora dobbiamo essere alla N.C.?
La mora sollevò lo sguardo al cielo con espressione pensierosa, abbassando le bacchette – Mh.. – mugugnò, per poi deglutire e tornare a guardarlo in volto – Entro le 2 del pomeriggio.. credo.. – la voce le si abbassò talmente tanto da morirle in gola e lui seppe immediatamente quale fosse la causa.
Sorrise soddisfatto, bruciando gli ultimi centimetri rimasti a separarli per baciarla.
Non si spinse troppo in là in quel contatto, lasciando semplicemente le proprie labbra appoggiate sulle sue per una manciata di secondi, sporto in avanti verso di lei su quella sedia priva di braccioli e tenendosi in equilibrio con un braccio appoggiato al bordo del tavolino lì accanto. Per quella manciata di secondi il mondo circostante perse nitidezza, come se venisse posto dietro una lastra di vetro opaca, la propria coscienza concentrata soltanto su di lei.
Quando tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia, ponendo nuovamente ambo le braccia incrociate sul petto, si sentì decisamente meglio di pochi minuti prima. Sogghignò fra sé e sé al pensiero di iniziare ad accusare una lieve dipendenza da lei, soprattutto dopo quegli ultimi giorni di distacco. In realtà non riusciva a smettere di cercarla con una parte di sé quando lei non c'era e questo gli aveva causato persino qualche problema nel dormire la notte: il letto della sua camera era diventato improvvisamente troppo grande per lui soltanto.
Scoccando un'occhiata alla moretta, la vide con lo sguardo perso a fissare un punto indefinito oltre il parapetto del terrazzo, il viso baciato dal sole tinto di una sfumatura rossastra più che evidente e le labbra leggermente piegate in un sorriso, nonostante si stesse tenendo impegnata a finire il suo pranzo.
Sorridendo, si limitò a fissarla per un po' a propria volta, del tutto a proprio agio, tanto che quasi cadde dalle nuvole quando lei ruppe il silenzio venutosi a creare fra loro.
– Domani posso.. – il resto della frase si perse in una folata di vento.
– Mh?
– Domani – scandì nuovamente lei, tornando a fissarlo in un moto di decisione – ..ho detto che ci penserò io al tuo pranzo. D'accordo?
Kei inarcò un sopracciglio, prima di rammentare l'ultimo bento che lei gli aveva appositamente preparato.
– C'è qualcosa di particolare che vorresti mangiare?
La domanda gli fece assumere un'espressione pensierosa, prima di rendersi conto di starci pensando seriamente, cosa di per sé incredibile. Non indagò a fondo sul proprio stato d'animo arrendevole, concentrandosi soltanto sulla risposta da darle; risposta che gli giunse fin troppo prontamente l'istante successivo.
– Gamberi – le disse solamente, col tono sostenuto usato precedentemente.
Yukiko annuì con un cenno del capo a quella richiesta, in volto stampato un sorriso soddisfatto che non teneva affatto conto del modo in cui le aveva fornito quella risposta. O forse era proprio perché ne aveva tenuto conto, che gli sorrideva così tranquillamente; perché, forse, aveva già imparato a vedere oltre quel suo lato scorbutico ed indifferente che assumeva in determinate circostanze persino con lei.
Ancora una volta, avvertì una piacevole sensazione nascergli al centro del petto e affiorargli alle labbra, piegandole in un tenue sorriso fine a sé stesso.


Quella sera Yukiko lasciò ricadere la propria cartella porta-documenti sulla sedia, prima di accostarsi al frigo e aprirne l'anta, avvertendo al contempo i passi della donna che era sua madre aggirarsi per il corridoio e raggiungere le scale.
– Pesce?
– Va bene cara, come preferisci. Io vado a cambiarmi – le annunciò la signora Natsuki già a metà scala.
La nightblader sospirò, prima di tirare fuori tutto il necessario per la cena e mettersi all'opera, munita di grembiule. Mentre si dedicava al compito di preparare la cena per tutte e due, ripensò brevemente alla giornata appena conclusasi, avvertendo una certa stanchezza incurvarle le spalle, cosa che la costrinse a inspirare profondamente per sciogliere i muscoli.
Alla N.C. il tempo era volato mentre sia lei che Kei svolgevano un compito dopo l'altro. A causa di questo e del fatto di essere stati assegnati a due manager differenti, non avevano avuto occasione di scambiarsi nemmeno una parola prima di tornare ognuno a casa propria e ciò era stato dovuto soprattuto alla presenza della presidentessa. Il loro saluto di commiato si era tradotto in un unico sguardo, prima di prendere due direzioni diverse.
Mentre stava friggendo le cotolette di sogliola nell'olio, udì distintamente l'avviso di un messaggio provenire dal telefono lasciato sul tavolo e dopo aver abbassato il fuoco si affrettò a raggiungerlo, sbloccando lo schermo per avvedersi di chi fosse. Inarcò un sopracciglio, prima di farsi sfuggire un sorrisetto divertito alle uniche tre parole che il dranzerblader le aveva inviato: “Ricordati i gamberi”.
– Bene, bene..
In fin dei conti ci teneva più di quanto avrebbe mai ammesso, si disse con una punta di orgoglio e soddisfazione. Quella prova dell'impazienza altrui la mise tanto di buon umore che finì per canticchiare fra sé e sé mentre predisponeva la tavola e si dedicava anche ai pranzi del giorno seguente, riempiendo le due scatoline di riso e contorni. Stava ancora canticchiando quando sua madre scese in cucina, sorprendendola con quell'umore.
– Come mai così allegra?
Yukiko sussultò, presa alla sprovvista, e per poco non rischiò di scottarsi con la pentola del riso, prima di riacquistare il controllo delle proprie reazioni e voltarsi verso la donna, ridacchiando nervosamente – Niente di particolare, davvero.
– Davvero? Non centra niente il misterioso passaggio di stamattina, allora.. – le rispose l'altra, apparentemente impassibile mentre prendeva posto con la schiena dritta a capotavola.
Quella frecciatina deliberata le fece appoggiare con un po' troppa forza la ciotola colma di riso davanti alla donna, ma si sforzò di non darvi peso mentre prendeva la propria e si accomodava a tavola, ostentando un'aria quanto più indifferente possibile.
– Niente di niente – affermò, cercando di trovare nel cibo un pretesto per non continuare la conversazione.
Per un primo momento parve funzionare, perché sua madre sfoggiò un sorrisetto sornione prima di annuire e iniziare a mangiare a sua volta, ma quel silenzio non durò a lungo.
– Com'è andato il tuo primo giorno? – le chiese infatti dopo un paio di minuti.
– Tutto bene – le rispose, prima di schiarirsi la voce ed entrare nel dettaglio, cercando così di prevenire ulteriori domande specifiche da parte del suo unico genitore – Il corso sembra meno problematico del previsto, ma per ora mi astengo dal dare giudizi definitivi.
– E la compagnia?
– Mh? – la ragazza inarcò un sopracciglio.
– Hai trovato buona compagnia? – le chiese con un'espressione furbesca la donna seduta accanto a lei.
Il suo sorrisino per un attimo fece correre un brivido su per la schiena della mora, che deglutì prima di appoggiare le bacchette e sollevare con una mano la tazza di tea verde appena preparato – Non saprei, non ho ancora socializzato con nessuno...
– Non avrai pranzato da sola? – le domandò la presidentessa della N.C. fra il severo ed il dispiaciuto.
La familiare preoccupazione di sua madre per i suoi rapporti sociali la rimandò per un istante indietro nel tempo, a quando faticava a rapportarsi coi suoi vecchi compagni di classe e finiva sempre per passare le pause pranzo da sola sul tetto. Sospirò, scuotendo quindi il capo in segno di diniego.
– No, non ho mangiato da sola – le rispose. Nel silenzio che seguì però comprese che sua madre si aspettava qualcos'altro, soprattutto dal modo in cui la guardava, e la ragazza si irrigidì, improvvisamente combattuta su cosa dirle. Ci pensò sua madre a trarla d'impiccio.
– Eri con quel ragazzo, vero? Quello di cui mi hai parlato l'altra sera – le domandò subito, con un'espressione che era tutta un programma – ..e ti ha accompagnata lui alla Hiwatari stamattina.
– Eh? – cadendo quasi dalle nuvole, Yukiko impiegò una manciata di secondi prima di realizzare di cosa quella donna stesse parlando, ma alla fine riuscì a rammentarsi del suo vecchio compagno di classe immaginario e ridacchiò nervosamente, annuendo – Ah, sì.. infatti..
– Lo vedrai anche domani?
– No.
– Allora per chi è il bento in più che hai preparato?
Il riso rischiò di andarle di traverso e con qualche colpo di tosse ben assestato riuscì a scongiurare il pericolo, finendo il contenuto del proprio bicchiere prima di correggere il tiro – Volevo dire . Sì, ci vediamo anche domani.
– Uhuh! – ridacchiò la signora Natsuki, facendo sparire una fetta di pesce impanato dentro la bocca, prima di continuare – E brava la mia piccola Yuki-chan!
Quella reazione la fece corrucciare in viso e, preda di un discreto fastidio dovuto ai sottintesi di quell'ultima frase, riprese a mangiare in silenzio, determinata ad ignorare per il resto della cena la donna che l'aveva messa al mondo. Non sapeva come avrebbe fatto ad andare avanti così, ma il pensiero che era appena all'inizio di quella situazione non ne migliorò l'umore. Sperava solo che la curiosità di sua madre scemasse presto e tornasse a pensare ad altro che non avesse niente a che fare con il suo fantomatico ragazzo.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Ce l'ho fatta anche stavolta!!!
Due capitoli in meno di una settimana, sta volta sono stata brava no?! <3
Allora, più o meno tutte avete indovinato cosa avrebbe riservato questo capitolo XD cosa che non mi sorprende, ormai era scontato, ma spero comunque che sia risultato meno prevedibile del previsto! Cosa ne pensate? Spero tanto che vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me scriverlo! Fatemi sapere, mi raccomando, intanto io ne approfitto e vi auguro una buonissima serata!
Alla prossima dalla vostra immancabile
Kaiy-chan

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Capitolo 40
*** Il primo mesi-versario ***




40. Il primo mesi-versario


Quella sera avrebbero festeggiato, a costo di portare lei stessa fuori Kei.
Era questo ciò che aveva pensato il primo momento in cui aveva aperto gli occhi quel mattino, rendendosi conto di che giorno fosse. Era passato esattamente un mese da quella notte in Russia. Un mese da quando la loro storia aveva ufficialmente - e segretamente per molti - avuto inizio. Si potrebbe tranquillamente immaginare, quindi, la sua sorpresa quando, la prima cosa che lui le chiese appena salita in macchina, fu se aveva impegni per cena.
Ecco perché ora stava cercando in tutti i modi di rimediare un abbigliamento adatto ad una serata tanto fredda quanto umida, mentre pazientemente il dranzerblader la stava aspettando in macchina, parcheggiato a lato strada con tanto di quattro frecce. Non era arrivato da molto, essendo passato da casa a sua volta per cambiarsi, ma Yukiko aveva fatto appena in tempo a pensare di annunciare a sua madre le sue intenzioni quando la signora Natsuki l'aveva anticipata sul tempo, rivelandole poco prima di staccare dal lavoro che aveva un impegno per la serata e che le dispiaceva non poter cenare con lei.
La cosa aveva sorpreso non poco la mora, ma aveva ben presto accantonato il pensiero, trovando la cosa piuttosto fortuita. Per questo avevano dovuto fare i turni per il bagno del primo piano e, sempre per questo, aveva finito con il risultare in ritardo sulla propria tabella di marcia.
– Vestiti bene, tesoro! Il meteo ha dato 6° – le giunse la voce di sua madre dal bagno.
– Non preoccuparti – ribatté prontamente la ragazza, frugando fra i maglioni di lana.
E soprattutto, mettiti qualcosa di facile da togliere!” le disse con una nota di divertimento il suo bitpower, sovrastando i suoi pensieri.
Voltandosi a scoccargli un'occhiataccia, lei non ribatté nulla a voce, arricciando il naso prima di infilarlo di nuovo nel proprio armadio. Suo malgrado, non riuscì proprio ad evitarsi di prendere in considerazione anche quell'ultimo suggerimento nella scelta, finendo per tirare fuori un vestito a maglia color verde petrolio, sotto il quale decise per un paio di leggins neri, dalla fantasia simile al jeans, un acquisto relativamente recente che doveva ancora spianare.
– Quando torni? – la interpellò di nuovo la voce della signora Natsuki oltre il suo campo visivo.
– Non troppo tardi – o almeno era quel che si augurava, le rispose, prima di rigirarle la domanda – E tu?
– Anche io non dovrei tardare molto – le rispose, restando a sua volta sul vago.
Quella risposta, come il fatto che poco prima sua madre si fosse quasi rifiutata di dirle alcunché sul suo accompagnatore, fecero inarcare un sopracciglio alla nightblader, che finì di infilarsi i vestiti prescelti mentre rifletteva sulla questione. Che sua madre uscisse con qualcuno era già di per sé una novità più che incredibile: non ricordava di averla mai vista interessata ad un uomo, dopo la morte di suo padre. Per un istante, mentre osservava con sguardo critico la propria immagine riflessa nello specchio, Yukiko rifletté sul comportamento del suo unico genitore. Era senz'altro una donna dal fascino indiscutibile, quindi non v'era nulla di strano che qualcuno le potesse fare la corte, ma non rammentava alcuna occasione nella quale sua madre avesse ceduto alle lusinghe dell'altro sesso. Si chiese se la donna le stesse nascondendo deliberatamente qualcosa, ma le sue congetture vennero interrotte dal suono di un clacson proveniente dall'esterno.
A quel punto si allungò verso l'interruttore, spegnendo la luce.
– Arrivo, arrivo! – esclamò, ben consapevole di non poter comunque essere udita dal proprio cavaliere, prima di sucire in corridoio – Mamma io vado, divertiti!
– Anche tu cara – le disse allegramente la signora Natsuki.
La blader si precipitò giù dalle scale, afferrando la borsetta ed il cappotto, prima di fermarsi nell'atrio per il tempo di infilarsi gli stivaletti. Quando uscì l'aria fredda le riempì i polmoni, rivitalizzandola per poi fuoriuscire in una nuvoletta di condensa dalle labbra. Avvertendo il sapore dell'inverno sul palato, Yukiko si ritrovò a sorridere.
Amava l'inverno.
Scesa in strada impiegò meno di dieci secondi per salire in auto ma, una volta richiusa la portiera, si bloccò spalancando gli occhi mentre, di fronte a lei, comparve un'unica rosa rossa. Quando risalì con lo sguardo di smeraldo il braccio che gliela porgeva, ancora spiazzata da quella vista, ci mise una manciata di secondi a far qualunque altra cosa a parte fissare il profilo del ragazzo che aveva accanto. Questi teneva lo sguardo sulla strada, i suoi occhi scuri che sembravano tutto men che intenzionati a voltarsi in sua direzione nonostante la situazione e, nella penombra, Yukiko credette di distinguere una certa tensione nella sua espressione. Quando si schiarì la voce, la mora cadde finalmente dalle nuvole, prendendo fra le mani quel dono e aprendo infine bocca, fin troppo consapevole delle proprie gote già in fiamme.
– Grazie.. – mormorò a quel punto con una nota di imbarazzo e stupore, abbassando lo sguardo sul fiore che teneva delicatamente per lo stelo – ..è bellissima.
Era vero. Il bocciolo ancora parzialmente chiuso svettava rosso sangue sulla cima di un gambo cosparso di foglie ed a cui erano state tolte preventivamente le spine. La ragazza poté cogliere il riverbero di alcune goccioline d'acqua quando la Camaro si mosse, conducendo entrambi alla meta designata dall'autista stesso, sulla quale questi mantenne per altro il più discreto riserbo. La ignorò bellamente persino quando ella tentò di domandargli per l'ennesima volta dove fossero diretti.
Eppure, arrendendosi ben presto, la cosa non le diede fastidio ma contribuì soltanto ad aumentare la sua curiosità, sentendosi talmente positiva da arrivare a pensare di poter accettare di buon grado qualunque cosa il blader avesse escogitato per quella la serata.
L'ultima cosa che avrebbe creduto era che le sorprese non fossero ancora finite.


Kei ripensò nuovamente al tempo passato da quando aveva capito di non essere disposto a fare a meno di lei e, carezzandone i capelli sfumati di viola, sorrise fra sé e sé. L'aria fredda della sera gli portava il delicato odore del suo shampoo alle narici, mentre il tepore del suo corpo gli impediva di accusare la bassa temperatura di quella notte tersa, con l'ausilio ovviamente della coperta che si era portato appresso per l'occorrenza.
Dopo una cena a base di sushi da Kippei, si erano fermati sulla sommità di un belvedere e si erano spostati entrambi sui sedili posteriori, reclinando quelli anteriori in avanti il più possibile per restare più comodi mentre rimanevano lì, a contemplare la volta celeste o il paesaggio cittadino, a seconda dell'altezza a cui cadeva il loro sguardo. Semi-sdraiato in diagonale, il dranzerblader si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito al sentire il tocco delle sue labbra sul collo, il suo fiato che gli si insinuò piacevolmente tiepido sotto il colletto della camicia. Le casse all'interno delle portiere anteriori stavano diffondendo in quel momento il ritornello della dodicesima canzone del CD inserito nello stereo: Away.
Un ritornello che la mora stava canticchiando in quel preciso istante.

I see you
'Cause you won't get out my away
I hear you
'Cause you won't quit screaming my name
I feel you
'Cause you won't stop touching my skin
I need you
They're coming to take you away

La sua voce, in contrasto con quella più roca del cantante, gli parve un accompagnamento decisamente gradevole, un pensiero che lo sorprese in parte, sebbene non tanto quanto ciò che era arrivato a pensare le prime volte che l'aveva sentita cantare. Inutile, nemmeno con l'Aquila Rossa era riuscito, ormai quasi due mesi prima, a mentire: gli piaceva anche per quel motivo.
Stringendosela addosso, reclinò il capo verso di lei per baciarla e, quando si staccò, lo fece soltanto per scoccarle un'occhiata maliziosa.
– Così finirò per farti mia un'altra volta – le disse in tono basso, affondando in quel paio d'iridi di un lucido verde smeraldo ed accentuando il proprio sorrisetto, per poi farle presente – ..il parabrezza non ha ancora finito di spannarsi.
In fin dei conti si erano rivestiti entrambi ed accomodati in quella posizione da meno di un quarto d'ora.
La nightblader ridacchiò un momento, sfiorandogli le labbra in un nuovo fugace bacio, prima di rispondergli – Scusa – una pausa, durante la quale si sistemò meglio appoggiando di nuovo il capo nell'incavo del suo collo, prima di aggiungere in un sospiro – ..è che sto davvero bene ora.
– Merito mio.
Lei rise di nuovo.
– Scemo.
Restarono in silenzio per un altro poco, mentre la melodia di sottofondo cessava, il blocco di sicurezza della batteria che entrava in funzione per evitare che si scaricasse completamente. Nella solitudine di quella notte un fruscio lontano mosse le fronde alte di alcuni alberi, accostando tale rumore al loro respiro regolare finché, negli occhi la sagoma tondeggiante di una luna calante, alle orecchie del ragazzo giunse un nuovo sospiro.
– Che c'è?
– Stavo solo pensando ad un'antica leggenda occidentale – gli giunse la voce pacata di lei, la quale attese una manciata di secondi prima di esplicare – Pensavo alla storia di Endymion e Selene – la curiosità anticipò una certa perplessità, ma non la interruppe, lasciandola proseguire – Lei era la Dea della Luna, lui un Semi-Dio mortale. Per coronare il loro sogno d'amore Selene chiede al Re degli Dei di concedere all'uomo la vita eterna, ma si dimentica di chiederne anche l'eterna giovinezza. Così fa cadere Endymion in un sonno profondo che durerà per l'eternità, che gli impedisca di invecchiare.
– Mh? – mugugnò a quel punto Kei, interrogativo, prima di esprimere il proprio pensiero – Non mi sembra ci abbiano fatto un buon affare.
– No, probabilmente no – convenne con lui la mora, in tono fra il divertito ed il cinico, prima di addolcirsi – ..ma credo anche che sia molto bella. In un certo senso, Selene si mette in gioco in nome dei suoi sentimenti per il suo uomo, tanto da affrontare il Re degli Dei e chiedergli di esaudire il suo desiderio.
– E poi si incasina e si dimentica il dettaglio fondamentale – concluse per lei il blader, con un mezzo sorrisetto stampato in volto.
Gli arrivò un pugnetto sugli addominali che lo fece sussultare e, quando incrociò di nuovo gli occhi della sua compagna, non riuscì a trattenersi dallo scoppiare in una breve risata sommessa. Il suo viso contornato di ciocche scure era delineato in un'espressione corrucciata che faticava lei stessa a mantenere seria e che, quando lui cedette, si delineò di un ampio sorriso un po' storto.
– Può capitare di farsi prendere dall'ansia – affermò lei, campando quella scusante.
– Eh sì – le diede ragione seppur ancora piuttosto ironico, cosa che gli fece guadagnare una smorfia di rimprovero che lo divertì anche di più.
Nel silenzio che seguì, Yukiko si appoggiò di nuovo sulla sua spalla, ma poco dopo la sentì rabbrividire, cosa che suo malgrado gli fece render conto del freddo che stava realmente iniziando a farsi fastidioso.
– Si è fatto tardi, è il caso che ti riporti a casa – le disse, carezzandole ancora una volta la nuca, prima di aggiungere – Non voglio esser costretto ad andare in azienda da solo perché hai preso freddo.
Quelle ultime parole sortirono l'effetto sperato perché la mora, dopo uno sbuffetto a labbra serrate, si tirò su, acconsentendo a lasciargli libertà di movimento. Spostandosi sui sedili anteriori, il dranzerblader attese che lei facesse altrettanto dopo averle raddrizzato il suo schienale ed, una volta che si fu accomodata al suo fianco, ruotò le chiavi nel quadrante, azionando il meccanismo di chiusura del tettuccio mentre metteva in moto. Soltanto una volta che il cielo venne oscurato sopra le loro teste il ragazzo si prese la briga di osservare con occhio critico la condensa ancora presente sul parabrezza, tramutatasi in uno strato opaco di piccole goccioline traslucide.
Piegò le labbra in una smorfia, infilando i piedi nelle scarpe e allungandosi verso il vano porta-oggetti per tirarne fuori la spatola lava-vetri. Dopo essersi assicurato una visuale di nuovo perfettamente libera, fece retromarcia e si immetté finalmente in strada, dando sfogo ai cavalli di quell'auto una volta che le ruote aderirono all'asfalto.
Non passò più di mezz'ora prima che Kei frenasse di fronte a casa della compagna, esattamente nello stesso punto di ogni mattina, appena fuori dal campo visivo di chi poteva affacciarsi dalle finestre di quell'edificio indipendente a due piani. Dopo aver tirato il freno a mano e messo in folle, lasciò il motore libero di girare e si voltò di nuovo verso il lato del passeggero, posando lo sguardo su quella che, a conti fatti, era la sua ragazza.
– Grazie per stasera – gli disse lei, donandogli un quieto sorriso che lui ricambiò con uno dei suoi. Reggeva fra le mani la rosa che le aveva donati ad inizio serata con la stessa grazia che si riserverebbe ad un fiore di cristallo.
– Grazie a te – le rispose semplicemente a mezzo tono.
Sporgendosi verso di lei, le andò incontro sollevando la mano destra per posarla sulla guancia d'ella poco prima di assaggiarne per l'ennesima volta le labbra. La baciò dolcemente, senza fretta, per nulla desideroso di vederla scendere realmente dall'auto. Non si sarebbe mai stancato di saggiarne la morbidezza, né di avvertire il suo respiro carezzargli la pelle del viso mentre lei ricambiava. Muovendo delicatamente la bocca sulla sua, avvertì il familiare nodo alla bocca dello stomaco accostato ad un'emozione struggente che gli nacque al centro del petto, al solo pensiero di doversi separare da lei.
Quando, dopo quasi un minuto, si decise a staccarsi, si fece indietro ma non abbassò la mano, lasciandola posata sulla guancia accaldata della nightblader. Incrociandone gli occhi verdi e liquidi, non riuscì in alcun modo a non ricambiarne il sorriso in cui ella piegò quelle sue labbra arrossate e leggermente gonfie.
– Buonanotte – mormorò lei.
– Buonanotte – le rispose, facendo finalmente scivolare le dita oltre la delicata linea della mascella.
La osservò uscire dalla macchina, ripetendosi che l'avrebbe rivista entro poche ore, eppure gli riuscì ancora una volta incredibilmente difficile pensare di non poterla avere con sé, abbastanza vicina da poterne respirare il profumo nel dormiveglia. Scacciando quel pensiero ingranò la prima, dando gas ed immettendosi nuovamente nel traffico inesistente di quell'ora della notte; ma ancor prima di svoltare al primo incrocio, al posto della nightblader si materializzò la figura eterea della sua compagna di battaglie.
Separarsi è una pena così dolce!” commentò ironicamente l'Aquila Rossa, rompendo il silenzio ed i pensieri del dranzerblader.
Questi inarcò un sopracciglio, perplesso e seccato al tempo stesso – Spiritosa.
Sono serissima” ribatté impassibile l'altra, sorridendogli e ignorando lo sguardo in tralice che le rivolse. Lui sbuffò infastidito, continuando a guidare verso casa in un cocciuto silenzio, ma la sua bitpower sembrava di tutt'altro avviso, perché continuò “Allora, chi aveva ragione?
– Umphf – sbottò in tutta risposta, mantenendo la linea precedente. Eccolo, il momento in cui la sua migliore amica avrebbe rimarcato il fatidico “te l'avevo detto” – Cerca di non rovinarmi la serata, se non ti dispiace.
Lei rise “Non preoccuparti, non intendo tormentarti ancora” affermò allegramente, prima di aggiungere “Mi basta saperti felice” una pausa, durante la quale il blader inarcò un sopracciglio, preso alla sprovvista da quella verità, prima che lei gli chiedesse direttamente “Sei felice?
Kei rimase un attimo interdetto, ma la risposta gli salì muta e spontanea alle labbra, delineandole di un sorriso. Non vi fu bisogno d'altro, il collegamento con l'Aquila Rossa tanto profondo da non necessitare di parole dette a voce alta per comunicare.. non da parte sua almeno.
Sì, era felice. Indubbiamente.
Quando scese dalla Camaro l'aria fredda gli scompigliò i capelli e gli si insinuò sotto il colletto della camicia, inducendolo a muovere ampie falcate verso il portico dell'ingresso. Per una volta non andò nessuno ad accoglierlo, novità che il dranzerblader accettò più che volentieri senza sorprendersi, vista l'ora tarda. Sicuramente era l'unico ancora sveglio all'interno della tenuta. Per questo non fece particolare attenzione quando, salite le scale, imboccò il corridoio che allungandosi nelle due direzioni opposte conduceva alla sua stanza ed a quella di suo padre dall'altro lato, senza far caso al fioco bagliore che si intravedeva appena sotto l'anta lignea di una delle porte lasciata socchiusa.
Stava per raggiungere la sua camera quando la porta del bagno in fondo alla sua metà-corridoio si aprì, lasciandone uscire un signor Hiwatari ancora vestito di tutto punto. La reazione dei due componenti della stessa famiglia fu la medesima, perché si bloccarono in ogni muscolo appena si videro. Kei con la giacca su una spalla e la mano libera sulla maniglia della propria porta fissò senza muovere un muscolo suo padre, fermo sotto il vano della porta di quel bagno e recante sul braccio destro la giacca del suo abito grigio e la cravatta scura, entrambe ordinatamente ripiegate.
In quella manciata di secondi di silenzio durante la quale i due Hiwatari non fecero altro che guardarsi l'un l'altro, il silenzio avrebbe potuto lasciar intendere che anche le loro lingue si fossero tramutate in pietra, prima che la voce del padrone di casa smentisse la cosa.
– Oh Kei, ancora sveglio? – gli domandò finalmente il suo unico genitore, per una volta privo del suo solito cipiglio, cosa ancor più sorprendente, mentre finalmente avanzava lungo il passaggio.
Per contro il blader aprì la propria porta, ribattendo in tono piatto, del tutto discordante con ciò che gli si agitava in mente – Sei stato da qualche parte?
Che diavolo ci faceva suo padre ancora sveglio?!
– Sì, infatti. Anche tu vedo – gli rispose, soddisfatto, prima di aggiungere – Sei uscito con una ragazza?
– Non sono affari tuoi – affermò subito il figlio, corrucciandosi in volto per quell'intromissione.
– No, certamente, sei abbastanza grande da non dovermi render conto di tutte le persone che frequenti – ammise il signor Hiwatari, piuttosto bonariamente, passandogli accanto e superandolo. Lo spostamento d'aria creato da quel movimento fece giungere al naso di Kei l'odore della costosa acqua di colonia che suo padre si doveva essere spruzzato poco tempo prima, tenue ma ancora persistente, e quella fragranza gli fece inarcare un sopracciglio mentre ne seguiva la figura con lo sguardo.
Che fosse..?” Non terminò nemmeno di dar forma a quell'interrogativo nella propria mente.
– Buonanotte figliolo – gli augurò l'uomo.
– Umphf – sbuffò lui di rimando, ancora infastidito per quell'incontro e stranito per la natura dello stesso. Soltanto quando si richiuse la porta della propria camera alle spalle, finalmente solo in un ambiente familiare, rifletté sulle sue congetture e quell'interrogativo tornò a comparirgli nella mente, tanto incredibile quanto probabile.
Che suo padre fosse.. uscito con una donna?


Yukiko quel mattino varcò la soglia della cucina con meno entusiasmo del solito, risentendo un poco della mancanza di sonno accusata quella notte. Era tornata all'una passata e, chissà come, era riuscita ad entrare quatta quatta nella propria stanza senza svegliare sua madre.
E quella stessa donna si stava ancora aggirando al piano di sopra, stranamente in ritardo rispetto al solito, intenta a prepararsi, cosa che la costringeva ad alzare la voce per comunicare con lei.
– Ti ho procurato un paio di depliant di alcune concessionarie, sono lì sul tavolo! – stava dicendo in quel momento la presidentessa, probabilmente dal bagno.
La giovane Natsuki, procurandosi qualcosa per la colazione, lanciò uno sguardo alla pila di cataloghi in questione e ricordandosi della necessità di acquistare una seconda auto, prese posto. Poco dopo, mentre stava sfogliando ancora il primo volumetto fotografico e sgranocchiando qualche biscotto con le gocce di cioccolato, la presidentessa della N.C. comparve in quella stanza, appoggiando la sua borsa ed il cellulare sul tavolo, prima di raggiungere la credenza.
– Allora, com'è andata ieri sera?
– Bene, grazie – le rispose, assumendo un'aria vaga – Siamo andati a cena e poi abbiamo fatto un giro. E tu?
– Oh, tutto bene anche io – affermò tranquillamente la signora Natsuki, riempiendosi una tazza di latte ed accomodandosi, cambiando discorso – Hai già deciso che auto vorresti?
– Non ancora.
– Pensaci pure, hai tempo fino a sabato – le ricordò sua madre, prima di zittirsi e bere il suo latte macchiato.
In quel momento il telefono le vibrò ed il display si accese ad evidenziare l'icona di un messaggio in arrivo. Un messaggio di cui la mora riuscì a sbirciare il nome del mittente, prima che sua madre si affrettasse a sollevare il telefono ed oscurarle la vista.
Inarcando un sopracciglio allora, Yukiko sfoggiò uno dei suoi sorrisetti ironici, non resistendo alla curiosità.
– Chi è Susumu?
La donna sembrò farsi di cristallo in un primo istante, per poi ritrovare mobilità in un battito di ciglia che le permise di delineare le labbra in un sorrisetto un po' teso ma anche emozionato – Uhuhuh – rise a basso tono, di quella sua risata costruita che di per sé era tutta un programma.
Un risata che fece accentuare il sorriso della figlia, che rincarò la dose – È il tuo cavaliere di ieri?
Quando l'altra annuì, lo fece con un malcelato riserbo che non sfuggì alla ragazza, la quale addentò un altro biscotto, assumendo un'aria più contenuta e impassibile – Prima o poi dovrai farmelo conoscere, mamma, è inutile che tu faccia quella faccia – le disse senza mezzi termini, prima di sorriderle e incitarla a sbottonarsi un po' – Dai, raccontami qualcosa.. com'è questo Susumu? – il sorriso le si accentuò in volto, sornione – ..è bello??
Finalmente aveva la possibilità di ricambiare il favore a sua madre, ma non voleva andarci troppo pesante, essendo realmente curiosa di scoprire che tipo fosse l'uomo che l'aveva fatta uscire dal guscio creato da una vita incentrata sul mondo degli affari.
La signora Natsuki sotto quelle pressioni sembrò quasi a disagio, ma mantenne il suo abituale contegno e con la schiena dritta, in una posizione ed un'espressione che assumeva spesso durante un colloquio d'affari sull'orlo di un fallimento, sospirò.
Yukiko inarcò un sopracciglio. Aveva appena sospirato?!
– Sì, è piuttosto attraente – concesse finalmente la presidentessa, nascondendosi dietro il bordo della tazza che accostò di nuovo alla bocca – Ed è un importante uomo d'affari.
– M-mh..
– L'ho conosciuto qualche tempo fa invero e avevo già intuito fosse uno di quei signori vecchio stampo, ma mi ha sorpresa quando mi ha invitata ad uscire la prima volta.
La nightblader si fece di nuovo perplessa – La prima volta? – ripeté.
Sua madre annuì con un piccolo sorriso – Non ti ho detto niente perché è una situazione nuova e non so nemmeno io come considerarla.. ma usciamo insieme da tre settimane ormai.
Quell'ultima notizia per poco non la fece soffocare, facendole andare il biscotto di traverso, e si dovette dare qualche colpo sul petto, tossendo piegata in due sul tavolo, per evitare il peggio. Quando si riprese dalla sorpresa e dal tentato omicidio-suicidio, sollevò di nuovo lo sguardo sino all'altro capo del tavolo, gli occhi ancora sgranati e il viso arrossato, ripetendo con voce strozzata – Tre settimane?
– Uhuh.. suvvia, non è così rilevante – cercò di sminuire l'altra di rimando, muovendo la mano destra a mezz'aria dall'alto verso il basso.
Raddrizzando la schiena in una posa più composta, la mora continuò a fissarla senza riuscire a venire a capo dei propri pensieri. Non si era minimamente accorta del cambiamento finché sua madre non aveva vuotato il sacco, ma ora molte cose stavano trovando un senso, a partire da alcuni piccoli dettagli ai quali non aveva badato perché troppo ansiosa di nascondere a sua volta alla donna la propria relazione. Il silenzio che seguì si protrasse per diversi minuti, mentre la signora Natsuki si dedicava alla sua tazza di latte macchiato e biscotti e la figlia si perdeva dietro le proprie riflessioni.
Non poteva negare, negli ultimi giorni, di averla vista più vitale del solito ed ora era in grado di dire con certezza che quel suo nuovo modo di fare non era affatto dovuto soltanto al suo ritorno a casa. Era stata una sciocca a non farci caso sino a quel momento, a non prendere in considerazione l'idea, ma non avrebbe potuto fare altrimenti. Per lei era strano che sua madre cercasse un qualche tipo di relazione con un uomo diverso dall'ex presidente della N.C. ed ora, di fronte ai suoi occhi verdi, ella le appariva non solo come sua madre ma come una donna. E come tale era naturale che prima o poi provasse interesse verso un altro uomo, indipendentemente da quanto questo potesse scombussolare la sua unica figlia. Eppure lei stessa, osservando attentamente il suo unico genitore, non poté negare l'evidenza: chiunque fosse questo Susumu, la stava rendendo felice.. e tanto poteva bastare.
– Va bene.
– Come, tesoro?
– Hai la mia benedizione mamma – affermò impassibile Yukiko, alzandosi in piedi.
La presidentessa della N.C. sembrò rimanere interdetta, cosa che non fece altro che far accentuare il leggero sorriso della mora.
– Aspetterò il momento in cui sarai pronta a farmelo conoscere – le disse di nuovo, portando al lavello il proprio piatto – Nel frattempo sappi che non sono contraria e che non devi farti problemi: se ti rende felice allora mi sta bene.
La donna seduta dall'altro capo del corto tavolo rettangolare sembrò troppo spiazzata per reagire in tempi brevi e la ragazza si lasciò sfuggire un sorrisetto piuttosto soddisfatto, prima di avvertire il doppio richiamo del clacson che era il suo speciale avviso per uscire. Non lasciò quindi il tempo necessario a sua madre per riprendersi e si avviò in tutta fretta verso la porta, afferrando al volo la propria borsa ed il cappotto.
– Io vado! – esclamò, uscendo quasi di corsa e cogliendo distrattamente la risposta di rito dell'altra, prima di calcare il vialetto.
Mentre camminava spedita verso la Camaro in attesa, il motore acceso e la marmitta ronzante, la nightblader si ritrovò a sorridere fra sé e sé, nonostante il cielo quasi totalmente coperto di nubi lasciasse presagire l'arrivo del maltempo tipicamente autunnale.
Aveva la netta impressione che la sua vita fosse nel pieno di una fiorente primavera.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buonasera!!
Mi ritrovo a pubblicare fin troppo speditamente per le mie previsioni XD ma non posso farci niente. Ormai la storia si scrive da sola! Anche perché non manca troppo alla conclusione ^_^ credo che arriverò ai 50 capitoli al massimo, quindi non disperate.. intanto vi lascio con il 40° capitolo, un traguardo che non ero ancora riuscita a raggiungere! Ammetto che ne sono piuttosto fiera e spero che sia venuto fuori un bel lavoro! Voi che ne pensate?! Ovviamente aspetterò con impazienza i vostri pareri e nel frattempo ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi! Vi adoro e spero davvero di non annoiare nessuno!!
Buona settimana a tutti dalla vostra profiqua
Kaiy-chan

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Capitolo 41
*** Gelosia ***




41. Gelosia


Le due settimane a seguire trascorsero più velocemente di quanto i due ragazzi si sarebbero immaginati.
Il corso presso la Hiwatari tenne impegnata la giovane Natsuki tre mattine su cinque e le altre due le passò direttamente in sede alla N.C. per lo stage formativo nel corso della prima settimana. In quei giorni aveva tempo di tornare a casa a metà pomeriggio e dedicarsi agli appunti che prendeva diligentemente ogni lunedì, mercoledì e venerdì ed il programma si ripeté praticamente invariato la settimana successiva.
Persino Kei si era ritrovato a doversi adeguare al suo nuovo ritmo di vita all'insegna del lavoro, giostrandosi all'organizzazione paterna fra riunioni ed altri ruoli di rilievo sempre più impegnativi. Ogni pomeriggio inoltre si presentava per lo stage formativo al quale partecipava anche la sua compagna, ma i rispettivi impegni erano troppo diversi per far sì che si scambiassero più di qualche sguardo in quelle poche ore. E spesso il blader era costretto poi a far ritorno alla Hiwatari, tornando a casa soltanto molto più tardi.
A causa di questo i due ragazzi erano riusciti a stare insieme sempre meno, a parte durante le pause pranzo, e neppure tutte.
Quel venerdì, se non altro, era una di quelle saltuarie volte.
– Domani mattina mi aspetta il fatidico giro per concessionarie alla ricerca di un'auto – stava dicendo Yukiko, prima di infilarsi in bocca un piccolo hosomaki al tonno.
Era stato Kei ad offrirle il pranzo stavolta, cosa che aveva significato la consegna a domicilio di una scatola di bento di tre piani da un ristorante di sushi incredibilmente rinomato del centro. Quando lui gliel'aveva aperta davanti, il riverbero della ventresca alla luce del giorno aveva minacciato di accecarla.
– Hai già un'idea sul modello? – le domandò il giovane Hiwatari, seduto sul divanetto della sala riunioni accanto a lei.
Avevano rinunciato a sedersi in terrazza, ambiente tutt'ora sferzato da folate gelide cariche di una fastidiosa pioggerellina, prendendo invece posto nell'angolo adibito a salottino. La pelle del rivestimento cigolava appena ad ogni minimo spostamento dei due, l'odore tipico di nuovo che ancora poteva raggiungere le narici di entrambi grazie alla cura del personale delle pulizie.
– Qualcosa di pratico e confortevole – gli rispose meccanicamente la blader, dopo aver deglutito.
Spostando lo sguardo sul volto del compagno, lo vide intento a far sparire un nigiri al gambero in un sol boccone, prima di assumere un'espressione vagamente pensierosa che non stonava affatto con l'aria imperturbabile di sempre. Espressione che sfumò appena deglutì, di nuovo libero di parlare.
– Prenditi una Camaro – se ne uscì a quel punto, facendole inarcare un sopracciglio. Avvedendosi della sua faccia, lui assunse una smorfia prima di aggiungere, come se ciò potesse farle cambiare punto di vista – ..non dev'essere per forza Cabrio.
– Ed io non devo infrangere per forza tutti i divieti di velocità da qui a casa – ribatté sarcastica a quel punto lei, sfoggiando un sorrisetto a rimarcare quanto detto, al quale Kei ribatté con uno sbuffo.
– Quante storie..
Yukiko si fece sfuggire uno sbuffetto divertito, incassando la testa fra le spalle prima di sollevare con le bacchette una nuova polpetta di riso e sushi. Non fece nemmeno in tempo ad avvicinarsela alla bocca tuttavia che, a tradimento, il dranzerblader gliela sottrasse sporgendosi verso di lei e facendo sparire quella monoporzione di sushi nella sua bocca.
L'esclamazione che le uscì spontanea dalle labbra soffocò il rumore di sottofondo del maltempo che si riversava sui vetri.
– Così non vale!


Senza donare più di un cenno di saluto alla segretaria incrociata in ascensore, il presidente Hiwatari uscì in corridoio quando le porte dello stesso si aprirono sul diciottesimo piano. Raramente si trovava a dover recarsi in archivio di persona, ma non poteva chiederlo alla sua segretaria personale quando questa era in pausa pranzo, e lui aveva bisogno di consultare quelle carte al più presto. Inoltre, aveva stabilito che fare qualche passo in più non gli avrebbe certo fatto male, non poteva trascurare troppo la propria forma fisica, soprattutto di quegli ultimi tempi. Era rimasto sorpreso di aver riscoperto un qualche tipo di interesse verso il gentil sesso, ed ancora di più si era sorpreso di averne riscosso lui stesso. Non che non si ritenesse un bell'uomo di mezza età, ma la donna a cui stava pensando ultimamente si era rivelata essere una continua quanto piacevole scoperta. Che poi avessero entrambi un ruolo nel mondo degli affari era un aspetto in più ad accomunarli che non disdegnava affatto.
Perso nelle proprie riflessioni, quasi mancò la pratica che era andato personalmente a cercare, ma tornando con l'attenzione al presente, i suoi sensi captarono qualcosa di diverso, di inaspettato, provenire dalla stanza adiacente attraverso la sottile parete di cartongesso: la risata di una voce femminile.
Inarcando un sopracciglio, il signor Hiwatari si allontanò dall'archivio e si affacciò di nuovo in corridoio, volgendo lo sguardo verso la direzione da cui la voce gli era giunta. Soffermandosi con la medesima espressione aggrottata sulla porta a vetri chiusa, si fece ancor più perplesso quando si rese conto che quella che stava guardando era effettivamente la porta della sala riunioni per le conferenze intercontinentali riservata a lui stesso. Solo un'altra persona aveva i codici di accesso a quell'ambiente inseriti nel badge aziendale..
– Kei, non fare storie! – di nuovo la voce di poc'anzi gli giunse da sotto la sottile fessura che separava il bordo inferiore della porta dal pavimento.
La conferma ai suoi sospetti non lo stupì, ma in un misto di contrarietà e curiosità uscì definitivamente in corridoio e si avvicinò alla lastra di vetro con pochi rapidi passi, in modo da poter gettare uno sguardo all'interno dell'ambiente, fra le righette opache di quell'anta.
– Dovrai metterci più impegno – si levò la voce familiare di suo figlio, in un tono sbeffeggiante ed ironico al contempo, verso la sua interlocutrice.
A quel punto il presidente riuscì ad avere una visione di ciò che stava accadendo all'interno della sala, ma la vista che gli si palesò agli occhi fu talmente inattesa da farlo immobilizzare in ogni muscolo per diversi secondi, incapace di far qualunque altra cosa a parte osservare inerte quello spettacolo.
Nell'angolo adibito a salotto, sul suo divano in pelle nera, Kei se ne stava proteso verso l'esterno della seduta, mezzo disteso, il braccio sollevato a tener fuori portata una scatolina di quello che doveva essere un bento. Eppure non fu il suo sorriso divertito a far restare di sasso l'uomo, quanto il riconoscere la ragazza che stava cercando di protendersi il più possibile verso quel contenitore con un paio di bacchette alla mano, sospesa per un soffio sopra il corpo del ragazzo, tanto vicina da usarlo come appoggio diretto. I suoi capelli bicolori le ricadevano sulla schiena, il viola che creava un netto contrasto con il candore della sua camicia, incorniciandole il viso atteggiato in un'espressione contrariata e combattuta, determinata a raggiungere il suo obiettivo, tanto da costringere lo stesso blader a cercare di tenerla a distanza con un braccio. Tentativo inutile: lei ormai gli era praticamente spalmata addosso, eppure Kei continuava a ridersela.
– Essù! – lo supplicò Yukiko, suscitando un'altra volta l'ilarità dell'altro.
Il presidente fece un passo indietro, poi un altro, mentre alle orecchie gli giungeva ancora il suono delle risate dei due ragazzi che giocavano dall'altra parte di quella porta a vetri, ora di nuovo fuori dal suo campo visivo. Non si erano accorti di nulla e lui era troppo sorpreso da ciò di cui era appena stato testimone per far altro se non tornare sui propri passi e prendere la pratica che era inizialmente venuto a cercare. Senza una parola, molto simile ad un automa, si avviò quindi lungo quello stesso corridoio, di nuovo verso l'ascensore, l'eco delle voci del suo unico erede e di quella che fino a poco tempo prima aveva considerato sua futura nuora ormai presente solo all'interno della sua mente dopo che le porte si furono richiuse nell'abitacolo.
Soltanto quando fu nuovamente seduto alla propria scrivania, il signor Hiwatari riuscì a formulare un pensiero coerente.
Un unico pensiero che gli fece finalmente abbassare le iridi scure sulla pila di fogli che aveva recuperato.
Qui qualcosa non torna..


Yukiko stava per uscire dal box del bagno delle signore quando la porta principale si aprì, lasciando che una voce di donna accompagnasse il suono del doppio paio di tacchi che calcarono in quel momento le piastrelle dell'ambiente.
– ...certo che è proprio un bocconcino – stava dicendo la sconosciuta – Chissà in che rapporti è con la figlia della presidente?
La mora in questione, la mano sulla maniglia, si bloccò all'istante a quelle parole, mentre il cuore le balzava subitaneamente in gola. Stavano parlando di lei!? Ci mise un istante a comprendere che non era l'argomento principale della conversazione, ma non per questo si fece avanti né rivelò la propria presenza. Anzi, per riflesso si ritrovò a trattenere il respiro, attenta alla conversazione in atto, proprio mentre una seconda voce si univa alla precedente.
– Non saprei dirlo.. forse potremo chiederlo direttamente a lei.
– Figurati! – ribatté la prima, alla cui esclamazione seguì lo scroscio del rubinetto dell'acqua – Non ce li vedo proprio insieme e non ho intenzione di risultare indiscreta e rischiare di offendere il futuro capo di quest'azienda. Ho lavorato sodo per farmi assumere, non vorrei che per qualche sciocco capriccio di una ragazzina viziata il mio futuro venisse compromesso.
L'altra sbuffò.
– Rimarremo con il dubbio allora..
– Non è certo un piccolo dubbio che mi metterà i bastoni fra le ruote.
– Che cosa intendi dire?
– Che anche se quel ragazzo avesse una fidanzata, sono certa di riuscire a fargliela dimenticare in meno di una notte.
Il rumore dell'acqua corrente si fermò.
– Oh be', non credo ci voglia molto per certe cose – ribatté la seconda voce femminile, ridacchiando mentre entrambe si allontanavano.
La porta tornò a chiudersi con un cigolio e la giovane Natsuki uscì finalmente dal suo nascondiglio occasionale, ritrovandosi a fissare con occhi sgranati il proprio riflesso nello specchio. Aveva i lunghi capelli scuri legati in una coda bassa, due ciocche sfumate di viola a incorniciarle il viso atteggiato in un'espressione scioccata, con le sopracciglia corrucciate e le labbra leggermente schiuse. Mentre nella mente ripercorreva la breve conversazione origliata per caso, non riuscì a non esaminare con occhio critico l'ovale del proprio viso..
Figurati se era possibile che una come lei stesse con uno come Kei.
Era certa di riuscire a farlo dimenticare di lei in meno di una notte.
Una ragazzina viziata non poteva competere con una donna.
Il pallore iniziale si colorò di un rosso acceso sulle guance, nato da un'indignazione talmente profonda da farle abbassare lo sguardo sul lavandino al quale si era avvicinata. Si abbassò sullo stesso per raccogliere un po' d'acqua fra le mani e con movimenti meccanici si sciacquò il volto due volte, attenta a non bagnarsi la camicetta prima di asciugarsi con qualche salvietta di carta.
Quindi tornò a osservare il proprio riflesso nel vetro dell'ampio specchio, inspirando a pieni polmoni per calmarsi definitivamente ed accantonare quella storia. Era inutile prendersela, non doveva importarle ciò che aveva appena sentito, perché il parere di persone del genere non contava affatto. E non doveva nemmeno preoccuparsi che avessero delle mire su Kei, lui non era quel genere di persona. O sì?
Non lo è, e lo sai” intervenne con una nota di rimprovero nella sua mente Night.
– Hai ragione – ammise a quel punto, in un sospiro.
Sistematasi alcune ciocche di capelli, Yukiko si voltò e procedette con passo deciso verso la porta del bagno delle signore senza più guardarsi intorno.


