Young & Beautiful

di Velvetoscar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


NdT. Devo ammettere che non credevo sarei arrivata fino in fondo a pubblicare questa traduzione (se pensavate di sapere cos'era la procrastinazione, vi sbagliavate: piacere di conoscervi, l'unica cosa che ho mai portato a termine nella mia vita sono gli studi fino alla maturità e la mia collezione di figurine delle Bratz in quarta/quinta elementare. Manco un diario segreto intero – tutti a pagina tre, si fermano), eppure eccomi qui! 

Questa fanfiction l'avranno a questo punto letta tutti i nostri alberi genealogici visto che è finita a inizio 2014 e ne hanno parlato ovunque; ma che vi devo dire, avevo chiesto di tradurla nel lontano dicembre '13 (invece di studiare linguistica) perché mi ci ero affezionata tanto e da brava studentessa di lingue avevo voglia di cimentarmi nella mia prima traduzione. Scegliere una cosina piccina da 1000 parole sarebbe stato da codardi, eh, 200000 massì mica c'ho gli esami a settembre, io. 

COMUNQUE. 

Dalle note dell'autrice (il genio, l'insuperabile, ci-sposeremo-a-un-concerto-degli-1D, si-vede-che-la-stalkero-su-tumblr? mizzwilde/Velvetoscar/Claire): la storia è liberamente ispirata a Ritorno a Brideshead (Brideshead Revisited), ma proprio giusto la parte iniziale, e alcuni nomi di genitori e parenti sono stati cambiati, principalmente - dice lei - perché non le andava di mischiare questi personaggi con le persone realmente esistenti. In altre parole: è una storia di finzione, tutto ciò non è mai accaduto, questi personaggi queste cose non le hanno mai fatte (e io piango). 

Cercherò di pubblicare il più velocemente possibile, visto che in realtà ho tradotto fino al capitolo 17 (sono 34, signore/i mie/ei) ma la mia beta reader (mia sorella, che non vuole essere pubblicamente connessa agli one direction, anche se è innamorata di Louis Tomlinson nonostante i suoi categorici tentativi di farmi credere altrimenti) è arrivata solo al capitolo 9, quindi vedremo. In più: non so come esplicitare in una maniera più comprensibile del capslock IO LE CRITICHE LE ADORO, quindi se avete qualsiasi cosa da dire, fatevi avanti! Buona lettura! 

Permesso dell'autrice.



Prologo. 

La stanza è arredata in maniera fin troppo raffinata, puzza di lucidante, e cazzo, a momenti quasi risplende sotto la luce del pomeriggio. Praticamente è uno spot della Home&GardeningTV. È magnifica, questo sì, con quei pavimenti di legno color miele e i muri color panna, finestre suggestive che ravvivano ogni camera, mobili tra i più vellutati e ricercati (in stile barocco, perdio) raggruppati in uno schema tra i più originali.

È lussuoso e chic. E Louis lo detesta fin nei minimi stracazzo di dettagli.

Non perché sia brutto – non è un idiota – ma per via di quello che è. Di quello che rappresenta. Eccolo qui, dopo aver condotto una vita perfettamente e tediosamente normale, oltre che economicamente responsabile, senza i soldi di suo padre (e-grazie-tante), e ora, come da accordo stretto tra madre e padre carissimi in quel feroce divorzietto di qualche anno prima, quest'ultimo aveva preso a insistere che Louis frequentasse l'università più goffamente prestigiosa che l'Inghilterra abbia da offrire. 

Ma niente ansia da prestazione, eh.

Come se non bastasse, padre carissimo non aveva nemmeno sborsato per una singola; si era impuntato perché andasse in una di quelle suite deluxe fatte apposta per compensare qualcosa. Quelle che richiedono un compagno di stanza. 

Quindi. 

Non solo Louis è stato costretto a iscriversi a una scuola completamente al di fuori del settore di sua competenza (nel senso: nel mondo normale era una persona più che socievole, il suo talento era farsi troppi amici, al massimo), è ora vincolato per contratto a condividere il SUO spazio con qualche fighetto presuntuoso che caga denaro e si atteggia con aria di superiorità sottilmente velata. (No, non ha ancora incontrato il succitato coinquilino, e no, non ne ha bisogno per formarsi un'opinione.) Non gli hanno mai insegnato a gestire situazioni del genere con molta grazia. Sua madre ha sempre detto che la sua lingua biforcuta sarebbe stata la sua fine, se non fosse stato capace di tenerla a bada. E "tenerla bada" è una cosa che lui semplicemente non fa. 

Con un rumore metallico che sembra contrastare con questa fine sistemazione, Louis lascia cadere una bracciata di borse e cose, sospirando teatralmente mentre passa in rassegna lo spazio circostante. Sentendosi un po' un poeta (questa è, dopotutto, la scena d'apertura della sua tragedia) scivola con disinvoltura fino alla finestra, scrutando i palazzi antichi aggrovigliati nell'edera e l'erba di un verde vivace davanti a lui. La sua stanza è al piano terra, nota, ancora una volta, con sdegno. Le finestre sono incredibilmente basse, assicurando facile accesso a qualunque privilegiato sbronzo da far schifo che voglia farsi un salto da lui senza la benché minima difficoltà. Basterebbe, letteralmente, lanciare una gamba oltre la finestra per entrare.

Una meraviglia, davvero. 

Non che Louis possieda qualcosa che questi piccoli Mida potrebbero volere. (Escludendo lo stile impeccabile, l'eleganza e una personalità compiuta. Per non parlare dei valori e di una solida etica del lavoro.) (Beh. Per lo più solida.)

"Oh mio dio," è la voce sbalordita che viene dalla porta, e Louis si volta per vedere sua madre che guarda a bocca aperta attorno a sé, gli occhi che scattano in ogni direzione per non perdersi niente. 

"Lo so. È un po' tanto, no?" osserva in tono sbrigativo, con le mani in tasca. 

"Non… non è da poco," mormora lei in un tono basso, e a Louis non sfugge l'amarezza appena dietro la superficie. "Di certo tuo padre ha talento nel fare le scelte più vistose possibili." Una pausa. "Quando si tratta dell'opinione pubblica."

Lui solleva un sopracciglio. "Sì, è proprio da Charles, vero?" risponde delicatamente, mettendo speciale enfasi sul nome. 

Non è mai stato particolarmente a suo agio con il termine 'padre'. 

Con un'ultima occhiata fredda fuori dalla finestra, sospira e procede in avanti. "Forza, allora. Portiamo tutto dentro."

Sua madre annuisce, ancora a bocca aperta e occhi stretti, prima di seguirlo fuori dalla porta.

**

Sua madre se n'è andata dopo aver trascinato insieme a lui scatola dopo scatola nella sua nuova dimora, il cartone sporco che contrasta con le cornici dorate e l'ebano laccato che non ha alcuna ragion d'essere in una suite scolastica del ventunesimo secolo. 

Seriamente – perché ogni cazzo di cosa dev'essere d'oro? È un'università, non Versailles.

"Ci vediamo presto?" gli aveva chiesto sua madre prima di uscire, con la voce che vacillava sull'orlo della fragilità.

Dal canto suo aveva annuito, facendo del suo meglio per non portare gli occhi al cielo in un'esagerazione afflitta. Louis era una brava persona, lo era davvero – apriva le porte alle vecchiette eccetera – ma sua madre aveva una tendenza per la debolezza e le distrazioni autocommiseranti, un qualcosa che né lui né le sue sorelle si erano mai potuti permettere. 

"Certo, mamma. Sarò di ritorno prima che te ne accorga. Una mattina ti sveglierai e sarò lì, seduto a tavola a reclamare la pappa."

"O potrei venirti a trovare io?" aveva proferito lei, con speranza infantile. 

"Mamma," aveva sospirato Louis, orlando le sue parole di finta pazienza, "ti farò sapere. Il semestre non è nemmeno iniziato. Va bene?"

Lei aveva annuito, gli occhi tristi che fissavano i suoi con insistenza, imploranti. 

Okay. Meglio sbrigarsi. 

Senza transizioni, Louis aveva avvolto braccia impazienti attorno a sua madre. "Grazie ancora di tutto. Ciao. Ti voglio bene." Le aveva stampato un bacio rigido sulla guancia. "Di' alle ragazze che mi mancheranno, ma solo ogni tanto. Proibiscigli di entrare in camera mia. E tieni gli occhi bene aperti, va bene? Non dimenticarti di loro."

Lei aveva nuovamente annuito, gli occhi ancora tristi. "Non lo farò. Ciao, Boo. Mi mancherai, tesoro."

"Meglio andare! Il tempo è denaro!" era stata la sua risposta, canticchiata in un tono eccessivamente allegro. 

L'aveva guardata andarsene solo per un attimo prima di rivolgersi al compito che aveva sottomano, la mente ancora concentrata sulle valigie disseminate sul pavimento luccicante. 

E adesso Louis è solo, faccia a faccia con scatole attaccate con lo scotch, pareti vistose che lo prendono in giro e le scarpe non firmate, nessun coinquilino (per ora), e la molto concreta sensazione di affogare. 

"Beh, allora," mugugna, tirando su col naso mentre esamina l'appartamento lussuoso senza speranza, "tutto comincia da qui."

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1.
 

L'impressione che aveva avuto dalla lettera (che aveva a malapena leggiucchiato) riguardo il suo alloggio era che il suo compagno di stanza sarebbe dovuto arrivare il suo stesso giorno. 

È una prospettiva elettrizzante? No. 

D'altra parte, ha voglia di spicciarsela per poter iniziare ufficialmente a odiare questo coglione? Sì.

E così Louis aspetta.

Aspetta tanto che, con il piede che batte contro il pavimento lucido, lo stomaco gli brontola e gli occhi gli si incrociano, e le dita gli grattano sul tessuto dei jeans. Louis è schifosamente impaziente e odia i ricchi – dove diamine è 'sto bastardo?

Decisamente agitato, decide di passare il tempo a disfare i bagagli – qualcosa che raramente fa. Di solito quando torna da una qualche vacanza o dopo una lunga assenza, le valigie restano in camera sua, gonfie di abiti sgualciti e calzini sporchi, senza che nessuno le tocchi per settimane, a volte mesi. Poi una mattina si sveglia e si chiede "Ma quella maglia…?" e allora quelle escono allo scoperto da sotto pile di pantaloni di tuta e scompiglio, prima di essere energicamente svuotate. 

Ce l'ha per difetto – procrastina sempre, dimentica sempre.

Ma adesso le disfa – un lavoro coi controcazzi, appendendo maglie con grucce vere e proprie e piegando i pantaloni in piccole cataste ordinate – e una volta che la camera è sufficientemente a posto (senza contare il fatto che è veramente troppo spoglia per i suoi gusti; ma in fin dei conti, dopotutto, è solo il primo giorno), parte con le altre stanze della suite. Sta alla larga dalla cucina perché quello sì che è un posto che non ha mai capito. 

Non c'è molto da fare. 

La mancanza dei suoi oggetti personali, combinata con la mole schiacciante di trashume barocco che ingombra le stanze, lasciano poco spazio alla creatività o alla libertà di movimento. In ogni caso, Louis riesce a nascondere al sicuro tutti i quadri semi-angosciosi che sembravano ritrarre episodi di bestiality (non gliene frega un cazzo se c'è un mito greco con Zeus che fa il mutaforma – un uccello che si scopa una ragazza resta sempre un uccello che si scopa una ragazza) e presto, l'atmosfera seriosa inizia a sapere un po' più di casa.

Forse c'è ancora speranza. 

**

Sono passate tre ore buone (e quattro chiamate perse di sua madre di cui rifiuta di occuparsi, grazie) dal suo arrivo e ogni singola, sgangherata scatola di cartone è stata svuotata e scaricata fuori senza tante cerimonie. 

È questo il sapore del successo. 

E della solitudine.

Perché, nonostante abbia già deciso che il futuro coinquilino è la croce della sua esistenza, Louis non può non notare che non sta arrivando. Ed è quasi sera. Il che significa che potrebbe non venire. Il che significa… che passerà la notte da solo. Annoiato. Senza amici né distrazioni. E come diavolo farà, proprio ora che ha voglia di farsi intrattenere?

Senza controllare l'ora perché ciò implicherebbe che gli importa qualcosa, decide risolutamente che lascerà l'appartamento. Se ne andrà, esplorerà, e cenerà in qualche bistrò d'altri tempi per mandare selfie artistiche di lui che sorseggia il tè al tramonto a Stan per farsi invidiare e fargli rimpiangere di non averlo seguito. Perché maledizione, sarà meglio che qualcuno lo invidi se deve sentirsi tanto di merda. 

Prendendo chiavi e sciarpa, Louis toglie le tende e, ignorando il ronzio sempre più denso di ricchi stronzi che affollano il pianoterra, fila via fuori dal cancello e sgattaiola giù per la strada in ciottoli.

Senza mai ma proprio mai chiedersi che fine abbia fatto il suo coinquilino.

**

Certo non si sta facendo seghe mentali. Proprio no. 

È solo che quell'annosa questione continua a spuntare fuori, sedimentandosi nelle sue ossa e rosicchiandogli il cervello: "Colgo quest'incredibile opportunità datami da Charles e costruisco un futuro per me e la mia famiglia? O ci sparo sopra merda, la spalmo sui muri, e spreco fino all'ultima sterlina del cazzo?"

Per l'appunto – l'annosa questione. 

E mentre lacera i meandri della sua mente – e dovrebbe davvero probabilmente venire a tu per tu con la situazione a un certo punto del prossimo futuro con il semestre che comincia tra tre giorni – Louis si costringe a lasciare la testa vuota e neutra, focalizzando invece l'attenzione sul tè in prossimità delle sue labbra. In qualche modo riesce a rovesciarsi ai lati e gli si versa sui pantaloni perché ti pareva, ma lascia correre, e piuttosto assorbe l'eccentricità del bar, sorprendentemente lontano da scuola, più lontano di quanto avesse pensato arrivandoci a piedi; si pente di non essersi messo scarpe migliori.

Ma l'eccentricità può essere interessante fino a un certo punto e dopo aver controllato il suo facebook per la settima volta e mezza in sette minuti consecutivi e dopo due tentativi fallimentari di occhiate agli altri clienti (ma dove sono tutti i manzi di questa città?), Louis se ne va con un nulla di fatto, a parte la macchia di tè a forma di gatto sulla coscia e un cipiglio annoiato. 

Aveva in programma di filarsene dritto a casa, gli andava bene anche solo di ascoltarsi il  suo iPod, isolato dal mondo e dalle tragiche circostanze che lo affliggono – no, non sta facendo una sceneggiata – ma la noia sembra aver avuto la meglio perché prima che possa capacitarsi pienamente della cosa… 

Si sta scattando selfie col filtro vintage sulla strada fuori dal perimetro della scuola.

E se da un lato, sì, parte dell'esistenza di queste foto è dovuta alla necessità di vantarsi con Stan, dall'altro c'è anche una sorta di lento e strisciante affetto che gli sboccia alla radice dello stomaco mentre osserva la strada trafficata ma tranquilla, con i suoi lampioni barocchi e i suoi cesti di fiori, le alte mura antiche dell'università che si ergono fieramente attorno a lui, bagnate di una luce ambrata. 

Forse questo posto non è poi così male, con i suoi aromi di caffè, fiori, e pane caldo. Di sicuro fa un bello sfondo per le foto. 

Non che stia ammettendo alcunché.

Nel bel mezzo di un sorriso finto che, lo riconosce persino lui, è un tantino impertinente, il battito basso e regolare della città è interrotto di colpo dal rimbombo di un motore antico, che rantolando si accende e aumenta sempre più d'intensità. Magari è una macchinina d'epoca che arranca con un vecchietto al volante, cappello in testa e pipa fumante? Non stonerebbe con il luogo. Che cosa incantevole.

Ma poi il rimbombo è al massimo, e lo sgommare delle ruote lo segue subito dietro. 

Temendo istintivamente per la sua vita, Louis salta subito sul marciapiede, facendo una giravolta giusto in tempo per vedere la fonte di quel caos corrergli davanti. 

È una vecchia macchina color panna, molto simile a quella che Louis aveva immaginato – probabilmente degli anni Trenta o Quaranta, il che è di per sé un'impresa – ed è assolutamente splendida da quel (lampo) che riesce a vedere; è una decappottabile aperta, e la pelle bianca dei sedili risplende al sole. 

Ma i suoi occupanti, che non sono nient'affatto vecchi (ne sono tre), rivendicano con opulenza l'abitacolo, due figuri in giacca e cravatta di colori pastello stravaccate insieme davanti, mani a malapena sul volante, e il terzo sul retro, arrampicato sui sedili più che seduto. Il capo scuro e riccio del ragazzo sistemato precariamente si rovescia divertito all'indietro mentre accelerano ancora di più, uscendo dal suo campo visivo, alzando in aria quella che sembra essere (giura) una bottiglia di champagne  e il suono di forti risate segue il trio con i fedora in testa, finché il veicolo non svolta furiosamente l'angolo, scomparendo dalla vista. 

La quiete lasciata sulla loro scia fa quasi più rumore. 

Louis rimane lì impalato senza parole, cellulare in mano, la selfie impertinente ancora sullo schermo. 

Ma che cazzo è stato? 

È successo sul serio? Tre ragazzi acconciati in dei cazzo di completini salmone e panna gli sono appena sfrecciati davanti in una cazzo di macchina vintage perfettamente restaurata, praticamente fuori per metà e sghignazzandosela come se non avessero un pensiero al mondo? E il tutto dimenando in aria una bottiglia di champagne

No, davvero, ma che cazzo?

Com'è ovvio, questa scuola che si-genuflette-all'indietro-a-leccarsi-il-culo-da-sola riesce a essere il ritratto più dolorosamente stereotipato dell'indulgenza e dell'avidità. Com'è ovvio, a frequentarla è un nugolo di mocciosi viziati, con completi su misura e scarpe fatte a mano, a cui manca il benché minimo senso di decoro o sottigliezza. 

Com'è. Schifosamente. Ovvio.

E lui che credeva che questo posto gli stesse iniziando a piacere.

Con l'amarezza e il disprezzo ancora perfettamente integri, Louis infila il cellulare in tasca e si incammina verso casa, ignorando risolutamente le fitte di solitudine alla prospettiva di tornare in un appartamento vuoto. 

(Non che voglia un coinquilino.)

(Soprattutto dopo quello spettacolo in strada. Se è così che sono questi studenti, non ci vuole avere niente a che fare.)

(Non ci aveva trovato nulla di divertente.)

(Proprio zero.)

(Coglioni.)

**

Il giorno dopo Louis si risveglia con una ritrovata percezione di sé.

Perché sì – ha passato la notte completamente solo, senza un'anima con cui scambiare una parola, e gli è piaciuto. Gli è piaciuto veramente un sacco.

Come aveva fatto a sentirsi tanto solo prima? Stare da soli era incredibile. Era la musica di Louis che esplodeva dalle casse stipate negli angoli delle cornici a soffitto, Louis che ballava nello spazio che aveva (nel grado di sgradevolezza che più trovava consono – era pur sempre uno studente di drammaturgia), le cose di Louis che erano sparpagliate a terra in posizioni precise, ed era stato Louis a chiudere le finestre per tenere fuori il caos del mondo esterno senza ripensamenti o preoccupazioni, abbaiando alla luna fino alle prime ore del mattino. 

Potrebbe rovesciare a terra la tivvù detestabilmente gigante e spararla a tutto volume. E andare in giro nudo. 

Era una fottuta meraviglia.

E così Louis si sveglia con la speranza del nuovo giorno sulla punta delle dita mentre queste spostano le coperte del letto, si lava i denti con la gioia della solitudine, e si gratta il sedere mentre fissa sconsolato il frigo vuoto per tutto il cavolo di tempo che gli pare. Perché può.

Alla fine si accomoda su di una delle soffici poltrone di velluto che fanno molto Harry Potter, tè alla mano, e inizia a pianificare la sua giornata. 

Lo chiamerà il Louis Time. Un giorno tutto per sé, per badare ai propri bisogni senza fare finta di dare la priorità a qualcun altro. Con sua madre (che ancora non ha richiamato; salve, sette chiamate perse, ops) a una distanza rinvigorente e nessuna sorella a tirarlo in cinque direzioni diverse, Louis è un uccellino libero, e sarebbe ora che questo uccellino spicchi il volo.

Con le idee che turbinano e il tè caldo nella pancia, Louis apre ogni finestra, senza curarsi del flusso costante di passanti che potrebbe senza difficoltà sbirciare nel suo piccolo santuario (e da quando siamo passati da fossa infernale a santuario, poi? Visto che non sa ancora bene nemmeno perché è qui, ancora non sa come si partecipa alle cene coi professori o come indossare le toghe per gli esami), e invece inspira la fresca aria estiva con rinnovato vigore.

Un giorno tutto per sé. Un giorno senza coinquilino. Che diamine, ogni giorno potrebbe essere un giorno senza coinquilino se quello non si fa vivo. 

"Ma sarebbe un dono di dio," borbotta Louis al caloroso silenzio, sorseggiando un ultimo, significativo sorso di tè. 

Ed è allora, naturalmente, che arriva il suo coinquilino.



--

NdT. Si accettano proposte per una traduzione di "LouisTime" che non sia imbarazzante e/o grammaticalmente assurda. (Alla fine però mi piace di più lasciato così.) Alla prossima!  

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2.

È un irlandese del cazzo.

Irlandese. E rumoroso. E sfacciato, entusiasta, più ricco dei sette mari, e molto, molto irlandese.

Farà mai l'orecchio a quell'accento pesante? Probabilmente no. Perché Louis non ha mai dichiarato di essere niente di meno di uno sputasentenze, e il casino che semina questo ciclone con le guanciotte rosee è spaventoso, al limite del criminoso.

"Sono Niall, Niall Horan," tuona subito dopo essere entrato, schiaffando una mano forte su quella di Louis. Uno sciame di uomini entra nell'appartamento, trasportando valigia dopo valigia e scatole ordinatamente stipate. Perché, a quanto pare, nuovo coinquilino si è portato dietro un grande magazzino. "Piacere, amico. Mi sa che d'ora in poi ci si vedrà parecchio," continua senza fermarsi un attimo, con un tono che riesce solo a descrivere come gaio – con suo sommo orrore. Sul volto del ragazzo c'è un sorrisone permanente, che sembra sempre sull'orlo delle risate, con un'aureola di capelli d'oro. La luce di quegli occhi celesti fa quasi tenerezza, e si sposa perfettamente col suo entusiasmo.

Ma non gliene frega più di tanto visto che ha già deciso che odia questa persona rumorosa e soffocante che ha completamente mandato a rotoli il Louis Time e gli ha calpestato le ali. Mica poco.

(Senza contare il gusto atroce. Ha praticamente un esercito di domestici e ciononostante sceglie una t-shirt delle Tartarughe Ninja? Non c'è nulla che stoni di più con Guilty by Gucci.)

"Beh. Non necessariamente," risponde senza tante cerimonie, ritirando la mano quasi subito dopo aver toccato la sua, infilandosela nelle braccia conserte. Sta ben dritto, guardandolo fisso negli occhi. Louis è molto bravo a guardare fisso la gente.

Niall (che è un brutto nome, decide) piega la testa di lato, perplesso, negli occhi nessuna traccia di un'offesa, e le mani ferme sui fianchi con dominante noncuranza. "In che senso?"

Louis tira su col naso, sciolto, sgusciando via. "Niente di che. Ti lascio alle tue valigie. Vado a cercare qualcosa da mangiare." Fa per prendere il portafoglio, ma poco prima che ci riesca una mano cerea gli si poggia sul braccio.

Splendido. 

"Posso esserti utile?" chiede Louis seccamente, senza neanche preoccuparsi di filtrare la sua antipatia quando va a incontrare gli amichevoli occhi azzurri davanti a lui.

Ma Niall, apparentemente incapace di interpretare i segnali comportamentali, butta lì un sorriso e risponde con un, "Faccio svuotare le valigie al mio assistente" – assistente?? – "e vengo con te. Offro io."

Louis incrocia nuovamente le braccia sul petto. "È carino da parte tua. Sul serio, tesoro. Ma posso pagare per me, grazie."

"Certo che puoi! Non cambia il fatto che offro io. Andiamo, credo che l'autista sia ancora fuori. Grazie, ragazzi," aggiunge il ragazzo, facendo scivolare con nonchalance delle banconote nelle mani degli uomini mentre questi portano dentro le ultime cose. 

L'autista è ancora fuori? Louis non ce la farà mai a raccapezzarsi in questo mondo.

"Per quanto mi piacciano gli chauffeur, preferisco camminare. Quindi-"

"Magnifico! Mi farebbe bene un po' d'aria fresca dopo essere stato rinchiuso in quella cazzo di macchina tutto il giorno. Non sopporto stare seduto così tanto. È troppo palloso."

E prima che Louis riesca a capire esattamente cosa stia succedendo, si ritrova trascinato in strada con Niall che gli parla vivacemente, con un entusiasmo quasi abrasivo. (Ma è una cosa che esiste, poi? Fino a cinque minuti fa avrebbe detto di no.)

No. Louis non ce la farà mai a raccapezzarsi in questa faccenda, per nulla.

**

Niall Horan non chiude la bocca per due giorni. 

La sua voce si trascina per la suite, riempiendo gli spazi e sistemandosi sulle assi del pavimento, e Louis non riesce a immaginare come abbia mai fatto a sentirsi solo perché che significa solo di fronte a Niall Horan?

Ha a stento il tempo di lavarsi i denti in silenzio, ritrovandosi sempre a rispondere a qualche domanda ridicola urlata dall'altra stanza o, peggio ancora, ritrovandosi a cantare insieme a Niall una delle sue canzoncine messe insieme col pianoforte o la chitarra. Adesso la sua vita consiste in un ragazzo biondo, irlandese e sfacciato, con pantaloni di ginnastica costosi e maglioni da figlio di papà, che trasuda denaro da tutti i pori quando gli canta caotiche serenate e gli lascia le birre abbinate al whiskey al mattino, e erba la sera.

E anche se non è suo amico (proprio no, perché non potrebbe mai diventare amico di una rotella oltremodo privilegiata dell'ingranaggio), è disposto a scommettere che sa tutto quello che c'è da sapere su questo trascinante uragano solitamente ubriaco, talvolta fatto, che ride e suona il pianoforte classico all'alba e improvvisa goffamente assoli con la chitarra nelle ore più buie della notte, circondato da cavi lucenti, mentre consuma mucchi di cibo a ogni angolo. 

Quel primo pranzo insieme era stato da solo un'esperienza istruttiva.

Erano a tavola da soli venticinque sfavillanti minuti (Niall aveva insistito per un certo bar snob dove servivano ciotole d'acqua, tovaglioli inamidati, e sorrisi smorfiosi quando Louis al massimo voleva qualche patatina, magari un po' di pollo?) e già sapeva dove era nato, cosa facesse suo padre – un produttore musicale di successo, in effetti, cosa che aveva trovato di malavoglia interessante – perché i suoi genitori avessero divorziato e quando, come Niall fosse giunto alla decisione di frequentare qui invece che in Irlanda, quali erano i suoi quattro formaggi preferiti (cheddar, brie, gouda e camembert) e la sua marca preferita di whiskey (Macallan). Gli aveva inoltre offerto tre volte un sigaro, perché a quanto pare ha quarantacinque anni.

Ora, Louis non è mai stato un tipo taciturno. Non è mai stato quello seduto sullo sfondo a osservare, a meno di non essere di pessimo umore. Ma persino la sua esuberanza è completamente adombrata da quella di Niall, il quale, ne è abbastanza sicuro, potrebbe fare amicizia con un manico di scopa.

È spaventoso, è fastidioso, ed è… inspiegabilmente affascinante.

Nel senso di "ora però anche basta."

Nel corso del pomeriggio, Niall aveva alternato a ogni parola "cazzo" o "puttana Eva", c'era stato uno scorrere ininterrotto di alcol, e gli erano state raccontate storia dopo storia di situazioni apparentemente esagerate, che Niall era riuscito a minimizzare con il suo modo di fare diretto e laissez-faire, passando continuamente da un'occhiata al menù, a un su e giù della gamba mentre ascoltava le risposte di Louis, a tamburellare le dita sulle cosce, e ridendo per… beh… sostanzialmente qualunque cosa.

Era una risata crassa.

Che incrinava le caraffe di cristallo e mulinava il liquore, rendendo tutto più luminoso e, insomma, di più.

Era schifosamente estenuante.

"Ma che altro ti aspetti da una cerimonia di premiazione, no? Un branco di ricconi di merda che ti guardano qualunque cosa tu faccia e mormorano cazzate ai loro ragazzoni. Puttana Eva, lascia che te lo dica," aveva continuato, togliendosi il sigaro dalla bocca e protendendosi in avanti, qualche ciuffo dei capelli biondo sporco appiccicato al sottile strato di sudore luccicante sulla fronte color panna, "quando entrerò nel giro, non starò al loro gioco. Dirò le cose come stanno. Io non perdo tempo – la vita è troppo breve per cazzeggiare. E non ho alcun rispetto per la falsità o la vigliaccheria."

Fisicamente, Niall Horan è la copia sputata del cielo. 

Eppure, quel primo pomeriggio sotto la luce ambientale di quel ristorante sfarzoso, con il fumo che gli si riversava fuori dalle narici e gli brillava sulla fascia del Rolex, la sua presenza possedeva una forza che Louis in un primo momento non aveva avvertito; era la copia sputata di un piccolo draghetto compiaciuto seduto sulle sue montagne d'oro, con l'alito ardente che si arricciava attorno al suo sorriso mentre si leccava gli artigli affilati come rasoi. 

Faceva quasi impressione. 

"Però, sono parole grosse. Sembri piuttosto… sicuro di te," si era accontentato di rispondere, inarcando un sopracciglio. 

Niall si era limitato ad alzare le spalle, spegnere il sigaro, e puntare gli occhi limpidi su di lui. "Che male c'è?" aveva risposto semplicemente, con un sorriso immenso. 

E Louis non era riuscito a trovare risposta. 

Avrebbe voluto chiuderla lì, sprangare ogni forma di ulteriore conversazione (perché sì, aveva deciso di odiare questa persona, faccino da bimbo o no) ma la sua molesta curiosità aveva avuto la meglio, come al solito, e quindi ecco che invece aveva chiesto:

"Allora che vuoi fare dopo gli studi?"

"Il produttore. Come mio padre," era stata l'immediata risposta. 

"Appassionato di musica, allora?"

"La adoro. Non mi basta mai." Una sorsata di whiskey. Il ghiaccio tintinnava contro il vetro del bicchiere. 

Louis aveva annuito lentamente, guardandolo. "Splendido. Pare che tu sia sulla strada giusta allora, ciccio."
 
Aveva annuito pure lui, con un leggero ghigno. "Certo. E tu, invece?"

"Chi, io?" lo aveva stuzzicato, tirandosi indietro sulla sedia e stiracchiando le braccia. Aveva sospirato, portandosi una mano tra i capelli ingegnosamente scompigliati. "Oh, non so. Credo teatro."

"Recitazione?"

"Ti farò sapere. Fino ad allora, faccio richiesta di non ricevere domande, per favore," aveva tirato su col naso, prendendo un sorso del suo whiskey sour (che era una merda, per inciso – da allora non ha più permesso a Niall di ordinare da bere per lui) e aveva sentito i suoi occhi scrutarlo.

"Voi tipi artistici siete… di un altro pianeta." La sua voce era più divertita che adirata.

"Teatrali?" aveva incoraggiato Louis, con un sorriso malizioso. 

"Molto teatrali. Adesso mangiamo. Sto crepando di fame e voglio tornare prima che arrivi il pianoforte."

"Prima che arrivi il pianoforte? Ma scherzi? Ti porti un cazzo di pianoforte? Nel nostro appartamento?" 

"Non preoccuparti, ci entra. Abbiamo preso le misure."

Per poco non aveva insistito perché, sul serio, pensava che fossero le misure, il problema? Ma invece aveva glissato, aprendosi il tovagliolo in grembo e borbottando, "Un pianoforte. Ma veramente? Non m'ero accorto di vivere con la regina."

Lui aveva sorriso, e rilanciato con un, "Potrei dire lo stesso."

E Louis, labbra contratte, aveva concluso, "Che maleducato."

Poi era arrivato il cameriere, Niall aveva ordinato cibo sufficiente a sfamare tutto il personale, e, dopo un'intensa battaglia interiore tra Louis e il suo orgoglio (non si farà accudire da ricchi sconosciuti come se fosse una causa di beneficenza, nossignore), aveva preso lo stesso per Louis. Con sua grande mortificazione. ("Stai dicendo che sono grasso? Perché cazzo dovrei riuscire a mangiare così tanto?" *spallucce* "Io ce la faccio a mangiare così tanto." "È una maledetta bugia, nessuno può mangiare così tanto.")

(Un appunto: Niall non stava, in effetti, mentendo. Niall ce la fa, a mangiare così tanto. Ha anche finito la parte di Louis.)

Era stato un incontro intenso, che lo aveva lasciato più logorato che altro, ma mentre Niall versava i drink e rideva a tutte le battute di Louis, si era detto che, forse, gli era capitato di peggio in vita sua. 

Almeno finché non era arrivato il pianoforte. 

**

Una volta tornati all'appartamento – e a posteriori, si prenderebbe a calci per non aver disapprovato dal principio l'intera faccenda – Niall aveva immediatamente fatto alcune chiamate per indagare sull'ubicazione del suddetto pianoforte mentre Louis aveva puntato dritto alla sua stanza. Perché la dolce solitudine era l'unica cosa a cui pensava dopo quel pranzo da capogiro parainfernale.

Era stato proprio mentre era intento a canticchiare a bocca chiusa la sua canzone Disney preferita e a fissare in estasi l'alto soffitto panna modanato (aveva urgente bisogno di iniziare ad acquistare delle decorazioni) che aveva sentito il tramestio inconfondibile di un cazzo di pianoforte che veniva trasportato oltre la cazzo di porta. 

Facendo attenzione a tenersi alla larga dal disastro (ma incapace di resistere dallo sbirciare nello spiraglio aperto della porta i sederi degli addetti al trasloco), si era scavato una fossa all'interno degli strati di coperte sul letto, nascondendosi dalla realtà come ogni uomo sano di mente farebbe.

Dopo un po' il fragore e gli urti si erano attenuati, così come gli ordini abbaiati amabilmente da Niall, ravvivati da risate e rumorose strette di mano (esiste qualcuno con cui non vada d'accordo? La sua giovialità è inquietante) e Louis per poco non aveva cominciato a cullarsi in una sensazione di normalità, quando il tuono tintinnante di tasti non aveva iniziato a imperare sulla sua placida solitudine. 

E fu così che la sua stanza non fu più un rifugio sicuro dall'esistenza di Niall Horan. 

Era stato l'esasperarsi della situazione che lo aveva spinto a posizionarsi di fronte a Niall – il quale al momento stava suonando senza sforzo un pezzo vagamente familiare che era allo stesso tempo intenso e bellissimo. Lì Louis era rimasto stupefatto, solo un po', a guardarlo spiegare quanto semplice fosse il pianoforte, alla facilità con cui arrivava alle dita. Il tutto con addosso una canottiera troppo grande, dei pantaloni grigi di ginnastica e un cappellino con la visiera all'indietro. Che eleganza.

"È ovvio che non è così semplice suonarlo, altrimenti lo farebbero tutti," era stato il ragionamento di Louis, e aveva (forse) portato gli occhi al cielo. Compiaciuto.

"Guarda che è vero. Solo che non è divertente come la chitarra."

E a quel punto ricorda chiaramente di aver pensato, "Oh, fantastico. Suona pure la chitarra. Grandioso, cazzo."

"Posso insegnarti, se ti va?" aveva continuato, guardando Louis che lo guardava. 

All'epoca Louis aveva fatto un riso di scherno, cosa che lo aveva fatto sorridere e concludere con un risoluto, "Ti insegnerò."

Avrebbe voluto protestare ma non lo fece, preferendo invece osservare le mani di Niall che volavano sui tasti. 

"Ti fanno imparare roba così," aveva spiegato mentre Louis lo fissava, a braccia conserte, rifiutandosi di mostrarsi colpito. "I genitori eccetera. Fa tutto parte dello spettacolo."

"Una buona istruzione," aveva borbottato, con leggero disgusto. 

"Signorsì, una buona istruzione," aveva riso lui, senza lasciare con gli occhi lo strumento che aveva davanti. "Ho superato Beethoven prima di andare al liceo."

"E te pareva. Quanto te la tiri." E un po' si era chiesto se se la sarebbe presa, ma Niall semplicemente aveva riso.

"È facile, ti ripeto."

E allora l'aveva guardato (e solo adesso si rende conto che quelle sono le uniche volte in cui Niall sta zitto – quando suona uno strumento) prima di chiedere all'improvviso, "Perché hai smesso?" Quando esattamente a Louis abbia iniziato a interessarsi della vita di Niall Horan, proprio non lo sa.

Un'alzata di spalle accompagnata da un, "Mi piaceva di più la chitarra." Tutto qua. 

Dopo un po', Niall aveva ricominciato a cantare qualche canzone anni ottanta non identificata mentre rovistava negli armadietti della cucina e lamentava la penuria di alimentari.

Allora Louis aveva provato a svignarsela. 

"Vado a fare due passi," aveva detto in tono piatto, scivolando nelle scarpe e morendo dalla voglia di sentire di nuovo i propri pensieri. 

"Vengo con te!" 

E che cazzo.

"Anzi – merda – mi sono appena ricordato che devo mandare un paio di mail a degli amici a casa" – le e-mail esistono ancora, giusto? – "quindi mi sa che rimango qui alla fine."

Scrollando le spalle, Niall aveva sciorinato qualche convenevole di saluto prima di congedarsi comunque. Che è un punto a suo favore – ha una mente forte e fa quello che vuole, in compagnia o meno. (Ma è l'unico punto a suo favore.)

Louis era così grato per quella pace inaspettata che per poco non aveva baciato il pavimento. Daccordo. Forse l'ha fatto sul serio, al diavolo la vergogna. 

Ma, man mano che il tempo passava, invece che rammollirsi nel tanto agognato Louis Time come da copione… si era ritrovato annoiato. Molto annoiato. 

Fu con orrore che aveva cominciato a sospettare che, nel corso di quelle poche ore in cui aveva conosciuto Niall Horan, aveva quasi iniziato ad apprezzare le loro conversazioni. Era, dopotutto, una persona socievole, riccone irlandese o meno.

Ma questo riccone era un bambino viziato con un debole per i sigari, il golf, la birra e il whiskey, e la chitarra. Oh, e il pianoforte. Non dimentichiamoci del pianoforte. Ed era quel dannato pianoforte che lo intrigava così tanto. Che l'aveva portato a sedersi quasi con circospezione sulla panca dell'appartamento silenzioso e a pizzicare i tasti con una curiosità esitante di norma piuttosto estranea a Louis Tomlinson. 

Era proprio quando aveva appena iniziato a sentirsi a suo agio con quell'intimidatoria bestia d'ebano che Niall era tornato. 

"Stai suonando!" aveva annunciato felice appena entrato, levandosi le scarpe con la punta del piede e camminando con passo pesante verso Louis, che era balzato dalla panca come una molla.

"Non è vero. Ci sono caduto sopra. Chiaramente." Si era accigliato, per sicurezza.

Ma lui l'aveva ignorato, sedendosi sulla panca, invadendo con la colonia e il sudore la rigida bolla del suo spazio personale. "Siediti. Ti insegno io."

Istintivamente, avrebbe voluto protestare. Ma quando aveva sentito un'altra volta lo sfarfallio di quelle note colorate riempire l'area del loro appartamento così riccamente esagerato, aveva preso a sedere accanto a Niall, ed era arrivato alla conclusione che più avanti avrebbe sempre potuto negare l'accaduto.

E fu così che Niall gli aveva dato la sua prima lezione di piano. Più o meno.

Dopo parecchie ripetizioni, farneticazioni e errori agitati, Louis aveva sbuffato un, "È molto più difficile di quello che sembra," e si era allontanato dai tasti, incrociando le braccia in ostinata protesta.

"Non proprio," aveva risposto lui, con tutto l'agio di uno che è stato allenato dalla nascita. 

Gli aveva lanciato un'occhiataccia. "Beh, ovvio che tu lo dica! Suoni da quando eri un feto."

"Sono abbastanza sicuro che non ci fosse alcun pianoforte nel ventre di mia madre."

"Oh? Non te ne sei fatto mandare uno?"

Lui era scoppiato a ridere. 

E da quel primo giorno di iniziamo-a-conoscerci e sovraccarico sensoriale, è stata una continua lotta tra la pazienza di Louis e la vivacità di Niall.

E due giorni filati della voce di Niall Horan. 

Quindi, naturalmente, Louis non è elettrizzato quando stamattina viene svegliato di nuovo per il secondo giorno consecutivo dalle graziose note musicali tintinnanti che si protendevano allegramente lungo una stanza troppo buia per poter parlare di "mattina". 

"Suoni meravigliosamente," gli fa un grande sorriso falso con denti affilati, capelli scompigliati, mentre è in piedi, in pigiama, con la voce stridula per il troppo poco sonno, a gelare con lo sguardo un ignaro irlandese. 

"Grazie, amico!" Niall è raggiante mentre le sue dita danzano sui tasti, la sua stazza adornata da un fottuto accappatoio. Ma dove va a fare shopping, questo ragazzo?

"Avresti mica finito?"

"Non ancora, no – un ultimo movimento!"

Ma prende per il culo?

Gli occhi del ragazzo brillano, chiaramente imperturbati; o, forse, semplicemente non comprendendo la gravità della sua agitazione. Che non è una cosa che a Louis aggrada più di tanto. Subito preme le mani su quelle di Niall, immobilizzandole, intrecciando lo sguardo con il suo. 

"Niall. Amico. Basta. Pianoforte." Louis aspetta fino a che un barlume di comprensione non si fa strada negli occhi accesi davanti a lui. 

Lui fa due più due. "Oh." E tira via le mani.

Annuendo con decisione e sentendosi molto innamorato del suono del silenzio, si raddrizza e si volta per andarsene, pregustando il ricongiungimento con il suo letto morbido e la sua montagna di coperte.

Ma: 

"Vuoi andare a prendere la colazione?"

Louis espira un lungo, sospiro sofferto. "Niall-"

"A piedi, visto che fuori c'è il sole."

"Io non vado da nessuna parte così presto, sono esausto! Prima mi svegli con quel coso stridulo di legno spiaggiato, e ADESSO vorresti-"

"Offro io!"

"…"

"Allora?"

"Dove proporresti?" Louis tira su col naso, rifiutando ancora per un po' di arrendersi con le braccia conserte, lo sguardo fermo altrove in evidente disappunto. 

"Quel bar all'angolo. Quello che hai visto ieri sera – con le palle di paillette."

"Non erano palle di paillette. Erano luci d'atmosfera."

"Palle di paillette. Beh, che ne dici?"

Louis esamina la faccia di Niall con gli occhi stretti. Il sonno gli tira le palpebre. Eppure…

"… Posso prendere tutto quello che voglio?"

"Certo!"

"Sono pronto tra dieci minuti," canticchia. 

Perché al diavolo l'orgoglio, se questi ragazzini ricchi vogliono buttare i propri soldi, già che ci sono possono benissimo buttarli a lui.

**

La giornata continua come le ultime due: Louis prova a sovrastare ciò che lo circonda con qualunque distrazione concepibile a disposizione (cellulare, iPod, TV, dormire) ma ogni singola volta che trova un po' di tempo per il Louis Time, c'è qualcuno che bussa alla porta, scoppi di risate acute, un invito a giocare a FIFA, o una chitarra elettrica che sfrigola nella calma.

Così non funzionerà mai, punto.

"Ti va di fumare?" lo chiama di colpo Niall, proprio mentre sta dibattendo fra sé e sé le  attrattive contrastanti delle tende dorate e di quelle viola. 

Louis digrigna i denti. 

"Devi per forza chiamarmi ogni dieci minuti? Sei veramente un bambino, eh?"

"È un sì?"

Fanculo tutto all'inferno.

Esasperato, Louis prende per un attimo in considerazione l'offerta (non gli dispiacerebbe una bella sigaretta ora come ora) prima che improvvisamente si ricorda:

Il semestre inizia domani.

Domani!

E non ha nemmeno raggruppato i suoi quaderni! Non che l'abbia mai fatto in vita sua. 

Ma questa è una scuola seria e deve avere la testa sulle spalle a questo giro. Ha soppesato i pro e i contro della sua situazione, e per quanto abbia voglia di pisciare sui soldi di suo padre, ha il dovere di non mandare tutto a puttane per le sue sorelle e sua madre – soprattutto per le sue sorelle. E anche se probabilmente non sa cosa cazzo ha intenzione di farci con tutto questo, e anche se ciò lo terrorizza alquanto, lo farà bene lo stesso.

Deve prepararsi per scuola. 

"Niall!" urla improvvisamente, con la determinazione che gli scorre nelle vene. Entra in salotto con decisione, e Niall solleva lo sguardo dal divano, con la bocca piena di patatine e una bustina in grembo, circondato da portatili. "Prepariamoci per scuola. Prendi le tue cose, si va a una sala da tè!"

**

Perché diavolo ha invitato Niall?

Se Louis ha organizzato le sue cartelline e quaderni e ha controllato studiosamente le e-mail di scuola, Niall ha fissato lo schermo del suo iPhone 5, sbattendogli di tanto in tanto in faccia qualche immagine non-simpatica trovata su Tumblr.

L'omicidio è imminente. 

"Prendimi da bere, sì, Louis?" gli chiede distrattamente, scorrendo col dito sul cellulare. 

Louis assottiglia gli occhi. "Non sono la tua scimmia. Prenditelo da solo."

"Oh, per favore, dai?" prega, ora alzando lo sguardo, i capelli disordinati che escono da tutte le direzioni da sotto il capellino. "Non so cosa ordinare in questi posti."

Louis sospira con aria di gran sofferenza. "Beh, figliolo, c'è il tè. O il caffè."

"Non mi piacciono."

"Cosa? In che senso non ti piacciono?"

"Quello che ho detto. Il gelato ce l'hanno?"

"Gelato? Ma che diavolo…? No che non ce l'hanno il gelato! Dove pensi che siamo, esattamente?"

"Beh, prendimi qualcosa da mangiare allora. Sto crepando di fame."

Louis l'aveva guardato fisso.

"Hai appena mangiato, letteralmente!"

"È più forte di me!"

E Louis è a tanto così dallo spaccare quel dannato iPhone su quella testa d'ananas ma, dal momento che sono in pubblico, si accontenta piuttosto di un respiro profondo e sulla focalizzazione interiore. 

"Solo perché potresti acquistare una piccola isola, non significa che io sono qui per soddisfare i tuoi bisogni. Sono le persone come te che succhiano la forza vitale dalla nostra società. E sono le persone come me che devono alzarsi e-"

"Io penso al prossimo giro. Prenditi tutto quello che vuoi, e prendi anche qualcosa da mangiare per me."

Ed è solo perché lo stomaco gli brontola e ha un mal di testa troppo forte per continuare che Louis acconsente malvolentieri. 

Ma solo dopo un, "Qual è la parolina magica, Irlanda?" 

"Per favore," e le parole si raccolgono in un sorrisetto.

"Cosa vuoi, allora? Acqua? Un biscotto? Focaccina? Schiacciata? Il senso del pudore?"

"Sì a tutto tranne che al pudore. Compra tutto." Una pausa. "Per favore."

Louis lo fissa. "Quindi vuoi tutto, per davvero?"

"Tutto."

"Tutto. Vuoi letteralmente tutto?"

"Mi fido del tuo giudizio," conclude Niall, e poi torna a fissare il cellulare, il portatile immacolato davanti a lui, chiaro segno della fine della conversazione.

Molto bene. 

Se è così che stanno le cose. 

A passo spavaldo, Louis marcia fino alla barista. 

"Salve, gioia. Prendo tutto quello che c'è in dispensa."

La ragazza lo fissa. "Prego?"

"Ogni cosa – tutto quello che hai, lo voglio. Fino all'ultima briciola." Tira fuori la carta di credito di Niall. "Non preoccuparti. Lascio mance generose."

Così quando torna finalmente al tavolo, con al seguito parecchi camerieri in fila che portano vassoio dopo vassoio di ogni dolce che il loro negozio avesse mai posseduto, è convinto che ad accoglierlo ci sarà uno scatto d'ira. O almeno un'occhiata nera. 

Ma cos'è che si becca?

"Oddio! È fantastico! Oh, è una meraviglia!" il ragazzo ride forte, e quasi ogni faccia presente nella sala lo osserva con leggera curiosità. Niall batte una mano sulla schiena di Louis, mozzandogli il fiato per un attimo. "Sei un brav'uomo, Tommo!"

"Come mi hai chiamato?" rantola, e lo trucida con lo sguardo, riprendendosi prima di mettersi a sedere. 

Niall fa un cenno di riconoscenza ai camerieri – strizzando l'occhio a molte, e Louis non è cieco al suo fascino irlandese – prima di puntare gli occhi sulla valanga di cibo davanti a lui come un bambino in un negozio di dolciumi. Cosa che non è poi così distante dalla realtà.

"Dovresti arrabbiarti. Ci ho speso un sacco di soldi," dice apertamente, perché cazzo. Si arrabbia mai questo qui?

"Me lo posso permettere," Niall scuote le spalle, prima di offrire una focaccina a Louis. 

La guarda male per un minuto intero prima di sospirare sconfitto e agguantarla, facendola a pezzi e lanciandosene un tocco in bocca. 

"E ti pareva," borbotta mentre mastica, e Niall, di rimando, gli sorride radioso.

**

Sono stati nella sala da tè per un totale di due ore, ma Niall ha già mangiato la maggior parte dei dolci e Louis si sta artigliando i capelli dalla noia. 

"Pronto ad andare?" gli chiede Niall per la quinta volta, divertimento scritto chiaro e tondo in faccia.

"No! Mi sto preparando per gli studi," tira su col naso, e torna a fare finta di leggere la sua mail. È di un professore, è un saluto standard, non dovrebbe essere poi così difficile da mandar giù… ma non è andato oltre: 'Saluti, futuri studenti!'

Cazzo.

Sta per ordinare a Niall di prendergli un altro tè, quando d'un tratto la porta si apre, e l'aroma ben definito di ricchezza e di completi cuciti su misura si espande nell'aria animata.

Ha la vista bloccata, ma il suo interesse è immediatamente acceso da un fedora e da un assortimento di completi color panna che è appena visibile attraverso il branco di ragazze griffate Topshop. Gli vengono alla mente l'immagine di una macchina d'epoca, tre uomini che ridono, e una bottiglia di champagne. Louis sa, senza alcuna valida ragione per crederlo, che sono loro.

La sala è piuttosto affollata, con ragazzini chic sparpagliati che girovagano ovunque, e mentre allunga il collo per individuare i nuovi arrivati, riesce quasi a capitombolare dalla sedia. 

"Ohi!" esclama Niall, allungandosi immediatamente per riequilibrarlo. 

"Scusa," dice in fretta, gli occhi ancora impegnati alla ricerca mentre gli allontana le mani. Dove sono andati i nuovi arrivati? "Hai visto chi è appena entrato?"

Niall sbatte le palpebre, osservando la folla con occhi attenti. "No. Perché?"

"Così."

Ma Louis continua a scrutare, localizzando finalmente la causa della sua ricerca. I tre gli danno le spalle (ovviamente) e sono seduti, ma Louis ha già intuito la gerarchia. Quello con il fedora, pelle color caramello e capelli neri laccati all'indietro che a malapena fanno capolino da sotto il cappello, siede al centro, circondato da leccapiedi pazzi di lui. (Triste.) Alla sua sinistra c'è un ragazzo che sembra un tipo sereno – coglie di sfuggita il suo profilo, tratti miti e pelle di un dolce color panna – che ride educatamente, senza lasciare mai il fianco dell'altro. Il resto si confonde in un unico blocco di eccentricità ed elitarismo.

Bene, bene, bene. Sembra proprio che questa scuola abbia delle Mean Girls tutte sue.

"Odio i ricchi," si ritrova a borbottare con veemenza. 

"Anche tu mi piaci," risponde Niall immediatamente, e quando solleva lo sguardo, sta sorridendo. "Forza, Louis. Rientriamo. Voglio vedere la partita."

"Sì. Sì, d'accordo," conviene, e quando si alza e inizia a raccogliere le sue cose, la porta si apre ancora, e un altra zaffata di 'presuntuoso ragazzo ricco' si diffonde nell'aria. 

Si dice di non guardare – perché poi potrebbe sembrare che gli importi – ma non può fare a meno di dare una sbirciata mentre segue Niall alla porta sul retro. 

È un altro ragazzo, molto alto, vestito di un completo color verde menta (nessuno porta jeans da queste parti? No, sul serio, cazzo), ma, ancora una volta, ci sono troppe persone di passaggio che gli ostacolano la visuale.

L'ultima cosa che vede prima di sgusciare fuori è la stazza alta e slanciata del ragazzo verde menta, che si china a stampare un grosso bacio sul fedora.

Poi la porta si chiude, e Louis si dimentica dell'intera scena.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3.

La prima volta che Louis sente il nome "Zayn Malik" è seduto nel corridoio fuori dall'aula della sua prima lezione, intento a ignorare diligentemente un'altra chiamata persa di sua madre e i messaggi infervorati di Niall riguardo l'ubicazione della sua chitarra. (C'è la minuscola possibilità che l'abbia nascosta dopo essere stato svegliato alle prime luci dell'alba da un assolo dei Poison, con l'amplificatore a piena potenza – cos'è che si aspetta quel piccolo lepricauno?).

Con gli occhi incollati al cellulare – e non ha manco capito bene perché ha Facebook. L'unica cosa che gli dà il suo newsfeed è irritazione – si serve di ogni briciola di forza mentale in suo possesso per ignorare le ragazze mugolanti alla sua destra, sfavillanti nelle loro personalità insipide e Chanel. In sostanza sono delle iene rimbambite.

Proprio quando Louis riesce a dominare l'arte dell'udito selettivo, altre due ragazze si uniscono inaspettatamente al branco, sbattendo la porta e precipitandosi nell'edificio, ridacchiando e scontrandosi l'una con l'altra nella ricerca febbrile delle loro amiche, con le loro svolazzanti borse Prada. 

Una cosa meravigliosa.

"O MIO DIO," esclama la ragazza con i dritti capelli biondo platino, tenendosi il petto, e Louis riesce nell'intento di non deriderla, concentrarsi invece su una foto del cane di suo cugino che si insegue la coda. Cosa che preferirebbe di gran lunga fare in questo momento. 

La mora con gli zigomi affilati accanto a lei la zittisce con un risolino frivolo. "Shh! E se ti dovesse sentire lui?"

Per un terribile istante, Louis pensa stiano parlando di lui. Ma poi-

"No che non sente, a quest'ora sarà dall'altra parte della scuola!"

Grazie, Gesù bambino. 

"Lui chi? Di che parlate?" chiede Iena Numero Uno, artigliando l'iPhone con le unghie fresche di french.

"Zayn Malik!"

A seguire, una serie di gridolini. Louis sa per certo che, da qualche parte, un cane sta ululando. Forse il cane della foto.

"NO!"

"Te lo giuro!"

"O mio dio! Ma è troppo figo!"

"Da vicino è pure meglio!"

'Da vicino?' Chi diavolo è questo tizio? Louis non ne ha mai sentito parlare. Comunque sia, adesso sta scorrendo il newsfeed con la ferocia di chi sta palesemente origliando. E vabbè.

"Oddio, ha detto qualcosa?"

"No…"

"Non credo che parli con gli altri."

"Con i ragazzi ci parla." 

(I ragazzi?)

"Beh, quello è ovvio."

"Ma non sapevo che frequentasse qui!"

"Beh, suo padre è il rettore, che accidenti ti aspettavi?"

Oh, beh, questo che è interessante. Cazzo. 

"È solo al primo anno."

"Vive qui?"

"Sì, ha delle camere sulla torre."

"Ma pensavo che quelle fossero per i docenti?"

"Non se Zayn Malik è uno studente."

Accidenti.

Adesso è curioso sul serio. 

Perciò, in un atto di confortante ribellione, si fa la promessa perentoria che NON farà domande su Zayn Malik, e aspetta obbediententemente che la lezione cominci.

**

"Chi è Zayn Malik?" chiede Louis appena entrato nel suo appartamento. 

(D'accordo, si è arreso, ma è tutto il giorno che sente questo benedetto nome e non ha mai negato di essere un ficcanaso.) 

Niall alza lo sguardo dal divano, un piatto di formaggi sulle ginocchia e un sigaro tra i denti – e sta mica guardando Spongebob?

"Mai sentito parlare di Zayn Malik?" chiede Niall, sinceramente sorpreso, e si gratta sui pantaloni di ginnastica lanciandosi un grosso pezzo di formaggio nella bocca fumante. 

Appunto per il futuro: i soldi non comprano la classe. 

"No, non ho sentito parlare di 'sto tizio. Non faccio parte del vostro club d'elitè fascista. Sto con il popolo," dice Louis, indisponente, portando gli occhi al cielo, e si toglie la borsa dalla spalla (piena di fin troppi compiti a casa, Gesù Cristo – ma che razza di posto è questo?) prima di scalciarsi via le scarpe con la punta dei piedi. 

"Beh, suo padre è il rettore."

"Così ho sentito." Si siede accanto a lui sul divano, gli stacca il sigaro dalle dita e si fa un tiro. E per poco non muore soffocato. 

"Vacci piano, bimbo," ride l'altro, tutto contento, battendogli una mano sulla schiena, senza muovere un muscolo per rivendicare il sigaro quando Louis ci riprova, con gli occhi che gli si annacquano. "Già, suo padre è il rettore, e sai come vanno queste cose, è il tipo più ricco sfondato che conosca – sicuramente il più ricco da queste parti – e sua madre è Mira Wills, mica cazzi."

Louis tossisce una fontana di fumo e forse un polmone. 

"Mira Wills? L'attrice??" E non sa come faccia a essere così scioccato considerata la discendenza prestigiosa dello stesso Niall (l'altro giorno si era offerto di mostrargli il castello di famiglia, Cristo santo) ma in ogni caso, rimane lì impalato, sbalordito, e immagina mentalmente ogni film in cui abbia mai visto la signora in questione e tutte le volte che aveva insistito, col volto rigato di lacrime, che "Quella donna farà meglio a vincere ogni singolo fottuto premio che questo paese abbia da dare perché lei sì che sa recitare!"

Può darsi che sia un po' un suo fan.

"Ma mi prendi per il culo?" farfuglia, e Niall ride, imponente e rumoroso, prima di offrirgli del formaggio e scostarsi i capelli dagli occhi. 

"Capirai, eh. Tra l'altro, non ci sta quasi mai con lei. Vive col padre."

"Sono divorziati?"

"Essì," dice, con un fischio basso. "Fu un signor scandalo, sai. In questo mondo non le puoi fare 'ste cazzate. Già solo il fatto che l'avesse sposata scatenò una bella polemica."

"'Questo mondo'?" lo prende in giro Louis, ma l'altro si limita a scuotere le spalle e a saltare giù dal divano, andando dritto verso il frigorifero. Il bianco della sua polo Ralph Lauren quasi splende alla tenue luce pomeridiana, e i prismi riflessi dei lampadari gli dipingono la schiena. Sì – hanno dei lampadari. Non si abituerà mai neanche per sbaglio a questa vita.

"Non è visto di buon occhio. È stupido, cazzo sì, ma comunque non è visto di buon occhio. Dalla posizione del padre, ci si aspetta una famiglia di un certo livello e bla bla bla. Sposare un'attrice, che tra l'altro manco aveva agganci familiari, è un po' uno schiaffo in faccia. Puoi immaginarti la reazione quando si sono lasciati."

"Buon dio. Mi pare di stare in Pretty Princess." Riporta bruscamente lo sguardo a lui. "Questo tizio non è una principessa, vero?"

Niall abbaia un'altra risata e si versa un bicchiere di whiskey. "Tecnicamente no. Ma è ricco, potere a pacchi, è un nome importante nei posti che contano, e fa delle feste coi controcoglioni. Un po' taciturno, però. Non gli ho mai effettivamente parlato."

"Perché non vive con la madre?" chiede, e veramente, non vorrebbe essere tanto intrigato, ma fanculo – queste sono informazioni troppo, troppo succose. Ed è molto più interessante che leggere i capitoli dall'uno al cinque di "Storia del palcoscenico."

"C'è stato per un po', quando era sposata con Des Styles. Poi hanno divorziato pure loro e visto che la stampa ci sguazzava, se l'è preso suo padre. È uno stronzo però, Khan Malik. Non ho sentito che cose brutte. Ma come rettore non è male – in quanto a affari." E tracanna il bicchiere di whiskey in una botta sola.

Quindi. Zayn Malik è ricco e potente ed è figlio di un miliardario cuore di pietra con conoscenze ai piani alti. Sua madre è la migliore attrice del cinema moderno. Per riassumere.

C'è pure Niall Horan con le sue scarpe Armani e scorta illimitata di sigari e whiskey e il castello di famiglia e mamma che discende da una famiglia ricca e prestigiosa e padre a capo di case discografiche e produttore per i nomi più rilevanti del mondo della musica. 

E poi c'è Louis. Con la mamma egocentrica depressa che passa le giornate a guardarsi allo specchio con gli occhi tristi e che sparisce per giorni alla volta, un padre farabutto che aveva sfondato come spietato avvocato per ricchi, e cinque sorelle che stanno crescendo sapendo di doversi mantenere da sole. 

Non sa davvero cosa pensare della situazione, ma gli lascia l'amaro in bocca e gli fa rompere il contatto visivo. 

"Vado a leggere," dice, e riesce ad avvertire fisicamente il cipiglio che gli si forma sulla faccia e il cambio di tono, ma non si spiega, e Niall non fa domande.

"D'accordo. Io vado a dare un'occhiata alla rimessa. Faccio un po' di canottaggio. Ti lascio la cena?" E intende soldi, cosa che serve solo ad accentuare ulteriormente il suo cipiglio.

"No, sono a posto. Mi sa che cenerò con un po' di tè e qualche toast. Non ho molta fame."

"Bene, allora. Ci vediamo fra un po', bello."

E mentre Louis si guarda attorno, nella stanza opulenta, Niall si mette le scarpe senza pensare, canticchiando Heart Shaped Box a bocca chiusa. Visto che è pericolosamente vicino a sputare qualcosa di maleducato e in fin dei conti inutile ("La tua esistenza stona con la mia e mi vedo costretto a chiederti di cessarla"), marcia fino alla sua stanza, chiude la porta un po' più forte di quanto vorrebbe, e studia il suo riflesso nell'alto specchio dorato vicino all'armadio.

"Dove cazzo sono finito?" borbotta tra sé e sé e le parole volano, quasi echeggiando contro il soffitto alto e i passaggi a volta. Ma non ha voglia di sentirle di nuovo, quindi sospira e crolla sul letto, proprio mentre la porta dell'appartamento si chiude, lasciandolo solo con i suoi pensieri troppo amari.

**

Niall gli ha lasciato comunque la cena. 

Beh. Cena.

In realtà è solo una bottiglia mezza bevuta di whiskey, qualche cioccolatino costoso, e un croissant. C'è un bigliettino scribacchiato vicino che dice solo, "Il tè fa cagare. Piuttosto mangia questo," e anche se vorrebbe davvero odiare ogni persona in questa maledetta scuola, sta iniziando a chiedersi se sia effettivamente possibile odiare Niall Horan.

**

Quando Niall finalmente ritorna, puzza di fili d'erba, sudore, e acqua di colonia. Ottima acqua di colonia. Come se fosse un prodotto degli elfi o estratto di unicorno – ottima fino a tal punto.

"Cos'è?" chiede Louis, prendendogli il braccio e annusandogli il polso senza alcun pudore. "Questo profumo è incredibile. È nuovo?"

"L'ho appena preso. Viene da una profumeria in Francia. Buono, no?" spiega sbrigativo, estraendo il braccio dalla sua presa, togliendosi la polo e mettendo un po' di musica. 

"Che profumeria?"

"Non mi ricordo mai il nome. Puoi averla però. Tieni." E gli lancia un flacone dorato, che riesce a prendere giusto giusto.

Louis lo fissa imbambolato. "Che vuol dire che posso averla? Stai scherzando? Perché abbiamo già concordato che scherzare non fa per te."

"Vuol dire quello che ho detto. È tua, Tommo." Niall fruga tra i monticelli di vestiti sul pavimento, cercando una maglietta pulita mentre gironzola mezzo nudo per la stanza, completamente ignaro dell'occhiataccia che Louis gli lancia per il nomignolo.

"Non la prendo. Non mi piacciono i regali."

"Balle. Sì che ti piacciono."

"Beh, non più. Non la prendo."

"Prendila. Io posso averne un'altra quando mi pare."

"Oh, giusto. Ne sono sicuro. Cos'è, è proprietà di tuo padre?" e Louis lo dice per prenderlo in giro, ma Niall risponde:

"No, di mia zia."

E ti pareva.

"Oh. È di tua zia. Naturalmente," dice, esasperato. "Non so perché continuo a sorprendermi. Possiedi pure un paese? Qualcuno in famiglia che ha acquistato la luna?"

"Non ancora. Ora pigliati 'sto flacone del cacchio, coglione."

"Bene. Ma non ti dirò 'grazie!' Mi hai obbligato ad accettarlo," dice sprezzante, e porta il flacone in camera sua.

Sente la risata sonora di Niall in risposta. 

Si concede un sorrisetto e poggia la colonia sul cassettone, accanto agli svariati prodotti per capelli e lozioni. "Perché non sei tu il pezzo grosso da queste parti, Horan?" dice a voce alta. "Chi è che vuole parlare di Zayn Malik quando c'è un Niall Horan in giro?"

"Di me si parla abbastanza, bello. Ora vieni qua a fumare con me. Voglio vincere a FIFA."

Louis fa un grande sorriso, ma non protesta rientrando in salotto. "Vincere? La tua sicurezza mi lascia esterrefatto, giovanotto."

Il sorriso di Niall è libero e sregolato quando gli passa il controller. "Ce l'ho nel sangue!"

"Ma abbiamo un serio bisogno di iniziare a studiare, però," gli ricorda, risistemandosi sul divano di camoscio. 

"Domani," gli assicura, raccogliendo la sua ciotola e la busta accanto. 

"Domani," concorda, e scatta una foto col cellulare per mandarla a Stan, con la dicitura "La mia vita è meglio della tua !!!" prima di infilarselo in tasca e dimenticarsi del resto del mondo.

**

La prima volta che Louis vede Zayn Malik, è in ritardo per la lezione.

È al negozio di tè, a comunicare convulsamente il suo ordine (Yorkshire, metà latte-metà crema, senza zucchero) e praticamente a lanciare banconote alla cameriera – perché deve assolutamente sbrigarsi, non può arrivare di nuovo tardi, ma cazzo, ha bisogno di caffeina – ed è così emotivamente provato che a malapena si accorge della presenza accanto a lui e dei bisbigli che la circondano.

Solo dopo che ha controllato l'ora per la terza volta in tre secondi e che ha la certezza che il suo ordine sia in lavorazione, sente un saluto fugace, 'Malik! Ehi, amico," e il battito di una stretta di mano. E d'un tratto ogni pizzico di curiosità dentro di lui si risveglia, nonostante gli strati di stanchezza dopo un'altra nottata insonne – spaccherà quel pianoforte, e costringerà Niall a guardare.

Ne ha sentite talmente tante su Zayn Malik (ma proprio tante, per inciso – ogni giorno c'è una storia nuova o una lode stridula che lo riguarda, in classe e fuori), che ora sente di conoscerlo, e, per essere sinceri, vuole davvero sapere se sia chi silenziosamente sospetta che sia.

Perché gli tornano nitidamente alla mente quei completi pastello, il rimbombo di una macchina d'epoca, quell'odore di opulenza, e accidenti, se ne è attratto.

Quindi, con tutta la disinvoltura di un gatto (sono disinvolti, no?) Louis si volta, e i suoi occhi incrociano un fedora, capelli corvini da pubblicità dello shampoo, e una pelle color caramello fastidiosamente impeccabile. E ciglia. E occhi dalla forma perfetta, marroni, forse nocciola. E zigomi.

E cazzo.

Cazzo.

Basta. Zayn Malik non è reale. Zayn Malik è un ologramma. 

Ma sì, Zayn Malik è esattamente chi Louis sospettava che fosse, magnifico nel suo maglione pervinca e pantaloni panna, cuciti perfettamente sulla misura del suo fisico immacolato. Anche se, invece di essere con "i ragazzi" come era stato ogni volta che l'aveva visto, adesso è solo, senza una bottiglia di champagne o leccapiedi in vista.

Con la bocca letteralmente spalancata, fissa il ragazzo di fronte a sé, i cui occhi sono calmi e imperturbabili mentre osservano la cameriera con una risoluta intensità che sembra essere più annoiata che decisa.

E poi una mano vola sul bancone, sbattendo quasi Louis per terra, e nella mano della cameriera c'è qualcosa che non è tè Yorkshire.

"Signor Malik," dice immediatamente la ragazza, e il ragazzo sopracitato prende la bevanda senza una parola, con un leggero, attento cenno di assenso verso di lei, prima di scivolare altrove.

Che diavolo…?

"Fermi. Fermi tutti, cazzo. C'ero prima io!" strilla (poi lo negherà), offeso, ma la cameriera sembra altrettanto scioccata. 

"Ma quello era Zayn-"

"So chi diavolo era, ma perché accidenti ha avuto da bere prima di me? Non ha nemmeno ordinato niente!!"

La ragazza lo sta guardando con confusione sincera, senza parole. 

Louis riconosce una battaglia persa quando ne vede una. 

"'Sti cazzi. Mi dia da bere e basta, per favore. Sono già in ritardo, cosa sono un paio di minuti in più," ringhia, e con un'occhiata ancora confusa negli occhi, quella inizia a preparargli da bere.

"Incredibile," sospira a se stesso, scuotendo il capo. 

Sì, Louis può capire perché altri potrebbero sentirsi intimiditi dai ricchi, con le loro richieste silenziose e le aspettative esorbitanti – non aveva nemmeno sbattuto le palpebre prima che gli venisse dato da bere, senza parole o pagamento di ogni sorta – e sì, c'è un sottile e indescrivibile qualcosa in Zayn Malik che è misterioso e potente e molto, molto viscido. Se Niall è un drago, con il fuoco nella pancia e le squame e gli occhi brillanti e gli artigli luccicanti, Zayn Malik è un serpente, attorcigliato pigramente al sole e pronto a colpire se provocato, con la pelle vellutata e gli occhi penetranti.

E d'accordo, magari è bellissimo, ma proprio da far schifo, però si è preso quello che avrebbe dovuto avere lui ed è un privilegiato e un coglione e, già, Louis odia tutti. 

Allora manda un messaggio a Niall.

Odio questa scuola e tutti quelli che ci vanno. A morte i ricchi. 

Un secondo dopo, lo schermo si illumina.

Non posso morire. Sono immortale. Ti va di segare e farci una canna sotto un albero?

E vorrebbe davvero dire di no.

Che albero?

E invece dice questo.

Ha già avuto una brutta giornata e può mandare i suoi compiti al professore via e-mail. Che male c'è. E poi, è la prima settimana del semestre – quella non conta mai, giusto?

Giusto.

Quindi, dopo essere riuscito ad avere il suo tè, gira i tacchi e sorride alla prospettiva di un pomeriggio libero.

--

NdT. Okay, due cose dalle note originali dell'autrice: la canzone Hot one di Shutter to Think l'ha ispirata per il personaggio di Zayn e, per chi non l'avesse capito prima (tipo me) tutta la fanfiction è stata pensata soprattutto su Young & Beautiful di Lana del Rey (diciamo pure che Harry è questa canzone in questa storia. Prima o poi arriva, giuro). Ma che ve lo dico a fare, stiamo ascoltando tutte Fireproof a palla. E vabbè!  

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4.

Niall gli sta rovinando la vita. 

Ogni singola sera di questa settimana, si sono ripromessi di andare in biblioteca e, da bravi, di studiare. 

E ogni singola sera di questa settimana, sono usciti a spassarsela e a ubriacarsi. 

Louis ha un serio bisogno di darsi una calmata. 

"Non posso uscire di nuovo. Non posso. Sono quasi morto oggi a lezione. Vuoi che muoia, brutto stronzo egoista? È questo che vuoi? Perché non esagero – sono a tanto così dal trapasso."

"Sei così teatrale."

"No che non sono teatrale! Sto descrivendo la realtà dei fatti!"

Niall ride aprendo le scatole di take-away appena consegnate mentre siede al pianoforte (non sia mai che mangi a un tavolo da bravo cristiano), su cui giacciono l'onnipresente bicchiere di whiskey e il portatile aperto su qualche programma di audio che assomiglia pericolosamente a un cardio monitor. 

"Fatti o non fatti, è venerdì. Lo sai che non studierai – non l'hai fatto una volta da quando siamo qui," dice con semplicità, lanciandosi patatine in bocca e tamponando il grasso in eccesso sulle labbra con un tovagliolo setoso. Fissa Louis – che in risposta lo guarda male –come ad aspettarsi qualcosa, mentre mastica e i soffici capelli biondi gli danno un che di innocente molto artificioso, seduto sopra lo sgabello in una t-shirt con un fungo gigante stampato sopra e i pantaloni della tuta. Il Rolex – in netto contrasto con la sua tenuta informale – riflette la luce di tanto in tanto, un amichevole promemoria che questo ragazzo ha il mondo ai suoi piedi. 

Louis pugnala una patatina con la forchetta (non è dell'umore per sporcarsi le dita), la manca, dunque la manda dritta dritta dall'altra parte della stanza sulla fronte di Niall.

"NON RIUSCIRAI A PERSUADERMI, MALEDETTA CAROGNA MANIPOLATRICE. VENERDÌ O NO, PASSERÒ UNA SERATA DA STUDENTE MODELLO. LE TUE PAROLE NON HANNO ALCUN  PESO SU DI ME," tuona, con la voce che rimbomba nella stanza, e l'altro salta, acchiappando la patatina quando gli rimbalza sulla faccia. 

Niall guarda la patatina, poi di nuovo Louis, con il sorriso fisso. "Un mio amico mi ha appena detto di questo locale che ha uno staff di soli uomini. Dice che sono fighi della madonna e servono da bere gratis se ti fai notare. Sarei disposto a darci un'occhiata. Dopo possiamo chiedere a Nelson" – il suo autista (già) – "di portarci in giro mentre cantiamo Justin Bieber fino a tornare sobri. Chiedere a Rory" – il suo assistente (già) – "di andarci a prendere un paio di torte come l'altra volta. Ma stavolta non quel vino schifoso – sapeva di pipì dolciastra."

Questo ragazzo gli sta rovinando la vita. 

Lo guarda fisso mentre quello comincia a pizzicare i tasti del pianoforte.

Vorrebbe tanto dire di sì, davvero un sacco. Degli uomini sexy intenti a servirgli da bere gratis tutta la notte? Cantare Justin Bieber in una macchina con lo chauffeur sporti sulla capote? Mangiare torte stupende e deliziose tutta la notte?

Cazzo.

Odia i ricchi. Ma veramente. Tutto così superficiale. Odia tutto ciò. Lo odia. Odio, odio, odio. 

"Ovvio che voglio venire, sei un coglione totale!" scoppia, sbattendo i pugni sul tavolo. "Ma non posso! Devo studiare, Niall. Smettila di provocarmi," geme, e con un lamento oltraggiato, fa sprofondare la testa sul tavolo.

Lo splendore di Chopin rischiara la stanza.

"La prossima volta allora, sì?" dice, assolutamente imperturbato.

"Sì," emette un altro gemito, con la faccia spiaccicata contro il legno di ciliegio verniciato. Odia tanto la sua vita. 

Rimangono così per un po', Louis a faccia sotto sul tavolo da pranzo, patatine dappertutto, e Niall che fa svolazzare gioiosamente le dita su e giù per i tasti mentre guarda ogni tanto la tv dall'altra parte della stanza. 

E poi la musica si interrompe all'improvviso. 

"Ti va di giocare a golf?" chiede d'un tratto Niall saltando giù dallo sgabello. 

Louis alza la testa – ha una patatina appiccicata alla guancia – e vede il ragazzo in piedi davanti a lui, con le mani in tasca, in attesa. 

Come ha fatto così in fretta?

"Preferirei squamarmi con una mazza," risponde immediatamente, neutro. 

"Come vuoi!" Niall scuote le spalle, poi si spara il whiskey rimasto e saltella nella sua stanza. "Il golf mi piace un casino!" urla.

Louis si limita a portare gli occhi al cielo prima di rincollare la faccia sulla superficie davanti a lui. 

Quando sente il trascinarsi di scarpe e l'aprirsi della porta la sua testa fa un altro balzo. 

"Dove vai?" domanda con insistenza, guardando Niall, che adesso indossa una polo grigia e pantaloni bianchi, un cappello in testa. E sono mocassini, quelli?

"A giocare a golf."

"Cosa? Ma sono le sette e mezza! Il sole tra poco non c'è più – dove diavolo andrai?!"

"Me la caverò," dice semplicemente, ed è lì lì per uscire quando Louis assurge in posizione eretta. 

"E io?!"

"Ti ho già invitato."

"Ma io odio il golf!"

"Esatto."

Si guardano.

"Non vedo il problema…" dice Niall, sinceramente confuso, una mano alla porta, impermeabile a una qualunque preoccupazione.

Da dove è spuntata fuori questa creatura? Cosa c'è che non va nelle persone privilegiate?

"Bene. D'accordo, allora," tira su col naso, "Vai a ficcare una palla in un buco." si ferma, analizzando la propria frase. "Dio solo sa quanto vorrei poterlo fare io," borbotta sotto voce.

"Ci vediamo fra un po', amico. E poi usciamo, sì?"

Ma prima che Louis possa protestare, la porta sbatte. 

"MI FAI VERAMENTE SCHIFO COME PERSONA," gli urla dietro, per sicurezza, ma gli risponde il silenzio.

E perciò adesso è tutto solo.

Perché doveva avere lui il peggior coinquilino nella storia di tutto?

**

Due ore dopo, Niall è di ritorno, e Louis è riuscito ad aprire i libri e a trovare le pagine giuste ma nulla di più, distratto com'era dal canale di giardinaggio e cura della casa.

"Che guardi?" chiede Niall con limpido sfregio, arricciando il naso mentre guarda i due gentiluomini sullo schermo descrivere i vari utilizzi delle tende. 

"È il mio Louis Time. Taci. Lo sapevi che appendere le tende a un muro spoglio conferisce immediatamente alla stanza consistenza, stile, e spaziosità? È utile anche per insonorizzare gli appartamenti. Che ne dici, Nialler?"

"Dico che no. Finirei per farle cadere ogni cinque minuti."

"Su questo hai ragione," brontola, e spegne la tv.

"Allora usciamo, sì?" lo incita, mani ai fianchi e grosso sorriso stampato in faccia. 

"Nooo. No. No, davvero, non posso. Sono troppo indietro, ho un milione di cose da iniziare, e questo fine settimana è completamente dedicato a Louis. C'è il Louis Ti-"

"Il Louis Time, ho capito," dice Niall alzando gli occhi al cielo, ma il suo sorrisone non vacilla. "Cambierai idea quando avrai sentito cos'ho da dire, però." Gli fa l'occhiolino.

E di conseguenza lui si incuriosisce. "Oh?"

Niall annuisce. "Indovina dove mi hanno appena invitato?"

Louis sorride e si arrampica sul divano, poggiando il mento sullo schienale e mettendosi di fronte a lui, tutto eccitato. "Dove??"

"A una festa di Zayn Malik." Il sorriso di Niall è assolutamente malvagio. 

"Chi ti ha invitato?"

"Un tizio che ho appena conosciuto giocando a golf."

"Ovviamente."

"Ovviamente," concorda, iniziando a spogliarsi, avviandosi in camera sua. "Quindi adesso devi venire."

Louis ci pensa. Ci pensa per davvero.

Da una parte, è venerdì sera, non ha obblighi immediati, e gli è appena stata data l'opportunità di partecipare a una delle più grandiose feste note al genere umano, riconosciuta da studenti universitari su scala nazionale.

Dall'altra, se continua con il cazzeggio, verrà bocciato a tutti i suoi corsi e finirà a vivere in una scatola di cartone sul retro di qualche Tesco.

"No," dice improvvisamente e con fermezza, alzandosi in piedi. "Assolutamente no. Ho fatto una promessa a me stesso e ho intenzione di mantenerla."

Niall esce dalla sua stanza, a bocca spalancata, un maglione grigio messo per metà che rivela le lisce superfici color panna del suo petto. "Stai scherzando."

"No. Mi rifiuto di andarci." Detto questo, Louis incrocia le braccia al petto e si siede sulla sedia più vicina, lo sguardo volto altrove con ferrea determinazione.

"Lou," dice Niall, e con una tale serietà che Louis arriva a sussultare, "Non capisci, amico. Sarà incredibile. Credi che io ti faccia divertire? Credi che io ti faccio bere cose buone, che la mia erba sia di buona qualità? Che i miei amici siano fuori di testa? Quello è nulla. Questo è il tizio più ricco che io abbia mai conosciuto. Riesci anche solo a immaginare come sarà una festa organizzata da lui?"

Vorrebbe tanto infilzargli la testa nel cesso. 

"Ti sfascio la chitarra se continui a tentarmi con le tue parole diaboliche. Non sto scherzando, davvero. Lo faccio."

"Non è vero."

"Mi sto alzando."

"D'accordo!" esclama Niall, mani in alto in segno di sconfitta. "Ma non prendertela con me quando tornerò a casa stanotte a dirti che ho passato la notte più bella di tutta la mia vita. E sarà tutta colpa tua perché stai facendo la testa di cazzo!"

"Non cederò."

Con un'ultima scossa del capo, Niall torna in camera sua, infilando le braccia nelle maniche del maglione. "Sei pazzo, Tommo."

E, solo perché sa che non può sentirlo, Louis borbotta di essere d'accordo, guardando in cagnesco i suoi libri.

**

Niall se n'era andato di gran fretta.

Era vestito di tutto punto con un nuovo maglione grigio, pantaloni neri, il suo Rolex distintivo, e un sigaro mezzo fumato. I capelli erano arruffati ad arte (ci aveva pensato Louis) e si era spruzzato il suo profumo migliore. Pareva vispo e simpatico, e il suo alito sapeva di liquore, ma in un modo inspiegabilmente piacevole che a Louis ricordava risate e luci soffuse.

Gli aveva spolverato le spalle e gli aveva fatto fare una giravolta prima di ritenerlo presentabile.

"Molto bene allora, sei pronto, figliolo. Divertiti stasera. Fammi uno squillo quando sei ubriaco, okay? Tienimi aggiornato," aveva detto, fingendosi quanto più entusiasta possibile.

Niall gliel'aveva promesso, e poi il suo cellulare aveva iniziato a vibrare. 

"Sono qui," aveva spiegato, e neanche due minuti dopo, il loro appartamento si era riempito di colpo e in fretta e in furia di mucchi di uomini rumorosi e lucenti con in mano bottiglie di birra e vodka; gente che esultava ovunque e risate che rimbombavano dappertutto.

Louis aveva fissato lo zoo davanti a sé, sentendosi vestito in modo inadeguato con i suoi pantaloni della tuta e la t-shirt dei Doors. Oggi non si era neppure lavato i capelli.

"Vieni pure tu, amico?" gli aveva chiesto un ragazzo tutto sorrisi con i capelli ramati, ma lui aveva scosso la testa.

"Nah. Studio," aveva spiegato, e il sorriso del ragazzo ramato aveva vacillato.

"Studio?"

"Già."

"… Okay."

E poi se n'era andato. 

Louis l'aveva gelato con lo sguardo mentre si allontanava. Aveva sempre trovato orrendi i capelli ramati. 

"D'accordo, d'accordo!" aveva improvvisamente urlato quando il trambusto aveva iniziato a essere eccessivo, "D'accordo, amici. Forza, dai. Avete una festa che vi aspetta!" Aveva iniziato ad accompagnare la folla ubriaca fuori dalla porta, agitando all'impazzata le braccia e provando un rispetto tutto nuovo per i cani da pastore. 

Proprio mentre la pace stava iniziando a ripristinare lentamente il suo regno, Niall l'aveva preso per un gomito. 

"Sicuro di non voler venire?" aveva controllato, un'ultima volta. Pareva radioso e rosa e costoso.

Louis aveva annuito. "Sicuro. Fagli vedere i sorci verdi, Nialler!"

Quello in risposta aveva sorriso, battendogli una mano sulla schiena, e rilanciandosi poi nella mischia, cantilenando qualche incomprensibile farneticazione. 

Questo, quattro ore fa.

Da allora, Louis ha preparato il tè, tentato di farsi il letto (aveva smesso dopo aver realizzato quanto poco senso abbia), letto due capitoli da studiare, curiosato nella stanza di Niall (e trovato niente – quel ragazzo non ha segreti), e ballato in cerchio per l'appartamento a ogni canzone della sua playlist "Cheppalleee". Che aveva appena creato.

Al momento, sta provando nuovamente a studiare. 

Ma, come da fottuto copione, il disordine di fuori sta diventando un boato assordante con tutti gli studenti che festeggiano il primo finesettimana di scuola.

E vorrebbe chiudere le finestre – quelle dannate finestre che sono praticamente rasoterra, mettendolo in bella mostra davanti a tutti gli imbecilli ubriachi che ci inciampano davanti – ma fa caldo e gli piace la brezza, e se alza il volume della musica ancora un po'…

Finora ha ricevuto quattro messaggi da Niall.

Il primo consisteva in una foto di se stesso, circondato da un castello vero e proprio fatto di neon, shottini fosforescenti, la sua pelle adombrata che assorbiva la loro luce satura, con sotto la didascalia, "Manchi solo tu, amico!".

Il secondo era la foto di una ragazza con un costume da giraffa e un diadema con in mano una bottiglia di assenzio. La didascalia stavolta leggeva: "Fuori come un balcone !!!! Assenzio !!!"

Il terzo era un semplice sms. Diceva, "Ho visto la quarta dimensione."

E l'ultimo era un laconico: "Burrobirra."

Quindi pare si stia divertendo.

Che è una cosa buona e giusta per Niall eccetera eccetera, ma Louis sta fissando la stessa pagina da quattordici minuti, ignorando risolutamente la fila di finestre dall'altra parte della stanza, e tamburellando la penna su una pagina vuota di un quaderno. Si può dire con un certo margine di sicurezza che Louis non se la sta passando bene. 

Ma ha bisogno di studiare. Bisogno. Frequenta questa scuola incredibile e gli è stata data una possibilità, e ha bisogno di farla valere. È altamente consapevole del fatto che questa scuola sarebbe un ottimo trampolino di lancio verso cose più importanti e migliori. Magari non sa esattamente cos'ha intenzione di fare, ma sarà libero di scegliere. Forse si ritroverà a vivere come un rispettabile professore di teatro, bellissimo e affascinante in qualche università americana? O forse illuminerà il palcoscenico tutte le sere, declamando battute grandiose e buttando qualche gesto esagerato al pubblico che agogna la sua presenza e urla il suo nome?

Non importa cosa diventerà, una cosa sola è certa – deve approfittarsi dell'opportunità che ha di fronte. Anche se non è ben sicuro di come farlo. O da dove cominciare. O dove lo porterà veramente questa strada. O dove vuole che lo porti.

Cazzo.

Proprio quando è ormai stanco marcio dei suoi stessi pensieri e dell'andirivieni di fuori – ha visto troppi passanti ubriachi e né la musica né la concentrazione né la tv possono sovrastare il casino – che Louis decide, al diavolo la brezza, di chiudere, serrare e coprire le finestre del salotto, e fare finta di essere in mezzo al deserto.

Va alla finestra con una faccia scontrosa, rimpiangendo il tempo sprecato dopo aver letto la stessa frase per almeno sette minuti, e sta giusto per chiuderla, le mani poggiate sul legno, quando spunta un giovanotto che gli incespica direttamente sulla finestra, col completo impeccabile che brilla sotto il cielo illuminato dalla luna, la puzza di fumo e alcool che permea l'aria.

Louis sbatte le palpebre una, due, tre volte, fissando il ragazzo che gli è davanti. 

È Zayn Malik. 

Ha gli occhi vitrei e la mascella rilassata e lo guarda con qualcosa che somiglia a curioso stupore, il volto imperlato da un sottile strato di sudore, che allenta ciocche dei suoi capelli immacolati. Ha tutta l'aria di essere innocente – così diverso dal serpente che aveva visto la prima volta che aveva posato gli occhi su di lui.

Louis è completamente spiazzato, come congelato.

Si fissano, la mano di Louis vicino al chiavistello della finestra, Zayn con le gambe molli, le braccia che gli ciondolano ai fianchi, sbattendo le palpebre pigramente con quelle incredibili, sterminate ciglia. Proprio quando il ragazzo abbozza un sorriso dolce, che intenerisce Louis all'istante, d'improvviso artiglia i lati del davanzale, e per un attimo pensa sul serio che stia per salire dentro a tenergli compagnia per il resto della serata, per sedersi tranquillamente a sorridergli come se fosse la perfezione fatta persona.

E invece, butta la testa oltre il davanzale e gli vomita sulle pantofole. 

Segue un silenzio raccapricciato e sbalordito. 

Louis è pietrificato, non ha ancora abbassato gli occhi, e solo un pensiero gli guizza per la testa: Zayn Malik mi ha appena vomitato addosso.

Zayn alza la testa, adesso con gli occhi arrossati e annacquati, tutti contriti e carichi di una sofferenza infantile. È combattuto se sbattergli la finestra in testa, invitarlo a entrare, o semplicemente scappare via a pulire i suoi maledetti piedi.

È un momento veramente catastrofico. Ma come cazzo…??

Ma poi, d'un tratto, il ragazzo bonario che si ricorda di aver visto al negozio del tè è al fianco di Zayn quasi subito, gli occhi che esprimono pura umiltà, i capelli castano chiaro tagliuzzati con precisione, i tratti addolciti in una scusa. Poggia un braccio di sostegno attorno alle spalle dell'altro, agguantandogli il bicipite con l'altra mano con gentile fermezza, e mentre regge un ora barcollante Zayn, che è, abbastanza palesemente, troppo ubriaco per fare alcunché, il ragazzo gli dice in un tono molto educato e netto:

"Le mie più sincere scuse, signore. Sa come vanno queste cose. Di solito non è così, glielo assicuro."

Louis lo guarda, sconvolto – gli ha appena dato del signore?? – estremamente conscio del vomito che ha iniziato a filtrare nel tessuto delle pantofole, e si limita ad annuire come un idiota, a bocca completamente spalancata e i sensi intorpiditi e attoniti.

"Va – va bene," dice, in gran parte sotto shock, e il ragazzo immediatamente sorride, sollevato.

Si scusa un'ultima volta con un cenno del capo prima di accompagnare via un semi-catatonico Zayn Malik in stato confusionale, sparendo in fretta com'erano apparsi.

E Louis rimane lì impalato. 

Ma che cazzo…??

Fissa il vuoto per altri dieci minuti prima di cedere finalmente a uno strillo, strappandosi le pantofole dai piedi, e corre in bagno a lavarsi (ripetutamente), levandosi i vestiti lungo il tragitto e cercando con tutto se stesso di non pensare ai suoi piedi o all'odore che ha pervaso l'aria, e che, potenzialmente, potrebbe non andarsene mai.

Fanculo.

Questa.

Scuola.

**

Dopo che Louis è bello strofinato e i suoi piedi sono stati in ammollo in acqua e candeggina, emerge dal bagno con le guance rosa e avvolto nei vestiti più comodi che possiede nella speranza di attutire il trauma emotivo. Questo perché a Louis Tomlinson hanno vomitato addosso, e come si fa a voltare pagina dopo un'esperienza simile? C'è una parte di lui che muore dentro se gli finisce un po' di pipì addosso – il vomito fa categoria a parte.

Con i pensieri che alternano tra "Odio quel cazzone di Zayn Malik" e "ricerca pace interiore: in corso", Louis striscia nel letto, si porta i libri, mette i rilassanti suoni della natura sull'iPod, accende le candele, e chiude ogni tenda e ogni porta dell'appartamento. Le finestre non le riaprirà mai più.

Alla fine, attinge alla pace interiore, sentendosi coccolato e a suo agio mentre fa i compiti, fasciato dalle coperte. Ha appena iniziato a chiedersi dove sia finito Niall quando comincia a cedere al sonno, col libro spalancato, scarabocchi arrabbiati e vendicativi di Zayn Malik ai margini. Come ha potuto pensare che avesse una faccia innocente? Quel cazzone è una macchina sputavomito. 

Gli pare di aver appena chiuso gli occhi quando viene improvvisamente risvegliato dal suono di una porta che sbatte, accompagnato da una sfilza di risate e addii urlati e qualche battuta comprensibile solo dai diretti interessati.

Gemendo dallo squallore che è la sua vita, alza la testa dal libro, il foglio attaccato alla faccia, terribilmente intontito e confuso. 

"Louis! Bello!" la voce di Niall lo chiama, attraversando il vuoto. 

E no, Louis non ha voglia di socializzare. Ora come ora l'unica cosa che è in grado di metabolizzare è che ha la luce ancora accesa che va spenta se decide di tornare a dormire – come senz'altro deciderà.

Dunque si mette a sedere, le membra intorpidite, strofinandosi gli occhi, lì lì per spegnere la luce, quando di colpo sente:

"Che minchia è 'sta merda??"

E allora Louis ricorda. 

Si schiarisce la gola, la voce assonnata pronta per l'uso. "Non starai mica guardando una pozza di vomito, per caso?"

Senza un'altra parola Niall entra nella stanza, gli occhi dilatati, i capelli molto più scarmigliati di come glieli avesse acconciati, i vestiti che gli penzolano addosso madidi di sudore.

"Ma che – stai bene bene, amico? Sei malato?"

Louis geme, la testa che sprofonda nelle mani con cui si strofina la faccia. Al momento non capisce nemmeno che sta succedendo, non si vuole neanche azzardare a toccare l'argomento Zayn Malik e rigurgito.

"No. Com'era la festa, allora?"

E per fortuna, l'attenzione di Niall è fugace come quella di un pesciolino rosso. 

"È stata una figata pazzesca! Era in un hotel, c'era una sala enorme, una roba fuori dal mondo, mai viste di così! Cioè, sapevo che dicevano che era forte, ma mica mi aspettavo questo," ride, appoggiandosi contro il telaio della porta con un'espressione ammaliata. Si perde per un attimo nei suoi pensieri. "Però è strano. Zayn Malik non era da nessuna parte. Ha organizzato la festa e manco c'era!" Detto questo, si siede sul letto di Louis e si stiracchia, le guance arrossate e la pelle lucida, si porta le mani dietro la testa e fissa il soffitto con un sorriso appagato, riprendendosi dalla scarica di adrenalina.

Louis lo esamina con un sopracciglio inarcato. "Oh, ne sono al corrente. Senz'ombra di dubbio Zayn Malik alla tua festa non c'era."

"Perché dici così?" gli chiede Niall, allungando il collo.

"Beh, è stato qui, non lo sai. Si aggirava per la scuola, alla ricerca delle finestre di poveri, innocenti studenti studiosi che si stavano facendo i fatti loro, per vomitarci dentro." E lì gli lancia uno sguardo significativo. 

Niall sbatte le palpebre prima di capire. 

E poi fa un balzo dal letto, scoppiando in una risata maniacale, l'incredulità scritta a caratteri cubitali sul suo volto come una caricatura. 

"Quel – di là – le tue pantofole – è stato Zayn Malik? Ti ha vomitato sulle pantofole? Mi prendi per il culo? Che fai, sfotti?" Per qualche ragione, Niall pensa che sia la cosa più divertente che sia mai successa mai, e quindi continua a crepare dalle risate sul letto di Louis, tenendosi la pancia come un bambino, ridacchiando e ansimando mentre l'altro lo fissa, per nulla colpito, gli occhi ridotti a due fessure e i capelli appiccicati alle guance. 

Bastardino maleducato.

"Ridi, ridi. Molto divertente," dice, con tono nient'affatto divertito. "Però pulisci tu. Io non lo tocco. Ho toccato abbastanza vomito da bastarmi per una vita intera."

Niall, tra gli ansiti e le grasse risate, gli assicura, "Lo faccio pulire al mio assistente domani mattina."

Rory?

Louis si sente tacitamente grato ma anche molto in colpa. È una sensazione strana. "Beh, gli dovrò mandare tipo un cesto di frutta," borbotta, spegnendo la luce prima di tornare a letto. Clicca l'interruttore della lampada sul comodino. "Meglio lasciargli un biglietto? Soldi…?"

Ma Niall è impegnato a ridere. 

Trascorrono il resto della serata l'uno di fianco all'altro, Niall che cede di tanto in tanto a scoppi di risa al pensiero di Zayn Malik che rimette addosso a Louis e Louis che cambia efficientemente argomento ogni volta avanzando domande sulla sua serata. ("Ma quanti shottini ti sei fatto?" "Pomiciato con qualcuno?" "Ma l'assenzio com'era?" "Non è possibile che fossi davvero l'unico irlandese presente.")

Alla fine, quando la luna è bassa in cielo e sull'appartamento cala una placida calma, Niall inizia ad appisolarsi a metà storia, la bocca penzolante, e mormora un ultimo, "Ancora non riesco a credere che Zayn Malik ti abbia vomitato sui cazzo di piedi," prima di ridacchiare fino ad addormentarsi.

E, per quanto sia rimasto profondamente turbato dalla sua serata (perché sinceramente, a chi altro potrebbe capitare) si concede un piccolo sorriso divertito chiudendo anche lui gli occhi.

**

Al risveglio Louis scopre che Niall se n'è andato. Al suo posto c'è un biglietto sul letto con un paio di pantofole pulite (probabilmente quelle di Niall stesso, quelle che non ha mai messo neanche una volta) che dice, "Tienile lontane da Zayn Malik" con un grande, approssimativo smiley disegnato sotto, un mucchietto di vomito scarabocchiato nell'angolo.

Se lo immagina nitidamente a pensare a cosa scrivere nel biglietto, con quel largo sorriso da stronzetto che gli prende metà faccia, e allora accartoccia il foglio portando gli occhi al cielo e lo lancia nel cestino dall'altra parte della stanza. Scivola poi giù dal letto dicendosi molto, molto grato per tre cose:

  1. Ieri sera ha studiato sul serio. 
  2. È sabato e quindi ha il giorno libero.
  3. Non è stato svegliato dal suono del pianoforte.

Oggi sarà una bella giornata. 

Sbadiglia, stiracchiandosi i muscoli come un gatto, e inizia a vagare per casa, sentendosi lindo e pinto e completamente riposato. E molto sazio. Va subito in cucina con la speranza che siano apparse miracolosamente montagne di cibo fresco ad aspettarlo, ma invece vede quello che gli ha lasciato Niall: una tavoletta fredda di bacon e una busta di erba. 

La sbeffeggia, afferra del succo di frutta e mordicchia un croissant seduto accanto alla finestra (che ora è chiusa) (saldamente). Guarda il posto dove aveva buttato le pantofole l'ultima volta e si ritrova davanti l'adesso impeccabile patina lustra del pavimento, strofinato e lucidato, tornato al suo antico splendore immacolato. Deve proprio scriverglielo quel biglietto a Rory. O citarlo nel suo testamento. Louis si sente molto, molto grato. 

