I Cinque Ninja di H A N A K O (/viewuser.php?uid=740200)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non voglio più vedervi! ***
Capitolo 2: *** La decisione di Reita ***
Capitolo 3: *** Selezione Ninja ***
Capitolo 4: *** Primo giorno alla nuova accademia ***
Capitolo 5: *** Bomba Tanuki (Parte 1) ***
Capitolo 6: *** Bomba Tanuki (Parte 2) ***
Capitolo 1 *** Non voglio più vedervi! ***
Saaalve!!!! Sono ritornata!! Vi propongo una storia a capitoli, ho iniziato a scriverla qualche settimana fa, e ora vi presento il primo capitolo. No ha niente a che fare con il mondo dei Gaze, è tutta fantasia. Ma ciancio allle bande (se si scrive così...), vi lascio alla lettura! Fatemi sapere cosa ne pensate. Sono ben accetti suggerimenti e consigli. :) Adesso vado, ciao.
Era passato un anno dalla seconda grande guerra che aveva sconvolto il paese e i paesi confinanti.
Si erano stretti dei patti di pace, i governi erano stanchi delle guerre e dei cittadini che chiedevano una tregua, per seppellire i morti e salutarli. Era un periodo di pace e prosperità, i villaggi erano in pace fra loro, come con i paesi confinanti. E in uno di questi villaggi, c’è un ragazzino. E’ sulla riva del fiume e pesca. E’ seduto su uno scoglio da ore, ma al suo amo non è ancora abboccato niente. Aveva quasi perso le speranza quando una voce gli fece distogliere la concentrazione dal corso del fiume.
– Ruki!! – il giovane si girò, spostando i suo occhi verso la persona che lo chiamava. Un ragazzo biondo gli stava correndo incontro, urlando ai quattro venti il suo nome. – Ruki! Ruki! – arrivò da lui con il fiatone, si buttò affianco a lui facendo respiri rapidi. – Ecco dov’eri, ti stiamo cercando tutti. –
− Non ho voglia di giocare, non con voi. –
− Ma cosa stai dicendo? Perché? −
− Finisco sempre per essere quello che subisce e a me non va più. Giocate voi, io preferisco pescare. – distolse lo sguardo dal biondo e lo riposò sulla corrente del fiume, dove i pesci non abboccavano.
− Non è vero smettila di fare la femminuccia e vieni a giocare. – lo prese per il braccio, per incitarlo ad andare con lui, il piccolo pescatore oppose resistenza. Tolse bruscamente la mano dell’amico e si allontanò bruscamente da lui. La canna da pesca rimbalzò sullo scoglio con un suono acuto finendo nell’acqua.
− HO DETTO CHE NON VENGO CON TE! NON VOGLIO GIOCARE CON VOI! Non venirmi più a cercare, non voglio più avere a che fare con voi! Mai più!! – urlò a squarcia gola il più piccolo, le labbra increspate dalla rabbia. La sua voce aveva fatto eco fra gli alberi vicino al fiume, si era espanso e perso nell’aria.
− Ma Ruki…. −
− Vattene! Non voglio più vedervi. E’ stato bello giocare con voi, ma è il momento di dividerci. Addio. – a passi lunghi si allontanò,quasi corse, prese il vicino sentiero per tornare a casa. Lasciò il biondo vicino al letto del fiume, gli uccellini cinguettavano più del solito. Dopo poco tempo, il biondo si avviò verso il centro della città, per andare dai suoi amici per dirgli che il loro piccolo amico gli aveva abbandonati. Gli altri, tre ragazzini allegri sempre col sorriso sulla faccia, non accettarono la decisione del più giovane, ma si rassegnarono, se si metteva un’idea in testa era difficile fargli cambiare idea. Con gli anni che passarono si dimenticarono di lui. Il ragazzino pescatore lasciò la città per trasferirsi un un’altro paese, il paese del buio. Da anni, il paese del fuoco e quello del buio sono in guerra. La seconda grande guerra non era bastata a placare il loro odio. Ladri del paese del buio saccheggiavano i villaggi al confine del paese del fuoco, era così da sempre. I quattro ragazzi non sapevano il motivo del trasferimento improvviso del loro amico, ma speravano di rivederlo.
Passarono nove anni. I cinque ragazzi crescevano bene, erano all’ultimo anno dell’accademia ninja. Dopodiché, sarebbero diventati dei ninja a tutti gli effetti.
Erano le primi luci del giorno, e il biondo non aveva chiuso gli occhi tutta la notte; stava per iniziare il primo giorno dell’ultimo anno ed era agitato. Si rigirava continuamente sotto le lenzuola verdi. La luce del sole passava allegra attraverso la finestra aperte. Decise di alzarsi, il letto iniziava a diventare scomodo, uscì dalla stanza si diresse in cucina dove si versò un bicchiere d’acqua gelida. Mancano cinque ore all’apertura della scuola, ma Reita non riusciva a calmarsi. Si avvicinò alla finestra dove le colline gli riempirono lo sguardo, l’aria fresca iniziò a calmarlo. Rimase a fissare il panorama per parecchio tempo prima di decidere di ritornare a dormire. Si ristese sotto le lenzuola e riprese a dormire. La sveglia non era impostata.
−Reita! Reita! – Una voce femminile arrivò alle sue orecchie svegliandolo dal suo sonno. –Reita farai tardi, alzati la colazione è pronta! – Aprì lentamente gli occhi, vedeva sfocato ma le lancette dell’orologio erano abbastanza nitide, ci mise un po’ per capire che era in ritardo. Uscì di corsa dal letto e corse a prepararsi, fregandosene delle urla isteriche di sua madre. Ingurgitò di corsa la colazione e corse fuori casa alla velocità della luce. Corse a più non posso e per poco non travolse Uruha, che stava tranquillamente uscendo dal negozio della madre. – Reita, dove corri? – Il biondo si fermò sentendo la voce dell’amico.
−Uruha cosa fai li tranquillo, siamo in ritardo! Dobbiamo correre! – Non aveva smesso di muoversi, saltellava sul posto per tenere il ritmo.
− Ma cosa dici? Siamo in anticipo di parecchio. – Reita si fermò appoggiando entrambi i piedi per terra.
−Ah si? −
− Certo. – Si voltò verso il dentro del negozio – Mamma io vado, ci vediamo più tardi. – Dal dentro si sentì la voce della madre – Va bene. –
− Andiamo? – Camminarono insieme a passo tranquillo. Percorsero la via principale fino alla casa di Aoi, bussarono alla porta e aspettarono.
La porta si aprì poco dopo, la madre di Aoi fece capolino sulla soglia. –Sì chi è? –
− Salve signora sono Uruha, Aoi è pronto? −
− Oh ciao, si è svegliato da poco. Prego entrate. – I due ragazzi entrarono, si accomodarono sulle sedie in legno della cucina, gli zaini di entrambi erano sulle loro cosce. – Adesso vado a chiamare Aoi, fate come se foste a casa vostra. – Fece un caldo sorriso e mise sul tavolo un vassoio pieno di biscotti al cioccolato e si allontanò. I due si guardarono per una frazione di secondo negli occhi prima di azzannare i biscotti.
− Mmmh, che buoni! – commentò il biondo con la bocca piena, aveva le briciole intorno alla bocca.
− Reita manda giù prima di parlare, mi arrivano le tue briciole addosso! – Si tolse gli sputi dell’amico di dosso.
− Scusa, è che sono troppo buoni! – Uruha controllò l’orologio appeso sul muro, mancavano venti minuti all’apertura.
− Se non ci sbrighiamo faremo tardi. – Fu il commento secco di Uruha, che con sguardo severo guardò Reita.
− Uff, non lo sopporto quello quando ci fa aspettare. – Sbuffò il biondo pulendosi la bocca dalle briciole.
− Non offenderlo, dobbiamo anche passare a prender Kai. −
− Tranquillo, ci siamo messi d’accorso di incontrarci a scuola. Sapevamo che Aoi era lento. – Fece un sorriso divertito. Prima che Uruha potesse tirargli un calcio in una gamba comparve Aoi.
− Ciao ragazzi, sono in anticipo vero? –Abbracciò entrambi in un unico abbraccio.
− Ritardo mostruoso direi. – Pronunciò sarcastico il biondo.
− Si lo so, non sapevo cosa mettere. – I due ignorarono il commento dell’amico e, finalmente, si incamminarono verso la scuola, non prima di aver ringraziato la madre di Aoi per la colazione extra.
Per tutto il tragitto digerirono l’abbondante colazione a base di biscotti al cioccolato.
− Facciamo a gara a chi arriva prima? – Propose Aoi allegro.
− Ci sto, l’ultimo che arriva fa l’amo per i pesci. –Decretò Uruha partendo a correre per primo. Gli altri due, colti alla sprovvista, presero a correre dietro all’amico.
Arrivarono a destinazione cinque minuti prima del’apertura. Kai era seduto su una delle panchine disponibile che scrutava un libro. Arrivarono a bomba davanti all’amico che si spaventò appena guardandogli con gli occhi spalancati.
−KAIIIIII!!!! – Urlò Uruha che, per primo, gli mise le braccia intorno al collo. Quasi lo soffocò, il libro cadde a terra chiudendosi. Gli altri due arrivarono con la lingua di fuori e il fiatone. Non riuscivano a parlare, salutarono Kai a fatica.
− Uruha non stringere così forte, per poco non mi soffocavi. – Disse Kai raccogliendo il libro.
−Scusa ma avevo troppa voglia di vederti. – Reita e Aoi ripresero fiato.
Il cancello si aprì e gli studenti dell’accademia ninja entrarono, scorrendo per i corridoio come pesci in un fiume. Trovarono facilmente la loro aula e imboccarono l’entrata. I banchi erano da tre posti, si sedettero vicini, Uruha era in mezzo e Kai nel banco davanti vicino al muro. Il primo giorno era iniziato.
−Benvenuti a tutti, questo è il quinto e ultimo anno dell’accademia ninja. Quelli di voi che usciranno da qui, saranno ufficialmente dei veri ninja. – Le ore passavano veloci, e i ragazzi facevano scorrere rapidamente le loro penne sui fogli dei loro quaderni. Arrivò anche l’ora della ricreazione. Il professore se ne andò lasciando posto a un altro che era in leggero ritardo. Rimasero seduti lasciando che gli altri uscissero riempiendo i corridoi.
− Mi fa male la mano, ho scritto troppo. –Si lamentò Uruha mentre lasciava cadere la biro sul banco. – Quel… professore detta troppo velocemente. – Non si ricordava il nome del professore, per lui era troppo difficile.
− Se hai le mani molli non è colpa mia. – Commentò secco Reita, Uruha si limitò a sbuffare.
− Voi cosa credete stia facendo Ruki in questo momento? – Domandò Kai, gettando tristezza sui quattro.
− Non lo so, ma qualsiasi cosa stia facendo, non mi interessa. – Aoi fece un respiro profondo, Uruha abbassò lo guardo e così fece anche Reita. – Voglio dire, se né andato da un giorno all’altro, ci ha abbandonato. Non mi importa di quello che fa. – Aoi si alzò di scatto e si avvicinò alla finestra aprendola un po’, gli altri lo fissavano, prese una sigaretta dal pacchetto di sigarette riposto nella tasca dei pantaloni rosso scuro e la accese, soffiò il fumo fuori dalla finestra.
− Aoi cosa fai? Non si può fumare a scuola! – Cercò di rimproverarlo Kai ma fu inutile, Aoi non lo ascoltava.
Ruki se nera andato all’improvviso dalle loro vite, senza dare nessuna spiegazione. Si era trasferito nel loro paese nemico senza dare nessuna spiegazione. Non li aveva nemmeno salutati, il mattino dopo già non c’era più, la sua amata canna da pesca era immobile sul suo letto abbandonato. Da quando se nera andato, non ridevano più come prima, le giornate sembravano ingrigite.
− Nessuno sa il motivo della sua partenza, ma quando sarò un vero ninja andrò nel paese dell’ombra per chiedergli il motivo della mia partenza. −
− Reita ma cosa dici? Non puoi andare là, oltre a essere pericoloso è vietato. Lo sai cosa più succederti?! – Uruha quasi strillò, aveva sbattuto un pugno sul tavolo.
− Certo che lo so, ma visto che è un nostro amico ho intenzione di andarlo a prendere. – Guardò serio Uruha – Prima gli chiederò il motivo della sua partenza e poi lo riporterò qui. Di peso se necessario. – Il tono di Reita era serio e scontroso. Era l’unico dei quattro a tenere di più a Ruki, era affezionato.
− Ti uccideranno senza pietà. −
− Kai lo so, ma ho un obbiettivo, voglio riportarlo qui, voglio ritornare a quando eravamo piccoli, quando giocavamo insieme. – Confessò Reita abbassando la testa.
− Lo so, ma se andiamo là ci sono poche speranze di tornare indietro. Sono ninja senza pietà, non hanno problemi a uccidere qualcuno. Non hanno pietà neanche se devono uccidere un bambino, sono spietati. −
− Uruha lo so! Li combattiamo da anni, ma là c’è un mio amico e non ho intenzione di abbandonarlo. −
I primi studenti rientrarono in classe, Aoi gettò la sigaretta fuori dalla finestra e la richiuse tornando a sedersi. Le lezioni ripresero, fra di loro ci fu silenzio, non si guardarono nemmeno.