Kei sollevò lo sguardo dal monitor per puntarlo sulla donna ferma accanto alla sua scrivania. Prese in consegna i fogli che gli stava porgendo e senza una parola tornò a vagliare i dati che stava esaminando sino a poco prima. Ci mise qualche secondo per accorgersi che l'altra non s'era mossa di un millimetro ed, inarcando un sopracciglio, tornò a voltarsi in sua direzione, perplesso e seccato al tempo stesso.
– C'è altro?
– Non proprio – ribatté lei con un sorriso che lasciava presagire il contrario.
Il dranzerblader la squadrò da capo a piedi, iniziando ad intuire il gioco che quella donna stava tentando di fare. Era un po' più bassa di Yukiko, con lunghi capelli castano chiaro ed occhi scuri accentuati dall'eyeliner che doveva essersi sistemata da poco. Il suo rossetto, di un rosso acceso, gridava al mondo “guardatemi!” ed il completo di giacca e gonna a tubino bordeaux ne evidenziò le curve generose quando quella si appoggiò alla sua scrivania con il sedere. Sorrise fra sé e sé rendendosi conto di continuare a paragonarla alla sua ragazza, convenendo con sé stesso che in realtà non c'era proprio nulla da paragonare: quella donna non aveva alcuna possibilità in un confronto concreto con la sua mora. Yukiko era decisamente superiore a quella trentenne abbastanza frustrata da provarci con un ragazzo di quasi diec'anni più giovane.
– C'è una cosa di cui mi piacerebbe discutere con te in privato – continuò quella, traendolo dalle sue riflessioni, probabilmente equivocando il sorrisetto che gli era nato in volto. Si piegò leggermente, mettendo in mostra l'incavo fra i seni che si intravedeva dallo scollo della camicia ed il cartellino appuntato sul petto con su stampato il suo cognome: Kanigawa – Un affare importante – specificò – ..una di queste sere magari, a cena.
Kei si appoggiò allo schienale della propria sedia, fissando la donna con espressione imperscrutabile, tenendo per sé l'occhiata di sufficienza che in altre occasioni le avrebbe riservato senza alcun riguardo per la sua esagerata autostima.
– Spiacente – le disse soltanto, prima che nel suo campo visivo passasse per un attimo una figura a lui ben nota. I suoi capelli bicolori gli fecero per un istante perdere la messa a fuoco sulla trentenne che stava inutilmente tentando di ammaliarlo e notò una certa rigidezza nella postura della nightblader. Nel procedere verso il corridoio ella gli dava le spalle ed il dranzerblader ebbe la netta impressione di poterne distinguere il secco rintocco dei tacchetti delle sue scarpe sul pavimento, poco prima che sparisse dalla sua vista. La cosa minacciò di fargli perdere la sua indifferenza costruita per l'occasione, ma un attimo dopo la voce di Kanigawa ne richiamò nuovamente l'attenzione.
– Sono piuttosto brava ai fornelli – insistette con un sorriso anche più ampio dei precedenti.
– Scusa ma è impossibile, sono un uomo molto impegnato – ribadì, fessurizzando di poco gli occhi scuri per scoccarle uno sguardo più penetrante, accostato ad un mezzo sorrisino velato di sottintesi.
Il messaggio andò a segno perché la donna ebbe un fremito delle sopracciglia ben curate, ma il suo sorriso non sfumò del tutto mentre si staccava finalmente dalla sua scrivania ed esordiva – Peccato – per un primo istante Kei credette che fosse tutto, ma la dignità di quella sembrava reclamare più di un'uscita di scena dignitosa, perché aggiunse – Se dovessi cambiare idea, fammelo sapere – prima di voltarsi definitivamente e tornare al suo lavoro.
Il ragazzo la seguì brevemente con lo sguardo, ripensando all'impressione che aveva avuto per quell'attimo fugace della più giovane delle Natsuki. Probabilmente si era trattato soltanto di un momento, un'impressione fugace e nulla più, si disse.
Simili pensieri persero presto consistenza, assorbiti dal lavoro che stava svolgendo, ed il pomeriggio presso la N.C. proseguì come al solito per l'ora seguente, senza che facesse troppo caso al personale femminile che gli girava intorno ed il quale ad un occhio esterno sarebbe parso impegnato a dispensargli sorrisi che lui neanche ricambiava. Almeno finché un'altra dipendente, passando accanto alla sua postazione, finì per inciampare e far volare il carico di documenti che aveva fra le braccia ovunque sul pavimento in un raggio di due metri. Quell'incidente lo costrinse a voltarsi per riflesso a fissare quell'imbranata con sguardo cinico, proprio nel momento in cui si stava sollevando in ginocchio.
– Che disastro – piagnucolò, osservando allarmata il risultato della sua goffaggine – Mi dispiace così tanto!
Aveva i capelli castani raccolti in uno chignon ed un visetto più infantile rispetto a quell'altra, così come erano meno accentuate le curve del suo corpo stretto in quel vestito scuro e dal taglio casual. Quel genere di vestito che ora, mentre stava cercando a carponi di raccogliere i fogli a lei più prossimi con una certa agitazione, metteva in risalto il suo fondo-schiena.
Con una smorfia Kei si chinò a sua volta per raccattare dal pavimento un fascicolo ed il suo contenuto, porgendolo alla 'collega' senza troppo entusiasmo interiore. Lei, dapprima sorpresa, si prodigò in un sorriso imbarazzato, ringraziandolo e prendendo in consegna i documenti che lui le stava porgendo. La punta delle dita ben curate di lei sfiorò le sue in quel breve momento, ma il dranzerblader non fece alcun caso a quell'evento, tornando a sollevare lo sguardo da quella imbarazzante forma di vita.
E fu allora che la vide, Yukiko, ferma in piedi accanto al suo responsabile con i suoi occhi di un verde brillante fissi su di lui, in viso un'espressione talmente incisiva da farlo impietrire sulla sedia, mentre distingueva chiaramente una scintilla di qualcosa di molto simile al furore in quei pozzi di smeraldo. Persino la piega delle labbra tese ed il rossore delle sue gote trasudava sdegno, finché un istante dopo, quando si rese conto che lui s'era accorto di lei, voltò con un movimento rapido e orgoglioso il capo dall'altra parte, fingendo di prestare la massima attenzione a qualcosa che il suo superiore le stava dicendo in quel momento.
A Kei ci volle un istante per rendersi conto di ciò che aveva visto e collegarlo a quanto era appena accaduto, ma voltandosi verso il monitor del proprio computer si ritrovò a sorridere fra sé e sé nel trarre le sue conclusioni: era gelosa. Non poteva essere altrimenti, la sua compagna era gelosa di lui e ne aveva appena avuto la conferma.
L'eventualità non lo disturbò affatto ma anzi, lo divertì e lo inorgoglì più di quanto avrebbe creduto possibile, proprio per il fatto di rendersi finalmente conto di non essere l'unico della coppia a provare certe emozioni verso l'altra. Bastò questo a risollevargli la giornata lavorativa, della quale passò l'ultima mezz'ora a riflettere su un modo per affrontare il discorso con lei, ben consapevole che, anche se non era direttamente colpa sua, stava a lui quietare le ansie della sua ragazza. Questo ovviamente dopo averla punzecchiata un po'.
Quando le cinque scoccarono, aveva già spento il suo computer e stava per alzarsi dalla sedia quando sul telefono gli giunse il messaggio di suo padre: doveva passare alla Hiwatari per assistere ad una videoconferenza. La notizia gli fece nascere una nuova smorfia sulle labbra, per nulla entusiasta della prospettiva. Inoltre, questo gli avrebbe impedito di dedicare il tempo previsto alla mora ed al discorso che voleva affrontare con lei.
Con la coda dell'occhio scorse un movimento e, notando l'oggetto dei suoi pensieri sul punto di uscire dall'ufficio, si affrettò a seguirla, recuperando la giacca dallo schienale della propria sedia prima di imboccare il suo stesso corridoio.
– Natsuki – la chiamò.
Lei si fermò, voltandosi di mezzo giro su sé stessa in un movimento fluido che culminò con un sopracciglio inarcato – Sì, Hiwatari?
Avevano concordato di mantenere dei toni formali sul lavoro, per non insospettire sua madre, ma in quel primo momento Kei ebbe la netta impressione che il suo cognome venisse scandito con una nota più marcata di freddezza. Eppure, il morbido sorriso che lei gli rivolse l'istante successivo, quando lui la raggiunse e le si fermò di fronte, gli fece dubitare per l'ennesima volta di essersi sbagliato.
– Va tutto bene? – le chiese, indagatorio, abbassando il tono di voce e scrutandola con attenzione.
Lei fece spallucce declinando leggermente capo verso la spalla destra, prima di rispondergli con leggerezza – Certo, perché non dovrebbe? – gli chiese. Il dranzerblader inarcò un sopracciglio, per nulla disposto a farsela dare a bere, ma non poté ignorare in alcun modo l'atteggiamento rilassato di lei mentre aggiungeva – Ci sentiamo stasera, d'accordo?
Lui annuì, perplesso e incuriosito al tempo stesso, prima di osservarla voltargli le spalle e raggiungere la porta dell'ufficio di sua madre. Probabilmente il discorso sarebbe saltato fuori quella sera, quando lui le avrebbe telefonato, lontana da sguardi ed orecchie indiscreti.


Yukiko si lasciò ricadere sul proprio letto, il telefono nella mano sinistra di nuovo inattivo dopo aver chiuso la chiamata.
Aveva appena dato la buonanotte al suo ragazzo come ogni sera ed ora, consapevole di aver resistito dal lanciargli qualsivoglia frecciatina riguardo l'accaduto di quel pomeriggio, si sentiva più stanca del solito. Non era colpa sua se era un ragazzo attraente, uno di quelli che per strada fanno voltare più d'una persona a guardarlo, ma si sentiva comunque in ansia per la situazione che stava venendo a crearsi in ufficio.
Per fortuna era venerdì sera e questo voleva dire che, prima di dover rimettere piede in quell'ambiente, avrebbe dovuto passare tutto un weekend. Una pausa era proprio ciò che le serviva per metabolizzare il proprio disappunto e trovare la forza di far finta di niente per i prossimi cinque giorni. Ormai aveva capito a chi appartenevano le voci che aveva ascoltato per caso sfortuito in bagno: anche un cieco avrebbe notato che quelle due oche non avevano perso occasione per ronzare intorno a Kei per tutto il tempo.
A farla decidere di far finta di niente era stato il comportamento dello stesso dranzerblader, che si era dimostrato indifferente ai sorrisi ed agli stratagemmi di entrambe le donne. Certo, si era chinato a raccogliere un fascicolo della seconda, ma questo non poteva costituire un problema, no?
Non poteva certo impedirgli di rendersi utile in ufficio.
Certo, se quella svampita non avesse ostentato tanta goffaggine da scolaretta verginella, sarebbe stato tutto più semplice.
Sospirò, preferendo deviare i propri pensieri su cose più immediate e si ritrovò a riflettere sul giro che sua madre le aveva promesso per quel sabato. Avrebbe dovuto decidersi e scegliere una macchina per sé, cosa che in un certo senso l'elettrizzava e la spaventava al tempo stesso. Scegliere un'auto era una decisione di un certo peso, che avrebbe agevolato i suoi spostamenti e non solo. Aveva già una mezza idea ma non si sarebbe sentita sicura finché non l'avrebbe provata di persona.
Inoltre, il fatto che sua madre le avesse detto che sarebbe stato l'equivalente del suo regalo di compleanno le aveva permesso di scendere a patti con sé stessa ed accettare con cuore più leggero la cosa.
Basta che non scegli un'auto da bacchettona” la punzecchiò Night con ironia.
– Ah-ah – scandì altrettanto ironica la mora a voce alta, in una risata costruita – Non preoccuparti, ci penserò poi io a renderla mia.
In proposito aveva già in mente qualche ideuzza per personalizzare gli interni, venutale fuori grazie a qualche ricerca fatta di recente su internet.
Ormai non le rimaneva da far altro che procurarsi la materia prima.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buonasera!!
E se fino alla settimana scorsa sono stata celere, ecco la ricaduta!!
Mi spiace infinitamente, purtroppo non ho avuto molto tempo e questa settimana non ho scritto praticamente nulla! Chiedo venia alle mie lettrici accanite y.y cercherò di farmi perdonare in qualche modo! Intanto spero che il capitolo vi sia piaciuto e scappo, senza aggiungere altro XD solo che sono impaziente di leggere cosa ne pensate di questo nuovo attacco di follia da parte mia!
Buona seconda metà di settimana dalla vostra autrice
Kaiy-chan

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Capitolo 42
*** Ti amo ***




42. Ti amo


L'odore di lei gli penetrò nei polmoni mentre Kei tentava di riempirli d'aria, lasciando sfogare il respiro affannoso che gli sollevava ripetutamente il petto nel reclinare il capo all'indietro, sui cuscini. Avvertendo gli strascichi dell'orgasmo disperdersi lungo i muscoli di gambe e braccia, rilassò progressivamente la schiena, allentando la presa con la quale le aveva lasciato, sui fianchi, una coppia di segni rossi piuttosto caratteristici.
Abbandonato sul letto, ascoltò il respiro altrettanto irregolare di Yukiko sfiorargli l'orecchio destro, abbandonata sopra di lui, pelle contro pelle, il sudore in parte assorbito dalle lenzuola. Il dranzerblader chiuse gli occhi e si godette la sensazione che, puntuale, gli pervase ogni muscolo, ogni nervo, ogni fibra del corpo stanco e soddisfatto.
Ancora dentro di lei, fece scivolare una delle due mani lungo il profilo della sua schiena, mentre rifletteva sul proprio compiacimento per il piacere che sapeva averle procurato e la cui testimonianza gli era stata impressa sulle spalle e dietro la schiena. Senza dubbio di lì a poco gli sarebbero comparsi sfregi di un bel rosso fuoco sulla pelle, eppure la cosa non gli dispiacque per niente: avrebbe fatto l'amore con lei ancora e ancora, se il suo amichetto lì in basso ne avesse avuto le forze, ma dopo la terza volta di fila si sentiva praticamente a secco.
Involontariamente contrasse i muscoli della sua erezione e bastò quella debole vibrazione perché la mora sussultasse, irrigidendo ogni muscolo, ipersensibile dopo quanto era appena successo fra quelle quattro mura. Quella reazione da parte di lei lo fece ridacchiare, suono al quale seguì un sibilo contrariato che gli sfiorò nuovamente il lobo dell'orecchio e che ne aumentò l'ilarità, prolungandogli quella risata fra i denti.
Yukiko si tirò indietro quel tanto che bastava da permetter ad entrambi di incrociare i reciproci sguardi e Kei ne inquadrò senza problemi l'espressione del viso fra l'imbronciato ed il divertito, ricambiandola con un sorrisetto sghembo dei suoi. I suoi occhi verdi rilucevano sotto le ciglia scure come smeraldi e le labbra gonfie di baci erano schiuse a lasciar passare aria per i polmoni. Le guance erano tinte da un rossore che andava attenuandosi mentre, ad incorniciare il tutto, la sua chioma corvina e violacea le ricadeva sulle spalle in una piega ribelle, dalla quale spuntavano alcune ciocche temerarie ancor meno soggette alle ordinarie leggi della fisica. Sulla base del collo, appena sopra la clavicola, individuò una rosa rossa, un piccolo marchio lasciatole da lui stesso poco prima, che avrebbe impiegato un giorno o due per scomparire. Il pensiero lo fece sorridere, ammirando la propria compagna, preda di sentimenti contrastanti ma che si tradussero presto in un'unica parola: “Mia”.
Gli venne del tutto naturale avvolgerle il busto con ambo le braccia e, con un colpo di reni, capovolgere la situazione. Il movimento improvviso lo costrinse a uscire da lei, ma una volta che la sentì premuta fra il suo petto ed il materasso, insinuò il viso nell'incavo del suo collo, mordicchiandole il lato della mandibola con fare giocoso.
La risata che sgorgò dal petto della mora lo fece sorridere nuovamente fra sé e sé e ben presto la voce di lei assunse una sfumatura incredula.
– Un'altra volta??
– Non sai quanto mi piacerebbe – le mormorò con voce roca all'orecchio, sfiorandole lo zigomo con la punta del naso, malizioso, prima di continuare – ..ma credo che ti concederò una decina di minuti per riposare.
– Ah, è così..? – ribatté lei divertita, ruotando appena il capo in sua direzione.
Tornando a incrociarne lo sguardo, Kei le mostrò di nuovo quel mezzo sorriso ironico e malizioso al tempo stesso, prima di abbassarsi abbastanza da posare le sue labbra su quelle di lei. La baciò più delicatamente di quanto aveva fatto sino a quel momento, avvertendo ancora in bocca il sapore di lei, così come sapeva avere il suo odore addosso. Una consapevolezza che gli faceva quasi girare la testa.
Suo malgrado, rammentandosi di non potersi ancora rilassare, dovette farsi indietro per scendere dal letto ed, una volta in piedi sul pavimento in legno, uscì dalla camera e raggiunse il bagno, dal quale tornò un paio di minuti dopo.
Accostando la porta dietro di sé, fece spaziare lo sguardo scuro per l'ambiente, del tutto incurante del fatto di star girando nudo per casa di qualcun altro. La luce che filtrava attraverso la finestra aveva assunto una sfumatura più tenue, tipica di un tardo pomeriggio autunnale, e tingeva di riflessi più caldi le pareti ed i mobili, senza per questo risparmiare le tende color panna.
Stirandosi i muscoli vagamente indolenziti, si voltò allora per contemplare il lato della camera nel quale giaceva ancora la mora, che durante la sua breve assenza s'era infilata sotto le coperte. Abbozzando un mezzo sorriso, Kei rimase a guardarla per una manciata di secondi ancora, seguendone la curva della schiena sino a ché questa non scompariva sotto il bordo delle lenzuola color azzurro chiaro e la coperta invernale di un bel blu notte.
Rilassata, stanca e soddisfatta.
Ecco come gli appariva, a tal punto da finire per addormentarsi in quei pochi minuti che era stato via, e questo non poteva ché essere un motivo d'orgoglio per lui, sebbene non si limitasse solo a quello. A sfiorargli il centro del petto vi si mise un moto di tenerezza che non aveva mai provato per nessun altro e quella sensazione gli fece delineare le labbra in un tenue sorriso, prima che iniziasse ad accusare il freddo e pensasse di infilarsi sotto quelle coperte con lei.
All'intenso brivido che gli fece rizzare i capelli neri sulla nuca, il blader finalmente si mosse ed, una volta raggiunto il letto, si infilò sotto le lenzuola approfittando dello spazio che la stessa ragazza gli aveva lasciato prima di sprofondare nella fase Rem. Il tempo di mettersi comodo che Yukiko gli si strinse contro e lui, voltato su un fianco verso di lei, si bloccò allo stesso modo di come era successo più d'un mese prima, in quella stanza d'albergo in Russia, cercando di non svegliarla del tutto. Dopo una manciata di secondi, ancora tenendo sollevato il busto sul gomito sinistro, si premurò di coprirla meglio sino alle spalle, prima di infilare il proprio braccio destro sotto quelle coperte e cingerla all'altezza del fianco. Il sospiro soddisfatto che le sgorgò dalle labbra gli si riversò tiepido sulla pelle del petto, rispecchiando in parte il suo stesso stato d'animo, al punto da sembrargli la cosa più naturale del mondo quella di far scivolare le dita a seguire il profilo della spina dorsale di lei.
Quel pensiero lo sorprese sul momento, inducendolo ad aggrottare le sopracciglia mentre fissava l'espressione rilassata della ragazza che, di poco più in basso, sembrava già sul punto di dormire profondamente. Il tocco lieve della stessa tuttavia lo fece ricredere, perché ella ricambiò quelle sue attenzioni, posando la mano sinistra sul suo braccio, sopra il gomito, in una carezza lenta e costante che ebbe il potere di distrarlo e farlo rilassare a propria volta. In fondo, perché avrebbe dovuto sorprendersi di stare tanto bene con qualcuno? Solo perché non gli era mai successo prima?
Sorreggendosi il capo sul palmo della mano, fece vagare il pensiero mentre con l'iridi dai riflessi di brace seguiva il profilo della mora come si era ritrovato a fare diverse volte in un passato recente, soffermandosi sulla piega leggermente tesa in un accenno di sorriso delle labbra di lei.
Un sorriso che si ritrovò ad imitare senza neanche rendersene conto.
Ancora una volta pensò che, in quel momento, non avrebbe potuto trovarsi in un luogo migliore se non quel letto, con lei fra le braccia. Una parte della sua mente gli suggerì che avrebbe potuto essere la stessa cosa in qualunque altro posto, purché ci fosse stata lei.
La sua Compagna.
Quand'era diventata tanto importante da suscitargli emozioni tanto profonde?
Rivangando i propri ricordi, tornò al tempo in cui l'aveva incontrata la prima volta, rammentando perfettamente ogni momento di stupore che lei gli aveva causato, ogni momento in cui si era sentito spiazzato o colpito da qualcosa che aveva a che fare con lei. Non poteva credere che fossero arrivati tanto lontano. Non poteva credere di potersi sentire tanto fortunato e felice solo per il fatto di poterla osservare come in quel momento.
Si lasciò sfuggire un debole sbuffo autoironico a labbra serrate, delineate in un mezzo sorrisetto che avrebbe potuto essere chiaramente una smorfia. S'era rammollito? Sembrava l'unica spiegazione per ciò che era arrivato a pensare; l'unica, a parte...
Quel sorrisetto si dissolse sul suo volto, mentre la conclusione più ovvia gli balenò nella mente con la stessa intensità della luce di un faro nella notte. Inarcando ambo le sopracciglia, Kei lasciò che la propria mente tornasse a tutti i momenti di tenerezza e di ansia vissuti con lei.. per lei, si corresse, e progressivamente avvertì la propria espressione tradire la profonda incredulità che lo stava cogliendo.
Trattenne il fiato.
Se n'era innamorato.
Si era innamorato di Natsuki Yukiko, futura presidentessa della Natsuki Corporation e giovane donna che definire 'complicata' sarebbe stato un eufemismo, senza nemmeno rendersene conto. Una ragazza la cui forza d'animo lo aveva favorevolmente impressionato, così com'era stato per la sua potenza di blader. L'unica ad essersi avvicinata abbastanza a lui da rischiare di bruciarsi, senza per questo tirarsi indietro o demordere quando aveva tentato di tenerla a distanza. Alla mente gli tornò in un flash il ricordo del sogno fatto molte settimane prima, nell'istante esatto in cui lei riusciva ad infrangere l'oscurità nella quale si era barricato e con slancio tentava di raggiungerlo, la sua mano protesa verso di lui.
Comprese che, in qualche modo, lei gli aveva sempre teso quella mano, sin dall'inizio, e questo ebbe il potere si sorprenderlo ancor più di tutto il resto.
Osservando il viso della ragazza accanto alla quale era disteso con sguardo diverso, si sentì arrossire, eppure al tempo stesso avvertì la consapevolezza dei propri sentimenti crescere e rafforzarsi al centro del petto, pervadendolo da capo a piedi. Una sensazione insolita, che tuttavia lo fece sorridere spontaneamente, preda di qualcosa che poteva essere paragonato ad una profonda gratitudine.
Se n'era innamorato e non avrebbe cercato di negarlo a sé stesso, perché gli era semplicemente divenuto impossibile.
Yuki..? la chiamò a bassa voce, cercando di capire se fosse sveglia.
Lei non si mosse, né mandò segno di averlo udito in qualche modo o di star tornando alla realtà. Il suo respiro regolare e profondo continuò a riempirle i polmoni e scivolarle oltre le labbra leggermente schiuse per una manciata di secondi piuttosto lunga, abbastanza da convincerlo del sonno in cui era sprofondata. Doveva essere stata parecchio stanca, di una stanchezza che lentamente stava insinuandosi anche in lui, sebbene l'adrenalina che gli era finita in circolo a causa della rivelazione che lo aveva appena colto stesse ancora facendo il suo effetto.
Allora chinò il capo, sfiorandole con la punta del naso la tempia sinistra ed avvertendo la sensazione setosa dei suoi capelli fargli il solletico. Inspirando, ne colse nuovamente l'odore, una fragranza che mista a quella che doveva appartenere allo shampoo che aveva utilizzato, gli ricordò i fiori di gelsomino, ed il sorriso tornò ad accentuarglisi, seppur morbidamente, in volto. Si accostò all'orecchio di lei, scostandole una ciocca di capelli dietro lo stesso con la mano destra, prima di decidersi a schiudere le labbra. Trattenne il fiato.
Ti amo le sussurrò, in un sospiro che flebile gli svuotò i polmoni, abbattendo anche l'ultimo ostacolo che aveva eretto a difesa di sé stesso.
Non osando ancora respirare, rimase immobile e tese le orecchie, in ascolto di un qualsiasi suono che potesse suggerire che la ragazza non fosse così addormentata come aveva supposto, ma non vi fu alcun cambiamento e dopo un minuto d'orologio tornò a rilassarsi, facendosi nuovamente indietro e riappoggiando il capo sul palmo della mano sinistra.
Sapeva di essere sleale, che quella non avrebbe potuto considerarsi una vera e propria dichiarazione, ma non poteva comunque negare che il proprio cuore gli stesse battendo ad un ritmo frenetico al centro del petto. Gli aveva fatto un'impressione strana il suono di quelle due parole, proferite dalla sua bocca e con la sua voce: aveva dovuto fare uno sforzo per farle uscire, dandogli quasi l'idea che nel scivolargli sulla lingua gli avessero raschiato le corde vocali. Non aveva mai detto niente di simile a nessuno prima, nemmeno a suo padre, e sua madre se n'era andata che lui era ancora in fasce, per cui non aveva alcun ricordo di quel tempo o di lei.
Per la prima volta si sentì completamente in balia delle proprie emozioni, senza più un appiglio, e la cosa lo inquietò. Non era abituato a cedere alla propria parte emotiva, si era sempre sforzato di valutare ogni cosa, di seguire il proprio lato razionale, eppure ora non ci riusciva. Sapeva solo di voler stare con lei.
E lei era lì, fra le sue braccia, talmente a suo agio da dormire in tutta tranquillità. Si fidava di lui.
Si rilassò, riuscendo grazie a quest'ultima constatazione a scacciare quella sensazione di paura che l'aveva sfiorato poc'anzi. Fu grazie a questo che cedette alla sensazione di formicolio del polso sinistro e scivolò più in basso, ruotando su sé stesso per stendersi supino e al tempo stesso far passare il proprio braccio sotto il collo della mora. Il movimento la destò in parte, ma fu una cosa del tutto naturale per entrambi incastrarsi in quella nuova posizione ed il dranzerblader si ritrovò a stringerla contro di sé, mentre lei prendeva posizione con il capo sulla sua spalla e gli cingeva il fianco più lontano con il braccio sinistro. Quando arrivò ad intrecciare le gambe con la sua, lui si ritrovò per l'ennesima volta a sorridere, appoggiando la guancia al capo d'ella ed avvertendo sulla pelle la liscia consistenza dei suoi capelli scuri. Lasciandosi così pervadere da un nuovo senso di pace che lo aiutò ad accantonare timori e ansie di sorta, colse il profondo sospiro che sgorgò dal petto della nightblader.
Un sospiro che rispecchiava esattamente il suo stato d'animo.


Non avrebbe voluto svegliarsi ma, nella penombra della sua stanza, avvolta dal piacevole tepore che le trasmetteva la presenza del suo ragazzo, Yukiko iniziò a riemergere dal mondo dei sogni in uno stato di preallarme. Il ché era assurdo, perché non c'era posto più sicuro dove avrebbe potuto essere se non quello, convinzione che si accentuò quando si ricordò con uno sprazzo di lucidità di essere fra le braccia del suo dranzerblader.
Quando tuttavia, l'istante successivo, il suono di una voce raggiunse la sua coscienza chiamandola per nome, venne bruscamente riportata alla realtà con lo stesso effetto di una secchiata d'acqua gelida: la signora Natsuki.
Yuki-chan?! Sei in casa??
Il sussulto che la colse svegliò anche il ragazzo al suo fianco, il quale spalancò gli occhi scuri allarmato mentre la mora si alzava di scatto a sedere, imprecando fra sé e sé mentre si lasciava sfuggire, in un sussurro strozzato da un'ondata di panico: È mia madre!
La reazione di Kei non fu altrettanto fine.
Cazzo! ringhiò questi, quasi caracollando giù dal letto, tirandosi dietro le coperte nello slancio e rischiando per questo di inciampare Cazzo! ripeté a voce contenuta, lottando con la stoffa per restare in piedi Mi sono addormentato.. merda!
Tesoro? la voce della presidentessa della N.C. questa volta sembrò più vicina e ad essa si accostò il caratteristico suono di passi per le scale.
Non avevano più tempo.
Sì! esclamò la mora, guardandosi brevemente intorno mentre il giovane Hiwatari tentava di raccattare i suoi vestiti. Saltò letteralmente giù dal letto, raggiungendo di corsa la propria cassettiera Ci sono, mamma! ripeté intanto, prima di abbassare il tono e rivolgersi al dranzerblader con fare concitato – ..nasconditi!! ormai il panico minacciava di prendere il sopravvento e rovistando nel cassetto che aveva aperto con forza ne estrasse un paio di mutandine Mi..mi sto cambiando!!
Nei due secondi a seguire Kei si appiattì contro la parete, proprio accanto alla porta, stringendo a sé i pantaloni e la maglia ma dimentico delle scarpe, in bella mostra al centro della camera. Scarpe che la ragazza con un calcio spedì sotto il letto mentre si infilava l'indumento intimo e si affrettava ad anticipare sua madre. Raggiunse la porta proprio mentre la maniglia ruotava e vi si gettò contro con slancio, impedendo al genitore di schiuderla più di una manciata di centimetri.
Non entrare!
Oh.. Yuki-chan! esclamò la donna, sorpresa Che succede?
Mi sto cambiando, mamma! ribadì la ragazza, facendo attenzione a non mostrar più del viso oltre lo spiraglio aperto dall'altra.
La signora Natsuki sembrò crederci, perché poi se ne uscì con una delle sue risate caratteristiche.
Uhuh! Ma cara, ti ho partorita, non devi sentirti in imbarazzo con la tua mamma!
Mamma, insomma!! esclamò spazientita e completamente nel pallone, cercando di controllare la propria agitazione e tentando di farla passare per imbarazzo Non ho più 5 anni, rispetta la mia privacy!
D'accordo, d'accordo.. concesse sua madre a quel punto, facendo un passo indietro e permettendole di richiudere la porta. Una volta che la serratura tornò a posto, la voce di lei si fece sentire da oltre l'anta lignea con una sfumatura più ovattata Non mi avevi detto che saresti uscita stasera.. hai già cenato?
No, non l'ho fatto la blader scambiò un'occhiata al suo compagno, tanto teso da darle l'impressione di volersi fondere con il muro dietro la sua schiena. Non che lei fosse messa meglio, per dire. Si schiarì la voce Esco a cena, per l'appunto si inventò sul momento.
Il borbottio del suo stomaco sembrò approvare e sul volto di Kei comparve un sorrisino divertito ed ironico al contempo, prima che questi schiudesse le labbra per mimare le parole: “Carne alla griglia”.
La proposta venne accettata dalla mora con un cenno del capo, prima che alle orecchie le giungesse nuovamente la voce della donna ancora ferma in corridoio.
Con Eiji?
Il sorriso dal volto del dranzerblader scomparve, come evaporato, mentre un sopracciglio sfrecciò verso l'alto.
Chi? chiese di getto lei, non riuscendo a collegare quel nome a nessuno di conosciuto.
Ma come chi?! ribatté in tono divertito e perplesso al tempo stesso l'altra Eiji! Il tuo vecchio compagno di classe? È successo qualcosa, per caso??
Il cervello di Yukiko riuscì a fare i giusti collegamenti e si illuminò di comprensione Ah! No no, non è successo niente di particolare! neanche il tempo di finire di dire quella frase che avvertì lo sguardo penetrante del suo ragazzo trafiggerla da parte a parte e lei, voltandosi nuovamente a guardarlo, sfoggiò un sorrisetto nervoso alla vista della sua nuova espressione, fra l'accusatorio ed il saccente. Continuò comunque a parlare a sua madre Sì, usciamo. E sono pure in ritardo, mamma!
– Uhuh.. be', spero di conoscerlo prima o poi.. sembra proprio una cosa seria!
– Non..non saprei! È presto per dirlo..
– Come vuoi tesoro, non ti metterò pressioni!
Quell'ultima frase, accostata ad un fruscio, fece improvvisamente venire il dubbio alla mora di star davvero parlando con sua madre. Come sarebbe che non le avrebbe fatto pressioni? Ma se non aveva fatto altro in tutta la sua vita! Cos'era cambiato? Che fosse a causa del tipo con cui si vedeva e di cui non voleva dirle nulla?
Ehm.. e come vanno le cose fra te e il tipo con cui esci?
Oh, bene direi..
– Quando lo porterai a casa?
Yu-Yukiko, non mi sembra il caso.. sentì dire a sua madre, piuttosto impacciata invero, altra cosa che le fece inarcare maggiormente un sopracciglio, accentuando l'aria interrogativa che aveva in volto mentre ascoltava il seguito – ..è un po' presto per dirlo.
Le parti si erano appena invertite. Quella consapevolezza ebbe il potere di farla rilassare, ma non per questo si sentì meno impaziente di chiudere il discorso Ho capito mamma, non c'è bisogno che tu mi dica altro affermò, prima di deglutire e aggiungere Ora scusa, ma devo proprio vestirmi!
Sì, ho capito: ti lascio fare. Divertiti, mi raccomando!
Lo farò le rispose, prima che il suono di passi nel corridoio le preannunciasse che sua madre stava allontanandosi. Fece altrettanto, scostandosi dalla porta soltanto quando la sentì entrare nella sua stanza e allora Yukiko si voltò di nuovo verso Kei, che sembrava averne approfittato per infilarsi almeno i pantaloni.
Mi aspetto delle spiegazioni le disse lui con tono basso, ma non per questo meno gelido, accompagnato da un'occhiata penetrante.
Quella reazione da parte del blader le fece salire un nuovo brivido su per la spina dorsale, che la costrinse a sfoggiare un nuovo sorrisetto nervoso. Da una parte la situazione aveva il suo lato umoristico, ma per un attimo la mora si pentì della bugia che aveva dovuto inventarsi per coprire la loro relazione sino a quel momento. Deglutì, annuendo, prima di tornare sui propri passi, verso il centro della stanza e poi alla cassettiera, tirandone fuori un reggiseno pulito.
Anche Kei si mosse, recuperando il resto dei propri vestiti ed iniziando a metterseli in silenzio e con una certa rapidità. Lasciandolo fare, lei per contro esaminò i propri indumenti ancora appesi nell'armadio e, alla fine, scelse un maglione di lana a collo alto ed un paio degli ultimi jeans che aveva comprato due giorni prima con sua madre. Stava cercando di infilarvi le gambe quando la voce del dranzerblader la richiamò.
E questo?
Quell'unica domanda la fece bloccare, voltando il capo verso di lui perplessa, finché non lo vide accanto alla cassettiera, la sua sciarpa in una mano mentre con l'altra con l'indice puntato ad un lembo di stoffa che sporgeva dal cassetto aperto. Le ci vollero un paio di secondi per capire cosa fosse ciò che il ragazzo le stava indicando con aria perplessa e ironica al tempo stesso e, quando accadde, fu lei stessa a sorprendersi.
Oh.. riuscì a dire soltanto inizialmente, prima di finire di tirarsi su i jeans. Muovendosi per avvicinarsi a sua volta verso il mobile, si sentì terribilmente in imbarazzo nel fornirgli una spiegazione, in tono basso – ..era il pigiama di mio padre.
Lo vide inarcare un sopracciglio ed assumere un'aria quasi preoccupata, reazione che per contro le fece comparire un leggero mezzo sorriso che voleva essere incoraggiante Mi ero quasi scordata di averlo affermò, con una punta di malinconia.
Erano quasi due mesi che non lo metteva, sin da prima di partire per l'America. Non ne aveva più sentito il bisogno e nemmeno vi aveva più pensato, sino a quel momento. Notando la perplessità del ragazzo di fronte a sé fece spallucce, prima di spiegargli brevemente ciò a cui stava pensando.
Lo mettevo spesso quand'ero giù di morale, mi aiutava.. si frenò dal proseguire quella frase e lui non glielo chiese, cosa di cui gli fu grata e poco dopo la riformulò da capo – ..mi faceva sentire meno sola diede una spinta al cassetto, chiudendolo prima di voltarsi di nuovo ad incrociare lo sguardo del suo compagno, sorridendogli infine con più convinzione Ora non mi serve più.
Lo vide ricambiare il sorriso e per un istante si dimenticarono entrambi del luogo e del momento. Furono i passi della madre di Yukiko a ricordarlo loro, suono al quale seguì ben presto il tonfo sordo di una porta che si chiuse sul corridoio. Ancora un istante e il rumore dell'acqua corrente della doccia giunse ovattato sino alle loro orecchie, inducendo la mora a tornare a muoversi, di nuovo cosciente della necessità di sbrigarsi.
Sbrighiamoci incitò difatti il suo compagno, indicandogli il letto e procurandosi un paio di calzini.
Il tempo a Kei di recuperare le sue scarpe e infilarsele che lei stava già tentando di aggiustarsi la piega dei capelli davanti allo specchio. Non ci stette a perdere troppo tempo tuttavia, ben consapevole di non poter chiedere troppo alla propria chioma bicolore, e si risolse legandola in una coda alta, prima di voltarsi.
Andiamo disse soltanto, prima di accostarsi alla porta. Fece cenno al blader di seguirla e schiudendola con cautela diede un'occhiata fuori: come previsto, sua madre era in bagno ed aveva solo lasciato la luce accesa in camera sua. Sgattaiolarono fuori in punta di piedi, raggiungendo in fretta il pianerottolo delle scale e scendendole con altrettanta rapidità, la ragazza quasi finì per fare un bel capitombolo.
Si riprese all'ultimo, aggrappandosi al corrimano, ed attese di aver raggiunto indenne l'atrio ed essersi infilata i primi stivali che aveva trovato a portata di mano, prima di esclamare a voce alta Io vado!
La risposta della donna fu talmente flebile e ovattata che quasi lei non la udì, ma non per questo attese un istante di più.
Uscirono sul vialetto e Yukiko tirò fuori le chiavi della macchina che aveva nella tasca del giubbotto, espirando una nuvoletta candida di fiato quando l'aria fredda della sera le sfiorò la pelle del volto.
Prendiamo la mia annunciò senza preamboli, dirigendosi verso quella che a tutti gli effetti era la sua nuova auto. Lei e sua madre erano andate a ritirarla quello stesso primo pomeriggio in concessionaria e, neanche a dirlo, la signora Natsuki aveva approfittato di una promozione per dare indietro la loro utilitaria e farsi un'auto nuova a propria volta. Il risultato era parcheggiato nel vialetto di casa loro: una Mazda 2 ultimo modello dalla carrozzeria color viola metallizzato a 5 porte sostava subito accanto ad una Mazda 3 di un rosso fiammante.
Dirigendosi verso la prima, la nightblader si spostò sul lato di guida mentre Kei la imitò dall'altro e, dopo un rapido lampeggiare di 4 frecce arancioni, aprirono all'unisono le portiere e vi si fiondarono dentro. Gli interni erano in pelle bianca, il cruscotto di un nero sporco e le rifiniture in grigio chiaro. Avrebbe dovuto procurarsi delle foderine per i sedili al più presto ed, eventualmente, un altro paio di cosette a cui aveva pensato. Sui sedili posteriori ci aveva già piazzato il cuscino rosso a forma di cuore che sua madre le aveva regalato per il suo San Valentino dei dieci anni.
Soltanto quando furono fuori dal cancello, in strada, la mora si rilassò abbastanza da fermarsi al primo stop e voltarsi a cercare lo sguardo del suo compagno.
Dove si va?
A destra le rispose lui, prima di abbozzare un mezzo sorriso sarcastico – ..ed ora raccontami un po' di questo Eiji.
Per un attimo la giovane Natsuki rischiò di grattare la marcia e, sbuffando, gli rispose soltanto dopo aver scalato sino alla terza Ho dovuto inventarmi qualcosa appena tornata a casa e non mi è venuto in mente altro. Vedila così lo spronò ironica, ridacchiando – ..tu per mia madre ti chiami Eiji, sei un tennista ed andavamo a scuola insieme alle superiori.
Umphf il dranzerblader spostò lo sguardo oltre il finestrino alla sua sinistra e la mora capì che il discorso era appena stato chiuso . O almeno ebbe quell'impressione, prima che quella venisse smentita da un ultimo commento sarcastico Potevi almeno inventarti un nome più figo.
Quell'unica replica suonò talmente sincera nel suo rimprovero che la fece scoppiare a ridere.


Sollevando in una mano la cornetta dell'ufficio, il presidente Hiwatari schiacciò il tasto di chiamata automatica e attese che il telefono componesse il numero, accostandola all'orecchio e rimanendo in ascolto. Non dovette attendere molto prima che la donna all'altro capo rispondesse.
Pronto?
– Buonasera Natsuki. Puoi parlare?
Sì, sì. Yukiko è uscita da poco – assicurò l'altra senza tentennamenti.
L'uomo abbozzò un mezzo sorriso – Bene, perché credo di aver assistito per caso ad una cosa insolita ieri mattina.
La sua interlocutrice si fece curiosa e vagamente preoccupata al contempo – Non avranno scoperto...?
– No no – la rassicurò subito l'uomo, appoggiandosi allo schienale della sua poltrona da ufficio – Si tratta di qualcos'altro; qualcosa che riguarda in prima persona entrambi i nostri figli.
Mh?
– Forse è un po' presto per parlare, ma credo che il nostro piano originario stiano avendo i suoi effetti – le disse, prima di esporle la scena a cui aveva assistito per caso lui stesso. Quando ebbe finito, dall'altro capo del telefono seguì una pausa di silenzio talmente lunga da fargli credere che la sua interlocutrice fosse rimasta senza parole. Si sbagliava.
Uhuhuh.. – la sua particolare risata gli giunse dapprima sommessa e poi sempre più distinta, seppur di breve durata – Allora i miei sospetti potrebbero non essere così infondati.. ma sì, confermo il fatto che sia presto per trarre conclusioni affrettate. Propongo di continuare come se niente fosse e stare a vedere come va avanti la cosa.
Sfoggiando uno dei suoi mezzi sorrisetti sghembi che suo figlio aveva ereditato da lui, il presidente annuì – Sì, mi pare la cosa più sensata da fare per ora – affermò compiaciuto dell'acuta mente della sua compagna d'affari – ..farò in modo di racimolare qualche informazione in più. So già a chi rivolgermi.
Non esagerare – lo ammonì l'altra con tono bonario e critico al tempo stesso – Se lo scoprissero non ce lo perdonerebbero mai.
– È vero – ammise con un sospiro il signor Hiwatari, ben rammentando quanto il suo rapporto con Kei fosse andato peggiorando, malgrado i suoi sforzi iniziali di riavvicinarglisi dopo quanto accaduto per colpa di suo padre. Per fortuna c'era lei a ricordargli la necessità di una certa moderazione – Piuttosto, la prossima settimana dovrò partire per un viaggio d'affari ad Hong Kong e pensavo di portar con me mio figlio. Staremo via qualche giorno.
Oh – se ne uscì la signora Natsuki a quel punto, presa alla sprovvista ma comunque composta, tanto da non lasciar passare più di un paio di secondi prima di dare una risposta più articolata – Sì, mi sembra un'ottima idea.. io ne approfitterò per tener d'occhio Yukiko.
– Appena avrò la data precisa del nostro ritorno ti farò sapere. Considerati prenotata per una cena la prima sera disponibile.
Uhuh.. d'accordo, come vuoi.
– Ti saluto, Natsuki – le disse in ultimo, non senza sentirsi a disagio per la necessità di non potersi permettere una maggiore informalità in quell'ambiente di lavoro. La risposta che gli giunse all'orecchio gli suonò infinitamente più dolce.
A presto, Susumu.




...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buongiorno a tutti!!
Ok, non mi dilungherò, volevo solo ringraziare le mie ragazze per le loro recensioni - Silmeria, ho aggiustato la parte del capitolo che mi hai segnalato (errore di correzione distratto maledetto XD classica cosa da 'prima volevo scrivere una cosa, poi ci ho ripensato') - e mi scuso ma in sto periodo nn ho molto tempo. Ho un esame il 23 dicembre e devo assolutamente studiare -.- quindi mi spiace, ma sarò terribilmente lenta negli aggiornamenti da ora in poi. In pratica, non so quando riuscirò ad aggiornare!

Scusateeee!
Spero che questo capitolo però vi sia piaciuto abbastanza da portare pazienza con me <3
Scappo! Ma prima di farlo volevo citare qui sotto la fanfic della mia cara Obsidian_Butterfly, perché è stata taaanto carina da citarmi nella sua! <3 Se vi capita fateci un salto, l'idea è molto buona a mio parere e gli sviluppi sembrano decisamente interessanti! ^_^ Aspetto di vederne il seguto: Light and Fire.
un bacione a tutti e buon Dicembre!

Kaiy-chan

P.S. allego qui sotto le auto delle nostre due Natsuki! La prima è quella della madre

la seconda è quella di Yuki-chan con tanto di interni!

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Capitolo 43
*** Fra un saluto ed una bugia ***




43. Fra un saluto ed una bugia


– Natsuki – la chiamò una voce femminile.
La mora si voltò con, fra le braccia, un plico di fogli che raccoglievano alcuni bilanci finanziari di cui doveva occuparsi. Ferma accanto alla fotocopiatrice, inquadrò il volto sorridente di una delle due dipendenti dell'azienda che lei aveva ascoltato inavvertitamente qualche tempo prima nel bagno.
Da quel giorno le aveva viste continuare, seppur con una certa moderazione, a girare intorno a Kei come moscerini sulla frutta, tanto che la scena aveva finito per annoiarla a sua volta. Colei che le stava davanti ora era la moretta, quella dalla finta aria innocente e tanto impacciata da farla arrivare a chiedersi se avesse qualche disturbo dell'equilibrio, a causa del numero di volte che riusciva a prendere contro qualcosa o qualcuno.
– Miyako. Hai bisogno di qualcosa? – le chiese, inarcando un sopracciglio e mantenendo la propria aria pacata.
– Ecco, volevo parlarti.. hai un minuto? – le domandò a quel punto l'altra, meno impacciatamente di quanto la giovane Natsuki si sarebbe aspettata.
Annuì a lei comunque, curiosa e sospettosa al tempo stesso – Fammi solo appoggiare questi documenti – le disse, già pronta a recuperare le due fotocopie che stava facendo ed a dirigersi verso la propria scrivania con tutto il malloppo.
Nel percorrere mezzo ufficio cercò meccanicamente con lo sguardo il suo compagno di stage, senza per questo riuscire a scorgerlo. Soltanto un istante dopo si ricordò che il ragazzo in questione era partito per Hong Kong insieme a suo padre già dalla sera precedente e si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato al pensiero: i contatti con lui sarebbero stati più che limitati a causa della natura stessa di quel viaggio; e lei non voleva certo risultare inopportuna tempestandolo di messaggi nel bel mezzo di un qualche incontro d'affari.
Tornando sui propri passi, seguì la donna - che non poteva aver più di 4 anni in più di lei - sino in bagno.
Evidentemente si trattava di una prassi obbligatoria, quella di scambiarsi confidenze nei wc aziendali senza che queste facessero il giro dell'ufficio. Probabilmente eventuali orecchie femminili non costituivano, per la maggior parte, un possibile problema di fuga d'informazioni.. seh, come no.
Caso volle che, appena furono dentro, Night mettesse in atto la geniale idea di uscire dal suo bey, il quale la mora continuava a tenere in una tasca della giaccia. Nel suo alone di luce blu le sorrise, rimanendo appoggiato al muro piastrellato color rosa salmone e limitandosi a farle l'occhiolino, un attimo prima che Miyako ne richiamasse l'attenzione.
– Mi spiace di risultare inopportuna, ma c'è una cosa che speravo di poterti chiedere.. – iniziò quella, sfoggiando un sorriso contrito.
– Di cosa si tratta? – le chiese subito Yukiko, cercando di mantenere comunque un tono cordiale seppur senza ricambiarne il sorriso. Non le piaceva quella donna, anche se non era in grado di dire razionalmente da cosa quella sensazione di antipatia fosse causata. A parte il fatto che ci provasse col suo ragazzo, ovviamente.
– Ecco.. c'è qualcosa fra te e Hiwatari?
Per l'appunto.
La domanda le giunse improvvisamente, tanto diretta, così com'era diretto il suo sguardo nocciola, da farla irrigidire sul posto e spalancare gli occhi verdi. La prima cosa che pensò automaticamente fu, in un primo momento di panico, che lei avesse scoperto il loro segreto in qualche modo. Poi, un respiro dopo, spronata dalla necessità di darle una risposta, abbozzò un mezzo sorriso e si disse che non era affatto possibile: sia lei che il dranzerblader erano stati piuttosto attenti in ufficio e, sebbene uscissero dall'ascensore spesso nello stesso momento, non si comportavano in modo particolare l'uno verso l'altra. Non in presenza d'altri insomma. A meno che...
Respira” le ricordò Night dal suo angolo.
Fece come le era stato suggerito ed abbozzò un mezzo sorriso nervoso, che si tradusse in una risatina pochi istanti più tardi, prima di risponderle l'esatto contrario di quel che avrebbe voluto invece sbatterle in faccia senza ripensamenti.
– Ahah, no.. certo che no! – Yukiko agitò persino una mano a mezz'aria, come a scacciare quel pensiero – Io e Hiwatari? No, non potrei mai! – mentì di nuovo, rimarcando la propria affermazione e stringendo i denti.
Avrebbe pagato oro per poterle dire che lei e il blader di fuoco stavano insieme e che avrebbe fatto meglio a stargli alla larga, con quei suoi atteggiamenti da gatta morta, se voleva conservare quello stupido sorrisetto che le aveva rivolto sino a un minuto prima. E che andasse a riferirlo pure anche a quell'altra 'biondona' sessualmente frustrata di mezza età, che il discorso sarebbe valso anche per lei! Invece si tenne tutto dentro, sforzandosi di sorridere nonostante il profondo disagio di tutta quella situazione.
Miyako parve inizialmente perplessa, ma non passò più di un secondo prima di esordire con un sospiro di sollievo – Oh.. che sollievo – affermò, ponendosi teatralmente una mano sul cuore e sollevando gli occhi al soffitto – Ti confesso che ero preoccupata: non vorrei mai fare un torto ad una collega. Ma quindi, non ti piace proprio?
– No – ne era solo innamorata persa – Siamo solo amici.. – lasciò intercorrere una breve pausa durante la quale non riuscì a tener lo sguardo su di lei, prima di domandarle – A te piace? Intendo, ti piace seriamente?
L'altra ridacchiò con fare imbarazzato, seppur sul suo viso non comparve alcun accenno di rossore – Ihih.. non saprei. Però è senza dubbio un bel ragazzo.
Non gliel'avrebbe lasciato neanche a morire, si disse senza alcun tentennamento, preda di una nuova ondata di avversione. Temendo di tradirsi si voltò, dandole le spalle con la chiara intenzione di chiudere lì la conversazione, ma una volta che ebbe tregua dallo sguardo dell'altra tese le labbra in un'espressione ironica in risposta ad un pensiero improvviso, che si lasciò sfuggire irrimediabilmente un attimo dopo.
– Fossi in te non ci spererei troppo, comunque..
– Che vuoi dire?
Yukiko dovette fare un enorme sforzo per non sobbalzare. L'aveva detto davvero! Riflettendo febbrilmente su un modo per trarsi d'impiccio, per una manciata di istanti credette di esser sul punto di rimanerci secca. Poi le venne l'idea.
Voltò il capo verso la propria spalla destra, già sentendo nella mente la risatina divertita del proprio bitpower, reazione contagiosa che la aiutò a sfoggiare un mezzo sorriso accondiscendente – Be', mi spiace dirtelo, ma non hai molte speranze con lui.
Quella parve arrossire seriamente questa volta, corrucciandosi – E perché?
– Perché non gli piacciono le donne.
Night si piegò in due dal ridere al limitare del suo campo visivo, riempiendole la mente della sua voce, mentre la povera Miyako sembrò precipitare dal suo piedistallo di ragazza innocente, spiazzata a tal punto da fissarla impietrita con tanto d'occhi sgranati e bocca spalancata. Solo dopo qualche secondo di silenzio riuscì a riaversi abbastanza da reagire in qualche modo.
– Mi stai prendendo in giro?
La nightblader ruotò di nuovo in parte su sé stessa, profilandosi rispetto alla sua interlocutrice e ponendo una mano sul fianco destro, senza staccar più l'iridi di smeraldo da lei. Stava gongolando talmente tanto da non riuscire proprio a far sfumare del tutto il proprio sorrisino divertito.
– No, mi spiace.. – le rispose, prima di far spallucce – ..anche io la prima volta che l'ho saputo ci sono rimasta di sasso.. – scosse il capo con fare sconsolato – ..che spreco, ti pare?
La poverina non diede segno reale di averla udita, la spallina della sobria canottiera che indossava finitale oltre la spalla destra, a causa di una posa più ribassata di questa.
– Ora scusami, ma devo assolutamente tornare al lavoro – le disse, voltandosi verso la porta e dandole nuovamente le spalle.
– Oh, sì.. certo.. è vero – la sentì dire un istante prima di aprire l'anta ed uscire da quel bagno. Tornando in ufficio non riuscì in alcun modo a mitigare il nuovo sorrisetto divertito che le affiorò sulle labbra rosee per la conversazione appena conclusa.
Quell'espressione ti fa somigliare a tua madre, sai?” la prese in giro il suo bitpower, camminandole accanto lungo il corridoio.
– Qualcosa dovrò pur aver preso da lei – commentò ironicamente la ragazza, prima di prendere posto alla propria scrivania.
La risatina di Night si dissolse, mentre l'entità ritornava all'interno del suo beyblade blu e argento, ma l'effetto benefico dell'accaduto ebbe il potere di tenerle sollevato il morale fino sera, soprattutto quando, una decina di minuti dopo, colse con la coda dell'occhio Miyako e Kanigawa parlare fra loro. La faccia della seconda, che minacciò di vedersi sgretolare il trucco che vi era stato applicato qualche ora prima, assunse un'espressione tanto incredula e contrariata che Yukiko dovette piegarsi sulla scrivania per evitare di farsi vedere mentre cercava di trattenere un'irrefrenabile risata fra sé e sé.
Ben gli stava a quelle due.
Almeno, pensò, sul fronte “colleghe zoccole” non avrebbe più avuto motivo di preoccuparsi troppo.


