Dannatamente Difficile....

di Kyryu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo e PRIMO CAPITOLO ***
Capitolo 2: *** SECONDO CAPITOLO ***
Capitolo 3: *** TERZO CAPITOLO ***
Capitolo 4: *** QUARTO CAPITOLO ***
Capitolo 5: *** QUINTO CAPITOLO ***
Capitolo 6: *** SESTO CAPITOLO ***
Capitolo 7: *** SETTIMO CAPITOLO ***
Capitolo 8: *** OTTAVO E NONO CAPITOLO ***
Capitolo 9: *** DECIMO CAPITOLO ***
Capitolo 10: *** UNDICESIMO CAPITOLO ***
Capitolo 11: *** DODICESIMO CAPITOLO ***
Capitolo 12: *** TREDICESIMO CAPITOLO ***
Capitolo 13: *** QUATTORDICESIMO CAPITOLO ***
Capitolo 14: *** QUINDICESIMO CAPITOLO ***
Capitolo 15: *** SEDICESIMO CAPITOLO ***
Capitolo 16: *** DICIASSETTESIMO CAPITOLO ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo e PRIMO CAPITOLO ***


 DANNATAMENTE DIFFICILE...

 

Prologo

Il ricordo del piacere non è più piacere. Il ricordo del dolore è ancora dolore.

Così recitava Lord Byron e mai, come in quel momento, gli detti così tanta ragione.

Sconfitta, da ciò che mi aspettava in quella che, una volta, era la mia città, guardavo fuori dal finestrino di quel treno ad alta velocità e pregavo silenziosamente di non arrivare a destinazione. Pregavo di non rivedere quel volto. Desideravo con tutta me stessa porre fine a quell’agonia, fuggendo lontana dalla realtà.

Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro: avrei dovuto fare i conti con il passato e con quello che, qualche mese prima, consideravo il mio futuro.

Dall’altoparlante, una voce metallica disse:”Benvenuti a Roma”.

-Eccomi arrivata- mi dissi e con quel senso di paura, scesi dal treno.

 

 

PRIMO CAPITOLO

 

-         A cosa pensi, Cristy?- mi chiese Anna, incuriosita dalla mia espressione, seguendo il mio sguardo. Si accorse dove cadeva la mia attenzione.

Dall’altra parte della Piazza si trovava una combriccola di amici, ma non era il gruppo in sé che osservava con così tanto interesse: infatti, l’oggetto delle sue considerazioni era solo uno.

Un ragazzo bellissimo, dalla carnagione scura, molto abbronzato, dai lineamenti perfetti, i capelli rasati con delle finissime basette che terminavano sulla guancia, che sapevo perfettamente morbida. Gli occhi nocciola davano a quel viso un’espressione timida, ma sveglia e furba. Il suo corpo era statuario, alto e perfettamente proporzionato: impossibile da trovare tra i diciasettenni; tutto ciò aveva solo un nome: Alex. 

-         No! Cristina! Ancora? Se continui così non riuscirai mai a dimenticarlo!! Perché lo fai?-

Già… Perché pensarlo? Perché seguire ogni suo movimento, se ogni sorriso è come una lama tagliente piantata nel petto?

-Perché non posso farne a meno- sussurrai debolmente. Che coincidenza! Risposi a tutt’e due le domande.

Anna, mia sorella maggiore, la mia migliore amica. Senza lei al mio fianco, non sarei mai riuscita a superare quell’impatto incredibile.

-         Sono passati quasi 6 mesi da quando hai avuto la notizia… E tu lo pensi ancora? Cristy… La vita va avanti! Non puoi rovinarti così! Pensa ai tuoi amici, alla tua famiglia, a me… Come credi che mi senta quando vedo quell’espressione afflitta sul tuo bel viso paffuto???-

-         Anna… Non è facile come credi… Lo amavo e l’amo ancora.-

Eravamo sedute a un tavolino di un bar, in Piazza Navona. Stavamo facendo colazione assieme, per la prima volta da quando ero tornata a casa. Anna era solita prendere la sua tazza di cioccolata fumante, intavolando discorsi di cui non seguivo nemmeno mezza virgola, data la presenza di quell’individuo. Alcune volte, la seguivo perché mi insultava, altre, perché mi interessava sapere solo determinate informazioni.

 -Meno male che quest’anno eri a studiare a Madrid. Non ringrazierò mai abbastanza per questo. Non avresti mai sopportato tutto quello che è successo- blaterò ancora, indifferente del suo interlocutore.

Già… Mentre io ero a studiare a Madrid, la mia “vera” città, quì, in quella che consideravo “prima casa”, era scoppiato un putiferio.

Litigate tra amici, storie orribili, notizie raccapriccianti.

E il preludio di questa abominevole storia, ebbe inizio da una telefonata.

 

Circa sei mesi prima……

 

Un telefonino squillava con la suoneria di una nota Opera lirica, “L’aria della regina della Notte” da “il Flauto Magico” di Mozart. Tirando fuori il mio braccio da sotto il piumone pesante, lo cercavo a tastoni sul comodino. Afferratolo, risposi e sentii una voce che, in quel preciso momento, non volevo sentire.

- Hey sorellina!!! Stai già dormendo?-

Anna. Per quanto le volessi bene, in quel momento stava rischiando la morte molto seriamente.

-         No… Sai, le persone normali alle … tre di notte… sono ancora sveglie!!!- le risposi sarcastica, con la voce impastata. Ero appena andata a dormire, dopo aver preso parte ai festeggiamenti per la prima di un’opera in cui, io, interpretavo il ruolo della protagonista.

-         Perdonami, ma non potevo attendere oltre.- rispose dispiaciuta. Le perdonavo tutto quando assumeva quel tono di voce.

-         Ok… Non ci sono problemi. Però, ora che mi hai svegliato, dimmi cos’è successo.-

Anna, dall’altra parte del ricevitore, non rispondeva.

-         Anna?? Coraggio! Parla…. Dimmi cos’è succ….-

-         Alex si è fidanzato!- sputò tutto in una volta.

 

In quel momento, tutti i miei sogni più intimi, si scioglievano come neve al sole.

Alex, il ragazzo che ho sempre amato, segretamente, fin dalla tenera età di 7 anni, si era fidanzato. Ricordo ancora cosa gli sussurrai all’orecchio tre mesi prima, quando mi aveva accompagnata all’aeroporto:-Aspettami… Al mio rientro ho qualcosa d’importante da dirti.-

Solo per quella notizia, il mio cuore sarebbe dovuto morire e avrebbe dovuto cessare di scandire quei battiti che credevo, fossero fondamentali. Mentre invece, il cuore non era fondamentale: era lui il fondamento della mia esistenza, lui era il principio della mia vita.

Ma non era ancora giunta l’ora di smettere di vivere, perché sicuramente avrei subìto un altro colpo, molto più duro di quello precedente. Me ne ero accorta perché il respiro di Anna nascondeva ancora qualcosa.

     -Che altro?- sussurrai flebilmente, chiudendo gli occhi e preparandomi ad assimilare una notizia ben più grave di quella precedente.

     - Bè Cristy… Il problema è che… si è fidanzato con Miriam- disse dispiaciuta.

Ascoltandola, non credetti a quello che mi stava dicendo. No, no, no.

-         Ma è una nuova?- chiesi, speranzosa: pregavo, desideravo, auspicavo che questa ragazza non fosse chi pensavo fosse veramente.

-          No. E’ Miriam Gherlindi… Miss Gherlindi - mi rispose Anne.

Miriam Gherlindi. Era colei che avrei desiderato si mettesse per ultima con lui. Alex era uscito, sicuramente, di senno. Era stata la nostra professoressa d’inglese al biennio delle superiori, una ventiseienne dal corpo stupendo con un colorito ambrato, dai capelli del colore dell’oro e da uno sguardo ammaliante verde acqua. Una vera bellezza. Si è sempre guadagnata la nostra attenzione con il suo sguardo accattivante. Anna riprese il suo discorso.

- Cristina. Questa cosa te l’ho detta perché l’ho scoperta per caso. Passeggiando per il parco con Marco, verso mezzanotte, abbiamo notato due persone in un momento … ehm…-  

 - Dillo, Anna. Stavano facendo sesso al parco.- tagliai corto. Preferivo soffrire tutto in una volta, piuttosto che accumulare dolore un po’ alla volta.

-Sì…. Non sapevamo chi fossero, quando poi, ebbero terminato, li abbiamo visti uscire dalla porta sul retro del parco e li abbiamo riconosciuti. Lo sappiamo solo noi. Marco l’ha chiamato per chiedergli da quanto tempo andava avanti questa storia e… ha detto che questa storia va avanti da 3 anni.-

Ecco, il colpo di grazia. In tre anni, non mi ero accorta di niente. Non uno sguardo, non una parola. Niente. Che orrore. Provavo ribrezzo per quelle persone. Una di 23 anni, con uno di 14. Il mio disgusto non aveva limiti. E la cosa continuava.

-         Te l’ho detto perché…. Anche se non mi hai mai detto niente, ho notato il tuo “interesse” per lui.- mi disse Anna.

-         Ok… grazie… Notte…- riuscii a sillabare prima di chiudere la telefonata.

Mi lasciai cadere di nuovo sul letto con gli occhi sbarrati. La nausea aveva preso posto al sonno che, fino a qualche minuto prima, sentivo. Sentivo dentro il mio petto, un vuoto.

Non avrei mai più sentito il senso di pienezza che si prova quando si ama, avrei dimenticato come si sorride, non sarei mai uscita da quel baratro. Ormai, era una via senza ritorno.

E, lasciandomi cullare dal dolce suono del violino che il vicino di casa poteva suonare solo a quell’ora, caddi in un sonno disturbato dagli incubi.

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Capitolo 2
*** SECONDO CAPITOLO ***


 

SECONDO CAPITOLO

 

Dopo essermi ripresa da quel breve ma intenso flashback, pagammo il conto e ce ne andammo dal bar. Per arrivare a casa nostra dovevamo passare per la Piazza, andando incontro a quel piccolo gruppo di amici. Tra loro stava anche Marco, l’eterno fidanzato di Anna, il piccioncino perfetto. Mentre ci avvicinavamo, Marco ci corse incontro e prese tra le braccia mia sorella, facendola volteggiare per poi, riappoggiarla a terra e sfiorarle delicatamente le labbra con le dita.

-Che schifo.- commentai, ricevendo un’occhiataccia dai due che mi rimbeccarono con un – E non guardare, allora!!-.

Mentre i due si scambiavano le coccole, mi si avvicinò Matteo.

Il mio migliore amico era altissimo, più o meno attorno al metro e ottanta con i capelli castani ricci tenuti con una fascetta nera. Il suo viso era cambiato: in quei mesi, i suoi lineamenti avevano assunto un’aria più virile e le sue dolci guanciotte lisce, lisce ora, erano ruvide: gli stava crescendo la barba. La linea un po’ ingobbita del naso, separava dei comunissimi occhi neri come la pece. Non era mai stato bellissimo, ma la cosa più bella che possedeva era il suo bianco sorriso, caldo e radioso come un raggio di sole dopo la tempesta. Mi era proprio mancato.

-¡Hola, chica! ¿Como estas?- mi chiese, euforico.

- Todo bien... Però, l’hai imparato abbastanza bene lo spagnolo. Ti fa bene fare alcune lezioncine con me via chat, mentre sono lontana.- risposi, felicissima di rivederlo.

In un attimo mi fu addosso e mi ritrovai allacciata al suo petto. La mia testa si ritrovò incastrata sotto il suo mento e sentii che stava annusando il profumo dei miei capelli: lo shampoo alla fragola aveva fatto il suo effetto.

-Mi sei mancata tantissimo, piccola “Maria Callas”.- mi sussurrò leggero, quasi me lo fossi immaginata.

Lo abbracciai di rimando, permettendogli di stringermi a sé a suo piacimento, quando sbucò fuori dal nulla, una voce densa e calda.

-         Hey! Non potremmo abbracciarla anche noi, per qualche minuto?? La consumerai, se la terrai così stretta ancora per molto.- era stato proprio colui che non avrei voluto sentir  parlare.

Matteo mi staccò dal suo petto e rispose alla sua provocazione:- Attenti a non consumarla voi!!!-

Tutti i componenti della banda, approfittando del momento, corsero subito a salutarmi: c’erano i gemelli Dario e Cesare con Giulia e Roberta, le rispettive fidanzate, Diana, Mario e infine lui, Alex.

Mi strizzarono come fossi stato uno straccio, mi abbracciarono e mi fecero girare come una trottola.

Mi ero lasciata per ultimo Alex.

-Ciao, piccolina.-

Mi abbracciò dolcemente, poggiando delicatamente la sua fronte sulla mia.

Sentivo il suo respiro sfiorarmi le labbra, desiderose di sentire la sua bocca appoggiarvisi  leggera, suggellando una promessa d’amore, che non sarebbe stata mai mantenuta. I nostri sguardi erano incatenati l’uno all’altro, quasi non volessimo perderci un attimo di quel momento che, per quanto inconcludente fosse, celava dietro quelle fattezze qualcosa di magico.

-Ciao, gigante.- gli risposi, evitando di arrossire, cosa che non mi riusciva tanto facilmente.

Vedendo le mie guance prendere piano, piano un colorito vicino al rosso porpora, il suo sorriso crebbe, mostrandomi la brillantezza e lo splendore di quel gesto, in tutta la sua essenza.

A poco, a poco slacciò le sue braccia dal mio corpo, spezzando con un solo gesto quel momento così intenso.

Appena riacquistata un po’ di lucidità si accorse dei lampi d’odio che i suoi amici gli lanciavano.

Anche se fossero passati cento anni, non gli avrebbero mai perdonato quella sua tendenza ad uscire con persone più “vecchie”.

Mi ero persa una grande litigata; dai racconti di mia sorella potevo capire che tutti sapevano del mio “interesse”, come lo aveva chiamato lei, e che tutti avevano preso le mie parti e tutto questo era accaduto mentre io, ignara di tutto, mi crogiolavo nel divertimento che solo la città di Madrid poteva offrire.

 I nostri amici ci guardavano, ancora furiosi, ma io, con un cenno del capo. gli feci capire che andava tutto bene e che non c’era bisogno che fossero così protettivi nei miei confronti: potevo tranquillissimamente cavarmela da sola.

Si rilassarono un poco e io mi sedetti sopra il cofano del vecchio Peugeot di Dario e ripensai ancora a quello che mi disse Anna.

Tutti sapevano di quella storia e nessuno mi aveva detto niente e, probabilmente, non me lo avrebbero mai detto, se non fosse stato per Anna.

Tutti gli avevano detto che faceva schifo, che non era possibile che stesse con una così grande, che potrebbe farci, tra un po’, da madre.

Sapevo tutti i particolari di quella sera e la cosa che mi stupì più di tutte, fu il comportamento di Matteo: secondo quello che mi aveva raccontato Anna, non aveva detto niente e teneva sempre lo sguardo basso. A un certo punto, dopo una domanda fatta da Cesare, del tipo :”Cosa direbbe Cristina, se fosse qui?”, Alex chiese a Matteo:

-         E tu ? Non hai niente da dirmi?-

Si alzò dalla sedia e si fermò davanti a lui. Gli diede uno schiaffo potentissimo e disse:”Mi hai deluso, amico. Pensavo l’avessi capito, ma, a quanto vedo, non sei degno di lei. Ci hai deluso.” Alex rimase bloccato con lo sguardo riverso a terra, mentre Matteo usciva a grandi passi.

Non mi aspettavo una reazione come quella, da parte di Matteo. Era stato scioccante, perché, di solito, Matteo non si metteva in mezzo in queste storie perché non gli interessavano e perché, come dice il detto, “tra moglie e marito, non mettere il dito” e faceva sua quella regola.

Chissà cosa gli sarà preso in quel momento…

 

ANGOLO DELL'AUTRICE....

 

Allora...  Non sarà una grande storia, ma finchè ci sarà anche una sola persona a seguirmi, sarò sempre felice di postare...

Quindi..... Ren_91 ti ringrazio.... Sei molto gentile a leggerla...:D Spero ti possa piacere dall'inizio alla fine....!!!!

A prestoooo!!!

 

Vostra... Kyryu

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Capitolo 3
*** TERZO CAPITOLO ***


TERZO CAPITOLO

 

Dopo aver staccato Anna dalle braccia del suo “coccolino amoroso”, riuscii ad arrivare alla mia Minnie, una Mini Cooper blu con la bandiera dell’Inghilterra sopra la cappotta, e a raggiungere casa. Appena parcheggiato nel garage, scendemmo ed entrammo in casa. Sembrava così vuota, senza i miei genitori. Erano partiti in America, perché mia madre, una pittrice di nota fama mondiale, doveva lanciare le sue nuove opere e mio padre, il solito hippy, la seguiva dovunque. Ma come si può avere dei genitori così sbandati? Meno male che ci avevano lasciato tutti i soldi per il nostro sostentamento. Non potrò mai dire che ci abbiano trascurato, perché mia madre chiamava almeno 3 volte al giorno, mentre invece, per mio padre, era molto se rispondeva al telefono una volta a settimana: diceva sempre “Dovranno imparare a vivere da sole ed è giusto che si prendano le loro libertà….! “ e sottovoce aggiungeva a me e ad Anna “… Attente a non portare giovanotti… Io… ME NE ACCORGO!” . Veramente spostato.

-         Anna…. Entro in doccia… ok?- dissi ad Anna, che mi rispose mugolando un sì attaccandosi al pc come una ventosa: era diventata dipendente di quella cosa.

Poggiai tutto quanto in camera, presi il cambio e mi rinchiusi in bagno.

Continuavo a pensare a quella sensazione magica che si era creata tra me e Alex… Cavolo! A cosa era servita tutta quella terapia con mia sorella?! A niente! Tutti i miei sforzi e i miei traguardi si erano eclissati davanti a quello sguardo così intenso.

La doccia mi serviva, eccome!

Smisi di pensarlo, cercai la manopola dell’acqua fredda e l’azionai e stessa cosa feci con quella dell’acqua calda, cercando un po’ di stabilità tra le due temperature. Quando l’acqua fu pronta, mi spogliai. Tolsi quasi tutto, rimanendo in mutande e reggiseno davanti al grande specchio del bagno.

Ma in cosa non potevo competere con “Miriam”?? Non mi sembrava di essere così brutta da essere scartata via, così.

Avevo un bel viso rotondo e non troppo paffuto, semplice, con delle guance rosee che si coloravano quando mi imbarazzavo tremendamente e quando correvo troppo, delle ciglia lunghe che nascondevano due occhi color del caramello con delle striature particolarissime verdi. Il naso leggermente alla francese, scendeva dritto raggiungendo le labbra. Non erano troppo fini, ma nemmeno a “canotto”: erano perfette e semplici e sapevo che se ci fosse stato Alex, avrebbe detto:”Sono come due nuvole che nascondono il sole”; il mio sorriso, a quel pensiero, mi morì sulle labbra. Se avesse saputo che stavo soffrendo proprio a causa sua!

 Non potevo certo pensare che non potevo competere per i miei capelli castano chiaro che, incorniciando il mio viso, giravano su sé stessi, in boccoli perfetti e per niente crespi.

Mi risvegliai da quel senso di gelosia e mi buttai sotto la doccia.

Quell’attimo mi aveva sconvolta. Era bastato un gesto a frastornarmi, uno sguardo a paralizzarmi.

Forse avevo dimenticato come ci si sentiva , in presenza della persona più amata al mondo.

Il getto dell’acqua cadeva leggero, ma a poco a poco, scavava nel più profondo del mio essere. Ricordavo tutti i momenti passati assieme, anche i momenti meno significativi come per esempio una serata con gli amici, che si era trasformata in una serata tra me e lui.

E sentivo tutto quello che in quei sei mesi avevo cercato di rimuovere: la disperazione di saperlo tra le braccia di qualcun’altra, l’impressione di morire ogni volta che sentivo il suo sguardo su di me, la voglia di cadere tra le braccia delle tenebre di un giorno assolato qualsiasi, per rimanere da sola, con in mano il mio cuore, bagnato da lacrime di sangue.

E lentamente, fino a quando non sentii la mia testa appoggiarsi al muro, cominciai a singhiozzare e a ripiegarmi su me stessa, quasi ad evitare lo scontro frontale con quel dolore.

Sentivo in sottofondo una musica, una canzone accompagnata dalla chitarra: era stata Anna a metterla. Forse mi aveva sentito e forse avrebbe voluto consolarmi, ma sapeva perfettamente che non volevo nessuno. Aveva trovato il suo modo per farmi stare un po’ meglio…

 

 

  Another turning point, a fork stuck in the road
Time grabs you by the wrist, directs you where to go
So make the best of this test, and don't ask why
It's not a question, but a lesson learned in time

It's something unpredictable, but in the end is right.
I hope you had the time of your life.

So take the photographs, and still frames in your mind
Hang it on a shelf in good health and good time
Tattoos of memories and dead skin on trial
For what it's worth it was worth all the while

It's something unpredictable, but in the end is right.
I hope you had the time of your life.

It's something unpredictable, but in the end is right.
I hope you had the time of your life.

It's something unpredictable, but in the end is right.
I hope you had the time of your life….

 

 

Quella canzone mi aveva fatto stare meglio: aveva scelto i Green Day e aveva fatto la scelta giusta. Mi conosceva così bene che, nonostante tutte le arrabbiature e gli incazzamenti vari che mi faceva venire, trovava sempre, inconsapevolmente, una parola di conforto, per i miei momenti più fragili. E mentre alzava il volume, per farmi sentire che era vicina e per calmarmi, capii una cosa.

I Green Day avevano ragione…. Alla fine, era giusto così.

Sì, per quel poco che avevo avuto, avevo vissuto i più bei momenti della mia vita e, se anche la vita mi avesse portato fuori rotta, l’avrei accettata anche malvolentieri.

Avrei accettato tutto, ma non mi sarei mai aspettata che la vita mi avrebbe messa davanti a un altro bivio, e ancora davanti a tanto altro dolore.

 

It's something unpredictable, but in the end is right.
I hope you had the time of your life….

 

 

 

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE...

