I'm a Divergent

di Hazel92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Genim Stilinski ***
Capitolo 2: *** La simulazione ***
Capitolo 3: *** Abnegante o Intrepido? ***
Capitolo 4: *** La scelta ***
Capitolo 5: *** Diventerò un Intrepido ***
Capitolo 6: *** The moment to Fight ***
Capitolo 7: *** Vincere ***
Capitolo 8: *** Rivelazioni ***



Capitolo 1
*** Genim Stilinski ***


Angolo dell’autrice:Salve lupetti! Nonostante abbia tre miliardi di cose da fare, non ho resistito a pubblicare questa nuova ff. Per me è un po’ un esperimento. È la prima volta che scrivo un crossover/AU, quindi mi piacerebbe molto avere le vostre opinioni. Se l’idea non vi piace allora lascio perdere XD
I personaggi sono ovviamente quelli di Teen Wolf, ma catapultati nel mondo di Divergent. In alcuni momenti forse potrebbero sembrare un po’ OOC, perché comunque devo adattarli alla storia, ma cercherò di evitarlo il più possibile.
Vi lascio alla lettura : )
 
La mattina mi sveglio con il cuore che mi batte ad una velocità impressionante e completamente sudato. Devo aver sognato qualcosa di particolare per trovarmi ridotto così, ma non riesco proprio a ricordare. Mi alzo dal letto, e il mio istinto mi direbbe di guardarmi allo specchio. Ma non posso. Sarebbe un peccato, qui…nella mia fazione. Mi guarderò dopo essermi fatto una doccia. Tanto già lo so di avere un aspetto terribile. Ahi. Penso. Non dovrei preoccuparmi neanche del mio aspetto. Oggi però è il grande giorno, come dice mio padre…quindi posso pure concedermi qualche lusso. Mentre esco dalla mia camera e raggiungo il bagno, sento dei rumori provenire dalla cucina. Mio padre deve essersi messo a preparare la colazione. Non lo fa mai. Il suo lavoro non glielo permette. Non ha tempo. Ma come ho già detto…oggi è il grande giorno.

Quando finisco di farmi la doccia, mi vesto con i soliti abiti di quel grigio spento che contraddistinguono la mia fazione, quella degli Abneganti. Mi asciugo i capelli, da qualche tempo leggermente più lunghi e poi finalmente mi specchio. Ci è concesso specchiarci all’incirca ogni tre mesi. Contemplare la propria immagine, non va bene qui. Peccheremmo di vanità. Ma io sono curioso, perciò spesso mi guardo di nascosto molto più che ogni tre mesi. In realtà mio padre non è così intransigente su queste cose, ma preferisco comunque non farmi vedere. Il mio viso e il mio corpo sono ricoperti da nei. Gli occhi sono grandi e nocciola. Il naso all’insù e le labbra abbastanza carnose.

Scendo al piano di sotto dove trovo mio padre seduto a tavola. Mi sta aspettando per mangiare. Non iniziamo mai a mangiare da soli. Anche se siamo solo in due. Mia madre è morta sei anni fa, quando io avevo dieci anni, e da allora siamo solo io e mio padre. La sua mancanza si sente ancora. Soprattutto quando siamo a tavola. Saluto mio padre e mi siedo di fronte a lui. Molte famiglie sono cattoliche e prima di mangiare pregano…ma questo non è il nostro caso.
-          Buon appetito… - dico prima di iniziare a mangiare. Lui mi risponde e poi in silenzio ognuno mangia la propria omelette. Aspetto che sia mio padre a dire qualcosa perché in genere a noi figli, non è permesso parlare durante i pasti se non quando veniamo interpellati. Il che per me è veramente arduo vista la mia parlantina. Ma dal momento che, come ho già detto, siamo solo in due qui dentro, spesso trascuriamo queste regole. Che tra l’altro…reputo ridicole.
-          Allora,Genim…oggi è il grande giorno.- esordisce – Sei agitato? – Si, Genim è il mio nome. Tremendo, vero? Mando giù il boccone e alzo le spalle.
-          Non particolarmente…il test non deve per forza influire la nostra scelta… - gli sorrido e torno a mangiare. In realtà non sono del tutto convinto di quello che ho detto. Che cosa farei se in base al test risultassi più idoneo ad un’altra fazione? Non mi sono mai sentito veramente parte degli Abneganti. Ci sono troppe cose che non mi vanno bene e spesso non mi sento così altruista come dovrei essere.
A sedici anni, veniamo chiamati a fare un test attitudinale, che dovrebbe indicarci a quale delle cinque fazioni in cui è stata divisa Los Angeles, siamo più adatti. Il giorno dopo il test si tiene una cerimonia, durante la quale ognuno di noi deve comunicare quale fazione ha scelto. Ovviamente, non siamo obbligati a scegliere la fazione che il test ci suggerisce. Dopo di che, diventiamo degli Iniziati e in ogni fazione vengono svolte delle prove e solo chi le supera ne entra davvero a far parte. Gli altri diventano degli Esclusi. Persone costrette a vivere nella miseria e ai margini della società.
Appena finisco di mangiare sento bussare alla porta. È Scott, il mio migliore amico. Ecco…lui è un vero abnegante. Saluto mio padre e raggiungo Scott. Siamo vestiti praticamente uguali. Ma non c’è tutta questa scelta. Quando sono in sua compagnia mi lascio un po’ andare, anche se spesso neanche lui approva certe mie idee, affermazioni e comportamenti.
-          Immagino tu non sia agitato per il test… - gli dico mentre camminiamo in direzione della fermata dell’autobus. – Sei un abnegante nato… - invece di rispondere alla mia domanda mi guarda preoccupato.
-          Perché? Tu…hai dei dubbi? – alzo le spalle. Rimarrebbe sicuramente scandalizzato dai miei pensieri. Così rispondo vagamente.
-          Lo sai che non mi sono mai sentito completamente parte di questa fazione… -
-          Si ma… - fortunatamente non finisce la frase perché arriva l’autobus e non potremmo continuare questi discorsi li dentro. Ci sono altri ragazzi. Andranno sicuramente tutti a fare il test. Riconosco alcuni di loro e sia io che Scott facciamo un cenno della testa per salutarli. Ci sono dei posti a sedere, ma ne io ne lui li occupiamo. Ho imparato a non sedermi mai sull’autobus diverso tempo fa. Quando ero più piccolo poco mi importava di essere un abnegante e di dover lasciar sedere gli altri. Ero stanco e allora mi sedevo. Ma poi avevo iniziato a stufarmi delle occhiatacce e dei rimproveri della gente, così ora non mi siedo più.

Raggiungiamo la scuola ed io e Scott ci dirigiamo verso la nostra aula. I test si svolgeranno qui. Nessuno di noi sa in cosa consistano. Mentre camminiamo per i corridoi la vedo passare. Lydia Martin. La ragazza più bella che abbia mai visto. All’incirca un metro e sessanta, occhi verdi e capelli rossi. C’è solo un problema. Lei appartiene alla fazione degli Eruditi, quella che non vede decisamente di buon occhio la mia. Beh, in realtà la cosa è reciproca. Anche lei oggi deve fare il test. È sempre stata molto intelligente. Non potrebbe essere che un erudita. Vengo riportato alla realtà da Scott che mi da una gomitata.
-          Non guardarla così! – esclama a bassa voce. Io alzo gli occhi al cielo. Proprio mentre stiamo per entrare nella nostra aula, sento il rumore del treno che si avvicina. Sono gli Intrepidi. Faccio inversione di marcia e mi affaccio alla finestra per guardarli. È uno spettacolo affascinante. Il treno saetta veloce sulle rotaie e senza che si fermi, gli intrepidi con un salto balzano fuori. Mi piacerebbe farlo. Mi da l’idea di libertà. Mentre entrano nella scuola ridono e scherzano fra di loro. Come a noi non è permesso fare. Tra di loro c’è Allison Argent. La ragazza per cui ha una cotta Scott. Vedo che anche lui è affacciato alla finestra e la guarda con un’aria da ebete.
-          Non guardarla così! – gli dico imitandolo. Lui arrossisce e poi senza aspettarmi entra in classe. Io scoppio a ridere e poco mi importa di ricevere strane occhiate da tutti. Abneganti e non.
Io e Scott ci sediamo uno dietro l’altro e piano piano la stanza si riempie. Arrivano anche Allison e Lydia ed anche il solo vederla mi fa battere il cuore a mille. Aspettiamo per un bel po’ finchè un uomo, probabilmente un erudito visto che i suoi vestiti sono tutti di colori tendenti al blu, arriva e ci spiega che verremo chiamati uno alla volta ad effettuare il test. Ci ricorda che non ci è permesso parlare del risultato con nessuno. Nemmeno con i nostri familiari. Andranno in ordine alfabetico, quindi…visto che il mio cognome inizia per S sarò uno degli ultimi. Allison è tra i primi ad essere chiamata. Quando rientra in aula sembra avere un espressione tranquilla. Forse il test non è niente di cui avere paura. Ma poi mi ricordo che lei è un’intrepida…e gli intrepidi non temono niente.
Aspetto per quello che mi sembra un tempo interminabile. Chiamano sia Scott che Lydia e per quanto la voglia di chiedere al mio amico in cosa consista questo test sia fortissima, resisto perché so che non può dirmi niente. Poi sento chiamare il mio nome.
-          Genim Stilinski… - mi alzo e solo in quel momento mi accorgo che sto tremando.

 
 

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Capitolo 2
*** La simulazione ***


Angolo dell’autrice:Ecco un altro capitolo! Volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto il capitolo precedente, in particolare Akane92 , Anne_ks ,  Effeeffe  che hanno recensito, e poi tutti coloro che hanno inserito la storia tra le “seguite”. Grazie mille J Spero che il capitolo vi piaccia. Fatemi sapere che ne pensate.


Mi conducono una piccola stanza, con le pareti ricoperte da specchi e al centro un lettino.  L’erudito mi lascia li e chiude la porta. Mi guardo intorno, non sapendo cosa fare. È strano vedere la propria immagine riflessa per tutta la stanza, quando si è un abnegante. Poi la porta si riapre ed entra una donna. È giovane, dalla carnagione olivastra, gli occhi leggermente a mandorla e dei lunghi capelli neri. È vestita completamente di nero. Indossa dei pantaloni attillati e una canottiera con sopra una giacca di pelle. È sicuramente un’intrepida. In mano tiene una cartellina. Finisce di sfogliarla e poi alza lo sguardo verso di me.
-          Genim Stilinski, giusto? –
-          Si, sono io. Sono Genim Stilinski. – ecco che inizio a straparlare. Lei cerca di nascondere il divertimento che la mia risposta le ha provocato, ma riesco comunque a vedere le sue labbra piegarsi all’insù in un sorriso.
-          Accomodati sul lettino. – mi dice. Sta volta annuisco, senza aprire bocca e faccio come mi dice. –Adesso ti inietterò questo… - mi giro a guardarla con gli occhi spalancati. Già la parola “iniettare” non mi piace affatto, e in più la donna tiene fra le dita una grossa siringa con un grosso ago. Deglutisco rumorosamente.
-          È proprio necessario? – le chiedo, passando probabilmente ancora una volta per un’idiota.
-          Direi di si, se vogliamo fare la simulazione. – aggrotto le sopracciglia.
-          Simulazione? –
-          Si… - sospira esasperata. – Ma nella tua fazione non vi insegnano a non fare domande? – mi gratto la testa imbarazzato. Ha ragione.
-          Già… - rispondo semplicemente. La sento ridacchiare fra se e se. Questa volta però decido di non guardare. Mi appoggio con la testa sul lettino e fisso la luce sul soffitto sopra di me.
-          Pronto? – mi chiede. Annuisco e poi sento un leggero pizzico al mio braccio destro. Dopo di che la stanza e l’intrepida svaniscono.


Adesso sono solo, in una stanza il triplo più grande dell’altra. La donna ha parlato di simulazione. Chissà cosa intendeva. Penso. La stanza è completamente vuota, fatta eccezione per un tavolo. Mi avvicino e sopra vi trovo da una parte, una fetta di formaggio, dall’altra un coltello. Aggrotto le sopracciglia. Che diavolo dovrei farci? Vogliono che mi faccia uno spuntino? Rimango li a fissarli, rigirandomi prima tra le mani uno e poi l’altro. Poi sento una voce rimbombare nella stanza.
Scegli…
Mi dice. È la voce della donna. La riconosco.
-          Perché? – le chiedo, alzando lo sguardo dal tavolo, ma senza guardare in una direzione precisa.
Scegli e basta!
Questa volta il suo tono è più autoritario e me la immagino mentre sbuffa, infastidita dal mio comportamento. Ma per qualche motivo non voglio dargliela vinta.
-          No… - le rispondo, incrociando le braccia intorno al petto come un bambino capriccioso. A casa mia, tra gli abneganti,  non avrei mai potuto comportarmi così, ma questa è la mia simulazione e mi comporto come voglio.
Va bene. Fai come ti pare…
Per qualche motivo la sua improvvisa calma mi mette in agitazione. Mi giro in direzione del tavolo, ma è scomparso. Accidenti! Penso. Mi volto dall’altro lato e all’improvviso mi ritrovo davanti un cane grosso e apparentemente arrabbiato.
Adesso capisco perché avrei dovuto scegliere, e mi pento di non averlo fatto. Non ho ne il formaggio per tentare di calmarlo, ne il coltello per metterlo fuori gioco.
Il cane inizia a ringhiarmi contro, mentre dalla sua bocca comincia a fuoriuscire della bava. Adesso che faccio? Il bestione comincia a venirmi incontro ed io istintivamente indietreggio. Poi però mi ricordo che non è bene mostrarsi impauriti di fronte a una cane. Così mi fermo e lo guardo dritto negli occhi. Un’altra lampadina si accende nella mia testa. Senza pensarci due volte, mi inginocchio a terra, mettendomi a quattro zampe ma facendo in modo di essere ad un’ altezza più bassa di quella del cane. Mi sto sottomettendo. Spero con tutto me stesso che funzioni. Anche se è solo una simulazione, non mi andrebbe comunque di essere sbranato da lui. Dopo qualche secondo decido di alzare lo sguardo e noto con piacere che il cane ha smesso di sbavare e ringhiare. Mi lascio andare ad un sospiro di sollievo.
-          Bravo cagnolone… - gli dico.
Mentre sto per rialzarmi, aspettandomi che il cane scompaia di nuovo come il tavolo, compare invece dal nulla una bambina. Il cane si volta immediatamente nella sua direzione e ricomincia a ringhiare.
-          Abbassati! – le urlo, ma lei rimane li, immobile. Il cane adesso ha un nuovo obiettivo e inizia a muoversi verso di lei. Mi alzo in piedi, e proprio mentre il cane inizia ad accelerare il passo per scagliarsi sulla bambina, io gli balzo sopra, atterrandolo.


Quando riapro gli occhi, che avevo istintivamente chiuso, il cane e la bambina sono entrambi scomparsi. Vorrei proprio sapere chi ha inventato questa simulazione del cavolo.
Mi rialzo in piedi e poco dopo lo scenario cambia completamente. Mi trovo su un autobus. Faccio appena in tempo ad aggrapparmi a un palo, prima di rischiare di cadere. Perché un autobus? Mi chiedo.
Ma prima che possa farmi altre domande, l’uomo accanto a me mi rivolge la parola.
-          Lo conosci? – mi chiede indicando con un dito l’immagine di un uomo su un giornale.
-          Perché? – gli chiedo.
-          Se lo conosci devi dirmelo. – risponde l’uomo. – E’ pericoloso! –  torno ad osservare l’immagine. Il volto dell’uomo in foto mi sembra famigliare. Lo conosco, si. Ma per qualche motivo non riesco a dirglielo. Sono combattuto. Da un lato penso che dovrei dirglielo. Se è pericoloso forse dovrebbe saperlo. Dall’altro però penso che l’uomo potrebbe mentire. Chi mi dice se è davvero l’uomo in foto quello pericoloso e non lui?
-          No, non lo conosco… - così gli rispondo. Mentendo.
-          Stai mentendo… - mi dice l’uomo, guardandomi come se volesse leggermi nella mente.
-          No, non sto mentendo. – ribatto io, pur sapendo che non è vero.
Mi aspetto un ‘altra risposta da parte dell’uomo, eppure non arriva niente, perché l’autobus scompare e io mi ritrovo di nuovo nella stanza della simulazione, sdraiato sul lettino. Sbatto gli occhi più volte, infastidito dalla forte luce sopra di me. Mi giro a guardare la donna, che sembra avere un espressione turbata.


