Worthless

di Collyn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** New day, same life ***
Capitolo 2: *** Let me lose myself ***
Capitolo 3: *** Memories ***
Capitolo 4: *** Alone ***
Capitolo 5: *** AVVISO IMPORTANTE ***



Capitolo 1
*** New day, same life ***


New day, same life 


 

 

I walk a lonely road,
The only one that I have ever known,
Don't know where it goes,
But it's home to me and I walk alone

Boulevard Of Broken Dreams - Green Day


 


Pam si aggiustò malamente il maglione blu prima di entrare nel grande edificio. Gli armadietti colorati e i muri decorati con vari disegni e fotografie attirarono ancora una volta la sua attenzione, e quasi rise per il ridicolo tentativo di rendere quel posto più “vivibile”. La collana che portava al collo sbatteva ritmicamente sul suo petto mentre percorreva quei corridoi alla ricerca del suo armadietto, e il suo sguardo puntava davanti a sé, indifferente e pensieroso. Meno avrebbe guardato chi le stava intorno e meno questi avrebbero notato lei. Arrivò al suo armadietto, accantonando l’idea di sbatterci contro la testa per la disperazione. Quella notte non era riuscita a prendere sonno fino alle cinque e mezza, quando i pensieri finalmente la abbandonarono, lasciandola cadere tra le braccia di Morfeo. Distrattamente prese il libro di storia, sbattendo poi l’anta più forte del dovuto. -Uh, nottataccia?- chiese una mora dietro di lei.
Pam si spostò dietro l’orecchio una ciocca di capelli -Esattamente- rispose senza nemmeno guardarla, avviandosi verso la sua aula.
-Esci a fumare con me?- la seguì lei, spettinandosi i capelli corti.
Scosse la testa -Scusa Shy, se arrivo un’altra volta in ritardo finisco dritta dal preside, e oggi non sono proprio dell’umore per beccarmi la solita ramanzina- 
Trisha fece un grugnito di disapprovazione -Non chiamarmi così-
Pam rise.
-Sul serio, questo nomignolo aveva un senso in prima media, non sono più così… Ridicola- 
-Ma se eri carinissima, diventavi tutta rossa e iniziavi a balbettare parole senza senso ogni volta che qualcuno ti rivolgeva il minimo apprezzamento- disse sorridendole sorniona.
La mora chiuse gli occhi -Non me lo ricordare per favore, mi basta mia madre- disse facendo ridere l’amica. 
Pam si lasciò scappare un’imprecazione notando l’ora sul cellulare e, dopo aver salutato l’amica, corse verso l’aula di storia. Quando entrò aveva il fiatone, i capelli scompigliati e una leggera patina di sudore sulla fronte. Gli occhi freddi della professoressa Lightwood la squadrarono ripetutamente, inespressivi e nascosti dietro ai piccoli occhiali da vista.
-È fortunata, signorina Harris, non ho ancora iniziato a fare l’appello- disse irritata, aprendo il registro -Si sieda, veloce, prima che la mandi dal preside-
Pam non aspettò un secondo di più, dirigendosi verso al banco vuoto di fianco alla finestra. Guardò fuori, il cielo grigio la lasciò un momento stordita mentre cercava di distinguerne le varie sfumature. Si lasciò andare in un sospiro, accorgendosi del fatto che la professoressa avesse già iniziato la spiegazione, mentre con il suo sguardo calcolatore osservava tutti, ma nessuno in particolare. Quando abbassò gli occhi sul suo banco si maledì mentalmente notando di aver confuso il libro di scienze con quello di storia, probabilmente per l’eccessiva stanchezza. Si guardò intorno e si sentì terribilmente sbagliata, sbagliata in quel posto, con quelle persone che vedeva ogni giorno ma che non aveva mai voluto conoscere. Vedeva le loro mani muoversi freneticamente nel gesto di scrivere qualche frase, qualche appunto in più, le loro teste chine sul libro, e i loro volti concentrati e annoiati allo stesso tempo. 

 

 

-Ti odio, hai capito? Io ti odio!-

 

 

Pam chiuse gli occhi, concentrandosi sul presente. Non era la prima volta che il suo cervello le imponeva certi ricordi. Ricordi perchè, appunto, erano solo questo. Non avevano alcun collegamento con la sua attuale realtà, così monotona che quasi si stupiva di sé stessa. Non controllava più lo scorrere del tempo, era come se la sua vita fosse sabbia che le scorreva velocemente tra le dita senza che lei potesse fermarla. Non poteva continuare così, lo sapeva. Che razza di vita stava vivendo? Passava le giornate a cacciare i pensieri per non cadere sotto il loro peso. Voleva solo andare avanti senza che quelle parole continuassero a rimbombarle in testa la notte, senza che i sensi di colpa le stringessero il cuore. La sua felicità, dove l’aveva lasciata? Dove si era lasciata?
-Harris!-
Pam alzò lo sguardo verso la professoressa, che infuriata stava in piedi dietro la cattedra con i pugni chiusi poggiati sopra ad essa. 
-Signorina Harris, perché non ci fa un rapido riassunto di quello che ho spiegato durante questa ora?- chiese maligna togliendosi gli occhiali e unendo le dita davanti al viso -Avanti-
Pam si sentiva gli occhi di tutta la classe puntati addosso. Sentiva i loro sguardi bucarle la pelle, i loro occhi inespressivi la bruciavano. Teneva i suoi occhi puntati sul viso della professoressa mentre si torturava freneticamente le lunghe maniche del maglione. 
-Io… beh, ecco…- balbettò, cercando le parole giuste per spiegare a quella vecchia arpia che della sua lezione non gliene fregava assolutamente nulla. A salvarla da quella situazione fu il suono della campanella, che le strappò dalle labbra un sospiro di sollievo.
-Oggi è la sua giornata fortunata, Harris- sentì dietro di sé prima di uscire definitivamente.