 

OOOH......!!! *O*

Buonasera.... Allora... Spero sia piaciuto anche questo capitolo..

La canzone che ho utilizzato è Good Riddance (Time of your life) dei miei adorati GREEN DAY!!!! *ç*

Ora...

Ren_91... vedrai.... Forse non stupirò del tutto, forse ve lo immaginerete.... Ma... state a vedere che qualcosa la combino... ;)

yumisan... Arigato... Molto gentile per averla letta... solitamente non mi aspetto che le mie storia vengano lette.... Quindi, per me è già molto che abbia catturato l'attenzione di qualcuno..... Grazie ancora... :D

 

Bene... ci sentiamo molto prestoooo!!!!

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Capitolo 4
*** QUARTO CAPITOLO ***


QUARTO CAPITOLO

 

Decisi che non potevo rimanere ancora per molto a rimpiangere i bei tempi: dovevo agire. Se non riuscivo a dimenticarlo, avrei dovuto consolarmi in altre maniere. Avrei potuto mettermi con qualcun altro, ma la cosa mi sembrava impossibile, dato che rischiavo di scambiare quel fantomatico “ragazzo” con Alex e non mi andava di aggiungere un’altra vittima a quel dolore. Vagliavo tutte le alternative più stupide fino a quando non mi balenò in mente un’idea…. Per quanto stupida fosse, sembrava la più ragionevole.

Avrei potuto rischiare il tutto per tutto, pur di averlo. Ma ancora non avevo fatto il conto con il mio dolore: non ero riuscita ancora a sconfiggerlo, era sempre lui ad averla vinta su di me.

Sconsolata, uscii dalla doccia e mi vestii.

Non potevo rimanere a casa a ciondolare ancora per molto: la mia insegnante di canto lirico mi aspettava in sala prove ed ero già in ritardo di un quarto d’ora.

-         Anna… io vado… ci vediamo davanti al Colosseo per cenare??- chiesi, cecando di decifrare la sua risposta dai mugolii.

-         Mmmm…. – Ok, aveva detto sì.

-         A doooopo, sorellinaaa…!- urlai aprendo la porta velocemente.

Quello che vidi dopo, furono solo un paio di occhi color nocciola denso.

Era appoggiato alla sua Yamaha nera, davanti al cancello di casa. Non capivo perché fosse lì. Non aveva la sua “Miriam”?? E allora che diamine ci faceva lì?

Con passi lenti e decisi, attraversai il vialetto, raggiungendo il cancello.

-Ehm.. Ciao Alex…- lo salutai.

I suoi occhi erano ancora fissi su di me, non accennava a dire niente. La sua espressione sembrava tesa, come se volesse chiedermi qualcosa, ma non riusciva a dirla. Insistetti.

-Hey.. Parlavo con te! Mi...-

- Esci con me stasera…- sussurrò chiaramente, interrompendomi.

Ero scioccata. Quante volte avrei voluto sentirmelo dire da lui, quante volte speravo capitasse proprio a me, quella proposta. Ma mi stavo lasciando andare troppo facilmente: avrei dovuto tirare ancora per un po’ la corda.

-E dimmi… Perché dovrei? Non hai la tua….- mi si chiuse la gola al solo pensiero di nominare Miriam.

- …. Dici Miriam?- terminò la mia frase.

-Sì.- risposi decisa. Sentivo le lacrime pizzicarmi gli occhi, tanto che avrei voluto scappare velocemente di lì, per evitare di guardare ancora i suoi occhi teneri che, per me, avevano lo stesso effetto di un veleno potentissimo: creavano fastidio, dolore e probabilmente, morte.

-Se l’avessi avuta, non ti avrei chiesto di uscire.- rispose calmo, fissandomi con occhi da cucciolo bastonato.

Colpito e affondato. Ero solo un ripiego, ma non mi avrebbe sfruttato a suo piacimento. 

-         Mi dispiace, ma ora devo incontrare Adèle. – decisa a non voler uscire con lui. Anche se c’era quella piccola parte di me che diceva:”Cosa fai? Ma sei scema? Accetta e non fare storie!!” , ma era la mia testa a decidere, in quel momento, non il mio cuore.

-         Ti accompagno lì e poi andiamo a mangiare fuori.- Con quei occhi non avrei mai saputo dire di no, anche se mi avesse chiesto di buttarmi giù da un grattacielo o scalare L’Himalaya.

Mi guardò come per saggiare la mia decisione, e quando mi lasciai sfuggire un sospiro, sorrise.

Era benzina sul fuoco e dove c’era buio, illuminava tutto quanto con intensità e bruciava ardentemente.

Salì per primo lui, lasciandomi spazio dietro di sé.

-Allora? Andiamo?- mi chiese, cercando di capire quale fosse il mio problema.

-Dimentichi il casco. Vuoi lasciarmi andare in giro per Roma, senza casco?- gli feci notare, con certo disappunto: non amavo viaggiare in moto.

Scese di nuovo dalla moto, aprì il sellino e tirò fuori due caschi neri.

-Tieni. Contenta?- mi stuzzicò.

-Sono più serena- ribattei, infilandomelo.

Salii aggrappata alle sue larghe spalle. Mi sedetti e sentivo il rombo del motore, prendere vita sotto di me. Mi sentivo eccitata all’idea di fare un giro con lui in moto: forse perché era proprio lui a cambiare così radicalmente le mie sensazioni, o forse solo perché adoravo averlo vicino.

Con una spinta all’acceleratore , si voltò e mi disse:

-Tieniti stretta a me.-

Non me lo feci dire due volte: carpii, con le mie braccia, la sua pancia e mi tenni allacciata a lui senza difficoltà. Sentivo il suo addome contrarsi per il respiro e, meccanicamente, sentivo una scossa elettrica. A un certo punto sentii la sua mano poggiarsi delicatamente sulle mie dita intrecciate… O forse stavo sognando? No, non era possibile.  

Dopo quel gesto, sentivo di avere lo stomaco pieno: non avrei avuto bisogno di cenare quella sera.

                                                                     ***

Abitavo davanti alla sua casa. Il suo migliore amico. Il suo migliore amico.

 Che parola orribile. Se solo avessi avuto il coraggio di dirle tutto.

Ma era giunta l’ora di dirle tutto quanto, così, scesi le scale e mi diressi a grandi passi verso il grande cancello. Le avrei confessato che non ho mai pensato all’amicizia per lei, doveva meritarsi molto di più, molto di più.

 Shock. Alex le stava offrendo un casco. Lei lo stava accettando. Io mi stavo sbriciolando, assieme ai miei intenti e ai miei buoni propositi di farmi avanti.

 

ANGOLO DELL'AUTRICE....

Ok... Ora sono veramente stupitaaaa.....

Grazie per aver commentato..... Non me l'aspettavo... Sinceramente...
Quindi grazie a Key e a yumisan.. siete veloci come fulmini..!!!
e siete molto gentili per averla letta... Anche troppo...
grazie mille...
A prestooo!!!! ******

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Capitolo 5
*** QUINTO CAPITOLO ***


QUINTO CAPITOLO

 

In circa 5 minuti arrivammo alla sala prove. Mi sentivo stordita dall’effetto “In-moto-con-Alex” …. Era stato sicuramente bellissimo ed emozionante. Forse il senso di sicurezza che mi dava l’abbracciare la sua ampia schiena mi aveva causato tutta quell’agitazione, o forse il fatto di sentire che anche il suo cuore scandiva dei battiti non regolari, proprio come il mio.

Scendemmo dalla moto e salimmo le scale, per arrivare all’appartamento della sala. Appena suonammo, Adèle ci venne ad aprire la porta, dicendo:-Oh, ma chèrie. Com’è andato il viaggio? Ti è piaciuta Madrid?-.

Adèle era una ragazza francese di trent’anni, che per circa tre anni mi aveva dato lezioni di canto lirico. Era alta e minuta, portava i capelli neri, corti e mossi e i suoi occhi erano di un amabile azzurro cielo. La adoravo: quando non riuscivo a cantare, le prime volte, mi consolava e diceva sempre:”Andrà tutto bene… Sei solo all’inizio.. E’ normale… Vedrai!”.

-E’ andato tutto bene. Madrid mi è piaciuta tantissimo e mi hanno chiesto di rimanere anche per l’anno prossimo, e naturalmente io …. ho accettato!- bè, perché non avrei dovuto accettare? Non avevo niente a Roma… La mia vita era il canto e vivevo solo per quello.

-AAAAAH….!!! Scherzi? Magnifico!! L’accademia di Madrid ti ha chiesto di rimanere anche l’anno prossimo… WOW!!!- esclamò Adèle, tutta felice.

-Oh.. scusami Alex, ma era da tempo che non vedevo la mia piccola.- aggiunse Adèle, notando anche Alex.

-Nessun… problema…- riuscì a sussurrare Alex, paralizzato.

-Io vado a preparare la sala… Aspettatemi qui.- ci disse Adèle fuggendo da noi.

Ci aveva fatto accomodare in un salottino della sala prove.

Per tutto il tempo Alex non aveva detto niente. Perché faceva così? Non mi spiegavo il perché di quella reazione. Dato che voleva uscire con me, perché tutto a un tratto mi teneva il broncio?

-Perché Cristina? Perché ….. hai accettato di fare un altro anno all’estero?- mi chiese, esercitando tutto il magnetismo contenuto nel suo sguardo.

Mi guardava come se fosse offeso. Ma che cosa ne poteva sapere lui?! Non sapeva cosa significasse convivere con un amore impossibile da esprimere!

-Perché ti interessa? Te l’ho già detto un sacco di tempo fa: io vivo per il canto. E non c’è nient’altro di più importante. Fine del discorso- risposi acidamente.

Non capiva proprio niente. Nemmeno dopo quello che i miei amici gli avevano detto, non era ancora riuscito a capire quanto amore provassi per lui, quanta sofferenza patii per lui.

-Nient’altro? Secondo te, io sarei “nient’altro”? Non hai mai pensato che, l’unica a soffrire non fossi solo tu?- mi chiese, arrabbiandosi eccessivamente.

Non capivo dove volesse andare a parare con quel discorso, al che mi arrabbiai anche io.

-Perché tu stavi soffrendo? Oh, ma quanto mi dispiace, Alex! Ti sarai sicuramente consolato tra le braccia di quella… quella….- non riuscivo a dirlo. Le lacrime e la rabbia accecavano tutto quanto.

- Non l’ho mai avuta, Cristy.- disse, sussurrando.

-Come?- chiesi io, facendo finta di non aver sentito. Tanto non ci credevo. Non ci avrei mai creduto.

-Cristina… Non sono mai stato con Miriam. Ero un servetto, perché mi aveva ricattato. Vedi, il fatto è che lei abita davanti a casa mia ed è la vicina di casa che ci viene a fare visita più spesso, essendo amica di mia sorella. Un giorno in cui non ero in casa, lei e mia sorella hanno visitato la mia camera. Bè…. Hanno trovato qualcosa che non dovevano trovare e lei mi ha ricattato. E, la sera in cui mi hanno visto Mark ed Anna, era l’ultimo giorno di schiavitù-raccontò.

-Certo… Come minimo era una rivista porno.- commentai io, sarcastica.

-No, Cristy. Molto peggio.- mi disse, guardandomi dritto negli occhi.

-E dai, non ci credo! Cosa c’è di peggio di quegli orrori?- chiesi io, cercando di capire cosa fosse l’oggetto del ricatto.

-Io… ho… la camera tappezzata di nostre foto- sussurrò, infine.

Scioccata, mi alzai in piedi, incapace di esprimermi a parole. Feci il giro della stanza, senza capire come mai avesse deciso di dire tutto adesso.

-Nostre? Intendi “nostre”, quelle con tutto il gruppo?- chiesi io, non credendoci ancora.

-Per nostre, intendo mie e tue. Assieme- disse.

Non ci credevo. Era impossibile. Arrabbiata il triplo di prima, dissi:

-E con questo, cosa mi vuoi dire?- chiesi, incazzata come una furia -Non crederai che io ti creda?! E’ assurdo!- ero fuori di me. Non capivo e la testa mi girava vorticosamente.

Si fece vicino e disse:-Siediti qui. Calmati.-

-No, che non mi calmo!- i singhiozzi avevano preso il sopravvento su di me.

A quel gesto, mi ritrovai abbracciata interamente a lui.

Sentivo la sua mano sfiorarmi dolcemente i capelli, partendo dalla testa e intrecciandosi, nella discesa, attorno ai miei ricci.

-  E’ assurdo che litighiamo per una scemenza simile! Se non mi credi tu, a chi dovrei farlo credere?- chiese Alex.

Non risposi. Tutto quello non aveva senso.

-  A chi dovrei farlo credere, se non alla persona che ho sempre amato?- mi chiese ancora.

- Devi farlo credere alla persona che ami veramente, non a me.- dissi. Stavo rasentando il comico.

-   Io ti amo, Cristy- mi sussurrò all’orecchio, in un soffio.

 

Mi staccai da lui, arrossendo violentemente. Lo guardai in viso e vidi che quello che diceva era sincero al massimo. E, come tutte le sceme, chiesi:

- Davvero? -

- Sì, ma ora vieni qui. Sono stati 9 mesi terribili senza poterti abbracciare. – disse, prendendomi di nuovo tra le braccia e respirando i miei capelli.

Ad un tratto, si scostò di un poco e, con lentezza calcolata, mi baciò.

Leggero come una nuvola, delicato come un fiore in boccio, tenero come un cucciolo.

Quel bacio rappresentava tutto quello che in 10 anni, non ero riuscita a dirgli.

Si staccò, mi sorrise e notai che era arrossito anche lui.

Bastò quel poco a mandarmi il cuore a mille e a riprendere quelle labbra che, desideravo fossero mie, per sempre.

Gli altri baci furono passionali e ad ogni contatto con lui, morivo e risorgevo tra gli angeli.

Quanto l’amavo! Quante volte avevo immaginato di tenerlo stretto a me così!

E aimè, se avessi immaginato cosa sarebbe accaduto più avanti, quante volte non l’avrei rifatto.

 

ANGOLO DELL'AUTRICE...

Ok... Lo so che sono corticini.. però preferirei non allungare i capitoli... perchè comunque, per come ho diviso i capitoli, vanno bene così.. altrimenti metterei in un capitolo troppi eventi tutti assieme... @___@ verrebbe il mal di testa a chiunque..!!

Ora...

Ren_91 Non ti preoccupare.... Grazie ... molto gentileee...:D

yumisan e Niis grazie anche a voi...!!! ;)

 

Spero non vi abbia delusooo!!!

BACI***

A presto...!!!!

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Capitolo 6
*** SESTO CAPITOLO ***


SESTO CAPITOLO

 

-Ragazzi… e’ tutto…pronto- Adèle si accorse che eravamo leggermente impegnati.

-Non ti preoccupare…. Avremo tempo per tutto, più tardi- mi anticipò Alex, sorridendo felice.

-Ok…- rispose lei.

Ci fece entrare nella sala prove, dove era stato allestito un piccolo televisore al plasma.

-Bene… Ho un favore da chiederti…-cominciò Adèle.

-Mmm… ho paura…-risposi, veramente spaventata. Ogni volta che mi voleva chiedere qualcosa, sicuramente, ci avrei rimesso io.

-Non ti preoccupare…. Abbiamo deciso di fare una “Opera di beneficenza”; quindi, l’Opera scelta è “il Fantasma dell’Opera”, con la sceneggiatura del film e le stesse musiche… Ogni ricavato dei biglietti verrà dato in beneficenza, per una missione, in Africa. Ora guardatevi il film e ditemi che ne pensate..!-

Il film era bellissimo, la storia e le musiche favolose. Mi sarebbe piaciuto un sacco interpretare la parte della protagonista Christine perché avrei avuto la fortuna di avere, nella storia, due pretendenti, Raul bello e amico ritrovato d’infanzia e il dolcissimo, ma deformato Angelo della Musica, nonché il Fantasma dell’Opera.

Alex ed io eravamo seduti davanti al televisore, per terra. Mi cingeva i fianchi con le gambe e la vita con le braccia. Stavo troppo bene, in quella posizione.

Al termine del film, tornò in sala Adéle e chiese, raggiante:-Allora? Com’era il film?-

-Favoloso…. A me è piaciuto un sacco!!!- dissi io, entusiasta.

-Benissimo… Allora… tu farai la parte di Christine…- disse Adèle.

Come??? Aveva detto bene? Io… la parte di Christine?

-Come prego?? Io devo fare la parte di Christine?- chiesi io, incapace di crederci del tutto.

Bene…. Mi sentivo molto male…. A Madrid era diverso perché erano opere conosciute e le parole della Soprano non si sentivano, poiché coperte dalla voce. Ma in quelle musiche, erano più le parole, che la voce… Mamma mia..!!

-Certamente…!! E poi… Ah, ecco è arrivato…. Carissima…. Voglio presentarti Joaquin…- mi presentò Adèle.

Joaquin si avvicinò e lo riconobbi. Mi staccai un attimo da Alex e gli saltai addosso urlando:

-Non è possibileeeeee….!! Sei qui!! Joaquin!!!-

-Ok.. va bene… Sono qui, ma… Vorresti scendere…? Non sei proprio leggera!-

-Uffa… Non ti vedo da ….- pensai a quanti giorni non lo vedevo.

-Tre giorni.- completò lui.

-Bene… Si conoscevano già…. Ecco… Joaquin farà la parte di Raul… Mentre per il Fantasma dell’Opera dobbiamo ancora cercarlo… Le prove cominceranno domani…- disse Adèle.

Alex mi precedette, prendendomi per mano:

-Noi… Leviamo le tende. Abbiamo una cena in programma e non possiamo rinviarla.-

E, detto questo, fuggimmo dalla sala prove, ritrovandomi in sella alla bellissima Yamaha.

Vedevo Roma con occhi del tutto diversi, da quelli di due ora prima. Sembrava più bella del normale e le luci davano alla città, un senso di magia. E’ proprio vero che quando si è innamorati tutto quanto sembra essere più bello e sembra avere più senso. Ma è proprio quando si è innamorati, che non ci accorgiamo delle cose che abbiamo davanti agli occhi, accecati da un sentimento altrettanto cieco, che è l’amore.

C’era molto traffico in centro, ma non me ne resi conto: Alex si divertiva a coccolarmi anche mentre era concentrato nella guida e io, di rimando, lo tenevo stretto a me sempre più forte.

Dopo una mezz’ora arrivammo al Colosseo, pieno di gente e illuminato da mozzare il fiato.

Tutti quanti ci aspettavano accanto all’arco di Costantino. L’unico del gruppo, che mancava, era Matteo.

Ridevano, scherzavano, ma quando ci videro scendere dalla moto, sbiancarono.

Mi tolsi il casco, preparata per affrontare quelle bestie feroci che, avevano preso il posto dei miei amici. Alex lo ripose dentro allo scompartimento del sellino e si fece vicino.

-ehm… Lo sai che non sarà una passeggiata… vero?- gli chiesi, prendendolo per mano.

-Sì… Ma non mi interessa… Non ti posso lasciar andare per un equivoco.- mi rispose e mi diede un bacio, che sembrava a fior di labbra. Sembrava perché, appena mi sfiorò, gli gettai le braccia al collo e lo baciai intensamente. Il bacio divenne famelico e sentii che mi stringeva a sé, cingendomi la vita con un braccio e, con la mano, mi accarezzava delicatamente la guancia; quando ci staccammo, la sua mano mi accarezzò le labbra, gonfie e cariche di un desiderio represso troppo a lungo.

Qualche altro secondo di tenerezza e sentii Alex sfuggirmi dalle braccia: Cesare l’aveva attaccato. Vidi il mio amore sdraiato a terra, con il sangue che gli usciva dal labbro.

Cesare lo sollevò da terra, scaraventandolo contro un palo della luce.

-         Mi spieghi cosa cazzo hai intenzione di fare? Prima decidi di farti quella cogliona di Miriam e poi ti metti con Cristina? Hai il cervello andato a male? Sei fuori di testa? Come ti permetti di farle del male…? Come se non avesse sofferto abbastanza!!-

Era talmente fuori di sé, da avere la faccia tutta rossa.

-No..!! Cesare, no! Ascoltatelo, ve ne prego… Non è come credete..!- dissi io, cercando di farlo ragionare. Dopo avermi dato ascolto, lo lasciò andare ed Alex spiegò a tutti cos’era successo.

Tutti gli cedettero subito e Cesare si avvicinò a lui e gli diede un pugno amichevole sul braccio, dicendo:-Scusami, amico… Pensavo stessi cercando un modo per fartela… E lo sai, un gentiluomo aiuta sempre una donzella in pericolo…-

Era andato tutto bene…. Meno male…. Pensavo che tutti quanti si sarebbero organizzati per suonargliele di santa ragione.

Alla fine, optammo per un McDonald ; Alex, poverino, non riusciva a mangiare molto bene: Cesare ci aveva dato dentro con quel pugno e a me toccava aiutarlo a mangiare.

Era troppo carino con quel labbro spaccato, che dovetti resistere all’impulso di baciarlo ogni 5 secondi.

Anna e Marco ci lasciarono al McDonald, dirigendosi verso “un luogo più appartato”… Come se non sapessi che stavano andando in macchina di Marco a fare chissà cosa!!

Alex non stava bene, così mi riaccompagnò a casa.

-Scusami… la nostra prima serata assieme, rovinata da un labbro spaccato…- mi disse, con un tenero broncio. L'adoravo quando faceva così. Mi avvicinai al suo orecchio e gli sussurrai:

-Ti dirò una cosa: se Cesare non l’avesse fatto, non sarei potuta rimanere accanto a te, come ho fatto stasera… A me è piaciuto… Grazie per tutto.- gli dissi, baciandolo leggermente, attenta a non fargli male.

Lentamente, dalle labbra passai al suo collo. Ignorai tutti i suoi “Hey… Ma che fai?” e cominciai a baciarlo sul collo. Sentivo il suo respiro accelerare e così, cominciai a mordicchiarlo piano, piano fino a quando non mi staccai e vidi la mia opera d’arte: gli lasciai un succhiotto.