D'un tratto il suo cellulare vibra. 

Niall.

'6 sveglio?'

'Sì.'

'Sto facendo colazione da Fleet. Vieni pure tu. Bacon all'infinito.'

Non ha bisogno di farselo ripetere due volte. Si infila i primi vestiti presentabili che riesce a trovare, si avvolge una sciarpa al collo, e lascia l'edificio con la mente al bacon, al tè e ai toast, e tutti i pensieri su Zayn Malik e il suo vomito tanto, tanto lontani. 

**

Al loro ritorno, trovano Rory nell'appartamento, con in mano le pantofole di Louis. Ma ora come ora quella è davvero l'ultima cosa della sua stanza di cui potrebbe fottergliene qualcosa.

Perché non appena varcano la soglia, ad attenderli c'era la – forse – più inaspettata visione che entrambi avrebbero potuto immaginare. 

Il loro appartamento strabocca – pieno da far schifo, dall'alto in basso, nessuna superficie è stata risparmiata – di fiori. 

Fiori.

Ogni tipo di fiore di ogni genere di colore, mazzi e fagotti ovunque. È essenzialmente una serra, o forse sono i giardini di Versailles, ed è veramente sconcertante – perfino Niall è senza parole, e Louis è quasi tentato di filmare questo fenomeno – e tanto bello da togliere il fiato, rose gialle che risplendono alla luce, gigli che giacciono docili e forti, le viole che ricoprono il pianoforte, e le ortensie sistemate in vasi ordinati lungo le linee del pavimento. 

Gli sguardi fissi di Louis e Niall, ancora stagliati sulla porta con le mascelle cascate fino al pavimento, individuano simultaneamente un biglietto panna esageratamente grande sulla coltre del camino.

Con una calligrafia larga e affusolata, annuncia:

"Ti chiedo scusa per ieri sera. 

Ti prego di unirti a me per pranzo. 

Nelle mie stanze. 

Zayn Malik"

Ora davanti al biglietto, Niall e Louis lo leggono ad alta voce insieme prima di posare gli occhi su Rory che è ancora in piedi con le scarpe, con un'aria leggermente disorientata. 

"Eri qui…?" inizia Louis, incapace di formulare qualcosa di più coerente di questo, ma gli occhi di Rory scattano subito su di lui, sull'attenti.

"Sì. Stamattina è venuto un giovane, in compagnia di alcuni altri. Ha fatto consegnare espressamente tutti questi fiori – nella speranza che cacciassero qualunque cattivo odore di cui lui fosse stato la causa, ha detto. Una cosa così. Ha detto di chiedere di lui a qualunque ora, e che le sue stanze sono in cima alla torre – in cima – e che aspetta impaziente di incontrarla," narra Rory impeccabilmente, un'aria professionale mentre si trascina da un mocassino all'altro. 

Louis lo guarda, sbalordito. Poi si volta immediatamente verso Niall.

"Tu vieni con me."

Le mani di Niall si alzando sulla difensiva. "No, amico. Questo casino è tutto tuo. Te la devi vedere tu. Senza contare che ho dei postumi da paura. Ho bisogno di dormire. E di fumare."

Louis continua a fissarlo disperatamente, servendosi del suo repertorio più tenero di occhi da cucciolo. "Ma che farò??"

"Ci vai. Saprai cosa fare."

A quanto pare Niall è immune agli occhi da cucciolo. 

E allora Louis si prepara per il pranzo mentre Niall si chiude a chiave in camera sua e spande per l'appartamento la musica di Tchaikovsky e Bach (musica da postumi da sbornia? Gente strana, gli irlandesi).

Dopo venti minuti buoni di panico e confusione su cosa indossare – di solito Louis non ha problemi, ma è a disagio e arrabbiato e incuriosito e nervoso e cazzo, com'è che ci si veste per un pranzo di scuse offerto dal tizio che ti ha vomitato addosso ma a cui non hai mai effettivamente parlato? – inizia a cedere al panico più profondo. 

Perché dove cazzo sta andando? Che cazzo sta facendo? Perché cazzo ci sta andando? Chi cazzo sta per incontrare? E quando cazzo aveva iniziato a importarsene di quello che questa gente pensava di lui?

Dovrebbe solo mettersi la tuta e infilarsi lo stesso paio di pantofole che Zayn Malik aveva precedentemente insudiciato. Ecco cosa dovrebbe fare. 

E invece – a questo siamo arrivati? – inizia a picchiare alla porta di Niall. 

"Ehi!" urla, "ho bisogno del tuo aiuto."

Nessuna risposta, la musica si propaga ancora dalla stanza. 

"NIALLER. HO. BISOGNO. D'AIUTO," strilla, picchiando più forte. 

Al che, sente un brontolio e qualcosa che struscia prima che la porta si apra con un cigolio. 

"Ma non ha alcun senso," sospira quello, gli occhi arrossati. 

"Invece sì. Ho bisogno del tuo aiuto."

"E porca puttana. Perché io? Di solito mi supplichi di non darti una mano. O rifiuti nettamente il mio aiuto."

"Oggi è diverso. Ho bisogno di un tuo consiglio. Che mi metto?"

"Scherzi?"

"… No?"

"Non ti sai vestire da solo? Sei un uomo fatto e finito, cazzo!"

"Ma i tuoi vestiti sono meglio dei miei!" si lagna, e il cipiglio di Niall si addolcisce. 

"Oh. Vuoi che ti presti qualcosa?"

"No!" abbaia immediatamente. Indugia. "Forse." Incrocia le braccia e Niall inarca un sopracciglio. "Sì, va bene, d'accordo, mi serve che mi presti qualcosa. Ma non perché lo voglio!" aggiunge, additandogli la faccia. 

Niall acchiappa il suddetto dito e lo spinge via con gentilezza. "Sì, sì, capito l'antifona. Adesso entra. Potevi dirlo e basta. Prendi quello che vuoi."

Ed è così che il mondo finisce quando Louis chiede a Niall consigli di moda. 

Ma, finalmente, è vestito alla perfezione (un maglione nero con del bianco brillante e inamidato che spunta fuori e dei pantaloni grigi aderenti, completati dalle scarpe nere lucide che irretiscono la luce appena appena) e si erge davanti a Niall, pronto per il giudizio. 

"Beh?"

E forse gli importa un pochino del suo aspetto perché i fiori più il biglietto e le scuse l'hanno incantato, e forse un po' non sta nella pelle all'idea di questa presentazione vera e propria, e allora aspetta la valutazione di Niall speranzoso, lanciandosi uno sguardo un'altra volta. 

"Grande, amico," gli assicura lui, e gli aggiusta il colletto e gli spolvera finta polvere dalle spalle. "Pronto a partire, Cenerentola. Dacci dentro!" E con un'ultima pacca sul sedere – "Ehi!" strilla Louis con un'occhiataccia – lo saluta con la mano e torna a dissolversi nella propria stanza. 

E così, inspirando un'ultima volta, apre la porta e lascia l'appartamento.

--

NdT. Mi scuso perché "What the fucking cunt is this pile of shite??" è stato reso con "Che minchia è 'sta merda??"; non gli ho reso giustizia lo so, perdono! Mi ero quasi scordata di aggiornare la storia, tra l'altro, ma alla fine ce l'ho fatta! Yay!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5.

Louis sale i gradini della torre, uno per uno, per quella che sembra un'eternità. Con ogni passo strascicato, lo stomaco gli sprofonda sempre di più: che sta facendo? Perché ci sta andando, poi? Le sole esperienze che ha avuto con questo tizio sono state quando: a) aveva ingiustamente preso quella che avrebbe dovuto essere la sua bevanda alla sala del tè, e b) si era vuotato lo stomaco su di lui. 

E da questa prospettiva, l'idea che abbia anche solo preso in considerazione di venire qui gli pare ridicola. 

Eppure eccolo lì, vestito al suo meglio (o piuttosto, il meglio di Niall), e ha finalmente raggiunto la cima, nervi a fior di pelle, pugni infossati nelle tasche. Davanti a lui, una vecchia porta di quercia ad arco socchiusa, la luce del sole che si propaga in tenui raggi. 

Cazzo. Bussa? Lo chiama? È immensamente più semplice con Niall con cui può semplicemente picchiare sulla porta e urlare il suo nome fino a quando non viene notato. Non è abituato a relazionarsi con le persone reali. 

Con la sensazione di essere parecchio impreparato riguardo ogni cosa della vita, Louis poggia le mani contro il legno freddo e sbircia dentro. 

Di fronte a lui si staglia la stanza più sofisticata, più ridicolmente lussuosa che abbia mai visto. È al contempo antica e moderna (un qualcosa che non sarebbe mai stato capace di concepire prima, ma che chissà come funziona) ed è raffinata, chic, e schifosamente snob. Fa impallidire il suo stesso appartamento, idea molto difficile da digerire, a essere sinceri. 

Sparsi per la stanza vi sono dipinti ampi e splendidi di immagini color antracite spruzzate di viola, rossi, e smeraldi, alcuni sui muri e altri per terra, accatastati uno sull'altro, in attesa di essere appesi. Scaffali carichi di innumerevoli libri sono allineati sulle pareti, il lucido dorso di pelle che luccica sotto le ombre ambient dei lampadari di cristallo, e sparpagliati sui muri vi sono quelle che hanno tutta l'aria di essere prime edizioni di fumetti, protette da un vetro spesso, sospese in aria con le loro pagine consumate ferme, mute. Ci sono casse acustiche scintillanti e grandi finestre di vetro limpido e dei tappeti decorativi ebano e caraffe di cristallo e leggii musicali e – è mica un cazzo di pianoforte, quello? Ma sul serio? Sono un prerequisito dei ricchi?

E nel bel mezzo dell'opulenza generale, c'è un gigantesco tavolo di legno rettangolare, stretto, pieno di posate e cestini straripanti di frutta, formaggi, bottiglie di vino e uova. E al centro, a versare vino in ogni bicchiere, c'è il ragazzo di ieri sera con le sopracciglia spesse e il volto sereno. All'angolo, poco più in là, c'è il ragazzo del vomito in persona, accomodato su una sedia di camoscio che sembra stata costruita per un dio, intento a fumare languido una sigaretta.

Louis resta immobile, impacciato, ormai dentro la stanza, vero com'è vero che i padroni di casa non se ne sono accorti. Completamente all'oscuro sul da farsi, bussa alla porta senza tante cerimonie, malgrado sia già entrato, e cerca di essere ottimista.

Come una persona sola, i due alzano entrambi lo sguardo.

Mentre il ragazzo con i capelli tagliati corti sorride beato, Zayn Malik a malapena gli dà un'occhiata e piega la testa di lato, con il più spoglio dei sorrisi a sfiorargli l'angolo delle labbra. 

"Te l'avevo detto che sarebbe venuto, Liam," si limita a dire. 

"Magnifico!" esclama Liam (?), alzando festosamente la bottiglia di vino mezza vuota. "Non ci speravo!"

Louis si schiarisce la gola, molto conscio del fatto che nessuno dei due conosca il suo nome mentre lui ora li conosce tutti e due. Dovrebbe presentarsi?

"Beh, come avrei potuto darvi buca?" si accontenta invece di dire, con un sorriso disarmante sul volto. "Sarebbe stato maleducato, con tutti quei bei fiori che mi avete mandato. Grazie, ragazzi. Siete riusciti a scacciare via il vomito."

Liam fa una risata, educata e asciutta. 

Zayn abbozza un sorrisetto, spegnendo la sigaretta, e si alza in piedi. 

"Ti sono piaciuti, allora?"

"Certo," dice immediatamente, ancora immobile al suo posto vicino alla porta. 

"Di nuovo," inizia Liam, poggiando la bottiglia di vino ora vuota sul tavolo e fronteggiando Louis, "vogliamo solo dirti quanto ci dispiace per tutta questa faccenda. Non è mai successa una cosa del genere, e ti diamo entrambi le nostre scuse."

Louis annuisce, gli occhi che istintivamente scivolano su Zayn. 

"Ti chiedo scusa," mormora quello, e ha la voce delicata come la notte, un timbro che sembra possedere tutto il fumo che fino a poco fa gli riempiva i polmoni. Cammina verso di lui, mani in tasca, spalle rilassate, ma gli occhi indugiano su Liam. È la personificazione della rilassatezza e della calma. 

Se Louis fosse una persona semplice da intimidire, questo sarebbe il momento per scappare. Per sua fortuna, è completamente imperturbato. Per lo più. 

"Oh, ma dove ho lasciato le buone maniere?" esclama Liam d'un tratto, battendo le mani. Zayn lo osserva con un affetto discreto che Louis immagazzina nel proprio cervello mentre prova a intuire le dinamiche in atto. "Io sono Liam. E, come sono sicuro saprai, lui è Zayn."

Louis annuisce, estraendo con riluttanza le mani dalle tasche mentre Liam fa per stringergliene una.

"Louis Tomlinson," risponde con un cenno del capo, e il volto di Liam si illumina.

"È un bel cognome, no? 'Tomlinson'… Hai parenti nel campo giuridico?" chiede, una mano ancora stretta alla sua. 

"Mio padre, sì," e non va oltre, ritirando la mano.

Non parlerà di Charles. E non giocherà a "Ooh, e tuo padre cosa fa? Quanti soldi ha la tua famiglia?".

"Carino qui," cambia agevolmente argomento, con un cenno a Zayn che sta ancora guardando Liam. "Pensavo che il mio appartamento fosse esagerato. A quanto pare mi sbagliavo."

"Esagerato?" chiede Liam interrogativo, e gli occhi di Zayn finalmente si posano su di lui. 

Cazzo, è incredibilmente bello.

"Beh, sì. Gli alloggi per studenti di solito non comprendono pianoforti, no? E nemmeno… nulla di tutto questo," dice, indicando i romanzi immacolati e gli antichi leggii. 

"Non ti piace?" chiede Zayn, e la sua voce è così dolce e gentile da essere quasi tagliente, facendolo trasalire quando i loro occhi si incrociano.

"Non tanto. A te sì?"

Liam sbatte le palpebre per lo stupore, e Louis si chiede se Zayn Malik sia abituato a essere trattato come un normale essere umano. O se viene semplicemente baciato e coccolato tutto il santo giorno. 

Zayn alza le spalle. "Non è male, credo. Non posso lamentarmi, no?"

"No, questo è sicuro. Cattive maniere e bla bla bla. Allora. Quando si mangia?" e Louis si mette a sedere al primo posto che vede, sul lato destro a capotavola. 

Dopodiché, Zayn e Liam si scambiano un'occhiata, che però sembra divertita, e nessuno dei due protesta, sedendosi piuttosto anche loro, il primo a capotavola, e il secondo alla sua sinistra. 

"Possiamo offrirti qualcosa?" chiede Liam educatamente, offrendo un'altra sigaretta a Zayn con quell'agio tipico che si vede solo con un coppia sposata da molti anni. 

Gettando uno sguardo tra i due e i loro modi sincronizzati, non può fare a meno di chiedere, "Di chi è che erano queste stanze?" facendo ridere Liam.

"Sono di Zayn. E mie, in sostanza. Ne ho altre tutte per me, ma non ci vado mai. Rimango qui di solito."

"Perché?" 

Zayn lo guarda, un altro sorrisetto che minaccia di rivelarsi. 

"Sto con Zayn," risponde l'altro semplicemente, e Louis rispetta la schiettezza dell'affermazione. "Dove sono le tue stanze?"

Louis fa una faccia significativa. "Me lo stai seriamente chiedendo? Posso riaccompagnarti alla finestra, se ti va. Ricostruiamo la scena," dice, e non riesce a tenere a bada una punta di ironia dalla sua voce mentre rivolge lo sguardo verso Zayn. 

Ma quello si limita a fare l'ennesimo sorrisetto, e a dire attraverso una tendina di fumo, "Avresti dovuto vedere la tua faccia."

"Mi stupisce che te la ricordi! Sarei potuto essere uno gnomo da giardino per quanto ne sapevi tu. Eri ubriaco fradicio."

E quel commento suscita uno scroscio di risa sorprese da parte di Liam. Si poggia le dita sulle labbra quasi subito dopo, come a scusarsi silenziosamente, ma i suoi occhi sono ancora increspati dall'allegria, mentre lo osserva. 

"Sei molto diretto," dice, ma è con piacere piuttosto che con spregio, per questo Louis alza il suo bicchiere di vino, inarca un sopracciglio, e risponde:

"È la mia sfumatura migliore," e prende un sorso.

Ridacchiando un po', con gli occhi piantati su di lui, Liam imita il gesto, e Zayn sorride apertamente.

"E quindi," dice Louis, leccandosi le labbra e mettendo giù il bicchiere, "Ci saranno altri a questo pranzo?" fa un cenno in direzione della distesa di posti vuoti.

Come un orologio, un basso brontolio di voci comincia a diffondersi nella stanza, un tacchettio che fa eco contro le scale di legno.

"Già," risponde Zayn senza che ce ne sia bisogno, e il suo volto è così impeccabilmente divertito, lo fissa palesemente come se fosse uno sketch comico con la sua sigaretta penzolante tra due dita, tanto che Louis vorrebbe quasi scoppiare a ridere. 

Chi sono queste persone? E di che materia sono fatte?

Zayn è chiaramente fatto di fumo, vino, prodotti per capelli, e le pagine sbiadite di un romanzo. 

Liam è fatto di Hermes, conversazioni educate, denti, e cristallo. 

Louis probabilmente è fatto di alito cattivo, irascibilità, e tutto il bacon che ha mangiato stamattina. 

In quel momento, dei ragazzi iniziano ad affollare la stanza.

Seguono una sfilza di saluti, strette di mano, cenni del capo, bicchieri che vengono riempiti, e cestini che vengono spennati da uova e formaggi. Gli ospiti si somigliano grossomodo tutti fra loro – maschi, bellissimi, ben curati, vestiti con colori estivi, e profumati dei migliori oli e dopobarba che il mondo moderno abbia da offrire – e man mano che si siedono, ognuno di loro guarda Louis senza però fare domande, troppo educati per mettere in discussione la sua presenza, e lo trattano con tutto il tacito rispetto di chi dà per scontato di essersi già presentati. Un ragazzo in particolare, capelli rossi e sorrisi dolci (Edward, se non sbaglia?), lo fa sentire a suo agio, ridendo a tutte le sue battute e riempiendo regolarmente il suo bicchiere di vino fino all'orlo.

Anche gli altri ragazzi sono gradevoli, e Louis inizia piano piano a distinguerli tutti; Matthew è un po' nevrotico e biondo, George è aggressivo e sportivo, Philip è borioso e un hipster della madonna, e Lyle è la reincarnazione vivente di tutti i cattivi Disney di sempre.

Ma ne è incantato.

Alla fine, dopo aver sentito Liam riferirsi abbastanza volte a lui come "Louis", i ragazzi iniziano a capire, e viceversa. E Louis può quasi dire di starsi divertendo.

"Ragazzi, ragazzi," annuncia improvvisamente alla tavolata, e il chiacchiericcio e le risate cessano e tutti si voltano a guardarlo. "Mi sembra proprio il caso di fare un brindisi, che ne dite?" C'è qualche cenno di assenso sparso e, ancora più, sorrisi perplessi. "Sì. Allo sfanculamento della prima settimana di scuola, e, ovviamente, a Zayn Malik e alla sua incredibile inettitudine nel reggere l'alcool."

C'è un breve e sbalordito silenzio e tutti gli occhi scattano su Zayn, e sì, Louis adesso ha l'assoluta certezza che nessuno insulta o prende per il culo questo ragazzo. Anzi, da quanto ha potuto vedere, non interagiscono nemmeno poi così tanto con lui. Se ne sta seduto lì, a ridere alla battuta occasionale, a osservarli uno per uno dal suo trono, ma sembra contento di essere fuori dai riflettori, a godersi la compagnia di Liam e delle sue sigarette. 

Sembra oltretutto che gli si stiano stracciando le palle dalla noia.

Perciò, senza scusarsi, Louis si volta a sorridere a Zayn, che gli sta apertamente sorridendo di rimando, la schiena poggiata sulla poltrona di legno, a gambe tese. 

"Brindiamo," sorride, alzando il bicchiere, "A noi e, ovviamente, al nostro nuovo amico Louis Tomlinson."

Liam si illumina. "A Louis!"

E mentre i ragazzi recitano in coro il suo nome, porta gli occhi al cielo, butta lì una battuta, e vorrebbe tanto pensare a come sia tutto molto superficiale e futile… ma si ritrova a esserne invece segretamente compiaciuto. 

Proprio quando hanno buttato tutti giù un collettivo sorso di vino – ed è il miglior vino che Louis abbia mai bevuto, buon Dio – che la porta improvvisamente si apre ancora una volta.

Ed è un altro ragazzo bellissimo. 

Di questo passo non dovrebbe più sorprendersi visto che questa scuola è apparentemente (miracolosamente) abitata solo da coloro che sono amati dagli dei.

Questo qua ha un completo grigio chiaro, quasi perla, con un papillon salmone e una sciarpa color champagne. I suoi capelli sono un pasticcio scintillante e modellato di ricci  che paiono mousse al cioccolato sopra una faccia da bambola di porcellana, fumosi occhi verdi su una pelle d'avorio – pelle d'avorio che contrasta pericolosamente con labbra rosse e velenose dalla forma così perfetta, che Louis mette in dubbio la loro autenticità.

Sui ragazzi cala un silenzio sorpreso, e ogni paio d'occhi si fissa sul nuovo arrivato, compresi quelli di Zayn, e l'intera stanza si illumina. Subito prestano tutti attenzione a lui, a quanto pare felicissimi di vederlo. 

E Louis intuisce che il ragazzo ne è consapevole, lo vede dal lento sbattere delle sue palpebre e dalla calma calibrata dei suoi movimenti, ma a malapena saluta la stanza. Senza neanche uno sguardo nella loro direzione, lo sconosciuto inizia a srotolarsi la sciarpa di raso color panna dal collo, le dita ingioiellate che lentamente sbrogliano la treccia intricata.

Con gli occhi che seguono l'operazione in corso, il ragazzo dice, in una voce strascicata e musicalmente monotona:

"Salve, miei fiorellini."

Ha un tono spavaldo e compiaciuto, come se sapesse esattamente quello che sta facendo e dicendo. Questi ragazzi sono suoi – sono bellissimi, e sono la sua collezione. 

E a Louis la cosa subito non va a genio.

Perché questo ragazzo, questo intruso dall'aspetto curato coi ricci, il papillon, e i colori sgargianti non ha nemmeno la decenza di fare un vero saluto, non si è filato nessuno, preferendo immediatamente esordire scusandosi del ritardo. 

"Sono stato trattenuto a un incontro da un professore molto… premuroso." Lo dice con tale compiacimento, con le labbra rosse e peculiari in un sorriso di scherno.

Non fa che incrementare il suo fastidio.

Distoglie gli occhi da quelle labbra, da quelle labbra sbagliate in una posa così perfetta da sembrare dipinte su una bambola, prive di alcuna reale emozione o vita. Piuttosto, si concentra sui suoi movimenti regolari per sciogliere il complesso nodo della sciarpa di raso, con gli occhi ancora su se stesso mentre parla a voce bassa e calante.

"Le avevo pure detto che sarei arrivato in ritardo! Purtroppo, avevo il mio stupendo cappello oggi – quello beige che ho comprato quando siamo stati a Ibiza – quindi non posso di certo biasimarla, poveretta. L'ennesima spettatrice alla più gloriosa illustrazione della vita." E ha una voce così melodiosa e assurdamente beffarda, l'abbozzarsi di un mezzo sorrisetto storto, che Louis si chiede se sia in grado di prendersi sul serio. O se qualcuno dei presenti possa prenderlo sul serio.

Ma a quanto pare sì, visto che adesso stanno tutti ridacchiando, concordando entusiasticamente a bassa voce.

Ma che cazzo significa?

Il ragazzo senza nome con il sorriso beffardo si avvia tranquillo subito verso un bicchiere vuoto di vino posato sul davanzale della finestra, abbandonato. Il sorriso è ancora lì, e si versa una generosa porzione di Pinot Meunier. Nel silenzio ininterrotto, prende un sorso, ancora senza aver veramente guardato in faccia nessuno, dandogli le spalle. 

Eppure ogni singolo sguardo è ancora su di lui. 

Compreso quello di Louis, che lo guarda con disprezzo.

Il ragazzo sa quanta attenzione sta ricevendo, pare avvertire il controllo in suo possesso, ma non gli importa. Dove Zayn siede a capotavola come leader conclamato ma si gode la solitudine delle ombre, questo tizio sembra lieto di sguazzare nella sua leadership autoproclamata, adorando i riflettori senza dare veramente alcunché ai suoi seguaci. È un ruolo che sembra soddisfarlo e in cui si sente estremamente a suo agio. Cosa che lo rende ufficialmente un coglione di prima classe.

Louis osserva la scena, i suoi occhi guizzano tra il gruppo di ragazzi che lo fissano quasi in attesa e il ragazzo che regge gli sguardi senza farsene assolutamente nulla.

Zayn scruta tutto ciò attraverso la sua coltre di fumo, studiando i movimenti del ragazzo, senza però aprire bocca.

Alla fine, il ragazzo prende finalmente in considerazione il padrone di casa, forse sentendosi i suoi occhi fumosi addosso, e si volta con un sorrisetto un po' birichino e felice mettendo giù il bicchiere vuoto, camminando a grandi falcate verso Zayn. Gli accarezza una guancia con dita lunghe e sottili che sembrano avere la consistenza di perle, e gli stacca la sigaretta dalle labbra, portandosela alla bocca, mormorando un saluto prima di premere serenamente le sue labbra a quelle di Zayn. 

Louis osserva quest'interazione, questa considerazione, lanciando un'occhiata a Liam (che non esprime né fastidio né offesa) prima di riportare gli occhi su Zayn che non pare turbato dai recenti avvenimenti, divertito se non altro, e restituisce intensamente lo sguardo al ragazzo. 

"Harry," mormora, in saluto.  

"Harold. Harold Styles," lo corregge, e Louis si fa immediatamente un appunto mentale di non chiamarlo mai "Harold." O fare qualunque cosa gli chieda. Harry fa una specie di sorriso e fa un tiro con la sigaretta, e il fumo gli si intreccia agli spessi grappoli dei ricci. 

Gli altri ragazzi iniziano a urlare i loro saluti. 

"Che bello vederti, amico!"

"Meno male che ce l'hai fatta!"

"Non pensavamo venissi."

"Sinceramente pensavo fosse strano che non fossi qui."

Harry annuisce in risposta, sorridendo – è una maledetta fossetta da cherubino, quella? – e stringendo un paio di mani, tutto questo senza spostarsi dal fianco di Zayn, con una mano poggiata sulla sua spalla.

Dopo qualche altro mormorio a Zayn, va da Liam e gli passa la mano sui corti capelli castani prima di portargliela sulla nuca. Scocca un altro bacio a Liam stavolta, questo con uno stupido e esagerato "MWUAH!" alla fine, e il fumo della sigaretta si arriccia ancora nell'aria, scemando sulle dita, premute sulla testa di Liam.

Louis osserva il tutto pensando due cose:

1. Vorrebbe che ci fosse Niall ad assistere.
2. Ma che cazzo passa per la testa di 'sto tipo?

Perché mentre osserva questo scambio apparentemente innocuo, si ritrova a essere irrimediabilmente allarmato dal vuoto che c'è negli occhi del ragazzo che passa al vaglio tutte queste persone come fossero i suoi giocattoli, emanando qualcosa di simile all'affetto morto. Perché c'è qualcosa di profondamente sbagliato in Harry, e non si sente che a disagio davanti ai suoi verdi occhi densi che non trattengono nulla e a quella bocca troppo perfetta che non esprime nulla e alla freddezza del suo comportamento in generale, nonostante i suoi movimenti languidi. 

Ed è quella fossetta, quella fossetta infantile, accompagnata da falsa innocenza e un fascino all'apparenza dolce e da quel modo di fare spontaneo e seducente che contrasta con qualcosa che Louis non riesce esattamente a decifrare. Ma qualcosa non va in lui, c'è qualcosa di molto, molto sbagliato. 

Louis ne è molto turbato.

Harry si volta lentamente dopo essersi sganciato da Liam, torna indietro, e va dove è seduto Louis. Si ferma, più assorto e divertito quando guarda lui – forse per la prima volta – e i suoi occhi lo squadrano dall'alto in basso. Più che un gesto sensuale è un esame, e con quell'insopportabile, falso, mezzo sorriso sbilenco, gli fa: "Ciao, occhi azzurri," e termina la frase in un sorriso enorme. Che, per il resto del mondo è probabilmente tenero, ma per Louis è rapace e disgustoso e lo fa sentire come una persona da niente, come se fosse stato comprato con soldi sporchi in qualche squallida discoteca. 

Harry cela le ultime parole della sua frase dietro la sigaretta, prendendo un tiro profondo, e gli soffia il fumo in faccia, mantenendo nel frattempo il contatto visivo senza sbattere le ciglia. 

E Louis si sente una persona da niente e davvero di merda. E decisamente è tutto tranne che folgorato. Non reagisce, preferendo rimanere in silenzio e rispondere allo sguardo a occhi stretti.

Mentre Harry aspetta, la sua espressione si tramuta divertita e, per nulla colpito, continua a fissarlo. Continua a fumare. 

Poi Zayn borbotta, "Questo è Louis. È nuovo. Mi piace."

Anche se non lo ammetterebbe mai, il suo stomaco sorride al complimento, ma la sua faccia non lo tradisce, i suoi freddi occhi azzurri ancora assottigliati squadrano Harry dall'alto al basso. 

"Oh, un nuovo giochino?" domanda quello deliziato, e sta apertamente flirtando, ma per Louis non è che l'operato malvagio di una merda secca.

Allora gli dice, "Non sono il giochino di nessuno, grazie," e beve un sorso di vino.

Liam assiste allo scambio con occhi sgranati prima di lanciare un'occhiata a Zayn che li guarda con qualcosa che ricorda curiosità.

Ma Harry è meramente divertito, imperturbato nello scuotere le spalle, con la mano poggiata sul retro della sedia di Louis. Con movimenti fluidi, si china verso di lui, spegnendo la sigaretta e dicendo con il suo baritono vellutato, "Mi fa piacere, tesoro, ma sei sulla mia sedia." Il suo sorriso si allarga. "Ma sarei felice di condividerla."

Louis afferra i braccioli per trattenersi. Perché sarebbe maleducato dargli un pugno in faccia, soprattuto al pranzo dov'è l'ospite d'onore.

Perciò, mantenendo la calma e scansandosi una ciocca di capelli dagli occhi, si dipinge il sorriso più finto che si possa immaginare e risponde con, "Io non sono il tipo che condivide, Curly."

I suoi occhi per un attimo si rabbuiano. "Mi chiamo Harold."

"Ti ho sentito la prima volta."

Subito, Harry si leva. 

"Non credo che si sposterà," dice Zayn gentilmente, alzando lo sguardo su Harry che sta reggendo quello inamovibile di Louis. 

E da vicino, di persona, quegli occhi sono ancora più terrificanti. Dove dovrebbe esserci emozione, anima, e intimità, si erige invece un muro, freddo e oscuro, barricando il ragazzo dal resto del mondo. E Louis non riesce a non guardarlo. 

C'è un barlume di qualcosa di più vero – per un attimo soltanto – nel suo sguardo, ma poi scompare, d'un tratto e senza avvisare, sostituito dalla nonchalance.

Harry alza le spalle. "D'accordo. Non mi dispiace stare in piedi. Non sono schizzinoso."

Ed è una bugia talmente sputtanata che la stanza mormora di risate.

"È uno a posto, questo Louis," dice Edward a Harry, sorridendo dolcemente. "Simpatico."

"Oh, allora sei simpatico?" dice lui con finta gioia, e Louis incrocia le braccia.

"Enormemente. Mi riempi?" chiede a Edward, indicando il vino.

"Faccio io," interviene subito Harry, dimenando le sopracciglia, e Liam ridacchia. Quel traditore. 

"Non credo saresti all'altezza, a essere sinceri," canticchia Louis senza guardarlo, e Zayn esplode in una forte risata. 

Harry non risponde, scegliendo invece un sigaro e tagliandone la punta.

"Capisco perché ti piace, Zayn, tesoro," dice infine, delicatamente. "È molto carino. E tanto piccino."

Louis per un istante non ci vede più (odia essere chiamato basso, lo odia a morte) e lo guarda male.

"Non c'è bisogno di parlare di me come se non ci fossi, Curly."

"Harold."

"Chi?"

Harry sorride, compiaciuto, portandosi il sigaro alle labbra. "Sei proprio piccolino. Cielo." Schiocca la lingua. "Ah, sei in piedi? O – aspetta, ma allora sei seduto?"

È una beffa tanto infima, e sa che Harry lo dice solo per farlo incazzare, ma cazzo, Louis è sempre stato vittima del suo caratteraccio, quindi balza in piedi.

"Gradiresti del formaggio?" chiede, aggressivo, e cazzo – questa da dove gli è uscita fuori? Forse è sconvolto, forse no.

Immagina di doversi ritenere fortunato, visto che sarebbe potuta andare molto peggio, ma il ghigno di Harry si allarga, rivelando una fila di bei denti dritti, predatori e superficiali. 

"Che ospite accomodante che sei, Louis Tomlinson." Lo dice con una tale esagerata riverenza, che per poco Louis non scatta oltre il tavolo. 

"Hai dei brutti capelli!" esclama di botto e merda – è regredito alla rabbia infantile, adesso?

Ma a quanto pare era la cosa giusta da dire perché i ragazzi dietro di lui emettono un verso di stupore e il sorriso di Harry vacilla.

Ed eccolo di nuovo, quel barlume indefinibile. Ma poi, ancora una volta, sparisce, la noia è tornata al suo posto. E allora guarda Zayn.

"Sei andato a canottaggio ultimamente? Michael continua a chiedere di andarci ma proprio non ci riesco a fregarmene."

E come se niente fosse, l'attenzione di Harry si rivolge altrove. 

E se da una parte Louis è grato – potrebbe seriamente ammazzarlo – la cosa lo disgusta ancora di più. Perché è solo l'ulteriore dimostrazione che sta giocando con lui come se fosse un topo, adoperando il suo charme quel poco che gli occorre per guadagnarsi un altro lacchè, e gettando la spugna quando l'impresa si era rivelata troppo stancante.

Il resto del pranzo vede Harry appoggiato alla sedia di Louis, pavoneggiandosi a intermittenza mentre intrattiene una discussione frivola con Zayn e Liam, e concentrandosi su Louis, guardandolo intensamente, profondamente, e fastidiosamente. Ma senza alcun genuino interesse; piuttosto, è guidato da un desiderio annoiato di dimostrare qualcosa. 

E allora Louis lo ignora completamente.

Invece, si diverte il più possibile chiacchierando con gli altri, sciorinando battute, sfottendo, e imprecando mentre Liam lo fissa contento dall'altro capo del tavolo, con una flebile punta di malizia negli occhi. Zayn è egualmente divertito (a modo suo), con le dita poggiate contro una tempia, steso sulla sedia nella maniera più sontuosa possibile. È la copia sputata di un re, e Louis decide che, se dovessero finire per diventare amici, gli comprerà una corona.

E, nel frattempo, Harry lo fissa. E, in risposta, Louis fa battute ridicole e lo ignora.

Alla fine, i ragazzi iniziano ad andarsene. Edward ha lezione di musica, Philip ha un'assemblea, Lyle si annoia, e George vuole vedere la sua ragazza, e se ne vanno alla spicciolata.

Molto presto restano solo Louis, Zayn, Liam e Harry (il quale è ancora posizionato accanto alla sua sedia perché è uno di quei coglioni testardi lì, e continua a guardare con divertimento un piuttosto adirato Louis) e decide che adesso è il momento perfetto per fare la sua dipartita.

Si alza, lisciandosi la maglietta e ignorando gli occhi di Harry, e va a porgere i suoi saluti al padrone di casa (che al momento sta fumando nei pressi della finestra con Liam) perché ha sinceramente apprezzato la compagnia dei ragazzi che non erano gusci vuoti di esseri umani. (Ehm.)

"Beh, grazie ancora. Mi sono divertito un sacco, davvero. Il miglior pranzo della mia vita!" dice amabilmente, con un cenno col capo in segno di rispetto. 

Le labbra di Zayn si arricciano all'insù in risposta mentre Liam gli prende il telefono di mano e inserisce il suo numero. 

"Mandaci un messaggio ogni volta che hai un attimo, sì?" suggerisce, picchiettando i numeri sullo schermo. "E adesso ho anch'io il tuo numero. Così possiamo organizzarci." Fa un gran sorriso, gli occhi felici e increspati, restituendogli il telefono.

"Oh, sì, di sicuro. Fammi sapere quando quand'è la prossima volta che vi vedete. Mi piacerebbe unirmi a voi."

Zayn, che è in piedi accanto a Liam, con un braccio delicatamente avvolto alla sua vita, ha lo sguardo fisso oltre la spalla di Louis. Si sta giusto per voltare e scovare l'obiettivo dei suoi occhi socchiusi quando improvvisamente Zayn dice:

"Harry, stavi giusto per accompagnare Louis fuori, no?"

Come ha detto?

Harry, sorridendo diabolicamente, risponde subito, "Ma certo."

Louis reprime l'impulso di schiantare Zayn con uno schiaffo dall'altra parte della stanza, che si riempie di muta tensione. 

"So trovare la strada da solo," dice Louis sottolineando ogni parola, recapitando a Zayn uno sguardo significativo.

Ma quello si limita a fare spallucce mentre Liam lo osserva. "Harry ha un buon senso dell'orientamento. Non si sa mai." E non gli sfugge l'allusione velata nella sua voce.

Starà mica cercando di farli mettere insieme?

Col cazzo. 

"E garantisco belle conversazioni," aggiunge Harry, rinfilandosi la sciarpa mentre gli si avvicina a grandi passi. "Sono molto piacevole," dice, ma il suo tono fa pensare a tutto tranne che a quello, con un sorriso finto sulle labbra. 

Pensa di avere tutto il fascino di 'sto cazzo.

Louis lo fissa, senza battere ciglio. "Per qualche ragione ne dubito."

"Andiamo?" chiede fluido e monocorde, offrendogli un braccio. 

E forse è perché Liam e Zayn li fissano con aria d'attesa, o forse è perché non ha l'energia necessaria per fare casino, ma, con un profondo sospiro e dopo aver alzato gli occhi al cielo, prende il braccio di Harry. 

**

Sono finalmente fuori e Harry è riuscito a fare ancora di più il coglione. 

Ha parlato di sé, dei suoi voti impeccabili, della sua smania di affetti, di come nessuno lo capisca (e le sue abilità di attore sono tragiche, tra l'altro, non prende in giro nessuno) ed era addirittura arrivato a paragonare gli occhi di Louis a un cielo d'estate. 

Sono lusinghe vuote e fredde, e per quanto probabilmente Harry sia convinto di aver ammaliato positivamente un'altra conquista, Louis sta tenendo il vomito a bada.

"Voglio farti vedere i giardini," dice di colpo, fermandosi e voltandosi verso di lui. "È il mio posto preferito al mondo. Devi venire – ispirano, pure nel sonno."

Pure nel sonno? Ma che cazzo blatera?

"Non mi interessano i giardini, a dire il vero, ma bel tentativo," grugnisce, rimuovendo il braccio e facendo un passo indietro. 

Harry lo fissa, e Louis pensa di averlo leggermente preso in contropiede – che sarebbe la prima vera emozione che gli ha visto in faccia. "Ma di certo perlomeno sarai curioso?"

"Non direi, grazie. Se volessi vedere dei fiori farei una ricerca su Google. Proprio non mi dicono niente, sul serio." Detto questo, scuote le spalle e inizia a camminargli davanti, pregando il dolce bambin Gesù di non essere seguito. 

"Ti accompagno," gli urla Harry, titubante, e grazie a Dio – non ha provato davvero a raggiungerlo.

"Non riesco a pensare a una sola ragione perché ciò sia necessario, Curly."

"Harold," è la sua istintiva risposta, e gli guarda le spalle, leggermente irritato; Louis riesce praticamente a sentirlo abbandonare il progetto Louis Tomlinson. No, lui non è un giocattolo e anche se lo fosse, non potrebbe essere vinto. "Te l'ho proposto solo per essere gentile. Non ce le hai le buone maniere, Louis Tomlinson?"

Louis si ferma, girandosi di nuovo a fronteggiare riluttante Harry, che è ancora esattamente dove l'aveva lasciato.

"Non mi servono le buone maniere. Penso quello che dico e dico quello che penso. Non mi preoccupo di apparire in una certa maniera. Curioso, no, vivere così, non ti pare?" E senza un'altra parola o sguardo, Louis gira i tacchi e si allontana.

"Ciao…?" sente salutare Harry, quasi interrogativo. 

Ma lo ignora. 

Ed è così arrabbiato. 

Non è nemmeno sicuro del perché questo breve incontro l'abbia fatto incazzare così tanto, ma è così. È furioso. È pieno di rinnovata rabbia e amarezza e frustrazione e… cazzo.

Louis forse non sa cosa sta facendo qui, cosa farà della sua vita, o come farà a sopravvivere per il resto del semestre, ma una cosa la sa:

Louis Tomlinson odia Harry Styles. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6.

"Oh mio DIO, ho conosciuto l'essere umano più insopportabile dell'intero universo!"

Louis, ancora appassionatamente furioso, irrompe nel loro appartamento, cercando subito Niall con gli occhi.

È sul divano, le gambe stese e un braccio sul retro del divano, pacchetti di patatine abbandonati ovunque, bottiglie vuote di birra ai piedi, con dei pantaloni da ginnastica e una canottiera da basket alza lo sguardo dal portatile, la tv che strombazza una qualche partita di calcio che sta guardicchiando.

"Addirittura?"

"Oh, anche PEGGIO," esclama Louis, levandosi le scarpe con un calcio e strappandosi il maglione di dosso. "Non sapevo che esistessero davvero persone così. Cioè – non riesco a credere che siamo della stessa specie. Non riesco a credere che siamo fatti della stessa materia – c'avrà un chip da qualche parte, quello lì non è un essere umano, Niall, no, quello è un mostro robotico senza il benché minimo senso del pudore o sentimenti di alcun tipo!" Ha il fiato corto per la sua prorompente filippica, e guarda selvaggiamente l'amico, i pantaloni abbottonati per metà. 

La sopracciglia di Niall schizzano in alto, indugiando prima di portarsi una bottiglia di birra alle labbra mentre Louis entra come una furia in camera sua. 

"Sul serio? A me è sempre sembrato uno a posto."

"A posto?? A POSTO??! Niall, hai un qualche cervello in quella testolina bionda piena di liquore?? Hai il senso del giudizio così appannato perché sei nato con la camicia??" sputacchia Louis, deponendo per un attimo il tentativo di infilarsi in una canottiera troppo grande (che potrebbe anche essere di Niall, non se lo ricorda).

Il resto della birra finisce in un sorso solo. "Nah, non penso. So giudicare abbastanza bene. Sto morendo di fame – mangiamo presto?"

Ma Louis lo ignora, la faccia arrossata con tutta la furia di mille soli.

"Niall, io gli do fuoco! Lo faccio! Sul serio, non sono nemmeno sicuro di come riuscirò a esistere con attorno questo coglione, pallone gonfiato, pezzo di-"

"Ehi, ehi," lo interrompe Niall, alzando le mani in quello che Louis immagina debba rappresentare un gesto rassicurante. "Non può essere così male come dici. Sei stato via solo qualche ora!"

"Qualche ora di troppo, lascia stare!"

"Beh, cos'è successo? Cos'ha detto?"

"Cos'ha detto? COS'HA DETTO?? Ha detto tutto! Ha parlato di se stesso, ha parlato delle sue conquiste, ha parlato dei suoi soldi e dei suoi-"

"Ha parlato così tanto?" Niall sbatte le palpebre, alzandosi e avvicinandosi a Louis (che al momento è seduto al tavolo a pugni stretti). "Mi era sempre sembrato tanto taciturno."

"Scherzi? Stai cercando di nuovo di fare il simpatico? No, non sta zitto manco per il cazzo. Strepita e strepita e strepita come un maledettissimo… barboncino riccioluto," conclude con trionfo rabbioso, e già che si trova esprime la sua frustrazione folgorando Niall e picchiando sul tavolo.

"Zayn? Zayn Malik. Zayn Malik strepita come un barboncino," riconferma, chinandosi sul tavolo di fronte a Louis, a braccia conserte. 

Louis sussulta. "Chi – cosa – Zayn? No. No! Dio, Niall, no, non Zayn Malik, cazzo! Lui è a posto, sembra un bravo ragazzo. No, Harry Styles! E, oddio" – Louis si porta una mano alla bocca – "non riesco nemmeno a pronunciare il suo nome. Mi sento male solo a sentire il suono."

"Oh, Harry?" dice Niall, sorpreso. Lo guarda per un momento prima di farsi sfuggire una risatina, i tratti accesi dal divertimento. "Già, avevo immaginato sarebbe venuto. Ti sta antipatico?"

Louis lo fissa. "Mi pigli per il culo?"

Niall gli fa un gran sorriso. "Ma a tutti piace Harry Styles," lo prende in giro, e sprofonda nella sedia opposta a lui. 

"Sì, beh, allora hanno tutti un disturbo della personalità. Niall," dice, gli occhi sgranati dall'angoscia mentre si tocca il petto, "Penso sinceramente che sia malvagio. Ha seriamente qualcosa che non va. È crudele, senza cuore, freddo-"

"Queste non sono parole che ho mai sentito usare per descrivere Harry Styles," lo interrompe, con le sopracciglia inarcate. "Sicuro che parli del tipo giusto?"

"Oh, ne sono sicuro. Harry, 'Harold', Styles, no? Non sta bene, ciccio. Quando parlava era come se stesse leggendo le battute da un copione. Diceva quello che tutti volevano che dicesse senza credere a una sola parola. Si atteggiava ad anima della festa, come se tutti lo volessero-"

"Probabilmente è vero però, fra'."

"Non mi importa se è vero. Che poi se è vero – se è vero – mi rifiuto di credere che sia vero –, in che razza di mondo viviamo?!" Louis è conscio di stare quasi strillando, ma non gli importa, con le guance arrossate e i capelli che gli si afflosciano quando sbatte i pugni sul tavolo. 

Niall ride sommessamente della sua indignazione. "Beh, particolare lo è di sicuro. Cioè, io non ci ho mai avuto problemi – mi ha sempre fatto divertire un sacco. Ma c'è qualcosa che non mi convince."

"Per essere gentili," mormora Louis cupamente prima di scoppiare in una risata senza allegria. "Sono serissimo. Potrei veramente staccargli la testa se lo rivedo."  

"E calmati!" Niall ride, sporgendosi sul tavolo per dargli una pacca sulla schiena. "Non devi rivederlo se non vuoi! Andrà tutto bene!"

"Vero. Questo è vero. È una cosa vera, ed è una cosa confortante."

Niall annuisce e si alza prontamente in piedi. "Sono morto di fame. Vuoi un po' di torta?" chiede, avviandosi verso il frigo.

"Nah, fai pure," dice distrattamente, portandosi una mano alla guancia accaldata. 

Passa qualche secondo – scandito solo dal rumore di Niall che fruga alla ricerca di una forchetta e rimuove l'immacolata torta al cioccolato dalla scatola di cartone – e Louis giura, giura che non vuole continuare a parlare di Harry Styles.

Però.

"Allora che mi racconti di lui?" chiede, e si rifiuta di castigarsi per una curiosità che non può essere domata. Anzi no. "No, sai cosa? Me lo rimangio. Non importa. Non voglio saperlo. E lo sai perché? Perché non voglio essere a conoscenza di qualunque cosa  riguardi Harry Styles. Se c'è qualche informazione di cui sono al corrente solo coloro che conoscono Harry Styles, allora non ne voglio sapere. Voglio letteralmente dimenticarmi che esiste. A partire da adesso."

Niall ride, con la bocca piena di torta al cioccolato, camminandoci in giro come se fosse una porzione sola e tamburellando leggermente i piedi in un balletto. (Gioioso. Ecco la parola migliore per descrivere Niall Horan. Gioioso.)

"Beh," deglutisce, "In realtà è il figlio di Des Styles. Ovviamente."

Ma cosa? No. No, non è per nulla ovvio.

"Des Styles?" Una pausa. "Ma dici… quello famoso? Quello dei Crue? Quello che canta Nine Dreams?"

"Già."

"Quello di tutte le copertine delle riviste? Che ha battuto record? E che era ovunque in tv e alla radio e dappertutto? Quello che vince il conto alla rovescia di Top Rock Groups From the 90's? Ogni volta?"

Louis si sta sforzando di mantenere la calma al momento, perché cazzo, TI PAREVA che Harry Styles è il figlio del cantante di una delle sue band preferite.

"Sì, è lui."

"Dei Crue?" riconferma.

"Ancora sì."

Ci vuole un attimo per assimilare quest'informazione.

Alza gli occhi, e Niall adesso sta buttando giù un bicchiere di quella che è o acqua o vodka prima di pulirsi la bocca con il dorso della mano. E il cervello di Louis si sta rivoltando.

"Ma quel tizio non è pazzo?"

"Oh sì. È messo proprio male, una tragedia. Mio papà dice che è impossibile lavorare con lui. Non capisce nemmeno dove si trova la maggior parte delle volte, e se lo sa, non sai mai quale parte di lui viene fuori, sai?"

Louis deglutire perché, cazzo, è piuttosto forte come cosa, prima che Niall prenda un altro sorso del suo bicchiere di nuovo pieno e si fermi a riflettere, con le labbra bagnate. 

"Lo sai, non sono neanche sicuro che viva a casa adesso. Potrebbe essere ricoverato."

"Ricoverato?" ripete, scioccato. "Per cosa, droghe o…?"

"No, penso che sia pulito ora. Credo. Papà non è mai stato tanto sicuro, a dire il vero. Ma no, ha questi esaurimenti ogni tanto. L'ospedale lo rattoppa un po' e poi lo rimanda a casa."

"Quindi è svitato."

"È un eufemismo."

Louis annuisce, più a se stesso che altro, e si schiarisce la gola, rifiutandosi di pensare alle implicazioni della cosa e a come ciò si ricolleghi a Harry. Perciò si alza e va da Niall, a testa alta. 

"Beh," dice, schiarendosi la gola e agguantando il bicchiere dalla mano di Niall, "Sono sicuro che Harry non sia nemmeno consapevole della situazione. Non sono troppo certo che si accorga dell'esistenza di altre persone." Prende un sorso e – oh, sì. Vodka. Fa una smorfia e fatica a deglutire mentre Niall lo guarda divertito. 

"Potresti non avere tutti i torti. Non sembrava poi così sconvolto quando sua mamma è morta."

"… gli è morta la mamma?"

"Beh, una. Non so bene se era la sua vera mamma oppure no. Ne ha avute un paio."

Buon dio. 

"Com'è morta?"

Niall scuote le spalle. "Nessuno lo sa. L'hanno messo abbastanza a tacere, quindi potrebbe essere stata un'overdose e cazzi vari."

Cazzi vari? Gli viene un po' di nausea.

"Probabilmente droghe. Visto che anche la sorella è tossica."

Dalla padella alla brace.

"Ha una sorella?"

"Già. È una modella famosa. Gemma Styles? Mai sentito parlare?"

Louis scuote la testa. "Non sono proprio un patito di… modelle. Beh. Quelle femmine."

Niall fa un ghigno. "Beh, è una gnocca. Ma totalmente incasinata. Ha cresciuto Harry finché non era in grado di cavarsela da solo e poi se l'è svignata."

"E questo dopo che gli è morta la mamma?"

"Già." Niall riflette per un momento, gli occhi azzurro chiaro che squarciano la penombra della stanza. "Già, no, mi ricordo quando la madre è morta. Harry non sembrava poi tanto scosso."

E a sentirlo Louis sobbalza perché – eh??

"Non sembrava troppo scosso neanche per la morte della sua stessa madre??" ripete Louis, perplesso. "Ma che cazzo c'ha? Con cosa ho a che fare? È un mostro? È un mostro per davvero? Mi sento come Cappuccetto Rosso che ha appena incontrato il lupo cattivo."

Niall porta gli occhi al cielo, ma il suo sorriso è grande. "Andrà tutto bene. Harry è okay. Magari gli manca qualche rotella, ma non è pericoloso. E poi non dovrai nemmeno rivederlo più."

"Beh. Non necessariamente. A dire il vero Zayn e Liam mi piacciono tanto," spiega Louis sovrappensiero. "Anche gli altri ragazzi. È stato solo Harry a darmi sui nervi. Se me lo chiedessero, mi piacerebbe uscire di nuovo con loro." Si lascia scappare un sospiro, buttando la testa sulla spalla di Niall. "Che devo fare? Sembrano buoni amici, quindi dubito che riuscirei a evitarlo del tutto."

"Oh, buoni amici di sicuro. Zayn e Harry erano fratellastri."

E la trama si infittisce. 

"Cosa?" chiede, la testa che schizza in alto.

"Te l'avevo già detto."

"No invece!"

"Quando mi hai chiesto di Zayn – ti ho detto che sua madre è stata sposata con Des Styles per un po'."

"Beh, non ti stavo ascoltando. Com'è possibile? Mira è troppo di classe per immischiarsi in un casino di queste proporzioni!" E no, Louis non la conosce sul serio, ma ha visto tutti i suoi film che è la miglior alternativa a una relazione personale.

Niall fa spallucce. "Non so. Non è durata a lungo. Due anni, al massimo."

"Merda. Immagino che siano molto legati, allora. Visto che sono praticamente fratelli. O ex fratelli. O che ne so. Cazzo." La testa gli ricade nuovamente sulla spalla di Niall, e chiude gli occhi in preda alla disperazione. "La cosa peggiore è che Zayn stava anche tentando di farci mettere assieme."

La sua spalla di irrigidisce appena appena. "Davvero?" E non sembra che la cosa gli vada a genio. 

"Già. Credo lo trovasse divertente o che so io. Sono cattivi ragazzi?"

"Tutto quello che so," dice Niall, ma la sua voce è già tornata alla sua normale giovialità, "è che Zayn è un bravo ragazzo. È ricco e potente da far schifo e suo padre è uno stronzo, ma è buono. Liam Payne-"

"Oh, così fa di cognome?"

"Sì. È il ragazzo di Zayn e anche lui non c'è male. Non è che mi fidi poi così tanto di lui, però."

E di questo, Louis è sinceramente sorpreso. "Cosa? Perché? Sembrava così gentile e accogliente. Era il più cordiale."

"Non c'è una ragione particolare. È solo un po' matto."

"Un po' matto," ripete piattamente. "Parliamo della stessa persona? Ma se sembrava un vegetale!"

"Non dico che sia come Harry Styles. Ma di sicuro è un tipo da festa. E sa quello che la gente vuole sentirsi dire."

"È un ipocrita?"

"No, non penso sia ipocrita. Penso sia un bravo ragazzo ma penso anche che sappia rigirarsi le persone. È intelligente. Ottima educazione, come diresti tu. Tienilo a mente, va bene?"

"D'accordo," acconsente, guardandolo. "Pure Zayn? Devo stare attento anche a lui?"

"Nah. A meno che non ti senti di doverlo fare. Ma." Si interrompe. "Fai attenzione in particolar modo a Harry."

La testa gli gira. Troppi avvertimenti. Troppe nuove informazioni. 

"Pensavo avessi detto che era un ragazzo fantastico che amavano tutti. E che non era pericoloso," dice, sull'orlo dell'esasperazione. 

"Non lo è. Però. Non ha la testa a posto, credo."

"A questo ci arrivavo pure da solo." Louis lo osserva succhiandosi il labbro, sorpreso dalla sua improvvisa solennità. "Hai una ragione specifica per dirlo?"

"No, nulla in particolare. Ma l'ho visto in qualche brutto momento. E scopa tutto quello che cammina, tra l'altro, quindi non permettergli di approfittarsi di te." Gli rivolge uno sguardo duro, il suo tono protettivo, una mano fermamente piantata sul bancone. 

Louis sorride, nonostante tutto. Perché si rende ora conto che Niall sta chiaramente facendo la mamma chioccia. E dal momento che la sua stessa madre (che non l'ha chiamato da quando Louis le ha lasciato quel messaggio in segreteria per ricordarle di concentrarsi sulle sue sorelle e non su di lui) non gli ha mai realmente dato consigli utili, si sente piuttosto commosso.

"Awwww, Nialler!" lo stuzzica, pizzicandogli le guance. "Stai iniziando a essere protettivo come una mamma!"

"Vaffanculo," ride quello, ma non nega nulla.

"Beh. Grazie davvero, ciccio," dice più seriamente con un sorriso che spera lo dimostri. "Ma la prossima volta che mi invitano da qualche parte, tu vieni con me."

"Scusa. Non è la mia comitiva. Troppo presuntuosi e… strani. Fanno feste a base di tè e giocano a croquet e parlano di teatro e… no. Ne ho avuto abbastanza crescendo."

"Hm, sì, beh, vieni lo stesso. Comunque. Giochiamo a FIFA prima che mi porti fuori a cena, va bene? Chi perde porta Rory in spalla dal pub fino a casa."

"Meglio che fai riposare la schiena allora, Tommo."

"Non ci contare, Nialler," replica, e non batte nemmeno ciglio al soprannome. 

**

Due ore dopo il cellulare di Louis vibra, e oramai la sua vita sociale è stata talmente monopolizzata da Niall che si tratta veramente di un momento epocale.

"Chi è?" chiede Niall distrattamente, concentrandosi sul gioco. 

Louis lascia cadere il controller e si porta il telefono alla faccia. "È Liam," dice sorpreso. Borbotta scorrendo il messaggio, gli occhi che guizzano sullo schermo. 

Amico mio! È stato magnifico conoscerti ieri! Mi sono divertito un sacco. C'è una festa domani al Priory Hotel. Ci farebbe tanto piacere se venissi. :)

Figata. Offri tu ?

Harry

"Ah," dice ad alta voce, e Niall si volta a guardarlo.

"Cosa?"

Mandami i dettagli e ci vediamo lì.

Benissimo!

"Niaaaalllll!" ulula improvvisamente, cadendo faccia in giù sul divano. "Sono agitato," brontola, la voce attutita dai cuscini. 

"Perché sei agitato?"

"Perché sono appena stato invitato a una festa di Harry e io odio Harry e potrei finire per commettere un omicidio a una bella festa mettendo così a repentaglio il mio futuro, la mia salute e la mia fedina penale."

"Sei melodrammatico."

"Non sono melodrammatico! Sono sincero e profondo ed esprimo me stesso," sbotta, alzando la faccia. "Se questo è sbagliato allora non voglio avere ragione!"

"Capisco. Beh. Buona fortu-"

"Ti prego vieni."

"No." Rifiuta senza pensarci due volte. 

"Eddaaai!" esclama, mettendosi a sedere e arrampicandosi verso di lui. "Ti adoreranno! Sei ricco come loro! E vai d'accordo con tutti, anche con quella vecchia cicciona che mi guarda male quando prendiamo la posta. Ci divertiremo!"

"A me piace Mary." Allo sguardo significativo di Louis, Niall sospira, mettendo giù il controller. "Quand'è?"

"Domani."

"Oh, beh, allora proprio non posso. Davvero. Domani ho canottaggio."

"Ti sei iscritto alla squadra di canottaggio?"

"Già, boh. Sto vedendo se mi piace. Così ho qualcosa da fare." 

"Che vuoi dire che così hai da fare? Io chi sono, la figlia della serva? Te ne andrai sempre agli allenamenti mentre io rimango a casa, solo e annoiato?" strilla quasi, una mano sul cuore. Può darsi che si sia un tantino offeso. Ma se gli venisse chiesto, lo negherebbe. 

"Hai i tuoi nuovi amici. Te la caverai."

"Sarà pure, ma non mi piace per niente essere abbandonato. Non sono una di quelle persone che trova nuovi amici e scarica quelli vecchi."

Un sorriso da Stregatto gli si apre subito sulle labbra, gli occhi che luccicano. "Hai detto che siamo amici," fa un sorrisetto, puntandogli addosso un dito accusatorio. 

Cazzo. 

"Non è vero," risponde immediatamente, distogliendo lo sguardo, come fulminato. "Hai frainteso le mie parole. Volevo dire…" Per un attimo fatica a trovare le parole, prima di accontentarsi di uno, "Sta' zitto, Niall. Stavo solo dicendo che dovresti venire alla festa e non entrare nella squadra di canottaggio perché ci vanno solo i cretini."

"Verrò la prossima volta, okay?"

"Ma non ci posso andare da solo! Ho bisogno di qualcuno con cui parlare! Ho bisogno di qualcuno con cui piangere!"

"Mmh, no, allora non vengo di sicuro," ridacchia. 

"Andiamo! Per favore? Per favore??"

"Ti prometto che la prossima volta vengo. Te lo prometto," dice con tutta la sincerità che ha in corpo, prima di riportare gli occhi sullo schermo della tv, controller di nuovo alla mano.

"D'accordo. Va bene. Va bene davvero. Capisco. Ti manderò messaggi tutto il tempo e ti invierò le foto delle mie lacrime, ma andrà bene."

"Andrà bene," concorda Niall.

**

Quando arriva domenica, Louis ancora non ha avuto notizie di Liam.

"Ovviamente mi ha contattato solo per essere educato. Avevi ragione sin dall'inizio, Niall. È un imbroglione. Un falso totale. Senza alcun genere di fibra morale."

Al momento sta facendo avanti e indietro per l'appartamento, interrompendo la sua marcia solo per saltare di tanto in tanto addosso a Niall (che è steso sul pavimento, a strimpellare la chitarra e a ruttare il testo di Danny Boy) e urlargli parolacce ansiogene in faccia. 

Come adesso.

"È SOLO LA PRIMA SETTIMANA E SONO GIÀ STATO RIFIUTATO!!" strilla, balzando su di lui e afferrandogli la faccia tra le mani.

Niall sbatte le palpebre tra le guance schiacciate, la chitarra proferisce un triste vibrato all'impatto. "Puoi venire a canottaggio con me?"

Louis lo lascia andare per guardarlo male. "Niall, dico sul serio, a volte mi chiedo se parli solo per sentire la tua voce. NO, NON VERRÒ A FARE CANOTTAGGIO CON TE." Tira su col naso e si divincola da lui. "Ho più classe di così."

"E allora che farai?"

"Mi dedicherò agli studi. Eccellerò in tutti i miei corsi e attingerò a un'intelligenza talmente superiore che non avrò bisogno di amici."

"E io?"

"Tu non conti, sei irlandese."

Lui scoppia a ridere. "Che figlio di puttana," dice, ma c'è abbastanza affetto nella sua voce per convincere Louis a passargliela. 

"Ma non ci vai sul serio a canottaggio ora, no? Con me a casa tutto solo?" Fa un broncio mentre si siede accanto a lui sul pavimento, a gambe incrociate, con le mani ordinatamente piegate in grembo come un bravo bambino.

Niall sospira una risatina e mette da parte la chitarra rizzandosi a sedere. "Beh-"

E, per un colpo di fortuna, il suo cellulare vibra in quel preciso istante.

Niall lo acchiappa prima che possa farlo lui. "È Liam!" ride, stupito, tenendolo per aria lontano dalla portata delle braccia di Louis.

"Che dice? È un rifiuto? Probabilmente è solo geloso perché piaccio a Zayn!"

"Piaci a Zayn?" ride di nuovo, sorpreso, continuando a tenere il cellulare lontano.

"Sì! Forse! Probabile!"

Scuotendo la testa, Niall apre il messaggio. "Festa fra un'ora al Priory Hotel. Porta costume da bagno. Ci si vede!" legge, prima di gettare il telefono alle mani annaspanti di Louis. Annuisce in segno di approvazione. "È un bel posto. Ti divertirai."

Ma lui deve ancora riprendersi dal pezzo sul costume. "C'è una piscina?"

"Già. È fantastica, tra l'altro."

"Merda. Non faccio ginnastica da secoli. Sono pallido come la luna! Non posso mettere il mio corpo in mostra con così poco tempo per preparami! Non ci vado," dice, posando il telefono con determinazione ferrea e ignorando risolutamente Niall che alza gli occhi al cielo.

"Non fare la testa di cazzo, vacci e basta. Ti divertirai. E poi non puoi essere più pallido di Harry."

"Oh, però che cazzo. Mi rovinerà tutta la serata, vero? Probabilmente non mi lascerà nemmeno entrare. Cretino."

"Se sono i ragazzi a invitarti, allora potrai entrare. Adesso non rompere il cazzo e preparati. Io tra poco devo uscire." Niall tira fuori il cellulare e comincia a tamburellare un messaggio. "Rory deve andare a prendere delle cose per me. Hai bisogno di un costume da bagno?"

"Non chiederò a Rory di comprarmi un costume."

"Non te lo compra lui. Te lo compro io."

"Non ho bisogno dei tuoi soldi!" sputacchia subito come un gattino. "Non ho bisogno dell'elemosina. Mi posso permettere-"

"Okay, gli dico di prendertene uno," lo interrompe scioltamente. "Nero?"

"Mi rifiuto di prendere parte a tutto ciò."

"No, azzurro. Mette in risalto i tuoi occhi," butta lì Niall come se sapesse di cosa cazzo sta parlando. Sono parole grosse per un ragazzo che al momento indossa una t-shirt della taglia sbagliata con le parole Crazy Mofos scribacchiate sopra. 

Ma Louis non può fare a meno di sorridere. "Sei un così bravo ragazzo. A notare i miei occhi!" E gli lancia un'occhiolino, tanto per.

"Parli costantemente dei tuoi occhi, Lou. Ogni giorno da quando ti ho conosciuto mi hai detto che ti piace indossare l'azzurro perché ti mette in risalto gli occhi."

Ah. Già.

"Sta' zitto."

E prima che Niall possa rispondere, Louis salta in piedi e gli fa una pernacchia dietro il collo prima di saltare via. 

"Testa di cazzo!" è quello che sente prima di chiudere la porta della sua camera da letto e cominciare a prepararsi per la festa.

**

Niall promette di andarsene solo dopo che Louis è stato rassicurato (ripetutamente) che sta bene – bene nel senso che appare naturalmente arruffato e non come se ci fosse stato a lavorare da un'ora. 

Sta suonando di nuovo il pianoforte, componendo canzoni per prenderlo in giro con melodie che sembrano più che altro filastrocche. (“Louis, stanno bene i tuoi capelli, Louis, sono proprio tanto belli”, “Louis un ragazzo è, Louis una donna non è. Ma se lo fosse, sarebbe la più bella del mondo intero”, “Louis sei un pazzo, mi hai già fatto il mazzo, rollati una canna e attaccati al cazzo”) Quanto è intelligente. Tanto, tanto intelligente. Louis è veramente impressionato. (Bugia.) 

Alla fine arriva Rory, consegna parecchie borse con Ralph Lauren scritto sopra a Niall, prima di darne una più piccola a Louis. 

"Non dovevi, davvero," dice, un po' impacciato.

Rory si limita a fargli l'occhiolino. "È il mio lavoro, figliolo. Non preoccuparti. Ma mi sono assicurato di prenderti il migliore che avessero."

Oh, fantastico. 

"Grazie, amico," borbotta, ispezionando esitante la busta. Rialza lo sguardo, catturando gli occhi dell'uomo. "Ma ti avvelenerò se mi hai buttato in un disastro. Sono specializzato in pozioni."

Ma Rory sorride soltanto, prima di chiedere a Niall se ha bisogno di altro. 

"Dì a Nelson che vengo tra un minuto!"

E poi Rory esce.

"Nelson? Non è così lontano a piedi, dai! Stai diventando viziato," lo rimprovera, aprendo lentamente il contenuto della sua busta. E, oh. Non è male per niente! A dir la verità gli piace parecchio. "Il tuo ragazzo ha fatto un buon lavoro!" proclama, sollevando in alto il costume davanti a lui. "Potrei vincere per il miglior costume."

"Speriamo," dice Niall, scivolando fuori dalla sua stanza in vestiti sportivi appena comprati, l'etichetta ancora attaccata alla polo vermiglia. Pare davvero ridicolo.

"Vieni qui, idiota," dice, scuotendo la testa prima di staccargliela dal colletto. Gli dà un'ultima fugace occhiata. "Ecco. Proprio a modo. Avanti, allora."

"Buona fortuna per la festa," Niall sorride, scompigliandogli i capelli. "Fagli vedere chi è il migliore!"

"Lo farò. Per la cronaca, ti messaggerò tutto il tempo."

Dopo aver scosso la testa un'ultima volta, Niall se ne va.

Quindi.

Adesso rimane solo Louis contro la Festa. 

Pronti. Via.

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NdT. Scusate per le rime, io ci ho provato lol e grazie per aver letto! :)

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7.

Louis arriva alla festa con quarantacinque minuti di ritardo, con il suo costume nuovo di zecca – e piuttosto sexy, a dirla tutta – sotto i jeans, e la polo bianca di Niall arraffata all'ultimo minuto. (Che dire? Qualche bel vestito quel ragazzo ce l'ha. Sono pochi e rari, ma esistono.) È nel posto giusto – ha fatto il nome di Harry alla reception e sembravano sapere di cosa stesse parlando – e dentro è un'assoluta meraviglia, anche se non conosce un'anima. 

La piscina è al chiuso, circondata da finestre cristalline di vetro che si inarcano puntando al cielo. I muri sono infiniti e color panna, la piscina è vasta e luccicante, e delle bellissime piante rampicanti con fiori di colori sgargianti dipingono gli angoli della stanza, profumando l'aria che sa di cloro.

Puzza di dissolutezza e opulenza.

Certo, è delizioso. Ma è anche uno spreco, e Louis si sente schifosamente fuori luogo con le sue TOMS e i suoi occhi critici. 

Ragazze e ragazzi nei loro costumi migliori, in mano bicchieri di cocktail, tumbler di rum, e calici di champagne, strillano e stridono schizzandosi in piscina, fanno Vine coi loro iPhone e posano per qualche foto su Instagram.

Louis vorrebbe dargli fuoco, solo un pochino. E accidenti, si incendierebbero subito con tutto quel liquore sparso in giro.

Vicino alla piscina c'è una fontana, probabilmente costruita da dei giganti, da cui sgorga quella che sembra essere acqua rosa pastello. Cosa che – perché, cazzo? E, ti pareva, anche lì dentro si trovano delle persone. Spruzzano e sputacchiano risate scampanellanti e, ubriachi, sui tacchi, cercano di mantenersi in equilibrio sul bordo e… sembra se la stiano bevendo, l'acqua rosa. D'accordo. Vabbè.

"Se quella è una fontana di champagne, io boh," borbotta sotto voce. 

Ma la scena non fa che peggiorare.

Perché proprio quando sta per prendere in considerazione di andarsene via (ci sono camerieri che passano con caviale spalmato sui cracker, e c'è un'intera stanza per chi vuole fumare sigari e guardare partite di calcio – ma che cazzo, dai), Louis individua Harry Styles. 

Con un cazzo di falco sul braccio.

Sì, Harry Styles ha un cazzo di falco sul braccio. Con tanto di manica protettiva. Come se non bastasse, si è infilato un completo rosa e un farfallino di raso grigio. A una festa in piscina. 

Ma che cazzo?

"Louis!" esclama improvvisamente una voce da dietro, e oh, sia lode agli dei, è Liam, con un costumino nero (begli addominali, Liam, dieci punti a Grifondoro) con in mano un bicchiere di champagne. Zayn al suo fianco in camicia bianca arrotolata fino ai gomiti e pantaloni marrone chiaro, fedora al suo posto. "Eccoti qui! Che bello che ce l'hai fatta!"

"Perché pensi sempre che non verrò?" chiede Louis, stringendo la sua mano e poi quella di Zayn. 

Liam scuote le spalle. "Forse perché personalmente non sono sicuro che andrei a tutte queste strane adunate invitato da persone strane che a malapena conosco."

"Beh. Mi piacciono le persone strane e mi piacciono ancora di più le strane adunate," sorride, malizioso, e Liam ride in approvazione mentre Zayn fa un sorrisetto. "Ma adesso cosa sta succedendo esattamente?"

"Che intendi?" chiede, interdetto.

"Beh, arrivo e Harry Styles ha un pennuto sul braccio," dice, spera con garbo. "Che mi dite… di quello?" Fa il gentile.

Zayn scoppia a ridere ed è una risata proprio splendida, leggera e compiaciuta, e Louis non può fare a meno di sentirsi un po' orgoglioso di se stesso. Da quel che ha carpito, Zayn ha un carattere stoico e ogni occasione di vedere quel sorriso genuino – che è bellissimo, in tutta franchezza – viene gradita.

"L'ha preso da poco," dice Liam, sorridendo. "È così carino. Ti va di accarezzarlo?"

Louis lo fissa. 

"Nessun altro vede il problema?" continua a fatica, inarcando un sopracciglio incredulo. "Che è in possesso di un uccello rapace? Sono quasi sicuro che sia illegale."

"No, no. Guarda, sono buon amico del presidente del PETA, quindi non dovrebbero esserci problemi," sorride agevolmente. Dritto dritto da una pubblicità di dentifricio.

Louis continua a fissarlo. "Sei buon amico del presidente?"

"Sì, esatto."

"Naturalmente." Il suo tono è monocorde. "Tutto torna."

"È un uomo meraviglioso."

"D'accordo."

Zayn fa un sorrisetto. "Liam è amico di chiunque sopra i quaranta."

"Non è vero!"

"Sì che è vero. Non ci puoi fare niente, amore." I suoi occhi scivolano verso Louis. "Ma non preoccuparti per il falco. Mi assicurerò che trovi una casa adeguata."

Al che Louis sorride e annuisce, sinceramente sorpreso. Zayn non doveva per caso essere una forza terrificante di bellezza e potere? Più che altro sembra un'anima gentile, mite e osservatrice. Oltretutto ha un cervello.

A pensarci bene però, Louis ancora non lo conosce per niente. 

Ma non importa, perché al momento ha degli affari ben più urgenti di cui occuparsi. 

"Cazzo, sta venendo da questa parte," sospira Louis, guardando Harry che li ha localizzati e inizia a farsi strada verso di loro, falco al seguito. Una frase che non aveva mai pensato di dire in vita sua.

"Louis Tomlinson," vibra una voce profonda e roca, e le parole si amalgamo a loro come melassa, appiccicandoglisi sotto le unghie e otturandogli le orecchie. "Ciao," saluta sensualmente, trascinandosi la parola con toni melodiosi. Nel frattempo gli occhi piccoli e brillanti del falco scrutano nervosamente nell'anima di Louis. 

"Salve," saluta, antipatico, e dà una rapida occhiata al falco.

"Ragazzi," Harry fa un cenno del capo a Liam e Zayn, prima di riportare il suo sguardo tagliente su di lui, col suo sorriso falso e tutto denti. "E come stai questo pomeriggio?"

"Sai una cosa, starei molto meglio se non avessi una specie in via d'estinzione appollaiata sul braccio."

"Non sono più in estinzione. La sua specie è proprio sulla strada della ripresa."

"Anche se fosse hai comunque un cazzo di falco addosso."

"Cleopatrick."

"Scusa?"

"Si chiama Cleopatrick," chiarifica, e il suo sorriso è così ampio e goffo, che Louis potrebbe quasi crederlo genuino se non fosse per il vuoto nei suoi occhi. 

"Cleopatrick? Fai sul serio?" chiede Louis, impassibile, fissando lui – e Cleopatrick – dritti negli occhi.

"Ha pensato a nomi peggiori," dice Zayn mitemente con un sorriso perplesso, una mano sulla schiena di Liam. 

"Una volta aveva un cactus di nome Clamidia," spiega Liam, e il sorriso di Harry si allarga, i denti che luccicano sotto i raggi di sole che filtrano attraverso i lucernari. 

"È un nome bellissimo," dice dolcemente, accarezzando la testa di Cleopatrick. I grandi occhi neri dell'animale sbattono per un attimo dalla contentezza, apparentemente avvezzo al tocco umano, e sembra quasi che si stia godendo la carezza. 

In ogni caso è una roba che non ci si crede manco per il cazzo, per cui Louis si limita a guardarlo male. "Resta un nome ridicolo."

"Sul serio? A me piace molto," osserva distrattamente, continuando ad accarezzare l'uccello. Che cazzo, gli ci vuole un giorno intero per portare avanti una conversazione? Pronuncia ogni parola con una tale dolorosa lentezza, che Louis potrebbe farsi un paio di giri di corsa verbali attorno a questo idiota. "L'ha chiamato così una ragazza laggiù."

"Allora hai acconsentito immediatamente e l'hai chiamato così? Non potevi raccogliere altri suggerimenti?"

Liam ridacchia, e Zayn fa un ghigno. 

"Beh. A dire il vero voleva che lo chiamassi Barney. Ma non mi piaceva, quindi l'ho chiamato Cleopatrick. Ma è per merito suo che l'ho pensato. Capito?"

"Quindi sei tu che gli hai dato il nome alla fine."

"Esatto, Louis Tomlinson." 

Louis decide che odia il modo in cui Harry dice il suo nome: lento, fragoroso, e fluido come un temporale. O come velluto schiacciato. Non è affatto attraente, proprio per nulla. È dannatamente… fastidioso. È un suono fastidioso. 

"Allora. Dimmi. Come ti è saltato in mente di comprare quella povera creatura?" chiede poi, interrompendo Liam che stava per iniziare a chiedere dove si trovasse il bagno. Peccato. 

Harry, anche lui ignorando Liam (che ora ha messo su un broncio a Zayn), dice solo, riposizionando i suoi freddi occhi verdi su Louis, "Mi piaceva. È la mia nuova fissa. Ti piacciono gli uccelli?"

"Non mi piacciono gli uccelli. Cagano ovunque, ti volano in testa, non sono tanto carini, e non mi fido dei loro occhi. Molto penetranti."

Qui le labbra di Harry si contraggono, quasi come a ridere, prima di ricomporsi nel suo largo e snervante sorriso. "Meglio se stai lontano da Cleopatrick, allora. I suoi occhi sono particolarmente penetranti," dice con un lento sfarfallio di ciglia. Naturalmente riesce a farla diventare una cosa inquietante. 

Louis stringe gli occhi, sentendosi già i muscoli irrigidirsi dall'agitazione. "Ti assicuro che non avrò problemi a stare lontano da Cleopatrick, soprattutto se ti starà appiccicato tutto il giorno. Adesso, tesoro, vado a cercare un po' di champagne e a fare finta di divertirmi." E con questo, fa per allontanarsi.

"Ti suggerisco la fontana. I bicchieri sono lì," dice Harry a voce alta, indicando il tavolo con una torre di bicchieri scintillanti e appena lustrati, che aspettano di essere riempiti. 

E già, questa è la conferma – è una fontana di champagne. Come fa a essere anche solo possibile?

"E ti pareva," canticchia Louis in risposta, non guardandosi indietro. 

Gli dispiace di aver lasciato Liam e Zayn – le uniche due persone alla festa che conosce almeno remotamente – ma ha bisogno, assoluto bisogno di stare lontano da Harry Styles prima di uccidere lui e pure il suo uccellino. 

Per questo sguscia verso la torre di bicchieri di champagne, ne ruba uno dalla cima, e beve fino a scacciare via l'irritazione. 

**

Sono passati un paio d'ore e qualche bicchiere, e Louis ha avuto molte conversazioni riuscite con gli invitati. 

Beh. Forse non proprio riuscitissime.

L'ultimo ragazzo con cui ha parlato continuava a menarla con gli yacht di suo padre. 

"Ne abbiamo avuti così tanti, manco li conto. I miei fratelli ne hanno fracassati più di una dozzina. Non fa nulla, ovviamente, visto che mio padre è il capo della compagnia. Ci arrivano in continuazione – non abbiamo più spazio ormai."

Ci sono persone al mondo che veramente trovano questo tipo di conversazioni interessanti?

"Ah, sì," fa finta di simpatizzare, annuendo e fissando una pianta. "Mio padre è proprietario del programma spaziale britannico, quindi a casa abbiamo un sacco di vecchi razzi e navi spaziali a prendere polvere."

"Oh, sul serio?" chiede Ragazzo Ignoto, intrigato.

Ma porca puttana.

"No. Voleva essere una battuta."

"Oh."

Segue silenzio imbarazzato. 

"Allora… di cosa è proprietario tuo padre?"

E da quel momento in poi Louis smette ufficialmente di partecipare alla conversazione. 

Da allora, si è spogliato fino al costume (e sì, ha attirato qualche sguardo quindi forse non è così pallido e fuori forma come pensava) e ha nuotato sontuosamente, mentre di tanto in tanto beccava Liam e Zayn e si faceva due risate. Liam a un certo punto è anche saltato in piscina per un po' a fargli compagnia, ma Zayn non si è nemmeno messo in costume, optando di sedersi sulle panchine di marmo ai bordi, fumando elegantemente sigarette e aggiustandosi il fedora. Il che non lo sorprende minimamente – Zayn non sembra il tipo da perdere tempo a schizzarsi in piscina. 

Adesso, Louis è steso da solo sul pavimento fresco della stanza, gli occhi al cielo azzurro e soleggiato che sbircia dal lucernario. Ha i capelli ancora umidi, le dita ancora raggrinzite, ma onestamente non potrebbe fregargliene di meno, rilassato e in pace con il mondo com'è. 

Forse dovrebbe mandare un messaggio a Niall. 

Proprio quando sta allungando la mano verso i pantaloni un grosso paio di piedi si appropinqua con nonchalance. 

E Louis prega, prega con tutto se stesso che non sia chi pensa che sia. La trepidazione già monta nello stomaco, alza lo sguardo. 

E, sì. 

È lui. 

Ha addosso un costumino rosa e nient'altro. E, con suo stupore, è ricoperto di tatuaggi. C'è una 'G' sulla sua spalla destra, una 'A' sulla sinistra, e scritte incomprensibili tratteggiate vicino alle clavicole e giù per il bicipite sinistro. Ci sono anche dei disegnini, come corone e triangoli e diamanti e quello che potrebbe essere lo scarabocchio di un gatto, e sul polso ha un piccolo lucchetto e quello che sembra il segno zodiacale dell'acquario. 

Interessante. (Ma anche no.)

"Ma ciao," romba, guardandolo da sopra il naso. Si addice proprio a questo coglione egocentrico. 

"Dov'è Cleopatrick?" chiede Louis con enfasi, rifiutandosi di salutarlo in risposta. 

"Zayn me lo sta guardando," spiega imperturbabile, e gli porge una mano. "Ti aiuto ad alzarti?"

"Perché pensi che mi voglia alzare?"

"Per parlarmi. Mi sento solo quassù."

"Scherzi, vero?"

Harry si limita a rispondere con un sorriso, largo e impenitente, la mano ancora tesa. E, ancora una volta, Louis potrebbe quasi berselo come flirt sincero – se non fosse per quei maledetti occhi. Quello sguardo assolutamente snervante che gli inizierà a infestare gli incubi se non fa attenzione. 

Comunque sia, gli prende la mano, fosse pure solo perché il sedere inizia a fargli male, e si tira su in fretta. E poi Harry gli bacia la mano.

Gli bacia veramente la mano, le labbra fredde premute sulla sua pelle calda.

"Non siamo in un film Disney. Adesso puoi smetterla," borbotta in tono caustico, strappandogliela dalla stretta.

"Ehi. Volevo solo essere educato," ghigna, i ricci che gli finiscono negli occhi pigri.

"Sicuramente."

Si squadrano, Harry che sorride vittoriosamente, mani dietro la schiena, Louis che lo fissa con sospettosa avversione.

"Perché stai di nuovo cercando di rimorchiarmi?" chiede improvvisamente, la voce dura e le braccia conserte.

"Non è vero. Mai provato! Sto solo cercando di fare due chiacchiere," fa le fusa, prima di scoccare un'occhiata al suo costume molto invitante. "Non che mi dispiacerebbe farmi un giro, ovviamente." È un'affermazione maleducata e umiliante, ma Harry la accompagna alla sua fossetta e alla testa piegata, e Louis capisce come riesca a irretire così tante inconsapevoli vittime. 

Purtroppo per lui, Louis è tutto fuorché inconsapevole. 

"Sei ripugnante, lo sai? Nessuno dei tuoi trucchetti da bambino funzionerà. Io ce l'ho un'anima, concetto che ti è chiaramente alieno."

Il sorriso di Harry scivola via giusto un po', e ancora una volta Louis scorge un lampo nei suoi occhi – quel breve, fuggevole attimo di emozione vera che è appunto troppo fugace per essere riconosciuta. E poi, ancora una volta, non c'è più.

"I miei tatuaggi ti intimidiscono?" chiede di colpo, e Louis sussulta perché – cosa? Ma davvero ha usato questa battuta? E completamente fuori dal nulla?

"Vuoi dire, se mi intimidisce un po' di inchiostro che ti hanno fissato nella pelle? O intendi i disegni in sé? Perché nessuna della due cose è in alcun modo intimidatoria, te lo prometto. I gorilla – quelli sì che intimidiscono," dice Louis, racimolando ogni scampolo di cattiveria in suo possesso e scaraventandola su Harry, scansandosi i capelli dagli occhi e mettendosi le mani sui fianchi. 

"E se mi facessi il tatuaggio di un gorilla?"

"Ancora no. Vuoi intimidirmi?"

"Ti piacerebbe?"

"No, porca troia. Sei davvero ottuso."

"Veramente sono un genio. Un prodigio, perfino. Tutti i tutori me lo dicono."

"Che cosa carina. Per essere un genio, hai un bel po' di tatuaggi stupidi."

Il suo sorriso vacilla. "Non è vero."

"Sì, amico. È vero."

E adesso Harry si è vistosamente rabbuiato. "A me piacciono."

Louis porta gli occhi al cielo, e ispeziona il piccolo lucchetto dipinto sul suo polso. "Quello non è male perché è piccolo. Odio i tatuaggi, comunque. Oh, e quello che dice? Una scritta, sembra. Ti sei fatto il nome della fidanzata?" dice in tono paternalistico, picchiettando con le dita il suo orologio tempestato di diamanti e le parole scritte sotto in grassetto.

Harry subito gli strappa via la mano, movimenti spasmodici e occhi brucianti di un'intensità che Louis non aveva mai incontrato prima, sconvolgendolo sinceramente. I suoi occhi, scintillanti di un verde scuro che non si presta né a cerimonie né a finzioni, sprofondano dentro di lui, e, cazzo. Per la prima volta, si sente come se stesse guardando una persona vera e non un manichino.

Si sente come se stesse guardando Harry Styles. 

"Non toccare il mio orologio," si limita a dire, e persino la sua voce ha perso quel suo musicale scherno, bassa e monotona. 

"Perché? Hai dei diamanti veri incastonati dentro da bravo bambino viziato? Non vuoi rovinarli?" insiste, cedendo lui stesso alla rabbia. 

Per un secondo, Louis si chiede se Harry gli darà un pugno, e nelle sue vene comincia a pompare fuoco, la collera carica e pronta a scoppiare.

Ma poi scompare. 

Il cipiglio, l'espressione corrucciata, la realtà – scompare tutto, rimpiazzato da un altro sorriso affascinante e uno sguardo da cartonato.

"Certo che sono diamanti veri," dice Harry, la voce ormai come prima. "Non ho mai compreso l'esistenza di quelli falsi. Mi piace che le cose siano vere," dice, e non è ironico?

"Forse c'entrano qualcosa i soldi," dice asciuttamente. "Perché, sai, non tutti sono nati con estrema e immeritata ricchezza?"

Un altro scintillio gli attraversa il volto per il più breve dei secondi, presto sostituito da un grande sorriso. "Sarà. Ma i soldi non sono mai stati un problema per me."

Louis lo fissa. 

Ci sono un migliaio di risposte stronze che gli potrebbe dare. Ci sono un migliaio di smacchi che potrebbe lanciare a questo ragazzo.

E invece, sbatte le palpebre, e si accontenta di un, "Io me ne vado lì," e si allontana. 

**

Circa mezz'ora dopo, Harry lo ritrova, non appena Liam e Zayn se ne vanno a riempire i loro bicchieri, lasciandolo solo.

"Sembri dolorosamente sobrio. Sicuro di aver bevuto abbastanza?" chiede, marciando verso di lui, e ha indosso una grande t-shirt bianca sul suo costume rosa, sandali grandi e peculiari ai piedi. 

"Sei tornato. Non hai una festa da seguire?" borbotta, stringendo le labbra e guardando ovunque tranne che alla seccatura accanto a lui. 

"La sto seguendo. Sto parlando con il mio ospite preferito," fa un sorrisetto, e manda il suo sguardo più falsamente intenso a Louis. Sembra più annoiato che attratto, probabilmente sta scegliendo mentalmente i vestiti per il giorno dopo o sta provando a decidere la prossima droga. 

"Flirti con qualunque cosa? Tipo, perfino con Cleopatrick?"

"Soprattutto con Cleopatrick. Ed è con un amico, comunque, prima che tu me lo chieda. Mi prendo cura di lui, non pensare che sia un cattivo padre."

"Vedremo se è vero. Adesso, aria. Ho bisogno di un po' di Louis Time e si sta facendo buio – mi sa che è ora che passi al completo serale."

Il sorriso di Harry si allarga. "Come facevi a sapere del mio completo serale? Ne hai portato uno anche tu?"

"Non essere ottuso."

"Posso prestarti qualcosa di mio, se ti va."

"Ancora ottuso."

"Puoi aiutare a spogliarmi," dice in un tono basso, e mentre da parte sua probabilmente quella è una tentazione, Louis per poco non sputa tutto lo champagne che ha bevuto quel giorno. 

"Santo dio!" esclama, voltandosi a fronteggiarlo direttamente. "Ora, non mi fraintendere, capisco perfettamente cosa significhi essere attraente" – Harry alza le sopracciglia – "ma pensi sinceramente che le persone ti desiderino fino a questo punto? Pensi sinceramente che dire queste cose importi? Che valga la pena dirle ad alta voce? Perché dici un sacco di stronzate e sembri una vera testa di cazzo."

Immediatamente, il cipiglio torna. Harry lo fissa, negli occhi uno sguardo truce e lampeggiante, e Louis scorge lo scintillio dell'orologio di diamante e dei vari anelli che gli costellano le dita quando serra i pugni. 

"Posso riempirti il bicchiere," taglia corto all'improvviso, e non è un'effettiva domanda, muso duro e irremovibile. 

"No grazie, posso riempirmelo da solo," dice in tono incolore, adeguandosi all'occhiataccia di Harry. 

Senza battere ciglio, Harry se ne va. 

Vittoria.

**

Il resto della festa Louis lo passa con Liam e Zayn.

Si amalgamano alla folla, Liam che chiacchiera educatamente mentre Zayn e Louis sfottono i ragazzini ubriachi fradici che incespicano di qua e di là e le ragazze carine senza cervello.

"Andavo a scuola con lui," ridacchia leggermente Zayn, indicando un ragazzo completamente immerso nella fontana senza pantaloni che beve sorsate del liquido rosa scintillante. "Puzzava di colla."

"Ce l'ha la faccia di uno che puzza di colla," riflette Louis, e fa tintinnare il suo bicchiere con quello di Zayn. "Brindiamo ai profumi freschi!"

Quello sorride, prendendo un sorso del suo champagne, prima di poggiare a terra il bicchiere vicino ai piedi e tirare fuori una sottile scatola dorata per poi aprirla. Offre una sigaretta a Louis, che la rifiuta. 

"Dovresti venire regolarmente," borbotta, con le labbra attorno alla sigaretta mentre fa partire l'accendino.

Louis osserva la fiamma che attornia la punta, e le labbra perfette di Zayn che si increspano sul bordo posteriore, inspirando reverente. "Potrei ammazzare il tuo amico."

Zayn espira il fumo attraverso un sorriso. "Non se ti uccide prima lui."

"Vero," ride. 

"Ma dico sul serio. Dovresti venire domani."

"Se è un invito, allora ci sarò. Porto il mio compagno di stanza."

"E chi sarebbe?"

"Niall Horan. È un irlandese-"

"Lo conosco. Bravo ragazzo. Bell'entusiasmo."

"Entusiasmo è un eufemismo," dice portando gli occhi al cielo. "È simpatico, però. Piacerà agli altri."

Zayn annuisce, riportandosi la sigaretta alle labbra. "Anche tu sei simpatico," ammette, guardandolo con quegli occhi occhi penetranti nascosti dalle ciglia. Questo ragazzo è indubbiamente stupendo.

"Davvero?" chiede, sorpreso di un complimento così schietto – considerato il mittente.

"Già. Mi piace che non hai paletti. Dici quello che ti pare, a chiunque. È bello," biascica, e Louis sorride. 

"È così che ogni tanto finisco nei guai."

"Ci penso io a guardarti le spalle," gli promette, e gli poggia una mano gentile su una spalla offrendogli il più piccolo e sincero dei sorrisi.

"Grazie, amico," risponde Louis, commosso.

Zayn si limita ad annuire prima di farsi un altro tiro di sigaretta. "E poi a Liam piaci tanto."

"Io cosa?" chiede di botto Liam, essendo riuscito finalmente a sbarazzarsi del perfetto idiota con cui era rimasto impelagato nei convenevoli. 

"Ti piace il nostro Louis, no?" chiede Zayn, sorridendo ampiamente, con un braccio attorno alle sue spalle. 

Louis non può fare a meno di ammirare la coppia mentre Liam si accoccola a fianco dell'altro; Zayn non sorride così per nessun altro. Almeno da quel che ha potuto vedere. 

"Io amo Louis," afferma, guardandolo con gioia. "È uno spasso."

"Visto, te l'avevo detto," fa un sorrisetto, e Louis alza nuovamente il bicchiere. 

"A noi!" canta, alzando lo champagne in alto.

"A noi!" gli fanno eco in risposta, e la dolcezza fredda e elettrizzante dello champagne spumeggia e gli scivola giù per la gola con una delicatezza che fino ad allora non sapeva di adorare così tanto. 

**

La sera si protrae nella notte, e le luci sono fioche, la musica aumenta di volume, e gli ospiti sono più incasinati e vivaci.

Occasionalmente, Louis scorge Harry.

Si è completamente sbarazzato del falco ormai, probabilmente per via del rumore assordante e perché ha appena iniziato a inciampare un po' nei suoi stessi piedi.

Tuttavia, a dispetto dell'apparente ubriacatura, è il padrone di casa ideale. Si pavoneggia e posa e ride ai momenti giusti e incoraggia tutti a provare le ostriche e schiocca le dita ogni volta che c'è un bicchiere vuoto e sfiora le punte dei gomiti dei suoi ospiti mentre ride alle loro battute e sorride guardandoli negli occhi. 

È uno spara cazzate, ecco cos'è.

E la gente lo segue. Sembra il direttore di un circo, i suoi sottoposti lo circondano e saltano nei cerchi al suo comando. La sala vibra di risate e di scrosci d'acqua, e nel frattempo Harry Styles è al centro di tutto, che si mette in posa per i flash, che urla esultante piroettando come una ballerina chiassosa, ubriaca e spericolata in cima al mondo.

Ma come fanno gli altri a non vederlo? Com'è che nessuno si accorge della superficialità, del falso candore infantile, delle mani fredde e della sua insopportabile capacità di passare dalla vacuità a sorrisi smaglianti in una manciata di millisecondi?

Come fa nessuno a vedere quello che vede lui?

Gli fa salire la rabbia, una rabbia quasi cieca, e più frustrazione di quanta ne sappia gestire.

"Lo odio sul serio," urla apertamente a Liam (grazie a tutto l'alcol) quando la musica si leva attorno a loro, e voci da ogni direzione strillano e ridono.

Liam ride, imperturbato. "Harry è complesso, questo sì. Ma è difficile non farsi piacere una persona così affascinante!" gli grida di rimando, prima di essere risucchiato dall'abbraccio di Zayn e di buttarsi di nuovo nella mischia. Niall non mentiva. È vero che Liam è un po' adrenalina-dipendente. Alla luce del giorno è tutto sensibilità e frasi ricercate; di notte, fa casino, ride, pompando pugni in alto e volteggiando con Zayn attraverso una foschia sconfinata di liquore.

Louis continua a guardare in cagnesco Harry dall'altra parte della stanza mentre quello si atteggia davanti a un gruppetto con dei fiori che aveva raccolto dalle piante lì attorno intrecciati ai ricci, sorridendo e ridendo e agitando le braccia in maniera esagerata. Rimane così per un po', al centro dell'attenzione, prima di allontanarsi furtivamente, solo. 

Si ferma vicino a una finestra, raccoglie un paio di bicchieri qualunque, e li alza alla luce, fissandoli con un'espressione impassibile in volto, facendoli ruotare nella sua presa. 

Probabilmente è strafatto di brutto.

I raggi del chiaro di luna vengono intrappolati dal suo viso, illuminando la sua pelle pallida, le labbra cremisi, e i petali delicati dei boccioli infilati nei capelli. E nonostante la festa gli vortichi tutta attorno (e sì, è una festa coi controcazzi, questo glielo deve riconoscere) sembra rintanato nel suo piccolo mondo, il viso impietrito e muto, che scruta il bicchiere e i prismi che crea su di lui. Ma poi i suoi occhi si chiudono e la sua testa si piega, le braccia gli cadono ai fianchi in molle sconfitta, e nella sua foschia di ebbrezza, Louis si ritrova a camminare verso Harry, la curiosità e l'agitazione che gli fanno ribollire il sangue.

Vuole chiedergli perché è così.

Vuole chiedere perché fa battute carine e dice cose deliziose senza crederne nessuna, e perché sembra sincero solo quando è turbato.

Perché è così velenosamente affascinante ed errante, e assolutamente sterile di alcuna effettiva sostanza o verità.

Perché, adesso, tra una folla di persone disponibili e cumuli di edonismo, se ne sta lì da solo, a testa bassa, congelato sul posto. 

Poi tutt'a un tratto, senza avviso o transizione, Harry torna in vita, balzando sulla fontana, braccia tese e testa gettata indietro al cielo. 

"NON SONO GIOVANE ABBASTANZA PER SAPERE TUTTO!" urla, con la sua voce profonda e roca che si riverbera contro i muri. 

C'è una stasi di rumori momentanea mentre tutte le teste si voltano verso di lui, e Louis rimane lì impalato a sbattere le ciglia, incapace di togliere gli occhi di dosso alla figura rigida di Harry, allargata come crocifissa con la fontana di champagne che gli sputa sulle membra, gli occhi spalancati e ciechi e pieni di stelle del cielo. 

È un'immagine che quasi tormenta, e Louis non respira. 

Poi, come un orologio, si scatena un'ondata di risate divertite, e un paio di sporadici tentativi di applauso mentre la festa ricomincia.

Come?

"Oh, Harold!" sente ridere una ragazza, come se questo fosse un comportamento così da lui, e Louis non può fare a meno di lanciarle un'occhiataccia fulminante. 

Harry poi salta giù, un sorriso folle in faccia, e subito viene schiacciato da una calca di braccia scintillanti e bocche che si aprono in risate ed esclamazioni. Presto si ritrova perso nella mischia, un'altra testa in un mare di caos, lasciando Louis confuso, con il cervello che gli ronza con fervore.

**

L'ultima volta che Louis vede Harry quella notte, se ne sta uscendo dall'edificio in mezzo a un manipolo di ragazzi e ragazze sciatti, sbronzi, urlanti, che a malapena lo reggono in piedi. I suoi occhi vuoti sono dilatati, la sua pelle luccica di sudore, i ricci appiccati alla fronte, e il papillon è lì appeso, sfatto e dimenticato.

