I Brought You My Bullets And You Brought Me Your Love

di zinzuleddha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Lo adagiai sul letto, sistemandogli un cuscino sotto la testa, sperando stesse comodo.
Gli accarezzai una mano, cercando di mettere a fuoco la situazione. Sapevo che Frank capiva perfettamente, perciò cominciai a parlargli, come mi era stato raccomandato di fare.
"Frank, sono io, Gerard" gli lasciai un dolce bacio sulla mano, prima di portarmela al cuore, "So che capisci, so che ti riprenderai. Sai, Frank, non sono così benestante come credono le suore, mi sono presentato a loro sotto una falsa identità. Qualche giorno fa ho trovato lavoro in un autolavaggio, quattrocento dollari al mese saranno abbastanza per pagarti la terapia. Andrai in quest'istituto dal lunedì al venerdì, ogni mattina, mentre io sarò al lavoro; li ti aiuteranno a ricominciare a camminare e.. a muoverti. Le suore mi hanno raccontato che l'altro giorno sei riuscito a fare tre passi, ma poi sei caduto... ecco, sono sicuro che potrai fare di meglio, devi semplicemente avere costanza e fiducia in te stesso. Sono sicuro che ce la farai. Insieme ce la faremo" sospirai, sdraiandomi al suo fianco. Lo osservai attentamente, era scarnito, le labbra screpolate e il suo sguardo... mi mancava tanto quanto la sua voce.
"Finirei i miei giorni se ciò potrebbe farti stare meglio" dissi con quel filo di voce che mi era rimasta, abbracciandolo.
Mi alzai per socchiudere la finestra quando ciò vidi non appena mi voltai mi fece perdere un battito: stava muovendo le dita delle mani. Mi precipitai sul letto in preda alla gioia, notai allora che le sue labbra tremavano. Un gemito risuonò nell'aria, stava cercando di dire qualcosa. Fu allora che tutte le mie teorie furono confermate: Frank capiva e, presto si sarebbe rimesso.