-Ecco a te… Buonanotte- e me ne andai dritta verso casa, lanciandogli un bacio.

Anche mentre stavo entrando in casa, rimase bloccato sul sellino della Yamaha. Sembrava intontito.

Quando arrivai in salotto, mi lasciai cadere sul divano, persa nei miei pensieri.

La situazione si era ribaltata in una sola serata. Non era possibile.

Ero diventata la ragazza di Alex in poco più di 4 ore. Mamma mia.

E mentre mi immergevo nella nuova realtà che mi avvolgeva e che mi presentava davanti una felicità sconosciuta, sentii il cellulare vibrare.

Era un messaggio di Alex che diceva:

Cattiva!! Mi hai lasciato così e non mi hai dato il tempo di poter fare niente.

Questa volta è andata così… Ma la prossima volta non finirà così, amore mio. Ti amo da impazzire… Sarò lì con te, tutta la notte, quindi non avere paura degli incubi :P ti amo….   

I suoi messaggi avevano poco romanticismo, pensai, mentre salivo in camera.

Aprii la porta e accesi la luce. Rimasi scioccata da ciò che vidi.

La mia camera sembrava il negozio di un fioraio: c’erano mazzi di rose dappertutto di tutti i colori, ma quelli che attirarono di più la mia attenzione furono quelli riposti sopra il mio letto. Erano 4 mazzi di rose rosse, bellissime con allegato un biglietto. Lo aprii e lessi:

 

…Gli amori vanno via, ma il nostro, ma il nostro, no.

il tempo passa mentre aspetti, qualcosa in più
ma non rimette a posto niente, se non lo fai tu
e intanto ogni cosa se vuoi,
da sempre mi parla di noi.
Stasera sei lontana,
mentre io penso a te.
Eppure sei vicina a me,
non chiedermi perché.
Sarà che mi hai cambiato la vita,
sembra ieri…
Eppure mi hai cambiato la vita…

 

 

 La mia canzone preferita… I miei fiori preferiti… Mi dovevo ricredere sul suo romanticismo.

E non sapevo che sapesse di questa canzone o dei miei fiori.

Felice come una Pasqua, rilessi di nuovo il biglietto e, mentre uscivo dalla stanza, notai una cosa.

Cosa ci faceva una foto mia e di Matteo, per terra???   
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE....
Allora... Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo...:D
ora...
Ren_91  Tranquilla... Capirai tutto quanto con i prossimi capitoli... E' contorto... Ma capirai... ;D
yumisan grazie mille...!! Spero di non deludereee...!!!
 
Grazie a chiuque abbia aggiunto questa storia tra i preferiti.... !!!! Sono molto feliceeee..!!!
 
A prestooo***!!!

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Capitolo 7
*** SETTIMO CAPITOLO ***


SETTIMO CAPITOLO

 

Matteo….

 

Avevo deciso: non potevo lasciarmi sfuggire Cristina, solo perché quello scemo di Alex si era svegliato e si era accorto dell’amore che provava per lei.

Ero pronto anche a barare pur di averla, ma, se l’avessi fatto, l’avrei ferita ancora e non se lo meritava.

No, decisi che era meglio conquistarla lealmente. L’amavo più di me stesso.

Era strano per un diciassettenne, figlio di un ricco imprenditore, innamorarsi già a questa età. Avrei potuto avere centinaia di ragazze eppure , l’unica che volevo, che desideravo con tutta la mia anima, era solo Cristina.

Non so come sia potuto succedere, ma, forse accadde quando partì per Madrid.

Mi sentivo abbandonato dall’unica persona in grado di capirmi; la sua lontananza mi fece comprendere quanto amassi il suo dolce viso, quando si colorava di un tenero rosso, color del tramonto, quanto amassi il suo candido sorriso che le increspava quell’amabile viso da angelo, quanto venerassi quegli occhi particolari, che non avrei mai smesso di guardare.

Quando mi accorsi di aver osservato tutte queste piccolezze, con un’attenzione degna di una spia, capii che ero innamorato perso di lei.

Ma, con tutto l’amore che ero in grado di offrirle, lei, era andata a scegliersi proprio quell’idiota, che la sfruttava solo per il suo piacere personale.

No, avrei fatto di tutto pur di averla tutta per me.

Le portai delle rose e, dato che non c’era nessuno in casa, presi la chiave nascosta sopra il ripiano alto della porta, e le sistemai in camera sua, lasciandole un biglietto con scritto dentro una canzone che adoravamo sia lei, che io. Solo io ero a conoscenza di tutti quei particolari.

Notai che sopra la scrivania c’era una foto mia e sua. Allora, pensai, ci tiene un po’ anche a me. La posizionai davanti al letto, in modo da poter essere vista e che avesse fatto capire chi fosse colui che le aveva mandato tutte quelle rose.

Ma, guardandola dalla finestra della mia camera, che dava sulla strada e che mostrava la sua camera, compresi che non aveva capito chi le avesse mandato i fiori.

E così mi ritrovai davanti a una caffetteria, dove stavano cercando un cantante lirico per una “Opera di Beneficenza”….

Lessi che trattava dell’opera “Il Fantasma dell’Opera”  e che i ricavati del biglietto sarebbero stati evoluti in beneficenza, per una missione in Africa… e che la protagonista sarebbe stata interpretata da Cristina D’Angelo. Capii a chi dovevo rivolgermi, per mettere in azione il piano che mi stava ronzando nella testa: Adèle.

Presi la mia Porche nera e mi diressi in sala prove, a tutta velocità.

Speravo, pregavo con tutto me stesso che non avessero già scelto il cantante.

Parcheggiai davanti al cancello: non m’importava di prendere una multa; quel baluardo mi separava dall’unica soluzione per dichiararmi alla mia dolce metà e l’avrei fatto attraverso la cosa che amavamo di più al mondo, il canto.

Mi feci tutte le scale del palazzo di corsa, arrivando all’ultimo appartamento del terzo piano, giungendo a destinazione.

Non sapevo cosa mi avrebbe detto Adèle, ma sapevo perfettamente che una sua parola sarebbe stata decisiva.

Suonai e subito venne ad aprirmi la porta, proprio lei.

-         Hey…. Sono 3 anni che non ti fai vivo!!-

Sembrava sconcertata dalla mia presenza, data la fine della mia carriera di cantante, un bel po’ di anni prima. Dopo la corsa che mi ero fatto, era naturale che non avessi più fiato, ma riuscii lo stesso a spiegare il motivo della mia visita improvvisata.

-         Voglio… fare… il… provino…!!-

Adèle mi guardò, incredula, ma dopo aver attutito il colpo, sorrise raggiante.

-         Perfetto… Le audizioni sono chiuse- e detto questo staccò il cartello dalla porta.

 

Cristy…

 

Era passato un giorno da quella magnifica sorpresa e mi ritrovai insonne.

Il mio letto era sistemato sotto la finestra e la notte mi offriva un panorama spettacolare: una luna piena, bella da mozzare il fiato e, a farle compagnia, una miriade di stelle, che puntellavano di luci quel cielo blu intenso, rendendo quel quadro, già di per sé, magnifico.

L’emozione mi aveva tolto il sonno e il profumo delle rose inebriava i miei sensi: era passato un giorno, eppure quelle rose avevano conservato il loro profumo, la loro freschezza, la loro bellezza. Alex era stato proprio adorabile, anche quando mi aveva risposto che non era stato lui.

Scattai su come una molla, con un dubbio a tormentarmi: e se non fosse stato veramente Alex? No, impossibile, nessun altro avrebbe potuto farmi un regalo del genere.

E se invece, fosse così? E se davvero lo fosse, chi poteva essere?

Mi avvicinai alla scrivania, trovando subito quello che mi serviva: la foto mia e di Matteo.

E…? No.. Assolutamente, no.

L’unica cosa che ci accomunava era l’affetto che provavamo l’uno per l’altra. E il canto.

Era stato lui a mandarmi a studiare canto da Adèle. Il nostro incontro era stato puramente casuale. Io avevo già iniziato a studiare canto lirico, ma ero alle prime armi, dato che il mio vecchio insegnante era un incapace. Ero nascosta nel bar di Piazza Navona, quello dove andavo sempre per esercitarmi, per non disturbare in casa. Mi mettevo nello sgabuzzino, con permesso accordato dal padrone del locale, e cantavo per ore. Una volta, uscendo da quello stanzino, caddi. Improvvisamente, mi ritrovai tra le braccia di un ragazzo, un po’ bruttino, ma con un sorriso dolcissimo.

Mi disse:-Hai una bella voce, complimenti … Che ne diresti di studiare da una professionista?-

Inizialmente lo presi per matto, ma poi, non resistendo al suo sguardo accattivante e al suo candido sorriso, accettai.

Da quel giorno, Matteo ed io diventammo amici per la pelle. Adoravamo sdraiarci sul divano di camera sua, attaccare i cd delle opere più belle e delle nostre opere preferite: Mozart, Verdi, Gounod, Bizet, Wagner, Puccini… Stavamo insieme per ore. E quanto volte, immersa nell’ascolto di quelle opere, mi ero addormentata accanto a lui, fino al giorno dopo.

Era un migliore amico D.O.C. !!

Quando seppi della notizia, mi tirò su il morale e, certe volte, non sopportando la lontananza, mi raggiungeva a Madrid, abbracciandomi stretta per ore, fino a quando non mi si consumavano tutte le lacrime. Era venuto lì, più o meno tre volte e poi, lo pregai di non raggiungermi ancora: sarei tornata io.

  Quella foto pesava più di un macigno.

E se fosse stato veramente lui??

Con quel dubbio che girava vorticosamente nel mio cervello, mi lasciai sopraffare dalla stanchezza. Dovevo recuperare le forze, dopo tutte quelle ore passate in Sala Prove.
 
ANGOLO DELL'AUTRICE....
Perdonate la mia assenza ma ho avuto dei problemi con la connessione... =___='' stavo entrando in crisi... :P
Comunque.. grazie a yumisan e a Ren_91 per aver commentato... Questo capitolo sicuramente vi ha dato i chiarimenti che cercavate.... :D
A prestoooo!!!!****

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Capitolo 8
*** OTTAVO E NONO CAPITOLO ***


OTTAVO CAPITOLO

        

Mi svegliai con un gran mal di testa. Erano le otto ed ero tremendamente in ritardo, così decisi di prendere la mia macchina e di correre a tutta velocità verso la sala prove.

Parcheggiai a qualche centinaio di metri, in un parcheggio libero e decisi di arrivarci in corsa.

Ci misi cinque minuti ad arrivare ed altri cinque per fare tutte le scale, e raggiungere l’appartamento.

-Siamo in ritardo, signorina!- mi disse subito Adèle.

- Scusami…. Ieri non riuscivo a prendere sonno e adesso mi sento uno straccio…- le risposi, ancora con la voce impastata: non mi ero ancora svegliata del tutto.

- Prenditi un succo di frutta e una brioche dal mini bar, e raggiungici in sala… ok??-

- Perfetto…- le risposi, cercando di non andare a sbattere contro qualcosa, dirigendomi al mini bar.

Dopo essermi svegliata del tutto, cominciammo le prove.

Mancavano solo due settimane allo spettacolo e non avevamo ancora provato tutte le canzoni, perché mancava proprio il “Fantasma”. Mi accorsi che le audizioni erano chiuse e forse Adèle era riuscita a trovare un cantante.

-Adèle… Avete trovato il “Fantasma”?- chiesi, mentre eravamo in pausa.

-Oh.. sì! E non immagini nemmeno….ihihihi!- mi rispose, sorridendo tutta giuliva. Era molto contenta e lo si notava soprattutto dal luccichio dei suoi occhi.

-Ma… come mai non prova con noi?? Io ho bisogno di provare con lui, dato che abbiamo un paio di canzoni da cantare in duetto…!- dissi. Non potevo farmi rovinare la carriera, solo perché un dilettante qualsiasi si sentiva tanto bravo da non presentarsi alle prove.

- Tranquilla…. Anche lui sta provando….- ancora quel sorriso. Mi stava sicuramente nascondendo qualcosa.

Dopo 5 ore di prove, mi lasciò libera per il pranzo e per il pomeriggio.

Mi stavo avvicinando alla mia macchina, quando mi accorsi che c’era qualcuno. I boccoli castani cadevano ribelli sulla fronte, i tratti del suo viso erano semi-nascosti da un paio di occhiali da sole Ray Ban, che nascondevano dietro quelle lenti scure , due occhi profondamente neri. La sua bocca disegnava un sorriso radioso, come solo lui sapeva fare. Con una maglietta nera aderente, jeans e All Star ai piedi, Matteo mi aspettava appoggiato alla mia macchina.

Ero stupita: di norma non andava mai in quelle zone della città.

-         Hey… Ma cosa ci fai qua?- gli chiesi, contentissima di vederlo.

-         Sai, ero in giro da queste parti…-

-         Non dire bugie: tu di solito non “giri” da queste parti.-

-         Non è vero…! Ero venuto a trovare una certa persona che aveva cinque ore consecutive di prove… E sono venuto a vedere se avesse ancora a disposizione tutte le corde vocali… E se le andasse di pranzare assieme a me…. Ma visto che sono di troppo..-

fece per andarsene, ma io lo bloccai per il braccio. Sapeva giocarsi perfettamente un mio sì, facendo la parte della vittima.

-         Uffa… Sei veramente bravo a farti dire di sì, in qualsiasi situazione!!- gli dissi, sbuffando.

-         Naturale… Perché so che non puoi resistere- mi rispose, mostrandomi quel sorriso furbetto che mi faceva impazzire.

Non resistetti e lo abbracciai, affondando la testa nel suo petto. Adoravo tenerlo così, perché mi faceva stare bene.

-         E questa dimostrazione d’affetto, come la devo interpretare?- mi chiese, allacciando le sue braccia dietro la mia schiena. I pensieri della sera prima bussarono insistentemente alla porta della mia mente: mi staccai velocemente da lui, arrossendo visibilmente.

-         No… Niente… E che… mi mancava sentirti così vicino..- gli risposi, nascondendogli il mio sguardo.

Mi si avvicinò pericolosamente, mi prese il mento con una mano e mi disse:

-         Piccolina… non avere paura di dirmi niente… La mia migliore amica non può avere dei segreti…- e il suo sorriso mi fece stare meglio. Riprese a parlare –Ora… è meglio se andiamo… Ho prenotato in un bel ristorantino..-

-         Eh, no! Tu non mi piaci quando dici “ristorantino”… Sarà sempre qualcosa di prima classe, ecc…!!!- gli risposi.

-         Ma no…!!! E’ solo qualcosa di molto carino…- mi rispose, restando sempre sul vago. Non mi fidavo assolutamente… Sicuramente sarebbe stato qualche ristorante, dove i jenas erano considerati degli stracci.

-         Va bene…- gli dissi e mentre salimmo in macchina, mi chiese:- Passiamo prima a casa… Mi devo cambiare!!-

Mentre ci stavamo dirigendo verso casa sua, non sapevo che qualcuno mi stesse osservando.

Qualcuno di molto vicino. Alex.

 

NONO CAPITOLO

 

Non era possibile. Mi trovavo nella camera degli ospiti di casa di Matteo e mi stavo preparando per pranzare insieme. Lo sapevo che doveva portarmi in qualche locale costoso, dato l’abito che mi aveva comprato. Era un abito lungo fino alle ginocchia, con una gonna non troppo stretta, rosso scuro, con dei ricami sul corpetto, senza spalline e con un decolleté da capogiro. Aveva azzeccato la taglia senza problemi e io mi chiedevo come avesse fatto: sapevo che era un bravo osservatore, ma non così tanto! Mi mandò una cameriera per pettinarmi i capelli in una pettinatura semplice: legati in un’elegantissima crocchia alta, con alcuni ciuffi che scendevano naturali, perfettamente ricci e morbidi. La ringraziai e mi infilai le scarpe, dello stesso colore dell’abito, con tacchi di 12 cm.

-         Dai Cristy!! Muoviti!! Siamo in ritardooo!!- mi chiamò Matteo, dall’entrata, davanti alla scalinata.

Uscii dalla stanza, scesi dalle scale e mi fermai a metà di esse per farmi ammirare. Era girato di spalle guardando l’orologio e per attirare l’attenzione dissi:

-         Se fossimo andati in un posto normale, a quest’ora non saremmo in ritardo. E’ colpa tua e della tua stupida mania per i bei ristoranti!-

Si voltò e rimase a bocca aperta quando mi vide: evidentemente gli piacevo un sacco. Aveva gli occhi fuori dalle orbite e senza dire niente, si avvicinò alle scale porgendomi la mano.

Appena giunsi alla fine della scalinata, incatenai i miei occhi ai suoi, prendendo la mano che mi aveva porto. Non avevano niente di comune quegli occhi neri: rappresentavano tutto ciò che c’era di più bello al mondo e quel luccichio li rendevano brillanti, come stelle.

-         Sei bellissima……- mi sussurrò all’orecchio, facendomi arrossire di botto. Ridacchiai.

-         Grazie… Ma mi vuoi dire dove stiamo andando?- gli chiesi, cercando di capire il perché di tutta quella preparazione accurata.

-         Eh no… Tanto non lo saprai fino a quando non saremo arrivati!- mi disse, dirigendosi davanti alla sua BMV, rigorosamente nera e aprendomi la portiera. Fino a quel momento non mi accorsi nemmeno cosa stesse indossando: aveva una camicia nera, con una cravatta rosso scura (abbinata al mio abito), un paio di jeans neri stretti e un paio di scarpe eleganti nere. Non indossava la giacca, ma se l’era portata dietro, accuratamente appoggiata allo schienale del sedile del conducente.

-         Lo sai…. Sei veramente… Bello, vestito in questo modo.- gli dissi, cercando di dirlo con indifferenza. In teoria non avremmo dovuto aver problemi a dirci questi complimenti, ma dopo i miei pensieri della notte scorsa, mi sembrava molto difficile.

Quando prendemmo l’autostrada capii subito dove ci stessimo dirigendo: stavamo andando verso la Villa Adriana a Tivoli. Sapeva perfettamente che non ci ero mai stata e voleva farmela vedere. Naturalmente, come tutti i figli di papà ricchi, era riuscito a farsela lasciare tutta per noi per un paio di ore. La struttura era bellissima… Ma se non fosse stato per i tacchi da 12 cm, forse sarei riuscita a vedere di più.

-         Hey… Ma non dovevamo mangiare una volta?- gli chiesi guardando l’orologio: era passata più di un’ora e mezzo. Avevo veramente fame.

-         Ok… Andiamo…- mi disse, prendendomi per mano e conducendomi verso la macchina.

Girammo un paio di strade, evitando l’autostrada e ci ritrovammo in un piccolo ristorantino, sempre nei pressi della Villa. Era piccolo, ma molto carino: si chiamava “Rosso Fuoco” e tutto quanto, dal mobilio al pavimento, era di un intenso rosso scuro. La regola per entrare in quel locale era: indossare almeno un indumento di quel colore. E lì, si spiegava il motivo per cui mi aveva comprato il vestito di quel colore. Ci fecero entrare subito, non solo perché indossavamo il colore giusto, ma anche perché avevamo un tavolo prenotato. Il locale si divideva in due parti: una di sotto e un soppalco, tutt’e due rivolti verso una piccola area da ballo. Dalla parte opposta alla piccola area, si ergeva un’immensa vetrata.

Noi avevamo prenotato un tavolo al piano di sotto, proprio davanti alla piccola area.

-         Che bel locale…!!- dissi, incantata dalla bellezza di quel posto.

Sopra ogni tavolo c’erano delle rose rosse, veramente belle. Stavo cominciando a pensare che i gusti di Matteo, per quanto riguardava i locali, era veramente azzeccato.

-         Visto?? E non è tutto!!- mi rispose, per poi rivolgersi sottovoce al cameriere, dicendogli qualcosa.

Dopo aver ordinato i piatti richiesti, mangiammo a sazietà, ritrovandomi a massaggiarmi la pancia.

-         Mamma mia… Mi sento piena come un uovo…- dissi, tastandomi ancora quella parte del corpo, che sentivo strapiena.

-         Ora… Vediamo di smaltire tutto quanto…!!- mi disse, rivolgendomi un sorriso misterioso.

E proprio in quel momento partì una musica, molto sensuale, quasi… un tango.

- Oh, no… questo non me lo dovevi fare…- mormorai, accusandolo di avermi fatto una sorpresa non molto gradita.

- Dai… Lo so che sai ballarlo… Te l’hanno insegnato a Madrid, assieme al Flamenco…- mi disse, ancora con quel sorriso furbetto stampato sul viso, porgendomi la mano per ballare.

- Lo faccio… Ma non per te. Lo faccio solo perché non l’ho ancora collaudato con un italiano.- gli dissi, mostrandogli la lingua e prendendo ancora quella mano, che per me, stava andando a fuoco.

La musica lenta, sensuale e dolce ci avvolse quando sentii la sua mano carezzarmi la schiena, eccessivamente posizionata in basso, quasi all’altezza della vita.

L’altra mano stringeva la mia, incandescente e delicata, e l’altra mia mano stringeva con leggerezza la sua spalla.

Allacciati in questo modo, mi lasciai trascinare (nel vero senso della parola) al centro della sala. I nostri passi decisi e leggermente strascicati, furono seguiti da tutto il locale: gli unici ballerini rimasti eravamo noi, perché tutti gli altri, accecati dalla nostra “bravura”, si erano ritirati ai lati della sala, per ammirarci.

Matteo era un ballerino nato: sembrava avesse sempre ballato il tango; i suoi movimenti sembravano studiati e ogni suo passo era un inno alla sensualità.

Mi allontanò da sé per un attimo, ma mi riprese subito, facendomi voltare, in modo da ritrovarmi con la testa appoggiata all’incavo tra la sua spalla e il suo collo. Una sua mano risalì dal mio ventre fino ad arrivare al mio seno, per poi fermarsi sul mio cuore. Solo quel gesto mi aveva mandata in tilt, desiderosa di sentirlo di più. Non mi accorsi subito che mi stava annusando i capelli, baciandomi lentamente dietro l’orecchio, per poi scendere sul collo per poi fermarsi, assieme alla musica.