*****


-Povera, piccola, ingenua Pam,- la schernì Trisha -sul serio non ti sei accorta di nulla?-
Erano sedute insieme sul muretto fuori da scuola quando Mark Fleming si era avvicinato alle due ragazze, invitandole entrambe alla festa che si sarebbe svolta quella stessa sera a casa di Josh Ryan, quarterback della squadra di football della scuola. Mark giocava anche lui nella squadra, era simpatico e molte ragazze gli andavano dietro, ma Pam non poté fare a meno che sfoggiare il suo totale disinteresse sull’argomento, declinando l’offerta gentilmente e continuando a fumare la sua sigaretta. Dopo che se ne fu andato, Trisha scoppiò a ridere, esprimendo tutta la sua malizia con un sorriso che, a Pam, infastidiva terribilmente.
-Accorta di cosa?- chiese confusa, gettando via il mozzicone della sigaretta.
Trisha si battè una mano sulla fronte scuotendo la testa -Non ce la puoi proprio fare- disse con un tono disperato e divertito -Ma non vedi che ti muore dietro?-
Pam scosse la testa convinta -Non è vero-
-Sei proprio senza speranza- rise la mora.
Entrambe si abbassarono a prendere lo zaino quando sentirono il suono della campanella, dirigendosi verso l’entrata.
-Vogliamo parlare di te?- 
Trisha aggrottò le sopracciglia confusa -Che c’entro io?-
Pam la guardò alzando le sopracciglia -Continui a declinare le avance di Hood, quando sappiamo bene entrambe che gli sbavi dietro da due anni-Trisha per un momento sorrise, pensando a quanto fosse brava l’amica a stravolgere l’intera conversazione in soli due secondi -La mia è solo una brillante strategia-
-E a cosa punti con questa “brillante strategia”?- chiese ridendo per le idee strane della mora
-A farlo desiderare, finché non cadrà definitivamente ai miei piedi-
-O finché non lo farai tu- rispose Pam piccata.
Trisha aveva sempre avuto una gigantesca cotta per Calum Hood, ragazzo di un anno in più di loro. Era più che altro una vera e propria fissazione, nonostante avesse avuto un paio di storie nel frattempo. Solo ultimamente lui sembrava essersi accorto di lei che, contrariamente da quanto pensava Pam, aveva declinato ogni suo invito, lasciando il ragazzo piuttosto demoralizzato. Uno dei tipici comportamenti di Trisha che non avresti potuto mai capire.
La mora si finse scandalizzata -Beh, grazie, gran bella considerazione che hai della tua migliore amica. Guarda che io ho molto autocontrollo-
-Certo, come quella volta in cui tirasti un pugno alla Davis- disse, ricordando le risate che si era fatta quando lo era venuta a sapere
-Mi ha dato della poco di buono, ero giustificata- 
Pam rise, scuotendo ripetutamente la testa. Di Trisha si poteva elogiare ogni qualità, ma non l’autocontrollo. Era molto istintiva, non ci pensava due volte quando faceva qualcosa, semplicemente seguiva l’istinto, ma non sempre questo le era d’aiuto.
-Ti passo a prendere alle dieci, comunque- disse Trisha sorpassandola per dirigersi verso la sua aula.
-Per cosa?- le urlò dietro Pam.
-Per la festa, ovviamente- rispose lei -A stasera idiota!-
Pam fece per ribattere, ma sapeva che sarebbe stato inutile.
Si sistemò lo zaino sulla spalla per poi entrare in classe, sperando che anche quella giornata finisse al più presto.








Sono vegana dal lunedì al venerdì:
Ok, ciao a tutti! Ammetto che il capitolo è più corto di quanto mi aspettassi, ma cercherò di rimediare con il prossimo. Cercherò di pubblicarlo anche domani se riesco, ce la metterò tutta, davvero. (Non fate caso alla frase sopra)
Spero che il capitolo, e la storia, piaccia, in caso contrario mandatemi quanti più consigli potete. Aspetto dei vostri commenti, positivi o negativi che siano. :)

Se sono pazza, dici? Temo di sì. 
beve un sorso di brandy e osserva il tramonto*

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Capitolo 2
*** Let me lose myself ***


Let me lose myself


 