Altri tre mesi trascorsero da quel giorno, tre mesi nei quali Frank, a grande sorpresa di tutti, fece notevoli miglioramenti. Fui entusiasta il giorno in cui entrò all'ospedale sulle sue gambe, senza l'aiuto di nessuno e non riuscii a trattenere il mio orgoglio quando i dottori mi ringraziarono e ammisero di essersi sbagliati. Mi si sciolse il cuore non appena mi sentii dire che senza di me probabilmente non si sarebbe mai rimesso in piedi e, mi si sciolse ancor di più non appena potei udire nuovamente la sua voce.
"Grazie" mi sussurrò quel giorno, facendo ancora fatica a parlare e, persi un battito non appena mi strinse a se. Le sue braccia deboli e tremanti, era difficile definirlo un'abbraccio vero e proprio ma, ciò bastò per farmi finire in lacrime.
Poggiò una mano sul viso, sussultando, la sua reazione non mi stupì.
"Frank" cominciai a spiegare, "Il mio viso non è più lo stesso, adesso è sfigurato. Ho subito parecchi interventi, ero ricoverato in un ospedale dall'altro lato della città, ecco perchè non sono mai venuto a trovarti. Ho rischiato di perdere un occhio. Ho ancora così tante cose da raccontarti, ma non credo adesso sia il momento adatto. Adesso dobbiamo goderci la giornata" gli sorrisi, rendendomi conto solo allora che non poteva vederlo, perciò lo abbracciai, lasciandogli un leggero bacio sulla nuca. Una delle cose che più adoravo di noi era la nostra differenza di altezza, era così minuto che ogni volta che lo abbracciavo rischiavo di perderlo tra le braccia.
Lo aiutai a salire in macchina, dirigendoci poi verso il parco dove, ogni sabato pomeriggio, andavamo a goderci il profumo dei prati in fiore.
Una volta arrivati, mano nella mano, ci dirigemmo verso la 'nostra' panchina, posta sotto un grande salice piangente dove nessuno ci avrebbe disturbato e il sole non sarebbe stato abbastanza forte da danneggiare ulteriormente i delicati occhi di Frank, per poi, due minuti dopo, finire per rotolarci sul prato come due bambini. La risata di Frank mi scaldò il cuore.
Se ne stava li, sdraiato, agitando le braccia e puntualmente scostandosi i capelli dal viso. Vederlo così felice mi faceva stare bene, la sua felicità era la mia felicità.
Mi precipitai al suo fianco, scoppiò a ridere non appena mi lamentai dal dolore, dopo aver battuto il gomito su un sasso.
Lo abbracciai, stringendolo come mai avevo fatto prima d'ora, come per proteggerlo dal mondo, come se qualcuno avesse potuto portarmelo via.
"Sai Frank, il tempo oggi è bellissimo, esattamente come il tuo viso" gli sussurrai all'orecchio, accarezzandogli il viso. Arrossì, adoravo quando lo faceva. Ridacchiando, continuai, "Siamo in mezzo un migliaio di fiori, di tutti i colori. C'è ne sono bianchi, azzurri, rosa e uno rosso affianco il tuo viso, alla tua destra" lo colsi, poggiandoglielo sull'orecchio. Sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori, incitandomi a continuare, "Alla nostra sinistra, di qua" dissi prendendogli la mano sinistra, alzandola in aria "C'è un anziano signore panzone che ci lancia occhiatacce" mi piegai in due dalle risate non appena Frank gli fece il dito medio. Mi misi seduto, aiutandolo poi a fare lo stesso "Sai, credo che questo sia più efficace del dito medio" continuai, poggiando le mie labbra sulle sue. Sorrise, ricambiando il bacio, per poi ridacchiare, voltandosi alla sua sinistra. Un espressione triste si fece largo sul suo voltò, avrebbe voluto anche lui poter vedere la sua reazione. Poggiai il viso nell'incavo del suo collo, continuando a parlare per cercare di distrarlo, detestavo vederlo triste.
"Poi, invece, alla nostra destra ci sono dei bambini che giocano, li senti?" Annuì, sorridendo e abbracciandomi nuovamente.
"Immagina noi in versione genitori" dissi ridacchiando, scostandogli nuovamente i capelli dal viso, "Immagina il nostro matrimonio... Sono sicuro che in smoking saresti perfetto" mise su un sorriso sghembo, nascondendosi nell'incavo del mio collo. Era così carino quand'era in imbarazzo.
"Potremmo adottare una bambina, immagina. Gli faremo le treccine, l'accompagneremo a scuola ogni mattina, poi il pomeriggio la porteremo qui, al parco e giocheremo con lei sulle giostre" Sorrise, annuendo e gettando la testa all'indietro, dondolandosi: lo faceva spesso quand'era felice e, sapere che era felice mi faceva provare una sensazione inspiegabile.
Ero orgoglioso di lui.
"Sai, Frank, non sto scherzando" continuai, "Io voglio davvero avere una famiglia con te" dissi tra me e me. Mi distolsi dai miei pensieri non appena si gettò nuovamente fra le mie braccia, facendomi finire a terra.
Rise, rotolando al mio fianco e stringendomi a se.
"T-Ti amo" disse sottovoce, sorridendo, per poi, dopo una lunga mattinata, addormentarsi sul mio petto.
Decisi all'istante che quella mattina avrei saltato il pranzo, restando li finché non si sarebbe svegliato. Quando dormiva era la cosa più bella del mondo, perciò, sarebbe valsa la pena fare la fame.

 


- Salve a tutti! E rieccomi quì con il primo capitolo del sequel di 'Demolition Lovers' ( quì trovate il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2754213&i=1 )
Chiedo perdono per il ritardo e per gli eventual errori.
Vi aspetto come sempre tra le recensioni, fatemi sapere che ve ne pare! -
 
