I Cinque Ninja

di H A N A K O
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non voglio più vedervi! ***
Capitolo 2: *** La decisione di Reita ***
Capitolo 3: *** Selezione Ninja ***
Capitolo 4: *** Primo giorno alla nuova accademia ***
Capitolo 5: *** Bomba Tanuki (Parte 1) ***
Capitolo 6: *** Bomba Tanuki (Parte 2) ***



Capitolo 1
*** Non voglio più vedervi! ***


Saaalve!!!! Sono ritornata!! Vi propongo una storia a capitoli, ho iniziato a scriverla qualche settimana fa, e ora vi presento il primo capitolo. No ha niente a che fare con il mondo dei Gaze, è tutta fantasia. Ma ciancio allle bande (se si scrive così...), vi lascio alla lettura! Fatemi sapere cosa ne pensate. Sono ben accetti suggerimenti e consigli. :) Adesso vado, ciao.




Era passato un anno dalla seconda grande guerra che aveva sconvolto il paese e i paesi confinanti.
Si erano stretti dei patti di pace, i governi erano stanchi delle guerre e dei cittadini che chiedevano una tregua, per seppellire i morti e salutarli. Era un periodo di pace e prosperità, i villaggi erano in pace fra loro, come con i paesi confinanti. E in uno di questi villaggi, c’è un ragazzino. E’ sulla riva del fiume e pesca. E’ seduto su uno scoglio da ore, ma al suo amo non è ancora abboccato niente. Aveva quasi perso le speranza quando una voce gli fece distogliere la concentrazione dal corso del fiume.
– Ruki!! – il giovane si girò, spostando i suo occhi verso la persona che lo chiamava. Un ragazzo biondo gli stava correndo incontro, urlando ai quattro venti il suo nome. – Ruki! Ruki! – arrivò da lui con il fiatone, si buttò affianco a lui facendo respiri rapidi. – Ecco dov’eri, ti stiamo cercando tutti. –
− Non ho voglia di giocare, non con voi. –
− Ma cosa stai dicendo? Perché? −
− Finisco sempre per essere quello che subisce e a me non va più. Giocate voi, io preferisco pescare. – distolse lo sguardo dal biondo e lo riposò sulla corrente del fiume, dove i pesci non abboccavano.
− Non è vero smettila di fare la femminuccia e vieni a giocare. – lo prese per il braccio, per incitarlo ad andare con lui, il piccolo pescatore oppose resistenza. Tolse bruscamente la mano dell’amico e si allontanò bruscamente da lui. La canna da pesca rimbalzò sullo scoglio con un suono acuto finendo nell’acqua.
− HO DETTO CHE NON VENGO CON TE! NON VOGLIO GIOCARE CON VOI! Non venirmi più a cercare, non voglio più avere a che fare con voi! Mai più!! – urlò a squarcia gola il più piccolo, le labbra increspate dalla rabbia. La sua voce aveva fatto eco fra gli alberi vicino al fiume, si era espanso e perso nell’aria.
− Ma Ruki…. −
− Vattene! Non voglio più vedervi. E’ stato bello giocare con voi, ma è il momento di dividerci. Addio. – a passi lunghi si allontanò,quasi corse,  prese il vicino sentiero per tornare a casa. Lasciò il biondo vicino al letto del fiume, gli uccellini cinguettavano più del solito. Dopo poco tempo, il biondo si avviò verso il centro della città, per andare dai suoi amici per dirgli che il loro piccolo amico gli aveva abbandonati. Gli altri, tre ragazzini allegri sempre col sorriso sulla faccia, non accettarono la decisione del più giovane, ma si rassegnarono, se si metteva un’idea in testa era difficile fargli cambiare idea. Con gli anni che passarono si dimenticarono di lui. Il ragazzino pescatore lasciò la città per trasferirsi un un’altro paese, il paese del buio. Da anni, il paese del fuoco e quello del buio sono in guerra. La seconda grande guerra non era bastata a placare il loro odio. Ladri del paese del buio saccheggiavano i villaggi al confine del paese del fuoco, era così da sempre. I quattro ragazzi non sapevano il motivo del trasferimento improvviso del loro amico, ma speravano di rivederlo.
 
Passarono nove anni. I cinque ragazzi crescevano bene, erano all’ultimo anno dell’accademia ninja. Dopodiché, sarebbero  diventati dei ninja a tutti gli effetti.
Erano le primi luci del giorno, e il biondo non aveva chiuso gli occhi tutta la notte; stava per iniziare il primo giorno dell’ultimo anno ed era agitato. Si rigirava continuamente sotto le lenzuola verdi. La luce del sole passava allegra attraverso la finestra aperte. Decise di alzarsi, il letto iniziava a diventare scomodo, uscì dalla stanza si diresse in cucina dove si versò un bicchiere d’acqua gelida. Mancano cinque ore all’apertura della scuola, ma Reita non riusciva a calmarsi. Si avvicinò alla finestra dove le colline gli riempirono lo sguardo, l’aria fresca iniziò a calmarlo. Rimase a fissare il panorama per parecchio tempo prima di decidere di ritornare a dormire. Si ristese sotto le lenzuola e riprese a dormire. La sveglia non era impostata.
 
−Reita! Reita! – Una voce femminile arrivò alle sue orecchie svegliandolo dal suo sonno. –Reita farai tardi, alzati la colazione è pronta! – Aprì lentamente gli occhi, vedeva sfocato ma le lancette dell’orologio erano abbastanza nitide, ci mise un po’ per capire che era in ritardo. Uscì di corsa dal letto e corse a prepararsi, fregandosene delle urla isteriche di sua madre. Ingurgitò di corsa la colazione e corse fuori casa alla velocità della luce. Corse a più non posso e per poco non travolse Uruha, che stava tranquillamente uscendo dal negozio della madre. – Reita, dove corri? – Il biondo si fermò sentendo la voce dell’amico.
−Uruha cosa fai li tranquillo, siamo in ritardo! Dobbiamo correre! – Non aveva smesso di muoversi, saltellava sul posto per tenere il ritmo.
− Ma cosa dici? Siamo in anticipo di parecchio. – Reita si fermò appoggiando entrambi i piedi per terra.
−Ah si? −
− Certo. – Si voltò verso il dentro del negozio – Mamma io vado, ci vediamo più tardi. – Dal dentro si sentì la voce della madre – Va bene. –
− Andiamo? – Camminarono insieme a  passo tranquillo. Percorsero la via principale fino alla casa di Aoi, bussarono alla porta e aspettarono.
La porta si aprì poco dopo, la madre di Aoi fece capolino sulla soglia. –Sì chi è? –
− Salve signora sono Uruha, Aoi è pronto? −
− Oh ciao, si è svegliato da poco. Prego entrate. – I due ragazzi entrarono, si accomodarono sulle sedie in legno della cucina, gli zaini di entrambi erano sulle loro cosce. – Adesso vado a chiamare Aoi, fate come se foste a casa vostra. – Fece un caldo sorriso e mise sul tavolo un vassoio pieno di biscotti al cioccolato e si allontanò. I due si guardarono per una frazione di secondo negli occhi prima di azzannare i biscotti.
− Mmmh, che buoni! – commentò il biondo con la bocca piena, aveva le briciole intorno alla bocca.
− Reita manda giù prima di parlare, mi arrivano le tue briciole addosso! – Si tolse gli sputi dell’amico di dosso. 
− Scusa, è che sono troppo buoni! – Uruha controllò l’orologio appeso sul muro, mancavano venti minuti all’apertura.
− Se non ci sbrighiamo faremo tardi. – Fu il commento secco di Uruha, che con sguardo severo guardò Reita.
− Uff, non lo sopporto quello quando ci fa aspettare. – Sbuffò il biondo pulendosi la bocca dalle briciole.
− Non offenderlo, dobbiamo anche passare a prender Kai. −
− Tranquillo, ci siamo messi d’accorso di incontrarci a scuola. Sapevamo che Aoi era lento. – Fece un sorriso divertito.  Prima che Uruha potesse tirargli un calcio in una gamba comparve Aoi.
− Ciao ragazzi, sono in anticipo vero? –Abbracciò entrambi in un unico abbraccio.
− Ritardo mostruoso direi. – Pronunciò sarcastico il biondo.
− Si lo so, non sapevo cosa mettere. – I due ignorarono il commento dell’amico e, finalmente, si incamminarono verso la scuola, non prima di aver ringraziato la madre di Aoi per la colazione extra.
Per tutto il tragitto digerirono l’abbondante colazione a base di biscotti al cioccolato.
− Facciamo a gara a chi arriva prima? – Propose Aoi allegro.
− Ci sto, l’ultimo che arriva fa l’amo per i pesci. –Decretò Uruha partendo a correre per primo. Gli altri due, colti alla sprovvista, presero a correre dietro all’amico.
Arrivarono a destinazione cinque minuti prima del’apertura. Kai era seduto su una delle panchine disponibile che scrutava un libro. Arrivarono a bomba davanti all’amico che si spaventò appena guardandogli con gli occhi spalancati.
−KAIIIIII!!!! – Urlò Uruha che, per primo, gli mise le braccia intorno al collo. Quasi lo soffocò, il libro cadde a terra chiudendosi. Gli altri due arrivarono con la lingua di fuori e il fiatone. Non riuscivano a parlare, salutarono Kai a fatica.
− Uruha non stringere così forte, per poco non mi soffocavi. – Disse Kai raccogliendo il libro.
−Scusa ma avevo troppa voglia di vederti. – Reita e Aoi ripresero fiato.
Il cancello si aprì e gli studenti dell’accademia ninja entrarono, scorrendo per i corridoio come pesci in un fiume. Trovarono facilmente la loro aula e imboccarono l’entrata. I banchi erano da tre posti, si sedettero vicini, Uruha era in mezzo e Kai nel banco davanti vicino al muro. Il primo giorno era iniziato.
−Benvenuti a tutti, questo è il quinto e ultimo anno dell’accademia ninja. Quelli di voi che usciranno da qui, saranno ufficialmente dei veri ninja. – Le ore passavano veloci, e i ragazzi facevano scorrere rapidamente le loro penne sui fogli dei loro quaderni. Arrivò anche l’ora della ricreazione. Il professore se ne andò lasciando posto a un altro che era in leggero ritardo. Rimasero seduti lasciando che gli altri uscissero riempiendo i corridoi.
− Mi fa male la mano, ho scritto troppo. –Si lamentò Uruha mentre lasciava cadere la biro sul banco. – Quel… professore detta troppo velocemente. – Non si ricordava il nome del professore, per lui era troppo difficile.
− Se hai le mani molli non è colpa mia. – Commentò secco Reita, Uruha si limitò a sbuffare.
− Voi cosa credete stia facendo Ruki in questo momento? – Domandò Kai, gettando tristezza sui quattro.
− Non lo so, ma qualsiasi cosa stia facendo, non mi interessa. – Aoi fece un respiro profondo, Uruha abbassò lo guardo e così fece anche Reita. – Voglio dire, se né andato da un giorno all’altro, ci ha abbandonato. Non mi importa di quello che fa. – Aoi si alzò di scatto e si avvicinò alla finestra aprendola un po’, gli altri lo fissavano, prese una sigaretta dal pacchetto di sigarette riposto nella tasca dei pantaloni rosso scuro e la accese, soffiò il fumo fuori dalla finestra.
− Aoi cosa fai? Non si può fumare a scuola! – Cercò di rimproverarlo Kai ma fu inutile, Aoi non lo ascoltava.
Ruki se nera andato all’improvviso dalle loro vite, senza dare nessuna spiegazione. Si era trasferito nel loro paese nemico senza dare nessuna spiegazione. Non li aveva nemmeno salutati, il mattino dopo già non c’era più, la sua amata canna da pesca era immobile sul suo letto abbandonato. Da quando se nera andato, non ridevano più come prima, le giornate sembravano ingrigite.
− Nessuno sa il motivo della sua partenza, ma quando sarò un vero ninja andrò nel paese dell’ombra per chiedergli il motivo della mia partenza. −
− Reita ma cosa dici? Non puoi andare là, oltre a essere pericoloso è vietato. Lo sai cosa più succederti?! – Uruha quasi strillò, aveva sbattuto un pugno sul tavolo.
− Certo che lo so, ma visto che è un nostro amico ho intenzione di andarlo a prendere. – Guardò serio Uruha – Prima gli chiederò il motivo della sua partenza e poi lo riporterò qui. Di peso se necessario. – Il tono di Reita era serio e scontroso. Era l’unico dei quattro a tenere di più a Ruki, era affezionato.
− Ti uccideranno senza pietà. −
− Kai lo so, ma ho un obbiettivo, voglio riportarlo qui, voglio ritornare a quando eravamo piccoli, quando giocavamo insieme. – Confessò Reita abbassando la testa.
− Lo so, ma se andiamo là ci sono poche speranze di tornare indietro. Sono ninja senza pietà, non hanno problemi a uccidere qualcuno. Non hanno pietà neanche se devono uccidere un bambino, sono spietati. −
− Uruha lo so! Li combattiamo da anni, ma là c’è un mio amico e non ho intenzione di abbandonarlo. −
I primi studenti rientrarono in classe, Aoi gettò la sigaretta fuori dalla finestra e la richiuse tornando a sedersi. Le lezioni ripresero, fra di loro ci fu silenzio, non si guardarono nemmeno.
Sulla strada del ritorno le bocche erano mute.  Solo Kai non aveva voglia di cucire.
− Ragazzi, perché non andiamo al fiume? Magari riusciamo a pescare qualche pesce. – Al castano si illuminò la lampadina.
− Adesso che mi ricordo, stamattina avevamo fatto una scommessa. L’ultimo arrivato avrebbe fatto l’amo per i pesci, chi è stato l’ultimo? −
− Tu? – Cercò di ironizzare Aoi.
− No sei stato tu, io sono secondo. – Gli comunicò Reita sorridendo.
−COSA? Io sono l’ultimo? Ma non posso fare da amo! – Sbraitò.
− Certo che puoi, ma la tua punizione sarà eseguita domani, oggi devo preparare l’amo. −
− Dovrà essere grande. – Scherzarono Reita e Uruha.
− Uff, non ho altra scelta. – Sbuffò il moro afflitto.
Ognuno tornò a casa propria, Uruha preparò l’amo con cura, una scommessa è una scommessa ed era stato Aoi a proporla.
 