Nobody said it was easy,
No one ever said it would be so hard

The Scientist - Coldplay


-Cazzo Trisha, vuoi chiudere la bocca per un minuto?-
Trisha si fermò, la frase lasciata a metà e la bocca semi-aperta -Scusa, volevo solo raccontartelo…- pronunciò infine, leggermente delusa.
Pam si passò velocemente una mano fra i capelli lunghi, chiudendo gli occhi e cercando di concentrarsi il più possibile sui suoi pensieri.
-Scusa, non ce l’ho con te. Sono solo un po’ stanca, e questa musica è assordante, faccio fatica a sentire i miei pensieri-
Trisha sorrise, aggiustandosi il vestito nero e poi guardandola comprensiva -Forse dovremmo uscire un po’, non hai una bella cera- 
La ragazza scosse la testa freneticamente -No, tu resta qui. Davvero, prendo un po’ d’aria e poi torno dentro, sto bene. E poi c’è un certo moretto di tua conoscenza che ti sta fissando da quando sei entrata. Credo che non gli dispiacerebbe affatto se io ti lasciassi qui, sola soletta. Capisci che intendo no?- disse, alzando le sopracciglia e regalando a Trisha uno sguardo malizioso che la fece ridere.
Pam annuì soddisfatta e, dopo aver tirato fuori il suo pacchetto di sigarette dalla borsetta di Trisha, si diresse con difficoltà verso l’uscita, spintonando scocciata gli pseudo-ballerini ubriachi che occupavano la sala perfettamente allestita. La casa del quarterback era decisamente grande, doveva ammetterlo. La sala era a dir poco enorme e, anche se da dove si trovava in quel momento riusciva a distinguere poco e niente, immaginava come poteva essere ridotta, e per un momento si dispiacque per coloro che, finita la festa, avrebbero dovuto pulire. Quando finalmente riuscì a scorgere la porta d’ingresso sospirò, e si girò verso il ragazzo che, per tutto il tragitto, aveva deciso di importunarla. Non era molto alto, era esattamente della sua stessa statura, ma i capelli malamente tirati su gli facevano guadagnare pochi centimetri in più. Il fiato puzzava di alcool, tanto che Pam si costrinse ad allontanarsi.
-Uh, la bambolina si è girata finalmente- disse barcollando leggermente -Che ne dici di muovere un po’ i fianchi per me?- chiese ridendo e cercando di prenderle un braccio.
Pam allontanò il suo braccio scocciata, prendendo il suo mento con due dita e girandogli il viso verso le scale -Guarda, vedi quella ragazza? Ecco, proprio prima mi parlava di quanto si stesse annoiando. Perché non vai da lei, così potrete “muovere i fianchi” insieme, si?- 
Il ragazzo sembrò rifletterci un secondo, prima di rivolgere nuovamente gli occhi su di lei -Si, in effetti è anche più sexy di te- 
Pam scosse la testa ridendo, guardandolo allontanarsi. Se fosse stato sobrio probabilmente si sarebbe accorto che in realtà la “ragazza” vicino alle scale era un maschio. Senza indugiare un minuto di più si allontanò dalla pista e raggiunse l’uscita.
Finalmente all’esterno prese un lungo respiro, dimenticandosi della musica che ancora riusciva a sentire, della festa, del ragazzo ubriaco. Si costrinse ad aprire gli occhi solo quando sentì dei gemiti provenienti dalla sua sinistra. Notando la fonte di quei fastidiosi rumori, alzò gli occhi al cielo e oltrepassò il cancello d’entrata, appoggiandosi al muro che circondava il giardino. 
“Esistono le camere da letto, e credo siano anche più comode di quelle sdraio”, pensò, accendendosi una sigaretta. Lasciava che il fumo le uscisse dalle labbra come se avesse potuto portare i problemi via con sé, ma sapeva che non sarebbe andata così. Quando quella sigaretta sarebbe finita non le sarebbe rimasto altro che la puzza di fumo sui vestiti, infiniti pensieri per la testa, e lo stesso nome che da anni ormai non la lasciava mai sola. 
-Cazzo!- 
Quando sentì l’imprecazione, Pam alzò lo sguardo, accorgendosi solo in quel momento del vecchio pick-up nero parcheggiato di fronte al marciapiede della villa. Confusa, buttò la sigaretta ancora a metà e si diresse verso il retro della vettura.
-Ehi biondino-
Il ragazzo si girò, assottigliando gli occhi e squadrandola velocemente, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
-Ti serve una mano?- continuò lei, ignorando il tentativo del biondo di non considerarla.
-Me la cavo benissimo da solo- disse scorbutico, continuando a trafficare con le cassette di alcolici. 
Pam alzò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto -A me non sembra proprio- disse, lanciando uno sguardo alle due bottiglie di birra frantumate sull’asfalto. Senza pensarci due volte si avvicinò al pick-up e prese una cassa, aspettando indicazioni dal ragazzo su dove portarla.
Il biondo la guardò per qualche secondo, prima di riprendere le altre due cassette rimaste e dirigersi verso il retro della casa. La ragazza lo seguì in silenzio, guardandosi attorno ogni tanto, e notando che i due ragazzi che si stavano dando da fare poco prima davanti alla piscina avevano finalmente deciso di optare per una superficie più confortevole.
Dopo pochi minuti arrivarono di fronte ad una porta secondaria. Il ragazzo appoggiò una spalla alla porta cercando di sorreggere meglio le bottiglie e battè forte il piede contro la porta, facendo sussultare Pam. In poco tempo la porta si aprì, lasciando intravedere la sagoma di un ragazzo che immediatamente si spostò per lasciare passare i due. Il biondo entrò velocemente, lasciando le cassette a terra e abbandonandosi su una sedia. 
-Cazzo Luke, te ne sei bevute due?- chiese il ragazzo che aveva aperto la porta, notando l’assenza delle due bottiglie.
-Non le ho bevute idiota, mi sono cadute- rispose lui passandosi una mano fra i capelli e girandosi verso la porta-Aspetti un invito per caso?-
Pam si riscosse dai suoi pensieri e oltrepassò la porta, leggermente imbarazzata, lasciando la cassetta sulla penisola della cucina.
Il ragazzo che prima aveva aperto loro la porta portò lo sguardo su di lei per poi lanciare un’occhiataccia all’amico -Che fai, non ci presenti?-
Lui continuò a rigirarsi la bottiglia fra le mani, alzando le spalle con non-chalance -Ce l’hai anche tu una bocca, Ashton-
Il riccio scosse la testa, porgendole una mano -Ashton, piacere. Bella la maglietta, comunque- disse, guardando la sua maglietta dei Pink Floyd.
Pam lo guardò per qualche secondo, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio -Pam- disse, stringendogli la mano -Bella anche la tua bandana-
A quell’affermazione Ashton sorrise, sistemandosela. All’improvviso si sentì lo sbattere violento della porta, al quale sobbalzarono entrambi, mentre Luke sembrava non essersi accorto di nulla. Josh Ryan entrò dalla porta con passo sicuro, sorridendo soddisfatto alla vista degli alcolici.
-Bel lavoro, amico- disse annuendo, continuando a contemplare le casse.
Luke si alzò lentamente dallo sgabello sul quale si era precedentemente seduto, sbattendo la bottiglia di birra sul piano della cucina -Amico un cazzo, Ryan- 
Josh rise -Oh, andiamo, pensavo che ormai le cose fossero risolte tra noi Hemmings. Non essere sempre così scorbutico, sei ad una festa, divertiti!-
Il biondo strinse i pugni -Sappi che se non fosse stato per mia sorella, le tue provviste di birra potevi procurartele con quelle belle manine da fata che ti ritrovi- sputò acido, facendo irrigidire Josh -Hai le tue maledette casse, ora fammi il piacere di andartene fuori dalle palle!-
Pam guardava la scena cercando di farsi notare il meno possibile, non aveva il coraggio di dire nulla. Ashton mise una mano sulla spalla del biondo nel gesto di calmarlo, ma in un modo incredibilmente protettivo.
Josh non perse il sorriso strafottente, avvicinandosi al biondo e porgendogli una mazzetta di soldi -Non c’è bisogno di essere così taglienti, ecco a te. Sai, magari se fossi sempre così disponibile potresti permetterti una macchina come si deve, no?-
Luke rise, prendendo i soldi dalla sua mano e contandoli -Cento dollari, non badi proprio a spese. Peccato che io non sia un tuo burattino- disse, strappando le banconote e lanciandone i pezzi sul petto di Josh -Non ho bisogno dei soldi del tuo paparino-
Quella frase dovette aver scatenato qualcosa nell’altro ragazzo, pensò Pam quando lui rispose -Combattivo come la sorella il ragazzo, eh? Beh, non mi lamento, i graffi che ho sulla schiena per quanto la faccio godere ne sono la prova-
Successe tutto in un secondo. Luke gli scagliò un pugno sul naso con una tale forza da farlo cadere a terra -Figlio di puttana!-
Ashton si gettò sul biondo tirandolo indietro -Luke no- cercava di dire mentre il ragazzo si dimenava, continuando a urlare a Josh i peggiori insulti. Quando finalmente riuscì a tenerlo fermo lo trascinò fuori, facendo segno a Pam di seguirli.
-Io lo ammazzo porca troia, non deve permettersi! Razza di bastardo, gli spacco tutti i denti- continuava a ripetere Luke, spostandosi indietro i capelli biondi in modo nervoso -Ashton mollami, deve pagarla-
L’amico lo lasciò, continuando però a tenere una mano sulla sua spalla -Cazzo Luke, non vedi che lo fa solo per provocarti?-
Lui lanciò un grido di frustrazione, sedendosi a terra e cercando di regolarizzare il respiro.
Pam era immobile davanti a loro, non sapeva cosa fare, cosa dire, come comportarsi. Perchè no, non si era mai trovata in una situazione del genere. Presa da un’illuminazione si allontanò da loro, entrando nuovamente in cucina. La situazione non era migliorata: Josh era in piedi appogiato al frigorifero, mentre con un fazzoletto sporco di sangue si tamponava il naso. Con lui c’erano una ragazza e altri due ragazzi, anche loro giocatori di football. Tutti e quattro si girarono a guardarla.
-Oh, Harris, ti avevo intravista prima, sai? Che ci fai con uno come Hemmings? Non fa per te- disse arricciando le labbra e facendole un occhiolino.
Pam lo ignorò completamente, avvicinandosi alla penisola della cucina e prendendo una cassa di alcolici, per poi uscire e dirigersi verso il punto in cui aveva lasciato prima i due ragazzi. Quando arrivò si accorse che questi non c’erano, maledendosi mentalmente per la sua precedente uscita di scena improvvisa. Quando si accorse che questi erano seduti sul bordo della piscina tirò un sospiro di sollievo, dirigendosi verso di loro. 
Arrivata di fianco a loro lasciò cadere la cassa, sedendosi anche lei e prendendo una bottiglia. Luke rise guardandola -Hai rubato una cassetta?-           
Pam alzò le spalle, porgendogli la bottiglia -Quando mia madre era un’alcolizzata, da ubriaca diceva sempre cose come “Dio benedica la vodka” o altre stronzate simili. Non capiva proprio un cazzo quando era ubriaca,- ricordò Pam ridendo -ma un giorno disse una cosa che mi piacque davvero un sacco: avevo otto anni, disse esattamente “Io non voglio dimenticare i problemi, voglio dimenticare me stessa. Perché forse, se fossi un’altra, questi non sarebbero problemi”. Capii a pieno il significato di quella frase solo anni dopo, e pensai che fosse proprio vero- raccontò il tutto con un sorriso, come se, alla fine, fossero i suoi ricordi migliori -Beh, non so voi ragazzi, ma stasera io avrei proprio bisogno di perdermi per un po’!-
Ashton la guardò dispiaciuto, prendendo la bottiglia che lei gli stava porgendo -Mi dispiace- disse semplicemente.
-Non preoccuparti, è successo un casino di tempo fa. Ora è completamente pulita- disse prendendo un primo sorso.
Luke continuava a guardarla, non distoglieva mai lo sguardo, nemmeno mentre beveva. La studiava, e non si preoccupava affatto di nasconderlo. Pam si sentiva a disagio, cercava di concentrarsi solo sulla sua bottiglia, ma con quegli occhi puntati addosso di rese ben presto conto di quanto fosse difficile. La sua vista iniziava ad annebbiarsi, mentre iniziava a sentirsi sempre più leggera. All’improvviso rise, rise forte, sdraiandosi a terra. I due ragazzi sorrisero notando in che condizioni fosse, scambiandosi delle parole che Pam non capì. Cercava di contare le stelle, ridendo ogni volta che perdeva il conto e ricominciando. Non sentiva nulla, non provava nulla. Ad un certo punto si sentì sollevata, rendendosi conto di essere stata presa in braccio da Luke.
-Dove andiamo?- chiese continuando a ridere e toccando la guancia del biondo.
-In macchina- disse lui senza prestarle troppa attenzione, mentre Ashton era più avanti rispetto a loro.
Pam emise un grugnito di disapprovazione, divincolandosi -Ma io voglio vedere le stelle!- continuava a ripetere, scalciando. 
-Ashton mi spieghi perché non potevamo lasciarla lì?!- urlò spazientito all’amico, che in risposta gli mandò uno sguardo di disapprovazione.
Luke abbassò la testa, e con tono supplichevole chiese -Se guardiamo le stelle la pianti di scalciare?-
Pam annuì continuando a ridere.
Arrivati al pick-up Luke la fece salire sul cassone, salendo anche lui.
Pam si sdraiò, aveva smesso di ridere. Ora era in silenzio, guardava il cielo e non pensava a nulla. Forse fu proprio questo a spaventarla. Pensava solo al nulla, al vuoto, e si sentiva affogare. Luke era seduto di fianco a lei, non smetteva un secondo di guardarla, ma lei non se ne accorgeva. 
-Inutile- disse lei, pensando ad alta voce. Lui non disse niente, continuò a guardarla come se sapesse già ogni cosa.
-Non possiamo fare nulla. Siamo inutili. Brancoliamo nel buio cercando di aggrapparci a qualcosa, non abbiamo un senso- inciampava nelle sue stesse parole, le guance rosse, le mani che giocavano con il bordo della maglietta. 
Ashton salì, sedendosi di fianco a Luke -Ho maneggiato un po’ con i tuoi dischi, spero non ti dispiaccia- disse quando partirono le prime note di “The Scientist” dei Coldplay.
-Affatto- rispose lui.
E questo fu l’ultima cosa che Pam sentì.