-          Torno fra un secondo… - mi dice – Tu aspetta qui… - annuisco, e nel frattempo mi metto seduto.
Sono ansioso di avere delle risposte, ma quando l’intrepida torna la sua espressione mi dice che c’è qualcosa che non va. Continua a sfogliare freneticamente quella cartellina. Così non riesco a trattenermi dal chiederle cosa stia succedendo. Lei rimane per un po’ in silenzio prima di alzare lo sguardo verso di me e rispondermi.
-          C’è…stato un problema con il test… - mi dice. Aggrotto le sopracciglia.
-          Un problema? Che problema? – le chiedo ancora più in ansia.
-          Vedi…Genim… La simulazione a cui ti abbiamo sottoposto, in genere serve ad eliminare, ad ogni scenario una delle cinque fazioni…ma con te non è successo. –
-          Che vuol dire? –
-          Beh…nel primo scenario avresti dovuto scegliere tra il coltello e il formaggio. Se avessi scelto il coltello, questo avrebbe portato ad un evidente propensione verso gli intrepidi e avrebbe automaticamente eliminato i Pacifici. E viceversa. – non mi piace per niente la piega che sta prendendo questo discorso. – Tuttavia quando poi ti sei trovato di fronte al cane, il fatto che tu abbia pensato di comportarti in quel determinato modo, ti rende piuttosto intelligente, e quindi un possibile Erudito. -  Erudito? Io? Penso. No, non potrei mai essere un erudito. – Quando è comparsa la bambina però ti sei scagliato immediatamente sul cane…e questo è decisamente da abnegante. – Beh, questa è giù una cosa più positiva. – Nell’ultimo scenario infine, ti sei rifiutato di dire la verità, anche se l’uomo ti aveva detto che la persona in foto era pericolosa. Ma…non preoccuparti. In genere li rispondono sinceramente solo i Candidi…- sorrido sollevato, ma subito me ne pento. – E gli Abneganti… - aggiunge. Oh…questo non è un bene.
-          Mi sta dicendo che non sa a quale fazione appartengo? – le chiedo quasi infastidito.
-          Ti sto dicendo…che il test si è rivelato inconcludente. Perché potresti appartenere a tre fazioni.- spalanco gli occhi.
-          Tre? Come è possibile? –
-          Già , tre. Abneganti, Eruditi e Intrepidi. –
-          E…e quindi? – la donna si fa improvvisamente seria. Si avvicina e appoggia le mani sulle mie ginocchia, mentre gli occhi sono puntati sui miei.
-          Ascoltami bene. Questa è una cosa importante…e non deve saperla nessuno. Nemmeno i tuoi famigliari, ok? – annuisco anche se ancora non so di cosa stia parlando. – Quando si verifica una situazione del genere…si sta parlando di un Divergente. – un Divergente? Non ne ho mai sentito parlare.
-          Che…che vuol dire? –
-          Ora non posso spiegarti niente, ma tu non devi parlarne con nessuno. È pericoloso. Potrebbero succederti cose…brutte. Intesi? – annuisco, anche se vorrei farle tremila domande. – Bene, adesso io scriverò che il risultato del tuo test è stato Abnegante e questo è quello che dovrai dire anche tu nel caso sia proprio costretto a dirlo. Ora vai a casa, e fai finta di niente… Domani ci sarà la cerimonia della scelta. Hai tre opzioni. Cerca di fare la scelta giusta. –
Mi alzo dal lettino e mi dirigo verso la porta. Mentre la apro e torno verso la stanza in cui c’è il mio amico e tutti gli altri ragazzi, riesco a pensare solo a una cosa. Sono un Divergente.

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Capitolo 3
*** Abnegante o Intrepido? ***


Angolo dell’autrice: Eccomi con un altro capitolo ! Mi dispiace averci messo così tanto ad aggiornare, ma gli esami mi tolgono tutto il tempo. Spero che il capitolo vi piaccia. ^^ Mi farebbe davvero piacere sapere la vostra opinione. Insomma…vale la pena continuare questa storia? XD
Beh, vi lascio alla lettura.
Al prossimo capitolo : )


Io e Scott stiamo tornando verso casa. Abbiamo deciso di andare a piedi. La scuola è piuttosto distante dalla nostra fazione, ma ogni tanto non ci dispiace fare due passi. Non ho quasi aperto bocca per tutto il tragitto perché non riesco a togliermi dalla testa quello che mi ha detto la donna del test. Sono un Divergente. Che cavolo vorrà dire? Perché è così pericoloso? Non poterne parlare con nessuno sarà una sofferenza. Sono talmente preso dai miei pensieri che non mi accorgo che Scott mi sta chiamando.
-          Stiles? Stiles, mi senti? – lui è l’unico a chiamarmi così. Sa che odio il mio nome e dopo tanto tempo sono riuscito a convincerlo a chiamarmi in questo modo.
-          Mmm? – alzo lo sguardo verso di lui con  aria interrogativa. Lui sospira.
-          Non hai sentito niente di quello che ho detto, vero? – sorrido imbarazzato.
-          No, scusa amico. Ero distratto… -
-          Ti senti bene? Sei strano. – so che vorrebbe chiedermi se il test c’entra qualcosa, ma non lo fa perché sa che non potrei rispondergli. Non potrei rispondergli nemmeno se il risultato fosse stato semplicemente “Abnegante” o “Intrepido”, figuriamoci se posso dirgli che sono un Divergente.
-          Si, tutto apposto. – mostro il sorriso più convincente di cui sono capace in questo momento e almeno per il resto della nostra passeggiata mi impongo di non pensare al risultato del test. – Che mi stavi dicendo? -  Scott inizia a parlarmi di Allison. Sorrido, sul serio divertito perché è convinto che lei oggi gli abbia sorriso. Non dico niente, ma la trovo una cosa veramente difficile. Io e Scott siamo come invisibili. Siamo Abneganti e nessuno ci prende in considerazione. Per niente. Ironia della sorte però sono proprio gli Abneganti a ricoprire le massime posizioni al governo. Perché? Perché si ritiene che essendo l’altruismo la loro qualità migliore, mettano sempre il bene degli altri in primo piano. Continuo ad ascoltare per un po’ Scott, ma alla fine finisco con il perdermi tra i miei pensieri di nuovo.
Finalmente arriviamo a casa e spero di non trovarvi mio padre per poter stare un po’da solo. Io e Scott ci mettiamo d’accordo per incontrarci la mattina del giorno dopo e andare insieme alla cerimonia. Ovviamente verranno anche mio padre e sua madre Melissa. Già, anche Scott come me si ritrova un solo genitore. Ma non ho mai capito bene cosa sia successo al padre. Lui non ne parla praticamente mai e da quello che so anche per la madre è un argomento tabù.


Entro in casa e sono felice di non trovarvi nessuno. Immagino che mio padre oggi in previsione della cerimonia abbia un bel po’ da fare a lavoro. Mio padre ricopre una delle cariche più prestigiose fra gli Abneganti. È praticamente il braccio destro del nostro capo fazione, Peter. Mio padre non lo sopporta e anche se non sarebbe consono parlare male di qualcuno qui fra gli abneganti, non sono state poche le volte in cui si è lasciato sfuggire qualche commento poco carino. Io non ho mai avuto molto a che fare con quell’uomo. So poco e niente di lui. Parecchi anni fa quasi tutti i membri della sua famiglia morirono in un incendio. La loro casa prese fuoco e molti morirono bruciati. Credo gli sia rimasto qualche nipote, ma qui nella nostra fazione non c’è più nessuno. Mio padre dice sempre che è un uomo arrogante, e che gli da sui nervi la sua ironia, ma in fin dei conti a me fa un po’ pena. Non ha più nessuno. In realtà c’è un altro motivo per cui credo che mio padre non lo sopporti. Non lo ammetterebbe mai, ma credo che entrambi abbiano una cotta per la madre di Scott. Il problema è che Peter non si è fatto problemi a farsi avanti, ed ora è un bel po’ che si frequentano, mentre mio padre non riesce nemmeno ad ammettere a se stesso che quella donna gli piaccia. Credo c’entri mia madre…e forse anche io. Probabilmente crede che ci rimarrei male, ma io sarei più che contento per lui se invece avesse qualcuno al suo fianco.

Mi sdraio sul letto in camera mia con le braccia sotto la testa e lo sguardo verso il soffitto. Divergente. Ho tre scelte : Abnegante, Intrepido o Erudito. Beh, in realtà niente mi vieterebbe di scegliere una delle altre due fazioni, ma sarei un’idiota se facessi una cosa del genere. Perché il mio test si è dovuto rivelare includente? Se solo mi fossi deciso a scegliere tra il coltello e il formaggio… Penso. Ma so che forse il problema ci sarebbe stato comunque. In realtà nella mia testa la scelta si è già ridotta a due. Non potrei mai scegliere gli Eruditi. Tra le nostre fazioni non scorre buon sangue. Proprio qualche giorno fa gli Eruditi hanno scritto sui giornali cose veramente assurde. Mio padre sostiene che ce l’abbiano con noi a causa delle posizioni di prestigio che occupiamo al governo. E credo abbia ragione. Ma questo sistema ha sempre funzionato…perché lasciarsi travolgere dall’invidia? O da qualsiasi altra cosa sia.
Perciò ne restano due : Abneganti o Intrepidi? La prima opzione significherebbe poter rimanere con mio padre, con il mio migliore amico…ma anche continuare a fare una vita di sacrifici, di privazioni…e non so se sarei in grado di sopportarlo. Ma con che coraggio posso lasciare mio padre da solo?
La seconda opzione invece significherebbe libertà, azione…ma chi mi dice che io sia davvero portato per fare certe cose? E se mi ritrovassi ad essere un escluso?
Stanco di tutte quelle domande che mi ronzano in testa, decido di lasciar perdere. Deciderò domani.
La sera io e mio padre ceniamo insieme, come sempre. Siamo seduti a tavola ed aspetto che sia lui a dire qualcosa.
-          Allora…come è andato il test? – sapevo che prima o poi l’avrebbe chiesto. Ringrazio mentalmente che la regola di non parlare con nessuno del risultato valga per tutti e non solo per me.
-          Bene… - rispondo semplicemente.
-          Mi hanno detto che sembra ci sia stato qualche problema con un test…sai niente? – per poco non mi strozzo. Mi affretto a prendere il bicchiere e mandare giù l’acqua.
-          Uhm…davvero? No, non ne so niente…non ho sentito proprio niente a riguardo…che problema? – ci risiamo. Possibile che quando sono nervoso non riesca a parlare normalmente? Noto che mio padre mi sta guardando in modo strano, così abbasso lo sguardo sul mio piatto.
-          Non lo so. Non mi hanno detto altro. Ma probabilmente sono solo voci che girano… -
-          Già…probabile… - farfuglio con la bocca piena. Non spetterebbe a me iniziare un nuovo argomento, ma ho bisogno di cambiare discorso. – Mi sono dato appuntamento con Scott per domani. Andiamo insieme alla cerimonia. Viene anche Melissa… - questa volta è mio padre quello che rischia di strozzarsi. Sorrido divertito.
-          Oh…ok… - risponde soltanto.
Vado a dormire abbastanza presto, perché mi sembra l’unico modo per non pensare. Tuttavia una volta a letto ci metto una vita ad addormentarmi. Alla fine però quando il sonno arriva, mi lascio andare completamente alle braccia di morfeo.


La mattina mi alzo di malavoglia dal letto, perché so che da quel giorno la mia vita cambierà completamente. Indosso i vestiti migliori che ho, rigorosamente grigi, e poi con mio padre ci avviamo alla fermata del bus, dove ci aspettano Scott e Melissa. Li vedo in lontananza ed agito una mano in aria per salutarli. Mio padre però mi strattona per un braccio dicendomi di aspettare. Lo guardo, non capendo che cosa succeda adesso.
-          Voglio che tu sappia…che qualsiasi cosa sceglierai…per me va bene…ok? – sono sorpreso, ma al tempo stesso sollevato. Non tutte le famiglie prendono bene la scelta dei loro figli di cambiare fazione. Molti li considerano dei traditori e tagliano tutti i rapporti. Sapere che per mio padre non sarà così nel caso dovessi scegliere un’altra fazione diversa da quella degli Abneganti, mi rassicura. Non so cosa rispondergli, così mi limito ad annuire con un mezzo sorriso stampato in faccia.

Raggiungiamo Scott e Melissa. Lei è veramente bella, anche con questi abiti di un grigio spento addosso e non oso immaginare come sarebbe se potesse indossare qualcosa di…rosso, o di verde o… qualsiasi altro colore. Sarebbe stupenda. Io e Scott camminiamo davanti, mentre mio padre e Melissa ci seguono chiacchierando e talvolta anche ridendo.  Siamo diretti al Centro, l’edificio più alto della città. Qui si svolgerà la cerimonia della scelta.
Entriamo nella sala in cui si svolgerà la cerimonia. È  stata divisa in cerchi concentrici. In quello più esterno ci siederemo noi sedicenni perché ancora non siamo considerati membri effettivi della società. Nel cerchio successivo invece vi saranno i nostri genitori, divisi per fazioni. È arrivato il momento di separarci. Melissa stringe prima Scott e poi me in un abbraccio, mentre mio padre si limita a darmi una pacca sulla spalla. Li osservo prendere posto e poi io e Scott seguiamo il loro esempio. Inizio a muovere le gambe nervosamente perché so di non avere ancora la più pallida idea di cosa fare. Scott se ne sta seduto tranquillo, guardandosi attorno, e il fatto che rimanga zitto non mi aiuta affatto a non pensare. Poi qualcosa, o meglio, qualcuno, attira la mia attenzione, e per un attimo mi dimentico di tutto. Lydia è arrivata, insieme agli altri sedicenni della sua fazione, ma lei spicca in mezzo a tutti. I capelli ramati sono sciolti e le ricadono sulle spalle. Indossa un vestito aderente e piuttosto corto, di un blu elettrico che fa risaltare la sua carnagione chiara e il colore dei suoi capelli.
-          Guardala… - do una gomitata a Scott mentre con la testa gli indico Lydia.
-          Davvero bella… - mi risponde il mio amico, ma so che lo fa solo per gentilezza perché lui ha occhi solo per Allison. Mi guardo intorno alla ricerca della ragazza per cui il mio amico ha una gran cotta, ma non riesco a vederla da nessuna parte.
-          Ancora non è arrivata… - mi dice lui, come se sapesse leggermi nel pensiero.
-          Oh quindi la stavi cercando anche tu, eh? – lui abbassa lo sguardo imbarazzato. Dopo qualche minuto la vediamo arrivare. Il suo abbigliamento non è diverso da quello degli altri giorni. Pantaloni e maglietta nera. La vedo parlare con suo padre, Chris Argent. L’uomo svolge lo stesso ruolo di mio padre fra gli intrepidi. Poi lei e Chris si separano e lei raggiunge un certo Matt Daehler. Non so neanche perché conosco il nome di questo tipo. Forse mi è rimasto impresso perché non l’ho mai sopportato.
-          Non mi piace quel tipo… - dico a Scott. Lui alza gli occhi al cielo.
-          Sono sedici anni che lo dici e non ci hai nemmeno mai parlato… -
-          Non ho bisogno di parlarci. Si vede… -
-          Si vede cosa? – mi chiede Scott.
-          Che…che è cattivo. –
-          Cattivo? –
-          Si, dai guardalo. Quella faccia…quegli occhietti azzurri…sono proprio malvagi. – Scott si mette a ridere mentre scuote la testa rassegnato.
Quando tutti hanno preso posto, fa il suo ingresso in scena Peter Hale.  L’incarico di presiedere alla cerimonia ruota di fazione in fazione ogni anno e quest’anno spetta agli Abneganti. Peter inizia un lungo discorso, accompagnato da qualche battuta che riesce a provocare delle risate generali, ma io non ascolto gran che. Sto tornando di nuovo  a farmi prendere da panico. Tra poco dovrò rendere nota la mia scelta. Tra poco la mia vita cambierà totalmente ed io non ho ancora scelto. Abnegante o Intrepido?
 
Aspetto con ansia ma allo stesso tempo paura l’inizio della cerimonia. Il mio sguardo è fisso sulle cinque coppe di metallo poste al centro della sala. Nel cerchio più interno infatti vengono posizionate cinque coppe, una per ogni fazione. Ogni coppa contiene l’elemento simbolo di quella fazione. Pietre grigie per gli Abneganti, acqua per gli Eruditi, terra per i Pacifici, carboni ardenti per gli Intrepidi, vetro per i Candidi. Peter ci chiamerà uno alla volta, in ordine alfabetico, e ogni ragazzo dovrà tagliarsi il palmo della mano con un apposito coltello e far cadere il proprio sangue nella coppa della fazione che ha scelto. In quale coppa cadrà il mio?
 