Reita si affacciò dalla finestra, non c’erano nuvole e la luna era ben visibile e luminosa. Tirava il leggero vento fresco, gli scompigliava appena i capelli. Con un ultimo sguardo alla luna prima di andare a dormire, giurò di diventare forte e di andare a salvare Ruki; anche se questo significava morte certa.
 
Poco lontano dalla città, dei ninja sconosciuti erano appostati dietro i tronchi degli alberi. Erano in sette, fra di loro un ninja più basso, dell’altezza di un bambino, era la punta di diamante della formazione.
Con velocità, si mossero verso il centro della città, avevano un obiettivo.
Correvano veloci sui tetti, i loro passi non facevano rumore.
Il loro obbiettivo era creare scompiglio nella città, trovare un colpevole.
Una volta commesso il crimine, uscirono silenziosamente dalla finestra e sparirono.
Il mattino dopo, i ninja guardiani trovarono il cadavere freddo.

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Capitolo 2
*** La decisione di Reita ***


Eccomi! Sono tornata con la seconda parte della storia che spero possa piacervi. C'è una piccola scena divertente che mi sono divertita a scrivere. Detto questo vi lascio alla lettura. Ci vediamo in fondo: :)


Il corpo era freddo e la pelle pallida. I medici non poterono far altro che dichiararne la morte.
L’imperatore era stato ucciso e il colpevole non c’era.

La mattina era iniziata come tutte le altre, o quasi. Le vie della città erano un continuo borbottare e sospiri. Reita era uscito di casa non sapendo dell’omicidio della scorsa notte, era arrivato a scuola insieme ad Aoi, gli altri erano già arrivati.
− Ciao Aoi, finalmente sei arrivato. Ho un regalino per te. – Il sorriso malizioso del castano spaventò un po’ il moro.
− Cosa intendi? −
− La scommessa di ieri, l’amo. A casa ho la canna da pesca e l’amo tutto per te, sei contento? –
− No! Io pensavo che scherzassi, io non faccio l’amo. – Fece qualche passo indietro terrorizzato.
− Hahaha! Quando è finita la scuola vieni a casa mia così ti amo. – Scherzò il castano con una risata malefica.
− Non ci penso neanche! −
− Devo ricordarti che sei stato proprio tu a proporre la scommessa? – Aoi fece un sospiro.
− Hai vinto Uruha. – Kai e Reita si misero a ridere.
Reita guardò l’orologio appeso alla facciata della scuola, la campanella sarebbe dovuta suonare dieci minuti fa, ma di lei neanche un rintocco.
− Vi siete accorti che la campanella non è suonata? – Guardarono tutti verso l’orologio.
− E’ vero, è in ritardo. –
− Chissà cos’è successo? –

 Erano nel panico, dovevano annunciare agli studenti che le lezioni erano sospese ma nel contempo, non riuscivano a credere a quello che era successo.− Fate entrare gli studente nelle classi, comunicategli la notizia e mandateli a casa. La situazione è critica. – Sentenziò il preside della scuola.
− Come desidera, vado ad aprire le porte. –
− Perfetto, non dite troppo. Ci penseranno i giornali e il vociare la fuori a informare i ragazzi.
Le porte furono aperte, gli studenti entrarono e si diressero tutti verso le rispettive classi. I quattro andarono a sedersi ai rispettivi posti, l’insegnante entrò silenzioso dalla porta scorrevole. Si sedette sulla sedia e fissò attentamente il pubblico davanti a lui.
− Ragazzi, per ragione che al momento non posso spiegarvi, le lezioni di oggi saranno sospese. – Un boato di scontento si levò dai banchi.  – Ragazzi non si accettano obiezioni, quando tornerete a casa saprete il perché. Adesso ho l’ordine di mandarvi a casa. – Reita e gli altri si scambiarono uno sguardo incerto. A forza, tutto gli studenti furono fatti uscire dalla struttura e le porte furono chiuse. La piazzetta davanti all’edificio era deserta. I quattro ninja percorrevano a passo lento la strada verso casa, insieme a loro qualche ragazzo dell’istituto. Non facevano altro che discutere sullo strano comportamento degli insegnanti, solo il secondo giorno di scuola e già si sta a casa, la cosa è sospetta.
− Secondo voi perché ci hanno mandati a casa subito? – Domandò Uruha all’improvviso.
− Non lo so, ma qualsiasi cosa sia successa è qualcosa di grave. – Gli rispose Kai freddo.
Poi a Uruha venne in mente qualcosa.
− Aoi, ma tu non dovevi fare l’amo? – Gli brillavano gli occhi.
− Oh Uruha, ti amo tanto anch’io, baciamoci. – Aveva fatto le labbra a culo di gallina e gli stava mandando piccoli bacetti avvicinandosi a lui superando Reita che li divideva.
− AHHHH! Brutto porco stai lontano!!!!! – Uruha emise un urlo da donna in pieno periodo mestruale. Aveva usato il biondo  come scudo per non far avvicinare il moro.
− Dai sto scherzando, mica ti bacio per davvero. −
− Brutto porco pervertito! Non osare mai più fare una cosa del genere! – Tutti quelli che erano nella loro stessa via, si erano girati a guardarli.
− Dai calmati, non puoi fare finta di niente? – Intervenne Kai.
− Sì certo, mi si scompigliano i capelli. – Si passò una mano fra i capelli per pettinarli.
− Uruha ma quanto se fi… −
− Non mi interessa. –  Reita fu interrotto  bruscamente. – Quando andiamo a vedere Aoi fare l’amo? −
− Io non faccio l’amo! −
− Perché non  ci andiamo adesso? Tanto siamo usciti prima. – Fu la brillante proposta di Kai
− Kai ha appena avuto un’idea fantastica. Vado un secondo a casa a prendere la canna. – Si mise a correre verso casa sua, gli altri lo seguivano.  Entrò di corsa nel negozio della madre e si diresse verso il dietro del bancone, l’ultimo ad arrivare fu Aoi. Entrarono nel negozio e si appoggiarono agli scaffali prendendo fiato.
Uruha era salito in camera sua, aveva fatto sbattere la porta scorrevole in un suono acuto, che si udì fin nel negozio.  La canna, era sul divanetto blu spento vicino al letto, la prese e volò di sotto. Uscirono dal negozio correndo verso il fiume, con canna da pesca al seguito.
Non badarono alle domande della madre di Uruha, non le sentirono neanche.
Corsero e basta.

 Giunsero al fiume correndo come matti. Una volta arrivati si buttarono per terra ridendo, la canna da pesca scivolò dalla mano del più alto e finì a pochi metri dalla riva. Risero, risero rumorosamente.
Il castano  si alzò per andare a prendere la canna, si levò la borsa a tracolla e la poggiò in terra. Ne estrasse un barattolo con dentro gli ami. – Aoi io sono pronto, vieni? −
− No, non faccio da amo. −
− Ma la scommessa l’ha decisa tu, sii un vero ninja. – Il moro si era alzato dall’erba verde e andò verso il ragazzo seduto.
− Appendimi pure col tuo amo, ma appena mi sento ridicolo smetto. −
− Va bene, solo non troppo presto. – Ridacchiava mentre gli infilava l’amo fra i fili di tessuto della maglietta celeste. Gli altri due se la ridevano mentre si avvicinavano al letto del fiume.
Aoi entrò nell’acqua tiepida, ebbe un brivido. Si immerse fino al collo e rimase fermo. Il castano teneva fiero la lenza, sperava davvero di poter pescare qualcosa.
Dopo mezz’ora, Aoi era fuori dall’acqua. Si era tolto la maglietta e si era disteso con gli altri al sole. L’aria era fresca, muoveva appena i fili d’erba.
− Che peccato, non ho pescato niente. – Rivolse lo sguardo verso Aoi – Non sei gran che come amo. – Si lamentò il castano steso a pancia in giù sul prato.
− L’acqua è fredda. – Sbuffò di rimando il moro seccato.
Per tutto il tempo in cui rimasero distesi, Reita aveva solo due pensieri nella testa: Ruki e il problema al villaggio. Non aveva ancora capito il motivo della sua partenza, non sapeva il motivo del terrore fra gli abitanti del villaggio. Non sapeva molte cose.
Decisero di rientrare al villaggio, erano stati fuori tutto il pomeriggio e non avevano pranzato. Andarono in un ristorante e ordinarono. Mangiarono con voracità, avevano fame, prima di uscire, rimasero un po’ seduti a parlare. Il proprietario si avvicinò a loro, aveva l’espressione cupa, quasi affranta. 
− Spero che il pranzo sia di vostro gradimento. – Commentò l’uomo con voce roca.
− E’ tutto buonissimo come sempre! – Strillarono Uruha e Kai in coro.
− Ne sono felice. Avete saputo la notizia? −
− Che notizia? – Domandò Aoi, la mano gli si era bloccata a mezz’aria, le bacchette tenevano del riso.
− Cosa? Non lo sapete? Non ve l’anno detto? −
− No. −
− La scorsa notte, un assassino misterioso ha ucciso l’imperatore. Non si è ancora trovato il colpevole, i ninja guardiano l’anno trovato nella sua stanza. −
I quattro spalancarono la bocca dallo stupore. Non credevano a quello che avevano appena sentito. Il sovrano del villaggio del Fuoco era stato assassinato.
− Si hanno già dei sospetti? – Domandò di slancio Kai.
− Sì ovviamente, Il paese del Buio. −
Reita sbatté la ciotola del riso sul tavolo e si alzò di scatto in piedi facendo preoccupare gli altri.
− Reita che c’è? −
− Cos’hai? −
− Ve ne siete già dimenticati? Vero? −
− Eh? Ma di che parli? – Aoi era confuso.
− Parlo di Ruki. Non vi ricordate che senza un motivo se ne andato nel paese del Buio, ve lo ricordate?! −
Nel ristorante si creò il silenzio, erano gli unici presenti in quel momento.
− Certo che me lo ricordo, ma ora come ora non possiamo fare niente. –Disse serio Uruha.
− Anche volendo non possiamo rapirlo e portarlo qui, ci uccideranno prima di metterci piede. −
− Vi arrendete troppo facilmente! −
− Non è così, la conosci anche tu la fama del paese del Buio. Ha ragione Aoi. – Reita si risedette abbassando lo sguardo.
− Rei credimi, se potessimo andare a riprendere il nostro amico l’avremmo già fatto, ma per adesso è impossibile. – Kai aveva messo fine al discorso. Reita si sedette e riprese la ciotola del riso, e in silenzio, riprese a mangiare.
− Mi dispiace per il vostro amico, doveva avere un buon motivo per andare fin laggiù. −  Il proprietario stava asciugando dei bicchieri.
− Si credo di sì. −
Si alzarono, pagarono e uscirono. Erano le sette di sera e ognuno si stava dirigendo versa la propria casa, nessuno di loro spiccicò parola, troppo storditi dalla notizia improvvisa per poter fare discorsi sensati.
Reita arrivò a casa sua, entrò e a passo lento si addentrò dentro la casa. Arrivò vicino alla soglia della sala, i suoi genitori stavano parlando dell’assassinio all’imperatore.
− Saranno sicuramente stati quelli del Buio, sono famosi per questo genere di cose. Chissà cosa gli ha spinti a uccidere il sovrano. – Suo padre stava sfogliando il giornale, mentre sua madre stava sorseggiando un tè tiepido.
− Sicuramente è un attacco di stato. −
− Speriamo trovino presto i colpevoli, non mi va di girare per il paese sapendo che ci sono loro. – Fu il resto del discorso a fargli mancare il fiato per un secondo. − Reita non aveva un amico che si è trasferito nel paese del Buio? −
− Mi sembra di sì, ma se ne andato quando erano piccoli, forse non si ricorda neanche più di lui. −
− Ah ecco, per fortuna che se ne andato. Evidentemente la pensava come quei pazzi. −
Corse verso camera sua senza salutare nessuno, i suoi lo videro appena, il padre richiuse velocemente il giornale. 
Il biondo corse velocemente verso la sua stanza, aprì e richiuse la porta alle sue spalle. Si gettò sul letto sprofondando la testa nel cuscino, facendo fatica a respirare si girò a pancia in su. Rimase per un po’ avvolto nel buio, poi stufo di quel buio accese la lampada. Fissò il suo sguardo sul soffitto illuminato ed emise un sospiro profondo.
Non credeva che fosse stato lui ha fare tutto quello, non voleva crederci. Non si vedevano da nove anni, ma era convinto che non fosse cambiato. Si mise seduto sul letto  intrecciando  le gambe.
Prima che Ruki partisse, gli aveva regalato un braccialetto fatto di corte che lui stesso aveva colorato. Glielo aveva regalato in segno della loro amicizia. Non l’aveva mai tolto dal braccio, era come un fede per lui. Con l’altra mano, strinse quel braccialetto colorato, a volte gli sembrava di sentire ancora l’odore di tempera.
Il biondo prese una decisione, sarebbe diventato un bravo ninja, avrebbe protetto il suo villaggio e avrebbe riportato a casa il suo migliore amico. Lo giurò sul braccialetto.
Non aveva voglia di scendere di sotto, non aveva fame e non voleva vedere i suoi. Si ristese sul letto e cercò di dormire, era stato troppo tempo al fiume con gli altri. Dopo poco si addormentò, non si accorse neanche che sua madre lo stava chiamando.