 
Occhi pieni di prosciutto:
Okay, spero davvero che vi piaccia il capitolo e... E non so che altro dire. Davvero, non sono brava con queste cose. Scusate e fatemi sapere cosa ne pensate!
Al prossimo capitolo.
Collyn

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Capitolo 3
*** Memories ***


Memories

 

But it’s starting to all make sense
Oh, I can see now that all of these clouds
Are following me in my desperate endeavor
To find my whoever, wherever she may be

Remembering Sunday - All Time Low


 

Lui era vivo.
Questo era tutto ciò che Luke riusciva a pensare in quel momento. Continuava a ripeterlo a sé stesso, nella sua mente, come se fosse l’unica certezza a cui riusciva ad aggrapparsi. Lui era lì, era vivo. Lo sapeva, lo sentiva nel nero dei suoi polmoni, nella pelle d’oca sulla sua pelle, nel vento che gli gelava le guance e la punta del naso. E mentre guardava la sigaretta consumarsi lentamente fra le dita, i soliti pensieri rimbombavano nella sua testa come una cantilena continua, come un crudele scherno che non riusciva a mettere a tacere. 
Sentiva la sua testa spaccarsi. Aveva immaginato che la sua testa si aprisse e dal cervello sanguinolento nascessero dei fiori. Forse l’aveva sognato. Forse era ubriaco. No, non era ubriaco, aveva bevuto solo mezza bottiglia di birra quella sera, che, per lui, equivaleva ad un bicchiere di acqua gasata. Ormai quella sensazione era diventata così abituale, così famigliare che la sentiva quasi giusta, dentro di sé: un dolore emotivo così forte da diventare fisico. 
Sentiva il battito regolare del proprio cuore. Era un suono triste.
-La musica?-
Luke sorrise sghembo, girandosi verso la ragazza che, con gli occhi socchiusi, si circondava il corpo con le braccia nel tentativo di scaldarsi e sfuggire ad un vento troppo freddo per quella calda stagione, e per l’estate ormai alle porte.
-Ti sei addormentata, la musica l’abbiamo tolta da un pezzo- rispose, portandosi la sigaretta alle labbra per assaporarne gli ultimi tre tiri.
Pam grugnì, sfregandosi freneticamente le mani contro le braccia, cercando di alleviare i brividi che l’avevano assalita durante il sonno. Sfregandosi l’occhio con una mano in un gesto leggermente infantile, portò un braccio alla sua destra senza accorgersene, causando un lieve lamento da parte di Ashton, che dormiva profondamente di fianco a lei. Il biondo rise nuovamente, appagato dalla scena comica che gli era stata appena offerta, per poi buttare il mozzicone sull’asfalto, oltre il cassone del pick-up.
-Rimettila- chiese Pam, girandosi su un fianco e sforzandosi di distinguere i suoi tratti nel buio.
Il biondo si girò, giocherellando con il pearcing con uno sguardo totalmente apatico, quasi assente -Sono le tre di notte, torna a dormire-
Pam rimase zitta, totalmente intontita dal sonno e dall’alcool ancora in circolo nel suo corpo, con la mente annebbiata da sensazioni confuse e illogiche. Lo guardava senza vederlo, sentiva il suo corpo di fianco a lei come una presenza superflua, una compagnia assente che la teneva sveglia. 
Luke prese tra due dita una piccola ciocca di capelli scuri vicina alla testa della ragazza che, con una mano sotto la guancia rosea, rimaneva sdraiata, come se stesse aspettando qualcosa. La guardava dall’alto non prestando realmente la giusta attenzione, e forse andava bene così. Magari in due un’assenza fa meno male.