Tutti quelli del locale ci applaudirono, sconvolti dal nostro ballo.

Il proprietario del locale si avvicinò e si complimentò con noi, dicendo:- Formidabili. Mai visto qualcosa di più dolce e sensuale, allo stesso tempo. C’era una strana magia… Per caso siete fidanzati?-

-Veramente… no- rispondemmo assieme, guardandoci e arrossendo di botto.

- Ah.. capisco- concluse e ci lasciò soli.

Matteo pagò il conto e facemmo una passeggiata nella campagna attorno, ognuno rinchiuso nei propri pensieri, muti, in un silenzio imbarazzante.

Erano le quattro del pomeriggio e il sole batteva forte, così ci sedemmo all’ombra, ai piedi di una quercia, in un campo.

Quella a rompere il ghiaccio fui proprio io.

- Perché mi hai baciato in quel modo? Non posso credere che fosse solo per dare un po’ più di “effetti speciali”- dissi, non guardandolo in faccia.

-  Non era per scena. Niente di tutto quello era falso. Ma lascia perdere: non serve a niente.- mi rispose, puntando lo sguardo a terra.

- Perché non serve? Cosa mi vuoi dire?- gli chiesi, volendo capire dove volesse arrivare.

-Non posso… Cazzo! E’ così… dannatamente difficile dirtelo…- imprecò, prendendosi il volto tra le mani.

- Dimmelo, Matteo.- gli ordinai.

Mi guardò e, non resistendo alla mia richiesta, mi disse:

-Ti amo, Cristina. Ma non posso amarti, se tu hai quell’altro.- mi disse, osservando attentamente ogni mio gesto, ogni mio sguardo, ogni mio spostamento.

Ero scioccata. Si era dichiarato, veramente.

-  Io… ho Alex…- gli dissi, cercando di trovare una scappatoia da quella situazione così imbarazzante.

-  Appunto! Per questo, alla fine, ho accettato di sposarmi entro quest’estate con Diana- disse, sganciando quella notizia bomba come se fosse stata una notizia bellissima.

Non risposi. Mi limitai ad annuire e a scappare. Lontano da lui. E lì finì la mia grande amicizia con lui, che era stato il mio miglior confidente, il migliore, per me, in tutto, tranne in amore.

Lacrime e solo lacrime. Dolore e altro dolore. Nulla più.

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE...

Allora... che dire? Ho postato i due capitoli assieme, perchè l'ottavo era troppo piccolo...!!!

.... Non so se vi ho stupito o deluso... Spero solo che vi piaccia.... ;D

Ringrazio yumisan e Ren_91 per aver letto tutti questi capitoli.... :D

Poi.. billina96 e _sefiri_: grazie per esservi "disturbate" nel leggere questa storia... Solitamente non mi aspetto che qualcuno commenti...!!! :D

Bene... con questo... dico...

 

A PRESTOOOO!!!******

 

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Capitolo 9
*** DECIMO CAPITOLO ***


ANGOLO DELL'AUTRICE....
Ooooh.... *me che arrossisce* .....
Grazie mille siete molto gentili.... non sapete quanto mi fa piacere sapere che vi piace....
Non immaginavo tutto questo.... ora.. vediamo di rispondere alle domandine!!!
yumisan: Allora.... Vedrai per QUALE IDIOTISSIMO MOTIVO ha deciso di "sposarsi" con Diana...
_sefiri_: sono moolto felice che ti sia piaciuta... spero di non deludere con questo capitolo...!!
Niis: Bè... Lui rappresenta la parte della solita "amica che si innamora del miglior amico che non è migliore amico perché è qualcosa di più" però al maschile... E' una situazione molto strana.... Inizialmente non ci ho mai pensato ad una storia così, perchè la storia originale, in teoria, era diversa... Ha avuto un piccolo cambiamento di percorso....
Ren_91: daaai... Non abbatterti... Forse avranno qualche possibilità di stare assieme... Chissà....;D
Intanto.... Godetevi anche questo capitolo..... !!!!!!! :D

 

 

 

DECIMO CAPITOLO

 

Matteo….

  

Sono nato per rovinarmi la vita, mi dissi quella sera, davanti a un doppio whisky con ghiaccio.

Mentre mi ubriacavo, mi chiedevo se avessi fatto del male a qualcuno, per meritare quell’ingiustizia.

Lei, così divina nel suo abito rosso, che sapevo fosse di seta, quella sera era riuscita a farsi odiare. Ma sapevo perfettamente che era una rabbia mal riposta: lei non avrebbe mai potuto avere colpa. E cosa avevo ottenuto dopo quella dichiarazione? Quello che mi aspettavo: una batosta indicibile. Aveva deciso di stare con quel cretino…

E poi, ciliegina sulla torta, le avevo sganciato una bomba a mano, stratosfericamente falsa: non mi sarei sposato con Diana, anche se era la mia “promessa”.

Mio padre mi aveva combinato il matrimonio, quando avevo 4 anni. Il padre di Diana, un suo socio, aveva una figlia della mia stessa età. Inizialmente, il matrimonio era stato combinato tra me e lei, Atena, ma l’anno prima dei miei 18 anni, era scappata con Giulio, il suo amato, e si erano sposati a Barcellona, naturalmente senza il consenso dei suoi. Così, il padre, disperato dal comportamento della figlia maggiore, decise di contrattare con mio padre per farmi sposare Diana, che aveva 2 anni in meno di me. Vi sembrerà strano, ma per le famiglie con un patrimonio ingente, questi matrimoni sono importanti per poter avere in salvo tutti i propri averi. Prima di accettare una volta per tutte il matrimonio con Diana, avrei provato a dichiararmi a Cristina.

Che idiota! Sapevo perfettamente che non ero io quello giusto per lei, eppure, involontariamente, mi aveva dimostrato che provava qualcosa per me. Non sarà stato amore, ma era scattata una piccola scintilla, in lei e io, me ne ero accorto. Tutto mi aveva dimostrato quella minuscola certezza: il suo comportamento durante la cena, i suoi sorrisi, il tango… Oddio! Che cosa avevo combinato? L’avevo tenuta stretta a me come se fosse stata veramente mia. L’avevo sentita, mentre, con quei piedini delicati e aggraziati, si muoveva con me; il suo respiro non ingannava, e nemmeno il suo cuore: le avevo fatto capire che era quello che doveva sentire, quando si stava con qualcuno che si amava sul serio. Poi, persi il lume della ragione, tutto in una volta: con una semplice giravolta, me l’ero ritrovata davanti. L’impulso di sentirla più vicina di così, era immenso, che alla fine non resistetti a toccarla. Un mio braccio l’avvolse per la vita, mentre la mano dell’altro, ripercorse lentamente il suo corpo, dal ventre al suo seno, per poi bloccarsi sul cuore. Il suo profumo dolcissimo, mi ubriacò così tanto, che cominciai a respirare tra i suoi capelli, posando dei teneri baci dietro l’orecchio, arenandomi sul suo morbido collo scoperto.

Ancora un altro po’ e avrei perso il controllo di me stesso e di qualcosa che si trovava un po’ più sotto, ma, grazie al cielo, in quello stesso momento quella tortura sensuale, cessò con gli ultimi accordi di chitarra. Non aveva protestato, era stata con me fino all’ultimo. Forse si sarà ingannata, ma io la sentii ansimare e il suo cuore sussultare, come un cavallo imbizzarrito.

Capii che sentiva qualcosa per me anche dal modo in cui mi lasciò. Dopo la notizia, le lacrime scorsero leggere su quel volto angelico. Non doveva piangere.

Avevo ancora due settimane prima dello spettacolo: non vedevo l’ora di riaverla tra le mie braccia.

Ero sicuro che Alex non l’avrebbe mai avuta, come io l’ebbi quella sera. 

Non glielo avrei mai permesso.

 

Cristy….

 

Non è possibile. Matteo mi si è dichiarato.

Quella era la frase che ronzava incessantemente nella mia testa e non mi abbandonava mai, neanche quando ero impegnata nelle prove dello spettacolo. Niente riusciva a distrarmi e l’aver ottenuto di poter uscire con Alex non mi dava sollievo. La dichiarazione del mio migliore amico mi aveva scioccata… Gli volevo bene, certo, ma era un affetto fraterno, nulla più.

Ripensando bene a quel pomeriggio passato con lui, forse non mi era dispiaciuto più di tanto.

Quel vestito che gli stava a pennello, quasi fosse stato confezionato appositamente per lui, il suo viso, i suoi gesti… Forse mi era anche piaciuto.

Ma no! Non potevo, avevo Alex ed era lui il centro del mio mondo: lo amavo pazzamente, eppure…. In quel momento pensavo solo a Matteo.

Ancora e ancora, analizzavo attentamente tutto il suo comportamento di quel pomeriggio, compreso il tango. Oddio… In quel ballo aveva scatenato tutto il suo sex appeal: era stato così… magico. Sentire le sue mani sul mio corpo, accese un desiderio nuovo…. Ma no! Cosa mi mettevo a pensare? Il mio amore per Alex non era una semplice illusione, pronta a svanire alla prima ondata di passione… Hey! Ma chi aveva parlato di passione?

Quel suo abbraccio così caldo, i suoi teneri baci…. E se fosse lui la persona con cui dovevo stare? No. Alex era la persona più adatta perché l’amavo con tutta me stessa.

Matteo…. Matteo…. Matteo…

Il pensarlo troppo mi aveva mandato il cervello in tilt. Mancava solo un giorno allo spettacolo e io avevo provato solo con Joaquin: ero in estrema ansia perché Adèle non mi faceva provare con il “Fantasma”, di nome e di fatto.

Volevo rivedere Matteo, almeno per parlargli ancora.

Ma sapevo che la nostra amicizia si era sgretolata con un suo semplice “Ti amo”, lasciando dietro di sé un retrogusto amaro.

Ancora sdraiata sul mio letto, mi ero attaccata a tutto volume la canzone dei Sonora “Io e te”…

 

Sei così semplice,

che la bellezza intorno a te

mi sfiora come un bacio lento….

 

Quella frase mi rimase impressa: la semplicità, in qualsiasi suo gesto, in qualsiasi suo sorriso era delicata….. Un paragone eccezionale.

Mi mancava tantissimo. Ogni sua parola era come l’aria: indispensabile. Non averlo vicino mi creava un senso di solitudine. Avevo Alex, certo, ma non era la stessa cosa.

Forse Matteo era davvero l’unica che mi capiva sinceramente. Non ce la facevo più.

Mi alzai dal letto e mi affacciai alla finestra: lo vidi al telefono con qualcuno; sembrava una discussione seria, forse per parlare del suo matrimonio.

Matrimonio. Tra tutte le cose che avevo analizzato, quella era l’unica a cui non ci avevo dato nemmeno peso. Non poteva sposarsi. Non doveva.

Almeno, non poteva sposarsi dopo aver detto che mi amava.

Finì la sua conversazione al telefono e lo vidi scagliare il cellulare dall’altra parte della stanza: urlò qualcosa che non capii, poi piano, piano, lo vidi accasciarsi a terra prendendosi la testa tra le mani. Stava soffrendo.

No… Matteo… non piangere. Non potevo rimanere lì con le mani in mano.

Così decisi di andare a casa sua. Scesi le scale di casa mia, uscii dalla porta, attraversai il vialetto e mi diressi al portone della sua casa. Suonai e mi aprì la governante, Rossana.

-Signorina Cristina… il Signorino non vuole essere disturbato.-

-Mi scusi signora Rossana, ma non sono disposta ad ascoltarla-. Le risposi, fiondandomi verso le scale per arrivare in camera sua.

La porta era chiusa a chiave, così bussai.

-Cosa c’è?-chiese, spazientito cercando di ricomporsi almeno un po’.

-Apri la porta, per favore- sussurrai in maniera chiara e decisa.

La porta scattò, rivelandomi il volto straziato di Matteo. I suoi occhi erano diventati rossi, forse dal troppo piangere e il suo viso aveva assunto un’espressione tristissima.

Mi fece entrare in camera sua, senza dire niente.

Presi in mano io, il discorso.

-Dopo tutto quello che mi hai detto l’altro giorno, secondo te, io, me ne starò zitta?- gli chiesi, guardandolo in viso.

-Cosa intendi?- mi chiese, avvicinandosi alla finestra, dandomi le spalle.

-Intendo il tuo matrimonio con Diana.- gli dissi, forse trafiggendogli una pena ben più peggiore di quella che lui aveva trafitto a me.

-Non dire scemenze. Non c’entri niente. Io la voglio sposare e mi prenderò le mie responsabilità.- mi rispose. Non stava dicendo la verità, lo notai dalla sua voce.

Mi avvicinai velocemente e lo feci voltare.

-La ami? Dimmelo.- gli chiesi.

Non so perché, ma quella fu la mia prima domanda. Forse provavo qualcosa per lui, ma il mio orgoglio me lo nascondeva, attento a non farmelo notare.

-Sì, la amo.- mi rispose, tagliente.

Quella risposta fu una dura botta… Ma d’altronde era una sua scelta.. io… non c’entravo niente.

-Allora…. Non… non… abbiamo più niente… da dirci- conclusi, voltandomi e dirigendomi a passi veloci verso la porta.

Senza accorgermene, mi ritrovai incatenata al suo petto e le lacrime non resistettero più.

-Shhh…. Non piangere… Se non mi ami, non devi piangere….- mi sussurrò leggero all’orecchio.

Forse stava proprio lì il problema: l’amavo e non me ne ero mai accorta. Ma no! Io non l’amavo e ne ero sicura al 100%.

-Io … non… ti..- tentai di rispondere, ma lui mi prese per il bacino, mi voltò e mi baciò.

Non era un bacio passionale, ma semplice, pieno di un sentimento a me sconosciuto. Delicato, dolce…. Mi piaceva…. Forse… Lo volevo più vicino… più vicino…

Aaah…. Quelle labbra mi stavano facendo impazzire…. Ma che stavo facendo?

Appena si staccò, lo buttai a terra e scappai il più velocemente possibile.

 

                                                                 ***

-Hey piccolino… Come stai?- Miriam.

-Ciao bambola… Cos’hai da fare stasera?- le chiesi, mentre mi fumavo una sigaretta.

-Niente di che… Scopata da favola?- mi chiese, con fare sexy.

-Va bene… Al parco.. Solito orario.- le risposi, riattaccando velocemente.

Per quanto amassi la mia piccola Cristy, non sopportavo di rimanere in astinenza solo perché lei “non voleva farlo”. La mia gelosia poi, per colpa sua, era alle stelle: come se non l’avessi vista l’altro giorno, mentre usciva con Matteo. Lo so che non dovrei preoccuparmi, dato che è il suo migliore amico. E poi, “da che pulpito viene la predica”: io la stavo tradendo e, stranamente, non mi sentivo in colpa.

-Che stronzo che sono…- mi dissi, spegnendo la sigaretta nel portacenere.
 
 
 

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Capitolo 10
*** UNDICESIMO CAPITOLO ***


L'angolo dell'autrice...
Da come avete potuto notare, preferisco scrivere i commenti prima di cominciare un capitolo... E' solo per rispondere ai bellissimi commenti che mi fate.... Cominciamo subito!
yumisan : lo so che sembra strano, ma certe persona fanno cose di questo genere... L'amore è solo una facciata e, per loro, il sesso è la cosa fondamentale... Immaginavo che vi piacesse Matteo ..U___U!
_sefiri_: grazie mille... Adesso vedrai cosa accadrà con questo capitolo.... *me che pensa ai fatti del capitolo*... sicuramente mi lincerete...!!
Ren_91: grazie per il commento... sempre molto gentile.. :D Comunque.. sì.. ci sarà un modo in cui gliela farò pagare... però non credo vi soddisferà tantissimo...!!
 
Bene... Ora vediamo di arrivare al sodo... Spero non sia troppo corto..!!
 
BESOSSSS*** A presto...!
 

 

 

UNDICESIMO CAPITOLO

      

Uscii da casa sua velocemente.

Riattraversai il vialetto, entrai in casa e richiusi dietro di me la porta. Ripensando a ciò che era successo, mi lasciai scivolare per terra, con la schiena ben attaccata alla porta.

Non è successo davvero, pensai, adesso… Ti sveglierai e vedrai che quel bacio era frutto della tua fantasia perversa….

Niente da fare: era successo eccome.

Sfiorandomi le labbra sentii il ricordo di quel bacio riaffiorare nella testa, sentendo il sangue fluire nelle guance. 

Era stato dolcissimo… Molto più dolce di quanto lo fossero mai stati quelli di Alex, in tutte quelle settimane.

No… Lui voleva sposare Diana! Mi aveva mentito spudoratamente in faccia e poi mi aveva baciata…! Non mi sarei lasciata prendere in giro in quel modo. IO… SONO UNA DONNA… E’ FINITA L’EPOCA DELLA LORO SOTTOMISSIONE, pensai, meditando vendetta.

- Hey Cristy! Cosa ci fai seduta laggiù?- mi chiese Anna, affacciata sulla porta di cucina che dava sull’entrata.

- Anna… Anna…. Matteo…- tentai di spiegarmi, ma a vuoto. Lei, con il suo fiuto da segugio, mi precedette.

- Aaaah…. Matteo ti si è dichiarato e ti ha baciato e questo ti ha sconvolta, vero?- mi chiese.

- Sì… Ma…?- il mio respiro era incontrollabile: solo al sentire ancora il sapore delle sue labbra sulle mie era come benzina sul fuoco.

- Finalmente!!! Avrei voluto che tu ti mettessi con lui, piuttosto che con quell’idiota…!- mi rispose, rientrando in cucina, parlando come se fosse stata una cosa normale.

Mi alzai e la seguii in cucina.

-Tu … Sapevi dei suoi sentimenti e… Non mi hai mai detto niente?- le chiesi, scioccata da quella notizia: anche quella tontolona di mia sorella aveva capito i sentimenti di Matteo… E io, da grande fessacchiotta, non li avevo ancora capiti.

-Certamente…! Chiunque se ne sarebbe accorto. Tutti speravano che Matteo riuscisse a confessarti i suoi sentimenti, prima ancora che lo facesse Alex, ma, a quanto ho visto, ha avuto qualche problema col tempismo.-

- Ho capito…- e detto questo, mi ritirai in camera.

Mi sdraiai sul letto, ripensando ancora a quello che era successo.

Dovevo fare qualcosa… Dovevo salvare la mia storia con Alex, prima ancora che Matteo si mettesse qualcosa in testa per farmi andare fuori pista, per mettermi sulla cattiva strada.

In quel preciso momento, il mio cellulare squillò con la canzone de “Il Fantasma dell’Opera”.

Sullo schermo comparve il nome di Matteo.

Risposi.

-  …. Sì?....- dissi io.

-   Ti prego, Cristina… Dobbiamo parlare!- mi pregò.

Mi venne subito in mente cosa dirgli: non mi sarei fatta fregare di nuovo. Voleva sposare Diana? Bene, che se la sposasse pure!

-         Io non voglio parlarti- risposi decisa.

-         Non mi vuoi parlare? E perché?- mi chiese, sicuro di ricevere una risposta sincera da me.

-         Perché ormai … - non riuscivo quasi a dirlo, ma mi sforzai, per la mia libertà e… per la mia gioia futura -… Ormai tu hai scelto di sposare Diana. La ami, giusto? Bene, dimentica quello che è successo oggi. Dimenticalo.-

-         Ah… E così dovrei dimenticare il sapore dolcissimo delle tue labbra? Il calore della tua pelle, che mi ha trasmesso le stesse sensazioni di quando ti sento cantare? Il tuo splendido viso, bagnato da delle lacrime così dolci? No… non lo dimenticherò mai. Nemmeno se mi dovessi sposare con… Angelina Jolie!-

Quelle sue parole mi diedero una scossa: no, no, no… Stava mettendo in pratica l’arte della seduzione e io, non glielo avrei permesso. Ma le parole mi uscirono così, senza averle premeditate, trafiggendo il suo cuore e anche il mio.

-         Ti ODIO! TI ODIO! Non ti bastava aver rovinato la nostra amicizia? Adesso con il tuo matrimonio e questo bacio, sono più persa di prima! Smettila! Lasciami in pace.-

Di nuovo lacrime. Il silenzio dall’altra parte della cornetta era agghiacciante. Dopo un minuto interminabile, interrotto da qualche mio leggero singhiozzo, riprese a parlare.

-         Mi sposerò con Diana, se questo ti renderà felice. Ciao.-

Mi chiuse il telefono in faccia.

Che cosa avevo fatto?? Perché mi devo sempre comportare da idiota? Lui… Mi amava!

Ma io… Povera sciocca… Ero un’egoista priva di sentimenti.

Perché avevo reagito in quel modo? Matteo rappresentava tutto quello che avevo di più caro al mondo. Oddio… Lo … lo… amavo.

Senza rendermene conto, lo amavo già da tantissimo tempo.

Cadi dalle nuvole: ero accecata da tutto quanto. Avevo il “prosciutto sugli occhi” e non mi ero accorta di questo sentimento.

E un’altra frase mi tornò in mente…

 

Non si sceglie di chi innamorarsi.

 

Già… Matteo. Era lui il mio amore con la A maiuscola. E non me l’ero scelta: era sbucato fuori dal nulla, illuminando quel piccolo universo che era la mia vita, come una stella cadente.

Era vero… Il mio “amore” per Alex era una semplice cotta adolescenziale, ma l’amore che provavo per Matteo.. Era vero, puro.

Di nuovo, ancora e ancora, per colpa del mio stupido orgoglio e delle mie macchinazioni, caddi in un sonno intriso di lacrime e sentimenti del tutto nuovi.

 

Il giorno dopo, mi svegliai con un vorticoso mal di testa, un’odiosa consuetudine.

Però al posto di alzarmi, continuai a dormire fino a pomeriggio: non mi andava di riprendere quel casino, che era la mia vita.

Mi alzai alle 16.30. Dopo aver constatato che era ora di andare in sala prove, mi alzai.

Mi feci la doccia, mi vestii con un semplice tailleur pantalone nero, una camicia bianca e la mia cravatta-portafortuna nera, regalatami da lui. Tutto quanto combaciava con lui, tutto si ricollegava a lui.