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Capitolo 4
*** La scelta ***


Angolo dell’autrice :Eccomi finalmente con un altro capitolo! Mi spiace avervi fatto aspettare un po’, ma adesso sono in vacanza e cercherò di aggiornare più velocemente. Vi ringrazio infinitamente per le recensione che mi avete lasciato e per avermi dato un’ulteriore spinta a continuare questa storia. Spero che vi piaccia anche questo capitolo. Se volete fatemi sapere che ne pensate ^^
Uhm per chi non lo sapesse, vi lascio il link di un’altra mia storia su TW che sto scrivendo“L’era degli Alpha” http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1218033&i=1
Buona lettura lupetti-iniziati :P
 
La cerimonia ha finalmente inizio. Peter inizia a chiamarci in ordine alfabetico, il che significa che anche questa volta sarò uno degli ultimi. Il nome di Allison è tra i primi. Io e Scott la osserviamo mentre si dirige al centro della sala. Non sembra affatto turbata ed infatti senza troppe esitazione afferra il coltello, si taglia la mano e lascia cadere il suo sangue nella coppa degli Intrepidi. Dalla sua fazione si alzano degli applausi e lei sorridente se ne torna al suo posto, accanto agli Intrepidi. Non presto troppa attenzione ai nomi successivi. In fondo non conosco quasi nessuno. Ma è quando Peter arriva alla lettera “M” che la mia attenzione viene catturata di nuovo.

-          Lydia Martin… - chiama il mio capo fazione. Lei si alza lentamente e nonostante cerchi di sorridere sono sicuro che qualcosa la turbi. Raggiunse il centro del cerchio ma esita prima di prendere il coltello. Forse…forse anche lei ha dei dubbi sulla sua scelta. Poi finalmente lo afferra, ma rimane immobile per qualche secondo senza dirigersi verso nessuna coppa. La osservo, mentre lei chiude gli occhi come a cercare il coraggio di fare quello che sta per fare, ed in quel momento lo capisco. Lydia non sceglierà la sua fazione. All’improvviso riapre quei suoi grandi occhi verdi e passi veloci inizia a dirigersi verso una delle coppe. Si taglia velocemente la mano e il suo sangue cade sui carboni ardenti.
Mi giro in direzione di Scott con gli occhi spalancati e noto che anche la sua espressione è sbalordita come la mia. So che stiamo pensando la stessa cosa. Lydia negli Intrepidi? Perché? A differenza di quanto era successo con Allison, Lydia non viene accolta da nessun applauso. Non so perché lo faccio, ma istintivamente avvicino le mani e inizio a batterle. Lo sguardo di Lydia si alza, alla ricerca della fonte di quel gesto e per un momento, prima che gli altri seguendo il mio esempio inizino ad applaudire, i nostri sguardi si incrociano. Poi si volta e raggiunge la sua nuova fazione.

 Vorrei parlare con il mio amico di quello che è appena successo, ma non posso perché il prossimo ad essere chiamato è proprio lui. Prima che si alzi gli metto una mano sulla spalla e la stringo con forza. Voglio che sappia che io sono con lui, qualunque cosa accada.
Scott è fermo davanti alle coppe, con il coltello posato sul palmo della sua mano. Esita per qualche secondo ma sappiamo entrambi che nella sua testa non ci sono vere alternative. Lui ha sempre avuto una sola scelta, ed è quella giusta. Finalmente si taglia la mano e il suo sangue va a depositarsi sulle pietre grigie degli Abneganti. La mia fazione lo applaude, me compreso. Ho sempre saputo che il mio amico era un vero abnegante. Mentre si dirige verso gli altri iniziati della nostra fazione ci guardiamo ed io alzo un pollice come a dirgli, “Hai fatto la scelta giusta amico.”. Lui annuisce e poi scompare dalla mia visuale.
Il resto della cerimonia si rivela essere una tortura mentre aspetto che Peter chiami il mio nome. Da una parte vorrei che mi chiamasse subito, ma dall’altra invece vorrei che quel momento non arrivasse mai.

Abnegante o Intrepido? Abnegante o Intrepido? Abnegante o..
-          Genimi Stilinski… - ecco. Il momento è arrivato. Mi alzo a fatica, con le mani e le gambe che mi tremano e lentamente raggiungo il centro della sala. Osservo le coppe davanti a me e noto solo in quel momento che quella degli Abneganti e quella degli Intrepidi sono vicine. Osservo le mie due possibili scelte, le mie due possibili vite e provo a fare un elenco dei pro e dei contro, ma non ci riesco. Non dovrebbe funzionare così la scelta. Dovrei sentire dentro di me qual è la cosa giusta da fare. E forse lo so…è solo che…ho paura di ammetterlo. Ma qui c’è in ballo il mio futuro, la mia vita, la mia felicità e anche se dovrò lasciare le persone a me più care…devo farlo. Così afferro il coltello e lascio scorrere la lama fredda e tagliente sulla mia pelle. Socchiudo gli occhi in una smorfia di dolore e poi lascio cadere il mio sangue sui carboni ardenti, lascio cadere il mio sangue nella coppa degli Intrepidi.
Mentre raggiungo il mio nuovo posto, la mia nuova fazione cerco prima di incrociare lo sguardo di mio padre. Noto che i suoi occhi sono leggermente lucidi ed anche i miei lo diventano. Melissa è accanto a lui e tiene una mano sulla sua spalla. Starà bene, lo so. Starà bene anche se l’ho abbandonato. Poi incrocio gli occhi del mio migliore amico. Mi sorride e poi imitando il mio gesto alza un pollice. Mi ritrovo a fare un sorriso vero questa volta. Scott ha capito. Scott forse lo aveva sempre saputo che le nostre scelte non sarebbero state le stesse. E adesso lo so anch’io.

Raggiungo il mio posto fra gli altri iniziati della fazione in silenzio e aspetto come gli altri la fine della cerimonia. Uno degli ultimi ragazzi ad unirsi alla nostra fazione è un biondino con gli occhi azzurri e la faccia da stronzo. Ci raggiunge con un espressione che ostenta sicurezza stampata in faccia e quando mi passa accanto lo sento dirmi…
-          Ehi, rigido, sicuro di aver fatto la scelta giusta? – e poi scoppia a ridere. Io inarco le sopracciglia ma non gli rispondo. “Rigidi” è uno dei tanti nomignoli che vengono usati per chiamare noi abneganti, ovviamente è in senso dispregiativo. Sono riuscito a crearmi un…nemico ancora prima di iniziare sul serio. Lo osservo meglio e da come è vestito, camicia bianca e pantaloni neri, capisco che è un Candido.  La mia nuova vita da intrepido è iniziata proprio bene.
La cerimonia finisce ed io e gli altri iniziati della mia fazione vediamo guidati all’esterno dell’edificio. Lydia si trova poco più avanti a me e la vedo chiacchierare con Allison. Beata lei che ha già trovato un’amica. Mi guardo intorno e noto di essere l’unico Abnegante fra noi. Questo significa che le cose non saranno affatto facili, ma sono pronto a farmi valere. Mentre camminiamo scorgo mio padre tra la folla. Vorrei andare a salutarlo, ma non posso. Dovrà passare almeno una settimana prima che possa rivederlo. Non ci è permesso ricevere visite prima. Sempre che mio padre decida di venirmi a fare visita.
Poi sento che qualcuno mi affianca. Mi volto e accanto a me trovo un ragazzo alto, dalla carnagione olivastra e i tratti leggermente asiatici.
-          Non prendertela… - mi dice ed io lo guardo per un attimo spaesato non capendo di cosa stia parlando, ma poi capisco che parla del tipo di prima. Lo osservo meglio e noto che anche lui è vestito di bianco e nero, quindi forse lo conosce e sa che è solo un’idiota.
-          Oh figurati. Mi è stato detto di peggio. Pare che gli Abneganti siano il bersaglio preferito un po’ di tutti… - gli rispondo. Lui non fa commenti sulla mia risposta e allunga una mano per presentarsi.
-          Io sono Danny comunque…e quello laggiù… - dice indicando con la testa il simpaticone di prima – è Jackson. È uno stronzo…ma per qualche motivo che ancora non capisco è il mio migliore amico… - spalanco gli occhi.
-          Davvero ottima scelta Danny!  - dico sarcasticamente. Poi afferro la sua mano. – Comunque piacere, Genim Stilinski. –
-          Che nome terribile! – esclama Danny ed io ne rimango sorpreso nonché divertito allo stesso tempo. – Scusa, è che sono abituato a dire sempre la verità… - aggiunge come per giustificarsi.
-          Tranquillo. Fa veramente schifo come nome… - gli rispondo sorridendo. Forse posso dire di essermi fatto un amico anche io?  
-          Genim…io…uhm…sono gay… - ancora una volta mi volto a guardarlo con gli occhi spalancati. Che bisogno aveva di dirmelo? – Sono abituato anche a mettere subito le cose in chiaro. Preferisco non…creare equivoci. –
-          Oh…va bene. Non ho…problemi con i gay. Nessun problema… - blatero ancora leggermente imbarazzato da quella confessione così improvvisa.
Raggiungiamo finalmente l’esterno dell’edificio e solo quando ci fermiamo mi accorgo di dove siamo. Davanti a noi ci sono le rotaie del treno.
-          Non vorranno mica… - non finisco la frase, ma Danny sembra capire lo stesso quello che voglio dire.
-          Credo proprio di si… - Grandioso! L’iniziazione inizia già da ora ed rischio di diventare un escluso già da questo momento.

Spero di essermi sbagliato ma quando sento il rumore del treno che sta arrivando, tutte le mie speranze mi abbandonano. Il treno si avvicina e quando arriva davanti a noi i primi Intrepidi iniziano a prendere la rincorsa per poi saltare dentro le carrozze aperte. Ho sempre desiderato farlo ma adesso, farlo davvero…è un’altra cosa. Devo riuscirci. Devo saltare dentro altrimenti diventerò un escluso. Allison e gli altri intrepidi sono ovviamente tra i primi a saltare. Rimaniamo io e gli altri trasfazione. Faccio per prendere la rincorsa e saltare ma Jackson mi precede. Senza difficoltà lo vedo atterrare nella carrozza. Non voglio essere da meno, così inizio a correre e quando sono sicuro di aver trovato il momento giusto per saltare, lo faccio. Sorprendentemente i miei piedi atterrano all’interno del vagone del treno, ma perdo l’equilibrio e mi ritrovo a rotolare finchè raggiunta la parete opposta non mi fermo. Mi tiro in piedi e mi accorgo che anche Danny ha già saltato. Piano piano arrivano anche gli altri, ma non riesco a vedere Lydia. Mi affaccio e la vedo ancora di sotto che corre cercando di raggiungere il treno ma non accenna a saltare.
-          Lydia, salta! – le dico e non mi importa  se poi si domanderà come faccia a sapere il suo nome. Lei non mi risponde ma mi guarda. – Avanti, ti aiuto io ! – le urlo. Deve farcela. Non può diventare un’esclusa. – Lydia, ora! – le urlo di nuovo e lei questa volta salta. Ma non è abbastanza. Il suo piede scivola e lei sta per ricadere indietro. Con una velocità che stupisce anche me stesso, l’afferrò e le impedisco di volare giù dal treno. Provo a tirarla su ma non ci riesco. Due braccia arrivano a darmi una mano e mi sorprendo nel vedere che si tratta di Jackson. In due riusciamo a tirarla su e finalmente Lydia è sul treno insieme a noi. Mi accascio contro una parete della carrozza con il fiato corto e il cuore che mi batte a mille per lo spavento. Lydia è in ginocchio per terra e immagino che anche lei sia piuttosto terrorizzata da quello che è successo. Poi Jackson le si avvicina e con una mano le alza delicatamente il viso. Io mi irrigidisco. Che sta facendo? Lydia alza la testa confusa.
-          Come stai? – le chiede Jackson con una voce disgustosamente dolce e…finta.
-          Bene… - risponde lei, ma sono sicuro che non sia affatto così. Jackson le sorride e le sposta una ciocca dei suoi capelli rossi dietro l’orecchio. Mi sento ribollire di rabbia. Quante volte ho desiderato fare io quello stesso gesto? E adesso sono costretto ad assistere ad una scena del genere. Lo odio. Odio Jackson. Distolgo lo sguardo perché preferisco non guardare e incontro quello di Danny. Non so perché ma dal modo in cui mi guarda sembra aver capito tutto. Sembra aver capito quello che provo per Lydia e soprattutto sembra aver capito come io mi senta una schifo in questo momento per colpa di Jackson.

Dopo diversi minuti sentiamo una voce che ci ordina di scendere dal treno, o meglio…di buttarci dal treno. Ho sempre pensato che gli Intrepidi fossero coraggiosi, ma adesso riesco solo a pensare a quanto in realtà siano incoscienti. Ci alziamo tutti in piedi e ci affacciamo. Vogliono che saltiamo sul tetto di un palazzo e di certo non abbiamo scelta. Perciò a turno iniziamo a saltare. Quando è il mio turno faccio qualche passo indietro per prendere la rincorsa e poi senza pensarci troppo salto. I secondi in cui mi trovo sospeso nel vuoto mi sembrano interminabili, ma poi finalmente i miei piedi toccano terra. Anche questa volta mi trovo a ruzzolare per il terrazzo, ma non mi importa. L’importante è esserci arrivato. Mentre mi rimetto in piedi faccio appena in tempo a vedere Lydia saltare. Sul suo volto c’è una nuova determinazione e osservarla in volo, con i capelli al vento è uno spettacolo indescrivibile. Con molta più grazia di me atterra sul terrazzo. Ce l’ha fatta. Mi guardo intorno e mi accorgo però che manca qualcuno. Siamo sicuramente di meno dell’inizio. Forse qualcuno non è riuscito a saltare sul treno. Penso. Ma poi sento delle urla e vedo delle persone che guardano di sotto. Non ho bisogno di affacciarmi anche io. Capisco cosa è successo. Qualcuno non è riuscito a saltare ed è precipitato di sotto. Ma gli unici ad essere scossi siamo noi trasfazione. Gli Intrepidi sembrano non curarsene nemmeno. Chissà quante volte sarà successa una cosa del genere. Forse per loro è normale. Ma per me e tutti gli altri no. Ovviamente quelli che si sono persi per strada sono tutti trasfazione. Mi guardo intorno e cerco di vedere chi è rimasto. Ci sono io, l’unico abnegante. Degli eruditi fanno parte Lydia e un altro paio di ragazzi. Jackson e Danny insieme a un altro ragazzo sono ex-Candidi. Infine ci sono solo due Pacifici. Come sempre li riconosco dai colori dei vestiti. Il giallo e il rosso sono i loro colori e in mezzo ai nostri decisamente troppo cupi, spiccano come due fari nella notte. Sono un ragazzo e una ragazza. Lui è alto e abbastanza magro, i capelli di un biondo cenere e leggermente ricci, gli occhi azzurri, quasi blu. La ragazza invece è alta all’incirca quanto Lydia. I suoi capelli sono biondi e piuttosto spettinati, gli occhi grandi e castani. Trovo abbastanza strano che dei Pacifici si siano uniti agli Intrepidi. Forse potrei trovare in loro degli alleati. Sono sicuro che dopo me loro saranno i bersagli preferiti da tutti.
Vengo distolto dai miei pensieri dalla voce di una donna. La raggiungo insieme agli altri e aspetto con ansia di sapere quale sarà la prossima mossa.
 