*****

 

Pam si passò una mano tra i capelli in un movimento meccanico e abituale, assaporando ancora per pochi attimi la luce del giorno che si rifletteva sulle sue palpebre chiuse. Riusciva ancora a sentire il sapore dell’alcool sulla lingua, mentre un leggero bruciore alla gola la portò a tossire. Si ricordava perfettamente della sera prima, di tutte le bottiglie bevute che l’avevano portata a dire, a fare cose che, da sobria, non le sarebbero mai passate nemmeno per l’anticamera del cervello. *
Istintivamemte si portò una mano sulla fronte, agitandosi leggermente nel ridicolo tentativo di rendere più comoda la dura superficie su cui era sdraiata, grugnendo per le voci troppo alte di due persone di cui, in quel momento, non aveva tenuto conto.
-Volete tacere o devo tirarvi una scarpa?!-
Sentendo il silenzio intorno a lei, sorrise vittoriosa, lasciando ricadere la testa sulla mano e rilassando i muscoli.
Un rumore improvviso la fece sussultare, costringendola ad aprire gli occhi. Luke stava di fronte a lei in piedi sul cassettone del veicolo, con le braccia incrociate e i capelli leggermente spettinati. Quella visione la fece riscuotere improvvisamente come una secchiata d’acqua gelida, facendole alzare il busto. Si guardò velocemente intorno riuscendo a distinguere la stessa strada della sera prima e, poco più lontano, la casa dove si era svolta la festa. Quasi ridacchiò vedendo le condizioni penose in cui era ridotta la bella villa: corpi ancora dormienti sulle varie sdraio, bottiglie vuote o frantumate sul prato perfettamente falciato, vasi di fiori rovesciati, piante completamente distrutte, un reggiseno fucsia che galleggiava nell’acqua della piscina insieme ad altri oggetti non identificati. Un sorriso le sfuggì sul viso pensando alla possibile reazione dei genitori del quarterback, che non sarebbero più stati così propensi a partire e lasciare il figlio a casa per un intero weekend da solo.
-Avanti principessina, muovi quel culo e alzati, hai dormito fin troppo- la voce di Luke la riscosse dai suoi pensieri, facendole spuntare una piccola smorfia per il nomignolo che le era appena stato affibbiato.
Senza neanche guardarlo in faccia si alzò, portandosi alcune ciocche di capelli dietro l’orecchio e saltando giù dal cassone, in un modo tanto brusco che le fece girare la testa. 
Il biondo era ancora nella stessa posizione di prima, ma aveva smesso di guardarla, preferendo invece concentrarsi sul cielo, ancora un po’ rosato. Si perse a guardarlo qualche secondo, notando come il suo profilo fosse illuminato in modo quasi perfetto da quelle striature aranciate, invidiando la sua calma, la sua compostezza così perfettamente studiata a cui ormai lui non faceva neanche più caso. Guardò la sua maglia dei Guns ‘n Roses e sorrise quando il viso di Trisha si fece prepotentemente spazio fra i suoi pensieri. Quella ragazza aveva ogni singolo loro album, semplicemente li adorava.
Il suo sorriso svanì quando un’idea le balzò alla testa, facendole spalancare gli occhi.
-Merda merda merda!-
I due ragazzi assunsero un’espressione alquanto stranita, senza mai staccare gli occhi da lei che, nel frattempo, si spostava velocemente da un lato all’altro di quello che, pochi minuti prima, era stato il suo letto, cercando freneticamente una cosa a loro sconosciuta. Solo quando alzò trionfante il telefono capirono il motivo di tanta preoccupazione, allontanandosi in modo da lasciarle un minimo di privacy. Era perfettamente comprensibile il suo comportamento; d’altronde, aveva passato la notte fuori con due completi sconosciuti, ed era molto bassa la probabilità che a quella festa ci fosse andata da sola.
Pam si rigirò più volte il telefono tra le mani, per poi premere forte il bottone d’accensione. Provò una, due, tre volte, ma lo schermo sembrava intenzionato a rimanere nero, segno che la sua batteria era ormai completamente morta. Lanciò un paio di imprecazioni sbattendo la mano al lato del telefono, sperando in una qualche possibile resurrezione, inutilmente. Buttò la testa all’indietro, sbuffando e emettendo uno strano verso di frustrazione.
Quando arrivò dall’altro lato del pick-up, Ashton e Luke erano presi in una discussione abbastanza accesa, di cui però, o almeno così sembrò a Pam, a Luke non importava più di tanto, mentre sfoggiava il solito sguardo apatico e aspirava il fumo della sua sigaretta.
-Dovete accompagnarmi a casa- disse, spostandosi i capelli con una mano e guardandoli in modo eloquente.
Entrambi si girarono a guardarla, interrompendo a metà la loro conversazione. Ashton, a differenza del biondo, le sorrise ampiamente, avvicinandosi a lei e posandole un braccio sulle spalle.
-Sei fortunata- disse -Luke ha proprio un posto libero in auto, e sono sicuro che sarà felicissimo di accompagnarti, non è così Luke?- 
Il ragazzo lo guardò con un espressione fra il divertito e lo scocciato per poi posare lo sguardo su di lei e annuire leggermente, estraendo le chiavi dalle tasche degli skinny jeans neri e salendo. 
Il riccio fece un cenno del capo all’amico e le sorrise un’ultima volta, per poi girare le spalle al veicolo e dirigersi verso la strada opposta a quella in cui si trovava la villa dei Ryan. 
Pam rimase intontita sul posto, continuando a guardare la direzione che aveva preso il ragazzo, quando il rumore assordante del clacson la fece quasi saltare in aria. Lentamente si girò verso il pick-up, dove Luke se la stava ridendo bellamente, senza il minimo ritegno. Furiosa e assordata dal forte rumore si diresse verso il veicolo e salì sul lato del passeggero, mentre lui ancora ridacchiava, facendo decisamente aumentare il suo nervosismo.
-Posso farti una domanda?- chiese Luke dopo aver messo in moto.
Uscirono dal vicolo.
-Okay-
-Hai origini asiatiche vero?-
Erano poche le persone che se ne accorgevano. Credevano di scorgere qualcosa di asiatico, soprattutto da quando aveva messo un po’ d’ombra sotto gli zigomi. A quella domanda tutto tornò indietro, a quando mamma e papà non c’erano e lei giocava sui tetti delle baracche degli sfollati. A quando aveva tre anni e sua madre non la baciava mai, e la toccava di rado, ma in istanti di grande confidenza le permetteva di bere il suo latte, e allargava le gambe in modo che lei potesse infilarsi fra di esse. E nel suo solito odore di carbone bruciato e pelle d’orso, beveva immuk, il latte di sua madre.
-Sono per metà groenlandese-
Luke la guardò interessato, e per un attimo il viso gli si illuminò, negli occhi la scintilla di curiosità tipica dei bambini -Davvero?-
Annuì -Mia madre è di Thule-
Luke si spostò i capelli biondi indietro, accendendosi una sigaretta. Lei lo guardava da sotto le ciglia, mentre lui con le mani sul volante batteva le dita ritmicamente, seguendo una melodia piacevole e orecchiabile. Guardava le sue labbra che intrappolavano il filtro della sigaretta, il suo sguardo concentrato, l’aria serena e tormentata. Allontanò il pensiero. Ritorna, si disse.
-Pam… è il tuo vero nome?- chiese allora lui.
-È un diminutivo. Mi chiamo Pamiiyok-
Lui si girò a guardarla -Cosa significa?-
Pam si torturò le dita guardando fuori dal finestrino, appoggiando la testa al vetro e concedendogli uno sguardo stanco -Coda arricciata- disse sbuffando -e non provare a ridere!-
Il ragazzo sorrise, guardandola di sottecchi -Mi piace invece, ti si addice-

