You're my drug

di AliceC12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Malik ***
Capitolo 2: *** Let's party tonight ***
Capitolo 3: *** Cosa c'è fra te e Zayn? ***
Capitolo 4: *** Che succede? ***
Capitolo 5: *** Alcool ***
Capitolo 6: *** Sono stata con Zayn! ***
Capitolo 7: *** Cosa? ***
Capitolo 8: *** Indecisione ***
Capitolo 9: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 10: *** Difficoltà ***
Capitolo 11: *** Anne ***
Capitolo 12: *** Scoperta! ***
Capitolo 13: *** Parole buttate al vento ***
Capitolo 14: *** Louis sa tutto! ***
Capitolo 15: *** Lezioni di nuoto ***
Capitolo 16: *** Vigliacca! ***
Capitolo 17: *** Delusione ***
Capitolo 18: *** Baci rubati ***
Capitolo 19: *** Bacia, dimentica e fuggi ***
Capitolo 20: *** Vorrei... ma non posso! ***
Capitolo 21: *** Bugie rivelate ***
Capitolo 22: *** Passion ***
Capitolo 23: *** Let's try again ***
Capitolo 24: *** I'll fight for him ***
Capitolo 25: *** Like a painter or a bulb ***
Capitolo 26: *** My devil, my monster, my DAD! ***
Capitolo 27: *** Pain is such a bad thing ***
Capitolo 28: *** Just a shadow ***
Capitolo 29: *** Stop Lying ***
Capitolo 30: *** Sempre e per sempre ***



Capitolo 1
*** Malik ***


1. Malik


-Brave ragazze! A domani-
Uscii dallo spogliatoio umido accompagnata delle mie migliori amiche Rose e Jenny,borsone da ginnastica in spalla, divisa impregnata del sudore e della stanchezza degli allenamenti appena terminati ancora addosso.
Raggiunsi l’armadietto e vi lanciai la borsa di malavoglia, con le braccia indolenzite e l’unico desiderio di affondare le mie stanche membra in una vasca ricolma di acqua bollente e sali profumati dove rilassarmi per ore sprofondando nella mia musica.

-Hey Evans bel completino!-
Mi voltai per riconoscere l’autore di un complimento sì troppo ironico e capii di dover posticipare il mio tanto desiderato bagno quando constatai che si trattava di quel cretino di Styles, accompagnato dai suoi quattro amichetti.
-Styles!- mormorai stampandogli un umido bacio sulla guancia.
-Come sta la mia atleta preferita?- domandò con fare scherzoso.
-La tua atleta vorrebbe farsi un bagno- risposi tentando di rendere il più palese possibile il mio desiderio di abbandonarli e tornare a casa.
Quei cinque ragazzi costituivano il gruppetto liceale di ragazzi montati, palestrati, i giocatori di football dalla media eccellente, sogno erotico di qualsiasi individuo di sesso femminile si aggirasse nei corridoi dell’istituto.  Posso dire lo stesso di me e delle mie amiche: cheerleader, io capitano e loro senior, appartenenti alla elite privilegiata della scuola che tutti rispettavano e ammiravano, lodata per la bellezza e la popolarità dei membri che la costituivano.
Tra i due schieramenti correva buon sangue. Simpatia alimentata principalmente dal fatto che potevano guardarci il sedere nel corso delle partite.
E poi c’era lui: Zayn Malik, leader del gruppo di sesso maschile, uno dei ragazzi più odiosi, insopportabili, mal mostosi e cocciuti che avessi mai conosciuto,  di quelli che avresti voglia di prendere a badilate nei denti ogni singolo giorno dell’anno, festività e week-end inclusi.
Se ne stava lì immobile, appoggiato con la spalla sinistra agli armadietti, sguardo assente e vuoto rivolto verso un qualche dettaglio del pavimento che era riuscito a catturare la sua attenzione, solitamente rivolta verso il decolleté di Rose.
Dopo una lunga discussione riguardo la partita del giorno seguente “Michaels vs Tigers”, che tentai di ridurre all’essenziale poiché il mio fisico rivendicava un letto, finalmente io e le mie amiche riuscimmo a congedarci salutando tutti con un bacio sulla guancia e dandoci appuntamento al giorno seguente.
-Evans… la gonnellina tirala un po’ più su, la cellulite sarà più visibile- era strano che il simpaticone non mi avesse ancora rivolto qualche insulto di cattivo gusto, ma offese da parte sua erano ormai all’ordine del giorno e non c’era occasione in cui sarebbe riuscito a cogliermi impreparata.
-Malik, perché non vai a controllare quella della tua fidanzata? Penso che potresti navigarci dentro- ribattei acida e mi allontanai, accompagnata dall’eco dei ragazzi che altro non fece se non alimentare la mia autostima.

Ecco, finalmente: vasca, lettore MP3, capelli raccolti, porta chiusa a chiave, via l’accappatoio e il mio corpo potè finalmente raggiungere il paradiso. Un bagno caldo dopo gli allenamenti era l’elisir contro i dolori muscolari  e un ottimo metodo per rilassarsi dopo essere stata costretta a  sopportare per tutto il giorno la faccia strafottente di Malik.
Ben un’ora e mezza più tardi, la condizione cenciosa delle mie mani mi fece capire che era arrivato il momento di uscire dalla vasca.
Sistemai i capelli raccogliendoli in una coda di cavallo e mi catapultai sul letto, mantenendo gli auricolari nelle orecchie.
Mi abbandonai contro il materasso osservando con sguardo serio il soffitto bianco e ripensando alla marea di compiti assegnateci per il giorno seguente che ancora non avevo finito e che non avevo intenzione di iniziare sino a che la mia sete di sinfonie non si fosse placata.
La musica era la mia passione, non potevo farne a meno sebbene non avessi mai imparato a suonare alcuno strumento. Se mai avessero dovuto incontrarmi per strada a passeggiare, correre o guidare senza gli auricolari a tutto volume nelle orecchie, avrebbero di certo dovuto ricoverarmi con prognosi “scambio di personalità”.
La musica mi faceva sentire libera, priva da ogni restrizione, regola o pregiudizio della società. Era capace di trascinarmi via da quello schifo di vita che trascorrevo tra gli ordini di un padre troppo esigente e una madre apprensiva, e catapultarmi in una realtà parallela fatta di note e melodie, dove non è necessario soddisfare le richieste altrui per essere conforme alle mode e ai target sociali basati unicamente sull’aspetto fisico e la bellezza esteriore.
Vi rinunciavo unicamente dove il regolamento proibiva  l’utilizzo di un apparecchio musicale, vale a dire durante le lezioni, dove era indispensabile tutta la mia attenzione per mantenere una media scolastica ammirevole.

-Levati quel coso delle orecchie e scendi a mangiare-
Tuonò mio padre spalancando la porta ed interrompendo “Bleeding out” degli Imagine Dragons.
Io e mio padre non avevamo un bel rapporto, spesso mi domandavo se fossi nata per caso, per uno stupido errore del destino, o se lui mi avesse mai desiderata.
Ero arrivata più volte a pensare che l’odio di mio padre nei miei confronti fosse dovuto al fatto che ero stata il prodotto di una scappatella di mia madre con il postino, tanto la delusione nei suoi occhi era accesa quando mi guardava.
Non avevo ricordi felici in sua compagnia; passeggiate nel parco, giochi all’aperto, castelli di sabbia in riva al mare, solletico accompagnato dalle risate divertite di una tenera bambina di cinque anni erano solo un recondito desiderio del mio subconscio ma che mai da piccola avevo tastato con mano.
Le nostre conversazioni si frammentavano in meno di cinque battute a vicenda e, la maggior parte delle volte,  si tramutavano in liti.
Il minimo pretesto per litigare, lo coglieva così da mostrare la superiorità che poteva esercitare su di me e usare quella discussione come scusa per non rivolgermi la parola nei tre giorni a venire, come se i litigi gli fornissero l’alibi perfetto per non dover ascoltare le inutili cantilene della figlia che non aveva mai desiderato.

-Jenny, hai studiato chimica per domani?- domandai durante la nostra solita conversazione telefonica delle 21.30.
-Per domani c’era chimica?-
-Suppongo che la risposta sia un NO- sghignazzai.
Jenny non era una di quelle ragazze definite “studentessa modello”, meglio dire che riusciva a scovare il briciolo d’ispirazione che le permettesse di cominciare a studiare, solo l’ultimo mese di scuola quando si ritrovava costretta a passare interminabili ore sui libri per recuperare la miriade di materie insufficienti. Ma era l’incarnazione della dolcezza e non riuscivo a non adorarla.
Ci eravamo conosciute all’età di 8 anni quando mi aveva soccorso dopo una brutta caduta sul selciato ruvido del cortile della scuola ed era stata così gentile da accompagnarmi in classe e prestarmi uno dei suoi cerottini delle barbie, che mi ero preoccupata di restituirle il giorno seguente.
Nei giorni a venire si era preoccupata della condizione del mio ginocchio nonostante questi avesse subito solo una piccola lesione superficiale, ma il suo interesse nei miei confronti mi fece scoprire qualcosa a me totalmente estraneo: la preoccupazione che un individuo può provare nel vedere un amico in difficoltà, emozione che non mi era mai parso di notare negli occhi di mio padre.
-Sono nei casini! Va beh, mi inventerò un mal di pancia…- classica scusa a cui i professori fingevano di credere, nonostante fossero più che consapevoli di quanto la dedizione allo studio di molti alunni fosse a dir poco inesistente.
- Ti ha dato fastidio vero?- esclamò all’improvviso, cogliendomi alla sprovvista e senza lasciarmi il tempo necessario per elaborare o rispondere alla domanda.
-La battuta di Zayn intendo-
Come faceva a capire sempre tutto senza che le confidassi nulla? Ero davvero così trasparente?
Mi addormentai con quel pensiero, tentando di sviluppare una risposta credibile alla sua domanda, ma non ne trovai nessuna in grado di convincermi che non me ne fregasse assolutamente nulla.
Dopo tutto, non è mai piacevole quando un ragazzo ti insulta. Doveva essere quello il motivo del mio malessere crescente ad ogni sua singola battutina sarcastica.

-Dov’è Jenny?- Domandò Rose durante la prima ora, rivolgendo trepidamente lo sguardo verso l’orologio per regolare i minuti che la separavano dall’oblio dell’interrogazione.
-C’è chimica oggi!-
Si limitò ad annuire prima di rifondarsi con la testa sul libro; la mia concisa spiegazione le aveva fornito l’idea di quale fosse il piano della nostra amica.
-Clark, Richson, interrogati!- la prof di chimica, Mrs –o come affermava lei-  Mss  Runovam fece capolino nella classe, permettendo al mio cuore di riprendere un battito regolare dopo aver scoperto di non essere prossima all’interrogazione.

La pausa pranzo era la mia materia preferita: l’unica preoccupazione cui prestare attenzione era l’ammontare di calorie che il misterioso pasticcio di carne della Signora Enza poteva apportare all’organismo.
Stavo già preparando la mia mente a rimanere calma quando avrei dovuto sopportare il tono saccente con il quale Malik affermava di saper svolgere gli esercizi di atletica durante l’ora di educazione fisica, e  la stavo allenando a rispondere a modo, mostrandogli le mie capacità anziché aggredirlo a parole.
Avrei decisamente voluto mandarlo a quel paese, ma la media comportamentale sulla mia pagella era più importante per l’ammissione al college che rispondere bruscamente ad un idiota.
Ed ecco il momento tanto atteso!!
-Cosa ci vorrà mai a fare una rondata?- affermò con aria di superiorità scrutando le espressioni perplesse dei nostri compagni, preoccupati di rompersi l’osso del collo.
-E allora cosa ci vorrà a fare una rovesciata senza mani con salto mortale?- lo sfidai io, consapevole che, questa volta, avrei portato a casa una meritata vittoria, mentre lui avrebbe incassato il colpo dato il mio passato da ginnasta.
-Mostracela allora- mi mise alla prova con aria di sfida, ma la sua espressione mutò completamente passando da divertita ad allibita e irosa quando, con quella performance riuscita alla perfezione, mi guadagnai una bella A sul registro.

Erano appena le 12.00, altre tre ore fra quelle quattro mura non le avrei sopportate. Avevo una media scolastica eccellente ma detestavo il pensiero che pile di mattoni uniti da calce e ricoperti di tintura giallo vomito, potessero tenermi prigioniera e lontana dalla mia passione.
Decisi di saltare l’ora di francese sicura che Mr Banlieu non se ne sarebbe accorto vista la sua nomea di “talpa” dovuta alla vista poco arguta che lo caratterizzava, e intrapresi una lenta e riflessiva camminata lungo il corridoio, sempre in compagnia del mio amato MP3.
Dopo solo pochi minuti udii dei passi avvicinarsi cautamente a me, mi voltai ma non scorsi nessuno. Solo in seguito, qualcuno mi afferrò per il polso  e mi trascinò negli spogliatoi.
Mi spinse contro il muro, stringendomi fermamente i fianchi e rendendomi impossibile liberarmi da quella morsa letale.
Le sue labbra bloccarono le mie prima che potessi emettere qualsiasi gemito  e fu lì che lo riconobbi: i suoi baci passionali in grado di confondermi le idee, le sue mani calde e possenti che scorrevano lungo la mia colonna vertebrale fermandosi poco al di sotto della zona glutei e provocando un violenta scarica ormonale nel mio corpo, le sue labbra carnose ardenti di desiderio che mi attraevano come due calamite dai poli opposti.
Appoggiai una mano dietro la sua nuca e con un colpo secco lo avvicinai ulteriormente a me, i nostri petti si sfiorarono così da eliminare la minima distanza che ci separava l’uno dall’altra, tentando di renderci un tutt’uno e farci fondere insieme. Le sue labbra si staccarono dalle mie ma solo per tornare a percorrere arrogantemente il mio collo mentre con le dita accarezzava la pelle liscia sotto il maglioncino, offuscando qualsiasi pensiero logico la mia mente fosse in grado di elaborare in quel momento.



Spazio Autrice: Ciao ragazze! Sono nuova nel mondo di EFP e questa è in assoluto la prima FanFiction che scrivo e specialmente che pubblico. Scrivere mi piace davvero moltissimo quindi ho voluto condividere questa storia con voi sperando vi piaccia. So per certo che essendo il primo capitolo, non posso aspettarmi molto, ma se doveste trovarla interessante, lasciate una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate. Mi farebbe davvero molto piacere, un bacione <3

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Capitolo 2
*** Let's party tonight ***




2. Let's party tonight


Le sue intenzioni erano ben chiare, ma tra i miei programmi dell’ultimo anni di liceo non figurava perdere la verginità in quel parco giochi di germi e calzini puzzolenti.
Posai le mani sul suo petto e, con tutta la forza che le mie braccia ancora indolenzite dall’allenamento del giorno precedente mi permisero di sprigionare, lo allontanai da me di qualche centimetro, necessario affinchè la mia mente ormai schiava del suo tocco riprendesse a funzionare autonomamente e fissai gli occhi nei suoi rimproverandolo per avermi fatta cadere nuovamente nella sua trappola.
Mi avvicinai lentamente a lui e, sfiorandogli il lobo dell’orecchio con le labbra, sussurrai:
 -Se pensi di portarmi a letto ti sbagli di grosso Malik-.
Sistemai  i capelli e il maglioncino che nella foga del momento avevano perso forma, afferrai l’MP3 e uscii dallo spogliatoio, lasciandomi alle spalle il moro ancora contrariato dal suo ulteriore tentativo di seduzione negativamente riuscito.

-Chris, vuoi staccare un attimo la testa dai libri? E’ l’intervallo!- esclamò Rose, distogliendo la mia concentrazione dalla corrente filosofica dello stoicismo descritta fin troppo dettagliatamente da pagina 45 a 60 del libro.
-Ho l’interrogazione lunedì nel weekend abbiamo gli allenamenti-
-E’ l’intervallo- si limitò a ribattere, rialzando lentamente ambi i lati del libro, fino a far combaciare le pagine interne.
-Che hai fatto durante l’ora di francese?-
-Camminato-
-Dove?-
-Nel corridoio principale-
-Bhe strano… non ti ho vista quando sono andata in bagno-
Diamine, avrei dovuto inventare scuse che comprendessero luoghi più credibili e privati; il corridoio era troppo pubblico per convincere qualcuno che non mi aveva vista, di essere stata lì insieme a lui.
Mi limitai ad alzare le spalle in segno di disappunto, prima di addentare una mela.
Malik e la sua gang passarono accanto alla panca sulla quale io e Rose ci stavamo riposando ed Harry si fermò a salutarmi, seguito da un’occhiata raggelante del moro che sembrava più diretta a me che al suo amico.
-Non vi sopportate proprio eh?- domandò Rose non appena i cinque fusti palestrati si furono allontanati.
-E’ un idiota- risposi, nonostante neppure io fossi certamente convinta di quelle parole: tutto ciò che mi tornava in mente guardandolo era l’immagine delle sue labbra che percorrevano avidamente il mio collo, mentre le mie dita scorrevano con forza fra i suoi capelli, tra le panchine e gli attaccapanni dello spogliatoio.
Davvero non riuscivo a capacitarmi di come un essere tanto vuoto ed insensibile potesse esercitare una tale forza magnetica sui miei ormoni da ritrovarmi costantemente e ogni qualvolta ce ne fosse occasione tra le sue braccia, incollata alle sue labbra.
Perché continuavo a pensare a lui? Le sue labbra carnose, i suoi occhi nocciola fissi nei miei, le sue mani possenti che mi intrappolavano rendendomi difficili i movimenti ma allo stesso tempo facendomi sentire protetta e al sicuro, quei capelli nero corvino terribilmente morbidi e il suo profumo, dolce e acre allo stesso tempo, che inspiravo il più possibile affinchè mi rimanesse impresso nella mente?
Da settimane ormai andava avanti questa situazione, ad insaputa di tutti, specialmente della sua ragazza; saltavo le ore di lezione e, quasi come se mi spiasse, lui mi scovava, mi trascinava via con se e passavamo momenti insieme che sviluppavano nella mia mente pensieri ben poco casti ma che, per il bene di entrambi, non si sarebbero mai dovuti realizzare. Malik era la reincarnazione vivente dei miei desideri, delle mie necessità, della distrazione che necessitavo disperatamente per cancellare o anche solo dimenticare momentaneamente i problemi che rendevano la mia vita un inferno.
Settimane prima avrei giurato che quegli attimi proibiti che ci concedevamo tra un’ora e l’altra di lezione fossero il sistema perfetto per svagarmi e divertirmi, ma solo quando il desiderio di assaporare nuovamente le sue labbra cominciò a manifestarsi sempre più impellente, compresi il pericolo che stavo correndo.
Avevo già provveduto a trovare una spiegazione logica ai miei sentimenti: il suo comportamento da strafottente e il mio disperato desiderio di un ragazzo dopo la rottura con Jake, erano una combinazione letale che ci faceva agire come marionette nelle mani del destino. Il simpatico burattinaio aveva deciso che Malik sarebbe stato il capro espiatorio alla mia vita travagliata, mentre io sarei diventata la luce che lo avrebbe risvegliato dall’oscurità, facendogli scoprire cosa significa provare sentimenti.

-Evans, sta sera festa a casa mia- esclamò Louis sedendosi accanto a me e posando il libro di fisica sulle ginocchia, imitato dai quattro compari.
-Ehm, non saprei, non mi sento molto bene- ero sicura che ci sarebbe stato anche Malik e non avevo alcuna intenzione di trovarmi in sua presenza in una casa munita di cinque camere con morbidi letti che avrebbero fornito l’alibi perfetto per una notte di fuoco.
-Allora una sbronza è proprio quello che ti ci vuole. Ti passo a prendere alle 8.00- affermò Harry, consapevole che non sarei mai riuscita a rifiutare un suo invito.

Una volta a casa, ebbe inizio la disperata ricerca dell’abito adatto che, puntualmente, non riuscivo mai a trovare in occasioni importanti o che, almeno, richiedevano un certa eleganza.
Per lo meno potevo fare affidamento sul mio bel fisico, alto e snello, per fare bella figura.
Una doccia veloce per far scivolare via le preoccupazioni e la stanchezza dovute allo studio e agli allenamenti, e poi cominciai a prepararmi: indossai un paio di pantaloni attillati in pelle nera, una camicetta larga borchiata e le mie amate parigine tacco 12 che avevo insistito tanto affinchè mia madre me le regalasse per Natale. Ero alta, ma non vi potevo assolutamente rinunciare.
Puntuale come un orologio svizzero, Harry giunse a casa mia alle 8.00. Il suono del campanello echeggiò insistente nel soggiorno raggiungendo le mie orecchie che attendevano impazienti al piano superiore.
-Sei bellissima lasciatelo dire-
-Lo so!- esclamai con fare altezzoso, guadagnandomi un pugno sul braccio dal mio amico –stavo per aggiungere che lo sei anche tu ma… a quanto pare non te lo meriti!- un sorrisetto divertito si dipinse sul volto di entrambi mentre, con galanteria, aprì la portiera al posto del passeggero per permettermi di salire.

I’m at a payphone trying to call home,
All of my change I’ve spent on you
Where are the times gone baby
It’s all wrong, we are at the place we made for two.

Intonammo insieme le  note di “Payphone” dei Maroon Five, il nostro gruppo preferito. Io e Harry eravamo amici da tempi immemori: Harry e i suoi genitori si erano trasferiti a Fervew quando avevamo quattro anni. Essendo i nostri vicini, mia madre non perdeva occasione di invitarli a cena e mostrare l’unione affettiva che  legava i vari membri della nostra famiglia, nonostante si trattasse esclusivamente di una recita diretta a  nascondere l’odio di mio padre nei miei confronti maturato già da allora. E quel teatrino montato con tanta cura e dedizione era riuscito realmente a convincere i signori Styles dell’integrità della nostra famiglia; solo Harry sembrava avesse scoperto l’inganno, smascherato mia madre,  probabilmente perché anche la sua famiglia aveva adottato la stessa tecnica.
Io e Harry passavamo quindi intere serate insieme a giocare con le macchinine rinchiusi nella mia camera. Ancora ricordo lo stupore nei suoi occhi quando, poco entusiasta di dover trascorrere l’intera serata con una femmina ad inventare storielle assurde con le Barbie, lo stupii aprendo lo scatolone posto ai piedi del mio letto ed estraendovi una dozzina di macchinine colorate di ogni serie e modello.
Era stato probabilmente il mio dimostrargli quanto di poco femminile ci fosse nella mia persona a farlo sentire  a suo agio, libero di comportarsi e creare qualsiasi gioco avesse desiderato senza temere un mio resoconto negativo perché, al contrario, avrei appoggiato ogni sua singola idea.
Quando si erano trasferiti a distanza di pochi isolati, eravamo ormai abbastanza grandi per poter uscire o raggiungerci l’uno a casa dell’altro, nonostante i divieti posti da mio padre. Da quando era venuto a conoscenza della prima storia sentimentale di Harry all’età di 11 anni, si era convinto che i loro vicini avessero per figlio un precoce pervertito undicenne dalla mente imbottita di pensieri di ogni genere e deciso ad avvicinarsi alle ragazze, o per meglio dire a me, con l’unica intenzione di portarle a letto.
Se solo si fosse permesso di conoscere il vero Harry dimenticandosi per un istante del curriculum che aveva redatto riguardo la sua persona, avrebbe capito quanto il cuore di Hazza fosse spaventosamente più grande della media, capace di tastare e racchiudere tante di quelle emozioni da far rabbrividire un drammaturgo.
La passione che da piccoli condividevamo per le macchinine, si era trasformata durante la pubertà in amore per gli incontri di wresling, per le abbuffate da Starbucks, per gli spuntini che progettavamo nel cuore della notte quando si arrampicava sull’albero del mio cortile e raggiungeva la mia camera, deridendo ogni volta la morte che desiderava vederlo spiaccicato a terra con il collo rotto in seguito ad una brutta caduta da quello stesso albero.  Ancora non riesco a credere che i nostri innocenti e poco meditati piani da quattordicenni funzionassero e ci permettessero così di trascorrere intere notti insieme a ridere e scherzare senza che i nostri genitori se ne accorgessero.
Un paio di anni dopo il cuore di entrambi aveva cominciato a coltivare una nuova passione: la musica.
Avevamo però reciprocamente deciso di non condividerla l’uno con l’altra, probabilmente per salvaguardare il nostro rapporto e tenere nascosto l’unico interesse che, da quanto sapevamo, non avevamo in comune, per paura di non riuscire a riconoscerci qual’ora uno dei due non avesse apprezzato i desideri dell’altro.
Una sera, trovandoci a casa da soli, Harry, che probabilmente desiderava da tempo rendermi partecipe dell’ultimo particolare della sua vita di cui non ero a conoscenza,  decise di sfidarmi ad una sanguinosa battaglia al karaoke persa chiaramente dalla sottoscritta.
Contemporaneamente eravamo quindi pronti a rivelare il nostro amore per la musica, a condividerlo con l’altro e far si che il canto diventasse la nostra passione comune, in grado di legarci più di qualsiasi cosa ed accendere in noi emozioni mai provate in precedenza; lui aveva una voce veramente meravigliosa, graffiata e dolce allo stesso tempo, potente ma anche rilassante, capace di penetrarti nelle vene e nei muscoli e renderti inerte, immobile, pietrificata semplicemente intonando una singola nota . Io, al contrario, caratterizzata da una scarsissima autostima della mia persona, non mi sentivo affatto all’altezza; mi consideravo stonata come una gatta che partorisce o una vecchia campana che deve essere sostituita perché ha ormai perso la sua delicata sinfonia. Quindi la maggior parte delle volte mi limitavo a concedergli la vittoria per evitare che le sue orecchie dovessero sopportare un simile strazio e, al contempo, godermi il suono delle sue parole.

-Siamo fenomenali-
-Tu lo sei, io sono a dir poco oscena-
-Quando capirai di saper cantare veramente bene? E’ l’insicurezza che ti frena-
Non ascoltai una sola parola della solita ramanzina che mi rivolgeva ogni qualvolta affermavo di non saper cantare, e arrivammo a casa di Louis che ci accolse alla porta già mezzo sbronzo.
-Bellezza, entra, le tue amiche sono già arrivate-
Raggiunsi Rose e Jenny che da dieci minuti mi attendevano sul divano ed evitai di salutare gli altri ragazzi tra i quali figurava Malik, fin troppo visibile ai miei occhi che ardevano eccitati al solo pensiero delle sue labbra sulle mie.
-Te lo stai mangiando con gli occhi- mi sorprese Jenny.
-Chi?-
-Styles-
Nonostante i miei vani tentativi di convincerle del contrario, le mie amiche erano convinte che avessi una cotta per Harry sin dalla seconda media, ma non riuscivano o forse non volevano capire che il mio sguardo era rivolto da tutt’altra parte.
Per quanto la loro affermazione fosse del tutto priva di senso poiché vedevo in Harry solo la figura di un grandissimo amico, le assecondai poiché anche il più piccolo indizio che avesse fatto loro sospettare delle ripetute intrusioni negli spogliatoi in compagnia del moro, sarebbe stato la mia fine.

Forse per la mancata vivacità del “clown” della festa che aveva bevuto ancora troppi pochi bicchierini di vodka, forse per la musica decisamente poco coinvolgente, la serata faticava a decollare e, sotto sguardo supplichevole di Louis, capii che era arrivato il mio turno di dare una svolta a quella gabbia di anziani 17enni.
Mi avvicinai ai ragazzi e mi feci versare un bicchiere bello pieno di coca malibu, che ingoiai d’un fiato.
-Hey vacci piano!- esclamò Niall divertito.
-Non posso mettermi a ballare come un’idiota da sobria non trovi?-
-Bhe ma potresti ballare da troia, quello ti viene naturale- gridò Malik alle mie spalle mentre raggiungevo il centro del salotto.
-Fottiti Malik- sputai velenosa, accompagnata dai rimproveri che i ragazzi gli rivolsero per avermi offesa.
Finalmente la festa  prese vita; non ricordavo a quando risalisse l’ultima festa alla quale avevo partecipato vista la mia strana abitudine di chiudermi in me stessa ed impedire a chiunque altro di interagire con me, così decisi di lasciarmi completamente andare per una sera e divertirmi.
Io e le ragazze ci scatenammo, accompagnate dai rispettivi partner, dei ballerini osceni, ma pur sempre partner: Jenny con Liam, Rose con Niall ed io con il mio Harry.

Era ormai chiaro che avevamo tutti alzato un po’ troppo il gomito: metà degli invitati erano in bagno a rimettere da un quarto d’ora, altri si erano addormentati sul divano o sulla moquette, alcuni erano tornati a casa prima che l’alcohol entrasse in circolo e facesse dimenticare loro la strada di ritorno. Io invece continuavo a ballare come un’idiota attorno ad Harry, sviluppando in lui pensieri poco casti dovuti anche alla mente decisamente brilla che gli annebbiava la vista.
Improvvisamente, non ricordo come, mi ritrovai in un angolo buio della casa, probabilmente il sottoscala; un ragazzo del cui viso mi risultò difficile riconoscere i lineamenti, incupiti dalla mancanza di luce, mi teneva ancorata a se mentre le sue labbra si impossessavano arrogantemente delle mie. Sicura si trattasse nuovamente di Malik, sfoderai un sorriso a pochi centimetri dal suo viso per poi riappropriarmi di quella bocca che desideravo continuamente da quando aveva avuto inizio quella nostra strana “situazione”.
Inconsciamente sussurrai il suo nome in modo da fargli capire quanto il mio desiderio di appartenergli stesse diventando ogni giorno più accentuato, ma alle mie parole seguì la visione di due occhi, resi irriconoscibili dall’oscurità, che mi osservavano schifati e delusi: di tutto il resto ho solo una visione confusa.

Mi risvegliai nel mio letto la mattina seguente quando i raggi del sole filtrarono con prepotenza attraverso le fessure delle persiane colpendo violentemente i miei occhi verdi; la testa dolorante e le occhiaie rese ancora più visibili dal mascara colato durante la notte, mi ricordarono l’esagerata quantità di alcohol che avevo introdotto nell’organismo la sera precedente.
Fortunatamente i miei genitori erano usciti presto quella mattina, evitando così che le mie povere membra dovessero sorbire un altro dei loro sermoni riguardo i rischi che si corrono esagerando con l’alcohol, di quante persone si siano rovinate a causa di quelle sostanze in grado di dare unicamente dipendenza, di cosa mi sarebbe potuto accadere priva di sensi in compagnia di ragazzi sconosciuti e tutto un’insieme di rimproveri che ormai conoscevo a menadito.
Mi abbandonai davanti alla televisione accompagnata da una busta enorme di salatini e cominciai a fare zapping con il telecomando alla ricerca di un canale decente che non trasmettesse quelle ridicole e nauseabonde fiction argentine, dimenticandomi completamente dei compiti per un giorno.
-Pronto- risposi seccata al telefono che suonava ininterrottamente da 5 minuti ma che non avevo trovato la forza di cercare.
-Dobbiamo parlare- esordì Harry non appena ebbi accettato la chiamata.
-Che cosa? Proprio oggi?-
-Si, vediamoci tra mezz’ora al parco-  riagganciò abbandonandomi alla mia perplessità.

-Come stai?- domandai sistemando gli occhiali da sole che avevo indossato così da non dover ricorrere al trucco per mascherare gli occhi rossi e le occhiaie derivate dalla sbronza e mi sedetti accanto a lui sulla panchina dove lo avevo avvistato all’entrata del parco.
-Cosa c’è fra te e Zayn?-



Spazio autrice: Non mi dilungherò molto in questo spazio, volevo solo ringraziare tutte coloro che hanno deciso di seguire la storia. Significa davvero molto per me!
Dunque finalmente abbiamo scoperto chi era il misterioso ragazzo che Chris baciava negli spogliatoi, ovvero Zayn, ma la ragazza sembra determinata a non cedere alle sue avances; e chissà cosa voleva insinuare Harry con quella domanda?
Non mi resta altro se non sperare che il capitolo vi sia piaciuto e chiedervi di lasciare una piccola recensione qui di seguito per farmi sapere cosa ne pensate! Un bacione :D
-Alice

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Capitolo 3
*** Cosa c'è fra te e Zayn? ***


3. Cosa c'è fra te e Zayn?
 

-Cosa c’è tra te e Zayn?- non mi diede il tempo di sedermi né tanto meno di salutarlo, semplicemente avanzò quella domanda prendendomi in contropiede e scatenando la mia risata isterica.
-Io e Malik? Scherzi vero?- domandai divertita celando la reale angoscia che provavo in quel momento.
-Pensi che non me ne sia accorto? Vi ho visti!- 
-Come puoi averci visti se non siamo mai stati insieme?- temporeggiavo sperando cadesse nel mio imbroglio, incitata dalla certezza che stesse mentendo.
 -Bhe ieri sera hai sospirato il suo nome-
 Non avevo mai sussurrato il nome di Malik la sera precedente eccetto quando ci eravamo ritrovati da soli in quell’umido e buio sottoscala dove era palese l’assenza di un altro invitato che potesse assistere e in seguito raccontare in giro la scena proibita che si era consumata davanti ai suoi occhi.
Ma una nuova incertezza mi assalì quando le poche immagini che riuscii a ricordare di quell’angolo buio riaffiorarono con prepotenza nella mia mente. Il dubbio che il ragazzo che avevo baciato non fosse in realtà Malik mi travolse come una tormenta in pieno luglio. Non potevo capacitarmi di aver realmente creato una situazione così sconveniente con il mio migliore amico tanto da sperare che tutto ciò che ricordavo fosse solo un’allucinazione dovuta all’alcohol.
-Eri tu…- affermai sconvolta, sperando di captare nelle sue iridi verdi la rettifica alle mie parole.
Ma la sua espressione improvvisamente mutata da accusatrice e iraconda a colpevole, mi regalò la conferma di quanto temevo e la certezza di aver combinato il più grande casino della mia intera esistenza si radicò in profondità.
Per quanto tentasse di cambiare argomento, non glielo permisi. I miei provocanti balletti nel soggiorno avevano dato l’imput per creare quella situazione compromettente, ma lui stesso avrebbe dovuto ricorrere al suo buon senso per fermarsi prima di dare vita ad equivoci ed incomprensioni.
Dovevamo spartirci la rispettiva dose di colpe.
Gli domandai perplessa perché mi avesse baciata o, non pienamente certa di come si fosse svolta la vicenda, perché si fosse lasciato baciare da me, incapace di trovare indipendentemente una spiegazione credibile.
-Ero ubriaco-
Scusa che non stava in piedi ne in cielo ne in terra. Se il suo grado di ubriacatura si fosse anche solo lontanamente avvicinato a quello di tutti gli altri invitati della festa,  non avrebbe di certo avuto la lucidità necessaria per ricordarsi le mie parole, prestare attenzione ad un così insignificante dettaglio e poi ripresentarmelo il giorno seguente sotto forma di accusa.
Lo fissai con sguardo accusatore per diversi minuti mentre pensava senza tregua a ciò che sarebbe stato più opportuno dire, in che modo dosare le parole ed evitare di infilare i piedi nel fango ancor più in profondità.
Le mani, martoriate dal suo continuo staccare le pellicine, erano appoggiate su ambedue le gambe che scuoteva nervosamente da cinque minuti . Il capo, rivolto verso il selciato ghiaioso, oscillava comportando un fluttuante ondeggiamento di quella folta chioma riccia.
-D’accordo- esclamai improvvisamente rassegnata ed infastidita dal suo persistente silenzio, afferrai la borsa, mi alzai dalla panchina e cominciai a camminare diretta verso l’uscita del parco, ma Harry riuscì a bloccarmi con presa ferrea e rivolgere la mia attenzione sulle sue labbra sottili che finalmente, dopo minuti che mi erano sembrati anni, avevano deciso di emettere qualche sillaba per spiegare l’accaduto.
-Scusami è che… non sarebbe dovuto succedere-
Fissò gli occhi nei miei in trepida attesa di una parola di conforto che però non arrivò, che neanche io riuscii a trovare. Non so esattamente cosa si aspettasse che gli dicessi, non mi era mai capitato di dover spiegare ad un amico il motivo per cui lo avevo baciato ubriaca ad una festa, né tanto meno avrei mai voluto si trattasse proprio di lui,. Per tanto il mio silenzio gli lasciò intuire che, se non avesse preso l’iniziativa e continuato il discorso, avremo passato altri secondi, forse minuti in quella posizione tanto imbarazzante quanto pericolosa.
-Sei la mia migliore amica e… non lo so, ti sei messa a ballare in quel modo, sei una ragazza bellissima… non ho resistito-
Ancora nessun accenno di vita da parte delle mie labbra che si erano come marmorizzate, sigillate tra loro, incapaci di emettere un suono.
-Cosa ha significato per te?- domandai tutto a un tratto prendendolo in contropiede.
Trasalì ed indugiò qualche secondo primo di rispondere un secco –Niente- e chiudere il discorso.
-Bene, allora faremo finta che non sia accaduto- sentenziai infine.
Lo abbracciai affettuosamente, convinta che nessun’altra frase, parola, sillaba o lettera avrebbe potuto esprimere il mio affetto nei suoi confronti meglio di quel gesto. Mi persi nel suo profumo alla lavanda e frutti rossi che gli avevo regalato l’anno prima a Natale e aveva deciso di ricomprare visto il grande successo riscosso tra le belle ragazze della sua classe, un profumo che fu in grado di rapirmi e farmi dimenticare per qualche secondo la conversazione appena conclusa.

*Harry’s pov*

Lungo il sentiero di ritorno verso casa di Chris, che mi aveva gentilmente chiesto di riaccompagnarla, la discussione tenuta pochi minuti prima mi aveva letteralmente invaso il cervello cancellando ogni pensiero riguardante qualsiasi altro genere o argomento che non rispondesse al nome “Christine Evans”.
Ero stato un idiota di prima categoria e il rimorso per non averle raccontato la verità mi avrebbe di certo consumato di lì a poco. Non avrei dovuto baciarla la sera precedente nè tantomeno mentirle pochi minuti prima al parco.
-Niente-  avevo risposto alla domanda –Cosa ha significato per te?-
E invece non era niente. Quel bacio era tutto.
Non lo avevo fatto perché spinto dal suo ballo provocante o dai generosi bicchieri di vodka in circolo nel mio organismo, semplicemente avevo dato ascolto al mio cuore per una volta e seguito ciò che l’istinto mi consigliava di fare da mesi.  Mi ero comportato da codardo ed era stata proprio la mia vigliaccheria ad impedirmi di confessarle ciò che in realtà provavo per lei, l’effetto che quel bacio avevo scatenato nel mio povero cuore ormai traboccante di felicità, il desiderio che la mia anima aveva di urlarle quanto la amassi e la smania crescente di farla mia non solo per una notte ma per sempre che covavo nel luogo più buio e recondito del mio corpo.

*Chris’ pov*

Quando giungemmo a casa, il grande orologio in stile anni ’50 appeso in soggiorno segnava le 12.30, così decisi di invitare Harry a pranzo da me.
Dopo averlo quasi intossicato con un’insalata eccessivamente condita di sale e olio ed aver trascorso un’imbarazzante mezz’ora a fissare silenziosamente i nostri piatti al fin di evitare che uno di noi dicesse qualcosa di allusivo a quanto accaduto la sera precedente e accendesse nuovamente l’imbarazzo, decisi di gettare quell’abominio nella spazzatura e dedicarmi ad attività decisamente a me più dedite: lo studio.
L’aiuto in matematica era ormai divenuto un appuntamento fisso da quando il padre di Harry lo aveva minacciosamente avvertito che, se la sua media scolastica non fosse migliorata e avesse raggiunto ottimi traguardi, lo avrebbe privato del football.
Ogni martedì pomeriggio alle quattro, si presentava sull’uscio di casa e suonava due volte e mezzo il campanello così da confermare la sua presenza, segnale che avevamo escogitato per evitare che rappresentanti di enti eroganti energia approfittassero dell’assenza dei miei genitori per scartavetrarmi le ovaie in 45 minuti buoni ed elencarmi le numerose offerte disponibili rivolte a convertirmi e sostenere la propria azienda anziché quella a cui eravamo fedeli da diciassette anni.
Più volte avevo provato a convincerlo che un insegnante privato avrebbe di certo fatto la differenza mentre il mio aiuto non avrebbe avuto alcun risultato se non quello di confondergli le idee ed impartirgli nozioni spiegate in maniera indecifrabile data la mia inesperienza nel settore. Ma Harry, con tante di quelle moine che neanche un gatto sarebbe stato in grado di rivolgere al proprio padrone, aveva insistito affinchè fosse la sua migliore amica a tenere certe lezioni così da non dover spendere denaro per pagare il professore.

-Quindi se 2x è uguale a y, quanto vale y?-
-Gatto-
-Smettila di fare l’idiota- esclamai lanciandogli un cuscino che lo centrò in piena faccia.
Le seguenti tre ore sembrarono decise a farmi esalare il mio ultimo respiro, a sottrarre al mio cervello gli ultimi neuroni rimasti attivi tanto furono pesanti e povere di risultati. Io adoravo la matematica, ma svolgere determinati esercizi in compagnia di Styles, ti faceva desiderare un volo in caduta libera dal quindicesimo piano privo di alcuna accortezza o assicurazione!
-Chris sono a casa-  la voce di mio padre proveniente dal piano di sotto aveva letteralmente fatto perdere al mio povero cuore un battito; nonostante lo conoscesse da 14 anni,  mi aveva esplicitamente proibito di rimanere da sola in casa con Harry, terrorizzato dall’idea che il mio grande amico d’infanzia potesse trasformarsi in un compagno di letto.
Ero certa che la presenza di Harry non avrebbe causato inconvenienti poiché sicura che anche quella sera avrei cenato da sola in attesa del rientro  dei miei genitori dal lavoro. Sin da quando avevo compiuto il mio decimo anno di età, avevo dovuto imparare ad arrangiarmi e badare a me stessa autonomamente; i miei non erano quasi mai in casa perché trattenuti in ufficio e, una volta rientrati, l’ammontare di pratiche da svolgere per il giorno seguente non permetteva loro di dedicarmi neanche dieci minuti del loro tempo. Nessuno si era mai soffermato a domandarmi cosa avessi appreso quel giorno a scuola, in che modo era stato valutato il mio tema riguardo la prima guerra d’indipendenza scritto per la lezione d’italiano, ad accertarsi che le mie condizioni di salute fossero ottime e che non fossi accasciata sul pavimento del bagno con le labbra cianotiche a causa di un’intolleranza alimentare.
 Tornavo a casa da scuola, trascorrevo l’intero pomeriggio a guardare la televisione o fare i compiti e la sera mi preparavo la cena prima di andare a dormire.
Privata di pasti caldi cucinati con amore dalla mamma e di manifestazione d’affetto con il bacio della buona notte, avevo sofferto di malsana alimentazione nel corso dell’intera adolescenza: viste le mie doti poco spiccate in cucina, mangiavo principalmente gli avanzi della sera precedente, pizza, hamburger, cibi grassi ed insaturi ricchi di calorie ma privi di vitamine che quindi mi avevano portata ad un considerevole aumento di peso verso gli undici anni e un ad una drastica dieta dimagrante nel corso dell’adolescenza, esponendomi anche a frequenti malattie.
Dopo la bellezza di sette anni, mio padre mi aveva sorpresa rientrando ben due ore prima del previsto ed annunciando un’imminente apocalisse qual’ora avesse scovato Harry nella mia stanza.
Lo spinsi dentro l’armadio, lo coprii con due coperte imbottite e serrai l’anta prima di catapultarmi sul materasso e fingere indifferenza: non appena mio padre spalancò la porta, mi feci trovare da brava santarellina seduta sul letto in compagnia del mio “amatissimo” libro di storia, annullando i suoi eventuali dubbi della presenza di qualcuno insieme a me.
Senza neanche degnarmi di uno sguardo o domandarmi della mia giornata, mi intimò di scendere in cucina e aiutarlo con la spesa. Tornata in camera, spalancai l’armadio per assicurarmi che Harry non fosse soffocato tra la lana dei miei maglioni e le stampelle, ma non c’era più.

Quella sera mi fu estremamente difficile prendere sonno; mille pensieri  mi affollavano la mente rendendola particolarmente pesante e confusa, ma fu la presenza di due nomi che vagavano liberi nel mio cervello ad attirare la mia più completa attenzione: Malik e Styles.
Non riuscivo realmente a capire il motivo di tale confusione. Era come se il mio subconscio mi spingesse a scegliere uno dei due nonostante fossi più che convinta che, se avessi realmente voluto considerare l’idea di un fidanzato, di certo non sarei stata combattuta tra Harry e Malik.
Harry era il mio migliore amico sin dall’infanzia, lo adoravo e non riuscivo proprio ad immaginare come sarebbe stata la mia vita senza di lui, ma l’idea di vederlo come un fidanzato non mi aveva mai neanche lontanamente sfiorato. La faccenda del bacio mi era però rimasta impressa e, nonostante avessimo sentenziato che si era trattato di un semplice errore dovuto all’alcohol, dovevo confessare che il sapore di quelle labbra mi aveva in qualche modo completata, soddisfatta, aveva saziato la mia sete di affetto, un affetto che mai avevo ricevuto e che ricercavo continuamente.
Malik, al contrario, lo conoscevo da tre anni e lo odiavo: non sopportavo il tono altezzoso con il quale mi si rivolgeva convinto di detenere un qualche potere su di me, detestavo il comportamento arrogante con il quale sfotteva divertito le ragazze, adirate con lui per averle ignorate dopo essersele portate a letto.
Avevo deciso che non avrei mai dovuto avere niente a che fare con un simile individuo, con i suoi occhi dannatamente profondi, con i suoi capelli terribilmente morbidi e dal profumo avvolgente, con le sue labbra dalle quali ormai dipendevo incondizionatamente.
Avrei dovuto continuare a tenere testa ai suoi tentativi di seduzione, fargliela pagare per il poco rispetto che aveva avuto di tutte le ragazze che, ingenuamente, si erano innamorate del suo aspetto.
 Ma non ci ero riuscita, avevo ceduto, dovevo arrendermi all’evidenza che, probabilmente, se era riuscito a strapparmi il desiderio di baciarlo un numero sì elevato di volte, significava che in realtà deteneva il potere, che era in grado di farmi prostrare ai suoi piedi come un umile e fedele cagnolino, che qualsiasi sua parola mi avrebbe condizionata ed estasiata.
Non riuscendo a trovar pace, mi arresi all’idea che quella sarebbe stata una notte insonne; infilai gli auricolari nelle orecchie e mi lasciai trasportare dalle mie canzoni.

-Evans, come stai?- domandò Harry spuntando dietro di me all’improvviso mentre frugavo nell’armadietto alla ricerca di un qualche tesoro nascosto.
Mi limitai ad abbandonare la nuca contrò l’anta dell’armadietto e a socchiudere gli occhi dalla stanchezza, lasciandogli intuire come, anche quell’ultima notte, i pensieri mi avessero sovrastata così numerosi da impedirmi di chiudere occhio. Harry sapeva quanto la mia insonnia mi stesse condizionando impedendomi di riposare per più di quattro ore a notte, ma era convinto che quei “pensieri” che mi tenevano sveglia e di cui gli raccontavo fossero esclusivamente di natura familiare, non che lui e il suo amico ne fossero l’argomento cardine.
Non appena  Jenny e Rose mi raggiunsero, Harry capì che era giunto il momento di lasciarci sole e permettere che discorsi riguardanti il nuovo smalto di Rose o gli anfibi di Jenny che io tanto odiavo in quanto avvilenti e oltraggiosi alla femminilità, eclissassero i miei drammi notturni. Le salutò e raggiunse gli altri ragazzi nel giardino.
-La festa venerdì è stata meravigliosa-
-Semplicemente fantastica-
Mentre le mie due amiche si sbizzarrivano attribuendo magnifici aggettivi alla serata, io fissavo con sguardo vuoto il modo in cui i ricci di Harry ondeggiavano attraversati dal soffiar del vento e non riuscivo a togliermi dalla mente il modo in cui le sue labbra avevano massaggiato le mie, ne come aveva tentato di smentire l’accaduto. Erano due giorni che quei pensieri non si decidevano a darmi tregua; mi ero ritrovata a pensare a lui sotto la doccia, mentre mangiavo, quando alla TV trasmettevano quelle avvilenti fiction argentine e mi stupivo di quanto un avvenimento che fino ad allora avrei giudicato irrealizzabile ed insignificante al solo pensiero, mi stesse realmente consumando.
-Harry mi ha baciata- sentenziai di getto, più dando voce ai miei pensieri che diretta a rivelare alle mie amiche l’accaduto.
Nell’udire quelle parole, i loro schiamazzi si interruppero e tornarono a fissarmi interrogative, incapaci di spiegarsi il motivo di tale freddezza. Erano convinte che baciare Styles fosse il mio sogno proibito dall’età di dodici anni, ma feci loro intendere che di certo dovevano aver sempre frainteso il nostro rapporto se il momento, secondo loro, da me tanto atteso non aveva avuto il riscontro che immaginavano. Chiarii immediatamente che non stavamo insieme e decisi di raccontare le ambigue scuse che aveva accampato e il mancato coraggio che lo aveva spinto a nascondermi il reale motivo di quanto accaduto.
La campanella mi salvò da un più che certo terzo grado riguardo i miei sentimenti nei suoi confronti e la ragione per cui quelle immagini non si decidevano ad abbandonare la mia mente,  e mi avviai in classe emotivamente poco pronta per la verifica di lettere.

-Cinque, sei, sette e otto-
La nuova coreografia riuscita alla perfezione mi risollevò il morale.
Terminati gli allenamenti avrei desiderato con tutta me stessa tornare a casa e sdraiarmi davanti alla televisione, a vegetare per ore in compagnia di una maxi confezione di budini così da affogare tutto quel rimuginare in una cascata di cioccolato,  ma Harry aveva di nuovo bisogno per matematica in preparazione al test del giorno seguente. Quindi mi dovetti accontentare di una veloce doccia ghiacciata negli spogliatoi della scuola.
Le altre cheerleader  erano già tornate a casa e, nonostante Jenny e Rose avessero insistito per aspettarmi, le convinsi ad andare via senza di me. Le mie stanche membra erano già abbastanza abbattute al pensiero di dover affrontare un’ora e mezza di disequazioni lineari, per essere in grado di prepararsi in fretta in modo che le mie amiche non mi attendessero un’eternità fuori dagli spogliatoi.
Bloccai l’asciugamano all’altezza del seno e scossi l’acqua in eccesso dai capelli ancora bagnati che in seguito lasciai cadere morbidi sulle spalle.
Ma un improvviso scricchiolio della porta mi fece sobbalzare e temere immediatamente il peggio, come la presenza di un ladro intrufolatosi alla ricerca del portafogli di qualche studente e contro il quale avrei dovuto combattere in asciugamano armata di una banalissima spazzola per capelli.
Solo in seguito mi ricordai che la scuola era chiusa, c’era solo il bidello che aspettava che uscissi per riporre le chiavi nella cassaforte, quindi decisi di non prestargli più particolare attenzione.
Mentre frugavo tra il macello della mia borsa alla ricerca del mascara che, regolarmente cadeva fuori dalla trousse quasi fosse dotato di vita propria, percepii la presenza di qualcuno alle mie spalle prima che due mani calde e possenti mi cinsero i fianchi. La rigidità che il mio corpo adottò avrebbe convinto chiunque mi si avvicinasse di trovarsi in presenza di un manichino tanto il livello della mia paura si era elevato nel giro di mezzo secondo, ma solo quando riconobbi quel profumo di vaniglia cominciai a sciogliermi e lasciarmi andare.
Mi voltò di scatto dal lato opposto e labbra al sapore di menta si impossessarono delle mie con arroganza facendo pressione con la lingua affinchè le permettessi di entrare in contratto con la mia.
Inizialmente mi lasciai trasportare da quel bacio, ma non appena le sue dita cominciarono a giocherellare impazientemente  con il bordo dell’asciugamano, lasciando trasparire la chiara intenzione di sfilarlo completamente, mi allontanai da lui in tutta fretta.
-Smettila-
-E dai, non fare la suora Evans-
Fece un altro passo avanti e tentò di annullare nuovamente la distanza tra di noi, ma questa volta non glielo permisi. Era ormai palese il potere magnetico che quel ragazzo esercitava sulla mia psiche e sul mio corpo e sapevo che se solo mi fossi lasciata andare e non avessi combattuto con tutte le mie forze, mi sarei ritrovata nuda in quello spogliatoio. Lo spintonai con tutta la forza reduce nel mio corpo dopo quell’allenamento sfiaccante, afferrai i vestiti e mi rinchiusi in bagno.
-Dovrai uscire prima o poi- ridacchiò divertito, consapevole della veridicità delle sue parole.

