Now or Never

di CinziaBella1987
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome Back ***
Capitolo 2: *** A nice afternoon together ***
Capitolo 3: *** Where is Miss Responsibility? ***



Capitolo 1
*** Welcome Back ***


       1. Welcome back

 
 
Nella vita, tutto torna.
Cambiano i modi, le circostanze persino i tempi storici ma prima o poi, tutto torna.
Le occasioni, gli amici, gli amori... Persino quelli che pensavi perduti per sempre.
E io, che non ci ho mai creduto a questa storia, mi son dovuta ricredere e convincere che la vita non è altro che un andirivieni delle stesse cose, camuffate, modificate ma in fondo sempre uguali. 
Tutto ebbe inizio circa un anno fa, quando me ne stavo tranquilla nel mio adorato e adorabile negozio di fiori. 
Sì, perché nonostante io abbia una laurea con il massimo dei voti ottenuta a Berkely, non mi sono mai interessata alla carriera da manager che mi si poteva spalancare davanti; ho preferito starmene a Tampa, città dove sono nata e cresciuta e realizzare il mio sogno di sempre: aprire un negozio di fiori.
So che può sembrare strano, preferire un piccolo angolo fiorato in una città del sud del Paese rispetto ad una vita emozionante a New York o a Washington, con uno stipendio fisso a parecchi zeri e il posto in business class presso tutte le compagnie di linea ma io sono sempre stata una persona controcorrente e così, con grande rammarico di mia madre che prospettava per me un futuro alla Steve Jobs, ho trascorso gli ultimi cinque anni della mia vita a sistemare il gioiellino che oggi espone orgogliosamente la scritta "Mandy's Flowers and other cute things" nella via più centrale della città. Ognuno ha le sue soddisfazioni, nella vita.  
Era una calda mattina di maggio - in Florida l'estate sembra non smettere mai e, se si esclude la stagione dei tifoni, in cui è meglio tapparsi in casa e murare le finestre, possiamo tranquillamente dire di vivere perennemente a maniche corte - e io me ne stavo tranquilla e assonnata dietro il mio bancone a confezionare cinquanta ghirlande che avrebbero abbellito la piccola chiesetta battista per il matrimonio di Kathreen Olsen, la figlia del sindaco, quel fine settimana. Fu in quel momento che mia sorella - più nota come Jenny La Pettegola - entrò trafelata nel mio piccolo paradiso, costringendomi a portare l'attenzione dai fiori di pesco che stavo intrecciando, alle sue trecce castane, che le conferivano un'aria infantile nonostante avesse abbondantemente superato i venticinque anni.
- Non puoi capire cosa ho appena saputo! - Sbuffò tutto d'un fiato.
- Se non me lo dici, in effetti, credo sia difficile. 
- E' una notizia incredibile. Ma che dico incredibile, impossibile quasi.
- Va bene Jen, ti calmi o devo spararti un tranquillante come fanno con gli orsi in Finlandia?
Mia sorella dalle lunghe trecce prese posto sulla deliziosa seggiolina in legno bianco accanto a me e, dopo aver ripreso fiato, poggiò le mani sulle ginocchia e disse:
- D'accordo ma sono sicura che dopo quello che sto per dirti, smetterai anche tu di essere così cinica.
Inarcai un sopracciglio e nell'attesa che mi svelasse la notizia dell'anno, ripresi il mio lavoro da certosino, pregando che si sbrigasse a vuotare il sacco perché io avevo altro a cui pensare che sciocchi pettegolezzi di quartiere.
- Sei pronta? - Enfatizzò lei.
- Da circa dieci minuti. - Risposi distratta.
- Ebbene, ti ricordi la grande villa bianca in fondo alla strada?
- Che domande, certo che me la ricordo. Era la villa dei Carter. 
Jenny annuì e un colorito rossiccio le imporporò le guance; santo Cielo quella ragazza rischiava di farsi venire un infarto se non la smetteva di emozionarsi a quel modo per la gioia di darmi chissà che notizia entusiasmante!
- Proprio così. E' stata appena riaperta. Tu sai che giravano voci su un nuovo misterioso acquirente, no? -
Annuii; sebbene fossi stata felice di sapere che la grande villa non sarebbe più rimasta sfitta, data la bellezza di quell'abitazione e lo spreco nel lasciarla chiusa, ricordavo perfettamente la fitta che mi attraversò lo stomaco quando venni a sapere che era stata venduta. Quel posto per me rappresentava un pezzo piuttosto importante della mia adolescenza, lì conservavo alcuni dei ricordi più belli e l'idea che qualcuno potesse cancellarli andandoci ad abitare e quindi vivendo un'altra vita lontana e diversa da quella che era stata la mia, in un certo qual modo, mi feriva. 
- Ho il nome. E non ci crederai mai ma è... -
In quel momento, fui come investita da una sorta di presentimento: ancor prima che mia sorella mi rivelasse il nome del nuovo inquilino della villa in fondo alla strada, io ero come sicura di conoscerlo già. Non osavo sperare che fosse davvero lui ma qualcosa dentro di me mi diceva che non sbagliavo.
- Nick! 
La spillatrice con cui stavo chiudendo la ghirlanda cadde sul bancone con un tonfo sordo; il respiro mi si mozzò in gola e per un attimo temetti che le gambe potessero cedere. 
- Jennifer Carolina Darren, se mi stai prendendo in giro, ti ordino di smettere subito! - 
- Amanda Eugenie Darren, smettila tu di fare la scema, ti pare che ti possa prendere in giro su una notizia simile?
In effetti, mia sorella era tutto fuorché una che si prendeva gioco delle persone, soprattutto di me; eravamo cresciute come due buone amiche, oltre che come sorelle che hanno soltanto due anni di differenza e nonostante io fossi la maggiore, lei era sempre stata quella più spigliata e scaltra delle due, caratteristiche che molto spesso l'avevano portata a prendere le mie difese quando se ne era presentata la necessità. 
- In realtà si vociferava da settimane che Nick sarebbe presto tornato in città ma nessuno avrebbe mai creduto che avrebbe preso proprio quella casa. 
- Gli è sempre stata a cuore. - Commentai con un filo di voce. 
- Già, lui e Aaron furono gli unici a non essere d'accordo quando la misero in vendita. La notizia dell'acquisto comunque mi è stata confermata da Missy Dawson e tu sai che nulla sfugge a quella donna, quindi c'è da credere che tutto abbia un fondamento. Pare che venga a star qui per qualche mese, a partire da oggi e che Drew gli abbia già recapitato latte e giornali, come ai vecchi tempi.
Non ero sicura che il pavimento sotto ai miei piedi fosse poi così stabile e mi appuntai mentalmente di farlo controllare ad un carpentiere, mentre il cuore mi schizzava su e giù fra petto e gola.
Ok, adesso probabilmente farò la figura della scema: la ragazza immatura, tutta sogni e fiorellini da inghirlandare che si fa venire il batticuore solo perché uno dei cantanti di uno dei più famosi gruppi degli anni Novanta tornava ad abitare nel quartiere. Ebbene, non era così semplice.
Io e Nick infatti ci conoscevamo e anche molto bene. 
Prima che l'allegra combriccola dei Carter si trasferisse a New York e desse inizio a tutta la sequela di guai che li travolse, abitava a pochi metri da casa mia, il che fece di loro la famiglia più legata ai miei genitori che potesse esistere in questa città. 
Automaticamente, questo faceva di B.J., Nick e Leslie i miei migliori amici, le persone con cui condivisi gli anni della scuola, i primi successi di Nick e ogni altro piccolo dramma che segna la vita di un'adolescente. 
In più, credo di aver sempre avuto una certa inspiegabile sintonia con il fratello maggiore di casa Carter ma questa si spezzò non appena i Backstreet Boys divennero un fenomeno mondiale, lui un sex-symbol idolo delle ragazzine di tutto il pianeta e le sue visite a Tampa sempre meno frequenti.
Sapevo che probabilmente tutto questo non bastava a giustificare la mia reazione alla notizia del suo ritorno in città ma sapere che la villa in cui avevo trascorso la mia infanzia tornava ad essere abitata proprio da Nick, l'unico con cui mi ero trovata veramente a mio agio, mi travolse come un'onda dell'oceano affonda il surfista che tenta di tenersi in equilibrio. 
- E così è tornato a casa. - Commentai, più con me stessa che rivolta a Jen. 
Di tutta la famiglia, Nick era quello che meno mi sarei aspettata di rivedere: sebbene fosse passato almeno un decennio dall'ultima volta che ci eravamo incontrati, avevo seguito le sue vicende nel corso degli anni e sapevo bene come si erano evolute le sue avventure; avevo osservato da lontano le notizie della famiglia, compresa quella della tragica morte di Leslie; nonostante durante l'adolescenza fossi stata la sua più cara amica, venni a sapere della sua scomparsa proprio come una persona qualsiasi: al telegiornale comunicarono la notizia in quanto Leslie stava ottenendo una certa popolarità negli ultimi anni e in più, era la sorella di Nick Carter, il biondino dei Backstreet Boys adorato dalle fans ma dall'esistenza burrascosa, era quindi d'obbligo parlare di lei e della sua misteriosa dipartita, perché una cattiva notizia è una buona notizia, soprattutto se si devono vendere dei giornali. Rimasi immobile in cucina a fissare lo schermo della tv per almeno venti minuti, mentre gli occhi si riempirono di lacrime e la gola si strinse in un nodo.
Non potei prendere parte alla cerimonia commemorativa organizzata per lei nello Stato di New York perché ero in Europa in quel periodo, inoltre non ritenni opportuno ripiombare nelle loro vite dopo anni di silenzio: ero, a quel punto, una perfetta estranea nonostante fossi sicura che Jane Carter avrebbe apprezzato la mia presenza; mi limitai soltanto a firmare il bigliettino con i fiori che mia madre decise di inviare loro e che ovviamente confezionai io stessa prima della partenza, con la speranza che almeno Aaron chiamasse per ringraziare e riallacciare così un minimo di contatto che invece non ricominciò mai. 
Soltanto qualche giorno più tardi , grazie alle polemiche sui giornali, venni a sapere che nemmeno Nick prese parte alla commemorazione perché, secondo indiscrezioni, la sua famiglia non lo volle con loro per cause non chiare e lui pensò bene di dar loro ascolto, di non lasciare il tour mondiale in cui era impegnato per andare lo stesso a piangere la scomparsa di Leslie.
Questa era la cosa che non avevo mai tollerato in lui: era orgoglioso fino al punto di passare dalla parte del torto. Si trattava di sua sorella, quella con cui si divertiva di più e quella con cui aveva maggiore complicità, perché non aveva comunque mollato tutto e non era andato a salutarla per l'ultima volta, e chi se ne fregava del volere del resto della famiglia?
Ero certa che fosse stato male in quei giorni e mi chiesi se, oltre alla birra e ai metodi poco leciti che aveva trovato come rimedio negli ultimi anni, riusciva a condividere quel dolore con qualcuno. Avrei voluto scrivergli o fargli una telefonata ma non avevo nemmeno un suo contatto, né l'indirizzo per mandare almeno un telegramma. Così pregai che quella faccenda non si ripercuotesse troppo sulla sua vita e io continuai a vivere la mia proprio come avevo fatto da circa quindici anni: ignorando il fatto che un tempo eravamo stati amici e complici e che tra noi c'era un'alchimia che non avevo mai più ritrovato con nessun altro e continuando a badare ai miei interessi.
- Ehi, Mandy? Sei ancora qui? - Mi ritrovai con mia sorella che sventolava la sua mano davanti ai miei occhi per svegliarmi dallo stato catatonico in cui ero caduta. 
- Sì, sì certo. Scusami, stavo solo pensando. - 
- A cosa mettere stasera, quando andremo a salutare Nick? 
- Che cosa? Io non ho proprio alcuna intenzione di andare a salutarlo! 
- Non vuoi fargli visita? Sul serio, Mandy? - La faccia stupita di mia sorella non era del tutto ingiustificata; anche lei, come me, aveva fatto parte della combriccola: eravamo amici e probabilmente per lei era normale pensare di andare a dare il bentornato ad una persona che aveva occupato un posto importante nella nostra vita. 
- Lo saluterò quando lo incontrerò per strada, casualmente. Non credo sia il caso di andare a bussare alla sua porta.
- Era uno dei tuoi migliori amici!
- Lo era quindici anni fa ed eravamo solo due ragazzini! Ora è un perfetto sconosciuto - Niente di più vero. Passavamo insieme tutti i pomeriggi, divisi fra sala prove e tuffi dalla piattaforma sulla spiaggia ma era passata un'eternità da allora e andare a casa sua soltanto per dirgli: "Ehi ciao, ti ricordi di me? Ero quella che ti ha vomitato addosso sulla ruota panoramica!" mi sembrava davvero sciocco, oltre che inutile.
In tutti quegli anni, Nick non aveva mai mostrato interesse per noi che eravamo rimasti a Tampa, così come non lo aveva fatto nessun altro membro della famiglia e per quanto il cuore mi scoppiasse nel petto all'idea che per qualche mese avremmo vissuto di nuovo nella stessa città, non avevo alcuna intenzione di fare la patetica e presentarmi alla sua porta. 
- Io dico che dovresti venire. Sappi che per le sette io andrò da lui, se vuoi unirti, magari potresti portare una pianta o qualche composizione floreale delle tue. -
Jennifer si alzò dalla sedia dove solo qualche minuto prima si era accomodata, elettrizzata all'idea di darmi la notizia del ritorno di Nick e, stavolta più mesta, si diresse verso l'uscita:
- Vado a lavoro anche io, prima che Paul si accorga del mio ritardo e decida di cambiare la sua assistente. Ci vediamo a casa tua, passo alle sei e mezza.
- Ma...?! - Non ebbi il tempo di replicare, Jen fece suonare lo scacciapensieri sulla porta e scappò via, certa che non l'avrei lasciata sola più tardi.
 