Nel sogno stava tornando indietro nel tempo, a quando Ruki era ancora con loro, a quando era tutto perfetto.

NOTE:  Spero che vi sia piaciuta e che la storia vi abbia interessato. Fatemi sapere cosa ne pensate, accetto critiche consiglie e opinione e suggerimenti , idee e considerazioni, tutto insomma. Sono pronta anche alla critica più severa. (Hehe)
Al prossimo capitolo. ;)

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Capitolo 3
*** Selezione Ninja ***


Due mani delicate toccarono il suo braccio, erano fredde mentre il suo braccio era caldo. Sentì una corda stringersi intorno al polso, poi annodarsi. Alzò lo sguardo, era Ruki che gli li sorrideva dolcemente.
− L’ho legato troppo stretto? – Gli chiese il ragazzino.
− No tranquillo, va benissimo. – Si fissarono negli occhi per qualche secondo, sempre sorridenti – Ma questo è un sogno o sei ritornato? – L’altro non rispose, si limitò a mostrargli un sorriso triste, e cambiò argomento.
− Ti va di giocare un po’? −
− Ah… certo.  Cosa vuoi giocare? – Il piccoletto ci pensò.
− Giochiamo a nascondino. Conti tu. −
− Ok, vai a nasconderti. –
− Reita chiudi gli occhi. – Reita eseguì il comando dell’amico e chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, si ritrovò in camera sua. Era giorno, la luce solare entrava dalla finestra. Si sedette sul letto, scostando le coperte e prendendosi la faccia fra le mani.  Voleva piangere ma si trattenne, lo aveva sognato, per l’ennesima volta. Decise di non pensarci, si alzò e andò in cucina. Sua madre era lì, si stava preparando un tè caldo. Appena entrato, un profumo di biscotti appena fatto gli riempì il naso. – Mmm biscotti. – Sul tavolo c’era un piatto blu con una montagnetta di biscotti con gocce di cioccolato, ne addentò uno. Senza rendersene conte ne divorò una decina, si sentiva pieno e decise di portarli a scuola come spuntino. Si preparò e uscì di casa, salutò la madre ma non suo padre, quello che aveva detto la sera prima gli era rimasto in testa. Corse verso il negozio della madre di Uruha, entrò salutando la commessa.
− Buongiorno, c’è Uruha? −
− Buongiorno giovanotto, te lo vado a chiamare. – Gli sorrise e si avviò verso il retro del negozio, sentì la commessa che chiamava l’amico, lo sentiva urlare – Sì arrivo! Un attimo! − , sentiva rumori di cose che cadevano e urla varie. Alla fine Uruha apparve sulla soglia del retro del negozio. Aveva  i capelli scompigliati e due shuriken  nella mano destra.
− Hey Rei, scusa per il trambusto. −
− Tranquillo, andiamo? −
− Va bene, ma devo fermarmi per prendere da mangiare. – Aveva riposto gli shuriken nell’astuccio dietro la schiena e si era sistemato i capelli.
− Ma non hai preso qualcosa da qui? E’ un negozio di alimentari. – Fece notare il biondo.
− Lo so, ma mia madre mi fa pagare quello che prendo. −  Era uscito dal negozio seguito dal biondo, si erano incamminati verso la scuola, ci misero poco più di venticinque minuti, contando la sosta e l’indecisione di Uruha per prendere da mangiare. Gli altri erano già arrivati, avevano occupato due panchine, e stavano per occupane una terza.
  Ehi ragazzi, qual buon vento vi porta qui? – Gli salutò allegramente Aoi che era sdraiato sulla panchina, mentre Kai leggeva un quaderno appoggiato sulle gambe. I due si avvicinarono.
− Ehi ragazzi, lasciate una panchina anche per me! – Aveva urlato Uruha mentre correva incontro ai due imbecilli sulle panchine.
− Certo signorina, si accomodi sulla terza, o se preferisce, fra le mie gambe. – Disse provocatorio Aoi, con la solita bocca a culo di gallina e lo sguardo da pesce lesso fisso sulle cosce scoperte del castano. Uno sonoro schiaffo colpì la guancia sinistra di Aoi, subito dopo, il ragazzo era per terra con la mano appoggiata lievemente sulla guancia dolorante e le lacrime agli occhi.
− Uruha…. mi hai fatto male…. – La guancia gli doleva.
Tutti i ragazzi presenti iniziarono a ridere, le ragazze si allontanarono per andare a ridere in gruppo.
− DEVI SMETTERLA DI GUARDARMI LE COSCE, BRUTTO  PORCO MANIACO!! – Urlò Uruha con tutta la voce che aveva, attirando l’attenzione di tutti, compresi i professori.
− Ma.. ma.. ma io… −
Il castano si diresse, nervoso e a passo svelto, verso il cancello della scuola. Aoi si massaggiava la guancia dolorante mentre Kai lo rimproverava.
− Così impari a guardargli le cosce. −
− Ma quando lo fa Reita non dice niente. – Piagnucolò Aoi con la guanci rossa.
Si alzarono e entrarono nella scuola, Reita li seguì sghignazzando .

 − Buongiorno ragazzi, oggi faremo un’esercitazione di lotta, seguitemi nella stanza degli esercizi. – Si spostarono tutti nella stanza degli esercizi, un’enorme stanza di trentacinque metri per quarantaquattro, con un’altezza di ventotto metri. Le pareti erano arancione pallido mentre il pavimento era verde erba.
−Waoooo. – Fu il commento esterrefatto dei presenti.
− Bene ragazzi, a gruppi di quattro vi scontrerete con shuriken e kunai, i gruppi li faccio io voi mettetevi in fila. − I ragazzi si misero in fila e il professore scelse i gruppi. I quattro ragazzi finirono nello stesso gruppo.
Andarono  a disporsi  in una parte dell’enorme stanza dividendosi in  gruppi. 
Kai e Uruha contro Reita e Aoi, avevano quindici shuriken e venti kunai a testa.
− L’esercizio consiste in un combattimento fra di voi. Non voglio ferite gravi, solo piccoli graffietti.  Questo scontro servirà per selezionare i componenti più forti per le missioni speciali. – Tutti i ragazzi si prepararono. – Pronti, hajime! – I ragazzi partirono, ognuno di loro prese un’arma dall’astuccio dietro la schiena. Lame sfrecciavano velocemente per tutta la stanza. Tutti i ragazzi presenti usarono tutte le armi a loro disposizione.  Qualcuno di loro si fece qualche taglietto.
− Yamé! – Ulrò il professore. I ragazzi si fermarono, gli ultimi kunai si conficcarono nel pavimento, le pareti erano piene di shuriken.  Si disposero in fila di fonte al professore, l’uomo li scrutò con attenzione.
– Come vi ho già detto, questo è stato un combattimento per selezionarvi. I migliori di voi parteciperanno a una missione speciale. La mia assistente, mi aiuterà a scegliere i migliori fra di voi e vi farà anche da insegnante. – Da dietro al professore, comparve una ragazza giovane, lunghi capelli castano scuro raccolti in una cosa di cavallo. Occhi color sabbia e enormi labbra rosa. Era alta con un bel corpo snello non troppo asciutto. Seno prosperoso curve nei punti giusti.
– Piacere, io sono Kotone. Sono l’assistente del professore. – Quasi tutti i ragazzi rimasero imbambolati vedendo l’abitino eccessivamente corto in cui era avvolta, una veste cinese color viola acceso.
– Chiudete la bocca che vi entrano le mosche. – Si voltò verso l’assistente – Adesso Kotone ci dirà i migliori di voi.– La ragazza lesse i nomi scritti sul foglio che aveva fra le mani. I nomi era pochi, sette in tutto.  Si schiarì la voce e li chiamò. Fra di loro c’erano anche i quattro ragazzi.
Non erano arrivati all’ultimo anno per buona condotta o perché avevano un bel sorriso, ma perché in quattro anni di scuola si erano impegnati per diventare i migliori. Erano cresciuti giocando ai ninja da piccoli, e ora che stavano per diventarlo si stavano impegnando moltissimo.