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Capitolo 5
*** Diventerò un Intrepido ***


Angolo dell’autrice: Per prima cosa devo chiedervi perdono! Era una vita che non aggiornavo e mi dispiace tantissimo. Prima ci sono state le vacanze, poi non avevo molta ispirazione, e adesso sto studiando per glie esami di settembre…quindi.
Spero che questo capitolo vi piaccia così che mi perdoniate. Ho ripreso un po’ in mano il libro per scriverlo, perché molte cose non le ricordavo bene. Alcune frasi (dei dialoghi in particolare) sono le stesse del libro. Mi piacevano e le ho lasciate. Non aveva senso cambiarle.
Inoltre ho finalmente introdotto un personaggio importante.
Beh, se vi va fatemi sapere che ne pensate con una recensione.
Hazel <3
 
Siamo tutti fermi su quel terrazzo. Le parole di quella donna ci hanno pietrificati. Dobbiamo saltare. Dobbiamo buttarci da quel palazzo per ricadere non si sa dove. Capisco che per gli intrepidi non sia un problema, ma probabilmente aspettano che siamo noi a fare la prima mossa. L’idea di saltare da quel palazzo mi terrorizza, ma una nuova consapevolezza si fa strada nella mia testa. Gli eruditi saranno anche incoscienti ma non ci lascerebbero morire così. Se ci dicono di buttarci da quel palazzo vuol dire che prima o poi ci sarà qualcosa a fermare la nostra caduta, qualcosa che ci impedirà di schiantarci al suolo rimettendoci la pelle. Così trovo la forza di muovermi e faccio un passo avanti. Gli occhi di tutti si spostano su di me. La donna mi guarda con aria compiaciuta mentre continuo ad avanzare. Raggiungo il cornicione del palazzo e guardo di sotto. Non riesco a vedere il posto in cui atterrerò, ma so che c’è. Deve esserci. Mi dico. Il cuore continua a battermi a mille e una parte di me mi dice che sto facendo una grandissima cavolata, ma l’altra mi spinge a farlo. Mi giro un’ultima volta in direzione della donna e lei annuisce.
  • Buona fortuna… - aggiunge.
Mi volto e torno a guardare verso il basso. Infine alzo la testa, chiudo gli occhi, faccio un respiro profondo e poi con uno slancio mi lascio cadere. Precipito ad una velocità impressionante e durante la caduta mi ritrovo ad aprire gli occhi. Sembra un volo interminabile. Saltare dal treno non era niente in confronto. Per un attimo inizio a pensare di essermi sbagliato. Morirò. Sono stato un’idiota e morirò. Però non succede. Ad un certo punto smetto di cadere, smetto di precipitare sempre più giù. Qualcosa mi ha bloccato. Ci metto qualche secondo a mettere a fuoco tutto. Sono atterrato su una sorta di rete e davanti a me c’è un edificio al quanto strano che sembra quasi scavato nella pietra. Una voce di donna che fino a poco fa non avevo notato mi distoglie dai miei pensieri.
  • Accidenti ! Un Abnegante che salta per primo ! – il suo tono è sorpreso, ma non riesco a capire se sia sinceramente sorpresa e magari positivamente, o se invece stia solo fingendo. Una voce maschile, profonda e incredibilmente seria interviene a mia difesa.
  • C’è un motivo se è qui, Kate… - Giusto. Penso. Se ho scelto gli intrepidi ci sarà un motivo no? Che diamine vuole quella tipa?
  • Hai ragione Derek. –  gli risponde Kate. – Allora hai  intenzione di rimanere li tutto il giorno? – continua poi rivolta a me.
  • No, no…certo che no. Anzi mi levo subito di qui…non vorrei che qualcuno mi saltasse in testa. -  mi alzo a fatica da quella rete su cui è quasi impossibile camminare in piedi finchè con un salto non arrivo a terra, di fronte a Kate. È una donna giovane, deve avere sicuramente meno di trent’anni. Ha i capelli di un biondo cenere e i lineamenti abbastanza forti. Mi ricorda qualcuno…
  • Beh…benvenuto nella nostra fazione…- mi dice, lasciando la frase appositamente in sospeso e capisco che vuole sapere il mio nome.
  • Genim, sono Genim… - non mi sfugge il movimento della sua bocca che si contrae in una smorfia disgustata. Adoravo mia madre…ma doveva darmi proprio questo nome?
  • Sul serio vuoi chiamarti così? Qui puoi ricominciare daccapo. Quindi…tu sei? -  ci penso qualche secondo prima di risponderle. È vero, qui tutto può ricominciare.
  • Stiles, sono Stiles. – mi sorride compiaciuta.
  • Derek, dai l’annuncio. – Il ragazzo si volta e alle sue spalle intravedo una folla che prima non avevo notato.
  • Stiles è il primo a saltare! – grida.  La fossa inizia ad urlare. Sono grida di approvazione. Sorrido, perché tutto quel…caos mi mette allegria. Niente più facce da funerale. Adesso sono tra gli intrepidi, e nonostante siano tutti vestiti di nero…la mia vita non mi è mai sembrata più colorata.
  • Benvenuto tra gli intrepidi, Stiles! –  mi dice la donna. Le sorrido e mentre faccio per allontanarmi per raggiungere il tipo tenebroso di nome Derek, qualcuno atterra sulla rete. Mi volto a vedere chi sia e non mi stupisco nel vederci Jackson.  Ci avrei scommesso che non sarebbe rimasto troppo indietro.
Quando tutti gli iniziati hanno finalmente saltato, Derek e Kate ci guidano attraverso uno stretto passaggio illuminato di tanto in tanto da alcune torce. La pereti sono in pietra e non so se sia una mia sensazione, ma scendiamo sempre più verso il basso. La persona che cammina davanti a me all’improvviso si blocca ed io gli finisco addosso. Solo quando si gira mi accordo di chi sia. È Allison.
  • Scusami! – le dico, con un tono che mi fa sembrare un coniglietto spaventato. Lei mi sorride e agli angoli della bocca le si formano due fossette, quelle che Scott tanto decantava. Scott. Quanto vorrei che fossi qui, amico mio.
  • Le nostre strade qui si dividono.- dice Kate – Gli iniziati interni vengono con me. Voi non avete bisogno del giro turistico. – gli intrepidi, compresa Allison ovviamente, si staccano dal nostro gruppo e la seguono. Così siamo rimasti solo noi trasfazione, e solo adesso mi rendo conto che la maggior parte del gruppo era composto da intrepidi.
  • Nelle prossime settimane sarò il vostro istruttore. Mi chiamo Derek. – Dio quanto è serio. Penso. –Adesso vi mostrerò il Pozzo… - afferma.
  • Il pozzo? Che razza di posto è? – è Jackson a parlare, rimediandosi un’occhiata decisamente poco amichevole da Derek.
  • Dovresti imparare a tenere la bocca chiusa, Candido. Non ho intenzione di avere a che fare con la vostra impertinenza, altrimenti avrei scelto la vostra fazione. -  Ho improvvisamente cambiato idea. Mi piace questo tipo.  Mi volto ad osservare Jackson e sul suo viso noto un’espressione piena di rabbia. La mascella tesa, contratta, come se stesse per ringhiare.
Seguiamo Derek attraverso i corridoi poco illuminati finchè non arriviamo in quello che ha chiamato Pozzo. Ora capisco perché si chiama così. Pozzo è decisamente la parola più adatta a descriverlo. È una caverna sotterranea e non riesco a vederne la fine. Alzo la testa verso l’alto e sopra di me riesco a vedere solo decine di metri di pareti di roccia, nelle quali sono stati ricavati antri adibiti a diverse attività. Non ci sono protezioni per impedire di cadere giù e qualcosa mi dice che questo non capiti così raramente. Il soffitto del pozzo è formato da pannelli di vetro che lasciano penetrare fasci di luce.
I tunnel sono tutti così affollati. Non sono abituato a questo caos. Le strade degli Abneganti sono calcate da file precise di persone, una sulla destra e una sulla sinistra, che camminano a testa bassa lanciandosi timide occhiate. E mi rendo conto che non mi mancano, non mi mancano affatto.
Mi volto a guardare gli altri. Hanno tutti la mia stessa faccia sorpresa, perfino quel montato di Jackson. Lydia ha un’espressione assorta e quasi corrucciata. Mi chiedo cosa stia pensando.
  • Se vi muovete vi mostro lo strapiombo… - la voce scocciata di Derek ci riscuote e sta volta senza fiatare lo seguiamo.
Quando ci fermiamo, noto che il corridoio si interrompe e davanti a noi c’è una barriera di protezione di ferro. Mi affaccio e sotto di noi vedo un fiume. L’acqua scorre veloce schiantandosi contro le rocce. Oltre la ringhiera il terreno precipita bruscamente e all’improvviso mi sento percorrere da brividi in tutto il corpo.
  • Lo strapiombo serve a ricordarci che c’è una sottile distinzione tra coraggio e idiozia. Saltare da qui per gioco sarebbe solo un modo stupido per porre fine alla vostra vita. È già successo e succederà ancora. Io vi ho avvertiti. –
Qualcuno si è buttato da qui. Qualcuno è morto qui. Chissà quanti hanno fatto questa fine? Davvero qualcuno è stato così stupido da buttarsi da questo posto per gioco? Per puro divertimento?
Derek riprende a camminare e questa volta la nostra destinazione è la mensa. Io e gli altri iniziati troviamo un posto libero ed io mi ritrovo seduto tra Danny e la ragazza bionda dei pacifici. Lei e Lydia sono le uniche ragazze del nostro gruppo di trasfazione.
  • Ciao, io sono Stiles… - allungo la mano verso di lei per presentarmi, visto che ancora non ne ho avuto modo. Lei la osserva quasi titubante, ma poi la afferra.
  • Erica… - dice semplicemente. Poi si volta a guardare il ragazzo alto e riccio della sua fazione. – E lui è Isaac… - aggiunge. Allungo la mano anche verso di lui, che la ristringe a sua volta, con un mezzo sorriso. Al centro del tavolo c’è un vassoio con del cibo. C’è una cosa…che a prima vista sembrerebbe carne, con  una forma rotonda. Mi giro verso Danny e noto che la sta già mangiando.
  • Che roba è ? – gli chiedo. Lui guarda confuso prima me e poi il suo piatto.
  • Non hai mai mangiato un hamburger? – mi risponde mentre finisce di masticare il boccone che ha in bocca.
  • Oh…è così che si chiama? –
  • I rigidi non mangiano cibi elaborati. – interviene Derek, che siede al nostro stesso tavolo anche se non sembra molto contento. Mi fa piacere che mi abbia in un certo senso difeso, ma non apprezzo che anche lui abbia usato la parola “rigidi”. È il nostro istruttore…non dovrebbe essere da esempio?
  • Capisco perché te ne sia andato… - commenta acidamente Jackson. Gli lancio un’occhiataccia, anche se lui non può vedermi perché la sua attenzione è tutta rivolta al suo hamburger.
  • Già…è stato proprio per il cibo che me ne sono andato. -  Danny accanto a me si lascia sfuggire una risatina, mentre Jackson alza lo sguardo verso di me. Se gli sguardi potessero uccidere…io sarei già morto.
  • Attento rigido… - Cos’è una minaccia? Se pensa di farmi paura si sbaglia. Adesso sono tra gli intrepidi e combatterò fino alla fine. Non sarà di certo lui a farmi desistere.
 
Finito il pranzo Derek continua a guidarci per quei corridoi bui e mentre camminiamo mi rendo conto che gli Intrepidi che ci camminano intorno sono tutti molto giovani. Perché? Forse muoiono tutti molto presto qui…
Alla fine il nostro istruttore si ferma davanti a una porta di legno e incrocia le braccia aspettando che tutti lo raggiungano.
  • Statemi bene a sentire. – esordisce. – Qui prendiamo il percorso di iniziazione molto seriamente. Dovete presentarvi agli allenamenti entro le otto di ogni mattina. L’addestramento si svolge tutti i giorni dalla otto alle sei di sera, con una pausa per il pranzo. Avrete qualche giorno libero tra una fase e l’altra dell’iniziazione. -  Accidenti, mi aspettano settimane veramente dure. – Potete lasciare la residenza solo se accompagnati da un membro effettivo degli intrepidi. Questa è la porta della camerata in cui dormirete nelle prossime settimane.  – Cosa? Dormiremo tutti insieme? Maschi e femmine? Già l’idea di dormire nella stessa stanza di Lydia mi manda in fibrillazione. Non ho mai dormito in camera con altre persone. Figuriamoci con delle ragazze. – Nella prima fase dell’iniziazione teniamo i trasfazione separati dagli interni, ma alla fine verrete valutati tutti insieme. La classifica comprenderà anche loro. –
  • Che classifica? – mi volto sorpreso nella sua direzione. Lydia ha uno sguardo serio, determinato e non sembra affatto intimorita da Derek.
  • La classifica serve a due scopi. Il primo è per determinare l’ordine con cui sceglierete un lavoro dopo l’iniziazione. Non ci sono molti lavori ambiti. Il secondo scopo è che solo i primi dieci iniziati vengono accolti come membri. –
  • Cosa? – prima che me ne accorga, ho già dato voce ai miei pensieri. Derek mi squadra e mi aspetto un qualche rimprovero, ma non arriva. Tuttavia la frase che esce dalla sua bocca riesce a mettermi molta più ansia di quanta non me ne avrebbe messo se mi avesse urlato contro.
  • Voi avete scelto noi. Ora tocca a noi scegliere voi. –
  • E se veniamo eliminati? – chiede Isaac. La sua voce è tremolante.
  • Diventerete degli esclusi. – le bocche di alcuni di noi si aprono e chiudono diverse volte. Tutti vorremmo dire qualcosa, ma nessuno dice niente. Le possibilità di farcela sono davvero poche ed io sono l’unico abnegante, ma non posso diventare un escluso.
 
Sdraiato sul letto della camerata, non riesco a fare a meno di chiedermi se venire qui sia stata la scelta giusta. Se avessi scelto un’altra fazione, l’iniziazione sarebbe stata sicuramente più semplice e soprattutto non avrei rischiato di morire un giorno si e l’altro pure. Tutti sembrano dormire. I respiri sono pesanti e qualcuno russa. Danny sopra di me continua a rigirarsi nel letto facendolo cigolare continuamente. Allungo una gamba e do un calcio alla rete sopra di me per farlo stare fermo. Da dove sono io non riesco vedere Lydia. È a troppi letti di distanza da me. Sfortunatamente invece riesco a scorgere Jackson, che dorme nel letto di sopra del letto accanto al mio. Lui sarà uno dei tanti problemi che dovrò affrontare, ma non mi importa. Ormai ho fatto la mia scelta e so che se anche potessi tornare indietro, sarebbe sempre questa. Non ero fatto per essere un abnegante. È inutile che mi tormenti. Mi impegnerò, e alla fine di questa iniziazione rientrerò nella classifica dei primi dieci. Ero un Abnegante. Sono un Divergente. Diventerò un Intrepido.

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Capitolo 6
*** The moment to Fight ***


Angolo dell’autrice : Sono tornata! Lo so, sono passati mesi e mi dispiace tantissimo. Non ho avuto molto tempo per scrivere e prima ho voluto portare a termine l’altra fan fiction che stavo scrivendo. Però sono di nuovo qui e prometto che questa volta aggiornerò con più frequenza. Magari almeno ogni due settimane. Spero che abbiate ancora voglia di seguire la storia e se vi va lasciate una recensione.
(p.s. Mi scuso per la brutta formattazione che trasforma i trattini del discorso diretto in pallini :( )

 
Il risveglio non è dei migliori. Anzi è forse il peggior risveglio che abbia mai avuto in vita mia. Mi strascino fuori dal letto e anche se non posso vedere la luce del sole, so che fuori è ancora buio. Facciamo colazione tutti insieme anche se nessuno apre bocca. L’alzataccia ha tagliato la lingua a tutti. In un tavolo vicino al nostro scorgo gli altri iniziati, quelli degli intrepidi e il mio sguardo si incrocia con quello di Allison. Non so che fare. il contatto visivo mi imbarazza, quindi faccio per distoglierlo, ma lei mi sorprende. Alza una mano e mi saluta sorridendomi. Imbarazzato le sorrido anche io e ricambio il saluto.
  • Che c’è rigido, ti imbarazza che una bella ragazza ti saluti? Sei così tenero! – mi sbagliavo. Qualcuno ha ancora voglia di parlare. Si tratta di Jackson. Gli lancio un’occhiataccia ma evito di rispondergli.
  • Conosci Allison? – alzo lo sguardo spiazzato, incontrando quello di Lydia. È la prima volta che mi rivolge direttamente la parola.
  • Beh conoscere è una parola grossa. Ieri le sono finito addosso… - dico, cercando di scherzare.
  • Sei proprio un idiota! – si intromette di nuovo Jackson. Non so perché ma mia aspetto che Lydia dica qualcosa e invece non lo fa. Abbassa lo sguardo e torna a mangiare. E così faccio io.
All’improvviso Derek spunta nella mensa e la sua voce ci fa sussultare tutti, tanto che rischio di rovesciarmi addosso la colazione. Ci chiede, o forse dovrei dire ci ordina, di seguirlo e così facciamo.
Arriviamo in un nuovo posto che non ho mai visto fin ora. È una specie di palestra e da quello che vedo davanti a me non impiego molto a capire cosa andremo a fare.
  • Per prima cosa imparerete a usare la pistola. Poi passeremo ai combattimenti corpo a corpo. – esordisce. I miei occhi si spalancano per la sorpresa. Maneggerò una pistola. – L’iniziazione si compone di tre moduli, che non hanno tutti lo stesso peso. Perciò vi sarà possibile migliorare il vostro punteggio di volta in volta. Oppure peggiorarlo. – sul suo volto si forma un ghigno e non posso fare a meno di chiedermi che cosa ci trovi di tanto divertente. – Vi valuteremo in ogni modulo. Il primo stadio è prevalentemente fisico, il secondo emotivo, il terzo prevalentemente mentale. Dovete imparare a difendervi e questa… - dice mentre fa ruotare la pistola tre le mani – vi sarà molto utile. -  non so ancora se tutto questo mi piace. Negli abneganti imparare a sparare sarebbe assolutamente inconcepibile. Devo piantarla di pensare da abnegante! – Ora…guardate. –
Derek si volta verso i bersagli, carica la pistola e spara. Il proiettile lo colpisce in pieno, perforando il centro preciso del bersaglio. A quel punto ognuno di noi  prende una pistola e si posiziona davanti al proprio bersaglio. Divarico le gambe, ponendole all’altezza delle spalle e cerco di impugnare bene la pistola. Ma mentre io sto ancora capendo come usarla correttamente, uno sparo squarcia il silenzio che si era creato. Mi volto a cercare chi sia stato a sparare così velocemente, e quando lo capisco rimango con la bocca spalancata. Lydia è in piedi e tiene le braccia ferme, la presa salda sulla pistola. Poi sposto lo sguardo sul bersaglio e vedo che è stato colpito. Non al centro…ma quasi.
Derek che cammina alle nostre spalle osservandoci, le braccia incrociate davanti al petto, si lascia sfuggire una risata.
  • La ragazza ci sa fare. – commenta, e non posso che dargli ragione.
 