A presto
- Danny x <3
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quel giorno non mi sarei presentato al lavoro, avrei portato Frank in piscina, nella speranza che, nuotando, sarebbe riuscito a sciogliere i movimenti. 
Per tutto il viaggio restò in silenzio, immaginai fosse in ansia per ciò che lo aspettava; sapevo che non era un grande amante dell'acqua, tanto che, ogni volta che gli facevo il bagno, finiva puntualmente in lacrime.
Da quando aveva perso la vista, era diventato terribilmente ansioso e, nella maggior parte dei casi anche ipocondriaco: persi il conto di quante volte finì in lacrime per un semplice dolore al dito, era tormentato dall'idea di morire, ciò lo faceva star male e, di conseguenza, faceva star male anche me. Detestavo vederlo in quello stato, detestavo vederlo soffrire, soprattutto perché sapevo che se soffriva, gran parte della colpa era mia. Sapevo che se oggi era in queste condizioni gran parte della colpa era mia e, ciò mi distruggeva.
Mi distolsi dai miei pensieri non appena mi resi conto di essere difronte il grande capannone, perciò parcheggiai, aiutando poi Frank, che non aveva ancora aperto bocca, a scendere dall'auto.
Una volta arrivati in piscina, lo aiutai a sedersi sul bordo, per poi tuffarmi e aiutarlo a fare lo stesso. Sobbalzò non appena lo tirai in acqua, aggrappandosi poi al mio collo, "E' f-fredda" si lamentò, scosso, stringendo la presa. "V-voglio uscire" continuò, il suo respiro pesante.
"Rilassati, Frank" gli sussurrai, accarezzandogli la schiena. Risi non appena gli venne la pelle d'oca, spostandomi alle sue spalle e tenendolo dai fianchi mentre continuava ad agitarsi.
"Dai, Frank, muovi gambe e braccia" Annuì, cominciando ad agitarsi ulteriormente, "No, muovile lentamente, o finirai per annegare. Devi rilassarti. Tranquillo, ci sono io qui" Annuì nuovamente, facendo come gli avevo detto. Continuai a tenerlo per altri cinque minuti e, vedendo che riusciva a stare galla da solo e che, finalmente, si era rilassato, lo mollai, osservandolo orgoglioso. 
"Visto, stai nuotando da solo!" esclamai entusiasta, "Non ti sto tenendo!" continuai, persi un battito non appena, alla mia affermazione, cominciò ad agitarsi nuovamente, finendo sott'acqua.
Prontamente lo tirai su, portandolo in braccio fuori dall'acqua, dove cominciò a tossire violentemente.
Prese poi aria, affannato, nascondendo il viso nell'incavo del mio collo.
Assalito nuovamente dai sensi di colpa lo accarezzai, "Per oggi basta" gli sussurrai, lasciandogli un bacio sul collo, prima di aiutarlo a mettersi in piedi e dirigerci verso le docce, laddove, dopo una giornata di silenzi, aprì bocca, dando inizio ad un lungo discorso che non mi sarei mai aspettato di fare.
"Gerard" sussurrò con un filo di voce, mentre gli insaponavo i capelli.
"Si?" sorrisi, amavo il modo in cui pronunciava il mio nome.
"I-ieri, mi hai detto" fece una pausa, prendendo un lungo respiro "c-che, h-hai m-molte cose d-da raccontarmi.."
Annuii, aspettando che terminasse la frase.
"R-raccontami" 
Sospirai, annuendo e mettendomi seduto per terra, aiutandolo poi a fare lo stesso. Lasciai il getto dell'acqua aperto in modo che nessuno potesse sentirci, assicurandomi poi che la porta fosse chiusa a chiave.
"Bene, da dove posso cominciare.." dissi tra me e me.
Alzò le spalle, rivolgendomi un sorriso e accucciandosi poi sulle mie gambe, abbracciandomi per i fianchi. Il silenzio calò nella stanza, sorrisi, accarezzandolo.
Un'altra cosa che amavo di noi era che, quando calava il silenzio, nessuno dei due si sentiva in imbarazzo.
Cominciai, dopo quelli che sembrarono anni, a raccontargli, infondo.. aveva il diritto di sapere.
"Sai, Frank, il giorno prima del grande colpo fui assalito da una strana sensazione mai provata prima. Sentivo come se qualcosa sarebbe andato storto, perciò decisi di raccontare tutto a Bob, il mio fratellastro ed ex capo della banda che, per uscir vivo da quel maledetto giro si finse morto per anni. Solo io sapevo che in realtà era vivo, dall'altro lato della città ma.. tralasciamo. Gli raccontai ciò che stavamo per fare e come mi sentivo, disse che era il mio sesto senso e che era molto preoccupato, perciò, il giorno del grande colpo, a mia insaputa ci seguì. Fu con noi tutto il tempo, persino quando svoltai contro quell'albero, distruggendoci." Feci una pausa, abbassando lo sguardo, Frank annuì, sembrava triste.