 
                                                          **************
 
La grande villa bianca in fondo alla strada era  stata da sempre l'oggetto del desiderio di parecchie famiglie della zona; nessuna tuttavia era mai riuscita ad avere i fondi disponibili per l'acquisto e per la successiva ristrutturazione, così era rimasta sfitta dalla morte dell'anziana proprietaria fino a che un uomo con sua moglie e due figli, da Jamestown, riuscirono nell'impresa e si aggiudicarono la casa per molto meno di quanto effettivamente valesse. 
Erano i primi anni Novanta, io avevo circa sei anni e da allora intrecciai la mia vita con quella dei Carter.
Mia sorella era passata da me puntuale come un orologio e, nonostante io fossi ancora piuttosto reticente all'idea di andare a dare il bentornato a Nick Carter, avevo comunque preparato la mia composizione di fiori e adesso camminavo accanto a lei in silenzio, meditando su cosa avrei detto una volta che gli occhi chiari di Nick si sarebbero puntati sulla mia faccia, non poi così diversa da quella di quando avevo diciassette anni e parlai con lui da sola per l'ultima volta. 
La mia paura più grande, in quel momento, era che lui potesse non ricordarsi di tutto il tempo trascorso insieme, che non ci riconoscesse. Non volevo fare la figura di chi non ha fatto altro che aspettare il suo ritorno per tutto quel tempo, anche perché non era stato affatto così: dopo che Nick se ne era andato da Tampa, la mia vita era andata avanti serenamente e senza rammarico: avevo studiato fuori, avevo un ragazzo con cui uscivo regolarmente e non avevo mai pensato per un solo istante che il mio destino potesse incrociare di nuovo il suo. Per tutto quello che avevo realizzato nella mia anche senza i Carter, avevo il terrore che lui ci trattasse come le solite fans rompiscatole che non sanno lasciare in pace una persona famosa che vuole un pò di privacy.
- Sei silenziosa, oggi. - Commentò Jen quando ormai mancavano pochi metri alla casa di Nick.
- Non so che cosa ci faccio qui, con questo stupido coso in mano!
- Stai facendo sapere a Nick che ti fa piacere saperlo di nuovo in città e, da buona vicina, gli stai portando un omaggio per dargli il bentornato. E poi quello non è uno stupido coso, è uno dei tuoi piccoli capolavori con i fiori, faremo un figurone.
Guardai il piccolo cestino ordinato e compatto, composto da fiori secchi e piccole roselline selvatiche che avevo confezionato poco prima di pranzo; avevo scelto il blu perché ricordavo fosse il suo colore preferito ma ora mi sentivo una sciocca totale mentre bussavamo alla sua porta.
Sperai ardentemente che in casa non ci fosse nessuno, ma il rumore dei tacchi che si avvicinavano distrusse presto i miei desideri. Ad aprirci fu una donna mora e alta almeno venti centimetri più di me, bella sicuramente ma con il trucco che le marcava troppo i lineamenti del viso, leggermente aggiustati da qualche ritocco chirurgico. 
- Sì? - Domandò, inarcando un sopracciglio. Sembrava Barbie Hawaii con i capelli scuri e io avvertivo sempre più forte la voglia di scappare via; al confronto sembravo la sorellina minore della bambola più famosa del mondo, e non ero graziosa nemmeno la metà di quanto lo fosse lei: degli shorts di jeans mostravano gambe lunghe e lisce, dorate da un'abbronzatura perfetta; la maglietta, leggermente corta sull'ombelico, mostrava un fisico altrettanto tonico e snello e lasciava poca speranza a chi, come me, non avrebbe avuto quelle forme nemmeno se avesse iniziato ad allenarsi da lì all'eternità.
Intendiamoci: non ero una bellezza da copertina ma nemmeno una racchia inguardabile. Dall'altezza poco sviluppata e di corporatura esile, avevo avuto il mio glorioso passato da cheerleader ma non avevo mai goduto di particolari fortune in quanto a curve al punto giusto; dalla mia avevo la fortuna di possedere occhi verde oceano e capelli castani chiari e con riflessi dorati naturali che, nel complesso, mi donavano un'aria gradevole. Ero carina, comune, come parecchie ragazze da queste parti. Niente in confronto a Barbie Hawaii, ovviamente. 
- Sì, ehm... Cercavamo Nick. - Esordì mia sorella e io mi chiesi perché in quel momento il pavimento non si stava aprendo sotto ai nostri piedi per risucchiarci. Dov'era il terremoto quando c'era bisogno di lui?
- E chi lo desidera? 
- Oh ehm...
- Siamo due amiche di infanzia, volevamo solo salutarlo ma se è impegnato non fa niente, andiamo via subito. - Intervenni, sperando che Barbie Hawaii si accontentasse della spiegazione e ci lasciasse andare. 
- Nick! - Urlò invece quella, piegando la testa all'indietro per richiamare l'attenzione dell'inquilino. - Ci sono due... tizie che ti cercano!
Ora, andava bene tutto: la sua aria scettica, il suo stupore nel vederci alla porta, persino lo sguardo di sufficienza e il mezzo risolino che rivolse al mio cestino con i fiori ma "tizia" era davvero troppo. Non ero certo andata lì per farmi prendere in giro da lei!
- Magari se tu fossi così gentile anche da dirgli i nostri nomi, sarebbe cosa gradita. - La imbeccai.
Barbie mi riservò uno sguardo divertito poi, sentendo il ciabattare di Nick provenire dall'interno, evitò di rispondere e lasciò spazio a lui, che si palesò sulla porta togliendomi il fiato.
Non lo ricordavo così bello.
Non lo ricordavo così alto.
Non lo ricordavo così... Nick!
Aveva i capelli scompigliati e umidi e a giudicare dai calzoncini che portava, era da poco uscito dalla piscina che la villa possedeva. Gli occhi leggermente arrossati e quell'espressione sempre allegra che lo aveva caratterizzato fin da bambino però erano sempre gli stessi e io dovetti ingoiare il groppo che mi si era formato in gola per evitare di soffocare davanti a lui. 
- Ehi, guarda chi si rivede! - Mia sorella evidentemente rimase meno colpita di me nel ritrovarselo davanti e cercò subito di intavolare una conversazione; evidentemente però non notò nemmeno il suo sguardo leggermente perso di fronte a noi. 
Era come temevo. Non aveva idea di chi fossimo e del perché lo avessimo disturbato.
 