Kei sollevò lo sguardo dal proprio piatto, inarcando un sopracciglio mentre le parole di suo padre si susseguivano l'una dopo l'altra.
– ..per cui mi complimento con te per come hai saputo gestire la prima fase di quest'affare – stava dicendo il suo vecchio, tagliandosi nel frattempo un pezzo di carne nel piatto, in volto stampato un sorriso affabile quanto moderato.
Il blader si trattenne dal lasciare spazio ad una smorfia di disagio, mantenendo la propria aria impassibile mentre tornava a dedicarsi alla propria cena, costituita da una bistecca ai ferri con contorno di patate al forno ed insalata. Era già la seconda sera e suo padre sembrava abbastanza di buonumore da sostenere una conversazione-monologo con il figlio, cosa di per sé piuttosto imbarazzante per quest'ultimo, che ogni tanto era costretto dalle circostanze a rispondergli qualcosa.
– Se le cose continueranno così potremo far ritorno in Giappone entro sabato..
Quella notizia sembrò risvegliare parte dell'interesse del dranzerblader che, seppur senza risollevare lo sguardo, fermò il movimento delle posate. Il signor Hiwatari dopo una breve pausa di silenzio riprese a parlare.
– ..il ché sarebbe un'ottima cosa. Ho una questione piuttosto importante di cui occuparmi.
A quell'ultima frase Kei inarcò un sopracciglio, prima di decidersi ad aprire finalmente bocca, scoccandogli un'occhiata diretta – Che questione?
Suo padre apparve sorpreso da quella domanda, ma dopo un primo istante riacquistò la sua solita compostezza – Oh, niente di cui tu ti debba preoccupare, figliolo: non riguarda l'azienda.
Il ragazzo non replicò ma si limitò a fissarlo con la stessa espressione interrogativa di poco prima, in attesa di una delucidazione e, quando questa non arrivò, tornò all'attacco – Riguarda la donna con cui esci?
Per poco a suo padre non andò di traverso il boccone e, dopo un colpo di tosse soffocato dietro un sorso di vino, mormorò con voce arrochita – Come..?
– Non ci vuole un genio per capire quando sei di ritorno da un appuntamento galante, piuttosto che da uno di lavoro – lo interruppe subito Kei senza batter ciglio ma, anzi, riprendendo a mangiare come se niente fosse – Se volevi nascondermelo per paura di un mio giudizio in merito, puoi stare tranquillo: la tua vita sentimentale non rientra fra i miei interessi.
– Sì, immagino che tu abbia già la tua a cui pensare.
Quell'insinuazione proferita in tono tanto neutro e comprensivo questa volta sortì un certo effetto, perché fu il suo turno di sentirsi andare di traverso il cibo. Allungandosi verso il proprio bicchiere ne svuotò il contenuto a propria volta, prima di riuscire a respirare a pieni polmoni senza intoppi di sorta. Soltanto allora, ancora spiazzato dalla piega che stava prendendo il discorso, sollevò di nuovo gli occhi scuri sul genitore, il quale continuò, impassibile.
– Come va con la giovane Natsuki? Non mi hai raccontato nulla del vostro viaggio.
– Siamo.. – il blader deglutì, schiarendosi la voce, prima di riprovarci – Siamo semplicemente amici – affermò, deviando lo sguardo verso la propria destra nel tentativo di non fargli notare in alcun modo l'agitazione che lo stava pervadendo da capo a piedi – Non c'è altro da aggiungere. È una ragazza a posto, ma non è il mio tipo – mentì spudoratamente.
– Capisco.. è un peccato, sarebbe stata proprio una nuora in gamba! Con anche lei a gestire gli affari della società sarei andato in pensione anticipata senza una sola preoccupazione! Ahah! – affermò, scoppiando in una breve e gioviale risata. Una di quelle che Kei gli aveva sentito esternare poche volte in tutta la sua vita e che gli fecero guadagnare qualche occhiata persino dai tavoli vicini.
Almeno è di buon umore..” gli fece notare l'Aquila dall'interno di Dranzer, osservazione che lo fece corrucciare in volto.
Dal canto suo Kei infatti non lo era per niente. Non riusciva a scacciare in alcun modo la sensazione di inquietudine che gli causava suo padre in quel momento.. il brutto presentimento che egli fosse a conoscenza di più di quanto lasciava intendere gli serrò la bocca dello stomaco, costringendolo a mollare la presa sulle posate ed a dichiarare la resa del proseguimento della cena.
Fece par alzarsi, quando suo padre lo interpellò di nuovo, bloccandolo a metà di quel movimento.
– Chi è allora la ragazza con cui ti stai vedendo ultimamente?
Quella domanda a bruciapelo lo prese alla sprovvista un istante, ma quando, quello successivo, terminò ciò che aveva iniziato e si fu messo in piedi accanto al tavolo, lo sguardo che regalò al suo genitore era tanto serio quanto imperscrutabile.
– Nessuno – gli rispose piuttosto bruscamente. Non aggiunse altro, facendogli così chiaramente capire che la questione era chiusa, prima di voltargli le spalle ed allontanarsi.
Soltanto una volta che si fu chiuso nella sua camera d'albergo e lasciato cadere disteso sul letto, tirò fuori il cellulare dalla tasca e ne sbloccò lo schermo. Non si stupì di notare in alto a sinistra l'icona di un nuovo messaggio e, dopo averne scorto il breve contenuto, si ritrovò a sorridere leggermente fra sé e sé in preda ad un umore meno tetro di poc'anzi. Rimase ad osservare la foto allegata per una manciata di secondi ancora mentre alla mente gli tornò il ricordo a cui essa lo rimandava.

[Flashback]
Era una domenica mattina ed avevano deciso di vedersi in centro per fare due passi e/o andare al cinema. Si sarebbero incontrati davanti alla stazione, come avveniva di consueto ogni volta che volevano andare da qualche parte insieme, e Kei era già lì in attesa da qualche minuto quando si accorse di un paio di bambini che stavano punzecchiando qualcosa posto all'interno di uno scatolone.
Parzialmente incuriosito il dranzerblader, avvicinandosi, comprese immediatamente di cosa si trattava, ancor prima di vedere chiaramente il gattino dal pelo grigio tigrato raggomitolato in un angoletto della scatola di cartone. La bestiola tentava di graffiare coi suoi piccoli artigli lo stecchetto molesto, miagolando in segno di protesta ed alimentando in tal modo l'ilarità dei ragazzini.
Infastidito da quella scena, gli bastò porsi esattamente dietro ai due mocciosi perché questi ammutolissero e sollevassero lo sguardo su di lui. Squadrandoli dall'alto in basso con espressione minacciosa, Kei se ne rimase in silenzio in quella posizione: braccia conserte e schiena dritta.
Non dovette nemmeno aprire bocca che la coppia di monelli, dopo un sussulto di spavento, mollò il bastoncino e corse via, per nulla desiderosi di prenderle da uno che, con quel giubbotto di pelle ed i guanti senza dita, doveva essergli apparso in tutto e per tutto un teppista.
Soltanto quando furono scomparsi il ragazzo dai capelli d'argento abbassò lo sguardo dai riflessi d'ametista sul cucciolo di gatto abbandonato a sé stesso, notando nello scatolone qualche avanzo di cibo ed una serie di fogli di giornale mezzi strappati. Quando la creaturina sollevò i suoi occhi azzurri su di lui, le pupille verticali dilatate e la posa rannicchiata su sé stesso, entrambi rimasero a fissarsi per una manciata di secondi buona, durante la quale Kei si ritrovò a combattere contro sé stesso una battaglia interiore che era destinato a perdere.
Al termine di questa sciolse la posa delle braccia e stava giust'appunto per chinarsi a raccogliere il piccolo randagio, quando una voce lo fece sussultare.
Non sapevo ti piacessero i gatti..
Quel tono limpido ed allegro al tempo stesso gli fece voltare il capo e lo sguardo alla propria sinistra, inquadrando nel proprio campo visivo il viso sorridente di Yukiko. Ricambiandone il sorriso con un'alzata di spalle, sentì l'impulso di giustificarsi in qualche modo, ma quando fece per provarci lei lo interruppe sul nascere.
Ho visto come hai spaventato quei ragazzini – affermò infatti lei piuttosto divertita, prima di abbassare lo sguardo verde smeraldo sul piccolo gattino ed aggiungere, più seria – ..poverino, lo hanno abbandonato al freddo.
Già – fece lui in tutta risposta, con la sua solita imperturbabilità, preferendo guardare altrove.
Non ricordo gatti a casa tua.. come mai? – gli domandò lei pochi istanti dopo, tornando ad attirarne l'attenzione. L'espressione di semplice curiosità che le delineava il viso in quel momento gli fece comprendere immediatamente quanto quella domanda fosse fine a sé stessa, motivo per cui, dopo una manciata di secondi, lui tornò a guardare il gattino.
Da bambino provai a portare un randagio a casa – esordì – ..ma mio nonno si oppose e lo fece ributtare in mezzo ad una strada – le raccontò brevemente di quell'episodio, avvertendo ancora il sapore amaro che gli aveva lasciato in bocca con una smorfia interiore, senza per questo lasciarla trasparire in alcun modo – Il giorno dopo vidi il suo corpicino sul ciglio della carreggiata: era stato investito.
...oh – mormorò soltanto la mora, lasciando trasparire da quell'unico suono quanto ciò l'avesse colpita. Poco dopo, chinandosi sullo scatolone, schiuse nuovamente le labbra – Che facciamo con questo piccolino? Non possiamo lasciarlo qui..
Kei abbassò lo sguardo sulla sua compagna, osservandola allungare una mano verso il micio abbastanza da permettergli dapprima di darle qualche zampata e poi, di annusarla. Un istante dopo le si stava già strusciando contro, miagolando di fame e dandole qualche morsetto alla punta delle dita.
Conosco un posto dove si prenderanno cura di lui – le rispose allora, ficcandosi le mani in tasca prima di aggiungere – ..e probabilmente non faticherà a trovare presto una casa. I cuccioli solitamente sono i primi a venire adottati.
A quelle parole lei aveva sollevato il capo verso di lui ed aveva sorriso, apparentemente rincuorata da quella notizia. Quindi aveva sollevato fra le braccia il cucciolo e si era rimessa in piedi, ridacchiando della foga con cui questi le si era attaccato al maglione di lana color crema con quei suoi piccoli artigli e vezzeggiandolo di rimando per tranquillizzarlo.
Quella scena fece sorridere persino il dranzerblader che, dopo aver atteso che lei tornasse a prestargli attenzione, con le mani tenute ostinatamente infilate nelle tasche dei jeans si incamminò, facendole strada verso il gattile in questione.

Osservando il viso della propria ragazza accanto al musetto peloso di quel cucciolo grigio tigrato, avvertì una volta di più il desiderio di tornare a Tokyo. Sospirò fra sé e sé, convenendo che prima sarebbero tornati, meglio sarebbe stato per tutti, a prescindere da ciò che aveva da sbrigare suo padre.
In realtà era da qualche giorno che Kei si chiedeva chi fosse la donna che era riuscita ad attirare l'attenzione del presidente della Hiwatari, ma aveva iniziato a nutrire qualche sospetto soltanto dalla sera in cui aveva quasi rischiato di farsi scoprire a casa di Yukiko. Ascoltando lo scambio di battute fra madre e figlia, aveva inevitabilmente scoperto che anche sua madre si vedeva con qualcuno da non troppo tempo.
Certo, poteva trattarsi di una semplice coincidenza e, quando quella sera a cena ne avevano parlato, avevano convenuto che non poteva essere altrimenti. Però... e se stessero sottovalutando la cosa? Se i loro genitori avessero davvero iniziato a frequentarsi, nonostante le scarsissime possibilità?
Non capisco quale sia il problema” intervenne Dranzer, traendolo dalle sue riflessioni.
Umphf sbuffò il blader, senza risponderle direttamente ma scegliendo invece di accantonare per l'ennesima volta quei pensieri.
Non gli sarebbe servito a nulla rimuginarci all'infinito, ormai l'aveva imparato: tanto valeva lasciar proseguire le cose secondo il loro corso e preoccuparsi solo di ciò che lo riguardava da vicino, come la sua attuale relazione con Yukiko. La decisione di mantenere il segreto stava iniziando a pungolarlo interiormente, come se una parte di lui non fosse soddisfatta di come stavano proseguendo le cose, ma alla luce della conversazione di quella stessa sera era convinto una volta di più della necessità di non far ancora sapere nulla ai loro genitori. E poi, chissà cos'aveva in mente suo padre, per aver tirato fuori di nuovo l'argomento? Il pensiero gli fece di nuovo salire un brivido di inquietudine lungo la spina dorsale.
Inoltre, il fatto che si vedesse con qualcuna gli suonava ancora strano. Non l'aveva mai visto interessato ad una donna, mai, ed inconsciamente aveva sempre pensato che il ricordo di sua madre fosse ancora presente. Nelle ultime settimane invece aveva dovuto fare i conti con il suo lato razionale, quello che aveva ammesso che il suo vecchio era un uomo e che, come tale, aveva bisogno di stimoli a cui lui stesso stava venendo sottoposto negli ultimi tempi.
La mancanza di una figura femminile a villa Hiwatari si era fatta sentire negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza di Kei, ma ora che era adulto il pensiero di una nuova pseudo-matrigna gli sembrava stonato, inappropriato per l'ambiente in cui era cresciuto. In tutta franchezza il blader si augurava che, semmai si fosse davvero trattato di una storia seria, il cambiamento avesse luogo soltanto dopo che lui avesse trovato il modo di andarsene da quella casa. Una casa che, per lui, era solo piena di fantasmi.


La giovane Natsuki scorse le foto che era riuscita a passare sul portatile, mentre a lato l'icona della chiamata in corso le fece presente che era in arrivo una video-chiamata. Riducendo la finestra a icona allora, cliccò sul simbolo della cornetta verde con il puntatore del mouse e non riuscì ad evitare alle proprie labbra di aprirsi in un sorriso quando il monitor venne interamente occupato da una testa piena di capelli color rosa scuro.
Ciao Mao la salutò meccanicamente, già infilandosi le cuffie nelle orecchie. Appena lo fece la voce della cinese le trapassò i timpani.
Yuki! Finalmente, non vedevo l'ora di darti la notizia! frastornata, la mora abbassò l'audio ad un volume accettabile, ridacchiando dell'entusiasmo della galuxblader, la quale continuò Finalmente abbiamo una linea internet stabile! Tutto grazie al mio Rei che è riuscito a convincere gli anziani a permettere alla linea telefonica di installare l'antenna trasmittente all'altro capo della valle! cinguettò entusiasta.
Di fronte a tanta vivacità la mora si ritrovò a sorridere divertita, ma non riuscì ad aprire bocca che l'altra la interruppe di nuovo.
Yuki, che bel colore! Sai che stai benissimo?
Grazie, Mao riuscì a dire questa volta, senza faticare a comprendere che si riferisse ai suoi capelli. Purtroppo lo stava imparando: con la cinese bisognava attendere che il momento di euforia passasse, prima di riuscire a intavolare un discorso normale, così le rivolse una domanda quasi di circostanza Come sta Rei?
Sta benissimo! Da quando siete ripartiti i rapporti coi Red Dragons si sono fatti amichevoli ed è venuta ad instaurarsi una sorta di tacita alleanza che gli ha permesso di tirare un sospiro di sollievo le raccontò Ormai la prima neve è imminente e Kiki è disperato perché non riuscirà a vedere la sua ragazza per un bel po', così trova pretesti su pretesti per andare al villaggio vicino e restarci più tempo possibile, persino quando Lin non ha nulla da fargli fare.
Yukiko ridacchiò, immaginandosi senza problemi quel ragazzo dai capelli verde scuro che piombava in casa del capotribù cinese in ogni momento, anche i più inopportuni, con la scusa della punizione che gli avevano assegnato per quanto accaduto. Poi una voce maschile le risuonò nelle cuffie.
Funziona bene la linea, tesoro? È stabile?
Mao si voltò a guardare alla sua destra Sì, va una meraviglia! Sono in chiamata con Yukiko!
Ah, sul serio? C'è anche Kei? in quel momento comparve nel riquadro del monitor la sagoma di Rei, chinato in avanti per entrare appieno nell'inquadratura, proprio alle spalle della sua compagna, in volto stampata un'espressione interrogativa che subito si distese in un sorriso mentre la cingeva in un abbraccio e guardava verso il monitor Ciao.
Ciao Rei lo salutò di rimando la giapponese, contenta di rivedere anche lui. Non era cambiato affatto nelle ultime settimane No, Kei non c'è: è partito per un viaggio d'affari ad Hong Kong due giorni fa.
Ah, capisco rispose il cinese dall'altro capo della webcam, senza perdere il suo sorriso Be', salutamelo quando ti capita! Come vanno le cose fra voi due?
Tutto bene, grazie fece appena in tempo a rispondergli, prima che Mao iniziasse a spazientirsi.
Rei, spostati, ci stavo parlando io con Yukiko! sbottò, fulminando il suo ragazzo con un'occhiata di miele e fuoco. Quella reazione parve sortire l'effetto sperato perché, oltre a suscitare l'ilarità del moro in questione, ebbe comunque il potere di farlo spostare per lasciarle campo libero.
Sì sì, va bene.. vado a preparare la cena!
Bene.. finalmente un po' di privacy esclamò la rosa, appoggiando gli avambracci incrociati sul bordo della scrivania e tornando a puntare i suoi occhi di fronte a sé. Un attimo dopo il sorriso tornò sulle sue labbra Ecco, mi è tornato in mente cosa volevo dirti! Sai che verremo in Giappone??
Quella notizia prese Yukiko in contropiede e, sorpresa, esclamò Davvero?! Quando?
Per il periodo natalizio! le rispose l'altra, con un sorriso a trentadue denti, prima che la sua attenzione venisse attirata da qualcos'altro Oh esordì infatti l'attimo dopo, inarcando un sopracciglio prima di tornar a sorridere Aspetta, c'è Hilary connessa! Ti spiace se la aggiungo?
Ah.. di nuovo presa alla sprovvista Yukiko raddrizzò la schiena sulla sedia N-no no, fa pure.
Detto fatto, l'istante dopo lo schermo si divise in due e nella metà destra comparve il riquadro di attesa della chiamata verso la moretta in questione. Furono sufficienti un paio di secondi, prima che Hilary Tachibana accettasse la chiamata e l'ovale del suo volto comparisse accanto a quello di Mao.
Pronto?
Ciao Hilary! È bello vederti finalmente! esclamò la cinese.
Mao, è un piacere rivederti! i suoi occhi nocciola cambiarono impercettibilmente direzione, mentre il suo sorriso quieto rimase immutato ..e non sapevo che anche tu avessi questo programma, Yukiko. Come state?
Sì, l'ho installato da poco affermò la mora abbozzando un mezzo sorriso Comunque qui tutto bene.
Anche noi stiamo bene, anche se mi manca un po' viaggiare per il mondo affermò Mao, preda di un attacco di nostalgia.
Yukiko ridacchiò Sì, posso capire.
A proposito, avete ricevuto l'invito? domandò Hilary a quel punto, suscitando nuova perplessità nella giapponese. Mao invece parve illuminarsi.
Sì, me l'ha detto Rei poco fa! Dì a Takao che ci saremo senz'altro!
E tu Yukiko?
Eh? la nightblader si sentì cadere dalle nuvole.
Tu e Kei verrete per Capodanno?
– Ah.. non lo so, Kei non mi ha detto niente al riguardo.
Il volto di entrambe le ragazze assunse un'espressione perplessa, ma fu Hilary a continuare.
Strano, Takao mi aveva assicurato di aver mandato un messaggio anche a Kei.. e subito dopo il volto della moretta si corrucciò e, mandando lampi a un oggetto che aveva in mano e che, inquadrato in parte, la giovane Natsuki riconobbe essere un telefono, aggiunse ..se si è dimenticato mi sentirà, mi ero raccomandata di non perdere tempo! È sempre il solito fannullone!
Yukiko sorrise imbarazzata e per riflesso tentò di attenuare l'irritazione dell'altra giapponese Ma no.. vedrai che non si è dimenticato, è che Kei è in viaggio all'estero per lavoro e forse è per questo che non mi ha detto niente.
Mh? lo sguardo di Hilary tornò a sollevarsi sul monitor e perse quell'aria minacciosa che aveva poc'anzi Ah, ok allora te lo dirò direttamente io e schiaritasi la voce si apprestò a parlare, ma venne interrotta dalla cinese.
Siamo tutti invitati a casa di Takao per festeggiare il nuovo anno! saltò su Mao, rubando la scena all'amica Ci divertiremo un mondo, vedrai! Dovete esserci anche voi! Sarà come ai vecchi tempi..
Sì, ci saranno cibo a volontà, fuochi d'artificio e champagne! Tanto champagne! si sovrappose Hilary, congiungendo le mani fra loro in preghiera e fissando davanti a sé con sguardo adorante.
Hilary, non sapevo fosti diventata un'amante degli alcolici! la prese in giro la cinese, ridacchiando.
Persino Yukiko a quel punto si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.
Anche tu li apprezzeresti di più se dovessi aver a che fare con uno come Takao! ribatté la giapponese, sollevando gli occhi al soffitto.
Ahah! Sì, hai ragione scoppiò a ridere Mao di rimando. Risata alla quale si unì la stessa nightblader.
Allora, Yukiko? Verrete? insistette a quel punto la moretta sulla destra del suo schermo.
L'immagine le mandava un'espressione di attesa che la ragazza interpellata non poté ignorare e, dopo un istante di incertezza, si lasciò convincere da tanto interesse apparentemente sincero.
– Sì, non credo ci saranno problemi.. fece appena in tempo a dire, prima di venir interrotta. L'esclamazione di Mao infatti le forò di nuovo un timpano, poco prima che quest'ultima si alzasse di scatto dalla sedia e scomparisse dall'inquadratura dello schermo, chiamando a gran voce Rei per dargli la notizia. Ed, a giudicare dall'espressione di Hilary, nemmeno lei era stata risparmiata dal picco d'intensità del tono della cinese. Lo sguardo che le due rimaste si scambiarono poco dopo le indusse a scoppiare a ridere all'unisono, di quella che fu una risatina contenuta e complice, che ebbe il potere di avvicinarle un poco l'una all'altra.
Ma fa sempre così? le chiese a quel punto la giovane Natsuki con un mezzo sorriso.
Il più delle volte.. credo sia un problema di microfoni perché dal vivo non è così squillante! le rivelò la giapponese.
Poco dopo la ragazza dai lunghi capelli rosa tornò a sedersi e il suo viso era ancora delineato di un ampio sorriso entusiasta, che influenzò il resto della conversazione. L'argomento passò al problema “regali”, sul quale si soffermarono per tutto il resto del tempo e, quando venne il momento di salutarsi, prima di chiudere la chiamata la giapponese dall'altro capo la sorprese un'altra volta.
Se ti va ci possiamo scambiare i numeri di cellulare, intanto salvo il tuo contatto, ok?
Sbattendo un paio di volte le palpebre, la nightblader impiegò un attimo prima di annuire Sì, certo..
Il sorriso delicato dell'altra la indusse a ricambiarlo Allora ciao, ci sentiamo presto! Buona notte!
Notte ripeté, prima che l'immagine dell'altra scomparisse e lo schermo tornasse a visualizzare il desktop.
A quel punto, lanciando uno sguardo all'orologio nell'angolo sinistro del monitor e constatando con stupore che la durata della videoconferenza aveva superato l'ora, Yukiko si ritrovò ad inarcare un sopracciglio. Il tempo era trascorso più velocemente del previsto e quella strana prima esperienza non le era dispiaciuta affatto. A dir la verità, si era decisamente divertita, tanto più che aveva finito per rivalutare in parte l'impressione che aveva avuto di Hilary: non aveva capito quanto potesse essere piena di vita quella ragazza, specialmente quanto si trattava dell'ex capitano dei Bladebreakers.
Il pensiero di rivedere un po' tutti le fece nascere un brivido di eccitazione lungo la spina dorsale, una sensazione insolitamente vivida, che non ricordava di aver mai provato in precedenza. Non era mai stata impaziente di rivedere i suoi compagni di classe dopo un distacco, nemmeno quando credeva ancora che Uzumi fosse una vera amica.
Sorrise pensando che, forse, aveva finalmente trovato un posto a cui appartenere.



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Uff... esame finito, finalmente posso dedicarmi a questa fanfic, e non potevo proprio evitare di pubblicare il nuovo capitolo prima di Natale per farvi gli auguri!! ^_^ Quindi, Tantissimi Auguri a tutte/i! Con il periodo delle feste non riuscirò ad aggiornare spesso, anche perché mi aspetta la montagna *-* ma spero comunque di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo!!
Questo era un po' un capitolo di transizione (sì, è un vizio), ma poi vedrete i prossimi XD cioè, ormai è palese no? Con i genitori dei nostri due blader che si frequentano, l'ambiente lavorativo pieno di civette e poi la questione del 'Ti amo' ancora in sospeso!! Che cavolo succederà??
Bho...lo scoprirete più avanti insomma! Nel frattempo vi lascio e vi auguro davvero buone feste a tutti e vi ringrazio tanto per continuare a seguirmi! Vi adoro!! Buon anno nuovo, già che ci sono! *_* 
un bacione

Kaiy-chan

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Capitolo 44
*** Inquisizione familiare ***




44. Inquisizione familiare


Ti manca.
Kei inarcò un sopracciglio, sollevando lo sguardo dallo schermo del proprio telefono alla proiezione del suo bitpower. L'Aquila se ne stava ferma accanto a lui, con le braccia incrociate ed il caratteristico alone rossastro a darle un'impressione eterea.
Dimmi qualcosa che non so” ribatté mentalmente con una nota di fastidio.
L'altra sorrise “Anche tu le manchi.
Come faceva a dirlo?
Sesto senso femminile” ribadì la Rossa, senza per questo apparire meno elegante nell'espressione di superiorità.
Il dranzerblader assunse una smorfia, tornando a fissare il proprio cellulare senza tuttavia sfiorare l'icona di chiamata del numero della sua ragazza. Era dal primo giorno di lontananza che ci stava pensando, eppure ancora non era riuscito a prendere una decisione in merito. L'amava, lo aveva capito e se n'era fatto una ragione, se così si poteva dire, ma da lì ad ufficializzare la cosa c'era di mezzo un mare di dubbi ed interrogativi. Per non parlare della spiacevole sensazione di disagio che gli attanagliava la bocca dello stomaco al solo pensiero di 'vuotare il sacco'. Voleva dirglielo, voleva smettere di fingere che non fosse così, che lei non fosse abbastanza importante da rendere nota la loro relazione ai loro genitori, ma al tempo stesso non era sicuro di volerlo davvero.
L'amava. Eppure si sentiva quasi terrorizzato da questa cosa.
Per l'ennesima volta si ritrovò a pensare a quanto le cose fossero cambiate nel giro di pochi mesi. Da scapolo e sostenitore della libertà individuale da qualsiasi legame sentimentale con l'altro sesso, ora si ritrovava invischiato fino al collo in qualcosa che sino a quel momento aveva giudicato erroneamente come una sciocchezza, una farsa. Non che mettesse in dubbio i propri sentimenti, ma non era propriamente sicuro di come avrebbe affrontato d'ora in poi quel loro rapporto, di come questo sarebbe cambiato una volta esposto alla luce del sole. Specialmente per le aspettative che ciò avrebbe comportato.
Sarebbe riuscito a gestire quel tipo di relazione?
Ma, cosa più importante, sarebbe riuscito a farla felice?
Domande di cui fino a quel momento non gli era importato mai un accidente, né aveva mai immaginato prima di potersi ritrovare a farle a sé stesso.
Vuoi stare con lei?” gli chiese a tradimento l'Aquila, con tono pacato.
Kei assunse una leggera smorfia. Certo che sì. Quei giorni passati senza poterla nemmeno vedere lo stavano facendo diventare matto. Aveva assoluto bisogno di stringerla, di sentire la sua pelle sotto le dita, di cogliere il profumo dei suoi capelli e avvertire il calore del suo corpo contro il proprio.
Cazzo, stava iniziando ad accusare persino tutti i sintomi di un qualche tipo di astinenza.
E allora piantala di farti seghe mentali. Non è da te” la sua compagna di battaglie a quel punto gli rivolse un caldo sorriso “Segui il tuo istinto.
Che in parole povere voleva dire: segui il tuo cuore.
Sbuffando, il blader oscurò lo schermo ed appoggiò la schiena alla poltrona da ufficio della sala riunioni in cui lui e il padre, insieme ad un altro paio di esponenti di maggior importanza della Hiwatari, erano stati fatti accomodare per trattare con gli uomini d'affari che erano seduti di fronte a loro. A quel gesto uno di questi gli sferrò un'occhiata penetrante di rimprovero, cosa che lo infastidì abbastanza da tentare di trafiggere il malcapitato con un'occhiata ancor più gelida, già avvertendo una vena gonfiarglisi a lato della tempia destra.
Che voleva quel damerino cinese ora? Avrebbe fatto meglio a farsi gli affaracci suoi!
– Signor Hiwatari – esordì in quel momento uno dei cinesi in un inglese fortemente accentato – Se venisse dimostratoci un po' più di interesse, non le nascondo che saremmo più propensi a chiudere l'accordo con voi.
Quella frecciatina deliberata fece irrigidire i muscoli del dranzerblader in un istante, mentre spostava lo sguardo su colui che aveva appena parlato. Ci pensò suo padre tuttavia a rispondergli prontamente, evitando non solo che il ragazzo aprisse bocca ma facendo forse pentire il dignitario cinese di aver fatto altrettanto, sfoggiando uno dei suoi sorrisetti politici.
– Se gli affari si concludessero in base all'interesse di una sola delle due parti, non ci sarebbe bisogno di incontri che richiedono il sacrificio di una tale quantità di tempo e di denaro – il presidente della Hiwatari intrecciò le dita fra loro, i gomiti ad appoggiare sul tavolo in legno laccato – Ritengo inoltre che sia giunto il momento di effettuare una pausa: l'ora di pranzo è passata ed è risaputo che le capacità di mediazione migliorino nettamente con lo stomaco pieno.
– Non posso darle torto, signor Hiwatari – ribadì a quel punto l'uomo dagli occhi a mandorla, non potendo effettivamente dissentire al riguardo.
I presenti a quel tavolo si alzarono, Kei non per ultimo, e l'atmosfera sembrò farsi meno pesante, alleggerita dal pensiero del pranzo che li attendeva fuori da quella stanza. Ancor prima di mettere piede in corridoio, il ragazzo giapponese si era già allentato il colletto della camicia, riprendendo fiato e riuscendo a rilassare in parte i muscoli delle spalle. Se non fosse stato per suo padre, sicuramente avrebbe trovato il modo di far saltare l'incontro con una risposta dritta nei denti di quel pallone gonfiato cinese e dei suoi tirapiedi.
Con la coda dell'occhio, notò che anche il suo vecchio si stava allentando di poco la cravatta.
La questione di quell'affare nelle ultime dodici ore si stava complicando progressivamente.
Che sfiga.
Sperava solo che a Yukiko le cose stessero andando meglio, in Giappone.


Che giornataccia!” pensò fra sé e sé la nightblader, raccogliendo il proprio quaderno.
Un tipo del corso di formazione nella fretta di raggiungere l'ascensore le aveva urtato il braccio, facendole perdere la presa della propria borsa. Il risultato era stato il riversarsi sul pavimento del suo contenuto ed il conseguente arrestarsi della ragazza per raccogliere tutto.
Chinata su un ginocchio, stava cercando di tener a freno il proprio malumore - nato quel mattino da una combinazione devastante fra un'alzataccia tremenda ad opera di sua madre e la consapevolezza che non avrebbe visto Kei nemmeno quel giorno - quando, nel suo campo visivo, si insinuò una mano sconosciuta.
Sollevando lo sguardo di smeraldo lungo quel braccio coperto della manica di una giacca, Yukiko si ritrovò ad inarcare un sopracciglio nell'inquadrare nel proprio campo visivo il volto sorridente di un giovane uomo che non poteva aver molti più anni di lei.
– Tieni – le disse questi, porgendole l'ultimo foglio con aria cordiale.
Aveva occhi di una sfumatura ambrata, caldi e gentili, e corti capelli castani, sfumati sulle punte di un biondo intenso. Ricordava di averlo visto al corso qualche volta, soprattutto negli ultimi giorni, ma non gli aveva mai rivolto la parola sino a quel momento, né lui aveva dato l'impressione di essere interessato ad instaurare un qualche tipo di rapporto con lei che andasse al di là del semplice saluto mattutino di rito.
– Grazie – gli rispose automaticamente allora lei, dopo un istante, presa alla sprovvista.
Rialzandosi in piedi, infilò le proprie cose all'interno della borsa da ufficio, ma non fece in tempo a salutare o pensare di muoversi verso la mensa che il ragazzo in questione la anticipò, interrompendola sul nascere.
– Ultimamente ti vedo spesso in mensa – esordì questi con naturalezza – ..hai litigato col tuo ragazzo per caso?
A quell'ultima frase il cuore le schizzò in gola – Chi?!
Lo sconosciuto scoppiò a ridere – Quello con i capelli tinti e lo sguardo di ghiaccio.
A quel punto capì che stava proprio parlando di Kei e reagì d'impulso, mettendosi sulla difensiva.
– Ti sbagli – esclamò, prima di accorgersi dell'irruenza del proprio tono e correggersi, seppure con meno entusiasmo – Non abbiamo litigato.. – disse, abbassando poi lo sguardo per non fargli intuire la menzogna dietro le parole a seguire, più sommesse – ..e non è il mio ragazzo. Siamo solo amici.
– Scusa – quell'unica parola le fece alzare di nuovo lo sguardo sul volto altrui, trovandolo delineato di un sorriso rammaricato tanto inatteso da farle inarcare un sopracciglio – Mi sono appena reso conto di non essermi presentato! Sono Takumi Shinnosuke. Piacere.
– Piacere.. io sono Yukiko Natsuki – si presentò a sua volta lei a quel punto, scoccando un'occhiata all'estremità del corridoio – ..e stavo cercando di andare in mensa a mangiare qualcosa.
Shinnosuke rise brevemente ancora una volta – Sì, l'avevo intuito. Anche io avevo in mente di andare là, sebbene non mi piaccia granché l'ambiente in generale – affermò con assoluta noncuranza – Se ti va possiamo pranzare insieme: in cambio mi assicurerò che nessuno ti faccia cadere gli appunti.
Quell'offerta prese di nuovo in contropiede la ragazza che, di rimando, rimase a osservarlo un paio di secondi ancora prima di decidersi. In fondo, nonostante sembrasse un tipo strano, un po' di compagnia l'avrebbe aiutata a non pensare a Kei ed a quanto le mancasse persino in quell'istante. In genere, il momento del pranzo era quello peggiore per lei, ultimamente. Così ricambiò finalmente il suo sorriso con uno altrettanto cortese.
– Sì, mi piacerebbe..
Non aveva ancora fatto conoscenza con nessuno del corso e quella sarebbe stata una buona occasione per socializzare. Senza dubbio sua madre si sarebbe sentita un po' più sollevata nel sapere che stava facendo progressi nel campo delle relazioni interpersonali, si ritrovò a pensare con una smorfia appena accennata.


– Figliolo – la voce di suo padre lo fece voltare a fissarlo con sospetto, prima che questi continuasse – Stamane eri piuttosto distratto.. qualcosa non va?
Erano seduti a tavola, di nuovo, ed il suo vecchio gli si era appena rivolto in giapponese per far sì che i loro ospiti non capissero il loro discorso. Il suo volto, perfettamente sbarbato e dal taglio di capelli ben curato, esprimeva una preoccupazione appena intuibile per il figlio, che ad occhi estranei sarebbe sicuramente passata inosservata. Sotto quel suo sguardo indagatorio Kei si sentì come minacciato, improvvisamente vulnerabile, ed era una cosa a cui non era mai riuscito ad abituarsi - a cui fin'ora si era sottratto in ogni modo possibile, ogni volta gli si era presentata l'occasione. Si era sempre sentito a disagio di fronte ai tentativi del suo vecchio di instaurare un qualche tipo di rapporto con lui, dopo quanto accaduto con nonno Hito, e in cuor suo il dranzerblader sapeva di aver sempre reagito in modo sbagliato a quel tipo di approcci. Eppure, ora che era cresciuto, sapeva che non avrebbe potuto fare diversamente: era fatto così, non voleva la compassione di nessuno, men che meno quella di suo padre. Era stata una questione d'orgoglio che poi aveva finito per trasformarsi nella quotidianità.
– Nulla – gli rispose meccanicamente, tornando a prestare attenzione al proprio piatto.
Non aveva mai pensato che avrebbe potuto riprovare ad instaurare un qualche tipo di dialogo, non dopo l'ultima volta. Era passato così tanto tempo..
– C'è qualcosa che devi fare in Giappone – non era una domanda, ma Kei si sentì nuovamente spiazzato da tanta loquacità da parte del suo unico genitore, così come dalla correttezza di quell'affermazione, tanto da non sapere cosa rispondere; così rimase a fissarlo per una manciata di secondi di immobilità. Secondi che Susumu si prese la briga di riempire con un placido sorriso di circostanza – Non ti chiederò cos'è, anche se credo di saperne qualcosa, quindi non preoccuparti. Hai tutto il diritto di mantenere la tua privacy – un'altra frase insolita da sentirgli dire.
Chi era costui? Che fine aveva fatto suo padre?!
– ..ma cerca di separare le cose nella tua mente e concentrarti su una alla volta, ti garantisco che ti sembrerà tutto più semplice. Mi servi concentrato su quest'affare ora.
Ah, eccolo lì. Non si smentiva mai.
Kei annuì con uno sbuffo infastidito e la questione finì lì, ma un presentimento iniziò a tormentarlo appena sottopelle, da quel momento per tutto il resto della giornata.
Cos'aveva appena voluto dirgli il suo vecchio?


Con una rotazione del polso spense il motore della propria auto, accogliendo il silenzio a seguire con un sospiro. Oltre il parabrezza i tergicristalli giacevano immobili a riposo, lasciando che le gocce di pioggia si riversassero liberamente sulla superficie di vetro inclinata di fronte a lei, al di là della quale spiccava il riquadro illuminato della finestra della cucina. Sua madre doveva essere già rientrata da una mezz'oretta. Il tempo che a lei era voluto per fare un giro in quel gattile ed assicurarsi che il piccolo Micio non avesse di ché soffrire il maltempo.
Un nome proprio originale” le risuonò nella mente la voce di Night, attraverso il bey che ella aveva appoggiato nel porta-oggetti dietro la leva del cambio.
Yukiko sbuffò – Oh, senti.. – esordì, arricciando il naso nel posare gli occhi verdi sulla trottola, il cui bit al centro emanava un debole bagliore ben distinguibile nella penombra dell'auto – ..non sarò comunque io quella che alla fine gli dovrà dare un nome duraturo e non posso affezionarmici troppo.
Potevi sempre evitare di dargliene uno” ribatté sarcastico il suo bitpower.
– In qualche modo dovevo pur chiamarlo!
La risata divertita che le riecheggiò nella mente fu il preludio di una nuova pausa di silenzio, durante la quale la mora si perse ad osservare l'interno della sua macchina. Era riuscita a procurarsi delle foderine per sedili davvero niente male, nere con simboli tribali bianchi a racchiudere una rosa rossa. Inoltre, si era scelta un copri-volante in finta-pelle sportivo, così come poteva essere di un certo impatto la coppia di catenelle intorno alla base della leva del cambio. I dadi neri appesi allo specchietto retrovisore erano abbastanza modesti da non intralciarle la visuale, ma non aveva rinunciato ad un paio di rose rosse in plastica e stoffa poste in prossimità del lunotto posteriore.
E il solito cuscino a forma di cuore sui sedili di dietro.
Sì, poteva dirsi decisamente soddisfatta del risultato.
Con un nuovo sospiro pensò a cosa avrebbe detto il suo ragazzo quando avrebbe notato le personalizzazioni che lei aveva apportato, chiedendosi se l'avrebbe notato o commentato in qualche modo senza che lei avesse bisogno di chiedergli un parere. Ripensando a lui, la nightblader si ritrovò a convenire fra sé e sé che un'altra giornata era trascorsa senza di lui, tale e quale quella che era stata il giorno prima e che sarebbe stata quella seguente.
Stai pensando di restartene seduta qui finché non sarà Lui a farti uscire di persona?” le chiese sardonico Night, interrompendo nuovamente il filo dei suoi pensieri.
Con una smorfia Yukiko colse al volo i sottintesi sul 'darsi una mossa', pertanto agguantò il proprio bey per farlo sparire in una delle tasche della giacca, recuperò il giubbotto e la borsa, sfilò le chiavi dal quadrante e finalmente aprì la portiera.
Sotto la pioggia raggiunse di corsa la porta d'ingresso e, dopo un rapido cambio di chiavi in mano, riuscì a far scattare la serratura e ad immettersi all'interno dell'atrio. Soltanto una volta richiuso il battente alle proprie spalle rilassò le spalle, l'ambiente luminoso che la accolse in un caldo abbraccio e la fece sospirare di un modesto sollievo. Quindi si sfilò le scarpe.
– Sono a casa!
– Bentornata Yuki-chan! – la voce di sua madre le giunse squillante dal vano della porta della cucina, dal quale si affacciò poco dopo – Com'è andata?
– Bene – le rispose, abbozzando un sorriso – Al gattile sembra tutto a posto. La signora che se ne occupa è davvero affidabile.
– Non l'ha adottato ancora nessuno quel gattino di cui mi hai parlato?
La giovane Natsuki scosse il capo in segno di diniego, salendo sul pavimento in legno rialzato e infilandosi le ciabatte di morbida spugna che erano pronte ad accoglierla al suo rientro da ore. Procedendo verso le scale quindi, assicurò alla presidentessa della N.C. che sarebbe scesa subito dopo l'essersi fatta una doccia calda, ricevendo un assenso da parte della donna, la quale tornò a destreggiarsi in cucina. Il ché voleva dire solo una cosa: quella sera avrebbero mangiato ramen istantaneo arricchito con tocchetti di pollo alla piastra e pancetta. Forse un uovo all'occhio di bue da posare sopra all'ultimo, di straforo, ma nient'altro di più elaborato. Sua madre non era quel che si poteva esattamente definire come una 'maga dei fornelli'.
Le sue previsioni si dimostrarono veritiere perché, appena mise piede in cucina, la mora trovò davanti alla sua sedia una ciotola ricoperta da un piattino capovolto e sua madre che l'aspettava all'altro capo della tavola con, davanti a sé, un assortimento di stoviglie analogo.
Sorrise. Era proprio quel che le ci voleva in una giornata come quella, piovosa, fredda e.. be', malinconica.
– Buon appetito – augurò a sua madre, prendendo posto e sollevando quel coperchio improvvisato.
Una nube di vapore la investì in faccia, recante con sé l'odore delle spezie e del brodo del ramen, sopra il quale galleggiava flemmatico e prevedibile l'uovo, in attesa di essere divorato. Sì, perché appena quel profumo carico di ricordi la investì, Yukiko avvertì la pronta risposta del proprio stomaco salirle in un gorgoglio, facendole contrarre i muscoli involontari dell'addome.
Eppure non fece in tempo a mandar giù più di un paio di bocconi prima che il suo unico genitore tentasse di instaurare un qualche tipo di conversazione.
– Questa settimana non sei ancora uscita – le fece notare di punto in bianco, con un tono leggero di semplice curiosità.
Quella prima uscita fece bloccare il movimento del braccio destro della blader a metà, le bacchette sospese a mezz'aria con il loro delizioso carico. Le ci volle un attimo per riprendersi abbastanza dall'effetto sorpresa da far spallucce e riprendere a mangiare.
– Non credo uscirò prima del weekend – le rispose a quel punto, seppur inarcando un sopracciglio, prima di aggiungere – Ho bisogno di rivedere gli appunti del corso in questi giorni – una mezza verità, dettata più dall'impulso di campare una giustificazione che non riguardasse colui con cui usciva di solito.
Giustificazione che parve andare a segno, perché la donna annuì di rimando.
– Sì, capisco.. anche se penso che dovresti riposarti di più – le fece notare, sollevando con le bacchette un paio di noodles per farlo sgocciolare del brodo caldo – In questi giorni ti vedo più giù.. più triste, quasi.
Quelle parole la spronarono a riempirsi di nuovo la bocca per non essere costretta a risponderle ed, in contemporanea, abbassò il capo e lo sguardo verso la sua cena, cosa che per contro convinse sua madre a riempire il silenzio che ne seguì con la stessa determinata leggerezza dimostrata sino a quel momento.
– Sicura che non sia successo niente di particolare?
Quella domanda rimase ad aleggiare nell'aria della stanza, mentre la nightblader avvertì gli occhi scuri della sua interlocutrice su di sé per tutto il tempo che impiegò a masticare e mandar giù il boccone. Quando alla fine si fece forza e sollevò lo sguardo a intercettare quello d'ella, abbozzò un mezzo sorriso.
– Niente, davvero. Sono solo stanca.
Che bugiarda che era diventata.
Il fatto di non essere libera di confidarsi liberamente con sua madre le pesava, non poteva più negarlo a sé stessa. La necessità di mantener segreta la sua relazione con Kei era stata dettata principalmente dalla possibile reazione estroversa d'ella, seppur il timore di un qualcosa di esageratamente vivace si era affievolito giorno dopo giorno ed aveva lasciato il posto alla semplice volontà di rispettare l'accordo preso con il dranzerblader ormai più di un mese prima.
Il fatto che la sua stessa madre non le dicesse molto del suo attuale corteggiatore era un palliativo che aveva perso quasi del tutto la sua efficacia da una settimana a quella parte. Non poteva dimenticare il modo in cui lei le era stata vicina dopo la rottura con Manabe, del modo in cui aveva acconsentito così facilmente a farle cambiare persino casa, oltre che la scuola. Ne avevano approfittato per cercare un posticino nuovo, tutto loro, lasciando l'appartamento in affitto in cui erano state per anni anche dopo la morte di suo padre. Solo sua madre era riuscita a colmare in parte il vuoto lasciato dal tradimento di Uzumi come amica e fra loro si era instaurato in quegli ultimi mesi un rapporto che andava oltre il semplice affetto fra madre e figlia unica. Un rapporto basato su discussioni, frecciatine, ma anche confidenze e fiducia assoluta. Quel genere di rapporto in cui potevi dire tutto.
– In ufficio si sente la mancanza del giovane Hiwatari – se ne uscì, tutt'a un tratto, la signora Natsuki, traendola dai propri pensieri e facendole alzare di scatto il capo a fissarla, presa ancora una volta alla sprovvista. Quella continuò come se niente fosse, con un tono allegro simile a quello di poc'anzi, accostato ad un mezzo sorrisetto intrigante rivolto alla ciotola di ramen – Le nostre dipendenti sembrano meno vivaci senza quel ragazzo nei paraggi.. – quel commento fece balenare nella mente della mora un'immagine delle due giovani donne che per prime avevano puntato il blader in questione e la presa sulle bacchette si accentuò all'improvviso, facendole quasi sbiancare le nocche mentre l'altra continuava – ..spero che il loro rendimento non ne risenta: solitamente queste cose in ambiente di lavoro stimolano il buonumore ed aumentano la produttività!
Yukiko sbuffò dal piccolo naso prima di riempirsi di nuovo la bocca e cercare di distogliere la propria attenzione da quello sproloquio. Tuttavia non riuscì in alcun modo a mitigare la propria espressione corrucciata, a tal punto che finì in fretta il contenuto della propria scodella e si alzò in piedi con movimento deciso e un po' rigido, appoggiando le mani e le bacchette sul tavolo.
– Sono sicura che non sarà un problema – sbottò, senza guardarla direttamente ma voltandosi verso la porta alla propria sinistra – Ho finito. Grazie per la cena.
Detto questo, non si disturbò a scoccare un'ultima occhiata a sua madre prima di uscire da quella cucina e avviarsi verso le scale, il passo attutito dalle ciabatte nel salire con un certo slancio i gradini due a due, fin troppo desiderosa di chiudersi in camera. Se avesse resistito all'impulso di sfuggire a quel momento, avrebbe potuto notare un mezzo sorriso sornione sul volto della donna. Uno di quei sorrisi che, una volta rimasta sola, le si accentuò in viso, delineandolo con una manciata di rughe d'espressione intorno agli occhi e due fossette sulle guance mentre osservava con sguardo carico di sottintesi il vano della porta dalla quale era appena uscita la sua unica figlia.
– Prego, cara...


Pronto?
– Pronto – rispose l'uomo alla chiamata, in giapponese.
Buonasera signore, mi scuso per il disturbo ma ho delle novità. Come sta andando la sua permanenza a Hong Kong?
– Soddisfacente. Puoi mandarmi la documentazione all'indirizzo email che ti ho lasciato: la visionerò subito – gli disse il presidente, lasciando spaziare lo sguardo nella penombra della sua stanza d'albergo – Come procede lì?
Procede come previsto. È una ragazza un po' introversa, ma sono riuscito ad avvicinarla senza difficoltà.
– E le ricerche che hai fatto che risultati hanno dato?
Nessun precedente. Percorso scolastico encomiabile, almeno fino al quinto anno. L'ultimo anno delle superiori ha cambiato scuola per motivi ignoti, tagliando i ponti con tutti coloro che la conoscevano in precedenza, sembra la voce del suo interlocutore dall'altro capo del telefono risuonò vagamente perplessa quanto riflessiva, come se stesse vagliando tali informazioni in quel preciso momento.
Il signor Hiwatari inarcò un sopracciglio – Amicizie?
Da quel che ho scoperto una sola certa, ma ha tagliato i ponti anche con lei.
– Mh.. – mugugnò pensieroso l'uomo d'affari, chiedendosi cosa mai potesse scatenare una reazione del genere in qualcuno. Forse c'era qualcosa di grosso sotto. Scacciò quel pensiero quando gli venne in mente il volto della signora Natsuki: avrebbe fatto prima a chiedere direttamente a lei – Procedi come stabilito – gli disse dopo un paio di secondi di riflessione, appoggiandosi con la schiena alla poltrona – ..puoi utilizzare ciò che sai sul conto di entrambi come credi, ma ricorda che non sono ammessi scandali di nessun tipo. Ti ho assunto proprio per la tua rinomata discrezione, ricordalo.
Può stare tranquillo, signore.
Il presidente riagganciò, lasciandosi sfuggire un mesto sospiro.
Lo sperava vivamente.


La franca risata di Hilary le fece accusare una piccola smorfia, mentre osservava imbarazzata ed a disagio la figura della ragazza sul monitor del computer che batteva più volte una mano sulla propria scrivania, dall'altro capo della webcam.
Ahahaha! Oddio, non posso crederci! – le ci vollero ancora un paio di secondi prima che si calmasse abbastanza da sollevare di nuovo il capo ed aggiungere, continuando a ridacchiare – Pagherei per assistere alla faccia di Kei quando saprà della voce che hai messo in giro su di lui!
Yukiko inarcò per un attimo ambo le sopracciglia, prima di farsi sfuggire un mesto sospiro, vagamente imbronciata – Sì. Immagino.
Come va comunque fra voi?
Il tono di quella domanda risuonò incerto nelle cuffie della mora, che inarcò un sopracciglio senza saper bene come rispondere. L'altra parve intuire il suo disagio, o più probabilmente lo notò attraverso la ripresa della webcam ancora attiva, perché dopo un attimo tornò a parlare con un leggero sorriso forzato.
Sì, insomma... questa cosa della gelosia, lui lo sa?
– No – la risposta meccanica che le uscì fuori dalle labbra la spinse a fermarsi l'istante successivo, riflettendo e tentando di correggersi – Cioè.. non credo, insomma.. non ne abbiamo parlato – tacque, non sapendo nemmeno come continuare o se fosse opportuno farlo, ma Hilary la trasse ben presto d'impiccio.
Fossi in te mi sarei già persa ad inventare modi sempre più complicati per vendicarmi di tutte quelle che osano anche solo salutarlo, in quell'ufficio – le rivelò piuttosto solidale la moretta dall'altro capo della linea, incrociando le braccia e annuendo su quella sedia.
A quell'affermazione Yukiko sorrise – Be', immagino che comunque anche tu abbia il tuo bel da fare.
Cosa intendi, scusa? – questa volta il volto della ragazza era seriamente perplesso.
– Mi riferisco al tuo rapporto con Takao.
Takao?! – esclamò l'altra, trapassandole i timpani mentre al contempo scattava in maniera tanto repentina da cader da sola dalla sedia. Come scomparve dall'inquadratura, la nightblader si sporse, come se così potesse spostare l'inquadratura ed avere una visione dell'origine dei lamenti della sfortunata appena finita sul pavimento.
– ..Hilary? Tutto bene?
In risposta una mano tornò ad agguantare lo schienale della seggiola, prima che la proprietaria riuscisse a rimettercisi seduta. La massa di capelli castani lasciò di nuovo il posto ad un viso dai lineamenti fini ed i grandi occhi color cioccolato, che questa volta la cercarono con un'espressione fra l'accusatorio e l'allucinato.
Sei impazzita?
– Ma che ho fatto?!
Non c'è assolutamente niente fra me e quell'idiota!
– Ah – e se prima era stata sul punto di ridere, ora lo scetticismo ebbe la meglio, facendole scomparire ogni sorta di ilarità dall'espressione. Scrutò con espressione critica l'immagine della sua nuova amica già inalberata, inarcando un sopracciglio, prima di domandarle conferma – Davvero?
Se Hilary avesse potuto, avrebbe sputato fiamme tanto era rossa in viso, mentre ribatteva con quanto fiato aveva in corpo – Certo! Come ti è saltato in mente il contrario?! sembrò quasi oltraggiata, tanto fuori di sé da iniziare uno dei suoi monologhi su quanto Takao fosse inaffidabile, infantile, presuntuoso e via dicendo. Un monologo che la blader interruppe a metà, con ambo le mani a tener distanziate le cuffiette dai timpani abbastanza da rendere la voce dell'altra più sopportabile.
Ho capito, ho capito! Torna a parlare ad un volume normale, per piacere!
A quell'esortazione, la moretta dall'altra parte del monitor sbuffò ma si quietò abbastanza da deviare lo sguardo in un punto imprecisato della sua camera, le braccia di nuovo conserte su quel maglioncino di un delicato verde chiaro. Con neanche troppa immaginazione la mora riuscì persino a vederle una venuzza pulsante fra i capelli scuri, cosa che la fece quasi ridacchiare.
Mi spiace aver equivocato, ma sai com'è: chi disprezza compra.
Ti dico che non è così! esclamò Hilary.
Va bene, come dici tu! Non ti arrabbiare! Yuki sollevò persino due mani in segno di resa a quel punto, optando per lasciar perdere.
Questo parve bastare, perché poco dopo la conversazione era di nuovo incentrata sulle festività in avvicinamento. Ormai mancava appena un mese a Natale e questo voleva dire che Capodanno non era poi così lontano. Eppure, nonostante questo, Yukiko non riuscì comunque a scacciare completamente una strana inquietudine alla bocca dello stomaco.
Una sensazione spiacevole direttamente collegata al pensiero di un futuro non molto lontano.
Un futuro in cui ogni segreto sarebbe stato svelato.
Hilary?
Sì?
– Ho bisogno di un parere oggettivo...