"Quei bastardi, credendoci morti fuggirono, lasciandoci a terra e, non appena furono abbastanza lontani, Bob accorse a salvarci, portando te, che eri in condizioni più gravi, nell'ospedale più vicino, raccontando agli infermieri di essersi trovato in strada quando una macchina ti colpì in pieno, per poi sfrecciare via, lasciandoti a terra in fin di vita. Poi invece portò me, in un ospedale dall'altro lato della città, raccontando agli infermieri che mi ero ridotto in quel modo cadendo da una moto.
Fui in coma tre settimane, subì ventitré interventi chirurgici prima di raggiungere il mio aspetto attuale" continuai, prendendogli una mano e poggiandomela sul viso, Frank annuì. 
"E-e, G-Gerard. C'è U-una cosa che v-volevo chiederti d-da molto tempo" fece nuovamente una pausa, sospirando, "C-come h-hai fatto ad entrare n-nella banda?"
Sospirai, sforzando un sorriso. 
"Tutto cominciò quando avevo sedici anni. I miei genitori morirono in un incidente stradale e io e mio fratello avevamo bisogno di soldi per continuare gli studi, perciò mi misi alla ricerca di un lavoro.
Ero all'esterno di un bar quando un uomo mi si avvicinò, cominciando a squadrarmi dalla testa ai piedi e, fui il ragazzo più felice del mondo non appena mi offrì un lavoro. Scoprì solo dopo che il lavoro che mi era stato offerto consisteva nel fare il Drag Queen, intrattenendo ogni sera i clienti nel locale dell'uomo ma, non mi tirai indietro. Avevo bisogno di soldi.
Per i primi due mesi il lavoro andò alla grande, finchè, un giorno, l'uomo del locale cominciò a farmi delle avances. Essendo fin troppo ingenuo, capii le sue intenzioni solo quando arrivò a mettermi le mani addosso, e, ovviamente, mi rifiutai di stare al suo gioco, rifiutandolo a malo modo.
Tutto sembrò tornare alla normalità quando, una notte, finito lo show uscì dalla porta posteriore del locale, trovando al di fuori due uomini che, nel giro di un secondo, mi ritrovai addosso. Persi il conto di quanti calci in faccia ricevetti quella notte. 
Mi violentarono e, la cosa si ripetè per settimane. Arrivarono persino a stuprarmi quando, un giorno, scoppiai, raccontando tutto a mio fratello, l'unica persona che sapevo mi avrebbe potuto aiutare.
In preda alla furia, chiese aiuto a Bert, il suo migliore amico, un assassino professionista con alle spalle centinaia di omicidi e, nel giro di tre giorni fecero fuori i miei stupratori ma non Marky Monroe, era lui l'uomo del locale.. non riuscirono a trovarlo. 
Bert andò in preda alla collera non appena scoprì che io ero a conoscenza di ciò che avevano fatto e, contro la mia volontà fui obbligato ad entrare nella società."
Frank si mise nuovamente seduto, sorpreso. Ridacchiai alla sua espressione, abbassando lo sguardo e passandomi una mano tra i capelli fradici. 
Col cuore in gola, continuai, "Bert non ti odiava, Frank. Odiava me, non te. Ecco perché ti faceva del male" sospirai, "Bert ti faceva del male perché sapeva che vederti soffrire mi distruggeva e, il suo obbiettivo era appunto distruggermi. Mi odiava perchè sosteneva che se Bob era morto fosse solo colpa mia e, lui voleva molto bene a Bob"
Lo accarezzai nuovamente, mi strinse poi fra le braccia, scompigliandomi i capelli.  Era magnifico come ogni volta riusciva a rimettermi di buon umore, facendomi tornare il sorriso.
"Sai, Frank.. Bob ha fatto fuori Jordison e i tizi che ci inseguivano con le auto, adesso abbiamo definitivamente compiuto la nostra missione. Adesso siamo definitivamente liberi" mi si contorse lo stomaco.
Eravamo liberi. Liberi di vivere come persone normali, liberi di amarci.
Mi misi in piedi, aiutandolo a fare lo stesso.
Ci abbracciammo come mai prima d'ora, sentii una lacrima scivolarmi sul viso: una lacrima di gioia.
Mi lasciò un dolce bacio sulla guancia prima di incominciare a giocherellare col mio naso, facendomi scoppiare a ridere, non sopportavo il solletico.
Entrambi sussultammo non appena qualcuno bussò alla porta, capimmo allora che forse sarebbe stato meglio uscire.
Mano nella mano uscimmo dalla stanza e, mentre l'uomo che aveva bussato alla porta sbraitava, ci dirigemmo verso la macchina, ridendo.
Era già la seconda persona che facevamo incazzare in una settimana: stavamo facendo progressi.