Sulla strada del ritorno le bocche erano mute. Solo Kai non aveva voglia di cucire.
− Ragazzi, perché non andiamo al fiume? Magari riusciamo a pescare qualche pesce. – Al castano si illuminò la lampadina.
− Adesso che mi ricordo, stamattina avevamo fatto una scommessa. L’ultimo arrivato avrebbe fatto l’amo per i pesci, chi è stato l’ultimo? −
− Tu? – Cercò di ironizzare Aoi.
− No sei stato tu, io sono secondo. – Gli comunicò Reita sorridendo.
−COSA? Io sono l’ultimo? Ma non posso fare da amo! – Sbraitò.
− Certo che puoi, ma la tua punizione sarà eseguita domani, oggi devo preparare l’amo. −
− Dovrà essere grande. – Scherzarono Reita e Uruha.
− Uff, non ho altra scelta. – Sbuffò il moro afflitto.
Ognuno tornò a casa propria, Uruha preparò l’amo con cura, una scommessa è una scommessa ed era stato Aoi a proporla.
Reita si affacciò dalla finestra, non c’erano nuvole e la luna era ben visibile e luminosa. Tirava il leggero vento fresco, gli scompigliava appena i capelli. Con un ultimo sguardo alla luna prima di andare a dormire, giurò di diventare forte e di andare a salvare Ruki; anche se questo significava morte certa.
Poco lontano dalla città, dei ninja sconosciuti erano appostati dietro i tronchi degli alberi. Erano in sette, fra di loro un ninja più basso, dell’altezza di un bambino, era la punta di diamante della formazione.
Con velocità, si mossero verso il centro della città, avevano un obiettivo.
Correvano veloci sui tetti, i loro passi non facevano rumore.
Il loro obbiettivo era creare scompiglio nella città, trovare un colpevole.
Una volta commesso il crimine, uscirono silenziosamente dalla finestra e sparirono.
Il mattino dopo, i ninja guardiani trovarono il cadavere freddo. |
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** La decisione di Reita ***
Eccomi! Sono tornata con la seconda parte della storia che spero possa
piacervi. C'è una piccola scena divertente che mi sono
divertita a scrivere. Detto questo vi lascio alla lettura. Ci vediamo
in fondo: :)
Il corpo era
freddo e la pelle pallida. I medici non poterono far altro che
dichiararne la
morte.
L’imperatore
era stato ucciso e il colpevole non c’era.
La mattina
era iniziata come tutte le altre, o quasi. Le vie della
città erano un continuo
borbottare e sospiri. Reita era uscito di casa non sapendo
dell’omicidio della
scorsa notte, era arrivato a scuola insieme ad Aoi, gli altri erano
già
arrivati.
− Ciao Aoi, finalmente sei arrivato. Ho un regalino per te.
– Il sorriso
malizioso del castano spaventò un po’ il moro.
− Cosa intendi? −
− La scommessa di ieri, l’amo. A casa ho la canna
da pesca e l’amo tutto per
te, sei contento? –
− No! Io pensavo che scherzassi, io non faccio
l’amo. – Fece qualche passo
indietro terrorizzato.
− Hahaha! Quando è finita la scuola vieni a casa
mia così ti amo. – Scherzò il
castano con una risata malefica.
− Non ci penso neanche! −
− Devo ricordarti che sei stato proprio tu a proporre la
scommessa? – Aoi fece
un sospiro.
− Hai vinto Uruha. – Kai e Reita si misero a ridere.
Reita guardò
l’orologio appeso alla facciata della scuola, la campanella
sarebbe dovuta
suonare dieci minuti fa, ma di lei neanche un rintocco.
− Vi siete accorti che la campanella non è
suonata? – Guardarono tutti verso
l’orologio.
− E’ vero, è in ritardo. –
− Chissà cos’è successo?
–
Erano
nel
panico, dovevano annunciare agli studenti che le lezioni erano sospese
ma nel
contempo, non riuscivano a credere a quello che era
successo.− Fate entrare gli studente nelle classi,
comunicategli la notizia e mandateli
a casa. La situazione è critica. –
Sentenziò il preside della scuola.
− Come desidera, vado ad aprire le porte. –
− Perfetto, non dite troppo. Ci penseranno i giornali e il
vociare la fuori a
informare i ragazzi.
Le porte furono aperte, gli studenti entrarono e si diressero tutti
verso le
rispettive classi. I quattro andarono a sedersi ai rispettivi posti,
l’insegnante entrò silenzioso dalla porta
scorrevole. Si sedette sulla sedia e
fissò attentamente il pubblico davanti a lui.
− Ragazzi, per ragione che al momento non posso spiegarvi, le
lezioni di oggi
saranno sospese. – Un boato di scontento si levò
dai banchi. –
Ragazzi non si accettano obiezioni, quando
tornerete a casa saprete il perché. Adesso ho
l’ordine di mandarvi a casa. –
Reita e gli altri si scambiarono uno sguardo incerto. A forza, tutto
gli
studenti furono fatti uscire dalla struttura e le porte furono chiuse.
La
piazzetta davanti all’edificio era deserta. I quattro ninja
percorrevano a
passo lento la strada verso casa, insieme a loro qualche ragazzo
dell’istituto.
Non facevano altro che discutere sullo strano comportamento degli
insegnanti,
solo il secondo giorno di scuola e già si sta a casa, la
cosa è sospetta.
− Secondo voi perché ci hanno mandati a casa
subito? – Domandò Uruha
all’improvviso.
− Non lo so, ma qualsiasi cosa sia successa è
qualcosa di grave. – Gli rispose
Kai freddo.
Poi a Uruha
venne in mente qualcosa.
− Aoi, ma tu non dovevi fare l’amo? – Gli
brillavano gli occhi.
− Oh Uruha, ti amo tanto anch’io, baciamoci.
– Aveva fatto le labbra a culo di
gallina e gli stava mandando piccoli bacetti avvicinandosi a lui
superando
Reita che li divideva.
− AHHHH! Brutto porco stai lontano!!!!! – Uruha
emise un urlo da donna in pieno
periodo mestruale. Aveva usato il biondo come
scudo per non far avvicinare il moro.
− Dai sto scherzando, mica ti bacio per davvero. −
− Brutto porco pervertito! Non osare mai più fare
una cosa del genere! – Tutti
quelli che erano nella loro stessa via, si erano girati a guardarli.
− Dai calmati, non puoi fare finta di niente? –
Intervenne Kai.
− Sì certo, mi si scompigliano i capelli.
– Si passò una mano fra i capelli per
pettinarli.
− Uruha ma quanto se fi… −
− Non mi interessa. –
Reita fu
interrotto bruscamente.
– Quando andiamo
a vedere Aoi fare l’amo? −
− Io non faccio l’amo! −
− Perché non
ci andiamo adesso? Tanto
siamo usciti prima. – Fu la brillante proposta di Kai
− Kai ha appena avuto un’idea fantastica. Vado un
secondo a casa a prendere la
canna. – Si mise a correre verso casa sua, gli altri lo
seguivano. Entrò
di corsa nel negozio della madre e si
diresse verso il dietro del bancone, l’ultimo ad arrivare fu
Aoi. Entrarono nel
negozio e si appoggiarono agli scaffali prendendo fiato.
Uruha era
salito in camera sua, aveva fatto sbattere la porta scorrevole in un
suono
acuto, che si udì fin nel negozio.
La
canna, era sul divanetto blu spento vicino al letto, la prese e
volò di sotto.
Uscirono dal negozio correndo verso il fiume, con canna da pesca al
seguito.
Non badarono
alle domande della madre di Uruha, non le sentirono neanche.
Corsero e
basta.
Giunsero
al
fiume correndo come matti. Una volta arrivati si buttarono per terra
ridendo,
la canna da pesca scivolò dalla mano del più alto
e finì a pochi metri dalla
riva. Risero, risero rumorosamente.
Il
castano si
alzò per andare a prendere la
canna, si levò la borsa a tracolla e la poggiò in
terra. Ne estrasse un
barattolo con dentro gli ami. – Aoi io sono pronto, vieni?
−
− No, non faccio da amo. −
− Ma la scommessa l’ha decisa tu, sii un vero
ninja. – Il moro si era alzato dall’erba
verde e andò verso il ragazzo seduto.
− Appendimi pure col tuo amo, ma appena mi sento ridicolo
smetto. −
− Va bene, solo non troppo presto. – Ridacchiava
mentre gli infilava l’amo fra
i fili di tessuto della maglietta celeste. Gli altri due se la ridevano
mentre
si avvicinavano al letto del fiume.
Aoi entrò nell’acqua tiepida, ebbe un brivido. Si
immerse fino al collo e
rimase fermo. Il castano teneva fiero la lenza, sperava davvero di
poter
pescare qualcosa.
Dopo
mezz’ora, Aoi era fuori dall’acqua. Si era tolto la
maglietta e si era disteso
con gli altri al sole. L’aria era fresca, muoveva appena i
fili d’erba.
− Che peccato, non ho pescato niente. – Rivolse lo
sguardo verso Aoi – Non sei
gran che come amo. – Si lamentò il castano steso a
pancia in giù sul prato.
− L’acqua è fredda. –
Sbuffò di rimando il moro seccato.
Per tutto il tempo in cui rimasero distesi, Reita aveva solo due
pensieri nella
testa: Ruki e il problema al villaggio. Non aveva ancora capito il
motivo della
sua partenza, non sapeva il motivo del terrore fra gli abitanti del
villaggio.
Non sapeva molte cose.
Decisero di rientrare al villaggio, erano stati fuori tutto il
pomeriggio e non
avevano pranzato. Andarono in un ristorante e ordinarono. Mangiarono
con
voracità, avevano fame, prima di uscire, rimasero un
po’ seduti a parlare. Il
proprietario si avvicinò a loro, aveva
l’espressione cupa, quasi affranta.
− Spero che il pranzo sia di vostro gradimento. –
Commentò l’uomo con voce
roca.
− E’ tutto buonissimo come sempre! –
Strillarono Uruha e Kai in coro.
− Ne sono felice. Avete saputo la notizia? −
− Che notizia? – Domandò Aoi, la mano
gli si era bloccata a mezz’aria, le
bacchette tenevano del riso.
− Cosa? Non lo sapete? Non ve l’anno detto?
−
− No. −
− La scorsa notte, un assassino misterioso ha ucciso
l’imperatore. Non si è
ancora trovato il colpevole, i ninja guardiano l’anno trovato
nella sua stanza.
−
I quattro spalancarono la bocca dallo stupore. Non credevano a quello
che
avevano appena sentito. Il sovrano del villaggio del Fuoco era stato
assassinato.
− Si hanno già dei sospetti? –
Domandò di slancio Kai.
− Sì ovviamente, Il paese del Buio. −
Reita sbatté la ciotola del riso sul tavolo e si
alzò di scatto in piedi
facendo preoccupare gli altri.
− Reita che c’è? −
− Cos’hai? −
− Ve ne siete già dimenticati? Vero? −
− Eh? Ma di che parli? – Aoi era confuso.
− Parlo di Ruki. Non vi ricordate che senza un motivo se ne
andato nel paese
del Buio, ve lo ricordate?! −
Nel ristorante si creò il silenzio, erano gli unici presenti
in quel momento.
− Certo che me lo ricordo, ma ora come ora non possiamo fare
niente. –Disse
serio Uruha.
− Anche volendo non possiamo rapirlo e portarlo qui, ci
uccideranno prima di metterci
piede. −
− Vi arrendete troppo facilmente! −
− Non è così, la conosci anche tu la
fama del paese del Buio. Ha ragione Aoi. –
Reita si risedette abbassando lo sguardo.
− Rei credimi, se potessimo andare a riprendere il nostro
amico l’avremmo già
fatto, ma per adesso è impossibile. – Kai aveva
messo fine al discorso. Reita
si sedette e riprese la ciotola del riso, e in silenzio, riprese a
mangiare.
− Mi dispiace per il vostro amico, doveva avere un buon
motivo per andare fin
laggiù. − Il
proprietario stava
asciugando dei bicchieri.
− Si credo di sì. −
Si alzarono, pagarono e uscirono. Erano le sette di sera e ognuno si
stava
dirigendo versa la propria casa, nessuno di loro spiccicò
parola, troppo
storditi dalla notizia improvvisa per poter fare discorsi sensati.
Reita arrivò a casa sua, entrò e a passo lento si
addentrò dentro la casa.
Arrivò vicino alla soglia della sala, i suoi genitori
stavano parlando
dell’assassinio all’imperatore.
− Saranno sicuramente stati quelli del Buio, sono famosi per
questo genere di
cose. Chissà cosa gli ha spinti a uccidere il sovrano.
– Suo padre stava
sfogliando il giornale, mentre sua madre stava sorseggiando un
tè tiepido.