 
Seguirono alcuni istanti di silenzio, in cui io avrei voluto fuggire via il più velocemente possibile, ma mia sorella decise di nuovo di prendere in mano la situazione e disse:
- Ehi, fare il cantante per quasi vent'anni ti ha fuso i neuroni? Siamo Jen e Mandy Darren, abitavamo dall'altra parte del viale, ti ricordi?
Nick assottigliò lo sguardo e parve concentrarsi, soprattutto su di me che stavo un passo indietro a mia sorella e cercavo in tutti i modi di fare la vaga e non guardarlo.
- Ah sì, le sorelle Darren, quelle del campetto di basket. - Disse infine lui, dopo un tempo che mi parve infinito e senza smettere di tenere gli occhi puntati su di me, facendo riferimento ai pomeriggi passati insieme a fare tiri da tre al canestro dietro il nostro garage.
Non una smorfia, né un sorriso; l'espressione era piatta come quella di chi è abituato ad incontrare milioni di persone ogni giorno e non riesce più a farsi sorprendere da nessuno. 
Nonostante i tratti del viso fossero sempre gli stessi, nonostante il tono di voce fosse inconfondibile, del Nick che avevo conosciuto io sembrava non essere rimasto nulla e la freddezza con cui mostrò di ricordarsi di noi, legando la sua memoria al semplice campo di basket, mi fece quasi male.
- Alleluja! Allora come stai? E' una vita che non ci si vede! - Continuò Jenny, nella speranza di poter fare conversazione e che lui, magari, si decidesse a farci accomodare dentro.
- Direi che sono stato piuttosto impegnato negli ultimi tempi no? E ovviamente non avevo molta voglia di tornare a Tampa. - Rispose evasivo lui, - Quello è per me? - Chiese, indicando con il mento il cestino con la composizione che tenevo in mano.
- Sì, lo ha fatto Mandy con le sue mani, è davvero brava. Dovresti passare in negozio qualche giorno! 
Gli porsi meccanicamente i fiori e pregai che mia sorella tacesse; fu in quel momento che mi sentii una completa cretina: Nick inarcò le sopracciglia, con lo stesso sorrisetto divertito che Barbie Hawaii aveva sfoggiato poco prima guardando la mia composizione. 
- Carino, grazie. Ma la prossima volta magari optate per una torta di mele, sicuramente torna più utile. 
Rimasi di sasso. Non c'era niente del ragazzo con cui trascorrevo i pomeriggi in quell'uomo biondo e bello ma senza un minimo di buone maniere. 
- Volete entrare? - Chiese infine con una finta cortesia e senza averne realmente voglia.
- Beh.. 
- No! - Intervenni, prima che Jenny potesse aggiungere altro. - Non abbiamo nessuna intenzione di disturbare oltre, anzi probabilmente non saremmo dovute venire affatto. Quindi ora scusaci, buona serata, noi ce ne andiamo.
Afferrai mia sorella per un braccio e la costrinsi a seguirmi; camminavo a passo svelto e lei faceva fatica a starmi dietro ma non mi interessava: tutto ciò che volevo era andar via di lì il prima possibile; nonostante mi stessi allontanando dalla villa bianca però, continuavo a sentire lo sguardo di Nick, ancora fermo sulla porta, indugiare su di noi.
Pensai a quella scena per il resto della serata, con lo stomaco chiuso e un'incredibile nostalgia per i tempi in cui Nick era solo un ragazzino simpatico che passava a chiamarmi tutti i pomeriggi, che mi chiedeva di accompagnarlo alle audizioni per diventare un Backstreet Boy e che mi confidava i suoi pensieri e le sue preoccupazioni, considerandomi la sua migliore amica. 
Quello che era diventato non somigliava nemmeno un pò al Nick che conoscevo e ricordavo e se era davvero la persona arrogante e maleducata che si era mostrata, allora forse io e lui non avremmo avuto più granché da dirci.
 
 
 
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Salve!
Sono nuova del fandom, un pò meno su EFP ma diciamo che ultimamente procedo fra altri e bassi e che mi sono sempre orientata verso l'originale. Questa volta però ho deciso di sperimentare e siccome questa fanfiction mi frulla in testa dal 22 di Febbraio, quando dalla primissima fila del Filaforum di Assago (o come si chiama adesso lui) mi sono goduta il concerto dei Backstreet Boys (quasi vent'anni dopo il primo all'Olimpico, sigh!) e tutte le faccette buffe di Nick. 
Ho sempre avuto una smodata passione per lui, che credevo fosse sopita ma che in realtà è rimasta sempre lì; quindi, siccome anche a dodici anni inventavo storie su di lui, mi son detta "Perchè non provare?". Dunque eccomi qui, con Amanda che rivive momenti del passato e un Nick un pò scorbutico che forse non è come sembra. 
Che succederà? 
Spero vogliate scoprirlo con me e spero anche che un pò di het in questo fandom non vi dispiaccia! Ovviamente, il titolo della storia si rifà al primo album da solita di Nick, e prometto che cercherò di narrare la storia attenendomi il più possibile a ciò che è successo veramente nella vita di Nick negli ultimi anni (le fonti ovviamente, sono i siti di gossip, ahimé!)
Cercherò di non pubblicare con tempi biblici, anche perché non credo che la storia sarà di tantissimi capitoli. 
Spero di avervi incuriosite almeno un pò, mi rimetto al vostro giudizio.
Un abbraccio,
 
Cin

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Capitolo 2
*** A nice afternoon together ***


2. A nice afternoon together


 

Le chiacchiere in città sul ritorno di Nick si diffusero a macchia d'olio nelle settimane che seguirono il suo arrivo; era impossibile entrare in qualunque caffè o locale e non sentir parlare di lui e dei presunti, improbabili motivi del suo ritorno a Tampa: c'era chi sosteneva che fosse tornato per fare un dispetto a suo padre Robert, che aveva in mente di tornare a vivere nella stessa villa in cui aveva trascorso giorni felici con una famiglia che gli si era poi sgretolata fra le mani; altri invece sostenevano che fosse a causa dei debiti contratti durante l'ultimo tour mondiale, dove si mormorava avesse speso un capitale nei casinò delle varie località che ne possedevano e per non farsi trovare dai suoi creditori, si era rifugiato nel luogo dove era cresciuto, come se poi fosse possibile nascondersi, in una città come Tampa!
Il pettegolezzo che però trovava più fondamento era quello che fosse tornato per trovare un po' di tranquillità e stabilità al fianco della sua nuova compagna, Lauren, che identificai subito come la Barbie Hawaii che mi aveva aperto la porta lo sfortunato giorno in cui decisi di assecondare l'idea folle di mia sorella e andare a trovare Nick. Quella presenza ovviamente contribuiva a dar credito alle voci sul suo matrimonio, di cui avevano parlato i giornali e che, a Tampa, sembrava dato per certo.
Per quel che riguardava me, non avevo più badato a Nick e alla sua vita da quel breve incontro a casa sua; mi ero ripromessa di ignorarlo e continuare sui miei passi e stavo riuscendo benissimo nel mio intento: non parlavo mai di lui, nemmeno con Jenny che invece si divertiva a raccogliere informazioni e, di tanto in tanto, provava a fare congetture sui motivi che avevano spinto un membro dei Backstreet Boys a tornare quaggiù. Proseguivo la mia vita senza preoccuparmi di lui anche perché la cosa era assolutamente reciproca; da quando avevamo avuto quello sfortunato incontro, infatti, Nick non si era certo preso il disturbo di venire a chiedere scusa per la maleducazione con la quale ci aveva accolte, né tanto meno di venirci a fare visita per cercare di recuperare un comportamento decisamente poco carino. Mi bastavano quelle considerazioni per decidere che le nostre strade non si sarebbero più incrociate.
Tra il dire e il fare però, c'è di mezzo il mare, si sa e, soprattutto, c'è di mezzo Tampa, che non è poi una capitale mondiale, quindi è molto facile incontrare qualcuno soprattutto se lo si cerca volontariamente. Così, quel pomeriggio, me ne stavo tranquilla nel mio negozio di fiori, alle prese con Mrs. McDouglas che cercava di convincermi che un bouquet con petunie fosse più adatto che uno di rose per il matrimonio di sua figlia, quando lo scacciapensieri sulla porta d'ingresso tintinnò, attirando immediatamente l'attenzione di entrambe.
Nick apparve sulla soglia con la sua faccia irriverente, un paio di occhiali a goccia con tanto di lenti specchiate e un paio di bermuda color sabbia che lasciavano scoperti i polpacci ben allenati. La visione non era affatto male ed era un peccato che io mi fossi riproposta di ignorarlo, giacché ora si presentava nel mio negozio e -in quanto potenziale cliente, avrei dovuto essere carina e gentile.
- Buon Dio! - Esclamò la McDouglas, - Se avessi saputo che i figli di Jane e Robert Carter sarebbero diventati così belli, gli avrei sicuramente promesso una delle mie figlie!
- Sì, peccato che non siamo più a inizio del secolo, nessuno combina più matrimoni Claire. - Precisai io, cercando di minimizzare quanto l'arrivo di Nick nel negozio avesse scombussolato la tranquillità che lo aveva caratterizzato fino a poco prima.
- Beh, ad ogni modo io adesso mi sono ricordata di dover passare con Natalie dalla sarta per le prove dell'abito. Per quanto riguarda il bouquet, mi affido a te mia cara, so che hai buon gusto e con i fiori ci sai fare quindi fai come preferisci. Io vado, arrivederci. Arrivederci Nick.
L'improvvisa fretta di Claire McDouglas mi fece pensare che forse, a Tampa, oltre che su Nick, si spettegolasse anche su di me e sulle possibili mie reazioni di fronte alle tante novità che erano accadute nella vita del mio ex migliore amico negli ultimi dieci anni. Essere al centro delle chiacchiere di tutta la città non era certo il mio sogno di vita e mi appuntai mentalmente di trovare una soluzione per metterle subito a tacere.
Nick si limitò a rispondere al saluto con un cenno del capo, mentre io abbassai subito gli occhi sul blocco degli ordini, con la speranza di non essere arrossita, non appena fummo soli.
- Ehi, ciao! - Iniziò imperterrito lui, come se incontrarci dopo tutto quel tempo nel mio negozio di fiori fosse la cosa più normale del mondo.
- Ciao, posso aiutarti? - Cercai di convincermi che Nick era lì soltanto perché aveva bisogno di un fiore, magari un mazzo da regalare alla sua amata.
- Ha ragione Claire, ci sai fare con i fiori. - Nick ignorò completamente la mia richiesta e prese a girovagare per il negozio. Lo lasciai fare, senza perderlo di vista: lo vidi avvicinarsi ai girasoli, poi alle composizioni che avevo creato e infine agli espositori con i fiori freschi; guardava tutto con minuzia, quasi a voler trovare un difetto o qualcosa che non fosse sistemato a dovere. 
- E così, alla fine hai aperto un negozio di fiori! Era il tuo sogno in terza media, non riesco a credere che tu lo abbia fatto sul serio!
- Non sei l'unico a volere che i sogni si realizzino sempre. 
Nick inarcò un angolo della bocca, in un mezzo sorriso divertito. 
- In effetti, possiamo dire di esserci riusciti tutti e due piuttosto bene.
- Io sicuramente. E non mi sono nemmeno montata la testa, pensa che strano! 
La mia ironia non doveva essere passata inosservata perché Nick smise subito di sorridere e mi sembrò adombrarsi. 
Non avevo intenzione di tornare sul discorso di quanto fosse stato maleducato, tuttavia mi fu impossibile non lanciare quella frecciatina.
- Ascolta, ti va una passeggiata in spiaggia? Pensi di poter chiudere in anticipo questo posto?
- Non si tratta solo di poter chiudere in anticipo. Io... Non credo sia il caso, ecco.
- Perché no?
Era incredibile, proprio non gli passava per la testa che potevo non essere affatto entusiasta di passare del tempo con lui dopo l'ultima volta che ci eravamo incontrati. Nick ancora una volta si mostrava per il personaggio arrogante e pieno di sé che era diventato e io non ero sicura di poterlo sopportare ancora a lungo.
- Beh perché mi pare che tu non avessi tutta questa voglia di passare del tempo con me, qualche giorno fa. 
- Oh andiamo Mandy! Non mi tenere il muso, sono un cazzone, lo sai. - Lo guardai storto e, mio malgrado mi ritrovai ad annuire, assecondando la sua definizione di se stesso. - E dai, andiamo a farci un giro fino alla piattaforma, come ai vecchi tempi.
Sarà che la mia indole è sempre stata troppo buona, o forse che non sono mai stata brava a tenere il muso alle persone, anche se ero io ad aver ragione nella discussione, comunque poco dopo mi ritrovai a chiudere a chiave il mio negozio e a trotterellare dietro a Nick, cercando di tenere il passo di quelle maledettissime gambe lunghe che si ritrovava. 
 