- Ed ecco il secondo capitolo! Che ve ne pare?
Vi aspetto tra le recensioni! -

A presto
-Danny x

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Quel sabato pomeriggio cambiammo itinerario, dirigendoci in spiaggia dove, non appena arrivammo, Frank cominciò a correre, lanciando sabbia ovunque.
"Dai, G-gerard, vieni!" mi urlò, lanciandosi a terra e cominciando a rotolarsi.
Vederlo così felice mi faceva stare bene.
Cominciai ad inseguirlo quando cominciò a lanciarmi della sabbia addosso, mi lamentai non appena me ne andò a finire un pò in faccia.
"Dai Frank, mi va negli occhi" gli urlai, forse un pò troppo scontroso. Lui annuì, lasciandosi scivolare la sabbia dalle mani. Tutt'un tratto sembrava triste, perciò avanzai verso di lui, abbracciandolo, "..E poi non ti posso ammirare" continuai, baciandogli la nuca. Sorrise nuovamente, spingendomi e ricominciando a correre.
"Frank, fermati" gli urlai, questa volta ridendo, "Sono vecchio, faccio fatica a tenere il passo" alla mia affermazione scoppiò a ridere, ricominciando poi a correre. Tutt'un tratto cadde, facendomi sobbalzare. Corsi verso di lui, prendendolo poi in braccio.
"Aspetta, tieni gli occhi chiusi, hai della sabbia in faccia" gli dissi serio, cercando con tutta la delicatezza del mondo di cacciargli la sabbia da sopra le palpebre: i suoi occhi erano molto delicati, persino il vento avrebbe potuto danneggiarli ulteriormente.
"Okay, puoi aprirli" gli sussurrai, lasciandogli un leggero bacio all'angolo della bocca; li aprì, rivolgendomi uno dei suoi migliori sorrisi.
"Ti son cedute le gambe?" chiesi preoccupato, sperando non si fosse fatto male. Annuì nuovamente. "G-Gerard, quanti an-anni hai?" disse ridacchiando, mentre lo aiutavo a mettersi seduto.
"28" risposi, stringendolo fra le braccia e accarezzandogli i capelli. Annuì, ridendo, "I-indovina quanti n-ne ho io" mi sfidò, alzando il mento. "18" risposi orgoglioso, solleticandogli il naso.
"C-come fai a s-saperlo?" Continuò stiracchiandosi, prima di sdraiarsi nuovamente sulle mie gambe.
"Io so tutto" scherzai, poggiando il mio naso sul suo. "Ti sei stancato?" continuai, poggiandogli una mano sulle gambe; annuì, aggrappandosi al mio collo e rimettendosi seduto.
"Andiamo a casa?" gli chiesi, massaggiandogli la schiena; annuì nuovamente, nascondendo il viso nell'incavo del mio collo, come gli era oramai d'abitudine fare.

Finimmo per fare l'amore quella sera.
Successe tutto così in fretta, suppongo fu la prima volta per tutti e due. Provai una strana sensazione nel vedere Frank provare piacere a causa mia.
L'ultima cosa che mi sussurrò prima di addormentarsi fu che aveva paura, ricordai solo allora che giorno sarebbe stato domani.
Fui assalito dall'ansia, domani sarebbe stato il giorno dell'intervento.
Avrebbero operato Frank nella speranza che avrebbe potuto riacquistare la vista.
I dottori mi avevano detto che fare l'operazione sarebbe stato solo uno spreco di soldi visto le condizioni di Frank e che il 99,9% delle probabilità era che sarebbe rimasto cieco ma, c'era quello 0,1% che mi dava speranza. Non mi importava se sarebbe stato 'uno spreco di soldi', non volevo morire col rimorso di non averci provato, avevo fin troppi dispiaceri sulla coscienza.

. . .