Nel pomeriggio i nostri allenamenti proseguono. Ma questa volta niente pistole. Ci alleneremo a combattere, usando dei sacchi da boxe. La mia performance con la pistola non è stata eccellente come quella di Lydia, ma dopo qualche tentativo riesco anche io a centrare il bersaglio. Spero che con il combattimento vada meglio. Non posso permettermi di avere un punteggio basso.
Derek ci mostra come colpire il sacco e noi lo imitiamo. Inizio a colpirlo, prima con i pugni, poi con dei calci, e mi accorgo che mi viene abbastanza facile. Sicuramente più che maneggiare una pistola. Derek gira tra di noi, osservandoci e dandoci qualche consiglio di tanto in tanto. Quando arriva vicino a me, mi irrigidisco. Il suo sguardo riesce a rendermi nervoso.
  • Ricordati di tenere sempre le mani davanti alla faccia, quando non stai colpendo. – annuisco e lui se ne va.
Dopo un po’, sento che i muscoli iniziano a farmi male e le nocche delle mani sono completamente scorticate. Mi fermo qualche secondo per riprendere fiato e osservare gli altri. Jackson è una macchina da guerra, non si ferma un secondo. Continua a colpire quel sacco con forza, senza battere ciglio. Gli altri invece sono più o meno tutti nelle mie condizioni. Cerco Lydia e quando la trovo, mi rendo conto che non ce la fa più. Stringo i denti perché non riesco a vederla in quel modo, ma non c’è niente che io possa fare per aiutarla. Per fortuna che è brava con la pistola. Penso.
Gli allenamenti per quel giorno arrivano finalmente al termine. Torniamo nella nostra camerata ed io mi butto sul letto distrutto. Tutto quello che voglio fare per il resto del giorno è dormire. Mi alzerò per mangiare e poi tornerò a dormire. So che probabilmente dovrei sfruttare il tempo libero che abbiamo per fare altro, ma non è quello il giorno.
Il mattino seguente torniamo nella palestra, ma questa volta non ci sono sacchi. Al loro posto però appoggiata a una parete, c’è un’enorme lavagna con riportati i nostri nomi.
  • Oggi combatterete. – inizia Derek. Che cosa?!? Abbiamo imparato a combattere ieri e oggi ci vogliono già far scontrare? Mi guardo intorno e questa volta siamo io ed Isaac, il ragazzo dei Pacifici a scambiarci un occhiata eloquente. Non sono l’unico ad essere preoccupato. Torno a guardare la lavagna e scopro chi sarà il mio avversario. Danny. Mi giro verso di lui ed entrambi ci sforziamo di fare un sorriso tirato. Saremo gli ultimi a combattere. – Visto che siete dispari oggi uno di voi non combatterà. – sta parlando di uno dei due eruditi. – Secondo le mie regole, potete anche arrendervi. – che vuol dire secondo le sue regole? Derek ha un regolamento a parte?
Il primo round spetta a un ragazzo degli eruditi contro uno dei candidi. Non c’è un vero scontro, perché il primo è nettamente superiore e non ci vuole molto perché il candido finisca a terra. Derek dichiara finito l’incontro e si avvicina al tabellone. Cerchia il nome dell’erudito. Vincitore.
I prossimi sono Isaac e Jackson. Prima che entrino entrambi sul tappeto, mi faccio coraggio e poso una mano sulla spalla di Isaac.
  • Buona fortuna. – gli dico. Lui annuisce e poi entra in campo.
Lo scontro si rivela abbastanza equo. Dubito che Isaac abbia mai avuto modo di combattere fino al giorno prima, ma se la cava abbastanza bene. Entrambi sono forti, ma Jackson ha dalla sua parte il fisico praticamente perfetto. Isaac è troppo alto e ciò lo rende scoordinato nei movimenti, nonché piuttosto lento. Nonostante ciò, riesce ad assestargli qualche colpo, con mia grande soddisfazione. Mi sento subito in colpa però. Non dovrei provare soddisfazione per il dolore di un altro. Neanche se si tratta di Jackson. Lo scontro dura a lungo, ma alla fine ottiene la vittoria Jackson. I volti di entrambi sono coperti di lividi, così come il resto del corpo e non mancano neanche le ferite che perdono sangue.
Le prossime sono Erica e Lydia. Sono contento che Derek abbia scelto di far combattere le uniche due ragazze insieme, ma sono comunque preoccupato. In quei giorni ho notato che ad Erica è bastato poco tempo per perdere l’apparente insicurezza dei Pacifici, ed adeguarsi alla sfrontatezza degli Intrepidi. Le due ragazze sono al centro del tappeto ed entrambe tendono le mani davanti al volto. La determinazione  nei loro occhi è sorprendente. Rimangono a guardarsi qualche secondo, poi il primo colpo parte ed è Lydia a scagliarlo. Il suo pungo vola verso il volto della bionda, ma questa lo evita e non solo…riesce ad afferrarle il braccio, torcendoglielo dietro la schiena. Sul volto di Lydia compare un espressione di dolore e mi chiedo se riuscirò a guardare. Tuttavia non si lascia scoraggiare e con il braccio libero riesce ad assestare una gomitata ad Erica, colpendola nello stomaco. Questo le permette di liberarsi e tornare a guardarla in faccia. Lydia fa per scagliare un pugno in pieno viso all’altra ragazza, ma qualcosa la fa esitare. Quell’esitazione permette ad Erica di ribaltare la situazione. Riesce a colpirla in volto con un pugno, e quello è solo il primo di tanti colpi assestati. Di li a poco Lydia finisce a terra, finchè non sembra più in grado di continuare a combattere. Con mio grande sollievo Derek dichiara finito l’incontro e un cerchio compare sul nome di Erica. Abbiamo già tre vincitori e tre sconfitti. Adesso manchiamo solo io e Danny. Osservo Lydia tornare a posto quasi zoppicante, e vedo Erica tenderle un braccio per aiutarla, ma lei la scansa malamente. Riesco a leggere il labiale di Erica che le dice “Mi dispiace.” , ma a Lydia non sembra importare gran che.
Nel frattempo io e Danny raggiungiamo il tappeto. Non so se essere contento o meno di essere capitato con il mio amico. Anche lui poi mi scanserà come Lydia se io dovessi vincere? E se invece fosse lui a battermi? Come reagirò?
Ma non faccio in tempo a pormi altre domande, perché un pugno arriva dritto sulla mia faccia, facendomi indietreggiare. Non me lo aspettavo. Danny non ha esitato a colpirmi, mentre io mi facevo tremila problemi. Questa cosa mi fa arrabbiare e mi da la forza necessaria a ribattere. Riesco a colpirlo diverse volte, ma lui è più bravo. Devo riconoscerlo. Il suo modo di combattere mi ricorda quello di Jackson e ciò mi fa pensare che probabilmente si siano già allenati, quando erano ancora fra i candidi. Riesco a mandarlo a terra, ma non ho il coraggio di inveire su di lui. Ho esitato, come Lydia, e questo mi porta a perdere. Danny prende il sopravvento iniziando a colpirmi ripetutamente. All’inizio rispondo e provo a difendermi, ma poi capisco che vincerà lui.
Derek interrompe anche il nostro scontro. Danny è il vincitore.
Mentre Derek è ancora voltato verso la lavagna, qualcuno entra nella nostra palestra schiarendosi la voce. Mi giro e non appena mi accorgo di chi si tratta, aggrotto le sopracciglia. È Matt Daehler e il suo volto è coperto di lividi. Proprio come i nostri.
  • Che vuoi? – gli chiede Derek brusco.
  • Kate vuole che ci raggiungiate al Pozzo. – sul volto di Derek compare un espressione preoccupata e subito si precipita fuori dalla palestra, scansando Matt in malo modo per farsi strada. Noi, dopo esserci lanciati qualche occhiata confusa, decidiamo di seguirlo.
Più ci avviciniamo e più lo scrosciare dell’acqua è forte. Più ci avviciniamo e più sento la voce di Allison forte e chiara.
  • Stai esagerando! – urla. Ancora non siamo arrivati, ma già immagino con chi stia parlando.
  • Che sta succedendo? – questa volta è Derek a parlare. Il suo tono è duro, direi quasi arrabbiato, il che vuol dire che c’è qualcosa che non va. Affrettiamo il passo e finalmente arriviamo al pozzo. Sono tutti li. Derek, Kate, Allison e il resto degli iniziati degli intrepidi.  Sono accanto alla ringhiera e proprio li vicino c’è un ragazzo di colore, alto, forse anche più di Isaac. Qualcosa mi dice che è lui il motivo per cui siamo li.
Quando Kate ci vede il suo sguardo sembra illuminarsi. Ignora la domanda di Derek e le parole di Allison.
  • Oh bene, eccovi arrivati. Quello che state per vedere, è quello che succede ai vigliacchi. – qualcosa nelle sue parole non mi piace. – Sali sul parapetto. – ordina al ragazzo di colore. Lui si volta a guardarla spaventato.
  • Cosa? –
  • Ho detto sali sul parapetto. –
  • Zia… - inizia Allison ma Kate la interrompe.
  • Durante l’iniziazione non sono tua zia. – Ecco chi mi ricordava. – Coraggio, stiamo aspettando. Se riesci a rimanere appeso nel vuoto per cinque minuti, dimenticherò la tua viltà. Se non ci riesci, non ti permetterò di continuare l’iniziazione. –  Se non ci riesce è ovvio che non continuerà l’iniziazione. Penso. Morirà.
  • È proprio necessario? – finalmente Derek si è deciso ad intervenire. La sua mascella è contratta, segno che non è d’accordo con quello che sta facendo Kate.
  • Sali. – continua lei, ignorando la sua domanda. Il ragazzo a quel punto esegue gli ordini. Scavalca la ringhiera prima con una gamba, poi con l’altra. Alla fine si aggrappa con entrambe le mani e lascia cadere i piedi nel vuoto. – Allison, fai partire il cronometro. – la ragazza esegue il comando della zia e spinge il pulsante per far partire quell’aggeggio. Osservo il ragazzo con ansia. Non lo conosco, ma non voglio che cada. È grande e grosso. Può farcela. Penso. E per il primo minuto è stabile. Rimane appeso, non mostra segni di cedimento. Ma poi arriva l’onda e lo colpisce in pieno, facendolo sbattere contro le sbarre. Un espressione di dolore compare sul suo volto, mentre le sue mani scivolano. Sta perdendo la presa. Vorrei aiutarlo. Ma cosa accadrebbe se lo facessi? E poi riuscirei sul serio a tirarlo su da solo? Probabilmente no. È il doppio di me.
  • Oh, no! – esclama Lydia al mio fianco, portandosi le mani davanti alla faccia. Non vuole guardare e non la biasimo. Vorrei dirle qualcosa ma non saprei cosa. Al mio posto però interviene Jackson. Le cinge le spalle con una mano e la fa voltare verso di lui. Lydia rimane così, con il volto affondato nell’incavo del suo collo. E non posso fare a meno di provare un certo fastidio.
Il ragazzo nel frattempo è ancora li. Si sta reggendo solo con quattro dita, ma resiste. Deve resistere.
  • Coraggio Boyd! Resisti!  Manca solo un minuto! – lo incita Allison e non posso fare a meno di notare l’espressione scontenta di Kate. Sua nipote le sta andando contro e tra l’altro è l’unica a farlo. Osservo i volti degli altri iniziati intrepidi. Matt è impassibile, anzi…più che impassibile soddisfatto. Probabilmente vede Boyd solo come un ostacolo alla sua scalata verso gli intrepidi. Non gli importa che muoia. La stessa espressione la vedo dipinta sul volto di altri due ragazzi. Sono uguali. Gemelli?
Dentro di me mi ritrovo a fare il tifo anche io per quel ragazzo. Che cosa può aver mai fatto per essere costretto ad una tale prova? All’improvviso mi rendo conto che forse siamo fortunati ad avere Derek come addestratore. Sarà duro, scorbutico, ma non è cattivo. Almeno non credo.
Poi fortunatamente la voce di Allison risuona ancora e questa volta è una buona notizia.
  • Sono passati cinque minuti! – esclama e si precipita verso Boyd. Kate però la ferma afferrandola per un braccio.
  • Ferma! Deve tirarsi su da solo… - lo sguardo di Allison è duro.
  • No, non deve. – strattona via il braccio, liberandosi dalla presa di Kate e finalmente raggiunge Boyd.  – Qualcuno mi aiuta? – istintivamente mi muovo verso di lei e qualcuno segue il mio esempio. È Isaac.
Insieme ad Allison afferriamo Boyd e lo tiriamo su. È pesante e adesso so che da solo non sarei mai riuscito a riportarlo su.
  • Grazie. – ci dice Allison, ma nella sua voce c’è qualcosa che non va.  Nel frattempo Kate chiama a raccolta tutti gli altri e se ne vanno. Rimaniamo solo noi quattro.
  • Come stai? – chiedo a Boyd. Lui annuisce lentamente prima di rispondermi.
  • B…bene… - si vede che è ancora scosso.
  • Sei stato bravo. – gli dice Allison sorridendo. Poi si alza in piedi. – Ragazzi, vi dispiace accompagnarlo in camera? Io…io devo fare una cosa. –  scuoto la testa. Aiutiamo Boyd a rialzarsi, nonostante riesca a stare in piedi da solo. Vorrei aiutare Isaac, ma vorrei anche seguire Allison.
  • Ti dispiace se…? – chiedo ad Isaac mentre con la testa indico la direzione in cui è sparita la ragazza.
  • No, vai pure. A lui ci penso io. – gli sorrido. Mi piace Isaac. È un bravo ragazzo.
Percorro i corridoi dell’edificio sperando di trovare Allison. Voglio solo assicurarmi che stia bene. Scott vorrebbe che mi preoccupassi per lei. Dopo aver girato un po’, finalmente la trovo. Dei rumori mi hanno portato a lei, in un piccolo corridoio nascosto. Mi affaccio lentamente e la vedo prendere a calci e pugni il muro con esasperazione. Non so se avvicinarmi, ma poi mi dico che altrimenti non avrebbe senso che io l’abbia seguita fino a li. Così mi schiarisco la voce ed esco fuori dal mio “nascondiglio”.
  • Ciao…scusa se ti ho seguita…volevo solo vedere come stavi… - lei mi guarda sorpresa, ma poi mi sorride.
  • Figurati. Avrei dovuto aspettarmelo da un abnegante. – si lascia cadere a terra, con le ginocchia davanti al petto e decido di imitarla.
  • Io sono Stiles comunque… - dico allungando una mano.
  • Allison. – dice afferrandola. – E comunque lo so chi sei… -  aggrotto le sopracciglia.
  • Sono diventato famoso senza saperlo? – scherzo.
  • Una specie. Non si dimentica facilmente il nome di chi è stato il primo a saltare. Soprattutto se si tratta di un abnegante. – sono sorpreso.
  • Non credevo fosse una cosa così importante. Insomma…ho pensato che non dovevate essere così pazzi da lanciarvi nel vuoto. – lei ride.
  • Già. Non siamo così pazzi. -  il suo umore però torna a farsi nero.
  • Che è successo prima? Con Kate? Perché ha costretto Boyd a fare quella…cosa? – Allison appoggia la testa alla parete e inizia a parlare senza guardarmi.
  • Boyd stava combattendo con Matt. Avrebbe vinto senza difficoltà, ma Matt era abbastanza a pezzi e lui non ha voluto continuare a inveire. Si è rifiutato di continuare a combattere e Kate…la mia adorabile zietta, non ama queste cose. Quello che molti avrebbero considerato un atto di bontà…lei lo considera un atto di viltà. –  Quella donna deve essere terribile.
  • E tu non sei d’accordo? –
  • Assolutamente no. Sai Stiles, mi piace essere un intrepida. Mi piace l’adrenalina che mi da saltare dai treni e si, anche combattere o maneggiare una pistola. Ma io voglio essere coraggiosa, non crudele. E credo che qui molte persone abbiano iniziato a confondere le due cose. – le sue parole mi colpiscono e vorrei avere la possibilità di parlare con Scott per dirgli che è una ragazza meravigliosa e che aveva decisamente buon gusto.
  • Mi sarebbe piaciuto saperlo prima. – cerco di scherzare per alleggerire l’atmosfera. Sul suo volto compare un sorriso amaro e torna a guardarmi.
  • Ormai sei qui Stiles. Fagli vedere che si può essere un intrepido anche avendo a cuore le altre persone. –
  • Lo stesso vale per te. – Allison annuisce, ma nonostante ciò capisco che non è del tutto convinta. C’è qualcos’altro sotto. Qualcosa che Allison sa e che io non so. Qualcosa che non le piace e che le sta facendo odiare la sua fazione.
Ma spero di sbagliarmi.