Trascorsi quindici minuti, ormai convinta che il mio aguzzino se ne fosse andato dopo aver udito dei passi in lontananza, da perfetta ingenua spalancai la porta decisa ad andarmene e mi catapultai fuori, ma il moro mi sbarrò la strada.
-Levati Malik, devo passare-
Non mi diede il tempo di terminare la frase che si avventò nuovamente su di me, sprigionando ancora più foga come se, contrariamente a quanto pensavo, fossi io il suo polo magnetico dal quale non riusciva a separarsi e necessitava disperatamente per sopravvivere.
Mi spinse nuovamente contro il muro, incatenandomi in una trappola mortale e tenendo tra le mani il pieno controllo del mio corpo, che ormai sembrava essersi arreso all’evidenza di non poter resistere a quegli addominali terribilmente sexy.
Dopo ben tre settimane di sotterfugi, gli avevo concesso di sfilarmi completamente la maglietta e sembrava non attendesse altro. I polpastrelli della mano destra percorsero la pelle della mia schiena provocandomi brividi piacevoli sino a raggiungere l’altezza del reggiseno e tracciare con delicatezza il contorno del pizzo nero.
Tentavo con tutta me stessa di oppormi, ma il mio cervello sembrava dotato di mentalità propria che lo spingeva ad agire senza interpellarmi, senza fare ricorso a ciò che il buon senso e la mia coscienza mi consigliavano. Senza riflettere sul fatto che il ragazzo che mi ritrovavo davanti era lo stesso Zayn Malik che tutto voleva da una ragazza fuorchè una storia seria.
I baci si fecero sempre più passionali; si staccò un attimo per riprendere fiato, puntando gli occhi sul mio labbro inferiore martoriato dai suoi morsi. I nostri petti si alzavano e abbassavano all’unisono sotto l’effetto del respiro, affannato da tanta agitazione.
Un impulso irrefrenabile mi spinse ad appoggiare una mano dietro la sua nuca e attirarlo nuovamente a me, ma un ulteriore scricchiolio della porta mi salvò dall’intraprendere un viaggio senza ritorno nel girone dei lussuriosi dove, come descritto da Dante nella Divina Commedia, risiedono tutti coloro che hanno ceduto alle gioie e tentazioni della vita quali droga, alcohol, ricchezza e sesso, la parolina che avrebbe rovinato la mia esistenza se associata al corpo di Malik.

 

Spazio autrice: 
Ecco qui il capitolo 3. Come avrete notato, Harry ci ha fatto capire una cosa che sarà fondamentale per l'andamento della storia: il suo amore per Chris. Questo sarà il punto cardine della storia provocherà un bel pò di problemi ma... se volete scoprire quali saranno, continuate a leggere! Se vi andasse lasciare una piccola recensione, mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate!  :) Questa volta, invece, per invogliarvi a continuare, posto una bellissima foto di Harry! :)
-Alice


 

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Capitolo 4
*** Che succede? ***




Capitolo 4


Abbandonai il moro accanto agli armadietti e mi rifugiai tra le docce, evitando di essere scoperta da quel maledettissimo intruso che avrei voluto uccidere per aver rovinato un momento perfetto, anche se con la persona sbagliata.
-Che ci fai qui ragazzo?-
Diamine, non mi era neanche passato per l’anticamera del cervello che il bidello si trovava a pochi metri dallo spogliatoio e avrebbe potuto sentire tutto.
Ancora una volta la mia mente aveva perso la capacità di cognizione alla vista di quei due occhi nocciola nei quali, per quanto involontariamente, finivo per immergermi ogni dannatissima volta.
Malik accampò una banalissima scusa che servì per far allontanare il bidello, ma di certo faceva intuire che la questione “Chris” era ancora aperta.
Mi avventai contro la porta, decisa a spalancarla e uscire da quella scuola il più velocemente possibile, prima che i suoi baci mi rendessero nuovamente prigioniera del suo corpo.
Non me ne diede l’opportunità; sfiorata la maniglia, mi voltò verso di se ma, questa volta, mi sorprese con un dolce e semplice bacio a stampo.
-Ci si vede Evans-
Uscì dalla palestra, abbandonandomi in balia degli ormoni che, tutto quello che mi consigliavano in quel momento, era semplicemente corrergli dietro per ripercorrere quegli attimi sfuggevoli che ci legavano inesorabilmente l’uno all’altra senza che nessuno dei due lo desiderasse.

-Allora hai capito?-
-No-
-Harry come faccio ad aiutarti se non mi ascolti?-
Le lezioni di matematica non stavano fruttando e cominciai a temere di essere io la causa della sua insufficienza, di non essere abbastanza qualificata per aiutarlo in quella situazione.
-Scusami non riesco a fare di meglio- sussurrai avvilita.
Mi abbracciò: sapeva quanto fossi terrorizzata da tutte le mie insicurezze una delle quali era, appunto, non risultare utile a niente e nessuno. Per questo ero entrata a far parte delle Chear Leader , in modo che la notorietà e le attenzioni dei ragazzi riuscissero ad aumentare la mia autostima.
Quel momento meraviglioso venne interrotto dalla suoneria del mio cellulare.
Per quale motivo Jake, il mio ex, mi scriveva messaggi?
-Ho voglia di vederti-
La perplessità si impossessò del mio corpo, e la richiesta di spiegazioni da parte di Harry fu più che lecita dato lo stato pietrificato del mio viso.
-Non penserai di uscirci vero?-
-Non lo so… tu sai quello che provo per lui-
Solo tre persone erano a conoscenza di tutto il dolore che quel bastardo mi aveva fatto subire; Harry era una di quelle, ed era sempre stato contrario anche al solo pronunciare il nome di quel verme.
Si limitò a voltare il viso dall’altro lato, impedendomi di captare dalle sue iridi chiare i sentimenti che il suo stato d’animo trasmetteva.
-Bene allora vai-
Si alzò dal divano, aprì la porta d’ingresso e, con movimento rotatorio delle braccia, mi indicò la via che separava il quartiere dal parco giochi.
-Harry ma cosa…-
-Esci ti ho detto-
Afferrai la borsa e seguii la sua richiesta, puntando gli occhi nei suoi pretendendo una spiegazione che però non arrivò.

*Harry’s pov*

Richiusi la porta alle mie spalle con tale rabbia e frustrazione che la vicina si affacciò per assicurarsi che non fosse in corso una delle solite liti tra ragazzi che, più di una volta, si erano verificate invitando i miei amici a casa.
Perché Chris si ostinava a correre dietro a quel verme? Cosa aveva di tanto speciale?
Mi conosceva da 14 anni, un lasso di tempo sufficientemente esteso per capire di potersi fidare di una persona… o per innamorarsene.
Da mesi ormai andava avanti questa situazione. Davanti ai miei amici dovevo fingere indifferenza, a casa non potevo parlarne con nessuno, né tanto meno confidarlo alla mia migliore amica perché, chiaramente, avrebbe significato svelarle tutto.
Mi lasciai cadere a peso morto sul divano, abbandonando tutti i buoni propositi di studiare algebra che Chris mi aveva inculcato in mente.

-Ciao tesoro, come è andata a scuola?-
Mia madre era appena rientrata dal lavoro. Come ogni sera, mi aveva salutato affettuosamente e si era immediatamente interessata delle mie faccende, nonostante avesse la testa fin troppo ricolma di problemi mentre, con amore e attenzione, preparava la cena.
-Andy è andato su a farsi una doccia, scenderà tra poco-
Mio padre ci aveva abbandonati quattro mesi fa;  dopo aver avuto la faccia tosta di tradire mia madre con una ragazza 25enne, aveva addirittura trovato il coraggio di ringhiarci contro perché non eravamo stati la famiglia che si immaginava.
Avevo totalmente perso ogni contatto con lui, il pensiero di dover udire nuovamente il suo tono saccente anche solo attraverso un apparecchio telefonico, mi disgustava.
In qualsiasi caso, nonostante i vani tentativi di mia madre di impedirlo, riusciva sempre e comunque ad intromettersi e rovinare la mia vita; non per nulla mi aveva minacciato di privarmi del football se non avessi alzato la mia media scolastica.
Fortunatamente era arrivato Andy, un uomo veramente fantastico che aveva salvato sia me che mi madre dall’oblio, donandole tanto di quell’amore che non avrei mai immaginato un individuo di sesso maschile potesse provare.
-Allora con Chris?-
La guardai con espressione confusa in volto. Aveva letto il mio diario? Un momento… io non avevo un diario. Mi aveva letto nel pensiero!!
-E’ da tanto che non la inviti a cena-
Un sospiro di sollievo uscì inconsciamente dalle mie labbra.
-Sarà per la prossima volta-
 
*Chris’ pov*

-Rose, ho bisogno di te! Di persona-
-Non puoi dirmelo al telefono? Non ho voglia di uscire di casa-
Non appena ebbi terminato la mia descrizione terribilmente dettagliata degli avvenimenti, sentii suonare il campanello.
Mi ritrovai davanti una Rose in pigiama che respirava affannosamente: pantaloni larghi della Coca Cola e la sua adorata maglietta nera degli Aerosmith, dotata di tutto il suo fascino nonostante quell’abbigliamento molto poco convenzionale.
Faticai a sopprimere una risata quando i miei occhi passarono dal suo viso rosso e sudato, alle pantofole a forma di gatto che aveva ai piedi.
-Entra-
Le raccontai tutto ancora una volta e la sua risposta fu semplice, chiara e concisa.
-Tu con quell’idiota non ci esci ed Harry… avrà il ciclo-
L’idea di quell’andicappato di Styles intento a cambiarsi un assorbente in piena crisi ormonale causata dal testosterone, mi fece scoppiare in una sonora risata.
-Rose, tu sai quello che provo per Jake-
-Ti ha tradita! Questo non ti basta?-
Rivolsi lo sguardo sulle mie mani che, da ormai cinque minuti, giocavano tempestivamente con le chiavi dell’auto della mia amica, senza riuscire a trovare una soluzione accettabile.
Rose tornò a casa lasciandomi completamente immersa nel dubbio, nonostante non lo avessi dato a vedere.
Cominciai ad autoconsiderarmi una sgualdrina: baciavo segretamente Zayn ma non riuscivo a togliermi dalla testa il bacio rubato di Harry, mentre pensavo ancora al mio ex.
Chris Evans aveva veramente bisogno di un radicale lavaggio del cervello.

*Zayn’s pov*

-Dov’è quell’idiota?-
-Ciao mamma-
-Si si ciao, dov’è quel pirla di tuo padre?-
Questa era la situazione che dovevo sopportare ogni benedettissima sera: mia madre faceva ingresso nel soggiorno sbraitando contro mio padre che ancora non era rientrato dal lavoro.
Le loro liti erano ormai all’ordine del giorno ed io mi sentivo impotente, non avevo mai fatto niente per evitarlo, me ne stavo in disparte, sdraiato sulla poltrona, a sorseggiare una lattina di cola, mentre i miei genitori si scannavano a parole e qualche piatto decideva di sfidare la gravità per mano di mia madre.
Non sopportavo più il fatto di non essere considerato, di essere invisibile ai loro occhi. Mio padre sembrava accorgersi di me solo quando doveva caziarmi per qualcosa non di suo gradimento.
Ricordavo amaramente il tenero periodo della mia infanzia durante il quale trascorrevamo le domeniche pomeriggio al parco, tutti insieme, giocando in mezzo alla natura come una vera famiglia.
Non ricordo come, ma quel legame magnifico tra di noi si era spezzato, non ero più riuscito a provare sentimenti profondi verso qualcuno; portarmi a letto le ragazze era un modo per sfogarmi, e la loro frustrazione dopo aver scoperto che non mi interessavano più, riusciva sempre a tirarmi su il morale.
L’idea che presto avrei aggiunto alla mia collezione quella bambolina mora con gli occhi verdi che rispondeva al nome di Chris Evans, era ancora più soddisfacente.
L’influenza dei miei genitori doveva essere fatale: mi stavo trasformando in uno STRONZO proprio come loro.

*Chris’ pov*

L’orologio segnava l’1.30 di mattina e ancora non riuscivo a chiudere occhio.
Il motivo della mia insonnia era ben chiaro, quindi decisi di farla finita con quelle notti in bianco: accesi la lampada sul comodino accanto al letto, afferrai il cellulare ancora bloccato sul messaggio inviatomi da Jake e, quasi spinta da un irrefrenabile desiderio di assaporare almeno per cinque minuti l’ebbrezza del sonno, inviai il messaggio.
-Dove ci incontriamo?-

Spazio autrice: E' comparso un nuovo personaggio nella storia... non avrà molto rilievo per ora, ma forse più avanti, chissà! E vorrei aggiungre che mi viene realmente da ridere se penso a Harry con il ciclo! ahahah
Va bene, evito di sparare ulteriori cavolate e vi lascio chiedendovi per favore di lasciare una piccola recensione per farmi capire cosa ne pensate! grazie mille :)
-Alice

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Capitolo 5
*** Alcool ***




Capitolo 5


-Ciao Jake-
Mi sedetti accanto a lui sulla panchina del parco, infilando nelle tasche del giubbotto le mani rese inerti dal vento gelido che mi scompigliava i capelli.
Le gambe erano come marmorizzate e le labbra tremavano al solo pensiero di ciò che avrebbe voluto dirmi.
-Chris senti- cominciò tutto a un tratto dopo interminabili secondi di silenzio che mi sembrarono ore -Ho ripensato a ciò che ti ho fatto, e ho capito di essere stato un completo idiota.-
Lo guardavo con gli occhi sbarrati, incapace di emettere un qualsiasi suono.
-Non avrei mai dovuto tradirti e forse, dopo due mesi, ho capito la vera ragione che mi ha spinto a farlo-.
Aspettavo le sue spiegazioni da settimane ed ero più che curiosa di sapere cosa si sarebbe inventato.
-Ho capito che sono andato a letto con Janet perché… bhe avevo bisogno di sesso. Tu facevi la suora, non avevi intenzione di perdere la verginità a 17 anni, ma io non potevo più resistere, sono un ragazzo e noi abbiamo bisogno di queste cose.-
Lo guardai meravigliata, incredula di ciò che le mie orecchie avevano appena sentito.
-Però ci ho ripensato. Sono disposto a tornare con te, se mi prometti che mi darai quello che voglio-
La mano destra sfuggì al mio controllo e andò a schiantarsi direttamente sulla sua guancia.
-Sei uno stronzo. Io ero veramente innamorata mentre per te è stata solo questione di sesso. Vaffanculo! Non voglio vederti mai più-
Ringhiai adirata.
-E dai Chris non te la prendere, ho tutte le mie buone ragioni per…-
-Fottiti- sputai velenosa.
Corsi via piangendo, non potevo assolutamente credere che il ragazzo al quale avevo donato tutto il mio cuore per la prima volta nella vita, fosse così frivolo e privo di sentimenti.

La mia corsa sfrenata venne interrotta da un corpo caldo contro il quale mi scontrai.
-Evans guarda dove… ma cosa? Cosa è successo?-
Mi lasciai andare in un pianto distrutto, sprofondando in quelle braccia che, anche se non in modo legittimo, riuscivano sempre a restituirmi pace e serenità.
-Scusa Malik, non volevo-
Mi allontanai da lui a testa bassa, mentre lacrime amare rigavano il mio volto ed ogni neurone del mio cervello mi spingeva a voltarmi e ricatapultarmi in quel petto tremendamente rassicurante.

-E’ solo uno stronzo- urlai adirata scagliando contro il muro il malcapitato libro di scienze che mi ero ritrovata fra le mani.
-Chi?- chiese Rose confusa.
-Jake-
-Non sei andata da lui vero?- domandò con fare di rimprovero.
-Scusami da chi saresti andata?- intervenne Jenny sorpresa.
-Ho incontrato Jake e mi ha detto che se l’è fatta con Janet perché facevo la suora e aveva bisogno di certe cose-
-Ti avevamo detto di lasciarlo perdere, spero solo che questo ti sia servito di lezione per cancellartelo dalla mente-
Erano mesi che Harry e le mie amiche tentavano di dissuadermi dal mio piano masochista, ma non avevo dato loro retta.
Si dice che a un grande dolore consegua sempre qualcosa di bello… ma io non riuscivo a vedere nulla di chiaro e definito nella mia vita: Harry non mi parlava, il mio ex non mi aveva mai amata, mio padre non faceva altro che ringhiarmi contro, mentivo alle mie amiche e… il problema Malik era di certo in cima alla lista.

*Zayn’s pov*

Perché mi aveva fatto così effetto vederla piangere? No, non dovevo farci caso, probabilmente mi aveva solo colpito scoprire che anche Chis Evans, la dura della scuola che niente e nessuno può scalfire, fosse in grado di provare sentimenti e mostrare le sue debolezze.
In qualunque caso il desiderio di aggiungerla alla mia collezione di bamboline da una botta e via, scavava  una fossa sempre più profonda nel mio cervello, deciso a non dimenticarsene.
-Hey amico, sta sera  a casa mia maratona di videogiochi-
-Lou non lo so, non ho voglia-
-E dai, non puoi segregarti costantemente nella tua stanza a causa dei tuoi genitori-
Sentire quelle parole mi aveva aperto gli occhi, non avrei lasciato che mi impedissero di vivere la mia vita perché si erano sposati senza considerarne le conseguenze.
-Ci sarò-

Giunto a casa di Lou constatai di non essere l’unico: altre 4 macchine a me familiari erano posteggiate accanto al vialetto… ma una non la riconobbi.
-Entra bro-
Tolsi le scarpe e mi scaraventai sul divano, afferrando il joystick e cominciando una partita all’ultimo sangue di Call of Duty contro Liam.
-Non mi batterai mai Zayn, arrenditi prima di subire una pubblica umiliazione-
-Certo, aspetta e spera Payne-
Tutti i ragazzi erano lì, ma risate femminili provenienti dall’altra stanza mi resero nervoso.

*Chris’ pov*

Uscii dal bagno con le ragazze e rimasi pietrificata alla vista di un ciuffo nero a me conosciuto, quello nel quale avevo segretamente affondato le dita più volte durante i nostri momenti proibiti.
-Louis, cosa ci fa Malik qui?-
-E’ uno dei miei migliori amici, non potevo non invitarlo. Perché non mettete da parte le vostre divergenze e cominciate ad andare d’accordo?-
-Se solo sapessi di che divergenze stai parlando- sussurrai inconsciamente sperando non mi avesse sentito. Purtroppo non fu così, mi fissò con sguardo interrogativo al quale risposi con un sorriso.
-Chris-
Harry venne verso di me e mi abbracciò, attirando l’attenzione del signorino moro precedentemente troppo impegnato con la partita per voltarsi e salutarmi.
-Mi dispiace- sussurrò flebilmente.
Ricambiai quella stretta, era il nostro modo di perdonarci senza l’uso delle parole. Nonostante fossi curiosa di sapere il motivo del suo comportamento, preferii convincermi (almeno per il momento) che Harry fosse in piena crisi mestruale, come affermava Rose, piuttosto che intraprendere una nuova lite.

*Zayn’s pov*
Vederla abbracciata ad Harry mi fece uno strano effetto. Ero preoccupato che potesse avere più chance di me nell’essere colui che avrebbe privato la piccola e ingenua Chris della sua verginità.

Ovviamente, come ad ogni riunione della comitiva tenuta a casa Tomlinson, non potevano mancare gli alcolici e io alzai decisamente troppo il gomito.
Ricordo vagamente di aver afferrato una ragazza per un braccio e averla portata in una delle camere da letto. Un bacio, forse due e poi niente… il resto della serata era vuoto nella mia mente.

*Chris’ pov*

La brigata cominciò ad abusare degli alcolici, comprese le mie amiche. Io invece preferii rimanere sobria data la presenza di Malik in quella casa.
Improvvisamente un braccio mi afferrò e mi trascinò al secondo piano, consapevole che nessuno se ne sarebbe reso conto.
Aprì la porta di una camera e mi lanciò sul letto. Le sue labbra cominciarono a sondare il mio collo provocandomi leggeri brividi di piacere, prima di fiondarsi definitivamente sulle mie.
Non sapevano di menta, non erano carnose, le sue mani non mi facevano sentire al sicuro, il suo profumo non mi inebriava i sensi, i capelli erano più folti, mi sembrava come se fosse la prima volta che mi ritrovavo ad una distanza così ravvicinata da quell’individuo ancora privo di identità.
Tuttavia quel bacio mi piaceva, aveva qualcosa di dolce, come se da parte sua ci fosse del vero sentimento, ma non potevo continuare a baciare chiunque, chi diavolo stavo diventando?
Staccai il baciatore ancora sconosciuto e rimasi paralizzata nel vedere due occhi smeraldo fissi nei miei.
-Harry?-

Spazio autrice: Eccovi il capitolo 5! Già il titolo fa capire di cosa si tratta. Visto che ne ho parlato abbastanza nel capitolo, mi sembra giusto trattare l'argomento anche qui sotto: come abbiamo notato, l'alcool non porta a nulla di buono, dai dolori di stomaco, al sentirsi veramente male.
Ma nella storia ha un ruolo fondamentale perchè, come avrete capito, spinge a fare cose che non si vorrebbero! Questo tema verrà ripreso anche nel capitolo seguente!
E come seconda cosa, vorrei farvi ragionare sulla domanda di Zayn: Perchè mi aveva fatto così effetto vederla piangere? Sarà l'inizio di un grande viaggio per Zayn e tutto comincerà da questa domanda!
Bene, dopo aver blaterato per due ore, vi chiedo per favore di lasciare una bella recensione per farmi capire cosa ne pensate! grazie mille! mi dileguo :)
-Alice

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Capitolo 6
*** Sono stata con Zayn! ***



 

Capitolo 6


-Harry?-
Mi allontanai tempestivamente dal mio amico, ancora sconcertata.
Era già la seconda volta che ci ritrovavamo in quella situazione e, pian piano, andavamo sempre più a fondo.
-Dai bella, non farti pregare-
Il suo sguardo eccitato per un attimo mi fece paura; era chiaramente ubriaco quindi decisi di rimandare la ramanzina sul fatto di essere solo amici al giorno seguente.
Mi limitai a prenderlo per mano e accompagnarlo al piano terra, dove gli altri amanti dell’alcool erano sdraiati chi a pancia in giù sul divano, chi sulla moquette con una bottiglia in mano, intenti a scoprire forme nascoste sul soffitto bianco.
-Ragazzi direi che avete esagerato- affermai con aria di rimprovero.
Nessuno mi diede retta; persino Liam, che di solito riusciva a regolare gli abusi degli amici, si era lasciato contagiare da quella banda di alcolisti.

I drink non impiegarono parecchio tempo a ripercorrere in senso opposto le gole lungo le quali erano scivolati con tanta facilità in precedenza.  Jenny, Niall e Louis corsero in bagno a vomitare, mentre io, intenta a reggere con una mano i capelli della mia amica e con l’altra a tapparmi il naso, non riuscivo a togliermi dalla mente il secondo bacio con Harry.

Dopo ore di mal di pancia nauseabondi, discorsi privi di significato e lamentele su quanto fosse ingiusto il mondo, i miei amici recuperarono la ragione alla bellezza delle 3.25 del mattino.
Il mio cellulare era tempestato di chiamate perse da mio padre, che non avevo sentito con tutto quel trambusto.
Salutai i ragazzi, senza però degnare di uno sguardo ne Malik, che non sembrava affatto dispiaciuto della mia partenza, ne Harry che, ancora intontito, probabilmente non si ricordava nulla di ciò che era successo.

Accompagnai a casa Jenny e Rose ma, non appena varcai la soglia furtivamente tentando di non essere vista, un’occhiata gelida mi trafisse la schiena come tante schegge di vetro.
Ad attendermi, mio padre seduto sulla poltrona, lo sguardo minaccioso rivolto verso la porta, in mano un bicchiere di vino rosso, con ancora indosso giacca e cravatta.
Tirai dritto, sussurrando flebilmente delle scuse, diretta in camera mia.
-Quale parte di “Rispondi al telefono” non ti è chiara?-
Capii che non voleva sorvolare sull’accaduto, così mi rassegnai e ripercorsi i tre scalini che avevo appena superato.
-Non l’ho sentito- risposi con voce sottomessa.
-E’ sempre questa la tua scusa, quando esci con quella banda di idioti ti trasformi in una cerebrolesa, oppure lo sei di natura e i medici non te lo hanno diagnosticato-
Quando si arrabbiava gli insulti erano un classico.
-Hai bevuto…- mi sentii rabbrividire. Le sue sfuriate riguardo all’alcool erano qualcosa che non augurerei a nessuno.
-Non io, i ragazzi, io non ho…- la sua mano grande e possente si stampò sulla mia guancia, facendomi perdere l’equilibrio.
-Che non succeda mai più- concluse la conversazione.
Mantenni lo sguardo rivolto verso il pavimento, lottando contro le lacrime che fremevano per solcare le mie guance.
Non appena si fu allontanato, scappai in camera, chiusi la porta a chiave e mi lasciai andare in un pianto soffocato, nascondendo la testa nel cuscino.
Mi lasciai cullare dalla mia musica fino ad addormentarmi, mentre pensieri di ogni genere mi affollavano la mente: perché il bacio con Harry mi era piaciuto? Perché sentivo il disperato bisogno di paragonarlo a quelli con Malik? E poi….. perché mio padre mi odiava?
 Mi arresi all’evidenza che non vi avrei trovato soluzione e chiusi gli occhi ancora immersi nelle lacrime.

*Harry’s pov*

Avevo veramente esagerato questa volta. Non riuscivo a ricordare nulla; immagini confuse e sfocate si susseguivano davanti ai miei occhi, ma non riuscii a riconoscere niente.
Improvvisamente intravidi quattro labbra muoversi sinuosamente le une sulle altre e rimasi avvilito nello scoprire che, oltre alle mie, c’erano quelle di Chris.
Lo avevo rifatto. Ancora una volta non avevo tenuto testa a quell’impulso irrefrenabile.
Dovevo decidermi a confessarle tutto ma… non sapevo come.

Ero ancora sdraiato sul divano a casa di Louis, convinto che non mi sarei più mosso di lì fino al mattino seguente a causa del mal di testa che mi provocava le vertigini.
-Hey Zayn posso chiederti una cosa?-
-Certo bro dimmi-
-Come faccio a dire ad una ragazza che mi piace?- domandai imbarazzato.
-Amico hai 18 anni, non glielo devi dire. La devi prendere e portartela a letto- affermò soffocando una risata.
-Non posso-
-Perché no? Dopo una notte selvaggia diventerebbe tua, non ci sono dubbi. Se sexy quasi quanto me!-
Lo colpii sul braccio con tutta la forza che il dopo sbronza mi permise di sfoderare e conclusi.
-Non posso… è Chris-
Zayn si voltò di scatto verso di me, scrutandomi con sguardo vago, un mix di preoccupazione e risentimento.
Poi si ammutolì e non aggiunse più niente.

*Chris’ pov*

Come tutti i sabato mattina, Jenny e Rose mi raggiunsero a casa per una giornata di shopping, ma mio padre era più che intenzionato a non farmi intravedere la luce del sole fino a lunedì.
-Non posso venire, è inutile che insistete-
-Gli parliamo noi-
-Se volete ricevere un sberla anche voi… fate pure-
-Sgattaiola fuori allora- intervenne Jenny con sguardo euforico.
-Certo… almeno lunedì verrete a piangere sulla mia lapide. Ragazze, perché non passiamo la giornata qui a casa mia? Per favore!-
Acconsentirono, anche se non di buon grado. Ci portammo un po’ avanti con i compiti, per non ridurci all’ultimo minuto.
Poi alla romantica Rose venne in mente di noleggiare un film: Lo Spaccacuori.  Bhe grazie per la scelta opportunamente azzeccata.
Tentai con tutta me stessa di non prestare attenzione al film, rispecchiandomi in maniera impressionante nella protagonista, ma la storia mi sembrava troppo personale.

*Zayn’s pov*

Era successo qualcosa la sera precedente, me lo sentivo. Ero ubriaco ma, la mia mente riusciva ancora ad elaborare.
Due labbra avevano sfiorato le mie, ma senza passione, probabilmente anche lei aveva bevuto.
Ricordo lunghi capelli castani che sfilavano sinuosi tra le mie dita e occhi neri che si infrangevano nei miei, ma non riuscivo a riconoscerla.
Sapevo solo che era successo qualcosa tra di noi, ma non ricordavo cosa avevo provato, se lei ne era stata felice, come era andata.

Erano le 11.30 del mattino. Io e i ragazzi avevamo dormito da Louis data l’incapacità di guidare. Avevo passato tutta la nottata a torturarmi su chi potesse essere quella fantomatica ragazza e a ripensare alle parole di Harry: “E’ Chris”.
Mi aveva confidato di essere innamorato della stessa ragazza che mi facevo segretamente nello spogliatoio della palestra da un mese. Avevo avuto la gran faccia tosta di non confessarlo al mio migliore amico che, a sua volta, provava qualcosa per lei.
Il senso di colpa si impossessò del mio corpo: per lui era amore… io invece volevo solo portarmela a letto.
-Lou, ieri sera sono salito in camera con una ragazza?- chiesi speranzoso che potesse offrirmi qualche informazione.
-Ti sembravo forse nelle condizioni di potermi ricordare qualcosa?- domandò retoricamente.
I due giorni seguenti passarono velocemente e fu presto il momento di ritornare a scuola.
Fatto il mio ingresso nell’androne principale, scorsi immediatamente quella testa ricoperta da folti capelli neri che si faceva strada tra la calca di studenti per raggiungere l’armadietto, esattamente accanto al mio.
Finsi indifferenza; ci avevo pensato a lungo ed ero convinto di essere stato con lei quella notte. Ne ero sicuro, non poteva essere nessun altra.
Aspettai la fine della pausa pranzo: il mio cervello tentava di convincermi di non farlo, ma ogni neurone del mio corpo mi spinse ad afferrarle un braccio appena fuori dalla mensa, trascinarla negli spogliatoi e rivivere uno dei nostri attimi proibiti.
Non eravamo mai andati oltre al bacio, ma la mia mente perversa da 18enne desiderava sicuramente molto di più.
Le nostre labbra combaciavano perfettamente, le sue mani passavano aggressivamente fra i miei capelli, e lungo il mio petto, coperto dalla T-shirt, suscitando in me pensieri ben poco casti.
-Te l’ho già detto: se pensi di portarmi a letto ti sbagli di grosso- affermò all’improvviso.
-Bhe è già successo- sussurrai a pochi centimetri dalle sue labbra.
-Cosa?- mi guardò stupefatta.
-A casa di Louis-
-ahah Eri ubriaco. Aspetta e spera-
Afferrò la borsa e si allontanò, lasciandomi in quel ricettacolo di microbi maleodorante a ripensare alla sua pelle liscia che scorreva lentamente sotto i miei polpastrelli. Cosa voleva dire con “Eri ubriaco. Aspetta e spera”?

*Chris’ pov*

Mi allontanai dallo spogliatoio in velocità.
Non ero stata con lui venerdì… ma se lo credeva significava che era stato con una delle mie amiche??
Non era possibile, doveva esserselo inventato.
Convinta di questa idea, tornai in classe, pronta a sorbirmi una ramanzina da parte della prof per il ritardo.

Quel pomeriggio Jenny e Rose pranzarono da me per preparare un lavoro a gruppi di geografia.
Eravamo in camera mia immerse nel computer ma Jenny era piuttosto strana, assente.
-Hoy, ci sei? Dobbiamo lavorare- tentai di risvegliarla ma senza risultati.
Si alzò, andò in bagno e vi si rinchiuse per una ventina di minuti. Io e Rose cominciammo a preoccuparci.
Quando finalmente uscì, seguirono attimi di silenzio durante i quali la osservammo incuriosite.
Quando risollevò il viso, una serie di sguardi sfuggevoli la convinsero a confessare.
-Sono stata con Zayn-

Spazio autrice: dunque... Harry ha baciato Chris, Zayn ha baciato una ragazza e non si scopre chi sia fino alla fine del capitolo
Entrambi hanno dei vaghi ricordi di quella notte; Harry riesce a ricordare, Zayn invece fa più fatica e nel prossimo capitolo ci sarà il colpo di scena!
Si può notare un'altra tappa del viaggio di Zayn: il fatto che sia infastidito da ciò che gli dice Harry! Che gli importi veramente di Chris? 
Ora vi lascio chiedendovi gentilmente di lasciare una recensione! Spero vi sia piaciuto il capitolo :)
-Alice

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Capitolo 7
*** Cosa? ***




Capitolo 7


-Sono stata con Zayn-
Il mio cuore mancò un battito, le mani cominciarono a sudare incontrollabilmente e la testa a girare.
Il pensiero della mia migliore amica a letto con quel cerebroleso pervertito mi dava la nausea.
Ciò che non mi era chiaro era se quella reazione fosse dovuta al disgusto, o alla gelosia provocata dal desiderio di essere al suo posto.
Mi alzai dal letto furibonda, aprii la porta e uscii, richiudendola con forza alle mie spalle.
Mi abbandonai con la schiena contro il muro, tastandomi ripetutamente la fronte intenta ad asciugare le goccioline di sudore che l’agitazione mi aveva provocato.

Poco dopo la mia amica mi raggiunse in salotto, dove mi ero accasciata sul divano in cerca di una spiegazione plausibile al mio comportamento.
-Perché te la prendi tanto?- mi sorprese Jenny.
-Perché sei la mia migliore amica e non avrei mai voluto che perdessi la verginità da ubriaca e per lo più con quel porco di Malik. Non si farà neanche più sentire- sentenziai utilizzando l’unica risposta che il mio cervello era stato in grado di elaborare.
-Non ci credo. Io penso piuttosto che saresti voluta essere al mio posto-
-Ma cosa avete tutti? Prima Harry, ora tu. Perché continuate a credere che mi piaccia quel ritardato? Perché non riuscite ad accettare che ci odiamo?- risposi con un quesito del quale neanche io ero convinta di conoscere la risposta.
-Io so che ti comporti così perché ti piace. Avresti voluto esserci tu al mio posto, per questo te la prendi tanto. E smettila di negarlo, lo hanno capito tutti che il tuo comportamento da dura è solo un guscio per nascondere l’estrema insicurezza che ti lega a Zayn-
Aveva letto i miei pensieri, ma non le avrei mai dato ragione.
La mandai a quel paese, prese la borsa e se ne andò irritata.

*Zayn’s pov*

-Hey amico, devo confidarti una cosa-
-Dimmi tutto-
Erano giorni che quel pensiero mi tormentava, quegli occhi, quei capelli così sinuosi, quel profumo. Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno.
-Sono stato con la Evans-
Liam sgranò gli occhi e lasciò cadere sul tavolo la latina di aranciata che gli avevo offerto.
-Ero ubriaco e me la sono portata a letto. Non ricordo nulla e non voglio ricordare. Spero che lei se lo sia già dimenticato- affermai convinto che la mia recitazione fosse impeccabile.
-Perché? E’ così male?-
-Non mi ricordo ti ho detto. Però non ho alcuna intenzione di far sapere in giro di aver avuto qualcosa con quella pertica anoressica-
-Zayn ti ricordo che è mia amica…- lasciò intendere che non era la persona giusta con la quale parlarne, dato il suo forte attaccamento a quella ragazza.

*Harry’s pov*

Non ci parlavamo da quella fatidica sera.
Aspettavo impaziente una sua chiamata, reggendo il telefono fisso in una mano e il cellulare nell’altra, sperando che non appena avessi guardato lo schermo –cosa che accadeva ogni 20 secondi- avrei visto la scritta “Chiamata da Chris”. Ma tutto taceva.
Quando la suoneria dei Maroon Five interruppe il mio sonnellino pomeridiano mi catapultai sul cellulare, ma la mia euforia si spense quando una voce maschile mi sorprese dall’altro lato della cornetta.
-Cosa vuoi Liam? Stavo dormendo!-
-Credo che Chris sia stata con Zayn venerdì! Ho pensato fosse giusto che lo sapessi siccome è la tua migliore amica-
Quelle parole furono un vero colpo al cuore per me; non si erano mai avvicinati, mai sfiorati o parlati civilmente, ed io l’avevo trattenuta quella sera durante il mio vano tentativo di seduzione spinto dall’alcool. Come poteva essere accaduto?
Attaccai il telefono ancora sconvolto; fissavo un punto del pavimento da 5 minuti ormai.
Infine presi l’iniziativa, uscii di casa  e mi diressi verso la sua.

*Chris’ pov*

Dopo che Rose se ne fu andata, approfittai per mettere un po’ a posto, immersa nei miei pensieri.
Il suono del campanello mi destò dalle mie fantasticherie: ero più che sicura si trattasse di mia madre che, nuovamente, aveva dimenticato le chiavi. Non mi preoccupai, quindi, dell’aspetto poco curato dei miei capelli, raccolti in una coda spettinata, o del mascara che era colato per la fatica delle pulizie.
-Harry? Cosa ci fai qui?- non avevamo ancora parlato da venerdì sera e quello non era l’aspetto che avrei voluto avere durante la nostra conversazione.
Entrò in casa prepotentemente, scostandomi di lato ed appoggiandosi a braccia conserte sullo schienale del divano.
-Non c’è niente che dovresti dirmi?- chiese inarcando il sopracciglio e lasciandomi intuire di conoscere già la risposta.
Lo guardai interrogativa per alcuni secondi.
-Oh mio Dio Chris… so che sei stata con Zayn- esclamò alla fine.
Scoppiai nella risata più fragorosa di quegli ultimi 4 mesi.
-Non scherzo, perché ridi?-
-Perché io non andrei mai a letto con quell’invertebrato. Come può venirti in mente una cosa del genere?-
-Me l’ha detto Liam-
-E lui da dove l’ha tirata fuori?- gli attimi di silenzio che seguirono mi fecero intuire che Harry non sapesse più nulla.
La tentazione fu troppa così gli confessai di Jenny, lasciandolo piuttosto sconvolto ma al contempo sollevato.
La conversazione si fece curiosa quando intraprendemmo il discorso del “bacio di venerdì sera”.
Quando addossò nuovamente tutta la colpa all’alcool, mi vennero dei sospetti.
-Harry, è già la seconda volta che capita. Perché proprio con me? Sei il mio migliore amico-
-Non ne ho idea-

*Harry’s pov*

Mi allontanai da quella casa come un vigliacco, senza aver trovato nuovamente la forza di dirle la verità, ma tremendamente sollevato dall’aver scoperto che la mia piccola Chris non aveva donato la sua verginità a Zayn.

Tornato a casa fui travolto da un’ondata di grida, fracasso e disperazione.
Seguii quella scia di rumori fino alla mia camera dove trovai mia madre seduta sulla moquet beige che reggeva una mia foto, attorniata da cocci di vasi rotti. Tremava violentemente e le risultava difficile emettere un qualsiasi suono quando le domandai cosa fosse accaduto.
Presi una coperta e gliela avvolsi sulle spalle, mi accoccolai accanto a lei e la cullai dolcemente fino a calmarla.
Mia madre soffriva di un cancro al cervello e presto sarebbe stata operata, ma la lontananza di papà aveva peggiorato le sue condizioni, provocandole violente convulsioni la notte e sbalzi d’umore continui.
-Mamma ti prego dimmi cos’è successo- le sussurrai in modo implorevole all’orecchio.
-T-tuo p-padre-  balbettò a fatica, ma mi fece capire che era stata una telefonata da quell’emerito pezzo di merda ad averla turbata.
Ci addormentammo in quel modo, senza aver cenato, abbracciati l’uno all’altra, mentre quella donna stupenda mi sussurrava all’orecchio di volermi bene.

*Chris’s pov*

Chiamai Liam sull’orlo dell’isteria.
-Chi te l’ha detto?- domandai acida senza permettergli di elaborare la domanda ne tanto meno la risposta.
-Zayn- rispose alla fine con tono sottomesso.
-Dov’è quell’emerito coglione adesso?-
-Qui a casa mia, ma ci sono le mie sorelle quindi non puoi scatenare scenate isteriche in loro presenza, aspetta domani-
Riattaccai e andai a dormire, preparando mentalmente gli insulti che il giorno successivo avrei rivolto a quel cerebroleso.

Alle 7.56 varcai il portone d’ingresso dell’istituto “Michael Hugges” marcando ogni singolo passo con una potenza inverosimile, tentando di scatenare un terremoto con il solo tocco delle mie scarpe sul pavimento piastrellato.
Raggiunsi il signorino: si stava pavoneggiando davanti allo specchio appeso nell’armadietto, che richiusi con tale forza da far partire una vite.
-Evans…- mi squadrò con sguardo vago.
Ricambiai e, rivolgendogli un’occhiata truce, gli feci segno col dito di muovere quel benedettissimo sedere che la sua mamma gli aveva donato e seguirmi nello spogliatoio.
-Sei un coglione! Come puoi andare a dire in giro che sono venuta a letto con te?-
-E’ la verità, e ti è anche piaciuto-
Cominciò ad avvicinarsi pericolosamente a me e fu la conferma che non ricordava assolutamente niente.
-Prima cosa non verrei mai a letto con te. Seconda cosa, l’alcool deve averti annebbiato i pochi neuroni che rimangono in quella prugna secca che chiami cervello se non ti ricordi che quella con cui sei stato era  Jenny- sbraitai esasperata, spifferando ai quattro venti ciò che la mia migliore amica mi aveva rivelato.
-Cosa?-
-Esatto, e lei sta ancora aspettando una tua chiamata, quindi alza quel telefono e dille qualcosa se non vuoi che ti prenda a calci-
Girai i tacchi e mi allontanai, abbandonandolo nello spogliatoio che, da luogo segreto per i nostri baci proibiti, era diventato luogo pubblico di insulti e colpi di scena.

Spazio autrice: abbiamo scoperto chi è la ragazza che è stata con Zayn, ma lui ancora non lo sa. Crede di essere stato insieme a Chris ma alla fine è proprio lei ad aprirgli gli occhi. Cosa farà Zayn? Parlerà con Jenny o terrà fede alla sua reputazione da spaccacuori senza degnarla di uno sguardo?
Bene, finite le le domande retoriche, vi saluto e vi chiedo gentilmente di lasciare una recensione per farmi capire cosa ne pensate! Spero che continuerete a seguire la storia e che le recensioni aumentino! :)
-Alice

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Capitolo 8
*** Indecisione ***



 

Capitolo 8


*Zayn’s pov*

Tutte le mie illusioni si erano dissolte in soli due minuti; ancora una volta Chris Evans era riuscita a farmela sotto il naso. Non era la sua migliore amica che volevo aggiungere alla mia lista.
Nonostante tutto, però, avevo rimorchiato una delle ragazze più belle della scuola e questo non poteva che andare a mio vantaggio, ma non avevo alcuna intenzione di sorbirmi le scenate isteriche di un’altra cheerleader in pre-mestruo furiosa perché non l’avevo richiamata e non mi interessava avere nient’altro con lei.
Io non ero uno da storie serie, sdolcinato, che passa i pomeriggi in casa sdraiato sul divano a guardare un film romantico insieme alla fidanzata. Era molto meglio farsele una volta e poi lasciarle perdere; si infuriavano, ma erano di certo pronte a ripetere l’esperienza qual’ora glielo avessi chiesto. Gli stronzi attirano sempre.

*Chris’ pov*

L’odio che provavo per quel ragazzo non aveva eguali. Mi allontanai dallo spogliatoio con un diavolo per capello, decisa a convincere Jenny a fargliela pagare poiché ero sicura che lui non si sarebbe più fatto sentire.
L’immagine della mia migliore amica insieme a quel maiale faceva crescere in me un tale senso di disgusto e rabbia che la tentazione di prendere a sassate la sua auto mi sfiorò più volte la mente.
Ciò che non mi era chiaro era se fossi infuriata perché aveva approfittato di Jenny, o se la mia amica avesse ragione… volevo davvero esserci io al suo posto?
Questa domanda si insinuava nella mia testa così prepotentemente che non mi accorsi di aver colpito, durante la mia fuga,  un ragazzo in pieno petto, facendogli cadere i libri dalle mani.
-Hey piccola che succede?-
-Scusami Harry non ti avevo visto-
-L’ho notato. Perché così di fretta?-
-Cerco di convincere le mie gambe a non riprendere il sentiero che conduce verso la scuola perché potrei ammazzare quel tuo amichetto deficiente-
-Fammi indovinare… hai parlato con Zayn?-
Gli raccontai ciò che era accaduto, omettendo il dilemma che perseguitava la mia mente, dopo di chè mi accompagnò a casa.
Decidemmo di trascorrere la serata insieme; quando avevamo dodici anni ogni sabato sera lui veniva a dormire da me o vice versa, e non c’erano mai stati problemi per i miei genitori.
Anne era diventata la mia migliore amica; non c’era volta che io andassi a trovarli senza tornare indietro con una fetta di torta fatta in casa, o un nuovo lucidalabbra, o senza i primi sintomi dell’artrite a furia delle innumerevoli partite a FIFA nelle quali la squadra Chris-Anne riusciva ogni volta a sconfiggere quella Harry-Andy.
Era la pubertà che spaventava i miei genitori; sapevano benissimo quali pensieri tormentassero la mente di un adolescente e non potevano assolutamente permettere che la loro piccolina combinasse certi squallori.
D’altro canto, erano partiti per un viaggio di lavoro e sarebbero tornati dopo 3 giorni: quale occasione migliore per trascorrere una serata in onore dei vecchi tempi?
Noleggiammo un film, rigorosamente horror, preparammo i pop corn e ci rilassammo sul divano.
Guardare film di paura in sua presenza era qualcosa che avevo sempre adorato; mi stringeva con le sue possenti braccia infondendomi calore e sicurezza, mentre con le dita mi accarezzava delicatamente la fronte.

*Harry’s pov*

In quel momento lì insieme a lei, poterla tenere fra le mie braccia, odorare il suo profumo, accarezzarle il viso con tutto l’amore che potessi sprigionare, guardare da lontano i suoi lineamenti perfetti, quelle labbra carnose in contrasto con le mie sottili, quei capelli neri e sinuosi e quei magnifici occhi verdi nei quali mi perdevo inesorabilmente ogni qualvolta i nostri sguardi si incrociavano.
In quel momento perfetto mancava solo una cosa: avevo aspettato fin troppo, era giunto il momento di confessarle i miei veri sentimenti.
Le voltai delicatamente il viso poggiando la mia mano sotto il suo mento e le stampai un dolcissimo bacio a stampo, attendendo una qualsiasi reazione da parte sua, che però non arrivò.
Si lasciò andare e lentamente schiuse le labbra permettendo alla mia lingua di entrate in contatto con la sua.
Un brivido piacevole mi percorse la colonna vertebrale provocandomi un lieve formicolio allo stomaco.
Da mesi ormai, in nome della nostra amicizia, tentavo di reprimere il sentimento che il mio cuore mi faceva provare ogni volta che si avvicinava a me, cominciando a battere compulsivamente e rendendomi difficile ragionare.
Improvvisamente mi staccai da lei, fissando gli occhi nei suoi in attesa di una risposta, speranzoso che il responso fosse positivo.

*Chris’ pov*

Quel bacio era uno dei più veri che avessi mai dato; avevo sempre visto Harry solo come un amico eppure non avevo trovato la forza di staccarmi dalle sue labbra. Forse era solo la mia mente che tentava di convincermi si trattasse solo di un amico d’infanzia, mentre il cuore provava sentimenti contrastanti e molto più profondi.
-Questa volta non sei ubriaco vero?- domandai a pochi centimetri dalle sue labbra, lasciando trasparire un sorriso.
-Non lo sono mai stato-
Passammo la serata a coccolarci e scambiarci dolci baci affettuosi. Potevo ufficialmente dire che il mio migliore amico era diventato il mio ragazzo e quella fu la notte più bella della mia vita: niente di sconcio, semplici abbracci a carezze, ma ricolmi di così tanta passione da lasciare senza fiato.

-Ragazze… devo dirvi una cosa!-
Mi guardarono con gli occhi resi rossi dalla stanchezza, visibilmente poco interessate alle novità che avevo in serbo per loro.
-Io e Harry stiamo insieme-
Improvvisamente i loro sguardi si risvegliarono e, da cupi e privi di vita, si riempirono di gioia e curiosità.
-Cosa? Quando? Dove?-
-Ieri a casa mia!-
-E… l’avete già fatto?- quella domanda mi fece letteralmente saltare i nervi. A Jenny non interessava affatto dei sentimenti delle persone; per lei la cosa più importante nell’avere un ragazzo non era la fiducia reciproca che lega i due amanti, ma le faccende sessuali.
-Jenny solo perché te la sei fatta con Malik non significa che tutti i suoi amici debbano essere pervertiti come lui-
Afferrai lo zaino e mi diressi in classe, mentalmente poco preparata ad affrontare un’intera ora con la Bursh, la prof di lettere, le cui lezioni erano famose per la sua capacità di far addormentare gli alunni anche parlando dell’ultimo dell’anno.
-Ragazzi, volevo informarvi che fra 3 settimane si terrà un ballo in maschera per festeggiare Halloween, iniziativa che non mi sembra affatto pertinente al tema scolastico, i morti dovrebbero essere rimpianti non derisi con sciocchi travestimenti e…- mentre la Bursh si dilettava in uno dei suoi classici monologhi su quanto le decisioni del corpo studentesco fossero dannatamente inappropriate, cominciai a fantasticare sul vestito che avrei indossato, immaginando di abbinarlo a quello di Harry, dalle cui labbra mi separava solo il suono della campanella.