− Sicuramente è un attacco di stato. −
− Speriamo trovino presto i colpevoli, non mi va di girare
per il paese sapendo
che ci sono loro. – Fu il resto del discorso a fargli mancare
il fiato per un
secondo. − Reita non aveva un amico che si è
trasferito nel paese del Buio? −
− Mi sembra di sì, ma se ne andato quando erano
piccoli, forse non si ricorda
neanche più di lui. −
− Ah ecco, per fortuna che se ne andato. Evidentemente la
pensava come quei
pazzi. −
Corse verso camera sua senza salutare nessuno, i suoi lo videro appena,
il
padre richiuse velocemente il giornale.
Il biondo corse velocemente verso la sua stanza, aprì e
richiuse la porta alle
sue spalle. Si gettò sul letto sprofondando la testa nel
cuscino, facendo
fatica a respirare si girò a pancia in su. Rimase per un
po’ avvolto nel buio,
poi stufo di quel buio accese la lampada. Fissò il suo
sguardo sul soffitto
illuminato ed emise un sospiro profondo.
Non credeva che fosse stato lui ha fare tutto quello, non voleva
crederci. Non
si vedevano da nove anni, ma era convinto che non fosse cambiato. Si
mise
seduto sul letto intrecciando
le gambe.
Prima che Ruki partisse, gli aveva regalato un braccialetto fatto di
corte che
lui stesso aveva colorato. Glielo aveva regalato in segno della loro
amicizia.
Non l’aveva mai tolto dal braccio, era come un fede per lui.
Con l’altra mano,
strinse quel braccialetto colorato, a volte gli sembrava di sentire
ancora
l’odore di tempera.
Il biondo prese una decisione, sarebbe diventato un bravo ninja,
avrebbe
protetto il suo villaggio e avrebbe riportato a casa il suo migliore
amico. Lo
giurò sul braccialetto.
Non aveva voglia di scendere di sotto, non aveva fame e non voleva
vedere i
suoi. Si ristese sul letto e cercò di dormire, era stato
troppo tempo al fiume
con gli altri. Dopo poco si addormentò, non si accorse
neanche che sua madre lo
stava chiamando.
Nel sogno
stava tornando indietro nel tempo, a quando Ruki era ancora con loro, a
quando
era tutto perfetto.
NOTE:
Spero che vi sia piaciuta e che la storia vi abbia
interessato. Fatemi sapere cosa ne pensate, accetto critiche consiglie
e opinione e suggerimenti , idee e considerazioni, tutto insomma. Sono
pronta anche alla critica più severa. (Hehe)
Al prossimo capitolo. ;)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Selezione Ninja ***
Due
mani delicate
toccarono il suo braccio, erano fredde mentre il suo braccio era caldo.
Sentì
una corda stringersi intorno al polso, poi annodarsi. Alzò
lo sguardo, era Ruki
che gli li sorrideva dolcemente.
− L’ho legato troppo stretto? – Gli
chiese il ragazzino.
− No tranquillo, va benissimo. – Si fissarono negli
occhi per qualche secondo,
sempre sorridenti – Ma questo è un sogno o sei
ritornato? – L’altro non
rispose, si limitò a mostrargli un sorriso triste, e
cambiò argomento.
− Ti va di giocare un po’? −
− Ah… certo.
Cosa vuoi giocare? – Il
piccoletto ci pensò.
− Giochiamo a nascondino. Conti tu. −
− Ok, vai a nasconderti. –
− Reita chiudi gli occhi. – Reita eseguì
il comando dell’amico e chiuse gli
occhi.
Quando li riaprì, si ritrovò in camera sua. Era
giorno, la luce solare entrava
dalla finestra. Si sedette sul letto, scostando le coperte e
prendendosi la
faccia fra le mani. Voleva
piangere ma
si trattenne, lo aveva sognato, per l’ennesima volta. Decise
di non pensarci,
si alzò e andò in cucina. Sua madre era
lì, si stava preparando un tè caldo.
Appena entrato, un profumo di biscotti appena fatto gli
riempì il naso. – Mmm
biscotti. – Sul tavolo c’era un piatto blu con una
montagnetta di biscotti con
gocce di cioccolato, ne addentò uno. Senza rendersene conte
ne divorò una
decina, si sentiva pieno e decise di portarli a scuola come spuntino.
Si
preparò e uscì di casa, salutò la
madre ma non suo padre, quello che aveva
detto la sera prima gli era rimasto in testa. Corse verso il negozio
della
madre di Uruha, entrò salutando la commessa.
− Buongiorno, c’è Uruha? −
− Buongiorno giovanotto, te lo vado a chiamare. –
Gli sorrise e si avviò verso
il retro del negozio, sentì la commessa che chiamava
l’amico, lo sentiva urlare
– Sì arrivo! Un attimo! − , sentiva
rumori di cose che cadevano e urla varie.
Alla fine Uruha apparve sulla soglia del retro del negozio. Aveva i capelli scompigliati e
due shuriken nella
mano destra.
− Hey Rei, scusa per il trambusto. −
− Tranquillo, andiamo? −
− Va bene, ma devo fermarmi per prendere da mangiare.
– Aveva riposto gli
shuriken nell’astuccio dietro la schiena e si era sistemato i
capelli.
− Ma non hai preso qualcosa da qui? E’ un negozio
di alimentari. – Fece notare
il biondo.
− Lo so, ma mia madre mi fa pagare quello che prendo.
− Era
uscito dal negozio seguito dal biondo, si
erano incamminati verso la scuola, ci misero poco più di
venticinque minuti,
contando la sosta e l’indecisione di Uruha per prendere da
mangiare. Gli altri
erano già arrivati, avevano occupato due panchine, e stavano
per occupane una
terza.
− Ehi
ragazzi, qual buon vento vi porta
qui? – Gli salutò allegramente Aoi che era
sdraiato sulla panchina, mentre Kai leggeva
un quaderno appoggiato sulle gambe. I due si avvicinarono.
− Ehi ragazzi, lasciate una panchina anche per me!
– Aveva urlato Uruha mentre
correva incontro ai due imbecilli sulle panchine.
− Certo signorina, si accomodi sulla terza, o se preferisce,
fra le mie gambe.
– Disse provocatorio Aoi, con la solita bocca a culo di
gallina e lo sguardo da
pesce lesso fisso sulle cosce scoperte del castano. Uno sonoro schiaffo
colpì
la guancia sinistra di Aoi, subito dopo, il ragazzo era per terra con
la mano
appoggiata lievemente sulla guancia dolorante e le lacrime agli occhi.
− Uruha…. mi hai fatto male….
– La guancia gli doleva.
Tutti i ragazzi presenti iniziarono a ridere, le ragazze si
allontanarono per
andare a ridere in gruppo.
− DEVI SMETTERLA DI GUARDARMI LE COSCE, BRUTTO
PORCO MANIACO!! – Urlò Uruha con
tutta la voce che aveva, attirando
l’attenzione di tutti, compresi i professori.
− Ma.. ma.. ma io… −
Il castano si diresse, nervoso e a passo svelto, verso il cancello
della
scuola. Aoi si massaggiava la guancia dolorante mentre Kai lo
rimproverava.
− Così impari a guardargli le cosce. −
− Ma quando lo fa Reita non dice niente. –
Piagnucolò Aoi con la guanci rossa.
Si alzarono
e entrarono nella scuola, Reita li seguì sghignazzando .
−
Buongiorno
ragazzi, oggi faremo un’esercitazione di lotta, seguitemi
nella stanza degli
esercizi. – Si spostarono tutti nella stanza degli esercizi,
un’enorme stanza
di trentacinque metri per quarantaquattro, con un’altezza di
ventotto metri. Le
pareti erano arancione pallido mentre il pavimento era verde erba.
−Waoooo. –
Fu il commento esterrefatto dei presenti.
− Bene ragazzi, a gruppi di quattro vi scontrerete con
shuriken e kunai, i
gruppi li faccio io voi mettetevi in fila. − I ragazzi si
misero in fila e il
professore scelse i gruppi. I quattro ragazzi finirono nello stesso
gruppo.
Andarono a disporsi
in una parte
dell’enorme stanza dividendosi in
gruppi.
Kai e Uruha
contro Reita e Aoi, avevano quindici shuriken e venti kunai a testa.
− L’esercizio consiste in un combattimento fra di
voi. Non voglio ferite gravi,
solo piccoli graffietti. Questo
scontro
servirà per selezionare i componenti più forti
per le missioni speciali. –
Tutti i ragazzi si prepararono. – Pronti, hajime! –
I ragazzi partirono, ognuno
di loro prese un’arma dall’astuccio dietro la
schiena. Lame sfrecciavano
velocemente per tutta la stanza. Tutti i ragazzi presenti usarono tutte
le armi
a loro disposizione. Qualcuno
di loro si
fece qualche taglietto.
− Yamé! – Ulrò il professore.
I ragazzi si fermarono, gli ultimi kunai si
conficcarono nel pavimento, le pareti erano piene di shuriken. Si disposero in fila di
fonte al professore,
l’uomo li scrutò con attenzione.
– Come vi ho
già detto, questo è stato un combattimento per
selezionarvi. I migliori di voi
parteciperanno a una missione speciale. La mia assistente, mi
aiuterà a
scegliere i migliori fra di voi e vi farà anche da
insegnante. – Da dietro al
professore, comparve una ragazza giovane, lunghi capelli castano scuro
raccolti
in una cosa di cavallo. Occhi color sabbia e enormi labbra rosa. Era
alta con
un bel corpo snello non troppo asciutto. Seno prosperoso curve nei
punti
giusti.
– Piacere, io sono Kotone. Sono l’assistente del
professore. – Quasi tutti i
ragazzi rimasero imbambolati vedendo l’abitino eccessivamente
corto in cui era
avvolta, una veste cinese color viola acceso.
– Chiudete
la bocca che vi entrano le mosche. – Si voltò
verso l’assistente – Adesso
Kotone ci dirà i migliori di voi.– La ragazza
lesse i nomi scritti sul foglio
che aveva fra le mani. I nomi era pochi, sette in tutto. Si schiarì la
voce e li chiamò. Fra di loro
c’erano anche i quattro ragazzi.
Non erano
arrivati all’ultimo anno per buona condotta o
perché avevano un bel sorriso, ma
perché in quattro anni di scuola si erano impegnati per
diventare i migliori.
Erano cresciuti giocando ai ninja da piccoli, e ora che stavano per
diventarlo
si stavano impegnando moltissimo.
I
sette
ragazzi seguirono Kotone in un’altra stanza. Andarono
nell’ufficio del professore,
un stanza non eccessivamente grande, ben illuminata con una finestra
dietro la
sedia della scrivania in legno di pino. L’arredamento era il
classico da
ufficio, con foto di lui e dei colleghi.
– Prego, accomodatevi sul divanetto e sulle poltrone.
– Disse lei con un
sorriso. I posti
sul divanetto erano
quattro e le cinque persone sedute sopra erano leggermente strette.
– Dunque, vi ho fatto venire qui perché ho
ritenuto che voi foste migliori
rispetto agli altri. – I sette
l’ascoltarono con attenzione – Avrete
un addestramento speciale, non uno
tradizionale come quello dei vostri compagni.
Avete domande? – Ci fu un attimo di silenzio poi
uno dei ragazzi prese
la parola.
– Mi scusi, cos’abbiamo
più degli altri?
– Era seduto sulla poltrona di destra, quella in pelle
bianca. Kotone abbandonò
la schiena contro lo schienale della sedia accavallando le gambe.
– Avete più
forza, più energia, più velocità,
più ferocia e cattiveria. In poche parole,
avete ciò che serve per essere un ninja. Mentre combattevate
vi osservavo, solo
voi sette avete combattuto per ferire gli altri e per aggiudicarvi la
vittoria.
– Ci fu ancora silenzio. La ragazza scavallò le
gambe riavvicinandosi alla
scrivania, appoggiò i gomiti alla base di pino. –
Domande? –
– In cosa
consiste l’addestramento speciale? –
Domandò Kai serio, forse fin troppo.
– Consiste
in un durissimo allenamento da mattina a sera con i più
grandi maestri ninja.
Ma anche li ci sarà una selezione. – Concluse con
un leggero sorrisino.
– Noo, ancora selezioni. – Sbuffò la
ragazza seduta vicino a Reita, che era
schiacciata come una sardina, e Aoi la imitò sbuffando anche
lui.
– La selezione sarà durante i giorni di
allenamento, nel qualche dovrete
dimostrare quanto valete. Un volta finite le selezioni, ci
sarà un ultimo
allenamento prima di diventare dei ninja veri e propri. Domande? –
Non ci
furono domande solo facce perplesse e sguardi incerti. Tutte quelle
selezioni
stavano iniziando a preoccuparli e a stancarli.
– Bene, se non avete domande potete andare. Ci ritroviamo
domani mattina alle
sette sul tetro della scuola. Portatevi un pranzo molto sostanzioso.
– Fece un
sorriso ampio e caldo.
– Ma non facciamo lezione come gli altri? – Chiese
la ragazza seduta a sinistra
sulla poltrona di pelle nera.
– No, mi sembrava di avervi spiegato che farete un
allenamento speciale. Le
vostre lezioni saranno totalmente diverse. Ci vediamo domani, non fate
tardi.