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Capitolo 7
*** Vincere ***


Angolo dell’autrice: Come sempre mi scuso per il ritardo, ma gli esami mi hanno veramente tolto tutto il tempo. Spero che il capitolo vi piaccia e soprattutto spero di non star rendendo i personaggi troppo OOC. Mi farebbe davvero piacere sapere che ne pensate, quindi se vi va lasciate una recensione.
Al prossimo capitolo, che spero arriverà prima ;)

 
La mattina seguente mi sveglio con un lieve dolore sullo zigomo destro. Quello dove mi ha colpito Danny, ma non è niente di che. Facciamo colazione velocemente e poi torniamo nella palestra. La mattinata prevede di nuovo allenamenti. A me è andata bene. Sono contro il candido che ieri ha perso. Mi spiace per lui, ma non posso permettermi di perdere tutti i combattimenti.
  • Mi è andata bene anche oggi. – sento dire da una voce fastidiosa accanto a me. Sul volto di Jackson è stampato uno di quei suoi sorrisetti strafottenti. Cerco il suo nome sul tabellone e lo trovo accanto a quello di Erica. Mi giro a guardarla e nel frattempo Isaac le posa una mano sulla spalla.
  • Puoi farcela… - le dice.
  • Sul serio? Avanti Isaac, non prendermi in giro. Sappiamo entrambi che non ho speranze. – dopo queste parole si allontana e non riesco a capire se sia arrabbiata o meno.
  • Beh…almeno l’ha presa bene… - commento.
  • Non direi… - mi risponde Isaac.  Raggiungiamo gli altri ed io mi siedo accanto ad Erica.
  • Puoi sempre arrenderti. – le suggerisco, ma dalla sua espressione non sembra molto contenta di quell’opzione.
  • Non oggi. – alzo lo sguardo mentre fa il suo ingresso in palestra Kate, seguita da Derek che cammina con le braccia incrociate davanti al petto e uno sguardo serio. Più serio del solito. Istintivamente la mia testa torna alle sue parole. Secondo le mie regole, potete anche arrendervi.
  • E quando finisce l’incontro? – le parole escono prima che io me ne renda conto. Kate inclina la testa di lato, come un cane, e mi sorride.
  • Quando uno dei due non è più in grado di continuare. -
I primi a combattere sono Isaac e Danny. Il combattimento dura parecchio, ma alla fine vince il pacifico. Mi sorprendo di esserne contento. Forse una parte di me è arrabbiata con Danny per il nostro combattimento di ieri. Poi tocca a me. Io e il ragazzo ci posizioniamo al centro del tappeto e sono io a sferrare il primo colpo, che va a segno. Più il combattimento va avanti e più mi rendo conto che avrei preferito battermi contro un avversario più forte. Non c’è di niente di bello, di gratificante, nell’accanirsi contro qualcuno più debole. Lui è riuscito a colpirmi solo due volte e per un attimo penso quasi di lasciarglielo fare di nuovo, ma poi il mio sguardo incrocia quello severo di Kate e lascio perdere. Ad un certo punto il mio avversario crolla a terra. Rimani li. Non rialzarti. Penso. Se si rialza dovrò continuare a colpirlo e non voglio. Ma lui prova a rimettersi in piedi.
  • Che stai aspettando? – mi urla Kate. Apro la bocca per rispondere ma il mio sguardo intercetta Derek dietro di lei che scuote la testa. Quello che molti avrebbero considerato un atto di bontà…lei lo considera un atto di viltà. Le parole di Allison riecheggiano nella mia testa. Non voglio fare la fine di Boyd. Allora mi chino sul ragazzo, lo afferro per il collo della maglietta e lo sollevo leggermente. Le gambe sono ancora distese a terra. Avvicino il mio viso il più possibile al suo mentre sollevo un pugno in aria pronto a colpirlo di nuovo.
  • Non. Rialzarti. – gli sussurro scandendo bene le parole. Poi lo colpisco. Il pugno è abbastanza forte da essere credibile, ma non abbastanza da metterlo sul serio ko. Tuttavia stavolta sembra aver capito. Non prova neanche più a rialzarsi così Kate è costretta a decretare finito l’incontro e il ragazzo viene portato via con la barella. Torno al mio posto ed assisto agli altri incontri con disinteresse.
Gli intrepidi dovrebbero essere la fazione del coraggio, ma è davvero questo essere coraggiosi? Osservo le nocche della mia mano leggermente arrossate. Se dovessi scontrarmi di nuovo con qualcuno di più debole di me, non mi accanirò. Piuttosto mi lascerò colpire io, ma non infliggerò più dolore a nessuno. A nessuno che se lo meriti almeno.  Perché infiggerei volentieri dolore a Jackson.
E in quel momento inizia proprio il suo combattimento contro Erica. All’inizio la bionda si difende bene, ma più l’incontro va avanti e più diventa evidente che non ha speranze contro Jackson. Ma soprattutto…lui non ha intenzione di mostrare pietà. Ad un certo punto non riesco più a guardare. Erica è a terra e il suo viso non è quasi più riconoscibile a causa del sangue che lo ricopre.
  • In che condizioni deve essere per farvi decidere di interrompere l’incontro? – sbotto, alzandomi in piedi.
  • Questi non sono affari tuoi rigido. – la voce di Kate è gelida. –Si sta rialzando…quindi l’incontro non è ancora finito per me. – Mi giro a guardare Erica. Che cosa le salta in mente? Perché continua a rialzarsi?
  • E per te? -  chiedo allora rivolto a Derek. Non so da dove mi venga tutta questa determinazione. A casa non mi sarei mai permesso di parlare così nemmeno a mio padre. – Hai intenzione di startene li zitto a non fare niente mentre lei viene massacrata? –
  • Non è Derek a decidere. – Alterno lo sguardo da uno all’altro, aspettandomi una risposta soprattutto da Derek, ma niente. Così senza aggiungere altro mi dirigo verso la porta e me ne vado dalla palestra. La porta sbatte dietro di me ed io inizio a dirigermi non so neanche io dove. Faccio appena in tempo a sentire la porta sbattere di nuovo e dopo pochi secondi sono io ad essere sbattuto con le spalle al muro da qualcuno.
  • Questa è l’ultima volta che ti rivolgi con questo tono a me, rigido. – il volto di Derek è a pochi centimetri dal mio, così come il suo dito indice puntato contro la mia faccia. Il suo sguardo è minaccioso e sembra veramente arrabbiato. – E con Kate…dovresti fare attenzione. – non so perché ma non dico niente. Rimango in silenzio e così fa Derek. Dopo qualche secondo si allontana e si dirige di nuovo verso la palestra. Ma prima che apra la porta, questa si apre da sola e un’altra barella, questa volta con sopra Erica, esce da li. Io e Derek ci lanciamo un ultimo sguardo e il suo non mi appare più arrabbiato. Dire quasi…consapevole. Qualcosa dentro di me mi dice che sa che ho ragione e che quello che mi ha detto su Kate era più un consiglio in buona fede piuttosto che un intimidazione.
Quando arriva l’ora di pranzo, non ho voglia di sedermi al tavolo con gli altri. Soprattutto non con Jackson. Così dopo aver riempito il mio vassoio, mi siedo da solo a un altro tavolo. Anche oggi ho preso l’hamburger. Sto iniziando ad adorare quella carne. Sto per dare il primo morso, quando il rumore di un vassoio che viene posato davanti a me mi interrompe facendomi rimanere a bocca aperta con il panino a mezz’aria. Poi un altro. E un altro ancora. Alzo lo sguardo e mi accorgo che i tre vassoi appartengono ad Allison, Isaac e Boyd. Li guardo interrogativamente. Allison di fronte a me mi sorride radiosa, mentre allunga una mano per rubarmi una patatina dal piatto.
  • Se volevi le patatine perché non le hai prese? – le chiedo, notando che nel suo vassoio c’è solo un piatto di insalata.
  • Sicuro di venire dagli abneganti?- mi risponde scherzando. Le sorrido a mia volta e poi mi volto verso Boyd e Isaac.
  • E voi? –
  • Non avevo voglia di mangiare insieme a Jackson dopo quello che ha fatto ad Erica. – risponde il biondo.
  • Ed io non volevo mangiare con quello per cui mi sono fatto quasi ammazzare inutilmente. – replica Boyd.
  • Io lo avrei massacrato fossi stato in te. Matt è…odioso! – tutti e tre scoppiano a ridere. –Che c’è? – chiedo quasi infastidito.
  • Questa è la prima volta che sento un abnegante parlare male di qualcuno. – spiega Allison. – Che ha fatto per meritarsi la tua antipatia? –  alzo le spalle.
  • Non lo so. Non l’ho mai sopportato. – do un morso al panino e poi con la bocca ancora piena le chiedo – Ti piace? –
  • Cosa? No, oddio no. – Allison sembra abbastanza sorpresa della mia domanda.
  • Beh, ma tu piaci a lui. – continua Boyd.
  • Ma la cosa non è reciproca… -
  • Scott ne sarà contento. – nello stesso momento in cui lo dico mi rendo conto di aver appena firmato la mia condanna a morte. Se Scott lo sapesse mi ucciderebbe.
  • Chi è Scott? – mi chiede Allison aggrottando le sopracciglia.
  • Oh…nessuno… - fortunatamente lascia cadere il discorso e riusciamo a parlare di altro. Sono contento che si siano seduti con me. Si, avrei voluto che ci fosse stata anche Lydia, ma lei era già seduta vicino a Jackson. Forse altrimenti si sarebbe unita a noi…
  • Io vado a trovare Erica. – dice Isaac una volta che abbiamo finito di mangiare.
  • Ti accompagno. – tutti ci giriamo a guardare Boyd confusi. – Che c’è? È carina… - questa volta scoppio a ridere anche io. Ed è strano. È strano sentire il suono della propria risata.
Il mattino del giorno seguente veniamo guidati da Derek alla stazione. Siamo solo noi trasfazione e un po’ mi dispiace. Inizio ad affezionarmi ad Allison. Visiteremo l’esterno e arriveremo fino alla recinzione, per conoscere i mestieri degli intrepidi. Se pur ancora dolorante è riuscita a raggiungerci anche Erica, ed anche il ragazzo dei candidi. Tuttavia per salire sul treno, Isaac è costretto a sollevarla leggermente da terra per aiutarla. Io ed Isaac saliamo per ultimi. Non appena metto piede dentro al vagone, la voce irritante di Jackson giunge alle mie orecchie.
  •  Ti senti un po’ rigida anche tu oggi? – chiede rivolto ad Erica. Sul volto è stampato un sorriso. Possibile che creda di essere divertente?
  • Peccato che non esista una fazione dedicata al senso dell’umorismo, Jackson… - intervengo – Saresti stato perfetto. – delle risate sommesse si diffondono intorno a me.
  • Non osar…-
  • Smettetela. Non ho voglia di sentire le vostre inutili discussioni. – la voce di Derek risuona forte e risoluta e Jackson esegue i suoi ordini, andandosi ad appoggiare a una parete del vagone con le braccia incrociate davanti al petto e la faccia imbronciata. Io sono più che contento di lasciar perdere e mi avvicino all’apertura del vagone, guardando fuori. Dopo qualche secondo Isaac si affianca a me, seguito da Erica.
  • Grazie, Stiles… - mi sussurra questa. Io le sorrido imbarazzato. Ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque. Oppure no?
  • Secondo voi cosa c’è li fuori? Oltre la recinzione intendo…- ci chiede Isaac.
  • Le fattorie immagino. – gli risponde Erica.
  • Si ma…oltre alle fattorie? Deve pur esserci qualcos’ altro. Altrimenti da cosa difendiamo la città? – alzo le spalle.
  • Fino a cinque anni fa non c’era nessuno a fare da guardia alla recinzione. – anche Danny si intromette nella conversazione. –Vi ricordate quando la polizia degli Intrepidi pattugliava il quartiere degli Esclusi? –
  • Si… - rispondo quasi involontariamente. Mio padre fu uno di quelli che spinse di più per mandare via gli Intrepidi da quella parte della città. Mia madre diceva sempre che i poveri non avevano bisogno di polizia, ma di aiuto, e noi potevamo darglielo. Immagino che per mio padre riuscire in quell’impresa fosse un po’ come ricordare mia madre. Lo aveva fatto più per lei forse che per gli esclusi . Tuttavia non aggiungo altro. È uno degli argomenti a cui ricorrono gli Eruditi per accusare gli Abneganti di incompetenza.
  • Giusto. – continua lui. – Sbaglio o tu li vedevi tutti i giorni? –
  • Perché? – chiedo un po’ troppo bruscamente mentre mi volto verso Danny.
  • Immagino intendesse dire che dovevi passare nel loro quartiere per andare a scuola… - alle mie spalle arriva la voce melodiosa e leggermente rauca di Lydia. Mi volto verso di lei sorpreso, senza sapere come risponderle e per fortuna lo fa Danny al posto mio.
  • Che hai fatto, hai memorizzato la mappa della città per sport? – le chiede. Lydia alza le spalle prima di rispondergli.
  • Potrei dire lo stesso a te e comunque…si. –
  • Io non ho memorizzato proprio niente. Mi sembrava di ricordare così e basta… - continua Danny. Io mi ritrovo a sorridere mentre la osservo.
  • Siamo arrivati. – ci fa notare Derek mentre i freni del treno stridono e questo finalmente si ferma per lasciarci scendere una volta tanto senza dover saltare. Davanti a me c’è una recinzione di rete metallica sormontata da filo spinato. La rete continua per molti kilometri, tanto che non riesco a scorgerne la fine. – Seguitemi. – ordina Derek.Inizia a dirigersi verso il cancello che blocca la strada che porta in città.
  • Se alla fine dell’iniziazione non vi sarete classificati tra i primi cinque, probabilmente finirete qui. – dice Derek quando raggiunge il cancello. – Nel corpo delle guardie di recinzione c’è qualche possibilità di far carriera, ma non molte. Potreste riuscire a entrare nelle pattuglie dislocate oltre le fattorie dei Pacifici, ma chi comincia come guardia di recinzione molto probabilmente continuerà a fare la guardia di recinzione. Se vi può consolare alcuni di loro affermano che non è così male come sembra. –
  • Sempre meglio che finire negli Esclusi… - sento mormorare ad Isaac.
  • Tu come ti sei piazzato in classifica? – chiede Jackson a Derek. Non so come gli sia venuto in mente di chiederglielo ma sono curioso di sentire la sua risposta anche se dubito che arriverà. Tuttavia Derek mi sorprende. Guarda in faccia Jackson e dice – Primo. -  chissà perché me lo aspettavo.
  • E hai scelto di fare questo? – Jackson assume quella sua aria strafottente mentre spalanca gli occhi. –Perché non hai scelto un lavoro al governo? –
  • Perché non lo volevo. – risponde freddamente Derek, facendo spuntare un sorriso divertito sulla mia faccia. Ho la sensazione che Jackson non gli sia particolarmente simpatico. Effettivamente non riuscirei ad immaginare Derek in mezzo a dei computer. No, il suo posto è la palestra per gli addestramenti.
Ci fermiamo accanto al cancello. Alcune guardie ci osservano, altre no. La loro attenzione è rivolta altrove. Sono occupate ad aprire il cancello per lasciar entrare un camion. Controllano la merce che trasporta e poi lo lasciano andare. Quando richiudono il cancello noto che lo chiudono dall’esterno e non dall’interno. Corrugo le sopracciglia. Perché?
  • Sembra come se…- parlo a bassa voce e non mi aspetto che qualcuno mi senta.
  • Come se non stessero tenendo qualcosa fuori…ma noi dentro… - mi volto e ancora una volta è stata Lydia a parlare. Questa ragazza non finirà mai di stupirmi.
  • Già è…è esattamente quello che stavo per dire io. – rispondo vagamente confuso. Lei accenna un sorriso, arricciando leggermente le labbra carnose, poi alza le spalle e si allontana. Nel frattempo arriva un altro treno, così saliamo nuovamente a bordo tornando alla nostra fazione.
 