Che spettacolo atroce.

E Louis pensa, proprio mentre raccoglie le sue cose, con l'alcol e il sonno che gli tirano le membra (e la promessa di torta all'appartamento):

Sì, starò decisamente il più lontano possibile da quello lì.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8.

Louis si risveglia la mattina dopo con una testa che ha tutto il potenziale di esplodere in una combustione spontanea.

"Oddio," sospira, tendendo la mano alla cieca alla ricerca dell'acqua sul comodino. Ma cazzo, non ce n'è – e dov'è che è finito Niall? Non dovrebbe controllare come sta e portargli roba?

Quando finalmente Louis era incespicato nella porta la notte prima, il ragazzo non era da nessuna parte, solo i resti di un po' del suo stufato irlandese giacevano nel lavabo a suggerire che fosse effettivamente stato lì dall'ultima volta che l'aveva visto. 

Non è che gli avesse dato fastidio o cosa. Mica aveva mentalmente pianificato il suo monologo sulla festa e Harry Styles mentre tornava a casa, eh. La quiete della solitudine gli piaceva davvero. Se Niall FOSSE stato lì, avrebbe probabilmente finito per suonare il suo stramaledetto pianoforte o per scoreggiare.

Ma adesso Louis è sveglio (solo nel senso più generoso della parola) e sta debolmente annaspando, con un cuscino piantato in faccia, mentre in silenzio si trascina sofferente nell'esistenza. 

"Niall," chiama debolmente, la voce appesantita dal sonno e dalla disidratazione. 

Lo champagne è il male. È tanto bellino e simpatico e ti vuole bene ed è il male. 

"Niall," riprova, ma la porta è chiusa e sa che Niall non è neanche lontanamente affettuoso abbastanza da stare con l'orecchio teso ad aspettare le deboli preghiere di Louis.

Fortunatamente, è il ventunesimo secolo.

Sentendosi come se fosse appena strisciato fuori dallo sparticulo del diavolo, Louis cerca a tentoni il cellulare, trovando il nome di Niall (no comment sul fatto che è entrato nella lista dei preferiti – questione di convenienza e nulla più) e schiacciandolo con tutta la passione che i suoi postumi da sbornia e il suo stato pietoso gli permettono. 

Bussa una volta. 

"Tommo!" risponde Niall energicamente non appena risponde. "Dove sei? Stavo giusto per chiedere a Rory di andarci a prendere da mangiare."

"Sei molto vispo per essere già sveglio a quest'ora," raspa Louis. 

"È quasi mezzogiorno."

"Mezzogiorno è presto. Qualunque ora del giorno che comprenda il sole è presto."

"Non posso dire di non essere d'accordo. Ma comunque avevo lezione. Sono appena tornato in realtà."

Lezione. 

È lunedì.

Cazzo.

CAZZO.

"Cazzo," ripete, e il suo è un pigolio di disperazione. "Ho dormito come un sasso! Di questo passo mi butteranno fuori a calci da scuola."

"Non essere melodrammatico. Allora che dici? Vuoi qualcosa in particolare? Salmone? Un panino? Lasagna?"

"Ho bisogno di benzina. E di un fiammifero. Già che ti trovi prendi anche un po' di polvere da sparo."

"… C'entra Harry?"

"No. Beh. Cioè, potrebbe. Ma no – Niall, sto per morire, credo."

"Dove sei?"

"Nella mia stanza."

"Mi hai chiamato dalla tua stanza?"

"Sì."

"Sei lì in questo momento?"

"Sì."

Segue una pausa dall'altro capo, poi il rumore di passi pesanti. La porta si spalanca, e compare Niall in pantaloncini neri, una maglia a maniche lunghe color panna, e un berretto con la visiera, il cellulare premuto all'orecchio. Sembra stanco, con delle ombre profonde sotto gli occhi, ma la luminosità del suo sorriso allontana ogni oscurità.

"Sia lodato il signore," sospira Louis, lasciando cascare subito il cellulare. "Vieni qui," esige, a braccia tese. "Portami in braccio, portami dell'acqua, e drogami. Ti supplico."

Il sorriso di Niall si allarga, e si infila il telefono in tasca prima di saltare addosso a Louis, le braccia che sgusciano sotto il suo corpo.

Beh, okay. A quanto pare ha intenzione di prenderlo in braccio sul serio. Niente di cui lamentarsi. 

"Seratina divertente?" ride, sollevandolo in aria. Cosa che non aiuta il suo stomaco in alcun modo. 

"Che cos'è 'divertente'? Non so cosa significhi. Mi sono noti solo il 'dolore' e il 'rimorso'," geme, stringendosi l'addome. "Puoi chiamare di nuovo Rory e dirgli di portare l'ospedale?"

Niall gli ride ancora più forte nell'orecchio (ahia) prima di entrare pesantemente in salotto per scaricarlo senza grazia sul divano. 

"Ahi!" mugola Louis, schermandosi gli occhi dalla luce. "Potresti essere più delicato!"

"Non ho tempo per la delicatezza." Saltella via e Louis lo stente rovistare negli armadietti, aprire il rubinetto, e canticchiare a bocca chiusa qualche motivetto insopportabilmente allegro.

Morte all'irlandese. 

Per quando è tornato, Louis ha già compilato una lista mentale dei dieci migliori edifici da cui si  getterebbe in questo momento per sfuggire alla sua infelicità. Perché, vero, è sempre stato un po' un festaiolo e ha avuto la sua buona quota di sbronze. Ma mai così.

È quasi completamente certo che Harry l'abbia avvelenato. 

"Credo che Harry mi abbia avvelenato," dice ad alta voce, afferrando il bicchiere di cristallo d'acqua che gli sta porgendo e delle pillole. 

"Mi sa che non ci resta che aspettare e vedere," Niall fa spallucce, mani sui fianchi mentre abbassa lo sguardo pensoso per studiarlo. 

"Vedere cosa?"

"Se muori."

"Delizioso," gli lancia un'occhiataccia, ma riposiziona la testa sul cuscino. 

"Allora com'è andata?" chiede Niall, alzando le gambe di Louis e sedendosi accanto a lui, poggiandosele poi in grembo.

"Non così in fretta. Dov'eri? Non c'eri ieri sera. Sono tornato e non c'era nessuno," piagnucola.

"Sono uscito con degli amici. Niente di che – solo qualche pub e discoteche e cose così. Oh, ho incontrato Mick Jagger!" aggiunge, ripensandoci. 

Louis leva le mani dagli occhi. 

"Scusa?" 

"Ho incontrato Mick Jagger. Ho una foto, te la faccio vedere dopo."

E Louis vorrebbe sinceramente approfondire la cosa ("HAI INCONTRATO MICK JAGGER E NON È LA PRIMA COSA CHE MI HAI DETTO?" e "MA DOVE CAZZO SEI ANDATO CHE MICK JAGGER SE NE ANDAVA SALTELLANDO IN GIRO A INCONTRARE GENTE?!") ma la sua testa palpita e il retrogusto amaro del liquore e quello che è possibilmente vomito in arrivo gli riempiono la bocca. 

Per cui si limita a gemere la sua frustrazione e a ricadere sul cuscino, mani di nuovo sugli occhi. 

"Molto bene. Hai appena rinunciato al tuo turno per parlare perché sei un cretino," borbotta irritato. Niall ride in risposta. "La mia serata è stata divertente. Lunga, frustrante, sudata, ma divertente. Zayn e Liam erano simpatici. C'era una fontana di champagne molto probabilmente avvelenato, molta musica di merda, una bellissima piscina piena di troppe persone, buon cibo, e sono anche riuscito a essere testimone oculare delle personalità multiple di Harry Styles." 

"Davvero?" chiede, sorpreso, un braccio appeso sul retro del divano. "Cos'ha fatto?"

"Beh, ha provato di nuovo a rimorchiarmi. E poi ancora. Ma poi si è arreso e si è trasformato in un perfetto coglione – avresti dovuto vedere la sua faccia. Poi dopo è salito sulla fontana e ha iniziato a strillare cose e sembrava sull'orlo di un collasso mentale. E poi all'improvviso è tornato normale. Come se non fosse successo nulla! Roba da pazzi, ciccio. Mai vista una roba così."

Quello sorride e scuote la testa, dandogli un pugnetto sul braccio. "Beh, almeno ti sei divertito e alla fine si è andato a fare i cazzi suoi. Fammi sapere se ti scoccia, capito?" Louis annuisce, un po' di malavoglia, ma il gesto riesce comunque a spianare le lievi grinze di preoccupazione sul volto di Niall. "Bene," annuisce. "Adesso. Visto che ti senti tanto di merda, perché non fumiamo prima di pranzo? Quand'è il tuo prossimo seminario?"

"Ne ho uno tra circa due ore," si imbroncia Louis. Qualcuno può ricordargli perché è a scuola? Chi ha detto che era divertente? Con un sospiro, si raggomitola su se stesso, affondando ancora più profondamente nei cuscini del divano.

"Perfetto."

E Niall si alza per prendere la sua ciotola mentre Louis geme dal dolore. 

**

"Qualcuno potrebbe pensare che tu voglia diventare uno studente migliore," dice Niall a fatica per mantenere il fumo nel petto, passandogli il piccolo attrezzo di vetro. "Visto che stai spendendo tutti questi soldi che non hai davvero."

Louis è sempre più consapevole della totale mancanza di tatto di Niall.

"Sono i soldi di Charles, non i miei," borbotta, avvolgendo le labbra attorno al vetro liscio e premendo l'accendino. "E poi ho saltato solo un paio di lezioni. Oggi è una giornata no. Sarò di nuovo in piena forma da domani."

"Chi è Charles?"

"Mio padre," risponde con la bocca piena di fumo. 

"Perché lo chiami Charles?"

"Perché fai così tante domande?" tossisce quando il fumo scaturisce dalla sua bocca a cascate, e la vista gli si appanna. "Ehi, puoi prendermi il cellulare?"

Niall acconsente, gli occhi rossi e socchiusi, e si tira su dal divano. I suoi movimenti sono meno energici, più misurati mentre cammina a grandi falcate verso la stanza di Louis. 

Torna un momento dopo con l'oggetto in questione.

"Grazie, amico. Sei il migliore," dice distrattamente, sbloccandolo. 

E oh!

Messaggio da Liam!

Picnic oggi alle 4. Vestiti d'azzurro. :)

"Vestiti d'azzurro," ripete, inarcando le sopracciglia. "Questi qui sono fuori dal mondo, vero? Prepotenti."

Niall accenna un vago sorriso. "Chiunque sia nato coi soldi è prepotente."

"Beh, di sicuro lo sei tu."

Annuisce. "Nato così. Ma dovresti andarci."

"Tu vieni con me."

"Devo andare a canottaggio."

La mascella di Louis si allenta dallo sdegno, mentre si volta verso di lui. "Ora sta diventando una scusa, vero?"

"Nah, amico," ridacchia, stiracchiandosi le gambe. 

"Ma ho promesso che saresti venuto. Ora fai la figura del maleducato. Non puoi essere maleducato con Zayn Malik."

"Vengo la prossima volta. Veramente," aggiunge all'occhiataccia caustica di Louis, "Penso che smetterò."

"Perché? Perché ti manco?" lo stuzzica, accartocciando la faccia (cosa che probabilmente non aiuta il dolore al cervello che ancora gli martella un po') e schiantandola contro il collo di Niall che ride e si dimena via.

"Troppo canottaggio," spiega tra le risate, poi si alza, scompigliandogli i capelli mentre lo supera. 

"Spero per te che tu non stia andando a-"

Ma viene interrotto dall'inizio di A Thousand Miles.

"Quell'affare lo spaccherò," borbotta fra sé e sé collassando sul divano, a faccia in giù.

E se la sua testa inizia a fargli meno male con le note vibranti, non lo ammetterà mai.

**

Quando Louis va a lezione quel giorno (dal bravo bambino che è – Niall aveva provato a convincerlo a giocare a calcio invece di andarci) sente il nome di Zayn ripetuto in un vortice di sospiri. E poi ancora. E poi ancora.

"Ho visto Zayn Malik oggi!"

"Zayn Malik mi ha appena invitato a una festa!"

"Lo sapevi che Zayn Malik ha fatto gettare Gilbert Fopp nel lago dai suoi ragazzi?"

"Zayn Malik si scopa tutte alle sue feste. È per questo che lascia andare solo le ragazze carine."

"Ho sentito Zayn Malik dire a qualcuno che ha comprato una quota della scuola per poterla co-amministrare con il padre."

"Ommiodio, Zayn Malik ha minacciato di assumere dei mercenari perché un ragazzo ha tagliato la fila!"

E avanti così, ogni bisbiglio sempre più offensivo dell'altro.

La prima dozzina di volte, Louis li riprende. 

"Non fate le sceme," scatta contro un gruppo di ragazze ridacchianti, con le borse di Louis Vuitton strette al petto, e i capelli luccicanti. "Non lo direbbe mai. Smettetela di diffondere queste cazzate."

Ma in risposta riceve solo sguardi vuoti prima che quelle tornino animatamente alle loro conversazioni.

Sarà una lunga giornata.

E anche se sarebbe sinceramente meglio se non ascoltasse, se sinceramente non prendesse a cuore quelle parole, non può fare a meno di sentire un misto di irritazione – probabilmente conosce Zayn meglio di qualunque di questi ragazzi e ragazze e Zayn non è affatto come si dice che sia – e curiosità. 

Perché sebbene vada d'accordo con lui e sia diventato sempre più affettuoso nei suoi confronti nelle due occasione in cui sono incappati l'uno nell'altro, non lo conosce davvero. E Louis non è mai stato un tipo ingenuo. Sa che le persone sono capaci di molte cose inaspettate.

Per quanto ne sa, Zayn potrebbe aver davvero assunto un mercenario perché si era stufato di aspettar il suo caffellatte. È perfettamente plausibile, e non può metterlo in discussione né per un verso né per l'altro. Il potere di fare qualcosa del genere sicuramente ce l'ha. 

Un po' frastornato (a questo si è ridotta la sua vita?) passa il resto del seminario in uno stato di mezzo stordimento, immaginando i vari scenari in cui si potrebbe vedere costretto a dover ricorrere a un mercenario. 

**

"Vado in discoteca!" lo saluta Niall non appena Louis varca la porta, stordito com'è dopo aver sentito troppi nomi di drammaturghi in troppo poco tempo. Non possono fermarsi a Shakespeare? Non è lui l'unico che conta davvero? Com'è che ha scelto drammaturgia?

"Row, row, row your boat," canta in un mugugno, pompando un pugno fintamente entusiasta in alto mentre scarica la borsa a terra e si toglie le scarpe con i piedi.

"Divertiti al tuo picnic. Buona fortuna con Harry. Mandami un messaggio se fa lo stronzo," dice Niall, gli occhi azzurri puntati con autorevolezza, e Louis non può fare a meno di ridere. 

"Smettila di agitarti e vattene."

"Dico sul serio, però. Fammi sapere se ci sono problemi. Promesso?"

"Te ne vai sì o no?"

"Promesso?"

Louis lo caccia fuori dalla porta letteralmente a calci e poi gliela sbatte in faccia. "PROMESSO!" urla oltre il legno pesante con un sorriso e un'alzata d'occhi. 

Sente l'attutito, "Sarà meglio," di Niall, prima che i suoi passi svaniscano nel nulla. 

E adesso, è solo Louis contro il Picnic. 

Primo punto in agenda? Cosa mettersi. 

Quindi inizia a trafficare nell'armadio di Niall. 

**

Una volta che è adeguatamente agghindato (camicia azzurra, jeans aderenti grigi, e scarpe di pelle) e dopo aver ricevuto un'utile telefonata di Liam ("Vieni nelle nostre stanze e porta solo te stesso!") esce dall'appartamento, con la consapevolezza che dovrà fare i compiti a un certo punto della serata nascosta nei meandri della sua mente. 

Ritorna sui passi di quel primissimo pranzo, trovando la strada per la torre e salendo per la scala a chiocciola fino a trovare quella familiare porta di quercia, socchiusa nello stesso modo in cui lo era stata un paio di giorni prima. 

"Che la festa cominci, sono qui!" dice ad alta voce, aprendola con una spinta.

Liam è in piedi vicino alla finestra con un gilè celeste, una camicia bianca immacolata sotto, e pantaloni celesti, intento a messaggiare sul suo Blackberry, la luce della finestra che gli illuminava il fianco destro, quando alza lo sguardo rivelando un sorriso felice del suo arrivo.

"Louis!" esclama, con una voce genuinamente emozionata.

Per Louis, Liam è come un cucciolo. Niall è il drago, Zayn è il serpente, e Liam è il cucciolo. E visto che il cucciolo è innamorato del serpente, è uno scenario piuttosto interessante. 

A proposito del serpente, è dall'altra parte della stanza di fronte allo specchio sopra il camino, che si sistema meticolosamente tutti i capelli fuori posto, il volto serio e pienamente concentrato. Sembra essere stato strappato da una rivista di moda, la copia sputata della perfezione in un completo fiordaliso, i gemelli di zaffiro, e le scarpe di pelle bianca (per le quali gli è improvvisamente salita la salivazione). Il suo fedora distintivo è sulla mensola del caminetto. 

"Ciao," dice, impassibile, mentre si focalizza su una ciocca particolarmente ostinata. "Sono contento che ce l'hai fatta." Non sembra esattamente elettrizzato, non lo sembra mai, ma il suo tono giocoso è caloroso e rilassato, e Louis sorride, chiedendosi come abbia fatto a mettere in discussione il suo carattere.

Ovvio che Zayn Malik non assumerebbe dei mercenari. Che razza di dicerie sono?

Non è il tipo di serpente che si avvolge attorno alle gole che non se lo aspettano e strangola fino alla morte vittime che non possono difendersi. È quello che sta steso al sole e si snoda per le strade dei giardini, scrutandoti curiosamente dai cardi. 

"MOLTO contenti," enfatizza Liam, avvicinandosi a Louis e stringendogli la mano.

Louis guarda le loro mani. "Dobbiamo farlo ogni volta che ci salutiamo? Ché devo essere  sincero – non mi fa impazzire."

Zayn ridacchia.

"Oh," dice Liam sorpreso, e lascia immediatamente andare la sua mano. "Ti porgo le mie scuse. Forza dell'abitudine," ragiona con un sorriso, prima che i suoi occhi tornino alla loro solita gioia, socchiusi. "Beh, andiamo? Zayn, tesoro, sei pronto?" 

"I miei capelli fanno schifo oggi," borbotta quello in risposta, mettendosi il cappello, sconfitto. 

Liam sorride affettuosamente, camminando immediatamente verso di lui e mettendoglisi dietro, le mani sulle spalle. Incrociano gli occhi nello specchio e il sorriso di Liam si allarga mentre gli appoggia il mento sulla spalla. 

"I tuoi capelli non fanno mai schifo! Secondo me sei perfetto. Ma ci conviene andare prima che appassiscano i fiori."

Dopo avergli premuto le labbra sul collo, rassicurante, guida Zayn fino a Louis che guarda la coppia con ostinato affetto nel petto. Non è uno sdolcinato, mai stato, ma anche un blocco di ghiaccio ammetterebbe che sono carini.

"Andiamo allora, ragazzi," sorride, permettendo loro di superarlo, prima di seguirli da vicino e sorridendo di pura contentezza al pensiero che Harry Styles non si veda da nessuna parte.

**

Avrebbe dovuto sapere che un picnic con Zayn e Liam sarebbe stato meno un 'coperta per terra' e più una cosa tipo 'tavoli bianchi da bistrot e tovaglie color salmone con vino e cioccolatini e violini.'

E non dimentichiamoci del pianoforte. 

"Hai portato pure il pianoforte? Mi stai dicendo che hai chiamato qualcuno per farti trasportare un pianoforte a un picnic?" domanda Louis, l'incredulità che gli spalanca gli occhi. 

"Ma certo! Ogni picnic ha bisogno di un pianoforte!" ride Liam. 

Zayn lo studia con un sorriso stirato. "Suoni?" chiede gentilmente. 

"Nemmeno un po'. Niall ha provato a insegnarmelo ma è riuscito soltanto a farmi incazzare."

"Canti? Zayn ha un'istruzione classica,"  si esalta Liam, sorridendogli come se fosse il sole. 

"Ma davvero?" chiede, sinceramente incuriosito. "Ma è stupendo! Ho sempre voluto cantare."

"Potremmo farci una serata!" esclama Liam felice. 

"Anche lui canta," dice Zayn a mo' di spiegazione. "Molto."

"Mica tanto," protesta quello. "Solo quando si presenta l'occasione. Ora. Possiamo offrirti qualcosa da bere, Louis? Prego, accomodati."

Louis obbedisce e si guarda attorno. È una bellissima radura sul lago, l'erba è verde e soffice, fiori selvatici sparsi per tutto il paesaggio. Ci sono dei salici pigri che accarezzano il vento, l'edera che si intreccia fin sopra i tronchi, e il suono rassicurante dell'acqua che lecca le rocce si fonde perfettamente ai violinisti.

Sembra spaventosamente un matrimonio.

È un posto magnifico, però. Ci sono arrivati con l'auto, Zayn aveva tirato fuori la macchina d'epoca che Louis aveva visto il primo giorno che era arrivato (e si sente un pochino compiaciuto di aver avuto ragione – lo sapeva che erano loro; capisce anche con una botta di irritazione che la testa riccia che stava ridendo sul retro, quel tipo che si manteneva in equilibrio sulla cima dei sedili e che alzava in aria lo champagne? Eh sì, era proprio Harry, grazie al cazzo, ma adesso non ha voglia di pensare a lui se non è costretto) ed è molto lontano da scuola, ma senza esagerare, nascosto abbastanza in là da dare una sensazione di privato e diverso.

"Prendi un po' di vino. E un sigaro," offre Liam, mettendosi a sedere accanto a lui. 

"Volentieri," dice, sorridendo raggiante al gentiluomo che gli sta riempiendo il bicchiere mentre Zayn gli passa un grosso, corposo sigaro che costa più delle sue scarpe. 

**

Con la brezza calda a scompigliargli i capelli, gli accenni del fumo del sigaro che bloccano il profumo dei fiori e del formaggio, e la luce del sole che viene irretita dalle sue ciglia e riflessa sul cristallo crea dei prismi, spruzzando gocce arcobaleno sul mondo, Louis si scopre innamorato del modo in cui Zayn Malik organizza i ritrovi sociali. 

E, okay, forse adesso capisce i codici d'abbigliamento – i vari azzurri dei loro completi si sposano armoniosamente con l'erba e il cielo, ravvivando l'atmosfera e garantendo degli scatti perfetti.

Questa è gente che fa per lui. Lo capiscono.

"Lei sì che sa fare i picnic, signor Malik," sorride, tracannando un altro bicchiere di Pinot Grigio e selezionando l'ennesimo sigaro. 

"Mi è stato detto," sorride Zayn, poltrendo nella sua sedia e lanciando di tanto in tanto uno sguardo a Liam che ha iniziato a suonare il pianoforte.

"Vedo che nessuno dei ragazzi è qui," dice Louis con un sigaro tra i denti mentre cerca di accenderlo contro la brezza.

Zayn si protende in avanti e ripara la sigaretta con le mani quando finalmente la fiamma si stabilizza. "Harry sta arrivando," fa un sorrisetto, "se è quello che intendi."

"Chi? Harry? Mai sentito parlare," taglia corto, espirando il fumo ligneo. 

"Non ho invitato gli altri. Posso farlo però, se vuoi."

Louis alza le spalle. "Devi decidere tu. È il tuo picnic."

"In realtà è il tuo."

Lo fissa. "In che senso?"

"Liam mi ha chiesto di organizzarlo in tuo onore. Non te l'ha accennato?" chiede gentilmente, facendo un gesto al cameriere per farsi riempire il bicchiere. 

"No," dice e sente le guance arrossarsi all'idea. "Tutto questo è per me? I cioccolatini, il formaggio, il vino, i violini, il pianoforte da asporto? Per me?"

Zayn sorride leggermente, osservandolo. "Ti abbiamo già detto che ci piaci," dice, come se ciò spiegasse tutto. 

"Wow," ride, sciogliendo le gambe e armeggiando con la maglietta. Non è una persona sentimentale, ma non può negare di essere lusingato e segretamente molto compiaciuto. "Non so che dire. Grazie, gioia. Penso che andremo molto d'accordo." Sorride vittoriosamente e gli fa un saluto militare, sperando che la sua voce non tradisca le sue emozioni. 

"Concordo pienamente," dice Zayn in un tono vellutato, e proprio quando apre la bocca per dire qualcos'altro, arriva rombando il suono di un motore. 

Si voltano entrambi per vedere una lucida macchina nera che accosta, i finestrini oscurati e freddi che cozzano con l'atmosfera tranquilla che li circonda. 

L'autista scende, va diligentemente sul fianco, e apre la portiera, la schiena rigida e vigile. 

La delusione gli inizia già a formicolare perché chi altro potrebbe essere se non quella persona?

Già. 

Harry Styles, con un completo di velluto blu zaffiro e papillon argentato, con in mano un mazzo di gigli bianchi, smonta dalla macchina, i folti ricci accarezzati dal vento e dalla luce, il suo sorriso velenoso che sboccia non appena li vede.

Ma non è solo. 

Cinque ragazze lo seguono. 

Cinque. 

Louis trattiene l'ondata di irritazione e si accontenta di prendere un altro grosso sorso di vino. 

"Sarà uno spasso," sospira a denti stretti, e Zayn gli lancia un'occhiata con un piccolo sorriso. 

"Harry," lo saluta pigramente Zayn, con la testa piegata di lato. 

"Ciao a te, bellissimo," gli fa le fusa, e gli passa uno dei suoi gigli poggiandogli un bacio sulle labbra. "Tienitelo sempre stretto. I gigli rendono tutto più bello e mi rifiuto di parlare con qualcuno che non ne abbia uno in mano."

Ma basta.

Louis trattiene ancora un'altra ondata di schifo con ancora un altro grosso sorso di vino. Sarà una giornata lunga. 

Se ne resta seduto mentre Harry e Zayn chiacchierano, serrando un po' le dita sul bicchiere, e aspetta l'inevitabile "Louis Tomlinson" e tutto il falso fascino a cui è tanto avvezzo. Forse raddoppierà i suoi sforzi di conquistarlo visto che ieri era stato un totale disastro. 

Harry fa un ultimo sorriso smorto a Zayn prima di sganciarsi dalla conversazione. "Sei perfetto, comunque. Avrei dovuto agguantarti quando potevo. Non è vero, signore?" sorride, strusciano le braccia lungo le spalle della sua catasta di ragazze per ciascun lato e il sorriso di Zayn vacilla solo per un attimo (strano). 

"Siamo tutti folgorati," brontola Louis piano, alzando gli occhi al cielo. 

Ed ecco qui, ha parlato. Adesso sarà sottoposto alla classica scenetta da Harry e dovrà vedersela con-

"Liam, gioia!" è lo squillo improvviso di Harry, che gli guarda attraverso, e gli cammina oltre come se fosse un insetto su un ceppo. 

Che cazzo?

Sconvolto, Louis si aggroviglia sulla sedia e lo vede allontanarsi con il suo harem, sperando sinceramente che la mascella non gli si sia allentata troppo. Scatta verso Zayn. 

"Mi ha ignorato. Quel coglione mi ha appena ignorato!"

Zayn fa spallucce. "A volte lo fa. Probabilmente è meglio così."

"Certo. No, certo che hai ragione. Sono felice che non mi parli." Louis fa una finta risata, prima di tuffarsi in una conversazione stupida con Zayn, ignorando con fervore lo sdegno e l'orgoglio ferito che gli si sono annodati nelle ossa. 

**

Harry lo ignora per tutto il cazzo di picnic. Decide anche di dare dei gigli a ogni singola persona presente (perfino ai camerieri) tranne che a Louis. 

Anche quando se ne esce fuori con qualche commento da stronzo, non incontra che totale indifferenza: Harry preferisce controllare il cellulare, sorseggiare il vino, o seppellire la faccia ridacchiante nel collo di una delle ragazze.

È fantastico, davvero. Splendido, perfino. 

Allora manda un messaggio a Niall. 

LO STRONZO SI COMPORTA COME SE NON ESISTESSI. MI IGNORA !!!!!

Presto il suo telefono si illumina.

Congratulazioni! Obbiettivo raggiunto! Divertiti bello x

E no, non lo ha aiutato per niente. 

Ma Niall ha ragione. È vero. Deve essere grato del fatto che l'essere più ripugnante del pianeta lo sta ignorando. 

Quindi, imbottendosi le guance di cioccolato, si alza in piedi e si unisce a loro vicino al pianoforte, con Liam che ancora suona, il giglio steso in grembo, e Zayn seduto accanto a lui che ancora stringe forte il suo, Harry (che adesso ne ha uno nel taschino della giacca e un altro nel pugno) e le prostitute che li circondano.

"Dovresti provarle. Sono deliziose," dice Harry, accarezzandole sotto i menti mentre quelle tubano. 

E cazzo no, sarà meglio per lui che non stia parlando così di quelle ragazze. 

Zayn scuote la testa con una leggera risata. "Non siamo interessati alle tue ragazze, Harry. Sono tutte tue."

Oh cazzo. Adesso basta. Niente più freni.

"Lo sai vero che sono persone e non oggetti, Curly? E non sono fatte per essere provate?" chiede in tono mordente, incrociando le braccia al petto e guardandolo duramente. 

Il sorriso di Harry si ghiaccia, gli occhi fissi su una delle ragazze. La sua espressione si trasforma in una di assoluta irritazione, ma non guarda Louis. 

La bionda allunga la testa per guardare Harry, chiaramente indifferente, e con malcelato disgusto chiede, "Chi è quello?"

"Nessuno," sbotta Harry, e poi riporta lo sguardo sul pianoforte. 

I tendini di Louis tirano. La sua furia si accende. E nella sua testa parte un mantra lento e ininterrotto: Non attaccherò Harry Styles. Non attaccherò Harry Styles. Non attaccherò Harry Styles.

Non lo calma affatto, ma gli impedisce di spiaccicargli la faccia per terra.

La conversazione continua, con Louis fermamente escluso; di tanto in tanto Liam gli fa una domanda educata, i tratti del viso fermi in un sorriso. La sua risposta è però di solito interrotta da Harry, che tappa buchi con commenti superficiali e ridicoli (a un certo punto strascica un "voglio ubriacarmi e guardare me stesso" a una delle ragazze) e riesce solo a farlo agitare ulteriormente. 

"Cos'è successo a Cleopatrick?" chiede di colpo, lanciando un'occhiataccia diretta al bastardo.

Quello sorseggia il suo vino e fissa il cielo. 

"Zayn gli ha trovato una casa perfetta," sorride Liam. "Ha anche potuto tenere il suo nome!"

"Davvero?" chiede improvvisamente Harry, sembrando genuinamente contento.

"Sì, lo hanno adorato!"

"Odio il mondo," brontola Louis, ma non cerca di portare avanti l'argomento. 

La conversazione prosegue di questa maniera, con Harry che racconta di come le collane dei nativi americani siano la sua "nuova fissa" e mostra ripetutamente quella che ha sotto il colletto inamidato. 

"Mio padre ha un'intera collezione di cui non ero nemmeno a conoscenza. Mia adesso," fa un occhiolino, rimettendo la punta di freccia e piume sotto la camicia. 

"In che senso, 'mia adesso'?" sputacchia di nuovo Louis, e maledice se stesso e la sua completa mancanza di autocontrollo.

Prevedibilmente, Harry lo ignora completamente.

"Des è tornato a casa?" chiede Liam, alzando lo sguardo.

Il sorriso di Harry all'istante vacilla. Per un attimo osserva Liam, gli occhi smarriti, il bagliore arrogante del suo volto rimpiazzato da una quasi impercettibile tensione prima che sbatta veloce le palpebre e distolga lo sguardo.

"Sì."

La risposta è breve e vibra di un'intensità che gli sfugge per pochissimo, come se rinchiusa in un forziere sul fondo del mare.

Lo coglie di sorpresa, abbastanza da fargli fissare più minuziosamente Harry mentre per un attimo si morde un labbro, e se di solito il fascino di Harry ritorna subito a galla, stavolta sembra incontrare qualche leggera difficoltà a ricomporsi.

Zayn è attento. "Ti va di cantare, Harold?" chiede, con una voce abbastanza gentile da destare la curiosità di Louis. Cosa sa lui? Cosa sanno tutti? Niall aveva detto che Des era una specie di mina vagante, ma c'è qualcosa di indefinito che suggerisce ci sia di più dietro. 

Allora guarda Harry e quegli occhi che non riflettono nulla. 

"Non canto di giorno. Con permesso, ragazzi," si congeda, tono impeccabile ma espressione ancora fuori posto, e scivola via, con le ragazze a seguito.

**

Alla fine, Harry torna alla normalità, a pavoneggiarsi, a fare battute stupide e strane osservazioni, quindi qualunque curiosità che Louis avesse iniziato a nutrire nei suoi confronti è evaporata con successo, lasciando di nuovo il posto al fastidio.

Ed è proprio allora, ovviamente, che Harry accosta Louis per la prima volta. Beh, più Zayn che Louis, ma Louis è proprio lì quindi conta lo stesso. 

"Zayn, caro," romba Harry, le parole che sgocciolano. "Dubito tu abbia un po' di paglia con te, vero?" Il suo sorriso è birichino e scaltro. 

Che diavolo ha chiesto?

"Non qui, no. Mi spiace."

Harry contrae le labbra, gli occhi che non lasciano mai Zayn, le spalle che si irrigidiscono per il fastidio. "E quello?" chiede poi, muovendo a scatto un pollice in direzione di Louis. 

Wow. 

Zayn guarda lui. "Louis, amico, hai un po' d'erba?"

"No," risponde, e imbeve la parola del suo fastidio. 

La fronte di Harry si aggrotta. "E pillole, o cose così? Quelle ce le ha?" chiede a Zayn, che adesso è apparentemente assurto a ruolo di messaggero. 

Zayn lo guarda di nuovo. "Hai delle pillole o-?"

Louis butta fuori la sua impazienza con un sorriso e gli poggia una mano gentile ma ferma sulla spalla.

"Ci sento, gioia." Zayn annuisce e continua a guardarlo, in attesa, mentre Harry guarda Zayn, in attesa. "E no, sono a corto di narcotici."

Harry si acciglia, mandando giù il suo bicchiere di vino in un sorso solo. "Beh," sospira, leccando i resti del liquido porpora dalle sue labbra rosso rubino, "scusa il disturbo, bellissimo. Ma è meglio che vada."

"Così presto? Credevo ci avresti cantato una serenata al tramonto," medita Zayn.

"Credevo l'avresti fatto tu," risponde, pungolandogli un dito sul petto. "Mi manca il tuo falsetto da professionista."

"Aspettavo te." Zayn gli fa un ghigno e si sorridono.

Harry sfiora le sue nocche color panna sugli zigomi caramello di Zayn. "È quello che ti rende bellissimo, tesoro. Mandami un messaggio quando torni."

E così, gli preme un casto bacio sulle labbra e gira i tacchi, la luce del sole che illumina la sua schiena di velluto, i gigli che svengono mollemente nella sua presa.

"Mi sa che me ne vado anch'io. Ho dei compiti che devo assolutamente fare."

Senza perdere un colpo, Harry ruota su se stesso.

"Sai che c'è, Zayn, dopotutto magari rimango. Le ragazze si stanno divertendo."

Oh, ma porca puttana. 

"Sottile." Louis lo squadra torvo, e anche se Harry non restituisce lo sguardo, ghigna visibilmente. 

Zayn scuote la testa guardando i due, proprio quando Liam si unisce a loro. 

"Non te ne stai andando, vero?" chiede a Louis, a occhi spalancati.

"A dir la verità sì. Compiti. Sai. Visto che sono uno studente eccetera."

"Non puoi prendere qualcuno per farli per te? Solo per stasera?"

"Ehm…"

"È un bravo studente, il nostro Louis. Gli piace fare i compiti da solo. Non è vero?" chiede Zayn.

"Non proprio, no. Ma ho bisogno di provarci perché devo andare bene. Quindi, ragazzi, è stato un piacere," sorride, battendo una mano sulle spalle di Zayn e Liam.

Harry si tiene occupato con i polsini. 

"Domani," dice Liam prima che Louis se ne vada, "diamo un tea party alle tre. Nelle stanze di Zayn. Devi venire. Ti mando un messaggio per ricordartelo."

Louis annuisce e inizia a camminare verso la strada, tirando fuori il telefono per chiamare Niall. "Perfetto. Ci vediamo lì, ragazzi."

"Lascia che ti riaccompagni con la macchina," lo chiama improvvisamente Liam, correndo per raggiungerlo. 

"Oh," dice Louis, stupito. "Non c'è bisogno."

"Mi fa piacere," dice in modo pulito, denti perfetti. "Così possiamo parlare."

Va bene allora.

Louis ride, rinfilandosi il telefono in tasca. "Come vuoi, gioia. Grazie."

Liam fa un gran sorriso e tiene la portiera aperta per lui. "Quando vuoi," risponde, e gli sorride un po' più a lungo del necessario prima di sistemarsi nel sedile del guidatore e accendere il motore. 

**

"Liam Payne mi ha chiesto se volevo fare una cosa a tre con lui e Zayn Malik!" strilla appena precipitatosi oltre la porta del suo appartamento. 

Niall alza lo sguardo dalla vaschetta di gelato che sta divorando al momento sul bancone, con delle enormi cuffie buttate in testa. Se ne leva una dall'orecchio. "Come?"

"Liam Payne mi ha chiesto se volevo fare una cosa a tre con lui e Zayn Malik!!" ripete, con il tono di voce un'ottava più alto. 

Niall lo fissa per un attimo, con il gelato che cola dal suo cucchiaio, prima di scoppiare a ridere. 

"Non fa ridere!" starnazza. "E se è quella l'unica ragione per cui erano carini con me?? Per aggiungermi ai loro contorti giochi sessuali? Sono solo un corpo per loro??"

"Amico, amico, amico," ride fragorosamente, quasi piegato a metà, "Geniale! È la cosa più bella che abbia mai sentito!"

Louis incrocia le braccia al petto e lo guarda male. "Hai finito?"

"No!" riesce a dire, picchiando un pugno sul bancone. 

"Fantastico," sospira portando gli occhi al cielo. "Io però sono serio, Niall. Che razza di persone sono? Mi stavano appena iniziando a piacere!"

"Sono sicuro che non è la ragione per cui gli piaci," ridacchia un po', e la sua risata finalmente si attenua mentre si asciuga le lacrime dagli occhi. "Hai detto di sì?"

"CERTO CHE NO!"

"L'ha presa bene?"

"Sì. Voglio dire… sì. Gli stava bene. Era un'offerta informale. Non penso che l'avesse pianificata o roba simile," dice, sedendosi su una delle poltrone di velluto e sentendosi male. 

"Com'è uscita fuori?"

"Beh, stava parlando della sua relazione con Zayn e poi mi ha chiesto se ero single, e poi mi ha chiesto perché, e poi me l'ha chiesto e basta!"

"Te l'ha chiesto per pietà? Perché sei solo?" chiede Niall, mettendo il coperchio al gelato e rimettendolo nel freezer.

Oddio. 

Louis si rimpicciolisce dall'orrore. "OMMIODDIO. Non pensi che fosse per quello, vero? Pensa che sono patetico? E così solo che mi stava offrendo il corpo suo e del suo fidanzato?" Louis riflette a lungo sulla cosa, prima di portarsi improvvisamente una mano al petto, boccheggiando. "Ommioddio, ma è una cosa bellissima, se ci pensi!" Alza lo sguardo su Niall con gli occhi che brillano. 

Niall si volta verso di lui e lo fissa, le sopracciglia quasi perse nell'attaccatura dei capelli. "Bellissima? Sei serio? Tommo, sei tu? Sei ubriaco?" chiede, e cammina verso di lui ispezionandogli il volto con sospetto. 

"Dico sul serio, Nialler! Se è questo quello che intendeva, è così tenero!"

"Non proprio. È ancora un po' parecchio inquietante."

"Inquietante, sì, ma molto meno che quando pensavo desiderasse solo il mio corpo perfetto. Stava solo cercando di essere educato," esclama con sentimento, dandogli uno schiaffo sul braccio con entusiasmo. "Awwww, voi ragazzi e le vostre maniere chic. Siete un mucchio di svitati, ma credo che state iniziando a piacermi."

Niall scuote la testa e ride, tirandolo via dalla sedia per farlo stare in piedi. "Fa un po' ridere che ci siano volute delle avance sessuali perché tu lo capissi e non, per esempio, il fatto che siamo amici. Ma a caval donato non si sputa in bocca. Quindi. Giochiamo a FIFA."

"E poi cena? Scelgo io?" chiede Louis, alzando un sopracciglio. 

"Scegli tu," concorda Niall, e poi salta oltre il retro del divano e ci si rilassa, Louis che lo segue con un sorriso compiaciuto.

--

NdT. Lunedì sera sono andata al concerto di Morrissey e ho ancora le ossa rotte (mi hanno dato anche un mezzo pugno yay), quindi mi sento talmente a pezzi che non ho riletto come solitamente faccio, ma prego che non ci siano errori troppo stravolgenti! Dalle note dell'autrice: Hook and Line è una canzone perfetta per Harry, così come This boy lo è per Niall. Io la adoro questa persona. Grazie per aver letto!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9.

Il giorno seguente, dopo essere stato svegliato come d'abitudine dall'impeccabile interpretazione di Niall dello Scherzo n. 2 Opus 31 di Chopin, Louis frequenta tutte le sue lezioni, i compiti completamente fatti e pronti per essere controllati, ed è lo studente migliore che sia mai stato, che prende appunti durante ogni corso e non scarabocchia neanche una volta un cappio.  

È così fiero di sé mentre rincasa che sta per offrire a Niall delle focacce e un po' di scotch, quando il suo telefono squilla e la La Marcia Imperiale si spande nell'etere.

Mamma.

Cazzo.

Beh. Adesso ci sono due alternative. Può rimettersi il cellulare in tasca senza dirlo a nessuno… o può rispondere. Dal momento che deve ancora rispondere a una delle telefonate di sua madre, opta per quest'ultima, i nervi già tesi. 

"Mamma," la saluta con finta allegria, sbloccando la serratura dell'appartamento. 

"Boo bear," dice lei piano. Sospettosamente piano. Cazzo.

"Cosa c'è?" chiede subito, tenendo fuori l'agitazione dalla sua voce e aprendo la porta con una spallata.

Niall è seduto di nuovo al pianoforte, che si fuma un sigaro con la tv accesa. 

Louis manda un cenno nella sua direzione prima di riportare l'attenzione al cellulare. 

"Oh… niente. Solo che." C'è un indugio dall'altra parte e sente un brusco respiro seguito da un quasi singhiozzo. "Mi manchi, tesoro."

Maledizione.

Sa cosa significa. 

"Mamma. Mamma, ti stai prendendo cura delle ragazze? Dove sei?"

"Sono fuori. Ora ho bisogno di stare da sola."

"Dove sono le ragazze? C'è qualcuno che se ne occupa?"

"Stanno bene, Louis. Mi manchi-" 

"MAMMA. Maggie ha solo QUATTRO anni. Torna dentro adesso. Devi badare a loro."

"Non voglio," risponde, scoppiando a piangere, e i nervi gli sfrigolano mentre con una mano si massaggia le tempie.

"Non conta quello che vuoi. Sei la loro mamma. Puoi farcela. Proprio come quando eri una buona mamma prima che Charles se ne andasse… puoi essere una buona mamma senza di lui. Forza."

L'altro capo è silenzioso, si sente solo il rumore soffocato del vento e respiri profondi.

"Hai ragione, tesoro. Sei sempre stato più saggio della tua età."

Louis annuisce, a denti stretti. "Dovevo esserlo. Adesso torna dentro, sì? Per favore?"

"Lo farò. Mi prenderò cura di loro, Lou. Sta' a vedere, sarò una buona madre. Ti renderò orgoglioso."

"Rendi orgogliosa te stessa," dice, e fa del suo meglio per tenere a bada le sue emozioni, con la voce pericolosamente vicina ad alzarsi.

Niall alza lo sguardo su di lui, le sopracciglia aggrottate, ma Louis lo ignora per il momento, raggiungendo invece la fila di finestre basse allineate sul muro. Guarda la soleggiata distesa d'erba fuori, gli studenti che girovagano, e nota assentemente che si trova nel punto esatto in cui Zayn gli aveva vomitato addosso così poco tempo fa.

"Lo farò." C'è un'altra pausa. "Ti manco, Lou?"

Louis chiude gli occhi. "Sì, mamma. Adesso torna dentro, per favore. Per favore. Ti voglio bene," aggiunge come avendoci ripensato.

"Anch'io. Fatti sentire."

E poi si chiude la linea.

"Porca puttana," borbotta, mettendo giù il cellulare sul bancone e lasciandosi cadere sulla sedia più vicina. 

"Era tua madre?" chiede Niall sorpreso, guardandolo dall'altra parte della stanza, adesso con le mani in grembo.

"Già."

"Cos'ha che non va?"

"Tutto."

Niall lo fissa in silenzio.

Portando gli occhi al cielo, Louis scende nel dettaglio. "Non sta bene da quando Charles ci ha lasciati anni fa. A volte parte all'improvviso o si dimentica di noi. Non fa altro che piangere e cercare le persone che non sono più nella sua vita. Quindi adesso devo ricordarglielo, visto che ero io quello che si prendeva cura di tutti quand'ero a casa." Sente l'amarezza tingergli le parole e prega che Niall non chieda ulteriori particolari.

Per fortuna, non lo fa.

"Cazzo. È dura, amico."

Lui scrolla le spalle. "Va così. Ora, cos'hai in programma per oggi? Perché abbiamo un tea party a cui andare."

Niall allora sorride, illuminando istantaneamente le ombre della stanza. "Va bene."

"Va bene? Niente scuse? Niente canottaggio? Vieni sul serio?"

"Già. Ho chiuso ieri col canottaggio. Mi annoiavo a morte. Andiamo a questo cazzo di tea party!" E salta giù dalla panca, trascinandosi nella sua stanza con un rumoroso grido di guerra.

Louis sorride. Potrebbe davvero rivelarsi una splendida giornata. 

**

Quando arrivano alle stanze di Zayn, in abiti goffamente coordinati come si sono accorti solo quando erano quasi lì ("Niall Horan, marcerai dritto al nostro appartamento a cambiarti in questo istante. Le mie bretelle sono dello stesso colore dei tuoi pantaloni. NON è accettabile." "Anche le nostre maglie sono abbinate." "NIALL!"), Louis è già un tantino sconvolto. 

Fortunatamente Niall è incapace di provare quell'emozione. 

"Toc, toc!" grida dall'altra parte della porta di quercia, l'esatta personificazione dell'anti-timidezza.

"Lo sai che è da maleducati. Avresti dovuto farlo fare a me," lo rimprovera. 

"Perché?"

"Perché io li conosco."

"Li conosco anch'io!"

"Non bene come me!"

"Li conosco da più tempo."

"Non funziona così – voi ricchi vi conoscete tutti o siete parenti! È tipo incesto!"

Una voce lo interrompe.

"Avanti!" canta la voce di Liam, e sparando un'altra occhiataccia in direzione di un ignaro Niall, Louis apre la porta. 

La stanza è bella come sempre, il tavolo apparecchiato con porcellane in stile vittoriano che brillano alla luce del sole e alla luce naturale, rose e ortensie fresche traboccano dai vasi di vetro. Ci sono crêpe, focacce e biscotti impilati in piccoli cumuli ordinati su eleganti vassoi dorati. È meraviglioso. Una leggera brezza soffia sulle tende di raso marroni delle finestre, e Louis quasi si rammarica che il pianoforte sia lì, intatto – un po' di musica avrebbe accompagnato perfettamente l'ambientazione. 

"Ti sei superato ancora una volta, Zayn," lo saluta, e Zayn sorride da capotavola mentre Liam gli riempie la tazzina. 

"Louis!" Liam è raggiante, alzando lo sguardo con un sorriso incerto e una camicia inamidata. 

"Salve, salve. Lui è-" inizia Louis prima che:

"Ehiii, ragazzi! Che bello rivedervi," canticchia Niall, schiaffando una mano tra quelle delicate di Zayn e ripetendo il gesto con Liam che ha l'aria di essere assolutamente estasiato. 

"Che bello vedere te, Horan! Come sta il tuo vecchio?" chiede Liam con gioioso galateo. 

Niall sorride in quel modo che suggerisce che è pronto a scoppiare a ridere, mani disposte lungo i fianchi, e posizione dominante. Il drago è uscito fuori a giocare. "Sta benone. Passa e vienilo a trovare quando ti pare! Di solito è allo studio. Sai com'è."

"Lo so, e devo proprio. È passato tanto tempo da quando ci siamo fatti una chiacchierata come si deve." Le sue parole sono perfettamente articolate, il suo accento è snob da far schifo, e Louis si chiede se abbia imparato a leggere da un manuale di buone maniere. 

A differenza di Niall, con il suo Rolex massiccio e le sue enormi scarpe bianche e la bocca spalancata. 

"Già. Gli piaci sul serio, quindi gli farebbe piacere. Puoi portare Bill!"

"Che fantastica idea! Padre non socializza da una vita – il lavoro gli ha dato tanto da fare. Gli piacerebbe tantissimo rivedere Jonathan."

Buon dio.

"Te l'avevo detto che è amico solo di uomini di mezza età," Zayn fa un sorrisetto a Louis e si porta la tazzina alle labbra perfette. 

Louis fissa i due mentre parlano, completamente spaesato. "D'accordo. Beh, allora. Tè?" si siede alla destra di Zayn, proprio come a quel primo pranzo, e subito porge la sua tazza a Liam, sbattendo le ciglia. 

Liam sorride e versa subito dalla sua teiera mentre Niall prende a sedere accanto a Louis. 

"Grazie," sorride Louis, prima di portarsi la tazza alle labbra e prendere una grossa sorsata. E quasi sputarla. "Ma che diavolo…?" sputacchia, quasi lasciando cadere quell'inestimabile articolo. 

"Qualcosa non va?" chiede Liam, allarmato.

"Ma è whiskey?" tossisce, afferrandosi la gola, allarmato. 

Zayn sorride fumosamente. "Non essere sciocco, Louis. È Darjeeling con scotch."

Oh, ma certo.

"Sei sicuro che ci sia del Darjeeling?" 

Zayn guarda Liam che alza le spalle. "Ce ne ho messo un po', credo."

"Credi?"

"Ma quanto cazzo è buono!" prorompe Niall, buttando giù la sua tazza come fosse acqua. 

Louis lo fissa, con la gola che ancora gli va a fuoco. 

Benedetto ragazzo.

"Non tutti siamo usciti dall'utero con una bottiglia di whiskey in mano." Lo guarda male, rimanendo segretamente stupefatto del modo in cui subito si riempie di nuovo la tazza e se la riversa giù per la gola senza nemmeno battere ciglio.

"Bravo sei," sorride Zayn, e offre un sigaro a Niall.

"Oh, magnifico. È un Petite Lancero Nero?" domanda quello, portandoselo al naso per annusarlo per nessuna ragione apparente. Louis non capirà mai i modi di fare dei ricchi.

"Sì. L'unico tipo che mi piace. Almeno ad agosto," soggiunge, e il sorriso gli si allarga alla risata sonora di Niall. 

"Grazie, amico," ride, sollevando la sua tazza.

La porcellana tintinna quando la fanno scontrare, provocando dei piccoli sorrisetti zuccherosi da parte di Liam, che prende un morso da un croissant, mentre Louis guarda tra i due, sopracciglia alzate. Com'è possibile che Niall diventi migliore amico di ogni. singola. persona. che si trovi nella sua stessa stanza? E poi che cazzo è un Petite Lancero Nero?

"Tu attaccheresti bottone pure con i muri, eh?" sospira Louis, scuotendo la tessa mentre Niall prende una manciata di focacce. 

Lui alza le spalle, e inizia a spalmare la marmellata. "Mi piace pensare che parlo solo con soggetti animati, ma va bene lo stesso, amico."

E sta giusto per restituirgli una risposta arguta quando improvvisamente lo sguardo di Niall si concentra su qualcosa oltre la sua spalla.

"Harry, amico!" esclama, alzandosi subito in piedi e camminando verso la fonte di tutti i mali.

Louis si volta in tempo per vedere Harry scivolare nella stanza, con indosso un completo giallo pallido, un'enorme collana nativo americana (questa pare più un acchiappasogni) e il suo papillon distintivo, tutto compiaciuto.

E oh, tu guarda. Ha portato un'altra volta degli ospiti – a questo giro un ragazzo bellissimo e una ragazza bellissima.

Che tenerezza.

"Niall Horan," lo saluta Harry con la sua voce di velluto, stringendogli la mano e sorridendo affascinante. "Come stai, ragazzo mio?"

"Non bene quanto te a quanto pare. Chi sono i tuoi ospiti?"

"Oh. Questi sono Roxy e Lullaby."

Lullaby? Esiste qualcuno che si chiama Lullaby? Ma sul serio?

"Chi dei due è Lullaby?" chiede Louis mentre quelli se ne stanno ai lati di Harry a guardarlo come fosse Gesù. 

Ma a quanto pare Harry sta ancora ignorando la sua esistenza. 

"Ora lasciamoci andare. Dopo di voi, miei tesori," sorride, permettendo a Niall, Roxy e Lullaby di camminargli avanti.

La ragazza è stupenda, ha i capelli blu polvere e un vestito bianco appeso alle sue spalle spigolose. Il ragazzo è ancora più stupendo, i capelli di seta e dorati arruffati sugli occhi lavanda – buongiorno, lenti a contatto. I suoi vestiti sono spiegazzati ad arte, in quella maniera che solo una barca di soldi può simulare. 

"Come stai, Harry?" chiede Zayn e anche se il suo tono è pigro, i suoi occhi sono circospetti. 

Louis si tira su e fa finta di concentrarsi sul vassoio di crêpe, le orecchie in allerta; la domanda è abbastanza sincera da provocare il suo interesse. 

Ma Harry sorride mellifluo, strappando il tovagliolo dal tavolo e stendendoselo in grembo. "Magnificamente. Tu?"

"Impeccabilmente."

"Che bello vederti di buon umore," Liam è radioso, e Louis lancia un'occhiata alla reazione di Harry che non lascia trapelare nulla se non convenevoli superficiali. 

"Non è sempre così?" chiede Niall allegramente, e Harry ride, tutti sorridono, e il non-proprio-tea party ha inizio. 

**

Quarantacinque minuti dopo, il tea party viene interrotto perché sono tutti ubriachi e Harry e Niall pretendono di giocare a golf. 

Il tè-liquore è scorso all'infinito – Louis è quasi sicuro che Liam abbia mentito quando ha detto di aver messo il Darjeeling nelle teiere. È scotch liscio al cento per cento e questo è quanto – e le focaccine belline e le tartine non sono abbastanza per assorbirne gli effetti. 

Così l'elegante tea party, con i cucchiai tintinnanti e i mignoli alzati, si è tramutato un po' in un circolo degli ubriaconi, e la fronte gli luccica mentre ride di cuore alla terribile barzelletta che Liam ha appena raccontato, mentre al contempo provano a farsi una foto tutti insieme – cosa che, a voler essere sinceri, a Louis non viene bene manco da sobrio. 

Zayn è anche lui piuttosto brillo, accasciato su Roxy e Lullaby come se fossero le ringhiere di una scalinata, mentre da quel che sente gli riassume le trame dei suoi libri preferiti, i capelli che gli cadono scomposti e la giacca stropicciata. 

E poi ci sono Niall e Harry, con le braccia che si aggrappano a vicenda, mentre cantano canzoni da pub e ballano selvaggiamente, alzando in aria le loro tazzine, il liquido marroncino che sciaborda ai lati e si dissemina sul pavimento di legno, facendo da trappola mortale a qualunque passante.

E sono solo le quattro e mezza del pomeriggio. 

"Giochiamo a golf!" propone di colpo Niall con voce esplosiva, e Harry gli è subito dietro, sbraitando ripetutamente la frase a mo' di slogan, guance arrossate e occhi accesi. 

"Golf? Ma a me il golf fa schifo al cazzo!" protesta Louis, il braccio ancora attorno al collo di Liam. Incrocia gli occhi di Harry che adesso si sono fermati su di lui, e gli lancia un'occhiataccia degna di quella che riceve. Che bastardo. 

"Noi possiamo guardare mentre beviamo altro tè?" suggerisce Liam, versando quel che rimane nella sua ansiosa tazzina. "Sai che c'è, sticazzi – portiamoci un po' di vermut."

"O del vino," biascica Zayn con le labbra bagnate. 

"O tutti e due," lo corregge Louis, e Liam sorride deliziato fino a strizzare gli occhi. 

"Io ci vengo a giocare, Niall," dice Zayn, sbrogliandosi finalmente dagli ospiti di Harry. 

"Fantastico!" tuona Harry, sorridendo selvaggiamente. "Roxy? Lullaby? Dovete venire per forza. Avrò bisogno di supporto morale se perdo," sorride maliziosamente. 

"Non perderai, piccolo," il ragazzo fa le fusa, proprio mentre la ragazza ridacchia, "Ci penso io a te, gioia."

"Sono in buone mani," Harry fa un sorrisetto, e li avvolge entrambi in un abbraccio. 

Louis si strozza. 

"Andiamo!" tuona quindi Niall, saltellando verso la porta. "Chiamo Nelson!"

"Chi è Nelson?" ride Harry, fronte aggrottata.

"Il mio autista!"

"Eccellente!" festeggia Liam, e uno dopo l'altro si ammucchiano fuori dalla stanza, Harry che uscendo agguanta un mazzo di fiori. "Per l'atmosfera," aveva spiegato all'occhiata di Zayn.

E Louis si prepara al peggio.

**

Il golf è uno sfrangiamento di maroni. 

È noioso, è silenzioso, e a Louis gliene frega troppo poco per seguire, e si passa invece avanti e indietro una bottiglia di vino con Liam che se la ridacchia e fa lo scemo e continua a chiedergli se vuole arrampicarsi su un albero. Louis non si arrampica, viene arrampicato.

"Si sta facendo buio," pondera, biascicando, diventando sempre più sbronzo mentre osserva Harry che "insegna" al suo ragazzo biondo come si gioca a golf. Come se fosse così difficile agitare una cazzo di mazza.

"È vero. Tra un po' conviene andarcene. A cercare tipo una festa," Liam sorride, stravaccandosi sul golf cart dietro di lui. 

"Stendiamoci sull'erba. Mi fa male il sedere."

Liam fa una risata bassa e scuote la testa. "L'erba macchia, Louis. Restiamo qui."

"L'erba macchia? Un minuto fa volevi arrampicarti su un maledetto albero!"

"Non ci sarebbe stata erba."

"No, ci saremmo solo strusciati sui ceppi sporchi."

E Liam scoppia in una risatina e si copre la faccia mentre Louis si sposta comunque a terra. 

In mezzo ad ancor più fragorose risate e a incoraggiamenti urlati ai ragazzi sul campo, si passano la bottiglia avanti e indietro mentre il sole arancione sbiadisce nelle stelle, con Niall che ogni tanto va a placcarlo.

**

Finalmente, se ne vanno.

"Adesso dove si va?" chiede Harry lentamente, le labbra rosso fuoco e gli occhi ardenti mentre si appoggia al suo ragazzo, la ragazza che gli massaggia le spalle. Fa per insinuargli una mano tra i capelli, ma lui le dà uno schiaffetto senza una parola, gli occhi irati.

"Un pub?" propone Niall, aiutando Louis ad alzarsi da terra.

Louis sorride sfacciato e gli picchietta un bacio veloce sul naso prima di schizzare via, fuori portata.

Harry li guarda per un attimo prima di distogliere gli occhi. 

"Andiamo a una festa. Zayn, amore, ci dici una bella festa per stasera?" chiede Liam, abbracciando Zayn e guardandolo amorevolmente.

Zayn sorride, nel suo stordimento ebbro, accarezzando maldestramente la schiena di Liam. "Ce n'è una alla residenza estiva dei Kanes?" suggerisce, sorridendo un po' vago e armeggiando in tasca per trovare il suo astuccio delle sigarette.

"Perfetto," tuba Liam, strofinandogli il naso addosso.

"Beh, allora andiamo!" esclama Louis (e proprio non dovrebbe, dovrebbe invece suggerire di tornarsene tutti a casa a studiare e farsi una doccia, ma vabbè) prima di guidare via il branco, portando in alto la bottiglia di vino e cantando Celine Dion senza un briciolo di vergogna. 

**

La gita in auto dai Kanes è un casino indistinto di ombre e risate. 

Fanno cin cin coi bicchieri sul retro della limousine di Niall prima di ogni bevuta. Niall ride fortissimo a ogni parola detta tra gli shottini, Zayn ride altrettanto di cuore ma piano con il fedora stretto tra le mani, Liam ridacchia e non la smette di agitarsi sul suo posto, bombardandoli tutti di tappi di sughero, e Harry tuona un rauco:

"LA NOTTE È NOSTRA, RAGAZZI!"

Roxy e Lullaby gli sono seduti sulle ginocchia, gli versano champagne in bocca e intrecciano le dita al suo papillon e alla collana. Come una persona sola, tutti urlano le parole di Harry – tranne Louis – e viene versato un altro giro, per gentile concessione di Liam. 

E anche se Louis starebbe meglio senza l'immagine disturbante di Harry che infila la lingua in gola a Roxy e a Lullaby (ancora non è sicuro quale dei due sia chi) non può proprio lamentarsi seduto com'è sul retro di una limousine con i suoi tre amici a bere champagne, sulla strada di quella che promette di essere una festa favolosa. 

Quindi brinda alla notte e ride prima che Niall gli serri il gomito attorno alla testa. 

**

La casa è splendida. 

È enorme, situata in mezzo a giardini elaborati, ha balconi e terrazze, e i pavimenti all'interno sono di marmo e lucidati alla perfezione. È una roba che non ci si crede, e se Louis non fosse così sbronzo, sarebbe senza parole.

"CAZZO, È GIGANTESCA!" urla per superare il rimbombo non appena entrano, immediatamente accolti da un ragazzo con addosso degli abiti di elastan e in mano un vassoio di shottini con del liquido rosa.

"Mica tanto!" gli grida di rimando Niall, prendendo tre dei bicchierini offerti e buttandoli giù in strabiliante successione.

"Tipico di te." Louis porta gli occhi al cielo.

"Forza, ragazzi!" urla Liam, gioia scritta chiaro e tondo su tutta la sua faccia mentre prende la mano di Zayn e scatta in avanti senza esitazione. In pochi secondi sono completamente persi nel mare di persone magnificamente vestite e bolle che compaiono dal nulla.

"Te l'ho detto che era pazzo!" ride Niall, evitando le masse più grandi di persone che ballano e costeggiando i bordi.

"Oh, ne sono sempre più consapevole. Ma devo dirlo, mi stupisce che tu non stia surfando tra la folla come loro, Nialler!"

Niall fa una smorfia e scuote la testa. "Nah. Non mi piacciono le folle. Qui va bene."

Louis annuisce, intravedendo Harry – che ha adesso tre nuovi compagni di giochi spalmati addosso – e imponendosi di resistere al desiderio di spiarlo.

Fallendo. 

Harry stampa baci profondi su ogni bocca che trova, donando alle sue labbra una lucentezza umida che luccica stucchevole sotto le tremolanti luci arcobaleno. Perde un po' l'equilibrio, buttando giù ogni drink che si ritrova sotto il naso, e ridendo abbastanza forte da farsi sentire fino al cielo. Occasionalmente Louis sente un "Harold!" urlato a caso mentre sciame dopo sciame di persone si precipitano a salutarlo, facendo scivolare le mani sulla sua schiena e sul suo petto. Alcuni provano a toccargli i capelli, cosa che Harry respinge seccamente ogni volta (strano), ridendo delle sue battute e mangiando rapacemente con gli occhi i suoi sorrisi di fossette.

È disgustoso, sul serio. 

Queste persone chiaramente lo venerano. E nonostante Louis lo detesti, non è ottuso – la vede l'attrattiva. È bellissimo, affascinante, ben vestito, eccentrico, e apparentemente docile. Ha buone maniere e un notevole quoziente intellettivo e fossette che sembrano non andarsene più.

Ma non è sicuro che questa gente arrivi fino a tanto. Di certo non sembrano a conoscenza del fatto che sia un essere umano (cosa che potrebbe pure non essere, per essere corretti) mentre lo stringono e lo afferrano, sbattendogli i cellulari in faccia e avvolgendogli le braccia attorno alla vita come se fosse un attrezzo da scena, pronto per essere strattonato.

Non sembra gli dispiaccia più di tanto, però. La sua faccia è ancora ingessata in un sorriso, gli occhi che ancora non vedono, ed è in posa mentre li soddisfa tutti e lecca via il sale dalle loro clavicole e… sniffa cocaina?

Louis strizza gli occhi per vedere Harry che tira la testa all'indietro e inala profondamente. 

Eh già.

Alzando gli occhi al cielo, si volta di nuovo verso Niall, e se ne vanno dall'altra parte della casa, lontano il più possibile da Harry Styles.

**

Corpi vorticanti, corpi danzanti, luci al neon, gioielli scintillanti, e riccioli di fumo che inebriano i sensi di Louis.

Capelli dalla piega perfetta che rimbalzano a tempo di musica, Louis Vuitton che si fonde a Burberry, e glitter che cadono dai soffitti. 

"Voglio passare il resto della mia vita qui!" urla Louis, la testa che nuota e le membra leggere. 

"Sei sicuro?" Niall ride, saltando su e giù, la polo quasi completamente fradicia e le ciglia che luccicano. "Per sempre è tanto tempo!"

Perché sì, sono immortali e intoccabili e ogni cosa è vita. 

Così Louis ride e volteggia, mani tese al cielo mentre i glitter cadono e gli rimangono attaccati alla pelle sudata, cospargendolo di stelle. 

**

Louis non riesce a trovare il cazzo di bagno. E se non lo trova presto, si limiterà a pisciare nei cespugli di rose.

Ha aperto ogni porta che è riuscito a scovare, imbattendosi solo in sgabuzzini, dispense e studi. E, adesso, una scena molto intima. 

"Colpa mia," si scusa, coprendosi immediatamente gli occhi prima di chiudere la porta di scatto. 

Piroetta su se stesso, pronto praticamente a correre via, quando va a sbattere contro un ampio petto e una collana nativo americana. 

Cazzo. 

"Attento," lo avverte Harry, facendo un passo indietro e guardandolo male, i ricci appiccicati alla fronte. Ha un profumo fantastico, ma questo riesce solo a farlo incazzare di più.

"Oh, ma smettila di tirartela," lo sbeffeggia, e sta giusto per passare oltre quando Harry lo afferra per un braccio. Alza lo sguardo a occhi stretti. "Desidera?"

"Smettila di comportarti come se fossi migliore di me," ringhia, ma la voce un po' gli vacilla, le pupille dilatate e inebriate sotto le sopracciglia aggrottate, le dita che si conficcano nella pelle calda di Louis. 

Lui scuote la testa, occhi obliqui. "E allora smettila di essere te."

Harry ritrae la mano come scottato, guardandolo arrabbiato con quell'intensità che mostra solo quand'è agitato; Louis si chiede se tutte le sue emozioni sarebbero così appassionate se non fosse sterile e senza vita. Forse è per questo che è solo un guscio – è troppo per se stesso. 

"Tu non mi conosci," dice in tono piatto, drizzando la schiena e livellando i propri lineamenti. 

"Io penso di sì, Harry Styles," dice, e permette alla sua occhiataccia di scomparire, rimpiazzandola con una disapprovazione compassionevole. "Anneghi tra belle parole e champagne e chi cazzo sa che razza di droghe. Scopi tutto quello che cammina. Ascolti solo te stesso e ti importa solo di te stesso, e non provi nulla per il resto del mondo. Guardi gli altri amarti e non ami nulla in cambio," dice in un tono basso, disgustato, l'alcol e la furia che gli si aggrappano alle ossa e gli incitano la lingua.

Harry ricambia il suo sguardo sotto le luci tremolanti, ombre profonde sotto gli occhi, espressione indecifrabile. "Amore?" chiede con caustica repulsione.

Louis si limita a restituirgli lo sguardo, petto in fuori, adrenalina alle stelle. 

La bocca di Harry si distorce in un sorriso dolciastro, gli occhi più freddi di quanto li abbia mai visti – il che è dire molto. 

"Non te l'hanno mai detto, Louis Tomlinson? Ogni uomo uccide ciò che ama." Il suo sorriso scompare. "Il codardo con un bacio." E gli si avvicina di un passo, con l'alito fradicio d'alcol e colonia costosa che soffoca l'aria. "L'uomo coraggioso con la spada." Finisce quasi in un bisbiglio, l'angolo delle labbra contratto in un sogghigno.

Ma sono i suoi occhi che Louis vede. Quegli occhi che tagliano anche il vetro. 

Sono spalancati adesso. Sono spalancati, sono addolorati, e lo guardano con qualcosa che sa fortemente di realtà.

E Louis può solo guardarlo, analizzando disperatamente lo sguardo verde e triste davanti a lui, desiderando di potercisi arrampicare dentro e strappare il cervello di questo ragazzo, frugare nelle sue profondità e scoprire cosa è andato storto.

Ma un istante passa e Harry non c'è più, e rimangono solo il battito della musica e la sua vescica tanto piena. 

**

"Andiamo!" urla un po' di tempo dopo Niall, proprio quando il suo fermento inizia a scemare e le sue membra a stargli pesanti. 

"Dove sono Liam e Zayn?"

"Ho appena visto Liam saltare in piscina come uno sciroccato. Mi sa che rimarranno per un po'."

Louis annuisce. "Va bene. Vado a salutarli."

Niall lo guarda, confuso. "Perché?"

"Così sanno che ce ne stiamo andando."

Sbatte le palpebre. "Ehm. Okay…?"

Non capendo cosa non stia capendo, Louis gli lancia uno sguardo strano prima di avviarsi verso la piscina. E sì, c'è Zayn al lato, che osserva Liam schizzare tutti con affetto mentre aspira la sigaretta e si bagna alla luna.

"Noi ce ne torniamo," dice dopo averlo raggiunto.

"Benissimo, amico. Hai un po' di…" indica il suo corpo pieno di glitter.

Lui ride, facendo spallucce. "Che devo dire? Qualche luccichino mi dona."

Zayn sorride e scuote la testa, muovendo la sigaretta alla bocca e stringendo la sua mano con quella di Louis. "Buonanotte, Louis, amico mio. Ci vediamo domani?"

"Sì, mandami un messaggio," sorride, e poi porge un ultimo cenno di saluto a Liam che è nel bel mezzo di un tuffo a bomba.

Torna in casa, sfilando in mezzo al cumulo di persone, e sta giusto per svoltare l'angolo, quando la porta di fronte a lui si apre.

Harry inciampa fuori, capelli scompigliati, macchie di rossetto cosparse sul profilo della mascella e gli angoli affilati delle clavicole. Si sta infilando la camicia spalancata nei pantaloni con mani maldestre, la patta su per metà, gli occhi che scintillano di conquista. Gli sferra un ghigno freddo prima di strofinare quel che resta della cocaina via dal naso con il dorso della mano, poi scompare un'altra volta nel mare di persone senza guardarsi indietro, il suo orologio di diamanti Chanel che brilla al neon.

"Ogni uomo uccide ciò che ama."

Sente le parole ruvide fare eco nei meandri della sua mente e si gira disgustato a cercare Niall.

-- 

NdT. L'autrice è innamorata di Wilde, quindi, ogni volta che vedete una frase o più che sembra una citazione, quattro volte su cinque è lui. xD Alla prossima settimana (spero)!

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10.

Nel corso del mese successivo, Louis si ritrova coinvolto ogni giorno da Zayn Malik e company. Le sue giornate sono piene di vino e sigarette, praterie erbose, colori pastello, e pranzi. Le serate sono un turbine di fumo e martini e profumi costosi e balli e sedili in pelle premuti sul sedere mentre viaggiano per la città in limousine, saltando da una destinazione all'altra e brindando alla vita con le bevande migliori che il denaro possa comprare.

Si è affezionato parecchio a Zayn Malik.

Con il suo contegno calmo, occhi dimessi, e movimenti languidi, ritrova una strana affinità con il ragazzo; è poetico senza essere pretestuoso e dolce senza senza essere finto. Dipinge nel tempo libero – e Louis scopre che le cataste di bellissimi dipinti nelle sue stanze sono in realtà suoi – e scarabocchia di tutto e di più su pezzetti di carta che trova prima di infilarli nelle tasche dei ragazzi senza farsi notare. È simpatico, tranquillo, creativo, generoso e fedele, e ogni giorno Louis trova nuove cose su cui ridere con lui, e nuovi dispetti da architettare.

L'altro suo compagno di merende, Liam, è anche lui diventato parte integrante della sua vita, se non fosse per il semplice fatto che Liam sembra venerarlo. È educato e professionale, dice la cosa giusta al momento giusto, e li ha cacciati fuori da tante situazioni spinose. In particolare quella volta che Niall era stato rinvenuto nella fontana della scuola senza vestiti, privo di sensi e aggrappato a una grossa pentola piena di coriandoli. Lo fa con piacere, risolve i casini con convenevoli e cordialità, e poi, proprio quando sono al sicuro e lontani dagli occhi indiscreti dei loro superiori, scatena l'inferno e coglie tutte le opportunità che la vita gli regala e le lancia all'aria, ballando e giocando con loro come se fossero pioggia che cade. È pieno di vita e riesce a manipolare una situazione a suo vantaggio – visto che è un magnifico uomo d'affari in divenire – e Louis ammira la gioia e la gentilezza che sembrano essere sua indole naturale. Anche se può essere un po' un guastafeste di tanto in tanto.

Comunque, sorprendentemente, ce l'ha fatta anche a tenersi al passo con gli studi, essendo riuscito occasionalmente a convincere il gruppo a fare delle sessioni di studio in biblioteca o nelle camere di Liam – nascoste nel più remoto angolo della scuola, ampie ed estremamente poco dispersive. Potrebbe quasi dire di star addirittura eccellendo negli studi, se non fosse per un corso particolarmente noioso, "Lo studio della prosa nei drammaturghi dell'era vittoriana", cosa che non migliora in alcun modo lo stato della sua autostima o della sua pazienza.

Ma è abbastanza sicuro di star perlomeno passando il corso, quindi non si permette di preoccuparsi. Troppo.

È anche riuscito a bidonare sua madre (che sembra passarsela bene, a giudicare dai messaggi su Facebook delle sue sorelle) e persino a fare un po' di esercizio visto che a Liam e Niall piace giocare a calcio a orari strambi, soprattutto dopo aver fumato e dopo aver bevuto il loro brandy serale.

Alla fine sta andando tutto a meraviglia.

C'è solo una piccola fregatura.

E si presenta sotto forma di un dandy, dotato di capelli ricci, occhi verdi, e una bocca pomposa, che si pavoneggia come se il mondo fosse suo e passa tra una passione vacua e l'altra come fa con i suoi accompagnatori. Perché sì, ogni singola cazzo di volta che Louis vede Harry, ha qualche nuova conquista al braccio, qualche nuova cuore da stritolare e spingere contro le spine. 

E oh, tutte quelle "nuove fisse" che gli vengono… sono abbastanza per far impazzire chiunque.

A ogni serata mondana, Harry riesce a rendersi sempre più ridicolo. Che siano la sua ossessione per le rose gialle durata tre giorni (avevano dovuto tutti vestirsi di giallo, e quando erano andati ad assistere a una sinfonia, aveva costretto tutti a lanciarle su quel palco del cazzo) o la sua infatuazione per la parola "pavone" che lo aveva spinto a disseminare dei fottuti pavoni in carne e ossa sul prato falciato della casa sul lago di Zayn mentre giocavano a croquet ("Sono il mio animale totem," aveva detto, strascicando le parole), o il particolarmente irritante periodino in cui si era innamorato dei pomelli di porta d'antiquariato e si rifiutava di aprire qualunque porta che non ne fosse fornita, di conseguenza costringendoli ad aprirle per lui tutto il giorno, ogni giorno. Louis se n'era approfittato sbattendogli la porta in faccia a ogni occasione possibile. In effetti era stato davvero splendido. Quella era stata una bella 'fissa'.

E questo per non parlare delle feste.

Le notti di eccessi in cui i muri di Harry si infrangono e perde quel poco che ha di se stesso nella folla e nei fiumi dell'alcol. Le notti in cui giace sui divani e si versa assenzio nella bocca sgocciolante e fuma oppio sui cuscini di velluto e inciampa dappertutto con i fiori in mano, stampando occhiatacce e insulti sottilmente velati nella bocche delle persone. Si comporta da re, un re malvagio del cazzo, e Louis non può far altro che guardarlo con intensità sempre maggiore, e aspettare una crepa sulla fredda superficie dura per così ridere e gioire dell'impercettibile umanità che risiede in Harry Styles.

Che non si presenta mai, ovviamente. Non proprio.

Ma nello svolgersi di tutti questi piccoli tic, Harry non scambia mai nemmeno una parola con Louis. 

Gli guarda attraverso e gli passa oltre senza una parola, e tutto il finto charme scompare. Sa che non funziona con lui, quindi non ci prova nemmeno. Cosa fantastica, sul serio, ma non è mai stato il tipo a cui piace essere ignorato, e anche se neanche lui riesce esattamente a costringersi a riconoscere l'esistenza di Harry – l'immagine dei suoi occhi spettrali e parole sussurrate ancora risuona dentro di lui dalla loro ultima interazione – trova comunque il tutto molto maleducato. 

Agli altri non sembra importare, non sembrano nemmeno mettere in discussione la totale avversione tra i due. Soprattutto visto che Niall e Harry hanno legato così bene – cosa per cui Louis costantemente lo sgrida. ("TRADITORE!" "È solo simpatico. Mi piaci comunque più tu." "Puoi dirlo forte. Traditore.")

Quindi è naturale che Louis non sia molto nervoso al momento, affatto, mentre si incammina, da solo, verso le camere di Harry. Che non ha mai visto prima d'ora. Ma manco di striscio è nervoso, eh.

Hanno tutti acconsentito di vedersi lì dopo aver finito le lezioni, e visto che Niall ha ancora venti minuti del suo corso di audio e deve fare delle commissioni con Rory, Louis si era preso la responsabilità di imbarcarsi in questo periglioso viaggio da solo. 

Cosa che gli sta bene.

Ignorando dunque qualunque senso di scontentezza alla radice dello stomaco, Louis bussa a quella che spera sia la porta giusta. È in un posto bellissimo, proprio sopra i portoni ad arco vicino ai giardini, che si affaccia sul lago, nascosto lontano dal fracasso tanto che da fuori è quasi tranquillo. 

Mentre aspetta, può solo sperare di non essere il primo. Devono andare a cena tra un po' – in qualche locale chic che, Niall spergiura, ha la bistecca e il whiskey migliore della nazione. Originariamente si sarebbero direttamente dovuti incontrare lì (che sarebbe stato logico, a essere sinceri), ma la nuova fissa di Harry è il cordiale alla ciliegia, e per questo aveva insistito di ospitarli per l'ora dell'aperitivo prima di avviarsi lì. 

E così eccolo qui. Ad aspettare alla porta di Harry Styles. Con un maglione color ebano e jeans aderenti grigi, braccia conserte, e rigorosamente non nervoso. Per niente.

Dopo più o meno cinque minuti senza risposta, prende in considerazione di andarsene. Sarà poi anche la porta giusta?

Ma proprio quando sta per girare sui tacchi con tutta l'eleganza del rifiuto per messaggiare rabbiosamente con Niall, la porta si apre, lentamente e con decisione. 

Ed è Harry. Accigliato. Senza il suo solito completo con papillon, le uniche cose con cui l'aveva visto vestito… ma con una camicia a cuori. Una camicia a cuori, sul serio. È abbottonata fino al colletto, viola scuro, ed è disseminata di enormi cuori bianchi del cazzo. 

"Nel nome di Dio, ma come sei conciato?" proferisce subito, incapace di fermarsi, guardando con quasi orrore la scena che gli si para davanti.

Il cipiglio di Harry si intensifica e guarda giù. "Perché?"

"È una tenda? Perché di certo non è una camicia."

Un'occhiataccia di ferro gli viene sbattuta in faccia. "Che ci fai qui?"

Louis sbatte le palpebre. "Dobbiamo vederci qui. Ti ricordi? L'ora dell'aperitivo?" Lo dice ferocemente e, forse, alza gli occhi al cielo in maniera un po' troppo esagerata. 

"Ho detto di venire alle quattro."

"Sono le quattro e mezza."

"Appunto. Devi arrivare un'ora dopo l'ora prestabilita. Ma non sai proprio niente?" Lo dice con un tono talmente feroce, che Louis per poco non scatta, il desiderio di levarsi la scarpa e picchiargliela in testa senza pietà è ormai allarmante. 

Invece, riduce gli occhi a due fessure. "È una delle tue regole trite e ritrite? O mi stai seriamente dicendo che sono arrivato mezz'ora in anticipo?"

"Sei arrivato mezz'ora in anticipo."

Cazzo.

Quindi.

"Beh…" Louis si gratta la nuca, rifiutandosi di guardare Harry e scorrendo invece gli occhi sulla sabbia legnosa della porta, concentrandosi meticolosamente sugli elaborati cardini d'onice fatti a mano con una certa finezza. "Devo aspettare, o…?" chiede impacciato, volendo soltanto svignarsela da questa situazione (e magari randellargli una scarpa in testa mentre se ne va) ma non vedendo una pratica via d'uscita.

Dove andrebbe? Inutile rifarsi tutta la strada fino alle sue stanze.

Lui si limita ad alzare le spalle, sguardo truce ancora presente, emanando disinteresse e disapprovazione a pacchi. "La cosa non mi tange. Dovrai comunque intrattenerti da solo."

Oh, ma che carino.

"Allora se per te è lo stesso, rimango," taglia corto restringendo gli occhi in maniera esagerata, facendo un aggressivo passo avanti.

Harry apre la porta e lo lascia entrare senza un'altra parola, voltando sui tacchi e continuando lontano, scomparendo in una stanza adiacente e chiudendo la porta con uno schioppo sicuro. E poi c'è il suono di una chiave che viene girata nella toppa, e adesso è davvero troppo.

"Farò come se fossi a casa mia, sì?" urla portando gli occhi al cielo, ma gli risponde il silenzio tombale.

Beh. Louis prevede disagio.

Per fortuna, le stanze di Harry sono bellissime e piene di abbastanza ciarpame da tenerlo ampiamente occupato. Lo spazio è grande, quasi più di quello di Zayn, i muri rosso sangue e mogano che fanno atmosfera e, sorprendentemente, non c'è un pianoforte. Perché sì –perfino Liam ne ha uno, lo suona mentre Zayn è in piedi accanto a lui a cantare come un maledetto angelo in paradiso.

Lo stile di Harry è di gran lunga più eccentrico del lusso sottile di Zayn; se lui ha un sistema di altoparlanti nero e moderno e enormi librerie di legno, Harry ha delle spesse tende di velluto, grammofoni, giradischi, diapositive porno incorniciate di quelli che sembrano essere gli anni venti o trenta, e… statuette di gatti.

Un sacco di statuette di gatti del cazzo.

Pungola con un dito quelle più inquietanti, i loro occhi azzurri fissano vuoti da sotto i lampadari raffinati e la luce del pomeriggio, col pelo di ceramica mirato in tutte le direzioni. Deve ammettere che alcune sono piuttosto tenere – la coppia di gattini di vetro con le loro zampette avviluppate attorno a un gomitolo scaldano proprio il cuore – ma per la maggior parte sono snervanti, e il fatto che su nessuna di esse ci sia un granello di polvere indica che c'è qualcuno che si prende grande cura di loro. 

Cosa su cui Louis non sa come pronunciarsi. 

Continua a camminare piano nella stanza, ispezionando gli scaffali carichi di libri consunti (come Zayn, Harry sembra collezionare solo le prime edizioni e quelle vintage) e passa le dita sui loro dorsi di pelle stanchi, titoli appena visibili sotto il peso del tempo. Nota l'abbondante collezione di libri di Oscar Wilde, e si chiede per un attimo se Harry abbia abbastanza sostanza in sé da poter apprezzare veramente opere di questo calibro, o se li tenga per apparenza, distrazione, o per rompere il ghiaccio.

Forse tutti e tre.

È proprio quando sta per prendere posto sulla sedia a sdraio vermiglio (messa vicino a un tavolino barocco di legno trafficato di bottiglie di liquore bevute per metà, vari bicchieri a stelo sparpagliati) che sente l'improvviso click di una serratura che scatta e l'apertura di una porta.

Si volta giusto in tempo per vedere una bellissima bionda agghindata in un vestito dorato sgualcito, che tiene i tacchi a spillo lucidi appesi a una mano, e che si pettina i capelli con l'altra. Harry la segue a ruota, una vestaglia magenta di raso che gli casca sull'orrenda maglia a cuori e sui pantaloni neri, i piedi scalzi.

"Ciao, Harold," gli fa le fusa la ragazza, e gli stampa un bacio sulla guancia che Harry non calcola neanche di striscio, concentrando invece il suo sguardo su Louis, che si limita a ricambiarlo.

Senza che lui la degni neanche di uno sguardo, la ragazza esce, e la porta le si chiude dietro dolcemente.

Harry continua a guardarlo, adesso con un martini in mano. Ha degli elfi domestici del cazzo? Da dove sbucano tutti questi drink preparati?.

"Ho cambiato idea. Voglio che tu te ne vada adesso," è tutto quello che dice, labbra premute sul bicchiere freddo, con gli occhi allo stesso tempo annoiati e taglienti.

Come ha detto questo stronzo?

"Scusa?"

"Puoi tornare non appena gli altri saranno arrivati," dice con la voce strascicata e sospirante, la noia e l'arroganza che praticamente trasudano da tutti i pori. 

Louis fa un sorrisetto, piantandosi sulla sedia a sdraio senza battere ciglio. "Sei proprio una sagoma."

Gli occhi di Harry lampeggiano per un momento, osservando Louis che si sistema ancora meglio e nella maniera più eccessiva che gli riesca. "Sai che posso cacciarti. Con la forza, se necessario. Ho varie opzioni e nessuna di esse mi crea alcun problema."

"Non credo tu capisca quanto poco la cosa mi tocchi, Curly. E sì, gradirei proprio un drink." Senza spezzare il contatto visivo, Louis raccoglie il bicchiere più vicino dal tavolo e lo porge ad Harry, lanciando uno sguardo significativo alla bottiglia di champagne alla sua sinistra. 

Ed è finita, pensa. Quella è stata l'ultima goccia per Harry; invece di andarsene o di scagliargli addosso qualche commento caustico, lo prenderà a pugni in faccia, capovolgendo i mobili e perdendo completamente il senno. E un po' Louis lo vorrebbe. Vorrebbe giustificare l'odio divorante che prova per questo ragazzo, vorrebbe razionalizzare il motivo per cui ci si fissa, gliene frega, dedica parte del suo tempo anche solo a pensare a quanto gli dia fastidio questo maledetto Harry Styles.

Per questo si prepara, una mano già sul bracciolo (se così si può chiamare) di ciliegio, e si prepara a difendersi e ad attaccare.

Ma questo non succede. 

Invece, invece, Harry continua a fissarlo, occhi freddi e scrutatori, prima di prendere la bottiglia, e camminare verso di lui, senza battere ciglio.

Gliela suonerà in testa. Glielo verserà in faccia e riderà e poi probabilmente gliela spaccherà sul cranio e poi-

Ma Harry versa lo champagne nel bicchiere che gli ha offerto. 

E la mascella quasi gli si disloca perché come, come?

Lo guarda, probabilmente a bocca spalancata (ma spera di no) mentre lui versa e ricambia il suo sguardo; è quasi ammirato dalla fluidità dei suoi movimenti quando gli versa lo champagne senza vederlo, con gli occhi ancora decisi su di lui, ed è ancora più ammirato quando riesce a interrompere il corso del liquido nel momento esatto in cui il bicchiere è pieno. 

E adesso non sa davvero come reagire, con Harry in piedi davanti a lui in silenzio, con addosso una camicia pacchiana e una vestaglia inquietante e un'espressione a metà tra il disgusto e la curiosità, le sue labbra rosa premute l'una contro l'altra, i ricci scompigliati e luminosi sotto la luce del sole.

"Grazie," borbotta Louis piano, un tantino spiazzato, e quello fa un cenno per dire di aver sentito prima di mettere giù la bottiglia.

Harry sembra essere sul punto di dire qualcosa in più, le labbra socchiuse, quando di colpa la tasca gli vibra, rompendo l'imbarazzo della stanza.

Louis manda una preghiera di ringraziamento al cielo. 

Guardano insieme in basso, e mentre Louis prega che sia Zayn che li informa che è fuori dalla porta (hah), l'espressione di Harry cede immediatamente non appena guarda lo schermo. Ed è strano, davvero, fare una faccia così provata fisicamente per una chiamata.

Sta per chiedere chi è, ma Harry mette il silenzioso, tornando a guardare Louis di nuovo con un estremo pallore che prima non c'era, anche quando i suoi tratti si appiattiscono di nuovo nell'indifferenza, benché con difficoltà.

"Serviti pure," è tutto quello che dice in un tono sorprendentemente calmo, parole borbottate e lente nella loro monotonia prima di voltarsi lentamente e avviarsi verso un'altra stanza, chiudendo un'altra volta la porta.

Ma questa volta non chiude a chiave, e Louis quasi si chiede se abbiano fatto qualche insignificante passo avanti nel loro rapporto, nonostante la chiamata casuale e misteriosa.

Spera di no.

**

È passata mezz'ora e Niall non gli risponde e Zayn e Liam ancora non sono qui.

E Harry è ancora in camera sua. 

Che va bene, per carità, ma Louis ha già bevuto troppo liquore di scorta e pungolato troppi dei suoi animaletti di pezza – sì, ne ha scoperto un mucchio nell'angolo più remoto della stanza, con dei cappellini in testa e dei monocoli seduti sopra dei forzieri in pelle scura. Ha anche scoperto un diadema non molto dopo, e ogni briciola di forza di volontà era giunta in suo soccorso per resistere all'impulso di mettersela in testa e sfilare di qua e di là a farsi selfie. 

Okay, forse l'ha fatto sul serio. Ma è stata letteralmente una foto sola, e l'ha mandata solo a Stan perché, beh, doveva farlo. Per una questione morale.

Proprio quando sta per capitombolare di nuovo sulla sedia a sdraio per poltrire un altro po' nella noia e guardare fisso fuori dalla finestra (abbracciato a un gufo di pezza – i suoi occhi sono troppo grandi e adorabili per non meritare un po' di coccole e comunque non è che abbia chissà che cazzo di compagnia), sente il tintinnio indistinto dei tasti di un pianoforte. 

Ma certo, cazzo.

I pianoforti vengono distribuiti alla nascita?

Ma Louis ha abbastanza liquore in circolo da assicurargli un piacevole formicolio e visto che il salotto non ha altro da offrire oltre a ciò che ha già eviscerato, si avvia verso il suono e preme l'orecchio contro il freddo legno della porta di Harry.

Il motivo è melodioso, dolce e ignoto, quasi triste per natura con insito al contempo una nota di speranza. È piuttosto bello, davvero, e mentre ascolta, chiudendo gli occhi e assorbendo la consistenza del suono, sente un innegabile desiderio di avere di più.

Quindi, con la mente annebbiata dallo champagne e qualche sorso di gin, gira piano il pomello e apre la porta. 

È immediatamente accolto dalla vista di Harry seduto a un grande pianoforte di castagno, con la testa leggermente abbassata. Le mani – al di fuori della sua visuale, sepolte sotto i solidi contorni del suo corpo – sembrano muoversi con destrezza e grazia, e gli occhi calmi seguono i loro movimenti. Il raso della vestaglia incontra i tenui raggi di luce che sgorgano dalla fila di finestre dietro di lui, contrastando con le ombre blu polvere della stanza (le luci sono spente) e si mescolano con la sua pelle in molteplici tonalità e prospettive. 

Louis guarda.

Non è come quando suona Niall.

L'intera vita di Niall è come una luce esplosiva che risplende senza fine su tutto ciò che la circonda, ma quando è immerso nei suoi strumenti e la sua musica, il suo essere si placa. Al posto dell'energia rumorosa e della vita che da lui sgorga, il luminoso faro di vita che è Niall Horan si affievolisce quando suona il piano, la sua energia si fa concentrata e serena.

Con Harry è il contrario.

Harry, che è un misto di sorrisi da cartonato e occhi vuoti, la personificazione stessa di 'c'è nessuno in casa?' nel suo significato più macabro, quando suona si accende, di netto. Non che stia sorridendo o roba simile. No, non sembra meno infelice del solito. Ma c'è qualcosa di indefinibilmente diverso in lui. C'è una verità, una sincerità, una determinazione appassionata dentro di lui che brilla in superficie, lasciandolo distrutto e reale, con le spalle curve sotto il peso delle ombre.

È come ritrovare tutti insieme quei tremolii di un qualcosa che gli scorge negli occhi ogni qualvolta è agitato – espressi adesso a chiare lettere e riassemblati in carne e ossa. 

Per la prima volta, Harry Styles sembra una persona vera. Sembra un ragazzo. E Louis non riesce a non guardarlo.

Ma poi i tasti vanno alla rinfusa.

Quasi non ci fa caso all'inizio, la snervante bellezza di quel momento gli ottenebra i sensi, ma l'inequivocabile strano clank di un tasto guasta la semplice melodia, e i suoi occhi scattano in alto per incontrare il viso di Harry e-

Oh cazzo.

Ha le guance bagnate.

Sono fiumi, spessi, caldi fiumi di lacrime che gli si riversano sulla faccia, che gli appannano la vista, mentre preme le sue lunghe ciglia sulle guance in grumi, e anche se Harry non ha la benché minima idea che Louis è lì mentre lui silenziosamente suona e piange, si vergogna di guardare questo spettacolo. 

Perché Harry Styles sta piangendo (è umano? come?) ed è qualcosa che Louis ha sognato nelle sue ore più buie. Ma adesso che sta succedendo per davvero… non gli dà alcuna soddisfazione. Gli spezza il cuore. E i singhiozzi piccini e le guance luccicanti a metà tra l'ombra e la luce lo invadono di un tale indescrivibile dolore che non riesce nemmeno a provare a capirlo. 

Sta per voltarsi indietro, davvero, ma poi Harry smette di suonare completamente, e afferra le cornici del pianoforte in una mano sola, girando la faccia. 

Louis studia il suo profilo, riesce a vedere le lacrime ancora più chiaramente, e si sente assolutamente incapace e intrappolato, perché cosa fa adesso? Che sta succedendo??

Quindi sta lì congelato a guardare gli occhi di Harry chiudersi, provocando un'altra ondata di lacrime salate giù per la faccia. Inchina la testa sotto il peso dei suoi stessi pensieri e si passa una mano tra i ricci, afferrando con forza le punte e tirando con quella che sembra essere angosciosa frustrazione, il corpo che inizia a oscillare avanti e indietro in un ritmo gentile.

Vorrebbe tirargli via la mano e urlargli di smetterla perché che cazzo, ma invece lo guarda con occhi spalancati, e i suoi minuscoli singhiozzi riempiono la stanza mentre si avvolge più stretto i capelli alle dita tremanti come un piccolo, bambino abbandonato.

È senza parole, immobile, e inesplicabilmente molto, ma molto stressato, al punto da sentire il bisogno di toccare, confortare, anche se non sa perché o per cosa. 

Per questo inizia a fare un passo avanti. 

E il telefono di Harry squilla. 

A una velocità sinceramente disarmante, si asciuga le lacrime con la manica della camicia, i suoi tratti che immediatamente si riassemblano in una calma preparata. Deglutisce, prende un paio di boccate d'aria con labbra tremanti, poi si scrolla i capelli dagli occhi e risponde portandosi il cellulare all'orecchio in un solo movimento lineare. 

"Zayn, tesoro," lo saluta, e la sua voce non contiene alcuna traccia della scena precedente. 

Lo fa sentire ancora peggio in qualche modo, la nausea che gli divora lo stomaco gli riga e gli pungola il cervello nei suoi angoli silenziosi, colpevoli.

"Sì, certo." Una pausa. "Non c'è fretta, gioia. Aspetto con piacere il tuo impeccabile arrivo. Indossa i colori delle ciliegie, ti prego – sono le uniche tonalità che riesco a capire al momento." Una pausa. "Andrà benissimo. Riferisci il messaggio a Liam. E digli di piantarla di parlarmi addosso." Una pausa. "Sì, Louis è qui."

Louis sente un brivido lungo la schiena al sentire il suo nome sulle sue labbra. È strano davvero, visto che non è la prima volta che l'ha detto, ma è scioccante e fa risvegliare di scatto i suoi nervi e prega, prega, prega che Harry non si volti. 

"Certo," continua lui, e si massaggia gli occhi con una mano. "Sì, tesoro, mi sembra perfetto. Ci vediamo presto. Suggerisco il viola, per inciso. Si addice alla tua carnagione in una maniera assolutamente meravigliosa." E saluta poi con un sorriso che gli fa alzare gli occhi al cielo mentre quello mette giù piano il telefono. I suoi tratti sono immobili, non più sorridenti ma non più addolorati, invece a riposo con una fragilità che sembra perfetta abbastanza da poter essere dipinta. 

Temendo per la sua vita se dovesse scoprirlo, si costringe a uscire, chiudendo piano la porta con tutto la calma di cui è capace la sua stazza mingherlina.

Stupidamente, cammina di nuovo alla sdraio e siede, piedi a terra e gomiti appoggiati sulle ginocchia, e si limita a fissare il vuoto, la nausea ancora presente mentre la testa gli gira, non tanto per l'alcol, quanto per Harry Styles e le sue lacrime del cazzo. 

Affonda la testa nella mani e prega per un rapido arrivo di Zayn. 

Perché stasera è già troppo difficile da gestire, e giura su dio di non poter sopportare l'idea di stare solo con i suoi pensieri in questo momento.

**

Alla fine arrivano tutti i ragazzi (Niall per ultimo perché aveva insistito di comprarsi un segway) e dopo che un cordiale di ciliegie e vari aperitivi e liquore pesante vengono distribuiti (Niall si rifiuta di consumare qualunque cosa che non sia alcol puro ed etichetta il resto come "succo di frutta") se ne vanno a fare una cena molto costosa e sontuosa che è appagante proprio come Niall aveva promesso. 

Sono tutti felici, Zayn che medita dietro alle sue sigarette sulle lamentele di Louis a proposito di tutte le stronze del suo corso (ci sono certi che dovrebbero proprio darsi una cazzo di calmata) mentre Liam ridacchia di tutto e lo fissa quasi-rapito, con una mano sulla gamba di Zayn.

Harry è il più felice di tutti. Beh. "Felice."

Riempie i bicchieri di tutti e ride dietro il tovagliolo e brinda al cielo, alle stelle, al mondo, e si aggiusta il papillon (sì, si era cambiato, è adesso vestito con un completo lavanda, con un ramoscello di ciliegie attaccato al bavero) con dita ingioiellate che non tremano, e Louis si sente male solo a guardarlo.

Perché è falso, adesso sa quanto falso, e con ogni risata fragorosa che emette, ogni enorme sorriso che illumina la stanza, ogni carezza al braccio di Zayn e ogni tintinnio del suo bicchiere  contro quello di Niall, Louis vede il ragazzo nascosto dal pianoforte, lacrime che gli rigano il volto.