Balzai dal letto non appena sentii la sveglia, strofinandomi gli occhi prima di guardare l'orario: segnava le undici e mezza.
Notai che Frank era già sveglio. Stiracchiandosi si mise in piedi, avanzando poi verso di me. Mi abbracciò, capii che era in ansia.
Lo accarezzai, "Andiamo a fare la doccia, è tardi" gli sussurrai. Sospirò, annuendo e seguendomi in bagno.
Si coprì il volto mentre gli insaponavo i capelli, prima di risciacquarlo e porgergli una mano per aiutarlo ad uscire. Esitò ad afferrarla, per poi sedersi nella doccia, coprendosi nuovamente il volto. Mi si contorse lo stomaco non appena lo sentii singhiozzare, mi resi conto solo allora quanto la situazione potesse essere seria.
Feci per prenderlo in braccio ma si dimenò, finendo per sbattere violentemente il gomito contro la parete e piegarsi in due dal dolore.
Approfittai del momento di distrazione per cercare di prenderlo nuovamente in braccio e asciugarlo, prima di mettergli su i vestiti.
Mi scongiurò un ultima volta di 'risparmiarlo', prima di mettere piede in ospedale.
Mentre lo accompagnavo dentro la stanza mi afferrò la mano, aumentando la presa fino a farmi male. Oramai rassegnato, l'ultima cosa che mi chiese fu di tenergli la mano durante l'intervento. Mentii dicendogli che l'avrei fatto, uscendo dalla stanza poco dopo, non appena fu anestetizzato.
Cinque ore trascorsero da quando lo lasciai li dentro, cinque ore nelle quali l'ansia non aveva fatto che tormentarmi, facendomi venire la nausea.
Mi distolsi dai miei pensieri non appena un'anziana signora mi chiese il permesso di sedersi al mio fianco. Ovviamente annuii, abbassando lo sguardo.
"Aspetti la tua ragazza?" ruppe poco dopo il silenzio, indicandomi la sala parto. Scossi la testa, indicandogli la sala operatoria dell'oculista, "Aspetto il mio ragazzo" dissi con un filo di voce, sospirando.
Annuì, sorridendomi, "Vedrai che andrà tutto bene" disse poi, poggiandomi una mano sulla spalla, prima di alzarsi e scomparire dietro l'angolo del corridoio.
Sussultai non appena il dottore chiamò il mio nome, notai un grande sorriso sulle sue labbra, ciò significava che le cose erano andate bene.
Mi misi in piedi, seguendolo nella stanza, come mi aveva detto di fare. Mi disse poi che Frank era ancora sotto l'effetto dell'anestesia e che parlargli avrebbe aiutato a farlo risvegliare, prima di porgermi una scatola. Mi spiegò che era un collirio e che, trascorsi tre giorni, avrei dovuto cacciare la benda a Frank e metterglielo due volte al giorno, prima di ricordarmi nuovamente che la maggioranza delle probabilità erano che Frank non avrebbe riacquistato la vista, per poi lasciare la stanza.
Fui assalito dai flashback non appena vidi Frank immobile su quel lettino. Mi si contorse lo stomaco.
Mi sedetti al suo fianco, prendendogli la mano, mi si sciolse il cuore non appena mi sorrise.
Mi precipitai sulle sue labbra, accarezzandogli il volto.
Mi disse di non aver sentito alcun dolore e che adesso stava bene. Fece per cacciarsi la benda ma lo fermai, spiegandogli che l'avrebbe dovuta tenere altri tre giorni.
Annuì, sembrava dispiaciuto dalla mia affermazione, ma poi mi sorrise nuovamente, abbracciandomi.
Dopo numerosi accertamenti, mi dissero che potevamo andare, così, felice di poterlo stringere nuovamente tra le braccia, lo aiutai ad alzarsi, dirigendoci poi a casa, dove lo avrebbe aspettato del meritato riposo.






- Ladies and Germs, rieccomi quì, con il terzo capitolo!
..Oggi ero a corto di ispirazione, spero possa piacervi e, chiedo perdono per gli eventuali errori.

Ci tenevo a precisarvi che la storia sta volgendo al termine e che, se non stravolgerò nuovamente il finale, mancano solo due capitoli all'epilogo.

Vi aspetto come sempre tra le recensioni! Fatemi sapere che ve ne pare! :) -

A presto
- Danny x

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Tre giorni trascorsero in fretta e, arrivò il momento di togliere la benda a Frank.
Lo aiutai a sdraiarsi sul letto quando, con le mani tremolanti, cominciai a sciogliergliela, spaventato da quale sarebbe stata la sua reazione.
Dopo aver sciolto il nodo, esitai un istante prima di sfilargliela. Fui molto sollevato non appena sorrise, con ancora gli occhi chiusi. Li aprì pian piano, sbattendo ripetutamente le ciglia, fui assalito dalla gioia non appena mi sorrise nuovamente ma, mi cadde il mondo addosso non appena, tutt'un tratto, cominciò a singhiozzare, nascondendo il volto nel cuscino.
"N-non vedo, Gerard, N-non vedo" mi urlò contro, cercai allora di abbracciarlo, ma si dimenò. Per la volta in vita mia mi sentì mortificato.
Era una sensazione ancora peggio della tristezza e della malinconia, ancora peggio del dolore. Penso che, se in quel preciso istante mi avessero strappato il cuore, sarebbe stato decisamente meno doloroso.
Non dissi nulla, sdraiandomi al suo fianco, voltandogli le spalle.
Singhiozzò per le tre ore successive, senza prendere fiato un attimo, quando d'un tratto mi abbraccio da dietro, poggiando il viso sulla mia schiena.
"Mi dispiace" mi sussurrò, tirando su con il naso.
Annuii, voltandomi verso di lui e stringendolo a me, per poi lasciargli un leggero bacio sulla nuca.
"E' tardi, dormi" gli sussurrai, accarezzandolo, prima di sistemarmi nuovamente sul cuscino e chiudere finalmente, dopo una giornata tremenda, gli occhi.