E Alex? Come avrei mai potuto dirlo ad Alex? Oddio…

No, no, no… Tutta la pazienza che ho avuto nell’aspettare che si accorgesse dei miei sentimenti, tutto l’amore che avevo consumato pensando a lui e a tutte le lacrime che avevo versato cercando di dimenticarlo.

Non poteva andare tutto in fumo…. Ma non avrei mai potuto rinnegare quel dolce sentimento che era nato, che era cresciuto segretamente, come una rosa rossa sbocciata in un roseto di rose bianche.

Così, con l’umore a terra mi diressi in sala.

Parcheggiai al solito posto ed entrai nel palazzo. Appena giunto all’appartamento del terzo piano vidi una lettera. Era attaccata alla porta e c’era scritto in grande X CRISTY, con la grafia disordinata di Adèle. La aprii e subito lessi:

Ciao piccolina… Ti aspettiamo a teatro… Raggiungici lì, va bene? Ti voglio bene e mi raccomando non fare tardi!

 

Presi la lettera, scesi le scale di corsa e raggiunsi subito la mia macchina.

In meno di dieci minuti ero davanti al teatro: ci esibivamo al teatro dell’Opera! A Roma è quasi impossibile esibirvisi, a meno che non si abbia delle raccomandazioni da parte di persone molto importanti in quel campo.

Così, mi guardai attorno: era tutto in ordine, perfetto. Illuminato da una bellissima luce dorata, l’atrio del teatro si presentava in tutta la sua grandezza, con piante sparse qua e là. Delle scalinate di vetro conducevano verso la sala.

Oddio, c’era già un sacco di gente, sicuramente tutti dello staff.

Mi diressi da quelli che strappavano i biglietti e dissi :-Sono Cristina D’Angelo…. Per andare alle quinte? – mi guardarono scioccati: forse pensavano che dietro a quei chili di trucco che siamo costretti a portare quando ci esibiamo, si nascondessero delle persone a dir poco brutte. Dopo qualche minuto di radiografia (da parte loro…), il ragazzo a destra mi disse, entri in sala e poi l’entrata è quasi vicina al palco, sulla sinistra.-

-Grazie…- dissi io, mostrando un sorriso che utilizzavo per momenti simili.

Feci come mi avevano detto, ma appena arrivai davanti al palco rimasi scioccata: era… Immenso. Lo ammirai con tutta me stessa, perché era tutto quello che avrei voluto sempre fare da quando ero piccola: esibirmi al teatro dell’Opera.

Appena distolsi lo sguardo dal palco, sentii che qualcuno mi stava osservando.

Mi voltai, ma non vidi nessuno.

Appena mi ricordai della litigata al telefono di ieri sera, con Matteo decisi di chiamarlo.

Mi sedetti su una poltrona e lo chiamai. Il telefonino squillava, ma non mi rispondeva.

Sicuramente non voleva rispondermi. Aspettai la segreteria telefonica e mi stupii delle sue parole:

A chiunque mi cerchi sicuramente non ci sono. Se, invece sei tu, Cristy, posso dirti tranquillamente che non ce l’ho con te. Ti amo troppo per essere arrabbiato: me le sono meritato in pieno quelle parole. Tranquilla, ci sarò al tuo spettacolo…! Ti amo.

Stupido… Idiota…

Mi aveva fatta piangere di nuovo: non tanto per la rabbia, ma per la sua gentilezza.

Questa volta mi sentivo in colpa il triplo del dovuto. Non mi meritavo di essere trattata così.

Sentii qualcosa proprio dietro di me. Mi spaventai, ma quel qualcosa mi tenne ferma.

Mi bendò e mi abbracciò. Non disse niente, ma continuò a carezzarmi. La sua stretta dolce e calda mi sembrò familiare. Ad un certo punto, mi venne in mente di fare una cosa: mi avvicinai piano, piano al suo collo ed annusai il suo profumo: era Hugo Boss. L’avrei riconosciuto tra mille. Per esserne più sicura, provai a toccare i capelli, ma non mi sembravano i suoi ricci: sembravano fissati con qualcosa e lisci. Alla fine mi lasciai andare al mio istinto e lo baciai.

 

Matteo….

 

Il mio piccolo angelo era rimasto estasiato davanti al famoso Teatro dell’Opera.

Ogni suo sorriso era come un toccasana per il mio debole cuore: ogni volta che la vedevo piangere, odiavo me stesso, perché non ero mai in grado di alleviare le sue ferite.

Ero nascosto dietro le tende dei portoni principali della sala.

Lei sentiva la presenza di qualcuno, ma non mi notò mai.

Avrei preferito vederla così, da lontano, piuttosto che saperla al mio fianco e sofferente.

Ad un certo punto la vidi afferrare il cellulare e sedersi su una poltrona. Mi avvicinai quatto, quatto per capire chi stesse telefonando. Mi nascosi tre file più indietro. Sentii, nella mia tasca dei pantaloni, lo squillare del mio telefonino: cavolo! Non potevo risponderle, mi avrebbe cassato come niente! Meno male che avevo registrato il messaggio della segreteria telefonica.

Dopo aver riattaccato, mi stupii della sua reazione: scoppiò di nuovo in lacrime, per l’ennesima volta. Come se non le fossero bastate quelle precedenti.

Non resistetti. Mi tolsi la cravatta che indossavo e mi avvicinai dietro alla sua poltrona; lei se ne accorse, ma le bloccai le mani e la bendai. Non si mosse. La raggiunsi e mi inginocchiai davanti a lei, abbracciandola da davanti. Il mio tesoro non doveva piangere. Sentii che si stava muovendo: si mosse sul mio collo, provando ad identificare il mio profumo. Hugo Boss; sapeva da una vita che indossavo quel profumo, da quando me l’aveva regalato lei per i miei 19 anni, l’anno scorso. La sentii sorridere, ma, non fidandosi ancora, provò a tastarmi i capelli, che in quel momento avevo dovuto fissare con la gelatina e renderli lisci, per lo spettacolo.

Sicuramente si aspettava di trovare i soliti ricci ribelli.

Ma nemmeno questo la fermò e subito mi baciò. Quel bacio rappresentava tutto quello che avremmo voluto dirci, ma, in quel momento non servivano le parole. La tenni più stretta e, da semplice bacio, si trasformò in un bacio appassionato, le nostre bocche perfettamente in sincronia. Un brivido mi percorse la schiena al semplice contatto con la sua lingua; e tutto sembrava ricongiungersi, ogni tassello di quel puzzle trovava il proprio posto, riunendo il quadro della nostra vita, la mia e la sua, assieme.

Ero tentato a lasciarla andare, ma la mia voglia di lei era infinita e non avrei mai smesso di baciarla.

Ma mi dovetti trattenere: non avrei mai voluto rovinare la mia sorpresa.

Così, mi staccai dalle sue labbra, desiderose ancora di riavermi e scappai a tutta velocità dalla sala, per rintanarmi nel mio camerino.

 

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Capitolo 11
*** DODICESIMO CAPITOLO ***


Angolo dell'autrice...
@___@ Ragazze.... mamma mia... non mi aspettavo tutte queste nuove lettrici...!!
Sembra strano, ma io, solitamente, non sono abituata a ricevere dei commenti...
Quindi vi ringrazio di tutto cuore... yumisan e _sefiri_ e do il benvenuto alle mie nuove lettrici Oasis e _Laura_!!
Spero di non deludere...!!! :D
A prestooo!!!!! ******
 

DODICESIMO CAPITOLO

 

Cristy…

 

Quel bacio mi stava portando via e piano, piano tutto il mio autocontrollo stava svanendo del tutto. Avevo capito che era lui: solo lui sapeva scatenare tutte le mie emozioni con un semplice gesto. Lo amavo.. Oh sì, l’amavo da morire. Sentivo che si stava trattenendo dal volermi più vicina, ma si staccò dalla mie labbra, vogliose delle sue, e sentii che si stava allontanando velocemente.

-Cristy? Che ci fai lì e, per giunta, bendata?- mi chiese la voce di Adèle, probabilmente affacciata dalla porta per entrare alle quinte.

-Ehm… Veramente mi è successa una cosa molto strana… ma te la racconterò più tardi…. Intanto, aiutami a liberarmi… Per favore!- risposi, cercando di sviare il più velocemente possibile il discorso.

-Va bene…. Ma sei in debito di una spiegazione, capito?- mi disse, togliendomi la benda.

 

Ore 19.30

 

Mancava solo mezz’ora allo spettacolo e io non avevo ancora conosciuto di persona il “Fantasma”. Chiesi ad Adèle se fosse tutta una messinscena, cioè una candid camera per burlarsi di me.

-Tranquilla… Il fatto è che questo cantante… E’ molto famoso e non gli piace fare le “prove” con i cantanti comuni. Non lo trova salutare per la sua voce. Però stai calma: è bravissimo… Vedrai..!- mi rispose, dirigendosi verso il camerino di Joaquin, ridendosela sotto i baffi.

Secondo me è tutta una scemenza… Ma non me ne frega niente… Cantare su quel palco è sempre stato il mio sogno. Non me lo farò rovinare da uno sbruffone, egocentrico come quel “Fantasma”, pensai, intenta a ripassare i vari pezzi.

Era ora di entrare in scena. Il pubblico stava entrando in sala, silenzioso.

Solo il sipario mi separava dal mio pubblico. La sensazione è come quando si è a un metro da un qualcosa che sai di riuscire a prendere, ma in quel momento non sai ancora se ce la farai davvero o se è solo illusione. I brividi c’erano e la tensione era da brivido.

Mi sistemai al centro del palco, dove dovevo essere. Si va in scena….

Teatro dell’Opera di Parigi: la capricciosa primadonna Carlotta abbandona la scena nel bel mezzo di una prova generale dell’ultima produzione della compagnia. Ai due nuovi zelanti direttori del teatro non resta che spingere sulla ribalta la giovane Christine, timida ballerina di fila. La ragazza ha un talento straordinario e un maestro misterioso, che la guida solo attraverso la voce senza farsi mai vedere. Quello che lei chiama “Angelo della Musica” è in realtà il Fantasma, un geniale musicista sfigurato che abita i sotterranei dell’Opera, terrorizzando la compagnia di artisti che vivono e lavorano lì.

Vi starete chiedendo se mi fossi dimenticata del personaggio di Raul? Lui è l’amato di Christine, la quale si trova contesa tra l’ ”Angelo della Musica” e Raul.

Il Fantasma si presentò al momento della sua comparsa: era irriconoscibile dietro quella maschera, che gli copriva il viso per intero. I suoi occhi erano neri e i cuoi capelli lisci, erano fissati con la gelatina.

La sua voce mi stupì: una voce bellissima, suadente, un tenore estremamente perfetto… Non c’era altra definizione. Avevo già sentito molti cantanti a Madrid, ma nessuno con quel timbro di voce.

Alla fine del primo atto, finita la mia scena, corsi dritta da Adèle.

-Mi spieghi dove l’hai trovato quel tipo?- le domandai, indicando il Fantasma. Per tutta risposta, lei si mise a ridere e mi rispose:

-Si è presentato lui… Io non ho fatto proprio niente!-

 

Eravamo quasi alla fine dell’Opera, alla scena in cui, il Fantasma prendeva il posto del tenore e cantava assieme a Christine. Raul stava seduto a guardare l’Opera dall’alto, ma sapeva di dover stare attento: il Fantasma era lì e doveva agire a una qualsiasi mossa di Christine.

 

Passa il ponte fra noi due

Non dubitare.

La tua, la mia bugia

Finisce qui.

 

Ancora quello sguardo nero come il petrolio, mi stava osservando. Lo conoscevo… mi erano così familiari quegli occhi. Si avvicinava con lentezza calcolata.

 

Che fuoco mai ci inonderà?

Che voluttà è rinchiusa in noi?

La mia recondita, preziosa….

 

Come da coreografia, mia aveva stretta da dietro.

Il suo abbraccio caldo e sicuro… mi stava facendo impazzire. Potevo intuire chi si nascondesse, dietro quella maschera dai suoi movimenti, dalla sua natura passionale, dal suo sguardo… ma erano semplice supposizioni, nulla più.

 

Toccava a me!! Stavo per perdermi l’attacco!

Adoravo quella canzone e quel cantante, nascosto da quella maschera, la rendeva ancora più bella e incantevole.

Mi sentivo proprio come Christine, decisa a scoprire che volto si celasse dietro la maschera, pronta a capire chi fosse colui che mi faceva impazzire.

 

Passa il ponte fra noi due…

Nessun rimorso.

La tua passione, infine vincerà!

Sì! Che sia sbagliato o no.

Sarà infinita attesa o io ti avrò.

Se non si placa qui, con te,

La mia marea dilagherà.

Sei tu la fiamma che consuma….

 

Con quello sguardo scrutava le mie mosse, scavava a fondo nella mia anima.

Mentre salivamo i gradini della scenografia, il suo sguardo non mi aveva mollata un attimo, neanche quando dovemmo attraversare il “ponte”;

 

Passa il ponte fra noi due…

Non esitare!

Ti perderai, qui fra le braccia mie.

Se passi il ponte fra noi due……

 

 

Ci avvicinammo l’uno all’altra, guardandoci intensamente, annegando ognuno nello sguardo dell’altra. Cantavamo, con tutto il nostro cuore. A un tratto mi voltò: mi ricordò quel tango ballato con Matteo…. Mi tenne stretta, cantando, quasi sussurrando il suo finale….

 

Dimmi che tu mi amerai, per sempre…

Dimmi che mai più mi lascerai…

Se tu con il vuoto mio, t’incanto..

Dove andrò io voglio ci sia tu…

Christine… Nient’altro chiedo… più.

 

Avrei dovuto togliergli la maschera nel momento in cui avesse detto “Nient’altro chiedo”, ma mi aveva bloccato i polsi e, appena terminato l’acuto che non doveva esserci, mi baciò, davanti a quella sala, davanti al pubblico, davanti al mondo. Era un bacio famelico, che nascondeva un messaggio segreto.

Terminato quel bacio, io ero rimasta scioccata e il Fantasma mi sussurrò:

-Amore… Toglimi la maschera…-

Detto, fatto. Gli levai di scatto la maschera, come da copione, e vidi il volto del mio Angelo.

Oh… Matteo. Ero scioccata, ma da quel bacio, quegli sguardi….. Avrei dovuto capire subito, chi fosse il Fantasma. Dovevamo riprendere la scena da dove l’avevamo “modificata”, e con sguardo arrabbiato mi rapì…………

 

Alla fine, vedemmo il pubblico: Il teatro dell’Opera di Roma era piena e solo per uno spettacolo di beneficenza. Una voce fuori campo disse:

-  Gli attori protagonisti: Cristina D’Angelo e Matteo Doretei!-

Appena rientrammo in scena, per fare l’inchino di ringraziamento, la sala si levò in piedi in una standing ovation che durò circa dieci minuti.

Uscimmo subito e manco il tempo di rintanarci nel mio camerino, che era il più vicino al palco, che Matteo mi fu addosso.

-Cristy… Oh quanto ti amo!- mi disse, prima di intrappolare le mie labbra in un bacio sconsiderato.  

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Capitolo 12
*** TREDICESIMO CAPITOLO ***


Angolo dell'autrice....
Ciao ...!!!
Perdonate la mia piccla assenza.... spero di non avervi fatto soffrire....!!!
Ora mi ripresento qui con un nuovo capitolo...!!!
Prima di lasciarvi...  vorrei ringraziare chi ha commentato, quindi: GRAZIE A... yumisan, _sefiri_, Oasis, Niis e _Laura_. ..... Tranquille... avrete la vostra rivincita... Chissà cosa accadrà ad Alex... sicuramente non succederà niente in questo capitolo, ma chissà nel prossimo...!!!
A prestooo!!!****
 

TREDICESIMO CAPITOLO

 

-Mat… Matte…-

Non mi lasciava parlare, baciandomi senza sosta. Tenero, si muoveva sulle mie labbra, quasi avesse paura che al minimo accenno di violenza, potessi sfuggirgli dalle mani.

Si scostò un attimo solo per dirmi:

-         Shh…. Non parlare… Mi basta sapere che mi ami…-

I suoi occhi, anche al buio del camerino, brillavano come onice al sole, donandomi quella serenità che mi ero sempre e solo permessa di immaginare: come non si poteva non adorarlo e amarlo?

- Si… Ti amo… Da morire….- gli risposi, estasiata delle molteplici espressioni dipinte sul suo viso: gioia sconfinata, accentuata dal mio “Ti amo” e un desiderio immenso, espresso dal suo fiato grosso.

- Allora… Non abbiamo bisogno di altro…-

Eravamo sdraiati sul divanetto del mio camerino, posizionato sotto la finestra chiusa e con le avvolgibili abbassate. Non avevamo bisogno di luci: tanto ci pensavano i nostri cuori che, con luce propria, irradiavano tutto ciò che ci circondava. Forse era un po’ eccessivo, ma in quel momento non avevamo bisogno di altro.

Matteo, da sopra di me, non la smetteva di baciarmi, dalla fronte fino al decolleté del mio abito, che non avevo ancora tolto, dato che mi aveva presa in ostaggio e non mi aveva lasciata un attimo. I suoi baci, come cera al contatto con il fuoco, mi consumavano lentamente, mandandomi letteralmente in estasi. Il suo respiro sul mio collo, mi carezzava come un alito di vento; come avevo fatto a vivere senza la sua presenza?

A quel terribile pensiero, lo abbracciai più forte, mentre con le mani si accingeva a liberarmi dal corsetto.

- Matteo... Aspe… Aaah…..- tentai di fermarlo, ma, ormai, non ero più in grado di agire: aveva cominciato a baciarmi il collo, non in maniera lenta, ma voracemente, disegnando vorticosi arabeschi con la lingua; sapevo perfettamente che mi aveva sentito perché, infatti, aveva mugolato un “no”.

Con lentezza calcolata, era risalito dal mio collo fino alle mie labbra, dolce come il miele.

-Dimmi… perché… dovrei… aspettare?!- mi chiese, baciandomi ad ogni parola, sempre cercando il contatto con le mie labbra.

-Perché non mi va di farlo, qui, senza essermi cambiata d’abito e senza essermi fatta una doccia.- gli risposi, tutta in una volta.

E poi, anche se non glielo avevo detto, avrei preferito tenermi ai suoi soliti, adorabili ricci ribelli, piuttosto che a quei capelli stile “Incollati-alla-Ken-di-Barbie”.

Persa in quelle piccole congetture, non mi ero resa conto che mi stava guardando: sembrava supplicante e , con quelle sue labbra, aveva un’aria talmente sexy che dovetti allontanarmi da lui, per evitare qualsiasi crollo.

Quando si accorse delle mie intenzioni, mi abbracciò e mi ributtò sul divano, impossessandosi, per l’ennesima volta, delle mie labbra.

-Sai… non ti facevo così… così… desideroso…- gli dissi, sorridendo al vederlo così … bramoso.

Rise di cuore e mi rispose:

-Sai… Nemmeno io mi immaginavo così tanto… !-

-Ah… Quindi… Non mi hai immaginato…??-

-No! No! Non…- era diventato bordeaux.

-Aaah…!! Allora mi hai immaginato… Che porco!-

-Ma no! Non dire così!-

Ridevo come una scema: me la stavo spassando.

Appena capì che lo stavo prendendo in giro, si alzò e si diresse verso la porta. Prima di sparire, mi disse:

-Fatti una doccia… Ti aspetto… E sono mooolto offeso, quindi pensa a un modo per farti perdonare.-

Sembrava realmente offeso, mentre girava la maniglia e usciva dal camerino.

Tanto meglio: sicuramente mi avrebbe perdonata appena mi avesse visto, dati i vestiti che avevo in programma per il “più tardi”.

Mi levai l’abito e lo riposi nell’armadio accuratamente; mi tolsi anche gli ultimi indumenti, raggiungendo la doccia e infilandomi sotto il suo getto caldo. Ancora una volta,la mia vita si era trasformata nel giro di qualche ora, imprimendo in quei pochi attimi delle vivide esperienze, felici, ma prone a complicarmi la vita, mettendomi alla prova.

L’unica cosa di cui non posso e potevo lamentarmi è quella di avere una vita monotona perché, bene o male, non è mai stata ferma, ma sempre in movimento.

Ma… Adesso, come l’avrei messa con Alex?

L’avrei ferito? Mi avrebbe giudicato una poco di buono?

Non potevo dirgli “Scusami ma, amo Matteo”: sarebbe stato di cattivo gusto;

cosa si fa quando si ama qualcuno e, subito dopo si incontra la persona che più si desidera al mondo?

Mentre avevo questi pensieri ad occupare la mia testa, uscii dalla doccia e rientrai in camerino.

Presi la borsa dove avevo messo i vestiti e mi preparai per essere “perdonata”; camicia bianca, che lasciava intravedere buona parte del mio seno, una gonna lunga fin sopra il ginocchio, nera, un paio di calze dello stesso colore, che io sapevo autoreggenti e scarpe nere, con tacco a spillo di 12 cm.

Sotto quegli abiti, indossavo della biancheria intima che mi aveva regalato Anna, fortunatamente adatta a quell’occasione. I miei boccoli li avevo riuniti in una coda di cavallo, in modo da tener ben esposto il collo. Mi stavo mettendo un po’ di profumo, quando notai tre piccoli segni rossi sul collo: mi aveva lasciato dei succhiotti.

Diamine! Ma non poteva stare più attento?, pensai, Ora gli faccio vedere io, chi è offeso!   

Mi sentivo intrappolata in una relazione clandestina: io, col piede in due staffe. Quel pensiero mi opprimeva la testa.. avrei dovuto risolverlo subito.

Mi legai al collo un foulard nero, per nasconderli e uscii dal camerino, pronta per l’assalto dei giornalisti. Raggiunsi l’atrio, ma di loro, stranamente, neanche una traccia…. Mi sarei aspettata un loro agguato da un momento all’altro: a Madrid si erano nascosti anche dietro i cassonetti della spazzatura, sul retro del teatro, quindi, non mi sarei stupita più di nulla.