...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Eeeee.. Buona Befana!!!! XD
Sì, sono riuscita a pubblicare finalmente, nonostante abbia trovato il tempo di andare avanti solo oggi! Come avete passato queste feste? Io a ingrassare... x°D sì, mi spiace ma nn c'è molto da aggiungere! Fra pranzi, cene, ritrovi e viaggi dai parenti, mangiare è ciò che ha impegnato gran parte del mio tempo...
Ma va bene! Meglio mangiare che stare a digiuno, no?!
Ok ok, bando alle ciance.
Che ne pensate allora? Vi ho lasciato col fiato un po' sospeso e lo confesso, lo ho fatto apposta XD ahah! Sì, odiatemi... lo ho fatto più che altro per ravvivare un po' la vostra curiosità perché - giustamente - come mi è già stato fatto notare la storia non sta avendo più molti colpi di scena e purtroppo questo per un motivo ben preciso: è quasi finita.
Ebbene sì! Ormai è ufficiale, non manca molto. In tutta franchezza spero che chi mi ha seguito sin qui si sia divertito tanto quanto mi sono divertita io ^.^ se non di più, e che questo epilogo (un po' lunghetto) nn vi stia deludendo o annoiando.
Ad ogni modo vi mando un bacione! Alla prossima.

Kaiy-chan

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Capitolo 45
*** Una serata diversa ***




45. Una serata diversa


Davanti allo specchio, la sua immagine le rimandò indietro lo stesso sguardo corrucciato, perfettamente in linea con l'espressione tesa che le aveva delineato le labbra in una smorfia. Non mancava molto ormai e questo non faceva altro che contribuire alla tensione che le permeava tutto il corpo.
– Kei – esordì seria il più possibile – ..c'è una cosa di cui dobbiamo parlare.. – inutile dire che il suo riflesso non le rimandò alcuna risposta, così proseguì – ..ormai è parecchio che.. che.. – alla vista della propria espressione quasi terrorizzata perse il filo del discorso, iniziando a balbettare a sé stessa e, chiudendo strettamente gli occhi, si nascose il volto fra le mani mandando un mugugno di frustrazione.
In quei giorni di lontananza e video-chiamate con Mao ed Hilary s'era decisa. Avrebbe affrontato con lui l'argomento relativo ai suoi sentimenti, ma c'era ancora un unico ed evidente problema: il come. Continuando così infatti, non sarebbe andata proprio da nessuna parte.
Quando di lì a poco il cellulare vibrò, la mora venne presa alla sprovvista e sussultò, pensando in un'ondata di panico che non era ancora pronta ad affrontarlo. Afferrando l'oggetto in questione volse il display verso di sé, notando che era solo un messaggio di Hilary, e si rilassò con un pesante sospiro.
Le aveva fatto prendere un colpo, segno che era ancora troppo tesa per ciò che si era prefissa di fare.
Dopo quell'ultima video-chiamata sul computer, avevano chattato un po' ed avevano finito per scambiarsi i numeri di telefono. La ragazza dai capelli castani si era dimostrata decisamente più estroversa negli ultimi due giorni, finendo per gettare le basi di un possibile e prossimo vero rapporto di amicizia. Scorrendo il contenuto del nuovo messaggio, Yukiko si ritrovò a sorridere divertita all'annuncio della conferma di un'idiozia patologica che affliggeva il caro Takao, il quale aveva fatto di nuovo arrabbiare la moretta. L'ultima riga però le fece inarcare un sopracciglio: era presente una faccina triste.
Solitamente l'altra esprimeva il suo disappunto con piccole emoticon infuriate, non con simboli di tristezza o delusione.
Fece appena in tempo ad inviarle una risposta che il telefono vibrò di nuovo, questa volta facendo comparire sul display la foto del suo ragazzo relativa al suo contatto. Questa volta la nightblader rischiò di far fare un bel volo all'apparecchio, sussultando al ritrovare l'ansia che l'aveva attanagliata sino a un momento prima. Scongiurò il pericolo per un soffio e, appena riuscì a fare un respiro ed a calmarsi, aprì il testo del nuovo messaggio, ritrovandosi ad inarcare ancora una volta un sopracciglio.

La finestra.

Che cavolo aveva ora la finestra? Assolutamente perplessa, Yukiko si avvicinò all'intelaiatura dei doppi-vetri, facendola scorrere sulle guide per aprirla. Appena l'aria fredda entrò nella stanza, smuovendo le tende e facendola rabbrividire nel suo semplice maglioncino a collo alto, non fece nemmeno in tempo a metter il naso fuori che la voce del blader le fece fare un balzo indietro.
– Spostati..
– Ma che..?! – esclamò, eseguendo meccanicamente l'ordine.
Fece appena in tempo a scostarsi dalla finestra che il giovane Hiwatari saltò dentro, utilizzando il davanzale come perno da scavalcare.
La nightblader rimase a fissarne la figura a bocca aperta, assolutamente attonita.
– Ma che..?! – ripeté, come un disco rotto, fra il corrucciato ed il sorpreso. Incrociandone gli occhi dai riflessi di brace, avvertì il suo stesso cuore sussultarle nel petto mentre finalmente gli ingranaggi del suo cervello ripresero a girare. Allora si ritrovò a sbottare – Ma da dove sei arrivato?
Il dranzerblader in tutta risposta le sfoggiò uno dei suoi sorrisetti sghembi, prima di indicare con una mano la finestra dietro di lui ancora aperta – Dalla finestra.
Yukiko sbatté le palpebre, riuscendo grazie all'ironia altrui a riprendersi abbastanza da assumere un'aria accigliata – Grazie, non l'avevo capito – ribatté assolutamente ironica, ponendo ambo le mani sui fianchi coperti dalla stoffa color blu scuro e donandogli di rimando un sorrisetto molto simile a quello di lui.
Solo a quel punto, esternando uno sbuffo fra il sostenuto ed il divertito, l'altro si guardò brevemente attorno, esaminando con fare distratto la camera mentre chiedeva, monosillabico come al solito – Tua madre?
– È già uscita – gli rispose con semplicità, muovendosi per aggirarlo. Scambiandosi di posto, poté finalmente richiudere il vetro e dare un freno alla dispersione di calore ancora in atto, mentre proseguiva – Aveva un appuntamento.. cosa che rende del tutto immotivata la tua entrata in scena.
Quasi non fece in tempo a terminare quella frase che si sentì tirare per la vita e, un attimo dopo era stretta fra le braccia del suo ragazzo, poggiandosi a lui schiena contro petto ed avvertendone il tocco lieve delle labbra sotto l'orecchio sinistro.
– Non lo rende immotivato – le mormorò con voce suadente, facendole nascere un brivido caldo che le si disperse in tutto il corpo.
Si ritrovò a sorridere d'eccitazione e divertimento al tempo stesso, mentre lui le baciava e mordicchiava il collo, facendola per riflesso reclinare il capo verso l'altra spalla. Quella dolce tortura non durò a lungo perché, preda di una certa impazienza, gli si rigirò presto fra le braccia, ritrovandosi ad incrociarne nuovamente lo sguardo magnetico.
E, come ogni volta, tutto il resto perse importanza mentre gli circondava il collo con le braccia e si perdeva sulle sue labbra. L'ansia, l'impazienza, tutto sfumò nel suo animo, lasciandola in balia di emozioni più irruente, come la felicità, l'eccitazione, l'amore.. lo stesso amore che gli trasmise con quel bacio e che egli ricambiò fin troppo prontamente, insinuandole la lingua in bocca in una carezza vellutata e complice.
Dio, quanto le era mancato.
Espirando di sollievo e soddisfazione, si prese tutto il tempo per godersi quel contatto, quella presenza nella propria vita, prima di staccarsi dolcemente da lui quel tanto che le bastò per incrociarne di nuovo l'iridi dai riflessi ora quasi violacei sotto quelle ciocche argentee.
Gli sorrise, proferendo in poco più di un sussurro – Bentornato.
Lui la ricambiò allo stesso modo, sfoggiando un nuovo piccolo sorriso.
– Che accoglienza.. – la sua voce dal timbro basso e leggermente roco le sfiorò le orecchie, provocandole una nuova ondata di brividi che le salì lungo la spina dorsale, e per riflesso il sorriso le si accentuò in volto, mentre lui continuava – ..potrei anche abituarmici, sai?
– Non credo sarebbe una cosa così tremenda.. no?
– Oh, no davvero – ribatté divertito, prima di cercarla ancora una volta.
Le loro labbra tornarono a fondersi, mentre al contempo quell'abbraccio veniva rinsaldato da entrambi. Con una parte della mente ancora attiva, Yukiko ebbe quasi l'impressione di essere sul punto di fonderglisi addosso, tale era l'aderenza fra i loro corpi, e la cosa le piacque e la spinse a reclinare un poco di più il capo verso destra, per permettergli di entrare più a fondo nella sua bocca. Si godette il sapore e la morbidezza di quel contatto approfondito, che diede vita ad una serie di schiocchi umidi e sospiri da entrambe le parti, finché non furono costretti a staccarsi una seconda volta per riprendere fiato.
Tornando sollevar le palpebre sugli occhi verdi, la ragazza ne incrociò un'altra volta lo sguardo scuro, trovandolo tanto lucido quanto intenso. La vicinanza era tale che il suo respiro le si riversò dentro le labbra ancora leggermente schiuse, mentre il suo odore le riempiva le narici e le offuscava la mente, non riuscendo a concentrarsi su nient'altro che lui ed il suo viso, le cui gote tradivano un accenno di rossore alla luce artificiale di quella camera. Era comunque fin troppo consapevole di un colorito anche più deciso sulle proprie guance, ma questo era un altro dettaglio che perdeva tutta la sua importanza, completamente alla deriva delle proprie emozioni. Voleva solo riprendere da dove avevano appena interrotto, un desiderio apparentemente del tutto condiviso dal dranzerblader che ancora la stringeva a sé.
Quei suoi incredibili occhi sembravano sul punto di prendere fuoco.
– Hai fretta di uscire?
Lei sbatté le palpebre una volta sola, deglutendo e passandosi la lingua sulle labbra in gesto automatico, attirando a causa di questo quegli occhi di brace su di esse, prima di ritrovare abbastanza voce da rispondergli – No.
– Bene.
Quell'unica parola le si riversò come un sospiro sulla pelle del viso, prima che lui riprendesse a baciarla con trasporto, strappandole un gemito.
Sì, le era decisamente mancato troppo.


– Yukiko, che sorpresa! – Kippei li salutò da dietro il bancone del suo ristorante un'ora più tardi, con quel suo solito modo esuberante riservato per lo più alla moretta; seppur Kei ultimamente avesse come l'impressione che questi avesse preso a rivolgersi anche a lui.
– Sono contento di rivedervi: passate spesso ultimamente!
Ecco. Per l'appunto.
– Volete un tavolo per due? – fece di nuovo il proprietario e capocuoco, già adocchiando la sala – O vi faccio accomodare con tua madre?
Come?!
La ragazza al suo fianco si irrigidì immediatamente e lui si voltò di scatto a guardare verso la sala suddivisa di separé, alla ricerca della presidentessa della N.C. e del suo sguardo inquisitorio puntato su di loro. Non lo trovò, così tornò a prestare attenzione allo scambio fra la sua compagna ed il suo 'zietto'.
– Mia.. mia madre è qui? – la voce di lei tradì il suo stesso stato d'animo, condito con una nota di panico che gliela incrinò appena.
Per riflesso il dranzerblader la cinse ad altezza dei fianchi, stringendola a sé con discrezione, ma Kippei parve troppo preso dal suo lavoro per notare alcunché della loro reazione. D'altra parte, quella era una delle sere in cui il ristorante era solito riempirsi maggiormente, e sembrava non aver troppo tempo da dedicare loro.. fortunatamente.
– Sì, anche se è arrivata quasi un'ora fa ormai.. lei e il suo accompagnatore avranno già finito di mangiare, probabilmente.
A quell'ultima frase, Kei inarcò un sopracciglio.
– Accompagnatore? – ripeté automaticamente Yukiko nel frattempo, prima di cercarlo con lo sguardo e scambiarsi un'occhiata confusa ed interrogativa al contempo.
In tutta risposta lui fece spallucce, non riuscendo a capacitarsi di quanto stava accadendo per primo, e la nightblader ci mise un paio di secondi ancora prima di riuscire ad articolare una frase di senso compiuto verso il ristoratore, accostata ad un sorriso tirato.
– No.. no, grazie: non vogliamo disturbarli e poi se hanno già quasi-finito di mangiare.. – lasciò la frase in sospeso, affrettandosi invece a dire – Se potessi darci un tavolo in disparte rispetto al loro ci faresti un favore.. senza comunicarle la nostra presenza, magari.
– Certo, certo – Kippei fece cenno ad una delle ragazze che accompagnavano ai tavoli – Capisco: neanche io me la sentirei di immischiarmi nell'appuntamento di qualcun altro. Ehi Rin! Trova un tavolo per loro dietro al paravento numero 6.
La cameriera avvicinandosi annuì al suo datore di lavoro e si avviò verso la sala, conducendo i due ragazzi sino ad un tavolino a ridosso di una delle pareti rivestite di carta, non troppo distante dall'uscita. Quando li lasciò, Yukiko fu lesta a sollevare il menu di fronte al viso, come a nascondervisi dietro, mentre Kei ispezionò con lo sguardo l'esigua porzione di sala che poteva vedere da quell'angolazione, tanto essa era ingombra delle barriere visive fornite dai paraventi in carta di riso colorata e bambù.
– Li vedi? – mormorò la ragazza con malcelato interesse.
– No.
Abbassando di nuovo il menù fin sotto la punta del naso ma non oltre, ora toccò alla giovane Natsuki ispezionare la sala dalla sua angolazione, con quegli occhi verdi che guizzavano da un punto all'altro, vivaci e vigili. Quando arrivò a posare, una manciata di secondi dopo, la rilegatura del menu sulla superficie del basso tavolo a loro assegnato, il dranzerblader intuì che nemmeno lei aveva individuato il loro obiettivo.
Attesero un altro minuto in piena allerta, restando in ascolto e vagliando il brusio diffuso dell'ambiente, prima di riuscire a rilassarsi abbastanza da permettersi di parlare fra loro in tono più normale. Soltanto a quel punto Kei si prese la briga di osservare con più attenzione la propria ragazza, mantenendo per contro un'espressione impassibile mentre lei era intenta a tamburellare le dita sulla superficie di legno. Definirla nervosa in quel momento sarebbe stato solo un delicato eufemismo.
– Vuoi andartene? – le domandò.
La nightblader voltò lo sguardo di scatto verso di lui, spalancandolo con una certa sorpresa, prima di riuscire ad aprire bocca e, quando lo fece, la risposta gli giunse tanto impulsiva da fargli inarcare un sopracciglio.
– No! – dopo un secondo lei parve accorgersi della propria reazione e tentò di rimediare – Cioè.. se preferisci che ce ne andiamo.. – lasciò ancora una volta la frase in sospeso, aspettandosi forse una reazione che non gli diede il tempo materiale di esternare, perché subito dopo tornò a parlare, abbassando lo sguardo sulle proprie mani intente a giocherellare con il bordo del menu aperto fra loro – In realtà credo che rischieremmo di farci scoprire se ci muoviamo ora.. e poi – alzò di nuovo il viso e lo sguardo, rivolgendogli un mezzo sorrisetto alquanto incerto – Ecco.. speravo di poterti parlare di una cosa..
Il suono di una franca risata sovrastò per un attimo il brusio generale, interrompendola e facendo irrigidire ad entrambi la schiena in una posa dritta come un fusto.
Kei si immobilizzò meccanicamente in ogni muscolo, riconducendo quello scoppio di ilarità al tavolo esattamente dietro il paravento alle proprie spalle. Ma non fu per la vicinanza quanto per la tonalità di quella voce, la quale gli si insinuò in mezzo alle orecchie con una familiarità sconcertante, che smise addirittura di respirare per una manciata di secondi.
– Uhuh! – la risata artificiosa dal timbro femminile che seguì, più bassa ma non meno definita ora che egli era in ascolto, gli diede la conferma che cercava, gelandolo una seconda volta nell'arco di pochissimi secondi – Sei proprio un ragazzino certe volte, Susumu!
– Mi sento ancora un ragazzino con te, mia cara! – ribatté allegramente una voce maschile.
E lui conosceva quella voce.
Con lo sguardo ancora puntato sul viso della sua compagna, la vide sbiancare e sgranare gli occhi, avendo evidentemente colto anche lei quell'ultimo scambio di battute. Le labbra le si schiusero a fatica e il sussurro che le sgorgò da esse risuonò strozzato, tanto che lui quasi non la udì mentre esternava l'unica conclusione a cui era arrivato anche lui.
– Mia madre..
– ..e mio padre – terminò lui, per nulla entusiasta, altrettanto sommessamente.
In quell'istante la cameriera tornò ad affiancarsi al loro tavolo, sorridendo con garbo e chiedendo loro le ordinazioni, cosa che fece quasi fare un salto a Yukiko.
– Ehm.. non siamo ancora pronti, possiamo avere ancora un minuto?
Quella annuì comprensiva e si allontanò altrettanto lestamente, lasciandoli di nuovo soli e scombussolati.
Con discrezione persino Kei si prese il tempo di fare un bel respiro, tentando di frenare l'agitazione che gli impediva di pensare con la giusta lucidità. Se davvero i rispettivi presidenti della N.C. e della Hiwatari erano seduti dietro di lui, separati soltanto da un sottile foglio di carta di riso..
I suoi pensieri vennero interrotti dal muoversi della mora ed inarcò nuovamente un sopracciglio, assumendo un'aria interrogativa, mentre questa si inclinava sempre più verso l'esterno, cercando di gettare uno sguardo nella direzione del tavolo. Arrivò persino ad alzarsi dal suo cuscino, prima di arrivare ad un punto in cui finalmente, proprio quando Kei arrivò a pensare che si sarebbe fatta scoprire, si immobilizzò un istante e tornò subito dopo composta al suo posto, dritta come un giunco e con il colorito del viso simile a quello di un lenzuolo.
Quando lui la fissò negli occhi, non era del tutto pronto a ciò che lei gli disse ancora sotto shock.
– Tuo padre esce con mia madre!
Ma co..?” non fece nemmeno in tempo a terminare quell'interrogativo nella propria mente che lei ribadì la cosa.
– È un appuntamento! – insistette in preda all'agitazione, accostando persino una mano all'angolo destro delle labbra, prima di incitarlo – Guarda tu stesso!
Non riuscendo a crederci realmente, colse il suggerimento di lei e la imitò, cercando di scoccare un'occhiata oltre la barriera divisoria, ma quando riuscì ad avere uno scorcio di ciò che vi si celava dietro, fu la visione di un istante prima che tornasse a rimettersi dritto al proprio posto. Eppure tanto bastò a confermare la versione che gli aveva appena dato la nightblader: aveva visto suo padre in abiti eleganti, con un braccio appoggiato sul tavolo e rivolto verso la sua accompagnatrice, della quale stringeva delicatamente una mano.
Era tutto vero. I sospetti che aveva avuto sino a quel momento si erano dimostrati fondati: suo padre era uscito ad un appuntamento galante. Ciò che non aveva minimamente preso in seria considerazione sino a quell'istante era l'eventualità che la donna con cui il suo vecchio si vedeva regolarmente fosse realmente la signora Natsuki.
La presidentessa della Natsuki Corporation.
La madre di Yukiko.
Cazzo.”
– Che diamine sta succedendo? – si ritrovò a mormorare fra sé e sé.


Susumu non era altri che il signor Hiwatari. Il padre di Kei.
Tentando di respirare profondamente, Yukiko non riuscì a pensare nient'altro per i successivi cinque minuti, accorgendosi solo con una parte della mente della domanda a senso unico che era sfuggita alle labbra del dranzerblader sedutole di fronte. Le ci volle un po', prima di riuscire a metterne a fuoco la figura e, quando ciò accadde, si scoprì a chiedersi la stessa cosa.
Che diamine sta succedendo?!
L'espressione solitamente impassibile dell'altro lasciava trapelare il suo stesso sconcerto, seppur quelle sopracciglia aggrottate erano un segno che tentava di contrastare lo stupore a cui erano entrambi stati sottoposti. Quando lui riuscì spiccicare di nuovo parola, aveva abbassato ancor di più gli occhi scuri, facendo in modo che i suoi capelli proiettassero un'ombra sulla parte superiore del suo viso.
– Non l'avrei mai creduto.. – disse piano – ..non avrei mai creduto che potesse essere.. – sembrava non riuscire a concludere quella frase, ma non c'era alcun bisogno che lo facesse: aveva capito perfettamente e una sensazione di disagio le si insinuò al centro del petto, mentre lui sembrava altrettanto impossibilitato a reagire – ..da quando..?
Questa volta Yukiko finì per lui, ritrovandosi ad esternare, con un sorrisetto privo di ilarità – ..è iniziata? Parecchio, a quanto ne so. Da prima che tornassimo.
Le proprie stesse parole le risuonarono nella mente con una nota amara che non fece altro che farle chiudere in una morsa la bocca dello stomaco. Si ritrovò meccanicamente a stringere i pugni, avvertendo una nota di fastidio dentro di sé che reclamò la sua attenzione. Comprese di non esserne felice. Proprio per niente.
Sua madre le aveva tenuto deliberatamente nascosta quella verità per tutto quel tempo.. costringendola persino a mentirle.
Quella considerazione la indusse a scuoter appena il capo in segno di resa ma, subito dopo aver ceduto al bisogno di avere un appoggio concreto sotto i gomiti, quella nuova angolazione le permise di cogliere - così come poté senza dubbio fare Kei - parte della conversazione che stavano affrontando i loro genitori dietro a quel paravento.
– ..non è stato facile per lei.. – quelle poche parole, le prime che comprese senza ombra di dubbio, la fecero irrigidire nuovamente in ogni muscolo, tesa come una corda di violino. Stavano parlando di lei? Trattenne persino il respiro, nel tentativo di cogliere il dire successivo – ..è sempre stata una ragazza piuttosto introversa, ma dopo quel che è successo con quel ragazzo..
Oddio...
Per un attimo Yukiko credette di essere sul punto di avere un capogiro. Sua madre stava raccontandogli della storia di Manabe!
Incrociando lo sguardo di Kei, lo vide immobile tanto quanto lei, sebbene con un'espressione più tesa, quasi corrucciata. Nemmeno lui sembrava entusiasta di ciò che stava arrivandogli all'orecchio.
– ..ora capisco.. – a quel punto colse distrattamente la replica del signor Hiwatari, anche se il resto del suo dire le giunse troppo ovattato per esserle comprensibile. Così non fu per la voce di sua madre un paio di secondi dopo.
– Il trasferimento è stato un bene, ma non so se si sia davvero ripresa del tutto.. – il brusio circostante coprì parte della frase successiva – ..nuovi amici, per questo.. – nuova pausa di incomprensione – ..con tuo figlio speravo che.. – il resto le giunse confuso ma il senso l'aveva intuito.
– Kei è riuscito più volte a vanificare i miei tentativi – la voce del presidente risuonò improvvisamente nitida nel suo timbro tipicamente baritonale e questa volta fu il dranzerblader a tradire la sua attenzione, drizzando leggermente la schiena e bloccandosi ancora una volta in quella posa rigida – Non è mai stato facile averci a che fare e mi sorprende che si siano avvicinati tanto..
– Non tutto è perduto, Susumu – intervenne la signora Natsuki con tono più morbido – Ricorda che c'è ancora una speranza, da quel che mi hai detto. In fin dei conti, potrebbero essere riusciti dove noi come genitori abbiamo fallino sino ad ora.. non dimenticare che sono ragazzi.
– Sì – il tono dell'altro era più sicuro, più fiducioso – A tal proposito ho già messo in moto.. – il rintocco costante di un paio di zoccoli di legno fece perdere parte delle parole a seguire e quando la mora riuscì a distinguere qualcosa di ciò che il presidente stava dicendo, ormai aveva già terminato – ..sono fondati, ne avremo presto una prova.
– Tutto ciò che potrà scoprire sul loro rapporto andrà a nostro vantaggio.
A quelle ultime parole, il senso di colpa che aveva provato negli ultimi tempi sino a quel preciso istante svaporò dall'animo della mora, come se non fosse mai esistito. Al suo posto iniziò a montarle in petto un'irritazione che la costrinse a chiudere gli occhi, corrucciata in viso mentre lo abbassava, lasciando che i propri capelli glielo adombrassero al pari di quanto aveva fatto il suo compagno poc'anzi, tesa tanto da arrivare al punto d'essere pronta a scattare come una molla.
E, ricordando i propri propositi per quella serata, non riuscì a trattenersi.
– Ne ho abbastanza... – mormorò in un soffio.
Appoggiando ambo le mani di nuovo aperte sul bordo del tavolo si sollevò in piedi in un movimento talmente brusco da far sussultare la cameriera che stava nuovamente tentando di avvicinarsi a loro. Kei per contro non si mosse e, quando lei ne incrociò gli occhi scuri leggermente spalancati, si ritrovò a rimarcare dentro di sé quanto le era appena sfuggito con un sorriso contrito.
Era giunto il momento di mettere le cose in chiaro, specialmente con sua madre.
Quando si mosse sul parquet, questo cigolò appena, rumore che venne soffocato dalla cacofonia circostante, sebbene questa non fosse mai risultata eccessiva nel suo volume. Percepì più di un paio di occhi puntati addosso a sé, ma non se ne curò mentre, sollevando il mento, superava il separé.
Si fermò esattamente accanto al tavolo dei due presidenti, i quali tardarono un momento a zittirsi. Calò il mutismo soltanto quando la mora incrociò il loro sguardo, vedendoli farsi simili a statue di sale di fronte a lei. Un vago movimento alla propria sinistra le rese noto, senza doversi prendere il disturbo di accertarsene, che il dranzerblader l'aveva raggiunta e si era fermato a sua volta, calamitando per un istante l'attenzione dei due.
– Yuki-chan.. che.. che sorpresa.. – se ne uscì con voce carica di tensione la donna che l'aveva messa al mondo.
– Kei.. – esordì il signor Hiwatari, prima che un'occhiata da parte dello stesso lo mettesse a tacere.
Yukiko, tenendo ora il proprio sguardo di smeraldo sul volto atteggiato in un'espressione carica di tensione e imbarazzo di sua madre, avvertì la propria irritazione crescere e gonfiarsi, mutando in una collera che la raggelò dall'interno. Quando finalmente riuscì a parlare, lo fece con una tale freddezza ed una impersonalità da farle credere che la sua anima si fosse distaccata dal suo stesso corpo.
– E così era questo che non volevi dirmi.
– Lascia che ti spieghi.. – tentò la presidentessa, in un tentativo di diplomazia che finì in un buco nell'acqua.
– Non c'è nulla di cui ti mi debba dare spiegazioni – la contraddisse, senza batter ciglio – Mi è tutto perfettamente chiaro, ora.
Il signor Hiwatari fece per dire qualcosa ma Kei lo interruppe sul nascere, incrociando ambo le braccia sul petto.
– Padre – esordì, in un tono che risuonò tanto serio e fermo da essere la causa di una nuova paralisi dei muscoli facciali dell'uomo più anziano – Credo che tu abbia qualcosa da dirmi. O sbaglio?
La provocazione fece serrare la mascella al presidente della Hiwatari, che per contro non disse una parola.
Di fronte a quel nuovo silenzio, Yukiko non riuscì più a trattenere una smorfia di sdegno.
– Siete proprio fatti l'uno per l'altra.
Quell'ultima frase la sputò come veleno, prima di voltarsi, non riuscendo più a sopportare l'immobilità a cui la situazione la stava costringendo.
– Andiamo.
Non disse altro e Kei, dopo averla lasciata passare, la seguì senza una parola mentre lei si riavvicinava al loro tavolo per prendere la propria borsa. La voce di sua madre si levò alta nel locale.
– Natsuki Yukiko!
Lei la ignorò, così come non diede importanza al tono perentorio da lei usato per chiamarla.
No, questa volta non l'avrebbe lasciata fare come se niente fosse, si disse.
Si diresse con passo deciso e la giacca sottobraccio verso l'uscita, mentre una sensazione di soffocamento iniziò ad attanagliarla alla gola. Doveva uscire; doveva respirare un po' d'aria fredda e schiarirsi le idee. Doveva andarsene da lì, e l'avrebbe fatto subito. Assolutamente.


Alla guida della sua auto, Kei lanciò per la terza volta un'occhiata alla sua compagna sedutagli affianco, prima di imboccare la strada sulla quale affacciava casa di lei. Usciti dal ristorante di Kippei, lei si era scusata e gli aveva chiesto di riportarla a casa, cosa a cui lui aveva acconsentito con un cenno del capo. Dopodiché non aveva detto più null'altro.
Durante il viaggio di ritorno non gli aveva rivolto più la parola ed il silenzio nell'abitacolo della Camaro era tutt'ora talmente pesante da dargli l'impressione che l'aria fosse intrisa d'elettricità. Un'elettricità la cui fonte era proprio la giovane Natsuki lì accanto.
Rallentò, sino a fermarsi accanto all'accesso al vialetto di casa di lei e, dopo aver tirato il freno a mano, ruotò la chiave nel quadrante, spegnendo finalmente il motore. Tuttavia, contro ogni sua aspettativa, appena si voltò a guardarla apertamente ruotando persino il busto verso di lei, trovò la mora con la cintura già slacciata e protesa verso la maniglia della portiera.
– Scusami – gli disse in poco più di un sussurro, senza nemmeno guardarlo direttamente – Non è stata la serata che mi ero aspettata.. mi spiace.. – un momento di pausa, come se faticasse a mantenere controllato il tono di voce, nonostante il tenue sorriso privo di ilarità che le si stava delineando in volto – ..ho bisogno di stare da sola per un po'.
Kei fece per aprire bocca e tentare di fermarla ma risultò di un istante troppo lento. L'aria fresca gli sfiorò la pelle del viso appena la portiera si spalancò e un istante dopo lei era già sul marciapiede, imboccando quasi di corsa il passo carraio che irrompeva nella sua proprietà. Con un'imprecazione fra i denti, lui si slacciò in fretta la cintura prima di scendere a sua volta dalla propria auto.
Poteva capire come si sentiva, ma non gli piaceva per niente il suo modo di reagire a quella storia. Non che lui avrebbe fatto diversamente.. se non fosse stato per lei, probabilmente, a quest'ora avrebbe persino rotto il naso a quello che per tutti quegli anni si era spacciato per suo padre, finendo per questo in un discreto mare di guai. Ma lei era più importante persino di quella magra soddisfazione, per questo le andò dietro senza pensarci due volte, sbattendo forse la portiera della Camaro con più impeto del dovuto, visto il tonfo sordo che emise nel richiudersi.
Non fece in tempo a raggiungerla tuttavia: appena raggiunse il cancello aperto, fece appena in tempo a svoltare l'angolo del muro di cinta che alle orecchie gli giunse il rumore di un motore in fase di avvio e le luci posteriori della Mazda 2 si accesero, come ad intimargli nella loro viva tonalità rossa di stare fermo dov'era.
Così fece, suo malgrado, arrestandosi appena oltre l'ingresso al cortile, non potendo far altro che seguire con lo sguardo l'auto mentre faceva retromarcia e si immetteva in strada con un'unica manovra priva di sbavature. Si mosse soltanto quando l'auto viola si fu immessa completamente in strada, ferma il tempo che la ragazza al volante potesse cambiare marcia, inserendo la prima, ma riuscì a malapena a raggiungere il marciapiede, prima di vederla sgommare via con uno stridio di protesta dei pneumatici neri sull'asfalto intriso di umidità.
Una manciata di secondi dopo Kei era ancora lì, fermo sul ciglio della strada, lo sguardo perso nel punto in cui aveva visto scomparire l'auto della sua ragazza, con l'abbaiare di un cane in lontananza come unico suono a tenergli compagnia nella quiete della notte.
Inspirò un'ampia boccata d'aria fredda che gli si insinuò fra i denti, prima di sollevare una mano e ravviarsi i capelli d'argento nello stesso momento in cui svuotava i polmoni in uno sbuffo di insofferenza. Non aveva idea di dove fosse appena andata la sua compagna ed era una consapevolezza che non gli piacque affatto, specie visto l'umore di lei.
Preda di una nuova irrequietezza che lo fece corrucciare visibilmente in volto, digrignò i denti, piegando le labbra in una smorfia.
– Maledizione!


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Uhaaa!!!!! Eccomi!! Vi sono mancata?!
Finalmente ho di nuovo la linea, ma... ahimé, gli esami incombono, quindi bene o male dovrete avere ancora un po' di pazienza. Non manca molto, rallegratevi, appena riesco a finire il capitolo avrete degli aggiornamenti più rapidi, promesso!! *___*
Intanto, ecco qua il capitolo che aspettavate tutti con ansia: quello dei nodi che saltano al pettine!!!
E siamo anche arrivati al numero 45, per cui mi sento in dovere di ringraziarvi apertamente per i fantastici commenti ed il supporto che mi avete dato tutte fino ad ora. Senza di voi non so se sarei arrivata sino a questo punto, sul serio! Quindi vi ringrazio pubblicamente tutte quante, dalla prima all'ultima! Grazie grazie grazie, per la vostra pazienza soprattutto!
Intanto, siccome sono piuttosto soddisfatta di questo capitoletto, aspetto con trepidazione un vostro nuovo parere, annunciandovi che mancano solo 5 capitoli alla fine. Sì, 5. Li ho già suddivisi e impostati e sto per finire l'ultimo, quindi non ci sono più dubbi.
Non piangete, e se dovete gioire, fatelo con discrezione XD potrei sempre mettermi a scrivere qualcos'altro! Ahahaha!
Mi sono dilungata anche troppo.
Vi mando un bacione *-* e a presto!
La vostra esaltatissima..

Kaiy-chan

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Capitolo 46
*** Come uno specchio ***




46. Come uno specchio


La serata era iniziata nel migliore dei modi, quindi perché era dovuta andare a finire così?
Da quando avevano messo piede in quel ristorante era andato tutto a rotoli. E la colpa era di una sola persona.
Spento il motore la giovane Natsuki restò immobile per una manciata di secondi ancora, limitandosi a fissare la sagoma dell'edificio oltre il vetro del parabrezza. Le finestre del vecchio appartamento in cui era nata e cresciuta erano buie, neri occhi di tenebra in un volto squadrato di asettico cemento armato. Accanto alla rampa di scale che portava direttamente alla porta d'ingresso allo stesso, posto al primo piano, era ancora presente il cartello di Affittasi che la proprietaria aveva affisso dopo che sua madre le aveva comunicato che se ne sarebbero andate. A quanto pareva era ancora in cerca di un affittuario, nonostante fossero passati parecchi mesi.
Lasciandosi sfuggire un sospiro, si decise a piegarsi verso il cruscotto, aprendolo e tirandone fuori una chiave solitaria dalla base cilindrica, quindi scese finalmente dall'auto. Il fiato le si condensò subito in una candida nuvoletta al primo respiro, ma lei non vi prestò la benché minima attenzione, facendo scattare la chiusura automatica e avanzando verso la rampa in metallo.
Aveva tenuto la propria copia di quella chiave per ricordo, ma non aveva mai creduto di riutilizzarla.
No, non aveva mai pensato neanche per una volta di tornare lì, prima di quella sera.
Eppure ora sentiva di non aver altro luogo in cui andare per poter stare sola con sé stessa.
Non scordarti di me” le risuonò nelle tempie la voce del suo bitpower, seppur più morbida del solito.
Inarcò un sopracciglio ma non disse niente, fermandosi davanti alla porta e inserendo la chiave nella toppa.
Come avrebbe potuto dimenticarsi di Night?
Il clangore della serratura che scattava le risuonò talmente familiare nelle orecchie che finì per aspettarsi di venir accolta dal familiare odore di bruciato assieme ad una versione più giovane di quattro o cinque anni di sua madre, intenta ad impazzire ai fornelli nel cucinotto, illuminato appena dalla luce della lampada da parete dello stesso. La porta d'ingresso ruotò sui cardini senza sforzo, dandole accesso ad uno spazio immerso nell'oscurità e nel silenzio assoluto. Gli unici suoni provenivano dall'esterno e, dopo un paio di secondi d'esitazione, Yukiko si risolse a fare quel passo avanti che la fece entrare definitivamente, accompagnando il battente blindato con una mano finché questo non tornò al suo posto, esiliando il mondo esterno fuori da quell'ambiente.
Come spinta dalla sensazione di familiarità che le attanagliò il petto, attraversò il cucinotto su cui dava l'ingresso al buio, finché non entrò nella stanza che avevano usato per salotto, trovando l'interruttore della luce esattamente dove ricordava. Quando tuttavia, l'istante dopo illuminò l'ambiente, lo trovò spoglio, delimitato soltanto dalla presenza delle due porte scorrevoli laterali che separavano l'ambiente dalle due stanze adiacenti. Il tavolino, il basso ripiano di legno in cui originariamente era stata posizionata la televisione.. tutto sparito. Così come sapeva non esserci più alcuna stoviglia o batteria di pentole nei ripiani alle proprie spalle, accanto al lavandino ed ai fornelli a gas.
Sullo stipite della porta sotto la quale stava ancora attardandosi, le tacche incise nel legno erano state riverniciate, cosicché la traccia dei suoi progressi in altezza di anno in anno erano quasi del tutto invisibili.
Mentre si addentrava nella modesta stanza tuttavia, non furono i ricordi della sua infanzia ad assalirla mentre posava lo sguardo sull'ampia ed unica finestra che forniva luce all'ambiente. No, i ricordi che la colsero erano tutti molto più recenti e vividi in lei e la collera, dapprima presente come un vago formicolio sottopelle, si ridestò con la stessa rapidità di un incendio su cui era stata versata della benzina.
..è sempre stata una ragazza piuttosto introversa, ma dopo quel che è successo con quel ragazzo..” le parole di sua madre le risuonarono nella mente inaspettatamente nitide, facendole stringere i pugni mentre si arrestava di botto sul posto. In un angolo, la sagoma luminescente di Night era appoggiata al muro accanto al vano dell'ingresso, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo di ghiaccio fisso su di lei.
Ignorando quegli occhi di un azzurro incredibile, la mora tornò a muoversi, mentre sprazzi del discorso origliato per caso tornavano ad affacciarlesi alla mente. Ed ogni passo, ogni secondo avvertì la propria delusione, la profonda contrarietà e l'irritazione farsi più pressanti, gonfiandolesi in petto finché alla fine non si ritrovò a sbottare verso il suo bitpower, rimasto sino a quel momento in attesa.
– Io non posso crederci! – esclamò.
Night inarcò un sopracciglio, senza comunicarle ancora alcunché, cosa che le permise di continuare coi suoi improperi, tirando pian piano fuori ogni cosa.
– Credevo di potermi fidare – affermò infatti, riprendendo a girare per la stanza come una fiera in gabbia, liberandosi del giubbotto e della borsetta, che lasciò ricadere per terra senza alcuna grazia mentre proseguì – Credevo che il suo ruolo di madre fosse una garanzia sufficiente al fatto che non sbandierasse i miei affari in giro..
Il suo migliore amico la seguì con quel suo sguardo imperturbabile, abbozzando un accenno di mezzo sorriso prima di far sentire la propria voce “Non ti sembra di essere un po' troppo esagerata? In fondo non li stava sbandierando a chiunque..
– È proprio questo il punto! – esplose Yukiko, arrestandosi nuovamente di botto per rivolgersi al suo interlocutore dall'altro capo della stanzetta – Li stava raccontando a lui! Al padre di Kei! – si ravviò i capelli scuri con una mano, deviando il proprio sguardo verso la finestra in un momento di esasperazione. Il suo riflesso la fissò di rimando con la stessa espressione tesa, prima che si voltasse di nuovo verso Night – L'uomo con cui è uscita per tutto questo tempo.. il Susumu di cui lei mi ha parlato.. era lui! Mioddio.. – un'occhiata anche al soffitto, come se lì potesse trovare le risposte alle proprie parole – Che staranno architettando stavolta?!
Forse niente che vi riguardi..” azzardò ottimisticamente l'altro.
Lo sbuffo ironico che lei gli rivolse in risposta sarebbe di per sé stata una replica sufficiente, non fosse per la sua alterazione.
– Peccato che li abbia sentiti dire il contrario! – sottolineò, rammentando fin troppo bene l'impressione natale dalle ultime due frasi dei loro genitori, con un secco movimento del braccio ad esternare una certa esasperazione – Stanno indagando su di noi.. su di me! Hanno pure assoldato qualcuno per spiarci! – imprecò di nuovo, richiamando in causa un Dio fra i tanti mentre tornava a ravviarsi i lunghi capelli neri e viola, lo sguardo strabuzzato in un punto imprecisato dell'ambiente – Come ha potuto? Credevo... credevo che le cose fossero cambiare, che il nostro rapporto di madre e figlia fosse cambiato, diventando quasi normale... ero persino pronta a dirle ogni cosa!
Gli occhi di ghiaccio del suo bitpower non la persero un solo istante, ma non commentò nulla, sfoggiando soltanto una smorfia tesa sul bel volto.
– Che stupida che sono stata.. – sospirò a quel punto Yukiko, avvertendo un moto di spossatezza – ..una totale stupida. Mi sono pure sentita in colpa.. ero disposta a darle fiducia, credendo persino che, per una volta, sarebbe semplicemente stata felice per me.. e invece sta ancora pensando a quella storia dell'azienda!
Cosa te lo fa credere?” le chiese lui con assoluta pacatezza.
– È evidente!
Finché non vi parlerete non puoi dirlo con certezza” le fece notare con pazienza e diplomazia l'amico e compagno di battaglia.
Stava per rispondergli pan per focaccia, troppo arrabbiata per prendere davvero in considerazione l'idea di ascoltare il suo compagno di battaglie, quando lo stesso reclinò appena il capo verso la spalla sinistra e spostò lo sguardo in quella stessa direzione, verso il cucinotto e conseguentemente l'ingresso, come in ascolto.
Un istante dopo un paio di colpetti alla porta infransero il silenzio appena calato.
La mente ancora in subbuglio della giovane Natsuki non ci impiegò molto a trarre le sue conclusioni, ipotizzando che fosse la padrona di casa che, sentendola berciare a vuoto, fosse passata per capire cosa stesse succedendo nel suo appartamento.
Con uno sbuffo che la aiutò a scaricare parte della tensione nervosa, dopo un istante di immobilità si mosse per raggiungere nuovamente il battente che dava sulla rampa di scale esterna, iniziando a visualizzare nella propria mente tutta una serie di scuse e/o motivazioni riguardanti la sua presenza in quella proprietà. Eppure ogni pensiero che le attraversò la mente sino a quando non posò la mano sulla maniglia svaporò, dileguandosi nel nulla, proprio nel momento in cui schiuse l'anta e si ritrovò a posar lo sguardo sulla persona che, fra tutte, non si sarebbe mai aspettata di vedere lì davanti.
Uzumi le donò un flebile quanto teso sorriso, mentre dalle sue labbra già sul punto di schiudersi fuoriuscì una nuvoletta di candido fiato.
E Yukiko le sbatté la porta in faccia.


Kei esternò una nuova nuvola di fiato condensato, che si disperse in fretta nella notte gelida della sera.
Con lo sguardo abbassato sul display del suo cellulare e l'espressione corrucciata, vide l'ora scandire le 22:18, ma nessun nuovo messaggio. Dopo una manciata di istanti ancora, sbloccò lo schermo e fece partire la chiamata, accostandosi quindi il telefono all'orecchio destro. Un secondo dopo ecco partire di nuovo il messaggio registrato dell'operatore telefonico, che con timbro femminile quanto impersonale lo informò per l'ennesima volta dell'irraggiungibilità del numero da lui selezionato.
Fantastico. Davvero fantastico.
– Tsk.
Con un movimento carico di tensione repressa si infilò nuovamente cellulare e mano all'interno della tasca del giubbotto, tornando a spaziare lo sguardo tormentato verso il cielo punteggiato di nubi di fine Novembre. Si intravedevano solo poche stelle e non v'era alcuna traccia della luna calante, ma non erano gli astri notturni ciò che sperava inconsciamente di vedere su quella volta. In realtà sperava di trovarvi un segno; qualcosa che gli dicesse il senso di ciò che era accaduto quella stessa sera.
Cazzo! Le cose non potevano andare lisce per una volta?
Finalmente era tornato. Finalmente era riuscito a riabbracciarla ed aveva persino avuto l'impressione che ci fossero stati tutti i presupposti a far nascere l'atmosfera giusta per parlarle. Aveva creduto che quella sarebbe stata La sera.
Digrignò i denti in una smorfia di frustrazione, avvertendo nuovamente una fitta di disagio al pensiero di non aver idea di dove fosse Yukiko.
Vedrai che starà bene..” tentò di dirgli l'Aquila, la cui forma eterea era presente al suo fianco già da una manciata di minuti.
– Umphf.
L'attimo dopo si ritrovò a pensare a colui a cui aveva attribuito tutta la colpa: suo padre.
Era già tornato alla villa ma del suo vecchio non c'era ancora traccia. Probabilmente si stava trattenendo con la signora Natsuki a parlare di quanto accaduto, forse per decidere come comportarsi da quel giorno in avanti. Oppure stavano brindando, incuranti di ciò che avevano scatenato con i loro comportamenti da arroganti uomini d'affari.
– Tsk – ripeté fra i denti, corrucciato in viso nel distogliere lo sguardo dalla volta celeste.
Tirando un'altra volta il cellulare fuori dalla tasca compose il numero della sua ragazza, pregando con tutto sé stesso di non sentire altra voce se non la sua.