Ma non gli importa, non gliene può importare, per questo manda giù i suoi pensieri con bistecca e patate, rimproverando Niall per aver comprato un segway.

"Non puoi venire a casa stanotte e mi assicurerò che Rory lo sappia, Irlanda!"

"Irlanda? Ma mi hai chiamato Irlanda?"

E così, Louis ignora molto fermamente ogni pensiero che minaccia di salire in superficie.

**

È mentre tornano a scuola in auto, imbottiti nell'auto d'epoca di Zayn, la luce della luna che si spande nel cielo su di loro e il vento fresco della notte che frusta umido la loro pelle, Liam ha suggerito di andare a una festa.

"Mi sono arrivati messaggi tutto il giorno. Pare sia parecchio divertente?"

"Beh, effettivamente è venerdì," ragiona Louis con un sorriso birichino, e Zayn gli fa un sorrisetto nello specchietto retrovisore.

"Mi hai rubato le parole di bocca, Louis," borbotta, le mani poggiate delicatamente sul volante mentre li guida lungo le strade in ciottoli. "E festa sia."

"Eccellente," sorride Harry, tirando fuori il cellulare. "Stavo cercando una scusa per chiamare un po' di gente."

"Da quando hai bisogno di una scusa?" ribatte Zayn lanciandogli uno sguardo.

"Da mai," alza le spalle quello con un largo sorriso, "ma così fanno le persone educate."

Niall scoppia a ridere, facendo scivolare un braccio attorno alle spalle di Harry. "Hai le palle d'ottone, questo è sicuro!" ruggisce di cuore, e Harry si unisce alle sue risate, compiaciuto del complimento e buttando la testa all'indietro.

Louis lo guarda, premuto com'è dall'altro fianco di Niall sul retro, e percepisce solo per un attimo qualcosa risvegliarglisi nel petto prima di riportare lo sguardo davanti a sé.

"Diamoci dentro stasera, d'accordo, ragazzi?" dice inarcando un sopracciglio con un sorriso sereno.

Zayn pure lui sorride con un, "D'accordo, Louis," mentre Liam batte le mani come un delfino e annuisce entusiasticamente, Niall che agita i pugni in aria e Harry che ruggisce rumori insensati al vuoto del cielo sopra di loro.

Almeno può contare sulle distrazioni quando i pensieri diventano troppo pesanti. E stasera ne ha un disperato bisogno.

**

La festa, imbottigliata in un attico, è una di quelle più fuori controllo, ed emana fumo, persone belle, e luci lampeggianti. 

Ci sono vassoi di bicchieri di cristallo riempiti di assenzio e cognac, persone con maschere luccicanti e barocche, una band i cui membri sono rivestiti di pelle e bodypaint, e file di cocaina serpeggiano tra i gioielli di diamante e gli orologi da taschino disseminati su tutte le superfici disponibili. 

Magari in una giornata normale Louis lo avrebbe trovato divertente; oggi, riesce solo a disgustarlo.

Passa la notte a seguire goffamente Niall visto che, ancora una volta, Liam ha trascinato Zayn nelle masse vorticanti e di loro si erano perse le tracce. Più che camminare saltella, incontrando ragazza dopo ragazza e facendole ridere a quel modo acuto che altro non è che forzato.

È conscio di star compromettendo gli abbordaggi di Niall, mentre scruta causticamente l'ultima scroccona, e se all'inizio era rimasto indifferente alla sua stessa incredibile mancanza di buone maniere, la cosa lo mette sempre più a disagio.

"Mi sa che è meglio che ti lascio fare," dice, alla sesta ragazza di fila che si allontana dopo avergli lanciato una ferrea occhiataccia.

"Forse," concorda quello, ma alza le spalle. "Ma non me ne importa più di tanto. Fanculo tutto, voglio solo divertirmi. Succeda quel che cazzo succeda, mi capisci? Non sentire il bisogno di andartene se non ti va. Dico sul serio, Tommo."

Louis sorride e annuisce (è mai forse capitato che Niall non fosse schietto e assolutamente semplice?) ed è così toccato dalla sua lealtà e solarità che gli batte una mano sulla spalla e dice, "Mi sa che ti lascerò in pace stavolta, Irlanda. Vieni a cercarmi quanto ti annoi, okay? Vado in esplorazione a vedere se c'è qualcosa da rubare." Con un'ultima strizzata d'occhio lo saluta con una mano, urlando dietro di sé un, "Conquista le signore come sai fare solo tu!", mentre si allontana, lasciando un Niall sorridente che scuote la testa divertito.

Perché forse Louis ha effettivamente bisogno di stare da solo. Perché forse questa distrazione non sta funzionando. Perché si sta al momento domandando, ossessivamente, dove sia Harry. 

E questa cosa deve finire. 

**

Louis passa il resto della serata fuori al balcone, appoggiato al muro e con gli occhi rivolti al cielo che non fa altro che guardarlo di rimando. 

Prova a cantare, anche a bocca chiusa, e a bere, con l'intenzione di indirizzare i suoi pensieri alla distrazione, ma nonostante tutto rimane con un solo nome sulla punta della lingua, che lo tormenta quando controlla il cellulare, pregando silenziosamente che Niall gli invii un "Usciamo e andiamo a sfondarci."

Ma non arriva mai.

Quindi dopo quattro cazzo di ore, quando il fracasso di dentro si affievolisce e gli intrusi (questo è il santuario suo e di nessun altro) che inciampano nel balcone diminuiscono fino a scomparire, decide che è ora di costringere Niall ad andarsene. Adesso basta.

Mettendosi in tasca il telefono senza messaggi e massaggiandosi via la noia dagli occhi, rientra dentro, cercando Niall o Zayn o Liam con occhi sempre più disperati.

Ma tutto invano.

E dopo aver setacciato il posto per quanto scrupolosamente possa fare un estraneo, si arrende, in piedi, al centro della stanza a soqquadro con la birra schizzata a terra, fiumi inzuppati che turbinano nel liquido rossastro, maschere pestate e bicchieri di carta schiacciati. C'è un aroma stantio e i resti di fumo si avvincono ancora all'aria, riuscendo solo a frustrarlo e a disgustarlo di più.

Dove sei? scrive a Niall, e i suoi occhi a malapena riescono a concentrarsi sulla luminosità dello schermo, le membra sono appesantite dallo sfinimento e dal disfattismo.

Perché, cazzo. Vuole solo tornare a casa. E non sa proprio come fare.

Per fortuna, ha degli amici famosi.

Questo posto è sorprendentemente vuoto considerata l'ora – magari sono tutti migrati in un posto ancora migliore? Acchiappa il braccio sudato alla prima malcapitata isolata che vede, e poggia gli occhi imploranti sulla ragazza bruna di fronte a lui.

"Non è che hai visto Niall Horan per caso?"

La ragazza sorride stralunata. "No, spiacente, gioia. Da, tipo, tre ore."

Merda.

"E Zayn Malik?"

"Oh. Sì. Lui e Liam Payne se ne sono appena andati, a dire il vero."

E Louis la fissa.

Cazzo.

"Ah. Non riuscirei a raggiungerli?"

"Ne dubito. Stavano entrando in macchina l'ultima volta che li ho visti. Scusa," alza le spalle,  e gli manda un ultimo vago sorriso prima di andarsene. 

Fantastico. 

Fottutamente fantastico.

E adesso?

Frustrato dall'impotenza che prova – e da quando esattamente è diventato impotente e perché non si era preparato per situazioni del genere? – vaga di stanza in stanza, sperando di trovare un indizio che risveglierà una qualche sorta di soluzione nella sua testa. 

Ma invece di trovare una soluzione trova Harry Styles. 

È lì, proprio lì dall'altra parte della stanza, a malapena cosciente ed è tenuto su da una serie di gente dell'alta società in vestiti sudati e pesanti che sembrano fin troppo costosi e blandi. Lo tirano da ogni parte, gli passano le mani sopra come se fosse un luccichino (Louis sospetta ecstasy come minimo), che volta gli occhi socchiusi verso di loro mentre gli premono labbra fredde e arrossate sulla faccia afflosciata.

Una sensazione allarmante gli brucia alla bocca dello stomaco, e prima di sapere esattamente quello che sta facendo, si ritrova a marciare verso il mucchio di sanguisughe.

Le loro voci diventano più nitide, raggiungendo le sue orecchie sopra quello che rimane di musica pop di merda che fluisce dalle casse, sgusciando tra le nuvole di fumo debolmente sospese.

"Lo voglio," dice con voce strascicata una rossa carina, con gli occhi spalancati e vitrei mentre fa scivolare una mano sotto la giacca di Harry.

Un ragazzo giovane, probabilmente non ha più di sedici anni, la guarda male, spingendo via la sua mano e prendendo stretta quella di Harry. "Io lo voglio!"

"Andiamo amico, tu l'hai già avuto," si lamenta un altro ragazzo, e inizia a strattonargli la giacca in un modo che dà il voltastomaco a Louis.

Fissa la scena che gli si pone davanti con orrore, comprendendo a stento il fatto che queste persone stiano tirando avanti e indietro Harry Styles come se fosse una bambola di pezza,  che lo stropicciano da tutte le parti e toccano ogni parte di lui senza una briciola di rispetto. Ed è ancora più orribile il fatto che Harry non ci stia con la testa, troppo fatto di qualunque cosa in cui si sia affogato stanotte, mentre viene passato di peso di persona in persona, gli occhi appannati che sbirciano nel vuoto e si chiudono a intermittenza, la bocca un po' aperta, e il sudore che gli imperla la pelle.

Cazzo no.

Così proprio no.

"D'accordo, gente, d'accordo," tuona Louis, dissodando la massa sudata di arpie. "Giù le mani, giù le mani." Li caccia via uno a uno, mentre miagolano le loro proteste e gli mandano sguardi taglienti.

Il ragazzo di prima gli si para davanti, petto in fuori e apparentemente pronto a ricorrere alla violenza.

"Chi dice che puoi averlo?" brontola, a voce bassa e carica di vodka vecchia.

Louis storce il naso, ripugnato dalla puzza – e dalla sua faccia – e porta gli occhi al cielo e si passa il braccio di Harry attorno al collo, stringendogli la vita con l'altro.

"L'ho già pagato," dice nel più sarcastico dei toni, con una tale insolenza che si aspetta una seria scazzottata lì e subito.

Ma, con suo sommo orrore, gli occhi del ragazzo si riempiono di comprensione. 

"Oh. Scusa, amico, non lo sapevo."

E Louis vorrebbe vomitare, cazzo, perché l'ha preso sul serio. 

Digrignando i denti contro tutte le cose che vorrebbe dire (perché al momento non lo aiuterebbe, ha solo bisogno di portare Harry fuori di lì) gli lancia un'ultima occhiataccia disgustata, permettendosi un "Parassiti del cazzo," prima di incespicare via. 

Questo ancora non risolve il problema di essere rimasto a piedi – potrebbe averlo complicato ancora di più – ma non gli importa, e invece si concentra sulla pura e semplice difficoltà che trova nel sostenere questo pupazzo allampanato che puzza di sudore e fiori, con la testa che gli rotola sulle spalle quando a malapena riesce a mettere un piede di fronte all'altro.

"Mi fa tanto piacere che ti lasci così tanto andare, Curly. Davvero, fantastico. Proprio un'idea assolutamente splendida," si lascia sfuggire a denti stretti, zigzagando fino all'ascensore. 

Le porte si aprono facilmente, permettendo loro di entrare nel cubicolo dorato, e Louis spinge il pulsante per il piano principale con più forza del necessario.

"Mi chiamo Harold," borbotta l'altro all'improvviso in tono basso, le labbra socchiuse. "Non Curly."

E quasi vorrebbe cantare a questo punto, perché cazzo, Harry è sveglio e Harry ha degli agganci. In particolare, servizi automobilistici. 

"Curly! Harry. Harold. Benissimo, sei vivo. D'accordo allora, dimmi come posso portare tutti e due a casa. Visto che io non posseggo schiavi."

Riesce a vedere l'incresparsi molto vago della sua fronte (e lo considera quasi una conquista, il fatto che, anche in uno stato di semi-incoscienza, riesca comunque a rabbuiarsi) ma Harry lo aiuta con un, "Nel mio cellulare. Vedi 'Autista'."

Che ordine.

"Naturalmente," brontola, ma gli tira il telefono fuori dalla tasca, trovando il nome con facilità e chiamandolo in un modo che spera non trasmetta la sua instabilità emotiva attuale. Con Harry che nel frattempo borbotta sciocchezze incomprensibili nella sua spalla mentre perde e riprende conoscenza.

**

Quando "Autista" li scarica davanti alla scuola, Louis è già sull'orlo di una crisi di nervi, avendo dovuto sopportare il peso del corpo di Harry per fin troppo tempo (e i suoi brontolii e i quasi sibili del suo stato confusionale da ubriaco) e si chiede per un attimo quanto orribile sarebbe se lo lasciasse semplicemente fuori. 

Ma, ovviamente, la sua coscienza prende il sopravvento, e per questo se lo carica addosso per il resto della strada fino a raggiungere le sue stanze – che sono ingiustamente lontane da quelle di Louis e Niall. 

Gli fa strano, dover sorreggere il peso quasi morto di Harry Styles mentre girovaga nell'oscurità di un appartamento di cui ha fatto la conoscenza solo ieri. Inciampa, i piedi che cozzano coi mobili sparsi e angoli acuminati, e a un certo punto quasi fa cadere Harry in un cumulo di cactus, radunati inopportunamente vicino al corridoio. E anche se sarebbe stato esilarante (perché poi possiede dei cactus?) non riesce a pensare a nulla di peggio che trascinare più del dovuto questa manfrina, e dunque manda una preghiera di ringraziamento al cielo, aprendo la porta della camera di Harry con un calcio, incespica oltre il pianoforte senza guardarlo neanche di striscio, e lascia cascare il ragazzo di peso sul letto. 

E non farà altro.

Ecco cosa si è detto. Non farà altro.



Solo che Harry non è neppure completamente sul letto, le sue gambe penzoloni su un'estremità, il cuscino troppo lontano dalla testa.

E quindi lo sposta più in alto, manovrando il ragazzo con le membra infinite fino a quando è sistemato comodamente. Senza pensarci, Louis gli slaccia il cravattino e il primo paio di bottoni della camicia inamidata, decidendo di non levargli la giacca visto che non riesce nemmeno a contemplare a come farlo senza svegliarlo completamente. Gli slaccia le scarpe e gliele leva, prepara un panno bagnato e tampona via una roba appiccicosa e misteriosa che gli ricopre il collo e le mani (non vuole sapere) e accarezza una mano fredda sulla sua fronte sudata e le sue ciocche umide. 

E adesso se ne andrà.

Perché si è ufficialmente preso cura di Harry e praticamente gli ha fatto il bagno e ha fatto tutto ciò che poteva considerato che non gli deve niente e Harry ha per lui lo stesso rispetto che ha per una granseola artica.

A dire il vero, Harry rispetta di più le granseole artiche. Gliel'ha detto. 

Louis porta gli occhi al cielo al pensiero e si siede accanto a lui, tenendo in mano il panno bagnato e guardando la sua sagoma dormiente. È un tale contrasto da com'è normalmente. 

Ancora una volta, Louis si ricorda di oggi, della sua faccia e della sua postura mentre piangeva e versava qualunque sentimento nel pianoforte; quello stesso senso di realtà è qui adesso, davanti ai suoi occhi, incapaci di guardare altrove e incapaci di identificare quella sensazione che gli artiglia lo stomaco, e si ritrova a poggiare una mano su quella di Harry. 

Vorrebbe ritrarla subito. Ma non lo fa. Se ne sta seduto lì, a guardare questo tornado di un ragazzo dalle profonde ombre e dai boccoli scuri e gli stringe la mano come fosse un bambino, incapace di staccarsi per quanto il suo letto lo stia chiamando. 

Alla fine soccombe allo sfinimento, facendo scivolare via la mano e guardandolo per l'ultima volta. Non sa quando ricapiterà vederlo in un atteggiamento di resa così onesta, di vulnerabilità così aperta, e questo lo fa sentire al tempo stesso triste e sollevato. 

Con un ultimo sguardo d'addio, chiude la porta, stringendo forte il panno bagnato quando si costringe a voltarsi e arranca fino al suo appartamento, ogni passo che porta con sé un peso tutto nuovo. 

E non vuole che arrivi domani. 

Perché non gli piace la piega che sta prendendo questa situazione.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11.

Nel momento esatto in cui entra nell'appartamento, si precipita dritto nella camera di Niall, con la testa che ancora vibra al ritmo di "CHE CAZZO É SUCCESSO" e un fuoco sotto la pelle in tutti i punti in cui ha incontrato quella di Harry nella sua confusione da ubriaco.

Proprio non esiste che si butti subito a letto a dormire. No, proprio no, la testa potrebbe esplodergli da un momento all'altro e il cuore gli sta facendo scherzi strani e la pressione sanguigna gli sarà salita alle stelle; la morte è quasi certamente imminente. 

E, oh già, è anche incazzato con quello stronzetto irlandese perché dove diavolo si era cacciato stasera? E perché cazzo lo aveva abbandonato, lasciandolo a sorreggere un Harry Styles a malapena cosciente? E a metterlo a letto? E costringendolo di conseguenza a stringergli la mano come fosse un bambino piccolo?

È tutta colpa di Niall. 

Con rinnovato furore, spalanca la porta chiusa e immediatamente vede la stazza dormiente del ragazzo arrotolato nelle coperte, con la testa affossata nei cuscini, e la bocca comicamente aperta. È ancora vestito, fino alle scarpe, la stanza puzza nettamente di marijuana e whiskey, e gli avanzi di un panino al tacchino giacciono sul comodino, mezzi mangiati e abbandonati nell'ebrezza della sbornia.

Ma Louis si sente sollevato per due ragioni:

1. Niall è ufficialmente a casa e non ancora in giro a bighellonare. 

2. Niall è solo, dunque può focalizzare la sua piena attenzione su Louis che ora come ora si sente vulnerabile e bisognoso. (Aveva pure un po' tipo paura di incappare in qualche scena che l'avrebbe quasi sicuramente marchiato a vita.)

"Nialler, Niall, Irlanda," lo chiama, arrampicandosi sul suo enorme letto (e accidenti se sono morbide quelle lenzuola) e inizia a scuoterlo per svegliarlo. "Niall, ho bisogno di parlare. Ho bisogno di chiederti delle cose. Niall! Consolami!" Gli prende a schiaffi le guance come per suonare un tamburo, l'impazienza che supera la delicatezza. 

E quello, lento e confuso, con la fronte più aggrottata che gli abbia mai visto, comincia ad aprire piano gli occhi appannati. Squarciano il buio con la loro lucentezza cristallina, cercando quelli di Louis, e l'ostilità che emanano è piuttosto allarmante, a dire il vero.

Ma Louis continua comunque imperterrito.

"Oh, eccellente! Sei sveglio. Ora, devo chiederti-"

"Fan. Culo."

Louis sbatte le ciglia. Come, prego?

"Fan. Culo," ripete, e la sua voce è carica di sonno, gli occhi infossati da borse e cispe, e forse sono in atto dei feroci postumi da sbornia, o forse semplicemente Niall odia parecchio essere svegliato (ama un sacco dormire, dopotutto…) ma in ogni caso, Louis è quasi, diciamo, forse terrorizzato.

Allenta un po' la presa, guardando con apprensione gli occhi spietati mentre porta le mani ai fianchi e a distanza dal piranha sotto di lui. 

"Niall…?" domanda con prudenza.

Lo sguardo funereo di Niall si intensifica. "Louis, se non ti levi dai coglioni, giuro che ti stacco quella cazzo di testa da quel cazzo di collo."

Louis rimane a bocca aperta, sconcertato. "Staccarmi la-"

"Ti stacco quella merdosa testa da segaiolo a mani nude e la darò in pasto alla tua fottuta madre," conferma, e anche sfinito, comincia a stiracchiarsi. 

E anche se Louis è (quasi) sicuro che Niall non lo massacrerebbe per davvero…

"Bene allora. Ci vediamo quando ti svegli. Buonanotte, gioia, sogni d'oro!" canticchia, balzando giù da lui in un abile mossa e scattando praticamente fuori dalla stanza senza guardarsi indietro una volta. 

Beh. Merda. 

Almeno ha imparato una cosa nuova su Niall: mai disturbarlo nel sonno, pena la morte. 

Perciò non è stato un completo spreco di energie, pensa mentre mette su un po' di tè, e si prepara per una notte insonne di dubbi e analisi al microscopio, ben alla larga da Niall. 

**

Il sole è alto in cielo, il contenuto di quattro bollitori di tè è stato digerito, e c'è una vergognosa catasta di fogli di quaderno appallottolati (pieni di cose idiote tipo "ma perché piangeva????" "Io odio H.S." "Harry Styles" e perfino uno schizzo molto poco grazioso di un pianoforte fatto a pezzi) che circondano Louis mentre osserva la pagina attualmente immacolata davanti a lui che si intitola, 'Ke cazzo gira per la testa di Harry Stylezzz?' completa di scarabocchio di un fiore morente e una nuvola tempestosa.

Forse ha bevuto troppa caffeina e forse ha bisogno di dormire. 

Forse. 

Ha già provato a disegnare un diagramma Venn degli umori di Harry (senza successo) e ha ideato una scaletta su come evitarlo in futuro e perché (sempre senza successo). 

Quindi prende come una vera benedizione la porta di Niall che finalmente si apre con un cigolio, rivelando la sua faccia sbadigliante e il busto scoperto completo di succhiotti. 

Louis lo guarda male. "E la bestia si risvegliò," dice asciuttamente, accartocciando di già il suo più recente tentativo di appunti su Harry Styles. Vede Niall sbattere gli occhi alla luce del sole, guardarsi attorno in uno stato di semi delirio, con i capelli che spuntano da ogni angolo e le pieghe da sonno sulle guance. "Qualcuno ha avuto compagnia ieri notte," commenta poi, fissando con sguardo significativo un livido particolarmente aggressivo vicino al suo capezzolo destro. 

"Hm?" chiede Niall sbrigativo, grattandosi il sedere e dirigendosi dritto verso il frigo.

"I tuoi succhiotti."

"Oh. Sì," sbadiglia, sorridendo. "Sì, è stato divertente. Era simpatica."

Era simpatica. Wow. 

L'occhiataccia di Louis si amplifica mentre il ragazzo rovista nel cassetto della frutta, prima di riemergere con due mele e una busta d'uva. 

"Non hai intenzione di scusarti?" gli suggerisce, mentre Niall tira fuori tre croissant da una busta vicino al frigo. 

"Per cosa?" chiede, completamente all'oscuro. Strappa un croissant con i denti e mentre mastica fa rumoretti di approvazione, spingendo un pugno nell'uva senza tante cerimonie. Verrebbe da pensare che non mangi da giorni.

Attraente.

"Oh, non saprei. Forse per aver minacciato di provocarmi dolore fisico questa mattina quando stavo solo cercando un po' di coccole?!" sbraita, lanciando con gli occhi pugnali metaforici dall'altra parte della stanza e rifiutandosi di farsi ammansire.

Niall lo guarda, sopracciglia corrucciate, mentre mastica in cucina. "Stamattina? Cosa?"

"Sì, stamattina. Hai minacciato di staccarmi gli arti manco fossi Chewbecca! Non fare lo schivo, ti ho capito, io, Niall Horan, e vedo il male che celi. E non ti si addice, devo dire," sbuffa, incrociando le braccia e appoggiando la schiena contro la sedia in uno scatto. 

"Ohhhhh, credo di ricordarlo. Vagamente." Cammina a grandi falcate verso di lui e gli si para davanti senza rimorso, porgendogli la busta d'uva. "Ne vuoi un po'?"

Ma lui in risposta lo guarda e basta. 

"È tutto quello che hai da dire?"

Alza le spalle. "Ops?" prova.

"Ops??!"

"Stavo dormendo. Che posso dire?"

"Potresti chiedermi scusa."

"Scusa. Allora perché stavi provando a svegliarmi? Hai detto qualcosa sul fatto che volevi  parlare."

E forse erano le scuse più false del pianeta, ma chissene, Niall gli ha appena fatto una domanda a cui Louis deve rispondere. 

"Ah. Beh." Si schiarisce la gola, raccogliendo le cartacce accartocciate sparpagliate prima che la curiosità di Niall abbia la meglio e apra una pagina di umiliazione e vergogna, decifrando la scrittura da pazzo di Louis e le speculazioni sull'uomo che odia più di ogni altra cosa al mondo. "Avevo solo bisogno di farti delle domande su Harry. Dimmi qualcosa in più. Di tutto e di più." Con le braccia piene, Louis butta le scartoffie nel bidone con apparente noncuranza e un occhio su Niall. 

"Ti ho già detto tutto quello che so. Perché?"

"Perché voglio sapere perché è così cattivo. Dimmi tutto – della sua famiglia, della sua vita… tutto." Si accomoda e guarda Niall in attesa, a mani giunte, rifiutandosi di prendere nota di una qualunque agitazione interiore che puzza sospettosamente di preoccupazione per il ragazzo in questione.

Niall mastica la sua uva. "Ti ho già detto tutto, letteralmente. Des è il padre, una leggenda della musica – è stato da poco inserito nell'Hall of Fame del Rock & Roll, lo sapevi?"

"E ti pareva," borbotta. 

"Ehm. È ancora pazzo. È-"

"È a casa?" lo interrompe, con occhi seri.

"Eh?"

"È a casa? Vive con Harry? O è in ospedale…?"

"Boh, non gli sto dietro. Sarà a casa? Che importa?" chiede, riallacciandosi il Rolex e dando un'occhiata a Louis.

"Nulla, immagino. È solo che…" sospira, affondando la testa stanca nelle mani. Ha un serio bisogno di dormire. "Lascia stare. Sono troppo stanco per tutto questo. Svegliami tra un'ora."

"Che c'è tra un'ora?"

"Voglio andare da Zayn."

E no, questo non ha nulla a che fare con il voler vedere Harry. Perché non vuole, sul serio.

Ma anche se volesse, sarebbe solo per confermare che nulla è cambiato tra di loro dopo l'atto di gentilezza random di ieri sera. Questo è quanto. Solo per stare sulla stessa lunghezza d'onda. Vuole solo confermarlo.

"Okay. Va' a dormire. Ci vediamo tra un'ora," Niall sorride, scompigliandogli i capelli prima di allontanarsi. 

"NON TOCCARE IL PIANOFORTE," lo avverte, e Niall si blocca a metà passo. 

"Ti concilio il sonno?" propone, con un sopracciglio inarcato. 

Louis ci pensa, arrancando lentamente in camera sua. "Con una ninnananna?"

"Si può fare."

"Con le parole zozze?" 

"Si può fare anche quello."

"Bene, allora. Ma suona piano," lo avverte, e scivola nella sua stanza proprio mentre Niall prende posto a quell'enorme pezzo di merda, con le dita che si abbassano sui tasti  facendogli una serenata con Lick My Love Pump fino a che non si addormenta.

**

Louis continua a non pensare a Harry.

Lui e Niall si stanno avviando da Zayn (e Niall ha preso il suo segway del cazzo per farlo sentire basso, lento e arrabbiato al suo fianco) e non è per nulla terrorizzato all'idea di vedere Harry. Affatto. Non lo spaventa in alcun modo rincontrare quegli occhi.

Ma… allo stesso tempo…

E se ricorda? E se era più sveglio di quanto non avesse pensato e si ricorda di Louis che si è preso cura di lui, asciugandogli la fronte, o, ancora peggio, tenendogli la mano? Solo il pensiero gli fa ribaltare lo stomaco e brividi d'ansia gli corrono dalle punte delle dita fino al cervello. Nervi a fior di pelle. Non sente altro che nervi a fior di pelle.

E poi Niall impreca all'improvviso. "Cazzo. Come me lo porto il segway su per le scale?"

Louis guarda in avanti, rendendosi conto di aver raggiunto la torre che porta alle stanze di Zayn, e poi guarda Niall che è diviso tra frustrazione e illuminazione.

"Te lo porti in braccio?"

Quello sospira. "No. Mi sa che me ne torno a casa a fumare. Tanto ho mal di testa."

Lo sguardo di Louis scatta verso di lui. "Mi fai andare da solo?"

"Sì, perché no?"

Perché Harry. Perché non può entrare in quella stanza con Harry che lo fissa e non avere il simpatico, calmante Niall che funge da diversivo e sfuma la tensione stando sempre al suo fianco. Ecco il suo stramaledetto perché.

"Così," butta lì. "Ma penso sul serio che sia maleducato scegliere di passare la giornata con una pianta invece che con me."

Niall ride, scuotendo la testa, aggiustandosi il maglione troppo grande e dando un calcio al pavimento con le nike bianche immacolate, estraendo il cellulare dal taschino posteriore. 

"Va bene, va bene, Signor Dramma. Chiamo Rory per farglielo venire a prendere allora."

Louis porta gli occhi al cielo. "Spero che lo paghi bene quel pover'uomo." 

"Ovvio! È il mio migliore amico!"

E quindi Niall chiama Rory mentre Louis inizia a salire le scale, con i nervi che quasi gli fanno tremare le ginocchia, e ogni passo risuona 'Harry' nella sua testa. 

Andrà tutto bene. Probabilmente nemmeno se lo ricorda. Andrà tutto bene e non ne discuteranno nemmeno e andrà tutto bene. 

Andrà tutto bene. 

"D'accordo," lo chiama Niall, saltando le scale per raggiungerlo. "Rory sta arrivando."

Louis annuisce mentre raggiungono la cima, e una volta ritrovatisi faccia a faccia con la pesante porta di legno, il battito accelera alla massima potenza. 

"Non mi sento bene. Forse è meglio se torniamo indietro," dice, voltandosi a guardare Niall che alza le sopracciglia. 

"Beh, ormai è troppo tardi." E apre la porta senza un altro istante di esitazione. "Ciaoooo!" saluta nel suo tono più gioviale, e Louis deglutisce preparandosi mentalmente (impossibile) e lo segue dentro. 

C'è Zayn, con indosso dei pantaloncini in jearsy neri e un'enorme t-shirt nera spruzzata di pittura, un pennello in mano in piedi di fronte a delle grandi tele vicino a una fila di finestre sul retro. 

E c'è Liam, vestito di tutto punto in un gilè color panna e pantaloni, una camicia bianca abbottonata fino al collo inamidata e stirata e raggiante sotto il sole pomeridiano, seduto al lungo tavolo e intento a fumare un sigaro, sfogliando senza pensarci un grosso libro polveroso. 

E non c'è Harry. 

E allora Louis torna a respirare. 

"Louis!" Liam sorride subito, alzandosi in piedi e spegnendo il suo sigaro. "Niall!"

"Ragazzi," saluta Louis, il sorriso più grande di quanto pensi, carico di tutto il sollievo e il distendersi della tensione di un pericolo scampato per pochissimo. E no, non è deluso del fatto che Harry non ci sia, non prova altro che sollievo. Sollievo.

Zayn fa un cenno del capo nella loro direzione prima di continuare a stendere grosse pennellate sulla tela davanti a lui. 

"Come state oggi ragazzi? Vi va del fumo?" chiede Niall, e sta già tirando fuori la sua piccola borsettina e l'equipaggiamento aggiuntivo che Louis non aveva nemmeno idea avesse portato con sé.

"Fai sul serio, Niall?" lo giudica, squadrando i suoi movimenti concentrati. "Non è passato nemmeno un minuto da quando siamo arrivati."

Ma lui si limita ad alzare le spalle. "Chi ha tempo non aspetti tempo!" 

"Oh, delizioso!" Liam sorride, battendo le mani. 

Dopo che Niall ha preparato velocemente ciò che sa fare meglio, inala dalla piccola pipa di vetro con un largo sorriso, ricordandogli un chipmunk, prima di passarlo a Liam e saltellare verso il pianoforte.

"Via, vi suonerò una canzone molto speciale," dice, tossendo una valanga di fumo, e si siede, con i capelli d'oro che si intrecciano ai vapori e alla luce del sole.

"Suona qualcosa di allegro, sì?" gli fa Louis quando Liam gli passa il bong con un largo sorriso.

"Sì, qualcosa di allegro!" concorda Liam, dei fili nuvolosi che gli sgusciano fuori dalle labbra. 

Louis porta la bocca al vetro, azionando l'accendino e prendendo ripetuti tiri, pensando di meritarsi di sfondarsi quanto gli pare per festeggiare il fatto che Harry non è, in effetti, qui, e di conseguenza può rilassarsi.

Perché che bello, Harry non è qui!

E di certo non parlerà di lui.

"Allora dov'è Harry?" si ritrova a chiedere con la testa che gli gira per l'erba. Ops.

"È scomparso," dice Liam con nonchalance, sorseggiando il tè.

Louis batte le ciglia, il pianoforte di Niall che gli appesantisce il cranio nella sua confusione. 

"Come hai detto, scusa? Scomparso?"

"Mmhm."

"Che vuol dire 'scomparso'? Cioè, è uscito o…?"

"No, è scappato da qualche parte. Lo fa spesso, però."

"Scappato?"

"Sì. Sai, no. Di solito scompare solo per qualche giorno."

La mascella gli si allenta, letteralmente. "Giorni?? Pensavo intendessi per tipo, un'ora!"

"Va tutto bene. Si farà vivo," lo liquida Zayn, strizzando gli occhi e picchiettando pittura bianca agli angoli della tela. 

Ma che cazzo?

"E se non lo farà?" domanda, stridulo, e perfino Niall alza lo sguardo dal pianoforte a questo punto. 

"Qualcosa non va?" chiede, senza rompere il ritmo, con le sopracciglia aggrottate sopra gli  occhi lucidi arrossati. 

"Niente," borbotta, arrossendo lievemente. E Louis non arrossisce mai. "Solo che-"

"Sei preoccupato per lui, eh?" chiede Zayn, e si raddrizza fissandolo con l'evidente accenno di un sorriso. 

"Non ho ragione di preoccuparmi delle sue condizione, Zayn. Trovo solo strano che voi non lo siate. Non dovreste essere i suoi migliori amici? Non potreste perlomeno provare a chiamarlo?"

Liam alza le spalle. "Spegne il cellulare. Quando se lo porta dietro."

Oh wow.

Louis lo guarda.

"Lo fa da quando ci conosciamo," continua. "Starà bene, Lou." Termina la frase con un sorriso educato, e si alza dalla sedia prima di dirigersi a grandi passi verso di lui e prendergli posto accanto. Con i denti lucidati piega la testa di lato rimirandolo, facendogli scivolare le mani attorno al braccio. "Ora. Che si fa oggi?"

E il tema lo mette a disagio quel che basta per concedersi un palese cambio di argomento, e mette la sua pungente curiosità, e forse apprensione, a tacere. 

"Dovrei studiare," biascica, e il suono di numerosi tasti di un pianoforte schiacciati si diffonde di colpo nella quiete della stanza.

Tre facce si voltano verso Niall, che ha ora la testa tra le mani in quella che potrebbe anche essere la posa più teatrale sulla terra. 

"Dimmi che non faremo i compiti oggi," lo avverte in modo burbero, con i palmi premuti negli occhi.

Liam si volta verso Louis per una risposta. 

"Niall, pigro stronzo che non sei altro, giuro su dio che-" inizia Louis con uno sguardo tagliente, prima di essere subito interrotto da Zayn che dice:

"Louis. Vieni qui un attimo, sì?"

Louis sbatte le palpebre, con la bocca ancora aperta pronta a scagliare ulteriori insulti e ammonimenti a Niall, prima di voltarsi verso Zayn che adesso è in piedi di fronte alla tela, a braccia conserte in contemplazione, con l'anca protesa al lato mentre studia il proprio lavoro. I suoi occhi si spostano momentaneamente su di lui.

Louis annuisce e lo asseconda, lanciando un'ultima occhiataccia nella direzione di Niall, che sta di nuovo suonando, con le soffici guance rosa che sembrano reprimere un sorriso. 

"Voglio la tua opinione," mormora con voce vellutata.

Incuriosito, Louis si unisce a lui, e il ragazzo avvolge un braccio stretto attorno alle sue spalle, tirandoselo più vicino mentre guarda concentrato il dipinto, profumato com'è di fumo di sigaretta, dopobarba e acrilici.

"Dimmi cosa ne pensi." 

Louis osserva il lavoro davanti a sé.

Il dipinto di Zayn? È magnifico. È la parola migliore. 

Fiamme grosse e spesse, rosso cremisi, arancione scuro, e giallo bruciato, lambiscono un levigato cielo notturno, divorando morbidi salici piegati che incorniciano il quadro con pesanti passate di pennello. Cascate di fuoco si avviluppano alle cortecce rapprese e alle foglie di un verde brillante, mezzo sfumato nelle tonalità ombrose della notte, di rami che si tendono verso stelle luccicanti picchiettate sulla tela. In mezzo ai salici ardenti c'è un letto di spine attorcigliato su se stesso, dagli steli baluginanti dipinti in voluminose pennellate color ebano, con le punte illuminate con grigi e verdi scuro.

I cerchi dei rami di spine sono profondi e scuri, arricciandosi tra loro come capelli. 

Come capelli scuri, color mousse al cioccolato e ricci. 

E il verde delle foglie riflette la simultanea profondità e monodimensionalità di un certo paio di occhi verdi…

E cazzo. Che gli prende? È un dipinto del cazzo, nulla di più.

"È incredibile, Zayn," mormora, profondamente colpito.

"Mi sono inspirato a te," abbozza un sorriso, con una mano che gli strizza la spalla. 

Louis lo guarda, e poi torna al dipinto. "A me? Zayn, è, letteralmente, un pozzo di fuoco. Che divora il mondo. Cosa stai cercando di dire?"

A questo, il sorriso di Zayn si allarga, scrutando il suo viso con qualcosa di simile a una soddisfazione compiaciuta, prima di riportare lo sguardo alla sua creazione. 

"Hai quello spirito focoso," è tutto ciò che dice. 

E cazzo. 

Quindi è un dipinto su di lui ma gli ricorda Harry. 

Per dirne una. 

Harry. 

Harry che è scomparso. Che è scomparso mentre i suoi amici non sembrano infischiarsene affatto. Harry. 

Harry, i cui ricci sono come quelle spesse spine spinose che ti tagliano al tocco. I cui occhi sono come quelle ombrose foglie verdi che si tendono per strangolare le stelle. 

Harry. 

"Allora davvero non sai dove'è finito?" si ritrova a chiedere bruscamente, rompendo il tranquillo silenzio della stanza. Louis non dice il nome, ma Zayn, a quanto pare, non ha bisogno di sentirlo. Semplicemente, sa.

Lo guarda, con un sorriso appena visibile, e scrolla le spalle. "È più intelligente di quanto pensi."

"No che non lo è," borbotta. 

"Perché continui a chiederlo?" domanda Liam all'improvviso. Dai suoi occhi non permea alcuna accusa, solo curiosità.

Louis cambia posizione, distogliendo lo sguardo. È assolutamente a disagio. "Solo perché… mi sembrerebbe logico se foste preoccupati, ecco tutto."

"Fidati, se passassimo il nostro tempo a preoccuparci di Harold, non si arriverebbe a fine giornata," Zayn ridacchia piano, e lo lascia andare. "Questo lo presenterò a una serata di beneficenza che tiene mio padre," continua subito afferrando da terra uno straccio per pulircisi le mani. La pittura inizia a venirgli via dalla pelle color caramello, mischiandosi al tessuto sbiadito. 

"Te ne stai sbarazzando?" chiede Louis, sorpreso.

Lui annuisce. "È il motivo per cui l'ho dipinto."

"È perfetto, vero?" tuba Liam, avvicinandosi a Zayn e avvolgendogli le braccia attorno alla vita. "Hai così tanto talento, amore." Gli fa un sorriso sciocco nel collo, con gli occhi chiusi e beati mentre lo stringe come fosse una zattera di salvataggio. 

Zayn si illumina e gli bacia il palmo della mano.

Louis e Niall, che si è appena alzato dal pianoforte con un enorme sbadiglio, portano gli occhi al cielo. 

"Buon dio," dice Niall scuotendo la testa, facendo scivolare le mani curate nelle tasche e voltandosi per girare per la stanza, il più lontano possibile dello spettacolo. 

"Fanno vomitare, eh, Irlanda?" chiede, braccia conserte mentre li fissa in aperto disgusto. 

"Sono tanto felice che noi due non scopiamo."

Louis risponde derisorio. "Oh, ti prego. Ti piacerebbe farti un giro qui sopra." E butta fuori un fianco facendogli l'occhiolino. 

Niall scoppia a ridere.

"D'accordo, ragazzi," dice improvvisamente Liam, districandosi dalla sua sessione di coccole. "Pranzo, okay?"

"E poi la biblioteca?" chiede Niall con orrore.

"E poi la biblioteca," conferma Liam, e forse anche Louis geme. 

"Devi studiare per il tuo corso," gli ricorda Zayn, ma lui lo liquida con un gesto della mano.

"Ho già accettato quelle che sono le mie mancanze, Zayn caro. Non passerò mai."

"Ma devi passare!" dice Liam, con gli occhi spalancati. 

"Se è questo il programma di oggi, io mi tiro fuori," interrompe poi Niall con disgusto a malapena contenuto, indietreggiando verso la porta. 

"Anche tu hai dei compiti, bimbo. Smettila di fare la principessina sul pisello," lo rimprovera, con uno sguardo tagliente.

"Io non faccio i compiti. È a questo che servono gli assistenti."

"Cosa?? Fai fare i compiti a RORY?" chiede sconvolto, prima che gli si accenda di colpo una lampadina nella testa e gli prendano a girare le rotelle. Affina gli occhi in una domanda sospettosa. "I miei non li farebbe mica?" chiede in un tono basso a mezza bocca, sopracciglia alzate. 

"Ma certo che sì!" dice Niall felice, saltellando immediatamente fuori dal trono su cui si era appena seduto. Tutte le sedie di Zayn somigliano a troni. In un certo senso è impeccabile, secondo Louis.

Liam fa un gran sorriso, voltandosi verso Louis con occhi che chiedono chiaramente, ‘E allora?’

"In tal caso-" comincia Louis, ma viene prontamente interrotto da Zayn che al momento si sta levando una macchia di pittura nera dalla guancia con il dorso della mano sporca con cui stringe il pennello. 

"Louis i compiti se li fa da solo, non è vero, Louis?" Zayn sorride, e c'è un po' di orgoglio rassicurante dietro la superficie dei tuoi tratti calmi e degli occhi fermi. 

"Ehm."

"È intelligente, il nostro Louis," conclude, e con un cenno di rispetto nella sua direzione, si concentra di nuovo sulla pulizia delle proprie mani. 

Louis sospira. "Sì. Sì, come dice lui." E non ha un tono convincente, ma almeno ha sputato fuori le parole che doveva.

Niall si affloscia. "Fantastico, cazzo. Bloccati tutto il giorno in quella fottuta biblioteca."

"Potrebbe essere divertente," suggerisce Liam, aggiustandosi i gemelli della camicia. 

"Non se alla fine lo bocciano ed è stato tutto inutile," borbotta, imbronciandosi.

"Niall!" lo rimprovera Liam, e Zayn ride.

"Non verrò bocciato," dice, con veemenza. "Mi verrà in mente qualcosa. Ma per ora, pensiamo ai vestiti adatti da mettere a Zayn così possiamo MANGIARE."

"Sto crepando un sacco di fame," aggiunge Niall e pungola una scultura non identificabile che ricorda cioccolato fuso.

Zayn annuisce, con gli occhi su Louis. "Vengo subito. Liam?"

E dando a Louis un ultimo sguardo – che contiene fin troppo inspiegabile riserbo e malizia per i suoi gusti – Zayn se ne va nelle sue stanze, con Liam al seguito. 

Mentre li guarda andarsene, Niall sospira. "Che giornata di merda. Sarei dovuto restare a casa a fumare."

"Tu non te ne vai e basta. Mi hai già bidonato una volta nelle ultime ventiquattr'ore."

"Ma loro ti piacciono! Non hai bisogno di me."

"Mi piaci anche tu. Quindi rimani, e smettila di fare lo zotico."

Un sorriso gli si insinua lentamente sulla faccia. "Io ti piaccio?"

Louis cambia posizione, scostandosi i capelli dagli occhi. "Non potrai mai dimostrare che l'ho detto. Adesso sta' zitto e discutiamo delle nostre opzioni per il pranzo."

E tutto d'un tratto, si dimentica di Harry Styles e di tutte le preoccupazioni di questo mondo, e si concentra invece sulla cronaca culinaria melodiosa di Niall, sul modo in cui i suoi denti di perla luccicano sotto la luce naturale, e pensa che, forse, liberarsi dall'esistenza di Harry Styles non sarà poi così difficile.

**

Il resto del fine settimana e un paio di giorni in più passano come sono soliti passare nella versione della Vita di Louis 2.0.

I ragazzi vanno a spasso e battibeccano durante la giornata, provando il meglio di ogni cosa e sfidando l'edonismo da ogni angolatura possibile. È fantastico, sul serio. 

Domenica partecipano a una cena fighetta, ospitata da un uomo con troppi denti e capelli unticci, piena di facce che Louis non può neanche fingere di riconoscere. E si sente come un pesce fuor d'acqua, ma ride con Niall che chiacchiera con qualunque cosa che viva e respiri, scopre i gossip su tutti da un Liam che bisibglia furtivamente al suo fianco, e scambia sguardi malvagi con Zayn che osserva con gran divertimento mentre Louis fa scivolare dei cubetti di formaggio nei bicchieri ignari di vari ospiti mentre questi hanno gli occhi altrove. 

Lunedì sera, dopo tre ore di studio in biblioteca (in cui Niall ha passato il tempo a mandare messaggi e a strombazzare Every Rose Has Its Thorne dei Poison a tutto volume con le sue cuffie troppo grosse, distraendo ogni anima di questo pianeta) Liam propone di premiarsi con una festa tranquilla alla residenza estiva di Edward. Ne viene però fuori una roba ridicola, con spogliarelliste e camioncini del gelato e vestiti eleganti, e Louis ricorda più che altro di aver riso un sacco consumando copiose quantità di "Succo Rosa" che sa di dolci e brucia come acido di batteria, e ignora fermamente le domande di tutti come "Dov'è finito Harold?" perché chi è Harry Styles? Non se lo ricorda perché non ha pensato a lui e non è preoccupato per lui e non si è accorto del fatto che la scuola è iniziata per la settimana e Harry è ancora disperso, saltando tutti i suoi corsi. 

No, ignora tutto, e così può saltellare di qua e di là con Liam e farsi placcare da Niall fino a cadere su un gruppo di ragazze vestite da conigliette, e Zayn le raccoglie una per una, passandogli delle sigarette e dei bicchieri di vino mentre si liscia la giacca. 

E poi se ne vanno presto, indossando ogni oggetto che riescono ad arraffare, e vagano per le strade abbandonate nella notte con delle bottiglie di vino. Niall è avvolto in un mantello di velluto e insiste che si ci rivolga a lui chiamandolo 'Draco Malfoy' – ma se ne dimentica ripetutamente, ignaro quando i ragazzi continuano a chiamarlo per attirare la sua attenzione: "Draco!" Niente. "DRACO." Niente. "NIALL!" "Eh?". Zayn ha una corona da re (sotto insistenza di Louis), d'oro e tempestata di gioielli, mentre Liam porta una maschera nera glitterata che continua a ricadergli sulla faccia ghignante. E poi c'è Louis, con un enorme afro riccioluto con tanto di pettine, asta, e toga da Jedi.

Vengono scattate troppe foto, viene trangugiato troppo vino, ed è tutto molto ridicolo, ma sembra che a Louis non importa mentre cammina a grandi passi sotto il cielo torbido della notte, ridendo. Non quando ha bisogno di distrazioni simili, e non quando è intento a cantare il Fantasma dell'Opera a squarciagola, ondeggiando tra i lampioni, miscelando le parole l'una con l'altra perché non ha la più pallida idea di quali siano. La serata, in generale, è un successo.

E poi arriva martedì.

Ed è una giornata tranquilla.

Louis frequenta i suoi corsi, con le orecchie che captano le briciole di gossip random, soprattutto ogni volta che si fa menzione del nome di Harry, nella sottile e distante speranza di ottenere una qualunque forma di informazione su dove si trovi, visto che Zayn e Liam ripetono solo la solita manfrina del: "Starà bene, torna sempre."

A un certo punto, un gruppo di bellissime ragazze con delle sciarpe McQueen ciarlano animatamente delle loro avventure con Harry della notte precedente (la qual cosa è una completa stronzata, visto che Louis ha vagato attorno alle stanze di Harry  ieri notte, forse, e non visto la luce accesa una volta, nessuno ha toccato le tende e le ombre degli interni sono rimaste immobili e uguali a se stesse), e resiste al desiderio di spingergli le teste nelle borsette. No, sul serio. 

Ma a parte questo, è un giorno abbastanza sereno, quel che basta per mettere a tacere persino la sua frustrazione per aver sfiorato di nuovo la bocciatura per il suo compito per quel dannato corso che odia più di ogni altra cosa. 

Quindi, quando torna a casa da lezione e apre la porta, ritrovandosi davanti Niall sopra un set completo di batteria nel bel mezzo del salotto, è preso piuttosto in contropiede. 

"Che cazzo succede qui?" dice impassibile ancora prima di chiudere la porta, impietrito dall'orrore e cercando di assimilare la scena, con la mano di Niall posata appena sopra un piatto, pronta a precipitare. 

E "CCCCHHHHHH!" eccolo qui, il fragore del metallo che riecheggia nel loro appartamento non insonorizzato, e Louis lascia cadere la borsa per ficcarsi le mani sulle orecchie. 

"MA CHE DIAVOLO FAI?!" urla, ma Niall si limita a sorridere prima di fermare il piatto tra il pollice e l'indice. 

"Mi sono preso una batteria," dice orgogliosamente a mo' di spiegazione, rilassato sul suo sgabello come un bambino al suo primo giorno di scuola, un gran sorriso e un po' compiaciuto. Per quanto strano, la sua tuta immacolata mette in imbarazzo la t-shirt e i jeans di Louis, e la sua impeccabile colonia (che Louis ruba frequentemente anche se Niall gli dà continuamente delle bottiglie) riempie la stanza. 

"Lo vedo. E no, non la puoi tenere," è tutto quello che dice chiudendo la porta, levandosi le scarpe con un calcio. 

"Devo tenerla, capisci. Mio padre vuole che suoni la batteria di supporto nel nuovo singolo di Des Styles."

La qual cosa lo pietrifica.

"Des Styles? Ha un nuovo singolo? Sta bene?"

"Oh, sì! Sì, papà mi ha chiamato stamattina. Des sta facendo un'altra collaborazione con Nick Grimshaw, e non sta più nella pelle perché gli hanno chiesto di produrlo. L'ultima volta che hanno fatto un singolo, Des ha insistito che se lo sarebbe prodotto da solo. Papà era su tutte le furie."

Louis annuisce lentamente. "Chi è Nick Grimshaw?"

"Quel tizio che canta con quella band – come si chiamano? Elecrolytes?"

"Electra," lo corregge, ed è quasi colpito. "A dire il vero mi piacciono parecchio alcune delle loro canzoni." I loro ritmi energetici e stravaganti riempivano spesso l'oscurità delle squallide discoteche in cui Louis ama andare, e pensa che si abbinino alla grande ai cosmopolitan.

"Sì, quello. È molto effemminato e ancora di più è divertente. Ti piacerebbe."

Louis alza gli occhi al cielo. "Bene. Allora Des se la passa bene?" E non sa spiegare perché abbia un tale bisogno di avere notizie di Des Styles e di sapere in che relazioni sia con Harry ultimamente, ma deve chiedere. Quindi si prende una bottiglia d'acqua e cammina con passo pesante verso una delle poltrone di velluto vicino a Niall che al momento sta facendo roteare le bacchette tra le mani.

"Ehm…" inizia Niall, e pone fine al suo giochetto, concentrandosi invece sulla scheggiatura che si è formata sulla punta di una delle bacchette. "Non credo. Mi sa che ha già sfasciato lo studio due volte."

Louis quasi sputa l'acqua. "Scusa? Ha distrutto lo studio?? È stato arrestato?"

"Nah. Amici ai piani alti, sai com'è." Mette giù le bacchette, volgendosi vero di lui, con la faccia impassibile, e le guance rosa. "Hanno dovuto chiamare la sicurezza un paio di volte però. È abbastanza violento."

"Oh." Deglutisce, sentendosi un po' male. 

"Un genio, però. Papà dice che il nuovo singolo è una bomba. Ma… beh. Credo che abbia avuto un'altra ricaduta." Scrolla le spalle, e poi si alza, marciando dal loro bar improvvisato dall'altra parte della stanza, dove si versa un bicchiere di whiskey. 

"Tipo, alcol o… tipo, eroina, cose così?"

"Eh, se le voci sono vere, tutti e due credo? Boh, so che ha avuto un problema con la coca. E io stesso gli ho visto fumare del crack, quindi…" Si schiarisce la gola, buttando giù le ultime gocce del suo whiskey. "È una roba folle, a dire il vero."

"È pericoloso?" chiede, guardandolo attentamente. 

"Non so. Credo di sì, forse?"

"E allora perché cazzo ha il permesso di vivere con Harry?" taglia corto immediatamente, alzandosi in piedi e sentendo le vene riempirsi di indignazione. Perché, sì, probabilmente si trasformerebbe anche lui in un violento pezzo di merda se dovesse vivere con uno come Des Styles, al diavolo il suo status di leggenda.

"Senti, Louis, non lo so," sospira. "Tutto quello che so è che suonerò la batteria per il suo singolo, e se Nick Grimshaw ha deciso di lavorare con lui, allora non può essere così rincoglioito, giusto?"

No. No, non ha per nulla senso.

Ma Louis non ha voglia di discutere e gli gira la testa, per questo fa spallucce e si riaccomoda.

"Mi manca il periodo in cui non avevo amici ed ero destinato a morire solo," borbotta.

Niall ridacchia. "Sei così teatrale."

Louis gli lancia un'occhiataccia.

"Beh, devo andare allo studio adesso," dice l'alto, saltando oltre il divano e dirigendosi verso la sua stanza. "Devo lavorare con papà a della roba. Torno fra un paio d'ore."

"Ooh, ma guardati. Presto ti chiameremo signor Produttor Fighetti," lo provoca. 

Niall gli fa l'occhiolino quando esce dalla sua camera con indosso un cappellino con la visiera e un maglione largo, i pantaloni di tuta grigi che sbucano da sotto. "Che posso dire? Sono di buona famiglia!" lo scimmiotta, e gli salta vicino per potergli bloccare la testa nel gomito. 

"I miei capelli!" strilla Louis, spingendolo via, ma quello si limita a ridere prima di saltellare fino alla porta.

"Ci vediamo dopo. Non cacciarti nei casini. Mandami un messaggio se hai bisogno di qualcosa, o mandalo a Rory."

"Lo farò, Irlanda. Suona quei piatti per me."

E la porta si chiude. 

A dire il vero Louis dovrebbe studiare, soprattutto per quel maledetto corso che condannerà lui e tutto il duro lavoro che ha buttato in questo semestre. 

D'altro canto, è una serata deliziosa, e gradirebbe un po' di sana aria fresca della sera, e quindi senza pensarci due volte prende il suo iPod e scivola fuori dalla porta, sentendo il bisogno di calmare la sua mente molesta. 

**

La passeggiata era stata magnifica. Il sole si stava spegnendo, il chiacchiericcio per le strade si era attenuato, e le luci avevano iniziato ad accendersi e luccicare attorno a lui. I pub, i negozi e i muri della scuola erano tutti tinti dei blu della sera, e il profumo dell'estate appena percettibile persisteva ancora in mezzo alla brezza fresca. 

E Louis stava finemente, finalmente iniziando a sentirsi bene, l'ansia e i troppi pensieri gli stavano sgombrando la testa, e stava giusto per tornare a casa quando l'idea ridicola di prendere la strada più lunga gli era sovvenuta. E nonostante sapesse esattamente quello che stava facendo, non si permise di rimuginarci troppo. 

Ma adesso, eccolo qui.

In piedi nei giardini, lo sguardo rivolto verso l'alto alla fila di finestre dell'appartamento di Harry. E le luci sono accese. E di tanto in tanto, riesce a scorgere la cima di una massa riccia di capelli che cammina lentamente avanti e indietro. Occasionalmente, intravede un braccio o una mano o la punta di una giacca che viene tolta.

Harry è a casa. 

Harry è a casa e ora Louis deve ignorare il panico che insorge, la curiosità, il forse-entusiasmo, e un mucchio di altre emozioni che l'hanno travolto da chissà dove. Quasi barcolla per quelle stesse emozioni che stanno prendendo il controllo del suo corpo, e non ne sa nemmeno il motivo. Perché lui odia Harry, è abbastanza sicuro di odiarlo sul serio, ma non riesce a distogliere lo sguardo mentre se ne sta tra i crisantemi e le margherite sul sentiero di ciottoli, il tragico muschio delle rose che profuma l'aria, gli occhi in alto alle finestre fioche, mentre cerca un ragazzo che a malapena esiste. 

E resta lì finché le luci non si spengono e nulla si muove più, la luna sommerge il mondo con ombre tranquille, prima che riesca finalmente a trascinarsi via. 

E adesso non riesce a pensare ad altro che a domani. 

E a Harry Styles.

--

NdT. THIS TIME I'M READY TO RUN ESCAPE FROM THE CITY AND FOLLOOOW THE SUN CAUSE I WANNA BE YOURS CAUSE YOU WANNA BE MINE I DON'T WANNA GET LOST IN THE DARK OF THE NIIIGHT

Okay! La canzone di Louis per questo capitolo: 11th dimension di Julian Casablancas! Segnalo la minima possibilità che non ci sarà un aggiornamento la prossima settimana, causa trasloco, ma io ce provo! Happy days! Sono tutta un punto esclamativo oggi!

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


NdT. Okay non è esattamente passata solo una settimana di più. Diciamo che sono successe un sacco di cose contemporaneamente. Tra cui: qualcuno mi ha fregato il computer in metro durante il trasloco, computer dove si trovavano i capitoli che avevo già tradotto e che mi permettevano di fare questa cosina del postare una volta alla settimana senza praticamente intoppi. E vabbè, ragazzi, c'est la vie. Diciamo che all'inizio sono completamente impazzita, pianti isterici che manco vi descrivo le ignominie urlate durante. Poi vabbè mi sono ricordata di averci sopra anche la roba per gli esami e allora sono diventata un guscio vuoto e senza sentimenti. MA ADESSO SONO GUARITA IL NATALE MI HA SALVATO (also, ha nevicato e dalle mie parti la neve non cade, praticamente non l'avevo mai vista. Quel giorno sono regredita ai cinque anni e ne vado fiera.). Comunque! Le traduzioni si rifanno! Diciamo che le cose andranno leggermente a rilento adesso. Chiaramente l'attesa per questo capitolo non si ripeterà sfiga permettendo, ma uno alla settimana è quasi impensabile, considerati anche gli impegni di mia sorella (per gli smemorati: la beta-reader). Ci proviamo (e ci riusciamo)! Okay, parlo troppo. Buon capitolo!


Capitolo 12

Mercoledì inizia da schifo.

Già parte male perché Louis è completamente esausto essendo andato a letto troppo tardi un'altra volta. Aveva torchiato Niall appena quello era tornato, domandando con nonchalance se Des fosse allo studio – la risposta era no – e raccogliendo qualunque altra informazione possibile sulla situazione – l'equivalente di nulla – poi era passato a fumare troppo, guardare troppa tv a occhi spenti mentre la sua mente vagava e il suo cuore batteva rabbioso, e si era farcito la bocca con qualunque cibo Niall avesse ammucchiato in giro.

Il tutto senza pensare risolutamente a una certa luce da una certa finestra con una certa ombra che tremolava sui muri.

Per questo, oggi, districandosi tra lo sfinimento che gli tira spietatamente le palpebre e gli affonda le membra nel pavimento, si è ritrovato in ritardo a ogni singolo corso della giornata. E non una volta ha trattenuto un briciolo di informazione dai suddetti corsi, con la penna sempre senza tappo che mai ha toccato la pagina bianca di quaderno davanti a lui, perché nella sua testa continuano ad alternarsi due posti:

1. Il suo letto con le sue lenzuola morbide e cuscini solitari.

E

2. Quella certa finestra.

Proprio uno schifo totale.

Che non fa che peggiorare quando si imbatte per caso in Cindy, l'unica persona del corso: Lo studio della prosa nei drammaturghi dell'era vittoriana che non gli faccia venire voglia di versare acido sulfureo negli irrigatori e dare fuoco al mondo, mentre si sta avviando a quello stesso corso.

"Louis," lo saluta lei con un sorriso, vestita di quella che sembra essere una toga di Hogwarts. O cazzo ne sa.

Louis prova a non giudicare come ha scelto di vestirsi (gli piace Harry Potter, quindi chi è lui per giudicare?) ma il suo istinto prende il sopravvento e si ritrova a far scivolare gli occhi carichi di disapprovazione sul completo della ragazza.

"Cindy," annuisce felicemente, ma i suoi occhi sono ancora irretiti dalle maniche di lei, larghe come le campane di una chiesa. 

Per fortuna lei non se ne accorge, e invece sorride e chiede un incuriosito, "Dov'è la tua toga?" piegando la testa di lato, confusa.

La qual cosa lo perplime. Toga?

"A che diamine ti riferisci?" domanda divertito, aggiustandosi la borsa con una spallata, tenendosi al passo accanto a lei.

"L'abito accademico. Oggi abbiamo un esame e le regole le sai – bisogna presentarsi in toga per dare gli esami, altrimenti te ne cacciano. Ricordi?"

E Louis si caga addosso.

Perché, no, non sapeva che avessero un esame oggi, figurarsi che dovevano indossare dei sacchetti della spazzatura per farlo. Beh, si ricorda vagamente di certe regole, ma metterle effettivamente in pratica sono un altro paio di maniche.

Senza spiegazioni o motivi, Louis fa uno sprint nella direzione opposta, lanciandosi alle spalle un agitato "Scusa!" mentre vola nei corridoi di pietra, lasciandosi una Cindy molto perplessa dietro di sé.

E così arriva al suo primo esame – proprio del corso che minaccia di schiantarlo sul fondo dell'oceano accademico – in ritardo, le insegne accademiche messe a casaccio (Niall ha provato a dargli una mano nell'assemblaggio nella fretta folle, ma mentre mangiava una pizza, con le mani macchiate di salsa che puzzavano di birra, e Louis aveva passato più tempo a scacciarlo via che altro) con la paura di morire che gli sbatacchia le viscere.

Si accinge a fare l'esame, provando a rispondere nel modo più intelligente concessogli dal suo cervello smarrito, prima di terminare con una titubanza addolorata e lasciare l'edificio con un senso piuttosto concreto di fallimento.

E così si è avuta la conferma che il mercoledì è una merda assoluta.

Da Zayn. Vieni dopo lezioni gli fa il suo telefono, quando lo tira fuori, infelice.

Il che gli torna bene, visto che stava giusto per scrivere delle sue sofferenze a Niall.

Con il cervello frastornato da rimproveri verso se stesso e da maledizioni tinte di amarezza indirizzate alla società – ché poi a che serve fare esami, eh? – Louis marcia in direzione delle stanze di Zayn, senza la toga che ha raccolto in un fagotto tra le braccia, gli occhi che guardano il pavimento senza vederlo, e la testa completamente al di là di ogni cosa che non sia il suo stupido dannato esame al quale è abbastanza certo di essere stato bocciato.

**

Arriva da Zayn ancora inebetito, con la testa da un'altra parte che cerca di ricordare la sua risposta alla domanda venticinque (è abbastanza sicuro di aver messo la A, ma forse ha messo la C, o era la D? Perché è quasi certo che la giusta fosse proprio la D), registrando a malapena il mucchio di bellissime ragazze e due ragazzi in fila fuori dall'ampia porta di legno in cima alle scale, che scendono giù sorridendo come pavoni e con un incedere da galline, e lo ignorano con fermezza mentre scorrono i loro iPhone.

La qual cosa avrebbe dovuto fargli capire.

Ma purtroppo al momento sta ancora pensando alla venticinque, e quando apre la porta con una spinta ed è accolto dal chiassoso "Louis, amico! Com'è andato l'esame?" di Niall, al quale risponde con un lamentoso, cieco, "Mi hanno bocciato, stronzo," l'ultima cosa che si aspetta è una battuta vellutata come, "Beh, la cosa non mi stupisce affatto," che gli scivola come melassa lungo la spina dorsale.

Subito la testa gli scatta in su ed eccolo lì.

Vestito in un completo color ebano in tinta unita e un papillon, con i ricci per aria che praticamente luccicano alla luce del pomeriggio, la bocca di un rosa osceno ('sto stronzo si mette il rossetto, per forza), c'è Harry Styles, con in mano un bicchiere di champagne e il mignolo alzato, che piega le labbra in un mezzo sogghigno che gli tira la fossetta e gli lascia gli occhi ombrosi e desolati.

E cazzo, la giornata è appena peggiorata, perché eccolo qui, proprio qui, e Louis si era completamente dimenticato che fosse tornato. Si era completamente dimenticato di essere stato fuori alla sua finestra la sera prima.

Oddio.

"Bene, bene. É tornato Shady*," borbotta, con gli occhi incollati a Harry e i piedi incollati a terra. Ha la bocca asciutta e le mani gli strisciano nelle tasche per nascondersi e si scuote i capelli nervosamente e da quando cazzo è diventato così goffo di fronte a Harry Styles?

Oh già, forse dopo averlo visto piangere in camera sua? O forse dopo aver visto il suo corpo tirato in dieci direzioni diverse da delle arpie? O forse quando gli ha tenuto la mano mentre dormiva serenamente. O forse no, chi lo sa.

Ma Louis può solo fissarlo, bloccato sul posto, provando un'occhiataccia ma dubbioso del risultato, sentendo ogni paio d'occhi nella stanza su di lui.

"Te l'avevo detto che sarebbe tornato," Zayn fa un sorrisetto dal suo trono, poltrendo con la sua sigaretta e Liam al suo fianco, e immediatamente gli occhi di Harry e Louis volano su di lui.

Louis è senza parole. E sul punto di lanciargli un mattone in testa, dal momento che, grazie a Zayn, Harry adesso sa che ha chiesto dove fosse finito. E l'ultima cosa di cui ha bisogno è che pensi che gliene importi di lui in qualunque modo possibile, cosa che verrebbe probabilmente solo usata contro di lui e a vantaggio di Harry.

Non che gliene importi.

Ma poi sente gli occhi di Harry scivolare su di lui e si rifiuta di reagire, si rifiuta di rispondere allo sguardo, non avendo la più pallida idea di come procedere, mentre continua a fissare Zayn con una furia con cui solo lo stesso Hulk potrebbe misurarsi. Quello semplicemente fuma con tutta calma e traccia i disegni della tovaglia con l'indice.

Ma, fortunatamente, ci sono sempre l'inconsapevole Niall e l'innocente Liam in suo soccorso.

"Ti hanno bocciato?" mormorano simultaneamente, Niall divertito e Liam molto vicino allo stupefatto.

"Ehm, sì," conferma riprendendosi, schiarendosi la gola e voltando la schiena alla scena, facendosi scivolare la borsa dalla spalla e ignorando lo sguardo bruciante di Harry. "Non sapevo nemmeno che ne avessimo uno oggi. È stata una fortuna che sono incappato in Cindy prima."

"Cindy chi?" chiede la voce di Harry, e Louis si rifiuta ancora di guardarlo, tenendosi occupato con la cintura che guarda caso è di colpo troppo allentata e deve essere risistemata. Adesso.

"Jones," borbotta, facendo scorrere la pelle lungo la fibbia per stringerla, fissandola nel buco più avanti con dita nervose.

"Me la sono fatta," strascica amabilmente e Louis riesce praticamente a sentire il rumore del sorso delicato di champagne tra le sue labbra compiaciute.

"Porca troia," sospira, portando gli occhi al cielo e percependo un'ondata di disgusto in arrivo. Ma sul serio? Era un'informazione necessaria?

"Tu ti sei fatto tutti," medita Niall, facendo ghignare Harry, e poi cammina a passo pesante verso Louis, gettandogli un braccio attorno alle spalle. "Allora, Tommo. Cos'è successo?"

"In che senso 'cos'è successo?' Mi hanno bocciato, no? Nient'altro da aggiungere," si ritrova a sbottare. E gli dispiace, davvero, ma ora non se ne può fare un problema perché è una giornata di merda e se Harry può essere un tale imbecille ventiquattr'ore al giorno per sette giorni alla settimana, di certo anche lui può permettersi un lapsus una volta ogni morte di papa.

E a Niall non dà fastidio, sembrerebbe, e preferisce invece battergli una mano rassicurante sulla schiena e alzare le spalle con un, "Ah, beh. La prossima volta sarai più fortunato."

"Avevi problemi con quella materia," commenta Zayn con leggerezza, scrutando Louis che annuisce in risposta, con gli occhi che si studiano le mani mentre cerca di non guardarlo male o imbronciarsi.

"Dovresti farti aiutare," suggerisce Liam con entusiasmo. "George è un ottimo tutor. Anche Edward. E quel tizio che abbiamo conosciuto all'associazione studentesca, Arthur, suo nonno teneva quel corso." Guarda Zayn che annuisce lentamente, con gli occhi fermi su Louis.

"Io non ho mai avuto bisogno di ripetizioni," commenta inutilmente Harry, facendo scivolare le dita tra i bouquet di fiori sul tavolo, con gli occhi persi tra i petali.

E tutti tranne Liam alzano gli occhi al cielo, anche se Harry ne è completamente ignaro. 

"Ehi. Tu sei bravo in letteratura vittoriana," osserva Zayn all'improvviso con un sorriso crescente, gli occhi calmi.

Harry sospira, con un fiacco sorriso e alza lo sguardo per incontrare quello di Zayn. "Sì. È vero," dice semplicemente, e poi torna alle sulle rose.

"Dovresti dargli ripetizioni tu."

E per un attimo, la stanza si ammutolisce, e tutti occhi scattano sulla faccia di Louis. Che al momento è impostata sull'assoluto e completo orrore.

Persino la faccia di Harry si contorce immediatamente in un'espressione offesa mentre la testa nuovamente gli scatta in alto. "No," replica subito, stringendosi la pancia sulla difensiva come se si fosse scottato, conficcando le dita nel ricco tessuto della sua giacca.

"Ma tu adori quella materia," sospira Zayn tra il fumo, con gli occhi curiosi di Liam posati su di lui, che lo soppesano in silenzio.

"Beh, anch'io posso dire la mia, e anch'io dico no," aggiunge Louis, versandosi un generoso bicchiere di champagne e sentendosi arrossare le guance. Che problema ha Zayn? E da quando fa così caldo qui dentro?

"Perché no?" chiede Liam, con un'ingenuità che gli dà l'aria di un piccolo cucciolo di golden retriever, i cui occhioni marroni vanno dall'uno all'altro ragazzo alla ricerca di risposte, prima di tornare da Zayn.

"Preferirei scuoiarmi da solo piuttosto," sputa Louis nello stesso secondo in cui Harry risponde con un, "A certi non si può insegnare."

Registrano la risposta dell'altro nello stesso secondo, roteano su se stessi per fronteggiarsi, le facce ricomposte in uguali occhiate truci.

"Come, prego?" domanda Harry, e la presa sul bicchiere si stringe.

"Ripetilo se hai il coraggio, Curly," lo sfida, ignorandolo, e mettendo giù il suo champagne.

"A certi non si può insegnare," ripete, e lo dice con un dispetto talmente infantile che Louis è quasi tentato di ridere, mentre Niall ride sul serio.

"Beh, è buffo, sai, perché certi non sanno insegnare."

Harry lo fissa. "Cosa stai cercando di dire?" domanda, con la voce profonda e uniforme, le labbra rubino che formano lente ogni parola.

Louis fa un sorriso angelico, sbattendo le ciglia con esagerata innocenza. "Che non sai insegnare."

Harry ha la faccia di uno che è stato schiaffeggiato, trasalendo visibilmente come se fosse stato fulminato da un contatto di fili elettrici, e Louis percepisce il potere della sua posizione, riacquistando fiducia in se stesso e ispezionandosi le unghie con finta nonchalance, godendosi il controllo della situazione.

Liam osserva la scena con occhi enormi e quasi spaventati, e Zayn sorseggia il suo borgogna con gli occhi solamente divertiti e pazienti. E Niall si gratta lo stomaco, soffocando uno sbadiglio.

"Sai, l'avevo proprio detto che non c'è nulla che un idiota come te potrebbe insegnarmi," mente. Perché, no, non ha detto esattamente questo, ma probabilmente l'ha pensato. "Potrei imparare più da una scopa. Perlomeno quella fa qualcosa."

Ed eccolo lì – gli occhi di Harry straripano di tutta la rabbia di un uomo che troverà una scopa e ci picchierà Louis in testa. A morte.

"Le scope non fanno niente," borbotta, infervorato. "Vengono usate – sono le persone che ci fanno i servizi. Sono solo uno strumento." Si interrompe, sbattendo le palpebre lentamente e con rabbia, il suo sguardo truce si intensifica di un infinitesimo. "Questo è quanto."

Louis lo fissa. "Di tutto quello che ho detto, scegli di rispondere a questo? Sul serio?"

Harry continua a guardarlo male.

Allora Louis gli fa un sorriso velenosamente zuccheroso e si mette una mano sul fianco tutto sbarazzino, piegando la testa di lato e sfidandolo con, "Beh, immagino che siamo sulla stessa lunghezza d'onda a pensare che non sai insegnare manco di striscio!"

"LA NOSTRA PRIMA LEZIONE AVRÀ LUOGO DOMANI," Harry taglia corto immediatamente con un tuono rasposo e arrabbiato, e il petto gli si gonfia di un'indignazione che manda Louis in estasi. "Sarai il migliore studente di questa cazzo di scuola quando avrò finito con te." Indugia, accigliandosi. "Se sarà possibile."

"Per colpa mia o tua?" controbatte, e Harry a questo punto ha sfoderato i denti.

"Domani," ripete, a voce bassa.

E vorrebbe davvero, davvero rifiutare l'offerta, rilanciargliela in faccia (insieme a quello che sta bevendo), ma è allettante, e il silenzioso assillo del suo stomaco lo fa star zitto, lasciandogli solo la possibilità di annuire in assenso.

"Domani, allora," concorda, e prende la mano che Harry gli ha allungato, stringendola con decisione e strizzandola con abbastanza forza da fargli capire chi è che comanda.

Piano che non va a segno quando Harry gliela strizza di rimando, più forte.

E a quel punto Louis strizza ancora più forte, e così Harry, e così Louis, e presto hanno le mani che si contorcono per aria, tremanti e arrossate, mentre le facce si annodano in smorfie e ringhi, lasciando gli altri tre ragazzi a fissarli, Niall con mezzo biscotto tra i denti.

"Minchia," dice con gli occhi spalancati. "Ben fatto, Malik. Gran bella proposta la tua."

E Liam non difende l'onore di Zayn, facendo invece scivolare degli occhi titubanti sul suo profilo sorridente.

Senza una parola, Zayn non perde il sorriso, mentre Harry e Louis continuano a lottare davanti a loro come un paio di arieti maldestri.

**

Louis non verte in uno stato di terrorizzato disagio. Proprio no.

Solo perché è già giovedì e deve essere nelle stanze di Harry tra meno di quindici minuti per la sua prima sessione di lezioni private non significa che verta in uno stato di terrorizzato disagio.

Nossignore. 

Proprio no.

(Non verte nemmeno in uno stato d'ansia per le diciassette chiamate perse di sua madre trovate al suo risveglio con un messaggio che diceva solo, Ti voglio bene boobear. Chiamami per favore. Mi manchi. Chiamami amore. No, di certo non è preoccupato per le sue cinque sorelle, visto che sua madre sembra nel bel mezzo di uno dei suoi periodi no. Ma più tardi dovrà chiamarla, dopo essere ritornato dalla sessione di lezioni private, e risolvere il casino che sicuramente troverà.)

"Meglio che ti avvii o farai tardi," lo ammonisce Niall dal divano dove si è raggomitolato nelle coperte e si sta ficcando delle tortine Jaffa in bocca. In tv c'è un cartone senza nome e al limite del terrificante.

"Sì. Se non dovessi tornare, mi verrai a cercare? Racconterai la mia storia?" gli dice debolmente, raccogliendo la sua borsa.

"Sarà fatto!" risponde quello, imperturbato e con la bocca piena. "Mandami un messaggio se hai bisogno di qualcosa. Ci vediamo, amico!"

E Louis si chiude la porta alle spalle. 

Cazzo.

Mantiene la calma mentre cammina, ammirando i caldi raggi dorati del sole che hanno iniziato ad amalgamarsi al freddo pungente dell'aria e le pallide mura di pietra dell'università che si intravedono tra gli ammassi di vite ed edera, verdi e silenziosi. 

È tutto molto tranquillo, anzi.

Dà un calcio ai ciottoli, sorride ai passanti, canticchia a bocca chiusa delle canzoni di Grease, e infila le mani in tasca, poi le tira fuori, poi le rinfila, e al contempo continua a camminare. E non sente assolutamente nulla all'infuori di uno strano senso di serenità che gli travolge le membra.

E così, quando raggiunge la porta di Satana, bussa con mano ferma, avvertendo le onde oceaniche della calma infrangerglisi addosso mentre annusa l'aria fresca e il dolce profumo dei fiori che la accompagna.

La porta si apre, con dolorosa lentezza.

Ed eccolo lì, Harry, e Louis non crede ai suoi occhi che registrano la scena di fronte a lui; Harry indossa un MAGLIONE grigio e dei JEANS e cazzo – non sapeva che possedesse qualcosa oltre a vestiti, papillon, fantasie pacchiane e velluto.

Lo fissa di stucco.

"Fissare è da maleducati," gli fa notare mentre lo guarda di rimando con occhi indifferenti, a braccia conserte.

"Hai dei vestiti normali," è quello che riesce a dire sbigottito, e Harry gli concede a stento un'occhiataccia prima di fare un passo indietro e lasciarlo entrare senza una parola.

Lui entra nell'ampia stanza e, con sua grande sorpresa, è abbastanza diversa dall'ultima volta che è stato qui – cosa che gli rievoca immediatamente l'immagine di un Harry trasandato e addormentato e di un Louis mutamente affettuoso, e sussulta via dai suoi pensieri, concentrandosi sui cespugli di gigli bianchi che ricoprono ogni superficie piana e i grandi dipinti che adornano ogni centimetro di spazio sui muri. Dipinti stranamente familiari.

"Sono di Zayn?" chiede, facendo un gesto verso le grandi tele di stelle infuocate appese sopra il caminetto di mogano e marmo.

Harry, il suo sguardo bieco ancora fermamente intatto, si limita ad annuire, in piedi a debita distanza con le mani chiuse dietro la schiena. Fa quasi tenerezza, con quel maglione largo, i jeans spiegazzati e i ricci stopposi di traverso, ma i diamanti dell'orologio Chanel squarciano l'aria, quasi come il suo sguardo freddo e vuoto, ed è costretto a ricordare che Harry Styles è tutto tranne che 'tenero'.

"Hai riarredato," commenta, con gli occhi che scattano dalle candele che cospargono i pavimenti, gli scaffali, e i tavoli, insinuate tra l'enorme e venerata collezione di statue di gatto, disposta ordinatamente sui tavoli in mezzo alle bottiglie di champagne. Chitarre d'epoca e liuti sono disseminati ovunque, e spartiti accartocciati fanno disordine sul pavimento tra i morbidi petali di rose gialle e gocce di quello che Louis suppone essere Dom Perignon.

"Cambio le mie stanze ogni settimana," è la bassa, borbottata risposta.

Lui gli lancia uno sguardo. "Ovvero, paghi qualcuno per farti cambiare le stanze ogni settimana." Louis sorride raggiante.

Harry si acciglia.

C'è silenzio.

"Facciamola finita, sì?" mugugna Harry in un ringhio, e si accascia su una sedia lussuosa di velluto davanti un grosso tavolo d'epoca di legno nell'angolo. "Ti faccio uno schema," mormora in tono velenosamente lento, con gli occhi socchiusi che seguono le mani precise che… preparano una penna d'oca e l'inchiostro?

Oh porca puttana. È una pergamena, quella?

"Gesù," si lamenta, in piedi di fronte alla scrivania, agitando le braccia dalla disperazione. "Non puoi semplicemente usare un cacchio di portatile, ciccio? Staremo qui tutto il cazzo di giorno se usi quella. Stiamo studiando l'era vittoriana, non ci viviamo mica."

Una minuscola curva solleva le labbra di Harry, ma oltre a quello, non dimostra alcuna reazione mentre intinge lentamente la penna nell'inchiostro e stende la pergamena sul tavolo. Senza una parola, comincia a scrivere.

Louis sospira rumorosamente, e molto teatralmente, ma Harry non gli dà spago, producendo piuttosto scarabocchi sofisticati.

Dopo alcuni momenti di silenzio, in cui Louis tenta invano di dare le spalle alla scena davanti a sé in segno di protesta (la sua curiosità è sempre stata la sua debolezza) chiede, sbirciando alla scrivania e provando a decifrare la scrittura ordinata e tondeggiante di Harry, "Potresti perlomeno dirmi cosa stai scrivendo."

"Uno schema," brontola senza esitazione.

Louis porta gli occhi al cielo. "Così pare. Di cosa? Non mi hai nemmeno chiesto di vedere il programma del corso o i miei libri o-"

"Conosco il professore. Conosco anche il corso. Ti assicuro, qui c'è tutto quello che avrai bisogno di sapere. Ora smettila di contestarmi." E i suoi occhi non lasciano mai il foglio, annoiato, sicuro di sé e con gli occhi vitrei.

"Oh, applausi per te," borbotta, con un'altra alzata di occhi, ma sta zitto (se non altro per il semplice fatto che non gli viene in mente nient'altro da dire) e inizia a fare avanti e indietro per la stanza, le braccia ancora conserte, ispezionando le nicchie e le fessure del caos di Harry.

"Suoni questo vecchiume?" chiede, dando un colpetto a un liuto polveroso e decrepito con la punta del piede.

"Sì. E non toccarlo."

"Mi stupisce che non si rompa."

"Beh, a meno che tu non sia un idiota, è molto semplice evitare questo tipo di problemi."

Il suo umore comincia a ribollire. Ma invece di impelagarsi in una discussione che servirebbe solo a protrarre questa forma acuta di tortura (perché ha accettato?), si serra la bocca e fissa senza davvero vederli i gatti di porcellana adesso davanti a lui.

E poi sente un rumore di passi lenti dietro di lui, e gira su se stesso giusto in tempo per vedere un ragazzo bellissimo con degli zigomi devastanti e dei capelli neri come la pece uscire dalla stanza di Harry, con l'uniforme in disordine e una sigaretta in bocca.

La qual cosa è inaspettata.

"Oh!" inizia Louis, lasciandosi cadere le braccia ai fianchi e indietreggiando per la sorpresa. "Non avevo capito avessi compagnia." Sbatte le palpebre, sentendosi subito goffo mentre li guarda, Harry che continua a scribacchiare, e il ragazzo che se ne resta in piedi a squadrare Louis mentre fa un lungo tiro.

"Se ne stava giusto andando," dice Harry tranquillo senza un attimo di esitazione, e il ragazzo lancia un ultimo sguardo persistente a Louis prima di fargli un cenno col capo e andare verso la porta.

"Ci si vede, ragazzi," dice ad alta voce, prima che la porta si chiuda.

E Louis rimane lì impalato.

"Ma fai sul serio?" esplode di colpo, voltandosi verso Harry che sembra completamente imperturbato. "Tu ti rendi conto che ogni caspita di volta che sono qui una persona a caso esce da camera tua? Quante persone ci sono lì dentro? Sono gremlin, o cosa? Si moltiplicano quando gli versi l'acqua addosso?"

"Hm, esattamente," borbotta, e quel sottilissimo arricciarsi di labbra è tornato mentre continua a scrivere. "E, come puoi vedere, se li nutri dopo che si fa buio si trasformano in un incubo al mattino dopo."

…ha appena fatto una battuta? O stava solo facendo lo stronzo?

Louis lo osserva con sospetto. "Beh, in ogni caso avresti potuto dirmi che c'era un'altra persona qui."

"Perché?" mormora Harry, annoiato, con la mano che vola lungo la pergamena. 

"Così non me la farei addosso quando si materializzano improvvisamente dal nulla."

"Non si è materializzato."

"Questo lo dici tu."

A questo commento Harry solleva lo sguardo, la penna che per un istante si ferma, e gli occhi lo analizzano vuoti. Ma vago, molto vagamente, Louis riesce quasi a vedere qualcosa che si agita…

"Beh, per oggi è tutto," dice d'improvviso con voce strascicata, alzandosi con un gesto plateale e mettendo giù la penna. "Questo schematizza i capitoli a cui devi prestare maggiore attenzione. Ho scritto le parole chiave, ma dovrai andartele a cercare da solo. Rivedremo i dettagli domani; questo ti servirà solo a familiarizzare con i concetti generali visto che sembri avere problemi a cogliere persino quelli."

E sì, il tutto con un tono decisamente da maestrina.

"Grazie tante," lo guarda male, strappandogli la pergamena dalle mani. "Non c'è bisogno di fare lo stronzo."

Harry lo fissa, freddo, a labbra strette e contratte in una linea sottile. "Meglio che tu sparisca, novellino. Io debbo congedarmi. Ho un impegno a cui sono già parecchio in ritardo."

Louis grugnisce. "Un impegno? Vuoi dire che devi incontrarti con la tua prossima potenziale scopata?"

"Non c'è nulla di potenziale che la riguarda. Ed è 'scopate'. Plurale," dice con un battito d'occhi languido e un sorriso intorpidito che racchiude tutto il veleno di questo mondo, proprio sotto la superficie.

"Oh, ma certo. Non ce n'è mai solo una."

"La varietà è il sale della vita."

"E anche le malattie veneree."

Gli occhi di Harry subito si assottigliano. "Non saprei dirti."

"Quelle più problematiche sono quelle silenziose. Meglio andare subito a controllare prima che cada via qualcosa, amico!"

"Non chiamarmi 'amico'. Adesso vai."

Ma Louis rimane lì immobile in segno di sfida, con le braccia incrociate che stringono forte la pergamena che vuole così disperatamente stracciargli in faccia perché, CAZZO, quanto è irritato. Ma non lo fa.

Dopo un attimo di reciproco disgusto, Harry sospira e gli passa oltre come una furia, dirigendosi dritto verso camera sua, con i ricci che saltano su e giù. Proprio quando sta per seguitare dentro, indugia sull'uscio, incontrando fermo e inflessibile gli occhi di Louis, che da parte sua lo fulmina. 

Si prepara al peggio, annegando negli abissi verdi di fronte a lui. 

"E quando hai finito con quella," Harry gli dice finalmente, indicando la pergamena nel suo pugno, "assicurati di darle un colpetto e dire, 'Fatto il misfatto.'"

E poi la porta si chiude con uno schiocco.

E Louis sbatte le palpebre. 

Come, scusa?

Ha appena… citato Harry Potter?

Ma prima che possa permettersi anche solo di provare a venire a capo della situazione, marcia fuori dalla porta e non si guarda neanche una volta indietro.

**

Tornato all'appartamento, trova un biglietto da parte di Niall che recita: 

Allo studio. 

Lavoro al singolo. 

Fumiamo e mangiamo quando torno.

E vicino ci sono un sigaro, dieci sterline, un paio di garze, e un pacchetto di gomme. In altre parole, il contenuto delle tasche di Niall. 

Quindi è solo. 

E ancora meglio, Zayn gli ha appena mandato un messaggio. 

Com'è andata la lezione? ;)

Louis scuote la testa e picchietta una risposta. 

Brutto stronzo.

Ci sono volte che odia veramente la sua vita. 

**

È venerdì.

Magnifico venerdì.

E, nonostante sia stato svegliato troppo presto dal pianoforte E dalla batteria, ("Mi sto esercitando, stronzo!") si sente stranamente ottimista. Forse perché ieri sera, dopo che Niall è finalmente tornato, hanno fatto, insieme a Zayn e Liam – a quanto pare le potenziali scopate di Harry stavano procedendo come pianificato, visto che era misteriosamente assente e Louis si rifiutava categoricamente di chiedere il motivo – una cena deliziosa in un ristorantino con le luci basse e hanno bevuto del buon liquore prima di provare a fare i compiti a intermittenza tra le serenate reciproche al pianoforte. Cosa che, sta iniziando a scoprire, fanno veramente – Liam canta l'opera a squarciagola accompagnato al pianoforte da Niall, Zayn canticchia sentimentalmente in italiano – e prendono molto seriamente, ed è per questo che si limita ad assistere, incapace di negare che i ragazzi abbiano talento, puro, autentico talento. Vorrebbe quasi parlare di 'eleganza' ma ha il presentimento che il porno che avevano messo in muto, spiattellato sul gigantesco schermo della televisione, l'avrebbe leggermente smentito. Occasionalmente uscivano fuori a fumare sul balcone, a guardare i ricci di fumo scomparire nelle stelle, ridendo mentre Niall pregava ripetutamente di abbandonare lo studio e pattugliare la città in cerca di discoteche e droga buona.

Era stata una bella serata. Proprio quello di cui aveva bisogno. 

E adesso ha un intero fine settimana di fronte a sé che sarà pieno di dormite, corse notturne per andare a comprare torte e tutto quello che Niall e le sue voglie desiderino, erba, videogiochi, feste, alcol di qualità, e pantaloni di ginnastica. E meglio ancora, Zayn ha in programma di portarli alla Candle House (il nome della residenza primaverile di Zayn, almeno a giudicare da come lui stesso e Harry la chiamano) e non ci sarà nessuno al di fuori di loro, qualche escargot, croquet, e tutto il tempo di questo mondo. 

Quindi, inutile dirsi che Louis è eccitato. E ha appena finito i corsi di oggi.

"Voglio che sia già domani," piagnucola, stravaccato sul divano. "Voglio andare alla casa primaverile di Zayn. Tu ci sei mai stato?" chiede a Niall, allungando il collo per guardare il ragazzo seduto dietro di lui mentre si ingozzano di éclair e giocano a FIFA.

"Nah," dice, la voce smorzata dalla sua bocca piena. "Ma mi hanno detto buone cose."

"Non vedo l'ora. Sarà una bomba, Nialler. Una bomba! Un'idea sarebbe cenare stasera, solo noi due, per celebrare le feste."

"Non posso, scusa. Deve schiacciare un pisolino e-"

"Perché accidenti avresti bisogno di un pisolino? Non fai altro che dormire." Louis lo scruta mentre quello si strofina gli occhi, con i capelli dorati scompigliati e untuosi. 

"Sono stato sveglio tutta la notte dopo che siamo tornati. Rory mi ha fatto fare metà di quel progetto per il mio corso di Audiovisivo," sbadiglia, avvolgendosi una coperta addosso, aspettando che si carichi il match successivo.

"Oh, povera creatura," lo sfotte sarcastico, alzando gli occhi in maniera esagerata. "Hai dovuto farti i compiti da solo? Che vergogna."

"Fa' silenzio, tu," lo rimprovera, ma gli fa un sorriso d'oro fasciandosi tutto, lasciando fuori solo la faccia. 

Louis sorride, gli angoli degli occhi che si arricciano. "Sembri un neonato."

"Io sono un neonato. Adesso lasciami dormire!"

"Ma dobbiamo andare a quella festa più tardi! Dormirai quando sarai morto!"

"Dormirò adesso e andrò alla festa più tardi, che te ne pare?"

Louis ci pensa, con le mani che si fermano a mezz'aria in procinto di strappargli la coperta di dosso prima di cadere. "D'accordo, va bene. Ma cosa farò fino ad allora? Zayn e Liam sono a quello stupido incontro della stupida Assemblea studentesca," si imbroncia, affondando più a fondo nel divano.

"Non hai lezione con Harry?"

Il suo stomaco si rattrappisce. 

"No," mente. 

"Invece sì."

"…Beh, non ci vado."

"Louis."

Gli mette il broncio, sprofondando ulteriormente nei cuscini. "Avresti dovuto vedere quanto mi ha trattato male ieri! Non lo tollererò una volta di più! Potrei ucciderlo."

"Vacci e basta, l'aiuto ti serve."

"No."

"Louis."

"Non puoi costringermi."

"Allora gli dico di venire qui."

Louis lo guarda, con la mascella dislocata. "Non lo fares-"

"Sai che lo farei."

Assottiglia gli occhi, facendo leva sui gomiti per mettersi seduto. "Ti odio, Niall Horan, sul serio."

"Bene. Vai e basta, porca miseria. E lasciami dormire, cazzo!"

E per quanto odi seguire gli ordini, ci va sul serio, spegnendo la tv e la console, indossando il maglione di Niall e acconciandosi i capelli con una mano, ignorando le fitte di orrore che gli serpeggiano alla bocca dello stomaco alla prospettiva di un altro pomeriggio di tensione in compagnia di Harry Styles. 

**

"Sei venuto," brontola Harry non appena apre la porta, il tono che lascia trasparire l'ardente speranza che si verificasse l'opposto. 

"Sono venuto," ripete monocorde, e il suo tono lascia trasparire lo stesso. 

Con un lungo sospiro sofferente, Harry rientra nelle sue stanze, lasciando la porta spalancata per Louis. 

"Altri gremlin oggi?" chiede facendosi strada all'interno, buttando la borsa su una poltrona e sistemandosi sulla sedia a sdraio. 

"Sono solo," è tutto quello che sbotta, superandolo con decisione con la sua camicia e i suoi pantaloni neri, i capelli scarmigliati in ciuffi e ricci. "Ti butto un attimo giù questa cosa, allora, dal momento che è venerdì e ho una vita da vivere."

"Come me. Devo prepararmi per quella festa di cui parlava Zayn," tira su col naso, lisciandosi il maglione (di Niall). 

Harry fa una pausa, osservandolo con qualcosa di simile alla repulsione. "Ci vai?"

"Certo che ci vado," gli scocca uno sguardo truce. "Zayn è mio amico."

"Era il mio da prima," controbatte sedendosi alla scrivania, con le sopracciglia profondamente aggrottate, immergendo la piuma nel torbido inchiostro, attento a picchiettare la punta contro il vetro per eliminare le gocce in eccesso. Inizia poi a lavorare sulla pergamena di fronte a lui, la penna che gratta efficiente scarabocchi davanti agli annoiati occhi verde chiaro, il labbro inferiore tra i denti, e i raggi di sole che illuminano la stanza e fanno turbinare la polvere, immergendo Harry nell'oro e nelle ombre. 

E Louis non può fare a meno di guardarlo male, perché odia quanto lo stronzo sia poetico in questo istante, con i suoi ricci da mitologia greca e ciglia foltissime che avrebbero fatto cadere Keats in depressione e consumato fino all'osso le dita di Byron. Soprattutto quando Louis continua a cambiare idea se sia un demone o un angelo corrotto.

Ma demone corrotto gli si avvicina probabilmente di più.

"Allora io resto seduto qua. Non c'è bisogno di parlare," borbotta, puntando le sopracciglia verso l'alto e strappando gli occhi dalla scena davanti a lui. "Insomma, perché mai dovresti chiedermi se ho capito tutte le cose che mi hai assegnato ieri? Sarebbe strano."

La mascella di Harry si irrigidisce. "Te lo chiederò lunedì, anche se so già la risposta." Il suo sguardo torbido gli lampeggia addosso. "Tanto questa roba non la toccherai di certo nel fine settimana."

"E con questo che vorresti dire?" sbotta.

"Che in ogni caso non toccherai questa roba durante il fine settimana," ripete lentamente, e adesso ha smesso di scrivere e lo sta guardando trucemente, con la penna ancora in una mano, e l'altra chiusa in pugno sulla scrivania.

Louis scuote la testa, deridendolo. "Sai, sei veramente il più incredibile pezzo di-"

Ma viene prontamente interrotto dall'acuta vibrazione del cellulare che ha in tasca. 

Scoccando un'ultima occhiataccia in direzione di Harry (che ha già ricominciato a scrivere) lo tira fuori, già pronto a rispondere a Niall e a lamentarsi esageratamente di Harry, ma poi vede chi è.

E non è Niall.

Mamma.

"Cazzo," sibila, sentendosi il cuore sprofondare all'istante. Ieri non ha risposto ai suoi messaggi, non è vero? Né ha chiamato. Come cazzo ha potuto dimenticarsene?

Perché è stato corrotto da questa scuola di merda, ecco come.

Continua a fissare lo schermo, ipnotizzandosi a rispondere mentre quello continua a vibrare in attesa, e sente lo sguardo muto di Harry alzarsi su di lui mentre la gamba gli va nervosamente su e giù. Serrando gli occhi con fermezza, dà un colpo al telefono e se lo porta all'orecchio prima che cambi idea.

"Ehi!" saluta nel suo tono più allegro, e pizzicandosi il dorso del naso.

"Lou? Louis?" sente rispondere sua madre, quasi febbrilmente. Dio.

"Sì?"

"Dove sei stato? Perché mi stai ignorando? Sei nei guai?"

"Come? No, io-"

"È quello stronzo di tuo padre, non è vero?" strilla, e Louis sussulta, tirandosi via il telefono per un momento.

"Di che stai parlando? Non ho nemmeno-"

"Ti manda in quella dannata scuola e adesso pensi di essere migliore di noi." Sta veramente male.

Contrae il pugno. Già. Questo è esattamente ciò che temeva. E che si aspettava. 

"Dove sei?" sibila a denti stressi. 

"Sta andando tutto male, Lou," si lamenta piano, e riesce a sentirla tirare su col naso. "Non ce la faccio da sola, non ce la faccio."

"Dove sei?" ripete, più forte, mantenendo la voce ferma.

"Sono al parco."

"Da sola?"

"Sì, certo."

Certo? Ci vede rosso. "Dove sono le ragazze?"

"Le controlla Margaret, ormai è abbastanza grande, amore."

"Ha solo undici anni. Va' a casa."

"Non posso adesso. Non posso farlo, Louis-"

"Vai. A. Casa."

Segue un silenzio durante il quale Louis si sfrega la fronte, e tutto quello che sente è il respiro sommesso di sua madre e l'immutabile suono della brezza dall'altra linea.

"Che ti è preso?" chiede lei di colpo, con voce tremante. "Di solito tu c'eri, ti prendevi cura di noi. Adesso hai preso tutto e te ne sei andato – sei proprio come il tuo maledetto padre."

Il sangue gli ribolle all'accusa. Non dovrebbe, davvero, visto che non è la prima volta che la sente, ma gli fa male comunque e la mascella gli si serra mentre cerca di concentrarsi su un dipinto di Zayn che ha di fronte particolarmente rassicurante – un oceano. Tanti azzurri che turbinano. Proprio come acqua vera. "Non ci sto, Lou, non ci sto!" continua, urlando nel ricevitore. "Ti ho cresciuto meglio di così!"

Ci sono anche dei verdi nell'acqua. Verdi che si mescolano agli azzurri.

Louis si alza, prendendo un lembo del maglione in un pugno con la mano libera e stringe il telefono nell'altra, le dita che sbiancano, e si mette direttamente di fronte al dipinto, immergendosi dentro, dando le spalle a Harry il cui scribacchiare è adesso completamente fermo.