Guardai sia da una parte che dall’altra, ma di loro neanche l’ombra. Controllai perfino dietro la grande fioriera, accanto alle grandi porte in vetro: niente.

Ma, pensai, dove si sono cacciati?

Mi arrivò, da dietro, la sua risata dolcissima. Quando mi girai, lo trovai appoggiato al muro, nascosto nell’ombra. Anche la più piccola particella del mio essere, lo desiderava, come un girasole desidera i raggi del suo sole. Con la sua camicia nera, slacciata fino a metà busto, i suoi jeans aderenti e le sue scarpe nere eleganti sembrava un modello e con la sua aria da figo, mi sorrideva maliziosamente.

Cosa si fa quando si ama qualcuno e, subito dopo, si incontra la persona che più si desidera al mondo?

Conoscevo la risposta: non avrei sbagliato una seconda volta, perché l’amore, quello vero, bello da morire, dolce da farti quasi star male, capita solo una volta nella vita.

Una sola.

Mi avvicinai a lui, lentamente, ancheggiando leggermente, mettendo su un broncio quasi offeso. Mentre mi muovevo con passi sensuali, aveva perso quella sua maschera maliziosa e mi guardava a bocca aperta. Esatto, pensai, volevo proprio questa faccia.

- Allora… Sei ancora offeso?- gli chiesi, avvolgendogli il collo con le braccia.

Aveva lo sguardo fisso sul mio seno, troppo vicino per resistere alla tentazione.

-Non credo… - mi rispose, deglutendo.

-Ah.. Non credi? Non ne sei ancora sicuro? – gli chiesi, avvicinandomi alle sue labbra, poggiandole delicatamente.

Quel bacio sembrava leggero, ma non lo era. Infatti, avevo stuzzicato troppo il mio lupo che, con astuzia, mi aveva intrappolata in una stretta ferrea e si era impossessato delle mie labbra, muovendosi con decisione.

-Non credo di essere mai stato offeso con te….- mi rispose, appena mi diede il tempo di staccarmi.

-Bene… Meglio così…- gli dissi, staccandomi da lui. Ma mi mancava ancora qualcosa. – Hey… Ma dove sono i giornalisti?- gli chiesi.

-Ehm.. non so se ti sei accorta… ma… Sono passate 4 ore dallo spettacolo…- mi rispose, molto imbarazzato.

Shock. Non me ne ero accorta. Erano le undici e mezza passate.

-Questa volta… L’abbiamo fatta grossa….-

Avevo passato 4 ore meravigliose con il mio angioletto e non me ne ero accorta.

Mi diressi verso le porte in vetro, mi voltai e dissi :

-Andiamo?-

Il suo bellissimo viso, allungato, con un sorriso bellissimo stampato e un luccichio nel suo sguardo scuro, mi dava un senso di totale abbandono: avrei voluto poterlo contemplare sempre.

Si avvicinò, mi prese per mano e disse: - Si.. Amore mio…-

 

Alex….

 

Era mezzanotte meno un quarto. L’appuntamento era per le undici e mezzo.

Quella puttana era sempre in ritardo.

Mi accesi una sigaretta e feci una passeggiata per il parco. Ero in astinenza solo da un giorno e già non ce la facevo più… Non avrei resistito ancora per molto.

Se solo Cristina si concedesse, forse… pensai, ma mi bloccai subito.

Cercai nella mia tasca, un foglietto.

Tesoro.. Ricordati stasera che c’è il mio spettacolo! Non mancare… Ti amo!!

Mi scivolò dalle mani. Avevo dimenticato lo spettacolo di Cristina. Oddio.

Vabbè… Mi farò perdonare…

-Hey… Ciao! Scusami, ma avevo un problema con il mio ex….- mi salutò Miriam.

Incazzato più con me stesso, che con lei, le dissi:

- Muoviti… ho voglia di sesso.-

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Capitolo 13
*** QUATTORDICESIMO CAPITOLO ***


L'angolo dell'autrice....
Oddio ragazze.... manco vi immaginate quanto mi facciate felice, leggendo questi meravigliosi commenti...
Mi fate arrossire fino alla punta delle orecchie.... *////*
Ora passo ai commenti..... ;)
Oasis: tranquilla... Anche a me a mandato il sangue alla testa mentre creavo il personaggio di Alex... Solitamente gli scrittori dovrebbero amare tutti i personaggi.... Ma certe volte si fanno proprio odiaree...!! :D
_sefiri_: te lo darei l'indirizzo... se lo sapessi!!! Spero di non deludere con questo capitolo....
xXBlack Rose OSheaXx: ihihihi... Grazie... sono felice che ti piaccia e benvenuta nel mio mondo!!! ;D Stranamente tutti quanti rimangono affascinate da Matteo...!
yumisan: yumi!!! trnquilla.. non sono così cattiva da mandare in aria tutto quantooo!!!! :D
_Laura_: Lo so... ho fatto uscire fuori il lato più... ehm... ehm.... (cia siamo capite) di Matteo.... E' adorabile...!!! :D
 
Bene.... Ringrazio ancora per aver commentato... e Ringrazio anche chi legge e non commenta... Mi fate felice lo stesso.... Bene... Ora.... Ecco a voi questo capitolo... Spero di non essere scesa in basso e di non essere scaduta nel volgare...!!!
 
BESOSSS!!!! A PRESTOOOO!!!!******
 

QUATTORDICESIMO CAPITOLO

 

Uscimmo da quel bellissimo teatro, spettatore silenzioso dei nostri attimi più significativi e teneri, per dirigersi verso casa sua. Aveva detto di avere casa libera.

Ma la strada che prendemmo non portava a casa sua;

-Matte… Ma dove mi stai portando?- gli chiesi, guardandolo mentre guidava: aveva lo sguardo fisso sulla strada e con sorriso malizioso stampato su quel bellissimo volto da angelo.

-Shh… Ho detto di avere casa libera… Ma non ho specificato quale…- mi disse, cambiando marcia, dirigendoci verso il Tevere. Certe volte dimenticavo la ricchezza della sua famiglia.

Attraversammo il ponte e ci ritrovammo accanto a Castel Sant’Angelo, illuminato da tantissime luci, immenso e bellissimo in tutto il suo splendore. Si era fermato un attimo per farmi apprezzare il panorama e, contento di aver visto la mia faccia sbalordita, mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio:

- E questo.. non è ancora niente….-

Mi prese il viso per le mani e, mentre mi sfiorava con le sue labbra, gli girai la faccia.

-Hey!! Perché mi respingi?- mi chiese, cercando il mio sguardo.

Infatti, mi ero girata per non fargli vedere che ero arrossita di botto: è sempre… così dannatamente sexy, quando mi dice queste frasi.

-Perché… Se mi dici così… io.. io…- provai a dirgli…

-Tu, cosa?- mi incitò.

-… non resisto…- gli dissi, voltandomi per vedere la sua reazione.

Non era possibile… Era arrossito anche lui! Lui, che lanciava battutine eccitanti, così a bruciapelo, era arrossito; era un colorito che gli donava tantissimo, ma, sicuramente, gli imbarazzava tantissimo dover mostrare quel suo lato.

- Ehm… Andiamo?- mi chiese, evitando di guardarmi, ancora eternamente imbarazzato, e io, con un cenno del capo, consentii e ripartì.

Ci fermammo mezzo minuto dopo, davanti a una casa stile americano: un giardino non troppo grande, ma ben curato, un garage di dimensioni normali. Era una casa molto modesta, rispetto ai soliti lussi che si concedevano Matteo e la sua famiglia.

-Bè… Questa… E’ casa mia… cioè, la casa dove ci vivo solo ed esclusivamente io…-

Oddio… Aveva una casa tutta sua.

Riuscii a sputare solo un semplice –Wow…- , mentre fissavo quella casa con stupore.

Mi fece scendere dalla macchina e ci dirigemmo in casa: aveva tre piani, dove al piano di sotto c’erano la cucina, due bagni, il salotto, il soggiorno e la sala da pranzo; il secondo piano era il piano delle camere, che in tutto erano 5 e il terzo piano…  Bè, comprendeva la serra e il terrazzo, dove Matteo si divertiva a curare i fiori e a svagarsi.

-Vieni.. Ti mostro una cosa…- mi disse ed io, sorpresa dall’effetto che mi faceva la sua voce, lo seguii.

Mi condusse sulla terrazza: avevo Roma davanti ai miei occhi, puntellata da tante piccole luci e con la luna piena a guardare dall’alto quel piccolo paradiso terrestre, che si mostra al mondo, così romantica solo la notte e di giorno, si cela dietro alla sua maschera di caos e smog. Come una soffice e delicata melodia, l’atmosfera diventava leggera e dolce.

Matteo, che mi abbracciava da dietro, mi fece voltare e mi disse:

- Io ti amo…. solo questo sentimento mi fa andare avanti, ogni giorno: la consapevolezza del mio amore per te e solo unicamente per te… Io… Vorrei che stessi con me non perché ti faccio pena o perché “ti sembra di ricambiare”… Solo se tu sei sicura dei tuoi sentimenti, io sarò pienamente felice di averti, con me…-

Dove voleva andare a parare? Cosa gli faceva dire queste cose? Pensava forse… Che lo stessi prendendo in giro…?

-Pensi.. che io non faccia sul serio con te? Pensi che io stia tradendo Alex, solo per divertimento? Non hai mai pensato che io ti ami più di qualsiasi cosa, più di qualsiasi altro?-

-Allora… Adesso… Non respingermi…-

Mi abbracciò e mi baciò, deciso. Fece una leggera pressione sulle mie labbra, che, al contatto con la sua lingua, si schiusero, dando inizio ad un gioco di lingue, intenso e bellissimo.

Appena ci staccammo, giusto per riprendere fiato, mi sollevò e io attorcigliai le mie gambe attorno alla sua vita, riprendendo possesso delle sue labbra, che desideravo non smettessero mai di lasciarmi. Mi accorsi solo dopo che mi stava trasportando in camera sua.

Mi stringeva a sé con una mano sotto la mia camicia, a contatto stretto con la mia schiena e, con l’altra, mi accarezzava i capelli, che mi aveva slegato.

Tra un bacio e l’altro, mi chiese:

-Cosa te ne fai di questo foulard?-

-Forse… E dico Forse… Qualcuno a fatto qualcosa che non doveva…- sfilandomelo e gettandolo a terra, mostrandogli i succhiotti.

Eravamo giunti in camera sua e mentre gli facevo vedere i suoi segni, mi appoggiò delicatamente al letto, baciandomi quei segni ben messi in evidenza. Sollevò la testa e mi sussurrò ad un centimetro dal mio viso:

-Te li rifarei, solo per vedere quest’espressione bellissima sul tuo viso..-

E riprese a baciarmi.

Lentamente, scese dal mio collo fino al decolleté con dei baci, delicati come la brezza del mare.

Mi baciava come se non desiderasse fare nient’altro nella vita, come se fosse il suo unico obbiettivo. Risalì con le mani ai bottoni della mia camicia, sbottonandoli ad uno ad uno, facendomi impazzire, lasciandomi tra le braccia dell’impazienza e della voluttuosità, sue fedeli alleate in questo gioco perverso.

-Una volta iniziato.. Non si torna più indietro, amore mio…- mi sussurrò, prima di liberarmi definitivamente della camicia, gettandola da qualche parte sotto il letto.

Fissò sbalordito il mio seno, coperto semplicemente da un reggiseno nero, ricamato con disegni floreali che davano sul bianco, un po’ trasparente. Neanche il tempo di sbattere gli occhi che si era avventato su di me, toccandomi come nessuno aveva mai osato fare prima.

E, veloce come il vento, mi slacciò anche quello, con dipinto sul viso un’espressione di puro desiderio. Mi voleva, mi desiderava e a giudicare da come mi toccava, da come mi faceva sentire, lo volevo anche io, più di me stessa, più di quella piccola palla di plastilina, che ero io, modellata dalle sue grandi e abili mani.

Dolce e delicato, mi sfiorava il seno con la bocca pronunciando frasi sconnesse, come “sei bellissima” o “non avere paura”… Mi stava facendo impazzire, lentamente.

Quando sentii la sua bocca impossessarsi di uno dei miei capezzoli, lo strinsi più me, tenendolo per i suoi adorati ricci. Continuò questa dolce tortura, alternando la bocca alle mani e

viceversa, fino a quando non si accorse che stavo per raggiungere il limite e quindi, per non rovinarsi il finale, si staccò e riprese la sua discesa.

Con il sorriso più bello del mondo, passò a baciarmi il ventre, scendendo fino alla zip della gonna, che volò via in meno di qualche secondo. Mi sentivo… Estremamente eccitata.

Uno strano formicolio prese a divampare come fuoco ardente tra le mie gambe; fu una scossa violenta di desiderio irrefrenabile a farmi gemere, quando sentii che con la bocca si avvicinava piano, piano all’apice del mio piacere, sopra la stoffa delle mie mutandine.

Mentre mi uccideva con i suoi giochini, mi sfilò le autoreggenti… Ma quando le avevo tolte le scarpe?

Le gettò da qualche parte e si risollevò, raggiungendo il mio viso, impadronendosi delle mie labbra.

Quando ci staccammo, con il fiato corto, l’unica cosa che non potei non sentire, era la sua erezione premere sul mio bacino.

-… Spogliami…- mi sussurrò, rivoltandomi, facendo finire me sopra e lui sotto.

Non mi aspettavo questo cambiamento repentino, tanto da trovarmi inizialmente spaesata, poi presi a baciargli le labbra, il mento, scendendo lentamente, lasciando una scia di baci dietro di me; arrivata alla camicia, gliela sbottonai un po’ alla volta, riprendendo le linee del suo petto, che come le onde del mare, si alzava e si riabbassava, seguendo il ritmo del suo respirare.

Gliela sfilai e raggiunsi immediatamente alla cintura di Armani, ma, prima di continuare, mi decisi a guardarlo.

Lui, con quel suo sguardo tenero, carico d’amore e sensualmente sexy senza la camicia, da sotto di me mi accarezzava le cosce, quasi a chiedermi esplicitamente di essere sua.

Mi avvicinai alle sue labbra, e gli sussurrai la mia tenera dichiarazione.

-Piccolo … Ti amo…-

Dopo queste parole, non so che uragano si sia scatenato in lui, so soltanto che ribaltò ancora le posizioni e, stendendosi interamente sopra di me, si riappropriò ferocemente delle mie labbra.

Non mi stava accarezzando; sentivo che trafficava con i suoi pantaloni, cercando di sfilarli il più velocemente possibile. Rimanevano solo i suoi boxer e le mie mutandine da togliere, l’ultimo baluardo a dividere i nostri corpi; sensualmente e con estrema delicatezza, provò ad aprirmi le gambe, quasi a chiedere il permesso, che di certo io non gli avrei negato.

Si sistemò meglio e si avvicinò alle mie labbra, per un bacio leggero come una nuvola, per poi avvicinarsi con le labbra al mio orecchio e chiedermi in un sussurrò.

-Hai paura?-

Sicuramente, si aspettava una risposta del tipo “Non avrei mai paura ..” o cose simili, quindi quando gli risposi mi guardò in maniera stralunata.

-Se non ne avessi, sarei semplicemente una sciocca…-

Mi chiese di rilassarmi tra le sue braccia e di fidarsi; aveva mal interpretato le mie parole: io non avevo paura di lui, ma del gesto in sé. Forse non aveva ancora capito che io.. Bè, sì… Ero vergine.

-Aspetta… Forse non mi sono spiegata… Io.. non ho paura di te…. Ma… Sono vergine.- gli dissi, arrossendo di botto.

Il suo viso, si voltò fino ad incontrare i miei occhi. Da stupore, la sua espressione divenne dolcissima e imbarazzatissima… Forse pensava che… Io ed Alex….

-Io… Non lo sapevo… pensavo che… che…- non riusciva a dirlo, ma non serviva. Si rimpossessò ancora delle mie labbra, in maniera naturale, sempre più dolce.

-Allora… Mi stai dando il permesso di averti?- mi chiese.

-Sì.- gli sussurrai.

Fece scorrere le mani dal mio volto, seguendo la linea delle mie spalle, scendendo sui miei seni, sul mio ventre, fino ad arrivare ai lembi di quelle mutandine che desideravo non fossero mai esistite.

Me le sfilò, lentamente, per poi gettarle al lato del letto. Non leggevo nient’altro nei suoi occhi che non fosse amore. Puro e dolce amore. Mi vergognavo un po’, ma sapevo che non avrei dovuto provare quella sensazione: non gli avrei mai fatto ribrezzo e questo lo notavo dal suo sguardo.

 Il suo viso fronteggiò la mia femminilità, desiderosa delle sue carezze. Sentivo il suo respiro, caldo e corto, lì tra le mie gambe, all’apice di tutta la mia eccitazione, sconvolgendomi totalmente.

La sua lingua mi stimolava in svariati modi: si muoveva in maniera posseduta, non mi lasciava respirare, dandomi un piacere estremo e inimmaginabile. La muoveva dentro e fuori la mia fessura, uccidendomi lentamente. Io mi stavo perdendo dentro tutte quelle emozioni, lasciandomi andare tra le sue braccia. Stavo per raggiungere la meta ambita, ma si fermò di colpo, sussurrandomi:

- Eh no… Non ho ancora finito…-

Manco il tempo di ribattere, che si sfilò i boxer, mostrando in tutta la sua perfezione, quell’erezione che fremeva, pregava di poter uscire da quella costrizione di tessuto.

Volevo dargli occasione di fargli provare quello che avevo provato io, avvicinando la mia mano al suo sesso, ma che venne prontamente fermata dalla sua mano.

-No… Questo è il tuo momento, non il mio… Ora… l’importante sei tu…-

E lentamente, quasi a chiedere ancora quello stramaledetto permesso, entrò in me, forzando la barriera naturale del mio corpo inviolato.

E poi, fu tutto confuso, tutto dello stesso colore… Rosso intenso. Come la passione, come la lussuria, come l’amore. I nostri gemiti facevano da colonna sonora a quel momento così magico, che rappresentava l’espressione massima del nostro amore. Tutto così dolce e romantico… Niente a paragone con una notte stellata sotto il cielo di Roma… Niente a paragone con un mazzo di rose e un bacio leggero e delicato, stampato sulle labbra…

Lui era tutto quanto assieme: dolcezza, passionalità, bellezza; rappresentava tutto quello che amavo. Avrei voluto ricordare tutto, imprimere quelle immagini con una macchina fotografica, per non dimenticare neanche per un istante quelle emozioni così intense da far rabbrividire solo al pensiero.

Tre ore dopo, lo scoprii addormentato sul mio seno, con un viso adorabile da angelo.

Avrei dato tutto per vedere per sempre quell’espressione dipinta sul suo viso…

E per questo, avrei dovuto lasciare Alex… Mi sarei sentita pienamente in colpa, ma quel cucciolo di gatto così bello e così bisognoso di cure e di attenzioni, veniva prima di tutto.

Perché il mio amore era solo lui. Solo Matteo.

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Capitolo 14
*** QUINDICESIMO CAPITOLO ***


Angolo dell’Autrice….

Grazie Mille… pensavo di aver toppato…

Bene… Ora passo ai ringraziamenti diretti…. ;)

Oasis : grazie tante… Sono felice che sia piaciuta… proprio tanto felice…

_sefiri_ : ihihihi… Bè… prova ad immaginarti Dante e Beatrice in simili atteggiamenti, no? Ihihih :D  Sono contenta che non abbia fatto schifo…

yumisan : in teoria ero indecisa se postare tutto il capitolo oppure tagliare tutto il pezzo, per lasciare tutto all’immaginazione… : //// :  

_Laura_ : il fascino di Matteo è proprio da uccidersi…  lo dico anche io, che sono la creatrice…!!!!! :P

xXBlack Rose OSheaXx : grazie… uffa… vi sembrerò una stupida, ma non smetterò mai di ringraziarvi..!

Ren_91 : oddio… Pensavo non ti piacesse più questa storia…!!! Sono proprio contenta! Grazie tantissime… Con i tuoi complimenti mi fai arrossire….

Poi… Bè… Per Alex c’è una punizione… Ma non vorrei  esagerare… Anche se voi pensate che la punizione debba essere storica…

 

 

Benissimo… Ora… Ecco a voi il quindicesimo capitolo!!!!

 

QUINDICESIMO CAPITOLO
 

Matteo…

 

Non avevo mai provato un sentimento del genere.

Mi sentivo perso, tra quelle sue braccia morbide, totalmente abbandonato, tra il suo respiro crescente e il suo corpo incandescente.

Era mattino? Chissà… Era tardi? Boh…

Non mi interessava sapere niente, almeno, niente che non riguardasse Cristina.

La sentivo… Respirava piano, sembrava un sussurro; però avevo paura di aprire gli occhi: temevo che se li avessi aperti, non avrei trovato il suo sguardo marrone con quelle striature verdi, credevo che, con la luce del sole, si fosse smaterializzata, come per magia. Temevo che fosse tutto un sogno.

Ma al mio risveglio effettivo mi accorsi di star abbracciando qualcosa di morbido e mi sentivo appoggiato a qualcosa che lo era anche di più. Lentamente aprii gli occhi;sollevai lentamente la testa e mi accorsi di essermi addormentato sul suo seno; la guardai, addormentata con le sue mani ad accarezzarmi i capelli e la schiena. Raggiunsi le sue labbra e la baciai.

Al contatto con le mie, si risvegliò come una qualsiasi principessa si risveglia dal sonno eterno, dopo il bacio del principe. Mi staccai e i suoi occhi mi fissavano…. Adoranti.

-Buongiorno…- le sussurrai, sfregando leggermente il mio naso contro il suo.

-Buongiorno… amore mio…- mi rispose, ridacchiando.

Stavo per morire…. Mi aveva detto… amore mio…

Non resistetti: la baciai con una foga inesprimibile; lei ricambiò il mio bacio con lo stesso sentimento. La rivolevo, lì, tra le mie braccia, volevo ricreare la magia bellissima della sera prima, per poter rivivere tutte le espressioni del mio tenero e dolce angioletto.