 I sette ragazzi seguirono Kotone in un’altra stanza. Andarono nell’ufficio del professore, un stanza non eccessivamente grande, ben illuminata con una finestra dietro la sedia della scrivania in legno di pino. L’arredamento era il classico da ufficio, con foto di lui e dei colleghi.
– Prego, accomodatevi sul divanetto e sulle poltrone. – Disse lei con un sorriso.  I posti sul divanetto erano quattro e le cinque persone sedute sopra erano leggermente strette.
– Dunque, vi ho fatto venire qui perché ho ritenuto che voi foste migliori rispetto agli altri. – I sette  l’ascoltarono con attenzione – Avrete un addestramento speciale, non uno tradizionale come quello dei vostri compagni.  Avete domande? – Ci fu un attimo di silenzio poi uno dei ragazzi prese la parola.
– Mi scusi, cos’abbiamo  più degli altri? – Era seduto sulla poltrona di destra, quella in pelle bianca. Kotone abbandonò la schiena contro lo schienale della sedia accavallando le gambe.
– Avete più forza, più energia, più velocità, più ferocia e cattiveria. In poche parole, avete ciò che serve per essere un ninja. Mentre combattevate vi osservavo, solo voi sette avete combattuto per ferire gli altri e per aggiudicarvi la vittoria. – Ci fu ancora silenzio. La ragazza scavallò le gambe riavvicinandosi alla scrivania, appoggiò i gomiti alla base di pino. – Domande? –
– In cosa consiste l’addestramento speciale? – Domandò Kai serio, forse fin troppo.
– Consiste in un durissimo allenamento da mattina a sera con i più grandi maestri ninja. Ma anche li ci sarà una selezione. – Concluse con un leggero sorrisino.
– Noo, ancora selezioni. – Sbuffò la ragazza seduta vicino a Reita, che era schiacciata come una sardina, e Aoi la imitò sbuffando anche lui.
– La selezione sarà durante i giorni di allenamento, nel qualche dovrete dimostrare quanto valete. Un volta finite le selezioni, ci sarà un ultimo allenamento prima di diventare dei ninja veri e propri. Domande? 
Non ci furono domande solo facce perplesse e sguardi incerti. Tutte quelle selezioni stavano iniziando a preoccuparli e a stancarli.
– Bene, se non avete domande potete andare. Ci ritroviamo domani mattina alle sette sul tetro della scuola. Portatevi un pranzo molto sostanzioso. – Fece un sorriso ampio e caldo.
– Ma non facciamo lezione come gli altri? – Chiese la ragazza seduta a sinistra sulla poltrona di pelle nera.
– No, mi sembrava di avervi spiegato che farete un allenamento speciale. Le vostre lezioni saranno totalmente diverse. Ci vediamo domani, non fate tardi. –  I sette ninja si alzarono e uscirono dalla stanza.  – Andate in classe e riprendete normalmente le lezioni, da domani cambia tutto. Buona giornata. – Disse prima di chiudere la porta e di barricarsi dentro l’ufficio del professore.
Si guardarono negli occhi un po’ confusi prima di tornare in classe. Camminarono in silenzio lungo il corridoio fino a raggiungere la porta dell’aula.
– Non ho ancora imparato i vostri nomi. – La ragazza che era seduta vicino a Reita ruppe il silenzio.
– Hai ragione, io sono Noboru e diventerò il miglior ninja del paese. –  Era fiero, sorrideva con fiducia, la si poteva vedere. Era biondo con degli occhi verdi chiari, le labbra carnose come due canotti ma sensuali. Alto e robusto con le spalle larghe. Il vestito verde in cui era avvolto lo rendeva un po’ più alto.
– Io sono Amaya, e diventerò il capo delle guardie ninja del paese. – Era la ragazza seduta nella poltrona di pelle nera. Era allegra, con dei meravigliosi capelli rossi, legati in una treccia che arrivava a metà schiena,  e dei fantastici occhi castani. Labbra asimmetriche e delle lentiggini su guance e naso. Era leggermente in carne e avvolta da una maglietta bianca con dei pantaloncini color argento che le arrivavano fino a metà coscia.
– Io sono Kaori, e voglio diventare una ninja. – Era piuttosto timida quando si trattava di parlare in pubblico, era di poche parole. Era bassina ed esile. Occhi castani color nocciola, carnagione pallida e labbra sottili. Aveva i capelli castani lunghi fino alle spalle. Era avvolta in un abito lungo azzurro fino alle ginocchia.
Si presentarono, ognuno con il sorriso stampato in faccia. Erano contenti della notizia.
Erano a pochi passi dalla porta dell’aula, ma la ignoravano tranquillamente.  La voce dell’insegnante che era all’interno si sentiva anche da fuori.
– Bhè, domani comincerà il vero e duro allenamento. – Noboru intrecciò le braccia al petto con il suo sguardo fiero.
– Sembra di sì, non vedo l’ora. Sperò però non sia troppo faticosa. – Sbuffò Amaya chiudendo gli occhi.
– Susu, sono sicuro che andrà tutto bene. Piuttosto, voi eravate in gruppi diversi? – La rassicurò Uruha formulandole poi la domanda.
– Si, tranne vuoi quattro noi siamo tutti di gruppi diversi. –
Rimasero fuori per qualche altro minuto prima di rientrare e seguire regolarmente le lezioni.

 

– – – –

 
Uruha era sdraiato sulla panchina del cortile della scuola, lo sguardo fisso sulle nuvole.
– Secondo me siamo a solo una gradinata di distanza dal diventare dei ninja! – Aveva esultato Aoi salendo sulla panchina affianco a quella di Uruha e sovrastando Kai.
– Ma cosa dici? Siamo ancora troppo lontani e la vetta è ancora lontana. Datti una calmata. –
– Kai mi spieghi perché deve sempre rovinarmi i momenti? Avevo la giusta intonazione. – Si sedette su di essa.
– Sì certo. –
Reita era rimasto in silenzio per tutto il tempo, non aveva proferito parola. Se ne stava in disparte affiancando Kaori nel silenzio. Quando erano usciti da scuola si erano impossessati di tre delle cinque panchine verde scuro davanti alla scuola. Erano li da ormai tre ore, non avevano ancora dato segno di volersi  alzare da lì. Aoi e Kai stavano ancora discutendo.
– Siamo dei veri ninja, facciamo un corso speciale. Cosa che gli altri si sognano mentre noi non ne abbiamo bisogno. – Sorrise all’amico con un sorriso ampio.
– Non siamo ancora dei ninja, siamo ancora all’inizio. –
Erano ancora all’inizio di tutto, eppure Reita avrebbe voluto essere già arrivato alla fine. Al traguardo finale. Era sempre più vicino al suo obbiettivo, quello di riportare a casa Ruki.
– Ragazzi che ne dite di tornare a casa? –
– Si è meglio. –

 

Erano appostati dietro a un grande albero, i loro abiti neri si confondevano mischiandosi con lo scuro dei rami interni delle foglie. Le cinque persone  si stavano preparano per il prossimo attacco. Avevano già deciso la vittima, restava solo il “come” ucciderla.

Aspettarono la notte prima di andare a posizionare le trappole.







NOTE: Ringrazio per aver letto la terza parte di questa storia che nessuno legge. Grazie. ^^
Spero comunque possa piacervi, lo spero davvero. :3
Fatemi sapere cosa ne pensate, alla prossima! 



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Capitolo 4
*** Primo giorno alla nuova accademia ***


Con molta lentezza, il piccolo Ruki si sedette sul tetto di una casa dietro al camino, dietro il lui il suo compagno di missione. L’altro uomo si avvicinò a lui accovacciandosi accanto.
− Sei stanco? −
− No, ho solo dormito poco durante il giorno. – Rispose il ragazzino guardando dalla parte opposta, verso l’orizzonte. Quell’uomo gli dava fastidio, lo infastidiva. Gli dava ordini in continuazione. Quella mettila là, nascondila bene, non fare troppo rumore, sbrigati, muoviti, dai andiamo. Non ne poteva più, però tra i due era il più esperto nel nascondere bombe e trappole, quindi doveva stare alle sue regole. Aveva due shuriken, avrebbe potuto usarne uno per recidergli la gola da parte a pare; ma non è ancora il momento per permettersi certi lussi.
− Bene, adesso andiamo a mettere l’ultima bomba. Dobbiamo andare alla scuola ninja. Andiamo. – L’uomo si alzò e, con un una spinta energica delle gambe, spiccò un salto fino al tetto successivo, non molto distante ma comunque lontano. Una volta atterrato sull’altro tetto, si voltò verso il piccolo ninja che era ancora seduto all’ombra del camino. – Sbrigati, manca poco all’alba, non c’è poi molto tempo. – Aveva sempre un tono autoritario, da capo. Peccato che nel gruppo era solo un sottoposto.
− Sì arrivo. – Disse acido il ragazzino, che alzandosi, spiccò un salto verso il tetto, dove quell’uomo odioso lo stava aspettando con impazienza, arrivandoci per un pelo. Arrivò sul bordo del tetto rischiando di cadere di sotto. Fece qualche passo avanti arrivandogli vicino.
− Bene, e ora andiamo, il tempo stringe. – Il piccolo annuì seguendo l’altro verso la scuola ninja, dovevano mettere la “loro trappola” all’interno della scuola.

 

Le sue esili dita aprirono la finestra del bagno delle ragazze. Una volta entrato, la puzza del gabinetto gli riempì le narici, si tappò il naso e uscì velocemente da lì. Percorse i corridoi fino alla stanza del preside e vi entrò, notò l’arredamento da ufficio e la sedia imbottita rossa dietro alla scrivania. Andò a sedersi su di essa, constatò la sua comodità e l’estrema morbidezza. Scivolò sotto la scrivania accovacciandosi al centro di essa. Prese un bomba dalla sacca che aveva a tracolla e la posizionò in un angolo, quello che gli sembrava più nascosto. Poi sgusciò fuori da lì e uscì da quella stanza. Mise altre bombe in giro per la scuola, le attivò e poi uscì da dove era entrato richiudendo il vetro della finestra.

Non importava se dentro c’era qualcuno, l’importante era distruggere la scuola.

I due ninja vestiti di nero fuggirono usando i tetti, corsero verso la foresta dove gli altri li stavano aspettando. All’orizzonte, il sole stava iniziando a sorgere.

____

Alle 07:30 era già sveglio. Era andato a letto prestissimo e ora era pronto per la faticosa giornata che lo attendeva. Aveva appena finito di fare colazione quando la madre entrò in cucina guardando il figlio con un’espressione sconvolta.
– Cosa ci fai tu qui? Non dovresti essere a letto a dormire? Come mai sei già in piedi? –
– Comincio un corso di specializzazione per diventare un ninja esperto, ecco perché mi sono alzato presto. Devo arrivare in orario il primo giorno. – La madre rimase a bocca aperta, era sempre più sconvolta.
– Torni per pranzo? –
– No. –
– Ti lascio il pranzo vicino ai fornelli, lo mangerai stasera. – Senza dare il tempo al figlio di rispondere, si voltò e sparì dietro la porta della cucina dirigendosi verso la camera da letto. Il ragazzo continuò a prepararsi ignorando lo sgomento della madre.

Uscì di casa quasi correndo, corse a prendere Uruha al negozio della madre per poi correre con l’amico verso la scuola. Arrivarono con il fiatone davanti all'edificio. C’era una volta in cui non arrivassero a scuola correndo?

Si diressero sul retro della scuola entrando dal cancello sul retro. Sempre correndo arrivarono alla porta in ferro verde dell’edificio, la aprirono e vi entrarono.  I loro compagni erano seduti contro la parete del corridoio, i  quali si girarono a fissarli quando entrarono.

– Ehi ciao, siete in ritardo lo sapete? – Li salutò allegramente Amaya alzandosi e correndo a salutarli.
– Come in ritardo? – Chiese Uruha triste
– Sto scherzando, non è ancora arrivato nessun professore. State tranquilli. – Si misero a ridere quando  lo sguardo di Uruha cade al centro del corridoio; Aoi e Kai stavano felicemente discutendo fra di loro ignorandoli. Salutarono l’allegra ragazza e si avvicinarono ai due amici. Il castano quasi corse e andò a davanti a loro.
– Ehi voi due, pensavate di ignorarci così facilmente per tutto il giorno? Avete sbagliato ninja! – Uruha gonfiò il petto e assunse uno sguardo e una postura fiera, i due a terra lo fissavano impietriti.
– Certo che no amore mio, solo che io  e Kai siamo arrivati presto e vi abbiamo tenuto il posto. – Aoi parlò con lo sguardo fisso sulle cosche del ragazzo che gli  stavano ad altezza viso. Reita andò a sedersi accanto a Kai, Uruha cercò di sedersi ma Noboru era troppo vicino ad Aoi e gli impediva di sedersi, anche vicino a Reita era occupato da Kaori.
– Ma non c’è spazio per me! – Esclamò sconsolato.
– Ma certo che c’è, ti ho tenuto un posto caldo fra le mie gambe non sei contento? Dovresti sentirti onorato. – Si trattenne dallo sbavare al pensiero di averlo seduto sulle gambe, cosa che infatti non successe. Il potentissimo pugno destro di Uruha colpì in pieno la testa del moro che  andò a sbattere contro al muro. Il pugno di Uruha fumava.
– Uruha ma cosa hai fatto?! – Disse allarmato Kai mentre soccorreva il povero Aoi. Era sdraiato sul pavimento e mugugnava frasi incomprensibili.
– La prossima volta impara a guardarmi le cosce, oh. –Mise il broncio mentre gli altri soccorrevano il moro.

 

– Aoi tutto bene? –
– Ahhhh ~ – Spostò il suo sguardo su quello di Noboru che lo guardava preoccupato, per passarlo su quello di Kai che lo guardava severo    Sono morto? – Chiese il povero disteso sul pavimento.
– No scemo, ma la prossima volta potrebbe ucciderti sul serio. – Il moro si portò una mano sulla testa toccandosi il bernoccolo per poi urlare di dolore.