– I sette
ninja si alzarono e uscirono
dalla stanza. –
Andate in classe e
riprendete normalmente le lezioni, da domani cambia tutto. Buona
giornata. –
Disse prima di chiudere la porta e di barricarsi dentro
l’ufficio del
professore.
Si
guardarono negli occhi un po’ confusi prima di tornare in
classe. Camminarono
in silenzio lungo il corridoio fino a raggiungere la porta
dell’aula.
– Non ho ancora imparato i vostri nomi. – La
ragazza che era seduta vicino a
Reita ruppe il silenzio.
– Hai ragione, io sono Noboru e diventerò il
miglior ninja del paese. – Era
fiero, sorrideva con fiducia, la si poteva
vedere. Era biondo con degli occhi verdi chiari, le labbra carnose come
due
canotti ma sensuali. Alto e robusto con le spalle larghe. Il vestito
verde in
cui era avvolto lo rendeva un po’ più alto.
– Io sono
Amaya, e diventerò il capo delle guardie ninja del paese.
– Era la ragazza
seduta nella poltrona di pelle nera. Era allegra, con dei meravigliosi
capelli
rossi, legati in una treccia che arrivava a metà schiena, e dei fantastici occhi
castani. Labbra
asimmetriche e delle lentiggini su guance e naso. Era leggermente in
carne e
avvolta da una maglietta bianca con dei pantaloncini color argento che
le
arrivavano fino a metà coscia.
– Io sono
Kaori, e voglio diventare una ninja. – Era piuttosto timida
quando si trattava
di parlare in pubblico, era di poche parole. Era bassina ed esile.
Occhi
castani color nocciola, carnagione pallida e labbra sottili. Aveva i
capelli
castani lunghi fino alle spalle. Era avvolta in un abito lungo azzurro
fino
alle ginocchia.
Si
presentarono, ognuno con il sorriso stampato in faccia. Erano contenti
della
notizia.
Erano a
pochi passi dalla porta dell’aula, ma la ignoravano
tranquillamente. La
voce dell’insegnante che era all’interno
si sentiva anche da fuori.
– Bhè,
domani comincerà il vero e duro allenamento. –
Noboru intrecciò le braccia al
petto con il suo sguardo fiero.
– Sembra di sì, non vedo l’ora.
Sperò però non sia troppo faticosa. –
Sbuffò
Amaya chiudendo gli occhi.
– Susu, sono sicuro che andrà tutto bene.
Piuttosto, voi eravate in gruppi
diversi? – La rassicurò Uruha formulandole poi la
domanda.
– Si, tranne vuoi quattro noi siamo tutti di gruppi diversi.
–
Rimasero fuori per qualche altro minuto prima di rientrare e seguire
regolarmente le lezioni.
–
– – –
Uruha era
sdraiato sulla panchina del cortile della scuola, lo sguardo fisso
sulle
nuvole.
– Secondo me siamo a solo una gradinata di distanza dal
diventare dei ninja! –
Aveva esultato Aoi salendo sulla panchina affianco a quella di Uruha e
sovrastando Kai.
– Ma cosa dici? Siamo ancora troppo lontani e la vetta
è ancora lontana. Datti
una calmata. –
– Kai mi spieghi perché deve sempre rovinarmi i
momenti? Avevo la giusta
intonazione. – Si sedette su di essa.
– Sì certo. –
Reita era
rimasto in silenzio per tutto il tempo, non aveva proferito parola. Se
ne stava
in disparte affiancando Kaori nel silenzio. Quando erano usciti da
scuola si
erano impossessati di tre delle cinque panchine verde scuro davanti
alla
scuola. Erano li da ormai tre ore, non avevano ancora dato segno di
volersi alzare da
lì. Aoi e Kai stavano
ancora discutendo.
– Siamo dei veri ninja, facciamo un corso speciale. Cosa che
gli altri si
sognano mentre noi non ne abbiamo bisogno. – Sorrise
all’amico con un sorriso
ampio.
– Non siamo ancora dei ninja, siamo ancora
all’inizio. –
Erano ancora
all’inizio di tutto, eppure Reita avrebbe voluto essere
già arrivato alla fine.
Al traguardo finale. Era sempre più vicino al suo
obbiettivo, quello di
riportare a casa Ruki.
– Ragazzi
che ne dite di tornare a casa? –
– Si è
meglio. –
Erano
appostati dietro a un grande albero, i loro abiti neri si confondevano
mischiandosi con lo scuro dei rami interni delle foglie. Le cinque
persone si stavano
preparano per il prossimo attacco.
Avevano già deciso la vittima, restava solo il
“come” ucciderla.
Aspettarono
la notte prima di andare a posizionare le
trappole.
NOTE: Ringrazio
per aver letto la terza parte di questa storia che nessuno legge.
Grazie. ^^
Spero comunque possa piacervi, lo spero davvero. :3
Fatemi sapere cosa ne pensate, alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Primo giorno alla nuova accademia ***
Con
molta
lentezza, il piccolo Ruki si sedette sul tetto di una casa dietro al
camino,
dietro il lui il suo compagno di missione. L’altro uomo si
avvicinò a lui
accovacciandosi accanto.
− Sei stanco? −
− No, ho solo dormito poco durante il giorno. –
Rispose il ragazzino guardando
dalla parte opposta, verso l’orizzonte. Quell’uomo
gli dava fastidio, lo
infastidiva. Gli dava ordini in continuazione. Quella mettila
là, nascondila
bene, non fare troppo rumore, sbrigati, muoviti, dai andiamo. Non ne
poteva
più, però tra i due era il più esperto
nel nascondere bombe e trappole, quindi doveva
stare alle sue regole. Aveva due shuriken, avrebbe potuto usarne uno
per
recidergli la gola da parte a pare; ma non è ancora il
momento per permettersi
certi lussi.
− Bene, adesso andiamo a mettere l’ultima bomba.
Dobbiamo andare alla scuola
ninja. Andiamo. – L’uomo si alzò e, con
un una spinta energica delle gambe,
spiccò un salto fino al tetto successivo, non molto distante
ma comunque
lontano. Una volta atterrato sull’altro tetto, si
voltò verso il piccolo ninja
che era ancora seduto all’ombra del camino. –
Sbrigati, manca poco all’alba, non
c’è poi molto tempo. – Aveva sempre un
tono autoritario, da capo. Peccato che
nel gruppo era solo un sottoposto.
− Sì arrivo. – Disse acido il ragazzino,
che alzandosi, spiccò un salto verso
il tetto, dove quell’uomo odioso lo stava aspettando con
impazienza,
arrivandoci per un pelo. Arrivò sul bordo del tetto
rischiando di cadere di
sotto. Fece qualche passo avanti arrivandogli vicino.
− Bene, e ora andiamo, il tempo stringe. – Il
piccolo annuì seguendo l’altro
verso la scuola ninja, dovevano mettere la “loro
trappola” all’interno della
scuola.
Le
sue esili
dita aprirono la finestra del bagno delle ragazze. Una volta entrato,
la puzza
del gabinetto gli riempì le narici, si tappò il
naso e uscì velocemente da lì.
Percorse i corridoi fino alla stanza del preside e vi entrò,
notò l’arredamento
da ufficio e la sedia imbottita rossa dietro alla scrivania.
Andò a sedersi su
di essa, constatò la sua comodità e
l’estrema morbidezza. Scivolò sotto la
scrivania accovacciandosi al centro di essa. Prese un bomba dalla sacca
che
aveva a tracolla e la posizionò in un angolo, quello che gli
sembrava più
nascosto. Poi sgusciò fuori da lì e
uscì da quella stanza. Mise altre bombe in
giro per la scuola, le attivò e poi uscì da dove
era entrato richiudendo il
vetro della finestra.
Non
importava se dentro c’era qualcuno, l’importante
era distruggere la scuola.
I
due ninja vestiti di nero fuggirono usando i tetti, corsero verso la
foresta
dove gli altri li stavano aspettando. All’orizzonte, il sole
stava iniziando a
sorgere.
____
Alle 07:30 era già sveglio. Era andato a letto prestissimo e
ora era pronto per
la faticosa giornata che lo attendeva. Aveva appena finito di fare
colazione
quando la madre entrò in cucina guardando il figlio con
un’espressione
sconvolta.
– Cosa ci fai tu qui? Non dovresti essere a letto a dormire?
Come mai sei già
in piedi? –
– Comincio un corso di specializzazione per diventare un
ninja esperto, ecco
perché mi sono alzato presto. Devo arrivare in orario il
primo giorno. – La
madre rimase a bocca aperta, era sempre più sconvolta.
– Torni per pranzo? –
– No. –
– Ti lascio il pranzo vicino ai fornelli, lo mangerai
stasera. – Senza dare il
tempo al figlio di rispondere, si voltò e sparì
dietro la porta della cucina
dirigendosi verso la camera da letto. Il ragazzo continuò a
prepararsi
ignorando lo sgomento della madre.
Uscì
di casa quasi correndo, corse a prendere Uruha al negozio della madre
per poi
correre con l’amico verso la scuola. Arrivarono con il
fiatone davanti all'edificio. C’era una volta in cui non arrivassero a scuola
correndo?
Si
diressero sul retro della scuola entrando dal cancello sul retro.
Sempre
correndo arrivarono alla porta in ferro verde dell’edificio,
la aprirono e vi
entrarono. I loro
compagni erano seduti
contro la parete del corridoio, i
quali
si girarono a fissarli quando entrarono.
–
Ehi ciao, siete in ritardo lo sapete? – Li salutò
allegramente Amaya alzandosi
e correndo a salutarli.
– Come in ritardo? – Chiese Uruha triste
– Sto scherzando, non è ancora arrivato nessun
professore. State tranquilli. –
Si misero a ridere quando lo
sguardo di
Uruha cade al centro del corridoio; Aoi e Kai stavano felicemente
discutendo
fra di loro ignorandoli. Salutarono l’allegra ragazza e si
avvicinarono ai due
amici. Il castano quasi corse e andò a davanti a loro.
– Ehi voi due, pensavate di ignorarci così
facilmente per tutto il giorno?
Avete sbagliato ninja! – Uruha gonfiò il petto e
assunse uno sguardo e una
postura fiera, i due a terra lo fissavano impietriti.
– Certo che no amore mio, solo che io
e
Kai siamo arrivati presto e vi abbiamo tenuto il posto. – Aoi
parlò con lo
sguardo fisso sulle cosche del ragazzo che gli
stavano ad altezza viso. Reita andò a sedersi
accanto a Kai, Uruha cercò
di sedersi ma Noboru era troppo vicino ad Aoi e gli impediva di
sedersi, anche
vicino a Reita era occupato da Kaori.
– Ma non c’è spazio per me! –
Esclamò sconsolato.
– Ma certo che c’è, ti ho tenuto un
posto caldo fra le mie gambe non sei
contento? Dovresti sentirti onorato. – Si trattenne dallo
sbavare al pensiero
di averlo seduto sulle gambe, cosa che infatti non successe. Il
potentissimo
pugno destro di Uruha colpì in pieno la testa del moro che andò a sbattere
contro al muro. Il pugno di
Uruha fumava.
– Uruha ma cosa hai fatto?! – Disse allarmato Kai
mentre soccorreva il povero
Aoi. Era sdraiato sul pavimento e mugugnava frasi incomprensibili.
– La prossima volta impara a guardarmi le cosce, oh.
–Mise il broncio mentre
gli altri soccorrevano il moro.
–
Aoi tutto bene? –
– Ahhhh ~ – Spostò il suo sguardo su
quello di Noboru che lo guardava
preoccupato, per passarlo su quello di Kai che lo guardava severo – Sono
morto? – Chiese il povero disteso sul pavimento.
– No scemo, ma la prossima volta potrebbe ucciderti sul
serio. – Il moro si
portò una mano sulla testa toccandosi il bernoccolo per poi
urlare di dolore.
La
porta di legno si aprì, il professore comparve sulla soglia
della porta. –
Buongiorno ragazzi, dal casino che si sente
direi che ci siete tutti. Su, venire di la che vi mostro la vostra
nuova aula.
– I ragazzi lo seguirono al di là della porta in
fila. –
Sono sicuro che vi piacerà. –
La
stanza era enorme, parquette e pareti di legno, attrezzi per gli
esercizi erano
in un angolo dell’enorme stanza, pesi e attrezzi per
potenziare i muscoli erano
in un altro. Dieci scaffali con varie armi erano appoggiati contro il
muro in
una stanzetta a parte. Gli spogliatoi con docce e stanza relax, erano
dietro
una porta di legno di pino vicino ai pesi.
– WHAUUUU!!!! Questo posto è fighissimo!!!
– Urlò Reita ammirando i pesi quasi
sbavando.
– Rei non voglio pulire la tua bava, vieni piuttosto a vedere
la stanza relax!
– Gli squittì contro Uruha. Ci misero
un’ora per finire il giro di
perlustrazione.
– Bene signorinelle, è il momento di cominciare
l’addestramento speciale. –
___
L’aria gli scompigliava appena i capelli, l’ombra
dell’enorme albero gli faceva
sentire freddo. Erano arrivati quando il sole era appena sorto, gli
altri
stavano ancora dormendo.