E la riebbi, per la seconda volta. Ma non con un tenero e leggero sentimento d’amore, ma con tutto l’amore che avevo in corpo, impossibile da esprimere a parole e inimmaginabile.

Esausti, ci addormentammo, lei, poggiata al mio petto, ed io, la custodivo come un pastore culla tra le braccia la sua più tenera agnellina.

La vegliavo, serenamente.

I suoi adorabilissimi ricci, erano tutti arruffati. I suoi occhi, celati dalle sue palpebre, sembravano trasmettere un’aria serena, rafforzata dal sorriso stampato su quelle sue labbra rosse e morbide. Il suo corpo nudo, stretto al mio, era caldo e morbido: non sarei mai voluto uscire da quel letto. Con una mano, ripercorsi il suo corpo in una lunga carezza, partendo dal suo volto, giù per il collo, il suo seno, il dolce ventre, fino ad arrivare dove nessuno, prima di me, era arrivato in lei. La sentii gemere. Sorrisi; allora era sveglia.

Con uno scatto repentino, ribaltò le posizioni.

Io, appoggiato con la schiena alla spalliera del letto, e lei, seduta sopra le mie gambe.

Mi cinse il collo con le braccia e disse:

-Ancora? Non ti è bastato stanotte e anche stamattina??- il suo volto si era tinto di uno splendido rosato.

-Se tu mi guardi con questo visetto… Non credo che mi passerà mai la voglia…- le risposi, stampandole un altro bacio sulle labbra.

-Mmm.. allora … Mi alzo..- e si spostò.

La bloccai da dietro e la tenni stretta a me.

-Tu… Non vai assolutamente da nessuna parte… Capito??- non volevo che uscisse da quel letto, come non volevo io.

-Dai… E’ già l’una… Ci prenderanno per dispersi!- e detto questo uscì, nuda, dirigendosi nuda sulle scale. Eh no, pensai, nuda solo davanti ai miei occhi… Neanche i mobili devono vederla!

Così, prima che si avviasse, mi alzai, presi la mia camicia e le sue mutandine e la bloccai.

-Vestiti…Su!- le dissi.

-Ma qui non ci vivi solo tu? Di cosa hai paura?- mi chiese.

-Non ho paura… Ecco.. sono geloso..e non discutere…!- le dissi, facendole comparire un sorriso imbarazzato.

Indossò tutto quanto – ancor più tremendamente sexy della sera prima- , e scese.

Ok… posso stare tranquillo adesso.

 

Cristy…

 

Mi feci quattro risate, appena entrai in bagno.

Lui, geloso?? E di cosa? Delle pareti??  

Quella mattina sembrava un tenero e morbido orsacchiotto, bisognoso di coccole. Come avrei fatto a resistergli tutto il giorno? Avrei dovuto trovare il modo.

Ecco… primo problema… Mi ero dimenticata di prendere le mie cose in camera sua.

-Ehm…. Matte… mi passeresti la roba che è nella borsa?-

Lo sentii mugolare qualcosa.

Cominciai a svestirmi e ad entrare in doccia; dopo un po’ bussò alla porta.

-Entra!!- gli dissi.

Entrò e mi vide sotto la doccia. Divenne paonazzo. Però non staccava gli occhi.

-E smettila..!!- gli lanciai l’asciugamano, uscii fuori dalla doccia, mi infilai dentro l’accappatoio e lo buttai fuori.

Uffa… e’ veramente un… un… adorabile cucciolo.. pensai.

Mi misi le cose che indossavo la sera prima, per arrivare in teatro. Uscii dal bagno, facendomi una coda di cavallo e mi diressi in cucina, dove lo trovai tutto indaffarato nel preparare qualcosa con cui cibarci.

Mi appoggiai allo stipite della porta, a braccia conserte e lo fissai: in quel momento indossava solamente un paio di boxer neri. Cominciai a seguire tutto il profilo del suo corpo. I suoi ricci scombinati, la sua nuca, le sue ampie e forti spalle, la schiena perfetta con un po’ di spina dorsale messa in evidenza e poi… il suo sedere, coperto solo dai boxer…. Stavo per andare in iperventilazione, ma continuai la mia discesa, guardando le sue gambe lunghe. Lo stavo ancora ammirando, quando mi disse:

-Se hai smesso di fare la radiografia del mio posteriore, forse, e dico forse, potresti venire qui.-

Mi avvicinai e lo abbracciai da dietro.

Non disse niente. Non c’era bisogno di parlare, perché erano le nostre anime a farlo e una parola, molte volte, può rovinare tutto.

Spense il fornello, si voltò e mi prese da sotto le spalle, mi sollevò, mi fece sedere sullo sgabello più vicino e mi stampò un bacio a fior di labbra.

-Adesso… Si mangia..!!!-

Aveva preparato… Gli spaghetti al ragù. Faceva tanto alla “Lilli e il Vagabondo”, ma adoravo vederlo così felice.

Prese un piatto grande, verso la pasta e il ragù, lo mescolò e lo mise in mezzo, tra noi due, porgendomi la mia forchetta.

-Mangiamo!- mi disse, cominciando già a mangiare.

 Facevamo a gara a chi ne mangiava di più, e subito mi sconfisse, dato che non ero abituata a mangiare così tanta pasta.

Aveva tutto il muso sporco di sugo. Era doveroso pulirlo. Appena ebbe finito, presi un fazzoletto e lo pulii.

-Sembri un bambino…- gli sussurrai, ad un centimetro dalle sue labbra.

-Stai tranquilla che, quello che sto per fare, non è da bambini….- mi baciò passionalmente e mi attirò a sé, ritrovandomi seduta sulle sue gambe e stretta in un abbraccio confortevole. Decisamente non era un gesto comune tra i bambini.

Si staccò da me, tenendomi sempre abbracciata.

-Dicevi?- mi chiese, sorridendo.

-Veramente, niente..- gli risposi, carezzandogli il viso.

Sarebbe stata una giornata del tutto diversa, rispetto alle altre albe ed agli altri tramonti che, fino a quel momento, avevano caratterizzato la mia vita.

Me lo sentivo, dal più profondo del mio essere.

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Capitolo 15
*** SEDICESIMO CAPITOLO ***


SEDICESIMO CAPITOLO

 

-Amore… escooo!- gli urlai, fuori dalla porta di casa.

-NO! Non uscire da quella porta!- mi urlò Matteo. Non capivo il motivo.

Scese giù dalle scale in corsa, chiuse la porta, si mise davanti e mi guardava. Dal suo sguardo non capivo cosa avesse intenzione di fare; ma quando mi avvicinò a sé, capii subito dove voleva andare a sbattere: non gli avrei concesso un altro bis.

-Eh no mio caro… Devo andare… Altrimenti non potremo mai stare assieme… hai capito??-

Mugolò un “sì” sulla mia spalla, ma non mi lasciava andare. Quando sentii che con la bocca mi sfiorava il lobo dell’orecchio e, con la mano cominciava a togliermi di nuovo la camicia, lo allontanai.

-Veramente…Incredibile… Sei incredibile!! Ma… devo rimanere chiusa tutto il giorno in casa, solo perché tu mi vuoi?- gli chiesi, scioccata dalla sua estrema.. “voglia”.

-Ho resistito circa quattro anni per averti… quattro anni per sfiorarti… tu non sai quante notti hai popolato i miei sogni… no.. come potresti saperlo? Eri occupata a piangere per un idiota che non ti ha mai meritato… non ti sei mai accorta di niente… io, che mi struggevo, solo al pensiero di litigare con te… che morivo, per qualsiasi tua lacrima versata, e rinascevo, ad ogni tuo splendido sorriso. Il solo pensiero di non poterti avere mi uccideva lentamente… Ti volevo, e ti voglio, come ora… E non pensare che sia questione soltanto di sesso, perché potrei farmi milioni di donne…. Desidero, con tutto me stesso, fare l’amore con la persona che amo più di qualsiasi altra cosa…. Desidero, sempre e solo, semplicemente te.-

Il suo sguardo, da cupo, era diventato così dolce e tenero, che non resistetti e lo baciai, con foga.

Non potevamo farlo di nuovo, ma, tanto, non c’è due senza tre, no?!

E così non arrivammo nemmeno in camera: dritti sul largo divano del salotto.

Ancora e ancora… non mi stancavo di averlo così vicino….

Erano passate altre tre ore… Uffa… io volevo uscire per andare a chiarire con Alex, ma lui non ne voleva sapere: mi teneva abbracciata al suo petto, come se desiderasse tenermi con sé per sempre, il che, era un’offerta allettante, dato che anche io desideravo lo stesso.

Ma non sempre quello che si vuole fare è fattibile.

Mi alzai, mi rivestii davanti ai suoi occhi, ancora scioccati davanti alla mia bellezza.

Mi si avvicinò, mi abbracciò da dietro e mi sussurrò:

- Vai… Sistema tutto e torna da me… io… ti amo più di quanto immagini…-

Mi baciò sul collo e andò a farsi la doccia.

Incredibile…con un semplice gesto è riuscito… a.. mandarmi in tilt… pensai, provando a riprendermi da quelle sue parole.

Mi pettinai, per l’ennesima volta ed uscii in fretta, prima di rincontrare Matteo.

La fresca brezza del maestrale, mi carezzava dandomi uno strano benessere. Erano le sette di sera e il sole stava cominciando a nascondersi dietro gli alti palazzi.

Dovevo arrivare a casa di Alex in tutta velocità, volevo risolvere al più presto questa situazione, anche perché io non volevo essere divisa in due… Ormai appartenevo a Matteo e sua dovevo essere.

Passeggiavo tranquillamente, fino a quando non giunsi davanti al parco.

Bè… una passeggiata non può farmi che bene…pensai, ingenuamente.

Passai accanto al laghetto, dove scorrazzavano un paio di anatre con i loro cuccioli… Chissà come sarebbe stato avere dei figli da Matteo…..

Oddio… Cosa mi stava balenando in mente?? Stavo dando i numeri??

Io dovevo ancora compiere 18 anni e già mi mettevo a pensare ad avere dei figli?

Che stupida… Così ripresi a passeggiare. Davanti a me, tante coppiette felici passeggiavano allegramente, si davano la mano, si scambiavano qualche bacio appassionato, facevano l’amore nascosti tra i cespugli….

Hey , mi dissi, ma … Quei capelli li riconosco… sono… sono…. No, andiamo… E’ assolutamente impossibile….!!

Ma più guardavo quelle figure più mi sembravano … Alex e Miriam.

Mi avvicinai quatta, quatta, nascosta nel cespugli dietro al loro. Potevo vedere chiaramente tutti i movimenti della coppia e sentire le loro parole.

-Tesoro…. Potresti andare un po’ più piano?- gli chiese Miriam, evidentemente scossa dai suoi movimenti.

-Zitta. Non devi parlare… Devi solo…- non terminò la frase, perché mi ero alzata in piedi, scioccata da quello spettacolo e gli feci un applauso.

- Ma bravo… vedo che ti sei impegnato bene nel mettermi le corna… Complimenti…- gli dissi, scappando più veloce di un fulmine.

Alex mi seguì, ma io corsi più velocemente. Presi in mano il cellulare e chiamai Matteo.

Dannazione… rispondimi… Amore… dai, rispondi….

-Amore? Cosa c’è?- mi chiese, emozionato.

-Tesoro… Sono al parco e… e…- non riuscivo a parlare; mi mancavano le parole dall’orrore.

-Cosa ti è successo? Ti hanno stuprata?- mi chiese evidentemente preoccupato, sentendo sbattere la porta di casa in sottofondo.

- No… ma … ma…- non riuscivo a dire altro.

Stavo per attraversare, quando davanti mi trovai il mio angelo. Per raggiungerlo, dovevo attraversare la strada. Non ci pensai due volte: attraversai in tutta velocità. Non mi accorsi della macchina che stava passando. Matteo con un’espressione di morte sul volto mi corse incontro, provando a salvarmi. Poi non mi accorsi più di niente, nemmeno dello stridore dei freni. Buio e basta.

 

***

Mi risvegliai in una stanza d’ospedale. Sentivo tirare da tutte le parti. Aprii gli occhi, lentamente, quasi ad aver paura dell’orribile spettacolo. Mi ritrovai piena d’aghi da tutte le parti. Mi guardai i piedi e vidi un’enorme gessatura al piede destro: probabilmente la macchina era riuscita a prendermi. Oddio… E Matteo? Voltai leggermente la testa e trovai i suoi adorabili ricci. Grazie al cielo. Era vivo e non si era fatto niente; gli accarezzai leggermente la testa, per non svegliarlo, ma lui, come se l’avessi pizzicato, si svegliò di soprassalto, guardandomi con un’espressione preoccupata. I suoi occhi mi facevano notare quanto lo avevo fatto spaventare, ma anche quanto fosse felice di sapermi viva. Mi abbracciò fortemente, baciandomi ripetutamente, le guance, le palpebre, le labbra; lo avevo spaventato sul serio.

-Oddio Cristina! Ma come ti è saltato in mente? Tutto quello che ti poteva succedere… Saresti potuta anche morire… E come avrei fatto a vivere senza di te? Sei una scema…!- mi disse, baciandomi i capelli. Sentii qualcosa di umido, bagnarmi i capelli. Stava forse piangendo? Matteo non piangeva quasi mai.

-Scusami…. E’ che non ho retto… Dovevo subito abbracciarti… e non mi sono accorta della macchina… anche se, in realtà, non mi sono accorta nemmeno della strada…- gli confessai, con voce sottile.

-Ma…. Alex dov’è?- gli chiesi; sapevo che mi aveva seguito fino alla strada, per spiegarmi il grande motivo della sua relazione “extra” con Miriam.

-Ehm… - tossì e mi indicò il letto a fianco. Alex era disteso là sopra.

Sembrava ridotto veramente male. Aveva lividi su tutta la faccia e un braccio e una gamba ingessata.

-Cosa gli è successo? E’ stato per caso… Per colpa mia?- gli chiesi, sentendomi in colpa.

-Ehm.. No… Merito di Cesare e Dario….- mi disse. Ero stupita. Cesare e Dario mi avevano sempre difesa ma, non mi aspettavo un gesto così… violento.

-Appena hanno saputo, l’hanno pestato di brutto. Naturalmente era svenuto quando l’hanno portato qui e hanno detto che l’avevano trovato per strada ridotto in questa maniera. Sono dei veri bugiardi…- mi confessò Matteo, mettendosi quasi a ridere.

-Non dovevano…- sussurrai. Certo, un passata di colpi se la meritava ma, non così tanto.

-Se non l’avessero fatto loro, l’avrei fatto io… E non credo che mi sarei limitato a fare quello che hanno fatto loro…- mi disse, baciandomi le labbra.

-Tu, invece? Non ti sei fatto niente?- gli chiesi, esitante. Non volevo che per colpa della mia immensa stupidità, si fosse fatto male il mio angelo.

- Veramente no… Ma c’è una cosa che devi sapere e che ho appena scoperto…- mi disse.

-Dimmi… Sono disposta ad ascoltare tutto…- gli dissi, cercando di capire il perché di tutta quella segretezza.

-Ecco… Mi devo sottoporre ad un intervento… Ho il cancro… E’ appena nato e, grazie al cielo, il dottore mi ha detto che se mi sottoponessi adesso all’intervento, riuscirei a cavarmela senza problemi.-

Il mio mondo mi stava crollando addosso. Non capivo niente. Il mio amore appena nato, appena sbocciato, stava sfiorendo a quella semplice notizia.

-Tu.. tu… Oddio… Matteo.. Non è una cosa da prendere così alla leggera… Non sorridere.. Non è una bella cosa… Amore mio…- lo tenni stretto a me e cominciai a piangere. Non riuscivo a smettere. I singhiozzi si facevano sempre più frequenti, le lacrime cominciavano a scendere sempre più in fretta. Matteo mi prese per il mento e mi guardò negli occhi.

-Ascoltami bene.. Lo so che non è una cosa da prendere alla leggera…. Ne sono pienamente consapevole… Ma… Io… Farò di tutto per lottare… Perché non voglio che il mio dolce angioletto viva con qualcun altro… Lo sai, sono eternamente geloso… O con me o con nessun altro. Ma se io dovessi … morire, tu dovrai andare avanti, anche se, da dove sarò, cercherò di ostacolarti in tutti i momenti, tu dovrai riuscire a dimenticarmi… Hai capito?- stava ridendo, ma io non gli davo retta. Piangevo sommessamente, e lui mi rideva in faccia.

- L’intervento verrà fatto oggi stesso… Sono preparato… E sinceramente… Vorrei che non piangessi… Vorrei che pensassi al nostro futuro… Pensa a come staremo bene dopo questa situazione… ah.. innanzitutto… Ad agosto c’è il tuo diciottesimo compleanno, non è vero? Benissimo… D’ora in poi vivremo tutti e due a casa mia… Trasferirai tutta la tua roba a casa mia. Poi… più avanti forse… forse… bè…- arrossì violentemente, guardandomi.

-Forse.. cosa?- gli chiesi, continuando a piangere.

-Bè… Forse quando avrai vent’anni… Bè… potremmo sposarci…- disse sottovoce, quasi per non farsi sentire.

Ero sconvolta il triplo di prima… Come poteva riuscire a pensare minimamente al nostro futuro, con quell’intervento a distanza di qualche ora?

- Tu.. adesso… pensa a questo intervento… E ti prego.. ti prego… Torna vincitore…- gli sussurrai, abbracciandolo e baciandolo con foga. Non voleva lasciare le mie labbra; quando si accorse che non stavo più respirando, si spostò sul mio collo lasciandomi dei leggeri segni, dei piccoli succhiotti.

-Ehm… ehm…- il dottore era appena entrato in sala.

Matteo ed io ci ricomponemmo, visibilmente imbarazzati.

-Volevo informarla, Signor Dorotei, che è tutto pronto… e dovrebbe sottoporsi all’anestesia..- disse cortesemente il dottore.

-Va bene….- disse rivolto al dottore; si rivolse a me, dicendo:-Stai tranquilla… Vedrai… Comincia a pensare al nostro futuro…-

Si alzò, mi baciò ed io gli sussurrai:- Amore… Torna presto…-

Mi guardò un’ultima volta, dalla porta, per poi sparire.

 

Angolo dell’Autrice…

Grazie dei vostri commenti… Mi dispiace tantissimo dirvelo, ma tra due capitoli la storia sarà finita… Spero solo di non deludere con il finale, anche se ho proprio paura di farlo….!

Vabbè… non fasciamoci la testa, prima ancora di essercela rotta…

Commentiamo…!!! ;)

yumisan : chissà se vedi giusto o meno…. Chi lo sa…!!! :D

_sefiri_ : io l’ho visto due volte contate quel film della disney, però mi è sempre piaciuto! Ihihihi…!!! Secondo me io, con queste storie, posso solo aiutare in materie tipo psicologia e cose simili… ihihihi..!

_Laura_ : Non l’ho fatto apposta… Pensa che una mia amica di chat mi ha detto che Alex era il nome di un ex che ha odiato per anni… ihihihi!!! :D Spero che il mio “Matteo” ti faccia ancora sognare…!

Oasis : grazie… sono contenta che continui a piacerti questa storia!!!

Ren_91 : Non ti preoccupare… Io aggiungo solo quando sono sicura che tutte le persone che mi hanno sostenuto fino ad adesso, abbiano avuto la possibilità di aggiornarsi. Grazie… ma i miei capitoli non meritano dei complimenti come “apoteosi del romanticismo e della dolcezza”.. Sono troppo per me e per il mio povero Hearticino!!

Però i ringraziamenti non saranno mai abbastanza, perché mi fa piacere che suscitino tali emozioni…! Grazie Ren_91 !

 

Bene… Spero che anche questo capitolo sia piaciuto!!!!

A PRESTOOO!!!! ********  

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Capitolo 16
*** DICIASSETTESIMO CAPITOLO ***


Angolo dell’Autrice…

Sono felicissima di questi commenti… Oh! Ho anche due nuove commentatrici…!!

Rispondo subito…!

Valentina78 : finalmente un paio di domande…!! Allora… Quando scrivo le idee mi vengono di getto e molto spesso potrei fare l’errore di non riuscire a far ricongiungere tutti i pezzi… Però.. per la macchina, intendo le macchine elettriche…(intendi queste per “mini macchine”?)… Per le analisi di Matteo, invece, sono state effettuate quando l’hanno visitato dopo l’incidente… Naturalmente può essere sembrato strano questo cancro così all’improvviso, però dato che Cristina non si era ancora ripresa dall’incidente e data la focalizzazione basata quasi sempre sul suo punto di vista, mi sembra chiaro che era questo l’effetto che volevo ricreare.. Una specie di “BOOM” nella loro vita…! Spero di essere riuscita a rispondere esaurientemente.... :D

Cassandra287: grazie mille per avermi seguito…! Vedrai con questo capitolo!! :D

Scusate se non riesco a ringraziarvi tutte ad una, ad una…

Quindi farò una leggera carrellata di nomi, per me, sempre importantissimi: Ren_91, yumisan, Oasis, _sefiri_  e  _Laura_

 

:////:  Sono ancora molto emozionata per i vostri commenti…!!

Bene… Enjoy this new chapter…! ;)

 

 

 

 

DICIASSETTESIMO CAPITOLO

 

Due anni dopo…

 

Ero di nuovo a Madrid. Passeggiavo per le strade della città, senza una meta ben precisa; adoravo passeggiare per la Plaza Mayor , confondendomi tra le persone: coppiette felici, che attraversavano quel piccolo tratto senza guardare in faccia a nessuno, semplicemente guardandosi negli occhi, persone con valigetta, giacca e cravatta attaccati alla bottiglia già dalle sette del mattino, probabilmente persone rispettabilissime, ma sicuramente amareggiati della loro squallida vita. E io?

Probabilmente, quelle persone non sapevano nemmeno cosa significasse rimanere amareggiati dalla vita. Perché per poter affermare veramente di essere amareggiati dalla vita, bisogna aver patito le pene dell’inferno.

E io forse, ci ero già passata. Passata, perché quello che patii per Matteo non fu un dolore atroce… E’ stato molto peggio. Era il mio sole, un suo semplice tocco e vedevo le cose in maniera del tutto nuova; era stato il mio amante più perfetto.