La porta di legno si aprì, il professore comparve sulla soglia della porta.  – Buongiorno ragazzi, dal casino che si sente direi che ci siete tutti. Su, venire di la che vi mostro la vostra nuova aula. – I ragazzi lo seguirono al di là della porta in fila.  – Sono sicuro che vi piacerà. –

La stanza era enorme, parquette e pareti di legno, attrezzi per gli esercizi erano in un angolo dell’enorme stanza, pesi e attrezzi per potenziare i muscoli erano in un altro. Dieci scaffali con varie armi erano appoggiati contro il muro in una stanzetta a parte. Gli spogliatoi con docce e stanza relax, erano dietro una porta di legno di pino vicino ai pesi.
– WHAUUUU!!!! Questo posto è fighissimo!!! – Urlò Reita ammirando i pesi quasi sbavando.
– Rei non voglio pulire la tua bava, vieni piuttosto a vedere la stanza relax! – Gli squittì contro Uruha. Ci misero un’ora per finire il giro di perlustrazione.
– Bene signorinelle, è il momento di cominciare l’addestramento speciale. –

___

L’aria gli scompigliava appena i capelli, l’ombra dell’enorme albero gli faceva sentire freddo. Erano arrivati quando il sole era appena sorto, gli altri stavano ancora dormendo.
– Hai freddo? –  La voce femminile della sua compagna di missione gli riempì le orecchie.
– No, voglio solo tornare a casa. – Disse Ruki acido, aveva freddo ma non voleva dar segno di debolezza. Avrebbe potuto alzarsi e andare sotto il sole, ma preferì restare lì.
– Ci torneremo una volta ultimata la missione, fra quanto esploderanno le bombe? –
– Fra un po’, credo. –

___

Il pugno di Kai finì dritto nella guancia di Reita facendolo cadere a terra. Il professore si precipitò in soccorso del biondo, gli altri ragazzi mossero qualche passo incerto verso di loro.
– Sto bene, sto bene. – Disse il biondo mentre si massaggiava la guancia. Kai gli tese la mano per aiutarlo a rialzarsi.
– Facciamo cambio, Noboru e Kaori. – Ordinò il professore urlando. Kai e Reita corsero a sedersi mentre  gli altri due andavano a posizionarsi sul tatami.
– Kai, dove la nascondi tutta quella forza? – Si massaggiava ancora la guancia.
– Io? Ho le riserve nascoste, avevi dubbi? – Le sue fossette meravigliose emergono non appena le sue labbra si piegarono in un sorriso.  Risero per poi concentrarsi sul combattimento.
– Kaori non voglio farti male quindi mi lascerò battere. – Noboru sorrise malizioso ma la ragazza davanti a lui rimase seria.
– T-Tranquillo, non riuscirai a muovere un muscolo. – Balbettò timidamente lei facendosi ancora più seria.
– Yoi, hajimè! –  Urlò il professore facendo iniziare i ragazzi a combattere.
Kaori scattò subito in avanti prendendo di sorpresa il ragazzo che sgranò gli occhi rimanendo immobile. Fece una finta con il pugno verso il suo stomaco per poi andare al suo mento. Lo prese in pieno mento. La testa del ragazzo andò all’indietro mentre il pugno si levava ancora verso l’alto. Cadde all’indietro mente la ragazza ritirava il pugno contro il petto. I presenti erano a bocca aperta, compreso il professore, poi si riprese. – Uh.. yame. – Si avvicinò a Noboru per constatarne le condizioni. Respirava a occhi chiusi. – Bene, facciamo una pausa, andate nella stanza relax. Amaya,vai a chiamare l’infermiera. –
– Si. – La ragazza corse verso l’infermieria avvertendo che c’era bisogno d’aiuto. Gli altri ragazzi andarono nella stanza relax.

– Dite che Noboru si riprenderà? – Chiese Uruha mentre si appollaiava sul divano accanto a Reita.
– Certo è uno tosto. – Lo rassicurò il biondo sorridendogli, per poi guardare Kaori seduta sul divanetto in disparte. – Tu comunque hai una forza sovraumana, sei al pari con quella di Uruha. Impressionante. –
– M-Ma cosa dici? Ho solo anticipato la mossa. – Balbettò lei arrossendo.
– Sul serio, è rimasto sorpreso anche il professore, ci è riuscito solo Uruha fino adesso. – Disse Aoi mentre di buttava di peso sulla poltrona rossa imbottita.
– La smettete di nominarmi ogni volta?! – Squittì il castano alzandosi in piedi di scatto.
– HAHAHA! Stai calmo, non è un segreto che hai una forza sovraumana. – Scherzò Kai seduto su una sedia di vimini accanto ad Aoi.
– No Kai anche tu! – Si lamentò ancora il castano. Tutti si misero a ridere.
Nella scuola, la forza di Uruha era molto famosa. Non erano pochi i banchi che aveva rotto con potenti pugni per minacciare Aoi, o le porte dei bagni, i gessetti, le altalene, le canne da pesca etc. Una vip in gonnella, ma non era fiero di questa popolarità.
– Dai ragazzi rilassiamoci, fra poco arriverà quello la per richiamarci all’ordine. –
– Reita ha ragione, rilassiamoci un po’.  – Concordò Aoi mentre appoggiava i piedi sul tavolino davanti alla poltrona
___

– Tra un po’ quanto? Non è un tempo ben definito? – La sua voce lo disturbava ancora.
– Fra qualche ora, forse due, forse tre, non lo so. Forse anche domani, chissà. – Lo sguardo del piccolino si posò sulle nuvole in cielo. La ragazza iniziò a innervosirsi.
– Cosa vuol dire quello che hai appena detto? Quelle bombe hanno un timer, quanto hai messo? – Ringhiò lei andandogli vicino. Lui ci pensò un attimo.
– Non lo so, il tempo l’ha impostato Takayuki. – Subito, gli occhi della ragazza si posarono sulla figura dell’uomo che aveva accompagnato Ruki nella missione delle bombe, era seduto accanto al tronco dell’albero, intento a parlare con gli altri compagni.  Si alzò e camminò a passo svelto nella direzione dell’uomo.
– Quanto tempo hai impostato alle bombe? – Lui si girò verso di lei a guardarla, era molto nervosa.

– Stanotte, non voglio mica uccidere dei ragazzi innocenti. –
– STASERA?! Lo sai anche tu che non abbiamo molto tempo per questa missione! Dobbiamo far crollare questo paese non averne cura! – Ringhiò rabbiosa lei, alcuni uccelli presero il volo spaventati dalle sue urla.
– Lo so anch’io, – continuò lui ignorando le sue urla isteriche – ma se ci fosse tuo fratello la dentro faresti esplodere una bomba velenosa? – La discussione andava avanti, ma Ruki smise di ascoltarla, non gli importava.  Ogni cosa che facevano non gli importava, come agivano non gli importava.
L’aria fresca lo stava facendo rabbrividire.  Non vedeva l’ora che quell’assurda missione finisse.

NOTE: Sono tornata con il seguito della storia. So che lo aspettavate (mi sto illudendo da sola), spero possa piacervi.
Ho voluto far parlare Ruki, era giusto che anche lui prendesse parte alla storia, e mi sembrava ingiusto farlo parlare a storia quasi finita quindi, ho deciso di dargli la parola. Ho cercato di far capire che situazione c'è all'interno del gruppo del Buio, ma non so se ci sono riuscita.
Infine l'allenamento nella nuova palestra. Ero indecisa su come farla, cosa metterci all'interno, poi ho deciso di metterci le solite cose che ci sono nelle palestre, ninja.

Spero che la storia vi piaccia! Mi ha fatto piacere leggere i commenti che avete scritto nei capito precedenti, e mi fa piacere che qualcuno segua questa stroria, perchè la davo già spacciata.
Fatemi sapere cosa ne pensate, vanno bene anche critiche e suggeriementi. :)  Non ho mai scritto così tanto prima d'ora.. bho..

Al prossimo capitolo! 

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Capitolo 5
*** Bomba Tanuki (Parte 1) ***


Era arrabbiato, nervoso e stanco. Non aveva voglia di ritornare indietro, non così presto almeno. Dopo la scenata del loro capo, Ruki e l’altro erano stati obbligati a riprogrammare l’orario delle bombe. Troppo tardi secondo lei, troppo tempo sprecato. La Loro missione non aveva una scadenza così prolungata, ma neanche così vicina.
Erano le 18:56, ed era all’interno della scuola e ripercorreva le scie delle bombe. Non avrebbe potuto farlo di notte, sarebbero esplose. Era accompagnato da quell’odioso uomo che credeva di essere un capo, lui sapeva come riprogrammarle, Ruki no.
− Accidenti, le hai nascoste proprio bene. Faccio fatica a vedere persino io, e sono anni che armeggio con queste bellezze. – si guardava in giro sorpreso, erano nascoste davvero bene. Poche, ma nascoste a regola d’arte.
− Ho fatto solo quello che mi hai detto. Mi hai detto di nasconderle sempre nell’ombra e io l’ho fatto, ho sbagliato? –
− Oh no, hai fatto un lavoro eccellente. Credo tu mi abbia superato in bravura. – reimpostò la bomba appena ritrovata. – Fai faville nel nostro clan, e le ragazze ti acclamano e ammirano; sei una sorta di celebrità. – il tic tic del programma per impostare quelle diavolerie gli dava fastidio all’udito. – Sono proprio contento di fare squadra con te, arriveremo molto in alto, credimi. – continuarono il giro fino all’ultima bomba. – Sei sicuro che erano tutte? Mi sembrano un po’ poche. – era rannicchiato sotto la scrivania del preside che risistemava la bomba.
− Sì, mi sembra di sì. – ci pensò, non ricordava bene quante ne avesse nella borsa che aveva.
− Lo sai vero che se qualcosa va storto cosa succede, vero? −
− Sì. – lo sapeva bene, l’aveva visto fare a un altro che non aveva portato a termine il suo compito. Non gli era piaciuto.
− Bene, io controllo la situazione fuori, tu ricontrolla per l’ultima volta le bombe. Non si sa mai. – così fecero.  Una volta ultimato l’ultimo controllo se ne andarono.
Nessuno li aveva visti, non avevano lasciato tracce del loro passaggio. Erano stati invisibili.

_________________

Una leggera prezza mattutina li scompigliava leggermente i capelli biondi. Era mattina presto, il sole brillava ma non era alto. Si stava dirigendo verso un’altra giornata di scuola, un’altra monotona giornata di allenamenti. Era il secondo giorno, ma sapeva già che sarebbero cominciate le cose difficili. Camminava a passo lento verso il negozio della madre di Uruha, un piccolo negozio di alimentari che riforniva un intero quartiere. Entrò nel negozio aprendo la porta in ferro, non c’era nessuno alla cassa ne al banco, si schiarì la voce. – Ehm… c’è nessuno? Uruha? Ci sei? – il silenzio assoluto. Si addentrò lentamente percorrendo gli scaffali colmi di cibo, nessun segno di vita.  – Uruha? Se è uno scherzo non è divertente, dai esci fuori. Prometto di non arrabbiarmi. – Si infilò nel reparto dei cibi in scatola e lo percorse, a metà del corridoio iniziò a sentirti osservato, si guardò in torno, nessuno. Era certo che il suo amico fosse lì, nascosto. Sì ma dove?, era quella la domanda.  Continuò a camminare lentamente arrivando quasi alla fine del corridoio. Stava iniziando a spazientirsi. Sulla soglia di quel corridoio una figura magra e più alta di lui gli si parò davanti facendolo spaventare e arretrare di qualche passo. Un virile urlo femminile uscì fuori dalle labbra del biondo che istintivamente, prese dallo scaffale il primo barattolo di cibo già pronto che gli capitò, lo impugnò e colpì la sagoma con il bordo del barattolo; l’etichetta si scollò leggermente. La sagoma cadde a terra, rantolando e mugugnando dal dolore, poi Reita si accorse di chi aveva colpito.
− URUHA?!? – strillo mentre soccorreva l’amico a terra.
− Ahi che male! –
− Accidenti a te! Ti sembra il caso di nasconderti dietro lo scaffale per prendermi di sorpresa? – Uruha aveva alzato gli occhi verso di lui, lucidi e sul punto di piangere. Sembrava un cerbiatto indifeso.
− Rei mi hai fatto male lo sai? −
− Sì scusa, ho esagerato.  – sorrise dolcemente – Ma tu cosa ci facevi dietro lo scaffale? −
− Verificavo le mie doti da ninja! Sono bravo vero? Eh? Dillo che non ti eri accorto che ti osservavo, sono invisibile!!! – si era ripreso, lo sguardo da bimbo felice.
− Sì un’ombra nel buio. – appoggiò la mano sul punto dove l’aveva colpito. Il castano, scosso dal dolore, si allontanò di scatto, urlando e portandosi le mani alla testa.
Un piccolo bernoccolo emerse fra i capelli luminosi di Uruha.