*Harry’s pov*

-Lou devo dirti una cosa… mi sono messo con Chris-
-Amico, sono contento per te, finalmente ti sei deciso a confessarle la verità-
Il nostro discorso fu interrotto dall’arrivo degli altri tre compari che Louis cominciò a tartassare di informazioni.
-Hey ragazzi la sapete l’ultima? Harry si è messo con Chris-
-Chi l’avrebbe mai detto che avresti tirato fuori le palle!?- sentenziò Niall, che in cambio ricevette un semplice sbuffetto sul braccio, tanto la felicità mi impediva di essere violento.
-Avete sentito del ballo in maschera?- Intervenne Liam decisamente troppo euforico.
-Si e non vedo l’ora di portarci Chris-
-Oh mio dio ora si trasforma in uno di quei fidanzatini sentimentali! Si salvi chi può- esclamò Niall generando le risate generali dei ragazzi, ad eccezione di Zayn che era appoggiato agli armadietti impassibile, lo sguardo perso nel vuoto e la mente visibilmente affollata di pensieri.

*Zayn’s pov*

La notizia mi aveva decisamente turbato; finché stava con Harry non avrei potuto aggiungere la Evans alla mia lista. Ma non mi sarei dato per vinto, ero sicuro che i baci che ci scambiavamo negli spogliatoi significassero per lei molto più di quelli con il suo nuovo fidanzatino.
Il suono della campanella mi destò dai miei pensieri; lasciai i ragazzi accanto agli armadietti e raggiunsi Chris fuori dalla classe, afferrandola per un polso e trascinandola nel nostro luogo proibito, attento a non attirare sguardi indiscreti.
La spinsi contro il muro, impadronendomi con foga delle sue labbra, mentre si dimenava per liberarsi.
-Lasciami stare, come puoi far questo al tuo migliore amico?- urlò allontanandomi da se con tutta la forza che la sua esile corporatura le permettè di sprigionare.
-So che preferisci stare qui con me- sentenziai con un sorriso beffardo.
Annullai nuovamente la distanza fra di noi; all’inizio tentò nuovamente di sfuggirmi, ma in seguito il mio fascino ebbe la meglio, tanto che si lasciò andare, permettendomi di accarezzare la sua pelle liscia sotto al maglioncino, provocandole brividi piacevoli.


Spazio autrice: Ta dan! Ecco il colpo di scena; Chris si è messa con Harry e sembra realmente presa da lui, ma poi la ritroviamo di nuovo ancorata alle labbra di Zayn.
Questa situazione sarà il punto cardine dei prossimo capitoli quindi, se vi va di scoprire come andrà a finire, continuate a seguire la storia!

Ora vi lascio e vi chiedo di lasciare una piccola recensione! grazie mille :)

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Capitolo 9
*** Sensi di colpa ***




Capitolo 9


*Chris’ pov*

Quelle labbra così carnose, quegli occhi color nocciola così dannatamente suadenti, quel suo profumo di tabacco misto a menta, quel tocco delicato con il quale mi accarezzava, erano ancora una volta una calamita per me e non potevo fare a meno di esserne attratta.
Dopo attimi di trans durante i quali la mia mente rimase annebbiata da quella mistura di odori, tornai in me.
-Io… io… non posso-  balbettai timidamente, prima di allontanarmi da lui imbarazzata ma al contempo iraconda con me stessa perché, ancora una volta, non ero riuscita a porre freno al mio istinto.
-Ciao principessa- Harry mi salutò tentando di baciarmi, ma voltai il viso istintivamente lasciando che le sue labbra incontrassero solo la mia guancia.
I sensi di colpa avevano già occupato ogni singola particella del mio corpo e tenere le distanze sarebbe di certo stata la scelta migliore.
-Non mi sento molto bene, torno a casa a riposare- affermai sperando fortemente che non mi seguisse.
-Ti accompagno. Lou ci vediamo dopo- speranza distrutta.
Scesi dalla macchina salutandolo semplicemente a parole; sapeva che il fumo era sempre stato il mio nemico numero uno. Che scusa avrei inventato se avesse captato il sapore di tabacco sulle mie labbra?

Mi rilassai con un bagno caldo mentre le canzoni della mia playlist si susseguivano, propagando calma e serenità nei miei muscoli fin troppo tesi.
Ma niente sembrava funzionare; qualsiasi canzone d’amore intonassi, comprendeva frasi, espressioni, o anche solo parole in grado di far riaffiorare il ricordo dell’ultimo bacio rubato di Zayn.
Indossai un paio di leggins, una T-shirt, raccolsi i capelli in una coda di cavallo e scesi in strada per fare qualche chilometro di corsa accompagnata dal mio ipod.

-Oh scusami non ti avevo visto- la mente così affollata mi annebbiava la vista, tanto che urtai contro un ragazzo imbacuccato fino al collo.
-Chris, che ci fai qui-
-Louis?-
-Non stavi mica male?-
Aveva assistito alla mia falsa recita qualche ora prima a scuola e non era in grado di spiegarsi come potessi stare già meglio.
-Mi sentivo meglio così sono uscita. Tu invece? Sembri di pessimo umore-
Spiegò che i ragazzi lo avevano liquidato, lasciandolo da solo in pieno venerdì pomeriggio; Niall doveva accompagnare suo fratello dal dentista, Liam aveva una visita medica ed Harry doveva occuparsi della madre.
Dopo essermi accertata che non fosse accaduto nulla di grave ad Anne, cominciò ad assalirmi il pensiero di quale fosse il motivo per il quale Malik non potesse passare del tempo con il suo amico.
-Scarlett torna oggi- aggiunse poi, come se mi avesse letto nel pensiero.
Scarlett Rid era la fidanzata di quello stronzo di Malik, ancora convinta che il suo ragazzo avesse occhi solo ed esclusivamente per lei, ignara del fatto che, quel tanto caro e fedele sciupafemmine, se la faceva con altre due persone alle sue spalle. Era appena tornata da una vacanza studio con la famiglia e nessuno voleva già averne più a che fare.

*Harry’s pov*

La distanza che aveva tenuto nei miei confronti mi aveva, tutto sommato, ferito. Non volevo essere uno di quei fidanzatini appiccicosi che pensano sempre e solo a stare abbracciati, ma negarmi un bacio non era da lei.
Sommerso da questi pensieri giunsi a casa, dove mia madre era alle prese con i fornelli intenta a prepararmi una frittata, compito reso piuttosto arduo dal tremolio continuo che le invadeva il corpo.
-Ciao tesoro-
Lasciai lo zaino accanto alla porta di ingresso e la raggiunsi per abbracciarla.
-Guarda cosa ho trovato- sfoderò dalla tasca del grembiule una foto piuttosto mal ridotta che raffigurava me e Chris da bambini, il sorriso stampato sul volto mentre giocavamo beatamente nel parco con le foglie ingiallite dall’autunno. Qualche lacrima mi bagnò il viso ma riuscii ad asciugarla prima che mia madre se ne accorgesse.
-Quando la inviterai di nuovo a cena?-
-Presto- mi limitai ad affermare, addentando la frittata che, dopo tutto, non era così male.

*Zayn’s pov*

Proprio come immaginavo, il mio fascino aveva colpito ancora. La Evans non era affatto in grado di resistermi e avrei usato quest’arma a mio vantaggio. Nessuno se la sarebbe portata a letto prima di me.
-Amoreee!- una vocetta stridula mi raggiunse l’orecchio, provocandomi vibrazioni fastidiose.
-Amore sono tornata!- Scarlett si avventò sulle mie labbra senza lasciarmi il tempo di realizzare, né di rattristarmi, del suo ritorno.
-Quanto mi sono mancati i tuoi baci-
Decisi di tenerle il gioco, non potevo di certo mollarla dopo due mesi che non ci incontravamo.
Uscimmo per fare una passeggiata nel parco e, mentre lei era intenta a raccontarmi esaurientemente dello shopping sfrenato che aveva fatto a Parigi, le mie attenzioni erano rivolte da tutt’altra parte.
Improvvisamente, il mio sguardo fu attirato da una figura a me familiare che mi scrutava tra i cespugli.
La persi di vista quando quella piattola appiccicosa mi voltò il viso stampandomi un bacio lungo e passionale, ma subito dopo scorsi nuovamente quella sagoma che correva fuori dall’uscita del parco.

*Chris’ pov*

Il campanello suonò ininterrottamente per due minuti prima che trovassi il coraggio e la forza di alzarmi dal divano e aprire, terrorizzata potesse essere Harry.
Ad attendermi dall’altro lato della porta vi era Jenny in lacrime, che tentava di raccontarmi ciò che era accaduto con la voce sommessa dai singhiozzi.
-Zayn non solo non si è fatto più sentire, ma oggi l’ho anche scoperto al parco con… con quella-
-Con Scarlett?-
-E chi sennò?-
Gelosia e frustrazione  si impadronirono del mio corpo, privandomi di tutta la calma che ero riuscita ad immagazzinare nelle ultime tre ore.
-Io quello lì lo ammazzo, non può comportarsi così, non può sfruttare le ragazze a suo gusto e piacimento: sta con lei, ma va a letto con te e se la fa con me negli spogliatoi, senza neanche avere la decenza di dirlo al suo migliore amico che è il mio ragazzo- la rabbia mi aveva fatto parlare a sproposito, tanto da non accorgermi di aver appena rivelato alla mia amica ciò che accadeva con Malik ormai da settimane.
Sul suo volto si dipinse un’espressione di odio e disgusto; si voltò, aprì la porta ed uscì.
La afferrai per un polso intenzionata a trattenerla per spiegarla tutto, ma ritrasse il braccio come scottata e scomparve tra la foschia autunnale.
-Lascia che ti spieghi!-
-Vai al diavolo-

Il lunedì seguente fu il giorno più brutto di tutta la mia vita; Jenny non mi rivolgeva la parola da tre giorni, e come biasimarla.
Rose era malata e non potevo di certo turbarla con tutti i miei problemi.
Non potevo tantomeno confidarlo al mio migliore amico, dato il suo nuovo ruolo nella mia vita.
Mi ritrovai così a girovagare per i corridoi, accuratamente attenta ad evitare qualsiasi capigliatura riccia si parasse davanti al mio sguardo, almeno fino alla lezione di nuoto che, sfortunatamente, frequentavamo insieme.

-Sei uno schianto in costume- sussurrò il riccio a pochi centimetri dal mio collo e passando delicatamente le mani sui miei fianchi nudi.
Approfittai dall’assenza del prof per baciarlo velocemente, prima che questi impartì ad ognuno l’esercizio da svolgere.
-Johnson quattro vasche a farfalla, Evans tre a rana, Kole sette a stile libero e… Malik, aggrappati al bordo e tenta di stare a galla-.
Scoprire che il mio peggior nemico era dotato di un punto debole tanto ridicolo, dipinse sul mio volto un sorriso beffardo che camuffai con un colpo di tosse.
-Malik mi raccomando, tenta di non annegare il 30 centimetri e mezzo d’acqua- cominciarono a rivolgergli commentini sarcastici, ai quali però non prestò attenzione, nonostante la vergogna sul suo volto trasparisse anche da lontano.

*Zayn’s pov*

Ero uscito dalla piscina per recuperare le tavolette galleggianti raggruppate sul bordo dall’altro lato della vasca, dove l’acqua era più profonda.
Mi sporsi per afferrane una ma sentii qualcuno spingermi con forza  e un urlo agghiacciante uscire dalle mie labbra, prima che l’impatto con l’acqua gelasse ogni muscolo del mio corpo, sostituendo qualsiasi pensiero logico nella mia mente con una singola ed infernale parola: ACQUA.
Cominciai ad annaspare tentando, inutilmente, di restare a galla. Ma il poco allenamento di quegli anni non mi aveva affatto favorito; cominciai ad immergermi sempre più in profondità mentre la superficie si trasformava in una meta irraggiungibile.
Potevo intravedere il bagliore delle luci al neon che si riflettevano sulla superficie, creando piccole bolle argentee e la figura sfocata dei miei compagni che mi osservavano affacciati al bordo. Udivo le risate rese ovattate dall’acqua ma non potevo urlare nè chiedere aiuto.
Muovevo le braccia e le gambe nervosamente, cercando quel poco di spinta che mi avrebbe permesso di tornare in superficie, ma senza risultati; il fiato mi aveva abbandonato quasi completamente, aveva ingoiato una quantità esorbitante d’acqua e il vociare dei miei compagni si era interrotto una volta accorti che non si trattava di una finzione.
Mi avevano abbandonato a me stesso, nessuno era disposto ad aiutarmi, così chiusi gli occhi, abbandonandomi all’oscurità.


Spazio autrice: eccovi il capitolo. Cosa ne pensate? Chris si è lasciata sfuggire un dettaglio importante e questo comprometterà la sua amicizia con Jenny.
Alla fine, invece, il nostro Zayn si ritrova in una situazione piuttosto scomoda; i suoi compagni lo gettano in piscina, come farà a venirne fuori? Nel prossimo capitolo dovrà affrontare una serie di sentimenti contrastanti.
Non vi annoio con altre chiacchiere inutili ma vi chiedo semplicemente di lasciare delle piccole recensioni per farmi capire cosa ne pensate! grazie a tutte :)

Scarlett immaginatela molto simile a questa ragazza, la bellissima SCARLETT Johansson (per pura casualità hanno lo stesso nome ahah) :)


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Capitolo 10
*** Difficoltà ***




Capitolo 10


*Chris’ pov*

Assistere all’impatto con l’acqua del signorino dai bei capelli, mi fece scoppiare in una risata fragorosa, che però si tramutò in un’espressione di terrore quando notai che dalla superficie non uscivano altro che bolle, ma nessuna testa mora riusciva a riemergere.
Tutti gli imbecilli della mia classe se ne stavo immobili, impassibili, come se la scena che si stava consumando davanti ai loro occhi fosse del tutto naturale.
In preda alla disperazione io e Harry prendemmo la rincorsa e ci lanciammo in aiuto di Malik, riuscendo a stento a trascinarlo fuori dalla vasca tanto l’acqua nei polmoni lo aveva appesantito.
Lo facemmo distendere sul bordo e il mio cuore manco letteralmente un battito quando constatai che le sue labbra non emettevano alcun fiato.
Cominciai la respirazione bocca a bocca, sotto lo sguardo attonito di quei rincoglioniti che lo avevano spinto in acqua, e di Harry, ormai rassegnato all’idea di aver perso un amico.

Dopo ben cinque minuti durante i quali la mia mente non faceva altro che spingermi a continuare il massaggio cardiaco, le lacrime cominciarono a bagnarmi le guance, rendendomi impotente.
Harry tentava di spostarmi dal corpo, tirandomi per le braccia, ma la mia cocciutaggine mi convinse a continuare ancora, fino a che l’acqua che gli ostruiva i polmoni non liberò la trachea, permettendogli di respirare.
Si guardò attorno, incosciente di cosa fosse appena accaduto e io, d’istinto, lo abbracciai. Un abbraccio che anche lui ricambiò dopo aver capito di essere quasi morto.

*Zayn’s pov*

Quando ripresi conoscenza, due occhi verdi immersi nelle lacrime mi stavano fissando a pochi centimetri dal mio viso,  permettendomi di captare il dolore e la disperazione che vi si erano accumulati.
Chris mi abbracciò e io ricambiai quella stretta dopo essermi ricordato del momento infernale che avevo appena vissuto.
Quando mi alzai, fu Harry a corrermi incontro, anch’egli sollevato all’idea di potermi chiamare ancora BRO.
Dopo qualche secondo di vani tentativi di acquistare stabilità sulle gambe che sembravano non voler sorreggere il mio peso, capii quanto quel ragazzo tenesse a me e, anche in quel momento così orribile, tutto ciò a cui riuscivo a pensare era che non avrei mai potuto fargli una cosa del genere: il mio amico mi aveva salvato la vita, non potevo portarmi a letto la sua ragazza.

-Abbiamo saputo cosa è successo. Stai bene?-
-Si Niall, per fortuna non è successo niente-
Mentre i miei amici si accertavano del buono stato della mia salute, Harry era appoggiato agli armadietti, con sguardo disperso nel vuoto, che muoveva compulsivamente le mani.
-Hey amico va tutto bene?- gli domandai, preoccupato per le sue condizioni.
-S-s-i- balbetto in modo quasi impercettibile.
-Ragazzi sapete, se non fosse stato per Harry ora non sarei qui con voi- affermai prendendo sotto braccio il mio amico in modo che gliene venissero riconosciuti i meriti. Ma quella mia affermazione lo fece scoppiare.
-Non sono stato io a salvarti, lo vuoi capire? E’ stata Chris, lei ha fatto la respirazione bocca a bocca, io me ne stavo lì a guardarti morire senza fare niente e mi odio per questo-
Se ne andò lasciandomi più che perplesso.
Chris mi aveva salvato? Quella bambolina che consideravo semplicemente una distrazione, mi aveva salvato la vita?

*Chris’ pov*

Non mi aveva ringraziato, non mi aveva salutato, mi aveva semplicemente ignorato, come sempre.
Lo avevo riportato indietro dall’abisso e lui neanche si faceva vivo.
L’immagine della sua ragazza che gli si aggrappava al collo stampandogli umidi baci, mi fece salire ulteriormente il nervoso, tanto che dovetti trattenermi con tutte le mie forze per non corrergli in contro e rinfacciargli tutto.
Mi avviai verso il laboratorio di scienze, ma il moro mi sbarrò la strada, impedendomi l’ingresso nell’aula. Mi afferrò delicatamente la mano e mi trascinò in cortile, chiaro segno che ciò che stava per accadere non fosse niente di privato o proibito come al solito.
-Grazie- disse semplicemente prima che quegli sguardi sfuggevoli si trasformarono in un abbraccio.
Mi staccai da lui dopo attimi che avrei voluto fossero interminabili e la tentazione fu più forte di me; allungai il viso stampandogli un bacio casto all’angolo della bocca, prima di ritrarmi quasi come scottata e pentendomi del mio gesto.
Lo abbandonai ancora una volta, come era mia consuetudine fare; ma quel bacio era stato diverso da tutti gli altri.
Qualcosa mi aveva spinto a farlo senza che lui mi attirasse prepotentemente a se annullando qualsiasi pensiero nella mia mente.

Un bagno caldo era tutto ciò che il mio corpo necessitava per far scivolare via tutte le preoccupazioni e i pensieri ben poco casti che mi affioravano in mente quando pensavo al nome Zayn Malik.
Ma questo non sarebbe dovuto accadere: quei pensieri avrebbero dovuto riguardare Harry, il mio ragazzo, non qual pallone gonfiato pervertito.
Mi addormentai nella vasca fino a quando lo stato cencioso delle mie mani non mi convinse che fosse arrivato il momento giusto di uscire.
-Rose stai un po’ meglio?- le domandai per telefono.
-Ho ancora la febbre alta ma per il resto tutto a posto-
Tenere quel segreto solo per me mi stava consumando; non dormivo sonni tranquilli da settimane, il suo volto continuava ad apparire nella mia mente provocandomi brividi lungo tutto il corpo.
Raccontai alla mia amica ciò che era accaduto per filo e per segno, ricordando tutto in maniera stramaledettamente perfetta: ogni singolo attimo passato insieme, ogni bacio, ogni emozione.
Seguirono pochi secondi di silenzio durante i quali potevo udire il respiro della mia amica farsi sempre più affannoso.
-Jenny lo sa già e abbiamo litigato per questo-
-Segui ciò che ti dice il cuore-
Sapevo che Rose non avrebbe dato di matto, vista la sua indole calma e placata, ma quello non era di certo il momento di tirar fuori frasi ispirate. Avevo bisogno di una risposta decisa.
Mi convinsi infine che il giorno seguente non sarei andata a scuola, ma avrei passato la giornata con Rose a casa sua, in modo da potermi prendere cura di lei e, nel contempo, discutere del grande dramma che mi affliggeva la mente.

-Quindi da quanto hai detto che va avanti questa storia?- chiese incrociando le mani al petto quasi fosse una psicanalista di professione.
-Un mese-
-E me lo dici solo ora? Sai come la penso riguardo Zayn e non voglio che tu abbia niente a che fare con lui, ma se sei innamorata… non posso farci nulla-
-Non ho mai detto di essere innamorata- ribattei acida.
Non avevo mai insinuato niente del genere e di certo la mia amica si stava sbagliando.
Alla fine mi consigliò di uscire con Harry quel pomeriggio, per distrarmi e passare del tempo con il mio ragazzo, nonostante non fosse affatto d’accordo che io lo ingannassi in questo modo.

*Harry's pov*

Finalmente un po’ di tempo da passare solo con lei a coccolarci in modo che scacciasse, con le sue parole rassicuranti, i brutti pensieri della giornata precedente dalla mia testa.
-Harry perché sei così turbato?-
-Avrei voluto fare qualcosa in più per Zayn, come hai fatto tu-
-Eri sconvolto, non riuscivi a ragionare. Io non sono sua amica quindi avevo una visione più obiettiva delle cose-
-Eppure sei scoppiata a piangere-
-Un mio compagno stava morendo, come potevo rimanere impassibile-

La discussione continuò a lungo fino a che non ci addormentammo sdraiati sul divano, lei accoccolata sopra il mio petto, mentre le mie dita giocherellavano con i suoi capelli morbidi.
Ad un tratto cominciò a parlare nel sonno, cosa che la caratterizzava sin da bambina.
-Non puoi fare questo al tuo migliore amico- mi sembrò di udire. Allungai l’orecchio per poter captare meglio quelle parole che uscivano flebilmente dalle sue labbra.
-Dovrei essere innamorata di Harry, non di lui-


Spazio autrice: purtroppo vedo che la storia non è seguita da molti, quindi vi chiederei se alla fine del capitolo poteste mettere una recensione, così da capire se vale la pena continuare a pubblicare i capitoli oppure no! grazie

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Capitolo 11
*** Anne ***




Capitolo 11


Udite quelle parole, il mondo mi crollò letteralmente addosso.
Non sapevo se ciò che aveva detto fosse vero o solo un riflesso incondizionato del sonno, ma la mia mente non voleva avere chiarimenti; preferiva rimanere nell’ignoranza, con la convinzione che la mia Chris dipendesse ancora dalle mie labbra.
Afferrai lo zaino e uscii da quella casa, lasciandomi alle spalle una ragazza bellissima che dormiva beatamente sul divano, ignara del fatto di aver detto qualcosa di compromettente.

*Chris’ pov*

Quando mi svegliai, non trovai Harry al mio fianco così decisi di chiamarlo per assicurarmi che andasse tutto bene.
-Harry dove sei?
-Sono tornato a casa-
-Perché te ne sei andato così?-
-Prova a pensarci, magari trovi la risposta in uno dei tuoi sogni- rispose evidentemente scocciato prima di riattaccare.
Ancora scossa da quella conversazione, chiamai Rose per aggiornarla sugli ultimi avvenimenti.
-Allora com’è andata con Harry?-
-Benissimo, abbiamo parlato di Malik-
Senza neanche lasciarmi il tempo di spiegare il motivo per il quale “il moro” era stato il nostro argomento di conversazione durante tutto il pomeriggio, la mia amica cominciò ad attaccarmi dandomi dell’idiota perché, se volevo togliermi quel ragazzo dalla testa, di certo non dovevo parlare di lui con il mio fidanzato.
-Rose mi lasci…-
-NO, sei un’idiota-
-Ieri stava per morire, va bene? Entrambi teniamo a lui, ecco perché ne abbiamo discusso-
Seguirono attimi di silenzio durante i quali potei percepire l’amarezza che la mia amica provava verso se stessa per gli aggettivi che mi aveva appena attribuito.
Chiarite le cose, le descrissi brevemente come avevamo passato il pomeriggio e della strana telefonata che avevamo appena avuto.
Nessun delle due riusciva a spiegarsi cosa intendesse con “Magari lo trovi nei tuoi sogni”.
Era una frase premonitrice di ciò che sarebbe accaduto a San Valentino o stava alludendo a qualcosa in particolare?
Ci arrendemmo all’evidenza di essere incapaci di trovare una risposta e, nonostante continuassi ad insistere sul fatto di essere innamorata di Harry, né Rose né tanto meno il mio cervello, volevano convincersi.

*Harry’s pov*

-Mamma sono a casa-
Nessuna risposta. Cominciai a perlustrare ogni singolo centimetro di quella maledettissima villa alla ricerca di mia madre, il cui silenzio era il chiaro segno che non si sentiva bene.
La trovai, dopo minuti di ricerca, in bagno accasciata accanto al lavandino, il corpo scosso da violenti brividi, mentre le labbra tremavano convulsamente provocando ferite alla lingua.
Quella visione mi fece perdere l’ultimo briciolo di forza che il mio corpo aveva mantenuto dopo quell’inconveniente con Chris, le gambe si erano marmorizzate e gli occhi spalancati, dai quali traspariva un più che giustificato terrore.
La presi in braccio e la trasportai sino alla macchina, che misi in moto di tutta fretta, diretto verso l’ospedale.
Quando vi giungemmo, le labbra ormai sanguinavano copiosamente, i tremolii erano aumentati e l’espressione allarmata dei medici alla mia richiesta di soccorso, non fece altro che alimentare la mia paura.
In preda alla disperazione, chiamai Andy che mi raggiunse dopo poco più di un’ora, l’ora più brutta e angosciante di tutta la mia vita.

-Harry, dov’è la mamma?-
-L’hanno portata via d’urgenza, aveva violente convulsioni e  sanguinava copiosamente dalle labbra- spiegai con voce rotta dai singhiozzi.
-E’ una donna forte, vedrai che si riprenderà- tentò di rassicurarmi ma dal suo tono potevo intuire dell’incertezza allarmante.
Dopo ben tre ore di attesa, non riuscivo più a sopportare tutta quella tensione, così mi rinchiusi in bagno per rinfrescarmi un po’ le idee e allontanare tutti i cattivi pensieri e presentimenti che si insinuavano con brutalità nella mia mente.
Guardai il cellulare: 3 chiamate perse – Chris.
Non avevo la forza di parlarle in quel momento, avrebbe di certo intuito che qualcosa non andava e non volevo si preoccupasse. Nonostante tutto, però, ero fuggito da casa sua come un ladro rifilandole delle scuse ridicole per telefono, era anche probabile che fosse in pensiero.
-Harry, finalmente hai risposto. Dovremmo parlare. Dove sei?-
-A fare un giro-
-Perché te ne sei andato via così? Cosa ti ho fatto?-
Avevo capito che mentirle non era tra le mie specialità; scoppiai in un pianto distrutto e le spiegai tutto ciò che era accaduto a mia madre.
-Arrivo subito-

Attaccò il telefono e, dopo appena quindici minuti, mi raggiunse in ospedale, per sostenermi con le sue parole rassicuranti e i suoi abbracci calorosi.
-Vedrai che andrà tutto bene-
In quel preciso istante il dottore si avvicinò con aria preoccupata, prima di darci la terribile notizia; il cancro sembrava non rispondere alle cure, era peggiorato e si era ingrandito ricoprendo un’area più estesa di materia grigia. Era necessaria un’operazione per estrarlo ma poteva comportare innumerevoli rischi.
Mi sentii mancare; mi lasciai letteralmente cadere sulla poltrona di plastica blu, sotto gli occhi attoniti di Andy e del dottore già pronto a soccorrermi.
Non riuscii a fare altro se non abbracciare Chris, che tentò di confortarmi stingendomi con vigore.
Anche se il dubbio riguardo ciò che aveva detto nel sonno continuava ad assillarmi, in quel momento tutto ciò a cui dovevo dedicarmi era la salute di mia madre.

*Zayn’s pov*

-Tesoro vieni qui e dammi un bacio-
Non la sopportavo più; Scarlett era tornata da appena cinque giorni e già avrei voluto scaraventarla fuori dalla finestra del terzo piano.
Da quando era rientrata a Londra, non ero riuscito a passare neanche dieci minuti da solo: era costantemente appiccicata, voleva baciarmi e, ovviamente, andare anche oltre, ma guardandola tutto ciò che desideravo era solo che una bambolina mora dagli occhi verdi occupasse il suo posto accanto a me, nel mio letto.
Quando finalmente si decise a tornare a casa, l’illusione che finalmente avrei potuto godermi quei cinque minuti di sano relax, fu distrutta dall’ingresso plateale di mia madre nel salone, come al solito adirata con mio padre per motivi banali e scontati.

-Sei un emerito coglione-
-E tu sei solo una stronza-
Le liti dei miei genitori erano sempre di questa natura e io non facevo nulla per impedirlo; mi chiudevo in camera mia immergendomi nella mia musica, con gli auricolari nelle orecchie, per impedire che urla sgradevoli raggiungessero la mia mente.

*Chris’ pov*

Quando dovemmo tornare a casa, fu estremamente difficile portare via anche Harry; profondamente sconvolto, aveva deciso di passare la notte in ospedale accanto a sua madre.
I medici lo avevano, infine, convinto a rinunciare.

Ci chiudemmo in camera sua e lui si infilò sotto le coperte alla ricerca di un rifugio contro tutti i cattivi pensieri che gli confondevano assiduamente le idee.
Mi sdraiai accanto a lui, appoggiandogli il viso sul mio petto e giocherellando con i suoi soffici riccioli fino a calmarlo.
Quella notte mi fu totalmente impossibile prendere sonno; non solo la preoccupazione per la salute di Anne non mi permetteva di rilassarmi, in più tentavo di trovare una soluzione al quesito che aveva messo in difficoltà sia me che Rose qualche ora prima e cercavo di convincermi di essere innamorata di Harry, nonostante il mio cuore mi spingesse ad ammettere che tutto ciò che provavo per lui era una solo una forte amicizia.

*Zayn’s pov*

Litigavano da ormai trenta minuti e i rimproveri dei vicini per il troppo frastuono non tardarono ad arrivare.
Improvvisamente tutto divenne silenzioso, riuscii solo a udire il rumore di una lama cadere a terra.
Scesi le scale ad una velocità sovrumana, non rompendomi per poco una caviglia.
La visione di mio padre che si osservava terrorizzato le mani sporche di sangue mentre il respiro si faceva sempre più affannoso  -sintomo di un imminente attacco di panico- mi fece letteralmente perdere tre anni di vita.



Spazio autrice: Ragazze scusatemi davvero tanto, la mia mente bacata si è accorta solo adesso di aver dimenticato di mettere questo capitolo, ecco perchè sembrava che mancasse un pezzo. Fortunatamente non succede niente di trascendentale qui, a parte il fatto che Anne deve subire una pericolosa operazione a causa del cancro!
Mi scuso ancora e spero che siate comunque riuscite a capire ciò che accade, anche senza questo capitolo di passaggio! Sono davvero mortificata!
-Alice

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Capitolo 12
*** Scoperta! ***




Capitolo 12


Lo sguardo si posò istintivamente sulla mano di mio padre e un sospiro di sollievo uscì incontrollato dalle mia labbra non appena mi accorsi che tutto quel sangue era causato da un profondo taglio che gli solcava il palmo, mentre mia madre correva da una parte all’altra della cucina alla ricerca delle garze mediche.
Ciò che mi rattristava era che, per un momento, avessi realmente pensato che mio padre sarebbe stato in grado di uccidere mia madre, e questa situazione era ormai diventata insostenibile.
Volevo che tornassimo ad essere la famiglia di una volta.
Tornai in camera e sprofondai nuovamente nella musica intonando qualche nota di Let me love you, di Mario, sotto i continui rimproveri dei vicini che, nonostante il loro udito ben poco sviluppato, si lamentavano di sentirmi sin dal 5 piano.

*Chris’ pov*

La mattina seguente aspettai che Harry si alzasse, dopo di che cominciai a preparare la colazione per lui e Andy, che facevano a gara per ottenere l’ultimo pancake, tentando di nascondere con quei falsi sorrisi la tristezza e la preoccupazione.
-Harry dobbiamo andare o faremo tardi a scuola-
-Oggi non vengo, passerò la giornata con mia madre-
Un veloce bacio sulle labbra sotto gli occhi imbarazzati del patrigno, e misi in moto la macchina, diretta a scuola, poco preparata ad affrontare sei estenuanti ore e i discorsi soporiferi del prof di geografia che mi attendevano.

-Allora ragazzi, come procedono i lavori di gruppo?-
Con tutti quegli avvenimenti, il ritorno di Scarlett, la lite con Jenny, la malattia di Anne e il malumore di Harry, ci eravamo totalmente dimenticate del progetto.
Mi avvicinai timidamente a Jenny dopo ben una settimana che non ci rivolgevamo la parola e, quasi intimidita dallo sguardo della mia amica, le domandai come avremmo fatto a finire in tempo.
-Perché non provi a chiederlo a Zayn mentre vi fate negli spogliatoi? Di certo saprà tutto sulla Turchia-
Se ne andò lasciandomi perplessa davanti al suo banco, mentre uno sguardo alle mie spalle mi scrutava in segno di delusione.
Mi voltai ed incontrai due occhi azzurri fissi nei miei, osservarmi malignamente.
Rincorsi l’inopportuno osservatore e lo stoppai accanto agli armadietti.
-Lou hai sentito qualcosa?-
-Tu che dici?-
Aveva sentito tutte le accuse rivoltemi da Jenny, sapeva di me e Zayn, sapeva che avevo tradito il suo migliore amico anche se non in maniera intenzionale, sapeva troppo… sapeva TUTTO.
-Ti prego dimmi che…-
-Che cosa? Pensi davvero che non lo dirò ad Harry? E’ il mio migliore amico, sono in dovere di farlo-
Abbassai lo sguardo, posandolo sulle mie scarpe che si muovevano nervosamente.
-E’ solo che… è successo per caso e…-
-Però è successo-
-Lascia che glielo dica io- azzardai.
Dopo attimi di riflessione mi concesse al massimo una settimana, poiché era a conoscenza della situazione familiare di Harry e, in quel momento, non voleva turbarlo ulteriormente.

-Jenny per favore…-
Attaccò il telefono senza lasciarmi il tempo di spiegare. Questa situazione andava avanti da una settimana e non potevo permettere che un ragazzo ci separasse.
Afferrai il cellulare, uscii di casa e mi diressi verso la sua, decisa a chiarire le cose una volta per tutte.
-Che ci fai qui?-
-Dobbiamo parlare-
Feci capolino nel salotto, senza lasciarle il tempo di intercettarmi o bloccarmi fuori dalla porta. Fortunatamente aveva casa libera, in questo modo urla disumane e discorsi di certo vietati ai minori si sarebbero potuti esprimere con chiarezza.
-Devo spiegarti tutto-
Le raccontai di come era iniziata questa storia, di tutte le volte che ci eravamo incontrati negli spogliatoi, di come non fingevamo affatto di odiarci ma, non appena ci trovavamo soli, l’attrazione fisica era troppo forte per essere repressa.
Le ricordai che entrambi erano ubriachi quel venerdì sera a casa di Lou e le spiegai che mi ero infuriata non per gelosia, ma perché sapevo che non l’avrebbe più cagata.
Non trovò alcuna tesi per controbattere e fu costretta a perdonarmi.
-Mi dispiace- disse semplicemente.

*Louis’ pov*

Quell’emerito figlio di buona donna, come aveva potuto? Camminavo furiosamente sbattendo i piedi sul marciapiede congelato dal freddo invernale, mentre l’idea di Zayn avvinghiato alla fidanzata del mio amico mi faceva venire il volta stomaco.
Le gambe intorpidite dal vento gelido mi condussero inconsciamente sino a casa sua; suonai ripetutamente il campanello con vigore, prima che una chioma scompigliata dal sonnellino pomeridiano venisse ad aprirmi.
-Sei proprio un coglione-
Gli sganciai un pugno in piena faccia, lasciando chiaramente intuire che l’aveva combinata grossa questa volta.
-Ma che cazzo fai?- sbraitò massaggiandosi la guancia dolorante, dal cui labbro pendeva un rivolo di sangue.
-Che cazzo fai tu! Qual’era lo scopo nel farti la fidanzata del tuo migliore amico? Spiegamelo perché io proprio non ci arrivo. Sai quanto Harry tenga a lei, ti sembrava proprio il caso di costringerla a baciarti?-
Cominciò a sghignazzare divertito, sviluppando in me l’inarrestabile desiderio di scagliare nuovamente il pugno contro il suo naso.
-Tu pensi che io l’abbia obbligata? Lei era più che consenziente tutte le volte che è successo-
Non potevo credere alle mie orecchie; non era stata la prima né sarebbe stata l’ultima volta!
Chris mi aveva mentito, aveva detto che si era trattato di un caso, non che quell’appuntamento si ripetesse da settimane.
Girai i tacchi e mi allontanai, senza domandare scusa al mio amico, perché se lo meritava.

*Zayn’s pov*

Andai in cucina per prendere del ghiaccio dal congelatore e posarlo sulla guancia violacea, quando il campanello suonò nuovamente portandomi ad imprecare contro Louis che, in quel momento, mi stava realmente facendo girare le palle.
Ma ciò che mi aspettava dietro la porta non era il signorino dagli occhi azzurri, bensì una ragazza vogliosa, dagli occhi marroni ardenti di passione, pronta a privarmi di quel briciolo di forza che avevo recuperato durante il sonnellino.
Si catapultò sulle mie labbra, senza prestare minimamente attenzione al livido che mi occupava la guancia e facendomi intuire quanto la sua attrazione nei miei confronti fosse puramente a scopo sessuale.
Una vera fidanzata avrebbe notato la botta, si sarebbe preoccupata e presa cura di me. Fu quindi chiaro che anche io per lei ero solo un giocattolino, tutte le emozioni che ci avevano legato una volta non esistevano più, dovevo finirla lì.
-Scarlett non voglio più stare con te-
-ahahah Nessuno può mollarmi, sono io che mollo le persone capito?- mi tirò uno schiaffo e uscì di casa sbattendo i piedi e trascinandosi dietro la porta che richiuse con furore. Ma non si trattava di dispiacere, era infuriata perché nessuno l’aveva mai mollata prima.
Ma finalmente ero libero quindi, anche se il dispiacere per la lite con il mio amico mi aveva un po’ buttato giù il morale, decisi di festeggiare a modo mio.
-Hey Liam, ho mollato Scarlett. Sta sera andiamo in discoteca e ci facciamo qualche tipa-
-Zayn, non so, mi sto sentendo con Melanie e sta sera dovremmo uscire-
Come non detto. Il mio migliore amico non era più disponibile, ma rimaneva un ultimo tentativo.
Domandai anche  a Niall che mi diede il via libera; dopo quattro mesi da fidanzato, la prima sera da single l’avrei passata come un re.

*Chris’ pov*

Era venerdì sera e non avevo alcuna intenzione di chiudermi in casa e passare la nottata a guardare Ballando con le stelle, così proposi a Jenny di andare a fare un giro, magari avremmo trovato qualche bel locale.
Accettò di buon grado e cominciarono i preparativi: pantaloni neri attillati, una maglietta color oro con paiette, un giacchetto di pelle nera e le mie amate parigine, trucco marcato a cornice dei miei occhi verdi e un filo di burro cacao alla vaniglia.
Dopo essermi accertata del buono stato della salute di Harry ed Anne, chiesi a lui il permesso di uscire; non sapevo cosa Lou gli avesse detto quindi sarebbe stato meglio indorare la pillola prima di travolgerlo con quella cannonata.
-Non vuoi che passi la serata con te?-
-Non ti preoccupare, starò benissimo da solo con mia madre. Tu vai e divertiti-
Perché non lo amavo? Perché non riuscivo a provare sentimenti così forti nei suoi confronti?

Uscimmo di casa e raggiungemmo in poco tempo l’Overmind, discoteca più cool e cara della città, il cui ingresso per noi era gratis, dato l’impiego del fratello di Jenny come buttafuori.
Ci lanciammo subito nella mischia, attirando gli sguardi dei ragazzini di quattordici anni che tentavano di farsi fighi reggendo una sigaretta tra le labbra, ma che cominciavano a tossire come degli asmatici dopo aver fatto un tiro.

*Zayn's pov*

Overmind.
Amavo quella discoteca: ottimi drink,ingresso gratuito grazie al cugino di Niall, ragazze più che disponibili ad avventure di una notte… bastava trovarne una e la festa sarebbe cominciata.
Io e il mio amico cominciammo a bere l’impossibile partendo dai cocktail di grado più basso fino ad arrivare a tequila e generi simili.
Ubriachi di tutto punto, ci lanciammo in pista, provandoci con qualsiasi ragazza ci capitasse a portata di mano.
All’improvviso, nonostante la luce abbagliante e la vista annebbiata dall’alcool, scorsi una ragazza che attirò profondamente la mia attenzione: capelli lunghi color nero corvino, alta e magra, bellissima… avevo adocchiato la mia preda.
Cominciai a ballare con lei e, dopo qualche decina di minuti, le afferrai la mano e la guidai nei bagni, pronto a festeggiare nel migliore dei modi la mia prima notte da single.
Cominciai a baciarle il collo con passione, per poi impadronirmi delle sue labbra, al sapore familiare di burro cacao alla vaniglia.
Le sfilai la maglietta e le accarezzai la pelle liscia, convinto di aver già provato quelle sensazioni prima.
Mi staccai giusto un attimo per riprendere fiato, ma persi totalmente la lucidità quando fissai lo sguardo in due occhi verdi di fronte ai miei.



Spazio autrice:
Ecco il capitolo 12. Fate attenzione: ho lasciato dei piccoli indizzi verso metà capitolo che dovrebbero aiutarvi a capire la fine! Spero vi piaccia e vi chiedo gentilmente di lasciare una recensione. Mi fareste molto piacere :)
-Alice

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Capitolo 13
*** Parole buttate al vento ***




Capitolo 13


Quei due smeraldi mi erano familiari, ero convinto di averli già incontrati prima di allora, anche se la mente offuscata dall’alcol mi rendeva impossibile ricordare la circostanza.
Ricominciai a baciarla con vigore, facendola sedere sul lavandino e attirando a me le sue gambe che strinse attorno alla mia vita, come se non volesse più lasciarmi andare.

*Chris’ pov*

Era chiaro che io e Jenny avevamo nettamente esagerato con gli aperitivi quella sera; a stento le gambe riuscivano a reggere il mio peso impedendo che mi accasciassi a terra come un budino.
Esausta, mi sdraiai sul divanetto in pelle nera accanto alla console del DJ, tentando di recuperare un minimo di lucidità che mi avrebbe permesso di riconoscere la mia amica in mezzo a quella marmaglia di persone.
Quando la adocchiai, mi tuffai in quella calca di adolescenti scalpitanti per trascinarla fuori, ma qualcuno mi afferrò e cominciò a ballare sensualmente attorno a me, accarezzandomi dolcemente il collo.
Riconobbi il ciuffo nero e il tocco delicato che mi avevano accompagnato per settimane.
Improvvisamente mi portò in bagno, mi fece sedere sul lavandino e lo attirai a me, serrando le gambe attorno ai suoi fianchi.
Cominciò a baciarmi dolcemente.
Quelle labbra che, nonostante valide ragioni, mi erano mancate da morire per quando desiderassi non ammetterlo.
Quel profumo misto menta e tabacco che mi inebriava i sensi e solleticava il naso.
Quei capelli morbidi e setosi.
Quelle mani lisce e delicate che mi accarezzavano la pelle.
Per un momento i nostri occhi si incontrarono e, nonostante entrambi sapessimo il grave errore che stavamo commettendo, nessuno dei due riusciva a trovare la forza di staccarsi dall’altro.
Malik mi aveva stregata completamente, ancora una volta.
Ma quando le immagini di quel maiale insieme alla mia amica ricominciarono a percorrermi la mente, un brivido freddo mi trapassò la schiena, donandomi la forza di spintonarlo via e fuggire da quel bagno infernale.

-Jenny torniamo a casa-
-Ma io…-
-Non sei nelle condizioni di discutere-
Afferrai il braccio della mia amica che stava ballando - o meglio si stava strusciando- contro uno sconosciuto, ubriaca fradicia e la riportai in macchina.

*Zayn’s pov*

La fantomatica ragazza se ne andò, lasciandomi lì, in piedi, da solo come un idiota a fissare la porta, speranzoso che la sua figura potesse materializzarsi all’improvviso, ma senza buoni risultati.
Mi voltai verso lo specchio e, dopo essermi congratulato con me stesso per la bellezza mozzafiato, raggiunsi Niall nel locale.

Mi svegliai la mattina seguente nel mio letto, senza alcuna idea di come ci fossi arrivato, la testa dolorante e gli occhi impastati dal sonno.
-Niall, amico. Ieri sera mi hai accompagnato tu a casa?-
-E tu mi hai chiamato a quest’ora per chiedermi sta cagata? Non potevi aspettare le due del pomeriggio? Non ti ho portato io, non rompere-
Ringraziato mentalmente il mio amico per non avermi mandato a fare in culo specificatamente ma attraverso mezzi termini, andai in bagno a farmi una doccia.
Finito, avvolsi l’asciugamano intorno alla vita e tornai in camera.
Ad attendermi sul comodino, un biglietto che non avevo notato al mio risveglio.
-Lieta di esserti stata d’aiuto. Grazie per la bella serata. Questo è il mio numero 5550129. Chiamami-
Lo ripiegai e lo riposi nel cassetto.
“Sarà lei la ragazza del cui viso non ho memoria?” pensai.

*Chris’ pov*

Sapevo chi era colui che avevo baciato e non facevo altro che prendermela con me stessa da due ore ormai.
Sapere che non mi aveva riconosciuta, però, non tirava su il morale, poiché quel bacio comportava un’altra cosa da tenere nascosta ad Harry e un’altra bugia da inventare.
Perché non ero in grado di controllare gli ormoni quando si trattava del pachistano?
Lo squillare insistente del telefono mi distolse dai miei pensieri contorti.
-Hey amore come è andata ieri sera?-
-Ciao Harry. E’ andata benissimo, ci siamo divertite- razza di lurida bugiarda senza vergogna, digli la verità!
-Mi fa piacere!  Quindi tutto a posta con Jenny?-
-Si tranquillo. Tua mamma come sta?-
-Sta!   Non vuole parlare con nessuno-
-Posso raggiungerti in ospedale? Voglio tenerti compagnia-  ah perfetto. Hai pure la gran faccia tosta di passare del tempo con lui dopo quello che hai fatto ieri sera? Razza di sudicia manipolatrice.
L a mia mente continuava ad insultarmi, spingendomi a dire la verità, ma senza alcun potere persuasivo.

-Ciao amore-
Harry mi venne in contro stampandomi un bacio sulle labbra che ridussi al minimo indispensabile. Il rimorso era già abbastanza grande.
-Posso andare a trovarla?-
-Certo. Per di qua-  
Mi condusse fino alla camera della madre: una stanza dalle pareti bianche e il muro scrostato alle estremità.  Due tristi tende color giallo ocra coprivano le finestre, lasciando trasparire alcuni raggi di sole dall’esterno. L’odore del disinfettante mi toccò immediatamente il naso, facendomi lacrimare gli occhi.
-Tesoro perché piangi?-
-Anne! Tranquilla, è solo il disinfettante. Come stai?-
-Sono stata meglio!-
Il camice bianco dell’ospedale lasciava trasparire le braccia e le caviglie diafane, ormai prive di forza e vigore.
Muoveva il viso scarnito dall’altro in basso e due occhi grigio spento  mi osservavano con severità, quasi avessero intuito il mio disagio e tentassero di capirne la ragione.
Quando tornai a casa, mi lasciai letteralmente cadere sul letto, esausta del ruolo che avevo interpretato nelle ultime tre ore: da una parte il tentativo di mentire spudoratamente al mio ragazzo affinchè non captasse alcun segnale del mio tradimento e, dall’altra, la coalizione con Harry per far credere ad Anne che tutto andasse per il meglio, nonostante entrambi sapessimo che non era affatto così.

-Rose, ho delle novità che non ti faranno piacere- la informai attraverso la cornetta.
Terminato il racconto la reazione della mia mica fu più che prevedibile.
Cominciò a sbraitarmi contro. Era adirata dal fatto che continuassi a mentire al mio fidanzato, e come darle torto?  Persino io mi consideravo una stronza.
Terminata la ramanzina le chiesi dei consigli affinchè mi aiutasse a tenere il pachistano il più lontano possibile da me, evitando tentazioni e pensieri ben poco casti riguardanti quel corpo perfetto.
-E’ semplice la situazione… NON CAGARLO!- attaccò il telefono in preda ad una crisi di nervi, abbandonandomi da sola con i miei pensieri.

*Zayn’s pov*

-Hey Niall sai la novità? Ho conosciuto una tipa venerdì sera-
-E come si chiama?-
-Non lo so-
-Quanti anni ha?-
-Non lo so-
-E’ alta?-
-Non lo so-
-E’ bella?-
-Non lo so-
-E minchia amico, dove l’hai conosciuta questa? Nella casa del fantasma di Canterville?-
-Le battute non  sono il tuo forte oggi!- scherzai colpendolo sulla spalla.
Gli spiegai di come questa ragazza mi aveva riaccompagnato a casa, lasciando come ricordo un semplice foglietto. Di come probabilmente era colei con la quale avevo avuto un incontro fin troppo ravvicinato nel bagno della discoteca. Di come baciasse estremamente bene. Di quanto volessi rivederla!
-Devi incontrarla!-
-E come?-
-Hai il suo numero pezzo di scemo!-
-Oh è vero!-
Afferrai il foglietto, composi il numero e le mandai un messaggio, fissando un appuntamento quello stesso pomeriggio alle quattro, al Backery Street Park.

*Chris’ pov*

-Allora adesso mi racconti tutto di nuovo, dal vivo perché voglio vedere la tua espressione-
Raccontai nuovamente a Rose l’intera faccenda: la discoteca, Harry, sua madre, la recita in ospedale… ma non mi accorsi della presenza di due orecchie intruse che ascoltavano attentamente, nascoste dietro l’anta dell’armadietto.
Il suono della campanella mi salvò da un ulteriore interrogatorio da parte della mia amica e mi diressi verso la classe per l’ora di biologia.
Ma qualcuno non mi permise di varcare la soglia.
Un mano mi afferrò per il polso e mi trasporto vicino alla palestra, solitamente luogo deserto data l’assenza di studenti.
-Glielo hai già detto?-
-Cosa? Louis che cosa vuoi?-
-Ho sentito tutto. So che hai baciato di nuovo Zayn!-



Spazio autrice:
Dunque ragazze, ho visto che siete aumentate e lo sono anche le recensioni. Non sapete quanto questo mi faccia piacere, adoro inventare storie e sapere che a molte ragazze piace il mio modo di scrivere è davvero una soddisfazione.
Visto che molte me lo hanno chiesto, NO la storia non sta per finire, ho pronti altri 6 capitoli e sto continuando a scrivere. Spero proprio che continuiate a seguire la storia e che riesca sempre a lasciarvi un pò di suspance.
Detto questo mi dileguo. Se vi va, lasciate una piccola recensione :)
Vi lascio con una foto del nostro magnifico Zayn in modo che le vostre ovaie impazziscano! -Alice

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Capitolo 14
*** Louis sa tutto! ***




Capitolo 14


Nell’udire quelle parole, rimasi sconcertata.
Ancora una volta Louis mi aveva colto in flagrante nell’ammettere il mio atto disonesto.
Cominciai ad arrancare, mentre il mio cervello tentava di trovare una motivazione valida da attribuire alle mie parole senza che queste venissero fraintese.
Ma l’insistenza di Louis non mi permetteva di pensare e fui costretta ad ammettere l’ovvio:
-No, non gliel’ho detto- sussurrai flebilmente a testa bassa, evitando che i miei occhi incontrassero quelle due iridi azzurre che mi fissavano truci.
-Bhe vedi di muoverti e dirglielo, altrimenti lo farò io!- sbottò all’improvviso per poi allontanarsi abbandonandomi accanto alla palestra, immersa fino al collo nel rimorso.
-Louis, non riesci a capire- feci un ultimo tentativo disperato, ma quando la mia mente riuscì a trovare una spiegazione, la distanza che ci separava era troppo marcata perché mi sentisse.