Sussultai non appena udii dei singhiozzi, sobbalzai non appena mi resi conto che Frank non era al mio fianco.
Mi alzai, accendendo la luce, vidi Frank rannicchiato contro il muro, affianco al comò. Si passava ripetutamente le mani tra i capelli, respirava affannosamente.
"Frank, Frank che succede?" esclamai in panico, prendendolo in braccio.
Poggio la testa sulla mia spalla, prendendo dei lunghi respiri, "M-Mi fa male la testa" gemette, ebbe ripetuti conati di vomito.
Lo rimisi a letto, sedendomi nuovamente al suo fianco, scostandogli i capelli dal volto. Tutt'un tratto si calmò, sembrava stesse già dormendo, perciò, sollevato, mi rimisi a dormire.
Aveva sicuramente fatto un brutto sogno che aveva confuso con la realtà.

. . .

Quella mattina avrei fatto una sorpresa a Frank, portandolo al Luna Park ma, non avrei di certo potuto farlo se avrebbe continuato a dormire, perciò decisi di andare a svegliarlo.
Posai lo sguardo sull'orologio, erano le undici e ventidue minuti, non era da lui dormire così tanto, perciò, dopo aver tirato fuori da uno stipetto un vassoio e averci poggiato sopra un bicchiere di succo d'arancia e una brioches, mi diressi al piano di sopra, con l'intento di svegliarlo.
Sgattaiolai in camera, poggiando il vassoio sopra il suo comodino e spalancando la finestra.
Notai che nonostante la luce, continuava a dormire, perciò feci un salto sul letto, cominciando a fargli il solletico.
Ebbi un colpo al cuore non appena reagì e, rischiai l'infarto non appena realizzai che era terribilmente freddo, eccessivamente freddo.
"Frank" urlai come mai feci prima d'ora, voltandogli il viso.
Mi crollò il mondo addosso non appena potei osservarlo. Era bianco, gli occhi cerchiati.
Urlai il suo nome tante volte quanto le lacrime che in quel momento, come fiumi, scorrevano sul mio viso, mentre, in preda al panico, lo scuotevo.
Continuava a non reagire.
"Frank" gli urlai contro, lanciandogli uno schiaffo.
Mi strappai la faccia non appena non reagì nuovamente.
Sentii il campanello suonare, mi precipitai al piano di sotto, quasi cadetti dalle scale. Aprì la porta, trovandomi davanti l'anziana signora Marie, la vicina di casa che, non appena mi vide in quello stato, mi abbracciò.
"Che succede, Gerard? Ti ho sentito urlare" mi chiese preoccupata, asciugandomi una lacrima.
Non ebbi il coraggio di spiegarle ciò che stava accadendo, non ne ebbi le forze, non riuscivo a parlare e, adesso mi risultava difficile persino respirare e tenermi in piedi.
Le indicai il piano di sopra e, nel giro di due secondi, mi trascinò su per le scale.
Mi lanciò un ultimo sguardo prima di dirigersi nella camera da letto, dove presto, dopo un lungo respiro, mi diressi anch'io.
Poggiò una mano sul polso di Frank, scuotendo poi la testa e venendomi incontro.
Mi abbracciò nuovamente, accarezzandomi i capelli, "Mi dispiace" mi sussurrò.
Mi cedettero le gambe. Finì a terra, contro il muro. Giurai avessi gli occhi fuori dalle orbite.
Nel giro di cinque minuti, che sembrarono anni, arrivò un ambulanza.
Tre dottori si precipitarono nella stanza, seguiti poi dalla signora Marie che era andata ad aprire la porta.
Mi si avvicinò un dottore, porgendomi una mano che, ovviamente, non afferrai. Mi incitò ad alzarmi, ma non lo feci. Non capivo, non reagivo.
Ero in tilt.
"In totale stato di shock" sentì dire ad un dottore, mentre mi puntava un dito contro.
Il tizio dal camicie bianco mi si avvicinò nuovamente, mi chiesero cosa fosse successo. Mi accorsi solo mentre mi sedavano che stavo avendo ripetuti spasmi muscolari.
Ebbi un flash, ricordai quella notte, quando si lamentò del dolore di testa.
Si lanciarono svariate occhiatacce, prima di posare nuovamente la loro attenzione su di me.
Mi spiegò che aveva avuto un aneurisma celebrale e che, nella maggior parte dei casi, la gente non sopravviveva.
"E' morto, devi fartene una ragione" sputò acidamente.
Fu allora che reagì, scagliandogli un pugno in piena faccia e precipitandomi nuovamente verso il letto, abbracciando il corpo di Frank.
"Non può essere morto" gli urlai.
"Frank," gli sussurrai all'orecchio, "Frank, reagisci", lo supplicai, nella speranza che potesse sentirmi.
"Frank" urlai nuovamente il suo nome. Lo urlai talmente forte che per un attimo credetti avrei sputato le budella.
"Frank, ti prego" sussurrai con quel filo di voce che era rimasto, prima di scendere dal letto e indietreggiare fino al muro, dove mi gettai nuovamente a terra.
Lo portarono via, lasciandomi li, da solo, con un peso sul cuore. Non reagii nuovamente.
Non appena tutti se ne furono andati, compresa la signora Marie, mi trascinai fino al letto, arrampicandomi sopra.
Abbracciai il cuscino di Frank, affondandoci il viso sopra.
Non riuscivo a crederci.
Non potevo crederci.
Successe tutto così in fretta e, non doveva succedere, stava andando tutto alla perfezione.
Fui assalito da una sensazione mai provata prima. Mi coprì allora fino alla testa, per cercare di scacciarla, per poi restare in quella posizione per i successivi due giorni.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - EPILOGO ***