Erano ormai solo un paio di case di distanza da quella di Pam quando entrambi notarono un paio di volanti della polizia parcheggiate proprio di fronte al vialetto. 
A quella visione la ragazza spalancò gli occhi, sbattendo disperatamente la mano sulla fronte e scuotendo la testa -Era proprio quello che temevo-
Luke la guardò divertito, parcheggiando vicino agli altri due veicoli e incrociando le braccia al petto. Con una mano prese distrattamente a torturarsi la piastrina che portava al collo, continuando a guardare la bella casa che aveva di fronte.
-Beh, grazie mille del passaggio- disse lei, aprendo la portiera. 
A quelle parole Luke si girò verso di lei, seguendola con lo sguardo mentre si allontanava verso casa sua -Ci si vede in giro, Coda- disse, lanciandole un sorriso complice.
Quando la sua auto sfrecciò via, Pam si ritrovò a pensare che, per quanto quel soprannome facesse schifo, detto da Luke sarebbe sempre sembrato bello, in qualsiasi caso.

 

*****

 

-Eddai nonna, mi dispiace, quante volte dovrò ripeterlo?-
L’ennesimo schiaffo la colpì dietro la testa, facendola gemere per il dolore. Con una mano prese a massaggiarsi il capo mentre sua nonna stava per abbandonarsi ad un’altra crisi isterica a causa dell’orribile figuraccia che Pam le aveva fatto fare con i poliziotti, oltre che del suo modo di comportarsi totalmente irresponsabile. 
-Avresti almeno potuto avvisare! Ho chiamato Trisha e mi ha detto che te ne eri andata da sola, era molto preoccupata! Pensavo ti avessero rapita, che ti avessero fatto del male, così ho chiamato la polizia, e tu cosa fai? Ti presenti qui alle 10 come se fosse una cosa normale! Dio, che figura…-
Sua nonna, oltre che essere molto, troppo apprensiva, era anche una donna molto vanitosa, aspetto che fece intuire a Pam che non avrebbe dimenticato facilmente l’episodio appena avvenuto. Era molto magra e riservava ancora i tratti ormai sciupati di una sbiadita bellezza, di cui era sempre stata consapevole. I capelli erano biondissimi e corti, gli occhi grandi e marroni espressivi e sempre vivaci. Usava vestirsi elegante, più come piacere personale che per mostrarsi sofisticata agli occhi altrui, indossando abiti eleganti di seta o lino ricchi di balze e belle decorazioni e pellicce finte.
Quando sua madre aveva deciso di andarsene con la figlia, la nonna paterna di Pam, riservando l’antico rancore che aveva sempre provato per Ahnah, sua madre, si oppose con tutte le sue forze a quella decisione, riuscendo a tenerla con sé. E Pam sapeva bene il motivo di quella decisione: lei era l’unica cosa che potesse ricordarle ciò che aveva perduto. Perché è questo ciò che le persone fanno quando qualcuno che hanno amato, muore; venerano una fotografia, affrontano un viaggio di chilometri per poter rivedere il muro di una casa, qualsiasi cosa possa ravvivare la brace che li scalda e li brucia. Così lei si era aggrappata ad un ricordo, e Pam era quel ricordo. Con grande difficoltà aveva affrontato un’infinita serie di rifiuti e un deserto di avversione solo per poterla guardare e soffermarsi un istante sui punti in cui doveva assomigliare al figlio che aveva perduto, il padre di Pam.
-E ora vai su e cambiati, sembri una specie di squillo da cinque dollari conciata così- disse, prendendo la sua borsa e uscendo, probabilmente per andare a fare la spesa. 
Pam abbassò lo sguardo, guardandosi la bella maglia dei Pink Floyd. Sapeva che sarebbe stato inutile ribattere, che sua nonna oltre che alle composizioni per organo di Bach non ascoltava molto.
Dopo aver attaccato il celluare al caricabatterie si diresse in cucina, dove prese una birra. Dicono che in Groenlandia si beva molto, ma è una gigantesca sottovalutazione. Si beve in maniera colossale. Guardando la bottiglia ripensò a sua madre, e rise. Era la personificazione dei benefici effetti dell’alcool. Sobria era rigida, muta e impacciata. Ubriaca era felice e contenta come una pasqua. Questa bella metamorfosi si manifestava attraverso un avvelenamento dell’organismo. 
Ripensò a ciò che aveva detto la sera prima a Luke ed Ashton. “Ora è completamente pulita”, e lo sperava, con tutto il cuore. Perché lei era l’ultima cosa che suo padre aveva amato, era quanto di più vicino a lui potesse sperare di avere. Ma lei se ne era andata, era scappata dal suo dolore lasciando Pam da sola. 
Per un momento allontanò quel pensiero, concentrandosi su quello che era stata prima. La ricordò in Groenlandia, quando Pam era ancora piccola, e lei la portava a pescare. Ricordò che negli intervalli fra i suoi sospettosi e incostanti cambiamenti d’umore c’era un’allegria che era voglia di vivere, e forse era stata perfino una specie di calore. Quella sua parte di mondo era stata portata via dal padre di Pam. Lui era scomparso insieme ai suoi colori, abbandonandola in un mondo che era solo in bianco e nero. 
Ma non pensò a questo quella mattina. Pensò a come era stata prima, agli orecchini d’oro che portava sempre, alla sua pelle bruna, alla sua camicia di cotone a quadri, ai suoi capelli scuri sempre legati in un nodo sopra la nuca. Era bella. E ancora adesso, se ci pensava, le sembrava la donna più bella del mondo. Pensò a questo, e al dolore che aveva provato. Non la perdonò, disapproverà per sempre la scelta che aveva preso, ma in qualche modo la capì.