-Rose, Louis ci ha sentite parlare… sa tutto-
-Oh santa margarina andata a male… e ora?-
Storsi la bocca per farle notare quanto la sua imprecazione fosse incredibilmente assurda e in seguito aggiunsi: -Dovrò dire tutto ad Harry, prima che lo faccia lui-.

Indossati la maglietta, i pantaloncini e le scarpe da ginnastica, entrai in palestra per  seguire la lezione di educazione fisica, ora preferita dai miei compagni di classe il cui sguardo curioso era piuttosto attratto dalle gambe di noi ragazze, rese scoperte da quegli indumenti succinti.
Il professor Jensen affidò a ciascuno di noi un esercizio da svolgere in coppia e, chiaramente, la giornata non avrebbe potuto prendere piega migliore se non mi avesse appioppato quell’antipatico di Malik.
Avremmo dovuto eseguire una presa che provavamo da circa due settimane e questo mi preoccupava altamente data l’inesperienza del pachistano che, durante le lezioni, era sempre troppo impegnato ad osservarci il culo anziché prestare attenzione.
-Prof ma non lo abbiamo mai provato insieme, non può valutarci-  arrancai, sicura che tutti i neuroni sopravvissuti alla visione del fisico perfetto di Malik, mi avrebbero abbandonata definitivamente una volta trovatami tra le sue braccia.
-Non sono affari miei!-  tagliò corto.
L’arrogante appoggiò le mani sui miei fianchi, la mia fronte si imperlò di goccioline di sudore al contatto dei nostri corpi, mentre lo sguardo di Louis che ci osservava furtivo, accompagnava ogni mio movimento.
Mi lasciò andare in aria e poi mi riprese al volo, avvicinando pericolosamente il suo torace al mio petto, tanto che il suo respiro terminò violentemente sulla mia guancia.
-Evans di cosa ti lamentavi? Vi do un 9-.
Quasi d’impulso ci scambiammo un cinque, pentendoci immediatamente di quel gesto tanto amichevole.

Al termine della lezione il professore mi trattenne in palestra per parlarmi di una questione “piuttosto delicata”, come affermava lui.
-Evans,  devo parlarti. E’ passata ormai una settimana dall’incidente in piscina di Zayn e temo che possa ricapitare quindi, data la tua media eccellente nella mia materia, ho deciso che sarai tu a dargli lezioni. Vi accorderete sugli orari e la piscina sarà a vostra disposizione il pomeriggio.-
Sbarrai gli occhi, facendogli intuire quanto l’idea non mi entusiasmasse neanche minimamente ma, nonostante la grande voglia di ribattere si stesse impossessando del mio corpo, mantenni la calma e seguii i miei ideali che affermavano “Mai mettersi contro un professore” e ancora “Se un prof dice una cosa, tu falla senza discutere”.

-Hey, come state?-
Mi avvicinai ai ragazzi, raggruppati nel cortile della scuola per permettere al signorino dai bei capelli di fumare la solita sigaretta.
-Piccola, che bello vederti!- esclamò Harry.
Ci scambiammo un veloce bacio a stampo, sotto lo sguardo raggelante di Louis che mi seguiva come un’ombra.
-Malik, dobbiamo parlare, vieni!-
-Oh non ho voglia-
-Non fare il bambino e seguimi!-
-Wow la ragazza si fa rispettare!- esclamò Liam guadagnandosi un’occhiataccia.
-Si fa rispettare un cazzo, ti ho detto che non ho voglia, dimmelo davanti a tutti- sbottò Malik.
-Va bene. Visto che non sai nuotare e che stavi per affogare, Jensen mi ha detto che dovrò darti lezioni private per vedere se, entro il 2039, riuscirai a sollevare quel benedettissimo culo che la tua mamma ti ha donato e rimanere a galla. Ti basta così?-
Intonai alzando gradualmente il tono di voce, così che chiunque nel giardino potesse udire.
Dopo di che girai i tacchi e mi allontanai.

*Zayn’s pov*

Che razza di stupida umiliazione. Aveva per forza dovuto dirlo davanti a tutti?
Era un vero e proprio incubo; la ragazza che più odiavo al mondo sarebbe stata la mia insegnante di nuoto, il che comportava intere ore passate insieme, da soli, in costume da bagno, in una vasca di acqua fredda che scivolava delicatamente sul suo corpo tonico e scolpito.
Scossi la testa per allontanare i pensieri ben poco casti che il nome Chris Evans sviluppava nella mia mente e tornai a convincermi di quanto sarebbe stato frustrante.

L’orologio scandiva le 15.45. Il tanto atteso appuntamento con la ragazza misteriosa della discoteca si faceva sempre più imminente, rendendomi nervoso e sudato come mai in vita mia.
Giunsi al parco con 10 minuti d’anticipo, deciso a mostrarmi come un ragazzo gentile, disponibile e ben educato. D’altronde se volevo far si che la fantomatica ragazza rimanesse colpita da me a tal punto da riuscire a portarmela direttamente a letto, avrei dovuto impiegare tutto me stesso!
Dopo pochi minuti che mi parvero ore, una ragazza dai capelli biondi, gli occhi verdi e un fisico alto e slanciato, fece ingresso nel parco, lo attraversò, mi sorpassò e non si fermò…
Attirai dunque la sua attenzione con una delle mie solite battute squallide, che mi valsero un “vaffanculo” urlato con tanto di gestaccio.
Un nuovo pensiero cominciò a frullarmi nella mente: e se fosse stata una ciospa di dimensioni bibliche? Se mi fossi illuso per niente?
Mi tenni dunque pronto alla fuga qual’ora i miei timori si fossero avverati.
All’improvviso una ragazza si fermò dietro di me e sussurrò lievemente accanto al mio orecchio: -Non ti sei fatto aspettare-
Mi voltai e tutte le mie preoccupazioni svanirono quando individuai una ragazza alta e magra, dai capelli marroni, gli occhi neri e qualche lentiggine: decisamente scopabile.
Parlammo per parecchio tempo e ci demmo appuntamento anche il pomeriggio seguente.
Avevo giocato bene le mie carte e molto presto l’avrei aggiunta alla mia collezione.

*Chris' pov*

Il professore mi aveva assegnato un compito, non potevo prendere una nota di demerito per colpa di quel deficiente.
Alla fine, contrariamente alle mie aspettative, fu lui a raggiungermi la mattina seguente proprio per accordarci sul giorno e sull’ora della lezione.
-Nessuno dei due vuole fare questa cosa, quindi vediamo di sbrigarci almeno saremo entrambi liberi-
Devo ammettere che sentirgli pronunciare quelle parole un po’ mi aveva ferito ma, dopotutto, il sentimento era reciproco.
Giusto?
-Domani alle 4 va bene?- domandai sperando acconsentisse in modo da porre fine a quella conversazione.
-No, mi vedo con una-
Perché mi aveva dato così fastidio saperlo insieme ad una ragazza?
-Allora Mercoledì alle 3.-
-Va bene!- se ne andò, abbandonandomi in balia degli ormoni, scalpitanti al solo pensiero dei suoi addominali scoperti dal costume da bagno.

Il giorno tanto atteso era alle porte: inutile dire che la notte mi fu impossibile prendere sonno, data la certezza di non riuscire a resistere alle sue labbra carnose in un ambiente tanto favorevole alle effusioni.
Mercoledì pomeriggio; contavo i minuti che mancavano da un’ora oramai.
Per tutto il giorno non avevo visto alcun ciuffo nero girovagare per i corridoi e, mentre una parte di me sperava davvero fosse malato, l’altra parte desiderava che la porta della piscina si spalancasse e lo mostrasse a me.
Mi cambiai e cominciai a pucciare lentamente i piedi in acqua, seduta sul bordo, in modo da abituarmi alla temperatura.
Dopo aver constatato che di certo mi sarei ibernata al contatto con la piscina, improvvisamente due mani mi spinsero possentemente in acqua, lasciando uscire dalla mia bocca un grido soffocato.
Una volta riemersa, mi voltai pronta ad evocare tutti i santi contro colui che aveva attuato quello scherzo.
Ma le parole mi si bloccarono in gola quanto davanti ai miei occhi trovai Malik, il cui costume da bagno lasciava scoperti gli addominali scolpiti, messi in mostra così spudoratamente e senza alcun rispetto per i miei ormoni in visibilio.




Spazio autrice: come avrete notato la nostra Chris è sempre piena di dubbi, per lo più è stata scoperta da Louis quindi poniamoci una domanda: riuscirà a parlarne ad Harry prima che l'amico rovini tutto? Ci saranno numerosi colpi di scena nei prossimi capitoli quindi spero proprio che continuiate a seguire la storia!
Va bene, smetto di sproloquiare... che altro dire? Niente a parte il fatto che rigrazio tutte coloro che seguono i capitoli e vi chiedo di lasciare una piccola recensione per farmi capire cosa ne pensate! grazie mille

Vi lascio con una foto strappa ovaie del nostro Zayn, in attesa del prossimo capitolo! un bacio <3



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Capitolo 15
*** Lezioni di nuoto ***




Capitolo 15


Dopo essermi imposta mentalmente di calmare gli impulsi e tenere a bada gli ultimi neuroni sopravvissuti alla visione di quel corpo perfetto, tornai in me, rammentando lo spiacevolissimo scherzo appena messo in atto da quel deficiente.
-Malik sei proprio un’idiota. Potrebbe venirmi una congestione-
-E dai Evans, non fare la bambina-
Respirai profondamente contando fino a 10, prima di emettere un qualsiasi altro suono che non fosse un sonoro VAFFANCULO.

-Muoviti, entra in acqua-
-Non crederai davvero che mi farò dare lezioni da una ragazza?!- affermò montato come un pavone.
-Bhe siccome questa ragazza, a differenza tua, sa nuotare anziché attaccarsi al bordo come una patata, direi proprio di si-
Si arrese all’evidenza che prima o poi, in un modo o nell’altro, lo avrei di certo convinto ad entrare in quella dannatissima piscina, così si attaccò al bordo, scendendo riluttante la scaletta di ferro.
Non appena messo un piede in acqua però ci ripensò e, con scatto fulmineo, tornò a sedersi sulla panchina a parecchi metri dalla vasca.
Capii che qualcosa non andava, lo raggiunsi e tentai di scoprire il motivo del suo comportamento.
-Stavo per morire l’ultima volta. Non ho intenzione di tornare là dentro-
-Ma l’acqua è bassa, non può succederti niente-
-NO, ed è un no categorico, non mi convincerai-
Avevo notato la frustrazione e la paura nei suoi occhi così, fissando lo sguardo nelle sue iridi color nocciola, gli afferrai la mano e lentamente, quasi cercando il suo consenso, lo feci alzare dalla panchina dirigendolo sino al bordo della vasca.
Lentamente vi si tuffò, aggrappandosi timidamente al mio braccio non appena l’acqua entrò a contatto con la sua pelle nuda.
Accortosi del suo gesto si ritrasse quasi scottato, pendendosene però poco dopo, quando si ricordò di essere in balia di acque sconosciute.

-Allora adesso distenditi in superficie, le braccia e le gambe divaricate e respira lentamente-
-No, non ce la faccio, non ci riesco-
Si voltò avviandosi verso la scaletta, ma un impulso irrefrenabile mi spinse ad allungare il braccio e afferrarlo per il polso, impedendogli di proseguire. Con un movimento secco lo strattonai accanto a me e gli presi delicatamente il viso tra le mani.
Lo guardai per diversi secondi negli occhi, che osservavano terrorizzati la superficie dell’acqua, tentando di sfuggire al mio sguardo.
-Ce la puoi fare, tranquillo… Ci sono io!-
Riprovò l’esercizio e, questa volta ci riuscì. L’entusiasmo però, lo portò a deconcentrasi. Andò  improvvisamente a fondo, per poi riemergere pochi secondi dopo con l’aria terrorizzata, gli occhi strabuzzanti e i capelli bagnati appiccicati al viso che gli conferivano un qualcosa di ancora più sexy.
Si aggrappò a me, prima di catapultarsi verso il bordo e uscire, urlando un sonoro “vaffanculo” all’acqua e chiunque l’avesse inventata. Certo, come se fosse stato qualcuno a scoprire l’H2O.
Lo raggiunsi, appoggiando il mio corpo al suo, scosso da forti tremolii.
Gli voltai nuovamente il viso ma, questa volta, avvicinandolo pericolosamente al mio tanto da provocare al mio cuore un sussulto.
Il tentativo di allontanarmi fu vano. Le sue labbra si impossessarono delle mie ancora prima che potessi elaborare il grande sbaglio che stavo commettendo.
Il fatto che fossero inumidite dal cloro, rese quel bacio ancora più lieve e armonioso, impedendo qualsiasi capacità reattiva al mio cervello.

*Zayn’s pov*

Il mio incubo peggiore mi attendeva lì di fronte a me, calmo e placato come l’olio, ma maledetto e tumultuoso come un uragano.
La visione della Evans in costume da bagno di certo non aiutò a placare i miei bollenti spiriti.
Ricordo perfettamente come le goccioline d’acqua percorrevano il suo fisico scolpito imperlandole la pelle, quando era uscita dalla vasca per tentare di convincermi ad affrontare le mie paure.
Ricordo le nostre pelli rabbrividire quando entravano involontariamente a contatto l’una con quella dell’altro.
Ricordo il terrore che provai durante quei pochi secondi passati sott’acqua.
Ricordo quanto l’impulso di baciarla fosse stato estremamente difficile da reprimere quando i nostri visi si erano ritrovati a quella distanza fin troppo ravvicinata, tanto da non esserci riuscito.
Mi impossessai delle sue labbra come una calamita attira gli oggetti di ferro, posai le mani sul suo fondoschiena attirandola a me e posando le sue gambe attorno ai miei fianchi, quasi fosse lei la bambina che aveva paura e bisogno di lezioni.
I minuti passavano, ma non volevo decidermi a lasciarla andare.
Ci staccammo all’improvviso quando la porta della piscina si spalancò, mostrando un Louis sconcertato osservarci vicino all’uscio, prima di girare i tacchi e allontanarsi.

*Chris’ pov*

-Louis aspetta-
Uscii dalla piscina abbandonando alle mie spalle Malik, speranzosa che il suo dispiacere per aver dovuto interrompere quel bacio fosse, anche in minima parte, paragonabile al mio.
-Louis, per favore-
-Quale altra cagata vuoi inventare adesso? Cosa stavate facendo in piscina da soli alle 4 del pomeriggio?-
-Jensen mi ha dato il compito di insegnargli a nuotare, vista l’ultima disgrazia avvenuta-
-E perché non chiederlo a Harry?-
-Perché dice che sono la migliore nella sua materia e… non so perché non l’abbia chiesto a lui e, fidati, avrei certamente preferito essere a casa in questo momento anziché qui a scuola con quel cerebroleso-
-Non avete fatto niente vero?-
Non aveva visto il bacio? Ero salva, questa volta Dio mi aveva graziata.
-Certo che no. Senti ti prometto che ne parlerò ad Harry ma tra poco ci sarà il ballo in maschera e abbiamo fatto tanti progetti. In più sua madre sta male e non voglio turbarlo con ulteriori preoccupazioni. Glielo dirò al momento giusto-
-Sperando che nel frattempo le vostre labbra riescano a stare separate-
Mi fissò con aria truce e se ne andò, lasciando che i sensi di colpa prendessero il posto dell’euforia dovuta a quell’ultimo bacio rubato.

*Zayn’s pov*

Se ne andò all’improvviso, abbandonandomi in balia del mio nemico che, in quel momento, non era l’acqua, bensì il ricordo delle sue labbra che sfioravano le mie.

-Zayn, hai fatto i compiti?-
-No papà non ho voglia. Sono stanchissimo- sbuffai infilando gli auricolari nelle orecchie.
-Devi smetterla di perdere tempo con questa dannatissima musica. Non ti porterà a nulla. Devi impegnarti a scuola e nel football per ottenere la borsa di studio. Strimpellare una chitarra non ti servirà a niente.-
-Suono il pianoforte-
-Ancora peggio. Sempre più da signorine-
Chiuse rumorosamente la porta alle sue spalle, incrementando in me un tale senso di rabbia che non prendere a pugni il muro fu un impresa davvero ardua.
Non voleva accettare che la mia passione più grande fosse la musica ma io me ne infischiavo e cantavo in momenti appositamente studiati, vale a dire quando si trovava nel suo studio ed ero più che sicuro mi potesse sentire.
Fu ciò che feci in quel momento: afferrai la tastiera e cominciai a suonare una melodia che avevo composto intitolata Irresistible.
Venni interrotto dalla vibrazione del mio cellulare.
Messaggio:  da Caroline.
-Hey incontriamoci domani alle 3 a casa mia, ho una sorpresa per te-
La ragazza mora incontrata il giorno prima era già caduta nella mia trappola. Sarebbe stata la prossima tacca da aggiungere al mio letto.

*Chris pov*

-Tesoro come stai?-
Avevo raggiunto Harry in ospedale per dargli il cambio: lui e Andy vi passavano intere giornate, in mancanza di un letto, una poltrona confortevole e un pasto caldo, così avevo deciso di tenergli compagnia.
Raggiungemmo la camera di Anne, la cui pelle dal colorito diafano mi preoccupava sempre più.
Ridemmo e scherzammo, scambiandoci battutine divertenti fino a quando il cellulare di Harry squillò.
Uscì dalla stanza ma, non vedendolo tornare per i 15 minuti seguenti, mi preoccupai e andai a cercarlo.
Lo trovai nel corridoio principale, il viso solcato dalle lacrime.
Lo sguardo fissava vuoto lo schermo del cellulare.
-Harry che cosa…-
-Questo cosa significa?-



Spazio autrice: abbiamo appena scoperto che il nostro Zayn ha una passione che è la musica, completamente estranea a ciò che suo padre vorrebbe per lui. Vorrei farvi riflettere sul fatto che la musica e la danza sono anche le passioni di Chris, quindi tenetelo bene a mente perchè nei capitoli seguenti questa cosa in comune avrà un ruolo fondamentale.
Harry ha ricevuto un messaggio, chissà cosa conterrà? Spero proprio che siate curiose di saperlo e che continuiate a seguire la storia! Un bacio :)
-Alice

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Capitolo 16
*** Vigliacca! ***




Capitolo 16


-Questo cosa significa?-
Mi fissò con sguardo deluso, trattenendo a stento le lacrime.
I miei occhi si rivolsero allo schermo del cellulare che mi stava mostrando.
-Zayn e Chris si baciano a tua insaputa- diceva il messaggio.

-Allora vuoi spiegarmi o no? Perché se non parli finirò per credere che sia vero-
-Chi te l’ha scritto?-
-Non c'entra chi me l’ha scritto, voglio sapere la verità-
I miei sospetti si rivolsero immediatamente verso Louis, ma mi aveva promesso che non avrebbe detto nulla, perché rompere un giuramento?
-Chi te l’ha scritto?- temporeggiai nuovamente, alla ricerca di una risposta credibile, ma le soluzioni erano solo due: dirgli la verità e perderlo, oppure mentirgli portandolo così a litigare con il suo migliore amico.
-Perché lo vuoi sapere?... Ho capito, non ti interessa sapere chi è stato, tu non vuoi dirmi la verità-
-Dimmi chi l’ha scritto ti ho detto- alzai il tono di voce, attirando l’attenzione di una coppietta di anziani in attesa per il parto della figlia.
-E’ stato Louis. E’ cambiato qualcosa adesso?-
-Si, è cambiato tutto. So perché l’ha fatto e non credevo fosse una persona tanto squallida-
Vigliaccheria e vergogna si erano impossessati di me: stavo dando dell’infame ad una delle persone più dolci che conoscessi, inventandomi di sana pianta una scusa ridicola.
-Abbiamo litigato l’altro giorno perché non gli ho fatto copiare il compito di fisica e mi ha minacciato. Non credevo si sarebbe abbassato a questi livelli-.
Avrei voluto scavarmi una fossa profonda 15 metri, buttarmici dentro e seppellirmici per sempre; ero io a non aver mai adottato un comportamento così squallido, non lui.

Seguirono attimi di silenzio che mi sembrarono eterni.
Poi Harry si voltò e mi baciò, probabilmente voleva che quel bacio fosse la conferma della mia versione dei fatti.
Mi impegnai affinchè sembrasse il più vero possibile ma il senso di colpa non mi permetteva di ragionare.
-Scusami- aggiunse infine, facendo capovolgere il mio stomaco già scosso dall’orribile messa in scena che avevo appena recitato.

Mi buttai sul letto esausta, tentando di scacciare tutti quei brutti pensieri attraverso la musica che, stranamente, questa volta non era la mia medicina.
Afferrai il telefono e cliccai il tasto di selezione rapida che corrispondeva al numero di Rose; solo lei poteva aiutarmi.
-Devi aiutarmi, mi sento malissimo e non so cosa fare-
-Mi hai davvero rotto le palle. Non ti sopporto più. Per quale motivo non gli hai detto la verità? Da quando state insieme non hai fatto altro che mentirgli; su Zayn, su Louis, ora cos’altro ti inventerai? Che delle rondini ti hanno invaso casa per non andare al ballo in maschera con lui?-
-E’ proprio per questo che l’ho fatto, per andare con lui al ballo. E poi… Rose io non voglio perderlo-
-Ma finirai per ottenere l’esatto contrario se continui ancora con questa sceneggiata-
Attaccò il telefono, lasciandomi da sola a lottare contro le lacrime che fremevano per uscire.
Vinsero loro.

-Tesoro, hai gli occhi rossi. Hai pianto?-
-No mamma sarà solo un po’ di allergia-
Io e mia madre avevamo un rapporto stupendo: passavamo molto tempo insieme e la adoravo. Le raccontavo praticamente tutto, ad eccezione delle cose disoneste che stavo commettendo nell’ultimo periodo.
Era la mia roccia; se avevo bisogno di qualcuno con cui piangere, sfogarmi, parlare, lei era sempre lì per me, pronta ad ascoltarmi, sostenermi e consigliarmi.
Aveva perso il papà da piccola, per questo motivo tentava sempre di mitigare le discussioni paternali che si ripetevano all’ordine del giorno.
-Problemi con Harry?-
Sapeva anche di me ed Harry, ma di certo non le avrei mai detto il motivo del nostro litigio.
-Shhh, vuoi che ti senta papà?-
Non potevo assolutamente permettere che mio padre scoprisse la nostra relazione; avrebbe segregato in casa me, castrato lui e distrutto a parole mia madre per averci non solo coperti ma anche appoggiati.
-Scusami- continuò sussurrando – allora è tutto a posto?-
-Si, tranquilla-

*Harry’s pov*

Dopo aver discusso per quasi mezz’ora con mia madre che insisteva affinchè tornassi a casa a riposarmi anzichè passare un’altra nottata in ospedale, dovetti cedere.
La salutai contro voglia e salii in macchina ma, durante il tragitto, inconsciamente la mia auto deviò verso un’abitazione a me familiare.
Il cartellino “Tomlinson” appeso alla porta mi fece tornare in mente la discussione con Chris e la rabbia crebbe a tal punto che fui tentato di suonare il campanello e spaccare la faccia a quel deficiente.
L’ora segnalata sul display dell’auto, però, mi fece pensare che di certo alle sue sorelle non sarebbe andato a genio che uno sconosciuto fosse entrato in casa e avesse pestato il fratello, così rimandai la questione al giorno seguente.

Varcando la soglia dell’istituto, cominciai a squadrare attentamente i corridoi alla ricerca di un ciuffo marrone che mi permettesse di riconoscere il mio (ancora per poco) migliore amico.
Solo Chris, che mi raggiunse vicino all’armadietto e cominciò a descrivermi esaurientemente i dettagli che aveva organizzato per la festa in maschera di venerdì, riuscì a distrarmi.
Voleva che quella notte fosse davvero speciale: sarei passato a prenderla alle 8 e avrebbe indossato un costume da madre natura.
Quindi dedussi di dovermi travestire da albero! Ma mi rassicurò dicendo che avrei potuto indossare un vestito qualsiasi.
La salutai affettuosamente e mi diressi verso la mia classe, quando una testa a me familiare spuntò tra la calca di studenti.
-Brutto pezzo di merda-
Esclamai dirigendomi verso il mio amico che mi osservava confuso.
Mi avvicinai e gli sganciai un pugno in piena faccia, provocandogli una violenta fuoriuscita di sangue dal naso.
-Ma che cazzo fai? Sei impazzito?- urlò mentre Zayn , Niall e Liam intervenivano per fermare me e impedire a lui di ricambiare il colpo.
-Perché mi hai mandato quel messaggio? C’era bisogno di inventarsi una cazzata come quella per fargliela pagare?-
-Non si tratta di una cazzata…-
In quel momento, probabilmente dopo aver sentito le urla provenire da lontano, anche Chris era intervenuta per dividerci e calmarmi.
-Ah no? Perché lei ha negato tutto e mi ha anche detto del tuo ricatto-
-Quale ricatto? Senti se la tua tipa se la fa con Zayn a tua insaputa non è colpa mia-
Il silenzio calò in tutto il corridoio: Zayn allentò la presa dalle mia braccia, Chris si voltò verso Louis sbarrando gli occhi… poi scappò.

*Zayn’s pov*

Non avevo idea di come Louis lo avesse saputo, ma ora tutta la scuola ne era a conoscenza .
Chris era scappata e la prima cosa che mi venne istintivo fare, fu correrle dietro come un cagnolino smarrito, alimentando la curiosità dei miei compagni.

-Glielo hai detto tu?- domandai senza mezze misure una volta raggiunta la palestra dove si era rifugiata.
-Perché mai dovrei andare in giro a dirlo? Io non volevo neanche che accadesse. Sei tu che continui a baciarmi senza avere il mio consenso. Perché dovrei vantarmene? Solo perché mi faccio il più figo della scuola? Sai che roba-
-Bhe però mi sembrava che non fossi totalmente scocciata ieri in piscina-
-Non mi lasciavi più andare, cosa avrei dovuto fare?-
-E dai, ammettilo che mi muori dietro, come tutte del resto. Persino una tipa che mi sono fatto in discoteca è già pronta a venire a letto con me-
Abbassò il capo scuotendo i capelli, in segno di rassegnazione.
Poi continuò:
-Idiota, ero io quella ragazza-



Spazio autrice: ragazze scusatemi tanto per il ritardo ma sono stata impegnatissima e non ho potuto pubblicare il capitolo!
Louis ha mandato questo messaggio a Harry e, a causa sua, molte cose accadranno nei capitoli seguenti! Chris si comporta, in qualche modo, da vigliacca nonostante lo faccia perchè non vuole perdere Harry o farlo litigare con il suo amico ma... riuscirà a mentire ancora per molto? Nei prossimi capitoli ci saranno molti colpi di scena!
Spero proprio che continuiate a seguire la storia e vi chiedo di lasciare una recensione per farmi capire cosa ne pensate! grazie mille :) Un bacio <3
-Alice

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Capitolo 17
*** Delusione ***




Capitolo 17

-Idiota, ero io quella ragazza- affermò sull’orlo dell’esasperazione causata dal mio sesto senso troppo poco sviluppato.
Quelle parole provocarono in me un insieme di emozioni che neanche io saprei spiegare: per un momento sapere che lei era la ragazza sul cui viso avevo fantasticato per giorni, tentando di ricordarne i lineamenti visti di sfuggita durante quell’attimo fin troppo intimo, aveva riacceso i miei bollenti spiriti e la voglia di baciarla cominciò ad aumentare a dismisura.
Subito dopo, però, mi ricordai ciò che era successo in corridoio e, di certo, non potevo permettere che il mio gesto impulsivo fosse la conferma di quanto affermato da Louis, agli occhi di studenti curiosi che ci avevano seguito fino in palestra.
In un terzo momento cominciò ad assillarmi la domanda riguardo chi fosse quella Caroline che mi si era presentata al parco come “colei che ha realizzato i tuoi desideri”.
Ma infine si fece strada nella mia mente il dubbio che Chris stesse mentendo.
-Non potevi essere tu, ho conosciuto la ragazza che è stata con me quella notte-
-Bhe ti avrà mentito, fatto sta che, anche quella sera, mi sei saltato addosso come un animale, nel bagno della discoteca e non volevi più lasciarmi andare-
-Andiamo… so che non ti dispiacevano le mie labbra sul tuo collo-

*Chris’ pov*

Cominciò ad avvicinarsi pericolosamente a me, tentando di farmi cedere sfoderando l’unica arma alla  quale non riuscivo mai a resistere: quegli occhi color nocciola che annullavano qualsiasi pensiero logico mi balenasse in mente e nei quali mi immergevo ogni benedettissima volta.
-Smettila di fare così. Ti ho detto e ti ripeto che non mi porterai a letto, non come hai fatto con Jenny-
-Bhe la tua amica era brava… chissà, magari ti trasmetterà un po’ di passione in quel corpo da verginella!-
Mi voltai verso di lui e la mano destra sfuggì al mio controllo, piantandosi sonoramente sulla sua guancia.
-Stai lontano da me-
-Non posso, abbiamo lezioni di nuoto. Ricordi?- domandò retoricamente sopprimendo una risatina compiaciuta che mi fece salire ancor di più i nervi.

*Harry’s pov*

Niall era riuscito ad allontanarmi da Louis e dal corridoio prima che potessi  afferrare quel deficiente rendendogli impossibile non tornare a casa con una diversa fisionomia facciale.
-Non puoi fare queste scenate a scuola Harry, ricorda la borsa di studio-
-Al diavolo quella stramaledetta borsa di studio, ho perso un amico oggi-
-Mi spieghi qual è stato il motivo della vostra lite?-
Alzai gli occhi al cielo stupito dalla poca prontezza del mio amico e buttai la testa all’indietro appoggiandola contro il muro dello spogliatoio maschile.
Terminato il racconto, speravo che Niall avesse capito, invece esordì con una domanda che altro non fece se non aumentare in me il senso di rabbia e di frustrazione per avere degli amici tanto idioti.
-E se Louis stesse dicendo la verità?-
-Vattene…-
Mi limitai a sussurrare nascondendo il capo tra le ginocchia attirate al petto.
-Ma… Harry-
-Vattene ho detto- urlai alla fine fissando  gli occhi pieni di lacrime nei suoi.
Era da mesi che desideravo una storia con Chris, ma ora il mondo sembrava essermi avverso; da quando ci eravamo messi insieme tutto era andato storto: mia madre in ospedale, il nostro rapporto rovinato, Il comportamento di Zayn nei miei confronti era molto più distaccato e avevo perso Louis.
Credevo che una condizione peggiore di quella non esistesse, ma ci vollero solo pochi secondi per sfasare la mia precedente convinzione.
Attraverso la porta adiacente alla palestra, udii un paio di voci scambiarsi brevi battute silenziosamente, quasi temessero di essere scoperte.
Mi affacciai e, nonostante tutte le mie buone intenzioni di non origliare, non appena riconobbi la voce di Chris, mi fu impossibile dare ascolto ai miei presupposti.
-Anche quella sera mi sei saltato addosso-
-Andiamo… so che non ti dispiacevano le mie labbra sul tuo collo-
Zayn? Non potevo crederci. Non volevo crederci.
Avevo barattato l’amicizia di Louis con una stupida convinzione che si era rivelata totalmente nulla, rendendo così inutile la mia precedente litigata.
Ma questa volta non avrei fatto scenate isteriche. Mi sarei contenuto e li avrei ripagati con la stessa moneta.
L’Harry calmo, dolce e tranquillo era morto e volevo che nulla, nemmeno una piccolissima cosa che potesse anche solo lontanamente menzionare l’esistenza del vecchio Styles, venisse rintracciato.
LUI ormai non esisteva più.

Rifilando una scusa patetica a Andy, ottenni tre giorni di riposo dalle lezioni durante i quali i miei pensieri non erano rivolti ad altro se non a Chris.
Diversamente da quanto potrebbe sembrare, quei pensieri non riguardavano il fatto di essere dispiaciuto per averla persa, bensì escogitavano migliaia di modi diversi per fargliela pagare.
Il cellulare era tempestato di chiamate perse da parte di quel numero che avevo memorizzato in rubrica come AMORE, e il telefono fisso intasato di messaggi vocali ai quali non risposi.

Venerdì sera.
8 in punto.
Ballo in maschera.
Indossato il costume da vampiro, completo di denti finti, lenti a contatto e maschero per non essere riconosciuto, salii in macchina diretto verso casa di Chris.
Suonai il clacson ripetutamente, impaziente di mettere in atto il mio piano, ma tutti i miei pensieri vendicatori si bloccarono quando la videro uscire dalla porta: un vestito color carne attillato metteva in risalto le sue curve perfette, le spalle coperte da ramificazioni floreali che partivano dalla schiena e giungevano in vita, nascondendo il seno in modo alquanto succinto, scarpe con il tacco, una corona di fiori ad ornamento della testa e una maschera verde a nascondere gli occhi di un verde più intenso e sensuale.
Nel salire in macchina, il vestito si alzò lievemente scoprendo l’intera coscia già precedentemente poco camuffata dal vestito.
Nella mia mente fu come se tutte quelle macchinazioni di vendetta fossero state sostituite dall’irreprimibile voglia di farla mia, almeno per una notte, prima che tutto finisse e il NUOVO Harry  tornasse all’attacco.
-Perché non rispondevi al telefono?-
-Ho avuto da fare-
Intuì la mia poca dedizione a sproloquiare in quel momento e accese la radio che, quasi si fosse messa d’accordo con il destino, trasmetteva One More Night dei Maroon Five, il nostro gruppo preferito.
Non intonare le note in sua compagnia fu una vera tortura: la sua voce calda e soave, che lei si ostinava a ritenere acuta e fastidiosa, mi invase piacevolmente in timpani ricordandomi, nonostante la
rabbia del momento, quanto la amassi.

*Chris’ pov*

Io e Harry non parlavamo da quel fatidico giorno in corridoio e Louis non si faceva vedere a scuola da tre giorni, rendendomi impossibile chiarire la faccenda.
Fatto ingresso nella sala da ballo, altezzosa e fiera del vestito che risaltava il mio fisico alto e slanciato, diverse paia di iridi curiose si rivolsero verso di me e un’insieme di bocche si spalancarono all’unisono lasciando che il livello della mia autostima crescesse a dismisura.
-Mi spieghi dove devi andare conciata così? Chi ti deve vedere sta sera?- chiese Harry con tono stizzito.
-Sono giorni che non mi parli, evita di esordire in questo modo-
Mi allontanai da lui subito dopo averlo liquidato con Liam e raggiunsi le mie amiche, anche loro travestite in maniera tremendamente sexy.
Cominciammo a ballare, seguite dagli sguardi fugaci dei nostri compagni di scuola che, nonostante avessero l’accompagnatrice, non riuscivano a toglierci gli occhi di dosso.
-Se non fossi fidanzata, ci proverei con tutti! Ahah- esclamai totalmente intontita dai brani di musica pop che si susseguivano da due ore.
-Bhe non mi sembra che l’essere fidanzata abbia mai posto un freno ai tuoi istinti, o sbaglio?- domandò Rose ironica ed evidentemente scocciata.
-Senti la devi smettere. E’ la mia vita e faccio quello che voglio. So che non è giusto quello che ho fatto ad Harry ma di certo non riaccadrà, non c’è bisogno di rimproverarmi ogni singolo giorno-
-E invece ti rimprovero e continuerò a farlo e sai perché? Perché Harry è un ragazzo fantastico,non si merita quello che gli stai facendo ma una ragazza migliore-
-Ah davvero? Tipo chi sentiamo…-
-Tipo me-
Solo allora tutti i pezzi del puzzle trovarono la giusta collocazione; Rose era innamorata di Harry, ecco il motivo del suo comportamento.
Anche Jenny aveva tentato di convincermi ad allontanarmi il più presto possibile da Malik, ma con meno insistenza e decisamente con toni più calmi.
-Se non ti fila neanche di striscio non è colpa mia- affermai sopraffatta dall’orgoglio.
-Non penso che tu voglia che io vada da Harry e gli confermi la versione di Louis vero?- domandò sapendo di avere la vittoria in pugno.
La squadrai dall’alto in basso, incredula che quella ragazza di fronte a me fosse la mia migliore amica.
Poi me ne andai.

Il terrazzo della scuola offriva un panorama mozzafiato quella sera: la città illuminata dalle luci che trasparivano attraverso le finestre delle case, faceva sembrare il quartiere un enorme albero di Natale e gustosi profumini di cene appena sfornate, riempivano l’aria fredda dell’autunno.
Solo in quel momento mi accorsi di essere uscire senza cappotto e il mio abito fin troppo succinto non avrebbe giovato alla mia salute se mi fossi esposta ulteriormente al vento.
Non feci in tempo a tornare dentro che due mani posarono sulle mie spalle un giaccone di due taglie più grande di me e labbra calde si impossessassero del mio collo.
-Harry- sospirai voltandomi e riconoscendo il costume da vampiro.



Spazio autrice: TA DAN! Dopo secoli sono tornata ad aggiornare! Scusate il ritardo ma ho avuto qualche problema con la stesura e la pubblicazione del capitolo!
C'è stata una rivelazione in questo capitolo; finalmente si è capito il motivo di tanta insistenza da parte di Rose. E' innamorata di Harry ed è sicura di essere la scelta migliore per il suo amato.
Possiamo anche notare un nuovo lato, fin'ora sconosciuto, del nostro Harry. Tutto ciò a cui pensa è la vendetta e l'amore di Rose sarà l'arma perfetta per distruggere i sentimenti di Chris.
Infine Chris si trova sul terrazzo e dice di riconoscere il costume di Harry mentre lui la bacia. Ma Harry non era mica arrabbiato con lei?
Il prossimo capitolo sarà molto dolce, celerà i sentimenti nascosti di alcuni protagonisti e il ballo in maschera sarà sede di sotterfugi e inganni!
Bene vi lascio e spero che il capitolo vi sia piaciuto! In tal caso, lascereste una piccola recensione? Grazie :) :)
-Alice
 

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Capitolo 18
*** Baci rubati ***


 



Capitolo 18


Avvolse le braccia attorno alla mia vita e cominciò ad ondeggiare lentamente, mentre inspiravo a pieni polmoni il suo profumo.
Quel profumo che mi era mancato. Quel profumo che, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a riconoscere. Quel profumo che non sembrava appartenesse ad Harry. Quel profumo che avevo già sentito ma mi sfuggiva la circostanza.
Cominciai a convincermi di essere diventata paranoica, probabilmente aveva solo cambiato colonia.
Mi lasciai andare a quell’abbraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla coperta dal mantello, prima che lui chinasse il capo e mordicchiasse ripetutamente, con i canini di plastica, la pelle livida del mio collo con intensità sempre maggiore, provocandomi brividi piacevoli.
Mi voltò, tolse la finta dentatura e cominciò a baciarmi con passione, quasi non attendesse altro da moltissimo tempo.
Tornò a mordermi il lobo dell’orecchio, ma questa volta lo fece con tale intensità che un gemito di dolore uscì dalle mie labbra, portandomi a spintonarlo in modo che si allontanasse da me.
-Che cosa stai facendo?- domandai tastandomi l’orecchio sanguinante.
-Tengo fede al mio costume- rispose prima di avventarsi nuovamente sulle mie labbra.
Indietreggiai di un altro passo, trovandomi però con la schiena bloccata al parapetto, senza alcuna via di fuga se non il vuoto.
Cominciò a baciarmi con violenza, facendo scorrere le mani sulle mie cosce nude e dentro il vestito, impedendo alla mia esile corporatura di difendersi.
Quando raggiunse il fondoschiena, la mia mano destra sfuggì al mio controllo, colpendo la sua guancia con rumore sordo e facendo cadere la mascherina.
Intravedere nella penombra il viso di Jake, il mio ex ragazzo, e ripensare al modo in cui mi ero abbandonata a lui in quegli ultimi 10 minuti, fece crescere un me un conato di vomito e la furia repressa di tutti quei mesi venne fuori.
-Jake? Che cazzo stai facendo?-
-Mi riprendo quello che è mio. Styles non ti porterà a letto prima di me- mi spinse nuovamente contro il muro che mi separava da un volo di 30m, impossessandosi arrogantemente delle mie labbra che opponevano resistenza  e tastando ogni singola parte del mio corpo, sviluppando in me l’unico desiderio di piangere.
Cominciò ad alzare il vestito che i miei vani tentativi di liberarmi avevano già accorciato notevolmente e si slacciò i pantaloni.
Un solo ed unico pensiero attraversava la mia mente in quel momento; la voglia di urlare era tanta, ma sapevo che la sua crudeltà sarebbe aumentata ad ogni mossa contraria ai suoi desideri.

*Zayn’s pov*

Non avevo alcuna voglia di presentarmi a quella festa; alcolici più che scadenti comprati da studenti di prima ancora inesperti riguardo alle sbronze, ragazze pudiche che non avevano alcuna intenzione di disfare l’operato di due ore, professori ovunque pronti a punire qualsiasi scambio di effusioni con una nota comportamentale.
Ma alla fine mi ero lasciato convincere da Liam, che aveva insistito per tre quarti d’ora al telefono affinchè conoscessi Melanie, la ragazza con cui stava uscendo da circa due settimane.
Avevo posto un NO categorico alla parola “travestimento”, ma Liam sembrava aver deciso tutto da solo: si presentò a casa mia mezz’ora prima del previsto, mentre ero intento a riscaldare il divano davanti alla televisione, reggendo tra le mai un costume da Zorro che altro non fece se non sviluppare in me chiari istinti omicidi.
-Non penserai davvero che mi metta quella roba?-
-Certo che si, ora non fare il bambino e vestiti-

Entrato nella palestra, l’odore misto di chiuso, sudore e colonie scadenti di tutti i tipi mi fece imprecare contro Liam e contro il mio subconscio che mi aveva spinto ad accettare.
Dopo meno di mezz’ora la mia testa stava scoppiando; mi ero avvicinato ad un paio di ragazze ma, come volevasi dimostrare, la loro unica preoccupazione era sistemarsi il costume dopo ogni singolo movimento.
Il desiderio di allontanarmi da quella calca di studenti e fumare una sigaretta divenne irreprensibile, così uscii dalla palestra e raggiunsi il terrazzo dove una lieve brezza autunnale accarezzò il mio ciuffo appesantito dal gel.
Mi accorsi di non essere solo quando udii dei gemiti provenire da un lato del terrazzo ma non ci feci caso, probabilmente due ragazzi in balia dell’alcool non erano riusciti a mantenere la calma, lasciando andare i loro bollenti spiriti.
-Lasciami-
Notai che quei gemiti, inizialmente di piacere, si erano trasformati in urla seccate, in cerca di aiuto.
Voltai l’angolo e intravidi due figure appoggiate al cornicione: il ragazzo, probabilmente spinto dalla passione, accarezzava arrogantemente ogni centimetro del corpo di quella ragazza la quale, al contrario, si dimenava  in modo goffo tentando di liberarsi da quella morsa letale.
-Hey lasciala stare- affermai dirigendomi verso di loro.
Quando lui si voltò, notai che la patta dei pantaloni era aperta ed intuii, dunque, che non  si trattava di un tentativo di seduzione, bensì che la ragazza non era affatto consenziente.
-Vattene- affermò minacciosamente ignorando il mio avvertimento.
-Lasciala ti ho detto- ripetei afferrandolo per le spalle e allontanandolo bruscamente.
Si girò nuovamente e lasciò un potente pugno sulla mia guancia, facendomi barcollare e cadere a terra, sotto gli occhi attoniti e ricolmi di lacrime della ragazza.
Mi rialzai e ricambiai il colpo, dando vita ad una vera e propria rissa; non avrei mai creduto che sarei finito a scontrarmi con qualcuno per difendere una donna.
-Smettetela! Jake basta-
La ragazza si mise tra di noi per separarci, ma Jake finì per colpire anche lei, che stramazzò a terra prima di sensi.
In quel momento non ci vidi più, sfoderai tutta la forza che avevo in corpo e lo spintonai contro una parete.
-Jake muoviti, vieni via- un suo amico lo aveva raggiunto giusto in tempo e convinto a rinunciare.
Mi inginocchiai accanto alla ragazza e le sorressi la testa affinchè riprendesse i sensi; ma fui io a sentirmi male quando riconobbi il viso di Chris, sdraiata sulle mie ginocchia, la guancia rossa a causa della botta e il vestito strappato all’altezza del seno.
-Chris, ti prego rispondi- la supplicai convinto potesse sentirmi.
Quando riaprì gli occhi, il mio cuore riprese un battito regolare e la aiutai a sedersi compostamente a terra.
-Hey tutto a posto?-
-Grazie- sussurrò flebilmente prima di scoppiare in un pianto soffocato e aggrapparsi fermamente alle mie spalle con un abbraccio pieno di gratitudine.
-Andiamo dentro-

La feci alzare e la sorressi fino a raggiungere l’interno dello spogliatoio, al piano di sotto. La adagiai delicatamente su una panchina, bagnai un fazzoletto e lo tamponai ripetutamente sul lobo sanguinante.
Le presi il viso fra le mani e cercai i suoi occhi, che però sembravano voler sfuggire aal mio sguardo.
-Come stai?- domandai scioccamente, già consapevole della risposta.
-Se non ci fossi stato tu io…- le lacrime cominciarono nuovamente a rigarle gli zigomi, spingendomi ad abbracciarla come se tra noi non fosse mai successo niente, come se non avessimo mai litigato, come se non ci fossimo mai scambiati alcun bacio, come se ogni nostro ricordo insieme fosse stato cancellato.
Un semplice abbraccio, ricco di sentimento.

*Chris’ pov*

In quel momento tra le sue braccia mi sentivo finalmente al sicuro; dopo quegli attimi orribili passati con Jake, l’abbraccio di Malik era riuscito a distrarmi e ridarmi un po’ di tranquillità.
Mi aveva salvata. Se non ci fosse stato lui non so cosa sarebbe successo e, durante quell’abbraccio, il desiderio di baciarlo divenne davvero irreprensibile, come se stare lontana da lui aumentasse la voglia di assaporare le sue labbra ogni secondo di più.
Appoggiai le dita sotto il suo mento e lo guidai fino alla mia bocca che si incastrò perfettamente con la sua in movimenti soavi ma decisi, che cancellarono l’irrevocabile dubbio che entrambi non desiderassimo altro.

*Harry’s pov*

-Ragazze sapete dov’è Chris?-
-Non la vediamo da più di venti minuti. Si è allontanata ma ancora non è tornata. Sarà in bagno- rispose Jenny.
Mi diressi dunque verso gli spogliatoi; avrei voluto mettere in atto il mio piano di vendetta ma ancora non ne avevo avuto l’occasione perché Chris non si era più fatta vedere.
Raggiunsi la porta e la spalancai.
-Chris sei qui?-



Spazio autrice: Come avevo anticipato, questo capitolo è abbastanza dolce. Jake è tornato all'attacco ma, come abbiamo visto, questa volta era intenzionato a fare del male a Chris.
Chi arriva in soccorso? Zayn.
Chris ha preso l'iniziativa e lo ha baciato perchè ora lo vede come il suo eroe ma... lo penserà ancora nel capitolo seguente? Ed Harry scoprirà qualcosa di compromettente?
Per tutte quelle che si erano stupite del comportamento di Rose, preparatevi, perchè nel prossimo capitolo ci saranno molto colpi di scena!
Un bacio a tutte :)
-Alice

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Capitolo 19
*** Bacia, dimentica e fuggi ***




Capitolo 19


*Harry's pov*

-Chris sei qui?-
Entrai circospetto negli spogliatoi, convinto della presenza di un’altra persona in quella stanza; controllai le docce, i bagni, dietro gli armadietti ma niente.
Il mio sesto senso doveva essere già stato tramortito dai generosi bicchieri di vodka che avevo ingerito.

-L’hai trovata?-
-No-
Raggiunsi nuovamente Liam alla festa e decisi di rimandare il mio piano a quando Chris si sarebbe fatta viva, evitando di setacciare l’intero perimetro dell’istituto per trovarla.
Il mio amico aveva notato che qualcosa non andava; durante quei pochi secondi in cui non era ancorato alle labbra di Melanie, mi osservava sospettoso senza riuscire ad identificare in me il ragazzo che conosceva da cinque anni.
Solitamente mi sarei scatenato e divertito come un pazzo, ballando, ridendo e scherzando con la mia ragazza, ma la presenza di Melanie non aveva fatto altro se non distogliere l’attenzione di Liam da tutto ciò che lo circondava da un mese a questa parte, facendo si che perdesse tutti gli avvenimenti salienti e piccanti.
Solo quando la sua nuova fiamma si allontanò un attimo per prendere del ponch, potemmo trascorrere qualche minuto discutendo civilmente, senza interruzioni smielate e da carie ai denti.
-Sai, anche Zayn non lo vedo da un po’!-
Quella fu la conferma che stavo aspettando; si erano nascosti insieme per rivivere quegli attimi sfuggevoli sui quali tanto avevo dubitato mettendo a repentaglio la mia amicizia con Louis, ma che poi si erano rivelati una dolorosa, cruda verità.
-Che stronzi- mi lasciai sfuggire, attirando una serie di domande sul perché il mio comportamento fosse tanto cambiato ma senza poter dare alcuna risposta.

*Chris’ pov*

Lo scricchiolio della porta ci fece scattare; ci staccammo con velocità impressionante e ci nascondemmo nell’unico posto che, dopo ore e ore passate lì dentro, solo noi due potevamo conoscere.
Un piccolo spazio dietro ad una fila isolata di armadietti ci permise di non essere visti dall’intruso che aveva interrotto ciò che di più bello era accaduto in quell’ultima settimana.
Riconoscendo le scarpe di Harry, Malik posò una mano sulla mia bocca per evitare che anche un singolo respiro potesse catturare l’attenzione dell’amico e farci scoprire, confermando le accuse rivolteci da Louis.
Quando udimmo la porta sbattere, mi prese per un braccio e mi trascinò verso l’uscita, ma prima di lasciarmi andare mi salutò con un semplice bacio a stampo e sussurrò –Non farti vedere- a pochi centimetri dal mio collo.
Staccarmi dal suo petto fu una vera tortura; uscii lentamente dagli spogliatoi lasciandomi il moro alle spalle e mi diressi in palestra.
Tentai di confondere la mia assenza durata un’ora intera rientrando in pista come se nulla fosse e avvicinandomi a Jenny per ballare, ignorando le sue domande riguardo dove avessi trascorso tutto quel tempo.