– Hai freddo? –
La voce femminile della
sua compagna di missione gli riempì le orecchie.
– No, voglio solo tornare a casa. – Disse Ruki
acido, aveva freddo ma non
voleva dar segno di debolezza. Avrebbe potuto alzarsi e andare sotto il
sole,
ma preferì restare lì.
– Ci torneremo una volta ultimata la missione, fra quanto
esploderanno le
bombe? –
– Fra un po’, credo. –
___
Il pugno di Kai finì dritto nella guancia di Reita facendolo
cadere a terra. Il
professore si precipitò in soccorso del biondo, gli altri
ragazzi mossero
qualche passo incerto verso di loro.
– Sto bene, sto bene. – Disse il biondo mentre si
massaggiava la guancia. Kai
gli tese la mano per aiutarlo a rialzarsi.
– Facciamo cambio, Noboru e Kaori. –
Ordinò il professore urlando. Kai e Reita
corsero a sedersi mentre gli
altri due
andavano a posizionarsi sul tatami.
– Kai, dove la nascondi tutta quella forza? – Si
massaggiava ancora la
guancia.
– Io? Ho le riserve nascoste, avevi dubbi? – Le sue
fossette meravigliose
emergono non appena le sue labbra si piegarono in un sorriso. Risero per poi concentrarsi
sul combattimento.
– Kaori non voglio farti male quindi mi lascerò
battere. – Noboru sorrise
malizioso ma la ragazza davanti a lui rimase seria.
– T-Tranquillo, non riuscirai a muovere un muscolo.
– Balbettò timidamente lei
facendosi ancora più seria.
– Yoi, hajimè! –
Urlò il professore
facendo iniziare i ragazzi a combattere.
Kaori scattò subito in avanti prendendo di sorpresa il
ragazzo che sgranò gli
occhi rimanendo immobile. Fece una finta con il pugno verso il suo
stomaco per
poi andare al suo mento. Lo prese in pieno mento. La testa del ragazzo
andò
all’indietro mentre il pugno si levava ancora verso
l’alto. Cadde all’indietro
mente la ragazza ritirava il pugno contro il petto. I presenti erano a
bocca
aperta, compreso il professore, poi si riprese. – Uh.. yame.
– Si avvicinò a
Noboru per constatarne le condizioni. Respirava a occhi chiusi.
– Bene,
facciamo una pausa, andate nella stanza relax. Amaya,vai a chiamare
l’infermiera.
–
– Si. – La ragazza corse verso
l’infermieria avvertendo che c’era bisogno
d’aiuto.
Gli altri ragazzi andarono nella stanza relax.
– Dite che Noboru si riprenderà? –
Chiese Uruha mentre si appollaiava sul
divano accanto a Reita.
– Certo è uno tosto. – Lo
rassicurò il biondo sorridendogli, per poi guardare
Kaori seduta sul divanetto in disparte. – Tu comunque hai una
forza sovraumana,
sei al pari con quella di Uruha. Impressionante. –
– M-Ma cosa dici? Ho solo anticipato la mossa. –
Balbettò lei arrossendo.
– Sul serio, è rimasto sorpreso anche il
professore, ci è riuscito solo Uruha
fino adesso. – Disse Aoi mentre di buttava di peso sulla
poltrona rossa
imbottita.
– La smettete di nominarmi ogni volta?! –
Squittì il castano alzandosi in piedi
di scatto.
– HAHAHA! Stai calmo, non è un segreto che hai una
forza sovraumana. – Scherzò
Kai seduto su una sedia di vimini accanto ad Aoi.
– No Kai anche tu! – Si lamentò ancora
il castano. Tutti si misero a ridere.
Nella scuola, la forza di Uruha era molto famosa. Non erano pochi i
banchi che
aveva rotto con potenti pugni per minacciare Aoi, o le porte dei bagni,
i
gessetti, le altalene, le canne da pesca etc. Una vip in gonnella, ma
non era
fiero di questa popolarità.
– Dai ragazzi rilassiamoci, fra poco arriverà
quello la per richiamarci
all’ordine. –
– Reita ha ragione, rilassiamoci un po’.
– Concordò Aoi mentre appoggiava i
piedi sul tavolino davanti alla
poltrona
___
– Tra un po’ quanto? Non è un tempo ben
definito? – La sua voce lo disturbava
ancora.
– Fra qualche ora, forse due, forse tre, non lo so. Forse
anche domani, chissà.
– Lo sguardo del piccolino si posò sulle nuvole in
cielo. La ragazza iniziò a
innervosirsi.
– Cosa vuol dire quello che hai appena detto? Quelle bombe
hanno un timer,
quanto hai messo? – Ringhiò lei andandogli vicino.
Lui ci pensò un attimo.
– Non lo so, il tempo l’ha impostato Takayuki.
– Subito, gli occhi della
ragazza si posarono sulla figura dell’uomo che aveva
accompagnato Ruki nella
missione delle bombe, era seduto accanto al tronco
dell’albero, intento a parlare con gli altri compagni. Si
alzò e camminò a passo svelto nella
direzione dell’uomo.
– Quanto tempo hai impostato alle bombe? – Lui si
girò verso di lei a
guardarla, era molto nervosa.
–
Stanotte, non voglio mica uccidere dei ragazzi innocenti. –
– STASERA?! Lo sai anche tu che non abbiamo molto tempo per
questa missione!
Dobbiamo far crollare questo paese non averne cura! –
Ringhiò rabbiosa lei,
alcuni uccelli presero il volo spaventati dalle sue urla.
– Lo so anch’io, – continuò
lui ignorando le sue urla isteriche – ma se ci
fosse tuo fratello la dentro faresti esplodere una bomba velenosa?
– La
discussione andava avanti, ma Ruki smise di ascoltarla, non gli
importava. Ogni
cosa che facevano non gli importava, come
agivano non gli importava.
L’aria fresca lo stava facendo rabbrividire.
Non vedeva l’ora che quell’assurda
missione finisse.
NOTE: Sono
tornata con il seguito della storia. So che lo aspettavate (mi sto
illudendo da sola), spero possa piacervi.
Ho voluto far parlare Ruki, era giusto che anche lui prendesse parte
alla storia, e mi sembrava ingiusto farlo parlare a storia quasi finita
quindi, ho deciso di dargli la parola. Ho cercato di far capire che
situazione c'è all'interno del gruppo del Buio, ma non so se
ci sono riuscita.
Infine l'allenamento nella nuova palestra. Ero indecisa su come farla,
cosa metterci all'interno, poi ho deciso di metterci le solite cose che
ci sono nelle palestre, ninja.
Spero che la storia vi piaccia! Mi ha fatto piacere leggere i commenti
che avete scritto nei capito precedenti, e mi fa piacere che qualcuno
segua questa stroria, perchè la davo già
spacciata.
Fatemi sapere cosa ne pensate, vanno bene anche critiche e
suggeriementi. :) Non ho mai scritto così tanto
prima d'ora.. bho..
Al prossimo capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Bomba Tanuki (Parte 1) ***
Era
arrabbiato, nervoso e stanco. Non aveva voglia di ritornare indietro,
non così
presto almeno. Dopo la scenata del loro capo, Ruki e l’altro
erano stati
obbligati a riprogrammare l’orario delle bombe. Troppo tardi
secondo lei,
troppo tempo sprecato. La Loro missione non aveva una scadenza
così prolungata,
ma neanche così vicina.
Erano
le 18:56, ed era all’interno della scuola e ripercorreva le
scie delle bombe.
Non avrebbe potuto farlo di notte, sarebbero esplose. Era accompagnato
da
quell’odioso uomo che credeva di essere un capo, lui sapeva
come
riprogrammarle, Ruki no.
− Accidenti, le hai nascoste proprio bene. Faccio fatica a
vedere persino io, e
sono anni che armeggio con queste bellezze. – si guardava in
giro sorpreso,
erano nascoste davvero bene. Poche, ma nascoste a regola
d’arte.
− Ho fatto solo quello che mi hai detto. Mi hai detto di
nasconderle sempre
nell’ombra e io l’ho fatto, ho sbagliato?
–
− Oh no, hai fatto un lavoro eccellente. Credo tu mi abbia
superato in bravura.
– reimpostò la bomba appena ritrovata. –
Fai faville nel nostro clan, e le
ragazze ti acclamano e ammirano; sei una sorta di celebrità.
– il tic tic del
programma per impostare quelle diavolerie gli dava fastidio
all’udito. – Sono
proprio contento di fare squadra con te, arriveremo molto in alto,
credimi. – continuarono
il giro fino all’ultima bomba. – Sei sicuro che
erano tutte? Mi sembrano un po’
poche. – era rannicchiato sotto la scrivania del preside che
risistemava la
bomba.
− Sì, mi sembra di sì. – ci
pensò, non ricordava bene quante ne avesse nella
borsa che aveva.
− Lo sai vero che se qualcosa va storto cosa succede, vero?
−
− Sì. – lo sapeva bene,
l’aveva visto fare a un altro che non aveva portato a
termine il suo compito. Non gli era piaciuto.
− Bene, io controllo la situazione fuori, tu ricontrolla per
l’ultima volta le
bombe. Non si sa mai. – così fecero. Una
volta ultimato l’ultimo controllo se ne andarono.
Nessuno li aveva visti, non avevano lasciato tracce del loro passaggio.
Erano
stati invisibili.
_________________
Una
leggera prezza mattutina li scompigliava leggermente i capelli biondi.
Era
mattina presto, il sole brillava ma non era alto. Si stava dirigendo
verso
un’altra giornata di scuola, un’altra monotona
giornata di allenamenti. Era il
secondo giorno, ma sapeva già che sarebbero cominciate le
cose difficili.
Camminava a passo lento verso il negozio della madre di Uruha, un
piccolo
negozio di alimentari che riforniva un intero quartiere.
Entrò nel negozio
aprendo la porta in ferro, non c’era nessuno alla cassa ne al
banco, si schiarì
la voce. – Ehm… c’è nessuno?
Uruha? Ci sei? – il silenzio assoluto. Si addentrò
lentamente percorrendo gli scaffali colmi di cibo, nessun segno di vita. – Uruha? Se
è uno scherzo non è divertente,
dai esci fuori. Prometto di non arrabbiarmi. – Si
infilò nel reparto dei cibi
in scatola e lo percorse, a metà del corridoio
iniziò a sentirti osservato, si
guardò in torno, nessuno. Era certo che il suo amico fosse
lì, nascosto. Sì ma
dove?, era quella la domanda. Continuò
a
camminare lentamente arrivando quasi alla fine del corridoio. Stava
iniziando a
spazientirsi. Sulla soglia di quel corridoio una figura magra e
più alta di lui
gli si parò davanti facendolo spaventare e arretrare di
qualche passo. Un
virile urlo femminile uscì fuori dalle labbra del biondo che
istintivamente,
prese dallo scaffale il primo barattolo di cibo già pronto
che gli capitò, lo
impugnò e colpì la sagoma con il bordo del
barattolo; l’etichetta si scollò
leggermente. La sagoma cadde a terra, rantolando e mugugnando dal
dolore, poi
Reita si accorse di chi aveva colpito.
− URUHA?!? – strillo mentre soccorreva
l’amico a terra.
− Ahi che male! –
− Accidenti a te! Ti sembra il caso di nasconderti dietro lo
scaffale per
prendermi di sorpresa? – Uruha aveva alzato gli occhi verso
di lui, lucidi e
sul punto di piangere. Sembrava un cerbiatto indifeso.
− Rei mi hai fatto male lo sai? −
− Sì scusa, ho esagerato.
– sorrise
dolcemente – Ma tu cosa ci facevi dietro lo scaffale?
−
− Verificavo le mie doti da ninja! Sono bravo vero? Eh? Dillo
che non ti eri
accorto che ti osservavo, sono invisibile!!! – si era
ripreso, lo sguardo da
bimbo felice.
− Sì un’ombra nel buio. –
appoggiò la mano sul punto dove l’aveva colpito.
Il
castano, scosso dal dolore, si allontanò di scatto, urlando
e portandosi le
mani alla testa.
Un
piccolo bernoccolo emerse fra i capelli luminosi di Uruha.
_______________
Si
sentiva più sudato di quello che era, oltre ad avere caldo e
sete. Prese
l’asciugamano bianco che aveva lasciato sul tavolino nella
sala relax. Aveva
appena concluso il suo turno, un combattimento con Amaya usando le
armi. Lui
aveva scelto un’elegante katana, mentre lei aveva optato per
i nunchaku. Era
brava, lo era davvero. Un’ottima tecnica e
un’efficiente strategia di
combattimento, lo aveva battuto. A lui piaceva pensare che
‘l’aveva lasciata
vincere’, ma sapeva benissimo che non era così.
Era stata più furba di lui, non
si era fatta fregare, ne lasciata sovrastare dalla sua stazza.
Nonostante il
leggero peso in più, quella ragazza era molto veloce.
− Aoi kun? – era lei. Aoi si era girato a fissarla.
− Spero tu non te la sia preso per la mia vittoria,
è solo allenamento. Non
voglio deriderti. – abozzò un sorriso.