_______________

 

Si sentiva più sudato di quello che era, oltre ad avere caldo e sete. Prese l’asciugamano bianco che aveva lasciato sul tavolino nella sala relax. Aveva appena concluso il suo turno, un combattimento con Amaya usando le armi. Lui aveva scelto un’elegante katana, mentre lei aveva optato per i nunchaku. Era brava, lo era davvero. Un’ottima tecnica e un’efficiente strategia di combattimento, lo aveva battuto. A lui piaceva pensare che ‘l’aveva lasciata vincere’, ma sapeva benissimo che non era così. Era stata più furba di lui, non si era fatta fregare, ne lasciata sovrastare dalla sua stazza. Nonostante il leggero peso in più, quella ragazza era molto veloce.
− Aoi kun? – era lei. Aoi si era girato a fissarla.
− Spero tu non te la sia preso per la mia vittoria, è solo allenamento. Non voglio deriderti. – abozzò un sorriso.
− Tranquilla è tutto a posto, per così poco non me la prendo neanche. Stavo solo riflettendo sulle tue enormi doti nel combattimento. Davvero formidabili. – la riempì di complimenti per altri minuti, non che gli desse fastidio la sua presenza, ma era uno che non sopportava perdere. Un conto era quando perdeva contro Uruha, un contro era un’altra persona. Adesso che ci pensava, lui e quel casco di banane con le gambe non erano ancor arrivati, avevano saltato la prima ora.
Chissà che cosa stanno combinando quei due, non è da loro fare un ritardo del genere.
Si asciugò il sudore sulla fronte, piccole goccioline di sudore cadevano dalla punta dei suoi capelli. Ritornò nella palestra. Kai e Noboru si stavano sfidando da qualche minuto e le ragazze facevano tutte il tifo per Kai. Con quella faccia da bravo ragazzo e quelle fossette aveva sciolto i loro cuori come burro al sole. Anche loro impugnavano armi, Kai aveva scelto i sai mentre Noboru una spada normale. Guardò l’orologio appeso al muro della stanzetta rilassante, erano le 10:12.

_________________ 

La borsa col ghiaccio gli gelava il cervello, però il dolore era sparito.
− Davvero Uru mi dispiace. Se non ti fossi nascosto come un bambino questo non sarebbe successo. – Reita aveva incrociato le braccia la petto. L’altro lo guardava in cagnesco.
− Era necessario colpirmi con un barattolo in testa? – squittì.
− Ero spaventato, capisci? Tu come reagiresti se qualcuno ti sbucasse all’improvviso dal nulla, eh? – aveva alzato un po’ troppo la voce. La madre di Uruha entrò nel retro del negozio con un piccolo piattino con due bignè alla crema e un bicchiere di latte, adagiò il tutto sul tavolo vicino Uruha.
− Ecco mangia questi, vedrai che dopo sarà passato tutto. – Al castano si illuminarono gli occhi, ringraziò la madre e si gustò i due meravigliosi bignè, che solo a vederli davano l’aspetto di essere buonissimi, annaffiati da un bicchiere di latte. Poi il castano si girò verso il biondo.
− Oh, scusa, mi sono dimenticato che c’eri anche tu. Te ne avrei lasciato un po’. −
− Certo come no, è un miracolo se hai lasciato delle briciole. – fece un viso imbronciato
− Questo  è il prezzo da pagare per vermi colpito. Mi pare ovvio. – leccò il piattino per togliere le briciole.
Discussero ancora un po’, poi Uruha decise di andare a scuola, nonostante le proteste della madre. Aveva preso lo zaino ed era uscito insieme al biondo, non prima che la madre del castano facesse la linguaccia a Reita mentre il figlio era di spalle. Reita aveva fatto finta di niente, l’aveva presa come normale preoccupazione di una madre verso il figlio.
Erano usciti e ora stavano correndo, come loro solito, verso la scuola.

 _________________________


I suoi occhi si erano persi oltre l’orizzonte, oltre le nuvole che fluttuavano nel cielo spinte da un venticello primaverile. Era appollaiato sul ramo di un gigantesco albero, gambe incrociate e sguardo perso. Il vento scompigliava quei pochi fili di capelli che uscivano ribelli dalla bandana nera che aveva in testa. Non aveva una mascherina sulla faccia, quando non ‘lavoravano’ non la usavano. Da lì, poteva vedere la scuola, la casa dell’imperatore, e un pezzo del fiume in cui amava pescare. Sentì il cuore stringersi quando il lontano fiume riempì i suoi occhi. Ma ormai erano ricordi lontani. Le sue iridi scure si posarono sulla scuola, un’enorme edificio che emanava saggezza e forza. Non solo perché sul tetto aveva degli enormi draghi colorati, simboleggiavano i quattro fiumi più importanti del paese; il preferito di Ruki era il Fiume Giallo.
− Sei impaziente di goderti lo spettacolo? Io sì, non vedo l’ora di ammirare il tuo splendido lavoro. – Takayuki si era seduto accanto a lui, un sorriso non del tutto maligno era dipinto sul suo volto, sarebbe diventato totalmente maligno subito dopo la prima esplosione. –Come premio per il tuo lavoro, se fossi stato una ragazza avresti ricevuto dei premi speciali, come abitini sexy e giochini interessanti; ma sei nato maschio, quindi ti spettano delle belle ragazze che soddisferanno ogni tua richiesta.  – non che a Ruki non importassero le ragazze, tutte le ragazze erano belle, anche se in sovrappeso e leggermente brutte, solo non aveva questo interesse morboso.  – Adesso quella seccatura non avrà più niente da ridire, abbiamo fatto… tu hai fatto un lavoro eccellente. Mi complimento, degno di un vero ninja. Farai strada ragazzo, credimi. – aveva appoggiato la schiena contro il tronco dell’enorme albero allungando i piedi sul ramo. Ruki era rimasto immobile, gli occhi fissi sul Drago Giallo che puntava verso l’orizzonte.
Ormai mancava poco.
_______________

− Corri Reita! CORRI! – lo incitava il castano, mentre a passo lungo correva verso la scuola. Erano quasi arrivati, e Reita aveva la lingua lunga fino in terra. Uruha era veloce a correre, arrivava sempre primo. Era convinto che le gambe lunghe lo aiutavano in questi record. Percorsero il grande viale che portava all’enorme piazza centrale della città, dove il biondo dovette fermarsi per prendere fiato. Non sembrava, ma la strada per arrivare alla scuola era lunga, e loro la facevano correndo tutte le mattine.
− Dai Rei, sei più vecchio di me di qualche giorno ma non pensavo avessi il fiato così corto. – lo beffeggiò Uruha, che aveva le braccia incrociate al petto e lo sguardo da professore.
− Zitto anatroccolo! Non corro veloce come te, io! – ansimò l’altro mente riprendeva fiato, sdraiato su uno dei lampioni della piazza.
Erano ripartiti, correvano come matti. Passarono davanti all’orologio della farmacia, le 10:18.
Erano in ritardo.
Arrivarono in vista della scuola, Reita era agli sgoccioli. Non aveva mai corso così tanto veloce, i muscoli iniziavano a fargli male e la punta allo stomaco lo nauseava. Ma era quasi arrivato e doveva resistere.
− Uruha non c’è la faccio. −
− Dai resisti, siamo quasi arrivati. −
− Almeno possiamo camminare? −
− Sì, ma a passo svelto. – rallentarono, si fermarono un secondo. Reita aveva il fiatone e gli occhi lucidi.
− Tutto bene? – Uruha era preoccupato.
− Sìsì sto bene, ora passa. – si incamminarono a passo svelto verso la scuola che era ormai vicina.
− Dai sbrigati che siamo in ritardo!! −
− Sì si arrivo. – le due ragazze camminavano cercando di fare il meno rumore possibile, erano in ritardo.
– Ehi Mitsuko aspetta, prendo da bere al distributore. −
− Eh?! Ma siamo in ritardo, e dobbiamo andare in palestra, sbrigati!! −
− Ci metto un attimo. – inserì la moneta nel distributore e selezionò la bevanda. Mitsuko si tolse lo zaino, lo aprì e iniziò a frugarci dentro, Keiko afferrò la lattina  e si avvicinò all’amica.
− Che stai facendo? – ripose la lattina nello zainetto color pesca.
− Controllavo di non aver dimenticato nulla, lo sai che il professore si arrabbia se ci manca anche sono una singola arma. – contò gli shuriken e i kunai, c’erano tutti. Mentre li rimetteva nello zaino, un kunai le scivolò di mano andando a fermarsi vicino a un enorme vaso. Mitsuko corse a prenderlo, e mentre afferrava l’oggetto di metallo, notò qualcosa dietro al vaso, lo prese e lo guardo. – Ma che cos’è? –
− Mitsuko, ora sei tu quella che fa tardi. Sbrigati. – era andata avanti, era parecchio distante.
− No aspetta, ho trovato qualcosa. E’ un tanuki! −
− Un tanuki? −
− Sì, non mi ricordavo avesse i testicoli così grossi. −
_____________

− Ancora qualche secondo e le bombe esploderanno! – sghignazzava perfido verso la scuola che si ergeva fra le case. Era in piedi sul ramo dell’albero.  – Fra poco, il caos regnerà in questa città. Metteremo tutto in subbuglio. – lo sguardo folle di uno scienziato pazzo, che ha appena testato la sua ultima scoperta e ha visto che funziona a meraviglia.
− Nel piano non bisogna uccidere, vero? −
− No Ruki non ancora. Capisco che dopo aver ucciso l’imperatore, la tua sete di sangue non si sia ancora prosciugata; ma tranquillo, sarà bello uccidere anche suo figlio. – si era girato a guardarlo, aveva lo sguardo da posseduto. Ruki non aveva proferito parola, non sapeva cosa dire. Non vedeva l’ora che tutto quello finisse, così poteva tornarsene a casa e dimenticare tutto.
Il suo sguardo era ancora fisso sul Drago Giallo, splendeva quasi più del sole.
Poi ci fu un rumore assordate e fumo che si levava in aria.
Lo spettacolo era appena cominciato.

 
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All’interno della scuola, sotto la cattedra del preside, nella palestra per l’allenamento normale e in alcune aule, erano nascoste piccole bombe a forma di Tanuki, ognuna piena di una potente carica esplosiva. Erano esplose insieme, quando il cronometro all’interno delle bombe era arrivato allo 00:00. Gli studenti presenti nelle aule si erano spaventati. Alcuni si erano rintanati sotto i banchi, altri erano corsi fuori dall’aula in preda al panico. Altri ancora, cercavano di capire cosa stava succedendo. Nella palestra per l’allenamento normale, dei ragazzi erano rimasti feriti, altri si erano messi a piangere. Nell’ufficio del preside, la comoda sedia rossa esplose, perdendo in giro il cotone di cui era imbottita. I mobili erano quasi tutti distrutti, fogli bruciati volavano incendiando altri fogli sani. Subito gli insegnanti portarono fuori dalla struttura in fiamme gli studenti. Gli edifici scolastici crollarono su loro stessi, creando fumo e macigni vaganti. La nube grigia si alzava verso il cielo, per poi essere trascinata dal vento.
I soccorsi arrivarono dopo poco tempo.

_____________

Il boato improvviso fermò i loro passi, facendoli alzare gli occhi verso il cielo. Una nube grigia si alzava dalla scuola. Ripresero a correre veloci. La polizia sbarrava loro la strada, mentre la gente si avvicinava al luogo del disastro. Cercarono di passare dicendo che erano studenti della scuola, ma ogni loro tentativo era inutile.
Rimasero a guardare il disastro dietro le transenne.

 ________________

Il boato era stato forte, e il fumo era molto. Takayuki esultava dalla gioia. La missione era stata portata a termine brillantemente, ma non era ancora finita. Grida di gioia uscivano dalle sua labbra, saltava sul tronco dell’albero rischiando di volare di sotto, ballava. Era contento, ora c’era il caos di cui avevano bisogno, potevano portare a termine il loro piano. In tutta quella felicità, Ruki era rimasto serio, impassibile. Si sarebbe agitato se il Drago Giallo fosse caduto, ma non successe; era contento di quello. Ma la sua espressione non era mutata. Il vento soffiava un po’ di fumo anche nella loro direzione.
La prima parte della missione era terminata, potevano ritirarsi. Abbandonarono l’albero e ritornarono alla base.
Se il resto dell’operazione fosse andata a rotoli, almeno avevano un punto a loro favore.



Note:

Shalve sono tornata!!
Sono passati parecchi mesi dall'ultima ff, 5 per la precisione, (Sono tanti!! >.<'') Era la ff di natale con Kai, vi annuncio qui che per quella ci sarà una sorpresina, ma io non vi ho detto niente. è.é
Questa è la prima parte del nuovo capitolo dei Cinque Ninja, la prossima è già pronta e la posterò più avanti. ;)*
Spero che il capitolo possa piacervi, ci ho messo un po' per scriverlo (ho messo meno tempo per il secondo -_-''), comunque mi sono impegnata tantissimo!! 
Vi chiedo perdono se mi è sfuggito qulche errore di ortografia o altro, e vi chiedo perdono per la storia banale, gomenasai! Nelle prossime prometto di impegnarmi di più.
Adesso vi lascio tranquilli, non ne posso più di "AutoInsultartmi", è fastidioso!! Sentitevi liberi di lasciare un commento, non mordo promesso. ;3
Al prossimo capitolo!!