*Zayn’s pov*

Quel nascondiglio aveva messo in contatto i nostri corpi come mai era accaduto; con un braccio le cingevo la vita e con l’altra mano le tappavo la bocca in modo da non essere scoperti, mentre lei incatenava il mio sguardo con quelle iridi verdi che altro non fecero se non mandare il mio cervello in uno stato di trans.
Quando dovetti lasciarla andare, la tentazione di attirarla nuovamente a me fu davvero tanta, ma tutto a un tratto la mia visione delle cose si alterò: non potevo permettere che quella mora schizzofrenica diventasse la protagonista delle mie fantasie erotiche.
Non l’avevo mai sopportata e, da due giorni a questa parte, mi ero ritrovato a seguirla, salvarla, baciarla, prendermi cura di lei.
Si trattava solo ed esclusivamente di attrazione fisica, ma ero consapevole che non sarebbe mai andata oltre il bacio, quindi una nuova idea pervase la mia mente: farle dimenticare l’accaduto.

-Amico dove sei stato?-
-A fare un giro, odio questa festa! Vado a bere- tagliai corto in modo da ridurre al minimo il terzo grado che Liam stava per rivolgermi.
-Due bicchieri di vodka lemon. Uno lo porti a quella ragazza là in fondo ma non le dica chi glielo manda-
Il cameriere raggiunse Chris dalla parte opposta della stanza, che osservavo ballare divertita in compagnia della sua amica, e le porse il bicchiere ricolmo della bevanda stronca sensi amata da tutti gli adolescenti.
La buttò giù d’un fiato, con la stessa decisione di un alcolista pronto a dimenticare tutto ciò che c’è di sbagliato nella sua vita.
La facilità con la quale accettò i drink, semplificò la buona riuscita del mio piano e, di lì a poco, non avrebbe più ricordato niente di tutto ciò che era successo quella notte.

*Chris' pov*

La serata stava andando di bene in meglio; un cameriere gentile e disponibile continuava ad offrirmi dei drink che di certo non avevo alcuna forza di rifiutare dopo quanto accaduto e, in pochi minuti, la mia mente cominciò ad annebbiarsi.
Fui tentata di tornare sul terrazzo a prendere una boccata d’aria, ma le immagini di quanto accaduto con Jake cominciarono a susseguirsi prepotenti nella mia mente, persuadendomi a modificare destinazione.
Mi sedetti su una morbida poltroncina nera in attesa che il mio cervello riprendesse a funzionare e che l’insegna della scuola appesa in cima alla palestra tornasse ad essere una sola anziché moltiplicata per tre, dopo di che mi avventurai nel corridoio principale, togliendomi i tacchi e tastando le piastrelle fredde con la pianta del piede.

*Harry’s pov*

Il momento era giunto; era uscita dalla palestra, e notare il modo in cui era rimasta totalmente distaccata da Rose, mi fece intuire che tra loro non corresse buon sangue in quel momento.
Quindi quale modo migliore per farla infuriare se non giocare la carta dell’amica?
Afferrai Rose per un braccio e la trascinai fuori dalla sala, percorrendo il corridoio a debita distanza da Chris in modo che l’amica non intuisse niente.
Quando mi accorsi che l’alcool aveva preso il sopravvento anche su di lei, mi convinsi che il piano sarebbe stato più facile del previsto.
Spintonai Rose con forza contro gli armadietti, in modo che il tonfo metallico attirasse l’attenzione di Chris, a pochi metri da noi; la guardai negli occhi per qualche secondo quasi a chiederle il consenso e annullai la distanza fra le nostre labbra.
Posò la mano dietro al mio collo e mi attirò severamente a se, sviluppando in me il pensiero che quel bacio non fosse poi così male mentre, accanto a noi, una figura scalza scappava via incredula e rattristata.
La vendetta era servita.

*Chris’ pov*

Vedere la mia migliore amica tra le braccia del mio ragazzo  inizialmente mi fece solo venire voglia di piangere e urlare tanto la tristezza aveva pervaso il mio corpo, ma in seguito mi fece anche capire ciò che Harry avrebbe provato se avesse scoperto me e Malik.
Fu allora che capii quanto la nostra situazione fosse sbagliata, quanto la nostra attrazione fosse puramente fisica. Non ci amavamo e mai lo avremmo fatto, non saremmo mai potuti stare insieme quindi ciò che dovevo fare era allontanarlo il più possibile da me. Avrei solo dovuto resistere altri cinque mesi di scuola priva delle sue labbra e tutto sarebbe andato a posto.
Ma perché Harry mi aveva tradita se non sapeva nulla?
Le luci psichedeliche mi abbagliarono e la musica rimbombò prepotentemente nei miei timpani mescolandosi con la poca lucidità che caratterizzava la mia mente in quel momento.
Non ricordo più nulla di quella sera, solo che svenni in mezzo alla pista da ballo.
La mattina seguente mi svegliai intontita dai postumi della sbornia, gli occhi anneriti dal mascara colato durante la notte e il vestito odorante di menta e tabacco ancora addosso.
Mi cambiai e, giunta in cucina, domandai a mia madre come fossi tornata a casa.
Dopo essermi sottoposta ad uno sei soliti sermoni  riguardo quanto l’alcool sia dannoso per la salute e aver annuito per la maggior parte del tempo, mia madre si decise a rispondermi.
-Ti ha accompagnata Harry-



Spazio autrice: Eccomi qui!  Cosa ne pensate?
Dunque il comportamente di Zayn è abbastanza ambiguo: la bacia, si preoccupa e si prende cura di lei ma, poco dopo, è deciso a farle dimenticare tutto per paura di qualcosa che solo lui conosce. Non vuole che quella serata rimanga parte dei ricordi di Chris ma senza un motivo apparente!
Harry ha infine messo in atto il suo piano, colpendola nel suo punto debole: l'amicizia. Utilizzare l'amica come mezzo per ferirla è stata un'idea geniale, ma al contempo dimostra quanto Harry sia stato ferito dal comportamento di Chris. 
Bene, la smetto di sproloquiare e vi chiedo gentilmente di lasciare una recensione. Mi sto impegnando molto nello scrivere questa storia e vorrei il vostro parere! Grazie e un bacio
-Alice


Questo è il trailer di You're my drug: http://www.youtube.com/watch?v=HcqAbyyUK84

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Capitolo 20
*** Vorrei... ma non posso! ***




Capitolo 20


Tornai in camera dove mi cimentai in una lunga e riflessiva camminata; ripensai alle mie labbra ancorate a quelle di Malik e poi a quelle di Rose incollate ad Harry, poi ancora a Malik, poi a Harry, Malik, Harry, Malik… un sequenza infinita che mi fece solo venire voglia di buttarmi sotto le coperte e piangere.
Dopo ben tre quarti d’ora, la pianta dolorante del piede mi fece intuire che forse sarebbe stato meglio trasferire in miei pensieri sul comodo materasso del letto, accompagnata da qualche brano della mia playlist.
La musica; l’unico rimedio ai miei conflitti.
Non feci in tempo ad intonare un’intera strofa di “So sick” di Ne Yo, che mio padre spalancò rumorosamente la porta intimandomi a non proseguire quella che per i suoi timpani era una tortura.
Harry mi ripeteva in continuazione quanto la mia voce fosse estremamente limpida e pura, di come sarei di certo riuscita a conseguire il mio sogno di diventare cantante se solo avessi avuto più fiducia in me stessa.
Ma questi interventi poco delicati di mio padre non giovavano la mia autostima che, da in cima alle stelle per un acuto ben riuscito, finiva sotto i piedi facendomi sentire una nullità.
Asciugata una lacrima che aveva solcato la mia guancia, quasi dotata di vita propria, tornai a riflettere sul vero problema che travagliava la mia mente: Harry che bacia la mia amica ma poi mi riaccompagna a casa.

-Harry possiamo parlare?-
-Cosa vuoi?-
-Non per telefono. Io… vorrei vederti- sussurrai le ultime due parole in maniera talmente flebile che, il fatto che Harry fosse stato in grado di captarne il significato, mi convinse che il mio ex-ragazzo fosse una sorta di supereroe dall’udito infallibile.
-Non ne ho voglia- sbuffò lui secco.
-Ti prego, non so da quant’è che non parliamo-
Dopo oltre cinque minuti di continue lamentele e implori, stabilì seccato il luogo dell’incontro.
Al parco alle quattro.

Scorsi in lontananza una capigliatura riccia e, troppa immersa nelle mie paturnie mentali su come avrei dovuto cominciare il discorso, non mi accorsi di un bidone altro un metro e mezzo contro il quale mi scontrai, provocando un dolore atroce alle tube di Falloppio e cadendo rovinosamente a terra, mentre i nomi di tutti i santi conosciuti e sconosciuti uscivano dalla mie labbra sotto gli occhi attoniti di un vecchietto seduto su una panchina poco distante.

-Posso sedermi?-
Dopo tutti i discorsi filosofici che mi ero immaginata, quella era la frase meno ridicola che avevo espresso?
Mi rispose con un semplice cenno del capo e, constatato che non avrebbe fatto la prima mossa, lo incastrai con una domanda a bruciapelo, consapevole che non fosse preparato alla risposta.
Mi sbagliavo.
Alla mia richiesta di spiegazioni riguardo il perché di quel bacio con Rose, rispose semplicemente:
-Tu e Zayn mi avete ispirato! Volevo sapere cosa si prova a farsi con una mentre si è fidanzati-, frase che mi lasciò impietrita sorbendo l’effetto bumerang di quanto mi ero aspettata:  mi ero “tagliata la mano destra con la sinistra” come si suol dire. Vale a dire mi ero messa profondamente nei casini con una domanda della cui risposta sarei già dovuta essere a conoscenza.
-Come lo sai?- domandai rassegnata, la testa rivolta verso il selciato ghiaioso, tristemente colpevole.
-Vi ho sentiti negli spogliatoi- rispose sempre più amareggiato e deluso.
-Quindi il bacio con Rose era solo una strategia per farmela pagare?-
Annuì.
-Ha funzionato!- conclusi il discorso, fissando gli occhi verso di lui che, sorpreso dalla mia affermazione, sollevò la testa chinata verso il basso e mi mostrò gli occhi lucidi e ricolmi di sentimento, tanto che capii quanto le mie azioni lo avessero ferito.
-Possiamo riprovarci?-
-Non posso. Non riesco a fidarmi di te- quelle parole sorbirono l’effetto di una fredda lama che scavò il mio cuore in profondità, riducendolo in tanti minuscoli pezzi ricomponibili.
-E allora perché ieri sera mi hai riaccompagnata a casa dopo la festa?-
-Io non ti ho accompagnata a casa- rispose confuso.
-Ma mia madre mi ha detto che…- lasciai perdere, decisa a proseguire il discorso con lei.

-Senti ho capito di aver sbagliato, ma voglio stare con te, voglio aiutarti in questo momento difficile con Anne, voglio dimostrarti quando ci tengo al nostro rapporto e non voglio perderti-
Mi fissò per diversi minuti durante i quali pensai realmente di averlo convinto con quelle scuse fin troppo patetiche che gli avevo rifilato, sentendomi una codarda nonostante ciò che avessi detto fosse reale.
Non volevo perderlo.
Infine tutti i miei castelli vennero distrutti da 5 semplici paroline –Non voglio la tua compassione-.
Si alzò e uscì del parco, lasciandomi in balia dei sentimenti che, in quel momento, non riuscivano a farmi capire se avrei dovuto piangere, urlare, disperarmi oppure alzarmi e uscire dall’ingresso senza mostrare alcuna emozione.

*Harry’s pov*

Mi allontanai dal parco soddisfatto per aver seguito i propostiti di non cedere, ma terribilmente amareggiato e desideroso  di tutto l’affetto che Chris avevo finto di darmi durante quelle ultime settimane.
Alla sua affermazione –Non so da quant’è che non parliamo- avevo una risposta: quattro giorni, dieci ore e tredici minuti, il periodo più estenuante di tutta la mia vita.
Ma, come avevo detto, il vecchio Harry era morto e non sarebbero di certo state poche paroline dolci non sentite a farlo tornare in vita.

*Zayn’s pov*

-Era da molto che non ci vedevamo-
-Sono stato piuttosto impegnato-
-Bhe, dovremmo farlo più spesso-
Aprì la porta di casa a mi lasciò un bacio casto sulle labbra, fissandomi con sguardo accattivante,poco prima di richiuderla alle sue spalle, risvegliando in me l’irrefrenabile desiderio di aggiungerla alla mia collezione di bamboline.
Caroline era riuscita a farmi perdere la testa, ma si trattava tutt’al più di attrazione fisica che si sarebbe probabilmente spenta dopo la prima notte passata insieme.

Tornato a casa, il grande orologio da cucina decorato con coltelli e forchette che mia madre aveva tanto insistito per comprare sostenendo si trattasse di una delle ultime mode urbane, contro lo sbraitare di mio padre per tutto il negozio, mi ricordò che dopo appena trenta minuti avrei dovuto passate altre due ore in compagnia della Evans.
La lezione di nuoto era stata fissata proprio quel pomeriggio alle quattro, ma non mi sarei di certo potuto comportare normalmente dopo quanto accaduto la sera precedente.
Io avevo compreso il mio errore appena in tempo ma, secondo lei, l’ultimo bacio che ci eravamo scambiati negli spogliatoi significava per me qualcosa di vero, specialmente dopo tutte le attenzioni che le avevo dedicato.

Sicurissimo che il suo primo istinto osservatomi in costume da bagno sarebbe stato mettermi le mani addosso e soffocarmi con uno di quegli strazianti baci, preferii fare il mio ingresso in piscina armato di tutto punto e totalmente ripugnante alla vista; certo… per quanto fosse possibile!
Pantaloni larghi della tuta, maglione felpato tre taglie più largo del mio, capelli scompigliati e alito odorante di residui di tre lattine di birra.
Giunto in palestra, però, non la trovai.
Passarono 10, 20, 30 minuti, ma di quella sciacquetta mora neanche l’ombra.
Non avevo alcuna intenzione di tornare  a casa e studiare per il compito di storia, così mi sedetti sulla panchina, misi le cuffie nelle orecchie e cominciai ad intonare le note di “Irresistible”, la melodia che avevo composto.
Saltai in piedi di scatto quando il portone della piscina si spalancò mostrandomi una Chris in costume da bagno la cui visione, contrariamente a quanto mi diceva ogni particella del mio corpo, non mi provocava alcun effetto. O almeno… così tentato di convincermi.

*Chris’ pov*

-Non fare l’idiota, togliti quei vestiti e vieni dentro-
-Non ho intenzione di farti affondare le mani nel mio emisfero sud- lo guardai con faccia schifata e aggiunsi - Il pensiero non mi aveva neanche lontanamente sfiorato-.
Non ci fu verso di convincerlo; svolse la lezione completamente vestito, intralciandosi da solo e rischiando realmente di affogare.
Mi si avvicinò all’improvviso, probabilmente intimorito dalla profondità d’acqua che avevamo raggiunto, e si aggrappò alla mia vita.
Sarebbe potuta risultare una delle solite scene da film nelle quali scatta il bacio se solo il signorino non si fosse scolato intere lattine di birra prima di raggiungermi, provocando un sussulto al mio stomaco già debilitato dalla poca quantità di cibo che avevo ingurgitato durante quella giornata, non appena il suo alito si scontrò con il mio viso.
Avevo capito che si trattava di una strategia idiota per far si che la mia attrazione nei suoi confronti scemasse nel giro di pochi secondi, ma non avevo alcuna intenzione di dargliela vinta.
-Ho capito perché ti comporti così e, sai una cosa, non me ne frega proprio niente. Ho capito di essere innamorata di Harry e che tu eri solo la mia distrazione. Quindi evita di parlarmi, di guardarmi, di avvicinarti a me o anche solo pronunciare il mio nome-.
Lo abbandonai dimenante tra le grinfie del suo nemico e uscii dalla piscina.
Non potevo capacitarmi della viscidità di quell’essere ma, specialmente, non riuscivo a credere che appartenesse a lui la voce angelica che mi aveva pervaso i timpani intonando una canzone romantica, poco prima di entrare in piscina.
Una voce melodica, pacifica, dolce ma graffiata allo stesso tempo, capace di trasportarti in una realtà parallela intonando una semplice nota.
Ancora non ne ero cosciente, ma quella voce sarebbe diventata la mia dipendenza.


Spazio autrice:
Premetto scusandomi per l'enorme lasso di tempo che ho impiegato ad aggiornare, ma sono stata sommersa di compiti!
Passando ai fatti, nel capitolo possiamo finalmente notare i risvolti che la vendetta di Harry ha su di lui ma anche su Chris e, a seguire, scopriremo anche l'effetto su altre persone!
Chris tiene ancora a Harry, tanto da volerci riprovare ma... è il ragazzo a rifiutare e ad abbandonarla!
Alla fine invece possiamo notare il ridicolo quanto vano tentativo di Zayn di allontanare Chris, dato che quest'ultima non si mostra attratta dal suo aspetto fisico bensì dalla sua voce!
Bene detto questo, me ne vado chiedendovi gentilmente di lasciare una recensione!
Grazie di cuore e spero che vi piaccia :)
-Alice

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Capitolo 21
*** Bugie rivelate ***




Capitolo 21


*Zayn’s pov*

Mi svegliai di soprassalto. L’orologio segnava le 3.00 del mattino.
Tamponai con un asciugamano la fronte imperlata da goccioline di sudore e scesi in cucina per un bicchiere d’acqua.
La mente inebriata dalla freschezza del frigorifero mi offrì, oltre ad un po’ di sollievo da quello strano caldo invernale, anche un buono spunto per riflettere, probabilmente ispirato dal barattolo di cetriolini sotto aceto.
Durante la notte mi si era ripresentato un dettaglio che avevo in precedenza trascurato; qualche giorno prima Chris mi aveva confessato apertamente di essere lei la ragazza della discoteca che tanto avevo atteso, durante una delle sue solite crisi isteriche di cui, con mio grande orgoglio, io ero la causa.
Afferrai una bottiglietta d’acqua ed intrapresi una lenta e riflessiva camminata lungo il tappeto della cucina, data l’impossibilità di prendere sonno.
La tanto elevata quanto anormale temperatura del mio corpo mi costrinse a togliermi la maglietta ed immediatamente ebbi la sensazione che uno sguardo voglioso si fosse posato su di me e stesse squadrando ogni centimetro del mio corpo senza alcun pudore.
Dita smaltate di rosso mi cinsero la vita, voltandomi e facendo si che la mia attenzione fosse attratta da una chioma castana che ricadeva sinuosamente sulle mie spalle.
Caroline.
I pensieri mi avevano offuscato la mente a tal punto da non accorgermi che quella non era affatto casa mia, bensì di Caroline che mi aveva invitato, data l’assenza dei suoi, a passare una notte focosa in sua compagnia.
Cominciò a baciarmi con passione, lasciandomi intendere quanto la sua libido attendesse quel momento dal primo istante in cui mi aveva conosciuto.
Impiegai svariati secondi prima di appurare quale fosse la vera ragione che mi spingeva a rincorrere ancora questa ragazza se, fino ad allora, non aveva fatto altro se non mentirmi riguardo quella notte in discoteca: il sesso.
La parolina magica in grado di distrarre la mia mente dai dettagli e farla muovere priva di controllo come una pedina in una partita di scacchi, la parolina che in quelle settimane mi aveva fatto soprassedere e ignorare le bugie di Caroline riguardo il modo in cui ci eravamo conosciuti e come si fosse consumato il nostro rapporto.
Ma nonostante tutto ero io il maschio alfa, quindi inizialmente mi sarei preso una piccola soddisfazione e poi avrei svolto il ruolo di detective per portare alla luce tutti i sotterfugi e gli imbrogli.
Le  slacciai impaziente la camicetta del pigiama e appoggiai le mani a palmo pieno sui suoi glutei, coperti solo minimamente dalle mutandine.
La lanciai sul letto e mi sdraiai sopra di lei, mentre disegnava con le dita il contorno dei miei pettorali.
Non di difficile intuizione immaginare come si svolse il resto della nottata.
-Mi è piaciuto- sussurrò accovacciandosi contro il mio petto mentre io, raggiunto il mio obiettivo, non ero più in vena di smancerie.
-Perché mi hai mentito?- domandai a bruciapelo.
-Riguardo cosa?-
-Non eri tu la notte della discoteca-
-Come puoi dire questo?  Lo abbiamo fatto nel bagno della discoteca, poi ti o riaccompagnato a casa e ti ho lasciato il mio numero- esclamò rialzandosi dal mio corpo e fissando sconcertata gli occhi nei miei.
-E’ una mezza verità! Non eri tu nel bagno, so perfettamente cosa è successo e con chi. Nessuna chioma marrone si presenta nei miei ricordi ripensando a quella sera -
-Non ho idea di cosa tu stia parlando-
-Smettila di mentire, ormai siamo andati a letto insieme, entrambi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo quindi cosa ti costa dirmi la verità?-
-Bene, non ero io, ma in questo modo mi hai conosciuta e hai capito che siamo perfetti l’uno per l’altra, che possiamo stare insieme, che ci amiamo!-
Sbarrai gli occhi nell’udire le ultime tre sillabe, mi alzai dal letto e intonando una fragorosa risata, aprii la porta deciso ad uscire da quella casa.
-Ci siamo divertiti e possiamo rifarlo, ma non ti amo e non staremo insieme- affermai con voce fredda prima di richiudermi la porta alle spalle lasciandola distesa sul letto, ancora vogliosa e delusa.

*Chris pov*

Mi svegliai in preda alla curiosità. Non avevo visto mia madre il pomeriggio precedente quindi il quesito riguardo chi mi avesse riportato a casa la sera del ballo era diventato insostenibile.
-Mamma l’altra sera hai detto che mi ha riaccompagnato a casa Harry dal ballo, ma lui mi ha confermato il contrario, com’è possibile?-
-Bhe il tuo amico ha detto di chiamarsi Harry-
-Ha detto? Scusami non lo riconosci?-
-Non era il TUO Harry, non aveva capelli ricci e occhi verdi. Si trattava di un altro ragazzo quasi omonimo-
-Non ho altri amici con quel nome. Me lo sapresti descrivere?- avanzai domande a raffica sempre più confusa e curiosa.
-Alto, magro, occhi e capelli poco visibili a causa del costume-
-Che costume?- domandai infine sicura che quel dettaglio mi avrebbe permesso di riconoscerlo.
-Da Zorro!-

*Flashback*
*Zayn’s pov*

Ingoiò i bicchierini di vodka uno dopo l’altro, rendendo il mio piano sin troppo semplice.
Poco dopo uscì dalla palestra e, quando fece ritorno, barcollò a piedi nudi sino al centro della pista e poi svenne.
Non era di certo nelle mie intenzioni farla precipitare sul pavimento come una patata, quindi dovetti improvvisare; mi avvicinai a lei sotto gli occhi dei presenti, la presi in braccio e la trasportai sino alla mia macchina.
Avrei solo voluto che si addormentasse, non che si sentisse male al punto da perdere i sensi. Improvvisamente, al contrario di quanto avessi immaginato,  mi sentii in dovere di proteggerla; la adagiai sul sedile anteriore dell’auto e misi in moto.
Aveva un’espressione così beata mentre dormiva, che fui tentato di accarezzarle il viso e, per un attimo, avrei desiderato che non dimenticasse nulla di quella notte: ma ormai era troppo tardi.
Suonai il campanello e rimasi paralizzato quando la porta si spalancò mostrando il viso preoccupato della madre alla visione della figlia svenuta tra le braccia di un ragazzo.
-Non si è sentita bene alla festa e l’ho riaccompagnata a casa. In macchina si è addormentata-
-E quest’odore di alcool?- domandò scaltramente.
Le ulteriori bugie che ero pronto a recitare si bloccarono in gola quando incrociai il suo sguardo e notai la somiglianza con quello di Chris, una somiglianza quasi spaventosa.
Proposi di accompagnarla in camera e, quando sua madre capì che le mie intenzioni erano pure, mi lasciò qualche secondo da solo con lei.
In preda agli impulsi, non fui in grado di trattenermi dall’accarezzarle il viso; grosso sbaglio. Aprì gli occhi e, per un attimo, le sue iridi chiare si mostrarono celate dall’oscurità. Si guardò attorno disorientata fino a che il panico la assalì nello scorgere una figura buia e mascherata al suo fianco.
Uscii rapidamente dalla stanza lasciando che il mantello da Zorro scorresse a pochi centimetri dal suo viso e, scampato un volo di tre metri e un ruzzolone giù per le scale, spalancai la porta.
-Ragazzo, dimmi almeno come ti chiami?- domandò la madre.
-Harry- risposi io per accantonare i futuri sospetti.

*Fine Flaskback*
*Chris’ pov*


-Malik!- esclamai, alzandomi impietrita dalla sedia e correndo in camera, sotto gli occhi attoniti di mia madre ancora all’oscuro di tutto.
Perché aveva finto di essere Harry? La risposta non mi era chiara, esattamente come non mi era chiaro il motivo del suo comportamento il giorno precedente in piscina.
Aprii la porta e varcai la soglia di casa di Jenny con tale decisione che la miriade di domande che cominciai a rivolgerle non furono ciò che la sconcertò maggiormente durante tutta la giornata.
Notata l’espressione paralitica con la quale mi stava osservando da cinque minuti davanti al fiume di parole che sgorgava dalla mia bocca, decisi di rallentare il passo per riprendere fiato.
Spiegata la faccenda di Malik, della piscina e la discussione con Harry, la sua risposta fu semplice e concisa.
-Fatti visitare-
-Mi pigli in giro vero?-
-No dico sul serio. Parli con uno e gli dici di amarlo, urli in faccio al’altro di aver chiarito i tuoi sentimenti ma, appena parli di quest’ultimo, ti si illuminano gli occhi. Parla con Zayn e chiarisci-
-Cosa dovrei chiarire? Il fatto che mi odia?-
-Penso che tu non abbia ben chiaro il concetto di odio-
La osservai inarcando il sopracciglio e lasciandole intuire quanto la sua affermazione non mi fosse per niente chiara. Per quanto l’ingenuità fosse sempre stata il mio aspetto caratteristico, decise di non venirmi incontro e chiarire i miei dubbi.
Aprì la porta di ingresso e mi accompagnò fuori, mentre con lo sguardo ancora cercavo un piccolo indizio per tradurre quelle parole che, per me, erano come geroglifici.

Il giorno seguente riuscii a trascinare a fatica le stanche membra fino a scuola, in coma dalla notte insonne trascorsa a riflettere sul da farsi.
Eccolo lì, a pavoneggiarsi come un tacchino davanti allo specchio appeso nel suo armadietto.
-Seguimi- ordinai nascondendo con una mano le occhiaie e chiudendo con potenza lo sportellino dell’armadietto.
-Non rompere Evans-
-Non penso tu voglia parlarne nel corridoio… Zorro-
Sbiancò, girò i tacchi e si diresse in fretta e furia nella meta da me stabilita.
-Che cosa sai?- domandò impaziente.
-Con calma Malik, ogni cosa a suo tempo. Prima tocca a te rispondere alle mie domande!-


Spazio autrice: ragazze prima di tutto voglio scusarmi per l'enorme attesa, ma purtroppo EFP non mi ha permesso di pubblicare storie per una settimana, non so perchè!
Bene, dunque in questo capitolo Zayn passa una notte con Caroline ma si può notare quanto, subito dopo, il suo atteggiamento nei confronti della ragazza cambi, Inoltre abbiamo scoperto chi era il ragazzo che aveva riaccompagnato Chris a casa.
Anche Chris l'ha capito grazie all'aiuto della madre e ha quindi deciso di interrogare Zayn per ottenere maggiori informazioni!
Bene, detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e che lascerete una piccola recensione per farmi capire cosa ne pensate! Grazie mille! <3
-Alice

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Capitolo 22
*** Passion ***




Capitolo 22


Passati i quindici minuti più lunghi della mia esistenza ad interrogarlo riguardo quella notte senza ottenere alcuna risposta in cambio, decisi di tagliare corto e porre fine a quello strazio.
-Se non me lo dici significa che sei talmente innamorato di me da vergognarti delle tue azioni- affermai furbamente, sicura di aver toccato un tasto dolente; Malik odiava ricevere false accuse o definizioni del suo essere del tutto prive di fondamenta e la mia affermazione lo avrebbe di certo fatto scattare.
-Innamorato di te? Innamorato di te?- quelle che fino ad allora erano state solo supposizioni riguardo il suo carattere, si trasformarono in certezza quando tentò di smentire quanto appena uscito dalla mia bocca, balbettando, sgranando gli occhi e guardandosi nervosamente attorno alla ricerca di un qualche appiglio in grado di salvarlo.
-Non sono innamorato di te, non potrei essere innamorato di te. Ma ti sei vista? Non soddisfi nemmeno lontanamente i miei standard, sei la ex del mio migliore amico e sei solo una psicopatica maniaca del controllo-
Sentii qualcosa bruciare nel mio stomaco, una rabbia repressa crescere ed aumentare fino ad implodere, impedendomi di esprimere chiaramente tutti gli insulti che avrei voluto rivolgergli in quel momento.
Rivolsi la testa al pavimento ordinandomi mentalmente di mantenere la calma mentre un bruciore inspiegato si impadroniva delle mie iridi rendendole sensibili e pronte al pianto.
Non ribattei, tirai sul col naso asciugando una lacrima con la manica della felpa e uscii dallo spogliatoio, lasciandomi alle spalle un ragazzo di cui non mi importava più assolutamente niente, ma che speravo provasse anche solo un terzo del dolore che mi stava tormentando, per avermi inflitto quelle parole che erano riuscite a ferirmi.

Da più di dieci minuti me ne stavo seduta in macchina, posteggiata nel vialetto dell’ospedale, a fissarmi nello specchietto retrovisore, tentando di infondere al  mio corpo la maggior dose di coraggio possibile per affrontare le notizie riguardanti la salute di Anne, mentre tentavo di entrare in simbiosi con il sedile affinchè mi impedisse di portare a termine quella missione masochista.
Sapevo per certo che gli allenamenti di football avrebbero impegnato Harry tutto il pomeriggio quindi, a tirarmi sul il morale, vi era sempre la piccola consolazione di non correre alcun rischio di incontrarlo.
Percorsi a timidi passi il corridoio con l’intento di rendere eterno il tempo che mi separava dalle brutte notizie e dalla visione di una Anne scarnita, dalla pelle diafana, gli occhi verdi ormai spenti e appannati da una luce fioca, contornati da occhiaie nere visibilmente marcate.
Il viso magro e scavato, non più valorizzato dalla folta chioma bruna che in precedenza le ricadeva sulle spalle come cascate d’ebano, a causa degli effetti collaterali della chemio-terapia.
Quella era la Anne che mi attendeva da settimane nella sala ospedaliera ma che non avevo avuto il coraggio di andare a trovare; un po’ per paura o forse per vigliaccheria.
Giunta dinanzi alla porta, feci per bussare quando questa si aprì da sola. Solo dopo capii il motivo di tale evento sovrannaturale, quando una chioma riccia castana apparve sull’uscio rendendomi totalmente incapace di intendere e di volere nel momento in cui le sue iridi verdi si incastonarono nelle mie, di un colore di qualche tono più scuro.
-Cosa ci fai qui?- esordì lui.
-Volevo fare visita a Anne. Sono settimane che non venivo a trovarla- risposi sfoderando il tono e lo sguardo più rattristati che fui in grado di scovare nel mio repertorio.
-Non vuole vederti. Le ho raccontato tutto quello che è successo tra noi e vuole essere solidale con me.-
Non ci avrei creduto neanche con tanto di prove scritte sotto il naso che attestavano quanto appena affermato da Harry, mostrando la sigla della madre a caratteri cubitali.
-Fammi entrare…- esclamai supplichevole.
Seguirono suoi ulteriori divieti a mie ulteriori suppliche alle quali era deciso a non cedere, ma di certo non avrei permesso che il suo orgoglio rovinasse il rapporto che si era cementato con sua madre in tutti quegli anni.
Approfittai di un momento di distrazione per spalancare la porta e fare irruzione nella stanza, dove il sorriso lucente, per quanto possibile, di Anne mi accolse abbattendo tutte le bugie appena inscenate da Harry.
-Tesoro quanto tempo. Come stai?-
-Non c’è male. Scusami se non sono venuta spesso ma tra la scuola, le cheerleader e tutto il resto, non ho proprio avuto tempo-
Udii in lontananza un “bugiarda”, mascherato da un colpo di tosse, provenire dalle labbra di Styles ma lasciai perdere ed intrapresi una divertente e pacifica conversazione con la donna che, secondo il parere del figlio, avrebbe dovuto odiarmi.
Ma Harry non voleva realmente quello, il mio Harry che conoscevo sin dalla tenera età e che mi aveva accompagnato durante tutti quegli anni non avrebbe mai desiderato ferirmi a tal punto.
Fu solo allora, osservando le iridi spente di Anne, che capii quanto lo avessi ferito se avrebbe voluto proibirmi di visitare la donna che, per lui, era la persona più importante al mondo e della cui compagnia non avrebbe potuto godere ancora per molto.

*Zayn’s pov*

Tornato a casa, fiero e soddisfatto del mio operato negli spogliatoi, approfittai dell’assenza di mio padre per controllare la melodia che avevo composto e sistemare qualche accordo. Mi sentii soddisfatto quando l’ultima nota echeggiò nell’aria concludendo la sinfonia.
Terminato il tutto mi abbandonai contro lo schienale della sedia e fissai per diversi secondi lo spartito congratulandomi con me stesso per il grande lavoro svolto.
A rattristarmi era solo la certezza che nessuno al di fuori di me l’avrebbe mai ascoltata, che non avrebbe mai ricevuto commenti, positivi o negativi che fossero, che sarebbe rimasta segregata nell’armadio sotto pile di quaderni vecchi in modo da non essere scovata neanche durante le pulizie primaverili di mia madre.

-Niall, come stai?- domandai per telefono al mio amico, grato con lui per aver distolto la mia mente da pensieri tristi e avvilenti riguardo la brutta fine futura della mia bella sinfonia.
-Senti bro che ne dici di venire a casa mia questo pomeriggio? E’ venerdì, non c’è scuola domani e possiamo spararci una maratona di FIFA- domandò euforico.
-Non lo so… non credo che…-
-I miei sono partiti due ore fa. La birra sarà la nostra migliore amica- aggiunse certo del fascino che la parola “birra” avrebbe suscitato in me.
-Sono da te fra dieci minuti-
-Che ne dici di una pausa?- domandai retoricamente.
Erano ormai cinque ore che giocavamo senza sosta, i pollici avevano perso sensibilità e i colori erano diventati qualcosa di indistinguibile a causa dei pixel che avevano affaticato i miei occhi.
La birra, come precedentemente accennato, era stata la nostra unica amica durante quelle ore, accompagnata da drink anche più pensanti e, un sorso dopo l’altro, avevamo sfiorato da parecchio la soglia della sbronza.
-Amico è tanto che non passiamo del tempo tra di noi. Avremmo tante cose da raccontarci. In tema di ragazze come te la passi?- domandai scioccamente inconsapevole di aver intrapreso una strada senza ritorno lungo il viale delle bugie nascoste.
Niall mi raccontò di una certa Marie che aveva conosciuto recentemente ma che non lo aveva soddisfatto in alcun senso e di come, dopo di lei, magicamente tutte le ragazze ai suoi piedi si fossero volatilizzate all’improvviso.
Io cominciai a raccontare di Caroline, di quanto fosse brava a letto, di come ci eravamo conosciuti, dimenticando di omettere il fatto che lei mi avesse mentito sul luogo del nostro primo incontro spacciandosi per Chris.
Gli occhi del mio amico si spalancarono mostrando la sorpresa celata da quelle iridi cerulee.
-Sei stato con la Evans?-
-No, me la sono solo fatta… più di una volta - l’alcool ancora in circolo nelle mie vene mi aveva portato a confessare tutto a Niall che era in contatto diretto col nemico.
-Ecco perché si sono mollati- continuò lui riflettendo ad alta voce e svelandomi un dettaglio del quale ero all’oscuro.
Dopo ben venti minuti, ad un’ulteriore richiesta di spiegazioni abbandonai il joystick sul divano e uscii da quella casa, voltandomi solo un momento per supplicare il mio amico di non rivelare nulla ad Harry riguardo la mia confessione, sperando vivamente che i postumi della sbornia gli avrebbero cancellato quei pensieri dalla mente.

*Harry’s pov*

Vederla ridere e scherzare con mia madre non faceva altro che accrescere il mio rammarico se pensavo a quante meravigliose cene di famiglia avrebbe potuto partecipare se solo non mi avesse giocato quel brutto scherzo.
Non riuscendo più a sopportare quel quadretto, uscii in corridoio e mi accasciai su una poltrona blu a qualche metro dalla stanza, rimuginando su quanto di più sbagliato c’era nella mia vita.
A destarmi dai miei pensieri fu Chris che mi corse in contro per avvisarmi che il medico era giunto in camera con le cartelle cliniche, pronto per comunicarci i risultati degli esami.
Raggiunsi la stanza in fretta e furia e mi stanziai a pochi centimetri dal viso del dottore, impaziente ma nel contempo terrorizzato dalla possibile diagnosi.
-Sua madre ha…-
Afferrai inconsciamente la mano la Chris e la sentii sussultare al contatto delle nostre pelli; desideravo che mi infondesse sicurezza con il tocco liscio dei suoi polpastrelli ma, al contrario, poco dopo mi sentii cadere.



Spazio autrice: bellezze, questa volta ho preferito aggiornare dopo pochi giorni perchè sono veramente fiera del capitolo 22 che ho scritto ieri sera quindi voglio velocizzare i tempi per poterlo pubblicare e capire cosa ne pensate!
Soffermandoci su questo, dunque: con il tempo sto cominciando a dare maggiore spessore alle varie passioni dei protagonisti e, in questo capitolo, traspare l'amore di Zayn per la composizione di melodie ma anche la tua amarezza alimentata dalla consapevolezza (ho fatto la rima lol) di non poterla mostrare a nessuno:
Inoltre rivela a Niall ciò che è successo con Chris e Niall potrebbe avere un ruolo significativo in tutto questo.
Infine scopriamo che Harry, nonostante tenti di nascondere i suoi sentimenti, non può fare nulla di fronte alla malattia della madre.
Bene, spero il capitolo vi sia piaciuto e che lascerete una piccola recensione per dirmi cosa ne pensate (possibilmente più lunga di 10 parole grazie mille) :D
Un bacio
-Alice

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Capitolo 23
*** Let's try again ***




Capitolo 23


*Chris’ pov*

E forse è questo che accade quando capisci di aver perso tutto, che la ragione del tuo essere sta per abbandonarti e non puoi fare niente per impedirlo: piangi, ti sfoghi, bagni cuscini, lenzuola, fazzoletti ma anche liberandoti di tutta quell’acqua in eccesso, non scacci la tristezza. Quest’ultima,al contrario, aumenta al cadere di ogni singola goccia.

-Sarebbe meglio se mi seguiste in corridoio- fu solo allora che ci rendemmo conto della gravità della situazione.
-Mi dispiace informarvi che il cancro si è esteso notevolmente arrivando a compromettere parte del midollo. Sfortunatamente un sì esteso linfoma non presenta cure specifiche per essere debellato. Per tanto la chemio non sarà più sufficiente, dovremo portarla in terapia intensiva, aumentare la dose di farmaci e…-
-E…- domandò Harry impaziente , il cui cuore in preda alla tachicardia era udibile da chiunque passasse nei paraggi.
E come dargli torto. Quella donna era sua madre, la donna che lo aveva messo al mondo, accudito, curato, cresciuto e ora, dopo 18 anni di tutto questo, stava per andarsene.
Strinse la mia mano ulteriormente, privandomi della sensibilità, ma in quel momento non mi importava. Ogni particella del mio corpo mi gridava di stargli vicino ed ero sicura che i miei neuroni fossero in collegamento diretto con il suo cervello tanto mi risultava semplice e chiaro capire i pensieri che gli frullavano in mente: terrore di perderla, emozione nell’essere a così stretto contatto con la traditrice di turno, desiderio al pianto soffocato dalla nomea di “duro” che doveva mantenere.
Ma niente di tutto questo si potè più controllare quando il dottore completò la frase:
-Potrebbe rimanere in stato vegetativo, o andarsene per sempre. Mi dispiace-
La sue gambe cedettero facendolo crollare a terra sotto lo sguardo preoccupato del dottore, come un ramoscello che si spezza sottoposto alla forza del vento e precipita giù dall’albero, inerme, schiantandosi contro il selciato o l’erba ruvida, privo di qualsiasi forza per rialzarsi.
Sentii il peso di Harry crollarmi addosso e 80kg di terrore e lacrime cominciarono a sgorgare ininterrottamente da quegli occhi verdi.
Solo quando ebbi realizzato la situazione, scoppiai a mia volta in un pianto disperato, avvolgendo Harry fra le mie braccia e accarezzandogli con delicatezza la nuca, come una mamma che calma il suo bambino svegliatosi nel sonno a causa del temporale.
Perché questo era ciò di cui aveva bisogno in quel momento: non una ragazza, non un amico, non una sigaretta che ogni tanto fumava per scacciare la tensione… Aveva bisogno di sua madre e, in quell’istante, io ero ciò che di più vicino ad una figura materna si potesse cercare.
Si addormentò sdraiato sulle mie gambe, le guance bagnate di lacrime e la tristezza che emergeva da ogni singolo poro della sua pelle.

*Zayn’s pov*

-Sei tornato finalmente!- una voce agghiacciante gelò l’aria rendendola tesa e appesantita. Un coltello l’avrebbe di certo attraversata, lasciandovi uno squarcio ben definito.
-Si papà, qualche problema?- risposi con nonchalance sperando di porre fine a quella conversazione.
-Sai… la tua stanza è un luogo davvero interessante! Si può scoprire la vita di un figlio setacciando fra le sue cose-
-Hai frugato in camera mia?-
-Errore; sono entrato e lei era lì, in esposizione quasi attendesse di essere letta!-
-Di cosa stai parlando?-
Tirò fuori dalla tasca un foglio di carta ripiegato su se stesso, lo rigirò ripetutamente tra le dita gettando lo sguardo dal foglio al mio viso, e viceversa, per interminabili secondi; solo quando riconobbi i segni di alcune note e le cancellature da me apportate, capii ciò che era accaduto e cosa sarebbe successo di lì a poco.
-Ridammela, non sono affari tuoi-
-Ah bene, quindi scriviamo canzoni… Mio figlio è diventato gay, che delusione!- sospirò con vocetta stridula, burlandosi divertito della mia passione.
-Mi piace suonare il piano e odio il football. Non puoi costringermi a fare niente!-
Mi scannerizzò dalla testa ai piedi con sguardo truce dovuto alla mia risposta seccata, prima di aggiungere che era certo che la mia disobbedienza mi avrebbe caratterizzato anche in quel frangente e per questo aveva preso le giuste precauzioni. La tastiera non aveva opposto alcuna resistenza ad un volo dal secondo piano.
Sgranai gli occhi, mi voltai e salii le scale due gradini alla volta, mentre il cuore pulsava letteralmente fuori dal petto.
Spalancai la porta della mia camera e mi affacciai alla finestra: la mia tastiera giaceva in mille pezzi sul freddo selciato nel retro di casa, i tasti staccati e la console divisa in due parti asimmetriche.
Lo strumento della mia più grande passione era stato gettato dal balcone come un panino andato a male, insieme ai miei sogni e a qualsiasi barlume di redenzione avessi notato ultimamente nello sguardo ormai perso di mio padre; avevo lavorato duro per ottenere quella tastiera e avrei impiegato minimo un anno a mettere da parte gli spiccioli necessari a ricomprarla.
-Perché lo hai fatto? Sai quanto io ami suonare, non avevi alcun diritto!- sbraitai puntando i miei occhi nocciola immersi nelle lacrime nei suoi, neri come la notte, come il buio… come il vuoto. Si, il vuoto di cui era ricolma la sua anima, il vuoto che vedevo nel suo sguardo privo di sentimenti davanti alla disperazione del figlio.
Lo scansai di lato e scesi le scale di fretta, afferrai la giacca di pelle appesa sull’attaccapanni e uscii di casa, sbattendo rumorosamente la porta alle mie spalle; con me, NIENTE.  Solo un pacchetto di sigarette e il cellulare che, ringraziando il signore, avevo lasciato nella tasca del giubbino.

*Chris’ pov*

Sveglia e ormai convinta di aver perso la sensibilità alle gambe, chiamai ripetutamente Harry con voce tranquilla e soave, tracciando con la mano destra i suoi lineamenti perfetti mentre cercavo di svegliarlo per potermi alzare e verificare di ricordarmi ancora la maniera giusta di camminare.
Avevamo dormito tutta la notte su quelle scomode poltroncine di feltro blu, io la testa appoggiata al muro, Harry sdraiato sulle mie ginocchia, posizione che aveva assunto la sera precedente dopo la spaventosa notizia del dottore.
Aprì gli occhi con cautela, richiudendoli subito dopo infastidito dai raggi solari che trasparivano insistenti dalla finestra del corridoio.
Si alzò lentamente, ancora indolenzito dalla scomoda postura mantenuta durante la notte, e si diresse verso il bar dell’ospedale: della caffeina era proprio quello che ci voleva per risvegliare due menti confuse e annebbiate da una notte praticamente insonne.
Non ebbe bisogno di domandarmi cosa preferissi, mi conosceva troppo bene per non ricordarsi del mio amato cappuccino con schiuma, zuccherato al massimo e spruzzato di cannella.
Mi raggiunse con la bevanda fumante tra le mani e me la porse, gesto al quale ricambiai con un semplice sorriso. Si sedette sul tavolino di fronte a me e, per interminabili secondi, ci fissammo ammutoliti, le narici estasiate dall’aroma del caffè che ci attendeva e la vista lievemente appannata dal fumo sprigionato dalla tazza.
-Non so come farei senza di te- quella frase giunse quasi impercettibile ai miei orecchi, ma fui abbastanza abile non solo da udirla ma anche da focalizzare il messaggio, analizzare ogni singola parola, soppesare ogni sillaba della mia possibile risposta e immagazzinare il tutto in un cassettino del cervello, o forse sarebbe stato meglio conservarle nel mio cuore perché quel minestrone di alfabeto aveva dato vita ad una frase in grado di scaldarmi l’anima come neanche quella tazza di cappuccino mattiniero era riuscita a fare.
Abbassai lo sguardo verso il bordo della tazza, tracciandovi il contorno con l’indice e lasciai trasparire un sorrisetto d’imbarazzo, stupefazione e gioia unite in un unico sentimento.
-E io non so come farò senza te nella mia vita- risposi infine riferendomi alle sue trasparenti intenzioni di non rivolgermi più la parola per il resto dell’adolescenza.
Rialzò il viso precedentemente  rivolto verso il pavimento piastrellato dell’ospedale e mi permise di scorgere la grossa lacrima che dal suo risveglio fremeva per sgorgare e bagnargli le guance.
Si dice che piangere faccia bene, che liberi dai pensieri negativi e purifichi l’anima, ma guardando le sue iridi verdi immerse in quel fiume d’acqua, non riuscivo a comprendere come una cosa tanto malvagia quanto il pianto potesse apportare benefici all’umore.
Abbandonai il cappuccino sulla sedia e mi alzai per abbracciarlo; mi strinse in una morsa letale, alla quale il mio povero cuore fece fatica a reggere. Inspirai a pieni polmoni il suo profumo e sprofondai il viso nell’incavo del suo collo sentendolo sussultare al contatto delle mie labbra sulla sua pelle.
-Perché non ci riproviamo?-
Quelle parole sorbirono l’effetto di milioni di schegge  che si insinuano nella carne sempre più in profondità, tanto violentemente mi colpirono, e la macchina pompa sangue nel mio petto prese a battere ad una velocità incontrollata quando  capii che Harry mi aveva perdonata.
Era da tempo che non attendevo altro se non una sua richiesta di riappacificazione e, alla fine, tutte le speranze riposte in sole quattro paroline si erano rivelate valide.
Non ci fu bisogno di risposta: mi scostai dall’abbraccio, gli sollevai il viso con la mano destra e lo baciai, uno di quei baci casti a fior di labbra ma che, a mio modesto parere, erano i più belli che due innamorati potessero scambiarsi.
Ero sempre stata dell’idea che l’amore si dovesse dimostrare con coccole, carezze, regali, tempo trascorso insieme, scherzi e prese in giro; ecco il motivo della mia verginità ancora non donata.
Ero totalmente contraria al sesso come dimostrazione d’affetto e, anche se le mie amiche mi reputavano un’idiota a rifiutare una tale stimolazione del piacere, io non ero solita ascoltare il giudizio degli altri e, di certo, non avrei cominciato riguardo un argomento così delicato.

*Zayn’s pov*

Camminavo senza sosta da quattro ore, tentando di mantenere una velocità costante, per quanto i piedi doloranti me lo permettessero,  in modo da allontanarmi il più possibile da casa di mio padre.
Esattamente, non reputavo quell’abitazione casa mia; come potevo chiamare un luogo “casa” se non mi era possibile trovare affetto all’interno?
Pascoli definiva la sua casa “nido”, una culla di amore e protezione dove gli uni posso contare sugli altri, dove ogni membro della famiglia è legato all’altro dall’affetto e non dall’informazione genetica.
La casa per lui era un luogo in cui trascorrere tempo insieme e scambiarsi regali a Natale o ai compleanni, sedersi accanto al fuoco per discutere delle proprie giornate, distendersi sul divano in compagnia e prestare attenzione ai soavi suoni della natura circostante.
In quel frangente, anche io mi sentivo un piccolo Pascoli: suo padre era stato ucciso da un colpo di pistola, come narrato nella poesia “Il lampo”, e allo stesso modo anche il mio era ormai scomparso; la sua umanità era stata uccisa da una macchia scura che si era estesa dentro di lui.
Avevo paura.
Non di essermi perso, non di non avere un posto in cui dormire, non di essere privo di denaro per comprare del cibo… avevo paura di trasformarmi in lui e di vendere la mia anima ai milioni di demoni che si annidano nella mente di tutti noi.
Mi sedetti su una panchina per fumare una delle poche sigarette rimaste nel pacchetto e dare alle mie gambe stremate un po’ di tregua.
Valutai attentamente tutte le varie opzioni: sarei potuto tornare indietro, fare le valigie e partire per Los Angeles dove abitavano i miei zii, oppure avrei potuto proseguire senza meta fino a trovare una pensione disponibile ad ospitare un ragazzo momentaneamente privo di soldi.
Tutti quei pensieri si stopparono quando, incuriosito dalla sostanza appiccicosa che mi invadeva la mano, mi guardai il palmo trovandovi i residui della tintura verde utilizzata per dipingere la panchina.
Mi alzai e, notando i pantaloni completamente imbrattati, riuscii a trattenere un’imprecazione solo per rispetto della signora con un bimbo in carrozzina che, proprio in quell’istante, passavano per il parco permettendo al piccolo moccioso di farsi grasse risate nel notare il motivo zebrato verde dei miei vestiti.
Ricominciai a camminare, mandando a fare in culo qualsiasi gruppo di ragazzi che, vedendomi conciato in quella maniera a dir poco ridicola, mi deridevano animatamente.
Ad un tratto notai, esposta nella vetrina di un bar lungo il ciglio della strada, l’insegna “Cercasi cameriere” e pensai potesse essere un’ottima opportunità di guadagno.
Credevo si sarebbe trattato solo di un semplice lavoro temporaneo, non avrei mai pensato che quel bar si sarebbe trasformato nella chiave del mio arido cuore, nel motivo che mi avrebbe condotto a prendere determinate e sofferte decisioni, nel luogo da cui tutto avrebbe avuto inizio!