− Tranquilla è tutto a posto, per così
poco non me la prendo neanche. Stavo
solo riflettendo sulle tue enormi doti nel combattimento. Davvero
formidabili.
– la riempì di complimenti per altri minuti, non
che gli desse fastidio la sua
presenza, ma era uno che non sopportava perdere. Un conto era quando
perdeva
contro Uruha, un contro era un’altra persona. Adesso che ci
pensava, lui e quel
casco di banane con le gambe non erano ancor arrivati, avevano saltato
la prima
ora.
Chissà che cosa stanno combinando
quei
due, non è da loro fare un ritardo del genere.
Si
asciugò il sudore sulla fronte, piccole goccioline di sudore
cadevano dalla
punta dei suoi capelli. Ritornò nella palestra. Kai e Noboru
si stavano
sfidando da qualche minuto e le ragazze facevano tutte il tifo per Kai.
Con
quella faccia da bravo ragazzo e quelle fossette aveva sciolto i loro
cuori
come burro al sole. Anche loro impugnavano armi, Kai aveva scelto i sai
mentre
Noboru una spada normale. Guardò l’orologio appeso
al muro della stanzetta
rilassante, erano le 10:12.
_________________
La
borsa col ghiaccio gli gelava il cervello, però il dolore
era sparito.
− Davvero Uru mi dispiace. Se non ti fossi nascosto come un
bambino questo non
sarebbe successo. – Reita aveva incrociato le braccia la
petto. L’altro lo
guardava in cagnesco.
− Era necessario colpirmi con un barattolo in testa?
– squittì.
− Ero spaventato, capisci? Tu come reagiresti se qualcuno ti
sbucasse
all’improvviso dal nulla, eh? – aveva alzato un
po’ troppo la voce. La madre di
Uruha entrò nel retro del negozio con un piccolo piattino
con due bignè alla
crema e un bicchiere di latte, adagiò il tutto sul tavolo
vicino Uruha.
− Ecco mangia questi, vedrai che dopo sarà passato
tutto. – Al castano si illuminarono
gli occhi, ringraziò la madre e si gustò i due
meravigliosi bignè, che solo a
vederli davano l’aspetto di essere buonissimi, annaffiati da
un bicchiere di latte.
Poi il castano si girò verso il biondo.
− Oh, scusa, mi sono dimenticato che c’eri anche
tu. Te ne avrei lasciato un
po’. −
− Certo come no, è un miracolo se hai lasciato
delle briciole. – fece un viso
imbronciato
− Questo è
il prezzo da pagare per vermi
colpito. Mi pare ovvio. – leccò il piattino per
togliere le briciole.
Discussero ancora un po’, poi Uruha decise di andare a
scuola, nonostante le
proteste della madre. Aveva preso lo zaino ed era uscito insieme al
biondo, non
prima che la madre del castano facesse la linguaccia a Reita mentre il
figlio
era di spalle. Reita aveva fatto finta di niente, l’aveva
presa come normale
preoccupazione di una madre verso il figlio.
Erano usciti e ora stavano correndo, come loro solito, verso la scuola.
_________________________
I
suoi occhi si erano persi oltre l’orizzonte, oltre le nuvole
che fluttuavano
nel cielo spinte da un venticello primaverile. Era appollaiato sul ramo
di un
gigantesco albero, gambe incrociate e sguardo perso. Il vento
scompigliava quei
pochi fili di capelli che uscivano ribelli dalla bandana nera che aveva
in
testa. Non aveva una mascherina sulla faccia, quando non
‘lavoravano’ non la
usavano. Da lì, poteva vedere la scuola, la casa
dell’imperatore, e un pezzo
del fiume in cui amava pescare. Sentì il cuore stringersi
quando il lontano
fiume riempì i suoi occhi. Ma ormai erano ricordi lontani.
Le sue iridi scure
si posarono sulla scuola, un’enorme edificio che emanava
saggezza e forza. Non
solo perché sul tetto aveva degli enormi draghi colorati,
simboleggiavano i
quattro fiumi più importanti del paese; il preferito di Ruki
era il Fiume
Giallo.
− Sei impaziente di goderti lo spettacolo? Io sì,
non vedo l’ora di ammirare il
tuo splendido lavoro. – Takayuki si era seduto accanto a lui,
un sorriso non
del tutto maligno era dipinto sul suo volto, sarebbe diventato
totalmente
maligno subito dopo la prima esplosione. –Come premio per il
tuo lavoro, se
fossi stato una ragazza avresti ricevuto dei premi speciali, come
abitini sexy
e giochini interessanti; ma sei nato maschio, quindi ti spettano delle
belle
ragazze che soddisferanno ogni tua richiesta.
– non che a Ruki non importassero le ragazze,
tutte le ragazze erano
belle, anche se in sovrappeso e leggermente brutte, solo non aveva
questo
interesse morboso. –
Adesso quella
seccatura non avrà più niente da ridire, abbiamo
fatto… tu hai fatto un lavoro
eccellente. Mi complimento, degno di un vero ninja. Farai strada
ragazzo,
credimi. – aveva appoggiato la schiena contro il tronco
dell’enorme albero
allungando i piedi sul ramo. Ruki era rimasto immobile, gli occhi fissi
sul
Drago Giallo che puntava verso l’orizzonte.
Ormai
mancava poco.
_______________
− Corri Reita! CORRI! – lo incitava il castano,
mentre a passo lungo correva
verso la scuola. Erano quasi arrivati, e Reita aveva la lingua lunga
fino in
terra. Uruha era veloce a correre, arrivava sempre primo. Era convinto
che le
gambe lunghe lo aiutavano in questi record. Percorsero il grande viale
che
portava all’enorme piazza centrale della città,
dove il biondo dovette fermarsi
per prendere fiato. Non sembrava, ma la strada per arrivare alla scuola
era
lunga, e loro la facevano correndo tutte le mattine.
− Dai Rei, sei più vecchio di me di qualche giorno
ma non pensavo avessi il
fiato così corto. – lo beffeggiò Uruha,
che aveva le braccia incrociate al
petto e lo sguardo da professore.
− Zitto anatroccolo! Non corro veloce come te, io!
– ansimò l’altro mente
riprendeva fiato, sdraiato su uno dei lampioni della piazza.
Erano ripartiti, correvano come matti. Passarono davanti
all’orologio della
farmacia, le 10:18.
Erano in ritardo.
Arrivarono
in vista della scuola, Reita era agli sgoccioli. Non aveva mai corso
così tanto
veloce, i muscoli iniziavano a fargli male e la punta allo stomaco lo
nauseava.
Ma era quasi arrivato e doveva resistere.
− Uruha non c’è la faccio. −
− Dai resisti, siamo quasi arrivati. −
− Almeno possiamo camminare? −
− Sì, ma a passo svelto. – rallentarono,
si fermarono un secondo. Reita aveva
il fiatone e gli occhi lucidi.
− Tutto bene? – Uruha era preoccupato.
− Sìsì sto bene, ora passa. –
si incamminarono a passo svelto verso la scuola
che era ormai vicina.
− Dai sbrigati che siamo in ritardo!!
−
− Sì si arrivo. – le due ragazze
camminavano cercando di fare il meno rumore
possibile, erano in ritardo.
– Ehi Mitsuko aspetta, prendo da bere al distributore.
−
− Eh?! Ma siamo in ritardo, e dobbiamo andare in palestra,
sbrigati!! −
− Ci metto un attimo. – inserì la moneta
nel distributore e selezionò la
bevanda. Mitsuko si tolse lo zaino, lo aprì e
iniziò a frugarci dentro, Keiko
afferrò la lattina e
si avvicinò
all’amica.
− Che stai facendo? – ripose la lattina nello
zainetto color pesca.
− Controllavo di non aver dimenticato nulla, lo sai che il
professore si
arrabbia se ci manca anche sono una singola arma. –
contò gli shuriken e i
kunai, c’erano tutti. Mentre li rimetteva nello zaino, un
kunai le scivolò di
mano andando a fermarsi vicino a un enorme vaso. Mitsuko corse a
prenderlo, e
mentre afferrava l’oggetto di metallo, notò
qualcosa dietro al vaso, lo prese e
lo guardo. – Ma che cos’è? –
− Mitsuko, ora sei tu quella che fa tardi. Sbrigati.
– era andata avanti, era
parecchio distante.
− No aspetta, ho trovato qualcosa. E’ un tanuki!
−
− Un tanuki? −
− Sì, non mi ricordavo avesse i testicoli
così grossi. −
_____________
−
Ancora qualche secondo e le bombe esploderanno! –
sghignazzava perfido verso
la scuola che si ergeva fra le case. Era in piedi sul ramo
dell’albero. –
Fra poco, il caos regnerà in questa città.
Metteremo tutto in subbuglio. – lo sguardo folle di uno
scienziato pazzo, che
ha appena testato la sua ultima scoperta e ha visto che funziona a
meraviglia.
− Nel piano non bisogna uccidere, vero? −
− No Ruki non ancora. Capisco che dopo aver ucciso
l’imperatore, la tua sete di
sangue non si sia ancora prosciugata; ma tranquillo, sarà
bello uccidere anche
suo figlio. – si era girato a guardarlo, aveva lo sguardo da
posseduto. Ruki
non aveva proferito parola, non sapeva cosa dire. Non vedeva
l’ora che tutto
quello finisse, così poteva tornarsene a casa e dimenticare
tutto.
Il
suo sguardo era ancora fisso sul Drago Giallo, splendeva quasi
più del sole.
Poi
ci fu un rumore assordate e fumo che si levava in aria.
Lo
spettacolo era appena cominciato.
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
All’interno della scuola, sotto la cattedra del preside,
nella palestra per
l’allenamento normale e in alcune aule, erano nascoste
piccole bombe a forma di
Tanuki, ognuna piena di una potente carica esplosiva. Erano esplose
insieme,
quando il cronometro all’interno delle bombe era arrivato
allo 00:00. Gli
studenti presenti nelle aule si erano spaventati. Alcuni si erano
rintanati
sotto i banchi, altri erano corsi fuori dall’aula in preda al
panico. Altri
ancora, cercavano di capire cosa stava succedendo. Nella palestra per
l’allenamento normale, dei ragazzi erano rimasti feriti,
altri si erano messi a
piangere. Nell’ufficio del preside, la comoda sedia rossa
esplose, perdendo in
giro il cotone di cui era imbottita. I mobili erano quasi tutti
distrutti,
fogli bruciati volavano incendiando altri fogli sani. Subito gli
insegnanti
portarono fuori dalla struttura in fiamme gli studenti. Gli edifici
scolastici
crollarono su loro stessi, creando fumo e macigni vaganti. La nube
grigia si
alzava verso il cielo, per poi essere trascinata dal vento.
I
soccorsi arrivarono dopo poco tempo.
_____________
Il
boato improvviso fermò i loro passi, facendoli alzare gli
occhi verso il cielo.
Una nube grigia si alzava dalla scuola. Ripresero a correre veloci. La
polizia
sbarrava loro la strada, mentre la gente si avvicinava al luogo del
disastro.
Cercarono di passare dicendo che erano studenti della scuola, ma ogni
loro
tentativo era inutile.
Rimasero a guardare il disastro dietro le transenne.
________________
Il
boato era stato forte, e il fumo era molto. Takayuki esultava dalla
gioia. La
missione era stata portata a termine brillantemente, ma non era ancora
finita.
Grida di gioia uscivano dalle sua labbra, saltava sul tronco
dell’albero
rischiando di volare di sotto, ballava. Era contento, ora
c’era il caos di cui
avevano bisogno, potevano portare a termine il loro piano. In tutta
quella
felicità, Ruki era rimasto serio, impassibile. Si sarebbe
agitato se il Drago
Giallo fosse caduto, ma non successe; era contento di quello. Ma la sua
espressione non era mutata. Il vento soffiava un po’ di fumo
anche nella loro
direzione.
La
prima parte della missione era terminata, potevano ritirarsi.
Abbandonarono
l’albero e ritornarono alla base.
Se
il resto dell’operazione fosse andata a rotoli, almeno
avevano un punto a loro
favore.
Note:
Shalve
sono tornata!!
Sono passati parecchi mesi dall'ultima ff, 5 per la precisione, (Sono
tanti!! >.<'') Era la ff di natale con Kai, vi annuncio
qui che per quella ci sarà una sorpresina, ma io non vi ho
detto niente. è.é
Questa è la prima parte del nuovo capitolo dei Cinque Ninja,
la prossima è già pronta e la posterò
più avanti. ;)*
Spero che il capitolo possa piacervi, ci ho messo un po' per scriverlo
(ho messo meno tempo per il secondo -_-''), comunque mi sono impegnata
tantissimo!!
Vi chiedo perdono se mi è sfuggito qulche errore di
ortografia o altro, e vi chiedo perdono per la storia banale,
gomenasai! Nelle prossime prometto di impegnarmi di più.
Adesso vi lascio tranquilli, non ne posso più di
"AutoInsultartmi", è fastidioso!! Sentitevi liberi di
lasciare un commento, non mordo promesso. ;3
Al prossimo capitolo!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Bomba Tanuki (Parte 2) ***
Sembrava
che quel fumo grigio avesse già raggiunto il sole.