 
Non parlammo molto durante il tragitto fino alla spiaggia e le poche parole che uscirono furono per lo più le sue, che si divertiva a commentare come fosse cambiata la città negli ultimi dieci anni. Ogni tanto gli sfuggiva un ricordo di quando passavamo i pomeriggi al mare, o nella sala giochi dove Leslie diede il suo primo bacio e poi mi raccontò tutti i dettagli per filo e per segno o il negozio di waffel in cui Nick spendeva sempre un sacco di dollari per far merenda. 
Ero lieta che si ricordasse di quegli episodi, in fondo avevamo impressi nella mente gli stessi fotogrammi della nostra adolescenza e se non ero solo io ad avere un po' di rimpianto ogni volta che passavo lì davanti, allora forse Nick non era poi così diverso da quel ragazzo che io ricordavo.
Quando arrivammo alla lunga piattaforma in legno che finiva con una rotonda in mezzo al mare, erano già le cinque e il sole iniziava ad affievolirsi; il vento mi scompigliava i capelli ma la temperatura era perfetta e nonostante indossassi un paio di calzoncini di jeans e un top senza maniche, faceva piuttosto caldo.
- Ah, guarda che meraviglia! - Nick si sporse oltre il parapetto, inspirando profondamente lo iodio e la salsedine che salivano dall'oceano. 
- Ed è sempre stata qui! - Commentai, nuovamente ironica. C'era una cosa, infatti, che non riuscivo a spiegarmi in quel momento: se a Nick era davvero mancata l'aria che si respirava a Tampa, i suoi negozi e tutto il resto, perché aveva impiegato così tanto tempo per tornare a casa?
Non sarebbe stato più comodo per lui fermarsi qui ogni tanto? Non era di quelli che avevano problemi economici, né tanto meno una famiglia opprimente, dal momento che avevano acconsentito a fargli girare il mondo con il gruppo quando era ancora un adolescente, quindi davvero c'era qualcosa che mi sfuggiva: Nick doveva aver avuto qualche buona ragione per restare lontano da Tampa per tutti quegli anni e io, anche se mi ero ripromessa di non volerne sapere di lui, in quel momento ebbi voglia di scoprire quale fosse.
- Beh buon per te. - Rispose lui, riaprendo gli occhi e fissandoli su di me, che me ne stavo poggiata con la schiena al parapetto, accanto a lui.
- Era qui anche per te, se solo avessi voluto.
- Già, hai detto bene: se solo avessi voluto. 
- Qual è il tuo problema, Nick? Torni qui fai il maleducato, poi fai il nostalgico e poi addirittura il misterioso. Certo non devi essere diventata una persona equilibrata, da quel che dimostri.
Seguì qualche istante di silenzio; avevo parlato a raffica, come al mio solito quando ero nervosa e lui dovette sicuramente impiegare qualche secondo per registrare le mie parole, che comunque non erano meno maleducate di quelle che ci aveva rivolto lui a casa sua.
- Davvero mi trovi così diverso? - Chiese e mi spiazzò completamente. Ero convinta che mi avrebbe di nuovo trattata con freddezza e invece nel suo tono c'erano stupore e inquietudine.
- Un pò, sì.
Respirò a fondo, poi mi prese per un braccio e, come ridestato, mi disse:
- Dai, andiamo a fare un giro in spiaggia, sporchiamoci i piedi, bambolina!
Lo aveva fatto di nuovo. 
Dopo tantissimi anni, aveva usato di nuovo il soprannome che mi aveva affibbiato alle medie, quando per la festa di compleanno di Louisa Meyers mi vide per la prima volta con un vestito carino, i capelli messi in piega e un paio di scarpe da ragazza e non più le mie Converse logore. Da quel giorno divenni bambolina, a causa dell'aspetto angelico che avevo assunto conciata a quel modo.
Non ero sicura nemmeno che lo ricordasse, quel soprannome e invece lo aveva tirato fuori così, all'improvviso.
Sentii il cuore sprofondare nello stomaco e incontrai qualche difficoltà nel lasciarmi tirare da Nick senza che le gambe cedessero per l'emozione.
Forse, ciò che era in grado di suscitare in me quel ragazzo era ancora piuttosto forte e non sarei riuscita ad ignorarlo così duramente come mi ero programmata di fare. 
Sebbene non avessi ancora chiari molti dei suoi comportamenti, non potevo negare che quei minuti trascorsi con Nick erano piacevoli e anche se somigliavamo vagamente ai due adolescenti che correvano insieme sulla sabbia, riuscivo a percepire che quelle stesse persone che eravamo stati sarebbero potute riaffiorare, poco a poco.
Scendemmo in spiaggia e dovetti pregare Nick di smetterla di correre verso l'acqua altrimenti saremmo finiti zuppi prima del nostro rientro a casa. Lui rideva e scherzava come fosse un bambino, mi incitava a rincorrerlo, a lasciarmi prendere dalle onde e giurava che l'acqua non fosse affatto fredda. 
Quando si lanciò seduto accanto a me, sulla sabbia fresca, dopo l'ennesima corsa, aveva il fiatone e il viso arrossato dalla fatica e dal sole.
- Carter se non sapessi la tua età anagrafica direi che sei un bambinone!
- Ma va! Mi godo soltanto le gioie del paesaggio... E dovresti farlo anche tu, ragazza seria che non sa lasciarsi andare!
- Ehi, io so lasciarmi andare!
Inarcò un sopracciglio, divertito: - Ma chi? Tu? Tesoro non sei mai stata in grado di farlo, nemmeno quando avevi cinque anni e dovevi recitare la poesia di Natale a casa dei miei, davanti a tutti.
- Scusa se non ho mai avuto pretese di esibizionismo. Bastavate tu e i tuoi fratelli, ne avete a sufficienza per tutti. - Scherzai e mi sentii meglio quando Nick scoppiò a ridere. 
- Ascolta, a proposito. Mi dispiace per l'altro giorno.
- Ah... - Ancora una volta, Nick mi sorprese. Stavamo scherzando, mi ero rassegnata a mettere una pietra sopra a ciò che era successo a casa sua quando lui, all'improvviso, tirava di nuovo fuori quella storia.
- Fa' niente, ormai è andata. - Dissi.
- No, invece fa. Non che io voglia giustificarmi, so che devi aver pensato che sono diventato un mostro, però era un brutto momento, quello.
- Oh, non preoccuparti. Avevo detto a Jen che non era il caso di venirti a disturbare ma tu sai com'è fatta: finché non ci sbatte la testa non si arrende. 
- Sempre la solita, eh?
- Sempre peggio! 
Sorridemmo entrambi, poi tornammo a guardare l'orizzonte davanti a noi; l'aria era fresca, la luce rifletteva sull'acqua e lanciava raggi arancioni tutt'intorno. Non ricordavo di essere stata così bene da tantissimo tempo.
- Comunque mi dispiace, non meritavi di essere trattata così. Avevo appena finito di discutere con Lauren ed ero ancora un po' innervosito. 
- Te l'ho detto, non importa. Ma tu sei sicuro di star bene? Tu e... Lauren, avete chiarito poi?
Prese un gran respiro prima di rispondermi, poi mi sorrise: - Sì, ora è tutto a posto. Al momento è a Los Angeles per un servizio fotografico ma la settimana prossima tornerà qui e riusciremo a stare un po' insieme. 
- Modella?
- Attrice. Ha girato un paio di serie tv e ora è ingaggiata per un film.
- Quindi è vero quello che si dice di te in giro.
Mi guardò incuriosito: - E cosa si direbbe?
- Che hai messo su famiglia. 
Ridacchiò, lanciandosi all'indietro e finendo con la testa sulla sabbia, completamente sdraiato. Da quella posizione potei avere la conferma di quanto fosse alto; se mi fossi sdraiata accanto a lui, probabilmente non sarei arrivata che alle sue anche il che significava che io ero alta come quando eravamo al liceo mentre lui era diventato un gigante ipersviluppato. 
- Ho sposato Lauren quasi per gioco. Brian mi prendeva in giro dicendo che lui alla mia età aveva già un figlio e persino A.J. si era già accasato da anni. Così, Lauren mi ha chiesto di mettergli l'anello al dito e io mi son detto 'perché no?' 
- Un momento: ti ha chiesto lei di sposarvi?
- Già, siamo una coppia moderna, che credi?
Risi di gusto; Nick era sempre stato uno fuori dagli schemi ma nel mio immaginario era anche un romanticone che non si lasciava sfuggire occasioni come quella per inginocchiarsi di fronte alla sua amata e fare una proposta con tutti i crismi quindi non avevo idea di come avesse reagito vedendo lei fare quel gesto così bello e importante.
- Ma ora basta parlare di me, anche perché saprai tutto dai giornali, immagino.
- Abbastanza.
- Parliamo di te, bambolina. Che hai da raccontare di scabroso?
- Che scemo! Proprio niente! A differenza di te, sono una ragazza banale io: un lavoro, una casa, un fidanzato. Niente scoop o notizie travolgenti da segnalare.
- Un fidanzato hai detto, eh?
- Proprio così e visto che funziona, magari anche io gli farò la proposta di matrimonio un giorno o l'altro.
- Oh dovresti provare!
- Come no! 
Ridemmo ancora; era così facile essere in sintonia che ci veniva spontaneo persino prenderci in giro. Quel feeling era così naturale e intenso che mi faceva quasi paura: ero fidanzata ma nemmeno con Jake avevo mai avuto un'alchimia simile e ritrovarci così affini dopo tanti anni lontani doveva sicuramente significare qualcosa. Indagare e scoprire cosa non era sicuramente una buona idea, avrei dovuto lasciare che le cose andassero per il loro corso ma a quel punto, era già tardi.
Su quella spiaggia, con quella luce e da quelle risate ebbe inizio tutto e sebbene ancora non sapevo di quante persone si sarebbero fatte male in quella storia, ero pronta ad iniziare, seppur in maniera inconsapevole. 
 