Non ti sembra di esagerare?
Quella è proprio l'ultima persona che vorrei vedere in questo momento!
Fuori ci saranno 5 gradi a dir tanto” ribatté imperturbabile Night nel cucinotto.
– Chissenefrega!
Yukiko scoccò un'occhiataccia talmente penetrante al suo bitpower, da fargli inarcare un sopracciglio.
S'era rifugiata in quel piccolo appartamento col preciso intento di stare lontana da tutto ciò che era la causa o l'eventuale valvola di sfogo del suo pessimo umore. Non aveva alcun bisogno di alimentarlo, ritrovandosi davanti una delle due persone che aveva deciso di escludere per sempre dalla sua vita.
– Non voglio parlarle.
Forse è lei ad aver qualcosa di importante da dirti.
– Chissenefrega! – ripeté una seconda volta la nightblader, sbattendo una mano sull'anta del portone.
Il suo migliore amico rimase a guardarla in silenzio per una manciata di secondi ancora, senza ribattere niente. Si limitò a fissarla con espressione carica di significato, con quel suo sopracciglio sempre sollevato e le palpebre mezze abbassate, contornato da quel vago alone di luce bluastra che illuminava di riflessi il lavabo della cucina ed i vari accessori in metallo.
Quando il silenzio si protrasse per più di un minuto, Yukiko si ritrovò a cedere e, con uno sbuffo ed un secco movimento del braccio di nuovo proteso verso la maniglia, riaprì l'uscio ritrovandosi davanti la sagoma di Uzumi ancora esattamente nella stessa posa in cui l'aveva lasciata, con l'ombrello chiuso appeso al polso e gli avambracci sovrapposti sulla chiusura del suo giubbotto di nylon color beige.
– Che diavolo vuoi? – le chiese con ben poco garbo, guardandola malissimo.
La sua coetanea abbozzò un sorriso contrito. Aveva il viso completamente struccato, fatta eccezione per un velo di ombretto sugli occhi scuri, e quell'aria di superiorità che le aveva visto l'ultima volta in volto sembrava solo un lontano ricordo, con le spalle minute un po' più curve ed il capo quasi incassato fra di esse.
– Ehm.. – quella indugiò un istante – ..non ero sicura fossi tu.. ma lo speravo – un'occhiata nervosa alla strada, prima di tornare su di lei – ..volevo.. ecco, speravo potessi darmi la possibilità di parlarti.. non ti ruberò più di un minuto, davvero..
Per una frazione di secondo Yukiko credette di aver di nuovo di fronte la stessa ragazza che l'aveva avvicinata a scuola; la stessa che con tanta facilità era riuscita a guadagnarsi la sua amicizia a dispetto della sua disgraziata reputazione di ragazzina viziata e snob. Quella sensazione le fece trattenere il fiato per un primo momento, prima di esternarlo in uno sbuffo infastidito del naso e fare un mezzo passo indietro, ruotando su sé stessa.
– Entra.
Solo questo, e la cosa bastò ad Uzumi per annuire con un cenno del capo e cavarsi dall'aria fredda della notte. Anche se, si disse la nightblader, si sarebbe meritata di restarci fino alla fine dei suoi giorni, dannazione!
Richiudendole alle spalle l'anta con un tonfo sordo, non le rivolse alcuna parola mentre l'anticipava in quel salottino vuoto, illuminato di una luce artificiale che non arrivava comunque a ferire gli occhi per la sua tonalità giallastra. Soltanto quando la sua ex compagna di classe l'ebbe seguita, la mora si voltò verso di lei a braccia conserte e rimase a fissarla con una freddezza che si rifletté nelle poche parole che finalmente le rivolse.
– Ti avevo detto che non volevo più aver niente a che fare con te.
– Lo so – le rispose l'altra prontamente, seppur abbassando lo sguardo sulle assi di legno del pavimento sul quale stava ancora ritta in piedi, scalza – Lo capisco. Non sono stata una vera amica per te, nemmeno per un secondo.. ed è diventato il mio rimpianto più grande.
– La cosa non mi interessa più ormai.
– Non potevo comunque non dirtelo – affermò Uzumi a quel punto, sollevando inaspettatamente i suoi occhi castani sulla mora con una determinazione tale da lasciarle intendere la profonda serietà delle sue intenzioni ed il suo tormento – Mi dispiace. Davvero. Per tutto.
Già piuttosto tesa, Yukiko voltò lo sguardo su Night, fermo in piedi nel vano della soglia, appoggiato con una spalla allo stipite, ed i suoi occhi le rimandarono indietro soltanto calma e un pizzico di sorpresa in quel mare di ghiaccio. Lo sguardo di Uzumi invece era traboccante di dispiacere, ma in esso la ragazza scorse anche un barlume di speranza.
Una speranza che fece inarcare ambo le sopracciglia alla diretta interessata: non poteva crederci.
– Sei qui per questo?! Per dirmi che ti dispiace?? – l'incredulità le fece alzare di un'ottava l'accusa nel proprio tono di voce, ma non se ne curò, sentendo di nuovo la rabbia prendere il sopravvento. Fece un passo avanti, stringendo le mani a pugno lungo i fianchi, con un'espressione tanto minacciosa da far indietreggiare di un mezzo passo persino la ragazza che aveva di fronte – Ma cosa credi? Che un misero 'mi dispiace' possa risolvere ogni cosa?! – sbottò, prima di sentire affiorare un sorriso carico di amarezza sulle proprie labbra, quando agli occhi della mente le comparve il viso di sua madre. Quasi le venne da ridere ed alzò gli occhi verdi al soffitto, ancora del tutto impossibilitata a crederci – Io dico che vi è saltato a tutti il cervello!
– No.
La replica secca dell'altra le fece abbassare di nuovo lo sguardo, facendole render conto di aver fatto addirittura mezzo giro su sé stessa in quel breve momento di irrazionalità. Poca cosa comunque, perché non tornò a fronteggiarla pienamente, preferendo rimanere profilata alla moretta, fissandola con un sopracciglio inarcato.
– No – ripeté quella, con aria greve, tirando fuori parte del coraggio che l'aveva condotta fin lì. O quello, o una gran faccia tosta, insomma – So bene che non basterebbe e non te l'ho detto per questo.. volevo solo che tu sapessi.. ho fatto un grosso errore e ne sto pagando pienamente le conseguenze, credimi – il sorriso amareggiato che lei sfoggiò fece perdere ogni traccia di ironia dal viso della nightblader, che non la interruppe più ma anzi, attese con rinnovata pazienza che continuasse.
Non dovette aspettare a lungo perché anche quel fioco sorriso scomparisse dal volto della castana.
– Sai.. le cose non sono andate come speravo e forse me lo merito.
Senza il forse” pensò amaramente Yukiko, prima di avvertire una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco. Spostando impercettibilmente lo sguardo verso Night, lo vide scuoter il capo in segno di diniego e quel suo gesto di commiserazione le fece nascere in volto una smorfia, prima di tornare sulla sua interlocutrice. Anche lei stava scuotendo il capo.
– ..no, decisamente non è andata come speravo – ripeté Uzumi.
Quelle parole risuonarono terribilmente nitide nella mente della blader, tutt'ora rimasta in silenzio ad osservare la sua interlocutrice, e fu come se il mondo si capovolgesse davanti ai suoi occhi. Le tornò alla mente ciò che l'aveva portata lì e quell'unica frase le calzò talmente a pennello che si sentì come risucchiata in una dimensione parallela.
Una dimensione nella quale era lei la ragazza con lo sguardo fisso al pavimento e l'aria miserabile; lei quella con le lacrime agli occhi ed un nodo ben fissato in fondo alla gola che le impediva di avere il totale controllo della propria voce.
Fu come se, in quel momento, fosse in piedi di fronte ad uno specchio che riflette non tanto l'aspetto esteriore, quanto i sentimenti più profondi. Rivedersi in Uzumi le provocò un'acuta sensazione di disagio mista a nausea che le fece mordere il labbro inferiore con insistenza e la costrinse a voltarsi, dandole le spalle con il preciso intento di non darle modo di notare il suo tormento interiore. Eppure questo non bastò ad impedirsi di lasciarsi sfuggire il proprio pensiero al riguardo.
– So cosa vuol dire.. – mormorò atona.
Le sembrò addirittura di poter vedere il capo dell'altra risollevarsi e ne indovinò fin troppo facilmente l'espressione sorpresa. Ma questo non impedì alla ragazza dietro di lei di mormorare pochi istanti dopo un assenso tanto flebile che, se in quella stanza non vi fosse stato lo stesso silenzio, se lo sarebbe perso.
A quel punto fu il suo turno di scuoter il capo in segno di diniego, seppur il motivo che la spinse a farlo fu quello di cercare di scacciare quella sensazione alienante da sé stessa.
– Immagino che con Manabe... – non terminò la frase, riuscendo ad esternarla in tono più fermo e indifferente di quanto si sarebbe aspettata, puntando l'iridi di smeraldo sul riflesso che le mandava il vetro della finestra. Attraverso di esso vide l'altra abbozzare un mezzo sorriso privo di allegria e deviar lo sguardo alla sua destra.
– Sì... è finita.
Il silenzio che seguì sapeva di dolore, di rimpianto, di delusione... e fu come se quei sentimenti volessero soffocarla, così Yukiko cedette all'impulso di riempirlo.
– Ho trovato qualcuno – la vide guardarla con un nuovo stupore, lo stesso che la sua parte razionale le stava trasmettendo per quell'affermazione, ma la ignorò e proseguì – ..un ragazzo – specificò, prima di abbozzare un mezzo sorriso al pensiero del dranzerblader, di quanto potesse essere al contempo uomo e bambino insieme – Sto bene con lui – ammise, prima di avvertire l'impulso di dire di più, come se quanto fatto fin'ora non fosse abbastanza. Dopo un istante di esitazione lo fece – Me ne sono innamorata.
Quella confessione le risuonò nelle orecchie con tutto il suo peso ed il suo significato, quella volta più di quanto era mai accaduto in precedenza, diverse settimane prima in Cina. Le fece un effetto strano, non propriamente spiacevole ma trasmettendole per altro un senso di ineluttabilità tale da spingerla a voltarsi finalmente su sé stessa, per incrociare lo sguardo castano dell'altra ragazza. Quando ciò avvenne, avvertì la rabbia ed il rancore ormai scomparsi dal proprio animo, come svaporati, sopraffatti da una spossatezza interiore che lei per prima non era in grado di combattere. Sorrise.
– E ciò che provo per lui non è neanche lontanamente paragonabile a ciò che sentivo per Manabe – le spiegò, realizzando forse per la prima volta lei stessa quella verità – Perché non ci si può innamorare davvero di una menzogna.. ed era solo questo che c'era fra noi: una bugia. Tutto falso, dall'inizio alla fine – tacque un istante, soppesando una nuova sensazione. Fu come se si fosse finalmente tolta un peso dal cuore e, incrociando gli occhi di Night ancora fermo accanto allo stipite della porta, ne ricambiò il sorriso prima di tornare a guardare Uzumi – E so perfettamente che penserai che mi sbaglio, ma sono convinta che anche tu capirai ciò che sto dicendo un giorno.. anche tu troverai qualcuno che ti farà capire cosa vuol dire davvero amare una persona con tutto il cuore per quello che è.. ma accadrà soltanto quando sarai totalmente sincera con te stessa e con gli altri.
La stanchezza di quella giornata si fece sentire ancora una volta e Yukiko si ritrovò a desiderare di tornare a casa.. o, anche meglio, di tornare da lui.
Sospirò, muovendosi per attraversare la stanza e passare oltre alla sua ex migliore amica, ma quando quella tentò di aprire bocca la interruppe sul nascere.
– Non pensare che te l'abbia detto perché in qualche modo ti ho perdonata – la frenò immediatamente, desiderando metter le cose in chiaro prima di raggiungere la porta e raccogliere le proprie poche cose dal pavimento – Ti ho detto questo solo per fartelo sapere.
Non aggiunse altro e voltò l'angolo, entrando nel cucinotto e raggiungendo l'atrio. Le giunse la voce di Uzumi ma non la stette a sentire, ignorandola per aprire nuovamente il portone verso l'interno e lasciarvi le chiavi appese. La folata d'aria gelida le si insinuò sotto il cappotto, facendole incassare un poco il capo fra le spalle, ma si fermò giusto il tempo di voltarsi verso la sua coetanea e dirle di chiudere la porta quando se ne fosse andata, prima di lasciarla lì.
Soltanto una volta che fu salita in macchina, la mora si ritrovò a guardare oltre il parabrezza davanti a sé senza realmente vedere il mondo esterno. L'oscurità della notte infranta dal bagliore dei lampioni e dall'unico riquadro luminoso dato dalla luce ancora accesa nell'appartamento; il silenzio dell'ora ormai fattasi tarda ad accentuare il profondo sospiro che le svuotò i polmoni; la sensazione di freddo sulla pelle delle mani aggrappate indolentemente al volante.. ogni cosa le trasmise una quiete che le fece rilassare le spalle e la spinse a tardare ad accendere il motore.
L'impulso di andare a casa era già sfumato, lasciandole soltanto il dubbio su dove andare ora che era nuovamente in macchina. Non se la sentiva di tornare, né di discutere con qualcuno... a dirla tutta, non se la sentiva nemmeno di chiedere a Kei, ben consapevole che se l'avesse fatto avrebbe alla fine vuotato il sacco su ogni cosa riguardasse la loro storia. Prese a mano il proprio cellulare e lo riaccese, valutando l'ora sul display nuovamente illuminato, ma non fece in tempo ad appoggiarlo accanto a sé e ad accendere il motore che questo iniziò a squillare in un susseguirsi continuo di nuovi messaggi. Sussultando alla prima ondata, Yukiko lo raccolse nuovamente e con orrore crescente si rese conto che la maggior parte erano avvisi di chiamata del dranzerblader.
Cazzo!
Nove chiamate, di cui l'ultima meno di quindici minuti prima.
Stava per sfiorare l'icona di richiamata quando l'apparecchio vibrò di nuovo nelle sue mani, avvisandola di un nuovo sms non letto. Questa volta però, non si trattava né di Kei, né di sua madre. Appena lesse il mittente, entrambe le sopracciglia le schizzarono verso l'alto, in una sorpresa e una perplessità iniziale che durarono soltanto un paio di secondi. Subito dopo questi infatti, l'idea che mise fine ai suoi tentennamenti le balzò alla mente tanto disperata da convincerla a fare un tentativo e mandò subito risposta, prima di scrivere due righe anche al suo ragazzo.
Non attese un attimo di più.
Avviò il motore e si immetté in strada, lasciandosi presto alle spalle quell'area abitata senza saper ancora dove andare di preciso. Conobbe la sua meta soltanto un minuto dopo, quando la risposta che attendeva le giunse con tanto di un indirizzo. Le bastò quello. Spense nuovamente il cellulare e inserì l'indirizzo sul navigatore gps, già dirigendosi nella zona indicata senza neanche attendere che questo calcolasse il percorso più veloce.
Aveva bisogno di vedere un viso amico.. gliene sarebbe bastato soltanto uno.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Bene.. finalmente mi sono decisa!! XD Scusatemi, fra una cosa e l'altra ho tardato ad aggiornare e ne sono consapevolissima... tutta colpa dell'ultimo capitolo: non mi piace, sto cambiandone la stesura e la cosa mi sta impiegando più tempo del previsto, soprattutto perché ho un esame a breve e devo studiare... maledetta ispirazione che salta su nei momenti meno opportuni!
Beh, questo capitolo è incentrato su Yukiko come avrete notato e il motivo è semplice: avevo bisogno di farvi capire dov'era e cos'aveva combinato XD Tanto Kei per contro non ha fatto molto.. quindi diciamo che non vi siete persi niente! Ahah.. dai, vi rifarete nel prossimo capitolo, che è anche abbastanza lunghetto ^__^
Nel frattempo auguro a tutte voi buon resto della settimana, che ora devo proprio scappare!
Vi ringrazio tanto per continuare a seguire e sì, aggiornerò presto, promesso!
Un saluto dalla vostra impossibile

Kaiy-chan

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Capitolo 47
*** Un epilogo infausto ***




47. Un epilogo infausto


Non ricordava d'essersi mai arrabbiato tanto.
Era andato tutto storto, dalla prima all'ultima cosa.
Era incazzato con suo padre per aver osato arrivare a tanto, ma al tempo stesso era incazzato con sé stesso ed un po' anche con lei. Con Yukiko.
Sì, era incazzato nero anche con lei per il modo in cui se n'era andata e l'aveva lasciato lì davanti a casa sua senza uno straccio di spiegazione, degnandosi di mandargli un misero messaggio di due righe scarse dopo due ore di assoluto silenzio. Si era sentito uno stupido. Si sentiva uno stupido persino in quel momento, se si soffermava a pensarci su troppo a lungo.
La riunione di quel mattino s'era protratta oltre l'orario d'inizio pausa-pranzo, cosa che aveva contribuito in maniera esponenziale a fargli saltare i nervi. Che poi non fosse ancora riuscito ad incrociare neanche per sbaglio suo padre, per aver così l'opportunità di affrontarlo una volta per tutte, aveva sortito lo stesso effetto di una valvola di sfogo guasta.
Perciò, lo sapeva, ormai era sul punto di esplodere.
Attraversando il corridoio con passo deciso, il dranzerblader non si risparmiò neanche un'occhiata storta a chi incrociava il suo cammino, finendo per indurre ogni dipendente della Hiwatari a scostarsi al suo passaggio in tutta fretta. Persino appena varcò la soglia della mensa, il brusio abituale ebbe un netto calo e non pochi sguardi saettarono verso di lui fra il sorpreso e l'allarmato, per poi deviare in qualche altra direzione, sfuggendo i suoi occhi di brace. Incurante della cosa, Kei si ritrovò a corrugare ancor di più le sopracciglia chiare: fra tutte quelle paia d'occhi, infatti, mancavano proprio quelli che stava cercando.
Dopo una manciata di secondi di immobilità, fece dietrofront, tornando sui suoi passi e rischiando per il movimento brusco di urtare uno dei contabili del nono piano. Se ne fregò altamente, ignorando il modo goffo di quest'ultimo di spostarsi all'ultimo secondo così come ne ignorò l'esclamazione soffocata che gli era scappata nel farlo.
L'unica cosa che gli importava, ora, era trovare lei.
Ma dove cazzo era finita?!
Forse dovresti calmarti un poco” gli suggerì atona la voce dell'Aquila nella sua mente “Cosa pensi di ottenere in questo modo?
Delle spiegazioni, ovviamente.
Sai benissimo che le spiegazioni che vuoi non sono le sue..”
Quelle parole lo fecero bloccare davanti all'accesso alle scale, le braccia ancora rigide lungo i fianchi, i pugni chiusi sino a far sbiancare le nocche. Cosa stava dicendo? Certo che voleva delle spiegazioni da lei! Non gli aveva nemmeno mandato un messaggio, dopo ieri notte! Non sapeva dov'era stata, né con chi! L'unica cosa di cui era certo era che non fosse tornata a casa..
In balia di silenziose invettive contro il mondo intero, il dranzerblader finalmente si ricordò di aver un cellulare e senza porre altro tempo in mezzo lo estrasse dalla tasca dei jeans. S'era a malapena messo la camicia, quel mattino, lasciando perdere tutte quelle stronzate sull'abbigliamento più consono all'ambiente di lavoro e tutto il resto. Sul petto gli pesava addirittura la croce d'argento che solitamente sfoggiava solo quando usciva la sera, questo più per il fatto di essersi dimenticato di togliersela che per vera intenzione di sfoggiarla in quell'ufficio.
Merda!”
Era troppo teso addirittura per usare il cellulare senza rischiare di sfondarne lo schermo con le dita. Doveva davvero darsi una calmata.
Inspirando, pensò in un impeto di frustrazione che quel che gli ci sarebbe voluto era un bell'incontro.
Sì, un incontro di Beyblade lo avrebbe fatto scaricare e concentrare su qualcos'altro, dando il tempo al suo cervello di elaborare l'intero accaduto senza minacciare di implodere o fargli venire un embolo. Avrebbe sfogato la tensione nervosa che gli accendeva lo sguardo di lampi incandescenti e sarebbe riuscito ad affrontare la situazione con il giusto autocontrollo e la solita padronanza di sé.
Peccato che non ne aveva la possibilità. Non in quel momento. Prima doveva trovare Lei!
Facendo partire la chiamata, si accostò il cellulare all'orecchio ed attese, ascoltando con sempre meno pazienza il susseguirsi di squilli a vuoto. Ne contò sei, prima che la ragazza dall'altro capo si degnasse di rispondere.
Pronto?
– Dove sei? – spiccio, freddo come il ghiaccio. La sentì esitare per un secondo.
Sul tetto...
Non le lasciò il tempo di aggiungere altro che riattaccò, imboccando di nuovo il corridoio per arrivare così davanti all'ascensore. Per questa volta fu abbastanza fortunato: le porte gli si spalancarono praticamente davanti e lui poté entrarvi senza dover attendere che chicchessia scendesse. Non degnò di un'occhiata i tre dipendenti all'interno, si accostò alla pulsantiera e ne spinse il bottone dell'ultimo piano con una certa veemenza, prima di incrociare le braccia e, con un cipiglio più che evidente, appoggiarsi ad una delle pareti di metallo con una spalla. Si predispose così ad attendere che la sua ascesa terminasse al piano desiderato, lo sguardo basso e un'imprecazione mentale dietro l'altra per ogni sosta effettuata da quella cabina. Quando finalmente poté scendere, mettendo piede sul pavimento piastrellato dell'ultimo piano, ne era assolutamente convinto: la prossima volta ci avrebbe sicuramente messo meno tempo facendosi quelle dieci rampe di scale a piedi.
Sicuramente.


Tenendo il cellulare ancora di fronte a sé, Yukiko tardò a rimetterlo in tasca, osservando il display con aria ansiosa e tormentata al contempo.
– È successo qualcosa?
Quella domanda la fece voltare verso il suo interlocutore, seduto come lei sulla pavimentazione di quel tetto che era a tutti gli effetti un giardino pensile. Gli occhi ambrati di Shinnosuke la scrutavano con una punta di curiosità, seppur il suo tono avesse lasciato trapelare una nota di preoccupazione; per questo la mora si ritrovò a sorridergli in un tentativo di rassicurazione.
– Nulla di grave, davvero. Non preoccuparti.
Kei non le aveva risposto dopo quel messaggio. Non l'aveva neanche cercata, stando alla mancanza di avvisi che aveva riscontrato quel mattino, quando aveva riacceso il cellulare dopo aver fatto colazione a casa di Hilary. Quel silenzio si era protratto per tutta la mattinata, una cosa che aveva minato il suo umore già pericolante, facendola sprofondare in un'acuta depressione. Quando poi non l'aveva incontrato come al solito all'inizio della pausa pranzo, le era nata nel petto una fitta che le aveva gelato il cuore e si era diffusa nel resto del suo corpo, facendola rabbrividire di freddo.
Un freddo che tutt'ora la stava attanagliando, combattendo il fioco tepore del sole autunnale che tutt'ora splendeva su di loro e rendendo perciò vana quell'uscita sul tetto. Il cielo era sereno, spazzato da un debole vento che in quell'ora più calda s'era quietato abbastanza da permettere ad entrambi di restare a godersi il bel tempo. O almeno, provarci. Yukiko non ci stava riuscendo, men che meno in quel momento, dopo aver finalmente sentito la voce del suo dranzerblader.
Una voce talmente fredda da risuonarle nelle orecchie come una pugnalata in pieno petto.
Non aveva alcun dubbio: era in arrivo una tempesta. Metaforicamente parlando, ovviamente.
– Qualche problema con Hiwatari?
La tensione che già la permeava in ogni muscolo la fece quasi sussultare a quella domanda diretta e si affrettò a riporre nella borsa il cellulare mentre gli rispondeva, evitandone lo sguardo con un sorrisetto nervoso.
– No, figurati! Che problema dovrebbe esserci? – una domanda retorica che cadde nel vuoto, suonando vuota persino a lei. Per questo tentò di riempire quella sensazione con nuove parole – Davvero, sarà una cosa da nulla..
– Quello ha una pessima reputazione – se ne uscì senza preavviso lui, interrompendola con fare noncurante ed inducendola a scoccargli un'occhiata fra il guardingo ed il sorpreso. L'aveva presa totalmente alla sprovvista, effetto che si accentuò alla vista del tranquillo sorriso che aveva in volto.
Quel sorriso glielo aveva visto spesso nei giorni passati, ogni qualvolta avevano avuto occasione di parlare e, sebbene con un certo sconcerto della mora, avevano finito per passare quasi tutto il tempo libero alla Hiwatari insieme da quando si erano presentati, quella volta in corridoio. Per questo, sebbene certo fossero pochi i giorni trascorsi a quel modo, inarcò suo malgrado un sopracciglio, lasciando affiorare la propria perplessità riguardo quelle parole.
– Di cosa stai parlando?
– Ho sentito delle voci di corridoio: pare sia un tipo poco raccomandabile – le rivelò lui, apparendo quasi mortificato della cosa, prima di proseguire – ..è stato coinvolto più d'una volta in qualche rissa ed i ragazzi con cui girerebbe sembra siano tutti dei 'figli di papà' che hanno, come concetto di divertimento, quello di passare le serate a sbronzarsi con donne sempre diverse.
– Ah... – se ne uscì Yukiko, impietrita, senza riuscire ad aggiungere altro, prima di venire anticipata ancora una volta.
– Insomma, non voglio farti la paternale, anche perché sarebbe strano visto che abbiamo quasi la stessa età.. ma, fossi in te, ci starei attento ad uno come lui..
Sorpresa, la nightblader lì per lì non seppe cosa rispondergli, aspettandosi di tutto tranne un discorso simile da parte di qualcuno appena conosciuto. Ebbe quasi la netta sensazione che le cose le stessero iniziando a sfuggire di mano; una sensazione sgradevole, che la spinse a sfoggiare un sorriso a metà. Poco dopo, sul punto di ribattere qualcosa nel modo più cordiale possibile concesso dalle circostanze, vennero tuttavia interrotti dal rumore della porta di servizio che si spalancava, cosa che la indusse a voltarsi di scatto in quella direzione, spalancando le palpebre.
Sotto i suoi occhi, Kei fece un passo avanti, fermandosi a fissarla con un'espressione che ella riuscì soltanto a classificare come 'di pietra', malgrado i suoi occhi si fossero appena altalenati da lei a Shinnosuke e viceversa. Una folata di vento più fredda spazzò il tetto, scompigliando loro i capelli e insinuandosi sotto gli abiti, infrangendo quel silenzio calato a dividerli all'improvviso con il suo fruscio.
Per Yukiko fu come se il mondo intero perdesse importanza, come se non vi fosse più altro a parte loro due, cosa che contribuì a farla sprofondare in sé stessa.
Dio, era bello persino da arrabbiato. Perché sì, per lei era evidente quanto in realtà lo fosse, nonostante l'aria apparentemente imperturbabile che ostentava. Lo poteva indovinare dalla forma delle spalle, dalla linea tesa della mascella, dalla posa delle braccia lungo i fianchi, culminanti con due mani chiuse a pugno, mentre si stagliava stoico contro quella carezza gelida che gli schiuse maggiormente il colletto della camicia nera e le permise di cogliere il riverbero prodotto dal pendente a forma di croce che teneva al collo, appeso ad una catenina del medesimo metallo grigio.
Quando il dranzerblader si soffermò per un lungo momento a fissare il ragazzo che era con lei, la mora sentì una nuova tensione permearla da capo a piedi, inducendola ad alzarsi in piedi per pararglisi innanzi. Alla mente le tornarono le parole che Shinnosuke le aveva proferito poco prima, per quanto razionalmente queste per lei non potessero aver alcuna importanza e, in una situazione diversa, le avrebbe sicuramente accantonate in un battito di ciglia.. invece, in quell'occasione non le fu così semplice farlo, serrando le labbra in una smorfia che tradiva tutta la sua ansia.
– Dobbiamo parlare – esordì il ragazzo dai capelli d'argento, interrompendo il silenzio che era calato fra loro. Quelle parole non ammettevano repliche e lui non si mosse, cosicché fu la sua voce ad attraversare i pochi metri di distanza fra loro, prima che scandisse, senza ombra di incertezza – da soli.
Quella precisazione le bloccò ogni muscolo, pietrificandole il sangue nelle vene, ma la sua mente dopo un primo istante di assoluta sorpresa, si ribellò.
No.
Era stanca di nascondersi; era stanca di mentire..
Shinnosuke si mosse dietro di lei, ma Yukiko, cogliendo con la coda dell'occhio quel movimento, allargò il braccio destro per frapporlo fra lui e quella porta. L'irritazione si riaccese in lei, questa volta rivolta verso quello che da più di un mese e mezzo era il suo ragazzo.
– Lui resta – ribatté senza più alcuna incertezza, in un tono di sfida che la spinse a sollevare persino il mento.
Quella reazione parve prendere in contropiede il blader di fronte a lei, perché questi inarcò un sopracciglio in un primo momento. Il successivo, sembrò tuttavia che gli argini che si era costruito per contenere il suo umore si fossero finalmente infranti, perché le scoccò uno sguardo tanto tagliente da costringerla a ricambiarlo, stringendo al contempo la mano ancora accostata al proprio fianco a pugno.
– Bene – le rispose ancor più freddamente, facendo un mezzo passo avanti. Si richiuse la porta alle spalle con un unico movimento del braccio, imprimendo in esso tanta forza da far risuonare il tonfo che ebbe il battente sino alla base del vano scale su cui si apriva.
Quel suono la fece sussultare e riavvicinò il braccio a sé, improvvisamente impaurita di fronte alla furia espressa dell'altro, il quale finalmente si mosse, avanzando verso di lei con un'andatura dalla quale era evaporata ogni fluidità. Un'occhiata sommaria le rivelò che non dovesse esservi più traccia di un solo muscolo rilassato in quel corpo a lei noto.
– Inizia a dirmi chi cazzo è lui.
Nessuna inflessione particolare, nessun sentimento che non fosse un astio tagliente ella riuscì a cogliere nel giovane, del quale l'intimidazione la prese alla sprovvista. Aprì la bocca per parlare ma a quel primo tentativo la voce, infame traditrice, le venne a mancare, dando il tempo al dranzerblader di fermarsi a meno di due metri da lei. I suoi occhi, fissi in quelli verdi di lei, ardevano come braci incandescenti.
– Io sono Takumi Shinnosuke – si fece a quel punto avanti il diretto interessato, comparendo affianco alla nightblader e prendendola alla sprovvista. Voltandosi a fissarlo, lo vide sfoggiare quell'aria tranquilla ed incurante che gli aveva visto spesso addosso, in quel suo sorriso sicuro di sé e gentile al tempo stesso. Una gentilezza che tuttavia nascondeva una sfumatura più tagliente ora che i suoi occhi d'ambra si fissarono su Kei – Un nuovo amico di Yukiko.
Merda.
Quell'esordio le tolse il respiro, come se l'aria di tutto il pianeta fosse stata risucchiata da un buco nero il cui centro era proprio il dranzerblader. Questi sembrò sul punto di incenerirlo senza una parola, prima di riservare lo stesso sguardo anche a lei, in accompagnamento ad un mezzo sorriso privo di qualsiasi ilarità.
– Un tuo amico, eh?
I sottintesi racchiusi in quell'unica parola la fecero arrossire, preda di un improvviso sdegno che riaccese, in una vampata di tutto rispetto, la sua irritazione, facendole ritrovare la voce persa poc'anzi.
– Un amico – ribatté con veemenza, punta sul vivo, offesa, oltraggiata da quell'allusione maligna.
In cuor suo non considerava ancora Shinnosuke un amico, ma era stata spinta dall'impulso del momento a rimarcare quelle parole con quel tono. Che lui avesse pensato, spinto da un qualche tipo di gelosia, all'eventualità che lei avesse potuto guardare qualcun altro all'infuori di lui la faceva andare letteralmente in bestia. Con chi diamine credeva di aver a che fare?!
Lo sguardo che gli restituì non ebbe niente da invidiare a quello di lui di poc'anzi, mentre stringeva convulsamente i pugni lungo i fianchi.
– Che razza di opinione ti sei fatto?! – gli domandò, cedendo all'impulso di esternare ciò che pensava – Non sono io quella che ha passato gli ultimi anni della sua vita a scoparsi chiunque avesse un paio di tette!
Colpito.
Kei digrignò i denti, punto sul vivo a sua volta a quell'accusa, e le sue spalle ebbero un fremito, ma lei non gli lasciò aprire bocca. Col respiro rotto a causa della tensione, afferrò con un movimento rapido il proprio beyblade, tirandolo fuori dalla tasca per rivolgerne il bit in sua direzione, lo sguardo fermo e tagliente. Se davvero era bastato così poco per fargli dimenticare chi fosse, ci avrebbe pensato lei a spolverargli la memoria.
– Risolviamo questa cosa a modo nostro! – lo spronò, senza più alcun tentennamento.
Aveva preso la sua decisione: solo così avrebbero messo fine a quella situazione; solo così si sarebbero chiariti. Per quanto il blader infatti potesse essere chiuso in sé stesso e non abituato a parlare, quando scendeva in campo era tutt'altra cosa e lei ne aveva avuto la prova ormai più d'una volta. In campo, il suo ragazzo tirava fuori un'espressività che, seppur sottile, era sempre meglio di quel muro di indifferenza che, con un impeto inatteso, le era venuto a sbattere contro.
L'iniziale momento di stupore che gli fece così inarcare un sopracciglio, venne presto accantonato da un lievissimo tremito dell'angolo destro delle sue labbra, che si sollevò verso l'alto prima che il blader di fuoco infilasse la mancina in tasca ed estraesse Dranzer dai jeans.
– Come vuoi..


Kei si mise in posizione dopo che la moretta ebbe recuperato il suo lanciatore dalla borsa e finalmente quel tipo dai capelli biondi si fece da parte, incitato dalla ragazza stessa, per lasciar loro lo spazio che gli serviva.
Fissandosi l'un l'altra con il medesimo sguardo combattivo e penetrante, il dranzerblader si ritrovò a pensare che sì, la splendida ragazza che lo stava fronteggiando in quel momento era proprio l'unica che avrebbe potuto considerare “sua”. Solo a lei sarebbe venuto in mente di sfidarlo; solo lei avrebbe avuto l'intuizione che il modo più rapido e sicuro per risolvere ogni cosa con lui era un incontro di Beyblade.
Non dovette attendere molto, prima che Yukiko si mettesse in posizione ad una manciata di metri di distanza, ed appena questo avvenne scandì il conto alla rovescia.
– Tre.
– Due – fece lei di rimando, con il medesimo tono combattivo.
– Uno..
– Pronti.. Lancio! – esclamarono all'unisono, azionando il lanciatore.
Imprimendo tutta la sua forza nel lancio, Kei digrignò i denti mentre Dranzer sfrecciò ad altissima velocità verso il centro dell'area che lo separava dalla sua avversaria e compagna, al pari di ciò che fece Night nello stesso momento. Le trottole di due diverse tonalità di blu si scontrarono, mandando scintille per poi riallontanarsi di scatto a causa del contraccolpo inferto e subito. La lieve onda d'urto che arrivò a sfiorare il volto dei due contendenti ed a smuoverne i capelli neri e d'argento, gli fece batter una volta sola le palpebre mentre la concentrazione, ormai preda di tutto il suo essere, gli fece seguire con sguardo fisso la traiettoria circolare seguita dai due beyblade, intenti a girarsi intorno.
Fu in quel momento di stasi, il quale si protrasse per qualche minuto - entrambi fin troppo consapevoli che l'iniziativa avrebbe decretato la vittoria o la sconfitta - che la voce di lei lo raggiunse, tanto fredda quanto alta a sovrastare il rumore delle due trottole in gioco.
– Io non riesco a credere che tu abbia davvero pensato ciò che hai detto!
Kei si riscosse, sollevando lo sguardo sulla mora a qualche metro da lui: sembrava rigida nella sua posa, con le braccia lungo i fianchi e i pugni chiusi, per non parlare di quegli occhi, di un verde tanto intenso quanto cupo. Ricordando l'impulso che lo aveva spinto a rivolgerle l'insinuazione di cui ella stava parlando, scoccò un'occhiata in tralice all'unico spettatore presente, quel tale di nome Shinnosuke, prima di tornare a dare tutta la sua attenzione alla moretta.
– Non lo so – mormorò scontroso, con una smorfia malcelata. Lo sguardo di lei lo trapassò da parte a parte, facendolo irrigidire meccanicamente.
– Stai dicendo che non ti fidi di me?!
– Non mi fido degli altri! – sbottò il dranzerblader, esasperato da quella situazione.
Davvero non capiva? Davvero non riusciva a vedere che genere di sguardi attirava su di sé, persino in ufficio?
– Scusami?! – esclamò di rimando lei, con tanto d'occhi, prima di continuare – Come se fossi io quella che per strada attira gli sguardi di ogni ragazza che incontra! Come se fossi io quella che gli altri tentano di abbordare con ogni pretesto! Io, quella a cui viene fatta la radiografia persino in ufficio!
A quelle parole accusatorie e cariche di insofferenza, lui si ritrovò a boccheggiare, gli occhi spalancati.
Allora non capiva davvero.. non vedeva!
– Allora sei cieca!
Con un movimento del braccio Kei, persa la pazienza, mandò di nuovo all'attacco Dranzer, che si scagliò con forza contro il bey avversario. Quando lui e Night cozzarono l'uno contro l'altro rimbalzarono nuovamente indietro, per poi tornare a scontrarsi più volte, con più foga, tanta da rispecchiare perfettamente gli stati d'animo di entrambi gli sfidanti. E, proprio durante questi attacchi consecutivi, la nightblader ritornò a parlare con una voce della quale riuscì a captare chiaramente la nota incrinata.
– Te ne stai via più di una settimana, senza neanche raccontarmi com'è andata o cos'hai fatto... e poi te ne salti su con un'accusa simile?! Sei uno stronzo! – lo insultò apertamente, prima di far prendere lo slancio a Night e scagliarlo di nuovo contro il suo avversario in un riverbero luminoso del bit al centro – Neanche mi hai chiamata stamattina, men che meno hai risposto al mio sms!
Kei richiamò il potere del proprio bitpower appena in tempo per sostenere quell'assalto tanto energico, mentre le parole di lei riecheggiavano ancora nella sua mente in tutto il loro significato, inducendolo a rispondere con il medesimo tono a quella nuova accusa irragionevole. Dopo essersi riparato dietro un braccio alzato a quella nuova folata causata dagli attacchi dei loro beyblade, tirò fuori il cellulare dalla tasca, mostrando il display ora illuminato alla mora, lasciandola libera di riconoscere quel fantomatico messaggio di cui stavano ora discutendo ed il cui scarno contenuto di due righe lo informava che stava bene e che sarebbe rimasta fuori per la notte.
– E cosa avrei dovuto rispondere?! – ringhiò, per nulla accondiscendente a dargliela vinta su quella questione, sfoggiando uno dei suoi sorrisetti ironici ed amareggiati al tempo stesso nel proseguire con sicurezza – E scusa se volevo parlare con te di persona, dopo quanto accaduto ieri sera! – l'ironia nella sua voce venne meno, lasciando posto ad un'accusa palpabile – Sei sparita! Non sapevo dove fossi né con chi, né se stavi bene! – ribadì, totalmente serio nel dar voce a ciò che si teneva dentro da ore, sbottando infine – Hai idea di quanto mi sia preoccupato?!
Non gli importava più ormai di apparire debole o ridicolo: da un pezzo aveva smesso di far finta di non preoccuparsi per lei. Era la sua ragazza, era naturale che lui lo facesse! E lei non poteva in alcun modo continuare a far finta di niente; non poteva continuare a comportarsi come se non avesse alcuna responsabilità nei suoi confronti.
Scoccandole uno sguardo penetrante tanto quanto quello d'ella di pochi minuti prima, la vide spalancare gli occhi di smeraldo ed aprire le labbra in un moto di stupore, cosa che gli fece nascere in petto una scintilla di soddisfazione. Le parti s'erano appena invertite.


Quell'ultima frase colpì Yukiko in pieno petto, facendola vacillare nelle sue convinzioni. Kei che ammetteva di essersi preoccupato per lei era in assoluto una delle poche cose che mai si sarebbe aspettata di sentire, non così presto né a quel modo. Gli occhi le pizzicarono. In quel momento, la colse l'illusione di essere tornata indietro nel tempo, in quel parcheggio, entrambi non propriamente padroni di sé stessi, seppur per motivi diversi da quello attuale - questa volta l'alcol non c'entrava nulla.
Un'illusione che venne infranta l'attimo seguente.
– A mio parere.. – esordì Shinnosuke facendo un passo avanti, intromettendosi così in quella discussione biunivoca.
I due litiganti si voltarono entrambi a guardarlo di scatto, gli occhi che mandavano lampi.
Tu stanne fuori! – esclamarono all'unisono, prima di tornare a rivolgersi l'una verso l'altro.
Il malcapitato fece un passo indietro, apparentemente sconvolto e nuovamente silenzioso, permettendo alla mora di riprendere la parola.
– Ero fuori di me, ok? Avevo bisogno di stare un po' per conto mio! – esclamò a quel punto Yukiko, tornando a concentrarsi esclusivamente sull'altro blader.
– Questo non implicava il tenermi all'oscuro! Dove cazzo sei stata, che non vuoi dirmelo?
– Sono tornata a casa!! – gli disse tutto d'un fiato, vedendolo dopo questo inarcare un sopracciglio, come se fosse stato preso alla sprovvista. Non gli diede il tempo di dire alcunché comunque, spiegandosi mentre teneva i suoi occhi incollati in quelli di lui – Sono tornata al vecchio appartamento dove ho vissuto con mia madre e mio padre – abbassò finalmente lo sguardo lucido sui due bey ancora in gioco, di nuovo intenti a girarsi attorno. I lunghi capelli scuri e sciolti le adombrarono parte del viso, prima che proseguisse con il medesimo tono alterato, incrinato ma un poco più basso, tornando a stringere i denti – Ho incontrato per caso Uzumi.. e dopo non me la sentivo di tornare, così ho passato la notte da Hilary.
– Da Hilary? – ripeté in tono interrogativo, in un soffio carico di incredulità.
Sollevò ancora una volta i propri occhi verdi sul ragazzo dai capelli d'argento, quasi a sfidarlo a contraddirla dopo averne udito il tono – Sì, da Hilary! Non sapevo da chi altro andare e lei è stata tanto gentile da accogliermi a casa sua.
– Potevi venire da me – ribatté prontamente Kei, con una nota di amarezza nel tono nuovamente controllato, seppur fece quasi un mezzo passo avanti, sostenendone lo sguardo con uno altrettanto deciso e fermo, ribadendo risentito – Potevi tornare da me.
Quelle parole le lacerarono il cuore.
– No, non potevo – scosse il capo in segno di diniego, l'irritazione e la rabbia di poc'anzi ormai evaporate come neve al sole, mentre trovava finalmente il coraggio di aprirgli il suo cuore. Lo guardò come si guarda l'oggetto di un desiderio consumato dal tempo dell'attesa ma ancora troppo intenso per perdere il suo effetto – Non potevo parlarti in quelle condizioni, né potevo chiederti il consiglio che mi serviva.
Il dranzerblader serrò la mascella, ma stavolta rimase calmo dietro una nuova maschera di freddezza; anch'egli era abbastanza provato dalla rabbia che aveva sfogato sino a pochi istanti prima, tanto da lasciare che sul suo volto si delineasse un'espressione carica d'amarezza mista a confusione.
– Perché no? – le chiese, più cupo che mai.
E quella domanda finalmente giunse, facendola irrigidire prima di lasciare che i propri sentimenti avessero la meglio su di lei e sulla sua compostezza ancora una volta. Così esplose, chiudendo strettamente gli occhi ed incassando il capo fra le spalle mentre dava sfogo a quella verità.
– Perché ti amo!


Kei sussultò, sgranando gli occhi e fissandola con un'incredulità ed uno smarrimento che non riuscì a nascondere. Le corde vocali non gli risposero più, men che meno gli andò in aiuto il suo cervello, in preda ad un corto circuito neuronale da record. Persino la sfida in corso perse importanza e Dranzer rallentò impercettibilmente a causa del turbamento del suo blader.
Questi infatti, si sentì improvvisamente tanto stupido che anche Takao in quel momento avrebbe potuto passare per intelligente, al confronto. Ma lei non gli diede neanche il tempo di riprendersi dallo shock emozionale che gli aveva causato quella confessione tanto repentina quanto sentita.
Vide una lacrima abbandonare le ciglia scure d'ella, ne incrociò nuovamente lo sguardo ed il rimpianto che vi lesse dentro gli tolse il respiro, negandogli il guizzo di felicità che aveva tentato di esplodergli al centro del petto, soffocandolo come farebbe un panno umido su una fugace scintilla.
– Non ce la faccio più a continuare così, Kei – gli si rivolse ancora, con voce spezzata ed un flebile sorriso sulle labbra rosee – Non posso più negare di provare qualcosa per te e non mi importa che si venga a sapere di noi: non voglio più nascondermi!
Night tornò all'attacco, scagliandosi contro Dranzer con la stessa foga dimostrata poco prima dalla mora, mettendo il bey di fuoco alle strette senza che il suo blader potesse reagire a quel nuovo assalto.
– Non voglio più stare in silenzio a guardare qualcuna che ci prova con te!
Quell'ultima affermazione lo travolse in tutto il suo significato, facendolo boccheggiare. Non riuscì a far altro che rimanere lì impalato a guardare impotente la propria disfatta, senza riuscire a recuperare abbastanza fiato da farlo passare per la gola sotto forma di parole di senso compiuto. Riuscì solo a pensare di essere stato uno stupido, fin dall'inizio, per aver sottovalutato la faccenda. La sua mente era sommersa da quell'unico pensiero e fu questo a farlo tardare ad avere una qualsiasi reazione, abbastanza da venir preso in contropiede dall'attacco speciale di lei.
Night! Stella Cometa! – gridò.
Totalmente incapace di opporvisi, il dranzerblader sussultò quando, l'istante successivo, il suo beyblade subì in pieno l'attacco gelido, venendo scagliato nella direzione opposta con tanta energia da rendergli impossibile il seguirne lo spostamento. Gli passò a pochi millimetri dalla guancia sinistra, mancandolo di poco, e la cosa lo pietrificò sul posto facendogli balzare il cuore in gola. Immobile, colse il secco rintocco che produsse Dranzer andando a colpire la parete di alcuni metri dietro di lui, intaccandone l'intonaco prima di ricadere mestamente sul pavimento. Spiazzato dalla rapidità con cui si erano susseguiti gli eventi, non riuscì nemmeno a rendersi conto del pizzico di capelli che la sua stessa trottola gli aveva reciso passandogli tanto vicino, non potendo far altro che rimanere a fissare colei che si era appena aggiudicata la vittoria di quell'incontro.
Yukiko, lo sguardo basso e le labbra schiuse a riempire ripetutamente i polmoni d'aria, tremava appena di fronte a lui, i capelli corvini ad adombrarle il viso a discapito della luminosità di quel tiepido meriggio. Per il breve tempo a seguire, la cui percezione per entrambi era alterata dall'adrenalina in circolo, facendo loro credere che esso fosse eterno ed assoluto, nessuno si mosse, le orecchie di tutti colme del ronzio prodotto dall'unico beyblade rimasto ancora in gioco.
Quando finalmente Kei riuscì anche solo a pensare di scuotersi di dosso quella sgradevole sensazione di smarrimento che l'aveva assalito sin dal termine della loro sfida, venne privato dell'occasione di aprire bocca a causa di un movimento al limitare del suo campo visivo. Questo gli ricordò la presenza indesiderata di Shinnosuke, ancora lì, fermo a fissarlo con tutta l'aria di attendere una sua precisa reazione. La cosa lo irritò e, serrando nuovamente i pugni lungo i fianchi, gli fece perdere momentaneamente di vista la sua ragazza, giusto il tempo di scoccargli un'occhiataccia delle sue.
Tanto bastò a lei per reagire, perché nello stesso momento richiamò il suo beyblade e, senza attendere oltre, scattò in avanti, passando accanto al dranzerblader tanto rapidamente da non dargli neanche possibilità di provare a fermarla. Non potendo far altro, lui si voltò su sé stesso, puntando i suoi occhi dai riflessi d'ametista sulla schiena di lei.
– Yukiko! – la chiamò, invano, mentre i suoi muscoli finalmente rispondevano correttamente ai messaggi inviati dal cervello e le gambe si muovevano.
La nightblader lo ignorò, sparendo oltre la porta in metallo prima che lui riuscisse a raggiungerla e, quando si affacciò alla rampa di scale chiamandola ancora una volta, ne colse appena la chioma bicolore sparire per la rampa di scale.
L'unica risposta che gli giunse fu l'eco della sua stessa voce.


Quando quella sera Yukiko rincasò, si chiuse in camera senza una sola parola e, raggiunto il proprio letto, vi si lasciò andare in uno stato di abbandono pressoché totale.
Sua madre rincasò meno di venti minuti più tardi e quando salì a cercarla lei le rispose a malapena a mugugni, cosicché fu la stessa signora Natsuki a gettare la spugna ed a lasciarla sola, senza insistere sul fatto che scendesse a mangiare qualcosa. Persino una madre degenera come lei aveva quel minimo di sensibilità necessaria a capire quando insistere su certe cose e quando invece non fosse opportuno.
Quella sera, per Yukiko fu come se gli accadimenti della notte precedente avessero perso del tutto la loro importanza in virtù di quanto era successo quel primo pomeriggio.
Gliel'aveva detto.
Gli aveva detto che lo amava.
Ed ora era tutto finito.
Soffocò un singhiozzo contro il cuscino, raggomitolandosi su sé stessa e stringendoselo sul volto, artigliando la stoffa con ambo le mani sino a ché le dita non iniziarono a dolerle, mentre il senso di vuoto che aveva provato per quelle ultime ore lasciava il posto ad un dolore sordo talmente intenso da smorzarle il respiro.
Merda.
Rivisse per l'ennesima volta l'intera discussione, si rivide davanti agli occhi della mente l'espressione marmorea del dranzerblader subito dopo la sua stessa confessione, rilesse la sorpresa e la confusione sul suo volto e si sentì morire. Che stupida era stata, a pensare, a sperare che lui provasse gli stessi sentimenti. Che razza di stupida, nel credere che si sarebbe risolto tutto per il meglio.
Alla fine era accaduto proprio ciò che temeva: aveva rovinato tutto, con le sue stesse mani.
Voleva piangere. Almeno il dolore che sentiva al centro petto avrebbe trovato uno sfogo di qualche tipo, invece non riuscì ad esternare una sola lacrima. Solo singulti aridi, che le ferirono la gola e minacciarono di soffocarla. Soltanto a quel punto cedette e, con una fatica inimmaginabile, in un momento di calma ed autocontrollo scivolò giù dal letto per raggiungere lo stereo. Quando lo accese, alzò il volume finché la musica non fu l'unica cosa che fu in grado di sentire fra quelle quattro mura, riuscendo a trovare un po' di sollievo nel non udire più il suono del proprio respiro affannoso.
Sapeva di essere penosa, non aveva bisogno di alcuna conferma da parte del proprio corpo.
Fece scorrere la playlist sino a trovare la canzone cercata e, quando le prime note di Bring me to life inondarono cristalline l'ambiente, si lasciò ricadere sul pavimento al centro della camera, gli occhi socchiusi sul soffitto e le braccia spalancate, in un abbandono di sé praticamente totale. Si concentrò sulla musica, su quelle parole che lei conosceva a memoria, finché infine riuscì ad arrestare il frenetico lavoro della propria mente e la prima lacrima le trasbordò dalle ciglia, scomparendo il secondo seguente nell'attaccatura dei suoi lunghi capelli neri.
Smise di pensare.
Smise di essere.
E finalmente riuscì ad abbandonarsi al proprio dolore.


Il ragazzo fece un rispettoso cenno di saluto al suo cliente più importante, prima di accomodarsi alla scrivania, cercando di mantenere un'espressione più neutra possibile, ma l'uomo d'affari dall'altro lato inarcò comunque un sopracciglio nel soffermarsi a scrutarlo in volto.
– Che nuove mi porti, Shinnosuke?
– Signore, credo che sia accaduto il peggio – gli rivelò senza mezzi termini il castano, piegando le labbra in una smorfia. Si sentiva a disagio, quasi in colpa per quanto era avvenuto sul tetto, ed il pensiero aveva continuato a tormentarlo per tutto il pomeriggio.
Il signor Hiwatari lo fissò come si può guardare una corsa d'auto in cui la tua beniamina veniva appena sorpassata in curva da un'avversaria. O almeno questo fu l'unico paragone che il giovane detective riuscì a trovare più calzante in quel momento di disagio. Con voce pacata gli raccontò tutto, osservando nel mentre il volto del presidente perdere progressivamente la sua imperturbabilità in favore di un'aria dapprima incredula, poi allarmata ed infine decisamente cupa.
Quando il silenzio tornò a calare nell'ufficio, lo vide passarsi una mano sul viso prima di abbassare poi lo sguardo sul telefono alla sua destra. Passarono un paio di secondi prima che l'importante uomo d'affari arrivasse a capo dei propri pensieri e tornasse ad incrociarne gli occhi ambrati.
– Bene. Se le cose stanno davvero così è il caso di prendere in mano la situazione – affermò con risolutezza, prima di allungare una mano verso quello stesso telefono e iniziare a comporre il numero.
A quel punto Shinnosuke accennò ad alzarsi per lasciare la stanza, ma Hiwatari lo fermò con un semplice cenno della mano che gli indicava di nuovo la sedia, così si rimise seduto. La voce femminile che rispose all'altro capo della linea risuonò poco dopo nell'interfono.
Pronto, Susumu?
– Sakura, è successa una cosa..
Che è successo alla mia Yuki-chan?! – la voce della signora Natsuki non perse compostezza, anzi. Il suo tono assunse una sfumatura più seria ed inflessibile: il tono di una madre pronta a difendere i propri cuccioli in qualunque modo e momento.
Ora toccò al signor Hiwatari spiegare l'accaduto alla donna e lo fece con voce greve, che lasciava trapelare quanto seria potesse essere per loro l'intera questione. Shinnosuke non lo valutò troppo strano, in fondo era pur sempre dei loro figli che si parlava, era inverosimile che la loro felicità non gli stesse un minimo a cuore. Quando terminò, la risposta dall'altro capo della linea si fece attendere e in un primo momento il detective credette che la chiamata potesse essersi interrotta, ma poi la voce della donna d'affari tornò a farsi udire.
..è colpa nostra – mormorò quella infatti, tradendo per la prima volta una nota trafelata. Shinnosuke inarcò un sopracciglio, non riuscendo a seguire più il loro ragionamento, ma la signora continuò – ..avremmo dovuto dir loro tutto fin dall'inizio. Avrei dovuto dire a Yukiko di noi fin da subito, così niente di tutto questo sarebbe successo.. oh, Susumu, è tutta colpa mia.
– Non è colpa tua, cara – la interruppe morbidamente il presidente della Hiwatari, scuotendo il capo – Tutta questa storia è iniziata nel peggiore dei modi e non abbiamo saputo gestirla nel modo corretto nemmeno alla fine.
Ora come ora è inutile rivangare il nostro fallimento – si fece avanti la presidentessa della N.C. con una certa determinazione che denotava il suo carattere pragmatico, sempre incline al cercare una soluzione piuttosto che al piangersi addosso.
A quel punto Shinnosuke si schiarì la voce, attirando l'attenzione di entrambi.
La persona di cui mi hai parlato è lì con te?
– Sì, è qui: può sentirti.
– Salve signora Natsuki – la salutò il giovane detective, scandendo bene le parole per farsi capire il più possibile al viva-voce – Se permettete, io avrei un'idea su come fare a sistemare le cose.
Il signor Hiwatari inarcò un sopracciglio, ma dopo un istante fu la donna a rispondere.
No.
Il ragazzo si ritrovò a spalancare un po' di più gli occhi chiari sull'apparecchio.
Ci siamo impicciati anche troppo.. è giunto il momento per noi di fare i genitori, Susumu.
Il presidente Hiwatari assunse un'aria greve fissando anche lui il telefono da ufficio lì accanto al suo braccio, prima di passarsi stancamente una mano sul volto e infine lasciar sgonfiare i polmoni in un quieto sospiro a labbra chiuse.
– Hai ragione, Sakura.. – ammise, suo malgrado.
Una pausa di silenzio.
Vado a preparare qualcosa per la cena.. non credo che per stasera la mia bambina uscirà dalla sua stanza.
L'uomo d'affari annuì e si salutarono, concludendo così quella conversazione. Quindi i suoi occhi scuri così simili a quelli del figlio si posarono sull'unico rimasto.
– Non sono mai stato molto bravo a fare il padre.. – mormorò, preda dell'impulso del momento, facendo inarcare un sopracciglio al suo interlocutore. Questi attese, non avendo nulla da dire in merito, finché pochi secondi dopo il presidente di fronte a lui non aprì nuovamente bocca – Da questa sera puoi considerare il tuo incarico terminato. Qualunque cosa farai da questo momento in poi sarà a tua discrezione.. farò in modo che domani la somma pattuita venga versata sul conto di cui mi hai fornito i dati bancari.
Che in lingua da uomo d'affari voleva dire che aveva carta bianca e che poteva agire liberamente secondo il suo personale giudizio. Non c'era niente di più liberatorio di questo, per un libero professionista come lui. Annuendo, si alzò dalla sedia su cui era stato fatto precedentemente accomodare e si voltò per raggiungere la porta.
Alla prima occasione avrebbe fatto la sua mossa. Ormai non c'era più nulla a trattenerlo.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Ciao a tutte/i!! XD ok, lo confesso, sono un po' nervosa.
Cosa ne pensate di sto capitolo? Confesso che è un po' il fulcro di quest'ultima parte, quindi sì, ci tengo particolarmente ad avere un parere oggettivo a sto punto.. è anche più lunghetto dei precedenti di un paio di pagine, cosa che non sono proprio riuscita ad evitare! Allora, allora?? ç.ç
Ho aggiornato prima, visto? L'avevo detto che l'avrei fatto presto, ma a sto punto mi chiedo se la cosa vi abbia fatto piacere, visti i contenuti ed i risvolti della trama di questo capitolo!! ^.^'
Inizio ad essere nervosa, soprattutto perché la fine è trooooppo vicina e io coi finali sono sempre un disastro! Spero ne venga fuori una cosa accettabile, in caso contrario vi do' l'autorizzazione a linciarmi..
be', che dire? vi saluto e vi auguro un buon weekend!
Alla prossima!
 
Kaiy-chan

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Capitolo 48
*** My Selene ***






– Hai un minuto?
Voltatosi a guardare il suo interlocutore, Kei si corrucciò immediatamente nel trovarsi ad incrociare un paio d'occhi castano chiaro.
Takumi Shinnosuke gli stava bello che impalato davanti, con le mani in tasca e quell'irritante sorriso quieto stampato in volto. Una visione che il dranzerblader aveva già bollato come fin troppo irritante dal primo momento in cui l'aveva visto.
Che diavolo voleva da lui quella sottospecie di fighetto?
– Vorrei parlarti..
Ah ecco. Grazie tante, fin lì non c'era arrivato.
– E di cosa?
Quel suo sorriso si accentuò appena – Se vuoi saperlo dovrai seguirmi.
Be', se credeva che questo gli sarebbe valso qualcosa, si sbagliava di grosso. Era già pronto a voltargli le spalle e lasciarlo lì impalato come un allocco, quando la voce dell'Aquila lo anticipò sul nascere.
Non vuoi sapere cos'ha davvero a che fare questo tizio con Yuki?
Merda. Certo che voleva saperlo.
Assottigliando la piega delle labbra per non esternare alcuna smorfia, tornò a focalizzare la figura del ragazzo dai capelli biondicci ancora in attesa di fronte a lui. Gli concesse appena un cenno d'assenso del capo, prima di seguirlo sino all'ascensore. Salirono sul tetto dell'azienda, trovandolo deserto nonostante l'ora di pausa, visto il maltempo che si stava preannunciando su Tokyo.
Il vento che sferzò loro i vestiti avrebbe fatto rabbrividire persino il dranzerblader, non fosse per lo stato di assoluta apatia che lo aveva assalito da due giorni a quella parte. In fin dei conti, niente poteva essere peggio della sorda sensazione di vuoto che gli premeva al centro del petto come un macigno.
Si limitò pertanto a ficcarsi le mani in tasca, seguendo la sua guida sino a un punto un po' più riparato dietro l'angolo formato dalla cabina d'accesso a quell'area, prima che questi si voltasse a fronteggiarlo.
– Allora? – gli domandò senza mezzi termini, apatico.
Sul volto di Shinnosuke comparve un mezzo sogghigno.
– Volevo solo ringraziarti – esordì lui con calma, suscitando nel blader una certa perplessità che si guardò bene dall'esternare – ..per esserti fatto scappare una come la Natsuki. Immagino che, per uno come te, la cosa non abbia poi tutta questa importanza, giusto?
Sbagliato.
Per una volta non raccolse la provocazione, limitandosi a deviare il proprio sguardo su un punto indefinito dell'orizzonte. Il cielo denso di nubi era quasi del tutto grigio, fatta eccezione per una linea più chiara proprio in prossimità di quella linea inframmezzata da quei pochi grattacieli che rivaleggiavano in altezza con quello su cui erano loro attualmente.
Si sentiva come se ormai le cose avessero perso il loro significato. Niente più aveva un senso, nel mondo che lo circondava.
– Sai, non credevo che una ragazza come lei potesse interessarsi ad uno come te.. ma devo ammettere che il fascino del teppista ha sempre il suo effetto. Be', grazie a te non vorrà più saperne di tipi del genere, immagino.. il ché rende tutto più facile per me.
A quelle parole, un sopracciglio gli saettò verso l'alto mentre tornava repentinamente a fissare il suo interlocutore. Il ragazzo dagli occhi d'ambra lo scrutava con quel suo irritante sogghigno stampato in volto, cosa che gli fece irrigidire i muscoli di braccia e spalle, iniziando ad avvertire un certo formicolio alle mani. Tuttavia non si mosse, né disse alcunché, così fu l'altro ancora una volta a riempire il silenzio venutosi a creare.
– Ma dimmi.. ci sa fare a letto?
Non sono affari tuoi, stupido figlio di puttana!” imprecò fra sé e sé, limitandosi a tenere il suo sguardo di brace su di lui.
Sta solo cercando di provocarti, non ascoltarlo” lo ammonì la sua bitpower dall'interno di Dranzer.
Lo sapeva, ma il sentirgli parlare di Yukiko in quei termini stava mettendo a dura prova il suo stesso autocontrollo. E, come se non bastasse, pareva che non avesse ancora finito.
– Dev'essere piuttosto brava, a giudicare il fatto che abbia saputo attirare la tua attenzione, dico bene? Il grande Kei Hiwatari non è sicuramente fatto per le storie serie..
– Non credo che questi siano affari tuoi – sibilò a quel punto, reagendo per la prima volta a quelle provocazioni a senso unico.
L'occhiata che scoccò al suo interlocutore fu carica di una silenziosa minaccia, sebbene la sua espressione non ebbe alcun tremito. Rimase impassibile, nonostante si sentisse ribollire nell'animo, giovando del ferreo autocontrollo che aveva sviluppato molti anni prima. No, non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione, decise.