Spazio autrice: Ecco a voi il capitolo 23. Ci tenevo particolarmente a pubblicarlo non so per quale motivo... mi ispirava e mi sembrava abbastanza carino, per questo ho velocizzato la pubblicazione degli altri capitoli. Sfortunatamente nei prossimi giorni non saranno così rapidi perchè devo trovare il tempo di scriverli!
Comunque sia... Chris e Harry sono tornati insiemeee! Cosa ne pensate di questa riappacificazione? Di certo tutte quelle che speravano in una "Zaris" (?) storia (Chris + Zayn per intenderci LOL), in questo momento mi vorranno uccidere ma... che ci possiamo fare... C'esta la vie!
Per quanto riguarda Zayn, è scappato di casa trovando insostenibile il comportamento del padre e vorrei che vi soffermaste su un dettaglio: tutti e tre i protagonisti hanno problemi con la figura maschile paterna quindi questo sarà un punto cardine della storia (oltre alla musica ovviamente)
Bene direi che mi sono già dilungata fin troppo in discorsi futili quindi... Spero vi sia piaciuto e che lascerete una recensione!
Un bacio :)
-Alice

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Capitolo 24
*** I'll fight for him ***




Capitolo 24


*Zayn’s pov*

Spalancai cautamente la porta d’entrata del locale, aprendo un varco sufficiente al passaggio della testa che si insinuò curiosa tra lo stipite e il muro legnoso e lasciando sul vetro il segno dei miei polpastrelli intorpiditi dal freddo, stesso segno riscontrabile sul pomello della porta di casa che avevo stretto con forza per l’ultima volta qualche ora prima, per poi a
bbandonarla.
Per diversi secondi lanciai lo sguardo da una parte all’altra del locale mettendo a fuoco e analizzando i vari mobili e soprammobili disposti in ordine preciso e ordinato: pareti blu scuro cosparse da pennellate di colore per rendere l’ambiente stravagante, piccoli e alti tavolini in legno di colore giallo scuro, comode poltroncine in pelle nera a forma di mano, un bancone di granito scuro, un retro bottega nel quale esposte le bottiglie di differenti tipi di drink e alcolici, e diverse luci psichedeliche sul soffitto ad illuminare a festa quel luogo che sembrava tanto innocente di giorno quanto feroce la notte, come un docile cagnolino che si trasforma in una belva pronta ad inghiottire qualsiasi adolescente ignaro vi decidesse di inoltrarsi.
Rimasi immobile sulla porta in attesa di scorgere una qualche presenza che mi confermasse di non essere il solo in quella stanza. 
Pensieri di ogni tipo si avvicendarono nella mia mente durante l’attesa: l’annuncio esposto in vetrina rendeva semplicemente pubblica la necessità di un cameriere senza specificarne eventuali doti o caratteristiche. Le particolarità di cui sempre mi vantavo, vale a dire bellezza, altezza, simpatia e carisma, sarebbero di certo bastate a convincere qualsiasi gestore ad affidarmi un incarico di tal semplice portata.
Il mio aspetto e la mia caparbietà avrebbero funto da calamita per le milioni di ragazze che erano solite visitare il locale la sera e l’immagine di tutte le avance che avrei ricevuto da signorine ubriache in vena di follie, mi fece dimenticare per un momento il motivo per il quale avevo realmente bisogno di un lavoro: fuggire da mio padre e dal suo mondo di terrore.
Venni interrotto dal brontolio di un uomo sulla quarantina: alto, muscoloso, capelli fini e radi. Due occhi grigi ti scrutavano solo per un istante e poi schizzavano altrove, quasi temessero che con uno sguardo potessi captare la reale insicurezza che lo caratterizzava, ma con una durezza che bastava a lasciarti pietrificato come sotto le spire della dea Medusa.
Mi intimò di chiudere la porta al fin di evitare un assalto di pinguini viste le temperature sin troppo al di sotto della media.
Richiusa alle mie spalle, mi avvicinai timidamente al bancone dove quelle iridi ghiaccio mi incatenarono al pavimento, squadrandomi in lungo e in largo e bloccandomi in gola il grosso groppo di parole che avevo preparato per fare colpo.
-Cosa ti serve?- il tono di voce calmo e pacato in contrasto con lo sguardo raggelante che mi lanciava, mi lasciò intendere che avesse già capito il motivo della mia presenza nel suo locale e che aspettasse solo che gli “attributi”, di cui tutti gli uomini dovrebbero essere dotati, si facessero vedere.
Respirai profondamente ricordandomi che Zayn Malik non aveva mai avuto paura di nessuno e risposi con sicurezza
-Sono qui per il posto di cameriere-
-Pensi di esser qualificato?- sapevo esattamente come rispondere a questa domanda.
-Certo! Sono alto, bello, carismatico, una calamita per…-
-Non mi interessa- mi interruppe all’improvviso - voglio sapere se hai qualche esperienza come cameriere-.
Tutte le speranze che avevo riposto in quella, a quanto pare, scadente presentazione si erano rivelate vane quindi non rimaneva altro da fare se non mentire.
-Potrei essere nominato “ primo cameriere del locale”- sentenziai saccentemente, consapevole di essermi immerso in una bugia più grande del cratere di un vulcano.
-Cominci sta sera- affermò infine per poi congedarsi e rinchiudersi nel suo ufficio nel retro bottega.
La mia nuova vita al “Night Blue” aveva ufficialmente avuto inizio con quelle tre paroline.

*Chris’ pov*

Staccarci da quell’abbraccio riappacificatore fu una vera e propria tortura per i nostri cuori rimasti così distanti sin troppo a lungo, privati l’uno del profumo dell’altra, delle carezze che ci scambiavamo sdraiati sul divano, dei baci casti ma intensi che ci caratterizzavano, delle risate durante le ripetizioni di matematica, dell’amore che segretamente provavamo l’una nei confronti dell’altro.
Quell’abbraccio aveva sorbito lo stesso effetto devastante di due bombe che entrano in collisione ancora prima di toccare terra: un’esplosione di emozioni e sentimenti che il mio petto non era in grado di sopportare.
-Ti prometto che non ti deluderò… non di nuovo- lo dissi di getto, con la naturalezza di chi ordina un gelato ma con la serietà e la convinzione di chi sta facendo un patto con Dio.
-Lo so- concluse lui, lasciandomi intendere di aver riacquistato totalmente la fiducia in me.
-Ora però dobbiamo dare la notizia a tua madre-
-Ne sarà felicissima!- esclamò in preda all’euforia fraintendendo le mie parole.
-Non questa notizia…- il suo volto si incupì, i due smeraldi verdi posti sotto la fronte si socchiusero in un’espressioni di dolore interiore.
Gli strinsi la mano e lo guidai lungo il corridoio sino alla stanza di sua madre; prendemmo entrambi un respiro profondo e, infusa l’un l’altro una bella dose di coraggio, facemmo capolino nella stanza.
L’espressione di Anne nel vederci per mano fu una delle più gratificanti della mia vita; ero lieta di aver dato a quella donna qualcosa per cui gioire prima di sentirsi sprofondare nel baratro ed ero adirata con me stessa per dover stroncare la sua emozione con quelle, a dir poco atroci, notizie.
Recitai tutto d’un fiato le parole del dottore ma, diversamente da quanto ci aspettavamo, non impazzì, non diede di matto, non scoppiò in un pianto disperato, semplicemente lasciò scivolare la schiena lungo il materasso e appoggiò la testa sul cuscino mantenendo il sorriso che fino a poco prima si era stampata sul volto. 
Quella tranquillità inquietante ci lasciò intuire che la rassegnazione l’aveva ormai pervasa, sapeva di essere impotente e non aveva alcuna intenzione di soffrire ancora.

Lasciai l’ospedale quella sera verso le otto, da sola. Per un’ora intera avevo cercato di convincere Harry a venire con me, a distrarsi un po’ con della pizza e un film, ma ogni mio tentativo era risultato vano.
Stavo percorrendo in macchina la strada di ritorno verso casa quando alla radio passarono I won’t let you go di James Morrison.

Say those words 
Say those words like there's nothing else 
Close your eyes and you might believe 
That there is some way out, yeah 
Open up, Open up your heart to me now 
Let it all come pouring out 
There's nothing I can't take 

Dì queste parole, dille come se non ci fosse nient'altro 
Chiudi gli occhi e riuscirai a credere 
Che c’è una qualche via d’uscita 
Apri, apri il tuo cuore a me ora 
Lascia che fiorisca 
Non c’è niente che non posso prendere 

If your sky is falling 
Just take my hand and hold it 
You don't have to be alone, alone, yeah 
I won't let you go 

Se il tuo cielo sta cadendo, 
prendi la mia mano e stringila 
Non devi essere sola, 
Non ti lascerò andare 

Inconsciamente avevo attribuito le parole della canzone ad Harry come se le stesse rivolgendo alla madre; la voce di Morrison è caratterizzata da una nitidezza e dolcezza uniche, non diversa da quella di Harry, graffiata ma passionale e delicata al tempo stesso e sentirgli cantare quelle strofe mi aveva fatto venire un’idea geniale. 
Forse non avrebbe funzionato, forse sarebbe stata inutile, forse avrei ottenuto la reazione opposta a quella desiderata, ma nella vita non si può sempre attendere che tutto si presenti pronto e privo di ostacoli davanti ai nostri occhi, senza compiere il minimo sforzo per ottenerlo; bisogna lottare, impegnarsi, credere in ciò che si desidera, sconfiggere i demoni tentatori in grado di condizionarci e farci credere nullità ed impegnarci affinchè qualcosa accada e sia un successo. 

Tornando verso casa, la breve scorciatoia in cui ero solita inoltrarmi per risparmiare minuti preziosi mi rese impossibile non notare la casa di Rose; la sagoma della mia “amica” figurava nel riflesso della luce del lampione a pochi centimetri dalla sua finestra e metteva in risalto il suo fisico tonico, nonostante indossasse già il pigiama.
L’immagine della labbra di Rose attaccate a quelle del mio ragazzo si ricatapultarono arrogantemente nella mia testa, aumentando la rabbia repressa e convincendomi che fosse giunto il momento di parlarle.
Parcheggiai l’auto, scesi dal veicolo e mi fermai sul suo portico, illuminata dalla luce proveniente dall’interno.
Il dito fisso sul campanello che non avevo il coraggio di premere.
Quando finalmente la mia vigliaccheria decise di farsi da parte, il suono squillante echeggiò nell’aria, seguito dal rumore delle chiavi inserite nella serratura e dalla figura della mia amica che faceva capolino dalla porta, ignara della mia presenza.
-Cosa ci fai qui?- domandò evidentemente scocciata e sorpresa.
-Dobbiamo parlare- risposi fermamente.
-I miei non sono in casa, entra-
Mi diressi immediatamente vicino al divano così da concedere un po’ di riposo alle mia gambe, già debilitate dalla visione della sofferenza di Anne e quindi poco decise a sopportare anche un’ulteriore lite con la mia migliore amica.
-Parla- esclamò.
-Sei tu che mi devi delle spiegazioni-
-Per aver fatto cosa? Detto che ti stavi comportando da stronza con uno dei ragazzi più dolci di questo mondo?-
-No, per aver baciato uno dei ragazzi più dolci al mondo mentre lui stava ancora con me-
La vidi letteralmente sbiancare. Spalancò gli occhi in segno di sorpresa e scosse la testa per recuperare tempo ed una risposta credibile.
-Come fai a saperlo?-
-Ero lì accanto- rivolse i suoi stupendi occhi azzurri verso il pavimento e cominciò a giocherellare nervosamente con le righe delle piastrelle.
-E’ stato Harry a baciarmi dopo aver scoperto ciò che facevi con Zayn, io non ho colpe-
-Certo, Harry lo ha fatto per vendicarsi, perché sapeva che ero li accanto a voi, perché sapeva che mi avrebbe ferita, perché sapeva che saresti stata una preda facile.. perché sapeva di piacerti!- urlai l’ultima frase con una tale esasperazione nel tono, che anche il gatto venuto lì di passaggio aveva interrotto la sua lenta camminata intuendo un’imminente apocalisse.
-A me era sembrato che gli fosse piaciuto quel bacio, nessuno lo ha costretto a rimanere avvinghiato a me per 7 lunghi minuti- ribattè con aria di sfida.
-Lo hai cronometrato?- domandai evidentemente divertita dalla sua precedente affermazione.
-Senti, non ho voglia di stare a sentire le tue cretinate. Esci da casa mia!-
-Rose, devi ascoltarmi. So di aver sbagliato ma sei la mia migliore e non posso permettere che il nostro rapporto vada in frantumi a causa di un errore commesso un paio di volte!-
- Si è trattato di più di un paio di volte. Sapevi che il suo scopo, fortunatamente fallito, era quello di portarti a letto come ha fatto con Jenny. Perché hai dovuto rovinare un così bel rapporto con Harry per.. lui?-
-Mi attrae, o meglio.. mi attraeva! E’ bello, stronzo, ingannevole, un insieme letale, calamita per noi ragazze. Per quanto lo desiderassi, non ci sono riuscita- socchiusi leggermente gli occhi lasciandole intuire quanto fossi delusa del mio comportamento ma aggiungendo che ormai non lo vedevo da giorni, che non gli parlavo da tempo e che non avevo alcuna intenzione di tornare indietro. Avrei lottato per riacquistare completamente la fiducia di Harry, avrei stretto i pugni e serrato i denti al fine di riportare tra le mie mani il suo cuore lacerato dalle mie bugie.
Avrei scalato mille montagne, costruito dighe e creato ponti pur di rivederlo non solo fisicamente ma anche mentalmente in sintonia con me.
Le mie parole l’avevano evidentemente colpita tanto da convincerla ad abbracciarmi. Un abbraccio totalmente diverso da quello con Harry ma che, dopo settimane di indifferenza e lontananza, non poteva racchiudere che un miscuglio di emozioni contrastanti ma che ci avrebbero avvicinate come mai prima di allora: odio, amicizia, risentimento, pentimento, convinzione che tutto si sarebbe risolto se solo lo avessimo affrontato insieme.
Trascorsi i seguenti quindici secondi ad imprecare contro la suoneria incessante del mio cellulare che era riuscita ad interrompere quel momento così toccante; ma tutti gli insulti rivolti alla tecnologia si placarono quando riconobbi il numero sullo schermo, e le palpitazioni dell’aggeggio pompa sangue disposto nella mia cassa toracica divennero così sostenute da rendermi impotente.
-Harry tutto a posto?-
-Devi correre in ospedale. Immediatamente-




Spazio autrice:
Premetto che sono consapevole di aver impiegato un'eternità ad aggiornare ma, non so per quale oscura ragione, ci ho messo veramente tantissimo a scrivere questo capitolo, non trovavo l'ispirazione infatti non mi convince molto.
Nel capitolo ritroviamo la figura di Rose e vi consiglio di tenerla da conto perchè avrà un ruolo fondamentale nel proseguimento della storia!
Per quanto riguarda Chris e Zayn, possiamo notare che in questo momento le loro vite si svolgono in una maniera del tutto indipendente l'una dall'altra ma... durerà per molto questa situazione? Non posso dire niente, anche se vorrei LOL
Cosa ne pensate del capitolo? Come dicevo in precedenza non mi convince, quindi mi interessa davvero molto conoscerela vostra opinione.
Spero vivamente che vi piaccia! 
Un bacio a tutte <3

-Ali


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Capitolo 25
*** Like a painter or a bulb ***




Capitolo 25


*Zayn’s pov*

-Due pinte di birra, in fretta!-
-Arrivano subito-
-Sarà meglio-
Il lavoro al “Night Blue” si era rivelato decisamente più arduo e sfiaccante di quanto avessi potuto immaginare: clienti presuntuosi e scortesi, fastidiosi uomini in uniforme convinti di poter utilizzare la propria autorità al fin di ottenere sconti o un servizio migliore, un capo scorbutico, misere mance, fin troppe poche ragazze, un odore insopportabile di erba e profilattici usati che stupidi arrapati si divertivano ad abbandonare sul pavimento del bagno conclusa la bottarella, senza preoccuparsi del povero cristo delegato alle pulizie dell’intero locale, equivale a dire il sottoscritto.
Non credevo sarei mai giunto ad odiare sino a tal punto un preservativo, fino ad allora oggetto delle mie venerazioni poichè mi aveva sempre permesso di divertirmi con qualunque ragazza mi capitasse sotto tiro senza prendere in considerazione il problema “gravidanza”.
Forse avrei dovuto ricredermi; quell’involucro di plastica lattiginosa doveva nascondere qualche proprietà malvagia.
Il locale era a corto di personale quindi, in una sola sera, mi ritrovai a svolgere contemporaneamente quattro differenti mansioni;  come cameriere dovevo appuntare su un taccuino l’ordine dai vari tavoli. Dopo di chè, giunto al bancone, mi trasformavo in un barista il cui compito richiedeva preparare i drink richiesti, in seguito portarli ai tavoli e pulire ciò che clienti al limite della sbronza avevano lasciato cadere a terra, Dio solo sa se per dispetto o per pura coglionaggine.
Il mio capo, che avevo appurato si chiamasse Bill, sedeva con nonchalance su di una poltrona in un angolo del bar, scrutando attentamente ogni mio singolo movimento, espressione, gesto, risposta più o meno cortese mentre scorreva il pollice e l’indice lungo la visiera del cappello da cowboy dal quale non si separava mai e sorseggiava con finta indifferenza un calice di birra della casa, famosa in tutto il vicinato per la sua freschezza e spumosità.
Quei piccoli occhietti malefici color ghiaccio avevano lo strano potere di farmi sentire osservato nonostante stessi dando loro le spalle; era come se mille, minuscole telecamere si insinuassero nella mia mente scavando ed aprendosi un varco nella mia pelle per catturare non solo gli atteggiamenti cordiali che ero costretto a tenere nei confronti dei clienti, ma anche i reali pensieri e le risposte che avrei voluto rivolgere a certa gente sconsiderata.
Quando alla bellezza delle 6 del mattino ebbi finito il turno, Bill aveva già lasciato il locale da diverse ore, affidandomi l’incarico di spegnere le luci, abbassare le tapparelle e sigillare le varie entrate.
Eseguii gli ordini alla lettera, con la scrupolosità di un bambino che ripone la propria collezione di figurine dei calciatori all’interno dell’album in modo da non piegare alcun bordo, attento a non commettere nemmeno il più piccolo errore; volevo evitare in tutti i modi di perdere quel lavoro a causa la mia stupida sbadataggine.
Quando guardai l’orologio, dovetti rassegnarmi all’evidenza che non mi sarei potuto concedere nemmeno un paio d’ore di riposo; Bill avrebbe riaperto il locale alle 7.30 quella mattina e se al suo ritorno non avesse trovato tutto in ordine, lindo e pulito, avrei potuto salutare per sempre il Night Blue così come avevo detto addio alla casa di mio padre il giorno precedente.
Lanciando un’occhiata veloce all’orologio ricordai un dettaglio fondamentale che l’assunzione al Night Blue aveva momentaneamente eclissato: Bill permettendo, non avrei comunque avuto alcun luogo in cui dormire.
Non avevo messo piede fuori dal locale da quando avevo notato l’annuncio in vetrina, quindi non ero stato in grado di raggiungere e trovare posto in una pensione conveniente, adatta ad un ragazzo 18enne privo di documenti o contanti da anticipare.
Al fin di evitare un ulteriore perdita di tempo prezioso da dedicare al sonno, mi convinsi a posticipare certe preoccupazioni di qualche ora; mi lanciai su uno dei divanetti in pelle, ignorando ciò che di sconcio si era di certo consumato lì sopra qualche ora prima, e mi lasciai accogliere dalle braccia di Morfeo.

-Svegliati pigrone-
Mugugnai qualcosa di poco sensato –probabilmente un “Cinque minuti mamma“- prima nascondere la testa sotto i cuscini del divano e divincolarmi come una serpe per nascondere le mie iridi sensibili dai raggi del sole che si insinuavano prepotenti attraverso le fessure delle persiane.
-Non sono tua madre, scendi da qui-
Scattai in piedi non appena riconobbi la voce di Bill, pronto a commissionarmi nuovi incarichi nonostante il mio aspetto distrutto avrebbe consigliato a chiunque di rinchiudermi in un ospizio per anziani.
-Ieri sera te la sei cavata bene; nonostante  la quasi totale assenza di ragazze, reale motivo per il quale hai chiesto il lavoro, sei riuscito a mantenere il tuo spirito. E’questo che cercavo in un cameriere. Ho deciso quindi di occuparmi io dei rifornimenti mentre tu puoi goderti una mattinata libera e prepararti per questa sera. E’ venerdì, non hai idea di ciò che accadrà qui dentro!- scandì l’ultima frase con un’eccitazione nel tono e nello sguardo quasi inquietante, paragonabile a quella di un ragazzino in piena fase ormonale che scopre della presenza di donne mature alla sua festa di compleanno.

Uscii dal Night Blue accompagnato unicamente dalla mia amata giacca di pelle e il cellulare, la cui batteria mi avrebbe abbandonato a breve.
Camminai per diversi minuti, ma di uno straccio di pensione neanche l’ombra; non cercavo un hotel a cinque stelle munito di piscina con idromassaggio, ma una semplice topaia da due soldi in cui trascorrere la notte senza il pericolo di contrarre la peste bubbonica, sino a che non sarei stato nuovamente pronto ad affrontare mio padre ed il suo mondo di terrore.

*Chris’ pov*

Con la velocità di un felino, uscii dalla casa di Rose lasciando in sospeso la nostra riappacificazione e, senza presentare spiegazioni per la mia strana fuga improvvisa, salii in macchina, allacciai la cintura e misi in moto.
Premetti sull’acceleratore con una tale violenta da superare i 70km/h in meno di quattro secondi.
Percorsi con impazienza il viale che mi separava dall’ospedale, ignorando i semafori rossi che avevano come scopo quello di bloccare la mia corsa e superando ad alta velocità una macchina della polizia che mi intimò di fermarmi ma alla quale non diedi retta.
Per circa dieci minuti guidai a 90km/h in pieno centro abitato, seguita dagli sbirri e spinta dal terrore che qualcosa di grave potesse realmente essere accaduto.
Tra sorpassi, inversioni a U e totale infrazione del codice stradale, raggiunsi la tanto agoniata meta, parcheggiai la macchina nel primo parcheggio disponibile e, dopo aver liquidato i vigili con una svelta e concisa sintesi di quanto stesse accadendo,  cominciai a correre; una corsa sfrenata, al limite del normale, come mai accaduto in vita mia.
Salii quindici piani di scale a piedi per evitare gli ingorghi dell’ascensore e, quando giunsi davanti alla stanza numero  217, spalancai la porta con impazienza.
Ciò che mi attendeva non era nulla per cui essere serena.
Anne aveva assunto la posizione fetale in un angolo della stanza; il suo esile corpicino malato era scosso da violenti tremolii e le mani cingevano in una grande morsa la testa che scuoteva con energia, quasi volesse scacciare dei pensieri insinuatisi con arroganza nel suo cervello.
Andy, tornato qualche ora prima dal suo viaggio d’affari in Messico, la teneva avvolta in una coperta di lana mentre Harry tentava di convincerla con voce calma e tranquilla -per quanto gli fosse possibile- a sdraiarsi nuovamente sul letto e riposare, rassicurandola che tutto ciò di cui aveva paura sarebbe scomparso se solo avesse seguito i suoi consigli.
Mentre aiutava la madre a sedersi, potei scorgere una grossa lacrima sgorgare dall’occhio destro, scivolare lungo la sua guancia e scendere sino all’estremità del mento prima che uno scatto fulmineo della mano stroncasse di netto quel lento cammino, in modo da nascondere la reale tristezza che lo stava logorando.
Non appena Anne si fu addormentata, Harry mi raggiunse e mi strinse la mano, come pregandomi di infondergli quel coraggio che io possedevo ma che lui non riusciva a scovare dentro di sé.
Non mi limitai a quello; lo abbracciai stringendolo con forza e lasciandogli capire che mai, per nessun motivo al mondo, lo avrei  abbandonato in quella situazione tanto terribile.

Ci avventurammo nei corridoi dell’ospedale dove entrambi fingemmo di conoscere le diverse tecniche utilizzate dai pittori dei quadri appesi lungo i muri e discutemmo animatamente riguardo l’effetto che i colori nello sfondo  creavano sulla tela in contrasto con quelli tenui degli elementi umani in primo piano. Entrambi non avevamo la più pallida idea di cosa stesse realmente uscendo dalla nostra bocca ma eravamo sicuri che se un intenditore d’arte ci avesse sentiti, avrebbe chiesto immediatamente una stanza al manicomio.
Trascorremmo l’intera nottata interpretando il ruolo di veri esperti, complimentandoci l’un l’altra per l’operato di questo “Monet” il cui nome appariva su buona parte dei quadri, cognome a noi familiare vista la storia dell’arte studiata alla medie, ma deridendo la scelta dell’ospedale di adornare le pareti con quadri palesemente non originali.
Non mi interessava affatto fare la figura dell’idiota davanti agli anziani che ci fissavano, ignari di quanto stessimo dicendo, né mi aveva fatto effetto non chiudere occhio per più di 30 ore di fila; il sorriso contornato da due piccole fossette che si dipingeva sul volto di Harry alle mie squallide battute inventate al momento, era diventato una cosa talmente inusuale in quell’ultimo periodo che mi gustai quell’immagine paradisiaca per tutto il tempo che mi fu possibile e fui amareggiata quando la mia innata curiosità mi costrinse a stroncare quel momento.
-Harry che cosa è successo a tua madre?- domandai scrutandolo negli occhi e notando che immediatamente quella minima scintilla di luce che era apparsa, si spegneva come una lampadina ormai bruciata, bruciata dall’usura, dal dolore che ormai l’ha consumata, dal bruciore che le fa solo desiderare di piangere.
-Non lo so. Sono andato a prendere un caffè e quando sono tornato l’ho trovata in quello stato. Non voleva parlare, dirmi cos’era accaduto, si limitava a scuotere la testa farneticando e urlando di mandarlo via- rispose dopo diversi secondi di silenzio durante i quali cercò il coraggio di parlare senza l’intervento di ulteriori lacrime.
-Mandarlo via? Chi dovevi mandare via?-
-Non ne ho la più pallida idea-

Le seguenti ore passarono con una lentezza quasi esasperante; le avevamo trascorse interamente cercando una risposta valida a quel quesito che ci rendeva impossibile prendere sonno. Ma il reale motivo del comportamento di Anne non ci aveva ancora sfiorato.
Quando finalmente le nostre menti decisero di concedersi qualche minuto di riposo, la voce calda e graffiata di un uomo sedutosi sulla poltroncina alla destra di Harry, interruppe il silenzio tombale che si era creato.
-Ciao Harry-
-Papà…-



Spazio autrice: TA DAN! Dopo due settimane (di cui una giustificata perchè ero al mare) sono riuscita ad aggiornare. Spero ne sia valsa l'attesa perchè sinceramente questo capitolo di piaciucchia (diciamo) quindi spero proprio che piaccia anche a voi!
Diversamente da come molte avevano predetto, Anne non se n'è andata ma le sue condizioni sono molto gravi.
Il lavoro di Zayn al locale è cominciato ed è anche abbastanza bravo. Vi invito a fare caso che ora le vite di Chris e Zayn sono completamente separate, come se facessero parte di due mondi diversi ed è una cosa strategica.
Nell'ultima parte del capitolo inoltre appare una figura importante; Harry dire "papà" e non so se vi ricordate in che modo Harry lo aveva presentato nel 2° capitolo...
Non aggiungo altro! Se vi va di lasciare una recensione ne sarei felicissima! Un bacione <3
-Alice

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Capitolo 26
*** My devil, my monster, my DAD! ***






Capitolo 26


*Harry’s pov*

Impegnandomi a mascherare accuratamente qualsiasi tipo di emozione, mi voltai a fissare negli occhi quell’uomo che tutto potevo considerare forchè un padre ma che, per un qualche oscuro motivo, avevo appena chiamato con l’appellativo affettuoso che tutti i bambini utilizzano per richiamare l’attenzione dell’uomo di casa.
Cosa mi spingeva a chiamarlo ancora “papà”? Cosa mi aveva portato a riutilizzare quel sostantivo che di certo a lui non si addiceva? Probabilmente la necessità di considerare qualcuno, almeno una volta nella vita, come fosse mio padre, ma per quello non avevo affatto bisogno di lui. Andy aveva vestito le sue spoglie e non avrei voluto sostituirlo per nessun motivo al mondo.
Osservai con sguardo ricolmo d’odio quelle iridi cerulee simili alle mie che sembravano vuote, prive di alcuna emozione, incapaci di contenere e rivelare sentimenti. Vi si intravedeva unicamente il riflesso del mio volto a pochi centimetri dal suo, come un’enorme parete di ghiaccio che riflette le figure storcendone le dimensioni.
Se ne stava impassibile seduto sulla poltrona accanto alla mia, le labbra socchiuse in un sorrisetto compiaciuto e strafottente, le sopracciglia inarcate e sguardo assente ma minaccioso consapevole del potere che ancora, a distanza di mesi, esercitava su di me e sulla mia psiche.
Quegli occhi chiari erano stati gli occhi di un padre amorevole: avevano assistito alla mia prima gattonata, alla prima lezione di nuoto, alla partita di calcio della seconda elementare, ai pianti che mi costringevano ogni giorno dopo la scuola a rinchiudermi in camera sotto le coperte e pensare al motivo per il quale Ryan Scott mi odiasse tanto e avesse deciso di infliggere una tale tortura proprio a me durante la pausa pranzo. Quegli occhi mi avevano confortato, infondendomi la convinzione che niente può abbatterti o distruggerti se hai accanto persone che ti amano. Come potevo immaginare che questo pensiero si sarebbe dissolto nel giro di pochi anni?
Quegli occhi si erano ben presto irrigati di odio e desiderio di vendetta mentre osservavano il dolore pulsare dalla guancia di mia madre, in seguito ad un gancio destro ben ferrato, e le lacrime che rigavano il mio volto, questa volta causate non da Ryan Scott ma dal dolore che quell’uomo aveva provocato e continuava a suscitare nella nostra famiglia.
Le mani congiunte alla base del torace stringevano una piccola scatolina di feltro rosso del cui contenuto non mi preoccupai più di tanto.
Osservai con attenzione quelle mani: evidentemente ruvide, secche, rugose, chiaro segno della poca attenzione prestata al proprio corpo e della mancanza di una donna che si prendesse cura di lui, tra i cui compiti figurava anche il ricordargli la lozione di crema quotidiana.
Quelle erano le stesse mani possenti che mi avevano stretto con amore quando ero appena un bambino, che mi lanciavano in aria abbandonandomi a me stesso ma che mi offrivano un rifugio sicuro e protetto quando vi ricadevo terminato il mio volo, che mi avevano aiutato a rialzarmi mentre imparavo a camminare e ad andare in bici, che avevano incatenato amorevolmente le mie dita nel momento di attraversare la strada e che avevano sfiorato i dorsi di quelle di un bimbo di nove anni appassionato di musica, il cui sogno di suonare la chitarra era stato esaudito dalle lezioni tenute dal padre ogni pomeriggio.
Ma quelle erano anche le mani di un mostro, quei palmi avevano attorniato con rabbia la gola di mia madre nel corso di una delle ultime liti che si erano consumate in casa Styles, quelle nocche si erano infrante con violenza sulla mia guancia in seguito ad un mio vano tentativo di fermarlo e uno sputo aveva invaso la zona lesa mentre giacevo sanguinate a terra, la testa ancora intontita dall’urto e il pianto di mia madre che rimbombava ovattato nelle mie orecchie provocandomi brividi di dolore.
Ecco la storia di quegli occhi, di quelle mani, di quell’uomo che dal mio eroe pronto a fornirmi un rifugio tranquillo, si era trasformato nel mostro colpevole dell’infelicità che attanagliava la mia vita e quella di mia madre. Lui era Jonathan Styles.

-Cosa ci fai qui?- gli occhi pungevano, faticavano a mantenersi aperti, lacrime amare erano pronte a sgorgare da un momento all’altro e un bruciore incontrollato si impadronì del mio stomaco.
Chris notò la fatica che mi era costata pronunciare quelle quattro paroline, si avvicinò a me e mi strinse la mano, infondendomi più coraggio di quanto una scarica di adrenalina o la qualità più pregiata di LSD sia in grado di apportare all’organismo.
Notai lo sguardo di mio padre seguire con disgusto quanto era accaduto e fu in quel momento che capii quanto Chris mi sarebbe risultata utile: non sarebbe stata solo la mia roccia, il mio punto di riferimento, ma anche il mezzo più efficace per sollecitare l’irascibilità di mio padre.
Uno dei suoi soliti attacchi d’ira gli avrebbe di certo procurato un viaggio di sola andata verso la gattabuia se tenuto in presenza di un pubblico in grado di testimoniare la pazzia di quell’uomo.
-Mi rispondi o no? Ti ho chiesto cosa ci fai qui?-
-Ho saputo di tua madre, sono venuto a farle visita- quella finta vocina angelica e lo sguardo dispiaciuto non fecero altro se non incrementare in me il desiderio di alzarmi da quella poltrona e stampargli un pugno sul naso, tutt’al più ora che mi aveva confermato il reale motivo della crisi di mia madre la sera precedente. Non si era trattato di depressione dovuta alla chemio terapia, bensì era stata la reazione dovuta alla visita del suo peggiore incubo, del mostro nell’armadio che la tormentava, del demone che le aveva rovinato l’esistenza.
Fu nuovamente Chris a reprimere il mio istinto avvicinando il viso al mio orecchio per poi sussurrarmi:
-Tranquillo, non può farti del male se ci sono io-.
In quell’istante tutto ciò che avevo passato negli ultimi anni si ripresentò con arroganza nella mia mente, ma un unico episodio emerse fra i tanti.

#Flashback#

-Non smettono di litigare, sono ore che vanno avanti così, non ce la faccio più- ero rinchiuso in camera con la testa sotto le lenzuola da due ore prima che Chris entrasse dalla finestra, come le avevo attentamente chiesto di fare, e mi salvasse da quell’inferno. Le liti tra i miei genitori erano diventate sempre più frequenti negli ultimi mesi e raggiunto un limite di durata quasi inverosimile.
Mia madre gridava, mio padre gridava, un miscuglio di voci che si sovrapponevano con arroganza riempiva la solitudine della casa. Io, un povero ragazzino di dodici anni, non potevo fare niente se non attendere pazientemente che tutto si placasse e tornasse una relativa serenità.
Ma quella sera sembrava tutto inutile; avevo pregato mio padre di smetterla, di non alzare la voce, ma per tutta risposta avevo ricevuto dei sonori insulti e un invito poco gradevole a rinchiudermi nella mia stanza e andare a letto sena cena così da pagare per la sfacciataggine con cui mi ero permesso di rivolgermi all’uomo di casa.
Chris era giunta giusto in tempo per strapparmi dall’oblio nel quale mi stavo immergendo e distrarmi, ma le loro voci iraconde giungevano ovattate dal piano di sotto e avevano ormai riempito le pareti di cartongesso.
Mi ero sdraiato sul letto appoggiando il capo sulle sue gambe e oscillando il busto con un movimento regolare ma quasi sadico che chiunque altro avrebbe interpretato come l’allarme di una crisi epilettica o psicologica.
Tutti eccetto la mia Chris, la mia migliore amica, la ragazza che mai mi aveva tradito e che mi avrebbe sempre accompagnato nei momenti più tragici e bui, nei quale è difficile conservare il proprio “io” e l’unico desiderio che ci pervade è di mettere fine alla tortura che ci affligge.
Inseriva delicatamente le mani nella mia folta chioma castana, arrotolava i piccoli ricci attorno alle sue dita smaltate di rosa pallido per poi lasciarli ricadere come per effetto di una molla; finalmente ero riuscito a trovare un po’ di pace in quella giungla.
-E se tuo figlio prova ad immischiarsi un’altra volta, dovrai cambiargli i connotati perché lo distruggo-
Quella frase sorbì l’effetto di tante gelide schegge di vetro insinuatesi nella mia schiena e un brivido percorse l’intera colonna vertebrale.
-Chris, ho paura- la mia amica mi sollevò il viso con delicatezza. Osservai ogni singolo anfratto del suo viso domandandomi come un individuo di sesso femminile potesse godere di cotanta bellezza: quegli occhi verdi contornati da lunghe ciglia scure, capelli mossi color mogano che ricadevano fluenti sulle spalle, labbra carnose in contrasto con le mie sottili e qualche lentiggine che le ornava la punta del naso. Ecco il ritratto della mia Chris, della ragazza per la quale avevo una cotta ma che mi era impossibile rivelare al fine di salvaguardare la nostra amicizia, il viso di un angelo che niente e nessuno sarebbe mai riuscito a sottrarmi.
Mi guardò negli occhi e con tutta la purezza e la sincerità che possono caratterizzare una dodicenne mi disse:
-Tranquillo, non può farti del male se ci sono io- mi stampò un tenero bacio sulla fronte e tornò a cullarmi dolcemente tra le sue braccia mentre l’uragano che aveva invaso la mia casa si placava e la fitta distesa di nuvole in cielo si squarciava lasciando riemergere il sole.

#Fine Flashback#

-Sei tu…- sussurrai con tono ricolmo d’odio -Tu sei il motivo per il quale la mamma è stata male ieri sera. L’averti visto ha rievocato tutti i maltrattamenti, le derisioni, il tradimento, il dolore che le hai fatto provare, proprio come sta accadendo a me da cinque minuti. Non te n’è mai importato nulla di noi, perché ora dovresti vestire i panni del marito preoccupato? Dov’è finita Isobel? Voglio la verità, perché sei qui?-
-Ti ho detto tutto ciò che dovevi sapere, non andrò oltre. Non rivelerò il motivo della mia presenza ad un ragazzino e alla sua… fidanzata- pronunciò quell’ultima parola con tale disgusto da far accapponare la pelle. Chris in persona percepì il fastidio che la sua presenza stava arrecando a Jonathan, aveva capito che lei era il motivo per cui mio padre non si stava aprendo con me quindi, tirata in ballo la patetica scusa del dover prendere una tazza di caffè per risollevarsi un po’, ci lasciò soli.
O meglio, MI lasciò solo in balia del mio incubo peggiore, nelle mani di quel mostro, guidato come una marionetta dei demoni della sua anima che muovevano i fili a loro piacimento.
-Vuole qualcosa signor Styles?-
-Non leccarmi il culo tesoro, non ti servirà a niente nella vita, risulterai solo una sciacquetta e di certo non otterrai la mia approvazione-
Chris si voltò, abbassò lo sguardo senza emettere alcun suono e si avviò verso il bar. Finse indifferenza alle parole che John le aveva rivolto, ma sapevo con certezza che lacrime amare avrebbero cominciato a rigare le sue guance rosee non appena al di fuori del nostro campo visivo.
Strinsi i pugni e serrai le palpebre per nascondere il dolore e la vulnerabilità che il pensiero di Chris in lacrime suscitava nelle mie viscere e mi limitai a porre nuovamente a mio padre la stessa domanda.
-Perché sei qui?-
-Mi mancava il mio bambino-
-Stronzate!-
-Senti, vi ho trattati malissimo, ne sono consapevole, ma siete… eravate la mia famiglia prima che rovinassimo tutto e…-
-Rovinassimo? Noi? Cosa abbiamo fatto io e la mamma per meritarci l’inferno che ci hai fatto passare? L’hai tradita, hai lasciato la nostra casa per vivere con Isobel, ci hai rubato i soldi, maltrattati, picchiati e abbandonati. Come puoi avere la faccia tosta di incolpare noi, o di considerarci una famiglia?- stavo impiegando tutto me stesso per mantenere la calma e non colpirlo in testa con un’asse di legno ma ero sicuro che la mia pazienza di lì a poco sarebbe scemata del tutto e il vecchio Harry avrebbe ceduto il posto ad un essere assetato di vendetta e giustizia.
-D’accordo non sono qui per voi, c’è un’altra ragione che scoprirai a tempo debito. Ora smettila con tutte queste domande, mi stai seccando-
Lo sguardo minaccioso che mi rivolse ebbe il potere di raggelarmi il sangue; misi da parte l’orgoglio e decisi di dargli ascolto per una volta, nonostante fossi sicuro che l’occasione per dimostrare al mondo quanto stronzo e malvagio fosse quell’uomo si stesse avvicinando tempestosamente.
Scoprire che il reale motivo della visita di mio padre non ero io, mi aveva comunque ferito; per un attimo avevo realmente creduto che la mia nascita avesse significato qualcosa per lui, che la mia esistenza significasse ancora qualcosa per lui, ma mi sbagliavo. Il suo cuore non era più in grado di tastare emozioni.
-Quindi corri ancora dietro a quella sciacquetta!-
-Come scusa?-
-E’ da quando avevi 12 anni che la segui come un cagnolino. Lo vuoi capire che è solo una puttanella? La sventola in faccia a tutti e poi la ritira-
-Non puoi dire queste cose di lei, non la conosci- avrebbe potuto dire qualunque cosa riguardo me, i miei voti, il mio comportamento, ma non gli avrei mai permesso di insultare la mia Chris.
-Non ho bisogno di conoscerla, mi basta guardarla per capire che è una troia-
-Come l’hai chiamata? Brutto pezzo di merda- mi alzai dalla sedia con scatto fulmineo e mi avventai su di lui, consapevole che tutta la calma e buona volontà mantenute fino a quel momento avessero definitivamente abbandonato il mio corpo.
Con un pugno ben assestato gli feci perdere l’equilibrio: stramazzò a terra tamponando  con il palmo della mano la zona lesa all’angolo della bocca. Approfittai di quell’istante di debolezza per mettermi a cavalcioni sul suo petto e sferrare una serie di colpi contro il suo viso; sfoderai una forza brutale, che non ero a conoscenza di possedere e la scaricai sui suoi zigomi doloranti e ormai violacei a seguito delle ripetute botte. Non ricordo con esattezza cose accadde in quegli istanti; ho solo un’immagine confusa di me stesso che, in preda alla collera che custodivo segretamente nel petto da anni, libero tutte le emozioni represse scaricando una raffica di pugni contro il suo viso.
Ricordo l’espressione del volto di Chris di ritorno dal bar, impressionata dall’idea che l’aggressore quella volta non fosse mio padre ma io. Ricordo la sua flebile voce angelica pregarmi di interrompere ciò che stavo facendo, la sua mano sfiorarmi il braccio per fermarmi e lo strattone con cui mi ero liberato da quella presa.
Ricordo i possenti muscoli di Andy sollevarmi di peso dal corpo quasi inerme e ricoperto di sangue di mio padre, strattonarmi via lungo il corridoio e sbattermi con violenza contro un muro per farmi rinsavire. Infine ricordo la cosa peggiore che avrei mai potuto fare; la mia mano si era schiantata sonoramente contro la guancia di Chris la quale, nel tentativo di calmarmi e ricordarmi chi fossi veramente, si era avvicinata troppo bruscamente provocando uno spasmo improvviso dei muscoli del braccio. Fissò con sguardo vuoto il mio viso prima che le sue iridi color smeraldo venissero affogate dalle lacrime. Poi scappò via.
Non mi ero mai sentito più in colpa e la sola idea che potesse odiarmi mi stava distruggendo.
Mi avrebbe mai perdonato?

*Zayn’s pov*

Erano già passati cinque giorni dalla mia assunzione al Night blue e anziché godermi quella vita da adolescente libero e spensierato fuori dalle grinfie dei genitori, trascorrevo intere mattinate a sfogliare giornali, quotidiani, riviste, pagine gialle, girare in lungo e in largo quel benedetto quartiere al fine di trovare l’annuncio di una dannatissima pensione ad un prezzo abbordabile per un 18enne praticamente al verde. Ma il fato sembrava quasi volesse punirmi per qualcosa. Nessuna traccia di un bed & breakfast a basso costo sembrava volesse essere scovata.
Forse per la stanchezza dovuta alle ore piccole che facevo ogni sera, o ai clienti del locale che sembravano diventare sempre più esigenti, oppure per gli straordinari che insistevo a svolgere per ottenere un piccolo aumento sulla paga, non avevo mai preso in considerazione la via più semplice tanto che mi maledissi fino all’esaurimento per non averci pensato prima ed evitato di trascorrere cinque notti insonni sulle poltroncine sudice del bar.
Bill doveva essere di certo a conoscenza di qualche pensione economica nelle vicinanze, ma la mia mente bacata aveva ricevuto l’illuminazione solo alla bellezza del sesto giorno.
-Hey Bill, scusa, non è che per caso conosci una pensione a prezzi piuttosto abbordabili qui vicino?-
-Perché ragazzo, a cosa ti serve saperlo?-
-Ehm vedi ho un cugino che viene da Londra a farmi visita e visto che in casa non abbiamo spazio, cercava un posto in cui alloggiare- sfoderai la prima scusa patetica che fui in grado di elaborare, ma non ero totalmente convinto che mi avesse creduto.
-Ti sei cacciato in qualche guaio con i tuoi?-
-No, assolutamente- “ho solo un padre che se potesse mi strangolerebbe ma non lo fa unicamente per evitare la prigione” aggiunsi mentalmente facendo particolare attenzione a non dare libero sfogo ai miei pensieri.
-D’accordo. Prova il “Sant Clair”, si trova a quattro isolati da qui, in Red Tears Square. E’ un Bed & Breakfast quindi più economico di una pensione ma attento a rispettare le scadenze, i proprietari sono molto puntigliosi.-
Lo ringraziai di cuore ed estratto il cellulare dalla tasca dei jeans, digitai “Red Tears Square” sul navigatore.
Seguii le indicazioni sino a raggiungere un piccolo palazzo di modeste dimensioni che rispondeva al nome di “Sant Clair B&B”, alto circa quattro piani, con grondaie di marmo e balconcini in pietra.
Feci ingresso nella hall: una grande stanza rettangolare dai muri color pesca ornati di quadri in stile astratto, diverse piante ai lati, una parete acquosa al centro e un grosso tappeto rosso a ricoprire il pavimento piastrellato. Ad attendermi, una giovane donna sui trent’anni in uniforme, dal cui cartellino capii si chiamasse Colette.
-Buon giorno, come posso aiutarti?-
-Buon giorno. Vorrei affittare una stanza-
-Per quante notti?-
-Ehm, ancora non è definitivo-
-D’accordo allora il pagamento verrà effettuato giornalmente. Ho bisogno un documento per intestare la prenotazione-
-Diavolo, devo aver dimenticato la carta d’identità. La mia casa dista un’ora e mezza da qui, non potrei pagare la prima notte e fornirle i documenti domani?-
-Mi spiace ragazzo, non posso aiutarti senza prima aver visto un documento-
Mi allontanai dalla reception imbarazzato e adirato con me stesso per non aver tenuto conto di un simile particolare, ma subito dopo ricordai di aver fotografato la mia carta d’identità quando Niall mi aveva chiesto di creargli un falso documento con la mia data di nascita così da poter comprare alcolici liberamente nonostante non avesse ancora raggiunto la maggiore età.
Le mostrai la foto speranzoso chiedendole umilmente scusa per la mancanza di un documento, pagandole anticipatamente la spesa di tre notti e facendo ricorso al suo spirito compassionevole che di certo avrebbe aiutato un povero ragazzo. Le promisi che mi sarei ripresentato il giorno seguente munito di tutto l’occorrente e apprezzai la comprensione con la quale mi si era rivolta.
Finalmente il mio letto non sarebbe più stato il cuscino di un divano polveroso su cui solo Dio sa cosa i clienti del locale avessero fatto, ma un vero materasso morbido e accogliente in cui sprofondare e abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.

*Chris’ pov*

-Tesoro dai, mangia qualcosa. Sono cinque giorni che non tocchi praticamente cibo-
-Non ho fame mamma-
-Ti sentirai male se continui così-
-Sono altri i motivi per cui mi sento male in questo momento-
Le immagini di quell’istante si susseguivano con arroganza nella mia mente da giorni, indipendentemente da ciò che stessi facendo; se guardavo una scena violenta in TV, se mia madre mi sfiorava il braccio, se studiavo di una qualche battaglia sul libro di storia, durante la notte impedendomi di prendere sonno.
Il ragazzo che avevo visto in quel momento non era il mio Harry, non era il bambino che conoscevo da quattordici anni; un essere assetato di rabbia e violenza si era impadronito di lui facendogli dimenticare il suo vero io.
Ricordavo alla perfezioni quelle iridi celesti iniettate di sete di vendetta, mentre sferrava un colpo dopo l’altro contro il viso del padre senza mostrare alcuna intenzione di fermarsi.
Il suono dello schiaffo che mi aveva colpita riecheggiava ancora nelle mie orecchie e mi sembrava di percepire il sapore delle lacrime che avevano rigato il mio viso in quel momento. L’Harry che conoscevo non era quel mostro con le mani imbrattate di sangue e le nocche indolenzite. Era dolce, gentile, premuroso, incapace di ferire. Avevo paura di avvicinarmi a lui, per questo non andavo in ospedale da metà settimana ormai. Avevo il terrore di guardarlo negli occhi e scoprire che ogni più piccola parte del vecchio Harry fosse scomparsa, che avesse ceduto il posto ad un essere iracondo e violento, per questo mi ero tenuta a debita distanza.
Il telefono era intasato dai suoi messaggi di scuse che dopo poco avevo smesso di leggere.
I miei pensieri venivano continuamente interrotti dall’insistente cantilena di mia madre che mi pregava di mangiare e dalle note di Bring me to life degli Evanescence che risuonava per tutta la stanza ogni qualvolta squillasse il telefono. Rose non aveva smesso di chiamarmi un secondo da quando ero fuggita da casa sua come una matta il giorno dell’arrivo di John. ma mi sentivo troppo debilitata e sconcertata per parlare con qualcuno e spiegare cosa fosse accaduto realmente. Anche a scuola fingevo indifferenza quando la incrociavo bei corridoi.
Alla bellezza della decima volta nel gito di quattro minuti, decisi di mettere fine a quello strazio e chiederle una volta per tutte il motivo della sua insistenza.
-Hai finito di triturarmi le ovaie con queste cazzo di telefonate?- solo dopo averlo detto mi accorsi di quanto rude e scortese risultasse la frase ma ormai era troppo tardi per rimangiarla.
-Mi spieghi il motivo di questo comportamento nei miei confronti? Non puoi incolparmi se la tua relazione con Harry è andata a puttane, non prendertela con me se ti chiamo per sapere come stai-
Non le avevo ancora detto che tutto era ricominciato fra me e Harry; ero a conoscenza dei suoi sentimenti per lui e non avevo alcuna intenzione di far soffrire un’altra persona.
-Mi spiace, hai ragione non avrei dovuto ma… sto male e non riesco a parlarne-
-Sei scappata via l’altra sera senza darmi spiegazioni. Perché? Sono rimasta in ansia tutta la notte col terrore che fosse accaduto qualcosa di grave-
-E’ accaduto- il mio tono freddo e impassibile fece immaginare la venuta di un’apocalisse –E’ tornato il padre di Harry- ed effettivamente era la verità.
Nonostante io fossi l’unica a conoscenza di ogni singolo dettaglio della sua storia, tutta la nostra compagnia sapeva che bastardo fosse e il dolore che aveva provocato al nostro amico e sua madre, quindi Rose si limitò a sospirare lasciandomi intendere di aver capito tutto.
Le descrissi per filo e per segno le immagini che mi stavano tormentando e mi diede una spiegazione alla quale non avevo pensato ma che avrebbe annientato tutti i pregiudizi sul “nuovo” Harry, se vera.
-Ha riscattato gli anni d’inferno che quell’uomo gli ha fatto passare. Gli hai parlato? Gli hai chiesto il motivo della sua reazione?-
-No-
-Ecco, allora non puoi giungere a conclusioni affrettate senza prima ascoltare il movente. Domani dopo scuola vai a parlarci- e così avrei fatto. Non avrei atteso un secondo di più; ero stata un’emerita idiota a giudicarlo in quel modo senza aver sentito una motivazione valida e mi mancavano gli abbracci calorosi nei quali mi avvolgeva infondendomi sicurezza. Non lo avrei mai più abbandonato, questo era poco ma sicuro.