Reita
e Uruha erano rimasti dietro le transenne, a osservare la tragedia
davanti ai
loro occhi. Non potevano aiutare gli altri, che erano rimasti bloccati
dalle
macerie e dal fumo. Rimanevano lì, in attesa di
un’occasione per intrufolarsi
dentro. C’erano
molti uomini al lavoro.
− Rei non possiamo stare qui con le mani in mano, dobbiamo
fare qualcosa! I
nostri amici sono la dentro! – aveva i pugno chiusi vicino al
petto e lo
sguardo serio.
− Vorrei essere di aiuto anch’io, ma siamo bloccati
qui. – osservava gli uomini
al lavoro, cercando un loro punto cieco in cui passare. Erano ninja, ma
non
sarebbero passati così inosservati visto la massa di gente
che c’era.
− Mi scusi ma cos’è successo?
– aveva chiesto un passante al poliziotto che
dirigeva il traffico delle ambulanze.
− C’è stato un attentato, quelli del
Buio hanno colpito ancora. Vi preghiamo di
restare dietro alla sbarra. – subito un vociare si
sollevò, Reita cercò di
tapparsi le orecchie.
− Ecco, adesso pure le scuole prendono di mira. −
− Il nostro paese non è più sicuro.
−
− Rei cosa facciamo? – il biondo ci stava pensando,
l’entrata principale era
bloccata e le mura o erano crollate o non erano accessibili.
– Mi senti? – poi
gli venne un’idea.
− Dietro! −
− Eh? −
− L’entrata sul retro. Non è stata
danneggiata e sicuramente non c’è nessuno.
–
Ritornò
dentro tossendo per il troppo fumo, gli abiti appena impolverati. Era
ritornata
nella palestra vicino all’insegnante.
− Cos’è successo la fuori? Percepisco un
gran casino, e un continuo movimento
di persone. – la ragazza era alle sue spalle.
− C’è fumo ovunque. Devono essere
scoppiate delle bombe, si sentono sirene che
vanno e che vengono. – tossì ancora portandosi una
mano alla bocca. – Sono
crollati degli edifici, la sede centrale è a rischio.
– l’insegnante non mutò
l’espressione.
Si voltò verso la ragazza che tossiva.
− Capisco, ottimo lavoro. Vai pure nella sala relax a
riposarti. – Kotone annuì
e si avviò alla sala rilassante, poi l’insegnante
si voltò verso i ragazzi,
rimasti in silenzio e con gli sguardi in attesa di risposta.
– C’è stato un
attentato, sono esplose delle bombe nei
normali edifici scolastici, e la sede principale è stata
danneggiata. Resterete
qui finche il peggio non sarà passato. Continuate pure ad
allenarvi – Si voltò
dirigendosi verso la sala relax, Kotone era seduta sulla sedia di
vimini.
− C’entra il buio? – Amaya aveva
l’espressione preoccupata.
− Le uniche persone che possono fare un attentato sono loro. – Noboru aveva
posato la punta della spada in
terra.
− Ipotizziamo che sono stati loro, qual è il loro
obbiettivo? – domandò Kai
facendosi serio.
− Che domande! Mi pare ovvio. Sono venuti per me! La loro
invidia per la mia
bellezza è senza fine, ammettetelo, avete invidia anche voi,
eh? – la posa da
ballerina classica, la bocca a culo di gallina e
l’espressione da totale
imbecille. Questo è Aoi.
Gli altri lo
fissarono non sapendo cosa dire, poi Noboru ruppe il gelo.
− Forse nella sede centrale è nascosto qualcosa
che vogliono, negli anime a
volte è così. – Aoi aveva abbassato la
testa in segno di depressione e
isolamento per la considerazione dei suoi compagni. Sentiva la mancanza
di
Uruha.
− Hai ragione! Hanno creato un diversivo per poter entrare e
rubare il…. la…
uh……. Cosa c’è da rubare
nella sede centrale? – si guardarono tutti in faccia,
tranne Aoi.
− Non ne ho idea, forse qualche documento segreto. −
− Brava Kaori! Sei sempre la più furba!
– la ragazza arrossì all’allegro
complimento di Noboru.
− Bene, ora però facciamo come ha ordinato il
professore, alleniamoci. Sennò ci
farà restare qui tutta la notte. – Kaori era
quella saggia, timida e responsabile.
Annuirono tutti, compreso Aoi. Kai e Noboru ripresero ad allenarsi.
La
trovò seduta sella sedia di vimini che tossiva, il suo abito
cinese era ancora
impolverato. Le si avvicinò e si inginocchiò
accanto alla sedia, parlandole
piano. – Kotone cosa hai visto? – la ragazza
tossì un’altra volta, poi guardò
il professore.
− Fumo ovunque, e sirene delle ambulanze che vanno e vengono.
Pompieri e
polizia. Una grande folla che assisteva alla scena, e fra la folla
c’erano
anche Reita e Uruha. Si stanno dirigendo all’entrata sul
retro. – tossì ancora.
L’insegnante fece sfuggire un sospiro, sorrise appena.
− Bene, loro stanno bene. Hai per caso visto gli altri
insegnanti o alunni? −
− Visti no, ma sentiti si. I ragazzi urlavano dalla paura e
gli insegnanti urlano
per tranquillizzarli. – fece un profondo sospiro. –
Non sono abituati a tutto
questo. −
− Già, quelli del primo anno saranno i
più spaventati. Per loro è una cosa
completamente nuova. – si alzò in piedi
stiracchiandosi la schiena. – Tu
riposati, hai la giornata libera. Io vado ad allenare i miei
schiavetti. – la
salutò con un cenno della mano e si avviò verso
l’uscita, lei lo salutò con un
sorriso, poi chiuse gli occhi e cercò di addormentarsi.
Noboru
e Kai avevano abbandonato le armi ed erano passati alle mani. Il
biondiccio non
accettava la vittoria di Kai, così prendendolo alla
sprovvista, l’aveva
aggredito e avevano iniziato a scazzottarsi.
Non era una lotta ninja corpo a corpo, ma una vera e
propria rissa per
uno stupido motivo. L’insegnante li osservava con sguardo
triste. Aveva appena
iniziato con loro, eppure, aveva già capito che
c’era molto più lavoro da fare
di quello che pensava. Sospirò e si avvicinò a
loro a grandi passi. Amaya,
Kaori e Aoi stavano facendo il tifo per il vincitore; le ragazze erano
composte, piccoli saltelli e battiti di mani, con qualche urletto di
gioia di
incoraggiamento per i due combattenti. Mentre Aoi si stava denudando;
aveva
tolto la maglia blu e la roteava sopra la testa urlando come un matto.
La
maglietta gli scivolò di mano, andando a cadere in terra,
sarebbe passato
presto ai pantaloni se non fosse intervenuto.
− Cos’è lo zoo questo? Vi sembra il modo
di allenarvi questo? Mettetevi
in riga! –i ragazzi si fermarono,
Noboru stava preparando un pugno da tirare a Kai. Si alzarono e si
disposero
con gli altri tre in fila. Aoi raccolse in fretta la sua maglietta e la
indossò. – Vi avevo semplicemente detto di
allenarvi, non di comportarvi come
scimmie. Da adesso in avanti non voglio più vedere una
situazione simile, siete
ninja non bambini piccoli. Cercate di comportarvi come tale.
−
− Sì sensei. – dissero in coro i ragazzi.
− Adesso Kai e Aoi andate sul retro della palestra, Reita e
Uruha stanno
arrivando. −
− COSA?! Uruha sta arrivando? – aveva le stelle al
posto degli occhi –
Finalmente qualcuno che mi considera e mi capisce. Ah~. –
l’espressione
innamorata.
− Andate a prenderli e portateli dentro. −
− Andiamo subito. –
Aprirono
la porta in ferro e guardarono verso il cancello. Reita e Uruha non
erano
ancora arrivati.
− Non sono ancora arrivati, siamo sicuri che arriveranno da
qui? – domandò Aoi
un po’ dubbioso.
− Certo, se il professore ci ha ordinato venire qui, vuol
dire che ne è certo.
– Kai teneva lo sguardo fisso sulla cancellata, era certo
sarebbero comparsi da
li a poco.
− Ah~, non vedo l’ora di rivedere il mio Uruha.
Sarà spaventatissimo nel vedere
tutto quel fumo. −
− Aoi ti prego smettila, ho mal di denti con tutto questo
zucchero! – il moro
si limitò a sbuffare e a puntare lo sguardo verso la
cancellata. Non erano
ancora comparsi. Il vento tirava fumo anche da quella parte.
D’un tratto, due figure apparvero dietro il cancello della
scuola, che si aprì
lasciandoli entrare.
− URUHAAAA!!!!! – il moro cominciò a
correre verso il castano che subito si nascose
dietro a Reita. Aoi si bloccò con lo sguardo triste.
– Ma io sono felice di
vederti. – piagnucolò.
− Immagino, però hai un po’ troppa foga,
capisci? – poi
Aoi notò qualcosa. Una bernoccolo fra i
capelli di Uruha. Si avvicinò per guardare meglio spostando
i capelli.
− AAAHHHH!! Chi ti ha fatto questo?!!? Chi è stato
la bastardo!??? – aveva le
lacrime agli occhi, teneva fra le mani quelle tiepide di Uruha.
− N-Non è successo niente, credimi. –
sorrise, ma ad Aoi non bastava.
− E tu lo chiami niente? Hai un bernoccolo,
com’è successo? – stava per
mettersi a piangere.
− Mi è caduto un barattolo in testa. Sono
inciampato e sono caduto contro lo
scaffale e il barattolo incriminato è caduto colpendomi.
– fece un sorriso
ampio.
− Oh Uruha! Non preoccuparti, da adesso ti
proteggerò io da barattoli,
cucchiai, padelle, scope e tutto il resto. – fece
l’occhiolino sorridendo in
maniera perversa.
− Sì certo, come no. – soffiò
Reita da sotto la benda mentre si incamminava
verso Kai.
− Cosa? Per caso c’entri con il bernoccolo di
Uruha? −
− Non direttamente. −
− Sei stato tu ha colpire il povero Uruha?! – gli
aveva puntato il dito contro.
− Uff e va bene, sono stato io. Ma è stato un
incidente, è colpa di Uruha. −
− COSA?!!!? Hai osato ferire Uruha con un barattolo?! TU,
pagherai per questo!
– fu lo stesso Uruha a evitare una rissa.
− Ha ragione lui è colpa mia. Lo spaventato e mi
ha colpito per difendersi. −
Entrarono
nell’edificio chiudendosi la porta alle spalle. In palestra
non c’era nessuno,
la porta della sala relax era aperta e si sentiva vociferare. Si
avvicinarono.
− Ho detto di no. −
−Ma noi siamo pronti! – i quattro entrarono
− Che succede? −
− Ah Kai, siete tornati. Il professore non ci da il permesso
di andare a
controllare la situazione la fuori. – Amaya gonfiò
appena le guance facendo una
smorfia.
− Esatto non ho intenzione di mandarvi,
c’è troppo casino. Non se ne parla e
smettetela di chiederlo. Non vi è bastato vedere
com’è ridotta Kotone? – Amaya,
Kaori e Noboru si ammutolirono fissando il pavimento.
− Ma se non ci fa neanche provare come sa che non siamo
all’altezza del
compito? Siamo tutti al quinto anno, abbiamo lavorato sodo per fare
questo, ma
se non ci lascia provare come fa a sapere che siamo migliorati?
– Kaori quasi
urlò. Era la più saggia del gruppo. Kotone
aprì gli occhi guardando i ragazzi.
− La ragazza a ragione, è giusto che anche loro
facciano le loro esperienze.
Capisco che non vuoi mettere a rischio le loro vite, ma prima o poi
dovrai
farlo. Lascia che vadano a chiedere informazioni
sull’accaduto. – tossì forte e
sembrò svenite sulla sedia.
− Kotone!?! – l’insegnate le si
avvicinò preoccupato.
− Lasciali andare. – L’uomo ci
pensò su un secondo, chiuse gli occhi. Sbuffò
riaprendoli poco dopo, la sua assistente ha ragione. Si alzò
e andò verso di
loro, li guardò negli occhi.
− E va bene vi lascio andare, ma dovrete stare attenti.
– i tre esplosero dalla
gioia. – Vi affido una missione, fare luce su quello che
è successo, chiedete
informazioni , tutto chiaro? −
− Certo! – Urlarono in coro, poi senza salutare
corsero fuori dalla palestra
immersa nel fumo. L’uomo si voltò verso Kotone
–Sei contenta ora? −
− Sì ora sì. Tutti dobbiamo fare le
nostre esperienze, non vedo perché quei tre
ragazzi non possano fare le loro. Anche noi abbiamo fatto le nostre e
sono
servite a migliorarci. – un sorriso caldo si dipinse sul suo
volto angelico.
− E’ che li vedo tutti come miei figli, sai
è snervante. −
− Ti capisco. – risero insieme,poi si accorsero del
pubblico che li guardava.
− Invece di stare li fermi come dei pali della luce a
guardare andate ad
allenarvi!!! – urlò il professore contro i quattro
ragazzi.