 
Tornammo a casa che già era ora di cena; avevamo trascorso un pomeriggio incredibile: un frullato alla solita caffetteria, una rapida discussione sui miei gusti musicali e il suo accertarsi che io avessi tutti i cd dei Backstreet Boys, compresi i suoi da solista e il suo finto risentimento nello scoprire che in realtà non avevo seguito molto la sua carriera di cantante, limitandomi a canticchiare di tanto in tanto qualche canzone e solo perché la passavano alla radio.
- Ti perdono solo perché ho intenzione di regalarti una copia di ogni album e tu imparerai tutti i testi a memoria, per punizione!
E poi ancora tantissime risate, la curiosità malcelata che non ci permetteva di chiedere in modo esplicito notizie personali e, al tempo stesso, la certezza da parte mia di dover ancora scoprire qualcosa di lui, qualcosa che forse gli faceva male. Per tutto il pomeriggio, avevo percepito una certa tristezza nei suoi occhi e nel suo modo di parlare di sé e dei fatti che gli erano successi in quegli anni. Sicuramente il suo ritorno a Tampa era dovuto a qualche motivo specifico, che fosse materiale o personale ancora non sapevo dirlo. 
- Grazie per il bel pomeriggio.
- Grazie a te, Mandy.
- Allora, buona serata.
- Senti... Visto che io sarò solo tutta la settimana, ti va di farmi compagnia in questi giorni? Magari possiamo farci dei giri, come oggi o andare a mangiare qualcosa. Ti va?
Ogni singola parte di me mi suggeriva di dire di no, di non continuare ad alimentare quella sintonia che sarebbe sicuramente diventata pericolosa ma evidentemente la mia parte razionale non era molto attiva in quel momento perché senza che quasi me ne accorgessi mi ritrovai ad accettare.
- Allora è deciso. Ci vediamo domani? - Chiese per conferma.
- D'accordo. A domani. 
Un sorriso e poi lo vidi allontanarsi; era già quasi dall'altra parte della strada quando si fermò e mi disse:
- Amanda?
- Sì?
- Non sei banale. Non lo sei affatto.


 
_________________
Salve!
Credevo di non farcela più a pubblicare e mi scuso per il ritardo ma è stato davvero complicato trovare del tempo per buttare giù questo capitolo che era, comunque, tutto nella mia testa. Dovrei inventare qualche programma di scrittura mentale, o roba del genere.
Comunque, venendo a noi: Nick tenta un riavvicinamento con Mandy che -ovviamente- è una tenerona e non riesce a tenere il punto. D'altronde ci sono feeling che vanno ben oltre i propositi razionali, solo che qui c'è un matrimonio e un fidanzamento di mezzo. Sarà un bene assecondare la richiesta di Nick di trascorrere ancora del tempo insieme?
E soprattutto, in questa settimana cosa succederà?
Di sicuro posso dirvi che vedrete apparire anche qualche altro BSB perchè i nostri bei ragazzotti non lasciano mai da solo uno dei loro, no? E poi a me piace complicare le cose, le idee e chi più ne ha più ne metta, quindi preparatevi: ci sarà di che divertirsi, spero.
Prima di chiudere, un grazie di tutto cuore alle 109 persone che si sono fermate a leggere, alle due che hanno recensito, alle 8 che mi hanno aggiunta fra le seguite e alle 2 che mi hanno aggiunta ai preferiti. Spero di non aver disilluso le aspettative con questo secondo capitolo.
Vi lascio, ringraziando e abbracciando chiunque passerà di qui, lascerà un segno o leggerà in silenzio.

Alla prossima,
-Cin-

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Capitolo 3
*** Where is Miss Responsibility? ***


3. Where is Miss Responsibility?
 
 
 
- Dex, te l'ho già spiegato: sono stata con Nick tutto il pomeriggio.
Ero al telefono con il mio fidanzato da circa un quarto d'ora e più o meno dallo stesso tempo cercavo di convincerlo che non era successo niente, io e Nick avevamo soltanto passeggiato e ricordato i bei vecchi tempi insieme. In fondo, cosa mai sarebbe potuto succedere fra noi, visto che, tra l'altro, lui era anche un uomo sposato?
Non che se fosse stato libero avrei potuto pensare a qualcosa di più della solita, cara vecchia amicizia ma a maggior ragione, io non ero una rovinafamiglie. 
In più, ero fermamente convinta di amare Dexter e sebbene non avessimo la sintonia che c'era con Nick nemmeno lontanamente, ero certa che il mio futuro sarebbe stato con lui e non con un capriccioso cantante da strapazzo.
Quindi stasera cenerai con me al molo, come stabilito?
- Ma certo, Dex! So perfettamente che giorno è oggi, non rinuncerei a quella cena per niente al mondo!
Era vero anche quello. La telefonata in questione infatti si stava svolgendo in una giornata particolare: erano due anni che Dexter mi aveva dato l'anello, due anni meravigliosi in cui mi aveva offerto la possibilità di diventare sua moglie ma senza scadenze; non avevo fretta di percorrere la navata e dire sì, perché sentivo di dover fare ancora troppe cose prima di  fermarmi e metter su famiglia e Dexter lo aveva capito. Benché lui fosse perfettamente a suo agio all'idea di celebrare un matrimonio, aveva rispettato i miei tempi e mi aveva assicurato che l'anello che mi aveva donato era soltanto una possibilità, l'occasione di farmi sapere che non sarei mai stata sola perché prima o poi ci saremmo sposati. Così gli promisi di prendere seriamente in considerazione la sua proposta e di celebrare ogni anno il giorno in cui mi aveva regalato l'anello fino a quando non sarei stata pronta per dire sì.
E va bene, devo essere onesta fino in fondo: in realtà, con la scusa che con il mio lavoro dovevo usare spesso le mani, non indossavo spesso il prezioso anello di fidanzamento, riposto accuratamente nella sua scatolina di velluto rosso, nel primo cassetto del mio comodino. Non che non fossi immensamente grata a Dex per quel pensiero ma io non sono mai stata una tipa da anelli. Non riuscivo a vedermici, con una vera di brillanti all'anulare sinistro, era più forte di me. 
Allora ci vediamo al ristorante alle otto e mezza. Perdonami se non passo a prenderti, finisco tardi in ufficio e non voglio farti aspettare troppo.
- Nessun problema, ci vediamo direttamente lì. Ti chiamo più tardi.
A dopo tesoro, buona giornata.
Non avevo idea del motivo per cui, al termine di quella telefonata, mi sentivo terribilmente in colpa; forse era perché, in cuor mio, già presentivo che niente sarebbe andato secondo i piani e che io con molta probabilità stavo diventando un mostro, una persona orribile, come mai ero stata prima.
Jen fece irruzione nel negozio con la sua solita energia da tornado e mi comunicò che sarebbe stata fuori per tutto il weekend:
- Io e i ragazzi abbiamo deciso di andare a Key West, non è un'idea meravigliosa?
- Uh sì, meravigliosa se intendi guardare tartarughe e morire di caldo per tre giorni.
- Perché non vieni anche tu?
- Perché non posso.
Jennifer mi guardò con un'occhiata ironica; per lei non esistevano scuse, mai: una cosa o la si voleva fare o non la si voleva fare, tutto il resto erano chiacchiere che ci si raccontavano per giustificare la non volontà. Ecco un'altra sostanziale differenza fra me e mia sorella.
- Oh andiamo, chiudi per due giorni questo negozio! Gli abitanti di Tampa sopravviveranno anche senza fiori per un weekend!
- Non posso, Jen. E poi stasera devo andare a cena con Dexter.
- Ancora quella pantomima della cena prima che tu ti decida a dire sì alla sua domanda di matrimonio? Andiamo Mandy, ti facevo un po' più intelligente!
Le parole di Jen mi arrivarono dritte al petto e mi colpirono come uno schiaffo in faccia; forse perché, per la prima volta, non le sentivo così ingiuste e cattive ma percepivo in esse un fondo di verità, che non sapevo dire quanto fosse profonda. 
- Non è una pantomima! - Mi difesi, senza troppa convinzione.
- Ah no? Quindi stasera gli dirai che potete iniziare i preparativi per il vostro matrimonio?
- Io... - Io non avevo alcuna intenzione di farlo, ecco tutto. E probabilmente aveva ragione mia sorella: una cena ogni anno, fino a che non mi fossi decisa, era una cosa sciocca, infantile e non significava proprio niente. Inconsciamente stavo cercando di tener buono Dexter fino a quando non mi fossi sentita pronta e sapevo perfettamente che era meschino e ingiusto nei suoi confronti.
- Io non... Non voglio sposarmi, non ancora. Ma Dexter è adorabile e non posso essere cattiva con lui.
- E non credi che una cena ogni anno, da quando ti ha fatto la proposta, sia un tantinello una presa in giro? E' come dirgli: "ancora non ti voglio sposare, però ti rassicuro venendo a mangiare fuori con te". Che senso ha, Mandy?
- Senti! - Sbottai all'improvviso, perché tutta quella verità mi stava facendo male, era troppo - Tu non sai un bel niente di quello che c'è fra me e Dexter e non intendo certo stare qui a spiegartelo. Non verrò a Key West, devo lavorare e ho il mio appuntamento con il mio fidanzato. Fine della storia.
Jennifer scosse la testa; sapevo che non era d'accordo e sapevo anche che, in fondo, aveva ragione. 
- Fa' come ti pare. Comunque, se ti va, partiamo alle quattro e mezza da casa di James. Puoi raggiungerci lì, ci sono ancora dei posti liberi nella sua macchina.
La guardai uscire dal mio meraviglioso negozio di fiori e per un attimo ebbi la tentazione di richiamarla e dirle che sarei andata con loro; durò poco però, perché la voce di Dexter ancora risuonava nelle mie orecchie. Ci saremmo visti alle otto e mezza al ristorante e avremmo passato la solita, piacevole serata. 
 