Si strinse maggiormente nella propria giacca, senza per questo riuscire ad impedirsi di rabbrividire ad un'altra folata di vento che la investì in pieno. Aveva suo malgrado seguito il suggerimento di quel biglietto anonimo ed era salita fin sul tetto del grattacielo, che aveva trovato deserto proprio come le era stato detto. Tuttavia, al lieve sospiro che le era salito dal petto, era seguita una voce ed un nome fin troppo conosciuto perché non le facesse l'effetto di una stilettata in pieno petto.
Sgranando gli occhi e preda di un panico che le aveva attanagliato il cuore in una morsa, s'era guardata intorno aspettandosi di vedersi Kei alle spalle, e invece così non era stato. Soltanto dopo un istante di più, aveva capito che quelle voci provenivano da dietro l'angolo di quel muro in cemento che divideva la rampa di scale dall'ambiente esterno.
– Non credo che questi siano affari tuoi.
Il cuore ebbe un sobbalzo nel suo petto, riconoscendo quel timbro di voce fin troppo facilmente.
Si premette contro la parete, sporgendosi oltre il bordo d'intonaco soltanto quel tanto che le bastò per scoccare alla zona più riparata un'occhiata quanto più rapida possibile. Un istante dopo era di nuovo al coperto, gli occhi strettamente chiusi nel tentativo di tener a freno i propri pensieri e le proprie emozioni.
Quelli erano Kei e Shinnosuke.
Che cosa facevano lì sul tetto?
Sembra che stiano parlando di te..” le rivelò con tono pacato Night, comparendole sopra la testa.
Sollevando lo sguardo di scatto sul suo bitpower, lo vide sporto ad assistere alla scena e quasi le scappò un urletto di sorpresa, soffocato repentinamente dalle sue stesse mani, che l'aiutarono a tapparsi la bocca in quel fugace momento di razionalità.
Lui abbassando lo sguardo le sorrise sornione, prima di dirle con aria imperturbabile: “Faresti meglio ad ascoltare, secondo me.
In quel momento la voce del suo compagno di corso tornò a farsi sentire e lei, suo malgrado, aguzzò le orecchie, trattenendo il fiato.
– ..hai ragione, non lo sono. Tuttavia sono piuttosto bravo a farmi gli affari degli altri.. – il tono di quell'affermazione le risuonò quasi canzonatorio – ..in fin dei conti, mi perdonerai se ho tratto le mie conclusioni in merito. Infondo, un ragazzino viziato come te, nato e cresciuto nella bambagia in seno ad una famiglia tanto importante e potente, non avrà nulla da obiettare a ciò che sto dicendo.
Yukiko fu assalita da una confusione che minacciò di farle girare la testa. Di che stavano parlando ora? Che cavolo stava succedendo?!
– Nessun mistero che tu ti sia già stufato di una come la Natsuki, dico bene? Ti sarai ormai abituato ad usare le persone senza curarti dei loro sentimenti.. uno come te come potrebbe fare altrimenti, non avendo mai dovuto curarsi di nulla e di nessuno all'infuori di sé stesso? – quella domanda retorica risuonò in tutto il suo veleno, trasportata dal vento, e la nightblader si ritrovò a stringere i pugni lungo i fianchi in risposta ad una scintilla di contrarietà che le si infiammò in fondo all'animo.
Non era così. Non era come stava insinuando il castano.
In quei brevi momenti di silenzio fra una frase e l'altra, Yukiko venne assalita da una serie di pensieri tanto frenetici quanto conflittuali.
Le tornò alla mente ciò che quello stesso ragazzo le aveva detto due giorni prima su quel tetto, quelle parole apparentemente gentili che ora, alla luce dei fatti in corso, stavano assumendo una piega del tutto nuova nella sua coscienza. Possibile che si fosse trattato di una cortesia di facciata? Che la sua prima impressione in realtà fosse tanto errata, su quel tipo che giorni prima le aveva dato una mano in corridoio?
Perché mai si trovava a fronteggiare Kei per quanto accaduto a lei? Nessuno si sarebbe comportato a quel modo nelle sue condizioni; nessuno che non avesse un buon motivo per farlo.. un tornaconto di qualche genere. E poi il dubbio più incisivo: e se non fosse stata altro che una tattica, fin dall'inizio? Un modo per arrivare a quello che stava accadendo? Per arrivare a lui?
Una nuova ondata di gelo le si insinuò al centro del petto, accompagnata da un flebile quanto breve mezzo sorrisetto carico di amarezza. L'attimo seguente venne distolta da tutti quei pensieri dalla replica del dranzerblader a quelle recriminazioni.
– Non ho intenzione di perdere tempo ad ascoltare simili stronzate da uno come te – intervenne Kei a quel punto, con tutta la sua freddezza abituale.
– No, certo che no – ribadì subitaneamente l'altro, imperturbabile. Non riuscendo a trattenere l'impulso di gettare un'altra occhiata oltre il suo riparo, la mora si sporse nuovamente e questa volta vide la figura del blader di fuoco parzialmente voltata in sua direzione, con il volto e lo sguardo ancora rivolti al suo interlocutore, che aveva la medesima espressione saccente di prima mentre continuava come se niente fosse – Dev'essere stato fin troppo facile per te.. vezzeggiato ed accontentato in tutto e per tutto in ogni richiesta più stupida. Un simile bamboccio viziato come può sapere cosa voglia dire sentirsi usato e poi gettato via?
Il respiro di Yukiko le si smorzò in gola mentre una vampata di calore scacciò il gelo che aveva in corpo tutto d'un tratto, l'adrenalina che improvvisa le si riversò in circolo sino a farle stringere convulsamente le mani a pugno lungo i fianchi e serrare i muscoli della mascella, preda di un'unica domanda istintiva.
Come si permetteva di parlargli a quel modo?
Lei era fin troppo consapevole di quanto si stesse sbagliando quel.. quello stronzo su Kei e per questo poteva indovinare anche l'effetto che quelle parole velenose stessero avendo sul dranzerblader. Lo vide distogliere lo sguardo per rivolgerlo al pavimento, la frangia argentea che, smossa dal vento, gli proiettò un'ombra sul viso delineato di un'espressione carica di tensione.
La stessa che stava avendo il sopravvento su di lei.
Non farti andare il sangue alla testa” la ammonì il suo bitpower.
Tentò di seguire il suo consiglio ed inspirò, gonfiando i polmoni...
– Scommetto che non è la prima volta che lo fai.. – le giunse ancora la voce del castano – Uno come te non ci penserà due volte, immagino, a tradire chi gli sta intorno. Tanto, a che servono gli amici quando si hanno soldi e potere, dico bene?
...per poi fallire miseramente e perdere il controllo, a quell'ultima provocazione maligna.
Stringendo i denti, la nightblader non poté più starsene con le mani in mano. Non poteva più sopportare di sentire denigrare a quel modo quello che, fino a due giorni prima, era stato la persona più importante per lei.. no, in realtà lo era ancora, nonostante quanto accaduto fra loro. In realtà lo amava ancora allo stesso modo, per quanto il pensiero di non essere ricambiata la faceva soffrire.
Fissò il suo sguardo di smeraldo sul biondino innaturale nell'uscire dal proprio riparo, stagliandosi in una posa dritta e rigida contro lo sfondo del giardino pensile che era il tetto del grattacielo. Perfettamente consapevole della propria espressione marmorea, cristallizzata in una tensione che le permeava ogni muscolo, avanzò con passo misurato e privo di indecisione, ignorando lo sguardo dell'erede della famiglia Hiwatari finché non lo superò. Si fermò soltanto quando, in completa balia delle proprie emozioni, fu di fronte a Shinnosuke, che per contro le sfoggiò un sorriso tanto quieto quanto artificioso.
– Ehi, Natsuk..
*SCIAFF*
Lo colpì a mano aperta in pieno volto con tutta la forza di cui era capace, facendolo barcollare un paio di passi indietro, fissandolo senza mai distoglier il proprio sguardo carico d'odio e sdegno. Il malmenato si portò una mano al volto, impiegando un paio di secondi per riaversi dal profondo stupore che tradiva la sua stessa espressione e lei attese che trovasse la forza di risollevare il suo sguardo su di lei, prima di aprire bocca, il braccio destro di nuovo abbassato lungo il fianco.
– Non permetterti mai più – lo avvertì in un sibilo, riversando nel proprio tono tutto il gelo che si era portata dentro nelle ultime quarantotto ore. Per contro, i suoi occhi verdi mandarono lampi all'indirizzo dell'altro – Come osi? Come puoi permetterti di dire certe cose, senza sapere nulla di ciò che lo riguarda? – stava bruciando, era questa la sua personale impressione mentre una smorfia le delineò le labbra, un chiaro indizio per chi la stava fissando con tanto d'occhi in quel momento. Le mani di nuovo chiuse a pugno le tremarono, così come quel tremito le salì lungo le braccia. Fece un passo avanti, minacciosa nella sua modesta statura, senza più alcun freno – Tu non sai niente di lui! Non sai assolutamente nulla, quindi non ti azzardare mai più!
Voleva colpirlo un'altra volta - ormai sentiva di non capire più nulla - e l'avrebbe fatto se una mano non l'avesse trattenuta, afferrandole il braccio sinistro poco sopra il gomito. Voltandosi di scatto con la medesima espressione accusatoria e combattuta, si ritrovò ad incrociare due occhi dai riflessi porpora tanto magnetici da smorzarle il respiro e costringerla a sbattere le palpebre. Kei la fissava con una sorpresa ed una meraviglia che l'aiutarono a concentrarsi su qualcosa che non fosse il proprio improvviso scoppio d'ira e quando quel sentimento iniziò a sfumare, la stanchezza e l'incredulità presero il suo posto, insieme ad un acuto disagio.
Merda.
Aveva perso il controllo, facendo la figura della pazza.
Avvertendo i propri occhi iniziare a pungerle li abbassò con uno scatto, preda di emozioni tanto intense quanto contrastanti, prima di liberarsi della stretta altrui con uno strattone del braccio e procedere ad ampie falcate oltre al ragazzo dai capelli argentei. Si ritrovò a correre giù per le scale col fiato corto una manciata di secondi più tardi, senza sapere bene dove stesse andando. Sapeva solo di doversi allontanare il più in fretta possibile; di dover scappare il più lontano possibile.. perché soltanto una volta che fosse stata abbastanza lontana dalla fonte del suo profondo tormento, sarebbe stata nuovamente abbastanza lucida da essere sé stessa.


Kei era totalmente spiazzato.
Non ricordava di aver mai visto Yukiko tanto fuori di sé come in quell'occasione. Nemmeno quella volta che lo aveva schiaffeggiato era stata tanto arrabbiata, sebbene non potesse dire di esserne sicuro, essendo i ricordi totalmente sfuocati a causa dell'alcol che aveva ingurgitato quella sera.
Osservandola sparire dietro l'angolo fece un passo avanti, ma poi si fermò di nuovo, rinunciando all'impulso di seguirla. Il ricordo di ciò che era appena accaduto su quel tetto gli invase la mente, smorzandogli il respiro, e si ritrovò a digrignare i denti.
Cazzo. Si sentiva su di giri.
Sì, era decisamente su di giri per la grinta appena dimostrata dalla moretta; per la veemenza con cui si era scagliata su quell'imbecille di Shinnosuke. Eppure, la cosa che più lo aveva colpito era il motivo che l'aveva spinta a reagire a quel modo: perché, per quanto tentasse di trovare una risposta di qualche tipo, era evidente che una parte di lui non riusciva proprio a capacitarsi di ciò che l'aveva spinta a difenderlo così prontamente, dopo quel che era accaduto due giorni prima su quello stesso tetto. Nessuno era mai arrivato a tanto per lui.
Perché ti amo!” di nuovo quelle uniche parole gli risuonarono nelle tempie, così com'era accaduto per tutta la serata precedente.
– Che caratterino.. – commentò ironico l'altro ragazzo, ricordandogli così la sua presenza.
Voltandosi a scoccargli un'occhiata di fuoco, il dranzerblader questa volta non si curò affatto di trattenersi.
– Se provi ad avvicinarti a lei, giuro che ti ammazzo – ingiunse con una freddezza senza pari, prima di specificare in un sibilo – Lei è mia!
La minaccia insita in quella frase proferita in poco più di un sussurro tagliente fece bloccare ogni muscolo del diretto interessato, reazione che parve soddisfarlo in minima parte e che lo convinse a voltargli le spalle, per seguire l'esempio della ragazza. Lo lasciò lì per conto suo, raggiungendo la porta che dava sulle scale, la mente che già correva su ben altri pensieri mentre lui ne varcava la soglia.
Doveva trovare il modo di parlarle.
Dovresti convincerla ad ascoltarti, prima..” gli suggerì l'Aquila, diplomaticamente.
Sì, aveva ragione. Prima doveva trovare il modo di convincerla a non scappare via appena lui tentava di avvicinarla. Nelle ultime quarantotto ore non aveva avuto alcuna possibilità di affrontarla a quattrocchi, quasi non era riuscito ad incrociarla. In azienda non l'aveva intravista per più di pochi secondi ed ogni volta che aveva provato a chiamarla al cellulare aveva finito per trovare il dispositivo spento o non raggiungibile. Questo suo modo di fare, atto ad evitarlo ed ignorarlo in ogni modo umanamente possibile, lo aveva frustrato in una maniera che riteneva fosse impossibile da sopportare per un semplice essere umano.
Per questo, alla fine aveva creduto che fosse davvero tutto andato inevitabilmente a puttane.
Per questo si era trovato a gettare la spugna dopo quella discussione, avendola suo malgrado interpretata come una rottura definitiva.
Quanto accaduto pochi minuti prima invece cambiava drasticamente le carte in tavola.
Non era finito proprio un accidente! Non finché lui non avesse avuto la possibilità di dire la sua.
Perché lui la ricambiava e doveva farglielo sapere.
In preda a simili pensieri salì sull'ascensore per tornare ai piani bassi, ma una volta che si furono richiuse le porte un messaggio gli giunse sul cellulare. Tirandolo fuori dalla tasca lesse il mittente e inarcò un sopracciglio.
Che voleva adesso quell'inopportuno di Takao?
Aprendo con uno sbuffo ed un'aria poco accondiscendente il messaggio, ne lesse il breve contenuto. Gli stava chiedendo conferma della loro presenza per Capodanno. Kei si ritrovò a fissare corrucciato il display: se n'era totalmente dimenticato.
In un impeto di ottimismo ed ancora sull'onda di quella determinazione che l'aveva assalito, gli mandò risposta affermativa, prima di ritrovarsi a scorrere i vari messaggi degli altri ragazzi. Quando si ritrovò a vagliare gli sms di due mesi prima, incappò in quello di Max. Abbozzò un mezzo sorrisetto, rammentandone perfettamente il contenuto anche senza aprirlo del tutto: gli aveva suggerito di andare a visitare l'osservatorio di Los Angeles con la sua compagna, cosa che lui alla fine aveva fatto, seguendone il consiglio non richiesto.
Forse avrebbe dovuto chiedere un parere a qualcuno...
Rimuginò ancora un po' su quel frangente, prima che un altro ricordo, più recente, relativo ad una serata passata sotto le stelle gli riaffiorasse alla mente. E allora si ritrovò a sorridere fra sé e sé, mentre deviava per raggiungere lo studio di suo padre e prendersi il resto della giornata libera.
Forse aveva appena trovato la soluzione che stava cercando.


Quella sera Yukiko quasi non chiuse occhio dall'ansia. Rivisse nella propria mente i fatti degli ultimi giorni ancora una volta, con l'aggiunta questa volta di ciò che era accaduto quello stesso meriggio, non senza darsi ripetutamente della stupida, sfogando la frustrazione con silenziose lacrime di rabbia che si era asciugata altrettanto freneticamente con il dorso delle mani e le maniche del suo pigiama.
Sì, perché per quanto le cose potessero incasinarsi fra loro, lei sarebbe sempre stata dalla sua parte.. dalla parte di Kei.
E quella era una consapevolezza difficile da accettare, per una ragazza orgogliosa come lei.
Per questo il mattino dopo fu quasi più arduo dei tre giorni precedenti, per lei, alzarsi dal letto ed andare al lavoro. L'unica cosa che la spronò a farsi vedere in cucina per la colazione fu il fatto che quel giorno, almeno, non avrebbe avuto il corso alla Hiwatari, ma avrebbe potuto tranquillamente andare direttamente alla sede della N.C. Con un po' di fortuna non avrebbe incrociato il dranzerblader fino al primo pomeriggio, e per allora la mora sperava ardentemente di aver raccolto al meglio la padronanza di sé e della propria espressione.
Al terzo sorgere del sole di quella sorta di tragedia si sentì quasi pronta ad andare avanti come se nulla fosse, assecondando il mondo che, a discapito di tutto, continuava a girare imperterrito. Così, malgrado i suoi timori, riuscì a dedicarsi al lavoro d'ufficio, affianco sua madre in una riunione dell'ultimo minuto e dando buona prova di sé in ambito finanziario, quando gli ultimi rapporti riscontrarono un calo degli introiti pari al 2%.
La stessa signora Natsuki si rivelò sorpresa e preoccupata insieme, quando la trattenne a fine riunione per chiederle come stesse.
– Tu lo sai, vero? – le aveva chiesto di rimando la figlia, con assoluta calma e padronanza di sé, guardandola dritta negli occhi – Sai cosa è successo..
Il suo silenzioso cenno d'assenso le aveva fatto nascere un triste sorriso in viso e, senza dirle altro o rispondere alla sua prima domanda, aveva semplicemente gettato la spugna, lasciando l'ufficio e richiudendosi la porta alle spalle. Quando si ritrovò davanti l'ampio spazio aperto dell'ufficio dei dipendenti però, più di un capo si voltò nella direzione opposta ed alla mora parve persino di incrociare per un attimo gli sguardi perplessi di Kanigawa e Miyako, prima che anche queste tornassero a farsi gli affari loro. Nelle ultime settimane passate a stretto contatto con quelle persone, la mora aveva quasi avuto l'impressione che quell'ambiente di lavoro fosse altrettanto efficiente nel far circolare pettegolezzi su pettegolezzi e la cosa non poté che venirle confermata da una rapida ispezione dell'ambiente e dei suoi occupanti.
Fu in quel momento che lui arrivò.
Sbucando dal corridoio, la sua figura si fermò immediatamente per far vagare lo sguardo scuro per l'ambiente, finché non si posò su di lei. Quando i loro occhi si incrociarono, per Yukiko fu come se tutta l'aria venisse di nuovo risucchiata via dalla stanza, in aggiunta ad una scarica di adrenalina che le fece sussultare il cuore ormai a pezzi. Come le volte precedenti, non riuscì a sostenere quegli occhi d'ametista e preferì abbassare i propri, voltandosi per procedere dritta alla propria scrivania senza una sola parola.
Quanto ancora hai intenzione di andare avanti così?” le domandò seccato Night.
Finché non si sarebbe più sentita morire nell'incrociarne il solo sguardo, per lo meno.
Non hai preso in considerazione l'idea di ascoltare la sua risposta, vero?
No, certo che no. Per questo fin'ora s'era impegnata con tutta sé stessa ad evitarlo, sia in ufficio che fuori. Non era masochista, l'aveva capito che lui non era disposto ad affrontare i loro genitori per lei; quindi perché continuare a tormentarsi? Probabilmente sarebbe stato meglio per tutti troncare la cosa ora che erano in tempo, prima di arrivare ad odiarsi a causa della sua stessa insofferenza. Se non avessero dovuto continuare a lavorare insieme, probabilmente il discorso sarebbe stato diverso, ma non poteva rimetterci anche la sua professionalità. L'azienda di famiglia era tutto ciò che le rimaneva, a quel punto.
Una parte di lei sentì di capire per la prima volta ciò che aveva provato sua madre dopo la morte di suo padre, un pensiero che le fece nascere un velato sorriso amareggiato a fior di labbra mentre prendeva posto sulla propria sedia e si rimetteva al lavoro.
Dopo quel fugace scambio di sguardi, il pomeriggio procedette tutto sommato tranquillo, senza che fra i due vi fossero altri contatti diretti e la nightblader riuscì quasi a dimenticarsi della sua presenza. Quasi, perché le bastava sollevare un attimo lo sguardo dalla sua scrivania per volgerlo automaticamente verso quella del ragazzo, abitudine piuttosto autolesionistica per lei in effetti, che si maledisse più di una volta per la propria stupidità.
Quel pomeriggio, per l'appunto, il numero di volte che fu mandata a raccogliere fascicoli ed a fare fotocopie da allegare ad importanti documenti fu più alto del solito, cosicché si ritrovò più spesso a lasciare la propria scrivania in quelle ultime quattro ore che nei tre giorni precedenti.
Per questo, quando finalmente poté riavvicinarsi al suo posto, fu soltanto quando ormai era orario per lei di staccare. Premurandosi di spegnere il computer della sua postazione, soltanto a quel punto si accorse, vagliando gli oggetti presenti, della presenza di una custodia squadrata di un CD appoggiata delicatamente sulla tastiera altrimenti sgombra.
Su di essa, in uno spesso pennarello nero indelebile, era scritto in caratteri occidentali un “X Yuki” il cui spessore delle lettere doveva essere stato ricalcato un paio di volte, prima che l'autore fosse soddisfatto. Prendendo l'oggetto di plastica fra le mani, si guardò brevemente intorno, cercando di indovinare chi glielo avesse potuto lasciare, ma non incrociò neanche uno sguardo nella sua rapida ricerca. Così tornò ad esaminare la scatola in plastica trasparente, rigirandosela una volta sola fra le mani, prima che la sveglia che aveva impostato sul suo cellulare l'avvisasse vibrando che il suo orario di lavoro era ufficialmente terminato. Lasciando perdere la ricerca del mittente si ficcò il CD in borsa e raccolse il proprio giubbotto, salutando il suo diretto supervisore e lasciando l'ufficio.
Accomodatasi in auto, la prima cosa che fece fu accendere la radio, facendo partire il CD che v'era ancora all'interno del lettore. Per tutto il viaggio in macchina sino a che non spense l'auto nel vialetto di casa propria tuttavia, non riuscì in alcun modo ad ascoltare fino alla fine un solo brano dell'MP3 selezionato e quando finalmente spense la radio e scese, sbuffò di insoddisfazione e nervosismo.
Entrata in casa neanche si prese la briga di togliersi il cappotto. Si sfilò le scarpe con rapidità e scalza salì in fretta le scale, apprezzando quelle poche ore di solitudine e quiete che l'attendevano prima del ritorno del suo unico genitore. Neanche accese le luci, facendosi bastare la scarsa luminosità di quel pomeriggio autunnale per salire i gradini a due a due ed arrivare in camera.
Soltanto quando si fu richiusa la porta alle spalle ed ebbe lanciato cappotto e borsa porta-documenti sul letto, quest'ultima si aprì lasciando scivolare sulle coperte la custodia squadrata del CD trovato al lavoro. Ricordandosi di quest'ultimo e di nuovo preda di uno strano presentimento, si avvicinò di qualche passo, raccogliendolo fra le mani per rigirarselo fra le stesse. Nella penombra della camera lo osservò riflettendo fra sé e sé per una manciata di istanti, prima di raggiungere finalmente l'interruttore ed accendere la luce. Appena ne aprì il coperchio, un biglietto scivolò sul pavimento con un fruscio di carta ed un ticchettio delicato, tanto che, se non fosse stata così attenta nel maneggiare l'oggetto, la cosa le sarebbe passata inosservata. Tardò comunque a raccoglierlo, perdendosi a fissare la scritta a caratteri cubitali sul lato superiore del compact disc, tracciata con lo stesso pennarello nero che era stato usato anche sull'etichetta del coperchio. Questa volta le lettere formavano la parola arcuata: Listen.
Inarcando un sopracciglio, la nightblader scoccò un'occhiata al proprio stereo, prima di seguire il suggerimento ed inserire il disco nel lettore CD dello stesso. Appena premette, le prime note di chitarra elettrica inondarono la sua camera, ricordandole di aver lasciato il volume insolitamente alto. Stava per abbassarlo quando il cantante attaccò con la prima strofa, facendola frenare con il braccio ancora teso e le dita che quasi era giunte a sfiorare la manopola.

Nocturnal poetry,
Dressed in the whitest silver, you'd smile at me
Every night I wait for my sweet Selene
But, still..

Non poteva essere. Quella voce...
Fece un passo indietro, troppo sconvolta per osare distogliere lo sguardo dal suo stereo che, imperterrito, continuò a leggere la traccia impressa sul CD al suo interno.

Solitude's upon my skin
A life that's bound by the chains of reality
Would you let me be your Endymion?

Le labbra le tremarono quando si schiusero per aiutarla a respirare di nuovo, prima che lei vi premesse le mani sopra, gli occhi ancora spalancati di fronte a sé. Eppure non vedeva più chiaramente lo stereo, completamente sopraffatta dalla canzone che le stava riempiendo le orecchie nota dopo nota, parola dopo parola.
Quella voce...

I would bathe in your moonlight, and slumber in peace
Enchanted by your kiss in forever sleep

Gli occhi verdi le si riempirono di lacrime, offuscandole la vista quel che bastò ad indurla a sbattere le palpebre una volta soltanto. Lasciando scivolare quindi la mano destra dalla bocca al centro del petto, lì la tenne, il cuore che subito sotto quel punto le batteva più veloce di quanto avrebbe umanamente creduto possibile.

But until we unite
I live for that night
Wait for time
Two souls entwine

Quello non era il cantante originale.
Il ragazzo che aveva inciso su disco quella canzone non poteva essere altri che lui.

In the break of new dawn
My hope is forlorn
Shadows, they will fade
But I'm always in the shade
Without you...

Sorpresa. Sconvolta. Senza parole. S'era ridotta a questo la giovane Natsuki, la quale fece un altro passo indietro e per questo andò a calpestare il foglietto di carta precedentemente caduto e dimenticato sul pavimento. Fu a quel punto che ella si chinò a raccoglierlo, tesa tanto da trasmettere il tremito alle mani mentre lo spiegava e si apprestava a leggerne il contenuto con il cuore in gola ed il respiro corto. Il testo, scritto in giapponese, all'inizio le parve quasi incomprensibile a causa del contrasto con le lettere occidentali con cui aveva avuto fin'ora a che fare, ma dopo un istante riuscì a far ingranare il cervello quel poco necessario per tradurre ciò che vedeva in parole nella propria mente.

Sarai la mia Selene? K.

Lesse quelle poche parole più volte, mentre la canzone presente sul CD si avvicinava alla sua conclusione, finché non giunse l'ultima strofa e ciò che seguì fu soltanto il silenzio. Un silenzio assordante, che le rimbombò nella mente più di quanto la musica era riuscita a fare poco prima.
Quando trovò la forza di muoversi, fece ripartire la canzone dall'inizio, rimanendo ad ascoltarla ancora ed ancora, senza mai lasciare andare quel foglietto. Lo tenne stretto nel palmo come ci si aggrapperebbe ad una fune di salvataggio, mentre la voce di lui continuava a cantare, una nota dopo l'altra, senza mancarne una.
Al quarto giro, la prima lacrima le rigò la guancia destra, in concomitanza di un gioioso quanto timido sussulto del cuore.
Kei le aveva cantato una canzone.
Ascolterai ciò che ha da dire?” le chiese a basso tono il suo migliore amico.
 Lei annuì con un cenno del capo, senza voce.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buongiorno e buon inizio settimana a tutte/i!!
Allora, ben sapendo che il lunedì per molti non è un giorno proprio felicissimo e facile da affrontare, ho pensato che magari un nuovo aggiornamento potesse risollevarvi il morale! *-* ci ho preso? Che ne dite, può essere valsa la pena?
Ecco l'altro capitolo più importante della fanfiction XD sì, lo considero tale - ancor più importante del capitolo scorso - proprio perché finalmente qui qualcuno (uno a caso *guarda Kei di sottecchi*) si da' finalmente una mossa. Allora, che ne pensate?? Mi sento nervosa >.< aiuto.. siate clementi con me.. ç.ç
Spero di essermi un po' fatta perdonare per il capitolo precedente comunque, so che almeno una di voi sperava ardentemente che non li facessi litigare XD scusami Lu-chan, anche se me l'hai chiesto in ginocchio non ho potuto accontentarti! Purtroppo era la prassi.. ma con questo cap spero di essere riuscita a rimediare... mi perdoni? *-*
Non potete farci niente, sono un'inguaribile romantica in fondo in fondo, quindi... vi saluto e resto in trepidante attesa!
baci a tutti!!

Kaiy-chan

P.S. Vi piace la canzone? XD Sono diventata matta per trovare qualcosa di romantico ma non sdolcinato, ve lo giuro, sia come musica che come testo! E' da più di dieci capitoli che cercavo qualcosa di adatto ma alla fine ho optao per My Selene dei Sonata Arctica (il link lo trovate nel titolo).. fatemi sapere il vostro parere, mi raccomando!

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Capitolo 49
*** Il confronto decisivo ***




49. Il confronto decisivo


Quando uscì di casa, il mattino dopo, reggeva ancora in mano quel CD.
L'aria era fresca ed umida, cosa che la rinvigorì a discapito della nottata passata a rigirarsi nel letto. Alla fine aveva tenuto stretto in mano quel biglietto tanto a lungo da consumarne inevitabilmente le pieghe e stropicciarne i bordi, così era stata costretta dal buonsenso a lasciarlo sulla scrivania.
Cosa che non era riuscita a fare con quel singolo CD.
No, quello voleva portarselo dietro, quasi alla stregua d'un talismano porta-fortuna. Per questo, appena aperta la macchina, invece di mettersi seduta, la prima cosa che fece fu di lanciare dentro la cartellina senza badare a dove andasse a finire mentre scoccava una rapida occhiata verso la strada.
Fu allora che la vide, la Camaro.
Era parcheggiata proprio di fronte al cancello, le quattro frecce inserite, posta di traverso a bloccare l'accesso al vialetto. Appoggiato di schiena alla carrozzeria grigio scuro, Kei se ne stava fermo a braccia conserte nel suo giubbotto in pelle ed i jeans scuri, lo sguardo rivolto in sua direzione. Quando ne incrociò gli occhi dai riflessi di quel porpora così magnetico tanto familiari, il mondo si arrestò in un sussulto.
Yukiko avvertì le proprie gambe farsi di gelatina e minacciare di abbandonarla lì dov'era, insieme a cuore, cervello e polmoni. Il pacchetto completo, insomma. Come se la sola vista del ragazzo che più riusciva a sconvolgerla al mondo non fosse abbastanza da destabilizzarla, soprattutto nel trovarselo davanti casa di prima mattina.
Per questo tardò ad avanzare in sua direzione e quando lo fece, si dimenticò della portiera della propria macchina aperta, così come si dimenticò di avere ancora il suo CD stretto fra le dita della mancina. Il suo sguardo non la abbandonò per tutto il tempo che impiegò ad attraversare il cortile e fermarsi al centro del passo carraio, ad un paio di metri di distanza dal blader, il quale si mosse a sua volta in sua direzione. Senza perdere il contatto visivo questi, infatti, lasciò il suo appoggio e sciolse la posa conserta delle braccia per avvicinarsi, riducendo le distanze fra loro ad un metro soltanto.
Sollevando lo sguardo sul suo viso, la nightblader credette di essere sul punto di farsi venire un infarto, tanta era l'agitazione che le permeava ogni muscolo, il cuore che le pompava frenetico tutta l'adrenalina di cui disponeva il suo fisico in circolo nelle vene.
Il silenzio fra loro, calato come un sudario ed opprimente allo stesso modo, venne infranto un paio di secondi dopo.
– Ciao – la saluto lui senza una particolare intonazione in quella parola.
– Ciao.. – gli rispose lei meccanicamente, con meno voce di quanto avrebbe voluto, ma comunque più di quel che si sarebbe aspettata.
– Hai ascoltato il CD?
Lei annuì.
Kei a quel punto esitò e, per la prima volta da giorni, la ragazza poté distinguere i segni di un tormento interiore sul suo viso altrimenti atteggiato nella solita aria indifferente. Aveva le sopracciglia leggermente corrucciate sugli occhi d'ametista, i quali ora sembravano esitare sui tratti del suo viso più che riuscire a sollevarsi ed incontrarne l'iridi verdi. Le sue labbra erano serrate, tese in una linea sottile, come se non avessero alcuna intenzione di permettergli di dire altro, cosicché il silenzio che calò di nuovo fra loro acquistò un'apparenza di eternità. Fu Yukiko alla fine a trovare il coraggio di infrangerlo, nonostante il proprio nervosismo interiore ed il senso di panico che le instillava il momento del confronto.
Un confronto che era finalmente arrivato e perciò era inutile continuare a rimandare.
– Che intenzioni hai?
Lo chiese di getto, suscitando un certo stupore iniziale nel blader di fuoco di fronte a lei, il quale spalancò un poco di più le palpebre, prima di riaversi abbastanza da abbassarle totalmente. Un attimo dopo erano di nuovo occhi negli occhi, mentre le sue labbra si delineavano di un mezzo sorriso.
– Credevo di averti già detto che non sono disposto a rinunciare a te – le disse, in tono basso e vagamente roco, suscitandole un brivido che le corse lungo la spina dorsale sino alla punta dei capelli. Era così vicino che le sarebbe bastato fare un mezzo passo avanti per sfiorarlo, ma non riuscì a muoversi né avanti né indietro, completamente catturata da quegli occhi dai riflessi violacei tanto penetranti come non potevano esserlo quelli di nessun altro. Fu come se le stessero divorando l'anima, risucchiandola al loro interno con una forza inarrestabile, e lei si ritrovò a cercare di ricordare a sé stessa il modo corretto di respirare, proprio mentre lui avanzava di quel fantomatico passo.
– Non posso lasciarti, adesso che so che sei innamorata di me – ripeté, mentre quel suo fantastico sorriso gli si affermò in volto.
Yukiko si morse il labbro inferiore con insistenza, cercando di combattere la sensazione di improvvisa ed assoluta vulnerabilità a cui si era esposta lei stessa, dal giorno in cui gli aveva confessato i suoi sentimenti sul tetto dell'Organizzazione Hiwatari. Deglutì a vuoto.
– Perché? – mormorò in un soffio, tentando invano di non tremare.
Kei sollevò una mano a sfiorarle il viso, avvicinando il suo – Perché anche io sono innamorato di te.
Il CD le scivolò dalle dita, cadendo sul cemento nel momento stesso in cui lei perdeva del tutto la messa a fuoco sul viso altrui, sia per lo stupore che per la vicinanza. Ne avvertì il tocco delle labbra sulle proprie, una sensazione che le strappò una fitta al centro del petto.
E il mondo riprese improvvisamente a girare su sé stesso.
La mora gli si aggrappò istintivamente al collo, ricambiandone il bacio con più enfasi di quanta razionalmente avrebbe sospettato di possedere lei stessa, faticando a tenere il passo delle profonde emozioni che le stavano sbocciando nell'animo. Avvertì le sue braccia circondarle la vita e stringerla a sé con forza tale da farle dolere le costole e darle al contempo l'impressione che i frammenti del suo cuore tornassero a rinsaldarsi l'un con l'altro, mitigando in parte la sensazione agrodolce che le era sbocciata al centro del petto. Fu come se si sentisse rifiorire, come se ogni cosa riacquistasse un senso, per poi venire accantonato in virtù di quel momento unico.
Yukiko si lasciò baciare e lo baciò a propria volta come se non vi fosse stato altro bacio, né prima né dopo, simile a quello.
Ed in effetti era proprio così.
Reclinando il capo verso destra, ne assecondò i movimenti, insinuandogli una mano fra i capelli neri dietro la nuca, trovandoli morbidi esattamente quanto ricordava sotto i polpastrelli. Lo cercò con la lingua, in una carezza vellutata che le inondò la bocca e la fece sospirare di sollievo e struggimento, finché non rimasero entrambi senza fiato.
Soltanto allora si staccarono l'uno dall'altra, senza per questo distanziarsi di un solo centimetro in quall'abbraccio reciproco. Tenendo la fronte appoggiata alla sua, Kei schiuse le palpebre e la nightblader, cercando di riprendere fiato, si ritrovò persa in un mare dai riflessi violacei intrappolato in due iridi luminose e liquide, incastonate su un volto così bello da farle sussultare il cuore. Il respiro di lui le si riversò sulla pelle del viso così come era consapevole stesse facendo il suo, mentre seguitava a gonfiare i polmoni ad un ritmo più sostenuto ed irregolare rispetto a quel che era sino a pochi minuti prima.
Yukiko non seppe mai dire quanto tempo trascorsero così, persi l'una negli occhi dell'altro e viceversa, felicemente ignari del mondo che li circondava fin quando non fu il reciproco quietarsi dei loro respiri ad indurli a tornare alla realtà. La mente della mora allora, seppur riluttante, riprese a lavorare frenetica, elaborando l'accaduto con una velocità tale da farle poi nuovamente presente ciò che li aveva portati a quella crisi temporanea e, preda di un'ansia nuova quanto indesiderata, fece scivolare la mano che prima aveva tenuto immersa nei capelli di lui di nuovo più in basso, sul suo petto, sul quale depositò persino lo sguardo di smeraldo.
– Non voglio più nasconderlo.. – sussurrò, mordendosi il labbro inferiore.
Il suo blader di fuoco le fece scivolare una mano sotto il mento, prima di fare una leggera pressione ed indurla così a risollevare il capo e lo sguardo sul suo volto. Quando lo fece, il quieto sorriso che lui le rivolse mitigò il suo conflitto interiore, infondendole una rassicurazione che contribuì a rilassarla una seconda volta.
Dio.. le era mancato così tanto..
– Non lo faremo – le assicurò lui con dolcezza, donandole un nuovo piccolo bacio a fior di labbra, prima di trarsi di nuovo indietro di un passo.
Yukiko si ritrovò a seguirlo verso l'edificio che aveva avuto sino a quel momento alle spalle e verso il quale ora erano voltati entrambi, percorrendo di nuovo il vialetto a ritroso, condotta per mano e con sicurezza dal suo ragazzo finché questo non si fermò proprio davanti alla porta di casa. Senza una sola parola suonò il campanello, sotto lo sguardo sempre più sorpreso della moretta al suo fianco, ed attese in un'immobilità che lo vide sostare dritto come un fuso su quel pianerottolo, gli occhi di brace puntati sul battente e l'espressione apparentemente impassibile di sempre.
Eppure, la sua mano era calda in quella di lei, le dita intrecciate in una presa salda che non si allentò mai, nemmeno quando la porta finalmente si aprì, ruotando sui cardini e rivelando la figura della signora Natsuki pronta per uscire.
Ritrovandosi di fronte i due ragazzi, la donna spalancò gli occhi scuri, altalenandoli un paio di volte dalla figlia al giovane che le si stagliava accanto.
– Yukiko... Kei... ma cosa...?
– Io e sua figlia stiamo insieme.
Boom. Secco, così.
Alla nightblader per poco venne un colpo e la stessa cosa sembrò accusare sua madre, la quale rimase pietrificata sul posto, incapace di fare qualunque altra cosa che rimanere a fissarli con tanto d'occhi ed a bocca aperta. Col respiro bloccato in gola, lei si ritrovò a stringere con più forza la mano del suo ragazzo, in attesa di una reazione da parte della donna che stava loro di fronte. Una reazione che non si fece attendere troppo, a conti fatti, ma che le sembrò comunque eterna a causa dell'improvvisa tensione ad alterarne la percezione del tempo, finché un sopracciglio sul volto della presidentessa della N.C. finalmente si mosse e le sue labbra si riavvicinarono fra loro per delinearsi in un piccolo ma significativo sorrisetto.
– Finalmente. Immagino che sia una cosa seria – commentò, sorniona.
– È così – confermò Kei di rimando, senza batter ciglio.
Il sorriso della signora Natsuki parve farsi un pochino più largo seppur sempre sottile – Ora andate alla Hiwatari?
Questa volta annuirono entrambi.
– Bene. Buona giornata ad entrambi.. – disse tranquillamente, prima di volgersi nuovamente al dranzerblader – ..e stasera tu e tuo padre siete invitati a cena: ritengo che abbiamo diverse cose di cui parlare.
Il diretto interessato annuì una terza volta con un semplice cenno del capo in segno d'assenso, prima di muoversi. Ancor prima di realizzare pienamente ciò che era appena avvenuto sotto i suoi occhi, la mora si ritrovò ad incespicare per la terza volta su quel vialetto, faticando a sostenere le ampie falcate del ragazzo che la guidava, quasi trascinandola, verso la Camaro.
– Aspetta.. La mia borsa – cercò di dire, notando con la coda dell'occhio la propria macchina con lo sportello ancora aperto, in attesa.
Solo a quel punto lui si arrestò di colpo, rischiando che lei gli finisse addosso, prima di permetterle di recuperare i propri effetti personali rimasti sulla Mazda color viola metallizzato. E fin quando lei non fu tornata al suo fianco, lui non si mosse affatto, pronto ad afferrarla nuovamente per mano prima di procedere verso la sua auto sportiva.
Quando misero piede in azienda avevano almeno mezz'ora di ritardo.


– Hiwatari, tuo padre ti cerca da mezz'ora... – lo interpellò uno dei manager aziendali alle dipendenze dell'azienda. Era un uomo di mezza età, con una stempiatura iniziale che riduceva la superficie di pelle occupata dai capelli neri, ed in volto un'espressione che aveva del corrucciato, prima che inarcasse un sopracciglio, spostando lo sguardo sulla giovane Natsuki subito dietro di lui – ..e tu non sei un'allieva del corso che si tiene all'undicesimo piano?
– Ehm.. – Yukiko per riflesso abbozzò un sorriso nervoso.
– Lei è con me – intervenne il dranzerblader con fare perentorio, scoccando un'occhiata penetrante all'uomo che aveva interrotto il loro cammino lungo il corridoio. A rimarcare quanto detto, se la fece più vicina rinsaldando la presa sulla sua mano destra – Dov'è mio padre?
Il manager sembrò ancor più perplesso, ma non osando contraddire il figlio del presidente di una delle organizzazioni più importanti del paese, gli rispose – Nel suo ufficio..
Kei non pose altro tempo in mezzo, prima di superare quell'ostacolo e dirigersi verso l'atrio che dava accesso alla rampa di scale ed ai due ascensori di quella parte del grattacielo. Fermandosi di fronte alle porte scorrevoli di uno dei due, premette il pulsante di chiamata e rimase immobile ad attendere che la cabina raggiungesse il loro piano.
Fu a quel punto che la nightblader, la quale lo aveva sino a quel momento seguito piuttosto docilmente per tutto il tragitto da casa sua sino a lì, tentò di attirare la sua attenzione.
– ..forse.. ecco, credo che sia il caso che io vada al corso.. sono già molto in ritardo – gli fece notare.
Voltandosi a guardarla, il giovane Hiwatari ne notò l'espressione accigliata ed ansiosa, quasi timorosa, definita da una piega sottilmente tesa delle labbra. Lui di rimando si ritrovò a donarle un mezzo sorriso incoraggiante quanto sicuro di sé.
– Appunto, ormai sei in ritardo, puoi tranquillamente prendertela comoda – le assicurò, con una punta di ironia che non fece altro che accentuare il cipiglio della mora, proprio come s'era aspettato accadesse. Il suo sorrisetto gli si affermò in volto, divertito dalla cosa – ..e poi non intendo aspettare che sia tua madre ad informarlo – aggiunse, più seriamente, prima di avvicinar il proprio viso al suo per mormorarle a fior di labbra – Questa cosa è più importante.
Le scoccò un nuovo bacetto a tradimento e quando si fece indietro, lei aveva perso del tutto quell'aria corrucciata in favore di un rossore uniformemente diffuso ed un'espressione che lasciava intuire quanto fosse andata nel pallone per così poco. La cosa contribuì a divertirlo ancor di più e, quando le porte si aprirono l'istante successivo, se la trascinò dietro senza riscontrare la minima resistenza.
Se la rise sotto i baffi finché, quando l'ascensore prese a muoversi verso l'alto, un pizzicotto al fianco sinistro lo fece sussultare leggermente e voltare di nuovo per inquadrare il volto della sua ragazza, un poco sorpreso di trovarla sì imbronciata ma non abbastanza da non apparire comunque divertita a sua volta. Incrociandone gli occhi verdi, li notò brillare di una luce sbarazzina che gli fece nascere l'impulso di spingerla contro la parete lì accanto ed infilarle la lingua in bocca.
No, una cosa alla volta, Hiwatari.
Prima dovevano andare a parlare con suo padre, cosa che stavano per l'appunto facendo. E poi l'ascensore non era effettivamente del tutto vuoto: una delle segretarie del dodicesimo piano li stava osservando con un'espressione che definire allibita era semplicemente un eufemismo, mentre un altro paio di signori in giacca e cravatta sembravano aver più esperienza nel fare finta di niente.
Quando finalmente la cabina si arrestò all'ultimo piano, il dranzerblader si ritrovò ad inspirare profondamente prima di fare un passo avanti quando si aprirono loro le porte. Avanzando nell'ampio atrio, la segretaria personale di suo padre sollevò lo sguardo dietro uno spigoloso paio d'occhiali dalla montatura in argento sottile, puntandolo su di loro come un falco a caccia. Appena li inquadrò infatti, nonostante il sopracciglio fuori controllo, si aggiustò la montatura sul naso spigoloso mentre si alzava dalla sedia.
– Signor Hiwatari, suo padre la sta aspettando – la donna aprì bocca, poi la richiuse, ripetendo il gesto una seconda volta, come se avesse voluto aggiunger qualcosa e poi ci avesse ripensato all'ultimo momento.
Lui le rispose con un semplice cenno del capo, per poi dirigersi verso la porta dell'ampio ufficio del presidente, ignorandone lo sguardo inquisitorio e portandosi dietro una Yukiko improvvisamente più tesa di quanto era stata sino a poc'anzi. Notando la rigidità trasmessa dal suo braccio, una volta fermo davanti all'anta in compensato e vetro patinato, si volse un istante per assicurarsi delle sue condizioni e la trovò più pallida e ansiosa di quanto avrebbe voluto. Tentando di trasmetterle un po' di sicurezza attraverso una stretta più decisa della mano, attese di vederla annuire, prima di allungare una mano verso la maniglia ed aprire quell'anta.
Entrarono una dietro l'altro, ritrovandosi in un ampio ufficio più largo che profondo, al cui centro era disposta la scrivania dietro la quale suo padre era accomodato con tanto di cornetta all'orecchio. Appena sollevò lo sguardo castano su di loro, ebbe la stessa reazione avuta meno di un'ora prima dalla signora Natsuki: ogni suo muscolo si bloccò, tant'è che il figlio ebbe la netta impressione che avrebbe potuto benissimo sfilargli la sedia da sotto il sedere che lui sarebbe rimasto esattamente nella stessa posizione, senza cadere.
L'espressione sorpresa si accese di perplessità quando fece scivolare lo sguardo sulla mora e sulla mano che il dranzerblader si ostinava ancora a stringere nella propria. Entrambi i ragazzi fecero in tempo a fermarsi di fronte all'imponente scrittoio dell'uomo d'affari, prima che questi riagganciasse la cornetta con un insipido “..la richiamo io..” e ritrovasse le parole da rivolgere loro.
– Kei – esordì infatti, in un tono che lui gli aveva sentito usare spesso quando preso in contropiede – ..confesso che non mi aspettavo di vedervi entrambi – affermò, prima di deglutire e schiarirsi la gola, in un palese segno di disagio che tuttavia non ne minò la cortesia, rivolgendosi direttamente a Yukiko – ..come procede il corso? Va.. va tutto bene?
– A-ehm.. bene, grazie..
La risposta della mora suonò esitante, come se quei convenevoli la disorientassero ed il dranzerblader decise di mettere fine a quella farsa.
– La madre di Yuki ci ha invitati a cena da lei stasera – li interruppe senza mezzi termini, deciso ad andare subito al sodo e risolvere la questione una volta per tutte. Lasciò la mano di lei, soltanto per fare un passo ed al contempo circondarle le spalle con il braccio destro, stringendosela al petto in un chiaro messaggio che ribadì a voce – Inoltre ti informo che puoi piantarla coi tuoi giochetti: siamo una coppia a tutti gli effetti, quindi mettiti pure il cuore in pace su questa cosa.
E se la nigthblader, voltata a sua volta verso il loro interlocutore, smise quasi di respirare fra le sue braccia, messo di fronte a quella chiara provocazione il presidente della Hiwatari non fece una piega. Dopo un momento iniziale di assoluto e silenzioso stupore, gli bastò un battito di ciglia per delineare le labbra di un diplomatico sorriso.
– Oh, capisco – commentò, intrecciando ambo le mani fra loro sul tavolo di fronte a sé – ..questo cambia alcune cose, immagino.
Kei fu lesto a contraddirlo – Questo non cambia proprio niente. Te l'ho detto solo perché non siamo più disposti a continuare così..
Stava per aggiungere altro quando la sua ragazza fece pressione con ambo le mani sul suo petto per indurlo ad allentare la stretta, costringendolo a guardarla mentre lei si scostava da lui solo quel poco di spazio necessario ad assumere una postura eretta e composta, il mento sollevato e lo sguardo insolitamente fermo sull'uomo seduto dall'altro capo della scrivania.
– Basta segreti e sotterfugi, signor Hiwatari – lo ammonì lei, prendendo in contropiede lo stesso blader di fuoco alla vista di tanta rinnovata fermezza nella sua voce – Se lei e mia madre continuerete a frequentarvi dovrete farlo alla luce del sole, così come abbiamo intenzione di fare noi. Non ci immischieremo nel vostro rapporto, ma ci aspettiamo lo stesso da voi: affari e vita privata andranno tenuti rigorosamente separati.
Di fronte a quella dimostrazione di carattere Kei per primo si ritrovò a sorridere sotto i baffi, espressione che assunse anche il presidente, seppur fu più accorto nel nascondere la piega delle labbra dietro un gesto vago della mano, prima di annuire.
– E sia. Mi sembra un buon accordo, tutto sommato – commentò a quel punto, ma già vide Yukiko fare un passo indietro per prendere del tutto le distanze dal dranzerblader, cosa che suscitò una malcelata contrarietà a quest'ultimo, prima che lei ne cercasse la mano con la propria, già pronta ad andare.
– Un'altra cosa – aggiunse, attirando nuovamente tutta l'attenzione dei due Hiwatari su ciò che aveva da dire – ..per stasera, sarà meglio che concordiate un orario.. devo sapere per che ora dovrà essere pronta la cena, se vorrete mangiare qualcosa.
– Non mancherò – le assicurò il presidente, con un nuovo cenno del capo e un malcelato sorrisetto divertito.
– Bene – concluse Yukiko – Se non c'è altro, io ho un corso da seguire – si congedò, attuando un delicato inchino – ..scusi l'intrusione.
Kei era già pronto ad andare quando la replica di suo padre scombinò i suoi piani.
– Certamente, ma prima che andiate avrei bisogno che mio figlio restasse qualche altro minuto: dovrei parlargli di questioni legate all'azienda.
Ah, ecco spiegato il motivo di tanta confusione quel mattino.
Irrigidendosi un istante, voltò nuovamente lo sguardo sulla moretta, della quale strinse momentaneamente con maggior veemenza la mano per indurla a restare dov'era ancora un po'; il tempo necessario a lui per accostarsi al suo orecchio.
– Ci vediamo a pranzo.
Lei si scostò appena, quel poco che le bastò per incrociare il suo sguardo ed il blader quasi si perse in quell'iridi di un verde intenso e brillante, profonde come un abisso in cui avrebbe potuto smarrirsi più che volentieri. Lei ne ricambiò il mezzo sorriso con uno molto simile, prima di andare e lasciarlo lì con suo padre.
Una volta che la porta si fu richiusa dietro la sua snella figura, avvertì l'impulso irrazionale di uscire da quella stanza per seguirla, come se non vi fosse più nulla di così importante a trattenerlo in compagnia di suo padre ora che lei non era lì con lui. Come se l'attrazione che provava per quella ragazza lo spingesse a non allontanarsene più di una certa distanza.
Era ancora intento a riflettere sullo strano effetto appena accusato, quando il suo vecchio ne attirò nuovamente l'attenzione con un colpetto di tosse che lo spinse a distogliere finalmente gli occhi scuri da quell'anta. Il sorriso che per contro gli vide stampato in volto lo indispettì e lo mise a disagio più di quanto avrebbe potuto fare qualunque parola.