"Smettila. Per favore. Smettila e vai a casa. Vacci adesso. Non puoi lasciare le ragazze da sole. Lo sai. Non puoi fare più queste cose – non ci sono io lì a mettere tutto a posto. Non ci sono."

Mentre aspetta, con i nervi alle stelle, sente il suo tenue bisbiglio. "Torna a casa."

"Cosa?"

"Torna a casa. Ti prego, torna a casa," prega. 

Ma non coglie la pietà, e sente invece un'altra ondata di rabbia e irritazione. "No."

"Torna a casa!" insiste lei più forte, ma Louis scuote solo la testa.

"No."

"Allora vengo a prenderti io."

"Come? No! Vai a casa, le ragazze sono lì, vai e basta-"

"Sto arrivando, e ti porto a casa con me." Le sue emozioni sono sfinite, chiaramente, e la sua voce trema dalla determinazione.

"TI VUOI CALMARE," inizia a urlare nel ricevitore, e adesso si sta stringendo i capelli dalla frustrazione, perché cazzo, no, sua madre non può fargli questo proprio adesso, non può. Non proprio quando a Louis questo posto comincia a piacere, non quando le cose stanno cominciando ad andare per il verso giusto (per la maggior parte), non quando ha avuto finalmente la possibilità di respirare dopo tutti questi anni in cui è stato sia il bambino che il genitore perché semplicemente aveva avuto la sfortuna di nascere in una famiglia egoista che marcisce nelle proprie emozioni. "Non ti premettere di venire qui, non-"

Ma il segnale torna libero, e Louis sa, lo sa, che sua madre sta arrivando. 

Perché è così che si comporta. Va nel panico. E trascina Louis a mettere a posto.

Ma non stavolta.

Senza reagire, manda immediatamente un messaggio a Stan.

x favore vai a casa mia? Mamma ha ricominciato, sorelle a casa da sole.

E  quasi subito riceve una risposta. Subito amico

E vuole davvero tanto bene al suo migliore amico. 

Quando alza di nuovo lo sguardo, si è tutto tranne che dimenticato dove si trova e con chi è. Fino a quando non vede Harry, torvo, che lo fissa dalla scrivania, tenendo distrattamente la penna in entrambe le mani, facendo scivolare le punte delle dita lungo le piume e con un'espressione che è un incrocio tra l'arrabbiato, l'allarmato e il turbato. 

E continua a fissarlo.

Louis, non avendo più la forza di combattere e spaventatissimo di dover tornare al suo appartamento dove dovrà gestire quella tragedia di sua madre, restituisce lo sguardo.

Poi Harry si schiarisce la gola.

"Chi era," chiede con nonchalance, gli occhi adesso altrove, mentre richiude la bottiglia di inchiostro e pulisce la piuma con un piccolo straccio vermiglio.

"Mia madre," ammette a fatica, strofinandosi una mano in faccia. 

Harry annuisce, continuando a pulire la piuma con dei movimenti dolorosamente lenti. "Sta venendo a prenderti?" chiede, ma la sua voce è strana, lenta nel suo consueto strascicare, ma dal timbro insolito.

"Sì," dice semplicemente, e si appoggia agli scaffali della libreria. 

"Sta andando al tuo appartamento?"

Louis annuisce frastornato, gli occhi persi nei suoi pensieri. "Sì."

E cazzo. 

Cazzo. 

Geme, e poi inizia a sbattere la testa sul lato della libreria. "Darei tutto per scomparire in questo preciso istante," si lamenta, e chiude gli occhi, afferrando il legno con entrambe le mani in una presa stretta.

"Beh, non puoi restare qui," è tutto quello che Harry dice con asprezza, infilando la piuma appena strofinata nel cassetto prima di aggiustarsi le maniche.

"L'avevo capito," risponde lui in tono piatto, scoccandogli un'occhiataccia. "E tanto non mi servirebbe a niente. Niall le direbbe semplicemente dove sono. La sua ingenuità arriva a tanto." Sospira, portandosi una mano sulla faccia. "Sarà orribile. Un incubo."

L'occhiataccia di Harry si intensifica e comincia a tirarsi un orlo allentato della camicia, ma rimane in silenzio. 

"Tanto vale farlo subito però, eh?" continua. "Quello che non uccide fortifica." E con questo, si spinge via dalla libreria e si avvia verso la sua borsa. 

Poi Harry salta in piedi dalla sua sedia. 

"Seguimi," dice all'improvviso in un tono che non ammette repliche, e i suoi occhi sono senza emozione quando si avvicina. 

Louis sbatte le ciglia e guarda Harry afferrare il suo cellulare e un piccolo mazzo di chiavi dalla mensola del caminetto. Dà uno sguardo al suo orologio Chanel, ripetendo piano qualcosa a se stesso, e poi si infila un fedora che stava poggiato sull'attaccapanni a parete. 

E Louis lo guarda imbambolato, perché, che cazzo? Harry Styles gli ha appena chiesto di seguirlo? Di certo ha capito male. 

Ma a quanto pare è così, perché adesso si sta muovendo verso lo porta e la sta aprendo, guardandolo in attesa e annoiato, un accenno di impazienza nella danza concitata dei suoi lunghi piedi avvolti negli stivali di pelle.

Inarca le sopracciglia. "Sei sordo?" chiede, ma più che con rabbia è un sospiro, anche se lo sguardo torvo è ancora presente, così come la generale vibrazione che puzza di suprema antipatia.

Ma al diavolo l'antipatia, Louis può solo prendere in considerazione le sue due alternative per quello che sono:

Rifiutare il viscido bastardo davanti a lui e tornare al suo appartamento e affrontare quel disastro di sua madre. E tutto quello che ne consegue.

O. 

Seguire Harry Styles, che lo odia parecchio, che ha già messo in pericolo la sua salute, e potrebbe benissimo ammazzarlo. 

Una è la scelta responsabile, l'altra è sconsiderata. E Louis non è mai stato altro che sconsiderato.

"Non fare l'insolente con me, Curly," dice, marciando verso Harry. "Fai strada."

E con un piccolo sorrisetto sulle labbra, Harry parte con la sua camminata addormentata, Louis al seguito.

--

NdT. *È tornato Shady, ovvero Shady's back, è preso dal testo della celebre canzone di Eminem, Without me (o almeno celebre per me che sono vecchia). Una canzone adatta a questa fanfiction, ci dice l'autrice, è The Suburbs (Cont'd)" by Arcade Fire. Alla prossima (che è tra poco)!

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13.

Harry continua a controllare il cellulare.

Ironico, considerato che Louis sta facendo l’opposto – il suo l’ha spento. Per paura delle incessanti telefonate di mamma. A cui c’è la minuscola possibilità sia stato tentato di rispondere.

Ma solo per far cessare gli squilli continui.

Sfrecciano giù per una stradina di campagna nella macchina d’epoca (con sua somma confusione: “Ma non è la macchina di Zayn?” “Ce la dividiamo,” aveva detto Harry con semplicità, e poi era montato su senza proferire altro), hanno da tempo abbandonato la loro cittadina, e nessuno ha aperto bocca da quando ha acconsentito a seguirlo. E Louis è diciamo, forse, preso dal panico, ma riesce a mantenere i nervi saldi dalla poltrona del passeggero, mentre prova a capire cosa cazzo sta succedendo. E perché cazzo abbia accettato di essere qui.

È quasi sera, il cielo senza nuvole sfumato dei colori degli agrumi, e l'odore del caprifoglio e dei boccioli di cotone impregnano l’aria frizzante. Harry e Louis viaggiano nel silenzio ventoso, le loro sagome saturate nella luce ambra mentre la brezza scompiglia capelli e lambisce la pelle. I raggi del sole e gli alberi gli passano accanto mentre sferzano giù per la strada. Louis tamburella le dita sulla portiera, sulla coscia, ovunque, trascinando i piedi a destra e manca mentre con ostinata curiosità sbircia di tanto in tanto Harry, cercando con segretissima disperazione una spiegazione o un senso di calma. Ma fa del suo meglio per non fissarlo apertamente, e per questo volta la testa nella direzione opposta, fingendo di scrutare il paesaggio sfocato.

Ma è acutamente consapevole della presenza di Harry e di ogni suo movimento.

Harry.

Harry con quel cipiglio che mai fa una piega mentre i suoi morbidi ricci gli frustano la faccia, le labbra ferme in una linea stretta. Harry che controlla il cellulare un minuto sì e uno no, viso sgombro di emozioni al di fuori delle rughe di tensione. Harry che era di umore di merda e aveva capovolto il mondo prima di trarlo in salvo senza alcuna ragione.

Beh. Si spera in salvo. C’è ancora quella remota possibilità che stia per verificarsi un omicidio.

Guidano da dieci minuti e Louis non riesce a smettere di pizzicare il buco dei suoi jeans.

Dieci minuti buoni di guida.

E Harry ancora non ha detto dove stanno andando.

E Louis è una persona molto, molto curiosa.

“D’accordo. Devi dirmelo,” esplode alla fine, voltandosi a fronteggiare Harry, le cui sopracciglia si aggrottano fino a unirsi, gli occhi incollati sulla strada. “Dove stiamo andando?”

“Da una parte.”

“Non vale come risposta,” risponde secco, portando gli occhi al cielo. “E già che ci sei potresti anche cambiare atteggiamento. Ho il diritto di sapere.” Indugia. “Magari mi stai portando in un posto per farmi fuori.” Osserva attentamente la reazione di Harry.

“Ovvio che non ti ucciderei,” dice Harry, come se fosse l’idea più ridicola al mondo. “Poi dovrei pulire.”

Oh wow.

Le sopracciglia gli scattano in alto. “Oh! Scusa tanto! Magari mi stai portando in un posto per farmi ammazzare da qualcun altro.”

E a questo Harry sceglie il silenzio.

Cosa che, forse, è leggermente preoccupante.

Sopraffatto dal disagio (non crede di essersi mai trovato in una situazione più imbarazzante in vita sua), Louis allunga una mano per trafficare con la radio, che cozza irreparabilmente con il veicolo vintage in cui si trovano, a essere sinceri. Si sintonizza sulla prima stazione che gli viene in mente.

“Mooolto bene,” la voce del dj rimbomba nel silenzio e nel vento, e gli occhi di Harry schizzano di lato prima di riposizionarsi sulla strada. “Eccolo qui. One Heart degli Electra, il loro nuovo singolo, che esce il 16 ottobre. Sicuro i ragazzi ci balleranno sopra, vero, Ted?”

“Sicuro sì,” concorda Ted, e Louis ghigna alle loro voci pompose ed esagerate, notando le nocche bianche di Harry sul volante mentre scocca un’altra occhiata al cellulare che ha sulla coscia. “Ma non sarà l’unica hit di Nick Grimshaw quest’anno, a quanto pare.”

“No?”

“Ha quel nuovo singolo con Des Styles, ti ricordi?”

E Louis si irrigidisce al nome, e pensa che forse l’ha fatto anche Harry.

“Ahh, già, hai ragione. Ci stupiranno di certo – come sempre! A proposito di Des, gli è venuta una specie di-“

Ma la radio a quel punto si spegne, la mano di Harry che vola a zittirla, e Louis sussulta, guardandolo allarmato.

“Io stavo ascoltando!” si lamenta, ma il cipiglio di Harry si intensifica, il suo silenzio che si tinge di un altro significato.

“Io no,” controbatte, come se valesse tutte le ragioni del mondo per chiudere una conversazione.

Cosa che, normalmente, inciterebbe Louis a fare l’esatto opposto, ma gli occhi freddi di Harry vanno di nuovo allo schermo nero del cellulare, e proprio non riesce a discutere nel mezzo degli strati di tensione e tacito caos già presenti.

Per questo lascia perdere. Perché qualunque cosa quei cronisti stessero per dire riguardo a Des, Harry non voleva sentirlo. O forse non voleva che Louis lo sentisse?

“È buffo che Niall suoni la batteria per la nuova canzone di tuo padre,” butta lì, incapace di resistere alla tentazione di spingere sulla questione almeno un po’.

Harry annuisce piano, le nocche bianche, ma non emette suono.

“Ora che ci penso credo che stasera torni a lavorarci di nuovo. Dev'essere bello.”

A questo Harry gira bruscamente il capo. “È già stato allo studio?” chiede, l'attenzione suscitata.

“Ehm, sì, due giorni fa, tipo. Non lo sapevi?”

Il volto di Harry reagisce, in maniera appena visibile, quasi troppo improvviso perché Louis se ne accorga. Sbatte saldamente le ciglia, che catturano i raggi dorati del sole. “Des c'era?” chiede in tono controllato, ignorando la sua domanda, e anche se Louis sente la nonchalance sulla superficie di ogni parola, avverte la tensione che si scatena sotto la pelle di Harry.

“No. Non c’era,” è tutto ciò che dice.

E cala di nuovo il silenzio, riempito solo dal vento che batte contro la macchina e attraversa i loro corpi.

E Louis desidera in silenzio che gli cada un’incudine in testa.

**

Quando giungono a destinazione, l’ultima strada che Louis si aspetta di imboccare è un lungo, sinuoso sentiero acciottolato che serpeggia tra i salici e le infinite distese di erba verde. E l’ultima cosa che si aspetta di vedere mentre si addentrano ulteriormente è la grande, bellissima villa di architettura classica e con colonne corinzie, contornata da giardini e fontane barocche sul confine della proprietà, alta, silente, e adombrata dalle nuvole di mezzogiorno.

“Porca troia,” mormora Louis tra sé e sé, ma Harry non si muove. “Credevo andassimo tipo da Starbucks,” borbotta, fissando quello spettacolo con occhi sgranati.

Harry fa un sorrisetto, piccolo piccolo, le mura tempestose dei suoi occhi che vacillano per una frazione di secondo mentre si avvicinano alla casa, gli occhi di Louis che passano da Harry alla casa con un misto di stupore e confusione.

Entrano con cautela nella rotonda di fronte all’enorme tratto di scale e ingresso, degli ampi vasi di marmo che straboccano di rose ed edera posizionati ai due lati dell'entrata. È ancora più enorme da vicino, e più bella, e Louis guarda imbambolato a bocca completamente spalancata i balconi e gli archi, vagamente consapevole del fatto che dovrebbe mandare una snapchat a Stan di tutto ciò quando localizza un vero e proprio gargoyle appollaiato in cima alla sommità più alta.

“Benvenuto a casa mia,” biascica Harry all’improvviso, parcheggiando l’auto.

E la bocca gli si apre tanto di più, perché aveva sinceramente pensato fossero andati a un cazzo di museo. Non a casa di Harry.

“Santa madre di dio,” mugugna, spingendo Harry ad alzare gli occhi al cielo, irritato, quando finalmente escono dalla macchina.

Entrando in casa, Louis si aspetta che Alfred di Batman sbuchi fuori dal nulla, aprendogli la porta e offrendogli champagne da un vassoio nonostante la burbera spiegazione di Harry che “il nostro maggiordomo è in vacanza quindi oggi non c’è lo staff.”

Cosa che, davvero, è completamente fuori di questo mondo di per sé.

Louis immediatamente nota che è buio, molto buio, le finestre velate da tende, che isolano dal resto del mondo, e non una luce in vista. I mobili sono coperti da lenzuola bianche e morbide, ogni cosa è ferma come pietra, e c’è un odore di fiori appassiti e colonia sbiadita. In qualche modo gli pare vuota a dispetto della grandiosa attrattiva, e anche se da fuori gli aveva mozzato il fiato, l’interno gli dà una sensazione di estrema sterilità e vacuità, e non gli piace neanche un po’.

È sempre più certo lo stiano portando a un altare sacrificale.

Harry marcia avanti a lui senza una parola, il rumore dei tacchi dei suoi stivali nei corridoi cupi e vuoti, echi che saltano tra soffitti senza fine e dipinti rinascimentali appesi a ogni angolo. Il marmo sotto le sue Toms è freddo e lucido mentre segue a ruota, non sapendo cos’altro fare, e non riesce a immaginare come qualcuno possa volere un pavimento del genere vista l’incredibile tortura che è per i piedi che ci camminano. Ma, riflettendoci bene, non riesce a immaginare che questo posto sia stato progettato pensando al confort.

Sferzano stanza dopo stanza, Harry che avanza deciso mentre esamina ogni centimetro, aprendo armadi e facendo scivolare i palmi lungo le pesanti tende ricamate che coprono ogni finestra dal sole persistente, lasciando solo veli di ombra e schegge di fioca luce; ogni stanza è fredda e oscurata da tonalità di blu, e Louis si domanda perché non possano semplicemente premere un dannato interruttore o, dio ce ne scampi, aprire le tende.

Ma non lo mette in discussione – non quando vede la presa ferrea che Harry ha sul suo cellulare o la grinza tra le sue sopracciglia mentre prosegue in avanti, le spalle rigide sotto i confini inamidati della sua camicia nera, arrotolata fino ai gomiti lattei, rivelando pezzetti di tatuaggio. Prosegue nella sua ricerca di un qualcosa senza nome, apparentemente immune al buio, e Louis lo segue subito dietro perché non sa cos’altro fare.

È bizzarro. È curioso. È strano, cazzo. C’è tensione e silenzio e gli occhi di Harry sono in un qualche luogo lontano, a malapena comprende anche solo che Louis sia con lui – che poi che cazzo ci fa qui? Aveva presunto che lo stesse portando in un posto a caso, solo come distrazione. Aveva presunto che questa gita fosse per lui, e che non avesse il fine di vederlo accompagnare Harry nelle sue commissioni o nelle sue soste senza scopo a casa o qualunque sia la cosa che stanno facendo in questo momento.

Per questo la sua mente continua a ronzare, seguendo il rumore dei suoi tacchi, migliaia di domande e accuse sulla punta della lingua, a stento tenute a freno.

Poi all’improvviso Harry si ferma, sblocca il cellulare, e lancia uno sguardo dalle parti di Louis. “Aspetta qui,” dice, ed è così repentino, così inaspettato, così forte nello spazio immobile e muto che non gli rimane che sbattere le palpebre prima che Harry scompaia giù per una rampa di scale.

E certo, potrebbe aspettare.

Ma Louis non è mai stato uno a cui si dice cosa fare.

Quindi, sentendosi assolutamente fuori posto rispetto a tutto ciò che sta accadendo nella sua vita in questo momento (e vorrebbe davvero che fosse possibile semplicemente accedere il cellulare ed esprimere la sua irritazione e afflizione a Niall per messaggio), gira i tacchi e si allontana dalla scalinata dove sta andando Harry, salendo invece quella dall’altra parte della stanza e verso l’unica fonte di luce che riesce a intravedere, che entra da una stanzetta in fondo al corridoio di sinistra. Non pensa, ne cerca la fonte, e cammina con circospezione come se si stesse intrufolando di soppiatto, e qualunque rumore potesse tradirlo.

Ogni passo che tocca il pavimento lucido lo accosta al fiume di luce, e mentre prova a non pensare a dove si trova, a cosa sta facendo, e con chi, e PERCHÈ (come se potesse pensare a qualunque altra cosa però, perché dai, che cazzo), il suo cuore non capisce l’antifona, martellandogli ansiosamente nel petto. Le mani gli sudano, oltretutto, per questo se le asciuga distrattamente sui jeans fissando i freddi volti dipinti di antenati morti sui muri, la modanatura dorata, la sontuosa carta da parati, e le statue che riposano su piedistalli ionici, orgogliose, morte e mai sfiorate. Ma distoglie lo sguardo, sentendo come di aver visto troppo.

Perché è in casa di Harry. La casa di Harry Styles.

E, sì, sapeva fosse ricco, ma non sapeva che fosse, diciamo, ricco come Zayn – si aspettava una casa moderna e sfarzosa con una piscina in salotto e una tv 3D e magari una zebra che scorrazzava per le stanze o un gabinetto d’oro; ma sicuramente non si era figurato una villa barocca che si converrebbe al re Sole.

Il suo cervello non riesce a smettere di chiedere quelle persistenti e pressanti domande: perché è qui? Perché Harry l’ha portato con sé? È ovviamente in un qualche tipo di missione, sta facendo qualcosa di importante, qualcosa che aveva progettato di fare – non era venuto qui così, per capriccio. Harry ha un obbiettivo. Solo che Louis non sa quale. E sicuramente non sa perché in questo obiettivo rientri anche lui. A giudicare dal suo comportamento di prima, di certo non voleva la sua compagnia, era di umore persino peggiore del solito, eppure. Eccoli qui.

Non saprebbe nemmeno iniziare a spiegarselo.

Quindi non ci prova. Piuttosto, cammina a passo felpato nella stanza da cui entra la luce.

Trova un ampio spazio desolato con dentro soltanto gabbie per uccelli vuote e decorate. Alcune appese al soffitto, alcune si reggono da sole, alcune sopra il grande camino di granito nella parte più remota della stanza. Variano per colore e misura, riposano mute e immobili, le sbarre minuscole scheggiate dalla vernice e dal tempo. Ma nonostante dominino la stanza Louis non si concentra su di loro, trova invece la fonte della luce, che le trapassa, e trova delle porte finestre francesi che si affacciano su un balcone. Le tende lì appese non le coprono completamente, lasciando esposte ampie strisce di luce, e Louis si avvicina, premendo le mani sul vetro caldo. 

E rimane lì, così.

Non sa esattamente cosa sta facendo, non lo sa quando la stanza è troppo tranquilla, troppo isolata, troppo angosciosa, troppo aliena. Quando non è nemmeno sicuro che Harry si ricorderà che è qui, o se semplicemente lo lascerà qui in questa prigione barocca alta e cupa con la sua aria che strangola la luce e accoglie l’oscurità. Quando fuori vede sconfinati giardini di rose e fontane di gente del mare che vomita acqua, quando è circondato da oro, vetro e marmo, in jeans rossi e maglietta dei Rolling Stones.

Perché quando Harry l’aveva portato via per fuggire da mamma, una villa vuota era l’ultimo posto che si aspettava.

E allora resta lì, desiderando ardentemente di non aver accettato di venire.

**

Alla fine, si mette alla ricerca di Harry.

Visto che non vuole nella maniera più assoluta essere lasciato qui, ed è inquieto e ha un po' di nausea, ed è stata una giornata terribile, e vorrebbe tanto tornare al suo appartamento, che di colpo gli pare molto meno ridicolmente chic, e fumare, bere, mangiare, e giocare a videogiochi.

Che diavolo, a questo punto gli andrebbe bene anche starsene a casa ad ascoltare Niall che suona il suo maledetto pianoforte.

Perciò Louis setaccia il territorio sconosciuto, lasciandosi alle spalle le gabbie desolate, e finalmente trova Harry (dopo aver goffamente bussato a delle porte chiuse, quasi ribaltando vasi di inestimabile valore, e incappando in stanze buie assolutamente terrificanti – in una c’erano delle cazzo di armature di cavalieri, con tanto di ruggine, esposte in una teca di vetro al limite opposto della stanza così da sembrare una vera e propria minaccia) e tira un sospiro di sollievo alla vista del ragazzo alto e agitato col cellulare premuto all’orecchio.

È in piedi al centro dell’ampio corridoio del piano terra, pugno serrato al fianco, capo chino, intento a mormorare parole profonde nel ricevitore.

Louis riesce a carpire solo una frase.

“Non è qui.”

Ed è pronunciata con una tale disperazione, con una tale lentezza, con un tale terrore quasi palpabile, che Louis si sente il petto sprofondare, di nuovo, proprio come quel giorno in cui l’aveva ritrovato in camera sua, in lacrime.

E cazzo.

Louis non è attrezzato per questo ragazzo. Non sa come comportarsi se annaspa tra la significativa irritazione, il disprezzo, la confusione, e la pena per lui. E parte di lui vorrebbe tirarsi indietro, rassegnarsi e accendere il cellulare, chiamare Niall o sua madre o chiunque, e farsi dare un passaggio a casa, dimenticarsi di oggi e di Harry Styles e delle sue frasi attentamente articolate e di quello sbattere di ciglia che cade come pioggia ma, cazzo, non può, proprio non può, e per questo torna nelle ombre e attende che Harry attacchi il telefono, la mente che combatte l’urgenza di fuggire.

Chi è che non è qui? Chi è che Harry sta cercando?

Crede di poterci arrivare, potrebbe, ma non lo capisce; ci sono troppe domande e nessuna cazzo di risposta – la cosa più seccante al mondo per Louis – per cui non inizia ad analizzare o a investigare i dettagli, si limita ad aspettare.

Harry farfuglia un saluto dopo qualche altro mugugno, prima di lasciar cadere la mano al fianco, cellulare ancora stretto nella sua presa. La testa è ancora china, e abbassandosi nella sua direzione, coglie i suoi occhi determinati, quasi esagitati, che ricacciano un migliaio di emozioni che sembrano esplodere sotto la sua pelle.

Vederlo gli fa prudere le mani.

“Eccoti qua!” si ritrova a sbottare all’improvviso, incapace di guardare quello che diamine sta succedendo un momento di più, saltando fuori dalle tenebre e andando verso Harry. Adotta il suo tono più irriverente, la sua posa più rilassata, e inarca un sopracciglio infastidito, ignorando prontamente le fitte di emozioni dentro di lui.

No. Louis non è una persona emotiva. E no, non gli importa del disastro che è Harry Styles.

Harry si volta, il volto immediatamente mascherato, gli occhi freddi e calcolatori, fermi su di lui.

“Ti avevo detto di aspettare,” dice, facendosi scivolare il cellulare in tasca.

“Lo so,” ribatte con semplicità, e gli dà un sorriso zuccheroso.

Harry lo studia per un attimo, le sopracciglia sull'orlo del fastidio, prima di sbuffare un po’ e distogliere lo sguardo. Ma non è neanche lontanamente indifferente a come lo ha abituato, e sente un’altra fitta.

“Che casa,” dice, mettendosi le mani in tasca e osservando la stanza intorno a lui. Sarebbe l’ambientazione perfetta per un ballo. “Non riesco a immaginare di vivere qui.”

Harry fa spallucce, rimanendo in silenzio.

“Ne sei molto orgoglioso, allora?”

“Di cosa?”

“Di vivere qui. Di venire da tutto questo.”

Quello si guarda attorno, impassibile, osservando anche lui i soffitti alti, le loro volte e le tappezzerie. “Mica tanto,” risponde, semplicemente e con tono monotono. “Non lo capisco.”

Louis ferma il suo sguardo su di lui, sorpreso, e alza un sopracciglio. “Allora alla fine abbiamo qualcosa in comune.”

Harry gli restituisce lo sguardo, e i loro occhi si incrociano, quelli di Harry che sembrano penetrare i suoi senza battere ciglio. Louis sente ancora le fitte al di là della superficie, i vortici e un migliaio di altre cose, e Harry non guarda altrove neanche quando si schiarisce la gola.

“Beh?” domanda all’improvviso, rompendo il silenzio, “Non mi fai fare un tour?” Piega la testa incuriosito, facendo un paio di passi nella sua direzione.

Segue il silenzio, e una nuvola si sposta a coprire il sole fuori, bloccando i raggi di sole che si intrufolano nelle crepe delle finestre coperte.

“No,” dice infine, ma con pochissima convinzione, la mente ovviamente in un migliaio di posti diversi, e la stanchezza dei suoi occhi scavati così come la tensione scritta sulla sua pelle bastano a mandargli delle piccole scariche in circolo nel sangue, pugnalandogli il cuore.

Cazzo.

Louis ha visto le parti più oscure di Harry, ha visto il suo brutto carattere, le sue occhiatacce e perfino le sue lacrime, ma questa ansia muta è nuova, ed è inquietante, molto inquietante, e non gli va più di continuare a vedere lo stress disperato che emana la sua pelle, perché gli sta facendo prudere le dita e gli gratta il fondo della gola con forza.

Quindi, con un sorriso e senza neanche pensarci, si avvicina a Harry e si ritrova a dargli una leggera gomitata giocosa nel fianco. “Allora, andiamo. Un’occhiata veloce? Magari poi ti invidio. E inizierò a odiare la mia vita, sognando di essere te. Non ti piacerebbe?” lo stuzzica con un largo sorriso, e via con un’altra gomitata, cercando di addolcire gli angoli acuti della sua espressione.

E Harry… Harry gli sorride. Sorride.

Harry Styles gli sorride.

È piccolo (veramente piccino), fa fatica a sbocciare, ed è accompagnato da occhi ancora un po’ distanti e scuri, ma le labbra si increspano e la fossetta fa la sua comparsa, ed è la cosa più tenera e più sincera che Louis abbia mai visto, anche se sparisce nel giro di un secondo.

E Louis già sente il rifiuto, lo vede che si prepara di nuovo lentamente dietro gli occhi di Harry e-

“Okay,” si arrende di colpo, tono calmo e pacato. E non aggiunge altro. Non c’è charme spalmato sopra, niente battute, niente sorrisi vincenti. Solo un semplice “okay” e fa strada, rilassato mentre le sue lunghe gambe gli passano davanti.

Louis lo fissa, sinceramente sorpreso, prima di raggiungerlo e mettersi a camminare di fianco a lui.

**

Harry gli aveva mostrato l’intero piano principale, assegnando diligentemente nomi a ogni stanza e riportando un po’ della loro storia, una guida turistica molto servizievole. Se ne stava sulle sue, ispezionando stanza dopo stanza impassibile o, di tanto in tanto, guardando Louis, come aveva notato una manciata di volte, gli occhi fissi e calmi mentre lui toccava ogni superficie ed elargiva commenti ogni volta lo ritenesse opportuno. (“È maleducazione. Non dovresti esprimerti così.” “Come? Vorresti dire che qua dentro non si soffoca e che non c'è puzza di naftalina?” “Non c'è puzza di naftalina.” “Ma soffocante lo è però, eh?” E Harry non aveva replicato, voltando invece la testa altrove per, Louis sospettava dopo un’occhiata, soffocare un sorriso.) Era andato tutto sorprendentemente liscio e tranquillo, le loro voci che riecheggiavano e i loro occhi che per poco non si incontravano, la stanchezza che ancora non li lasciava, ma Louis si era quasi ritrovato ad apprezzare la situazione, quasi persino ad apprezzare l’atteggiamento taciturno di Harry, che lo accompagnava in ogni stanza come un fantasma.

Fino a quando non erano saliti di sopra. Dove Harry era improvvisamente sparito.

E adesso, ancora una volta, Louis è solo e assolutamente confuso, quasi in preda al panico, che si chiede dove cazzo sia andato a finire Harry. Avevano semplicemente salito le scale, e tutto quello che aveva fatto dal canto suo era stato chinarsi a raccogliere il cellulare che gli era sfuggito dalla tasca, e di colpo quando si era rialzato Harry era sparito: o era evaporato o aveva trovato una passaporta del cazzo. E così Louis ricomincia di nuovo a vagare senza meta.

Lo cerca, entrando nella stanza più vicina e notando una… porta?… leggermente socchiusa nel bel mezzo del muro (si mimetizza perfettamente con l'ambiente circostante, e non si sarebbe mai accorto della sua esistenza se non fosse stata già aperta) e trascina i piedi fino a raggiungerla prima di spingerla, titubante. Con sua sorpresa, è collegata a un’altra stanza, una biblioteca piccina, e vede ancora un’altra porta dall'altra parte.

Segue questo schema, attraversando impacciato stanza raffinata dopo stanza raffinata, finché non ne trova una grande, pallida e sterile, con delle lunghe tende d’angora gonfiate dalla brezza della finestra aperta, e poi vede Harry seduto da solo su un grande divano di velluto e raso color zaffiro. Le ombre quasi lo divorano e il venticello gli solletica i ricci e il delicato, arco rosso sangue delle labbra.

Louis si ferma, fulminato di colpo dall’immagine di un pianoforte e della tacita desolazione di un Harry solo e dall’aspetto fragile. Perché è un’immagine così ricorrente? Dentro E fuori da Louis?

Il petto gli si contorce ancora, dalla pena e dal disagio.

Ma Harry non piange, stavolta, i suoi occhi fissano oltre la finestra aperta in silenzio, le mani posate sulle cosce, i piedi accavallati all'altezza delle caviglie, e sembra bello e ordinato e tanto, tanto piccolo, nonostante le gambe infinite e il semi-cipiglio che sembra cicatrizzato nei suoi lineamenti.

Louis avanza senza una parola e siede accanto a lui sul divano, all’estremità opposta, e insieme fissano il sole arancione acceso che discende all’orizzonte.

“Stai bene?” si ritrova improvvisamente a chiedere, ma le sue parole sono sommesse, così tanto che a stento incrinano la calma della scena, e viaggiano lungo la brezza con una gentilezza che potrebbe permettere a Harry di fingere di non aver sentito.

Ma la sua testa si muove di un millimetro verso Louis prima di tornare alla posizione originaria, e le mani immediatamente gli si stringono l’una all’altra, presa ferma e serrata.

“Io sto sempre bene,” risponde, ma la sua voce è fragile e priva di emozione.

Questo prende Louis in contropiede, lo sforzo nella voce, e si volta a guardarlo, e vorrebbe stuzzicarlo, vorrebbe insistere e chiedere di più, ma gli occhi dell’altro sono persi. Sono persi e lontani, e Louis non sa cosa chiedere.

Passano minuti su minuti, e il sole è quasi sparito, lanciando i suoi ultimi più gloriosi raggi al mondo, e Louis lancia un’occhiata a Harry, notando il cellulare che giace silenzioso sul tavolo accanto a lui, lo schermo rivolto verso l'alto in attesa, come se Harry stesse aspettando una telefonata. Magari come se perfino stesse pregando che arrivi. Ma così non è, e rimane a fissare il vuoto assente mentre Louis si sistema i capelli, a disagio, turbato e stranito.

“Ho notato che sei un fan di gabbie per uccelli inquietanti,” dice poi, e vorrebbe davvero potersi strappare le corde vocali, perché diavolo non può semplicemente smetterla di parlare? Perché??

Harry non batte ciglio. “Non sono mie. Le odio.”

E Louis è sorpreso perché la robaccia random di antiquariato sembra proprio lo stile Harry.

“Cosa? Perché?”

“Mi piace che le cose siano libere.”

Louis si volta nuovamente a guardare, adesso apertamente, il ragazzo di fronte a lui con la sua mascella scolpita, la pelle liscia e il naso nobile.

E in quel momento, Harry gli sembra tutto fuorché libero.

E non sa spiegare il perché. O il come.

E non sa cosa fare – cazzo, cosa può fare? – per questo distoglie lo sguardo, arpionando forte il bracciolo e facendo rimbalzare la gamba, e gli farebbe piacere ci fosse della musica o chiacchiericcio o delle urla o qualunque cosa per riempire il silenzio assordante della stanza e riempire ogni angolo del suo cervello, perché non vuole pensare al ragazzo accanto a lui e non vuole avvertire il divorante desiderio di dover sapere cosa sia andato così storto, e non vuole domandarsi perché Harry avesse detto non è qui al telefono o perché scompaia per giorni a volte o perché vada a letto con qualunque cosa respiri o perché guardi male Louis ma piange quando è da solo o perché sembra così tenero negli spazi silenziosi del giorno, quando non ci sono occhi su di lui.

Per questo restano seduti finché Harry non si alza in piedi, accenna a Louis di fare lo stesso e si allontanano in silenzio.

È quando stanno uscendo dalla casa, le porte pesanti che si chiudono dietro di loro, che Louis si ricorda perché sono qui.

“Non stiamo mica tornando di già,” dice, fermandosi di botto mentre Harry si avvia verso l’auto.

Quello indugia, guardando Louis oltre la sua spalla, accigliandosi. “Tua madre non sarà ancora lì, no?” chiede, e Louis non se l’aspettava. Perché Harry se lo ricorda davvero, nonostante l’ovvia catasta di merda che gli pesa sulla testa, forse? E sa che il timore nella sua voce era indirizzato a sua madre, e a lei sola? È preoccupato per la situazione? Umana apprensione? Per un'altra persona?

Louis fa spallucce, ingoiando i suoi pensieri. “Probabilmente sì, se devo essere sincero.”

Harry guarda a terra. Quando alza di nuovo lo sguardo, la sua espressione è stoica.

“Andiamo a guardare i giardini. Ho un nuovo fiore.”

E parte.

“Devi seriamente lavorare sulle tue transizioni di argomento!” gli urla dietro, ma Harry è già troppo avanti, probabilmente fuori portata d’orecchio nel venticello delicato, e quindi non può fare a meno di alzare gli occhi al cielo e trotterellargli dietro, cercando di raggiungerlo mentre il suo cuore batte alla consapevolezza che Harry lo sta aiutando a stare alla larga da sua madre.

Quando riesce a stargli al passo, il volto di Harry è ancora teso, e non lascia trasparire nulla.

“Non conosco molte persone che vanno di ossessione floreale in ossessione floreale come fai tu,” commenta, lanciandogli un’occhiata sghemba.

Harry scrolla le spalle senza fermarsi. “Forse le persone che conosci sono noiose.”

“Sì? E tu no?”

“Io sono molte cose, Louis Tomlinson,” dice, guardandolo, l’angolo destro della bocca che si tira in un mezzo sorriso, “ma sono tutto fuorché noioso.”

Louis apre la bocca per protestare, come di solito fa con Harry, ma la chiude quasi subito, pensando a quello che ha detto. “Sai una cosa, Curly? Questa te la concedo. Posso dire con certezza che non sei noioso.”

E il volto di Harry si illumina subito. Non in maniera incredibile, notevole, o anche solo felice – si illumina e basta, come una luce accesa in una stanza o il sole che fa capolino da un eclisse, e anche se non sembra ancora considerarlo, sembra soddisfatto della sua risposta, sinceramente soddisfatto, e comincia così a camminare con un po’ più di convinzione.

“Ecco. Eccolo qui,” dice, indicando un fiore nero e, francamente, terrificante.

Louis lo fissa.

Harry emana orgoglio.

“Non credevo fosse una cosa fattibile,” proferisce, continuando a fissare la cosa davanti a sé. “Ma devo dirlo. Quel fiore è fottutamente terrificante.”

E sembra che Harry abbia quasi voglia di ridere mentre guarda il fiore, con i suoi lunghi petali d'ebano acuminati e dei fili neri che pendono dal centro. Ma lo guarda con affetto, come a lodarlo, e le parole di Louis sembrano solo approfondire il suo affetto.

“Io lo trovo perfetto.”

“Neanche un po’ inquietante?”

“Solo nel senso positivo.”

“Non ha senso.”

“Sì invece,” protesta, ed è così vicino a essere un lamento che Louis lo guarda a sopracciglia inarcate, un implicito Ma sei serio? scritto in fronte.

Harry fa un mezzo cipiglio e un sorriso impassibile, prima di riportare lo sguardo al fiore davanti a lui. “A me piace,” dice piano, e un sorrisetto ancora gioca sulle sue labbra, ma Louis non c'entra niente. È un momento speciale tra Harry e un terrificante esemplare di flora e, nonostante l’assurdità della situazione, non ha per niente voglia di interromperlo, proprio ora che Harry sta vivendo uno di quei rari episodi in cui somiglia a un essere umano, perciò sta zitto, le mani in tasca, mentre getta uno sguardo a tutti i fiori raggruppati insieme, colori vivi che squarciano la cupezza della sera.

“Sarebbero più belli con il sole,” commenta Louis. “Adesso è troppo buio. Sembrano spenti.”

Harry scuote la testa, gli occhi ancora sul fiore. “No. Così sono più speciali.”

Louis emette una risata nasale. “Mica tanto. Così sono più deboli. Quando sono lì, all’aperto, in pieno sole, allora otterranno il mio rispetto. Pieno sole e allora ci sto.”

Lo sguardo pensieroso di Harry diventa irritato nel guardarlo. “Il sole li spoglia di qualunque elemento interessante. Sono in mostra. Nulla è lasciato all’immaginazione. Sono noiosi.”

“Non noiosi. Audaci. Non hanno niente da nascondere. A me piacciono i fiori solari che sanno sfoggiare i propri petali.” E non sa nemmeno cosa cazzo sta dicendo, non sa nemmeno perché ne stanno parlando, ma Harry lo sta fissando come se fosse importante mentre assorbe le sue parole, e quindi sta al gioco, distogliendo lo sguardo per alzarlo sul cielo viola e ceruleo, individuando qualche stella che sparsa inizia a sbucare. “Guarda,” dice poi, indicandole. “Stelle.”

Con le sopracciglia ancora corrucciate, Harry stacca gli occhi da Louis sul cielo per un attimo, prima di tornare a lui. “Mi piace,” dice all’improvviso, con Louis che ha cominciato a percorrere ad ampie falcate il sentiero del giardino, arricciando il naso di fronte ad alcuni dei fiori più appariscenti. “Quella sui fiori audaci.”

“Ti piace qualcosa che ho detto io?” chiede con un finto tono di stupore, incapace di resistere a un po’ di impertinenza, continuando la sua marcia.

Harry lo osserva, quasi incuriosito, quasi stanco, le mani giunte dietro la schiena. “Sono solo parole,” risponde semplicemente, quasi confuso da quell'affermazione, ma i suoi occhi sono attenti, riflessivi, e dal canto suo Louis può solo scuotere la testa.

“Non è proprio così. Ma come vuoi.”

Harry non smette di guardarlo.

“Non ti piace tua madre,” dice all’improvviso dal nulla, audace, e non è una domanda, gli occhi incollati a Louis.

Lui sussulta. “Non ho mai detto questo.”

“Ma non ti piace.”

“Io… beh. Ovvio che le voglio bene. Ma. Non mi piace sempre, no.”

“Perché?” chiede, ed è così diretto, così sfacciato, e così insistente, che Louis si sente in contraddizione con la conversazione, riesce ad avvertire la sfida nelle sue parole, e non capisce.

“Perché mi hai salvato da lei?” controbatte, ignorando la domanda (che non si sente di affrontare con Harry, tra tutti), e l’altro sbatte le palpebre, volto neutro.

“Non ti ho salvato.”

“Mi hai portato qui.”

“Ero in ritardo per colpa tua. Cos’altro avrei dovuto fare?”

“Dirmi di andarmene. Naturalmente.”

“Tu non mi ascolti.”

“Ma in quel caso l’avrei fatto. Me ne stavo andando in ogni caso.”

Harry non risponde. Porta lo sguardo altrove, accarezzando con le lunghe dita bianche e sottili i petali del fiore orribile. “Sarà che non ci ho pensato. Comunque non importa.”

I grilli iniziano a cantare. O a suonare. Louis non sa come chiamarlo.

La mano di Harry scivola dal fiore prima che lui riporti lo sguardo Louis. “È buio,” dice soltanto, la luce della luna che brilla dolcemente, dipingendo la sua pelle di porcellana di un blu angosciante e spolverando i suoi ricci d’argento.

“Probabilmente se n’è andata,” dice. “Dubito che abbia aspettato così tanto. Si sarà annoiata. Quindi possiamo andare.”

“Non stavo aspettando che se ne andasse,” dice freddamente, piano, ma è una stronzata, Louis se ne sente la puzza da lontano, e per questo non contesta, semplicemente inizia a camminare verso la macchina ignorando le repliche piccate che gli vengono in mente e senza alzare gli occhi al cielo.

Salendo in auto, Louis chiude la porta dietro di sé e si sente più leggero. Ed è stata una serata strana, sì, ma poteva esserlo molto di più. E se fosse stato all’appartamento con sua madre, avrebbe potuto essere molto più terribile. Quindi, tutto considerato, nonostante le nebulose capacità di conversazione di Harry (quando non è “acceso”, per così dire) e la sua propensione a guardarlo come se fosse una macchia sulla suola delle sue scarpe, Louis qualcosa gli deve.

Forse molto.

“Mi dispiace che tu non sia riuscito a trovare quello che cercavi,” commenta per capriccio, guardando Harry congelarsi nell'atto di chiudere lo sportello dell’auto.

Con occhi che fissano avanti senza mai chiudersi, Harry respira, immobile, le parole di Louis che sembrano marinargli dentro. Si scuote dai suoi pensieri e sbatte la porta, la solita smorfia al solito posto. Senza una parola, si allaccia la cintura e accende la macchina, e si allontanano, Louis che di tanto in tanto gli getta uno sguardo mentre volano giù per la strada, e le mani di Harry che stringono sempre di più il volante.

**

Quando Harry ferma la macchina sulla strada fuori dall’edificio di Louis, è sinceramente confuso.

Non lo parcheggia fuori da dove abita lui per farlo tornare a piedi al suo appartamento? Come ordina sempre a Zayn ogni qual volta si fanno un giro in auto?

“Qui è dove abito io,” osserva stupidamente, e guarda Harry che ha l’aria indifferente, entrambe le sopracciglia inarcate.

“Ne sono consapevole, ti ringrazio,” la sua voce scorre via, il suo timbro vellutato e profondo quasi si perde nel buio della notte. La voce di Harry sa essere così forte e roca eppure, talvolta, così dolce e bassa che Louis crede che possa svanire; pensa che se non potesse vederlo, non sarebbe capace di sentire affatto le sue parole, stabilendone l'esistenza solo dai movimenti lenti e contorti delle sue labbra peccaminose.

“È che mi stupisce che non mi fai fare a piedi mezzo paese,” risponde asciutto, con un'occhiata significativa.

Harry lo guarda, immobile come una pietra sotto le stelle. “Stasera c'è quella festa,” ribatte, e Louis sbatte le palpebre come a dire cosa? E questo che c'entra?

“Di che parli?” chiede bruscamente, strizzando gli occhi e piegando la testa con un’aria da cazzo dici che ha perfezionato negli anni.

“Se dovessi farti a piedi mezzo paese, arriveresti in ritardo. Faresti aspettare Zayn e Liam,” spiega Harry con calma, e okay, sì, Louis non ha assolutamente idea di come funzioni il suo cervello, per niente. Sa solo che il filo dei suoi pensieri è probabilmente il più spettacolare sentiero panoramico sul mercato.

“Bene allora,” dice, mentre Harry controlla il cellulare, “grazie, credo.”

Harry annuisce. “E di' ai ragazzi che non ce la faccio a venire. Devo vedermi con qualcuno.”

Qualcuno. Ovviamente.

“Sarà fatto,” acconsente pragmatico Louis, incapace di resistere alla tentazione di scuotere la testa. “C’era da aspettarselo,” borbotta a bassa voce.

Harry non risponde in alcuna maniera, si limita a pigiare qualcosa sul cellulare prima di farselo scivolare in tasca.

Louis è tentato di farsi uscire qualcosa di tagliente, giudicarlo o rispondergli male prima di marciare in direzione opposta perché Harry è sempre così dannatamente freddo, indipendentemente da quanto tempo passino insieme, indipendentemente dai progressi che sente abbiano quasi fatto, e la cosa lo fa incazzare, lo fa irritare, e lo stanca.

Ma poi torna con la mente alla telefonata di sua madre (e, oh già, forse dovrebbe riaccendere il cellulare) e sente Harry dire Seguimi, e vede Harry camminare avanti a lui nel giardino quando Louis aveva avuto paura stessero ritornando, e non riesce ad arrabbiarsi. Non del tutto. Non fino in fondo.

E allora esce dal veicolo, le mani che prudono e il petto caldo, mentre Harry attende e guarda davanti a sé in silenzio. Ma prima di chiudere la porta, si volta verso di lui, ricomponendosi. Sa che Harry non gli restituirà lo sguardo perché per lui la situazione è già bella che chiusa, pronto ormai a passare alla scena successiva.

Ma Louis lo dice lo stesso.

“Grazie, Harry. Davvero,” dice, ed è spontaneo, probabilmente l’unica cosa spontanea che Louis gli abbia mai detto, e rimane lì in piedi con i suoi vestiti semplici e la sua frangia spettinata, e un po’ di barbetta che gli cresce sulla mascella.

Come previsto, in risposta solo silenzio.

Ma a Louis non ne è chissà quanto infastidito, visto che ha detto ciò che voleva dire (e a Harry non deve più niente), e chiude la portiera dopo un istante, poi gira i tacchi verso l’appartamento, rimuginando già sul discorso di saluto che farà a Niall. Che probabilmente gli darà un pugno in faccia dopo essersi dovuto occupare di sua madre per tutta la sera.

È allora, mentre Louis si allontana perso in un monologo interiore, che sente Harry.

“Non c’è di che, Louis.”

E Louis si ferma.

Il battito gli accelera giusto un po’ e si sente scosso, voltandosi lentamente, assolutamente preso in contropiede dalla pacata sincerità nella sua voce che era stata indirizzata a… lui.

Trova Harry fissarsi le gambe, spalle curve e piccole, ma continua a guardarlo fino a quando non alza gli occhi anche lui.

Ed è uno sguardo così limpido quello che incrocia, così aperto, verde e lucido sotto i raggi della luna, che sussulta. Non è uno sguardo gentile o felice o dolce – diavolo, non è nemmeno delicato. È solo onesto. È Harry che gli restituisce lo sguardo, i muri abbassati e rimpiazzati dalla fragilità della sincerità, così aliena, lampante e reale che è come se Louis lo stesse guardando nudo.

Harry non batte ciglio, ma Louis, sentendo un milione di cose lottare nel suo cranio e fra le sue costole, si ritrova a sciogliersi in un tenero sorriso, tutto per Harry, bombardandoci Harry, prima di fargli un breve e rispettoso cenno col capo.

Gli occhi di Harry guizzano per un attimo dalla sorpresa e da qualcos’altro, poi Louis si volta, avviandosi lentamente verso il suo appartamento.

Non può fare a meno di sentirsi come se qualcosa fosse stato alterato, come se qualcosa fosse cambiato tra loro e, oltrepassando il cancello e facendo il suo ingresso tra le mura della scuola antica, Louis pensa che, forse, avere Harry Styles come amico non sarebbe poi così male.

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NdT. Dalle note dell'autrice: il fiore della storia è effettivamente brutto assai, si chiama Tacca chantrieri in inglese Bat Flower (meglio in inglese) per i curiosi. La canzone che ha ispirato questo capitolo è da Brideshead Revisited e si chiama Orphans of the Storm. Grazie di aver letto! Alla prossima. xx

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14.

Quando Louis rientra nel suo appartamento, è ancora in balia del caos della giornata – nello specifico, di Harry – ma viene tutto presto sostituito dalla dura realtà di sua madre e delle conseguenze che ha lasciato sulla sua scia e che Louis dovrà di sicuro affrontare.

Certo, quasi sicuramente se n’è andata. Ma è stata qui, lo sa che è stata qui, ed era stato Niall a dover sistemare tutto.

E cazzo, Niall sarà furibondo. Furibondo nel senso di violento, irlandese, lancia-bottiglie-di-whiskey-sul-muro.

Per cui, confinando i pensieri tanto pressanti e scombussolanti riguardanti un certo Signor Styles ai meandri della sua mente, si fa coraggio e apre la porta, pronto al cento per cento a una filippica di incoerente odio irlandese.

Chiude gli occhi, per sicurezza.

“Eccoti qui!” lo accoglie una voce piacevole una volta che ha chiuso la porta dietro di sé con un rumoretto spaventato, ed è una voce che sembra appartenere a Niall, ma è fin troppo gentile per essere di Niall, quindi sbircia con un occhio curioso, la schiena premuta contro la porta.

Ed è proprio Niall.

Il che… come?

“Sì. Sono qui,” dice con fare sospetto e quasi impaurito, occhieggiandolo. È seduto al pianoforte, non ancora completamente vestito per la festa, palesemente distrattosi durante i preparativi; ha dei pantaloni neri, una cintura infilata per metà, un gilè, e i capelli ancora umidi dalla doccia. Calmo, picchietta i tasti del pianoforte, il cellulare sopra lo strumento mostra degli spartiti che deve aver trovato online. Un musicista sempre e comunque, Niall.

“Hai mancato tua madre per un pelo,” commenta sbrigativo, padroneggiando una canzoncina complicata con le sue dita abili, e dal canto suo non ha la più pallida idea di cosa stia succedendo, perché aveva appena iniziato a sospettare che la generale amabilità di Niall derivasse dal fatto che sua madre magari non si fosse presentata… ma a quanto pare non è questo il caso.

Allora.

Cosa?

“E?” tenta, camminando lentamente verso Niall, pronto a ogni attacco.

Niall allora alza lo sguardo, un sorriso sereno che gli affiora sulle labbra mentre scrolla le spalle, le mani che ancora lavorano sui tasti. “È simpatica. Abbiamo cenato insieme.”

E Louis lo fissa di stucco.

“Come, prego?”

“Ho portato tua madre a cena fuori.”

Che cazzo ha detto.

“Come-perché l’hai fatto?” biascica, guardandolo come se stesse parlando arabo.

Che, a essere sinceri, è quello che è praticamente successo.

“Era parecchio a terra quando è arrivata. Così abbiamo fatto una bella chiacchierata, poi mi sono offerto di portarla a cena. Dopo stava meglio, ha smesso di provare a chiamarti, e per dessert abbiamo preso una mousse al cioccolato. Poi è tornata a casa. Le ho dato un bacio sulla guancia, e le ho promesso che le avrei fatto uno squillo. Credo che le manchi un figlio da coccolare,” butta lì, in una versione così semplificata della realtà e così trasparente e così terribilmente random, che Louis non può che continuare a fissarlo.

Perché ti pareva, cazzo, che Niall portava sua madre a cena. E ovvio che hanno legato.

“Ti ha detto perché è venuta?” chiede stancamente, andandosi a prendere un bicchiere d'acqua in cucina.

“Nah. Ha detto tipo che le mancavi, che era preoccupata per te. Boh.”

La concentrazione di Niall è tornata al pianoforte, e Louis è tentato di insistere sull’argomento (perché ancora pensa, che cazzo è successo?) ma non lo fa, visto che si sente già troppo emotivamente distrutto così com’è.

“Stasera vieni, vero?” chiede invece, dopo aver preso una grossa sorsata d’acqua, lanciando un’occhiata ai pantaloni lucidi di Niall e alla pelle da poco strofinata.

“Certo,” dice gioiosamente, esagerando i movimenti delle mani che suonano la scala. “Come se con te avessi alternative, poi.”

Louis ci pensa su, finendo il bicchiere. “Vero,” concorda alla fine, asciugandosi la bocca.

Un silenzio tranquillo cade su di loro, il pianoforte scampanella gradevolmente a un volume medio (perché non può suonare così piano al mattino? Perché alle sei del mattino c’è quel cazzo di organo a canne?), ma anche se è confortevole e bello essere rinchiuso nel suo appartamento con Niall e i mobili di lusso e quella maledetta scatola di rumori, i suoi pensieri, che gli stanno strattonando la testa, sembrano ancora più forti. Quel che basta da suscitargli la paranoia che Niall possa chissà come sentire il rumore del suo panico.

“Dov'eri però?” chiede quello poi, gli occhi azzurro chiaro ancora sul pianoforte, e Louis ne è ufficialmente convinto, sì, i suoi pensieri fanno rumore e per poco non gli casca il bicchiere dalla mano. “Tutto questo tempo? Pensavo fossi solo andato a lezione da Harry?”

E oh merda.

“Beh, ci sono andato, ovvio, Irlanda. Ma poi, ehm…” lancia uno sguardo alle bottiglie di liquore sul bar improvvisato dall'altra parte del salone. “Beh. Poi mi ha chiamato mamma. Sai come vanno queste cose.”

Niall alza lo sguardo, incuriosito. “No. Cos’è successo?”

“Beh, era un autentico disastro. Non mi andava di occuparmene, no. E allora…” Si fa scivolare le mani nelle tasche posteriori, facendo del suo meglio per non mordersi il labbro o agitarsi, mostrandosi invece distaccato.

“Allora?” lo incita l’altro, le mani che rallentano. “Poi cos’è successo? Sei rimasto da Harry? E lui te l’ha permesso?”

“No. Mi ha, ehm.” Si scansa i capelli dalla faccia. “Mi ha portato a casa sua.”

Il pianoforte si interrompe.

“Come?”

“Mi ha portato a casa sua. Cioè, mi ha solo permesso di seguirlo mentre lui cercava… qualcosa. Qualcuno.”

Niall lo fissa, manifestando la confusione provata da Louis. “Cercava qualcuno?”

“Già. Non l’ha trovato però.”

“Un lui?”

“Sì. Credo. Non lo so.”

“Des?” chiede interessato, e Louis avverte sudore freddo lungo la spina dorsale.

“Davvero non lo so.” Indugia. “Perché? Hai sentito qualcosa?”

Lui fa spallucce, accarezzando i tasti con le dita. “Papà mi ha chiamato poco fa per dirmi che non dovevo andare allo studio oggi. Ha detto che le registrazioni sono sospese fino a quando non riusciranno a contattare Des. Non ha detto che era scomparso. Però. Si spiegherebbe tutto.”

E lo stomaco gli si gela.

Rimangono così, Louis in piedi in cucina, appoggiato al bancone per sostenersi e lo sguardo fisso e assente sul pavimento, e Niall che accarezza il pianoforte come fosse un gattino.

I suoi pensieri si inoltrano in un tunnel oscuro, e i suoi tentativi di tenere i peggiori a bada falliscono. Le terribili domande Perché Harry sembrava così spaventato mentre cercava quel qualcosa senza nome? Soprattutto se quel qualcosa senza nome era suo padre? cominciano a formularsi, quando Niall passa improvvisamente a scrutarlo dal basso, curioso in quel suo modo elementare.

“Pensavo vi odiaste.”

Louis sbatte le ciglia. “Beh. Sì.” Sospira e si scosta di nuovo i capelli, più per nervosismo che per necessità. “E no. Credo che abbia qualche problema.”

“Ma davvero?”

Louis porta gli occhi al cielo, ma sorride. “No, ma intendo sul serio. Qualche problema grave.”

Senza un briciolo di preoccupazione, Niall si rituffa nella canzone che sta tentando di imparare, qualunque essa sia. “Beh, che ti aspetti? È stato cresciuto in maniera non molto convenzionale.”

“Che parolone.”

Niall alza le spalle. “Però è vero.”

La frase si marchia nella sua mente. Cresciuto in maniera non convenzionale.

In che senso? Okay, il padre ‘rock star’ che a quanto pare è fuori come un balcone e ogni tanto scompare. (È di famiglia?) Okay, la sorella top model drogata. Okay, il mare di ‘mamme’ e quella che era morta per cause sconosciute, probabilmente droghe.

Cresciuto in maniera non convenzionale.

Harry Styles è nato dalla follia, questo sì. E cazzo. Come…

Ma no.

No.

Oggi non si lascerà intrappolare mentalmente da Harry più del necessario. Ha già passato una giornata con lui, seguendolo a destra e a manca, facendosi abbandonare, fissando fiori spaventosi mentre rimaneva oggetto degli sguardi più alternamente intensi della sua vita. E in qualche modo hanno anche fatto più o meno pace, quindi quello dovrebbe davvero bastargli per il momento.

“Vabbè,” conclude con decisione, scuotendosi i pensieri dalla testa. “Non importa. Comunque. Meglio prepararci o arriveremo in ritardo. E sai come diventa Liam quando facciamo ritardo.”

E detto questo, si dirige nella sua stanza direttamente al suo armadio, infondendo la sua massima attenzione su cosa indossare per la serata.

**

La festa è come tutte le altre.

Niall surfa su un mare di gente luccicante, la sua risata che esplode al di sopra della musica assordante mentre quella scorre dagli altoparlanti, gli occhiali da sole che gli nascondono mezza faccia. Non troppo dietro di lui c’è Liam, anche lui che nuota tra la folla, il sorriso allegro ed emozionato mentre mani se lo passano avanti e indietro. Louis nota con affetto che Zayn è sempre nei paraggi, con le mani protettivamente sotto o attorno a lui, per assicurarsi che non cada o che non venga tastato gratuitamente. È adorabile, davvero, e Louis sorride mentre gli passano oltre, Zayn che gli manda un occhiolino.

La musica è decente, le droghe pure e le persone sono bellissime, e Louis rimane intrappolato in una conversazione prolissa con un ragazzo carino con troppi denti che continua a fissargli il pacco come se fosse dipinto d’oro (non può certo biasimare questa povera creatura però, cazzo sì, questi pantaloni sono nati per servire il suo corpo) e, per un attimo, Louis si domanda, nella foschia dell’erba, dell’alcol, e chissà di cos’altro ancora, se valga la pena di trascinare questo grazioso faccino senza nome in un angolo e magari farsi scopare o farselo succhiare fino allo stremo, o quantomeno fargli la cortesia di una mano amichevole nei pantaloni. Ma non gli va, non riesce a costringersi, e si ritrova scocciato a studiare il suo bicchiere di vino per intrattenersi prima di essere finalmente salvato da Niall, che esige di mostrargli un tipo che “è la copia sputata di quella zoccola di Shakespeare”. E un po’ è vero; che strano.

Purtroppo, in aggiunta passa la serata a pensare a Harry.

Ovviamente.

Come potrebbe pensare ad altro? Dopo la giornata disastrosa, dopo essere rimasto prigioniero del castello-villa-casa di Harry e costretto a sopportare quel fiore inquietante in giardino, perdendosi nelle ombre buie delle stanze e soffrendo nei momenti di calma e sentendo quel mormorio delicatissimo di Harry, “Non c’è di che, Louis,” come cazzo potrebbe non pensare a lui?

Si chiede solo che fine abbia fatto, cosa stia facendo, e perché, perché, perché. Si chiede il PERCHÈ di tantissime cose a suo proposito.

Alla fine della serata, con la bocca pastosa che sa di spirito e uno stomaco acido che ha preso ad attorcigliarglisi ribellandosi a lui (chi è che ha detto che è bello bersi gli shot?), Louis si arpiona a Niall per non essere abbandonato, non in questo stato, e alla fine si avviano a casa nonostante le proteste di Liam. Perché, ovviamente, Liam ha insistito, con le pupille dilatate e i gesti emozionati, che si spostino a un’altra festa tenuta da un suo vecchio amico delle elementari che sarà quasi sicuramente uno spasso “da paura”.

Loro però rifiutano, tornano all'appartamento, e, buttandosi a letto, Louis ringrazia vagamente il fatto di essere troppo inebriato per stare a letto sveglio, a rimuginare sui pensieri della giornata.

**

“Stamattina Mozart?” sbadiglia Louis, arrancando oltre Niall che senza alcuno sforzo sta nuovamente facendo tuonare il pianoforte.

“Riconosci sempre meglio le melodie!”

“Se questo non è un chiaro segno che devo trasferirmi altrove, allora sono a corto di idee,” borbotta, mettendo su il tè.

“Oggi Candle House,” gli ricorda Niall, e Louis capisce al volo.

“Ah, già. La famosa residenza… ‘primaverile’ dei Malik, giusto?”

Niall annuisce nel mezzo di un riff particolarmente complicato.

Sospira, scuotendo la testa mentre lascia cadere una bustina di tè nella tazza. “Mi sa che ne ho avuto abbastanza della tua specie, Irlanda. Voi e le vostre case primaverili, e le vostre case estive, e i vostri padri ricchi, e i vostri modi gentili, e i vostri sorrisi finti, e-“ si interrompe, i pensieri pericolosamente vicini a vertere su una certa persona. E, essendo solo le nove e mezza, non si può permettere di cominciare il giorno così. “Comunque. A che ora vengono a prenderci?”

“Più o meno tra un’ora.”

“Cioè tra tre ore?”

“Già.”

“Benissimo,” dice, e si allontana verso la doccia.

**

È quasi mezzogiorno quando finalmente i ragazzi raggiungono l’appartamento, con addosso giacche di tweed, sciarpe, fedora, e l’odore di sigari ed eau de toilette per celebrare il clima autunnale.

Arrivano come una persona sola, Harry a capofila con la sua giacca a quadri grigia e caffè, il maglione color panna, e un papillon grigio coordinato, con in mano quello che ha tutta l'aria di essere un ombrello… con una testa di cane come manico. Cosa che lo irriterebbe molto di più se al momento non fosse impigliato in una lenza emotiva, facendo del suo meglio per non fissare attentamente gli occhi di Harry (sono più spenti di ieri? Hanno un po’ di vita oggi? Sono rimasti immutati?) e concentrandosi invece sull’atrocità che stringe tra le mani.

“Lui è Berkley,” fa le fusa con affetto, il suo sorriso finto che abbaglia la stanza mentre tiene in alto il cane intagliato con reverenza.

E, lenza o meno, Louis fissa quella cosa con palese repulsione.

“Dev’essere la cosa più brutta che abbia mai visto,” afferma istintivamente, costringendo gli occhi di Harry a fulminarlo immediatamente. Subito si rimprovera però, perché ha deciso di provarci veramente a dargli una possibilità – e, a giudicare dal fatto che Harry abbia riconosciuto la sua presenza, crede che anche lui ci stia provando – quindi aggiunge un veloce, “Ma è molto particolare,” e gli offre un abbozzo di un sorriso.

Harry mantiene il suo cipiglio, ma non è freddo o tagliente come al solito. È, per quanto suoni strano, un cipiglio affabile, ma nasconde comunque l’ombrello dallo sguardo di Louis, e distoglie gli occhi, andando a salutare Niall.

Quindi forse c’è stato veramente un progresso. E forse qualunque fosse il pasticcio in cui si era cacciato ieri, ormai è risolto. Perché i suoi sorrisi non sono finti come al solito, e sembra piuttosto sveglio e soddisfatto del suo ombrello. Che già è qualcosa.

“Scusate tanto del ritardo, ragazzi,” dice Liam, ma il suo tono non è molto dispiaciuto, una frase da copione, mentre afferra il braccio di Zayn con una mano e si liscia i capelli con l’altra. “La riunione è durata più del solito oggi.” E c’è inequivocabile allegria che cavalca sotto la superficie delle sue parole.

Zayn fa presto ad alzare gli occhi al cielo, incontrando gli occhi di Louis con uno sguardo esasperato, le ciglia socchiuse, scuotendo la testa. “Per merito suo.”

“Ehi, dai,” risponde Liam, girando su se stesso per mettergli il muso, le sopracciglia spesse che si incontrano, “Avevi detto che potevo fare quello che volevo. Non è colpa mia se c’era un sacco da discutere.”

Zayn scuote semplicemente la testa, ma le sue labbra sono leggermente distorte e ricaccia indietro un sorriso.

“Avete intenzione di dirci di cosa state parlando, o…?” dice Louis, appoggiandosi al bancone e lanciando un’occhiata ai due con tanto di due sopracciglia estremamente sarcastiche.

“Associazione studentesca?” prova Niall dall’altra parte della stanza da dove si sta aggiustando il maglione panna e si sta staccando le etichette mentre Harry lo guarda calmo, l’ombrello con il manico a forma di cane accanto a lui ad altezza d’occhio. Che cazzo.

Zayn annuisce, e Louis trattiene un grugnito.

Zayn è il presidente dell’associazione studentesca. Naturalmente. E più o meno una volta alla settimana, “tiene” delle riunioni dove se ne sta seduto su un ampia poltrona a osservare esseri inferiori fare discorsi articolati e discutere le vicende della scuola in toni professionali e tabulati, pianificando eventi e facendo il filo alle cosiddette “élite” dell’università. E, ovviamente, anche Liam ne fa parte.

Visto che, cioè, non sia mai che si separino mezza giornata.

“Anche se sono il vicepresidente, Zayn ha lasciato che presidiassi la riunione e facessi tutto io oggi,” si esalta, e guarda Zayn come se fosse fatto di oro luccicante. Liam è anche il direttore del giornale studentesco perché è una maledetta secchia. Il lavoro lo diverte. O, piuttosto, ottenere prestigio ed essere in una posizione di potere lo diverte.

“Non è così che funziona di solito, o mi sbaglio?” chiede con gentilezza Harry, adesso intento a fissare gli occhi di vetro di Berkley.

Liam fa un enorme sorriso, assolutamente imperturbato. “Sì, ma oggi ho anche richiamato all’ordine e congedato tutti.” È in pieno autocompiacimento, sfrega una mano lungo la schiena di Zayn e lo fissa adorante. “Ha detto che la settimana prossima posso inviare le e-mail.”

“Oh, beh che cosa… carina,” biascica Louis portando gli occhi al cielo disgustato, e con la coda dell’occhio vede la risata di Harry che minaccia di scoppiare prima di essere soppressa; piuttosto, tira su col naso verso Louis con indifferenza.

Louis se ne accorge. Cosa che gli curva le labbra verso l'alto.

“Sono pronto,” annuncia improvvisamente Niall di punto in bianco, chiaramente disinteressato alla conversazione che a sua insaputa è ancora in corso, facendosi strada tra i ragazzi, gli occhi fissi sulla porta.

“Dovresti portarti un cambio d’abiti. Giochiamo a croquet,” dice Harry mentre tocca col dito un mucchietto di libri di scuola di Louis che si trova sul tavolo.

“Perché hai bisogno di un cambio d’abiti per il croquet?” sbuffa Louis, e Liam si volta verso di lui con un cipiglio interrogativo.

“Perché no?” controbatte, ed è una domanda sincera e spontanea, mentre Zayn sorride all’espressione di Louis.

Fa del suo meglio per controllare il suo giudizio. “Okay. Beh, mi sa che io mi porto solo questo, grazie.”

“Come vuoi,” sospira Harry, ora in cucina, che apre armadietti senza pudore e ci sbircia dentro, ispezionando l'intero appartamento.

Ma anche no.

Può darsi che si stia sciogliendo un poco con Harry, può anche darsi che gli sia debitore, ma non starà zitto a guardare uno che crede di avere il mondo in pugno e non rispetta i confini altrui. Quindi con un’occhiataccia e un passo fermo, marcia fino al lato opposto dello sportello dell’armadietto e glielo chiude in faccia con uno schiocco, guardandolo dall’alto in basso a occhi stretti.

“Non curiosare, è maleducazione. Tua madre non ti ha insegnato le buone maniere?” lo rimprovera.

E da un momento all'altro, gli occhi di Harry si incupiscono.

Cala un silenzio pesante nella stanza, più pesante di quanto dovrebbe, e Louis per un attimo si chiede cos’abbia fatto (era nel giusto, dopotutto, quello stronzo stava aprendo armadietti a casaccio), mentre gli altri li guardano, Niall che si mastica le unghie, Zayn che li scruta con gli occhi socchiusi, immobile come una pietra, e Liam in una posa simile, mentre distratto si mangiucchia le dita, quasi nervosamente.

Ma Louis continua a fissare Harry, che sta ergendo dei muri davanti ai suoi occhi, le sue perfette sopracciglia che si arcuano dal disprezzo, le sue labbra a forma di bocciolo di rosa che si arricciano.

“Non ha potuto,” taglia corto, e fa un passo indietro, subito freddo e sulla difensiva.

Eh?

Louis sta per insistere perché la sua curiosità e il fascino della faccenda sono altissimi, ma prima che possa aprire bocca, Zayn si sta infilando il fedora e sta dicendo, “Forza, ragazzi. Andiamo. Non possiamo tenere il parcheggio occupato per sempre.” Che poi a dirla tutta, cazzo sì, è Zayn Malik, potrebbe tenerlo, ma vabbè.

Per cui Louis lascia perdere.

Tuttavia, la mente gli pizzica dalla curiosità, e mentre loro marciano avanti, lui li segue da dietro, osservando incuriosito il movimento dei ricci di Harry mentre si avviano alla macchina.

**

Viaggiano nella fresca brezza autunnale, e Louis pensa davvero che sia arrivato il momento di mettere in garage l’auto di antiquariato esposta agli elementi, perché per quanto possa essere affascinante fa un freddo cane, ed è un casino cercare di tenersi i capelli in ordine.

Niall nota la sua sofferenza, se lo porta in braccio e gli scompiglia i capelli brutalmente mentre ride, e Louis è indeciso se morderlo a sangue o abbracciarlo come un koala per assorbire la vasta quantità di calore corporeo. Opta per quest’ultima alternativa, e Liam scatta loro una foto con un sorriso a occhi stretti dal sedile del passeggero, mentre Zayn allunga un braccio dietro, mentre guida, per fare il solletico a Louis, i denti perlacei che luccicano nello specchietto retrovisore.

Si sta bene, c'è una certa dolcezza piena di risate, parolacce e vento, e Louis ha la netta sensazione di essere amato.

Ma neanche una volta gli occhi di Harry si rivolgono a lui, nemmeno mentre ridacchia o grida; preferisce invece dispensare occhiolini a Zayn, e massaggi sensuali alle spalle di Liam, e strette di mano a Niall. Con Louis, i suoi occhi vanno oltre, quasi registrando a stento la sua presenza, e anche se non hanno quella malizia di cui lo sa capace, si sente dimenticato e sorvolato, e non gli sta bene. Non proprio ora che aveva iniziato a sperare in una possibile amicizia.

Ma non c’è niente che possa fare, quindi lo ignora, accucciandosi meglio accanto a Niall e ridendogli nel collo, godendosi tutto il calore che riesce a prendere.

**

“È un cottage carinissimo,” spiega Liam mentre procedono a rilento giù per una stradina nei pressi di un lago, urtando con le ruote ciottoli e sassolini. “Ti piacerà un sacco.”

“Davvero?” domanda Louis, strizzando gli occhi per il sole e osservando le distese di alberi e i campi infestati da fiori selvatici.

“Io ci sono stato un paio di volte,” commenta Niall, guardando il paesaggio. “È bello.”

“Più che bello,” lo critica Zayn, svoltando su un sentiero con il cancello. “Meglio dei vostri.”

Liam fa un gran sorriso, mettendogli una mano su un ginocchio. “Ma certo, amore.”

E Zayn coglie gli occhi di Louis nello specchietto e gli fa un occhiolino.

“Beh, staremo a vedere. Non mi piace quando mi si dice che qualcosa mi piacerà. Le mie decisioni le prendo da solo. Anzi,” aggiunge, facendo scivolare un braccio attorno alle spalle di Niall, “Adesso non me lo farò piacere di proposito.”

“Ti farà schifo per principio?” chiede Niall con un sopracciglio inarcato.

“Precisamente, Irlanda. Mi farà schifo per principio.”

Liam sembra trovare la cosa esilarante, e comincia a ridere quasi istericamente, battendo le mani. “Schifo per principio!” ripete tra una risatina e l’altra.

“Allora farà schifo anche a me,” dice Zayn, incontrando di nuovo i suoi occhi nello specchietto.

“Ma è casa tua,” protesta Harry, sorprendendo Louis, che pensava non stesse prestando alcuna attenzione alla loro conversazione. E lo trova pure ipocrita, visto che solo ieri non sembrava troppo affezionato alla sua casa…

“Per questo può farmi schifo,” dice solo Zayn, ma con un tono scherzoso e leggero che gli scivola sulle spalle alzate, e allora Louis non può che sorridere di più e annuire.

“Mi guardi le spalle, Malik.”

“Ti guardo le spalle.”

Continuano a guidare.

**

In effetti un po' gli piace un sacco.

Almeno da fuori. Di sicuro è più piccolo del palazzo di Harry, ma ‘cottage’ è l’ultima parola sulla terra che userebbe per descriverlo.

“D’ora in avanti non ti è permesso descrivere cose,” dice a Liam, che cammina avanti a lui con calma, azionando l’accendino per la sigaretta poggiata tra le labbra di Zayn. “Non è un cottage.”

“Siamo a casa!” dice Harry enfaticamente, facendo un sorriso talmente grande che deve fare male, e scende dall’auto con un balzo, le braccia che aperte ad abbracciare l’intero edificio, chiudendo gli occhi estasiato.

“Vivevi qui?” chiede Louis, sorpreso, voltandosi verso di lui.

Ma Harry non apre gli occhi né dà cenno di averlo sentito.

“Forza,” dice Liam prima che Louis possa protestare, tirandogli un braccio. “Voglio giocare a croquet.”

“Prima facci vedere la casa,” ordina Niall, e Zayn marcia in avanti, sbuffando sulla sigaretta, facendo segno agli altri di seguirlo con un semplice scatto delle dita.

“Da questa parte, ragazzi.”

Salgono i gradini dell’edificio di pietra, l’edera e l’ipomoea che tappezzano i muri. Le finestre sono ampie e copiose, per la maggior parte aperte al venticello fresco. Ci sono balconi, cortili, e un garage zeppo di auto luccicanti, e a circondarli una grande distesa di erba verde, mini giardini, gazebo, e salici dai lunghi rami che solleticano la terra.

Non è di quell’eccesso classico della casa di Harry. Sa di casa, benché di casa gigante, e Louis si sente già più a suo agio quando varca la porta principale, il pesante legno di quercia freddo e liscio contro il palmo della mano mentre Niall gliela tiene aperta. Si ritrova impalato all’ingresso, con i suoi alti soffitti e gli appendiabiti, e, grazie al cielo, anche dentro è molto, molto più calda della casa di Harry. Il sole scorre dalle ampie finestre e riscalda le pareti color panna, facendo scintillare i vasi di vetro pieni di fiori freschi; l’aria è intrisa di un profumo di pane caldo, erbe, e tappeti puliti. Nota la tv a schermo panoramico che prende l’intero muro nella stanza adiacente, e scuote la testa con una risata mentre gli altri gli camminano davanti e lui indugia, nel tentativo di assorbire il tutto.

“Ah, la vita da nababbo,” scherza tra sé e sé, facendosi scivolare le mani in tasca guardandosi attorno.

“Non ti piace?” gli fa una voce rombante, e Louis sussulta, visto che pensava di essere solo.

È Harry. È sempre Harry. Harry, che gli si avvicina e lo fissa con occhi che sono quasi accesi dalla curiosità. Quasi.

“Non è che non mi piace. È solo che… non me ne frega. Non è che ho un qualche attaccamento come probabilmente ce l’hai tu.” Lascia nell’aria il tacito ‘cosa che posso solo supporre dal momento che quanto te l’ho chiesto non mi hai cagato neanche di striscio’.

“Ma non ti dicono niente?” insiste. “Tutte queste… cose,” conclude, indicando le tende importate e i pavimenti di legno di ciliegio.

Tocca a lui guardarlo incuriosito. “Perché dovrebbero dirmi niente?”

Harry gli restituisce lo sguardo e c’è un silenzio significativo, prima che finalmente sbatta le palpebre languidamente.

“Venivo qui quando Mira era sposata con mio padre. Quindi, sì, diciamo che vivevo qui,” afferma, e Louis sente subito una piccolissima stretta al petto. Harry sta parlando. Gli sta rivelando delle cose. Sta… beh.

Non dovrebbe essere così importante, quella piccola frase. Per chiunque altro sarebbe un’informazione inutile, sganciata facilmente. Ma per Harry…

Louis aspetta altro, il fiato sospeso da qualche parte tra i candelabri in miniatura e gli arazzi.

“Mi piaceva,” continua semplicemente. “Continua a piacermi.” Distoglie lo sguardo con forza prima di osservare lo spazio di fronte a lui, e Louis lo studia, cercando di valutare il suo umore, le vibrazioni che emana, il suo tutto.

Perché ieri sembrava stanco, teso, terrorizzato. Ma oggi? Sembra leggero, semplice, e forse anche un po’ affascinante. Certo, quell’indifferenza da zombie si rannicchia ancora nei suoi occhi di giada e il suo sorriso è più per far vedere che per altro, ma sta meglio di ieri, e Louis non lo capisce, neanche un po’.

Ma lo prende come un buon segno. Che forse sta meglio, che la loro potenziale amicizia sta meglio, che tutto è meglio.

E adesso lo sta di nuovo fissando, in attesa.

“Meglio raggiungere gli altri. Dopo di te,” dice Harry, facendogli segno cortese di precederlo.

Louis sorride in risposta, con un cenno di ringraziamento, e va avanti.

Questa giornata potrebbe rivelarsi davvero una bella giornata.

**

Stanno giocando a croquet da molto tempo.

Da moltissimo tempo.

All’inizio era divertente, mentre scherzavano sotto i raggi del sole, agitando le mazze (più che altro tra di loro), e gli erano state offerte un mucchio di bevande dallo staff gentile e cortese di Zayn. Louis quasi si era cagato addosso quando aveva scoperto che c’erano dei veri e propri camerieri e valletti che vivevano lì. In sostanza erano diventati amici di famiglia, aveva spiegato Liam, ma l’aveva comunque allarmato parecchio, e spesso si era ritrovato a per prendersi di nascosto da bere e mangiare da solo. Essere servito lo mette estremamente a disagio. Già è brutto quando Rory si offre di fargli dei favori.

Ma l’atmosfera generale era buona, e, miracolosamente, il buonumore di Harry era rimasto integro. Aveva fatto della battute argute e aveva riso nei momenti giusti, chiacchierando con Zayn dei loro momenti insieme lì – alcune battute che nessuno aveva capito, compreso Liam che li aveva fissati con educata curiosità – e rivelando storia dopo storia le bravate che avevano combinato.

“Ce la scampavamo troppo spesso,” aveva detto Zayn fissando affettuosamente Harry, che aveva scosso la testa.

“Non abbastanza,” aveva controbattuto, e aveva lanciato un occhiolino nella direzione di Zayn prima di raccogliere la sua mazza.

C’era qualcosa dietro, un sentimento intrecciato alle parole, ma guardando la coppia e le loro occhiate clandestine e gli sguardi interrotti da Harry – che era più che altro interessato al gioco – non sapeva che pesci prendere, e la storia intangibile di quel gruppo di ragazzi era troppo al di là della sua comprensione. Avevano continuato a giocare.

E adesso sono passate due ore buone, le nuvole si stanno riversando nel cielo, e sono tutti incredibilmente annoiati.

Tranne Harry.

“Mi sono scocciato,” dice Niall, con gli occhiali da sole, appoggiato alla mazza con una mano, l’altra sul fianco. Ha una faccia che è l’esatto contrario del divertimento.

“Sinceramente pure io,” dice Liam, e tutti si voltano verso Harry.

Ha la mazza tra le mani, i piedi disposti in una posa robusta. Agita la mazza delicatamente di tanto in tanto, testando il suo peso, labbra tra i denti per la concentrazione mentre fissa intensamente la palla. È tutto molto intenso. E parecchio esagerato.

“Lascia perdere, Curly, okay? Sta per venire a piovere,” dice Louis, lanciando un’occhiata alle nuvole profetiche e all’occasionale accenno di un fulmine.

“Lo dici tu,” borbotta quello, continuando a squadrare la palla.

“Non è manco più divertente,” si lamenta Niall, gettando la testa all’indietro infelice, ma Harry non si muove di un millimetro.

“Ti stai comportando da viziato. E immaturo. E come uno scemo,” lo accusa, guardandolo male. “La maggioranza dice che non vuole più giocare, e ignorare la maggioranza fa di te uno stronzo.”

Harry gli lancia uno sguardo, seccato. “Lusingandomi non otterrai nulla,” dice asciutto, prima di ripristinare la sua concentrazione. “Ho quasi vinto. Fammi finire.”

“Che cazzo però,” sospira Louis, alzando le braccia al cielo. “Chi se ne importa se vinci?”

“Non vinco mai.”

“Questo però è vero,” gli riconosce Liam.

“Già, perché vinci sempre tu,” lo stuzzica Zayn, e Liam fa un gran sorriso. “A meno che non gioca Niall. In quel caso vince sempre lui,” aggiunge, e Liam si smonta.

“Fortuna irlandese,” dice, facendo spallucce.

“Beh, allora usa un po’ di quella fortuna e fallo finire, sì?” dice esasperato, fissando le nuvole con preoccupazione crescente. Delle grosse gocce iniziano lentamente a cadere. “Cazzo. Sta proprio piovendo.”

“Non è vero.”

“Ah, ma sai com’è, ti sbagli. Ecco le prove.”

“Non vedo niente.”

“È una macchia d’acqua sul mio maglione. Da una goccia di pioggia.”

“Questo non dimostra niente.”

“A dir la verità, sì.” Ma prima che possa provare ulteriormente le sue ragioni, dei fulmini esplodono nel cielo.

Proprio quando sta per salutarli (non ha intenzione di cazzeggiare con i fulmini) che il crack di un tuono coincide con il crack della mazza di Harry contro la palla, mandandola dritta nell’ultimo cerchio.

Ed è allora che scoppia il diluvio.

Subito, si genera il caos e Zayn urla, “GARA A CHI ARRIVA PRIMO A CASA!” e parte con Liam al fianco, nell’atmosfera il rumore assordante della pioggia che cade incessantemente su di loro.

Louis reagisce velocemente, lasciando cadere la mazza e scattando sull’erba bagnata, verso la casa che sembra più lontana di quanto gli fosse parso, ridendo e sentendosi i vestiti appesantirsi sotto i bombardamenti della pioggia. Corre più veloce che può, i piedi gli volano come fosse Hermes, e guadagna velocemente terreno su Zayn e Liam che ridono, con qualche fugace occhiata agli altri ragazzi più dietro per valutare la distanza e la velocità.

Poi improvvisamente sente un peso solido sul suo corpo, mandandolo dritto a terra.

“Ooof!” sbuffa, sentendosi mancare il fiato, e vede qualcuno con la testa dorata agitarsi sopra di lui, intento ad alzarsi.

“Ti ho preso Tommo!” ride Niall, cercando di scappare, ma Louis è più veloce: gli afferra i talloni e lo fa cascare a terra.

“E invece no!” ride, e lottano un po’, la pioggia che gli inzuppa le membra e gli punge gli occhi.

Dopo una zuffa, Niall riesce finalmente a sgusciare via dalla sua presa e, ridendo, scatta verso la casa senza guardarsi indietro.

“Bastardo!” grida, ma sorride, e fa per alzarsi e seguire la sua corsa. Ma piove a dirotto ed è tutto confuso, il vapore si alza dalla terra come nebbia, e grazie alla sua assurda velocità, Niall è presto al di fuori del suo campo visivo, lasciandolo a chiedersi come cazzo farà a rientrare in casa, visto che non sembra esserci alcuna porta in vista.

Trotta fino al portico più vicino – che per fortuna ha una porta, anche se mimetizzata – con le risate che ancora gli riverberano nel petto. Scivola oltre la porta aperta, curvandosi per entrare nella casa, lasciando dietro di sé pozze d’acqua con il cuore che gli martella nel petto, il sangue acceso dall’adrenalina e dalle risate. Sente le risate degli altri davanti a sé e ne segue il rumore, calpestando l’acqua per oltrepassare le ampie finestre.

Poi all’improvviso qualcosa coglie il suo sguardo.

Si ferma, voltandosi verso l’ampia finestra che gli è più vicina, e guarda fuori, strizzando gli occhi al di là del caos torrenziale d’acqua e di fulmini. Tra i fiocchi di pioggia vede una figura grigiastra.

Harry.

È in piedi in mezzo al cortile, le braccia spalancate, il bicchiere di champagne ancora in mano, la testa all’indietro rivolta al cielo mentre la pioggia gli batte addosso senza pietà. Ha il corpo disteso, che quasi implora di essere fulminato, ma il suo volto è tranquillo, senza emozione, immobile.

Louis lo fissa, recuperando fiato, l’adrenalina che gli defluisce dal corpo mentre assorbe la scena davanti a lui, le risate degli altri ora distanti al suo orecchio.

Cazzo. Non doveva stare meglio? Non era di buon umore, oggi?

Ma accidenti. Louis capisce di colpo, con una fitta acuta allo stomaco, che la domanda giusta è: oggi Harry non è forse stato un grande attore?

Cazzo.

Non dovrebbe significare nulla, Harry sotto la tempesta, non dovrebbe implicare alcunché al di là del fatto che gli piace la pioggia. Ma Louis sa. Lo sa e basta.

Sa che questo è un altro di quei momenti, di quelle cose, che gli ricordano d’un tratto che Harry è fatto di disastri. Sa che questo è un altro segno, un’altra cosa andata storta, e che OVVIAMENTE Harry non stava improvvisamente bene dopo ieri. Aveva semplicemente recitato per gli altri, indossato una maschera.

E adesso eccolo qui, che pensa di essere solo, tranquillo, disteso, e mentalmente ferito, a farsi lavare dalla pioggia.

Avverte una miriade di fitte allo stomaco mentre Harry resta lì e non vorrebbe far altro che muoversi, che recuperare quell’idiota e trascinarlo dentro al caldo e al sicuro, ma riesce soltanto a fissarlo al suono del suo stesso respiro che torna alla normalità.

Giura di poter quasi sentire il tenue tintinnio della pioggia che colpisce il bicchiere di champagne nella mano sinistra di Harry.

**

Harry ancora non è rientrato.

E nessuno ha detto una parola a riguardo.

Sono raccolti in salotto e in cucina, infagottati in degli accappatoi mentre i loro vestiti si asciugano (e Louis sta veramente facendo del suo meglio per ignorare il fatto che ogni accappatoio ha il monogramma “Z.M.” ricamato sopra perché, meglio di no), rimpinzandosi di cibo e vino deliziosi, ma Harry ancora non c’è e neanche una volta se n’è parlato.

Liam ha presentato Louis e Niall allo staff rimanente appena si erano ritrovati dopo la corsa sotto la pioggia – vittoria che, tra l’altro, non era stata di nessuno, visto che Liam diceva che aveva vinto Zayn e Zayn diceva che aveva vinto Liam – e avevano cazzeggiato e riso. Louis si era ritrovato particolarmente in sintonia con Stephen, lo chef personale di Zayn, che al momento ride con gioia alle reazioni di Niall nell’assaggiare ciascuno dei piatti che gli procura, prendendosi il tempo di spiegare gli ingredienti nel dettaglio, con sommo divertimento di Zayn che osserva dal tavolo dove sta giocando al solitario, la sigaretta ciondoloni tra le labbra.

Louis guarda il gruppo con un sorriso, buttando lì qualche commento esuberante di tanto in tanto dove pensa che calzi, e mentre i ragazzi ridacchiano attorno a lui – soprattutto Liam sembra sempre guardare con trepidazione Louis quando succede o viene detto qualcosa di divertente – la mente di Louis verte in direzioni quasi opposte. E mentre si versa un’altra tazza di punch, rifiutando educatamente l’offerta di Darla di aiutarlo, comincia a sentire una strana sorta di panico interiore mentre versa il liquido tinto di pesca nella tazza luccicante di vetro.

Il suo sorriso rimane immobile e di tanto intanto incontra gli occhi di Zayn o Liam, o alza gli occhi al cielo in direzione di Niall… ma la pioggia batte senza sosta contro le finestre, adesso un po’ più piano, e spesso si ritrova a lanciare sguardi alle distese vuote del cortile.

Non riesce a vedere Harry, non ci arriva neanche vicino, ma a ogni tintinnio di pioggia contro il vetro freddo, a ogni risata superficiale condivisa con i ragazzi, il petto gli si torce dall’ansia. Perché se ne stanno seduti tutti lì, a divertirsi un sacco, mentre uno del loro gruppo non c’è, è fisicamente assente, e nessuno batte ciglio. Neanche Zayn, che sembra un po’ più attento a Harry degli altri.

Con la mano stretta, si porta il punch alla bocca, ingoiando il liquido aspro a sorsate, gli occhi incollati alle finestre.

Ma gliene importa a qualcuno, davvero? Non se ne accorge nessuno? Che cazzo hanno che non va?

E d’altro canto.

Lui sarebbe meglio? Lui, che aveva semplicemente voltato le spalle all’Harry crocifisso sotto un cielo piangente, insensibile e indifferente, pronto ad accogliere il vuoto? Aveva visto Harry, l’aveva visto e l’aveva abbandonato senza una parola. E, certo, qui sono tutti spensierati, e sì, Liam adesso sta invitando Edward e gli altri a venire da loro per messaggio, e sono tutti innocentemente ignari, ma cazzo, proprio non ci arrivano che uno dei loro migliori amici è lì fuori ad affogare?

Perché questo sta succedendo. Harry sta affogando. Probabilmente è così da anni. E neanche riescono a vederlo, cazzo, ma Louis – che lo conosce da un totale di sessanta giorni, più o meno – l’aveva visto in automatico, e cazzo.

Cazzo.

D’altro canto. Potrebbe essere che vede cose che non ci sono. Perché, sì, non conosce Harry come loro. Non ha vissuto con i suoi sbalzi d’umore, e le sue ossessioni, e la sua insincerità, e la sua vacuità, e la sua imprevedibilità. Forse lo conoscono abbastanza da sapere che questa è semplicemente una delle sue abitudini.

Perché quand’è che cade l’ultima goccia? Dove cade la linea che separa una sana preoccupazione da menate invadenti? E come fa poi a sapere se c’è qualcosa che non va in Harry? Basandosi solo sui suoi occhi? Una manciata di espressioni agitate? Una parola stentata o due? Vederlo in piedi sotto la pioggia? Ma che significa?

La pioggia cade più forte e la risata di Niall la sovrasta.

E se, come se non bastasse, Harry fosse effettivamente ‘guasto’, come fa Louis a sapere se è possibile salvarlo? Se fosse troppo tardi? E se ciò che è stato distrutto non può più essere ricostruito, e interessandosi di questo disastro di ragazzo, Louis si stesse imbarcando in un viaggio senza metà di stress e preoccupazione inutili?

O che succede se non c’è niente che non va ed è solo un coglioncello viziato? Seppellito nell’edonismo e nell’eccesso e nelle sue esigenze e nelle distrazioni per ammazzare la noia?

Liam guarda il suo orologio da polso, annunciando l’ora, e Zayn propone di dipingere sui muri con la vernice a spray. Niall si sta infilando dei croissant di spinaci in bocca, i fiocchi che gli si appiccicano al mento e gli si impigliano nella fascia del Rolex, e la pioggia batte senza sosta, e Harry è scomparso, e Louis prende un altro sorso di punch con il petto che gli si serra sempre più, sentendosi schifosamente inutile.

Ora che dovrebbe fare esattamente? Setacciare i campi alla ricerca di un Harry emotivo? Trascinarlo per il cortile, ordinandogli di entrare in casa? Non può fare niente del genere. Non può fare niente.

Ma, cazzo, no.

Non può stare con le mani in mano mentre qualcuno affoga. Non se succede proprio davanti a loro. Non se Niall è troppo impegnato a ridere, e Liam è troppo impegnato a mandare messaggi, e Zayn è troppo impegnato a passare le dita lungo il dorso del collo di Liam.

Nessuno reagisce, a nessuno importa, nessuno se ne accorge o sente la marea d’acqua o la pioggia o l’assenza di Harry e del suo cazzo di ombrello-cane chiamato Berkley, ma Louis sì, Louis se ne accorge, cazzo, e la sente con le orecchie e col corpo e-

“Vado in bagno,” annuncia all’improvviso alla stanza, a voce troppo alta e troppo stonato, saltando giù dalla sedia.

Nella stanza cala il volume per un secondo, e i ragazzi alzano lo sguardo a lui, mentre Stephen entra per poggiare delle piccole quiche su un vassoio argentato, accompagnato da un paio di donne con degli chignon stretti e dai tratti dolci che mettono a posto.

“È di là,” indica Zayn, studiando Louis che annuisce, prima di voltarsi. Sente gli occhi di Zayn sulla schiena, mentre segue la direzione del suo dito, prima di svoltare un angolo appena fuori dal loro campo visivo.

Con la mente agitata e scatenata, Louis ripercorre i suoi passi, fino a tornare al portico che aveva attraversato per entrare in casa dopo la pioggia.

Cercherà Harry. Perlustrerà il giardino, trascinerà quel coglione problematico e melodrammatico in casa, e lo terrà d’occhio. Molto d’occhio. Perché Harry è un attore più bravo di quanto pensasse, e non può starsene con le mani in mano mentre qualcuno affoga.

È in quel momento che nota qualcosa muoversi, appena fa un passo nel portico.

Nel lato più estremo, vicino alle porte che uniscono il portico all’esterno, c’è Harry, che si riavvia i capelli zuppi dalla faccia, con addosso solo una sottile maglietta bianca che gli si attacca bagnata al busto liscio e pallido, i tatuaggi in vista, e un paio di pantaloni inzuppati anch’essi. Il resto dei suoi vestiti sono o appallottolati a terra o stesi sui mobili ad asciugarsi. Il bicchiere di champagne è su un tavolo vicino, colmo di acqua piovana più che di champagne vero e proprio. Subito Louis si porta al tavolo, avvertendo l’imbarazzo della situazione caricargli le gambe (perché, ehm, cos’è che aveva intenzione di fare, esattamente?), e raccoglie il bicchiere, esaminandone la superficie appannata e lo stelo gocciolante.

“Eccoti qui,” dice, e solo un po’ della sua frustrazione affiora alla superficie delle sue parole mentre si avvicina il bicchiere agli occhi, determinato a concentrarsi su di esso, ed evitando con forza quel disastro bagnato di Harry Styles dietro di lui.

Sente gli occhi di Harry su di sé, e un’occhiata veloce alle sue spalle gli dà ragione. Le sopracciglia del ragazzo sono aggrottate come al solito (presto svilupperà un monociglio, ne è sicuro) e lui non dice una parola, le labbra spesse tirate, le punte delle dita gocciolanti mentre quel che rimane della pioggia gli gronda dalle braccia.

Da qualche parte nei meandri della sua mente Louis capisce che, se fosse successo due giorni fa, qui avrebbe ammesso sconfitta. Avrebbe accettato il silenzio di Harry, avrebbe permesso all’irritazione di prendere il sopravvento, e sarebbe andato via con qualche commento. E sarebbe finita lì.

Ma adesso…

Louis abbassa il bicchiere e lo stringe nella mano calda, voltandosi a fissare Harry, registrando il suo aspetto trasandato e bagnato, la sua venerabile pelle chiara, la sua bocca rossa e offensiva, e i suoi occhi svuotati.

“Qual è il problema?” chiede Louis fermamente, gli occhi seri.

Harry continua a fissarlo, senza emozione sotto il suo cipiglio.

“Che ci facevi lì fuori?” riprova, ma ha la voce pesante per l’ansia, e non può farci niente; è teso e a disagio e non sa cosa sta facendo, ma ci sta provando, cazzo.

A questo la sua espressione vacilla, apparentemente a corto di parole. Louis sente la speranza germogliargli nel petto, intravedendo una qualche ancora di salvezza, ma poi la compostezza di Harry ritorna, e il vuoto anche.

“Faremo tardi per il tè,” dice soltanto, come se Louis non avesse neanche parlato, e fa per andarsene.

Ma Louis gli agguanta un braccio, facendolo voltare, il cuore che gli martella nelle orecchie.

Curly,” dice piano, la bocca che si contrae quasi in un sorriso quando gli occhi di Harry si stringono a sentire il soprannome. “Stai bene?” Ci mette speciale enfasi, fissando la faccia muta, spenta di Harry mentre con le dita gli preme nella carne fredda e bagnata del braccio.

Senza battere ciglio, la bocca gli si apre dopo una breve pausa.

Louis aspetta, con le spalle che gli si irrigidiscono, il suo disagio al massimo.

E poi Harry chiude la bocca.

E poi le rughe della sua fronte si stendono in una perfezione plastica.

E poi sorride con troppi denti.

“È l’ora del tè, Louis Tomlinson,” dice, ed è una frase vuota, che lascia l’aria così com’era venuta.

Un po’ come lo stesso Harry, che adesso se ne va via a grandi falcate, trascinato via dalle gambe lunghe.

E adesso anche Louis si sente vuoto. E allora resta a fissare Harry che scompare dietro un angolo.

**

Non molto tempo dopo arrivano Edward e gli altri. Insieme agli ospiti di Harry. Che gli si attaccano addosso come stoffa bagnata mentre Louis contempla rabbuiato la scena al di sopra di ogni sorso di vino.

Rimangono a casa per il resto della giornata, il pomeriggio piacevole si sputtana quando tutti cominciano ad assumere alcol e a ridere, le mura che si affollano di volti sempre più ignoti, mentre profumi costosi si mischiano e si fondono tanto da lasciarlo un po' stordito.