Sdraiato sul letto della camerata ripenso a quello che è successo oggi. Sono passati due giorni dalla nostra visita all’esterno e oggi ho combattuto di nuovo. Ho combattuto contro Jackson…e ho vinto. Una parte di me è contenta, ma l’altra non riesce a togliersi dalla testa quelle immagini e soprattutto le sensazioni che ho provato. Ero contento. Ero felice. Picchiarlo mi rendeva felice. Ma adesso sono solo disgustato di me stesso. È stato uno scontro alla pari, si…e sinceramente non so come io abbia fatto a vincere. Anzi no…lo so. La rabbia che avevo accumulato tutti quei giorni nei suoi confronti è esplosa nel combattimento ed ho perso il controllo. Era ovvio che anche Jackson provasse piacere nel colpirmi, ma per lui è quasi normale. Lui non si sente in colpa. Ha picchiato Erica, una ragazza, e il giorno dopo faceva battute. Ma io non sono come Jackson. Riesco ancora a vedere il mio pugno che lo colpisce in viso, facendo schizzare sangue dalla sua bocca. Riesco a vederlo a terra e riesco a vedere me stesso che continuo ad accanirmi su di lui. Non so cosa mi è preso. Dovrei essere contento di questa vittoria. Aver battuto Jackson mi avrà portato sicuramente tra i primi in classifica, ma non ci riesco. Non riesco a farmi piacere il fare male a qualcuno. Questi pensieri mi tormentano e non riesco a prendere sonno. Fisso la rete del letto sopra di me, quello di Danny, che ad ogni suo movimento cigola leggermente.  Vorrei parlarne con qualcuno e chiedergli se pensano che io sia un mostro. Ma con chi? Forse Allison?
-Tutti in piedi! – urla qualcuno mentre si accende improvvisamente la luce della camerata, con il risultato che riesco a colpire con la testa il letto di sopra. Sbatto più volte gli occhi cercando di abituarmi alla luce mentre mi alzo dal letto. È Kate e dietro lei c’è Derek. – Avete cinque minuti per vestirvi e venire ai binari. Faremo un’altra escursione.-

Ci prepariamo tutti velocemente e in poco tempo arriviamo ai binari. Prima di noi arrivano gli iniziati interni. Sono una massa nera, quasi indistinguibile nel buio della notte. Come noi d'altronde. Ancora non mi sono abituato del tutto ad indossare questi vestiti. Sono aderenti e nonostante siano tutti uguali, hanno comunque una loro personalità. Alzo una mano per salutare Allison e lei mi risponde sorridendo. Accanto a loro riesco a distinguere un mucchio di fucili. Di fianco alle armi ci sono delle scatole che potrebbero contenere munizioni. Mi avvicino e leggo PROIETTILI DI VERNICE. Rido. Beh almeno non dovremo far fuori nessuno. Non nel verso senso della parola.
-Ognuno prenda un fucile!- ordina Kate. Ne afferro uno e mi infilo in tasca anche una scatola di proiettili.
-Sai di che si tratta?- chiedo avvicinandomi ad Allison. Sul suo volto si dipinge un sorriso divertito.
-Vedrai.- Dopo poco arriva il treno e un po’ alla volta saltiamo tutti dentro. Una volta che tutti sono entrati Derek spiega : - Ci divideremo in due squadre per giocare a strappabandiera. – Oh, carino. Penso. Quindi gli Intrepidi sanno anche divertirsi normalmente… - In ognuna ci saranno sia interni che trasfazione. Una squadra scenderà per prima e cercherà un posto in cui nascondere la propria bandiera. Poi scenderà la seconda e farà la stessa cosa. È una tradizione degli intrepidi, per cui vi suggerisco di prenderla seriamente.-
-Che cosa si vince?- chiede qualcuno.
-Questo è il genere di domanda che un intrepido non farebbe mai. – osserva Derek inarcando un sopracciglio. –Vinci che hai vinto, naturalmente.-
-Derek ed io saremo i vostri capisquadra. – continua Kate. –Cominciamo a dividerceli dai trasfazione, ok? – Derek annuisce.
-Comincia tu. –
-Davvero galante… - risponde Kate con un tono che non le ho mai sentito usare. Corrugo le sopracciglia. Che tra quei due ci sia qualcosa? No, non è possibile. Scuoto la testa ed evito di pensarci.
-Jackson. – comincia Kate. Bene, adesso so per certo che non voglio stare nella sua squadra. Derek ci osserva qualche secondo e poi fa la sua scelta. –Lydia. – E adesso so per certo che voglio stare nella squadra di Derek. Tuttavia non capisco la sua scelta. Perché proprio Lydia fra tutti?
Ora sta di nuovo a Kate e spero vivamente che non mi scelga. Anche se dopo la mia sfuriata in palestra ne dubito.
-Danny. –Ora sta di nuovo a Derek. Ho quasi più ansia adesso che il giorno dell’iniziazione.
-Stiles. – quando dice il mio nome il mio cuore perde un battito. Sorrido soddisfatto e mi posiziono vicino Lydia. 

I nostri due addestratori continuano le loro scelte e alla fine posso ritenermi abbastanza soddisfatto della mia squadra…se non fosse per Matt. Ma per il resto è ok. Ci siamo io, Lydia, Isaac ed Erica. Del resto poco mi importa. Mi sarebbe piaciuto essere in squadra con Allison, ma Kate l’ha scelta nella sua squadra.
Kate e Darek decidono che la nostra squadra scenderà per seconda e così facciamo. Una volta atterrati uno degli iniziati interni chiede a Derek : -Quando la tua squadra ha vinto dove avevate messo la bandiera?-
-Dirlo non sarebbe esattamente nello spirito dell’esercitaizone.- risponde.
-Molo della Marina. – con mia grande sorpresa è Isaac a parlare. Lo guardo interrogativamente e lui lo nota. –Mio fratello era nella squadra che ha vinto. Tenevano la bandiera nella giostra.- la mia espressione interrogativa si fa ancora più interrogativa.
-Tuo fratello è negli intrepidi?-
-Era.- risponde Isaac senza guardarmi.-E’ morto. – rimango senza parole. Mi sento in colpa per averglielo chiesto.
-Camden. Mi dispiace. – gli dice Derek. Chissà se fino a quel momento sapesse che Isaac era il fratello di quel ragazzo. E come sarà morto? Mi rendo conto di non sapere nulla della vita delle persone che mi circondano, come loro non sanno niente sulla mia.
-Beh, andiamo li allora. – continua Isaac. Nessuno obietta e così ci incamminiamo. Attraversiamo un ponte e una volta al di la di quello la città cambia. Davanti a noi c’è un mare di cemento in rovina e di vetri rotti. Alla nostra destra si erge una ruota panoramica e fa tristezza pensare che una volta la gente vi saliva, divertendosi. Raggiungiamo un’altra giostra , un carosello abbandonato e sotto suggerimento di Derek iniziamo a discutere su quale strategia adottare. Anzi…iniziano. Io non ho ancora sviluppato una mia teoria, così rimango ad ascoltare. Non sono ancora abituato a far sentire la mia voce in mezzo a tutte queste. Qualcuno vorrebbe giocare sulla difesa, altri sull’attacco. Derek se ne sta seduto in disparte senza prestare troppa attenzione a noi. Io invece inizio a guardarmi intorno e non riesco a vedere Lydia da nessuna parte. Poi la vedo. Si sta arrampicando sulla ruota panoramica. Impiego qualche secondo a metabolizzare la cosa, poi mi decido a raggiungerla stando ben attento a non farmi sentire dagli altri.

Quando arrivo sotto la ruota, lei è già salita di parecchio.
-Lydia!- la chiamo. –Che stai facendo?- mi rendo conto che questa è la prima volta che mi rivolgo sul serio a lei.
-Mi sto arrampicando. – mi risponde lei quasi stizzita senza degnarmi di uno sguardo.
-Questo lo vedo. – dico alzando gli occhi al cielo. –Ma la domanda è…perché? –
-Potevi chiederlo subito. – sbuffo sonoramente e lei riesce a sentirmi perché continua –Sto cercando un punto più alto. Per cercare la bandiera. –
-Ok, vengo anche io. – Lydia per la prima volta si ferma e abbassa la testa per guardarmi. Non riesco a capire se è sorpresa o infastidita.  Afferro un piolo arrugginito e sottile che da l’idea di potersi sbriciolare tra le mani. Appoggio il peso su quello più basso per testarlo e salto per assicurarmi che regga. Poi inizio a salire a in poco tempo raggiungo Lydia che si è fermata sulla piattaforma. Grazie a Dio. Credo di aver appena scoperto di soffrire di vertigini…perché sento mancarmi il respiro.
-Tutto bene?- mi chiedi lei. Io annuisco. Faccio qualche respiro profondo e poi mi volto a guardarla.
-Beh…è stato davvero intelligente salire qui. – Lydia mi guarda corrugando le sopracciglia.
-Sei sarcastico?- scuoto la testa. Lei sembra pensarci un po’, poi evidentemente decide che sono serio. –Beh, vengo dagli eruditi, no?-
-Magari se te ne sei andata non eri abbastanza intelligente. – riesco a dirle scherzando. E’ ovvio che non è così. Lei è incredibilmente intelligente.
-Non sono io quella che è salita su una ruota panoramica sapendo che soffre di vertigini. – Mi chiedo come abbia fatto ad accorgersene.
-Non lo sapevo infatti. – lei mi guarda facendo combaciare le labbra tra di loro ed io ricambio il suo sguardo. Non so quanto tempo passa, ma poi lei interrompe il contatto visivo e si mette in piedi.
-Non siamo abbastanza in alto.- constata. –Mi arrampico. – la guardo sbalordito mentre ricomincia a salire la ruota.
-Per l’amor di Dio! – esclamo. Se dovessimo cadere da quell’altezza moriremmo.
-Non devi seguirmi…- La mia appena scoperta paura dell’altezza mi suggerirebbe di non salire, ma non posso lasciarla andare li su da sola.
-Si invece.  - Arrivato a metà strada il mio respiro si fa sempre più irregolare. -Sei umana, Lydia? – le chiedo. –Stare così in alto…- ma non riesco a finire la frase. Lydia finalmente si ferma di nuovo e una volta raggiunta lo faccio anche io.
-Vedi quella? – dice indicando un punto in lontananza. Mi fermo proprio dietro di lei. Il mento sopra la sua spalla. Averla così vicino mi da alla testa, tanto che per un momento penso di precipitare giù. Poi seguo la traiettoria indicatami e alla fine riesco a scorgere una piccola luce a terra. Lo spazio è circondato da alberi, che la coprono, ma non abbastanza.
-Bene, l’abbiamo trovata…ora possiamo scendere? – Si volta verso di me e i nostri volti sono incredibilmente vicini. Troppo.
-Vai prima tu. Io ti seguo. – annuisco perché non vedo l’ora di scendere da lassù. Presto attenzione a dove metto i piedi e ormai sono quasi arrivato a terra quando un urlo mi fa alzare la testa. È Lydia ed è rimasta appesa solo con le mani.
-Stiles!- mi chiama. Accidenti. Penso. Per un attimo vado nel panico, ma poi mi viene un’idea.
-Aspetta li!- le urlo mentre mi affretto a scendere.
-E dove vuoi che vada?!? – mi urla decisamente alterata. Beh non ha tutti i torti.
Una volta a terra cerco il modo di azionare la ruota. Sperando che ancora funzioni. Quando finalmente lo trovo prego solo che tutto vada secondo i piani. Spingo un bottone e per un po’ sembra non essere cambiato niente, ma poi sento uno sferragliare metallico. La ruota è partita! Corro e raggiungo Lydia. È ancora appesa ma grazie alla ruota sta scendendo. Deve saltare al momento giusto però, altrimenti le cabine la schiacceranno.
-Lydia, ora!- grido quando capisco che è arrivato il momento giusto. Lei si lascia cadere ed io mi avvicino pronto a sorreggerla. Finisce sul terreno ma l’aiuto subito a rialzarsi prendendola per mano. Ci allontaniamo immediatamente dalla ruota, perché una delle cabine sta per raggiungerci. –Stai bene?- le chiedo poggiando le mani sulle sue spalle. Lei annuisce.
-Sapevi che funzionava? – scuoto la testa.
-Ho tentato…e fortunatamente è andata bene. – il suo sguardo si fa improvvisamente serio.
-E’ stata una mossa intelligente. Quasi…da erudito… - la sua affermazione mi lascia spiazzato. Forse se non fossi un Divergente, la cosa non mi avrebbe scosso…ma se Lydia capisse? Non so come risponderle e fortunatamente non devo farlo perché Derek ci interrompe.
-Che diavolo avete fatto? Perché avete azionato la ruota?-
-Sappiamo dove sono. – risponde prontamente Lydia.
-E’ stata un’idea di Lydia salire sulla ruota.- mi sento in dovere di specificare.
-Bene. Raggiungiamo gli altri. – seguiamo Derek e diamo la notizia al resto del gruppo.
-Che cosa facciamo allora?- chiede Erica. Lo sguardo di Derek si sposta su me e Lydia.
-Beh… - inizio titubante. Ma poi la mia testa riesce a formulare un piano. –Ci dividiamo a metà. Quattro di noi vanno sul lato destro del molo, tre a sinistra. L’altra squadra è nel parco oltre il molo, per cui il gruppo più grande la attacca, mentre gli altri la aggirano di nascosto per soffiarle la bandiera.- tutti mi guardano come se fossi un’altra persona, così mi ritrovo a grattarmi la testa imbarazzato.
-Buona idea. – dichiara uno degli iniziati interni. –Togliamoci il pensiero. –

Lydia viene con me nel gruppo più piccolo incaricato di prendere la bandiera. Insieme a noi c’è uno degli interni. Corriamo e nel frattempo mi rendo conto che solo uno di noi arriverà a prendere la bandiera. E dovrà essere Lydia. Ne ha bisogno. Non ha vinto nessun combattimento. Deve riuscire a risalire la classifica. Raggiungiamo la fine del molo e da li riesco a vederla bene. Lydia la indica, mostrandola anche all’altro iniziato. Si leva un coro di grida che mi fa sussultare. La nostra squadra ha attaccato. Sento degli scoppiettii, segno che i proiettili di vernice hanno iniziato a volare. L’altro gruppo le corre incontro e la bandiera rimane quasi incustodita. Il nostro compagno di squadra impugna il fucile e mira a una ragazza della squadra avversaria. Io e Lydia facciamo uno scatto e raggiungiamo la bandiera. È appesa al ramo di un albero, molto in alto.
-Immagino che debba prenderla tu… - lei per un attimo è titubante, poi annuisce. Mi abbasso e incrocio le mani permettendole di usarle come leva per salire sul primo ramo. Lydia è così piccola che quasi non sento il suo peso. Si arrampica con facilità sull’albero come se non facesse altro da tutta la vita, ma dubito che sia così. Probabilmente è solo molto agile. Finalmente riesce a raggiungere la bandiera e non appena lo fa ci ritroviamo a lanciare un grido di vittoria. Presto tutti gli altri si uniscono a noi. Le grida di trionfo sono contagiose e ci ritroviamo ad abbracciarci e darci pacche sulle spalle. Perfino con Matt. Dietro di noi, Derek ci osserva con un mezzo sorriso stampato in faccia. Forse il primo verso sorriso che gli vedo da quando siamo qui. Poi quando l’euforia inizia a scemare, si avvicina alle spalle mie e di Lydia.
-Ben fatto. – si congratula ed entrambi gli riserviamo un sorriso altrettanto soddisfatto. Poi mi volto verso Lydia e lei fa altrettanto. Il sorriso è ancora li e anche se non ci diciamo niente, so che da questa sera c’è qualcosa di…concreto fra di noi. Non credo che Lydia sia interessata a me…non ancora almeno, ma forse adesso potremo considerarci almeno amici. La mia vita da intrepido sta iniziando a piacermi. Devo solo superare l’iniziazione.
 
Nota: ci tenevo a precisare una cosa, soprattutto per chi ha già letto i libri. In questa fan fiction non ci sarà la Sterek, nonostante potrebbe sembrare così, soprattutto dopo una scena in questo capitolo. Adoro le loro scene insieme, ma non li vedo come coppia. Oh si, lo so...molte frasi sono identiche a quelle del libro ma non mi sembrava avesse senso cambiarle :) That’s all. spero che il capitolo vi sia piaciuto : )

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Capitolo 8
*** Rivelazioni ***


Angolo dell’autrice: I’m back! Si, lo so è passata una vita e mi dispiace, ma non voglio abbandonare questa storia. Spero che qualcuno dopo tutto questo tempo sia ancora interessato a leggerla e a farmi sapere che ne pensa. In questo capitolo si scoprono un po’ di cose e mi farebbe davvero piacere sapere che ne pensate. Beh, vi lascio alla lettura.
 