-Hey Chris, tu che lo vedi tutti i giorni, dicci… come sta Harry?- domandò Niall durante la pausa pranzo.
-Male, purtroppo. Anne non si riprende e… John è tornato!- un silenzio agghiacciante invase il nostro tavolo non appena ebbi pronunciato quel nome.
-John? Cosa ci fa qui?- domandò Jenny
-Non lo so, ma di certo niente di buono. Penso che dovreste andare a trovarlo, gli farebbe piacere. Parlo anche con te Tomlinson- Louis voltò il collo di scatto fulminandomi con lo sguardo. Ero a conoscenza del motivo per cui Louis non era ancora andato a fargli visita, ma non poteva anteporre l’odio nei miei confronti all’amicizia con Harry.
Mi voltai distrattamente verso Liam e notai quanto particolarmente assente fosse quella mattina.
-Hey Liam, che succede? Melanie ti ha mollato?- chiese Niall guadagnandosi un doloroso calcio negli stinchi da Rose.
-Ragazzi sono preoccupato. Non vedo o sento Zayn da sei giorni ormai- esclamò rendendo pubblica la sua angoscia.
-Starà male…- tagliò corto Jenny
-Oppure vuole saltare qualche interrogazione- aggiunse sarcasticamente Niall. Quella mattina doveva essere estremamente in vena di battute, che tutto erano fuorché divertenti.
-Ragazzi sono serio, non risponde ai messaggi né al telefono di casa. Non ha mai fatto tutti questi giorni d’assenza. O almeno, non consecutivamente e tanto meno senza rendermi partecipe delle sue azioni-
-Liam rilassati, siamo tutti a conoscenza degli sbalzi d’umore che lo caratterizzano, avrà il ciclo. Perché ti comporti come una fidanzatina gelosa? Calmati!- concluse Louis con evidente menefreghismo.
-Siamo sicuri che non dovremmo preoccuparci? Voglio dire, Harry non viene a scuola da diversi giorni per stare con sua madre, eppure siamo sempre in contatto, si fa sentire e ci avvisa- mi intromisi nel discorso tentando di non rendere palese quanto io, come Liam, fossi preoccupata per l’ assenza di Malik.
-Vorrei domandarmi il perché di tutta questa preoccupazione Evans- intervenne Louis con il chiaro scopo di mettermi alle strette e farmi confessare.
-Sei ancora arrabbiato? Senti amico passa oltre, la vita va avanti-
-Hai tradito il mio migliore amico, non andrò avanti fino a che non la pagherai- ciò di cui non si era reso conto, era che il tono della sua voce avesse aumentato decisamente troppo i decibel, tanto da richiamare l’attenzione dell’intera compagnia.
-Chi è che avresti tradito scusa?- e Jenny di certo non aveva facilitato le cose.



Spazio autrice: Bonjour o Bonsoir (dipende da quando leggerete il capitolo lol). Dopo ben due settimane sono riuscita a pubblicare il capitolo 26! Mi scuso davvero tanto per il ritardo ma come avrete notato è il capitolo più lungo che abbia mai scritto, ho impiegato 7 pagine di word quindi ci ho messo un pò a trovare gli aggettivi giusti per descrivere il tutto e mi scuso se per caso avete trovato qualche ripetizione.
Passando al capitolo, il padre di Harry è tornato e ci è stato svelato il motivo per cui il figlio lo considera come un mostro, tanto da non riuscire più a reprimere il suo istinto e scatenargli adosso una raffica di pugni.
Chris si trova coinvolta nella situazione e smette di credere a Harry ma Rose la fa ragionare.
Infine la vita di Zayn è totalmente separata da quella degli altri al momento, ma alla fine del capitolo si può notare che Liam e Chris cominciano a preoccuparsi per la sua assenza quindi ... fateci un pensierino.
E il nostro caro e dolce Louis non poteva farsi mancare la battutina finale che ha messo nei casini la protagonista. Come ne verrà fuori? Se volete scoprirlo, aspettate il prossimo capitolo! Lasciate una piccola recensione (possibilmente più lunga di 10 parole) per farmi sapere cosa ne pensate! Un bacione <3


Per contattarmi: 
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-Alice

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Capitolo 27
*** Pain is such a bad thing ***




27. Pain is such a bad thing


Portai le mani alle ginocchia e cominciai a torturare nervosamente la stoffa blu dei jeans fino quasi ad usurarla.
I miei occhi sfrecciavano da un angolo all’altro della mensa alla ricerca di un qualche appiglio che potesse fornirmi una scusante credibile e liberarmi da quella situazione sin troppo compromettente. L’agitazione trasudava da ogni singolo poro della mia pelle e sembravo quasi sotto l’effetto di un cocktail di farmaci data l’iperattività del mio corpo in quel momento.
Per più di una volta, il mio sguardo aveva incrociato quello di Niall, le cui iridi cerulee mi fissavano vacue ed innocenti. Gli occhi marroni di Liam, che in precedenza appoggiavano la mia preoccupazione per la scomparsa di Malik, si erano ora socchiusi a formare due piccole fessure nocciola indagatrici che attendevano una risposta. Gli occhi castani di Jenny mi scrutavano incuriositi data l’ignoranza nella quale avevo preferito tenerla prima che, nel corso di uno dei suoi giochini erotici che ultimamente si divertiva a fare con Niall, avesse deciso di spifferargli tutto. Non potevo neanche contare sullo sguardo sostenitore di Rose a causa del raffreddore contratto il giorno precedente durante la gara di pattinaggio che l’aveva costretta a letto ma, a conoscenza di tutta la vicenda, avrebbe trovato il modo di salvarmi creando un patetico diversivo e mentendo nuovamente ai nostri amici per colpa mia.
Percepivo invece la presenza di un paio di iridi agghiaccianti puntate addosso che scrutavano divertite ogni singolo movimento del mio corpo o passo falso che potesse farmi cedere: gli occhi color mare di Louis non erano stupiti, non erano incuriositi, non erano confusi, erano semplicemente impazienti di scoprire quale altra assurda scusa ridicola avrei barattato per mantenere intatto il mio segreto.
-Forza Christine, dicci… chi è che avresti tradito?- ripetè Louis con disprezzo dipingendosi un sorrisetto malefico e strafottente sul viso, con l’unica intenzione di prolungare la mia sofferenza e rendere l’umiliazione ancora più dolorosa.
-Ehm ecco, vedete- riuscii ad emettere solo qualche piccola sillaba prima che la gola si chiudesse, un enorme macigno di parole si bloccasse lungo la trachea come una mollica di pane andata di traverso, una forte pressione mi comprimesse il petto rendendomi difficile respirare e destreggiare l’ansia, e lasciandomi intuire che quello non era né il luogo né il momento adatto per confessare al mondo quanto falsa e disonesta fossi stata qualche settimana prima nei confronti del mio ragazzo.
-Ho convinto Harry che tutto andrà bene, che sua madre guarirà, che tutto si risolverà per il meglio nonostante io stessa sia la prima a credere che tra poco dovremo dirle addio- continuai infine spacciando quella patetica scusa come motivo per l’astio di Louis, anche se ovviamente la sua collera era alimentata da tutt’altre ragioni.
-Che tu fossi anche una stronza bugiarda già lo sapevamo, io ti ho domandato un’altra cosa-
Il sangue mi si gelò letteralmente nelle vene.
I miei amici si voltarono a fissare Louis confusi e al contempo amareggiati dagli orribili appellativi che mi aveva appena attribuito e per un momento credetti di poter sviare il discorso su quanto fosse cambiato ultimamente Lou piuttosto che soffermarci ulteriormente su quella domanda ridicola, ma mi sbagliavo.
 Ero finalmente riuscita ad ottenere la compassione di tutti per il bellissimo gesto che avevo fatto nel confortare Harry, quando Louis aveva dovuto dar di nuovo sfogo ai suoi pensieri più reconditi lasciando palesemente intuire la mia vigliaccheria.
Con un movimento brusco mi alzai in piedi spingendo la sedia ad un paio di metri dal tavolo; afferrai Lou per un orecchio e, senza prestare la più pallida attenzione a tutti i commenti dei commensali che stavano assistendo alla scena, lo costrinsi ad abbandonare il misterioso pasticcio di patate nel suo piatto e seguirmi senza alcuna esitazione al fin di evitare ulteriori commenti sarcastici provenienti da alcuni ragazzi, riguardo la sua virilità ormai perduta.
-Mi spieghi che cavolo hai nel cervello?- domandai iraconda una volta usciti dalla mensa.
-Come se tu non lo sapessi-
-Ascolta non vedo Malik da sei giorni, non gli parlo da settimane, Harry sa tutto e mi ha perdonata perché non puoi farlo anche tu?-
-Sei a conoscenza del motivo, devi solo prestare un po’ di attenzione a tutti i segnali che ti ho mandato-
-Ancora non capisco- risposi evidentemente confusa.
-Proprio non ci arrivi eh? Mi preoccupo così per lui e ce l’ho tanto con te perché ci sono passato!-

*Flashback*

-Finalmente anche questa settimana è terminata. Che ne dite… cinema sta sera?- domandai euforica all’uscita da scuola.
-Danno l’ultimo di Xmen alle 21, Louis tu che dici?- propose Harry ricevendo la mia approvazione. I film di azione, fantascienza, conditi di armi e battaglie, ispirati al soprannaturale erano sempre stati una calamita per me.
Quando avevo sette anni, ero accidentalmente capitata nella sala relax di mio padre, dove era solito trascorrere intere serate davanti al computer o al televisore dimenticandosi per ore cosa significasse far parte di una famiglia; lo avevo trovato addormentato sul divanetto in pelle color beige con una bottiglia di birra in mano e una sigaretta accesa ancora nel portacenere posto sul tavolino di cristallo di fronte a lui. La televisione accesa trasmetteva un film di cui non conoscevo il titolo ma che era stato in grado di catturare la mia attenzione con una singola scena: due uomini a cavallo si rincorrevano nel deserto destreggiandosi tra i cactus e i grandi polveroni di sabbia che gli zoccoli elevavano dal terreno. Un paio di spari avevano fatto cadere il primo a terra, evidentemente ferito e sanguinante.
“La tua fine è giunta Walt. Arrenditi”. Un ultimo sparo ed una musichetta vittoriosa cominciò ad echeggiare per l’intera sala alimentando la mia curiosità e creando in me una sorta di attrazione per tutto ciò che concerne l’azione e l’avventura.
Da quel giorno, mia madre mi regalava un’uscita a cinema ogni mese, solo noi due, così da riuscire a comprendere in che modo  una bambina della mia età potesse essere attratta dai film western anziché alle Barbie o dai cartoni animati, trasformando in seguito quelle semplici uscite in momenti profondi e teneri tra noi, per trascorrere del tempo insieme lontane dai suoi impegni lavorativi, dai miei compiti che lei odiava nonostante non le avessi mai chiesto alcun aiuto e le continue sfuriate di mio padre per ragioni inutili quali il non essermi lavata i denti immediatamente dopo pranzo.
-Certo, passo a prendere Amanda e ci ritroviamo al cinema almeno…- non fu in grado di terminare la frase, le converse bianche che indossava si impiantarono nel cemento del vialetto e smise di camminare, incastrò lo sguardo in un punto fisso al di là della fontana del piazzale e le parole gli si bloccarono in gola.
Tentammo di risvegliarlo da quella specie di stato di coma nel quale era caduto, ma la sua reazione divenne la nostra  quando decidemmo di scoprire il motivo di tale attenzione.
Notammo, nascosti tra le erbacce del giardino adiacente al liceo, Amanda e Justin in atteggiamenti decisamente troppo intimi per due che si presentavano come semplici “conoscenti”.
Amanda era la ragazza di Louis da ben due anni, affermava con convinzione di amarlo più della sua stessa vita, ma l’arrivo di un nuovo studente aveva reso quella che per anni era stata una semplice e felice storia d’amore, una sorta di montagne russe intricate, contorte, brusche, spaventose, una relazione fatta di bugie e sotterfugi, inganni e tradimenti: Justin aveva trasformato un tranquillo volo in prima classe verso le Hawaii in un atterraggio di emergenza nel bel mezzo dell’Oceano causa turbolenza.
Nel suo subconscio, Louis lo sapeva, lo aveva sempre saputo, ma non aveva mai voluto crederci; in quell’istante, la verità lo aveva assalito come una burrascosa tormenta in pieno luglio; inaspettata, scioccante, distruttiva. Nonostante l’apparente immobilità esterna, all’interno stava bruciando; il sangue gli ribolliva nelle vene, la voglia di urlare era troppa e la sua anima probabilmente lo stava facendo, ma non voleva permettere che quei sentimenti si manifestassero pubblicamente. Serrò i pugni in una morsa dolorosa, ferendosi il palmo con le chiavi che in precedenza stava stringendo.
Fu Harry ad accorgersi del rivolo di sangue che scorreva tra le nocche: silenzioso, lento, invisibile terminava il suo tragitto con un salto nel vuoto, come il sentiero percorso dai pensieri e dalle paure di Louis riguardo il comportamento della sua ormai ex ragazza; si erano insinuati lentamente nel suo cervello, aperti un varco nel suo cuore con arroganza, sino ad esplodere una volta confermati.
-Lou dai, andiamo via di qui- Harry lo afferrò per un braccio e, lentamente, fece in modo che Amanda e Justin uscissero dal suo campo visivo. Louis si sentiva nudo, osservato e giudicato da tutti, come una tartaruga privata del suo guscio, della sua casa, della sua sicurezza e indipendenza,ma non aveva notato che nessuno si era accorto di quanto stava accadendo.
Al contrario, io avevo esaurito tutta la calma che mi ero imposta di mantenere durante l’ora di italiano pur di non buttare la professoressa giù dal terzo piano, quindi in quel momento non avrei invidiato qualunque individuo avesse desiderato  una conversazione civile con me.
Ingranai la quinta marcia e, con la determinazione, la rabbia e il coraggio di un esercito in guerra, raggiunsi quei due sudici traditori.
-Tu spiegami che minchia hai nel cervello?- domandai retoricamente ad Amanda staccandola dalle labbra viscide di quell’essere che si dichiarava “amico” di Louis -Evidentemente niente se stai qui a leccare la faccia di sto tipo quando sai che Louis potrebbe vederti- continuai.
Se fino a poco prima nessuno aveva prestato attenzione alla vicenda, le mie urla sguaiate avevano di certo incuriosito gli studenti presenti nel piazzale che, con una discrezione quasi inesistente avevano cominciato ad avvicinarsi così da gustarsi la scena in prima fila.
Amanda aveva notato la calca di gente che improvvisamente si era riunita attorno a noi, così decise di sfoderare l’arma della “ragazza furba e accattivante” in modo da ottenere l’appoggio del pubblico.
-Senti Evans, se sono mesi che non ti fai una scopata come si deve, trovatene uno e sfoga la tua frustrazione altrove anziché venire qui e scartavetrare le ovaie a me- battutina pungente che rivolse il tifo dei ragazzi dalla sua parte.
-Mi spiace deluderti ma, a differenza tua, io non ho bisogno di aprire le gambe a chiunque possieda un organo sessuale penzolante per placare la mancanza di attenzioni e non sentirmi una racchia- contro attacco perfettamente sferrato che elevò il numero dei miei sostenitori.
-Senti io sono bionda e…-
-Quindi sei un’oca scema! Volevi aggiungere questo, giusto?- tenevo il gioco in pugno e non avrei dato forfè per nulla al mondo.
-Meglio oca che vergine a 17 anni-
-Meglio vergine a 17 anni che puttana da quando ne avevi 12. Ora alza quel benedettissimo culo che la mammina ti ha donato e vai a scusarti con Louis, altrimenti dovrà provvedere a creartene uno nuovo perché te lo sfondo a suon di calci-
Segnato il mio ultimo punto, potei concludere il match e andarmene, accompagnata dal tifo dei ragazzi e dallo sguardo omicida di Amanda  che osservava le mie spalle allontanarsi e scomparire, nascoste dal cumulo della sua vergogna.

La settimana successiva fu per Lou una delle più brutte della sua vita. La sua relazione con Amanda era fondata sulla fiducia reciproca, cementata da un amore incondizionato che li spingeva sempre uno tra le braccia dell’altra, uno di quegli amori veri, puri e genuini che solo in pochi film è possibile trovare; questo era il tassello che lo aveva buttato completamente al tappeto, la sua fiducia era stata tradita e sentiva che non l’avrebbe mai recuperata, che non sarebbe più stato in grado di fidarsi di qualcuno..
-Lou, noi ci saremo sempre per te, questo lo sai- erano le ultime parole serie che gli avevamo rivolto.
Non si presentava a scuola da sette giorni e, io e i miei amici, avevamo organizzato una tabella di turni così da tenergli compagnia ed impedire che il dolore, la rabbia e i ricordi lo sopraffacessero.
Nelle due settimane a venire, la situazione non era affatto migliorata; i pomeriggi trascorsi a casa sua passavano inesorabilmente lenti, come se le lancette dell’orologio avessero deciso che l’angoscia di tutti noi si sarebbe dovuta prolungare all’infinito come per punirci di qualche colpa.
Perché il tempo è stronzo e ingannatore, ti permette di vivere in pochi minuti i tuoi attimi più belli che vorresti durassero ore mentre rende eterne le situazioni estenuanti e sgradevoli.
Seduti sul divano, attendevamo per ore in silenzio un qualche accenno di vita da parte di Louis, troppo occupato a fissare in maniera inquietante la testa di cervo che suo padre aveva tanto insistito per portare a casa da un mercatino dell’usato. Non vi erano dialoghi, scambi di parole o semplici sguardi complici… solo il silenzio.
 Amanda non si vergognava affatto delle ripercussioni del suo sbaglio sul povero Lous e tutti coloro che gli stavano accanto anzi, percorreva i corridoi della scuola mano nella mano con Justin sfoggiando la loro appena sbocciata relazione.
Non aveva più sentito Louis, né si era scusata ed ogni giorno che passava la mia collera nei suoi confronti aumentava sempre più. Ero arrivata ad odiare quei capelli dorati dal colore del il grano e quelle iridi verde smeraldo come non mi era mai capitato in vita mia e la tentazione di affondare la mano tra le sue extention e strappargliele dalla testa, stava diventando sempre più  impellente.

Un giorno io e Harry decidemmo di fargli una visita a sorpresa; credevamo sarebbe stata una buona idea distrarlo con qualcosa che non fossero le solite chiacchiere inutili, così noleggiammo l’ultimo capitolo di Xmen che alla fine non avevamo più visto al cinema. Come potevamo pensare che ciò che ci attendeva in quella casa, fosse una delle scene più spaventose alla quale avessimo mai assistito?
Aprimmo la porta con le chiavi di cui Johannah, la mamma di Lou, ci aveva fornito dopo aver scoperto il motivo dello strano comportamento del figlio ed essere rimasta terribilmente delusa dalle azioni di Amanda, da lei considerata come una figlia; posammo il mazzo sul comodino in legno battuto posto accanto alla porta e accendemmo la luce.
Le pareti erano sporche,  macchiate, totalmente imbrattate d’olio e un pungente odore di alcohol aveva avvolto l’intera abitazione.
Dal piano superiore echeggiava una delle canzoni Metal tanto amate da Louis, ma il volume così alto lasciava intuire che qualcosa chiaramente non andava, che servisse per attutire un fracasso maggiore e più pericoloso.
Giungemmo al primo piano percorrendo due rampe di scale con il cuore in gola ed aprimmo la porta della sua camera. Fummo travolti da un’ondata di odori nauseabondi dovuti agli innumerevoli drink che si era scolato; quella puzza e il rumore proveniente dallo stereo, ci stordirono per qualche secondo e dovemmo utilizzare le mani per aprirci un varco nella densità del fumo che aveva invaso l’intera stanza e che non ci permetteva di vedere oltre un palmo dal nostro naso, prima di scovare qualcosa di tangibile nella nebbia di quel luogo.
Quando riuscimmo a raggiungere il letto, trovammo Louis sdraiato con fare moribondo sopra le coperte, completamente sudato, attorniato da una quantità di mozziconi di spinelli e sigarette e di bottiglie di vodka vuote, da poter saziare il desiderio di un esercito.
Lo sollevammo di peso e lo trascinammo fino in bagno giusto in tempo per evitare che tutto ciò che aveva ingurgitato a pranzo, si ripresentasse masticato e digerito sulle nostre converse.
Delirava. Parlava di quanto fossero magnifiche ed entusiasmanti le sfumature di colore che attraversavano il bagno e di quanto desiderasse cavalcare quell’unicorno fluttuante seduto sul bidè.
Capimmo immediatamente che tutte quelle allucinazioni non potevano essere esclusivamente dovute alla vodka, così Harry gli spalancò la bocca ed ebbe un sussulto nel riconoscere sul palato il simbolo di una farfalla nera.
La farfalla nera era il marchio di fabbrica di Gary Olman, il biglietto da visita dello spacciatore più rinomato del quartiere.
Si trattava di due piccole foglioline nere allineate a formare il simbolo di una farfalla, il disegno che imprimeva su tutti i cartoncini di acido che vendeva all’uscita da scuola e grazie ai quali era riuscito a permettersi un’auto da 10.000 dollari con il denaro sottratto a poveri studenti ignari, convinti che la sua merce fosse la migliore della zona e quindi disposti a pagare un sovrapprezzo.
-Louis quanti ne hai presi?- domandò Harry evidentemente allibito e preoccupato -Lou, rispondimi! Quanti ne hai presi?-
Per tutta risposta ottenemmo un ulteriore conato di vomito che anticipò la rimessa del dolce.
Tentammo di calmarlo ma l’alcool e le droghe lo avevano reso tremendamente euforico; gridava, piangeva, correva, urlava quanto il mondo e la sua vita fossero terribilmente disastrosi e quanto fosse deciso a porre fine a ciò che gli stava accadendo, al dolore che stava provando.
Si alzò dal water su cui era accovacciato da quindici minuti e corse in cucina, io e Harry immediatamente dietro come due genitori inesperti alle prese con il primogenito.
Aprì uno sportello della credenza ed estrasse qualcosa che all’inizio non fumo in grado di riconoscere; solo quando notammo una flebile fiamma giallastra prendere vita tra le sue mani ci si gelò il sangue.
Diceva di voler porre fine a quella situazione, di non voler più vivere, di non meritare ciò che Dio aveva in serbo per lui ma speravamo che quelle fossero parole dell’alcool, della droga, non che fossero realmente pensate e desiderate dalla sua mente.
Per diverse volte fece scorrere il pollice sulla rotellina d’acciaio in modo da attivare il meccanismo di quell’aggeggio tanto piccolo quanto, ai nostri occhi, terrificante in quel momento; fissava la fiamma con sguardo vacuo ed estasiato, resa ancora più magica ed eccitante dal mix di sostanze stupefacenti assunte in precedenza. Muoveva la testa da un lato all’altro, in alto e in basso, con una calma inquietante sotto lo sguardo pietrificato mio e di Harry che, oramai, non tentavamo più neanche di dissuaderlo da quel suo piano omicida.
Avevamo perso il senso della realtà, la capacità di muoverci per paura che anche il più piccolo passo falso avrebbe potuto scatenare una sua reazione esagerata e farci tornare tra le braccia del creatore.
Si voltò lentamente verso le tende in pizzo ricamate dalla nonna e vi avvicinò cautamente la fiamma per poi osservare come si arrampicava sul tessuto bianco scurendone le estremità.
Con scatto fulmineo, Harry corse verso di lui, gli strappò dalle mani l’aggeggio complice di quell’atto di piromania e lo scaravento contro il pavimento; afferrò Louis per la stoffa della T-shirt, lo bloccò contro il muro piastrellato e lo intimò di recuperare la ragione mentre io riempivo un secchio d’acqua per spegnere quell’incendio scampato.
Alla bellezza della otto di sera, dopo avergli fatto ingerire una quantità di caffè tale da tenerlo in piedi sino a Capodanno, sembrò finalmente essersi ripreso e solo allora capimmo quanto avesse rischiato il coma etilico o l’overdose considerando il numero esagerato di cartoncini di LSD che aveva assunto, i litri di alcohol presenti nel suo stomaco e le sinapsi cerebrali bruciate da tutti quegli spinelli.
Harry gli fece la paternale per circa venti minuti buoni mentre io mi limitavo ad annuire, pienamente d’accordo con il suo discorso.
Ci promise che non sarebbe mai più accaduto e che sarebbe andato avanti, avrebbe dimenticato quella stronza priva di sentimenti e avrebbe continuato a vivere tranquillamente la sua vita lasciandosi quella giornata alle spalle, ma era consapevole che un’esperienza del genere lo avrebbe segnato per tutta la vita.

Un paio di giorni dopo era tornato a scuola. Tutti noi tentavamo in quanti più modi possibili di evitare che Louis e Justin entrassero in contatto o che la coppietta felice si mostrasse ai suoi occhi, ma eravamo certi che non ci saremmo riusciti in eterno.
Temevamo una nuova ricaduta, un altro tentativo di suicidio che di certo non saremmo riusciti a placare senza qualche ferito.
Durante l’intervallo fra la terza e la quarta ora, Harry aveva raggiunto Justin nel bagno dei maschi e aveva deciso di chiudere la questione con un pugno secco sulla mandibola che procurò alla vittima una lesione interna e otto punti di sutura e che l’aggressore considerò come la resa dei conti, nonostante l’odio nei suoi confronti sarebbe cresciuto a dismisura ogni qualvolta lo avrebbe incontrato insieme ad Amanda.

*Fine Flashback*

-Tu stessa mi hai consolato in quella circostanza, ricordi? Insieme all’aiuto di Harry, sei riuscita a farmi riprendere, dimenticare Amanda, evitare il suicidio, proiettarmi su altro e superare la faccenda. Harry ha spaccato la faccia a Justin nel bagno per fargliela pagare ma io con Zayn non ho potuto perché è un mio amico, anche se questo non gli ha evitato un pugno dritto sul naso. Per questo dovresti capire ciò che ha provato Harry, ciò che prova tutt’ora guardandoti, il motivo per cui mi sta così a cuore questa faccenda. E’ il mio migliore amico…-
Ascoltai la sua spiegazione senza battere ciglio perché, effettivamente, non vi era alcun dettaglio che avrei potuto commentare.
-Hai picchiato Malik?-
-Un pugno-
Fu solo in quel momento che mi stupii di quanto le due storie fossero incredibilmente simili.
Io e Harry stavamo vivendo una stupenda storia d’amore insieme ma la mia testa vuota mi aveva spinta a tradirlo con uno dei suoi amici. Dopo averlo scoperto, il suo migliore amico aveva avuto il coraggio di sostenere uno dei due schieramenti e picchiare il traditore.
Vi era solo una significativa differenza nella conclusione di queste due storie; io avevo compreso il mio errore e scontato la mia punizione così da ricevere il perdono del ragazzo che amavo, una sensazione magica e meravigliosa che Amanda non avrebbe mai più provato.
-Ascolta Lou, so quanto tu sia rimasto ferito da ciò che è successo, ma io amo Harry e gliel’ho dimostrato, per questo è stato in grado di perdonarmi e so per certo che non commetterei lo stesso sbaglio nuovamente. Lo amo e ora devo scusarmi con lui per la reazione esagerata che ho avuto-
-Perché, che cosa è accaduto?-
-Te lo spiegherò più tardi, ora devo riconquistare il mio ragazzo-

Ignorai i richiami del bidello che mi impediva di varcare la soglia del cancello prima della fine delle lezioni, ignorai le minacce di espulsione della segretaria, ignorai gli sguardi allibiti dei miei compagni di fronte alla sfacciataggine che la secchiona di turno aveva mostrato, uscii dall’istituto, raggiunsi la mia auto, misi in moto e con la determinazione di un pugile deciso a vincere l’ultimo match lasciando l’avversario al tappeto, ingranai la quinta marcia e cominciai a guidare diretta in ospedale.

-Harry- lo richiamai a gran voce riconoscendo la folta chioma riccia che si aggirava in cima alle scale.
-Chris? Cosa ci fai qui?- decisi di non rispondergli, semplicemente mi catapultai tra le sue braccia e gli stampai un casto bacio sulle labbra, labbra sottili e umide, morbide e leggere, capaci di trasmettermi tutto l’amore che ci legava e di catapultarmi in una dimensione parallela dove poter vivere unicamente di noi, dei nostri respiri, della nostra voglia di stare insieme.
-Mi dispiace-
-Anche a me-  due semplici paroline che entrambi interpretammo come la fine di tutte le incomprensioni, le bugie, il dispiacere che ci eravamo causati fino ad allora e l’inizio della gioia che ci saremmo trasmessi a partire da quel preciso istante.

Le condizioni di Anne andavano peggiorando e nonostante le parole di conforto e incoraggiamento che io e Andy gli rivolgevamo, Harry sembrava stesse cominciando a rendersi conto che ben presto avrebbe dovuto convivere con la mancanza della madre e, anche se non lo dava a vedere, la disperazione e la paura di rimanere solo lo condizionavano tremendamente.
Era addirittura giunto a pensare a cosa il suo cuore lo avrebbe spinto a scegliere tra staccare la spina o permetterle di vivere come un vegetale per mezzo di una macchina; qualsiasi mio tentativo di infondergli coraggio veniva respinto perché, come affermava lui stesso, voleva essere preparato ed in grado di gestire il dolore piuttosto che illudersi per poi sentirsi morire dentro una volta accaduto l’inevitabile.
-Vado a prendere un caffè. Vuoi qualcosa?-
Scosse la testa e si sdraiò sulle tre poltroncine che avevamo occupato in attesa che ci venissero comunicati i risultati degli esami.
-Sai vero che ci sarò sempre per te?- gli domandai sedendomi accanto a lui e giocherellando con i suoi morbidi boccoli castani.
-Certo- rispose lui sollevandosi dalla posizione fetale che aveva assunto. Senza un apparente motivo, annullò la distanza tra le nostre labbra e cominciò a far pressione con la lingua affinchè le aprissi un varco e le permettessi di entrare in contatto con la mia, di scivolare sinuose l’una sull’altra e creare un gioco di emozioni indescrivibile. Posai la mano destra dietro la sua nuca e lo attirai a me così da eliminare i pochi centimetri che ancora separavano i nostri petti e i nostri cuori, mentre lui mi accarezzava la guancia sinistra con i polpastrelli lisci. Una sensazione di benessere e libertà mi invase e, per la prima volta in vita mia, mi ritrovai a pensare che quello fosse il ragazzo con cui avrei desiderato perdere la verginità.

Tornata dal bar in compagnia dei nostri cappuccini, riconobbi una voce proveniente dalla fila di poltroncine su cui si era coricato Harry. Quella voce aveva pronunciato il mio nome all’interno di una frase di cui non ero riuscita a cogliere il senso, ma rimasi allibita nel riconoscerne il proprietario: Louis.
-Quindi Harry?-
-Si, so che Chris è una stronza, falsa, approfittatrice, che mi ha tradito con Zayn quindi non posso più fidarmi di lei. So che devo ripagarla con la stessa moneta facendole credere di tenere a lei per poi pugnalarla alle spalle e farle provare tutto il dolore che mi ha causato. So che Rose è una bellissima ragazza, quindi dovrei farlo con lei… vedermi con una sua amica ha già avuto effetti disastrosi ad Halloween e se lo facessi in questo momento, la annienterei totalmente-
Una nauseabonda sensazione mi invase lo stomaco, le lacrime si impadronirono dei miei occhi e, incontrollate, solcarono innumerevoli le mie guance, una scia di brividi percorse con arroganza la mia colonna vertebrale lasciandomi per qualche istante come paralizzata e conati di vomito dovuti alla disperazione si fecero più che frequenti.
Sperai di svegliarmi all’improvviso e scoprire che ciò che avevo sentito non fosse vero, che si fosse trattato di una semplice allucinazione dovuta al sonno perduto di quelle notti e desiderai con tutta me stessa che si trattasse di una recita escogitata da Louis per farmi capire quanto potesse ferire un tradimento, ma scoprire che il mio peggior incubo era invece realtà, fu devastante.
Corsi in macchina e seguendo il mio istinto anziché le normative stradali, che sconsigliano la guida in condizioni psichiche non del tutto stabili, misi in moto e attraversai l’incrocio senza prestare attenzione ai due fari che avanzavano a tutta velocità verso la portiera sinistra della mia auto.


Spazio autrice:
*schiva i pomodori che le sono stati lanciati*
Veramente non so come farmi perdonare per l'enormità di tempo che ho impiegato ad aggiornare. I miei genitori hanno trovato una casetta al mare per qualche giorno e siamo partiti all'ultimo momento quindi non sono riuscita a terminare il capitolo nè a postarlo prima.
Tra l'altro vi ho fatto aspettare 20 giorni per produrre una schifezza del genere; ho voluto descrivere per filo e per segno cosa era accaduto a Louis così da spiegare il perchè di tanto odio nei confronti di Chris. E alla fine vediamo che le parole dette da Harry hanno davvero un effetto orribile sulla protagonista che "non presta attenzione ai due fari che avanzano a tutta velocità verso la poriera sinistra della sua auto". Quindi... cosa accadrà? E' davvero tutto così palese come crede Chris?
Mi scuso per l'obrobrio che ho pubblicato ma spero veramente che possiate gradirlo comunque. Vi chiedo di lasciare una piccola recensione così da farmi capire cosa ne pensate! Un bacione <3
Vi lascio con una foto di Zayn che, anche se non centra, sono impaziente di pubblicare perchè veramente mi ha fatta morire!
-Alice



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Capitolo 28
*** Just a shadow ***




28. Just a shadow
*Harry’s pov*

- So che Rose è una bellissima ragazza, quindi dovrei farlo con lei… vedermi con una sua amica ha già avuto effetti disastrosi ad Halloween e se lo facessi in questo momento, la annienterei totalmente- ripetei meccanicamente le nozioni che Louis mi aveva ormai fatto imparare a memoria, data la morbosità che impiegava nel ricordarmi quanto di più sbagliato Chris custodisse nell’anima, il male che quella ragazza era in grado di riversare su tutti coloro si fossero fidati di lei e le avessero donato amore, la capacità che aveva di distruggere sempre tutto ciò a cui si legava.
Recitai quelle parole con la stessa convinzione e, al contempo, esasperazione che vi impiegava Louis ogni singola volta ma ripromettendomi che quella sarebbe stata l’ultima.
-So tutte queste cose ormai a memoria perché non fai altro che ripetermele da settimane. Ma, nonostante i tuoi discorsi sarebbero stati in grado di convincere anche il più ostinato dei rivoluzionari per la lotta contro l’abuso di minori a demordere, non sono riusciti a scalfire ciò che sento. So tutte le cose che mi hai detto, ma so anche di amare Chris dalla tenera età dei dodici anni.
So di dipendere dal suo profumo che mi riempie i polmoni di aria fresca smaltendo il porcile che si è accumulato dentro di me.
So di non poter vivere senza i suoi abbracci che mi scaldano il cuore e mi fanno sentire amato.
So di non potermi staccare dalle sue labbra senza che l’impellente sete di lei mi assalga di nuovo e mi spinga ad appartenerle ancora.
So di non poter fare a meno di lei perché… perché la amo Louis. La amo e neanche il più convincente dei discorsi, la calamita più magnetica, la catastrofe naturale più imponente potrebbero separare il mio cuore dal suo, non in questo momento-
Terminai il mio monologo con il fiato corto dovuto alle venticinque sillabe al secondo che avevo pronunciato e gli occhi intrisi di lacrime dolci, dolci perché alla fine avevo espresso apertamente e senza proibizioni le emozioni che il mio cuore custodiva da anni, ma i cui sentimenti avevo sempre lasciato che mi scivolassero addosso anziché affrontarli e comprenderli.
-Harry, ti ha tradito. Se l’è fatta con Zayn mentre stava con te. Non so se capisci che…-
-Basta- sussurrai stremato –smettila. So cosa è accaduto con Zayn ma questa situazione assurda tra loro è nata mesi fa, prima di tutto questo, di mia madre, del nostro fidanzamento, della tua gelosia o iper-protettività ingiustificata. L’ho perdonata e stiamo di nuovo insieme… dovresti farlo anche tu- conclusi poi guardandolo  fisso negli occhi.
-Ti distruggerà, questa lo sai vero?- domandò il mio amico ormai arreso all’evidenza ma con una nota di sconforto nel tono.
-Non credo. Lei è il mio angelo e gli angeli non possono fare del male-

*Zayn’s pov*

Nonostante i disguidi emersi per la mancanza della carta d’identità e alle strategie cui avevo dovuto far ricorso per cavarmela e convincere la ragazza della reception a cedermi un letto, che si trattasse di una topaia poco importava, Colette riuscì infine a rimediarmi una piccola stanza nel seminterrato solitamente impiegata come deposito di biancheria e asciugamani puliti.
Ad attendermi, in cambio di una considerevole riduzione del costo d’affitto, una camera rettangolare stretta ed angusta; il tetro scheletro di un letto cui era stato rimosso il materasso, occupava i ¾ della stanza e le pareti verdognole si sfaldavano a vista d’occhio ammucchiando lo sporco intonaco polveroso alla base dello stipite ed emanavano un rivoltante odore di muffa  da ogni singola intonacatura. Odore al quale mi sarei dovuto abituare se non volevo tornare a tenere compagnia agli acari del divano al Night Blue.
Comprese le mie difficoltà a fornirle un documento cartaceo, Colette volle far ricorso al suo spirito compassionevole accontentandosi della fotografia che le avevo mostrato e stabilendo chiaramente e con severità che se non avessi rispettato i pagamenti e le scadenze, sarebbe stata la prima a cacciarmi fuori.
Tornai alla reception per domandare il materasso mancante e, stabilito che gli addetti alle camere lo avrebbero ricollocato al suo posto appena possibile, appesi le chiavi della stanza nell’apposito spazio loro riservato dietro il bancone e decisi di sfruttare il pomeriggio libero concessomi da Bill per visitare le diverse vie nei pressi del locale, scovare qualche luogo nascosto in quel vecchio sobborgo puzzolente e ubicare i punti di riferimento che mi avrebbero permesso di raggiungere la pensione anche in piena notte senza ritrovarmi a vagare come un senza tetto per ore.
Imboccai innumerevoli vie e vicoli scontrandomi con passanti decisamente troppo indaffarati per prestarti un saluto, anziani incarogniti col mondo che ti urtavano senza considerazione né tanto meno domandare scusa in seguito, bambini capricciosi strattonati per i polsi dalle madri che si abbandonavano in pianti esagerati, mentre l’uggioso cielo inglese osservava divertito il malessere che il suo colore deprimente infondeva nelle persone.
Infilai gli auricolari nelle orecchie lasciandomi trasportare dalle note di Radioactive degli Imagine Dragons.
Camminai per diverse ore e quando mi resi conto del dolore pungente che mi pizzicava i piedi racchiusi nelle Nike, una semplice panchina del parco al di là della strada  fu in grado di restituirmi il sorriso e un po’ di sollievo da quel brusco freddo invernale.
Osservai affascinato cosa l’innocente e libera mente di un bambino sia capace di inventare disponendo di un semplice bastoncino e qualche sasso; le bambine lo avevo trasformato nella bacchetta magica di una fata e girovagano sull’erba agitando quel pezzetto di legno su ogni essere animato e non che incontravano lungo il loro tragitto. Tra i maschietti si tenevano invece veri e propri duelli di spade che terminavano solo con la resa di uno degli sfidanti o quando una piccola scheggia interrompeva il momento ferendo loro un dito.
Un sorriso sornione mi si dipinse involontario sul viso quando una delle bambine mi raggiunse e mi tese la mano affichè la seguissi e aiutassi lei e le sue amiche a salire sul piccolo forte che avevano costruito in cima allo scivolo, accompagnato da ringraziamenti e scuse delle mamme in imbarazzo per la sfacciataggine dei figli.
Ma quelli erano momenti piacevoli dopo tutto, e non mi sentivo di rovinarli mostrando la facciata da duro che avevo adottato per fronteggiare mio padre e mostrarmi desiderato tra i corridoi di quella patetica scuola dove non avrei più rimesso piede.
Avevo finalmente capito che, con ogni probabilità, il comportamento strafottente ed irritante con cui ero solito rivolgermi alle persone prima della mia fuga da casa, non era altro se non l’effetto della bomba che l’arroganza di mio padre aveva innescato anni prima. In seguito a derisioni e maltrattamenti da parte di colui che sarebbe dovuto essere il mio punto di riferimento, era esplosa distruggendo ogni più piccola traccia del vecchio Zayn gentile e caritatevole e lasciando che uno stronzo assetato di donne e desideroso di vendetta prendesse il suo posto.
Ero finalmente riuscito ad allontanarmi da quella gabbia di terrore che mi aveva tenuto rinchiuso per 18 anni sotto le grinfie di un mostro, e il mio vecchio “io” aveva già cominciato a riemergere nel giro di pochi giorni. Questo era lo Zayn circondato di amici, che tutti conoscevano come il ragazzino gentile sempre dedito ad aiutare il prossimo, non il bastardo in cui mio padre mi aveva tramutato.
Lasciai il parco e ripresi a camminare solo dopo che tutte le mamme ebbero convinto i propri figli a tornare a casa. Questa volta, però, fecero loro appello all’influenza che avrei esercitato sui bambini se gli avessi chiesto  gentilmente di ascoltare i genitori in cambio di una bella sorpresa.

Stavo ripercorrendo i miei passi così da rientrare al locale in orario per l’apertura serale ed evitare che un ulteriore attacco di nervi di Bill, generalmente rivolto ai clienti troppo ubriachi che imbrattavano i tavolini del bar con pennarelli indelebili che, solo loro sapevano perché, portavano in tasca, potesse questa volta riversarsi su di me evirandomi con un semplice sguardo.
Ma all’improvviso la preoccupazione rivolta ai miei poveri organi genitali maschili che rischiavano una fine prematura qual’ora fossi giunto in ritardo, venne sostituita da una vocina femminile che richiamava il mio nome da lontano, diminuendo le distanze ad ogni singola ripetizione.
Mi voltai per riconoscere quella voce a me familiare e rabbrividii nello scorgere a pochi metri da me, Jenny, la ragazza della mia compagnia con cui avevo passata la notte una sera a casa di Louis e che Chris mi aveva intimato di richiamare al fine di evitare una sonora scarica di calci nel culo.
Non l’avevo ascoltata.
Non mi ero più fatto sentire, così come avevo velocemente liquidato Caroline una volta soddisfatte le mie esigenze carnali e non avevo più interagito con Scarlett dopo averla mollata con la freddezza di una stalattite al polo Nord.
Io ero fatto così; quando la mia attrazione per una ragazza era alimentata dal singolo desiderio sessuale, se questa si concedeva con troppa facilità mostrando l’insicurezza che in realtà serbava nel cuore, il mio interesse scemava in seguito alla prima e unica notte passata insieme.
Ero un leone in cerca di prede, un cacciatore affamato di sfacciataggine, e le ragazzine che si abbandonavano al mio corpo dopo appena un giorno dal nostro primo incontro, erano per me una sorta di malattia cancerosa da evitare a tutti i costi. Non volevo la storia seria con la ragazza giusta, ma una con cui giocare, vivere la vita giorno per giorno, resistere alla tentazione e considerare tutto un semplice gioco erotico, sfuggire al desiderio ogni qualvolta si fosse presentato solo per rendere l’attimo conclusivo del rapporto il più desiderato possibile.
Questo era stato il bagaglio di ragioni che mi aveva spinto a perseverare con la Evans; avevo impiegato settimane unicamente per riuscire a sfilarle la maglietta e la sua reticenza nel concedermi la verginità che custodiva in maniera così morbosa, mi aveva fatto del tutto perdere la testa.
Sapevo per certo che il mio corpo era per lei una calamita, difficile da rinnegare ed impossibile da ignorare, ma osservare la maniera in cui si ostinava a staccarsi dalle mie labbra, a respingere i miei baci, a non slacciarsi i pantaloni e concedersi a me, nonostante ogni singola particella del suo corpo le urlasse di farlo, mi ammaliava. Ero ammaliato dalla sua figura sinuosa, come un ornitologo che osserva estasiato una rara specie di volatile che ha cercato per tutta la vita ed infine è riuscito a scovare nel luogo più impensato, un pasticcere che osserva orgoglioso il frutto di ore di lavoro complimentandosi con se stesso, un bambino che spalanca gli occhi di fronte a montagne di biscotti e dolciumi lieto di potersene servire.
Chris Evans era capace di stimolare il mio desiderio come nessun’altra e la smania di farla mia almeno per una notte continuava ad aprirsi un varco nel mio cervello nonostante numerosi chilometri ci separassero.
 
Mi voltai dal lato opposto e cominciai a correre. Ero fuggito di casa una settimana prima e avevo intenzionalmente evitato di rendere i miei amici partecipi dei miei spostamenti. Se mi fossi fermato a parlare con Jenny, sarebbe riuscita ad estorcermi più informazioni di quante ne avessi volute nascondere e il terrore che i miei genitori avrebbero potuto rintracciarmi, mi attanagliava.
Nonostante la lontananza di Liam mi facesse soffrire maledettamente, abbandonare quella gabbia di freddo e oscuro terrore era ciò che da anni necessitavo per crearmi una nuova vita, riscoprire il significato di libertà, sentirmi bene con me stesso e accettato dalla società, lontano da tutto e da tutti; dai doveri impartiti dalla scuola, gli ordini del coach di football, le imposizioni di mio padre, le restrizioni che mi impedivano di esprimere apertamente la mia vera essenza attraverso la musica perché considerata da femminucce e non adatta allo stereotipo di figlio perfetto e cazzuto che mio padre sognava.
Correvo. Correvo veloce. Correvo nel vento. La fredda brezza inglese mi accarezzava il capo inserendosi tra i fini capelli marrone scuro e trascinando via con se tutti i pensieri che mi affollavano il cervello. Correvo e non c’eravamo altri che io e i miei passi che rimbombavano pesanti sull’asfalto nero. Il vento allontanava le preoccupazioni facendole evaporare sotto il soffiare freddo delle nuvole, così che abbandonassero il mio corpo.
Per un attimo mi sentii libero.
Corsi diversi minuti, non so con esattezza quanto a lungo, fino a ritrovarmi faccia a faccia con un maestoso ospedale. Jenny aveva smesso di seguirmi da parecchio tempo, ma il respiro affannoso non mi permetteva di distinguere quali passi mi appartenessero e quali fossero di passanti occasionali.
Le chiare superfici riflettenti dei vetri ricoprivano l’intera facciata dell’edificio ed un grosso angelo d’oro, quasi sicuramente solo intinto nella tintura dorata e non forgiato con del materiale prezioso, si ergeva in cima alla cupola al centro del palazzo.
L’imponenza di quell’edificio doveva lasciar intendere che si trattasse di un ospedale privato e finanziato proficuamente dallo stato che, al contrario, si mostrava completamente indifferente di fronte agli accumuli di sacchi della spazzatura abbandonati sul ciglio della strada nei quartieri situati ad appena trenta minuti dall’ospedale.
 Osservai l’edificio per diversi minuti incredulo che un tale quantitativo di denaro fosse stato impiegato per la manutenzione di quell’angelo in finte placche d’oro anziché per il miglioramento delle strade nei quartieri residenziali. E avrei continuato ad argomentare ipotesi e trovare tesi riguardo l’inefficienza dello stato, dei magistrati, dei politici e tutte quelle faccende di cui si lamentava sempre mio padre la sera a tavola, se un assordante rumore metallico alle mie spalle non mi avesse fatto sobbalzare distogliendo l’attenzione da futili discorsi quale il PIL pro capite.
Non assistetti allo schianto vero e proprio, ma le azioni che vi susseguirono mi scossero a tal punto da lasciarmi inerte, privo di alcuna reazione e incapace di intervenire per l’intera durata dell’incidente.
 Un camion da diverse tonnellate aveva tamponato con forza una piccola macchina nera poco costosa spintonandola a diversi metri dal luogo dell’urto.
La vettura stava adesso percorrendo con violenza la via dinnanzi a me, rotolando ed accartocciandosi su stessa come una leggera lattina di Pepsi sotto la pressione di un rullo compressore, ed io mi ritrovai a sperare che il conducente fosse riuscito, in qualche modo, a saltare fuori dal finestrino anziché tentare di sopravvivere a quella morsa letale.

*Harry’s pov*

Avvicinai con reticenza la mano al suo viso e lasciai che le dita percorressero delicatamente la guancia fredda e liscia che, diversamente dal solito, non era macchiata da quel tenue colorito roseo che tanto adoravo quanto lei detestava, bensì diafana, gelida al tatto.
Presi tra le dita una ciocca dei suoi capelli mori e li feci scorrere con leggerezza; come tanti fili di seta si disfecero al tatto e ricaddero sul cuscino simili a tante piume rese pesanti dal dolore.
Scannerizzai con attenzione ogni anfratto del suo viso, meravigliandomi di quanto estremamente bella potesse risultare anche nella morte, di quanto la purezza dei suoi lineamenti fosse rimasta intatta nonostante lo stato vegetativo nel quale riposava da due settimane.
-Chris, se mi senti sappi che mi manchi- sospirai a pochi centimetri dal suo orecchio con voce interrotta dai singhiozzi e il cuore scosso da interminabili, feroci, dolorose palpitazioni.
Non poteva morire, non glielo avrei permesso. Non era forse abbastanza dover sopportare la sofferenza per la prossima scomparsa ormai quasi certa di mia madre? Non avrei potuto perdere anche lei.
Perché se Chris fosse morta, io sarei morto con lei.
Chris costituiva più della metà del mio cuore, il motivo per cui la mattina cominciava a battere, si lasciava prendere dalle palpitazioni ogni qual volta le nostre labbra si sfiorassero, perdeva battiti quando intuiva che qualcosa tra noi non andava.
I medici dicevano che le probabilità di una guarigione miracolosa fossero da escludere a priori; l’incidente che l’aveva coinvolta avrebbe condotto dritto in paradiso chiunque vi ci fosse imbattuto, era stata una grandissima rarità che i suoi polmoni fossero riusciti ancora ad inalare ed espellere ossigeno fino all’arrivo in ospedale. Il suo sistema respiratorio e cardiocircolatorio avrebbe dovuto smettere di funzionare durante l’impatto e privare così i suoi cari di settimane, mesi, forse anni di sofferenza nell’attesa… nella speranza che qualcosa di bello sarebbe di nuovo potuto accadere, che il suo cuore avrebbe ripreso a battere in assenza dell’ausilio di una macchina e i suoi occhi avrebbero rivisto la luce.
Ma nonostante fossero passate già due settimane, l’ultimo barlume di speranza che custodivo nell’anima ancora non mi aveva abbandonato e finchè quel piccolo brillio interiore mi avrebbe fatto compagnia, non avrei mai smesso di credere in un possibile miracolo.
Chris era il mio cuore. E’ possibile sopravvivere senza il proprio cuore? No. Non ricordo documentazioni riguardo un caso simile. Se Chris fosse morta, il mio cuore si sarebbe spento ed io con lui, quindi fino a che quello stupido aggeggio pompa sangue nel mio petto avrebbe continuato a  battere, la certezza che il mio angelo fosse ancora vivo sarebbe sopravvissuta in me.
Accostai il viso a pochi centimetri dal suo e le lasciai un morbido bacio a fior di labbra, di quelli che aveva sempre adorato perché li considerava gli unici in grado di esprimere l’amore genuino e sincero che lega i due amanti, senza alcuna implicazione sessuale.
In quell’istante una lacrima percorse incontrollata la mia guancia destra e terminò il suo percorso sul viso di Chris, inumidendole il labbro inferiore. Per un riflesso incondizionato, estrasse la lingua e lecco la goccia salata depositatasi sul bordo della bocca quasi volesse dissetarsi del mio amore, nutrirsi della mia disperazione, risvegliarsi sfruttando la mia forza interiore.
-Chris, mi senti? Ti prego apri gli occhi- in cambio ottenni unicamente un misero sospiro forzato dopo di chè ricadde nel sonno che, a detta dei dottori, sarebbe dovuto essere eterno.