– Dai, smettila.. saranno qui a momenti! – esclamò contrariata e al contempo divertita la mora, scostando da sé il proprio ragazzo – Ladro e approfittatore che non sei altro!
Il dranzerblader fece un paio di passi indietro, facendo sparire il suo bottino e poi mostrando ambo le mani vuote di fronte a sé, come se non si fosse appena messo in bocca uno dei gamberetti che la ragazza stava tentando di finire di friggere con tanto impegno, prima del rientro dei loro genitori.
L'orologio appeso alla parete segnava già le otto.
– Su siediti – lo spronò, indicandogli con un gesto della spatola una delle sedie del tavolo già apparecchiato.
Lui piegò le labbra in una smorfia poco convinta e che a malapena riuscì a mantenere per più di un secondo, prima di tornare a sorridere di nuovo di quel sorrisetto carico di furbizia – Ma mi annoio.. – si lamentò, lasciando cadere di nuovo il suo sguardo sulla scodella di gamberetti già cotti ed adagiati sulla carta assorbente.
Non sapendo bene come reagire a tanta impazienza ed ironia tutte insieme, Yukiko alzò gli occhi al soffitto, prima di ficcargli la spatola in mano.
– Bene, allora continua tu.
Non riuscì a trattenersi affatto dal ridacchiare alla vista della sua espressione assolutamente perplessa, quasi contrariata, che gli comparve in volto, cosicché bastò il suo divertimento a fargli raccogliere la sfida lanciatagli a tradimento. Quando tuttavia si fece avanti e tentò di aver a che fare con la padella sfrigolante ed i gamberi da versarci dentro, ne riversò nell'olio una quantità eccessiva, tanto da schizzare mezzo ripiano cottura e far fare ad entrambi i ragazzi un salto indietro.
– Ma che fai?! – esclamò istintivamente la nightblader, osservando stralunata lo scempio attuato dal suo ragazzo.
Questi in tutta risposta le rivolse un'occhiata da finto innocentino che la indusse con uno sbuffo a togliergli la spatola di mano per poi avvicinarsi temerariamente ai fornelli per tentare di contenere quel disastro.
– No so se sei più pazzo tu o io ad aver pensato che potessi farcela a friggere due gamberetti! – sbottò, assorta nel proprio operato, aiutandosi con un coperchio recuperato da un tegame vicino – Passami una spugna..
– Dov'è?
Yukiko gli scoccò un'occhiata in tralice, prima di ricordarsi con chi stava parlando: probabilmente il blader era entrato per la prima volta in una cucina poco più di due mesi prima, in occasione dell'episodio del curry. Sospirando con fare sconsolato gli indicò il secchiaio e poco dopo eccola stringere finalmente la spugna richiesta, con la quale si premurò di tamponare gli schizzi d'olio sparsi per il ripiano cottura.
Neanche il tempo di girarsi che, beccandolo ad allungare ancora una volta le mani verso i suoi gamberetti, lo bacchettò sul dorso della mano destra con la spatolina di legno che ancora reggeva con la destra. Il ladro si ritrasse immediatamente di scatto, fissandola quasi oltraggiato per tanta spudoratezza e lei di rimando gli fece una linguaccia.
– Ti ho detto di piantarla.. – gli ripeté, prima che il suono del campanello la interrompesse e lei cogliesse l'occasione al balzo per avere un po' di tregua – ..ecco, sono arrivati. Va' ad aprire!
Con un'espressione imbronciata e la promessa che gliel'avrebbe fatta pagare, finalmente Kei uscì dalla cucina, lasciandole così modo di finire di cuocere i pochi gamberetti rimasti. Stava giusto scolando gli ultimi quando la voce di sua madre le giunse, un attimo prima che tutti e tre si affacciassero sulla soglia della cucina.
– Cara, tutto bene? – le domandò la donna che l'aveva messa al mondo, con uno dei suoi toni vivaci.
– Sì.
– Vuoi una mano?
– No, grazie – scandì chiaramente Yukiko, sforzandosi di non sussultare all'eventualità.
– Allora ci accomodiamo?
– Sì, mamma..
Finalmente poté prendere il vassoio su cui aveva appena finito di disporre la frittura e, con una rapida rotazione su sé stessa, le bastarono pochi passi per appoggiarlo al centro del tavolo, insieme al riso ed al resto delle cibarie lì disposte. Sospirando, fece un passo indietro per ammirare il proprio operato e la tavola imbandita le parve uno spettacolo davvero magnifico, soprattutto contornata da quelle persone. Sua madre s'era accomodata a capotavola, come al solito, mentre il signor Hiwatari - Susumu, si corresse mentalmente aveva preso posto alla sua destra. All'altro capotavola s'era messo Kei, ovviamente, l'aria ancora un po' imbronciata che tentava invano di mascherare una certa impazienza, a giudicare dal modo in cui altalenava lo sguardo dai vari vassoi a lei, ai commensali al tavolo.
Cavolo, avrebbe anche potuto abituarsi ad una visione del genere.
Scacciando quel pensiero ma non il sorriso che le era nato spontaneo in volto, si voltò sfilandosi il grembiule da sopra la testa e appallottolandolo fra le mani lo lanciò in un angolo, prima di prendere finalmente posto fra sua madre e il suo ragazzo, esattamente di fronte al presidente della Hiwatari.
– Buon appetito.
– Buon appetito – le risposero in coro, prima che toccasse ora a sua madre fare gli onori di casa, riempiendo le varie ciotole di riso.
– Da quant'era che non mangiavo un pasto preparato in casa.. – commentò bonario il presidente, prendendo con un sorriso la ciotola che gli stava porgendo la signora Natsuki. Lei gli sorrise di rimando, prendendo in consegna quella del figlio di lui.
– La mia Yu-chan è davvero bravissima ai fornelli, non so cosa farei senza di lei!
– Mamma.. – tentò di redarguirla la diretta interessata, già in imbarazzo.
Chissà a che cibi raffinati era abituato l'uomo d'affari seduto alla loro tavola. Ah, ma che cosa era venuto in mente a sua madre, quando aveva invitato lui e Kei a cena?! Non potevano andare a mangiare fuori, da qualche parte?
All'improvviso tutto il duro lavoro di quel tardo pomeriggio le sembrò tempo buttato e le si chiuse lo stomaco, cosicché non poté far altro che rimanere a guardare con espressione ansiosa ognuno dei presenti che iniziava a servirsi. Quando Susumu portò alla bocca per la prima volta il carico delle bacchette, quasi le si smorzò il respiro in gola in attesa di una qualche reazione che potesse decifrare su quel volto di mezza età ora fattosi pensieroso.
E poi, quasi senza preavviso, fu come se i lineamenti dell'uomo si addolcissero ed il suo sguardo si perse per una frazione di secondo nel vuoto, prima che un battito di ciglia si portasse via quel cambiamento quasi invisibile ad occhio altrui e lui tornasse a focalizzare la propria attenzione sulla ragazza dai lunghi capelli bicolori.
– Be', tua madre non ha esagerato molto... – e scoccando un'occhiata al figlio, il quale s'era già riempito il piatto di tutti i gamberetti impanati disponibili – ...sembra proprio che tu sia stato preso per la gola, eh, Kei?
– Kei?! Che fai, lasciane un po' anche a noi! – esclamò contrariata ed in preda all'imbarazzo la blader in questione, spalancando gli occhi verdi sul suo ragazzo. Questi per contro le scoccò un'occhiata assolutamente indifferente, prima di riempirsi la bocca di una parte della sua refurtiva.
La schietta e vivace risata di Natsuki Sakura li fece voltare tutti e tre a fissarla, Yukiko per prima con espressione allibita, mentre gli altri due Hiwatari erano rispettivamente, il più giovane guardingo ed il più vecchio divertito a sua volta.
Era un sacco di tempo che non sentiva sua madre ridere di cuore a quel modo. Nessuna risatina artistica, niente di artificioso o esageratamente enfatizzato, così come non c'erano freni al divertimento sul suo volto segnato da piccole rughe d'espressione. Nessuno disse niente, attesero che lei finisse di ridere e quando lo fece era sempre la stessa donna d'affari composta e controllata, soltanto con un ampio sorriso ad illuminarle i lineamenti femminili.
– Sapete.. fino a poco tempo fa non avrei mai creduto di poter assistere ad una scena del genere – rivelò loro in un impeto di sentimentalismo che scioccò la sua unica figlia, che tutto riuscì a fare men che meno trovare la voce per dire qualsiasi cosa. Così rimase ad osservare ad occhi spalancati il presidente della Hiwatari protendere sul tavolo una mano aperta per accogliere quella di lei e tenerla lì, mentre la presidentessa della N.C. si rivolgeva di nuovo ai due ragazzi scuotendo il capo con un sorriso rammaricato – Se solo l'avessi immaginato, non avremmo perso tanto tempo..
– Hai perfettamente ragione, Sakura.
– Mettiamo subito in chiaro una cosa – intervenne a quel punto Kei, con fare assolutamente indifferente e lo sguardo che si alzò soltanto un momento per fissarsi su entrambi i presidenti delle rispettive aziende – Gli accordi presi non subiranno alcun cambiamento. Io e Yukiko siamo ancora dell'idea di prenderci carico delle rispettive aziende separatamente..
– Certo, figliolo – annuì prontamente il signor Hiwatari con la sua miglior aria da diplomatico, senza per questo lasciare la mano di Sakura – Tutto proseguirà come precedentemente stabilito.. – un'occhiata fra i due e per qualche strano motivo alla nightblader parve quasi che sua madre tentasse di nascondere un guizzo di imbarazzo nei suoi occhi castani, prima che Susumu terminasse – ..finché ovviamente non dovesse avvenire un qualche cambiamento atto ad influenzare le nostre vite in ambito familiare.
Per poco la mora non rischiò di rovesciare il proprio bicchiere con una mano e, con la coda dell'occhio, poté distinguere chiaramente il suo ragazzo nell'atto di strabuzzare gli occhi sul genitore. Non si erano ancora ripresi dallo shock che la signora Natsuki intervenì, ridacchiando e passando ad un argomento più colloquiale.
– Be', ad ogni modo sarà divertente fare qualcosa insieme per le feste, vero Susumu?
– Ma certo, cara – ribatté prontamente l'altro, prima di voltarsi a guardare proprio Yukiko, la quale si irrigidì istintivamente contro lo schienale – Potremmo andare a passare qualche giorno alla nostra residenza estiva.
Stavolta fu Kei a interrompere il padre, inflessibile – Abbiamo già un impegno.
Quell'unica affermazione fece inarcare un sopracciglio alla moretta, prima che comprendesse a cosa stesse alludendo ed intervenisse a propria volta, questa volta però rivolgendosi proprio al dranzerblader – Ma se neanche me l'hai ancora chiesto?! – sbottò, con una punta di fastidio che la spinse ad arricciare il naso in una smorfia. Il vederlo sussultare, preso alla sprovvista, la spinse ad evitarne lo sguardo magnetico per volgerlo in un punto imprecisato della stanza, aggiungendo – Sì, so della festa di Capodanno di Takao, me l'hanno detto Mao ed Hilary due settimane fa.
– Non vuoi andarci?
– Certo che voglio andarci – ribatté prontamente lei, voltandosi di nuovo di scatto verso di lui.
Soltanto a quel punto si rese conto, dal sorrisetto che questi aveva stampato in volto, che era appena caduta nella sua trappola.
– E allora abbiamo un impegno – ribadì, tradendo una certa soddisfazione nonostante si ostinasse a voler ostentare un'espressione indifferente.
Cavolo, l'aveva fregata di nuovo.
Defraudata dell'opportunità di valutare con calma quell'opportunità, nonostante non ne avesse comunque sentito alcun bisogno, avendoci riflettuto sopra per giorni da quando Mao le aveva comunicato la cosa in videochiamata, alla giovane Natsuki non rimase altra scelta che iniziare finalmente a mangiare, ostentando un cipiglio che in realtà era tutto un artificio. In cuor suo, anche se per una volta non si soffermò ad analizzare le proprie emozioni, avvertì una felicità che le alleggerì l'animo e che venne oscurata l'istante successivo da qualcos'altro. L'ombra di un ricordo pressante.. e riappoggiò le bacchette a lato della propria ciotola di riso per tornare a cercare sua madre con gli occhi verdi.
– C'è una cosa importante di cui dobbiamo parlare – annunciò, nuovamente seria e padrona di sé.
La donna parve intuire la gravità di quel nuovo momento e ritrasse la propria mano da quella del presidente della Hiwatari per prestarle la massima attenzione – Sì, è così.
Cercando di mantenere sotto controllo la nuova tensione che l'aveva appena assalita, la mora inspirò gonfiando i polmoni al suo massimo, prima di esternare tutta quell'aria in un più discreto sospiro a labbra serrate. Soltanto dopo si sentì abbastanza sicura di sé da iniziare.
– Riguarda quanto è accaduto da Kippei – esordì, abbassando lo sguardo per un momento. Sapeva di avere in volto un'espressione tanto corrucciata quanto tormentata, ma non osò abbracciare con lo sguardo nessun altro dei presenti mentre continuava, solo sua madre – Sono ancora arrabbiata con voi.. con te, per quanto è successo – si prese una breve pausa, il tempo di tornare a guardare in volto Sakura, prima di continuare – Cos'era quella storia? Perché parlavate di quel che ho...? – la voce le venne meno tanto era nervosa, cosicché fu costretta a zittirsi e ad abbassare di nuovo l'iridi sul tavolo. Quando fu chiaro che non avrebbe ultimato la domanda tuttavia, a risponderle fu direttamente Susumu.
– È colpa mia – affermò senza alcuna incertezza, calamitando gli sguardi dei presenti – Sospettavo già di voi due, ma a quel punto mi sono reso conto di non sapere nulla sul tuo conto – Yukiko a quelle parole non riuscì ad evitarsi di inarcare un sopracciglio, fissando il padre di Kei già sul punto di ribattere qualcosa, ma lui fu più veloce nel continuare, mantenendo quella sua aria imperturbabile ma seriosa al tempo stesso – Così ho assunto una persona per fare qualche ricerca.. ricerche che evidenziarono una lacuna di informazioni, di cui poi parlai con tua madre.
La mora spostò di scatto lo sguardo di smeraldo su sua madre, come se soltanto con esso potesse immediatamente leggere la risposta alla moltitudine di domande che le assalì la mente. Quando la signora Natsuki annuì, lei si ritrovò a serrare la delicata linea della mascella.
– E non ti è venuto in mente che io potessi non essere d'accordo, vero mamma?
– So bene di aver sbagliato, ma non è stato facile nemmeno per me come madre, quel periodo.. – ammise la donna in tutto il suo contegno, cosa che non impedì alla figlia di notare la lieve increspatura comparsale sulla fronte. Le parve volerle uno sforzo non da poco per continuare e quando lo fece, tenne il suo sguardo puntato su di lei e su nessun altro, come se non vi fosse nessun altro – ..e, per la prima volta, ho ceduto al bisogno di sfogarmi con qualcuno che potesse capire il mio punto di vista e magari darmi un parere da genitore – abbozzò un sorriso appena accennato, ma carico di un rammarico che si rifletté nelle sue parole – Per quanto possa sembrarti strano, ci sono momenti in cui non sono sicura di essere davvero una buona madre.
Quella confessione spiazzò la ragazza più di ogni altra cosa, facendole spalancare gli occhi e perdere il filo dei propri pensieri. Non le era mai passato per l'anticamera del cervello che sua madre covasse simili incertezze, che mettesse in discussione il suo operato. Non rammentava una sola volta in cui l'avesse vista meno che totalmente sicura di sé stessa e delle sue decisioni e fu questa sua nuova, inaspettata apertura, a lasciarla spiazzata.
Il silenzio che seguì si fece imbarazzato ancor prima che una delle due Natsuki distogliesse lo sguardo l'una dall'altra, e quando ciò accadde, la prima a farlo fu proprio Yukiko, che per trovar qualcosa da fare prese in una mano le bacchette e nell'altra la ciotola di riso, cedendo all'impulso di concentrarsi su qualcos'altro.
– Mangiate o si raffredderà – mormorò un po' cupa, lasciando cadere il discorso.
Con suo sollievo, i loro ospiti seguirono il suo consiglio e nel silenzio che seguì la mora si chiese una volta di più, preda di un caparbio disagio, se le cose avrebbero mai davvero potuto funzionare, fra loro.
Dai tempo al tempo
Con un sospiro discreto, lei annuì mentalmente al proprio bitpower.
 In fin dei conti, non ci sarebbe stato nulla di male a vedere come sarebbero andate le cose da lì in avanti.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Eeee siamo a -1!!!! Sì, il prossimo capitolo è l'ultimo e io sono finalmente riuscita a farmelo piacere, perciò entro venerdì sera state pur certi che potrete leggerlo!
No, non piangete, è un bel capitolo, davvero!! (spero..)
XD vabbè... che ne pensate di questo? Spero ne pensiate bene perché a me è piaciuto scriverlo e credo di aver fatto del mio meglio per restare attinente all'idea che avevo in mente. Ma bando alle ciance, lascio come sempre la parola a voi! Mi mancherete tanto ç_ç sniff.
Ok ok, ora asciugo le lacrimucce, che se inizio io qui non finisco più.
Ah, nel caso abbiate trovato qualche errorino, sì, lo confesso, ho dato una rilettura veloce e non approfondita quindi può essermi sfuggito qualcosa.. se vi va di segnalarmi eventuali imperfezioni, poi provvederò subito a correggerle!
Intanto vi mando un bacione e vi auguro una buona serata!
ciau ciau

Kaiy-chan

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Capitolo 50
*** Il nuovo anno ***




50. Il nuovo anno


Varcando l'ingresso alla sala da pranzo di Villa Hiwatari dopo il modo formale in cui vennero annunciate dallo zelante William lei e la madre, la nightblader si fermò il tempo di far spaziare meccanicamente lo sguardo di smeraldo per l'ambiente, alla ricerca di una persona ben precisa.
Era passato quasi un mese dalla prima cena consumata tutti e quattro allo stesso tavolo e, dopo quella serata, se n'erano susseguite altre, a volte a casa loro, altre volte lì alla villa, oppure a cena da Kippei o in qualche altro posto. Dopo circa quattro settimane da allora, Yukiko aveva iniziato a considerare, suo malgrado, quel tipo di avvenimenti come una inattesa costante della loro vita - una nuova normalità - e l'idea, se doveva essere del tutto sincera con sé stessa, non poteva dispiacerle davvero.
– Cerchi qualcuno?
Il suono di quella voce a pochissima distanza dal proprio orecchio sinistro la fece sussultare in avanti, ruotando tanto rapidamente su sé stessa da inciampare sulle proprie stesse scarpe. Non cadde; si ritrovò invece stretta all'altro, un braccio di lui a reggerla ad altezza della vita ed il proprio polso sinistro bloccato nella stretta altrui, delicata e ferrea al contempo. Arrossendo violentemente per l'imbarazzo e lo stupore, fissò due occhi dai riflessi d'ametista tanto familiari quanto misteriosi, senza trovare in essi alcun ché da rispondergli.
Il sorriso che aleggiava, appena accennato ma ben distinguibile, sulle labbra del dranzerblader si accentuò, dandogli un'apparenza del tutto soddisfatta che non fu sufficiente a privarlo del piacere di stuzzicarla ancora un po', commentando a basso tono – Non te l'aspettavi..
Yukiko si imbronciò imbarazzata, borbottando – Mi hai fatto prendere un accidente. Secondo te?
Lui si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito prima di lasciarla andare, dopo ovviamente essersi assicurato che lei riuscisse a reggersi in piedi da sola. Punta nell'orgoglio, la moretta riacquistò ben presto l'equilibrio e dopo essersi lisciata la gonna dell'abito di lana che aveva scelto per la serata, sollevò lo sguardo sul blader di fuoco, trovandolo intento a fare il finto tonto, con le mani ficcate in tasca e quei suoi incredibili occhi scuri sollevati in un punto imprecisato alla sua destra. Quel suo sorrisetto era ancora lì, ovviamente, nonostante lui tentasse di contenerlo.
E la mora si ritrovò a sorridere di rimando, a discapito di tutto: non sarebbe cambiato mai.
– Kei, Yukiko, venite a tavola – li raggiunse la voce di sua madre, inducendoli a voltarsi entrambi verso l'ampio tavolo imbandito per il cenone. Lei ed il padre di Kei li stavano aspettando in piedi accanto alle rispettive sedie, uno più sorridente dell'altro, ed ai due ragazzi non rimase altro da fare che annuire e prender posto l'uno accanto all'altra.
Fu una cena di quattro portate principali, una di quelle che di solito mettevano a dura prova lo stomaco della mora e che spingevano Night a prenderla in giro per la quantità di cibo con cui riusciva puntualmente a riempirlo, a discapito delle apparenze.. e Yukiko sapeva bene che prima della fine di quella serata il suo bitpower non avrebbe mancato neanche quell'occasione. In preda ad una rinnovata sconsolazione che la indusse a sospirare mestamente, la ragazza trovò ben presto un altro genere di pensieri a cui dedicare la propria attenzione.
– Ti va di andare da qualche parte, dopo cena? – chiese al dranzerblader.
Il diretto interessato inarcò un sopracciglio, ma un istante dopo già stava annuendo con quella sua aria impassibile.
– Prima dovete aprire i vostri regali – intervenne Sakura, inducendo la figlia a voltarsi verso di lei.
Giusto, i regali. Il suo non poteva di certo aspettare.
Ignorando lo scatto verso l'alto che fece anche l'altro sopracciglio del suo ragazzo, la mora riprese a mangiare, improvvisamente impaziente che giungesse e passasse oltre anche il momento del dolce. Non vedeva l'ora di vedere la faccia che avrebbe assunto Kei quando gli avesse consegnato il suo pacco e lui l'avrebbe aperto, rivelandone il contenuto. La tensione le chiuse quasi la bocca dello stomaco, ma l'atmosfera natalizia pareva aver contagiato persino quell'enorme dimora, aiutandola a rilassarsi man mano che la conversazione proseguiva leggera, una portata dopo l'altra.
Conversazione alla quale la ragazza non partecipò attivamente a lungo, ritrovandosi a lasciar vagare la propria mente su ben altri pensieri. Erano cambiate molte cose in quelle ultime settimane, a partire dal suo personale rapporto con la signora Natsuki. Dopo quella sera, Yukiko l'aveva presa da parte e le aveva parlato in privato faccia a faccia, assicurandosi che lei capisse il suo punto di vista e interessandosi per una volta di quello d'ella. Era la sua unica madre, non aveva avuto alcuna possibilità di scelta ma non per questo poteva cambiarla, quindi aveva deciso di prendere in mano la situazione. Avevano parlato a lungo, per almeno un'ora e mezza di orologio, e la mora aveva accettato di alzarsi per andare a letto soltanto quando aveva avuto chiara percezione che si fosse venuta a creare una sorta di intesa fra entrambe. Da quel momento in poi, le cose erano sembrate andare in discesa, persino nei rapporti con il signor Hiwatari, il quale si era dimostrato molto meno altero della prima impressione che ella stessa ne aveva avuto.
Certo, le ci era voluto del tempo per abituarsi a tutto quello, persino ora non era sicura di esserci riuscita completamente, ma le cose sembravano procedere sulla buona strada ed era così riuscita a rilassarsi un poco di più giorno per giorno. Certo, ogni tanto qualche battutina su un possibile matrimonio saltava fuori, ma veniva ben presto rinnegata o accantonata, fra le risate e gli sbuffi infastiditi generali.
Quando finalmente cena e convenevoli terminarono, si spostarono nel salotto vero e proprio, ed ormai la nightblader era arrivata a credere di non potersi stupire più di niente, riguardo la prestigiosa famiglia con cui aveva avuto a che fare negli ultimi tempi; e invece si ritrovò a spalancare gli occhi verdi alla vista dell'enorme albero di natale che sfiorava con la punta il soffitto, nell'angolo fra la finestra ed il camino acceso, anch'esso piuttosto ampio. Il calore e la luce delle fiamme proiettarono riflessi danzanti davanti ai suoi occhi, sul pavimento rivestito di un pregiato tappeto persiano ampio almeno metà dell'intera stanza.
Il signor Hiwatari, da perfetto padrone di casa, li invitò ad accomodarsi sui divani appresso al camino ed attese che l'avessero fatto tutti e tre, prima di tirare fuori il suo personale regalo per la signora Natsuki. Prima che Yukiko potesse anche solo fare qualcosa di più che chiedersi distrattamente cosa contenesse quella scatolina grande a malapena un pugno e tutta infiocchettata, si ritrovò a stringere fra le mani una busta color rosso sangue.
– Questo è da parte mia – le disse il ragazzo che le si era seduto accanto un istante prima, senza guardarla direttamente.
Inarcando un sopracciglio, ne scrutò il volto rivolto verso la finestra più vicina, prima di riabbassare lo sguardo su ciò che lui le porgeva e sorridere lievemente fra sé e sé, prendendo definitivamente in consegna la busta scarlatta. Rigirandosela fra le mani, notò che da un lato recava scritto in kanji il suo nome, in un inchiostro argenteo che le piacque per il contrasto con il colore più vivo della carta. Non attese troppo tempo, cogliendo un vago movimento con la coda dell'occhio: il suo blader di fuoco iniziava a dare segni di irrequietezza in quella posa semi-svaccata - con una gamba accavallata sull'altra e un braccio appoggiato allo schienale - nell'attesa che lei aprisse il suo regalo, e la cosa la fece sorridere maggiormente.
Strappò un lato del riquadro con attenzione per non rovinarne il contenuto, cosa che le impiegò non più di un paio di secondi, ma quando rivelò finalmente cosa essa contenesse il respiro le venne meno ed avvertì il proprio cuore accelerare i battiti, mentre spalancava sempre più le palpebre, attonita.
Non poteva crederci.
Alzò di scatto lo sguardo sul suo ragazzo, vedendolo già sfoggiare uno dei suoi sorrisetti sghembi, allora tornò a guardare il suo regalo e poi di nuovo Kei.
– Ommioddio.. – mormorò, prima che in volto le si delineasse un sorriso tanto ampio che credette di sentire arrivarle alle orecchie. Senza riuscire a frenarsi o ad esprimersi a voce, gli gettò le braccia al collo, troppo emozionata ed entusiasta per pensare di trattenersi, finendo per spalmarglisi addosso con uno slancio tale da farlo aderire al bracciolo dietro la sua schiena. Eppure lui non mancò di ricambiare il suo abbraccio, mentre soffocava sul nascere uno scoppio d'ilarità in uno sbuffo.
– Ehi..
Presa dal momento, Yukiko si limitò a stringerlo, abbassando le palpebre nel godersi quel contatto mentre dava sfogo a ciò che le si agitava in petto – Grazie!
Questa volta lui non si trattenne dal ridacchiare, prima di chiederle all'orecchio – Ti piace?
Lei si staccò da lui quel poco che le bastò per incrociarne di nuovo lo sguardo dai riflessi di brace, esclamando tutto d'un fiato – Sì, certo che sì! Ma come hai fatto a.. come sapevi..? – l'agitazione che le serrava la bocca dello stomaco era tale, in quel momento, da non permetterle di completare una sola delle domande che voleva fargli, cosicché fu costretta a zittirsi, interrotta dalla pronta risposta di lui, che ancora la guardava con quell'aria sorniona stampava in volto.
– Ho i miei metodi – le rispose misteriosamente, con un riverbero furbesco negli occhi scuri.
Un colpo di tosse da parte di sua madre la riportò alla realtà, inducendola a sciogliere quell'abbraccio del tutto impulsivo per tornare seduta composta - o quasi. Guardò ancora per un po' i due biglietti del concerto di uno dei suoi gruppi preferiti, notandone la data fissata per quella primavera, e quasi si dimenticò del passo successivo. Per fortuna ci pensò il servizievole e sempre accorto William a riportarla alla realtà, rivolgendole parola dopo un minuto di rispettosa attesa.
– Volete che porti di qua il pacchetto?
Quella domanda la fece tornare al presente con un piccolo sobbalzo e, sollevando lo sguardo sul maggiordomo, si affrettò ad alzarsi in piedi – No no, ci penso io, grazie lo stesso – e rivolgendosi ora al suo ragazzo gli sorrise, prima di avviarsi con passo svelto verso la porta – Torno subito.


Appena fu di ritorno, Kei si ritrovò ad inarcare un sopracciglio nel notarla trasportare fra le braccia un pacco che la nascondeva per metà, date le dimensioni ragguardevoli. Sollevandosi in piedi meccanicamente per andarle incontro tuttavia, non fece nemmeno in tempo a fare più di un passo verso di lei che la mora, una falcata dopo l'altra, aveva già attraversato quasi tutta la sala ed aveva stampato in volto un sorriso tanto ampio che anche William senza i suoi spessi occhiali l'avrebbe visto.
Perplesso, rimase pertanto in piedi al centro della sala, fra il camino e le poltrone lì disposte, seguendo con lo sguardo la ragazza fermarglisi di fronte con assoluta tranquillità, come se quel che aveva fra le braccia non fosse un enorme pacco regalo infiocchettato e foderato di carta regalo tipicamente natalizia.
– Questo è da parte mia – gli annunciò allegramente, porgendoglielo.
Lui esitò un solo istante prima di liberarla di quell'ingombro e quando ne sostenne il peso, capì immediatamente come avesse fatto l'altra a muoversi con tanta sicurezza e rapidità nonostante fosse stata gravata da quel carico: nonostante le apparenze infatti, questo non era così pesante come la prima impressione gli aveva suggerito.
Sempre più perplesso ma ben attento a non lasciar trasparire il proprio stato d'animo curioso e inquietato al tempo stesso, lo appoggiò per terra e, appoggiando un ginocchio sul tappeto per sostenersi, iniziò a togliere il nastro decorativo. Con la coda dell'occhio registrò meccanicamente il fare di Yukiko, la quale gli si inginocchiò accanto in assoluto silenzio, lasciandolo fare senza intromettersi in alcun modo.
Il silenzio che in quella manciata di secondi calò nella sala, era a malapena riempito dallo scoppiettare del fuoco alle sue spalle, i cui schiocchi delle fiamme gli sfioravano a malapena le orecchie, messi in secondo piano dal frusciare della carta regalo. Quando finalmente, con ambo le mani, tolse il coperchio dalla sommità del pacco squadrato, si pietrificò letteralmente nel fissare un dolcissimo musetto peloso che, sul fondo della scatola, lo guardava a sua volta con occhi vivaci di felino.
Ma che ca..?
Meow..


Tesa come un fuscello, Yukiko rimase immobile, lo sguardo di smeraldo puntato con intensità sul dranzerblader per studiarne la reazione e non perdersi alcun particolare della sua espressione. Fu così che fu spettatrice di una rigidità tale, nei muscoli del ragazzo, da indurla a trattenere il respiro ed iniziare a pregare silenziosamente in un qualche cambiamento, su quel volto tanto serio quanto indecifrabile, che mettesse a tacere il suo povero cuore impazzito.
Quando, pochi secondi dopo, la situazione non ebbe alcun mutamento, la mora credette che il cuore fosse sul punto di scoppiarle in petto dall'agitazione e abbozzò un sorriso incerto, prendendo quindi l'iniziativa.
– Ehm.. Kei? – mormorò in tono interrogativo, senza per questo riuscire ad attirarne l'attenzione.
Merda.
Lo sapeva che avrebbe dovuto ripensarci, ma dopo aver avuto il chiaro appoggio del signor Hiwatari aveva creduto di aver avuto l'intuizione giusta nel pensare che lui sarebbe stato felice di tenere con sé quel cucciolo che settimane prima avevano salvato dalla strada.
Avvertendo come una gelida morsa minacciarla di stritolarle il cuore, si ritrovò ad affondare le dita affusolate nella morbida stoffa della gonna, le mani poste in grembo, con sempre maggior energia, arrivando quasi al punto di far sbiancare le nocche. La certezza di aver preso un granchio grande come una casata le si insinuò maligna nella mente, serrandole la gola a tal punto da costringerla a tentare di deglutire una volta, prima di indurla a mordersi insistentemente il labbro inferiore.
Gettando, in preda ad un panico crescente, un'occhiata fuggevole ai loro genitori, li vide altrettanto silenziosi ed attenti a quanto stava accadendo, così si ritrovò a tornare subito a fissare il suo ragazzo, timorosa di perdersene anche la più infima reazione. Era sul punto di provare a dire qualcos'altro quando, schiudendo nuovamente le labbra, stavolta venne interrotta sul nascere dal cucciolo stesso che, con un salto finì dritto dritto fra le braccia del blader, facendo sussultare tutti i presenti.
Ed ogni tensione venne infranta, alleggerendole l'animo tanto rapidamente da minacciare di stordirla.
Così, senza riuscire a raccapezzarsi, la giovane Natsuki si ritrovò a fissare con occhi spalancati all'inverosimile il proprio ragazzo non riuscire a ricomporsi mentre teneva la bestiola dal pelo grigio-tigrato con ambo le mani e sollevata davanti al volto, apparendole tanto impacciato come non lo aveva mai visto in precedenza. Eppure, sotto quella strana incertezza che gli dava un'aria più infantile del solito, Yukiko notò la presenza di un'emozione che gli illuminava di riverberi lo sguardo dai riflessi di brace e gli ammorbidiva leggermente i tratti del viso. Sembrava non riuscire neanche a distogliere lo sguardo mentre il gattino, al pari di lui, protendeva il musetto, annusando l'aria in sua direzione ed arrivando a sfiorargli il mento con la punta del naso.
Quella scena, davanti agli occhi verdi della nightblader, apparve tanto dolce da farla sciogliere come un cioccolatino al sole e colse una nuova ondata di speranza nascerle nel petto ed affiorarle sino alle labbra, inducendola a schiuderle ancora una volta in un nuovo tentativo.
– Kei..?
Finalmente lo vide sollevare lo sguardo ad incrociare il suo ed in esso lesse una serie di emozioni tanto intense da minacciare di levarle ancora una volta il respiro. V'era stupore, incredulità, quasi meraviglia avrebbe osato dire, in quell'iridi tanto attraenti, cosa che la spinse a torturarsi il lembo dell'abito con ambo le mani, dando voce alla fatidica domanda, avvampando in viso.
– Ti piace?
Il dranzerblader di fronte a lei sbatté un paio di volte le palpebre, mentre sul suo viso ella fu sicura di distinguere un sempre maggior rossore estenderglisi sino alle orecchie. Dovette attendere un paio di secondi, il tempo al ragazzo di distogliere lo sguardo da lei e tornare a fissare il gattino che ora stava tentando di divincolarsi dalla sua presa, perché poi trovasse il coraggio di muovere il capo. Il cenno d'assenso che gli vide donarle l'indusse a schiudere le labbra in un nuovo quanto ampio sorriso mentre si sentiva rinascere a quella conferma, tanto sollevata da rischiare di abbandonarsi sul tappeto.
Gli piaceva.. gli piaceva davvero!
Al colmo della felicità non aggiunse altro, godendosi quell'insolito ed insperato quadretto, osservando il ragazzo che, proprio come un bambino, riappoggiava delicatamente il gattino per terra, il capo reclinato verso il basso in modo da fargli pendere quelle sue ciocche argentee davanti al viso ancora tinto di una vivace sfumatura rossastra, seguendo ogni mossa della bestiola con lo sguardo.
– Tanti auguri – gli mormorò dolcemente.
E non riuscì più a smettere di sorridere.


Era fin troppo consapevole di aver gli sguardi di tutti addosso, ma quando, ancora in preda ad uno stupore che non voleva abbandonarlo, gli giunse la dolce voce della sua ragazza, tornò a sollevare lo sguardo su di lei finendo per avvampare ancora di più in viso.
Aveva un sorriso dolcissimo, talmente bello da smorzargli il fiato e, per un istante soltanto, si dimenticò del luogo e del momento.
Era assolutamente stupenda.
Un sentimento simile alla commozione gli scaldò il centro del petto, al cui interno avvertiva distintamente il proprio cuore battere ad un ritmo forsennato. Si sentì quasi scosso, colto da un tremito che gli fece irrigidire i muscoli di schiena e spalle mentre si ritrovava, per la terza volta da quando la conosceva, a pensare a quanto fosse dannatamente fortunato ad averla incontrata.
Si ritrovò a sorridere fra sé e sé, prima di venir distratto l'istante successivo dallo stesso micio che un mese e mezzo prima aveva portato con lei al gattile, ritrovandolo intento ad attaccargli giocosamente una fibbia dei pantaloni in jeans. Inarcando un sopracciglio e ritornando a sentirsi alla stregua di un bambino meravigliato, il dranzerblader non riuscì a trattenersi ed allungò una mano per accarezzarlo.
La morbidezza del suo pelo sotto le dita gli trasmise una bella sensazione, prima che la bestiola si rivoltasse sul dorso ed accogliesse quel contatto inaspettato a zampate e morsetti. Il blader di fuoco si ritrovò a giocarci senza neanche rendersene effettivamente conto, rapito da quelle zampine morbide e graffianti insieme, riflettendo con una parte della mente a quanto gli avrebbero fatto comodo i suoi soliti guanti in pelle in quel particolare momento.
Cavolo. A guardarsi da fuori probabilmente non si sarebbe riconosciuto affatto, eppure era mosso da qualcosa più forte di lui.
Non provava simili emozioni da quando aveva cinque anni.
Rammentando quell'età, ciò che era accaduto e che aveva contribuito a creare la base di una serie di delusioni che erano state il fondamento del suo carattere attuale, sollevò appena la mano lasciando il cucciolo libero di rotolare su sé stesso e schizzare via, sfuggendo a quell'avversario impossibile da battere per rifugiarsi sotto il divano, alla ricerca della sua intraprendenza momentaneamente andata perduta.
Allora Kei tornò a cercare con lo sguardo la nightblader, ritrovandola nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata, con un sorriso sereno e divertito al tempo stesso ad illuminarle lo sguardo, voltato a seguire la bestiola. Quando, l'istante dopo, tornò ad incrociarne gli occhi di smeraldo, lui non perse altro tempo e, seguendo l'impulso del momento, sollevò la mano destra per afferrare una delle sue e tirarla verso di sé, finché ella non fu costretta ad appoggiarsi a lui.
Ignorandone la sorpresa ed avvertendo una nuova ondata di calore accendergli il viso, le passò un braccio dietro il fianco destro mentre l'altro lo portò a cingerle la schiena ad altezza delle spalle, in un abbraccio tanto impulsivo che lui per primo colse distintamente il respiro d'ella venir meno, mentre tentava di sorreggersi a lui con ambo le mani posategli sulle spalle.
Soltanto quando la sentì completamente su di sé, infilandole una mano fra i capelli dietro la nuca e accostando il capo al suo orecchio, schiuse le labbra.
– Grazie – le sussurrò dolcemente, tanto piano da rendere comprensibile quella parola ed il tono terribilmente espressivo soltanto a lei.
Gli riusciva difficile esprimere certe cose, per di più se circondato da altre persone, ma questa volta - vuoi per l'atmosfera, vuoi perché era sempre e comunque lei - non era riuscito a frenarsi. Si godette la sensazione di averla fra le braccia, calda e profumata, reale, e si ritrovò a sorridere fra sé e sé, le scompigliate ciocche argentee che gli proiettavano un'ombra sugli occhi e gli solleticavano le palpebre.
Contò una decina di secondi, prima che la sua ragazza si ricordasse di aver bisogno di respirare, e quando lo fece, la sua risposta gli giunse tanto bassa quanto carica di sentimenti. Gli stessi che il blader avvertiva agitarglisi in petto.
– A te..
Rimasero abbracciati una manciata di secondi ancora, giovando entrambi di quel contatto reciproco, tanto rassicurante quanto confortante, finché non vennero riportati bruscamente alla realtà dalla voce del padrone di casa.
– Devi dargli un nome, figliolo – proruppe il suo vecchio, con un tono bonario sfumato di una nota divertita, nell'alludere al cucciolo.
Kei sollevò di scatto lo sguardo su suo padre, sciogliendo suo malgrado quell'abbraccio e lasciando così modo alla sua ragazza di fare altrettanto. Il presidente della Hiwatari aveva stampato in volto un sorriso velato d'affetto seduto accanto alla madre di Yukiko, la quale gli era appoggiata al fianco, con un suo braccio intorno alle spalle ed un sorriso altrettanto morbido sulle labbra.
Un sorriso che Kei ritrovò sul volto della mora quando tornò a cercarla con gli occhi scuri, seppur questo si allargò in un'espressione incoraggiante quando lui inarcò un sopracciglio con aria dubbiosa. Allora iniziò a pensare ad un nome adatto per quel cosetto peloso, adocchiandolo dietro una gamba del divano, intento a prendere giocosamente a zampate una nappina di stoffa.
Rassegnato a considerare seriamente la cosa e combattendo ancora la ventata di imbarazzo per la situazione venutasi a creare, il dranzerblader si soffermò a riflettere attentamente riguardo ad un nome adatto. Gli ci volle una buona dose di impegno ed inventiva prima di giungere ad una conclusione, ma quando annunciò la sua decisione lo fece col solito tono serio e determinato di sempre, tornando a scrutare i presenti.
– Kija.
Il sorriso di Yukiko fu sufficiente a fornirgli l'approvazione di cui aveva bisogno.


Hilary si fermò davanti all'imponente ingresso alla tenuta dei Kinomiya, sostando lì davanti una manciata di secondi ancora. Il cancello in legno era spalancato e l'arcata nella quale era incassato spiccava scura contro la luminosità proveniente dalle finestre della casa dietro di esso. Voci e schiamazzi provenivano da oltre quell'accesso privato e fra tutti ella distinse chiaramente Takao e Daichi.. e quello non era forse Max? Dovevano esserci già tutti, pensò stringendosi nel proprio cappotto di panno nero dal taglio classico.
Per quell'occasione aveva messo più cura del solito nel vestirsi, scegliendo una minigonna di jeans sotto la quale aveva indossato un paio di leggins neri, lunghi sino ai polpacci e bordati in pizzo. Ad avvolgerle dolcemente il busto aveva scelto un dolcevita in cachemire color lilla, sotto il quale aveva una semplice canottiera nera, ma più per abitudine che per il fatto di averne sentita realmente la necessità.
A dirla tutta, non sapeva nemmeno perché stavolta si fosse data tanta pena davanti allo specchio. Insomma, aveva persino finito per truccarsi un po', lei che a malapena si metteva la matita sotto gli occhi! Ma ciò che la impensieriva e la innervosiva ancor di più era l'effetto che le avevano fatto le allusioni di Yukiko. Sì, da quella volta che era caduta dalla sedia, non era più riuscita a scacciare completamente la malsana idea suggeritale dalla mora stessa.
Scacciò quei pensieri dalla propria mente con un breve cenno del capo in segno di diniego, rammentandosi che quella sera era lì per divertirsi insieme ai suoi vecchi e nuovi amici e non per tormentarsi con la visione di qualcosa che non sarebbe mai accaduto.
No.
Mai.
Fra lei e Takao non ci sarebbe mai stato nulla di più di una travagliata amicizia.
Imprecando contro sé stessa e l'improvviso quanto irrazionale peso al centro del petto causatole da quel semplice pensiero, la moretta si decise a farsi avanti, varcando così il cancello della tenuta del suo ex compagno di scuola. Concentrandosi per indovinare in che parte della casa fosse in atto la festa, non fu sorpresa di scoprire che il dragoonblader aveva allestito il salotto che dava sul porticato con un paio di bassi tavolini colmi di vassoi ricolmi di prelibatezze e coperti da coperchi e/o carta stagnola, mentre il pavimento era coperto da una marea di cuscini posti per far sedere comodamente gli ospiti. Appena varcò la soglia scorrevole, i primi a notarla furono Mao e Rei.
– Ehi, ciao Hilary!
– Hilary, finalmente sei arrivata! – proruppe la cinese, sollevando ambo le mani verso il soffitto.
Anche tutti gli altri si volsero in sua direzione a quel punto, ma fra tutti l'unico a cui la mora riuscì a dare importanza fu proprio il padrone di casa. Appena incrociò lo sguardo di Takao, questo ebbe lo stesso effetto di una scarica elettrica a basso voltaggio e per un primo, interminabile istante, alla ragazza parve come se tutto il resto del mondo scomparisse all'infuori di quegli occhi neri più grandi e profondi del solito. Poi una voce la trasse da quella sorta di trance.
Ehi, Hilary! How are you?
Sbattendo più volte le palpebre si volse verso l'origine di quella voce e non si sorprese di vedere Max sbucare da dietro un paravento con un DVD in mano, sorridente esattamente come lo ricordava.
– Bene. Sono contenta che sia riuscito a venire anche tu – affermò sincera, facendo qualche passo avanti per trovare un posto da rivendicare come proprio per il resto della serata. Nel mentre salutò tutti, ovviamente, seppur piuttosto genericamente, mentre faceva brevemente l'appello mentale dei presenti. Accanto a Mao sedeva Yukiko, con la quale scambiò un sorriso prima di spostare lo sguardo su Kei, dall'altro lato della moretta. Max, Takao e Daichi, seguivano dal lato di Rei, cosicché i posti vuoti erano soltanto un paio, segno che evidentemente non era ancora l'ultima.
– Sei in ritardo, ochetta – la interpellò, irritante come sempre, quella scimmia di Daichi, inducendola a lanciargli un'occhiataccia delle sue. Purtroppo la bertuccia non le fece il favore di schiattare sul colpo, anzi, rincarò la dose – Cos'è? Hai perso tempo nel cercare di farti bella? Perché se è così ti informo che non ci sei riuscita granché..
*TONK*
Takao gli sferrò un pugno in testa abbastanza forte da fargli nascere un bernoccolo in mezzo alla zazzera rossa e il ragazzino malmenato si ritrovò a mugugnare di dolore, con ambo le mani sulla testa chinata verso il pavimento. Pochi secondi dopo era già in piedi.
– Takao, ma che ti ha preso?! Mi hai fatto male, accidenti a te!
Il dragoonblader in questione assunse la sua miglior aria indifferente, incrociando addirittura le braccia sul petto, prima di rispondergli – Dovresti fare più attenzione a quel che dici, potresti finire per morderti la lingua da solo.
– Ma se sei stato tu a colpirmi!?
Quel battibecco andò avanti ancora per un po' sotto gli sguardi fra l'esasperato ed il divertito dei presenti, ad eccezione di lei e Kei ovviamente. Hilary non sapeva se essere irritata, lusingata o imbarazzata e quando incrociò lo sguardo della mora e la vide sorriderle con un'aria decisamente ambigua e carica di sottintesi, optò per quest'ultima. Rossa come un peperone e preda di un'insolita agitazione, decise di interessarsi un po' di chi le stava nelle immediate vicinanze ed attaccò bottone con la blader cinese.
– Tuo fratello non è venuto, stavolta?
– No – le rispose Mao con un modesto sorriso – C'erano alcune questioni al villaggio di cui si è offerto di occuparsi.
Certo che voi due non cambierete mai – commentò una voce familiare, in un tono fra il divertito e lo sconsolato.
Hilary, al contempo degli altri, si voltò immediatamente verso l'ingresso, spalancando gli occhi alla vista del ragazzo che era appena comparso sotto il porticato da lei appena percorso poco prima. Del piccolo Kenny, detto Prof K, non era rimasto altro che l'abitudine di tenersi gli occhiali sulla sommità della frangia e la statura abbastanza modesta, sebbene si fosse alzato di un bel po' dai tempi dei Bladebreakers. Il suo fisico s'era definito e le spalle s'erano fatte un po' più larghe, evidenziate dal completo in giacca e cravatta che si era messo, forse per l'occasione o più probabilmente per l'abitudine, ricordandole quanto avesse sempre amato le camicie sin da bambino.
Prof, finalmente! Mancavi solo tu! – Lo accolse allegramente Takao – Vieni, accomodati! Adesso possiamo dare davvero inizio ai festeggiamenti!
A quell'esordio, Hilary ne approfittò subito per prender in mano il proprio bicchiere.