EPILOGO


Decise all'istante, quella mattina, che non sarebbe andato al funerale del suo ragazzo ma, che sarebbe andato direttamente dal suo ragazzo.
E si diresse così in quel capannone in cui non metteva piede ormai da mesi, osservando i bicchieri impolverati ancora sul tavolo, dirigendosi poi verso il ruscello nelle vicinanze.
Continui flashback si fecero spazio nella sua mente.
Aveva perso tutto ciò che aveva: la famiglia, gli amici e adesso anche la persona che più amava al mondo.
"Non mi avete preso vivo" urlò il ragazzo dal volto sfigurato, alzando i pugni in aria, "E non lo farete mai" continuò con un enorme sorriso sul volto, prima di gettarsi nel ruscello e, una volta in acqua, prendere un lungo respiro, perdendo così anche l'ultima cosa che gli era rimasta: La vita.

E in quel giorno di inverno correva per il parco un bambino, quando, il suo sguardo si posò su un pacchetto ai piedi di un albero.
Esultò, prendendolo in mano: era leggerissimo.
Lo scartò attentamente, tirandone fuori un foglietto.
"Caro Frank" diceva,
"Finirei i miei giorni se ciò potrebbe farti stare meglio. Il solo pensiero di averti messo in tutto questo mi distrugge, perché sei un essere meraviglioso e non meriti del male. E ti amo dal primo giorno in cui ti ho visto in quel supermercato. Sai, mi spezzasti il cuore quando non mi rivolgesti nemmeno uno sguardo, ma lo riparasti al meglio non appena, quel giorno, alla mostra di quadri, mi rivolgesti la parola. Ti seguii tutta la mattina quel giorno ma, come sempre, non te ne accorgesti. E se troverò il coraggio di consegnarti questa lettera, e se in questo preciso istante stai leggendo, voglio dirti una cosa: non lasciare mai che ti prendano vivo e, soprattutto non piangere mai, mai e poi mai, per nessuno, perché nessuno merita le tue lacrime. Nessuno merita il tuo cuore.
Non lasciare mai che qualcuno ti tolga il sorriso, perché nessuno vale tanto quanto esso.
E se non ricambi il mio stesso sentimento, ti capirò, nemmeno io mi amerei. E se le nostre strade si divideranno, voglio che tu sappia che ti porterò sempre nel cuore, perchè quando sei al mio fianco, provo sensazioni che mai prima d'ora avevo provato. Perchè quando sei al mio fianco, l'unica cosa che vorrei fare è stingerti a me e non lasciarti più andare, perché con te mi sento nuovamente vivo.
Scateni una tempesta in me e, "dopo ogni tempesta c'è sempre il sole" dicono, e, quel sole sei tu, che scaldi il mio cuore ad ogni sguardo.
Te lo ripeterei all'infinito, ma non credo ne sarei capace, visto che i tuoi meravigliosi occhi mi distrarrebbero.

Ti amo
- Gerard "

"Bah" esclamò, facendo finire il foglio in pezzi, esattamente come lo erano finiti tutti i piani per il futuro che, Frank e Gerard, si erano fatti.





- Ebbene la storia è definitivamente giunta al termine.
Vorrei ringraziare tutte quelle persone che mi hanno seguito, hanno recensito e aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite.
Se avete domande o non avete capito qualcosa della storia, come sempre non esitate a scrivermi!
Sono molto ansiosa di leggere i vostri pareri, perciò vi invito, come sempre, a lasciare una recensione o a scrivermi su twitter ( sono @sussumella )

Vi ringrazio ancora una volta per tutto il supporto che mi avete dimostrato e, ci tenevo ad informarmi che sto già lavorando su una nuova storia e una one shot. -

A presto
- Danny x <3

 

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