 
Il pomeriggio, a differenza della mattinata tormentata, trascorse in tutta calma: erano appena le tre e io avevo finito di confezionare le ultime consegne, avevo preparato dei bouquet e ora me ne stavo comoda e tranquilla dietro al bancone a leggere dello struggente amore fra Catherine e Heathcliff per l'ennesima volta.
Fu proprio mentre mi trovavo nel passaggio in cui la protagonista racconta a Nelly del suo amore impossibile per il trovatello che lo scacciapensieri sulla porta tintinnò e Nick Carter con tutta la sua imponente stazza fece irruzione nel mio negozio, facendomi immediatamente perdere la concentrazione e obbligandomi così a chiudere il libro in meno di un secondo.
- Che fai? - Chiese il biondo, con lo sguardo leggermente adombrato.
- Ciao Nick! Sì, sto bene anche io, grazie! - Lo canzonai.
- Scusa, hai ragione: come va?
- Alla grande, non si vede?
- Vuoi la verità? No! A giudicare dal tuo muso lungo e dal fatto che stai rileggendo Cime Tempestose per la duecentesima volta, si direbbe che sei in piena crisi.
Come aveva fatto a vedere il titolo del mio libro?
Poi mi ricordai: era la primissima edizione che io avessi mai avuto - e credetemi, ne ho almeno cinque - quella che mi regalarono lui e Leslie per il mio quindicesimo compleanno. Era un caso che, quella mattina, prima di uscire per andare in negozio, io avessi scelto proprio quella edizione, o da quando era tornato Nick in città, mi stavo completamente rincretinendo?
- Ehi ma... ! Tu non hai una cera migliore, comunque! - La miglior difesa era l'attacco, dopotutto.
- Lo so bene, credimi. 
Il tono con cui pronunciò quella frase mi fece pensare che aveva bisogno di aiuto. Non avevo conosciuto i guai degli ultimi anni di Nick, avevo letto della sua dipendenza da alcol e droghe attraverso i giornali, per cui non sapevo dire quali fossero i segnali che potessero farmi stare in allarme; tuttavia, lo conoscevo almeno un po' e sapevo di sicuro che i suoi occhi così spenti erano il chiaro segnale che qualcosa non andava.
- Vuoi parlarne?
Fece spallucce e dopo aver preso un gran sospiro disse: - Ho litigato con tutti, praticamente.
- Ok, puoi spiegarti un po' meglio?
Nick prese un gran sospiro e si sedette sullo sgabello davanti al mio:
- Oggi sarei dovuto andare con Kevin e A.J. ad una convention con dei fan, ad Orlando. Stamattina però ho discusso con Lauren e non ero dell'umore per farmi saltare addosso da ragazzine urlanti che non fanno che toccarmi e chiedermi foto. Quindi li ho chiamati e ho detto loro che non li avrei raggiunti perché ero nervoso e non sarei stato di compagnia. Hanno iniziato a dirmi che ero il solito lunatico rompipalle, che quelle avevano pagato per incontrare anche me e che ero un egoista e menefreghista. 
- Non per infierire ma... Hai pensato che se sei Nick Carter è anche per il sostegno che ricevi dalle tue fan?
- Lo so bene, Amanda, credimi. Devo loro tutto ma certe volte ho bisogno di respirare. Da quando sono arrivato a Tampa me le trovo dappertutto; ho dovuto sigillare la finestra della mia stanza da letto perché continuavano a scattare foto! E poi, non andando ad Orlando ho fatto loro un favore: sarei stato irascibile e nervoso e avrei finito per risponder male a qualcuna, scatenando un'orda di polemiche che sarebbe durata per mesi. 
Annuii; in effetti, non doveva esser facile non avere un po' di privacy nemmeno nei momenti in cui eri in casa tua da solo. Tuttavia, sapevo che c'era dell'altro perché Nick non poteva essere così abbattuto soltanto per aver discusso con i ragazzi, cosa che, per altro, era all'ordine del giorno già agli inizi della loro carriera.
- Sei sicuro che sia soltanto questo? 
- No. Come ti ho detto, ho discusso con Lauren. Sarebbe dovuta tornare a metà della prossima settimana e invece stamattina mi ha chiamato e ha detto che ne ha ancora per almeno cinque giorni. Io dovrei essere a New York lunedì per registrare un pezzo e non rientrerò a Tampa prima di sabato. Come pensa di poter mandare avanti un rapporto così?
Fu il mio turno di fare spallucce adesso. Io vivevo un rapporto a pochissimi metri di distanza eppure non avevo il coraggio di dire al mio fidanzato che non ero ancora pronta a sposarmi, quindi davvero non sapevo cosa rispondergli.
- E cosa pensi di fare, adesso?
- Non ne ho idea. Sono così stanco di dover sempre dar conto a qualcuno. Vorrei... Ecco sì, vorrei staccare la spina per qualche giorno.
Fu in quel momento che una lampadina si accese nella mia testolina da fioraia. Un lampo, un'illuminazione e in men che non si dica mi ritrovai a dar fiato alla mia bocca senza pensarci un minuto di più:
- Senti, so che può sembrare una follia ma... Jennifer e il suo gruppo di amici squinternati andranno a Key West per il weekend. Hanno proposto anche a me di andare ma fino a questo momento non credevo fosse possibile perché ho mille cose da fare, in realtà. Però a te serve una mano, quindi sacrifico i miei impegni in nome della nostra amicizia e ti propongo di andare con loro. Che ne dici, ti va?
Il volto di Nick si dipinse con un bellissimo sorriso che per un attimo spense le ombre nei suoi occhi:
- Tu, Amanda Darren, sei il mio angelo custode! - E nel dirlo mi venne vicino, poggiando le sue grandi mani sulle mie spalle e facendomi voltare: - Dimmi, dove nascondi le ali?
Ridacchiai: - Piantala di fare il cretino e muoviamoci piuttosto, prima che cambi idea.
Buttai un rapido sguardo all'orologio posto sopra il registratore di cassa: - Dobbiamo muoverci! Se vogliamo andare con loro, abbiamo mezz'ora per preparare tutto e raggiungerli a casa di James.
 
 
Quando mia sorella mi vide apparire con il mio zaino carico di cose inutili, i calzoncini e le infradito, con Nick al mio fianco, non poté che regalarmi il sorriso più bello che le avessi mai visto fare. Mi venne incontro e mi abbracciò, sussurrando un "lo sapevo che non ci avresti rinunciato! Sono felice che tu sia qui."
- Sì, spero di non pentirmene. - Affermai io.
Nick mi tolse lo zaino dalle spalle e Ranny e gli altri provvidero a sistemare i nostri bagagli sulla monovolume di James che ci avrebbe accompagnati fino al traghetto per Key West, l'isola della Florida più bella del mondo.
Il sole era alto nel cielo, anche se il clima era gradevole e non faceva eccessivamente caldo; ero contenta di aver fatto quel colpo di testa anche se i sensi di colpa per aver dato buca al mio fidanzato iniziavano a farsi spazio nel mio stomaco; come se non bastasse, non avevo avuto ancora modo di avvisarlo della mia partenza. Avevo provato a chiamarlo per tutto il tempo in cui avevo fatto le valige ma il cellulare era sempre staccato e sapevo che sarebbe stato in riunione fino a sera, quindi non avrei potuto dirgli nulla prima dell'orario stabilito per la cena. 
Non avevo mai fatto nulla del genere. Miss Responsabilità era stato il mio soprannome per tutti gli anni dell'università e questo perché non avevo mai fatto cose stupide, lasciato un impegno a metà o non rispettato un appuntamento; ero sempre stata la studentessa modello, la sorella pacata che non aveva mai colpi di testa; Miss Responsabilità era perfettamente a suo agio e a posto con la sua coscienza, almeno fino a quel giorno. Essere irresponsabile e rischiare di ferire le persone a cui volevo bene non era un concetto che si poteva applicare alla mia vita, piuttosto mi sarei sacrificata io stessa prima di ferire qualcuno ma evidentemente non era più così. Sapevo per certo che, scegliendo di partire per Key West, avrei ferito a morte il mio fidanzato che teneva a quella cena più che ad ogni altro appuntamento e probabilmente gli avrei anche dimostrato che la questione del matrimonio non era affatto importante e prioritaria per la sottoscritta.
Ero appoggiata al vetro del finestrino mentre pensavo ai mille modi in cui Dexter me l'avrebbe fatta pagare, quando Nick, seduto sul sedile accanto al mio, irruppe nei miei pensieri:
- Ehi, bambolina, vuoi dirmi che ti prende? Stai zitta da venticinque minuti, il che per te è praticamente un record.
- Niente, pensavo a quanto si arrabbierà Dexter quando scoprirà che non andrò alla nostra cena, stasera. - Confessai.
- Dexter è il tuo fidanzato? - Chiese Nick, improvvisamente incuriosito. 
Annuii, con un sospiro: - Almeno fino a oggi pomeriggio. Da stasera non ne sono più tanto sicura.
- Non voleva che partissi?
- Non lo sa proprio, il che è ancora peggio. Saremmo dovuti uscire insieme stasera, una specie di ricorrenza per l'anello di fidanzamento che mi ha dato due anni fa ma io gli dirò che non posso raggiungerlo perché sono a spassarmela a Key West.
- Aspetta, aspetta, frena. Lui ti ha dato un anello di fidanzamento?
- Sì.
- Due anni fa?
- Esatto.
- E tu non hai risposto e non lo hai ancora sposato ma gli concedi tutti gli anni una cena per celebrare l'evento?
Sapevo che Nick stava pensando la stessa cosa che mi aveva, molto poco gentilmente, comunicato anche Jennifer la mattina prima e sapevo anche che più continuavano a ripetere tutto ad alta voce più anche a me la cosa sarebbe risultata sciocca e priva di senso.
- Beh, sì. 
- Scusa bambolina ma io davvero non ti capisco. Non potresti dirgli semplicemente che non ti va di sposarlo?
Eccola là, la verità nuda e cruda. Senza che io aprissi minimamente bocca, Nick aveva già capito tutto, come sempre. 
Sì, perché era inutile negarlo ancora: per quanto io fossi legata a Dex e lo amassi, l'idea di sposarlo proprio non mi andava giù; lo avrei fatto forse, un giorno ma non avevo certo fatto i salti di gioia nel vedere quello sbrilluccicante anello che cercavo di indossare il meno possibile. 
Eppure, mentire a me stessa e dire che prima o poi lo avrei fatto era stata una scusa ottima per tenere a bada il senso di colpa e vivere tranquilla e felice, seppur nell'inganno.
A ben pensarci, forse non ero affatto Miss Responsabilità; a chi volevo darla a bere?
- Ma io voglio sposarlo! - Ribattei, perché continuare a ripeterlo forse mi avrebbe convinto sul serio che fosse un mio smodato desiderio e sicuramente mi faceva sentire meno crudele. 
- E allora come mai non porti l'anello? Quando Lauren si è comprata e messa il suo, non faceva che sfoggiarlo. E' una specie di vanto, per voi ragazze. 
- Non lo porto semplicemente perché ho paura che si rovini, lavorando in negozio.
- Certo, certo. Secondo me sono solo balle.
- Nicholas Gene Carter smettila subito di fare insinuazioni fuori luogo!
Nick rise e io mi infastidii ancora di più; come faceva a divertirsi in quella situazione?
- Io la smetto ma tu dovresti essere più sincera con te stessa e forse anche con il tuo fidanzato. 
- Ancora? Io sono sincera, Nick!
- Forse. E forse fra una decina d'anni quando sentirai di non aver più niente da chiedere alla vita, ti rassegnerai e sposerai Dexter. Ma sei sicura di poter andare avanti per tutto questo tempo? Sei sicura che lui si accontenterà ogni anno di una cena celebrativa e non vorrà, prima o poi, una risposta? E soprattutto, perché non provi a pensare a cosa tu vuoi veramente, invece di metter su una pantomima per non ferire gli altri?
Pantomima. Anche Jen l'aveva definita allo stesso modo. 
Era davvero così terribile quello che stavo facendo? Stavo reprimendo me stessa pur di non confessare a Dexter che non avevo voglia di sposarlo? In tutto quel tempo, prima dell'arrivo di Nick, mi ero trovata perfettamente a mio agio in quella situazione; ero certa di non fare niente di male e soprattutto di non nuocere a Dexter, che meritava tutto il rispetto e la considerazione di questo mondo. Però quel giorno per due volte nel giro di poche ore, due delle persone che mi conoscevano meglio avevano definito il mio atteggiamento una pantomima, una finzione e avevano cercato di mettermi in guardia affinché tutto quel mio agire per il bene del mio fidanzato non mi si ritorcesse contro. 
Non ci stavo capendo più nulla, non riuscivo a trovare nemmeno una risposta alle innumerevoli domande che si stavano accumulando nella mia testa.
- Senti, sto venendo a Key West con voi. L'ho fatto per aiutarti e perché probabilmente ne avevo bisogno anche io. Non possiamo semplicemente goderci il viaggio? - Chiesi, cercando di smorzare il discorso. Spegnere il rumore del mio cervello però sarebbe stato più complicato. 
- Certo che possiamo, a patto che tu cercherai di capire che cosa vuoi veramente.
- E tu smetterai di fare i capricci tipici di un cantante famoso, Nick Carter?
- Ci proverò.
- Promessa?
- Promessa!
E suggellammo il patto con una solida stretta di mano, come quando eravamo piccoli. 
Uno dei due però, in quel momento, stava mentendo.
 