 

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Capitolo 4
*** Alone ***


Alone

'Cause it's you and me
and all of the people
with nothing to do,
nothing to lose
And it's you and me
and all of the people
And I don't know why
I can't keep my eyes off of you

You And Me - Lifehouse




Pam camminava tra i corridoi affollati come un fantasma, aleggiava in un alone di timida indifferenza mentre stringeva la spallina dello zaino. I suoi occhi, anche se abbassati, erano terribilmente attenti a ciò che stava fuori ma, soprattutto, a quello che nascondeva dentro, cercando di non lasciar trasparire nulla. Aveva sempre cercato di tenere le due cose separate, di marcare una profonda linea di confine fra i due mondi per non farli coincidere, aveva imparato ad alzare un muro sempre più alto, sapendo che se questo fosse crollato non le sarebbe rimasto nulla da difendere. Aveva bisogno di quel distacco, di quei due piccoli mondi nel nulla dei suoi pensieri. Aveva bisogno di perdersi, ma sapeva che se questi fossero entrati in collisione non avrebbe più saputo come trovarsi. 
Continuava a camminare con passo lento e tranquillo, il respiro regolare, la collana che sbatteva ritmicamente sul suo petto, i pugni stretti lungo i fianchi, il viso rilassato. Nulla la tradiva, nulla la svelava. Arrivò abbastanza velocemente alla mensa. Esitò, guardando la porta chiusa davanti a lei. Sentiva il chiacchericcio degli studenti, qualche leggero schiamazzo, i risolini maltrattenuti, le risate divertite e quasi violente. Guardava la porta, insicura, odiando Trisha per averla lasciata sola quel giorno a scuola. Sarebbe riuscita a sopportare tutta quella fredda indifferenza, la stessa che si era costruita intorno lei stessa per anni? Sarebbe riuscita a sopportare quella solitudine? Perchè questo era, senza Trisha. Sola. 
I suoi pensieri vennero interrotti dalla porta che veniva aperta violentemente. Sentì un tonfo a terra e un'imprecazione da parte del ragazzo di fronte a lei.
-Dannazione, ma sei fuori? Mi hai fatto prendere un colpo. Dio santo, ragazzina, sei inquietante!- disse abbassandosi per poter raccogliere ciò che gli era caduto. Marlboro rosse. 
-Io, ecco...- tentò, prima di essere interrotta dal biondo.
-Cosa? Ti diverti ad appostarti fuori dalle porte per fare prendere degli infarti alle persone? Questi tipi di "agguati" li ho abbandonati circa dieci anni fa io- rise, alzando un sopracciglio.
Pam si aggiustò malamente il cappello di lana in testa. Davvero irritante, pensò.
-Beh, se ti fai spaventare da una "ragazzina", ti sconsiglio vivamente cose come film horror, cimiteri, case abbandonate o la professoressa Jersey in minigonna- disse in un tono fintamente acido, che fece ridere il ragazzo. Irritante e lunatico.
Questo la squadrò da capo a piedi prima di annuire pensieroso e, le sembrò, vagamente soddisfatto.
-Sai, si sentono belle cose su di te Coda, davvero belle cose. Pam Harris, intelligente, ottima studentessa, gentile, disponibile e, a quanto pare, anche spiritosa. Credo però che l'altra faccia della medaglia sia più interessante- 
La ragazza lo guardò per qualche secondo, indecisa su cosa rispondere, leggermente irritata dal tono cantilenante con cui l'aveva descritta, come se fosse una filastrocca sentita e risentita milioni di volte.
-Non posso dire lo stesso di te, purtroppo. Luke Hemmings, biondo, non sempre presente alle lezioni, bramato da metà del corpo femminile della scuola, vagamente irritante e, a quanto pare, anche fumatore. Lascio scegliere a te quale lato della medaglia sia più interessante- disse, guardandolo negli occhi. Nulla lo tradiva, nulla lo svelava. 
Il ragazzo la guardò per un attimo serio, gli occhi immobili nei suoi, quasi duri. Durò solo un secondo, prima che questo si sciogliesse in una risata limpida -Biondo?-
Pam sorrise leggermente, lasciando trapelare la sua confusione -Si, perchè? Sei biondo, no? Vuoi dirmi che sei tinto?- chiese incrociando le braccia al petto.
-No,- scosse la testa -ma non vale così, io mica ho detto "Mora"- 
-Beh, allora dirò "Da bambino amava fare agguati alle persone da dietro le porte". Meglio così?- chiese ridendo Pam, sinceramente divertita.
Luke fece finta di pensarci, per poi dire -Decisamente- annuendo e spostandosi i capelli con la mano -Comunque sono onorato che tu abbia cercato informazioni su di me, insomma, alla fine non devo essere poi così irritante, se hai deciso di chiedere di me- disse rigirandosi il pacchetto fra le mani. Sembrava un bambino impacciato, si ritrovò a pensare Pam. 
-In realtà sapevo chi fossi, solo che non sapevo quale fossi, ecco. Non so come spiegarlo... Famoso ma non conosciuto.-
Lui la guardò con il solito sguardo da pirata, il sopracciglio alzato, l'ombra di un sorriso quasi di scherno a imbellire il viso, la barba incolta di un paio di giorni.
La ragazza scosse velocemente la testa, facendo un passo indietro -No no no no no, non guardarmi così, non ci provare!- disse, portando avanti le mani come a difendersi.
-Che ho fatto? Non ti sto guardando in nessun modo- ridacchiò.
Pam si portò una mano sulla fronte, spostandosi i capelli caduti davanti agli occhi -Così... Così!- disse, indicandolo -Come se io pendessi dalle tue labbra. Beh, non è così, tu... tu credi che tutti debbano cadere ai tuoi piedi solo perchè sei bello, con quell'atteggiamento da "Nulla può ferirmi", e quell'aria da cattivo ragazzo che smuove gli ormoni delle ragazze come maracas impazzite- 
Luke la guardava mentre gesticolava, mentre parlava velocemente cercando di non perdere il filo del discorso, e sorrideva, sorrideva perchè, per qualche motivo, la sua mente si era fermata a quel "sei bello". E se lo ripeteva mentalmente, quasi per non dimenticare quel piccolo complimento di cui neanche lei probabilmente si era accorta, ma che stava tappezzando le pareti della sua testa -Quindi pensi che io sia bello-
La ragazza si fermò, totalmente priva di parole, presa in contropiede -Io non..- provò a dire, prima di essere interrotta bruscamente dalla campanella che segnava la fine della pausa pranzo. Sospirò di sollievo
Il biondo scosse la testa con disappunto, spostandosi per lasciar passare le prime persone che uscivano dalla porta della sala mensa -Non pensare di scamparla così- disse, per poi sparire nella folla.