-Tesoro, so quanto tu sia triste ma non affliggerti, guarirà- Andy aveva avvisato mia madre della perturbabilità del mio stato d’animo dovuto al ricovero di Chris, e lei tentava in tutti i modi di tirarmi su il morale ma senza proficui risultati.
Avevo assunto il comportamento di un autentico egoista.
Le due donne più importanti della mia vita erano rinchiuse in un maledetto ospedale  in lotta tra la vita, che dipendeva da stupide macchine, farmaci e medici incompetenti, e la morte  che si burlava di loro ogni singolo respiro che emanassero. Ma tutto ciò cui riuscivo a pensare era il desiderio di non dover più soffrire; non facevo caso alla bandana che mia madre portava in testa per mascherare la calvizie causata dalla chemioterapia, non mi preoccupavo di tirarle su il morale raccontandole aneddoti divertenti o barzellette idiote cui avrebbe finto di ridere, piuttosto la angosciavo con il mio malumore, con tutte le novità riguardanti Chris che i dottori mi comunicavano , con l’incessante desiderio di porre fine alla vita che mi tormentava, così da non dover più soffrire.
La soffocavo con i miei problemi anziché preoccuparmi degli effetti che la chemio stava riversando sul suo organismo quali: perdita di capelli, denti ingialliti, occhi arrossati, pelle ingrigita e malumore perenne.
-Scusami se ti causo tutte queste preoccupazioni, non voglio essere un peso per te-
-Tesoro, tu sei la cosa più importante della mia vita, non potresti mai essere un peso- sentii gli occhi pungere e inondarsi di lacrime all’idea che la mia fonte di ispirazione, il mio modello da seguire, quella donna meravigliosa presto mi avrebbe abbandonato da solo in quella giungla, schiavo del mondo. La strinsi in un caloroso abbraccio e lasciai che si addormentasse cullata dal movimento del mio torace.

*Chris’ pov*

Più di una voce giunse ovattata alle mie orecchie, ma lo stato di coma vegetativo nel quale ero caduta  mi impedì di aprire gli occhi e mettere a fuoco il luogo in cui mi trovassi nè tanto meno chi fosse presente a tenermi compagnia.
L’ultimo ricordo che alloggiava nella mia mente erano due grosse luci accecanti che si avvicinavano in velocità alla mia vettura, dopo di che tutto si era tramutato in una grossa bolla scura, come se l’oscurità avesse assorbito tutta la brillantezza di questo mondo e se ne fosse nutrita sino a prosciugarla.
Riuscii ad ubicarmi in una sala ospedaliera solo quando udii due uomini, che immaginai fossero dottori, discutere riguardo la mia diagnosi, le cui parole mi risultarono quasi totalmente incomprensibili eccetto per un’unica scioccante frase che l’uomo dalla voce più roca e possente sentenziò con rassegnazione.
-Il coma vegetativo potrebbe essere perenne-

Nei giorni seguenti Rose, Jenny e i ragazzi vennero a farmi visita e mi stupii dei diversi metodi cui ognuno aveva fatto ricorso per gestire la situazione e i propri sentimenti alla vista di un’amica in quello stato malconcio; innumerevoli lacrime bagnarono i volti delle mie amiche durante i pochi minuti che trascorremmo insieme e, anche se non fui in grado di aprire gli occhi per rassicurarle e far loro sapere che in realtà stavo alla grande, sapevo per certo che mentre Rose mi osservava con aria disperata e distrutta, Jenny tentava di ridurre al minimo lo spreco di acqua così che il suo mascara non ne risentisse. Era addolorata, ma ciò non le impediva di estrarre lo specchietto dalla borsa ogni cinque minuti per controllare il perfetto stato del suo trucco.
-Sei veramente un’idiota. La tua migliore amica potrebbe morire e ti preoccupi del trucco?-
-Si, mi preoccupo del trucco perché voglio che quando apra gli occhi, non sia spaventata dall’immagine di due clown sbavati che le piangono addosso- solo allora capii che la vanità che la distingueva si era tramutata in sicurezza, nella certezza che mi sarei risvegliata a prescindere da qualsiasi diagnosi negativa e quella fu una vera e propria infusione di coraggio.
Niall aveva adottato la stessa filosofia di Jenny e mi scattava foto in continuazione per poi riutilizzarle come spunto per le grasse risate che ci saremmo fatti scorrendole insieme quando mi fossi svegliata.
Liam, al contrario, rimaneva in silenzio seduto sulla poltroncina di pelle posta accanto al letto e mi stringeva affettuosamente la mano. Ma nonostante i sensi intorpiditi dalle medicine, ero in grado di percepire il suo malessere e il desiderio di abbracciarlo per infondergli coraggio era tanto elevato quanto l’impossibilità di farlo.
Louis non era mai entrato a farmi visita, la sua voce non era ancora giunta alle mie orecchie ma ero convinta che non avrebbe mai fatto un passo all’interno di quella stanza se non sotto tortura. Stava tramando con Harry per farmi pagare amaramente il mio tradimento, ma penso che l’avermi fatta finire in coma a causa di un incidente potesse essere considerata una punizione abbastanza soddisfacente per i suoi standard.
Harry mi aveva fatto visita separatamente ma le parole che mi aveva rivolto non erano affatto conformi a quanto detto a Louis.
-Chris se mi senti, sappi che mi manchi- quella frase ronzava nella mia testa come tante piccole api fastidiose che annidano nel proprio alveare, decisa a farmi impazzire fino a che non avessi trascorso innumerevoli minuti ad analizzarla, interpretarla e trovarle un significato reale.
Non voleva abbandonarmi il pensiero che ciò che avessi sentito fosse stato solo il frutto della mia immaginazione, né tanto meno che le lacrime versate dal Harry sul mio letto fossero dovute esclusivamente al senso di colpa per aver anche solo progettato di punirmi e non perché sentisse realmente la mia mancanza.
Si dice che i bugiardi piangano lacrime amare, ma quella che Harry aveva accidentalmente lasciato precipitare sul mio labbro era dolce, dissetante per quanto piccola, stracolma di emozioni genuine che neanche Louis ed una certificazione scritta del loro piano contorto avrebbero potuto smentire.
Volevo svegliarmi, riaprire gli occhi, rivedere il mondo e ricominciare a farne parte. Ma soprattutto volevo parlare con Harry, chiarire tutti i malintesi che la nostra storia aveva dovuto sopportare sin dall’inizio e ricominciare a vivere, perché senza di lui mi mancava il respiro.
Forse dovuto alla scarica di adrenalina, forse all’enorme scombussolamento ormonale che il desiderio di ottenere delle risposte aveva innescato nell’organismo, forse grazie a Dio oppure ai medicinali che dottori fino ad allora considerati incompetenti mi avevano somministrato, sentii di possedere la forza necessaria ad aprire lievemente gli occhi e mostrare al mondo che la ragazza data ormai per morta aveva sconfitto l’impossibile ed era pronta a rientrare in pista.
Un forte e accecante bagliore che filtrava dalle persiane aperte, mi ferì le iridi e impiegai diversi secondi per mettere a fuoco qualche oggetto più vicino come il bicchiere d’acqua accanto al letto, l’ago inserito nel mio braccio, il lenzuolo che si elevava all’altezza dei piedi in fondo al materasso e il tubicino nelle narici che mi forniva l’ossigeno necessario.
Tentai di ampliare il campo visivo e mettere a fuoco tutti gli elementi della stanza, ma la mia attenzione si focalizzò su di una figura incappucciata che stanziava accanto all’uscio della porta, la spalla destra appoggiata allo stipite e il viso incupito dall’ombra della felpa che gli ricadeva poco al di sotto degli occhi.
Sbattei le palpebre più volte tentando di annullare quella fastidiosa foschia che mi rendeva impossibile riconoscere l’uomo misterioso, ma non appena la mia vista sembrò riprendere a funzionare, il ragazzo si voltò e corse via, abbandonandomi in preda all’emozione per essere riuscita a sconfiggere il coma ma consumata da una logorante curiosità.
All’improvviso, un violento capogiro mi offuscò nuovamente la vista, la testa cominciò a pulsare violentemente e le palpebre si fecero pesanti tanto che mi fu impossibile mantenerle aperte fino all’arrivo delle infermiere.


Spazio autrice:
Ovviamente non ho mantenuto la promessa e ho impiegato un eternità ad aggiornare ma spero vivamente ne sia valsa la pena.
Come anticipato, possiamo notare una sorta di "ritorno di Zayn" che, come lui dice, non vuole essere scoperto per riuscire a sfuggire ai suoi genitori. E dalle sue parole possiamo anche intuire che stia ancora pensando a Chris.
Quest'ultima è finita in coma in seguito ad un incidente; tutte le brutte parole che Harry aveva detto, si sono alla fine rivelate solo un brutto malinteso ma Chris non sa la verità ed Harry non sa il reale motivo dell'incidente della fidanzata quindi..... è un pò un casino ahah
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi scuso ancora per l ritardo, se vi andasse di lasciare una recensione mi fareste davvero molto piacere. Un bacio 
Vi lascio con questa foto meravigliosa di Harry!





 

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Capitolo 29
*** Stop Lying ***


                                     
 
29. Stop lying
 
*Chris’ pov*

Non so se per merito dei medicinali o per forza di volontà,  la mia mente improvvisamente si destò e lentamente cominciai a riprendere conoscenza.
 Aprii gli occhi con cautela per  poi richiuderli subito dopo, feriti dall’abbagliante sole mattutino che penetrava dalle persiane socchiuse. Sbattei più volte le palpebre tentando di recuperare la vista che speravo di non aver perduto, ma non feci in tempo ad inquadrare l’intero mobilio della stanza, che la mia attenzione fu immediatamente catturata dalla mancata euforia per il mio risveglio nelle iridi di Harry.
Giaceva seduto in posizione retta sulla poltroncina blu accanto al letto, i gomiti sulle ginocchia a sorreggere la testa confusa, i jeans intrisi di lacrime che doveva aver versato sino ad allora per innumerevoli motivi, la classica felpa grigio scuro che gli avevo regalato a Natale e si ostinava ad indossare ogni qualvolta ci dessimo appuntamento per ricordarmi quanto la necessità di avermi sempre con lui lo rendesse impotente e del tutto dipendente da me e dalle mie labbra.
Attorno al collo la collanina con lo Ying e lo Yang divisa a metà che Anne aveva commissionato Andy di comprare come regalo della nostra riappacificazione.
E’ curiosa l’importanza del significato che un oggettino di tal piccole dimensioni sia in grado di contenere; un piccolo puntino bianco in rappresentazione della purezza immerso in un mare nero di tristezza, cattiveria e pericolo da un lato. Dall’altro una punta di male nero, tenebroso racchiuso nel bianco della generosità e del bene che solo alcune persone possiedono e sono in grado di condividere con gli altri.
Oltre al classico significato del collegamento tra i due amanti, quel simbolo rivela qualcosa di filosofico: nella luce è sempre custodito un minuscolo pezzetto di male che ci consente di sopravvivere, opporci al mondo quando questi si mostra troppo duro nei nostri confronti, mentre le tenebre conservano un minimo bagliore di luce che si trasforma in un’accecante stella luminosa se decidiamo di assecondare quella microscopica parte di noi.
Si tratta della rappresentazione dell’anima di ciascun essere vivente, divisa tra il bene e il male, il giorno e la notte, le tenebre e la luce, l’amore e l’odio ma che generalmente lascia trasparire solo uno dei due aspetti, quello dominante. L’altra metà si cela nell’angolo più recondito del nostro cuore, della nostra mente ed è lei che ci spinge a ricercare la nostra parte complementare, il cuore che per effetto magnetico ci appartiene.
I due amanti complementari sono destinati a ritrovarsi prima o poi, non importa quante volte l’odio dovrà rompere quella situazione di unità, amore e tranquillità di cui parlava Empedocle, l’uomo è destinato a ricongiungersi all’elemento cui è stato separato in origine.
Non seppi mai il reale motivo per cui Harry avesse deciso di tenere la parte nera; forse ad indicare che sotto quella facciata da duro che aveva mantenuto per anni così da nascondere la reale insicurezza infusagli dal padre,  batteva un cuore puro e pronto ad amare. O forse perché vedeva in me l’estrema purezza dell’animo nonostante ultimamente si sarebbe dovuto ricredere.
Io stessa lo avevo fatto, avevo messo in discussione la mia onestà ed integrità solo perché un unico, singolo, opprimente  nome continuava a soggiornare nei miei pensieri, occupando ininterrottamente le mie giornate e facendo riemergere il senso di colpa come la sabbia nel mare in tempesta: Malik.

Accantonai i pensieri riguardanti quel ciondolo che aveva portato le mie riflessioni sin troppo alla deriva e mi concentrai nuovamente sull’espressione avvilita di Harry che sembrava quasi rattristato dal mio risveglio.
Lacrime grosse e pesanti si susseguirono infinite lungo le sue guance prima che cominciasse a scaricarmi addosso come un disperato tutta la sua frustrazione e facesse letteralmente balzare la giugulare fuori dalla pelle del collo.
-Ti diverti a prenderti gioco di me vero? Prima mi tradisci con Zayn, poi non mi parli perché ho aggredito mio padre, che tra l’altro non ho idea di dove sia finito, poi apri gli occhi, fingi di svegliarti, mi fai salire il cuore in gola dal sollievo ma poi ricadi in un sonno profondo che si protrae per giorni. Non ne posso più. Se ti diverte tanto farmi soffrire, allora tanto vale che io non venga più a trovarti. A cosa mi serve stare con una persona che si prende gioco di me, mi ferisce, mi illude e poi mi abbandona? Sono esausto-
Lo sguardo che mi rivolse mentre sentenziava tutto d’un fiato quel fiume di parole che per tempo si era tenuto dentro, mi lasciò intuire che non avesse capito quanto il mio stato mentale fosse incredibilmente vigile e che fosse sul punto di lasciarmi sola in balia dei medicinali. Credeva si trattasse di un ulteriore spasmo muscolare determinato dai farmaci ed era palese  il grado di esasperazione del suo essere.
-Ha…- emisi un flebile respiro tentando di richiamare la sua attenzione prima che potesse varcare la soglia ed abbandonarmi ma la voce si ruppe prima ancora di uscire.
Mi schiarii la gola e questa volta le mie parole risuonarono chiare e potenti. Intonai il suo nome con una forza d’animo che non credevo potessi possedere in seguito all’incidente e fissai gli occhi in quelle iridi verdi in grado di farmi sciogliere come il burro sull’asfalto cocente del Texas.
Il suo camminare impetuoso e turbolento da un lato all’altro della stanza si arrestò. Con uno scatto improvviso mi raggiunse e mi stampò un bacio sulle labbra con tale foga che quasi non fece caso al tubicino d’ossigeno ad impedirci i movimenti.
Non prestò attenzione all’alito poco piacevole che l’aver dormito settimane di seguito mi aveva impedito di rinfrescare, né ai capelli disordinati che non toccavano una spazzola da giorni, né tanto meno alla mia mancanza di complicità nel ricambiare al meglio quel bacio ancora intontita dai medicinali, ma fu comunque uno dei più belli che ci fossimo mai scambiati; un bacio di speranza, serenità, riconciliazione ed amore platonico, ricco di tutto il desiderio e disperazione che ci eravamo lasciati alle spalle.
Le nostre lingue danzarono sinuose le une sulle altre creando un’armonia di emozioni capaci di scuotere anche il più gelido dei cuori; io ed il mio Harry eravamo di nuovo uniti.

Nei giorni seguenti i medici non fecero che esprimere apertamente il proprio stupore e congratularsi per la guarigione miracolosa, ma non capivano che tutto ciò che desideravo era ridere e scherzare tranquillamente con gli amici e la famiglia, piuttosto che osservare l’ormai malsana abitudine dell’infermiera di grattarsi la nuca con la penna provocando una nevicata di forfora o udire le flatulenze che il Dottor Ravinoph emetteva convinto che non potessi sentire.
Mia madre aveva trascorso in ospedale la maggior parte del tempo; tornava a casa solo una volta a settimana per concedersi una notte di meritato riposo in un letto confortevole e si faceva dare il cambio per due ore al giorno da Harry che, al contrario, non metteva piede nella sua stanza da mesi.
Al mio risveglio mi aveva sorpresa con regali e cioccolatini, ingolfata di pizza peggio di un inceneritore e sommersa di tutti gli abbracci che, nonostante il nostro bel rapporto, non era mai stata dedita a concedermi.
-Mamma, posso farti una domanda?-
-Certo tesoro, tutto quello che vuoi-
-Dov’è papà?- domandai intimorita dalla risposta, quasi certamente poco piacevole.
-E’… molto impegnato con il lavoro- indugiò qualche secondo prima di fornirmi una scusa ridicola cui non avrei creduto neanche sotto tortura.
-Già... Lavoro. Come sempre no? Le mie recite scolastiche, i miei saggi di danza alle elementari, la mia prima comunione, la premiazione come miglior studente. Lui è sempre al lavoro, che sia domenica non importa, lui lavora. Che sua figlia sia stata premiata per aver conseguito uno dei migliori successi accademici della scuola non importa, lui lavora. Che la sua bambina sia rinchiusa in ospedale sul punto di morte non importa perché lui lavora sempre. Sono stanca mamma di sapere che non gli interessa nulla di me-
-Tesoro non è affatto così-
-Si invece e lo sai bene. Mi odia e me ne ha dato la conferma-
Conclusi la conversazione con gli occhi intrisi di lacrime dettate dalla consap
evolezza che non avrei mai ricevuto l’amore paterno che tanto desideravo e finii per contagiare anche la donna che in tutti i modi aveva sempre cercato di non farmi mancare nulla.

*Zayn’s pov*

*Zayn ti prego, quando senti il messaggio chiamami! Mi manchi e sono preoccupato*
I messaggi vocali che ogni giorno Liam lasciava in segreteria mi distruggevano, mi facevano sentire una vecchia pezza bagnata dimenticata in cantina, l’unico libro rimasto sullo scaffale polveroso, il malconcio paio di scarpe sporche e rovinate chiuse nell’armadio.
Stavano lentamente logorando il mio cuore, e il fegato di conseguenza perché spendevo l’intero stipendio del Night Blue in alcolici, così da placare la mia sete di lui.
Non ero diventato omosessuale, non avevo subito un intervento per cambiare sesso, non avevo assunto sostanze stupefacenti, semplicemente sentivo la tremenda mancanza del mio migliore amico ed ero consapevole che un giorno di più passato in sua lontananza mi avrebbe ucciso.
Trascorrevo intere mattinate a percorrere i cinque isolati che circondavano la pensione e il locale per rimuovere volantini che pubblicizzavano la mia scomparsa appesi a pali della luce e alberi. Sapevo con certezza fosse opera di mia madre, mio padre probabilmente approfittava del tempo non sprecato a darmi del pirla per guardare le maratone di porno in TV.
Necessitavo la vicinanza di una persona cara, che mi aiutasse a portare avanti quel piano non impeccabile ma che mi avrebbe condotto alla salvezza.
Avevo bisogno di un aiuto.
Avevo bisogno di Liam.
-Zayn, oh mio dio dove sei? Come stai? Tutto a posto? Perché sei sparito?-
Il mio amico mitragliò una serie di quindici lettere al secondo non appena avviai la chiamata.
-Ciao Liam- Risposti semplicemente io.
-Che bello sentirti, non sopportavo più non ricevere tue notizie-
-Sto bene, non preoccuparti- lo rincuorai io.
-Ti prego dimmi dove sei. Vengo a trovarti, ho preso da poco la patente in cinque minuti sono lì-
-Liam… rallenta. Non ti ho chiamato per farti venire qui, solo per farti sapere che sto bene e perché tu dica a mia madre di smetterla di appendere volantini. Non mi sono perso, so esattamente dove sono. Ma non voglio essere trovato-
-Cos’è successo?- ricordai a Liam la vita infernale che mio padre mi aveva fatto passare fino ad allora includendovi la descrizione del motivo che mi aveva spinto alla fuga. Scoprire che mio padre aveva distrutto la mia tastiera, gettando nel cesso il mio unico mezzo di espressione, lo fece sussultare più di quanto feci io stesso. La nostra amicizia era nata dalla passione comune per la musica e quella tastiera era intrisa di troppi ricordi.
-Lo ammazzo quel bastardo-
-Liam, tu sai quanto io stesso vorrei farlo ma non possiamo rovinarci la vita per lui. Ecco il motivo della mia fuga. Ti prego per favore di non cercarmi, non mi troveresti e io non voglio essere trovato. Sappi che mi manchi e che ti voglio bene- chiusi la conversazione e gli inviai un ultimo messaggio “Non fare cose di cui potresti pentirti”.
Dopo di che gli dissi addio.

Da settimane avevo ormai fatto amicizia con i bambini del parco: trascorrevo tutti pomeriggi a giocare con loro e, non so per quale arcano motivo, riuscivo anche a divertirmi. Probabilmente perché la mia intera infanzia era stata bruciata e determinate esperienze mi erano sempre state negate.
Vi era un bimbo di nome Jeffrey che mi rincorreva per tutto il parco fino a che, fingendomi esausto, mi gettavo a terra così da permettergli di sedersi sulla mia schiena e mostrare agli amici i pugni in segno di vittoria; in pochi minuti venivo assalito da piccoli ragazzini, soddisfatti per aver sconfitto il “gigante Zayn” e che niente volevano da me se non un sorriso, nessun favore a scopo di lucro, solo una risata genuina che confermava loro il mio buon umore.
C’era Mark che insisteva fino a convincermi a fronteggiarlo in un duello di spade. Olivia che mi si sedeva sulle ginocchia e si faceva raccontare aneddoti curiosi sulla mia vita, nonostante non sapessi cosa dirle.
Ma soprattutto avevo legato con una bimba di circa sette anni; si chiamava Amanda, aveva lunghi capelli castani  che le coprivano le schiena, grandi occhi azzurri del color del mare e un sorriso in grado di riscaldarmi il cuore.
Mi era venuta in contro un giorno dopo essere scivolata sulla ghiaia e sbucciata un ginocchio. La baby-sitter neanche aveva fatto caso al rivolo di sangue che faceva capolino dalla ferita aperta, le aveva solo detto di fare attenzione.
L’avevo medicata con un cerotto che stranamente portavo nella tasca e mi era stata riconoscente.
Tutti i pomeriggi dalle 3 alle 5 giocavo con lei, la aiutavo nei compiti di lettere, la portavo in giro per il parco sulle spalle e intrecciavo i suoi capelli tra le dita mentre era immersa nelle letture assegnatele a scuola. Aveva la fissazione per i miei capelli che si divertiva ad acconciare bagnandosi le piccole e morbide manine con dell’acqua per renderli più malleabili; li definiva morbidi e neri come il pelo del suo peluche preferito il che, detto da una ragazzina della sua età, finii per prenderlo come un complimento.
Le mamme mi avevano ben presto proposto un impiego come baby-sitter in quel paio di ore pomeridiane in cambio della giusta retribuzione in denaro e non ero mai stato più entusiasta di un lavoro in vita mia.
Quei bambini erano davvero stati in grado di migliorare, almeno in marte, la situazione disperata con la quale convivevo e rischiarare le mie giornate.
Sfortunatamente avevo represso il desiderio carnale così a lungo che la necessità di una notte in compagnia femminile si presentò sempre più a gran voce. Il primo impulso fu quello di introdurmi nel primo Night Club che avrei incrociato lungo la via, ma in seguito ricordai che era venerdì, ed ogni venerdì i turni al locale erano allietati dalla presenza di dolci ragazzine disposte ad una notte di fuoco con chiunque gli avesse presentato delle avance.
Non dovevo far altro che aspettare qualche ora prima di potermi godere le gioie della vita.

Ripresi svogliatamente la strada verso il Night Blue, strisciando i piedi lungo il selciato ruvido e tentando di ricaricare lo spirito con qualche canzone degli Arctic Monkeys che però sembravano non adempire ai loro giusti compiti.
Lasciavo scorrere lo sguardo da un lato all’altro della strada, osservavo l’uggioso cielo londinese e mi sembrava quasi di rispecchiarmici: dopo tutto, anche la mia vita era stata unicamente un grosso nuvolone grigio e ancora era in attesa di vedere la luce.
All’improvviso notai un auto in particolare che, dopo avermi sorpassato di qualche metro, rallentò per poi costeggiare a lato del marciapiede: intravidi una figura aprire la portiera e scendere dal veicolo, ma assunsi un’espressione più che allibita nel constatare che quella persona fosse realmente chi credevo di aver riconosciuto.


*Chris’ pov*

Erano trascorsi cinque giorni dal mio risveglio e, nonostante i miei vani tentativi di convincere la infermiere a lasciarmi uscire in giardino almeno una quindicina di minuti, i medici non avevano fatto altro se non ripetermi che solo accertate le mie condizioni sarei stata libera di alzarmi.
Non andavo in bagno da giorni, i miei bisogni erano aspirati da un catetere che rendeva le visite di Harry più che imbarazzanti, i capelli non assaggiavano le dolci setole della spazzola da settimane e la necessità di farmi lavare i denti da mia madre mi riconduceva all’età di quattro anni quando non raggiungevo il lavandino del bagno.

Esatto, erano già passati cinque giorni dal mio risveglio e ancora non avevo visto né tanto meno avuto notizie di Louis. I ragazzi riuscivano a giostrare gli impegni e ricavare un po’ di tempo da dedicarmi tra gli allenamenti di calcio, delle cheerleader e lo studio, ma Lou non aveva neanche provato a ritagliarsi un paio di minuti da trascorrere in compagnia di quella che una volta era la sua migliore amica.
-Harry, perché Lou non è ancora venuto a trovarmi? E’ arrabbiato con me?- domandai nonostante fossi già a conoscenza della risposta.
-Cosa te lo fa pensare? Perché mai dovrebbe essere arrabbiato?- chiese a sua volta tentando di confondermi.
-Ho capito, mi odia-
-Chris, non si tratta di odio è… per un’altra ragione- tentennò rimanendo vago.
-Deve studiare?-
-No-
-Ha il ciclo?-
-Non esattamente- sogghignò
-E’ malato?-
-Si sente in colpa- sentenziò pentendosi immediatamente di quanto detto, consapevole di averlo appena messo nei guai.
Non riuscii immediatamente a collegare il mio incidente ad un motivo valido per giustificare il rimorso di Louis fino a quando quel ricordo tornò violentemente a galla, riportandomi indietro nel tempo di ben due mesi.
-E’ per ciò che vi siete detti, giusto? E’ per il vostro piano che si sente così-
-Quale piano?- sgranò gli occhi evidentemente consapevole di ciò di cui lo stavo incolpando e cercò di cambiare discorso -Chris devi riposarti, i medici hanno detto che…-
-Non mi interessa cos’hanno detto i medici- lo interruppi io per evitare che mi rifilasse ulteriori bugie.
-Sono giorni che non faccio altro se non ascoltare ciò che dicono i medici ma ora voglio delle spiegazioni-
-Spiegazioni? Di che genere? Dai Chris, mettiti a dormire…-
-Non voglio dormire Harry- urali in preda ad una tale rabbia che il vecchietto che passava in quel momento diretto al bagno si affacciò per assicurarsi che tutto fosse a posto.
-Non voglio dormire- ripetei più calma –voglio la verità. Perché progettavi di tradirmi?-
-Non avevo alcuna intenzione di farlo-
-Ti ho sentito, smettila di mentirmi-
-Io dovrei smettere di mentirti?- domandò chiaramente scocciato –Io dovrei smetterla? Tu sei quella che non fa altro se non raccontarmi bugie-
-Di cosa stai parlando!? Ti ho sentito. So per certo quali fossero le tue intenzioni e ringrazio Dio per avermi fatto tornare tali immagini alla memoria. Tu sei il motivo del mio incidente, non Louis. Lui dovrebbe essere qui con me, non tu- lo aggredii convinta della mia tesi.
-Vuoi la verità? Eccola- si diresse verso lo zainetto appeso all’attaccapanni e ne tirò fuori un plico, dopo di che me lo porse sgarbatamente –Aprilo- ordinò poi.
Le dita tremanti in balia della collera e dell’agitazione riuscirono a mala pena a sollevare ambi i lati della busta e sfogliarono con vergogna e ribrezzo il contenuto.
-Dove le hai prese?-
-Louis. Volevi tutta la verità? Eccola servita. Dopo mesi di inganni, Louis è venuto a confessarmi tutto ma io, come un ingenuo, non ho voluto credere alla sue parole. Si è procurato allora delle prove materiali, tangibili, che mi impedissero di dubitare nuovamente della sua fedeltà e della tua scorrettezza d’animo-
Gli occhi mi si intrisero di lacrime e mi fu difficile non scoppiare in un pianto disperato. Osservavo il contenuto di quella busta in balia dell’orrore e un attacco di panico era prossimo ad assalirmi.
 -Voglio proprio sapere con quale coraggio proverai a chiamare nuovamente me “bugiardo”-

Spazio autrice: 
d'accordo, mi preparo a schivare pomodori, spranghe di metallo, tavoli, grattacieli e tutto ciò che desiderate lanciarmi addosso ma ho una giusta motivazione. Sono ben due mesi che non aggiorno a causa della scuola: sono settimane che non faccio altro se non studiare e lo "scrivere" è diventato un concetto a me estraneo.
Spero solo possa piacervi in modo da giustificare il mio ritardo in qualche modo!
Dunque: Chris e Harry litigano alla fine del capitolo, Harry le porge una busta e lei è piuttosto allibita dal contenuto. Cosa avrà visto di così scioccante?
Tornando a Zayn, mostra finalmente il lato tenero aprendosi con dei bambini conosciuti da poco e mostrando apertamente l'amicizia che prova nei confronti di Liam. Ma chi sarà la persona che scende dall'auto?
Lascio a voi le conclusioni e vi chiedo una piccola recensione per sapere cosa ne oensate. Un bacione <3
-Alice




 

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Capitolo 30
*** Sempre e per sempre ***


                                     

                                              
                                            
 

30. Sempre e per sempre


-Queste foto sono la prova palese delle tue scappatelle con Zayn negli spogliatoi della scuola, non puoi negarlo -
Le osservai più volte. Sconvolta.
Scorsi lentamente le foto una ad una, squadrai ogni anfratto di quei pezzi di carta alla ricerca di risposte, le studiai evidentemente confusa, come se ritratta in quelle immagini non ci fossi io ma un manichino con le mie sembianze, come se in tali circostanze compromettenti non mi ci fossi mai trovata, come se non fossi a conoscenza di ciò che io stessa avevo fatto…
E in effetti, era così.
-Harry posso giurartelo, non ho la minima idea di cosa stia accadendo in queste foto-
Si abbandonò ad una risatina isterica, passò la mano sulla fronte per scostarsi i capelli dagli occhi e mi strappò quei fogli dalle mani.
-Come cazzo puoi dire di non saperlo? Ci sei tu in queste foto Chris! TU-
Alzò la voce. Non l’aveva mai fatto prima, non così… Non con me.
-Harry davvero io non…-
-Stai zitta- si voltò verso di me e mi fissò con occhi ricolmi di pianto, una lacrima gli percorse lentamente la guancia lasciandovi un solco bagnato. Non discostò lo sguardo, lasciò che quella piccola, salata goccia d’acqua terminasse il suo percorso e precipitasse a terra generando in me l’unico istinto di urlare.
-Non voglio più vederti- mi voltò le spalle ed uscì dalla stanza, lasciandomi intuire che quella volta davvero non avrebbe più fatto ritorno.
Un fiume di parole mi si era bloccato sulla giugulare, comprimeva le corde vocali tanto da impedirmi di emettere un suono, eppure le cose che avrei voluto dire ad Harry erano tante…
Mi stesi nuovamente sul materasso, coprii il volto con il cuscino e mi abbandonai ad un pianto silenzioso, cupo, profondo  il cui scopo non era quello di farmi sfogare ma combattere la certezza che, quella volta, Harry non sarebbe realmente più tornato da me.

Dormii diverse ore ininterrottamente. Quando mi svegliai, tutto appariva diverso, più tetro, oscuro: le pareti avevano assunto un aspro color verde vomito, il pavimento piastrellato si era tinto di marron ruggine. I macchinari cui mi tenevano costantemente attaccata erano anneriti, la porta scrostata e ricoperta di sangue secco.
Tolsi con delicatezza la flebo, indossai le ciabatte e mi addentrai, ad occhi sbarrati, nel cuore dell’ospedale alla ricerca di un’infermiera in grado di fornirmi informazioni riguardo la tenebrosa evoluzione di quel luogo.
Come prevedibile in qualsiasi film horror, non incontrai nessuno, mi ritrovai abbandonata a me stessa e al mio terrore. Percorsi l’ospedale 3 volte da cima a fondo senza risultati quando finalmente scorsi una testa in lontananza varcare la porta d’ingresso e dirigersi verso gli spogliatoi del personale.
Tipico dei film horror è la scena in cui la protagonista rincorre il mostro pur essendo a conoscenza dei pericoli; così feci io, nonostante fossi consapevole di sbagliare, sentissi che qualcosa di terribile sarebbe accaduto, rincorsi quella testa riccia.
Ma vi era un motivo preciso alla base della mia decisione: quella persona sembrava Harry.
Durante i pochi mesi trascorsi pacificamente, prima dell’incidente, dei problemi che ne erano conseguiti e degli, a quanto pare, scandali che lo avevano preceduto, io e Harry eravamo soliti trascorrere interi pomeriggi a casa sua.
Preparavamo i pop corn, ci accoccolavamo sul divano, accendevamo la TV e davamo inizio ad una maratona di film horror fingendo a turno di avere paura così da stringerci al petto dell’altro.
Eravamo i primi ad inveire contro i protagonisti che, ingenuamente, si addentravano nei luoghi più impensati, seguendo esseri dalla forma non identificata e stupendosi delle spaventose sembianze di questi. Eppure io stessa non mi ero data ascolto.
Spalancai la porta degli spogliatoi con decisione ma mi bloccai all’improvviso nell’udire rumori metallici qualche fila oltre la mia postazione. Poi, sconsideratamente proseguii… il rumore si faceva sempre più intenso, ripetitivo, ritmico.
Voltai l’angolo e pensai realmente che il mondo fosse sul punto di crollarmi addosso tanto fu una doccia fredda ciò che vidi: artefici di quei rumori metallici erano Harry e Rose che, appoggiati agli armadietti con indosso unicamente l’intimo, si impegnavano in consumazioni proibite. Rimasi immobile a fissarli, pietrificata, fino a quando Harry si voltò incastrando grandi ed intensi occhi neri da demone nei miei, spalancò la bocca in un sorriso maligno a mostrarmi la doppia fila di denti appuntiti intrisi di sangue rappreso e lasciò che una nube nera e densa proveniente dalla collanina che portava al collo lo avvolgesse rendendo il tutto più effimero ed astratto. Avevo finalmente compreso il motivo per cui aveva preferito donare a me la parte bianca del ciondolo…
Lui era il male, e lo sapeva.

Mi svegliai improvvisamente, il respiro affannato, la fronte imperlata da goccioline di sudore, i capelli umidi appiccicati al collo e il pigiama del tutto aderente alle mie curve. Mi misi a sedere in posizione eretta ed osservai con attenzione la stanza attorno a me, rallegrandomi che avesse riacquistato il suo originale aspetto.
Andai in bagno, fissai il mio viso nello specchio per due minuti buoni, incapace di riconoscermi in quell’ovale smunto e pallido, dalle guance incavate e solcate da profonde occhiaie bluastre. Mi rinfrescai al meglio cercando di eliminare quanto più sudore possibile e tornai a letto, troppo stanca e debilitata per reggermi ulteriormente in piedi.
Inciampai su qualcosa.
Nella furia del momento, Harry aveva lasciato cadere il plico con le fotografie che avrebbero dovuto provare il mio tradimento, raffiguranti attimi che non ricordavo affatto di aver vissuto, anzi… cominciai realmente a credere che ci fosse lo zampino di Photoshop dietro tutto quel casino.
Analizzai nuovamente le immagini, osservai il modo in cui quel ragazzo mi stringeva a se, in cui io ricambiavo con trasporto quei baci, la passione che sembrava legarci, il desiderio di andare oltre che pareva confonderci, ogni atomo del nostro corpo pronto a spingerci all’impossibile. Eppure non sapevo chi fosse quel ragazzo, non ricordavo di aver mai provato un’attrazione tale nei confronti di qualcuno all’infuori di Harry. Le foto non mentivano, quella non potevo che essere io tra le braccia di un altro ragazzo di cui neanche il nome mi era noto… eppure ne sembravo felice.
Riposi le foto all’interno del plico, piegai la busta e la nascosi sotto il cuscino, decisa a estrapolare quante più informazioni possibili al prossimo visitatore che si sarebbe presentato.
Cominciai a pensare; era davvero così strano che le foto nelle quali eravamo ritratti io e quel moro riportassero fedelmente ciò che avevo visto nel mio sogno? Si trattava di un caso che quel demone fosse Harry? Che indossasse la solita collanina nera? Che con lui ci fosse Rose?
Non feci in tempo a trovare una risposta soddisfacente a tutti quei quesiti che crollai nuovamente in un sonno profondo e tutto ciò cui pensai poco prima di lanciarmi tra le braccia di Morfeo fu “Non rifare lo stesso sogno”.
 
*Harry’s pov*

Corsi letteralmente giù dalle scale e mi catapultai fuori dall’ospedale, travolsi una signora con un bimbo in carrozzina e mi guadagnai meritati insulti ma non ero in grado di trascorrere un altro minuto là dentro. Ogni cellula del mio corpo mi spingeva ad abbandonarlo e non metterci più piede tanto quel luogo era fonte di tristezza per me: mia madre incatenata da mesi a delle dannate macchine per tentare di sconfiggere quel demone che la consumava dall’interno. Quella che credevo fosse la MIA Chris si era trasformata in una bugiarda. O meglio… aveva ricominciato ad esserlo.
Davvero non riuscivo a spiegarmi come avesse potuto mentire riguardo quelle foto, riguardo quegli attimi passati con Zayn quando lei stessa, mesi prima, me lo aveva confessato promettendomi che non sarebbe mai più accaduto e che non aveva significato nulla.
Per non parlare dei trascorsi con mio padre che, dopo quella violenta rissa, non si era più fatto vedere e ancora non avevo scoperto il motivo della sua presenza.
Continuai a camminare per ore, mani infreddolite nelle tasche del giubbotto, testa bassa ad osservare i passi disperati che si susseguivano uno dopo l’altro e avrei perseverato altrettante ore se una figura femminile non mi avesse sbarrato la strada.
-Harry, dove vai?-
Era Rose.
Mi accorsi solo allora di aver proseguito quella camminata riflessiva chilometri oltre casa mia. I pensieri mi avevano confuso a tal punto da spingermi inconsciamente a raggiungere il quartiere in cui abitava Louis, probabilmente per estremo bisogno di un amico.
Capii di essere realmente sul punto di impazzire quando provai l’intenso desiderio di raccontare tutto ciò che mi stava, lentamente, logorando a Rose, la migliore amica della mia ragazza con cui non avevo mai avuto una conversazione se non battutine ironiche riguardo il suo sedere da cheerleader.
Ma a quel punto nessun muro mi avrebbe impedito di scoppiare ed esternare il dolore che mi consumava.
Le raccontai tutto, giorno per giorno, ora per ora, frammento per frammento e mi sentii finalmente libero, come svuotato da un pesante macigno.
Mi fissò in silenzio ed ascoltò con attenzione, meravigliandosi delle bugie che la sua amica aveva inventato per nascondere un paio di sveltine da quattro soldi. Non si sentì di consigliarmi in prima persona, nonostante sembrava piuttosto interessata e potrei dire, apparentemente, divertita dalla situazione e dal comportamento di Chris.
Propose invece di raggiungere Louis, a qualche isolato dalla via in cui ci trovavamo per discuterne con il mio migliore amico, riflettere e trovare delle risposte o il giusto modo di comportarmi in quella situazione.
Mi stette vicina, non psicologicamente ma nel vero senso della parola; fisicamente, mi prese sotto braccio e si strinse a me per poi iniziare a camminare ancorandosi con ancor più vigore e appoggiando la testa sulla mia spalla.
Non detti peso a tale situazione, credevo tentasse solamente di confortarmi.

*Zayn’s pov*

-Zayn sei tu?-
Abbassai lo sguardo, nascosi la testa nel cappuccio, girai i tacchi e aumentai il passo nella direzione opposta.
-Zayn, dove stai andando? Fermati!-
Mi arresi all’evidenza di essere stato riconosciuto. Non ebbi altra scelta se non voltarmi nuovamente e raggiungere a testa bassa l’individuo che avrebbe potuto mandare a pezzi il mio piano qualora avesse aperto bocca e parlato di me agli amici.
-Liam… ciao-
-Mio dio Zayn, stai bene! Non ci posso credere, pensavo non ti avrei più rivisto, ti fosse accaduto qualcosa-
Mi strinse in un abbraccio tanto caloroso da farmi quasi mancare il respiro. Tentai di mantenere maggiore distacco possibile, ma non appena i nostri petti entrarono in collisione, fu come se il mio cuore fosse esploso. Ricambiai quell’abbraccio con trasporto e afferrai il mio amico con un tale calore da far invidia al sole. Nascosi il viso nell’incavo del suo collo e mi abbandonai in un fragoroso pianto disperato nonostante fossi consapevole che a quel momento intimo sarebbe poi seguito l’interrogatorio. Sentirmi finalmente protetto tra le braccia di un amico, dopo mesi di solitudine, mi fece rivivere e per un momento tornai quasi a respirare.
-Dimmi, perché sei qui?- Esattamente come dicevo: interrogatorio.
-I tuoi lo sanno che ti trovi qui? Sanno come stai? Vuoi che li chiami? Hai fame? Hai dove dormire?-
-Liam calmati! Sto benissimo-
-Non si direbbe da quelle lacrime…-
-E’ che… sono solo felice di vederti! Ma il resto è tutto a posto. Ti racconterò per filo e per segno ma devi promettermi che non lo dirai a nessuno-
-Ma se dovessero chiedermi…-
-NESSUNO-
Gli raccontai tutto: dal motivo per cui avevo deciso di scappare, al lavoro al Night Blue e tutto ciò che vi stava in mezzo e sembrò comprendermi, anzi quasi immedesimarsi in me per una volta. Avevo definitivamente capito di poter contare su di lui e sul suo buon cuore al 100%, anche in quella circostanza che di certo non lo rendeva sereno.
-Non ti lascerò morire di fame: domani tornerò qui e ti porterò qualcosa di sostanzioso, un po’ di denaro e alcuni dei miei vestiti…-
-Liam non ce n’è bisogno-
-Voglio aiutarti in questa cosa-
-Non posso accettare il tuo denaro, non potrei restituirtelo-
-Non abbandonerò mio fratello. Ricordi? Sempre e per sempre-

*Flashback*
“Sempre e per sempre”. Risaliva alla seconda media.
Era una normalissima giornata estiva ma avevamo deciso di sperimentare qualcosa di più frenetico così da non trascorrere l’intero pomeriggio nella noia del mio soggiorno: partire, all’insaputa dei nostri genitori, per un’escursione su quel pendio roccioso poco distante da casa che minacciava di franare, da un momento all’altro, sul nostro piccolo paesino.
Era sconsigliata la viabilità per motivi di sicurezza, ma il rischio non ci spaventava.
Equipaggiati di un semplice zainetto con una borraccia d’acqua e un sandwich, prendemmo le bici e raggiungemmo i piedi del pendio, dove poi le abbandonammo.
Ci addentrammo nel fitto bosco e, armati di un ramo ben poco appuntito, ci facemmo strada tra rami e arbusti per una bel paio d’ore.
Quando cominciammo a lamentare dolore ai piedi e alle caviglie, decidemmo di ripercorrere il varco che ci eravamo aperti nella direzione opposta… ma qualcosa andò storto.
Un forte vento freddo proveniente da nord cominciò a soffiare con una forza illogica, mescolando a proprio piacimento i sassolini che in precedenza avevamo lasciato sul suolo per tracciare il percorso.
Camminammo con fatica un altro paio d’ore, convinti finalmente di essere giunti a destinazione ma solo in seguito di accorgemmo di aver girato in tondo ed esserci ritrovati al punto di partenza.
Affranti ed assetati, decidemmo di riposarci ai piedi di un albero, ma la scarpa di Liam scivolò sulla ghiaia a causa del poco attrito; cominciò a precipitare giù per il pendio verso valle e fu solo una grossa roccia ai margini di un dirupo a bloccare la sua rovinosa caduta.
Ma la gamba già malconcia scivolò ulteriormente incastrandosi tra il grande masso e la parete adiacente,  impedendogli così di muoversi.
Tentammo disperatamente di liberarlo ma senza risultato: era notte, il vento freddo ci congelava le guance e rendeva insensibili gli arti, avevamo finito cibo e acqua e la gamba di Liam non aveva più mobilità.
-Zayn… vai via, cerca le bici e torna a casa, non preoccuparti per me- disse con aria di rassegnazione.
-Non ci penso neanche a lasciarti qui, non riuscirei più a ritrovarti-
-Non c’è motivo per cui dobbiamo soffrire entrambi amico mio, vai via di qui e cerca aiuto-
-Non ti lascerò qui. Non si abbandona un fratello-
Trascorremmo lì altri due giorni, congelando di notte e patendo il caldo di giorno. Credevamo di non farcela e proprio quando eravamo sul punto di lasciarci morire di sete, sentimmo le voci di alcuni uomini del paese urlare i nostri nomi.
Una volta tornati a casa e scampato il pericolo, Liam mi ringraziò per non averlo lasciato solo e mi abbracciò.
“Sarai sempre mio fratello” disse.
“Sempre e per sempre” conclusi io.
*Fine Flashback*

-Sempre e per sempre- ripetei.

*Harry’s pov*

Louis aprì la porta e sbarrò gli occhi sorpreso nel vedermi in compagnia di Rose, o forse nel vedere lei insieme a me; non fui in grado di capirlo ma, in quel momento, poco mi interessava.
Ci accomodammo in salotto e, gustandomi a piccoli sorsi il thè che la Signora Tomlinson aveva preparato, raccontai nuovamente, nei minimi dettagli l’intera faccenda, ignorando gli sguardi complici dei miei compagni e focalizzandomi sul mio dotto lacrimale onde evitare si abbandonasse in un pianto disperato.
Quando ebbi terminato, mi stupii del fatto che entrambi non sembrassero affatto sorpresi nel sapere di Chris e Zayn, del modo in cui lei mi aveva tradito ripetutamente, dello squallido comportamento del mio amico che aveva avuto il coraggio di comportarsi con me come se nulla fosse, senza provare il ben che minimo senso di colpa per avermi mentito e anzi desiderando che il tutto accadesse nuovamente.
Non solo non ne erano stupiti, ma sembrava quasi che il racconto li annoiasse, come se fossero costretti ad ascoltare qualcosa che già era stato loro detto… o che già sapevano!
-Cosa non mi state dicendo?- domandai interrompendo le occhiatine furtive che si scambiavano da parecchi minuti, quasi tentassero di architettare un piano con il solo movimento dello sguardo.
-Niente- si affrettò a rispondere Rose.
-Louis?- Interpellai il mio amico.
Esitò un po’ a rispondere.
-E’ che… vedi…-
-Cosa?- lo incoraggiai, impaziente.
-Crediamo sia una troia, che dovresti lasciarla perdere e non rivolgerle più la parola-
-Esatto Harry, vuole solo scoparsi i ragazzi più fighi della scuola mantenendo il segreto per renderlo poi pubblico in maniera plateale- aggiunse Rose.
-Ma che cosa stai dicendo?- domandai incredulo.
-Aveva in programma di collezionare un video con ciascun ragazzo le avesse, come dire, tenuto compagnia tra le lenzuola per poi proiettarlo sul grande schermo alla partita di fine campionato, come prova- notai la gelida occhiata che lanciò a Louis e il modo in cui entrambi abbassarono lo sguardo subito dopo.
-Come potete dire questo di lei? Siete suoi amici…-
-Per questo so ciò che dico- continuò la ragazza –era nella sua “lista delle cose da fare durante l’ultimo anno”, l’abbiamo stilata insieme l’estate scorsa-
Mi sentii mancare… Rose aveva appena messo a nudo un lato di Chris che mi pareva surreale, cui la mia immaginazione, per quanto fervida, non avrebbe mai pensato. Non sapevo quanto valore potessi dare alle sue parole, ma privo di senso critico come ero in quel momento, avrei creduto anche all’avvistamento di un branco di panda volanti se solo mi fosse stato riferito.
Non domandai oltre, afferrai lo zaino e me ne andai, deciso a non parlare più con nessuna persona fosse mai stata in contatto con Chris… Non mi sarei scottato una terza volta.

*Louis’ pov*

-Rose… pensi se la sia bevuta?-


Spazio autrice: Lo so... vorrete tirarmi addosso lavandini, cassetti, unicorni rosa, vi capisco e anzi non mi aspetto neanche di ricevere recensioni. Non ho aggiornato per ben 9 mesi e sono terribilmente dispiaciuta ma ho come avuto il blocco dello scrittore. Non trovavo la voglia ma soprattutto il tempo e anzi ero convinta di abbandonare del tutto la FanFiction. Ma alla fine ce l'ho fatta ed ecco qui il capitolo. Ci terrei davvero tanto se recensiste, anche maledicendomi ahahah ma almeno saprei cosa ne pensate. Un bacione e scusate ancora <3

 

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