 
Arrivammo a Key West quando erano ormai le otto di sera; il sole stava tramontando sull'oceano azzurro e cristallino, regalandoci uno spettacolo meraviglioso:
- Ecco di cosa avevo bisogno! - Esclamò Nick, avvicinandosi a me e ammirando il mio stesso, incredibile spettacolo.
- Sì, forse ho fatto bene a dar retta a Jen, per una volta. Questo posto è magnifico!
- E non hai ancora visto le tartarughe!
- Che cosa? Non voglio vedere proprio un bel niente! Mi fanno senso, le tartarughe!
Ovviamente, quella mia confessione diede la possibilità a Nick di sfottermi oltre ogni limite e per una buona mezz'ora; a furia di ridere e stuzzicarci, dimenticai completamente che avevo una cena in sospeso e che forse era il caso di chiamare il mio fidanzato. A ricordarmelo, ci pensò lui stesso, facendo trillare il mio cellulare e rompendo l'idillio che si stava creando con Nick.
- Merda, è Dex! Avrei dovuto chiamarlo!
- Beh, rispondigli e cercate di chiarire. Io ti lascio, vado a sistemare le mie cose al resort. Ci vediamo più tardi.
Annuii, mentre guardavo ancora lampeggiare il nome di Dexter sul display; non appena Nick fu più lontano, mi feci coraggio e diedi avvio alla chiamata:
- Pronto?
Ehi, tesoro! Ma dove sei? Credevo di trovarti già qui, passando ho visto che hai già chiuso il negozio!
- Ehm... Sì, in effetti l'ho chiuso questo pomeriggio ma... Dex, credo di non poter venire stasera.
Che cosa? Perché? E' successo qualcosa?
- No, no. Non è successo nulla, è che...
Stai bene, Mandy?
- Sì, almeno credo. Il fatto è che... Sono a Key West e resterò qui fino a domenica. - Sputai fuori la frase tutta d'un fiato e mi sentii subito meglio dopo. 
Che cosa? Sei a Key West? E a fare che?
- Beh ecco... - Arrivavano le note dolenti - Jen me lo ha proposto stamattina dopo che ci siamo sentiti, all'inizio avevo detto di no ma poi Nick aveva bisogno di staccare un po' e così...
No, un momento! Nick?
Strizzai gli occhi e corrucciai le labbra: era arrivato il momento dello scontro.
Tu sei a Key West, nella sera in cui saremmo dovuti stare insieme e c'è anche Nick? - Pronunciò con disprezzo quella domanda, con disgusto oserei dire. Sentivo che la rabbia stava montando dentro di lui e io, immancabilmente, iniziai a sentirmi uno schifo.
- Sì ma non dirlo con quel tono! La fai sembrare una cosa orribile e invece è solo un weekend tra amici, Dex!
Mandy mi prendi in giro? Pensi che io sia stupido?
- Ma no, niente affatto! Nick aveva bisogno di aiuto, ho soltanto invitato anche lui e comunque non siamo noi tre da soli.
E spiegami una cosa, Mandy: come mai non ti è passato per la testa di dirmelo prima? Perché ti è venuto in mente di invitare lui e non invitare anche me?
- Ho provato a chiamarti oggi pomeriggio, te lo avrei detto ma eri in riunione e avevi il telefono spento. E' impossibile parlare con te quando sei a lavoro, Dexter!
Ah certo, così adesso sarebbe colpa mia! La mia ragazza se ne va a Key West la sera del nostro appuntamento senza dirmi niente, per giunta con un altro e la colpa è mia perché stavo lavorando. Perfetto, non fa una piega.
- Ma non ho dato la colpa a te! E poi non è "un altro", è Nick. Il mio amico. Nick!
- E io chi sono per te, Mandy? Io cosa conto, eh?
Sospirai. Lui era l'uomo che credevo di amare; il mio fidanzato, quello che mi aveva regalato un anello da chissà quanti dollari e che io continuavo a rifiutare. Mi sentii una vera stronza a tuttotondo in quel momento e maledissi la mia magnanimità e la mia fedeltà all'amicizia che mi avevano spinta a partire per Key West per aiutare Nick, senza pensare ai guai che questo atto folle avrebbe portato nella mia relazione. 
Dexter era geloso ed era pure naturale che lo fosse; da quando ci eravamo incontrati, tutti non avevano fatto altro che raccontargli quanto io e i fratelli Carter fossimo legati; nella mia stanza, a casa dei miei genitori, c'erano ancora appese tutte le foto che avevo fatto nel corso degli anni con Nick, Aaron e gli altri e lui le aveva studiate tutte a memoria, ogni volta che era stato dai miei per il Ringraziamento o per il 4 Luglio. Aveva vissuto con lo spauracchio di Nick per sette anni e ora che la sua paura si era di nuovo materializzata nella mia vita, potevo comprendere che non fosse completamente tranquillo.
- Tu sei il mio fidanzato. - Risposi, con la voce interrotta dal grosso nodo che mi stava chiudendo la gola.
Sì beh, a parole si fa presto a dirlo. Gradirei che tu me lo dimostrassi anche. Ti ho dato un anello, Mandy
- Lo so. 
E ho anche rispettato la tua decisione di non affrettare i tempi. Non ti ho mai fatto pressioni, mai chiesto il motivo per cui dopo due anni da quella sera tu ancora non abbia voglia diventare mia moglie. Adesso però inizio a stufarmi di essere messo da parte e trattato come uno zimbello. - Sentii anche la sua voce incrinarsi e quella fu la cosa che mi fece più male.
- Ma non è vero, Dex! Io ti amo, voglio te e soltanto te!
Lo sentii sospirare profondamente, all'altro capo del telefono: - Lo spero Mandy. Lo spero sul serio. Prendiamoci questi giorni per riflettere, ti va?
- Sì ma ti prego, non dirmi che siamo in pausa di riflessione o che dobbiamo pensarci. So che significherebbe lasciarsi e io non voglio perderti, per favore.
Ci fu qualche istante di silenzio che per me equivalse a un'infinità. Sapevo che Dex era arrabbiato, avevo combinato un casino e non avevo idea di come poter recuperare; non mi restava altro da fare che agire responsabilmente: accettare tutte le conseguenze che sarebbero derivate dal mio atto folle, disperarmi se fosse stato necessario e ricercare la causa di tutto soltanto dentro di me. 
Non ci stiamo lasciando, Mandy. Per quanto possa valere, io ti amo e voglio ancora che tu sia mia moglie, prima o poi. A questo punto però, ci sono delle cose su cui devo riflettere. Qualche giorno senza vederci farà bene ad entrambi. Buona vacanza, Mandy.
- Aspetta, Dex... - Ma non feci in tempo ad aggiungere altro, Dexter aveva messo giù e tutto lo sconforto del mondo mi piombò addosso.
 