Beve più di quanto dovrebbe, e a un certo punto fa scivolare un braccio attorno a Zayn ed esige che gli presenti sua madre con voce strascicata perché, accidenti, è la sua attrice preferita da quando aveva nove anni e fin troppe lacrime sono state versate a causa sua. Zayn ha educatamente annuito, ascoltandolo, divertendosi più a riaggiustargli i capelli che per le parole vere e proprie che gli uscivano dalla bocca.

Inoltre, come da routine per questa sua nuova vita, cerca di evitare Harry. E così facendo, finisce per guardarlo ossessivamente.

Perché magari i ragazzi potranno focalizzarsi a dipingere disegni osceni sul pavimento fuori con la vernice a spray e potranno naufragare in body shot e coca, ma Louis prova ancora ansia, sensi di colpa, inquietudine. Perché questa giornata è andata dalla convinzione che lui e Harry avessero una possibilità di diventare amici e che Harry stesse bene, alla scoperta che Harry stava tutto fuorché bene e che non si era aperto a lui neanche un po’ da quando si erano conosciuti.

Ed è sconcertante, davvero. Soprattutto quando attorno a lui ci sono tre diverse persone intente a leccare e a succhiare via il sale dalle sue clavicole mentre lui fissa il soffitto con insipida pazienza, le mani molli dietro il divano.

Harry, con ragazze e ragazzi che gli gattonano sulle ginocchia, tirandogli la faccia verso la loro.

E Louis, avvinghiato a una tazza di tè piena di gin, che sposta bruscamente i passanti dal suo campo visivo per mantenerlo sgombro.

E cazzo, è strano, ma ormai si sta avvicinando la notte e perlomeno non sta sniffando linee di speed dal pavimento della cucina come Niall e Liam, anch'essi ricoperti di vernice a spray, convinti che sia una buona idea.

E non sono nemmeno le sette.

Grugnisce per lo stato raggiunto dalla sua vita prima di tirare via gli occhi da Harry e le puttane e trascinandosi all'angolo più remoto della casa, fregando una sigaretta a Zayn nel tragitto.

**

Per le nove, i ragazzi decidono di spostare la festa in discoteca, e Zayn sta per chiamare i suoi autisti con l’iPhone, quando Harry annuncia di avere da fare.

“È stato un piacere, tesori,” annuncia, torpido, ogni sillaba interrotta da un risatina ansimata mentre incespica in mezzo al gruppo di fan adoranti. “La macchina è appena arrivata. Mandatemi un messaggio se trovate l’oro.” Con un sorriso sghembo in completo contrasto con i suoi occhi nebulosi, comincia ad andarsene, stampando un bacio sulla spalla di Niall quando gli passa vicino.

E Louis lo osserva dal suo trespolo sul bracciolo del divano, nel mezzo di una conversazione con un paio di gemelli svedesi. “Vogliate scusarmi un attimo,” dice frettolosamente mentre quello sulla sinistra blatera qualcosa sul padre che aveva scoperto il petrolio, e, con la vista offuscata – grazie, vodka – Louis insegue Harry.

No. Cazzo, no. Potrà essere sbronzo. Potrà essere stata una giornata random, e strana, e complicata. Potrà essere che non hanno parlato. Ma Louis non lascerà che Harry se ne vada senza aver dato segno di sapere che era lì. Non dopo ieri. Non dopo che Louis gli ha sorriso. E l'ha cercato perché era preoccupato. E ha fissato la sua finestra la notte che era tornato dopo essere scomparso. Non dopo che l'ha messo a letto mentre era ubriaco tante di quelle settimane fa, levandogli i ricci dagli occhi e pulendogli le croste dalla bocca.

No.

Allora Louis scatta in avanti con movimenti ubriachi, afferrando Harry per un braccio. E non ha pensato fino in fondo al suo piano.

“Lunedì ci vediamo per la lezione?” farfuglia. Cosa? No – cazzo, non è questo che voleva dire, per niente.

Ma Harry batte le ciglia piano, sorridendo al di là della nebbia. “Certo, Louis Tomlinson. Ti farò diventare perfettamente intelligente. Sta' a vedere, ragazzo mio.” E fa per andarsene, ma non basta.

Louis gli prende di nuovo il braccio.

“Stai bene?” chiede bruscamente, avvicinandosi di un passo, e a questo punto, l’harem di Harry ha iniziato ad assottigliarsi, li hanno superati con risate da iena per raggrupparsi oltre la porta, verso l’auto che li attende.

Il buon umore di Harry vacilla. “Perché cazzo continui a chiedermelo?” ruggisce, strappandogli il braccio dalla presa, ma Louis si avvicina ancora di più, fissandolo il più intensamente possibile in quei suoi occhi, nonostante l'ebbrezza crescente stia rapidamente ingoiando ogni briciola di ragionamento che abbia.

“Ieri,” riesce solo a dire, e il cipiglio di Harry si attenua un poco mentre cerca qualcosa nel volto con un che di simile alla confusione. O forse sconcerto? Qualunque cosa sia, attira Louis ulteriormente, e adesso le punte dei loro piedi si toccano. “L’hai trovato?” chiede, adesso più piano, ma comunque biascica, e non sa dove gli è venuta questa domanda o cosa significhi davvero o se è troppo personale per Harry, ma non batte ciglio per registrare i cambiamenti di emozione sul suo volto.

Louis si aspetta che se ne vada e basta come fa sempre, che si volti e marci altrove al seguito del suo corteo fin dentro l'auto, ma Harry non si muove, gli angoli dei suoi occhi che gli pizzicano e la bocca che si contorce a disagio. Un ricciolo allentato gli cade negli occhi.

“No,” mormora, mantenendo il contatto visivo, e anche nel mezzo della musica assordante dello stereo e delle risate di Niall, Louis potrebbe giurare di sentire il suo respiro e nient’altro. Fissa quell’ombra friabile che ha davanti, la stanchezza, l’impotenza e la paura impressa nelle sue iridi e nelle rughe, e sente l’eco del suo ‘no’ pacatamente addolorato nella sua mente a ripetizione, e adesso sa che, eh già, poco ma sicuro, Harry davvero non sta bene.

“Harry-“ comincia, facendo per prendergli il braccio, ma poi un mare di altre braccia avvolgono improvvisamente Harry, pelle abbronzata gli stringe il maglione e i ricci arruffati, mentre quelli urlano le loro risate e lo strattonano nella loro direzione.

“Forza Harold!”

“Abbiamo tutta la notte!”

“Styles! Non deluderci proprio ora!”

E gli occhi di Harry, densi e persi e torbidi, si bloccano su Louis, anche mentre lo trascinano oltre la casa, inciampando su membra e tappeti orientali, non battendo mai ciglio, fino a quando si chiude la porta e Louis viene lasciato solo, chiedendosi vagamente se anche lui non abbia iniziato ad affogare.



NdT. Cioè io manco mi vado a guardare la data in cui ho postato l'ultimo capitolo perché mi faccio venire un ictus, ma facciamo che voi non ne parlate, io non ne parlo e adottiamo questo bell'elefante nella stanza e lo chiamiamo Manfred. Vabbè. Diciamo che ho finito gli esami e sono speranzosa che il capitolo 15 venga pubblicato prima della fine del 2015 (SARCASMO! Mi do una settimana di tempo perché già sono a buon punto e voglio tanto tanto tradurre qualcosa che c'entri zero ma anche meno mille con la filologia germanica.)! Dai su, un sorriso. La canzone di questo capitolo è Paradise, quella dei Coldplay! :) :) :) Alla prossima!

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15.

È domenica sera quando Louis prende la decisione di fare tutto il possibile per diventare amico di Harry Styles.

Lui e Niall avevano passato la giornata a riprendersi dalle rispettive sbornie (Niall anche da un cuore spezzato – aveva distrutto il suo segway la sera prima dopo che erano tornati dalle varie discoteche, cercando di guidarlo su delle rampe e fallendo miseramente nell'impresa) e la mente di Louis riavvolgeva costantemente l'immagine di Harry che veniva trascinato via da un mare di arpie mentre lo fissava con un tacito grido d’aiuto in gola.

O, beh, quello che Louis aveva interpretato come un tacito grido d’aiuto, almeno. Ma grido o no, Louis non riusciva a dimenticare.

E allora è a cena, in un piccolo pub pittoresco nei sobborghi della città, intorno alle sette, che Louis mette a punto con fermezza il suo piano d'azione.

Aveva praticamente dovuto cacciare Niall di casa. “Non usciamo più insieme,” si era lamentato con lui, strizzandogli le guance, le ascelle, la pancia, la faccia in generale, mentre quello giocava con qualche programma audio sul suo portatile. Niall aveva risposto con uno dei suoi grugniti distratti, che non aveva fatto altro che aumentare la sua agitazione, quindi aveva iniziato a strillare il suo nome fino a quando il ragazzo non aveva cominciato a prestargli attenzione. “Usciamo sempre insieme,” aveva risposto alla fine. “Sì, ma mai da soli. È come se non te ne importasse più di me.” “Ti manco, Tommo?” “No che non mi manchi, maledetta megera. Ho fame.” “Domani.” “No.” “Dopo.” “No.” Niall aveva sospirato. “Perlomeno posso finire quello che sto facendo?” “Assolutamente no.” Niall aveva brontolato un po’, Louis aveva sorriso compiaciuto, e, finalmente, dopo che gli aveva strappato le coperte di dosso e che era scappato via con il suo portatile in mano, Niall si era finalmente messo dei pantaloni e aveva mandato un messaggio a Nelson dicendo di venirli a prendere.

Ma adesso, mentre tracannano dei whiskey sour (beh, Louis tracanna cocktail dai colori brillanti, è Niall che tracanna whiskey sour… e birra), si godono la serata, prendendo di tanto in tanto una patatina da un grosso piatto di fronte a loro, Niall che si pulisce le mani unte sui pantaloni di tuta e il maglione di football, mentre discutono degli eventi della notte precedente.

“Quel Liam è fuori come un balcone,” dice Niall scuotendo la testa, i capelli dorati come il sole che gli incorniciano gli occhi fiordaliso. “L’hai visto verso la fine? Quando ha aperto quella bottiglia di champagne in faccia allo stronzo? Gli ha quasi cavato un occhio, cazzo!”

E, no, Louis non se lo ricorda perché era un tantino troppo sbronzo per ricordare alcunché della notte precedente. Giura di non ricordarsi di aver bevuto così tanto. Davvero.

Ride cordialmente però, infilandosi una patatina particolarmente grossa in bocca e provando a riordinare la nebbia di ricordi. Purtroppo per lui, l’unica cosa che sembra capace di trovare è un paio di occhi, verdi e sbiaditi.

Ingoia il suo cibo con forza al solo pensiero, lo stomaco che gli si rivolta.

“Harry se n’è andato presto, eh?” butta lì, alzando lo sguardo verso Niall che sta ora finendo la sua pinta in un unico rapido sorso.

Quello mette giù il bicchiere e si pulisce la bocca con un rutto sinceramente impressionante. “Già. Chissà dove se n'è andato.”

“Ah boh.” Louis picchietta un po’ le patatine per un paio di secondi, appoggiando il mento sulla mano. “L’hanno tipo trascinato via, hai visto? Quelle persone orribili.”

“Davvero? Non c’ho fatto caso.”

“Sì. Davvero.”

Niall lo guarda. “E quindi?”

“E niente,” dice velocemente, incrociando le braccia sul tavolo.

Una pausa.

“È solo che-“ si interrompe, riassestando le parole quando un sorriso perplesso prende il sopravvento sul volto di Niall, il suo sopracciglio che si inarca aspettando la fine della frase. “Ho deciso che mi impegnerò a essergli amico, Niall. Seriamente, dico.” Distoglie gli occhi per rivolgerli al tavolo scheggiato di legno e inizia a scavare delicatamente in un graffio particolarmente ampio sulla sua superficie. “Credo che ne abbia bisogno.”

“Quindi. Te lo vuoi scopare?” chiede senza tante cerimonie con i suoi occhi splendenti, facendogli alzare al cielo i suoi.

“No, coglione, non hai capito. Non c'è niente di romantico. È solo che… mi dispiace per lui.”

Niall annuisce mentre ascolta, facendo segno al barista di portare un altro giro di whiskey e birre. “Ci sta.” I suoi occhi tornano a lui, un sorriso che gli si dipinge sulle labbra. “Ma come cazzo hai intenzione di riuscirci, eh? 'Ché da come mi ricordo io, non ti sei fatto piacere neanche quel suo cazzo di ombrello.”

“No, ma l’hai visto quel coso?” scoppia, sporgendosi sul tavolo per guardare Niall direttamente negli occhi. “Era orrendo! Non solo se lo portava a spasso come fosse una specie di premio, ma gli ha pure dato un nome. Gli ha dato un nome, cazzo.”

Niall fa spallucce, sistemandosi meglio nella sua sedia. “Mi piace quel nome. Berkley. Carino.”

Louis indugia, squadrandolo. “Non è un brutto nome,” gli concede alla fine. “Ma questo non significa che sia una cosa normale.”

Niall ride, forte e chiaro, prima di incrociare le dita sulle gambe, i gomiti posati sui braccioli della sedia. “Non hai risposto alla mia domanda. Come hai intenzione di diventare l’amico del cuore di Harry?”

Louis gli lancia un’occhiataccia. “Simpatico. Beh, ci ho pensato un po’, e credo che quello di cui ha bisogno è un sostegno di qualche tipo nella sua vita, no? Qualcuno che gli dia una mano. Quindi farò del mio meglio per essere il più solidale e accomodante possibile. A partire da domani durante la nostra lezione.”

Le sopracciglia di Niall scattano subito in alto, e Louis fa un gran sorriso, lanciandosi un’altra patatina in bocca.

“Credi funzionerà?” chiede, indeciso tra l’incredulità e un giudizio d'indifferenza, le sopracciglia ancora inarcate.

“Beh. Staremo a vedere, no?”

E poi il cameriere arriva con altro da bere, e fanno cin cin con i bicchieri, ridendo per il resto della serata, lavando con l’alcol quel che rimane dei loro postumi da sbornia.

**

Louis ha una chiamata persa di sua madre. Bella merda.

Soprattutto considerato che ha la luna stortissima, dal momento che non è riuscito a dormire per aver, diciamo, passato la serata, forse, a schematizzare un piano di “attacco”, per così dire, che magari è stato, potenzialmente, intitolato: "Come Diventare Amico Di Harry Styles." Quello, oltre al fatto che si è dovuto sorbire delle lezioni dolorosamente noiose (e si era dimenticato i compiti per una di loro, quindi fanculo tutto) e ha dovuto mettere fine educatamente ma con fermezza agli incessanti tentativi di seduzione da parte di un gruppo di ragazze Dolce & Gabbana, l’ha fatto diventare un papero molto, molto scontroso.

E adesso, mentre guarda la notifichina sul suo schermo, è ancora più scontroso.

Davvero, dovrebbe essere riconoscente. Dopo il casino dell’altro giorno, mamma non ha neanche provato a contattarlo, né con messaggi né altro. E adesso non gli ha lasciato nemmeno un messaggio in segreteria, gli ha solo fatto uno squillo e attaccato, quindi dovrebbe provare sollievo. Eppure prova solo timore, perché lo squillo risale a meno di dieci minuti fa, e probabilmente ce ne sarà un altro.

Emettendo un verso che assomiglia sospettosamente a un ringhio, si butta il cellulare in borsa e si avvia verso il suo appartamento, pronto ad affondare nel divano prima di imbarcarsi nella sua lezione con Harry.

**

Non ci sono ulteriori chiamate perse da sua madre. Solo quella. Solo una. Una.

E Louis non lo capisce proprio, ma attribuisce l’ansia nel suo petto all'immenso sollievo e a nulla più – non vorrà mica che lei si sforzi di più per contattarlo lui, o magari vedere com’è andata la sua giornata – e quindi non dice una parola prima di collassare sul divano accanto a Niall, che è strafatto e intento a guardare cartoni in mutande, cappellino con la visiera che gli pende da un lato della testa un po' a casaccio.

“Giornata dura?” chiede, offrendogli la ciotola.

Rifiuta l’offerta, sospirando invece un, “Cazzo, sì,” e seppellendo la faccia nei cuscini di velluto.

“Rory è andato a prendermi del cibo. Vuoi niente?”

“Torta?” squittisce speranzoso, e Niall gli fa pollice su per un secondo.

“Ricevuto, ciccio.”

Rimangono così per venti minuti buoni, Louis che vaga tra il sonno e la veglia, Niall che guarda la tv con le palpebre cadenti, abbaiando di tanto in tanto un fiume di risate.

E poi arriva la torta, e si ingozzano, e Louis sta giusto pensando che questo è probabilmente il momento più bello della sua vita mentre si lecca le dita, quando lo sguardo gli cade sul Rolex di Niall.

“Oh cazzo!” Salta in piedi, gettando la scatola vuota della pasticceria sul tavolino, mentre Niall sbadiglia e lo guarda incuriosito.

“Tutto bene?”

“Devo vedermi con Harry tra venti minuti!”

Niall sbatte le ciglia. “E?”

“E devo prepararmi! Cazzo,” Louis sospira, correndo in bagno per spruzzarsi un po’ d’acqua in faccia.

“Perché hai bisogno di prepararti?” chiede Niall ad alta voce dal divano, e Louis alza gli occhi al cielo asciugandosi la faccia con un asciugamano.

“Perché devo essere pronto, cazzo, no?”

“Pronto per cosa?”

Louis marcia fuori dal bagno, mani sui fianchi, voce acuta. “Per la mia lezione! E oggi è il primo giorno dell'Operazione: migliore amico e non ho ancora-“

Operazione: migliore amico?” chiede Niall, scrutandolo da dietro il divano.

Segue un silenzio.

“Non importa quello che ho detto, Niall. Il punto è che devo sbrigarmi.”

Louis inizia a infilare gli schemi, i libri e le cartelle nella sua borsa a tracolla, i nervi che cominciano a pizzicargli, e si trattiene dall’immaginarsi i possibili esiti di questa giornata. Per quanto ne sa, potrebbero diventare amiconi entro stasera, rendendo di conseguenza l’operazione un successo. Non c’è modo di prevederlo…

“Comunque ti saluta tua mamma.”

Louis si congela, il piede infilato per metà nella scarpa. “Prego?”

“Tua mamma ti saluta,” ripete, grattandosi i genitali.

“Che significa che mia mamma mi saluta? È qui?!”

“Nah. L'ho chiamata stamattina.”

“Parli al telefono con mia mamma?”

“Sì, beh? Parlo con i genitori di tutti i miei amici.”

“Oh, ti pareva.” Infila con cautela il piede nella scarpa, i pensieri che gli frullano nel cervello. Esita, solo per un momento, prima di continuare. “Cos’aveva da dire?”

“Niente di che. È stanca, stressata, sta passando un brutto periodo. Ma ce la può fare.”

Louis giocherella con la t-shirt. Non vuole chiederglielo. Non proprio. Non è che gli importi, e di sicuro non è che non conosca già la risposta.

Ma lo domanda lo stesso.

“Ha chiesto di me?”

L'espressione di Niall subito si trasforma in quella di un orsetto che ha calpestato una trappola, e Louis non ha bisogno d’altro.

“Come pensavo,” taglia corto, raggruppando le ultime cose.

“Beh – ha detto che ti saluta,”  dice Niall, massaggiandosi la nuca e arricciando le labbra in quello che Louis immagina sia un abbozzo di sorriso forzato. Da che lo conosce, neanche una volta l'ha mai visto così a disagio; è un drago impavido – nulla lo intimidisce e non chiederebbe mai scusa per ciò che è. È un tipo alla ‘prendere o lasciare’, e un atteggiamento talmente spigliato e spensierato come il suo non lascia spazio al disagio o alla falsità.

Ma adesso sta sicuramente fingendo un sorriso e si agita per l'imbarazzo che gli provoca quella situazione, cosa che lo fa sentire parecchio, parecchio di merda. Perché persino Niall – l’incurante, privo di tatto, che-chiede-a-Liam-perché-non-si-fa-rimuovere-quella-voglia-inquietante-dal-collo Niall Horan – ha pena di Louis, e del fatto che perfino lui capisce che sua madre non trova poi così speciale il suo unico figlio maschio. Vuole solo un figlio, gliene va bene uno qualunque, e Louis probabilmente non sarebbe la sua prima scelta, con il suo incessante sarcasmo e la sua mancanza di compassione e un armadio pieno di troppe scarpe che ha messo una volta sola e poi mai più.

Probabilmente vorrebbe Niall come figlio. Come darle torto? E a Louis non gliene frega un cazzo perché ci è abituato, lo capisce, e non ne ha bisogno.

“Non fa niente, Niall,” dice, e fa del suo meglio per mantenere la voce leggera, ma sente una strana pressione in fondo alla gola che gli rovina il tono, e le labbra di Niall si tendono nel vaghissimo accenno di un cipiglio.

Schiaffa una mano sulla spalla di Louis. “Senti. Non so la storia fra te e tua madre. Ma ti posso dire che sei un ragazzo a posto, un ragazzo coi controcazzi, e io ti guardo le spalle, ciccio.”

Sono una frase molto semplice e un gesto che lo è altrettanto, ma sarà per il modo in cui Niall dice le cose, con il suo pesante accento irlandese che gli imprime quelle parole nelle ossa e lo riscalda tutto. Quello, e la sua incredibile sincerità, che gli viene così spontanea.

Louis si sente sorridere, sinceramente. “Grazie. Grazie veramente.” E ricambia la pacca sulla spalla di Niall.

E poi hanno un momento d'intesa speciale.

“Beh,” sbotta poi Niall, spezzando il silenzio tenero, “Meglio che te ne vai, se no fai tardi alla lezione con Harry. Hai un amico da conquistare.” E gli fa l'occhiolino prima di mettersi il cellulare in tasca e grattarsi il naso.

**

Si ritrova sull’uscio della porta di Harry, mentre già ripete mentalmente alcune frasi accomodanti che gli potrebbe dire per rendere questo pomeriggio un’esperienza piacevole.

Potrebbe offrirgli da bere? Proporsi di andare a fare shopping di ombrelli con lui? Proporgli di fare due chiacchiere? Dire sì a tutte le sue idee ridicole perché probabilmente non ha l’appoggio di cui avrebbe bisogno da casa?

La mente gli gira, vorticando e sfornandone mille contemporaneamente, ed è così preso dalla sua ‘Operazione: migliore amico’ che a malapena si accorge della porta che lentamente si apre con un cigolio davanti a lui.

Ed ecco Harry, senza papillon, ma con una camicia inamidata bianca abbottonata fino al collo e una giacca color onice con dei pantaloni della stessa tonalità, aderenti in maniera quasi volgare. Ha i capelli arruffati e ribelli, quasi come se avesse infilato la testa in un geyser, e la sua faccia è il ritratto dello ‘scopato a sangue’ e del 'che ci fai qui?’.

Lo guarda aspettando che parli, annoiato.

“La lezione…?” gli suggerisce, inarcando un sopracciglio, e sta giusto per sparare qualche sentenza non appena gli arriva lo sciame di voci che iniziano ora a diffondersi da dentro, ma, con stampati in testa i suoi progetti di vincere il favore di Harry, compone velocemente un sorriso e aggiunge un vispo, “Oggi hai compagnia?” che gli fa male alle guance.

Cazzo quant'è dura.

Le sopracciglia di Harry scattano in su. “Sì, diciamo di sì,” romba, labbra gonfie e baciate, osservando Louis da dietro le ciglia, spalmandosi lungo lo stipite.

“Che bello,” dice a denti stretti.

Rimangono lì.

“Allora mi fai entrare?” chiede educatamente, sul punto di lasciar trapelare impazienza. Deve stare calmo, deve trattenersi. Operazione migliore Amico.

“Ehm. Come vuoi,” dice, quasi sospettoso, facendo un passo indietro per permettergli di entrare. “Non fai sempre quello che ti pare? Non sapevo avessi bisogno del mio permesso.”

Sente un ping dentro di lui, e lo guarda varcando la porta, scrollando le spalle e sorridendo. “Beh. Sarebbe maleducato però, no?”

Harry aggrotta le sopracciglia, fissandolo.

A questo punto, lo sciame di voci si collega a uno sciame di corpi quando circa cinque ragazze e tre ragazzi emergono dalla camera di Harry, i vestiti stropicciati e gli occhi luminosi e incavati, tutti ridacchianti.

Louis li fissa inebetito. Perché sono un sacco di persone fottute. Perdonategli il gioco di parole.

“Ciao Harold!”

“Sei stato un amore, tesoro.”

“Facci uno squillo, sì?”

“Amo tutto di te, bellissimo, non cambiare mai.”

E una miriade di altri saluti senza significato vengono dispersi per aria mentre ciascuno dei corpi profumati fasciati da vestiti di marca lo oltrepassa, uno dopo l’altro, prima di uscire fuori in fila. Come a un convegno. E poi la porta si chiude e rimangono solo loro, Louis con il suo atteggiamento allegro e Harry con gli occhi fissi su un punto indefinito del muro, immobile e senza batter ciglio.

“Beh. Giusto in tempo, non c’è che dire,” prova tra i denti, e gli occhi di Harry lo fulminano.

“Come, non hai nulla da dire?” chiede, freddo. “Nessun commento? Non alzi gli occhi al cielo? Solo due parole sul tempismo?” Ha un tono quasi provocatorio, mentre lo guarda diretto, le mani adesso ai fianchi.

“Non aggiungerò altro,” gli promette, ma è più una promessa a se stesso che a Harry, e Harry gli scruta il volto. “Non ho alcun diritto di giudicarti, no?” continua, le dita che si contraggono per lo sforzo, e si spiattella un sorriso in faccia.

Harry lo fissa di rimando, lo sguardo che si indurisce.

Louis evita i suoi occhi, osservando invece la stanza, ma sente ogni languido battere delle ciglia di Harry, ogni secondo del suo sguardo intenso, ardentemente furioso.

“Che stai facendo?” gli chiede Harry all’improvviso, tagliano il rigido silenzio, e la sua voce è forte ma non nasconde alcun umorismo.

Merda. Quindi è troppo spudorato.

Rimesta il cervello per trovare una risposta, sopprimendo i suoi naturali istinti e cercando qualcosa che sia al contempo premuroso e sottile.

“Sto aspettando di cominciare lezione,” si accontenta di dire, e sorride ancora una volta.

Harry lo trucida con lo sguardo. “Giusto. Beh. Ora non mi va,” dice piano, voltandogli le spalle e iniziando a versarsi da bere. Ha le spalle pesanti e le mani di ricotta, ma il suo volto rimane impassibile di fronte a quello di Louis, che si arpiona alla cinghia della borsa a tracolla.

Vorrebbe chiedergli il perché. Vorrebbe chiedere di Des. Vorrebbe fargli un migliaio di domande lasciate finora senza risposta nella speranza di avvicinarsi un po’ alla soluzione.

Ma, no, non è quello che ha deciso di fare oggi. Oggi Louis deve soddisfare i bisogni di Harry. Trattarlo come se fosse speciale e con attenzione. Scherzando col fuoco.

Per cui dice, piuttosto, “D’accordo. Non dobbiamo farla per forza, se è questo che preferisci.”

Harry indugia prima di voltarsi a guardarlo. “Come?”

“Non dobbiamo per forza se non ne hai voglia.” Louis sorride il più gentilmente possibile. “Come preferisci.”

Harry inarca un altro sopracciglio. “Ma davvero.”

Louis annuisce, masticandosi l’interno del labbro.

“D’accordo, allora. Siediti,” gli ordina il ragazzo.

E Louis si siede.

“Alzati,” dice quasi immediatamente, voltando il corpo per guardarlo direttamente; la freddezza gli sta lentamente dominando i lineamenti.

Louis trattiene un’occhiataccia e lentamente si alza.

Si guardano dall’alto in basso, il disgusto e la rabbia serpeggia sul volto di Harry, le ombre sotto i suoi occhi si scuriscono mentre osserva un silenzioso Louis che non ha la più pallida idea di cosa stia succedendo.

Il suo piano gli si sta ritorcendo contro.

Gli si sta completamente ritorcendo contro. Probabilmente gli dirà di pulirgli il gabinetto o qualcosa così, e perché cazzo ha pensato che fosse una buona idea?

Aspetta, le mani che stringono così forte la borsa che adesso gli stanno venendo i crampi, ma non molla la presa per paura di iniziare a graffiargli via gli occhi o lanciare un vaso.

E allora aspetta.

Finalmente, Harry apre la bocca. “Oggi voglio studiare in giardino,” dice bruscamente, il mento alzato in atteggiamento di sfida.

“Okay,” concorda Louis quasi subito.

L'espressione dell'altro vacilla per un infinitesimo di secondo, prima di fargli strada. “Allora muoviamoci,” brontola, aprendo la porta con forza, e camminando a passi pesanti, senza neanche fare finta di aspettare che Louis lo raggiunga.

**

Dopo sette minuti buoni seduti sull’erba in mezzo ai giardini della scuola a rivendicare il bisogno di trovare la giusta illuminazione prima di scrivergli lo schema, Harry decide di invitare alcuni “amici” a unirsi a loro.

Louis sorride nonostante le vene dello stess che pulsano, dice, “D’accordo. Come vuoi tu,” e si rassicura di star applicando una qualche forma di psicologia inversa a Harry con questi giochetti mentali – che sfuggono persino a lui al momento – mentre quello manda massaggi col cellulare.

Louis aspetta, le gambe accavallate, stringendo con tutte le forze dei fili d’erba, e non ha assolutamente idea di cosa dire nella quiete floreale. Resiste alla tentazione di messaggiare con Niall per dire a Nelson di investire Harry con la macchina (non doveva provare a farselo amico? Non è quella la ragione di questa farsa?), mentre vede arrivare due bellissime ragazze con rossetto, che baciano Harry e subito gli tubano attorno.

Vede la stangona bionda poggiarsi la testa di Harry sulle gambe, mentre lui si sdraia sull'erba fresca e morbida, la vede tirare fuori delle fragole dalla borsa e imboccargliele, una dopo l’altra, come se fosse un dio greco.

Vede il ghigno di Harry e come i suoi occhi di tanto in tanto passino a lui, lui che se ne sta seduto là a scervellarsi per trovare il modo di occupare le mani.

Vede Harry ordinare alla ragazza con i capelli magenta di scrivere quello che le dice.

Vede lei tirare fuori della carta rosa profumata, e scribacchiare tutto quello che Harry le detta sullo schema di Louis.

Tutto questo mentre a Harry vengono imboccate fragole, e il succo gli scorre giù per il mento perlaceo.

Louis freme di rabbia. Ma si morde le labbra.

“Qualcuno conosce un violinista?” biascica improvvisamente Harry, allungando il collo per guardare interrogativo la bionda senza nome. Perché dio ce ne scampi che Harry lo presenti. “Voglio della musica. Mandate un messaggio a tutti i violinisti che conoscete, tesori. Mi si è scaricato il cellulare e io non lo posso fare.”

Come un meccanismo oleato, le ragazze lasciano perdere quello che stanno facendo, tirano fuori i cellulari, e iniziano a scrivere messaggi.

“Verrò premiata per questa gentilezza, vero?” chiede la bionda con un sorriso magnifico, e Harry le accarezza le labbra con le dita.

“Nell’accezione migliore possibile, tesoro, te lo prometto,” mormora.

Louis quasi vomita.

“Puoi andarmi a prendere il libro, Louis Tomlinson?” chiede all’improvviso, ed è una domanda così random e Louis è così abituato a essere ignorato, che sobbalza in risposta. “L’ho dimenticato nelle mie stanze e ora come ora sono impegnato.” Le fessure degli occhi di Harry trovano Louis dalla sua postazione sulle gambe delle ragazze mentre aspetta una risposta.

“D’accordo,” accetta subito, grato di potersi liberare della scena, e balza in piedi dall’erba senza guardarsi indietro.

Attraversa il campus con passo militaresco, la mente che strilla e stride e mette in dubbio questa ‘geniale’ idea del cazzo di servire Harry, cercando di decidere cosa fare da adesso in poi perché, no, poco ma sicuro il suo piano non funziona.

E poi raggiunge la porta di Harry.

E il suo umore peggiora.

“È chiusa,” cerca di non sbraitare, minuti dopo, appropinquandosi a Harry e alle ragazze. Sono ancora nella stessa posizione, ora in compagnia di due ragazzi e una ragazza dediti a suonare violini a poca distanza. E l'atmosfera è piacevole, okay, ma non fa altro che incrementare l’agitazione che gli sta montando dentro.

“Oh. Scusa tanto,” sorride Harry, porgendogli una chiavetta adorna, legata a un nastro di velluto rosso. “Ecco qua. Ora via.”

E così Louis ripercorre il tragitto, apre la porta, e setaccia le stanze di Harry.

I libri di testo non ci sono da nessuna parte. E non può chiamare lo stronzo perché: 1) Non ha il suo cazzo di numero. 2) Anche se ce l’avesse, il bastardo ha il cellulare scarico.

Praticamente ha il fumo che gli esce dalle narici.

“Non l'ho trovato,” dice, tornando una seconda volta, con il sorriso più falso dell’universo e il sudore che adesso gli si sta formando sul sopracciglio, la chiave stretta in mano.

“Oh, cavoli, sai che c’è? Io i libri di scuola non ce li ho. Non so dove avevo la testa,” dice in un tono esageratissimo, sfoderando un ghignetto spudorato; nei suoi occhi brilla qualcosa che Louis potrebbe descrivere soltanto come astio.

“Okay. Capito,” sbuffa, restituendogli la chiave e tentando di non pestargli il piede dritto sul cavallo.

“Beh. Ho pensato che inizieremo per bene la lezione non appena sarai di ritorno, ora che Marge ha completato il tuo schema,” canticchia, esaminando pigramente la chiave che ha in mano mentre Bionda gli fa scivolare le dita tra i capelli e fa scoppiare la gomma da masticare, fissando Louis con occhi annoiati.

Il suo stomaco si ribalta. “Di ritorno?”

“Dalla danese alla crema che mi andrai a prendere.”

“… Dalla danese alla crema,” ripete in tono piatto. Operazione migliore amico. Operazione migliore amico. Operazione migliore amico.

“Esatto. Dalla danese alla crema. Ho fame, Louis Tomlinson. Non si insegna a stomaco vuoto,” sbotta, dandosi due pacche sulla pancia, e Louis per poco non si taglia di netto il labbro.

“Okappa, amico mio,” praticamente strilla, la determinazione e la cocciutaggine che gli volteggiano nelle vene. “Dalla danese alla crema. Ci si vede fra un attimo!” Il suo entusiasmo è al limite del maniacale, mentre si avvia alla pasticceria più vicina dove lui e Niall vanno sempre quando sono ubriachi o fatti o hanno avuto una brutta giornata o si svegliano prima di mezzogiorno.

Louis non ha idea di che stia succedendo. Neanche uno straccio di idea. E ha ancora meno idee sul perché stia partecipando in prima persona a questa puttanata. Ma a questo punto è quasi una questione di principio, per cui digrigna i denti e va a prendere a quello stronzo di Harry Styles la sua fottuta danese alla crema e giura sulla tomba di tutte le persone che gli sono care che non proverà mai e mai più ad accontentare questo miserabile viziato.

Quando finalmente torna, con la pasta calda in mano, Harry ciondola un po’ la testa per guardarlo.

“Finalmente,” biascica.

Louis sente le scintille che gli partono dagli occhi.

Con un unico movimento pigro, Harry fa raccogliere a Marge la danese senza neanche sprecarsi a guardarlo negli occhi, prima che la ragazza si accucci al suo fianco, strappando dei pezzettini e infilandoglieli delicatamente in bocca.

Louis fissa il tutto, disgustato, furioso, ripugnato, fumante, frustrato, arrabbiato-

“Adesso puoi andare,” fa le fusa improvvisamente Harry con un grosso boccone tra i denti. “Abbiamo finito.”

“Ma hai detto che la lezione-“

“Marge ha il tuo schema. Prenditelo.”

Louis ancora lo fissa, sinceramente senza parole.

“E prendi anche questo,” gli ordina, accartocciando la busta della pasta e lanciandola verso di lui; gli rimbalza in testa e poi sull’erba.

A corto di parole e pericolosamente vicino all'omicidio, Louis strappa lo schema dalle mani protese di Marge, che sta trattenendo a stento le risate, e si sente le guance arrossire per la rabbia scorticante che sente dentro.

Fanculo l’operazione migliore amico.

“Stessa ora domani,” gli dice con la sua parlata strascicata, un sogghigno che gli prende metà faccia, e mentre Louis si allontana, sente le ragazze esplodere in scoppi di risa incontrollabili.

**

“QUANTO LO ODIO QUEL CAZZONE DI MERDA,” strilla sbattendosi la porta alle spalle.

Niall alza lo sguardo dallo sgabello del pianoforte – dove è anche riuscito a trascinare la batteria – e alza le sopracciglia dalla sorpresa.

“Non è andata bene?”

“GLI SBUCCERÒ LA PELLE DI DOSSO E GLIELA FARÒ MANGIARE,” continua a gridare, buttando via con un calcio la borsa e poi le scarpe – che finiscono per volare dall’altra parte della stanza, con Niall che ne segue la traiettoria con occhi spalancati – e poi anche i suoi vestiti. “MI RIMANGIO TUTTO, NIALL. MI RIMANGIO TUTTO. È UN BASTARDO PUZZONE, MALVAGIO ED EGOISTA CHE NON HA CUORE O SENSO DEL PUDORE, E NON ME NE POTREBBE FOTTERE DI MENO DI LUI.”

E poi sbatte la porta di camera sua, lasciando dietro di sé un Niall a bocca aperta.

**

Il giorno dopo, Louis riesce a malapena a sopportare le lezioni, la mente concentrata su una cosa sola: l'ora di ripetizione con Harry. Che già a pensarci gli fa accapponare la pelle.

Arriva presto, la giornata passa in tesa trepidazione.

Ma Louis stavolta è preparato.

Perché, la notte scorsa, mentre era intento a scarabocchiare arrabbiato un Harry spinto in un vulcano attivo, aveva anche fatto un nuovo schema per il suo piano d’attacco. Questo intitolato: ‘Diciamo basta alle carinerie’. Perché Louis è una persona creativa e originale. E Louis prende i suoi schemi molto seriamente.

Se Harry ha intenzione di trattarlo come un idiota che vale meno di zero, per puro sfizio, allora forse ha bisogno di un po’ di maniere forti. La morbidezza non è chiaramente il modo giusto per ingraziarselo. Quindi forse una mano ferma funzionerà.

Quando Harry gli apre la porta, ha già lo sguardo torvo. È agghindato di tutto punto in un vestito melanzana acceso, con tanto di papillon. “Evvai,” biascica stancamente.

Louis gli restituisce l’occhiata, non risponde, ed entra dandogli una brusca spallata.

“Bene, bene,” dice, chiudendo la porta. “Deduco che i tuoi tentativi di mostrarti educato sono falliti?”

Louis lo ignora nuovamente, standosene piuttosto al centro della stanza, con le mani infilate nelle tasche della giacca di jeans. Guarda avanti a sé, sentendo la rabbia residua di ieri tornare a galla sospinta dalla voce di Harry, con punte di cattiveria e offesa.

Tuttavia Harry non sembra accorgersene, e decide di sedersi su una grossa sedia rosso vermiglio, una tazza di tè tra le dita, le gambe accavallate.

“E oggi come stai, Louis Tomlinson?” butta lì, con un ghigno mascherato da sorriso.

La testa di Louis scatta verso di lui. “Non sono qui per rispondere alle tue domande del cazzo. Ora, dov’è il mio schema?” sbraita, cacciando fuori la sua rabbia repressa e le sue frustrazioni, cosa che lo fa sentire sorprendentemente bene.

Forse le maniere forti saranno la sua nuova qualità distintiva.

Il volto di Harry tremola dalla sorpresa, prima che si ricomponga e prenda un grande sorso dalla tazza di tè. “Beh, ovviamente ancora non l’ho iniziato visto che-“

“Allora comincialo. Non sono qui per le tue chiacchiere, quindi piantala di sprecare il mio cazzo di tempo e finiamo in fretta così non dobbiamo rimanere qui più a lungo del dovuto,” sbotta, e gli lancia la sua occhiataccia più feroce, pugni chiusi ai fianchi.

Bene, sta andando bene. Sta prendendo il controllo, sta facendo vedere a Harry che non può comportarsi come uno stronzetto viziato per tutto, e di rimando, Harry si arrabbierà e litigheranno, litigio che porterà al rispetto e all'intesa reciproci.

Louis attende, aspettandosi che il mondo vada in frantumi per le sue parole, o perlomeno la tazza di Harry quando la lancerà dall’altra parte della stanza, ma quello che effettivamente succede è… strano.

Molto strano.

La faccia gli cede quasi impercettibilmente, e se Louis non fosse diventato un esperto delle espressioni facciali di Harry Styles, forse non se ne sarebbe accorto subito. La faccia gli cede, e lo fissa. Le spalle gli si abbassano in sottomissione, e Louis lo vede spostare gli occhi sul pavimento, abbattuto e piccino. Poi, lentamente – e con aria abbattuta, con suo sommo disagio – Harry si alza in piedi, camminando in silenzio fino alla sua scrivania, capo chino e occhi… feriti.

E cazzo.

Cazzo.

Questo non sarebbe dovuto succedere.

Louis lo guarda, sentendosi parecchio allarmato e giù di corda, ed è come se davanti a lui ci fosse un vero e proprio cucciolo bastonato: Harry senza una parola si siede e tira fuori una penna – non quella d’oca – e un foglio, scribacchia uno schema a incredibile velocità, gli occhi che mai si allontano dal foglio, le ombre che paiono incupirsi, il pomo d'Adamo che fa su e giù mentre deglutisce forte.

In un batter d’occhio, l’atmosfera si è trasformata in una poltiglia pesante e dolorosa.

E Louis ancora non capisce se la sua nuova tecnica stia funzionando in qualche modo contorto, questa tecnica della mano ferma, o se gli si stia ritorcendo contro o che altro, e decide di prenderlo come un, diciamo diciamo, segnale positivo?

Per questo, ingoiando la bile che minaccia di sollevarsi dalla sua gola e il dolore lancinante al petto, Louis tira avanti.

“Odio la tua calligrafia,” lo critica, cercando di mantenere la voce ferma e piatta, da dietro la spalla di Harry, osservando il suo lavoro. “Riesco sì e no a leggerlo. Devi proprio scriverlo così? Come se stessi pregando di farti notare?”

La sua mano subito si blocca.

Cazzo.

Louis si artiglia alle tasche dall'interno per calmare il suo disagio, sentendosi un vero pezzo di merda. A quel punto si allontana, incapace di continuare a guardare Harry, perché proprio non ci resiste, a guardare la sua reazione; non importa quanto sia stato orribile ieri, o quanto tutto questo possa, alla lunga, potenzialmente aiutarlo, Louis sente le prime crepe, incapace di essere così volutamente crudele.

E cazzo, no, queste maniere forti di sicuro non gli si addicono. Non gli importa se sia utile in qualche modo malato e contorto; Louis questa cosa la odia da morire. Non è Harry. Non può rifilare cattiverie come se niente fosse.

Passano i minuti, interrotti solo dal graffiare della penna contro il foglio, e dai canti degli uccelli fuori che si intrufolano nelle crepe delle finestre di Harry. Il sole è caldo e dorato, illumina le foglie bruciate degli alberi autunnali, e tutto sembra ardere tra le fiamme quando Louis guarda fuori dalla finestra. Il mondo che va a fuoco, brucia. Un po’ come il suo intestino, che si contorce e si attorciglia e brucia. Dai sensi di colpa. E dalla paura. E dall’ansia.

E poi cosa cazzo sta facendo e perché? E dove sono gli altri quando ha bisogno di loro??

Finalmente, i graffi della penna si interrompono, e Harry brandisce il prodotto finito a Louis, gli occhi che mai abbandonano la loro traiettoria verso il basso.

Louis prende il foglio, sentendo la precaria compostezza del suo volto, ancora incapace di costringersi a guardare Harry e ispezionando il documento che ha davanti.

Lo fissa. Il cuore gli si stringe.

“L’hai. L’hai riscritto,” dice, sorpreso, ma gli si aggrottano le sopracciglia e guarda Harry per cercare conferma. “L’hai riscritto tutto. In maniera diversa.”

“Hai detto che non ti piaceva la mia calligrafia,” dice piano, gli occhi abbassati, le ciglia spesse e ammassate sulla pelle pallida. E sembra quasi sul punto di piangere per la frustrazione, ogni suo gesto urla rifiuto e insicurezza, ed è allora che Louis capisce fino a che punto la sua tattica sia sbagliata. Non serve a un bel niente, proprio a niente, questo disastro di esperimento comportamentale. Perché Harry è sensibile, ancora di più di quanto pensasse, e lo vede da come piega la testa e da come curva le spalle, e dal modo in cui il suo corpo sembra chiudersi su se stesso mentre se ne sta seduto e aspetta di essere ulteriormente criticato.

E, cazzo, deglutisce. Sembra proprio che… ci sia abituato. Che sia normale per lui essere giudicato e maltrattato. Che sia così immerso in una routine della sottomissione nei confronti di quelli che si approfittano del potere che esercitano su di lui, che subito si arrende senza fiatare, in attesa che qualcuno se ne approfitti ancora di più e cazzo, di questo passo vomiterà.

“Ma-“ comincia, ma le parole non escono e stringe il foglio.

Harry porta lo sguardo al pezzo di carta, scorrendo le parole con gli occhi, e dice con una voce morta, continuando a evitare gli occhi di Louis, “Non va bene?”

“È-” inizia, ma non riesce letteralmente a parlare, fissando Harry che fissa il foglio.

Passano alcuni istanti, istanti in cui i loro occhi rimangono gli stessi, prima che alla fine Harry si alzi in piedi, ancora senza guardarlo, e gli volti le spalle, camminando a fatica e piano verso la sua stanza, le mani molli.

“Puoi andare. Abbiamo finito per oggi.” Sono parole tranquille. E poi si infila nella stanza e chiude la porta. 

E no. Proprio no. Cazzo no, Louis non può andarsene così.

E allora resta fermo, foglio alla mano, sul posto per quelli che potrebbero essere secondi, minuti, ore o anni.

Harry deve aver capito che il suono della porta che si chiude non c'è stato, perché non passa troppo tempo prima che la porta della sua camera da letto si apra esitante, e che lui sbirci fuori, le sopracciglia aggrottate e gli occhi stanchi, le labbra ferme in un piccolo broncio spaventato che gli spezza veramente il cuore in modi che assolutamente non comprende.

“Perché sei ancora qui?” chiede, ed è quasi impaurito.

Louis lo fissa. “È solo che. Sto… sto guardando le tue tende,” sbotta, guardando il ragazzo di fronte a lui, i suoi intestini pronti a spiattellarsi sul pavimento.

“Le mie… tende?”

“Sì. Già. Già, le tue tende. Sono un po’ troppo lunghe. E, beh, posso sistemartele se ti va. Così non le infestano termiti o, tipo, ti spazzano per terra.” Ha la voce colma di emozione e leggermente stanca, e non ha guardato neanche una volta nella direzione delle suddette tende, ma non gli vengono in mente altre scuse e non riesce nemmeno a formulare i suoi pensieri sinceri, intento com’è a fissare senza battere ciglio Harry, sentendosi come lo scemo del villaggio.

“Mi piacciono le mie tende. Non voglio alterarle in alcun modo,” dice poi, cocciuto, la voce più forte, presenza meno esitante, e sente il sangue che torna a pompare al riconoscere questo Harry.

Oddio grazie.

Louis annuisce. “Bene, allora. Fa niente.”

Silenzio.

“Perché non te ne vai?” chiede di nuovo, aprendo adesso completamente la porta e uscendo fuori.

“Perché, per-perchè… cazzo, Harry!” impreca, sentendosi tanto alle strette e a un vicolo cieco. “Che hai che non va? Non so che… non puoi semplicemente-“ sbotta, frustrato al limite ma in maniera impalpabile, tanto che le sue parole cozzano e si accavallano tra loro, e gli occhi di Harry si allargano.

“Di che stai parlando? Perché ti stai comportando così?” Anche la sua voce ha un che di frustrato, la sua perplessità è evidente, e Louis prova a soppesare la situazione e il modo migliore per affrontarla.

Ma, invece, va nel panico.

Va nel panico, gira i tacchi, e fugge dalla stanza, borbottando un, “Cazzo, mi arrendo,” e corre il più veloce che può al suo appartamento, non preoccupandosi nemmeno di chiudere la porta di Harry dietro di sé.

**

“Sono malvagio!” piagnucola lanciandosi in braccio a Niall.

Niall, panino in bocca per metà stravaccato sul divano a guardare music video, lo fissa dall'alto.

“Salve.”

“Sono il più malvagio dei bruti e voglio morire. Sono stato così cattivo con lui, Niall. Un mostro. Ed è diventato così triste! Cazzo, è diventato tristissimo e io sono una merda. Una persona di merda e non merito mai più neanche un grammo di felicità. Ehi, è salame piccante?” aggiunge, odorando il panino di Niall.

“Ehi. Fatti il tuo,” lo rimprovera, proteggendo il panino, prima di appoggiargli una mano sulla testa. “Non preoccuparti tanto, Tommo. Fai sempre tragedie, ma alla fine non è mai nulla.”

“Stavolta non è così!”

“Beh, qualunque cosa sia, andrà tutto bene. È successo. Passa oltre. Allora, vuoi cenare?” chiede con disinvoltura, con i suo modi emotivamente facili, e Louis glielo invidia molto, il fatto che riesca a sentire cose terribili, cose angoscianti, e continuare per la sua strada senza pensarci due volte.

“Sto troppo male per mangiare,” borbotta, mettendo su il muso e ficcando la faccia nella pancia di Niall, sperando di assorbire il suo calore mentre si aggrappa alla sua maglia.

Quello sorride scuotendo la testa, dandogli dei buffetti rassicuranti sulla sua e cercando la sua mano prima di agguantarla, tranquillizzante. “E un po’ di sushi?” offre.

Louis sospira, mettendosi a sedere irritato, ma non lascia andare la sua mano. “Non ho fame, Irlanda, sono sconvolto. Non so cosa fare con Harry.”

Per un attimo, Niall lo studia, la tenue luce dalle posizioni strategiche del loro appartamento di lusso che gli riscalda le guance di pomodoro e quegli occhi di mezza estate che scrutano i suoi tratti, prima che lo afferri per le spalle, avvicinandoselo per coccolarlo per bene.

“Okay, beh. Forse se sapessi di più su Harry, capiresti meglio il perché di come si comporta?” prova, guardando con un occhio la tv e stringendosi meglio Louis al petto.

Si lascia riposizionare meglio nell’abbraccio, nonostante la macchia sospetta di salsa piccante sulla maglia. “Sai, non è malissimo come idea,” mormora, battendo le ciglia. Allunga il collo per guardarlo. “È un modo sottile per chiedermi se mi piacerebbe sapere di più su Harry?”

Niall ride, il fiato caldo sul volto di Louis, che sguscia via per l’assalto. “Nah. Non so un cazzo di Harry, ti ho già detto tutto quello che so. Cazzo, però, scommetto che Zayn una cosetta o due la saprà. Sono amici da quando erano piccoli. Chiedi a lui.”

Louis indugia, lasciando che l’informazione venga assorbita dal suo organismo. “Chiedere a Zayn,” ripete, piano. Batte le palpebre. “Niall. È probabilmente la cosa più utile che tu abbia mai detto,” dice sbigottito.

Seguono una risata gioiosa e una mano che gli scompiglia i capelli, e poi le braccia di Niall lo lasciano andare. “Così mi sono tolto il pensiero. Adesso alza il culo da stronzo così possiamo finalmente andare a mangiare.”

E, sorridendo e dandogli un colpetto sotto il naso, Louis salta in piedi e si avvia nella sua stanza, sentendosi un po’ meno complicato.  


NdT. Canzoni di questo capitolo: No Light, No Light (Unplugged) - Florence & The Machine e Baby's on FireThe Venus In Furs dalla colonna sonora di Velvet Goldmine (GUARDATELO ORA). Finirò questa traduzione un giorno, lo giuro. Alla prossima! <3

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16.

Il giorno dopo, prima delle ripetizioni con Harry – e dopo uno dei giorni di lezioni più noiosi di sempre (erano tre e si era addormentato a tutte quante, ogni volta era stato goffamente svegliato da altri, qualche foglio appiccicato alla faccia) — bussa alla porta di Zayn, i nervi a fior di pelle e le mani sudate per il ‘e ora che cazzo gli dico’.

“Avanti,” lo sente rispondere nella sua voce di seta, e apre la porta con una spinta, sorridendo non appena vede Zayn, con dei pantaloncini neri e una maglia dei Nirvana, vernice che gli sporca mani e braccia, mentre se ne sta di fronte a una tela ricoperta di neri e grigi, picchiettata di bianchi.

“Ehi,” lo saluta Louis, le mani in tasca mentre gli si avvicina piano, sentendosi piuttosto goffo e nervoso e generalmente strano.

Zayn gli sorride all'istante. “Louis,” lo accoglie, la tavolozza nella mano sinistra, il pennello nell’altra.

“Ehm, ciao,” lo saluta di nuovo, e il suo disagio è palese mentre rimescola la mente per trovare il modo di introdurre il discorso a cui vuole andare a parare.

Ma Zayn non sembra incuriosito o interessato, continuando piuttosto quello che stava facendo come se Louis non fosse nemmeno nella stanza.

“Mi domandavo quando saresti venuto da me,” dice alla fine con un sorrisetto, i suoi bellissimi occhi nocciola che intercettano le luci dei cristalli mentre rimira il suo lavoro, poi affonda il pennello nella vernice blu notte.

“Ci vediamo sempre,” risponde con una risata che però è nervosa e leggera; le sue mani sprofondano ancora di più nelle tasche.

Zayn lo guarda mentre unge il pennello nel colore intenso. “Sei qui per Harry,” dice soltanto.

Louis lo guarda a bocca spalancata. Come cazzo…?

“Ma come-“

“Rilassati. Non importa.” Si interrompe, facendo scorrere il pennello sulla cima della tela, la testa piegata di lato che segue il movimento della mano. “Liam è a un assemblea. Quindi siamo soli.”

Louis annuisce, afferrando l’implicazione, e non gli dispiace la garanzia di un po’ di privacy. Ma ha lo stomaco ancora sottosopra. E all’improvviso si sente le scarpe troppo strette, per questo le picchia contro il legno scuro del pavimento. Per contrasto, sembrano così sporche sulla superficie lucidata e brillante.

È la prima volta che è solo con Zayn. Questo, insieme all'argomento imbarazzante, in un certo senso lo lascia in un angolo.

“Risponderò sinceramente alle tue domande,” lo incita la voce gentile e patinata di Zayn, e anche se i suoi occhi non abbandonano mai la tela, Louis sa che sta cercando di aiutarlo, cercando di aiutarlo ad addentrarsi in una conversazione che non sa esattamente come manovrare.

Louis inizia ad aprire la bocca.

“Ma solo per quanto riguarda il sottoscritto, situazioni che riguardano me, e informazioni generali. Non divulgherò alcun informazione che non ho il diritto di divulgare. Okay, amico?” chiede, ma non è una vera e propria domanda, e adesso pianta il pennello in una bomba dorata e densa mentre lo fissa apertamente.

Bella merda.

Addio a tutte le sue domande.

Ma in ogni caso annuisce, ammirando i suoi principi e l'etica e la sua lealtà irremovibile, e un piccolo sorriso gli alleggerisce l’espressione, intento com’è a restituire lo sguardo al bellissimo ragazzo che ha di fronte. “Va bene,” concorda.

E Zayn torna a dipingere, con tranquillità e fermezza.

E allora. Eccoci qui. Ma da dove cominciare?

“Non-non so se sai di questi ultimi giorni?” inizia, tirandosi le maniche del maglione grigio pallido sulle mani, facendosi delle zampette calde. Si concentra su di esse, lanciando di tanto in tanto uno sguardo a Zayn che continua a lavorare.

Quello rimane in silenzio, impassibile. Louis non è sicuro se interpretarlo come un ‘sì’ o un ‘no’ – Zayn è sempre stato difficile da leggere – per cui non perde tempo a domandarselo più di tanto; tira avanti appallottolandosi gli orli del maglione tra le mani.

“Mi sento in colpa,” continua, e sa che la voce non sembra per niente la sua, tutta seria e timorosa, quindi si schiarisce la gola e tenta un tono più fermo. Ma gli esce fuori soltanto più inquieto. “Pensavo che, forse, se sapessi di più sul suo conto, potrei… capirlo meglio? Non so, Zayn. È solo che…” Fa rimbalzare le zampe l’una contro l’altra, scostandosi i capelli dalla faccia, svuotandola di ogni espressione. “Credo che potremmo essere amici, no? Ma devo sapere qual è il… problema.”

Alza un po’ lo sguardo mentre dice l’ultima parola, e Zayn annuisce, appena appena, gli occhi concentrati, che ascolta, e capisce.

“Quindi, mi chiedevo.” Lo fissa, lasciando cadere le zampe ai fianchi, lasciando che le mani si liberino dalle maniche. “Potresti dirmi tutto ciò che sai di Harry. Dal tuo punto di vista. Qual è la vostra storia, cose così.”

Se tutto va bene, quella rientrava nel reame delle domande sì.

Louis aspetta.

E Zayn sorride. “Bella domanda.” Louis si rilassa. “Io e Harry siamo sempre andati a scuola insieme. Sin da ragazzini.”

“D’accordo. Eravate amici?”

“Sì, certo. Buoni amici. Eravamo cresciuti insieme, in un certo senso, perché i nostri genitori erano nella stessa cerchia. La moglie di Des quando Harry era piccolo faceva la modella, quindi erano sempre a tutti i banchetti e raduni a cui andava anche mia madre. Poi abbiamo iniziato ad andare a scuola insieme.”

“Quindi siete amici d’infanzia,” ribadisce Louis con decisione, e Zayn annuisce, schizzando la vernice sulla tela.

“A scuola eravamo sempre in giro. Harry è sempre stato popolare, ha sempre attirato attenzione, è sempre stato il primo in tutto.”

“Qualcosa mi dice che per te non era molto diverso,” sorride lui.

Zayn alza le spalle. “Sì e no. Vedi, a me non piaceva l’attenzione. Ma Harry l’adorava. A casa non era così, quindi era tutto per lui. Era un ragazzo dolce, delizioso.”

“Ma davvero. E che è successo poi?” sbuffa Louis.

Cala per un attimo il silenzio; Zayn mette giù la tavolozza e raccoglie uno straccio umido, pulendoci il pennello. Il suo volto è calmo e impassibile, ma non zittisce in alcun modo la curiosità di Louis, mettendolo anzi ancora di più sulle spine.

“È risaputo che la mamma di Harry morì quando lui aveva nove anni.”

No che non lo è. Ma Louis annuisce.

“La gente dice che non ci sia rimasto male. E da fuori era vero, non ci era rimasto malissimo. Ma-“ si interrompe di colpo, i suoi movimenti si bloccano e gli occhi si perdono in un punto imprecisato del pavimento, la mente lontana. E poi altrettanto improvvisamente ricomincia a muoversi, lo straccio si trascina lungo il pennello, ed è di nuovo con i piedi per terra. “Beh, quello può dirtelo solo lui. Ne ha passate di brutte però, Harry, e solo perché nessuno lo capiva dal modo in cui si comportava, non significa che se la stesse passando bene.”

Col pennello ormai pulito, Zayn mette tutto giù prima di scivolare verso l’ampio tavolo al centro della stanza, raccogliendo un sottile astuccio dorato. Lo apre, estraendo una sigaretta, poi ne offre una a Louis, che la prende senza esitare, in attesa che Zayn continui.

Quello si mette la sigaretta tra le labbra perfette, il bianco in contrasto con i toni caldi della sua pelle, e cerca un accendino in tasca. “Ha avuto parecchie mamme. Nessuna di loro è rimasta. E poi Des ha iniziato a uscire con mia madre.” L’accendino si aziona e lambisce la sigaretta mentre Zayn inala, profondamente e magnificamente, le lunghe ciglia scure che si stendono sulle guance. “All’epoca avevamo più o meno quindici anni,” esala con una boccata di fumo, le parole che si arricciano in ciuffi. “Poi si sono sposati, siamo andati a vivere tutti insieme.” Indugia, riflettendo e pizzicando la sigaretta tra le dita sporche di vernice. “Allora era felice, Harry. Aveva comunque i suoi problemi, ma non era… Si divertiva, sì, ma ci teneva. Ci cacciavamo in un sacco di guai.” Zayn sorride al ricordo.

Louis sorride in risposta, passandosi la sigaretta mai accesa tra le mani, ascoltando con attenzione.

“Mi ha fatto conoscere tutto lui. Facevamo baldoria tutto il giorno, ogni giorno. Bevevamo tutto quello che ci capitava per mano, scopavamo tutto quello che ci capitava per mano, fumavamo tutto quello che ci capitava per mano… la mia prima sigaretta è stata con lui.”

Louis non può fare a meno di ridere al tono reverenziale che c’è nella sua voce, e Zayn lo imita, la sua risata delicata e carina, così diversa dai contorni acuminati del suo aspetto esteriore.

“Facevamo tutto insieme. Sinceramente credo che fossimo entrambi un po’ incazzati per il fatto che i nostri si fossero sposati. Des allora stava meglio, prendeva i farmaci e non beveva tanto come oggi ed era ancora pulito, quindi stava bene. Però non mi è mai stato molto simpatico. Se non era in viaggio o a promuovere un disco, era allo studio di registrazione, e non parlava chissà quanto. Gliene fregava più delle chitarre che delle persone, mi sa. Ma eravamo migliori amici, io e Harry, quindi la vedevamo come una scusa per combattere insieme, no? Noi contro il mondo, in quel senso là. E Harry era buono, era simpatico e premuroso e strano forte. E suonava il violino e mi chiedeva di cantare perché gli piaceva un sacco la mia voce. Diceva a tutti quanto fossi bravo. Mi portava dappertutto. Mi faceva vedere di tutto. Raccoglieva dei fiori e lasciava delle ghirlande fuori dalla mia porta e si addormentava nel mio letto e…” indugia, le sopracciglia che iniziano ad aggrottarsi. “Non era perfetto, ma era meglio di com’è ora. È cambiato tutto quando Gemma se n’è andata. E dopo di lei, la sua au pair.”

“Aspetta, come?” chiede Louis, sorpreso. “La sua au pair?”

Zayn annuisce, piano, gli occhi rivolti verso il basso. “Era la cosa più vicina che associasse a vero affetto, credo, oltre a Gemma. Des la odiava. Lei odiava Des.” Prende un lungo tiro dalla sigaretta. “Ma Gems se ne andò per prima. Tolse le tende per un contratto con Burberry. Già si faceva ogni tanto, poi diventò una vera e propria tossica. Tagliò tutti i ponti con la famiglia, compreso Harry. La cosa lo sconvolse. Ma all’epoca non ci feci caso. Non disse mai niente in proposito, non si comportò in maniera diversa. Ci volle del tempo perché me ne accorgessi… ma credo che fosse troppo tardi.” La sua voce ora è tranquilla, distante e calma come le onde dell'oceano, e Louis a malapena la sente sotto il suono dell’incrinarsi delle sue costole.

“Che vuoi dire?” chiede, la voce ridotta a un sussurro. Non è sicuro che Zayn lo abbia capito.

“Solo circa un mese dopo… se ne andò. L’au pair.” Ha la voce strana, il volto contorto. “Harry le voleva bene, anche se non l’aveva mai detto, credo. Ma era così, lo so che era così, e quando lei se ne andò, le cose iniziarono veramente a cambiare. Ripeto, all’epoca non avrei mai potuto capirlo. Manco me ne accorsi. Ma dopo che lei se ne andò, piano piano, diventò quello che è ora. Una persona vuota. Che cerca di distrarsi. Di esistere in apparenza ma non in essenza.” Zayn guarda in basso, la sigaretta che si assottiglia fino alla cenere.

Ma Louis, trasformatosi velocemente da triste a infuriato nel giro di secondi, lo fissa, a bocca spalancata.

Perché COS’È che ha appena detto?

“Cosa?” chiede con forza, ma Zayn non alza lo sguardo. “Fai sul serio, cazzo? No, davvero. Sei serio?” Zayn si morde le labbra. “Lo vedi anche tu? Sai che c’è qualcosa di drasticamente sbagliato in lui, e non fai un cazzo per cambiare le cose? Lasci che succeda?! Credevo di essere l’unico a essermene accorto, Zayn! Che cazzo, perché nessuno cerca di aiutarlo?!”

“Io non posso fare niente, Louis,” dice piano, ma Louis non lo sente.

“Ho cercato fino al vomito di capacitarmi di quella TRAGEDIA di essere umano nei soli due mesi in cui l’ho conosciuto, e a te che lo conosci da anni non te ne frega una sega?! Zayn, ma che cazzo di problema hai?? Non è-“

“Ci ho provato, Louis,” dice, più forte, e rivolge gli occhi a lui, colmi di emozione come non glieli ha visti mai. “Ci ho provato, okay? Ma lui…” la voce gli si smorza, spegne la sigaretta in un posacenere piccolo e argentato. Sospira, vellutato, i movimenti calmi mentre la sua faccia inizia a rilassarsi. “Ci sono certe cose che Liam non sa, Louis. Cose che non c’è bisogno che sappia.” Gli occhi di Zayn si sollevano, incontrando quelli di Louis.

“Che vuoi dire?” chiede piano.

Zayn sospira. “Ero innamorato di Harry.”

Louis si fa sfuggire una raffica d’aria.

“Mi ero fottuto il cervello per lui,” continua, lo sguardo lontano. “Avrei fatto di tutto per lui.”

“Lui lo sapeva?”

“Sì.”

Merda.

“Avete mai…?”

“Sì. Di continuo.”

Gli occhi di Louis si allargano. “Minchia. Per forza che Liam non lo sa.”

“E non dovrebbe. Non è più importante. Allora non conoscevo Liam. Avevo solo Harry. E credevo davvero che fossimo qualcosa. Ma, a quanto pare, ero il solo a pensarlo. Non ha mai associato il sesso all’amore. Mai. Anzi, non ha mai associato l’amore a niente perché non ha mai saputo davvero cos’è. Gli dicevo tutti i giorni come vedevo io la situazione. Provavo a parlargli, provavo a prendermi cura di lui, ma eravamo giovani, troppo giovani, cazzo, e non ci si è mai neanche lontanamente avvicinato, Louis. Mai neanche lontanamente avvicinato a essere qualcuno al di fuori della persona che tutti conoscevano. Ci teneva, sì, ma non era lo stesso. Non è mai stato più lo stesso. Mi rise in faccia la prima volta che gli dissi di amarlo.”

Una miriade di emozioni gli scorrono nelle vene, una più forte e travolgente dell’altra. Le ingoia una per una, la mente che vortica, prima di depositare lo sguardo di nuovo su Zayn, che adesso lo fissa.

“Cos’è successo dopo che tua mamma e Des si sono lasciati?”

Zayn fa spallucce. “Ce ne siamo andati. Mamma provò a tenere i contatti con Harry, ma… lui non ha mai voluto. Suppongo che abbia avuto abbastanza mamme in vita sua. Non so. Lei ci ha provato a essere una buona madre per lui, davvero, ma… lui non stava bene. Non l'ha mai trattata come una madre. La deliziava, la faceva ridere, era gentile con lei, ma… non credo che potesse volerle bene. E allora neanche lei gliene ha mai voluto.” Scrolla di nuovo le spalle. “Almeno credo, non lo so.”

Un silenzio pesante scende su di loro, e i pensieri di Louis fanno abbastanza rumore da rimbombargli nella testa mentre fa avanti e indietro nella stanza, immaginandosi un Harry sedicenne, gioioso, bellissimo, radioso, e sul punto di perdersi per sempre. Gli si stringe il cuore, il pensiero gli brucia il cervello.

“Beh, allora. Wow,” dice alla fine, alzando le sopracciglia e tentando di ritornare faticosamente al presente. “Hai detto niente.”

“Non abbandonarlo,” dice Zayn, glaciale e calmo, riassumendo il controllo.

Louis lo guarda, sbalordito. “Come-“

“Credo che potresti fargli bene. Come amico,” aggiunge, quando Louis apre la bocca per protestare. “Non gli farebbe male qualcuno come te. Qualcuno che non si fa mettere i piedi in testa, qualcuno di forte e con la testa sulle spalle. Qualcuno che sia anche gentile. Sei anche simpatico, e andreste d’accordo, lo so di certo. Mi piaci, Louis. Credo che piaceresti anche a Harry.”

“Non credo che potrei mai piacere a Harry, sinceramente. Specialmente dopo questa settimana.” Scuote la testa al ricordo. “Lo sai che mi ha fatto correre in lungo e in largo per la città? A prendere danesi alla crema e libri inesistenti? Solo per ridermi in faccia con qualche puttanella? Non gliene fotte un cazzo, Zayn, te l’assicuro. Non vuole nemmeno parlarci, con me.”

“Non lo fa per crudeltà, però, devi capire,” continua paziente, sistemandosi sul suo trono e poggiandoci contro la schiena. “È solo che la maggior parte delle volte non sa come comportarsi. Diciamo. Non è nella sua natura, cioè. Ne ha passate tante, più di quante ne sappia tu, e più di quante ne sappia io, e ha delle cicatrici, cicatrici enormi. Non sa come guarirsi. Sempre se possa guarire. Non lo so. Il punto è, Louis. Devi essere paziente con lui.”

“Zayn,” dice, andandosi a sedere alla sua sinistra. Risponde al suo sguardo, articolando ogni parola, sperando di far in modo che entrino nella testa di Zayn. “Sono stato gentile con lui. Lunedì mi sono detto che a prescindere dalle stronzate che mi avrebbe fatto e dalle cazzate mi avrebbe detto, sarei stato gentile con lui. E lo sai che è successo? Mi ha trattato come spazzatura. Come un'alga di stagno. Per nessuna cazzo di ragione!”

L'unica reazione di Zayn sono occhi calmi e semichiusi, incorniciati da ciglia incredibilmente lunghe che solleticano il cielo. “Sapeva che stavi facendo il gentile? Apposta?”

“Come?” Batte le palpebre, confuso. “Boh. Sì, credo.”

Zayn scuote la testa, lasciando andare un altro sospiro. “Lo dirò una volta sola, Louis. Ogni giorno ha  a che fare con persone false. Gli girano attorno solo per i suo soldi o per suo padre o per il suo nome o che so io. Fanno finta di essere gentili. Fanno tutto quello che dice lui. A casa, se si ricordavano che era lì, veniva trattato allo stesso modo. Gli veniva dato quello che voleva, e veniva messo da parte. L’ho visto con i miei occhi. Louis,” dice Zayn, voce enfatica, e Louis si sporge verso di lui, sentendosi come se gli fosse caduto un manubrio addosso. “C’è una ragione per cui reagisce nel modo in cui reagisce.”

Louis lo fissa, con una faccia da pesce lesso.

Cazzo.

Cazzo.

“Ha senso, eh,” dice piano.

“Non ho tutte le risposte. C’è molto che non so sul suo conto… non parla di niente. Mai. Ma non è difficile collegare alcune cose, no? Sii paziente con lui,” ripete.

Paziente. Con Harry. Già.

Cazzo.

“Sì. D’accordo,” promette, ma registra a stento le sue stesse parole, perse tra un centinaio di altre che gli si sono state scagliate in testa durante questo breve incontro. “È meglio che vada.”

Si alza in piedi e, con le gambe di burro, si avvia alla porta, mentre Zayn rimane sul suo trono a capotavola.

“C’è ancora un’altra cosa che dovresti sapere su Harry,” dice all’improvviso la voce di Zayn, tagliando il silenzio della stanza e il caos dei pensieri di Louis.

Louis indugia, si volta verso di lui, le sue emozioni che già sono al limite. Lo guarda in attesa.

“La sua famiglia è tutto per lui. Des è tutto ciò che gli rimane. Sua madre non c’è più. E sua sorella sta sempre peggio. A lei non le frega niente. Suo padre è tutto quello che ha, Louis. Anche se Des…” si interrompe, cercando altre parole. “Des non merita la lealtà di Harry,” si corregge. “Ma ce l’ha. Ne ha a palate, e Harry non cambierà mai.”

Louis deglutisce. “Perché devo saperlo?”

“Perché se questa è l’unica cosa di cui gli importa davvero, è probabile che influenzi la sua vita, no?” suggerisce.

Ah.

“Quindi, tipo, quando è di malumore o cose così, è probabilmente per via di…” conclude esitante, non sapendo come scegliere le parole adatte, sentendo che finire con ‘quel disastro di suo padre’ potrebbe risultare leggermente duro.

“C'è di più dietro la superficie. Dico solo questo,” finisce Zayn, e stappa una bottiglia d’acqua lì vicino prima di portarsela alle labbra.

Louis segue il movimento con gli occhi, espressione corrucciate. “Ma questo lo sapevo già. Sapevo che suo padre, o che ne so, gli crea dei problemi.”

Zayn si zittisce, mettendo giù la bottiglia, scrutandolo con i suoi occhi semichiusi. “Ma non credo che tu capisca fino a che punto. Di sicuro so che io non l’avevo capito.” Fa una pausa, giocando pigramente con la sua recente barbetta sotto il mento, pensando alle prossime parole da usare. Alla fine, conclude con, “Ti sto chiedendo di prenderti cura di lui, Louis. So che non ti conosce chissà quanto bene e non andate sempre d’accordo, eppure.” Il suo sguardo incontra quello di Louis. “È diverso con te. Nel breve tempo che vi conoscete, si è aperto più di quanto abbia fatto nei quindici anni che lo conosco io. E questo solo dal poco che ho visto io. Anche se non se ne accorge…” Si avvicina abbastanza da poggiare le dita calde sul suo avambraccio; i suoi tranquilli occhi nocciola attraversano l’atmosfera, attraversano Louis. “Tu lo colpisci.”

Louis sbatte le palpebre.

Lo colpisce?

Louis colpisce Harry? Il freddo, lunatico, vuoto, sterile, quello-che-ordina-a-Louis-di-prendergli-libri-inesistenti-per-sfizio Harry?

Il suo corpo reagisce, scaraventando scariche di sangue e pensieri nel suo organismo, sbattono l’uno contro l’altro ed esplodono in scintille, e non sa neanche bene il perché, probabilmente se interpellato non saprebbe spiegarlo, ma in qualche modo si sente rilevante, a sentirglielo dire. Rilevante e indeciso, e riesce solo a pensare che Harry probabilmente non ha ancora trovato quello che cercava, che ancora fruga case vuote e fissa il suo cellulare inerte, e si chiede quante volte Harry abbia pianto o abbia cercato di afferrare qualcosa con tutto se stesso perché si sentiva incredibilmente indifeso e solo e indesiderato e-

Cazzo cazzo cazzo. Gli occhi gli iniziano a pizzicare per i troppi pensieri. Tutto per un ragazzo che, nonostante Louis lo “colpisca”, a stento esiste. Harry è da qualche parte oltre il reame dell’esistenza, negli angoli bui che vengono dimenticati o evitati, ed è lontano da tutti, tanto lontano, ma Louis si immagina di provare a raggiungerlo, si immagina di tendergli una mano nella tetra oscurità, e si immagina di sfiorare con le dita quel poco di Harry che è ancora lì.

E non ha bisogno d’altro.

Apre la bocca per rispondere allo sguardo attento di Zayn, la cui mano è ancora adagiata delicatamente sulla pelle di Louis, le sue parole che sembrano rimbombare nella stanza e scivolare lungo le superfici lisce, quando la porta si apre di colpo, e da dietro di essa spunta Liam, un sorriso che subito gli apre il volto.

“Louis!” lo saluta, felice, e gli si avvicina camminando, sorridendo gioioso e strizzandogli il gomito, prima di premere un dolce bacio sulle labbra di Zayn. “Come va, amico?”

“Ehm, bene, sto bene,” riesce a dire anche se a malapena, ancora sbigottito per tutto quello che è successo, e il sorriso di Liam è leggermente interrogativo, mentre la sua mano si poggia sulla spalla di Zayn. “Com’è andata l’assemblea?”

“Sai che c’è, a dir la verità è stata proprio strana. Sono il direttore del giornale, no, ma c’era questo ragazzo che non avevo mai visto prima, e continuava a mettersi in mezzo e a cercare di prendere tutte queste decisioni, e a dire tutte queste sciocchezze su cosa crede che dovremmo fare. E io allora ho pensato fosse divertente perché…”

Liam continua a parlare, di qualunque cosa stia parlando, e Zayn almeno sta facendo finta di esserne interessato, quindi Louis si concede di portare la testa altrove, arrendendosi ai tanti pensieri che al momento lo affliggono.

Pensieri di:

Harry Harry Harry Harry cazzo merda oddio mi sento orribile che sta succedendo alla mia vita Harry Harry Harry sono uno stronzo Harry Harry Harry

“Louis.”

Sentendo il proprio nome, riporta l'attenzione al presente.

“Sì?” chiede, battendo le palpebre, guardando un Liam che sta aspettando una risposta.

“Posso offrirti qualcosa da bere?” chiede, in un tono che implica che non glielo sta chiedendo per la prima volta. “Tè? Acqua? Niente?”

“L'acqua mi piace un sacco,” dice distrattamente, e Zayn lo osserva dalla sedia intrecciando una alle dita di Liam, poggiate sulla sua spalla.

“Lo sapevi che l’acqua è la forza sia più debole che più forte al mondo?” chiede Liam animatamente.

E Louis sa che Liam non avverte il peso delle emozioni di Louis e Zayn in quel momento. Sa che non era qui, che non ha sentito le parole che sono state dette, che non ha immaginato quei pensieri, che non ha preso parte a questo disastro di conversazione, ma si sente comunque bruciare di fastidio ai suoi commenti ignari e alla sua voce pimpante e raffinata, per cui si allontana prima che venga detto altro.

“Scusate ragazzi, devo andare.”

Liam gli mette il muso. “Ma sono appena arrivato.”

“Ho ripetizione con Harry.”

Lui ride, rapido e breve. “Oh già. Come sta andando, a proposito?”

Louis non sa come rispondere mentre la bocca cerca le parole, qualunque parola.

“Smettila di distrarlo, è già in ritardo,” dice Zayn a Liam, dandogli un buffetto sul fianco, e Liam subito guarda Louis come a scusarsi.

“Oh! Scusami davvero! Ci sentiamo dopo.”

“Sì. Perfetto. A dopo, ragazzi,” dice, e se ne va, disorientato, incamminandosi verso le stanze di Harry, assolutamente impreparato per la sessione di ripetizioni.

O, piuttosto, assolutamente impreparato per Harry.

**

Quando Harry apre la porta, ha un’espressione indecifrabile, gli occhi scuri.

“Allora,” dice, incrociando le braccia al petto e fissando Louis, con un maglione grigio brillante e degli skinny jeans neri, naturalmente chic, che profumano di privilegio e di nuovo. “Oggi quale personalità ha deciso di presentarsi?”

È una frase fredda, ma è pronunciata in tono abbastanza tranquillo, le parole che riverberano contro la brezza fresca che scompiglia i capelli di Louis e scompiglia le foglie degli alberi vicini, cosa che lo fa sentire solo più in colpa, più idiota, più triste.

Sospira, guardandosi i piedi.

“Me lo sono meritato, d’accordo,” mormora, più che altro a se stesso, ma vede il volto di Harry reagire con la coda dell'occhio, quindi si azzarda ad alzare lo sguardo.

Ha le sopracciglia aggrottate, ma agli angoli celano una tacita curiosità, ed è quasi incoraggiante, davvero, che non ci sia solo la veemenza più totale nella sua espressione.

“Sto entrando. Fa freddo,” dichiara, ma mentre lo dice fa un sorrisetto, incontrando l’occhio di Harry.

Harry risponde con il silenzio, ma accenna di sì con la testa, facendo un passo indietro e chiudendo la porta una volta dentro.

E poi Louis si ritrova in piedi al centro della stanza, a guardare i nuovi tappeti stesi sul pavimento (sono molto belli), e Harry in piedi dietro di lui, rigido, lo fissa con un intenso cipiglio che potrebbe indicare concentrazione o repulsione, perché arrivati a questo punto, Louis proprio non ne ha idea.

Le parole di Zayn gli rimbalzano nel cranio.

…solo perché nessuno lo capiva dal modo in cui si comportava, non significa che se la stesse passando bene.

Ero innamorato di Harry.

…non ha mai associato l’amore a niente perché non ha mai saputo davvero cos’è.

Sii paziente con lui.

Tu lo colpisci.

Cazzo.

Stanno succedendo un sacco di cose.

“Senti,” dice, voltandosi verso di Harry, e costringendosi a guardarlo negli occhi. Quei terrificanti occhi assenti. “Mi dispiace tanto.”

Harry lo fissa, la fronte accigliata si stende in linee di confusione.

Ma Louis continua. “Mi dispiace per ieri, per il giorno prima, per tutti i giorni, per ora, per tutto. Mi dispiace. Mi sono comportato da idiota, sinceramente. E mi dispiace, Harry.”

Segue un pesante momento di silenzio dove Louis lo fissa, sentendosi in imbarazzo, come se stesse andando a fuoco, e Harry sembra quasi comicamente sbalordito, tra un cipiglio e gli occhi strabuzzati.

“Ti stai scusando?” chiede alla fine, piano e con sospetto, ma mantiene le distanze.

Louis annuisce. “Beh, sì. Diciamo che devo farlo.” Fa una pausa. “Cioè, ieri ho lasciato la porta aperta quando me ne sono andato. Quanto maleducati si può essere?”

A questo, le labbra di Harry si contraggono, e anche se non c’è nessun effettivo sorriso, Louis sente comunque sollievo istantaneo.

“Mi dispiace davvero però,” aggiunge piano dopo un attimo, e guarda di nuovo giù, giocherellando con la stoffa dei jeans.

Sente lo strascicarsi della suola di Harry sul pavimento mentre lui disegna dei motivi con la punta dello stivale, e una fugace occhiata verso l'alto gli dice che anche Harry sta guardando a terra, le mani giunte dietro la schiena, e ha un’aria fragile, minuta e piccola nonostante la stazza imponente e le gambe da giraffa, che gli conferisce l'aspetto di uno scolaretto ritrovo al suo primo giorno di scuola. È quasi bizzarro e incredibilmente non da lui quest'imbarazzo timido, e allo stesso tempo gli calza a pennello, e Louis non riesce a impedirsi di guardarlo di tanto in tanto.

“Non fa niente,” fa le fusa una vocina bassa, e gli ci vuole un momento per accorgersi che è stato Harry a dirlo, e non la sua immaginazione.

Gli si stacca quasi il collo dalle spalle quando alza la testa, fissando Harry che ancora non lo guarda.

E vorrebbe chiedergli se l'ha detto sul serio, se l'ha perdonato con la voce, o se semplicemente ha capito male, ma non vuole esagerare, non vuole enfatizzare troppo quel momento, e per questo chiude semplicemente la bocca spalancata e incrocia anche lui le mani dietro la schiena, lottando contro un sorriso.

“Allora mi darai ripetizioni?” chiede dopo un momentaneo silenzio. “E per bene, dico, non è che mi continui a fare quei maledetti schemi che sono utili quanto i libri di testo che comunque non leggo?” Lo stuzzica con la voce, il sorriso ancora lì.

Harry annuisce, l'espressione calma. “Ti insegnerò quello che posso. Non ti faccio promesse, ma ti aiuterò. Per bene,” aggiunge, e il sorriso di Louis si accentua. “Oggi però non posso. Devo davvero-devo-“ si interrompe, raccogliendo il cellulare da un tavolo lì vicino, e Louis capisce. Sa che è qualcosa che ha a che vedere con Des, qualcosa che non può capire fino in fondo, e sente Zayn dirgli di essere paziente, dirgli delle cose che nessuno riesce a vedere che giacciono silenziose dentro Harry.

“Sì, d’accordo, non ti preoccupare,” concorda, annuendo. “A domani, allora.”

Harry annuisce, scrutandolo. “Non arrivare tardi,” gli ordina.

“Non portarti un harem,” controbatte.

Harry lo guarda male. “Non ho un harem.”

“Beh, però ora mi dici bugie.”

“Non è vero.”

“Sì invece. Ma va bene, amico, perché ieri ti ho detto che avevi una calligrafia di merda, ed era una bugia, quindi. Mi sa che siamo pari.”

“Sei consapevole che le tue opinioni non hanno alcun effetto su di me, giusto?” chiede asciutto, incrociando di nuovo le braccia al petto.

“Non ho mai detto il contrario.”

“Non ho mai detto che avessi detto il contrario.”

Ok.

Louis sbatte le palpebre, non capendo fino in fondo dov’è che la conversazione sia andata storta. A quanto pare Harry Styles ha quattro anni.

“Credo che questo sarebbe un buon momento per levare le tende.”

“Bene. Io devo andare.” Harry si volta, avviandosi verso camera sua.

Louis fa lo stesso, solo nella direzione opposta, ma giusto quando sta per raggiungere la porta:

“Aspetta.”

Louis si ferma, girandosi. “Sì?”

Harry lo guarda duramente, i ricci increspati e storti, il maglione che gli cade dalle spalle. “Non farlo mai più. Di comportarti… strano.” Le sopracciglia gli si stringono un po’. “Non mi piace.”

Louis ci pensa su. “Solo se non mi chiederai mai più di andarti a prendere una danese alla crema.”

E Louis giura che Harry si morde le labbra per trattenere un sorrisetto divertito, ma non può esserne sicuro.

“D’accordo,” dice solo, prima di continuare verso camera sua e chiudere la porta.

A Louis scappa una risatina mentre apre la porta.

“D’accordo,” concorda piano, e poi se ne va, il sorriso ancora sulle labbra. 


NdT. Eeeeee la canzone di questo capitolo è Us Against The World dei Coldplay, in un certo senso la storia di Harry e Zayn da bimbi (belli loro) dal punto di vista di Zayn. E che sta piano piano diventando la canzone di Louis per Harry (belli pure loro). Per chi non sapesse cos'è un au pair (io non lo sapevo) qui lo spiega meglio, ma per chi si scoccia di cliccare, diciamo che è una/un governante. Un bacio a tutti, ma proprio uno enorme, abbiamo superato il numero 100 per le persone che hanno inserito questa fic in quelle seguite ed è una cosa bella e da festeggiare. Alla prossima! xxxxxx

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17.

Per il resto della settimana, Harry lo aiuta in maniere utili e vantaggiose.

E Louis proprio non sa cosa si aspettava da questa settimana, dopo che avevano fatto quella specie di pace, certo non… questo.

Non che si fosse immaginato, per esempio, un Harry che gli apriva la porta con gioia e che rideva a tutte le sue battute e che rivelava tutti i suoi segreti più nascosti e che piangeva confessandogli di non sentirsi accettato e che si scusava di tutti i suoi precedenti sbagli. No, questo non se l’era immaginato proprio per niente, giura. Perché una cosa così sarebbe stramba e brutale e veramente troppo, specialmente considerato che ancora non erano veri e propri amici.

Comunque, dai.

Avrebbe potuto cominciare perlomeno a… sorridere, o cose così.

E certo, okay, sono passati solo una manciata di giorni, ma dai. Zayn ha detto a Louis di mantenere la pazienza e cazzo, okay, di pazienza sicuramente ne avrà bisogno perché Harry è strato su strato su strato di problemi e muri e indifferente stanchezza e manco è sicuro di avere almeno iniziato a scalpellare via alcunché.

Per cui, manco a dirlo, quel primo giorno dopo che Louis gli aveva fatto le sue scuse e Harry le aveva accettate, era stato un po’ una delusione.

Aveva lasciato in anticipo il suo appartamento (non nella speranza di fare amicizia o altro, eh) e stava giusto per svoltare l’angolo per l’edificio di Harry, pronto a sormontare i grossi scalini che portavano alle bellissime stanze oltre i giardini luminosi, quando si era fermato di scatto, raggiunto dal rombo musicale e basso della voce di Harry. Si era messo a cercare la fonte, gli occhi che viaggiavano sui passanti con i loro vestiti eleganti, che portavano in braccio le loro borse Armani, i tacchi che ticchettavano contro i marciapiedi antichi, cercando di individuare un papillon o una matassa di ricci ben acconciati.

Alla fine aveva trovato il suo obbiettivo. Risplendente nell’oro e nell’avorio, il papillon lucente sotto il sole d’autunno, i diamanti dell'orologio brillanti come un faro, come al solito ridicolo e tenero allo stesso tempo. Intento a parlare con una bellissima ragazza coi capelli corvini in un lungo vestito giallo pallido. A sfregarle il mento ridacchiante con il dito.

Le stava sorridendo – con quel sorriso che lo fa rabbrividire, con la sua vacuità e i suoi angoli stretti e maligni – e mormorando all'orecchio qualcosa che le aveva strappato altre risatine ancora più piccole e insistenti mentre lo fissava adorante. Il sorriso di Harry si era allargato a ogni risata sospirata, e Louis ricorda distintamente di non averlo trovato che sinistro.

E, in qualche modo, incredibilmente demoralizzante. E triste.

Ma anche irritante.

Dopo un paio di calorose strette al braccio e convenevoli civettuoli recapitati con tanto di denti e fossetta, finalmente l’aveva congedata, dandole una pacca sul sedere mentre lei si allontanava ridacchiando.

Il momento esatto in cui Louis si era avvicinato.

Quando Harry si era voltato verso di lui, i resti del suo sorriso divertito e senz’anima erano svaniti mentre i suoi occhi erano andati a incontrare quelli di Louis. La falsa cordialità che aveva precedentemente preso in ostaggio il suo volto era stata prontamente rimpiazzata da qualcosa di più… tranquillo, più accorto, e… trepido? Non era allegro, no, ma non era neanche finto, per cui Louis l’aveva visto come un buon inizio per la loro lezione.

“Louis Tomlinson,” l’aveva salutato Harry, ma con una voce smorta, e a Louis sarebbe veramente piaciuto pensare che non fosse piena di qualcosa come il disappunto, ma, beh. Così era.

La qual cosa l’aveva colto alla sprovvista. Non sarebbe dovuto essere tutto eccitato di vederlo ora che avevano praticamente concordato di diventare migliorissimi amici e condividere segreti? A quest'ora non avrebbero già dovuto abbracciarsi tra le lacrime? Così Louis gli aveva fatto una specie di saluto con la mano in una maniera assolutamente inutile e aveva goffamente sorriso mentre al contempo sentiva gli occhi assottigliarsi dalla stanchezza. Può solo immaginare come doveva essere stata la sua faccia in quel momento.

“Ciao Curly,” gli aveva risposto quasi in automatico, ma gli era tornato già il nervosismo, rendendogli la voce irregolare, aspra per l'insicurezza.

Gli era sembrato come se Harry si fosse fermato a valutarlo per un minuto intero, gli occhi spenti e altrove, ma Louis era quasi riuscito a sentire qualcosa ronzargli sotto la pelle, come se un migliaio di pensieri spaventati gli stessero passando rapidamente per la testa. E a Louis non era rimasto che ipotizzare che in qualche modo, da qualche parte, Harry aveva già iniziato a pentirsi della loro tregua, che si era convinto di non volere più altri amici, figuriamoci poi amici come Louis Tomlinson.

A Harry piaceva la distanza. E, forse, capiva che così non era per Louis.

In ogni caso, i suoi occhi non lasciavano trapelare alcunché, e alla fine l’incantesimo era stato spezzato quando Harry si era scostato i ricci dal volto con la mano grande, liscia come una perla.

“Ah già. Beh. Io salgo,” aveva detto, e Louis non era riuscito a capire se era a disagio o se aveva semplicemente l’abitudine di fare dichiarazioni inutili. Ma poi aveva continuato, schiarendosi la gola e raddrizzandosi la giacca, le mani sul bavero. “Devi rimanere cinque passi dietro di me,” aveva aggiunto, con un tono però forzato e determinato. Quasi come se stesse tentando di riaccendere la loro passata antipatia reciproca.

Ma faceva sul serio?

Per cui Louis aveva portato gli occhi al cielo. “Mi pareva che avessimo chiuso con questa fase, no? E poi, credo che volessi dire ‘gradini’.”

Harry aveva sbattuto le palpebre. “Prego?”

“Volevi dire a cinque gradini dietro di te. Direi che ‘passi’ è più adatto a quando si cammina. ‘Gradini’ assicura una distanza di cinque gradini veri e propri. Visto che stiamo per salire le scale. Con i gradini.” Louis aveva sorriso solare, piegando la testa di lato con una carineria esagerata.

“Si può comunque dire ‘passi’ per salire dei gradini,” aveva sbottato l’altro, stringendo le sopracciglia a velocità supersonica.

“Ma non è egualmente conciso, non ti pare?”

C’era stata una pausa in cui Harry lo aveva studiato, un'occhiataccia mista a un piccolissimo accenno di effettiva confusione, e Louis era riuscito quasi a vedere le rotelle che giravano mentre rifletteva sulla scelta dei vocaboli.

“Poco importa,” aveva concluso infine. “Basta che rimani dietro.”

“Oh, ma sicuro, Curls.”

E quindi gli era corso avanti.

“Ehi!” aveva subito protestato Harry, ed era scattato anche lui, precipitandosi dietro Louis su per i gradini e cercando di afferrarlo disperatamente per il maglione arancione, la serena immagine del suo fascino indifferente già un ricordo lontano.

“HO VINTO!” aveva tuonato Louis appena raggiunta la cima, gettando pugni vittoriosi al cielo.

Harry aveva sbuffato dietro di lui, scuotendo la mano che era andata a sbattere spiacevolmente contro la ringhiera quando Louis lo aveva spinto via.

“Non è giusto,” aveva borbottando in protesta, ma Louis si era voltato verso di lui, con un gran sorriso.

“‘Rimani cinque gradini dietro di me,’” aveva ripetuto con una risata incredula, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa mentre Harry lo guardava di sottecchi un po' a disagio, continuando a tenersi la mano. “Le cose che ti escono di bocca. Roba da pazzi, figliolo.”

“‘Passi’, non ‘gradini’,” aveva mormorato Harry in risposta, prima di aprire svogliatamente la porta e lasciar entrare Louis.

“Allora avrò una lezione come si deve, oggi?” aveva chiesto appena entrato, spaparanzandosi sulla sedia a sdraio e sorridendo, levandosi le scarpe con le punte dei piedi.

Harry si era gelato dinanzi a quello spettacolo, le chiavi che gli penzolavano dalle lunghe dita. “Che schifo. Le scarpe devono restare ai piedi in ogni circostanza.”

“Ho i piedi freddi,” aveva risposto, come se quello spiegasse tutto, e aveva preso il cellulare dalla tasca, spostando l’attenzione altrove.

Con le spalle rigide, Harry aveva marciato fino alla sua scrivania, borbottando parolacce. “Va bene, come ti pare.”

Louis aveva sorriso scorrendo con il dito vecchi messaggi, fissando lo schermo senza davvero guardarlo.

C’era stato qualche secondo di silenzio, interrotto solo da Harry che aveva aperto i cassetti della scrivania e dal fruscio di fogli, mentre Louis giocherellava col cellulare, rispondendo a un messaggio di Niall che diceva soltanto:

Già amici per la pelle?

A cui Louis aveva risposto: Non fare il simpatico con me.

Era passato un altro po' di tempo, e Louis si era messo a osservare la stanza, le statuette di gatti, le tende di velluto che accarezzavano il pavimento, i dipinti di Zayn silenti sui muri, e le pagine di spartiti che coprivano sparpagliate l’angolo accanto a un violino e a un liuto antico, la calligrafia familiare di Harry che copriva i margini e ogni singolo spazio bianco. Louis non lo sapeva mica che Harry scriveva musica. Ma neanche ne era rimasto molto sorpreso.

Il silenzio si era protratto, Harry ancora frugava nei cassetti con quel silenzioso disappunto scritto in faccia, e Louis lo aveva guardato, notando le ombre nei suoi occhi e interrogandosi sulle cause. Avrebbe voluto chiederglielo, DIO, avrebbe voluto chiedergli da dove venivano, ma non l’aveva fatto, sapendo che sarebbe riuscito solo ad allontanarlo ulteriormente, e per questo era stato a guardare in silenzio, rimangiandosi la domanda che gli si premeva da sempre sul cervello e sulla lingua ogni volta che rimaneva da solo con Harry: ‘Hai trovato Des?’

Non è neanche sicuro che sia la domanda giusta. Ma, comunque, non gliel'aveva chiesto allora e ancora glielo deve chiedere.

Quindi, piuttosto, si era stiracchiato quando il silenzio gli era parso troppo lungo, sbadigliando in maniera esageratamente rumorosa nella speranza di incontrare gli occhi di Harry.

E… no.

Stizzito, Louis si era alzato in piedi, camminando fino alla scrivania di Harry, strimpellando le nocche contro il legno.

Quasi subito, gli occhi di Harry, che erano intenti a studiare un qualche pezzo di carta, la testa china, erano schizzati verso la fonte del rumore, prima di schizzare ancora più in alto a incontrare quelli di Louis.

Furente. Quella avrebbe potuto essere la descrizione adatta per l’espressione di Harry.

Louis aveva ghignato. “Sono pronto per la nostra lezione istruttiva oltre l'immaginabile e l'incredibile, Curly McCurlyfish.” Harry aveva portato gli occhi al cielo. “Plasmami! Trasformami in una nuova e migliore macchina di saggezza!”

Scuotendo piano la testa, Harry era tornato a rimescolare le carte apparentemente a casaccio. “Non sono portato per le cause impossibili,” aveva borbottato, spalle aggraziate e curve, un riccio incastrato nelle ciglia.

“Ma quelle impossibili sono le più divertenti,” aveva controbattuto lui, tamburellando incessantemente  sulla scrivania di legno, l’impazienza e l’irritazione che cominciavano ad avere la meglio.

Harry aveva indugiato, osservandolo, prima di alzare le spalle. “Vedrò quello che posso fare,” aveva risposto con semplicità, poi gli aveva fatto cenno di sedersi, e avevano iniziato la lezione.

E questo è quanto.

Da allora in poi è andata sempre così. Louis giocoso, affascinante e tenero (già, tutte queste cose) intento a esaminare gli averi di Harry, a fissare fuori dalle sue finestre, a fare a voce alta ogni domanda che gli viene in mente, a pregare per avere del tè (e questa è una cosa che adesso è diversa: Harry ora sa esattamente come gli piace il tè, che è un qualcosa che Louis prende molto seriamente), e nel frattempo Harry tollera e giudica, e insegna con la sua voce lenta e scrosciante che sa di cioccolato e al tocco è camoscio, seduto alla scrivania a sorseggiare champagne, ad aggiustarsi l'orologio Chanel, a scompigliarsi i capelli, a controllarsi il telefono, e a perdersi nei suoi stessi pensieri.

Ma gli fa da maestro, questo sì. La sua lentezza permette a Louis di stare al passo, la sua indifferenza gli dà modo di mettercela tutta, e a volte, quando cita qualche romanzo o poeta o autore o checazzonesa, le parole tragicamente belle si abbinano ai prismi tragicamente belli degli occhi di Harry, e riecheggiano nel suo cervello, accompagnandolo per il resto della giornata, nel sonno, e nella lezione successiva quando gli viene chiesto di riscriverle a memoria.