Il mattino seguente quando entriamo in palestra mi trovo davanti un enorme bersaglio. Sono stanco, ma allo stesso tempo sento ancora addosso l’eccitazione dovuta alla vittoria del giorno precedente. Ma non è solo per quello. Sono felice per quel momento solo mio che ho avuto con Lydia. La cerco e finalmente trovo i suoi capelli biondo fragola. Faccio per avvicinarmi a lei, ma Jackson mi precede e così rinuncio. Su un tavolo scorgo un mucchio di coltelli. Di nuovo esercitazione di tiro.
Al centro della stanza c’è Kate, che sembra più indispettita del solito.
“Domani sarà l’ultimo giorno del primo modulo” esordisce. “Riprenderete i combattimenti più tardi. Stamattina imparerete a colpire un bersaglio. Ognuno prenda tre coltelli.” Mi avvicino al tavolo e faccio come dice. “Osservate bene Derek che vi mostrerà la tecnica corretta per lanciarli.”
Osservo il braccio di Derek mentre lancia il coltello, ne osservo i movimenti e la posizione del corpo. Non ha sbagliato neanche un colpo.
“Allinearsi!” urla Kate. In quel momento capisco che non è semplicemente arrabbiata. È ferita nell’orgoglio, perché ieri è stata sconfitta, e l’orgoglio per gli intrepidi è importante.
Eseguiamo il suo ordine ma aspetto a lanciare. Voglio prima imparare alla perfezione il movimento. Così passo i primi minuti ad esercitarmi senza coltello.
“Ehi, Rigido! Hai presente cos’è un coltello?” Jackson come al solito non perde occasione per infastidirmi. Questa volta però lo ignoro e inizio ad esercitarmi con il coltello. Ripeto il movimento ancora un po’ e alla fine tiro. La lama va a sbattere contro la tavola. Non si conficca, ma sono il primo a colpire il bersaglio. Mi volto soddisfatto verso Jackson, che lo ha appena mancato di nuovo. “Ehi,Jackson ”non riesco a trattenermi. “Hai presente cos’è un bersaglio?” Isaac accanto a me ridacchia.

Circa mezz’ora dopo, solo una persona non ha ancora mai messo assegno un tiro: Danny. Penso che in fondo non sia una tragedia, visto che il suo punteggio è abbastanza alto, ma le cose iniziano a prendere una brutta piega quando Kate se ne accorge.
“Che problemi hai, Candido? Ti serve una lente d’ingrandimento?” Danny si irrigidisce, ma non le risponde. Prova a lanciare di nuovo, ma il coltello finisce a terra.
“Vai a raccoglierlo” gli intima Kate.  Danny ci guarda e noto come la sua espressione sia intimorita. Involontariamente ci siamo tutti fermati ma Kate ci richiama: “Vi ho detto di fermarvi?”
Ricominciamo a colpire la tavola, mentre Danny cerca di far ragionare Kate.
“Non posso andare a raccoglierlo!” esclama “Stanno tutti lanciando.”
“Quindi?”
“Quindi non voglio essere colpito.” E’ la prima volta che Danny va contro uno dei nostri istruttori.
“Penso che tu possa contare sul fatto che i tuoi compagni hanno una mira migliore della tua. Vai a prendere il coltello.” Per un momento penso che stia sul serio per farlo, ma poi mi stupisce.
“No” dice. È arrivato al limite di sopportazione. Sono preoccupato per lui, ma allo stesso tempo ne sono orgoglioso.
“Perché no? Hai paura?”
“Di essere infilzato con un coltello volante? Si, certo!” Ahia. Penso. Danny è stato troppo sincero. Avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa, soprattutto perché si parla di paura.
“Fermi!” grida a quel punto Kate. “Allontanatevi, tutti tranne te” dice rivolta a Danny. “Mettiti davanti al bersaglio”. Questa volta Danny non replica.
“Derek, vieni a darmi una mano.” Questo si avvicina svogliatamente.
“E’ proprio necessario?” chiede. Perfino Kate sembra stupita che abbia provato a contraddirla. Aggrotta le sopracciglia.
“Comando io qui, quindi si…è necessario” Kate si allontana lasciando il posto a Derek. Poi si rivolge di nuovo a Danny “Rimarrai là mentre lui lancia i coltelli. Finché non impari a non battere ciglio.”
Osservo Derek. La mascella è serrata, le braccia tese mentre afferra i coltelli. Poi sposto lo sguardo su Danny. I suoi occhi sono spalancati e per la prima volta colgo la paura sul suo volto.
Stringo i pugni. Non dovrei farlo. Penso. Li ho già sfidati una volta. Però non ce la faccio. “Smettetela!” grido facendomi largo tra i miei compagni. Sento gli occhi puntarsi su di me.
“Così non dimostrate proprio niente. Chiunque può stare immobile davanti a un bersaglio”. Kate sogghigna.
“Allora non dovresti avere problemi a prendere il suo posto.” Sento qualcuno dietro di me ridere. Sicuramente Jackson. Non muoio dalla voglia di mettermi davanti al bersaglio, ma ormai non posso tirarmi indietro. Mi avvicino alla tavola e prendo il posto di Danny che mi rivolge un sorriso tirato. Io gli faccio un segno con la testa. Sto facendo la cosa giusta.
Adesso il mio sguardo è fisso su Derek.
“Se chiudi gli occhi Danny prende il tuo posto”. Annuisco. Derek solleva la mano in aria e poi lancia. Il coltello si conficca con un tonfo alla mia destra. A circa dieci centimetri dalla mia faccia.
“Ne hai abbastanza, Rigido?” sta cercando di provocarmi. “No”. Ribatto.
Passa qualche secondo e poi lancia il secondo coltello. Questa volta si conficca sopra la mia testa e sono sicuro che ci sia andato molto più vicino.
Ne manca solo uno. Penso. Trattengo il fiato, mentre Derek alza di nuovo il braccio e lancia di nuovo. un bruciore mi colpisce l’orecchio sinistro. Sollevo una mano e le mie dita si cospargono di un liquido rosso. Mi ha colpito. Gli lancio uno sguardo severo e dal modo in cui mi guarda lui, capisco che lo ha fatto apposta.
“Mi piacerebbe fermarmi e vedere se siete coraggiosi quanto lui” dice Kate mentre mi sorride. Sembra soddisfatta, come se al posto mio ci fosse stata lei. “Ma penso che per oggi sia abbastanza”. Poi mi si avvicina e mi sussurra all’orecchio qualcosa che mi sconvolge: “Dovrei tenerti d’occhio”. In quel momento mi rendo conto di aver esagerato. Ha capito che sono un Divergente? Ma poi se ne va e torno a respirare.
Mi stacco dalla tavola e mentre passo accanto a Derek lui mi dice “Stai sanguinando” gli lancio un’occhiataccia. “Me ne sono accorto, grazie.” Poi raggiungo i miei compagni e insieme a loro lascio la palestra.
 

Il giorno seguente è la vigilia del giorno delle visite. Non riesco a pensare ad altro. Sinceramente non mi importa se e con chi dovrò combattere quel pomeriggio. Voglio solo che arrivi domani. Quella mattina però decido di andarmi a comprare dei nuovi vestiti. Mi sono accorto che la maggior parte o sono rovinati o non mi entrano più. L’addestramento degli intrepidi ha fatto spuntare dei muscoli di cui non sapevo l’esistenza. Appena metto piede fuori dal dormitorio, mi scontro con qualcuno. È Danny. Ancora non abbiamo avuto modo di parlare.
“Ciao” mi saluta. Sembra imbarazzato.
“Ciao…” gli rispondo a mia volta titubante.
“Dove stai andando?” mi chiede.
“Al Pozzo. Ho bisogno di vestiti nuovi.”
“Posso accompagnarti?” annuisco. Camminiamo in silenzio per un po’, poi è Danny a romperlo.
“Volevo ringraziarti. Sai…per ieri.” Scuto la testa.
“Figurati”
“Nessun altro lo avrebbe fatto. Sei proprio un Abnegante…” Danny lo dice sorridendo, ma per qualche motivo io ne sono infastidito.
“Non sono un Abnegante” replico.
“Scusa, intendevo…” non lo lascio finire.
“Lascia stare. Fa niente. Ho capito.” Forse la mia reazione è stata esagerata, ma ormai non sono più un abnegante. Sono un Intrepido.

Io e Danny ci fermiamo in un negozio e acquisto un paio di pantaloni e una maglietta. Per oggi può bastare. Mentre torniamo però, all’interno del negozio di tatuaggi riconosco una figura. Mi blocco.
“Che c’è? Vuoi farti un tatuaggio?” mi chiede Danny.
“Entriamo a dare un’occhiata.” Al suo interno ci accoglie un uomo sulla quarantina, dalla carnagione olivastra. Per un attimo penso di aver avuto un abbaglio, ma poi appare. La ragazza del test. Ancora non mi ha visto, così mi avvicino facendo finta di prestare attenzione ai tatuaggi. Fortunatamente Danny sta facendo altrettanto.
“Ciao” le dico. Lei alza la testa e quando mi guarda ho l’impressione di scorgere un lampo di paura.
“Genim, giusto?” sussulto. Non sono più abituato a sentirmi chiamare così.
“Stiles, in realtà” lei annuisce. “E lei è?” Non so ancora il suo nome.
“Marin” mi risponde. “Cosa posso fare per te? Vuoi un tatuaggio?” scuoto la testa.
“Ho bisogno di parlarti di…” lanciò un’occhiata a Danny, che nel frattempo ha iniziato una conversazione con l’uomo del negozio “….una cosa. Quando vuoi.”
“Non credo sia saggio” obietta parlando a bassa voce. “Ti ho già aiutato per quanto ho potuto. Adesso devi cavartela da solo.” Sento la delusione crescere dentro di me. So che se vorrebbe potrebbe aiutarmi molto di più.
“Allora, vuoi farti un tatuaggio?” mi domanda di nuovo.
“No” le rispondo.
“Allora non credo di poter fare altro.”
 

Il giorno delle visite è arrivato. Tutti si vestono in silenzio, e so che nessuno di noi è sicuro di rivedere i proprio genitori. Non tutti prendono bene la scelta di un figlio di cambiare fazione, ma qualcosa mi dice che mio padre ci sarà. 
All’improvviso Kate fa irruzione nella stanza. “Attenzione!” urla. “Voglio darvi qualche consiglio su oggi. Se per miracolo i vostri parenti dovessero venire a farvi visita, cosa di cui dubito, è meglio che non vi mostriate troppo affezionati. Renderà tutto più facile per voi, e anche per loro. Inoltre qui prendiamo molto sul serio il motto la fazione prima del sangue. Se siete troppo attaccati alle vostre famiglie significa che non siete del tutto contenti della vostra fazione. E questo sarebbe disonorevole. Ci siamo intesi?”. Ho capito perfettamente.
Esco nel pozzo, dove sono già radunate diverse famiglie, per la maggior parte di Intrepidi, quelle degli iniziati interni. Mi guardo intorno e scorgo Allison. Sta parlando con uomo. Ha una folta barba e gli occhi azzurri. Deve essere suo padre.
Con grande stupore mi accorgo che quasi tutti i miei compagni hanno ricevuto visite. Perfino Jackson. Poi vedo Lydia che abbraccia una bella donna con una camicetta azzurra. Sua madre. Sorrido alla vista di quella scena.

Alla fine riesco a scorgere mio padre. È venuto! Non ne avevo mai dubitato, ma vederlo li mi rassicura. Accelero il passo e lo raggiungo. Solo in quel momento mi accorgo che insieme a lui c’è un’altra persona.
“Scott!” esclamo. “Che ci fai qui?” in genere non è permesso agli amici farci visita.
“Sono riuscito ad ottenere un permesso speciale.” Mi dice sorridendo. A quel punto non ci penso due volte. Mi sporgo verso di lui e lo abbraccio. Lui rimane fermo, non siamo abituati a questi gesti. Mi lascia qualche pacca imbarazzate sulle spalle e poi sciolgo l’abbraccio. Non mi importa di quello che dicono gli intrepidi. Abbraccio anche mio padre. Quando ci stacchiamo lui posa le mani sulle mie spalle e mi osserva.
“Genim” dice, come se gli fosse mancato dire il mio nome. Mi ritrovo a provare pena per lui e mi sento uno schifo. L’ho abbandonato. L’ho lasciato solo. Come ho potuto? Ma poi lui mi sorride e so che nonostante tutto non ce l’ha con me. “Hai messo su qualche chilo…” mi dice.
“Muscoli” lo correggo sorridendo mentre mi scopro il bicipite e glieli mostro. Lui e Scott ridono. Mi sono mancati.
“Allora, ti sei fatto degli amici?” mi chiede mio padre. Annuisco e indico qualcuno. Danny, Isaac, Erica.
“E Lydia?” questa volta è Scott a parlare. Sento le guance che mi vanno a fuoco e spero sia solo una sensazione e che non si siano colorate sul serio.
“Ci stiamo…conoscendo”rispondo rimanendo sul vago. Ed in fondo è vero. Distolgo lo sguardo e involontariamente incrocio proprio quello di Allison. Mi sorride e io le faccio segno di avvicinarsi. Quando Scott si accorge di quello che sto facendo va nel panico.
“Che fai? Sei impazzito?” mi metto a ridere.
“Sii disinvolto” gli dico. Allison ci raggiunge con quel sorriso dolce che ha sempre stampato in faccia.
“Papà, Scott…lei è Allison” mio padre le stringe subito la mano, Scott invece esita qualche secondo.
“Così…lui è Scott” dice Allison. Io mi gratto la testa imbarazzato.
“Le…le hai parlato di me?” chiede Scott. Il suo tono è allarmato.
“Più o meno”. Allison si lascia andare a una risata.
“Ragazzi” esordisce mio padre “vi dispiace se vi lasciamo un attimo soli?” lo guardo interrogativamente mentre Allison scuote la testa.

Seguo mio padre nonostante non capisca come faccia ad orientarsi. Dove stiamo andando? All’improvviso mi afferra per un braccio e svolta a sinistra. Si infila in un corridoio buio e quasi mi spaventa.
“Genim, con me puoi parlare sinceramente” esordisce “come sono andati i combattimenti? Come ti sei classificato?”  lo guardo interrogativamente.
“Come fai a sapere dei combattimenti e delle classifiche?”
“Non sono così top secret come credi le informazioni sull’iniziazione degli intrepidi.”
“Sono a metà”. Rispondo.
“Bene. Cerca di non salire troppo in classifica. Non devi attirare l’attenzione.” Questa conversazione sta diventando sempre più strana. “Ora, dimmi…che risultato hai avuto al test attitudinale?” Mi ricordo delle parole di Marin. Mi ricordo del suo avvertimento. Non dovrei dirlo a nessuno, ma lui è mio padre.
“Test inconcludente” ammetto a bassa voce.
“Immaginavo.” Sospira. “Sta succedendo a molti figli degli Abneganti, ma da te avrei dovuto aspettarmelo maggiormente.” Che sta dicendo? Anche lui era…?
“Tua madre” mi risponde come se mi avesse letto nel pensiero.
“Mamma era una…” mio padre mi copre la bocca con un mano.
“Non dirlo.”
“Perché?” gli chiedo. Adesso voglio sapere di più.
“Non posso dirtelo. Cerca solo di non attirare l’attenzione.”
“Dimmi qualcosa!” non può darmi queste informazioni e poi pretendere che non faccia domande.
“Sta succedendo qualcosa. Ha a che fare con il siero di simulazione. Purtroppo a noi Abneganti è stato negato l’accesso alla fazione degli Eruditi, altrimenti sarei andato li appositamente per indagare…”
“Perché vi hanno negato l’accesso?”
“La situazione è sempre più tesa.” Rimango in silenzio, confuso da tutte quelle informazioni.
“Adesso devo andare. Mi raccomando, ricorda quello che ti ho detto.” Mi posa una mano su una spalla e la stringe. Mi sta salutando.
Si allontana da me ed io sono troppo stordito per seguirlo. In fondo al corridoio si volta e dice: “Mangia un pezzo di torta per me, d’accordo? Quella al cioccolato. È deliziosa”. Mi rivolge un ultimo sorriso. “Ti voglio bene” mi dice. E poi sparisce.
Rimango li, fermo, per diversi secondi, e allora capisco. Mio padre è già stato qui, ricordava questo corridoio. Quindi, non solo mia madre era una Divergente, ma mio padre…era un Intrepido.

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