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Capitolo 6
*** Bomba Tanuki (Parte 2) ***


Sembrava che quel fumo grigio avesse già raggiunto il sole.
Reita e Uruha erano rimasti dietro le transenne, a osservare la tragedia davanti ai loro occhi. Non potevano aiutare gli altri, che erano rimasti bloccati dalle macerie e dal fumo. Rimanevano lì, in attesa di un’occasione per intrufolarsi dentro.  C’erano molti uomini al lavoro.
− Rei non possiamo stare qui con le mani in mano, dobbiamo fare qualcosa! I nostri amici sono la dentro! – aveva i pugno chiusi vicino al petto e lo sguardo serio.
− Vorrei essere di aiuto anch’io, ma siamo bloccati qui. – osservava gli uomini al lavoro, cercando un loro punto cieco in cui passare. Erano ninja, ma non sarebbero passati così inosservati visto la massa di gente che c’era.
− Mi scusi ma cos’è successo? – aveva chiesto un passante al poliziotto che dirigeva il traffico delle ambulanze.
− C’è stato un attentato, quelli del Buio hanno colpito ancora. Vi preghiamo di restare dietro alla sbarra. – subito un vociare si sollevò, Reita cercò di tapparsi le orecchie.
− Ecco, adesso pure le scuole prendono di mira. −
− Il nostro paese non è più sicuro. −
− Rei cosa facciamo? – il biondo ci stava pensando, l’entrata principale era bloccata e le mura o erano crollate o non erano accessibili. – Mi senti? – poi gli venne un’idea.
− Dietro! −
− Eh? −
− L’entrata sul retro. Non è stata danneggiata e sicuramente non c’è nessuno. –

 
Ritornò dentro tossendo per il troppo fumo, gli abiti appena impolverati. Era ritornata nella palestra vicino all’insegnante.
− Cos’è successo la fuori? Percepisco un gran casino, e un continuo movimento di persone. – la ragazza era alle sue spalle.
− C’è fumo ovunque. Devono essere scoppiate delle bombe, si sentono sirene che vanno e che vengono. – tossì ancora portandosi una mano alla bocca. – Sono crollati degli edifici, la sede centrale è a rischio. – l’insegnante non mutò l’espressione. Si voltò verso la ragazza che tossiva.
− Capisco, ottimo lavoro. Vai pure nella sala relax a riposarti. – Kotone annuì e si avviò alla sala rilassante, poi l’insegnante si voltò verso i ragazzi, rimasti in silenzio e con gli sguardi in attesa di risposta. – C’è stato un  attentato, sono esplose delle bombe nei normali edifici scolastici, e la sede principale è stata danneggiata. Resterete qui finche il peggio non sarà passato. Continuate pure ad allenarvi – Si voltò dirigendosi verso la sala relax, Kotone era seduta sulla sedia di vimini.
− C’entra il buio? – Amaya aveva l’espressione preoccupata.
− Le uniche persone che possono fare un attentato sono loro.  – Noboru aveva posato la punta della spada in terra.
− Ipotizziamo che sono stati loro, qual è il loro obbiettivo? – domandò Kai facendosi serio.
− Che domande! Mi pare ovvio. Sono venuti per me! La loro invidia per la mia bellezza è senza fine, ammettetelo, avete invidia anche voi, eh? – la posa da ballerina classica, la bocca a culo di gallina e l’espressione da totale imbecille. Questo è Aoi.  Gli altri lo fissarono non sapendo cosa dire, poi Noboru ruppe il gelo.
− Forse nella sede centrale è nascosto qualcosa che vogliono, negli anime a volte è così. – Aoi aveva abbassato la testa in segno di depressione e isolamento per la considerazione dei suoi compagni. Sentiva la mancanza di Uruha.
− Hai ragione! Hanno creato un diversivo per poter entrare e rubare il…. la… uh……. Cosa c’è da rubare nella sede centrale? – si guardarono tutti in faccia, tranne Aoi.
− Non ne ho idea, forse qualche documento segreto. −
− Brava Kaori! Sei sempre la più furba! – la ragazza arrossì all’allegro complimento di Noboru.
− Bene, ora però facciamo come ha ordinato il professore, alleniamoci. Sennò ci farà restare qui tutta la notte. – Kaori era quella saggia, timida e responsabile. Annuirono tutti, compreso Aoi. Kai e Noboru ripresero ad allenarsi.

 La trovò seduta sella sedia di vimini che tossiva, il suo abito cinese era ancora impolverato. Le si avvicinò e si inginocchiò accanto alla sedia, parlandole piano. – Kotone cosa hai visto? – la ragazza tossì un’altra volta, poi guardò il professore.
− Fumo ovunque, e sirene delle ambulanze che vanno e vengono. Pompieri e polizia. Una grande folla che assisteva alla scena, e fra la folla c’erano anche Reita e Uruha. Si stanno dirigendo all’entrata sul retro. – tossì ancora. L’insegnante fece sfuggire un sospiro, sorrise appena.
− Bene, loro stanno bene. Hai per caso visto gli altri insegnanti o alunni? −
− Visti no, ma sentiti si. I ragazzi urlavano dalla paura e gli insegnanti urlano per tranquillizzarli. – fece un profondo sospiro. – Non sono abituati a tutto questo. −
− Già, quelli del primo anno saranno i più spaventati. Per loro è una cosa completamente nuova. – si alzò in piedi stiracchiandosi la schiena. – Tu riposati, hai la giornata libera. Io vado ad allenare i miei schiavetti. – la salutò con un cenno della mano e si avviò verso l’uscita, lei lo salutò con un sorriso, poi chiuse gli occhi e cercò di addormentarsi.

Noboru e Kai avevano abbandonato le armi ed erano passati alle mani. Il biondiccio non accettava la vittoria di Kai, così prendendolo alla sprovvista, l’aveva aggredito e avevano iniziato a scazzottarsi.  Non era una lotta ninja corpo a corpo, ma una vera e propria rissa per uno stupido motivo. L’insegnante li osservava con sguardo triste. Aveva appena iniziato con loro, eppure, aveva già capito che c’era molto più lavoro da fare di quello che pensava. Sospirò e si avvicinò a loro a grandi passi. Amaya, Kaori e Aoi stavano facendo il tifo per il vincitore; le ragazze erano composte, piccoli saltelli e battiti di mani, con qualche urletto di gioia di incoraggiamento per i due combattenti. Mentre Aoi si stava denudando; aveva tolto la maglia blu e la roteava sopra la testa urlando come un matto. La maglietta gli scivolò di mano, andando a cadere in terra, sarebbe passato presto ai pantaloni se non fosse intervenuto.
− Cos’è lo zoo questo? Vi sembra il modo di allenarvi questo?  Mettetevi in riga! –i ragazzi si fermarono, Noboru stava preparando un pugno da tirare a Kai. Si alzarono e si disposero con gli altri tre in fila. Aoi raccolse in fretta la sua maglietta e la indossò. – Vi avevo semplicemente detto di allenarvi, non di comportarvi come scimmie. Da adesso in avanti non voglio più vedere una situazione simile, siete ninja non bambini piccoli. Cercate di comportarvi come tale. −
− Sì sensei. – dissero in coro i ragazzi.
− Adesso Kai e Aoi andate sul retro della palestra, Reita e Uruha stanno arrivando. −
− COSA?! Uruha sta arrivando? – aveva le stelle al posto degli occhi – Finalmente qualcuno che mi considera e mi capisce. Ah~. – l’espressione innamorata.
− Andate a prenderli e portateli dentro. −
− Andiamo subito. –

 Aprirono la porta in ferro e guardarono verso il cancello. Reita e Uruha non erano ancora arrivati.
− Non sono ancora arrivati, siamo sicuri che arriveranno da qui? – domandò Aoi un po’ dubbioso.
− Certo, se il professore ci ha ordinato venire qui, vuol dire che ne è certo. – Kai teneva lo sguardo fisso sulla cancellata, era certo sarebbero comparsi da li a poco.
− Ah~, non vedo l’ora di rivedere il mio Uruha. Sarà spaventatissimo nel vedere tutto quel fumo. −
− Aoi ti prego smettila, ho mal di denti con tutto questo zucchero! – il moro si limitò a sbuffare e a puntare lo sguardo verso la cancellata. Non erano ancora comparsi. Il vento tirava fumo anche da quella parte.
D’un tratto, due figure apparvero dietro il cancello della scuola, che si aprì lasciandoli entrare.
− URUHAAAA!!!!! – il moro cominciò a correre verso il castano che subito si nascose dietro a Reita. Aoi si bloccò con lo sguardo triste. – Ma io sono felice di vederti. – piagnucolò.
− Immagino, però hai un po’ troppa foga, capisci? –  poi Aoi notò qualcosa. Una bernoccolo fra i capelli di Uruha. Si avvicinò per guardare meglio spostando i capelli.
− AAAHHHH!! Chi ti ha fatto questo?!!? Chi è stato la bastardo!??? – aveva le lacrime agli occhi, teneva fra le mani quelle tiepide di Uruha.
− N-Non è successo niente, credimi. – sorrise, ma ad Aoi non bastava.
− E tu lo chiami niente? Hai un bernoccolo, com’è successo? – stava per mettersi a piangere.
− Mi è caduto un barattolo in testa. Sono inciampato e sono caduto contro lo scaffale e il barattolo incriminato è caduto colpendomi. – fece un sorriso ampio.
− Oh Uruha! Non preoccuparti, da adesso ti proteggerò io da barattoli, cucchiai, padelle, scope e tutto il resto. – fece l’occhiolino sorridendo in maniera perversa.
− Sì certo, come no. – soffiò Reita da sotto la benda mentre si incamminava verso Kai.
− Cosa? Per caso c’entri con il bernoccolo di Uruha? −
− Non direttamente. −
− Sei stato tu ha colpire il povero Uruha?! – gli aveva puntato il dito contro.
− Uff e va bene, sono stato io. Ma è stato un incidente, è colpa di Uruha. −
− COSA?!!!? Hai osato ferire Uruha con un barattolo?! TU, pagherai per questo! – fu lo stesso Uruha a evitare una rissa.
− Ha ragione lui è colpa mia. Lo spaventato e mi ha colpito per difendersi. −

Entrarono nell’edificio chiudendosi la porta alle spalle. In palestra non c’era nessuno, la porta della sala relax era aperta e si sentiva vociferare. Si avvicinarono.
− Ho detto di no. −
−Ma noi siamo pronti! – i quattro entrarono
− Che succede? −
− Ah Kai, siete tornati. Il professore non ci da il permesso di andare a controllare la situazione la fuori. – Amaya gonfiò appena le guance facendo una smorfia.
− Esatto non ho intenzione di mandarvi, c’è troppo casino. Non se ne parla e smettetela di chiederlo. Non vi è bastato vedere com’è ridotta Kotone? – Amaya, Kaori e Noboru si ammutolirono fissando il pavimento.
− Ma se non ci fa neanche provare come sa che non siamo all’altezza del compito? Siamo tutti al quinto anno, abbiamo lavorato sodo per fare questo, ma se non ci lascia provare come fa a sapere che siamo migliorati? – Kaori quasi urlò. Era la più saggia del gruppo. Kotone aprì gli occhi guardando i ragazzi.
− La ragazza a ragione, è giusto che anche loro facciano le loro esperienze. Capisco che non vuoi mettere a rischio le loro vite, ma prima o poi dovrai farlo. Lascia che vadano a chiedere informazioni sull’accaduto. – tossì forte e sembrò svenite sulla sedia.
− Kotone!?! – l’insegnate le si avvicinò preoccupato.
− Lasciali andare. – L’uomo ci pensò su un secondo, chiuse gli occhi. Sbuffò riaprendoli poco dopo, la sua assistente ha ragione. Si alzò e andò verso di loro, li guardò negli occhi.
− E va bene vi lascio andare, ma dovrete stare attenti. – i tre esplosero dalla gioia. – Vi affido una missione, fare luce su quello che è successo, chiedete informazioni , tutto chiaro? −
− Certo! – Urlarono in coro, poi senza salutare corsero fuori dalla palestra immersa nel fumo. L’uomo si voltò verso Kotone –Sei contenta ora? −
− Sì ora sì. Tutti dobbiamo fare le nostre esperienze, non vedo perché quei tre ragazzi non possano fare le loro. Anche noi abbiamo fatto le nostre e sono servite a migliorarci. – un sorriso caldo si dipinse sul suo volto angelico.
− E’ che li vedo tutti come miei figli, sai è snervante. −
− Ti capisco. – risero insieme,poi si accorsero del pubblico che li guardava.
− Invece di stare li fermi come dei pali della luce a guardare andate ad allenarvi!!! – urlò il professore contro i quattro ragazzi.
− Sì subito! – corsero in palestra spaventati. Lo scricciolo seduto sulla sedia di vimini si mise a ridere di gusto.
− Ti adorano quei ragazzi. −
− Sì certo, mi adorano. –

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Una volta aperte le porte di ferro verde, i tre ragazzi si trovarono immersi nel fumo. L’aria era quasi irrespirabile e i loro vestiti erano pieni di polvere e cenere. Si distinguevano a fatica gli alberi, il vento li aiutava spostando un po’ il fumo.
− E’ come ha detto Kotone, c’è fumo ovunque. – Amaya tossì, così come gli altri due.
− Andiamo sul tetto, magari c’è meno fumo e riusciamo a vedere qualcosa. – Noboru spiccò il salto per primo,  una volta in cima al piccolo edificio, osservò il fumo che si diradava a fatica. – Che disastro. −
− Oltre il fumo dovrebbe esserci la folla di curiosi di cui ha parlato Kotone. – Kaori indicò col dito indice un punto imprecisato nel fumo.
− Giusto, si sentono le sirene e urla varie. Ma prima andiamo a cercare dispersi. −
Saltarono giù e si immersero in quel casino. 