A volte il lato sinistro della bocca di Harry si contorce quando parla di cose di cui gli importa – per esempio Oscar Wilde, di cui parla religiosamente, con adorazione, con riverenza, e all’infinito – e santa madre di Dio, all’infinito proprio letteralmente – o della cultura vittoriana, e Louis crede che potrebbe essere un abbozzo di sorriso che fatica a spuntare, ma le mura del volto di Harry non hanno ancora imparato a lasciarlo passare. Louis rimane incantato quando succede, perché gli piace pensare che diventi ogni giorno più forte, anche se probabilmente si sbaglia. Comunque Harry si illumina quando parla di queste cose, farcendo le frasi di dettagli, e il silente entusiasmo assonnato che filtra dal suo aspetto tranquillo gli fa sentire il triplo dell’entusiasmo che sentirebbe normalmente, aspettando con ansia ogni parola di Harry e ogni frase, ogni battito di ciglia e scivolare di dita lungo fragili pagine di libri. È una passione, la sua, deduce Louis, quindi è stata una fortuna che gli faccia ripetizioni per un corso sull'epoca vittoriana di cui personalmente non gliene potrebbe fregare di meno.

Quindi funziona. E Louis sta imparando. Lo capisce perché non si addormenta come un tempo a lezione, o perché il pensiero di fare i compiti non lo traumatizza. Lo sta aiutando, e gli è grato, e a volte quando lascia il corridoio dell'aula, gli manda qualche messaggio spaccone.

Già. Louis l’ha costretto a scambiarsi i numeri. E, no, Harry non gli risponde mai. Mai. Nel senso di, mai una volta. Nemmeno se Louis fa una domanda.

Quindi c’è anche questo da considerare.

Ed è tutto questo – l’assenza di calore, l’apatia, la mancanza di progresso, l’apparente indifferenza di Harry alla generale esistenza di Louis – che lo convince a contemplare se lasciare perdere la lezione di oggi, che gli serva oppure no.

Perché è stata una giornata di merda. Ha saltato il primo corso perché non si era svegliato fino alla melodia del fottuto pianoforte di Niall e a un messaggio di sua sorella in cui si lamentava della sua Mammina Carissima (ma Niall gli aveva assicurato che aveva parlato con Jo e avevano chiarito, quindi… già… proprio così gli ha detto) e ha un mal di testa insopportabile. Per non parlare del fatto che ha rovesciato dei fagioli sui suoi immacolati pantaloni bianchi, o del fatto che è inciampato in una delle bottiglie di birra vuote che a Niall piace tenere a terra, o che domani è Halloween e Zayn dà la festa del secolo o che vuole essere davvero riposato per una cosa del genere e in più, magari, di essere di umore vagamente gradevole. Cosa che a questo punto sembra meno che probabile.

E adesso ha il cellulare scarico, ha fame e ha dimenticato il portafoglio stamattina prima di uscire, ed entro dieci minuti dovrebbe essere da Harry a farsi parlare da una bocca velenosa di fronte a occhi sempre in guardia e davvero, fanculo tutto.

Proprio tutto.

Louis se ne torna all’appartamento.

E allora continua a camminare.

**

“Non dovresti essere da Harry?” chiede Niall sovrappensiero, strimpellando la chitarra dal divano. Rory è in cucina, a cucinare qualcosa dal profumo delizioso. E cazzo, ma quelli sono biscotti al cioccolato?

“Fame. Odio il mondo. Mi frega cazzi,” riesce a dire, infilandosi dei biscotti in bocca senza esitazione, e Rory alza le sopracciglia, ma a Louis al momento importa poco.

“Gli hai mandato un messaggio?”

Louis sbuffa una risata, le briciole che gli cadono dalla bocca aperta-troppo-zeppa-per-chiuderla. “Come se lo leggerebbe,” dice quasi incomprensibilmente, spruzzando dei pezzi di biscotti a Rory che trasalisce e assiste allo spettacolo con profondo disgusto.

“Bicchiere d’acqua?” offre con una smorfia, e Louis gli manda un’occhiataccia.

“Oh, ma zitto. Io non ti giudico quando appendi i calzini sudati alle nostre sedie,” controbatte, prendendo la Nutella; Rory tira su col naso, mantenendo tuttavia la calma.

“Allora… FIFA?” prova Niall, lanciandogli uno sguardo.

Louis scoperchia la Nutella, tuffando un dito e prendendone una porzione enorme. Con beata facilità la lecca via, un sorriso che affiora riscaldandogli le guance.

“Sicuro, Nialler. Giochiamo a FIFA.”

E si butta con un tonfo sul divano accanto a Niall, prende un controller, e lascia che gli si sciolgano i nervi.

**

“Dovresti proprio andare a lezione. Non mi avevi detto che ti stava aiutando?” chiede Niall dopo un paio di round falliti, masticando lo stufato che Rory ha appena cucinato.

Louis gli ruba un po’ di carne, facendolo quasi ringhiare. “Già, forse. Ma dubito che si sia accorto che non ci sono, sinceramente.”

“Avevo capito che stavate andando d’accordo?”

“Beh, sì, cioè, non credo che ora mi odi più. Ma, diciamo, non sorride, non ride, non parla poi così tanto. Se ne sta solo… lì seduto. A giudicarmi. Con quegli occhi. Quegli occhi estremamente insopportabili.”

“Forse meriti di essere giudicato. Sai essere parecchio irritante.”

“Ehi!” sbotta Louis, scattando in piedi e fissando Niall, sconvolto. “Non sono irritante! Tu sei irritante!”

“Io sono socievole. C’è una bella differenza.”

“No che non c’è. E poi io sono attraente.”

Niall lo fissa come se avesse appena confessato che gli piacciono le donne. O qualcosa di altrettanto assurdo. “E questo che cazzo c’entra?”

“Allora concordi!” canta Louis, e gli pianta un bacio sulle tempie prima di balzare giù dal divano.

Niall fa spallucce. “Ti scoperei,” dice, quindi rutta.

Louis indugia. “Davvero?”

“Sì. Sei figo. Perché no?”

La mano di Louis subito si stringe il cuore, la bocca che si apre dallo shock. “Wow, Niall Horan! Dev’essere la cosa più dolce che tu mi abbia mai detto.”

Lui fa un gran sorriso, sistemandosi meglio sul divano e ficcandosi un altro cucchiaio di stufato in bocca. “A questo servono gli amici!” dice gioiosamente, e Louis gli stampa un bacio sulla testa prima di schizzare in camera sua. “Vai da Harry?”

“Già!” urla Louis. “Mi sa che devo. So di essere in ritardo, ma… anche se ha solo il tempo di scrivermi uno dei suoi maledetti schemi può essermi più utile degli appunti che prendo io. Odio i miei professori.”

“Tu odi tutto. Ma divertiti, tesoro! Non rimanere fuori fino a tardi, devi essere bello riposato per domani!” dice Niall a voce alta, scherzosamente.

“Halloween,” sorride Louis, e gli porge una mano che Niall immediatamente schiaffa.

“Halloween,” concorda Niall, con un gran sorriso.

“Ciao, gioia,” canticchia, coprendosi le spalle con un cardigan e afferrando la borsa prima di saltellare fuori dalla porta e chiuderla allegramente dietro di sé, sentendosi finalmente un po’ più umano.

**

Non appena raggiunge la porta di Harry e alza il pugno per bussare, quella si apre all'improvviso.

"Dove sei stato?" domanda Harry senza esitare, le sopracciglia aggrottate, con una maglia viola a collo alto e dei pantaloni neri in fortissimo contrasto con la pelle chiara e delicata.

Louis lo fissa, gli occhi spalancati, la mano ancora sul punto di bussare, a mezz'aria. Nota la rabbia di offesa negli occhi di Harry e qualcosa che gli fa pensare che sia quasi ferito, e si guarda un attimo dietro le spalle perché… di sicuro Harry non si sta comportando così per qualcosa che ha fatto lui.

Ma dietro non c'è nessuno. E Harry sta parlando con lui.

Come?

"Scusa," dice automaticamente, sentendosi improvvisamente aggredito da una botta di sensi di colpa. Come gli è venuto in mente che mangiare fosse importante? Perché si è messo a giocare a videogiochi? Come ha potuto essere così maleducato?? "Era una giornataccia," continua, senza battere ciglio, guardando dritto negli occhi bambini e feriti di Harry, che hanno una voglia matta di fare una scenata piuttosto che ammettere una qualche offesa, e cazzo cazzo cazzo, si sente così in colpa, e a questo punto non sa neanche bene perché, ma pensa che, forse, potrebbe essere che è la persona più orribile del pianeta. "Sono tornato a casa perché avevo fame. Ho mangiato. Hai fame? Sarei dovuto venire qui e chiederti se avevi fame. Vuoi mangiare? Posso mangiare di nuovo. Mi dispiace. Hai fame?"

E beh, okay, sta delirando come uno squilibrato, e non ha nemmeno senso quello che sta dicendo (Louis Tomlinson non chiede scusa, ma per qualche ragione sembra non sia capace di fare altro con Harry), gli escono fuori parole a caso per colmare i vuoti di silenzio, e si sente scioccato e goffo, ogni sua azione è goffa, ma quel sentimento negli occhi di Harry è ancora lì ed è davvero, davvero determinato a fare qualunque cosa purché scompaia. Perché la cosa più importante al mondo in questo momento è quel sentimento e Louis non sa perché, sa solo che è importante e terribile e orribile e deve sparire.

"Non ho fame," borbotta Harry piano, ma il broncio si è affievolito, più tenace che animoso. Incrocia le braccia al petto, guardando l'orizzonte seccato, oltre la spalla di Louis. "Potevi mandarmi un messaggio."

"Ma-" riesce solo a dire, perché lo shock gli blocca la bocca a mo' di bavaglio e rimane a fissarlo, praticamente esterrefatto.

Come??

No, davvero, come??

"Non pensavo leggessi i miei messaggi," sbotta Louis, e gli occhi di Harry scattano su di lui.

"Non essere sciocco. Un cellulare ce l'ho, no?"

"Ma non mi rispondi mai."

Harry si zittisce, prima di tirare su col naso e guardare altrove. "Vabbè. Non importa. Entra. Oggi dovremmo fare una lezione breve."

"Perché?" chiede Louis, seguendolo dentro e sentendosi parecchio spossato. Ancora: come??

"Attendo degli ospiti tra trentacinque minuti."

Ospiti. Fantastico.

Louis alza gli occhi al cielo. "Non sia mai che tu disdica."

"Sarebbe da maleducati. A differenza tua, io rispetto i miei impegni," lo fulmina Harry.

Beh, cazzo.

"Scusa, Curly."

"Smettila di chiamarmi così!"

"Ma a me piace," protesta, avvicinandosi a Harry, che è ancora accartocciato su se stesso come un bimbo ed è intento a guardare ovunque tranne che Louis.

"Perché? È scemo."

"Perché sì. Hai i capelli ricci," sorride, e osa allungare una mano per tirargli un riccio.

Gli occhi di Harry lo fulminano, le spalle gli si irrigidiscono, ma non si allontana, lasciando correre il vezzeggiativo, prima di portare gli occhi al cielo e stringersi le braccia più forte al petto, voltando nuovamente la faccia altrove. Rimane in silenzio.

Louis lo osserva, cercando di incontrare i suoi occhi, il sorriso ancora sulle labbra, e gli sembra che sia dolce, non come i soliti ghigni compiaciuti o i suoi sorrisetti odiosi. "Tra l'altro a me piacciono le cose sceme."

Una pausa.

"Lo so," dice Harry alla fine, e sembra rilassato ora, gli occhi chini; le sue labbra si muovono però appena appena. E, fosse pure nel senso più tecnico della parola, Louis crede che quello possa essere classificato come un sorriso. Quando entrambi gli angoli della bocca sono sollevati dev'essere per forza un sorriso, no? Anche se sono alzati solo di un millimetro più del solito? Conta lo stesso.

E Louis si sente come se avesse vinto la lotteria. Grazie a dio. Forse Harry non lo odia. Forse gli piace anche fargli ripetizioni.

Forse.

"Allora," dice Louis, e il suo sorriso si ripercuote nella voce.

Harry è silenzioso, ma il 'sorriso' è ancora lì.

"Facciamo valere questi trentacinque minuti come non mai," dichiara Louis, e Harry incontra finalmente i suoi occhi.

"D'accordo."

E iniziano a studiare.

È divertente, però. Più divertente del solito. Avrà fumato o chissà cos'altro. Non riesce davvero a pensare ad altra spiegazione; di solito è distante anni luce da lui o è intento a rispondere a misteriose telefonate o a guardarlo con occhi miti e seri che sembrano sul punto di lanciare frecce se ci si avvicina troppo, ma oggi le parole escono più facilmente e la sua voce sembra più leggera, evidenziando i punti chiave degli appunti di Louis, e inarcando le sopracciglia ogni volta che incontra uno dei suoi scarabocchi pestiferi: può darsi, come anche no, che tenda a disegnare i vari modi in cui potrebbe uccidere il suo professore usando tutto quello che gli capita sotto mano, come penne, spirali di quaderni, e chiavi.

"Sono dell'opinione che tu abbia una mente malata, Louis Tomlinson," dice Harry, voce scivolosa come latte, gli occhi che guizzano su uno dei ritratti più dettagliati.

"No, ma dovevi sentirlo oggi. Non si è fermato a respirare una volta che sia una, e rideva a tutte le sue battute. Anche tu immagineresti di soffocarlo con un astuccio."

Le guance di Harry si contraggono, cosa che Louis ha iniziato a etichettare come 'la risata di Harry' (anche se è molto diversa da una vera e propria risata, ma comunque) e Louis gli fa un gran sorriso, imitando lo schizzo con l'astuccio che ha in mano come tocco finale.

E poi Harry fa un rumore gutturale che sembra divertito, e Louis quasi lo commenta, quasi, ma l'altro non incontra i suoi occhi e allora non ce la fa. Proprio per niente. Perché probabilmente nascerebbe un litigio, o Harry lo negherebbe o, peggio ancora, dire qualcosa potrebbe impedirgli di ripeterlo mai più, quindi guarda l'astuccio e chiude la bocca, sopprimendo un sorriso.

C'è silenzio, un silenzio strano, e un’occhiata avanti a sé gli dice che Harry è palesemente a disagio.

E non va bene. Louis non può accettarlo. E, okay, non sa quale sia la causa, ma non importa perché proprio non può accettarlo. Devono andare avanti, non indietro.

Segue un attimo di silenzio, durante il quale gli occhi di Harry scorrono ciecamente le parole dello schema mentre giocherella con gli anelli, e Louis tiene gli occhi bassi sull'astuccio.

"Una volta ho immaginato di infilzarlo nel cestino e catapultarlo fuori dalla finestra."

E, con tanta semplicità, le spalle di Harry si rilassano e fa di nuovo quel rumore.

Per Louis è Natale.

Incoraggiato, continua, osservando il volto di Harry e notando l'apparizione della famosa fossetta mentre si mordicchia le labbra, tenendo a bada il suo divertimento. "Ma è meglio interrompere la conversazione adesso prima che ti dica della mia visione col cibo per gatti."

Harry lo scruta, mordendosi la guancia. "Cibo per gatti?"

Louis annuisce molto seriamente. "Sì. Cibo per gatti. Me la tengo per un altro giorno."

"Un giorno di pioggia?" prova Harry, sorrisetto tenue.

"A catinelle," concorda Louis, e poi, come fossero una persona sola, abbassano lo sguardo sui fogli davanti a loro, Louis che nasconde un altro sorriso, e Harry che sembra non odiarlo.

La lezione continua, semplice e istruttiva, i movimenti di Harry calmi e rilassati, Louis che rimane attento per davvero.

E poi sono passati i trentacinque minuti. Il cellulare di Harry vibra.

Trasaliscono entrambi, sorpresi dall'improvviso tremore della scrivania, prima che Harry lanci uno sguardo allo schermo, gli occhi che scattano lungo le parole.

"Stanno arrivando," dice la sua voce, e anche se in superficie sembra sempre la stessa, c'è qualcosa di vuoto, e Louis non crede sia la sua immaginazione.

"Oh," prova a dire con leggerezza, ma sente le sopracciglia alzarglisi dall'irritazione, e inizia a raccogliere le sue cose. "Che bello."

Harry annuisce, schiarendosi la gola, facendo scivolare i fogli verso Louis prima di alzarsi in piedi. Si liscia il tessuto della sua maglia a collo alto, si tira su i pantaloni.

"Ci vediamo domani, allora. Alla festa," dice Louis, chiudendo la matita nell'astuccio, sentendosi strano. E alzando lo sguardo ripetutamente su Harry.

Quello annuisce. "Studia," aggiunge, aggiustandosi le maniche. "Fai rapporto sulle tue conclusioni lunedì. Appuntati qualunque domanda. Il solito."

Così efficiente. Così dritto al punto.

"Posso scriverti una lista di domande sulla lezione e poi un'altra lista di domande che non c'entrano? Diciamo, tipo, su di te?" chiede poi Louis con un abbozzo di sorriso, lanciando uno sguardo a Harry mentre prepara la sua borsa. E non è certo del perché l'abbia detto o come abbia fatto a dirlo, ma fa finta di averlo detto con leggerezza e per stuzzicarlo piuttosto che per sembrare inquietante, sperando di non aver appena spaventato lo scoiattolo timoroso che ha davanti.

Harry batte le ciglia, fermando tutto per guardarlo, l'espressione confusa. "Perché mai?"

E Louis apre la bocca per rispondere, proprio quando la porta si spalanca, e una calca di corpi e voci varie iniziano a riempire l'appartamento.

"Harold!" dicono in coro, persone bellissime che piano ma inarrestabili gli si avvicinano, e gli occhi di Harry restano su Louis, che gli manda un sorriso e un'alzata di spalle, prima di salutarlo con una mano e sgattaiolare fuori prima che il fastidio abbia la meglio su di lui. Tutto questo perché un qualche ragazzino ricco con i capelli ramati ha appena tirato la cintura di Harry invece che salutarlo, e che razza di stronzo fa una cosa simile? E perché cazzo Harry glielo permette?

Allora arranca fino al suo appartamento, pensando a domani, sentendosi strano oltre ogni limite, e sorridendo un po' per Harry Styles.


NdT. Okay okay, prima di tutto: le canzoni di questo capitolo. Caring is Creepy dei The Shins, e un'altra canzone per Harry è la versione acustica di Un Bilo Titled di Peter Doherty, è il secondo brano del video ma è il migliore che ho trovato. Grazie mille per continuare a sopportare le mie mancanze e i miei ritardi, ci tengo a ripetere che voglio tanto bene a questa fic e non l'abbandonerei mai, davvero. :) Un bacio a tutti, siamo già a metà più un capitolo! Daje

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18.

È Halloween.

È Halloween e Louis viene svegliato da Niall che gli brandisce della birra alla zucca in faccia.

“Buon Halloween, ciccio!! Offro io!!” tuona Niall, il suo sorriso radioso che invade il suo spazio personale, premendogli bottiglie fredde sulle guance, e Louis pensa che questa potrebbe essere la prima volta che pensa davvero sarebbe stato meglio essere svegliato dal pianoforte.

“Ma che cazzo, che hai che non va?” gracchia, tentando di orientarsi, registrando il fatto che è mattina, è sabato, e la festa di Zayn è solo tra una manciata d’ore. La gloriosa festa a costume obbligatorio, fornita d’alcol, fighissima e costosissima.

Che davvero è l’unica ragione per cui Niall non si becca una di quelle bottiglie in testa.

“Hai il costume pronto?” chiede il raggio lucente di sole irritante del cazzo, gli occhi accesi mentre si stappa una delle birre, prima di mandarla giù come se niente fosse, ingoiandone metà senza battere ciglio.

Louis lo fissa, ammirato, strofinandosi il sonno dalle ciglia e dagli occhi, mettendosi meglio a sedere.

“Pronto per andare, amico mio. Tu invece?” Ci riflette un attimo. “A proposito, da che ti vesti? Alla fine non me l’hai ancora detto.”

Niall fa un sorrisone, poggiando la bottiglia ora vuota, le labbra umide. “È una sorpresa.” Si asciuga la bocca con la t-shirt degli Styx.

“Promettente,” conclude in tono piatto, prima di gemere e saltare giù dal letto (perché deve avercelo lui il coinquilino esagitato? Perché?), infilandosi dei pantaloni e stiracchiando le braccia sopra la testa. “Mi azzarderei a dire che sono piuttosto emozionato per stasera però. È passato un po’ dalla mia ultima festa… festa seria, dico.”

Aspetta la risposta di Niall facendo un passo fuori dalla camera da letto e, oh. 

Capperi.

Nell'appartamento c’è un orto di zucche.

“Stiamo intagliando le zucche!” esplode improvvisamente Niall, balzando in avanti proprio mentre Rory trasporta all'interno l'ennesima zucca enorme, posizionandola con non poca fatica sul pavimento della cucina. Louis accarezza l'idea di aiutarli, ha voglia di aiutarli – vuole bene a Rory – ma, no. No. È troppo presto per trascinare zucche. E così, invece, si siede, strofinandosi il sonno dagli occhi e poggiando i piedi sull'ortaggio più vicino.

“Faccio schifo a intagliare facce sulle zucche,” sbadiglia, grattandosi ciuffi di capelli, ma non può negare che da fuori sembri una cosa divertente. Perlomeno, più divertente dei suoi consueti sabati con Niall che consistono nel guardare tv, mangiare, uscire con i ragazzi, e bere troppo. Che, sinceramente, dopo un po’ stufa.

“Sarà una delle nostre attività per Halloween. Bisogna portare avanti le tradizioni, no?” si esalta Niall, colpendolo.

Louis alza lo sguardo su di lui, ferocemente. “A casa mia non abbiamo mai intagliato le zucche. Quindi no. Nessuna tradizione.”

“Come dici? Mai?”

Scuote la testa. “Mai. A mamma non piace l’odore. Diceva che odiava la polpa di zucca.”

Niall lo fissa fermamente. “Okay. Io e Jo dobbiamo fare due chiacchiere. È assolutamente inaccettabile. Non avevi delle sorelle minori tu?”

“Cinque,” Louis sbadiglia, e Niall sbuffa, scandalizzato.

“No, non va proprio bene. Parliamo di infanzia, Louis, infanzia!”

“Sì, sì.”

Rory porta dentro ancora un’altra zucca enorme, le ginocchia che gli tremano visibilmente.

La luce del mattino splende attraverso le finestre senza fine disposte lungo i muri del loro appartamento, e anche solo per l'intensità che emana sembra autunno. C’è un odore pungente di foglie bruciate che permea l’aria fresca che sfugge oltre le finestre, e gli studenti appena fuori le loro mura, quelli che passeggiano e flirtano e messaggiano e parlano animatamente dei loro progetti per la serata, sono imbacuccati in maglioni pesanti e in tinte lussuose o arancioni.

Louis è sveglio solo da circa cinque minuti, eppure non era così in vena di feste da anni, probabilmente. È bello.

“Allora ci offri la colazione?” gli chiede con innocenza, sbattendogli le ciglia. “Visto che è Halloween, eccetera eccetera.”

“Pensavo a dolci per colazione. Dal momento che non posso più andare a fare dolcetto o scherzetto. Bella merda.”

“Potremmo, però. Che ci possono fare? Chiamare la polizia? Aprire un'indagine?”

Quello scrolla le spalle. “Però mi sento un po’ inquietante. Chissà, magari più tardi. Vediamo. Il punto è che voglio dolci per colazione. Quindi andiamo al Tesco più vicino, ci ricarichiamo, poi giù a quella pasticciera sulla Main. Ti va?”

Oh, sì che gli va. Louis di solito non è uno che preferisce il dolce, ma può fare un’eccezione per un giorno all’anno. E se lo merita dopo l’anno che ha passato.

“Mi va un sacco, Irlanda. Portami via da qui.”

“Benissimo,” Niall fa un gran sorriso, e poggia le mani sui fianchi, guardando Rory che sta giusto per lasciare la stanza, presumibilmente per andare a prendere un’altra zucca. “Ehi, amico. Vieni con noi a fare colazione.”

“Niall, ho altre quattordici zucche nel baga-“

Niall agita la mano con sprezzo, camminando verso camera sua. “Lasciale perdere. Vieni con noi, offro io.”

Rory sembra più esasperato che grato mentre Niall fa per vestirsi, e Louis si volta sul divano, sistemando le braccia sul retro e sorridendo.

“Però, Rory, puoi mangiare solo cose al gusto di zucca. GIUSTO, NIALLER?” urla, e si sente di rimando un lontano “Giustissimo!”.

“Giusto, d’accordo,” Rory sospira, portando gli occhi al cielo, e Louis sorride prima di trotterellare verso la sua stanza, arraffando i primi vestiti arancioni che vede, sentendosi già soddisfatto per la giornata e le persone che la compongono.

**

È pomeriggio, hanno bevuto succo di zucca e sidro di miele caldo corretto con del whiskey (grazie all’insistenza di Niall: “perché cazzo dovrei bere pipì di miele bollente se non posso avere qualcosa in cambio?”), guardato film paurosi in sottofondo, e intagliato zucche non-stop.

Incredibile ma vero, Niall è molto bravo, crea cartoni animati in miniatura e facce buffe (anche se alcune sono sinceramente terrificanti, e Louis si è già impuntato perché venissero messe fuori, in quanto ritenute ‘inadatte’ alla santità della loro dimora), ed è anche veloce, per cui ormai l’appartamento è abbondantemente costellato di incantevoli zucche intagliate, mentre le candele annidate all’interno gocciolano cera bollente arancione e nera sulle parti interne ancora umide. I loro volti tremolano sui muri, perfino nelle ore di luce del giorno, e diffondono per la stanza profumi deliziosi e apparentemente commestibili che fanno scorrere la birra con più facilità e che fanno sembrare i maglioni che hanno addosso più caldi.

Louis stesso prova a creare qualcosa che ricordi una faccia, ci prova davvero, ma per la maggior parte trafigge il fianco della zucca un paio di volte, e ogni tanto fa un rettangolo a mo’ di bocca. (“Mi sa che l’anno prossimo mi limiterò a trasportarle le zucche, con Rory. La scultura non è mai stato il mio forte.” “Non credo che qui si parli di scultura, Louis.” “Sta’ zitto, Niall, la gente che se la tira non piace a nessuno.”) Fa comunque delle foto alle sue creazioni, mandandole a Zayn e Liam, e una persino a Harry, una zucca particolarmente feroce con gli occhi tagliuzzati in due fessure rabbiose, un grande cipiglio seghettato che gli occupa gran parte della faccia. Gliela manda, insieme alle parole, ‘Quand’è che sei diventato una zucca, Curly?’ e sa che non otterrà risposta, ma almeno sa che lo vedrà, e gli piace pensare che lo farà sorridere e magari ricucirà un po’ della distanza che ancora c’è tra di loro.

Probabilmente no, però.

In ogni caso, l’intaglio continua.

Al momento, Louis è completamente ricoperto di polpa di zucca, così come il pavimento circostante. Ma quello è più che altro da attribuire alla battaglia di melma di zucca da lui istigata, dopo aver tirato fuori di proposito le parti interne della zucca più grossa per scaricarle sulla testolina ignara di Niall.

Era scoppiato il caos. Così come bestemmie irlandesi.

Ma adesso hanno polpa incrostata addosso e la stanza ha un odore pungente a dispetto delle candele, e la mano di Louis ha i crampi per il troppo intagliare, per cui si mette comodo e lascia che Niall continui a canticchiare le sue canzoncine folk e a ridere alle parti particolarmente cruente dei film che stanno guardando.

E allora, beh, la mente di Louis inizia a vagare. Su stasera, più che altro. E si chiede se ora Zayn e Liam stiano intagliando zucche o se stiano facendo invece una tranquilla passeggiata autunnale. O ancora se magari stiano scegliendo i costumi per stasera.

E si chiede se Harry è con loro.

Probabilmente no, probabilmente è impegnato nella sua orgia di Halloween, ma a Louis piace pensare che anche lui stia intagliando zucche, avvolto in un maglione confortevole (con sopra qualcosa di ridicolo come una testa di strega gigante), forse intento a sorseggiare sidro di miele da qualche tazza vintage orribilmente barocca e poco funzionale.

Sorride al pensiero. Sorride ancora di più quando si ricorda del loro ultimo incontro, e del fatto che, probabilmente, adesso sono veri e propri amici. Perché era così di buon umore, un umore sospettosamente buono, sinceramente…

Il che… boh.

Forse c’è dietro una ragione molto precisa.

Perché non c’ha pensato prima?

“Allora, così tanto per sapere, ci vai più allo studio? A registrare le parti di batteria per il nuovo singolo di Des?” chiede all’improvviso, steso sulla polpa arancione e appiccicosa sul pavimento, e lancia uno sguardo a Niall, che ha una zucca incredibilmente grande infilata tra le gambe e le mani affondate dentro in profondità.

“È in pausa,” risponde lui, attento solo per metà mentre senza battere ciglio la tv e la famiglia perseguitata da un clown furioso.

“In pausa?” preme Louis come se niente fosse.

“Già. Mio padre non vuole dirmi perché, ma sospetto che c'entri Des. È da un po’ che non lo sento nominare. Non è venuto allo studio neanche una volta. Anche Grimshaw non parla di lui. C’è qualcosa che non va. Ma non so altro.”

“Oh,” si sgonfia subito, speranza perduta. “Ma non mi dire.”

Beh, poco importa, allora. Forse Harry era davvero semplicemente di buon umore.



(Improbabile. C’è sempre una ragione.)

“Perché lo chiedi?” Niall lo guarda un attimo, e Louis è costretto a riscuotersi dai suoi stessi pensieri.

“Oh. Così. Mi chiedevo solo come andasse la vita familiare di Harry. Sai, no. Il solito.”

Niall ride e scuote la testa, proprio quando Rory si scaraventa nella stanza con un’infinità di borse della spesa piene di candele, accessori per Halloween, cibo e liquore, e non viene detto altro sull’argomento mentre Niall e Louis festeggiano rumorosamente il suo arrivo.

**

La sera arriva presto, e la giornata di intaglio zucche, bevute e generale rilassamento si trasforma velocemente in trepidazione, adrenalina e urla, con la musica che va a tutto volume da ogni altoparlante del loro appartamento mentre si preparano per la serata.

“Ma che cazzo sei?” ride Louis istericamente sopra il ritmo roboante di La Roux, tutte le luci accese, e quasi si piega in due, un asciugamano legato ai fianchi, mentre fissa Niall. È appena uscito dalla doccia.

Ed è leggermente ubriaco.

“Sono un cartone del latte!” fa Niall ridendo fragorosamente, e già, è un cartone del latte, braccia e gambe che calzano un'enorme struttura di poliplat, la testolina solare che sbuca fuori da sopra. È una riproduzione grande, massiccia e fedele, certo, ma Louis non riesce a smettere di ridere, davvero… che cazzo?

“Hai delle gambe scheletriche!” piange, indicando le gambe a stecchetto che fanno capolino dal fondo piatto del cartone, le ginocchia nodose che sbattono l’una contro l’altra e fanno sembrare le sue nike bianche già troppo grandi ancora più grandi.

Niall ride più forte, il volume della canzone si alza, la notte si scurisce, e Louis incespica fino alla sua camera prima che gli cada l’asciugamano di dosso, strafatto di dolci e alcol, tutto emozionato per il suo costume e per l’orgoglio che prova.

Perché sarà una serata incredibile, e Louis questo l’ha già deciso.

**

“Sono troppo ubriaco per tutto questo,” ridacchia Louis, traballando sullo sgabello, mentre Niall lo trucca al posto suo.

“Pure io,” ride quello, facendo del suo meglio per concentrarsi mentre stende delicatamente i glitter sugli occhi di Louis.

“No che non lo sei. Hai intagliato quelle zucche a sangue prima. Non sapevo avessi talenti!”

“So intagliare, ma non so disegnare.”

“Ma che cazzo, Nialler! Adesso me lo dici!” urla Louis, ma rutta, poi ridacchia e oscilla su se stesso, aggrappandosi agli angoli del cartone di latte di Niall.

“Sto facendo un discreto lavoro. Il sussidio visivo aiuta.”

“Google immagini salva vite.”

“Sissignore.”

“Ma perlomeno ci somiglia a una stella?”

“È una stella magnifica, cavolo.”

“Superglitterata?”

“Davvero, Tommo, non so bene come farai a sopravvivere una serata intera senza accecarti,” commenta lui, e sorride quando la sua opera è conclusa.

“Perfetto,” Louis fa un gran sorriso, prima di ispezionare la stella glitterata sull'occhio destro che ancora si sta asciugando. Ed è fighissima, davvero (o Niall è in realtà molto capace o Louis è solo parecchio ubriaco), e le linee sono dritte e perfettamente proporzionate. E allora squittisce, “SUPER PERFETTA!” prima di cadere addosso a Niall e ridacchiare mentre il suo costume si piega sotto di lui.

**

Arrivano alle stanze di Zayn attorno alle nove.

Louis non ha smesso di sorridere dagli shot di succo di zucca che lui e Niall si sono scolati all’appartamento (dopo che si erano preparati avevano avuto un po’ di tempo da buttare), e mentre camminano per la scuola, si sente di sangue blu: marcia fiero in avanti, a braccetto con Niall, e perfino lo spigolo fastidioso del cartone del latte di Niall che gli pungola il fianco non scalfisce il suo umore mentre scivolano verso la torre.

Louis ha deciso di travestirsi da ‘glitter’ per Halloween, e non aveva un’idea così bella da anni.

Ha i capelli scompigliati e acconciati stile folletto, le punte impolverate d'oro. I glitter gli ricoprono il corpo, il collo e il petto, e la maglia e i pantaloni dolorosamente stretti hanno dei lustrini, che in sostanza sono glitter. Come se non bastasse, lui e Niall avevano deciso che, per cogliere la vera essenza del glitter e la sua capacità di attacarsi-a-qualunque-cazzo-di-cosa, Louis avrebbe dovuto imitarlo. E così si sono fermati all’angolo del mercato, hanno comprato un grosso secchio di plastica, tutti i glitter disponibili, e hanno versato i suddetti glitter nel suddetto secchio. La chiamano “la Roba Segreta di Louis” e per qualche ragione sono convinti di essere le anime più astute del regno.

Louis ne lancia manciate a ignari passanti, al cielo, ai fiori e ai marciapiedi, e Niall non riesce a smettere di ridere, e Louis non riesce a smettere di lanciare.

“Basta!” Niall ride istericamente mentre salgono le scale che portano alle stanze di Zayn, riuscendo soltanto a fargliene lanciare di più grosse. “Così li finisci!!” insiste, ma Louis non lo sente, e, finalmente, arrivano in cima. I capelli girasole di Niall si sono trasformati in soffici ciocche di glitter arcobaleno che scendono a picchiettare il pavimento a ogni suo movimento, mentre qualcuno resta aggrappato al cartone del latte.

“Ragazzi miei!” esclama subito Louis spalancando la porta e gettando una manciata di glitter al suo ingresso.

Liam, ignaro su quello che sta succedendo o del perché ci sia adesso una montagna di glitter sul pavimento, sorride animatamente, elettrizzato da qualunque cosa faccia Louis.

“Fantastico!” spiega; è un pirata, vestito di nero e di pelle, ma con il suo petto ampio e i pantaloni stretti assomiglierebbe più a un supereroe, se non fosse per la benda sull'occhio.

Zayn fuma un sigaro accanto a lui, naturalmente elegante nel suo completo da gangster anni Venti, un mitra paurosamente realistico in mano. “Io sono Al Capone,” svela, e offre un sigaro a Niall, poi a Louis, facendo un sorriso così grande che può essere attribuito solo a parecchi martini.

Harry ovviamente non c’è, ma Louis non ci fa molto caso con tutta quella luce, e Liam e Zayn si rotolano dalle risate per il costume di Niall, di cui si sono resi conto solo ora.

“Un cartone del latte!” esclama Liam, con le lacrime agli occhi.

Niall si erge orgoglioso davanti a loro.

“E tu cosa sei, Louis? Il cielo?”

“Io sono il glitter!” esclama, spargendone una piccola manciata nell’aria con un soffio.

“Posso averne un po’?” chiede Zayn, e okay, è ubriaco, ma Louis si intenerisce lo stesso e gliene deposita un pizzico in tasca, il sorriso allargato dall'entusiasmo.

“Pronti per la serata, ragazzi?” urla Louis mentre Liam versa un altro bicchiere di vino a Zayn, gli occhi che ancora brillano dalla risata isterica di prima.

“Prontooo,” canticchia Niall, battendo le mani a tempo, e Liam passa dei bicchieri di vino agli altri.

“Un brindisi!” dichiara quando i quattro ragazzi si sono raggruppati in un piccolo cerchio. “Al miglior Halloween di sempre!”

“Cin, Cin!” grida Louis esageratamente, e ridono buttando giù i bicchieri, il liquido che scivola liscio per le loro gole già intorpidite.

Poi la porta si apre.

Ed ecco che entra Harry.

“Sono arrivato, adesso possiamo andare,” li saluta, compiaciuto e ghignante, gli occhi calmi e vigili mentre analizza ogni costume.

“Oh, ma davvero? Che fortuna,” dice Louis portando gli occhi al cielo, ma il suo sorriso non si è oscurato e tiene stretto il suo bicchiere vuoto, e Harry ha addosso velluto nero e scarpe coi tacchi, e sembra uscito da Dracula, quindi va tutto bene.

Harry a malapena si accorge del suo sarcasmo mentre si avvicina a loro con un mezzo sorriso.

“Zayn, sei perfetto,” fa le fusa, premendogli un bacio sulle labbra prima di scivolare verso Liam. “Mi sa che con quelli ti verrà caldo, gioia.” Passa un dito sulla benda di Liam, poi arriva di fronte a Louis. “Che casino,” dice soltanto (maleducato) e poi si congela quando vede Niall, che aspetta il suo commento nel suo costume ridicolo, le mani giunte davanti a sé. “Non… non so che dire,” conclude infine, e questo li risveglia tutti.

“E tu cosa saresti, allora?” chiede Louis, guardando Harry da capo a piedi (dev’essere una specie di abito vittoriano del tardo diciannovesimo secolo, con tanto di sciarpa cremisi, bastone da passeggio e garofano verde appuntato al bavero). Ha i capelli più ricci e sontuosi del solito, raccolti in cima alla testa, e Louis potrebbe quasi giurare che si sia messo del mascara, magari dell’eyeliner? E un velo di rossetto, in effetti. Ma ripensandoci, con Harry non si può mai dire, visto che il pool genico tende a leccargli il culo.

“Sei un vampiro!” prova Liam, e Zayn fa una risata nasale, portandosi una mano a nascondere il suo sorriso sconcertato mentre vede l’orrore spiaccicarsi sulla faccia di Harry.

“Sono Dorian Gray,” dice, come se la mancata identificazione fosse la cosa più offensiva del mondo, e volta la testa altrove alzando il mento con l’aria di chi ha subito un'onta gravissima, il bastone stretto in mano in una posa perfetta.

“Il libro di Oscar Wilde?” commenta Louis, felice di citare il sapere acquisito durante le loro lezioni. Perché “Il ritratto di Dorian Gray” è il romanzo preferito di Harry, scritto dall’uomo di cui sopra, e Louis lo ha sentito tessere le sue lodi fin troppe volte. Un po’ gli fa male pensare che proprio Harry si identifichi con quel personaggio. Non poteva vestirsi da coniglio o cose così?

Ma poco importa. È Halloween, c'è un'aria allegra, e sono tutti vestiti benissimo.

Harry si gira a guardarlo.

“Esatto,” dice tranquillamente, e potrebbe essere la sua immaginazione, ma crede di aver percepito una punta di orgoglio.

“Gesù,” Niall alza gli occhi al cielo. “Ti pareva che eri un cazzo di libro.”

“Non un libro qualunque!” protesta Harry, accigliandosi.

Zayn sorride in silenzio, poggiando delicatamente una mano sulla schiena di Liam. “È un libro geniale, Harry. Ma sarà meglio che andiamo, no? Sono in ritardo alla mia festa.”

“Beh, è solo in ritardo che ci si può presentare, non ti pare?” Louis sorride.

E si allontanano in un turbine di glitter, tacchi e tessuti inamidati che frusciano l’uno contro l’altro, puzzando di prodotti per capelli e trucco economico, e la notte sembra far loro un piccolo inchino.

**

È la prima volta che non prendono l’auto d’epoca – Louis è riuscito a convincere Zayn a riporla in garage per l'inverno e a sostituirla con una macchina più pratica e isolante – ma è una serata piacevole, fresca da pizzicare la pelle, ma caldo quel che basta per stare bene senza una giacca se c’è bisogno di correre un po’. Che gli fa venire un po' voglia di stare tutti ammassati in quella vecchia ferraglia, a volare giù per le strade col gelo a lambire i loro sorrisi.

Ma la limousine – sì, la limousine – va bene lo stesso, e si versano altri giri di vino di zucca che si rovescia oltre l’orlo dei bicchieri fin sulle loro mani, e si levano solo altre risa.

“Andiamo a fare dolcetto o scherzetto, Niall! Sono pronto!” urla Louis entusiasta, e Zayn scuote la testa con un sorriso mentre Liam praticamente squittisce, Niall ride concordando con lui, e Harry alza appena un sopracciglio.

“Non mi piacciono i dolci,” biascica.

“I tuoi li prendo io!” Louis fa un sorrisone, prima che Niall gli pizzichi il braccio.

“Tu dividi con me, ciccio.”

“Non lo facciamo sempre?”

E Niall lo atterra sul suo sedile buttandoglisi addosso, il cartone del latte che occupa metà macchina, e, come di consuetudine per questa serata, come ha iniziato a rendersi conto, si levano solo altre risa mentre il vino si versa e i bicchieri tintinnano.

**

“Porca vacca,” sbotta Louis, all'entrata dell’hotel.

È magnifico, naturalmente, con i suoi soffitti neri a volta e le fioche luci viola. Le soglie delle porte e tutti gli angoli sono cosparsi di ragnatele che avvolgono ogni superficie, e Louis si vede costretto ad abbassarsi per evitare che gli si impiglino nei capelli glitterati. Delle stelle filanti nere e arancioni – o sono nastri di raso? – ricadono dal soffitto in infiniti viticci, solleticando gli ospiti mentre passano a frotte, le mani protese che ne accarezzano le estremità. C’è una grossa zuppiera di punch che si trova al centro dell’ingresso, viola, sinistra e luccicante, circondata da interminabili file di tazzine di cristallo, e cameriere camuffate da mummie poco vestite ci sculettano attorno con dei vassoi adorni e arrugginiti con sopra vari shot dall’aspetto sospetto che contengono bulbi galleggianti, petit four riccamente decorati, cupcake fatti a ragno, mani mozzate e insetti di plastica.

È una figata coi controcazzi.

“Porca vacca,” ripete, e lancia uno sguardo a Zayn che gli sta sorridendo, valutando la sua reazione.

“Ti piace, Louis?” chiede, e anche Liam rimane a fissare impalato, le braccia che stringono la vita di Zayn.

“Non fare domande stupide, Zayn!” lo stuzzica Louis, e i ragazzi sorridono.

“Zayn Malik! È arrivato!” urla improvvisamente una ragazza, e una marea di corpi inizia a corrergli incontro, togliendo Louis di mezzo mentre chiocciano e blaterano, profondendo lodi per il talento di Zayn per le feste e le decorazioni barocche.

“Bene, allora,” grida, individuando Niall che sta incontrando qualche problema a mantenere in equilibrio il suo corpo scatoloso. “Andiamocene da questo casino.” Afferra Niall per il cartone del latte e lo trascina a fatica al sicuro, dando soltanto un'occhiata dietro di sé per vedere Zayn e Liam che vengono inghiottiti dalla folla, e poi Harry che, il suo sorriso affascinante al solito posto, ha una mano poggiata in maniera invitante sul gomito di un ragazzo.

Ma al pensiero Louis scuote solo la testa e si trascina Niall fino alla scodella di punch.

**

Alla festa c'è un’orchestra che suona musica tetra per circa due ore, e crea davvero l’atmosfera, fornendo alla serata eleganza e i brividi adatti a Halloween.

Nel frattempo, gli ospiti si mescolano e chiacchierano, facendo tintinnare i bicchieri e scattando foto dei loro costumi coi cellulari, complimentandosi a vicenda.

Louis si trattiene nei pressi del punch insieme a Niall, giudicando ogni costume che gli passa davanti (eccetto quello di Spiderman, perché quello era figo).

“Non capisco perché si sia sprecata a mettersi la gonna. Poteva risparmiarsi dei soldi e indossare solo il corsetto,” dice Louis sorseggiando punch, e Niall ride mentre riceve l’ennesimo complimento da un passante per il suo abbigliamento.

Niall ha ricevuto quattordici complimenti da quando è arrivato, e Louis diciannove. Non che li stia contando. Ma, se così fosse, sarebbe assolutamente in vantaggio.

Alla fine, Zayn, Liam, e perfino Harry riemergono dalle masse, i sorrisi ancora stampati in faccia e bicchieri alla mano.

“Beh, è stato divertente,” Liam fa un gran sorriso, i denti bianchi che luccicano sotto le luci nere.

Harry si porta il bicchiere alle labbra, esaminando la folla.

Louis cerca di non guardarlo.

“Mi concedi questo ballo?” chiede improvvisamente Zayn a Liam. “L’orchestra sta per andarsene e dubito che dopo ci saranno altri lenti.”

Tutti li fissano, sorpresi, ed è così che capiscono fino a che punto Zayn è ubriaco. Perché ripete sempre che non balla mai, e spesso la sua faccia si tinge di un colore malaticcio quando se ne parla. Eppure eccolo lì.

“Beh divertitevi,” Louis sorride, dando una pacca sulla schiena a entrambi mentre Liam, gli occhi spalancati e gioiosi, viene scortato alla pista da ballo da uno Zayn sorridente.

Zayn lo saluta pigramente con una mano, trascinato ora da un Liam molto impaziente, e Louis ride insieme agli altri – beh, Harry fa un ghigno – guardando la scena, prima di riempire nuovamente i loro bicchieri di punch.

“Felice Halloween, ragazzi,” annuncia Louis. “Nialler,” gli fa con un cenno del capo, facendo tintinnare il bicchiere con il suo. Poi, “Curly,” dice, e i suoi occhi indugiano su Harry quando i bicchieri si incontrano, mentre lui gli restituisce lo sguardo, svuotato di ogni espressione. Non che sia inusuale ma, seriamente? Potrebbe perlomeno annuire o cose così.

Bevono come una persona sola, Niall che lo butta giù come uno shot, mentre Harry sorseggia finemente.

“Sarà una serata fantastica,” Niall sorride mettendo giù il bicchiere, facendo un cenno con la testa a una bellissima bionda vestita da farfalla che lo sta occhieggiando.

“Io lo amo Halloween,” riflette Louis ad alta voce, continuando a guardarsi nei paraggi.

“Come si può non amarlo?” borbotta Harry, la voce sciropposa e densa. “Una notte dove puoi fare finta di essere qualcun altro? È la perfezione.”

“Buffo però che tu abbia scelto proprio Dorian Gray,” dice Louis, guardando gli occhi di Harry saettare oltre la folla. “Finale un filino tragico, no?”

Harry scuote la spalle mentre Niall e la farfalla cominciano le prime fasi del rituale dell’accoppiamento. “Dipende dalla tua definizione di tragico.”

Okay.

“Ti conviene non diventarmi triste e poetico stasera, Curly. Dico sul serio: è Halloween, abbiamo tutto il tempo del mondo, e io dissemino glitter, cazzo. Quindi niente musi lunghi, capito?” gli ordina, puntandogli un dito in faccia.

Lui alza un sopracciglio, evitando il dito di Louis, e facendo vibrare un, “Ma certo,” ma non sembra molto autentico, non sembra nemmeno che Harry lo stia ascoltando pienamente, ma almeno fa un sorrisetto divertito mentre lo studia, facendo oscillare il bastone avanti e indietro. “Sei parecchio prepotente, lo sai.”

“Lo so.”

“Non mi piacciono le persone prepotenti.”

“Nemmeno a me,” concorda Louis, e scaccia un po’ di glitter in direzione di un ragazzo con una toga.

“Ti piaci?”

Louis incontra lo sguardo di Harry, con un enorme sorriso. “Io mi adoro.” E lancia altro glitter.

Harry porta gli occhi al cielo; le spalle lisce e ammantate di velluto color ebano sono spesse e sontuose alle tenui luci viola e nere, enfatizzano il suo pallore, dando una profondità più oscura ai suoi occhi pesti. “Sai che c’è, mi sa che ne abbiamo avuto abbastanza della tua presenza. L'ha detto Zayn. È troppo educato per dirtelo, quindi te lo dico io. È stato bello finché è durata. Buona fortuna per tutte le tue imprese future.”

Il sorriso di Louis si ricompone, mentre gli cosparge i capelli di glitter, facendolo trasalire e perdere goffamente terreno. “Strano, perché mi ha già invitato al pranzo di domani!”

Harry sputacchia mentre dei glitter gli finiscono sulle labbra, gli si appigliano al velluto della giacca. “Ma davvero,” riesce a dire in tono piatto, lanciando un’occhiata raggelante nella sua direzione e asciugandosi la bocca con il dorso della mano.

“Davvero davvero. Ti dovrai sforzare un po' di più. Non basta così poco per liberarsi di me.” E accennando un sorrisetto contento, Louis gli dà una botta sulle palle.

Harry si piega in due, una mano che si stringe la zona interessata, l’altra che si àncora al tavolo del punch.

“Che barbaro del cazzo,” rantola a denti stretti e con gli occhi arrossati. “Non ti farò ripetizione mai più.”

“Sono quello che sono, passerotto,” sorride, prima di dargli una pacca sulla spalla. “E guardala così: qualunque cosa succeda stasera, fisicamente ti sentirai sicuramente meglio di come ti senti adesso!”

E Harry sta per rispondere, ancora mezzo piegato e con le mani che cercano di picchiarlo, mentre Louis gli sfugge saltellando via tutto contento, quando all’improvviso la musica scoppia dagli altoparlanti, e Zayn e Liam si avvicinano di corsa.

“È stato così romantico! Ci avete visti?? Avete fatto delle foto? O un video, avete fatto un video?” chiede insistentemente Liam mentre Zayn si mette al fianco di Harry, chiedendogli quale fosse il problema, cosa di cui Louis non può fare a meno di ridere.

“Mi spiace, Li, no. Ma non importa perché ci rimangono i nostri ricordi. Adesso, facciamoci un paio di shot e balliamo fino alla morte!” canticchia Louis, sparando le braccia in aria in un turbine di glitter e luci stroboscopiche, e i ragazzi urlano, Niall torna da loro con la farfalla al seguito e Harry pur scuotendo la testa li segue, finalmente in grado di stare in piedi.

**

Il resto della serata è colorata e scura allo stesso tempo, sa di vodka alla zucca, profuma di auto nuova e acqua di colonia, e sembra calda come una notte d'estate.

Louis salta di qua e di là a ogni canzone che esplode dallo stereo, lanciando glitter nei drink di Niall quando lui è distratto (e Harry a un certo punto lo vede e ride davvero, porca miseria, ma è ubriaco quindi forse non vale) e si fa un’infinità di selfie perché, beh, è spettacolare.

A un certo punto si accorge che Harry continua a tirar fuori una penna d’oca, scribacchiando chissà cosa su pezzi di tovaglioli e carta e facendoli scivolare furtivamente nelle tasche degli altri. Ne allunga uno nei pantaloni fatti su misura di Zayn mentre quello è impegnato a chiacchiere con un gruppo di ragazze con la bava alla bocca, e Louis sta per dire qualcosa ma non lo fa, proprio nel momento in cui un ritmo familiare inizia a diffondersi per la sala.

Parte la canzone più ridicola del mondo e, anche se alla sobria luce del giorno Louis punterebbe il naso al cielo di fronte a certe canzoncine, il Louis notturno e ubriaco urla cantando: “She’s up all night ‘till the sun, I’m up all night to get some, she’s up all for good fun, I’m up all night to get lucky!” mentre balla con Niall, sferrando pugni all'aria.

Cantano insieme, tutti e cinque – persino Harry che è sorprendentemente sprovvisto di arpie, sventola le mani in alto come una principessa e ridacchia incessantemente –, e ballano in un cerchio che consiste di nessun altro al mondo, ridendo e gridando le parole.

We’re up all night to get lucky! We’re up all night to get lucky!”

Sbattono l’uno contro l’altro, ridono, urlano, e sono ubriachi mentre cantano, cantano, cantano.

We’re up all night to get lucky! We’re up all night to get lucky! We’re up all night to get lucky! We’re up all night…

Ed è tutto ridicolo, e divertente, e chiassoso, e stancante, e probabilmente imbarazzante, ma proprio non gliene frega un cazzo: Niall rotola nel suo cartone del latte, Liam fa finta di avere una gamba di legno, Zayn (che, dopo essere finalmente riuscito a riprendersi di soppiatto la pistola che Niall che aveva preso in ostaggio, scorrazza di qua e di là facendo finta di sparare alla gente) spinge la pistola verso l'alto a ritmo di musica, sbronzo come quella volta che gli ha vomitato sulle pantofole.

È bello. È proprio bello.

Persino Harry resta con loro, ignorando le orde di sanguisughe che premono le bocche luccicanti di sudore sul suo gilè e sulle scapole; dopo un po' se ne vanno, rendendosi conto che stanotte non avranno niente.

Al solo pensiero il sorriso di Louis si allarga mentre canta, lanciando glitter in alto e ingoiandone la maggior parte tra le risate, e la musica continua, mescolando i loro flussi sanguigni e illuminando gli shot.

We’re up all night for good fun! We’re up all night to get lucky…

**

“Vado a prendermi da bere!” urla Louis a Niall (che al momento è molto indaffarato con due brunette carine vestite da gattine, la farfalla ormai un lontano ricordo) prima di scattare oltre, facendo un saluto militare a Liam e Zayn quando passa accanto a loro, e avvicinandosi alla zuppiera di punch.

È una serata fantastica. Ci hanno provato con lui per tutta la serata lupi, vigili del fuoco, maghi, e perfino l’incredibile Hulk, ha buttato via praticamente tutti i suoi glitter, ha scattato foto magnifiche, ed è anche riuscito a persuadere il DJ a mandare in loop per venti minuti “Get Lucky”, con la somma (nonché inaspettata) gioia di tutti invitati.

Louis pensa a questa serata come a un completo successo.

“Scusa,” mormora, inciampando su un alieno, e alla fine, alla fine, raggiunge il punch, analizzando il tavolo alla ricerca di una bottiglia d’acqua vagante. Ne trova una (grazie a Dio) e la ribalta, buttandola giù in un sorso, e quando riprende il fiato, ha gli occhi umidi e il mento che cola, ma si sente finalmente idratato, e le ossa gli sembrano un po' più solide.

Sta per voltarsi, pronto a lanciarsi di nuovo nel caos – Zayn sta facendo finta di sparare a un gruppo di calciatori con il mitra e Louis una cosa così non può perdersela – quando all’improvviso intravede  all’entrata una figura slanciata, incorniciata dal cielo della notte, solitaria e immobile. E a un tratto Louis non riesce a muoversi perché dov’è finito Harry? Sarà lui, quello lì?

Senza pensarci, i suoi piedi iniziano a muoversi, guidandolo verso la figura solitaria, ed è abbastanza ubriaco da razionalizzare che praticamente ormai sono amici, che non sarà strano avvicinarsi a lui, non sarà troppo improvviso o imbarazzante. Gli ha parlato tante volte prima. Innumerevoli volte. Niente di nuovo.

“Eccolo qui,” canta ubriaco Louis dopo aver scoperto che è effettivamente Harry, e si accascia contro la porta mentre lui fissa in alto il cielo.

Non fa alcun movimento che tradisca la consapevolezza della sua presenza; piuttosto, preferisce stringere il suo bicchierino di cristallo di punch con entrambe le mani, i piedi uniti, i fronzoli del costume che si afflosciano alla luce della luna.

“Che combini?” chiede alla fine, aspettando che Harry lo guardi.

Nessuna risposta, solo uno sbattere languido di ciglia.

“Che guardi?” riprova, scostandosi i capelli dagli occhi e facendo cadere puntine di glitter sulla giacca morbida e vellutata di Harry che si mescola al cielo che lo ingoia.

“Il cielo.”

Beh. Facciamo progressi.

Louis sospira, la testa che gli gira, facendo fatica a ricordare se anche prima era così difficile parlare con Harry. Non gli sembra.

Comunque sia, tra loro c’è un silenzio sereno, riempito da una brezza che soffia da fuori e da qualche frammento di frase delle persone che escono ed entrano dalla porta, e gli occhi di Harry restano in alto e gli occhi di Louis restano su Harry.

“Che stai scrivendo? Su quei pezzi di carta che vai a infilare nelle tasche di tutti? Ti ho visto darne uno a Zayn. Non credo ci abbia fatto caso, però,” dice, la voce strascicata, ma continua a tenere gli occhi fissi sul ragazzo davanti a lui, che adesso, nota, porta delle orecchie da gatto, quasi seppellite sotto i ricci, e ha delle larghe macchie sbavate di trucco nero e luccicante sugli occhi. C'è un che di bello nell'insieme, e un che di brutto, ma Louis è troppo ubriaco per approfondire il pensiero.

“Citazioni,” risponde, labbra inclinate verso il cielo.

“Citazioni di Oscar Wilde?”

“Citazioni di Dorian Gray.”

“Oh,” dice Louis, giocando con i glitter nel secchio. “È la stessa cosa, però, no? Però. Arguto.”

Harry scrolla le spalle.

“Hanno un significato particolare? O le hai scelte a caso?” chiede, cercando di trattenere un rutto e rimanere tutto di un pezzo, mentre l’alcol gli nuota nel sangue, gli fa le bollicine nello stomaco, e gli guida la vista. Sta cercando di rimanere serio, di fare finta di essere sobrio. Perché forse Harry ha bisogno di parlare di tanto in tanto.

Ma dice solo, “Sì. Le ho scelte tutte specificamente,” e non aggiunge altro, le labbra che si stringono in una linea sottile.

Le nuvole scivolano sulla luna. Si adatta bene alla festività che stanno celebrando.

“Mi sa che ti ho appiccicato glitter su tutta la pelle,” nota Louis, osservando le superfici brillanti della pelle di Harry sotto la luce cerulea.

Harry scrolla ancora le spalle, questa volta sorseggiando il punch.

Louis si sposta, sentendosi fuori posto (e davvero ora avrebbe solo voglia di divertirsi, non certo di affrontare la complessità titanica della sua amicizia con Harry, ma allo stesso tempo si sente combattuto), e inclina la testa di lato, cercando di guardare Harry completamente piuttosto che di profilo.

“Ti diverti?” chiede come ultimo tentativo.

Lentamente, Harry si volta a guardarlo, una smorfia di sorriso tatuata sulle labbra.

Il cuore gli fa un tuffo.

Beh, merda. Di nuovo qui.

Ma non è così drammatico come aveva pensato che sarebbe stato: l’atmosfera è calma e tranquilla, gli occhi di Harry sono adombrati e invisibili, e si limita a voltargli le spalle e a fondersi con la folla in un unico, silenzioso movimento, senza mai rispondergli.

E Louis è ancora tanto ubriaco e la vita gli sembra ancora divertente e Harry Styles sembra ancora un problema lontano, quindi seppellisce qualunque malessere che minaccia di venire a galla, scattando di nuovo dentro e seguendo la vista del cartone del latte che balla.

**

Si è fatta un’ora assurda quando vengono riportati a scuola dallo chauffeur di Zayn, ed è la prima volta che Harry torna a casa con loro – e non è nemmeno accompagnata da una sanguisuga, cosa su che lo stupirebbe ancora di più se solo non fosse ancora tanto schifosamente ubriaco.

Si ammassano fuori dal veicolo, puzzando di sudore e alcol stantio, la pelle appiccicosa che trema nella fresca aria notturna. Il sonno ha iniziato a solleticargli le membra, hanno le voci più basse e i le gambe più lente; persino Liam resta zitto, la guancia poggiata sulla spalla di Zayn, che adesso ha gli occhi lucidi e sbatte le palpebre molto, molto lentamente.

“Io vado a casa, ragazzi,” annuncia Niall non appena i suoi piedi toccano il suolo della scuola. “Devo levarmi questa roba di dosso. E farmi una doccia. E dormire.” E senza guardarsi indietro, si allontana, da solo.

E Louis normalmente sarebbe furioso – ancora una volta, Niall abbandona senza pensarci – ma sta ancora nuotando nell’alcol e il cielo è affascinante, per cui rimane a dondolare da fermo e saluta con la mano la sua figura che si allontana, il cartone del latte che va piano piano su e giù.

“A dire il vero sono parecchio stanco anch’io,” ammette Liam, gli occhi che gli si chiudono e affossati, la benda che gli ciondola dal collo, e guarda Zayn, la mano stretta alla sua.

Zayn annuisce, passandosi una mano sul volto. “Sì. Andiamo, Liam.” Fa un cenno di saluto a Harry, che sta facendo roteare il suo bastone passeggiando lungo il bordo del marciapiede che conduce ai giardini.

Segue un momento imbarazzante: Louis non dice niente, non interviene per dire che anche lui è pronto a ritirarsi, e il punto cruciale per la decisione è quasi giunto. Se ne resta in piedi, letteralmente in mezzo ai due gruppi, e sa che dovrebbe andare a letto, dovrebbe dormire su questa serata che l’ha lasciato al contempo esaurito e rinvigorito, ma i muscoli gli sobbalzano con quel poco di energia che gli basta per voler rimanere sveglio, per voler rimanere a vagare per il mondo.

Liam lo guarda incuriosito e lo sguardo di Zayn continua a passare da lui a Harry, che ha già iniziato a sparire dal suo campo visivo, gli occhi rivolti al cielo.

“Io rimango, ragazzi. Voi andate,” si sente dire, e non gli sfugge il sorrisetto che sfiora per un attimo le labbra di Zayn.

“Va bene, allora. Buonanotte Louis,” mormora Zayn.

“'Notte,” aggiunge Liam sovrappensiero, sbadigliando e inciampando dietro Zayn, che se lo tira dolcemente dietro.

Louis saluta con una mano, facendo un sorriso imbambolato, prima di cercare con lo sguardo la figura che si mescola all’oscurità, percorrendo il sentiero del giardino.

È probabile che sia un’idea sciocca, a essere sinceri. Un Louis molto ubriaco che segue un potenzialmente non poi così ubriaco Harry: è una ricetta di puro disastro e battibecchi, e forse ancora un altro passo indietro per loro (riuscirà mai ad andare da qualche parte con questo ragazzo? È possibile essere veri amici di Harry Styles?) ma non è in sé, il bisogno di parlare e farsi intrattenere è il suo unico pensiero, quindi fa una corsetta per raggiungerlo, senza più titubare.

Harry, che continua a scivolare verso i giardini, probabilmente diretto al centro, dove si annidano cespugli di rose a grappoli e l’edera si avviluppa alle panche di pietra antica che li circondano. Lancia uno sguardo di sbieco a Louis.

“Che stai facendo?”

“Ti seguo,” si limita a dire, la lingua senza freni. “Dove stiamo andando?”

“Non dovresti andare a letto?” E ha un tono quasi irritato, ma a Louis piace pensare sia soltanto curioso.

“Nah. Non ho sonno. La notte è giovane, Curly, è Halloween, e io sono il glitter – te l’ho detto che sono vestito da glitter? – ed è così bello qui fuori, tanto, tanto bello, che ho sentito dentro di me l'urgenza di restare.” Parlare è divertente quando è ubriaco. Ancora più divertente del solito. “Adesso mi stai dando ripetizioni serie, quindi siamo amici. E l’altro giorno siamo andati d’accordo. Te lo ricordi? Quando siamo andati d’accordo?” Gli scappa un singhiozzo, piccolo piccino.

L’espressione di Harry è neutra mentre continua a camminare a pigre falcate, il bastone da passeggio che ticchetta sul sentiero acciottolato. “È stato ieri.”

“Sì! Ieri siamo andati d’accordo, Curly, quindi praticamente ormai siamo amici, presumo.”

“Ah sì? Presumi?”

“Già,” dice semplicemente, e camminano avanti.

Il fiato di Harry diventa nebbiolina, turbina in aria ed evapora. Louis prova a far fare la stessa cosa con il suo, ma non ci riesce. E non ha poi molto senso, no? Non è mai stato bravo in scienze.

Ma prima di poterci riflettere ulteriormente, si ricorda del secchio di glitter che ha in mano. E la sua mente ubriaca trova grande importanza ed entusiasmo in questo dettaglio.

“Me l'ero dimenticato!” esclama rumorosamente, gettandolo in alto.

Harry gli dà un'occhiata ma non dice nulla.

Poi a Louis viene la brillante idea di lasciare una scia di glitter al loro cammino, perché è tutto divertente ed è tutto un’avventura e perché diavolo non dovrebbe lasciare una scia di glitter?

“Guarda, come in Hansel e Gretel!” esclama, indicando quello che sta facendo, e si pensa molto intelligente, le guance calde e i capelli che iniziano a finirgli negli occhi.

E di tutte le cose che Louis ha detto quella sera, quella è l’ultima cosa che si aspetta possa far sorridere Harry.

“È vero,” dice, fermandosi a esaminare il lavoro di Louis. Fa un passo avanti. “Dai, dammene un po’,” continua, ancora sorridente; gli sfugge qualche risatina. “Facciamo un’altra scia. Ma molto complessa.” Comincia a spruzzare il glitter in cerchi, facendoci degli otto e usandolo per circondare i cespugli di rose, e Louis non può fare a meno di fissarlo a bocca aperta perché, beh, sarà mica che Harry è più ubriaco di quanto pensasse?

O forse Harry è un bambino. In ogni caso, non riesce a distogliere lo sguardo e non riesce a soffocare il sorriso che gli apre il volto.

Lo guarda creare dei motivi complicati, usando quel che rimane dei glitter. “Stai facendo in modo da non farci trovare più?” ride, e il secchio penzola dalle sue dita allentate.

Il sorriso di Harry vacilla subito mentre lascia cadere gli ultimi glitter della sua manciata.

“Più o meno.” Si passa le mani sui pantaloni, e in men che non si dica, è tornato alla sua stoica poesia. “Tu puoi farti trovare, se vuoi. Ma io non voglio.”

Louis si ammutolisce, fissandolo, e non sa davvero cosa dire. Sono questioni che gli sembrano troppo grandi, troppo importanti anche solo per abbozzare una riflessione in questo stato, soprattutto vestito com'è di lustrini e brillantini sudati.

Continuano a camminare fino alle rose. E poi, senza alcuna transizione, Harry si lascia cadere a terra, si stiracchia, e si distende sull’erba morente e sulle foglie cadute, le rose appassite assiepate attorno alla testa.

“Ci sediamo sull’erba, eh?” chiede, e inciampa un po’ per stendersi accanto a Harry, a debita distanza.

“Zitto,” dice Harry piano, e ha gli occhi incollati sopra di sé, vitrei, miti e tristi.

Louis obbedisce.

Se ne stanno lì in silenzio, i respiri calmi che si mescolano alla brezza, e fa un freddo cane, ma le guance di Louis sono ancora calde per l’alcol, per cui non si lamenta; ascolta soltanto il respiro di Harry e sbircia di nascosto il suo profilo immobile, velato da una luce tenue e da ombre senza prismi.

E poi Louis parla.

“Non si vedono le stelle. Non vedo neanche la luna,” mormora, e forse sono le rose a bloccargli la visuale.

Via le torce. Celate la luna. Celate le stelle,” recita in un respiro, e Louis chiude gli occhi al suono del suo sussurro.

“Bello,” dice piano, e gli pare quasi di sentire l'ebbrezza che lentamente scivola via.

Harry non risponde. Ha ancora le orecchie da gatto sulla testa, impigliate ai ricci ribelli, e gli zigomi sono affilati e infossati. È Halloween in persona.

“Dovresti andare,” dice improvvisamente la voce di Harry, tagliando l'aria con la sua dolcezza.

Ma Louis non si muove.

E Harry non si ripete.

Crede che Harry abbia ragione, crede che dovrebbe davvero andarsene, ma non ci riesce, ha le membra pesanti, l’adrenalina e l’eccitazione finalmente vanno scemando, per lasciare spazio solo alla stanchezza.

Le palpebre iniziano a calargli, la testa si è accoccolata su foglie morte e petali di fiori appassiti, e l’aria è fresca, limpida, piacevole. E l’alcol gli trascina i muscoli verso il basso e gli culla il cervello, e forse gli pare di sentire il battito di Harry, sincronizzato al suo.

Rimane così per un po’, le palpebre che si socchiudono pigramente e il corpo che si prepara a dormire, e restano sdraiati per minuti, forse ore? Dev’essere parecchio tempo perché il sole sta ora facendo capolino all’orizzonte, riflettendosi sui glitter che ancora sono attaccati alla loro pelle.

Louis sta per addormentarsi, sì, ma prima di riuscirci, sente un languido sorriso ubriaco formarsi sulle sue labbra.

L’aria è immobile.

Un uccello solitario cinguetta debolmente in lontananza.

Harry respira, calmo e silenzioso.

We’re up all night till the sun,” canta Louis, ridacchiando tra sé e sé, le parole strascicate che si sforzano di uscire dalle sue labbra fiacche, ma non si ferma, gli occhi che gli si chiudono, l'ebrezza che ancora gli rimbomba dentro, gradevole, quanto basta per assicurargli che questa sia una buona idea. Perché sono parole adatte al momento, sul serio, e sì, si sente proprio come fosse la persona più furba del circondario.

E mentre canta, “We’re up all night to get some,” gli pare di sentire un fievole baritono che canta piano assieme a lui.

We’re up all night for good fun. We’re up all night to get lucky.”

La voce bassa e roca di Harry scivola accanto alla sua, che è leggera e squillante, il che è molto, molto ridicolo, ma è anche una conclusione assolutamente perfetta alla loro serata, e, mentre gli occhi di Louis si chiudono per l’ultima volta, i versi che ancora gli scappano dalle labbra, sente l'affiorare di un sorriso, accompagnato dalle prime schegge di sole che aleggiano sulla sua pelle. 

**

Si risveglia come previsto: da solo.

Harry non è da nessuna parte. Ma probabilmente è meglio così, perché Louis si sente uno straccio e ha questioni più incresciose per la testa.

Ha i vestiti umidi, come la sua pelle, accoccolato com'è sull’erba zuppata di rugiada, e il sole brilla in modo allarmante, tanto da bruciargli la retina e friggergli la gola e il cervello molto, molto secco.

E cazzo merda culo.

Come ha potuto pensare di addormentarsi all'aperto?

Costringe i muscoli intorpiditi a sollevarsi da terra, le ossa che scricchiolano, e si passa una mano sulla faccia increspata dal sonno prima di incespicare in direzione del suo appartamento, secchio alla mano, granelli di glitter umidi attaccati ai lati.

Sentendo un freddo incredibile – sta morendo? Può essere – infila la mano libera in tasca, sperando di assorbire almeno un po’ di calore-

Ma cosa?

Si ferma, le dita sfiorano un pezzettino di carta. Curioso e confuso, lo estrae, aprendolo dagli angoli e riconoscendo immediatamente la calligrafia.

Conoscevo soltanto ombre e le prendevo per vere.

Louis fissa le parole, piccole e scribacchiate in fretta e furia. Sono nella sua mano, silenziose e modeste.

Harry. Dorian Gray. Le citazioni.

Come ha fatto a non sentirlo quando gliel'ha infilato in tasca alla festa?

Come ha fatto a non accorgersi che era lì?

Fisicamente, Louis si sente una merda, tra i postumi di sbornia, il gelo, l’umidità e la sete. Ma vede le parole di Harry, e, al diavolo la citazione, hanno fatto centro, troppo centro, tanto che il cuore mezzo addormentato di Louis si serra per la frustrazione.

Perché colpiscono nel segno.

Riascolta la loro conversazione della notte precedente, gli fa eco nel cervello.

Hanno un significato particolare? O le hai scelte a caso?

Sì. Le ho scelte tutte specificamente.

Merda.

Sa di non poter ricucire ogni ferita. Questo lo sa: per quanto si impegni, Harry continuerà a essere problematico e inquieto, troppo preso dalle tonnellate di merda assurda della sua vita.

Eppure.

Ha promesso a Zayn che l'avrebbe aiutato.

Accidenti, praticamente si era ripromesso di prendersi cura di Harry molto prima della sua conversazione con Zayn.

E sono le cazzatine come questa – quelle cazzatine che non fanno rumore che vengono messe da parte perché giudicate superflue o frivole – che Louis non può ignorare, essendo perfettamente in grado di notarle, e il pensiero gli lascia un peso sullo stomaco.

O forse quello è solo colpa dei postumi da sbornia, chi lo sa.

In ogni modo, invece di richiedere l'asilo del suo appartamento, prende una decisione. Strappa un pezzo di carta da una delle bacheche degli annunci nei corridoi, googla “citazioni Dorian Gray” sul cellulare, e scrolla lo schermo troppo luminoso fin quando non ne trova una perfetta, letteralmente perfetta.

Dietro esistenze sublimi c'è sempre qualcosa di tragico.

E se questo non è Harry, allora alza le mani.

Afferra meccanicamente una penna dal bancone di un negozio chiuso, scribacchia la frase nella sua scrittura più leggibile, e senza sprecare un altro istante, si avvia in direzione delle stanze di Harry, ignorando l’urgenza di fare pipì e il mal di testa che pulsa a tempo con i suoi piedi.

Però va a passo spedito, ci mette relativamente poco tempo considerata la schiena dolente, e fa scivolare il pezzo di carta sotto la porta di Harry, sperando che non si perda o che non venga calpestato.

Compiuta la missione (e con un letto che invoca il suo nome), Louis si avvia ancora una volta verso l’appartamento, sentendosi bene con se stesso e con la situazione che ha appena affrontato.

Perché almeno ha fatto qualcosa. Ed è stato qualcosa di altruista. E, chissà, magari potrebbe anche riuscire a sbloccare Harry in qualche modo.

È solo dopo che è rientrato al sicuro nell’appartamento, dopo che ha oltrepassato un Niall privo di sensi sul divano (è stravaccato e sbava, la sua pancia nuda è una discarica di carte di caramelle vuote) camminando sulle punte, e dopo che si è chiuso a chiave nella calda solitudine della sua stanza, che infila l’altra mano nella tasca, e trova un altro foglietto accartocciato.

Si mette a sedere, aprendolo sotto il fiotto di luce che si riversa dalle finestre, la vista che gli si appanna dalla stanchezza e dall'infelicità fisica generale.

Mi vorrai sempre bene. Per te rappresento tutti i peccati che non hai mai avuto il coraggio di commettere.

E bam.

Le parole gli vanno dritto al petto.

Un piccolo ritaglio di carta. Diciannove parole. Trovate per caso. Avrebbe potuto facilmente non vederle mai, avrebbe potuto facilmente vivere il resto della giornata nella beata ignoranza. Ma bam, l’ha trovato, bam, l’ha letto, e bam, così, le parole lo travolgono. Sono corrotte, sono contorte, sono scritte con una risata sarcastica e priva di allegria, e Louis non vede altro che un ragazzo che interpreta la sua gentilezza come un mezzo per affascinare anziché per solidificare i rapporti.

Harry ha scelto questa citazione specificamente per Louis.

E questo… è come pensa che Louis lo veda.

Cosa che… cazzo.

Veramente?

Veramente?

Quindi Louis fissa, fissa, continua a fissare il vuoto, fino a che il sole è alto in cielo, e sente Niall che a tentoni si sveglia, il foglio schiacciato nella mano, inondato dalla luce di mezzogiorno, e bam.

Louis si sente di merda.


NdT. La prima parte del capitolo è ispirata a Get Lucky dei Daft Punk e la seconda a Cosmic Love di Florence and the Machine. In quanto all'immenso ritardo, ragazzi, che vi devo dire: la sessione estiva è quello che è, e si può dire che è stata doppiamente spietata con questa traduzione (ovvero, io e mia sorella siamo entrambe semplici studenti universitarie). Io però non mollo, spero neanche voi. :p

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


NdT. Salve a tutti! Prima di tutto, una buona notizia: ho usato il mese di agosto per portarmi avanti col lavoro, il che significa che potremo tornare ad aggiornamenti regolari (che sfortunatamente non significa uno alla settimana. Poi mi finiscono subito i capitoli e siamo punto e a capo lol). Secondo, devo fare chiarezza su una questione sollevata da alcuni di voi che riguarda una traduzione della stessa storia, pubblicata qualche settimana fa su EFP e rimossa poco dopo da namelessfedah. Mi ha contattato, e posso confermare che si tratta davvero di un semplice disguido: l'autrice della storia originale ha dato il permesso a entrambe (in tantissimi le chiedono la traduzione) e entrambe abbiamo dato indipendentemente la nostra versione italiana della storia, anche se lei ha iniziato da relativamente poco. Non si tratta di plagio (le traduzioni sono completamente diverse) e non si tratta di un'operazione portata avanti in malafede; mette molto impegno in quello che fa, e ha tutto il diritto di essere orgogliosa del proprio lavoro e di tenerci a vederlo pubblicato.
Parlando con lei, abbiamo deciso che continuerà a postare la sua storia su wattpad e io questa su EFP, e vi invito anzi a visitarla e a leggerla anche solo per vedere Young & Beautiful sotto occhi sempre nuovi, magari nei periodi di magra da queste parti. 
La cosa un po' più assurda di tutta questa storia è che, oltre a questa traduzione, sempre su wattpad sono venute fuori altre traduzioni italiane di Young & Beautiful. Quello che vi posso dire è che se vedete la mia traduzione o traduzioni simili alla mia su wattpad sappiate che non sono io e che qualcun altro sta postando senza il mio consenso. Vi chiederei magari di segnalarmi casi del genere, anche se onestamente non so come contestare un eventuale plagio su wattpad e non mi piace fare la guerra, ma vabbè.
And that's about it. Buona lettura! Altre note noiose alla fine del capitolo. ;)

Capitolo 19.

Niall è probabilmente una delle persone più inconsapevoli del pianeta. Probabilmente è un po’ egocentrico e accondiscendente. Probabilmente è distratto, frivolo, rozzo e stancante.

Ma dà dei consigli fantastici.

Il giorno dopo Halloween, tra molteplici viaggi al bagno dove Louis ha vomitato le budella – non berrà mai più punch viola luccicante e farà arrestare quel pezzo di merda di Zayn –, aveva passato la giornata a gemere e a grugnire per terra, da una parte perché stava morendo, dall’altra perché Harry gli aveva, ancora una volta, incasinato le idee proprio quando aveva finalmente iniziato a pensare che stessero raggiungendo un senso di normalità.

“Perché sei così ossessionato da questo tizio? A malapena lo conosci, che cazzo,” rutta Niall, frugando nel frigo con dei boxer rosa acceso addosso. “Te lo vuoi bombare, dillo.”

“Dio mio, Irlanda, dove hai imparato le buone maniere??” esclama, riuscendo incredibilmente a sollevare la testa da terra per lanciargli un’occhiata incredula. “E no, non è vero. Sinceramente sono sorpreso che nessuno di voi sia più preoccupato per lui. È un disastro completo.”

“Boh, ultimamente mi sembra stia un po' meglio del solito.” Niall apre una busta di patatine coi denti.

“Lo pensavo anch’io. Poi stamattina ho trovato questi.” Louis spinge le piccole citazioni scribacchiate verso Niall.

“Che cazzo…?” chiede incuriosito, camminando in direzione della figura scomposta di Louis, prima di strappargli i foglietti di mano. Legge, a occhi stretti. Poi guarda nuovamente in basso nella sua direzione, delle grosse borse sotto gli occhi chiari, qualche glitter sulla guancia. “Non capisco.”

Louis porta gli occhi al cielo.

“Ti sembrano citazioni positive? Eh? Perché per quanto mi riguarda no. E sì, non sono assolutamente certo del significato – con quel deficiente non si può mai sapere – ma credo voglia dire che per tutto questo cazzo di tempo lui non è migliorato per niente, e che non si fida di me più di quanto si fidasse prima e che è ancora un casino e Des non è ancora tornato e-“

“Des non è tornato?” chiede Niall improvvisamente, gli occhi che gli si allargano.

Bella merda.

“Ehm.”

“Nah, okay, così si spiega perché abbiamo messo la canzone in pausa. Ma allora dov’è finito? Si sta sbronzando da qualche parte?” E lo dice con un tono semplice, curioso, indagatore, e Louis è preso in contropiede.

Una cosa che tocca Niall così poco ha incessantemente torturato lui per settimane.

“Beh… non lo so per certo, sinceramente. Harry non parla di queste cose. Almeno non con me.” Louis si zittisce, sentendosi inesplicabilmente a disagio mentre Niall si lancia delle patatine in bocca, cadendo di peso sul divano. “Non so che fare,” dice piano. “Ho finito le idee. Come faccio a dimostrare di non avere cattive intenzioni? Che non lo sto, tipo, usando o che lo sto prendendo in giro o cose così? Cioè, a dimostrargli che non ho secondi fini?”

“Credo che tu ti stia facendo troppe seghe mentali su due pezzi di carta, se devo essere sincero.”

“Non è vero!” strilla Louis, e gli fa male la gola, ma non gli importa, e lo fulmina rabbiosamente con lo sguardo. “Ha detto di averli scelti di proposito, Niall. DI PROPOSITO. E adesso non so che farci perché è andato tutto di nuovo a puttane proprio quando pensavo di star FINALMENTE riuscendo a sbloccare qualcosa!”

Niall sospira, un sospiro forte ed esagerato, e posa la busta di patatine a terra prima di guardare Louis, stanco e assolutamente alieno alla complessità della faccenda. “Louis. Guardami. Piantala di pensare così tanto, okay, ciccio? Fai tutti questi piani del cazzo, e neanche una volta ti è andata bene. Sii te stesso. Ti basta questo, te l’assicuro. Più cerchi di comportarti in un certo modo o cerchi di fare robe strane, più Harry se ne accorgerà e sospetterà ancora di più delle tue motivazioni. Sii te stesso, cazzo, Tommo. Ti è bastato questo per arrivare a questo punto.” E poi torna a mangiare e a fissare il suo portatile.

E, okay. Sì. Forse tutti i torti non li ha.

**

Nelle settimane che seguono Halloween, tra Harry e Louis non cambia un cazzo di niente.

Niente di positivo, almeno.

Vedete, scioccamente Louis aveva pensato che, magari, dopo quell’estremamente pacifica e – oserebbe dire – divertente sessione di ripetizioni il giorno prima di Halloween, le cose sarebbero andate per il verso giusto.

Falso.

Le cose sono andate a picco, in realtà.

Non che Harry faccia l'antipatico o altro. Non è crudele o altezzoso come prima. Beh. Non tanto altezzoso come prima. È solo che… sembra essersi rintanato dentro se stesso, e personalmente Louis crede che possa essere perché le cose stavano andando troppo bene. Era successo troppo, e troppo velocemente, e Louis aveva spaventato questo timido scoiattolo. E adesso lo scoiattolo si è nascosto in un cazzo di albero, non lo si vede da nessuna parte, e ogni tanto gli sgancia qualche nocciolina in testa, quel maledetto, lasciandolo frastornato e dolorante. E normalmente cose così gli causerebbero panico e frustrazione. Perché con Harry Styles non si riesce a concludere nulla, cazzo.

Ma continua a tornargli in mente il consiglio di Niall.

Per questo non crolla ogni volta che Harry resta in silenzio dopo che lui prova a fare conversazione.

Non crolla ogni volta che Harry si porta dietro degli ospiti alle loro lezioni.

Non crolla per il fatto che Harry non ha “sorriso”, o “riso,” o fatto o detto qualcosa che non siano semplici convenevoli o i suoi tipici saluti cupi con l’occasionale sollevamento dello sguardo dai libri di testo.

Non crolla, non strilla irritato a Niall, e non schematizza piani di attacco. Si limita a respirare e a posticipare le frustrazioni, le domande urlate, il senso di colpa, l’empatia, e lo sconforto, per un altro giorno. O mese. O anno. O decennio.

E continua la sua vita presente.

In ogni caso fa un accenno a Zayn un giorno, quando stanno studiando in biblioteca e hanno solo un paio di minuti prima di dover sloggiare per andare a prenotare per cena.

Liam e Niall sono insieme a un portatile all’angolo, ridacchiando come idioti a un video – Liam non rideva da tempo, lo stress dell’ultima parte della sessione autunnale ha messo a dura prova la sua secchionaggine – mentre Harry flirta con un bellissimo ragazzo accanto alle ampie finestre della reception.

E, no, Louis non sta guardando la scena. Non la sta fissando come un’aquila. Non è curioso, e non è affascinato, e non è seccato nemmeno un po’ nelle oscure nicchie della sua anima.

“Allora. Harry,” mormora a Zayn, che siede alla sua destra, intento a leggere in silenzio un grosso tomo polveroso dalle pagine fragili e frasi infinite.

Quello alza lo sguardo, i suoi incantevoli occhi nocciola che lo prendono a pesci in faccia come sempre. “Harry?” biascica interrogativo.

“Sì. Harold,” conferma sarcastico, e Zayn sorride. “Lui. Non, ehm, non so come stanno procedendo le cose.” Lancia un’occhiata al tizio in questione, che al momento sta sorridendo vittorioso, i ricci che impolverano la cornice del suoi volto mentre fa una risata piacevole, avvolgendo con dolcezza e decisione il polso del ragazzo. La sua espressione è predatrice.

Louis resiste il bisogno di fare una smorfia.

“Che vuoi dire?” chiede Zayn, ora attento, e chiude piano il suo libro, scrutandolo intensamente.

“È che… non so quale sia il problema. Un giorno andava tutto benissimo. Poi quello dopo… boh, che ne so.” Prende in considerazione l'idea di condividere la storia delle citazioni che gli ha dato Harry, poi qualcosa lo ferma. Una fitta silenziosa, possessiva, infastidita, che già si è pentita di averle mostrate persino a Niall. “Non so che fare,” dice invece con semplicità, e Zayn annuisce tra sé e sé, guardando adesso Harry.

“Vorrei poterti aiutare,” borbotta alla fine, a bassa voce. Alza le spalle. “Ma sei più bravo tu con lui.”

“Ti sbagli di grosso,” Louis ride, scuotendo la testa. “Cioè, è fuori dalla mia portata. Ormai non so più che cazzo fare. Però.” Diventa serio, gli occhi che si rivolgono direttamente a Zayn. “Avrei una domanda.”

Sente un formicolio. Non è sicuro di volere una risposta. Perché è così importante per lui? Perché? La vita non è mai stata giusta.

Zayn inarca un sopracciglio, ma aspetta paziente.

“Tu stesso hai detto che la famiglia per Harry è la cosa più importante, giusto?”

Zayn annuisce.

“E che se… è giù di corda, diciamo, è probabile che sia per quello?”

Zayn annuisce di nuovo.

“Quindi, mi chiedevo. Visto che Harry sta peggiorando un po', credo io, allora… Des-“ Louis si scosta i capelli dalla faccia, lanciando un’occhiata a Harry, prima di abbassare ancora di più la voce. “Des è ancora, boh, introvabile? Harry sa dov’è suo padre adesso?”

La comprensione fiorisce negli occhi di Zayn, e una certa serietà si impadronisce del suo volto. “Non lo so. Davvero non lo so.”

E Louis fa una specie di sospiro, sollevato perché non gli è stata data una risposta da affrontare ma ancora teso per l’incertezza, e annuisce. “D’accordo. Pensavo valesse la pena chiedere.”

Zayn annuisce in risposta, ma ha gli occhi ancora su di lui. “Louis,” dice piano, e Louis gli restituisce lo sguardo. Gli occhi di Zayn passano in rassegna il suo volto, soppesandolo. Alla fine, parla. “Potrebbe essere qualcosa di brutto, okay?”

Louis non sa cosa questo significhi.

Non sa un cazzo, ma le sue vene si congelano e non c’è più nulla da dire, quindi annuisce ancora mentre Zayn lo fissa intensamente, in attesa di una risposta.

“D’accordo,” dice, e non sa con cosa sta concordando, o se sta davvero concordando, sta solo annuendo, e la faccia di Zayn torna alla sua calma neutralità che àncora e disorienta Louis simultaneamente.

Non sa che pensare.

E allora non pensa per il resto della giornata.

**

Louis ha passato l’esame.

L’ha passato.

(Per il rotto della cuffia, ma l’ha passato, che cazzo.)

Ed è stato merito delle lezioni di Harry.

Per festeggiare, invia un messaggio di gruppo che consiste in faccine, simboli, e nelle parole HO PASSTO L ESME INCHINATEVI A ME PLEBEI.

Ha il diritto di autocompiacersi. Ne ha passate tante.

È bello raccogliere i frutti di settimane di stress e rughe causate da sessioni di ripetizioni. È bellissimo e si sente un genio, gli sembra quasi che potrebbe anche cavarsela in questa faccenda dell’università. Quasi che potrebbe anche non finire il resto dei suoi giorni in un cassonetto sul retro di qualche Tesco.

Prende nota di ricoprire il pavimento di Harry in gigli o di baciargli i piedi o di versargli champagne in bocca, o qualunque cosa desideri, visto che senza di lui e il suo atteggiamento burbero l'avrebbero bocciato di nuovo e starebbe ancora annaspando, dando altre ragioni a Charles per dire cazzate su quanto sia inutile suo figlio, incapace persino di imparare. Sì, vuole assolutamente inondare Harry di complimenti e regali. Anche se probabilmente non avrebbe alcun effetto, considerato che ancora non gli risponde ai messaggi, figuriamoci se potrebbe mai dar segno di accorgersi delle opere buone che fa per lui. Non ha poi scoperto se Harry abbia ricevuto la sua citazione da Dorian Gray che aveva infilato sotto la sua porta dopo Halloween…

Ma a questo punto, chissene. La loro amicizia si fa sempre più improbabile, e anche se il pensiero lo divora in una maniera sottile e tediosa, sa che non c’è davvero niente che possa fare, ormai.

Perché Harry è sempre più distratto e dal canto suo può solo rimanere a guardare.

È vero, le cose sono diventate generalmente più fredde tra tutti loro visto che il semestre si avvia alla conclusione e gli esami sono diventati più seri. Escono di meno, evitano gli eccessi, e hanno iniziato a sostituire serate di sudore a serate di sonno seppelliti sotto pagine di libri di testo. La maggior parte del loro tempo libero lo passano o attorno al tavolo di Zayn, a ridere di tutto e di nulla bevendo e fumando, e scattando fin troppe fotografie e cazzeggiando coi portatili, o da Liam, a buttare via neuroni su videogiochi, droghe leggere, liquori costosi, e atroci motivetti improvvisati. È tutto meno appariscente del solito, ma è piacevole. E Louis quasi lo preferisce.

Gli piace che Zayn rimanga a casa la sera, in pantaloni di tuta neri e t-shirt di qualche band, i capelli in disordine e degli occhiali neri troppo grandi che gli scivolano lungo il naso mentre scribacchia appunti e passa di romanzo in romanzo, segnandosi temi simbolici e citazioni altisonanti.

Gli piace che la faccia di Liam si corrughi di preoccupazione e concentrazione mentre si getta su tabulati e powerpoint, le maniche dell'enorme maglione tirate fin sopra i gomiti, mentre riceve telefonate importanti, rivolgendosi a tutti con frasi concise e pragmatiche, le spalle tese e due ombre sotto i suoi occhi grandi.

Gli piace che tutti loro sentano il peso della scuola, come fossero una persona sola, e sono retrocessi a vestiti logori e capelli unti. E che, pur senza il continuo strimpellare delle serate sfrenate, vadano ancora d’amore e d’accordo, si prendano ancora cura l’uno dell’altro, si divertano ancora più degli altri, e scelgano ancora di passare del tempo assieme insieme. Perché, ormai, sono migliori amici, ed è confortante, è bello, ed è meglio di qualunque cosa Louis si aspettasse quando è arrivato in questa maledetta scuola.

Detto questo.

Niall non è scalfito minimamente dalla scuola. Ha ancora Rory che gli fa i compiti che non gli interessano mentre lui cazzeggia con i suoi programmi audio e guarda video senza senso su youtube per imprecisati lassi di tempo. E visto che gli altri dopo le undici di sera sono ora un po’ spenti, lui se ne va comunque a spasso per la città, da solo, tornando all’appartamento a orari bizzarri per sfogare le sbornie con un Louis in pigiama.

E poi c’è Harry. Il taciturno, sempre più distratto, solitario Harry. Non studia mai – personalmente non ha idea di come faccia a non essere bocciato – e non si siede quasi mai, sembra fare sempre avanti e indietro, sempre in piedi a fissare oltre le finestre, tenendo stretto il cellulare tra le nocche bianche. Anche se è spesso con loro, parla a stento, anche a Zayn, e Louis non ricorda l’ultima volta che ha avuto una delle sue 'fisse' o un'‘ossessione’ e non riesce a credere ai suoi stessi pensieri, ma un po’ gli mancano. Di tanto in tanto, mentre Louis è intento a raccontare una delle sue grandiose palle o a prendere in giro uno dei ragazzi, becca Harry a fissarlo, gli occhi vigili e curiosi, lo scruta con una muta intensità che Louis non riesce a comprendere. È snervante, lo sguardo calmo e imperturbabile di Harry. Ma poi si volta, e niente cambia.

Le loro lezioni sono così silenziose.

Harry non si allontana mai dall'argomento principale, il suo volto non si allontana mai dagli appunti, e le sue dita sottili sono ferme sul dorso dei libri di cui evidenzia citazioni, e non c’è poi molto spazio per alcunché di vivace o memorabile. Biascica definizioni e spiegazioni pacate, respira piano nel silenzio, e a malapena lo guarda, non gli si avvicina mai, fa come se non esistesse, ed è così strano, cazzo, non è d’altra parte lo stesso ragazzo con cui ha visto l'alba cantando i Daft Punk?

Il mondo è come all’incontrario. Ma ha bisogno di concentrarsi, ha bisogno di pensare alla scuola, quindi può solo buttare lì battute, sorrisi e sbuffi, ma non più di questo.

Però adesso, mentre entra in casa di Harry (quella è una cosa che è cambiata: Harry lascia la porta aperta, facendolo entrare quando gli pare e, quando è una giornata sì, trova anche una tazza di tè caldo ad aspettarlo), fresco di energie per il suo successo all’esame, ha solo pensieri positivi, e la sua unica afflizione è che avrebbe voluto davvero andare a prendere un mazzo di gigli per ringraziarlo.

La stanza principale è vuota, nota appena entrato.

E, oh, in realtà ha fatto bene a non prendergli quei gigli perché c’è qualcos'altro che occupa ogni singolo centimetro del pavimento: fogli. Mucchi e pile e ammassi di fogli. Spartiti per la precisione, o almeno così sembra. Scritti a mano di fretta ma eleganti.

Okay.

E Harry non si vede da nessuna parte.

“Curly?” lo chiama esitante, controllando il cellulare per sicurezza (anche se non sa il perché; farebbe prima a ricevere un messaggio da Zeus che da Harry), e inizia a camminare per l’appartamento, sbirciando nelle stanze vuote.

Non c’è niente, solo le solite statuette di gatti e il vecchissimo giradischi e i libri e i fiori e- oh.

Su un piccolo tavolino di legno accanto alla finestra c’è una foto di Des, Harry e una ragazza magra, impeccabile e deperita con gli occhi grandi e i capelli bellissimi che può essere soltanto sua sorella. È in bianco e nero – ovviamente, perché probabilmente Harry l’ha fatta modificare apposta, quel cretino – ed è stata scattata a una specie di banchetto o premiazione o premier o chissà che altro, considerato il mondo in cui vivono. Ma sono vestiti di tutto punto, e sono abbastanza vicini da ricordare una famiglia.

Sembra piuttosto recente, il volto di Harry è solo leggermente più bambino, ma è la sua faccia. Louis guarda la sua faccia. Perché sorride. Sorride. Sorride davvero. Ed è un sorriso grande e solare che gli riempie il volto levigato e sembra brillare, con quegli occhi caldi e quella fossetta, e gli si stringe lo stomaco in una morsa perché non è che l'ennesimo contrasto con l’Harry che conosce. Quello vuoto e desolato che è anni luce da questo essere autentico che emana calore. E non sa se è perché Harry all’epoca stesse meglio o se è perché nella foto è con la sua famiglia, ma gli si avvinghia alle costole e l’unica ragione per cui riesce a distogliere lo sguardo è perché Des.

Des. Con le sue rughe, e le sue ombre, e i capelli in disordine, e la mascella rilassata. Con un pollice in alto, l’altra mano in tasca. Non abbraccia i suoi figli. No. Si tiene le mani per sé, guardando la telecamera con un sorriso esagitato e due occhi neri che mostrano un passato così definito nei loro contorni che Louis capisce.

E potrebbe rimanere a fissarla per giorni, questa foto che vale più di mille parole, ma poi – si sente il suono di un pianoforte.

Ah già. Il pianoforte.

Senza una parola, si dirige verso la camera da letto di Harry, lasciandosi alle spalle la fotografia. Il suono si fa mano a mano più forte, i tasti delicati e pizzicati scuotono l’aria l’uno dopo l’altro.

Una volta raggiunta la porta, la spinge appena con delicatezza, ed eccolo lì. Seduto sul bordo dello sgabello, una mano che picchietta meccanicamente i tasti, l’altra sepolta in infiniti fiocchi di capelli aggrovigliati, gli occhi che fissano vuoti oltre la finestra.

“Cosa fai?” chiede Louis, e la sua voce fende l’aria, colpendo Harry come un proiettile.

Subito salta in piedi, come se fosse stato svegliato da un sonno profondo, le dita che si slacciano dai capelli.

“Da quanto sei lì?” domanda con insistenza, la voce densa di stanchezza.

“Da un po’.” Louis si guarda attorno, guarda le pile di fogli bianchi, gli spartiti che ricoprono ogni centimetro di pavimento, i pezzi di carta arrotolati, un libro o due aperto in attesa di essere raccolto. Tocca con la punta del piede una pagina che sembra particolarmente caotica. “Che roba è? Segui un corso di musica?”

“No.” Harry si alza in piedi, cominciando ad accatastare i fogli volanti da terra.

“Li hai scritti tu questi?” chiede, sbalordito.

E poi la testa di Harry scatta verso di lui, gli occhi fulminanti. “Piantala di fare domande.”

Le sopracciglia di Louis si inarcano. “Come ti pare, Gestapo. Magari vuoi togliermi pure il diritto di voto?”

Harry lo ignora, continuando ad accatastare fogli, prima di selezionarne uno e portarlo al pianoforte. Lo fissa mentre con l’altra mano compone una semplice melodia, mentre Louis lo osserva dall’entrata.

E poi all’improvviso Harry sfreccia verso di lui, brandendogli contro una chitarra.

“Fammi un do minore. Voglio sentire come sta col pianoforte.”

Louis lo fissa. “Curly. Non ho la più pallida idea di come si suona una chitarra.”

Quello praticamente ruggisce, riprendendosela. “No? Che diavolo ti insegnavano da piccolo?”

“A leggere. A scrivere. Le addizioni. Le sottrazioni. Come fare finta di essere malato.”

Ancora una volta, Harry non risponde, e afferra piuttosto un nuovo pezzo di carta dove comincia a scribacchiare una serie di appunti.

“Mi sembri stressato,” dice Louis, impalato in mezzo all’entrata, la borsa che gli pende da una spalla.

“Sì, beh, è così. E oggi non sono dell’umore di fare ripetizioni, quindi facciamo che rimandiamo.”