Alla ricerca di un po' d'aria, Yukiko uscì quatta quatta dalla saletta in cui era in corso la festa, approfittando della momentanea confusione che vi regnava ad opera di un certo biondino nippo-americano, il quale ci era andato giù piuttosto pesante con gli alcolici. Avevano persino tirato fuori una sorta di karaoke e Mao ed Hilary erano state le prime a formare un duetto al microfono. Poi Daichi era seguito subito dopo ed ora, mentre la mora faceva qualche passo lungo il pavimento rialzato in legno che dava sul cortile interno, a giudicare dalla voce quello che s'era fatto sotto non poteva essere altri che Takao.
Quando girò l'angolo che dava sul fianco della casa, la nightblader giudicò di aver trovato un posto adatto e si sedette, lasciando penzolare le gambe oltre il bordo del portico. Sentiva la testa un po' più leggera, effetto dovuto indubbiamente a quel che aveva bevuto, ma il freddo della nottata stava lentamente facendo effetto, aiutandola a ritrovare la lucidità necessaria a seguire il filo logico dei propri pensieri.
Si ritrovò così a sorridere fra sé e sé, ripensando al gruppo di persone che s'era radunato di là, ai loro volti sorridenti ed agli schiamazzi.
Così erano quelli i Bladebreakers..
Le sarebbe piaciuto trascorrere l'adolescenza così, si disse, in mezzo ad un gruppo tanto affiatato, ed il fatto di trovarcisi quella sera le suscitava, ora che poteva rifletterci con tutta calma, una certa incredulità.
Le piacevano quei ragazzi. Le piaceva l'atmosfera che aveva notato crearsi in quella stanza, a discapito della presenza di un'estranea. Sì, perché in fin dei conti lei era un'estranea fra loro, una sorta di 'nuovo acquisto' ancora da testare.. eppure avevano saputo essere tutti quanti molto gentili ed amichevoli, persino il Prof K, che aveva finalmente avuto l'opportunità di conoscere poche ore prima.
Si abbracciò il busto, facendosi passare ambo le mani sulle braccia, iniziando ad accusare le basse temperature e si rese conto che avrebbe fatto meglio a recuperare qualcosa di più del semplice cappotto che aveva indossato quella sera, ma non se la sentiva ancora di tornare dentro.
Ripercorrendo a ritroso con la memoria gli ultimi tempi, si rese conto che erano cambiate molte cose in brevissimo poco tempo.. abbastanza da chiedersi come lei stessa potesse essere la stessa ragazza di sei mesi prima. Sollevando le ginocchia al petto, si abbracciò le gambe e lasciò vagare lo sguardo di smeraldo sul piccolo spazio erboso che divideva la casa al muro di cinta intonacato di bianco.
Le cose dovevano essere cambiate anche per i Bladebreakers, lo sapeva. Ormai non erano più ragazzini, compagni di squadra, che passavano le estati insieme per partecipare a tornei ed eventi sul Beyblade. Max si era trasferito in America, Rei era tornato al suo villaggio e si era costruito una vita lì con Mao, il Prof K a quanto aveva capito era stato assunto da un'importante azienda internazionale di software per computer, e Kei.. be', Kei ora era il suo ragazzo e si stava rimboccando le maniche anche lui.
Eppure, tutti loro erano riusciti a conservare la loro bella amicizia, a discapito di tutto, anche del passare del tempo. Forse, per quanto alcune cose possano cambiare, certi legami tendono ad essere più forti di qualunque cambiamento, sia esso passato, presente e futuro. Svuotando i polmoni in un profondo sospiro che si tramutò in una nuvoletta di candido fiato, Yukiko si ritrovò a paragonare ciò che aveva appreso essere capitato un po' a tutti a ciò che era successo a lei, al cambiamento ancora in atto nella sua stessa vita, e per la prima volta avvertì in fondo al cuore una scintilla di chiaro ottimismo riguardo al domani.
– Non è un po' freddo per te, qui fuori? – le giunse inattesa una voce ben nota.
La mora, riscuotendosi dai propri pensieri, sollevò rapidamente il viso, ruotando il capo verso la propria spalla destra, senza stupirsi troppo nell'incrociare due iridi dagli insoliti riflessi d'ametista. Sorrise al suo dranzerblader, osservandolo prendere posto accanto a lei senza abbandonare per questo il sorrisetto sghembo che sfoggiava sin dal principio. La sua vicinanza la indusse istintivamente a far di nuovo scivolare le gambe oltre il bordo del porticato per ruotar un poco il busto verso di lui, donandogli tutta la sua attenzione nonostante egli non la pretendesse in alcun modo. Se ne stava in quella sua posa rilassata a fissare oltre la sommità del muro di cinta, sorreggendosi con ambo le braccia tese dietro la schiena, i palmi posati al parquet e le gambe incrociate.
– Avevo bisogno di un paio di minuti di tranquillità, mi stava girando la testa.
Il ragazzo dai capelli bicolori le sfoggiò un'occhiata fra il divertito ed il malizioso – Sappiamo entrambi che non reggi molto l'alcol.
Yukiko ridacchiò, sentendo i rimasugli del suo buon umore riaccendersi come braci che venivano riattizzate, pronte a divampare al minimo pretesto. Rammentava quell'uscita in Russia con i Demolition Boys, seppur il ricordo avesse di per sé contorni vaghi e qualche lacuna. Sapeva che non era riuscita a tornare a casa con le proprie gambe però e questo era di per sé un motivo sufficiente per farle accusare una punta di imbarazzo. Eppure doveva ammettere di essersi divertita anche in quell'occasione.
– E tu? Come mai sei qui fuori al freddo?
– Ho solo pensato di controllare come stessi, visto che non tornavi – le disse, con una noncuranza da premio oscar mentre teneva lo sguardo puntato verso il cielo. Per essere una serata di fine Dicembre, la volta era priva di stelle e di una tonalità scura e lattiginosa al tempo stesso, a causa dell'inquinamento luminoso che si rifletteva sulle nubi piuttosto basse – A che stavi pensando?
– Un po' a tutto – gli rispose con un accenno di sorriso lei, deviando il proprio sguardo su un punto indefinito del cortile – A quanto sono fortunata ultimamente, credo..
Kei inarcò un sopracciglio a quelle parole – Quindi tu sei tipo da sbornia triste? – la prese fintamente in giro – Eppure l'altra volta non hai fatto altro che ridere fino alle lacrime.
Lei per ripicca gli sferrò un pugnetto subito sotto l'attaccatura della spalla, con l'unico risultato di farlo sghignazzare e finire per ridacchiare a propria volta, mentre controbatteva – Non sono da sbornia triste! E soprattutto, non sono ancora così ubriaca, mio caro Hiwatari.
– Allora credo che aspetterò con ansia quel momento, carissima la mia Natsuki – le rispose lui a tono.
La nightblader si ritrovò a sorridergli di rimando con una tale spontaneità che un po' le venne il dubbio di essere già sulla buona strada, ma non fece parola al riguardo.
– Potrei sorprenderti.. – lo avvertì invece sorniona, prima che lui le scoccasse un'occhiata in tralice. Il suo sorriso, tuttavia, ora aveva una sfumatura più morbida, quasi dolce, come furono morbide le parole che le mormorò di rimando, senza guardarla direttamente.
– Lo fai già tutti i giorni..
E come ogni volta che il suo blader se ne usciva con una frase del genere, il suo cuore ebbe un sussulto nel petto, smorzandole il respiro mentre sollevò una mano sino a sfiorare quel punto. Alla sorpresa iniziale, seguì subito una commozione che ravvivò i profondi sentimenti che covava nel proprio cuore e che la spinsero a tirare di nuovo su ambo le gambe. Senza una parola, si spostò dietro al ragazzo dai capelli d'argento, con l'unico scopo di cingerlo in un abbraccio che la vide appoggiargli delicatamente le braccia sulle spalle mentre aderiva col busto alla sua schiena, leggermente sollevata in ginocchio per poter così accostare il volto al suo, guancia contro guancia. Soltanto quando poté cogliere l'odore della sua pelle e ne avvertì il calore del corpo, si lasciò sfuggire un lievissimo sospiro da innamorata.
– Cosa che non riesce difficile nemmeno a te.. – gli mormorò, sorridendo fra sé e sé mentre alla mente le tornavano svariati ricordi relativi a quel tipo di situazioni – ..specialmente quella volta in cui ho trovato il tuo CD sulla scrivania – continuò, scegliendo di rivangare l'accaduto. Ancora se ne sentiva meravigliata e sorpresa ed ormai non era più tempo di nascondergli nulla, così aggiunse – Sai, ho copiato il file su un altro CD, insieme ad altre canzoni, e l'ho inserito in macchina. Così ogni tanto salti fuori tu...
Lo sentì esternare uno sbuffetto divertito, cosa che la spinse ad attendere una qualche risposta, ma prima egli sollevò una mano dal pavimento per posarla sull'avambraccio di lei ripiegato di fronte al suo petto, accarezzandolo delicatamente dal gomito al polso. Quel gesto, oltre a trasmetterle una certa dolcezza, la rilassò, cosicché quando Kei le rispose ci mise un attimo a tornare sulla sua stessa lunghezza d'onda.
– Da una maniaca del karaoke come te invece, non ho ancora ricevuto nulla di simile – la punzecchiò, seppur mantenendo un tono basso e confidenziale.
La prima reazione di Yukiko fu la perplessità, che le fece sbatter un paio di volte le palpebre nel vuoto, prima di realizzare quanto appena le era stato detto. Elaborando quella strana lamentela, non poté in alcun modo dargli torto e la prima cosa a cui pensò era che si trovava in una spiacevole condizione di svantaggio. Se non fosse stata così di buon umore, né avesse bevuto abbastanza da sciogliersi fino a quel modo, probabilmente non le sarebbe passato nemmeno per l'anticamera del cervello di fare una cosa simile. Ed invece, quando schiuse nuovamente le labbra, lo fece senza alcun tentennamento, rievocando la melodia che accompagnava le strofe che puntualmente le affiorarono alla mente.
A drop of blood..
Le spalle del dranzerblader si tesero un po' sotto le sue esili braccia, e quella carezza cessò di essere, la mano di lui ferma nell'incavo del suo gomito.
A flood of anger for old times – proseguì lei, mantenendo un tono contenuto, vista la vicinanza – Hunger. Save me.. One world depending on me. I have the force in me. The truth will be revealed..
Cantò solo per lui, nella notte altrimenti quieta di quell'ultimo giorno dell'anno, e per tutto il tempo il cuore non volle smettere di batterle all'impazzata, facendole quasi tremare la voce nel passare alla seconda ed ultima strofa del ritornello.
Higher. Faster.. I am the fuel to set you free – gli sfiorò l'orecchio destro con le labbra, prima di concludere dolcemente – I am your destiny.
Dopo un istante di silenzio, lui si voltò a guardarla dritto negli occhi e lei, come tutte le volte precedenti, vi si smarrì dentro, poco prima che lui le posasse la mano destra sulla guancia e l'attirasse a sé, depositandole un altrettanto dolce bacio sulle labbra.


Takao si diede dello scemo. Era incappato in quella situazione per caso e, una volta gettata la prima occhiata, non era riuscito a far a meno di restare ad assistere a quello scambio di effusioni, nonostante si sentisse in tutto e per tutto alla stregua di un ladro o, peggio, un guardone. Per questo sussultò sul posto quando la voce di lei lo chiamò.
– Takao, che stai facendo?
Col cuore che gli perse un colpo, il dragoonblader si voltò di scatto su sé stesso, ritrovandosi la moretta ad un passo da lui che lo guardava con una delle sue espressioni inquisitorie e le mani poggiate sui fianchi. Agì d'impulso, con come unico pensiero quello di non farsi scoprire, e la agguantò per un braccio, dandole uno strattone in avanti che la fece perdere l'equilibrio. Fu lesto a lasciarla andare per prenderla al volo con il medesimo braccio, mentre l'altra mano le tappò la bocca per impedirle di emettere anche il più piccolo suono di protesta, appiattendosi contro la parete di casa propria.
Teso come un fuscello, strinse a sé il corpo di lei, usando la sua forza per tenerla ferma e buona, lì con lui.
– Ssht.. non farti sentire – le sussurrò, preda di un'agitazione che non riuscì a mitigare in alcun modo, specie se aveva lei stretta al petto a quel modo.
Hilary sollevò i suoi bellissimi occhi color cioccolato su di lui, dovendo reclinare il capo per riuscire a farlo, in quanto ormai il moro la superava in altezza di una spanna buona, e quando lo fece lui si ritrovò a sfoggiarle un sorriso contrito e nervoso al tempo stesso. Lo avrebbe ucciso, lo sapeva, ma non era nulla al confronto di quel che gli avrebbe fatto Kei se lo avesse scoperto a spiare lui e la sua ragazza.
In realtà, come già accennato poc'anzi, non era stata sua intenzione farlo ma, uscito per andare al bagno, al ritorno aveva sentito delle voci e non era riuscito a soffocare la curiosità; così si era trovato a sbirciare da dietro l'angolo formato dal portico che affacciava sul giardino, favorito dalla mancanza di luminosità artificiale di quell'ala dell'edificio.
Alle orecchie gli giunse la voce di Yukiko e lui, riemergendo dai propri pensieri, tornò a concentrarsi su quanto si stavano dicendo, finendo per spalancare gli occhi scuri. Lei stava cantando e la sorpresa, unita alla mancanza di movimento della ragazza che teneva ancora stretta a sé, lo indusse a lasciar scivolare sul suo braccio la mano che prima le teneva premuta sulla sua bocca. Allo stesso tempo si sporse oltre l'intelaiatura in legno della trave di sostegno del muro, gettando un'altra occhiata verso i due piccioncini.
– ..ma che stiamo facendo? – il sussurro concitato di Hilary lo spinse ad abbassare lo sguardo di nuovo su di lei, anch'essa piegata in avanti a seguire il suo movimento ed in volto un'espressione tanto tesa quanto buffa. I suoi occhi brillavano nella notte come gemme preziose cariche di contrarietà – ..non dovremmo stare qui!
Oddio. Il fatto che lei avesse parlato al plurale gli fece un effetto indescrivibile e, per questo, si ritrovò più teso di prima nel distogliere lo sguardo da lei per rivolgerlo alla coppietta, come se fossero diventati la sua scusa per non restare imbambolato a guardarla.
Non le rispose nemmeno, non fidandosi del proprio cervello, men che meno quando c'era lei nei paraggi.
Il solo fatto di averla premuta contro di sé stava già mettendo a dura prova il suo autocontrollo.
Silenzio. Kei e Yukiko si stavano baciando e la fioca luce proveniente dai lampioni sulla strada contribuì a donare a quel quadretto un'atmosfera terribilmente suggestiva. Per qualche motivo, il moro si ritrovò ad arrossire, cosa che lo mise in difficoltà quando, un momento più tardi, avvertì Hilary serrare la presa sulla sua maglietta, artigliandogli la stoffa con le sue dita affusolate e perfette.
Abbassando lo sguardo di nuovo su di lei, la vide intenta a fissare a sua volta la coppia, in volto un'espressione tanto combattuta quanto imbarazzata che lo incuriosì un poco, prima di venir distratto ancora una volta da lei. Aveva due mani così piccole e delicate.. e ciglia lunghe, che non facevano che aumentare il fascino che aveva su di lui quello sguardo sempre attento e carico di intelligenza.
Hilary era sempre stata più intelligente di lui, sin dai tempi della scuola e, sebbene allora non avessero fatto altro che punzecchiarsi per tutto il tempo, con il passare degli anni s'era accorto che per lui la moretta era lentamente diventata una presenza insostituibile. Di più, gli era diventata necessaria.
Quando aveva iniziato a sognare di averla per sé, all'inizio ne era rimasto scioccato e spaventato insieme, ma poi aveva finito per accarezzare seriamente l'idea nella propria mente, finché non era diventato un pensiero tanto seducente quanto portatore di un tormento che Takao non aveva mai conosciuto prima.
Lei era stata il suo primo amore. Sentimento che non aveva fatto altro che rafforzarsi nel suo petto con il passare degli anni, presentando il conto ogni ora del giorno e della notte. Persino ora avvertiva il proprio desiderio alla stregua di un bisogno fisico, un impulso che gli partiva dal centro del petto e gli colmava gli arti sino alla punta dei capelli neri.
– Dovremmo proprio andare – mormorò in un soffio nervoso Hilary, cercando di convincerlo e traendolo dai propri masochistici pensieri.
Tornando in sé, il dragoonblader annuì, sciogliendo svogliatamente la presa intorno alla vita di lei per permetterle di riacquistare da sé il proprio equilibrio e camminare a ritroso, così come fece lui, per i primi due metri. Quindi, sempre in punta di piedi, si voltarono e, facendo più silenzio possibile - cigolii del legno permettendo - tornarono entrambi verso la festa.
Camminando lungo il portico tuttavia, di nuovo il moro si ritrovò a osservare la figuretta della sua amica d'infanzia, la quale gli procedeva avanti di un paio di passi, ripensando a ciò a cui aveva assistito. Non avrebbe mai immaginato che il freddo e scostante Kei fosse capace di dimostrazioni d'affetto e, se non l'avesse visto coi propri occhi, non avrebbe potuto crederci ugualmente. Eppure era stato tanto in gamba da aver trovato la forza di costruirsi qualcosa, e per farlo doveva necessariamente aver rischiato qualcos'altro. Ancora una volta il dranzerblader aveva dimostrato di essere un passo avanti a lui, che non riusciva a star in compagnia della ragazza che gli piaceva senza che i nervi minacciassero di saltargli tutti d'un colpo.
Quella stessa ragazza all'improvviso si fermò, inducendolo a far altrettanto mentre inarcava un sopracciglio. Stava per domandarle qualcosa quando lei, lo sguardo puntato verso il giardino, schiuse le labbra.
– Nevica.. – mormorò, meravigliata.
Sorpreso, Takao si volse a sua volta a guardare il proprio cortile ed il cielo che si stagliava oltre le mura di cinta dello stesso, individuando nell'aria turbinare sottilissimi fiocchi di neve. Rimase a fissare quello spettacolo per una manciata di secondi, durante la quale riuscì a svuotare la mente delle ansie e dei pensieri che lo avevano colto in quegli ultimi minuti, cosicché quando la sua moretta si strinse un po' di più nel cappotto ed il suo fiato si disperse nella notte in una nuvoletta candida, il movimento captato con la coda dell'occhio lo spinse a tornare a guardarla con un'intensità dovuta ai suoi stessi sentimenti.
Hilary parve accorgersi del suo sguardo, perché si voltò ad incrociarlo e quando ciò accadde, le labbra le si schiusero e gli occhi le si spalancarono su quel viso a forma di cuore che avrebbe riconosciuto fra mille. L'aria fra loro venne attraversata da una scarica elettrica, esattamente come quando lei era arrivata quella sera ed i loro sguardi s'erano incrociati la prima volta.
Il cuore di Takao prese a pompare con più energia all'interno del suo petto, mentre il ragazzo lottava con sé stesso ed il forte impulso di stringerla a sé ancora una volta, lì ed ora. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter assaggiare quelle labbra apparentemente morbide, sentire le sue mani sul proprio petto, fra i propri capelli.. sapeva che in quel momento avrebbe anche venduto la propria anima, per sapere come fosse il suo sapore.
Merda.
Sarebbe impazzito, lo sapeva. Non poteva continuare così; non poteva continuare a nasconderle i propri sentimenti, non ce la faceva più. Doveva dirglielo e l'improvvisa atmosfera che s'era venuta a creare lo spinse a farsi avanti di un passo, sovrastandola ancora una volta.
– Hilary, io.. devo dirti una cosa.
– Che cosa? – la sua voce gli suonò quasi incerta, così come distinse nella penombra una nuova improvvisa tensione sul volto di lei. Cedendo all'impulso di mitigare quell'ansia, cercò di prenderle una mano per racchiuderla fra le proprie, senza per questo far venire meno il contatto visivo che s'era instaurato.
– Ecco.. – era il momento giusto, se lo sentiva, ma l'emozione gli bloccò le parole in gola, facendolo tentennare.
– Sì?
Era attenta, concentrata su di lui ed il blader ci riprovò.
– Hilary, io..
– Ecco dove vi eravate cacciati!! – quell'esclamazione lo interruppe, facendoli trasalire entrambi, e Takao lasciò istintivamente la mano di lei per voltarsi di scatto verso la fonte di quella voce, inquadrando il volto sorridente di Max che si stava avvicinando loro dalla direzione opposta – Su sbrigatevi, è quasi mezzanotte! Sapete dove sono finiti Kei e Yukiko? Ah, eccoli!
La coppia, che voltò in quel momento l'angolo, si fermò un attimo a fissarli con una certa sorpresa, prima di avvicinarsi con passo tranquillo. Non sembravano affatto diversi dal solito, Kei con le mani in tasca e la sua solita aria indifferente, mentre Yukiko gli procedeva accanto con.. aspettate un momento.. ma quella era la sciarpa di lui!
– Forza, rientriamo per il brindisi! – li esortò vivacemente il nippo-americano, facendo dietrofront.
La sua occasione ormai sfumata, Takao sospirò prima di seguire il gruppetto, ma poco prima di varcare la soglia scorrevole del salotto allungò ancora una volta una mano, trattenendo momentaneamente Hilary per il polso. Aveva preso la sua decisione.
– A fine serata aspettami qui fuori..
Non le disse altro e, con la luminosità più spiccata proveniente dalla stanza adiacente, gli parve di distinguere una nota di rossore più accesa sulle sue guance, prima che lei annuisse con un semplice cenno del capo. Allora lui la anticipò dentro, sfoggiando il suo abituale sorriso gioviale e, scusandosi per l'attesa, prese uno dei bicchieri da champagne già provvidenzialmente riempiti, procedendo mentalmente con il suo personale conto alla rovescia del tempo che lo separava dal momento in cui avrebbe messo in gioco sé stesso e i propri sentimenti.


BUON ANNO!! – esclamarono tutti in coro, alzando i bicchieri da champagne per quel brindisi.
Il vetro tintinnò soave più volte, prima che la moretta potesse finalmente mandare giù quasi tutto d'un fiato il contenuto del proprio flute.
Che cos'era appena successo fuori da lì, pochi minuti prima?
Hilary non ebbe la minima idea di come spiegare a sé stessa ed al proprio orgoglio quello che aveva sentito nascere in fondo al cuore.. qualcosa di molto simile ad un'accorata speranza. Lanciando un'occhiata di sottecchi a Takao rimase a spiarlo, pensierosa, continuando a sorseggiare il contenuto del proprio bicchiere con noncuranza studiata. Era davvero cresciuto, almeno fisicamente.
Quando lui l'aveva premuta contro di sé in uno dei suoi gesti impulsivi, se n'era finalmente resa pienamente conto: era diventato piuttosto alto, tanto da sovrastarla di tutta la testa. Al ricordo di quelle forti braccia strette intorno al busto, la ragazza dovette fare uno sforzo per non farsi prendere da pensieri fin troppo spinti per i suoi canoni.
Non poteva proprio pensare a certe cose di lui.. non poteva!
Era pur sempre di Takao di cui stava parlando, no?
Peccato che, già al suo quarto flute di champagne, avvertì la propria mente ormai libera di sfrecciare a briglia sciolta, tanto che non poté in alcun modo non soffermarsi su quell'eventualità e, attraverso il vetro del bicchiere colmo di liquore frizzantino, si soffermò a studiarlo sovrappensiero.
Chissà come sarebbe stato avere quel tipo di relazione con lui? Sentire quelle mani grandi e forti che le accarezzavano dolcemente la pelle della schiena, il collo, il viso.. come sarebbero state le sue labbra sulle proprie? Sapeva fin troppo bene che la caratteristica principale del dragoonblader era l'impulsività. Sarebbe stato passionale con lei? Come sarebbe stato se l'avesse baciata con trasporto, con tanta irruenza da darle l'impressione di volerla divorare?
Oh, merda!
Preda di un'improvvisa quanto torrida ventata di calore, Hilary distolse lo sguardo e l'attenzione dal giovane uomo che le aveva innescato in pochi istanti quel genere di emozioni assolutamente incoerenti, mordendosi il labbro nell'inquadrare un punto a caso della stanza. Dovette chiudere strettamente gli occhi, combattendo contro la sensazione di vuoto che le imbottiva le tempie per cercare di ricordarsi che era proprio di Takao che stava fantasticando. Insomma.. Takao!
Quel tentativo tuttavia venne reso vano l'istante successivo, perché pareva proprio che il suo cervello avesse fin troppo ben presente di chi stesse fantasticando. L'immagine di quegli occhi scuri che la guardavano con un misto di adorazione e desiderio, ripescata dall'ultimo ricordo che era stato caratterizzato dall'impressione di un lungo momento fra loro, l'assalì a tradimento, inducendola a spalancare di nuovo le palpebre sul tavolo senza fiato.
Oh, merda..
– Hilary, ti senti bene? – la voce di Mao la trasse dai suoi pensieri, vivace ma con una nota di preoccupazione.
– Sto bene – rispose meccanicamente, svuotando il flute che si era fatta riempire poco prima con tanta prontezza di nuovo champagne. Sul tavolo erano presenti già tre bottiglie, di cui due vuote, segno che forse stava esagerando.. e non era l'unica ad essersi tuffata nell'alcol. Spostando per riflesso lo sguardo sull'altra coppia lì presente, non poté non sgranare gli occhi nocciola quando li inquadrò nel proprio campo visivo.
– R-ragazzi! Insomma, trovatevi una stanza! – balbettò al colmo dell'imbarazzo un Professor K piuttosto agitato.
Daichi si era acceso come una lampadina, riuscendo ad eguagliare il colore di suoi capelli fiammanti, mentre Takao e Max, l'uno con un braccio sulle spalle dell'altro, alzarono i calici per brindare alla felicità dei due, fra le risatine di Mao e l'aria impacciata di Rei. Il motivo di tanto sconcerto, che fece avvampare persino Hilary con lo stesso effetto che avrebbe avuto un getto di benzina sul fuoco, era uno solo: Kei, seduto come poc'anzi a gambe incrociate, era intento a racchiudere fra le sue braccia il più esile corpo della sua ragazza, la quale gli era praticamente spalmata addosso di traverso, con una mano dritta sulla sua patta dei pantaloni e le labbra incollate a quelle di lui come se fossero due ventose.
La castana era talmente spiazzata che, quando l'istante successivo i due si staccarono per rivolgere uno sguardo a loro, ebbe la tentazione di seppellirsi viva per l'imbarazzo dovuto a quella scena. Una scena molto simile a quelle che si era involontariamente immaginata sino a un istante prima.
Il dranzerblader a quell'interruzione, nel rivolgere un'occhiata di fuoco ai presenti, le sembrò in tutto e per tutto il vecchio Kei, tanto che non ebbe alcun dubbio su ciò che la sua espressione seccata e scostante volesse comunicare. Immaginandosi per un momento l'eventuale risposta celata in quell'iridi, Hilary non ebbe nessuna difficoltà a focalizzarne nella propria mente persino il tono: “Fanculo, fatevi un po' i cazzi vostri!
La risatina della nightblader, natale in gola nello stesso momento in cui anch'ella spostò un secondo lo sguardo lucido su di loro, non lasciò alcun dubbio: era ubriaca. Eppure, restando appesa al collo dell'argenteo, nascose il suo viso contro la stoffa bianca della sciarpa di lui - precedentemente restituita e già allentata malamente sulle sue spalle - mentre si lasciava sfuggire, in un mormorio divertito ed un po' roco.
– Credo che sia meglio fare come hanno detto.. perché non ho ancora finito con te..
Hilary, che era praticamente seduta di fronte a loro, ebbe un sussulto quando vide Kei richiudere gli occhi con un'espressione più che eloquente e stringere con una certa prepotenza le gambe di lei sopra la stoffa dei jeans, finite chissà come già mezze accavallate alle sue.
Fu Takao ad alzarsi in piedi per primo, per fare gli onori di casa.
– Bene, direi che vi accompagno di sopra – esclamò, più allegro di quanto sarebbe stato consono alla situazione.
Max, il solito entusiastico biondino di sempre, lo appoggiò in pieno, levando ancora una volta il suo calice in vetro verso i due.
– Yeah! Fatti onore, Kei!
Hilary suo malgrado si ritrovò a ridacchiare, spaesata e incredula, mentre di fronte ai suoi occhi il caos regnò sovrano per un paio di minuti ancora dopo che il dranzerblader e la sua compagna furono spariti oltre la porta, fra quella bertuccia di Daichi, che cercava di darsi un contegno, ed il Professor K, che era già partito in quarta a biasimare certi atteggiamenti, tanto che persino la moretta si spazientì, per nulla desiderosa di simili discorsi da bacchettoni in quel momento. Era una festa, per la miseria!
– Ma si può sapere che c'è di male? – lo interruppe Mao ad un certo punto, prima di avvinghiarsi al braccio di Rei, il quale sussultò e diventò paonazzo in viso – Si sa', chi non fa certe cose a Capodanno, non le fa tutto l'anno! E poi, siamo qui per divertirci, vero mio piccolo tigrotto?!
Ok, forse aveva bevuto un po' anche lei, perché adesso, con gli occhi d'ambra lucidi, guardava il cinese come se volesse mangiarselo solo con lo sguardo. Lo stesso che rese il diplomatico capovillaggio della Tribù della Tigre Bianca, più simile ad un piccolo topolino messo con le spalle al muro, che ad un leader carismatico. La rosa ne approfittò per affondargli le mani fra i capelli neri, strusciandoglisi contro come una gatta in cerca di attenzioni.
– Mao ha ragione – si scoprì a dire Hilary, che non ci vedeva nulla di male in quanto stava accadendo. Anzi, l'aver trovato anche un pretesto per sfogare parte del proprio risentimento, derivante alla confusione che sentiva agitarla dall'interno da un pezzo, la spinse a sostenere le proprie parole con veemenza ed un sorrisetto privo di ilarità – E poi non hai anche tu una ragazza? Che c'è? Col fatto che è una relazione a distanza non scopate abbastanza?
Il Prof K sembrò sbiancare all'improvviso, prima di tornare più rosso di prima, quasi livido. Lo stupore generale fece ammutolire tutti, giusto in tempo perché il giovane informatico esplodesse in una sequela di balbettii e rimostranze a metà, il cui filo logico le sfuggì, facendogliele apparire del tutto disconnesse l'una dall'altra.
Max e Daichi tentarono di riappacificare gli animi, con lo scarso contributo di Rei, il quale era all'improvviso troppo distratto dalla sua compagna per partecipare come avrebbe voluto alla cosa, e Hilary ben presto perse interesse, agguantando un calice di champagne ancora mezzo pieno a caso, priva della voglia persino di riempirsi di nuovo il proprio.
Sorseggiandolo con una certa compostezza che era solo di facciata, il suo corpo reagì prima di lei al rumore di passi che anticipò il ritorno di Takao e quando lui sbucò di nuovo sulla soglia della sala, ella si scoprì sia tesa che sollevata insieme. Lo vide sfregarsi con un dito la punta del naso, in volto un'espressione fra il soddisfatto e l'imbarazzato, mentre prendeva di nuovo posto al tavolo e posava i suoi occhi su di esso, prima di accigliarsi.
– Ma dov'è il mio bicchiere?
Quella domanda la fece irrigidire, mentre strinse la presa su quello che si era procurata pochi secondi prima, ancora accostato alle labbra. L'espressione indagatoria di Takao li squadrò uno a uno per poco più di mezzo secondo a testa.
– Ve lo siete fregato eh? Ma tu guarda, uno non può alzarsi un attimo che gli rubano persino lo champagne – si lamentò imbronciato, appoggiando un gomito al tavolino ed al contempo sorreggendosi con la medesima mano il capo.
– Ehm.. – Rei, piuttosto impacciato e momentaneamente impedito dalle effusioni della sua gattina, attirò l'attenzione dell'amico con un sorrisetto che la castana non gli aveva mai visto – ..credo che si sia fatto piuttosto tardi ormai, Takao. Se non ti spiace, anche noi ci ritiriamo..
– Yes! – si aggiunse Max, stirandosi con le braccia verso l'alto, in volto un'espressione sorniona – Anche io credo che cercherò di dormire: penso che lo champagne stia iniziando ad entrarmi troppo bene in circolo.
Si alzò in piedi, seguito subito dal Professor K, il quale affermò che era anche per lui tempo di tornare a casa. Seguirono i ringraziamenti per la festa, ancora auguri per il nuovo anno e convenevoli vari, che spinsero persino la castana a tentare di alzarsi in piedi. Appena ci provò tuttavia avvertì la testa girare e, portandosi una mano alla tempia, desiderò intensamente una nuova boccata d'aria fresca.
– Ehi, Hilary. Che hai, non stai bene? – le domandò a bruciapelo Takao.
– L'ochetta avrà sicuramente bevuto troppo – la sbeffeggiò senza pietà Daichi, facendola irrigidire e lanciargli un'occhiata malevola.
– Non è vero! – esclamò contrariata, seppur consapevole che in realtà era proprio quello il problema – Fatti gli affaracci tuoi, stupida bertuccia!
Gli altri si misero in mezzo, interrompendo il diverbio sul nascere e la ragazza non si stupì troppo dei rimproveri che Takao fece al ragazzino dai capelli rossi. Così ebbero modo di procedere coi saluti e poco dopo Hilary uscì per ultima sotto il portico, proprio dietro il dragoonblader, il quale prima di accompagnare i suoi ospiti nelle rispettive stanze - tutti tranne il Prof K, che come lei avrebbe dormito a casa propria - si fermò un istante, voltandosi a guardarla con espressione talmente seria da farla bloccare sul posto.
– Aspettami un minuto, prima di andare: c'è ancora una cosa di cui vorrei parlarti – le ricordò.
Sussultando intimamente, Hilary annuì, prima di salutare tutti con un “Buonanotte” generale, poco prima che sparissero lungo il corridoio più interno della casa, quello che dalle scale portava al piano superiore.
Rimasta sola, la moretta si lasciò sfuggire un sospiro che si tramutò in una nuvoletta di candido fiato appena lasciò le sue labbra, avvertendo quella familiare agitazione pervaderla di nuovo da capo a piedi. Essa, insieme al freddo della notte, contribuì a farla tornare abbastanza lucida da portarla a chiedersi, con una certa ansia, di cosa volesse dirle di così importante il dragoonblader.
Ai lati del proprio campo visivo, furono i fiocchi di neve che volavano silenziosi nell'aria della notte a rammentarle di quando, più di un'ora prima, avesse vissuto un momento tanto intenso quanto particolare. Non le era mai capitato e, preda di un improvviso impulso, ci rimuginò su nel tentativo di districare il garbuglio di emozioni che le pesava sul petto, smorzandole il respiro.
Non aveva mai provato qualcosa di simile incrociando gli occhi di qualcuno, non aveva mai sentito una connessione simile con un ragazzo, né era stata colta dalla stessa quantità di brividi in tutto il corpo solo per questo. Il solo pensiero le fece tornare un principio di pelle d'oca, tanto che si ritrovò ad arrossire mentre la consapevolezza di aver posato le labbra sullo stesso bordo di vetro che aveva visto attaccarvisi anche quelle del dragoonblader le diffondeva un brivido torbido sottopelle.
Ossignore.
Si rese conto di tremare come una foglia quando, facendo un passo a lato, si appoggiò ad una delle colonne squadrate che sostenevano il porticato e, facendo spaziare gli occhi castani per il giardino sul punto di venir coperto da un soffice velo candido, sollevò per riflesso una mano verso il proprio cuore, avvertendone il battito convulso sotto le dita.
Era lui. Era Takao che le faceva quell'effetto.
Con gli occhi lucidi spalancati, si chiese se non avesse bevuto davvero troppo quella sera, ma dopo un istante parve dissentire. Non poteva essere un effetto dell'alcol, doveva essere qualcosa di più, qualcosa che fin'ora aveva sempre ignorato fermamente e la cui presenza aveva iniziato a rifiorire soltanto dopo quella conversazione avuta con la giovane Natsuki.
Si sentì una stupida per come stava affrontando la cosa; per quanto quella verità la sconvolgesse e la attirasse al tempo stesso. Nel silenzio infranto solo dal debole eco proveniente dai piani superiori, Hilary si tormentò una ciocca di capelli scuri, mordendosi con insistenza il labbro inferiore.
Lei e Takao.
Quel pensiero le si affacciò alla mente, ancora in parte sfuggente a causa dello champagne, talmente allettante ed intriso di un fascino masochistico che, per un istante, si perse a fantasticare al riguardo. Solo un istante, perché quello successivo si ricordò perfettamente ciò che invece era la realtà, ciò che l'attendeva subito oltre il confine delle proprie fantasie.
Come si era già detta quella sera, fra lei e Takao non ci sarebbe stata altro che una travagliata amicizia.
Ma allora, di cosa voleva parlare assolutamente il dragoonblader, prima che lei tornasse a casa?


Takao, scendendo le scale dopo un quarto d'ora dal momento in cui le aveva salite l'ultima volta, si ficcò le mani in tasca nell'appoggiare la suola delle ciabatte di nuovo sul pavimento in legno del corridoio. Covando un'ansia che non rammentava di aver mai provato se non in occasioni particolari, quando sbucò da dietro l'angolo del porticato, si fermò sgranando un poco gli occhi scuri sull'immagine che gli si prospettò agli occhi.
A pochi metri la figura di Hilary, profilata a lui con lo sguardo perso sulla miriade di fiocchi di neve che cadevano silenziosamente dal cielo notturno, se ne stava appoggiata ad una colonna di sostegno, le braccia esili a stringersi quel suo cappotto scuro addosso. La particolare luce indiretta dei lampioni che illuminavano la strada oltre il muro di cinta le conferiva l'impressione di un'ombra i cui tratti risplendevano come argento vivo su quel volto pallido.
E lui non riuscì a far a meno di trovarla bellissima, ancora una volta.
Non seppe quantificare di preciso il tempo che rimase impalato a fissarla senza dire una parola, ma quando lei si volse a guardarlo, accortasi della sua presenza, sembrò irrigidirsi appena, spalancando i suoi profondi occhi nocciola con uno stupore che si affrettò a smorzare con un paio di battiti di ciglia.
– Oh, eccoti. Ero sul punto di andarmene, pensando che te ne fossi dimenticato, Takao – quella sua voce con una punta di acidità lo aiutò a tornare presente a sé stesso, facendogli al contempo inarcare un sopracciglio con aria contrariata.
– No, certo che no – affermò con una punta di risentimento, muovendo qualche passo in sua direzione.
Lei si scostò dal suo appoggiò senza per questo sembrare meno rigida nei movimenti – Bene, meglio così – affermò, negandogli la visione di quelle due perle scure. Un attimo dopo, il tempo a lui di limitare la distanza fra loro ad un metro scarso, che lei parve riscuotersi e fare un passo indietro – Be', sarà meglio che vada.. – disse all'improvviso, come in preda ad una strana irrequietezza, già sul punto di voltarsi.
Quel comportamento prese alla sprovvista il dragoonblader, che era stato convinto fino a un attimo prima di averle fatto chiaramente capire di aver qualcosa di importante da dirle. Eppure, il comportamento della sua ex compagna di scuola lasciava presupporre il contrario, così si ritrovò a seguirla meccanicamente verso l'ingresso.
– Ehi, ma.. – tentò di dire seppur troppo sorpreso per riuscire a fare qualcos'altro, prima che lei si fermasse per tentare di infilarsi le scarpe.
– È stata una bella serata. Mi sono divertita – affermò quella, senza dargli la minima attenzione mentre si sistemava gli stivaletti uno ad uno sui polpacci – Per una volta hai avuto una buona idea, ad organizzare questa rimpatriata..
– Hilary, aspetta – cercò di interromperla Takao, confuso e incredulo. Lei gli scoccò un'occhiata, voltandosi finalmente a guardarlo.
– Scusami, ma devo proprio andare – lo disse con tono talmente impersonale da fargli gelare il sangue nelle vene, non fosse stato per il riverbero che lui le distinse nello sguardo subito prima che lei scendesse il gradino del portico e si avviasse.
Non riuscendo ad accettare quello svolgersi degli eventi tanto assurdo quanto inaspettato, Takao fece lo stesso senza riflettere, ritrovandosi ad affondare la suola delle pantofole in stoffa sul leggero strato di neve appena depositatosi sul selciato del suo vialetto.
– Hilary – la chiamò di nuovo per nome, decidendosi a bruciare la poca distanza che lo separava da lei con un paio di ampie falcate. Raggiuntala, allungò una mano verso il suo polso destro, facendola così fermare e voltare di nuovo verso di lui – Aspetta – ripeté con più convinzione ed un tono più basso, corrucciandosi in viso di fronte a quella che gli diede la stessa sensazione di un tentativo di fuga quando riuscì ad incrociarne di nuovo gli occhi scuri.
La moretta sembrò sussultare appena, ma lui rinsaldò la presa sul suo polso, deciso più che mai a trattenerla nonostante l'espressione contrariata e quasi impaurita di lei. Sì, lo scorcio che ebbe del suo viso gli diede proprio quell'impressione, cosa che gli fece digrignare i denti, non riuscendo a capire. Perché ora lei sembrava non voler far altro che correre via da lui, dopo averlo aspettato pazientemente sino a quel momento?
– Takao – il suo nome le sgorgò dalle labbra più simile ad un sospiro che ad una vera e propria parola, vagamente tremulo, cosa che gli fece nascere un brivido che, prepotente, gli salì lungo la spina dorsale rizzandogli i capelli sulla nuca.
L'improvviso desiderio gli divampò dentro come un incendio, facendogli sperare ardentemente di poter sentire ancora una volta la voce di lei chiamarlo per nome a quel modo, e dovette farsi forza per darsi una controllata. Si costrinse a sbattere le palpebre più volte, mitigando quell'effetto improvviso che gli faceva averla così vicina, ma non rinunciò a lasciarla andare per questo, anzi: fece addirittura un nuovo passo avanti, quasi a contatto con il suo corpo più minuto, senza scostare mai gli occhi scuri dai suoi, sempre più sgranati e scuri.
Deglutì, prima di trovare di nuovo la propria voce, seppur più roca del normale – Hilary, c'è una cosa di cui volevo parlarti da un po'..


Hilary avvertì le gambe farsi di gelatina mentre la voce di lui le sfiorava le orecchie con quel timbro così roco e sensuale, trasformando il suo nome in una sinfonia colma di una promessa da una sfumatura torbida quanto calda. Si sentì arrossire terribilmente, ma non riuscì in alcun modo a deviare il proprio sguardo da quello di lui, vicino in quel momento quanto non lo era mai stato prima, eppure ancora troppo lontano per la sua parte irrazionale, tanto da causarle un capogiro. Si ritrovò fra le sue braccia il momento seguente, sorretta dalle stesse ed aggrappataglisi di rimando senza più alcuna riserva alla maglietta.
Quello scemo.. era uscito sotto la neve in ciabatte e maglietta di cotone a manica lunga, eppure non sembrava curarsene minimamente.
– Ehi, stai bene? – le domandò con una nota di preoccupazione il dragoonblader, senza per questo modificare quel tono più basso e roco.
Hilary deglutì, avvertendo il lieve spostamento d'aria sulla pelle del viso prodotto dal respiro altrui – Sì.. sì, sto bene.. – mormorò, più confusa che mai.
Da quando Takao le faceva quell'effetto? Da quando aveva iniziato a pensare al suo abbraccio come a qualcosa di cui non poter più fare a meno?
– Hilary, io.. – mormorò di nuovo lui, schiudendo le labbra.
La moretta non riuscì ad impedire al proprio sguardo di abbassarsi su queste, il volto di lui tanto vicino che riuscì a distinguerne senza problemi un paio di piccoli solchi sulle stesse. Doveva essersele morse poco prima, cosa che la indusse a fare altrettanto, trattenendo il labbro inferiore sotto gli incisivi per una manciata di secondi di silenzio, finché lei non tornò a cercarne lo sguardo colore dell'ebano più puro.
– Sì..? – chiese, in un sussurro soltanto, esitante. Stava perdendosi in quegli occhi, lo sapeva, ma non poteva farci niente. Sentendosene risucchiata, non riuscì a distogliere più lo sguardo né a trovare una sola ragione per resistere alla profonda attrazione che provava in quel momento. Il cervello ormai in tilt, completamente vuoto, non le diede alcun motivo per tirarsi indietro e lei si ritrovò ad avvicinare lentamente il volto al suo.
E Takao sembrava essere altrettanto in difficoltà, con quell'aria vagamente corrucciata, come se tentasse di concentrarsi su qualcosa. Ricordava di avergli già visto quell'espressione quando, ai tempi della scuola, lei cercava di dargli ripetizioni di matematica. Eppure, all'epoca non aveva avuto quello sguardo così magnetico, così profondo.
– Io... – ritentò lui suo malgrado, in un soffio che le si riversò tiepido sulle labbra socchiuse.
Lei reclinò un poco il capo verso destra, abbassando sempre più le palpebre. Ormai era così vicino che poteva percepirne il calore della pelle.
– ...sì..? – mormorò in un soffio tanto flebile da non sentirlo lei stessa.
Trattenne meccanicamente il respiro quando avvertì le sue labbra sfiorarla e l'istante dopo il suo sapore le inondò la bocca come un'onda voluttuosa accostata ad un nuovo sospiro che svuotò i polmoni di lui, ed Hilary avvertì una nuova ondata di vertigini assalirla, alimentando una serie di brividi di caldo e freddo insieme che le fecero venire la pelle d'oca. Si ritrovò a ricambiare quel bacio con trasporto, cercandone la lingua con la propria, avvertendone il sapore di champagne mischiarsi a quello di lui in un connubio che le diede alla testa, così come le diede alla testa la sensazione del proprio corpo stretto al suo petto.
Le sue mani furono sulla sua schiena, premendola contro di lui al pari del profondo trasporto con cui la stava baciando, trascinandola alla deriva delle emozioni che quel contatto le stava scatenando sin nella parte più recondita di lei. Si sorprese a sospirare di sollievo, a gemere mentre gli si avvinghiava addosso, facendo passare le braccia sopra le sue spalle e affondandogli le dita nei capelli neri. La consistenza setosa delle sue ciocche ribelli le piacque. Takao aveva sempre avuto dei bei capelli, nonostante la piega tendenzialmente indisciplinata, lucidi e lisci, scuri quanto i suoi occhi.
Le labbra di lui, inizialmente fresche, ora la cercavano roventi, smorzandole il respiro, a tal punto che, quando finalmente egli si staccò da lei, avevano entrambi il fiatone. Tremando, Hilary ne cercò immediatamente lo sguardo senza per questo allentare la presa dietro al suo collo, non lasciandolo allontanare più di una decina di centimetri dal proprio volto. Incrociandone nuovamente gli occhi neri, li trovò esattamente dove si aspettava che fossero: persi nei suoi; tanto scuri quanto liquidi, colmi di un sentimento che ella stessa avvertì al centro del petto, ma al quale non osò dare un nome. Ora per lei c'erano solo quegli occhi.. c'era solo lui.
– Takao..
– Resta con me stanotte.
Quella richiesta le smorzò di nuovo il respiro, facendole serrar la presa sulla stoffa della sua maglietta nell'illusione di star per perdere l'equilibrio. La stretta di quelle sue braccia era la promessa di non farla cadere, la silenziosa rassicurazione di una presenza protettiva e possessiva al contempo. E Hilary comprese di non aver atteso nient'altro.. di non aver atteso nessun altro.
Anni di silenziosa ed inconsapevole attesa, per trovarsi a vivere quel semplice momento di estasi.
Quando gli diede la sua risposta, le labbra morbide e sottili del moro calarono una seconda volta sulle sue.


– Sono carini, non trovi?
La domanda della nightblader lo fece voltare a osservarla, ritrovandola al proprio fianco con un quieto sorriso a delinearle le labbra, illuminata dall'unica fonte di luce che trapelava dalla finestra alla quale erano entrambi affacciati. Kei, appoggiato con una spalla all'intelaiatura in legno, abbozzò un vago sorrisetto, tornando ad osservare la scena che si prospettava loro da quell'angolazione, proprio al limitare del cortile d'ingresso a casa Kinomiya.
– Non gli do' più di una settimana.
Yukiko gli donò un pugnetto stizzoso sul braccio, esclamando a tono moderato – Ma che cattivo!
Sopprimendo un moto d'ilarità sul nascere, il dranzerblader si voltò a guardare di nuovo la sua donna, il cui riverbero dello sguardo non venne minimamente intaccato dall'espressione vagamente imbronciata di lei. I suoi occhi verdi, alla fioca luce proveniente dalle luminarie dell'esterno, sembravano brillare di luce propria.
– Dovresti fare il tifo per il tuo amico – tentò di nuovo lei.
Sbuffò, prima di scrollar le spalle e sciogliere la posa conserta delle braccia. Perdendo del tutto interesse per la situazione amorosa del suo ex capitano, Kei attirò la mora a sé, avvertendo le sue mani posarglisi meccanicamente sul torace, fresche e delicate. Un istante dopo era di nuovo perso a baciarla, ritrovando il proprio sapore su quelle labbra morbide e già gonfie di baci.
Era accaduto tutto in così breve tempo che il blader di fuoco si era ritrovato senza fiato poco dopo l'essersi chiuso nella loro stanza lì con lei. Priva di qualsiasi freno inibitore grazie all'alcol, la sua compagna aveva fatto la prima mossa, cosa che lo aveva piacevolmente sorpreso ed avevano faticato ad arrivare al letto, preda di una passione che gli era divampata in corpo tanto rapida quanto inarrestabile.
Ed ora a stento s'era riallacciato i jeans, la sua maglietta finita chissà dove, mentre a lei nemmeno aveva sfilato il maglione di lana blu che le faceva da vestito, con un ampio scollo a barca che le lasciava scoperte le esili spalle. Aveva ancora le guance dipinte di un allegro rossore, dettaglio che la rese terribilmente seducente sotto i suoi occhi scuri. Si ritrovò a sfiorarne una con il pollice, appoggiandole il palmo destro sulla linea delicata della mascella quando si staccò dolcemente da lei, perdendosi in quel mare verde smeraldo così incredibilmente magnetico e conturbante.
– Ti amo..
Il sorriso le distese le labbra in un'espressione morbida, prima di rispondergli con lo stesso tono confidenziale – ..anche io.
La baciò di nuovo, cingendola con un braccio dietro la schiena mentre l'altra mano permaneva sulla sua guancia morbida. Lei per contro gli si appoggiò completamente contro, sollevando ambo le mani per farle scivolare fra i suoi capelli scuri dietro la nuca e trattenersi lì, come ad invitarlo a non smettere più. E lui lo fece, si spinse più a fondo nella sua bocca, prima di ritrarsi e farsi inseguire dalla lingua vellutata di lei, in un gioco che ormai avevano testato ed affinato a più riprese negli ultimi tre mesi. Un gioco che gli riaccese acuti brividi d'eccitazione e gli rammentò che lei non aveva altro addosso se non quell'abito di lana.
Stava giusto chiedendosi se non si fosse malauguratamente rimessa le mutandine, sul punto di far scendere una mano a controllare, quando lei si staccò da lui quel poco che le concesse per guardarlo negli occhi un'altra volta. Col fiato già più rapido di poco prima, Kei ne incrociò per l'ennesima volta gli occhi luminosi ed il lieve sorriso di lei lo indusse a piegare un angolo delle proprie labbra verso l'alto.
– La mia vita è cambiata totalmente – gli disse lei, dolcemente, sfiorandogli una guancia con il lieve tocco della punta delle dita della mano destra, inducendolo ad inarcare un sopracciglio in attesa che si spiegasse. Non lo fece attendere a lungo – ..e sei stato tu a farlo, quando sei entrato a farne parte.
Kei si lasciò sfuggire uno sbuffetto a labbra serrate mentre abbassava le palpebre, il tempo necessario affinché i molteplici pensieri e ricordi che lo assalirono si traducessero in una risposta da darle. Allora, ritrovandosi a carezzarle suo malgrado la schiena con movimenti leggeri e costanti al contempo, tornò a cercarne l'iridi ancora una volta.
– Quando ho incrociato il tuo sguardo per la prima volta, non potevo immaginare quanto esso avrebbe significato per me.. – lasciò che il proprio sorriso sghembo gli si accentuasse in volto – ..ma in qualche modo avevo già compreso di essere spacciato.
Era vero. Col senno di poi, non gli era del tutto impossibile ammettere che quei suoi occhi erano ciò che a primo impatto lo avevano colpito di più, così limpidi e diretti. Per una frazione di secondo iniziale c'era stato qualcosa in quegli occhi che lo aveva attratto, e soltanto adesso che si sentiva totalmente in pace con sé stesso riusciva ad ammetterlo.
Soltanto adesso sentiva di poter finalmente rilassarsi e godersi il suo presente, senza dover lottare per raggiungere qualcosa che rischiava di perdere di vista durante il tragitto; senza più nascondersi dietro un muro di indifferenza, per tenere lontani coloro che gli erano intorno.
Lei gli faceva un effetto unico, persino in quel momento, entrambi persi l'uno negli occhi dell'altra.
Lo faceva sentire libero.
Si baciarono ancora una volta, dapprima dolcemente, mentre quel semplice contatto gli infuse al centro del petto una sensazione di sollievo misto a completezza che ormai aveva imparato a distinguere ed apprezzare. Perché solo lei riusciva a farlo sentire a quel modo.. solo lei riusciva a farlo sentire speciale.
Lasciando che quel bacio si evolvesse ancora, passando ad un livello più coinvolgente per entrambi, il blader colse l'accendersi del proprio desiderio e non fece nulla per nasconderlo, ma lo assecondò, prendendosi tutta la dovuta calma questa volta. Stringendosela contro, la sentì aderire con le sue forme morbide contro il suo petto, il suo basso ventre che premeva ad altezza del suo inguine ed ambo le gambe nude di lei fra le sue, sulla stoffa dei jeans blu.
Gli piaceva stringersela contro a quel modo.
Gli piaceva il modo in cui giocava coi suoi capelli.
Gli piaceva affondare fra le sue labbra morbide e cogliere il suo odore.
Ma, ancor di più, amava il trovarsela fra le braccia al risveglio la mattina, con quei suoi capelli dalle punte colorate tutti sparsi fra il cuscino e la sua spalla, ed il suo braccio appoggiato sul suo ventre. Fra tutte, quell'ultima era una delle cose a cui, sapeva, non avrebbe più potuto assolutamente rinunciare.
Spostandosi dalla finestra la sollevò letteralmente di peso, afferrandola con ambo le mani sotto le natiche, conducendola a ritroso sino al letto già in parte disfatto per farla distendere sul materasso e sfilarle da sopra la testa quel vestito. Una volta che la mora giacque, nuda nella penombra della stanza, distesa sotto di lui, il dranzerblader rimase suo malgrado a guardarla per una manciata di secondi, riempiendosi gli occhi di ogni curva, ogni linea, ogni dettaglio della sua pelle chiara. Conosceva quel corpo, così come aveva imparato a conoscere la ragazza a cui apparteneva, ed il fatto che fosse proprio la sua nightblader a donarsi a lui a quel modo gli fece nascere un nuovo piccolo sorriso sulle labbra, mentre veniva assalito da una nuova constatazione.
Era come aveva detto lei: le loro vite erano cambiate, avevano preso un'altra strada, intrecciandosi l'una all'altra nel procedere nella stessa direzione. Avevano finito per influenzarsi l'un l'altra, innescando una serie di cambiamenti che altrimenti non avrebbero mai avuto luogo; cambiamenti che erano tutt'ora in atto, persino in quell'istante, mentre lui, puntellando il materasso sui gomiti, si perdeva nuovamente nell'iridi lucide e piene di promesse di lei.
Calando a baciarla, con una parte di sé non poté non ammettere a sé stesso che quel continuo cambiamento era inevitabile, ma non se ne preoccupò affatto.. perché, con lei al suo fianco, non v'era nulla che potesse spaventarlo, al mondo.
Perché aveva lei. E lei aveva lui.
Devotamente ed incondizionatamente.


...FINE!

[ANGOLO AUTRICE]
Non ci credo... non ci credo che questo giorno è veramente arrivato!
L'ultimo capitolo. Questo è proprio l'ultimo e la lunghezza non è una cosa casuale. Non potevo d'altronde lasciarvi con due righe e spero che ne sia valsa la pena per voi, di arrivare fin qui!
Questa è la prima ff che mi viene fuori così lunga e spero di aver fatto un buon lavoro.. ma ovviamente lascio a voi l'ultima parola ^_^
Ne approfitto per ringraziarvi tutti per avermi seguito fino alla fine, sia coloro che hanno aggiunto la storia fra le preferite, sia fra le seguite. Siete stati di gran sostegno, non sapete quanto, per questa piccola cosa e sono contenta di non aver perso nessuno di voi per strada <3
E grazie mille al sostegno attivo di Obsidian_butterfly, Lady Silmeria, Little_astrid,, Kuroi Namida, Keyra e Lucyvanplet93. Davvero grazie di cuore.
Spero di poter contare su di voi per il mio prossimo lavoretto.. sì, ho in cantiere una nuova storia.. ma non vi anticipo nulla di più di questo.. ah, e sto lavorando anche ad una one-shot nel caso sentiate la mancanza di Kei e Yuki <3 ahah sì, avete letto bene. Mi piaceva l'idea e credo che finirò per pubblicarla, se mi viene bene.
Quindi non è con un addio che vi saluto, ma un semplice arrivederci!
Alla prossima ragazze e ancora grazie mille!!
baci

Kaiy-chan

P.S. Vi lascio uno schizzo fatto da me di Yukiko <3 spero che vi piaccia.. [click!]
Ah, e quasi dimenticavo: questa è la canzone da cui è tratto il ritornello cantato da Yuki: *click!*

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