 
Passai il resto della serata nella mia enorme camera; finsi un mal di testa atroce da post-viaggio e augurai agli altri una splendida cena. Nick e mia sorella si offrirono di farmi compagnia ma io li pregai di non dar retta a me: avrei preso un'aspirina e sarei andata a dormire, sarebbe stato inutile rinunciare al venerdì sera sull'isola per far compagnia a una lagnosa ragazza troppo depressa per poter uscire.
In realtà, ordinai la cena in camera - un misero sandwich e il gelato più goloso e calorico che il ristorante del resort potesse offrire - e guardai tutte le puntate di Desperate Housewives che passarono in tv, cercando di reprimere la voglia di alzare il telefono e implorare Dexter di perdonarmi. 
Probabilmente, ero stata sempre Miss Responsabilità soprattutto per non dover fare i conti con i sensi di colpa che, sapevo bene, mi avrebbero poi dilaniata. Era più facile essere responsabile, anziché assumersi le conseguenze di chi va contro corrente. E io ero una perfetta codarda, troppo impaurita dai rimorsi di coscienza per pensare di poterli affrontare davvero. 
Sbuffai per l'ennesima volta, mentre Marcia in tv architettava piani diabolici con le sue amiche; mi sentii improvvisamente sola e mi pentii di non essere uscita con gli altri: in fondo, ero andata a Key West anche per staccare la spina dalla routine, non era stata una buona idea starmene in camera a rimuginare.
Fortunatamente, la solitudine durò meno del previsto e quando avevo già deciso di morire di diabete finendo tutta l'enorme coppa di gelato che mi ero fatta recapitare, qualcuno bussò alla mia porta, strappandomi dall'obesità imminente:
- Sì?
- Ehi, sono Nick. Posso entrare?
Merda! Ero in pigiama, senza trucco e con i capelli arruffati stile gatto appena uscito dalla lavatrice, in più stavo trangugiando gelato come se non ci fosse un domani; non era certo la situazione migliore per accogliere in camera un vecchio amico, soprattutto se questo era un cantante famoso, sposato con una modella meravigliosamente bella anche struccata.
- Ehm... Sì, un attimo!
Corsi in bagno, mi pettinai i capelli, tolsi le ultime tracce di trucco colato sotto gli occhi e ripassai il mascara sulle ciglia; lavai velocemente i denti e cambiai il pigiama da adolescente con un vestitino più carino, riponendo tutti i vestiti nella valigia, appallottolandoli in maniera rapida. 
- Entra pure. - Sorrisi, spalancando l'anta della porta. 
- Ehi, tutto bene? Ci hai messo una vita ad aprire!
- Sì, sai mi stavo giusto per addormentare e...
- E immagino che tu dorma sempre con una coppa di gelato sul letto. - Mi canzonò Nick.
- Oh beh...
- Mandy, la smetti di raccontare balle?
Abbassai lo sguardo, colpevole. Dannata amicizia secolare che permetteva a Nick di capire sempre tutto anche solo con uno sguardo!
- Come stai? Come è andata la telefonata con Dexter? - Chiese, sedendosi sul letto.
- A quale disastro vuoi che risponda prima?
Nick fece spallucce e io mi accasciai accanto a lui. - E' indifferente, rispondere a una mi fa capire automaticamente anche l'altra.
- E' stato un disastro. Ovviamente ci è rimasto male per la mia fuga improvvisa, mi ha detto che non ha ben chiaro che ruolo occupa nella mia vita e che questi tre giorni lontani ci serviranno per riflettere.
- Ahia.
- Lo so, non dire niente.
Mi scoraggiai ancora di più; speravo che il mio amico avesse parole di conforto, non che avallasse la mia teoria secondo cui chi si prende una pausa di riflessione, in realtà non fa che allontanarsi.
- Avanti, bambolina, non fare così! E' inutile deprimersi, adesso. 
- E cosa dovrei fare, sentiamo?
- Beh, innanzitutto dovresti smetterla di guardare Desperate Housewives. Sarebbe già un buon inizio. E poi scusa, lui ti ha chiesto due giorni per riflettere, tu sei qui a Key West e non puoi fare nulla per cambiare la situazione, tanto vale cercare di viverli al meglio. Magari non pensando in continuazione ai tuoi disastri personali, finisci sul serio per capire che cosa vuoi farne della tua relazione.
- Il punto è che io so esattamente cosa voglio fare della mia relazione.
- Certo, immagino che sia per questo che tu sia partita per Key West senza indugio. - Commentò il biondo con una smorfia divertita sulla faccia.
Nick era incredibilmente carino quella sera, con i capelli tirati leggermente all'indietro, una camicia scura e i soliti bermuda beige. 
- Ti ho mai detto che sei terribilmente fastidioso quando fai quel sorrisetto?
- E io ti ho mai detto che sei adorabile quando fai la depressa-disperata-con-il-cuore-spezzato?
In quel momento, tutta la tristezza accumulata dalla telefonata con Dexter in poi svanì come all'improvviso e io sentii un'irrefrenabile voglia di lanciare un cuscino addosso al mio bel compagno di viaggio. Non ci misi molto ad attuare la mia fantasia e in meno di due secondi diedi il via alla più sanguinosa lotta di cuscini che fu mai registrata in quel resort. 
Ci rincorremmo praticamente ovunque e vista l'immensità della camera a me riservata, fu una vera e propria maratona, senza esclusione di colpi. 
Finimmo tutti e due a terra, col fiatone; io ero intrappolata dal corpo gigante di Nick che frapponeva tra noi un cuscino, sancendo la mia definitiva sconfitta e reclamando una vittoria che in realtà non meritava, giacché aveva approfittato di una mia distrazione per gettare entrambi a terra e schiacciarmi con le spalle sul pavimento.
- Rassegnati Darren, sono il re della lotta di cuscini.
Eravamo vicini - forse anche troppo -, potevo vedere le scaglie color paglia nei suoi bellissimi occhi azzurri e sentivo chiaramente l'essenza del suo profumo invadermi le narici. Per la prima volta, da quando Nick era tornato, desiderai un contatto fisico che andasse al di là delle scaramucce e dei pizzicotti che eravamo soliti scambiarci; ancora una volta, come quando eravamo poco più che adolescenti, sperai che le braccia di Nick mi avvolgessero e che il contatto fra noi divenisse più intenso.
Lui dovette accorgersi del mio prolungato silenzio, perché sorrise e tolse il cuscino che era rimasto fra noi, finendo completamente su di me:
- Sai che chi perde deve pagare pegno, vero? - La voce era leggermente roca, il volto sempre troppo vicino al mio.
- E che cosa dovrei fare, di grazia?
Nick restò in silenzio per qualche istante; lo vidi mordersi il labbro inferiore, come se cercasse di reprimere un desiderio nemmeno troppo segreto. Sentii la tentazione di mordere io stessa quelle labbra rosse e carnose ma nel momenti stesso in cui provai quel desiderio, mi sentii in colpa per la stupidità dei miei pensieri. 
Era Nick, quello che una volta era il mio migliore amico, e io avevo già abbastanza guai da risolvere per poter pensare di peggiorare le cose, baciandolo.
- Domani sarai a mia completa disposizione. - Decretò alla fine lui. 
- Perché tutto questo suona come una terribile minaccia?
- Semplice: perché lo è. Faremo a modo mio e tu non potrai obiettare.
- Mi ricorda tanto la sera prima del ballo della scuola, prima che tu partissi con i Backstreet Boys e lasciassi il liceo. - Dissi e lo vidi sorridere; evidentemente, anche a lui era tornata in mente quella sera: ero triste e sconsolata perché, ad un giorno dal grande evento che a scuola era stato l'argomento principale per mesi, io non avevo ancora trovato un compagno che potesse accompagnarmi. Nick lo aveva chiesto a Darleene Osbourne, provocando la mia più grande irritazione e Leslie sarebbe andata con Jacob Hunter, così io sarei rimasta a casa, senza uno straccio di accompagnatore.
Nick, come al solito, intuì la mia disperazione e con le stesse parole che aveva appena utilizzato dopo la lotta di cuscini mi disse che avremmo fatto a modo suo. Infatti, mi invitò a casa sua, assicurandosi che non ci fosse nessuno che potesse dargli dello scemo, mi fece mangiare una terribile cena a base di sandwich al burro di arachidi e poi mi invito a ballare al centro del suo salotto, con in sottofondo la musica di Top Gun a farci da colonna sonora. Fu una serata bellissima, che rimase incisa nella mia memoria per tutti gli anni in cui di Nick non ebbi più notizie, se non quelle dei gossip che si leggevano su di lui.
- Te la ricordi ancora?
Io ricordo tutto di noi due.
- Certo! Ho mangiato i due sandwich più schifosi della mia vita! - Ridacchiai.
- Che ingrata, ci ho messo una vita a prepararli!
- Immagino la fatica!
- In realtà li fece mia sorella, prima di uscire.
Ridemmo entrambi, senza smettere di stare uno addosso all'altra. Era una sensazione troppo bella per poterne desiderare la fine.
- Lo rifarei altre mille volte, bambolina.
- Lo dici solo perché con Darleene Osbourne in realtà non hai concluso nulla, al ballo il giorno dopo!
Nick sorrise: - Lo dico perché con te sto sempre meglio che con chiunque altro.
Non dissi nulla ma mi ritrovai ad ingoiare a vuoto, con il fiato improvvisamente corto.
Invertii le posizioni e passai io sopra; per una volta, Nick non obiettò, né cercò di difendersi facendomi il solletico. Mi lasciò fare e anzi, si mise più comodo per far sistemare anche me.
- Mi sei mancato, Nick.
- Mi sei mancata tantissimo anche tu, Amanda.
- Abbracciami.
Non aggiungemmo altro; restammo abbracciati sul pavimento per un tempo che non seppi quantificare, prima che Nick decise che era arrivato il momento di andare a dormire. Era così bello sentirsi in pace con il mondo stando fra le sue braccia, che avevo quasi paura a rimanere da sola: affrontare di nuovo i dubbi che mi avevano attanagliato per tutto il giorno mi avrebbe impedito di dormire tranquilla e avrei passato la notte ad aumentare la mia confusione con domande a cui non avrei saputo rispondere.
- Ti va se dormo con te? - Nick arrivò di nuovo a salvarmi.
- E' una proposta indecente?
- Niente affatto, sono troppo stanco per pensare di fare qualsiasi cosa.
- Nick!
Lo vidi rilassarsi e ridere: - Rilassati, bambolina! Stavo solo scherzando! Non ti indurrei mai in tentazione, sei troppo pura per poter essere corrotta.
- E' davvero questo che pensi di me?
Nick fece spallucce e io mi ritrovai a fare il secondo gesto sconsiderato nello stesso giorno.
Lo baciai.

________

 
Saaaaalve!
Pensavate di esservi liberate di me, vero? E invece no, ho lasciato passare un sacco di giorni ma alla fine sono tornata con il terzo aggiornamento di questa storiella che, devo dire, mi sta dando grosse soddisfazioni: sono innamorata di Amanda -in senso puramente letterario, si intende! - e ancor di più amo il mio Nick spaesato e scanzonato.
Che dire? In questo capitolo succedono un po' di guai, soprattutto alla nostra Miss Responsabilità che mi sa che si è persa sul traghetto per Key West.
Voi che ne pensate? Avrà fatto bene a piantare in asso il povero Dexter, per seguire la vocina dell'istinto? E soprattutto, cosa le sarà passato per il cervello baciando Nick all'improvviso?
E ora come uscirà dall'enorme casino combinato?
Devo confessare che questo capitolo, già kilometrico di suo, in realtà era molto più lungo e io so che voi vorreste uccidermi per averlo troncato così ma credetemi: avreste tentato il suicidio se lo avessi pubblicato per intero. Ho dovuto dividerlo per forza di cose, però non odiatemi: cercherò di farmi perdonare pubblicando il prossimo quanto prima.
Per quanto riguarda la mia incredibile protagonista, dal momento che ho letto che c'è chi la immagina in un modo, vorrei farvi vedere invece il volto di chi mi ricorda Mandy: 
Prima di chiudere voglio ringraziare le tre meravigliose personcine che hanno recensito lo scorso capitolo; le 11 altrettanto splendide persone che hanno aggiunto questa storia fra le seguite, le 4 che l'hanno inserita fra le preferite e, last but not least, l'unica che l'ha messa fra le ricordate.
Un abbraccio e a presto,
Cin

 
 

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