− Grazie ci siete stati di grande aiuto. – il capo pompiere li salutò con un sorriso e una stretta di mano, poi rimontò sul suo veicolo e si allontanò insieme alle altre pompe. Il fuoco generato dalle bombe era stato domato, restavano solo le ambulanze.
− Abbiamo fatto un ottimo lavoro, il professore sarà fiero di noi. −
− Ben detto Amaya, siamo i migliori!! – Amaya e Noboru si diedero il cinque mentre Kaori rimase a fissarli.
− Mh? Dai Kaori non fare la timida festeggia con noi! – il ragazzo la prese per un braccio avvicinandola a loro.
− No no no va bene così! – Il pianto di una persona interruppe la loro allegria. Attirati da quel pianto disperato si avvicinarono alla fonte, era una ragazza seduta sulla parte posteriore di un’ambulanza. Piangeva a dirotto, il fazzoletto che usava per asciugarsi le lacrime era fradicio. Non c’era nessuno vicino a lei.
− Ehm… ciao… − provò a dire Kaori mentre si avvicinava piano alla ragazza, che non smetteva di piangere e urlare.  – Ehi posso sedermi vicino a te? – la ragazza fermò un secondo le sue lacrime  guardando Kaori per poi ricominciare a piangere.  – Dai smettila di piangere  non è successo niente. −
− E tu questo lo chiami niente? Il disastro che è successo oggi lo chiami ‘niente’? – aveva smesso di piangere e la stava guardando male.

− Secondo te cosa si stanno dicendo? −
− Non lo so, ma dallo sguardo della ragazza Kaori deve aver usato delle parole sbagliate. – Amaya e Noboru erano rimasti in disparte, mandando Kaori dalla piangente ragazzina, le avevano detto che aveva più tatto di loro, uno sguardo e un atteggiamento rassicurante. La ragazza si era rassegnata, e sbuffando si era avvicinata alla ragazza sull’ambulanza.
− Dici che dobbiamo andare la? −
− Non ancora, aspettiamo ancora qualche minuto. – erano appostati poco distante, aspettavano un segnale della ragazza per avvicinarsi; ma quello tardava ad arrivare.
− Io vado, sembra che le stia urlando dietro. −
− Ti seguo a ruota  Ami! −
− Non ti ho dato il premesso di darmi soprannomi!!! – ringhiò la ragazza verso il giovane
− Addosso a te è così carino, e poi mi pare che ormai siamo in confidenza. −
− Lasciamo perdere, andiamo da Kaori. – sbuffò.

− No ascolta hai frainteso, non intendevo questo. −
− Non mi interessa! Tu non hai idea di quello che è successo qui!! −
− Io… −
− Ehi tutto bene? Non sei ferita vero? – la interruppe Amaya sorridente.
− Io sto bene, ma voi chi siete? – i tre si guardarono negli occhi prima di rispondere, poi Noboru si inginocchiò davanti alla ragazza.
− Facciamo parte di un piccolo gruppo che segue un addestramento speciale. Siamo nella stessa scuola, anche se penso non ricordi di averci mai visto. Siamo in un’altra struttura e siamo qui per controllare i danni dell’attentato. – la ragazza si perse a fissare il viso del ragazzo, lo trovava affascinante.
− Possiamo sapere come ti chiami? −
− Mi chiamo Keiko. −
− Bel nome. Io sono Amaya, lei è Kaori e il ragazzo è Noboru. – Keiko sorrise, aveva smesso di piangere.
− Prima hai detto che non abbiamo idea di quello che è successo, ed è vero. Tu lo sai? –
− …sì. –
− Puoi raccontarcelo? – Intervenne Amaya in tono gentile.
− Io e la mia amica eravamo nel corridoio, eravamo in ritardo. Mi sono fermata al distributore di bevande, Mitsuko mentre mi aspettava si è chinata a cercare qualcosa dentro lo zaino, poi ha visto qualcosa dietro al vaso che era vicino a lei. Io ero andata avanti, ha guardato cos’era. – si prese la faccia fra le mani ristoppiando a piangere, ma si riprese, si asciugò le lacrime e continuò a raccontare – Era una bomba a forma di tanuki. −
− COSA??! Una bomba a forma di tanuki?? Ma dove lo metti l’esplosivo in un tanuki? −
− Noboru non essere indelicato!!  Non è una cosa su cui ridere! – Amaya gli sferrò un pugno fra capo e collo. Keiko smise di singhiozzare.
− KEIKO! KEIKO!! – una donna stava correndo verso  di loro, stava urlando come una matta e aveva le lacrime agli occhi.
− MAMMA!!! – la ragazza si alzò repentina e corse verso la madre che l’abbracciò.
− Oh bambina mia. – piangevano a dirotto.
− E’ arrivato il momento di tornare a fare rapporto. −
− Giusto, Kaori ha sempre ragione. Su andiamo, non abbiamo più niente da fare qui. −
In silenzio si allontanarono. Il vento aveva portato via tutto il fumo, mostrando le macerie.

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La bava gli scendeva abbondante dalla bocca, si era addormentato da parecchio tempo ormai. Non russava però, e nessuno si era accorto del suo assopimento. Meditavano orami da venti minuti, ma erano bastati perché Reita si addormentasse. Uruha era concentratissimo, così come Kai. Aoi invece era seduto verso Uruha e lo stava osservando, era la sua musa ispiratrice di qualcosa che non sapeva nemmeno lui.  Anche l’insegnate stava per addormentarsi ma cercava di resistere. Il silenzio che si era generato nella palestra li avvolgeva. Kotone stava dormendo nella sala relax. Una porta si aprì facendo sussultare i presenti, i tre erano arrivati. Erano scuri in volto e lo sguardo basso.
− Ah, siete tornati. – l’insegnante si alzò in piedi e andò loro incontro, notò subito i loro volti – Cos’è successo? E’ crollata la sede centrale e non me ne sono accorto? – i tre ragazzi non risposero, si avviarono in silenzio verso la sala relax. Una volta entrati, si sedettero sul divano cercando di non svegliare Kotone che dormiva come un angioletto. Arrivarono subito gli altri, preoccupati nel vederli così.
− Mi volete spiegare così successo? – l’insegnante si stava innervosendo. Amaya si strinse nelle spalle mentre i suoi denti torturavano il suo carnoso labbro inferiore.
− C’è stata una vittima, una ragazza. Abbiamo incontrato la sua migliore amica, piangeva disperata seduta sul retro di un’ambulanza. Ci ha raccontato quello che le è successo e… − fece un sospiro leggero per poi riprendere – è veramente triste. –gli occhi di Amaya divennero lucidi.
− E cosa vi ha raccontato? – l’insegnante si era seduto sul tavolino davanti al divano. Kaori e Amaya si fissarono per un secondo, non se la sentivano di raccontare la triste storia di Mitsuko. Per loro parlò Noboru.
− La sua amica aveva trovato la bomba dietro a un vaso, la presa e le è esplosa in mano.  Da li credo sia iniziata la catena di esplosioni. – i presenti fecero un sussulto.
− La situazione è critica, è l’unica vittima? −
− Sembra di sì. – l’insegnante fece un sospiro scoraggiato. Si immerse un attimo nei suoi pensieri, cercando di capire cos’era meglio fare. La situazione non era delle migliori quindi era meglio cercare di fare cosa giusta. Alzò la testa e guardò i ragazzi davanti a lui.
− Ragazzi vista la situazione vi lascio liberi di tornare a casa, non ha poi tanto senso che vi tenga qui e poi, potrebbero aver bisogno del mio aiuto. Tornate pure a casa. −
− Vogliamo essere di aiuto anche noi! −
− Vi capisco, ma credo sia meglio così. −
 Come possiamo imparare se lei ci impedisce di imparare? – l’insegnate ignorò la domanda di Amaya, si rivolse invece ai quattro vicino alla porta d’ingresso della saletta.
− Abbiamo chiamato un’eremita esperto in arti marziali e ninjitsu che verrà ad addestrarvi.  Dovete prepararvi a combattere contro il Buio e la sua minaccia. Oggi è solo l’inizio, presto potrebbe esserci una nuova guerra e dobbiamo essere pronti. – i ragazzi rimasero in silenzio, non emisero una parola. Osservavano in silenzio quell’energumeno tutto muscoli con lo sguardo basso. – Per il momento siete congedati, le nostre lezioni riprenderanno domani. – i ragazzi rivolsero un ultimo sguardo a Kotone, che dormiva beata, prima di allontanarsi.

Camminavano lentamente mentre percorrevano quella stradina isolata a testa bassa. Il vento soffiava forte scompigliando cattivo i capelli delle ragazze e di Uruha. Noboru stava calciando un sassolino che aveva trovato pochi metri prima. Nessuno di loro proferì lettere per tutto il tragitto, si salutarono strada facendo, man mano che arrivavano ognuno alla propria casa, Reita e Uruha erano gli ultimi. Il castano si fermò davanti alla porta del negozio della madre dandogli le spalle, guardò con occhi tristi l’amico facendo una smorfia con la bocca, come se cercasse di trattenere le lacrime. – Secondo te… ce la caveremo con l’eremita? – il biondo lo fissò per qualche secondo, appoggiò dolcemente la mano fra i suoi capelli morbidi sfiorando il bernoccolo e sorrise.
− Ma certo, e tu sarai il migliore. −
− Sì ma… −
− E’ un altro piccolo passo verso il nostro obbiettivo. Con quell’eremita miglioreremo di sicuro, tanto vale provare no? – il pulcino dai capelli castani abbassò appena lo sguardo. – Ci vediamo domani, e vedi non farti trovare con questo faccino triste: non è ancora il momento di intristirsi. – lentamente si incamminò verso casa lasciando il castano sulla porta del negozio, sarebbe entrato dentro diverse ore dopo.
Quando Reita arrivò a casa, un profumo di dolce arrivò al suo naso. In cucina c’era sua madre con una crostata di lamponi fra le mani.
− Ah Rei, pensavo arrivassi un po’ più tardi. Ho preparato la crostata, ma dovrai aspettare un po’ prima di assaggiarla. – un meraviglioso sorriso caldo si illuminò sul suo volto.
− Tranquilla non ho molta fame. Credo la mangerò domani. – si congedò salendo in camera. Era quasi buia, il sole stava tramontando. Si sedette sul letto buttando il suo zaino in un angolo imprecisato della stanza. Si sdraiò e chiuse gli occhi. Dormì per qualche ora prima di svegliarsi nel cuore della notte.

NOTE:

Yooo!!!!! Sono ritornataaaaa!!!!
Ed ecco la seconda parte de Bomba Tanuki, che chiude la parte delle bombe. Ma la storia non finische qui!!! Ho ancora da raccontsare!! >.<
L'ho scritto più lungo rispetto agli altri, le mie cinque pagine non erano abbastanza per scrivere questo obbrobrio. Avevo bisogno di più spazio.
So che la storia non è un gran chè ma non mi va di lasciarla a metà, così la porto avanti e la finisco. Amerete anche voi questa ff e i suoi personaggi!! *falsa convinzione*

Ok, la smetto di digitare cavolate. Spero che questo capitolo vi piaccia, e come sempre fatemi sapere cosa ne pensate.
Commenti, consigli, critiche, obbiezzioni, dubbi e perplessità...non fetevi problemi, io sono qui. *il classico soffio di vento accompagnato da qualche foglia secca*
...........
Al prossimo capitolo!!!  

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