Mi cadde una lacrima; odiavo essere così fragile e soprattutto, sapevo quanto avrebbe odiato vedermi piangere. Rientrai velocemente a casa. Non avevo nessuna intenzione di prendere le mie cose e andare all’Accademia… Almeno, non oggi.

Arrivai ed entrai; dovevo nascondere le lacrime, altrimenti avrei sentito la solita ramanzina.

-Amore…- mi chiamò una voce. Arrossii fino alla punta delle orecchie, sentendomi chiamare in quel modo.

Attraversai il salotto stranamente ordinato, ed entrai in cucina, dove c’era lui, con un grembiule da cucina e sotto…. Bè, nudo.

-Cosa stai combinando?- gli chiesi, interessata alle sue azioni da cuoco.

-Sto provando una nuova ricetta… Per la prima colazione.. E tu sarai la mia adorabile cavia da laboratorio…- mi disse, prendendomi per la vita e attirandomi a sé.

-Non vale così… questa è coercizione… - gli dissi prima di baciarlo, su quelle sue tenere labbra.

La sua lingua, leggera, segnò i contorni delle mie labbra, mandandomi sulla luna in meno di un istante.

-No, no… io so perfettamente che voi siete perfettamente consenziente, signora Dorotei..- mi disse, alitandomi sulle labbra quel nome, che addosso a me sembrava un insulto.

Scoppiai a piangere.

-Amore… No… Perché piangi? La vuoi smettere? Tesoro… mi vedi… Sono vivo!! Non sono un fantasma…!! – mi disse, baciandomi su tutto il lato destro della mia faccia.

-Perché.. perché… ho ancora paura… E se non fosse vero?- gli chiesi, provando a fargli capire le mie ansie, coperte da quelle lacrime tanto odiose.

-Farò i controlli a marzo…. E poi… tesoro… Sai che giorno è oggi?- mi chiese, guardandomi teneramente.

-No… E’ qualcosa d’importante?- gli chiesi, voltandomi per prendere un fazzoletto.

-Te lo sei dimenticata?- mi chiese, stupito ed offeso.

-Che cosa? Perché .. mi sono dimenticata qualcosa…?- guardai il calendario, dietro di lui e controllai la data. 28 agosto. Un anno fa, ci stavamo sposando.

-Amore… il nostro anniversario… Oddio…. Perdonami…- gli dissi, abbracciandolo con foga.

-Sapevo che non avresti potuto dimenticare una data così importante…!- mi disse stringendomi a sé.

-Dimmi cosa vuoi… e te la regalo..- gli dissi, guardando profondamente nei suoi occhi, neri da far paura.

L’unica cosa che riuscì a dire prima di portarmi in camera da letto fu:

-Te… Solo, unicamente ed esclusivamente te…-

 

Come un ricordo lontano, il giorno della sua operazione mi sfiorò, senza lasciare tracce permanenti e dolorose…..

 

Uscii nel corridoio, per passeggiare; non potevo rimanere in camera mia sapendo che il mio unico amore, stava provando a combattere per la nostra vita. Nostra, perché ormai non esisteva più una mia vita e un sua vita: era diventato la nostra vita. Poteva sembrare scontato, ma era l’unico termine che definiva tutto quello che ci sentivamo e sapevo perfettamente che senza lui, quel poco che sapeva di nostro, si sarebbe perso per sempre. Ed io, non sarei stata in grado di reagire mai più.

In lontananza vidi Cesare e Dario, correre per i corridoi.

-Cesare!! Dario!!- li chiamai. Quando mi riconobbero, mi corsero incontro.

-Oddio Cristy… Dov’è Matteo?- mi chiesero in coro.

-E’ dentro… e.. e… io ho … paura…- dissi, scoppiando in lacrime. Dario mi abbracciò, e disse a Cesare:-Contatta papà… Deve avere il miglior team di medici….- quando Cesare, se ne andò, Dario si rivolse a me:-tranquilla… Andrà tutto bene… Senza alcun problema…-

Passarono così lentamente 3 ore. L’agonia mi faceva impazzire.

Mi riportarono in camera e mi somministrarono dei sonniferi. Dormii per altre tre ore. Quando mi risvegliai trovai Dario e Cesare piangenti. Non facevano finta. Sembravano veramente tristi; mi preoccupai e chiesi:-Cos’è successo?-

Non mi risposero, mi si avvicinarono e mi abbracciarono e continuarono a piangere.

Capii che il mio Matteo… non mi avrebbe abbracciato più.

-Ti portiamo a vederlo, per l’ultima volta.- mi disse Dario, aiutandomi a scendere dal letto e a salire sulla carrozzina.

Mi trascinarono in una camera buia; il suo corpo era coperto. Mi fecero avvicinare e tolsero il lenzuolo. Scoppiai a piangere. Non era possibile che il mio Matteo fosse morto. Le macchine erano scollegate, niente dava più segno della sua vita. Avvicinai, lentamente e tremante, la mia mano e lo sfiorai. Mi alzai in piedi e mi avvicinai con il volto: sarebbe stato l’ultimo bacio.

Quando le mie labbra sfiorarono le sue, sentii una scossa. La sua lingua si era insinuata dentro la mia bocca e aveva risposto al mio bacio, in maniera frenetica e felice. Mi abbracciò, carezzandomi i capelli. Mi scostai.

-Chi è morto? Come mai quella faccia da funerale, amore mio?- mi chiese, sorridendomi felice.

Dario e Cesare scoppiarono a ridere; non resistettero. Allora diedi uno schiaffo a Matteo.

-Brutto stupido…!! Io che piangevo e tu… tu…- scoppiai di nuovo in lacrime, ma questa volta furono le sue braccia a stringermi con vigore.

-Shhh… Stavo giocando… Comunque… ci hai pensato? Dico: al nostro futuro…- mi disse, arrossendo.

Non riuscivo a dirlo a voce alta, così lo sussurrai:-Sì…-

-Come tesoro? Non ho sentito…- mi chiese.

-Sì…- gli dissi, guardandolo negli occhi.

-E quindi..?- mi chiese.

-Sì… Accetto tutto… Voglio stare con te… e basta…- gli dissi, decisa.

Il suo sorriso illuminò la stanza, anche se si era già fatta sera. Mi afferrò e mi baciò passionalmente, davanti a quei due, che rimasero scioccati.

-Quindi… mi sposerai?- mi chiese, evitando di incontrare lo sguardo degli altri due.

-Sì… Non sposerei mai nessun altro…. Ti amo- gli dissi.

Si voltò da Cesare e chiese, gentilmente:- mi passeresti quella scatoletta che è dentro quel cassetto?-

Cesare la prese e la porse a Matteo, che la porse a me, aprendola e svelandone il contenuto.

Un anello semplice, con una montatura dorata fine e con un diamante, attorniato da tanti strass.

-Vuoi diventare mia moglie?- mi chiese, con gli occhi traboccanti di gioia.

-Sì…- gli risposi, commossa. Mi infilò l’anello al dito e senza dire niente, mi abbracciò.

Quella sera, anche se avesse piovuto non mi sarebbe interessato per niente: ormai, il mio sole ce l’avevo…

 

Quando mi svegliai, accoccolata a lui, che dormiva beatamente appagato, mi accorsi di una cosa: Matteo non era solo il mio sole. Era diventato il mio tutto

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


Epilogo

 

Nella sua prima passione la donna ama il suo amante, in tutte le altre ciò che ama è il suo amore. Il mio amato poeta Lord Byron affermò una realtà sbagliata; non si può relegare il comportamento di tutte le donne, basandosi sul comportamento di una sola.

Tutto ciò che posso dire, in riferimento alla mia vita, è tutto il contrario di questa crudele frase.

Io… posso affermare con certezza, che l’amore che ho provato per Alex è stato semplice amore per l’amore in sé. Adesso, posso dire di amare con tutta me stessa il mio amante. L’amore che mi lega a lui va oltre ogni convenzione, va oltre ogni immaginazione, perché è un amore puro e libero.

Matteo è il mio tutto e sono sicura che neanche nella morte io potrei essere infelice, perché sarà sempre con me. E i ricordi più belli si rifanno vivi, nella mia mente…

Quel giorno, avevamo optato per una passeggiata al parco: fa sempre bene fare una passeggiata a El Retiro. Ero appoggiata alla ringhiera affacciata sul lago. Guardavo le paperelle mangiare le briciole che gli sgretolavo.

- Tesoro…- sentii il suo fiato sul collo e le sue mani cingermi la vita; erano passati circa dieci anni da quando stavamo assieme, ma la mia voglia di lui era sempre rimasta la stessa, come la sua, del resto.

-Dimmi..- risposi, accarezzandogli i morbidi ricci.

-Ehm… Che ne diresti…- si schiarì di nuovo la voce e riprese, sottovoce-… di avere un bambino..?- baciandomi delicatamente il collo. Mi voltai di scatto ed arrossii come un peperone.

-Hey… non ho mica fatto una richiesta indecente! Ti ho solo chiesto…- mi rispose, guardandosi i piedi. – E poi… staresti… così bene con il pancione…- mi disse, ancora, arrossendo vistosamente.

Certe volte sembrava un bambino. Come poteva chiedermi di avere un bambino dopo…??

-Ma scusa… ho già te di cui occuparmi… Prova ad immaginare un altro bambino!!- gli dissi carezzandogli il viso. Sembrava un po’ offeso e poi, si era dimenticato delle altre pesti? Come a spaccare il secondo, ci si presentarono davanti i miei due cuccioli: un bambino di cinque anni con i capelli ricci e i miei stessi occhi e una bambina di quattro anni, la “sua” fotocopia.

- ¿ Mama… ...?- mi chiese il grande, ma neanche mezzo secondo che Matteo l’aveva già preso in braccio, quasi a farlo volare.

-Quante volte ti ho detto che, quando sei con noi, devi parlare in italiano?- Gli chiese il padre, strofinando le nocche sulla sua testa ricciuta.

-Ahi papy…!! Me ne sono dimenticato...- gli rispose il bimbo, chiedendogli di poggiarlo a terra.

Appena messi i piedi a terra, mi raggiunse e mi abbracciò e mi disse:-Mamma… Prima due signori ci hanno chiesto, in italiano:”E i vostri genitori? Vorremmo parlargli…” , ma non sappiamo chi fossero e siamo scappati…-

Due signori? Mi sorse un dubbio. Presi per mano Luca e dissi a Matteo, che teneva in braccio la nostra piccola Giorgia e la faceva addormentare, cantandole una ninna nanna. Quanto erano carini assieme… Ogni volta Giorgia, per dormire, chiedeva a suo padre di cantargli una canzone, soprattutto quelle de “Il Fantasma dell’Opera”, chissà perché….

Erano teneri perché erano identici in tutto e per tutto, i gesti e soprattutto lo sguardo furbetto, anche quando organizzavano scherzi.

-Tesoro… Andiamo… Voglio vedere chi sono questi due signori…- ma, tanto sapevo chi erano. Immaginavo già da cinque anni che, prima o poi, sarebbero arrivati.

Luca mi condusse fino all’area del parco giochi e lì li trovammo.

Erano proprio loro. Lasciai Luca a Matteo e mi buttai addosso a mia sorella.

-Cristy.. va bene che sono cinque anni che non ci vediamo… Ma non mi uccidere proprio adesso…- mi disse, provando a staccarsi.

-Anna… mi sei mancata…- le dissi, tenendola solo per le mani.

-Potevi anche venire in Italia…. Non ti costava niente…!- mi disse, ma non sapeva del piccolo divieto che ci eravamo imposti: infatti, Matteo ed io saremmo tornati a Roma solo quando avremmo avuto dei lavori sicuri al 100%; Matteo era un cuoco affermato e lavorava in un albergo di lusso: era (ed è) molto ricercato per i suoi modi raffinati e soprattutto perché sapeva cucinare sia piatti tipici italiani, che piatti tipici spagnoli. Ed io? Bè, avevo il ruolo di soprano all’Opera di Madrid, ma molto spesso mi chiedevano di viaggiare e quindi, non sempre riuscivo a prendere la paga per intero, perché avevo il secondo lavoro di madre e moglie.

Questo piccolo patto è nato quando io e Matteo scappammo da Roma e ci sposammo qui, a Madrid. I suoi non volevano che si sposasse con me, perché non ero di famiglia sostanzialmente ricca, anche se ero la figlia della pittrice che ha dipinto molti dei quadri che si trovano in casa loro, i quali sono anche delle opere di incredibile valore, data la fama di mia madre. Ma Matteo, non volle sentire ragioni: non voleva perdere il suo unico amore e così, decidemmo di viaggiare un po’ per il mondo, con i soldi estratti dal suo conto in banca.

Girammo per un anno, fino a quando non decisi di tornare a Madrid per studiare di nuovo all’Accademia e lui, per fare un corso per chef di prim’ordine. Volete sapere come la presero i miei? Bè, mia madre è sempre la solita e quindi, dopo svariati consigli e piagnistei, disse di godermi il matrimonio e di telefonarle almeno di una volta al mese e, soprattutto, di telefonarle se avessimo avuto bisogno di qualcosa, invece mio padre disse:”AAAAARGHHHHHH!!!! A quell’idiota del tuo ragazzo gli faccio saltare le ossa… Monica! Fai le valige! Torniamo in Italia a spaccare il c**o a quel cretino che vuole portarsi a letto mia figlia, per poi lasciarla a noi, incinta e divorziata…!! NOOO” , ma dopo essersi ripreso e dopo gli schiaffi di mia madre, per farlo tornare in sé, disse:”Bambina mia… la mia piccola Cristina… Cucciolotta… Ti voglio bene, quindi… sii felice con Matteo… Ma se ti dovesse fare qualcosa…. Gli faccio saltare le p***e… Ok? :D”. Veramente un padre hippy, molto deficiente, ma molto tenero e molto papy.

Mi girai verso Marco, ma mi accorsi che non era Marco. Era Dario.

-Hey.. ma… cosa..?- gli chiesi, mentre salutavo Dario baciandolo sulle guance.

-Ehm… - esordì Anna, imbarazzandosi. –Ecco… io e Marco ci siamo lasciati circa… quattro anni fa… perché …. Mi ero innamorata di Dario e lui.. bè.. mi aveva tradito con Roberta… E poi Dario ricambiava da una vita…. E quindi.. eccoci qui…!- e si strinse al braccio di Dario, che la abbracciò da dietro e appoggiò la testa sulla sua.

-In pratica…. Ne sono successe un sacco da quando vi siete rinchiusi nella vostra bolla d’amore…- concluse Dario.

Matteo si avvicinò e salutò Dario e Anna solo con un bacio sulla guancia perché teneva in braccio Giorgia.

-E questa?- chiese Anna, stupendosi.

-Ehm… E’ colpa sua..!- dissi, indicando Matteo.

-hey… E’ nostra figlia… perché… non sapevate di Giorgia?- chiese Matteo, sussurrando.

-Veramente non ne sapevamo niente… possiamo presentarci ai bambini, adesso?- mi chiese Anna, leggermente arrabbiata.

-Va bene.. Matteo… Sveglia Giorgia… ma piano, piano… sennò piange…- gli dissi.

La bimba si svegliò piano, piano, trovandosi davanti agli occhi i due sconosciuti. Si spaventò e nascose il viso nel petto del padre.

- Ciao…Non siamo degli estranei…. Lo sai che sono la sorella di mamma? Sono la zia Anna… E lui è lo zio Dario…- Anna ci sapeva fare con i bimbi. Infatti, Giorgia la guardò e disse, con la sua solita parlata sveglia:

-Non le asshomigli proprio per niente….-

Ridemmo tutti quanti. Luca si avvicinò a Dario, che lo prese in braccio.

-Zio Dario… ma tu sei sposato con zia Anna?- chiese, senza peli sulla lingua.

Io e Matteo lo fissammo e dicemmo, assieme:- Non sono domande da fare, Luca..!-

-No, no… veramente… Anna ed io siamo sposati da… circa due giorni e siamo venuti a trovarvi e siamo in luna di miele qui, in Spagna…- disse Dario, stupendoci tantissimo.

-Oddio… e non ci avete nemmeno invitato…!!- dissi ad Anna, con rimprovero.

-Se è per quello, nemmeno voi! Siete scappati e non ci avete detto più niente… Siete spariti…- rispose alla mia provocazione Anna.

Matteo si mise in mezzo e disse:- E’ inutile litigare…. Tanto è stato tutto fatto, no? Ora… come stanno gli altri?-

Dario si tenne in braccio Luca, si sedette sul prato e disse:- Accomodatevi… perché ne avremo delle belle…-

Così ci raccontò di come si sciolse il gruppo: Dario lasciò Giulia per stare e sposarsi con Anna; dopo il tradimento di Marco, Cesare l’ammazzò di colpi e lasciò Roberta. Diana trovò l’amore con Cesare, che si sarebbero sposati tra un paio di mesi e avevano chiesto a me e a Matteo (mandandoci Dario e Anna come messaggeri), di diventare i loro testimoni di nozze. E Mario rimase l’unico distaccato della cricca, come al solito, “L’emarginato”.

E Alex? Bè, dopo quella passata di colpi, decise di non farsi più vedere dagli altri, scappando a Milano dove era diventato un venditore di automobili.

Quella sera, dopo aver messo a nanna i due piccoli mostriciattoli e dopo aver salutato per bene Dario e Anna, che sarebbero ripartiti il giorno dopo alla volta di Toledo, ci ritrovammo sdraiati in camera da letto. Io ero girata di lato e lui mi abbracciava da dietro, baciandomi il collo.

-Tesoro… ci pensi? In otto anni, la nostra vita è cambiata totalmente.- gli dissi, carezzandogli le mani strette sul mio ventre; al buio della stanza, vidi le nostre fedi luccicare.

-Sì… Ma.. io volevo chiederti un’altra cosa…- mi disse, baciandomi un po’ più insistentemente.

-Cosa?- gli chiesi, non capendo le sue intenzioni: sapeva nascondere le sue richieste, ma quando non ce la faceva più, non riusciva a trattenersi. Ma quella volta non me ne accorsi proprio per niente.

-Bè… non è proprio fattibile la proposta di questo pomeriggio??- mi chiese, sussurrandomi all’orecchio.

-Tesoro… Come faremo? Avremo bisogno di un’altra casa… A tre piani, dato che già in questa che è a due piani ci stiamo stretti…!- gli chiesi, sperando che non si facesse venire in mente strane idee. Si voltò dietro e prese qualcosa dal comodino e me lo porse. Accesi la luce e lessi che era il contratto di una nuova casa. A tre piani. In centro. Accanto al parco di El Retiro.

-Voilà… abbiamo guadagnato così tanti soldi, che alla fine siamo riusciti a comprarla… e’ quella che volevi quando siamo arrivati qui circa sei anni fa… e ora? Che mi dici? Ti posso assicurare che ce ne possono stare circa altri tre… quindi, non preoccuparti di un parto gemellare… Ce la potremmo cavare benissimo….- mi disse, voltandomi e sistemandosi sopra di me. Ero sorpreso dalla sua intraprendenza.

-mmm… Secondo me è solo perché vuoi farlo, non per averne un altro…- gli dissi, ma mi bloccò la bocca con un bacio persuasivo.

-No… io... vorrei vederti di nuovo con il pancione, avere un altro bambino.. che somigli a te e poi… eri bellissima… ed eri… estremamente eccitante…- mi disse, baciandomi il collo.

-Certo che lo ero… Era tutta colpa tua… Lo sai come son fatta… Una volta incinta posso chiedere tutto… anche di farlo… a tutte le ore…- gli dissi, sussurrandolo.

-Infatti ne sarei molto contento…- disse, strappandomi un sorriso.

Così, gli concessi quella piccola follia e per quanto folle, diede vita ad un nuovo esserino.

Anche se non avevo premeditato seriamente ad una coppia di gemelli!

Così… nove mesi dopo, con immensa gioia di Matteo che correva eccitato da una parte all’altra della sala d’attesa con Luca e Giorgia, e con immenso dolore per me, nacquero Daniele e Samantha, la mia fotocopia.

Matteo era felice… anzi, felicissimo. Non mi lasciò mai un attimo e teneva d’occhio i due piccoli di casa Dorotei. Luca e Giorgia erano felicissimi della loro nascita. Sarebbero stati dei fratelli maggiori formidabili.  

E ora, Matteo ed io, viviamo felici nel nostro piccolo mondo, in questa bellissima città, con i nostri piccoli bambini, che riempiono la nostra vita, fino all’ultimo. L’amore… è unico e non bisogna mai lasciare che qualcuno lo distrugga con le sue parole. Basta semplicemente aprirgli il cuore e farlo entrare. Cosa posso dire? Il suo motto non è “soddisfatti o rimborsati”. Il suo motto è: basta crederci veramente.     

  

 

FINE
L'angolo dell'Autrice...
Bè... cosa dire?? Questa storia è nata un pomeriggio di una noiosa serata di quest'estate... L'avevo già messa su internet, in un altro sito, ma mi hanno detto di metterla anche qui perchè, secondo molte persone, meritava veramente di essere messa su questo sito ed io non posso che essere d'accordo.
Sono felice che vi sia piaciuta... Sono proprio felice e soprattutto le vostre recensioni sono sempre una gioia immensa... Mi fanno capire che brutta, brutta, come pensavo fosse, effettivamente non lo è.
Quindi... Non scendo nei ringraziamenti particolari perchè rischierei di annoiarvi... Ma... Vorrei dirvi GRAZIE per aver sprecato un po' del vostro prezioso tempo a leggere questa storia.
Vi chiederete...: ma ci sarà un continuo?
Risposta... Bè... io, per scelta personale, non vorrei rovinare questo scritto facendo un continuo (perché, ammettiamolo, i continui sono quasi sempre delle delusioni), ma sto scrivendo una storia che si basa sulla storia dei figli più grandi, quindi di Luca e Giorgia....l'ho appena cominciata a scrivere... appena sarà pronta, la metterò anche qui. 
Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie..!!
 
A presto....!!!
 
Vostra.... Miky!  
 
 
 
 

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