− Sì subito! – corsero in palestra
spaventati. Lo scricciolo seduto sulla sedia
di vimini si mise a ridere di gusto.
− Ti adorano quei ragazzi. −
− Sì certo, mi adorano. –
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Una
volta aperte le porte di ferro verde, i tre ragazzi si trovarono
immersi nel
fumo. L’aria era quasi irrespirabile e i loro vestiti erano
pieni di polvere e
cenere. Si distinguevano a fatica gli alberi, il vento li aiutava
spostando un
po’ il fumo.
− E’ come ha detto Kotone, c’è
fumo ovunque. – Amaya tossì, così come
gli altri
due.
− Andiamo sul tetto, magari c’è meno
fumo e riusciamo a vedere qualcosa. –
Noboru spiccò il salto per primo,
una
volta in cima al piccolo edificio, osservò il fumo che si
diradava a fatica. –
Che disastro. −
− Oltre il fumo dovrebbe esserci la folla di curiosi di cui
ha parlato Kotone.
– Kaori indicò col dito indice un punto
imprecisato nel fumo.
− Giusto, si sentono le sirene e urla varie. Ma prima andiamo
a cercare dispersi.
−
Saltarono giù e si immersero in quel casino.
−
Grazie ci siete stati di grande aiuto. – il capo pompiere li
salutò con un
sorriso e una stretta di mano, poi rimontò sul suo veicolo e
si allontanò
insieme alle altre pompe. Il fuoco generato dalle bombe era stato
domato,
restavano solo le ambulanze.
− Abbiamo fatto un ottimo lavoro, il professore
sarà fiero di noi. −
− Ben detto Amaya, siamo i migliori!! – Amaya e
Noboru si diedero il cinque
mentre Kaori rimase a fissarli.
− Mh? Dai Kaori non fare la timida festeggia con noi!
– il ragazzo la prese per
un braccio avvicinandola a loro.
− No no no va bene così! – Il pianto di
una persona interruppe la loro
allegria. Attirati da quel pianto disperato si avvicinarono alla fonte,
era una
ragazza seduta sulla parte posteriore di un’ambulanza.
Piangeva a dirotto, il
fazzoletto che usava per asciugarsi le lacrime era fradicio. Non
c’era nessuno
vicino a lei.
− Ehm… ciao… −
provò a dire Kaori mentre si avvicinava piano alla ragazza,
che
non smetteva di piangere e urlare.
– Ehi
posso sedermi vicino a te? – la ragazza fermò un
secondo le sue lacrime guardando
Kaori per poi ricominciare a
piangere. –
Dai smettila di
piangere non
è successo niente. −
− E tu questo lo chiami niente? Il disastro che è
successo oggi lo chiami
‘niente’? – aveva smesso di piangere e la
stava guardando male.
− Secondo te cosa si stanno dicendo? −
− Non lo so, ma dallo sguardo della ragazza Kaori deve aver
usato delle parole
sbagliate. – Amaya e Noboru erano rimasti in disparte,
mandando Kaori dalla
piangente ragazzina, le avevano detto che aveva più tatto di
loro, uno sguardo
e un atteggiamento rassicurante. La ragazza si era rassegnata, e
sbuffando si
era avvicinata alla ragazza sull’ambulanza.
− Dici che dobbiamo andare la? −
− Non ancora, aspettiamo ancora qualche minuto. –
erano appostati poco distante,
aspettavano un segnale della ragazza per avvicinarsi; ma quello tardava
ad
arrivare.
− Io vado, sembra che le stia urlando dietro. −
− Ti seguo a ruota Ami!
−
− Non ti ho dato il premesso di darmi soprannomi!!!
– ringhiò la ragazza verso
il giovane
− Addosso a te è così carino, e poi mi
pare che ormai siamo in confidenza. −
− Lasciamo perdere, andiamo da Kaori. –
sbuffò.
− No ascolta hai frainteso, non intendevo questo. −
− Non mi interessa! Tu non hai idea di quello che
è successo qui!! −
− Io… −
− Ehi tutto bene? Non sei ferita vero? – la
interruppe Amaya sorridente.
− Io sto bene, ma voi chi siete? – i tre si
guardarono negli occhi prima di
rispondere, poi Noboru si inginocchiò davanti alla ragazza.
− Facciamo parte di un piccolo gruppo che segue un
addestramento speciale.
Siamo nella stessa scuola, anche se penso non ricordi di averci mai
visto. Siamo
in un’altra struttura e siamo qui per controllare i danni
dell’attentato. – la
ragazza si perse a fissare il viso del ragazzo, lo trovava
affascinante.
− Possiamo sapere come ti chiami? −
− Mi chiamo Keiko. −
− Bel nome. Io sono Amaya, lei è Kaori e il
ragazzo è Noboru. – Keiko sorrise,
aveva smesso di piangere.
− Prima hai detto che non abbiamo idea di quello che
è successo, ed è vero. Tu
lo sai? –
− …sì. –
− Puoi raccontarcelo? – Intervenne Amaya in tono
gentile.
− Io e la mia amica eravamo nel corridoio, eravamo in
ritardo. Mi sono fermata
al distributore di bevande, Mitsuko mentre mi aspettava si è
chinata a cercare
qualcosa dentro lo zaino, poi ha visto qualcosa dietro al vaso che era
vicino a
lei. Io ero andata avanti, ha guardato cos’era. –
si prese la faccia fra le
mani ristoppiando a piangere, ma si riprese, si asciugò le
lacrime e continuò a
raccontare – Era una bomba a forma di tanuki. −
− COSA??! Una bomba a forma di tanuki?? Ma dove lo metti
l’esplosivo in un
tanuki? −
− Noboru non essere indelicato!!
Non è
una cosa su cui ridere! – Amaya gli sferrò un
pugno fra capo e collo. Keiko
smise di singhiozzare.
− KEIKO! KEIKO!! – una donna stava correndo verso di loro, stava urlando
come una matta e aveva
le lacrime agli occhi.
− MAMMA!!! – la ragazza si alzò
repentina e corse verso la madre che
l’abbracciò.
− Oh bambina mia. – piangevano a dirotto.
− E’ arrivato il momento di tornare a fare
rapporto. −
− Giusto, Kaori ha sempre ragione. Su andiamo, non abbiamo
più niente da fare
qui. −
In silenzio si allontanarono. Il vento aveva portato via tutto il fumo,
mostrando le macerie.
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
La
bava gli scendeva abbondante dalla bocca, si era addormentato da
parecchio
tempo ormai. Non russava però, e nessuno si era accorto del
suo assopimento.
Meditavano orami da venti minuti, ma erano bastati perché
Reita si
addormentasse. Uruha era concentratissimo, così come Kai.
Aoi invece era seduto
verso Uruha e lo stava osservando, era la sua musa ispiratrice di
qualcosa che
non sapeva nemmeno lui. Anche
l’insegnate stava per addormentarsi ma cercava di resistere.
Il silenzio che si
era generato nella palestra li avvolgeva. Kotone stava dormendo nella
sala
relax. Una porta si aprì facendo sussultare i presenti, i
tre erano arrivati.
Erano scuri in volto e lo sguardo basso.
− Ah, siete tornati. – l’insegnante si
alzò in piedi e andò loro incontro,
notò
subito i loro volti – Cos’è successo?
E’ crollata la sede centrale e non me ne
sono accorto? – i tre ragazzi non risposero, si avviarono in
silenzio verso la
sala relax. Una volta entrati, si sedettero sul divano cercando di non
svegliare Kotone che dormiva come un angioletto. Arrivarono subito gli
altri,
preoccupati nel vederli così.
− Mi volete spiegare così successo? –
l’insegnante si stava innervosendo. Amaya
si strinse nelle spalle mentre i suoi denti torturavano il suo carnoso
labbro
inferiore.
− C’è stata una vittima, una ragazza.
Abbiamo incontrato la sua migliore amica,
piangeva disperata seduta sul retro di un’ambulanza. Ci ha
raccontato quello
che le è successo e… − fece un sospiro
leggero per poi riprendere – è veramente
triste. –gli occhi di Amaya divennero lucidi.
− E cosa vi ha raccontato? – l’insegnante
si era seduto sul tavolino davanti al
divano. Kaori e Amaya si fissarono per un secondo, non se la sentivano
di
raccontare la triste storia di Mitsuko. Per loro parlò
Noboru.
− La sua amica aveva trovato la bomba dietro a un vaso, la
presa e le è esplosa
in mano. Da li
credo sia iniziata la
catena di esplosioni. – i presenti fecero un sussulto.
− La situazione è critica, è
l’unica vittima? −
− Sembra di sì. – l’insegnante
fece un sospiro scoraggiato. Si immerse un
attimo nei suoi pensieri, cercando di capire cos’era meglio
fare. La situazione
non era delle migliori quindi era meglio cercare di fare cosa giusta.
Alzò la
testa e guardò i ragazzi davanti a lui.
− Ragazzi vista la situazione vi lascio liberi di tornare a
casa, non ha poi
tanto senso che vi tenga qui e poi, potrebbero aver bisogno del mio
aiuto.
Tornate pure a casa. −
− Vogliamo essere di aiuto anche noi! −
− Vi capisco, ma credo sia meglio così.
−
− Come
possiamo imparare se lei ci
impedisce di imparare? – l’insegnate
ignorò la domanda di Amaya, si rivolse
invece ai quattro vicino alla porta d’ingresso della saletta.
− Abbiamo chiamato un’eremita esperto in arti
marziali e ninjitsu che verrà ad
addestrarvi. Dovete
prepararvi a
combattere contro il Buio e la sua minaccia. Oggi è solo
l’inizio, presto
potrebbe esserci una nuova guerra e dobbiamo essere pronti. –
i ragazzi
rimasero in silenzio, non emisero una parola. Osservavano in silenzio
quell’energumeno tutto muscoli con lo sguardo basso.
– Per il momento siete
congedati, le nostre lezioni riprenderanno domani. – i
ragazzi rivolsero un
ultimo sguardo a Kotone, che dormiva beata, prima di allontanarsi.
Camminavano lentamente mentre percorrevano quella stradina isolata a
testa
bassa. Il vento soffiava forte scompigliando cattivo i capelli delle
ragazze e
di Uruha. Noboru stava calciando un sassolino che aveva trovato pochi
metri
prima. Nessuno di loro proferì lettere per tutto il
tragitto, si salutarono
strada facendo, man mano che arrivavano ognuno alla propria casa, Reita
e Uruha
erano gli ultimi. Il castano si fermò davanti alla porta del
negozio della
madre dandogli le spalle, guardò con occhi tristi
l’amico facendo una smorfia
con la bocca, come se cercasse di trattenere le lacrime. –
Secondo te… ce la
caveremo con l’eremita? – il biondo lo
fissò per qualche secondo, appoggiò
dolcemente la mano fra i suoi capelli morbidi sfiorando il bernoccolo e
sorrise.
− Ma certo, e tu sarai il migliore. −
− Sì ma… −
− E’ un altro piccolo passo verso il nostro
obbiettivo. Con quell’eremita
miglioreremo di sicuro, tanto vale provare no? – il pulcino
dai capelli castani
abbassò appena lo sguardo. – Ci vediamo domani, e
vedi non farti trovare con
questo faccino triste: non è ancora il momento di
intristirsi. – lentamente si
incamminò verso casa lasciando il castano sulla porta del
negozio, sarebbe
entrato dentro diverse ore dopo.
Quando Reita arrivò a casa, un profumo di dolce
arrivò al suo naso. In cucina
c’era sua madre con una crostata di lamponi fra le mani.
− Ah Rei, pensavo arrivassi un po’ più
tardi. Ho preparato la crostata, ma dovrai
aspettare un po’ prima di assaggiarla. – un
meraviglioso sorriso caldo si
illuminò sul suo volto.
− Tranquilla non ho molta fame. Credo la mangerò
domani. – si congedò salendo
in camera. Era quasi buia, il sole stava tramontando. Si sedette sul
letto
buttando il suo zaino in un angolo imprecisato della stanza. Si
sdraiò e chiuse
gli occhi. Dormì per qualche ora prima di svegliarsi nel
cuore della notte.
NOTE:
Yooo!!!!! Sono ritornataaaaa!!!!
Ed ecco la seconda parte de Bomba Tanuki, che chiude la parte delle
bombe. Ma la storia non finische qui!!! Ho ancora da raccontsare!!
>.<
L'ho scritto più lungo rispetto agli altri, le mie cinque
pagine non erano abbastanza per scrivere questo obbrobrio. Avevo
bisogno di più spazio.
So che la storia non è un gran chè ma non mi va
di lasciarla a metà, così la porto avanti e la
finisco. Amerete anche voi questa ff e i suoi personaggi!! *falsa
convinzione*
Ok, la smetto di digitare cavolate. Spero che questo capitolo vi
piaccia, e come sempre fatemi sapere cosa ne pensate.
Commenti, consigli, critiche, obbiezzioni, dubbi e
perplessità...non fetevi problemi, io sono qui. *il classico
soffio di vento accompagnato da qualche foglia secca*
...........
Al prossimo capitolo!!!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2785658
|