“Beh. D’accordo. Ma…” Louis indugia, ispezionandosi le unghie. “Ti spiacerebbe se, ehm, rimanessi comunque qui?”

Harry si immobilizza. “Come?”

“Solo a studiare, cioè.”

“Senti, proprio non mi va di aiutarti adesso-“

“Lo so, enorme idiota che non sei altro, ti ho sentito. Voglio solo un posto dove studiare. Me ne starò sulle mie. È solo che Niall è a casa e sta giocando a videogiochi perché non fa mai i suoi compiti e la casa è molto incasinata e, beh. Hai capito, no. Mi farebbe bene starmene un po’ via. E visto che anche tu stai lavorando a qualcosa…”

Harry batte le palpebre, confuso. “Quindi. Vuoi solo… studiare.”

“Sì.”

“Nelle mie stanze.”

“Sì.”

“E non perché hai bisogno che ti aiuti o altro.”

“Sì.”

Una pausa.

Harry lo scruta dalla sua attuale posizione, rannicchiato a terra, calmo e piccino nei suoi pantaloni di tweed e la maglia dal colletto bianco abbottonata fino al collo, i fogli impilati nelle mani.

Passa un altro attimo di silenzio, e Louis si sente a disagio, facendo finta di essere disinteressato ma sentendosi goffo da morire, quindi si scosta i capelli e comincia a tastare alla cieca il cellulare mentre aspetta.

Forse è meglio andare in biblioteca.

“Ehm.” Il silenzio si incrina, e immediatamente restituisce lo sguardo di Harry. “Okay. Sì. D’accordo allora,” dice alla fine, e sembra più turbato e sbigottito che altro. Ma acconsente, e Louis annuisce, tranquillizzato.

“Grazie, amico,” dice con semplicità, mettendo giù la borsa e lasciandosi cadere in una sedia all’angolo, di fronte il pianoforte e davanti alla schiena di Harry. Considera brevemente di stravaccarsi sull’enorme letto a baldacchino di Harry e studiare lì, ma sa che probabilmente si beccherebbe un libro in testa, per cui mette a tacere il pensiero e si sistema più comodamente su una grande poltrona con dei ricami, svuotando la borsa mentre l’altro lentamente si riconcentra.

Ben presto, trovano un loro ritmo, ciascuno intento a lavorare ai propri progetti, muti e concentrati. E c'è silenzio. Ma non è male.

Louis scribacchia serenamente delle note sul quaderno mentre Harry pizzica i tasti, canticchiando a bocca chiusa e chiudendo gli occhi, le sopracciglia tese dalla concentrazione, che sentono il mutare delle melodie da dentro. E Louis è molto concentrato su quello che sta facendo, giura, ma non può fare a meno di notare quanto incredibilmente bello sia il suono che proviene dal pianoforte di Harry, e alla fine alza la testa per studiarlo mentre mentre quello crea come un pazzo melodie tormentose e incantevoli.

“So che probabilmente la mia opinione non la vuoi,” comincia, e il pianoforte subito si ferma, Harry che sobbalza, sorpreso. “Ma è una delle cose più belle che abbia mai sentito.”

Harry sussulta, guardando Louis con occhi calmi, prima di accigliarsi e prendere un altro foglio bianco. “No che non lo è.”

“Beh, invece sì. È incredibile. E se l’hai scritta tu… beh. Mi sa che sono ammirato.”

“Le opinioni sono soggettive,” borbotta quello, per nulla colpito dal suo elogio, rifiutandolo senza pensarci due volte, e Louis fa un cipiglio, mettendo giù la sua penna e guardando direttamente la figura curva di Harry.

“Ovvio. Ma se c’è un idiota a cui non piace, allora mi sa che la loro opinione non vale un granché.” Si interrompe. “E poi non lo dico solo per essere gentile. Non mento mai sui complimenti. Mai. Neanche una volta. Non ne faccio spesso, sai, perché per come la vedo io, così hanno più significato. Quindi il fatto che ti stia facendo un complimento è un onore, Curly. Non c’è di che.”

Harry alza lo sguardo. “Non menti mai?”

Louis sorride. “Sono troppo giovane e privilegiato per mentire.”

Si aspetta che porti gli occhi al cielo, ma non riceve che uno sguardo silenzioso mentre Harry lo guarda e sbatte le ciglia. E poi, ovviamente, si volta, ignorandolo.

“Tutti mentono. Fa parte della natura umana.”

“Oh, come mi conosci poco, allora,” Louis fa un ghigno, e quando Harry solleva di nuovo lo sguardo su di lui, riporta gli occhi al quaderno, la penna che gli danza nella mano, le labbra ancora increspate verso l'alto.

E anche se avverte il suo sguardo soffermarsi su di lui per molto tempo, non glielo restituisce, voltando invece la pagina del suo libro di testo, pronto a iniziare il capitolo seguente.

***

Sono passate un paio d’ore, e il sole sta iniziando a tramontare, ma Harry è ancora perso nel suo lavoro e Louis si sta divertendo parecchio a finire un sacco di compiti mentre ascolta frammenti di bellissime melodie.

Proprio quando inizia a pensare che non aveva una giornata così buona da un po', gli squilla il cellulare. Gli si ribalta lo stomaco quando legge il mittente.

“Cazzo. È mia mamma,” mormora senza pensare, fissando il cellulare, impietrito.

Harry fa un giro su se stesso, fissandolo a occhi spalancati. Scattano da Louis al suo cellulare acceso, che vibra incessantemente sul bracciolo accanto a lui. “Non rispondi?” chiede alla fine, facendo un cenno con la testa verso il telefonino.

Louis serra la mascella. “No. Qualunque cosa debba dirmi, non mi va di sentirla. Devo studiare,” taglia corto, capovolgendo il cellulare e tornando ai suoi appunti, la faccia un po’ più tesa e le mani un po’ più rigide.

Ti pareva che doveva chiamarlo e rovinare i suoi pensieri positivi. Ti pareva. Non aveva scelto Niall come figlio sostitutivo? Ormai non chiama più solo lui? Ora che è successo?

L’atmosfera gli sembra più elettrica e silente, e la sua pelle è diventata troppo calda al pensiero di essere stato lui a causare il cambio di umore, stavolta. Percepisce gli occhi di Harry su di lui e si sente a disagio, troppo consapevole delle sottili implicazioni delle sue parole e del fatto che probabilmente non avrebbe dovuto dire niente. O forse avrebbe semplicemente dovuto rispondere e liquidarla come fa sempre.

“Non vai d’accordo con tua mamma,” dice la voce di Harry, e non è una domanda.

Louis non alza lo sguardo. “No. Per niente.”

Una pausa.

“Ma. È tua mamma.”

“Davvero?” Louis sbuffa. “Non si comporta come se lo fosse.”

Harry sembra preso dall’argomento, ha interrotto il rovinare frenetico e agitato tra gli spartiti, e ora sta invece armeggiando distrattamente con l’angolo di una pagina a caso mentre la fissa. “In che senso?” chiede, e la sua voce finge indifferenza, ma Louis si accorge della spirale di tensione che la avvolge, della genuina curiosità e… di un qualcosa di non meglio identificabile.

“Nel senso che-” Si interrompe. Non parla mai di sua madre. Non seriamente. Non ne vede il motivo. Serve solo a farlo arrabbiare o riflettere sulla situazione più del dovuto, cosa che non serve veramente a un cazzo, quindi non ci pensa, non ne parla. Se ne occupa e basta, e non è una cosa così complicata. Ma è Harry a chiederglielo, e crede che proprio lui abbia bisogno di sentire la risposta, e personalmente non ha nulla da perdere, quindi. Quindi continua. “Perché dopo che Charles se n’è andato, ha perso la testa ed è diventata egoista e sono stato io a doverla rimettere a posto. Prima stava bene, una mamma come si deve. Leggeva le favole alle mie sorelle e ci abbracciava quando andavamo fuori casa, preparava la cena e decorava la casa per ogni festa. Ci chiedeva delle nostre giornate e si ricordava dei nostri compleanni e ci firmava i permessi che ci servivano per la scuola. Ma Charles l’ha viziata, probabilmente troppo, perché sembra che non si sia mai accorta che a lui io non piacevo. Era troppo occupata a pensare ai regali e alle vacanze e ai gioielli. Così dopo che lui l’ha tradita e hanno divorziato si è persa. Forse si era persa anche prima, non lo so. Ho cinque sorelle minori. La più piccola ha quattro anni. Praticamente le ho cresciute io, lei non ne voleva sapere. Piange perché vuole attenzioni, se la prende con te se è una giornata no, e mi vuole bene, sì, ma mi vuole bene di più quando le conviene. Cede alle proprie debolezze e si dimentica di noi, si dimentica completamente dei suoi sei cazzo di figli. Poi all’improvviso da un momento all'altro praticamente ci strangola perché non ci vuole mollare, si arpiona e ci soffoca, guarda da sopra le nostre spalle e ci si siede addosso e piange tutto il cazzo di tempo. A volte sparisce per giorni, solo perché vuole trovare se stessa. Non ho idea di dove vada a cacciarsi, e neanche mi importa. A volte vuole trovarsi un fidanzato. Solo perché è annoiata e insicura. A volte flirta con i miei migliori amici per ricevere attenzioni. A volte mi sgrida in pubblico perché non faccio quello che vuole. E a volte è buona, sì, mi accompagna in giro con la macchina o si prende cura di me quando sto male. È venuta fin qui per aiutarmi con il trasloco. Le manco, perfino. Ma il fatto è che credo di mancarle solo perché mi occupavo di lei e pensavo a lei. Non so che dire. Quel giorno che mi hai portato a casa tua? Faceva i suoi soliti capricci e aveva deciso di dare la colpa a me per i problemi di Charles. Cazzo, forse pure per i problemi suoi! E ti devo ringraziare di nuovo per quello perché, anche se probabilmente non l’hai fatto di proposito e mi hai portato con te per chissà quale altra ragione, mi hai salvato la vita. Non ci so fare con lei. Niall, Niall ci sa fare. Ma io no. Non mi dispiace per lei. Non ho pazienza con lei. Sarà… sarà amarezza, che ti devo dire.” Sospira, e si sente esausto, le parole gli sono scappate con violenza dalla bocca. Non aveva messo in conto di dire così tanto, neanche lontanamente, ma in qualche modo si sente sollevato, e si costringe a tornare al presente prima di dare un'occhiata a Harry.

Ha il capo chino, le mani sulle ginocchia, e non è neanche sicuro che lo stia ancora seguendo-

“Ti sbagli,” dice all’improvviso, flebile e lento. “Ti ho portato con me di proposito, quel giorno.” Gli restituisce lo sguardo, il volto svuotato di emozioni, ma gli occhi pieni di nuvole vorticanti, ovvero più vita di quanta gliene abbia vista nelle ultime settimane.

Il silenzio della stanza è così totale che sembra fare rumore, con Louis e Harry che si guardano dai lati opposti della stanza.

E cazzo.

L’aveva immaginato. Ma non riesce a metabolizzare la conferma. E allora rimane a fissarlo. Lo fissa in quegli occhi tempestosi e torbidi che si sono agganciati dolorosamente ai suoi, impedendogli di battere ciglio, respirare, pensare. Troppo.

“So come ci si sente,” borbotta Harry, praticamente alla sua anima, “Il bisogno… di fuggire. Solo per un po’.”

Il cuore gli crolla giù, arrivando da qualche parte vicino alle ginocchia. Ma è un sentimento di felicità, un sentimento di commozione, un sentimento caldo, un sentimento sopraffatto dallo shock, e sorride prima di abbassare un po’ la testa, arrossendo. “Okay, allora. Grazie di nuovo. Non dovevi.”

“Sì che dovevo.”

C’è un attimo di silenzio, in cui Harry ha gli occhi rivolti ai tasti del pianoforte e Louis ha gli occhi rivolti ai suoi libri, e nell'aria c'è come una materia compatta e pesante che sa quasi di comprensione reciproca.

E Louis vorrebbe dire di più, tanto di più, ma ha la gola secca ed è un momento così fragile che ha paura di spezzarlo con le sue mani goffe e la sua troppa energia. Perché le parole che ha detto Harry gli vorticano dentro è… tanto. In qualche modo sconcertante, a dire il vero.

Perciò ritornano ciascuno ai loro rispettivi compiti.

Harry sembra tornare al suo progetto senza molti problemi, la penna che gratta selvaggiamente sul foglio, la testa china e concentrata.

Per Louis è più difficile. Sente il battito del suo cuore nelle orecchie, le mani mosce e gli occhi immobili su ‘La’ – che è la prima parola della prima pagina del libro.

Harry l’ha portato apposta lontano da sua madre. L’ha ammesso. L’ha portato via. L’ha aiutato. Harry Styles ha aiutato Louis Tomlinson. Harry Styles ha ammesso di aiutare Louis Tomlinson.

Cazzo.

I suoi pensieri continuano di questo verso per un indefinito lasso di tempo, il cielo che adesso diventa nero, le stelle che cominciano a risplendere dalla finestra, appena visibili attraverso il rossore caldo della stanza. E Harry continua a scribacchiare senza sosta, a testa bassa, la mano che vola in maniera molto significativa.

Ma poi si ferma.

I sensi di Louis si irrigidiscono. Sta ancora fissando il ‘La’.

“Potresti-“

Harry si interrompe, si morde le labbra, poi guarda altrove.

La testa di Louis scatta in alto.

“Potrei cosa?” lo incita, mettendo giù il suo libro.

Harry sfiora i tasti del pianoforte con le dita, il labbro ancora stretto tra i denti. Poi batte le palpebre, lascia andare il labbro e lo lecca. “Pensavo. Se ti suonassi qualcosa. Mi… diresti cosa ne pensi?” Attende una risposta, le spalle rigide e i piedi giunti, seduto sul bordo dello sgabello.

“Ma certo,” gli scappa subito, assolutamente e completamente stupefatto perché… adesso Harry vuole la sua opinione??

Un asino vola fuori dalla finestra.

Harry annuisce tra sé e sé, determinato, prima di alzarsi lentamente e raggiungere il violino che giace accanto al suo letto.

Louis è subito intrigato. Si ricorda vagamente che Zayn aveva accennato al fatto che Harry lo suonasse, ma personalmente non l’ha mai sentito, e così guarda attentamente Harry che torna a sedersi sullo sgabello, posizionandosi in modo tale da evitare il suo sguardo; vede però il suo profilo, e i suoi tranquilli occhi tristi, esitanti e pieni di un'allarmante timidezza.

Louis unisce le mani in grembo mentre Harry alza lo strumento fino al mento, che ci poggia piano sopra. Con le dita lunghe e sottili prende l’archetto, alzandolo con delicatezza fino a posarlo sulle corde rigide. Dolce, chiude gli occhi in uno sventolare di ciglia.

Louis trattiene il fiato.

E l’archetto inizia a muoversi.

Sapeva che sarebbe stato bellissimo. Chissà come. Lo sapeva e basta.

Harry tende l’arco, lungo e lento, ogni briciolo di emozione trattenuto dalle sopracciglia chiuse e offerenti si riversa sulle corde, spandendosi nella stanza calma avvolta da una luce tenue, strisciando sulla sua pelle e infilandoglisi sotto il maglione.

No, non è bellissima. È assolutamente mozzafiato. È così incredibile, e dolce, triste da impazzire. E scende dalla piega delle sue spalle, dai lividi sotto i suoi occhi, dalla stanchezza della sua fronte, e per quel che gli riguarda potrebbe non aver voglia di sentire nessun altro suono in vita sua. Non ora che potrebbe ascoltare questo.

Harry Styles sarà pure fatto di distruzione. Ma come potrebbe qualcosa di così sinceramente bello essere creato da una persona ‘cattiva’? Da una persona che presumibilmente non ha aveva più nulla da offrire?

È lì, mentre Harry piange attraverso la sua musica, Louis che lo guarda in silenzioso sbigottimento, che capisce di non essere poi così lontano dal ragazzo della foto. Che quel sorriso autentico che Harry aveva con Des e sua sorella, quello splendore di vita, forse alla fin fine non è lontano anni luce. Che forse è lì, lontano dalla vista, sepolto sotto sporcizia e polvere.

La musica si ferma. L’arco pure. Le mani affusolate e pallide di Harry si abbassano, mettendo dolcemente giù il violino. Aspetta.

Louis si ricorda di sbattere le ciglia.

“Non ho mai…” comincia, davvero senza parole. Le spalle di Harry si irrigidiscono alle parole e la testa si tende di pochissimo verso il suono della voce di Louis, silenzioso e trepidante. E forse terrorizzato? Cosa che personalmente non capisce, perché Harry non dovrebbe avere mai paura. Vuole che non abbia mai paura. Si schiarisce la gola, sbatte le palpebre un paio di volte. “Non ho mai sentito una cosa così prima d’ora. È stato…” Si interrompe, alza lo sguardo e fissa il profilo celato di Harry. “Harry, è stato incredibile.”

Spera che la sua voce trasmetta tutto quello che prova.

Harry non si muove, e nemmeno risponde.

Per cui lui continua.

“Senti, non so per cosa ti serva, se stai scrivendo canzoni tanto per divertirti o se stai scrivendo per qualcuno, o che so io. Ma è la cosa più bella che abbia mai ascoltato e, sinceramente, non so nemmeno come fartelo capire appieno. Mi immaginavo fossi bravo – sei bravo in tutto – ma una cosa così, beh. È una rarità. È speciale, Harry. Hai quel qualcosa. Ce l’hai e ne sono sicuro.”

Harry si muove, appena appena, gli occhi si aprono. “È solo la tua opin-“

“E non cominciare con quelle stronzate che ‘le opinioni sono soggettive’,” lo interrompe, alzando gli occhi al cielo a dispetto delle sue emozioni opprimenti. “Comunque sia, io sono qui, a dirti quanto è stato fantastico. E, per quanto mi riguarda, questa è l'unica cosa che conta, noo? Anche se il mondo intero pensa che fai schifo, c’è almeno una persona che pensa tu sia incredibile.”

Harry si zittisce, ancora appollaiato sullo sgabello, fissandosi le gambe.

Passano alcuni attimi, ma Louis non distoglie lo sguardo, lo fissa, con il suono del violino che ancora gli riecheggia dentro.

“Credo che se lo suonassi su una melodia più veloce, con delle chitarre e un basso e una batteria potrebbe andare bene, sì?” chiede piano, continuando a fissarsi le ginocchia.

Louis non sa bene da dove gli venga quest'idea o dove voglia andare a parare, ma ciononostante, annuisce. “Sì. Sì, più che bene.”

Harry annuisce.

Louis lo fissa.

“Ehm.” Harry si strofina gli occhi prima di alzarsi in piedi, un po’ goffo, le lunghe gambe che minacciano di aggrovigliarsi tra di loro. “Mi sa che vado a letto tra poco. Sono- sono stanco. Quindi…” le parole vanno scemando, mentre si gratta la testa e mantiene gli occhi lontani da Louis.

“Okay,” dice l’altro, capendo cosa intende, e cominciando a mettere a posto le sue cose, il sangue che gli scorre caldissimo, il cervello pesante. “No problem, Curly.”

L’unica rottura del silenzio calato sulla stanza è data dal fruscio di libri e fogli mentre Louis se li infila nella borsa, Harry in piedi impacciato alle sue spalle. Un grosso orologio a pendolo ticchetta da qualche parte.

“Beh,” dice Louis dopo essersi caricato la borsa in spalla, raccolti tutti i suoi averi. Si volta a guardare Harry, la cui faccia ora è composta, il sopracciglio che minaccia soltanto di accigliarsi. “Grazie per avermi fatto studiare qui.”

Quello annuisce.

Benissimo.

Louis si schiarisce la gola. “Ci, ehm. Ci vediamo domani, allora? A meno che tu non abbia bisogno di qualche giorno di pausa-“

“No,” risponde l’altro in automatico, e Louis sbatte le ciglia per la sorpresa. Harry si morde le labbra, guarda altrove. Ha le mani strette forte dietro la schiena.

“Oh. D’accordo. Bene.”

Silenzio.

“Grazie per avermi fatto parlare di mia mamma,” butta lì Louis, non volendosene andare. E dovrebbe farlo, deve andarsene. Harry vuole stare da solo e lui deve andarsene.

Harry fa spallucce. “Te l’ho chiesto io, quindi.” Ancora spallucce.

“Beh, sì, ma. Non parlo mai di queste cose. Sinceramente non credo di aver mai parlato di mia mamma con nessuno prima d’ora, almeno non seriamente.”

A questo commento, gli occhi di Harry si alzano sui suoi. “Sul serio?”

“No.”

“Perché no?”

Louis scrolla le spalle. “Non mi va. Non ne vedo la ragione.”

Harry lo sta guardando, curioso, attento, implorante. Tutto insieme. “E allora perché stasera sì?”

“Perché me l’hai chiesto tu,” dice con semplicità.

Gli occhi di Harry tremano.

Ma Louis non vuole insistere, non vuole spaventarlo con troppe parole, troppi segreti, per questo fa un gesto verso la porta. “Meglio che vada.”

“Sì.”

Esce dalla camera da letto di Harry e raggiunge la porta d’ingresso, i piedi pesanti e leggeri allo stesso tempo, ogni passo lento. Solo quando sente il legno che cigola dietro di sé si accorge che Harry lo sta seguendo, che lo sta accompagnando all’uscita.

Cosa che… okay. Una novità.

“Beh, Curly,” dice, voltandosi quando la sua mano trova il pomello. “Buonanotte. Non sforzarti troppo con quella canzone. Ce l'hai in pugno. E ricorda: io non dico bugie.” Sorride per sicurezza, sentendosi strano e in qualche modo emotivamente esausto.

Harry annuisce distrattamente, il cellulare che gli è appena vibrato nella tasca, e legge lo schermo con occhi concentrati, il bagliore che gli inonda la pelle.

Louis lo prende come un segno che è tempo di andarsene.

“‘Notte, Curly,” dice, aprendo la porta e facendo un passo fuori. L’aria fresca lo frusta in faccia come una marea, liberandolo dal calore e dall’imbarazzo e dalle montagne di pensieri, e sta per chiudersi la porta alle spalle quando improvvisamente una forza senza nome sembra impedirgli di farlo.

Si volta; Harry. La sua mano grande aperta sulla porta, la stringe, e lo fissa con occhi che quasi scintillano, i capelli un assoluto disastro, le labbra tirate in una smorfia leggera. Ma mentre lo guarda, la smorfia scompare, una calma più delicata prende il sopravvento sui suoi lineamenti, e alla fine lo guarda soltanto, senza espressione e con sincerità.

“Grazie, Louis,” dice dopo un attimo di silenzio, e ha la voce profonda e un po’ roca, che si strascica tra la parole in dolci picchi e ricadute.

E. Wow.

Louis non crede di averlo mai sentito pronunciare il suo nome prima d’ora, non in quel modo, non senza indifferenza o accompagnato dal suo cognome, e wow.

Wow.

Stanno succedendo troppe cose. Farà meglio a sedersi.

“Non c’è di che,” risponde, e gli lancia un sorriso, che Harry accetta prima di ritirare la mano dalla porta.

E poi si allontana, ripiegando nella sua stanza, e, alla fine, Louis chiude la porta e si avvia verso casa.


NdT. (again) Una canzone per voi! Sul personaggio di Harry, Damaged dalla colonna sonora di Downton Abbey. Ciao di nuovo!

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20.

Niall martella con le mani sul pianoforte come fosse un tamburo. Anche se ha pure quello. Suona la musica più caotica del pianeta, senza sosta, ed è strafatto e ride di niente in particolare e, beh. Dal canto suo potrebbe ammazzarlo sul serio perché ha un altro esame tra una settimana e deve studiare, cazzo.

Per questo prende una decisione basata puramente su questioni di logica e null’altro.

“Vado a studiare da Harry,” urla per sovrastare il rumore, e gli occhi arrossati di Niall gli sorridono.

“Okay,” risponde, e continua a suonare.

Benedetto ragazzo. Wow.

Louis si carica la borsa in spalla, lanciandogli un’ultima occhiataccia. “Torno più tardi.”

“Salutami il tuo raga-“

Si sbatte la porta alle spalle.

Con la mente ancora ferma agli eventi del giorno prima – Louis che parla a Harry di sua madre, Harry che lo ascolta, Harry che gli chiede la sua opinione, Harry che lo chiama per nome con voce dimessa e che gli dice un ‘grazie’ che forse ha fatto brillare ancora di più la luna –, Louis si avvia verso le stanze di Harry.

E anche se sa che le loro ripetizioni sono tra tre ore o poco più… decide di provarci ugualmente. Perché ieri è andata proprio bene. Quindi perché oggi dovrebbe essere diverso?

Una volta raggiunto l'appartamento, apre piano la porta e prega che ad accoglierlo non ci siano scene di sesso selvaggio. Sbircia esitante nel salotto, e, no, non c’è nessuno, è sterile, salvo gli spartiti che ancora giacciono sul pavimento e l’assoluta e vasta quantità di tutto quello che occupa ogni angolo.

Sta giusto per andare verso la camera da letto di Harry, quando qualcuno bussa alla porta.

Harry si è chiuso fuori? È Niall? Si è dimenticato qualcosa?

Apre la porta con cautela, lanciando uno sguardo fuori e – oh. Un hipster.

Per nulla colpito, apre completamente la porta, fissando il ragazzo dall’alto in basso apertamente, come a giudicarlo. I suoi vestiti sono trasandati con maestria ed è un ragazzo bellissimo ed esotico, il prodotto di un sacco di soldi, e Louis cerca di non ridere quando nota la scritta ‘anarchy’ tatuata sul suo polso.

“Salve. Sono, ehm, qui per Harold,” dice il ragazzo, leggermente titubante, quasi come se fosse potenzialmente incerto se questa sia la porta giusta o meno.

Delizioso.

“Non è qui,” risponde senza tante cerimonie, e gli chiude la porta in faccia prima che venga proferita un'altra parola. Che bella sensazione. Con un sorrisetto orgoglioso, si volta, sentendosi soddisfatto.

E poi il sorriso gli scivola via dalla faccia perché c’è Harry, in piedi di fronte a lui, che osserva la scena accigliato.

Beh, merda.

Il ragazzo ha visto Harry dietro di lui mentre parlava? Adesso busserà di nuovo perché sa che Louis stava mentendo?

“Scusa?” gli chiede, imperioso, incrociando le braccia al petto. Ha i vestiti più casual che Louis gli abbia mai visto addosso – jeans troppo stretti e una t-shirt nera con dei bottoni sul colletto. Sembra stanco, come se non avesse dormito – o perlomeno come se non avesse dormito tranquillamente – e Louis lo guarda a bocca aperta e con occhi sgranati.

“Ehm-“

“Non avevi nessun diritto di cacciare un mio ospite,” infierisce, tagliente. Lo fissa come un falco con la sua preda. Cosa che gli fa tornare in mente Cleopatrick e, mh, cazzo. Si era dimenticato di lui. Harry è proprio un disastro di persona, eh?

“Lo so,” risponde, incrociando anche lui le braccia e alzando le spalle, per nulla contrito. “Eppure l’ho fatto lo stesso, hai visto?”

Harry lo fulmina. “Digli di tornare.”

“Non sono il tuo fantoccio.”

“Diglielo.”

“Non lo farei nemmeno se volessi. E lo sai perché?” gli fa, gli occhi stretti in un’occhiataccia, mentre si avvicina di un passo a Harry, che indurisce ancora di più lo sguardo. “Perché quelle persone di cui ti circondi non sono altro che arpie. E tu puoi fare di meglio, babbeo impedito e ninfomane che non sei altro. Quindi sì, quando posso li caccio, e non mi scuserò con te per questo, e non farò finta che mi dispiaccia!” Detto questo, Louis tira su col naso e si volta, sentendosi vittorioso e risoluto. Resiste all'impulso di battere un piede a terra.

Il cipiglio di Harry si calma. “Che vuol dire che posso fare di meglio?” chiede, e il suo tono è sorpreso e confuso e preso alla sprovvista, e tutte quelle cose che a Louis fanno sciogliere le braccia e poi gliele fanno cadere ai fianchi, il volto che si gira verso quello di Harry.

“Quello che ho detto,” dice gentilmente, prima che la voce riacquisti la sua forza, e si scansa i capelli dagli occhi. “Ora. Non mi chiedi perché sono qui?”

Harry abbassa la testa, trascina i piedi. “Perché sei qui?” borbotta al pavimento, e adesso si sta abbracciando lo stomaco, la luce catturata dalle borse sotto i suoi occhi.

“Perché devo studiare e Niall è un coglione. Ieri mi è piaciuto stare qui. Quindi. Mi fai rimanere?” chiede, e un sorriso che gli affiora sulle labbra.

La testa di Harry scatta in alto prima di ricadere dov’era, i piedi che accarezzano il pesante tappeto persiano. “Beh. Mi stavo tipo preparando per la giornata. Cioè, non ho lezioni o altro, perché ho già finito tutto. Sto solo… facendo delle cosette e riguardando le mie canzoni. Quindi, boh, okay, va bene,” dice senza una pausa, armeggiando con il suo orologio.

Louis fa un gran sorriso. Vittoria.

“Splendido!” esclama, e subito si precipita in camera di Harry. “Andiamo qui, va bene? Si sta bene. Mi piace,” sorride, e si sistema nella sua sedia.

Harry lo segue, gli occhi attenti, ma quasi sorride? È un'espressione piacevole, qualunque essa sia, quindi Louis si accomoda per bene sulla sedie e gli sorride assonnato.

“Hai finito la canzone?” chiede.

“Sì.”

“Posso sentirla?”

Harry si volta, cammina fino alla finestra, e guarda fuori. “Sì.” Il sole gli batte sulla pelle, sui capelli, sugli occhi inquieti. “Tra un po’ però. Non adesso, okay?”

“Sì. Va bene,” risponde sommesso, e guarda il ragazzo di fronte a lui, inondato dalla luce dorata.

E poi comincia a studiare e Harry comincia a perdere tempo, setacciando i suoi fogli, scrivendo messaggini sul cellulare, e tirando fuori dei libri consumati dagli scaffali per leggerli, alto e incredibilmente elegante – considerato anche il suo abbigliamento casual – incorniciato dalla finestra.

Sembra la personificazione stessa dell’oro: il sole che piove attraverso le finestre alle sue spalle fa meraviglie con il suo corpo, e il libro è così delicato e così fragile nelle sue mani bianco panna dalle unghie perfettamente curate e chiare. Le ciglia luccicano alla luce e la punta del naso è rosa e le labbra sono splendidamente cremisi e-

Okay. Forse i libri di testo non sono l’unica cosa che Louis sta studiando.

Si costringe a distogliere lo sguardo.

“Vai d’accordo con tuo padre?” chiede all’improvviso Harry nella sua profonda voce musicale da qualche parte sul pavimento, di punto in bianco, e ha ancora in mano il libro che a quanto pare sta solo facendo finta di leggere; Louis trasalisce completamente.

“Come?” chiede, colto di sorpresa, fissando il profilo luminoso di Harry.

Quello non alza lo sguardo dal libro. “Ho notato che lo chiami per nome. E hai detto che non gli piaci. Perché?”

Sono domande così severe e personali, eppure Louis trova che, al di là dello shock, non gli importa più di tanto. Quindi fissa Harry, alza le spalle, e gioca con le spirali del suo quaderno.

“Non ci troviamo. Secondo lui sono irritante e rumoroso. E immaturo.” Fa una pausa, traffica con la frangia. “Ma sinceramente, credo che il motivo principale per cui non gli piaccio è che sono gay.”

Harry reagisce con tutto il suo corpo, trema, ma è un momento così sottile e difficile da cogliere che dubita che qualcuno oltre lui se ne sarebbe accorto. Il che, sì okay, forse Louis ha proprio bisogno di trovarsi un hobby e piantarla di farsi ossessionare da Harry. Forse.

“Non è colpa tua,” dice Harry piano, senza alzare mai lo sguardo.

“Questo io lo so. Lui no.”

“Hai provato a parlargli?”

E perché tutte queste domande?

Louis fa oscillare la gamba, tamburella con la penna. “Più o meno. Ma non ne vuole sapere, fidati. Ma comunque non me ne frega un cazzo, quindi. Chissene.”

La testa piegata e riccia finalmente si solleva dalla pagina. “È tuo padre.”

“È una persona cattiva,” risponde semplicemente, con forza.

Harry torna a guardare il suo libro.

Ancora silenzio.

Louis strimpella un motivetto sul bracciolo della poltrona.

Vede Harry deglutire. Poi:

“Lo sai chi è mio padre?”

La domanda è posta con tanta di quella delicatezza e leggerezza, che Louis per un attimo pensa di essersela solo immaginata. Ma no, Harry l’ha detta di sicuro, e si sta mordicchiando il labbro, le sopracciglia che si stringono tra di loro, mentre continua a fissare senza battere ciglio la stessa pagina.

Harry non ha mai parlato di suo padre a Louis. Mai. Non direttamente, almeno. E Louis questo lo sa, Harry sa che Louis questo lo sa, e ogni cosa sembra importante in questo momento, mentre lo stomaco gli si torce e resiste all'impulso di raggiungere Harry, strappargli il libro di mano, prendergli le spalle, e trovare un po’ di realtà sotto le ombre.

Resta invece sulla poltrona, stringendo la matita così forte che teme di spaccarla a metà. “Sì,” risponde sinceramente.

Harry annuisce, principalmente tra sé e sé. “Sono sicuro che ne avrai sentite di tutti i colori.”

“Sì,” ripete.

Harry si morde il labbro con più forza.

“Io-“ si interrompe, batte le palpebre. Alza lo sguardo dal libro ma fissa il muro, gli occhi spalancati e inespressivi, con un tocco di paura negli angoli. “Non so se è una brava persona oppure no,” ammette a bassa voce, con un sussurro, con talmente tanto timore e tanta di quella confusione che Louis deve fisicamente trattenersi dal raccoglierlo tra le sue braccia e scacciare via i suoi demoni con il suo abbraccio.

Cazzo. Di fronte a lui ci sono i frammenti più frastagliati e deboli di Harry. E fa male. Fa fisicamente male.

Louis non dice niente, lo guarda e basta e mette a tacere le proprie pungenti emozioni. “Come sta?” osa chiedere, invece di ‘dov’è?’.

Ma immagina che la risposta sarebbe stata più o meno la stessa:

“Non lo so.”

E non cosa voglia dire – di certo non è possibile che sia sparito dalla circolazione da tutto questo tempo?? – ma non gli piace la sensazione che gli dà, o il peso che grava sulle spalle di Harry, le cui ossa robuste sembrano così tanto fragili, alle volte. Sta per aggiungere qualcosa, sta per dire che ha il diritto di dire che suo padre non è una brava persona, che Des non merita la sua lealtà, che è un figlio migliore di quanto lo sia Louis, ma in quell'istante il cellulare di Harry squilla e lo agguanta immediatamente, strabuzzando gli occhi.

“Pronto?” Il suo volto si indurisce.

E poi sbianca.

“Arrivo,” dice solo, prima di ficcarsi il cellulare nei jeans e scattare fuori dalla camera da letto.

“Co- Harry!” lo chiama Louis, balzando fuori dalla sue sedia, e correndogli dietro.

Lo trova a infilarsi la giacca, facendo scivolare i piedi negli stivali, e ha le guance pallide e incavate, e ha gli occhi tanto, tanto spalancati, e sembra talmente sconvolto che mentre si prepara alla bell'e meglio, Louis non può che guardarlo, le braccia molli ai fianchi.

“Chi era?” chiede, mentre Harry compone un numero sul cellulare.

Lo ignora, portandoselo all’orecchio. “David? Vienimi a prendere a scuola. Adesso.” E poi ha il cellulare di nuovo in tasca e supera Louis velocemente.

“Harry,” riprova, e segue la sua scia mentre quello comincia a ficcare tutti gli spartiti in una borsa. Osserva i suoi movimenti frenetici, disorientato. “Harry, che succede? Che stai facendo?”

Lui continua a ignorarlo, e non è nemmeno sicuro che l’abbia sentito. Ma quando la borsa è pronta e Harry la afferra con una presa strettissima e sta per uscire dalla porta, Louis gli si para davanti e gli prende un braccio, la mano che brucia la lana pesante della giacca di Harry.

“Mi puoi rispondere?! Non sono invisibile, cazzo!” quasi urla, e gli occhi di Harry incontrano i suoi, come se per la prima vola.

“Devo andare, Louis.”

“Questo lo capisco, lo so, d'accordo, okay? E non ti chiederò i dettagli. Ma porca troia, fai avanti e indietro come un colibrì e sembra che ti sia appena venuto un infarto e non so che cazzo sta succedendo, ma potresti almeno dirmi se stai bene? Se va tutto bene?”

Lui si sofferma sull’espressione di Louis, lento e indagatore, e nelle sue iridi si forma qualcosa che ricorda la comprensione. O è un senso di colpa? Pietà? Il nulla?

“Va tutto bene,” lo calma gentilmente, e Louis sospira di sollievo. “Più che bene, perfino.”

Le sopracciglia di Louis si inarcano. “Sì? Meglio?”

Harry annuisce. “Sì,” dice piano.

Ed eccola lì. Questa frazione di secondo in cui, mentre la mano di Louis indugia ancora nella piega del suo gomito, Harry imita il tocco, sfiorando il braccio di Louis. Ed è così breve e impalpabile che potrebbe essere stato un caso o un gioco di luce, ma Louis lo sente, l’ha sentito, e sente un'inequivocabile esplosione tra le costole mentre Harry comincia a districarsi e a scivolare via.

“Ci vediamo domani?” gli dice dietro, quando Harry sta per chiudere la porta.

Harry si guarda alle spalle, il viso visibilmente rilassato come non lo era da mesi, un sorrisino fermo sulla bocca. “Sì,” annuisce, e poi il suo sguardo si sofferma ancora per un attimo su di lui prima di voltarsi e andarsene.


NdT. Di solito pubblico in orari semi-strategici per assicurarmi che lo vedano più o meno tutti subito ma ho un'ansia terrificante oggi, quindi ecco qua così un pensiero in meno lol. La canzone di questo capitolo: Awkward Duet dei Sons and Daughters. Un consiglio da parte mia che non c'entra un cacchio, è che oggi deliro ed è stata una giornata di tanta solitudine e una consolazione l'ho trovata ed è la seguente: se siete a vostro agio a leggere in inglese (l'autrice non acconsente a traduzioni), fiondatevi subito – se non l'avete già fatto – su ao3 e cercate 'Relief next to me'. Davvero, fate un piacere a voi stessi. Comunque! In quanto alla storia, capitolo corto ma spero di pubblicare a breve il prossimo che invece è parecchio lungo, perché Velvetoscar mi vuole morta, o perlomeno mentalmente danneggiata.

Un bacione grande grande a tutti quanti, mandatemi un abbraccio che oggi sono triste. :/

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21.

Il giorno dopo Louis non trova Harry.

Arriva presto per la loro lezione, l’ansia che gli intorpidisce la punta delle dita. Ha pensato a questo momento tutto il giorno, tra corsi interminabili e conversazioni raffazzonate. Tra ogni appunto scribacchiato, ogni pagina di libro voltata, e ogni tentativo di ignorare i sussurri di pettegolezzi che lo circondavano riguardo i ragazzi (a un certo punto una ragazza aveva orgogliosamente dichiarato alla sua amica che Zayn e Harry avevano fatto a botte per lei; Louis aveva riso così forte che il suo professore si era interrotto, a metà frase, trasalendo), aveva prestato attenzione solo parzialmente, i suoi pensieri e i battiti del suo cuore intrappolati da qualche parte nelle stanze di Harry ad agitare le domande senza risposta che gli scivolavano dalla lingua. Anzi, era così impaziente per la lezione con Harry che aveva persino bocciato la proposta di Niall di andarsi a prendere una bistecca con vino al suo ristorante preferito. La situazione era seria fino a questo punto.

Ma adesso è arrivato e quando fa per aprire la porta, è chiusa a chiave.

E quando bussa, non si apre.

E quando gli manda un messaggio con dv sei? non ottiene risposta.

E allora qualcosa si sgonfia dentro di lui.

E torna fino al suo appartamento a piedi, la delusione e una sensazione tutta nuova di paura che gli penetra nella ossa e gli torce i peli sulla nuca.

Fantastico.

**

“Se è scomparso un’altra volta, giuro su dio, faccio una strage!” tuona Louis appena entrato nell’appartamento.

Niall alza lo sguardo dalla batteria, un grosso maglione pallido tirato sui gomiti, bacchette a mezz’aria sopra la testa, pronte a battere. “Eh?” chiede, tutto orecchi.

“Harry. Non è in casa. Se n’è andato, vero? Se n’è andato un’altra volta, e noi siamo costretti a starcene con le mani in mano a fare le belle statuine mentre lui marcisce in qualche fosso, probabilmente morto stecchito, e nessuno se ne-“

“Di che cazzo parli, ciccio?” chiede Niall, la faccia incredibilmente sbigottita mentre abbassa le bacchette, lanciandole da qualche parte, e prestando la sua completa attenzione a un Louis parecchio sconvolto che adesso si sta strappando la giacca di dosso con più forza di quanta ce ne vorrebbe.

Forse è troppo nervoso oggi. Per colpa dell’ansia e così via.

“Mando un messaggio a Zayn!” sbotta all’improvviso a nessuno in particolare, la lampadina che gli si accende sopra la testa. Corre precipitosamente nella stanza adiacente, levandosi le scarpe con un calcio e lasciandole sparpagliate sul pavimento.

“Un messaggio per dirgli cosa?” gli urla dietro Niall.

“Che Harry è scomparso!”

Dov’è Harry?, picchia senza pietà sul cellulare, a una velocità allarmante.

“Dovresti lasciar perdere,” dice Niall ad alta voce, raccogliendo una delle bacchette dimenticate e facendosela roteare tra le dita.

“Troppo tardi!” canticchia Louis. Schizza di nuovo nel salotto, adesso con addosso una tuta, e fissa famelico il cellulare quando vibra.

La risposta:

Boh che ne so

“Ma che cazzo,” sospira Louis, portando gli occhi al cielo dall’esasperazione e buttando il cellulare sulla superficie più vicina. “Ti pareva che non sapeva niente. C’è qualcuno che sa qualcosa in questa scuola?” domanda con forza. Poi infuria di nuovo verso camera sua.

Niall lo fissa. “Stai bene, Lou?”

“Io? Sto benissimo! Sto da dio, cazzo! Non è di me che mi preoccupo, ma di Harry! Se n’è andato di nuovo, Niall, di nuovo! E dopo quella telefonata di ieri, posso solo immaginare cosa significhi! Ha detto che ci saremmo visti oggi ma non è nelle sue cazzo di stanze e-“

“Forse è uscito.”

“Come? No. No! Avevamo ripetizioni! Non se lo sarebbe mai scordato così! Perché dici cose stupide-“

Niall fa un fischio basso, interrompendo la sequela agitata e bombardante delle parole di Louis. “Stiamo parlando di Harry? Perché ti garantisco che una cosa così se la scorderebbe. Perché ti stupisci? Lo sai com’è fatto.”

Louis trattiene un ruggito.

Sì. Lo sa com’è fatto Harry. Ma a quanto pare, Niall no.

“Non è così, Niall. Non è un bastardo egoista e crudele.”

“Ah no?” domanda, buttando la bacchetta in aria prima di riprenderla, gli occhi concentrati sul movimento.

Louis turbina su se stesso per fissare il ragazzo, le mani sui fianchi. “Non fai ridere.”

“Gesù,” borbotta Niall, alzando gli occhi al cielo. “Forse sei davvero innamorato di lui.”

“NON SONO INNAMORATO DI LUI,” strilla in risposta, poi entra rabbiosamente in bagno, sbattendosi la porta alle spalle.

Niall batte le palpebre.

“Okay. Bene. Cambiando discorso. Ho preso A al mio ultimo esame!” gli urla, scivolando giù dallo sgabello della batteria.

Segue una breve pausa prima che la voce smorzata di Louis si levi da dietro la porta del bagno. “Vuoi dire Rory ha preso A?”

Niall ride. “No, voglio dire che Google ha preso A.”

“Neanche te lo chiedo che significa.”

Niall fa un sorriso enorme quando Louis finalmente spunta fuori dal bagno, i capelli umidi mentre si passa un asciugamano sulla faccia.

“Tra l’altro, mi ha contattato mio padre. Lo studio torna a lavorare alla nuova canzone di Des.”

Louis si pietrifica. “Prego?”

“La nuova canzone – quella in cui suono la batteria – torniamo a lavorarci. Mi ha mandato un messaggio stamattina.”

“Allora Des…” deglutisce, stringendo l’asciugamano umido tra le mani, la mente che subito torna alla porta silente di Harry. “Des è tornato? A registrare allo studio?”

Quello fa spallucce. “Sì, credo di sì.”

“C’è anche Harry con lui?”

“Come cazzo faccio a saperlo? Me l’hanno appena detto… non ci sono ancora andato personalmente, no?”

Louis lo ignora, i pezzi del puzzle che lentamente si uniscono nella sua testa. Ovviamente. Des è tornato. Harry aveva ricevuto una telefonata, era scappato via, era sembrato quasi felice, perfino…

Des è tornato.

Un sorriso gli sboccia sul volto.

“Probabilmente Harry è con lui,” sorride, guardando Niall.

“Probabilmente, sì.”

“Vai allo studio stasera, allora?”

“Già.”

“Mi fai sapere se c’è anche lui?”

Niall butta indietro la testa dall’esasperazione. “Che palle, Louis…”

“Niall,” lo minaccia, e raccoglie una delle sue scarpe perdute, facendo per scagliargliela in testa.

“Sì, sì, va bene, d’accordo. Ti mando un messaggio.”

“Grazie,” gli sorride, prima di lasciar di nuovo cadere la scarpa a terra e unirsi a Niall che si sta ora avvicinando al frigorifero. Gli scompiglia i capelli solari e gli dà una pacca sul sedere.

Cosa a cui, naturalmente, Niall non reagisce, rimanendo completamente imperturbato.

“Stai sviluppando un'ossessione,” gli sospira soltanto in risposta, a bassa voce.

“Non è vero. Ora. Mi porti fuori a cena? Voglio lamentarmi della scuola e del mondo.”

E, detto questo, escono.

**

Harry non c'è il giorno successivo. O il giorno ancora dopo. O quello dopo ancora.

E non è nemmeno mai allo studio, cosa di cui Louis viene informato coscienziosamente da Niall ogni secondo, anche se Niall insiste che le registrazioni stanno andando benissimo, tanto che la canzone è quasi finita. (“È venuto perfino Des oggi.” “Oh, davvero? E com’è andata?” Niall alza le spalle. “Bene, credo. Era un po’ taciturno. Se n’è stato sulle sue. È un signor musicista, però. La canzone che ha scritto è incredibile.” “Oh davvero? Che bello. C’era anche, ehm, hai capito, Harr-“ “No, Louis, Harry non c’era.”)

Allora Louis gli manda messaggi. Più di quanti gli vada di ammettere. Gli manda messaggi prima di ogni sessione di ripetizioni. Sto arrivando. Farai meglio a esserci. Stronzo. O qualche variante. Gli manda messaggi quando non riesce a studiare, il cervello che scappa in mille direzioni diverse (la maggior parte di quelle direzioni conducono alla porta di Harry, che è una cosa proprio meravigliosa) e che non gli lascia altra alternativa che scrivergli un, dv sei, o l’occasionale, stai bene?, e a volte il, mi bocceranno e sarà colpa tua. Pensaci Curly. E ovviamente il, puoi almeno rispondere x assicurarmi che non sei morto? Sarebbe carino.

Tutto invano.

Ed è un po’ preoccupante, sì, parecchio. Ma Louis continua a ripetersi, ogni volta che arriva alla porta di Harry e bussa inutilmente, sentendo uno strano tipo di delusione attanagliargli lo stomaco quando comincia ad allontanarsi in silenzio, che probabilmente è felice, al sicuro, sarà con suo padre. Cosa che… beh. Louis non sa se questo è un bene o un male.

Ma vorrebbe davvero pensare che il fatto che Harry sia con suo padre è una buona cosa e sicura. Quindi lascia perdere.

Lascia perdere, e non fissa il suo cellulare speranzoso, non passa davanti alle stanze di Harry ogni giorno nella speranza di vedere una luce, non rimane nei giardini ad aspettare un movimento, uno scintillio, qualunque cosa, e non ricostruisce nella sua testa la loro ultima conversazione all'infinito. Non fa nessunissima di queste cose perché è quasi arrivata la fine del semestre, dicembre è alle porte – la prossima settimana – e Harry Styles è solo un ragazzo che, a conti fatti, non è sicuro possa essere considerato suo amico.

E non c’è altro da aggiungere, davvero.

Già.

Nient’altro.

**

Sono in biblioteca – anche Niall – e sono passati quattro giorni dall’ultima volta che ha visto Harry.

“Non preoccuparti per lui,” lo aveva rassicurato Zayn con uno sbuffo di fumo, e Louis aveva sorriso e annuito, facendo scivolare la conversazione in un territorio più leggero e divertente, mentre le rotelle nella sua testa scattavano e cazzeggiavano, imperturbate.

E mentre Louis non etichetterebbe questi sentimenti come ‘preoccupazione’, per così dire, continuava comunque a pensare a Harry a dispetto delle rassicurazioni borbottate di Zayn.

Perciò non c'è da stupirsi del fatto che ora sta pensando a lui mentre gli altri si crogiolano nel silenzio, Zayn che sottolinea passaggi del suo romanzo, Liam che clicca febbrilmente sul suo Macbook, lo schermo azzurro che mette in evidenza le linee di ansia incise sul suo volto, e Niall che batte con la penna un ritmo continuo sul tavolo, facendo finta di leggere gli appunti. Perché la quinta sedia al loro tavolo – la sedia all’angolo, incorniciata da scaffali e fitti muri di legno marchiati da graffi di secoli fa – è vuota. Perché quella è la sedia che Harry ha stabilito per sé. Quella su cui esige di sedersi perché è “romantica e solitaria e distaccata il tanto che basta per rimanere poetica.” E anche se Louis aveva riso della sua spiegazione all’epoca – gli aveva pure lanciato una gomma in testa, cosa che gli aveva guadagnato un’occhiataccia e una palla di carta in faccia – adesso quasi la capisce, quando la guarda lì nella sua oscura solitudine, dimenticata e sconsolata nell’angolo. È quasi tentato di sedercisi anche solo per dissipare la pura solitudine che emana. Quasi.

Mentre è perso nei suoi pensieri, intento a fissare la sedia vuota, un gentiluomo rugoso dall’aspetto elegante passeggia accanto a loro e si ferma di scatto quando vede Liam.

“Liam Payne!” lo saluta, mentre gli occhi pregni di stress di Liam si alzano, sorpresi. L’uomo gli sorride, i pantaloni stirati e la giacca inamidata in contrasto con le uniformi uguali dei ragazzi di cotone pesante e poliestere. “Il ragazzo di William Payne, giusto?”

La faccia di Liam si apre all'istante in un sorriso esperto, la sua posa si riduce ad assoluta perfezione. “Giustissimo, signore,” sorride, alzandosi in piedi e stringendo la mano dell’uomo con entusiasmo.

“Tuo padre ci ha raccontato di quanto stai andando bene, questo semestre.”

Liam fa una risata squillante, alzando le spalle con modestia. “Beh, di certo lo spero. Effettivamente mi piace mantenere i voti alti in pari con le mie abilità.”

L’uomo approva con un sorriso, osservando Liam dall’alto in basso con i suoi occhi vecchi da elitista. A Louis viene quasi voglia di schizzargli la bottiglia d’acqua in faccia.

“Tuo padre dice che stai riscuotendo risultati egregi anche nel giornale scolastico. Siamo orgogliosi del nostro giornale universitario… ha una reputazione da sostenere. Come sono certo che tu sappia.”

“Sì, signore.”

Louis alza gli occhi al cielo.

“Dice che potresti sostituirlo prima di quanto si pensi.” Probabilmente lo dice come un complimento, ma Liam sembra più terrorizzato che altro. “Siamo tutti in trepida attesa di vedere come te la caverai quest'anno, Liam. Non deludi mai.”

Liam fa un’altra risata, leggermente maniacale, mentre l’uomo continua a sorridere, completamente ignaro. “E spero di non farlo mai!” Liam ride educato, gli occhi increspati.

Quello annuisce un’ultima volta, prima di dargli una pacca sulla spalla. “Meglio che vada. Porgi i miei saluti a tuo padre.”

“Certamente, signore. Buona giornata, signore.”

Appena l’uomo scompare, Liam cade nella sua sedia, gli occhi spalancati, scuri e spaventati. “Mio padre parla di me??” sibila. “E che cosa dice?! Come faccio a lavorare con tutta questa pressione? Come ha potuto farmi una cosa simile?!”

Per Louis, il lato senza freni di Liam è una scoperta recente. E, sinceramente, lo trova esilarante. Ridacchia al vederlo sbiancare a ogni parola convulsa che gli sfugge dalle labbra.

“Perché è fiero di te,” fa le fusa Zayn in risposta, alzando lo sguardo dal libro.

Liam si fa cadere la testa fra le mani. “Già. Beh, io lo odio.”

“Non è vero. Sei solo stressato, tutto qua,” lo consola Zayn, e subito si alza per massaggiargli le spalle.

Louis, i piedi sul tavolo, con i pantaloni della tuta, masticando una matita, li guarda.

“Se vi sento sussurrare anche solo una smanceria, non esiterò a prendervi a pugni nelle palle.”

Niall ride fragorosamente, Zayn ridacchia, e Liam assume un’aria sconcertata.

“Si fa per dire,” borbotta piano, incapace di reprimere un ghigno, e Niall ride più forte, un suono che riempie i soffitti silenziosi dalle volte infinite, rimbalzando sugli scaffali polverosi e sui tappeti logori, i libri antichi, le statue di marmo, e la sedia vuota al loro tavolo, inviolata.

Sedia a cui Louis continua a non pensare mentre Zayn manipola la schiena di Liam con le sue mani fresche e tranquillizzanti.

Il silenzio si infrange nuovamente, circa un’ora dopo.

“Mi sono rotto le palle. Voglio uscire,” annuncia Niall, facendo cadere il quaderno sul tavolo e sospirando aspramente, il rumore che stride nell’aria.

Tre paia di occhi si sollevano come se fossero uno.

“Non è neanche il finesettimana!” dice Liam, offeso anche al solo pensiero.

Niall fa spallucce. “Beh? Prima uscivamo tutte le sere della settimana.”

“Ah, i bei tempi andati,” si lamenta Louis, accigliandosi di fronte alla sua pila di libri e alle cataste disordinate di fogli. “Magari potessi venire…”

“Magari?” Liam lo guarda a bocca aperta, quasi strilla. Louis inarca le sopracciglia. “Ma state bene?? Come potete anche solo considerare di farvi quattro passi per la città quando abbiamo esami e saggi ed editoriali e scadenze e schemi e progetti e appuntamenti e…” E a ogni compito della lista, la voce gli si alza di un'ottava, fino a che uno Zayn sconcertato non è costretto ad avvolgere le braccia attorno alle spalle tanto, tanto tese di Liam, mormorandogli parole rasserenanti nell’orecchio e accompagnandolo altrove per farlo rilassare un po’.

“Va tutto bene, Li. Tutto bene. Sh,” sospira in un dolce tono di raso, massaggiandogli gentilmente le braccia quasi tremanti con i pollici.

Louis ridacchia mentre Niall alza le sopracciglia davanti alla scena.

“Vaaa bene. Allora vieni, Tommo?” chiede, voltandosi verso Louis.

Lui sospira. “Nah, ciccio. In un mondo perfetto verrei, ma così com'è…”

“D’accordo,” conclude l’altro, balzando giù dalla sedia e mettendosi la penna in bocca, il quaderno al fianco. “Fa’ come vuoi. Divertitevi, ragazzi. Ciao, zucchero.” aggiunge, pigiando a casaccio un bacio sulla guancia di Louis prima di dirigersi altrove.

Louis lo guarda, con affetto ed esasperazione allo stesso tempo. “Ti giuro, Irlanda. Se prendi voti più alti di me questo semestre, ti squamo con una graffetta.”

Niall indugia, voltandosi, le sopracciglia quasi nascoste nell'attaccatura dei capelli. “Troppo severo, non ti pare?”

Louis si guarda, lui e gli stessi calzini che ha da giorni, i pantaloni flosci con un’insopportabile macchia arancione degli spaghetti che ha mangiato ieri sera, e non vuole nemmeno parlare della sua pelle grassa e ispida, o al grappolo di olio che sostiene di essere un ceppo di capelli che al momento si trova sulla sua testa. Tutto perché ha passato più tempo a studiare che a lavarsi o a dormire. E poi guarda Niall. Il solare, dorato, pulito, e tranquillo Niall.

“No.”

E Niall ride, rovesciando la testa all’indietro, i denti bianchi e immacolati, prima di avviarsi fuori dalla porta senza pensarci due volte.

“E tu che dicevi che io e Liam facevamo schifo,” lo stuzzica Zayn con un sorrisetto.

“Già. Perché io e Niall non scopiamo come voi due stronzi,” borbotta, riuscendo soltanto a far allargare il sorriso di Zayn e gli occhi di Liam.

E poi torna al suo libro, ignorando con fermezza il modo in cui Liam e Zayn si guardano, e la sedia vuota all’angolo.

**

È passata un'altra giornata di lezioni – portando con sé un altro notevole voto di esame (è davvero questa la vita vera?) – e Louis si sta ancora una volta avviando verso Harry, preparandosi già al silenzio che sa che incontrerà, arrancando sotto la pioggia battente e gelata, un cappello di lana in testa che gli copre a stento le punte delle orecchie arrossate. Tira fuori il cellulare, come di consuetudine, e tamburella un, Mi sa che mi ritocca la porta chiusa. Dovresti proprio rispondermi e magari risparmiarmi la fatica, peste.

Sale i gradini accanto ai giardini come un automa soprappensiero, cammina fino alla porta, gira il metallo sbiadito del pomello, dà una spinta alla porta di legno pesante e… ed è aperta.

Per poco non cade.

Prima che abbia il tempo di ricomporsi – la borsa a tracolla quasi lo tira per terra, e con forza – sente qualcosa muoversi appena al di fuori del suo campo visivo.

"Louis Tomlinson," lo saluta la voce, e lo stomaco di Louis invece che fare un tonfo sordo per la delusione, sale su da qualche parte accanto alla bocca.

Non si aspettava di trovare Harry in casa. E nemmeno si aspettava di trovarlo… con in mano delle fragole? Con un completo rosso e un papillon, gliele offre con un sorriso smagliante da una ciotola dorata.

Se deve essere proprio sincero, aveva più o meno dato per scontato che Harry sarebbe stato nelle morse della disperazione al loro prossimo incontro, visto il ritorno di Des e tutte le impreviste complicazione che sembrano accompagnarlo. Ma di certo non si tratta di un contrasto sgradito.

"Fragola?" propone Harry come se fosse una battuta da copione, con una presentazione perfetta. "Sono la mia nuova fissa."

Louis lo guarda, si è ormai ricomposto, e si chiude la porta alle spalle, il cappello che gli cade, la felpa che gli scende disordinata, e la borsa accanto a lui sul pavimento.

"Harry," dice, scioccato, la voce resa leggera dalla sorpresa, fissando la scena assolutamente inaspettata davanti a lui. "Sei tornato."

Harry sorride in risposta, perfetto e affascinante, ma non è completamente finto, per cui sorride anche lui.

E subito si sente felice oltre ogni comprensione, ma anche in un certo senso sbigottito e confuso, quindi borbotta, "Beh, almeno uno di noi due è di buon umore," mentre lo fissa, mentre ancora assorbe i dettagli della situazione.

Harry? Completo rosso? Fragole? In autunno? Harry? Tornato? Felice?

"Sono deliziose," risponde Harry a una domanda mai posta, e raccoglie una fragola dalla ciotola e se la porta alle labbra, la cui tonalità si armonizza perfettamente al frutto in questione. Con un ghignetto ghignante che spiana la strada a tantissime domande, morde il frutto, il succo danza sulla morbida imbottitura delle sue labbra, prima di lanciarsela per intero in bocca, staccando lo stelo con delicatezza e buttandolo via.

Louis osserva il movimento, prima di trascinare i piedi sul posto.

Non vuole rompere l'atmosfera di buon umore. Davvero. Non gli va.

Ma muore di curiosità e anche di preoccupazione, la mente ancora ferma sulla misteriosa telefonata che aveva portato via Harry, quindi il suo sorriso si attenua guardando il volto dell'altro, pregno di una tranquillità e di una serena felicità che Louis aveva solo intravisto l'ultima volta. È la cosa più vicina a una felicità "autentica" che Harry abbia mai avuto, ed è meraviglioso. Ma lo spaventa anche un po', perché l'incoerenza sembra essere un tema ricorrente della vita di Harry, e la felicità è bella e cara, ma come si comporta quando viene immersa in acque inquiete?

Sarà anche felice adesso, ma se dovesse succedere qualcosa? Crollerà? Pesantemente? Finirà per schiantarsi al suolo in un disastro incandescente?

Louis non lo sa.

Quindi lo studia un attimo prima di azzardarsi a dire: "Dove sei stato? Che è successo?" nel più noncurante dei toni che gli riesce. Che non è noncurante per nulla, tanto che sul finale le parole si riducono un po' a uno squittio.

Harry deglutisce, gli occhi che come reazione alle parole cominciano a riflettere qualcosa di più reale. Guarda la ciotola che ha fra le mani mentre le labbra gli scompaiono in una linea inespressiva. Non si muove.

Louis sospira, tirandosi meglio il cappello sulla testa, prima di strofinarsi una mano sugli occhi. Ha seriamente bisogno di smetterla di essere così diretto con Harry, lui proprio non sa incassare.

"D'accordo, senti," dice, camminando fino a raggiungerlo, illustrando le sue parole con le mani, e lo nota fare un quasi impercettibile passo indietro. "So che non ho il diritto di sapere. So che non sono fatti miei e non ho il diritto di continuare a farti tutte queste domande a cui tu non vuoi rispondere. E per questo mi dispiace, davvero. Sono un impiccione – un impiccione da paura – e vorrei poter dire che non continuerò a farti domande, ma così non sarà, e mi dispiace anche per le volte future. Ma puoi almeno, cioè, farmi sapere se va tutto bene? Così so che non devo preoccuparmi che mi vai in stato confusionale o che ne so. Perché…" Si perde, cercando le parole. Le spalle di Harry si irrigidiscono, le sopracciglia si aggrottano maggiormente mentre aspetta. "…ho estremo bisogno di ripetizioni. E, vedi, ora ho troppo poco tempo per trovare qualcun altro. Quindi, solo perché mi servi come tutor, puoi dirmi se le cose vanno bene?" conclude, e sorride mentre si abbassa per intercettare gli occhi di Harry, sentendo subito il peso della conversazione alleggerirsi un po'.

Harry fa un verso (uno sbuffo? Una mezza risata? Può essere?), spostando il peso sul posto e portando lo sguardo sul muro. La sua espressione è leggera, forse un tantino divertita, ma le parole comunque non sembrano arrivare pienamente a destinazione, e ha ancora l'aspetto facilmente mutevole di qualcuno che è ancora ampiamente a disagio.

Per cui riprova.

"E se parlassimo in codice?"

Harry finalmente lo guarda. Inarca un sopracciglio.

"Se le cose non vanno, diciamo, bene, tu mi passi una fragola. Ma se invece vanno bene, tu mi passi due fragole." Indugia. "Con tutto lo stelo." Sorride. "Me le mangio pure."

E all'altro sfugge una risata sola, che quasi manda in mille pezzi le lampadine nella stanza, per non parlare degli organi vitali di Louis che documenta mentalmente la data in cui è riuscito a ottenere una risata vera e propria da Harry Styles.

"Serve lo stelo a tutte e due?" chiarifica, le sopracciglia ancora alzate.

"Oh sì, assolutamente," annuisce Louis, sentendo le guance contrarsi mentre Harry soppesa pensieroso le fragole.

Piano piano, inizia ad armeggiare nella ciotola, le dita che toccano delicatamente il frutto, ispezionandone attentamente uno per uno prima di accoglierne finalmente due nella curva protettiva del suo palmo. Con gli occhi bassi, le porge a Louis, la mano tesa e paziente.

Louis sospira un piccolo soffio di sollievo prima di osservare finalmente il regalo, arricciando il naso mentre le fissa – una è in buone condizioni, con tanto di stelo, ma l'altra… ricorda uva passa. Che è stata digerita.

“Ehm,” comincia, pungolando con l’indice l’oggetto violaceo nella mano di Harry. “Ti spiacerebbe spiegarmi perché hai scelto questa? Ti va di farmi prendere un’intossicazione alimentare?”

All’angolo della bocca, il sorriso di Harry (sì, sorride ancora; riavere suo padre ha fatto miracoli) fa uno scatto. “Mi piace,” biascica in protesta. “L’ho scelto apposta.”

Louis alza lo sguardo. “Lui?”

“Aloysius.”

“Aloysius,” ripete piattamente. “Hai chiamato una fragola raggrinzita Aloysius.”

Harry si illumina d’orgoglio, incontrando i suoi occhi. “Già,” annuisce con occhi raggianti e un mezzo sorriso.

“D’accordo. Volevo essere sicuro,” dice, e gli porge il palmo della mano.

Senza un’altra parola, Harry gli molla i suoi tesori prima di ritirare la mano e spolverarsela sui pantaloni con aria compiaciuta.

Louis sorride, più che altro tra sè e sè, fissando il frutto che ha in mano. Non è mai stato tanto felice di vedere delle fragole in vita sua.

“Sono contento, sai,” ammette alla fine.

Harry alza lo sguardo.

Louis lo imita.

“Che sia tutto a posto,” spiega, indicando le fragole.

La comprensione si fa strada sul volto di Harry e lui annuisce. “Anch’io,” dice piano, e a tormentargli il viso resta l’ombra di un sorriso, incoraggiando ulteriormente quello di Louis.

Segue un istante in cui Louis ha ancora in mano le due fragole, guarda Harry e si sente stranamente… sollevato? Quello che prova è schizzato alle stelle, avvolgendolo in modo alieno e familiare allo stesso tempo, e non può che guardare il ragazzo di fronte a lui, che risplende vestito di vermiglio e ricorda una persona veramente umana e veramente reale; le apparenze di facciata sono crollate su tanti di quei fronti che Louis vorrebbe allungare le dita per toccarlo, solo per assicurarsi che questa sia la realtà e non una creazione contorta della sua mente.

Ma prima di poter accarezzare questi pensieri di abissale stupidità, Harry distoglie lo sguardo, posando la ciotola con delicatezza, la testa china, dandogli la schiena.

“Perché, però?” chiede di colpo, e il cipiglio è tornato. Cosa che. Più che frustrarlo gli fa battere il cuore all’impazzata, spaventato.

“Cosa perché?” chiede, sinceramente confuso.

“Perché ti rende contento?”

Eccola qui. Quella voce sottile e interrogativa di Harry che riesce sempre a schiacciargli le ossa.

Resta a bocca aperta, senza parole davanti all’improvvisa e autentica curiosità della domanda, prima di far scivolare le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni, dondolandosi un po’ sui talloni, cercando di mostrarsi il più tranquillo possibile.

“Perché. Ho un serio bisogno di un tutor.”

A Harry sfugge un’altra breve risatina (e a lui pare per un attimo che sia spuntato il sole) prima di rimangiarsela, un sorriso sulle labbra che rivolge verso il basso, richiudendosi nel suo petto e facendosi scudo dal mondo. Cosa che è un'ingiustizia colossale. Non dovrebbe nascondere i suoi sorrisi. Dovrebbe alzare il mento e usarli per alleggerire il mondo.

“E. Poi.” Indugia, osa pronunciare le ultime parole. “Sei un amico.”

Ecco qua. L’ha detto.

E basta questo perché l’atmosfera cambi.

Harry si volta, guardandolo apertamente, il viso nuovamente corrucciato.

“Louis… Io non ho ‘amici’.”

Al che, Louis sbuffa, puntando sui talloni con forza e scuotendo la testa con esagerazione sufficiente a minimizzare la delusione che prova. “Beh, non lo so, Curly. Aspetta che lo diciamo agli altri.” Azzarda un’occhiata a Harry che guarda la ciotola di fragole, taciturno e circospetto, il corpo girato per metà. La sente, sente la corda su cui sono in equilibrio. Sa che anche una sola mossa troppo impaziente spedirà Harry nella direzione opposta alla sua per proteggersi dalle sue intrusioni, che sono troppo, troppo esagerate, e troppo forzate per un ragazzo che a malapena riesce a cogliere il concetto che a qualcuno potrebbe importare della sua presenza su questa terra. Per cui si limita a buttare lì un sorriso e a concludere con un musicale, “E poi, sai, non ho neanche parlato di quanto sei stato maleducato a dirmi una cosa del genere in faccia mentre sono qui che mi dichiaro tuo ‘amico’.”

Harry ricambia il suo sguardo.

Louis attende che lui lo assolva.

“Le fragole non le mangi?” chiede, e Louis sbatte le ciglia perché, no, questa non se l’aspettava ma… funziona. Perché Harry è ancora nella stanza e non sta sbattendo porte né sta abbassando le gabbie dietro i suoi occhi.

“Certo che sì,” dice subito nonostante la sorpresa, e se le lancia in bocca senza un attimo di esitazione, ignorando con decisione le rughe vistose di Aloysius. Mastica, all’inizio convinto, poi soprappensiero, mentre il sapore gli inonda la bocca. “Sai, devo proprio dirtelo,” dice, a bocca piena, “Probabilmente è la migliore fragola rigurgitata che abbia mai mangiato.”

La faccia di Harry immediatamente cancella l’apprensione e il disagio che prima ospitava, sostituiti da un piccolo, quasi sciocco sorriso. “Non è rigurgitata!” insiste, con un che di talmente infantile che Louis sente il proprio sorriso scaldarsi.

“Allora è bolo di gufo?” continua, incitato, e la breve, veloce risata nasale di Harry irrompe nella stanza e nelle particelle di aria, lasciando Louis e la terra stessa in visibilio. “È questo che stavi facendo? Cercavi la tua Edvige? E fai mangiare a me i suoi resti?”

A quel commento Harry alza gli occhi, ma le labbra rimangono increspate, e va a grandi passi verso l’armadietto delle porcellane. “Usciamo. Faremo ripetizione un’altra volta. È una bellissima giornata,” dice dal nulla, aprendo le ante di vetro e ispezionando le sue tazze di tè.

Louis sussulta, lanciando uno sguardo fuori dalla finestra al cielo grigio torbido e alla pioggia gelida. “Ehm.”

“È il tempo perfetto per un picnic,” continua lui, prima di scegliere due tazzine chiudendo piano le ante. Si volta trepidante, squadrandolo. “Che ne dici?”

“Dico che sei pazzo da legare e che fa un freddo cane lì fuori. E piove. E un picnic potrebbe ucciderci,” risponde, sentendo ancora un po’ del gelo che l’ha accompagnato nella sua breve passeggiata fino a qui. Certo che no, non avrebbe fatto un picnic a fine novembre. E poi Harry non era una creatura delicata?

Harry sospira, portando gli occhi al cielo, raccogliendo la ciotola di fragole dal tavolo. “Non essere noioso.”

“Non sono noioso!” strilla, mentre Harry gli offre una tazzina rossa con una piccola rondine dipinta sul fianco.

“La tua tazza preferita, giusto?” chiede, l’oggetto sulla mano tesa, e Louis annuisce, borbottando mentre accetta l’offerta in un assenso biascicato.

“Non ci vengo lì fuori a fare un picnic con te,” mette in chiaro in un tono che non ammette repliche, lasciando la tazzina a penzolare a malincuore dalle sue dita.

“Invece sì. Io adoro la pioggia.”

“Buffo, perché io no. Forse la odio pure. E comunque non sono neanche sicuro che questa si possa classificare come pioggia… credo sia più dalle parti della ‘neve’, sinceramente. Visto che è inverno.”

Ma Harry nemmeno lo sente, già in marcia verso la porta.

“Ehi! Dove vai?!” gli domanda con forza, correndogli dietro per raggiungerlo.

“Da Zayn,” risponde subito quello, la testa alta.

“Per cosa?”

“Per il picnic. Voglio tutti.” Cosa accidenti—?

“Ma sei fatto?”

“Certo che no,” risponde con semplicità, e la conversazione muore mentre voltano l’angolo per la torre di Zayn.

Louis segue le grandi falcate di Harry mentre salgono le scale, la mente che si agita dalla confusione (ma che diamine…?!) finché non raggiungono la porta di Zayn ed entrano, trovando Zayn, Liam, e Niall stravaccati in diverse posizioni di noia e/o stress esausto.

“Amori miei!” li saluta Harry grandiosamente, allargando le braccia in saluto. Alle sue spalle, Louis alza gli occhi al cielo. “Siete cordialmente invitati a un picnic. Fuori. Adesso. Ciascuno si porti la sua tazza.”

Louis ride. “Come se qualcuno potesse mai essere d’ac-“

“Sai, non è un’idea malvagia,” dice Zayn dal tavolo, circondato da montagne di libri e raccoglitori.

…Come prego?

Zayn poi guarda Liam, interrogativo, valutando la sua reazione.

“Assolutamente no,” risponde Liam in automatico, e Louis fa un sospiro di sollievo. “Lo sai quanto ancora devo fare?? Non ho nemmeno cominciato i tabulati, Zayn. I tabulati,” sottolinea con impeto.

“Sto con Payne. Siete usciti? Si crepa dal freddo. No grazie. Preferisco stare qui,” dice Niall, spalmato sul divano, armeggiando col cellulare.

Zayn porta gli occhi al cielo mentre Harry mette il muso e Louis fa un balletto di vittoria mentalmente.

E poi Zayn si alza, tirando Liam per le braccia fino a rimetterlo in piedi. “Dai, amore. Ti farebbe bene un po’ d’aria fresca. Ci divertiamo. Poi per il resto della sera facciamo il tuo tabulato, sì?”

Liam mette il muso, il labbro inferiore che sporge in modo ridicolo, mentre guarda Zayn in quegli abissi di calma che alcuni chiamerebbero ‘occhi’. Louis lo vede già cedere (fantastico, davvero), fino a quando alla fine le spalle non gli cascano in segno di sconfitta e lui sospira, annuendo stancamente.

“D’accordo,” dice Liam, guardando Harry. “    Ci sto.”

Harry si illumina.

“Beh, io no,” borbotta Niall dal divano.

“Ti compro delle spogliarelliste, dell’alcol, e parlerò delle tue impeccabili doti di batterista agli amici di mio padre,” lo corrompe Harry, annoiato e impaziente.

E Niall scatta in piedi. “Vada per il picnic.”

“Oh, meraviglioso,” commenta Louis, levando le braccia al cielo mentre i ragazzi cominciano a indossare indumenti più caldi, imbacuccandosi in maglioni alla moda e infilando i piedi in pesanti scarpe di pelle. Si guarda i suoi, di vestiti – jeans aderenti rosso carminio, converse bianche, e una felpa grigia con la zip fatta non proprio del più pesante dei tessuti – e non solo non si sente vestito all’altezza, ma neanche per il tempo giusto. “Morirò di ipotermia,” dice neutro, gli occhi stretti rivolti a Harry.

“Per questo beviamo il tè,” spiega Harry come se fosse una spiegazione vera, e Louis lo guarda in silenzio mentre quello comincia ad armeggiare nelle stanze di Zayn e… comincia a preparare una teiera di tè.

Louis si massaggia le tempie.

Ma cos’è diventata la sua vita?

**

Sono fuori, diluvia acqua gelida (o, come a Niall inesplicabilmente piace descriverla, “pipì del Gigante di Ghiaccio”) e l’unica cazzo di ragione per cui Louis partecipa a questa mascherata è perché fa brillare Harry come un albero di Natale, come non aveva mai visto prima, e un po’ lo aiuta a scacciare il gelo in una maniera piccola, pacata e altruista. Cazzo, se Harry è finalmente tornato, così come suo padre, ed è apparentemente felice e di buon umore e vuole farsi un picnic nel bel mezzo dell’inverno, beh… cazzo. Non c’è molto altro da dire, no.

Almeno Liam si è portato un pallone da calcio. Con sommo orrore di Harry.

“In teoria questo sarebbe un picnic,” insiste piagnucolando, nel suo vestito rosso, tazza di tè alla mano, mentre il vento gelido gli scompiglia i ricci e gli colora i lineamenti di toni rosa pallido.

Ma tutti lo ignorano, dividendosi invece in due squadre – Zayn e Liam contro Louis, Niall e Harry – e cominciano a passarsi la palla avanti e indietro.

Giocano per un’ora buona, correndo di qua e di là nella fredda aria grigia che lascia loro i maglioni bagnati e le scarpe infangate. Li rinvigorisce, costringendo le loro membra a risvegliarsi, e Louis si ritrova quasi a essere lieto che Harry li abbia buttati fuori nel freddo invernale. Con la pelle pallida e arrossata, le guance a chiazze, le loro risate sospirate gonfiano piume delicate nell’aria gelida, spezzando il silenzio della stradina e dando al tutto un po' di colore mentre si danno il cinque sulle mani e sul sedere, complimentandosi e prendendosi in giro a ogni giocata. È una bella partita: Liam è fantastico come al solito – “Ci sono anch’io in squadra, sai.” – e Zayn è prevedibilmente abile, come lo è Niall, e ovviamente Louis non è un novellino a calcio. Ma Harry… beh.

Harry una volta tenta di dare un calcio alla palla, e quell’unica volta, vola per terra, il piede che manco ci si avvicina alla palla. Ma nemmeno da lontano.

“Merda,” sibila, dall’erba ghiacciata, ispezionandosi le mani e il completo sporco. Ovviamente aveva insistito per tenere il vestito per il ‘picnic’. Ovviamente.

“Andrà meglio la prossima volta, Styles!” urla Niall gioviale, correndo dall’altra parte del prato, Zayn e Liam ai suoi fianchi.

Louis fa per seguirli, ma c’è qualcosa di teneramente patetico nella figura accartocciata di Harry, nei suoi piedi vari messi in strambe angolature, nelle macchie di erba e di fango che ricoprono ogni centimetro del suo completo prima immacolato. Ha messo su il muso, muto e arrabbiato, e Louis sospira, mentre il ragazzo lotta per rimettersi in piedi.

“Su, Curly. Prima di farti male,” dice, porgendogli una mano, incapace di soffocare un sorriso.

Harry indugia, scrutandolo con i suoi occhi corrucciati e irritati, e Louis non sa se è il freddo o l’imbarazzo che gli arrossa le guance, ma finalmente accetta la mano che gli viene porta, e si alza precariamente in piedi.

“Il calcio è stupido,” borbotta, la mano che subito trova il suo orologio e se lo massaggia distrattamente. Distoglie lo sguardo e si fissa i piedi.

“Il calcio è bello,” lo corregge Louis.

“Non sono bravo,” si incupisce Harry, guardando l’orizzonte. “Mai stato.” Lancia uno sguardo a Louis che sta ancora riprendendo fiato mentre lo ascolta, il berretto attaccato con tutto se stesso ai capelli, le mani ai fianchi. Harry continua, a voce bassa e titubante. “Non sono mai stato una persona sportiva. Mio padre avrebbe voluto, credo, ma… Anche a scuola…” balbetta nel suo tono basso, pungolando l’erba morta con la punta dello stivale, la mano che ancora si stringe ai polsi. Finalmente, guarda Louis, gli occhi quasi infelici e sicuramente indifesi. “Non ho la minima idea di quello che sto facendo.”

E Louis scoppia a ridere. Facendo incrinare leggermente il volto di Harry, le labbra che scattano verso l’alto.

“Non fa ridere,” sostiene, ma le labbra si alzano ancora, e Louis può solo ridere, la testa all'indietro e le braccia che si reggono la pancia mentre Harry fa del suo meglio per rimanere accigliato.

“Ehi! Ragazzi! Venite sì o no?!” urla all'improvviso Liam, fendendo l’aria tra di loro.

“Sì, sì! Un attimo!” gli urla Louis di rimando, mentre finalmente la sua risata muore.

Lo sguardo di Harry si posa nuovamente per terra. Si mastica un labbro.

“Ti posso aiutare io, sai,” dice semplicemente Louis con un sorriso.

Harry alza lo sguardo, incazzato. “Forse non voglio che mi si insegni.”

Louis alza le spalle. “E allora ignorami. Però io ti insegno lo stesso.”

Harry lo fissa.

Louis lo prende come un semaforo verde.

“D’accordo, allora, prima di tutto, sbagli completamente posizione. Devi spostare il peso, così-“ poggia le mani su quelle di Harry, spostandogli le gambe nella posizione corretta.

Preso alla sprovvista, gli occhi di Harry trovano il suo volto, fermi e diretti, mentre Louis guarda i loro piedi, istruendolo a muoversi di conseguenza. Ma mentre Louis continua a parlare, le mani che ancora gli stringono piano le sue, gli occhi di Harry, fermi sui suoi, vengono agitati da un qualcosa di indefinibile, il volto liscio che si contorce dal disagio e, di colpo, si divincola dalla presa di Louis senza neanche un avvertimento. Subito diventa freddo e allarmato, lo sguardo altrove, adesso verso il cortile.

“Voglio giocare a qualcos’altro,” annuncia all’improvviso, allontanandosi da Louis, la voce sbilanciata.

Louis batte le palpebre. Cos’è successo? Osserva Harry, i suoi piedi agitati e le mani che cercano qualcosa da fare.

“Ehm, per esempio?” chiede, perché non sa che altro dire, portandosi le mani ai fianchi e sentendo un dolore persistente sotto la pelle. Ha la vaga consapevolezza degli altri che li stanno ancora aspettando, trascinandosi impazientemente di qua e di là da qualche parte nel prato alle loro spalle.

Ma prima di ricevere una risposta, Harry è già a metà del cortile.

“Harry!” lo chiama, ma lui non si volta, la camminata decisa.

E, beh, merda.

“Dove va?” chiede Liam appena Louis si è riunito a loro.

“È incazzato perché fa schifo a calcio?” chiede Niall senza giri di parole.

Louis sospira, tirandosi il berretto sulle orecchie. “Non saprei. Se n’è andato… fine. Dice che vuole giocare a qualcos’altro.”

“Nascondino.”

Tutti gli occhi si precipitano su Zayn.

“Scusa?” chiede Louis, incrinando un sopracciglio.

“Sta giocando a nascondino,” chiarifica in tono secco, indicando con il capo la direzione in cui Harry si è incamminato. “Vuole che lo troviamo. Fa sempre così.”

Giusto. Ti pareva.

“E che cazzo. Allora troviamolo, 'sto coglione, così possiamo tornarcene dentro. Cazzo se si gela qui fuori,” si lamenta Niall, aggrappandosi al cappuccio della felpa.

E si sparpagliano.

**

Non ci mettono molto a trovare Harry. E, come da tradizione, ora tocca a lui contare, quindi adesso devono andarsi a nascondere come un gruppo di topi allo sbando (perché chi può dire di no a Harry quando ride, le guance accarezzate dal freddo, gli occhi che risplendono nel sole intrappolato dalle nuvole) e Louis ne avrebbe già le palle piene di questo gioco quando si sistema scomodo su un albero, il culo dolorante e infangato, le mani che si graffiano contro la corteccia bagnata.

Sì, è riuscito a raggiungere un nuovo traguardo: oggi si è arrampicato su un albero. E potrebbe giurare che da qualche parte l'avrebbero insignito di un distintivo. Ma ora come ora non gliene frega una pippa perché Harry ha finito di contare, Harry non si vede da nessuna parte, Louis ha freddo, e Louis vorrebbe tornare dentro a ingoiare una pentola di zuppa bollente, l’adrenalina che, ufficialmente scomparsa dalle sue vene, ha lasciato dietro di sé solo ghiacciai.

Per fortuna è allora che la testolina curiosa di Harry fa capolino dal basso mentre si avvicina con cautela, setacciando il cortile con gli occhi spalancati e penetranti.

Lo osserva attraverso i rami spogli del suo trespolo, mentre quello continua a camminare piano e senza meta attorno all’albero, ispezionandone il tronco, prima di passare avanti.

No. Louis vuole essere trovato, accidenti. Fa freddo qua fuori.

Quindi si schiarisce forte la gola.

Harry piroetta su se stesso. “Ti ho sentito!” sfida, ma i suoi occhi cercano sperduti l’origine della sua voce, senza mai pensare ad alzarli.

Louis sospira, un sospiro lungo e sofferente. “Lo sai, vero, che a questo gioco fai pena?” dice, un piede che penzola dal ramo dell’albero.

Lo sguardo di Harry schizza in alto, e subito i loro occhi si incontrano.

“Che fai lassù?” chiede, stupito.

“Non ne ho idea,” borbotta, muovendosi un po’ a disagio. “Il peggio è… che non ho idea di come scendere.” Dà un’occhiata verso il basso – che non è poi così alto, a essere sinceri – prima di lanciare l’altra gamba oltre il ramo, preparandosi a scendere con un salto.

“Non pensavo fossi il tipo che si arrampica,” dice Harry, studiando i suoi movimenti incerti.

“Pensavi bene.” Scivola verso il bordo del ramo, i piedi che pendono traditori sempre più giù. Ora muore.

Harry lo guarda in silenzio. “Però sei il tipo da calcio.”

“Nemmeno, sinceramente.” Si tiene in equilibrio premendo una mano contro il tronco, pronto a precipitare. Balza goffamente giù, quasi inciampando su se stesso, e arranca nel modo più assurdo e ingarbugliato possibile, quasi crollando subito.

Li odia a morte, gli alberi.

Solo dopo che è atterrato saldamente sull’erba, finalmente in equilibrio, nota due grandi mani che lo tengono fermo ai fianchi. Sono gentili, leggere come piume, e… appartengono a Harry. Harry Styles.

Louis sposta lo sguardo dalle mani al volto che le possiede – che adesso è molto più vicino, perché a quanto pare Harry è corso per afferrarlo durante il suo capitombolo – e fissa i suoi lineamenti delicati e i suoi grandi occhi tempestosi, turbinanti e impenetrabili come il cielo sopra di loro, un caleidoscopio di emozioni che gli formicolano sotto la pelle, la vita che gli si riscalda subito per il suo tocco morbido così inaspettato e così bizzarramente scioccante.

Ma poi Harry toglie le mani e fa un fluido passo indietro, la faccia mascherata e tranquilla. Rimane in silenzio, solo i tumulti nuvolosi dei suoi occhi riempiono lo spazio tra di loro.

“Grazie, amico,” dice Louis con voce più strozzata di quando gli piacerebbe, e si sente sorridere, le guance che si scaldano contro la sua volontà. Vorrebbe fare una battuta sul fatto che allunga le mani, o insistere che non ha bisogno dell’aiuto di nessuno, ma invece continua solo a sorridere e a guardare Harry, il cui completo rosso è macchiato tristemente di fango ed erba, bagnato dalla pioggia gelida e appiccicato alla sua pelle. La sua pelle di un bianco spettrale, che si mescola alla triste atmosfera bianca, la vena sul collo che gli pulsa appena, e ha una foglia morta e friabile infilata tra i capelli color cannella dietro l’orecchio sinistro.

È la personificazione dell’autunno.

Senza pensarci, Louis gli toglie la foglia, attento a non tirare capelli, gli occhi di Harry che osservano ininterrottamente i suoi gesti, sulla difensiva, ma senza fermarlo, privi di espressione e un po’ cupi, forse un tantino a disagio.

Louis gli mostra la foglia, una volta estratta. “Foglia,” spiega, senza che ve ne sia bisogno, la voce impacciata. Gli prude la pelle. E la gola.

Lo sguardo di Harry continua a trapassarlo.

E poi d’un tratto gli prende la foglia di mano e la lancia in aria con un gesto ampio e netto, un mezzo sorriso impertinente sul volto che si intromette nella strana (strana) atmosfera tetra che si è creata, lasciando un'aria più piacevole.

Entrambi osservano la foglia turbinare, cadere in un vortice pigro fino ad atterrare sulla terra umida e ingrigita, camuffata dal fango e dalle tane delle talpe.

“Persefone è ritornata da Ade.”

Ed è l’ultima cosa che Louis si aspetta, quindi batte le palpebre voltandosi verso Harry, le sopracciglia che schizzano su. “Scusa?”

Harry si gira verso di lui, le ciglia bagnate e appiccicate che delicatamente vanno su e giù. “È caduta l’ultima foglia,” spiega con semplicità, indicando la terra. “Demetra piange perché la figlia ha fatto ritorno agli inferi.”

Louis continua a fissarlo.

Ma a Harry non importa, continua a parlare con una voce che sembra una lenta goccia languida, gli occhi colorati appena di un divertimento onirico. “Demetra controlla il grano, il raccolto e le stagioni. Il clima riflette i suoi sentimenti.” Harry alza lo sguardo sul cielo grigio e burrascoso, stringendo gli occhi contro la luce tenue e le precipitazioni. “Ecco perché è tutto grigio e morto. È triste perché si sente sola. Le manca sua figlia.”

Louis lo guarda, guarda le sue labbra ripescare le parole dalla memoria.

 “Anche il freddo? È perché è infelice?” chiede, gli occhi che saettano sul volto di Harry. 

Harry annuisce, guardando ancora il cielo.

Per qualche inspiegabile ragione, gli sale il magone. E benché non c'entri niente con Harry, sul serio, – sembra vicino alla felicità come non lo ha mai visto –, si sente lo stesso scosso, ha una sgradevole sensazione allo stomaco.

Incresca le labbra prima di avvicinarsi alla foglia caduta, raccogliendola da terra.

L'altro volge di scatto la testa verso di lui. “Che fai?”

“Me la conservo.”

“Perché?” chiede, sorpreso.

“Nel caso le dovesse mancare Persefone, gliela mostrerò,” spiega come se fosse una conversazione logica. Ma Harry non ride né alza gli occhi al cielo, e allora non lo fa nemmeno lui.

“Ma non la intristirebbe di più?” protesta quello, come un bambino curioso.

Louis scuote il capo. “No, non credo. Credo che sia un ottimo modo per ricordarle che tornerà presto.”

E allora Harry sorride, generando abbastanza luce per l’intero universo e facendo sì che per un attimo Louis si dimentichi che fuori non c’è il sole. Ha un che di meraviglioso.

Ma poi:

“Ragazzi! Mi si stanno gelando le palle!”

Niall si sta avvicinando a loro con passo pesante, inzuppato e ansante, i capelli un completo disastro. “Stiamo ancora giocando a questo gioco del cazzo o uno di voi due coglioni si è scordato di farci notare che siete stati trovati?”

Harry e Louis si lanciano uno sguardo.

“Come pensavo. E adesso porca troia, muovetevi! Gli altri stanno aspettando.”

E con un’ultima occhiata reciproca, tornano alle stanze di Zayn.

**

Il resto della giornata procede bene.

Studiano sporadicamente – o meglio, Liam studia sporadicamente – e sonnecchiano, con vestiti caldi e asciutti che li coccolano. Harry accende candele profumate (“al profumo di fragola, ovviamente. Qualunque altro profumo mi distruggerebbe.”), mentre Zayn inala sigarette e disegna sulla pelle di tutti con un pennarello nero. Abbondano cibo e console e battute che fanno ridere solo per il modo in cui ci ridono su, e c’è un’aria di meraviglia.

E Louis si sente felice.

Felice, in piedi accanto al focolare di Zayn, cerca di dare un senso ai suoi capelli scarmigliati – dopo essersi finalmente sbarazzato del suo triste, tristissimo cappello di lana che adesso profuma di erba e sudore – quando all’improvviso Harry gli si avvicina, tazza di tè in mano, con addosso un maglione immacolato rosso e dei pantaloni tra il marrone e il nero. Che non dovrebbero essere belli come sono.

“Louis Tomlinson,” lo saluta, e prende un sorso dalla sua tazza, studiando i gesti di Louis nello specchio. “Fai compagnia ai tuoi capelli?”

“Mi sa che è il contrario, sinceramente,” borbotta, cercando di sistemare il disastro delle sue ciocche. “E me ne stanno tenendo pure troppa, di compagnia.”

Harry sogghigna, continuando a osservarlo. Il suo sguardo è tranquillo e riflessivo, e Louis fa del suo meglio per continuare i suoi affari e non incontrare il riflesso di quegli occhi. Anche se un po’ ne ha voglia. Anche se già avverte un immotivato sorriso di soddisfazione farsi strada sulle sue labbra per la semplice ragione che Harry gli si è avvicinato di sua sponte. Come se per loro due fosse normale.

Come se fossero amici.

“Do una festa domani,” dice di colpo, le labbra grandi e rosse, dello stesso colore del maglione. “Per la fine del semestre, chiaramente.”

“Chiaramente.”

“Ti è permesso presenziare.”

“Oh, ma davvero? Mi è permesso?” dice Louis, sopracciglia inarcate, voltandosi verso Harry, le cui labbra si increspano. “Interessante modalità di invito. Come se avesse alcun peso sulla mia decisione riguardo la mia presenza.”

Harry alza gli occhi al cielo e scuote il capo, ma le labbra gli si increspano ulteriormente.

“Sai non sono bravo a seguire gli ordini,” gli ricorda con un sorrisetto, tornando allo specchio.

“Sì. Lo so.”

E lui è felice.

**

Alla fine, Niall, Louis e Harry si incamminano alle loro stanze.

Hanno le braccia tutte intrecciate, mentre Niall cammina tra loro spingendoli in avanti, saltellando come un indemoniato (ha bevuto quando nessuno lo teneva d’occhio?) e Harry sorride tra sé e sé passeggiando, un braccio tirato da Niall, mentre Louis gli lancia sguardi e fa delle battute rumorose e provocatorie per distrarre gli altri dai suddetti sguardi.

Poi improvvisamente Niall scatta in avanti senza spiegazione, facendo schioccare i tacchi nelle vera personificazione di un lepricano del cazzo.

“Sei uno stereotipo di merda!” gli urla Louis e Harry ridacchia. Louis si ferma, si volta a guardarlo e abbassa le mani dai lati della bocca, a mo’ di megafono, e lo fissa, sorpreso.

Una risatina? Harry? Prego? È un trip allucinogeno?

Guarda avanti a sé mentre Harry osserva Niall con qualcosa che potrebbe essere etichettato come dolcezza e semplicistico divertimento, o persino delizia. Cosa che gli strappa un sorriso largo prima di voltarsi anche lui a guardare Niall, che ora corre a cerchi lungo il sentiero.

“Forse dovrei inseguirlo, quel bastardello,” medita Louis, lanciando un altro sguardo a Harry, continuando a sorridere.

Quello annuisce. “Già.”

“Però, ehm, ci vediamo domani, no?” chiede, schiarendosi la gola con indifferenza e aggiustandosi la frangia.

“Sì,” dice Harry, un po’ distrattamente. “Sì, ci vediamo alle cinque in punto da me.”

“Alle sei, allora?” lo stuzzica.

Harry ghigna, gli occhi che seguono Niall in lontananza.

L’atmosfera è pacifica quanto basta, il cielo è stellato quanto basta, e le urla e i comportamenti fuori di testa di Niall sono comici quanto basta da mantenere la situazione su un versante meno che serio, quindi si schiarisce la gola, si gratta la nuca, e continua.

“Ma, cosa, cioè, cosa fai domani durante il giorno? Cioè prima delle cinque?” chiede. Si morde il labbro, aggiustandosi il cappello.

Harry assume ora un’aria confusa, espressione corrucciata, quando si volta per guardarlo. “Che vuoi dire? Durante il giorno? Non lo so.” Lo esamina. “Perché.”

“Beh, non lo so. Probabilmente Niall sarà impegnato a fare, beh, Niall tutto il giorno. Giù con la batteria ecceteraeccetera. Fumo. Alcol. Urla. Risate. Masturbazione.” Un’altra risata sfugge alle labbra di Harry, breve e improvvisa, prima di rivolgere un’altra espressione leggermente più composta a Louis, che gli sorride in risposta. Potrebbe farci l'abitudine. “E, beh, mi pareva che il nostro accordo stesse funzionando, quindi. Sarebbe orribilmente inopportuno se mi ospitassi un altro giorno? Solo per qualche ora mentre finisco i compiti e butto giù qualche appunto? Porto vino alla fragola o quel che ti pare. Se è ancora la tua fissa, ovvio.”

“In realtà credo di aver chiuso, con le fragole,” dice solo, battendo le ciglia.

“Oh, bene. Sono più un frutto estivo, non ti pare? Ti serve qualcosa di più invernale, qualcosa che stia meglio con la stagione.”

Harry alza un sopracciglio. “Davvero?”

“Sì. Tipo… che so. Qualcosa di caldo e accogliente.”

Harry sospira, portando gli occhi al cielo. “Non scelgo io i miei interessi, Louis, sono loro che scelgono me.”

E forse è perché è stata una giornata così positiva, o forse per il modo in cui Harry pronuncia il suo nome, ma Louis decide che, forse, Harry ha davvero un che di affascinante quando non rigurgita battute pronte o parole di piacere passeggero. Forse ha davvero, di natura, un che di tenero. E forse c’è più vita autentica dentro di lui di quanto non avesse pensato in origine. La vita ha solo bisogno di essere coltivata, con premura e attenzione. E forse Harry non è così lontano, forse non è perso negli angoli di tenebra.

O forse lo era e ora non lo è più.

“Beh, forse posso persuaderli a farsi piacere te, allora. Sono una creatura influente,” sorride.

Gli occhi di Harry tornano su di lui. “Forse. A domani allora, Tomlinson.”

“Di primo mattino, Styles.”

Poi si scambiano un ultimo cenno di saluto – Louis con sorriso e Harry con lo sguardo perso nel cielo notturno – e Louis fa per allontanarsi, dritto nella direzione di Niall, ormai fuori dal suo campo visivo.

Ma poi si ferma, voltandosi indietro a guardare Harry, che ha le mani infilate nelle tasche del suo lungo cappotto nero con gli occhi alle stelle.

“È bello vederti sorridere, Curly. È quasi snervante e alieno, a dire la verità – come vedere uno scimpanzé con delle gambe da urlo-“ Harry ride di nuovo, una risata forte, improvvisa e corta, “-ma è bello.”

E Harry non risponde, scuote solo il capo e morde un sorriso prima di voltarsi e camminare lontano, le gambe lunghe che lo trascinano nella notte.

NdT. Ehm. Ciao? Okay, sono passati otto mesi. Ma i mesi sono solo convenzioni numeriche che il governo utilizza per controllarci!! Or something. Non sono ubriaca, dispiaciuta e imbarazzata forse. Diciamo che ne ho passate di bruttissime in questo periodo, roba che se ci penso mi rimetto sotto le coperte per altri tre anni e questa traduzione poi si vede, se non muoio prima. È circa un mese che sono inspiegabilmente felice perché le cose sembrano finalmente andare come dico io (also, sembra che io abbia finalmente imparato ad alzare il culo per ottenere quello che voglio quindi yay). Ragion per cui ho aspettato un po' per vedere se era un miglioramento passeggero, ma pare di no. E subito ho pensato, fammi vedere se c'è ancora gente che se la legge questa fanfiction. Questo pare di sì. Quindi mi commuovo un po', che mi piace tanto tradurre questa bellissima storia e mi piace ancora di più vederla amata quanto merita. Vabbè sono una palla. Un bacio grande, e speriamo di farcela (in generale).

P.S. Canzone del capitolo: The Bleeding Heart Show dei The New Pornographers.

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