 
*****

 
Pam guardò un'ultima volta la finestra, per poi lasciarsi cadere sul banco, mentre la voce del professor Welsen raccontava aneddoti, secondo lui interessanti, su qualche personaggio storico ormai morto da secoli. Ascoltarlo, anche solo minimamente, stava diventando un'impresa sempre più ardua, forse per la stanchezza, forse per lo sconforto e la consapevolezza che, per colpa di quella pioggia, si sarebbe sicuramente inzuppata dalla testa ai piedi durante l'ormai imminente ritorno a casa. Era inevitabile.
Una vibrazione proveniente dalla tasca del suo zaino la fece sobbalzare, mentre il suo compagno di banco, allarmato, si girava verso di lei guardandola con divertimento e un leggero sospetto. Pam guardò prima il professore, per assicurarsi che non avesse sentito la vibrazione del suo cellulare, fin troppo rumorosa per i suoi gusti, per poi rivolgere al ragazzo un sorriso veloce e tirare fuori il telefono dalla tasca, cercando di non farsi vedere.
Quando lo schermo si illuminò quasi non si prese un colpo per il messaggio appena ricevuto.

Da: Sconosciuto
"Vorrei continuare quel discorso di prima, sembrava interessante... L."

Pam si guardò intorno un'ultima volta furtivamente, prima di iniziare a scrivere.

A: Sconosciuto
"Come diavolo hai il mio numero Hemmings? Questa è davvero la volta buona che ti ritrovi senza palle, ti avviso!"

Da: Sconosciuto
"La cosa più spaventosa di questa minaccia è la mancanza della virgola dopo 'numero'."

-Ehi Harris-
La ragazza si girò verso il ragazzo, che la stava guardando divertito.
-Io abbasserei la luminosità se fossi in te, quello lì è cieco fino a un certo punto- continuò, passandosi una mano fra i capelli colorati e lanciando una veloce occhiata al vecchio uomo che, dietro la sua cattedra, cercava di portare a termine la lezione di storia.
Pam non perse tempo e fece come le era stato detto, per poi girarsi nuovamente verso il compagno -Allora ce l'hai una lingua Clifford, buono a sapersi...-
Lui sorrise, tornando a prestare attenzione al foglio mezzo scarabocchiato sul suo banco -Felice di essere d'aiuto- disse, terminando definitivamente la conversazione, e lasciando Pam libera di controllare il telefono.

Da: Sconosciuto
"In ogni caso, ti aspetto fuori davanti al cancello"

Nell'esatto momento in cui finì di leggere il messaggio, la campanella suonò, causando un sospiro di sollievo generale all'interno dell'aula. In men che non si dica metà della classe era già uscita dalla classe, mentre Pam ancora cercava di trovare un fine a quel messaggio, una spiegazione che, in fondo, sapeva che non avrebbe trovato. 
Quando si accorse che, ormai, più di metà della classe era già uscita, prese lo zaino e, buttando disordinatamente le poche cose che aveva sul banco al suo interno, si diresse verso l'uscita, alzando sulla testa il cappuccio nero della felpa. 
Appena fu fuori da quell'edificio, il suo sollievo fu immediatamente spazzato via da quelle gocce violente e fredde, mentre si malediva mentalmente per aver dimenticato per l'ennesima volta la giacca a casa.
-Ce ne hai messo di tempo- disse Luke, spostando l'ombrello che teneva in mano in modo da coprire entrambi da quella pioggia autunnale.
Pam lo guardò, con il viso coperto dalle ciocche bagnate dei capelli e le guance rosee per il freddo -Dimmi la verità, mi pedini?- chiese, alzando un sopracciglio e infilandosi le mani nelle grandi tasche della felpa ormai fradicia. Lui rise, incamminandosi verso il parcheggio, mentre lei lo seguiva, più per proteggersi da una possibile polmonite che per altre ragioni.
-Nah, non è nel mio stile; io di solito mi apposto con un'auto nera sotto casa delle mie vittime per spiarle e poi ucciderle quando meno se lo aspettano- disse, facendola ridere -E comunque, ho solo pensato di darti uno strappo fino a casa, dato che piove. Si chiama cortesia, non so se tu abbia presente cosa sia...-
-No, sinceramente no. Nessuno da niente per niente- rispose lei, salendo sul lato del passeggero di quel pick-up scassato, per la seconda volta in pochi giorni.
-Ehi, dovresti sentirti onorata, è la seconda volta che hai il piacere di viaggiare su questa bellezza!- esclamò, battendo una mano sul volante e mettendo in moto, mentre una vecchia canzone degli Oasis iniziava a intonare le prime note. 
Pam appoggiò la testa sul finestrino, e si lasciò trasportare dalla canzone, chiudendo gli occhi e seguendo il ticchettio della pioggia sul finestrino come quello di un orologio rotto. Chiuse gli occhi e si dimenticò di pensare, che il tempo procedeva e quel momento sarebbe finito. Chiuse gli occhi mentre Luke, ancora accanto a lei, stava zitto, e forse andava bene. Forse la vita non era mai stata peggiore, ma non sarebbe mai stata migliore di così.
-Anche tu sei bella, Coda- 
Chiuse gli occhi e, per la prima volta in quella giornata, lasciò tutto così com'era, più semplice, più bello.





BUONSALVE:
Okay, lo so, sono imperdonabile, ma voi non avete idea del casino che ho con la scuola in questo periodo, davvero! Comunque, anche se non è particolarmente carino, spero che apprezziate il piccolo triangolino di tempo che sono riuscita a ritagliarmi solo per voi, quindi vi prego posticipate il linciaggio.
Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno inserito questa storia fra le seguite e/o le preferite, che comunque continuano a leggere anche dopo questi ritardi continui e snervanti. Grazie, davvero.
Beh, alla prossima!

Collyn

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Capitolo 5
*** AVVISO IMPORTANTE ***


Allora, vorrei iniziare con lo scusarmi infinitamente con le persone che seguivano e commentavano questa storia. Sono imperdonabile lo so, ma ho avuto numerosi problemi famigliari ultimamente e sono nel bel mezzo di un lungo trasloco che mi ha veramente scombussolato completamente tutto, e non so se riuscirò a continuarla tanto presto. Il fatto è che mi sono resa conto che non so più come proseguirla, che tutti i piani e i progetti che avevo sviluppato per mandarla avanti non so più come realizzarli. Mi dispiace davvero tanto perchè mi ero davvero affezionata ai personaggi che avevo creato, ma mi rendo conto che continuarla potrebbe solo incasinare la storia e nient'altro. Non la cancellerò, e ho intenzione di rivisionarla in futuro, di correggere varie imprecisioni che non mi convincono e portarla avanti fino alla fine, ma ora non saprei come fare. Quindi spero che un giorno, quando troverete Worthless con un capitolo nuovo e, spero, più bello, voi vi ricordiate di questa promessa che vi sto facendo ora e ricominciate ad amare Pam proprio come farò anche io. Chiuso il capitolo di Worthless, vorrei invitarvi a leggere una storia (Sempre sui 5 Seconds Of Summer) che ultimamente mi sta prendendo abbastanza e che sto attualmente pubblicando su Wattpad. La storia ha come titolo "Fanny", mentre il nome del mio account è yeahbut. Vi prego di leggerla e dirmi ciò che ne pensate, e spero con tutto il cuore che vi piaccia. Grazie per il tempo che mi avete dedicato e che, spero, mi dedicherete ancora. A presto.

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